Odi et Amo

di Temperina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


ANGOLO SCRITTRICE: E' il sequel di Dolce Vendetta. E nulla spero che nonostante i capitoli brevi la storia vi piaccia. Aspetto vostre recensioni.


Sarebbe stata un’estate molto calda, ormai se ne rendeva più che conto.

Quella sera l’aria era davvero rovente, non c’era niente che potesse dargli refrigerio, il ventilatore era puntato al massimo verso il letto, ma non c’era nulla da fare, l’afa non se ne andava, continuava a tormentarla.

Donghae se ne stava così, immobile, tra un cuscino e l’altro, sigaretta tra le labbra rosso fuoco, pantaloncini, canotta e un bicchiere di bourbon nella mano destra.

Se ne stava lì, immobile e pensieroso, con lo sguardo malinconico e rabbioso, quasi stesse meditando vendetta contro qualcuno.

Sudava copiosamente, il caldo era davvero insopportabile.

La sua mente rimandava delle immagini terribili, una dietro l’altra, delle immagini che non si preoccupava minimamente di scacciare dalla sua mente, dai suoi occhi, anzi le alimentava ancora e ancora con un tiro di sigaretta e quella solita canzone, “Try walking in my shoes” dei Depeche Mode che ascoltava ogni volta che aveva bisogno di abbandonarsi ai suoi pensieri.

Pensare troppo nuoceva al sistema nervoso, questo lo sapeva, eppure non riusciva a farne a meno, gli piaceva, ci provava gusto, era la sua unica valvola di sfogo, non gli era rimasto più niente, i suoi pensieri erano l’unica compagnia che possedeva.

Spesso si era chiesta come avesse fatto a ridursi così, lui scudiero, lui uomo così bello, voluttuoso, fascinoso e corteggiato da tutti, lui così estroverso ed espansivo, ma non era mai riuscito a darsi una risposta, l’unica cosa che sapeva era che, a uno a uno, tutti l’avevano abbandonato a sé stesso senza un perché o forse un perché c’era, lui lo sapeva benissimo, ma non voleva ammetterlo, neanche davanti all’evidenza dei fatti.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Povero, solo, folle Donghae.

L’aria del ventilatore gli spostava delicatamente i capelli dalla fronte e il suo sguardo si posò verso la sua vecchia sveglia, l’ultimo ricordo che le era rimasto di suo padre.

Ore 21.58. Troppo presto per cercare di dormire, troppo caldo per uscire.

L’unica cosa da fare, pensò Donghae, era rimanere qui a crogiolarmi nei miei pensieri, a godermi quest’aria fresca e umida che mi accarezza delicatamente il viso, a godermi il respiro grigio di questa sigaretta ormai in fin di vita, a godermi le ultime note di questa indimenticabile canzone.

Posò le morbide labbra sul bicchiere, il liquore le scorse morbido, liscio nella gola, fino a scendere giù a infiammarle lo stomaco.

Povero, solo, folle Donghae, ancora non sapeva, non poteva sapere che a breve verrà riportato a forza nella realtà, quella realtà che cercava in ogni modo di allontanare da lui.

Come poteva essere, cominciò a chiedersi, che un uomo come lui potesse starsene steso sul letto senza fare assolutamente nulla oltre che pensare, bere e distruggersi i timpani? Cosa gli mancava? L’amore?Oppure una soffice mano calda che gli stringesse il cuore? Era quello che cercava? Desiderava la vita e fuggiva la morte oppure il contrario?

Questi pensieri, disse a sé stesso, sono fastidiosi come dei sassolini impazziti scagliati sul vetro di una finestra.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ritornò alla realtà solo quando si rese conto che c’era davvero un rumore molesto, piccolo, ritmico, insopportabile.

Posò il bicchiere sul comodino e spense la cicca ormai morta nel posacenere.

Si diresse verso la finestra, camminando a piedi nudi e si affacciò oltre il davanzale.

Guardò giù per la strada e vide un uomo che la osservava divertito.

I suoi occhi lo scrutavano da cima a fondo, cercando di capire se quella visione fosse reale o no.

Donghae guardò di nuovo verso la finestra e si chiese dove avesse visto quell’uomo.

Gli sembrava, infatti, un viso familiare, ma non riusciva a ricordare dove l’avesse visto.

Decise di scoprirlo, si mise addosso la sua maglietta color dello smeraldo, i suoi jeans e scese in strada.

L’uomo misterioso era lì che lo guardava imperturbabile e con un aria, sembrò a Donghae, di sfida.

Gli chiese chi fosse e dove si fossero incontrati, ma l’uomo non le rispose, lo fissò a lungo e intensamente con quei suoi occhi in un modo che provocò uno strano turbamento nel cuore di Donghae.

L’uomo gli si avvicinò; emanava un profumo molto forte ed esotico, il suo preferito.

Provò un lungo brivido di piacere e ancora non riusciva a capire cosa fosse.

Ricambiò l’intenso sguardo dell’uomo e vide che lui stava sorridendo maliziosamente.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


C’era qualcosa nel suo profumo che risvegliava in lui sensazioni a lungo assopite, lontane, ma allo stesso tempo c’era qualcosa nel suo sorriso che gli dava fastidio.

Non sapeva spiegarsi il perché, forse aveva bevuto un po’ troppo al club e di certo quel bicchiere di bourbon sorseggiato fino a qualche ora fa non l’aveva di certo aiutato.

Lui sembrava sbeffeggiarlo; quegli occhi sembravano a un tratto essere diventati freddi e pungenti.

Inclinando leggermente il capo, lo guardò fissamente negli occhi e gli sussurrò dolcemente a un orecchio: “Sei proprio uno stupido e ingenuo bambino, lo sai?” e il suo sorriso falso si tramutò in una lunga e sonora risata malefica, a tratti inquietante.

Iniziò a spingerlo una, due, tre volte; Donghae avrebbe voluto rifilargli un sonoro pugno in piena faccia, ma in quel momento tutto gli girava intorno, niente era al suo posto.

Si pentì di essere sceso, avrebbe voluto gridare ma non ci riusciva, sembrava proprio che il suo cervello fosse andato in tilt e non volesse connettersi con la bocca.

Alla quarta spinta cadde riverso a terra, col corpo in una pozzanghera puzzolente.

Una fitta di dolore gli fece chiudere gli occhi per un istante, mentre con la mano destra si strofinava la parte dolorante.

Quando li riaprì, lo guardò con un’aria stupita e terrorizzata allo stesso tempo…ora lo riconosceva, ora si ricordava di lui...

Rimase lì, immobile, a fissarlo con terrore…sentiva che qualcosa di terribile gli sarebbe capitato di lì a poco.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Perché era lì? Come aveva fatto a trovarlo? Che cosa voleva ancora da lui? Erano domande a cui non sapeva dare una risposta, l’unica cosa che sapeva era che doveva alzarsi e scappare.
Si rialzò lentamente, a fatica, dolorante al fianco destro, ma appena fece un passo lui l’afferrò per un braccio e le disse “Dove credi di scappare? “.
Lo tenne stretto a sé, lo sollevò a forza e si avviarono verso il portone.
Donghae cercava di trattenere i conati di vomito che stavano salendo alla sua bocca…la sua testa girava come un vortice e non accennava a smettere.
Prendettero l’ascensore e l’uomo spinse il bottone del suo piano, il quarto(“dunque sa già dove abito…deve aver speso un patrimonio in investigatori privati per scoprirlo” pensò Donghae)
Arrivati al suo pianerottolo, gli sfilò le chiavi dalla tasca e aprì la porta d’ingresso.
In quel momento Donghae vide tutto nero e sveni.
Il giorno dopo si svegliò con il sole che gli illuminava il volto…riconobbe la sua camera da letto e si accorse che vicino al comodino c’era un biglietto.
Lo lesse.
“Fottiti, gigolò!”. Così recitava il biglietto.
Stupido, era stato uno stupido a non capire subito a chi appartenesse quel viso così familiare.
Seduto sul letto, con il sole del mattino che gli illuminava il volto, Donghae scoppiò in lacrime.
Non riusciva a fermare le lacrime, il suo petto era sconvolto da continui singulti.
A un certo punto però, i suoi pensieri lo risvegliarono da quel momento di debolezza e, con uno scatto improvviso, balzò fuori dal letto, prese i suoi pantaloni sporchi di fango e frugò nelle sue tasche forsennatamente.
Nulla. Scagliò con violenza i pantaloni contro il muro.
Le aveva portato via tutto, documenti, soldi, una fotografia di suo padre che per lui contava quasi più della sua stessa vita…gli aveva portato via tutto quel maledetto.
Era questo il suo modo di vendicarsi? Ma gliel’avrebbe fatta pagare.
L’unica cosa che poteva fare ora era andare a cercarlo e doveva farlo subito, prima che lui scomparisse di nuovo nel nulla.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Era diventato una furia…il momento di sconforto era passato e Donghae era tornato a essere l’uomo caparbio e deciso di sempre.
Voleva ritrovare quell’uomo e lo avrebbe fatto subito.
Aprì il suo armadio, guardò la sua ordinata schiera di vestiti e scelse quello nero che aveva indossato l’ultima volta per un appuntamento galante andato a male.
Si spruzzò il suo profumo preferito, prese le sue cose e indossò i suoi occhiali da sole.
Uscì e sul pianerottolo incontrò la sua vicina, una vecchia megera che, dopo averlo guardata con il suo solito sguardo torvo e insolente che a Donghae dava sempre tremendamente sui nervi, gli disse in tono aspro: “Abbiamo fatto bisboccia ieri sera, eh!” e dopo avergli rifilato una risatina maligna si allontanò.
“Stronza vecchiaccia di merda” gli rispose sottovoce Donghae…aveva voglia di strangolarla con le sue mani, ma aveva qualcosa di più importante da fare, ritrovare quell’uomo.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Ascensore. Lampioncino rosso. Scale
I gradini corrono sotto i suoi piedi. Aveva fretta. Fretta di trovare lo stronzo.
Luce. Due uomini appisolati per terra bloccavano il portone.
L’ascensore sulla sua destra era un cargo merci carico di buste bianche…ma a che ora del cazzo era andata a fare la spesa la poveraccia del seminterrato? Dopotutto chi se ne frega.
Tirò dritto, superò non senza fatica quei due balordi e scese in strada.
Salì in auto e partì a tutta velocità. Dannato traffico, tutti immobili in fila a quel maledetto semaforo.
Sbuffò, sbraitò, suonò insistentemente il clacson, partì e ripartì a grande velocità, con sorpassi azzardati(meno male che non c’era nessun vigile nelle vicinanze, altrimenti l’avrebbe di certo arrestato) e in un attimo giunse al suo locale preferito, il più esclusivo di Mokpo, il “il 12 Bar Club”.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Parcheggiò la sua auto sull’altro lato della strada, entrò nel locale e subito una forte emozione lo investì: alla radio stavano trasmettendo “Friday I’m love” dei Cure.
Yesung, il suo ex fidanzato, frequentatore assiduo del locale, andava letteralmente pazzo per i Cure, lui invece li odiava, li trovava melodrammaticamente da suicidio.
Una voce lo risvegliò dai suoi pensieri.
“Donghae, che fai qui così presto?” gli chiese Yesung, avvicinandosi lentamente a lui.
“Parli del diavolo…” – pensò Donghae ‐“Ye…ieri ho visto EunHyuk”.
Lui fece cadere il bicchiere di birra che aveva in mano.
“Cosa? Stai scherzando, vero? Non è possibile, lui è in carcere e ci dovrà restare ancora per lungo…sicuramente sarà stato qualcuno che gli somiglia molto”.
“No Ye, non sono pazzo, era proprio lui e vuole vendicarsi di me”.
“Dai Donghae, non ti sembra di essere un po’ troppo paranoico?”.
“Sarò anche paranoico, ma è meglio che anche tu ti guardi le spalle, fossi in te starei molto attento”.
Dopo aver pronunciato queste parole, Donghae uscì di corsa dal locale e salì in macchina.
Mentre sfrecciava veloce per le strade affollate di Mokpo, tutto gli ritornò alla mente.
Si trovava ora in un vicolo cieco…che cosa gli sarebbe accaduto adesso? Quali terribili atrocità ha in serbo quell’uomo per lui? Era pericoloso, molto pericoloso e lui lo sapeva bene e ora lo stava cercando.
Si fermò davanti a una vetrina di un negozio di porcellanato e mentre fissava quelle deliziose bambole di porcellana(una sua passione fina da bambina), le lacrime cominciarono a scorrergli giù copiose.
Si sentiva solo come non mai, come quella sera, in cui tutto ebbe inizio.
Quante volte aveva desiderato che quella notte non fosse mai esistito, che quello che successe non fosse mai avvenuto.
Mentre le lacrime gli rigavano il viso, non poteva fare altro che ritornare con la mente a quella sera.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Quella sera, quella dannatissima sera…se non fosse uscito per andare a quella stupida festa non gli sarebbe accaduto nulla.
In fondo chiedeva solo di essere amato, ma tutto ora gli sembrava sempre più irreale e irraggiungibile.
Eunhyuk  fu la sua più grande passione, il suo primo e forse unico vero amore…s’innamorò a prima vista di lui, salvo poi scoprire che si trattava di un folle psicopatico.
Questa scoperta fu per lui talmente dolorosa da non riuscire più a vivere, si chiuse talmente in sé stesso che per anni non frequentò quasi anima viva, a parte il suo analista e qualche suo amico.
Fu per lui un periodo molto duro, dal quale ne uscì fuori grazie all’aiuto e all’affetto dolce e sincero di Yesung…lui l’amava profondamente e teneramente, Donghae invece provava per lui solo un tenero affetto.
Non riusciva a lasciarsi andare, anche quando facevano l’amore lui era sempre chiuso, timoroso e soprattutto non riusciva a provare niente…solo per Eunhyuk era impazzito, nessun’altro uomo sarebbe mai riuscito a fargli provare le stesse sensazioni.
E ora sentiva che stava di nuovo perdendo il controllo di sé stesso…Eunhyuk lo terrorizzava, ma l’attraeva ancora in modo violento e morboso…doveva liberarsi assolutamente di lui, era l’unico modo per uscire da quest’incubo che durava ormai più di dieci anni.
Ritornò al suo appartamento, andò in bagno e prese una scatola di valium e la ingurgitò tutta.
“Devo riuscire assolutamente a dormire, altrimenti diventerò pazzo” si disse.
Si gettò di peso sul letto e in un attimo si addormentò.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Lo squillo del telefono lo fece sobbalzare.
Per un attimo rimase frastornato, non si ricordava più dov’era, non riconosceva più le rassicuranti mura domestiche.
Girò gli occhi per la stanza e si accorse che tutto era immerso nel buio più totale.
Guardò la sveglia, era mezzanotte…aveva dormito quasi quindici ore.
Il telefono continuava a squillare incessantemente.
“Mio Dio, questo è lui, ne sono certo” si disse tra sé.
Alzò lentamente la cornetta. “Chi…chi è?” domandò in preda al più puro dei terrori.
“Domanda poco intelligente, ragazzo mio” rispose sarcasticamente la voce all’altro lato della cornetta. “Faresti meglio a domandarti dove sono”.
Eunhyuk, era lui, ne era sicuro, anche se la voce era completamente diversa da quella che ben conosceva.
“Eunhyuk…sei tu? So che sei tu, è inutile nasconderti…” La voce la interruppe “Enhyuk? E chi sarebbe questo Eunhyuk? Io non lo conosco…il mio nome è Morte, bambino”.
“Ascolta stronzo figlio di puttana” gridò Donghae “ti conviene a stare alla larga da me, altrimenti ti taglio le palle e sai che ne sono perfettamente capace”.
“Ah si? Oh, ma che uomo di altri tempi, sono commosso…non vedo proprio l’ora che tu mi faccia questo servizietto, sarà un immenso piacere per me, lo sai”.
“Ti farò rimpiangere il giorno in cui sei nato, lurido animale…ridammi ciò che mi hai rubato e torna nella tua fogna” .
“Se ci tieni tanto a riavere ciò che ti ho preso, perché non vieni a riprendertelo? Ti aspetto alla 52° di Baker Street domani notte a quest’ora…bussa sulla porta rettangolare a destra, ti aprirà un uomo completamente vestito di nero. Digli queste tre lettere: P.D.V., lui ti farà entrare”.
“Ehi, io non ci sto più ai tuoi sporchi giochetti…” ma non gli diede il tempo di continuare, riagganciò senza proferire una sola parola.
Donghae rimase lì attonito e impaurito per un istante…cosa gli sarebbe successo l’indomani? Cosa avrebbe trovato in quel misterioso appartamento? Cosa aveva in mente Eunhyuk? L’avrebbe sicuramente ucciso, lo sapeva bene.
Sapeva che sarebbe andato incontro a morte certa, ma non poteva assolutamente tirarsi indietro, ne valeva della sua vita.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Si svegliò molto tardi. Si sentiva infinitamente stanco a causa della notte trascorsa insonne.
Ripensò alla telefonata della scorsa notte, all’appuntamento che l’attendeva e cercava invano di non preoccuparsi.
Si alzò, si diresse in cucina e si preparò una tazza di caffè, poi si diresse nel salotto e si lasciò sprofondare sul divano di pelle, pensando sempre alla telefonata con Eunhyk.
“Perché mi sta tormentando così? E’ forse il suo modo per vendicarsi, per farmela pagare?”, erano interrogativi ai quali non riusciva a dare una risposta.
Accese la televisione e mentre fissava quel vecchio film di Greta Garbo, la sua attrice preferita, pensò a quanto fosse stata stupida a fidarsi, ma soprattutto a innamorarsi così di lui.
Perché si, lui lo amava ancora, lo sapeva e ciò lo spaventava ancor di più.
Era terribilmente agitato, del film non stava capendo niente e non riusciva a smettere di pensare a lui, era come un cancro che lo stava divorando lentamente senza che potesse fare niente per fermarlo.
Il momento si avvicinava, stava sudando freddo e il cuore cominciava a battergli all’impazzata.
Pensò per un momento di portare con sé qualcuno, era l’unico modo per sentirsi sicura, ma non aveva nessuno che potesse accompagnarlo (chiederlo a Yesung era fuori discussione, non voleva coinvolgerlo in questa storia, era un rischio troppo grande che non voleva assolutamente fargli correre, in fondo gli voleva ancora bene e non voleva metterlo in pericolo).
“Andrò da me, è l’unica soluzione possibile”, si disse per rincuorarsi.
Era sempre stato un uomo risoluto, forse aveva un carattere difficile che faceva allontanare tutti, ma il coraggio non le era di certo mai mancato, unito a una buona dose di incoscienza…adesso queste doti gli sarebbero servite parecchio per affrontare il pericolo al quale andava incontro.
E venne subito sera.
Donghae si preparò accuratamente per l’incontro, si mise il suo vestito nero (Eunhyuk impazziva per quel vestito), si spruzzò addosso il suo profumo preferito, indossò i suoi sandali e si recò all’appuntamento con l’uomo che un tempo aveva amato(e che ancora amava) più della sua stessa vita.
Mentre guidava, pensò a quello che sarebbe successo di lì a poco…l’avrebbe uccisa? Ci sarebbe stata finalmente la resa dei conti? Non lo sapeva, l’unica cosa di cui era certo era che quella notte gliavrebbe cambiato la vita.
Arrivò all’indirizzo datogli da Eunhyu, un odore acidulo iniziò a penetrarle in testa, lo stordisce, lo intontisce fin quasi allo svenimento.
Si avvicinò alla porta d’ingresso, l’odore si faceva man mano più intenso, iniziò a sentire come qualcosa che lo trascinava in un vortice di paura e di perdizione, qualcosa che lo stava trascinando dritta verso l’Inferno.
Bussò.
Dopo poco la porta venne aperta e un fascio di luce l’abbagliò.
Quando li riaprì, davanti a lui c’era lui, l’uomo della sua perdizione, Eunhyk.
“Sei in ritardo, MonCheri” disse lui, guardandolo intensamente.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Gli ci volle un po’ per abituarsi a quella luce, ma appena riuscì a tenere aperti gli occhi ne rimase quasi meravigliato.
Si trovava in un lussuoso ingresso di una casa coloniale, al soffitto c’era un immenso lampadario di cristallo, davanti a lui un pregiato divano di pelle, ai suoi piedi un costoso tappeto indiano.
“Eunhyuk, mio Dio, ma cosa hai fatto? Come hai fatto a fare tutti questi soldi?” disse incredulo rivolgendosi all’uomo che lo fissava intensamente e con cupidigia.
“Lo sai che sono sempre stato un uomo dalle mille risorse, no?” gli disse ammiccando. “Vieni, non stare lì impalato, seguimi”.
Lo condusse nel vasto salone e lo fece sedere sul pregiato divano di pelle. Donghae si sentiva frastornato, non sapeva cosa fare, come reagire.
Guardava Eunhyuk e non riusciva a credere che tutto fosse reale, che lui era lì, davanti a lui e lo stava guardando bramosamente come un tempo. Era bellissimo, aveva uno smoking bianco, una camicia nera e una rosa appuntata sul taschino…sembrava essere tornato indietro nel tempo, a quella notte di dieci anni fa.
“Sei sorpreso, non è vero” gli chiese. “Più che sorpreso sono esterrefatto, come ha fatto uno che è appena uscito di prigione a diventare un milionario? Dimmelo Eunhyuk, ho diritto di saperlo!”. Replicò con impazienza lui.
“Io non ti devo dire nulla, sono affari miei”, replicò con foga lui, “tu hai deciso di lasciarmi nella merda, mi hai abbandonato quando potevamo stare insieme per sempre” disse quasi piangendo dalla rabbia.
“Eunhyuk” ma non gli diede il tempo di controbattere “Io non l’avrei mai fatto, non ti avrei mai lasciato, per nessun motivo al mondo, magari mi sarei tagliato un dito, ma non ti avrei mai fatto soffrire, mai” ribattè ancora con foga lui.
“Mi dispiace davvero” provò a sussurrargli ma lui lo interruppe di nuovo “Non ti avrei mai lasciato perché ti amavo e ti amo ancora Donghae. E’ questo il motivo per cui sono tornato, questo il motivo per cui ti ho cercato e ti ho fattovenire qui, io ti amo e ti voglio Donghae, ti voglio di nuovo con me”.
Lo guardò intensamente, con quello sguardo che lo mandava completamente in estasi…per quanto tempo l’aveva desiderato? Per quanto tempo aveva voluto che le sue forte braccia lo stringessero ancora una volta e che lui l’amasse ancora una volta intensamente? Orami aveva perso il conto, era un sogno segreto che si
portava dietro da anni, ma non doveva cedere, sapeva che Eunhyuk era pericoloso, che tutto quello l’avrebbe di nuovo portato nei guai, ma non ce la faceva, il suo sguardo, le sue mani che già l’accarezzavano tutto facendolo sciogliere completamente avevano su di lui il sopravvento.
“Ti amo Donghae, lascia che te lo dimostri ancora una volta” gli sussurrò all’orecchio.
Poi gli prese il volto tra le mani e lo baciò appassionatamente…Donghae non riusciva a resistere, quella sensazione di benessere e di piacere lo pervadeva in ogni senso.
“Non posso, non posso” ansimò lui mentre Eunhyuk scendeva con le labbra sul suo collo e sul suo petto “non posso farlo”, ma ormai non riusciva più a resistere, era completamente in suo possesso.
Lui lo sollevò tra le sue braccia e lo portò in camera da letto, lo spogliò e l’amò intensamente come non aveva mai fatto.
Donghae si lasciò andare completamente a quella furiosa passione, leggeri gemiti di piacere, delicati e soavi, riempivano il silenzio di quell’immensa stanza, rotto solo dal movimento del corpo dell'una nell'altro.
Fecero l’amore per ben due volte, senza proferire parola.
Dopo l’amplesso finale che lasciò esausti e completamente appagati, lui si sedette sul letto e gli disse: “donghae, io voglio ricominciare da capo, voglio costruirmi una nuova vita con te, ma se tu mi tradirai di nuovo, sappi che questa volta te la farò pagare molto amaramente”.
Donghae non sapeva cosa rispondere, si sentiva completamente rapito da quell’uomo e ne aveva al contempo paura, un’immensa paura.
Si girò dall’altra parte, due lacrime gli rigarono il volto. “Sono di nuovo in trappola e questa volta non so proprio come ne uscirò” disse tra sé.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Si svegliò che erano quasi le nove.
Sentì il rumore dello scroscio dell’acqua nella doccia, Eunhyuk era lì.
La luce del giorno gli rese ancor più palese la situazione, lui e Eunhyuk stavano di nuovo insieme, aveva di nuovo ceduto al suo fascino e, cosa ancor più peggiore, sentiva di essersi innamorato ancor più follemente di lui…si, era innamorato alla follia di quell’uomo, lo temeva terribilmente, come si teme un demonio malefico, ma lo amava come non mai.
Stava per alzarsi dal letto per andare a prepararsi un caffè quando i suoi occhi caddero su un foglio che Eunhyuk teneva nascosto sotto alcuni fogli sul suo comodino …vi era segnato sopra un nome con un numero di telefono.
Il suo sesto senso cominciò ad allarmarsi, sentiva che c’era sotto qualcosa di losco e che quel qualcosa riguardava in parte lui…prese il foglietto, compose il numero e rimase in attesa.
Dopo pochi minuti una voce d’uomo gli rispose: “Ehi lurido bastardo, dove sei finito? Non era per ieri sera? Il gigolò non dovevamo farlo fuori? Non mi dire che te lo sei voluto prima scopare, come ai vecchi tempi, eh? Dai, sei proprio un bastardo, già che c’eri mi potevi chiamare, così ci divertivamo un po’ noi due, eh, stronzo che non sei altro! Ah, ma questa me la paghi, hai voluto divertirti da solo…appena avremo finito
con questa storia ci rifaremo con qualche bella zoccola, so io dove andarle a cercare…ma mi stai ascoltando? Ehi, sei diventato muto? Dì un po’, non ti avrà mica scioccato quello lì, eh?”
Donghae riattaccò subito, in preda all’orrore…voleva ucciderlo, aveva predisposto un piano per farlo fuori…non era cambiato, era sempre lo stesso Eunhyuk di tanti anni fa, lo stesso uomo pericoloso che si voleva vendicare di lui, che voleva ucciderlo a ogni costo.
Si sentì smarrito, una rabbia furiosa gli saliva dal più profondo del suo animo…doveva uscire di lì, doveva assolutamente scappare.
Si rivestì in fretta e furia e uscì di corsa dall’appartamento prima che lui se ne accorgesse, ma prima di andarsene gli lascio un bel ricordino sul comodino, un biglietto con su scritto: “ieri notte è stata l’ultima volta che mi hai avuto, mettitelo bene in testa, fottuto bastardo, figlio di una cagna! Non riuscirai mai a farmi fuori”.
Salì di corsa in macchina, accese il motore e partì a tutta velocità. Doveva andare lontano da lì, doveva scappare, ma non sapeva dove andare.
Viaggiò con l’automobile per quasi tutta la mattinata, poi verso le due del pomeriggio cominciò a sentirsi stanco e a desiderare di ritornare al più presto alla sua abitazione.
Ritornò a casa (era pericoloso, lo sapeva, ma doveva assolutamente rivedere il suo appartamento), si gettò sul letto e pianse.
Pianse ininterrottamente, disperatamente, senza alcun conforto…quanto male, quando dolore provava dentro di sé, un dolore che non riusciva a trattenere più, un dolore che l’accompagnava ormai da più di dieci anni e che si è manifestato di nuovo ieri sera.
Nella sua mente ritornò il ricordo, come un fiume in piena, un ricordo doloroso lui ed Eunhyuk erano uniti per la vita, quando si sentivano un unico corpo e un’unica anima.
Non era mai stato un santo ed Eunhyuk arrivò nel momento più sbagliato della sua vita. La loro fu una storia non molto lunga ma intensa, una storia che non sarebbe mai riuscita a dimenticare.
Ripensava a lui ora, a quanto lo avesse amato e a dove fosse finito quel ragazzo allegro e sognatore che aveva tanto amato, sostituito da un mostro di arroganza, spietatezza e crudeltà che voleva solo farlo fuori.
Si alzò dal letto, qualcosa gli impediva di respirare, un odore forte lo stava soffocando, un odore di morte, di putrefazione.
Solo allora notò di avere dei messaggi non letti nella segreteria telefonica. Era Yesung: Donghae, ci sei? Dove sei finito? L’altro ieri ti ho visto molto agitato…ora vengo a casa tua, sei pregato di farti trovare, è chiaro?”.
Yesung era stato qui? Dov’era finito adesso? Non era da lui non rispettare le promesse…cosa potevi essergli successo? Era in ansia… anche se ormai non avevano più rapporti Yesung ha rappresentato una parte importante della sua vita, lo aveva amato e ora gli voleva bene come a un amico fraterno e sentiva che c’era qualcosa che non andava, come se nascosta da qualche parte ci fosse una figura spettrale che lo osservava.
Si voltò, ma non vide nessuno…solo allora notò che la porta del bagno era socchiusa. Si ricordò in un momento di averla lasciata chiusa quando uscì di casa.
“Yesung, sei lì?” chiese titubante. “Yesung, ci sei? Non farmi scherzi, ti prego, non sono proprio in vena”.
Si avvicinò lentamente, vide dalla fessura un tenue spiraglio di luce, entrò e notò la piccola luce sullo specchio del bagno accesa.
Ma non era quella che lo terrorizzava, che lo fece urlare di paura, che lo fece quasi svenire…steso sul pavimento c’era un uomo con la camicia completamente inzuppata di sangue.
Aveva un profondo squarcio alla gola…quell’uomo era Yesung.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Eunhyuk era già arrivato, aveva intuito ogni sua mossa e aveva ucciso Yesung per farglielo capire.
Donghae indietreggiò terrorizzato, un conato di vomito gli salì alla gola.
Non sapeva cosa fare, pensò di chiamare la polizia, ma sapeva benissimo di essere anche lui in parte nel torto, che se li avesse contatti molto probabilmente sarebbe finita anche lui in prigione…non aveva scampo, era in trappola, proprio come dieci anni fa, in balia di un uomo che amava alla follia ma che al tempo stesso odiava a morte.
“Odi et amo, Quare id faciam, fortasserequiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior”…ripensava alle parole di Catullo e mai come ora si rese conto di quanto questi due sentimenti contrastanti potessero coesistere tra loro.
Si voltò verso il salotto e lo vide, vide nell’oscurità, nascosto in un angolo, Eunhyuk.
Lo guardava con odio e risentimento, aveva ancora in mano il pugnale sporco di sangue, ma Donghae vide nei suoi occhi un leggero balenio di tristezza, come se avesse pianto.
“Ecco, dunque ci siamo”, pensò, “questa è la resa dei conti, o sarà morte tua o mia”.
“Sapevo che mi avresti cercato, fuggire purtroppo è inutile” disse Donghae con un tono misto di amarezza e di rabbia.
“Perché l’hai fatto, Donghae? Perché mi hai tradito una seconda volta? Sapevi benissimo che non ti avrei perdonato questa volta, che te l’avrei fatta pagare cara…perché l’hai fatto?” rispose lui in tono adirato.
“Io ti amo Donghae, ti ho sempre amato, ma tu non hai fatto altro che farmi del male…ora dovrai pagare per tutto questo, una volta per tutte”.
Gli diede uno schiaffo violento e Donghae cadde riverso a terra.
I ricordi gli riaffiorarono come un fiume in piena nella mente, ricordi di quella sera d’estate, quando lui ed Eunhyuk erano poco più che ventenni e si amavano alla follia, come oggi.
Lui proveniva da una famiglia molto povera, aveva perso sua madre quando aveva otto anni e quella perdita l’aveva sconvolto profondamente, lui, così fragile, timido, introverso e solitario vedeva in sua madre l’unica amica, l’unica confidente e la sua prematura perdita lo segnò a tal punto che per mesi quasi non parlò, si chiuse in un mutismo ostile, soprattutto nei confronti di suo padre, che non l’aveva mai amato, tutte le sue attenzioni erano per il fratello, di indole così simile alla madre.
Eunhyuk crebbe con la consapevolezza di non essere amato dal genitore, con un forte senso di bassa autostima, con una timidezza quasi cronica…tutti difetti che lo portarono a vivere un’infanzia e un’adolescenza in piena solitudine, perennemente sbeffeggiato dai suoi coetanei.
Poi arrivò lui, figlio di una famiglia di scudieri e anche lui poco amata dai suoi genitori, anche lui molto timido, fragile, introverso, anche lui con tanta voglia di amare e di essere amato, con tanta voglia di sentirsi accettato.
Erano due anime affini, due anime gemelle…s’innamorarono , trascorsero mesi di intensa passione fino a quando, quella tragica notte, entrambi ubriachi, uccisero involontariamente un ragazzo investendolo con l’auto.
Lui se la cavò, gli avvocati di suo padre riuscirono a fargli evitare la prigione, ma Eunhyuk no, aveva avuto già piccoli precedenti penali e il suo destino fu segnato, trascorse dieci anni in carcere per omicidio colposo e omissione di soccorso.
Nella sua mente Eunhyuk si convinse che lui l’aveva tradito e, pur amandolo ancora alla follia, lo cercò per vendicarsi.
“Perchè l’hai fatto Donghae? Io ti amavo, non ti avrei mai abbandonato, piuttosto mi sarei fatto tagliare un dito, ma non ti avrei mai fatto del male…perché Donghae, dimmelo, noi eravamo fatti l’uno per l’altro, eravamo destinati a stare insieme, ma tu non mi hai aiutato, nel momento del bisogno mi hai abbandonato al mio destino…tutte quelle parole, tutte quelle dolci frasi che mi sussurravi ogni volta, erano solo stronzate, vero? Guardami, guardami come mi hai ridotto…non sai quanto ti odi per questo, non puoi nemmeno immaginarlo”.
Brandiva il coltello insanguinato, ma forti singhiozzi sconquassavano il suo petto…era di nuovo il timido Eunhyuk, l’uomo al quale aveva giurato eterno amore e che ora lo stava supplicando di ascoltarlo.
“Non sai cosa sono stati gli anni di prigione, quello che ho dovuto sopportare lì dentro, Tu eri il mio unico amore, non ti perdonerò mai per quello che mi hai fatto!”.
“Eunhyuk ti prego, io non ti ho fatto niente, avrei voluto aiutarti ma mio padre me l’ha impedito…non potevo fare nulla, ti prego di credermi…io ti amavo e ti amo tuttora” gli urlò in faccia Donghae con le lacrime agli occhi.
“No, non è vero, tu con il tuo piagnisteo sei riuscito a convincere tuo padre che la colpa di tutto fosse solo mia, che io ti avevo plagiato, che tu eri solo una vittima nelle mie mani…sei sempre stato bravo a mentire, saresti stato un attore perfetto”.
“Mi dispiace Eunhyuk…” singhiozzò Donghae.
“Io ti amavo, avrei fatto di tutto per te, perché, perché…” gli rispose con le lacrime agli occhi.
“Ti prego Eunhyuk, non mi uccidere, io voglio ricominciare da capo, ce ne andremo di qui, ricominceremo una nuova vita, lontano da tutto e da tutti…ti prego Eunhyuk, t’imploro”
“Mi dispiace Donghae, ma è tardi, troppo tardi”.
Prese il coltello, lo puntò verso di lui…Donghae chiuse gli occhi per un istante, li riaprì e vide Eunhyuk in piedi davanti a lui, barcollante e con il pugnale infilato nel basso ventre.
Urlò a squarciagola: “Eunhyuk!” mentre lui cadde a terra riverso in una pozza di sangue.
Gli si avvicinò e lo prese tra le braccia: “Eunhyuk no, perché, perché…” disse piangendo disperatamente.
“Lo vedi, non ti ho ucciso, non l’avrei mai fatto…tu sei stato la cosa più bella che la vita mi abbia donato, nel deserto della mia anima tu sei stato la mia oasi, sei stato un meraviglioso miraggio lontano che mi donava speranza, sei stato l'acqua che mi dissetava in un deserto infinito, che rispecchiava i miei sogni in una realtà che mi stava lentamente ma inesorabilmente logorando.
Quando mi hai lasciato è nato in me un odio feroce, un odio che ho covato dentro per venti lunghi anni, un odio che mi ha spinto a cercarti, a volerti morto…avevo ingaggiato un killer professionista per farti furori, ma alla fine non ce l’ho fatta, il mio amore per te era talmente grande che ha avuto sopravvento sull’odio. Avrei voluto averti accanto a me per tutto il resto della mia vita, ma il destino non ha voluto così, ma sappi che ti ho amato e ti amo tuttora più della mia stessa vita. La notte che ho trascorso con te è stata la più bella della mia vita, mi sembrava di essere in paradiso. Addio Donghae e cerca di essere felice anche per me”.
Gli accarezzò una guancia e spirò tra le sue braccia.
Donghae pianse disperatamente…era tutto finito, l’unico amore della sua vita se n’era andato per sempre… “perdonami Eunhyuk, perdonami se non ho saputo proteggerti, se non ho saputo amarti come meritavi…avrei voluto che le cose fossero diverse, ma non sono mai stato in grado di ribellarmi agli eventi della vita, in fondo sono un vigliacco, non sono riuscito a combinare quasi nulla nella mia vita e ora non mi rimane più nulla e non un profondo rimpianto e un profondo odio verso me stesso”.
Si alzò e andò alla finestra…era l’alba e la città cominciava a svegliarsi dal torpore della notte.
Non era questa la fine che voleva, non era giusto…adesso si sentiva più solo che mai, sentiva dentro di sé un’amarezza che, lo sapeva bene, niente e nessuno avrebbero mai colmato.
Ma si sa, i miracoli a volte nella vita avvengono e lui sentiva che, da tutto quella storia, un piccolo miracolo era nato…lo sentiva, lo percepiva dentro di sé ed era disposto a tutto pur di proteggerlo.
 
 
[Un anno dopo.]
 
 
Un uomo si incammina lentamente verso una tomba di un cimitero.
Per mano tiene una bimba. Appena arrivati lui le indica la lapide e dice: “Vedi, quello è il tuo papà”
La bimba sorrise…aveva lo stesso sorriso e lo stesso sguardo di suo padre, quello sguardo che lui aveva tanto odiato e tanto amato, quello sguardo che, ne era sicuro, adesso vegliava su di lui, su quel piccolo essere frutto di un amore che per Dongha rimarrà sempre incancellabile.


Dolce famigliola

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