Noire Jazz

di martythestrange95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Prologo


Pov Noire:

Noire fissò l'orologio sopra la lavagna, i minuti scorrevano lenti e polverosi come le nozioni di storia che il professore snocciolava insofferente alla noia dei suoi studenti. L'aria che entrava nei polmoni della ragazza era densa e dolciastra di sonno e indolenza; sembrava che il tempo del mondo esterno si fosse fermato mentre quello della ragazza di fosse dilatato tanto che per ogni minuto passato le pareva ne avesse vissuti 10. Grazie al cielo la campanella mise fine a quello strazio, se la guerra civile americana fosse stata coinvolgente come quella lezione probabilmente nessun soldato l'avrebbe combattuta.
Noire prese da terra la tracolla dei libri di scuola pronta dall'ora precedente, si buttò il giacchetto nero sulle spalle e camminò velocemente lungo i corridoi affollati di studenti, Noire non poté che sorridere al pensiero che coloro che chiedevano il silenzio facevano generalmente più confusione degli altri.
Passando davanti ad una finestra si ravvivò i capelli corti guardandosi riflessa e notò l'assenza della macchina del padre nel giardino, oggi le toccava camminare a quanto pare. Roteando gli occhi scese le scale e uscì dal cancello della scuola senza neanche chiedere permesso ma spingendo e facendosi strada con le braccia.
La sera prima lei e suo padre, Chriss, avevano litigando, lei era stata un po' troppo dura con lui forse, però non l'aveva fatto apposta, le era sfuggito di bocca. Così mentre ripensava alla sera passata, Noire era ormai lontana da scuola diretta verso la fermata dell'autobus quando sentì una goccia sulla fronte,  seguita da un'altra sullo zigomo.
L'autobus non si vedeva e il cielo iniziò a coprirsi di nuvole scure e cariche di pioggia.
Un tuono.
E lei iniziò a correre,  sempre più veloce, con il vento tra i capelli e gli occhi grigi come quel cielo piangente,  il giacchetto di pelle nera di suo padre si faceva più scuro e la tracolla le segava la spalla battendo contro il fianco, ma lei correva e tanto bastava. Corse tra strada e vicoli, scusandosi a mala pena con i passanti che incrociava nella sua corsa, e così lasciò dietro di se la noia, la scuola e forse quella stessa città, domani infatti avrebbe cambiato vita,  lei e suo padre si sarebbero tornati in Italia.
Arrivò presto in periferia, davanti a lei lo squallore di una decina di palazzoni in cemento grigio e ruvido, con i balconi ingombri di ferraglia, vestiti da stendere e bustoni di plastica, alle finestre tendine sgualcite e sdrucite nascondevano le esistenze altrettanto sgualcite e sdrucite dei condomini.
Frugò nello zaino e si accorse di aver dimenticato le chiavi di casa, come al solito. S'infilò nel vicolo che divideva due palazzi facendosi largo tra l'immondizia e stando attenta a non camminare su quella che pensava essere pipì raggiunse una macchina abbandonata a bordo strada, salì sul parabrezza e poi sulla tettuccio con agilità malgrado la tracolla, ed ecco arrivare la parte più difficile, saltando riuscì con fatica ad aggrapparsi alle scale di emergenza, inspirò a fondo e si issò su ignorando la ruggine che le si conficcava nelle mani, una volta infilata la gamba in una feritoia tra gli scalini era fatta, con un ultimo sforzo si arrampicò sul pianerottolo e iniziò a salire i 5 piani che la separavano da casa.
Entrò dalla finestra della sua cameretta, poggiò la tracolla.
-Papà, sono a casa.
Disse ad alta voce per farsi sentire da suo padre mentre si cambiava.
- A scuola è stato uno strazio, ti avevo detto che oggi non ci volevo andare
Le scarpe le infilò sotto al letto, prese un asciugamano dal comodino per asciugare i capelli almeno un po' mentre lasciava cadere il giacchetto sulla sedia della scrivania,
- Spero che in Italia le lezioni non siano così noiose.
Nessuna risposta
Noire sospirò.
Uscì dalla sua stanza e si diresse in cucina, per terra nel corridoio decine di bottiglie, vuote, mezze piene, aperte, rovesciate sembravano vegliare con i loro riflessi l'appartamento. Sul tavolo della cucina c'era una busta vuota, Noire pensò che quel giorno suo padre avesse comprato altre bottiglie e si preoccupò.
-Papà ma sei a casa?- disse a bassa voce, tutto quel silenzio non faceva che preoccuparla ancora di più - Scusa per ieri sera.
Provò a scusarsi, magari così avrebbe ricevuto qualche risposta.
- Non intendevo veramente, lo sai, ero stanca, mi dispiace davvero.
Ancora silenzio.
Notò che la porta del salotto era chiusa, Noire sbiancò e sbarrò gli occhi, un brivido le salì per il collo, poggiò la mano sulla maniglia,  aveva un brutto presentimento, l'abbassò e la porta si aprì cigolando
 
 

Noire si svegliò di soprassalto urlando.
-Ma sei pazza, stai zitta cretina
-Mi hai svegliato...
-Ma che problemi hai?
Le voci delle ragazze della casa famiglia la riportarono alla realtà, erano passati 3 anni da quel giorno e soffriva come il primo giorno, con la differenza che adesso era abituata al dolore. Si alzò dal letto, erano solo le 4 di notte ma sapeva che non sarebbe mai riuscita a riaddormentarsi, si infilò una felpa e uscì dalla stanza lasciando dietro di se le lamentele delle compagne. Uscì dalla finestra del corridoio della casa famiglia e andò in strada, pantaloncini corti neri e bianchi che usava come pigiama, felpa e calzini, si appoggiò ad un lampione preso il pacchetto che aveva nella tasca della felpa si accese una sigaretta.

Pov Jasper

 
Quella notte era una di quelle notti in cui nessuno può farti sentire meno solo, una notte in cui i ricordi prendono il sopravvento e il presente ti sembra così fragile in confronto al passato, una notte in cui senti che la vita che vivi non è la tua ma quella che gli altri ti hanno imposto, una notte in cui senti di poter cambiare tutto.
Aveva lasciato Forks, almeno per quella notte, era andato a caccia e poi quando era troppo lontano per poter essere fermato da Alice aveva deciso di passare la notte da solo, a Los Angeles. Non che non volesse dirglielo, lui l'amava con tutto se stesso ma aveva bisogno di pensare da solo, lontano da Edward e il suo potere o peggio dalla compassione di Carlisle che sembravano influenzarlo più di ogni altra emozione, non che normalmente questo gli causasse qualche problema ma questa notte non voleva nessuno nella sua testa, voleva essere lui il padrone dei suoi sentimenti e di quelli altrui come era stato per decine di anni.
Amava Alice e si trovava bene nella famiglia ma lui non era fatto per quel mondo chiuso, isolato popolato da amore, compassione,  amicizia e fedeltà,  no, lui aveva il potere di controllare i sentimenti altrui perché era nato per districarsi tra gli umori e i sospetti di nemici, alleati, congiurati,  infiltrati,  aveva quel potere per essere il leader di mille soldati non per vivere nascosto in una gabbia dorata.
Mentre pensava così Jasper sentiva il senso di colpa crescere dentro di lui, ma lo controllò mentre camminava superbo tra le vie della città plasmando le emozioni e quindi le azioni di quanti gli passavano vicino godendosi la prospettiva di divorzi, nuove proposte di matrimonio, di uno stupratore non più eccitato, di una banda di delinquenti confusi. Tutti erano così facili da manovrare a suo piacimento, erano in pochi a possedere una complessità di emozioni tale da richiedere un impegno più faticoso. Camminando si allontanò dal centro, aveva sete, non era andato a caccia, forse poteva concedersi un po' di sangue umano, ma non poteva abusare così del perdono di Carlisle e soprattutto di Alice... O forse poteva.
Si fermò in una strada deserta, guardò la luna era limpida e grande sopra di lui, in quella strada c'era così tanta sofferenza che Jasper sentì i ricordi della guerra tornare a galla e si permise di affondare il suo cuore di venato di cicatrici come la sua pelle nella malinconia.
Notò una ragazza in felpa e pantaloncini uscire da una finestra, si mise a fissarla un po' incuriosito da quel gesto e un po' attratto da quell'alone di dolore e rassegnazione che la ragazza si portava dietro, non erano le emozioni di una ragazza, no, sembravano più quelle di un soldato, si, un soldato partito giovane per la battaglia e tornato con il peso di mille anni sulle spalle.
Vide la ragazza accendersi una sigaretta, aveva i capelli cortissimi e neri ed aveva capito che era una ragazza solo dalle sue gambe lasciate scoperte dai pantaloncini, erano bianche al chiarore della luna, slanciate, ancora un po' acerbe si ritrovò a confrontarle con quelle di Alice che invece erano più formose, più femminili anche se meno lunghe, stava per nascondere i suoi pensieri ma poi ricordandosi dell'assenza di Edward di lasciò andare.
La ragazza anche se umana sotto la luce lunare appariva quasi evanescente, elfica, il viso sfilato forse un po' androgino lasciava intravedere solo lievemente la bambina che era stata.
Espirava il fumo della sigaretta come se volesse liberarsi di un peso, come se il fumo uscendo dai polmoni potesse alleggerirla, Jasper si avvicinò, rimanendo nascosta all'ombra del palazzo, si alzò il vento e l'odore del suo sangue arrivò fino al vampiro che lo inspirò, era buonissimo, sapeva di pioggia e qualcos'altro che però non riusciva a decifrare perché l'odore predominante era quello dell'acqua ossigenata.
Jasper capì subito a cosa era dovuto quell'odore di medicine, mentre la ragazza cercava di riaccendere la sigaretta spenta dal vento, una manica della felpa era scivolata rivelando sull'avambraccio un ricamo di cicatrici sottili e nuovi tagli, dritti e profondi come se fossero stati fatti con un bisturi. Jasper con una mano d'istinto portò una ciocca di capelli biondi a coprirgli il viso e parte delle ferite, si ritrovò a chiedersi che guerra stesse combattendo tutt'ora quella ragazzina che avrà avuto si e no 17 anni.





Hey, salve a tutti :) sono Martina, piaciuto il capitolo? vi ho incuriosito almeno un pò?
sarebbe veramente un sogno poter leggere qualche vostra recensione o critica quindi sentitevi liberi di recensire :D grazie e un bacio :*
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Pov Noire

Finì la sigaretta e decise di andare al cimitero.
Quel giorno di 3 anni non partì mai per l'Italia, era destino che suo padre non tornasse mai dov'era nato, come poteva farlo visto che il suo amore era sepolto in questa stessa terra, neanche la morte era riuscita a separarli penso amaramente.
Camminò godendosi la calma delle strade e la luce della luna, chissà perché dicono che le strade di notte sono pericolose.
La casa famiglia non era molto lontana dalla chiesetta con annesso cimitero, l'avevano fatto apposta perché credevano che la fede potesse essere di conforto agli orfani lì accolti, niente di più sbagliato secondo Noire, come potevano pensare che si sarebbe affidata ad un Dio che ignorava la sue preghiere e era responsabile della sua vita disperata. Scavalcò il cancello della Chiesa ed entrò nel cimitero. Tutto era ordinato e ben tenuto, poche file di lapidi di diverse gradazioni di bianco-giallo spuntavano in un prato curato con un sentiero in ciottoli che passava davanti ad ogni tomba, accanto ad ogni lapide un fiore, l'anziano custode metteva lui stesso i fiori affinché nessuna anima si sentisse dimenticata, così diceva.
Si inginocchiò davanti alla tomba di suo padre
"Christopher Evans
1976-2008
Loving husband and father"
"marito e padre amorevole" lesse a mezza voce Noire "chi è il genio che ha pensato questa frase"
Noire scosse la testa al solo pensiero.
- Ti ho sognato,  di nuovo
La ragazza iniziò a parlare fissando il nome di suo padre inciso sulla pietra
- Perché non te ne vai, vai via, lasciami, sparisci
Una lacrima solitaria brillò rimanendo bloccata sulle ciglia della regazza
-Perdonami, ti prego, ti prego
Non sapeva neanche perché era lì, ma non sapeva che altro fare.
Presa tra le mani la catenella che portava al collo, il ciondolo attaccato era simile alla targhetta che portavano i militari, solo con un lato molto più affilato, in quella specie di orfanotrofio in cui era costretta a vivere la privacy era un lusso non permesso, quello era l'unico modo che aveva trovato per nascondere la sua debolezza.
Si sedette per terra con la schiena appoggiata alla lapide, le lacrime non riuscivano a scendere, un groppo in gola sembrò impedirle pure questa consolazione, ma dopo poco le lacrime iniziarono a scendere per il viso, il mento perfino sul collo, era un fiume in piena scosso dai singhiozzi silenziosi, alzò le maniche e poggiò la targhetta a metà dell'avambraccio, una leggera pressione e tagliò.
 

Pov Jasper

Jasper aveva seguito la ragazza non solo per curiosità ma perché in piena notte non poteva permettere che una ragazza andasse in giro da sola, indifesa e con le gambe scoperte. Pensando quest'ultima cosa Jasper non poté fare a meno di infastidirsi: non si sarebbe mai abituato alla moda di questi ultimi 50 anni, trovava volgari le minigonne e ancora di più le emozioni che suscitavano, l'educazione in questi anni lasciava molto a desiderare.
Sorpreso e un po' divertito l'aveva vista scavalcare esperta il cancello del cimitero, probabilmente neanche a casa sua entrava dalla porta.
Scattò veloce saltando sul tetto della chiesetta per osservare la ragazza dall'alto indisturbato. Quando sentì la disperazione, la paura e l'indicibile sofferenza della ragazza assalirlo, cercò di usare i suoi poteri per bloccarla, cercò di sedare quella sofferenza, le inviò tutta la serenità di cui era capace, ma non funzionò.
Jasper rimase folgorato da quella scoperta, provò ancora, i suoi poteri funzionavano ma poi le emozioni della ragazza sembravano controbilanciarne gli effetti crescendo in tante direzioni diverse, c'era rassegnazione e paura al tempo stesso, rabbia e tristezza, un vortice di emozioni che sembrava risucchiarlo tutto contenuto in quello scricciolo di ragazzina che adesso iniziava a parlare dando ordine a quelle emozioni, incanalandole nelle sue parole.
Impossibile, pensò Jasper.
-Ti ho sognato di nuovo
Quelle parole parevano arrivare da lontano, Jasper era talmente immerso nei sentimenti della ragazza da sentirle appena.
-... Ti prego, Perdonami
"per cosa? Cosa hai fatto?" si ritrovò a chiedersi il vampiro appostato sul tetto mentre sentiva nella ragazza il senso di colpa aumentare.
Scese lentamente dal tetto attento a non farsi sentire, se non avesse potuto usare i suoi poteri, allora e avrebbe parlato, come faceva da essere umano, riusciva a incoraggiare uomini alla battaglia,  rincuorare genitori che avevano perso i propri figli, poteva farcela anche con questa ragazza.
Ad un certo punto si bloccò, si stava muovendo, Jasper osservò il ciondolo luccicare nelle mani della ragazza e in un attimo capì e trattenne il fiato, non aveva bisogno di respirare per vivere, e così facendo non avrebbe sentito l'odore del sangue, doveva andarsene da lì, ma non poteva abbandonare una ragazza, sentiva che stava per succedere qualcosa di atroce.
Così la osservò mentre la lametta feriva la carne dell'avambraccio sempre più in profondità,  poi un altro taglio all'interno del gomito, la pelle candida si arrossava, rivoli amaranto scendevano nel silenzio della notte per il braccio e colavano nell'erba del cimitero.
Ad ogni taglio Jasper sentiva il senso di colpa della ragazza sfumare, la rabbia sbollire, la sofferenza scivolare verso una calma malinconia, una pace ovattata e dolorante stava prendendo il posto di tutti quei sentimenti. Ma la ragazza non sembrava volesse smettere di tagliarsi e aveva iniziato a ferirsi l'altro braccio, Jasper era sconvolto da come riuscisse a ferirsi così gravemente senza emettere alcun suono, né lamento, nemmeno una lacrima, perfino i singhiozzi erano passati, ma il sangue che stava perdendo era troppo, la vide abbandonare la testa alla lapide e stendere le gambe sul terreno intriso del proprio sangue, non poteva non fare niente, ma cosa poteva fare, l'origine di quei sentimenti era così complessa e articolata che non bastava semplicemente farle provare felicità perché lei avrebbe trasformato persino la felicità più pura in senso di colpa.
Jasper uscì dal suo nascondiglio e, sempre trattenendo il respiro si corse verso la ragazza, bloccandole la mano con la lametta a terra, era preparato alla sorpresa della ragazza ma non a quello che seguì.
 

Pov Noire

Aveva deciso che questa notte sarebbe stata la sua ultima notte, l'aveva deciso mentre sentiva la lametta scorrere sotto al pelle, era una notte di luna piena limpida e tranquilla, e i suoi sogni le avevano dimostrato ancora una volta che non poteva più vivere, era ora di farla finita.
Sentiva le forze abbandonarla quando ebbe un'allucinazione, vide suo padre avvicinarsi sempre di più,  era sconvolta e sorpresa, ma pensava fosse un'immagine passeggera ma non fu così.
Lui si inginocchiò vicino a lei, come faceva quando cadeva per terra quando era piccola e diceva che non si sarebbe più alzata, le aveva bloccato la mano, la suo presa era forte, fredda... Reale, era reale, suo padre era lì non era un'allucinazione,  era veramente con lei.
-Mi hai perdonato, ti prego, non andare via, portami con te
Non sapeva se stava parlando o lo stava solo pensando, ma suo padre era lì,  con i capelli biondi, la pelle pallida, lo stesso profilo del naso e gli zigomi alti. Alzò la mano e la poggiò sul suo viso.
-Muoio per te, perdonami
Per un attimo le sembrò di aver visto suo padre sbarrare gli occhi sconvolto, ma fu solo un attimo, un attimo prima di sentire un dolore lancinante al collo, "è questo che si sente quando si muore?", questo fu l'ultimo pensiero di Noire, mentre abbracciava suo padre chino su di lei.




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Hey salve a tutti :D
Ho deciso di aggiormare subito il primo capitolo visto che era abbastanza breve ma giuro che i prossimi saranno più lunghi :)
spero vi piaccia e aspetto le vostre recensioni e critiche ^-^
Buonanotte a tutti <3

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


Pov Jasper

 
No, no, no...
La mente di Jasper era offuscata dalla sete di sangue, del suo sangue, ma non poteva pensarci, non voleva pensarci e così correva,  veloce, con il corpo esangue della ragazza tra le braccia. Sentiva la camicia bianca che indossava impregnarsi di sangue, rosso, caldo... Poteva sentirne ancora il sapore invitante in bocca. No, no... Jasper lottava con tutto se stesso per non cedere a quella tentazione. Corse per le strade di Los Angeles senza mai voltarsi nè abbassare lo sguardo su quel corpo martoriato che aveva tra le braccia. In pochi minuti lasciò le strade e deviò percorrendo campagne e boschi, sempre più veloce senza respirare, la vegetazione aveva perso ogni contorno ai suoi occhi tanto era veloce.
Pregò che i suoi fratelli lo sentissero arrivare, che Alice avesse una visione e contemporaneamente sperò che nessuno potesse vedere un altro suo errore, troppo volte aveva fallito la dieta vegetariana di Carlisle.
Abbassò lo sguardo sulla ragazza,  non aveva paura, lo sentiva, era... Felice.
Altre emozioni irruppero nella sua mente, ansia, urgenza, preoccupazione, la sua famiglia stava arrivando.
-Carlisle, chiama Carlisle
Jasper urlò appena vide arrivare Edward.
-Sono qui, fermati figlio mio dalla a me, forse c'è ancora speranza.
-Io non volevo...Volevo aiutarla... Io... Stava soffrendo
Alice strinse Jasper da dietro, dolcemente riuscì a sciogliere a stretta del marito sulla ragazza che passò nelle mani attente di Carlisle.
-Esme, prendi più sacche di sangue 0 - possibile, si sta dissanguando.
La corsa riprese, raggiunsero la casa in pochi secondi, Jasper osservò impotente Carlisle con in braccio la ragazza chiudere la porta dello studio dietro di se.
-Alice - urlò Carlisle da dietro la porta - fa riprendere Jasper e fallo entrare il prima possibile.
Jasper si accorse in quel momento di essere l'unico immobile nella casa, Esme cercava sangue compatibile,  Emmet rovistava nella felpa che aveva tolto alla ragazza per cercare il cellulare, un documento mentre Rosalie cercava un modo per coprire la sua eventuale morte e scomparsa, Edward era già uscito di casa per portar via sua moglie neonata che copriva gli occhi a Renesme, solo lui era immobile come stordito.
- Jasper, ascoltami - Alice parlò calma - guarirà, io l'ho visto
- No, non l'hai visto -  Ribatté Jasper fulminandola con lo sguardo- non puoi mentirmi
- Allora ci senti, va da Carlisle, prenditi le tue responsabilità - Rosalie non poté fare a meno di intervenire anche in quella situazione.
Jasper le ringhiò contro, si staccò dalle braccia di Alice che lo tenevano e evitando lo sguardo mortificato di sua moglie entrò nello studio.
La ragazza era distesa su un lettino metallico al centro della stanza, per terra un cielo di gocce di sangue sporcava il parquet chiaro, Carlisle, chino su di lei, suturava la ferita del suo morso.
- Carlisle - disse Jasper cercando di ricomporsi e di riprendere il controllo di se.
Carlisle guardò suo figlio con compassione e preoccupazione
- Sei sicuro di poter restare?
Jasper annuì sicuro mentre passava in rassegna le emozioni nella stanza, Carlisle urgenza, attenzione, premura, preoccupazione,  la ragazza pace e serenità. Non c'era rabbia, né dolore, Jasper cerco di spianare le rughe di Carlisle infondendogli parte della calma della ragazza. L'espressione di Carlisle si distese e Jasper si sentì un po' meno in colpa.
- Il tuo morso è una delle ferite meno gravi, queste braccia sono martoriate, muscoli, tendini sono stati recisi con precisione chirurgica - attaccò una flebo di sangue - Non c'è quasi più sangue, temo che il veleno non possa espandersi nel corpo.
- Stai dicendo che morirà - un macigno cadde sul petto di Jasper - anche se sono riuscito a fermarmi, morirà?
- Forse si, o forse no, sto iniettando altro sangue per facilitare la diffusione del veleno. Non ci resta che aspettare e sperare...
Vide Carlisle sospirare
-Jasper - i due si guardarono negli occhi, gli occhi  dorati di Carlisle si specchiarono in quelli rossi come il sangue Jasper simbolo della sua vergogna - so che non avevi intenzione di ucciderla, ma, sappi, che forse non è possibile né curarla, né trasformarla. Volevo dirtelo prima che accadesse l'irreparabile.
Jasper si sentì irritato da tutta quella premura, dopo quello che aveva fatto, le vite che aveva strappato, le persone intorno a lui continuavano a crederlo buono. Ma lui non lo era affatto, lo stile di vita che provava a portare avanti era contro la sua natura, come poteva la sua famiglia non capirlo? Perché non capivano che lui era diverso da loro? Erano anni, decenni che rinnegava agli occhi dei Cullen la sua vera natura, che provava ad essere una persona migliore, ma ne valeva realmente la pena? Sì, si rispose, era disposto a tutto per Alice, per il suo unico amore.
- Non c'è molto che tu possa fare qui -la voce di Carlisle riscosse Jasper dai suoi pensieri -Vai dai tuoi fratelli, cambiati e aspetta che finisca con la ragazza. Dobbiamo parlare.
Mentre elencava gli ordini che Jasper avrebbe dovuto seguire aveva finito di suturare e fasciare un braccio per aiutare il veleno nel processo di guarigione, Jasper non poté non notare che in sala operatoria Carlisle era autoritario come il migliore dei generali.
Jasper saltò dalla finestra e entrò nella sua stanza, non voleva vedere nessuno ancora per un po' anche se sapeva che non poteva evitarli all'infinito.
Gettò i vestiti insanguinati per terra, erano anni che non beveva sangue umano eppure poteva giurare che quello della ragazza era il migliore che avesse mai assaggiato. Sentì i canini appuntirsi, distolse subito la mente dal sapore intenso di quel sangue. "Autocontrollo", s'impose. Entrò nel bagno grato che Alice non l'avesse seguito, entrò nella doccia e lavò via ogni goccia di sangue sul suo corpo "che spreco" pensò vedendo l'acqua rossastra ai suoi piedi che con un mulinello scendeva nello scarico della doccia.
Uscí, si asciugò e si rivestì in fretta, i capelli bagnati ancora colavano sulla maglietta nera quando decise di scendere per affrontare la sua famiglia. Al piano di sotto sentiva la preoccupazione di Carlisle, la comprensione di Edward, l'irritazione di Rosalie, la fiducia di Alice... Ancora una volta non c'era rabbia, nè condanna e Jasper li odiava per questo più di quanto odiasse se stesso in quel momento.
Scese le scale e li trovò seduti nell'ampio salone che dava sul bosco.
Alice saltò dalla poltrona e gli venne incontro abbracciandolo, lui ricambiò con tutto l'amore di cui era capace ringraziandola ancor una volta del suo perdono.
Carlisle fu il primo a parlare:
- Jasper, come sicuramente sai nessuno di noi ti vuole condannare, tutti possiamo sbagliare. Ma adesso raccontaci cosa è successo non siamo qui per giudicare ma per comprendere.
Jasper sentì l'irritazione di Rosalie aumentare sempre più così decise di calmarla prima di dover subire le sue frecciatine acide.
Al centro della stanza c'era una tavolino basso in mogano lucido, da una parte il divano di pelle bordeaux con Alice, Esme ed Edward, che nel frattempo era tornato lasciando nella casa nel bosco Bella e Renesme, vicino dall'altra parte Rosalie sedeva rigida su una sedia con Emmet in piedi dietro di lei che le teneva le mani sulle spalle, l'unico posto vuoto era una poltrona di pelle nera posizionata al lato più corto del tavolino proprio davanti a Carlisle.
Jasper si sedette e, guardando negli occhi Carlisle incominciò:
- Ero nella periferia sud di Los Angeles, erano circa le 4 di notte quando vidi uscire dalla finestra di un palazzo quella ragazza per fumarsi una sigaretta, era una strada pericolosa in un quartiere malfamato perciò quando l'ho vista allontanarsi da casa da sola ho deciso di seguirla, per proteggerla- questa era solo parte della verità, non poteva certo dire di averla fissata per minuti interi solo per sentire le sue emozioni e averla seguita per curiosità, quella versione era più accettabile per tutti.
-Peccato che eri proprio tu la persona da cui si sarebbe dovuta difendere
La battuta di Rosalie non tardò ad arrivare, Jasper la ignorò.
- L'ho vista entrare in un cimitero, quando ha iniziato a tagliarsi io non sono più riuscito a trattenermi e l'ho morsa - un'altra parziale verità rendeva tutto più accettabile.
Carlisle sembrava soddisfatto dalla sua versione
- L'hai seguita in buona fede, non potevi sapere quello che avrebbe fatto.
"invece si che potevo" pensò Jasper "empatico, ricordi?"
Edward lo fissava, Jasper sentì la curiosità nascere nella mente del fratello.
- La prenderemo con noi vero, mio caro?
Era il cuore di madre di Esme che parlava
- Certo, prima però dobbiamo rintracciare la sua vera famiglia - Carlisle rispose sorridendo alla moglie,  come per porgerle un regalo che sapeva che avrebbe gradito: un nuova figlia.
- Non ha famiglia - disse Jasper interrompendo i genitori - l'ho vista uscire da un orfanotrofio, nel cimitero pregava su una tomba, quella del padre immagino.
- Oh, cara
Disse Esme, se fosse stato possibile nei suoi occhi sarebbero comparse delle lacrime.
Jasper ebbe il presentimento che quella ragazza non sarebbe andata molto d'accordo con Esme, erano così diverse.
-Meglio così, almeno abbiamo un problema in meno
Jasper ringhiò ancora una volta a Rosalie, Emmet sviò velocememte in discorso:
- Non pensate che stiamo dimenticando qualcosa? Quando si sveglierà sarà una neonata assetata di sangue, non ha avuto il tempo di abituarsi all'idea di diventare un vampiro come Bella.
- Ci penserà Jasper, è il più esperto - rispose Carlisle fiducioso guardando suo figlio
- C'è un altro problema - disse Esme
- Quale tesoro?
- È piccola, sembra più giovane di Edward
- Potrebbe essere troppo piccola - s'intromise Emmet preoccupato - Sarebbe difficile da gestire, se non impossibile
- Non è piccola - Jasper mise fine alla questione - forse lo è di età ma è molto più matura e adulta di quello che sembra, forse anche troppo. Non correte troppo comunque, potrebbe non passare la notte.
Nella stanza calò il silenzio, Esme aspettava che Carlisle smentisse quelle parole ma Carlisle rimase in silenzio.
Iniziava ad albeggiare, i primi raggi solari filtravano dalle vetrate con una tenue luce arancione che proiettava riflessi dorati sui volti dei vampiri.
Un urlo disumano squarciò l'aria mattutina cogliendo di sorpresa la famiglia.
Carlisle guardò il figlio rassicurandolo:
- La trasformazione sta iniziando.
- Il peggio è passato - disse Esme
- O ancora deve venire - mormorò Jasper
 

Pov Noire

 
Bagliori accecanti filtravano tra le palpebre di Noire. Sentiva il suo corpo pervaso dal fuoco, si sentiva ardere le ossa, le sembrava che la pelle fosse a contatto con del metallo incadescente, se questa era la morte non poteva che rassegnarsi, non c'era fine al dolore. Non sentiva più dove finiva il suo corpo, le sembrava che ogni fibra del suo corpo non fosse nient'altro che dolore.
La febbre saliva, le infiammava i polmoni e poi sentì qualcos'altro: le sue braccia.
Sentiva oltre al fuoco nelle ossa un fuoco diverso, quello dei tagli, sentiva i punti di sutura tirare e capì di essere in un ospedale. Trovò i suoi occhi e li aprì bruciandosi la retina con la luce improvvisa, e così arrivò ad una conclusione: era viva.
Urlò, con tutto il fiato che le rimaneva, era viva, viva e continuava a soffrire.
Iniziò a muoversi e sentì i punti di sutura cedere e la pelle squarciarsi, altro dolore.
Trovò la fine del lettino e cerco di mettersi in piedi, ma cadde a terra rovinosamente.
Gli occhi iniziavano ad abituarsi alla luce del mattino, vide un uomo entrare dalla porta e cercare di aiutarla:
- Stai tranquilla andrà tutto bene.
Noire capì che quello doveva trattarsi del suo medico. Una furia irrefrenabile la invase:
-Ti odio - iniziò a picchiarlo allontanandolo a calci e pugni, urlava cercando aiuto, ma era troppo debole e l'uomo pareva fatto di marmo.
- Fermati o ti farai male. Jasper, vieni subito.
- Vattene via. Lasciami stare!
Vide la pietà negli occhi del dottore e lo odiò con tutta l'anima.
- Sono qui.
All'immagine sfumata del dottore se ne sostituì un'altra, familiare... Quella voce, era lui,  era di nuovo suo padre, allora il dottore non poteva salvarla stava morendo davvero, o stava delirando? La rabbia che provava iniziò a diminuire e una sensazione strana, la assalì, era stanchezza? Si, ma non era la sua, quell' emozione sembrò ritrarsi indietro e lei si calmò.
Si accorse che era sdraiata per terra, molti dei punti dovevano essersi strappati e il sangue ricominciava a scorrere via dal suo corpo.
- Chriss, mi dispiace io non volevo.
- Shhh, tranquilla.
Suo padre la prese in braccio e la rimise sul lettino. Il dolore continuava infinito ma adesso suo padre le era vicino.
Non riusciva più a distinguere il sogno dalla realtà, suoni lontani, colori sfumati e suo padre vicino a lei mentre era in preda al fuoco della febbre e al delirio, la sua vista era offuscata ma sentiva la sua mano fredda sulla propria.
- Ti prego fallo, smettere, il dolore, ti prego.
- Non posso, non posso
Ma intanto sentiva il dolore scemare e così si stringeva a lui sempre di più.
 

Pov Jasper

Edward entrò nella stanza dove si trovavano la ragazza addormentata e Jasper vicino a tenerle la mano.
- Dimmi la verità,  o pensala è lo stesso. Voglio sapere perché l'hai seguita
Jasper era distrutto dal dolore che era costretto a sopportare vicino alla ragazza perciò cedette immediatamente alla richiesta del fratello, leggeva nella mente era quasi impossibile nascondergli qualcosa, ripensò a quella sera lasciando che il fratello ne traesse le risposte che voleva.
- Ti avevano attratto le sue emozioni perché sembravano simili alle tue nel passato, va bene ma perché quando hai visto quello che stava facendo non hai modificato le sue emozioni? Oddio, è come tra me e Bella, lei è immune ai tuoi poteri...
-Non esattamente - Jasper lo bloccò prima che il fratello potesse farsi strane idee - quando si stava ferendo provava un vortice di emozioni talmente vasto e confuso che non riuscivo a gestirlo. Con lei il mio potere funziona solo quando prova emozioni ben definite,  come adesso che sta soffrendo, e solo quando so perché prova quell'emozione.
- Non pensi sia strano
- In realtà no, alla base del mio potere c'è la comprensione della natura umana, ma lei, Edward, i suoi sentimenti sono più complessi di quelli degli altri, molte delle sue emozioni sono un mistero per me
- Eppure pensavi che fosse come te, quindi stai dicendo che non comprendi la natura dei tuoi sentimenti
- Questo lo stai dicendo tu- Jasper rispose freddo, stanco della mancanza di discrezione del fratello
- Non ti innervosire, un'ultima domanda- disse Edward con lo sguardo di chi si è lasciato la domanda più importante alla fine - Perché ti se fermato prima di ucciderla.
Jasper guardò la ragazza addormentata stesa sul lettino vicino a lui, soffriva ancora ma era serena, lo era grazie a lui, ma non per i suoi poteri da empatico, ma per la sua sola presenza. Improvvisamente gli venne in mente che Edward leggendo nel pensiero avrebbe potuto dirgli perché era così felice
- Ti propongo uno scambio, una risposta per una risposta - disse allora Jasper
- Vuoi sapere perché è felice quando è vicino a te giusto? Non lo so di preciso, i suoi pensieri sono per lo più deliri, ma penso ci sia stato uno scambio di persona
- Pensa che io sia qualcun'altro quindi - Jasper non poté non pensare alla disperazione che la ragazza avrebbe provato al suo risveglio, si sentì terribilmente in colpa. La ragazza addormentata parve rendersene conto e gli strinse la mano nel sonno, lui ricambio la stretta dolcemente, era ancora umana, doveva stare attento.
-Sono tutti sorpresi dal tuo comportamento Jasper, stai tenendo la mano ad una adolescente addormentata abbandonando persino tua moglie
Quell'insinuazione toccò un nervo scoperto, non parlava con Alice da un paio di giorni ma di certo non era perché provasse dei sentimenti per quella ragazzina
- Io amo Alice non ho bisogno di dimostrarlo. Pensate ciò che volete, io decido come comportarmi indipendentemente dai vostri pensieri.
- Non è vero - disse Edward fissandolo negli occhi ancora rossi- tu non ti comporti mai indipendentemente dai pensieri altrui, sei empatico, la tua vita si basa sui pensieri degli altri. La domanda è perché adesso è diverso. Dimmi, la risposta è sdraiata su quel lettino?
- Avevi detto che quella sarebbe stata la tua ultima domanda
- Mentivo e comunque non hai risposto
Jasper iniziava a infastidirsi, vedeva l'atteggiamento arrogante del fratello come una mancanza di rispetto. Gli avrebbe volentieri tirato un pugno o come minimo risposto molto male ma si trattenne.
- Leggi nella mente, cosa vuoi ancora da me.
-  Voglio che tu ti renda conto dei tuoi pensieri. Perché ti sei fermato con lei e non con tutti gli altri prima di lei?
- Te l'ho detto, è diversa - Jasper era stanco, in quella famiglia era impossibile aver un po' di privacy
-  Le sue emozioni mi hanno preso alla sprovvista così mi sono distratto dal pensiero del sangue e sono riuscito a fermarmi- Jasper parlò distaccato fornendo un'altra mezza verità,  la ragazza iniziava ad agitarsi nel sonno.
- Sei un maestro nell'omissione non c'è che dire.
Jasper lo ignorò continuando a guardare la ragazza soffrire, il suo potere poteva molto poco contro il dolore fisico, ma non per questo rinunciava a provare a lenirlo.
- Tu l'hai vista in difficoltà come te una volta, la volevi aiutare, ma non solo, tu pensi che lei possa... Comprenderti? Che siate simili?
Edward gli voltò le spalle e fece per andarsene
- Fa attenzione
Con quest'ultimo avvertimento Edward lasciò la stanza
 

Pov Noire
 

Tutto era confuso, solo la sofferenza era nitida sul suo corpo. Continuava a delirare da quanto? Ore? Giorni? Mesi? Aveva perso la cognizione del tempo e dello spazio.
Sentiva delle voci intorno a lei.














Hey :) buona sera a tutti! VI sta piacendo? vedo che siete in tanti ad aver letto la mia storia *-* è bellissimo, è la prima volta che così tanta gente legge quello che ho scritto, per me è un'emozione unica. scrivetemi quello che ne pensate se volete ;)
comunque spero continuerete a leggere perchè siamo solo all'inizio, devono ancora succedere tante a tante di quelle cose ;D
un bacione a tutti!!! <3

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Pov Jasper

 
- 5 giorni, Carlisle, sono 5 giorni di trasformazione, ho visto centinai di trasformazioni ma mai una del genere
- Avevo detto che sarebbe stato difficile per il veleno agire su di lei.
Rispose Carlisle addolorato
- Riesce a capire le nostre parole, almeno in parte - Edward ad occhi chiusi era concentrato sui deliri della ragazza che sembravano via via meno confusi- Sembra che il dolore si sia calmato
- No, non si è calmato. È come se si fosse abituata.
- Impossibile - esclamò Edward incredulo
-Non si sta trasformando Carlisle, è esattamente come era appena è arrivata perché?
-Credo siano state le trasfusioni, ho continuato a dargli sacche di sangue per non farla morire prima che fosse finita la trasformazione, ma probabilmente perdendo sangue ha perso anche gran parte del veleno, è in bilico e non so quanto ci resterà.
Jasper guardò la ragazza per l'ennesima volta, era riuscita a vincere il dolore della trasformazione ma non quello della perdita di suo padre, per quanto fosse forte era debole come cristallo sotto il peso del suo senso di colpa. Jasper rivolse un pensiero a Edward cercando un appoggiò per la sua idea.
- Carlisle- disse Edward capendo le intenzioni del fratello- e se continuassimo con le trasfusioni fino a purificare il sangue dal veleno?
- Una dialisi? - disse il dottore rivolgendo uno sguardo al figlio - nessuno ha mai tentato una cosa simile, ma potremo provare, così ritornerebbe umana
Jasper sentì gli altri membri della famiglia agitarsi, era ovvio che tutti stessero sentendo quella discussione.
- Avrà capito il nostro segreto non possiamo- disse Rosalie
- Perché tentare una cosa del genere? Mordetela ancora, ormai è fatta- propose Emmet risoluto.
Carlisle aveva già pensato a quell'alternativa ma non voleva metterla in pratica senza il consenso del figlio, sapeva quanto Jasper potesse sentirsi in colpa per aver perso il controllo perciò voleva che almeno adesso si sentisse padrone della situazione.
Ma prima che Carlisle osasse parlare Alice mise fine alla discussione:
-Funzionerà,  l'ho visto.
Jasper ci credé.
--------------
Era arrivata la sera, la dialisi stava funzionando e adesso la ragazza febbricitante dormiva un sonno agitato.
- Perché non hai voluto che si trasformasse
Erano soli, veramente soli, Jasper e Carlisle nel suo studio. Gli altri erano a caccia.
- Non puoi capire- così stava per rispondere Jasper quando si bloccò, Carlisle era più anziano e più saggio, il fatto che lo vedesse felice non voleva dire che non avesse sofferto o che non capisse la sofferenza, Jasper guardò il padre adottivo con una nuova consapevolezza e un rinnovato rispetto, Carlisle sostenne fiero lo sguardo di suo figlio finché non chiuse gli occhi, erano anni che Jasper non gli mostrava quel rispetto. Carlisle sorrise con benevolenza a Jasper, invitandolo a sedere.
- Io ho sentito ogni suo emozione - iniziò Jasper fissando il vuoto davanti a lui- è forte ma non può vincere il suo dolore. Non c'è bisogno di saper leggere il futuro per sapere che vivrà una vita di sofferenza. L'immortalità per lei sarebbe un destino atroce, non voglio essere io il giudice di questa condanna.
Jasper aspettò il silenzio la risposta di Carlisle, sentiva la compassione di Carlisle verso di lui e non poteva sopportarlo.
- Ognuno di noi ha i propri demoni da combattere, Jasper, e a ognuno di noi è stata data la forza per farlo. Certo può succedere che si perda una battaglia ma l'importante è non smettere mai di combattere, arrendersi è la scelta peggiore che si possa fare.
-Non sto parlando di me, padre, ma della ragazza. - disse Jasper irritato - leggo nei cuori delle persone e sento che non tutti riescono a combattere, non a tutti è stata data la forza per farlo, arrendersi a volte non è una scelta.
- Sei tu che stai parlando di te stesso, figlio mio, io parlavo della ragazza.
Jasper si alzò puntò sul vivo
- Non voglio vederla soffrire per l'eternità
- Come soffri tu, Jasper Hale - Carlisle si alzò fissando il figlio con quanto più amore poteva -non vedi a cosa ti ha portato la tua sofferenza? Hai una moglie che ti ama, una famiglia, una vita serena, la pace.
- Non sto parlando di me, Carlisle, credi che non mi renda conto della mia fortuna. Ma è stato solo questo: fortuna, non è merito del dolore. Quella ragazza potrebbe non essere fortunata, sicuramente fino ad adesso non lo è stata e vivere per l'eternità non è la soluzione.
- Jasper, lei è fortunata! tu l'hai salvata, portata da noi, avrebbe avuto una famiglia, un futuro e noi l'avremmo aiutata. Nessuno è destinato a soffrire in eterno, non importa quanto grande sia il dolore che prova.
Jasper guardò il padre, forse aveva ragione. O forse no.
----------
 

Pov Noire

I raggi del mattino filtravano tra le tende scaldandole le palpebre, il dolore era scomparso, il calore del fuoco si era spento,  aprì gli occhi le lentamente. Si trovava in una camera d'ospedale, o almeno così sembrava. Ma guardandosi intorno notò che il letto d'ospedale stonava con il resto della camera che sembrava più uno studio. C'era un'ampia vetrata che illuminava il legno lucido di palissandro rosso del parquet e della scrivania, una libreria antica quanto i libri rilegati che conteneva attrasse l'attenzione di Noire, dove si trovava?
Si alzò dal letto reggendosi per non cadere a causa delle vertigini,  tolse la flebo dal braccio, stringendo le labbra per il dolore, sentiva i punti di sutura su tutte e due le braccia tirare sotto la fasciatura rigata di sangue. Aveva ancora addosso la felpa e i pantaloncini del pigiama, si rese conto di essere bagnata di sudori freddi dovuti alla febbre, i suoi vestiti erano sporchi di sangue e sudore, appena se ne rese conto alzando lo sguardo vide un cambio pulito pronto per lei sulla scrivania, era composto da una felpa e un pantaloncino simili ai suoi, lo prese in mano e aprendo la porta dello studio e si sorprese di non vedere nessuno, chiunque l'avesse curata adesso l'aveva lasciata da sola in quella casa.
Percorse il corridoio adorno di quadri rinascimentali magnifici alla ricerca di un bagno, grazie al cielo non c'era nessuno nelle stanze che potesse vederla. Entrò nel primo bagno che vide, era spazioso, con le piastrelle rosa antico, una vasca antica con i piedi dorati era circondata da vetrata dalle quali si poteva vedere la foresta, avrebbe voluto farsi un bagno ma viste le fasciature non le sembrava il caso e poi probabilmente i proprietari di quella enorme e sfarzosa casa sarebbero svenuti solo al pensiero di una ragazzina sporca che si lava nel loro bagno immacolato, chissà forse lo avrebbero fatto disinfestare.
Si avvicinò al lavandino e guardandosi allo specchio contornato d'oro si lavò il viso e le macchioline di sangue  incrostate sulla pelle, decise di lavarsi i capelli con uno shampoo alla frutta che si trovava nel mobiletto e si asciugò con un asciugamano bianchissimo e morbido poggiato di fianco al lavandino, in fondo però tutto sembrava messo lì apposta per essere usato da lei. Noire non poté non notare che tutto sembrava finto, quel bagno pareva non fosse mai stato utilizzato.
Si lavò come meglio poteva cercando di non strappare i punti sulle braccia, infine uscì dal bagno, tornò nello studio e iniziò a leggere i dorsi dei libri in attesa.
Non aveva ancora finito di leggere i titoli dei libri in uno scaffale che sentì  bussare alla porta.
Non disse niente
Vide la maniglia abbassarsi lentamente, distolse lo sguardo un attimo prima che gli occhi dell'uomo sulla soglia potessero incrociare i suoi.
- Sono lieto di vedervi finalmente in piedi - disse un uomo sulla trentina, biondo e pallido sinceramente felice - vi sentite bene?
Noire annuì con distacco notando che l'uomo le dava del "voi" antico come quei libri su cui il suo sguardo continuava a vagare. Sapeva che stavano ricominciando i problemi, polizia, servizi sociali, psicologi, psicoterapeuti, probabilmente antidepressivi e sedativi.
- Io sono il Dottor Cullen, ma chiamatemi pure Carlisle cara.
Quanto tempo aveva ancora prima che arrivasse la polizia? Poco, probabilmente non avrebbe fatto in tempo a scappare, poi con quelle ferite.
- Noto che avete le fasciature sporche, signorina.
Sentì le mani dell'uomo toccarle il braccio, lo scansò, scrollando le spalle gli fece capire di non preoccuparsi oltre. C'era qualche possibilità che non avesse chiamato la polizia? No, sembrava troppo tranquillo, se non l'avesse chiamata adesso l'avrebbe bombardata di domande incerto sul da farsi, sicuramente la polizia stava arrivando.
- Vedo con piacere che vi piacciono i libri...
Il dottore prese in mano il libro che stava guardando, porgendoglielo.
- La smetta signore, non ce ne bisogno, tra poco verrà la polizia e me ne andrò. Non siamo ipocriti, a me non va di parlare e a lei non va di essere gentile con me.
- No no, avete frainteso - il dottore cercò di toccarle la spalla per rincuorarla ma Noire si voltò di scatto allontanandosi da lui.
- Non credo proprio, io me ne starò qui va bene? - disse sedendosi sul letto da ospedale - Lei intanto faccia quello che crede, preferisco stare da sola grazie. - ma il dottore rimase lì senza scomporsi né innervosirsi.
- Vi lascio allora, per qualsiasi cosa sono al piano di sotto, fate come foste a casa vostra
- Si, come no
Noire roteò gli occhi gettando un ultimo sguardo scocciato al dottore, non poté fare a meno di notare la pena negli occhi dell'uomo. Sbuffò e andò verso la libreria ricominciando a leggere  titoli da dove si era fermata.
 

Pov Jasper.

 
Guardò Carlisle scendere le scale divertito.Tutti avevano sentito la conversazione ma lui era l'unico ad averla trovata divertente.
- È ancora molto scossa - disse Carlisle per rispondere agli sguardi dei familiari
- Certo che è scossa, piccola, chissà quanto dev'essere sconvolta - approvò Esme andando ad abbracciare il marito.
- È convinta che stia per arrivare la polizia, da quanto ho capito sembra che questa non sia la prima volta che si ritrova a casa di sconosciuti - Disse Edward per cercare di spiegare il comportamento della ragazza - è per questo che non è preoccupata,  sa già cosa sta per accadere.
Jasper ascoltò ognuno dei fratelli dare la sua interpretazione degli atteggiamenti della ragazza divertito, nessuno sembrava aver capito.
- Allora dicci tu per quale motivo si comporta come una stronza - sbottò Edward infastidito dai pensieri di Jasper.
- Perché è stronza - spiegò semplicemente l'empatico - non tutti si lasciano addolcire da un paio di paroline gentili, non è sconvolta né preoccupata semplicemente perché è intelligente e ha già vagliato tutte le possibili conseguenze, ecco perché non è educata e grata, perché sa che non servirebbe a niente.
La famiglia si bloccò.
- Visto che hai capito tutto vacci a parlare tu - disse Rosalie.
- Si vacci a parlare e portale da mangiare - aggiunse Esme correndo in cucina a prepararle la colazione.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


Pov Jasper

Con un vassoio colmo di dolci e ogni genere di bevande Jasper si avvicinò alla porta dello studio dove si trovava la ragazza. Era riuscito a prendere tempo per lasciare la ragazza sola almeno per un'ora e convincere gli altri a lasciargli la casa vuota, sperava in questo modo di mettere a suo agio la ragazza.
Arrivato alla porta sentiva che la ragazza era concentrata su qualcosa che sembrava almeno per lei molto interessante. Bussò alla porta cogliendola di sorpresa e sentì all'interno un fruscio di pagine e piccoli tonfi, come il rumore che fanno i libri antichi quando vengono chiusi di scatto. Non rimase sorpreso immaginando la ragazza indaffarata a mettere a posto i libri nella libreria, ma al contrario era come se se lo aspettasse.
- Ti ho portato da mangiare.
Questa volta la sua reazione lo sorprese. Si era immaginato irritazione, risposte scontrose, era pronto all' eventualità di venire ignorato, invece la ragazza sembrò lasciare abbassate le difese come fosse ancora intenta a leggere un libro, in fondo però gli pareva di vedere un ombra che non riusciva a distinguere, chiuse la mente e si concentrò sui rumori che provenivano dalla stanza, la ragazza non si era mossa, un odore dolciastro di febbre confermò la sua ipotesi, non era ancora del tutto lucida, era come se stesse sognando.
- Ti lascio il vassoio qua fuori.
Appena fece per muovere un passo sentì che lei non voleva che se ne andasse. Si sedette per terra fissando la porta dello studio. Voleva che lei si fidasse di lui, voleva che la ragazza sapesse di non essere sola.
- Perdona Carlisle, l'uomo che hai conosciuto stamattina - Disse la prima cosa che gli venne in mente. Non avevano molto in comune a parte quella notte di cui non gli sembrava il caso di parlare.
- Di cosa dovrei perdonarlo? Di essere stato gentile con me? - rispose la ragazza con una finta voce innocente, Jasper sentiva l'ironia nella sua mente, lo stava mettendo alla prova, voleva sentire come avrebbe risposto Jasper.
Jasper si lasciò sfuggire un sorriso divertito, avrà pure avuto la febbre ma quella ragazza aveva carattere.
- Gentile? Se chiami gentilezza l'ostentata bontà e il pietismo - Jasper rispose diretto ricordandosi la prima volta che aveva parlato con Carlisle, non gli aveva staccato la testa solo per non far piangere Alice.
Il suo potere gli fece sentire il divertimento della ragazza, a quanto pare Jasper aveva superato la prima prova.
- Quando gli hai risposto in quel modo è stato... - iniziò Jasper con il sorriso sulle labbra ricordando i sentimenti di suo padre alle parole della ragazza - bellissimo! Poverino, non riuscirà a dormire stanotte.
Dopo qualche secondo di silenzio la ragazza riprese a parlare più seria, quasi a se stessa.
- Odio le persone come lui, i  manipolatori costringono le persone a fare ciò che vogliono loro nascondendosi dietro il loro buonismo. Sarò stata la prima a rinfacciargli la sua ipocrisia
- La seconda - la interruppe Jasper, sorpresa mista a divertimento sbocciò davanti a lui
- Mi dispiace, ma sei arrivata troppo tardi, io sono passato prima di te - Jasper vide nascere un nuovo sentimento: complicità.
Sentì la ragazza muoversi e  sedersi vicino alla porta, erano vicini anche se separati da quei 10 centimetri di legno scuro. Sentì l'odore del sangue della ragazza filtrare da sotto la porta, ma resistette, quell'odore era contaminato da farmaci, sangue di donatori meno invitanti di lei e da quella scia agrodolce che la febbre alta si porta dietro: quel sangue aveva poco a che vedere con quello che a aveva assaggiato quella notte. Si rese conto che la ragazza stava per parlare quando la sentì prendere fiato.
- Comunque, come hai detto che ti chiami?
- Non l'ho detto - rispose Jasper- dimmi prima il tuo.
Piano piano Jasper iniziò a tirare la corda, non aveva documenti addosso quella sera quindi non sapeva veramente quale fosse il suo nome ma l'avrebbe sentito se gli avesse mentito.
- Niente domande, niente risate, niente riferimenti inopportuni - la ragazza parlò stancamente quasi recitasse una formula polverosa - chiaro?
- Trasparente - rispose Jasper divertito e incuriosito preparandosi ai nomi più brutti o strani che gli venissero in mente, i genitori a volte avevano cattivo gusto in fatto di nomi, o peggio, un pessimo senso dell'umorismo.
Sentì la ragazza espirare, inspirare e:
- Noire
Jasper rimase sorpreso e vagamente affascinato da quel nome, che i genitori alla sua nascita avessero già capito l'indole della figlia o che ne avessero malauguratamente influenzato il destino fattostà che quel nome adesso sembrava rappresentarla appieno, almeno per quello che aveva visto e che poteva sentire Jasper attraverso i suoi poteri, il che non era poco.
- Noire - ripeté Jasper a bassa voce, sorrise - Mi piace
- Ti avevo detto di non scherzare
-Dico sul serio, e poi trovo ti si addica
-È solo un nome - La ragazza tagliò il discorso - Adesso tocca a te.
Jasper si ritrovò ad interrogarsi sui pensieri della ragazza.
Jasper sorrise e si avvicinò parlando ad un centimetro dal legno scuro.
- Si accettano domande, risate e anche riferimenti inopportuni - ripeté la formula della ragazza rovesciandola, poté sentire la ragazza sbuffare, stava accettando la sfida.
- Basta che me lo dici - disse Noire, Jasper sentì nascere una  curiosità spropositata, allo stesso tempo poteva ancora sentire l'agrodolce della rassegnazione, come se Noire sentisse che quel dialogo non potesse durare, come se intuisse già la fine, come se si vedesse già da sola. Forse quella curiosità era un sentimento che si imponeva per rimanere presente e non lasciarsi andare alla consapevolezza che tutto finisce, per vivere ogni momento in cui si sentiva serena fino in fondo. Jasper per un attimo sentì di aver capito, l'attimo dopo percepì di nuovo la natura di quella ragazza scivolargli tra le dita.
-Mi chiamo Jasper - disse semplicemente - Solo Jasper
Restarono in silenzio, Noire guardò persa il riflesso del sole danzare tra le foglie davanti alla finestra, Jasper sentiva la sua stanchezza aumentare e le emozioni sprofondare lentamente in un'amara nostalgia.
- Hai ancora la febbre alta, fammi entrare, ti ho portato qualcosa da mangiare - Jasper cercò un motivo per farle aprire la porta per vedere le sue condizioni, si sentiva impotente lì fuori, incapace di districarsi in quel labirinto fluido di sentimenti.
La porta sì aprì quel tanto che bastava a farlo entrare di lato.
- Hey - sussurrò appena Jasper mentre entrava attento a non farle male, Noire sedeva rannicchiata tra la porta e la parete.
- Dammi la mano,  ti aiuto a tornare sul letto - non potendo influire sulle sue emozioni se non minimamente Jasper si ritrovò a parlare dolcemente,  come faceva di rado, cercando in qualche modo di manipolare i sentimenti di Noire attraverso le sue azioni, come faceva quando era umano.
Prese la mano bianca e affusolata della ragazza tra le sue, la sentì rabbrividire al contatto.
- Scusa, ho le mani fredde...
In quel momento si rese conto che il brivido non era dovuto alla sua temperatura ma a qualcos'altro, cosa? Non lo sapeva, ma si rese conto che a quel brivido ne seguivano altri, e altri ancora.
Tremava.
Jasper si inginocchio accanto alla ragazzina spaventata.
- Hey, cosa fai tremi? Non aver paura è solo la febbre che sta salendo - non era vero,  e di certo quelle non erano le parole più rassicuranti che poteva inventare ma la sua mente era offuscata dal vortice impetuoso delle emozioni di quello scricciolo davanti a lui.
-Noire...
Fu un attimo, la ragazza alzò lo sguardo e l'oro degli occhi Jasper si specchiò negli abissi ghiacciati degli occhi di lei, grigi, gelidi, terrorizzati.
 
 

Pov Noire

Non era possibile.
Non poteva essere.
Un dejavù saettò tra i pensieri di Noire.
Quella voce, un po' rauca come se non venisse usata da tempo, quel dialogo simile ad altri avvenuti anni prima e poi... Quelle mani.
Fredde e attente, quasi dolci.
Il dubbio l'assaliva, la paura di faceva strada.
Quella voce, ancora. No, no, no, eppure non stava morendo e allora perché?
- Noire...
Il suo nome. Non c'erano più dubbi, solo paura.  Sentiva che stava per cadere in un abisso, alzò lo sguardo verso l'unica persona che avrebbe potuto salvarla e anche l'unica che l'avrebbe potuta farla affogare in quell'oceano.
Alzò lo sguardo e vide ciò che non credeva possibile, eppure era lì vero, la toccava, non era un delirio.
- Ferma stai ferma, ti farai male.
Noire si ritrovò delirare mentre i brividi le attanagliavano i muscoli che si contravano in spasmi incontrollati. Cercò di allontanarsi da Jasper finendo per sbattere la testa contro il muro dietro di lei. Voleva alzarsi in piedi ma non ci riusciva, Jasper intanto si era allontanato da lei, ma continuava a parlarle, vedeva le labbra muoversi ma non sentiva nessun suono a parte le sue stesse urla e le sue frasi sconnesse. La stava perseguitando, la voleva uccidere, vendicarsi, non capiva, Noire non capiva quello che vedeva né quello che pensava.
Si rese conto di star vivendo uno degli attacchi di panico più violenti della sua vita, era arrivata vicino alla scrivania lì si rannicchiò stringendo le ginocchia al petto, affondò le mani nei capelli e rimase immobile, febbricitante, soffocata dai singhiozzi e sconvolta da una paura irrazionale di morire, di soffrire, di non riuscire più a resistere.
Chiuse gli occhi, si concentrò sul buio cercando inutilmente di calmare i tremiti.
- Vattene via, tu non puoi essere qui, non sono pazza... Aiuto, non voglio morire.
Ripeteva come una litania, frasi sparse, frammenti di pensieri e paure.
Un braccio l'avvolse e insieme a quello sentì dentro di lei farsi largo una calma non sua, una serenità forzata che non le apparteneva, ma a cui si lasciò andare sfinita.
- Sono Jasper, solo Jasper. Non so chi sia Chriss e non ti farò del male. Ti senti meglio ora, vero?
Quella voce giunse da lontano, come un sogno, un bellissimo sogno.
- Adesso è tutto finito, non devi aver paura. Dormi.
E come se quelle parole fossero magiche la paura sparì e sentì la proprio coscienza sprofondare in un sonno sereno.
 

Pov Jasper.

Aveva funzionato, questa volta il suo potere era riuscita a calmarla.
La prese in braccio cercando di essere il più delicato possibile, erano anni che non toccava un essere umano se non per ucciderlo, si era scordato quanto potessero essere fragili.
Sentì Calisle entrare nella stanza.
- Cosa è successo? Si è sentita male.
Jasper adagiò la ragazza sul lettino asciugandole le lacrime con le dita. Era così morbida. Così calda.
- Le è venuto un attacco di panico. Per questo non volevo che venissi, chi soffre di questi episodi solitamente non ama avere troppa gente accanto a se. Oltretutto sapevo di poterla calmare.
-Non dubito della tua buona fede figliolo, ma è ancora ferita, starle troppo vicino sarebbe imprudente.
- Non preoccuparti di questo, l'odore della febbre e delle medicine la rendono un pasto molto poco allettante.
Carlisle tolse le bende sporche dalle braccia della ragazza, il veleno aveva rimarginato quasi completamente le ferite, non restavano che graffi arrossati sulla pelle bollente. Jasper guardò con ammirazione la dedizione del padre mentre puliva con un batuffolo di cotone bagnato di liquido anestetico l'incavo del braccio della ragazza a cui adesso stringeva un laccio emostatico.
- Puoi passarmi la scatola bianca sullo scaffale figliolo?
Disse Carlisle, lo sguardo fisso sulla ragazza, ne stava valutando peso, altezza, possibili carenze vitaminiche, un elenco di dati scorreva negli occhi del medico, Jasper prese la scatolina e gliela avvicinò lentamente, attento a non rompere il filo dei pensieri del dottore, raramente gli capitava di assistere alle cure fornite da Carlisle, forse fu per curiosità  che rimase a guardare... Forse.
Osservò attento Carlisle prendere una fialetta e una siringa dal contenitore, lo vide inserire l'agocannula nel tappo di silicone della fiala e aspirarne il liquido stando attento a non superare la dose stimata poco prima. Seguì l'ago per tutta il suo percorso fino alla pelle della ragazza dove lo vide affondare nella pelle cedevole. 





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Hey salve a tutti :*
siete in tanti a leggermi è bellissimo, oggi poi ho avuto anche il mio primo messaggio per questa storia, non sapete quanto mi faccia felice. Anche delle recensioni sarebbero molto gradite *-*
intanto vi lascio un piccolo anticipo del prossimo capitolo... diciamo che la situazione inizia a diventare hot xD
baci a tutti :*

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