Un sogno tra le onde

di Niley story
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il suono delle onde ***
Capitolo 2: *** Comincia così ***
Capitolo 3: *** Lavoro cercasi ***
Capitolo 4: *** Il contratto ***
Capitolo 5: *** Senti col cuore ***
Capitolo 6: *** Il party ***
Capitolo 7: *** Un angolo di Paradiso ***
Capitolo 8: *** Dimmi perché ***
Capitolo 9: *** Diversa da tutte ***



Capitolo 1
*** Il suono delle onde ***







 
 ~~Avete presente quelle persone che non sanno cosa vogliono dalla vita? Quelle che non sanno mai cosa scegliere, quelle che non sanno mai dove andranno o cosa faranno…sì, beh definitivamente, io non sono una di quelle. Mi chiamo Hanon Lee Taylor. Sono alta 1.64 e peso 52 kg. Capelli biondo chiaro, alla radice sono più scuri, ho due meches azzurre sul lato destro, sono lunghi quasi fino al sedere, occhi come il ghiaccio, naso piccolo e labbra carnose. Sì credo di aver fatto il mio identikit completo. Il mio nome lo scelse mio padre esattamente 21 anni fa, quando sono nata, immagino vi starete chiedendo cosa significhi o forse no ma ve lo dirò lo stesso. Hanon significa “Suono dell’onda” lui sapeva già cosa sarei diventata prima ancora che io nascessi, una surfista. In realtà in una famiglia come la mia è difficile non esserlo, sono nata alla Sunshine Cost in Australia, ho due fratelli, Matt 25 anni e Thomas 18 anni. Nella nostra famiglia tutti abbiamo la passione per il surf, tranne mia madre alla quale viene un infarto ogni volta che ci vede cavalcare un’onda. La differenza tra me e i miei fratelli è che a loro piace surfare, per me surfare è tutta la mia vita. Quest’estate ho deciso di trasferirmi da mio zio Zac, anche lui è un surfista e vive alla Gold Coast, proprio vicino a Surfers Paradise, il paradiso dei surfisti. Lui è la persona più vicina a mio padre che mi sia rimasta. Già, credo di aver dimenticato di dirvi che mio padre è morto…tre anni fa. Per ironia della sorte è morto travolto da un’onda, una delle tante onde che amava. Da quel giorno mia madre ci ha proibito di fare surf e di nuotare troppo a largo. Ha chiuso le nostre tavole nello scantinato con un lucchetto. So perché lo ha fatto ma io non potevo accettarlo, così ogni volta che ero in spiaggia con le mie amiche gli chiedevo di prestarmi le loro tavole e mi mettevo surfare per almeno un’ora e mezza. Mia madre non lo sa, lei darebbe di matto, lei non capisce, nessuno può…nessuno eccetto mio zio. Questo è un altro dei motivi per il quale ho deciso di venire qui da lui. Mia madre pensa che io voglia solo passare un po’ di tempo con il mio adorato “zietto” ma la verità è che ho intenzione di partecipare alle regionali, lo devo fare per me stessa e per papà. Presi un bel respiro e suonai il campanello. La mia avventura era appena iniziata. << Un attimo…arrivo >> mi zio aprì la porta e appena lo vidi gli saltai letteralmente addosso << Heyyy! La mia sirenetta! Ciao! >> mio zio mi abbracciò stringendomi la vita, lui aveva 35 anni, era alto 1.80 e aveva capelli biondo scuri che teneva sempre tirati indietro con il gel. Non lo dissi perché è mio zio ma ha un gran fisico palestrato degno del surfista che è, attualmente indossava solo un paio di bermuda, come suo solito in realtà. << Tesoro, chi è? >> al suono di una voce femminile sciolsi l’abbraccio, una donna arrivò dal fondo del corridoio, indossava solo un bikini ed era una…sì, una di quelle donne sexy e bellissime in grado di far perdere la testa a qualunque uomo. Anche se nel caso di mio zio era lui che faceva perdere la testa alle donne…avevo dimenticato che la sua seconda passione dopo il surf sono le donne. Già. << Ehm…Alyssa…lei è mia nipote Hanon. Hanon, lei è…Alyssa >> mio zio si grattò la testa, praticamente imbarazzato, le probabilità che sapesse qualcosa di più su quella donna sono sotto zero, in realtà credo che abbia fatto fatica anche a ricordarsi il suo nome. << Ciao >> dissi io sollevando la mano destra << Ciao >> lei mi rispose con un tono freddo e di superiorità che non sopporto ma decisi di ignorarla, tanto sarebbe andata via presto. << Entra piccola, accomodati. Come se fossi a casa tua. Hai solo questa valigia? >> chiese prendendo il mio bagaglio sulla soglia della porta << Sì, solo quello zio >> << Bene…ehm…Alyssa ti dispiace lasciarmi un po’ da solo con mia nipote? >> la donna sospirò << Come vuoi Zac, ci vediamo. Chiamami >> diede un bacio sulla guancia a mio zio e dopo avermi lanciato uno sguardo per niente carino andò via chiudendo la porta. << Chiamami >> la imitai facendo il segno del telefono con le mani e mio zio rise << Dai non essere cattiva >> << Io?! Ha cominciato lei >> << Vieni, ti mostro la tua stanza >> la mia stanza era enorme e bellissima, le pareti erano bianche e anche il letto matrimoniale, il parquet era color rovere, c’erano un mobile, un armadio e un comodino del medesimo colore ma la cosa più bella era il fantastico balcone che dava sul mare, le porte erano scorrevoli. << Ci sono poche cose, puoi arredarla come vuoi >> << Grazie mille zio è bellissima >> ancora una volta mi gettai addosso a lui per abbracciarlo, mio zio ricambiò e mi diede un bacio sulla nuca << Questo ed altro per la mia piccola sirenetta >>. Mi gettai sul letto e come mi aspettavo era un materasso ad acqua, io adoro i materassi ad acqua…in realtà adoro tutto quello che ha a che fare con l’acqua ma…okay. << Allora, immagino che tu ora voglia riposare quindi… >> << Riposare?! Avrò tempo per riposare questa sera! Adesso voglio andare a vedere la spiaggia! >> dissi mettendomi subito in piedi, mio zio rise scuotendo il capo << Questa è la mia nipotina! Hey hai avvisato tua madre che sei qui? >> << Oh…no mi sono dimenticata >> << Va bene, ci penso io. Vado a chiamarla >> << Okay >>. Mio zio mi lasciò sola nella stanza, quella casa era enorme, c’erano due piani, e conoscevo benissimo ognuna di quelle stanze, ci venivamo spesso in vacanza con mio padre…soprattutto per le onde. Mi diressi verso il balcone per ammirare lo splendido panorama che avevo di fronte, la verità era che ero appena arrivata e non vedevo l’ora di cavalcare quelle onde. Sembrava che mi stessero chiamando. Avrei avuto bisogno di una nuova tavola da surf, se avessi portato la mia la mamma se ne sarebbe accorta, una tavola da surf non passa inosservato. Sospirai, avrei dovuto trovare un lavoretto per mantenermi, non volevo stare sulle spalle dello zio Zac. << Hanon, tua madre vuole parlarti >> mio zio entrò nella stanza tendendomi il cordless << Hey mamma… >> << Hanon, ti prego promettimi che farai molta attenzione >> roteai gli occhi, quando ci si mette sa essere così petulante << Sì mamma >> << E che non salirai su una tavola da surf >> << Mamma! Ti ricordo che tu hai praticamente sotterrato le nostre tavole nello scantinato! >> la sentii tirare un sospiro di sollievo dall’altra parte della linea << Hai ragione. Divertiti tesoro >> << Sì mamma. Lo farò >> detto questo staccai il telefono gettandolo sul letto. Scusa mamma, ma ho bisogno di essere me stessa. << Tua madre…mi ha detto più volte che non devo assolutamente permetterti di salire su una tavola da surf >> << Non mi importa zio. Io ho bisogno del surf come dell’aria per respirare. Il mare è il mio elemento. Papà lo sapeva, io lo so e anche tu lo sai. Vero? >> chiesi pregando mentalmente che mia madre non gli avesse fatto cambiare idea. Mio zio sorrise << Se non lo sapessi non mi sarei cacciato in questo guaio. Allora ti va di fare un salto in spiaggia? >> << Assolutamente sì! >> << Andiamo! >>
Ero elettrizzata al pensiero di poter tornare a cavalcare le onde alla luce del sole, e soprattutto lì al Surfers Paradise! Mio zio teneva un braccio intorno al mio collo mentre ci avvicinavamo al chiosco che era sulla spiaggia, il chiosco era di sua proprietà, il “The surfer’s wave” che significa “L’onda del surfista”. È pazzesco! Tutto in quel posto aveva a che fare con il surf. Quello era il PARADISO. Guardai i ragazzi surfare in mare ed il battito del mio cuore accelerò, quanto avrei voluto essere lì anche io. << Zac! Non ci credo, ma dai, questa è una ragazzina! >> la voce del barista mi distrasse << Hey! Non ti pago per giudicare con chi esco e poi…lei è mia nipote! Sei impazzito?! >> l’uomo dagli occhi azzurri dietro al bancone sgranò gli occhi, dovrebbe avere più o meno l’età dello zio << Nipote?! Mi stai dicendo che questa ragazza è la piccola Hanon?! >> << Proprio così! Sorprendete vero? >> disse mio zio con un tono fiero. L’uomo aveva un volto familiare, dopo qualche minuto riuscii a metterlo a fuoco, era Colin, il migliore amico di mio zio e mio padre, una sorta di secondo zio per me.  << Non posso crederci! Hanon! Fatti abbracciare >> << Ciao zio Colin! >> sorrisi andandogli incontro e ricambiando il suo abbraccio. << Dio! Quanto sei cresciuta! Che ci fai qui?! >> << Hanon parteciperà alle regionali >> << Davvero? Credevo che dopo l’incidente di tuo padre… >> la sua voce si indebolì e il suo sguardo si posò sulla sabbia. Io lo interruppi << Sì, mia madre ha dato di matto e mi ha proibito di fare surf. Ma io ce l’ho nel sangue e non permetterò che quello che è successo a papà mi condizioni, lui non lo vorrebbe >>. Colin mi guardò incredulo scuotendo il capo << Degna figlia di suo padre >> disse abbracciandomi nuovamente << Puoi dirlo forte! Ora se ci dai due gelati andiamo da Bob >> disse lo zio << Arrivano subito! >> Colin tornò immediatamente dietro al bancone e preparò due gelati << Zio, chi è Bob? >> << Bob? È il miglior venditore di tavole da surf di tutta la Gold Coast! >> << Davvero!? Mi comprerai una tavola?! >> << Certo che sì! Volevi surfare sulla mia? >> << AAA!!! Grazie zio grazie! >> lanciai un urlo per poi saltargli letteralmente al collo << Ringraziami dimostrando a tutti chi sono i Lee Taylor! >> << Lo farò zio, te lo prometto >> << Ecco qui i vostri gelati, kinder e nocciola per la sirenetta e nutella e stracciatella per il mio capo >> entrambi ringraziammo Colin e poi degustammo i nostri gelati…okay forse più che “degustare” facevo il possibile per inghiottirlo, non vedevo l’ora di andare da Bob e scegliere la mia nuova tavola da surf!
Il negozio di Bob non era molto distante da casa, questo rendeva tutto ancora più perfetto, sì perché qualsiasi cosa mi sarebbe servita avrei avuto un negozio di surf proprio vicino casa. Mio zio entrò prima di me e io lo seguii a ruota ma finii con lo scontrarmi con un ragazzo che stava uscendo << Hey! Sta un po’ più attenta >> disse guardandomi male << Scusa! >> risposi prontamente con un tono acido alzando le mani, ma che ragazzo antipatico. Una volta dentro finii col guardarmi intorno, quel negozio era enorme! Assolutamente bellissimo, visto da fuori sembrava una bettola di legno, anche l’insegna era su una tavola da surf. Ammirai le tavole che c’erano di fronte a me e all’improvviso sentii la voce di mio zio arrivare da dietro << Allora sirenetta, una egg? Una fish? Una fun board? >> << Egg? Fish?! FUN?! Mi stai prendendo in giro?! Non sono una principiante! Una Shortboard! >> alle mie parole, mio zio rise e alzò le mani << Mi scusi tanto signorina, avevo dimenticato con chi sto parlando. Poppa squadrata o rotonda? >> << Preferisco rotonda >> << Okay, vieni andiamo di là >> mio zio mi fece strada in un reparto pieno di shorboards. Allungai la mano per accarezzare le tavole, una ad una, adoravo sentirle sotto i polpastrelli delle dita, era una scossa elettrica, camminai lentamente scrutandole una ad una con gli occhi fino a quando non mi trovai davanti una tavola tutta azzurra, con un delfino rosa chiaro in trasparenza che occupava poco più della metà della tavola, vicino la prua invece, poco più distanti dal delfino c’erano disegnati dei fiori di ibisco del medesimo colore con dei contorni blu. << È bellissima >> l’ammirai restando senza fiato. Poggia entrambi i palmi sulla tavola e poi ne delineai i bordi << Una Pukas? Ottima scelta >> un uomo entrò nel reparto, era un uomo abbastanza robusto, un po’ più basso di mio zio, pelle abbronzata, indossava un paio di bermuda hawaiani e una t-shirt gialla, capelli neri e un paio di infradito ai piedi. << Sì Bob! La mia nipotina se ne intende. Ci dai questa tavola? >> << Certo Zac! Questo ed altro per te >> << Hanon, lui è Bob il proprietario di questa baracca, Bob lei è mia nipote Hanon >> << Molto piacere >> disse l’uomo tendendomi la mano << Piacere mio! >> strinsi la sua mano con sicurezza e con un sorriso sul volto << Vi serve altro a parte la tavola? >> chiese guardando prima me e poi mio zio, quest’ultimo gli rispose << Sì! Il wax e un leash >> << Non ho bisogno di un leash zio! >> << Hanon… >> << Non perderò la tavola! >> << Non serve per non farti perdere la tavola ma anche per evitare pericolosi strattonamenti alla caviglia >> << Che comunque non ci sarebbero >> dissi incrociando le braccia << Hanon. Vai a prende il wax e un leash >> mio zio mi guardò negli occhi con un’aria da “non provare a contraddirmi” e io sbuffai << Verso l’entrata, sulla sinistra, c’è mia nipote, chiedi a lei >> urlò Bob mentre mi allontanavo << Va bene! >> mi guardai intorno in cerca di questo bancone…quando lo trovai, vidi due ragazze dietro di questo, avrebbero dovuto avere la mia età, credo, una aveva i capelli castani con qualche riflesso di rame, erano mossi e lunghi fin sotto le spalle, dovrebbe essere alta più o meno 1.73 aveva degli occhi marrone scuro, quasi nero erano simili all’ambra, indossava una t-shirt bianca a giro maniche con la scritta “Surfers Paradise” colorata di verde, arancione chiaro e rosa, mi piaceva. Accanto a lei c’era una ragazza più bassa, dovrebbe essere 1.55 credo, la cosa che più attirò la mia attenzione fu il colore dei suoi capelli, erano lilla, lunghi, molto lunghi con dei boccoli, le arrivavano quasi alle gambe, teneva una ghirlanda con dei fiori bianchi, la ghirlanda le ornava la fronte e il resto della testa, non era molto vistosa il che la rendeva molto carina. Aveva degli occhi di un colore particolare, erano marroni ma con i riflessi del sole sembravano verde foglia. Indossava un top bianco con la bandiera americana sopra e leggermente stracciato alla parte di sotto. Le due stavano discutendo molto animatamente << No no no. Non salirò mai su uno di quei cosi! >> la voce della ragazza dai capelli lilla somigliava a quella di una bambina << Non sono cosi! Sono cavalli! >> la rimproverava l’altra alzando la voce, la più bassa sorrise e poi scrollò le spalle << Cosi >> << Ehm…scusate >> dissi avvicinandomi al bancone. La ragazza dai capelli castani roteò gli occhi << Tu mi fai salire il crimine! >> << Ops! >> << Lea!!! >> << May!!! >> << HEY!!! >> sbattetti le mani sul bancone in modo da farle sussultare e sì, finalmente avevo richiamato la loro attenzione. Mi guardavano con gli occhi sgranati e io gli sorrisi << Chi di voi due è la nipote di Bob? >> la ragazza dagli occhi scuri alzò timorosamente la mano << Perfetto. Mi daresti il wax e un leash per favore? >> chiesi sporgendomi sugli avambracci che avevo poggiati sul bancone. << Sì…certo >> la ragazza si voltò e prese il wax e il leash che erano appesi alla parete dietro di lei, l’altra ragazza mi fissava in silenzio << Ciao >> dissi agitando la mano destra davanti la sua faccia << Ciao… >> la sua voce era un po’ riluttante << Ehm…ecco qui, ti serve altro? >> chiese la nipote di Bob poggiando la roba sul bancone << No grazie, bel colore di capelli >> dissi guardando la ragazza di prima, lei sembrò cambiare atteggiamento di colpo, << Ti piacciono?! Vero che sono bellissimi?! A me piacciono le tue ciocche azzurre. May hai sentito? Le piacciono i miei capelli e tu che dicevi che ero pazza >> stava cominciando a parlare veloce come una macchinetta mentre si rigirava le ciocche di capelli tra le mani, l’altra ragazza si coprì il volto con le mani negando col capo. << Hey sirenetta, hai fatto? >> mio zio mi chiamò da lontano, stava parlando con Bob << Sì zio, arrivo! >> quando mi voltai nuovamente verso le ragazze notai che mi stavano fissando nuovamente come prima << Tu…sei la nipote di Zac? >> chiese la commessa << Sì, Hanon Lee Taylor. Mi sono appena trasferita >> << Aww! Che bello!!! Io sono Lea Miller e lei e May Allen! >> la ragazza dai capelli colorati sorrise e mi prese entrambe le mani stringendole << Ehm…piacere di conoscervi, Lea e May… >> << Piacere! >> May mi tese la mano e appena riuscii a liberare quella destra dalla stretta di Lea gliela strinsi. << Ora vado, ci si vede in giro. Ciao >> le salutai con un cenno della mano allontanandomi da loro e lasciandole ad un’altra animata conversazione.
Dopo aver pagato alla cassa io e lo zio ci incamminammo verso casa << Hey zio, ascolta e se invece andassimo a provare la tavola nuova? >> << Domani >> << Ma perché?! Non conosci il proverbio? Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi! >> << Ma tu non ti stanchi mai? >> << Per il surf no. >> << Beh inizia a farlo ragazzina, dai tra poco si cena torniamo a casa >> sbuffai e roteai gli occhi << Va bene vecchietto. Come vuoi tu >> << Hey! Vecchietto a chi?! Porta rispetto mocciosa >> mio zio mi diede una leggera spinta facendomi barcollare << A te vecchio! >> gli diedi una spallata e poi cominciai a correre con la tavola da surf sotto braccio. << Vieni subito qui! >> urlò mio zio cominciando a seguirmi. Mi era mancato il mio dolce e simpatico zietto. Una volta tornati a casa ordinammo una pizza e affittammo un film horror come quelli che piacciono a noi e verso l’una andammo al letto. Il giorno seguente mi svegliai alle 7:00 andai a farmi una doccia, misi il costume a pantaloncino e poi mi diressi in cucina a preparare la colazione. Succo di frutta a pesca, beacon, uova sbattute, pancake con sciroppo d’acero, waffles, fette biscottate, burro d’arachidi, cappuccino, latte e corn-flakes << Mmm…ma che profumino >> mio zio scense le scale già pronto in costume da bagno << Buongiorno zio! >> dissi andandogli vicino e schioccandogli un bacio sulla guancia << Buongiorno sirenetta…che bella colazione. Sarà così tutte le mattine? >> << Sì! E poi andiamo a surfare >> << A surfare dopo colazione?! Vuoi farmi uccidere da tua madre o cosa? >> chiese guardandomi accigliato << Beh la mamma ti ucciderebbe a prescindere ma comunque tranquillo la colazione è solo per te. Io voglio surfare e dopo farò colazione >> << No tesoro, facciamo colazione, ti porto a fare un giro per due ore e poi andremmo a surfare >> << Okay ammettilo. Tu mi odi. >> dissi guardandolo seriamente negli occhi, lui scoppiò a ridere << Non potrei mai odiare la mia nipotina, ma neanche farla uscire di casa senza aver fatto colazione >> sospirai rassegnata e presi solo una tazza di latte con le fette biscottate, volevo mantenermi leggera.
Salii sul pick up di mio zio, nuovo di zecca. Un ford raptor, color bianco metallizzato con dei disegni in nero sulla parte posteriore, come se fossero schizzi di pittura. Mio zio ama questo pick up. Avevamo già messo le tavole e tutto il necessario a bordo. Dopo essere andati in giro dove voleva lui. E dopo avermi presentato ai suoi amici –stupidi amici– finalmente arrivammo sulla spiaggia. Il battito del polso accelerava, il cuore batteva forte nel petto, l’adrenalina scorreva rapida nelle mie vene. Finalmente stavo per tornare…a casa. Nel mio mare. << Ci siamo sirenetta >> disse mio zio affiancandomi. << Sei pronta? >> << Io sono nata pronta >> risposi senza pensarci e guardandolo negli occhi << E allora vai! Su! In acqua! >>. Non me lo feci ripetere due volte. Mi gettai in acqua con la tavola, l’acqua gelata, stupenda, perfetta. Mi stesi su di essa e iniziai a remare quando finalmente la vidi. Era l’onda perfetta, sembrava mi stesse chiamando. Mi tuffai sott’acqua pronta al decollo. Mi sollevai prontamente in piedi e iniziai a cavalcare l’onda. << Wuhu!!! OTTIMO TAKE OFF!!! >> sentii urlare mio zio. Guardai in faccia l’onda che stavo cavalcando, Dio! Era così eccitante, mi faceva sentire viva! La mia tavola slittava sulla parete quasi verticale dell’onda, era di una maneggevolezza incredibilmente perfetta. Mi piegai sulle ginocchia allungando la mano destra per poter toccare l’onda. Non ci sono davvero parole per descrivere cosa si prova in un momento come questo. Ma so per certo che mi sembra di avere il mondo nelle mie mani, sollevai la testa vedendo come l’onda stava per travolgermi. Sorrisi, io ero più veloce, non mi sarei staccata dall’onda fino a quando questa non si sarebbe infranta sulla riva del mare. << Fammi vedere un aerial Hanon! >> risi alle parole di mio zio mentre tornai a stendermi sulla tavola per remare contro la prossima onda. La presi cercai di fare un aerial ma dopo il salto mi sfuggì la tavola da sotto i piedi così finii dritta dritta in mare. << Ah! Ma no!!! Quella non è mia nipote! Mi rifiuto di crederci! >> sentii la voce di mio zio appena riemersi, mi veniva da ridere. Tornai sulla tavola e andai incontro alla seguente onda. La usai come trampolino ed eseguii un aerial perfetto. << SIII!!! Questa è mia nipote!!! >> gioì mio zio. Sollevai le braccia in alto in segno di vittoria e poi notai che accanto a lui c’era qualcuno, un ragazzo che onestamente non vedevo molto bene da qui. Restai per più di un’ora a cavalcare le onde del mare cavolo! Mi facevano sentire viva. Questa era adrenalina pura. << Dai sirenetta! Torniamo a casa! >> << Ancora cinque minuti zio! >> protestai seduta ancora sulla mia tavola << No! Andiamo, ti rifai stasera >> stasera? Cosa ci sarebbe stato stasera?
Decisi di obbedire ma solo per porgli la domanda << Cosa ci sarà stasera? >> << Una sorta di falò sulla spiaggia, molti surfisti andranno a cavalcare le onde >> << E tu mi lascerai cavalcare le onde a mezzanotte? >> << Beh non vedo perché no >> lanciai un piccolo urlo e strinsi il braccio sinistro intorno al collo di mio zio senza lasciare la tavola che avevo sotto al braccio destro, ovviamente. << Comunque sei stata spettacolare su quelle onde piccola! Una vera forza della natura >> << Beh grazie, ho avuto i migliori insegnanti del mondo >> dissi riferendomi a lui e mio padre << Oh sì piccola, puoi ben dirlo. Ma soprattutto è perché ce l’hai nel sangue >> mio zio mi tense il pugno e io lo colpii esattamente come quando ero piccola, lo facevo anche con mio padre. << Hey zio, chi era il tizio che ti si è avvicinato mentre surfavo? >> << Chi? Ah aspetta, parli di Ryan >> << Ryan? >> << Sì, Ryan Carter, è il figlio di un importante imprenditore della Gold Coast >> << E che voleva da te? >> << Nulla. Mi ha solo chiesto tu chi fossi >> << E perché? >> << Non lo so. Io gli ho detto che sei mia nipote e basta >> << Okay >>. Decisi di non dare peso alla cosa, entrai in macchina e durante il tragitto io e mio zio parlammo delle splendide onde di oggi. La sera mi preparai, misi il costume, un pantaloncino di jeans scuro a bassa vita e un top bianco. Insomma cose che avrei potuto togliere facilmente quando sarei andata in acqua. Guardai il mio riflesso allo specchio per controllare che i miei capelli fossero apposto…anche se presto li avrei bagnati di nuovo. Toccai il mio collo e fu allora che mi resi conto di aver perso la collana che porto sempre al collo, una collana con il filo azzurro ed un delfino di madre perla attaccato ad esso, la collana di mio padre. << Dannazione! >>.
 




*Angolo autrice*
*Si schiarisce la voce* Premetto che sono nuova in questo campo di storie originali...quindi vi prego di essere clementi lol ma sincere. Voglio che mi diciate sempre tutte le cose che non vanno u.u mi affido a voi lettrici. Ringrazio chiunque legga la storia e beh...questo non è un granché ma del resto è sempre il primo capitolo, quindi spero di aver richiamato almeno un po' la vostra attenzione...e niente onestamente non so cosa dire lol 🙈 grazie per l'attenzione.

 

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Capitolo 2
*** Comincia così ***







~~<< Hey sirenetta, sei pronta? >> mio zio bussò alla porta della mia stanza prima di entrarvi dentro. << Zio! Ho perso la collana >> dissi allarmata dirigendomi verso di lui. << Come hai perso la collana? Quale collana? >> << Quella di papà >> << Ma non può essere…stamattina l’avevi al collo >> << SÌ. So benissimo che stamattina ce l’avevo al collo! >> avevo alzato il tono di voce e mi rendevo perfettamente conto di essere alterata. << L’hai tolta quando ti sei buttata a mare per allenarti? >> << No… >> << Ah Hanon! Ma tu te le vai proprio a cercare però tesoro! >> << Ma non si è mai staccata! Era allacciata al mio collo con un nodo molto solido. Non l’ho mai tolta da quando papà me l’ha data! >> << Okay, tesoro sai cosa? Adesso è tardi e ci stanno aspettando. Domani, con la luce del sole proveremo a cercarla. Va bene? >> sospirai rassegnata << Va bene >> mio zio mi diede un bacio sulla fronte e poi mi invitò ad uscire dalla stanza. << Vedrai sarà una serata divertente >> disse una volta entrati nel pick up. Con la mano destra mi toccai il collo, senza quella collana era come se avessi perso una parte di me. Al falò sulla spiaggia c’erano un sacco di candele fatte con le canne di bambù, c’era tantissima gente che beveva, rideva, parlava. Molti ragazzi portavano ai polsi, al collo o anche alle caviglie delle collane o bracciali fosforescenti di vario colore, blu, fuxia, viola, giallo, verde, rosso. << Hey Zac! Siete arrivati finalmente! >> Colin ci venne incontro per salutarci e ci offrì immediatamente due tropical. Sorseggiai la mia bevanda ringraziandolo e mi guardai intorno. Sembrava che tutti si stessero divertendo molto. Non eravamo molto distanti del posto dov’ero andata a surfare la mattina. Decisi di avvicinarmi alla riva, un po’ sciocco da parte mia pretendere di trovare la collana in quelle condizioni direi…ma ci provai lo stesso. Vidi come le onde del mare arrivavano alla riva e mi tolsi le infradito per bagnare i piedi nell’acqua, era gelida. << Hey! Ciao >> mi voltai e riconobbi immediatamente la nipote di Bob e la sua amica, May e Lea. << Hey, ciao. Come va? >> << Bene, te? >> << Bene >> dissi annuendo col capo. << Che fai? >> questa volta a porre la domanda fu Lea << Ecco…stamattina ho perso la mia collana e…non so, speravo di trovarla qui >> << Davvero? Che coincidenza! Ryan ha trovato una collana stamattina. È bellissima e ha un delfino in madreperla troppo carino! >> alle parole di Lea sgranai gli occhi << Cosa?! Chi!? >> << Ryan Carter, non lo conosci? Lo conoscono tutti >> << Lea usa il cervello! È appena arrivata, è OVVIO che non lo conosce. >> intervenne May. Ryan Carter. È vero, non lo conoscevo ma avevo già sentito questo nome oggi. << Oh…vero >> la ragazza dai capelli lilla sembrava essere caduta dalle nubi << Comunque è meglio girargli a largo credimi. Ryan Carter è uno stronzo porta solo guai >> << Beh Stronzo ma bellissimooo >> Lea sorrise dicendo quella frase mentre May roteò gli occhi, facile capire che avevano due opinioni diverse di questo ragazzo. << In ogni caso è meglio non mettersi contro di lui, fidati e poi Lea non ha una buona memoria, potrebbe anche averla comprata la collana. Inoltre non è amica di Ryan è solo un impicciona che ascolta che le conversazioni degli altri >> << Ma…May! Sei cattiva e poi sai che ho ragione io, lo abbiamo sentito poco fa mentre si vantava con i suoi amici! Forse è proprio la collana di… >> Lea sussultò guardando l’amica << Ahi! May! Tieni i tuoi piedoni lontano da me! Mi hai fatto male! >> << Forse dovresti imparare a stare zitta e farti i fatti tuoi Lea! >> prima che cominciassero a discutere richiamai la loro attenzione << HEY! >> funzionò, entrambe ritornarono a guardarmi. << Dov’è questo Ryan Carter adesso? >> chiesi rivolta a Lea. << È lì circondato dai suoi amici >> Lea mi indicò con l’indice destro un gruppo di ragazzi che si stavano divertendo ad accendere dei piccoli fuochi d’artificio come le farfalle e delle stelle filanti luminose. << Ryan è quello più bello, quello col costume blu, senza maglietta, fisico da paura, alto e biondo al centro >> una volta focalizzato il ragazzo di cui parlava Lea mi diressi spedita verso di lui ma May mi afferrò il polso in un vano tentativo di fermarmi << Hanon davvero, non immischiarti con quella gente, non ne vale la pene >> << May devo riavere assolutamente quella collana okay? >>. Rassegnata, la ragazza, si tolse dal mio cammino, osservai attentamente il collo del ragazzo prima di avvicinarmi del tutto e sì, aveva davvero la mia collana. Il suo sguardo era rivolto verso il cielo guardando i fuochi d’artificio, quando chinò il capo i suoi occhi azzurri si riflessero nei miei, il sorriso sulle sue labbra non scomparve quando mi vide, al contrario divenne ancora più ampio. << Quella è la mia collana >> dissi indicandola col dito, lui rise scuotendo il capo << Mi dispiace tesoro, l’ho trovata io e me la tengo >> << Ridammela! >> allungai la mano destra per afferrare la collana ma lui indietreggiò << Wuho! Calma carina, sta calma >> il suo tono di voce divertito era assolutamente irritante. Si tolse la collana e la fece penzolare davanti ai miei occhi << La rivuoi? >> << Sì! >> cercai nuovamente di riprenderla ma lui la scostò << Buona! Te la ridarò ad una sola condizione >> a quelle parole strinsi i denti << Quale? >> << Tra un mese ci sarà una gara di surf, è una gara a coppie. Tu parteciperai con me >> una ragazza bionda alla sua sinistra intervenne immediatamente << Ma Ryan! Io sono la tua compagna di… >> << Taci Courtney. Io miro a vincere okay? E tra te e lei c’è un vero divario. Con lei sono sicuro di vincere con te no >> spostai lo sguardo da Ryan alla ragazza per poi tornare su di lui. Courtney strinse i denti e mi guardò con disprezzo prima di allontanarsi. Onestamente non mi importava niente di lei, non sapevo chi fosse e non mi interessava, ciò che volevo era la mia collana, nulla di più, nulla di meno. << Tutto qui? Vuoi che partecipi con te ad una gara di surf? >> chiesi inarcando un sopracciglio << Tutto qui >> ripetette lui. << Ci sto >> allungai nuovamente la mano per prendere la colla e ancora una volta lui la tolse prima che potessi afferrarla << Ci vediamo domani all’alba, alle sei per allenarci >> << D’accordo! >> dissi irritata dal suo comportamento. Finalmente Ryan mi restituì la collana ed io gliela strappai letteralmente di mano. << Allora ti aspetto domani! Non mancare >> gridò ancora lui << Sì! Ho capito! >> urlai a mia volta ma senza voltarmi. Camminai dritta verso le due ragazze, May era con le braccia incrociate e mi fissava con aria di rimprovero negando col capo << Che c’è?! >> sbottai guardandola, lei sospirò e poi disse << Non è una buona idea, te l’ho detto finirà male >> invece Lea aveva un sorriso a trentadue denti stampato in faccia << Oddio che cosa bellissima! Sarà la storia d’amore più bella di tutti i tempi! State benissimo insieme! Vero che mi inviterai al matrimonio? >> sgranai gli occhi alle parole di Lea e poi la indicai con l’indice destro << Che problemi ha? >> chiesi guardando May, questa roteò gli occhi << Troppi per elencarli tutti in una sola notte >> << Okay…comunque non so perché non vuoi che “entri in contatto” con Ryan Carter, ma ti assicuro che so badare a me stessa, okay May? >> feci le virgolette in aria con le ditta alla frase “entri in contatto”, May fece un cenno col capo non molto convinta << Okay >>. << Hey che sta succedendo qui? >> chiese mio zio guardando prima me e poi le ragazze. Mi affretta a rispondere << Ho ritrovato la mia collana! Ce l’aveva un tizio…l’ha trovata lui >> non so perché ma evitai di dire il nome, semplicemente mi avvicinai a mio zio mostrandogli la collana. << Ryan Carter, l’ha trovata Ryan Carter >> ovviamente May doveva dirlo per forza. << Siii! È stata una scena come quella dei libri, hai presente quando tutto comincia e poi si innamorano? È stato tutto così romantico! I loro occhi si sono incrociati e…e…è nato l’amore!!! >> sul serio, Lea mi preoccupava non poco. << Che cosa?! Ryan Carter? Ehm… >> prima che mio zio cominciasse il suo discorso paterno lo interruppi << Non dire niente okay? Non mi importa chi sia! E non dare ascolto a Lea. Insomma mi sembra evidente che ha qualche rotella fuori posto, si fa film mentali 24 ore su 24, anche quando dorme. Capisci?! >> << Okay, tesoro, non ho nulla contro Ryan Carter ma lui è…tipo me. >> << Tipo te? >> chiesi confusa << Esatto. Mi sta simpatico, ci parlo, ci scherzo ma non vorrei mai che mia figlia o mia nipote uscisse con uno come me, come lui…sì insomma hai capito. Siamo una specie >> inarcai un sopracciglio ed esasperata sospirai alzando gli occhi al cielo << Zio non mi immischierò con lui okay?...non avrò nulla a che farci…tranne che per la gara di surf… >> l’ultima parte la sussurrai sperando che non mi sentisse, guardando i miei piedi nella sabbia. << CHE COSA?! QUALE GARA?! >> << La gara di surf a coppie che si terrà tra un mese. Sarà anche un ottimo allenamento per le regionali di surf, non credi anche tu? >> alle mie parole mio zio sospirò rassegnato, sapeva che anche se avesse voluto impedirmelo non ci sarebbe riuscito perché se mi metto in testa una cosa la faccio. << E va bene sirenetta, come vuoi >> sorrisi guardandolo e poi gli tesi la collana << Ora me la metti? >> mio zio la prese e io gli diedi le spalle alzando i capelli, poi gli schioccai un bacio sulla guancia e mi avvicinai di nuovo alle due ragazze << Facciamo una passeggiata? >> chiesi indicando la spiaggia col mento << Siii! Dai che bello! >> rispose subito Lea e prese sotto braccio sia me che May. << Okay, May perché ce l’hai così tanto con quel ragazzo? Insomma che è uno sbruffone l’ho capito ma che altro? >> chiesi curiosa di sentire la risposta. May scrollò le spalle prima di rispondermi << Ecco…lui gioca solo con le ragazze, le fa cadere ai suoi piedi e poi le tratta come se fossero stracci. Tempo fa è successo ad una mia amica, ora lei si è trasferita ma ti assicuro che era distrutta. Ci ha messo un po’ per riprendersi, tu mi stai simpatica quindi non vorrei che facessi la stessa fine >>. Annuii alle sue parole << Io però non sono la tua amica, quindi sta tranquilla okay? >> << Mh… >> non sembrava molto convinta. << Bene, bene, tutto molto bello. Ora che siamo diventate grandi amiche, Hanon è vero che Ryan è bellissimo? >> questa volta a roteare gli occhi alle parole di Lea non fu solo May ma anche io. << Lea, se vuoi ti ci faccio sposare >> << Ma no! Voi due siete ufficialmente diventati la mia ship! >> << La tua cosa?! >> chiesi confusa, May mi gettò il capo indietro apparentemente esasperata << Non chiederglielo, ti prego >> << Ritiro subito la domanda! >> risposi prontamente sollevando le mani. << Mm…okay, ma sappi che è una cosa bella. Come ti chiami su instagram? Così ti seguo, dimmi anche il nome di twitter >> Lea tirò fuori il suo IPhone 6 bianco con una cover che rappresentava Hogwarts mi pare e la scritta “Always”. Ci scambiammo i contatti e i numeri di telefono << Vero che adesso metti il like alla mia ultima foto su insta? >> e sì, Lea era abbastanza attaccata ai social…e ad Harry Potter, lo dimostrava anche la collana lunga in metallo che portava al collo con i doni della morte.
May e Lea mi sembravano simpatiche, un po’ strane, certo, ma erano due potenziali amiche qui.
Per il giorno seguente impostai la sveglia alle 5:00. Andai a lavarmi e poi mi precipitai in spiaggia con la mia tavola da surf. Il ragazzo della sera precedente mi stava aspettando con le braccia consorte << Sei in ritardo! >> << Per due minuti?! Se serio?! >> chiesi scioccata, poi osservai attentamente il suo volto con la luce del sole, fu allora che lo riconobbi. << Tu sei il ragazzo che mi è venuto addosso da Bob >> << TU mi sei venuta addosso mocciosa >> << E va bene! Hai ragione, sta calmo >> dissi alzando le mani. Era alto 1,78 più o meno, aveva i capelli biondi ma era un biondo più scuro del mio, andava nel castano, occhi azzurri come l’oceano, anche questi più scuri dei miei, era abbastanza palestrato ma considerando che è un surfista è scontato che si tenga in allenamento da anni. Ha le labbra carnose anche se un po’ meno delle mie, senza ombra di dubbio il classico “figo” che ha tutte le ragazze senza cervello ai suoi piedi, ma devo dire che il carattere lascia molto a desiderare. << Okay, allora hai mai partecipato ad una gara a coppie? >> chiese guardandomi << Certo! So già come funziona >> << Bene, allora inizierai tu, poi verrai, mi darai la mano e toccherò a me, il tutto per tre volte okay? >> chiese lui guardandomi << Okay, ah e per la cronaca, io mi chiamo Hanon >> dissi tendendogli la mano. << So già come ti chiami, me lo ha detto tuo zio ieri >> irritante, Ryan Carter era assolutamente irritante. << Beh però io potrei non sapere come ti chiami tu >> gli ricordai infastidita, lui rise << Tutti sanno chi sono e poi ieri ti ho visto con May e Lea, quindi sai sicuramente chi sono, ti avranno già parlato della mia pessima fama >> stanca di aspettare ritrassi la mano << Okay, va bene. Procediamo con l’allenamento >> << Ora paliamo la stessa lingua! Ah ieri sei stata fortunata, ho ritrovato la collana prima che il mare la portasse via ma dubito che potrai esserlo di nuovo, quindi se ci tieni così tanto ti conviene toglierla >> odiavo ammetterlo ma sì, aveva ragione lui, così tolsi la collana e la misi nel taschino della mia borsa prima di gettarmi in mare. Mi distesi a pancia in giù sulla tavola e cominciai a nuotare verso il largo; di prima mattina le onde non erano così alte, non oggi almeno.
Presi la prima onda che avevo individuato all’orizzonte, non era un granché ma decisi che avrei provato a prenderne il numero maggiore. Ryan sollevò la mano, segno che il mio tempo era finito, così mi affrettai a tornare alla riva per dargli la mano e fare il cambio. << Non male Lee Taylor, tra qualche ora le onde saranno più alte >> disse dopo aver battuto la mano con me per darmi il cambio << Cosa?! Vuoi tenermi occupata tutta la giornata!? >> gridai incredula mentre lui correva verso il mare << Solo il minimo indispensabile! Fammi segno con la mano allo scadere del tempo >>. Osservai come su muoveva tra le onde, era bravo nulla da ridire su questo anche se sembrava avere un po’ di difficoltà sul take off. Dopo circa un’ora decidemmo di prenderci una pausa << Io vado a fare colazione, vuoi venire? >> chiese indicandomi un ristorante-bar poco distante dalla spiaggia. Il mio stomaco implorava pietà così decisi di accettare << Sì andiamo >>. Ryan era un tipo abbastanza silenzioso e poco socievole, facevo davvero fatica a capire come mai fosse circondato da così tanti amici come quelli di ieri. Io presi un cornetto al cioccolato e una tazza di cappuccino, lui due cornetti e un bicchiere di succo di frutta all’arancia. << Ti mantieni leggero >> dissi indicando i due cornetti con lo sguardo << Mi aiuteranno a caricarmi! >>. Sorseggiai la mia tazza di cappuccino, il silenzio era calato su di noi, la cosa non mi faceva sentire molto a mio agio, al contrario a lui sembrava non interessare, non mi guardava nemmeno. << Sei bravo…con il surf intendo >> azzardai un dialogo << Lo so, lo sei anche tu, soprattutto per essere una ragazza >> quasi mi andava di traverso il cappuccino << Scusa, che vorresti dire con “soprattutto per essere una ragazza”? >>. Lui scrollò le spalle << Beh è raro vedere una ragazza che surfa bene tanto quanto un ragazzo o anche meglio >> << Ah ma davvero? Bethany Hamilton? Alana Blanchard? >> dissi sgranando gli occhi << Se uno squalo non avesse mangiato il braccio di Bethany nessuno l’avrebbe conosciuta e se lei ed Alana hanno avuto così tanto successo è solo grazie al film “soul surfer” >> << Ma sei serio?! Loro erano famose da prima del film! Prima che Bethany perdesse un braccio le era stato offerto di sponsorizzare un importante marca di surf insieme ad Alana e per tua informazione il film riporta cose successe veramente! Quella donna ha davvero dato una speranza a tantissime persone! >> << Robert Kelly Slater campione del mondo di surf per ben nove volte, Andy Irons tre titoli mondiali e due riconoscimenti dalla Rip Curl Pro Search. E la storia del surf chi l’ha fatta? Duke Kahanamoku! È il padre del surf >> restai a bocca aperta, sul serio? Voleva provocare la mia ira o cosa? << Lisa Anderson quattro campionati del mondo vinti la madre dell’impennata del surf femminile >> << E allora? Tom Curren?! >> sembrava ci trovasse piacere nel contraddirmi. << Okay! Il punto è che una donna può essere allo stesso livello di un uomo e anche superiore okay?! >> << Sì, infatti io ho detto che tu ne sei la prova vivente >> sospirai esasperata, era meglio lasciar cadere la discussione o sarebbe riuscito a farmi venire mal di testa. << Accetti consigli Mr. Maschilismo? >> << Sì se ritengo che vengano da una persona importante >> << Bene, allora… >> mi interruppe << Scusa? Quale parte di “se vengono da una persona importante” non hai capito? >> uccidere. Sì in quel momento lo volevo uccidere. O strangolarlo…sarebbe dispiaciuto a qualcuno? << Dai scherzo, se si tratta di surf ti ritengo abbastanza esperta nel campo quindi spara >> << Ti ringrazio! >> dissi ironica << Comunque, per quanto riguarda il take off ti butti troppo prima così quando ti dai lo slancio non sei a tempo quando “decolli” prova a contare fino a tre, tre secondi più tardi di come ti tuffi di solito >> << Mmm…okay ci proverò >> << Bene >>. D’un tratto notai Lea che camminava con un libro in mano, andò a sbattere conto uno degli stipiti del ristorante e si fece cadere il libro di mano << Ahi!!! Che male! Male! Male! >> esclamò toccandosi la fronte, una ragazza si parò di fronte a lei, la riconobbi soprattutto per l’abbigliamento, era una delle cameriere << Ben ti sta! La prossima volta guardi dove metti i piedi >> << Gne >> rispose lei facendole la linguaccia. << La tua amica è proprio strana >> disse Ryan guardandola, << Beh…vorrei poterla difendere ma non so che dire anche perché lo penso anche io >>. D’un tratto il telefono di lui emise un suono, doveva essere arrivato un messaggio << Ehm…senti possiamo vederci oggi verso le cinque? È sorto un problema >> disse alzandosi in piedi << Qualcosa di grave? >> << Nulla che ti riguardi, ci vediamo alle cinque >> non mi diede neanche il tempo di rispondere, posò la sua parte di soldi sul tavolo, andò via e basta. Era assolutamente insopportabile, non lo avevo chiesto per farmi i fatti suoi ma solo per gentilezza. Vidi Lea raccogliere il libro da terra e in quell’istante mi notò << Hanon! Ciao! >> disse avvicinandosi a me << Yey…ti sei fatta male? >> chiesi indicando la fronte, lei si sedette di fronte a me << No…sono abituata >> << Conosci la cameriera? >> << Quella rompi scatole di mia sorella maggiore? Sì, lei ed il marito gestiscono questo posto che appartiene alla nostra famiglia da anni, anni e anni >> << Quindi ci lavori anche tu >> osservai << Ehm…sì…più o meno...stavo andando da May, vieni o hai da fare? >> << No, nulla da fare >> << Grande! Allora andiamo! Svelta! >> la velocità con cui si alzò dalla sedie mi lasciò confusa per qualche secondo << O-okay >> presi i soldi per pagare ciò che avevo consumato e li lasciai sul tavolo. La cameriera da dietro al bancone ci vide << Lea! Dove pensi di andare! Hai detto che avresti dato una mano oggi >> << Sì sì, oggi pomeriggio. Ciao! >> Lea mi spinse letteralmente fuori dal posto con gran velocità e poi mi prese sotto braccio. << Allora, com’è andato l’appuntamento con Ryan? >> << Non era un appuntamento Lea! Ci dovevamo allenare per la gara di surf nulla di più >> << Aha, hai visto quanto è bello? >> << Non è così bello Lea… >> Lea si fermò di colpo e poi sgranò gli occhi guardandomi << Mi stai prendendo in giro?! Lui è…è…cioè tutto! >> << Aha >> risposi annuendo col capo. << Mhm…ha provato a baciarti? >> << Cosa…NO! Lea!!! >> << Cosa?!?! Devo sapere” >> << Okay, sai una cosa? Trovo che Ryan sia solo un maschilista, pallone gonfiato okay? È bello ma senza cervello e con la mente chiusa, il tipo di ragazzi che odio >> << Uffa, sembri May >> << Si chiama avere cervello Lea >> << Gne >>. Arrivammo finalmente al negozio di Bob, May era dietro al bancone e fare dei conti con i soldi. << Buongiorno >> dicemmo all’unisono io e Lea << Giorno, Lea non dovresti tipo…non so, lavorare? >> << Uffa ma che barba che sei! Io sono occupata okay? Lavoro tutti i giorni facendo cose! >> Lea passò dietro al bancone come se nulla fosse e si sedette sullo sgabello. << E tu? Ti dovevi allenare con Ryan no? >> disse guardando me << Sì e ci siamo allenati ma continuiamo oggi pomeriggio. Tuo zio non c’è? >> chiesi guardandomi intorno << No, è andato dal rifornitore. Ti serviva qualcosa? >> << No, cioè…in realtà sì. Pensi che tuo zio mi assumerebbe? >> << A lavorare nel negozio dici? >> << Sì! Sarebbe fantastico, non voglio stare sulle spalle di mio zio capisci? E lavorare qui sarebbe perfetto insomma potrei consigliare gli acquirenti senza nessuna difficoltà, questo è il mio territorio >> dall’espressione dispiaciuta di May capii subito che la risposta sarebbe stata negativa << Mi dispiace ma non credo che mio zio assuma del personale, insomma io lavoro gratis qui dentro solo per dare una mano, ma posso fare un tentativo. Oggi glielo chiedo d’accordo? >> << Sul serio?! Grazie May! Mi faresti un’enorme favore! >> << Se vuoi posso provare a chiedere anche io a mia sorella >> disse Lea guardandomi << Ovviamente se ti interessa >> << Sì certo! Qualsiasi cosa è ben accetta ve l’ho detto, mi importa solo di non stare troppo a scrocco da mio zio >> << Okay >> rispose la ragazza dai capelli lilla. Restai qualche oretta a parlare con May e Lea del più e del meno fino a quando non ricevetti un sms da mio zio “Devo chiamare chi l’ha visto?” risi leggendolo e subito dopo aver salutato le ragazze mi diressi verso casa. << Era ora! Non posso credere che tu sia andata ad allenarti senza di me! >> mio zio faceva la parte dell’offeso << Oh andiamo zio Zac, sono solo le 13:00 e ho già avuto una giornata movimentata per via di quel bifolco sessista! >> << Il bifolco sessista sarebbe Ryan? >> << Sì! Puoi credere che ha osato affermare che i grandi surfisti sono solo uomini? >> esclamai ancora irritata per la conversazione di quella mattina << Eee…beh… >> a quelle parole uccisi mio zio con lo sguardo << Non provarci nemmeno. Non dirmi che la pensi allo stesso modo! >> << Nooo…no, NO! Senza ombra di dubbio ci sono delle grandi surfiste nel mondo femminile come…come… >> << Gisele Bündchen! Hanalei Reponty! >> << Giusto! Loro! >> scossi il capo scioccata e mi diressi in cucina per andare a mangiare << Comunque alle cinque andrò di nuovo in spiaggia ad allenarmi con Ryan >> << Non vuoi che venga anche io? >> << No zio, davvero voglio che tu continui la tua vita come hai sempre fatto. Non devi smettere fare quello che facevi prima che io venissi qui okay? >> << Okay >> e il suo “okay” non suonava molto convincente, gli diedi un bacio sulla guancia e preparai i panini per il pranzo. Questa volta decisi di presentarmi all’appuntamento in anticipo, in modo che quel rompiscatole non potesse rimproverarmi nulla. In spiaggia come mia sorpresa vi trovai May con una tavola da surf sotto al braccio << Hey! May! >> la richiamai andandole incontro, lei sollevò il capo e mi fece un cenno con la mano per salutarmi << Ciao Hanon, puoi prendere l’asciugamano dalla borsa visto che sei asciutta? >> << Certo! >> incastrai la tavola nella sabbia e poi presi l’asciugamano da dare a May. << Non sapevo che anche tu surfassi >> dissi guardando la tavola << Sì beh…è una cosa di famiglia…e poi qui se non sai surfare sei fuori dal mondo >> << Capito, quindi anche Lea surfa? >> << Sì anche se ha un po’ paura del mare aperto, sai la fauna marina la terrorizza…e anche la flora >>. May si tolse l’asciugamano riponendola nella borsa per asciugarsi al sole << Allora magari qualche volta surfiamo tutte e tre insieme >> << Sì perché no…anche se preferisco cavalcare i cavalli piuttosto che le onde >> disse lei scrollando le spalle << Oh, allora magari qualche volta ci andiamo >> << Sul serio? >> chiese stranita << Sì certo, perché no >> non capivo perché ciò che dicevo le sembrava alieno << Grande! >> << Sì, senti non voglio metterti fretta ma non è che per caso hai parlato con tuo zio…. >> ero davvero speranzosa per quel lavoro. << Sì, l’ho fatto, mi dispiace ma come ho già detto non cerca personale ma ha detto che in caso di necessità sarai la prima ad essere chiamata >> non riuscii a nascondere un briciolo di delusione << Okay…grazie lo stesso >> << Hey puoi sempre sperare in Lea no? >> << Sì! Giusto >> mi ripresi subito sorridendo. << E così cerchi un lavoro… >> quella voce…ero qui da meno di una settimana ma mi snervava così tanto che avevo imparato a riconoscerla alla perfezione. << Adesso ascolti anche le conversazioni altrui? >> domandai irritata, Ryan sollevo le mani come in segno di difesa << Wuho sta calma, sono venuto qui per allenarmi con te e vi ho sentito, tutto qui >> << Aha >> << Comunque se ti interessa forse potrei avercelo io un lavoro per te >> << Tu?! >> << Sì, IO >> inarcai un sopracciglio guardandolo e posai le mani sui fianchi << E che lavoro potresti offrirmi tu? >> vidi un sorriso formassi sulle sue labbra, un sorriso compiaciuto che non mi convinceva per nulla. Qualcosa mi diceva che qualsiasi cosa avesse da offrirmi quel ragazzo, mi avrebbe portato ad avere solo guai.




*Angolo autrice*
Bene...ecco qui il secondo capitolo. Abbiamo conosciuto un po' meglio i personaggi di May e Lea e inoltre finalmente abbiamo incontrato Ryan Carter...O quasi lol. Beh sono curiosa di sapere cosa ne pensate dei vari personaggi ma soprattutto vorrei ringraziare tutte le lettrice che ancora mi seguono qui, su twitter e su instagram, davvero grazie mille per le vostre recensioni, i vostri commenti ed il vostro supporto. Spero di essere sempre all'altezza delle vostre aspettatie
Besos 👄❤💕💗💟

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Capitolo 3
*** Lavoro cercasi ***







~~Attesi con ansia la risposta e finalmente si decise a parlare << Mio padre sta cercando una nuova cameriera. Potrei raccomandarti. Lavoreresti solo mezza giornata e saresti ben retribuita >>  l’ultima frase ovviamente mi aveva colpito. << Definisci “ben retribuita” >>  << 1370 dollari al mese >>  sgranai gli occhi. 1370 dollari al mese?! Era serio?! E avrei dovuto lavorare solo mezza giornata. << Non fare quella faccia. Anche se lavorerai solo mezza giornata avrai davvero molto da fare. Casa mia è grande >>  grande o meno, per quella cifra ero disposta a farlo. May mi si avvicinò e sussurrò al mio orecchio << Magari dovresti aspettare Lea >>  << Dubito che Lea mi offra 1370 dollari al mese >>  risposi guardandola, << Hai tre giorni di tempo per pensarci. Adesso però alleniamoci okay? >>  << Okay >>  mi voltai verso May per salutarla e poi mi diressi con Ryan verso l’orizzonte. << Questa volta andiamo in acqua tutti e due okay? Così possiamo parlarci e controllarci da vicino >>  suggerì lui, io mi limitai ad annuire ed insieme entrammo in acqua. Ci fermammo nel mezzo del mare seduti a cavallo sulle nostre tavole << Ci alterneremo, prenderemo un’onda a testa in modo che uno possa osservare l’altra e viceversa >>  << Okay. Mi sembra una buona idea >>  risposi lanciandogli uno sguardo, i suoi occhi invece sembravano mirati sul mare. << Okay, vai prima tu >>  vidi le onde avvicinarsi e non me lo feci ripetere due volte. Mi stesi sulla tavola e andai più a largo, osservai le onde e mi diressi verso quella che mi sembrava migliore, presi la spinta e riemersi sollevandomi sulla tavola. Restai a cavallo dell’onda alzando la testa al cielo per alcuni secondi, mi sentivo davvero potente da lassù. Udii la voce di Ryan gridare con le mani vicino la bocca << Non male! >>  quando ritornai a stendermi sulla tavola a pancia in giù, remai con le braccia fino a lui << Scusa? Non male?! Sai fare di meglio? >>  chiesi inarcando un sopracciglio e mettendomi a sedere sulla tavola. << Guarda e impara sirenetta >>  Ryan fissò le onde per qualche secondo, poi scelse quella più appetibile e rapidamente si diresse verso di essa. Era veloce a remare e aveva anche un buon controllo della tavola. Sul take off aveva seguito il mio consiglio e ciò mi fece sorridere. Lo vidi fare un’impennata e sollevai le mani sulla mia testa per applaudirlo e poi gridai << Esibizionista!!! >> . << Tocca a te, mostrami una aerial >>  << Nessun problema >>  risposi sicura di me. Non per vantarmi, ma gli mostrai un aerial perfetto! Ero così soddisfatta di me stessa! Lo sfidai a fare lo stesso e con mia sorpresa ci riuscì. Forse e dico forse, lo avevo sottovalutato. Dopo poco più di un’ora in acqua ad allenarci tornammo a riva, incastrammo le tavole nella sabbia e poi ci sedemmo sui nostri teli da spiaggia. << Dovremmo dare un’occhiata anche alle squadre avversarie >>  suggerì lui con lo sguardo rivolto verso il mare, c’erano alcuni surfisti ma non sapevo se si stessero preparando per la gara o meno. << Secondo me invece basta che ci concentriamo su di noi >>  dissi guardandolo, lui non si voltò per rispondermi << Conoscere i nemici è uno dei principi delle gare. Bisogna sapere contro chi combatti se vuoi arrivare alla vittoria >>  a quelle parola scrollai le spalle << Se lo dici tu >>  non avrei protestato, se riteneva così importante vedere anche gli altri surfisti lo avremmo fatto. << Dovremmo studiare qualche tecnica. Sicuramente includeremo l’aerial. È una mossa spettacolare >>  Ryan si stava accarezzando il labbro superiore mentre parlava, i suoi occhi vagavano nel profondo blu, sembravano persi in esso. Mi venne un dubbio, forse stava parlando più per sé che con me. Ryan non era un ragazzo di molte parole, ormai lo avevo capito, insomma, gli unici dialoghi avuti con lui riguardavano il surf e non sembrava intenzionato a parlare d’altro, non con me almeno. Così decisi di rispettare il suo silenzio e mi misi anche io ad osservare il mare. Tornata a casa feci una doccia e poi misi dei vestiti puliti. Quella sera avremmo mangiato al ristorante della famiglia di Lea solo io e mio zio. << Hanon! Sei pronta? >>  urlò lui dal piano di sotto << Arrivo! >>  osservai un ultima volta il mio riflesso nello specchio. Avevo una semplice gonna di jeans chiaro che arrivava poco sopra le ginocchia ed un top blu, al piede un paio di converse di jeans scuro senza collo. Scesi rapidamente le scale e presi la mia felpa dell’Adidas prima di uscire. Al tavolo venne a servirci proprio Lea << Yey! >>  la salutai guardandola << Ciao! Che bello che sei qui >>  Lea mi abbracciò cogliendomi di sorpresa << Mi stavo proprio annoiando, ti sembra giusto che mi sfruttino così? >>  fece il labbruccio mettendo il broncio mentre mi guardava fisso negli occhi. Sorrisi negando col capo e poi azzardai la domanda << Lea…per quella cosa? >>  << Quale cosa? >>  dalla sua espressione dedussi che davvero non aveva capito a cosa mi riferissi. << Quella cosa Lea… >>  indicai col capo la sorella per cercare di farle capire. << Hai un dolore al collo? Perché fai sempre così? >>  imitò il mio gesto per farmi capire a cosa si riferisse. Sospirai esasperata portandomi una mano alla fronte, okay decisi di essere diretta << Lea, serve personale qui dentro o no? >>  con la coda dell’occhio lanciai uno sguardo a mio zio per osservare la sua reazione. Sembrava sorpreso e per niente entusiasta. << Ah!...ehm forse >>  rispose mordicchiando il tappo della penna << Come forse? Non lo hai chiesto a tua sorella? >>  << Ehm…ecco cosa dovevo fare. L’ho dimenticato ma se aspetti un attimino glielo vado a chiedere >>  Lea ci diede le spalle, stava per allontanarsi quando mio zio la richiamò << Lea! Lea! Lea! >>  finalmente sembrò sentirlo e si voltò verso di noi << Sì? >>  << Prima prendi l’ordine sì? >>  << Ordine? Quale ordine? Ah! Sì! L’ordine! Cosa prendete? >>  non so se preoccuparmi per la sua serietà oppure ridere per le sue espressioni facciali. << Io prendo un’aragosta e il pesce spada, tu tesoro? >>  mio zio Zac sollevò la testa dal menù in attesa della mia risposta. << Mhm…tu cosa mi consigli? >>  chiesi rivolta verso Lea, lei restò a bocca aperta per qualche secondo prima di rispondere << Ehm…qualsiasi cosa sia al cioccolato…credo >>  onestamente sembrava più una domanda che una risposta. << Okay, sì, magari dopo parliamo di dessert >>  dissi per poi tornare a guardare il menù << Facciamo così io prendo…le ostriche di Sydney e il barramundi >>  << Okay >>  Lea segnò tutto scrupolosamente sul suo block notes << Ora porti l’ordine in cucina e poi vai a parlare con tua sorella >>  disse mio zio guardandola mentre lei ancora scriveva. Poi alzò la testa ed osservò mio zio << Lo sapevo, cioè lo ricordavo >>  << Sì, io l’ho detto ad alta voce perché stavo pensando, non per dirlo a te >>  mio zio Zac era una bugiardo cronico, ma dall’espressione di Lea dedussi che lo aveva capito << Mhm…vado e torno >> . Non appena la ragazza dai capelli lilla si allontanò mio zio mi rivolse uno dei suoi sguardi da “Cos’è questa storia?” << Okay, in fondo te ne avevo già parlato no? Non voglio dipendere da te, voglio avere un lavoro >>  << Pensavo avessimo chiarito che per me non è un problema >>  << Ma lo è per me! Voglio essere indipendente okay? Dai fidati di me zio. Ce la posso fare >>  lo guardai dritto negli occhi per mostrargli tutta la mia sicurezza. Fu quasi come una guerra a chi cedeva per primo, per mia fortuna fu lui a cedere. << E va bene, fa come vuoi. Ma non metterti e soprattutto non mettermi nei guai, okay? >>  << Hey per chi mi hai preso? Non sono una poppante di tre anni >>  feci finta di fare l’offesa incrociando le braccia. Mentre attendemmo che arrivassero i nostri piatti, mio zio mi chiese degli allenamenti con Ryan. Ancora una volta dovetti ripetergli che non mi interessava per niente come ragazzo, anche perché lo trovavo troppo noioso. E dato che quando parli del diavolo spuntano le corna lo vidi. Ryan Carter. Era seduto ad un tavolo in fondo alla sala abbastanza distante da me. Era circondato da ragazzi e ragazze che supponevo fossero suoi amici. Strano, non pensavo che un tipo del genere potesse avere amici pensai tra me e me. Non sapevo ancora se salutarlo oppure fare finta di niente, fino a quando i miei occhi azzurri non incrociarono i suoi. Mi decisi a forzare un sorriso e fare un cenno con la mano destra per salutarlo, in risposta lui si voltò dall’altra parte ignorandomi completamente. La cosa mi diede non poco fastidio, chi cavolo si credeva d’essere? Se lo avevo salutato lo avevo fatto semplicemente per educazione, cosa che, chiaramente, lui non conosceva. Lea ci portò le nostre ordinazioni stranamente senza sbagliarle, o confonderle…o farle cadere. << Ehm Hanon? >>  sollevai il capo per guardarla negli occhi << Mi dispiace ma mia sorella ha detto che per ora non ci serve personale. Ma ti terrà presente in futuro >>  glielo si leggeva in faccia che probabilmente ci era rimasta più male di me << Tranquilla Lea, ho il mio piano B. Mi hanno offerto un lavoro >>  << Davvero? Quale? >>  i suoi occhi si illuminarono, era davvero contenta. << Lea! Il tavolo 24 aspetta! >>  la richiamò la sorella. Lea sbuffò e io risi << Dai vai, ne parliamo domani con calma insieme a May okay? >>  << Okay! Appuntamento qui? Vi offro la colazione >>  << Ci sto! >> . Così si allontanò dal nostro tavolo mentre lo sguardo indagatore di mio zio tornava a posarsi su di me, ricambiai lo sguardo, si stava degustando la sua aragosta << Che c’è? >>  << Non lo so, dimmelo tu. Mi spieghi qual è questo piano B? Che lavoro ti hanno offerto? >>  iniziai a mangiare anche io assaporando le ostriche mi leccai le labbra prima di aprire bocca << Cameriera in una casa…mi pagheranno 1370 dollari al mese >>  omisi volontariamente il fatto che la casa apparteneva ai Carter. << 1370 dollari al mese? Chi ti ha offerto questo lavoro? >>  ma chiaramente il mio tentativo era destinato al fallimento. << Ryan Carter >>  risposi osservando attentamente la sua reazione. Stava per mettersi in bocca un altro pezzetto d’aragosta ma si era fermato. << Ryan Carter? Sul serio? Di nuovo? >>  << Beh…sì ma è un lavoro ben retribuito e dovrò lavorare solo mezza giornata quindi non vedo dove sia il problema >>  << Il problema? Hanon se ti metti contro quella famiglia io e te saremo morti >>  a quelle parole corrugai la fronte << Perché dovrei mettermi contro quella famiglia? >>  << Perché hai un carattere impulsivo, sbollisci facilmente. Se farai la cameriera lì dovrai fare la massima attenzione a non protestare e a non rispondere mai a nessuno >>  << E allora? Posso farlo >>  << Non li conosci >>  rispose semplicemente lui negando col capo e dalla sua espressione era davvero preoccupato. << Va bene, ma posso riuscire a tenere a freno la lingua >>  << Beh speriamo >>  obbiettivamente mi sembrava che mio zio fosse troppo negativo. Insomma Ryan avevo già capito che tipo era, il padre probabilmente era la sua versione più cresciuta. La cena trascorse tranquilla, finito di mangiare mio zio Zac decise di avvicinarsi al bancone per pagare. Nel ristorante c’era un’enorme acquario con tanti piccoli pesciolini di colore diverso. Mi avvicinai per vederlo da vicino, d’un tratto sentii qualcosa di freddo, gelido, scivolare lungo la mia spina dorsale. Un cubetto di ghiaccio. Mi voltai di scatto e mi ritrovai di fronte una ragazza bionda, alta poco più di me. << Ma sei impazzita?! Che vuoi?! >>  sbottai subito dopo essere riuscita a far cadere il cubetto di giaccio. << Che Voglio? Non te lo immagini? >>  << Un cervello spero, perché a guardarti ne hai bisogno >>  dissi guardandola negli occhi. << Tu mi hai rubato il ragazzo! >>  << Ma che vai farneticando!? Sono qui da qui da nemmeno una settimana. Non so neanche chi sia il tuo ragazzo! >>  osservandola meglio mi accorsi che aveva un viso familiare, sì l’avevo già vista da qualche parte ma non ricordavo dove. << Ryan Carter è il mio ragazzo! >>  a sentire il suono di quel nome sgranai gli occhi << E tu pensi che io ti abbia rubato il ragazzo? Senti bella vedi di trovare un buon centro psichiatrico, io non ti ho rubato proprio un bel niente. Apri gli occhi e guarda con più attenzione stupida >>  le indicai con un gesto della mano il tavolo di Ryan e la ragazza dai capelli scuri che le stava praticamente stesa addosso. Quando gli occhi di Ryan incrociarono i miei si alzò in piedi e quella ragazza si mise a braccetto con lui. << Ma insomma Courtney hai finito? Ti stai rendendo ridicola. Mettiti in testa che non sono mai stato il tuo ragazzo. E per quanto riguarda lei, dovresti conoscermi, le mocciose non fanno per me. Non starei con lei neanche se fosse l’ultima ragazza sulla faccia della terra >>  lo guardai male. Neanche lui era il mio tipo ma non c’era bisogno di essere così sprezzanti. Non dico che mi avesse ferito perché a stento lo conoscevo ma erano comunque parole brutte da sentirsi dire. << Sì beh, neanche io stare con un uomo di pietra come te. Non sei il mio tipo. Neanche se fossimo gli ultimi due esseri viventi sulla faccia della terra. Aspiro a molto meglio >>  ci tenni a chiarire. << Ma lei…tu e lei fate squadre per… >>  Courtney venne interrotta immediatamente << Sì, facciamo squadra per la gara perché è una buona surfista. Migliore di te. Fine. Ora lasciami in pace? Mi sono spiegato? >>  dopo le sue ultime parole si voltò verso la ragazza al suo fianco e la baciò. Teneva il braccio sinistro intorno al suo colo e quello destro avvolgeva la sua vita. Onestamente ero disgustata da quel orrendo teatrino, mi tolsi immediatamente fuori dopo aver fatto una smorfia disgustata mentre quei due si baciavano senza contegno davanti a tutti. Quale razza di ragazza permetterebbe ad uno stronzo del genere di farsi trattare così? Pensai lanciando un’occhiata a Courtney. Chiaramente, una molto, molto disperata. Intervenne la sorella di Lea mentre lei aveva osservato la scena da dietro al bancone a bocca aperta. << Ma che cavolo è successo?! >>  mi chiese tirandomi per il braccio << Ti spiego domani okay? >>  Lea fecce un cenno di assenso col capo anche se non molto convinto, la sorella invitò i tre a sedersi oppure ad uscire dal ristorante. Mio zio posò la mano sulla parte bassa della mia schiena invitandomi ad uscire. << Che figura! Non posso credere che mi abbiano messo in mezzo! Ti rendi conto?! >>  esclamai ancora scioccata per l’accaduto << Beh tesoro, è quello che succede quando si ha a che fare con i Carter >>  << Io ti giuro che se non fosse per la parola data gli direi di cavarsela da solo per la gara >>  << Beh per quello non puoi fare molto. Noi siamo persone di parola. Però sei ancora in tempo per ripensarci sul lavoro… >>  sapevo che mio zio avrebbe trovato un modo per cercare di persuadermi a non farlo ed io glielo avevo praticamente servito su un piatto d’argento. << No. Non sono stupida zio, è un buon lavoro. Non si può avere tutto nella vita no? Lo dici sempre anche tu che dobbiamo imparare ad avere a che fare con persone che non sopportiamo. E poi per 1730 dollari posso farlo. Okay? Mi morderò la lingua >>  ed ero davvero intenzionata a farlo, anche se mi conoscevo e sapevo che sarebbe stato davvero difficile. Potevo sperare che il padre non fosse identico al figlio…no da come me ne aveva parlato lo zio era inutile sperarci. Ma non avrei fatto la bambina capricciosa che rifiuta un buon lavoro solo per antipatia e simpatia. Volevo davvero essere indipendente e poi se fossi riuscita a trovare qualche sponsor durante le regionali avrei potuto anche lasciare il lavoro. Ma per ora mi serviva. Il giorno seguente mi svegliai presto, lasciai un bigliettino a mio zio e decisi di andare a fare una corsetta in spiaggia. Mi piaceva correre al sorgere del sole, quando l’ebrezza del vento mattutino mi sfiorava il viso, finito di correre scioglievo sempre i capelli, mi dava un senso di libertà, so che sembra stupido ma per me era così. Mi diressi verso il bar/ristorante di Lea, avevo appuntamento con lei e con May. Le ragazze erano sedute su uno dei tavoli di fuori, stavano parlando, così appena arrivata mi sedetti al loro tavolo << Buongiorno girls >>  sorrisi guardandole. << Buongiorno a te Hanon! Dimmi, cosa vuoi che ti porti? >>  mi sorrise la ragazza dai capelli colorati. << Mm...cappuccino con un croissant? Mi mantengo leggera >>  risposi cosciente del fatto che sarei dovuta tornare in spiaggia ad allenarmi con mr. Simpatia. << Okay. Madisooon…porta un bicchiere di cappuccino ad Hanon e un croissant >>  urlò Lea per farsi sentire dalla sorella. Mi stavo abituando al suo modo d’essere, quindi decisi saggiamente di non fare domande e mi rivolsi verso May << Ciao! >>  << Ciao, come va? >>  chiese guardandomi, notai che anche lei portava i capelli legati, raccolti in una coda di cavallo. << Bene, te? >>  << Bene. Lea mi stava raccontando quello che è successo ieri sera >>  il solo ricordo della sera precedente mi scatenava istinti omicidi verso il biondino << Guarda, non me ne parlare. È stata una scena assolutamente pietosa. Mi vergogno di esserci finita in mezzo >>  dissi alzando le mani. Madison mi poggiò delicatamente il bicchiere col cappuccino davanti e il piattino con il croissant. Le sorriso e sussurrai << Grazie >>  << Di nulla >>  ricambiò il sorriso per poi guardare male la sorella minore che sostenne il suo sguardo facendole anche una linguaccia. << Allora mi spieghi cos’è successo esattamente con quella pazza di Courtney? >>  May incrociò le braccia pronta ad ascoltare la storia. << Come hai detto tu, è una pazza. Stavo guardando l’acquario quando quella mi infila un cubetto di ghiaccio nella maglietta. La fai normale? >>  << Beh è risaputo che quelli che frequentano Carter non sono normali >>  disse May scrollando le spalle. Gli raccontai tutto quello che era successo dopo, comprese le sue parole offensive…e le mie. << Assurdo. Lavorerai lo stesso per lui? >>  << Come come come? Che mi sono persa? Ryan Carter ti ha offerto un lavoro? >>  Lea sbattette le mani sul tavolo sgranando gli occhi mentre mi fissava << Beh sì, come cameriera a casa sua. Mi pagherà 1730 dollari quindi… >>  << Accetta! Accetta! Accetta! >>  esultò Lea con un enorme sorriso stampato in volto. << Sì, ho intenzione di accettare infatti… >>  << Aaaah! Fai le foto? Voglio vedere com’è la casa di Ryan da dentro >>  io ci avevo provato. Ma quella ragazza mi incuteva timore, davvero. << I-io…ci proverò… >>  no, non è vero, non ci avrei neanche provato. << Va bene, ma fa attenzione. Non sai mai cosa aspettarti dai Carter >>  mi avvisò May << Io non devo aspettarmi niente. Lavorerò lì finché lo riterrò necessario e poi tanti saluti. >>  << Okay, io ora vado al maneggio. Po andrò a dare una mano al negozio dello zio Bob quindi credo che ci vedremo direttamente domani va bene? >>  May fu la prima ad alzarsi in piedi << Maneggio? >>  chiesi guardandola << Sì, io pratico equitazione e…ho un cavallo mio alle scuderie così vado a trovarlo tutti i giorni >>  << Wow! Magari un giorno potremmo venire a vederlo >>  dissi entusiasta << No! >>  a rispondere prontamente fu Lea. << Vacci tu se vuoi, io non te lo impedirò ma io non ho alcuna intenzione di avvicinarmi a quei cosi >>  << Cavalli! >>  la corresse May << Cosi >>  Lea sorrise guardandola in tutta risposta. Mi fece venire in mente che era la stessa discussione che stavano affrontando il giorno in cui le ho conosciute. Risi guardandole e poi mi alzai in piedi anche io << Va bene, vado anche io, devo farmi una sciacquata e poi dritta in spiaggia >> . Lea sospirò << Ah, voi vi andate a divertire ed io qui…a lavorare tutto il giorno >>  a quelle parole io e May ci lanciammo uno sguardo di intesa per poi scoppiare a ridere. << Ma che avete da ridere? Ma io non lo so, ma che gente. Ridono delle persone che lavorano, boh >>  << Lea! Se hai finito con le tue amiche vai a pulire i tavoli! >>  le ordinò la sorella urlando dall’interno del bar. << Ma tu stai male. Puliscili tu se vuoi, io sono allergica alla sporcizia. La colazione ve l’ho offerta io, andate su su >>  l’ultima frase era chiaramente rivolta a noi, vidi Lea alzarsi dal tavolo e andare non so dove, probabilmente a nascondersi dalla sorella. Tornata a casa trovai mio zio seduto a fare colazione << Hey sirenetta! Piaciuta la cosetta? >>  << Assolutamente sì! Vado a farmi una sciacquata e corro in acqua con la tavola >>  stavo per dirigermi al piano di sopra quando mio zio mi frenò << Hey ferma speedy Gonzales, hai fatto colazione? >>  << Sì certo, me l’ha offerta Lea. Ciao >>  non attesi la risposta e filai dritta dritta in bagno. Mi feci una lavata, misi il bikini, il pantaloncino, presi la tavola e corsi verso la spiaggia. Ryan non era ancora arrivato, poco male, decisi di iniziare con dello stretching fino a quando non arrivò lui…<< Questa volta sei tu ad essere in ritardo >>  dissi senza neanche guardarlo << Sì, beh solo di qualche minuto. Cominciamo? >>  lo guardai con la coda dell’occhio. Onestamente avevo voglia di prenderlo a schiaffi. Il signorino poteva fare ritardo ed io no? Decisi saggiamente di tenere a bada la rabbia e risposi << Sì. Facciamo come ieri pomeriggio? >>  << Sì, da vicino è più facile tenersi d’occhio >>  << Bene >>  presi la mia tavola da surf e mi tuffai in acqua senza aspettarlo. Volevo cecare di tenermi il più lontano possibile da lui, come aveva detto May, avrei cercato di essere fredda come lui ed ottenere un rapporto basato solo ed esclusivamente sull’interesse. << Che hai oggi? >>  mr. Simpatia mi raggiunse molto velocemente. << Io? Niente, che dovrei avere? >>  << Non lo so, sembri…scostante >>  << Wow! Detto da te è proprio il colmo sai? >>  ero irritata e dal mio tono di voce si capiva benissimo, lo vidi sorridere, un sorrisino snervante direi << Ora ho capito. Ti ha dato fastidio quello che ho detto ieri sera vero? >>  << Oh ma per favore Carter! A stento ti conosco. Sai qual è il tuo problema? Tu pensi di essere il centro del mondo ma non lo sei >>  << Io non penso di essere il centro del mondo ma se tu lo pensi allora forse sono il centro del tuo mondo >>  quanto poteva essere irritante? Impossibile dirlo, arrivava a livelli indicibili. Onestamente non piaceva per niente quel ragazzo. Allungai la mano nell’acqua e gliela schizzai addosso << Hey! Non provarci nemmeno. Ti affogo >>  mi mise in guarda puntandomi contro l’indice destro, era serio << Che paura. Sto tremando >>  dissi ironica. << Va bene. Vogliamo limitarci ad allenarci oppure no? >>  << Certo! >>  in fondo io non aspettavo altro. << Comincio io >>  << No, comincio >>  lo fermai stendendomi a pancia in giù sulla tavola ed iniziando a remare verso le onde. Per fortuna il mio amato mare riusciva a farmi trovare la calma e a farmi sfogare la mia ira. << Whuu!!! >>  urlai sollevando le braccia mentre ero in sella all’onda chiusi gli occhi per qualche secondo e quando li riaprii persi la tavola da sotto i piedi finendo dritta in mare. Un bel tuffo direi. Mi venne da ridere anche quando riemersi nonostante avessi bevuto non poca acqua. << Ma che ti è preso? Stai bene? >>  anche Ryan stava ridendo e mi tese la mano ma io non la presi. << Io? In mare? Non potrei stare meglio >>  << Tu sei pazza da legare lo sai? >>  Ryan inclinò leggermente la testa guardandomi, per la prima volta il suo sorriso mi piaceva, non stava ridendo di me ma con me. Sia chiaro che comunque la mia opinione su di lui non era cambiata. La verità era che io non potevo fare la parte di quella dura col cuore di pietra perché non era assolutamente nel mio DNA. Tantomeno se mi trovavo nel luogo che mi rendeva la persona più felice al mondo. Continuammo ad allenarci, ma questa volta per davvero. Finiti gli allenamenti e tornati sulla terra ferma decisi di informarlo della mia decisione << Ryan io…ho deciso di accettare il lavoro >>  << Ah sì? Bene, allora ci vediamo domani mattina alle 9:00 da me per discutere del contratto okay? >>  << Okay ma…dov’è casa tua? >>  << Non è molto lontano da qui, è quella vedi? >>  Ryan mi indicò un enorme casa bianca che di sicuro non passava inosservata, ci sarei potuta arrivare con la bici. Mi diede anche il suo numero di telefono in caso di emergenza. Fortunatamente il giorno seguente, non fu difficile arrivare lì. Il cancello era enorme ed imponente, non nego che incuteva timore. Bussai il citofono ed il cancello mi venne aperto, il giardino era ben curato e c’erano dei giardinieri a fare delle sculture con l’erba. Sembravano troppo concentrati anche per vedermi. Lasciai la bici poco distante dalla porta e mi avvicinai ad essa. Prima che arrivassi a bussare il campanello una donna aprì la porta. << La signorina Lee Taylor? >>  chiese freddamente e cordialmente allo stesso tempo la donna << Sì… >>  << Mi segua >>  entrai nella casa e lei chiuse la porta, feci fatica a concentrarmi sulla donna senza guardarmi intorno, in quella casa potevo davvero perdermi. Mai vista una cosa simile. L’arredamento era in stile moderno. La donna mi portò dinnanzi ad una porta in legno, color rovere e l’aprì facendomi segno di entrare. Con mia sorpresa dietro la scrivania trovai Ryan. << Wow…mi aspettavo di trovare tuo padre >>  dissi avvicinandomi alla scrivania, la porta alle mie spalle venne chiusa. << Sì, beh ha da fare, così ha lasciato a me il compito di assumerti. >>  << Okay… >>  onestamente non sapevo se fosse meglio o peggio. Mi sedetti di fronte a lui e Ryan mi allungò un foglio << Questo è il contratto, questa è la penna…devi solo firmare qui…e qui >>  disse indicandomi i punti in cui dovevo firmare << Okay >>  risposi prendendo la penna, la posai sul foglio e misi la mia firma, quando alzai il capo lo vidi ridire con la mano destra chiusa quasi in un pugno davanti le labbra. << Che c’è? >>  << Davvero? Firmi il foglio senza leggere? È troppo facile >>  << Cosa è troppo facile? >>  chiesi guardandolo negli occhi. Il suo sguardo divertito non mi piaceva molto. In realtà non piaceva per niente, chinai gli occhi sul contratto, forse avrei dovuto leggerlo.





*Angolo autrice*
Ed eccoci qui con il terzo capitolo...onestamente il titolo è imporvvisato lol non mi piace molto, forse lo cambierò. Come prima cosa ringrazio giota123, Maddy e soprattutto cande_la mia vita e  GioDiRen che ancora continuano a seguire, leggere e recensire le mie storie *-*
Poi che dire...non vi fate illusione, Hanon è sincera quando dice che almeno per ora Ryan non le piace....beh non so se a me piacerrebbe un tizio del genere lol a voi? Sì beh è alquanto irritante. Ma la domanda da un milione di dollari è...cosa ci sarà scritto in quel contratto? Ryan stava solo bluffando oppure ha voluto mettere qualcosa per iscritto nero su bianco. Forse Hanon è stata troppo ingenua a fidarsi così presto e firmare senza leggere. Eh sì perché non ha riflettuto molto...per non dire che non ha riflettutto affatto lol. Comunqueeee spero di sentirvi anche al prossimo capitolo lol, un bacio a tutte e...a voi la parola ❤

  

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Capitolo 4
*** Il contratto ***







~~Mi morsi il labbro inferiore << Posso leggerlo? >> << Per quanto mi riguarda puoi farci quello che vuoi. La firma l’hai messa. Questo va a te e questo a me >> disse porgendomi uno dei fascicoli che avevo firmato e prendendosi l’altro. << E-e se trovassi qualcosa che non mi piace? >> chiesi guardandolo << Beh è un problema tuo. La prossima volta leggi prima di firmare >> << Potrei sempre stracciare il contratto >> risposi guardandolo con aria di sfida, lui fece un sorriso che non prometteva nulla di buono << In tal caso, come dice la postilla scritta in piccolo nell’ultimo foglio, ho il diritto di denunciarti e dubito che tu abbia i soldi per permetterti un processo giusto? >> strinsi le labbra distogliendo lo sguardo da lui e posandolo sul pavimento. << Stronzo >> sussurrai a bassa voce ma in fondo volevo che mi sentisse e dal sorrisino sghembo dedussi che lo aveva fatto. << Se vuoi seguirmi ti mostro la tua divisa, vieni >> mi alzai e lo seguii al piano superiore, la casa era davvero grande, più di quanto immaginassi ed ero sicura che prima o poi mi sarei persa. Ryan mi portò in quella che supposi fosse la sua stanza, una grande stanza con le pareti bianche, tranne quella dov’era poggiata il letto che era di un color “bracing blue”, voltandomi notai che anche la parete di fronte al letto era dello stesso colore. Aveva un letto matrimoniale, due armadi enormi, un mobile a cassettoni, un balcone con le porte scorrevoli in vetro e delle persiane della stessa tonalità di blu delle pareti e due comodini ai lati del letto. Nulla da dire, sembrava più una stanza matrimoniale. Sulla parete di fronte al letto c’era anche un televisore al plasma di minimo 50 pollici sotto di essa, su degli scaffali in vetro aveva anche varie console e il dolby surround. << Wow >> fu la prima cosa che mi venne da dire. << Eccola qua >> lo sentii dire, così mi voltai di nuovo concentrando l’attenzione su di lui…e non sull’immensità di quella stanza. Osservai la mia divisa, era una cosa semplice, una divisa nera che dovrebbe arrivarmi poco sopra le ginocchia e con un grembiule bianco in vita. << Che taglia è? >> chiesi osservandola << Una M, dovrebbe andarti, in caso contrario può essere cambiata >> << Okay >> dissi scrollando le spalle << Credo che mi andrà >> aggiunsi vedendo la divisa tra le mie mani e poggiandola sul mio corpo. << Comincerai a lavorare domani stesso. Sii puntuale, alle 8:00 devi farti trovare qui, mi sono spiegato? >> mi guardò negli occhi facendomi capire che non avrebbe ammesso neanche un secondo fuori orario. << Sì, tranquillo. Verrò con la bici >> << Bene. Ora se vuoi seguirmi ti mostro la stanza del personale >> << C’è…una stanza del personale? >> chiesi confusa << Sì, certo >>. Posai la divisa sul letto con molta rapidità e poi gli andai dietro. Ryan mi portò silenziosamente verso la stanza che si trovava nel corridoio, abbassò la maniglia e dopo essere entrato si voltò verso di me. << Ecco, questa è la stanza del personale, qui potrai cambiarti e mettere le tue cose. Il tuo armadietto sarà il numero tre >> si avvicinò all’armadietto nominato e prese la chiave porgendomela, la presi per poi guardarmi intorno, era una normale stanza con degli armadietti ed un tavolino, supposi che lo utilizzavano le persone che lavoravano tutto il giorno qui dentro. << Ricordati di chiudere a chiave quando ti cambi o sono problemi tuoi >> disse Ryan indicandomi la porta, gli feci un sorriso ironico << Tranquillo non me ne dimenticherò >> << Me lo auguro per te >> mi fece l’occhiolino prima di uscire dalla stanza, feci un sospiro per poi seguirlo. Ryan mi mostrò una ad una tutte le stanze, i tre bagni, la palestra, la piscina, la stanza del padre, quella degli ospiti, il soggiorno, la sala relax compresa di sauna. Sì insomma la casa dei sogni è qui. Definitivamente. << Domani Beth ti spiegherà meglio cosa fare >> << Beth? >> chiesi inarcando un sopracciglio << Sì, è la donna che ti ha aperto la porta >> << Capisco >> dissi annuendo col capo. << Sia ben chiaro, il fatto che lavori da me non toglie che dovremmo comunque allenarci per la gara di surf, mi sono spiegato? >> << Certo, sono due cose distinte e separate, lo so >> risposi prontamente, se il suo era un modo per dirmi che in pratica avrei dovuto sopportarlo tutto il giorno, beh sì ormai lo avevo capito da sola. << Bene, allora ci vediamo più tardi eh? >> << Okay, va bene >> Ryan aprì la porta facendomi un cenno col capo per “invitarmi” ad uscire. << Allora…ci vediamo dopo >> dissi avvicinandomi alla porta << Hanon >> mi richiamò lui << Sì? >> mi voltai a guardarlo. << La divisa. L’hai poggiata sul letto in camera mia >> << Sì però…ho pensato, comunque mi cambierò qui quindi non ha molto senso portarla avanti e indietro, tanto vale lasciarla qui nella stanza del personale >> mi giustificai guardandolo, lui incrociò le braccia guardandomi un sopracciglio sollevato per qualche secondo << E vuoi che sia io a mettere la divisa nella stanza della servitù? >> << Beh teoricamente io inizio a lavorare domani quindi…sì, sarebbe molto carino da parte tua farmi questo favore >> gli sorrisi senza attendere risposta ed uscii fuori dalla casa. Ryan non disse una parola, si limitò a sbuffare, lo ignorai e presi la mia bici per poter tornare quanto prima a casa. Tornata a casa lasciai cadere la bici nel giardino e rientrai rapidamente in casa. << Hey fulmine, dove sei stata? >> mio zio era seduto sul divano a guardare la televisione, rallentai il passo, avevo quasi raggiunto le scale ma tornai indietro. Mi fermai sulla soglia della porta del salone, okay dovevo soltanto riuscire a fare in modo non far trasparire la mia preoccupazione riguardo a quel contratto. Potevo farcela. << Io sono…ricordi? Ti avevo detto che sarei andata a casa dei Carter per il lavoro… >> mio zio spensa la televisione e si alzò dal divano per venirmi incontro, cosa che non mi piacque. Si parò dinnanzi a me con il suo sguardo indagatore, incrociò le braccia guardandomi negli occhi << E così alla fine hai firmato il contratto >> dal suo tono di voce e dalla sua espressine non era così difficile capire che la cosa non lo entusiasmava. << Sì ma…non è nulla di male. Anzi è un contratto molto…ben fatto >> sì beh che dire, era scritto al computer quindi era ben fatto…dal punto di vista grafico. << Ben fatto? >> lui inarcò un sopracciglio << Ben fatto! >> << Aha. E posso vederlo? >> no che non poteva. Non lo avevo ancore visto neanche io. << Certo ma…non ora! >> sì, okay, stavo andando bene. << E perché non ora? >> no, non è vero stavo andando uno schifo e mi stava anche per venire una crisi di nervi. << Perché ora devo riuscire, mi sono data appuntamento al bar con Lea e May e quindi… >> << Ryan o Harrison? >> << Cosa?! >> quella domanda mi confuse, non poco. << Padre o figlio, con chi hai fatto il contratto? >> << Oh…Ryan >> << Quindi non hai ancora conosciuto il padre >> << No… >> << Okay. Divertiti >> lanciò il telecomando del televisore sul divano e poi mi superò uscendo completamente dal salone e percorrendo le scale che portavano al piano superiore. Fortunatamente mio zio non è una persona così invadente da intromettersi eccessivamente nella mia vita. Motivo in più per cui adoravo vivere con lui. << Hanon chiama tua madre. >> lo sentii urlare dalla sua stanza mentre entravo nella mia. << Okayyy >> sospirai e presi il telefono fisso per farle una rapida chiamata. Avevo detto a mio zio che avevo appuntamento con Lea a May e in fondo non avevo mentito…anche se mancavano due ore. Mia madre a telefono mi fece le sue solite raccomandazioni strazianti, giuro che un giorno le risponderò male, odio quando mi strazia in quel modo, soprattutto quando comincia ad insultare il surf. Riattaccato il telefono mi guardai intorno, il mio sguardo si soffermò sul letto, era come se cercasse di dirmi qualcosa, di richiamare la mia attenzione. Ma non riuscivo proprio capire cosa. Scrollai le spalle, presi la mia tavola da surf e mi diressi verso il bar di Lea, fortunatamente lei e May erano già lì, sedute ad un tavolo all’aperto a discutere, che novità. Lea era seduta con i piedi sul bordo della sua sedia e le ginocchia al petto, May invece era seduta sul suo piede destro ed aveva il cellulare tra mani esattamente come Lea. Sorrisi e mi avvicinai a loro << Yey! Ciao >> poggiai la tavola alla ringhiera del locale << Hanon, è vero che May è stupida >> << Mhm…tu sei stupida! Non io >> May alzò gli occhi al cielo prima di risponderle, io cercai di capire di cosa stavano parlando, presi posto anche io al tavolo guardandole << Okay, Hanon guarda questo video. >> Lea mi passò il suo cellulare mostrandomi un breve video su instagram di un ragazzo che prendeva una pennellata d’acqua e scriveva “GO” su un foglio e poi con qualche schizzo di inchiostro mostrò la scritta. << Wow! Figo! >> dissi guardandolo << Sì, okay. Secondo te quella nel bicchiere è acqua oppure una specie di sostanza misteriosa e innaturale?! >> a quella domanda arricciai il naso e corrugai la fronte << Sostanza cosa?...a me sembra della semplice acqua >> << AH! BOOOM >> esclamò, la ragazza dai capelli colorati urlando praticamente in faccia all’amica. Si era persino protesa verso di lei per farlo poggiando il piede destro a terra. << Te lo avevo detto io che era semplice acqua! >> << Oh d’accordo! Allora prova a farlo >> il tono di May era un tono di sfida << Non posso perché non ho l’inchiostro! >> << Allora non esultare! >> << Gne! >> Lea ebbe l’ultima parola per poi tornare a sedersi nella stessa posizione di prima. << Okay…vi siete riprese? >> chiesi dubitando persino di aver fatto la domanda giusta. << Sì, parliamo di cose serie. Sei stata da Ryan? >> gli occhi di Lea sembravano essersi illuminati, sembrava davvero che non aspettasse altro che parlare di quell’argomento. << Sì…sono andata questa mattina e mi ha fatto firmare il contratto >> dissi scrollando le spalle e cercando di essere quanto più naturale possibile. << Hai letto attentamente il contratto prima di firmarlo vero? >> ma ovviamente May deve farmi la domanda diretta. I suoi occhi scrutano attentamente i miei, mi schiarii la voce e decisi di essere sincera << Ecco…in realtà ho firmato senza leggere… >> beh pensai che dirlo a Lea e May non fosse così grave, che mi avrebbero capita, che soprattutto Lea avrebbe fatto la stessa cosa. La prima cosa che fecero fu lanciarsi uno sguardo scioccato, poi i loro occhi si posarono su di me. << Ma sei stupida?! >> parlarono all’unisono. << Oooh andiamo! Tu non avresti fatto il mio stesso errore?! >> chiesi guardando Lea << No. Neanche se a farmi il contratto fosse stato Zac Efron in persona…o Colton Haynes. Lo avrei letto comunque >> << Nessuna persona sana di mente firmerebbe un contratto lavorativo senza leggerlo Hanon. Anche se il contratto fosse scritto da Colin O’Donoghue o Jhonny Depp >> ricalca May, come se Lea non fosse stata già abbastanza chiara. << Io ci faccio, però tu ci sei eh! >> disse Lea riferendosi chiaramente al fatto che ero scema. Okay. Adesso mi sentivo davvero stupida. << Okay, ho capito. La prossima volta leggerò un contratto prima di firmarlo >> d’un tratto Lea a May sollevarono lo sguardo, come se ci fosse qualcuno dietro di me, stavo per voltarmi ma di sfuggita notai che qualcuno aveva poggiato le mani sui bracci della mia sedia, non ebbi il tempo di voltarmi, una voce dolce mi sussurrò all’orecchio << Hanon, vuoi dirmi dove hai messo la fotocopia del contratto che ti ho dato? >> il suo fiato caldo si infranse sulla mia pelle, non mi mossi di un centimetro, restai immobile, avevo imparato a riconoscere quella voce. << I-io…è a casa mia >> balbettai. Io che non balbetto neanche sotto le domande << Ah ma davvero? Quindi questa che ho trovato a casa sul mio letto è una terza copia immagino? >> sussurrò ancora al mio orecchio per poi allontanarsi e darmi un colpetto sulla testa con un fascicolo che riconobbi come il contratto. Dannazione. Ecco cosa cercava di dirmi il mio letto. Me lo porse davanti alla faccia ed io sollevai gli occhi per guardarlo in volto << Beh…non lo so, però se me lo dai potrei confrontarli >> afferrai il contratto con la mano destra ma Ryan non lo lascia, avvicina il suo volto al mio così tanto che riuscivo a sentire il suo respiro << Svegliati Hanon. Se mio padre fosse stato al mio posto ti avrebbe già licenziato per incompetenza. Leggilo. >> non mi lasciò neanche replicare o rispondere, si allontanò e fece un cenno col capo per salutare May e Lea, solo quest’ultima ricambia il saluto con lo stesse gesto del capo e facendo un leggero sorriso. Sento gli occhi delle due ragazze addosso e così le guardo, prima May che è alla mia sinistra e poi Lea che mi è di fronte. << Cosa?! >> << Vuoi che lo legga io? Così giusto per essere sicuri che qualcuno lo legga >> chiede “premurosamente” Lea << No! Sta tranquilla. Ho detto che lo leggo >> feci un respiro profondo, mi voltai verso e il mare e sorrisi. << Vi va di andare a fare surfare? Le onde sono fantastiche >> << Sì, perché no. Vado a prendere la mia tavola >> disse May indicando il retro del locale, Lea scrollò le spalle << Preparo lo zaino con il cibo. Non può mancare il cibo >> si giustificò alzandosi in piedi. Le ragazze si allontanarono ed io mi guardai intorno. Vidi Ryan seduto ad un tavolo con due ragazzi e due ragazze, riconobbi quella seduta alla sua destra, era la stessa che aveva fatto quella scenata ridicola ieri sera. Mi resi conto troppo tardi che Ryan si stava voltando e così incrociai il suo sguardo, mi sorrise, un sorriso che non mi piaceva per niente, non prometteva nulla di buono. Mi fece segno con l’indice destro di avvicinarmi a lui, mi guardai intorno nella speranza che ci fosse qualcun altro, nella speranza che stesse parlando con qualcun altro, ma no. Feci un respiro profondo prima di alzarmi dalla sedia ed avvicinarmi a passo incerto verso di lui. << Sì? >> << Hanon è finito il succo di frutta a pesco >> mi disse indicando il suo bicchiere vuoto con lo stesso dito con il quale mi aveva invitato ad avvicinarmi. Sollevai le sopracciglia non capendo << E me lo stai dicendo perché… >> attesi che terminasse la mia frase e ovviamente lo fece subito << Perché devi portarmi un altro bicchiere di succo a pesca >> << Cosa?! Io non lavoro qui Carter, nel caso lo avessi dimenticato >> feci una finta risata guardandolo << No, ma lavori per me >> a quella frase resto a bocca aperta. Fortunatamente mi riuscii a riprendere subito, anche se la mia voce tentennava << Sì ma…inizio domani e poi non siamo a casa tua >> << Già, sì. In realtà sul contratto che hai firmato, c’è scritto che inizi a lavorare quando voglio io e che se voglio posso usufruire di te anche fuori dalla mia casa, come in questo caso. >> restai scioccata, dei brividi percorrevano la mia schiena, era serio? C’era davvero scritta una cosa del genere sul contratto? << Quindi, se vuoi servirmi…o preferisci essere licenziata prima di cominciare? >> il suo fastidioso sorrisino stampato sul volto mi provocava un istinto omicida che neanche so spiegare. I suoi amici altrettanto idioti facevano delle stupide risatine mentre si scambiavano qualche sguardo. Strinsi i denti ed i pugni delle mani, feci un respiro profondo e presi il bicchiere vuoto dal tavolo. Mi avvicinai al ancone sperando di trovare Madison, la sorella di Lea, non mi andava di sorbirmi un’altra predica per la storia di quello stupido contratto. Mi maledissi mentalmente per essere stata così stupida da mettere la firma senza leggere. La prossima volta leggerò non una ma ben tre volte prima di firmare qualcosa. Dovesse avere cento pagine lo faccio. Fortunatamente trovai lei al bancone << Hey Madison…non è che potresti riempirmi questo bicchiere con del succo alla pesca? >> chiesi sottovoce, Lea non era molto distante ma sembrava indaffarata a fare i panini. Madison guarda confusa il bicchiere << Ma non è di Ryan? >> << Shh! Sì ma ti prego non farmi domande e versami il succo >> portai l’indice destro vicino al naso in segno di silenzio, la supplicai con lo sguardo e con un tono di voce rassegnato. Lei sollevò le braccia in segno di resa e senza farmi domande versò il succo nel bicchiere. Sospirai e le feci un leggero sorriso mimando un << Grazie >>. Tornai al tavolo e posai la bevanda dinnanzi a lui << Grazie >> disse facendomi un cenno col capo. Gli feci un sorriso ironico e quando la sua amichetta isterica mi rivolse uno sguardo << Anche il mio bicchiere adesso è vuoto >> disse porgendomelo. Tutti i presenti a quel tavolo mi guardarono. Ma stiamo scherzando!? MI RIFIUTO. << No. Lavoro per Ryan, non per te. Scordatelo. Alza il culo e serviti da sola se vuoi >> usai un tono di voce irritato e duro << Ryan l’hai sentita?! >> quella smorfiosa con la voce d’oca si lamentò guardando Carter, lui si limitò a scrollare le spalle << Sì l’ho sentita, ha ragione. Lavora per me non per te. Puoi andare Hanon >> la bionda slavata chinò sguardo visibilmente offesa ed ironicamente dissi << Grazie Ryan >> << Figurati, non c’è di che >> presuntuoso, pallone gonfiato, aveva anche osato rispondermi. << Hanon! Andiamo? >> May mi chiamò, stava aspettando con Lea vicino alle scale, aveva preso anche la mia tavola, così mi diressi rapidamente verso di loro. << Che stavi facendo? >> chiese May porgendomi la tavola << Ehm…niente, parlavo del contratto. A proposito qualcuna di voi lo ha preso dal tavolo? >> << Sì, io. L’ho messo nella borsa >> rispose Lea, << Perfetto, andiamo >> presi la mia tavola e insieme alle ragazze mi diressi verso la spiaggia, avevo giusto voglia di sfogarmi tra le onde. Osservai la tavola di Lea, era una tavola nera ed in basso aveva un disegno in bianco, c’era disegnato un prato e un cervo, accanto al cervo c’era una figura che riconobbi come quella di “Dobby” l’elfo di Harry Potter, più sopra al disegno, sempre in bianco c’era la scritta “Always” con la “A” fatta a forma dei doni della morta, sorrisi guardandola, Lea era davvero ossessionata da Harry Potter direi. << Bella tavola >> dissi guardandola. << Lo so!!! >> gli occhi della ragazza dai capelli rosa si illuminarono quando nominai la sua tavola, Lea mi metteva sempre di buon umore. Guardai quella di May, lì c’era disegnato un paesaggio con il nero, era una tavola arancione, sempre col nero, al centro della tavola, vi era raffigurato un cavallo al lato destro che si alzava su due zampe, al lato opposto, col medesimo colore, c’era una ragazza con i capelli al vento che allungava la mano per accarezzare il cavallo. << Wow! Stupenda anche la tua! >> dissi osservando quella di May, lei sorrise e accarezzò la superficie << Grazie, l’ha disegnata mio zio >> dai suoi occhi traspariva una luce di orgoglio, non so dire di preciso se era per lo zio o per il disegno. << Beh dai! Tuffiamoci tra le onde! >> esultai correndo verso il mare. Mi gettai immediatamente tra le onde, remai con le braccia verso queste e cavalcai la prima. << WUUUUU >> urlai sollevando le braccia per poi aprirle in modo da trovare equilibrio e non cadere dall’onda. Questa sì che era vita. Assolutamente. Era come rinascere. Sento l’acqua che mi bagna, che mi fa scivolare sotto la tavola e rido, rido di gioia e di felicità. May sollevò il braccio destro per salutarmi quando tornai a stendermi sulla tavola ed io ricambiai il saluto con lo stesso braccio. Anche May si tuffò tra le onde, aveva uno stile di surfare abbastanza simile al mio, andava contro le onde e le infrangeva. Lea invece, si lasciava trascinare dall’onda, non aveva molto equilibrio cosa che la fece cadere per tre volte consecutive. Io e May scoppiammo a ridere mentre lei metteva il muso. << Sentite. Non avevo voglia okay? Sono caduta apposta >> << Aha! >> rispondiamo all’unisono per poi tornare a stenderci sulle nostre tavole ed andare verso le onde. Dopo un po’ notammo che Lea si era completamente stesa sulla sua tavola a prendere il sole, aveva gli occhi chiusi, un pensiero mi attraversò la testa, guardai May, ero sicura che stava pensando la stessa cosa. Sorridemmo e ci avvicinammo con cautela alla tavola di Lea. Ci facemmo entrambe un segno con le dita per contare, uno, due e tre. Capovolgemmo la tavola facendola cadere in acqua e Lea lanciò un urlo, quando riemerse sputò l’acqua bevuta come se fosse una fontanina. Io e May non smettemmo un secondo di ridere, << Siete due stronze! Ringraziate che non ci sono alghe qui altrimenti vi avrei preso per i capelli >> sapevo che la sua era davvero una minaccia ma ero troppo occupata a ridere per prenderla sul serio. Dopo poco Lea tornò sulla terra ferma sedendosi su un telo mare, io e May restammo ancora un po’ in acqua facendo delle piccole gare, alla quale ovviamente vinsi sempre io. Era ora di pranzo quando tornammo sulla terra ferma << Ti ho stracciato! >> esultai guardandola mentre incastravo la mia tavola nella sabbia << Mi prenderò la rivincita! >> << Quando vuoi May! >> affermai entusiasta. Notai che Lea aveva un enorme diario rettangolare e ci stava scrivendo sopra, distesi il mio telo accanto a lei ed osservai quello che stava facendo. Aveva disegnato la spiaggia, le onde, c’eravamo anche io e May che stavamo surfando << Oh mio Dio! Lea ma è bellissimo! Sei un’artista! >> << Ti piace? >> chiese guardandomi << Sì! >> << Io glielo dico sempre che è bravissima a disegnare! A me viene male persino quello stupido omino con le zampette >> risi alle parole di May e poi tornai ad osservai il disegno. Era così incredibilmente reale che sembrava una foto, persino i colori che aveva usato lo rendeva reale. Mangiammo i panini preparati da Lea, e restammo a prendere un po’ di sole, io onestamente avevo voglia di tornare in acqua, era come se il mare mi stesse chiamando ma le ragazze hanno insistito per farmi aspettare almeno un’oretta. Distesa sul mio telo, chiusi gli occhi ed ascoltai il suono delle onde infrangersi alla riva. Sorrisi, oh sì mi piaceva un sacco. Dopo un po’, credo fossero passate due ore, sentii qualcosa di caldo cadere lentamente sul mio ventre, aprii gli occhi e vidi Ryan che mi stava gettando un pugno di sabbia addosso lentamente, facendolo scorrere dalla parte di sotto del pugno. << Hey! Ma che stai facendo! >> gli allontanai la mano ed il suono della mia voce fece sollevare anche May e Lea che si alzarono sui gomiti per vedere cosa succedeva. Ryan rise per poi mettersi in piedi << Su dai, le onde ti chiamano >> roteai gli occhi << Non sei in anticipo di tipo un’ora? >> chiesi inarcando un sopracciglio. << Sì, ma visto che siamo entrambi qui, prima cominciamo, prima finiamo no? >> disse scrollando le spalle, mi voltai verso le mie amiche << Ragazze, vi dispiace? >> chiesi riferendomi al fatto che andavo con Ryan, entrambe negarono col capo e così mi alzai e presi la tavola tornando in acqua con Ryan. Feci un respiro profondo, non dovevo pensare al compagno che avevo accanto, dovevo pensare solo al mare e alle onde. << Facciamo sempre a turno, comincia tu, tre onde a testa. Ci stai? >> << Sì, va bene >> mi distesi sulla tavola e cominciai ad avviarmi verso le onde. Ne presi tre, una dietro l’altra, cercai di essere rapida calcolando anche il tempo della gara. << Tocca a te >> dissi avvicinandomi a lui. << Hai fatto un buon tempo ma una scarsa performance >> << Scusa?! >> lo guardai male << Quello che hai sentito, che ti prende? Sei troppo stanca per dare spettacolo? Guarda ed impara principiante >> mi lasciò a bocca aperta. Sul serio?! Stava dando della principiante A ME!? Oooh Ryan Carter tu non hai la più pallida idea di quello che dici. Gli vado dietro, lo osservo cavalcare un’onda ma alla seconda, alla seconda mi lancio anche io, gli rubo l’onda trovandomi sulla cresta accanto a lui << CHE CAVOLO FAI!? >> grida nervoso, cerca di controllare la tavola in modo da non venirmi addosso << TI FACCIO VEDERE COME SI FA….PRINCIPIANTE >> urlai ridendo, mi concentrai sul cavalcare l’onda senza guardarlo, finsi di andargli addosso in modo da fargli perdere l’equilibrio e farlo cadere in acqua. Oh sì esattamente quello che volevo. << Guarda e impara TU fallito! >> gli dissi quando riemerse fuori dall’acqua. << Tu vuoi la guerra >> mi disse prima di emergersi sott’acqua, cercai di capire cosa stava facendo, non lo vedevo neanche, d’un tratto qualcosa, o meglio qualcuno mi afferrò la caviglia trascinandomi in acqua, lanciai un urlo prima di cadere dalla tavola e affondare, dannazione mi aveva fatto anche bere l’acqua. Quando riemersi cominciai a tossire mentre lui se la rideva. << Su su ritorna in sella mocciosa >> mi gettò dell’acqua con la mano e io avevo una voglia matta di strangolarlo. Riprendemmo ad allenarci, questa volta più seriamente. Mi bruciava ammetterlo ma aveva ragione, ero stanca, troppo per dare il massimo. << La prossima volta conserva le energia Hanon. Almeno fino alla gara >> mi guardò mentre stavamo risalendo. << Posso allenarmi anche senza di te! >> affermai sicura di ciò << No, non puoi perché gareggiamo come squadra, okay? >> non attese la mia risposta e si diresse verso le scale del locale. Lea e May erano rimaste sulla spiaggia per tutto il tempo, così tornai con loro. Non sopportavo Ryan quando si comportava così, perché cavolo deve fare la parte del superiore?! Che irritante.  Tornata a casa ero letteralmente distrutta, avevo una fame da lupo e ringraziai del fatto di avere uno zio capace di cucinare. Subito dopo cena mi diressi verso la mia stanza, avevo sonno ma mi feci coraggio e presi il contratto per iniziare a leggerlo. Che razza di stronzo bastardo, non c’era nessunissima regola che mi imponeva di essere sotto il suo comando anche fuori casa e neanche che decideva lui quando cominciare. Era un normale contratto, tutto sembrava nella norma, l’unica cosa che non mi aspettavo era che, in caso di feste o cerimonie io facevo parte del personale, ma avrei anche ricevuto dei soldi extra quindi mi andava bene. E poi, quante feste potevano fare? Misi la sveglia sul cellulare, potevo farcela, domani primo giorno di lavoro. Andai a dormire abbastanza presto, praticamente subito dopo aver finito di leggere il contratto.
Il giorno seguente mi preparai in fretta e furia, ero nervosa, non avevo mai lavorato, tanto meno fatto la cameriera. Ad aprirmi la porta di casa Carter fu la stessa donna di ieri, non mi salutò a malapena mi degnò di uno sguardo. << Va a cambiarti >> mi ordinò immediatamente. Perfetto. Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino…Buongiorno a me. Salii le scale fino a raggiungere la porta del personale, fortunatamente ricordavo quale fosse. << Oh Hanon! La persona che stavo cercando >> cosa?! Sul serio!? Ma BUONGIORNO in questa casa non esiste?! << Buongiorno anche a te Ryan >> dissi sarcastica << Sì, certo. Per te sono il signorino Carter. Comunque volevo avvisarti che questo fine settimana ho organizzato una festa okay? >> spalancai gli occhi << COSA?! >> << Hai letto il contratto vero? >> << SI! E a proposito di questo! Non c’è nessuna regola che stabilisce che puoi darmi ordini fuori da questa casa! >> dissi guardandolo male, la verità era che volevo ammazzarlo. Ryan rise scuotendo il capo << Sono sicuro che la prossima volta leggerai minimo due volte un contratto prima di firmarlo. Ora su va a cambiarti >> con il pollice destro mi indicò la stanza << Grazie ma non prendo ordini da… >> mi zittii di colpo ricordando che invece era proprio così. Prendevo ordini da lui. << Scusa?! Volevi dire qualcosa? >> << No… >> << Bene. Preparami la colazione, ti aspetto di sotto. Fa veloce >> ma quanto si stava divertendo a darmi ordini? Si allontanò, come suo solito senza darmi tempo di controbattere e si diresse al piano di sotto. Sospirai rassegnata. Cavoli. Dove mi sono cacciata?!










*Angolo autrice*
Eccomi qui con il vero angolo autrice lol, alloraaa in questo capitolo si è discusso molto del contratto, che dire, Ryan ci ha giocato un po' approfittando del fatto che Hanon non lo aveva letto, ben ti sta Hanon u.u Poi abbiamo scoperto una delle passioni di Lea, oltre all'ossessione per Harry Potter, e sembra che Hanon Lea e May stiano legando u.u .....le hanno anche fatto la ramanzina per la storia del contratto, ma secondo voi, seriamente May e soprattutto Lea non avrebbe firmato il contratto di fronte a Zac Efron o Colton Haynes? LoL dubito. Comunqueeee la bastardaggine di Ryan qui è abbastanza evidente e presto conosceremo anche il padre. Tutte pronte? Vi ringrazio sempre del sostegno e ovviamente del fatto che leggete la mia storia *.* intanto anche se è passato a chiunque legge auguro un Buon Natale lol (sperando che lo avete passato bene) e un FELICE ANNO NUOVOOO(Dai per questo sono ancora in tempo lol)

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Capitolo 5
*** Senti col cuore ***







~~Mi ricordai di chiudere la porta a chiave, mi avvicinai all’armadietto numero tre e con la chiave che avevo in tasca lo aprii. Presi la divisa e la indossai, osservai il mio riflesso nello specchio, mi sembrava di essere uscita da uno di quegli anime giapponesi. Sussultai quando sentii qualcuno bussare la porta << Sì? >>  chiesi osservandola << Muoviti. Ci stai impiegando troppo tempo >>  la voce era quella di una donna, mi avvicinai alla porta e quando la aprii mi trovai davanti la stessa donna che ieri mi aveva aperto la porta d’ingresso. << Il signorino Carter desidera che sia tu a preparargli la colazione, quindi affrettati. Quando hai finito inizia a sistemare le stanze >>  sul serio?! Neanche il suo nome mi disse, mi impartiva semplicemente ordini per poi andare via, non attese una mia risposa, quasi fosse un modo pe dirmi che non dovevo neanche averla una risposta. Feci un bel respiro profondo e poi scesi le scale. << Finalmente, era ora >>  Ryan mi stava aspettando seduto dietro al bancone della cucina. Prima che potessi rispondergli sentii il suono dei passi di qualcuno scendere la scale dietro di me. Mi venne istintivo voltarmi per vedere di chi si trattava. Era un uomo alto, quasi quanto Ryan, dovrebbe avere quarant’anni credo. Devo dire che la somiglianza tra i due è disarmante. Non mi degnò di uno sguardo, era troppo occupato a parlare a telefono << Allora non ci siamo capiti. Ci tieni al tuo lavoro? Bene. Allora fa in modo di ottenere quella riunione oppure dovrai dirgli addio mi sono spiegato? >>  non attese nemmeno per un secondo l’uomo dall’altra parte del telefono gli rispondesse, premette il pulsante dell’auricolare staccando la chiamata, poi si voltò verso di me. << E questa chi è? >>  corrugò la fronte guardandomi da capo a piedi per poi voltarsi verso il figlio. Non ebbi il tempo di rispondere, Ryan mi anticipò << La nuova cameriera. Te l’ho detto, ricordi? >>  << Sì ma non pensavo fosse così giovane. È una mocciosa Ryan. Ti ho chiesto di trovare una cameriera, una donna, non una bambina >>  restai a bocca aperta, si rendeva conto che io ero lì vero? << Beh scusa la prossima volta te la trovi tu o mi dai uno schema con una fascia di età. Che ne dici? >>  << Ryan non fare lo spiritoso con me, lo sai che non mi piace >>  il figlio fece un’amara risatina prima di rispondere al padre << A te non piace mai niente di quello che faccio se è per questo >>  << Ryan non cambiare argomento, adesso cosa dovrei fare io con questa ragazza? >>  << Licenziala se non ti va bene. Non è un problema mio >> . Wuho. Ma stavano parlando sul serio?! << Scusate! Non so se ve ne siete resi conto ma IO sono QUI >>  sbottai irritata. Insomma stavano avendo una normale discussione su di me, in mia presenza, come se io fossi invisibile. << Sì, e allora? >>  dissero all’unisono, entrambi mi guardarono male come per dire “stai al tuo posto” …okay. Il motivo per cui ero lì, erano quei  soldi, quindi dovevo resistere per quella cifra. << Allora…invece di discutere su quanto posso essere inesperta…potrei dimostrarvi di cosa sono capace, se siete d’accordo. >>  okay. Sì era un discorso che filava, ero riuscita a non essere insolente, a calmare le acque e a guadagnare terreno. << Vi preparo subito la colazione >>  dissi notando che nessuna dei due rispondeva, si limitavano a guardarmi. Il padre di Ryan si sedette dopo l’angolo del bancone accanto al figlio mentre io mi avvicinai ai fornelli. Nella dispensa c’era tutto il cibo possibile e immaginabile, sul serio ce n’era abbastanza per sfamare un esercito. Cucinai dei pancake con lo sciroppo d’acero sopra, per fortuna in cucina non me la cavavo così male, mia madre aveva un ristorante, ed era uno chef, di conseguenza mi aveva insegnato alcune cose. Servii due bicchieri di spremuta d’arancia insieme ai pancake, dei croissant al cioccolato, del beacon, uova strapazzate, una tazza di cappuccino per Ryan, una di caffè macchiato per suo padre. Lo ammetto, avevo osato con quelle scelte senza chiedere le loro preferenze ma fortunatamente, entrambi sembravano apprezzare. << Beh c’è da dire che non sei male in cucina >>  era una specie di complimento? Beh non ne ero sicura ma lui era il mio capo quindi tanto valeva mostrarsi grata << La ringrazio signore >>  tuttavia non mi disse il suo nome, ero indecisa se chiederlo o meno. Decisi che era più saggio lasciar perdere vista la considerazione che hanno di me in questa casa. << Dalia ti spiegherà cosa fare e non fare in casa. Hai già letto e firmato il contratto vero? >>  continuava a mangiare e tra un morso e l’altro, quando aveva la bocca libera mi parlava guardandomi di sfuggita. Ero lieta di vedere che almeno il cibo gli piacesse. Supposi che Dalia fosse la “simpatica” donna di prima << Sì signore. Dalia mi darà anche disposizioni per la fe… >>  non riuscii a terminare la frase, Ryan mi diede un leggero calcio dietro la coscia sinistra, mi toccai in quel punto voltandomi di scatto verso di lui. Questo era troppo. Come si permetteva?! Lo fulminai con lo sguardo ma notai immediatamente che lui stava facendo lo stesso con me. Mi mimò uno “stai zitta” con le labbra e fu allora che compresi che suo padre non sapeva della festa di venerdì, ed era chiaro anche che io non dovessi farne parola con il padre. << Come ti chiami? >>  l’uomo richiamò nuovamente la mia attenzione << Hanon, signore >>  risposi immediatamente voltandomi verso di lui. << Bene Hanon, ora devo andare. Va da Dalia e fa tutto quello che ti dice >>  il tono era chiaramente un imperativo << Sì signore >>  il suo cellulare suonò di nuovo e così rispose mentre varcava la porta della cucina, non accennò a un saluto né a me né al figlio. Mi voltai verso quest’ultimo incrociando le braccia, lui stava ancora mangiando l’ultimo pancake. << Allora? Hai sentito mio padre? Va da Dalia >>  così come il padre, aveva la decenza di finire di masticare e ingoiare prima di parlarmi. << E così tuo padre non sa della festa di venerdì >>  << Già. E non lo verrà a sapere se tu vuoi continuare a mantenere il tuo lavoro >>  ma che nervi mi dava questo ragazzo. Pensava di potermi dare ordini…sì okay, puntualmente dimenticavo che poteva darmi ordini. Ma la cosa era davvero irritante. << Ora va da Dalia. Subito Hanon >>  strinsi i denti e trattenni il respiro fino a cinque secondi per cercare di mantenere la calma, gli diedi le spalle e mi diressi al piano di sopra. << Finalmente. Quanto ci metti a preparare una colazione? >>  SANTA MARIA DAMMI LA FORZA PER NON AMMAZZARE NESSUNO IN QUESTA GIORNATA. << Io sono Hanon, tu devi essere Delia >>  mi avvicinai alla donna che aveva appena finito di rifare il letto della stanza matrimoniale, le tesi la mano destra, lei le lanciò uno sguardo ma senza afferrarla, mi disse << Non mi interessa, sì sono io. Ora va nella stanza del signorino Carter e sistemala >> . Mamma mia che donna acida. Era assolutamente insopportabile. Sospirai e dissi a me stessa che potevo farcela, dovevo solo ignorare il modo in cui mi venivano dette le cose, o meglio ordinate. Per fortuna ho sempre avuto una buona memoria, così percorsi il tragitto che portava alla stanza di Ryan e vi entrai dentro. C’erano dei panni sparsi ovunque, era un caos totale. Lo ammetto, mi chiesi se non aveva programmato tutto Ryan visto il casino. Sentii il suono della porta chiudersi alle mie spalle e così mi voltai. << Stammi a sentire Hanon. Né mio padre né Dalia devono venire a sapere della festa. Mi sono spiegato? Altrimenti ti farò licenziare. Mi sono spiegato? >>  accidenti se quel ragazzo non irritante. Sbuffai ed incrociai le braccia << Chiariamo subito una cosa Ryan >>  << Come mi hai chiamato? >>  fece quella sua solita faccia col sorrisino, faccia da prendere a schiaffi direi. Ma questa volta sorrisi e gli risposi << Ryan. Non sono una stupida. Se mi licenzi per una cosa del genere dirò tutto a tuo padre e se non l’ho ancora fatto non è per il tuo stupido ricatto, ma è soltanto perché non sono una spiona…non ancora almeno. Inoltre se vuoi davvero che lavori quella sera mi pagherai in contanti. La sera stessa. La cifra sarà identica a quella di una festa lavorativa. Intesi? >>  misi subito le cose in chiaro, cosa che evidentemente dall’espressione di Ryan, a lui non piacque molto. Beh onestamente non sapevo con chi se la faceva questo ragazzo, forse conosceva solo ragazze senza cervello ma sfortunatamente per lui io il cervello ce l’ho e lo uso. Ryan non disse niente, come per valutare la situazione, ma entrambi sapevamo che non aveva molte alternative. Mi piaceva questo gioco, per una volta ero io ad vere il coltello dalla parte del manico. Mi faceva sentire potente, in fondo questa giornata non sarebbe stata così male. << E va bene. Ci sto. >>  glielo si leggeva in faccia che non ne era particolarmente entusiasta, ma problema suo. Detto ciò Ryan uscì dalla stanza ed io mi rimboccai le maniche per ripulirla. Non lo nego, impiegai poco più di un’ora intera a sistemare quella stanza, eppure il giorno precedente non era per niente così disordinata. Era ovvio che servisse un’altra cameriera oltre a Dalia. Richiede uno sforzo disumano ripulire questa casa da cima a fondo. Tuttavia quella donna non sprizzava simpatia da tutti i pori…in realtà neanche da uno ma okay. Si comportava in modo freddo e distaccato con me e si limitava ad impartirmi ordini. Non c’era più nessuno in casa a parte gli impiegati, dedussi che anche Ryan era uscito, non che io l’avessi visto dato che ero impegnata a sistemare la sua stanza. Fortunatamente mi ritrovavo da sola a pulire le stanze di conseguenza avevo il tempo di sbollire la rabbia che mi causava il tono di voce di quella megera. Più di una volta sono stata tentata di tirarle quello chignon marrone che ha in testa per strapparle i capelli. Ma in fondo era solo il mio primo giorno, non potevo già perdere la pazienza. Lo dovevo fare per il bene comune.
A pranzo mandai un messaggio a mio zio dicendo che avrei mangiato con Lea e May al mc Donald, cosa vera.
<< Okay. Voglio capirne il senso. No sul serio, perché il nostro gruppo di whatsapp si chiama “Le capre alate marine”?! Che senso ha?! >>  chiesi scioccata guardando le mie nuove amiche. << Hanon il nome lo ha messo Lea! Dovresti aver capito che non puoi dare un senso a…questo >>  May fece dei cerchi con le mani davanti la faccia di Lea che stava tranquillamente mangiando le sue patatine fritte. << Hey. Sono una ragazza! >>  protestò, appunto, la ragazza dai capelli colorati con una patatina tra i denti << Oh. Giusto. Scusa. Non puoi fare un senso a…questa >>  May rifece il gesto di prima e ciò mi causo una risata, queste due erano davvero matte da legare, ma riuscivano sempre a farmi ridere. << Ora va meglio. Comunque, non è vero che sono una persona senza senso perché, allora tu immagina delle capre, con le ali…che sanno andare sott’acqua! È una cosa figa okay?! >>  e dalla sua espressione io davvero non capivo se Lea era seria o meno, insomma ci credeva davvero in quel discorso? Si portò l’indice destro ed il pollice sotto al mento iniziando a strofinarlo come se stesse riflettendo su qualcosa << Anche se forse dovremmo sostituire le capre con gli unicorni, voi che dite? >>  a quella domanda io e May ci lanciammo uno sguardo, io sgranai gli occhi, lei scrollò le spalle, Lea guardò entrambe e poi disse << Va beh, siete delle capre >>  con nonchalance e iniziò a mangiare il suo mc chicken. << Mm…vi ho detto che Ryan venerdì ha organizzato una festa? >>  dissi dopo aver dato un morso al mio panino << Dove? >>  May portò una crocchetta di pollo  alle sue labbra subito dopo avermi posto la domanda << A casa sua. Ma suo padre non lo sa >>  << E ci ha invitato?! >>  gli occhi di Lea si illuminarono all’improvviso, si sporse verso di me poggiando i gomiti sul tavolo << Ehm…non che io sappia >>  risposi semplicemente scuotendo il capo, Lea tornò a sedersi mettendo il broncio. << Non sei costretta ad andarci giusto? Insomma se il padre non lo sa è una cosa “abusiva” >>  annuii col capo alle parole di May << Giusto, ma ci andrò comunque dato che mi pagherà la sera stessa >>  a quelle parole Lea alzò la mano destra agitandola << Uh uh io! Io! >>  io la guardai confusa mentre May le disse << Uh uh cosa sei? Una scimmia? >>  Lea la guardò male per poi rivolgersi verso di me << Non serve un’altra cameriera? Ci vengo io, può anche non pagarmi >>  prima che potessi darle una risposta May intervenne << Tu?! Ma se non fai la cameriera neanche al tuo ristorante. Ed è tua sorella a chiedertelo >>  << Sì ma le feste di Ryan Carter sono fighe, lo sai, ne parlano tutti, voglio vederne una da vicino, dai >>  Lea aveva assunto quella sua espressione da bambina innocente con il labbruccio che protesta per ottenere quello che vuole, cosa che mi faceva davvero ridere << Beh dubito che Ryan veda chi ha invitato e chi meno se volete venire alla festa, tanto sarò io ad aprire la porta >>  << Sì!!! Che bello! Ci verremo! Vero che ci andremmo May? >>  May roteò gli occhi, evidentemente non era contenta della cosa, sicuramente non quanto Lea. << E va bene, ci andremo. Ma soltanto per fare compagnia Hanon >>  chiarii subito la mora << Chi?! Ah sì giusto Hanon! >>  sgranai gli occhi a quelle parole e le gettai una patatina addosso mentre lei rideva << Come chi?! >>  << Stavo scherzando! Stai calma! >>  anche io mi misi a ridere << Sei una bastarda >>  << Sì lo è >>  mi appoggiò May << Anche io vi voglio bene, tanto. >>  Lea ci sorrise annuendo col capo.
Quel pomeriggio fortunatamente arrivai in spiaggia in orario, Ryan era già lì, era seduto sulla spiaggia, notai che era bagnato ciò stava a significare che era da poco uscito dall’acqua. << Hey >>  mi chinai al suoi fianco sedendomi sui talloni, lui non si voltò a guardarmi, teneva gli occhi fissi sul mare << Guarda >>  mi disse ed io lo assecondai, rivolsi il mio sguardo verso il mare e vidi due surfisti, una ragazza ed un ragazzo. Vidi come le onde li portavano in alto e come riuscivano a saltarci sopra, erano davvero bravi. << Wow! >>  << Già. Thomas e Ambra. Parteciperanno anche loro alla gara >>  dal tono di voce Ryan sembrava preoccupato, la sua espressione era dura, seria, non ne capivo davvero il motivo. << Okay. Non importa, noi li batteremo >>  << Sì, ma come?! Loro sono affiatati oltre ad essere bravi. >>  finalmente mi degnò del suo sguardo << Possiamo esserlo anche noi. Ci serve solo più allenamento. >>  << Non ci alleneremo mentre loro sono lì >>  << Cosa?! Stai scherzando?! >>  chiesi scioccata << No. Non sto scherzando. Usa il cervello Hanon, potrebbero studiarci come noi, o meglio, io sto studiando loro >>  << Che cavolata. Perché ti concentri su di loro invece di concentrarti su di noi?! >>  << Perché non puoi battere il tuo avversario se non lo conosci Hanon! >>  << Oh, quindi seconde te impareremo a batterli restando seduti qui a guardarli, capisco. Dimmi una cosa. Almeno tu ci credi che possiamo batterli o no? Perché sai è inutile partecipare ad una gara se parti già sconfitto >>  lo ammetto, Ryan stava cominciando ad irritarmi. Insomma che cavolo aveva nella testa?! E perché cavolo si metteva a paragone con gli altri piuttosto che con sé stesso?! Ma soprattutto PERCHÉ NON PENSAVA AD ALLENARSI INVECE CHE FISSARE QUELLI. << Non parto sconfitto Hanon cerco solo di capire a differenza tua. Uso il cervello, prova a farlo ogni tanto, non fa male. Dobbiamo sapere contro chi andiamo incontro >>  << Dovresti concentrarti di più su tu stesso e meno sugli altri. Devi riuscire a battere te stesso >>  Ryan mi guardò confuso, per la prima volta da quando lo conoscevo restò in silenzio ad ascoltarmi, sapeva che volevo dire altro e non mi interruppe. Deglutii e poi ripetetti << Devi riuscire a battere te stesso. Tu sei l’unico giudice della tua vita, tu sei l’unica persona che si può imporre dei limiti. Chi eri, chi sei e chi sarai, sei solo tu a deciderlo. Prova a spegnere il cervello e togliere i freni al cuore. Sarà come vivere di follia, ma vivrai la cosa più vera, intensa e sorprendente della tua vita, anche solo per un attimo. Quanto dureresti tu in quelle condizioni? >>  Sorrisi ripesando a quelle parole, erano le stesse che mi ripeteva sempre mio padre ed io adoravo prenderlo alla lettera, detto ciò mi rimisi in piedi e mi diressi verso il mare << Dove stai andando? >>  mi gridò Ryan da dietro, mi voltai camminando al contrario << Ad allenarmi! Con o senza di te >>  risposi alzando la voce a mia volta. Mi diressi con sicurezza verso il mare, mi gettai rapidamente dentro senza far caso a quanto fosse gelato. Lasciai qualche secondo la tavola in ammollo per immergermi sott’acqua, mi piaceva farlo, sentire di vivere in un altro mondo, un mondo anche un po’ più mio, avevo la vista sfocata, è vero, ma riuscivo a vedere i pesciolini di diversi colori che mi nuotavano davanti agli occhi. Sorrisi e poi lasciai che l’acqua mi sollevasse su allungando la mano destra per afferrare la mia tavola da surf. Mi ci misi sopra a pancia in giù e iniziai a remare contro corrente per poter raggiungere le mie tanto amate onde. Appena vidi quella giusta, mi immersi sott’acqua per poi riemergere in piedi sulla mia tavola, allargai le braccia e chiusi gli occhi facendo attenzione a sentire il suono dell’onda sotto la mia tavola per non cadere. Oh sì, quella per me, era pura magia. << Whuuuu >>  urlai per poi ridere, fu un attimo di distrazione, sufficiente a farmi cadere dall’onda e prendere un bel colpo di schiena in mare. Oh sì, questo fa male. Fortunatamente sono brava a trattenere il respiro ed ho dei buoni riflessi, così non permetto ad una quantità elevata di acqua di entrarmi dal naso. Mentre ero sott’acqua sentii qualcuno afferrarmi la caviglia destra e mi sollevai di colpo con la schiena tenendomi a galla con le braccia. << Vedi Hanon, se hanno creato il leash un motivo ci sarà non credi? E se la tua tavola ne ha uno magari potresti, non so, provare ad usarlo che dici? >>  era Ryan che mi prendeva in giro, ma allo stesso tempo era serio << Guarda che non ho perso la tavola >>  dissi immediatamente per difendermi, lui mi fulminò con lo sguardo << Il leash non serve solo per non farti perdere la tavola ed una surfista come te lo dovrebbe sapere >>  avevo un deja vu, mi sembrava di sentir parlare mio zio. Senza chiedermi né dirmi nulla, mentre pronunciava quelle parole legava la tavola alla mia caviglia. << Serve anche a non farti avere degli strappi e rischiare così di farti male davvero. E poi mi lasci senza partner per la gara >>  concluse dopo aver finito di allacciarmi la caviglia, io incrociai le braccia guardandolo << E così…ti importa di me solo per la gara eh? >>  << Certo, non ho altro motivo >>  mi avvicinai a lui dopo essermi seduta sulla mia tavola << Aha. E sentiamo, come mai se in un’acqua? >>  << Beh ho pensato che per battere quei due devo soltanto allenarmi in fondo >>  aprii la bocca facendo finta di essere sorpresa per prendermi gioco di lui << Non mi dire! Davvero? E ci sei arrivato tutto solo?! Mi sorprendi, che bravo >>  << Sì, hai visto? Succede quando uno ha un cervello super sviluppato, potremmo dire che è tipo la differenza tra me e te capisci? O forse è un discorso troppo complesso per il tuo cervellino >>  ma che presuntuoso pallone gonfiato. Sollevai la gamba destra dando un calcio nell’ acqua affinché riuscissi a gettargliela addosso << Hey stai buona! >>  Ryan sollevò subito entrambe le mani per proteggersi il volto e chiuse gli occhi, successivamente afferrò la mia caviglia per bloccarla << Non provarci nemmeno ragazzina, sono qui per allenarmi, non per giocare, intesi? >>  eppure nonostante quelle fossero lo sue parole vidi un sorriso formarsi sulle sue labbra, un sorriso vero, sincero, uno di quelli che ho visto solo una volta sul suo volto. Ryan salì sulla sua tavola e poi iniziò a remare verso le onde prendendone subito una, io restai a guardarlo sedendomi a cavallo sulla mia tavola, osservai lo stile di Ryan e poi portando le mani vicino alla bocca gli gridai << Chiudi gli occhi ed apri le braccia. Ascolta il suono dell’onda! >>  Ryan si voltò verso di me ma perse l’equilibrio e cadde nel mezzo dell’onda. Risi di lui e poi lo vidi avvicinarsi a me << Tu mi distrai! >>  << Volevo solo darti un consiglio, pensavo sapessi stare in equilibrio sulla cresta dell’onda ad occhi chiusi >>  lo ammetto, volevo provocarlo, ed era così facile provocarlo << Io so stare in equilibrio sulla tavola con gli occhi chiusi! >>  ecco appunto. Mi guardò chiudendo gli occhi a fessura, quasi fosse una sfida << Davvero? Dimostramelo. Alla prossima onde devi chiudere gli occhi ed aprire le braccia come ho fatto io prima. Ci stai? >>  << Certo che ci sto >>  Ryan riprovò, ancora, ancora e…ancora. Non riusciva a stare in equilibrio sulla tavola con gli occhi chiusi e si stava visibilmente arrabbiato per via di questa storia, ciò non poteva evitare di farmi ridere << Il tuo problema è che surfi troppo con questo >>  dissi indicando il cervello con l’indice destro << E troppo poco con questo >>  feci scendere il dito indicando il mio cuore << Guarda e impara dilettante >>  tornai a stendermi sulla mia tavola e a remare contro le onde, presi l’onda, era mia, potevo controllarla, io avevo il potere di farlo. Chiusi gli occhi ed ascoltai come mi sussurrava in che modo muovere il mio corpo, aprii le braccia e mi mossi con naturalezza sulla cresta dell’onda. Presi un respiro profondo sentendo una sensazione di pace interiore, quando avvertii di stare arrivando alla fine dell’onda aprii gli occhi e mi piegai per tornare a stendermi sulla tavola. << Hai visto come si fa? >>  chiesi entusiasta una volta essere arrivata vicino a Ryan << Taci presuntuosa >>  allungando il braccio sinistro mi diede una spinta, una spinta potente in grado di farmi cadere in acqua, riemersi praticamente subito e mi aggrappai alla mia tavola poggiandoci le braccia sopra << Impara ad accettare il fatto che IO sono una surfista migliore di te >>  dissi usando un tono che non ammetteva repliche ma allo stesso tempo scherzoso, la sua attenzione però, era stata catturata da qualcos’altro << Hanon, guarda >>  mi disse lui, tornai a sedermi a cavallo sulla mia tavola e puntai lo sguardo nella sua stessa direzione. Stava osservando il tramonto e capivo perfettamente perché lo stava facendo. << È bellissimo >>  affermai guardandolo, il sole rosso sembrava nascondersi dietro al mare che era reso dorato da esso, il cielo gli faceva da sfondo con delle sfumature gialle ed arancioni, sembrava tutto così vicino, così tanto che allungai il braccio destro come se lo potessi toccare con la mano. << Sì, lo è >>  mi voltai verso di lui, mi stava guardando, io accennai ad un sorriso ma lui si voltò dall’altra parte per tornare a guardare il panorama. Continuai ad osservarlo, quel ragazzo continuava ad essere un enigma per me, eppure qualcosa in lui cercava di parlarmi.
Venerdì. Ore 20:00. Tra un’ora la festa comincerà. Tiro un profondo respiro. Tra un’ora qui ci sarà l’inferno. Riuscirò a gestirlo?




*Angolo autrice*
Yeyyy eccomi quiii...il primo capitolo dell'anno nuovooo...hey ci ho messo meno di un mese questa volta per postare lol faccio progressi u.u e cecherò di farli sempre u.u
Beh parlando del capitolo...in realtà preferisco lasciare a voi i commenti e le recensioni lol, spero solo che vi sia piaciuto, che continui a farvi ridere la simaptia di Lea e May e che magari qualcuno di voi riesca a vedere oltre. Non dirò oltre cosa, non specificherò, chi capisce capisce chi no...beh capirà più in là u.u
Ringrazio Maddy, GioDiRen, MusicHeart e Cande_la mia vita che continuano a sostenermi ed a recensire questa storia *-*
Vi chiedo scusa se ritardo sempre troppo e vi ringrazio anche per la paizenza lol e per la costanza che nonostante tutto il tempo che impiego voi continuate a leggere HAHAHA..........Ma cercherò di migliorare con i tempi, o almeno ci provo u.u
E beh niente, ora vi alscio. Un bacio a tutte le lettriciii e....al prossimo capitoloooo

 

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Capitolo 6
*** Il party ***







~~<< Hanon vieni qui! >> Ryan mi chiamò dal piano di sotto, sospirai per poi rispondergli << Arrivo! >>. Osservai ancora una volta la mia immagine riflessa nello specchio della stanza del personale per controllare che la mia divisa fosse apposto. Sospirai e poi mi affrettai ad arrivare in cucina << Chiudi a chiave tutte le porte delle stanze ai piani superiori, nessuno deve avervi accesso. Quando hai finito vieni in salotto a darmi una mano per togliere tutto ciò che sia fragile e quindi di facile rottura >> annuii col capo alle sue parole per poi obbedire ai suoi ordini. Chiusi una a una tutte le porte e infilai le chiavi nel taschino della mia uniforme. Devo dire che rimasi sorpresa dalla prudenza di Ryan, insomma un’idiota qualsiasi che avrebbe mirato solo al divertimento non avrebbe certo pensato a preoccuparsi di queste cose. Togliemmo i vasi di cercami e soprattutto quelli di cristallo dal soggiorno, Ryan mi disse di portare tutto nello sgabuzzino al piano inferiore.
Allo scoccare delle 21:00 precise la sala iniziò a riempirsi di gente, tutti amici di Ryan, quest’ultimo fece partire la musica con lo stereo alzandolo ad un volume abbastanza eccessivo. Ammetto che non mi dava fastidio, non più di tanto, ascolto musica con le cuffie a tutto volume, tutti i giorni e finché non ci sono canzoni idiote, no-sanse posso sopportarle. Il mio lavoro consisteva nello stare dietro al bancone della cucine e servire tutti gli animali ritardati che mi si presentavano davanti esaudendo le loro richieste. << Hey piccola, dammi un bicchiere di ginger >> feci un respiro profondo, ero obbligata a sorridere? No, giusto? Così mi limitai a prendere un bicchiere, versare il drink e poggiarglielo davanti. << Hey sguattera, fammi due bicchieri di tequila >> oh mio Dio. Mi mancava miss simpatia per gioire ancora di più in questa serata, ovviamente seguita dalla sua amichetta/damigella o quel che sia, ma perché cavolo aveva invitato anche lei?! Pensa ai soldi Hanon. Lo fai per i soldi. Tanti soldi. Questo era il mio mantra, continuavo a ripetermelo per non dare di matto, anche se, per ripetere un mantra in fondo, stai già dando di matto. Courtney è davvero la ragazza più irritante che io abbia mai conosciuto in tutta la mia vita e ancora adesso, onestamente, non capisco il suo odio a prima vista nei miei confronti. Servitogli il bicchiere come da lei richiesto, d’un tratto me la ritrovai a sputare il tequila, riuscii a scansarla, per fortuna. << Che schifo! È caldo! >> << Non è un problema mio. Se non ti piace non berlo >> quella ragazza sapeva esattamente come portarmi all’orlo della pazienza in meno di due minuti. << Andrò a lamentarmi con Ryan. E ti farò licenziare >> << Che paura Courtney, sto tremando >> mai e poi mai mi sarei scusata. Non con lei. Guardai l’orologio, la festa era iniziata da poco più di un’ora e mezza e a me sembrava già un’eternità. Continuavo a lanciare delle occhiate alla porta nella speranza di vedere dei volti amici, ma di May e Lea non c’era neanche l’ombra. Due ragazzi entrarono nella cucina, uno dei due aveva una bottiglia intera di birra nella mano destra, bottiglia che di certo non aveva preso da me. Era definitivamente sballato, l’amico faceva fatica ad aiutarlo, cavoli se erano già in queste condizioni all’inizio della festa, come sarebbero arrivati alla fine? O meglio, ci sarebbero arrivati? Il ragazzo brillo fece cadere la bottiglia di birra schiantandola sul suolo. Grandioso, pensai, ora dovevo anche ripulire e fare attenzione al vetro. << Sei proprio fuori eh? >> il suo amichetto, che teoricamente avrebbe dovuto aiutarlo e supportarlo, lo derideva, una cosa l’ho capita, in queste feste ci sono e ci saranno sempre e solo coglioni. Mi chinai per raccogliere i pezzi di vetro dal pavimento quando notai che quei due imbecilli stavano per prendere una bottiglia intera di birra, questa volta dal bancone. Mi alzai di scatto e gli tolsi la bottiglia da mano riponendola sul tavolo << Hey voi due. Non pensateci nemmeno. Fuori di qui forza. O vi prendo a pedate >> incrociai le braccia guardandoli, li guardai severamente, in modo che capissero che non stavo scherzando. << N-non sei molto carina >> onestamente, restai sorpresa dal fatto che quel tizio ubriaco riuscisse a formulare ancora una frase coerente. << Non devo essere carina. Per l’ultima volta. Fuori di qui. >> << Sì, sì, ho capito. Ce ne andiamo. Che lagna >> questa volta a rispondermi fu l’altro. Con che razza di gente mi toccava aver a che fare…poggiai gli occhi sul pavimento. Sì, dovevo sistemare quel disastro, stavo per chinarmi quando una voce familiare richiamò la mia attenzione << Hanon! >>. Mi voltai di scatto e riconobbi subito May seguita da Lea, la prima era vestita in modo normale, una t-shirt verde acqua con il numero 68 sopra e degli shorts di jeans, l’altra aveva un corpino nero con dei piccoli fiori rosa, sotto, una gonna corta davanti e più lunga dietro dello steso colore dei fiori. Ai piedi, una portava i bikini, l’altra delle ballerine nere. << May! Lea! Che bello vedervi, cominciavo a perdere le speranze >> esultai avvicinandomi verso di loro. << Sì, ma siamo venute solo per te >> specificò prontamente la ragazza dai capelli castani, le sorrisi, stavo per risponderle ma venni interrotta dall’ arrivo di…Ryan. << Ma che cavolo è successo qui terra?! E voi due? Non ricordo di avervi invitato >> e ovviamente gli occhi di Ryan passarono in rassegna prima me e poi loro, a prendere le redini della situazione fu May << Ci ha invitato qualcuno di più importante >> sollevò il mento e si mise a braccia consorte guardandolo. << Davvero? E chi? Bred Pitt? >> Ryan imitò i suoi gesti, la ragazza fece una finta risatina << Come se Bred Pitt si presentasse ad una festa organizzata da un ricco, inutile, figlio di papà. Scendi dal piedistallo Carter >> << Fallo prima tu, Allen >>. Non mi piaceva per niente la piega che stava prendendo la loro discussione, incrociai lo sguardo di Lea ed ero estremamente sicura che fosse d’accordo con me. C’era tensione tra quei due, certo che anche Ryan, che tempismo perfetto per arrivare a dare uno sguardo alla cucina. Decisi di intervenire prima che quei due continuassero a stuzzicarsi << Mi dispiace Ryan, le ho invitate io, non pensavo fosse così grave >> gli occhi azzurri di Ryan tornarono a posarsi su di me << Non lo è infatti, ma preferivo essere avvisato. Ora, mi spieghi che cavolo è successo lì terra? >> con il pollice destro mi indicò il disastro appena creato da quei due mocciosi ubriachi. << Due idioti ubriachi hanno fatto cadere la loro bottiglia di birra, che per la cronaca, non hanno avuto da me. Comunque ripulisco subito >> mi diressi verso il disastro che era sul suolo, mi chinai, ma prima che potessi raggiungere i pezzi di vetro, qualcuno afferrò il mio polso tirandomi su. << Ma che fai?! Sei un’idiota, così rischi di farti male col vetro. Ci sono i guanti sotto al lavello, prendi quelli per alzare i pezzi di vetro da terra. >> sorprendentemente Ryan mi aveva gridato contro, okay, non ho tre anni, non mi faccio male raccogliendo qualche pezzettino di vetro a mani nude, ma in ogni caso decisi di dargli ascolto. << Io non capisco perché sopporti tutto questo! >> << Eddai May! Ryan stava soltanto cercando di aiutarla. Le ha dato un consiglio! >> Lea fece un sospiro alla fine della frase. << No, gliel’ha ordinato e l’ha anche insultata. >> << Non l’ho insultata. E anche se gli avessi dato un ordine, lei lavora per me ed è anche ben pagata. Ho il diritto di dargli degli ordini! >> Ryan si avvicinò alla ragazza castana, io lo imitai subito dopo aver preso i guanti dal mobile, volevo cercare di calmare le acque prima che facessero esplodere la terza guerra mondiale. << Hey! Perché non ci calmiamo? Ryan, torna alla festa, va a divertirti, qui ci penso io e May…Ryan ha ragione. Lavoro per lui, mi ha soltanto ordinato di eseguire il mio lavoro, ciò per cui vengo pagata. Inoltre tutto questo è solo una questione di tempo, quando diventerò una famosa surfista, ricca e conosciuta in tutto il mondo, non dovrò più prendere ordini da nessuno! >> mi vantai scrollando le spalle e sorridendo ai tre ragazzi che avevo di fronte. May e Lea si scambiarono uno sguardo, Ryan invece mi scrutò con fare perplesso per qualche secondo prima di aprire bocca << Quanti anni hai? >> quella domanda mi colse leggermente alla sprovvista ma risposi ugualmente << Ventuno >> << E credi ancora nei sogni? Cioè tu pensi che i sogni si possano avverare? >> e me lo chiese in un modo così scioccato che riuscì a sconvolgere anche me << I-io…sì. Io credo se lotti per qualcosa alla fine la ottieni, insomma non importa quanto sia grande un sogno, ma quanto fortemente ci credi >> << In pratica…quanto fortemente ti illudi >> questa volta a prendere la parola fu May seguita da Lea << Ohw che carina, credi ancora nei sogni >> mi sorrise guardandomi come se fossi un peluche o un bambino ingenuo. << Sai, hai l’età giusta, dovresti iniziare a capire che certe cose non esistono, come le fate, i folletti, i sogni… >> e sì, Ryan mi stava prendendo in giro << Odio dirlo, ma Ryan ha ragione. Svegliati Hanon >> << Tanto prima o poi i tuoi sogni crolleranno comunque come un castello di carte di dieci piani al soffio del vento. Quindi tanto vale che siamo noi a soffiare sul tuo castello non credi? Lo so che è difficile, ci sono passata anche io, ma devi imparare a guardare in faccia la realtà >> Lea poggiò entrambe le mani sulle mie spalle, è come se parlasse con una pazza, come se LEI non fosse pazza. Con un gesto della mano destra feci cadere la sua mano dalla spalla togliendola << Who! Non trattatemi come se fossi matta. Io sono convinta di ciò che dico e di ciò che penso. E sono disposta anche a fare una scommessa. Con tutti e tre. >> incrociai le braccia e incrociai i loro sguardi uno ad uno. Come sospettavo il primo a rispondere alla sfida fu Ryan << Ci sto. Ma cosa scommettiamo? Non ho bisogno di soldi io >> alle sue parole scrollai le spalle << Se vinco io, voglio che ognuno di voi mi riveli il suo più grande sogno prima che smettesse di crederci e riprovi ad avverarlo. Per quanto riguarda voi, avete tutto il tempo per pensarci >> << Perfetto. Ora torno di là, tu pulisci quello schifo a terra >> << Sissignore >> risposi mentre lui si dirigeva verso l’altra stanza.  << Ti do una mano >> May mi si avvicinò per aiutarmi a raccogliere i pezzi di vetro, Lea invece prese il vassoio con le tartine << Questo va sul tavolo che si trova nella sala? >> chiese guardandomi << Sì, perché? >> << Così, lo porto io, va bene? >> la guardai torva << Non è necessario Lea, adesso finisco qui e lo faccio io >> << Non hai capito Hanon, lei non lo fa per aiutarti, ma per dare uno sguardo ai ragazzi che ci sono di là passando inosservato. Non lavora nel suo locale figurati qui >> scoppiai a ridere alle parole di May e anche per l’espressione che aveva fatto alzando gli occhi al cielo << OH! Io già faccio tanto. E comunque, sì lo faccio per aiutare Hanon! >> fece una linguaccia per poi gettarsi nella sala degli squali, dove la musica rimbombava a tutta forza e le luci colorate accecavano il posto. Pochi minuti dopo, la ragazza dai capelli colorati tornò da noi sclerano << No! No, oddio. Voi non potete capire. Di là ci sono i più fighi della Gold Coast. No, okay, ho bisogno di bere. Dov’è il vodka alle fragole? >> presi la bottiglia di vodka alle fragole e versai un bicchiere per la mia amica << Vacci piano con quella roba Lea! Sai che tendi a dare i numeri molto velocemente! >> la castana la mise in guardia puntandole l’indice destro contro << Tranquilla, ci metto un po’ più di ghiaccio, ecco prendi >> tesi il bicchiere a Lea, lei prese posto sullo sgabello vicino al bancone << Comunque io so controllarmi! >> << Sì, certo Lea, come vuoi. Hanon, ne versi un po’ anche a me? >> << Subito! >>. Lea e May fecero un giro nella sala, più che altro per costrizione della prima, May voleva convincermi ad andare con loro, in realtà lo volevano entrambe ma era giusto rimanere alla mia postazione. Non sia mai dovessero tornare alla carica idioti ubriachi come quelli di prima. << No, allora NO. Voi non capite. Axel mi ha guardata, mi ha sorriso e mi ha fatto l’occhiolino. Okay? ALEX. Insomma capite?! Dopo Ryan è il più figo della Gold Coast. Domani ci incontreremo casualmente sulla spiaggia e lui mi dirà che mi ha notata >> << Carina, e poi sono io quella che sogno giusto? >> chiesi ironica << Io non sogno, mi faccio film mentali okay? Ho un piccolo mondo pieno di film mentali e sogni ma so che resteranno lì perché io li differenzio dalla realtà >> << Ah certo! Ora mi è tutto chiaro >> << Ti prego, per la nostra sanità mentale, non fargli altre domande >> May sollevò le mani in segno di supplica << Farle >> pronunciammo all’unisono io e Lea. << Cosa? >> la ragazza dai capelli castani ci guardò confusa, a darle subito una spiegazione ci pensò Lea << Farle altre domande. Sono una ragazza. Fare a lei, non a lui. Quindi è farle, non fargli >> May roteò gli occhi << Mm…che palle! È la stessa cosa >> << No, non è la stessa cosa. È grammatica >> ancora una volta io e Lea parlammo all’unisono. Verso le due la madre di May le ordinò di tornare a casa, ovviamente anche quella di Lea. Così salutai le ragazze e ripresi a lavorare normalmente. Il mio cellulare iniziò a squillare, così notai le cinque chiamate perse di mio zio << Pronto? ...sì, zio calmati…no, ascolta, sto lavorando. Non so a che ora finisce, ma tu va tranquillo e dormi, okay? Un bacio >> attaccai senza lasciargli il tempo di controbattere, mio zio sembrava leggermente arrabbiato, e io ero leggermente stanca, troppo per discutere con lui o con chiunque altro. La festa continuò fino alle quattro di mattina, Ryan veniva a controllare di tanto in tanto che fosse tutto apposto, erano le quattro di mattina quando lo vidi entrare per le quarta volta, questa volta però, si sedette sullo sgabello di fronte al bancone.  Fece un sospiro, le bottiglie erano praticamente vuote, anche il cibo era finito. << Cavalo, non sanno proprio darsi una regolata certi idioti >> << Che è successo? >> mi strofino gli occhi con i dorsi delle mani, ammetto di avere sonno. << Erano ubriachi, a terra e non volevano andare via, li ho dovuti cacciare. La festa è finita >> << Bene, significa che posso andare a casa, giusto? >> chiesi speranzosa…ma i miei piani vennero sfasciati di colpo dalla risata del biondo << A casa? No, devi prima sistemare il porcile che hanno lasciato di là. Su dai, vai a raccogliere tutta la roba di plastica e gettala nella busta della spazzatura, io raccolgo le bottiglie di vetro di qua e poi vado a letto >> LETTO. Anche io avevo urgentemente bisogno di un letto. << Ma dai…non posso sistemare domani? O che so, io sistemo le bottiglie e tu togli il porcile? >> << Non ci penso proprio. Vieni pagata per una ragione, vai e non lamentarti Hanon >> presi un lungo respiro, dai Hanon, zitta, muta e vai avanti. Presi la busta enorme, trasparente e mi diressi verso il salone, porca miseria, mai visto così tanto caos in tutta la mia vita e vivo con due fratelli. C’erano, bicchieri, fazzoletti, piatti e non so quant’altro a terra, quelli erano vandali non ragazzi. Mi chinai e iniziai a raccogliere la roba, cavolo c’era anche del liquido colorato che non avevo più pallida idea di cosa fosse e non volevo averla. Arrivai ai piedi del divano e mi fermai a fissarlo. Ryan ha appena cominciato a togliere di mezzo le bottiglie no? Ne avrà per almeno dieci minuti…dieci minuti, solo dieci minuti per riposare gli occhi. Mi stesi sul divano stendendomi sul fianco destro e chiusi gli occhi per fare un breve riposino.
Con fatica, aprii gli occhi, la luce del sole me li stava praticamente bruciando, la odiavo in quel momento. Mi coprii il viso con entrambe le mani << Chiudete le tende >> mormorai disperata << Non ci penso proprio. È ora di alzarsi bell’addormentata >> quella voce. Scostai di poco l’indice destro separandolo dalle altre dita, vidi un girovita, un paio di jeans sbottonati, percorsi con lo sguardo l’addome palestrato del ragazzo, fino ad arrivare al volto, era Ryan. Tolsi le mani dal viso, tastai con le mani qualcosa di morbido che era sotto di me, un materasso, feci leva sulle braccia e mi sollevai sui gomiti, chiusi l’occhio sinistro ancora assonnata e infastidita dalla luce per poi guardarmi leggermente intorno. Era la camera di Ryan. << Ma cosa…mi hai portata tu qui? >> guardai in basso, avevo ancora l’uniforme di lavoro, l’ultima cosa che ricordavo era che mi ero addormentata sul divano. << No…ci sei arrivata volando. Certo che ti ho portata io Hanon, svegliati >> << Sì, sì, mi sto svegliando. Dammi tregua >> il letto di Ryan era abbastanza grande, una piazza e mezzo mi pare, mi strofinai leggermente gli occhi con la mano destra e poi lo guardai, una domanda mi sorse spontanea << Ma…tu dove hai dormito? >> non che mi desse fastidio in caso di risposta affermativa, insomma, quella era sempre la sua stanza e il suo letto. Aveva già fatto tanto non lasciandomi sul divano o peggio svegliandomi per lavorare. << Secondo te? Sul mio letto! Dove volevi che dormissi?! Ti ho portata qui per non farti svegliare col dolore alla schiena, mi servi in forma per riordinare tutto ciò che non hai riordinato ieri sera, e mettere apposto la roba che avevamo tolto di mezzo >> oh mio Dio. Il caos che c’era di sotto…la mia voglia di lasciarmi cadere nuovamente sul materasso era tanta. << Posso fare una doccia e cambiarmi l’uniforme prima di iniziare? >> << Sì, ma muoviti, sono già le 13:00 >> sgranai gli occhi, le 13:00?! Dovevo chiamare mio zio, mi affrettai a prendere il mio cellulare dalla tasca del grembiule << Ci ho già pensato io, tranquilla. Ho detto a tuo zio che avresti dormito qui, nella stanza degli ospiti perché eri troppo stanca. Voleva venirti a prendere, ma alla fine ha rinunciato >> Ryan afferra una t-shirt bianca da sopra la sedia, la indossa e poi mi guarda << Su dai, muoviti >> << Sì, vado! >> mi alzai in piedi e ancora una volta mi guardai intorno, c’era qualcosa che non andava. << Dov’è Dalia? >> << Giorno libero, non avrei potuto fare la festa altrimenti. Sul comodino c’è una busta, prendila, sono i tuoi soldi. Puoi contarli, ci sono tutti >> detto ciò Ryan uscì fuori dalla sua stanza, senza aggiunge altro. Cavoli! In genere sono una persona mattiniera, non mi ero mai svegliata così tardi! Afferrai la busta, la aprii e contai i soldi al suo interno, dopo lo scherzetto del contratto di Ryan faccio attenzione a eventuali nuovi scherzi di cattivo gusto. Fortunatamente c’erano tutti. Riposi la busta nella borsa nel mio armadietto, presi i miei vestiti, quelli che indossavo il giorno prima, degli shorts di jeans chiari leggermente stracciati e un top azzurro corto davanti e lungo dietro, ai piedi un paio di scarpe di tela bianche. Andai a farmi una doccia veloce alzandomi i capelli e poi indossai i vestiti. Gettai l’uniforme nella lavatrice e la misi a lavare con il resto dei capi scuri. Era sta davvero una doccia rigenerante. Scesi le scale al piano di sotto e rimasi letteralmente sorpresa nel vedere che tutto era perfettamente in ordine. Tutto. Ogni gingillo era ritornato al suo posto, non una traccia della festa della serata precedente. << Ma cosa… >> Ryan entrò nel salotto e mi guardò ridendo << Consolati, l’impresa di pulizia ha fatto la magia. Sapevo che tu non ci saresti mai riuscita. Non da sola e non ieri sera >> lo guardai a bocca aperta << Razza di…sapevi che sarei crollata ieri sera! >> << Oh sì, era ovvio. Non saresti neanche riuscita ad arrivare fuori la porta. Non dovevi solo cambiarti l’uniforme? >> lanciai un’occhiata ai miei vestiti << Beh…Dovevo farmi la doccia e poi ho pensato che potevo lavorare anche così se non c’era nessuno in casa >> << Va bene, meglio così. Ci siamo risparmiati il tempo. Su, andiamo >> Ryan prese delle chiavi dal centrotavola in salone, lo guardai torva << Andiamo dove? >> << Non fare domande e cammina, prima passiamo a prendere la tua tavola da surf, poi a mangiare e poi a surfare dove dico io >> iniziò a camminare verso la porta senza degnarmi più neanche di uno sguardo << E dove dici tu? >> << Cammina e non fare domande Hanon! Muoviti! >> sentii il suono della porta aprirsi << Ma…Ryan! Aspettami >> camminai a passo svelto per raggiungerlo e lo seguii fuori casa.





*Angolo autrice*
Yeyyy ed eccoci quiiii!!! Allora, come va? Spero che qnche questo capitolo vi sia piaciuto u.u Che dire di Ryan, so comporta in modo un po' cinfusionario no? O forse è più chiaro di tutti...chi può dirlo? (Io ma non lo farò 😊) e Hanon? Forse lei è un po' confusa, non riesce a mettere a fuoco questo ragazzo ambiguo 😂. Poi abbiamo sempre le mitiche Lea e May pronte a farci ridere. Senza ombra di dubbio una scena madre è quella della scommessa. Vi va di partecipare? Su chi scommettete? Chi credete abbia ragione? Hanon oppure Ryan, Lea e May? A voi la scelta. Un bacio grande a tutte voi che leggete e recensite, domani risponderò anche alle vostre recensioni *-* besos guapasss 💋❤
A prestoooooo <3

 

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Capitolo 7
*** Un angolo di Paradiso ***







~~Ryan uscì dall’auto, avanzò verso casa mia, o meglio casa di mio zio, lo affiancai e bussai il campanello arrivando alla porta prima di lui. << Hanon! Finalmente! Ero in pensiero per te! >> mio zio venne ad aprirmi con indosso un paio di bermuda, passò lo sguardo da me a Ryan rapidamente per poi tornare a me.  << Tranquillo zio, sono viva, sana e vegeta. La serata è stata…davvero impegnativa >> << Sì, e tua nipote è crollata sul mio divano >> mi interruppe Ryan, gli lanciai uno sguardo, era forse un segnale per non farmi dire a mio zio che avevo dormito sul suo letto? Qual era il problema? << Sì…e sono venuta a prendere la mia tavola da surf perché dobbiamo andare ad allenarci >> avanzai per entrare in casa, ma mio zio mi si parò davanti << Posso prendertela anche io la tavola, tesoro, dimmi solo dov’è >> lo guardai torva, era una mia impressione o non voleva che entrassi in casa? Con la mano destra poggiata sul suo petto, lo spostai lentamente dalla mia traiettoria << Sta tranquillo zio, sono capace di prendermela da sola >>. Entrai in casa e Ryan mi venne dietro, passando dalla cucina non potei evitare di notare una donna, era girata di spalle con solo il suo completino intimo addosso, completino nero in pizzo che lasciava ben poco all’immaginazione, era alta, slanciata, con dei boccoli scuri che le scendevano morbidi sulla schiena. Incrociai le braccia e mi voltai verso mio zio << ”Ero in pensiero per te!” Wow. Vedo quanto eri preoccupato per me >> mi morsi il labbro inferiore continuando a guardarlo con aria di rimprovero, mio zio Zac, come suo solito, assunse un’espressione da innocente con una risatina innocua << Beh…ma lei è stata prima, cioè ero anche io a una festa, dopo mi sono preoccupato, ma Ryan mi ha assicurato che stavi bene e…insomma >> << Insomma? >> ripetei guardandolo << Che culo! >> l’affermazione di Ryan mi spinse a volgere lo sguardo verso di lui, era poggiato allo stipite della porta della cucina a godersi la scena. << Sì, hai visto? E non solo quello, te lo assicuro >> sussurrò mio zio avvicinandosi a lui e puntando anch’egli gli occhi sul posteriore della donna. << La mia stima per te è sempre in crescita >> << Grazie Ryan, modestamente >> i due si diedero un pugno, gesto che mi fece alzare gli occhi al cielo. << Siete patetici! >> << Non prendertela Hanon, anche tu hai un bel culo >> << Cosa!? >> affermammo all’unisono io e mio zio. Ryan scrollò le spalle, il suo sguardo passò da me a lui e con estrema non curanza disse << Che c’è? È la verità ed è un complimento >> << Beh…grazie, ma non è il genere di  apprezzamento che mi fa piacere ricevere. Quindi non farli. Intesi? >> era vero che mi aveva dato fastidio il modo in cui lo aveva detto, ma non di certo l’apprezzamento, insomma, come aveva detto lui era pur sempre un complimento e a chi non piace riceverne? << Zac, buongiorno. E lei chi è? >> miss intimo 2016 sembrava essersi appena accorta della nostra presenza, notai che non chiese chi fosse Ryan, probabilmente era molto conosciuto da chiunque nella zona. Mi voltai e sorrisi alla donna che si era accomodata a tavola con un piatto di pasta davanti << Sono sua figlia, tu sei la mia nuova mamma? >> scherzai facendo una voce da bambina, sentii la risatina di Ryan alle mie spalle che probabilmente cercava di nascondere dietro la mano destra, la donna sbiancò di colpo in viso << Cosa?! >> wow. La notizia l’ha davvero scioccata, se uno sguardo potesse davvero uccidere, in questo momento mio zio sarebbe cenere. << Hanon! Cosa…NO! Tranquilla Eleonor, ti prego di scusarla, a mia NIPOTE piace scherzare. >> zio Zac calcò  bene il legame di parentela che c’era tra noi, al contempo si avvicinava con cautela alla donna prendendo posto al suo fianco. Quest’ultima sembrò calmarsi visibilmente, i suoi occhi mi passarono in rassegna, adesso ero io quella che voleva uccidere. Scrollai le spalle e mi voltai verso Ryan << Vado a prendere la tavola >> << Ti aspetto qui >> come se avessi avuto dubbi. Mi diressi rapidamente verso le scale, entrai nella mia stanza e presi la mia tavola e la borsa con il telo del mare. Ritornata di sotto vidi una scena vomitevole, quei due a pranzare che si imboccavano l’un l’altro, Ryan continuava ad osservare la donna senza far trasparire alcuna emozione. Sospirai << Andiamo? >> chiesi arrivando al suo fianco << Certo! Ciao Zac, signorina >> fece un cenno col capo per poi avanzare verso la porta << Ciao zio, tizia che non rivedrò mai più >> sollevai la mano destra per salutarli << Hanon, aspetta! A che ora torni? >> mio zio si affrettò ad avvicinarsi a me per pormi la domanda, scrollai le spalle << Non lo so ancora, te lo farò sapere okay? Ciao >> gli diedi un bacio sulla guancia e filai via. Posai la mia tavola da surf nell’auto di Ryan insieme alla borsa e poi salii al lato del passeggero. << Ryan, possiamo andare a mangiare prima di andare ovunque tu voglia andare? Sto morendo di fame >> protestai sentendo il mio stomaco brontolare, lui fece un cenno di assenso col capo << Sì, tranquilla. Ora andiamo al ristorante  sulla spiaggia a pranzare e poi ti porto dove ti devo portare >>. Mi voltai indietro per osservare meglio quell’auto, Ryan aveva abbassato ben cinque sedili per fare entrare intere le nostre tavole << Wow. È un auto molto spaziosa, ha sette posti, giusto? >> << Sì, è una infiniti jx35 grigia >> osservo la strada, siamo arrivati. << Comunque il colore della macchina lo avevo notato >> affermai prima di aprire lo sportello. Prendemmo posto a uno dei tavolini che erano fuori, in meno tempo del previsto Lea si avvicinò a noi << Hanon! Ciao >> mi abbracciò e poi guardò Ryan << Ciao Ryan >> lui fece un cenno col capo per salutarla, Lea puntò nuovamente i suoi occhi marroni su di me << Hanon, questa sera verrai alla festa sulla spiaggia? >> corrugai la fronte, non ne sapevo nulla << Ehm beh…credo di poter affrontare un’altra festa, soprattutto se non devo fare la cameriera >> << Fantastico, oggi dormirò tutto il  giorno per essere abbastanza sveglia per stasera >> finita la frase Lea fece uno sbadiglio << Scusate se interrompo la vostra conversazione, ma io avrei fame. Lea portami un panino con doppio cheeseburger, beacon e uova sbattute, e anche una porzione di patatine fritte. Da bere una coca >> fu così che Ryan interruppe la nostra conversazione, davvero avrebbe mangiato un panino con tutta quella roba? Mi ricordava i miei fratelli Matt e Thomas, a proposito, dovrei fargli una chiamata questa sera. << Okay. Segnato tutto…credo. Hanon, tu invece cosa vuoi? >> Lea aveva appena finito di scrivere sul suo block-notes l’ordinazione di Ryan << Io prendo un cheeseburger con insalata e pomodoro, da bere un succo a pesca e anche io una porzione di patatine >> finito di scrivere anche la mia ordinazione fece un cenno col capo per poi gridare << Madisooon >> il nome della sorella andando via. Mi faceva sempre sorridere il suo modo di fare, tornai a rivolgere lo sguardo sul ragazzo che mi sedeva di fronte, anche lui fissava Lea, ma in modo diverso dal mio, direi più inquietato. << Quante probabilità ho che mi arrivi ciò che ho richiesto? >> chiese osservando ancora la mia recente amica, risi negando col capo << Ma dai! Non essere così cattivo. Sono sicura che abbia preso bene le ordinazioni >> << Fortuna che uno di noi lo è. >> beh in realtà più che esserne sicura, ci speravo. << Sapevi della festa di questa sera? >> << Sì, certo. Qui ce ne sono spesso una o due a settimane sulla spiaggia. E se non è una festa c’è comunque un casino di gente a divertirsi >> annuisco col capo alle sue parole << E perché ne hai organizzata una ieri sera da te sapendo che oggi ce ne sarebbe stata un’altra? >> chiesi onestamente stranita dalla cosa, che senso aveva? << Perché mio padre era fuori e mi andava di organizzare una festa. Fine >> scrollai le spalle continuando a non comprendere, onestamente l’unica cosa che iniziava ad interessarmi era il cibo. Fortunatamente Lea arrivò con le ordinazioni, con piacere di entrambi corrette. << Lea, non credi di aver dimenticato qualcosa? >> chiese Ryan osservando il suo piatto, la ragazza scrollò le spalle << Io dimentico sempre qualcosa, quindi ti conviene dirmelo se lo sai, altrimenti non lo scopriremo mai >> << Le salse Lea. Hai dimenticato di portarmi le salse. Il ketchup e maionese >> Ryan gli segnalò il piatto, io iniziai a mangiare il panino, Lea osservò il foglietto con l’ordinazione << Però non me le hai chiesto… >> << Perché in genere tua sorella me le porta e basta. >> era evidente che stava già iniziando a spazientirsi, questo ragazzo non ha molta pazienza. Lea sbuffò tornando indietro a prendere le salse.
Subito dopo finito di pranzare, tornammo alla macchina, Ryan la parcheggiò vicino al molo e poi mi ordinò di seguirlo prendendo la tavola e la borsa. Non capivo dove stessimo andando e lui non mi dava risposte, mi diceva di fare silenzio e limitarmi a seguirlo, che nervi questo ragazzo. Lo vidi avvicinarsi a uno yacht bianco e salirci sopra, era uno yacht bellissimo, non eccessivamente grande, ma neanche piccolo. << Su muoviti, passami la tavola >> tese le braccia verso di me una volta salito sull’imbarcazione, affinché gli passassi la tavola, lo feci mentre i miei occhi continuavano ad essere attirati da quell’enorme mezzo di trasporto. << Wow. È tuo? >> << No, lo stiamo rubando >> << COSA?! >> affermai sgranando gli occhi e guardandolo scioccata << Sto scherzando Hanon, è ovvio che sia mio. Ci vogliamo muovere? Sali >> sembrava che quell’idiota si divertisse a farmi venire dei colpi al cuore. Non mi diede neanche una mano a salire sullo yacht, sbuffai, fortunatamente era più facile di quanto sembrasse salirci. Seguii Ryan al timone, dopo averlo aiutato a sciogliere le corde che trattenevano lo yacht al molo. Inevitabilmente mi avvicinai alla ringhiera per osservare il mare sotto di noi, era davvero una sensazione bellissima. Cominciai a girovagare all’interno di quell’enorme sorta di casa galleggiante, scendendo le scale sembrava davvero un’enorme casa di lusso, era arredata in tema moderno, i colori in prevalenza erano il nero e il bianco. Il salone era enorme, c’erano quattro divani in pelle bianca, il pavimento era tappezzato con una sorta i tappeto col crema e c’era un televisore a schermo piatto di circa 50 pollici. C’erano anche due stanze da letto, una cucina e un bagno, tutto si intonava perfettamente e sembrava essere nuovo. Non  mi azzardai a toccare i comandi per timore di combinare qualche guaio, tornai da Ryan che era intento a portare la barca. << Questo coso è stupendo, insomma è…tutto fantastico >> ero davvero eccitata e le mie parole uscivano senza controllo dalle mie labbra. << Lo so, su queste cose mio padre non risparmia mai >> mi morsi il labbro inferiore osservando il timone, indecisa se fare o meno la domanda che volevo fargli, alla fine decisi di buttarmi e farla comunque << Hey Ryan, posso provare a portarla? >> << Sì, certo. Dopo te la faccio portare >> sgranai gli occhi, avevo sentito male? << Sì?! Sul serio?! Dopo…dopo quando? >> ero davvero euforica all’idea di portare un aggeggio del genere << Quando avrò deciso che la mia vita non vale più nulla e vorrò suicidarmi, allora te lo farò portare okay? >> corrugai la fronte, mi stava prendendo in giro e io ci ero cascata come una perfetta idiota.  Incrociai le braccia e tornai vicino alla sbarra per vedere il mare << Non sporgerti troppo Hanon, non mi tufferò a salvarti >> << So nuotare! Non ho bisogno di essere salvata >> protestai facendogli la linguaccia. Arrivammo su un’isola deserta, Ryan scese per primo portandosi con sé la sua tavola, gli passai anche la mia e successivamente scesi anche io dallo yacht. << Che posto è questo? >> mi guardai intorno girando su me stessa << Un piccolo angolo di paradiso, seguimi >> obbedii senza fare domande << Su quest’isola non viene mai nessuno, almeno non che io abbia mai visto. Si sta tranquilli e…si può surfare  >> concluse quando arrivammo a un’altra parte dell’isola. C’erano delle onde fantastiche, perfette per essere cavalcate, sembrava ci stessero chiamando e non c’era nessun’altro, solo noi e le onde. << Pronta ad allenarti? >> << Puoi scommetterci >> facemmo una corsa verso il mare lasciando a terra i nostri zaini, ci buttammo letteralmente con il capo in due onde diverse per poi fare uno splendido take off, allargo le braccia mentre percorro l’onda verso l’alto, all’ultimo secondo faccio un giro a 180° in modo da scivolare giù dall’onda, ripeto il gesto per tre volte fino a quando l’onda non scompare del tutto << Whuu >> urlo sollevando le braccia prima di cadere in acqua. << Hey Hanon! Guarda che tube riding >> mi poggiai con gli avambracci sulla mia tavola da surf per osservare Ryan, il tube riding, detto anche intubarsi, consiste nel surfare un’onda rimanendo coperti dal labbro che l’onda forma nel frangere, ovviamente bisogna anche essere rapidi a uscirne quando l’onda collassa. Mi doleva ammetterlo ma Ryan era riuscito a eseguirlo in modo esemplare. Lanciò un urlo dopo aver eseguito la mossa << So farlo anche io sbruffone >> << Mostramelo! >> Ryan indicò le onde con l’indice destro, mi stesi sulla tavola e iniziai a remare verso di esse, dovevo attendere che arrivasse un’onda, l’onda giusta, eccola. Riuscii a entrare nell’onda, mi intubai al suo interno, con la mano destra sfiorai l’acqua con i polpastrelli delle dita, non credevo che potesse esistere un’emozione più forte di quella, essere lì, in quel posto, sentirsi in grado di poter avere il controllo su qualcosa più grande di te, qualcosa di immenso, sentirne di farne parte, fare surf è molto più di uno sport, è qualcosa che coinvolge il tuo corpo, la tua anima e la tua mente, il tutto senza dimenticare il cuore, che accelera prepotentemente a ogni secondo che passi sulla cresta dell’onda. Uscita dall’onda tornai a sedermi sulla mia tavola, mi stesi e remai con le braccia e muovendo le gambe così da avvicinarmi a Ryan << Hanon, se riusciamo a farlo durante la gara saranno sicuramenti punti alti >> nei suoi occhi si poteva vedere chiaramente quanto ci tenesse a vincere quella gara a coppie, anche se non mi era ben chiaro il motivo. Di sicuro non era il premio, qualsiasi fosse la cifra, i soldi non gli mancavano, forse è semplicemente spirito di competizione, fin dalla prima volta in cui l’ho visto ho capito che non è il tipo di persona a cui piace perdere, di certo io non ero da meno in questo ambito. Tuttavia Ryan aveva l’aria di uno che non avrebbe mai accettato la sconfitta, questa era la differenza tra me e lui, a me interessava vincere, ma interessava di più superare me stessa, lui invece sembrava interessato solo alla vittoria, fine. << Non ho problemi a farlo, tranquillo >> ero sicura di me, adoravo quella mossa e ormai mi apparteneva, non avevo dubbi in proposito. << Riesci a fare una rotazione a 360° saltando da un’onda? >> riflettei un attimo sulla risposta, a 360° non era facile << Sì, voglio dire, non sono un’esperta e devo perfezionarlo, ma so farlo >> ero sincera, sapevo farlo, lo avevo fatto già altre volte, ma non sempre con successo, però non sono certo il tipo di persona che si tira indietro davanti alle sfide, inoltre era già nei miei piani imparare a farlo alla perfezione. << Perfetto. Allora lavoriamo sul perfezionare la tecnica e controlliamo il tempo che impieghiamo nella sfida, okay? >> annuii col capo alle sue parole, ero d’accordo << Torna alla riva, nel taschino del mio zaino c’è il cronometro, iniziamo da quello e poi ci dedichiamo al salto >>. Feci come mi aveva detto, tornai alla riva, presi il cronometro dal taschino del suo zaino, feci partire il cronometro e gli feci segno con la mano destra di partire. Prima onda, perfetta. Alzò la mano, toccava a me, gli corsi incontro attesi che la sua mano toccasse la mia e mi precipitai in acqua. Lui aveva impiegato 30 secondi, non potevo essere da meno, presi l’onda usando la stessa tecnica di prima. Alzai la mano, corsi verso la riva e toccai la sua mano. Lo ripetemmo per tre volte, dovevamo prendere tre onde a testa in totale. Era così che funzionava la gara, si alzava la mano quando si era sicuri di aver preso l’onda giusta, così che i coach potessero dare il punteggio, intanto bisognava correre dal compagno e darsi il cambio. << Quanto? >> chiesi arrivando di corsa da Ryan, la domanda era chiaramente riferita al tempo << Tre minuti. Abbiamo impiegato tre minuti in totale, non è male ma possiamo fare di meglio e se perdiamo del tempo più, dobbiamo farlo solo per salto. Intesi? >> << Intesi >>. Riprendemmo fiato e poi lui aggiunse << Inoltre, c’è da calcolare che nella gara non saremo soli, qualcuno potrebbe prenderci l’onda che vogliamo >> negai energicamente col capo << Se stabilisco che un’onda è mia, lo è. Al costo di farmi venire gli altri surfisti addosso >> e sapevo che era davvero così, nel mare non permettevo a nessuno di battermi, non era presunzione, era una questione tra me e il mare. Ci allenammo ancora sul tempo, poi passammo ai salti, non sempre riuscivano, erano passate due ore, ma ancora non avevamo raggiunto la perfezione. Tuttavia, dopo due ore eravamo davvero distrutti. Ci stendemmo sulla sabbia dopo aver messo i teli su di essa. Riuscii a malapena a fare due respiri prima di sentire il mio cellulare suonare. Sospirai, allungai la mano destra per afferrare la mia borsa e prendere il cellulare da dentro. << Pronto? >> dall’altra parte del cellulare la voce allarmata di mio zio stava quasi per rompermi un timpano << Hanon! Finalmente. Tua madre è nervosa, non ti sente da ieri mattina. Potresti farle almeno una chiamata? E dove cavolo lo tenevi il cellulare?! Ho fatto venti chiamate >> ma che motivo aveva di urlare così?! Che nervi. << Ero in acqua zio! Non posso portare il cellulare in mare mentre faccio surf, non credi? Comunque rilassati, adesso la chiamo e ci penso io >> fortunatamente le mie parole sembrarono calmarlo << Hai ragione, scusa, tua madre mi ha trasmesso il suo nervosismo, ma capiscimi mi ha chiamato cinquanta volte >> << Lo avevo intuito, ora la chiamo così si calma >> mi portai su con la schiena a sedermi << Sì, ti prego. Fallo. Ora vado, ciao >> << Ciao zio, ah e questa sera vado alla festa sulla spiaggia >> << Lo sospettavo…ci andrò anche io >> << Già, lo sospettavo. >> risposi a mia volta, mio zio adora le feste sulla spiaggia, in realtà adora le feste e basta. Staccai la chiamata con lui e digitai rapidamente il mio numero di casa, notai che anche Ryan si era messo a sedere, i suoi occhi si posarono su di me, quando sorressi il suo sguardo volse i suoi occhi alla spiaggia. Come al solito, mia madre non lascia fare neanche uno squillo << Hanon! >> << Sì mamma, sono io e sono viva. Perché ti allarmi per così poco? >> << Per così poco?! >> la calma non ha mai fatto parte dell’essenza di mia madre. Purtroppo. << Avevi promesso che ti saresti fatta sentire tutti i giorni >> roteai gli occhi, stavo per risponderle, ma in sottovoce sento un’altra voce che arriva in mia difesa << Mamma! Dannazione, falla respirare. È andata dallo zio, non in guerra >> sorrisi istintivamente alla voce di mio fratello Matt. << Ciao Matt! >> << Ci sono anche io loca! >> loca era il soprannome che usava mio fratello minore Thomas mentre io lo chiamavo << Ciao poppante >> cosa che lo faceva innervosire. << La vuoi piantare di chiamarmi così?! >> eccolo protestare, conoscendolo aveva anche messo il broncio. << Adesso basta. Lasciate parlare me. Hanon, dove sei? >> quella domanda. Mi guardai rapidamente intorno, dov’ero?...a fare surf, sì così viene qui e spara prima lo zio e poi me. << In un bar con delle amiche >> sì, ecco, nemmeno spiaggia, perché altrimenti mi avrebbe fatto altre mille domande e in quel momento la mia voglia di parlare era sotto zero. << Ti stai trovando bene lì? >> << Sì mamma, benissimo. Zio non mi fa mancare nulla, adesso devo andare okay? Ci sentiamo domani. Ciao, baci a tutti >> staccai la chiamata prima ancora che mia madre avesse il tempo di contestare. Le volevo bene ma lei andava a parare sempre sulla storia del surf e sapevo che se non avrei attaccato lo avrebbe fatto anche questa volta. << In un bar con delle amiche eh? >> Ryan inclinò leggermente la testa guardandomi << Ecco…è complicato. Mia madre morirebbe d’infarto se sapesse che sono a fare surf >> << Non te l’ho chiesto >> evidentemente Ryan si divertiva a urtarmi i nervi. << Okay. Allora cosa volevi dire? >> << Nulla, solo quello che ho detto >> scrollò le spalle, sospirai e tornai a posare lo sguardo sul mio cellulare. Avevo dei messaggi di Lea e May suò nostro gruppo di whatsapp, parlavano della festa di questa sera e di cosa avrebbero indossato. Io risposi che ancora non ero sicura, sarei dovuta andare a casa a farmi una doccia e controllare cosa conteneva il mio armadio. << Perché? >> a sentire quella domanda corrugai la fronte e mi voltai verso Ryan << Perché…cosa? >> << Perché tua madre non vuole che tu faccia surf? >> lo guardai torva << Non ti interessa davvero >> non so se suonava più come una domanda o come un’affermazione, ero in dubbio io stessa su ciò che avevo detto. << Nah, hai ragione. Non mi interessa davvero >> come volevasi dimostrare. Riposai il mio cellulare nella borsa e mi misi a guardare il mare. Ci fu qualche secondo di silenzio che fu interrotto da lui << Non te lo avrei chiesto >> gli rivolsi uno sguardo confuso non capendo di cosa stesse parlando. Ryan chinò lo sguardo facendolo vagare ovunque, sembrava avesse difficoltà a parlare << Se non mi interessava, non te lo avrei chiesto >> concluse la frase. Quel ragazzo era davvero strano, facevo fatica a capirlo, lo guardai ancora negli occhi incerta se dirglielo o meno, alla fine decisi di farlo. << Mio padre, lui è morto facendo surf. È stato lui a trasmettermi questa passione >> se mi faceva ancora male parlarne? Beh cose così non le dimentichi, non puoi, soprattutto se le hai viste dal vivo, ma parlarne non è male, non mi rende triste, perché ricordo sempre la persona fantastica che era e che è stata fino alla fine. Mi rende felice ripensare a come sorrideva mentre era sulla cresta dell’onda, sembrava indistruttibile, in un certo senso per me lo era. Ancora una volta, posai lo sguardo sul mare << Da quel momento mia madre non ha voluto più sentir parlare di surf. Chiuse le tavole dei miei fratelli e la mia nello scantinato, lei non ha neanche più il coraggio di avvicinarsi al mare, inizialmente teneva lontani anche noi. Poi ha capito che era una follia, che non poteva impedirci di andare in spiaggia, soprattutto visto che viviamo in Australia. Ma sul surf non ha mai cambiato idea >> ero cosciente che nella mia voce si avvertiva una nota di malinconia a quel pensiero, ancora una volta qualche secondo di silenzio alleggia tra noi << Mi dispiace, io non…cioè >> mi voltai di scatto verso di lui e gli sorrisi << No, è okay. Mi piace parlarne. Mi piace parlare di mio padre. >> << Come si chiamava? >> << Eric, Eric Lee Taylor. Fu lui a scegliere il mio nome, prima che io nascessi sapeva già che ero legata al mare >> questa volta non distolsi lo sguardo da Ryan << Ne ho sentito parlare, dicono che fosse un grande surfista >> << Il migliore. >> dissi sicura di ciò << Ti brillano gli occhi quando parli di lui. Beh sai, era un uomo…quindi è ovvio che fosse una grande surfista. >> liquidò subito la prima frase con la seconda, si azzardò anche ad accennare un sorriso, sgranai gli occhi e le labbra guardandolo incredula << Non ci credo, non vorrai ricomincia con la storia che i surfisti uomini sono migliori delle donne?! >> alle mie parole Ryan scoppiò a ridere, si alzò in piedi e iniziò a mettere le cose nello zaino << Su, dobbiamo andare >> << Rispondi! Ryan! >> mi ignorò, letteralmente, iniziò a camminare verso lo yacht << Se non ti muovi ti lascio qui >> << Non oseresti. >> risposi categorica mentre mi misi in piedi << Vuoi mettermi alla prova? >> mi pose la domanda camminando all’indietro così da guardarmi in faccia, la sua risata mi faceva credere che davvero mi avrebbe lasciato lì, così mi affrettai a prendere le mie cose e seguirlo. Tornata a casa filai dritta sotto la doccia, mi cambiai, misi un bikini pulito senza spalline, indossai un corpino bianco con dei leggeri ricami su di esso, una gonna color pesca corta davanti e lunga dietro, aveva due strati, quello di sotto si fermava poco sopra al ginocchio, quello di sopra era velato. Ai piedi optai per le converse bianche a collo alto, così che sarei riuscita a ballare. Lea e May mi stavano aspettando vicino al chiosco di Colin, sentivo la musica suonare da lontano, arrivai con mio zio. << Hanon! >> le due gridarono il mio nome all’unisono, diedi un bacio sulla guancia a entrambe << Sei bellissima! >> affermò Lea guardando com’ero vestita << Grazie, anche tu >> lei indossava un top del mio stesso colore e una gonna a ruota nera, ai piedi delle Vans del medesimo colore, May invece aveva un paio di shorts di jeans e una maglietta con maniche abbassate poco sotto le spalle, ai piedi un paio di Adidas colorate. << Andiamo a ballare! >> May afferrò i polsi di entrambi portandoci sulla pista da ballo. La canzone Limbo di Daddy Yankee risuonava su tutta la spiaggia, c’erano tante candele su delle canne di bambù che illuminavano tutto. Io e le ragazze ballavamo al ritmo della musica, May era bravissima, non ci voleva un genio per capire che si trovava nel suo territorio. Le diedi la mano e le feci fare una giravolta, iniziammo ad inventare dei passi coinvolgendo anche Lea, lei rideva e ci urlava di fare attenzione a non farla cadere, cosa che faceva ridere anche noi. Mentre ballavo i miei occhi incrociano quelli ormai familiari di un ragazzo seduto al bancone, Ryan. Mi sorrise e mi fece un cenno col capo per salutarmi, ricambiai. C’erano due ragazze, entrambe con le mani poggiate sulle sue spalle, facendo e dicendo non so cosa. La canzone finì e io e le ragazze corremmo verso il bancone << May! Sei una grande! Non sapevo sapessi ballare così bene >> << Da piccola frequentavo una scuola di ballo, danza moderna, l’adoravo. Ma anche tu sei una bomba >> << Oh grazie, il mio è talento naturale >> feci finta di vantarmi per poi scoppiare a ridere con loro. << Colin! Ci porti tre birre? >> chiese Lea appoggiandosi con gli avambracci al chiosco. << Subito principesse >> quando voltai il mio sguardo verso destra, mi accorsi che accanto a Lea, sullo sgabello, c’era Ryan con le due ragazze. Disse qualcosa alle due, loro si lanciarono uno sguardo e si allontanarono da lui. Tutte e tre afferrammo la bottiglia di birra e prendemmo un sorso << Dai andiamo! Adoro questa canzone! >> ancora una volta May prese Lea per il braccio << Smettila di tirarmi! Cadrò a terra! Ho anche una bottiglia di birra! Sono doppiamente pericolosa!!! >> guardare quelle due e non ridere era praticamente impossibile. La canzone che suonava ora era come and get it di Selena Gomez. Vieni e prendi ciò che vuoi. Piace anche a me. << Non esagerare o domani ti ritroverai chissà dove, chissà con chi e chissà come >> la voce di Ryan mi spinse a rivolgere lo sguardo verso di lui, con la mano destra mi tolse la bottiglia di birra da mano, l’avvicinò alle labbra e bevve un sorso. << Ti preoccupi per me? >> << No, mi importa solo che tu sia abbastanza lucida da allenarti >> << Aha. >> allungai la mano per cercare di riprendere la bottiglia ma lui la scostò. Sostenne il mio sguardo per qualche secondo << Vieni a ballare >> le parole uscirono dalle mie labbra prima ancora che potessi rendermene conto << Cosa?! >> lui inclinò leggermente il capo guardandomi torvo, leggermente confuso anche. Beh ormai lo avevo detto e poi non c’era nulla di male. << Vieni a ballare >> tesi la mano destra verso di lui attendendo che l’afferrasse.




*Angolo autrice*
Yee...questa volta ho fatto passare un mese(?)
HAHAHA No okay, scusatemi  se non ho ancora risposto alle vostre recensioni e se ci metto sempre tempo a postare, ma è che sono molto occupata purtroppo. Confido che l'estate mi liberi un po'. In ogni aso continuo a ringraziarvi per la vostra pazienza, per continuare a leggere e recensire la storia lol.
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, credo che Ryan e Hanon abbiano fatto un bel passo avanti, no? E i fratelli di Hanon? Vi piacerebbe vederli?
Beh sempre a voi l'ultima parola, quindi....
Besossssssss e alla prossima. 👄

 

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Capitolo 8
*** Dimmi perché ***







~~Ryan fissò la mia mano ancora per qualche secondo, poi negò col capo << No, io non ballo >> scrollai le spalle << Sei tu che ci perdi >> allungai nuovamente la mano, questa volta riuscendo a prendere possesso della mia bottiglia di birra. Mi diressi verso May e Lea, facemmo toccare le nostre bottiglie per brindare e poi prendemmo un sorso. Riprendemmo a ballare muovendoci sulle note della canzone di Selena. Girai su me stessa e quando mi fermai, mi ritrovai di fronte un ragazzo alto dai capelli scuri, mi sorrise e poggiò la mano sul mio fianco per ballare con me. Accennai un sorriso per poi voltarmi verso Lea e May, c’erano due ragazzi anche di fronte a loro, ci lanciammo uno sguardo e continuammo a ballare. I ragazzi non erano male, erano carini e sapevano ballare, May diede una leggera spinta al ragazzo che ballava con lei negando col capo, ma stava ridendo quindi dedussi che lo stava semplicemente tenendo a bada. Lea aveva praticamente smesso di ballare come prima, era diventata molto più rigida, mi poggiai con la schiena sul petto del ragazzo dietro di me, inevitabilmente i miei occhi si posarono di nuovo su quelli di Ryan, mi stava guardando e fece un cenno col capo come per congratularsi. Mi voltai di nuovo verso il ragazzo con cui stavo ballando e poggia le mani sulle sue spalle, mi fermai esattamente allo stesso tempo della musica. << Non male >> sentii dire a May, i suoi occhi squadrarono il ragazzo da capo a piedi, in realtà mi sarei aspettata che lo avesse respinto << Credo che tu possa andare. Ora è il mio turno >> quella voce. Mi voltai di scatto vedendo Ryan parlare con la ragazzo che fino a poco fa stava ballando con me, sorrisi guardandolo, il ragazzo mi lanciò uno sguardo e poi tornò a guardare Ryan, quest’ultimo alzò le sopracciglia e fece segno con la mano destra di andare via esclamando << Aria! >> a quel punto il ragazzo si allontanò. Partì una canzone abbastanza vecchia, ma che tuttavia conoscevo e continuava a piacermi, I want it that way dei Backstreet boys.

Tu sei il mio unico fuoco. L’unico desiderio, credimi quando dico: Voglio che sia così

<< Ma che antipatico, potevi anche chiederglielo più gentilmente >> il mio tono di voce era ironico, ma aveva un fondo di verità nelle mie parole, Ryan tese la mano destra verso di me e mi disse << Vuoi ballare o no? >> fece un mezzo sorriso, un sorriso che lasciava trasparire l’enorme sicurezza che aveva di se stesso. Eh sì, Ryan Carter possiede un elevato ego. Afferrai la sua mano e lui mi strattonò tirandola, fece scontrare il mio petto con il suo rischiando anche di farmi cadere la bottiglia dalla mano destra. Si avvicinò al mio orecchio e poi sussurrò << Io prendo sempre ciò che voglio, quando voglio. Ricordatelo Hanon >>. Scostai il viso per tornare a guardarlo negli occhi << Ma sentitelo. E cosa vuoi adesso? >> << Solo…divertirmi >> feci un cenno di assenso col capo. Mi avvicinai a lui muovendo i fianchi, non mi ci volle molto a capire perché non ballava << Sei rigido come una tavola di legno Ryan! >> risi negando col capo.

Ma noi siamo due mondi separati, non riesco a raggiungere il tuo cuore, quando dici che vuoi che sia così

Mi accorsi subito che Ryan non aveva gradito la battuta, alzò gli occhi al cielo e si stava per allontanare da me, ma gli afferrai prontamente l’avambraccio destro per impedirglielo. << No, dai >> << Non mi piace farmi prendere in giro Hanon >> e sì, era parecchio serio << Ma che permaloso, stavo solo scherzando. Dai vieni qui >> lo supplicai continuando a tirarlo, lui rimase ferma qualche secondo, impassibile, osservandomi. Con riluttanza, si lasciò convincere e tornò ad avvicinarsi a me. << Okay, chiudi gli occhi >> mi guardò corrugando la fronte e così alzai legermente la voce << Fidati di me! Chiudi gli occhi >>. Finalmente obbedì, portai le sue mani sui miei fianchi e tornai a poggiare le mie sulle sue spalle, la canzone arrive al ritornello << Lascia che sia la musica a guidarti >> sussurrai avvicinandomi al suo orecchio, funzionava, il suo corpo iniziava a muoversi seguendo i movimenti del mio.

Dimmi perché non c’è niente a parte il mal di cuore. Dimmi perché non c’è niente a parte gli errori.  Dimmi perché non voglio mai sentirti dire: Voglio che sia così

Sorrisi e tornai a sussurrare al suo orecchio << Vedi? In fondo lo sai fare, devi solo saperti sciogliere >> ed era vero, d’un tratto Ryan sembrava sapersi muovere, i suoi occhi si riaprirono riflettendosi nei miei, ci guardammo per qualche secondo. Gli diedi le spalle poggiando la schiena al suo petto, il suo braccio destro cinse maggiormente la mia vita. D’un tratto, tutto sembrava essere diverso, per qualche secondo incrociai lo sgardo di May, uno sguardo di disapprovazione assoluta, al contrario Lea ci guardava sorridendo. Chinai lo sguardo, in quel momento sembrava che non ci fosse più nessuno intorno a noi. Le mani di Ryan sui miei fianchi mi fecero voltare di scatto, riportandomi a un faccia a faccia  con lui.

Sono il tuo fuoco? Il tuo unico desiderio? Sì, so che è troppo tardi. Ma io voglio che sia così

Il contatto visivo tra noi resta intatto per un’elevato tempo che non saprei neanche misurare. Era come se nessuno dei due potesse più controllare il suo corpo, come se fossimo in uno stato di trans incompresibile persino a noi stessi. Sta di fatto che riuscivo a sentire il battito del suo cuore pulsare sul mio petto. Il suo naso stava sfiorando il mio, sentivo le sue mani stringermi con forza facendo sì che qualche brivido a me estraneo percorresse la mia schiena, una sensazione strana, ma piacevole. Ripartì il ritornello.

Dimmi perché non c’è niente a parte il mal di cuore. Dimmi perché non c’è niente a parte gli errori.  Dimmi perché non voglio mai sentirti dire: Voglio che sia così

Mentre il braccio destro si stringeva saldamente intorno alla mia vita, mi sentii sollevare sulle punte poco a poco, la mano sinistra si posò sulla mia spalla, scivolò lentamente lungo il braccio accarezzandolo e poi prese la mia mano nella sua. La Strinse e mi fece girare con lui, sembrava davvero di stare ballando con un’altra persona rispetto a quella iniziale, questo ragazzo con cui stavo ballando in questo preciso istante, sapeva esattamente quello che faceva. Era in grado di condurmi senza alcun problema, il suo modo di tenermi così vicino a lui mi faceva sentire intontita, strana, ma al sicuro nonostante tutto. A che gioco stava giocando? Cos’era questa cosa che si stava creando tra noi? Possibile che la birra inizi a darmi alla testa? Mi chiesi distrattamente per qualche secondo.

Adesso capisco che ci siamo allontanati dal modo in cui eravamo prima, sì, non ha importanza la distanza, voglio che tu sappia nel profondo di me tu sei il mio fuoco, il mio unico desiderio, tu sei, tu sei, tu sei…
Non voglio sentirti dire. Non ho altro che mal di cuore, non ho altro che errori, non voglio sentirti dire: Voglio che sia così

Ancora una volta il ritornello e la musica si fermò. La presa intorno alla mia vita si allentò parecchio, tanto da lasciarmi andare. Tornai a poggiare i piedi a terra, indietreggiai di un passo, lui fece lo stesso. Tuttavia nessuno dei due era ancora pronto ad interrompere il contatto visivo. Una delle due ragazza che era con Ryan fino a poco fa stava parlando, quando era seduto sullo sgabello, si avvicinò a lui, poggiò una mano sulla sua spalla sinistra e si avvicinò al suo orecchio per sussurrargli qualcosa. Ryan continuava a tenere i suoi occhi riflessi nei miei, fino a quando la ragazza non allontana la sua bocca dal suo orecchio e lo fissa sorridendo, mordendosi il labbro inferiore. A quel punto, Ryan le lancia uno sguardo per poi sorridere. Tornò a guardare me e sorrise << Vuoi scusarmi Hanon, il dovere mi chiama >> risi istintivamente a quelle parole negando col capo << Adesso si chiama dovere? >> chiesi inarcando un sopracciglio, era chiaro ad entrambi di cosa stavamo parlando << Hey, è uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pure fare >> stavo per rispondergli, ma la ragazza lo tirò via, lui sollevò la mano destra per salutarmi e io feci lo stesso. Cominciai A chiedermi se io e Ryan avessimo qualche vaga, remota possibilità di diventare amici…chissà. Avvicinai la bottiglia di birra alle mie labbra e presi un altro lungo sorso. Notai mio zio seduto al bancone intento a fissare qualcosa, o meglio, qualcuno. Questa mi era nuova. Affiancai mio zio al bancone per poi guardare nella sua stessa direzione, c’era una donna bionda, i capelli le arrivavano poco più giù delle spalle, indossava un vestito bianco, molto largo che le arrivava alle ginocchia. Non era una delle donne col fisico da modella alla quale ero abituata a vedere con mio zio, era una donna leggermente più robusta, con uno splendido sorriso, sorriso che dedicava ad un bambino di fronte a lei. << Chi è? >> chiesi infine voltandomi verso mio zio Zac, lui corrugò la fronte per poi guardarmi << Cosa? ... >> << La donna che stai fissando, chi è? >> porsi nuovamente la domanda vedendo che mio zio non mi concedeva risposta. << Lei è…ciao! >> non riuscì a finire la frase, perché quella donna arrivò alle mie spalle. << Ciao Zac >> aveva una voce molto dolce, mi voltai di scatto a guardarla << Ciao! Tu devi essere la famosa Hanon, la nipote di Zac >>. Ricambiai il dolce sorriso della donna e feci un cenno di assenso col capo << Beh famosa, non ancora. Ma sì, sono io >> tesi la mano destra verso di lei in attesa che si presentasse. << È davvero un piacere conoscerti, io sono Hayley >> strinse la mia mano, aveva gli occhi verdi e il suo biondo era leggermente più scuro del mio. << Mamma! Mamma guarda, ti ho preso un fiore >> il bambino che pochi minuti fa avevo notato vicino alla donna, riappare, a quanto pare è suo figlio, in quel momento capii perché mio zio non ci provava con quella donna. << Zac!!! Ciao! >> il volto del bambino sembrò illuminarsi quando vide mio zio, doveva avere più o meno sette anni, otto massimo. Aveva i capelli castani e gli occhi azzurri, corse verso mio zio, quest’ultimo lo sollevò in alto lanciandolo per poi riprenderlo al volo. << Ciao campione! Come stai? >> lo mise a sedere sulle sue gambe, si notava che c’era molta confidenza tra i due, io mi limitavo a osservare la scena. << Bene, tu? >> << Bene. Ti voglio presentare una persona molto importante per me. Lei è mia nipote, Hanon, Hanon lui è Jayden >> zio Zac mi indicò con la mano destra, il bambino mi rivolse il suo sguardo attento e curioso, mi tese la mano e mi disse << Ciao Hanon, è un vero piacere conoscerti. Puoi chiamarmi Jay >> il suo radioso sorriso, faceva sorridere anche me mentre gli strinsi la mano << Il piacere è tutto mio, Jay >>. Il bambino si voltò verso Colin e battette le mani sul bancone << Colin! Colin! >> lo chiamò due volte, l’uomo si avvicinò << Dimmi ometto >> << Mi puoi dare tre di quei fiori >> chiese indicando i fiori di ibisco che erano in un vaso, Colin si voltò e prese tre di quei fiori per darli al bambino. << Grazie >> Jayden si protese per dare un bacio sulla guancia a Colin per ringraziarlo, poi porse uno dei fiori a me << Prendi Hanon, è per te >> rimasi leggermente stupita dal gesto, era davvero dolce, sorrisi << Per me? Grazie! >> mi avvicinai e gli diedi un bacio sulla guancia, lui ricambiò per poi scendere dalle gambe di mio zio e correre verso May e Lea. Gli andai dietro lasciando mio zio Zac da solo con la donna, << May! Lea! Questi sono per voi >> May e Lea posarono immediatamente gli occhi sul bambino che gli stava porgendo i fiori sorrisero e si chinarono sui talloni per dargli un bacio sulla guancia e abbracciarlo << Grazie Jay >> May poggiò una mano sul suo capo per scompigliargli affettuosamente i capelli, Lea invece lo strinse tra le sue braccia dandogli un paio di baci sulla guancia. Quando si separarono il bambino prese la mano di Lea trascinandola sulla pista da ballo. << È davvero un bambino dolcissimo >> dissi osservandolo, May fece un cenno di assenso col capo  << Sì, lo è >>. Jayden trascinò Lea sulla pista da ballo per ballare con lei. << Sai, il padre di Jay è morto quando lui aveva soltanto due anni >> gli occhi di May, così come i miei, erano fissi sul bambino che ora stava ballando allegramente con Lea. Restai sorpresa dalla frase appena pronunciata e non potei far altro che voltarmi verso la mia amica. << Com’è successo? >> sapevo quanto dolore potesse recare la perdita di un padre, tuttavia, a differenza di Jayden, io  avevo avuto la possibilità di conoscere il mio. << In guerra, suo padre era un soldato >> mi spiegò May posando gli occhi su di me. Feci un cenno di assenso col capo per poi passare la lingua tra le labbra, mi voltai verso il bancone, mio zio stava parlando, o meglio, ridendo con quella donna, Hayley. Ero convinta che mio zio provasse qualcosa per lei, lo capivo dal modo in cui la guardava, ma nuovamente, mi chiesi perché non si facesse avanti. Insomma, timido non lo è mai stato. La canzone finì, applaudii insieme a May sorridendo mentre Lea e Jay si avvicinarono a noi << Ma tu guarda, sei un bravissimo ballerino. Dopo devi concedermi un ballo >> avvisai il bambino puntandogli contro l’indice destro, lui mi sorrise annuendo energeticamente col capo << Sì, ci sto! >>. Una voce femminile alle nostre spalle, richiamò l’attenzione di tutte << Non posso crede che Ryan abbia ballato con te. >> inarcai un sopracciglio guardandola dal basso verso l’alto. Ma chi si credeva di essere?! Prima che io potessi intervenire, fu May a risponderle << Courtney vattene. >> chiara e concisa. La bionda slavata lanciò uno sguardo disgustato alla mia amica per poi tornare su di me << Devi stargli lontana intesi? Lui. È. MIO. >> sorrisi a quelle parole preparandomi già la risposta. << Oh ma che palle. Per l’ultima volta, vattene, se non vuoi che di strappi quelle quattro extentions che chiami capelli >> la frase di May fece ridacchiare sia Lea che Jay alle mie spalle. Io avanzai superandola, in modo da essere molto vicino a lei. << Sai, io non ti capisco. Vieni da me a fare un casino e per cosa? Perché ho ballato con lui? E allora? Era solo un ballo. Invece, una di quelle due ragazze lì >> indicai con l’indice destro le due barbie sedute ai lati di Ryan che gli si erano praticamente avvinghiate come cozze. << Vedi, una di quelle due stasera sarà nel suo letto. O forse chi sa…potrebbero esserci entrambe. Immagini la scena? Scommetto di sì, magari una volta ci sei stata anche tu. Come uno dei suoi giocattolini, probabilmente anche più di una. Dovrebbe esserti facile focalizza la scena, Ryan con loro due che… >> potevo vedere chiaramente come il suo volto sbiancancasse gradualmente, come i suoi occhi luccicavano di odio mentre osservava la scena. E poi sbottò interrompendo la mia frase << ADESSO BASTA! >> tornò a guardarmi in faccia, i suoi occhi nei miei. Le sorrisi soddifatta di essere riuscita a stuzzicarla come volevo, sollevai di poco il mento in segno di sfida, in attesa che dicesse o facesse altro, non lo fece. Mi diede le spalle e andò via, umiliata e probabilmente ferita. Beh se l’era cercata. <<  Uuu l’hai umiliata per bene >> May rise sollevando la mano destra così che io potessi darle il cinque. << Non ho mai visto nessuno riuscire a far sentire Courtney così umiliata >> anche Lea si unì a noi, ma ad interrompere le nostre risate fu il piccolo Jay << Non ho capito cos’è successo. Cosa significa che quelle due ragazze potrebbero andare a letto con Ryan? Dormono a casa sua? >>a quella domanda sia io che le ragazze sgranammo gli occhi. Ci lanciammo degli sguardi non sapendo cosa dire di preciso in quel momento, presi un bel respiro e poi affermai << Sì. Esattamente questo. Che dormono a casa sua come fanni le amiche o gli amici, sei mai andato a dormire a casa di un tuo amico? >> e sì, mi ritenni un genio per essere riuscita a far filare quel discorso. Il bambino sembrò pensarci su per qualche minuto << No, non mi pare…ma domani potrei andare a letto con Doug! >> << Sì, no! Non dire così. Non si dice, è un modo scorrettissimo di parlare, infatti io…stavo soltanto imitando May! >> scoppiai in una finta risata istarica indicando la ragazza alla mia sinsitra, la risata di Lea invece era forte, chiara e vera. << Hey! >> May mi diede un leggero schiaffetto sul braccio guardandomi male, le sorrisi innocentemente e lei negò col capo. << Ah okay, allora si dice sempre andare a dormire da Doug, giusto? >> << Giustissimo. >> risposi prontamente annuendo col capo << Perfetto! Allora lo vado a dire a Zac. May, tu hai capito la lezione? >> dopo aver posto la domanda a May il bambino corse via ridendo senza attendere risposta, quando lo vedemmo raggiungere mio zio, anche io e Lea esplodemmo in una fragorosa risata. << Non è divertente, avete usato la mia pecca grammaticale per… >> la interruppi terminando la frase << Solo a fini benevoli May, solo a fini benevoli >> finsi un’espressione seria annuendo lentamente col capo. Anche a May stava scappando una risatina per la scena di poco prima. << Hey Hanon, visto che domani è domenica, ti va di andare a fare una corsa? In genere io e Lea facciamo un percorso di 5 km, anche se lei generalmente si ferma molto prima. >> l’idea di May mi entusiasmava, mi era sempre piaciuto andare a correre di prima mattina << Sì, certo. Mi piace l’idea! Alle sette? >> << Che?! Le sette?! Quale persona normale si alza alle sette di domenica mattina, no, no, no. Voi siete pazze >> la ragazza dai capelli colorati ci guardò male mentre gesticolava in quel modo assurdo e divertente come solo lei sapeva fare. << E invece ti sveglierai, altrimenti verremo a buttarti giù dal letto con i secchi d’acqua >> alla minaccia di May, Lea lanciò un urlo << Non osereste >> << Oh sì invece. Non dimenticare che l’ho già fatto in passato >> non era difficile capire che la cosa divertiva non poco la mora e beh, anche me. Insomma erano comiche. Incrociai le braccia e senza alcun motivo, mi voltai verso Ryan. Lui era seduto su un pezzo di tronco vicino al falò con quelle due ragazze. Un altro gruppo di persone vicino a loro sembrava interagire con lui, visto così lo si poteva ritenere un ragazzo normale, pieno di amicizie. Eppure per quel poco che avevo imparato a conoscerlo non era affatto così. Il grande mistero di Ryan Carter. Come se avesse avvertito la presenza del mio sguardo su di lui si voltò verso di me, non distolsi lo sguardo, non avevo motivo di farlo, sollevai la mano destra in un cenno di saluto e lui fece lo stesso sollevando la birra nella mano destra. Mi voltai dandogli le spalle, presi May e Lea sottobraccio interrompendo così la loro discussione riguardante l’indomani e le portai al bancone per un’altra bevanda.
Il giorno seguente, come d’accordo, mi svegliai presto e senza fare alcun rumore uscii di casa per andare a correre con le ragazze. << Uffa. Tutto questo è disumano. Vi odio. Vi rendete conto, no dico. LE SETTE. D’ESTATE. DI DOMENICA >> sembrava quasi che Lea stesse per scoppiare a piangere. << Iniziamo a correre su, sono sicura che ti sveglierai >> la incoraggiai dandole una leggera spinta << Sì, certo. Quando cadrà con la faccia per terra per il suo pessimo equilibrio, allora si sveglierà >> risi alle parole di May mentre Lea la fulminava con lo sguardo. Iniziammo a correre, è sempre una bellissima sensazione farlo di prima mattina, ancora di più se vicino alla spiaggia e sì, dal posto in cui ci trovavamo, la spiaggia si vedeva benissimo. Si poteva vedere l’alba, il sole che sorgeva aldilà dell’amare e quella bellissima brezza di prima mattina che ha un non so che di profumato che si mescola con l’odore del mare facendoti sentire in pace con te stessa. Dopo circa i primi due km, Lea si fermò e si sedette sulla panchina, fu allora che notai lo zainetto che portava sulle spalle, era uno di quei piccoli zainetti di stoffa colorata, tirò fuori la bottiglina d’acqua e prese un’abbondante sorso. Io e May ci lanciammo uno sguardo, attendemmo che finisse di bere, ripose la bottiglia nello zaino e all’improvviso tirò fuori un libro. << E quello cos’è?! >> May sgranò gli occhi puntandole contro il dito accusatorio. << Questo? È un libro di J. Lynn. È la storia della sorella di Cam, ricordi Cam e Avery? La sorella si chiama Teresa e si è innamorata di Jace che è il migliore amico di Cam ed è bellissimo come… >> << Non voglio sapere la storia! >> sbottò May spalancando le braccia << Pft. E allora cosa chiedi a fare? >> decisi di intervenire prima che quella discussione diventasse una tragedia << Lea, abbiamo fatto solo 2 km, ti fermi qui? >> << Oh sì, per me la corsa è finita, ho fatto 2 km senza cadere, non mi va di sfidare la sorte. Vi aspetto qui sperando che il libro mi tenga sveglia. >> May aprì la bocca per protestare, ma io le presi il polso, feci cenno col capo di andare e così riprendemmo la corsa. << Sai, è una fortuna che tu sia qui. Finalmente ho qualcuno con cui correre davvero. Con Lea finivo sempre per correre sola >> sorrisi alle sue parole << Anche io sono contenta di correre con te >> ci fermammo per fare un po’ di stretching prima di riprendere il giro di corsa. Notai qualcun altro correre in lontananza, si stava dirigendo verso di noi, non impiegai molto a distinguere la figura di Ryan. Aveva un paio di cuffie nelle orecchi, dei bermuda blu e una canottiera nera. Inclinai leggermente il capo guardandolo e incrociai le braccia, allungai la mano per afferrare il filo delle cuffie quando mi passò di fianco così da sfilargliele << Hey ma… >> si voltò di scatto leggermente arrabbiato mentre io risi. << Buongiorno anche a te. È sempre bello vedere che sei di buon’umore >> dissi ironica, mi guardo male per poi riprendere le cuffie, poi lanciò uno sguardo anche a May << Che state facendo? >> a rispondere fu la mia amica << Cosa ti sembra che stiamo facendo genio? Stavamo correndo >> << Non ne manca una? >> osservò guardandoci, questa volta risposi io << Lea non riusciva a correre più, quindi si è fermata >> scrollai le spalle, Ryan rise << Wow! Allora è un miracolo che voi siate riuscite ad arrivare fino a qui >> incrociò le braccio, il suo sorriso beffardo e irritante << Scusa?! Credi che perché siamo ragazze non possiamo correre più di tanto?! >> May non perse occasione per controbattere << Non lo credo, è così. Le ragazze hanno un livello di resistenza inferiore al nostro >> << Questo non è vero. Dipende dalla persona. Io e May potremmo anche batterti volendo >> questa volta azzardai io. Gli occhi di Ryan si illuminarono di colpo << Mi state forse proponendo una sfida? >> sfida. Quella era la parola magica alla quale non sapevo rinunciare, lanciai uno sguardo di intesa a May che mi sorrise per poi prendere la parola << Certo. Hanon gareggerà contro di te e io farò da giudice per controllare che nessuno imbrogli >> la mia amica marcò bene l’ultima parola guardando Ryan, lui scrollò le spalle << Perfetto, io non ho problemi. Sei pronta? >> finsi un sorriso << Oh tesoro, ma io sono nata pronta >>. May ci fece segno di partenza << Pronti, ai vostri posti, VIA! STRACCIALO HANON! >>




*Angolo autrice*

Dato che so che ci sono persone che vogliono andare a dormire......senza fare nomi, ma vogliono leggere prima il capitolo lo inizio a postare senza il mio commento, #SadStory lol
Ma vi prometto che lo scriverò sicuramente massimo domani mattina, o chissà mentre voi leggerete.
In ogni caso GRAZIE DI CUORE A TUTTE VOI CHE SEGUITE LA STORIA E LA RECENSITE *-------*

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Capitolo 9
*** Diversa da tutte ***







~9. Diversa da tutte

Sia io che Ryan partimmo cercando di tenere un ritmo costante, né troppo rapido, né troppo lento. Se c’era una cosa che avevo imparato di lui era che come me, detestava perdere. Beh questa volta dovrà farlo, mi dissi tra me e me. Nessuno dei due distoglieva lo sguardo dal percorso, con la coda dell’occhio notai che era salito su una panchina non deviandola, è agile, ma non mi sarei certo tirata indietro. Saltai delle casse di verdura che mi impedivano il tragitto, inutile dire che mi guadagnai delle parole non molto carine da parte del fruttivendolo. << Sai, è inutile che ti affatichi tanto, vincerò io >> << Zitto e corri invece di sprecare fiato >> lo avvertii, continuammo il nostro giro a lungo per circa tre chilometri, entrambi eravamo stanchi e affannati, tuttavia mancava davvero poco all’arrivo. Non mi aspettavo che Ryan fosse così veloce, ma non potevo fermarmi, non adesso. Riuscii a prendere un po’ di vantaggio, quando d’un tratto sentii un lamento << Ah! >> mi fermai di colpo per voltarmi indietro. Ryan era a terra e teneva la caviglia sinistra tra le mani, oddio, per favore fa che non sia una distorsione. Mi avvicinai a lui ansimante, passai il dorso della mano destra sulla fronte, così da togliere il sudore << Hai preso una storta? >> mi chinai verso di lui poggiando il ginocchio sinistro sull’asfalto. << Sì, fa male >> protesi la mano per toccare la parte dolorante, ma la sua voce mi fermò << No! Non ci provare! >> mi accigliai guardandolo male << Beh e come facciamo a valutare il danno se non mi fai dare un’occhiata? >> << Non ce n’è bisogno, sai perché? >> non risposi alla domanda, restai a guardarlo in attesa di una risposta << Perché è tutta una presa in giro >> prima che riuscissi a controbattere lui mi diede una leggera spinta toccandomi la spalla, così da farmi cadere seduta a terra, lui rise sollevandosi di scatto e riprendendo a correre. Lo guardai a bocca aperta per qualche secondo << RYAN CARTER, SEI UN BASTARDO IMBROGLIONE! TORNA QUI! >> rapidamente, ripresi il mio percorso in un vano tentativo di raggiungerlo. Com’era prevedibile, Ryan arrivò prima di me, si voltò a guardarmi sorridendo mentre io ero intenta ad arrivare al traguardo. << Sei un imbroglione! Non si vinche così! >> << Così come? >> la sua risata sarcastica mi dava sui nervi << Hai fatto finta di farti male! >> non potevo credere che avesse il coraggio di chiedere “così come?”, sa di aver imbrogliato. << Non dare la colpa a me della tua ingenuità, se fosse successo il contrario io non mi sarei mai fermato >> che sbruffone. Non sarebbe mai potuto accadere il contrario. << Io non avrei mai e poi mai finto di cadere, gioco pulito…IO. >> calcai bene l’ultima parola poggiando le mani sui fianchi. << Ma io non mi sarei fermato neanche se fossi caduta davvero, Hanon. Devi svegliarti, non si vince facendo gli altruisti >> onestamente, mi sorprese il fatto che conoscesse anche solo l’esistenza della parola “altruismo. << Stai dicendo che hai fatto questa scenetta per dimostrarmi che non vincerò mai se mi preoccuperò anche degli altri? >> era un ragionamento stupido oltre che insensato. << Esatto, vedi che quando vuoi ci arrivi? >> il suo tono ironico, da presa in giro, non faceva altro che alimentare la mia rabbia. Gli sorrisi falsamente, lui sembrava divertirsi in questa situazione << Ora devo andare, ci vediamo in giro, magari un’altra volta riusciamo a fare una vera corsa. Ci si vede domani, bionda >> prima che io potessi dire qualunque altra parola, Ryan corse via, trovavo davvero assurdo il suo modo di fare e ragionare – ammesso che si possa definire ragionare – la cosa era alquanto irritante, ma ormai si sapeva, Ryan Carter sembrava nato per irritarmi. << Non ci posso credere, no ma dico...lo hai visto? È da istinto omicida. >> dissi rivolta verso May << Ignoralo, è solo un’idiota. Ha dovuto barare per batterti >> << No, non mi ha battuto, mi ha soltanto fatto perdere tempo. Ma mi rifarò. >> il mio sguardo finì di nuovo a osservare il punto in cui Ryan era sparito. Avrei davvero potuto prenderlo a schiaffi in questo momento << Su, dai. Andiamo a fare colazione >> May mi distolse dai miei pensieri, le feci un cenno di assenso col capo e poi la seguii. Tornammo alla panchina sulla quale Lea era letteralmente stesa a leggere, farneticare, sclerare e…sì, stava parlando da sola. << Ma no! Ma Jase sei uno stupido! Non puoi trattarla così, lei ti AMA! Ma non si fa. Ma io non lo so >> dopo averle dato un’occhiata, io e May ci lanciammo uno sguardo, lei scrollò le spalle come per dire che è tutto in regola. << Non si può fare molto con una disagiata mentale >> sussurrò indicandola con la mano. << Oh! Offensivo. >> << Lea, alza il culo e andiamo a fare colazione >> la finezza di May può lasciare senza ombra di dubbio a bocca aperta. Lea fece un profondo respiro, si stiracchiò con estrema calma come se fosse sul suo lettino, ripose il libro nel suo zainetto e si alzò << Andiamo! >> la ragazza dai capelli lilla avanzò il passo, la seguimmo tornando al bar sulla spiaggia.
<< Uffa!! E io me lo sono persa, che ingiustizia! >> questo fu il primo pensiero di Lea dopo che io e May raccontammo della corsa. << Non è che tu ti sia persa molto, te l’ho detto, ha imbrogliato, altrimenti lo avrei stracciato. >> ed ero assolutamente sicura delle mie parole. Presi il bicchiere di succo di pesca avvicinandolo alle labbra << Cosa vuoi che mi importi della corsa? Volevo vedere voi due insieme, May, hai fatto qualche foto? >> May aggrottò la fronte prima di rispondere alla domanda << Perché avrei dovuto fare una foto? >> Lea tirò fuori il suo i-Phon 7s con la cover nera dei doni della morta << Uffa, ma che noia, devo pensare sempre a tutto io, non toccate la colazione, devo prima postarla su instagram. >> dopo aver scattato la sua foto, Lea poggiò il cellulare sul tavolo, notai un ragazzo avvicinarsi al nostro tavolo, credo fosse poco più alto di May, abbronzato, capelli neri e occhi verdi, aveva un look da skater direi, magari dipeso anche dal fatto che nella mano destra né impugnava uno. << Hey hey, eccole qui le più belle della Gold Coast! >> il ragazzo afferrò la frontiera del suo berretto rosso per girarla all’indietro, prese una sedia dal tavolo accanto posizionandola tra Lea e May, si sedette col petto sulla spalliera e diede un bacio prima alla castana, poi all’altra. << Austin, sei tornato! >> May sorrise al ragazzo e lui ricambiò, poi allungò la mano destra per toccare i capelli di Lea, ma quest’ultima gli diede un leggero schiaffo sulla mano << Non ti azzardare. I miei capelli non si toccano, Austin. Ma sono contenta di vederti. >> pronunciò seriamente la prima parte puntandogli contro l’indice destro, poi sorrise ampliamente e si protese verso di lui per abbracciarlo, gli lasciò un bacio sulla guancia, tornò nella posizione di prima. Il ragazzo prese una delle fette di cioccolata che erano nel vassoio, quando sollevò lo sguardo i suoi occhi incrociarono i miei. Restò a fissarmi per qualche secondo, stavo per chiedergli se avesse intenzione di parlarmi prima o poi, ma lui mi anticipò << Una nuova gemma per questo posto! Non mi avevate detto che avevate una nuova amica, che brutte figure mi fate fare, io sono Austin, piacere >>. Tese il suo braccio verso di me, ha una muscolatura leggermente marcata, si nota che è uno sportivo, allungai la mano per afferrare la sua << Io mi chiamo Hanon, piacere mio. >> << Hanon? Wow, mai sentito, giuro. Da dove vieni? >> lasciata la mia mano, tornò a occuparsi della fetta di cioccolato.  << Vengo dalla Sunshine Cost, sono qui da una settimana, vivo a casa di mio zio >> << Lei è la nipote di Zac >> intervenne May, il ragazzo le lanciò uno sguardo veloce, tornò a puntare me << Davvero? Che forte! Io adoro tuo zio, è un surfista fantastico. Anche tu fai surf? >> non potei fare a meno di ridere al senti pronunciare la mia parola preferita. << Sì, anche io faccio surf e un giorno diventerò una famosa surfista di fama mondiale! Tu invece? >> chiesi curiosa di sapere la risposta, il ragazzo ingoiò ciò che stava masticando prima di riaprire bocca << Mi stai chiedendo se pratico surf? >> feci un cenno di assenso col capo, ma a darmi la risposta fu May << Austin surfa come uno skater. >> risi a quelle parole, nulla contro gli skater, per carità, ma non si sta su una tavola da surf esattamente allo stesso modo. Austin guardò May, non sembrava arrabbiato o offeso, al contrario, il suo sorriso annuncia un contrattacco << Beh sempre meglio che cavalcare le onde come una cavallerizza >> risi ancora più forte, questa volta seguita anche da Lea, May invece era tutt’altro che divertita. << Rimangiatelo subito o ti faccio ingoiare quel toast in un solo boccone >> la minaccia sembrava al quanto seria, ma Austin continuava a ridere, le si avvicinò rapidamente schioccandole un bacio sulla guancia << Prima però dovresti riuscire a prendermi. >> si allontanò rapidamente dal tavolo, scese le scale arrivando sulla spiaggia, May si apprestò ad andargli dietro per riuscire a prenderlo, erano davvero buffi << Ma fanno sempre così? >> mi voltai verso Lea per conoscere la risposta << Oh sì, fanno anche di peggio. Conosciamo Austin fin da quando eravamo bambini, lui è l’opposto di May >> tornai a guardare quei, il ragazzo continuava a ripetere che non l’avrebbe preso mentre lei era intenta a provare e riprovare. << In che senso “l’opposto”? >> << Beh Austin è una persona molto espansiva, molto aperta, più simile a me se vogliamo. Lui è simpatico, ha tanti amici, a tutti piace stare con lui >> presi il piatto con le uova strapazzate e iniziai a mangiarle. << Beh tu sei più una che se ne sta sulle sue o sbaglio? Insomma a parte me e May non ti ho vista parlare con altri >> Lea scrollò le spalle e poi fece un cenno di assenso col capo << Sì, ma mi riferivo al fatto che è simpatico >> scoppiai a ridere negando col capo << Ah quindi ti definisci simpatica? >> << Hey! Non provarci nemmeno, io sono simpaticissima, chiaro? >> l’espressione delusa/ferita di Lea non faceva altro che farmi ridere ancora di più, sembrava un cucciolo offeso << Dai, stavo scherzando >> come un tenero cagnolino, la ragazza dai capelli lilla torna a sorridere e a mangiare. May e Austin tornarono a sedersi al tavolo << Uffa, mi hai fatto male  >> il ragazzo si accarezzava dietro la testa mentre prendeva posto << Ben ti sta, ti avevo detto che ti avrei preso. E non lagnarti, avevi anche il cappello, non ti ho fatto niente >>. Riprendemmo a fare colazione in pace e tranquillità…beh si fa per modo di dire, tra i continui litigi di May e Austin, gli snapchat di Lea e il suo voler fare video e foto a tradimento non era così tranquilla. Austin ci raccontò del suo viaggio di due settimane a Miami con la famiglia, sembrava davvero un ragazzo simpatico come aveva detto Lea, il suo modo di essere mi ricorda quello di mio fratello minore tempo fa, prima dell’incidente di nostro padre. La giornata con le ragazze trascorse tranquilla, finalmente niente stress, Austin restò con noi fino ad orario di pranzo, poi facemmo un giro per il centro commerciale. Finalmente avevo un giorno dedicato al solo relax…senza Ryan Carter. Tuttavia, il giorno seguente nulla mia avrebbe salvato da tanto stress che poteva causarmi quell’irritante ragazzo…nulla.
<< Andiamo, Ryan! Ti ho detto di svegliarti! Devo pulire la tua stanza! >> assurdo, mi rendeva il lavoro più complicato di quanto già non lo fosse, inoltre Dalia sembrava essersi svegliata di pessimo umore stamattina e se non avessi ripulito la stanza di Ryan avrei dovuto sorbirmela fino alla fine del turno. Come se ciò non bastasse, questo ragazzo è nato per complicarmi la vita << Ryan! >> si pose il cuscino sul capo, come se volesse dirmi di stare zitta o comunque non sentirmi in un certo senso. E va bene, mali estremi, estremi rimedi. Tirai via il lenzuolo lasciandolo coperto solo dai pantaloncini del pigiama. << Mh…io ti ammazzo >> mormorò ancora con gli occhi chiusi << Anche io ti ammazzo, con un cuscino, mentre dormi, ti soffoco. Ora però alzati >> finalmente aprì gli occhi per guardarmi, mi fulminò con lo sguardo e mi strappò il lenzuolo di mano per poi coricarsi ancora. Dovevo fare appello a tutte le mie forze per mantenere la calma e non sclerare con i suoi atteggiamenti, eppure avevo asciato la sua stanza per ultima apposta. << Ryan! Svegliati! Sono le dieci, dannazione! >> estese il lenzuolo fin sopra la testa, così che io riuscissi a sentire solo un filo della sua voce già roca a causa del sonno << Sei una rottura di scatole! Perché ti ho assunto? >> alzai gli occhi al cielo, avrei tanto voluto gridargli “sei tu la rottura di scatole qui” ma in fin dei conti è sempre il capo. Okay, voleva continuare a dormire? Perfetto. Presi l’aspirapolvere e iniziai a passarla per la stanza << HANON! >> oh la voce sembrava essergli tornata di colpo. Si alzò con la schiena mettendosi a sedere, lo ignorai continuando a togliere la polvere << Spegni quella dannata macchina! >> feci finta di non sentirlo fino a quando non trovai un reggiseno fuxia a terra. Spensi l’aspirapolvere e lo afferrai per una delle bretelline, quasi disgustata << Questo lo indossi per andare a fare un giro nei locali notturno o…? >> Ryan era intento a strofinarsi il viso con entrambe le mani prima di vedere ciò che gli stavo mostrando. << Si chiama reggiseno, non hai ancora avuto il piacere di averne uno o di fartelo sfilare come si deve? Se vuoi posso regalarti quello, non so di chi sia in fondo >> la sua risatina divertita era ancora più irritante del solito, aveva poggiato le mani sul materasso come per sorreggersi, gli lancia il reggiseno sul letto facendolo cadere sul lenzuolo all’altezza delle gambe che teneva incrociate sotto di esso. << Puoi tenertelo, non ne ho bisogno. E credo sua abbastanza evidente che io sappia meglio di te cosa sia. >> risposi, la sua battuta non mi aveva toccato minimamente perché sono cosciente del fatto di avere un seno perfettamente proporzionato. Riaccesi l’aspirapolvere, ma riuscii a malapena a fare due passi prima che qualcuno – Ryan – me la togliesse di mano spegnendola. Mi voltai per dirgli di lasciarmi in pace, quando il mio petto si scontrò col suo però mi resi conto di quanto era vicino. << Ti dispiace lasciarmi lavorare? >> chiesi in un finto tono dolce inclinando leggermente il capo verso destra << Oh assolutamente no, volevo solo avvisarti che alle quattro ci attende un allenamento intenso. Sii puntuale >> lo fulminai con lo sguardo, odiavo che continuasse a ripetermi le stesse cose, non avevo tre anni, sapevo essere puntuale e credevo di averlo già ampliamente dimostrato. Afferrai il manico dell’apparecchio elettronico togliendoglielo di mano. << Sta tranquillo, sono sempre pronta quando si tratta di surf, io. >> marcai bene l’ultima parola facendo un chiaro riferimento che lui non lo era affatto. Non mi rispose, emise un piccolo suono con le labbra serrate, compiaciuto direi, col suo sorrisino idiota. Mi diede e le spalle e finalmente uscì fuori dalla sua stanza. Obbiettivamente tra vestiti sparsi a terra, sui mobili, cibo e roba varia non avevo la più pallida idea di dove iniziare. Insomma era un porcile di stanza, se poi pesavo di averla pulita meno di tre giorni fa, mi saliva il crimine al livello serial killer.  Mi rimboccai le maniche e mi diedi da fare, prima avrei finito, prima sarei stata libera. La quantità di schifezze che regnava in quella stanza era assurda, cominciavo a credere che Dalia mi avesse affibbiato apposta questo luogo. Una volta raccolta tutta la sporcizia in una busta, scesi al piano di sotto per gettarla nel bidone insieme al resto. La porta dell’ingresso si aprì, una figura distinta entrò da essa. Era il signor Carter, come al solito intento a parlare a telefono. << Bentornato, signore >> che ignorasse il mio saluto o comunque non mi sentisse, non era affatto una novità. Sarebbe arrivato il giorno in cui mi sarei stancata di salutarlo. << Non mi interessa, portami quei fogli o ti licenzio. >> le sue parole sono sempre così fredde e calcolate, mi chiedevo se si rendesse conto di ciò che diceva, insomma, stava parlando a un essere umano dicendogli che potrebbe perdere il lavoro. Beh senza ombra di dubbio si poteva intuire da chi Ryan avesse preso la sua superficialità. << Hanna, hai visto quel nulla facente di mio figlio? >> sbattetti le palpebre, avevo davvero perso il conto delle volte in cui mi aveva chiamato in quel modo, cavolo! Eppure è una settimana che lavoro qui, dovresti aver imparato il mio nome << Hanon, mi chiamo Hanon, signore. E sì, suo figlio è a fare la doccia >> gli sorrisi sforzandomi di essere il più gentile possibile, cosa che non mi era resa molto facile direi. L’uomo mi guardò male quando gli ripetei il mio nome. Beh non poteva aspettarsi che stessi sempre zitta. << Quel ragazzo è assurdo. Non fa nulla dalla mattina alla sera, è un buon annulla, mai una volta che facesse qualcosa di costruttivo. Avrei dovuto mandarlo a fare il servizio militare quando ero ancora in tempo, almeno adesso non sarebbe un inutile. >> quelle parole mi urtavano i nervi. Non perché le avesse dette rivolte a Ryan, ma perché era un padre che parlava di suo figlio e io non potevo credere che esistessero certe cose. Nel breve tempo che ero stata presente in quella casa, li avevo solo visti discutere, ammesso che si rivolgessero la parola, ma non avevo ancora capito il punto di disprezzo che nutrivano l’un l’altro. Sapevo che mi sarei dovuta mordere la lingua, ma semplicemente non potevo, non sarei stata io. << Questo è ingiusto. Io credo che lei neanche conosca sua figlio, insomma, se lo conoscesse saprebbe che è un tipo abbastanza sportivo, ha molta resistenza e inoltre è un ottimo surfista. Non posso dire altro perché non lo conosco più di tanto, ma nessuno al mondo è inutile e sa, dovrebbe… >> mi interruppe usando un tono abbastanza canzonatorio << Dovresti. Fare silenzio, Hanon. E imparare a comportarti in modo consono per questo luogo se vuoi continuare a lavorarci. >> ah bene, quando voleva il mio nome lo ricordava. In ogni caso non gli averi chiesto scusa, non sarebbero stare delle scuse sincere, quindi perché farlo? Mi voltai dandogli le spalle, a quel punto, notai Ryan sulle scale, le stava scendendo una ad una, dalla sua espressione potevo intuire che avessi assistito alla conversazione. Non dissi nulla, proseguii per la mia strada, ma quando arrivai al suo fianco, Ryan mi afferrò il polso << Grazie, ma non ce n’era bisogno >> sussurrò al mio orecchio, scrollai le spalle e risposi con la stessa tonalità di voce << Lo avrei fatto per chiunque, quindi non montarti la testa. >> liberai il mio polso dalla sua, cosa non molto difficile, poi continuai a percorrere le scale. Io e Dalia riportammo a lucido tutta la casa, non che ci fosse molto da fare in effetti, la sporcizia – a parte quella nella stanza di Ryan – non era eccessiva. Quando finii il turno, mi resi conto che in casa non c’erano né Ryan né il signor Carter. Poco male, pensai, mi rimisi e miei e vestiti e lasciai sola Dalia in quell’enorme abitazione. Avevo una gran fame e non vedevo l’ora di tornare a casa a mangiare. << Zio, sono tornata! >> chiusi la porta dell’entrata e mi fiondai in cucina, una donna vestita praticamente solo in intimo, si trovava vicino ai fornelli…e sì, il vizio di mio zio era davvero pessimo. << E tu  saresti? >> i suoi occhi mi passarono praticamente in rassegna. Sospirai, mi misi a sedere sul tavolo e lasciai cadere la borsa dalla mia spalla poggiandola su di esso << Sua nipote. E nipote batte sgualdrina, quindi tu ora puoi andare. Mi occupo io del pranzo. >> la donna mi guardò con aria di superiorità << Come mi hai chiamata, scusa? >> inarcai un sopracciglio ricambiando lo sguardo << Sgualdrina. Vuoi la definizione della parola? >> la donna stava per replicare, ma l’arrivo di mio zio interruppe la nostra conversazione. << Hanon! Sei tornata, pensavo pranzassi con le ragazze >> mi diede un bacio sul capo per salutarmi, poggiò la mano sinistra sul tavolo guardandomi negli occhi << No, pranzo con te. Quindi puoi cacciare il tuo inopportuno giocattolino fuori di casa? >> Zac aprì bocca per rispondermi, tuttavia fu preceduto dalla donna << Giocattolino a chi? Mocciosa! Tu non sai niente della nostra storia. >> sbuffai, queste donne illuse che pensano di contare qualcosa per lui sono assurde, per non dire ridicole. << Scommetti? Vi sarete ubriacati in un locale, avrete ballato e fatto sesso, fine della storia. Tu non sei nulla. Vuoi che te lo dimostri? Okay. Zio, come si chiama? >> incrociai le braccia al petto in attesa di una risposta, il viso di mio zio divenne visibilmente pallido, sgranò gli occhi guardandomi, era evidente che mi stesse supplicando di non fargli “questo”, ma non potevo farne a meno, era troppo divertente. << Ehm…lei è….Eli…. >> << COSA?! >> ops. << No, no, no. Volevo dire Mar… >> << SEI UNO STRONZO! >> si avvicinò allo zio per stampargli le cinque dita in faccia, sentii i suoi passi percorrere le scale << Non dimenticare nulla, ciò che resta andrà gettato nella spazzatura >> urlai, affinché mi potesse sentire. Mio zio mi diede un leggero schiaffo sulla spalla, ma sapevo che se la stava ridendo sotto i baffi esattamente come me. Mi fece segno di fare i silenzio e nessuno dei due parò fino a quando non sentimmo la porta sbattere per l’uscita di mon signora. << Sei incorreggibile, io faccio tanto per tenermele tutte buone e tu mi rovini i piani. >> << Lo faccio per il tuo bene, trovati una donna seria con cui scopare e costruire anche qualcosa di più, non delle inutili sanguisughe come quella. Cala la pasta, io vado a farmi una sciacquata e torno. >> senza attendere risposta, andai al piano superiore, ero davvero stanca, ma sapevo che il mio vero “relax” sarebbe arrivato il pomeriggio, in spiaggia, sulle onde.
Ryan sembrava davvero assorto nei suoi pensieri, non si era neanche accorto che gli ero arrivata alle spalle, poggiai la mia tavola sulla sabbia e mi avvicinai a lui, seguii il suo sguardo per capire cosa stesse guardando. << Oh andiamo, sul serio ti piacciono quelle lì? >> chiesi quasi disgustata, c’erano due ragazza stese sulle loro asciugamani a prendere il sole, una bionda e una mora. Avevano un fisico perfetto, così come la loro messa in piega e persino…il trucco! Ma siamo seri? << Perché no? Non sono male >> Ryan scrollò le spalle per poi tornare a guardarle. << Tanto per cominciare perché sono ridicole. Insomma perché il trucco a mare? Spiegamelo. E i capelli senza un filo fuori posto? Non hai intenzione di farti il bagno? >> Ryan rise voltandosi verso di me << Magari non hanno intenzione di farsi il bagno, forse sono venute solo a prendersi il sole >> << In goni caso quel trucco non ha senso. Andiamo? >> mi alzai in piedi avvicinandomi alla mia tavola, Ryan mi seguì senza alcuna esitazione, fece un cenno di assenso col capo ed entrambi ci tuffammo tra le onde. Remo immediatamente verso le onde, sembrava mi stessero aspettando, sentii come mi sollevavano aumentando sempre di più in altezza, presi la prima onda che mi capitò a tiro e feci uno splendido take off. Cercai di guardare giù senza perdere la stabilità della tavola, ma non vedevo l’ombra di Ryan << Cerchi qualcuno? >> la sua voce. Mi voltai di scatto, lui stava cavalcando la mia stessa onda dietro di me, la mia distrazione però mi costò la cavalcata, precipitai giù dall’onda, un tuffo di testa. << Hai perso un’onda, biondina? >> fu la prima cose sentii quando riemersi. Ryan rideva divertito, la situazione sembrava piacergli non poco, c’era qualcosa di diverso dai giorni precedenti, oggi non mi stava dando ordini, non mi diceva come muovermi, sembrava rilassato, la cosa mi piaceva, mi mostrava la sua figura sotto una nuova luce, una parte anche sconosciuta, ma che ero disposta a scoprire. Anche se in lontananza, si sentiva la voce di Avril Lavigne che cantava “I’m with you”, mi è sempre piaciuta come cantante. Osservai Ryan remare verso la successiva onda, avevo intenzione di fargliela pagare per avermi fatto cadere dall’onda. Staccai il leash dalla caviglia, lo seguii e appena lo vidi fare il take off, lo feci subito dopo dato che ero leggermente più dietro. Questa volta ero io ad aver preso la sua stessa onda, lui si guardava intorno, ma prima che io potessi dire qualcosa lui aprì bocca << Non pensarci nemmeno, l’ho fatto io a te, non cadrò a causa tua. >> << Sai, è divertente vedere quanto tu sia sicuro di ciò. >> la mia tavola si avvicino rapidamente alla sua, al momento giusto feci un salto per atterrare sulla sua tavola. Mi aggrappai con forza al suo braccio destro tirandolo all’indietro << No, ferma! Così cadiamo entrambi! >> ed era esattamente il mio obbiettivo, mi importava solo farlo cadere, tutto il resto era un dettaglio. Cademmo entrambi nel mezzo dell’onda, sentii il braccio si sinistro di Ryan avvolgersi intorno al mio busto, il suo petto premere sul mio, un enorme splash annunciò il tonfo. Riesco ad aprire gli occhi sott’acqua benché avessi una vista sfocata anche Ryan li stava aprendo, mi lasciò andare e in breve tempo tornammo in superficie. << Ma sei pazza?! Hai rischiato di ucciderci entrambi. >> Ryan sembrava davvero arrabbiato, ma la cosa non mi preoccupava minimamente, scoppiai a ridere e con la mano destra gli schizzai l’acqua << Ma sta zitto, è stato divertente. Sei un fifone, saremo caduti in acqua, in fondo. Era tutto calcolato >> mi avvicinai a lui per sollevare ancora qualche schizzo, lui afferrò il mio polso e mi attirò a sé. I suoi occhi si riflessero nei miei per qualche secondo di silenzio. Non capivo a cosa stesse pensando, non capivo perché mi stesse fisando, non capivo nulla in realtà, ma qualcosa mi impediva di distogliere lo sguardo << Tu sei diversa da tutte. >> sbattetti le palpebre confusa. Che cosa stava succedendo? Che cosa significava? 



*Angolo autrice*
Yeyyy da qunato tempoooooooooo...sì, lo so, sono scomporsa, ma hey, prometto che cercherò di essere più costante nell'aggiornare i capitoli. Sono stata un po' occupata, ma le idee per questa storia sono ancora tutte in piedi e non vedo l'ora di entrarci nel vivo. Mi sono accorta di aver lasciato il capitolo precedente senza aggiornare la nota autrice...sono imperdonabile, lo so, ma abbiate pietà please. Cerco di farmi perdonare come posso. Soooooooo vi è piaciuto il capitolooo?
Spero di sì, non vedo l'ora di leggere i vostri commenti al riguardo e.e *--* poiii....sto pensando cos'altro devo dire....datemi tempo...io ovviamente puntino per perdere tempo in attesa di risposta dal cervello. Ah sì! Se per caso qualcuno ancora non lo sa, a novembre la storia che conoscete come "Sono complicata, avremo un amore complicato." diventerà "Ora come mai" e sarà un libro *---* ma ora torniamo a un sogno tra le onde.
Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto, ah mi sono ricordata che altro volevo dire...volevo postare il 12 settembre, poi il 23 settembre ma non sono riuscita in nessuna di queste due date anche se lo avevo pure annuncianto su Twitter....sooooo mille scuse a voi e...niente, non devo dire più nulla.
Baci a tutteeee a prestoooo

Ps: Lo so. Devo rispondere ai vostri commenti. LO SO. NON VI DIMENTICO.

  

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