In nomine tuo

di mattmary15
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1 - Pericoli dal mondo esterno ***
Capitolo 2: *** #2 - Priorità ***
Capitolo 3: *** #3 - Non è quello che voglio ***
Capitolo 4: *** #4 - Graffi ***
Capitolo 5: *** #5 - Ordini ***
Capitolo 6: *** #6 - Chi è l'esca? ***
Capitolo 7: *** #7 - Niente di male ***



Capitolo 1
*** #1 - Pericoli dal mondo esterno ***


#1

La pioggia cade già da molti giorni sulla città. Forse il cielo vuole lavare via il sangue che imbratta le strade. Probabilmente lassù qualcuno crede che sia giusto dare all’umanità una piccola pausa dall’orrore della quotidianità.
I giganti non amano la pioggia. Spariscono nelle nebbie e non si addossano alle mura. Da quando il wall Maria è caduto, le spedizioni oltre le mura si sono fatte meno frequenti. Le fila del corpo di ricognizione sono meno folte che mai.
Rose si chiede se abbiano già recuperato tutti i corpi dei caduti nell’ultimo attacco. Ormai è passata una settimana dall’attacco a Trost e suo padre sembra più turbato del solito.
Dallis Zackley non è un uomo che si agita facilmente. Eppure quando, passata la crisi, Erwin Smith, comandante dell’armata ricognitiva, è venuto a riferire gli avvenimenti, Rose lo ha visto preoccupato.
Nonostante sia sua figlia, Rose lo chiama semplicemente ‘signore’. Non abitano più insieme da quando lei è entrata a far parte del corpo di gendarmeria. Gli fa visita spesso però e l’ultima volta lui non ha potuto nascondergli una certa irrequietezza.
“Preferirei che non facessi parte della gendarmeria, Rosemaria”, le ha detto guardando fuori dalla finestra.
Inutile ricordargli che fa parte di quel corpo per un suo esplicito e perentorio ordine.  Inutile anche dirgli che l’ha messa lì perché quello è il corpo più sicuro tra quelli dell’esercito.
“Vuoi che dia le dimissioni?” gli chiede senza alcuna inflessione nella voce. Non vuole apparire dura o insensibile. Semplicemente rimanere o meno nella gendarmeria le è indifferente.
La funzione del corpo di gendarmeria è mantenere l’ordine dentro le mura ma sembra che operi solo per mantenere segreti. Lei odia quella pressoché mancanza di attività. La fa sentire più inutile e patetica di quanto non si senta mediamente.
“Non ho detto questo. Continua a fare quello che fai di solito. Sappi però che i pericoli non vengono solo dal mondo esterno. E’ probabile che saremo costretti a fare qualcosa di estremamente rischioso a breve.”
Rose continua a fissare un punto nella parete di fronte a lei. Suo padre continua a fissare qualcosa fuori dalla finestra. Quando dice ‘saremo’ intende dire che lei dovrà farlo. In quei momenti Rose ricorda che suo padre fa parte di quella manciata di uomini di cui fa parte anche Erwin Smith. Uomini disposti a sacrificare qualunque cosa per il bene dell’umanità. Figli compresi.
Porta un pugno chiuso verso l’alto al petto e si gira per guadagnare l’uscita della stanza.
Ormai non sente più il bisogno di chiamarlo papà. Di abbracciarlo però avrebbe ancora voglia se non fosse che l’affetto che nutre per lui è un’arma puntata alle loro teste. Chiude la porta e si avvia fuori dal palazzo.
Il grande palazzo che fa da sede al corpo di gendarmeria non è lontano ma arriverà comunque fradicia.
La sua stanza è all’ultimo piano ed è a suo solo servizio. L’unico privilegio dell’essere figlia del comandante Zackley. Lascia scivolare per terra l’uniforme bagnata e ne prende una pulita. Fa in tempo ad infilarla e a sistemarsi i lunghi capelli biondi in una coda che bussano alla porta.
“Capitano Zackley” fa un cadetto assumendo la posa militare prevista per il saluto ad un superiore “è richiesta la sua presenza al tribunale militare. Riguarda il caso del cadetto Jaeger. Se la sua custodia verrà assegnata al corpo di gendarmeria, lei è tra i soldati che dovranno scortarlo alle prigioni sotterranee.”
Rose fa un cenno del capo e il cadetto sparisce lungo il corridoio. Lei infila la giubba con la pettorina dell’unicorno ed esce.
Il tribunale è pieno zeppo di gente. Riconosce i soldati del corpo di ricognizione dallo stemma delle ali della libertà. Il ragazzo legato deve essere Eren Jaeger, quello che può diventare un gigante. La prima volta che ne ha sentito parlare non ne è rimasta sorpresa come tutti gli altri membri della caserma. Ha sentito dire che ha chiuso il buco nel wall Rose e gli è grata per questo. Fondamentalmente non ha mai pensato a quel tipo come ad un gigante e ora che lo guarda, che guarda i suoi profondi occhi verdi, ha la certezza che si tratti solo di un ragazzo.
Al suo fianco cammina Erwin Smith. La sua postura elegante e lo sguardo severo e allo stesso tempo quasi dolce, danno un’idea sbagliata di lui. Sembrerebbe un nobile se non fosse noto ai più che è un temibile soldato attaccato alla disciplina più che alla sua stessa vita.
Lo segue un manipolo di soldati che deve avere scelto lui personalmente. Tra tutti, Rose nota un ragazzo non molto alto che cammina, se possibile, con maggiore sicurezza di Erwin.
Quando spariscono dietro al grande porta del tribunale, Rose raggiunge il comandante Doak e si siede al suo fianco.
“Appena in tempo. Lo spettacolo sta per cominciare. Hai parlato con tuo padre?” le chiede Neil senza smettere di fissare Erwin Smith seduto al lato opposto della grande sala della corte marziale.
“Sì. Sappi che non ha ancora deciso. Ritiene che il destino di quel ragazzo dipenda esclusivamente da quello che avente in mente per lui. Lascerà parlare te e Pixis.”
“Pixis non c’è. Parlerà certamente quello sfacciato di Smith. Gli hai fatto capire che è un pericolo per noi?”
“Ho fatto quello che mi hai chiesto. Dubito che farà qualcosa di diverso rispetto a quello che crede sia giusto.”
“E’ questo il problema di tuo padre, mia cara Zackley. Non conosce altro che la sua legge.”
Rose rimane in silenzio. La verità è che non ha mai chiesto a suo padre di affidare Jaeger al corpo di gendarmeria nonostante le pressioni che ha ricevuto. In cuor suo spera che davvero suo padre faccia la scelta giusta e lo affidi all’armata ricognitiva.
Dopo poche parole dette da Zackley, Doak esprime la sua teoria sul pericolo rappresentato dal ragazzo-gigante e dichiara apertamente che va soppresso. Imbecille. A giudicare dall’espressione dei membri del corpo di ricognizione, anche loro pensano che Neil sia un imbecille. Solo l’espressione di Erwin rimane immutabile. Quando tocca a lui parlare, Smith dichiara che Eren Jaeger può essere considerato un alleato, che il ragazzo può fornire un apporto strategico fondamentale alla causa umana nella lotta ai giganti.
A quanto pare però anche le pulci hanno la voce dato che si sentono in dovere di intervenire sia i commercianti che i chierici.
Possibile che nessuno capisca che queste persone parlano tutte per profitto personale?
E’ mentre formula questo pensiero che il ragazzo incatenato al centro della sala ha come un sussulto. Neil è rapidissimo nell’ordinare ai suoi uomini di aprire il fuoco.
Rose ha imparato a pensare prima di agire ma in quel momento sa che pensare è un lusso che non può permettersi. Scatta in avanti fuori dai banchi e si mette sulla linea di fuoco dei suoi stessi compagni.
Neil non osa abbassare la mano che darebbe il segnale ai fucilieri e la guarda con disprezzo incerto sul da farsi. In quel momento però dai banchi dell’armata ricognitiva viene avanti il ragazzo che Rose aveva notato tra le file di Erwin.
Qualcuno sussurra che si tratta del capitano Levi. Lo definiscono il soldato migliore dell’umanità. Lei si volta a guardarlo e aggancia i suoi occhi azzurri a quelli grigi dell’uomo. Lui la sta ancora fissando mentre assesta un potente calcio alla faccia di Eren Jaeger. Lo colpisce ripetutamente fino a che il ragazzo dagli occhi verdi non china definitivamente il capo, dopo di che alza gli occhi su suo padre e gli dice senza timore che si sente in grado di uccidere quella recluta nella sua forma titanica se dovesse essere necessario. Smith dichiara apertamente che si assume tutta la responsabilità di quello che potrebbe accadere se Jaeger perdesse il controllo e, a quel punto, anche Doak fa cenno ai suoi di abbassare i fucili.
Il comandante Zackley guarda per un attimo Rose ancora ferma a pochi passi da Levi e Jaeger e poi schiarisce la voce.
“Eren Jaeger, ti affido al corpo di ricognizione. Da oggi ne farai parte. Il capitano Levi sarà personalmente responsabile del tuo comportamento dato che ha pubblicamente dichiarato di poterti tenere testa e il comandante Smith avrà potere di decidere sulla tua vita. Ti sta bene, ragazzo?”
Nonostante il sangue che gli cade copioso dalle labbra e dalla testa, Eren annuisce. Levi si volta e torna al fianco di Smith. Mentre la folla lascia il tribunale, forse delusa per non aver visto scorrere il sangue di quel cadetto, Rose rimane a fissare il posto fino a cui poco prima era seduto suo padre.
Non può evitare di pensare che il pericolo a cui suo padre si riferiva durante il loro colloquio sia in qualche modo legato al fatto che in quella stanza, per la prima volta dopo tanto tempo, la polizia militare e la legione esplorativa sono venute apertamente in contrasto. Il guaio sta nel fatto che la legione esplorativa ha messo a segno un punto pesante. Doak non è il tipo da incassare e basta. Una qualche forma di vendetta sta già per prendere forma nella sua mente. Di questo Rose è certa mentre si lascia alle spalle l’ennesima giornata grigia e rossa.

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Capitolo 2
*** #2 - Priorità ***



Note dell'autrice:
Salve a tutti! Sono nuova di questa sezione e devo ammettere che, più in generale, ho scoperto da poco L'attacco dei giganti.
L'avvertimento AU serve proprio a questo... non voglio rischiare di andare fuori tema. Ogni aiuto, in tal sens è bene accetto. Il what if si riferisce, invece al personaggio di mia invenzione: Rosemaria Zackley. Non mi risulta infatto che il generale abbia una figlia. Giusto? XP.
Vi lascio alla lettura del secondo capitolo. Alla prossima.

#2
Sina è il miglior posto del mondo in cui vivere. Lo pensano tutti. Tutti tranne Rosemaria Zackley. Per carità, la ragazza non disdegna certe comodità come un letto morbido e l’acqua calda ma le pareti di pietra degli edifici di Sina sono talmente spesse da pesarti persino sull’anima.
Un’altra cosa che non sopporta sono i nobili.
Gente convinta che bisognerebbe far riprodurre i contadini solo per darli in pasto ai giganti. Fottuta feccia dell’umanità. Hanno preteso che non ci siano vagabondi o mendicanti nella cittadella. Non vogliono vedere il dolore o la disperazione. Preferiscono vivere la loro menzogna fino in fondo.
Per questo quando suo padre la manda a chiamare e deve attraversare il centro per andare dal palazzo della gendarmeria al palazzo dei ministeri, preferisce fare strade secondarie.
Raggiunge il grande arco di marmo del ministero e si fa annunciare. Un paio di soldati la scortano fino alla solita porta e le fanno il saluto militare.
Lei bussa ma entra senza aspettare un cenno di risposta. Suo padre è seduto alla scrivania. Non si spreca di alzare lo sguardo.
“Quando imparerai ad aspettare che ti autorizzi ad entrare? Diversamente non sprecarti a bussare, Rose.”
“Mi hai mandata a chiamare. Do per scontato che tu voglia vedermi, signore.”
A quelle parole il comandante alza lo sguardo, sfila gli occhiali, si appoggia allo schienale della poltrona di velluto rosso e la guarda.
“Perché sei contravvenuta ad un ordine di Doak ieri in tribunale?”
“Se n’è lamentato lui?”
“No. Te lo sto chiedendo io.”
“Volevi che Jaeger fosse fucilato?”
“Se Doak avesse fatto fucilare Jaeger senza che lo avessi ordinato, sarebbe finito a propria volta sotto cote marziale.”
“Scusami se non capisco, ma mi stai dicendo che avresti preferito perdere Jaeger pur di avere una scusa per togliere di mezzo Doak?” Suo padre sorride sornione e Rose evita il suo sguardo.
“Diciamo che una scusa così buona per liberarmi di quell’uomo non mi si offrirà tanto facilmente nel prossimo futuro. In più gli hai fatto fare la figura dell’imbecille. I nobili presenti penseranno che non rispetti i suoi ordini perché sei mia figlia.”
“Non credo che abbia bisogno della mia collaborazione per fare la figura dell’imbecille. Ci riesce benissimo da solo. Forse però da fastidio a te che i nobili pensino che tu mi lasci fare i miei comodi nella gendarmeria.” Suo padre indurisce il viso e incrocia le mani sotto al mento.
“Sai benissimo che non bado al giudizio altrui. Tuttavia non posso permettere che qualcuno pensi che tu sia privilegiata rispetto agli altri soldati. Già da tempo qualcuno borbotta sul fatto che non hai mai fatto parte di una missione fuori dal wall Sina. Pertanto ti affido un incarico”, dice l’uomo allungando un involto con alcuni documenti.
“Di che si tratta?”
“Quando abbiamo perso il wall Maria, abbiamo abbandonato diversi territori di enorme valore strategico. Cinque anni fa perdemmo anche un giacimento di gas molto utile per rifornire i dispositivi di manovra tridimensionale. Hai l’incarico di verificare che sia ancora utilizzabile. In quel caso invieremo una squadra a ripristinarlo.” Rose allunga una mano e srotola una pergamena.
“Vuoi che vada oltre il wall Rose?”
“La legione esplorativa parte da Trost fra qualche giorno. Ho chiesto a Smith di scortarti fino al giacimento.”
“Mi unirò alla legione esplorativa? Io che faccio parte della gendarmeria?”
“Hai paura dei giganti?”
“Con questo addosso”, fa Rose indicando lo stemma dell’unicorno sulla sua giubba “i giganti saranno il mio ultimo problema. E a Smith sta bene che un membro della gendarmeria si unisca alla sua squadra?”
“E’ un mio ordine e ubbidirà.” Rose non aspetta oltre. Esegue in modo perfetto il saluto militare e si volta.
“Rose.”
“Signore?”
“Perché hai protetto Eren Jaeger?”
“Se dovessi difenderti e avessi la possibilità di scegliere tra un fucile e un coltello, cosa sceglieresti?”
“Il fucile ovviamente”, risponde il generale.
“Per questo ho agito così. Jaeger rispetto ad un semplice soldato fa la figura del fucile di fronte al coltello.”
“Quel tipo, però, quel Levi, dice di poterlo uccidere in qualsiasi momento.”
“Ci sono persone più letali di qualunque arma, signore.”
“A volte la forza di volontà non è sufficiente, Rose.”
“Punti di vista, signore.”
“Non hai da chiedermi altro?”
“No.”
“Allora buona fortuna, Rose.”
“Grazie, signore”, fa uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.
Zackley si volta verso il pesante arazzo che ricopre tutta la parete destra della sua camera e poggia una mano sul tavolo.
“Puoi uscire ora, Smith”, fa il generale mentre da dietro l’arazzo emerge la figura del comandante della legione esplorativa “che ne pensi?”
“Che le somiglia, signore. Le sole cose degne di nota, sono quelle che non ha detto.”
“Non voglio una lezione di psicologia. Ho messo mia figlia nella gendarmeria perché volevo qualcuno di cui fidarmi nella polizia militare e perché volevo che i nobili, a propria volta, si fidassero di me. Ora però ho l’impressione che Rose nasconda qualcosa. Durante la missione che le ho affidato, voglio che la controlli. Devo sapere se la gendarmeria ha preso davvero anche lei.”
“Credevo volesse affidarmela perché la proteggessi.”
“E’ mia figlia, Smith. Mi aspetto che torni da me intera.”
“Sa usare i dispositivi per la manovra tridimensionale?”
“Sì, ma non sa combattere. Ha solo l’addestramento di base.”
“La metterò in squadra con Levi allora.”
“Quel ragazzo non deve badare a Jaeger?”
“Mi creda, su una cosa sua figlia non sbaglia. Ci sono persone più letali di qualunque arma e il capitano Levi è la più letale di tutte.”
“Ha carta bianca, Smith ma non mi deluda.”
Il biondo comandante della legione esplorativa lascia la stanza senza controbattere. Farlo con Zackley sarebbe una perdita di tempo. Sa bene che si tratta di un uomo pratico che non ammette debolezze o errori. Si affretta piuttosto a tornare al suo accampamento.
Quando attraversa l’atrio della sede operativa della legione, osserva soddisfatto il lavoro frenetico dei suoi uomini. Tra poche ore partirà la nuova missione esplorativa e stavolta ha con sé un ragazzo che può diventare un gigante. Un’occasione più unica che rara di dare una svolta alle sue ricerche.
Nella grande sala dove si discutono le strategie lo aspettano Hanji e Mike. Discutono fra loro dell’opportunità di lasciare in vita due giganti di classe tre e sette che hanno catturato durante la missione per chiudere la breccia nel wall Rose.
In un angolo, vicino alla finestra, se ne sta seduto Levi sprofondato in quell’aria metà annoiata e metà insofferente tipica di lui.
“Hai parlato con il generale?” chiede Hanji “Ci lasceranno portare i giganti?”
“Sì. Hai il permesso di fare tutti gli esperimenti che vuoi, Hanji.”
“E riguardo ad Eren?” chiede Mike.
“Lo hanno affidato interamente alle cure di Levi.”
“Allora abbiamo vinto su tutta la linea!” esclama Hanji. Smith però fissa Levi che si è messo a lucidare accuratamente un coltellino. Ha sempre pensato che Levi si comporti in modo apatico soltanto perché riducendo al minimo i movimenti del suo corpo, amplifica al massimo quelli della sua mente. Le sue parole che arrivano a bruciapelo, confermano una volta di più questa teoria.
“Vinto su tutta la linea? Avanti Erwin, parla. Dov’è la fregatura?” fa il moro sollevando i suoi occhi taglienti sul comandante. Smith sorride appena sbuffando.
“Abbiamo un altro incarico”, dice mentre Levi posa il coltello sul tavolo e Mike e Hanji si fanno seri “Dobbiamo scortare un membro della gendarmeria fuori dal wall Rose a metà strada tra la breccia e Shiganshina.”
“Nel bel mezzo del nulla in territorio pianeggiante?” chiede Mike incrociando le braccia “Li abbiamo fatti davvero incazzare per affidarci una missione suicida!”
“Hai detto un membro della gendarmeria?” chiede invece Levi dimostrando a Erwin di aver centrato il punto della questione.
“Perché non mandano un plotone della gendarmeria a scortare uno dei loro pezzi grossi?” chiede Hanji dimostrando anche lei di aver compreso come stanno le cose. Erwin si siede e si versa da bere.
“Perché la gendarmeria non è in grado di scortare un bel niente fuori dal wall Sina.” Fa sorseggiando il vino “Comunque si tratta di un caporale.”
“Un caporale? Ti hanno scomodato per un caporale?” chiede Mike imitando il suo capitano e versandosi anch’egli un bicchiere.
“Il caporale Rosemaria Zackley”, dice Erwin guardando Levi negli occhi.
“Zackley?” chiede curiosa come suo solito Hanji “E’ imparentata con il generale?”
“E’ la sua unica figlia” risponde il comandante senza perdere il contatto con gli occhi di Levi che finalmente si decide a parlare.
“E io che dovrei farci?”
“Proteggerla. Sa a malapena usare il meccanismo per la manovra tridimensionale. Ho detto al generale che gliela riporterai intera.”
“Merda”, sbuffa Levi “non mi sono già preso la rogna di Jaeger?”
“Ti sei offerto spontaneamente e, francamente, non credo che Eren si trasformerà in gigante per ucciderci tutti. Posso contare su di te come al solito?” Levi riprende il coltello e lo infila sotto il mantello.
“Non mi piacciono quelli della polizia militare, lo sai. Non verrò meno all’ordine. Farò ciò che devo ma non le renderò la vita facile. Quelli che pensano che la loro vita valga più di quella di qualcun altro mi fanno schifo” fa aprendo la porta e richiudendosela alle spalle. Mike posa il suo bicchiere e sospira.
“Ho capito qual è il nostro compito ma non ho ancora compreso cosa deve andare a fare questa tizia così lontana dal suo nido.”
“Deve ispezionare un vecchio giacimento di gas. In fondo è sulla strada per Shiganshina”, risponde Erwin.
“E’ allo scoperto. Lì saremo alla mercé dei giganti.”
“Forse è quello che vogliono”, gli risponde Hanji mentre i suoi occhi saettano dietro alle lenti.
“Non lo so. Le nostre priorità comunque non cambiano”, fa Smith alzandosi e facendo capire agli altri due che la conversazione è finita.

 

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Capitolo 3
*** #3 - Non è quello che voglio ***



#3

Sellare un cavallo non è un’operazione particolarmente difficile ma sembra che quel ragazzo dagli occhi verdi stia facendo una fatica tremenda. Rose è stata accompagnata da Doak fino all’atrio della sede del corpo di ricognizione poi, quasi come se una forza invisibile lo abbia bloccato, l’uomo si è voltato e l’ha lasciata sola all’ingresso.
Quando ha attraversato l’area, tutti hanno notato la sua uniforme e hanno cominciato a bisbigliare tra loro. Si è fatto avanti un uomo biondo e alto che ha detto di chiamarsi Mike e l’accompagnata fino alle stalle. Le ha ordinato di scegliere un cavallo e sellarlo e lei lo ha fatto. Non ha potuto non notare il ragazzo dagli occhi verdi. Come si potrebbe non notarlo? Quello è Eren Jaeger, il ragazzo titano. La sua prima impressione non è cambiata. Quel ragazzo è totalmente umano. Non sembra avere nulla in comune con i giganti. In più sembra persino incapace di sellare una cavalcatura. All’ennesima caduta della sella dal manto dell’animale, Rose scuote le spalle e si avvicina.
“Ehi, posso aiutarti?” Eren le sorride ma in un attimo la sua espressione cambia. Ha notato l’uniforme anche lui “Tranquillo. Non sono qui su ordine della polizia militare. Sono in missione con voi.” A quelle parole Eren si rilassa.
“Scusi, il mio primo contatto con la polizia militare non è stato dei migliori! Lei deve essere la figlia del generale Zackley, quella che hanno affidato al capitano Levi.”
“Affidato?” chiede Rose perplessa. Eren non ha il tempo di rispondere perché Erwin compare sulla soglia della stalla.
“Ha trovato il suo cavallo, caporale?” chiede fissando la ragazza.
“Sissignore”, risponde Rose assumendo la posizione di saluto militare.
“Bene, allora venga con me. Il soldato Jaeger deve finire di sellare il suo cavallo.”
Rose segue Erwin fino al centro della corte interna del palazzo e individua di nuovo la figura dell’uomo biondo che l’ha mandata alle stalle. Al suo fianco c’è una ragazza con i capelli castani raccolti e un paio di occhiali che sorride. Al fianco di questi Rose riconosce il capitano Levi.
“Ragazzi, questo è il caporale Zackley. Sarà in appoggio al nostro corpo di spedizione per la prossima missioni fuori dalle mura. Mi aspetto che la facciate sentire una di noi. Caporale Zackley, questi sono Mike, Hangi e Levi. Sono i miei uomini migliori. Avrà modo di imparare i meccanismi con cui si muove la legione esplorativa, nel frattempo starà nella squadra di Levi. Capitano Levi, mi raccomando.”
Rose lo guarda e neanche adesso che il suo comandante gli ha ordinato di prenderla in considerazione, lui la degna di attenzione.  Si limita a voltarsi e a fare strada. Rose comunque non si scoraggia. Lo segue e monta a cavallo.
La spedizione li porterà prima ad un accampamento nei territori perduti oltre il wall Rose. Il tratto non è molto lungo e, nella squadra di Levi, nessuno parla. Eren Jaeger è l’unico a rivolgerle un sorriso di tanto in tanto ma viene continuamente ripreso da una ragazza che cavalca al suo fianco e che sembra concentrata solo su Eren. Nella squadra c’è un’altra ragazza di nome Petra che invece sembra infastidita dalla sua presenza. Segue Levi da vicino e non le permette di avvicinarsi a lui in alcun modo.
Chi invece le si avvicina e le rivolge la parola e un ragazzino biondo di nome Armin.
“Caporale, è la prima volta fuori dalle mura? E’ la prima volta anche per me, sa? Il mio nome è Armin Arlert.”
“Chiamami Rose, non credo che il mio grado conti molto qui e ora.”
“Ok, Rose. Volevo ringraziarti per aver difeso il mio amico Eren alla corte marziale.”
“Non l’ho difeso. Se la gendarmeria avesse fatto fuoco, sarebbe scoppiato il finimondo. Ho solo pensato che fosse meglio non aggiungere altra tensione. La situazione era già abbastanza complicata.”
“Concordo. Comunque grazie al suo aiuto e a quello del capitano Levi, Eren si è salvato.”
Rose si è già pentita di aver dato confidenza ad Armin. Vuole fare amicizia, non semplice conversazione e lei non è crede nell’amicizia. Da quando è entrata nella gendarmeria, men che meno. Il corpo di ricognizione sembra diverso. Si vede dal modo in cui si spalleggiano tra loro i soldati. Non intende comunque farsi illusioni sui rapporti umani tra queste persone. Se ogni guarnigione somiglia a chi la comanda, forse anche la legione esplorativa è piena di segreti.
Ad ogni modo, tranne l’avvistamento di un paio di fumogeni rossi che Rose ha scoperto, indicano la presenza di un gigante nella direzione segnalata e il cambio di cavalcatura per tenere un passo sempre sostenuto, il gruppo raggiunge entro sera un vecchio maniero polveroso con mura abbastanza alte da difendere gli uomini da giganti di classe media.
Le viene affidata una stanza che deve pulire e la serata passa per una cena frugale consumata nell’ampia sala comune al piano terra. Rose nota che Erwin, Levi, Hanji e Mike sono assenti. Probabilmente i capi hanno cenato in un’altra stanza.
Rose non ha voglia di fare conversazione ma, anche nel  caso contrario, si rende conto subito che la sua giubba tiene tutti alla larga. Perciò si alza e risale al piano superiore. Si rende conto solo quando sta per aprire la porta della sua camera che dietro l’angolo alla sua destra c’è un’altra scala che sale ancora di diversi piani. L’aria fresca che proviene da lì la fa decidere a salire fino in cima.
Quando apre la piccola porta di legno che si ritrova davanti, si accorge che da su una sorta di terrazza. Lo spettacolo del cielo puntellato di stelle le mozza il fiato. Non ha mai visto niente di tanto bello.
La terrazza è ampiamente sopra le mura per cui, salendo sul parapetto, si ha l’impressione di stare sospesi in aria. La ragazza prende un respiro a pieni polmoni e allarga le braccia.
Sarebbe così facile lasciarsi andare ora. Cadere e lasciarsi alle spalle tutto. Domattina la ritroverebbero spiaccicata sull’erba e si chiederebbero chi l’ha spinta. Magari metterebbero Erwin alla berlina e Doak sarebbe fiero di lei.
Le viene da sorridere pensando a come la gendarmeria è stata sempre capace di strumentalizzare qualunque cosa, persino la morte.
“Finirai per cadere e, se non è quello che vuoi, ti suggerisco di scendere da lì.”
La voce del capitano Levi non nasconde un velenoso sarcasmo. Rose si volta senza scendere dal parapetto e lo nota. Doveva essere lì da prima che lei arrivasse. Se ne sta seduto per terra appoggiato al muro di mattoncini grigi con i gomiti posati sulle ginocchia.
“Non è quello che voglio.”
“Cadere?” chiede Levi senza perdere il suo sarcasmo.
“Morire, capitano.”
Quelle parole sembrano scuotere Levi che si alza e la raggiunge al parapetto.
“Scendi.”
“Non mi piace ricevere ordini.”
“Allora non dovevi entrare nell’esercito.”
Rose salta all’indietro e fronteggia il capitano. Lo guarda dritto negli occhi dato che il ragazzo non è molto alto.
“Vorrebbe farmi credere, capitano, che la sua leggenda deriva dal fatto che obbedisce ad ogni ordine che le viene impartito?”
“Esatto” risponde lui senza esitare.
“Che delusione. Non si dovrebbe parlare di soldato più forte dell’umanità, bensì di burattino!”
“Un burattino che se ne infischia dell’opinione di chi porta la giubba riservata ai più vigliacchi tra tutti i soldati.” Rose sa che ha ragione e non avrebbe alcun interesse a contraddirlo ma quel paio di occhi grigi che l’avevano ignorata fino a qualche ora prima e che adesso saettano su di lei, la spingono a controbattere.
“Non tutti i miliziani sono vigliacchi così come non tutti i legionari sono eroi, capitano. Da lei non mi sarei mai aspettata la solita litania dei luoghi comuni.” In quel momento un lampo attraversa gli occhi di Levi e un sorriso malizioso gli si dipinge sul volto.
“Luoghi comuni? Come quello, ad esempio, della figlia del generale che deve sopravvivere a qualunque costo anche se questo significa che al suo posto devono morire i figli di gente meno titolata di lei?” Rose incassa ricordando le parole di Eren sul fatto che fosse stata affidata a Levi.
“E voi, da bravi soldatini, obbedirete a quest’ordine ingiusto?”
“E’ il nostro dovere.”
“Il tuo dovere, stando a quello che ho sentito.”
“Dovrai contare sul burattino per tornare a casa.”
“Ho smesso da tempo di contare sugli altri, capitano. Non ho intenzione di farlo ancor più su qualcuno che mi disprezza” fece Rose guadagnando l’accesso alle scale “e fossi in lei farei attenzione agli ordini cui decide di obbedire. Alcuni di essi sono sbagliati. La cieca obbedienza può essere considerata una declinazione della vigliaccheria, non trova?”
“Oppure una declinazione di fiducia”, risponde Levi che vuole avere l’ultima parola. Rose gliela lascia volentieri per stanotte e sparisce nel buio delle scale.

 

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Capitolo 4
*** #4 - Graffi ***


Istruzioni per l'uso:
Salve solo qualche nota per una più agevole lettura di questa mia follia. Se siete appassionati di questa serie sapete bene che la mia storia comincia più o meno nel momento in cui Eren viene condotto davanti al tribunale militare del generale Zackley. Nella trama originale, i cadetti della 104 non hanno ancora fatto la scelta del corpo in cui entrare, infatti durante l'attacco a Trost portano tutti ancora la divisa delle reclute. Nella mia fic, hanno gia scelto l'armata di ricognizione tutti coloro che vengono nominati nel capitolo. Quelli che non figurano qui, hanno scelto un altro corpo che verrà svelato più avanti.
Mi auguro di non fare troppa confusione.
Un abbraccio circolare.

#4
Un gran frastuono la sveglia di soprassalto.
Si alza e infila l’uniforme un attimo prima che la sua porta venga spalancata di colpo. Due soldati entrano e l’afferrano per le spalle.
Rose non ha mai affrontato un vero combattimento ma è risultata tra i migliori nel suo corso d’addestramento. Inoltre le è stata sempre riconosciuta una qualità: capire immediatamente la situazione in cui si trova e trovare diverse opzioni per affrontarla in pochi secondi.
Perciò non aspetta di essere immobilizzata. Salta all’indietro e colpisce con una gomitata il ragazzo biondo alla sua destra. Quello bruno alla sua sinistra riceve un colpo in pieno stomaco e si accascia. Rose guadagna la porta ma di fronte a lei si para la ragazza che sta sempre insieme a Levi. Le punta con decisione una delle lame del dispositivo per la manovra tridimensionale.
“Arrenditi, se non lo fai con le buone, il capitano te lo farà fare con le cattive!”
“Arrendermi? Per quale motivo dovrei ‘arrendermi’? Cos’avrei fatto per meritarmi questo trattamento stamattina?”
“Non fare la finta tonta. Sei una traditrice e dovrai dare delle spiegazioni!”
In quel momento i due ragazzi che l’avevano attaccata nella sua stanza, l’afferrano alle spalle e per quanto lei si dimeni, la bloccano e la portano di sotto nel cortile del castello. Al centro dello spiazzo, dove il giorno prima i soldati avevano con fatica bloccato al suolo i due giganti che si erano portati dietro per alcuni esperimenti, c’è Hanji che piagnucola su quelli che si potrebbero definire resti umani di dimensioni spropositate. Rose non ha bisogno che qualcuno le dica cos’è successo. I giganti sono stati uccisi e i loro corpi, come al solito, si sono decomposti velocemente. Non capisce perché quella ragazza li pianga come se le fossero parenti ma s’incupisce lo stesso. Erwin si fa strada tra i soldati e la fronteggia.
“Sei stata tu?” le chiede senza giri di parole.
“No.”
“Bugiarda!” si sente urlare indistintamente tra la folla mentre Hanji si alza e la raggiunge.
“Nessun altro mi avrebbe fatto questo! Erano materiale straordinario su cui lavorare!”
“Ciò nonostante non sono stata io.”
“Questo è quello che dici tu!” la incalza Mike “Come facciamo a fidarci di te? In fondo fai parte della gendarmeria e la tua fantomatica missione, per quanto ne sappiamo, potrebbe tranquillamente essere questa!” dice indicando i resti ormai freddi.
“Come avrei fatto ad uccidere due giganti? Senza neppure il meccanismo per il movimento tridimensionale? Non me lo avete fornito quando siamo partiti e io non ne ho fatto richiesta. E’ più ragionevole pensare che sia stato un soldato esperto a fare questo”, dice senza scomporsi.
“Come osi?” urla Petra “Accusare uno di noi? La milizia fa sempre così! Cerca di mettere zizzania.”
“Ora basta!” La voce di Erwin mette tutti a tacere “Sei sempre stata nella tua stanza stanotte?”
“No”, risponde lei.
“E dove sei stata?”
“Sul tetto.”
“Magari per fare una ricognizione dall’alto!” suggerisce Mike.
“Cosa rispondi?” chiede Erwin.
“Avevo caldo.”
“Non le crederai?” prosegue il vice rivolgendosi al comandante. A quelle parole, ognuno prende a dire la sua e si crea una gran confusione.
“Non era interessata ai giganti. Si è affacciata al lato esterno del castello. Non si è mai avvicinata al lato sud.”
La voce di Levi è poco più di un sussurro proveniente dalle retrovie ma mette ugualmente tutti a tacere. Nessuno parla quando Levi dice qualcosa. Il ragazzo, più basso rispetto alla massa che si è radunata intorno a Rose, se ne sta seduto sull’abbeveratoio dei cavalli.
“Eri con lei?” La domanda di Erwin è atona ma Levi non può evitare di avvertire come un rimprovero nella sua voce e se ne domanda il motivo.
“Ero sul tetto quando lei è arrivata. Guardava la foresta degli alberi giganti, non mi è parsa interessata quelli in carne ed ossa.”
“Sei stato con lei fino all’alba?” urla Mike “Perché potrebbe tranquillamente averlo fatto quando l’hai persa di vista!”
“Il capitano non è mica il suo cane da guardia!” fa allora Petra nascondendosi un attimo dopo dietro ai suoi compagni di squadra più anziani appena il vice comandante la squadra malamente.
“Datevi tutti una calmata!” esclama Levi avanzando tra i soldi “I giganti sono morti circa cinque, sei ore fa. Sono totalmente decomposti. Potrebbe essere stato chiunque ma occorre l’attrezzatura per il movimento tridimensionale per colpire i giganti alla nuca. A meno che non l’abbia preso a qualcuno di noi, non può essere stata lei.” Erwin passa lo sguardo dal soldato migliore dell’umanità alla novellina e incrocia le braccia.
“Bene. Jean, Connie, lasciatela andare.”
“Ma è assurdo!” esclama Mike.
“Le affermazioni di Levi sono corrette. Fino a prova contraria, è innocente. Ad ogni modo, per la sicurezza di tutti, soprattutto tua” dice rivolgendosi all’accusata “ritengo opportuno che tu non stia in camera da sola. Da stasera dormirai nella camerata di Levi ed Eren. Ci sono obiezioni?”
Nessuno contraddice mai un ordine di Erwin. Rose ha notato che, in qualche modo, l’effetto che ha quest’uomo sui suoi soldati non differisce molto da quello che ha Doak sui suoi. Probabilmente se la leva che spinge gli uomini di Doak all’obbedienza è la paura, in questo caso è il rispetto.
“Siete tutti congedati. Passate da Hanji. Farà un controllo sulle vostre attrezzature. Se qualcuno di voi ha mentito, non l’aspetta una bella serata. Tu, Rosemaria, seguimi.”
Rose non ama sentirsi chiamare in quel modo. Preferisce Rose, ancor meglio caporale. Non certo Rosemaria. Segue comunque Erwin fino nella sua stanza. Quando la porta si chiude alle sue spalle, Rose sente gli occhi azzurri del comandante su di lei.
“C’è qualcosa di cui vuoi parlarmi a quattr’occhi?” 
“No.”
“Credi che questo atteggiamento ti sarà utile fuori dalle mura?”
“Onestamente, sì.”
“Vuoi qualcosa da bere?” chiede Erwin versandosi un bicchiere di vino rosso.
“No.”
“Se le cose stanno così, parlo io. Chi credi sia il vero nemico?”
“Per quanto ne so, potrebbe essere lei. Forse per lei, sono io il vero nemico.”
“Comincio a domandarmelo,”  fa l’uomo sorseggiando il liquido rosso “anche se Levi pensa il contrario. In genere mi fido della sua opinione.”
“Non credo che il capitano si fidi di me.” Erwin ride, di una risata sincera, fuori luogo in quella conversazione.
“Levi non si fida neppure di se stesso. Per questo mi ha colpito il fatto che, in qualche modo, abbia preso le tue difese.”
“Non è stato lei ad ordinargli di proteggermi?” Stavolta la risata di Erwin è ironica.
“Sì, l’ho fatto e credo che tu ne abbia bisogno.”
“Sono sopravvissuta cinque anni nella gendarmeria. Credo di sapermela cavare.”
“Te ne do atto. Eppure, anche se credo di avere capito già molte cose sul tuo conto, mi sfugge ancora la cosa più importante.”
“E sarebbe?” chiede la ragazza  ed Erwin sente di avere finalmente attirato la sua attenzione.
“Sembra che tu non abbia paura di nulla. Non è un atteggiamento che si addice a chi non sia mai stato fuori dalle mura. Mi domando come mai tu ce l’abbia.”
“Quello che posso dirle è che non si tratta di avere o non avere paura. Semplicemente non ho niente da perdere.”
“Hai la tua vita”, dice Erwin alzandosi e andandole incontro. Si ferma ad un passo da lei e la guarda fisso negli occhi. E’ maledettamente giovane e bella e le ricorda una ragazza che ha voluto rinchiudere in una angolo della sua mente e del suo cuore.
“E’ tutto, signore? Posso andare?” chiede lei senza distogliere lo sguardo.
“Sì” sospira Erwin “puoi andare.”
Lei si volta e raggiunge la porta. L’unicorno sulla sua schiena sembra sbuffare mentre cammina. Si ferma un attimo prima di richiudere la porta alle sue spalle.
“Signore?”
“Sì?”
“Non faccia affidamento su quello che le hanno detto di me per giudicarmi.”
“E’ un avvertimento, Rosemaria?”
“Solo un consiglio”, dice lei chiudendo la porta.
Il corridoio è a malapena illuminato dal sole che filtra dalle anguste finestre ma lei non fatica a riconoscere l’immagine di Levi appoggiato alla parete a pochi metri dalla porta di Erwin.
“Erwin non accetta mai i consigli”, dice guardando fisso davanti a lui “per cui risparmiati la fatica di dargliene.”
“Ascoltavi la nostra conversazione, capitano?”
“Levi. Se dovremo dividere la camerata, impara almeno il mio nome.”
“Lo so il tuo nome.”
“Allora usalo. Seguimi, ti mostro il tuo nuovo alloggio.” Il ragazzo scende due rampe di scale e apre una porta fatta di sbarre.
“Tu stai nei sotterranei? Ed io che credevo che gli alti ranghi dormissero tra lenzuola di seta!” fa lei sarcastica ma torna seria non appena vede Eren.
“Tu dormirai qui di fronte. Non è molto confortevole ma è il posto più sicuro del castello. Qui nessuno verrà ad importunarti.”
“Perché ci sei tu?” fa Rose con tono canzonatorio. Levi fissa i suoi occhi grigi e taglienti come le lame di bambù di ferro su di lei e poi fa un cenno del capo.
“No, perché hanno paura di lui.”
“Capitano, io non ho intenzione di fare male a nessuno!” esclama Eren che è stanco di sentirsi definire già da un po’ come la nuova minaccia del genere umano.
“Non volontariamente forse. Ora datevi da fare. Questo posto è una latrina. Pulite tutto. Quando sarò di ritorno voglio trovare tutto in ordine!” esclama Levi chiudendo la porta e tornando di sopra.
“Ma che diavolo significa questa storia?” chiede la ragazza facendo spallucce.
“Tu non lo conosci ancora! Dicono che sia mostruoso sul campo di battaglia ma quando si tratta di ordine e pulizia è un vero demonio, te lo assicuro. Sarà meglio per noi che questo posto risplenda al suo ritorno o non so cosa ci potrà capitare!” Lo sguardo terrorizzato di Eren provoca in Rose una risata genuina, di quelle che non si concedeva da tanto.
“Ma davvero tu puoi diventare un gigante? Perché dalla tua faccia non mi spiego il terrore che hai di quel nanerottolo!”
“Zitta, per carità! Come ti viene in mente di chiamarlo così? Se ti sente, ti ammazza e se non ti sente lui, lo farà Petra! Quella donna lo adora. Dice che diventerà sua moglie e non sopporta quelli che parlano male di Levi.”
“Ti darò una mano a mettere in ordine solo perché non voglio che ti venga un infarto a causa della paura che hai di quel tipo. Sappi però che mi devi un favore, Eren Jaeger.”
“Guarda che ha ordinato anche a te di pulire! O credevi che stando nella gendarmeria non ti avrebbe dato ordini?”
“Ehi che caratterino! Un minuto fa tremavi alla sola idea che il capitano ti punisse!”
“C’eri anche tu in tribunale! Hai visto i calci che mi ha dato?”
“Sì, c’ero anche io e penso che se non te le avesse suonate così forte, avresti preso le pallottole della gendarmeria.”
“Tu però li hai fermati. Non pensavo che ti avrei ritrovata nel corpo di ricognizione.”
“Non volevo uno scontro tra commilitoni. Anche se di due corpi diversi, siamo tutti soldati. La gendarmeria, l’armata ricognitiva e la guarnigione sono tutte dita della stessa mano.”
“Non è l’impressione che ne ho avuto io.”
“E’ comprensibile. Alcuni soldati ricevono più benefici di altri. La disuguaglianza separa. Da sempre.”
“Forse tu la vedi così perché sei la figlia dell’uomo che comanda tutte e tre le squadre.”
“Mia madre faceva parte del corpo di guarnigione. Lei la pensava come te.”
“E’ morta?”
“Wow, che delicatezza!”
“Scusa! E’ che mia madre è morta. Ne parlavi al passato.”
“Infatti è passato.”
“Perché hai scelto la gendarmeria?”
“Ancora domande? Ma noi non dovevamo pulire?”
“Giusto! Diamoci da fare.”
Rose pensa che Eren sia uno che mette anima e corpo in tutto quello che fa. Lo capisce dal modo in cui sta sgrassando il pavimento. Se avesse avuto un fratello minore, sarebbe stato come lui. Occhi grandi e puliti come quelli di sua madre e determinazione di ferro come quella di suo padre. Si chiede se, grazie a quella determinazione, Eren sarebbe persino capace di uccidere. Le torna in mente un’altra persona altrettanto determinata. Su di lui non ha dubbi, se dovesse essere necessario lui saprebbe uccidere.
Il rumore della porta del sotterraneo che si riapre fa girare Eren e Rose contemporaneamente.
“Eren, Hanji ha bisogno di te di sopra. Andiamo.” Rose lo guarda come a chiedergli se l’ordine vale pure per lei. Il ragazzo alza per un momento gli occhi al cielo. “Vieni anche tu. E’ chiaro che per le pulizie non siete portati.”
All’aria aperta gli occhi di Rose fanno un po’ fatica a riabituarsi alla luce. Eren viene condotto lontano dal castello. Gli viene chiesto di scendere sul fondo di un pozzo dove provare a trasformarsi in gigante al segnale di Hanji.
Tutti si allontanano dal luogo prescelto per la prova. Rose ne approfitta per studiare meglio i suoi nuovi compagni di ventura. Hanji sembra svampita e buona solo a farsi ammazzare dal primo gigante venuto ma i suoi riflessi e i suoi occhi che tengono tutto sotto controllo fanno intuire che si tratti di un atteggiamento probabilmente voluto. Deve essere molto più sveglia di quello che vuol far credere. Tutto l’opposto di Mikasa che non fa nulla per nascondere la sua forza ma che sembra doversi accartocciare come una foglia qualora dovesse capitare qualcosa ad Eren. Poi c’è Armin, il ragazzo che aveva tanta voglia di fare amicizia. Deve essere un furbone di prima categoria nascosto dietro gli occhi del più innocente moccioso dei territori entro le mura. Jean e Connie, i due ragazzi che l’hanno trascinata di sotto quella mattina, sembrano due buone reclute. La differenza tra loro e a squadra di Levi, comunque, è evidente ad occhio nudo. Tra loro Petra è proprio come l’ha descritta Eren. Pare abbia un solo obiettivo nel suo campo visivo: Levi stesso.
Dal canto proprio, Levi non sembra interessato a nulla. I suoi occhi tuttavia sono tutt’uno con il fascio di nervi che comandano il suo corpo. Rose può vedere tranquillamente i suoi muscoli tendersi e rilassarsi a seconda che ritenga una situazione più o meno pericolosa.
Il tempo passa ma non accade nulla. Nessun segno che Eren sia diventato un gigante.
“Forse non ha visto il segnale?” chiede Hanji.
“L’ha visto. Aspettate qui, vado a controllare", risponde Levi.
“Meglio sparare il segnale che interrompe l’esercitazione. Non vorrei che si trasformasse mentre sei lì vicino”, dice Hanji. Mikasa è nervosa. E’ entrata nell’armata di ricognizione solo per proteggere Eren.
“Sta bene. Probabilmente non ci è riuscito” fa Rose per tranquillizzarla. Non ha particolare simpatia per questa ragazza ma Eren le piace e ha compreso subito l’importanza del legame tra quei due.
“E tu che ne sai?” risponde lei puntandogli un paio d’occhi accusatori carichi d’ansia.
In lontananza Levi solleva un braccio. Eren viene tirato su. Le sue mani sono piene di ferite. E’ il dolore che innesca la trasformazione e lui deve essersene autoinflitto parecchio. Peccato che non sia servito.
Poco dopo, al tavolo allestito all’aperto per mangiare qualcosa, la squadra Levi al completo con Eren e Rose seduti uno di fronte all’altra alla punta della tavolata discute sul da farsi.
“Non dipende da me. Ho ripetuto la stessa cosa che ho fatto quando mi sono trasformato le prime volte.”
“Bhé, dovrai impegnarti di più, Eren, o non riusciremo a dimostrare che possiamo contare sul tuo potere per salvare l’umanità.”
Le parole di Levi sono sincere e, se lo conoscesse meglio, Rose saprebbe che dice sul serio. Levi vuole rendere il mondo un luogo migliore per l’umanità e liberarla dal giogo delle mura. Tuttavia non lo conosce così bene e la frase ‘salvare l’umanità’ la fa sorridere mentre posa il cucchiaio con cui ha mandato giù l’ultimo sorso di minestra.
“Cos’hai da sorridere?”  chiede sarcasticamente Petra.
“Nulla. Mi chiedevo se l’umanità vuole essere salvata. Se piuttosto non faremmo meglio a lasciare che la natura faccia il suo corso.”
“Intendi dire che giganti hanno il diritto di divorarci?” esclama Petra “E’ per questo che hai ucciso gli esemplari catturati da Hanji?” Tutti al tavolo tacciono. Gli occhi di Levi, quegli occhi grigi che si agitano sotto le palpebre semi socchiuse, scattano su Rose.
“Bel tentativo, Petra, davvero. Non li ho uccisi io. E neanche se me lo chiederai mentre dormo, ti risponderò diversamente perché non sono stata io. Siamo diverse io e te. Tu credi che dentro le mura ci siano solo persone da proteggere. Bhé io vengo da lì e credo che non sia così. Ora se non sono vostra prigioniera, dato che ho finito vorrei lasciare il tavolo”, dice guardando Levi che annuisce.
Nell’alzarsi, il cucchiaio vicino alla sua mano salta giù dal tavolo. Eren si allunga per afferrarlo al volo. Succede in un lampo. Una colonna di vapore si alza all’improvviso. Levi salta sul tavolo e spinge Rose lontano da una gigantesca mano che compare dal nulla bene attaccata al braccio di Eren.
Gli uomini di Levi sguainano le spade e cominciano ad urlare. Non si capisce bene cosa vogliano esattamente. Qualcuno grida ad Eren di stare fermo, qualcun altro di allontanarsi, Petra chiede a Levi di allontanarsi da lui.
“State tutti calmi”, fa il capitano mettendosi fra Eren ed i suoi uomini “abbassate le armi. State calmi.”
Rose sente il collo bagnato. Un sottile rivolo di sangue le cola dalla testa. Se Levi non l’avesse spinta indietro, la titanica mano di Eren l’avrebbe schiacciata. Il capitano continua a fare cenno ai suoi uomini di arretrare. Il suo braccio sinistro ha un taglio orizzontale che va dal polso al gomito. Non sembra una ferita profonda ma sanguina. E’ il braccio con cui l’ha spinta indietro. Come ha fatto a capire cosa stava succedendo prima di lei? Prima di lei che vede sempre tutto prima degli altri?.
“Capitano, sta sanguinando, la prego si allontani da Eren!” grida ancora Petra con le armi ben strette in pugno. Rose si alza e guarda Eren che trema e cerca di tirare fuori il braccio dal quell’arto spaventoso. E’ allora che lo nota. Il cucchiaio.
“Voleva prendere il cucchiaio!” dice mentre Levi si volta a guardare la mano del gigante “E’ chiaro, ha allungato la mano, ha sentito dolore ed è partita la trasformazione. Non l’ha fatto di proposito. Non voleva far male a nessuno!”
Solo allora i membri della squadra Levi abbassano le spade e si fermano a guardare con più attenzione. Nell’imbarazzo generale le urla di eccitazione di Hanji consentono a Levi di liberare Eren da quella parte di  corpo artificiale e di affidarlo a Mikasa. Il capitano prende un tovagliolo e se lo stringe intorno al braccio.
“Capitano venga con me. La medicherò”, fa Petra prendendogli il braccio.
“Tu occupati di lei” le risponde indicando Rose.
“Ma ha solo un taglietto! Se ne occuperà Armin, vero Armin?” Il ragazzo biondo annuisce e si fa incontro a Rose.
“Non ce n’è alcun bisogno. E’ un graffio,” dice passando di fianco a Levi “tu stai bene?”
“E’ solo un graffio anche il mio.” Rose sorride e Levi sente quasi dolore. Le labbra della ragazza si piegano all’insù mentre i suoi occhi azzurri sono quasi un mare in tempesta. “Fatti dare comunque una controllata da Hanji. E’ un ordine, caporale Zackley.”
Lei si allontana mentre lui continua a sentire quella domanda nella sua testa. Da quanto tempo qualcuno non gli domandava se stesse bene? Che si può rispondere ad una domanda come quella? Levi trema e Petra se ne accorge.
“Capitano, tutto ok?”
Levi vorrebbe rispondere di sì. Dire di star bene, che è tutto ok. Che il sorriso di quella maledetta sfacciata del corpo di gendarmeria non ha appena abbattuto tutte le mura che ha eretto intorno al suo cuore dalla morte dei suoi più cari amici. D’istinto stringe i pugni e la ferita sul braccio sinistro riprende a sanguinare.
“Capitano, stia fermo, per l’amor del cielo!” grida Petra.
Le mente di Levi registra solo le ultime parole e si chiede cosa c’entri l’amore adesso. In un mondo dove i forti schiacciano i deboli, c’è posto per l’amore? Niente affatto. Come i corpi dei giganti che lui uccide svaniscono nell’arco di pochi secondi, quell’incertezza che per un momento aveva attanagliato il suo cuore, sparisce.
“Va bene così, Petra. Hai fatto un ottimo lavoro. Ora lasciami andare a vedere come sta Eren.”
Da solo. Deve stare da solo. Anche la confortevole presenza di Petra è di troppo adesso. Levi torna verso il castello. Mai come adesso ha bisogno che il sole tramonti per gettare il suo cuore lontano da lui in un mare di stelle distanti dall’arido suolo di questo mondo.

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Capitolo 5
*** #5 - Ordini ***


#5
Nei sotterranei non fa freddo ma è abbastanza umido per sentire contemporaneamente la pelle percorsa da brividi e allo stesso appiccicata ai vestiti.
Rose si toglie la giubba con il simbolo dell’unicorno e si sfila le cinghie dell’uniforme. Il collo della maglietta bianca è sporco del suo stesso sangue. Cerca uno specchio nella camerata ma non ce n’è traccia.  Tasta la fronte. Non è tagliata. La ferita, appena un graffio, sale dalla tempia sinistra verso la nuca. Ha smesso di sanguinare ma fa male. Si sfila la maglia facendo attenzione a non riaprirla e cerca un ricambio nel sacco che contiene la sua roba. La porta della camerata si apre all’improvviso.
Levi deve avere sentito la sua stessa esigenza di cambiarsi. Rimane sulla porta a fissarla.
Rose rimane immobile. Pensa che dovrebbe almeno simulare imbarazzo per averla sorpresa in pantaloni e reggiseno ma non si muove. La fissa, la mano ancora sulla maniglia della porta.
“Non credevo che fossi qui”, dice alla fine entrando e richiudendosi la porta alle spalle. Apre un cassetto di un mobile di fianco alla sua brandina e tira fuori una maglietta pulita. Con gesti misurati e attenti sfila il fazzoletto che porta al collo e la giacca. Quando arriva alle cinghie una smorfia di dolore gli si dipinge sul viso. Rose si avvicina senza chiedere il permesso.  Le dita sottili delle sue mani fanno scattare le chiusure delle fibbie sul torace del capitano.
“Ecco fatto,” sussurra mentre le cinghie cadono in terra ai piedi di Levi. Gli occhi azzurri di Rose rimangono fermi sul taglio che arrossa il braccio del ragazzo. “Non sembra solo un graffio. Hai i riflessi pronti.”
Levi si china a raccogliere le cinghie di pelle e le posa accanto alla sua giubba.
“Se non li avessi, sarei morto da un pezzo.”
“E hai nervi saldi.”
“Per via di quello che è accaduto di sopra?” Rose sorride.
“Per via del fatto che sono seminuda.”
“Può darsi,” fa lui spostando lo sguardo dal suo seno ai suoi occhi.
“Che c’è, capitano? Se non sono gigantesche, le persone non ti interessano?” chiede lei facendo un altro passo verso di lui, l’ultimo che li separa.
“I giganti non sono persone.” Le parole di Levi sono fredde come le lame che ama lucidare. Gli occhi di Rose sono come attraversate da un baleno poi si volta e raggiunge il suo letto.
“Può darsi,” dice a voce bassa, quasi un sussurro che però non sfugge al capitano.
“Che significa?”
“Cosa?” fa Rose sfilandosi una scarpa.
“Quello che hai appena detto”, dice arrivando fino al letto e chinandosi davanti a lei a slacciarle l’altro stivale.
“Non significa niente.” Si slaccia la cintura e la sfila dalla vita mentre Levi alza il capo verso di lei. La frangia nera dei suoi capelli gli copre gli occhi grigi. Rose muove una mano per spostarglieli dalla fronte ma lui la intercetta a mezz’aria e le blocca il polso.
“Dovresti lavarti.” Il suo sguardo è imperturbabile e lei scoppia a ridere “Perché ora ridi in quel modo?”
“Certo che sei strano capitano Levi. La povera Petra non ha speranza che tu t’accorga di lei, giusto?”
“Petra è un ottimo soldato. Non c’è altro che devo sapere di lei.” Rose fa un’espressione maliziosa e fissa i suoi occhi blu in quelli dell’altro.
“E di me non vuoi sapere nulla?”
“So già ciò che mi serve,” fa lui alzandosi “devi lavarti e bendare quella ferita.” Rose lo imita e si sfila i pantaloni.
“Vado a fare una doccia. Vuoi seguirmi anche di la?”
“Non ce n’è alcun bisogno. Forse non saprai combattere ma sono certo che non hai bisogno che ti insegni a lavarti.” Rose sorride.
“Non fai mai nulla per puro piacere, vero capitano?” dice dandogli le spalle e sfilandosi il reggiseno.
Levi le guarda la schiena nuda e i fianchi che ancheggiano fino alla porta del bagno che si apre e si richiude. Solo in quel momento si ricorda di respirare. Si butta sul letto e chiude gli occhi.
E’ una distrazione. Questo Levi lo sa bene. E sa anche che durante le spedizioni non ci vogliono distrazioni. Le distrazioni sono fatali. Deve solo preoccuparsi di tenerla in vita come gli ha ordinato Erwin fino al loro ritorno nelle mura. Dopodiché non la vedrà mai più. Solleva il ginocchio destro e avvicina il bordo dello stivale alla mano. Sfila il pugnale che porta sempre lì e lo nasconde sotto il cuscino. Quel gesto ha il potere di calmarlo. E lui deve rimanere calmo. Deve pensare alla missione principale, ad Eren Jaeger che può diventare un gigante. Il torpore lo raggiunge inaspettato e dura quanto? Un paio di minuti? Cinque forse? Non più di dieci. Poi l’avverte. L’odore dell’adrenalina. Non è una cosa che sanno in molti. Forse non lo sa nessuno. La prima volta che ha sentito quell’odore era solo un mucchio d’ossa minuscole che tentavano disperatamente di stare insieme e non sfracellarsi contro l’indifferenza delle persone. Era l’odore della paura e l’emanava lui stesso mentre sua madre moriva di stenti. Poi, qualcuno gli ha insegnato che la paura deve vederla solo negli altri, che é un bene di lusso che un poveraccio come lui non può permettersi. Che però può provocarla, che pur non avendola, può metterla addosso agli altri e allora ha scoperto quell’odore addosso alla gente. A tanta gente. E ancora dopo ha scoperto che lui può ancora sentirlo su di sé ma non per paura, per eccitazione. La caccia lo carica di adrenalina. Più paura getta addosso alle sue prede, più adrenalina scatena, più ne produce e più forza ne trae. In un circolo vizioso. O virtuoso.
Ora lo percepisce distintamente. L’odore dell’adrenalina. Sfila il coltello da sotto il cuscino e prima ancora di aprire gli occhi è addosso alla sua preda, coltello alla gola. Il suo sguardo ha già trafitto la vittima, non c’è altro modo per definirla dato che nessuno può sfuggirgli quando è in balia della caccia, prima del coltello poggiato alla gola. Una leggera pressione ed il gioco è fatto.
Solo allora la vede davvero. Rose poggiata contro la parete opposta avvolta solamente dall’asciugamano. Lo guarda fisso negli occhi. Non ha paura. Lo guarda con quegli occhi dal colore del mare in tempesta. Lui allontana la lama e la lascia andare.
“Ti ho fatto male?”
“No.”
“Non avvicinarti mai a me in quel modo.”
“Credevo dormissi, volevo fasciarti il braccio dato che non me l’avresti mai fatto fare da sveglio.” Levi ripone la lama nell’interno dello stivale.
“Mettiti qualcosa addosso.”
“Allora i tuoi nervi non sono poi così saldi, capitano!” fa lei lasciando cadere l’asciugamano e camminando fino al suo letto dove afferra una camicia bianca e la infila.
“Intendevo qualcosa di appropriato.” Lei si siede e si tira le ginocchia al petto.
“Dimmi perché devo dormire qui. Io non ho ucciso quei giganti e tu lo sai.”
“Io non lo so. Non ho prove della tua colpevolezza ma non ho prove neppure della tua innocenza. Perché sei fuori dalle mura? Una come te non dovrebbe neppure uscire dal Wall Sina, figuriamoci dal Wall Rose.”
“Lo dici perché sono la figlia di Zackley?”
“Lo dico perché sei della Gendarmeria.”
 “Hai ragione a pensarla così. Se può consolarti, neppure io pensavo che sarei mai uscita dal Wall Rose.”
“Hai fatto incazzare tuo padre? Cos’è? Una sorta di punizione?”
“Te lo ripeto: non lo so.”
 “Non mentire. Una come te sa per certo il motivo per cui è stata sbattuta fuori dal perimetro sicuro. Sei qui per spiare l’armata di ricognizione?”
“Non credevo che me lo avresti chiesto così spudoratamente.”
“Qui fuori ci sono fin troppi pericoli normalmente. Se ci si mette anche la gendarmeria, tornare a casa sarà quasi impossibile e io non voglio perdere i miei uomini.”
“Temo che questo non dipenda da te.” Le parole di Rose ora sono come macigni.
“Se contribuirai alla perdita dei miei uomini non avrò alcuna pietà per te.”
“Lo so e so che non menti. Tuttavia credo che anche la mia sopravvivenza non dipenda da te.”
“Mi è stato ordinato di riportarti indietro viva e, in genere, porto a compimento i miei incarichi. Arriverai a quel fottuto giacimento intera.”
“E dopo? Dopo che saremo arrivati ad un giacimento nel bel mezzo del nulla tra il Wall Rose e il Wall Maria, un luogo che non potrebbe essere di alcuna utilità né per i civili, né per il genio militare, dimmi Levi, dopo che succederà?”
“Mi stai dicendo che è una trappola?”
“No. Sono i miei ordini. Mio padre mi ha ordinato di ispezionare quel giacimento,” fa lei alzandosi e fronteggiandolo “io arriverò lì e lo farò. Tu proteggimi fino a quel momento. Però devi farmi una promessa.”
“Una promessa?”
“Quando arriveremo lì, tu devi fare in modo che nessun altro mi segua nella miniera.”
“Nessuno? Perché?” Gli occhi di Levi si riducono a due fessure.
“Non è nella tua natura fidarti, giusto?”
“No.”
“Se i tuoi uomini scenderanno la sotto, moriranno.” Levi viene preso da uno scatto d’ira, l’afferra per le spalle e la scuote.
“Cos’è che sai e che non dici, maledetta bugiarda? Sarebbe forse meglio che morissi qui, ora!” Rose abbassa gli occhi.
“Forse sarebbe meglio. Tu mi uccideresti?” chiede sollevando uno sguardo carico di tristezza su di lui.
“Perché?” chiede e Rose sorride.
“Allora sei uno di quelli.”
“Di chi?”
“Di quelli che devono sempre conoscere la risposta.”
“Ti sbagli. Non ho interesse per le risposte. Io scelto tempo fa di affidarmi ad una persona e, da allora, obbedisco solo agli ordini.”
“Ti ho già detto una volta che non tutti gli ordini sono giusti. Comunque potresti essere accontentato presto e ricevere l’ordine di uccidermi.”
“Allora lo farò, stanne certa.”
“E se fossi stata io a ricevere l’ordine di uccidere te?”
“Provaci”, fa lui lasciandola andare.
“Io non sono una che obbedisce ciecamente agli ordini”, fa lei rivestendosi. Poi, prende la cassetta del pronto soccorso dalla cassa delle vettovaglie e la mette sul tavolo.
“Vieni qui.”
“Mi stai dando degli ordini?”
“Sembra che tu non capisca altro.” Levi la raggiunge.
“Siediti.” Il ragazzo obbedisce.
“Dammi il braccio.”
“Giuro che se mi dai un altro ordine, ti do un pugno.”  La ragazza tace e gli pulisce la ferita di cui si era già occupata Petra. La fascia sufficientemente stretta e poi gli porge una camicia pulita.
“Sono soddisfatta così,” fa aprendo la porta della stanza “ora mi tolgo di torno per un po’. Non credo sentirai la mia mancanza.”
“Aspetta.” Rose si volta e ha l’impressione che un bel ceffone le stia arrivando in piena faccia. Chiude gli occhi d’istinto e, quando li riapre, sente la pressione della mano di Levi sulla fronte.
“Io non dimentico. Mai.” Rose si porta una mano alla fronte dove Levi l’ha toccata per scoprire un enorme cerotto attaccato sotto la tempia. “E ora, levati di torno. Voglio dormire.”
Rose chiude la porta dietro di sé e torna all’aria aperta. Perché, seppure per un momento, ha abbassato la guardia? Perché ha pensato che quel ragazzo avesse il diritto di colpirla?
La voce di Eren la riporta alla realtà.
“Rose, come stai? Ti ho fatto male? Per fortuna c’era il capitano! Lui come sta?”
“Rompe le palle. Vuol dire che sta bene, giusto?” Eren sorride poi, si fa triste.
“Mi dispiace. Tanto.”
“Non hai fatto nulla di male. Tu come stai?” chiede indicando le fasciature alle mani.
“Bene. Guariscono in fretta. Molto in fretta.”
“Come ti è capitato?”
“Cercavo di prendere il cucchiaio.”
“No, intendevo come è successo che hai ottenuto il potere del gigante?”
“Ottenuto?”
“Era solo una domanda, lascia stare.”
“Io, a dire il vero, non lo so. Non ricordo niente. Non so più neppure se sono un essere umano!”
“Tu sei un essere umano!” esclama Rose prendendogli una mano “Non lasciare mai che ti convincano del contrario!”
“Allora perché solo io sono in grado di fare questo?” la incalzò Eren.
“Non fare l’errore di credere di essere unico e speciale, Eren. Se lo fai, morirai. Usa questo potere per proteggere le persone che ami. Anche quando sei nella tua forma titanica, ricorda sempre che sei un essere umano.” Eren abbassa gli occhi.
“A volte penso che forse sono un gigante che ha il potere di assumere le sembianze di un uomo.”
“Dimmi Eren, se pensassi che la tua razza è la migliore e avessi il potere di trasformare uno della tua razza in un essere mostruoso destinato alla sofferenza, pensi che lo faresti appartenendo alla razza umana o a quella dei giganti?” La voce di Armin li interrompe.
“Eren, Rosemaria, il comandante ci chiama a raccolta. Vuole viaggiare di notte per evitare quanti più giganti è possibile e arrivare all’alba al giacimento.”
Rose si allontana rapidamente, lasciando Eren ed Armin da soli. Forse ha sbagliato a parlare in quel modo a quel ragazzo ma non sopporta che uno come Eren dubiti della sua umanità. Raggiunge il luogo dell’adunata.
“Tutto bene, Rose? Petra mi ha detto dell’incidente con Eren.”La voce di Erwin è ferma ma cordiale.
“Sì.”
“Petra mi ha detto anche che Levi è rimasto coinvolto.” Coinvolto. Davvero è la definizione giusta di quanto è successo?
“Ha solo un graffio.”
“Bene. Ci serve intero.” A Rose quella frase buttata lì, da fastidio. Dunque questo rappresenta Levi per il suo superiore di cui si fida tanto? Qualcosa di cui servirsi? Ancora una volta, come se Erwin avesse letto i suoi pensieri, lui la guarda sorridendo. “Mi stai giudicando?”
“Sono faccende di cui non m’importa.”
“Tengo ai miei uomini ma sono tutti necessari ad un solo scopo.”
“Vincere la sua guerra?”
“Salvare la razza umana.”
“E il suo sacrificio è compreso nel pacchetto?”
“In rigido ordine gerarchico.”
“Levi non sembra intenzionato a sacrificare facilmente i suoi subalterni.”
“Levi eseguirà gli ordini.”
“Una cosa di cui lei sembra certo.”
“Certo quanto lo sono di respirare in questo istante.”
“Ripone bene la sua fiducia nel capitano. Mi domando se quella del capitano sia altrettanto ben riposta.”
“Sempre in rigido ordine gerarchico.” Rose stringe i pugni.
“Si fida di lei di certo non perché è il comandante. Dovrebbe pensarci quando gli impartirà l’ordine con il quale intende sacrificarlo alla preziosa causa alla quale si è votato.”
“E tu a quale causa sei votata, Rose?”
“Obbedire a mio padre.”
“Anche quando ti impartirà l’ordine con cui intende sacrificarti?” Rose lo guarda dritto negli occhi. Forse quell’uomo sa più di quel che dovrebbe, di quello che intende far credere, di certo più di quello che lei vorrebbe. Lascia andare i pugni e rilassa le mani, poi, tirando un gran respiro solo nella sua mente, risponde.
“Allora pare che siamo in una situazione divertente.”
“Divertente?” chiede Erwin per provocarle una risposta.
“Già. Pare che presto dovrò scegliere se obbedire a quell’ordine o no. Se lo farò, Levi verrà all’inferno con me per obbedire all’ordine di proteggermi. Se non lo farò, lei avrà qualche grattacapo al nostro ritorno a Sina.” Erwin sorride.
“Potrei ritirare l’ordine che ho dato a Levi di proteggerti.”
“Allora vivreste tutti felici e contenti!” esclama Rose voltandosi e raggiungendo il gruppo di soldati che si stanno radunando vicino ai cavalli e ai carri.
Nella luce morente del tramonto non può vedere che Erwin, ritto nelle sue convinzioni, non sorride più.

 

 

 

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Capitolo 6
*** #6 - Chi è l'esca? ***


#6
La notte è volata. Nessun gigante ha attaccato la formazione messa in campo da Erwin. Non è facile usarla nell’oscurità. Avrebbero potuto adoperare la formazione tradizionale a colonna. Di notte i giganti dormono. Erwin però non ha voluto e ha preferito rimanere fedele ai suoi piani. Non ci sono stati lanci di razzi colorati. Nessun avvistamento. E la notte è volata. All’alba, il giacimento e la fortificazione che un tempo lo proteggeva, si stagliano all’orizzonte. Mike è nervoso.
“Non sarebbe meglio accamparci e ispezionarlo stanotte?”
“Dovremmo usare le fiaccole. Non possiamo correre il rischio di accendere del fuoco in un luogo dove potrebbe esserci ancora del gas!” gli fa eco Hanji.
“Che facciamo allora?”
“La tua squadra, Mike e quella di Hanji, rimarranno a fare da cordone di difesa quassù tra le colline. Ci sono abbastanza alberi e pareti rocciose per usare il meccanismo per la manovra tridimensionale. La squadra Levi, io ed il caporale Zackley scenderemo al giacimento.” Nessuno obietta, come al solito, agli ordini di Erwin. La squadra Levi composta oltre che dai tradizionali elementi, anche da Eren, Mikasa ed Armin, si srotola lungo la collina e arriva presto al giacimento. Tutti scendono da cavallo e Rose s’avvia decisa all’ingresso del rudere della fortificazione. Erwin la richiama.
“Formeremo due squadre. La prima resterà di guardia all’ingresso. Non possiamo escludere alcun genere di pericolo per cui occorre che qualcuno resti in attesa qui fuori e avverta gli altri se accade qualcosa di imprevisto. L’altra seguirà il caporale Zackley nella perlustrazione delle miniere.” A queste parole Rose si volta a guardare Levi che non ricambia il suo sguardo. Possibile che quel testardo nanerottolo si sia dimenticato delle sue parole?
“Io non dimentico. Mai.” Ha detto. Quindi lo sta facendo di proposito? Non lo ha forse avvertito, anche se non esplicitamente, dei rischi che possono annidarsi in quei cunicoli? La voce di Erwin la richiama dai suoi pensieri.
“Visto che difendere Eren è la nostra priorità, io, Mikasa e Armin, resteremo qui fuori. La squadra Levi accompagnerà il caporale.”
“Preferirei andare da solo.” Poche, semplici parole. Non si tratta di rifiutare un ordine. Levi lo sta, nel suo modo di vedere le cose, solo perfezionando. “Ritengo più semplice muoversi in pochi la sotto.” Razionale. Stringato. Il genere di affermazioni che piacciono ad Erwin. Stupido, stupido nanerottolo, pensa invece Rose. Che gli costava affinare ancora un po’ la sua teoria? ‘Meglio sola che male accompagnata’ vorrebbe dire adesso ma sa che non sarebbe la verità, che nessuno l’ascolterebbe, che rischierebbe addirittura che Petra, con le sue lagne sull’unità e la cooperazione convinca il comandante a spedirli tutti la sotto.
Guarda Levi con disappunto, se potesse ferirlo con i suoi occhi, lo farebbe a pezzi. Erwin acconsente.
“D’accordo. Vi diamo un’ora. Se entro il tempo stabilito non farete ritorno, manderò altre due persone a cercarvi. Se non tornano queste altre due persone, facciamo saltare l’uscita e ce ne andiamo.”
“Non mandare nessuno. Un’ora è più che sufficiente per controllare se c’è gas nel sottosuolo. Se non siamo di ritorno entro un’ora. Fate crollare la miniera e andatevene.”
“Ma signore! Questo è inaudito!”  Eccola Petra, bellissima e petulante nel suo amore per Levi. Rose la invidia adesso. Quel genere di sentimento disinteressato e sincero non è cosa che le sia mai appartenuta. Levi la raggiunge e le mette una mano sulla spalla.
“Torneremo in trenta minuti”, dice e lei si tranquillizza. Gli crede ciecamente. Bellissima.
“Levi”, chiama Erwin un attimo prima che attraversino l’arco di pietra di mattoni anneriti dal tempo e da il cielo sa cos’altro “se vi trovate in pericolo e uno dei due può cavarsela, abbandoni l’altro.” L’ordine è chiaramente impartito a Levi. Rose fa parte di un altro comparto, non è tenuta ad obbedire.
“Se dovesse accadermi qualcosa, metterò il caporale Zackley in condizione di cavarsela”, risponde Levi e, questa volta a Rose sembra che stia, seppur non apertamente, contravvenendo ad un suo ordine. Attraversano l’arco e cominciano la discesa. Hanji ha fornito loro un rilevatore di gas che viene dalla città industriale.
I cunicoli scendono velocemente sottoterra ma sono illuminati da un complesso reticolo di fori sul soffitto. Nonostante ciò, più scendono, meno luce arriva. Levi ha deciso di camminare davanti. Rose lo segue.
“Tu non eri quello che non dimenticava mai niente?” Il tono di Rose è alterato e tagliente.
“Infatti.”
“Cosa nel ‘prometti che andrò laggiù da sola’ ti è sfuggito?”
“Nulla. A te è forse sfuggito che non ti ho promesso un bel niente?”
“Non scherzare con me, Levi” fa lei tirandolo per una manica e costringendolo a voltarsi.
“Non abbiamo tempo da perdere. Finirà che Erwin ci seppellirà qui sotto senza motivo.”
“E’ stata una pessima idea.”
“E’ stata l’unica cosa che si avvicinasse di più alla tua idea. Credi che Erwin avrebbe acconsentito che andassi sola?”
“Forse no”, ammette finalmente la ragazza.
“Certamente no. Scendiamo almeno al quinto livello. Accertiamoci che qui sotto non ci sia un bel niente e andiamo via.” Si volta e prosegue ma Rose non è come Petra. Lei non gli crede ciecamente. Affretta il passo, lo raggiunge e lo supera.
“Qui non c’è niente da anni, Levi. E’ inutile scendere.” Lui la guarda fisso negli occhi.
“E’ una trappola?” chiede di nuovo. Adesso i suoi occhi piccoli e cattivi sembrano luccicare.
“E’ una tomba.”
“Rosemaria, se sai qualcosa, devi parlare adesso.” La sua voce è ferma e severa.
“Il giacimento è esaurito da molto prima della caduta del Wall Maria. Dalle ricerche che ho fatto prima di partire ho scoperto che alcune persone in fuga dai giganti si sono rifugiate qui pensando che avrebbero potuto salvarsi nei sotterranei come un tempo fecero le persone che costruirono la città sotto Sina.”
Per un momento, nonostante siano già sottoterra, Levi si sente trascinare di nuovo giù nel fango di quella che per lungo tempo è stata la sua casa.
“Continua”, si sforza di dire a Rose.
“Nel panico che li prese non si resero conto che, tagliando ogni ponte con la superficie, non avrebbero potuto comunque fare ritorno e così morirono tutti qui sotto. Oltre il terzo piano sotterraneo c’è solo un baratro di morte e disperazione.” Levi capisce che, avendo già disceso due piani, si trovano già all’ultimo ispezionabile.
“Se lo sapevi, perché entrare? Perché questa messa in scena?”
“Avevi detto che non ti interessano le risposte.”
“Non tutte. Questa la voglio. Me la devi.”
“Volevo scoprire se era una trappola. Conoscendo la verità, sapendo che qui non c’era nulla da trovare, mi sono domandata perché mio padre mi abbia spedita quaggiù con voi.”
“Hai trovato la tua risposta?”
“No.”
“Mi dispiace ma non abbiamo altro tempo da perdere per queste misere sciocchezze, andiamo. Torniamo su.”
“Levi, se non è un’imboscata per il corpo di ricognizione, qual è allora l’obiettivo?” Rose ha gli occhi pieni di lacrime. Non piange, non colano lungo le guance eppure, nella semioscurità di quella tomba, Levi sa che quello strano luccichio negli occhi di Rosemaria sono lacrime. Non sono adatte all’idea che si è fatto di lei, eppure sono lacrime.
Levi sa anche che le distrazioni non sono ammesse durante le spedizioni. Le distrazioni sono fatali. Forse è per questo che non si accorge subito che lei ha indietreggiato. Non tanto. Quello che potrebbe essere facilmente definito un passo falso. Se ne accorge solo quando il click è già scattato e il filo invisibile che lei ha toccato con la caviglia si è già rotto. Il terreno sotto ai suoi piedi si sgretola come pane secco tra le dita e lei lo guarda come se la risposta che stava cercando si fosse appena rivelata nella sua mente. Il ragazzo salta in avanti mentre il corpo di Rose sparisce piano piano dalla sua vista. Sa che non farà mai in tempo ad afferrarla. Le parole di Erwin rimbombano nella sua testa forti come il battito del suo cuore. “Se vi trovate in pericolo e uno dei due può cavarsela, abbandoni l’altro.” Ma Levi sa che è già sopravvissuto ad altre persone che doveva proteggere e ha deciso tempo addietro che sarebbe stato lui il prossimo, altrimenti nessun altro.
Si lancia nel vuoto facendo scattare le funi del meccanismo per il movimento tridimensionale. Gli arpioni si conficcano nel soffitto del cunicolo. Ora c’è solo da vedere se c’è abbastanza corda. Riesce ad afferrarla per una mano e in quello stesso istante sente lo strattone che indica che la fune è finita. Benedette foglie del bambù di ferro. Nessun’altra corda reggerebbe il peso di due persone.
“Ehi, stai bene?” chiede cercando di sollevarla.
“Sì, credo di sì. Dannazione, Levi, cos’hai fatto?”
“Prego, ti ho salvato la vita.”
“Salvato la vita, è una definizione un po’ grossa dato che siamo appesi nel vuoto come due pesci che hanno abboccato all’amo e se cadiamo non c’è modo di risalire.”
“Sta calma. Adesso ci tiriamo fuori da questo cesso.” Fa lui armeggiando con una delle pistole del meccanismo.
“Levi, hai disobbedito ad Erwin.”
“Inesatto. Gli ho detto che se mi fossi trovato in difficoltà ti avrei messa nelle condizioni di cavartela. Non è gentile che tu mi faccia appunti del genere mentre sono a testa in giù per uscire da questa situazione. Il meccanismo non è fatto per sollevare due persone ma soprattutto anche le reclute sanno che non è fatto per funzionare con chi lo indossa a testa in giù. E sappi che non mi è mai capitato di trovarmici, neppure quando non ero un soldato!”
“Mi dispiace.”
“Non è il momento. Ad occhio e croce non è passata ancora un’ora ma, di certo, sono trascorsi più di trenta minuti.”
“Levi.”
“Idee?” chiede lui sapendo di non avere molte alternative in quella situazione.
“Lasciami andare.”
“Non dire stronzate.”
“Non riuscirai mai a rimetterti diritto con il mio peso che ti tira giù e se non ti rimetti diritto non riuscirai a ritirare gli arpioni.”
“Non c’è verso che io ti lasci cadere. Piuttosto cerca di arrampicarti addosso a me e prova ad afferrare le funi.”
“Sarebbe inutile, rischierei solo di staccare gli arpioni dal soffitto.”
“E Hanji ha il coraggio di dire che sono io il pessimista del gruppo! Avanti provaci. Mi sta andando tutto il sangue al cervello. Non ti piacerà avere a che fare con me quando sarò incazzato.”
“Perché, ora non sei incazzato?”
“Neppure lontanamente.”
“Ok”, fa lei dondolando per darsi la spinta quel tanto che basta a riuscire ad afferrargli la cinghia che gli passa sul petto con la mano libera. Levi stringe i denti e Rose ricorda che il braccio con il quale l’ha tenuta finora è quello ferito. “Stai bene, Levi?”
“Una meraviglia, continua.”
Rose lascia la sua mano e afferra la sua cintura. Nello stesso istante Levi la solleva verso l’alto prendendola per i fianchi. Mentre solleva il suo peso, lentamente i loro corpi assumono una posizione orizzontale.
“Visto? Non era così difficile”, fa Levi mentre Rose cerca di mantenere l’equilibrio.
“Come no? E smettila di guardarmi il sedere!”
“Veramente credi che sia la mia occupazione attuale?” chiede ma in quel momento uno degli arpioni si stacca dal soffitto. Rose ricade verso il basso avendo cura stavolta di tirare giù Levi per i piedi. “Afferra la mia mano!”
La ragazza usa le forze che le rimangono per tirarsi su lungo le gambe del capitano e afferrare il suo braccio. Lui la tira verso sé e fa scattare il rampino del meccanismo per la manovra tridimensionale. Lentamente e a fatica il cavo si riavvolge e li riporta all’altezza del pavimento.
“Rose, salta.” La ragazza obbedisce ma non lascia andare il braccio del capitano. E solo per questo Levi non precipita appena il secondo arpione si stacca dal soffitto.
Il rumore di alcuni pezzi di roccia che ricadono nel baratro lascia il posto al silenzio. Rose si guarda le mani piene di graffi. Levi si schiarisce la voce.
“Torniamo su.”
“Non hai nient’altro da dire?”
“No.”
“Sei detestabile.”
“Anche tu. Muovi il culo.”
La strada percorsa, ora sembra più lunga. Levi non è certo che sia già passata un’ora ma sa che il tempo a loro disposizione è quasi terminato. Erwin è un uomo di parola ed è stato lui a chiedere di non mandare nessuno a cercarli. Alza il passo e Rose, che è silenziosa da quando hanno ripreso la risalita, lo segue. Questa volta è fin troppo concentrato per non accorgersene. Alza un braccio e Rose ci finisce contro.
“Che c’è?”
“La porta che abbiamo attraversato per scendere è chiusa.”
“Non è possibile!” esclama Rose “Nessuno dovrebbe averci seguito.”
“Forse però qualcuno ci ha preceduti. Deve essere risalito dopo che noi siamo passati.”
“Se fosse così, Erwin lo avrebbe intercettato e sarebbe venuto a sapere cosa ne è stato di noi.”
“Non ho detto uscito. Ho detto risalito”, fa Levi indicando le feritoie sopra le loro teste. Una di esse ha diversi fori nella parete.
“Solo una persona in possesso della macchina per il movimento tridimensionale avrebbe potuto farlo.” Levi annuisce.
“Come per l’uccisione dei giganti di Hanji.”
“Allora tu mi credi!”
“Per quanto ne so, potreste essere complici.”
“Tu non ti arrendi mai, eh?”
“Uso il cervello. Più di quanto le persone facciano in media e questo è tutto.”
“Il tuo meccanismo per il movimento tridimensionale funziona?”
“Credo di sì,” risponde Levi controllando il livello del gas nelle bombole.
“Potremmo risalire anche noi.”
“Poco prudente. Potrebbero essere in molti lassù. Preferirei tornare da Erwin. Per non parlare del fatto che tutto questo potrebbe essere un diversivo. Mi hai chiesto quale poteva essere il motivo per mandarti quaggiù. Forse tu sei il diversivo. Magari l’obiettivo è Erwin oppure Eren.”
“Ci ho pensato anche io ma, ora come ora, non credo che mio padre abbia interesse ad eliminare Smith o Jaeger.”
“E la gendarmeria?”
“Ucciderebbero volentieri Eren ed eliminerebbero volentieri Smith, ma per questo basterebbero i giganti, non credi?”
“Sta di fatto che qualcuno non vuole che usciamo vivi dalle miniere. Avanti, dammi una mano con la porta”, fa Levi cercando di forzare la porta di metallo.
“E’ troppo pesante.”
“Levi.”
“Mh?”
“E se l’obiettivo fossi tu? Voglio dire, se mi avessero usata per allontanarti da Eren?”
“Non credo di essere così fondamentale per la gendarmeria.”
“Tu sei molto di più di ciò che credi. Tu sei il soldato più forte dell’umanità. Le tue mani sono le ali della libertà.” Ora lui la guarda e ricorda. Ricorda di quando Erwin gli ha chiesto di prestargli la sua forza.
“Se è come dici tu, dobbiamo uscire di qui. In fretta.”
“Va tu. Per il lucernario intendo. Uno dei cavi del dispositivo è rotto e l’altro non può reggere il peso di entrambi. Inoltre tu sei più veloce di me. Hai più possibilità di raggiungere Erwin in caso decida di ascoltare ciò che gli hai chiesto.” Levi si guarda le mani poi afferra il grilletto del dispositivo per la manovra tridimensionale.
“Aspettami qui. Tornerò a prenderti”, dice con sicurezza mentre il cavo si allunga verso l’alto. Mentre il capitano rilascia la leva, il rumore del cavo che si riavvolge se lo porta su nel fascio di luce che scende incerto nei sotterranei.
Rose si appoggia alla porta e si lascia scivolare verso il basso. Possibile che sia stata usata solo per consentire a qualcuno di catturare o uccidere Eren Jaeger? Un rumore la rimette in piedi. Una figura slanciata e armata compare dal buio della miniera. Rose lo riconosce subito e un amaro sorriso le si dipinge in volto.
“Sei stato tu, allora.”
“Dimmi Rosemaria, da che parte stai?” la voce del ragazzo è triste ma sicura.
“Non dalla tua.”
“Peccato, Reyner ne soffrirà.”
“Non troppo se fa parte di questa storia.”
“Tu non sai di che parli.”
“E tu?”
“Rose, è una cosa troppo grande”, dice mentre fa partire i cavi del meccanismo che porta alla cintura. Gli arpioni si infilano in uno dei buchi sul soffitto.”
“Sei venuto da solo?” chiede Rose che adesso immagina in quale trappola possa essere caduto Levi.
“No. Sei preoccupata per il soldato più forte dell’umanità?”
“Da solo vale più di molti di voi.”
“Dovresti ripeterlo a Reyner. Lui sarebbe felice di dare una ripassata a quell’arrogante.”
“Vi fermerà.” La risata appena accennata che sfugge alle labbra del ragazzo di fronte a lei, fa gelare il sangue nelle vene di Rose.
“Te lo chiedo per l’ultima volta. Da che parte stai?”
“Te lo ripeto, non dalla tua.”
“Allora addio, Rose”, dice rilasciando il grilletto e sollevandosi rapidamente. Rose lo guarda sparire nella luce. Il silenzio ora le pare assordante. Eppure ciò che segue è ancora peggio. Un rumore tremendo accompagna un sinistro tremore di tutta la miniera. Rose guarda verso l’alto e un attimo dopo, da dove entrava la luce precipita solo una pioggia di detriti. Si rannicchia contro la porta pregando una morte rapida e indolore.

 

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Capitolo 7
*** #7 - Niente di male ***


#7
Tanti anni fa Levi ha imparato a correre. Non come fanno le persone. Come fanno le bestie feroci che corrono per sopravvivere. Eppure adesso gli sembra di non riuscire a staccare i piedi da terra. Sta correndo. Di certo sta correndo. Da quanto tempo ormai? Sente l’aria sulla faccia, percepisce i muscoli che si tendono eppure è come se qualcosa lo avesse inchiodato a terra. I lacci che fasciano il suo corpo e che normalmente lo fanno volare, sembra che stringano per impedirgli di darsi il necessario slancio.
Il foro dal quale è tornato in superficie è lontano dal luogo in cui Erwin e il resto della squadra aspettano. Non è preoccupato. Arriverà certamente prima che scada il tempo convenuto. Per questo, forse, il rumore come di un’esplosione lo blocca per un attimo. Si guarda intorno. Si guarda indietro. Erwin non avrebbe mai deciso di far saltare l’ingresso fuori dai termini dell’accordo. A meno che non sia intervenuto un qualche fattore in grado da cambiare le sue valutazioni, in grado da fargli credere necessario sacrificare la loro vita. Quando la nuvola di polvere si abbassa, lo vede. Un gigante corre verso di lui con un’espressione sorridente e maligna. Pregusta il pasto? No. E’ solo incapace di provare emozioni. La prima volta che si è reso conto che i giganti mostrano una singola emozione facciale, ha smesso di provare piacere nell’ucciderli. I maledetti figli di puttana non ti danno neppure la soddisfazione.
Se non ci fosse Rose ad aspettare laggiù, ora si toglierebbe almeno lo sfizio di fare a pezzi quell’avanzo di merda. Ma c’è Rose. E c’è Erwin. Se lui ora la facesse saltare in aria, li odierebbe entrambi. E non può odiare Erwin. Non l’uomo che lo ha tirato fuori dal fango, che gli ha mostrato la luce, che gli ha dato una ragione per vivere.  E non può odiare neppure Rose così schifosamente simile a lui nella sua incapacità di credere nel futuro.
Così Levi gli da le spalle e si mette a correre. Nella sua decisione non ha considerato neppure per un momento che il suo dispositivo per la manovra tridimensionale è rotto.
Mentre il gigante si mette al suo inseguimento, mentre assimila il tremore sotto i suoi piedi come l’effetto della corsa della creatura realizza che le miniere, al momento, non sono affatto un posto sicuro.  La rabbia che lo avvolge è come se lo caricasse di stamina. Il gigante accorcia la distanza tra loro. Quando è ad un tiro di schioppo dal capitano, il gigante allunga una mano.  Levi salta. Rotola in terra, estrae le lame.
“Non ho tempo da perdere con te!” urla furioso risalendo lungo il braccio del gigante che si solleva come a voler cacciare una mosca. Levi salta ancora, fa una capriola in aria e inverte l’impugnatura delle spade. Non può puntare direttamente alla collottola così è il braccio del gigante a finire reciso.
“Capitano! Da questa parte!” La voce di Petra lo spinge a voltarsi. La sua squadra corre verso di lui. Si sono  già disposti nella formazione per gli attacchi in spazi aperti. Al gigante manca già un braccio e i suoi quattro ragazzi se ne sbarazzeranno facilmente. Riprende a correre. Di fronte all’arco d’ingresso della miniera ci sono Eren, Mikasa ed Armin.
“Dov’è Erwin?” chiede Levi asciugandosi con una mano il sudore dalla fronte. Mikasa risponde con una certa premura nella voce.
“Abbiamo disposto le cariche. Poi c’è stato quell’orrendo frastuono. Erwin è sceso nella miniera.”
“Merda”, fa Levi togliendosi mantello e giubba “Armin dammi un arpione di ricambio.”
“Un gigante ci ha attaccato! Perché Mike e Hanji non mandano nessuno ad aiutarci?” chiede Eren.
“E’ un solo gigante. I piani non cambiano. Mikasa, prendi Eren e Armin e raggiungi Petra. A quest’ora si saranno già sbarazzati del gigante. Tornate tutti da Hanji.”
“Dov’è Rose?” chiede Armin.
“Vado a riprenderla. Muovetevi, andate.” Levi li segue con lo sguardo fino a che non vede che le tre reclute si sono ricongiunte alla squadra poi si precipita di nuovo nel buco che è diventato l’ingresso della miniera.
Anche se le pareti sono franate, il percorso è libero e l’atrio della porta che avevano trovato chiusa solo pochi minuti prima è aperta. La voce di Erwin è appena un sussurro.
“Coraggio, Rose. Apri gli occhi!” L’uomo è accovacciato su di lei e le preme entrambi i palmi sul petto a ritmo regolare. Levi lo vede chinarsi su di lei e posare le sue labbra su quelle della ragazza. Di nuovo Erwin prende a massaggiarle il torace e di nuovo si china su di lei. Stavolta gli è addosso prima che possa di nuovo toccarla. Levi lo scosta malamente e guarda il corpo della ragazza disteso a terra.
“Levi, sto provando a rianimarla ma lei è” dice interrompendosi alla vista degli occhi furenti del suo subalterno. Levi non smette di fissare le ferite sul volto di Rose. Poi solleva un pugno. Una volta qualcuno gli ha infilato la testa sott’acqua e lui ha creduto di morire. Poi un uomo con un cappello fuori moda in testa ha alzato un braccio e ha scagliato un pugno con tutta la sua forza, la sua rabbia, la sua cattiveria forse, sul suo petto e il suo cuore a ripreso a battere. Così Levi guarda il viso livido di Rose e pensa che non si sveglierà con un bacio. Lei non è il tipo che crede alle favole romantiche. Però se lui prende a pugni il suo gelido cuore, allora lei riaprirà gli occhi per restituire il favore. Il ragazzo abbassa con violenza il braccio e colpisce. Una, due volte. Alla terza, gli occhi di Rose si aprono di scatto. Non come quando ci si risveglia da un bel sogno ma come quando ci si scuote da un incubo. Si solleva stringendo con forza gli avambracci della persona di fronte a lei. I suoi occhi sbarrati vedono Levi. Lui ricade sui talloni, lei gli si lascia andare addosso.
“Sei tornato.”
“Non dimentico mai niente”, risponde lui senza muoversi.
“Mai niente” ripete lei strofinando appena la fronte sulla sua maglietta bianca sporca di sangue e polvere.
“Ti devo la vita.”
“Ho solo obbedito agli ordini”, dice guardando Erwin che si pulisce le mani ricambiando lo sguardo. Mentre parla vorrebbe chiedergli perché lui, il comandante dagli occhi e cuore di ghiaccio, non l’ha fatto. Quegli occhi non gli rispondono anche se hanno sentito bene quella domanda non fatta. Levi allora si sente in diritto di trasgredire anche lui alla rigida morale che da anni si è imposto. Passa un braccio intorno alle spalle di Rose e un altro sotto le sue ginocchia e si alza portandola con sé.
“Posso camminare,” si oppone lei.
“Sta zitta.”
Erwin lascia loro qualche metro, getta un’ultima occhiata nell’oscurità come se avesse percepito una presenza in fondo a quella caverna e risale anche lui.
La luce dell’aria aperta li acceca. Erwin si guarda intorno.
“Dove sono Eren, Mikasa ed Armin?” chiede il comandante.
“Li ho rimandati da Hanji” risponde Levi poggiando a terra Rose “Davvero puoi camminare?” La ragazza annuisce. Levi infila di nuovo giacca e mantello e si inginocchia di fronte a Rose.
“Non è necessario che tu menta.”
“Sono solo stordita. Dammi un minuto.”
“Non ne abbiamo neppure uno,” interviene Erwin “sono sulle tracce di Eren.”  Per un momento nessuno parla. Erwin prosegue “Levi, raggiungi la tua squadra. Riprendete i cavalli e cavalcate verso la foresta degli alberi giganti. Di a Mike che io e il caporale Zackley lo raggiungeremo presto e ci rimetteremo tutti in marcia nella stessa direzione.”
“Non intendi cambiare i piani?” chiede Levi.
“No.”
“D’accordo”, fa alzandosi. Rose lo trattiene per un braccio e lui si volta a guardarla.
“Non c’entra la gendarmeria. Non come credi tu. Non lanciarti contro i giganti senza guardarli negli occhi.” Levi sente la pressione delle sue dita venire meno e si alza. Quando passa di fianco ad Erwin lui gli mette una mano sulla spalla.
“Fa attenzione. Hai già sprecato molte energie.”
“Se dovesse succedermi qualcosa, metti il caporale Zackley in condizioni di cavarsela.” Erwin stringe un po’ di più la presa sulla spalla del soldato più basso.
“Non distrarti, siamo in missione.”
“Non sono io quello che le ha infilato la lingua in bocca. Tu riportala a casa, non ti sto chiedendo altro. Non ti ho mai chiesto niente.”
“Farò ciò che posso ma mi auguro di poter riprendere questo argomento con te.” Levi sorride e si allontana.
“Cosa ti ha detto?” gli chiede Rose.
“E tu cosa gli hai detto?”
“Affari miei.”
“Bene, allora alzati e andiamo. Non possiamo restare troppo tempo allo scoperto.” Rose si tira su, barcolla e ricade. Le braccia possenti di Erwin l’afferrano.
“Sei troppo orgogliosa, ragazza. Gli somigli.”
“Non fare l’errore di credere che sono come Levi.”
“Ho detto solo che gli somigli. Forse dovrò usare le maniere forti anche con te.”
“Non servirebbe, lo hanno già fatto.” A quelle parole Erwin sente stringere qualcosa dentro. Possibile che qualcuno abbia usato violenza su Rose? Che lo abbia fatto suo padre?
“Nessuno ha il diritto di lamentarsi in un mondo tanto crudele.” Rose sorride sforzandosi di tenersi in piedi. Non lascia andare il braccio di Erwin. Quelle parole sono tipiche di lui.
“Anche questo è un ordine?” chiede lei.
“Sì. Nella mia squadra nessuno cede allo sconforto. Lo si fa per rispetto ai morti. A quelli che sono stati divorati nelle loro uniformi troppo piccole, nei loro sogni stritolati dai denti di quelle creature, nelle loro speranze scivolate via col loro sangue sparso su questa terra che ci rifiuta.” Rose sente le lacrime pungere agli angoli dei suoi occhi. “Vuoi piangere per essere ancora viva? Piangi di gioia allora, Rosemaria, se no muori al posto di qualcun altro che vuole vivere.”
“Lasciami”, dice lei.
“Che vuoi fare?”
“Lasciami scegliere, comandante Erwin”, fa Rose sfilandosi la giubba e porgendola all’uomo. Erwin prende la giacca con l’emblema dell’unicorno mentre Rose si volta per raggiungere il suo cavallo. Il peso di qualcosa di più grande delle sue spalle le ricade all’improvviso addosso. Erwin le ha posato la sua giubba addosso.
Lei se la infila e incita il suo cavallo al galoppo. Erwin la segue senza sapere bene cosa pensare di quella figura che adesso gli appare così minuta e che cavalca davanti a lui. E’ un nemico? Lo era e ora non lo è più? Levi prova qualcosa per lei? Lui sta provando qualcosa? No. Scuote il capo. La sua vita è votata ad un bene superiore e lei potrebbe essere sua figlia. Questo forse è esagerare. Comunque è chiaro che Levi ha mostrato qualcosa di più di un’ostile indifferenza per lei e questo cancella automaticamente qualunque suo pensiero in proposito.
La voce di Mike lo riporta alla realtà. Il suo subalterno gli sta chiedendo cosa è successo. Cosa potrebbe rispondere?
“Un incidente. L’attacco di un gigante”, risponde solo. Non si tratta sempre di questo? Dell’attacco dei giganti? E lui è l’uomo della controffensiva dell’umanità. Può ingannare Mike ma non Hanji, la sua brillante Hanji. Nei suoi pensieri Hanji è il suo sostituto naturale.
“Dov’è Levi?” chiede lei con le lenti che gli impediscono di vedere i suoi occhi.
“Nell’avamposto. Sta proteggendo Eren.”
“E lei?” chiede indicando Rose “E’ ferita? Era davvero una trappola? Perché indossa la tua giubba?”
“Ci ha attaccato un gigante mentre Levi e Rosemaria erano in perlustrazione. Non so ancora cosa sia accaduto la sotto. Lo approfondirò alla fine della missione. Poi la miniera è crollata. Ora come ora non posso dire altro. Tu hai notizie?”
“Un gigante anomalo ha attaccato il lato sinistro decimandolo. Ora insegue il blocco centrale dove si trova la squadra Levi.”
“Vogliono Eren. Vanno verso la foresta, giusto?”
“Come da tuoi ordini. Le altre squadre cosa devono fare?”
“Si fermino al limitare della foresta. Non voglio che altri giganti vi entrino.”
“Allora io vado a trasmettere gli ordini. Ah, Erwin”, fa Zoe lasciando in sospeso la frase.
“Sì?”
“Riferiscono che l’anomalo è più forte degli altri giganti. Se Levi fosse ferito o provato, non sarebbe meglio andare in suo soccorso?” Erwin guarda Rose e poi torna a fissare Hanji.
“Seguiamo il piano.”
“Come vuoi”, fa la ragazza allontanandosi e raggiungendo Jean e Armin.
“Ragazzi, gli ordini del comandante sono di proteggere il confine della foresta degli alberi giganti. Solo i graduati vi entreranno.”
“Io cosa faccio?” chiede Rose.
“Rimani con i cadetti.”
“Dovrei ricongiungermi alla squadra Levi”, tenta di dire la ragazza.
“E’ escluso. Sono troppo distanti ormai, inoltre non sai combattere e saresti di peso a Levi.”
A queste parole Rose tace. Le viene fornito un dispositivo per la manovra tridimensionale non appena raggiunge il limitare del bosco. Con gli altri si arrampica sugli alberi. Tra tutti, Mikasa sembra molto nervosa.
“Che diavolo ci facciamo qui? Non dovremmo combattere?”
“Non ce n’è bisogno,” fa Rose “la nostra presenza attira i giganti. In questo momento svolgiamo la stessa funzione dei distretti di Shiganshina e Trost.”
“Ma certo!” esclama Armin “Finché sono intenti a divorare noi, non penseranno ad inseguire Eren.”
“Questo lo avevo capito Armin, ma Eren? Dove lo stanno portando?” chiede ancora Mikasa.
“Francamente non lo so, Mikasa,” ammette il biondo “idee?” Come se le parole di Armin avessero fatto cadere un velo dagli occhi di Rose, la ragazza si scuote.
“Non lo stanno portando da nessuna parte.”
“Che intendi dire, Rose?” esclama Mikasa.
“Figlio di puttana!” fa Rose estraendo le pistole per il controllo del dispositivo agganciato alla sua cintura “Ammetto di avere sottovalutato Erwin. Loro hanno usato me come esca e lui aveva già in mente di usare Eren!” Mikasa sfodera anch’ella le lame. L’idea che Eren possa essere un’esca in un piano astruso di Smith, la manda fuori di testa.
“Io vado!” urla Mikasa.
“Vengo con te!” le fa eco Rose.
Le due ragazze si ritrovano a volare di ramo in ramo come se fossero una persona sola. Eppure non potrebbero essere più diverse. Solo su una cosa si somigliano. Sono istintive. Per questo quando una nuova esplosione si ode tra gli alberi, Mikasa scarta un gigante dieci metri e va a destra mentre Rose prosegue diritto.
Forse è un’egoista, forse davvero pensa che la razza umana meriti l’estinzione, forse crede che sia meglio che i giganti si uccidano tra loro, lei però vuole solo raggiungere la squadra Levi prima che sia troppo tardi. Nessuno ha chance di sopravvivere se combatte un gigante che in realtà è un essere umano credendo che si tratti di uno dei titani normali. Neppure Levi. Ora si pente di non averglielo detto esplicitamente. Non avrebbe dovuto semplicemente cercare di farglielo capire, avrebbe dovuto dirgli chiaramente che a dargli la caccia sono umani dotati dello stesso potere di Eren.
L’ha capito molto tempo prima che vedesse il ragazzo dagli occhi verdi che c’era qualcosa di strano nel gigante colossale che aveva distrutto il Wall Maria. Ha vissuto cinque anni nella gendarmeria sempre sul filo del rasoio solo per indagare per conto proprio su di esso.
Quando vede il corpo fasciato di verde e marrone che penzola dall’alto di un ramo, il cuore le salta in gola. Lo raggiunge e quasi non respira quando lo guarda in faccia. E’ Gunther. E’ morto e ad ucciderlo non sembra essere stato neppure un gigante. Ripensa all’uomo nella miniera. Forse è stato lui. Magari è stato il suo complice. Segue i rumori e li vede. Il cadavere di Erd tranciato di netto e Ouro a pochi metri da lui. Ouro ha ancora gli occhi aperti e con la mano indica qualcosa. Rose gli corre incontro.
“Ouro, coraggio, ti porto in salvo.”
“..tra..” Rose si volta e la vede. Petra è riversa contro il tronco di un albero.
“Resisti”, fa infilando le mani nelle tasche della giubba enorme e trovando un fazzoletto. Glielo preme sul torace bloccandoglielo con una delle cinghie. Corre verso Petra. E’ priva di sensi ma è miracolosamente viva. Se la issa in spalla e la porta vicino a Ouro. Rose sente l’odore del sangue e una nausea che non ha mai provato in vita sua. Respira e pensa, pensa e respira. Quei due hanno bisogno subito di un medico. Se spara un razzo di segnalazione, gli uomini di Erwin lo vedrebbero ma rivelerebbe la sua posizione ai nemici. Non si sentono più i rumori della battaglia. Se aspetta ancora Petra e Ouro, perderanno la vita.
“Salva Petra.” La voce di Ouro è un sussurro.
“Perché dovrei scegliere lei e lasciarti qui a morire?”
“Perché Levi non ti perdonerebbe mai se la lasci morire. Un giorno la sposerà, sai? E faranno tanti marmocchi”, dice piano, sorridendo e sputando sangue.
“Sei un idiota, Ouro.” In quel momento un gigante entra nel loro campo visivo. Rose ripensa alle parole di Erwin.
“Piangi di gioia, se no muori al posto di qualcun altro che vuole vivere.”
Scatta in avanti e spara gli arpioni oltre il gigante per distrarlo dai suoi compagni. Il gigante si volta e la segue. Rose spara ancora per cambiare direzione, estrae le lame, effettua una rotazione con tutto il corpo.
E’ assurdo quanto delle cose che crediamo sepolte, dimenticate nella parte più recondita della nostra mente, improvvisamente riaffiorino per ricordarci che il passato non si può cancellare.
“Il mondo è un posto crudele, Rose, e non c’è niente di male a lottare per sopravvivere, anche se questo significa sporcarsi le mani.” Ricordare non è un compito difficile da eseguire.
Rose sorride e impugna le lame al contrario così come le è stato insegnato. Un solo colpo secco alla base della nuca e il gigante si accascia, si sgonfia come un palloncino bucato. Brucia la pelle il sangue dei giganti, bruciano le lacrime che scorrono sul suo viso. La verità fa male. E la verità è che lei è una bugiarda. Da molto tempo. Chi si è fidato di lei, ha sbagliato. Ouro la guarda sorridendo. Crede che li possa salvare perché la immagina una guerriera forte e valorosa. Dovrebbe ucciderlo. Dare il colpo di grazia ad entrambi perché non dicano ad anima viva che sa combattere, che non è una stupida bamboccia come lei vorrebbe far credere. Come tutti credono che sia.
Infila le lame nel dispositivo e raggiunge Petra. La solleva e guarda l’uomo a terra.
“Brava bambina”, dice lui.
“Torno a prenderti.”
“Non farmi ridere o mi mordo la lingua.”
“Ritorno. Resta vivo”, dice più a se stessa che al soldato.
“Io non voglio morire.” Le parole di Ouro la raggiungono mentre si allontana. Le ha davvero dette o lei le ha immaginate?
Quando raggiunge l’accampamento di Erwin, il comandante le va incontro con uno sguardo severo.
“Hai disobbedito.”
“Petra ha bisogno di cure, sta molto male.”
“Dove eri finita?”
“Prendi Petra, Ouro, devo tornare a prendere Ouro.” Hanji le si avvicina e le prende Petra dalle braccia. Solo in quel momento Rose si rende conto che gli uomini della squadra di Mike l’hanno circondata.
“Che significa?” chiede mentre con la mente pensa solo ad Ouro e alla promessa che ha fatto.
“Rispondi, Rose!” urla Erwin “Dove sei stata?”
“Che significa?”
“Hai scelto Rose? Rispondi!”
“Ditemi che sta succedendo? Dove sono Levi ed Eren?”
“Eren è stato quasi divorato da un umano che può assumere fattezze da gigante. Levi è rimasto ferito nell’operazione di salvataggio di Eren. Capisci? Un umano che può diventare un gigante dalle fattezze femminili.”
“Io devo andare da Ouro.”
“Vado io da Ouro, Rose”, fa Hanji “lo riporterò indietro. Tranquilla.”
“Spariamole e basta!” urla Mike mentre i suoi uomini puntano i fucili su di lei “Prima ha ucciso i giganti di Zoe e ora questo! Quanti uomini sono morti, eh Erwin?”
“Nessuno spara,” ordina Erwin “vero Rose? Ti lascerai legare i polsi dietro la schiena? Solo per precauzione.” Rose abbassa gli occhi.
“Credi che se fossi il gigante femmina, basterebbe legarmi i polsi?”
“Voglio solo riportarti a casa,” fa Erwin avvicinandosi a lei “ciò che succederà dopo lo vedremo.”
“E se io non volessi tornare a casa?” A queste parole Mike s’infuria.
“Solo quella troia gigantesca parlerebbe così!”
“Levi è responsabile della tua sicurezza. Credi che tuo padre gli perdonerebbe la colpa di non averti riportata indietro?” Rose allunga i polsi verso Erwin.
“Sarebbe stato meglio che Mike avesse sparato” gli dice sottovoce mentre lui le lega i polsi dietro la schiena.
“Levi non me lo avrebbe perdonato. Mi ha fatto promettere che ti avrei riportata dentro le mura.”
Erwin non dice più niente e nella testa di Rose le parole udite tanto tempo prima assumono un sapore amaro.
“Il mondo è un posto crudele, Rose, e non c’è niente di male a lottare per sopravvivere, anche se questo significa sporcarsi le mani. Se non sai anteporre la tua esistenza a quella di un altro, ti aspetta solo una fine dolorosa.”
Si lascia caricare su un carro mentre i soldati prendono la via di casa.
 

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