Io ti salverò

di lidyalinne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Verso Dieppe ***
Capitolo 3: *** Pensieri ed emozioni ***
Capitolo 4: *** Sapore d'infanzia ***
Capitolo 5: *** Essere liberi ***
Capitolo 6: *** Amare in silenzio. ***
Capitolo 7: *** Lasciarsi andare ***
Capitolo 8: *** Al di là delle apparenze ***
Capitolo 9: *** Indomito Alain ***
Capitolo 10: *** Una notte difficile ***
Capitolo 11: *** Speranze ***
Capitolo 12: *** Un piano rischioso ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


IO TI SALVERO’
 
27 Marzo 1789

La rosa bianca emanava un soave profumo e una tiepida brezza primaverile, proveniente dalla finestrella aperta, ne muoveva leggermente i petali, come una delicata carezza.
Una lacrima cadde improvvisa tra le candide volute dei petali, scivolando tra le spire più interne e disperdendosi, un’altra atterrò su una fogliolina… poi il dorso di una mano, furiosa, arrestò quel flusso di lacrime.
Gli occhi di Alain erano al contempo dolci e irosi e quelle stille, che impertinenti sfidavano la sua forza d’animo, ogni volta, lo mettevano alla prova.
Tre settimane erano passate dalla morte di Diane e lui, ogni giovedì, in ricordo del giorno in cui si era suicidata, metteva una rosa bianca in un vaso di vetro, sopra il suo comodino: era il suo modo di ricordarla, di onorarla e si era ripromesso che lo avrebbe fatto per sempre, come un rito perpetuo.
Sentimenti contrastanti si agitavano nel suo cuore senza requie; eppure desiderava rassegnarsi e trovare la pace anche nell’immenso dolore che gli graffiava l’anima e che mai si sarebbe estinto, lo sapeva bene.
Ma non ci riusciva ancora.
Bastien Bourgeois, nobile decaduto e in semi povertà  aveva lasciato sua sorella, un giorno prima delle nozze, per promettersi in sposo a una donna borghese e ricca.
Diane non aveva retto al colpo e, umiliata e tradita, si era tolta la vita, impiccandosi.
Era rimasto per giorni accanto alla salma della sorella senza riuscire a realizzare che fosse morta e che non le avrebbe più riempito  il cuore di gioia e speranza.
Se non fossero andati Oscar e Andrè a cercarlo, dato che non era rientrato in caserma dopo la licenza per il matrimonio, forse sarebbe diventato pazzo.
Invece il suo Comandante e il suo compagno d’armi l’avevano salvato dalla follia.
Standogli accanto, accogliendo il suo dolore e occupandosi della madre, malata, digiuna e abbandonata al suo dolore, si era lasciato pian piano convincere a guardare la realtà.
Aveva accettato che il corpo di Diane venisse composto in una bara e che fosse celebrato il funerale.
Poi Oscar aveva provveduto a comprare un pezzo di terreno per seppellire Diane nel cimitero “Des innocents”, (1) piuttosto che in una fossa comune; inoltre aveva mandato alcuni servi di casa sua affinché ripulissero la casa di Alain, rinfrescandola.
Nello stesso momento aveva trovato una buona donna cui affidare le cure della signora De Soisson per tutto il tempo necessario a riprendersi.
Era stato l’affetto sincero di Oscar, che non aveva badato a spese perché Alain potesse risollevarsi dalle “macerie” della sua casa e del suo dolore, a fargli decidere di continuare a vivere …ma soprattutto per vendicare la sorella.
Dopo circa dieci giorni, senza far trapelare le sue intenzioni ad Oscar e Andrè, si era appostato vicino al fatiscente Palazzo Bourgeois per aspettare Bastien.
Individuatolo, gli aveva puntato la spada al petto per duellare con lui.
In verità avrebbe proprio voluto ucciderlo ma la sua onestà glielo aveva impedito e il duello era stato regolare.
Aveva disarmato quell’ uomo spregevole dopo poche stoccate.
Alain gli aveva urlato in faccia tutto il suo disprezzo e l’odio con la spada puntata sulla gola e forse gli avrebbe inferto il colpo mortale se non lo avesse visto piangere, arreso totalmente alla sua minaccia.
Lacrime di sofferenza, di odio per se stesso, per la sua vigliaccheria.
 
- Uccidimi…uccidimi….
 
- Pensi di suscitarmi pietà? Non ne ho per te, per quello che hai fatto a mia sorella! – un urlo disperato quello di Alain.
 
- Amavo tua sorella ma mio padre ha pensato bene di farmi sposare  con una donna ricca la cui famiglia è interessata al mio titolo nobiliare. Mio padre spera così di risollevare le nostre condizioni economiche. Mi sono rifiutato ma mio padre non ha voluto sentire ragioni, facendo leva sulle nostre difficoltà e io…io non sono riuscito a lottare per me e Diane. Questa mia futura sposa non l’ho nemmeno conosciuta ancora. Sì, sono un vigliacco e merito la morte….
 
Alain era rimasto sconcertato da quella rivelazione e nonostante fosse riuscito a partecipare , emozionalmente, dell’abuso subito da Bastien, non aveva potuto perdonarlo ma rinunciò ad ucciderlo.
In fondo era una vittima anche lui ma era anche un vile, il pavido figlio di un nobile caduto in disgrazia al quale non aveva saputo contrapporre il suo amore per Diane.
Aveva rinfoderato la spada e senza nemmeno guardarlo lo aveva lasciato sul ciglio della strada dove, attaccato a un albero, c’era il suo cavallo e con rabbia e lacrime, si era diretto verso casa.
Da quel giorno, nonostante avesse ripreso ad andare in caserma, il suo cuore sanguinava ancora, stretto perennemente in un groviglio di emozioni dolenti cui solo il ricordo del candore e della dolcezza di Diane riusciva a stemperare un po’.
 
Un mese dopo - 27 Aprile 1789
 
Alain camminava lentamente lungo i vicoli del quartiere, dove abitava,tenendo tra le mani un involto che conteneva alcune provviste comprate al mercato lì vicino; vi era un viavai serrato di gente, povera gente, che tirava a campare come poteva.
Tra visi scavati, smunti e avviliti in corpi magri, rivestiti di poveri stracci che gli passavano davanti, si accorse di una nota stonata in lontananza: una ragazza, che indossava un abito blu di ottima fattura e un velo dello stesso colore a coprire il capo, e teneva tra le mani un mazzo di gigli bianchi, varcò il portone di casa sua per uscirne dopo pochi minuti a mani vuote, scontrandosi proprio con lui!
 
- Oh, perdonatemi Monsieur...- disse la sconosciuta senza sollevare lo sguardo.
 
 
- Non vi preoccupate, Mademoiselle….- rispose Alain chiedendosi che ci facesse una ragazza così raffinata in quel quartiere.
 
La ragazza si allontanò con passo svelto e lui entrò nel portone d’ingresso e fu nel sottoscala che vide appoggiati, sul muro scrostato, i gigli bianchi; stranito si avvicinò ad osservarli e notò un bigliettino.
Mosso da curiosità, lo aprì e rimase sconvolto da ciò che lesse:
 
A Diane De Soisson, perché Dio l’abbia in gloria.
                                                            M. D.
 
- Per mia sorella? – il cuore di Alain cominciò a perdere un battito dopo l’altro e così uscì come una furia per tentare di ritrovare quella ragazza.
 
Corse a perdifiato lungo il vicolo adiacente il palazzone dove abitava e la individuò tra l’andirivieni delle persone indaffarate; la raggiunse in poche falcate e le toccò delicatamente una spalla.
 
- Chi siete?
 
La donna trasalì all’udire la voce di  Alain, si voltò spaventata e il velo le cadde sulle spalle, scoprendo così due occhioni blu circondati da lunghe ciglia, capelli neri raccolti in uno chignon sulla nuca da cui sfuggivano alcune ciocche che, mosse da un leggero venticello, svolazzavano sfiorandole le guance; la carnagione opalescente del viso era ravvivata dalle gote rosate e i lineamenti delicati e regolari, la facevano sembrare una bambola di porcellana.
 
- Perché avete lasciato dei gigli per mia sorella? La conoscevate?- le domandò con tono severo e accusatorio.
 
- No, no. ..non conoscevo vostra sorella. ...- rispose con un filo di voce.

- E allora perché quei fiori??? - tuonò Alain.

 - Solo…solo un gesto per onorare la sua memoria… niente di più – spiegò la ragazza rimettendosi il velo e guardandolo intimorita.
 
- Ma se avete detto che non la conoscevate…Io  davvero non capisco!
 
- Mi…mi chiamo Martine  Dumont  e con quei gigli bianchi, puri come vostra sorella, volevo solo rivolgerle una preghiera perché io…io posso capire la disperazione che deve avere provato….e  mi dispiace. E nella mia preghiera volevo spiegarle, perché io credo che i defunti dall’aldilà possano sentire le nostre parole, che non è una mia scelta sposare Bastien Bourgeois! Sono stati i nostri padri a decidere per noi. Io….io non lo conosco ancora e non lo voglio sposare! –  portandosi le mani agli occhi scoppiò a piangere e prese la via di fuga.
 
Alain rimase prima esterrefatto dallo svelarsi di quella donna, l’altra causa indiretta del suicidio di sua sorella, e poi sconvolto dalla rivelazione di lei di non voler sposare Bastien!
Comprese che sul matrimonio mancato della sorella si era innescata una spirale di morte e disperazione, dove ad averci lasciato la pelle era stata solo Diane; ma certo non era migliore la condizione di Martine, per quanto almeno fosse viva.
Bastien era una figura altrettanto disgraziata con la differenza che avrebbe potuto contrastare il volere del padre.
Provò un’infinita pena per quella ragazza e in pochi istanti realizzò che non solo aveva avuto un pensiero dolce e delicato per la povera Diane ma che avrebbe meritato una parola buona e non i suoi rimbrotti.
Così corse al suo inseguimento.
 
- Fermatevi, fermatevi Martine!

Ma la ragazza correva a perdifiato singhiozzando rumorosamente, gli occhi bassi, finchè non inciampò in un sasso e cadde per terra e fu in quel momento che Alain riuscì a raggiungerla e soccorrerla.
 
- Mademoiselle Martine, perdonatemi, vi prego! Sono stato un villano screanzato…datemi la mano, vi aiuto a sollevarvi da terra….- Alain era davvero costernato.
 
- Andate via, posso farcela da sola…perdonate me, non dovevo turbare la vostra sensibilità …-  Martine sempre più lacrime si rialzò e zoppicando un po’ cercò di affrettare il passo.
 
- Non siate precipitosa…dove vi siete fatta male?
 
- Non….non è niente….lasciatemi andare…-  balbettava la ragazza che rifiutava, sempre decisa, l’aiuto del ragazzo.
 
- Siete testarda, eh! Ma avete trovato uno più ostinato di voi!-  e così, con una presa decisa ma gentile, le afferrò un polso e la obbligò a fermarsi- Dove vi siete fatta male?
 
La ragazza cedette e si fermò e senza smettere di piangere, alzò leggermente la gonna e scoprì il ginocchio destro con un piccolo taglio che però perdeva abbastanza sangue, scivolando in rivoli lungo la gamba.
Alain senza pensarci un attimo la prese in braccio e la fece sedere sul bordo di una piccola fontana circolare nonostante  le proteste di Martine che scalpitava con la gamba illesa.
 
- Lasciatemi scendere! Io non vi conosco…che volete farmi?
 
- Voglio aiutarvi, che cosa potrei farvi? Siete capricciosa come una bambina e recalcitrante come un mulo!-  e dopo un mese ricomparve il sorriso sornione sul volto di Alain.
 
- Ma…ma…come vi permettete? Io non vi conosco e voi non conoscete me!- urlava la ragazza piantandogli dei pugni sul petto.
 
- Mostratemi il ginocchio…
 
- No! -  protestò la ragazza con piglio deciso, gli occhi accigliati.
 
- Quante storie…. -  Alain le sollevò appena la gonna e si ritrovò quel ginocchio sempre più inondato di sangue che si spargeva in scie sottili sulla gamba. Trasse il suo fazzoletto bianco e pulì come poté la ferita e la gamba poi si slacciò il suo foulard rosso e senza indugi lo legò stretto al ginocchio per arrestare il flusso di sangue -  Bene, così andrà meglio.
 
Martine aveva osservato silenziosa e stupita le cure che le aveva dedicato Alain senza riuscire a dire nulla.
 
- Beh…grazie…siete un gentiluomo…-  la giovane si alzò e fece un passo, il ginocchio le doleva e non poté non zoppicare.
 
- Vi accompagnerei volentieri a casa vostra ma so che me lo impedireste…le convenzioni sociali prima di tutto, vero?
 
- Dite bene, Monsieur…- convenne Martine.
 
- Mi chiamo Alain, a me le convenzioni sociali non piacciono. Comunque, mi presento in modo formale: il mio nome è Alain De Soisson -  e prendendole la mano le fece il baciamano, facendola arrossire.
 
- Il mio lo sai  già…Alain. Anche io sono solo Martine. Grazie di tutto, Alain,  ora vado… - e la giovane riprese a camminare con passo claudicante.
 
- Su, ti sorreggo per un po’ e…non dire di no -  disse Alain.
 
- Io dovrei impedirtelo…potresti essere un furfante ma sento di potermi fidare di te e non solo per quel grande dolore che ti naviga dentro- disse Martine con un sorriso amaro.
 
- Mi hai letto dentro alla perfezione… Scusami se ti ho aggredito prima ma non potevo sapere chi fossi. Anche se la mia adorata Diane è morta, io continuerò a proteggere e difendere la sua memoria. E ho davvero apprezzato il tuo gesto, veramente tanto.
 
- Volevo che sapesse, ascoltando le mie preghiere e vedendo questi fiori puri, dall’alto dei cieli,  che il suo matrimonio non è fallito per colpa mia! Io non lo voglio sposare quell’uomo! E’ un vigliacco! Doveva contrastare il padre! Che uomo dovrei avere al mio fianco? Uno che non ha esitato un attimo a vendere la sua donna per averne una ricca? Dio, è inaudito!  - la ragazza, neanche conoscesse Alain da una vita, gli riversò  tutti i suoi pensieri, la sua rabbia, il suo sconvolgimento -  Io non lo voglio sposare, né ora né mai! Sono disposta a tutto pur di non legare la mia vita a quello! – esplose furibonda e guardandolo con occhi fiammeggianti, le mani contratte in due pugni serrati.
 
- Hai ragione Martine, calmati adesso…-  disse Alain, rattristato, afferrandole le mani e farle sentire la sua piena solidarietà.
 
Martine riprese a piangere  sommessamente, al colmo della disperazione.
 
- Io sono disposta a tutto pur di non sposarmi! – ripetè - Anche farmi monaca e…e lo dico seriamente! Lo farò, lo farò!Perchè mio padre non cambierà idea nonostante le mie proteste! Oh, ma tu che c’entri con la mia disperazione? Scusa, scusa…adesso vado, davvero. Grazie Alain….-  disse Martine con due occhi così dolci e tristi che smossero qualcosa nel cuore di Alain.
 
- Aspetta Martine….tranquillizzati. Respira e ascoltami bene – disse trattenendola delicatamente per un braccio – Davvero credi di non riuscire a evitare questo matrimonio? E’ così ostinato tuo padre, così poco rispettoso della tua vita?
 
- Mio padre non è cattivo, mi vuole bene ma crede fermamente in questo matrimonio per incrementare i suoi affari, potendo vantare nella sua famiglia, una figlia contessa. Mio padre è un commerciante di tessuti. Siamo abbastanza ricchi ma lui lo vuole essere di più…
 
- A tue spese…. – commentò acido Alain .
 
-  Sì, dice che devo capire…che anche i nobili fanno così….Io però non capisco, davvero non capisco! Ma, costi quel che costi, sfuggirò a questo matrimonio: sono pronta a tutto! Adesso devo proprio andare, Alain…grazie per avermi ascoltata.
 
- Aspetta…davvero pensi di farti monaca?
 
- E’ l’unica soluzione in grado di salvarmi da quello scellerato. Ho una zia madre badessa in un convento, a Nevers, andrò da lei:non potrà rifiutarmi! – rispose lei.
 
- Ma…senza vocazione, non sarà felice la tua vita… - osservò Alain.
 
- Anche accanto a Bastien: tra i due mali scelgo il minore -  riprese a piangere Martine.
 
- E poi, hai già pianificato tutto? Sai come raggiungere Nevers?
 
- Veramente no, non ci ho ancor pensato ma non mi perdo d’animo…troverò un modo, quale non lo so ancora…ho tre mesi di tempo prima che venga celebrato il matrimonio – disse Martine.
 
- Ascoltami: io voglio aiutarti, se vuoi, se ti va…Dammi quattro giorni di tempo per pensarci su.
 
- Alain…perché ti dai tutta questa pena per me?- gli chiese Martine con sguardo dolce.
 
Alain sollevò un angolo della bocca in un mezzo sorriso e gli occhi, penetranti, divennero  un caleidoscopio di emozioni: rabbia, dolore, tenerezza, rimpianto, afflizione, speranza.
 
- …perché rivedo in te mia sorella…la mia piccola Diane che non sono riuscito a proteggere dall’uomo sbagliato e da una morte terribile -  spiegò Alain in tono accorato e con un nodo alla gola che sciolse alcune lacrime nei suoi tristi occhi castani -  Se potessi salvare te da una vita sbagliata, ne sarei felice e forse riuscirei a rassegnarmi definitivamente da un senso di colpa che non riesco a togliermi dal cuore…
 
- Ma non sei tu a dover avere un senso di colpa….-  dissentì Martine.
 
- Con la testa lo comprendo pure io ma con il cuore mi dico che avrei dovuto capire, magari conoscere meglio quel vigliacco…non so…
 
- Non struggerti, ti prego…rimproverarti per qualcosa che tu non hai fatto è perfettamente inutile e ti avvelena l’anima. Invece….rasserenati, fallo per Diane – disse Martine sfiorandogli il braccio con una mano, in un gesto tenero e delicato che conquistò il cuore di Alain facendogli decidere definitivamente che avrebbe aiutato quella ragazza così dolce.
 
Alain catturò quella mano piccola e gentile e la strinse tra le sue con molto rispetto e ammirazione.
 
- Te lo ripeto: vuoi farti aiutare da me?
 
- Io….ma…- Martine titubava.
 
Non riusciva a credere di sentire di potersi fidare di lui! Lo conosceva da forse neanche un’ora!
Eppure c’era nel suo sguardo una umanità e una onestà lampanti e non travisati dalle sue sensazioni.
Voleva fidarsi, sì…ma…. pensava anche che non le sembrava giusto sconvolgere la vita di quell’uomo già parecchio messa a dura prova!
 
- Se non sai se fidarti di me, lo capisco ma se decidi di farlo, tra cinque giorni ti aspetto nella caserma della Guardia Metropolitana, dove sono arruolato, e farti conoscere il  Comandante Jarjayes che garantirà per me -  disse Alain.
 
- Il Comandante Jarjayes? La donna-soldato? – domandò stupita Martine.
 
- Sì, lei: la conosci?
 
- Di fama, certo! Ne ho sentito parlare da amiche di mia madre…Ne parlano benissimo e mi ha sempre incuriosito questa donna che vive come un uomo, libera e senza costrizioni…la invidio tantissimo!
 
- Non è una vita semplice la sua, ti assicuro. Allora, mi concedi l’onore di aiutarti?
 
- E sia! Povero te! Spero che non vedrai un mare di guai per colpa mia! – esclamò seriamente impensierita.
 
- Non ti preoccupare per me. Piuttosto dimmi: vuoi davvero farti monaca o potrebbe interessarti una scelta alternativa?
 
- Se esistesse una soluzione diversa per me….sì, la preferirei a una vita da religiosa -  disse storcendo un po’ il naso e corrugando la fronte in un modo quasi bambinesco svelando negli occhi una luce di speranza che la fece sorridere serena.
 
E in quegli stessi occhi speranzosi si specchiarono quelli di Alain animati dalla stessa luce.
 
- Ti aspetto tra cinque giorni in caserma -  e così dicendo le prese le mani e gliele baciò entrambe lanciandole, nel contempo, uno sguardo di profonda empatia.
 
Martine arrossì lievemente ed esibì un sorriso accennato mentre nel suo cuore esplodeva una imprevista contentezza.
Sottraendo lentamente le mani alle labbra di Alain, Martine  si sollevò il velo sulla testa e andò via.
 
- Ciao Alain…e grazie!  - e per un  breve tratto corse girandosi più volte verso Alain agitando la mano in segno di saluto.
 
La sua figura esprimeva brio e gaiezza.
 
Ad Alain sembrò proprio sua sorella…
 
Diane….
 
Il giovane scoppiò a piangere non trattenendo le sue emozioni e non curandosi di alcune persone che lo guardavano incuriositi.
 
Diane, aiuterò Martine come avrei fatto con te e se la salverò, mi sentirò felice in nome tuo…in nome tuo…tesoro mio…
 
Alain prese a correre, in direzione della sua casa non smettendo di piangere ma sentendo dentro al cuore una piacevole emozione.
Quella sera stessa, rientrando in caserma, Alain chiese e ottenne da Oscar una licenza di tre giorni, raccontando del suo incredibile incontro con Martine e la sua intenzione di salvarla. 
Sia Oscar che Andrè, presente in ufficio, rividero dopo tanto tempo il cipiglio deciso e infervorato di Alain e il cuore colmo di…voglia di vita, finalmente e, per quanto trovassero un po’ azzardato e avventuroso il suo piano, pensarono che sarebbe di certo riuscito nel suo intento.
 
E l’indomani Alain partì per Dieppe, in Alta Normandia….
 
25 Giugno 1789
 
La notte era illuminata dalla luna piena e da una miriade di stelle che scintillavano in un cielo sgombro di nuvole; l’aria era pervasa dai dolci profumi di fiori e frutti estivi e da un vago ma percettibile odore di salsedine….erano già in Alta Normandia, ancora poche ore e sarebbero arrivati a  Dieppe.
Sensazioni ed odori familiari sulla pelle in quella regione dove un bel po’ di tempo fa,  Alain si recava, ancora piccolo, con la sua famiglia per un breve periodo dallo zio Joseph, fratello minore del padre.
Una struggente nostalgia ghermì il suo cuore insieme ai ricordi di una infanzia felice.
Allontanò quelle antiche e amate immagini e si volse a guardare la sua compagna di viaggio che si era assopita con la testa malamente reclinata sul sedile della carrozza.
Allora si avvicinò a Martine e con estrema delicatezza spostò il suo capo in modo che poggiasse sulla sua spalla.
La ragazza non si svegliò.
Osservò quel volto di bambola e le sembrò una bambina, una fatina forse un elfo….
Per la prima volta, dopo un mese che la conosceva e con la quale aveva progettato quella fuga, non rivide Diane ma proprio lei, Martine Dumont, figlia di un ricco commerciante di tessuti che aveva deciso, caparbia e tenace, che non avrebbe sposato il vile Bastien Bourgeois e che per riuscirci, grazie al loro casuale incontro, aveva deciso di fuggire dalla sua famiglia, dalla sua città, dalla sua vita senza alcun rimpianto!
E senza doversi fare monaca!
Perché, dopo aver rivisto Alain in caserma, cinque giorni dopo il loro primo incontro, e aver fatto conoscenza con Oscar che l’aveva rassicurata sulla sua correttezza e sincerità, e con  Andrè, il suo migliore amico, aveva capito che era stata fortunata a incrociarlo nella sua vita.
Si era affidata completamente a lui che, nei tre giorni precedenti, si era recato a Dieppe dallo zio Joseph che era il mezzadro di un fondo di proprietà di un barone della città.
Suo zio, che viveva con la moglie  e due figlie, era anche l’uomo di fiducia del barone e gestiva il lavoro degli altri contadini.
Pensò che avrebbe potuto tenere in casa Martine fin quando non avesse deciso insieme a lei che fare.
Martine trovò che rifugiarsi a Dieppe sarebbe stato perfetto e aggiunse anche che avrebbe potuto lavorare dallo zio; sapeva ricamare, cucire e comunque era disposta a fare anche la contadina o la cameriera.
Durante quel mese Alain si era recato un’altra volta a Dieppe e suo zio gli aveva garantito che una ricamatrice e una sarta non erano mai abbastanza in quella grande casa colonica, così la decisione venne presa definitivamente: Martine sarebbe andata a lavorare da loro.
Rassicurato sul fatto che il signor Dumont, per quanto ricco, non avesse amicizie potenti in grado di aiutarlo a ritrovare la figlia, in un luogo così lontano, la fuga fu pianificata nei minimi dettagli.
E quella notte, carica di un solo bagaglio, Martine era sgattaiolata da casa sua; nell’angolo della via era appostata la carrozza dei Jarjayes guidata daLucien, uno dei cocchieri di famiglia, e con Alain allo sportello aperto, era entrata dentro velocemente alla volta di Dieppe.

La carrozza sobbalzò e la testa di Martine scivolò un poco dalla sua spalla ma lui la riportò nella posizione di prima e indugiò con la mano in una carezza lieve sul suo volto.
Era forte Martine, coraggiosa e matura, il cuore saldo nonostante i suoi ventitré anni e sentì una profonda ammirazione per lei.
Si sentì felice al pensiero di averla salvata, anche grazie all’aiuto di Oscar  e Andrè, e si augurò che a Dieppe avrebbe trovato la sua vita.
Lui non l’avrebbe di certo abbandonata ma sarebbe andato a trovarla ad ogni licenza.
Ormai era il suo angelo protettore e non solo….
In quel periodo trascorso a progettare la sua fuga, vedendosi quasi ogni giorno e conoscendo sempre meglio Martine era accaduto qualcosa che non aveva previsto e immaginato, considerato il dolore per la morte di Diane che era una spina perenne conficcata nel suo cuore….
Si era accorto che era bella, che gli piacevano quegli occhi blu, le gote eternamente rosate, la voce allegra e la bocca sempre sorridente.
Per non parlare della sua intelligenza vivace e spiccata.
Lui, che si era innamorato solo una volta nella sua vita, da adolescente, e che aveva poi scelto di accontentarsi dell’amore a pagamento senza alcun desiderio di formarsi una famiglia, ora….sentiva che il suo cuore orchestrava nuove emozioni, insieme a quelle dolenti, incredibilmente dolci e travolgenti.
Martine, oltre ad essere stata la cura per il suo tremendo lutto, gli aveva fatto ritrovare quel piacere, da tempo messo da parte, di sorridere in modo semplice, gratuito, naturale invece del suo solito atteggiamento scanzonato e disincantato verso la vita che pure non aveva del tutto perduto.
Da alcuni giorni, davvero non si riconosceva più: il cuore gli accelerava nel petto quando la vedeva arrivare o quando lo guardava con gli occhi pieni di entusiasmo  o quando ancora si incantava  per alcuni attimi persa nei suoi sogni…
E al pensiero che, trasferendosi a Dieppe, l’avrebbe vista saltuariamente, sentiva il cuore stringersi in una morsa fastidiosa e avvertiva un strano senso di vuoto.
 
Sei messo male, Alain…Può essere che ti sei innamorato di questa ragazza? Dovevi solo salvarla, nulla di più. Torna in te, Alain. Vorresti soffrire anche per lei? Basta chiudi il tuo cuore…così si era detto il giorno prima della fuga.
 
Ed ora, eccola, addormentata sulla sua spalla, lo sguardo sereno di chi è in pace con se stesso.
La luce della luna, bianca e argentata, penetrò all’interno della carrozza posandosi sul volto perlaceo di Martine e se ne sentì rapito, attratto irrimediabilmente e le dita della sua mano presero a danzare sulle sue guance morbide e lisce.
Non avrebbe smesso mai se….non si fosse svegliata.
Ritrasse immediatamente la mano mentre lei lo guardava interrogativa.
 
- Ho dormito sulla tua spalla? Oh, scusa!
 
- Di cosa? E’ stato bello… - e il suo cuore fremeva, le mani quasi tremavano.
 
Dio, che mi succede? Il cuore mi sta facendo brutti scherzi…..
 
- Alain…ti ho mai ringraziato abbastanza? – disse lei con voce carezzevole puntandogli due occhi dolcissimi.
 
- Non dirlo nemmeno…. – una risposta trepida cercando di sfuggire quello sguardo e quelle labbra morbide e tremendamente invitanti.
 
- Alain….- di nuovo il suo nome – abbracciami…
 
Il cuore gli balzò nella gola in preda a una emozione fortissima ed esitò…poi, cedette, cedette a quel meraviglioso volo di farfalle che gli intasava il petto e come librandosi dalla sua gola, lo liberaò da un dolce tormento.
 
- Oh, Martine!
 
Alain se la strinse al petto più forte che potè, sfiorandole la schiena con delicatezza e strofinando le proprie guance sui suoi capelli per un tempo che gli sembrò infinito…poi lei si staccò dal suo abbraccio e lo guardò sorridendogli.
 
- Alain, non mi abbandoni, vero?  - gli domandò prendendogli il volto tra le mani.
 
- Mai -  rispose fissandola dritto negli occhi che le luccicavano e allora decise di consegnarsi alle sue emozioni e a sua volta, prese tra le sue mani il volto della ragazza e la baciò con la gioia che gli esplodeva nel petto!
 
Martine, come se non aspettasse altro,  corrispose a quel bacio con eguale impeto.
 
Fu un bacio che si moltiplicò in infiniti baci mentre la notte cedeva il posto all’alba di un nuovo giorno denso di prospettive meravigliose.
E mentre Alain e Martine continuavano a baciarsi e ad accarezzarsi ,nelle loro menti si disegnava un solo nome: Diane.
La morte di Diane, incredibilmente, aveva aperto la speranza, la gioia e l’amore in due esistenze che avevano creduto di vedere le loro vite spezzate dall’egoismo, dal desiderio di ricchezza, dalla viltà, dall’incapacità di saper vivere la realtà così com’è, invece di accettarla in una resa incondizionata, di pieno affidamento ad essa.
Ed è proprio nell’accogliere le proprie ombre e il percorrere i labirinti più intricati e imperscrutabili della propria anima, dove sembra dominare solo la sofferenza…beh…è proprio lì che è nascosta la strada che serve all’anima per trovare la propria felicità.  

ANGOLO DELL'AUTRICE

Ancora un enorme grazie a Luna22474 e Queenjane che carinamente mi hanno indicato link, dato informazioni personali, suggerito idee in relazione ai cimiteri di Parigi, al come venivano sepolti ricchi e poveri, e allo scambio di battute su altri argomenti ! Vi abbraccio e vi bacio!
E un altro grazie a tutte le altre autrici e alle lettrici che non mancano mai di dimostrarmi la loro simpatia! Vi stringo nel mio abbracio!
Sandra
 
NOTE
1.Da Wikipedia, l'enciclopedia libera..
l Cimitero degli Innocents o Cimitero dei Saints-Innocents (Cimitero degli Innocenti o Cimitero dei Santi Innocenti; in francese: Cimetière des Innocents o Cimetière des Saints-Innocents) è stato un cimitero parrocchiale parigino, eretto nel Medioevo e chiuso verso la fine del XVIII secolo. È stato uno dei più grandi cimiteri di Parigi, caratterizzato per lo più da fosse comuni; sorgeva dove oggi sorge Place Joachim-du-Bellay, vicino il quartiere di Les Halles e vicino la Chiesa di Saint-Eustache, a meno di un chilometro a Nord dalla Cattedrale di Notre-Dame.
Il cimitero prese il nome dalla vicina "Chiesa dei Santi Innocenti" (Église des Saints-Innocents), ai tempi situata all'angolo nord-est della piazza ed anch'essa scomparsa nel tempo; il nome attribuito sia al cimitero che alla chiesa si riferisce al massacro biblico dei bambini innocenti ordinato da Re Erode.
Questo cimitero prendeva anche il nome di "Carnaio degli Innocenti", per il fatto che, col passare dei secoli, questo cimitero si caratterizzò per lo più da malsepolture, con i corpi accatastati l'uno sull'altro e ciò portava spesso non solo al crollo delle ossa oltre le mura, ma anche alle fuoriuscite delle scorie organiche prodotte dalla decomposizione dei cadaveri che raggiungevano le strade ed i passanti, generando notevoli disagi. Venne chiuso a causa della malasanità generata dalla saturazione dei cadaveri, che facevano proliferare a loro volta epidemie di varia natura. Dal 1786 al 1788 vennero riesumati alcuni corpi presenti allora e da qui trasportati alle catacombe del quartiere di Montparnasse, vicino all'omonimo cimitero.
Durante gli anni in cui sorgeva il cimitero, si vociferava tra i cittadini che la terra del Cimitero degli Innocents era capace di "mangiarsi" i suoi cadaveri nel giro di nove giorni.

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Capitolo 2
*** Verso Dieppe ***


Verso Dieppe

Le gote arrossate, le labbra turgide e umide per i baci dati e ricevuti, gli occhi adoranti e un po’ ritrosi che per un attimo abbassò ma poi sollevò nuovamente per guardare Alain, ammutolito, emozionato e sorridente. Le mani nelle mani….
 
- Martine…- sussurrò Alain – credo di essermi innamorato di te….
 
- Credi? – domandò lei con un sorrisetto.
 
Una mano tra i capelli, lo stupore negli occhi…poi la resa….
 
- No, sono sicuro Martine. Ti amo….è così. E sei la prima a cui lo dico e io ancora non riesco a credere alle mie stesse parole….
 
- Alain! – esclamò Martine lasciandogli le mani e abbracciandolo forte – Sono felice, tanto felice!
 
Alain, sopraffatto dall’ardore della giovane, la strinse a sua volta; poi le sue mani si spostarono sul suo capo e le accarezzò i capelli.
 
Si sentiva così strano ed emozionato da non riconoscersi più….
Mai aveva tenuto tra le braccia una ragazza così dolce, ingenua, innocente, trepida nei gesti e nelle parole, sicuramente poco avvezza all’amore dato che non aveva mai avuto un uomo…
Quasi quasi si sentiva indegno di toccarla…
Ripensò a tutte le prostitute con le quali era stato….
Donne intraprendenti, seducenti e seduttive, esperte maliarde, dispensatrici di sesso sfrenato.
Donne che avevano lenito il suo desiderio d’amore in amplessi rapidi e focosi, lasciando da parte il cuore, rintanato in un cantuccio lontano della sua anima…
Aveva deciso che non si sarebbe mai sposato per rimanere accanto alla madre e soprattutto a Diane.
Dopo la morte precoce di suo padre, diventando il capofamiglia, si era sentito investito di una grande responsabilità nei confronti della madre e di Diane soprattutto, e aveva deciso che non si sarebbe sposato, proprio per dedicarsi alla sua famiglia.
Sua madre era cagionevole di salute e Diane si prendeva cura di lei, sacrificandosi moltissimo, dividendosi tra lei e il lavoro di sartina….no, non avrebbe mai potuto formarsi una sua famiglia e lasciare la mamma e Diane ad arrabattarsi da sole.
E non che non desiderasse avere una moglie e dei figli…ma no, aveva fatto la sua scelta…
Ma adesso….era arrivata Martine a scombinare e sconvolgere la sua scelta.
Diane era morta e della madre si occupava regolarmente un' infermiera che pagava Oscar….
La vita, inondandolo di un amore imprevisto, sembrava dirgli di deviare la strada intrapresa, di cambiare scelte e priorità, nel momento più buio della sua esistenza.
Forse….poteva sperare in una realtà nuova per lui…
Si era smosso qualcosa al centro del petto e dintorni: un piacevole tuffo allo stomaco si riverberò nel cuore facendolo fremere irrimediabilmente….
E un languore si diffuse nelle viscere….
Ma qualcosa provò a trattenere quella fuga di emozioni travolgenti….
Poteva essere lui l’uomo giusto per Martine?
Proteggerla:l’avrebbe fatto ma…avrebbe potuto garantirle un futuro felice?
 
Sciocco…lei ha già scelto da sé la sua vita, andando contro la sua famiglia per essere una donna indipendente con il suo lavoro. Ha dimostrato ampiamente di avere la forza e la volontà di farcela…tu potresti essere solo un valore aggiunto.
Potrei esserlo?
 
- Cosa pensi Alain? -  gli chiese Martine posandogli una carezza sulla guancia un po’ ruvida di barba.
 
- Oh…niente, niente di che…penso che la tua vicinanza effonde e diffonde una felicità incredibile nel mio cuore…tutto qui…- rispose Alain guardando quegli occhi blu sfavillanti dolcezza, il sorriso sincero e sereno e le guance perennemente imporporate….
 
Un ennesimo tuffo al cuore gli chiuse la bocca dello stomaco e un’altra scossa di felicità circolò nelle sue vene, accompagnandosi a un forte desiderio di lei.
Le mani fremevano per conoscere il suo corpo, farlo aderire al suo, sentire il suo calore, il suo profumo, vibrare con lei….
Voglia irrefrenabile di sentirla addosso….
Una voglia però smorzata e contrastata dal timore di non essere abbastanza per lei, di non saper controllare il suo modo di essere, così impetuoso, irruente, passionale…anche nell’amore.
Abituato a vivere l’amore e il sesso in modo superficiale, temeva di non riuscire ad amarla come sentiva e meritava….
 
Sembri quella testona del Comandante Oscar, che si vede un miglio quanto legata sia ad Andrè, e che probabilmente lo ama e non riesce a dirglielo e dimostrarglielo…. Smetti di pensare Alain….saprai dare a Martine ciò che lei desidera e rispetterai la sua innocenza, la sua delicatezza….
 
Forte di questo pensiero, depose un bacio lievissimo su quelle labbra morbide e carnose e le accarezzò le guance con i polpastrelli delle dita, in tocchi leggeri e sfiorati.
Poi l’abbracciò e la spinse a sé per avvicinarla al finestrino…
Il sole stava sorgendo lentamente all’orizzonte, tra lontani profili di colli e sul mare piatto e placido, schiarendo il blu della notte in un azzurro tenue.
Il cielo era sgombro di nuvole e prometteva una magnifica giornata d’estate.
Profumo intenso di salsedine nell’aria e di erba rugiadosa.
 
- Guarda…il mare….è magnifico -  disse Alain indicando quel meraviglioso paesaggio dolce ed emozionante, oltre il finestrino -  Hai mai visto il mare, Martine?
 
Le labbra di Martine  si aprirono per lo stupore…non  aveva mai visto il mare, quell’immensa e infinita distesa d’acqua azzurra confondersi, all’orizzonte, con il cielo….
La superficie  del mare, appena increspato, mandava bagliori luccicanti ammantando il cielo e la vegetazione, che contornava gli sparuti villaggi, di una luce brillante e vivida.
 
- Ma è assolutamente incantevole! – esclamò la giovane giungendo le mani in un gesto entusiastico, da bambina quasi – Il mare! Che meraviglia! -  trillò spingendosi e quasi alzandosi fino a toccare il vetro del finestrino e strusciandosi inconsapevolmente sul petto di Alain facendolo trasalire.

Il seno prosperoso della ragazza sfiorò il collo di Alain e il suo cuore perse un battito; il nastro viola, che teneva raccolti i capelli neri di Martine, si sciolse ed essi  riversarono fluenti, setosi e profumati sul volto del giovane.
Momenti inediti e insoliti che si susseguirono in rapidi istanti catturando la sua anima in sensazioni incredibili, contrastanti e potentemente dolci…
Il seno a sfiorargli il collo era immensamente seducente ma i capelli,  accarezzandogli il volto e portandosi dietro un sentore dolce e appena accennato di violetta, profumavano di purezza e di risolutezza, di delicatezza e determinazione….
Martine l’eccitava da morire e l’inteneriva allo stesso tempo….
Che ragazza incredibile!
Alani posò delicatamente una mano sulla sua schiena e la carezzò appena…
 
- Siediti, puoi cadere con questi sobbalzi della carrozza -  disse Alain riportando gentilmente Martine al suo fianco.
 
Martine lo guardò affascinata e arrossì.
 
- Sei bello quanto il mare…- disse col tono entusiastico di una bambina e lo baciò senza ritrosia.
 
Ecco, adesso, Alain si sentiva assolutamente fuori controllo e soggiogato da quella combinazione di sensualità e dolcezza che era Martine.
La strinse fortemente e riprese a baciarla con ardore e lei, per nulla intimidita, corrispose con eguale trasporto.
 
Questa volta Alain osò un po’ di più e mentre la baciava con passione crescente, spinse le sue mani ad accarezzarla ovunque…
Saggiò le sue esili spalle, la schiena e i fianchi rotondi e morbidi, la vita sottile e poi si artigliò al suo collo caldo e liscio e…avrebbe tanto voluto scendere a toccarle i seni che si sollevavano sul bordo del corsetto seguendo i suoi respiri e i movimenti del suo corpo.

No, non voglio esagerare….aspetterò….
 
Continuarono a baciarsi fin quando la carrozza non iniziò a frenare la sua corsa.
 
- Siamo arrivati? – chiese Martine staccandosi dalle labbra di Alain.
 
Alain si voltò verso il finestrino e vide una vasto campo di grano, lucente d’oro che un po’ di vento faceva ondeggiare lievemente.
In lontananza delle case e fattorie.
Aprì il portello e nello stesso istante apparve Lucien, il cocchiere.
 
- Siamo all’ingresso di Dieppe, Monsieur De Soisson, adesso dovete dirmi voi dove devo andare….Dove vive vostro zio?
 
- Sì, certo, hai ragione Lucien. Salgo con te a cassetta -  rispose Alain.
 
Uno sguardo carezzevole accompagnato da un sorriso e Alain lasciò Martine sola.
 
La ragazza allungò la schiena sul sedile e socchiuse gli occhi.
Le labbra si atteggiarono in un sorriso beato e si lasciò cullare dalle sensazioni che ancora  vibravano nel suo essere nel ripensare ai baci di Alain, alle sue parole, al suo sguardo intenerito….
Aveva imparato a conoscerlo come un simpatico dissacratore, poco avvezzo alle smancerie manifeste ben sapendo che fossero solo alcuni aspetti del suo grande cuore,  ma vedere quegli occhi così arresi al suo sentimento e a lei….era stata un’emozione immensa.
 
Il mio omone che finge di avere solo mezzo cuore…. In realtà è così grande che a stento il suo petto lo contiene….
 
Riaprì gli occhi in preda ad un sorriso felice e sonoro che ridondò all’interno della carrozza.
Sentì già la sua assenza e la voglia di accucciarsi tra le sue braccia e perdersi nei suoi baci.
Era la prima volta che si innamorava e sentiva che sarebbe stata anche l’ultima!
Si accorse che l’emozione di questo sentimento sbocciato di colpo ma cresciuto, forse un po’ inconsapevolmente, durante il periodo del suo progetto di fuga, la esaltava profondamente e le infuse un’infinita speranza per il suo futuro…per il loro futuro…per quanto sapesse di andare incontro a una vita nuova, sconosciuta…
Ma si fidava di Alain e non aveva dubbi che si sarebbe trovata bene da suo zio.
Diede un altro sguardo oltre il finestrino: oramai il paesaggio era un susseguirsi di coste rocciose lambite dal mare la cui superficie lievemente ondosa scintillava ad un sole splendente nel cielo.
 
Martine era rapita da quel paesaggio insolito per lei e così bello…
 
Come ho fatto ad arrivare fin qui? Si chiese con gli occhi incollati a quell’azzurro liquido e ondulato che si alternava ad una vegetazione fitta e in pieno splendore.
E mentre lo sguardo seguiva quei paesaggi, la mente la riportò ai momenti che l’avevano, giorno dopo giorno, portata ad essere ora lì, in quella carrozza.
Ripensò al giorno in cui il padre, entrando nella sua camera, le aveva comunicato di averla promessa in sposa a Bastien Bourgeois che avrebbe garantito loro il legame alla casta nobiliare, per quanto la sua famiglia fosse in disgrazia.
Ma unendo la sua ricchezza di uomo borghese e molto rispettato al titolo nobiliare di Bastien sperava di incrementare i suoi affari, entrando in contatto con alcuni nobili.
 
- Lo faccio per te. Sei la mia unica figlia ed erede e voglio garantirti un futuro tranquillo, radioso e brillante….  – occhi neri penetranti e bonari in un viso dai tratti regolari, segnati da qualche ruga.
 
- Padre….ma io voglio sposarmi con un uomo che non amo! Non mi interessa  un futuro di ricchezze! – una risposta ribelle quella di Martine.
 
- Tesoro, lo so, lo so….ma gli affari in questo periodo turbolento vanno un po’ così…Voglio sentirmi sicuro che starai bene. Non lo faccio per me, credimi – suo padre era seduto, le mani intrecciate e nervose, lo sguardo trepido di chi sa che sta chiedendo troppo ma che non può farne a meno - Fidati di tuo padre.  So che è un bravo giovine. ..conoscilo e vedrai che ti piacerà....

- Ma tu non mi stai chiedendo di conoscerlo e decidere poi liberamente. ..tu hai già deciso, o no? Se non mi piacerà, potrò rifiutarmi di sposarlo? - tono accorato il suo.
 
-No - una risposta a fior di labbra, gli occhi bassi e sfuggenti di chi sa di esse ingiusto.
 
- Visto? - lacrime a scendere copiose dagli occhi afflitti.
 
- Basta Martine....basta storie! Ho deciso per il tuo bene. ...un giorno mi ringrazierai. Prendo atto del tuo dissenso e ti perdono.
 
Dopo quella difficile conversazione, suo padre era andato via lasciandola nella disperazione.
Aveva cercato un'alleata, per la sua causa di libertà, nella madre ma costei, per quanto comprendesse il dispiacere della figlia e lo condividesse, era una donna debole, poco incisiva e piuttosto sottomessa al marito, così non riuscì nell'impresa.
Ricordò lunghi giorni trascorsi nella mesta rassegnazione, cercando di convincersi che l'idea del padre fosse davvero  buona e dettata dall'amore per lei e che magari si sarebbe innamorata di Bastien, fin quando.... un giorno sentì, senza volere, Louise, la stiratrice che lavorava per la sua famiglia....
Era arrivata tutta trafelata e sconvolta nella stanza di servizio dove la governante aveva appena ritirato i panni e li stava piegando e lei era fuori, vicino alla finestra intenta a curare il suo roseto.
Vide Louise gettarsi su una sedia e piangere.
 
- Ehi, che ti prende? Non mi fare spaventare….parla Louise! – le mani della governante ad accarezzarle i capelli.
 
- Oh, Colette, è terribile! Ero al mercato e mi sono avvicinata al banchetto della frutta di una mia amica….attorno a lei erano radunate altre persone tra cui alcune ragazze che conosco. Piangevano tutte! E io mi sono allarmata, allora ho chiesto spiegazioni e così ho saputo! E’ orribile….orribile…- singhiozzi irrefrenabili i suoi.
 
- Cosa, tesoro? Calmati….
 
- Diane! Diane De Soisson…..si… si è suicidata!
 
- Diane De Soisson? Io non la conosco!Chi è? Povera figlia…
 
- La conoscevo di vista perché era la sartina della famiglia presso la quale lavoravo mesi fa.Una ragazza molto carina e gentile….Dio, è inconcepibile, non riesco a crederci!
 
- Si è saputo perché l’ha fatto?
 
- Sì! Perché alcuni giorni prima di sposarsi, il suo promesso sposo l’ha abbandonata! E questo maledetto l’ha fatto perché gli è stato proposto di sposare una giovane ricca per risollevare le sue sorti di nobile decaduto! – quasi urlava di sdegno la ragazza.
 
- Oh, Santo cielo! Che scelleratezza!
 
- E sai qual è la cosa peggiore, Colette? Quest’uomo maledetto è colui che dovrà sposare la nostra Martine!
 
- No! – urlò Colette – Misericordia! In che mani vuole mettere Monsieur Dumont, la dolce Martine? E’ inammissibile!
 
Martine riprovò gli stessi brividi e  la stessa angoscia che allora la gettarono nel baratro della disperazione e nello sconforto più nero...
Teneva una rosa rossa tra le mani e non sentì le spine che le punsero le dita per averla stretta troppo forte......
La notizia della morte di Diane arrivò anche al padre ma lui liquidò la cosa descrivendola come:

"atto di una mente labile che non ha accettato un rapporto finito da tempo".

Questo disse a Martine quando lei provò a dissuaderlo ma…invano
Fu in quel momento che meditò la fuga perché suo padre non sarebbe tornato indietro nelle sue decisioni.
Lui era così: ostinato e poco incline a vedere secondo altri punti di vista che non fossero i suoi.
Quel pomeriggio stesso portò i gigli a casa di Diane e incontrando Alain la sua vita aveva preso una nuova direzione e, adesso,dopo quattro giorni di viaggio e quattro pernottamenti in locande varie, eccola lì….a Dieppe.
La carrozza si fermò di colpo.
 
- Si scende! – urlò allegramente Alain.
 
Erano giunti dinanzi ad un cortile su cui si affacciava una abitazione di modeste dimensione, a due piani e affiancata, in entrambi i lati, da altre casette più piccole.
Al di là dei tetti si intravedeva una campagna rigogliosa ed alberi da frutto.
Ancora pochi minuti e avrebbe iniziato la sua nuova vita in quei luoghi.
Una vaga ansietà mista ad eccitazione ed emozione si impossessò del suo cuore facendolo fremere….
ANGOLO DELL'AUTRICE
Ebbene sì, vorrei continuare questa storia perchè il personaggio di Alain mi piace tantissimo. Sarà il mio personale tributo a questo grande amico di Oscar e Andrè. Non so se verrà una storia carina...boh, ci provo! Grazie a chi si è avventurato fino a qua!
Baci!
Sandra

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Capitolo 3
*** Pensieri ed emozioni ***


Pensieri ed emozioni
 
Il portello si aprì ed apparve Alain con un sorriso smagliante e uno sguardo carico di dolcezza; abbassato il predellino, Alain tese la mano a Martine che l’afferrò e guardandolo con infinita tenerezza, scese, sollevando un po’ con l’altra mano l’ampia gonna del suo vestito.
 
- Ci siamo – disse Martine alternando lo sguardo su quello di Alain, rassicurante, e sulla porta della casa di fronte a sé che si aprì.
 
- Nervosa? -  le chiese Alain accarezzandola con gli occhi.
 
- Un po’…- rispose esitante.
 
- Stai tranquilla…i miei zii sono persone eccezionali….
 
- Se me lo dici tu… ci credo…
 
E con il cuore a batterle fremente nel petto, il braccio sinistro disteso lungo il fianco a sfiorare la mano destra di Alain e Lucien a seguirli con in mano le sue due valigie, Martine si ritrovò davanti due persone di mezza età, sorridenti e gioviali.
 
- Alain!- esclamò lo zio gettandosi tra le sue braccia e riempiendolo di sonore pacche sulle spalle – Canaglia del  mio cuore….sono proprio felice di rivederti! E lei è….uhm…fammi indovinare….Martine! – scherzò zio Joseph, un uomo molto alto e corpulento, folti capelli bianchi, il volto dai lineamenti proporzionati in un ovale perfetto, qualche ruga a sottolineare degli occhi azzurri vividi e allegri. Era ancora un bell’uomo nonostante i suoi sessant’anni da poco compiuti – Benvenuta, mia cara, Alain mi ha parlato tanto di te quando è venuto qua alcune settimane fa. So tutto e….vedrai, ti troverai bene con noi – lo zio le strinse le mani con calore e poi, allungando un  braccio dietro di sé, fece cenno alla moglie di avvicinarsi.
 
- Buongiorno a voi, Martine…Vi chiedo scusa per mio marito che si rifiuta di usare le buone maniere….Joseph caro, questa confidenza è inopportuna con la nostra ospite appena conosciuta – lo rimproverò bonariamente la moglie – Io sono Adèle, piacere di fare la vostra conoscenza…
 
- Zia! Niente formalismi! Lasciali ai nobili queste finte smancerie….noi siamo veri e anche Martine…concordi? -  Alain si rivolse gaio verso la ragazza.
 
Alain abbracciò fortemente la zia e la sollevò in aria!
La zia era una donna di piccola statura, rotondetta, occhi e capelli castani raccolti ordinatamente in una crocchia sulla nuca.
Il viso dolce e cordiale, la carnagione perlacea macchiata da alcune efelidi.
 
- Ti fermi da noi, stanotte? – gli chiese la donna.
 
- Sì, zia; ripartiremo domani all’alba: ci aspettano altri quattro giorni di viaggio – rispose Alani occhieggiando a Lucien che annuì.
 
- Ma su, entrate a rifocillarvi un po’ – disse zio Joseph.
 
- Juliette dov’è? – domandò Alain.
 
- Ah…Juliette adesso è a casa del barone Lesage a lavorare, verrà per ora di pranzo…vedrai com’è cresciuta – rispose la zia con gli occhi luccicanti.
 
Adèle  prese Martine a braccetto e la condusse all’interno della casa, precedendo il marito e Alain.
Entrarono in una sala grande; in un angolo vi era la zona cucina composta da una credenza, il focolare, un tavolo di legno rettangolare e 4 sedie. Sulla parete adiacente il focolare erano appese padelle di varie dimensioni e altri attrezzi da cucina.
Il mobilio era molto semplice e certamente un po’ logoro ma tutto era lindo e pulito.
Un vaso di vetro con un mazzolino di petunie viola faceva bella mostra di sé sul tavolo ricoperto da una tovaglia di lino ricamata ad intaglio; piccole tele dipinte ad olio erano appese, qua e là, sulle pareti.
Alla porta-finestra vi era una candida tenda di cotone che a tratti ondeggiava, seguendo alcune folate di vento e mostrando un piccolo cortile oltre quell’uscio.
 
- Vieni, cara, ti accompagno nella stanza di Juliette: la dividerai con lei…
 
- Oh, mi spiace invadere lo spazio di Juliette - disse Martine compunta.
 
- Non ti preoccupare….probabilmente ci starai più tu di lei! Noi la vediamo solo per pranzo e cena, poi sta sempre a casa del barone per lavorare e quando finisce se ne va dove le dice la testa: a passeggiare, a trovare un’amica, in paese. Juliette è uno spirito libero, a volte solitario e….selvaggio, direi quasi. Prima era fonte di preoccupazione questo suo modo di fare, ora abbiamo capito che è la sua natura, il suo carattere e…va bene così! In fondo non fa nulla di male! E’ una brava figliola…. -  spiegò Adele.
 
- Ah…capisco. Beh, siete due genitori ammirevoli perché la lasciate libera di essere com’è…- osservò Martine.
 
- Noi vogliamo che sia felice e per questo dobbiamo accettarla secondo il suo carattere….Ma sai, non ti credere….non è semplice. Le persone che ci conoscono ci criticano e pensano che siamo pessimi genitori perché non le imponiamo certi atteggiamenti e….oh, ma ti sto scocciando! Su….basta parlare di Juliette! Vieni, ti mostro la stanza – disse la donna aprendo una porta scricchiolante.
 
Una decisa fragranza di lavanda le investì e Martine se ne sentì inebriata; e notò, subito accanto alla porta,  sopra una piccola cassapanca, un vasetto di terracotta stretto e allungato ricolmo di fiori di lavanda che davano anche un tocco di colore in quella stanza piccola ma accogliente.
All'unica  finestra vi era una tendina di cotone  bianca, il cui bordo inferiore era ricamato con motivi floreali azzurri.
Al di sotto di quell’unico punto di luce vi era un letto e accanto, a pochi centimetri di distanza, vi era l’altro; entrambi erano rifatti  con copertine leggere azzurre.
I comodini erano due sgabelli rotondi,  recanti ognuno un candeliere.
Come capezzali vi erano due semplici croci in legno e su uno era appeso un rosario.
Un armadio a due ante era sistemato di fronte ai letti e di seguito vi era un tavolo quadrato occupato da due catini e due brocche.
La porta sbatteva sul letto più vicino e muoversi in quella stanzuccia non era semplice.
Un’ immagine fuggente attraversò la mente di Martine ed ella rivide, in attimi fulminei, la stanza di casa sua, grande e riccamente adornata….niente a che vedere con quella in cui si trovava adesso.
Un istante di nostalgia invase il suo cuore ma quasi
subito svanì, così come era arrivato.
Non era certo una casa povera ma era semplice, essenziale ma tanto dignitosa; e non seppe spiegarsi perché le trasmettesse soprattutto una sensazione di calore e serenità.
I semplici particolari che notò, il vasetto con la lavanda ed il suo gradevole profumo, le croci alle pareti, la tendina ricamata, i letti ben rifatti….erano segno di attenzione, di cura, di garbatezza e avvertì, a pelle, che quelle persone dovevano essere davvero oneste e signorili.
Sentiva premura e cordialità nei loro modi e nelle parole e sincera accoglienza della sua persona e del suo piccolo fardello da fuggiasca.
Un ‘altra immagine prese forma nei pensieri: suo padre….
E a seguire, un’altra ancora: sua madre….
Un fremito nel petto e le sembrò che il cuore le fosse precipitato nello stomaco….
 
Mamma, papà….siete preoccupati per me? Mi spiace ma……Vi manco? Voi mi mancate…sì….ma devo stare qui. La mia vita è più importante degli affari e voi non avete saputo capirlo…
 
Un improvviso calore si diffuse negli occhi che divennero lucidi di lacrime…
Non voleva piangere però, così provò a ricacciare indietro quelle stille ma Adele le vide .
 
- Se senti di piangere…fallo Martine. Immagino quanto ti sia costata questa fuga anche se l’hai fatto per il tuo bene….è normale avere un po’ di nostalgia dei tuoi, della tua casa, delle tue cose….Trattenere il pianto non serve, anzi, piangere aiuta a ripulire la tua anima da tutte le inquietudini e le tristezze. Lasciati andare… - le suggerì teneramente Adèle posandole una leggera carezza sulla guancia.
 
Quel gesto, sincero e spontaneo, liberò la tensione che Martine aveva accumulato dentro di sé e che, presa da tutti i momenti concitati della fuga, non aveva sentito…ma ora chiese il suo conto.
La ragazza abbassò il volto, si coprì gli occhi con le mani e proruppe in un pianto sommesso mentre i singulti le scuotevano le spalle.
 
Adèle, dopo un primo attimo di silenzio, accolse Martine tra le braccia che sfogò tutta la marea di dolore e tristezza che davvero non credeva di avere dentro.
Avrebbe voluto dire qualcosa ma le parole si confondevano nella testa e si scioglievano solo in fiumi e fiumi di lacrime.
 
- Su, cara, stai tranquilla….con noi, vedrai, che ritroverai la pace….- disse Adèle accarezzandole i capelli.
 
- Saranno preoccupati i miei genitori… - disse Martine singhiozzando -  Saranno distrutti dal dolore ma io…io….io non potevo fare diversamente!
 
- Non tormentarti  Martine….non sentirti in colpa…davvero… -  cercò di consolarla Adèle, stringendo e accarezzando quelle spalle e quella schiena adesso molto scosse dal pianto irrefrenabile che divenne presto verbo disperato.
 
- Ho lasciato loro una….una…lettera dove ho spiegato il motivo della fuga ma…ma so che non capiranno ed anche se lo faranno, soffriranno da morire…non sarà una consolazione per loro…o…forse sì…non so….Mi spiace essere stata costretta a tanto ma….
 
- Basta Martine, smetti di pensare. Pensa alla tua nuova vita…Non sarebbe stato giusto sacrificarla per un desiderio assurdo e sbagliato di tuo padre. I figli non sono dei genitori….ma non tutti i genitori lo comprendono. I figli devono loro rispetto, senz’altro, e amore ma nulla di più. Tu sei stata coraggiosa a non buttare la tua vita, davvero, e io ti ammiro. Non hai sbagliato con i tuoi genitori, assolutamente no…convinciti…- la esortò.
 
Martine sollevò lo sguardo blu, inondato di lacrime, verso la donna e la fissò dolcemente: comprese di aver trovato forse una seconda mamma e sorrise, sorrise di una piccola gioia.
Si rendeva conto che, era vero, la vita le aveva proposto di percorrere una via alternativa a quella che le ragazze borghesi percorrevano, obbedendo alla volontà paterna e accettando spesso mariti senza amarli; molte di loro erano semplicemente abituate ad accettare questa realtà come l’unica possibile e sapere che quello era lo scopo della loro vita: sposarsi, procreare, occuparsi della casa e della famiglia aspettando balli ed eventi in società per distrarsi. E cogliere in queste occasioni, magari, la possibilità di un amore vero ma clandestino.
Anche lei desiderava una famiglia ma non un uomo che non amava….
I suoi genitori non erano del tutto bigotti e aveva sempre capito che avrebbero accettato un fidanzato scelto da lei solo se fosse piaciuto a loro.
Ad alcune sue cugine e amiche era capitato di sposarsi per amore e pertanto lei aveva ben sperato per la sua vita…e invece…..
E invece lei, diversamente da amiche e coetanee, si era ritrovata dentro una specie di avventura, ricca di incognite ma anche di un amore imprevisto e travolgente….
 
Alain….

Eccola la piccola gioia che ritornò a vibrare in lei...
Un sorriso sereno si delineò sulle labbra che piccole lacrime ancora lambivano...
Il volto di Alain prese forma nei suoi pensieri…
Il suo sorriso beffardo addolcito dallo sguardo sincero e limpido, il ricordo dei suoi baci, la tenerezza delle sue carezze e l’inquietudine lentamente svaporò dalla sua anima.
Il sorriso di Martine si aprì del tutto…
Era ancora appoggiata sul corpetto di Adele e le lacrime si asciugarono sul tessuto rosa del suo semplice vestito e sentì che stava meglio, che la grinta stava tornando alla carica…
Alzò il volto e fissò la donna.
 
- Grazie Madame De Soisson…grazie dal profondo del mio cuore. Non piangerò più davvero…
 
- No – l’interruppe la donna – Devi invece, tutte le volte che vorrai…da sola o anche qui, sul mio petto – spiegò Adele poggiandosi una mano sul seno.
 
- Oh, sì…ho capito, ho capito l’importanza di non trattenere il pianto quando vuole spazio….lo so…. – confermò Martine.
 
- E’ l’altro modo che l’anima conosce per farsi sentire quando ci dimentichiamo chi siamo… - rafforzò il suo concetto.
 
- E’ vero – convenne Martine – Adesso sono serena e tranquilla…il pianto ha svolto la sua funzione – confermò la giovane allontanando le lacrime dalle guance con i dorsi delle mani.
 
E mentre la pace ritornava nel cuore di Martine, una leggera inquietudine mista ad una dolce tenerezza gravava nel cuore di Alain.
Era andato a cercare Martine ma trovando la porta semiaperta e sentendola singhiozzare, era rimasto  fermo sull’uscio, gettando gli occhi e il cuore oltre quello spiraglio.
Aveva visto Martine tra le braccia della zia e ascoltato le sue parole di dolore e di delusione provata per i genitori…e poi la serenità rinascerle nel cuore….
Alain aveva poggiato la testa sullo stipite della porta, allungando lo sguardo sulla sua dolce Martine.... e aveva provato una tenerezza indicibile.
E non solo….
Il cuore aveva preso a pulsargli freneticamente spinto da quel sentimento inedito che solo Martine era riuscito a insinuargli…
Amore….
Com’era forte questo amore per lei… e ne era conquistato, soggiogato, piegato totalmente…
La figura aggraziata di Martine, che piangesse o sorridesse, aveva quell’incredibile potere di creargli un tuffo al cuore,  così come di suscitargli un’emozione fortissima nella pancia e sentire un calore fremente nelle vene…
Sentiva che era sua, che voleva vivere di lei, stringerla tra le braccia, coccolarla, farle sentire che l’avrebbe protetta e che poteva e voleva farla felice…
Era diventato un desiderio fisso dilagante nella testa e nell'anima.
Si emozionò.
 
Non ti riconosco più Alain…
 
Sorrise nel suo solito modo sornione e beffardo ma questa volta il bersaglio del suo sarcasmo era lui….
Provò simpatia per se stesso e comprensione di sé…nessuna fuga da emozioni e sentimenti che aveva sempre faticato ad accogliere in modo naturale preferendo un atteggiamento disincantato.
No, adesso non aveva più paura di sentire i suoi sentimenti e viverli…avrebbe di certo continuato a condire di ironia e sarcasmo il suo linguaggio ma questo faceva parte del suo essere scanzonato e allegro….
Aveva una incredibile voglia di correre da lei e di accucciarsela contro il suo petto, farsi travolgere dalla sua dolcezza e donargli il suo amore senza alcun confine e senza timori.
Era pronto, sì.
Unico cruccio: la sua partenza e la certezza che non sarebbe tornato tanto presto.
Questa constatazione gli procurò una fitta al petto, un dispiacere infinito e…paura, sì per questa lontananza, paura…
E non perché a casa dei suoi zii Martine non fosse al sicuro, quanto per la situazione precaria e tumultuosa che l’attendeva a Parigi, in caserma….
Quello era il vero cruccio che graffiava il suo cuore…
Ma se c’era una cosa che aveva imparato a fronteggiare nella sua vita, era proprio la paura…mai aveva avuto la meglio su di lui e nemmeno questa volta sarebbe accaduto, specie adesso che la vita gli aveva donato un essere prezioso da proteggere, dopo la sua cara e defunta sorellina Diane...
 
ANGOLO DELL'AUTRICE
Continua il mio piccolo viaggio nelle vicende di Alain e di Martine...Questo capitolo, come il precedente, ci presenta ancora il lento esordio della nuova vita di Martine, conoscendo gli zii di Alain. C'è di nuovo spazio per pensieri ed emozioni nel cuore dei due innamorati....e timori per Alain per la Rivoluzione che a breve accadrà...
Grazie per chi mi segue e  mi legge in questo mio esperimento, che commenti o no! Grazie sempre!
Baci,
Sandra

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Capitolo 4
*** Sapore d'infanzia ***


Sapore d'infanzia

- Tutto bene? – chiese Adèle a Martine.
 
- Oh, sì – rispose la ragazza con un sorriso aperto e sereno ma lo sguardo ancora lucido e luccicante delle ultime lacrime versate.
 
- Su, allora, forza…prendi possesso della tua camera – disse Adèle accarezzandole le guance e scostandole una ciocca di capelli che le ricadeva sulla fronte – Il tuo letto  è questo – aggiunse la donna indicandole quello accanto alla porta – E l’armadio, anche se piccolino, ha ancora un po’ di spazio per i tuoi abiti ed eventualmente puoi anche utilizzare la cassapanca. Comunqu... non è che qui si faccia così tanta vita mondana …non avrai bisogno di cambiarti d’abito tanto spesso! – esclamò la donna con un sorriso allegro.
 
Martine sorrise a sua volta.
 
- Anche se in certi periodi dell’anno, in concomitanza con le principali attività agricole, organizziamo delle feste che specialmente i giovani aspettano con tanta ansia…te ne accorgerai presto e sono sicura che ti piaceranno – spiegò Adèle.
 
- Non ne dubito …sarà bello scoprire un nuovo mondo – affermò Martine con occhi volitivi.
 
- Ma la valigia quando te la portano? – si domandò poi la zia voltandosi verso la porta.
 
E fu in quell’istante che fece la sua comparsa Alain con il bagaglio di Martine.
 
- Oh bene, Alain, eccoti qua…fai attenzione, piano… - Adèle osservò che lo spazio tra la porta e il letto fosse davvero esiguo e notò la fatica di Alain nell’avanzare all’interno.
 
- Questo secondo letto, recuperato in soffitta, ha ridotto lo spazio qui ma…. pazienza…. – disse Adèle quasi mortificata al pensiero che Martine avrebbe dovuto accontentarsi di una stanza così stretta e da dividere per di più con Juliette.
 
- Madame, non aggiungete altro, ve ne prego! Questa stanza è tutto lo spazio della mia salvezza…non ho bisogno d’altro, davvero.
 
-Bene, cara, sono contenta di sentirti serena. Ora vado a preparare la colazione, alcuni minuti e vi aspetto in cucina… - così dicendo, Adèle racchiuse il volto di Martine tra le mani ed uscì.
 
Rimasti soli,  Alain e Martine si guardarono con un sorriso per lunghi istanti, poi la ragazza si gettò tra le braccia di lui,  impetuosamente, e affondò il viso sul suo petto caldo e vigoroso, prendendolo di sprovvista.
Con le braccia penzoloni, Alain rimase per un momento fermo,  imprigionato da un'emozione dolcissima…
Poi lentamente, le sue braccia si sollevarono e  si chiusero attorno alla schiena di Martine.
Adagiò con estrema leggerezza una guancia sul suo capo, chiuse gli occhi e si lasciò accarezzare dal tocco liscio dei suoi capelli e dal suo delicato profumo.
La strinse più forte a sè e si sentì travolto da nuove ondate di emozioni,  così vibranti e toccanti da provocargli brividi in tutta la schiena.
Si sentì spogliato di se stesso, di ciò che aveva sempre mostrato agli altri e che aveva permeato i suoi atteggiamenti.
Avvertì una nuova identità farsi spazio dentro di sé, perlomeno nei riguardi di Martine, verso la quale il sentimento d'amore, così improvviso e inaspettato, aveva innescato una vera deflagrazione nella sua vita.
La sua anima aveva ritrovato la parte dolce e tenera, delicata e fragile per completarsi con l'altra parte di sè, disincantata e smaliziata.
Non si può essere in un solo modo e quando ci si costringe a non accettare altri aspetti del proprio essere, si finisce per perdere qualcosa e a ripetersi negli stessi noiosi stereotipi, in una stancante recitazione sempre uguale e frustrante.
 
Piccola…mi hai stregato…o forse, più semplicemente hai dato spazio alle mie luci e alle mie ombre, senza dover essere le une o le altre. Sono in pace con me stesso. Posso amare davvero, voglio amare….. e voglio amare te….Solo non vorrei andare via....
 
Dopo un lungo abbraccio, Martine si staccò e lo osservò allegra.
 
- Alain. ...grazie. ..di tutto - le mani strette alle sue, fortemente -Vorrei baciarti ma...non mi sembra il caso. ..potrebbe vederci qualcuno -disse la ragazza.
 
- Perché?  È un segreto? - domandò Alain con un sorrisetto - Vuoi che rimanga ancora un "affar nostro"? -aggiunse il ragazzo alzando le  sopracciglia in un modo buffo.
 
- Non sono da nascondere i nostri sentimenti ma. ..sì. ..preferisco che per adesso rimangano una cosa nostra. Un pizzico di timidezza mi impone un po ' di riservatezza: ti dispiace, forse?
 
- Assolutamente no,  Martine.Va benissimo,  ti comprendo...
 
Uno sguardo fugace alla porta semi aperta e Alain lasciò un bacio sulle labbra di lei; uno schiocco leggero e un reciproco sorriso. ..poi, prendendola per mano,  la condusse fuori.
Giunti sulla soglia della cucina,  le dita intrecciate iniziarono a slegarsi e separarsi lentamente.
 
***
 
Dopo aver consumato un’abbondante colazione, gustando l’ottima marmellata di fragole di zia Adèle, Martine ritornò nella sua nuova stanza per disfare le valigie mentre Alain andò a fare un giretto con lo zio per i campi coltivati, inebriandosi dell’amato profumo della terra misto ai sentori di foglie, fiori e della salsedine del mare, non  molto distante.
Il giovane respirò più volte a pieni polmoni, alzando gli occhi al cielo, limpido e terso…
Osservò il volo energico di alcuni gabbiani e si sentì dentro un istante perfetto della sua esistenza: si sentì felice.
Chiuse gli occhi e allargò le braccia nel gesto simbolico di abbracciare la sua vita, in quel momento, ricco d’amore come non mai, in un luogo amato con accanto lo zio che adorava e con in testa Martine che però…. agitava di passione il suo cuore.
Alain non era particolarmente religioso ma per un attimo rivolse un sentito “grazie” a Dio e poi…senza alcun rimando razionale, il volto di Diane le apparve nel cuore e i suoi occhi divennero lucidi.
Il richiamo del suo nome e Alain si voltò verso il frutteto. ...
Una pesca rossa, con un volo a traiettoria parabolica, giunse, grazie ai riflessi pronti e allenati, nel palmo della sua mano destra.
 
- Assaggia un po'. ....una vera squisitezza!  - esclamò zio Joseph, le mani intrecciate alle foglie che incorniciavano numerosi frutti.
 
Un sorriso affettuoso e Alain addentò il frutto: un boccone fragrante e succoso deliziò il suo palato mentre il suo profumo, dolce e tipicamente estivo,  gli riportò alla memoria ricordi di infanzia. ....
In quel morso ritrovò il sapore della sua infanzia, l’allegra spensieratezza spesa in quel luogo durante i pochi ma intensi giorni trascorsi con gli zii…
C’era il contatto con la natura nella rigogliosa e ardente stagione estiva, nelle corse sfrenate lunghi i filari dei frutteti e delle viti, nei salti e nelle cadute volute tra l’erba morbida e fresca, nelle lunghe nuotate in un mare freddo ma frizzante; nei profumi di frutti e fiori e della brezza marina ricolma di salsedine….
Un anno trascorso a studiare prima e poi a lavorare, valevano ogni sforzo e fatica perché ricompensati da quei sette giorni,e nei tempi migliori anche dieci, trascorsi a Dieppe.
Allora la sua anima era gaia ed esplosiva, serena.
Era tutto cambiato con la morte precoce di suo padre, la persona nella quale si era sempre riconosciuto fortemente, nell’indole e nei modi di fare.
Quella perdita ingiusta e le successive difficoltà economiche avevano oscurato la sua serena fiducia nella vita e, annacquando la sua innata fantasia e creatività, avevano dato forza ad un approccio più razionale, disincantato e disilluso verso la vita, le persone e anche verso i sentimenti, relegando, nel cantuccio difficile della sua famiglia, la parte di sé ancora infantile e allegra.
Dopo la morte del padre, ovviamente, anche le brevi vacanze a Dieppe si erano ridotte fino a diventare sporadiche, biennali o triennali.
E nonostante le difficoltà della vita, Alain non aveva dimenticato quei tempi meravigliosi che avevano temprato di solarità la sua anima anche se aveva poi deciso di nasconderla al mondo.
Masticando il boccone di pesca, assaporando il gusto speciale di un tempo passato, riemerse l’Alain bambino con tutte le speranze di allora e corroborate adesso dal suo primo vero amore…
 
- Buona, vero? -  domandò lo zio avvicinandosi, accarezzando un’altra pesca, odorandola con gli occhi chiusi e poi addentandola con ingordigia e voracità.
 
- Ottima, zio! Ricordi le scorpacciate che facevamo io e….Diane….- il tono euforico di colpo si smorzò nel pronunciare, senza rendersene conto, il nome della sorella.
 
Un moto di tristezza catturò il cuore dei due uomini che si guardarono atteggiando le labbra in una smorfia di dolore.
 
Gli occhi dello zio luccicarono e riversarono inesorabilmente lacrime amare.
Avvertì prepotente la voglia di parlare di lei, di ricordarla e piangere la sua fine tremenda..
Era un lutto difficile da elaborare e a cui rassegnarsi serenamente.
Una morte violenta, autodeterminata lucidamente nell’umiliazione e nella delusione di un amore tenero e romantico, in una ragazza dolcissima, buona e generosa come poteva essere accettata semplicemente ricordando il suo valore?
Ogni preghiera a lei rivolta non placava il dolore ma rinforzava solo tanta rabbia.
L’urgenza di lamentarsi, di inveire contro un Dio indifferente e contro la società malsana che aveva creato quell’unica soluzione di pace per Diane, si fece veemente nel cuore dello zio.
 
- Maledetto quel conte e maledetti quei nobili senza cuore! Che andassero a morire e bruciare tutti all’inferno! La mia…piccola Diane…. – zio Joseph scatenò la sua invettiva innalzando un pugno e brandendolo nell’aria con gli occhi accecati di odio e di altre lacrime.
 
Alain aveva talmente consumato  la sua anima con l’odio e la rabbia verso gli stessi destinatari citati dallo zio da aver realmente esaurito quei sentimenti negativi, e pensare la sua Diane significava ormai solo rattristarsi e piangere.
Pianse Alain in quel momento, in silenzio, dignitoso e sereno.
Lo zio, evidentemente, non aveva ancora raggiunto quello stato di accettazione e accoglimento di un tale evento così terribile.
Certo, la presenza di Martine, il desiderio di salvarla e i relativi progetti per riuscirvi avevano accelerato la rassegnazione in Alain e ora guardava lo zio con tenerezza.
Lo abbracciò fortemente.
Sentiva le sue spalle scosse da singulti e singhiozzi prima soffocati poi liberati in un pianto forte e sonoro.
 
- Zio….ho verificato sulla mia pelle che coltivare l’odio e la rabbia non serve a riportare Diane in vita…proprio no – sorrise sarcasticamente – Rassegnarsi si può ma il dolore rimarrà sempre vivo e pungente e sarà la croce che Dio ha destinato per me e per chi ha amato la mia sorellina. E’ così. Non c’è nulla da fare….
 
- Ma….quello lì…io… – lo zio tentò ancora una volta di ribellarsi poi d’improvviso s’ammutolì – Oh, cavolo…c’hai ragione Alain….c’hai proprio ragione – riprese poi egli portandosi le mani agli occhi e, quasi conficcandosi le dita dentro, allontanò le lacrime e asciugò, con i palmi, quelle che erano ricadute lungo le guance.
 
- Zio…non voglio più ricordare Diane sentendomi invadere dall’odio e dall’impotenza. Basta. Voglio celebrare solo il suo ricordo con un sorriso, con l’amore che provo per lei e che la morte non cancellerà. E conservare nella memoria la sua bontà e dolcezza mi aiuterà a essere un uomo migliore…Possiamo provare a pensarla così? – disse Alain guardando gli occhi lucidi dello zio nei quali si specchiavano i suoi, allo stesso modo bagnati e luccicanti.
 
- Certo, Alain…certo… - assentì l’uomo ancora commosso.
 
Alain riabbracciò lo zio per un tempo che sembrò infinito, poi quel momento così intenso e intimo venne rotto da un dito che punzecchiava ripetutamente la schiena di Alain che si voltò immediatamente.
 
- Ma chi cavolo….Juliette! – gridò il giovane staccandosi dall’abbraccio dello zio per ritrovarsi in quella della cugina.
 
- Alain! Sono felice di vederti…..il mio cuginone – e, com’era solita fare, gli strinse le guance in pizzicotti affettuosi.
 
- Ahi! – scherzò il ragazzo.
 
- Ahi???Ma se hai la pelle più dura di mulo! – esclamò Juliette smettendo con i pizzicotti.
 
 E allacciando, poi le braccia al suo collo si aggrappò con le gambe attorno ai suoi fianchi.
 
Ridendo da matti, Alain tenne salda Juliette alla schiena, poi iniziò a ruotare  su se stesso e le gambe di Juliette volteggiarono, sferzando l’aria, carica delle loro risate divertite.
Alcuni secondi di folle rotazione e Alain mise giù Juliette, ancora in preda a fragorose risate e respiri affannati.
La tenne fortemente per le spalle perché barcollava un po’ e dopo averle stampato un sonoro bacione sulla fronte, la osservò come sempre estasiato.
 
- Sei bellissima, cuginetta!
 
Juliette, biondissima di capelli e con due occhi a mandorla color della pece, non era la classica bellezza ma aveva il fascino del temperamento volitivo che il suo volto, spruzzato di numerose lentiggini, esprimeva in pieno.
Era gioviale e allegra come i De Soisson ma anche così  spesso chiusa, eterea, selvaggia e imperscrutabile nei modi di fare, nei gesti e nelle parole.
Contrasti accesi nella sua personalità atipica, ribelle e caparbia.
Spesso una figlia difficile per i suoi genitori, in una società fortemente maschilista che vedeva nella donna solamente un essere assoggettato al padre o al marito, senza alcuna possibilità di inventarsi la propria vita e farne il proprio capolavoro.
Juliette aveva un’intelligenza viva, era empatica, risoluta, pratica e contemplativa allo stesso tempo; grande divoratrice di romanzi, poesie, saggi e libri “proibiti”…possedeva una cultura immensa nonostante non avesse continuato gli studi scolastici dato che i suoi genitori non avevano sufficienti  risorse economiche.
Ma aveva continuato a studiare da autodidatta.
Difficile imbrigliarla in schemi rigidi; spesso in conflitto con la madre, andava maggiormente d’accordo con il padre, spirito libero quanto lei….
Era una delle stiratrici di Palazzo Lesage.
Non era certo quello il mestiere che gratificava le immense passioni della sua anima ma era razionale abbastanza per capire che doveva lavorare per i suoi progetti e….tra questi non c’era il matrimonio, anche se i suoi questo avrebbero desiderato per lei un giorno.
 
- La smetti di prendermi sempre in giro? Non sono bellissima e non mi interessa esserlo! – esclamò la ragazza prendendo a solleticare la pancia di Alain.
 
- Ferma, piccola peste! –si agitò il cugino allontanando le mani di Juliette che però, inarrestabili, non si fermavano.
 
- Juliette…ma smettila! Lascia in pace il povero Alain…e rientriamo in casa che il pranzo è pronto – decretò Adèle sopraggiungendo in quel momento insieme a Martine.
 
- Ciao, tu sei Martine? – domandò Juliette fissando con occhi penetranti e indagatori Martine, un po’ impacciata e intimidita.
 
Non sapeva spiegarsi perché ma Martine provò una strana sensazione nel petto, una sorta di ansia verso quella ragazza che, mentre si avvicinava con Adèle verso il frutteto, aveva visto così esuberante e vulcanica con Alain….
Istintivamente non provò  simpatia...
E poi…poi la guardava come volesse scoprire in lei qualcosa di sbagliato.
 
Che sei stupida…che vai a pensare?

ANGOLO DELL'AUTRICE
E con la presentazione di Juliette, l'abbandono di Alain alle  sensazioni genuine e vere della sua anima e la certezza di aver elaborato il suo lutto, sono pronta dal prossimo capitolo a entrare nel vivo della storia!
Grazie a chi ha il piacere di seguire questa piccola storia!Vi ringrazio tutte!
Un abbraccio,
Sandra

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Capitolo 5
*** Essere liberi ***


Essere liberi
 

- Si vede proprio che sei una ragazza borghese…ricca…- disse Juliette  con un sorrisetto sardonico, squadrando da capo a piedi Martine.
 
- Juliette! -  la riprese la madre -  Che osservazione fuori luogo….e…
                                                                                                                                 
- E’ offensivo giudicare una persona ricca e borghese? –  Juliette rimbeccò  la madre con uno sguardo sereno e penetrante allo stesso tempo.
 
- No, ma è un giudizio, appunto….che sembra nascondere un pensiero sottinteso….- spiegò la madre.
 
- Sono tutti pensieri sottintesi tuoi, mamma…io ho fatto solo una semplice osservazione, senza voler dire niente di diverso da questa stessa….
 
- Tacete, per carità!- esclamò zio Joseph  alzando gli occhi al cielo – Siete impossibili tutte e due…povero me -  sbuffò poi.
 
La risata di Alain, allegra e fragorosa, risuonò nell’aria attraversata però da incroci di sguardi contrastanti; lo zio aveva un’espressione mestamente rassegnata rivolta alle sue donne che si guardavano con il consueto atteggiamento di sfida…mentre Martine alternava i suoi occhi stupiti e vagamente imbarazzati su di loro.
 
- Martine, non ci fare caso…la mia zietta e la mia cuginetta sono così..peggio di cane e gatto! Inizia a farci l’abitudine! – disse Alain tentando di smorzare la tensione.
 
- Ma anche no…!- rispose Juliette -  Non deve farci l’abitudine…può anche schierarsi liberamente per l’una o per l’altra o manifestare il suo dissenso, ignorandoci. Per quanto mi riguarda, io parlo consapevole di ciò che dico! –  incollerita e inviperita, Juliette piantò tutti in asso e si diresse rapida verso casa, lasciando nell’aria tensione e imbarazzo.
Compunto e desolato zio Joseph fulminò con lo sguardo la moglie, ferma ad osservare la fuga della figlia a bocca aperta  e con gli occhi accigliati.
 
Martine provò un forte disagio a trovarsi spettatrice di quel momento tutto familiare e avrebbe tanto voluto dileguarsi, come Juliette.
Ma rimase ferma lì, lo sguardo imbarazzato….attimi di pesante silenzio, rotto solo dai passi decisi di Juliette che frusciavano lievemente sfiorando l’erba alta e le frasche degli alberi.
 
- Riuscirete mai a controllare le vostre reazioni in presenza di persone che non conoscendovi potrebbero rimanerci un po’ male? -  domandò zio Joseph rivolgendosi alla moglie e poggiando la mano sulla spalla di Martine.
 
- Oh, Monsieur De Soisson…non datevi pena! Non pensate a me…
 
- Non hai torto, Joseph…- convenne la moglie- Scusami Martine…eviterò in futuro di ribattere a mia figlia, in tua presenza, spero lo farà anche lei…
 
- Non preoccupatevi Madame….sentitevi liberi di comportarvi come sempre, invece, altrimenti mi sentirò un peso per voi….e non voglio…
 
- No, no…è che a volte, è vero, io e Juliette litighiamo nei momenti meno opportuni…
 
- Va bene, su…non è successo niente. Si va a mangiare? Il mio stomaco brontola così tanto che fra poco lo sentirà tutto il circondario!  -  esclamò Alain muovendo i passi verso casa.
 
- Eh sì, mangiamoci su….Andiamo – approvò lo zio prendendo a braccetto Adèle e precedendo, Alain e Martine, sul vialetto sterrato che conduceva sul retro della casa.
 
Martine, accompagnata dal lontano ronzio di insetti e dallo scalpiccio dei loro passi, rifletté su ciò che era accaduto poco prima; in fondo nulla di grave ma percepì un’evidente conflittualità tra madre e figlia che il padre mal tollerava, cercando di promuovere in loro atteggiamenti positivi.
 
Juliette ha senz’altro un bel caratterino…non era sbagliata la sensazione che ho avvertito prima…E’ un tipo volitivo e ribelle e la madre regge poco questo modo di essere. Però,a onor del vero, mi è sembrata un po’ esagerata la reazione di Adèle all’osservazione di Juliette su di me:  non era per niente malevola. Spero comunque di non dovermi mai trovare in altre situazioni imbarazzanti o di rompere gli equilibri di questa famiglia con la mia intrusione….
 
Fu quest’ultimo pensiero a gettare un’ombra scura nella sua anima….
Martine comprese che la sua fuga per la salvezza non si era conclusa con l’arrivo in quella casa ma rappresentava l’inizio di una nuova vita il cui futuro era ignoto e non certo scevro di difficoltà; la sua conquistata libertà era assolutamente parziale, dovendosi inserire in un gruppo familiare con dinamiche già ben consolidate e che, chissà, se lei sarebbe andata a rompere o dissestare.
Avrebbe dovuto assumere sempre atteggiamenti attenti e rispettosi, in bilico tra un mondo ancora sconosciuto e se stessa, con tutto il suo essere e sentire.
Sapeva che la scelta fatta avrebbe comportato tante difficoltà.
Scegliere di scappare, seguendo l’istinto di salvarsi da un matrimonio sbagliato, era stato in fondo facile, sostenuta anche dall’aiuto e dal sostegno di Alain…ma ora era lì, a Dieppe, presso una famiglia perbene, ma non la sua, e tutta da scoprire…
Si stava giocando la vita sulla quale, forte solo di quello che era, stava scommettendo tutto.
Certo, sapere che Alain l’avrebbe protetta e che l’amava riempiva il suo cuore di serenità ma….lui fra poche ore sarebbe ritornato a Parigi e non sarebbe ritornato tanto presto.
Avrebbe iniziato la sua nuova vita, da sola….
Il cuore le balzò nel petto, preda di un vago sconforto e inquietudine, e per un attimo si sentì perduta….
Ma furono solo attimi di avvilimento, poi l’indole indomita e intrepida che l’animava, prese il sopravvento e si fece coraggio.
 
Non è da me arrendermi…ce la farai, ce la farai in qualche modo….
 
Elaborò quel pensiero con un sorriso che la sua anima le mandò con fiducia e seppur gli occhi le si riempirono, per brevi istanti, di lacrime, queste furono presto ricacciate….
Sollevò lo sguardo verso Alain che  fissava il cielo fulgido di sole e lo chiamò, dedicandogli un nuovo sorriso disegnatosi sulle labbra a contemplare quel volto dai lineamenti decisi e volitivi e così attraenti.
Avrebbe voluto stringersi a lui ma si accontentò di sfiorargli il braccio disteso lungo il fianco.
 
- Alain….
 
- Martine… - Alain pronunciò quel nome con infinita dolcezza – Dimmi….sei dispiaciuta per il piccolo alterco tra mia zia e mia cugina?
 
- No, Alain…anche se temo che la mia presenza potrebbe creare disagi in questa convivenza forzata…
 
- No, devi stare tranquilla. Zia e Juliette sono peggio di cane e gatto, come dicevo prima, ma allo stesso tempo si adorano. Si infiammano per niente e in un solo istante, si mandano gentilmente a quel paese ma dopo pochi momenti passa tutto e ritorna la quiete nei loro animi. Imparerai a conoscerle e a farci l’abitudine. Mio zio non le sopporta quando fanno così ma oramai si è quasi rassegnato. Tu devi stare serena….starai bene, fidati delle mie parole – disse Alain con voce accorata.
 
- Oh, ma io sono convinta che siano persone perbene i tuoi parenti, non ne ho dubbi, davvero! Solo non vorrei ritrovarmi ad essere una figura incomoda…tutto qui…
 
- Non dirlo nemmeno, lo sai. I miei zii sono felici di aiutarti e mia cugina, per quanto sia un tipo originale, a volte forse anche ostico, è una ragazza buona e dolcissima….te ne accorgerai… - la rassicurò Alain accarezzandola teneramente con lo sguardo.
 
- Sì, Alain…ti credo -  rispose Martine sinceramente e ricambiando quello stesso sguardo.
 
Un ultimo tocco leggero e appena sfiorato delle dita di Alain su quelle di Martine e giunsero sull’uscio di casa.
Entrati tutti in cucina trovarono Juliette che con un cucchiaio di legno assaggiava la minestra che ancora ribolliva nel calderone; sentendoli entrare, si voltò e li guardò con una smorfia.
 
- Mi avete scoperta! Sì, rubavo un po’ di minestra! -  esclamò sorridente e mettendosi poi a sedere a tavola.
 
Risero tutti e Martine dovette convenire con quello che le aveva detto prima Alain.
Juliette non era più arrabbiata e osservando Adèle notò che anche lei era tranquilla e sorrideva.
Il pranzo si svolse in un clima cordiale e sereno; Juliette e la madre non ebbero alcun motivo di scontro e Martine notò quanto la ragazza fosse sagace e intelligente.
Talvolta aveva dei modi fin troppo franchi e schietti  e tendenza  ad esprimersi con battute al vetriolo suscitando leggeri sguardi di rimprovero nei suoi genitori ma risate divertite in Alain.  Per Martine divenne sicuramente fonte di interesse e studio, incerta se trovarla simpatica o meno.
 
Avrò tempo per farmi un'idea più precisa. ...
 
 
***
 
 
Riflessi dorati brillavano, ondeggiando, sull'infinita e increspata distesa del mare azzurro; sembravano pagliuzze d'oro,invece, gli scintillii che baluginavano sulle dune sabbiose, rese cocenti dal sole. L'incessante risacca, che accarezzava la battigia della spiaggia, in un ritmato sciabordio, rilasciando un inebriante  e fresco profumo di salsedine, sembrava scandire un tempo. ...fuori dal tempo...
L'orizzonte blu, che si confondeva col cielo azzurro segnato dal volo di alcuni gabbiani, era solo un lontano e sfumato confine, in un paesaggio vasto e infinito. E Martine, seduta su una roccia non molta comoda, le mani a trattenere le ciocche di capelli che il vento spettinava, si sentì piccola piccola e insignificante di fronte a quel panorama immenso e grandioso che ammirava per la prima volta nella sua vita.
Era bellissimo ciò che il suo sguardo riusciva ad abbracciare e contemplare!
E quella sensazione di sentirsi piccola era meravigliosa. ...era una strana percezione di perdita della propria identità per riconoscersi parte di quel creato. ...
Natura e umanità: due parti della stessa esistenza. .....
Si sentì invadere da una grande gioia, che aveva in sé la bellezza e la dignità della vita. ...
Sorrise.
E si commosse....sentendo un tuffo al cuore e gli occhi inumidirsi.
Provò una dolce emozione mista a un vago senso di malinconia. ...
E sorrise ancora e fragorosamente vedendo un'improvvisa e ruggente onda travolgere Alain intento a lanciare sassi sull'acqua.
L'acqua gli bagnò i pantaloni che aveva arrotolato fin sulle ginocchia lasciando nudi i polpacci e i piedi.
 
- Dannazione! - esclamò Alain ridendo e avvicinandosi a Martine che si sbellicava dalle risate - Ridi di me?  Ma guarda un po’che insolente….
 
- Sei buffo! - trillò Martine coprendosi la bocca con le mani - Come faccio a non ridere!
 
Alain le fece eco, ridendo a sua volta,  e s’incantò davanti alla sua Martine…
La sua risata cristallina riempiva l’aria pervasa da una leggera e profumata brezza marina e i capelli, senza le proprie mani a trattenerli, presero a svolazzarle sul viso; e mentre rideva, lo guardava con espressione serena e divertita….
 
Sei bellissima….pensò Alain.
 
Con le dita Martine tentava di scostare dalla fronte quelle ciocche indomabili e nel far questo, fissava Alain con la profondità del blu dei suoi occhi….
 
….bellissima e dolce e inconsapevolmente sensuale e maliziosa….
Alain non resistette oltre…cadde sulle ginocchia con un tonfo attutito dalla sabbia e tese le mani ad allontanarle quegli svolazzi di capelli dagli occhi, intrecciandosi alle sue dita....
Legarono i loro sguardi innamorati  per alcuni istanti, poi Alain baciò Martine con foga  irrefrenabile mentre sentiva quelle ciocche di capelli accarezzargli il viso e le mani, dolcemente artigliate alle sue guance.
Martine, ebbra di quella passione travolgente, allacciò le sue braccia al collo di Alain e si lasciò andare all'amore per lui.
Sentiva scoppiarle in petto un desiderio intenso e prepotente, la voglia di sentire il suo corpo contro il proprio e percepire sulla pelle il calore di questo amore che le rimescolava le viscere e le procurava brividi in tutta la schiena.
Scesero le mani dal suo collo e si insinuarono dentro lo scollo della camicia e sentì la sua pelle calda  che guizzava sotto i muscoli tesi.
Era una sensazione ubriacante alla quale voleva cedere senza razionalizzarla e fuggirne......
E si lasciò andare. ....
Si lasciò andare ai baci sempre più appassionati di Alain e alle sue mani che, seguendo gli angoli e le curve del suo corpo, impressero voluttuose carezze. ...
 
- Martine,  mi fai impazzire. ..perdonami se non riesco a frenare il mio impeto....ma mi piaci troppo e ti amo -le sussurrò Alain tra un bacio e l'altro.
 
-Oh....Alain... di cosa ti preoccupi? Non smettere di abbracciarmi e di baciarmi....così. ...in questo....modo....- e consolidò quelle parole carezzandogli le guance e baciandolo con molta audacia e passione, catturando la sua lingua e giocando con essa.
 
Alain si sentì impazzire dal piacere….
Le sue mani scivolarono lungo le braccia della ragazza, godendo di quel contatto e accolse il suo corpo tra le sue braccia con tutta la dolcezza di cui era capace.
Affondò il viso  sul collo e un delicato profumo di rosa e talco intensificò il suo ardore e le mani non poterono impedirsi di accarezzarle le spalle che il vestito rosa lasciava scoperte fino a scendere nell’incavo dei seni ma allontanarsi immediatamente per non osare troppo…
Ma nel far questo, sfiorò volutamente il suo decolleté generoso con le dita sentendosi fortemente eccitato e desideroso di scoprire il suo corpo e amarlo…
Ma si fermò anche perché quello non era certo il luogo adatto.
Martine però lo spiazzò riportando le sue mani sulle sue spalle e poi,  inarcando la schiena, il suo seno lambì il petto di Alain, lasciandolo senza fiato.
 
- Ti desidero Martine….da morire….e tu non mi aiuti proprio a raffreddare i miei bollenti spiriti…-  le sussurrò baciandole il collo e inebriandosi del suo odore e della morbidezza della sua pelle.
 
- Anch’io…anch’io Alain… - rispose la ragazza accarezzandogli i capelli.
 
- Ci dobbiamo fermare….purtroppo ma…ti prometto che quando ritornerò renderò gloria alla tua bellezza e dolcezza….se tu vorrai….-  disse Alain mettendosi in piedi e sollevando contro di sé Martine che si incantò a guardarlo per lunghi istanti, senza dire nulla.
 
- Ti sei bloccata? – domandò Alain aggrottando la fronte.
 
- No, niente…volevo solo guardarti, cercare di imprimermi bene i tratti del tuo volto ed essere certa di non dimenticarli prima del tuo prossimo ritorno… - disse Martine sospirando un po’.
 
Di tutta risposta, Alain la riabbracciò teneramente….
 
- Fai, fai pure….io sono certo che non potrò dimenticare la tua bellezza e la tua dolcezza e ti prometto che tornerò appena potrò…davvero.
 
- Ti credo, amore mio…. – disse Martine sfiorandogli con le dita la fronte, gli occhi, le guance, le labbra.
 
Alain la tenne a lungo abbracciata, poi scostandola un po’, tese le mani verso il suo collo e con un movimento rapido sciolse il fiocco del suo foulard rosso e glielo annodò ai capelli in una coda di cavallo.
 
- Così mi avrai sempre vicino….tienilo dove vuoi, tra i capelli, al collo, sotto il cuscino….prendilo tra le mani e io sarò con te. Sappi che era di mio padre e non me ne sono separato mai ma a te lo affido con tutto il mio cuore.
 
Martine portò una mano tra i capelli e toccò il foulard…e si emozionò.
 
- Grazie Alain!Lo porterò con onore, rispetto e tanto amore!
 
Un altro bacio suggellò quell’istante che avrebbe accompagnato i loro ricordi durante la forzata separazione.
 
***
 
Alain giunse a Parigi dopo altri quattro lunghi giorni di viaggio trascorsi tristemente e  nella malinconia più nera. Solo il ricordo di Martine, della sua dolcezza, bellezza, dei suoi baci appassionati riusciva a infondergli la gioia e la speranza di ritrovare tale tesoro al suo ritorno.
Inoltrandosi nel centro della città, notò immediatamente  drappelli di soldati che presidiavano varie zone e quartieri; molti negozi erano stati presi d’assalto e ovunque c’erano macerie e gruppi di persone che parlavano con fervore….
E nell’aria si percepiva nettamente il ribollire di stanchezza e sfinimento per le ingiustizie patite dal popolo ed era evidente che da lì a poco le rivolte si sarebbero intensificate.
Era innegabile: la città stava covando e preparando una grande rivoluzione.
Nulla avrebbe potuto fermare il divampare del fuoco della giustizia che stava armando i parigini….e così doveva essere: il popolo, il vero sovrano di una nazione, doveva ribellarsi alle sopraffazioni della monarchia e far valere la propria dignità e umanità.
E lui era pronto a combattere, anima e corpo…..
Ma questo di certo lo avrebbe tenuto lontano dalla sua Martine e sperava di uscirne vivo.
Sì, doveva sopravvivere…per lei, più che per se stesso….
 
Alain alzò gli occhi al cielo mentre la carrozza correva spedita tra le strade affollate di gente animosa e pensò a sua sorella.
 
Diane….proteggimi tu…..

ANGOLO DELL'AUTRICE
Lentamente mi avvio nel vivo di questa storia....e ringrazio chi ha il piacere di leggere questa mia storiella!
Grazie con tutto il cuore di aver scelto di seguirmi in questo mio personale tributo ad Alain!
Vi abbraccio tutte!
Sandra

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Capitolo 6
*** Amare in silenzio. ***


Alain fissava il cielo che andava lentamente schiarendosi,  incastrato tra due grossi palazzoni vecchi e fastiscenti; le prime luci dell’alba sfumarono il blu della notte in un delicato color pervinca  ancora illuminata da qualche stella…

 Sorgendo in un cielo senza nuvole  il sole iniziò a colorarlo di strisce rosate….
La giornata si preannunciava serena e assolata ed il giovane si sentì invadere per alcuni istanti da un vivido entusiasmo che presto però si spense al pensiero della sua Martine lontana e degli scontri che avevano messo a ferro e a fuoco la città….
Scontri a cui il suo reggimento avrebbe di certo preso parte per sedarli….
La lotta era ciò che senza alcun dubbio lo aspettava e se, da una parte, era motivato a combattere al fianco dei parigini, dall'altro, se avesse potuto, avrebbe voluto semplicemente essere a Dieppe, con Martine.
Dopo una vita trascorsa a lottare e vincere contro la fame, la povertà e tutte le altre difficoltà legate al suo status di uomo del popolo, aveva solo voglia di felicità e di amore, ora che lo aveva assaporato.
Lui e Martine….sì….soli…a conoscersi meglio, a godersi l' un l'altro, a pianificare la loro vita insieme, a dimenticare i ricordi tristi e inventarsi una vita migliore…..
Un sorriso dolce, tra  guance scarlatte sfiorate da ciocche di capelli neri, si profilò nella sua mente….
 
Bellissima Martine….come vorrei averti qua, tra le mie braccia, in questo letto….sentire la tua pelle calda sulla mia, e baciarti, stringerti, accarezzarti….
 
Per alcuni attimi lasciò che la sua mente immaginasse e fantasticasse Martine che gli donava il suo amore e il suo corpo….
Maniaco, sei solo un maniaco…..
 
Alain si schernì e mentre sorrideva bonariamente a se stesso.
 
Beh….sei solo un uomo innamorato: come si fa a non desiderarla?
 
Fu la risposta che si diede con un sorriso malizioso e lo sguardo perso nel vuoto.
Un raggio di sole disegnò,  sulla parete di fronte a sé, un riquadro a scacchi, di luce dorata, mentre dai vicoli si alzavano già schiamazzi e grida di bambini…era proprio tempo di alzarsi.
Dopo la lunga licenza per accompagnare Martine a Dieppe, quel mattino riprendeva servizio in caserma.
Si sollevò a sedere e si stiracchiò, sbadigliando rumorosamente; scese dal letto con un balzo energico e corse a sciacquarsi il viso con l’acqua fredda del catino. Si spogliò e indossò la sua divisa ripiegata ordinatamente dentro il suo armadio.
Si osservò allo specchio, scheggiato in più parti, posto sopra la piccola consolle e cercò di sistemarsi la giubba.
Involontariamente portò le mani al collo per sistemare anche il suo foulard rosso ma…..si toccò il collo nudo….
 
Martine….l'ho dato a lei….chissà dove lo tiene….
 
Un sorriso malinconico prese forma sul suo volto e continuò a sfiorarsi il collo, fissando il pensiero al suo foulard tra le mani di Martine….
E gli sembrò quasi di sentire la mano di lei….
Sospirò.
 
- Va bene, Alain, basta adesso pensare a lei…
 
Si passò le mani tra i capelli e si recò nella minuscola cucina.
Sua madre, il capo chino, teneva tra le mani un rosario composto da irregolari grani di legno e scorrendone uno alla volta, con il pollice destro, recitava, mormorando, l'Ave Maria.
Alain le si avvicinò e le posò una mano sul capo ricoperto da una candida cuffietta; la donna alzò lo sguardo umido di lacrime verso il figlio, senza smettere di pregare, e gli sorrise mestamente.
Poi gli afferrò la mano e se la portò alle labbra schioccandogli un tenero bacio….
 
- Mamma…..hai fatto colazione? – domandò il giovane travolto da una commozione profonda per la sua mamma ancora provata dalla morte di Diane.
 
Un cenno di diniego.
 
- Ti preparo qualcosa….
 
La donna fece spalluce e continuò a pregare.
 
- Mamma….devi mangiare! Ci penso io…..
 
Alain aprì una credenza e tirò fuori del pane raffermo che poggiò su un piatto di ceramica e prendendo una mela dal cestino dei frutti, iniziò a sbucciarla e poi ad affettarla in spicchi sottili che depose accanto al pane.
Riempì un bicchiere d'acqua e preparò con questo semplice pasto la tavola.
Alain prese per un braccio la mamma e la condusse al tavolo.
 
- Devo finire il Rosario….- disse la donna.
 
- Puoi finirlo mentre mangi….-suggerì Alain, sedendosi accanto a lei e sgranocchiando una mela succosa.
 
- È un'eresia, figlio mio, pregare mentre si mangia! Mangerò dopo che sarai andato via…..shhhh  adesso! Nel quinto mistero gaudioso si contempla la…
 
- Furbacchiona la mia mamma! Io vado via e tu….non mangi!Non mi muovo da qui se non finisci ciò che c’è nel piatto…..
 
- Shhh….tu sei benedetta tra le donne e benedetto il frutto del…..
                    
Sorrise Alain perché sua madre, per quanto addolorata e malata, non aveva perso il suo cipiglio ostinato  e determinato.
Sapeva che era inutile insistere, così attese che terminasse quell' ultimo mistero e le litanie e rincarò la dose.
 
- Ora mangia…..
 
 
- Non mi va…..
 
- Mamma!
 
- Alain…mangerò quando verrà Lucille che si prende cura di me dalla….morte di….Diane. È peggio di un tiranno e non posso far altro che obbedirle e lo faccio…ma solo per te….perché mi sei rimasto tu, perché ti amo, altrimenti, davvero, mi lascerei morire…..Se penso alla mia Diane…- lacrime presero a scendere furiose dagli occhi stanchi.
 
Alain la strinse fortemente a sé  e le accarezzò le spalle ossute e incurvate.
Avrebbe voluto dirle tante cose, rassicurarla, stimolarla alla rassegnazione ma erano tutte parole inutili, lo sapeva bene.
Per lunghi momenti rimasero così: abbracciati a piangere….
Alain avrebbe dato qualunque cosa…qualunque cosa per donare un po’ di serenità alla sua mamma. E si ripromise che ci sarebbe riuscito.
Pensò che se avesse saputo di lui e Martine sarebbe stata contenta.
Sua madre sognava di vederlo sposato e padre….
Provò….
Alain raccontò di questo amore nato, in modo assolutamente imprevisto nel suo cuore, per la giovane, dolce e caparbia Martine.
Le sue parole, ammantate di entusiasmo e ardore, ebbero l’effetto desiderato e gli occhi della madre acquistarono un lieve luccichio di speranza, e un accennato sorriso sorse sul suo viso rugoso.
 
- Sono felice, amore mio….E non perdere tempo, allora! Fammela conoscere, sposatela e fammi diventare nonna….io non vivrò a lungo….-  disse la donna serenamente.
 
- Non dire così – si adombrò Alain – L’assistenza di Lucille ti aiuterà a tenere sotto controllo i tuoi disturbi.
 
- Sì…ma comunque non ho paura di morire, specie adesso….Quando lascerò questo mondo e…te….ritroverò papà e Diane….E’ la vita….- altre lacrime si affacciarono dai suoi occhi ma li allontanò rapidamente con le sue dita sottili e nodose e sorrise nuovamente.
 
- Basta, mamma….non voglio più parlare di morte, va bene? Ci possiamo provare?
 
Catturando tra le sue mani il volto del figlio, e guardandolo con occhi innamorati, posò le sue labbra sulla sua fronte in un bacio tremante…
 
- Ti farò contento, Alain…ci proverò, te lo prometto…- disse poi prorompendo di nuovo in un pianto sommesso -  Fammi piangere ancora un po’, poi smetterò..-  riprese la donna tra i singhiozzi che le scossero il petto e la schiena.
 
- Sì, mamma….lasciati andare ancora, qui, tra le mie braccia….
 
Fu l’ultimo abbraccio che legò madre e figlio in un amore travolgente, prima che Lucille bussasse alla porta.
E per la prima volta la donna trovò la signora De Soisson serena e sorridente.
E sorridente Alain uscì di casa per ritornare in caserma.

 
***
 
 
Andrè teneva tra le mani una bottiglietta di vetro, contenente l’unguento disgustoso di sua nonna per lenire gli ematomi, e si dirigeva rapido lungo il corridoio della caserma che portava all’ufficio di Oscar.
Tanti ricordi d’infanzia affollavano la sua mente, suscitandogli un sorriso divertito che però morì quasi subito sulle sue labbra, incurvandosi in una smorfia amara…
Sapeva che questa volta, Oscar, vedendolo arrivare non avrebbe riso, né tantomeno avrebbe fatto una boccaccia di disgusto.
Probabilmente avrebbe protestato con la freddezza negli occhi perché la freddezza era il sentimento preponderante che regolava oramai i loro rapporti.
Da quando lui l’aveva baciata con la forza e lei si era arruolata nella Guardia Metropolitana i loro rapporti erano cambiati; un muro di incomprensioni, di parole non dette, di sentimenti non espressi, di paure probabilmente non manifestate, ritrosie e pudori si era innalzato svettante tra loro e non erano più ritornati quelli di una volta.
Nonostante il desiderio di Oscar di non volerlo più come attendente, lui l’aveva seguita nel suo nuovo incarico, arruolandosi a sua volta…
Inizialmente lei l’aveva rimproverato duramente per la sua disobbedienza, poi però aveva accettato la sua presenza lì, senza aggiungere altre spiegazioni e lui era tornato ad essere, seppur da semplice soldato, il suo braccio destro, la persona di cui si fidava ciecamente in quella caserma di uomini male assortiti.
E questo a lui bastava dato che altro da lei non avrebbe mai potuto avere.
Lui l’amava, lei no…ormai se n’era fatto una ragione.
Le sarebbe rimasto accanto per tutta la vita, per proteggerla da quei soldati maschilisti che faticavano ad accettarla in quanto donna e nobile e poi perché si preparavano tempi brutti per la Francia e lui doveva difenderla, salvarle la vita finchè ne fosse stato capace, nonostante l’occhio malandato.

Qualche tempo prima avevano vissuto un’esperienza terribile a S. Antoine: la loro carrozza era stata travolta da orde di cittadini inferociti dalla loro misera condizione giustamente imputata agli sprechi e ai privilegi dei nobili.
Ne erano usciti vivi per miracolo e grazie all’intervento tempestivo del conte di Fersen.
Da allora, gli era sembrato che Oscar si fosse un po’ più rasserenata nei suoi confronti,  il suo sguardo non era più così di ghiaccio…
Spesso lo accoglieva con un accennato sorriso che rendeva più luminosi i suoi occhi azzurri…
Si disse che probabilmente si stava illudendo.

Il giorno precedente, durante una colluttazione con alcuni rivoltosi, in una via di Parigi, per rubarle il fucile, Oscar si era ferita a una mano….niente di grave ma lui stava andando a portarle il miracoloso unguento di sua nonna.
Bussò lievemente alla porta del suo ufficio e, udito il suo secco avanti, entrò.
Oscar si voltò verso Andrè con sguardo corrucciato e un po’ indispettito.
 
- Andrè…sei tu…
 
Andrè, in rapidi istanti, lesse in quello sguardo il suo problema racchiuso nella mano sinistra che teneva malamente la penna d’oca.
 
- Oscar…che fai! E’ un’impresa impossibile scrivere con la mano sinistra, tu che scrivi con la destra! – esclamò il giovane.
 
- Eh…ma io devo scrivere…
 
- Potevi chiamarmi…beh, adesso che sono qua, faccio io. Ma ti fa tanto male la mano destra?
 
Andrè cercò con gli occhi la mano e s’accorse immediatamente che la teneva appena appoggiata sulla scrivania ed era parecchio gonfia.
E due dita volarono lievi a sfiorare le ecchimosi diffuse.
 
- Oscar…è proprio malmessa la mano…- borbottò preoccupato.
 
Il cuore di Oscar perse un battito nel sentire quello sfioramento delicato  e provò una emozione così forte da non riuscire a dire niente per alcuni interminabili secondi.
Dalla notte degli eventi a S. Antoine,l’inaspettato era accaduto in lei….qualcosa che non credeva potesse accadere più nel suo cuore raggelato da mesi…
E far fronte ad una nuova consapevolezza stava risultando molto difficile.
Trovandosi orribilmente faccia a faccia con la morte che, oltre ad aver tentato di portarsi via lei, lo stesso avrebbe voluto fare con Andrè, l’aveva del tutto devastata.
Lunghi, interminabili minuti l’avevano inchiodata, immobile e inerme, in un vicolo buio e puzzolente, arrivandoci senza sapere come e perché salva, dopo che una folla incattivita l’aveva calpestata e presa a calci…..
Pochi istanti di incoscienza per riprendere fiato e riaprire gli occhi e….trovarsi di fronte Fersen che la scuoteva per farle riprendere conoscenza….
Un’altra manciata di secondi per riaversi e tranquillizzarsi nel rendersi conto di essere viva ma ripiombare, immediatamente dopo, nella disperazione più totale!
Andrè non era con lei e l’ultima immagine che aveva di lui era quella di uomini nerboruti che passandoselo di mano in mano lo trascinavano via, inneggiando un infernale “I nobili alla forca”!
Immagini e parole agghiaccianti che si erano riversate nelle sue vene  travolgendola in un mare di terrore e orrore!
Si era sentita morire…..non smettendo di immaginare la testa di Andrè dentro il cappio e vederlo poi penzolare giù.
Quelle visioni infernali avevano cancellato tutta la realtà intorno a lei per concentrarsi nel suo cuore, lì e solo lì si erano ripetute senza sosta, per rimandarle un’unica e sola certezza: se lui fosse morto, la sua stessa vita sarebbe finita.
Non avrebbe potuto vivere senza di lui….
Non c’era spazio nella vita per lei, senza Andrè…..
Una consapevolezza esplosa, allo stesso tempo inaspettata e devastante,  dato che il rischio di averlo perso per sempre era reale.
Fersen stava per portarla in salvo ma lei gli aveva urlato che doveva salvare il suo Andrè, e liberandosi con un forte strattone delle sue mani strette alle sue, aveva preso a correre per andarlo a cercare.
Ma l’uomo l’aveva nuovamente bloccata, impedendole di commettere una simile sciocchezza.
Comprendendo quale forza muovesse gli arti indolenziti della donna, Fersen l’aveva guardata con occhi dolci, rassicurandola che lui avrebbe salvato il suo amico.
Oscar si era accasciata al suolo, prendendosi la testa tra le mani e prorompendo in un pianto disperato dove si erano mescolati rimpianti, sensi di colpa, amore infinito, paura e sgomento.
Raggomitolata su se stessa, in un luogo sconosciuto, freddo, angosciante aveva realizzato e focalizzato lucidamente il senso del suo esistere…
Il suo esistere era….Andrè, era lui…solo lui….
Lui che la sosteneva praticamente da sempre, che accoglieva i suoi malumori e li comprendeva, così come ribatteva senza batter ciglio alle sue intemperanze e la faceva ragionare…
Che l’amava da anni senza  speranza e che mai aveva pensato di fuggire da questo amore frustrante e impossibile…anzi….l’aveva seguita nel suo nuovo incarico….
E al di là di questo….vedendo con gli occhi della mente il suo sorriso, il suo sguardo dolce, e sornione dei momenti di svago, e ritrovandoli in infiniti ricordi che scorrevano veloci come immagini reali, aveva capito che Andrè era….un compagno….il compagno della sua vita, un uomo meraviglioso del quale aveva bisogno come dell’aria che si respira.
Non era andata a cercare altre spiegazioni razionali….no, aveva sentito solo che il suo cuore stava vibrando di un sentimento potente e prepotente…
Era amore…tanto tanto amore….
E paura….tremenda paura.
Si era voltata verso l'entrata di quel vicolo, da cui provenivano  ancora tanta confusione e urli,  e il panico si era impossessato di lei….
Incapace di attendere lì, inerme e disperata, la sentenza di quel pomeriggio funesto…si era alzata per cercare di capire cosa stesse succedendo ancora.
Lì intorno non c’era più la confusione e l’assembramento di gente sovraeccitata ma in lontananza erano ancora udibili grida e schiamazzi così come erano visibili incendi e colonne di fumo…
Le gambe e le mani erano state scosse da violenti tremori ed era rimasta inchiodata dal terrore, poi aveva visto arrivare due suoi soldati che l’avevano tratta in salvo.
 
“- E Andrè? Dov’è Andrè? Non l’avete visto? – aveva urlato in preda al panico.
 
- State tranquilla Comandante! Andrè è salvo! Il conte di Fersen ha distratto la folla che lo teneva prigioniero e lo ha lasciato andare per tentare di acciuffare lui. Così Louis è corso a salvare Andrè che era svenuto e poi siamo venuti a cercare voi. Abbiamo faticato a trovarvi ma ce l’abbiamo fatta! Andrè sarà già in caserma. Salite sul mio cavallo, Comandante, io andrò a piedi.”.
 
Poche parole che l’avevano di colpo ridato la vita e la speranza.
Era arrivata in caserma di corsa, senza sentire i dolori delle mani escoriate e delle contusioni sparse nel corpo.
Ma Andrè era stato accompagnato a Palazzo perché ferito e così anche lei aveva fatto ritorno a casa per essere medicata.
Nonostante il desiderio di rivedere Andrè e di abbracciarlo, giunta a casa e trovandolo addormentato, aveva trattenuto le sue emozioni anche perché il dottor Lassone, già là, l’attendeva per visitarla.
Da quel momento, entrambi costretti a visite e riposo, non erano riusciti a ritrovarsi soli per guardarsi negli occhi….e lei, incapace di dirgli cosa aveva scoperto di sé, aveva taciuto portandosi addosso, come un fardello, la propria frustrazione nel non sapergli esprimere le sue emozioni.
Come dirgli che adesso lo amava anche lei?
 
- E’ molto gonfia la mano, Oscar….- disse Andrè sfiorandole appena il dorso.
 
- Passerà – rispose lei, provando un’ insolita e travolgente emozione a quel tocco e sentendo accelerare il cuore.
 
- Con questo passerà di sicuro!-  esclamò Andrè mostrandole la boccettina di Nanny.
 
Confusa  e travolta dal cuore che le martellava senza sosta e provando un sincero desiderio di stringere le mani di Andrè e lasciarsi andare al senso di sicurezza che le dava, il ghiaccio che aveva dentro da tanto, troppo tempo si sciolse di colpo….
 
- La schifezza di tua nonna no!- esclamò Oscar con una fragorosa risata che stupì Andrè.
 
L’occhio del giovane si illuminò e lentamente le sue labbra si atteggiarono in un sorriso…felice.
 
Oscar…ride? Da quanto non accadeva? E mi guarda con occhi sereni…limpidi….Amore mio….sono qui, ti accolgo, ti aspetto…sarò per te tutto ciò che vuoi e di cui hai bisogno…
 
- Concordo….questo unguento è una schifezza puzzolente  ma funziona e lo sai…porgi la mano…- disse Andrè allungando la propria con il palmo in su mentre con l’altra toglieva il coperchio della boccettina.
 
Oscar indugiò con lo sguardo sia su quel contenitore che sulla mano di Andrè, indecisa sul da farsi, mentre si lasciava conquistare sempre più dalla sua espressione dolce e allegra…
 
- Tanto lo sai, che tu lo voglia o no,  che ti spalmerò l’unguento…non hai scampo con me… - disse Andrè con occhi ammaliatori.
 
E  mentre iniziava a diffondersi nella stanza un pungente odore di erba marcia e di rancido, Oscar, tappandosi il naso , posò lievemente la sua mano tumefatta su quella di Andrè.
E come non era mai successo, avvertì in quel contatto, un brivido correrle dalla mano a tutto il corpo ed accenderle un desiderio di sentirlo, di averlo vicino, di farsi coccolare, di lasciarsi conquistare dal suo amore….
 
Andrè notò una impensabile trepidazione negli occhi di Oscar e un lieve rossore sulle guance…e si disorientò.
Lo spazio etereo tra loro era carico di emozioni e sensazioni e il suo cuore sussultò.
Che succedeva?
E nonostante il desiderio di dare un senso a questo suo sentire, riuscì a concentrarsi nella medicazione.
Prese con due dita un po’ di quell’unguento e cominciò a spalmarlo su tutta la mano di Oscar trattenendola nella sua mano, con gesti che diventarono via via  carezze che  movimenti da solerte infermiere…
E Oscar lo comprese….e così si abbandonò a quel piacere sottile e nuovo fatto di carezze che per lei furono di vero piacere, di amore verso quell’uomo la cui esistenza nella sua vita, aveva scoperto essere fondamentale perché…lo amava, lo amava perdutamente…..
Gli occhi a fissare quella mano che massaggiava la sua, come fosse una reliquia preziosa e lo era per lui, lo sapeva benissimo…
No, non la stava più curando….la stava amando in quel modo e si sentì morire dall’emozione….ma ciò creò un ovvio l’imbarazzo tra loro e così iniziarono a sfuggire gli sguardi…
E allora Andrè si fermò di colpo…..e lei ritrasse la mano guardando nel vuoto….
 
- Oscar…serve una benda….vado in infermeria a prenderla…. – disse fortemente turbato, così si alzò in fretta e aprendo la porta si ritrovò il voltò di Alain e la mano a mezz’aria pronta a bussare.
 
- Alain!

ANGOLO DELL'AUTRICE
Ritornare a Parigi e in caserma, ci riporta a una realtà molto difficile, politicamente parlando, ma anche ai cuori di alcune persone che vivono il loro personale tumulto: la madre di Alain, Alain stesso e Oscar e Andrè che non sanno, ancora, di amarsi reciprocamente...Si scopriranno ma non certo nel momento migliore!
Grazie a chi ha la voglia di seguire questa mia piccola storiella!
Vi abbraccio tutte!
E Buona Pasqua!
Sandra

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Capitolo 7
*** Lasciarsi andare ***


 Lasciarsi andare
 
 
- Alain! Sei tornato! Benvenuto….com’è andata a Dieppe? – Andrè sommerse l’amico di domande, abbracciandolo nel contempo.
 
- Vieni dentro, Alain – lo incoraggiò Oscar con un sorriso accogliente.
 
- Amico, vado in infermeria a prendere delle bende e…
 
- Delle bende?
 
Andrè non rispose e corse veloce in infermeria, come aveva detto.
 
- Comandante! – riprese Alain facendo il saluto militare a Oscar.
 
- Siediti, Alain, coraggio e raccontami tutto – lo esortò indicandogli una sedia.
 
- Comandante….che vi è successo alla mano? Ah…ecco perché Andrè correva in infermeria.
 
Oscar raccontò brevemente cose le fosse successo, suscitando vivo rincrescimento in Alain  che espresse le sue preoccupazioni sulla situazione a Parigi e l’intima convinzione che la rivoluzione sarebbe esplosa da lì a poco.
Oscar, socchiudendo gli occhi, convenne con il suo pensiero.
 
- Affronteremo ogni situazione con coraggio e lotteremo contro l'ingiustizia, Alain.....- disse Oscar serena.

- Non ho dubbi, Comandante....

In quell'istante giunse André con un rotolo di garza in mano e, alternando lo sguardo su Oscar e Alain, si avvicinò rispettosamente a lei.

- Posso fasciarti la mano, Oscar? - lo sguardo dolce posato su quello di lei,  incurante della presenza di Alain.

- Sì, sì...fai pure André...- rispose Oscar leggermente imbarazzata.

E mentre André iniziava ad avvolgere la garza attorno alla  mano di  Oscar, lei riprese ad incalzare Alain con altre domande e stemperare  così l'emozione per quella nuova carezza fatta di pelle e morbido tessuto.

-Allora?Hai lasciato Martine tranquilla?

- Beh, sì....anche se si porta dentro normali paure ed incertezze.....Sono io il suo punto di riferimento ma sono qua e chissà quando potrò ritornare da lei vista la difficile situazione di Parigi- spiegò il giovane.

- Quando potrò, ti concederò altri giorni di licenza, Alain, te lo prometto....  – lo rassicurò Oscar.

-Grazie, Comandante, ve ne sarei molto grato. Io e Martine ci....siamo legati molto - spiegò con un mezzo sorriso.

-Uhm....in che senso?- domandò André sornione, alzando lo sguardo sull'amico e non smettendo di fasciare la mano di Oscar.

-Impiccione, che vuoi sapere?

-Niente che tu non voglia dire!

Oscar sorrise.

-Alain ha ragione, André, non impicciarti!

- Va bene, va bene....taccio, giusto per non farmi passare per un pettegolo....intanto qua ho finito Oscar.
 
- Grazie Andrè…- rispose Oscar allungandogli uno sguardo colmo di immensa gratitudine e di dolcezza.
 
- Comunque…sento di volervi confidare ciò che è accaduto in me perché…perché rappresenta una svolta improvvisa e bella….finalmente, nella mia vita, dopo la tragica morte di mia sorella. E voi, in questo indimenticabile periodo della mia vita, siete stati parte importante, sia per l’aiuto che avete offerto a me che per quello offerto a Martine….Senza la vostra presenza…chissà che fine avremmo fatto io, mia madre e anche Martine…
 
- Non ci pensare più, Alain e continua a guardare avanti… - lo interruppe Oscar.
 
- E’ quello che intendo fare se il destino vorrà…perché Martine mi attende e….io…..io e lei abbiamo scoperto di volerci molto bene – disse infine tutto in un fiato Alain, sfuggendo un po’ i loro sguardi e sorridendo intimidito.
 
Oscar e Andrè sgranarono gli occhi sorpresi e felici per lui.
Andrè gli piazzò una poderosa pacca sulle spalle e si felicitò con lui, stringendogli una mano.
 
- Solo Martine poteva riuscire a farti mettere la testa a posto! – esclamò Andrè ironicamente.
 
- Ehi, non fare il gradasso con me…che non scampi alle mie mani!- disse Alain brandendo un pugno davanti al naso di Andrè e sorridendo allo stesso tempo.
 
- Va bene, voi due, smettetela….Non c’è bisogno di dire altro, Alain….sono felice per te e vi auguro di vivere quanto prima il vostro amore. D’altra parte, una vita senza amore è davvero molto triste…- considerò Oscar con espressione mesta, suscitando nei due uomini vivo stupore.
 
Non era da Oscar lasciarsi andare ad affermazioni così profonde e intime e mostrare anche due occhi intensamente malinconici e rassegnati.
 
Oscar…..se solo volessi lasciarti amare da me….
 
- Convengo con le vostre parole Comandante…la morte di mia sorella, gettandomi nella disperazione più completa, mi ha anche mostrato l’unica verità che dà senso alla  vita di un essere umano: amarsi. E spero che il destino voglia concedermi questa possibilità.
 
- Te lo auguro, Alain….ce….lo auguriamo tutti… - disse Andrè accogliendo nel suo sguardo quello partecipe di Alain e Oscar.
 
***
 
Dieppe, 5 luglio 1789.
 
Due giorni dopo la partenza di Alain, Martine era stata presentata dal signor De Soisson, al barone Lesage , al quale, settimane prima, aveva preannunciato il suo arrivo nella propria casa. Non era sceso nei particolari della sua venuta lì ed aveva detto che era rimasta sola a Parigi e che lui aveva deciso di accoglierla in casa. Aveva anche specificato che era una sua conoscente, che aveva studiato e che, per sostenersi, era disposta a lavorare per lui, come sartina o ricamatrice.
Il barone Lesage, un uomo mite e molto gentile, aveva accettato di buon grado a dare un lavoro alla giovane donna, fidandosi completamente dell’ onestà e correttezza del signor De Soisson.
In quel periodo, nel Palazzo del barone, fervevano i preparativi delle future nozze della sua ultimogenita  che avrebbero avuto luogo prima di Natale, dunque la sarta e le sue collaboratrici erano alle prese con il confezionamento del corredo.
Il barone perciò pensò di affidare  Martine alla sarta che la aggiunse al suo gruppo di lavoro; ma pochi giorni dopo ci ripensò.
In casa  viveva il suo erede che, rimasto precocemente vedovo e con una bambina di quattro anni, era ritornato a vivere nella casa paterna affinchè la figlia crescesse con i nonni e non solo con una governante.
La bimba, ovviamente, aveva anche una balia che la bambina mal sopportava.
Due giorni dopo l’inizio del servizio in casa Lesage, Martine si era imbattuta in questa bambina, Aurélie, trovandosi reciprocamente simpatiche.
Il padre della piccola, non visto, aveva osservato come Martine avesse divertito la figlia e allora aveva chiesto al padre di affidare alla nuova arrivata il ruolo di balia e non alla più anziana e noiosa Madame Angelique.
Il barone aveva accolto l’idea del figlio e proponendo a Martine questo nuovo lavoro, ella aveva accettato ben più contenta  rispetto all’attività di ricamo.
 
- Sei stata fortunata, eh! Lavorare come balia è decisamente meno faticoso e più piacevole che fare la sarta….- osservò Juliette, girandosi su un fianco sul letto e lanciando un’occhiata maliziosa a Martine, supina, intenta a leggere un libro.
 
- Sì, davvero. E poi Aurélie è deliziosa….anche se non sta ferma un attimo!
 
- Sei invidiata, sai? E pure chiacchierata un po’… - buttò là Juliette.
 
Martine si sollevò a sedere e la guardò stupita e interrogativa.
 
- Che vuoi dire?
 
- Voglio dire che alcune servette sono invidiose del buon lavoro che hai ottenuto da ultima arrivata e…anche del fatto che sei molto bella e colta…. – spiegò la giovane.
 
- Mio Dio, ma davvero? Io non ho fatto nulla per avere quel lavoro…perché dicono queste cose?
 
- Perché hanno una mentalità ristretta e gretta…..Ti sto dicendo queste cose per avvertirti…stai lontana da loro e non dare conto. Fai finta di non vedere certi sguardi maligni e certe battute stupide. Io ti ho  avvertita. Buonanotte. -  così dicendo Juliette si voltò sull’altro fianco.
 
- Juliette, e mi lasci così?Dimmi qualcos’altro….
 
- Dormi serena...lavorerai tranquillamente se non darai confidenza a certune e basta….non sono mica tutte così stupide le serve di casa…..Notte!
 
- Juliette….ti prego, voltati un attimo e ascoltami -  quasi la supplicò.
 
- Uffa….ho sonno, che vuoi sapere ancora? – domandò la ragazza girandosi nuovamente a guardarla.

-Juliette, c'è altro che sai e non vuoi dirmi?

-No, Martine...nient'altro da dirti, dormiamo adesso...

-Non è che sei rimasta tu, male?Forse sarebbe piaciuto a te essere la balia di Aurèlie?

-Coooosa???-esclamò furente  Juliette mettendosi a sedere e incrociando le braccia al petto - Ma come ti permetti di parlarmi così?E giudicarmi una specie di ragazzetta senza cervello???

-Io...io non detto questo...- tentò di giustificarsi Martine.

- Non l' hai detto ma l'hai pensato!Io non sono quel tipo di persona!Non sono nè invidiosa, nè gelosa di qualcuno e stare appresso a un bambino lo trovo estenuante....Ti ho solo avvisata sulle dicerie che stanno girando...basta non dare corda a quelle sciocche e queste chiacchiere si esauriranno presto. Hai capito, adesso?Posso dormire?

-Scusami, Juliette, io pensavo che tu volessi dire....

-Io dico sempre e solo quello che penso, chiaro? Non dico qualcosa per intenderne un'altra...ficcatelo bene in testa, non fare come mia madre....

-Juliette, ho capito....ti chiedo scusa. Non prendertela....

-Non mi interessano le scuse, ma solo che tu abbia capito come sono fatta. Punto. Notte, non voglio più parlare - e gettandosi all'indietro  sul letto, si rimboccò il lenzuolo e chiuse gli occhi.

Martine rimase basita e interdetta per la veemenza con la quale Juliette aveva difeso se stessa e la sua personalità franca e sincera.
Molto infuocate e vibranti le sue parole, forse eccessive considerando che Martine aveva espresso solo un dubbio e non un'accusa.

Diamine, che caratterino che ha! Ma mi è sembrata realmente sincera….uffa. Non voglio urtarla e voglio vivere in un ambiente sereno ma…non le permetterò in futuro di potermi rispondere con questi toni, anche se ha ragione.
Alain….dove sei? Quando torni? Che Dio ci protegga….sempre….
 
Martine rivolse lo sguardo alla finestra da dove poteva scorgere la falce della luna lambita da alcune nuvole e fissò gli occhi sul luccichio di alcune stelle  che trapuntavano il cielo nero….
Una notte splendida e il pensiero volò nuovamente ad Alain….
Sotto quello scorcio di notte osservò il lieve e rilassato respiro di Juliette che muoveva le spalle sotto il lenzuolo…
 
Saremo mai amiche? O “ci”….anzi no, “mi” guarderei sempre in cagnesco anche se, lo vedo, non manchi di aiutarmi…Non ti capisco molto Juliette ma è ancora poco che ti conosco….Non sono davvero a casa mia….è questo che mi rende insicura e timorosa di sbagliare comportamenti e atteggiamenti.
 
Un profondo sospiro e nella mente apparvero rapide immagini di casa sua, dei suoi genitori, di Parigi, della sua vita prima di adesso…
Gli occhi le si riempirono di lacrime ma lesta con l’angolo del lenzuolo le asciugò velocemente.
 
Non voglio piangere ancora e ancora per la mia vecchia vita, pensando agli affetti della mia famiglia….qui ho la mia libertà, ho me stessa ed è il mio bene più prezioso….
 
L’ultimo determinato sorriso tra una lacrima sfuggita agli occhi, nonostante tutto, e focalizzando il pensiero su un altro prezioso bene della sua vita, Alain….si lasciò cullare dai ricordi e piano piano scivolò in un sonno profondo.
 
***
 
Melun, 6 luglio 1789

Sottili colonne di fumo, elevandosi dalle macerie della stalla, ormai ridotta a un cumulo di assi annerite, spandevano nell'aria un acre odore di bruciato.
Il sole era tramontato da poco e il cielo, color  cobalto,lievemente illuminato da uno spicchio di luna, rendeva quello scorcio di campagna piuttosto lugubre.
Oscar e André osservano l'epilogo di quel brutto incendio che non aveva causato vittime nè umane, nè animali , avviliti e rattristati.
Quel mattino uno dei contadini della tenuta Jarjayes, a Melun, a poche ore di viaggio da Parigi, aveva comunicato a Oscar dell' incendio verificatosi là, dato che il Generale era in missione nel sud della Francia.
Oscar, allarmata, era immediatamente corsa a Melun chiedendo ad André di accompagnarla.
Doveva verificare e indagare sull'accaduto, facendo le veci del padre.
Giunti là avevano scoperto che uno dei figli del fittavolo, un quindicenne un po' avventato, aveva incautamente poggiato una candela su uno sgabello ricoperto di paglia, poi si era addormentato ed evidentemente la candela era caduta appiccando un incendio enorme. Fortunatamente il ragazzo si era svegliato in tempo per chiamare aiuto....
Nella concitazione del momento tutti i contadini si erano messi all'opera sia per spegnere l'incendio che per portare in salvo i capi di bestiame presenti.
Nulla si era potuto fare per evitare che la stalla andasse totalmente distrutta....ma almeno nessuno era morto.
Gli animali erano stati trasferiti nelle stalle di altre tenute in attesa che una nuova stalla venisse costruita.
I signori Fournier, genitori del ragazzo piromane, suo malgrado, espressero vivo rincrescimento per quanto successo e profondendosi in mille scuse,chiesero di perdonare il giovane e di non allontanarli....

- Ho provato molta pena per la signora Fournier....-commentò Oscar mentre fissava ancora quello scempio ancora fumante - Pensava che l'avrei cacciata...ma non l'avrei fatto mai e nemmeno mio padre. Magari avrebbe tuonato, al solito suo , e avrebbe negato loro un mese di stipendio ma....io non potrei farlo mai. Vivono già al limite della povertà....sarei stata pazza e disumana a punirli- riprese Oscar volgendo lo sguardo verso Andrè che sembrava distratto -  Andrè? Mi hai sentito?Ma cosa guardi?
 
- Guarda  quell’albero, Oscar….- disse Andrè indicando una grande quercia.
 
- Cos’ha? -  chiese Oscar assottigliando gli occhi per osservarlo nei suoi particolari -  Io non vedo niente di strano…- aggiunse dopo.
 
- Avvicinati e guarda i rami ….cosa penzola?
 
Oscar fece come le suggerì Andrè e si posizionò sotto quei rami rigogliosi di foglie e immediatamente notò della corda sfilacciata ormai ingrigita dalla polvere legata a un ramo che pendeva immobile.
Aggrottò le sopracciglia un attimo appena, poi gli occhi si illuminarono e la bocca si aprì in un sorriso divertito.
 
- La nostra casa sull’albero! – esclamò Oscar – Ciò che resta cioè….. – puntualizzò.
 
Istanti interminabili riportarono alla mente di Oscar e Andrè un flusso di ricordi impossibile da arrestare e così si rividero in una lontana estate dei loro dodici anni all’incirca, alle prese con una semplice costruzione di una casa su quell’albero…
In verità fu solo la posizione di poche assi di legno sui rami più grandi e robusti a formare la base e qualche altra asse poggiata alla bene e meglio su un ramo superiore e poi diverse frasche e paglia a dare la parvenza di un tetto.
Pezzi di corda erano serviti a legare quelle assi e rendere solida quella casetta che per quell’ estate funse da rifugio, da piccola biblioteca dove leggere i loro libri preferiti, da base di lancio per spericolate capriole e salti per terra….
Ricordi nitidi che delineandosi nella mente ricrearono le medesime emozioni di allora miste a un irrefrenabile senso di nostalgia per un tempo perduto e quasi cancellato dalla loro realtà ma soprattutto dal loro rapporto divenuto così freddo e distante.
Andrè ricordò perfettamente il ragazzino di allora, fantasioso e avventuroso e Oscar, vulcanica e sanguigna che, più di lui, una ne pensava e cento ne combinava, trascinandolo inevitabilmente nei suoi disastri e costringendolo a trovare rimedi e ancore di salvezza, prima di essere raggiunti dalle sculacciate di Nanny e dalle punizioni severe del Generale.
Sorrise tra sé Andrè, lanciando la sua mente a quel tempo, dimentico di sé in quell’istante e lasciandosi crogiolare da quelle immagini bellissime.
Ricordò anche che a quell’età aveva cominciato a rendersi conto sempre più di quanto Oscar fosse femmina, decisamente diversa da lui, e che pur provando a negarlo,suscitasse già in lui strani turbamenti.
Sì, da quel periodo in poi, la sua maturazione sessuale era esplosa marcando nettamente il confine di diversità tra lui e Oscar e avvertendo pulsioni per la femminilità sbocciata in lei, nonostante tutto…
E da quei primi turbamenti era poi sorto, prima timidamente, poi sempre più veemente, quell’amore che ancora lo legava a lei….
Guardò in tralice Oscar che ancora sorridente, il volto alzato verso la chioma dell’albero, osservava quei rami alla ricerca di altri ricordi, forse, di antichi sorrisi e divertimenti.
Era bella e spensierata, in quel momento, e avrebbe tanto voluto stringerla tra le braccia, dirle quanto bene le volesse e  quanto la amasse….invece sospirò tristemente, abbassando lo sguardo e dilatandolo in un’ infinita emozione fatta di nulla e di vuoto.
Rimase così, per lunghi secondi, perso in una dimensione di silenzio e di niente fin quando una sensazione di calore e morbidezza non lo riscosse da quel momento di perdita di sé...
La sua mano destra…..
La sua mano destra…. era incredibilmente stretta in quella sinistra di Oscar….
Osservò stupito quell’incrocio di dita e sentì un tuffo al cuore che accelerò fortemente i suoi battiti!
Allora sollevò lo sguardo e si ritrovò gli occhi di Oscar puntati sui suoi…erano lucidi e colmi di tristezza…
 
- Oscar…ma….
 
- C’è qualcosa di sbagliato tra di noi che….che io non posso più sopportare….basta….
 
- Cosa Oscar? Cosa? – si stupì Andrè afferrandolo l’altra mano di Oscar nella sua e guardandola dritto negli occhi.
 
Oscar sentì il cuore stringersi in una morsa e un languore intenso dilagarle nello stomaco e nel ventre che si contrasse….
Avvertì farsi preda di emozioni sconosciute e desideri prepotenti che le chiedevano a gran voce di liberarsi del pensiero e della ragione e affidarsi a lui, ad Andrè, come una volta, come quando erano piccoli e lei gli correva incontro perché la salvasse dagli impicci o l’aiutasse nei suoi momenti di difficoltà.
Lo amava, lo amava tanto….e sentiva di volerglielo dire, di condividere questo sentimento e viverlo come era giusto ma….aveva troppa paura di sé, di lui...
E se non l’amava più? Se l’aveva cancellata dal suo cuore?
 
Ma non può essere! Non è così! Sei solo una vigliacca….hai solo paura di non essere all’altezza…di cosa poi? Parlagli stupida….parla, Oscar!
 
- Oscar….cosa vuoi dirmi? Non avere paura di me…. – le disse dolcemente Andrè, avvicinando il volto al suo.
 
L’odore della sera estiva, profumata di frutti e fiori, si mischiò a quello di pulito e di sapone di Andrè e Oscar provò un irresistibile desiderio di lasciarsi catturare dai suoi sensi, dal piacere di affondare il viso sul petto di Andrè e arrendersi a lui….
Avvampò in volto e il cuore le balzò in gola…
Rimase sospesa tra il desiderio e il turbamento e sconvolta e agitata dalle sue forti sensazioni, sciolse la sua mano da quella di Andrè e cercò di calmarsi.
 
- Scusami Andrè, sono molto stanca…Vado a ritirarmi nella mia….mia…stanza. Buonanotte Andrè -  voltandosi fulminea, piantò Andrè in asso e si diede alla fuga.
 
- Oscar!


ANGOLO DELL'AUTRICE

Dopo tanto tempo...rieccomi!E' un periodo troppo incasinato, nel lavoro, e io ho davvero poco tempo per scrivere! Questo capitolo era pronto da tempo, mancava solo la parte finale che ho scritto stamattina. E' un po' uno sguardo su Oscar e Andrè, e su Martine e Juliette dopo il ritorno di Alain a Parigi. E' un capitolo che prepara sviluppi futuri! Spero non sia noioso! Grazie sempre di leggere questa storiella!
Vi abbraccio tutte...
Sandra

 

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Capitolo 8
*** Al di là delle apparenze ***


Lo scalpiccio dei suoi passi, attutiti dall’erba del terreno, le rimbombava nelle orecchie e nel cuore, amplificato dalla consapevolezza della sua fuga indecorosa che tanto le ricordava un’altra….
Imbarazzo e turbamento crebbero a dismisura e l’idea che lei e Andrè avrebbero trascorso la notte nello stesso palazzo la mise fortemente a disagio….
E ora?
Andrè non era tipo da ignorare certi suoi strani comportamenti e avrebbe sicuramente tentato di capire cosa le fosse successo….anche se poi si ritirava in buon ordine quando lei esprimeva chiaramente il desiderio di non voler parlare con lui.
Ma questa volta era diverso; questa volta il “problema” era proprio lui…
Si sentiva come quando da piccola doveva trovare una scusa, una giustificazione alle sue marachelle a Nanny o a suo padre e…non ci riusciva quasi mai perché l’espressione del viso, il tono della voce, la postura del corpo tradivano inevitabilmente le sue azioni.
E se qualche volta era riuscita a fregare i suoi giudici, grazie alla complicità di Andrè, quest’ultimo era impossibile da raggirare, la sapeva benissimo.
Oscar giunse rapida nella sua stanza e si gettò sul letto, a pancia in giù, con un tonfo sordo.
Nascose il viso tra le braccia incrociate in alto e si sentì avvampare in viso….
Non aveva scampo…con Andrè, no.
E infatti, alcuni minuti dopo percepì chiaramente due leggeri ma udibilissimi tocchi alla porta.
 
No…e ora che gli dico?
 
Oscar si sollevò a sedere e si mise le mani tra i capelli.
 
- Andrè…sono stanca, voglio dormire…Qualunque cosa tu abbia da chiedermi possiamo rimandare a domani… - un timido tentativo di differire il confronto.
 
- Apri…possiamo parlarne anche adesso…pochi minuti e andrò via… - insistette Andrè parlando sottovoce.
 
- Ho sonno Andrè….domani… -  rispose Oscar sospirando al ritmo del cuore che gli martellava furioso in petto.
 
- Davvero credi di convincermi che hai sonno? Oscar….te lo chiedo per l’ultima volta, poi farò come dici tu e andrò via…. – disse Andrè accalorato e deciso allo stesso tempo.
 
Oh, Dio…che faccio?
 
- Vai via….poi…poi…domani ne riparliamo…. –rispose Oscar dando voce alla paura e non alla parte di sé che desiderava tutt’altro.
 
- Come vuoi tu, Oscar, buonanotte….- la risposta appena sussurrata di Andrè al di là della porta la rattristò terribilmente.
 
- Buona…notte – Oscar rispose con una vocina flebile, gli occhi bassi e malinconici.
 
Odiandosi fortemente per la sua incapacità di aprire il suo cuore ad Andrè, si alzò e si diresse, con un’ insopportabile sensazione di sconfitta, alla porta e vi appoggiò la fronte.
Le venne da piangere e istintivamente aprì la porta…
Si avvicinò allo spiraglio aperto come a voler gettare i suoi pensieri e i suoi sentimenti oltre il confine vuoto e triste della sua stanza e inviarli a lui….e fu in quell’istante che si accorse che Andrè era acquattato dietro lo stipite della porta.
 
- Andrè!
 
- Shhh….non urlare che svegli tutto il palazzo -  disse Andrè portandosi un dito alla bocca.
 
- Ma….ma…tu….dovevo immaginarlo che saresti rimasto qua alcuni istanti, come sempre! – esclamò a denti stretti Oscar un po’ adirata.
 
- Infatti…- rispose con un sorriso divertito Andrè – Fai sempre così: ti chiudi nella tua stanza, mi mandi via e poi apri la porta….
 
- Sorridi? Ti avevo detto di andare via… - disse piccata Oscar.
 
- Dimmelo e me ne vado: giuro.
 
- Vattene- rispose immediatamente Oscar con lo sguardo accigliato.
 
- Davvero vuoi questo? Davvero quello che volevi dirmi, puoi rimandarlo a domani? – le domandò Andrè portandosi più vicino a lei e guardandola con occhi penetranti. 
 
- Ti…ti avevo detto di andare…così ti avevo detto….- Oscar balbettava un po’ perché sentiva il languore invaderle il petto e il disagio  impossessarsi nuovamente di lei.
 
Andrè percepì le difficoltà di Oscar, il suo imbarazzo, il turbamento e sentì che si stava instaurando tra loro una strana atmosfera gravida di parole non dette che premevano per trovare….voce.
Ebbe l’impressione di leggere nei suoi occhi quello stesso turbamento e quella stessa malinconia che da anni, forse da sempre, marchiavano la sua anima e che lui  dissimulava, mostrando sempre serenità e tranquillità.
Oscar non era mai stata brava a fingere emozioni e sentimenti, a lui perlomeno, e dunque capiva che dentro di lei, qualcosa che lo riguardava, la agitava e la inquietava parecchio…
Passò rapidamente in rassegna gli ultimi giorni trascorsi alla ricerca di un suo comportamento che avesse potuto impensierirla in qualche modo ma non trovò nulla di strano…considerando poi quanto poco stessero insieme a parlare…
No, non aveva fatto nulla di sbagliato e….comunque osservò che la sua preoccupazione non aveva una valenza negativa, non c’era rabbia o delusione ma tutt’altro.
La sua titubanza e quell’inequivocabile imbarazzo avevano tanto il sapore di una bella emozione e di un forte sentimento che non riuscivano a trovare spazio in lei per tradursi in chiare parole e gesti.
No, non ce l’aveva con lui ma…forse, allora….allora stava solo ricercando un modo per ritrovare un contatto con lui o forse…voleva qualcosa di più?
Sentì una piccola voragine aprirsi al centro dello stomaco e il cuore precipitare giù, pulsando impazzito.
 
E se….?No, non è come pensi e speri Andrè…perché poi? Quando? Illuso…..vai via da qui….e subito…
 
Ma la ragione fu sconfitta dall’emozione, da quel suo impossibile cuore che cedeva e si arrendeva a lei…sempre…e non smetteva di credere al suo amore.
Un timido e ultimo tentativo….
 
- Veramente non vuoi parlare? Sei sicura di non aver bisogno di farlo? Ti ascolto…. – disse Andrè guardandola con la sua tipica dolcezza che Oscar avvertì direttamente sulla pelle, provando un meraviglioso brivido.
 
Oh, Andrè…non molli mai…per me sei sempre pronto….Voglio e devo parlarti….
 
Oscar spalancò la porta e tra un mezzo sorriso e lo sguardo fortemente intimidito si scostò per farlo passare.
Chiuse lentamente la porta.
Oppressi da un pesante silenzio i due giovani si guardarono imbarazzati come mai era successo tra loro, mai….
 
Spavalda e sfrontata come sei normalmente, ti lasci sconfiggere da Andrè? Dal suo amore per lui…dal cuore? Non ha senso….Coraggio, Oscar….
 
Incrociando le braccia dietro la schiena e poggiandosi su un’anta dell’armadio, Oscar alzò il volto, fino a quel momento rivolto verso il pavimento, e lo guardò serena.
 
- La terribile notte di S. Antoine mi ha sconvolta e cambiata del tutto…Ho provato una paura tremenda, mai conosciuta e ….
 
- Oscar… - sussurrò Andrè intenerito e avvicinandosi a lei – Dimentica quella notte, è passata e siamo salvi….
 
- Non è questo, Andrè…Non è dimenticare il mio problema. Io…io ho temuto di perderti…e salvarmi solo io. E non l’avrei sopportato e non lo potrei mai sopportare…
 
- Oscar….- Andrè sentiva il cuore arrendersi ad un batticuore furioso e inarrestabile. Oscar gli stava dicendo quanto fosse legata a lui e dunque quanto bene gli volesse. Era bellissimo sentirselo dire anche se le sue parole erano intrise della profonda angoscia di quella notte che ancora non l’abbandonava – Anch’io ho provato il terrore insopportabile che ti avessero fatto del male…che ti avessero uccisa e io…imprigionato tra le braccia forzute di tanti uomini che volevano solo farmi fuori, immolarmi alla loro causa. E’ stato terribile non poter correre da te e salvarti. Per la prima volta non riuscivo a farlo….e che volessero centrare un cappio ciondolante con la mia testa e togliermi la vita poco mi importava, davvero. Non volevo morire naturalmente…. ma se proprio dovevo, pensavo, che almeno avessi potuto salvare te….Poi è arrivato, inaspettato e per miracolo, Fersen e….gli dobbiamo le nostre vite – disse Andrè accoratamente ma con un inevitabile tocco di amarezza nel cuore nel pensare quanta maggiore ammirazione dovesse provare Oscar per egli.
 
- Ti ha salvato lui per impedirmi che ci provassi a farlo io…- spiegò Oscar con lo sguardo disarmato di chi è pronto  a vuotare il sacco.
 
- Cosa? – esclamò Andrè spalancando gli occhi e la bocca per lo stupore.
 
- Non ricordo come…ma è stato Fersen a portarmi in salvo in un  vicolo puzzolente e buio dove le voci della folla esagitata mi arrivavano angoscianti e rimbombanti dal profondo baratro di una ferocia infernale….Ero confusa e stordita e Fersen mi scrollava le spalle perché ritornassi in me e quando ripresi contatto con la realtà, fu solo un attimo il sollievo provato nel sapermi in salvo…perché immediatamente si riversò in me tutta l’ansia, l’angoscia e il terrore nel non averti accanto a me, nel saperti in pericolo e così provai a lanciarmi fuori di là per cercarti. Fersen mi bloccava e mi tratteneva non comprendendo il motivo per cui volessi ritornare all’inferno e fu allora che gli urlai in faccia il…il mio bisogno di salvare il…mio…mio Andrè….te Andrè. Al solo pensiero mi tornano i brividi di paura…e…
 
Andrè, basito e attonito, per quella incredibile confessione piena ancora di dolore e di affetto sconfinato per lui, senza pensarci un attimo poggiò una mano sulla spalla di Oscar mentre con l’altra le sollevò il mento affinchè potesse guardarle gli occhi che invece fissavano il pavimento.
 
- Oscar…ti saresti condannata al suicidio certo…non tentare mai più azioni tanto avventate per me!
 
- Perché no? Se anche ci fosse stata una minima possibilità io ci avrei provato e tu, poi…quante centinaia di volte l’hai fatto per me, perdendo pure un occhio? – rispose a tono Oscar, piena di passione e animosità.
 
- Non c’entra…io… - farfugliò il giovane.
 
- Ad ogni modo Fersen ti ha salvato e non gli sarò mai abbastanza riconoscente per avermi restituito te….e la mia stessa vita….Senza di te, non potrei vivere…..
 
Andrè cominciò a pensare di essere nel bel mezzo di uno dei suoi sogni più magnifici in cui Oscar gli pronunciava frasi d’amore e poi si abbandonava ai suoi baci…
Però non stava sognando e la donna che aveva davanti a sé sembrava proprio…proprio bisognosa di lui….come una donna innamorata…poteva essere possibile un miracolo del genere?
No, non poteva crederlo…e voleva capire ma si ritrovò privato di parole e gesti che potessero aiutarlo e fortunatamente Oscar riprese a parlare.
 
- Quando ritornammo a casa, malconci, io avrei tanto voluto correre da te, dirti allora ciò che ti sto dicendo adesso ma mi mancò il coraggio….l’ improvvisa consapevolezza fattasi largo senza di me mi lasciò incapace di poterla esprimere a me stessa e poi a te. E da allora ho continuato a tacere…a non riuscire ad aprirti il mio cuore e….
 
- Oscar…cosa vuoi dirmi? – sussurrò Andrè che percepiva ormai imminente un momento aspettato…forse da sempre.
 
- Andrè…tu lo sai…una volta io sono stata innamorata di Fersen e per lui ho sofferto tantissimo e quando ho scoperto che anche tu mi amavi, le mie sofferenze si sono raddoppiate pensando che la persona più importante della mia vita, soffrisse a causa mia ma non potevo evitarlo perché non sapevo, non capivo o forse non era semplicemente il momento giusto…non so. Tu…per me…ancora provi questo amore così forte e sofferente? Ancora?  -  Oscar abbassò lo sguardo intimidita ed emozionata.
 
- Non credo ci sia stato un vero inizio del mio amore per te…io ti amo da sempre e per sempre ti amerò, Oscar…perché ti chiedi questo….dimmelo Oscar, prima di soccombere al mio cuore impazzito…
 
Oscar si mosse piano verso di lui, insinuò le braccia tra le sue, ferme lungo i fianchi, e si strinse forte alla sua schiena…poggiò il capo sul suo petto e tra i singhiozzi gli dichiarò il suo amore.
 
- Anch’io ti amo Andrè! - un singulto forte a sottolineare tale dichiarazione – Infinitamente Andrè….-  un altro singulto e gli occhi lucidi di lacrime si posarono sui suoi…
 
- Oscar mia….- mormorò Andrè accogliendo tra le mani il volto della sua donna e guardandola rapito ed emozionato come mai gli era capitato.
Avrebbe voluto dirle tante cose, trovare una parola per ogni battito del suo cuore che rincorreva l’altro, impazzito e impetuoso…ma non vi riuscì e lasciò che le sue labbra si posassero su quelle di Oscar, prima dolcemente e poi con ardore incontrollabile.
 
Sto sognando…sto sognando….non è vero che la sto baciando…non è vero….Oh, Dio, invece, è vero! La sto baciando e la riconosco nel morbido calore delle sue labbra, come se la baciassi da sempre…
 
Andrè…mi bacia, mi bacia….oh, è un’ emozione travolgente e irresistibile…il cuore martella tumultuoso nel petto  come se volesse uscire e io….non mi sono mai sentita mai così…. Sento un languore prepotente nel ventre e tremo…tremo…Sono totalmente soggiogata da questo meraviglioso uomo….
 
- Oscar….io stento a credere a tutto questo! Mi hai consegnato la felicità ma io te la restituisco perché voglio che la tua vita ne sia ricolma sempre…sempre….con me accanto…- le disse Andrè staccando le labbra dalle sue e sfiorando le guance scarlatte con le dita in un moto continuo e dolce.
 
Oscar lo guardava incantata e con le lacrime agli occhi, incapace di parlare….
Il petto si sollevava a scatti seguendo i suoi sospiri emozionati e accelerati…
 
- Ti amo, Andrè…- parole pronunciate in un soffio.
 
A quelle parole, Andrè riaccolse Oscar tra le braccia, seguendo l’impeto del suo amore, e dopo averla stretta a lungo, si staccò e riprese a baciarla appassionatamente, mozzando i propri respiri a lungo.
 
- Anch’io Oscar…anch’io…..Posso rimanere con te…stanotte? – una domanda a bruciapelo.
 
Una richiesta che imbarazzò Oscar e la eccitò allo stesso tempo….
 
- Io…
 
- Dimmi di sì….dimmi di sì…Concedimi di essere irruente e prepotente…Ti ho aspettata tutta la vita…non voglio andare via, adesso, non dormirei e non saprei resistere senza starti accanto fino a domani…Dimmi di sì…- ripetè.
 
- Sì….
 
Un sì pieno d’amore e di vita, un sì per sentirsi, per viversi, per conoscersi nell’amore…un sì a tutto….
Quella notte Oscar si consegnò totalmente all’amore di Andrè e al suo, anima e corpo, e si sentì rinascere una seconda volta in una esistenza nuova, permeata dal cuore di Andrè.
Da quel giorno seppe che la sua vecchia identità era morta, non era più la figlia del generale Jarjayes, non era nobile ma era solo la donna di un uomo del popolo, del suo uomo, di Andrè Grandier….

 
***
 
Dieppe, 10 luglio 1789
 
La piccola Sophie si era appena addormentata nel suo lettino; i riccioli biondi le ricadevano sulla fronte, sfiorando gli occhietti e il piccolo nasino all’insù. Aveva un’espressione serena e rilassata e Martine la guardò sorridente: quella bimba era davvero un amore.
Era vivace e allegra, dolce e molto intelligente e Martine l’adorava già.
Le dedicò un sorriso e una lieve carezza sulle gote rosee, poi Martine si recò presso la finestra aperta e accostò le tende per oscurare la stanza; gettando lo sguardo oltre i vetri osservò il mare placido e lucente sotto i raggi del sole di mezzogiorno e si ripromise di recarsi a passeggiare, lungo la battigia, alla prima occasione possibile.
Il mare….che meraviglia!
Non smetteva ancora di incantarsi di fronte a quella distesa di blu cangiante nelle sue varie sfumature, ondeggiante e profumata; specchio riflettente i raggi dorati del sole, di giorno, e quelli argentati della luna, la notte….
Sorrise ripensando a quando aveva bagnato i piedi e le mani nelle sue acque limpide e un po’ fredde passeggiando con Alain…
 
Alain…..chissà che stai facendo, se mi stai pensando…
 
I lineamenti del giovane si delinearono immediatamente nella sua mente, a quel pensiero, e ne sentì la nostalgia, la voglia di accarezzarlo e di baciarlo.
Si sedette sul davanzale e si lasciò andare al suo desiderio perdendo il suo sguardo tra il cielo azzurro e il mare blu….
Il cuore fremette e si abbandonò del tutto alle sue dolci emozioni….poi un lieve ma ben distinto rumore, proveniente dal basso, la riscosse  e guardò giù, nel cortile sottostante la finestra della camera di Sophie.
Seduta su un sedile in pietra c’era Juliette, le gambe incrociate, e su esse un panierino aperto dentro al quale frugava…
Tirò fuori del pane, un pezzo di formaggio, una tovaglietta rossa, un libriccino con la copertina di cuoio consunta e rigata e qualcos’altro stretto nel pugno della sua mano sinistra.
Dispose la tovaglietta sul sedile e su di essa le vivande, poi aprì il libriccino e la mano sinistra nella quale stringeva un piccolo crocefisso di legno e che portò al petto; si fece il segno della croce e leggendo a bassa voce da una pagina, iniziò a pregare.
Martine riconobbe subito il crocefisso…Juliette lo teneva sul suo comodino, di notte, e poi sempre con sé…
E non era la prima volta che la vedeva pregare e non che ci fosse qualcosa di strano in questo….ma lo trovava così poco congruente con la sua personalità…
Era una ragazza così fuori dagli schemi, libera, poco incline alle regole, un modo di vivere insolito, ribelle, a volte irruente….ma pregava ed era legatissima a quel crocefisso.
Trovava incoerente la sua profonda religiosità con il suo essere talvolta selvatico e scorbutico e che mal sopportava il vivere comune e dunque ad adattarsi alla società del suo tempo…
Incoerente e contraddittoria all’apparenza ....eppure Juliette realmente era così:devota al Cielo ma molto libera sulla Terra.
Martine  si voltò e oltrepassò lentamente le tende  e si diresse verso il tavolo dove era poggiato il suo paniere con il pranzo.
Di solito consumava il suo pasto nell'anticamera ma pensò di scendere giù e far compagnia a Juliette.
Non si poteva dire che fossero  diventate amiche e per quanto non dimostrassero  una grande simpatia, l’una per l’altra, di certo Martine voleva conoscerla meglio e non fissarsi sulla sua sensazione che, a pelle,  le parlava di un tipo ostico e difficile.
Sophie, dopo aver pranzato, dormiva quasi due ore, quindi poteva scendere giù tranquillamente per il suo veloce pasto.
Quando giunse nel cortiletto, invaso da numerose piante di gerani, petunie, rose e ortensie che lo coloravano e lo profumavano delicatamente, notò che Juliette stava mangiando accanto ad Anne, una delle lavandaie, e mentre chiacchieravano.
Martine arretrò di un passo, indecisa se farsi avanti o tornare su...
Non aveva instaurato nessun tipo di rapporto con i vari membri della servitù, se non civili accenni di saluto, dato che la guardavano sospettosi...

-Martine....sei qui?Dai, vieni a pranzare  con noi...-la esortò Juliette.

Anne la scrutò mutando l'espressione gioviale di qualche istante prima in una corrucciata e diffidente.

-Beh, se non vi disturbo....

Anne alzò un sopracciglio, come a voler proprio esprimere che invece le disturbava, ma si spostò e le fece spazio sul sedile.
Martine si sedette timidamente e poggiando il suo paniere sulle gambe, lo aprì e trasse  due fette di pane imbottite con delle verdure e iniziò a mangiare.

- Sophie dorme, immagino.... - esordì Juliette.

- Sì....ma il tempo di mangiare questo pane e tornerò immediatamente su - rispose Martine.

- Certo...in caso dovesse svegliarsi prima...- ipotizzò Juliette.

- Proprio così - convenne Martine, dopo aver inghiottito un boccone di pane.

Anne osservò il modo di mangiare di Martine e la trovò insopportabilmente aristocratica; portava il cibo alla bocca solo dopo aver mandato giù il boccone, inoltre masticava lentamente e con la bocca rigorosamente chiusa e si puliva spesso le labbra con il tovagliolo, nonostante fossero decisamente pulite.
Lei non mangiava così.

- Tu sei una nobile o una borghese....cosa ti porta qui?Che segreto nascondi?Non mi prendi in giro, sai? Che imbroglio sei???  - le domandò Anne con livore e astio.

- Anne! -esclamò Juliette con aspro tono di rimprovero e guardandola severamente - Ma che modi sono? Che accuse infamanti le muovi? Ti ricordo che è ospite di mio padre e mio padre è una persona perbene che non intrufola in casa altrui gente di dubbia moralità!Ti esorto a chiederle scusa!

- Ma....ma io....io non volevo accusare tuo padre che, lo so benissimo, è una persona meravigliosa....È che io....
 
Martine, rimasta con il pane a mezz’aria e il boccone bloccato in bocca, fissò Anne con fastidio e Juliette con stupore…incapace di dire qualcosa.
 
- Io credo che tu debba chiederle scusa…- insistette Juliette scrutando Anne con durezza .
 
- Io…ma…è che….- balbettò la ragazza intimidita dal rimbrotto  severo di Juliette.
 
- Come puoi accusarmi di qualcosa senza sapere nulla di me? E’ inconcepibile!- esclamò Martine adirata.
 
- Tu e le altre, quando finirete di malignare e lavorare di fantasia? – aggiunse Juliette guardando Anne con estrema severità.
 
-Oh, Juliette! Ho espresso solo un pensiero…così…. – cercò di giustificarsi.
 
- Un pensiero….che può far star male una persona innocente…non è giusto – spiegò Martine pacatamente.
 
- Martine ha ragione…- affermò Juliette fulminando Anne con il suo sguardo di ghiaccio.
 
- Scusa Martine…- mormorò Anne con un fil di voce e dandosi alla fuga.
 
- Grazie Juliette….- sorrise Martine contenta-  grazie dal profondo del mio cuore…
 
- Nessun grazie…non mi importa niente….adesso però racconta a me chi sei. Papà e mamma  non mi hanno detto nulla di te e io tendo a farmi i fatti miei ma adesso credo di voler sapere chi tu sia. Perché sei qui? Chi sei? – ripetè scrutandola con lo stesso sguardo freddo e indagatore con cui aveva rimproverato Anne.
 
- Eh?Io chi sono? – Martine restò a bocca aperta, confusa e sconvolta.


ANGOLO DELL'AUTRICE

Dopo lungo tempo, rieccomi con un nuovo capitolo di questa piccola ff su Alain (ma anche su Oscar e Andrè....:-) Non so perchè ma è diventata anche uno sguardo su di loro,una serie di missing moment e what if....). Ci avviciniamo alla Rivoluzione....purtroppo! E qualcosa succederà un po' a tutti.....
Grazie a tutte e un abbraccio!

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Capitolo 9
*** Indomito Alain ***


Indomito Alain
 
- Io chi sono??? -  ripetè Martine  molto adirata.
 
- Sì, proprio tu! Sono certa che tu non sia una cattiva ragazza ma questa faccia timida, a tratti afflitta, eterea,  da dea dell’Olimpo….imperscrutabile, diciamo pure, mi sa tanto di chi nasconde un segreto inconfessabile. E allora, per me tu puoi tenerti questo segreto ma ti prego di non avere questa faccia qui, altrimenti dimmi chi sei. Perché l’idea di dover difendere alle altre qualcuno che non conosco davvero, mi sta infastidendo. Perché poi io ho l’impressione che tu sia solo una ragazza viziata…..
 
- Prima di sbattermi in faccia queste tue personali considerazioni e pregiudizievoli, avresti già potuto chiedermi da un po’, non credi? E adesso mi sono proprio stufata di camminare come sul filo dell’equilibrista, cercando di sopportare gli sguardi maligni delle cameriere e di non urtare te, nel quotidiano vivere a casa tua! Ebbene sì, sì! Sono una ragazza borghese, figlia di un ricco commerciante di tessuti! E allora? Ho abbandonato la mia famiglia, le ricchezze e i privilegi…tutto, tutto, capisci? – urlò arrabbiata Martine serrando i pugni davanti a Juliette.
 
- Ma…cosa??? – disse Juliette, gli occhi sgranati e la bocca spalancata per lo stupore.
 
- Hai capito benissimo! L’ho fatto per salvarmi da un matrimonio combinato che mio padre voleva impormi! Voleva sposarmi a un nobilastro da strapazzo, spiantato, il cui genitore aveva fatto un accordo con il mio…una sorta di scambio equo, ma sulla mia pelle! La mia famiglia acquisiva un titolo nobiliare e la sua benefici economici! Ma io non potevo accettare una cosa del genere e visto che le suppliche a mio padre non erano servite, avevo deciso di scappare e farmi suora! Ecco chi sono io! E….
 
- Suora? – l’interruppe Juliette sbalordita – Come facevi a scappare e farti suora….?
 
- Non so come sarei scappata ma in qualche modo avrei raggiunto la sorella di mio padre, che è madre badessa in un convento di Nevers…
 
- Prendere i voti senza alcuna vocazione? Uhm…- Juliette fece una smorfia di disappunto.
 
- Meglio monaca  che sposata a un uomo che nemmeno avevo mai visto!
 
- La vocazione è una cosa seria….-  Juliette parlò lentamente.
 
- Oh, certo, ma anche il matrimonio, sai! Poi però…sul mio cammino ho incontrato tuo cugino Alain e lui mi ha salvata….
 
Martine proseguì il suo racconto, parlandole di Diane, di Alain e del suo desiderio di salvarla e portarla lì, a Dieppe, certo che suo padre non l’avrebbe più ritrovata.
Juliette seguì attentamente il lungo, accorato e particolareggiato racconto di Martine provando un misto di emozioni e sensazioni che suscitarono una inaspettata empatia verso la giovane e sincera ammirazione.

- Martine...tutto avrei potuto pensare ma non certo questa coraggiosa scelta di vita.....L'impossibilità di venire meno a  te stessa e di obbedire a tuo padre! Ti chiedo scusa per aver pensato, lo confesso, che fossi una ragazzetta viziata, con qualche segreto inconfessabile e chissà quale colpa da dover scontare qui, lontano da casa tua....Forse dovrei imparare ad essere meno impulsiva, a pensare prima di giudicare...Ti ammiro, davvero....

I lineamenti del volto di Martine, contratti e alterati, pian piano si distesero e l 'espressione torva e arrabbiata mutò in una più docile e serena.

- Eh sì,  l'impulsività non è mai una buona consigliera....- valutò la ragazza - E comunque ti ringrazio per aver capito chi sono e apprezzato i sacrifici, perché, ti assicuro, che non è affatto semplice e naturale abituarsi ad una nuova vita, con persone che ti guardano in cagnesco e fanno di tutto per escluderti e credendo, senza alcuna prova e senza chiederti nulla, che tu sia una pessima ragazza...- riprese con un sorriso amaro e contrito.

- Hai perfettamente ragione...me ne rendo conto e mi sento mortificata per il mio comportamento ingiustificabile...spero saprei perdonarmi....- disse Juliette seriamente triste e sconsolata.

- Certamente, Juliette....ti ho perdonata e mi auguro che non vi saranno più equivoci e fraintendimenti tra noi, considerando che, tuo malgrado, dovrai condividere la tua casa con me...Ma, spero, un giorno di avere una casa mia....

- L'avrai....ma fino ad allora, ti prego, non pensare di essere un'ospite sgradita in casa mia...davvero... - le disse Juliette con un sorriso dolce che Martine mai aveva visto finora.

Sentì che poteva crederle, che potevano adesso diventare amiche...

- Va bene...non lo penserò più....- Martine ricambiò il sorriso e le porse la mano che Juliette strinse fortemente.

-Bene... Senti...stasera, dopo aver finito di lavorare e prima di ritornare a casa, ti andrebbe di fare una preghierina  a Diane,nella chiesetta di paese ?

- Oh....assolutamente sì, Martine!È un pensiero dolcissimo che accolgo con molto piacere!  A più tardi, allora!


 
***
 
Nonostante gli occhi chiusi, l’espressione di Gesù Crocifisso era dolcissima e buona; le gocce di sangue che stillavano dalle ferite a causa della corona di spine, racchiudevano l’immane e perpetua colpa dell’umanità che aveva ucciso un innocente.
Il Cristo dolente, appeso ad una grande croce di legno, dietro l’altare della piccola chiesa di S. Bartolomeo, trasmetteva al contempo dolore e tenerezza infinita.
Juliette l’adorava: poteva stare ore e ore in contemplazione di quel meraviglioso uomo-Dio.
Sulla croce, prendendo su di sé tutti i peccati dell’uomo, morendo e risorgendo, Gesù aveva redento il  mondo.
Ciò accadeva e sarebbe accaduto ogni anno, per sempre….ed erano passati già 1789 anni.
 
- Gesù, tu che sei morto e risorto per noi, accogli la nostra sorella Diane, in Paradiso; ricolmala di grazia e gioia che in Terra non ha potuto provare… - esordì Juliette genuflessa sull’inginocchiatoio , il capo chino sulle mani incrociate e poggiate sul legno.
 
Martine, accanto a lei e  nella medesima posizione, voltò la testa per guardarla ma n lei non si mosse e terminò la sua invocazione, recitando il Padre Nostro.
Martine la seguì, pensando quanto intensamente devota fosse Juliette e recitò insieme a lei una serie di altre lodi e inni; e se Juliette non mutò la sua postura, lei invece fece vagare lo sguardo intorno l’ambiente che li avvolgeva; esso era profumato di incenso e cera e attraversato dalle luce fioca del crepuscolo che penetrava dalle finestre ogivali laterali.
Sull’altare, due doppieri con le candele già molto consumate, contornavano di luce soffusa e tremolante il messale aperto e due vasetti ricolmi di piccoli fiori bianchi.
Sotto l’abside, sulla parete di fondo, vi era un grande quadro  in stile gotico e rappresentava alcune scene della vita e del martirio di San Bartolomeo.
Era una chiesa semplice i cui arredi erano essenziali e l’atmosfera che si respirava invitava alla pace e al raccoglimento.
Il crocifisso e il quadro di S. Bartolomeo, così intensi e particolareggiati nel racconto della redenzione nell’uno e della vita santa nell’altro, richiamavano l’attenzione e la riflessione sugli aspetti fondamentali della fede cristiana.
Martine si sentì profondamente serena in quel luogo di pace e mistero, veramente accarezzata dal messaggio salvifico e di amore di Dio.
Poi però avvertì uno strano tuffo al cuore e pensò che Alain era nella Parigi oppressa da grandi ribellioni e rabbia popolare…
Provò paura per lui….così attese che Juliette concludesse la sequenza di preghiere, poi parlò.
 
- Juliette…posso fare una preghiera pure io?
 
- Ma certo!-  esclamò in un soffio la ragazza, annuendo con il capo.
 
Martine giunse le mani e le pose al centro del petto, osservò con occhi tremuli il Crocifisso e recitò la sua preghiera:
 
- O Signore….proteggi Alain mentre assolve ai suoi doveri di soldato; tienilo lontano dai pericoli e fa’ che torni presto, sano e salvo, da noi. Guida i suoi pensieri e le sue azioni affinchè mai debba trovarsi in difficoltà. Amen.
 
- Amen  -  le fece eco Juliette, guardando Martine con sorriso complice ed empatico.

 
***
 
 
Parigi, 14 luglio 1789.

Era ancora fieramente difesa la Bastiglia dai soldati di Sua Maestà, nonostante fosse ferita in più parti, tra piccoli incendi e muri crollati.
 Tutto intorno a lei vi era il  vociare agghiacciante di uomini e donne del popolo che, con armi rubate e oggetti di ogni foggia, volevano contribuire ad abbattere.
A loro si erano uniti anche i soldati della guardia metropolitana, comandati da Oscar François De Jarjayes.
Non erano più sudditi delle Loro Maestà ma della nazione che urlava a gran voce il diritto alla libertà, all'uguaglianza, alla fraternità ed  essere solo uomini e donne francesi e non schiavi dei Borboni!
La rivoluzione del popolo francese era  ormai scoppiata e niente e nessuno avrebbe più potuto fermarla…
Quelle persone stavano facendo la storia e sentire di esserne i protagonisti principali era travolgente, nonostante la morte fosse inevitabilmente lì con loro.
Oscar era al comando della sua truppa, dalla parte del popolo, e guidava l’assalto alla Bastiglia. Stava lottando con tutto l’ardore e l’amore per  i Francesi e dunque per se stessa e per l’uomo del popolo che amava: Andrè.
Ritornando da Melun a Parigi non avevano potuto abbandonarsi completamente al loro amore appena scoperto e vissuto sulla pelle, perché la situazione politica e militare era precipitata e avevano dovuto prendere delle decisioni importanti.
Decisa a non eseguire gli eventuali ordini di sparare sulla folla, aveva parlato ai suoi soldati per spiegare loro che si dimetteva dall’incarico di comandante e che avrebbe solo seguito il volere del compagno della sua vita.
Ma non c’era stato bisogno di ascoltare le parole di Andrè perché Alain era immediatamente intervenuto per dirle che lui e i suoi compagni mai avrebbero sparato sulla folla, e dato che neanche lei lo avrebbe fatto, allora poteva continuare ad essere il loro comandante.
Così era stato.
Ed ora eccola lì a guidare i suoi soldati, fiera e impavida, e con tutta la voglia di non morire e di costruirsi una nuova vita con Andrè.
Era preoccupata solo per Andrè, per lui, perché sapeva che non vedeva bene; e il suo strenuo tentativo di convincerlo a non combattere, non era valso a niente, e così l’unica paura che la devastava adesso era che lui non riuscisse a schivare i proiettili.
E allora l’aveva affidato ad Alain…lo aveva supplicato di proteggerlo quanto più possibile e lui glielo aveva promesso solennemente.
Andrè, dal canto suo, solo poche ore prima, conscio del pericolo cui stavano andando incontro, aveva pensato seriamente di fuggire con lei ma sapeva che lei non lo avrebbe accettato mai.
Oscar era…la sua Oscar…la donna indomita e coraggiosa che aveva sempre lottato per il bene supremo e per la giustizia; non avrebbe mai potuto strapparla dal suo forte desiderio di difendere i suoi connazionali vessati e oppressi dalla monarchia ingiusta e corrotta.
La speranza e la fede in Dio gli diedero la forza di lasciarla al suo posto, ma non avrebbe esitato un solo istante a difenderla o a dare la sua vita per lei, se ce ne fosse stato bisogno.
Alain l’aveva piazzato nelle retrovie e controllato a vista da lui e da Gérard affinchè non commettesse sciocchezze.
Erano tutti posizionati intorno ai cannoni pronti ad eseguire l’ordine di sparare da parte di Oscar.
Avevano già sparato tanti colpi e la fortezza era già quasi abbattuta; i pochi soldati che ancora tentavano di difenderla avevano ben poche speranze di averla vinta.
 
- Fuoco! – Oscar aveva gridato quella parola già tante volte, ritta davanti ai suoi soldati schierati e con la spada che fendeva, alta, l’aria satura di polvere da sparo, fumo, sudore e sangue.
 
Era pericolosamente esposta agli spari provenienti dalla Bastiglia ma era ben difesa dai suoi soldati che sparavano senza sosta dai loro fucili.
Era un continuo incrocio di proiettili e sembrava non dovesse finire mai…
Molti soldati, da entrambi i fronti, morivano inermi sotto i colpi delle armi…
Era un vero inferno.
Andrè non ce la faceva più a vedere Oscar sotto quella pioggia di fuoco…voleva andare da lei, dirle di smetterla, di andare via e mentre pregava Iddio che quella maledetta fortezza crollasse una volta per tutte, che i soldati della guardia svizzera¹ morissero tutti ma ancora resistevano…
Il suo cuore era in tumulto e aveva paura, troppa paura.
Voleva avvicinarsi, voleva essere pronto a coprirla con il suo corpo per salvarla.
Si mosse ma inciampò su un sasso.
 
- Andrè! Fermo dove sei! – lo riprese immediatamente Alain -  Non fare sciocchezze! Non la salvi così ma vi ammazzate tutti e due! Se ti vede, perde la concentrazione e morite di sicuro. Stai lì…non la perdo d’occhio! – esclamò il ragazzo assestandogli una pacca sulle spalle e facendogli l’occhiolino.
 
- Alain….ho troppa paura….è così facile colpirla…..
 
- Stai lì!-  ripetè – Oramai siamo qua…l’abbiamo presa quella maledetta prigione….fra poco tutto sarà finito.
 
Ma non furono affatto profetiche le parole di Alain perché qualche istante dopo, un proiettile colpì Oscar a una gamba e si accasciò dolorante, ma non smettendo di gridare l’ordine di sparare.
 
- Oscar! –fu  il grido orribile di Andrè che, correndo incerto tra la confusione di soldati davanti a lui e alla difficoltà di mettere a fuoco la visione, si lanciò rapido verso di lei, sfuggendo al controllo e al richiamo di Alain e Gerard.
 
Non li ascoltava, non li poteva ascoltare!
Doveva solo portare via di lì Oscar che era stata ferita ma ancora viva e imperterrita a lanciare i suoi ordini.
E anche se già qualche soldato l’aveva raggiunta per allontanarla da lì, lui si diresse rapido da lei e fu in quel momento che un altro proiettile vagante colpì anche lui….al petto…
Un urlo soffocato e cadde riverso per terra.
Oscar riconobbe immediatamente il grido di dolore di Andrè e girandosi verso di lui, sentì paralizzarsi gli arti e il cuore nel vederlo supino a terra e con il petto insanguinato.
 
- Andrèèèèèè!!!!!
 
- Maledizione! Dio, aiutaci! – implorò Alain davvero indeciso sul da farsi.
 
Chi andare a soccorrere? E la battaglia?
 
In frazioni di secondi, Alain prese in mano la situazione e cercando di recuperare calma e sangue freddo, impartì gli ordini.
 
- Gerard va’ a prendere Andrè e portalo nella piazzetta insieme agli altri feriti e voi, Louis e Pierre, sparate a più non posso per proteggere Gerard e Andrè. Charles, tu porta in salvo il comandante…. – gridò sicuro di sé mentre si avvicinava a Oscar ferita.
 
- Oscar…Charles ti porta in salvo…posso prendere io il tuo posto?
 
- Alain!!!! Sì, sì…certo ma Andrè? Alain! Andrè morirà???? – urlava Oscar piangente, aggrappata al suo petto e in preda alla disperazione più nera.
 
- Oscar…no…no…vedrai che si salverà….
 
- Se lui muore….voglio morire anch’io! – urlava ancora Oscar con la gamba sempre più insanguinata.
 
- Charles, portala in salvo, sbrigati….Fuoco!  - gridò Alain, prendendo il posto di Oscar nel suo grido di battaglia.
 
Charles prese in braccio Oscar e fu rapido a portarla nella piazzetta lì vicino dove erano radunati altri feriti, curati alla bene e meglio da dottori accorsi a dare una mano alla causa della rivoluzione.
 
- Non piangete, Oscar…- sussurrò dolcemente il soldato – Vedrete che Andrè se la caverà…non temete…
 
- Deve farcela…perché altrimenti io non potrò vivere!-  gli rispose Oscar agitata e affannata – Alain! Non morire nemmeno tu! – esclamò poi guardando il giovane coraggioso.
 
Alain l’udì e senza voltarsi, allungò un braccio dietro la schiena e con la mano le mostrò il pollice su.
 
Oscar intensificò il suo pianto disperato, temendo anche per la vita di Alain….il suo soldato più valoroso e sinceramente affezionato a lei e Andrè…
Era un vero amico. E non voleva che morisse.
Oscar era al colmo della costernazione e dell’angoscia e non vedeva l’ora di ritrovare Andrè e che tutto quell’inferno finisse presto.
Si aggrappò al giovane soldato, afflitta e sconfortata, e lo implorò:
 
- Portami da Andrè…ti prego… - era devastata dalle lacrime.
 
- Comandante…io devo portarvi in salvo prima di tutto e poi, ve lo giuro e ve lo prometto, andrò a cercare Andrè – rispose commosso e agitato il giovane Charles.
 
- Sì, ti prego…non lasciarmi senza notizie….- singhiozzò Oscar stravolta in viso, sudata e pallida, il respiro sempre più affannoso.
 
- Vi porto al sicuro, comandante….resistete…. – Charles scoppiò a piangere, preoccupato per Oscar che vedeva disperata e dolorante per la gamba e che perdeva sempre più sangue bagnando anche la sua mano.
 
- Andrè….- sussurrò prima di perdere conoscenza.
 
Il giovane soldato arrivò rapidamente presso una piazzetta dove era stato allestito una sorta di quartier generale oltre che un improvvisato  ospedale da campo.
Porte sgangherate, sedie e altre masserizie erano state legate e  disposte intorno alla piazza, come recinto di protezione e all’interno di esso, su alcuni letti, materassi, brandine vi erano i primi feriti assistiti  dai medici presenti.
Medicavano, curavano, operavano i feriti o attestavano la morte di sfortunati martiri, per la causa della libertà.
Vecchie e luride lenzuola coprivano alcun zone dove erano ricoverati i feriti, escludendo dalla vista ma non dall’udito i lamenti, i gemiti e le urla raccapriccianti di dolore…
Alla vista di cotanta sofferenza e precarietà della vita, Charles si sentì invadere dal panico e dalla voglia di fuggire alla svelta da lì, e per alcuni istanti rimase immobilizzato davanti quel fronte di dolore;  poi si calmò e ritrovando il coraggio, affrettò la corsa e condusse Oscar verso il primo letto libero che trovò, urlando a squarciagola che c’era bisogno di un medico….
E frettolosamente giunse un uomo corpulento, sporco di sangue e solerte nel lacerare la stoffa delle coulottes intorno alla ferita,di fronte al soldato agitato.
 
- La ferita non è grave ma bisogna estrarre la pallottola e fermare l’emorragia, altrimenti non ce la farà. Tu mi farai da infermiere. Approfittiamo che è svenuta, così non sentirà dolore….Forza, taglia tutta la stoffa…
 
- Ma…io….non sono in grado…
 
- Molti non sono in grado ma questa è una situazione d’emergenza: vuoi aiutarmi a salvarla?
 
- Certo…certo…ma…io…va bene, va bene…. – rispose Charles livido in volto e tremante.
 
- Coraggio, ragazzo….
 
E mentre Charles aiutava quel medico a “operare”  Oscar, Andrè giaceva su un altro letto, lontano da lì, assistito da un altro medico che si apprestava ad un’operazione ben più complicata e difficile di quella di Oscar.
Il proiettile non aveva trafitto il cuore ma vi era andato molto vicino e l’unica speranza di salvarlo consisteva nella sua perfetta estrazione, nel fermare l’emorragia e nell’evitare complicazioni e infezioni…..E in quelle condizioni, senza l’igiene adatta, con arnesi non sempre disinfettati e senza assistenza specialistica era davvero un miracolo salvarlo, un miracolo….
 
***
 
Risoluto, impavido e fiero Alain guidava e comandava i suoi compagni a sparare incessantemente contro la Bastiglia; era stato sfiorato di striscio sulle braccia ma lui non aveva paura, voleva abbattere quella maledetta fortezza, a costo della sua stessa vita!
E finalmente, dopo essersi sgolato con il suo instancabile e imperioso “fuoco”, vide crollare parte dell’edificio!
Molti uomini riuscirono a tagliare le catene² del ponte levatoio e poterono così penetrare all’interno della Bastiglia, e dalle torri smise la pioggia di fuoco.
 
- L’abbiamo presa! – urlò Alain al colmo della felicità, incurante delle ferite al volto, alle braccia, alle gambe.
 
Erano le 13.30³del 14 luglio del 1789.
 
I suoi compagni lanciarono in alto i loro berretti ,dopodicchè molti di loro corsero verso il ponte levatoio per occupare la prigione insieme agli altri assalitori.
Lui invece decise di finire lì la sua battaglia: lo scopo era stato raggiunto.
Pochi istanti prima era stato un soldato della Guardia Metropolitana di Sua Maestà, ora, dopo la presa della Bastiglia, era solo un uomo e un cittadino francese.
La sua carriera militare finiva lì.
Adesso era un uomo libero e come tale voleva vivere, anche se avrebbe incontrato mille difficoltà nella nuova Francia appena nata…
E adesso voleva solamente raggiungere Oscar e Andrè, doveva scoprire cosa fosse successo loro.
Dovevano salvarsi tutti insieme e ricostruirsi la loro nuova vita lontano da Parigi...
Oscar aveva rinnegato la sua famiglia e avrebbe sposato il suo Andrè...non sarebbe stato facile lì, a Parigi...
Lei adesso era anche un disertore...no, dovevano scappare da lì e lui li avrebbe aiutati.
Ma dov'erano finiti? Come stavano? Doveva ritrovarli subito!



 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Un capitolo fondamentale per i destini di Oscar, Andrè, Alain, Martine e Juliette. Cambieranno molte situazioni e Alain sarà il nostro eroe principale…
Grazie a tutte quelle che mi seguite!
Un abbraccio forte!
Sandra


Note

Da wikipedia:
 
 1."La guarnigione della fortezza era composta da 82 invalidi (soldati veterani non più idonei a servire in combattimento), ai quali il 7 luglio si aggiunsero 32 guardi svizzere..."
2 -3"....verso le 13:30, le catene del ponte levatoio vennero tagliate e gli insorti riuscirono a penetrare nel cortile interno...."

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Capitolo 10
*** Una notte difficile ***


Una notte difficile
 
Un dolore lancinante al braccio sinistro bloccò la corsa veloce di Alain verso la piazzetta dove i feriti venivano assistiti da medici volontari.
 Voleva raggiungere Oscar e Andrè e sapere quali fossero le loro condizioni di salute.
Era molto preoccupato e non aveva dato peso ai dolori, sparsi in tutto il corpo, che avvertiva.
Non era stato colpito dai proiettili ma investito più volte da schegge di pietre e mattoni che erano letteralmente schizzati dai muri della Bastiglia, ferita e abbattuta.
Ora quell’improvviso dolore pulsante e martellante aveva, suo malgrado, fermato la sua corsa.
 
- Maledizione!  Che ho nel braccio? – bofonchiò Alain.
 
Si guardò la parte dolente e notò uno strappo alla giubba  che subito tolse.
Anche la camicia era lacerata  così strappò con forza tutta la manica: una scheggia di pietra era conficcata nella carne e la ferita sanguinava copiosamente.
 
Devo toglierla immediatamente….
 
Provò a farlo lentamente ma non era per niente facile, oltre al fatto che provava un dolore immenso e insopportabile…
Così si fece coraggio: trattenne il respiro, e con un colpo secco, tolse quel pezzo di pietra.
Soffocò un gemito di dolore e si lasciò invadere da un forte bruciore per alcuni istanti.
Provò a respirare lentamente e profondamente; dopo un po’ sentì il dolore attenuarsi e poiché perdeva molto sangue, arrotolò attorno alla ferita il tessuto della manica strappata, stringendo forte.
Scocciato per quell’imprevisto che gli aveva fatto perdere tempo, Alain riprese a correre verso la piazzetta trasformata in provvidenziale ospedale da campo, alla ricerca di  Oscar e André, mentre stringeva i denti per il dolore al braccio...
Giunto alla piazzetta si accorse che era gremita di uomini e donne, dei quali molti erano feriti, mentre altri erano i loro soccorritori e spesso salvatori.

Dove saranno? si  chiese aggirandosi fra letti lerci e sporchi di sangue e brandine nelle stesse condizioni.

La sua spasmodica ricerca si tinse di insopportabile ansia e angoscia, al pensiero di non riuscire a trovarli; e l'idea che potessero essere....morti, prese sempre più forma dentro di sé.
E sapeva che, se non li avesse trovati lì, li avrebbe rivisti in un unico posto:nella chiesa, che si stagliava al centro della piazza, composti dentro una bara.
Si ribellò a quel pensiero e lo scacciò con tutte le sue forze e con tutto il cuore.
Scostò senza alcun riguardo tende che coprivano "angoli operatori" e lenzuola stese dignitosamente sopra i  cadaveri, fingendo di non  vedere corpi straziati e di non sentire orribili gemiti di dolore e sofferenza.
I suoi occhi volevano solo ritrovare i volti vivi dei suoi amici.
Era una piccola piazza quella, eppure sembrava diventata enorme, occupata da tutte quelle persone ferite e dai volontari che li assistevano.
Poi, si accorse improvvisamente di Charles, il compagno a cui aveva affidato Oscar, seduto per terra, davanti una tenda appesa alla bene e meglio su pezzi di legno a nascondere un letto…
Era tutto sporco di sangue, la testa tra le mani, il volto terreo e livido.

- Charles, che ti è successo? Come stai? -domandò il giovane inginocchiandosi presso di lui e sollevandogli delicatamente il viso - Stai bene? - riprese.

- Alain! - esclamò il compagno abbracciandosi a lui con trasporto e reale bisogno di conforto - Sto...sto bene....stai tranquillo...

- Perché sei sporco di sangue e che fine ha fatto il comandante Oscar? Come....come sta?

- Sta bene, credo…anzi, ne sono certo; è ferita ma se la caverà. Sono stato costretto ad aiutare un medico ad operarla. Le ha estratto il proiettile....Dio, non avevo mai visto tanto sangue sgorgare dalla carne viva, lacerata da un bisturi...e....non...non voglio nemmeno più ripensarci...Ma il medico aveva bisogno di me e...non potevo tirarmi indietro...- spiegò il ragazzo piangendo senza ritegno.

- Sei stato coraggioso ed eroico, Charles!Sono fiero di te! Adesso smetti di piangere, distenditi per terra e prova a rilassarti. Tieni, bevi un po' di questo: ti farà bene – disse Alain, porgendogli la sua inseparabile fiaschetta di scadente cognac.

Il ragazzo bevve e si distese per terra.

-Bravo, chiudi gli occhi e riposati un po' -Alain gli sorrise ricevendo in cambio uno sguardo di infinita riconoscenza - Vado a vedere come sta Oscar.

Charles annuì.

Alain spostò la tenda e vide Oscar svenuta,  pallida ed esangue, e un medico barbuto che, solerte e delicato, avvolgeva delle bende intorno alla gamba destra.

- Dottore, come sta?

- Eh? - si riscosse l'uomo voltandosi a guardare Alain -Voi chi siete?

- Sono un suo soldato e un amico. Lei è Oscar François De Jarjayes, ex comandante dei soldati della Guardia....che ha rinnegato il suo nome e il suo grado per combattere a fianco del popolo - spiegò Alain orgoglioso di lei.

-Oh! - si meravigliò il dottore - Io non lo sapevo....La donna- soldato! Una vera eroina! Comunque, state tranquillo....sta bene. Col tempo, tenendo sotto controllo la ferita e dunque eventuali infezioni e rimanendo a riposo, si riprenderà del tutto e potrà pure camminare normalmente. È stata molto fortunata....

-Ringraziamo Dio....-  sussurrò Alain sollevato e commosso.

- Rimanete voi con lei?Io vado a vedere se c'è bisogno di me...tornerò appena possibile per visitarla. Manderò  qualcuno con  del laudano da somministrarle se al risveglio dovesse avere troppo dolore- disse il dottore.
 
- No, lascerò il mio compagno con lei: devo cercare un altro soldato che è stato ferito gravemente al petto e non so dove sia…
 
- Beh, vengo con voi, allora…. – disse il medico pronto.
 
Alain fu ben lieto della proposta dell’uomo e dopo aver affidato Oscar nuovamente a Charles, corse alla ricerca di Andrè.
Alain e Alphonse, il medico,  dovettero girare un paio di minuti, prima di trovare Andrè….
Era disteso su un lettuccio ed era tremendamente pallido.
Il torace era avvolto da bende e macchiate di sangue là dove era stato ferito.
Due uomini gli stavano accanto e uno di essi teneva le dita poggiate sul suo polso sinistro a contare i battiti del cuore, sotto uno sguardo seriamente preoccupato.
Alain, in preda ad un’angoscia profonda, si avvicinò a quel medico e gli chiese notizie.
 
- Eh….- sospirò stancamente - ho tolto il proiettile che si era conficcato molto vicino al cuore. E’ stata un’operazione difficile nelle condizioni in cui ci troviamo. Ha perso molto sangue e temo infezioni…Non posso garantire che si salverà…Se si risveglierà…forse una piccola speranza ci sarà, ma come farà a sopportare il dolore e le infezioni, e in questo ambiente?
 
- Dategli il laudano…. – suggerì Alain, sentendo un doloroso tuffo al cuore.
 
- Non possiamo dare il laudano ad oltranza…. – disse Alphonse – E’ più importante curare le infezioni e stare in un luogo riparato e tranquillo e assistito continuamente. Non puoi portarlo a casa sua?

- Non ha più una casa…né lui, né la donna che hai operato, Alphonse, che è anche la sua compagna… - spiegò Alain.
 
- Ah…capisco….- disse abbassando lo sguardo.
 
- Comunque, mio caro giovanotto, trova al più presto un posto per questo povero ragazzo. Se vivrà, non potrà certo stare qui…. – disse il medico.
 
Non hanno più una casa…, pensò e ripensò Alain, come in un ritornello continuo.
 
Andrè e Oscar non potevano più ritornare a Palazzo Jarjayes dopo che lei aveva tradito la sua famiglia…
Suo padre non l’avrebbe di certo accolta, o forse sì? In ogni caso c’era un altro rischio: quello di essere ricercata in quanto disertore.
E poi era nobile.
Dopo la presa della Bastiglia, di sicuro, la città avrebbe registrato continui disordini e non era difficile immaginare che  i nobili sarebbero stati invisi al popolo.
 
Prima o poi mi toccherà dare notizie ai loro familiari ma per il momento è meglio di no….
 
Alain rimuginò ancora poi ebbe una buona idea: avrebbe portato Oscar e Andrè a casa sua; due letti c’erano di sicuro: il suo e quello di Diane.
Lui avrebbe potuto dormire su un giaciglio improvvisato per terra.
 
- Il posto c’è per Andrè e la sua compagna – decretò Alain tutto contento -  Sono già in grado di  essere spostati? – chiese Alain guardando i due dottori.
 
- No, non subito. Questo giovane deve prima superare la notte e la ferita non sanguinare più, altrimenti muoverlo potrebbe essere molto pericoloso – disse il medico che l’aveva operato.
 
- La donna, invece, potrebbe essere spostata non appena si risveglierà  e sentirà di poter sopportare il dolore – disse invece Alphonse.
 
- Va bene…allora quando sarà il momento, io sarò pronto. – disse Alain che poi si avvicinò ad Andrè.
 
Non aveva per niente un bello aspetto e provò una grande paura.
Gli prese una mano, fredda come il marmo, e la strinse tra le sue.
 
Io ti salverò, Andrè, ci puoi credere…..
 
E mentre i due medici confabulavano tra loro, Alain rimase seduto accanto ad Andrè, la mano sempre stretta alla sua, l’angoscia che non abbandonava il suo cuore, aggredito improvvisamente da un ricordo dolorosissimo: la mano fredda di Diane che la sua tentava furiosamente e disperatamente di riscaldare e rianimare….
Ricordò la sua povera sorellina, gli occhi fissi a quel petto nella speranza di vederlo sollevare  seguendo il respiro della vita e invece….
Scacciò quel pensiero e guardò Andrè…
L’amico respirava….flebilmente….ma respirava…
Era vivo e lui avrebbe fatto di tutto per salvarlo.
Il medico che lo aveva operato gli spiegò che bisognava attendere che il giovane superasse quelle prime ore post-operazione, senza incorrere in complicazioni e forti febbri da infezioni; se ciò fosse accaduto, allora Andrè avrebbe potuto considerarsi fuori pericolo e dunque in grado di essere spostato da lì.
Alain comprese le parole del medico e rimase al capezzale di Andrè, anche se ogni tanto andava a dare un’occhiata a Oscar, che era stata sedata con del laudano appena si era risvegliata, in preda a forti dolori alla gamba.
Alain, a quel punto, aveva incaricato alcuni compagni di fare la spola tra Oscar e Andrè per tenerlo al corrente delle condizioni del loro ex comandante, perché lui non avrebbe lasciato Andrè, che versava ancora in condizioni critiche.
Le ombre della sera iniziarono a calare su quella piazza ancora gremita di gente e attraversata incessantemente da gemiti e brusio sommesso.
L’ultimo raggio di sole morente disegnava strisce purpuree in cielo e sui profili dei tetti delle case.
Il cielo mostrava diverse sfumature di azzurro che si apprestavano a diventare blu cobalto; nessuna nuvola vagava libera e Alain sapeva che presto numerose stelle si sarebbero accese, lontane e luccicanti, estranee a quel momento storico…
Sarebbe stata una bella serata, neanche tanto fredda….eppure l’atmosfera di quel 14 luglio strideva con quella incipiente e meravigliosa notte d’estate….
Nonostante l’odore di sangue, fuoco e  della polvere da sparo riempisse l’aria, insistente  e prepotente riusciva a farsi spazio il profumo degli oleandri e delle resine degli alberi, che la tiepida brezza estiva diffondeva.
 Da alcune ore i cannoni avevano smesso di tuonare e rimbombare nella città, ma le urla dei parigini, che avevano abbattuto la Bastiglia, si erano attenuate solo da poco.
Alain avrebbe tanto voluto vedere e capire quale fosse la situazione della città ma non se la sentiva di lasciare Andrè che ancora non si svegliava e che a tratti faticava a  respirare.
Il medico si recava spesso da lui per controllarlo, per somministrargli intrugli medicamentosi di vario tipo.
 
Poco prima della mezzanotte, Alain, che si era appisolato con il capo appoggiato vicino alla braccia di Andrè, fu risvegliato da uno strano tramestio, oltre il lenzuolo che delimitava lo spazio in cui l’amico era ricoverato.
Sentiva parlare, poi sussurrare, bisbigliare, gemere….
Alain si alzò e guardò oltre quel lenzuolo e vide Charles e Gerard che, lentamente e con molta attenzione, trasportavano una lettiga su cui era distesa nientemeno che….Oscar!
Corse rapido verso di lei, stupito e spaventato allo stesso tempo.
 
- Oscar!
 
- Alain!Come sta Andrè? – lo supplicò prendendogli le mani tra le sue che tremavano inarrestabili.
 
- Ma dove la state portando, nelle sue condizioni? – domandò Alain rivolgendosi, accigliato, ai compagni e ignorando la richiesta di Oscar.
 
- Non rimproverarli! Sono stata io che li ho obbligati a portarmi da Andrè! – s’intromise Oscar, mettendo a tacere i due provvidenziali trasportatori prima che aprissero bocca – Non potevo rimanere di là, sapendo che Andrè sta lottando per la vita….non potevo proprio!
 
Oscar proruppe in un pianto sommesso e disperato.
 
- Oscar….ci sono io con lui…Tu non devi affaticarti… - le disse Alain docilmente.
 
- Oh, Alain…non mi affaticherò! Io voglio stargli accanto…
 
- Va bene, Oscar…d’altra parte, ormai, sei qua – prese atto Alain – Forza, portatela di là – disse poi rivolgendosi ai due ragazzi.
 
Alain scostò il lenzuolo e fece passare Charles e Gerard che posizionarono la lettiga accanto al letto di Andrè.
Rivedendo Andrè, inerme e pallido, Oscar sentì il cuore stringersi in una morsa e precipitare nella voragine di paura che si era aperta dentro di  sé, e cacciò un urlo disperato.
Tentò di alzarsi ma il dolore alla gamba le impedì di mettersi in piedi e ricadde sulla lettiga.
 
- Oscar…non devi muoverti, non commettere sciocchezze! -  la rimproverò Alain.
 
- Ma…Andrè…il mio Andrè….- piagnucolava lei stendendo un braccio e afferrando con la mano quella del suo uomo.
 
- Oscar…non è morto, non fare così. Supererà questo momento…abbi fede… - cercò di rassicurarla Alain accarezzandole la testa.
 
Ma Oscar era inevitabilmente travolta da una paura immensa e devastata da singhiozzi che le squassavano il petto…
 
- Se lui muore…io…io…non posso vivere….- ripeteva come una nenia lamentosa.
 
- Smettila, Oscar…smettila….Magari ti sente e certo non gli fa bene saperti così disperata. Calmati, coraggio, calmati…Tieni stretta la sua mano, fa’ che senta il tuo calore e il tuo amore in questo modo….ma non piangere… - Alain provò a infonderle coraggio e fiducia e vi riuscì.
 
Oscar si acquietò un po’ ma le lacrime le rotolavano dagli occhi senza che lei potesse arrestarne il flusso, così come non riusciva a calmare il cuore che le batteva furioso.
Si lasciò abbracciare da Alain mentre lei non distoglieva lo sguardo dal corpo di Andrè che, se non fosse stato per il regolare e fievole movimento del petto, poteva sembrare…morto.
 
- Lui…lui non può lasciarmi sola….non può, capisci Alain? Io non posso vivere senza di lui, senza il suo amore….Dio non può essere così ingiusto con noi…no! Abbiamo scoperto da poco di amarci e non posso credere che ci sia stato concesso di godere del nostro amore solo per pochi giorni. Io ho bisogno di lui….e lui…di me…. – Oscar parlò dolcemente e allo stesso tempo seccata per quel destino che forse li voleva dividere.
 
- Vi aspetta ancora una vita intera per amarvi, per sposarvi, costruirvi una vostra famiglia in questa nuova Francia….L’abbiamo abbattuta la Bastiglia, sai? E’ vinta, è sconfitta…ha vinto il popolo e tu ne sei stata la principale artefice – le sussurrò Alain.
 
-Davvero? Avevo dimenticato la Bastiglia….- disse Oscar con un lieve sorriso sulle labbra e voltandosi a guardare Alain – Questa è una bellissima notizia…sono felice…E grazie a Dio tu sei salvo. Artefice io? Oh….ho dato solo il mio piccolo contributo, il resto lo hai fatto tu insieme ai tuoi compagni…Bravo Alain…
 
- E’ stata dura abbatterla ma non mi sarei fermato per nulla al mondo….dovevo vederla cadere giù, tutta, anche a costo di morire, davvero! – esclamò Alain stringendo fortemente i pugni.
 
- Dio ti ha voluto salvare, invece….e gliene sono grata….spero…spero vorrà essere ugualmente benevolo con Andrè…- mormorò Oscar volgendo lo sguardo verso Andrè e stringendogli più forte la mano.
 
- Lo sarà…. – disse in un soffio Alain, conscio di non poterlo garantire solo con la forza del desiderio.
 
Oscar annuì con il capo e da quel momento si ammutolì per dare voce solo ai singhiozzi e ad un inarrestabile flusso di lacrime che le inchiodò gli occhi, per un tempo interminabile, al volto di Andrè e al suo petto e rassicurarsi del suo respiro.
La sua mente le fece rivedere e rivivere, in un fluire di immagini chiare, istanti della sua vita con Andrè; momenti catturati in un tempo lontano, all’epoca dell’infanzia, in cui erano bambini allegri e avventurosi, dediti a infiniti giochi, dopo le lunghe ore di studio e di allenamenti….o al periodo dell’adolescenza che aveva rafforzato e consolidato affetto e complicità, nonostante  momenti di scontate incomprensioni e liti…
Il periodo della giovinezza li aveva uniti nella condivisione del lavoro, delle molteplici difficoltà e incidenti fino ad allontanarsi piano piano a causa dei loro problemi di cuori…
E infine….ecco le immagini più recenti e ancora così vive….
L’amore finalmente scoperto in sé per lui e quella meravigliosa notte , a Melun, in cui era stata sua, scoprendo la bellezza dell’amore vissuto sulla pelle e nel cuore…
E ora…ora…vederlo inerme su quel letto a lottare per la vita, era insopportabile….insopportabile.
Oscar rimase tutta la notte a vegliarlo con la paura che irrigidiva ogni parte di sé e la faceva sentire inconsistente, vuota, preda di un destino che non aveva ancora deciso se salvare Andrè o no.
Si sentiva ostaggio del tempo che da un secondo all’altro avrebbe potuto toglierle l’uomo della sua vita…così, in un batter di ciglia, gettarla all’inferno senza alcun riguardo di loro…
 
Quanto può essere lungo e infinito e angosciante lo scorrere del tempo quando si attende una buona notizia, quando diventa vitale vedere due occhi accendersi di salute e vita? Quando sentire una voce amata diventa essenziale, respiro e felicità? Le ore di questa notte interminabile sembrano anni, secoli....io...io non ce la faccio più....Resisto solo per te, amore mio, solo per te...perché hai bisogno di me, del mio sguardo che ti conforti e ti ami anche nel tuo oblio, mentre tu provi a scioglierti dall'abbraccio della morte che ti vuole con sé e portarti nel paradiso dei giusti....ma no, Signore, ti prego...non ancora, non adesso...ti prego. Signore, non sono la migliore delle cristiane, non sono avvezza alle preghiere e...lo so, forse non è giusto chiederti un miracolo nel momento del bisogno...ma, ti prego...perdona tutti i miei peccati e....


- .....salva André, salvalo ti prego....- Oscar terminò la sua preghiera nata nell'anima, dando voce all'ultima invocazione, in un gemito leggero, mentre le lacrime le inondavano il volto fino ad atterrare sulla mano di André, sempre stretta alla sua.
 
Le braccia di Alain, ancora strette alla sua schiena, lentamente si sciolsero e il ragazzo crollò addormentato sulla lettiga, accanto a lei, in una posizione innaturale.
Le gambe erano piegate per terra mentre il busto era rannicchiato su se stesso a sfiorare i suoi fianchi…
Anche Charles e Gerard si erano addormentati, il capo dell’uno poggiato sulla spalla dell’altro.
Provò infinita benevolenza per i suoi soldati che non abbandonavano né lei, né Andrè.
Si commosse e per un attimo sentì un brivido di emozione correrle lungo la schiena e un lieve sorriso increspò le sue labbra.
Anche nel dolore, scoprì che poteva provare un sentimento di piccola gioia…
Rimase ad osservare quei tre ragazzi poi, sentendo un lievissimo tremito nella mano, tornò a voltarsi verso Andrè…
Muoveva la mano sempre stretta alla sua e le ciglia battevano a tratti…
 
- Andrè!  - fu un urlo di speranza quello di Oscar nel veder finalmente il giovane muoversi un po’….
 
Si stava risvegliando e sperò tanto che fosse l’inizio del suo ritorno alla vita….

ANGOLO DELL'AUTRICE
Le mie vacanze finiscono oggi e ritorno lentamente ad aggiornare. Un capitolo dedicato al post ferimento di Oscar e Andrè e ad Alain che si dedica anima e corpo, prima a cercare i due amici, poi a consolarli e decidere poi di nasconderli e proteggerli in casa sua. Andrè si salverà? Come sarà la loro vita dopo la Rivoluzione? Avranno una vita? Eh...ci sto lavorando!:-) Grazie a tutte voi che dedicate un po' del vostro tempo a leggere questa mia ff! Vi abbraccio tutte!
Sandra

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Capitolo 11
*** Speranze ***


Speranze

- Andrè…Andrè…mi senti? –  implorazione nella voce di Oscar mentre le sue mani stringevano più forte quelle di lui.
 
Andrè emise un flebile respiro rotto da un secco colpo di tosse, e un gemito gli sfuggì dalle labbra.
Il giovane tentò di portarsi la mano destra al costato ma la mano di Oscar la trattenne.
Provò con la mano sinistra, che si posò lievemente sulla fasciatura, e questa volta premette più forte.
 
- Fermo Andrè, non toccarti! – esclamò Oscar sollevandosi sulla brandina ma non riuscendo in alcun modo ad alzarsi.
 
I suoi movimenti concitati svegliarono Alain che in pochi secondi si rese conto di ciò che stava accadendo.
 
- Oscar…stai ferma, penso io a lui…Andrè, mi senti? Sono Alain…
 
Ma Andrè non era ancora cosciente e muoveva a fatica gli arti, in brevi scatti perlopiù.
 
- No, Andrè…non devi muoverti…Io e Oscar siamo con te…
 
Il giovane faticava ad aprire gli occhi e le sue labbra potevano solo soffiare versi di dolore e respiri affannati.
 
Il volto di Oscar era l’immagine del terrore....
Il terrore che ogni secondo trascorso potesse essere uno in meno nella vita di Andrè e…nella propria…
Aveva  paura di perderlo e l’infinita urgenza di trattenerlo in ogni modo…. e non sapere come fare.
 
- Trova il medico, Alain, subito, ti supplico!
 
- Sì, vado a cercarlo immediatamente, ma tu non fare nulla di insensato! Non posso permettermi di avere due feriti gravi, hai capito Oscar?
 
- Io….sì…sì…- annuì distrattamente.
 
- Gérard, Charles….sveglia! – Alain urlò contro i suoi compagni ancora addormentati – Tenete d’occhio Oscar e Andrè mentre io vado a cercare il dottore. Impedite ad entrambi di muoversi troppo… - l’ultimo avvertimento e il giovane si allontanò rapidamente.
 
Charles di avvicinò subito a Oscar e con rispetto la riverì, mentre Gérard si sistemò al capezzale di Andrè che ansimava e tentava di muovere le mani.
 
- Ehi, Andrè…puoi sentirmi? Come ti senti? – domandò il soldato.
 
Ma Andrè riusciva solo a gemere e a sforzarsi di toccare la ferita con le mani.
 
- No, Andrè, non muovere le mani. Sei ferito, non puoi toccare la ferita: ti fa male? – riprese Gérard.
 
- Andrè…apri gli occhi, sono Oscar…Stai tranquillo, tra un po’ arriverà il medico a visitarti…- disse Oscar accoratamente e sforzandosi di non piangere mentre gli stringeva ancora più forte la mano destra che il giovane muoveva a scatti.
 
Andrè emise un nuovo gemito di dolore seguito da un sospiro affannato….
 
- O…Osc…Oscar….- Andrè biascicò il nome della sua amata sforzando la voce e il respiro – Dov’è….Oscar…..- una richiesta in un soffio recuperato a stento dai polmoni.
 
- Andrè sono qui, sto bene, stai tranquillo… - disse Oscar sorridendo tra le lacrime.
 
E’ in gravi condizioni eppure…pensa sempre a me….
 
Tale constatazione le procurò una fitta al cuore e avrebbe voluto solo urlare al cielo e inveire contro quel Dio che aveva permesso che Andrè venisse ferito gravemente senza che lei potesse fare nulla per salvarlo!
Non era giusto!
Voleva piangere e urlare, sfogare la sua rabbia, sguainare la spada e distruggere qualunque cosa le capitasse a tiro; era insopportabilmente adirata: il fuoco dell’ira le divampava nelle vene e le bruciava nel petto….annullando anche il dolore alla gamba.
Si sentiva quasi soffocare dalle sue emozioni così forti e potenti e così….ingestibili.
Cos’era che provava di così prepotente da voler dare loro sfogo con violenza?
Cos’era?
La forzata immobilità data dalla gamba ferita bastò a costringerla a calmarsi e riflettere…
Non era solo la paura a terrorrizzarla ma soprattutto la consapevolezza che Andrè fosse grave…e che davvero potesse non farcela….
E non c’erano solo i suoi sentimenti di dolore da sopportare ma anche quelli di Andrè e farsene carico…
Lui non stava soffrendo solo nel fisico ma soprattutto nell’anima, lo sapeva benissimo!
Nell’incoscienza e nel dolore in cui stava vagando, il suo pensiero era per lei, come sempre….
E se fosse morto, davvero?
Se fosse successo lei avrebbe dovuto aiutarlo a morire…serenamente.
Era un pensiero cui la sua anima si ribellava ferocemente ma che la mente razionale accettava come giusto e necessario…
Allora si fece forza, si calmò e decise che sarebbe stata il suo angelo custode, che l’avrebbe aiutato a guarire o….a morire.
Ricacciò indietro le lacrime, ignorò il dolore lancinante alla gamba e aggrappandosi al braccio di Charles si sollevò a sedere, sistemando la gamba ferita in una posizione comoda; allungò entrambe le mani verso le braccia di Andrè per tenerle ferme e gli parlò.
 
- Andrè, amore mio….stai tranquillo. Sono Oscar e sto bene, sono accanto a te, non ti lascio….
 
Le parole di Oscar e il tocco delle sue mani, come echi lontani e ovattati,crearono uno squarcio, una breccia nella mente annebbiata di Andrè e, piano piano, la sua coscienza si risvegliò.
Aprì con più decisione le palpebre e ruotò leggermente il capo verso il volto di Oscar.
Ed eccola, la sua donna…
Aveva i capelli arruffati, gli occhi cerchiati, il volto pallido e macchiato di polvere e fumo ma era viva, innegabilmente viva, e la gioia dilagò nel suo cuore, risvegliando del tutto la sua mente.
 
- Oscar! Sei…sei viva….- la voce gli usciva nel soffio roco dato dal dolore lancinante che doveva avvertire nel petto e che gli mozzava il fiato.
 
- Sì, Andrè e anche tu…anche tu….ma sei ferito e devi stare tranquillo, non agitarti e fare tutto ciò che il dottore ti dirà: me lo prometti? – disse Oscar che si sentiva travolta da una incredibile emozione fatta di felicità e paura infinita.
 
- Te…te lo prometto….ma…visto come….come… – un gemito di dolore – come mi sento….non…no…non sono così certo di farcela… - una piccola lacrima gli sfuggì da un occhio.
 
Oscar si sentì morire.
 
- Non dirlo nemmeno per scherzo….Non te lo permetto, sai? Tu guarirai e vivremo la nostra vita insieme….Io senza di te, lo sai, non sono niente…
 
Andrè le strinse la mano più forte che potè e cercò di voltare del tutto lo sguardo verso di lei.
 
- No…non…dirlo… Dovessi morire…tu…tu devi continuare a vivere…anche per me…. – parlò in un sussurro affaticato ma determinato.
 
- Tu non morrai, quindi non ne parliamo neanche…. – rispose Oscar ugualmente determinata.
 
- Invece….devi….prendere in considerazione a….an…anche questa possibilità e….e…tu devi…pro..promettermi che andrai avanti…
 
- Io…non posso prendere in considerazione….questo…- disse Oscar con voce flebile e tremante.
 
E invece so…so che devo farlo. Cosa ti eri ripromessa Oscar? Avevi detto che se…se dovrà essere…tu lo aiuterai a morire…sereno….
 
Era  un pensiero lucido il suo ma che le trafiggeva il cuore il quale si  ribellò con battiti accelerati e martellanti….
Era divisa tra un senso vivido della realtà e il desiderio di sperare diversamente e crederci.
 
- Osc…Oscar….non ti ribellare alle mie parole…non..non…farlo…sei la mia…mia donna, o…no? – Andrè riuscì a colorare le sue parole soffiate  e sussurrate con una leggera ironia.
 
- Sì….Andrè, con tutta me stessa…
 
- Bene….al…allora…obbediscimi, come fossi mia moglie….te…testa….di le…le…legno -  faticava proprio tanto Andrè a parlare e tentare di alleggerire il dolore e l’angoscia che lo invadevano inesorabilmente.
 
- Andrè….non sono ancora tua moglie…non ti obbedirò quindi…- Oscar provò a usare il suo stesso tono leggero e ironico anche se la sua anima era sconvolta dalla disperazione. Sentiva un nodo alla gola che le dava un reale senso di soffocamento.
 
- E invece….lo farai….per …per…me….
 
- Oh, lo farò Andrè, te lo prometto…lo farò…ma non è quello che mi importa adesso! Alain è andato a chiamare il dottore, che ti ha operato, per visitarti…
 
- Va…va bene…Oscar…la…mia…mia…testarda donna preferita…- Andrè sorrise sentendo per un lungo istante assenza di dolore e di sgomento per provare un' impagabile emozione di felicità.
 
Oscar, tendendo un po’ la gamba ferita e sopportando un forte dolore, tese il busto verso Andrè, gli prese il volto tra le mani e cacciando a fatica le lacrime, gli posò un lieve bacio sulle labbra.
 
- Oh….Oscar…te…te…tesoro…così….posso morire felice….- disse Andrè guardandola con infinita dolcezza.
 
- Non parlare, Andrè….lasciati baciare e basta….- mormorò Oscar schioccandogli tanti teneri bacetti sulla bocca mentre furtivamente, con una mano, allontanava le proprie lacrime...
 
Stava morendo dentro ma….non poteva, e cercò di essere coraggiosa....per amore suo....
Inghiottì ferocemente il suo dolore e le sue lacrime, e si  ritrovò sulle labbra di Andrè.
 
I giovani Charles e Gérard tentarono di distogliere lo sguardo da quella scena tremendamente bella e dura, ma non lo fecero e rimasero a contemplare tale profusione d’amore…
Si commossero e piansero, e fu questa atmosfera carica di silenzio e tensione, rotta appena  dagli schiocchi dei baci di Oscar, che Alain trovò insieme al dottore, lasciandoli per brevi istanti impietriti e immobili.
 
- Andrè…Oscar….il medico è qua…. – esordì Alain.
 
Andrè si voltò appena a cercare gli occhi dell’amico e fu felice di vederlo. Un lieve sorriso gli increspò le labbra unito a un flebile lamento.
 
- Ci sei…anche ….tu…Bra…bravo….sei stato bra…vo a non farti ferire o….ammaz…ammazzare….Ca…ca…naglia….
 
- Canaglia? Eh, sì….lo sono….ma ti consiglio di non insultarmi ulteriormente!  - esclamò Alain dissimulando l’estrema preoccupazione per l’amico e sforzandosi di essere ironico – Fatti visitare Andrè… - aggiunse poi dolce.
 
Il medico si avvicinò al suo paziente con una grossa valigetta di pelle consunta che posò accanto al giaciglio di Andrè, per terra.
 
- Forza, mio giovanotto, vediamo come va….- disse l’uomo pacioso ma con occhi serissimi.
 
Oscar avrebbe voluto chiedergli tante cose ma si trattenne…non era proprio il caso, davanti ad Andrè…
Charles e Gérard si allontanarono un po’ mentre Oscar ritornò a sedersi sulla sua lettiga; Alain rimase in piedi davanti al letto di Andrè.
 
- Do…dott…ore…sto forse… per morire? – chiese Andrè mentre il medico cominciava a svolgere cautamente le bende attorno al petto.
 
- Giovanotto, non farmi domande cui solo il Padreterno può rispondere…Ti ho operato in condizioni inimmaginabili e….sei ancora qua. Lasciati visitare e sii fiducioso…- rispose il medico con estrema sincerità.
 
Andrè sbatté le palpebre e lo guardò con reale  fiducia e speranza.
Oscar, Alain e i suoi compagni trattennero a stento le lacrime e concentrarono lo sguardo su ciò che il medico stava facendo.
Egli, finito di svolgere le  bende, osservò attentamente la lunga, violacea ferita sul lato sinistro del petto, attraversata da fitti punti di sutura.
L’uomo la scrutò con la fronte aggrottata, e dopo aver armeggiato nella sua valigetta, e utilizzando una grossa garza imbevuta di qualche liquido, la  tamponò, suscitando un mormorio di dolore in Andrè.
 
- Shhh….calmo, giovanotto…sii coraggioso- disse il dottore con fare paterno.
 
Dopo aver frizionato per un po’ e con meticolosità, coprì la ferita con una lunga benda pulita, poi, con altre fasce riavvolse il costato del giovane facendosi aiutare da Alain per sollevargli il busto.
L’aria intorno a loro era ancora satura di respiri mozzati e da brevi e accelerati sospiri di paura e angoscia.
Oscar, gli occhi rattristati e le sopracciglia corrugate, fissava Andrè e il dottore con le mani giunte, formulando preghiere e invocazioni al buon Dio….
Il medico continuò la visita: valutò i battiti del cuore di Andrè attraverso due dita poggiate sul suo polso e gli guardò l’interno degli occhi; poi si fermò.
Massaggiandosi il mento e atteggiando le labbra in strane smorfie, soppesò i suoi pensieri, prima di esporli verbalmente.
 
- Giovanotto, dico che hai una fibra davvero forte e resistente. La ferita prevedo che si cicatrizzerà bene e in breve tempo…ma non so se si infetterà: questo lo scopriremo nei prossimi giorni. Il tuo cuore…beh, direi che non ha subito danni e batte piuttosto regolare. So che la ferita ti procura molto dolore e ti senti debole perché hai perso davvero tanto sangue. Ma se seguirai, o chi per te, le cure che ti prescriverò, dovresti cavartela. Ma è necessario combattere le infezioni eventuali e che tu possa stare al riparo in una casa dove qualcuno dovrà prendersi cura di te. Nelle prossime ore dovresti mangiare qualcosina…del brodo caldo e nulla di più, perché dovrai man mano recuperare le forze…Io, se vuoi potrò venire a visitarti, o se conosci un altro medico…beh, puoi pure rivolgerti a lui, per me è lo stesso, l’importante è seguire scrupolosamente le mie indicazioni. Non dovrai muoverti per un po’, per esempio. Dovrai stare a letto perché solo così la cicatrice guarirà…non puoi rischiare che qualche punto si apra. Questo è tutto, mio giovane amico…. Ce la puoi fare, anzi ce la farai ma non fare nulla di più o nulla di meno di ciò che ho detto, va bene?
 
Probabilmente fu all’unisono che gli astanti tirarono un sospiro di sollievo e sentirono rinascere la speranza per la vita di Andrè.
Oscar avrebbe voluto ridere e piangere allo stesso tempo e liberarsi dal peso opprimente che le gravava nel cuore ma ancora una volta si trattenne per non turbare Andrè e soprattutto perché, una consistente paura comunque le rimaneva dentro.
Ma sapeva che adesso la vita di Andrè era legata alle cure che avrebbe seguito e dunque….bastava solo seguirle alla lettera e lei lo avrebbe fatto…ma dove? Come?
Come se Alain avesse potuto leggerle nel pensiero, le rispose.
 
-Dottore, potete stare certo che io e la sua compagna ce ne prenderemo cura e saremmo felici se lei potesse continuare a visitarlo. Porterò i miei amici a casa mia, poi le scriverò l’indirizzo. Adesso si tratta solo di trovare un mezzo per portare Andrè e Oscar a casa mia…Penso di sapere a chi rivolgermi…
 
-Alain....- mormorò Oscar stupita- A casa tua....ma...

Oscar non ebbe il tempo di rendersi conto che tornare a casa sua non sarebbe stato opportuno e sicuro per i prossimi tempi che Alain glielo spiegò chiaramente e senza mezzi termini.
Oscar e André lo ascoltarono attentamente e convennero che aveva ragione.

- Ma... invaderti la casa....io...- sibilò Oscar confusa.

-Io accet...to la gentile offerta... di.... Alain. Os...Oscar - un forte gemito di dolore interruppe le sue parole per alcuni istanti, poi riprese: - Non è il momento di...di...farsi scrupo...lo...con A...Alain, poi...Oscar, ha ragione Alain....da lui...tu...tu sarai al si..sicuro e io....mi...potrò cu...curare.Grazie....Alain...

- Nessun grazie....mio caro, mi ripagherai e con gli interessi! - esclamò Alain con un sorrisetto beffardo ma colmo di affetto.

-Si...si...sicuramente, amico...- balbettò Andrè.

- Alain.....ti sono riconoscente….cos’altro posso dirti? -  disse Oscar profondamente commossa.
 
- Proprio niente, Oscar. Piuttosto, prendi nota delle cure che ti dirà il dottore mentre io vado a cercare un mezzo per poter spostare te e Andrè a casa mia, va bene? Charles, Gérard….ascoltate anche voi il medico…io vado!
 
E per l’ennesima volta, Alain riprese le sue corse di…salvataggio.
E si portava dietro una dura battaglia sulle spalle, avvenuta solo il giorno prima, e poche ore di sonno….
Di sicuro la sentiva la stanchezza, ma l’urgenza di mettere al riparo i suoi amici non gliela faceva sentire ancora, moltiplicando la forza e la volontà di non fermarsi….

ANGOLO DELL'AUTRICE
Ciao a tutte! Sono quasi due mesi che sono assente ma....lo sapete, sono molto impegnata, ma non mollo! Rieccomi con questo capitolo che conclude diverse situazioni precarie e si avvia ad un reale post Rivoluzione...
Grazie per chi vorrà leggere!
Un abbraccio...
Sandra

 

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Capitolo 12
*** Un piano rischioso ***


Un piano rischioso
 
Dieppe, 31 luglio 1789
 
Avvicinò lentamente la manina alla foglia di una margherita gialla e con estrema cautela allungò il ditino sul bordo lobato…fu un attimo e le piccole zampette di una farfalla, dalle ali azzurre macchiate di nero, vi salirono sopra.
Sophie, trattenendo la gioia, si limitò a sorridere evitando di fare movimenti bruschi…
 
- Ci sono riuscita…-  sussurrò la bambina a Martine inginocchiata accanto a lei.
 
- Sì, sei stata davvero brava… - disse Martine scostando la frangetta bionda dalla fronte della bambina.
 
- Scapperà via?
 
- Oh, certo Sophie….lei ha bisogno di volare, di posarsi sui fiori e succhiare il loro nettare con la sua lunga lingua arricciata -  spiegò Martine.
 
- Però…ancora non vola anche se sbatte piano pianino le sue ali…Forse le piaccio!- esultò la bambina voltandosi a guardare il volto sorridente della sua tata.
 
- Sì, credo che tu le piaccia davvero! -  convenne la ragazza.
 
La delicata farfalla rimase altri istanti ancora sul ditino di Sophie poi, complice un lieve alito di vento, prese il volo, librandosi nell’aria tiepida di una giornata assolata.
 
- E’ andata via…. – mormorò Sophie con un accennato broncio sulle labbra e  seguendo l’insetto con gli occhi.
 
- Tesoro, lo sapevi che sarebbe andata via…. -  disse Martine accarezzando le guance porpora della bambina.
 
- Sì. Ma domani possiamo cercare altre farfalle? – domandò Sophie, pratica e propositiva.
 
- Sicuro, tesoro! Adesso torniamo a casa? E’ quasi ora di merenda…non hai fame?
 
- Uhm….sì, tanta! Ho voglia di riempirmi il pancino con i panini al latte che ha fatto la signora Agnés! – esclamò la bambina massaggiandosi il pancino.
 
- Beh, che stiamo aspettando allora? Facciamo una corsetta verso casa?- propose Martine che, senza aspettare la risposta di Sophie, si lanciò a passo veloce tra l’erba invasa da margherite gialle, bianche e rossi papaveri.
 
- Tanto ti supero sempre, Martine!!! – esclamò la bambina correndo energicamente sulle sue esili gambette e superando la sua tata in pochi istanti.
 
Giunsero dopo appena qualche minuto sul retro del Palazzo e, smettendo di correre, entrarono dentro dove li attendeva Agnés, pronta con il suo vassoio colmo di panini.
 
Sophie si sedette educatamente al tavolo e iniziò la sua lauta merenda.
 
Martine, ancora con il fiatone per la corsa, si sedette a sua volta accanto alla bambina, sospirando un po’.
 
- Sei stanca, Martine? – le chiese Agnés.
 
- Un pochino…oggi Sophie è stata particolarmente attiva…abbiamo corso e giocato tutto il tempo….
 
- E lo so, Sophie ha energia da vendere! Perché non vai un po’ fuori, Martine, a prendere una boccata d’aria, sola soletta? – le propose la donna.
 
- No…non ne ho bisogno….
 
- Dai, vai….c’è una bella giornata fuori: goditi in totale solitudine il sole e…i tuoi pensieri. Sophie, lo sai, non sta ferma un attimo ma quando si tratta di mangiare è lenta…
 
Martine convenne con Agnés e accettò il suo consiglio.
 
- Sophie, mi raccomando, fa’ la brava con Agnés…io vado un attimo fuori – disse Martine puntandole un dito ammonitore.
 
Sophie, con la bocca piena, annuì più volte con il capo.
 
Martine ritornò sul retro del cortile e andò a sedersi sul bordo di una vasca dove nuotavano placidi tanti pesciolini rossi e galleggiavano alcune ninfee.
Immerse due dita nell’acqua verdastra e lasciò vagare lo sguardo sul cielo azzurro, punteggiato qua e là da sottili strie di nuvole.
Il sole le illuminava e intiepidiva il volto, come una dolce carezza e, socchiudendo gli occhi, sollevò il mento in una posa di abbandono totale.
Fu un impagabile momento di rilassatezza che le sgombrò per pochi attimi la mente dai soliti pensieri: Alain.
Soffriva terribilmente la sua mancanza…
Era passato più di un mese da quando era partito e il non sapere nulla di lui, se era arrivato sano e salvo a Parigi, se in caserma tutto procedeva tranquillamente, la teneva in ansia.
Ogni giorno che trascorreva senza di lui, ogni minuto, ogni attimo era difficile da sopportare.
E sarebbe stato tutto molto più pesante se non avesse avuto Sophie a cui pensare e a cui badare.
Riaprì gli occhi e sospirò più volte.
Una lucertolina apparve improvvisamente sul bordo e rimase immobile a trastullarsi sotto il sole cocente, poi rapida si defilò verso il terreno.
Sorrise a quell’animaletto, invidiandone l’esistenza libera e serena.
Stava ancora pensando al mondo animale, semplice e sincero, quando la sua attenzione venne attratta da alcune voci  provenienti dal frutteto.
 
- Ma per forza a Parigi devi andare?  - chiese Louise, la lavandaia, a Pierre, il giovane figlio che era uno dei cocchieri del barone.
 
- E’ lì che devo andare a comprare altro pizzo e stacchi di seta…. -  rispose.
 
- Ma dopo quello che è successo a Parigi, non mi sembra proprio il caso…
 
- Lo so, al momento la capitale non deve essere il posto più sicuro al mondo ma….che posso fare? Pensi che il barone non sappia ciò che è accaduto? Lo sa, ma il matrimonio della figlia incombe e la sarta richiede quella roba con urgenza…E comunque, dopo la presa della Bastiglia, so che la situazione è più o meno sotto controllo. E l’atelier di Madame Moreau, in ogni caso, si trova in un quartiere della città ai margini dei centri nevralgici del potere e degli scontri, mamma…Stai tranquilla…
 
Il dialogo tra Pierre e Louise  ebbe il potere di ghiacciare il cuore di Martine.
Il suo sguardo si pietrificò e la bocca si aprì in una smorfia di silenzioso stupore mentre il cuore accelerò i battiti….
Non aveva ben capito cosa fosse successo ma le bastò sapere che andare a Parigi fosse pericoloso per pensare ad Alain e temere per la sua vita.
E poi pensò pure alla sua famiglia….
Rimase imbambolata per pochi istanti, in preda alla paura, poi si prese di coraggio e si diresse veloce da Pierre.
 
- Ehm…scusate se vi interrompo…buonasera Madame Louise, Pierre….- Martine chinò leggermente il capo guardandole le due persone con occhi afflitti -  Io,ecco, senza volere ho ascoltato le vostre parole e ho capito che andare a Parigi è pericoloso…perché? Sapete, persone a me care vivono lì e….anche il nipote di Monsieur De Soisson lavora là…
 
- Alain… - mormorò Louise – e lui è pure un soldato…Dio mio… - aggiunse dopo assumendo un’espressione preoccupata.
 
- Che volete dire, Louise? -  Martine congiunse le mani al petto e si agitò.
 
- Vedi, Martine, il 14 luglio a Parigi….
 
Pierre iniziò a raccontarle i fatti avvenuti a Parigi a partire dalla data memorabile della presa della Bastiglia, mettendo in evidenza gli scontri duri e violenti tra cittadini e gli eserciti di Sua Maestà, che avevano causato molti morti.
Pierre specificò di essere venuto a conoscenza di tali notizie tramite il vinaio parigino che consegnava le scorte al barone periodicamente. L’uomo era giunto dalla capitale cinque giorni prima e aveva raccontato, sia al barone che ai domestici quanto fosse accaduto.
Martine si sentì morire.
La rivoluzione…. era scoppiata la rivoluzione….
Molti cittadini, uomini e donne, erano morti e con loro tantissimi soldati; sia soldati rimasti fedeli al Re, che quelli che si erano schierati a favore del popolo.
 
Alain….Alain ha sicuramente combattutto. Dio, è in salvo o…..? Come posso restare qui senza sapere come sta? Dio….aiutalo!
 
Calde lacrime scesero dai suoi occhi afflitti senza che lei potesse far nulla per impedirlo…
 
- Non fare così, Martine…pensi che i tuoi familiari si siano uniti a coloro che hanno assaltato la Bastiglia? – le domandò Pierre accarezzandole i capelli.
 
- Oh, no…no, non penso questo. Io…io pensavo proprio ad Alain. Come soldato sarà stato là di certo a combattere….e sarà salvo? E’ questo che mi fa preoccupare e agitare…. – rispose Martine non nascondendo il motivo della sua pena.
 
- Oh, certo, hai ragione….Ma lui è un uomo forte e coraggioso…vedrai che se la sarà cavata… - cercò di consolarla Louise, intuendo la natura dei sentimenti che la legava ad Alain.
 
- Sì, è un uomo impavido ma….come saperlo con certezza che si è salvato? – chiese Martine  con la voce che le tremava e le palpebre che sbattevano convulsamente.
 
- Tornerà appena potrà… - suggerì poco convinto Pierre.
 
- Se è vivo… - aggiunse Martine che non voleva edulcorare una realtà drammatica. E nemmeno voleva vivere nella speranza di vederlo ritornare. Se anche fosse stato vivo, magari poteva essere ferito, prigioniero….e allora non sarebbe tornato tanto presto e nell’attesa lei avrebbe vissuto l’angoscia più profonda non sapendo le reali sorti di Alain.
 
- Sii fiduciosa….- disse Louise.
 
- Non basta, Madame Louise….
 
- Beh, cosa vorresti fare? – le domandò Pierre.
 
- Io? Oh…io…- Martine fece una pausa in cui il suo sguardo affranto si accese di vivido coraggio – Io…vi ringrazio per avermi ascoltata…adesso devo andare….Grazie ancora! – riprese Martine riverendo madre e figlio.
 
La mente di Martine focalizzò un unico pensiero: andare alla ricerca di Alain.
Fece rapidamente ritorno in cucina dove Sophie aveva terminato la sua merenda e stava giocando con uno dei tanti mici che vivevano in cortile.
 
-Agnés, posso chiederti un grande favore? Puoi stare ancora un po’ con Sophie? Devo occuparmi di una cosa urgente…pochi minuti e sarò di ritorno! – spiegò con voce affannata, le gote imporporate, il cipiglio ardente.
 
- Vai, vai…ma è successo qualcosa? – le chiese la donna.
 
- Oh, niente…stai tranquilla. Davvero, torno subito. Sophie fai la brava con Madame Louise.
 
- Sì, sì….- annuì Sophie  scuotendo forte la testolina.
 
Martine le spedì un sorriso dolce dopodicchè si lanciò in una corsa a perdifiato verso la sala delle stiratrici, dove vi giunse in pochi attimi.
Si fermò un istante sull’uscio della sala per riprendere fiato e per individuare Juliette; la ragazza, aiutata da un’altra stiratrice, stava piegando un grande lenzuolo candido.
 
- Juliette….- sussurrò agitata – Juliette! – ripetè alzando di più la voce.
 
- Martine! – esclamò Juliette voltandosi di scatto verso la ragazza – Che succede?Perchè quell’espressione agitata? – le domandò stupita.
 
La ragazza lasciò cadere i lembi del lenzuolo e si diresse velocemente da Martine per abbracciarla.
 
-Cosa succede? Non mi fare spaventare….
 
Martine si lasciò abbracciare dall’amica che poi la scrollò con veemenza.
 
- Vuoi dirmi cos’è successo? – le ripetè decisa.
 
Martine sollevò lo sguardo verso Juliette e incrociò anche gli occhi interrogativi dell’altra stiratrice.
 
- Non qui… - rispose Martine sospingendo Juliette attraverso il lungo il corridoio e fermarsi poi in un disimpegno solitario.
 
- O sei impazzita o è successo davvero qualcosa di molto grave… - borbottò Juliette.
 
- Ascoltami bene! -  esclamò Martine a denti stretti e piazzandosi di fronte alla ragazza – A Parigi è scoppiata la rivoluzione!
 
Juliette aggrottò le sopracciglia sospettosa.
 
- E tu come lo sapresti? E’ venuto un uccellino da lì a raccontartelo personalmente?
 
- No. Pierre, prima….
 
Martine raccontò le notizie ascoltate dal ragazzo, con voce affannata ma appena sussurrata…quasi in tono cospiratorio.
 
- Da chi ci stiamo nascondendo? – le domandò Juliette guardandola con la fronte corrugata – Sono notizie segrete?
 
- Oh, no….ma…non ti mette agitazione sapere che Parigi è messa a ferro e fuoco? – continuò Martine scrutando intensamente i suoi occhi.
 
- Beh…è terribile, da una parte….ma era ora che il popolo si ribellasse al Re! – esclamò decisa la ragazza.
 
- Juliette! Oh, sì, certo…ma….non hai pensato ad Alain?
 
- Alain? – Juliette fece una strana smorfia con le labbra – Oh, Dio! Alain!
 
- Appunto! Si sarà salvato? – si chiese Martine in tono accorato aggrappandosi alle braccia di Juliette.
 
- Io…io…spero di sì, Martine. Non ci resta che pregare e affidarci a Dio… - rispose la ragazza accarezzandole la schiena dolcemente.
 
- Pregare? Pensi che a me possa bastare….pregare?-  la rimbeccò Martine, accigliandosi in volto e staccandosi dal suo abbraccio.
 
- Non ti fidi di nostro Signore, forse? – le rispose a tono Juliette mostrandole due occhi severi.
 
- Oh, Juliette! Mi fido di nostro Signore! Ma questo non è  il momento della preghiera…cioè, non solo…ora è il momento di agire, capisci?
 
- E come vorresti agire, non ti capisco….- disse Juliette allargando le braccia confusa.
 
- Io…io vado a cercarlo…Ecco, come voglio agire…Io vado a Parigi....
 
- Cosa???? Ma tu sei folle…E poi, sentiamo, come ci arriveresti a Parigi? Volando????
 
- Magari potessi….no, ho un’idea e un piano, se tu mi aiuti… -disse Martine con occhi sibillini.
- Io? Ora, non è che io non sia in pena per Alain….e anzi più ti sento parlare così e più mi preoccupo per lui ma….non posso aiutarti a commettere una sciocchezza perché secondo me, tu ne hai in testa una, e bella buona! – spiegò Juliette molto dubbiosa.
 
- Ascoltami bene….
 
Martine le illustrò il suo piano in cui il perno di tutto doveva essere Pierre, il giovane cocchiere di Palazzo Lesage. Come aveva ascoltato, Pierre sarebbe dovuto andare a Parigi per comprare della stoffa pregiata e lei aveva pensato di chiedergli un passaggio nel carro.
Aveva valutato la possibilità che Pierre la prendesse per matta e che riferisse tutto allo zio di Alain o, peggio ancora, al barone; così aveva pensato di convincere Juliette a parlare con il ragazzo perché sapeva che erano ottimi amici.
Era conscia che rischiava nuovamente la sua vita a fuggire, di nascosto, da Dieppe…
Forse i De Soisson si sarebbero sentiti traditi e lo stesso il barone Lesage che le aveva affidato la nipotina. Magari il barone se la sarebbe presa con lo zio di Alain…e questo era il pensiero che più la tormentava…
Ma se avesse detto loro la verità e chiesto il permesso di andare a Parigi, probabilmente, per la sua incolumità, glielo avrebbero impedito…
Aveva messo su un piatto della bilancia tutti i guai cui sarebbe potuta andare incontro, mettendo in atto la sua impresa, e per quanto rischiasse grosso, l’altro piatto della bilancia pendeva inesorabilmente per la vita di Alain.
Non c’era altro cui pensare.
Avrebbe lasciato una lettera in cui avrebbe spiegato i motivi della sua fuga.
Le sembrò di rivivere la prima fuga da Parigi verso Dieppe.
Solo che allora c’era Alain con lei e le sue prospettive, nonostante il dispiacere di lasciare i suoi, erano solamente positive.
Adesso invece le prospettive erano ignote, probabilmente rischiose per lei e ammantate dall’ansia di non trovare Alain….vivo.
Non volle pensarci.
Non volle più pensare ai rischi, ai dispiaceri, alle delusioni che avrebbe dato alle persone che l’avevano accolta con tanto calore e affetto ma si concentrò solo su Alain.
Juliette ascoltò Martine che aveva parlato con tanto fervore e convenne con lei riguardo i rischi e i pericoli cui era lastricato il suo piano ma in cuor suo condivise il suo obiettivo.
Salvare Alain, in caso fosse stato ferito, era una priorità…come non capirla? Considerando anche che lo amava?
Juliette lo aveva capito benissimo anche se non ne avevano parlato….
E se Martine amava Alain, lei….lo stesso, con il suo amore di cugina che lo adorava come il fratello che non aveva.
Avrebbe aiutato Martine e anzi, avrebbe fatto di più: sarebbe partita con lei.
In questo modo l’avrebbe anche protetta dalle eventuali furie del barone e dei suoi genitori perché i guai sarebbero stati divisi a metà e, se ce ne fosse stato bisogno, avrebbe preso lei tutte le colpe.
In fondo, a Palazzo, erano abituati al suo caratteraccio e a certe sue strambe pensate….
 
- Allora, pensi di riuscire a convincere Pierre a portarmi con lui e tacere la cosa?
 
- Pierre?  - Juliette esibì una risatina sardonica -  Pierre fa tutto quello che gli dico….- riprese alzando un sopracciglio e ostentando supponenza.
 
- Ma davvero? E perché mai?-  le domandò curiosa Martine.
 
- Che importa? Andiamo da lui e….io vengo con te!
 
- Cosa?
 
- Hai capito benissimo. Muoviti, non perdiamo tempo!-  esclamò prendendola per un braccio e trascinandola verso l’uscita del palazzo.
 
- Ma…dove mi porti? – domandò Martine stupefatta.
 
- Vogliamo andare a Parigi? Non è questo che vogliamo?
 
- E’ quello ch voglio io…tu devi restare qua. Mi serve solo un tuo piccolo aiuto….nient’altro: non voglio farti correre inutili pericoli -  disse Martine.
 
- Ormai mi hai tirato dentro in questa impresa e niente e nessuno mi farà cambiare idea. Piuttosto dimmi quando partirà Pierre e nel frattempo prepariamo un piccolo bagaglio e delle provviste…
 
- Ma….bagaglio, provviste…? -  ripetè attonita Martine.
 
- Ma vuoi andare a Parigi o no? Credi di poterlo fare così….con indosso il tuo abito e il desiderio di trovare Alain? Si vede che sei fuggita da Parigi con uno che sapeva il fatto suo….da sola non credo che saresti arrivata molto lontano – disse Juliette con sussiego.
 
- Ah! Questo pensi? Sentiamo, tu invece.....Tu sai come progettare una fuga!  - esclamò Martine fermandosi con forza e guardandola con aria di sfida.
 
Juliette sostenne il suo sguardo con occhi di ghiaccio e determinati, senza dire una parola…
 
- Tu…tu devi essere fuggita qualche volta…o tentato perlomeno, vero? – domandò Martine leggendo l’espressione ferma ma chiara di Juliette.
 
- Stiamo parlando di me o di salvare Alain? Se vuoi arrivare a Parigi, taci, e fa’ tutto quello che ti dirò: vuoi? O dobbiamo parlare di me? – bofonchiò Juliette.
 
-Voglio arrivare a Parigi ma durante il viaggio spero vorrai intrattenermi…parlandomi di te… - disse Martine con espressione astuta e curiosa, allo stesso tempo.
 
- Chissà…. – buttò là Juliette in tono di sufficienza.
 
Furono le ultime parole che si scambiarono perché nei minuti successivi Juliette spiegò a Martine, nei minimi particolari, tutti i preparativi per la loro fuga….avventurosa ma mirata a ritrovare Alain.


ANGOLO DELL'AUTRICE

Dopo oltre due mesi, eccomi qua  Martine Juliette decise a ritrovare Alain sano e salvo: riusciranno nell'impresa! Lo...saprò anch'io nel prossimo capitolo!
Grazie a chi mi segue ancora in quest ff così lenta nel procedere!
Abbracci...

Sandra
 

 

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