Love’s a game, want to play?

di Jessie95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo: Tutto iniziò con un gioco... ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo: Ti propongo un patto... ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo: Innamorato, io?! ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto: Primo appuntamento e fuochi d'artificio - GIORNO 1 ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto: Abiti sbagliati e incontri inaspettati - GIORNO 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto: I panni sporchi si lavano in famiglia, forse... - GIORNO 8 ***
Capitolo 7: *** Capitolo settimo: Foto che immortalano alcuni momenti di vita - GIORNO 12 ***
Capitolo 8: *** Capitolo ottavo: Non sopporto che si tocchino le mie cose! - GIORNO 12 ***
Capitolo 9: *** Capitolo nono: Moore, smettila. Scott non vuole! - GIORNO 21 ***
Capitolo 10: *** Capitolo decimo: Cos'è quella morsa che provo allo stomaco? - GIORNO 27 ***
Capitolo 11: *** Capitolo undicesimo: Dubbi e domande che mi affollano la testa - GIORNO 29 ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodicesimo: Ricordi che ti sbattono in faccia la realtà - GIORNO 30 ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredicesimo: L'amore è un gioco, vuoi giocare? - GIORNO 31 ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo: Tutto iniziò con un gioco... ***


 
Capitolo Primo: Tutto iniziò con un gioco... 
 
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Sono appostato vicino alla spiaggia in cerca della mia prossima vittima.
Sì, vittima perché non potrei chiamarla in nessun’altro modo.
Io e i miei amici lo facciamo tutte le estati di appostarci, scegliere la nostra preda e aspettare che sia abbastanza vicina per poter attaccare.
Ieri e ieri l’altro al centro del mio mirino ci sono state rispettivamente una bionda e una brunetta niente male su cui puntavo parecchio, ma hanno fatto entrambe un miserabile flop.
È un gioco, una sfida. Niente di più niente di meno…
– Ciao bambola. – il gioco inizia approcciando la ragazza.
– Ciao…
– Come va?
– Direi bene…
– Ti va di mangiare insieme qualcosa? – prosegue cercando di portarla in un qualsiasi posto con me.
– Ehm… no, non mangio con le persone…– con la sua successiva risposta negativa.
– E lo fai sola?
– Sì…
– Che tristezza, bambola! – il gioco continua, ma io mi fermo vicino alla mia macchina: una Porsche del 1998 con cerchi in lega, grigia metallizzata tendente all’azzurro, decappottabile. È il mio gioiellino!
– Sai, non sono solito fare due volte la stessa proposta, ma con te farò un’eccezione: sei sicura di non voler venire con me a mangiare un boccone? – l’offerta viene riproposta.
– È tua quella macchina?
– Sì, perché?
– … Beh, sai potrei fare un’eccezione per questa volta. C’è un bar in fondo alla strada…
– Come?
– Potrei venire, non molto distante da qui c’è un bar…
– Mi spiace, tesoro, ma non sono interessato alle ragazze facili! – GAME OVER!
Mi diverte farlo…
Specialmente mi diverte vedere le loro facce quando capiscono che sono messo economicamente bene e quando restano a bocca asciutta.
A queste ragazzine interessa solo la ricchezza. Prima ti snobbano e dopo, quando sbandieri ai quattro venti quanti soldi hai nel portafoglio, ritornano sui loro passi. Sono patetiche!
Non ho ancora scelto la prossima ragazza con cui giocare. La scelta è ampia, ma sono tutte così squallide, ho bisogno di qualcuna che tiri fuori il meglio di me. Voglio raccontare ai miei amici di come ho visto spegnersi nei suoi occhi la scintilla e questo non può accadere con una ragazza qualunque!
Ho trovato il mio obiettivo.
Alta, rossa, riccia, tutte le curve al posto giusto… Sì, tesoro: ho scelto te!
Si sta avvicinando e io non vedo l’ora di iniziare a giocare.
– Buongiorno bellezza. ­– dico, ma non mi risponde. Riprovo. – Hei ragazzina…! – questa volta si ferma e si volta puntando i suoi grandissimi occhioni castani nei miei grigi.
– Dici a me? – chiede. Come se avessi potuto parlare con qualcun altro… per strada non c’è anima viva!
– Ovvio, vedi altre che avrei potuto chiamare “bellezza”? – non mi risponde, ma continua a guardarmi. È palese che le interesso fisicamente. – Ti va di bere una cosa con me? – fase 1 completata.
– No. – idem per la fase 2.
– Ma come?
– Mamma mi ha insegnato a non accettare le caramelle dagli sconosciuti… o in questo caso da bere! – mi avvicino alla mia Porsche.
– Sai, non sono solito fare due volte la stessa proposta, ma per stavolta farò un’eccezione: proprio non ti va di bere qualcosa insieme a me? – anche la fase 3 è stata portata a termine con successo e l’esca e stata gettata, ora manca solo che la preda abbocchi all’amo.
– È tua quell’auto? – ah, game over tesoro.
– Sì, bellezza, perché? – ho vinto! Non riesco a trattenere un mezzo sorriso.
– Perché è davvero bella, complimenti. – e se ne va, lasciando me con l’amaro in bocca.
Diamine, una ragazza che ha carattere e che non si lascia infinocchiare da soldi e una bella macchina, anche se è davvero una bella macchina e gradisco enormemente che anche lei abbia apprezzato.
Se ne sta andando davvero, ma non posso farmela scappare. Finalmente una che non guarda quanto possiedo sul mio conto in banca e io sto fermo immobile a guardare il suo sculettante didietro, una meravigliosa visione, che se ne va? Dannazione: muovi il culo e valla a fermare!
– Hei, ragazzina, fermati! – si volta e mi guarda di nuovo come prima.
– Cosa vuoi ancora?! Ti ho già detto che con te non vado da nessuna parte!
– Sì, sì, ho capito. Solo che sei la prima che non mi casca ai piedi e questo è parecchio interessante. Posso sapere almeno il tuo nome?
– No.
­– Andiamo… ti ho domandato solo come ti chiami, mica ti ho chiesto la luna!
–… Mi chiamo Talia. Talia Carter. – mi dice dopo un attimo di esitazione. Che nome particolare!
– È un piacere conoscerti Talia Carter. Io sono Jason Moore.
Talia, Talia, Talia… tu non sai cosa ti farei. Ma adesso non è il momento.
Tu sarai mia!
È ora di iniziare a giocare!




ADESSO PARLO IO!
Allora questa storia è stata ispirata da un video visto su facebook nel quale facevano vedere, appunto, il famoso gioco descritto.
Non so perchè mi sia venuta un'improvvisa voglia di scrivere dal punto di vista di Jason, anche perchè non ho idea di cosa passi nella testa dei maschietti. Posso solo dire che quando sono davanti alla sua storia le parole escono da sole senza andarle a cercare, come se fosse lui che volesse parlare. O.O
Ringrazio chi leggerà questa mia cosa storia, chi la inserirà in una delle liste e chi la vorrà recensire. <3
Un bacio,
Jessie

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo: Ti propongo un patto... ***


 
Capitolo secondo: Ti propongo un patto...
 
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I miei amici hanno avuto più fortuna di me con le ragazze, se così vogliamo dire. Inizio a pensare che io sia stato molto più fortunato di loro.
Talia Carter. Chissà se mi si presenterà mai di nuovo l’occasione per rivederla…
I suoi occhi stanno diventando la mia ossessione.
Diamine. Quando li ha puntati dritti nei miei ho sentito come una scossa.
Quegli occhi di quel color nocciola che trasmette calore anche quando non dovrebbero.
Quegli occhi così diversi dai miei color ghiaccio, che sono freddi anche quando non vorrei.
Quegli occhi così grandi che sembrano quasi quelli di una bambina.
Immagino quegli occhi caldi che scivolano sul mio petto nudo e subito mi accorgo che non avrei dovuto fare questo genere di pensieri. Il mio amichetto là sotto ha avuto un’erezione. Bastardo! Sto cercando di farmela passare prima che loro, i miei amici, se ne accorgano.
– Hei, Jason, a cosa stai pensando?! – troppo tardi, maledizione. Così mi ritrovo costretto a spiegare loro il perché quello stupido si è svegliato… e io che volevo tenere Talia come il mio piccolo segreto!
– Questa ragazza mi affascina. Voglio dire, è la prima che non è minimamente interessata ai miei soldi e questo significa che se mai ci ritrovassimo nella  situazione di uscire insieme saprei che non è la mia ricchezza quella che le interessa, ma sarei io, capite? Non lo so ragazzi, non voglio sembrare una femminuccia, ma è come se quella Talia Carter mi avesse rubato il cuore… o per meglio dire la facoltà di pensare lucidamente!
– Frena amico. Hai detto che si chiama Talia Carter? – annuisco guardandolo negli occhi. – E scommetto che tu la vorresti rivedere, non è vero? – mi dice con un sorrisetto strano. Annuisco una seconda volta facendo una smorfia. – Amico, è la tua giornata fortunata! Seguitemi.
Ci porta al suo bar. È un bar anni 50 e i dipendenti sono tutti vestiti nello stile di quegli anni. Le cameriere sono così sexy con quelle divise bianche e rosa, con i rollers ai piedi che spesso mi sono ritrovato a farci un pensierino, ma mi sono sempre trattenuto, per rispetto ovviamente.
È un po’ che non ci andavamo in effetti, ma adesso non ne capisco il motivo. Non ho bisogno di vedere ragazze sui pattini e non ho bisogno nemmeno del mio bicchiere di Vodka. Ho bisogno di altro in questo momento. Comunque ci sediamo mentre lui va a parlare con il personale.
Quando torna ha un sorriso da un orecchio all’altro e mi guarda sornione. Non capisco. Contraccambio guardandolo storto.
– Siete pronti per ordinare, signori? – dice una voce conosciuta. Mi volto di scatto per trovarmi davanti due meravigliosi occhi castani. È Lei, anche la targhetta che porta appesa al petto conferma che lei è Talia. Questo nome ha davvero un non so che di mistico. Più tardi farò le dovute ricerche, ma non ora, adesso sono troppo concentrato su di lei per pensarci.
Non ricevendo risposta alza gli occhi per guardarci e incontra i miei.
– Tu!? – mi guarda sorpresa. Ok, quella divisa deve sparire, ora! Mette in risalto tutte le sue curve e mi fa venire voglia di saltarle addosso come mai mi era capitato in vita mia.
– Ciao bellezza, ci incontriamo ancora! Si vede che è destino… – tiro fuori una stupida frase da rimorchiatore, poi ordiniamo.
Accidenti, quando se ne va non riesco a togliere gli occhi da quel culo meraviglioso che si ritrova, ma appena non è più nel mio campo visivo mi sale una terribile rabbia. Dannazione, dovrei rinchiuderla da qualche parte dove nessuno possa guardarla! Al solo pensiero mi viene voglia di spaccare la faccia a qualcuno. Stringo i pugni sotto il tavolo. Calmati Jason, calmati ora!
Ritorna con il vassoio in mano e ci lascia le nostre ordinazioni, poi se ne va come se nulla fosse.
E che diavolo! Nemmeno un’occhiata mi lanci, ragazza? Non sono abituato a ricevere un no, è peggio di ricevere uno schiaffo: è uno schiaffo morale, accidenti, il mio orgoglio ne risente.
La vedo chiacchierare con due pivelli. Stringo il bicchiere tra le mani. Quegli stolti le stanno facendo gli occhi dolci?! Calma, calma e sangue freddo. Niente scenate. Non nel bar di un tuo amico. Quando lei sorride in risposta però tutte le mie buone intenzioni vanno a farsi fottere.
Butto giù tutto d’un sorso la mia Vodka come se fosse acqua, sbatto sul tavolo il bicchiere, mi alzo e vado da lei. Le prendo il polso e la trascino fuori, sul retro del locale, fregandomene di ciò che pensano i miei amici. Cerca di opporre resistenza e di puntare i piedi, ma grazie a dio porta i pattini ed è molto facile per me trascinarla dove dico io.
Appena usciti la sbatto contro il muro intrappolandola con il mio corpo. La vedo chiudere gli occhi e prego che li apra al più presto perché non sopporto di non poterli vedere. Quando lo fa però mi guarda male e un sorriso appare immediatamente sulle mie labbra.
– Ho voglia di giocare dolcezza e tu sei appena diventata il mio soggetto preferito. – ed è vero, darle fastidio è divertente.
– Non sarò il tuo giocattolino se è questo che intendi.
– Non intendevo questo, solo che è divertente stuzzicarti.
– Non mi interessa essere stuzzicata da te , Jason Moore. – Cazzo! Sentire il mio nome pronunciato dalle sue labbra mi provoca brividi in tutto il corpo.
– Immaginavo una risposta del genere, per questo ti propongo un patto, Talia.
– Non chiamarmi Talia! Non sono tua amica, né sono altro!
– D’accordo allora. Ti propongo un patto, Carter. – così è ancora più divertente, sembra quasi che stiamo stringendo un contratto di lavoro e la cosa mi eccita da morire.
– Come te lo devo dire che non sono interessata?
– Per questo è un patto vantaggioso sia per te che per me. Non vuoi sentire quello che ti voglio proporre prima di rifiutare?
– No. – Dio, mi fa proprio impazzire!
– Non importa, te lo dico lo stesso.
– E allora cosa cazzo chiedi a fare la mia opinione?! – borbotta. Faccio finta di non sentire.
– Uscirai con me – fa per interrompermi, ma io sono più veloce – e se entro un mese non sarai caduta ai miei piedi ti lascerò in pace, ci stai?
– Ci sto. – La risposta mi spiazza. Anche lei vuole di giocare? Sorrido e mi tuffo sulle sue labbra.
– Patto suggellato, dolcezza. – le dico ammiccando.




ADESSO PARLO IO!
Salve gente, ecco qua il secondo capitolo in cui viene stretto il patto...
Beh, continuo a dire che è Jason che parla: qualsiasi cosa abbiate letto o leggerete, è stato lui a dirmi di scriverla, non prendetevela con me! >.<
Non so perchè, ma sapere che qualcuno legge quello che ho scritto mi imbarazza molto, quindi se vi va di scrivermi due parole, anche per dirmi "Fai schifo" o "Ritirati", non abbiate paura, sono qui apposta, per sapere se la storia piace a voi! *rossa come un peperone*
Volevo ringraziare voi lettori silenziosi.
Un grazie perticolare, però, va a
  Eli12, che ha messo la storia tra le seguite, e a Ginevra Granger che l'ha messa tra le preferite: GRAZIE, grazie davvero! *si inchina*
Al prossimo capitolo,
Jessie ^^


PS: il bar anni '50 esiste davvero. Googlate "American Diner Forte dei Marmi" e guardate le foto. In realtà non è un propriamente un bar, ma più un ristorante/paninoteca, ma per la storia mi sembrava più adatto renderlo un bar, percui...

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo: Innamorato, io?! ***


Capitolo terzo: Innamorato, io?!
 
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Ho fatto le dovute ricerche e ho scoperto che Talia era una musa e una delle tre grazie. Beh, in effetti me la vedo in veste di una musa. È così piccola, sensuale, aggraziata che l’ispirazione non può tardare ad arrivare.
Sto aspettando davanti al bar che finisca il turno. Ieri le ho chiesto il primo appuntamento dopo il nostro bacio e lei non ha potuto rifiutare. Dopotutto ha stretto un patto!
Non mi è mai piaciuto aspettare, probabilmente è uno dei motivi per cui non sono mai uscito seriamente con una ragazza. Andiamo, alcune riescono a farti aspettare più di mezz’ora nonostante sappiano l’orario di incontro! Se conosci l’orario fai in modo e maniera di essere pronta almeno cinque minuti prima che l’uomo ti passi a prendere, perlomeno… È una delle cose che mi fanno andare il sangue al cervello.
Quindi sto qui, nella mia bella macchinina, ad aspettarla. E non so cosa fare. Sì, insomma, mi annoio, a voi non è mai capitato? Beh, a me sì, e spesso anche. È per questo che prendo il mio cellulare e vado su Facebook a cercare il suo profilo e la trovo. Scorro un po’ le sue foto, partendo dalla più vecchia di modo da vedere come è cambiata nel corso del tempo.
È bella in tutte le foto, ma la mia preferita rimane quella in cui indossa un bikini verde (oltretutto il mio colore preferito), seduta su uno scoglio dove sta leggendo un libro. La salvo e la imposto come la sua foto sulla mia rubrica.
È in ritardo accidenti, di ben cinque minuti.
Cinque stramaledettissimi minuti in cui io non ho la più pallida idea di cosa fare.
Cinque minuti che passo aspettandola nella mia auto.
Cinque minuti in cui dubito di me stesso.
Cinque minuti in cui temo mi abbia lasciato in bianco.
Cinque dannati minuti in cui il nulla domina la mia mente nella maniera più assoluta.
Poi esce dalla porta del bar, con la sua meravigliosa andatura sensuale, e cammina verso di me, che sono sceso già dal posto del guidatore e la guardo a braccia conserte mentre sono appoggiato allo sportello della mia bambina.
Porta dei tacchi, una canottiera e una minigonna e la cosa mi fa impazzire, decisamente in due sensi diversi: il primo è che decisamente troppo bella; il secondo che altri maschi le potrebbero posare gli occhi addosso.
Quando mi si ferma davanti aspettando una mia reazione, tutto quello che faccio è staccarmi dallo sportello e fissarla dall’alto, perché nonostante i tacchi è, fortunatamente, ancora più bassa di me.
Vogliamo andare, musa? – le chiedo.
Lei mi guarda aggrottando le sopracciglia, confusa.
Oh, ma guarda. La fanciulla non conosce le origini mitologiche del suo nome, sarà molto divertente, non ne dubito!
Un sorriso sorge mi spontaneo sulle labbra.
Le apro lo sportello e, dopo un secondo di esitazione sale senza fare domande.
La sto per portare in un bel posto.
Cadrà ai miei piedi molto prima della fine dell’accordo e poi, dopo aver ottenuto una bella scopata da lei, potrò passare oltre.
Perché non sono innamorato.
Io innamorato? Puah…! Per l’amor del cielo tenete questa parola lontano da me!
Perché sono sicuro che questa mia ossessione per lei sia dovuta solo al fatto che all’inizio ha resistito al mio fascino.
Ho capito che non centra nulla il fatto che non sembra minimamente interessata ai miei soldi come ho detto ai miei amici.
In questi cinque minuti ho capito che io, in realtà, non sono interessato a lei, Talia, ma sono interessato alla caccia, al brivido di piacere che provo nell’inseguimento e nella conquista della preda.
E la preda in questo caso è proprio Talia!




ADESSO PARLO IO!
Buondì ed ecco a voi il terzo capitolo, più corto rispetto agli altri. In effetti è un capitolo di passaggio e pieno di seghe mentali, ma va beh! XD
Mi farò perdonare con i prossimi capitoli, lo giuro (sono già stati scritti e sono sicuramente più lunghi di questo e anche dei due precedenti! ^^)!
Non so perchè, ma è stato difficilissimo per me scrivere questo capitolo... scrivere dell'attesa e, nello stesso tempo, non far succedere nulla di importante è stressante e complicato! >.<
Detto questo: non lanciatemi pomodori addosso per ciò che è scritto nelle ultime righe... Date tempo al tempo e vedrete che Jason saprà farsi perdonare da voi lettrici!
E adesso i ringraziamenti:
grazie a chi ha avuto il coraggio di leggere;
grazie a 
 allemari - Ayano95 - elecera Eraseandrewind Ice and Love jo90 che hanno inserito "Love's a game, want to play?" tra le seguite;
grazie a 
 checcapia Rydelmarylynch1996 che hanno aggiunto la storia tra le preferite.
Un grazie particolare, però, va alle due splendide ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo: 
Ginevra Granger Rydelmarylynch1996! Grazie per le splendide parole e per il tempo che avete dedicato a lasciare una piccola recensione! *fa gli occhi a cuoricino a tutti*
A presto con il prossimo capitolo,
Jessie <3

PS: Ora, siccome il capitolo è breve e io sono buona di cuore, ho deciso di lasciarvi un piccolo spoiler su ciò che accadrà nel prossimo capitolo, quindi, se non volete sapere: NON LEGGETE LE PROSSIME RIGHE!!!


E come dovrei chiamarti, Carter? – Cazzo. Quanto mi piace chiamarla per cognome quando abbiamo una discussione – Non posso certo chiamarti sempre per cognome, è freddo e distaccato. Non sembriamo nemmeno lontanamente intimi…
Non dobbiamo sembrare intimi, Moore. Non lo dobbiamo nemmeno essere, se per questo.
E mi spieghi come faccio a farti cadere ai miei piedi se non siamo intimi, Carter? Come faccio a farti innamorare di me? – traduzione: come cazzo faccio a farti desiderare di scopare con me?!
Non riuscirai a farmi innamorare di te, Moore. È inutile anche provarci…
Andiamo musa, dammi una possibilità…!

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Capitolo 4
*** Capitolo quarto: Primo appuntamento e fuochi d'artificio - GIORNO 1 ***


Capitolo quarto: Primo appuntamento e fuochi d'artificio - GIORNO 1
 
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Ed eccoci qui, seduti al tavolo apparecchiato per due, uno di fronte all’altra.
Il ristorante in cui siamo è molto famoso, ma soprattutto è costoso.
È stato divertente osservare l’espressione di Talia: i suoi già grandi occhi castani si sono spalancati ancora di più fino ad assomigliare a quelli di una bambolina di porcellana, la bocca carnosa, tutta da baciare, leggermente spalancata e le guance lievemente tinte di un rosa chiaro, segno che probabilmente non sarebbe in grado di pagare da sola, ma ho già messo in conto il fatto che pagherò io per entrambi. I soldi non mi mancano di certo!
Siamo sulla terrazza del ristorante dove vi è un unico tavolo, il nostro. Solitamente per avere questo tavolo i clienti prenotano con mesi, a volte anche anni, di anticipo, ma il proprietario è un mio vecchio amico che mi doveva un favore, perciò noi siamo qui e quella povera coppia che festeggiava il trentasettesimo anniversario di matrimonio si è dovuta arrangiare… probabilmente sarà a casa a deprimersi. Mi sento quasi in colpa, quasi…
No, non è vero. Non rimpiango le mie azioni e non mi sento in colpa per esse, anche se queste non sono molto nobili. In fondo mi hanno portato in questo posto che Talia non può non apprezzare.
Talia…
Ti ho già detto che non puoi chiamarmi solo Talia, Jason Moore!
Perché non posso? Dopotutto stiamo avendo un appuntamento, il primo, e dovremmo entrare in confidenza, noi due…
Perché non puoi, ecco perché. Il mio nome detto da te sembra sporco, il tono in cui lo dici lo fa sembrare come fosse il nome di una donna di facili costumi. Mi da fastidio sentirtelo pronunciare, quindi, te lo chiedo con gentilezza, evita.
E come dovrei chiamarti, Carter? – Cazzo. Quanto mi piace chiamarla per cognome quando abbiamo una discussione – Non posso certo chiamarti sempre per cognome, è freddo e distaccato. Non sembriamo nemmeno lontanamente intimi…
Non dobbiamo sembrare intimi, Moore. Non lo dobbiamo nemmeno essere, se per questo.
E mi spieghi come faccio a farti cadere ai miei piedi se non siamo intimi, Carter? Come faccio a farti innamorare di me? – traduzione: come cazzo faccio a farti desiderare di scopare con me?!
Non riuscirai a farmi innamorare di te, Moore. È inutile anche provarci…
Andiamo musa, dammi una possibilità…! – non ero mai arrivato ad elemosinare attenzioni da una donna. Talia Carter, mi stai facendo avere un sacco di prime volte che non sono sicuro mi piacciano e tu te ne stai lì impassibile, quasi fredda come il colore dei miei occhi.
Perché mi chiami così? Anche prima lo hai fatto.
Ti chiamo così perché non mi dai la possibilità di chiamarti per nome, Carter!
No, non intendevo quello…
Eh?!
Cosa?!
Perché come ti ho chiamata?
Musa. Mi hai chiamata musa. – sussurra con una nota di insicurezza nella voce mentre si arriccia una ciocca di capelli tra le dita. I ricci rossi che tira rimbalzano per tornare al loro posto, ma lei li riafferra per lisciarli, quasi la piega dei suoi capelli non le piacesse.
Dio quanto mi piacerebbe passarle la mano tra i capelli.
Aspetta… Com’è che l’ho chiamata? Davvero l’ho fatto? Non me ne sono neanche reso conto... possibile che mi senta tanto rilassato con Talia da non pensare nemmeno a quello che dico? Possibile sia questo?
Ma no, figuriamoci. Mi sarò solo distratto e mi sarò lasciato sfuggire dalle labbra quel musa per sbaglio, tutto qui.
Talia ancora aspetta una risposta. Dirglielo o non dirglielo? Questo è il dilemma. Altro che “essere o non essere”!
Davvero non conosci le origini mitologiche del tuo nome? – quando scuote leggermente il capo, e  noto una scintilla di interesse nel suo sguardo, decido di spiegarlo anche a lei – Talia era figlia di Zeus e Mnemosine, in più era una musa, sai cos’è una musa, vero? – altro cenno negativo – Ma dove hai vissuto fino ad ora? Le Muse sono divinità greche e rappresentano l’ideale supremo dell’Arte, Talia, colei da cui deriva il tuo nome, era la musa della commedia. – mentre mi guarda tutta interessata ha messo i gomiti sul tavolo, incrociato le dita e appoggiato il mento ad esse, sporgendosi verso di me. Questo gesto ha messo in risalto la forma delle sue tette, da cui rimango incantato per un paio di secondi, poi distolgo lo sguardo per tornare a parlare guardandola negli occhi, anche se è difficile. – Talia era anche una delle tre Grazie, insieme ad Aglaia ed Eufrosine. Le Grazie erano divinità minori che facevano parte del corteggio di Afrodite, Talia incarnava la prosperità ed era la portatrice dei fiori. – pende dalle mie labbra. È totalmente assuefatta dal mio racconto. – Carter?... Talia...?
… armi musa… –  sussurra, talmente piano che non ho capito un accidenti.
Come hai detto?
Ho detto che puoi chiamarmi musa, se ti va…
Mi lascia stupito.
Posso chiamarla musa.
Posso avere un contatto intimo chiamandola in questo modo, per ora. Per  ora sì, perché voglio arrivare a chiamarla per nome e so di potercela fare.
Sorrido. – Quindi mi stai dando una possibilità, mia musa?
Non sono “tua”...
Non ancora perlomeno. – la interrompo e Talia mi guarda male. Ho capito: mai interromperla mentre parla.
Dicevo: non sono “tua”, ma forse, e dico forse, sì… ti sto dando una possibilità.
Rimango basito. Non mi aspettavo questo suo improvviso ripensamento, ma non è di certo sgradito, anzi, è ben accetto.
Appoggio la mia mano sulla sua, sul tavolo.
Grazie. – le dico guardandola negli occhi.
Il cameriere arriva e io ordino per entrambi risotto ai frutti di mare e l’astice. Il dessert lo sceglieremo dopo. Chiedo ci portino una bottiglia di vino bianco e mi affido totalmente al sommelier: è il suo lavoro e, inoltre, mi fido ciecamente del suo parere.
Appena si allontana da noi riprendiamo a chiacchierare.
Raccontami qualcosa di te. – le chiedo – Non so assolutamente niente, a parte il tuo nome.
Beh, non è tanto diversa dalla situazione in cui mi trovo io. Tu perlomeno conosci anche che lavoro faccio!
Ti prometto che una volta che finirai di raccontarmi anche io ti parlerò di me. Fai la brava, musa: accontentami.
Dopo un tentennamento acconsente e inizia a raccontare – Ho ventidue anni. Lavoro come cameriera per pagarmi gli studi, voglio fare la maestra. Sono figlia unica, vivo con mia madre e Scott, il gatto. Lo odio e lui odia me, è un odio reciproco, in effetti: lui mi distrugge le cose e io mi dimentico casualmente di dargli da mangiare… o di aprirgli la porta del bagno quando, sempre casualmente, ce lo chiudo dentro. Ho giocato a pallavolo per parecchi anni, ma poi a causa dello studio ho dovuto smettere. Adoro disegnare e quando ho tempo mi metto con il mio computer, impostato su una certa immagine, sulle gambe e la ricopio a mano libera. Credo che i bambini siano la cosa più bella del mondo, perché vivono quel periodo di spensieratezza che fa male abbandonare quando si cresce. Penso di soffrire della sindrome di Peter Pan, cioè, se fosse possibile, non vorrei mai diventare grande. Sono assolutamente convinta che chi maltratta gli animali, le donne, i bambini e gli anziani sia solo un povero sfigato che, per sentirsi importante, ha bisogno di dimostrarlo agli altri prendendosela con categorie di fatto deboli… che cosa assolutamente vile! E… Boh… Basta credo. Non saprei che altro dire.
Interessante.
Si è aperta più di quanto mi sarei mai aspettato.
Le ho promesso che anche io le avrei raccontato qualcosa di me, ma sinceramente non saprei che dirle, la sua vita sembra così nobile, così pura… come quella di una musa.
Il mio nome completo è Jason Tyler Lucas Moore, ho venticinque anni e lavoro nell’azienda di mio nonno: la Moore’s Enterprise. È una famosa catena di centri commerciali. Vivo da solo, poco lontano da qui. Nessun animale domestico. In compenso amo cavalcare e faccio lunghe passeggiate insieme a Cleopatra, la mia cavalla. – mi interrompo quando arriva il cameriere con il nostro ordine, poi ricomincio – Ho giocato a basket al liceo e ancora oggi, ogni tanto, io e i miei amici, tra cui il tuo capo, ci riuniamo a giocare qualche amichevole. Come te sono convinto che chi approfitta delle categorie deboli sia debole lui stesso. Credo che l’uomo debba imparare ad approfittare delle occasioni che gli vengono offerte dalla vita, ma non che ci sia un destino scritto che siamo tenuti a seguire: abbiamo tutti delle scelte, ognuna delle quali ci porta a conclusioni diverse. – Complimenti. Hai detto parecchie cose, ma non troppo. Sei riuscito a tacere sulle questioni troppo personali, tipo la tua famiglia, e su questioni scomode, sempre la tua famiglia. Insomma della tua famiglia conosce solo il fatto che lavori nell’azienda del nonno. Non male, Moore, non male. – E questo è quanto.
Non ero costretto a dirglielo e non l’ho fatto. Sì, è vero che avrò un mese di tempo per farla cadere ai miei piedi e lei si aspetterà che io mi apra con lei, visto che probabilmente si aspetta anche che in un mese potremmo far nascere dei sentimenti, dato che è donna, ma abbiamo già appurato che di sentimenti io non ne voglio neanche sentire la puzza. Voglio solo una scopata da tutto questa storia. Del buon, sano e magnifico sesso, non voglio altro. Non voglio che i cazzi miei vengano conosciuti da chi non fa parte della mia stretta cerchia di persone fidate.
E la mia musa non ne fa parte!
Mangiamo in silenzio l’astice, che ci dividiamo.
Poi arriva il cameriere per la scelta dei dolci: cheesecake per lei e millefoglie per me.
Sei diventata silenziosa, musa. Qualcosa di quello che ho detto ti ha messa a disagio?
Oh… No. Beh, mi stavo chiedendo come si ripercuoterà su di me questo rapporto.
Perché sei così complicata e non ti spieghi subito? Usa parole semplici e frasi meno arzigogolate, cazzo!
Cosa intendi dire?
– Intendo dire che un tuo amico è il mio capo. Siamo sicuri che non perderò il lavoro?
Ah, era solo questo. Chissà cosa credevo che fosse…!
– È questo che ti preoccupa? – aspetto un suo cenno affermativo – Beh, di questo non ti devi preoccupare. So che le cameriere al bar sono pagate bene e mi hai detto che con quel lavoro ti paghi gli studi. Non sono così stronzo da farti perdere il lavoro, un lavoro di cui hai bisogno soprattutto, per un mio capriccio. Parlerò con Adam e mi assicurerò che in qualsiasi modo finisca questa situazione tu non ne rimanga danneggiata.
“Qualsiasi modo finisca questa situazione”… Certo! C’è solo un modo in cui finirà e sarà col nostro prendere strade separate. Nient’altro.
Lei mi sorride grata.
Mi accorgo del cambiamento radicale che ha avuto Talia dall’inizio del nostro appuntamento fino ad ora. Prima era schiva, fredda, impossibile da trattare, adesso è docile e tranquilla. Non sembra nemmeno più lei. Se non l’avessi avuta sotto gli occhi tutta la sera direi che le ha dato il cambio la sorella gemella… che non ha perché è figlia unica.
Bravo Moore, la sei stato a sentire!
Finiamo di mangiare il dolce e la faccio alzare fino a portarla alla ringhiera. Lei ci si appoggia e io mi posiziono dietro di lei, le mani posate vicino alle sue, quasi a sfiorarle.
– Stasera ci saranno i fuochi d’artificio, musa. Ti piacciono? – le sussurro all’orecchio, sfiorandolo con il naso.
Volta la testa verso la mia. Le nostre labbra sono vicinissime, ma mi concentro sugli occhi, che sono allegri e scintillanti. Le piacciono e si vede.
Posso vincere.
Le do un lieve bacio sulle labbra, poi si volta a vedere i giochi pirotecnici appena iniziati.
Incrocio le mani sulla sua pancia e la stringo di più a me.
Sento il mio amico dei piani bassi strusciare sui pantaloni, chiedendo di essere liberato dalla gabbia in cui è rinchiuso. Calmati maledetto. Non avrai attenzioni, non stasera, quindi smettila di richiederle. Mi calmo e si calma anche lui.
I fuochi continuano.
– Vedi questi? – mi chiede lei ad un tratto – Questi sono i miei preferiti. – non mi sembrano un granché, mi sembrano parecchio semplici, ma inizio a credere che a Talia le cose semplici piacciano. Sono dorati, solo dorati, nessun colore sgargiante domina il cielo insieme a loro, scoppiano e vengono giù formando quasi…
– Sembrano dei salici piangenti.  – dico.                                                                    
Si volta nuovamente verso di me e annuisce. – Sì. Anche io li chiamo così. – torna a guardare lo spettacolo poi sussurra – È bellissimo qui. C’è una vista mozzafiato.
Sapevo di avere scelto bene.
Con una mano le volto il viso verso di me – Contento che ti piaccia. – sussurro sulle sue labbra prima di darle un bacio degno di questo nome.

 



ADESSO PARLO IO!
Salve gente ^^
Amatemi perchè ho anticipato l'uscita del capitolo... In effetti mi dispiaceva avervi rifilato quel misero capitoletto... per cui eccoci qua!
Primo giorno del mese concesso da Talia e, quindi, primo appuntamento, secondo voi come è andato? ;)
Probabilmente qualcuna di voi è ancora restia nei confronti di Jason e posso capirlo, ma... non state iniziando ad amarlo un pochino?
No?!
Beh allora nel prossimo capitolo, forse, riuscirò a farvelo amare! :)
Per quanto riguarda Talia... Bhe, lei è sempre la solita ma abbiamo intravisto anche il suo lato timido... è umana anche lei dopotutto!
Passiamo ora alla parte in cui ringrazio e cito xD
* Un grazie a chi legge e fa aumentare ogni giorno quel numerino che pensavo sarebbe rimasto a zero;
* Un grazie caloroso a 
MaryWho11 MissLanzani Wallflower19 che hanno deciso di inserire la mia storia tra le seguite *manda un bacio*;
*Un grazie caloroso anche a 
 loveinfinite - myfiftyshades22 che hanno deciso di aggiungere la mia storia tra le preferite *manda un abbraccio*;
* E, per finire in bellezza, vorrei ringraziare le tre meravigliose persone che hanno commentato lo scorso capitolo con così tante belle parole:
 Ice and Love - MaryWho11 - loveinfiniteRagazze non potete capire quanto mi abbia fatto piacere leggere i vostri pareri! *^*
Niente spoiler stavolta, a meno che a voi non faccia piacere leggerlo, quindi ve lo chiedo: VOLETE LO SPOILER A FINE CAPITOLO?
Naturalmente vince la maggioranza, quindi fatemelo sapere! :)
Al prossimo capitolo,
Jessie °^°

PS: 
Le informazioni sulle origini del nome di Talia sono state tratte tutte da Wikipedia, quindi se c'è qualcosa che non vi torna andatelo a dire a chi ha scritto quella pagina! XD

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Capitolo 5
*** Capitolo quinto: Abiti sbagliati e incontri inaspettati - GIORNO 5 ***


Capitolo quinto: Abiti sbagliati e incontri inaspettati - GIORNO 5
 
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Sono stato invitato ad una cena di lavoro che avverrà tra qualche giorno e ovviamente ho dovuto accettare per non far sfigurare la facciata di “bella famiglia unita e felice” a cui sembra tenere tanto mio nonno.
Mi hanno informato che, se volevo, potevo portare qualcuno.
Ovviamente ho subito pensato a Talia.
Inizialmente non voleva venire perché, a detta sua, non si sarebbe sentita a suo agio, poi mi ha propinato la classica scusa del “non so cosa mettermi” che probabilmente è la scusa che piace maggiormente a tutte le donne. Come è possibile che con un armadio pieno di abiti non riescano a trovare niente? Stiamo scherzando?! Ogni scusa è buona per fare dello shopping…
A quel punto, già stremato dai vari tentativi di convinzione andati a puttane, le ho proposto di accompagnarla a comprare qualcosa di appropriato.
Per questo motivo adesso stiamo passeggiando per il centro in cerca di un negozio dove poter comprare un abito elegante per lei.
Non avessi mai fatto quella proposta!
Non lo dico perché Talia soffre di una malattia, frequente nel gene XX, chiamata mania di shopping ossessivo e compulsivo, assolutamente no! Lo dico perché per convincerla a comprare un paio di orecchini ho sofferto le pene dell’inferno. Talia è una donna insicura, anche se non lo avrei mai detto, e a meno che l’oggetto non le piaccia alla follia, è difficilissimo farle anche solo provare una semplice maglietta.
Questa giornata di shopping sarà un parto, me lo sento… e io sono un uomo, maledizione. Cosa diavolo ne so io dei parti?!
– Carter, andiamo, devi solo provarteli quei vestiti, non devi per forza comprarli. Entra in quel dannato camerino con gli abiti che la commessa ti ha gentilmente portato.
– Non sono convinta, Moore… e non mi mettere pressioni addosso perché non ne ho bisogno, sono già abbastanza nervosa di mio.
È tornata la fredda, dispotica e bisbetica di sempre con quello sguardo che, sono sicuro, fa impazzire tutti gli uomini. Fortunatamente ho capito come addolcirla…
– Non abbiamo tutto il tempo del mondo, mia musa, ho capito che è difficile farti provare qualcosa che ad un primo sguardo non ti piace, ma se non provi almeno qualche abito non troverai mai qualcosa di adatto. Fallo per me musa, vuoi? – usando un tono di voce basso, dolce e chiamandola musa è la combinazione perfetta per calmarla. Non vorrei approfittarmene, ma sono esasperato: sono due ore che siamo in giro e ha comprato solo quei dannati orecchini, cazzo!
La vedo spalancare i suoi meravigliosi occhi castani e mormorare un “ok”, per poi infilarsi nel camerino con circa cinque tipi di vestiti diversi. Mi siedo su una poltroncina lì vicino e mi preparo a giudicare quello che indosserà.
Noto che la tenda del camerino non le copre i piedi, così quando vedo che si toglie le scarpe e fa sfilare i pantaloni dalle caviglie, la immagino in intimo e qualcuno si sveglia subito.
Dannazione Moore un po’ di contegno, possibile che non riesci a trattenerti? Sei in un luogo pubblico, cazzo!
Questa vocina che ho in testa è irritante, ma ha ragione. Devo darmi un contegno, ora.
Pochi minuti dopo esce una Talia con un vestito che non va bene per lei e le sue forme: troppo accollato, stretto sul seno e sui fianchi generosi e lilla… un colore che detesto particolarmente.
– Torna in camerino e cambiati: sembri una adulta strizzata nel vestito di una bambina.
Mi lancia uno sguardo di fuoco, ma fa come le ho detto.
Esce dopo con un abito rosso fuoco con una scollatura profonda. Inappropriato è l’unica parola che mi viene da pensare.
– Troppo scollato, troppo corto e troppo rosso. Devi venire ad una cena di lavoro non andare in strada a darla per tutta la sera.
Arrossisce, di rabbia o imbarazzo non saprei dirlo… anche se penso sia di rabbia visto che la sento borbottare – Vallo a dire alla commessa non a me. È lei che me li ha portati in camerino. Io li ho solo indossati.
Sorrido sentendo la sua indignazione, è divertente darle fastidio.
Quello successivo non è meglio dei primi è di un imbarazzante color rosa acceso, con gonna a balze e pizzo ovunque.
– Mi stai prendendo in giro?! Dio Carter, sembri una bambina, penseranno che mi sia fatto accompagnare dalla mia sorellina di dieci anni, non da una donna che ne ha ventidue!
È esasperata dai miei commenti, forse dovrei darmi una calmata. Lo so, ma vedere quegli abiti che non risaltano per niente la bellezza di Talia fa uscire il peggio di me.
Il quarto… il quarto non riesco nemmeno a commentarlo.
– Carter, cazzo, per caso sei una suora e non me lo hai detto? Quella tunica copre tutte le belle curve che madre natura ti ha concesso… te lo chiedo per favore: non nasconderle!
Rientra in camerino stizzita e posso capirla ma, cazzo, quell’abito mi faceva perdere tutta la voglia che ho di saltarle addosso tanto è pudico e osceno.
– Che cazzo è questa oscenità? – non ce la posso fare – È l’abito più orribile che abbia visto fin’ora. È lungo, ingombrante, pomposo… sembra un abito da sposa. Cosa sei una debuttante? No Carter, non ci siamo.
La rispedisco in camerino e quando si fa rivedere è vestita di jeans e canotta.
– Sei troppo casual, musa. – le dico ormai sfinito. Mi guarda male, perché?
– Sono i miei vestiti, cretino. – ah, ecco perché. – Inizio a pensare che se ci venissi nuda sarebbe meglio.
– Per quanto mi alletti l’idea di vederti spogliata di tutta quella inutile stoffa, Carter, non vorrei mai che qualcuno vedesse la mia musa in nudo integrale. – o almeno che qualcuno lo faccia prima di me. – Dove vai? – le chiedo quando la vedo allontanarsi.
A cercare qualcosa di quantomeno decente. – faccio per alzarmi e seguirla, ma mi blocca – No. Resta qua Moore. Senza di te che mi stai con il fiato sul collo forse riesco a trovare qualcosa, non ho bisogno di un corvo sulla spalliera. Mi irriteresti e basta.
Mi abbandono di nuovo sulla poltroncina e mi rilasso.
Forse Talia ha ragione, sono stato opprimente nei suoi confronti. Forse mi dovrò far perdonare. Bah, qualcosa mi verrà in mente.
Chiudo gli occhi un momento e li riapro l’attimo successivo.
Devo andare da mia madre. È troppo tempo che non la passo a trovare al cimitero, sento la mancanza di parlare con lei. Ci passerò, giuro che andrò da lei a raccontarle qualcosa. Giuro che lo faccio. Ho bisogno di parlarle, di porle delle domande, anche se so che non mi potrà rispondere.
Talia torna in quel momento con un sacchetto col nome del negozio stampato sopra e un sorriso da un orecchio all’altro ad illuminarle il volto.
– Ma come, musa, hai comprato un abito e nemmeno me lo hai mostrato? Non si fa!
– Sapevo già che andava bene: non sembro una bambina, né una prostituta, né una suora e non mi strizza da nessuna parte, il colore è uno di quelli che non passa mai di moda, non mi fa sembrare una balena e non nasconde nessuna della mie curve che sembrano piacerti tanto. – dice contando sulle dita.
– Fammelo vedere.
– Eh no, bello. Secondo te perché non sono venuta a chiederti un parere prima? Mi vedrai con addosso questo abito solo il giorno di questa fantomatica cena!
Interessante.
– Quindi sono bello, musa? – chiedo glissando sul fatto che non vuole farmi vedere l’abito.
– Sei impossibile! È solo un modo di dire…
Avanzo di un passo e lei ne fa uno indietro.
– Sicura che sia solo per questo, musa?
– Sicurissima! Al cento per cento. Mai stata più sicura di così.
– Allora perché sei così nervosa e straparli?
Fa un altro passo indietro andando a sbattere contro il muro. Approfitto del fatto che non può scappare prendendola e portandola nel camerino, chiudo la porta dietro di me e la blocco con le mani al muro ai lati della sua testa. Infilo una gamba tra le sue e adesso sì che è bloccata e non può andare da nessuna parte.
– Volevi scappare? – le blocco i polsi con una sola mano – Non si fa, musa. È da maleducati. – porto la mano libera al suo fianco sinistro e mi avvicino, la sento sussultare – Sei stata scortese. – le sfioro con il naso il collo – Cosa dovrei pensare, io? – sussurro al suo orecchio – Forse dovrei punirti. – dico guardandola negli occhi prima di tuffarmi sulle sue labbra. La sento sospirare nella mia bocca e io non ragiono più. Infilo la mano tra il muro e il suo corpo per attirarla ancora più vicina a me, le lascio le mani libere per portare la mia dietro la sua nuca, le sue si vanno a posare sulle mie spalle.
È un bacio denso di desiderio, aspettativa, possesso. Ci stacchiamo solo quando sentiamo qualcuno che bussa alla porta interrompendoci dal nostro momentaneo momento di passione… se vogliamo chiamarlo così. Usciamo con il respiro leggermente accelerato.
Guardo Talia e la vedo mordersi il labbro, quel labbro gonfio dei miei baci. È un gesto che mi fa uscire di testa.
Seriamente, devo smetterla.
Usciamo dal negozio. Finalmente possiamo andare a casa: non vedevo l’ora.
Purtroppo la mia preghiera non viene ascoltata e una signora sulla quarantina ci corre incontro tutta felice.
– Tesoro!
E adesso che vuole questa?
– Mamma… che ci fai qui? – oh, è la madre di Talia.
– Niente tesoro, ti avevo detto che sarei uscita con la mia amica Sophia… – Forse dovrei far sparire la mia presenza prima che… – E questo bel giovanotto? – … ecco, come non detto!
– Mamma, lui è…
– Oh mio Dio, Talia. Hai un ragazzo e non mi hai detto nulla?
– Lui non è…
– Da quanto state insieme?
– Veramente noi…
– Dove vi siete conosciuti?
– Beh, ecco in realtà…
– Perché non me lo hai presentato prima?
– Mi vuoi lasciare finire di…
– Siete così belli insieme. Posso farvi una foto?
– Mamma ti prego!
Decido di intervenire per aiutare Talia che non riesce a parlare a causa di quell’uragano che ho scoperto essere sua madre.
– Buon pomeriggio signora, io sono Jason Moore. – le porgo una mano che lei stringe con venerazione, quasi – Io e sua figlia non stiamo insieme, ci conosciamo da poco, ma stiamo provando a conoscerci. Mi piacerebbe poter restare per una foto, ma abbiamo un appuntamento e siamo già in ritardo. Ci vorrà perdonare, spero, se ci congediamo.
– Ma certo, che sbadata, non mi sono nemmeno resa conto che vi stavo facendo perdere del tempo. È stato un piacere conoscerti Jason e, ti prego, la prossima volta mi piacerebbe se mi chiamassi Danielle, invece che signora.
– Mamma, ora stai esagerando!
– Tesoro, piantala, non fare la scorbutica. Ci vediamo a casa. Ciao Jason, è stato un piacere conoscerti.
– Piacere mio, sig…Danielle.
La vedemmo sgambettare via per tornare dalla sua amica, per prenderla sottobraccio e parlottare tra loro, si voltarono anche un paio di volte a guardarci per poi sghignazzare un po’. Le donne e i pettegolezzi…
– Sei riuscito a mandarla via in nemmeno cinque minuti… sappi che sei appena diventato il mio eroe.
– Sono stato l’eroe di molte donne, ma mai nessuna mi aveva appellato in questo modo fuori dal letto. – dico facendo un ghigno molto esplicito.
– Piantala, Jason Moore. Ti ho appena fatto un complimento, perché devi rovinare tutto con una battutina insulsa?
– Perché se non l’avessi fatto non sarei Jason Moore.
– Sei impossibile.
– E tu scorbutica.
– Non sono scorbutica.
– Quando sei la mia musa sei dolcissima. – Un leggero rosa le tinge le guance e distoglie lo sguardo, poi mi guarda.
Ruffiano. – dice poi iniziando a camminare davanti a me lasciandomi la perfetta visuale del suo fondoschiena. 




ADESSO PARLO IO!
*colpo di tosse*
Ciao raggi di sole,
TA-TAN! Quinto capitolo e un po' di shopping (stressante, direi, e non solo per Jason)!
Allora?!
Lo amate? Non lo amate? Io lo so che lo amate... e se non lo amate meglio così: è tutto mio! *risata malefica* (detto questo vado a nascondermi... Ah, no, non posso farlo...)
Con questo capitolo fate la conoscienza di due personaggi.
Danielle! Adoro come mi è uscita, e voi? E' la classica mamma esuberante ed impicciona e, se fosse la mia, la strozzerei (per cui: povera Talia!), ma è splendida con le sue uscite, quindi: TANTO AMORE PER LEI! <3
E poi...
Lettrici, vi presento Vocina nella testa di Jason.
Vocina ti presento il Popolo di Efp.
Vocina sarà molto importante e presente nella storia... quindi se vi sta già sul cazzo, meglio! xD
RINGRAZIO:
* Tutte le pazze che hanno il coraggio di leggermi <3 (Hey, tu! Sì, dico a te: GRAZIE!);
* Le tre ragazze che hanno deciso di aggiungere questa storia tra le seguite: 
 F3lix - LUD_13 Sabaku No Konan Inuzuka :* (Vi ringrazio con tutto il cuore!)
* Le quattro (QUATTRO!!!) ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo: 
Wallflower19 - loveinfinite MaryWho11 Ice and Love (Mi spiegate come diamine faccio a non amarvi se mi lasciate così tante belle parole?! *^*)
A presto ragazze,
Jessie <3

PS: Questione spoiler.
Mi hanno risposto in quattro: due hanno chiesto di metterlo e le altre due di non farlo.
Ora, siccome è venuto fuori un conto del gatto, ha deciso la mamma: NIENTE SPOILER A FINE CAPITOLO! :P

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Capitolo 6
*** Capitolo sesto: I panni sporchi si lavano in famiglia, forse... - GIORNO 8 ***


Capitolo sesto: I panni sporchi si lavano in famiglia, forse... - GIORNO 8
 
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L’ampia distesa verde affacciata sul mare è sempre stata uno dei miei panorami preferiti, peccato che quello spettacolo di visuale fosse rovinato dalla tristezza di cui era pregno.
Faccio visita a mia madre almeno una volta al mese da dodici anni, ormai dovrei essermi abituato a questa vista eppure tutte le volte che la vedo rimango spiazzato dalla sua bellezza.
Stare di fronte alla sua tomba è sempre destabilizzante.
Ricordo chiaramente il colore dei suoi capelli lunghi, così come ricordo i suoi occhi, così simili ai miei, ricordo la fossetta che spuntava sulla guancia sinistra quando sorrideva e la dolcezza con la quale mi rimboccava la coperta, l’espressione severa ma divertita quando mi beccava con le mani dentro al barattolo dei biscotti.
Amavo mia madre come solo un figlio può fare.
Amavo mia madre e mi è stata strappata via dall’uomo che amava.
Amavo mia madre, ma non potrò più avere una discussione con lei.
Amavo mia madre eppure non potrò più vederla se non in quelle foto che tengo nascoste gelosamente dentro al cassetto del comodino vicino al letto.
Mia madre era tutto per me: la mia famiglia, la mia confidente, la mia migliore amica, la mia guida… era tutto! E adesso è solo un mucchietto di ossa, polvere e insetti seppellito sotto terra dentro una graziosa bara.
Osservo con risentimento la tomba che le ha scelto Lui.
Una semplice croce bianca al cui centro si trova una sua foto. Era così bella e ancora troppo giovane quando mi è stata portata via. Troppo bella per essere stata rovinata. Troppo giovane per essere già morta.
In chiare e belle lettere ancora si legge la scritta che è stata incisa:
MELINDA ASHTON,
Sarai sempre nei nostri cuori e nei nostri  pensieri.
1968-2003
Ogni  volta che leggo quella frase mi sento disgustato.
Da quando mia madre non c’è più solo io sono venuto a farle visita costantemente.
Mio nonno…
Mio padre…
Mio fratello…
Nessuno di loro amava veramente Melinda Ashton.
– Ciao mamma.
Come riescono le persone a parlare con il proprio caro che non c’è più senza sentirsi vuote?
– Come stai?
Come riescono a colmare la loro assenza e l’assenza di una risposta mancata?
– Io al solito, lavoro ancora con il nonno. Papà e Thomas stanno bene, ma noto che ancora non ti vengono a trovare.
Prendo i fiori appassiti che ho portato il mese scorso e li sostituisco con quelli freschi
– Con i miei amici faccio ancora quello stupido gioco. Te ne ho parlato, ricordi? Quello che riguarda le ragazze… ma, sai, ne ho incontrata una particolare. Mi ha tenuto testa, mamma, e tu sai bene quanto sia difficile tenere testa a me.
Il vento soffia tra gli alberi ed è l’unico suono che sento, oltre a quello lontano delle onde che si infrangono contro gli scogli.
– Si chiama Talia, mamma, ed è una ragazzina rossa, sai già quanto mi piacciono le rosse, ma lei mi ha attirato per il suo carattere incoerente.
Mi siedo sulla panchina di fronte alla sua tomba e sorrido. Il carattere di Talia è davvero incoerente!
– Mi manchi, mamma.
Tanto.
– Mi mancano le chiacchiere che facevo con te. Mi mancano le tue carezze sul viso.
Molto.
Mi manca il tuo sgridarmi quando non facevo i compiti. Mi manca il colore dei tuoi occhi, anche se è lo stesso dei miei, ma sul tuo viso sembrano sempre più liquidi, più caldi, più vivi…
Troppo.
Mi manca tutto quello che ti rendeva Melinda Ashton.
Mi manca quello che ti rendeva te.
– Sei scomparsa troppo presto dalla mia vita e quella puttana di dieci anni più giovane di te che tuo marito si è trovato dopo neanche un mese non riesce, nemmeno se si sforza, a raggiungere il tuo livello.
Il silenzio regna sovrano indiscusso nei vuoti lasciati mentre parlo. Mi sento perso.
– Mi guardi, mamma?
Come riescono le persone a parlare come se l’altro fosse ancora vivo?
Stai vegliamo su di me da lassù?
Come riescono a non sentire il nodo che mi si forma in gola quando non sento la tua voce rispondermi?
Sei diventata il mio angelo custode?
Come riescono ad andare avanti?
Mi piace pensare che sia così. Che mi guidi nelle mie scelte, ma a volte faccio delle stron…stupidaggini talmente assurde che penso tu ti sia distratta.
Sorrido divertito al pensiero di lei distratta da qualcosa di indefinito. Magari dagli animali che le piacevano tanto.
– Jason, sei tu?
Mi volto di scatto trovandomi di fronte due volti familiari.
– Danielle. Talia.
– Cosa ci fai qui, tesoro? – a quanto pare Danielle adora questo nomignolo. – Qualcuno che conoscevi? – dice quando nota la tomba di fronte a me indicandomela.
La guardo negli occhi e non so cosa vede nei miei, ma si rattrista subito.
– Era mia madre. – confesso.
– Oh, tesoro. Mi dispiace così tanto!
Ancora il silenzio regna sovrano per qualche minuto.
– Mamma, perché non vai a fare il tuo giro? Resto io qui con… Jason. – sento una nota di incertezza nel chiamarmi per nome, ma va bene così.
– Grazie. – le dico quando sua madre non è più nel nostro campo visivo.
– Di nulla. Si vedeva che non eri a tuo agio con mia madre presente… vuoi che me ne vada anche io?
– No. – le dico afferrandole il polso per evitare che scappi.
Non voglio restare solo. Non dopo essere stato interrotto con mia madre. Sarebbe solo più triste dopo aver parlato con qualcuno che, a ciò che dico, mi risponde.
– Non lasciarmi da solo, non con questo silenzio, Talia.
Si siede accanto a me e porta la sua mano, con ancora la mia attaccata al suo polso, sulle sue gambe.
– Il silenzio può essere il suono più bello da ascoltare. Dipende dai momenti. A volte il silenzio è anche il rumore più assordante che ci sia. – Ha ragione. Questo silenzio è troppo rumoroso per me. – Ti va di raccontarmi la storia? Oppure preferisci ascoltare il silenzio?
Sono combattuto.
Devo dirglielo?
Dovrei dirglielo?
Non vorrei dirglielo, però…
Se la scelta è tra parlare di lei e il silenzio preferisco parlare.
Forse mi farà bene.
Sono troppi anni che non mi sfogo, che non parlo di lei con qualcuno.
– Melinda non è morta di morte naturale. Ero appena entrato in fase adolescenziale. Ero molto attaccato a mia madre, a differenza di Thomas, mio fratello, che andava più d’accordo con mio padre. Il nostro era un legame unico, meraviglioso, speciale…
Quando è successo… No, quando ho metabolizzato che mi era stata strappata la persona che amavo di più al mondo sono andato fuori di testa. Sei anni dallo psicologo. È stata una vera tortura. – Perché mi sto aprendo con lei? Non avevo stabilito che i cazzi miei non volevo farli sapere in giro? Ah, già. Il silenzio. – L’ho trovata stesa sul pavimento in cucina, in un bagno di sangue. Ventisei coltellate, di cui quattro in punti vitali. Le ho tenuto la mano fino a quando non ha esalato l’ultimo respiro. È morta sotto i miei occhi, in una sera d’inverno. È morta con il sorriso sulle labbra. L’unica cosa che è riuscita a dirmi è stata che mi amava. Avevo solo tredici anni, cazzo. Ero solo un bambino! Non avrei dovuto assistere alla morte di mia madre! – mi stringe la mano. Per cosa? Per darmi coraggio e farmi continuare il racconto? Per dirmi che le dispiace? Per farmi capire che è qui e non va da nessuna parte? La guardo negli occhi con espressione accigliata, ma poi le parole mi escono facilmente dalle labbra – Io so chi è stato ad ucciderla.
Non continuo a parlare, la guardo soltanto.
Cosa sto aspettando?
Un suo cenno che mi invogli a continuare?
– Chi è stato a farle quella crudeltà? – mi dice con un filo di voce.
Voglio davvero dirle chi ha ucciso mia madre?
Voglio aprirmi con lei fino a questo punto?
Voglio renderla partecipe della mia vita?
Beh Moore hai fatto trenta, puoi fare anche trentuno.
– Mio padre. – Spalanca i suoi grandi occhi. – È stato mio padre ad accoltellarla e a toglierle la vita.
– Perché?
Sorrido.
Bella domanda. Se lo sapessi potrei avere molti pensieri in meno. Forse riuscirei a sbattere in carcere quello stronzo. Rovinerei la parvenza di bella famiglia a cui il nonno sembra tenere tanto. E in questo caso sarei più felice? La risposta arriva immediata: sì.
– Questo non lo so. – dico – Forse ha scoperto che mia madre aveva un amante, anche se ne dubito. Forse non l’amava più e voleva potersi risposare con quella sciacquetta della mia matrigna. Forse è malato, non è più tanto stabile mentalmente e questo l’ha portato ad agire di conseguenza. Non lo so. So solo che quando ho espresso i miei pensieri alla polizia non mi hanno creduto. Mi hanno quasi riso in faccia, quegli stronzi. Hanno detto che ero troppo piccolo per capire e che covavo una rabbia repressa nei confronti di mio padre. Non mi hanno creduto e dopo dodici anni e tre mesi io sono ancora convinto che sia stato lui. Ma essendo un uomo di successo e importante di questa città ha troppa influenza sulle persone ed è riuscito a insabbiare tutto. Dio che schifo! Al solo pensiero mi viene il voltastomaco.
Vorrei non aver tagliato i ponti con lui al compire del mio diciottesimo compleanno. Se non avessi tagliato i ponti a quest’ora lui sarebbe già morto.
Strangolato. Decapitato. Pugnalato. Soffocato. Annegato. Un colpo di pistola in fronte.
Ho sognato di ucciderlo tante, troppe volte. È per questo che me ne sono andato. Perché non volevo sporcarmi del suo sangue. Mi faceva ribrezzo. Lui, non il sangue.
Mio fratello era dalla sua parte, mi fa schifo avere dei geni in comune con loro. Mi fanno schifo loro. Non parlo con loro, da quando me ne sono andato di casa. Ed io sto bene così!
– Perché sei così sicuro che sia stato lui?
La guardo e, ancora una volta, le parole escono facilmente – Perché litigavano sempre. Lei usava epiteti poco carini e lui la picchiava. Quella volta deve aver perso il controllo, afferrato la prima cosa che gli è capitata sotto mano e colpita più e più volte, fino a quando lei non si è più difesa. Lo odio. Te lo avevo detto che come te non sopportavo chi se la prende con chi è debole.
È surreale trovarsi di fronte alla tomba della propria madre con una ragazza conosciuta poco più di una settimana fa a parlare del suo omicidio e del suo possibile assassino. Surreale come il fatto che Talia sia stata così gentile con me nonostante l’abbia chiamata per nome.
– Si vede che le volevi bene.
Sento qualcosa di umido bagnarmi il viso.
Alzo lo sguardo per vedere la nuvola grigia dalla quale è iniziato a piovere, ma non c’è nessuna nuvola, solo un sole splendente e irritante.
Quando le dita di Talia mi accarezzano la guancia capisco che quelle che mi bagnavano il viso erano lacrime.
– Quale bambino non vuole bene alla propria madre?
– Ti manca tanto, vero?
– Mi manca come l’aria.
– Ci dicono di sorridere e andare avanti per la nostra vita senza di loro, ma la nostra vita, quando scompaiono, erano loro.
– Di chi stai parlando?
– Mio padre. Aveva un tumore. L’ho visto spegnersi giorno dopo giorno. Fino a quando non è morto. Mi ha detto di essere forte, per me e la mamma. Che mi sarei abituata alla sua assenza.
Cazzate. Non ci si abitua all’assenza di un genitore così tanto amato. Nemmeno dopo anni e anni.
Ci guardiamo e sento una connessione con lei. Il fatto di aver perso un genitore entrambi ci avrà fatto avvicinare? Avrà fatto nascere un'empatia speciale con lei?
Quando, dopo il suo giro, Danielle torna, ci trova ancora nella stessa posizione: occhi negli occhi, con la mia mano sul suo grembo.




ADESSO PARLO IO!
Ciao splendori <3
Il sesto capitolo è sbarcato su Efp, contente? :)
E' un capitolo più triste, ma qualcosa su Jason bisognava scoprirlo!
Sapete? Non riesco quasi a commentarlo, ero triste anche io mentre lo scrivevo e... boh, troppi episodi di CSI mi hanno portato a scrivere  di un'omicidio! :/
Comunque...
Vi svelo un "segreto" per riconoscere Vocina, che si è mostrata anche in questo capitolo: quando parla nella testa di Jason lo chiama Moore. Non vi ricorda qualcuno che è solita chiamarlo nello stesso modo? xD
Ed ora... i RINGRAZIAMENTI!
* Tutte voi che mi leggete, siete fantastiche! ... Anche se sapere se vi piace vi renderebbe ancora più fantastice!!
 Tonu2000 wewa_angie_benny grazie per aver inserito la mia storia tra le preferite, siete meravigliose!
cakecash kobatohanato _alep_ grazie per aver aggiunto questa storia alle seguite, siete splendide!
Wallflower19 - loveinfinite MaryWho11 Ice and Love grazie per le belle parole che ogni volta mi lasciate: mi fate sempre contenta e mi sciolgo ogni volta che le vado a rileggere! <3
(lasciatemi pure qualche recensione in più: NON MORDO MICA!^^)
Siete tutte stupende e probabilmente se la storia non fosse stata apprezzata da tutte voi non avrei deciso quello che ho deciso di fare! (SEGRETO! xD)
Vi mando un abbraccio (sono un amante degli abbracci, quindi apprezzateli :3)!
Jessie ^^

PS: piccola curiosità per voi --> nel prossimo capitolo vi mostrerò l'abito che Talia ha comprato! ;)

 

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Capitolo 7
*** Capitolo settimo: Foto che immortalano alcuni momenti di vita - GIORNO 12 ***


Capitolo settimo: Foto che immortalano alcuni momenti di vita - GIORNO 12
(CENA DI LAVORO - PARTE PRIMA)
 
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Buonasera Danielle, è sempre meravigliosa.
– Sei un adulatore Jason, ma devo ripetermi ancora molto? Devi darmi del tu. Se continui a darmi del lei finirà che mi sentirò vecchia!
– Se le do del lei è per non mancarle di rispetto…
– Oh, me ne infischio del rispetto. Ormai è come se fossi mio figlio, pretendo il ‘tu’!
– Come vuole… – mi scocca un’occhiataccia – intendevo dire: come vuoi, Danielle. – sorride tutta contenta del risultato ottenuto e io rivedo in quel sorriso quello di Talia.
A proposito di Talia, la ragazza è in ritardo, ancora.
Le avevo detto alle diciannove e trenta, puntuale e, invece, sono già le diciannove e quarantacinque, per questo adesso mi ritrovo nel suo salotto a chiacchierare amabilmente con Danielle. Sto aspettando che finisca di prepararsi e potremmo finalmente andare a quella stramaledetta cena di lavoro che ci ha fatto penare in questi giorni tra ansie varie di Talia, il mio completo che non è stato pronto fino a questo pomeriggio, lavoro oppressivo… sono estremamente contento che stasera finirà tutto!
– Come si svolgerà la serata, tesoro? – mi chiede la madre di Talia.
– È una cosa molto semplice in realtà: ci presentiamo li, mangiamo, due chiacchiere con qualcuno e la riporto a casa. 
– Tutto qui? Chissà cosa mi aspettavo…
– Non voglio immaginare cosa avrai pensato basandoti su quello che ti ha raccontato Talia.
– Beh, la mia bambina è stata parecchio nervosa in questi giorni per questa cena.
– Lo so, ho avuto il piacere di assistere ad una sua crisi giusto l’altro ieri.
– Oh povero, caro.
– Non preoccuparti Danielle.
– Jason, posso chiederti una cosa?
No.
O almeno questo è quello che vorrei dirle, so già dove vuole andare a parare: ‘Che intenzioni hai con mia figlia?’
I genitori delle donne sono tutti uguali.
Non saprei come rispondere.
Cosa dovrei dirle, poi?
Che siamo amici? Ci ha visto, al cimitero. Troppo intimi per essere solo amici.
Che siamo amanti? Qualche bacio non basta per poterci definire tali…
Che stiamo insieme? Diavolo no, tra poco più di due settimane prenderemo due strade completamente diverse.
Cosa accidenti siamo io e Talia? È una domanda a cui non so rispondere.
Oltretutto le mie intenzioni nei confronti di sua figlia non sono di certo nobili.
Lo sappiamo che te la vuoi solo scopare, Moore, non serve ribadirlo.
Grazie vocina per aver fatto a tutti le dovute delucidazioni…
– Posso farvi una foto?
Alt.
Che ha detto?
– Come?
– Beh ecco l’altro giorno non ho potuto farvela perché eravate di fretta… e voi siete così carini quando vi vedo insieme che io…
Guardo l’ora e siamo dannatamente in ritardo, ma mi si stringe il cuore a vederla così.
– Certo Danielle.
E tanti saluti a quella fottuta puntualità.
– Davvero?! Vado a prendere la fotocamera!
E sparisce in qualche camera in un punto indefinito della casa.
– Non avresti dovuto accettare di fare quella foto, Moore.
Mi volto verso le scale da cui proviene la voce di Talia per dirle che…
Per dirle qualcosa che dimentico appena la vedo.
Cazzo!
– Chiudi la bocca Moore, o ci entreranno le mosche. – dice ridendo.
Riprenditi! Chi sei tu e che cazzo ne hai fatto dell’uomo a cui non interessa nulla di nulla?!
Ok, ci sono, ma quelle gambe…
BASTA MOORE!
Ok, ci sono. Stavolta per davvero.
– Sei stupenda. – E la è sul serio.
I capelli rossi sono raccolti in un morbido chignon, alcune ciocche, scappate da questo, le incorniciano il viso, i tacchi alti, argentati, le slanciano la figura già minuta.
Non è avvolta da un abito, come ho immaginato in tutti questi giorni, ma da una tuta elegante nera, monospalla, con scollatura a cuore. Ed è esattamente come l’ha descritta lei: non la stringe, non la copre. Le cade addosso come se fosse una seconda pelle.
È perfetta.
Mi alzo dalla poltrona nella quale sono seduto e mi avvicino a lei, le porgo la mano e lei la afferra.
– Grazie. – mi dice.
Per il complimento?
O per averla aiutata a scendere?
Non mi interessa realmente.
Mi guarda e – Anche tu non sei male.
Solo?
Va beh, mi accontenterò.
– Come ti senti?
– Pronta.
– Sicura di non avere altre crisi, Carter?
– Sì, Moore.
– Perché, sai, non vorrei che capitasse in mezzo a tutta quella gente. Che figura ci farei?!
Mi tira uno schiaffo scherzoso sulla spalla.
– Stupido. – e ride.
In quel momento vediamo un flash.
Mi allontano di qualche passo da Talia e mi volto verso sua madre che abbassa la macchina fotografica dal viso e, sorridendo come una bimba appena beccata a fare qualcosa che non doveva, dice – Ops. Non volevo, il flash è partito da solo.
– Mamma…
– Che c’è? Siete adorabili e io volevo una foto in cui siete insieme. Assecondate i desideri di una povera vecchia…
Ah, quindi quando le fa comodo è vecchia.
Donne, chi le capisce è bravo!
– Mamma dobbiamo andare, siamo già in ritardo.
– Non essere sciocca tesoro. Jason ha detto che posso farle…
– E dai, le farai un altro giorno perché le vuoi fare proprio ora?
– Perché siete vestiti magnificamente entrambi e sarebbe un peccato non immortalarvi ora.
– Lascia stare musa. Ormai siamo già in ritardo, minuto più minuto meno non cambia nulla.
– Ma… siamo in ritardo. Ti farò fare brutta figura…
– Non mi farai fare brutta figura. E poi quelli che arrivano per ultimi fanno sempre un’entrata ad effetto. – dico ammiccando.
– Ma…
– Talia.
– Non chiamarmi Talia!
– Questa è la musa che conosco, non la persona docile che eri fino a poco fa. Facciamo queste maledette foto. Più restiamo qui a parlare più tardi arriviamo.
Sbuffa. – Hai ragione.
Mi volto verso la donna che ha provato a seguire il nostro discorso.
Inutilmente direi dalla faccia, visto che abbiamo sussurrato per tutto il tempo.
Forza Danielle. Facciamo queste foto.
Ci trattiene per quindici minuti, scattando da ogni angolazione con quella sua macchinetta automatica, poi finalmente ci lascia andare.




ADESSO PARLO IO!
Buona domenica ^^
Allora, prima di tutto voglio dire che sono combattuta: nello scorso capitolo mi avete detto in tante che vi siete commosse. Da un lato questo mi fa piacere, davvero, perchè significa che sono riuscita a esprimere come si sentiva Jason, mentre dall'altra non era affatto mia intenzione farvi piangere, quindi mi dispiace!
Detto questo vi posso dire che non ci saranno più momenti tristi, anzi spero di strapparvi ogni tanto qualche risata! :)
Dunque, dunque, dunque...
Danielle è tornata, ragazze, ed è splendida come al solito! >.<
In questo capitolo manca una presenza, è stato fatto di proposito, sia chiaro. Quindi ora chiedo: secondo voi chi è la presenza che non abbiamo visto?
La risposta arriverà con il prossimo capitolo! ^^
Ringrazio:
* Le persone magnifiche che mi leggono!
* Rebe1410 per aver inserito la storia tra le preferite!
* dasli22 - Giu_Is - Maria_2015 - romy2007 per aver aggiunto la storia tra le seguite!
* ALESSIA_in_LOVE per l'aver inserito la storia tra le ricordate!
* Wallflower19 - loveinfinite - Ice and Love per avermi fatto sapere i loro pareri sullo scorso capitolo!
Fatemi sapere cosa ne pensate: se c'è qualcosa che non vi torna, se non vi piace qualcosa, se vi piacerebbe vedere una certa scena... Potrei decidere di accontentarvi! ;)
Siete tutte meravigliose e vi ringrazio anche senza un perchè! <3
A presto,
Jessie ^^

PS: Quasi mi dimenticavo della promessa che vi avevo fatto nel capitolo sei... Ecco qui l'abito che Talia ha comprato ed ha indossato: 

http://x.cloudsdata.net/6q/images/products/large/537c914c83987_dl-1165.jpg
 

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Capitolo 8
*** Capitolo ottavo: Non sopporto che si tocchino le mie cose! - GIORNO 12 ***


Capitolo ottavo: Non sopporto che si tocchino le mie cose! - GIORNO 12
(CENA DI LAVORO - PARTE SECONDA)
 
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Parcheggio la mia bambina in un posto non troppo distante, ma abbastanza lontano dalle altre macchine, non vorrei mai che quei deficienti che non sanno parcheggiare, con una manovra strana che solo loro riescono a fare, rigassero la mia piccola. Dio mi scampi se la Audi vicino alla mia è guidata da una donna! Spero solo di non doverla portare da un carrozziere domani. Cazzo, spero proprio di no!
Scendo dalla mia piccina e vado ad aprire lo sportello a Talia.
Quando vuoi raggiungere uno scopo vedo che ti impegni, Moore…
Sono un gentiluomo io!
Un Finto Gentiluomo, vorrai dire, Moore. Perché tu ragioni con una cosa sola, e non è il cervello…
Smettila. Piantala. Finiscila. STAI ZITTO, CAZZO!
Silenzio. Finalmente.
Talia si impossessa del braccio che le offro. Per stabilità, suppongo. Su quei tacchi non deve avere molto equilibrio. Come diamine fanno le donne a camminare su quei cosi? Sì, rendono le loro gambe dannatamente sexy, ma credo siano un fottuto strumento di tortura medievale! Bah, contente loro…
Entriamo nella sala dove sono già tutti presenti, ma nessuno si volta a guardarci per il nostro stramaledettissimo ritardo di quarantasette minuti.
L’unico che si accorge della nostra presenza è il vecchio signore che sta venendo verso di noi.
Appena ci raggiunge un potente schiaffo mi fa voltare la testa di lato. Talia sgrana gli occhi e spalanca la bocca in un’espressione di paura e un silenzio tombale cade nella stanza.
Non sei contento, Moore?! Lo desideravi così tanto il silenzio…
Ma perché cazzo sei tornato?!
– Quasi un ora di ritardo, ragazzo. UN’ORA. – urla l’uomo davanti a me – Se questa non fosse stata banalissima cena, ma il ritardo fosse avvenuto in orario di lavoro non avrei esitato a sbatterti fuori a calci in culo! – continua e io lo guardo negli occhi a testa alta, fiero, come mi è stato insegnato a fare – Sei fortunato, ragazzo, sei molto fortunato ad aver ricevuto solo uno schiaffo e adesso dimmi: perché sei arrivato così tardi?!
Mi appresto a rispondere quando…
– È stata colpa mia, signore.
… quando Talia decide di fare l’eroina.
La guardo con un’espressione che può significare solo una cosa: “Che cazzo stai facendo?”, o anche “Ti è dato di volta il cervello, per caso?” in entrambi i casi Talia non sa dove sta andando ad infilarsi.
– Tu chi sei?
– Talia Carter, signore.
– E cosa c’entri con il suo ritardo?
– Beh, era in orario quando è passato a prendermi, ma poi mia madre ci ha fatto perdere tempo perché voleva scattarci delle fotografie…
– Mi stai dicendo che non meritava lo schiaffo che gli ho dato? – chiede mezzo dubbioso, mezzo arrabbiato.
– No signore. Non mi permetterei mai. Solo spiegare il motivo del ritardo.
La guarda. O per meglio dire, la squadra totalmente.
Poi si rivolge a me: – Per caso questa te la stai portando a letto, figliolo?
Scoppio a ridere.
Il brusio intorno a noi è tornato.
La tempesta è passata, possiamo tornare a rilassarci.
– No, non ci vado a letto insieme. – dico guardandola, poi torno con lo sguardo su di lui – O almeno non ancora, nonno. – dico strizzandogli l’occhio.
Christian Moore, ovvero mio nonno, contraccambia con una pacca scherzosa sulla spalla poi si volta e torna dai suoi invitati.
– Quello era tuo nonno?! – mi chiede.
– Sì, musa, non si era capito?
– È totalmente diverso da come me lo ero immaginato…
– Ah sì? E come lo immaginavi?
– Beh, non come un vecchio burbero! Non come il nonno di Heidi… anche se poi sotto sotto quello si è rivelato essere un tenerone…
– Heidi?! Dio, Carter, ma quanti anni hai?! – dico ridendo, prendendola bonariamente in giro.
Arrossisce leggermente e volta il viso dall’altra parte per non guardarmi.
L’ho offesa? Ops…
Cosa devo fare?
Non posso certo correre a cercare un fioraio aperto a quest’ora.
Né andare in un supermercato a comprare dei cioccolatini.
Che faccio?
– Scusa. – esce dalle mie labbra naturalmente come se fossi abituato a farlo, cosa non vera – Sei arrabbiata?
Si volta a guardarmi e mi stupisce regalandomi un sorriso.
***
La cena è passata tranquilla tra risate e divertimento.
Nessuno ha osato contraddire mio nonno sullo schiaffo e non hanno avuto torto a non farlo. Ha ragione lui, punto.
La puntualità è sempre stata l’unica cosa sulla quale non transigeva ed in effetti lo capisco. Immaginiamo di avere un figlio. Questo figlio dice che tornerà a casa ad un certo orario, ma, all’orario stabilito, ancora non è a casa. Io, genitore, credo che impazzirei nell’attesa. “Cosa gli è successo?”; “Perché non è ancora arrivato?” questi sono solo esempi di domande che mi farei mentre lo aspetto.
Il mio futuro figlio non avrà vita facile, di questo ne sono assolutamente certo!
Talia è stata amabile per tutta la durata della cena. Ha chiacchierato con chiunque le abbia rivolto la parola e spesso è intervenuta con commenti intelligenti. In quei casi mio nonno la guardava interessato con occhi attenti, come guardava me quando, da piccolo, parlavo di tutto quello che mi era accaduto a scuola.
Ed io sentivo una strana morsa allo stomaco quando accadeva.
Poi fortunatamente hanno portato il dolce e il caffè e ci siamo potuti alzare.
Talia mi ha abbandonato quasi subito per andare in bagno.
Per questo ora mi ritrovo a parlare da solo con Jack, un mio collega, di calcio, sport che non sopporto e non capisco come possa piacere. Insomma, dai, sono solo persone che ricorrono una palla da una parte all’altra del campo fingendo di farsi male. Suvvia, non scherziamo: il basket è decisamente meglio!
Sono impegnato in questa meravigliosa discussione. Talmente tanto che, con sguardo annoiato, inizio a guardarmi in giro.
Scorgo mio nonno ridere ad una battuta di un suo dipendente, Clara, la segretaria, correre da una parte all’altra dalla stanza, i camerieri che, con i loro vassoi in mano, pieni di bicchieri, girano fra la gente.
Noto come tutte le persone siano diverse fuori dal contesto lavorativo. Sono più rilassati, più loro stessi.
Continuo la mia perlustrazione della stanza chiedendomi, distrattamente, dove si sia cacciata Talia. Non può essere ancora in bagno dopo mezz’ora, giusto?
Poi la scorgo e una rabbia cieca mi sale addosso.
È circondata da tre uomini che, a giudicare dal colore rosso della faccia, faccia che presto sarà rotta, sono ubriachi o per lo meno brilli.
Borbotto una scusa a Jack e mi incammino verso la mia musa, ma vengo intercettato dalla mano di mio nonno. Mi volto a fissare i suoi occhi.
– Non fare scenate, né cazzate di qualsiasi tipo. – mi ammonisce, poi mi lascia andare e io riparto.
Come arrivo afferro un fianco a Talia e la stringo a me, possessivo.
– Ciao musa. – le dico quando lei si volta a guardare chi è stato così brusco, per poi scoccarle un bacio a fior di labbra. Mi volto verso quei scocciatori che non hanno capito l’antifona – Salve signori. Desiderate?
– Parlare con la signorina. – afferma quello al centro.
Sei fortunato ad essere un mio collega di lavoro, altrimenti ti avrei spaccato quel fottuto naso all’insù che ti ritrovi.
– Mi dispiace, ma la signorina è impegnata. Trovatevi qualcun altro con cui parlare.
– Ma alla signorina fa piacere la nostra compagnia.
– No. – rispondo secco, gelido. – Alla signorina non fa piacere la vostra compagnia, ma è troppo educata per dirvelo. Ora fuori dai piedi.
– Noi vogliamo restare con lei!
Come hai detto, stronzo?!
Non è giornata, ho detto fuori dai piedi. Quindi ora SMAMMA!
Faccio un passo in avanti, verso di loro, con uno sguardo che non deve essere calmo e tranquillo dato che appena mi vedono avanzare decidono di darsela a gambe e sparire in mezzo alla gente.
Saggia decisione.
– Che ti è preso? – mi chiede la mia musa.
– Ma niente… mi irritavano e basta.
– … Sei geloso, per caso?
La guardo, sorrido, mi avvicino al suo orecchio.
– Devi sapere, musa, che non sopporto che qualcuno si avvicini a ciò che è mio. – sussurro.
La sento rabbrividire. Sono stato io a farlo? Bene.
L’attimo seguente la vedo sbadigliare.
– Vieni musa. Ti riaccompagno a casa.
Saluto, con un cenno del capo, mio nonno che mi sta osservando da lontano. Usciamo da quella stanza e tiro un grande sospiro di sollievo. È finita.
Raggiungiamo la mia piccola e saliamo.
Quando mi allaccio la cintura pongo una domanda che ho in mente di farle da tutta la sera.
– E il gatto dov’era? – mi guarda come se fossi pazzo, ma nella mia testa questa domanda ha un senso, giuro. – Sì, dai, il tuo gatto. Quando ero da te non l’ho visto…
– Scott?! – mi guarda e ride – I gatti perdono pelo, lo sai? E quando sei vestita di nero e hai un gatto bianco la cosa non è affatto buona.
– Quindi che fine gli hai fatto fare?
– L’ho rinchiuso nel bagno, ovvio!
Solo con lei riesco a ridere così tanto.
Povero gatto!




ADESSO PARLO IO!
Buonsalve :D
DAN-DAN-DAN... e anche l'ottavo capitolo è andato, gente! ^^
Ma parliamo del suo contenuto: una bella scenata di gelosia ci stava, no?! xD Jason è sempre più adorabile in ogni capitolo, cioè adesso si è pure messo a parlare con vocina, dai! >.<
Bene, avete conosciuto Christian Moore, cosa ne pensate? Avevate già capito che era il nonno del nostro bel protagonista? Oppure siete rimaste scioccate come Talia? Fatemi sapere i vostri pareri: sono sempre ben accetti! ^^
E poi... Avevate capito che la presenza che non c'era nello scorso capitolo era Scott, il gatto? Sì? No? Forse? Boh? xD
(La smetti di parlare a vanvera, Jessie?!) .... Ehm, sì, vocina è sbarcata anche nella mia testa... E nelle vostre? Non vorrete farmi credere di essere l'unica a cui questa rompiscatole è venuta a fare visita, vero? 
Detto questo...
Ringrazio con tutto il cuore:
* Tutte voi che mi leggete, senza di voi la storia non esisterebbe (o esisterebbe solo nella mia testa e sarei una pazza che shippa i Jalia 
da sola! xD)
* Chiara_86 - Fricchettona77 - sbir per aver aggiunto la mia storia tra le seguite, siete delle meravigliose creature
* loveinfinite - Cassie78 per avermi detto la loro, siete degli angeli!
Come faccio a farvi capire che vi adoro dalla prima all'ultima? Ci provo: IO VI ADORO TUTTE!!! <3
Al prossimo capitolo,
Jessie

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Capitolo 9
*** Capitolo nono: Moore, smettila. Scott non vuole! - GIORNO 21 ***


Capitolo nono: Moore, smettita. Scott non vuole! - GIORNO 21
 
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Plin Plon.
Suono il campanello di casa Carter.
Un mazzo di fiori in una mano, una bottiglia di vino rosso nell’altra. Così mi trova Talia quando mi viene ad aprire.
Lei indossa un grembiule verde con una grande margherita sul lato basso sinistro e ho una gran voglia di saltarle addosso. Ho già detto che il verde è il mio colore preferito, vero?!
La guardo in viso e noto che ha i capelli fuori posto, la coda in cui li aveva raccolti è sfatta, il viso distrutto (Dalla fatica? Ha corso una maratona, per caso?) è senza trucco e indossa vestiti da casa. E io la trovo lo stesso bellissima, possibile?
Che cazzo mi succede?!
Io, che non sono mai uscito con donne poco curate.
Io, che mi preoccupo tantissimo dell’apparenza.
Io, che, se potessi, farei sparire al mondo tutti quei felponi larghi e quei pantaloni della tuta che molte si ostinano ad indossare, classificandoli come ‘comodi’.
Io, che, in questo momento, trovo che il viso acqua e sapone e gli abiti ‘comodi’ di Talia, la rendano perfetta, unica. La rendano Lei, la mia musa.
– Sei in anticipo tu o sono in ritardo io? – mi chiede con occhi, quei meravigliosi occhi, sconsolati.
– Non fare domande delle quali non vuoi sentire la risposta: ormai sono qui. Questi sono per te. – le porgo i fiori e sento lei mormorare un tenue grazie che fatico a sentire – Posso darti una mano? Prima però fammi poggiare da qualche parte il vino.
Mi tolgo la giacca e arrotolo fino ai gomiti le maniche della camicia, mentre lei va a cercare un posto per i fiori.
Mi mette in mano un coltello e mi chiede di tagliare le zucchine.
– Sei sicura di volermi lasciare con un coltello in mano? Potrei fare danni…
Mi guarda spaventata.
– Non tranciarti un dito, ti prego! Non sopporto la vista del sangue, potrei non riuscire a prestarti soccorso.
Non ha capito cosa intendevo.
– Hai capito male, Carter. Sono abbastanza pratico di coltelli. Il mio “Potrei fare danni” era rivolto a te, per la tua sicurezza.
Inforna una teglia che mi sembra contenga delle cosce di pollo, poi si rivolge a me – Smettila di dire stronzate, Moore. Sono troppo importante per te: non potresti mai farmi del male. – afferma con un sorriso biricchino sulle labbra.
– Non esagerare. Adesso sei tu quella che dice cazzate.
– Mi stai dicendo che non mi reputi importante?
– Mmm… no, non molto.
Mi guarda a bocca aperta con un’espressione sconvolta. Mi trattengo a stento dallo scoppiarle a ridere in faccia. Poi chiude quella sua bella boccuccia e – Bene! – esclama stizzita dandomi le spalle per andare al lavandino.
– Ti sei offesa?
Nessuna risposa. Direi che, molto probabilmente, sì, si è offesa.
Sogghigno.
Mi avvicino alla sua schiena, appoggio le mani sul ripiano e punto alla sua guancia dove le lascio un piccolo bacio per poi sfiorarla con il naso e risalire verso il suo orecchio.
– Mi perdoni? – le sussurro.
La sento sospirare.
Le piace la mia vicinanza? Ottimo.
Le lascio una scia di baci che parte da sotto l’orecchio fino alla spalla, dove le lascio un lieve morso, per poi ripercorrere al contrario il tratto. Sospira di nuovo.
– Allora? – le chiedo – Sono stato perdonato oppure no, musa?
– Mmm… non lo so. Tu continua.
Sì, sono stato decisamente perdonato.
Le poso una mano sul ventre, non per avvicinarla a me, ma per sentire un contatto con lei.
Continuo con quei baci che sembrano piacerle molto.
Si appoggia al mio petto, di modo che, ora, ho tutto il suo corpo a contatto con il mio e la cosa mi fa decisamente andare fuori di testa.
Inclina il collo per darmi più libertà e, se la serata ha preso questa piega già adesso, che non è nemmeno ancora cominciata, sono sicuro di sapere come andrà a finire.
Si volta tra le mie braccia e le sue labbra ricercano, fameliche, le mie.
Mi bacia.
La bacio.
Ci baciamo.
Ed è meraviglioso.
La mia lingua insegue la sua in una danza che sembra creata apposta per noi.
Il mio corpo, massiccio, si incastra perfettamente con il suo, così minuto.
Le mie mani, una alla base della schiena e l’altra sul collo, non fanno altro che accarezzarla con dolcezza.
Le sue mani, tra i miei capelli, non fanno altro che stringerli per non farmi scappare.
Come se io avessi intenzione di scappare da lei…!
Mi avvicino facendola sbattere con la schiena sul pianale. Ora è lei che non è più in grado di andare da nessuna parte. Mugugna qualcosa di incomprensibile sulle mie labbra, ma non me ne curo perché è già tornata a baciarmi ed è questo l’importante. Se le avessi fatto male non sarebbe stata così calma, credo.
Le mie mani scivolano fino al suo sodo e magnifico culo, lo strizzano un po’ per poi superarlo per posarsi appena al di sotto di esso. Faccio una leggera pressione e, con un piccolo salto, lei si ritrova seduta sul piano a gambe chiuse.
Talia, cazzo, apri queste dannate gambe!
Come se avesse sentito il mio ordine le scosta leggermente e io non mi faccio ripetere due volte l’invito, posizionandomi tra di esse.
È ancora troppo distante da me, però.
Le porto una mano sulla schiena, mentre l’altra scivola sulla gamba destra, e la faccio scivolare fino a quando il suo bacino non sbatte contro il mio. Ora sono io a gemere, stavolta di piacere.
L’amico Friz si è svegliato da un po’ e adesso è bello carico e pronto a fare il suo dovere, ma non voglio prenderla qui, su un fottutissimo piano della cucina. Accosto la mia fronte alla sua e do il tempo al respiro di entrambi di calmarsi e di tornare ad un ritmo regolare. Quando questo avviene aspetto che lei apra gli occhi. Mi fissa intensamente.
– Ho fame. – le dico.
Di te. Vorrei aggiungere, ma non lo faccio.
Con un sospiro mi allontana, tornando con le gambe sul pavimento e mi manda ad apparecchiare la tavola, senza che io abbia nemmeno tagliato mezza verdura.
***
Se i dopo-cena di Talia sono così, penso che verrò più spesso a cena da lei!
Siamo seduti sul divano. Inizialmente l’idea era quella di guardare qualcosa alla televisione, ma poi uno dei due, non so dire con esattezza chi, è saltato addosso all’altro. Forse lo abbiamo fatto entrambi nello stesso momento, per questo non so dire chi è stato. Quindi ora siamo quasi stesi uno sopra all’altro sul divano.
Vuoi farmi credere che lei ti è addosso, Moore?
Ovvio che no, io sono sopra!
Dicevo…?
Ah sì, siamo sul divano, IO sopra di lei, e ci stiamo baciando.
Solo baciando, Moore? Non ti facevo così puritano…
Ok, va bene vocina, la mia mano è sopra il suo seno, contento?! Ma perché adesso ti sto dando pure corda?
Concentrati Jason, concentrati!
Allora… La sto baciando (e palpando) sul divano e lei sembra starci.
Vai così, Moore, che sta sera si conclude!
Ma te ne vuoi andare?
Lei si stacca dalla mia bocca e io mi dirigo verso il suo collo.
– Moore… Basta… – dice tra un sospiro e l’altro.
E io continuo a baciarla imperterrito.
– Per favore…
No, non mi va proprio di smettere.
– Moore… ci sta… guardando…
Eh?!
Chi ci sta guardando?
Poi sento qualcosa toccarmi i capelli, ripetutamente.
Che diavolo?!
Alzo la testa e noto il gattaccio bianco con una macchietta scura sul muso seduto sullo schienale del divano con una zampetta alzata. Ecco chi è il maledetto che mi disturba!
– Non ci pensare. – dico a Talia riprendendo a baciarla, ma lei non è della mia stessa opinione.
– No, Moore. Non mi va. Già mi odia di suo… non vorrei che, siccome non vuole che ci baciamo e noi continuiamo a farlo comunque, poi lui attenti alla mia vita aspettandomi sulle scale facendomi inciampare… E poi, un po’ di attesa aumenta il desiderio, no?! – mi dice strizzandomi l’occhio.
– Ma… – provo a dire.
Moore, smettila. Scott non vuole!
Sei stato battuto da un gatto, Moore. Sei patetico!
Privato della mia scopata da un gatto, non ci posso credere!
E io che ho provato compassione per te giusto un paio di giorni fa…
Io ti odio dannato gattaccio!




ADESSO PARLO IO!
Et voila, a voi il nono capitolo, cosa ne pensate? Io mi sono divertita un mondo nello scrivere la seconda parte, mentre la prima mi ha dato un po' di problemi, ma va beh. xD
Siamo stati vicini, molto vicini, ad arrivare alla meta, ma, ahimè, Scott ha deciso che sul "suo" divano non si fa nulla! xD
Però, ora, ditemi voi tutto quello che volete! ^^
Ringrazio:
* Tutte voi che mi leggete!
* Coriander03 per aver aggiunto la storia tra le seguite!
* tinamarmarylennon - Vavina9995 per aver inserito la mia storia tra le preferite!
* Cassie78 - The_Teenager_Romantic_99 _very_ per aver aggiunto questa storia tra le ricordate!
* Wallflower19 - loveinfinite - Ice and Love per aver recensito lo scorso capitolo!
Non potete capire quanto mi rendiate felice ogni volta che vedo un numero alzarsi o semplicemente leggere di voi! <3
Jessie

PS: avevo deciso di non farlo, ma poi ho trovato i prestavolto perfetti e quindi... eccoli! xD

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Capitolo 10
*** Capitolo decimo: Cos'è quella morsa che provo allo stomaco? - GIORNO 27 ***


Capitolo decimo: Cos'è quella morsa che provo allo stomaco? - GIORNO 27 
 
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Seduto sul mio letto cambio canale alla ricerca di qualcosa di più interessante di un programma di moda o di cucina. Non trovando niente spengo la tv e lancio il telecomando al mio fianco distendendomi totalmente sul materasso. Vorrei che Talia fosse qui, per qualche bacio e, magari, qualche “carezza”. Perlomeno nel mio appartamento non ci sono gattacci fastidiosi che ti interrompono proprio sul più bello…
Il campanello suona, ma non aspettavo nessuno.
Mi alzo svogliatamente: se è uno che mi vuole vendere qualcosa giuro che lo mando a fanculo e dopo gli sbatto la porta in faccia!
Apro senza nemmeno guardare nello spioncino e, appena comprendo chi sia la figura fuori dal mio appartamento, sul mio volto si disegna un sorriso.
– Ciao… – mi dice appena mi vede con non poco imbarazzo.
– Che ci fai qui? – chiedo con dolcezza.
Ecco io… Sono passata per darti questa. – mi porge una busta di carta ed io la guardo interrogativo – Non è una bomba, puoi stare tranquillo! – continua ridendo.
Apro la busta e ci trovo una fotografia. La guardo e… Beh, quello che vedo mi provoca un moto di tenerezza. Siamo noi il giorno della cena, è una di quelle fotografie che Danielle ci ha scattato quella sera. La foto ritrae Talia sull’ultimo scalino, ha la mano poggiata sulla mia spalla e sta sorridendo divertita e serena. Io le sono di fronte, rilassato con un sorriso dolce che non mi ero mai visto fare. Nessuno dei due stava guardando l’obiettivo: ci guardavamo negli occhi e, visto da fuori, sembra che per noi, in quel momento, non esista nessuno all’infuori dell’altro. Che cosa strana! A giudicare delle posizioni deve essere la prima che Danielle ci ha fatto, quando ancora non ci eravamo accorti della sua presenza. Non ho visto le altre, ma questa è appena diventata la mia preferita.
– Mamma ha insistito tanto per fartela avere, pensava che ti sarebbe piaciuta e così… Eccomi qua.
– Grazie, musa, per avermela portata e ringrazia Danielle da parte mia per aver pensato a me.
– Lo farò. – poi rimane per qualche istante in silenzio dondolandosi sulla porta di casa – Allora… io vado. – se ne esce dopo.
Si volta e fa qualche passo… – Talia. –  … prima che la mia voce la fermi.
Mi guarda, ma non mi insulta per il modo in cui l’ho chiamata e io mi sento di azzardare un po’ di più.
Ti va di restare a farmi compagnia?                                             
Continua a guardarmi senza dire niente, poi ritorna sui suoi passi ed entra in casa mia per la prima volta.
Posso offrirti una birra? – annuisce per poi tornare alla perlustrazione del mio appartamento.
Si guarda in giro affascinata per poi fermarsi davanti alla finestra da cui si gode di una meravigliosa vista sull’oceano. Nel frattempo io vado in cucina e attacco al frigorifero la foto. Prendo due birre e ritorno da Talia che è rimasta esattamente dove l’ho lasciata. Mi avvicino alla sua schiena e lei si appoggia al mio petto, gesto che ormai è diventato naturale per lei. Le porgo la birra che prende e inizia a bere, subito imitata da me.
Restiamo così, in silenzio.
Vorrei restare così per sempre, perché è una sensazione tranquilla, piacevole, ma Talia non è della mia stessa opinione. Si volta aggrappandosi alle mie labbra ed io rimango spiazzato. È il primo bacio che mi da di sua iniziativa, solitamente sono sempre stato io a prendere in mano la situazione.
Ti stai lamentando, per caso, Moore?
Assolutamente no!
Rispondo al bacio con passione, ma siamo impacciati perché entrambi abbiamo ancora la bottiglia di birra in mano, così gliela sfilo e le poggio entrambe sul tavolino. Riprende a baciarmi con foga non appena le bottiglie non possono più darci fastidio. Le sue mani mi accarezzano il petto sensuali, le mie le stringono i capelli per non farla allontanare. Mi spinge sul divano e si sdraia sopra di me. Guardandomi negli occhi si sposta i capelli sulla spalla sinistra poi riprende a baciarmi.
… Ed io mi perdo nei baci che ha deciso di regalarmi. Faccio scorrere una mano sulla sua schiena e la sento rabbrividire di piacere, poi lei, per ripicca, si struscia sulla mia dolorosa erezione. Le mordo un labbro per non farmi scappare un gemito e per darle una sorta di punizione che di “punizione” non ha proprio nulla. Vuole la stessa cosa che voglio io e non sarò certo io a privarcene.
Poi un lampo di lucidità mi passa per la testa, ricordandomi che stiamo sdraiati su uno squallido divano e, per quanto non sarebbe male farlo qua, il mio non è il massimo della comodità e il letto è a soli due passi da noi.
Alzo il busto portando Talia con me, ritrovandomela seduta addosso. Sposta la sua attenzione, e i suoi baci, al mio collo ed io, per un attimo, perdo di nuovo la facoltà di ragionare.
– Andiamo in camera mia. – riesco a sussurrare, non so come, al suo orecchio con voce roca ed eccitata.
Si alza e mi tende una mano come se lei, con la sua corporatura minuta, possa tirarmi su. Gliela prendo, pronto a trascinarmela in camera, ma, una volta in piedi davanti a lei, non resisto alla tentazione di baciarla ancora. Le prendo il viso tra le mani e… basta, non capisco più nulla.
Con un salto Talia mi è in braccio: le gambe incrociate ai miei fianchi, le braccia intorno al mio collo. Cammino verso la porta della mia camera, ma la manco miseramente, attaccando però Talia al muro. Magari sembra che io l’abbia fatto di proposito… Le bacio il collo e lei sospira.
– Jason… – quando mi chiama così per un attimo la mia mente si perde nel ricordo di due giorni fa quando, per la prima volta, mi ha chiamato solo per nome, poi la sua voce arrochita dal desiderio mi fa dimenticare tutto. Le tolgo la maglietta e faccio scorrere le mani sui suoi fianchi fino ai lati del seno, mentre le mie labbra si spostano alla sua clavicola e poi allo strato di pelle lasciato scoperto dal reggiseno.
Prova a sfilarmi la maglia, ma è rimasta incastrata dal suo corpo. Tira con urgenza, ma non riesce a togliermela, per questo, infastidita, scende da me e mi libera dalla maglia che, finalmente, viene lanciata da qualche parte sul pavimento. Si avventa su di me, ma non mi faccio sopraffare: il gioco lo voglio condurre io!
La riappoggio al muro e la faccio tornare nella stessa posizione di prima mentre le sfilo velocemente il reggiseno, sto per avvicinare le labbra ai suoi capezzoli quando lei decide che ha voglia di baciarmi. Mi stringe a sé, il suo petto totalmente a contatto col mio, senza barriere di inutile stoffa a dividerci.
La porto in camera che mi è ancora in braccio, non capisco nemmeno io come, ma riesco ad aprire la porta della stanza senza staccarmi da lei, chiudendomela alle spalle con un calcio.
La lascio cadere sul letto e lei rimbalza sul materasso. Mi lancia un’occhiata di finto rimprovero a cui io rispondo con un sorriso divertito.
Le sbottono i pantaloni e glieli strappo di dosso, poi mi fermo un attimo a contemplarla.
È un incanto.
Mi tolgo velocemente i miei e mi sdraio su Talia. Riprendo a baciarla, ma le mie attenzioni non si rivolgono solo alla sua bocca. Passo a baciarle il mento e dopo il collo, la clavicola, il seno, il ventre e poi sempre più giù fino ad arrivare al mio obiettivo.
– Queste non ti servono, Talia… – le dico togliendole anche quell’ultimo pezzo di stoffa.
La bacio. La accarezzo. La venero.
Mai uomo è stato più felice di me in questo momento nel venerare una donna, ne sono sicuro.
Si muove, ansiosa, sotto le mie carezze, sotto i miei sguardi, sotto di me.
– Jason… Ti prego… – ansima e io non ce la faccio più, ho bisogno si sentirla.
Dimmi che prendi la pillola, Talia…
Alza il bacino. È un invito, che io non mi lascio sfuggire.
Entro in lei e un gemito mi sfugge dalle labbra, fuori dal mio controllo. Resto fermo aspettando che lei si abitui alla mia presenza, poi inizio a muovermi, lentamente, senza fretta, dettando il ritmo.
La sensazione che provo è un crescendo. Sono quasi al limite, ma devo soddisfare lei prima di pensare al mio di piacere. Quando la sento irrigidirsi e stringere, tutta la situazione scappa dal mio controllo e vengo con lei, in lei.
Mi abbandono sulla mia musa schiacciandola contro il materasso, cercando, però, di non pesarle troppo addosso, poi scivolo sul materasso e mi abbandono aspettando che i nostri respiri tornino ad un ritmo regolare.
Si volta appoggiandomi la testa e una mano sul petto. Si addormenta poco dopo e io la guardo dormire aspettando che il sonno rapisca anche me.
***
Ho passato la notte in bianco. Non riuscivo a dormire e adesso ho un mal di testa atroce!
Talia sta ancora dormendo e non me la sento di svegliarla.
Vado in cucina e preparo la colazione.
Ieri sera… è stato indescrivibile. Oserei dire il miglior sesso di tutta la mia vita.
Talia… Beh, lei è stata fantastica. Devo dire che non mi aspettavo che reagisse così. Forse la voglia che avevo di lei era la stessa che lei aveva di me.
Metto tutto quello che ho preparato su un vassoio e lo porto in camera. Talia ancora dorme. E io perdo tempo a guardarla
I suoi capelli rossi sono sparpagliati sul mio cuscino e questo era esattamente tutto ciò che volevo da quando l’ho conosciuta: Talia, nuda, nel mio letto.
E allora perché ho questa spiacevole morsa allo stomaco che da stanotte non mi fa dormire?
Mi siedo a bordo del letto mettendo il vassoio sul comodino. Le accarezzo i capelli scostandoglieli dalla fronte.
– Talia? – la chiamo e lei si volta dall’altra parte. – Talia? Devi di alzarti… – riprovo.
– Ancora cinque minuti mamma... – dice con voce impastata di sonno.
– L’ultima volta che ho controllato non ero una donna e soprattutto non ero tua madre, musa. – le dico ridendo sommessamente.
Spalanca gli occhi e incontra i miei.
– Ti ho portato la colazione. – le dico mettendogliela davanti.
Lei si tira su, portandosi, però, lenzuolo a coprire il seno ancora nudo.
– Ho già visto tutto ieri sera, Talia, e approfonditamente direi… – il mio tono è scherzoso.
Lei arrossisce e inizia a mangiare in silenzio senza degnarmi di una risposta.
Una volta finito, un lampo di consapevolezza scorre nei suoi occhi. – Che ore sono? – mi chiede.
Guardo l’orologio al polso e – Le dieci e mezza. – dico.
Spalanca i suoi grandi occhi nocciola e, catapultandosi fuori dal letto, inizia a rivestirsi. Quando è completamente coperta dagli stessi pezzi di stoffa che la notte scorsa le ho tolto di dosso, mi guarda – Devo andare. – dice – Mamma sarà preoccupata…
Annuisco distrattamente, mentre la accompagno all’ingresso. Lì le prendo un braccio e la volto dandole un ultimo bacio.
Ciao... – le sussurro sulle labbra lasciandola andare.
– Ciao Jason, ci sentiamo.
La guardo avviarsi all’ascensore, premere il pulsante di chiamata, aspettare il suo arrivo, entrare e voltarsi verso di me. Ci guardiamo mentre le porte si chiudono privandomi della sua vista.
Chiudo la porta di casa alle mie spalle e mi ci accascio contro.
L’ultima cosa che dico prima di addormentarmi sono due parole.
– Addio Talia.




ADESSO PARLO IO!
Ok, non fate fuori la povera ragazza che vi ha postato questo capitolo perchè altrimenti non saprete mai come andrà a finire questa storia... però potete lanciarmi pomodori se volete... quelli sono accettati, ma solo se sono ben maturi, altrimenti no! xD
Allora inanzitutto vorrei dire che probabilmente molte di voi non sarete d'accordo con la "scelta" di farli finire a letto insieme così "presto" perchè secondo voi Jason non è ancora cotto a puntino, a tal proposito vorrei ricordarvi che Talia è una di quelle ragazze che se vuole qualcosa se lo prende e in questo capitolo si è presa Jason.
In questo capitolo più che negli altri ho bisogno di leggere i vostri pareri: è la prima volta che scrivo una scena di sesso e non so se è fatta bene, a me sembra che si svolga troppo velocemente, mentre un'amica mi ha detto che è fatta bene... A me continua a non convincere quindi ho bisogno di sapere se piace a voi: vi prego di farmi sapere i vostri pensieri.
Ringrazio:
* Chiunque, per qualsiasi motivo, abbia deciso di leggere;
* InfinityLady - KatHerondale - Nikki Black - Fanvergent - NisrineKook per aver aggiunto Love's a game, want to play? tra le seguite;
* cola23 per aver aggiunto la mia storia tra le preferite;
* le meravigliose sei ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo (OhMioDio, mi volete morta: sono tantissime! *^*): KatHerondale - loveinfinite - Rydelmarylynch1996 - Ice and Love - myfiftyshades22 -Wallflower19
Credo di amarvi! <3
Jessie

PS: Ragazze mi sento di avvertirvi che siamo quasi alla fine della storia, mancano solo tre capitoli alla fine!

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Capitolo 11
*** Capitolo undicesimo: Dubbi e domande che mi affollano la testa - GIORNO 29 ***


Capitolo undicesimo: Dubi e domande che mi affollano la testa - GIORNO 29
 
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Preparo Cleopatra per cavalcarla. Sono nervoso e passeggiare con lei mi ha sempre aiutato a calmarmi. Il mio cellulare squilla, ma non rispondo, non lo guardo nemmeno. In questo momento nessuno ha il diritto di distrarmi!
Percorro un sentiero semplice, niente di troppo complicato.
Ho bisogno di svuotare la mente perché anche i miei pensieri costituiscono una distrazione.
Sei un idiota, Moore!
Ma perché, cazzo, torni a darmi il tormento?
Perché sei idiota e hai bisogno di sentirtelo dire!
Da una voce irritante, insistente e petulante che esiste solo nella mia testa?!
Di certo Cleopatra non è in grado di dirtelo, Moore…
Non ho bisogno di te!
Questo lo credi tu! La verità è che hai bisogno di me per non affogare tra i tuoi pensieri.
Vattene grillo parlante dei miei stivali! Non voglio starti a sentire…
Come vuoi, Moore, ma tornerò. Lo faccio sempre.
Sto diventando pazzo… Perché ci parlo ancora, poi? Mi fa solo irritare!
Perfetto! Adesso sono anche più nervoso di prima. Nemmeno Cleopatra riesce a calmarmi.
– Hei, Jason! – mi volto verso la voce che richiama la mia attenzione.
Adam… Cosa ci fai qua? – chiedo quando mi è di fronte. Scendo da Cleopatra e le prendo le briglie per portarla nella stalla.
– Sono venuto per parlarti.
– Non sono dell’umore adatto per parlare, Adam.
– Questo è un problema risolvibile: io parlo e tu ascolti.
– Adam…
– Volevo parlarti di Talia, Jason.
Mi blocco e tutte le proteste che volevo scaricare sul mio amico mi si bloccano in gola. Per questo lui continua.
– È venuta al lavoro oggi ed è distrutta. Che cazzo hai combinato, amico?
Non rispondo. È distrutta? Perché saperlo mi fa così male?
– Lascia stare, posso immaginare quello che hai combinato. Quello che non capisco è perché continui ad ignorarla quando anche tu ci stai male. – faccio per controbattere, ma lui non me ne da il tempo – Non propinarmi la scusa del “Io non ci sto male”! – dice scimmiottandomi – Si vede lontano un miglio che non è così!
– No Adam, la mia è soltanto abitudine… ci siamo visti tutti i giorni in questo mese. Devo solo riabituarmi a non averla più accanto.
Mi guarda come se avessi tre teste poi scuote la sua. – Non ci credi nemmeno tu alla stronzata che hai appena detto.
– Non mi interessa, Adam.
– Questo non è vero e lo sai anche tu!
– Io non so un cazzo! – urlo facendo agitare tutti cavalli nella stalla, usciamo da lì per non creare disordine.
– Jason ragiona! Non rispondi alle sue chiamate, eviti il mio bar come se fosse appestato, non vuoi parlare di lei. Dall’altra parte c’è Talia che non riesce a lavorare, ha sempre la testa da un’altra parte e un’espressione abbattuta sul viso. È possibile che tu sia così coglione da non esserci ancora arrivato?
– Arrivato a cosa? – dico sfinito da quella discussione.
– Al fatto che vi amate!
Lo guardo basito. Sta scherzando, vero? Perché è dannatamente serio allora?
Perché è la verità, Moore.
Levati dal cazzo. Non stavo parlando con te!
– Non farmi ridere Adam…
Mi guarda scuotendo la testa.
– Spero che tu non sia così coglione da farti sfuggire l’opportunità di essere felice dalle mani. – un secondo di silenzio poi riprende a parlare – Ti saluto ora, ero venuto per capire cosa stava succedendo e ho avuto le conferme ai miei sospetti.
– E cosa ne hai concluso?
– Che sei un coglione, Jason. Ma non ti preoccupare, rimani comunque mio amico.
E se ne va lasciandomi solo, ancora una volta, con i miei pensieri
***
Guardo lo schermo illuminarsi. Mi sta chiamando ancora. Vedo la sua immagine, lei sullo scoglio con quel costume verde.
Squilla. Squilla. Continua a squillare. E io non accenno a rispondere. Rimango lì a guardare lo schermo del mio cellulare lampeggiare mostrandomi la sua immagine.
Ti prego, smettila.
Per favore: butta giù.
Il cellulare si spegne e io tiro un sospiro di sollievo. Finalmente!
Il cellulare riprende a squillare. È ancora lei e io non so davvero cosa devo fare…
Dovrei risponderle? No, no, no, no e ancora no. Le farei solo del male.
Lascio squillare a vuoto? Sembra essere una tecnica non funzionante…
Spengo il telefono? Sembrerebbe l’opzione migliore, se non fosse che poi perderei anche le altre chiamate.
Non so che fare, per questo rimango lì a fissare il cellulare illuminarsi e spegnersi per poi illuminarsi ancora.
Sei un idiota, Moore.
No, non è vero…
Lo schermo si spegne e si accende di nuovo nella frazione di pochi secondi e io lo lascio squillare a vuoto ancora e ancora.
Sì, invece, Moore!
Lo schermo si spegne per l’ultima volta. Nessun segno di chiamate in arrivo. Si è arresa. Alla fine ha detto basta.
No, vocina del cazzo. Sono uno stronzo, che è diverso.
***
Al lavoro non riesco a combinare niente e mio nonno se n’è accorto. Mi ha detto di prendermi venti minuti di pausa, di bere un caffè e di riposarmi un po’ prima di riprendere a lavorare, ma io non ci riesco. Sono davanti alla macchinetta con quello che si potrebbe definire uno sguardo vuoto, credo. Guardo di tasti con le scritte senza vederle davvero e i minuti passano, senza che io me ne accorga.
Una mano sulla mia spalla mi fa sobbalzare.
– Che c’è che non va, figliolo? – mi chiede mio nonno.
– Niente.
– Ne sei sicuro? – Lo guardo e lui sembra essere in grado di leggermi dentro, come faceva sempre la mamma – Io credo che c’entri una certa ragazza con i capelli rossi, gli occhi castani e un bel caratterino… – resto in silenzio e mi osservo le scarpe: da quando c’è quella macchia di caffè sulla punta? Sono sempre stato di quel colore intenso? Perché le mie scarpe sono diventate così interessanti?
– Cos’è successo, figliolo?
Tentenno, poi mi decido a rispondere – È successo che siamo andati a letto insieme e io non voglio più sentirla. Ho avuto quello che volevo da lei. Ora non mi interessa più.
Mi scruta senza dire una parola, nemmeno una mosca riesce a disturbare il silenzio tombale che è sceso nella stanza.
– Mi ricordi me stesso alla tua età, figliolo… Vuoi sentire la mia storia? – mi chiede sedendosi al tavolino indicandomi di fare altrettanto di fronte a lui. Con uno sbuffo mi siedo anche io.
– Ero un ragazzo vivace, figliolo. Saltavo di letto in letto senza che mi importasse davvero di chi vi stava insieme a me. Per me non erano importanti. Erano le classiche… Com’è che le chiamate adesso? Ah sì: le classiche da una botta e via. – lo guardo stupito e interessato. – Cosa c’è, Jason? Pensi che tuo nonno non abbia avuto le sue esperienze? – dice strizzandomi l’occhio – Le mie esperienze me le sono fatte e se tornassi indietro le rifarei tutte. Ma una cosa non rifarei: fare del male all’unica donna che è entrata non solo nel mio letto, ma anche nel mio cuore. Eravamo fatti l’uno per l’altra. Era una donna bellissima con i capelli lunghi e setosi color del grano e quegli occhi verdi penetranti, ma dolci allo stesso tempo. Eravamo giovani, lei più di me, e io non me la sentivo di impegnarmi. Lei era schiva e io testardo, la corteggiai a lungo e alla fine lei cedette. Passammo la notte insieme, ma la mattina dopo la cacciai in malo modo dal mio letto, come avevo fatto con tutte le altre prima di lei. Non pensavo, però, che con lei avrebbe fatto così male. I giorni successivi, quando ci vedemmo, insieme agli altri, lei non mi degnò di un solo sguardo e più passavano i giorni più io mi sentivo male, per quello che avevo fatto e per le sue conseguenze. – si ferma a sospirare al ricordo poi continua – Capii che l’amavo con l’aiuto delle persone che ci stavano intorno e mi sentii un completo idiota: la stavo perdendo e non me ne ero neanche accorto! Nonostante tutto, però, riuscii a farmi dare una seconda possibilità, non chiedermi come, probabilmente qualcuno lassù voleva che andasse così… Ci amammo e la nostra storia durò tanto, molto a lungo.
– E poi? – mi ritrovo a chiedere come un bambino curioso di scoprire come va a finire la favola della buonanotte – Cosa è successo con quella ragazza?
Mi sorride e – L’ho sposata e ci ho fatto un figlio. – mi dice – Tua nonna era la donna della mia vita e stavo rischiando di perderla perché l’ho trattata come le altre, ma lei era una donna buona e mi ha perdonato tutto. Siamo stati felici, lo sai, e poi quella brutta malattia ha deciso che il nostro tempo insieme era finito…
Non ricordo molto bene mia nonna, ero piccolo quando è venuta a mancare, ma un particolare me lo ricordo: ogni volta che andavo a trovarla lei mi preparava i biscotti, anche quando era stanca. Sì, mia nonna era decisamente una donna buona.
– Perché mi hai raccontato tutto questo, nonno?
Mi sorride – Perché rivedo me stesso in te. Forse Talia è la donna della tua vita e tu la stai perdendo perché non sei in grado di capire.
– Io non sono innamorato, come faccio a farvelo capire?!
– Perché? Chi altri te lo dice?
– Tu, Adam e quella dannata voce che ho nella testa!
– Voce?
– Lunga storia…
– … Beh, se tutte queste persone te lo dicono non credi che, magari, loro hanno visto qualcosa che a te sfugge? – lo guardo perplesso riflettendo – Pensaci figliolo. Riflettici e cerca di capire in fretta prima di farti sfuggire dalle mani la possibilità di essere felice.
Mi lascia con questo dubbio in testa.
Sono innamorato di Talia e non lo so? È possibile?
Secondo loro devo capirlo e anche in fretta.
Ma come diavolo si fa a capire di essere innamorati?!




ADESSO PARLO IO!
Buonsalve a tutte, spero che il nuovo capitolo vi piaccia! ^^ Ho avuto qualche problemino nello scriverlo... Credo che sia dovuto al fatto che Talia sia solo una presenza e non appaia realmente in "carne ed ossa"! xD
Abbiamo conosciuto Adam che, togliendo il secondo capitolo , non era mai apparso, Vocina continua ad essere splendida e, per finire, il nonno che torna nelle sue vesti, fortunatamente oserei dire! >.<
Ringrazio:
* Voi che avete deciso di leggere la mia storia <3
* Beatrice29 per aver deciso di aggiungerla alle preferite <3
* Gegita - _Breath per aver deciso di metterla tra le seguite <3
* myfiftyshades22 - loveinfinite - Ice and Love - Wallflower19 che hanno recensito lo scorso capitolo <3
Siete tutte degli angeli!
Ci "rileggiamo" al prossimo capitolo,
Jessie ^^

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Capitolo 12
*** Capitolo dodicesimo: Ricordi che ti sbattono in faccia la realtà - GIORNO 30 ***


Capitolo dodicesimo: Ricordi ch ti sbattono in faccia la realtà - GIORNO 30
 
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Si dice che la notte porti consiglio… Chi l’ha detta questa stronzata? A me ha portato solo grandi e immense occhiaie violacee, un mal di testa terribile e un gigantesco e perenne sonno. Nessun consiglio, niente di niente.
Passeggio per le vie del centro e intanto penso.
La gente mi passa affianco, ma io non me ne curo, così come fanno loro.
Mi sono sempre chiesto come si faccia a sentirsi soli anche in mezzo ad una folla che urla ad un passo da te.
Ora l’ho capito: è una sensazione strana. Ti isoli dal mondo e non senti più nulla a parte i tuoi pensieri che sono assordanti, peggio di un bambino che ti strilla nelle orecchie. Stai lì, senza curarti di ciò che ti accade intorno aspettando che la tua ancora ti venga a salvare e se non viene sei fottuto e devi essere in grado di riuscire a salvarti da solo… ed è questo che io voglio fare oggi. Salvarmi da solo, perchè non so chi o cosa sia la mia ancora e non saprei dove cercarla.
Mi risveglio dal mio stato catatonico solo quando sono di fronte ad una vetrina di un negozio, precisamente dove io e Talia siamo venuti a fare shopping.
Guardo il mio riflesso nella vetrina e noto i miei occhi.
Sono sconvolti, hanno il colore del mare in tempesta. Mi sento come se fossi una piccola imbarcazione in mezzo alle onde provocate da una burrasca: sbatacchiato di qua e di là senza sapere se riuscirò a tornare a casa. Solo, di nuovo, con i miei sbagli.
Quante volte ho sbagliato?!
Quanti errori ho fatto?!
Troppi per essere contati.
Rimango lì ancora per un po’ aspettando che i ricordi mi colpiscano uno ad uno per farmi capire quale è stato il mio sbaglio stavolta.
Occhi di mare senza scogli
Il mare sbatte su di me
Che ho sempre fatto solo sbagli
Ma uno sbaglio che cos'è?
GIORNO 3:
Talia era sdraiata sulla coperta a quadri bianca e rossa, stesa a terra per non sporcarsi.
C’erano i residui del nostro pic-nic sparsi su tutto il prato intorno a noi.
Eravamo gli unici in quella raduna. Talia mi aveva spiegato che era perché in pochi conoscevano quel posto. Pensai che fosse un peccato, per una meraviglia del genere, non poter essere goduta appieno, ma poi mi ricordai il fatto che io e Talia eravamo soli.
Mi stesi sulla coperta affianco a lei, la mia mano quasi sfiorava la sua. Quando feci per prendergliela lei la scansò.
La guardai male.
– Do molta importanza al gesto di prendere per mano. – disse – Se lo faccio significa che amo la persona a cui la stringo oppure che questa ha bisogno di conforto. Queste sono le uniche volte in cui tengo la mano a qualcuno.
– Perché?
– Perché lo trovo un gesto troppo intimo, anche più del bacio…
– Mi stai invitando a baciarti, per caso? – scherzai.
– No. – fece senza un attimo di esitazione.
– Senti un po’ ragazzina, – dissi tirandomi su con il busto e guardandola – tieni la cresta abbassata.
Si tirò a sedere anche lei per poi guardarmi con un sopracciglio alzato e domandò – Altrimenti cosa succede?
– Ti conviene non scoprilo. – affermai ammiccando.
– Ma io sono curiosa…!
– … Allora inizia a scappare Carter, perché se ti acciuffo per te sono guai.
Probabilmente lesse la promessa nei miei occhi perché sgranò i suoi, si mise velocemente in piedi e iniziò a correre.
Ah, la caccia. Mi era sempre piaciuta.
Mi alzai di slancio e mi misi a correre dietro di lei, la raggiunsi e in pochi secondi la avevo già atterrata.
– Sei lenta, musa. – le sussurrai all’orecchio, prima di iniziare a farle il solletico.
La vedevo ridere e un sorriso comparve, di riflesso, anche sulle mie labbra.
Più lei cercava di ripararsi in un punto, più mi dava libero accesso a tutti gli altri.
La vedevo contorcersi sotto di me cercando di scappare a quella che per lei era una tortura, ma che per me era divertimento.
– Ok, ok… Time out… Non ce la faccio più… Basta… Basta! – disse tra una risata e l’altra.
Fermai il movimento delle mani e la guardai riprendersi.
Era bella.
Era una musa.
Era la mia musa.
Incrociai i suoi occhi e lei smise finalmente di ridere.
Mi abbassai su di lei e la baciai dolcemente, lentamente, gentilmente…
Rispose al bacio, ma una sensazione strana allo stomaco mi fece fermare e staccare da lei.
O stare nudi in mezzo a un campo
A sentirsi addosso il vento
Io non chiedo più di tanto
Anche se muoio son contento
GIORNO 10:
– Musa, calmati. Andrai bene, non farti venire delle paranoie inutili!
Era un’ora che cercavo di calmare Talia. Era andata in ansia per la cena che si sarebbe svolta solo due giorni dopo e non riuscivo a calmarla, nemmeno il mio tono dolce e i vari ‘musa’ riuscivano a fare qualcosa.
– Tu non capisci. E se poi ti faccio fare brutta figura? E se inciampo sui tacchi? E se non riesco a fare conversazione? Cosa succederebbe se per sbaglio faccio cadere il bicchiere e rovescio il vino sulla tovaglia? Potrei scontrare qualche opera di valore e romperla... No. No, Moore. Non ci vengo a quella cena.
Era impazzita, andata. Kaput.
– Musa, hai già comprato il vestito… non puoi rinunciare così.
– Non mi interessa nulla del vestito! Lo utilizzerò per un’altra occasione…
– Musa… – cercai i suoi occhi, ma lei me li nascondeva – Carter, guardami mentre ti parlo. – le presi il mento tra le dita e le voltai il viso. La guardai dolcemente. – Non mi farai fare brutta figura, anche se non mi hai mostrato l’abito so che sarai comunque splendida. Se mai dovessi inciampare sui tacchi, cosa che non accadrà perché li sai portare, ci sarò io a sorreggerti. Tu che non sai fare conversazione? Ma non farmi ridere, ti troverai benissimo. Se dovessi rovesciare il bicchiere e sporcare la tovaglia, pazienza: capita a tutti, non saresti la prima e non sarai nemmeno l’ultima. Se hai paura di scontrare opere di valore vorrà dire che ci penserò io a tenerti lontana da esse.
Non staccò nemmeno per un attimo i suoi occhi dai miei mentre le parlavo.
Si era calmata. Il respiro era tornato regolare, la tensione aveva lasciato il suo corpo e aveva una espressione più serena.
Grazie. – mi disse riconoscente.
Ci guardammo negli occhi in silenzio ancora e ancora, entrambi immersi nei nostri pensieri.
Quel nocciola era bellissimo, mi ci potevo perdere.
Mi affascinavano, se avessi potuto non avrei smesso neanche per un secondo di guardarli.
Io i miei occhi dai tuoi occhi
Non li staccherei mai
E adesso anzi me li mangio
Tanto tu non lo sai
GIORNO 12:
– Hei, Moore, aspetta. – mi voltai e la vidi annaspare sui tacchi con gambe tremolanti. Tornai indietro e le porsi un braccio che, prontamente, afferrò.
È ancora valida la promessa che mi hai fatto, vero? – la guardai cercando di capire a cosa si stesse riferendo, lei, prima di continuare, sbuffò – Non farmi cadere. Di tutto quello di cui ero spaventata l’altro giorno, questa è l’unica cosa che mi spaventa ancora. Per il resto… saprò cavarmela.
Entrammo in macchina e lei accese la lucina per potersi guardare e sistemare il trucco, quasi inesistente per poter avere quell’aspetto fresco che, da ragazza di ventidue anni qual’era, aveva di suo.
Era bella, sempre.
Avrei voluto dirglielo tutti i giorni che era bella.                                                       
Non serviva che si mettesse chili di trucco e un abito elegante per poter essere definita tale.
Avevo così tante cose da dirle, ma, alla fine, guardandola con un sorriso sghembo, le dissi soltanto: – Spegni la luce, Carter, non riesco a guidare.
Ho un materasso di parole
Scritte apposta per te

E ti direi spegni la luce
Che il cielo c’è
GIORNO 16:
Era mattina presto.
Stavamo facendo colazione in un bar.
Stavo mangiando una ciambella quando Talia me lo chiese.
– Sabato sera ti andrebbe di venire a cena da me?
Quasi mi strozzai mentre la guardavo stranito.
– Che c’è? Non posso invitarti a cena? Guarda che la mia è un’ottima cucina e non avvelenerò il tuo piatto se te lo stessi chiedendo. Non sprecherei mai così del cibo!
– Ah, adesso sì che mi sento meglio…
Non potevo crederci. Cena. Casa sua. Casa libera. Scopare.
Questo era tutto ciò che la mia stupida mente era stata in grado di elaborare. L’unico neurone attivo era andato in vacanza, il criceto aveva smesso di girare e il cervello era andato in tilt.
– Volentieri musa. Cosa mi preparerai di buono?
Questo è un segreto. Devi aspettare sabato per scoprirlo! – disse strizzandomi l’occhio.
Non vedevo l’ora.
Per stare con lei.
Per andare a letto con lei.
Per fare sesso con lei.
Quello che non sapevo è che non avrei fatto solo sesso con Talia.
Con lei avrei fatto l’amore.
Avrei contato ogni ora, ogni minuto, ogni secondo, che mi separava dallo stare con lei, perché non ero in grado di aspettarla ancora per tanto.
Non so aspettarti più di tanto
Ogni minuto mi dà
L'stinto di cucire il tempo
E di portarti di qua
 
Passeggio, da solo, per le strade.
Fa strano non avere Talia al mio fianco quando per quasi un mese intero siamo stati sempre insieme, ma questa situazione l’ho voluta io, mi ci sono infilato con le mie stesse mani. Dunque, perché ora ci sto così male? Che cosa è cambiato dal mese scorso? Perché Talia mi manca tanto? Perché desidero così disperatamente che la mia musa sia con me anche adesso?
Non capisco cosa mi sia successo, non lo capisco davvero.
L’unica cosa che so per certa è che non rispondere alle sue chiamate, vedere la sua immagine sullo schermo acceso del mio cellulare che poi si è spento quando ha interrotto la chiamata, mi ha provocato un tuffo al cuore e non è stato per niente piacevole.
Mi sento uno schifo.
Mi sento una merda.
E forse la sono.
Una goccia d’acqua si abbatte su di me, sulla mia giacca e la vedo scivolare piano per la lunghezza del mio braccio.
Mi fermo sotto la pioggia. Mentre la gente intorno a me impazzisce per cercare riparo, io rimango lì, col viso proteso verso il cielo ad aspettare che i ricordi di quei giorni non molto distanti mi affollino la mente…
 
GIORNO 18:
Stavamo passeggiando per il parco quando la prima gocciolina ci cadde addosso.
Nessuno dei due aveva un ombrello con sè, ma non ce ne sarebbe importato più di tanto se avesse continuato a piovere così. Era una pioggerellina leggera, di quelle che non danno fastidio. Per questo decidemmo di non farci caso e di continuare la nostra passeggiata.
Mai decisione fu più sbagliata.
La pioggerellina si fece via via sempre più insistente fino a quando, in pochi secondi, ci ritrovammo i vestiti fradici.
E meno male che eravamo in estate!
Le presi il polso, non avevo cercato la sua mano perché mi aveva spiegato l’importanza di quel gesto e io volevo rispettarla, e iniziai a correre trascinandomela dietro per cercare un riparo. Sembrava che il fato ce l’avesse con noi o che, comunque, si stesse divertendo a prendersi gioco di noi: ovunque andassimo non c’era un fottuto posto dove non ritrovarci sotto la pioggia.
Alla fine scorsi un ponte e decisi che al di sotto di esso avremmo trovato il nostro rifugio.
Quando, finalmente, nessuna gocciolina ci sbatté più addosso mi voltai verso Talia e scoppiai a ridere.
Un pulcino bagnato, ecco cosa sembrava.
Un dolcissimo e adorabile pulcino bagnato.
I capelli ricci erano appiattiti dall’acqua, la canotta bianca si era fatta trasparente e lasciava ben poco all’immaginazione. Tremava, dal freddo.
– Vieni qua. – le dissi spalancando le braccia.
Non si fece ripetere l’invito e si fiondò, letteralmente, tra le mie braccia.
Iniziai a scaldarla come meglio potevo e aspettammo, sotto quel ponte, che smettesse di diluviare.
E come lacrime la pioggia
Mi ricorda la sua faccia
Io la vedo in ogni goccia
Che mi cade sulla giacca
GIORNO 25:
La mia musa era ubriaca e io non mi divertivo così da parecchio tempo.
Era salita su un tavolo e aveva iniziato a ballare a ritmo di musica cercando di imitare le ballerine sul palco che, non essendo ubriache, ballavano con molta più grazia ed equilibrio di Talia.
Quando riuscii a farla fermare e scendere mi buttò le braccia al collo e iniziò a strusciarsi contro di me sempre cercando di ballare.
Io non mi muovevo, sapevo che se la avessi assecondata non avrei risposto delle mie azioni, perciò lasciavo che fosse lei a fare tutto. Avevo addirittura incrociato le braccia dietro la schiena per non toccarla e puntavo gli occhi sul soffitto per non guardarla e lasciarmi andare.
Balla con me… – biascicò queste parole dopo avermi dato un bacio sul mento.
Non le diedi alcuna soddisfazione e continuai ad ignorarla mentre lei ancora mi si strusciava addosso.
– Per favore… – mi implorò di nuovo – Balla con me, Jason…
Cazzo! Mi aveva appena chiamato per nome e quello mi provocava una bella sensazione. Il mio nome, pronunciato da quelle labbra, detto con quella voce, mi faceva sentire l’uomo più felice della terra.
Avevo voglia di caricarmela in spalla e buttarla in macchina per fare cose più divertenti di un semplice ballo, ma non lo feci. Avrebbero dovuto farmi una statua per il coraggio e il valore per essere riuscito a controllarmi in quel preciso istante. Perché resistere ad una Talia ubriaca facile non lo era per niente.
– Ti porto a casa, Talia. – mi permisi di chiamarla col suo nome, tanto il giorno dopo non se lo sarebbe ricordato, da quanto aveva bevuto.
– Nooooo. – disse lamentandosi come una bimba – Voglio restare qua, Jason, ti prego…
La presi per il braccio, senza farle male, e la scortai fuori dal pub in cui ci trovavamo. La feci salire sulla mia auto e il desiderio di prenderla lì era tanto e forte, ma non volevo questo per noi: volevo renderla mia su un letto.
In realtà avrei voluto renderla mia in qualsiasi luogo: sul prato, in macchina, in un bar, sotto la pioggia, in un pub… Era così difficile resistere al fascino da musa che emanava.
Testa dura testa di rapa
Vorrei amarti anche qua
Nel cesso di una discoteca
O sopra il tavolo di un bar
Trovo un riparo dalla pioggia dentro ad un piccolo bar.
Ordino un caffè mentre cerco di non bagnare troppo in giro.
Tiro fuori il portafoglio ed estraggo una banconota, con essa esce anche una foto. La foto.
La guardo e il mio cuore perde un battito.
Come sono riuscito, in un mese, ad innamorarmi di lei?
Finalmente Moore. Ci voleva tanto?!
No, non ci voleva tanto, ma ci voleva il tempo di questa giornata, da solo con i miei ricordi e pensieri, per riuscire a capirlo, per riuscire ad ammetterlo, anche con me stesso.
E adesso Moore?
Non lo so vocina… Devo parlare con Talia, devo chiarirmi con lei, sperando che lei mi voglia dare un’altra possibilità. Altrimenti sono perduto, finito.
Lo sai, Moore? Alla fine non sei male.
Nemmeno tu grillo, nemmeno tu.
Cosa vuoi fare adesso?
Andare a casa, fare una doccia, dormire e domani mattina… domattina andrò da lei, le parlerò, le dirò che l’amore stavolta ha vinto.
Amore 1 – Jason lo stronzo 0
E poi… e poi incrociamo le dita che lei mi voglia ancora nella sua vita perché io senza la mia ancora non ci so stare.
Star lontano da lei non si vive
Stare senza di lei mi uccide
 
 

ADESSO PARLO IO!
Buon inizio settimana ragazze!
Eccovi il penultimo capitolo. Dite la verità: un capitolo-ricordo non ve lo aspettavate, vero? xD Allora, cosa ne pensate? L'idea di un intero capitolo dedicato ai ricordi mi ha sempre ispirato per la loro storia... forse perchè l'ho raccontata a giorni e, a volte, c'erano anche salti temporali di sette giorni! xD
Comunque mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo in quanto i pezzi li scrivevo subito dopo aver scritto il loro incontro precedente... insomma questa storia è stata scritta in ordine cronologico! >.<
Non so voi, ma secondo me questo è il capitolo più bello di tutta la storia, mi piace tantissimo! *^* E il vostro qual'è? :)
Ringrazio:
* Tutti gli amanti delle storie che hanno preso in considerazione di leggere la mia! 
* Jova_Kocca per aver inserito la storia tra le preferite!
* MissF - Fancy_dream99 - cecy_99 per averla aggiunta alle seguite!
* fiorinfiorello - cecy_99 per averla messa tra le ricordate!
* loveinfinite - Cassie78 per aver recensito lo scorso capitolo e Ginevra Granger per aver recensito l'ottavo capitolo!
Io non so come sono riuscita a trovarvi o come voi abbiate trovato me, ma ne sono contenta! <3 Non riesco nemmeno a descrivere quanto siate importanti e quanto mi rendiate felice!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e, mentre aspetto i vostri pareri, vi mando un bacio.
Jessie <3

PS: le parole in grassetto sul lato destro della storia è una canzone di Lucio Dalla il cui titolo è proprio CANZONE, non so se potrà piacervi, ma a me piace tanto quindi ve la consiglio! ^^

 

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Capitolo 13
*** Capitolo tredicesimo: L'amore è un gioco, vuoi giocare? - GIORNO 31 ***


Capitolo tredicesimo: L'amore è un gioco, vuoi giocare? - GIORNO 31
 
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Alle otto in punto sono davanti al portone di casa della mia musa con una fortissima ansia addosso, le mani mi sudano tremendamente e io cerco di asciugarle strofinandole contro i pantaloni.
Ma volete smettere di sudare dannate mani del cazzo? Giuro che vi amputo se non la finite!
Sì, quando sono nervoso parlo anche con oggetti inanimati, oltre che con la vocina della mia testa… Questo mi rende ancora più strano, non è vero? Oh, va beh, pazienza. Meglio strano che noioso.
Devo ancora suonare al campanello, ma adesso quelle fottute mani non rispondono più ai miei comandi: io voglio schiacciare quel pulsante e loro rimangono ferme lungo il busto. Bastarde! Io vi cambio con una protesi, stronze!
Moore, datti una calmata! Capisco che tu sia agitato, ma, accidenti, le tue mani non ti hanno fatto nulla! Semplicemente sei nervoso e la tua testa non manda gli input adatti per fare quello che vuoi. Vedi che se ti calmi le tue mani faranno quello che richiedi. Però ti devi calmare e devi farlo ora! Ricordi? Talia. Parlarle. Ancora di salvezza. Prima le parli prima tutta questa storia sarà finita!
Prendo un lungo respiro, trattengo il fiato per qualche secondo e poi butto fuori l’aria e l’attimo dopo sono subito più calmo. Le mani hanno smesso di sudare, si muovono e fanno quello che dico io.
Suono e prego che sia Talia ad aprirmi. Non vorrei che Danielle sia arrabbiata con me per come mi sia comportato, ma, andiamo, Danielle mi adora… vero? VERO?!
Non so chi devo ringraziare, se Dio o il destino o che ne so, ma è proprio Talia che mi apre.
Mi guarda e io mi perdo in quel bellissimo nocciola che è il colore dei suoi occhi e, come un idiota, mi accorgo solo con un attimo di ritardo che mi sta chiudendo la porta in faccia.
Non so come, ma faccio in tempo ad infilare un piede tra la porta e l’uscio. Mi faccio un male cane, ma lei ora non può evitarmi.
Riapre la porta stizzita e, furiosa, mi chiede – Che vuoi?
Ora, sapevo che con il mio comportamento l’avrei ferita, ma deve ascoltarmi! Non può pensare di allontanarmi così, cazzo! Una seconda possibilità non si nega a nessuno, giusto?
– Talia, ascoltami, ti prego…
– Non chiamarmi Talia!
Ok, ha ragione, mi sono comportato male e non merito di chiamarla per nome.
– Per favore musa, possiamo parlare?
– Non chiamarmi nemmeno musa, stronzo!
Rimango basito. E che cazzo!
Sbuffo infastidito.
– D’accordo Carter, possiamo parlare ora?
– No, non mi va di parlare con te!
– Però lo stai continuando a fare o sbaglio? – ringhio iniziando ad infastidirmi.
Si morde il labbro, piccata, e io mi perdo qualche secondo nel ammirare quel gesto.
– Ascoltami, – le dico più calmo – ti chiedo solo cinque minuti del tuo tempo, per favore. – lei non mi risponde, ma nemmeno mi manda via, così continuo – So di aver fatto una cazzata, non avrei dovuto comportarmi così, non con te, non dopo tutto quello che abbiamo passato e condiviso. – lei mi ascolta con lo sguardo puntato ai suoi piedi, ma non mi interessa che mi guardi, l’importante è che ascolti le mie parole e che le comprenda – Inizialmente volevo questo. Volevo la caccia e tu eri la mia preda. Volevo segnarti come una delle tante e, una volta avuta, buttarti via come si fa con un giocattolino vecchio. – cerca di dire qualcosa, ma la blocco – No, fammi finire. – chiude la bocca e riprende ad ascoltarmi – La notte che abbiamo passato insieme non sono riuscito a dormire, pensavo a quello che stavo per fare, a noi… avevo troppi pensieri per la testa per dormire e, alla fine, ho passato una notte in bianco. Quando tu te ne sei andata sono stato male perché sapevo che quella sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo visti. –  fa per interrompermi di nuovo, ma non le lascio il tempo di farlo – Non ho risposto alle tue chiamate e me ne pento amaramente. Se lo avessi fatto probabilmente ora staremmo insieme da qualche parte a ridere e scherzare ed invece siamo qui: io a cercare di dirti quanto mi dispiace per il modo in cui ti ho trattata e tu ad ascoltarmi arrabbiata, come è giusto che sia. – mi prendo un attimo per respirare poi ricomincio il mio discorso – Sono venuto a dirti che una bellissima donna dai capelli rossi mi è entrata nel cuore e nella testa e, non so se per sfortuna sua o per fortuna mia, non ne è più uscita. Sono venuto a chiederti una seconda chance. Sono venuto per dirti una cosa importantissima e che ancora non ti ho detto per paura della tua reazione. – smette di torturarsi le unghie con i denti e mi guarda in attesa.
Prendo coraggio e glielo dico – Sono venuto a dirti che credo di amarti.
Lei non dice niente e l’imbarazzo mi assale.
Perché non dice niente?
Perché se ne sta lì impalata?
Perché non fa nulla?
Perché l’hai ferita, Moore, dalle il tempo di metabolizzare la cosa.
– L’amore è sopravvalutato. – mi dice alla fine.
La guardo sorridendo – L’amore è solo un gioco.
Ah sì? – mi chiede divertita.
Sì.
– Ok, quindi?
– Quindi ti va di giocare?
– Non lo so…
– Devo riconquistarti?
– Penso proprio di sì. Non mi fido più di te, Moore. Se farai in modo che io riesca a fidarmi di nuovo… Sì, forse potrebbe andarmi di giocare con te.
– È una sfida?
– Potrebbe esserla.
Il mio volto si apre in un sorriso divertito.
– Lo sai Carter? Non hai idea di quanto mi piacciano le sfide!
– Lo sai Moore? Anche io le adoro!
– Questa volta sono caduto io ai tuoi piedi, la prossima volta non ci saranno scuse: sarai tu a capitolare.
– Vedremo…
– Ho perso una battaglia, Talia, ma la guerra è ancora in atto.
– Questa sarebbe una guerra? Io contro di te e tu contro di me? Chi sarà il vincitore? E chi il vinto?
– Se tutto va come deve andare, da questa situazione ne usciremo entrambi vincitori!
Un piccolo sorriso compare sulle sue labbra, ma poi, lentamente, accosta la porta fino a chiuderla, lasciandomi fuori.
Allora vocina? Non hai niente da dire?
Moore… possiamo ancora vincere, ma Jason lo stronzo deve scomparire! Devi mettere la testa a posto e smetterla con le cretinate. Hai già rischiato di perderla troppe volte. Basta passi falsi, basta ipocrisie!
Non ti preoccupare. Se, come ho detto, l’amore è un gioco, allora io voglio giocare con tutte le carte che possiedo, barerò se sarà necessario, ma alla fine Talia sarà mia. Questa sfida la vincerò io. Non ho nessuna intenzione di perdere questa volta!




ADESSO PARLO IO!
Buongiorno splendide creature ^^
So che vi avevo detto che questo capitolo sarebbe dovuto uscire ieri, ma... una cosa tira l'altra, lo sapete com'è, e alla fine ieri non ho avuto tempo. Le 24 ore si sono dimostrate essere poche! xD
Detto questo, vi aggiorno sul "segreto" di cui vi avevo parlato qualche capitolo fa: Love's a game, want to play? avrà un seguito! Adesso, non so quando uscirà il primo capitolo della nuova storia perchè non è ancora stata scritta, a breve riinizierò l'università, un'amica stressa perchè finisca di scrivere un'altra storia... insomma ho un po' di cose da fare! >.< Però state pur certe che prima o poi uscirà, ho già la scaletta delle cose che succederanno nei vari capitoli pronta, devo solo avere il tempo per scriverli! ^^
Sul serio credevate che vi avrei lasciato con questo finale aperto? xD
Nonono! Avevo due tipi di finali per questa storia, siete stati voi a farmi scegliere questo: credevo che la storia non sarebbe piaciuta e invece mi ritrovo con circa una sessantina di persone che la seguono o ricordano o preferiscono (?) non sarà un numero esorbitante, certo, ci sono storie che hanno molti più "seguaci" di me, ma, fidatevi, per me siete tantissime e siete state tutte importanti per lo sviluppo di questa storia! <3
Passo ai soliti ringraziamenti:
* Tutte voi che, anche per puro caso o per pura voglia di leggere qualcosa, siete entrate nella mia storia e avete letto fino alla fine!
* Ilarywey - Melaa - one undred and nine - piccolissa per aver inserito la mia storia tra le seguite;
* Eleanorl - Ilarywey - Sem20121993 - UnHerondaleNelCuore - _Litch_ per aver aggiunto la storia tra le preferite;
* loveinfinite - Wallflower19 - Ice and Love che hanno dedicato una piccola porzione di tempo per recensire lo scorso capitolo anche questa volta.
Ragazze non sapete quanto mi piacerebbe trovarvi una ad una solo per darvi un abbraccio! Siete state meravigliose dalla prima all'ultima. Vi lascio perchè non vedo l'ora di leggere i vostri commenti finali. Ci rileggiamo presto, spero...
Facciamo così: aggiungete su facebook questa ragazza -->
https://www.facebook.com/profile.php?id=100005716125061 (che poi altro non sarebbe che un mio profilo per giocare xD) quando ci sarà un qualche aggiornamento sulle storie pubblicherò uno stato e vi aggiornerò, sempre se vi faccia piacere farlo. L'unica cosa che vi chiedo è di farmi sapere che siete le lettrici di Efp. ^^
Non  credo di avere più nulla da dirvi.
Ci rileggiamo alla prossima!
Un bacio enorme a tutte voi,
Jessie <3

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