TLK: The Lost Prince

di lionelscot
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Principe Leone ***
Capitolo 2: *** Come l'erba dopo la pioggia ***
Capitolo 3: *** Amicizia ***
Capitolo 4: *** Giochi e promesse ***
Capitolo 5: *** Il fiore del passato ***
Capitolo 6: *** Colpevole ***
Capitolo 7: *** Dolore e Odio ***
Capitolo 8: *** Ombre nella pioggia ***
Capitolo 9: *** Da cacciatori a prede... ***
Capitolo 10: *** Cuore e Ombre ***



Capitolo 1
*** Il Principe Leone ***


         La savana era bella come non mai. In quelle notti così limpide la fresca luce lunare si rifletteva sul quell’immenso mare frusciante che di giorno celava agl’occhi tutti coloro che prendevano parte all’immenso walzer del Cerchio della vita ma che ora ondeggiava placidamente al vento che aveva riportato la pioggia dopo la siccità dei mesi passati, la prima vissuta dal giovane leone i cui occhi ora erano intenti a scrutare la volta celeste, soffermandosi su quelle stelle guardiane tra le quali dovevano trovarsi anche le appartenenti a suoi nonno e i sui predecessori.
Pride Rock, la Rupe dei Re. Il centro della savana e delle Pridelands, le terre del suo branco, quelle che un giorno, lo avrebbero visto re o almeno, questo era quello che li era stato. Già, perché quel giovane felino dagl’occhi cangianti e un ribelle ciuffo castano scuro era il figlio del Re ultimo discendente maschio della dinastia di Mohatu e quindi, destinato per nascita a salire su quella rupe come lo era il sole a sorgere. Il piccolo chiuse gli occhi fece un lungo, intenso, respiro. Come a voler catturare tutti gli odori trasportati dal vento e lasciar scorrere i propri pensieri. Era in questi piccoli momenti che trovava la sua pace.

            « Ancora sveglio figliolo ? »  fu la domanda che restituì il giovane principe alla realtà. Si era talmente immerso nei suoi sogni da non essersi accorto dell’arrivo del padre.

            « Papà. Sì scusami. Stavo solo… »

            « Stavi solo pensando, giusto ? » domandò il leone, ricevendo per risposta un cenno del capo del figlio, che poi tornò a scrutare le stelle. Un piccolo sorriso si tinse all’angolo del muso del re. Si avvicinò al figlio, sedendovisi accanto e cominciando a scrutare nella sua stessa direzione.

            « Sei ancora preoccupato per quella faccenda ? Per l’arrivo di tua sorella ? » domandò osservando il piccolo con la coda dell’occhio.
Il cucciolo non rispose, direttamente. Si limitò a scuotere leggermente il capo emettendo un suono di assenso a bocca chiusa. In realtà, nella sua mente vi era un gran sciamare di pensieri di ogni genere, ma ultimamente quello di sua sorella era uno dei più frequenti. Il sovrano volse lo sguardo al suo giovane discendente e lo prese sotto la zampa per rincuorarlo.

         « Kopa… Lo sai benissimo che l’arrivo di tua sorella non cambia quello che io e tua madre proviamo per te. E sarà sempre così. Sei nostro figlio e qualsiasi cosa accada, ne tu ne tua sorella dovrete mai dubitare della genuinità dei sentimenti che proviamo per voi. Ne ora, ne mai. Lo so che ultimamente mi sono lasciato prendere da questa cosa, ma non credere che quando sei arrivato tu non fossi altrettanto agitato.»

         Se in quel momento fossero stati presenti uno solo tra Timon, Pumba, Rafiki, Zazu o peggio, Nala, gli avrebbero detto che la parola “agitato” era un riduttivo di quello che realmente era il padre in quel periodo. Avevano appena riconquistato il trono quando Nala gli disse che aspettavano un erede e il re era crollato al suolo come la pelle vuota appena mutata di un serpente. Quando si era ripreso poi, aveva tartassato la sua compagna sulla follia di essersi lanciata nel suo stato nell’impresa della riconquista delle Pridelands. E con l’arrivo della secondo genita, non era andato molto diversamente.
Il cucciolo si lasciò andare ad una risata nel ricordare la suscettibilità del padre dei mesi precedenti, ricambiando poi l’abbraccio del padre.

            « Grazie papà » fu la sua sincera risposta, ricambiata da un paterno sorriso e una strofinata leggera sul ciuffo.

            «Dai, abbiamo tardato abbastanza per sta sera. E' ora di andare a dormire.»

         Poco dopo, i due erano discesi dalla sommità della rupe e si erano avviati all’interno della grotta ove risiedeva la famiglia reale e la maggior parte del branco. Erano tutti addormentati, fatta eccezione per una leonessa: aveva il manto chiaro e gli occhi azzurri e custodiva amorevolmente tra le sue zampe anteriori una piccola palla di pelo marroncino dorato. La madre sollevò lo sguardo dalla sua amorevole guardia notturna, rivolgendone uno altrettanto amorevole verso i due leoni che ora le avanzavano incontro.

            « Avete fatto tardi anche sta sera, voi due. » osservò sorridendo.

            « Sì... Perdonami Nala, il tempo è volato... »

            « Fa nulla Simba. » gli rispose lei, ricambiando lo strofinarsi sul muso del suo compagno, lasciandosi andare a qualche fusa.

         Il piccolo principe ne approfittò per osservare nuovamente la nuova arrivata, prima di sistemarsi sul giaciglio tra i suoi genitori, che lo osservarono sorridenti. I tre si scambiarono i saluti, prima che un ruggente sbadiglio del re facesse da accompagnamento alla loro calata nel mondo dei sogni. Poco dopo, una pace quasi estranea si era impossessata completamente di Priderock. I giorni tumultuosi degl’anni passati parevano davvero un lontano ricordo.

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Capitolo 2
*** Come l'erba dopo la pioggia ***


         Un caldo sole post piovano illuminava la savana ritornata verde dopo i mesi di stenti del periodo secco, fornendo la migliore delle immagini di accoglienza a tutti gli amici che si stavano recando alla Rupe per congratularsi con i due sovrani per la nuova arrivata della casata reale. Anche i cuccioli poterono sfruttare la nuova vita della savana come proprio terreno di gioco, sempre sotto i vigli sguardi delle balie. Almeno, quasi tutti.
Il principino infatti Kopa preferiva restarsene su di una roccia a seguire con lo sguardo il suo amico Afua, intento nel suo costante spavaldo tentativo di far colpo agl’occhi delle sue coetanee.

         « Kopa, come mai non sei a giocare assieme al tuo amico Afua ? »

         « Mi pare che si stia già divertendo da solo, nonna. »

         « E a te non piacerebbe partecipare alla conquista di qualche giovane leoncina ? »

         « Andiamo sarabi, non ricordi com’era suo padre alla sua età ? » il commento dell’amica scatenò l’ilarità della regina madre, mentre loro nipote alzò gli occhi al cielo.

            « Scusami Sarafina,hai ragione. Ma nostro nipote ha quel ciuffetto ribelle che lo rende assai particolare. »

         Anche se si era ormai abituato ai discorsi delle nonne, tanto da non prestarci più orecchio, il principe non poté non alzare nuovamente gli occhi verso la limpida sede dei re passati, decidendo poi di andare dal suo amico, almeno per non dover prestare ancora attenzione alle lodi da nonne infatuate del nipote, ma appena mosse pochi passi dalla roccia, si trovò schiacciato schienato e premuto a terra senza neanche avere il tempo di reagire.

         « Atterrato ! Sei sempre troppo distratto, principino. »

            « Buon giorno anche a te, Vitani... » le fece eco il povero Kopa mentre cercava di scrollarsi la leoncina di dosso, senza molto successo e scatenando l’ilarità degl’altri cuccioli.

         « Vitani. Lascialo. » le ordinò perentorio un giovane leone dal manto scuro, sollevandola dal povero prigioniero.

         « ISIPHO! PIANTALA SUBITO ! MOLLAMI ! » affermò la leoncina divincolandosi dalla presa del fratello.
         Vitani era una leoncina molto particolare: manto marrone dorato, ciuffo ribelle a mascherare due occhi color zaffiro. Il tutto condito da un carattere molto forte, quasi da maschiaccio. Forse per questo era sempre sorvegliata da suo fratello, Isipho, un giovane leone dal manto scuro con le iridi rosse come le braci del fuoco. I due però non erano ben visti dalla maggior parte dei loro coetanei, ma ciò non aveva impedito a Kopa di stringere una sincera amicizia, dimostrata a suo modo da lei.

         « Ehi signorina, ti pare il modo di trattare il tuo amico ? »

            « Guarda zio che so benissimo difendermi da solo ! » affermò Kopa rassettandosi.

            « Oh, lo vedo benissimo. Sei talmente capace da essere rimasto a terra. » replicò ironico il giovane zio, ridacchiandosela con l’amico Isipho.
         Mheetu era il fratello minore della regina, come testimoniato dal colore del manto assai simile, nonostante i differenti padri. Era coetaneo e amico di Isipho, nonostante tra i due vi fossero state non poche diffidenze e incomprensioni in principio.
Afua intanto, finito con i suoi tentativi di amaliazione si era avvicinato al gruppo, rifilando un’amichevole, quanto energica zampata sulla schiena all’amico.

         « Ehi principino ! Vedo che sei sopravvissuto pure questa volta. »

         «Anche se è di ossatura debole è comunque molto resistente, se riesce a rialzarsi tutte le volte. » affermò convinta la giovane interessata. Ma Afua non vi prestò attenzione e decise di lanciare l’ennesima delle sue sfide.

         « Ragazzi facciamo una gara: l'ultimo che arriva alla pozza dell'acqua è uno gnu ! » urlò il leoncino scattando verso il traguardo prima ancora di aver terminato la frase.
         Subito partirono al suo inseguimento Kopa e Vitani, seguiti poco dopo e con mal celata poca voglia da Isipho. Mheetu si attardò per ascoltare le raccomandazioni delle due leonesse anziane, che sarebbero rimaste a badare al resto dei cuccioli.
Quando anche la sua sagoma si fu allontanata nella savana, le due amiche si lasciarono andare a un sorriso accompagnato da un movimento orizzontale dei loro musi.

         « Sai Sarafina, è così bello veder nuovamente tanta gioia nel volto e nel cuore di quei cuccioli. Per un po’ ho temuto che non sarebbe più potuto accadere. »

            « Sarabi… » Sarafina sapeva bene quanto fosse costato il periodo del regno di Scar. Aveva perso il suo compagno, poi suoi figlio, poi… Ma ora era tutto finito e lei era ora nuovamente libera e poteva godersi l’essere una nonna.

            « Andrà tutto bene. So che sei preoccupata per la presenza dei figli di Zira, ma con loro c’è Mheetu. E poi, devi capire che i figli non sono i loro genitori ne li si può dare colpe che non sono loro. Abbi fiducia amica mia. »

            Le parole dell’amica fecero tornare il sorriso sul volto della vecchia regina. È vero, si faceva troppi problemi e ancora il passato le faceva male. Una brezza leggera le accarezzò il muso, come il tocco di una persona cara sempre presente al proprio fianco pronta a sostenerti. La leonessa inspirò profondamente, lasciandosi sfuggire una lacrima quasi impercettibile, mentre nel suo cuore riprendeva a battere la speranza per un futuro felice per quei giovani.

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Capitolo 3
*** Amicizia ***


         La quiete dominante alla pozza dell'acqua pareva inalterabile, almeno sino allo squassante rumoroso giungere del gruppetto di cuccioli capitanato da Afua. Isipho e Mheetu arrivarono proprio nel pieno dei festeggiamenti del cucciolo con i ciuffi da Caracal[1] per la sua “grande” vittoria.

            « Primo ! Ah-ha ! Sono il migliore ! »

            « Sono tutti bravi a vincere barando… » lo imbeccò la giovane leonessa, colpendo nell’orgoglio “orecchie a ciuffo”.

            « La signorina ha qualcosa da ridire, noto. Fa male perdere ?. »

            « Meno di quanto a te bruci sentirti dire la verità… » replicò senza batter ciglio la giovane, osservandosi spavalda la punta della zampa dopo averla sfregata al petto.

         La discussione catturò le ilarità dei due leoni più grandi, mentre il principe osservava perso nei propri pensieri. Fu la giovane leoncina a farlo tornare al presente facendogli passare una zampa dinanzi al muso. A quella scena, Afua non potè trattenersi dal lanciare una delle sue solite battute.

         « Sei il solito svampito te. Guarda che siamo a terra, anche se la tua testa è spesso tra le nubi. Mica ti crederai un uccello come Tojo ? »

         Quelle parole scatenarono l’ilarità generale del gruppetto, come al solito. L’ennesima dimostrazione del carisma ereditato dal padre, Malka, alla quale il cucciolo somigliava come una goccia d’acqua. Solo il senso dell'orientamento era differente, per fortuna di Afua. Quello lo aveva ereditato dalla madre, Asali, una delle cacciatrici d’élite delle pridelands. Benché il padre fosse succeduto ai suoi genitori come sovrano delle sue terre, era sempre rimasto legato a Simba e alla Pridelands, tanto d’aver permesso al suo primogenito di potervi restare assieme alla madre. Probabilmente sarebbe arrivato come gli altri per congratularsi per la nascita della nuova principessa.
         Kopa rimase parzialmente imbarazzato da quella battuta, osservò l’amico mentre rideva. Non era raro che il principino l’osservasse e si domandasse se non fosse stato meglio se Afua fosse l’erede al Trono di Priderock. Invidiava quel carattere aperto e carismatico che portava il suo amico ad essere sempre alla testa del gruppo dei più piccoli. In realtà, il piccolo non riteneva di meritare davvero il suo titolo. Per lui essere il discendente di Mohatu e Mufasa non era sufficiente a renderlo adatto al trono e anzi, questa considerazione gli metteva molta ansia addosso. Era fermamente convinto non solo di non essere alal loro altezza, ma addirittura temeva di deludere tutte le aspettative, vere o presunte, che riteneva di avere su di sé. I suoi pensieri furono ricacciati indietro nel momento esatto in cui Afua e Vitani si sfidarono apertamente in un confronto fisico, di cui aveva mancato l’invito.
         Il confronto vide la ciuffata sovrastare nettamente in energie e inteligenza il suo sfidante che dopo poche mosse si ritrovò col muso infilato nel fango, finendo canzonato dai due leoni più adolescenti.

         « Tutto qui quello che sai fare, linciotto ? » lo provocò Vitani allentando di poco la presa. Afua colse l’attimo e provò a rivalersi, ma l’avversaria sembrava nata con lo spirito della lotta dentro di sé e senza colpo ferire, rimise il leoncino al suo posto. Dopo quello smaccò, il “linciotto” fu costretto alla resa incondizionata, lasciando che la guerriera se ne tornasse orgogliosa dal fratello, mentre lui dovette rassettarsi da quelle batoste così ravvicinate, punto nel suo orgoglio.
         Kopa gli si avvicinò per aiutarlo, scambiandoli un sorriso rincuorante.

         « Afua, lo sai benissimo che non potrai mai batterla. Lei è destinata a essere una Walinzi[2]. E onestamente, non credo che nessuno potrà mai batterla…»

            « Al contrario tuo, io almeno ci provo, caro Kopa. »

            Il principino abbassò lo sguardo, scuotendo la testa ironico. Il suo amico aveva ragione: lui non ci aveva mai provato seriamente a combattere contro l’amica. In parte perché sentiva che non ce l’avrebbe mai fatta e in parte perché non se la sentiva di combattere contro una femmina, neanche sotto provocazione. Un eccesso di nobiltà che non veniva compreso sino in fondo dagl’altri.
         Quando ebbe terminato di rassettarsi, Afua percepì il disturbo del principe e volle indagare.

            « Sei ancora in pensiero per l’arrivo di tua sorella ? »

            Il principe alzò di scatto lo sguardo verso il suo interlocutore. Com’era possibile che tutti percepissero quel disagio, anche quando cercava di celarlo con tutto sé stesso ? Annuì all’amico, domandandogli se era tanto palese quell’emozione.

            « Amico mio… un lago calmo è meno trasparente di te.Se posso dirti la mia avere una sorellina è la cosa più bella del mondo. È vero che io la mia la vedo poco a causa della lontanaza ma io e Maziwa ci vogliamo molto bene. E poi, vuoi mettere avere una compagna di avventure e di marachelle, oltre che tua alleata contro i genitori?» concluse sorridendo il giovane, dando una delle sue energiche zampate al fianco dell’amico. Kopa sorrise a quell’accompagnamento di quelle parole, ringraziando il suo migliore amico. Afua aveva ragione, lui si faceva troppi pensieri.
         Cogliendo il momento, il moretto afferrò l’amico e cominciò a strofinargli la zampa sulla testa, scompigliandogli il ciuffo castano e costringendolo alla resa tra le risate reciproche. Certo, erano diversi, ma nessuno poteva mettere in dubbio l’amicizia e la lealtà reciproca che legava quei due cuccioli.

         La sera stava lentamente calando quando il giovane gruppo fece ritorno alla Rupe. Una volta separatosi dagl’altri, Kopa si trovò a salutare i suoi “zii” Timon e Pumba, appena tornati dalla loro oasi nascosta per partecipare alla gioia comune per l’arrivo della piccola principessa. Era da tanto che non vedevano il giovane principe e la visione della sua crescita gli aveva fatto tornare alla memoria quando si erano presi cura di un giovane smarrito, senza futuro e un passato dal quale voleva scappare, che ora era diventato re. Quando ebbero finito di salutarsi, Kopa fu convocato dai suoi genitori tramite quel bucero brontolone. Sembrava una questione importante.

         « Mi avevate cercato ? » domandò il giovane quando fu dinanzi ai propri genitori.

         « Kopa. » risposero sorridenti i due sovrani al proprio erede « Io e tua madre volevamo chiedere il tuo parere in merito alla scelta del nome di tua sorella.» affermarono, osservando il piccolo principe avvicinarsi alla sorellina che riposava tra le zampe della madre. Lui la osservò per un lungo istante, poi propose loro un nome: Kiara.
         I sovrani si guardarono reciprocamente, incuriositi su quella scelta tanto strana del loro primogenito.

         « Come mai questa scelta tanto particolare ? Noi avevamo pensato di chiamarla Malaika ».

         « Fidatevi, questa qui ha ben poco dell’angelo. Sono sicuro che vi farà penare non poco. » affermò il giovane passando lo sguardo dalla sorella ai suoi genitori, i quali volsero il loro dal principe al compagno, scambiandosi un sorriso ironico. Il principe capì che i suoi non lo avrebbero preso molto sul serio, ma sapeva che alla presentazione della sorella mancava ancora quasi una settimana, quindi aveva tutto il tempo di convincere i suoi su quel nome, ma ora era il momento di riposarsi. Scambiò la buonanotte coi suoi genitori, prima di dare una tenera leccata sulla fronte alla sua sorellina, la quale sorrise emettendo un piccolo miagolio. I genitori sorrisero a quel gesto che sanciva il legame tra i due fratelli, liberandoli da una preoccupazione e cullandoli in maniera più serena verso il mondo dei sogni.
 
[1] Lince Africana. Alle estremità delle orecchie possiede dei ciuffi tipici delle linci, le stesse presenti sulle punte delle orecchie di Malka.
[2] Walinzi, letteralmente “Guardia”, è una classe di leonesse che ho inventato. Sono le migliori leonesse della savana, votate alla protezione della famiglia reale e delle Pridelands. Esse non possono aver famiglia. 

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Capitolo 4
*** Giochi e promesse ***


         L’approssimarsi del giorno in cui la nuova principessa sarebbe stata presentata ufficialmente faceva si che le Pridelands fossero sottoposte ad un gran movimento di personalità, con tutto ciò che esso comportava. I sovrani erano impegnati nell’accoglienza dei loro vecchi amici e dei rappresentanti dei territori vicini o alleati, mentre il branco si occupava continuamente della sicurezza e del sostentamento necessario. Mheetu e Isipho si davano da fare per farsi notare dalle leonesse che accompagnavano i vari ospiti, mentre Afua ne stava approfittando per passare del tempo assieme al padre Malka. In tutto ciò, Kopa stava costruendo il legame con la sorella, prendendosene cura personalmente.
         Quel giorno, i due cuccioli erano all’imboccatura della grotta solita ospitare la famiglia reale, intenti a giocare quando una leggera brezza carezzò loro il pelo, causando l’ilarità della piccola principessa, custodita amorevolmente tra le zampe del fratello che non perdeva istante per sorriderle e mostrare le peggiori delle sue smorfie. D’un tratto, il cucciolo si vide richiamare l’attenzione da una voce assai familiare, nella quale era presente una piccola, e poco velata, nota di preoccupazione.

         « Ehi Vitani. » fu il saluto del principe all’amica, la quale si avvicinò, scrutando attentamente la piccola principessa, la quale ricambiò incuriosita. Vitani notò quello sguardo e si lasciò andare ad uno dei suoi assai rari sorrisi.

         « Dunque, sarebbe lei la causa di il trambusto di questi mesi ? Non immaginavo che una creatura così piccola avesse cotanto fascino. » commentò con sincera ironia e affetto per la piccola che sembrava fissarla priva della diffidenza che le altre erano solite rivolgerle. Il principe osservò con attenzione l’amica, prima di interrogarla sul motivo della sua visita.

         « C’è qualcosa che ti turba ? »

         La domanda ebbe l’effetto di far tornare alla realtà la giovane ciuffata, la quale dopo un istante di recupero porse all’amico il suo dubbio: « Ho un problema con mio fratello » iniziò. « Per qualche ragione continua a piangere e io non so più che fare. Mia madre è a caccia e mio fratello è assieme a tuo zio chissàdove con qualche stupida leonessa… » concluse col suo solito sdegno per quelle che si lasciavano incantare dal primo paio di criniere che passavano in rassegna. Quella risposta fece allungare un angolo della bocca del leoncino. Già da quelle risposte si capiva che sarebbe potuta essere una degna Walinzi.
 
         « Vengo a vedere se posso darti una mano »

         « E con lei come la metti ? » disse Vitani indicando con un cenno del capo la piccola.

         Kopa volse lo sguardo verso la sorellina e la prese delicatamente per la collottola, facendo poi un segno all'amica di fargli strada.

         Il trio discese dalla Rupe per recarsi alla grotta laterale nella quale risiedevano Vitani e la sua famiglia. La stessa grotta che in passato aveva ospitato Scar... Al solo entrare in quell’antro, il figlio di Simba avvertì un brivido agghiacciante scorrergli lungo la spina dorsale, sin dentro alle sue giovani ossa, in parte per l’angustia di quel luogo, in parte per una sensazione atavica che nemmeno lui poteva spiegarsi appieno. Aveva lasciato sua sorella poco fuori l’imboccatura, e ora, nella poca luce che riusciva a filtrare, cercava di cogliere i movimenti del piccolo fratello dell’amica. Colse la sua presenza in un angolo lontano della grotta e si avvicinò a lui. Quando fu abbastanza vicino, cercò di rassicurarlo con la sua voce, facendo sì che il piccolo si voltasse per guardarlo. I suoi grandi occhi verdi erano colmi lacrime e lasciavano trasparire un’immensa paura della solitudine. Ma una volta che incrociarono quelli cangianti del principe, il piccolo si calmò come rassicurato dalla sua sola presenza, dalla presenza di qualcuno che gli fosse vicino .

         « Va tutto bene piccolo. Ora siamo qui noi ». fu quanto il principe disse nell’accarezzare la testa del piccolo leoncino dal manto scuro. « Non è mai uscito di qui ? » domandò rivolgendosi alla sorella del piccolo.

         « Non da quando è nato. Soprattutto da quando nostro padre ha deciso di andarsene… » rispose la giovane, stringendosi un poco in sé stessa. Era ovvio che il litigio tra Zira e Sahibu la turbasse ancora. Ormai tutti sapevano di quella discussione e dell’addio al branco da parte del leone dal manto scuro. Kopa decise allora che il piccolo meritasse finalmente di uscire e cogliere il mondo appieno. Preso delicatamente il piccolo per la collottola lo condusse all’esterno. Non appena fu posato a terra, il piccolo leoncino mostrò immediatametne la sua felicità e la sua curiosità per quel mondo luminoso e colorato, del tutto differente a quello tenebroso cui ormai si era abituato. Anche la sorellina di Kopa apparve interessata, ma non dal mondo, bensì dal piccolo leoncino scuro.
         Vitani e Kopa colsero l’interesse della piccola e con ironia si guardarono, cominciando a scherzare tra loro su quella scenetta, specialmente sulla possibile reazione di Simba alla visione della sua piccola che giocava con quel cucciolo. Nonostante tutto il suo apparente controllo, erano certi che il sovrano sarebbe svenuto.

            « Sai, penso che la piccola sia davvero fortunata. Ha un fratello maggiore come te. »
         A quella affermazione così spontanea, Kopa non poté non mostrarsi sorpreso. È vero, tra loro vi era un legame di amicizia che aveva permesso al giovane di conoscere sfumature del carattere di lei che probabilmente nessuno poteva conoscere e più la conosceva, più si sorprendeva. Infondo, era stato lui il primo a rivolgerle la parola e a coinvolgerla nei giochi, al contrario di tutti gli altri che l’avevano sempre schivata a causa delle voci riguardanti la madre…

         « Lo pensi davvero ? »

            « Non dovrei ? Hai un tatto coi più piccoli che pochi hanno e un cuore grande e gentile. Penso che questo ti renderà un grande re, in futuro. »

         Quelle sincere parole lo colpirono nuovamente, portandolo ad abbassare lo sguardo. Percepì nuovamente quel peso, quel dannato senso di opprimente responsabilità che gli gravava addosso. Grande re ? Lui ? I dubbi tornarono a ronzare fluttuanti nella sua mente. Ogni tanto, rifletteva sul fatto che quell’”onore”, quel privilegio, in realtà non fosse altro che un’imposizione, un dovere al quale doveva ottemperare per volere della sua famiglia, per dare continuità con la dinastia di Mohatu.
         Vitani percepì immediatamente il disagio dell’amico e subito tentò d’indagare.

         « Ehi ? Kopa che ti prende ? »

            « Nulla... È solo che credo… Penso che Afua possa essere un re molto migliore di quanto io non possa essere. È coraggioso, sicuro, intraprendente, carismatico e... »

            « Adesso smettila immediatamente ! » lo interruppe perentoria la leonessa.
         « Ascoltami attentamente, principino… Afua potrà apparire a te e a qualche stupida cucciola appena svezzata quello che tu hai appena descritto. Ma la verità è che lui è uno sbruffone che cela le sue paure dietro la spavalderia e l’arroganza. Agisce d’impulso, senza ragionare e non pensa quasi mai alle conseguenze di ciò che fa e ancor meno pensa agl’altri, forse solo a te. Ma non sarà mai il re delle Pridelands, tu lo sarai. E io sarò una degna Walinzi. E ora, vedi di rammentarlo, principino. »

         Il giovane leone non si era nemmeno reso conto di essere finito con le spalle contro una roccia. Lo sguardo della sua interlocutrice sembrava doverlo incenerire da un istante all’altro e quell’ammonizione lo scosse nel profondo. Probabilmente la leonessa aveva ragione e lui, nonostante fosse ancora tanto giovane, doveva accettare il suo destino e prendere coscienza di sé e di quanto valesse davvero. Quando riuscì a riprendere in mano il proprio corpo, il principe scosse lentamente il capo in segno di assenso e comprensione di quanto enunciato da quella leoncina dall’animo di guerriera, la quale sorrise soddisfatta, voltandosi poi ad osservare i due cuccioli che continuavano a giocare nell’erba poco distante. Kopa l’osservò ancora per un istante, riflettendo tra sé e sé sul fatto che quella giovane non si sarebbe mai lasciata sconfiggere o non si sarebbe mai arresa a nessuno, tanto era forte. Le si affiancò, contemplando quei due mici spelacchiati che erano finalmente crollati esausti dopo i loro giochi. Sia lui che la sua compagna si lasciarono sfuggire un amorevole sorriso, prima di prendere i rispettivi fratelli e avviarsi alle proprie dimore.
Alla fine della giornata, Kopa si lasciò andare ad un profondo sonno ristoratore, accompagnandolo con un gran sorriso, mentre la sua piccola sorellina decise che quella sera i suoi genitori non avrebbero avuto modo di poter chiudere i loro stanchi e affaticati occhi.

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Capitolo 5
*** Il fiore del passato ***


         Mancavano ormai una manciata di giorno alla presentazione ufficiale della piccola principessa. Il viavai di personalità nelle Pridelands e alla Rupe si era intensificato moltissimo. Anche la snella figura di Rafiki cominciava a notarsi più spesso del solito. Tuttavia, nonostante la moltitudine di leoni e altri animali presenti a Priderock, in quei giorni avevano significato per il principino solo solitudine. Afua infatti passava sempre più tempo col padre, Malka. I due, anzi, i tre, considerando Asali, avevano un rapporto da ricostruire. Subito dopo esser diventato principe di un territorio situato a poche miglia dal confine sud delle Pridelands, Malka aveva avuto un’altra figlia, Maziwa, da una leonessa del suo nuovo branco. Una scelta dettata dalla necessità di rinforzare il suo legame con i suoi nuovi subordinati. Asali non lo aveva perdonato, neppure dopo tutte le spiegazione che le aveva dato riguardo all’obbligo impostogli dai suoi genitori. La nascita della figlia del suo grande amico Simba gli aveva fornito una scusa ufficiale per poter stare all’ombra di Priderock e cercare, in qualche modo, di sistemare le cose.
         Meethu e Isipho invece si erano ancora intenti nelle loro imprese adolescenziali, mentre Vitani… con le non si parlavano molto, ultimamente. Anzi, avevano smesso del tutto di farlo pochi giorni dopo quel discorso. Ma nessuno o quasi ci aveva fatto caso e ancor meno erano quelli interessati a indagare, date l’avvicinarsi del grande evento. E dire che se qualcuno avesse un mino aguzzato i sensi, avrebbe notato che Kopa non stava del tutto bene. È vero, alcuni piccoli problemi di salute lo avevano sempre accompagnato da quando era nato, ma questa volta loro non centravano.
         Quella notte, il tamburellante squassare dell’acqua che colpiva incessantemente le pareti della Rupe aveva fatto da contraltare alla quiete interna ad essa, dove l’intero branco si era appisolato, ad eccezione del principino. Continuavano a suonarli nella memoria quelle parole taglienti che si era sentito recapitare pochi giorni prima: “Ti odio ! Sei un leone morto !”. Si svegliò di soprassalto con quella frase nella testa, illuminato dalla luce di una saetta caduta non lontano e istintivamente si carezzò il muso, poco sotto lo zigomo sinistro. Le due piccole linee parallele si erano orma trasformati in cicatrici e sperava che nessuno le avesse notate. Si guardò spaesato attorno, constatando che l’intero branco era intento a dormire. Si alzò, dando una gentile leccata sul capo della sorellina e si avviò verso l’ingresso ad osservare la potenza del temporale. Rimase là, in ascolto per diverso tempo, sino a che il cielo non si fu placato. A quel punto, il giovane leone decise di salire e attendere il levarsi dall’apice della Rupe. Non aveva senso tornare a dormire. Quando fu prossimo alla cima, la sua attenzione fu catturata da un’ombra che si allontanava furtiva dalla grotta. Ebbe un istante d’esitazione, poi la curiosità prese il sopravvento sulla prudenza e il cucciolo decise di andare all’inseguimento della figura, non rendendosi conto di quanto lontano lo stesse conducendo. Neppure quando ne perse le tracce se ne rese conto. La consapevolezza giunse solo nel momento in cui inciampò per una discesa che li lasciò sul corpo qualche ammaccatura.

         « Auch…così imparo a non fare attenzione a dove metto le zampe. » sbuffò tra sé e sé « chissà dove sono finito adesso… ».
           
Il cucciolo si osservò attentamente attorno: niente vegetazione, un terreno battuto e polveroso, chiuso ai lati da delle pareti rocciose che parevano abbastanza sdrucciolevoli… Non aveva più dubbi: si trovava nella gola, quella che suo padre evitava ad ogni uscita.

         « E adesso come faccio a risalire ? Se i miei si svegliano e non mi trovano, rischio davvero di passare dei brutti gua… ».

            « Kopa ? Che ci fai qui ? »


         Il cucciolo si voltò colto alla sprovvista. Mai si sarebbe aspettato di incontrare qualcuno, per di più un suo parente in un luogo così inusuale. Non c’era da stupirsi nella sorpresa tinta sul suo volto.

         « Nonna Sarabi ?! »

         La vecchia leonessa era sorpresa tanto quanto il suo giovane nipote. Non era ne il luogo ne il tempo adatto per un cucciolo lasciato solo. Sarebbe stato meglio riaccompagnarlo, tuttavia, il cuore di nonna prese ebbe la meglio e la vecchia leonessa decise di godere della compagnia del giovane nipote.

         « Ti va di accompagnarmi in un posto speciale ? » le domandò teneramente lei, ricevendo un gesto di assenso col muso dal suo interlocutore.
         I due si incamminarono nella gola. Il sole non era ancora sorto, ma il suo calore stava facendo levare una lieve foschia, donando a quel posto un clima surreale, quasi sacro. Ad un tratto apparve davanti a loro la sagoma di un tronco, spezzato da chissà quanto tempo ormai, eroso sul lato esposto al vento, ingrigito dalla polvere. Kopa osservò attentamente e colse qualcosa, qualcosa che sembrava fuori posto, ma che per qualche ragione, percepiva come non sarebbe potuto essere presente in nessun altro: quel tronco fungeva da protezione ad un piccolo fiore i cui petali risultavano ricoperti da piccole perle di rugiada. Sarabi vi si avvicinò e con la delicatezza di chi maneggia il cristallo più puro e fragile al mondo, pulì dalla polvere e dall’acqua, seguita dal curioso sguardo del nipote.

         « Vuoi sapere perché questo fiore meriti tutte queste attenzioni ? » domandò lei amorevole. Il brunetto fu colto in contro tempo, poi annuì semplicemente col capo.

         « Vedi Kopa. In questo luogo, una volta, un caro leone diede la sua vita per proteggere quanto di più importante gli fosse stato donato. Diede la sua vita per permettere ad un’altra di continuare il proprio percorso. E d’allora, ogni anno, questo piccolo fiore sboccia nel punto in cui giaceva il suo corpo, incurante delle difficoltà e delle carenze. Per questo me ne prendo cura, perché questo fiore è quanto mi resta di tuo nonno… È quanto mi resta del mio Mufasa… »

           
Gli occhi e le parole della vecchia sovrana celavano una tristezza che andava oltre la semplice mancanza. In quei gesti, in quelle cure, in quelle parole… Era come se stesse cercando di chiedere scusa, di farsi perdonare. Kopa non aveva mai visto la nonna in quello stato. Percepiva pienamente il suo dolore, lo sentiva quasi suo. Del nonno sapeva poco, giusto quello che gli era stato raccontato dalla madre e da Rafiki, perché suo padre non aveva mai voluto toccare l’argomento, ma immaginava quanto importante fosse stato per coloro che amava. Il piccolo felino seguì l’istinto, stringendo in un abbraccio la nonna, la quale ricambiò cercando di trattenersi dalle lacrime, in un istante in cui il mondo sembrò cessare di esserci. Ma la perfezione del momento, non era che un’effimera illusione…

         « Oh, ma che tenerezza, che patos. Ancora un po’ e mi metto a piangere… »

            « Zira ! »
ringhiò Sarabi, ponendosi tra il nipote e la leonessa dagl’occhi di brace « che cosa ci fai qui ? »

            « Oh, andiamo Sarabi. Ti pare questo il modo di rivolgerti ad una vecchia amica ? »
disse la cacciatrice, iniziando a camminare attorno ai due, come un avvoltoio che cala verso una carogna.

            « Noi non siamo amiche, Zira. Io non sono amica di una traditrice… »

            « Parole pesanti. Specialmente dette da te, mia cara. Avanti, lo sai che siamo molto più simili di quanto tu non voglia ammettere… »

           
A quelle parole, Sarabi tentennò, mordendosi il labbro. Aveva sempre rimproverato suo figlio per aver permesso a Zira di rimanere nelle Pridelands e ora…
         “Sarabi riprenditi, non è il momento di pensare al passato, hai qualcuno da proteggere adesso !” urlò dal profondo il suo istinto, facendola tornare al presente. Suo nipote era lì con lei, in una gola e con una leonessa che pareva avere le peggiori intenzioni. Nascose il cucciolo col suo corpo e si mise in posizione, pronta a reagire.

         Farai meglio a dirmi cosa vuoi Zira. Non ho voglia di giocare.

            « Peccato… Stavo cominciando a divertirmi. Sei così divertente quando stai sulle spine… Comunque, se proprio vuoi saperlo… Così come voi mi avete privata del mio re, io vi priverò del vostro futuro… »
affermò sibillina, scattando in avanti.

         Sarabi spinse via Kopa, intimandogli di scappare. Il cucciolo si mise a correre sino a farsi bruciare i polmoni per il fiatone e la paura. Non capiva, perché Zira ce l’aveva tanto con lui ? Non le aveva fatto alcun torto ! Ora però non era il tempo di indagare, doveva mettersi in salvo, ma con la paura a guidarlo, il giovane principe finì per andare dalla parte opposta alla Rupe, sullo strapiombo che dava sui rovi che segnavano il confine col deserto. Fece per voltarsi indietro, ma ciò che vide, gli fece gelare il sangue nelle vene: Zira era lì, davanti a lui, ferita lievemente e col muso e le zampe intrise nel sangue dell’avversaria.

         E ora veniamo a noi, piccolo principe… Nessuno ci potrà interrompere…

         Perché…? domadò con un sospiro di voce quasi impercettibile. Ma quella domanda, ebbe solo l’effetto di accendere ulteriormente la rabbia della leonessa.

         “Perché ?”, mi domandi. “Perché?”… una zampata rapida e ad artigli aperti colpì il cucciolo con tanta violenza da farlo andare contro il muro di roccia alla sua destra, spezzandogli il fiato. Il bruciore delle ferite sopraggiunse dopo pochi attimi, mentre il terrore si impossessava di ogni singolo frammento d’essere del piccolo, mentre la voce della sua assalitrice lo portò a sbiancare e sospendere la respirazione.

         « Perché non permetterò mai che un bastardo figlio di un re illegittimo, un sangue marcio come il tuo, si mescoli col mio. Perché non ti permetterò mai di rovinare la vita a mia figlia ! » urlò sferrandogli un’altra zampata che gli schiacciò la cassa toracica, facendolo sbuffare aria e sangue.
         « Ti ho visto l’altro giorno. Ho visto il tuo “incidente” con Vitani e se hai pensato anche solo per un attimo che l’avresti passata liscia, credimi, ti sei sbagliato di grosso ! »

         Il cucciolo divenne il bersaglio da gioco della leonessa. Non lo stava semplicemente uccidendo. Lei stava infierendo ! Prima con gli artigli, poi con le fauci. Ogni tentativo di respirare era solo fonte di ulteriore dolore e quando si trovò sollevato da terra, coi denti della sua carnefice che affondavano nel suo corpo, quando ad ogni dilatazione del torace le ferite si allargavano, il piccolo cominciò a pregare che il tutto potesse terminare il più presto possibile.
         D’un tratto però, avvertì la morsa lasciarlo. Aprì un’occhio e vide sua nonna. Nonostante le ferite, era riuscita a raggiungerli e intervenire. La stazza poteva aiutarla, assieme all’esperienza, in uno scontro normale, ma contro Zira, contro la sua furia cieca e vendicativa, anche lei dovette arrendersi, accasciandosi al suolo.

         « Lo ammetto, sei riuscita a sorprendermi, vecchia mia… Ma forse è meglio così… Il piccolo lascerà questo mondo con la visione della tua morte negl’occhi. » fece l’aggreditrice, levando la zampa in altro per sferrare il colpo finale all’anziana leonessa. Ma prima che ciò potesse accadere, un dolore lancinante al lobo dell’orecchio la fece scuotere con violenza.

         « Lascia in pace mia nonna ! » urlava coi denti serrati nella carne dell’avversaria il piccolo Kopa. Un impeto di coraggio e di rabbia lo aveva spinto a reagire, a non arrendersi. Zira si agitava come una zebra quando è ghermita da un leone, scuotendo la testa con tutte le forze per levarsi di dosso quel piccolo coraggioso.

         « Mollami ! Molla il mio orecchio lurida feccia ! » con quell’urlo di rabbia, la leonessa sferrò un’ultima artigliata, centrando in pieno il petto del piccolo leoncino.
         Fu un attimo. Il sapore del sangue e della carne della leonessa erano ancora vivi nella sua bocca quando si ritrovò nel vuoto, privo di forze, impossibilitato a trattenere le lacrime, ormai rassegnato al suo fato. La caduta fu accompagnata da un urlo agghiacciante che lo chiamava, l’urlo di voci a lui famigliari. Passò il groviglio di rovi, spezzando diversi rami, impattando al suolo, meno violentemente di una caduta libera, ma comunque molto forte. Pian piano, immagini e suoni divennero via via più confusi, sin quando nessuno dei suoi sensi fu più in grado di tenerlo in contatto col mondo. Il silenzio e il buio erano calati su di lui.

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Capitolo 6
*** Colpevole ***


         Un brivido, gelido come una lama di purissimo cristallo ghiacciato, la strappò dal sonno attraversandole il corpo e l’ansia dell’incubo che l’aveva turbata si era destata con lei. Aveva il fiatone, come se corso fino ad ardersi i polmoni e i muscoli. Era tale il suo essere sconvolta che svegliò pure il leone che le dormiva accanto.

         « Nala… Che succede ? » le domandò preoccupato.

         « Dov’è Kopa ? »

            « Cosa ?! »

            « Qui non c’è Simba. Kopa non è qui ! »
l’agitazione di Nala stava salendo ad ogni istante che il suo sguardo vagava per la grotta senza incontrare la figura del figlio.

         « Nala calmati… Probabilmente è uscito a giocare fuori. Non c’è nulla di che avere paura. » tentò di rassicurarla il re ma, invano. Era come se la leonessa non volesse sentire. Alla fine, decise di darle retta.

         Affidarono la principessa alle cure delle balie e svegliarono le altre leonesse per cercare il cucciolo. Si sarebbero divisi in gruppi di tre elementi, in modo da poter coprire meglio il territorio. Simba sarebbe andato con Malka e Tojo, mentre Nala sarebbe stata accompagnata da Tama e Asali.

         « Non preoccuparti. Lo troveremo. » fu la promessa del sovrano alla sua regina e di un padre ad un figlio. Una promessa, destinata ad un triste fato.

         Il sole era sorto da pochi minuti e Kopa non doveva essersi allontanato da molto, massimo un’ora. I compagni di Simba lo prendevano un po’ in giro per la sua apprensione. Continuavano a dirgli che fosse normale che un cucciolo sparisse per i fatti suoi ogni tanto è che con molta probabilità fosse già tornato a casa a ridere di tutto quel trambusto. Anche il re lo sperava, ma il fatto che all’appello fossero mancate Sarabi e Zira lo aveva disturbato ulteriormente. D’un tratto, l’ironia fu spazzata via, nel momento esatto che Zazu apparve sopra di loro, urlando quelle parole: Kopa è nella gola. Zira lo vuole uccidere come sta facendo con Sarabi.
         Fu come una pugnalata. Le sue paure si erano materializzate nella peggiore delle sue ipotesi Il ruggito che uscì dal petto del sovrano fu un segnale inequivocabile per tutta la savana. Tutti i gruppi si sarebbero diretti immediatamente verso la gola. Simba e i suoi furono i primi ad arrivare, ma sul luogo dello scontro non c’era nessuno, solo segni di lotta ovunque e terra smossa vicino ad un tronco spezzato, sotto la quale si trovava un fiore distrutto. I combattenti si dovevano essere spostati, come testimoniavano le orme e una scia di sangue. I tre si misero a correre con tutte le loro forze, mentre il re pregava con tutto sé stesso che non fosse troppo tardi, o non avrebbe avuto più il coraggio di guardare in faccia la sua compagna. D’un tratto furono sullo strapiombo. Videro Zira che si agitava come una posseduta per scrollarsi di dosso qualcosa. Era Kopa, ne erano certi. Era vivo, era ancora vivo ! Aumentarono ulteriormente l’andatura, ma quando erano ormai prossimi alla leonessa, il tempo si arrestò di colpo quando videro il corpo del piccolo staccarsi dalla leonessa e dirigersi verso il fondo di quella discesa irsuta. L’urlo di dolore di un padre che assisteva alla scomparsa del figlio fu agghiacciante. Malka e Tojo bloccarono Zira al muro, mentre Simba sporse lo sguardo oltre la caduta, cercando invano il corpo del figlio. Aveva fallito. Il mondo parve crollargli addosso nello stesso modo in cui era avvenuto anni addietro, quando aveva visto morire suo padre. Aveva giurato che una cosa del genere capitasse ancora e invece, ora aveva perso suo figlio…
         Pochi istanti dopo giunsero anche Nala e le altre. Lo sguardo pieno di lacrime del compagno le fecero mancare il fiato. Un dolore che non aveva mai provato prima si stava impossessando di lei, dolore che mutò repentinamente in ira quando colse lo sguardo beffardo dell’assassina del suo cucciolo, del suo Kopa. Tama e le altre faticarono ad impedirle di avventarsi come una furia cieca su Zira. Simba assistette alla scena, poi si avvicinò alla madre, riversa a terra ancora viva, anche se la stessa avrebbe preferito non esserlo. Il leone si maledisse per non averla ascoltata tempo addietro, quando gli aveva detto che Zira era una minaccia senza il controllo di Scar, mentre lui si era limitato a toglierle l’onore di essere una Walinzi, costringendola a diventare compagna di un altro leone e ora invece, lei lo guardava soddisfatta dopo averlo privato del dono più bello che li avesse donato la vita. In quel momento, nella sua testa erano presenti solo pensieri di rabbia, rimorso, vendetta…
         La legge era chiara riguardo all’uccisione di un membro del branco: morte. Ma quel sorriso beffardo…

         « Avanti Simba… Fallo.. Fallo ! Uccidimi, lo so che lo vuoi ! Dimostrami che non sei un debole e fallo ! »

         Lo avrebbe fatto. Ogni fibra di sé lo voleva. Ma capì che per quella leonessa, la morte non era una punizione, ma una liberazione. Era il suo modo per ricongiungersi a Scar, lasciando sul cuore di Simba il peso di rendere orfani dei cuccioli. Già… I suoi figli… fece cenno ai due leoni che la bloccavano di lasciarla, sotto lo sguardo sconcertato dei presenti, mentre la colpevole scoppiò a ridere.

         « Lo sapevo ! Sei solo un debole, come tuo padre. E tu saresti un re ? »

            « Hai ragione Zira… Sono un debole. Io non ti ucciderò. Ma da questo momento in avanti, tu e la tua famiglia non siete più membri delle Pridelands. Da questo momento in avanti, voi sarete banditi da queste terre e da quelle dei leoni qui presenti per sempre. E se doveste tentare di metter zampa ove vi è precluso, verrete puniti con la morte. Questo è quanto vi spetta, vivere come dei nessuno. »


         Il re aveva sorpreso nuovamente tutti i presenti, compresa Zira che si era ammutolita tutta di un tratto. Sarebbe dovuta vivere non solo senza il suo re, ma marchiata a vita nelle terre di nessuno coi suoi cuccioli, coloro alla quale aveva promesso che mai avrebbero vissuto quell’esperienza che l’aveva forgiata nella sua giovane vita, prima che un principe l’accogliesse nelle sue terre, offrendole un futuro diverso, un futuro che ora era svanito anche per coloro che non avevano colpe su quanto accaduto in quella gola. Il re non volle sentire ragioni, da nessuno. Quando al confine con le Outlands le furono consegnati i suoi figli, prelevati ancora addormentati, l’odio che provava per la stirpe di Mufasa aumentò come mai, giurando a sé stessa che tutti loro avrebbero pagato sino all’ultima goccia di sangue per quello. Prese Kovu per la collottola e seguita da Vitani e Isipho, si allontnò senza voltarsi. Dentro di sé, sapeva già che tra qualche anno avrebbe ripercorso quello stesso sentiero, scatenando una guerra che nelle Pridelands nessuno aveva mai visto…

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Capitolo 7
*** Dolore e Odio ***


         Il rientro alla Rupe fu colto con immensa tristezza. Il gran movimento a cui si era assistito sin dal primo mattino non aveva fatto presagire nulla di buono e ora quel presagio si era mutato nella peggiore delle realtà, colpendo come più dolorosamente non si potesse. La notizia si sparse come polline al vento attraverso le Prideland sino alle terre vicine. Il dolore dei sovrani era qualcosa di indicibile a cui neppure la vicinanza dei loro amici pareva esser sufficiente a lenirlo almeno in parte. Pochi giorni dopo la tragedia, a quel dolore se ne aggiunse altro: la madre di Simba, Sarabi, fu trovata morta nella gola, accanto a due piccoli fiori che si intrecciavano sotto ad un tronco morto. Per il sovrano quella gola divenne un luogo maledetto, irto di ricordi troppo dolorosi, mentre la sua compagna crollò su sé stessa, smettendo di mangiare e di dormire, struggendosi ogni notte per il figlio perduto. E nonostante l’affetto e la vicinanza di coloro che le volevano bene, nessuno poteva capirla davvero. Quel cucciolo lo aveva portato in grembo, lo aveva protetto e gli era stata accanto quando le avevano detto che probabilmente non sarebbe arrivato allo svezzamento, infondendogli forza e coraggio, sino a vederlo crescere come tutti gli altri cuccioli. E ora doveva piangerlo…
         Malka si vide costretto a lasciare le Pridelands, pieno di sensi di colpa verso i suoi amici, ma lo shock che suo figlio Afua aveva subito per la perdita del suo migliore amico era troppo forte per restare ancora in quelle terre. Anche Asali decise di partire con loro. Sembrava come se oltre al giovane principe, quella gola si fosse portata via anche tutta la vita di quelle terre.


         La sistemazione non era delle migliori, ma quel termitaio era quanto di più simile ad una casa che poteva offrire ai suoi tre cuccioli. Dentro di se, il rancore verso la stirpe di Simba si univa a quello verso se stessa per aver trascinato anche i suoi cuccioli in quell’inferno dalla quale proveniva lei e che mai aveva dimenticato. Si voltò ad osservare i tre che dormivano nel loro giaciglio, lasciandosi sfuggire uno dei suoi rari sorrisi. Si era illusa per anni di poter cambiare vita, di poter essere una delle Pridelands, di poter permettere alla sua discendenza un’infanzia migliore della sua. Che stolta sognatrice. Era vero quanto le aveva sempre detto il padre, ossia che solo con la forza si ottiene ciò che si vuole e solo in questa maniera ci si fa rispettare come capo. Una lezione messa in pratica il giorno del suo arrivo presso l’attuale branco di reietti di cui si era proclamata leader dopo aver abbattuto almeno tre avversarie. Troppo forte, motivata e preparata per chi sapeva cavarsela a malapena in zuffa. In compenso, le notizie che filtravano riguardo al dolore di Simba e dei suoi non potevano che darle un minimo di piacere, mentre la sua mente cominciava a macchinare sul come riprendersi quelle terre. Distolse lo sguardo dai suoi piccoli, rivolgendolo all’esterno; domani, sarebbe cominciato l’addestramento che avrebbe posto fine alla loro infanzia. Era giunto il momento di preparali alla durezza del mondo…

         Era passata una settimana dalla venuta a mancare del principe e anche le ultime leonesse inviate a setacciare il confine nel disperato tentativo di trovare almeno il corpo del cucciolo erano tornate infruttuose. Quella sera nella grotta non vi era nessuno. Nessuno, se non i sovrani e la loro piccola. Nala era quasi irriconoscibile, pallida e scarna, intenta ad osservare la piccola che dormiva. Se non fosse stato per sua madre e suo fratello, la regina avrebbe perso anche lei e nel guardarla sonnecchiare così ignara, sentiva su di se la colpa per essersi lasciata andare al punto di non nutrirla più. Simba le si strinse accanto, strofinando il muso al suo per rincuorarla.

         « Nala… Non devi pensarci troppo. È stata dura per tutti, posso solo immaginarlo per te… »

            « No Simba. Non ho scuse… Ho perso già Kopa e se non fosse stato per Sarafina e Mheetu, avrei perso anche lei. Kiara. »


         Simba non poté lasciarsi scappare un sorriso a sentire quel nome.

         « Hai deciso di darle quel nome alla fine ? »

            « Lui avrebbe voluto così. Penso sia giusto che la piccola porti il nome che suo fratello scelse per lei. »


         Il sovrano annuì a quella risposta. Guardando sua figlia, Simba non poté fare a meno di constatare che nonostante tutto fosse più robusta e grande del fratello quando aveva la stessa età. Scoppiò a ridere, prima di dare una leccata sullo zigomo alla sua regina che finalmente era tornata a sorridere. Per un istante, tutte le nubi che si erano affollate su di loro sembravano essere andate oltre, portandoli a rivolgere il loro sguardo al cielo, unendosi a quello di chi, come loro, sperava di cogliervi anche la minima traccia della presenza di quel cucciolo. In quel preciso istante, da punti e luoghi diversi, tutti coloro che lo avevano conosciuto stavano rivolgendo lo sguardo nella stessa direzione, compreso un paio di piccoli occhi color zaffiro ricolmi di lacrime,  in quel piccolo angolo di cielo dove i grandi re risiedevano per proteggere e guidare i vivi, tutti incuranti di come il seme dell’odio stesse per sconvolgere le loro esistenze.

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Capitolo 8
*** Ombre nella pioggia ***


         La pioggia… Nella sua vita aveva avvertito il suo tamburellante tocco sul proprio manto, ma mai come allora ne aveva percepito il suo immenso potere calmante. O forse sì, in un passato che le pareva ormai lontano, quando anche lei era una delle tante piccole leonesse che scorrazzavano all’ombra della Rupe dalla quale di dominavano quelle verdi pianure. Era tornata a casa e ora i suoi occhi zaffiri potevano nuovamente rivolgere lo sguardo su quelle terre che l’avevano vista nascere e dalle quali per anni era stata costretta a star lontana. L’esilio, l’addestramento, le congiure, le trappole, la morte del fratello, la follia autodistruttiva della madre… Un anno. Un anno era passato da quella “guerra santa” che doveva epurare le Pridelands dalla stirpe di Simba e che invece aveva portato ad una riconciliazione suggellata dal matrimonio tra suo fratello Kovu e la principessa Kiara. Un anno da quando, con un atto di estrema disobbedienza, si era riappropriata di quella libertà e di quella vita che sempre aveva sognato e per troppo tempo le era stata preclusa da colei che l’aveva generata e manipolata sino a tramutarla in una macchina da combattimento capace di tenere testa alle migliori Walinzi. Già, le Walinzi, le guerriere più forti della savana, il suo sogno di quando era cucciola e che sarebbe rimasto tale: un sogno. La legge era chiara: nessuna leonessa figlia di un marchiato come traditore poteva accedere al corpo. Un ironico sorriso le si disegnò sul muso, incorniciato da un lento scuotere di capo a cacciare via tutti quei pensieri, facendoseli scivolare via assieme a quelle gocce che le scivolavano addosso come perle. Rientrò per un istante nella grotta, osservando con attenzione tutte le sagome addormentate degl’abitanti della Rupe e una strana sensazione, un ricordo nascosto nel posto più nascosto della sua mente che tentava in tutti i modi di riemergere dal sonno, come le era accaduto altre volte da quando era tornata ma quella notte quella sensazione era più pressante, tamburellante quasi più del suono dell’acqua sulle pareti di roccia che la circondavano, sino a quando la luce di un lampo le fece apparire davanti agl’occhi l’immagine di due cuccioli, non più grandi di due micetti spelacchiati che giocavano nell’erba. Erano certamente suo fratello e la sua sposa la prima volta che avevano giocato assieme. Man mano che il ricordo si faceva più nitido la leonessa non poté nascondere il sorriso per quei due che ne avevano fatte passare tante a lei e gli altri e che il tempo non era mai riuscito a separare. Poi un altro flash, questa volta una voce… Sentì un groppo alla gola e le si spalancarono gli occhi. Un’immagine, un ombra cercava di farsi largo.

         « Kopa… » da quanto non ricordava quel nome ? Forse non era nemmeno l’unica. Anzi, sapeva benissimo di non essere l’unica ad aver relegato quel leoncino a poco più di un’ombra dei propri ricordi. Troppo doloroso per i sovrani parlarne, al punto da non aver mai rivelato a Kiara l’origine del suo nome.

          Si voltò di scatto, come destata da un sogno, come se quell’ombra le fosse passata accanto in quel momento e fosse corsa fuori, nelle pianure. La pioggia era cessata, forse da più di quanto potesse immaginare e i primi rossori del sole nascente cominciavano a mostrarsi timidi all’orizzonte, il segnale che a breve tutti si sarebbero destati e ognuno sarebbe tornato alla propria attività. Scosse il capo allontanando via quei pensieri. Non era il momento per inseguire vecchie ombre passate. Si avviò alla sua postazione, ignara di come le ombre del passato della Rupe si stessero muovendo sulla tela del destino suo e di tutti i presenti…

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Capitolo 9
*** Da cacciatori a prede... ***


         La pioggia della sera precedente aveva lasciato in ricordo sulla savana un velo di umidità quasi respirabile e le gocce rimaste sull’erba rilucevano come perle incastonate su fili verdi. Kiara fu la prima a svegliarsi e con la solita contagiosa allegria si recò a rimirare lo spettacolo della savana che si destava, tenuta sotto stretta osservazione dallo sguardo vigile di Vitani, impassibile nonostante le ore mancate di sonno. Presto l’intero gruppo delle cacciatrici si radunò a raccolta, pronte per una battuta di caccia. Salutati i suoi famigliari e il suo compagno, la principessa si incamminò con le altre verso il fiume che delimitava il confine ovest delle sue terre. In mezzo alla compagnia però, Vitani sentiva il suo istinto pungerla; che fosse ancora il pensiero della sera prima ? No. Era altro, una strana sensazione che le gravava addosso, una sensazione come di pericolo…

         Il sole giunse vicino al suo massimo apice nel cielo quando le cacciatrici giunsero in prossimità della radura ove un branco di gnu pascolava placidamente, ignaro della presenza delle predatrici. Una volta illustrata la strategia da intraprendere, le leonesse si posero nelle loro posizioni, celandosi nell’erba alta, pronte ad iniziare la battuta di caccia ma poco prima che la strategia potesse iniziare, la mandria cominciò a muoversi, come colta da un’improvvisa fobia collettiva. Quell’improvvisa fuga finì per mutarsi in una carica disorganizzata e inarrestabile di corna e zoccoli che travolgeva tutto ciò che si parava lungo il proprio cammino. Ciò costrinse le cacciatrici a disperdersi e ripiegare per scongiurare un possibile massacro. Quando la polvere di quella fuga si fu posata, le leonesse si radunarono ad un punto prestabilito per riorganizzarsi.

            « Stiamo tutte bene ? Ci sono delle ferite ? »

            « No nessuna. »

            « Vorrei sapere cosa è successo. Cosa può averli fatti scappare così ? »

            « Io ho forse una risposta… » affermò Isela indicando alcune orme sul terreno, orme che non facevano presagire nulla di positivo. Il gruppo stava per organizzare l’immediato rientro alla Rupe, quando una Vitani pallida in volto pose un quesito che mise tutte sull’attenti:
         « Dove si trova la principessa Kiara ? »
 
 
         L’improvvisa fuga della mandria l’aveva costretta ad una precipitosa ritirata conclusasi su di uno dei versanti rocciosi del fiume. Quando gli gnu furono passati oltre, un’ansimante principessa constatò di essere di non essere la sola finita isolata. Assieme a lei si trovavano infatti anche Kike e Kahawia. Mentre riprendevano fiato, le tre si misero ad interrogarsi su quanto appena accaduto.

         « Cosa può averli fatti agitare così ? Non penso qualcuno di noi si sia fatto notare così facilmente »

            « Non lo so. Ma la cosa non mi piace. »

            « A chi lo dici... Sembrava quasi che… » la leonessa si ammutolì di colpo assieme alle altre appena udì quei versi, come degli sghignazzi così familiari eppure così rabbrividenti, anticipare quei denti messi in mostra da quello sbeffeggiante ghigno che solo loro potevano avere: le iene.
         Era dai tempi di Scar che non si vedevano gruppi così numerosi nelle Pridelands. Dopo la sua dipartita, esse si erano disperse in micro clan che girovagavano oltre i confini, commettendo occasionarie scorribande all’interno di essi, ma ora sembravano essersi riorganizzate .
         Dall’alto della parete di roccia che le bloccava, una sagoma in controluce fece un cenno col capo, dando il via all’attacco definitivo. Le tre leonesse si trovarono a fronteggiare una lotta impari contro una ventina circa di quelle belve, lotta che divenne ancora più sbilanciata nell’istante in cui Kike fu isolata e sopraffatta, lasciando Kiara e Kahawia da sole . Ma proprio quando la situazione sembrava volgere al peggio, un ruggito ruppe l’aria e un giovane leone fu nella mischia e prima che le iene potessero accennare un minimo di reazione aveva già messo quattro di loro a baciare il suolo. La foga e la freschezza del nuovo arrivato unite alla resistenza delle loro due vittime costrinse le iene restanti a battere in una disonorevole ritirata, nel mentre della quale la sagoma e il giovane leone si osservarono con aria di sfida per un istante che sembrò rallentare il tempo di quello scontro, prima che la figura scomparisse dietro l’altura, lasciando soli i leoni vittoriosi. Quando il movimento fu terminato, Kahawia si avvicinò esausta ma con gli occhi colmi di lacrime verso la sagoma dell’amica caduta, mentre Kiara osservò con estrema attenzione il suo salvatore mentre questi si avvicinava all’acqua per pulirsi dal sangue. Era un giovane maschio, poco più grande di lei, dal manto bruno sfumato sull’arancio scuro che celava vecchie cicatrici e una criniera castano scuro tendente al mogano. Doveva provenire dalle dai deserti oltre i confini delle Pridelans da appariva magro, ma nonostante ciò possente con una struttura muscolare tonica e scattante, da guerriero.

            « Volevo ringraziarti… Se non fosse stato per il tuo intervento, probabilmente ora noi… »

            « Non devi ringraziarmi. Ho fatto solo quello che era giusto fare. » la fermò il giovane, inchiodandola con lo sguardo al punto dove le si era avvicinata per ringraziarlo. Nonostante quella selvaggia criniera celasse il reale colore degl’occhi, la forza del suo sguardo era percepibile anche a quella distanza ma Kiara, nonostante una certa inquietudine, non si sentiva affatto impaurita, anzi. Era come se quella figura la facesse sentire protetta, come se stesse di fronte a qualcuno di familiare… Prima che potesse chiederglielo lei stessa la voce di un altro leone le rivelò il nome del suo salvatore: Wigo.

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Capitolo 10
*** Cuore e Ombre ***


         Il Sole era già al suo apice, eppure era come se la sua luce non fosse in grado di filtrare in quella stretta e tetra gola celata nelle Outlands ma nella sua ombra si potevano scorgere dei riflessi giallognoli, in costante movimento, che osservavano il tutto da sopra i loro ridenti ghigni.
         Una figura se ne stava sdraiata a terra, in preda ai suoi pensieri quando sentì chiamare il suo nome, che la costrinse a porsi sulle zampe, dando la schiena a coloro che l’avevano chiamata.

         « Spero per voi che questo schiamazzo sia per avvisarmi del successo del piano. »

         Le due iene sopraggiunte si fissarono deglutendo l’una negl’occhi dell’altra. Sapevano esattamente che le cicatrici che percorrevano il corpo erano un monito per tutti. Non a caso era stata l’unica dalla scomparsa del Trio a seguito della caduta di Scar a riunire nuovamente tutti i clan di iene. Il terrore pure si tinse sui loro volti e nei loro sguardi, mentre il silenzio che crearono infastidì ulteriormente la loro interlocutrice.

         « Allora ? » domandò seccata, volgendo lo sguardo a fulminare i due. Solo allora, il primo si fece coraggio e rispose:

         « Il piano è fallito... C'è stato un imprevisto... »

         « Un imprevisto ? » replicò stizzita la leader, voltandosi lentamente verso i due. « Che genere di imprevisto ? » incalzò sul suo interlocutore, facendolo sudare copiosamente sotto la pelliccia.

         «Un leone…» intervenne il suo compagno in aiuto «lo stesso che era intervenuto qualche giorno fa nella gola. Abbiamo lottato sino alla fine ma lu-gagh… »
Fu un istante e il secondo messaggero fu vittima della forza di Basha. Sentì la vita scivolarle lentamente via man mano che l’aria veniva a mancarle, prima che la morsa che la stringeva al collo le spezzasse le ossa, facendola afflosciare come un foglio di carta tra le fauci di Basha, mentre il primo messaggero sbiancava letteralmente sotto la pelliccia maculata.

          « Ti avevo forse interpellato ? » Domando alla sagoma esangue della sua vittima. « Fino alla fine, ha detto. » ripetè rivolgendo un fulmineo sguardo verso il primo interlocutore Se è così, perché voi siete qui a riferirmelo ? Evidentemente non è così. Tu. Puoi spiegarmi come può un leone, UNO SOLO, avere la meglio su venti iene ? Come può un felino, comparso dal nulla, mandare a monte il MIO piano per eliminare quella inutile principessa ? Evidentemente voi non eravate in grado di adempiere ad un compito così semplice…» dichiarò avanzando lentamente verso quella iena che sentiva le sue paure impossessarsi del suo corpo, mentre la sua mente mandava maledizioni per l’essersi cacciato in quel guaio. Sentiva la sua fine avvicinarsi, quando una sagoma dagl’occhi rossi si mosse nell’ombra e richiamò l’attenzione di Basha.

          « È vero allora quanto diceva Scar di voi. Non siete altro che un branco di incompetenti senza cervello, al punto dal farvi battere per ben due volte da un leone sconosciuto proveniente chissà da dove… »

          Basha arrestò la sua avanzata, voltandosi di scattò nella direzione di quella voce, fulminandola con lo sguardo.

          « Hai coraggio a presentarti qui. Lo sai benissimo che mi basterebbe un cenno del capo per far porre fine alla tua miserabile vita… » provocò la iena, muovendo il capo a mostrare tutti i denti delle presenti, pronte a reagire ad un ordine. « Dimmi, cosa mi impedirebbe di farlo, ora ? »

           « Oh, lo so benissimo che potrebbe accadere, se non fosse che se succedesse qualcosa a me, qualcuno a te molto caro potrebbe pagarla… » rispose con una provocante tranquilla naturalezza quella figura, fissando con i suoi furiosi occhi rossi quelli di Basha la quale, digrignando i denti, fece allontanare tutte le altre iene presenti in quel buco, restando sola col suo interlocutore. Quando tutti si allontanarono, un colpo rapido fece mancare il fiato alla povera iena. Una immensa zampa felina l’aveva afferrata per il collo e la stava premendo con tutta la sua forza contro la nuda e fredda roccia, il tutto mentre quegl’infernali occhi rossi mostravano il sadico piacere di quel momento nel rammentarle chi avesse il potere in quell’istante.

           « Ricordati che sono IO ad avere il potere su di te, non l’opposto… Vedi, volendo ora potrei farti fare la stessa miserabile fine del tuo caro compagno. Com’è che si chiamava… ? Ah sì. Asante… »

           Le lacrime di dolore si stavano unendo a quelle di disperazione per i ricordi che la stavano assalendo a quelle parole.

           « Ricorda: solo io so dove si trova la tua piccola, e se proverai un’altra volta a fare la voce grossa o a disobbedire ai miei ordini e nessuna iena potrà mai trovarla. Quando mi avrete aiutato a vendicarmi della Rupe, lei sarà libera e le Pridelands saranno finalmente vostre. E' chiaro il concetto ? »

           Con il muso solcato dalle lacrime, Basha annuì. Nel momento in cui toccò il suolo, riprese a respirare, lasciandosi andare ai singhiozzi di pianto per il pensiero della figlia. Non poteva agire diversamente, la vita di sua figlia era troppo importante per lei, talmente tanto da obbedire ciecamente a quell'idea folle di estirpare i leoni dalle Pridelands.

           « Procederemo come previsto, un paio di leoni in più non sarà un problema per voi. E se lo sarà, sarà tua figlia a pagarne il prezzo ! »

           Mentre la figura si allontanava nell'ombra, la iena non poteva fare altro che stringere i denti e trattenere a forza quell'urlo di rabbia che le veniva da dentro, un urlo così forte che sembrava le facesse esplodere il petto se non fosse stato liberato, ma che lei non poteva lasciar andare mentre i suoi pensieri volarono ad Asante, il solo che l'aveva sempre compresa e consigliata da quando era divenuta capo del suo clan e che le era sempre stata accanto. Ma ora non poteva più esserle d'aiuto. Lui avrebbe saputo cosa fare, senz’altro. Lui... Ma ora lui non c'era più e toccava a lei salvare Furaha, la sua piccola, la sua gioia. Il regalo più bello che la vita ed Asante avevano saputo darle. Doveva salvarla. Anche a costo di scendere a patti con l'oscurità...

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