My life would suck without you.

di Heartless_18
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19. ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20. ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21. ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22. ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23. ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24. ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25. ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26. ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27. ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28. ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29. ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30. ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31. ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32. ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33. ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34. ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35. ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36. ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37. ***
Capitolo 39: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Mi parve di star sognando di essere in sella a un unicorno, prima che la sveglia interrompesse il sogno.
Ma poi..per quale accidenti di motivo la mia sveglia stava suonando?
Ero quasi certa fosse Sabato mattina,di conseguenza niente lezioni.
A meno che non avessi assunto droghe pesanti in grado di coprire lo spazio temporale di due giorni,dubitavo fossimo già arrivati al Lunedì.
Aprii gli occhi a fatica,meravigliandomi del fatto che fossi riuscita a farlo.
A quell’ora dell’alba,le mie palpebre sembravano essere sigillate con l’Attak.
Spensi la sveglia,o meglio la lanciai contro la parete opposta al letto con quell’intento. Diamine,non avevo nessuna voglia di andarne a comprare un’altra, avrei dovuto smetterla di essere così impulsiva!
Sbuffai frustrata,prima di guardarmi attorno nel silenzio più totale del mio appartamento.
Prima di lanciare la sveglia contro il muro,non avevo neanche verificato che ore fossero.
Ad ogni modo non mi importava,io avevo ancora sonno, il che valeva come motivazione per rimettermi a dormire.
Chiusi gli occhi e mi strinsi le coperte al petto,infossando maggiormente la testa nel cuscino.
Ero quasi ricaduta nel mondo dei sogni,quando venni disturbata di nuovo.
Quella volta non fu colpa della sveglia,ma del campanello di casa.
Stavo cominciando a desiderare di diventare sorda!
Con un ringhio frustrato scalciai via le coperte,dimenandomi su me stessa per riuscire ad alzarmi. Peccato che,con tutto quell’agitarmi,finii con il cadere a terra.
Se il buongiorno si vedeva dal mattino,quella che mi aspettava sarebbe stata proprio una giornata di merda.
Mi avviai zoppicante verso l’ingresso,pregando mentalmente che avrebbe smesso di trillare prima del mio arrivo. Me lo auguravo più che altro per la persona al di fuori di quella porta e per la sua salute fisica.
Non mi premurai neanche di guardare dallo spioncino o di provare a darmi una sistemata,aprii la porta senza curarmi che avrei potuto spaventare il mio interlocutore con quell’aspetto.
Quando mi trovai davanti la faccia sorridente di Trent,la voglia di fargli del male fu quasi impossibile da contenere.
Guardai la sua espressione felice e sorridente per non più di tre secondi,prima di richiudergli la porta in faccia quando provò a spiaccicare una sola misera parola.
Era impazzito se gli veniva in mente la geniale idea di presentarsi a casa mia,a quell’ora dell’alba!
Non sentii il rumore della porta che si infrangeva contro lo stipite,poiché lui frappose un piede in mezzo,evitando che accadesse.
Mi schiacciai di peso contro la porta,ma lui ebbe la meglio.
Accidenti,ero proprio una femminuccia!
“Sei splendente come un raggio di sole!” entrò in casa con un sorriso,nonostante io non l’avessi invitato a farlo. Tipico atteggiamento da lui.
Chiusi la porta che lui non si era premurato di chiudersi alle spalle,e lo seguii sconsolata  fino alla cucina.
“Trent,devi capire che la mia pazienza ha un limite e tu la stai superando. Non ritenermi responsabile se un giorno la tua testa non avrà più un corpo su cui appoggiarsi, perché non posso garantirti che..ehi ma quella è una ciambella?”
Frugai all’interno del sacchetto che aveva attirato la mia attenzione,prima di fiondarmi sul contenuto cospargendomi la bocca di zucchero a velo.
“Credo che tu possa conoscere da sola la risposta” mi lanciò addosso un fazzoletto in modo da invitarmi a darmi una ripulita.
Francamente,pensavo che non fosse del banale zucchero a velo cosparso su tutta la mia bocca,la cosa peggiore del mio aspetto in quel momento.
E ne ebbi la certezza poco dopo.
“Tesoro,si può sapere che diamine hai combinato ieri sera? Un attimo prima stavamo ballando insieme,e l’attimo dopo sei scomparsa,per poi riapparire un’ora dopo a pomiciare con un palo,con un palo,per Dio!”
Lo ascoltai in silenzio,usando una mia unghia come stuzzicadenti per togliermi qualche briciola rimastami incastrata in mezzo ai denti.
Era davvero frustrante quando accadeva.
“Eri sbronza persa,e hai un aspetto orribile!” come per rendermi partecipe della veridicità della sua constatazione,mi trascinò fino allo specchio in soggiorno,piazzandomi davanti.
Se non fossi stata io quella riflessa nello specchio,molto probabilmente mi sarei presa in giro.
“Andiamo Trent,non ero messa poi così male!” sfuggii dalla sua presa e mi inoltrai nuovamente in cucina,facendo fuori in due bocconi quanto rimaneva della mia colazione.
Sospirò sfinito. “Quale parte del ‘stavi pomiciando con un palo ‘ non ti è chiara?”
Lo ignorai e,comportandomi come se non esistesse,presi a mettere in ordine quel caos di cucina. O almeno ci provai..
Avrei dovuto assumere una donna delle pulizie,ma quanto mi sarebbe venuto a costare? Decisamente troppo,meglio usufruire di mia madre.
Chissà quando aveva un giorno libero per venire a trovarmi..
“Basta,mi arrendo a provare a parlare con te!” emise un ringhio frustrato,prima di lasciarsi cadere su una sedia con il volto coperto dalle mani,in segno di esasperazione.
Mentre tenevo in mano un bicchiere con l’intento di asciugarlo,mi girai in sua direzione per osservarlo.
Il leggero broncio che avevo assunto poco prima scemò lentamente,lasciando il posto a un sorriso caloroso.
Potevo ritenerlo una delle poche persone che si interessasse realmente a me.
Non si trovava tutti i giorni un amico che ti portava la tua colazione preferita a casa dopo una sbronza, ti chiedeva come stavi in ogni momento,ascoltando anche la risposta.
Mi venne da ridere a pensare a come ci fossimo conosciuti.
Era una sera come le altre,in cui tenevo la mente occupata in una delle solite discoteche,cercando di staccare dall’ormai stress giornaliero.
L’avevo avvistato,in mezzo alla pista da ballo,bello come non mai e con un sorriso indimenticabile.
Dopo tre drink e la mia lucidità andata a farsi benedire,mi ritrovavo a ballare con lui provandoci spudoratamente.
Ci rimasi malissimo quando,pochi giorni dopo,si trasferì nell’appartamento accanto al mio.. in compagnia di un ragazzo, il suo ragazzo.
Non vi dico il trauma iniziale,non appena scoprii che fosse gay.
In realtà si riteneva bisessuale,ma non l’avevo mai visto con una ragazza.
“Scusa se non mi va di ammettere quanto fossi patetica ieri sera!” le parole potevano risuonare dure,ma quando mi accoccolai sulle sue gambe capì che mi fossi rilassata.
“Sei stata esilarante” appoggiò la fronte alla mia spalla e rise.
Quella risata mi fece ritornare alla mente il momento in cui lo incontrai.
Mi girai a fissarlo,attirando così la sua attenzione.
“Che c’è?” chiese inarcando un sopracciglio,con un tono di voce leggermente spaventato a causa del mio sguardo da tigre predatrice.
“Stavo pensando che è un vero peccato tu sia gay”
Mi cacciò via da sopra di lui con una risata e uno scappellotto in testa.
“Bisessuale” precisò,con sguardo truce.
Detestava quando confondevo le cose.
“Appunto,dato che ti ritieni bisessuale e non gay,non ti piacciono le mie chiappe?” lo stuzzicai,strizzandomi il sedere in maniera provocante.
Insomma,era un ragazzo così bello: da splendenti occhi color miele,capelli mori,e fisico statuario. Dava l’impressione di essere un modello.
Rise ancora più forte,scuotendo la testa incredulo.
Adoro le tue chiappe!” stette al gioco,lasciandomi una leggera pacca su di esse.
Non feci in tempo ad aggiungere altro,che il campanello prese nuovamente a suonare.
Ma cosa diamine c’era nell’aria quella mattina? Presto quella casa sarebbe diventata un ritrovo per una confraternita intera.
Mi affrettai a raggiungere la porta,con quel dannato campanello che non la smetteva di trillare ad intermittenza.
“Arrivo!” urlai istericamente,fiondandomi sulla porta d’ingresso e spalancandola.
Non ebbi il tempo di capire cosa stesse succedendo,che Dee mi saltò addosso,iniziando a saltellare contenta come una gazzella.
Era la mia migliore amica e,per quanto le volessi bene,l’avrei uccisa nel giro di dieci secondi se non l’avesse finita di urlare in quel modo irritante e di farneticare parole senza un nesso logico.
“Dee”
“E poi mi ha richiamata,e io non ci potevo credere..ma poi ho pensato a quanto fosse bello e mi sono detta ‘perché non concedere un secondo round’? Però mi ha spiazzata quando mi ha chiesto di uscire,più precisamente si tratta di un’uscita di gruppo..”
“Dee!” provai a richiamarla,nonostante lei sembrasse non volerne sapere di staccarsi dal mio braccio e di smetterla di blaterale.
La mia testa stava esplodendo,e non ero sicura che sarei riuscita ad evitarlo.
“Sono andata in panico e non sapevo cosa fare,perché ti rendi conto che potrebbe trasformarsi in una cosa seria?Insomma,si tratta di un’uscita insieme a tutti i suoi amici,e io non mi sento pronta.. è successo tutto così all’improvviso che..”
“DEE!” lanciai un urlo gutturale che rimbombò nei meandri di tutta casa,e non ero sicura che non lo avesse avvertito anche il resto del vicinato.
Per lo meno,però,sortì l’effetto sperato.
Dee si bloccò di colpo,rimanendo con la bocca semi aperta,interrotta bruscamente dal racconto della sua emozionante storia.
“Io stavo solo..”
“Taci”
“Ma io volevo..”
“Chiudi un attimo quella dannata boccaccia!” strillai nuovamente,tappandole la bocca con una mano prima che le venisse l’idea di provare a riaprirla.
“Ora fai dei respiri profondi” le ordinai.
La vidi chiudere gli occhi e rilassare i muscoli,ispirando leggermente dal naso,per poi rilasciare l’ossigeno accumulato.
Quando fui sicura del fatto che si fosse calmata,le tolsi lentamente la mano dalla bocca, invitandola a spiegarsi.
“Sei sicura di quello che stai facendo?” mi chiese stralunato Trent,buttato sul divano dietro di me.
Gli lanciai un’occhiata come cenno affermativo.
“Oh Gesù..” commentò,prima di reggersi la fronte con la mano,cercando una via di fuga guardandosi intorno.
Dee lo fulminò con lo sguardo,prima di ritornare a riservare la mia attenzione a me con un sospiro.
“Ho conosciuto questo ragazzo ieri sera,mentre tu eri intenta a farti fuori metà bar.. e abbiamo passato la notte insieme. Non mi aspettavo che mi avrebbe richiamata così presto,anzi,in realtà pensavo non l’avrebbe fatto e basta. Quindi potrai immaginare la mia sorpresa quando mi ha proposto di uscire con lui,in compagnia anche dei suoi amici,questa sera”
Si fermò per darmi tempo di assimilare quanto avesse detto.
Annuii silenziosa,aspettando che proseguisse,ma non lo fece.
Era quella la storiella? E quando arrivava il punto che mi spiegasse il perché ne stesse parlando proprio a me?
“E’ molto emozionante cara,davvero.. ma io cosa centro?” domandai flebilmente,quasi timorosa di ricevere una risposta insoddisfacente.
Sorrise angelicamente,ma non mi ingannava.
La conoscevo quella finta facciata da angelo,ed ero più che sicura che,se le avessi tolto la maschera,avrei rivelato un adorabile diavoletto.
Un brutto presentimento cominciò a farsi strada in me..
Se mi avesse chiesto di accompagnarla,l’avrei mandata a quel paese senza troppi complimenti.
“Come sarebbe a dire ‘cosa centri’? Tu verrai con me sciocchina” mi sfiorò la punta del naso con un dito,facendomelo arruffare istintivamente.
Ci misi tre secondi per capire quanto avesse detto e reagire.
Il mio modo di reagire fu quasi inquietante.
Mi misi a ridere,seguita a ruota da Trent,che era piegato in due sul divano.
Solo Dee non sembrava trovare l’ilarità in tutta quella faccenda.
Eppure ero convinta che il suo intento fosse quello di farmi conoscere qualcuno.
Non si era ancora arresa con la storia dell’anima gemella,e andava cercando disperatamente la mia da oltre sei mesi.
“Ci hai provato Dee,ci hai provato” le appoggiai una mano sulla spalla in segno di stima per il tentativo fallito,cercando di trattenermi nello scoppiargli nuovamente a ridere in faccia.
Lanciai uno sguardo d’intesa a Trent,che stava disperatamente cercando di trattenersi tenendosi la bocca chiusa con entrambe le mani.
“Andiamo Sam,non pensi che non potrebbe che farti bene guardarti attorno e provare a conoscere qualcuno?” insistette Dee,con cipiglio offeso.
“Quante volte dovrò ancora ricordarti del mio ribrezzo nei confronti del genere maschile?”
“Ehi!” si intromise Trent,lanciandomi uno sguardo truce.
“Eccetto per te,tesorino” dissi,tanto per farlo tacere.
“Potresti provare a essere un po’ più accondiscendente e aperta?” continuò Dee,incurante dell’intervento fuori luogo di Trent.
“Potresti provare a non farmi ammosciare le chiappe?”
“Sto solo cercando di aiutarti!”
“Ma nessuno ti ha chiesto aiuto!”
Lei puntò i piedi,e io cominciai a fare lo stesso cercando di mantenere viva la mia idea.
Dovette intervenire Trent ancora una volta,per cercare di calmare le acque.
“STOP! Valutiamo la situazione” ci fece segno di accomodarci di fronte a lui.
Io e Dee ci lanciammo un’occhiata,prima di acconsentire a seguire la sua folle iniziativa.
Mi ritrovai seduta su una delle poltroncine insieme a Dee,con Trent di fronte nei panni di uno psicologo strizza cervelli.
“Innanzitutto..Dee,non sei abile nelle vesti di cupido,quindi dacci un taglio e ritirati!”
La sua innata simpatia per la mia migliore amica, sembrò scaturire anche da quella semplice frase.
“E Sam,tesoro,provare degli istinti sessuali con un altro essere umano non potrà farti male. Non dico che tu debba per forza trovare la tua anima gemella” lanciò uno sguardo truce a Dee “ ma per lo meno potresti affermare di averci provato e non avere rimpianti quando continuerai la tua solita vita in solitudine,con il tuo solito comportamento da zitella acida e intollerabile nei confronti del genere umano”
Meditai sulle sue parole per qualche istante,rimanendo in silenzio per prendere una decisione che non sembrasse troppo affrettata.
A primo impatto,la risposta sarebbe stata un NO categorico,ma riflettendoci su non mi costava nulla provarci.
Dopotutto nessuno diceva dovessi cambiare comportamento in modo da non rovinare tutto,anche perché non mi interessava di come sarebbe stato l’esito.
Mi sarei fatta conoscere per com’ero davvero,senza fingere gentilezza e innocenza.
Erano aggettivi che non mi appartenevano e che mai l’avrebbero fatto,era inutile provarci.
In quel modo,forse,non sarebbe stata una serata tanto spiacevole.
Avrei allontanato tutti da me alla velocità della luce,e avrei potuto dedicarmi a me stessa in compagnia di una bottiglia di vodka.
Quest’idea però l’avrei tenuta per me.
Sospirai. “Eh va bene”
Dee si girò verso di me con la stessa espressione di una che aveva appena avvistato un fantasma svolazzare per casa ululando ‘morirete tutti tra sette giorni’.
“Cosa?!” chiese con la voce più elevata di un’ottava,a causa dell’incredulità alla mia risposta affermativa.
“Ho detto che va bene,dopotutto non potrà essere così terribile come..”
“Quindi funziona così? Arrivi tu e la convinci a fare qualcosa per la quale io devo corromperla con una bottiglia di vodka accompagnata da un fiocchetto rosso?” interruppe il mio chiacchiericcio,solo per inveire contro Trent come suo solito.
“Tesoro,non è colpa mia se sono migliore di te”
“Ma per favore!”
Iniziò uno dei soliti battibecchi,che vedevano come protagonisti la mia migliore amica Dee dai capelli principeschi e movenze isteriche,e il tormentato moro senza freni alla lingua.
Mi schiaffai una mano sulla fronte e cedetti contro lo schienale della poltrona,socchiudendo gli occhi già al limite dell’esasperazione.
Perché diamine non avevo ancora approfittato di quel momento di distrazione per darmela a gambe?



 
Ciao a tutti!
E' davvero un piacere per me salutarvi per la prima volta, soprattutto se lo faccio in compagnia della mia prima storia.
Ho scritto e riscritto tante di quelle storie che ho perso il conto, ma nessuna che sia mai riuscita a farmi pensare 'voglio che anche qualcun'altro la legga'.

Beh, con questa invece così è stato. 
Ma ora basta parlare di me e di quanto sia complessata mentalmente, e passiamo alle cose serie.

Un giorno mi sono ritrovata casualmente a guardare il video di 'My life would suck without you' di Kelly Clarckson.
Vedendo l'intesa tra i protagonisti del video, e i loro continui dispetti, ho deciso di utilizzare il titolo per la mia storia.
Ve ne può fregare qualcosa? Non credo, ma vi inviterei a guardarlo per farvi un'idea di ciò che vi aspetta.
Sto continuando a blaterare? Decisamente sì.
Bene..basta suvvia!
Se questo sfoggio di schizofrenia e simpatia della protagonista, vi ha in qualche modo fatte sorridere, spero che continuerete a leggere.
Tra l'altro, non mi lamenterei di certo se ricevessi quache recensione.
Apprezzo molto anche quelle critiche, soprattutto se hanno il fine di migliorarmi.
Xoxo. 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


Per un pomeriggio intero,Dee mi costrinse a girare per negozi  con la sua amabile compagnia.
In caso non sapeste cosa voglia dire fare shopping con lei,forse rende meglio il concetto ammettere che avrei preferito farmi trapassare lo stomaco con una lama.
Dee quando si ritrovava circondata da boutique,perdeva la ragione.
Non c’era modo di tenerla ferma un attimo,e di arrestare la sua corsa disperata verso qualunque vetrina incrociasse il suo sguardo.
In uno dei rari momenti di pausa che mi concesse,ci sedemmo su una delle panchine nel bel mezzo di un parco,in pieno centro,con la compagnia di una tazza di cioccolata calda tra le mani.
Quando un barbone venne a chiederci se potevamo donargli un omaggio,pensai di regalarle lei con tanto di fiocco gigante legato in testa.
Il problema era che non fossi sicura avrebbe apprezzato,e non me la sentivo di esporre lui a una simile tortura solo per tirarmi fuori da quella situazione.
“Non mi hai ancora detto qual è il luogo dell’appuntamento.” bevvi un sorso dalla tazza,ustionandomi la lingua a causa del gesto troppo affrettato.
Mi ritrovai a sventolarmela nel tentativo di farla raffreddare,prendendo a imprecare poco elegantemente.
Dee si schiarì la voce,ma restò vaga nella risposta. Forse un po’ troppo per non farmi insospettire. “Sarà una sorpresa..” fece con un risolino nervoso,prima di distrarsi prendendo un sorso di cioccolata dalla sua tazza,ricordandosi però di soffiarci dentro,evitando così di fare la mia fine.
La guardai sospettosa. “Non c’è dietro niente di losco di cui poi debba vendicarmi,vero?”
Scosse la testa vigorosamente,con così tanta energia che ebbi paura che presto le sarebbe rotolata via.
Sospirai e archiviai l’intera faccenda,decidendo di non fasciarmi la testa prima di rompermela.
***
La sera arrivò troppo in fretta per i miei gusti,soprattutto dopo essere caduta in un rapido pisolino pomeridiano.
Quando Dee irruppe in casa già vestita di tutto punto,non ero sicura di sentirmi pronta per affrontare un simile sforzo.
“Sam non posso credere che tu debba ancora sistemarti,datti una mossa!” mi tirò via le coperte,prima di scuotermi da un braccio in modo che mi decidessi ad alzarmi.
Lo feci,ma le ringhiai contro.
“Vedi di non iniziare a urtare il mio sistema nervoso prima che la serata sia conclusa!”
Era già stato un gran passo avanti alzarmi,pretendere che fossi anche di buon umore mi sembrava volere troppo.
Per l’ora successiva presi il ruolo di un manichino,che Dee si divertì ad addobbare a suo piacimento.
A risultato finale,non indossavo nulla di così sconveniente che mi avrebbe permesso di prenderla e lanciarla dalla finestra.
Indossavo un pantacollant nero e un maglioncino color carne che mi arrivava fino a metà coscia,con uno scollo a V niente male.
Rimasi stupita del fatto che non mi avesse imposto di vestirmi da battona di strada.
Non si concentrò molto sul trucco,solamente perché non c’era abbastanza tempo per farlo. E in ogni caso i miei occhi verdi,modestamente,erano già stupendi da soli.
Mi costrinse i capelli neri in una lunga coda alta,in modo da valorizzare i lineamenti del viso,che a suo parere erano perfetti.
Non commentai e non replicai,tutto pur di far sì che quella serata si concludesse il più presto possibile.
 
Il tragitto in macchina fu teso,e mi risultò difficile ascoltare la terribile musica di Dee per tutta la durata del viaggio.
I suoi gusti erano nettamente diversi ai miei,così come i nostri caratteri.
Lei era di una dolcezza smisurata,e distribuiva sorrisi ovunque,mentre io gli unici sorrisi che mi sforzavo di fare era quando dovevo chiedere ai miei genitori più soldi di quelli che mi dessero regolarmente. Un vero strazio.
Non avevo idea di quanto mancasse prima di giungere a destinazione,ma il mio stomaco mi avvisò con un brontolio che avesse la necessità di assumere cibo.
Non mi importava di dove ci trovassimo e se saremmo arrivate in ritardo,io avevo fame,di conseguenza avrei mangiato.
Guardai il paesaggio che scorreva al di fuori del finestrino,e quando notai un fast food qualche metro più avanti,mi illuminai.
“Gira di qua!” urlai a Dee,prima di afferrare il volante e sterzare verso sinistra.
Quasi non ci schiantammo contro un cassonetto della spazzatura,ma tutto sommato eravamo ancora vive.
“Sei per caso impazzita?” chiese oltraggiata,con il viso contorto in una maschera di stupore.
Feci spallucce e non mi curai più di tanto dell’accaduto,scendendo dalla macchina come se non avessi appena attentato alle nostre vite.
Dee rimase paralizzata all’interno della macchina,ma francamente non mi importava se mi avrebbe fatto compagnia o meno. L’importante era che io mi sfamassi.
Presi posto in un tavolo,prima di guardare in direzione dei menù per decidere cosa ordinare.
Quel panino col pollo sembrava invitante..ma quell’hamburger mi avrebbe fatta uscire di testa. Cosa scegliere? Che dramma.
Intanto Dee mi raggiunse,sedendosi di fronte a me con ancora un espressione leggermente traumatizzata.
“Avanti Dee,sei ancora viva!” sbottai,alzando gli occhi al cielo per il suo essere così melodrammatica.
“Sicuramente non per merito tuo” ribatté piccata,appoggiando la sua enorme borsa al suo fianco. Sospirò e si lasciò cadere sul comodo divanetto,mentre io aspettavo impazientemente che qualcuno mi degnasse della sua attenzione.
Insomma,non entravo in un fast food per fare salotto,quanto diavolo ci mettevano?
“Buonasera signorina,cosa posso portarle?”
Come se qualcuno avesse finalmente ascoltato le mie preghiere,mi si piazzò davanti un ragazzo dall’aspetto simpatico,che mi ricordava un po’ uno gnomo da giardino vista la sua scarsa altezza.
Mi sforzai di trattenere una risata,e Dee sembrò fare lo stesso.
“Prendo un cheeseburger e..” venni distratta dalla porta d’entrata del fast food,che sbatté alle spalle di un ragazzo, e che ragazzo.
Non ero mai stata una ragazza facilmente sorprendibile,o una di quelle con gli ormoni a palla che sbavavano dietro qualunque esemplare di sesso maschile.
Ma quella volta mi ritrovai a farlo,perché chi stava camminando con nonchalance per il locale, non poteva che essere un Dio.
Insomma,pensavo esistessero solo nei libri quei ragazzi da tenebrosi capelli neri,occhi altrettanto scuri paralizzanti,e un fisico da svenimento immediato con conseguente commozione celebrale.
Quello che avevo a pochi metri di distanza era il più bell’angelo che avessi mai visto.
“Vuole anche dell’acqua?”
La voce dello gnomo da giardino,la sentii solo in lontananza,come se non facesse parte del mondo in cui ero finita.
Quando vidi quel Dio sceso in terra sorridere,provocando due adorabili fossette ai lati della bocca,pensai che la mia vita avesse raggiunto il culmine della soddisfazione.
“O-oh si.. acqua certo.. tanta acqua.” mi ritrovai a farneticare,senza staccare gli occhi da quell’ essere paradisiaco.
“Perfetto.” lo gnomo annuì e,con un sorriso,se ne andò.
Non gli prestai molta attenzione,quasi non mi accorsi di dove fosse finito.
“Sam, mi spieghi che cosa stai..”
“Taci,non interrompere questo momento di beatitudine visiva.” la zittii frapponendo un dito davanti al suo volto.
Sospirò arrendendosi a parlare,limitandosi a seguire il mio sguardo per capire quale fosse il motivo di quella mia momentanea sospensione dal mondo.
“Oh mio Dio..” commentò,dando voce alla stessa presente all’interno della mia testa.
Era la frase che mi ripetevo da almeno dieci minuti senza interruzioni.
Mi sentii quasi gelosa del fatto che stessi condividendo quel bene di Dio con lei.
Avrei preferito non lo degnasse neanche della più minima attenzione,ma era evidentemente impossibile sperarlo se ti ritrovavi davanti agli occhi uno come..quello.
“Ecco a lei la sua ordinazione.”
Lo gnomo mi appoggiò sotto il naso un piatto con quanto avevo richiesto,accompagnato da una bottiglietta d’acqua ghiacciata.
Un attimo..quando era andato via e quando era ritornato?
Mi guardai intorno stralunata,come se mi fossi risvegliata dal mondo delle meraviglie solo in quell’istante.
Mi schiarii la voce e feci finta che nulla fosse successo,iniziando a mangiare cercando di non far scontrare il mio sguardo con la sua persona.
Avrei potuto soffocare.
Mangiai in fretta e furia,spaventata dalle sensazioni disarmanti che avevo provato quando l’avevo visto.
Forse aveva ragione Trent.. avrei dovuto trovare qualcuno con cui sfogare i miei istinti sessuali repressi.
“Mi farei sbattere da lui in questo momento,su questo stesso tavolo..” quasi rigurgitai quanto stavo ingerendo,quando sentii Dee parlare con quell’aria sognante da pazza psicopatica.
Aveva ancora gli occhi che le brillavano,rivolti verso quel ragazzo!
Quello stesso ragazzo che avevo decretato fosse mio senza neanche conoscerlo.
“Dee!” esclamai oltraggiata,lanciandole dietro un pezzo di panino,che prontamente cercò di levarsi dai capelli con gesti impacciati e frenetici.
Per lo meno distolse l’attenzione da lui..
“Dai andiamo,ho finito di mangiare.” annunciai in fretta e furia,prima di alzarmi dal tavolo e darmi velocemente una ripulita.
Lasciai i soldi sul tavolo e feci per uscire dal locale,ma quando il mio sguardo finì nuovamente su di lui,intento a ridere in compagnia di un amico,avvertii la necessità di bere ancora.
Tornai indietro e bevvi qualche altro sorso dalla bottiglietta,prima di lasciarla là e andarmene.
Quasi avvertii un tuffo al cuore alla consapevolezza che non l’avrei più rivisto,ma si sa,a volte il destino è imprevedibile.
 
***
 
“Ora tu mi spieghi se è uno scherzo.”
Mi trovavo davanti a una delle più grandi piste di pattinaggio di Londra,la City Ice Pavilion.
Fin qua nulla di divertente,se non fosse stato per il fatto che io non avessi neanche idea di come mettere piede su una pista ghiacciata.
L’idea di stare in movimento su un qualcosa che non fossero le mie gambe,mi faceva rabbrividire.
E se mi fossi schiantata contro un vetro? Solo immaginarmelo mi faceva drizzare i capelli sulla nuca.
Dee si schiarì la voce. “Sapevo che se te lo avessi detto avresti reagito così..” sospirò.
“Forse,se lo avessi saputo prima,avrei reagito meno peggio. Non dico meglio,ma sicuramente non avrei avuto l’impulso di tagliarti la gola con una lama.”
In quell’istante ero sicura che i miei occhi stessero fiammeggiando,mentre la fissavo come a volerla realmente uccidere.
Non ero preparata psicologicamente per sostenere una situazione del genere.
Per lei sarebbe stato facile,dopotutto era brava a fare qualsiasi cosa,ma io ero una frana in qualunque attività che comportasse femminilità ed eleganza.
“Ti prego Sam non arrabbiarti! Avevo davvero bisogno di te stasera,e se te l’avessi detto non avresti mai accettato.. per favore, non prendertela.” si attaccò al mio braccio e incominciò a lagnarsi. Mi sembrò quasi di scorgere una lacrima,il che mi bastò come scusante. Non era mia intenzione farla piangere,per lo meno non ora.
Se la serata fosse stata un disastro totale..allora forse dopo avrei potuto farci un pensierino.
Sospirai rassegnata,prima di impiantarmi un sorriso. “Avanti,andiamo piagnucolona.” entrammo nella struttura,e l’aria fredda mi sferzò il viso.
Rimase accoccolata contro il mio braccio fino a quando non sembrò scorgere una figura familiare,sventolando una mano in sua direzione.
“Trey!” urlò con la sua vocina delicata,nel tentativo di farsi notare.
Il ragazzo si girò in nostra direzione,facendoci cenno di avvicinarci.
Intanto che avanzavamo,mi presi tempo per fargli una radiografia completa e decretare se fosse un coglione o meno.
Aveva splendenti occhi verdi smeraldo,e lucenti capelli castani con un taglio alla moicana. Aveva l’aria simpatica,e un sorriso davvero notevole.
Avrei potuto accettarlo..
“Lei è Sam,la mia migliore amica.” mi presentò Dee,mentre l’altro mi porgeva la mano sorridendo “Piacere,io sono Trey.”
Strinsi la sua mano e continuai a scrutarlo con gli occhi ridotti a due fessure,decretando se la mia prima impressione fosse stata giusta.
“Piacere Trey,io sono Sam. La stessa che giocherà a ping pong con le tue palle se farai soffrire Dee.” feci con un finto sorriso innocente,aumentando la stretta.
Un piccolo avvertimento non guastava mai.
Lo vidi sgranare gli occhi stupito e sorpreso,prima di aprirsi in una risata seguito da altri due sue amici alle sue spalle,e una ragazza.
Quella ragazza mi sembrava la versione femminile di..oddio era bellissima.
Capelli neri simili ai miei,con la sola differenza che i suoi occhi fossero azzurri.
Se non fosse stato per gli occhi,avrei detto fosse stata la copia di quel ragazzo.
Accidenti Sam smettila di pensarci,cominci a diventare ridicola e petulante!
“Io sono Amy.” mi si presentò,porgendomi la mano con un sorriso mozzafiato.
Demmo il via alle presentazioni e,oltre a Trey ed Amy,conobbi Jay,un ragazzo muscoloso alto almeno un metro e novanta,dalle movenze spavalde e sicure,e Gaz,che etichettai come idiota completo.
Dava l’impressione di essere un ninfomane solo a fissarlo.
“Allora..” parlò Trey,strofinandosi le mani tra di loro “Che ne dite di pattinare un po’?”
Tutti approvarono entusiasti,scendendo dalle grosse scalinate.
In quanto a me,rimasi in silenzio e non persi occasione per lanciare un altro sguardo truce a Dee,che abbassò la testa intimorita, seguendo lo stesso ragazzo che aveva la colpa di starmi facendo attraversare le pene dell’inferno.
Avevo la netta impressione che,per quanto potesse essere simpatico,avrei giocato ugualmente a ping pong con le sue palle nel solo tentativo di riscattarmi per quella serata.
Mi infilai le mani nei capelli una volta accertatami che nessuno mi vedesse,etichettandomi così come pazza incontrollabile con problemi d’ira.
Seguii gli altri fino ad un box,dove un anziano signore chiedeva il numero di scarpe in modo da distribuire i pattini appropriati.
Erano in momenti come quelli,che mi veniva da desiderare le cose più improbabili,tipo non essere dotata di un paio di piedi.
In quel modo non avrei dovuto pattinare e sarebbero stati tutti felici e contenti.
“Il suo numero, signorina?” mi chiese gentilmente l’uomo,rimanendo in attesa di una risposta.
Avanti Sam pensa,che scusa puoi inventarti?
“Un 38.” rispose Dee al mio posto,sorridendomi innocentemente mentre si allacciava quei dannati cosi.
Le sorrisi ironicamente,celando un avvertimento di morte.
“Grazie mille.” sibilai tra i denti,afferrando bruscamente i pattini che mi erano stati porsi.
Ci misi più tempo di quanto avessi pensato per infilarli,e per alzarmi in posizione eretta,ce ne impiegai il doppio.
Di quel passo sarei entrata in pista all’orario di chiusura.
Non che mi fosse dispiaciuto..
Quando alzai lo sguardo,di Dee e del suo prode cavaliere non c’era più traccia.
Abbandonata così al mio crude destino..quale infamia!
Trattenni un insulto in mezzo ai denti e mi alzai.
Vacillai un po’,ma per fortuna Amy mi aiutò a ritrovare l’equilibrio prima che finissi con il culo appiccicato a terra,senza più speranza di rialzarmi.
“Il fatto che tu mi abbia appena salvata da morte certa,ti ha fatto salire di livello.”
Rise della mia battuta,prima di avvolgermi il fianco con un suo esile braccio,e guidarmi lentamente verso la pista con passetti corti.
Quando arrivò il momento di toccare il ghiaccio,scese in pista prima di me,in modo da sorreggermi se mai fossi caduta.
Avanzai con sicurezza,perché a vedere lei era sembrato tutto così facile..mi dovetti aggrappare al corrimano alla mia destra per evitare di fratturarmi il cranio con effetto immediato.
“Sei troppo tesa,devi scioglierti un po’.” mi rimproverò,mentre cercava di farmi rilassare con dei massaggi sul collo in modo da migliorare la mia postura.
“Come faccio a sciogliermi se,ad ogni passo,ho la visione di me con il culo appiccicato al ghiaccio?”
Mi aggrappai al corrimano in modo da acquistare maggior sicurezza.
Il mio intento sarebbe stato quello di passare là la mia intera serata,a piantare radici come un albero,ma lei non sembrava esser d’accordo con il mio prototipo di idea.
“Su Sam non è così difficile come credi,lasciati andare!” detto ciò,prese a trotterellare con la stessa eleganza di una farfalla,dimenandosi in giravolte a mezz’aria e atterraggi perfetti.
Ero più che sicura che quello non fosse solo il frutto del ‘lasciarsi andare’,ma che ci fosse della pratica dietro.
Borbottai parole incomprensibili persino alle mie orecchie,lamentandomi per la sua bravura.
Presi coraggio e feci per staccarmi dal corrimano,ma non feci due passi che mi sentii cadere.
“Presa!” alzai gli occhi e incontrai quelli di Jay, il ragazzo muscoloso e simpatico.
“Sei il mio eroe.” feci ammirata,con gli occhi che mi brillavano per l’incredibile salvataggio.
“Avanti ragazzina,prova a fare un passo.” mi afferrò per le mani e,con l’aiuto di Amy,provò a farmi acquistare familiarità con la pista.
Di Dee e Trey neanche l’ombra,ma era meglio in quel modo.
Almeno non avrei esposto Dee a un ambulante pericolo pubblico..
Amy ad un certo punto,troppo presa dal ridere per la mia goffaggine,mi lasciò nelle mani di Jay,mettendosi da parte.
“Non devi piegarti così in avanti,ti assicuri la caduta se..e metti dritte quelle gambe!”
Il mio maestro non era esattamente dei più accondiscendenti e pazienti,tant’è che dovetti decidere tra il mettermi a piangere per la sua crudeltà,o tappargli la bocca con un calcio rotante.
“Amy, ma lui è cattivo!” mi lamentai come una bambina,pretendendo di averla indietro affinché mi aiutasse. Jay cominciava a farmi sentire a disagio,e un incapace totale.
Amy rise,di una risata che però scemò presto quando puntò lo sguardo alle mie spalle. Divenne tutto d’un tratto seria,riportandosi sugli attenti e assumendo una postura severa e minacciosa.
Dove diamine era finito il dolce angioletto?
“Chi non muore si rivede.” commentò sarcastica,incrociando le braccia al petto con una smorfia ironica e scocciata.
“Non dirmi che ti sono mancato, sorellina.”
Quella voce maschile mi fece accapponare la pelle e irrigidire tutti i muscoli.
“Sei troppo tesa!” si lamentò Jay,ma non gli prestai attenzione.
Quella voce aveva risvegliato in me una sensazione familiare.
Come a rallentatore,mi girai in direzione di quella voce.
Per prima cosa vidi un ammasso di boccoli biondi aggrapparsi al suo braccio,e in secondo luogo.. vidi lui.
Non ci potevo credere,era lo stesso ragazzo del fast food!
Nel fissarlo,il sangue quasi mi andò al cervello.
Da vicino,la visuale era ancora più mozzafiato.
I muscoli non troppo accentuati,ma che comunque spiccavano da sotto la t-shirt nera a maniche corte,il sorrisetto impertinente,gli occhi caldi, i lineamenti freddi..
L’unica cosa a stonare in quella visuale,era quella dannata ragazzina dall’espressione altezzosa,attaccata al suo braccio.
“Affatto. Piuttosto,chi è lei?” chiese Amy con fare freddo,accennando poi alla ragazza con un cenno del capo.
“Ehi amico,possibile che tu sia sempre in compagnia?” Jay sembrò ritornare il simpatico ragazzo di un tempo,lo stesso che avevo conosciuto prima che si trasformasse in maestro demoralizza alunni.
Il ragazzo oggetto dei miei interessi fece spallucce,continuando a sorridere impertinente.
“Sorellina,ti presento la mia ragazza..”
“Fammi indovinare,tu sei Amelia! Anzi no,Audrey” era chiaro che Amy si stesse prendendo gioco di lei,ma lei sembrava così tonta da non accorgersene.
“Ho capito,tu sei Sidney!”
“Finiscila Amy.” lo sguardo ammonitore che il fratello le lanciò sembrò riuscire a paralizzare anche me,fu tremendo.
Ma,aspettate un momento,il mio cervello stava caricando..
Amy e il ragazzo misterioso erano fratelli?!
Mi sentii diventare paonazza una volta appresa la realtà,e indietreggiai per appoggiarmi con la schiena al corrimano prima di rotolare a terra.
Avevo parlato con sua sorella,senza averne la più pallida idea..
Il destino si stava forse divertendo a giocare con me?!
“Lei si chiama Valery,e ora andrà a farsi un giro.” il sorriso che rivolse a quella che dovette essere la sua ragazza,era dei più finti di quel mondo.
Se ne sarebbe reso conto anche un cieco.
“Da quante ore sarebbe la tua ragazza?” lo prese ancora in giro Amy,con lo stesso sguardo freddo ma al contempo divertito.
“Due..credo.” commentò lui con una smorfia,prima di ridere assieme a Jay.
Amy gli riprese entrambi,schiaffeggiandoli ma senza alcun risultato.
“E fino a quanto ancora lo sarà?” chiese Jay ridendo,piegandosi letteralmente in due dalle risate.
Il ragazzo,di cui non sapevo ancora il nome,sembrò pensarci su storcendo la bocca,prima di domandare divertito: “Quante ore mancano fino a domattina?”
Fu una fitta al cuore,perché quel ragazzo così bello era in realtà uno stronzo colossale.
Quella ragazza,seppur a primo impatto l’avessi detestata,non meritava di esser presa in giro.
Quando,poco prima,lo vidi al fast food,lo definii come ‘l’angelo più bello che avessi mai visto’. Sarebbe stato meglio definirlo come ‘diavolo più bello che avessi mai visto’.
“Che stronzo..” sussurrai tra i denti ad alta voce,senza neanche rendermene conto.
Fu in quel momento che i miei occhi si scontrarono con i suoi,freddi e al contempo caldi.
Mantenni lo sguardo con perseveranza,cercando di non mostrare segni di disagio e timore. Non avrei di certo vacillato per uno stronzo dall’ego improponibile,solo perché era il più bel ragazzo che avessi mai visto.
“E lei chi è?” domandò rivolto verso Jay,con un sopracciglio inarcato in segno di irritazione.
Il fatto che non mi avesse neanche rivolto direttamente la parola,non fece che scaldarmi di più.
Mi schiarii la voce tossendo. “Io sono qui,potresti anche chiederlo a me.”
“Bene,come ti chiami ragazzina?”
“Il mio nome non ti interessa saperlo perché tanto non capiterà che tu debba chiamarmi. Quello che invece dovrebbe interessarti è imparare a contare,dopotutto quanto anni hai? 22? 23? Non credi di essere rimasto un po’ indietro?” sputai fuori quelle parole con l’intento di avvelenare,di far rimanere senza parole chi avevo davanti.
Era sempre stata la mia tattica spiazzare l’avversario con frasi prorompenti nascoste dietro un leggero velo di ironia.
Mi guardò intensamente per qualche istante,con lo sguardo assottigliato in maniera tagliente e riflessiva.
Me lo vidi avvicinare e, per la prima volta, vacillai. Ebbi un fremito.
Mi tirò su il viso dal mento,prima di far scontrare ad una vicinanza sempre più ravvicinata,i miei occhi con i suoi.
“Tesoro,sono curioso di vedere come sfrutti questa tua grinta a letto. Ti ha mai detto nessuno che fa bene sfogare i propri istinti sessuali?”
Rimasi inebetita a fissare il suo sorrisetto impertinente,strafottente.
Non mi accorsi neanche che si fosse allontanato,ma rimasi con gli occhi a fissare il vuoto,precedentemente occupato dalla sua figura.
Mi aveva davvero..era appena riuscito a farmi fessa?
Come aveva fatto a capire il mio punto debole e a volgere la situazione a suo favore?
Ero appena stata battuta da qualcuno in uno scontro verbale.
“Sam, sei stata grande!” Amy si appoggiò alla mia spalla,ridendo a crepapelle sopra di essa senza che io ne avvertissi il motivo.
Cercai di riprendermi dal mio stato vegetativo,provando ad assumere la solita facciata da perfetta maniaca del controllo.
“Perché,che ho fatto?”
“Gli hai risposto a tono! Solitamente nessuno osa farlo con mio fratello.”
“E non mi è difficile immaginare il perché..”
Ero sicura che se il diavolo avesse avuto un nome,avrebbe portato il suo.
“Già..mio fratello è un vero bastardo senza controllo! L’hai visto anche tu. Quella di prima era solo una delle tante ragazze che cade nella sua trappola. Sven è un bravo attore,sa come abbindolare le ragazze e ottenere ciò che vuole. Si mostra gentile,piazza qualche complimento strategico,e in un batter di ciglia sono tutte sue! Non ho idea di come faccia,ma non so se ammirarlo o mostrarmi disgustata per il suo comportamento..”
Ciò che mi disse,servì per aumentare in me un interesse che avrei preferito non alimentare.
Mi girai in direzione di Sven- non mi era sfuggito il suo nome nel monologo di Amy- e lo ritrovai a ridere con la sua ragazza per quella notte.
Mi chiese come facesse lei a non accorgersi che la sua fosse tutta finzione!
La realtà era che si stesse annoiando a morte e che non vedesse l’ora di concludere la serata nel suo letto,per poi non rivederla mai più.
Sapevo che non avrei dovuto,ma non potei evitare di sentirmi irrimediabilmente attratta da lui.
In pochi minuti,avevo sviluppato un’innata antipatia nei suoi confronti,che non aveva però scacciato l’attrazione che avevo provato dal primo momento in cui i miei occhi erano caduti su di lui.
Nel guardarlo,mi accorsi che non avesse la più pallida idea di come si trattasse una ragazza,o quanto meno non sembrava essere intenzionato a farlo per bene.
Per fortuna,io avevo imparato come si doveva trattare un coglione.

 
Eccoci con il primo capitolo ufficiale!
Allora..
La nostra povera piccola Sam ha finalmente incontrato il suo angelo, o sarebbe meglio dire demonio?
Non sa verso quali guai stia andando incontro, ma quando succederà sarà troppo tardi.. sempre se non lo sia già.
Questo ragazzo è riuscito a scatenare in lei un interesse che non provava da tempo, o forse che non aveva mai provato.
Come reagirà a queste nuove emozioni contrastanti? Lo vedremo nei prossimi capitoli!
Aspetto con ansia le vostre recensioni, anche polemiche, tutto pur di migliorarmi.
A presto! Xoxo.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***


A serata conclusa,per la mia salute mentale,mi diressi come un automa verso l’appartamento di Trent.
Il fatto che abitassimo a meno di dieci metri di distanza,ogni tanto aveva i suoi vantaggi anche per me.
Vista l’ora tarda,dubitavo del fatto che fosse ancora in piedi.
Poco mi importava,l’avrei svegliato,ma avevo bisogno di qualcuno che in quel momento allentasse i miei nervi e si prestasse a sacco da boxe.
Come previsto,le luci erano tutte spente.
Con un sospiro,infilai le mani nel terriccio di un vaso,scoprendo la chiave di riserva.
Sorrisi maligna,prima di infilare la chiave nella toppa e entrare all’interno dell’appartamento cercando di fare il minimo rumore possibile. Avevo intenzione di fargli una sorpresa.
Prima di entrare,lasciai la porta aperta e nascosi la chiave al suo posto.
La casa era avvolta dal buio più pesto e,nonostante la conoscessi a memoria,non ero ancora dotata della stessa vista di un gatto per riuscire a non scontrarmi contro qualsiasi cosa incontrassi lungo il mio cammino.
“Cazzo!” imprecai a mezza voce,abbassandomi per prendere al volo un vaso in modo che non si infrangesse a terra.
Sospirai sollevata e lo rimisi al suo posto con gesti tremanti,prima di puntare alla camera da letto.
Feci per entrarci,ma l’idea che potesse essere in compagnia mi bloccò.
Forse avrei dovuto concedergli i suoi spazi,magari aspettare pazientemente la mattina..
Oh ma andiamo,chi volevo prendere in giro? Non ce l’avrei mai fatta ad aspettare,e sinceramente non mi importava di rovinare chissà quale momento.
Aprii la porta con un tonfo,esplodendo in un urlo animalesco.
“TRENT ADAMS  ALZA IMMEDIATAMENTE LE TUE CHIAPPE DAL LETTO.”
Balzò in piedi come se avesse appena avuto l’impressione di precipitare nel vuoto,guardandosi intorno allarmato.
Si rilassò,quando si accorse che fossi io il motivo del suo sonno interrotto.
“Comincio a pensare tu stia sviluppando una malsana fissazione per le chiappe.”
Mi strinsi nelle spalle e mi avvicinai a lui,mandando in frantumi la sua idea di rimettersi a dormire.
“Mi faccio del male a chiederti che ore sono?” mormorò assonnato.
Lanciai una rapida occhiata all’ora segnata sul mio cellulare,accorgendomi che fossero le tre del mattino.
Mi schiarii la voce. “Sì” risposi.
“Eh va bene,me lo merito per stamattina. Adesso siamo pari.”
Sospirò rassegnato,prima di appoggiarsi con la schiena alla testiera del letto,incrociando le braccia dietro la testa.
Mi tolsi le scarpe e mi accomodai di fronte a lui,con le gambe piegate al petto in meditazione. La mia mente,in quel frangente,registrava solo un azione: uccidere.
“La smetti di chiuderti nel tuo mondo fatto di perversione,lame affilate e serial killer e mi dici che cosa ti turba?” sbottò esasperato.
Alzai gli occhi verso di lui con aria assente,come se non fossi ancora ritornata nel mondo reale. Lo feci solo quando mi arrivò un cuscino in pieno viso.
Gli raccontai quanto successo nel corso di quella serata,partendo dal primo incontro al fast food,proseguendo con lo scherzetto di Dee quando mi ritrovai davanti a una pista di pattinaggio,concludendo con il secondo incontro con quel diavolo.
Non mi risparmiai di abbondare con aggettivi perfidi e insulti fantasiosi diretti alla sua persona.
“E fammi capire,per quale motivo tu sembri detestarlo?” chiese,cercando di fare il punto della situazione dopo il mio avvincente racconto.
“Perché era una creazione divina.. finché non ha aperto bocca”
“Solo perché è uno stronzo colossale capace di tenerti testa” rise.
Assunsi un broncio,stringendomi un cuscino al petto nel tentativo di sfogare su di lui tutta la mia irritazione.
“Non è solo uno stronzo colossale,ma anche un pallone gonfiato con l’ego più grande della pancia di zio Bill,e sappiamo entrambi quali siano le sue dimensioni.
Per non parlare della sua innata dote nel mettermi in tensione l’intero sistema nervoso. Penso non ci sia essere più insopportabile di lui in tutto il pianeta,e mi preoccupa affermarlo soltanto dopo una sera. Non ho idea di che altri aggettivi potrei attribuirgli se sarò costretta a condividere con lui lo stesso spazio vitale per i prossimi mesi. Dannazione,per quanto ancora Dee ha intenzione di frequentare Trey? ”
Lanciai il cuscino contro la parete,a pochi centimetri di distanza dalla faccia di Trent,che in quel momento non sapeva se ridere o darsela a gambe.
Il mio era stato uno sfogo abbastanza violento,dovevo ammetterlo.
La cosa più preoccupante,era che non mi sentissi ancora di aver ripreso il controllo.
Quello era solo l’inizio.
“Wow.. devi averti colpito molto,non vedo l’ora di conoscere questo fantomatico stronzo.” Fece ironico,cercando di trattenere una risata davanti alla mia faccia stravolta.
“Mi chiedo cosa ci sia che non vada in te..” mi schiaffai una mano sulla faccia in segno di disperazione.
“Tanto per iniziare,avere un’amica come te non giova esattamente alla mia salute mentale.”
Lo guardai in tralice,prima di lasciarmi ricadere sul letto con un ringhio frustrato.
Mi portai una mano sulla fronte,cercando di alleviare il mal di testa che era scaturito all’improvviso,dal nulla.
In quei pochi secondi in cui chiusi gli occhi,sperando di rilassarmi,rividi il suo viso e il suo sorrisetto strafottente.
Sentii le tempie prendere a pulsare ad un ritmo crescente,così come il mio respiro divenne più affannoso.
Dovevo trovare un modo per calmarmi,o dubito sarei riuscita ad addormentarmi.
“Ho bisogno di una camomilla..” detto ciò mi alzai con noncuranza e mi diressi in cucina come se fosse casa mia. Dopotutto lo era.
Rimasi stupita quando vidi Trent alle mie spalle,intento a seguirmi.
Pensai che avrebbe approfittato di quel momento per tornare a russare come un ghiro.
“Controllo che tu non mi faccia saltare in aria casa.” chiarì,leggendomi nella mente.
Tirai fuori un pentolino e misi l’acqua sul fuoco,raccattando poi da uno mobiletto la confezione di camomilla. Ne prelevai due bustine,prima di rimetterla a posto.
Nell’attesa che l’acqua si scaldasse,balzai sopra il piano cucina,lasciando una gamba a penzoloni e l’altra stretta al petto.
Con sguardo assente,strofinavo il mento sul ginocchio,contro la superficie liscia dei pantacollant.
“Si,hai decisamente bisogno di una dormita rigenerante” commentò nel silenzio,con gli occhi puntati sulla mia goffa figura rabbiosa.
In risposta,emisi un grugnito indistinto,prima di inzuppare le bustine di camomilla all’interno dell’acqua,facendo attenzione a non rovesciarmi addosso il contenuto.
Scesi dal piano cucina con un balzo,raccattando poi una tazza da un ripiano là affianco.
Trent aspettò paziente che io sorseggiassi la mia camomilla,prima di seguirmi in camera sua.
Nonostante il mio appartamento fosse a circa dieci metri dal suo,non avevo per niente voglia di ritornarmene a casa per trascorrere una notte d’inferno in solitudine.
Mi spogliai di ogni indumento scomodo,rimanendo in intimo ai piedi del letto.
Con aria assonnata lui sbadigliò,prima di immergersi sotto le coperte.
Neanche calcolava più le mie gesta,ormai era totalmente abituato a ogni lato del mio carattere. Inoltre, erano ormai troppe le volte in cui mi aveva vista senza vestiti.
“Buonanotte Trent” sussurrai.
“Buonanotte Sam”
Spensi la lieve luce dell’abatjour,facendo sprofondare la camera nel buio più pesto.
 
Era risaputo che la Domenica fosse un coma,ma Trent sicuramente non si era impegnato per farmi avere almeno un felice risveglio.
Aprii gli occhi frustrata,avvertendo pesantezza sul volto.
Quando lo feci,la prima cosa che vidi fu il niente,a causa della mano di Trent che si era adagiata sulla mia faccia come se la mia presenza accanto a lui fosse irrilevante.
Per non parlare del modo in cui russava,avevo paura che presto i muri sarebbero crepati a causa dell’intensità di quel rumore frastornante.
Gemetti frustrata,prima di levarmi di dosso la sua pesante manaccia,facendola ritornare al proprietario con una spinta.
Si svegliò a causa dello schiaffo ricevuto da lui stesso,aprendo gli occhi disorientato.
Bentornato nel mondo reale caro amico!
 
La mattinata fu un vero strazio.
Presi in prestito il libro di filosofia di Trent in modo da portarmi al passo con le lezioni,che ultimamente avevo trascurato.
Intanto,lui si cimentava nel concludere una relazione al computer,totalmente assorto,diversamente da me.
Era passata solo un’ora e mezza ma la mia mente aveva già iniziato a rifiutarsi di assimilare informazioni.
Avevo quindi preso a piagnucolare e lagnarmi in cerca di attenzioni,sperando che Trent potesse alleviare la noia e la sofferenza che la domenica trascinava con sé dall’inizio dei tempi.
Sbuffai quando mi accorsi non avesse la minima intenzione di prestare attenzione a una povera bambina annoiata.
Portai la mia attenzione sul libro,leggendo una citazione filosofica che attirò il mio interesse.
Ahimè, perché l'amore, di aspetto così gentile è poi, alla prova, così aspro e tiranno?” Recitai ad alta voce,con fare poetico.
Lui si girò in mia direzione,incuriosito da quel mio sfoggio di interesse verso il mondo della filosofia.
“E’ una citazione tratta da Romeo e Giulietta. Quanta pateticità in una sola frase..” commentai con una smorfia di disgusto,accendendo in lui una risata.
“Quando mai tu apprezzi qualsiasi cosa sia velata d’amore?”
“Non riesco ad apprezzare un qualcosa di così vomitevole.” chiusi il libro con un gesto stizzito,allontanandolo da me come se avesse la lebbra.
Quel discorso sembrò riuscire a strappare Trent dalle grinfie di quella relazione.
Spense il computer e lo appoggiò sul tavolino di vetro ai piedi del divano,prima di mettersi comodo e riservare a me la sua attenzione.
Gongolai soddisfatta,come una bambina che aveva finalmente convinto sua madre a giocare con lei con le bambole.
“Non pensi di essere un po’ cinica?”
Aprii la bocca per ribattere con prontezza,ma la richiusi quando mi accorsi che avesse ragione.
A volte mi sentivo un ghiacciolo, talmente i miei sentimenti sembravano freddati.
Ero riuscita a sopprimerli,in un angolo del mio essere remoto a cui non ricordavo come accedere.
Con alte probabilità,le fantomatiche farfalle nello stomaco erano finite intrappolate nelle ragnatele di un ragno pronto a divorarle.
Non le avvertivo da troppo tempo,talmente tanto che cominciai a dubitare del fatto che le avessi mai sentite.
“Cinica mi sembra una parola grossa..” risi fintamente,cercando di nascondere il mio disagio. Mi rivelai,però,quando lui mi rivolse una delle sue occhiate taglienti capaci di radere al suolo metà Inghilterra. “Ok,sono cinica.” ammisi.
“Ma,ehi,vivo lo stesso!” continuai,cercando di mettere a tacere quella vocina all’interno della mia testa che mi avvertiva di pericolo imminente.
La sua espressione non mi piaceva,ed ero più che sicura che avrebbe presto cercato di approfondire l’argomento.
Stavo già pensando a come evitarlo,se fingere un attacco di diarrea istantanea,oppure uno svenimento..
Arrivai quasi a cedere al fatto di proporgli di guardare insieme qualche episodio della sua serie preferita che,francamente,io detestavo con tutta me stessa.
Mi si presentò una via di fuga più allettante di quelle a cui avevo pensato,quando vidi il nome di Amy apparire sullo schermo del cellulare.
C’eravamo scambiate i numeri la sera prima,una delle poche cose fortunate che mi fossero successe.
“Pronto?” risposi con una velocità disarmante.
“Ehi Sam,sono Amy,mi stavo chiedendo..” lasciò in sospeso la frase per ricevere un cenno affermativo da parte mia,che la invitasse a proseguire.
“Se ti va di andare a mangiare un boccone insieme. La domenica è un coma,a casa da me non c’è nessuno,sono un disastro ai fornelli,e non me la sento di trascorrere in casa un minuto di più senza che mi venga la depressione.”
Risi,annuendo tra me per ciò che aveva detto.
Era esattamente quello che provavo io.
“Sono felice che tu me l’abbia proposto perché l’alternativa sarebbe stata tuffarmi dalla finestra in stile delfino..”
“Va bene se ci incontriamo alla fermata della metro di Piccadilly Circus? Conosco un posto dove mangiare che sarebbe il massimo per un pranzetto veloce.”
“Trovo sia perfetto,se mi dai una mezz’ora di tempo dovrei riuscire a farcela..” feci sovrappensiero,controllando l’ora sull’orologio affisso al muro in soggiorno.
“Non c’è problema,a dopo!”
Ci salutammo e riattaccai la telefonata,prima di raccogliere la mia roba sparsa in giro per tornare a casa a darmi una sistemata.
“Mi stai per mollare in asso?” mi chiese Trent,mentre mi osservava racimolare la mia roba per tutta casa.
“Esattamente,sto per uscire con Amy,l’adorabile sorella del diavolo.”
“E’ bella quanto lui?” chiese improvvisamente interessato.
Mi riportai in piedi con un calzino in una mano e il mio elastico nell’altra,guardandolo truce.
“Non ci pensare neanche lontanamente.”
“Sei gelosa per caso?” domandò divertito.
“Assolutamente,non provare a guardare un culo femminile diverso dal mio.” lo ammonii,prima di passargli accanto rifilandogli una spallata amichevole.
In risposta rise,prima di porgermi il calzino mancante che andavo cercando.
“Tua madre rabbrividirebbe a questa visione di te..” trattenne un risolino divertito,prendendo tra le mani il suo cellulare e puntandomelo contro.
Ero pienamente consapevole di quali fossero le sue intenzioni.
“E noi non vogliamo che succeda vero? Trent posa quel dannato cellulare prima che ti faccia avere un incontro ravvicinato con la mia scarpa!”
Vedendo che non accennasse a smetterla di riprendermi,afferrai la mia fedele All Star e,con una mira impeccabile,puntai ai suoi genitali.
Il cellulare scivolò dalle sue mani e lui si piegò su se stesso,con le mani strette a pugni sul suo membro.
Afferrai al volo il suo cellulare,prima di cancellare il video e racimolare il mio per farne uno molto più divertente.
“Questo sì che lo chiamo materiale da riprendere!”
 
Esattamente mezz’ora dopo mi ritrovavo ad aspettare Amy davanti alla fermata della metro,con affianco un barbone che non la smetteva di molestarmi chiedendomi se avessi qualcosa da dargli.
Insomma,gli avevo già dato una caramella che mi ero ritrovata nel cappotto,ancora non gli bastava?
Sbuffai annoiata,fino a quando non scorsi un corpicino esile e una chioma corvina avvicinarsi a me,stringendosi nel suo trench nero.
“Scusa se ti ho fatta aspettare!” fu la prima cosa che mi disse una volta raggiuntami.
Rivolsi uno sguardo seccato al barbone ammiccante,che non l’aveva smessa per un solo istante di fissarmi,prima di riportare la mia attenzione su di lei.
“Non ti preoccupare,ho avuto compagnia..” lo fulminai con un’occhiataccia,prima di seguirla in una delle stradine del centro.
Pochi minuti dopo arrivammo nei pressi di un bar intimo e familiare.
L’interno era illuminato radiosamente dalla luce che filtrava attraverso le grandi vetrate,donando all’ambiente un aspetto più sereno.
Prendemmo posto in un tavolo appartato,all’angolo della sala.
Entrambe decidemmo di prendere un’insalata di pollo,iniziando a parlare del più e del meno aspettando che ci venisse servita.
“E tu quella hai il coraggio di definirla una figura di merda? Un anno fa,nel giorno del compleanno del mio ex ragazzo,decisi di presentarmi a sorpresa a casa sua,in compagnia dei suoi amici più cari. Due giorni prima lo avevo avvisato che sarei dovuta partire per trovare mia nonna,date le scarse condizioni di salute.
Ovviamente non era vero,e quel fantomatico giorno entrai in casa sua di soppiatto,con la chiave di riserva.
La sorpresa la fece lui a me perché quando aprii la porta della camera da letto,lo trovai con una ragazza,proprio nel momento in cui..del.. beh hai capito dai!”
La sua risata rimbombò per tutto il locale,prorompendo in una tosse soffocata.
Ci mise più del dovuto per ritornare seria e lasciarsi alle spalle l’ilarità della situazione.
“Devi aver sofferto molto..” disse poi seriamente,mentre mi fissava con una punta di tristezza.
Oddio,la compassione era l’ultima cosa che avrei potuto accettare.
Mi affrettai a negare agitando freneticamente le mani.
“Oh no,sono una che non si butta giù facilmente.”
“Me ne sono accorta..” sorrise lei,guardandomi quasi con ammirazione.
Ancora dovevo capire a cosa fosse dovuta,ma presto si impegnò per spiegarmelo.
“Il modo in cui hai detto le cose in faccia a mio fratello ieri sera,è stato.. Insomma,nessuno l’ha mai fatto,specialmente una ragazza! E’ abituato al fatto che tutta la popolazione femminile gli muoia ai piedi con un sorrisino ammiccante.”
Quello era un settore che non avrei voluto includere nella nostra conversazione.
Mi ero quasi dimenticata di quello spiacevole incontro,ma a quanto pare lei non riteneva accettabile che io l’avessi fatto.
Era adorabile,ma credo che in quel momento ucciderla sarebbe stato quanto di più gratificante avessi potuto fare.
“Tuo fratello è un demonio.” mi concessi di puntualizzare.
“Sei la prima che la pensa così..”
Rimasi in silenzio a meditare,sperando che lei avrebbe cambiato argomento,ma invece rimanemmo solo avvolte da un alone teso fino a quando non ci venne messa davanti la nostra ordinazione.
Mangiammo trafelate,ma io ormai non riuscivo più a trovare pace.
Lei mi aveva impiantato l’idea,e adesso non riuscivo più a scacciarla maledizione.
Dovevo ammettere a me stessa che non mi era andata giù la faccenda..
Insomma,mi aveva fatta fuori in uno scontro verbale,era riuscito ad avere l’ultima parola e a lasciarmi a fissare il vuoto come una stupida!
Posai le posate sul tavolo in un gesto d’ira,pulendomi la bocca con un tovagliolo prima di iniziare a parlare.
“Non solo penso che tuo fratello sia un demonio,ma credo che abbia anche manie di protagonismo,che non riesca a vedere nessun altro all’infuori di se stesso,che abbia una sicurezza così sfrontata da non rendersi neanche conto di poter risultare patetico. Per non parlare del fatto che non abbia la più pallida idea di come si tratti una donna,ma dopotutto come potrebbe averne dato che non è mai stato con una di loro. Quelle con cui è abituato a girare,non sono donne,ma soltanto civette senza materie grigia in testa,la cui massima aspirazione è quella di rifarsi il culo!”
Alla fine del discorso presi un respiro profondo,prima di fissarmi in volto un candido sorriso.
Lei rimase sconvolta,con la forchetta a metà strada verso la bocca,con un filo di insalata appeso che lentamente ricadde nel piatto.
Forse avrei dovuto darmi un limite..non avevo preso in considerazione l’idea che avrei potuto traumatizzarla, a primo impatto.
Quando però scoppiò a ridere,attirando l’attenzione di alcune persone sedute intorno a noi,mi rilassai.
“Sam, credo che tu sia appena diventata il mio mito.” disse tra le lacrime.
 
Non seppi come ci riuscì,ma mi convinse nell’andare da lei quella sera.
Dopo una bellissima giornata insieme,quella era indubbiamente la parte che mi spaventava di più.
Casa sua,equivaleva anche alla casa del diavolo.
Mi stavo dirigendo verso l’inferno,e la cosa più preoccupante era che lo stessi facendo di mia spontanea volontà.
Suvvia,quale razza di persona sana di mente si prestava a simile tortura senza ribellarsi?
“Smettila di avere quella faccia,sembra che tu abbia appena subito un attacco dagli UFO. Ci sono buone probabilità che non sia neanche in casa” mi spintonò con una spallata,cercando di farmi riprendere il contatto con il mondo.
“La mia salute mentale già è instabile,mi ci manca solo lui per farle avere un irreparabile risvolto negativo che mi porterà all’isteria”
“Ora non esagerare e non fare la melodrammatica”
Mi tirò da un braccio e mi spronò a velocizzare il passo.
Quando,pochi minuti dopo,intraprese un vialetto, capii che fossimo arrivate a destinazione.
Incredibile constatarlo,ma la loro casa si trovava a circa dieci minuti dalla mia.
Era difficile decidere se fosse un bene o un male.
Persi tempo ad osservarla,rimanendo stupita nel constatare quanto fosse grande.
Come potevano permettersi una casa così?
Da fuori dava l’impressione di essere immensa,non osavo immaginarmi l’interno.
Tirò fuori le chiavi e ne girò una nella toppa,accendendo dopo pochi istanti la luce.
Poco più avanti,sulla sinistra,si estendeva un ampio spazio riservato alla cucina,con tanto di tavolo da pranzo.
L’arredamento era moderno,adatto alla loro giovane età.
Uscendo dalla cucina e proseguendo di qualche altro metro,ecco che mi ritrovai nel soggiorno,dove stazionammo.
“Ma come ca.. non ti sei mai persa qua dentro?!” sbottai incredula,continuando a guardarmi intorno con magnificenza.
Non le prestai attenzione quando si chinò per raccogliere un telecomando,ma sbarrai gli occhi quando avvertii una vibrazione pervadermi la schiena.
Il suo divano faceva anche i massaggi? Io da quella casa non mi sarei mai più mossa.
Presto mi beai di quel momento di quiete,che lei mi offrì gentilmente per zittirmi,con alte probabilità.
“Te l’ho già detto,mio padre è un uomo d’affari e a mia madre non piace badare a spese quando si tratta di comfort..”
Rispose alla mia tacita domanda,togliendomi ogni dubbio sulla provenienza di una casa simile.
Nel tornare a casa mia,molto probabilmente mi sarei sentita oppressa.
Dovevo ancora capire in base a quale logica,certi nascevano con la fortuna già a far parte di loro,mentre altri tipo me erano perseguitati costantemente dalla sfortuna più nera.
“Ti va se cuciniamo qualcosa?” proposi,non appena avvertii un brontolio indistinto della mia pancia.
“Se tu ne sei in grado, ti cedo volentieri la cucina.” rise.
Io annuii alzandomi dal divano,trascinandomela dietro di peso.
Senza farmi di troppi problemi aprii il frigo,gremito di qualsiasi cosa avessi bisogno.
Notando che ci fossero tutti gli ingredienti per preparare il mio piatto preferito,quasi mi misi a piangere dal piacere.
Era un mese che mi ripromettevo di andare a fare la spesa per prepararlo,ma ogni volta che tornavo a casa era sempre la solita storia: mi buttavo sul divano stremata,guardavo l’ora sull’orologio,e dopo uno sbuffo chiamavo la pizzeria d’asporto più vicina.
“Ti piace lo spezzatino di manzo?” chiesi,mentre trafficavo tra pentole,padelle e quant’altro.
Ci pensò un po’ su,prima di illuminarsi in un sorriso.
“L’ho mangiato solo una volta tanto tempo fa,ma ne ho un buon ricordo. Non mi dispiacerebbe riassaggiarlo.”
“Allora fidati di me. E’ il mio piatto preferito,non credo esista cosa più buona.”
Lei mi guardò per qualche attimo sempre con il suo solito sorriso,prima di non riuscire più a trattenere una risata.
Non seppi il perché di quella reazione,così mi limitai a fissarla in maniera confusa in attesa di una spiegazione.
Era ormai un fatto naturale che mi avvicinassi a gente non al pieno delle proprie facoltà mentali,esattamente come me.
“Perché ridi?” le domandai,accorgendomi che non avesse intenzione di rendermi partecipe del motivo di tanta ilarità.
Lei tossicchiò,prima di imporsi di ritornare seria. “No,niente..”
Subito dopo riprese a ridere,ma questa volta si degnò di rispondermi.
“Solo che è anche il piatto preferito di mio fratello.”
Mi cadde la pentola con la quale stavo lottando da circa dieci minuti nel tentativo di tirarla fuori da quel dannato cassettone,facendo un frastuono terribile.
Non ebbi il tempo di replicare in merito ai suoi commenti fuori luogo e inevitabilmente da evitare,che il rumore di una porta che si apriva ci fece trasalire.
Ero più che sicura che si trattasse della porta di casa..

 
Ed eccomi ancora qua con il mio commento di fine capitolo.
Beh, non c'è molto da dire..
Questo capitolo è solo stato di passaggio, nel quale ho approfondito aspetti della vita di Sam, del rapporto che ha con il suo migliore amico, di quello che ha nei confronti dell'amore, e la sua personalità intollerante nei confronti del genere umano.
Nei primi capitoli la narrazione procede lenta, in modo da riuscire a capire il carattere dei personaggi.
Ma non temete, anche Sven e Sam avranno i loro momenti!
Cercherò di aggiornare all'incirca ogni giorno, a meno che non abbia impegni inderogabili.
Grazie a chi mi segue, e spero di non deludervi!
Xoxo.
Heartless.


 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


“Amy, ora mi spieghi perché il paraurti della mia auto è ammaccato.”
Sia io che Amy diventammo paonazze al suono di quella voce roca e minacciosa.
Anche se ero più che sicura che il suo motivo fosse ben differente dal mio..
“Cazzo.” la sentii imprecare tra i denti,prima di montare su uno dei sorrisi più adorabili che avessi mai visto.
Molto probabilmente era la sua arma per difendersi dall’attacco nemico.
Anche io avrei dovuto inventarmene una,sicuramente però non avrei potuto contare sulla dolcezza. Puntavo più sulla forza bruta,tipo un calcio rotante,o un attacco a sorpresa..
Il mio cervello andò in momentanea pausa quando la sua figura apparve sulla soglia della cucina,camminando dritto verso Amy con un dito accusatore puntatole contro.
“TU!” sibilò,a meno di un metro da lei.
“Fratellino ti voglio un bene immenso.” lei lo ignorò,cercando di non concentrarsi sul suo sguardo infiammato.
Gli si buttò contro,aprendo le braccia nel tentativo di abbracciarlo,ma incontrò solo l’aria.
Lui le appoggiò una mano sulla testa,e bastò quel gesto per tenerla a debita distanza,nonostante i suoi tentativi di spingersi oltre.
A quel punto finse di rattristarsi,allontanandosi con espressione ferita e imbronciata. Dava l’impressione di star per piangere da un momento all’altro.
Io,che normalmente avevo in corpo più acido corrosivo che sangue,quasi mi sciolsi davanti a quella visione.
Invece il bell’imbusto si mise a ridere,da non credere!
“Non provare a raggirarmi con quella faccia da cucciolo bastonato perché ormai non funziona più. Pagherai tu il carrozziere,senza chiedere i soldi a mammina.”
Si piantò in volto un sorriso detestabile,incrociando le braccia al petto risoluto e,ci scommettevo,con un accenno di divertimento.
A quel punto anche lei si inviperì,cambiando radicalmente espressione per passare al contrattacco.
“Non ci penso neanche lontanamente. E’ stato un incidente, e non è avvenuto a causa mia!”
“Ma la macchina l’avevi presa tu quando è successo!”
“E che vuol dire?”
“Senti” sospirò lui stancamente,passandosi una mano sul viso. “O paghi di tua spontanea volontà,o dico alla mamma che l’altra sera ti sei ubriacata e ti sei messa a ballare la lap dance in mezzo alla strada,attaccata a un palo.”
Oh beh..a ognuno i suoi modi di prendere l’alcool.
Mi sembrava che,esattamente ieri,Trent mi stesse ricordando delle mie effusioni proprio con un palo.
L’espressione di Amy era ineguagliabile,e profondamente rammaricata.
Quella volta ero quasi certa che sarebbe scoppiata a piangere davvero nel giro di qualche istante.
“E non vedo perché lei non possa dire loro che tu corra il rischio di contrarre l’AIDS pressoché ogni notte.”
Oddio,quella non era la mia voce,vero? Non ero stata io a parlare..vero?!
Quando però vidi il suo viso ruotare in mia direzione,fissando i miei occhi nei suoi,mi resi conto di quella che era la realtà.
Cazzo,avrei dovuto iscrivermi a un corso che mi insegnasse a trattenere gli istinti.
Mi scrutò per qualche istante,prima di aprirsi in un sorriso ironico.
“Ma tu guarda,Miss sono in astinenza da sesso in casa nostra..”
Strinsi i pugni lungo i fianchi e mi imposi di non afferrare la pentola alle mie spalle,che mi urlava di essere lanciata addosso a lui con prepotenza.
“Almeno io sono al sicuro da malattie sessuali,razza di idiota!”
Avrei tanto voluto tapparmi la bocca,ma ormai era troppo tardi per farlo.
Non capivo cosa mi succedesse quando fossi davanti a lui,ma la bocca decideva di scollegarsi dal cervello per andare avanti in autonomia.
Inoltre,avevo appena ammesso implicitamente che la sua constatazione sul mio rapporto col sesso,fosse totalmente corretta.
“Sicura di stare bene? Il tuo colorito si addice a quello delle tende.” ghignò.
Portai subito la mia attenzione rivolta verso le tende della finestra e..rosse,quelle dannate tende erano rosse!
Ero per caso arrossita? Non poteva essere,io non mi trovavo mai in situazioni di fatale imbarazzo.
Eppure,effettivamente,mi sentivo accaldata. Il riscaldamento era troppo caldo in quella dannata casa!
Il mio sopracciglio venne fatto prigioniero di un tic nervoso,che mi costrinse ad alzarlo e abbassarlo ad intermittenza.
Chiusi gli occhi e respirai,ma quel gesto non servì a calmarmi.
“Tra poco anche il colorito della tua faccia sarà simile al mio!”
Mi avvicinai a lui,con l’intenzione di fargli ribaltare la testa con un schiaffo,ma Amy si mise in mezzo per ristabilire la pace.
Dannazione,nessuno aveva chiesto il suo intervento! Per lo meno..non proprio in quel momento!
“Sven, non hai nient’altro da fare stasera?” domandò Amy,tenendomi ferma da un braccio con una carezza appena accennata,cercando di farmi calmare.
“In realtà avrei un appuntamento,ma sono tentato di disdire..” mi stuzzicò ancora,continuando a fissarmi strafottente.
“Per rimanere a casa?” risi. “Secondo me non dovresti farlo,se no come fai senza una sana scopata,a resistere fino a domani?”
“Non saprei.. potresti sempre insegnarmelo tu come si sopravvive.”
Uscì dalla cucina prima che potessi aggredirlo nuovamente,scomparendo dietro la porta qualche attimo dopo.
Solo in quel frangente rilassai i nervi.
“Io lo ammazzo,ti giuro che prima o poi lo ammazzo!” strillai.
 
La serata,a parte quel piccolo inconveniente,trascorse meglio di quel che mi aspettassi,e verso le dieci di sera tornai a casa.
Durante il tragitto,mi capitò di sbadigliare pressoché una decina di volte.
Ero sinceramente curiosa di scoprire come sarei riuscita a svegliarmi presto,domani mattina. Soprattutto tenendo conto che non avessi più quella sveglia fracassa timpani.
Mi sarei dovuta far bastare quella del cellulare,con la sola differenza che quella non avrei potuto spegnerla lanciandola contro la parete.
Appena misi piede in casa,fu una magra consolazione.
Mi svestii durante il tragitto,arrivando al letto già completamente svestita.
Quella casa era un porcile,con vestiti disseminati ovunque e avanzi di cibo attaccati persino alla tastiera del letto tra poco.
Avevo realmente bisogno dell’aiuto di una qualche forza divina,o di mia madre..
Prima di lasciarmi cadere in un sonno profondo,raccattai il cellulare in modo da impostare la sveglia.
Appena sbloccai lo schermo,però,mi accorsi di cinque messaggio non letti.
Il primo era di Dee,che mi chiedeva se fossi ancora viva.
Gli altri quattro erano di quel ragazzo che non si era ancora rassegnato al fatto che non mi interessasse minimamente.
 
-Ciao bellissima,mi chiedevo se avevi voglia di uscire per un caffè un giorno di questi? Fammi sapere xx-
 
-Credo di averti avvistata nel centro oggi, e non ho potuto pensare a quanto fossi bella. Ti prego richiamami, un bacio-
 
-Comincio a pensare che tu sia morta..-
-Ti chiedo scusa,potrei sembrarti assillante,ma ci tengo davvero a rivederti. Spero tu ti faccia viva presto,buonanotte-
 
Se avessi avuto un cestino a portata di mano,con tutte le probabilità ci avrei vomitato dentro.
Per lo meno,quei messaggi valevano come prova che ci fossero ragazzi disposti a portarmi a letto,il problema era che fossi io a non volere loro.
Alla faccia tua,Sven sono figo solo io!
Lo ignorai volutamente e,impostata la sveglia,mi abbandonai al torpore del mio comodo letto.
 
La mattina seguente dovetti lottare contro tutta la mia forza di volontà per non scaraventare il mio cellulare contro la parete,in un gesto abituale che avevo l’istinto di svolgere ogni qual volta sentissi quel trillo fastidioso.
Mi alzai dal letto,inciampando poco dopo in una mia ciabatta.
E quella da dove saltava fuori? Ero sicura di averla persa il mese precedente.
Mi fiondai sull’armadio e,alla cieca,estrassi un paio di jeans strappati e una maglietta nera aderente,con uno scollo a V.
Non persi molto tempo per truccarmi,cercai solo di eliminare le occhiaie che mi si erano venute a formare.
I capelli erano un vero impiccio,così gli tirai su in una coda lunga.
Afferrai la solita borsa capiente,e la riempii con i libri che mi sarebbero serviti in quella giornata. Non demordevo a portarli,seppur fossi consapevole che sarebbe stato difficile che seguissi una lezione.
Uscii di casa senza neanche fare colazione,già abbastanza in ritardo.
Trent mi aspettava davanti alla sua macchina,in anticipo come al solito.
Salii a bordo con un grugnito in segno di saluto,prima di rifiutarmi categoricamente di indossare la cintura di sicurezza.
“Tieni.” anche lui non si perse in convenevoli,porgendomi la solita dose di caffè proveniente da Starbucks.
Iniziai a sorseggiarla lentamente,cercando di non scottarmi,mentre Trent faceva retromarcia nel vialetto e si dirigeva verso l’università.
Quel week-end sembrava esser stato più lungo del solito,per quel motivo avevo ancora meno voglia di ritornare a scuola e buttarmi nuovamente sui libri.
Oh,ma andiamo.. non ci credeva nessuno al fatto che fossi una studiosa!
Le poche volte che studiavo erano quelle in cui Trent mi chiudeva in casa,letteralmente, e mi impediva di uscire fino a quando non si fosse assicurato avessi appreso la lezione. Un vero strazio.
“Novità brillanti di cui illuminarmi prima di perderci nei meandri scolastici?”
Spostai il mio sguardo dal paesaggio fuori al finestrino,a lui.
“Niente di che,a parte un nuovo incontro ravvicinato con il diavolo.”
“Sven?”
“Chi altri se non lui..” gemetti frustrata,battendo un calcio contro il cruscotto quando mi venne in mente l’incontro della sera prima.
Che lui sia maledetto.
Era riuscito ancora una volta ad andarsene prima che io avessi avuto l’ultima parola.
La prossima volta,augurandomi comunque che non si sarebbe verificata,sarei stata io a lasciarlo senza parole e a girare i tacchi.
“Ti devo implorare di parlare o ci arrivi da sola al fatto che intendo sapere com’è andata?”
“Vuoi sapere com’è andata?” sbottai isterica,girando la testa in sua direzione con uno scatto. “E’ successo che è riuscito a farmi fessa un’altra volta. Sembra aver già capito quale sia il mio punto debole,ovvero il fatto che non vada a letto con qualcuno da un po’. La sua unica arma contro di me è quella.
Ieri sera ero a casa di Amy e lui aveva un appuntamento ma,molto probabilmente perché trova uno spasso urtarmi i nervi,stava rivalutando il fatto di andarci.
Io gli ho implorato di farlo, ricordandogli che se no non sarebbe mai sopravvissuto fino al giorno seguente senza una sana scopata.
Lui non ha perso occasione di beffarsi di me,ricordandomi  che ‘avrei potuto insegnarglielo io come sopravvivere’..” gli feci il verso. “Ti rendi conto?!”
Qualcosa,nel mio sfogo,dovette causargli la ridarella isterica.
Il mio problema era percepire cosa.
Lo guardai in tralice,con il vano tentativo di vederlo prendere fuoco da un momento all’altro.
“Scusami.” fece tra le risate,cercando invano di trattenersi.
Frenò di colpo quando ci ritrovammo davanti un semaforo rosso,continuando a ridere e lacrimare contemporaneamente.
“Ma quel ragazzo è uno spasso”
Stetti per rovesciargli il caffè bollente in testa,ma lo risparmiai solo quando riprese a parlare seriamente,togliendosi dei panni del Trent insopportabile.
“Comunque,da come mi hai detto,la sua unica arma è la tua astinenza. Allora liberatene,vai a letto con qualcuno e dimostragli che si sbaglia.”
Tutto sommato aveva ragione,come sempre del resto.
Il mio blocco doveva consistere unicamente in quello,se io l’avessi eliminato sarebbe dovuto tornare tutto come prima,e sarei rimasta la regina indiscussa di uno scontro verbale.
“Hai ragione..” risposi sovrappensiero,mentre un’idea malsana si faceva strada nella mia testolina malata.
Avrei dovuto chiedere a Dee per che giorno era in programma la prossima uscita con Trey e i suoi adorabili amici.
 
Le lezioni furono più noiose del solito,tant’è che per sopravvivere dovetti appisolarmi almeno tre volte.
Peccato che la terza,non fui così fortunata nel non venir beccata.
“Signorina Jackson,è ancora tra noi?” mi richiamò quella vipera della Parker,professoressa di biologia. Quale materia più insulsa.
Mi stiracchiai sulla sedia,cercando di reggere il confronto con un’aria sveglia.
“Certamente professoressa,non oserei mai abbandonarla.”
Si levò una lieve risata generale,che però fu zittita da una sua occhiata glaciale.
“Se pensa di essere tanto simpatica,perché non va a deliziare il preside con le sue  battute?” mi invitò implicitamente ad uscire dalla classe.
Le mie visite in quel postaccio erano aumentate notevolmente negli ultimi tempi,avrei dovuto far attenzione.
Ma era risaputo che quella vecchiaccia non mi sopportasse e che mi avrebbe sbattuto fuori anche se,per una volta,mi fossi impegnata a seguire la lezione.
Un motivo l’avrebbe trovato!
“Con molto piacere,corro, prima che i miei neuroni si rincoglioniscano del tutto a rimanere qua dentro..”
Lasciai l’aula seguita da un’altra risata generale,prima di ritrovarmi sola nel bel mezzo del corridoio silenzioso.
Sbuffai,guardandomi attorno in cerca di un appiglio.
Non c’era un’anima viva,sembrava quasi che quel giorno avessero deciso tutti di seguire le lezioni.
Mi avviai quindi,con fare svogliato,verso la presidenza.
La porta la trovai stranamente chiusa,così dovetti bussare per attendere di entrare.
Ormai io e il preside avevamo instaurato un rapporto di tolleranza,arrivando quasi a trovarci a nostro agio nei momento che trascorrevamo in compagnia.
Dopotutto dovevo ammettere che fosse un tipo apposto,forse un po’ critico a volte,ma pur sempre accettabile.
“Avanti.” avvertii,da dietro la porta.
“Eccomi a lei,in una delle mie prime visite settimanali.” esclamai raggiante.
Non appena,però,spalancai interamente la porta,quasi rischiai di cadere a terra sopravvenuta da un infarto immediato.
“E tu che cazzo ci fai qua?” sbottai incredula,non premurandomi neanche di trattenere il livello di linguaggio a causa della sorpresa.
Ma andiamo,non era umanamente possibile che una tale sfortuna mi ronzasse costantemente intorno!
Anche lui sembrò essere sorpreso,ma riassunse velocemente la sua integrità.
“Sam,il linguaggio..” intanto il preside,con fare affranto ma ormai rassegnato alla realtà che non sarei mai cambiata,si sostenne la fronte con una mano.
“Frequenti questa scuola?” mi chiese stralunato.
“Che genio! Tu piuttosto,che diamine ci fai qua?”
“Io..” iniziò a parlare,ma il preside lo interruppe.
“È diventato da poco un nuovo studente,e gradirei che gli facessi fare un giro turistico della scuola,esponendogli le varie aule e fornendogli  risposte per qualsiasi sua domanda di dubbia certezza.”
Aprii bocca per contestare,ma quest’ultimo mi interruppe prima che potessi farlo.
“Avremmo sicuramente un altro momento per passare del tempo insieme,ne sono certo. Ora,per cortesia,fammi questo favore.” mi zittì con un dito,prima di ritornare a posare gli occhi su alcune scartoffie sparse per la scrivania.
Guardai prima lui,e poi il diavolo,piegando il capo sconfitta.
Sospirai e,con uno sbuffo,uscii dallo studio urlandogli dietro di seguirmi.
Camminai rapida per il corridoio,ma lui mi fu vicino prima ancora che me ne rendessi conto.
Non ero preparata a tutto quello,non l’avevo neanche lontanamente previsto.
Come diamine faceva a stravolgere in questo modo i miei piani?
Mannaggia a me e alla mia scarsa attenzione in classe,se solo non fossi stata sbattuta fuori avrei evitato di incontrarlo,almeno non così presto.
“Qualcosa non ti è chiaro di come sia fatta la struttura di una scuola?” domandai,sperando di tirarmi fuori sbrigativamente.
“No.” rispose secco lui.
La sua risposta fu come una dolce melodia per le mie orecchie.
Pericolo scampato,pallottola deviata. Ero appena riuscita a tirarmene fuori in meno di cinque secondi.
“Bene,allora direi che non c’è nient’altro da dire.” feci per scappare da lui,dirigendomi verso il cortile della scuola senza neanche salutarlo.
Peccato che lui mi fu dietro.
“E’ una mia impressione o starmi vicino ti causa qualche problema,Sam?” calcò sul mio nome,come per farmi notare con soddisfazione che ora ne fosse a conoscenza.
Il preside aveva appena smontato l’unico mio velo di mistero.
“Non ho idea di cosa tu stia parlando,Sven” mentii,velocizzando il passo per seminarlo.
“Ah no?  Allora perché stai scappando?” chiese divertito,facendomi istintivamente arrestare il passo per fargli capire che non fosse come lui diceva.
Mi girai per affrontarlo,rimanendo però senza parole davanti alla sua bellezza.
Per Dio,questa ridicola attrazione sarebbe dovuta evaporare il prima possibile!
Ad un tratto fu come risvegliarsi dal Limbo..
Che fosse anche per colpa di quella che non riuscissi a prevalere su di lui?
“Ehi bambina,ti sei incantata?” mi beffeggiò,lasciandomi un buffetto sulla guancia con aria divertita.
L’avrei preso a schiaffi,l’avrei preso a schiaffi,l’avrei preso a schiaffi..
Era così fastidiosamente irritante,bello,stronzo,bello,strafottente,bello..
Oddio,avrei seriamente dovuto iniziare a preoccuparmi,perché la reazione che stavo avendo non era normale.
Nonostante fosse ancora mattina,mi accorsi di aver bisogno di una sbronza.
Dovevo sbronzarmi il prima possibile.
Questa sera avrei trascinato Trent a bere qualcosa..
“Ascoltami bene,io non intendo sopportare ancora..”
“Mi spieghi chi è quel ragazzo e perché mi sta fissando in quel modo?” tuonò serio,senza lasciarmi finire di esporre quello che ero sicura si sarebbe trattato di un monologo.
Seguii il suo sguardo accigliato,notando lo stesso ragazzo che mi tormentava, camminare in nostra direzione con espressione rammaricata.
Oddio no.. tutto ma non anche questo.
È proprio vero che al peggio non c’è fine!
Sussultai e,presa alla sprovvista, presi ad agitarmi.
“E adesso cosa faccio? Se me la do a gambe è evidente che l’abbia fatto per lui.
Ma non ho neanche l’intenzione di sorbirmelo ancora,anche perché sarebbe capace di chiedermi ancora di uscire,e francamente preferirei bruciare lentamente al rogo piuttosto che passare altro tempo con lui..” mi fermai solo quando il soggetto davanti a me non attirò nuovamente la mia attenzione.
Mi si accese una lampadina,e mi sarei applaudita da sola per quell’idea geniale.
Peccato che mi servisse lui per metterla in atto..pazienza,avrei improvvisato.
Mi misi al suo fianco e iniziai a rivolgergli sorrisetto ammiccanti e teneri,scatenando in lui un vero e proprio status di confusione.
“Stai al gioco.” sibilai tra i denti,una volta che l’individuo prese ad avvicinarsi maggiormente.
Fece per replicare,ma lo zittii pestandogli fortemente un piede,prima di avvinghiarmi al suo braccio proprio come aveva fatto la biondina dell’altra sera.
Dovevo ammettere di provare una mistica soddisfazione nel farlo,potevo ritenermi quasi appagata.
“Ehi Sam,ne è passato di tempo. È da un po’ che provo a rintracciarti ma non mi hai mai risposto.” parlò- come si chiamava già? Jeremy? Jimmy?- con sospetto,scrutando il ragazzo al mio fianco.
“Scusami tanto..solo che il mio cellulare è in assistenza e non ho potuto controllare”
Mi inventai su due piedi,decidendo di sorvolare sul suo nome in quanto non me lo ricordavo. Avrei dovuto iniziare ad allenare un po’ la mente..
“Capisco..cose che capitano. Ma.. lui chi è?”
Eccolo,lo sapevo che sarebbe arrivato quel momento!
Risi maleficamente tra me e me,soddisfatta per la mia trovata.
Lanciai uno sguardo a Sven,accorgendomi che non avesse ancora capito in che razza di situazione si fosse cacciato.
Molto probabilmente,una volta realizzato,me l’avrebbe fatta pagare.
“Lui? Oh beh..” iniziai timidamente,facendomi le parti “Lui è il mio ragazzo.”
Mi alzai sulle punte e gli lasciai un bacio accennato sulla guancia.
A quel punto,sia Jimmy/Jeremy,che Sven, assunsero la stessa espressione.
Erano entrambi una maschera di stupore,solo che poi,una volta acquistata consapevolezza,si divisero in sentimenti differenti.
Il primo si intristì,rimanendo deluso dalla notizia,mentre l’altro mi guardò come a volermi uccidere.
Ero consapevole del fatto che avrei dato il via ad una voce,e di conseguenza l’intera scuola avrebbe pensato fossimo realmente fidanzati.
Risultato? Sarebbe stato più complicato per lui farsi chiunque.
Dovevo ammettere che improvvisare mi riusciva egregiamente.
Jimmy/Jeremy prese a balbettare senza sapere come ribattere,mentre il viso di Sven sembrò rabbuiarsi.
“Io..non so davvero cosa..insomma..”
“Scusaci  Bill,ma ora dobbiamo andare.” Sven interruppe il suo balbettio con arroganza,prima di prendermi di peso e trascinarmi via,sotto gli occhi stralunati di quel povero ragazzo.
Da una parte mi dispiaceva..ma almeno mi ero tolta un peso.
Anche se dall’altro lato ero sicura di essermi cacciata in un bel pasticcio.
“Mettimi subito giù!” protestai,e lui mi accontentò.
Si assicurò di aver raggiunto un punto non visibile agli occhi degli altri,prima di lasciarmi cadere di peso sul prato.
“Ops.” commentò,in realtà per niente dispiaciuto per la poca delicatezza.
Mi scavalcò con una falcata e poi si inginocchiò alla mia altezza,mentre io cercavo di mettermi seduta senza emettere gli stessi versi di una vecchietta afflitta da ernia al disco.
“Ascoltami bene tesoro.” mi prese il mento tra le dita e mi costrinse a fissare i miei occhi nei suoi.
“Non sono venuto in questa scuola affinché tu possa rovinarmi la permanenza. Sia chiaro che se la voce si diffonde,a me non frega niente se poi passi per la parte della cornuta,è chiaro?” parlò glacialmente.
Cercai di non rimanere in silenzio intimorita dalle sue parole,mantenendo il solito tono di voce da acidona, che era ormai diventato un vanto.
“Stai tranquillo.. magari sarai te a passare per il cornuto..” feci il segno delle corna,facendole spuntare da dietro la sua testa.
“Ehi,ti donano!” commentai poi sarcastica,prima che lui mi scacciasse malamente la mano. 
“Ti consiglio di non metterti in rotta di collisione con me..” mi avvertì serio.
“E perché?” ribattei irritata.
“Perché andresti a fondo.” sibilò al mio orecchiò,prima di spingermi dalle spalle e farmi nuovamente cadere sull’erba.
Lo osservai mentre si allontanava,assottigliando gli occhi pensosa.
Mi ci voleva una strategia,un piano,un qualcosa..
Ma non gli avrei permesso di prendersi gioco di me a quel modo!
Nessuno metteva i piedi in testa a Samantha Jackson,e anche lui avrebbe capito di dover rimanere al suo posto. Quello era poco,ma sicuro.

 
Ed eccoci qua!
Il rapporto tra i due comincia a delinearsi, e a prendere pian piano forma.
Povera Sam, a quanto pare ha imparato che al peggio non c'è mai fine..
La cosa positiva è che abbia finalmente deciso di reagire e di non permettergli ancora di lasciarla senza parole, o ancor peggio di metterle i piedi in testa!
La cosa negativa è che sarà tremendamente difficile riuscire a gestire la situazione.
Dopotutto, si sa quanto non sia raccomandabile cercare di patteggiare con il diavolo, ancor peggio sfidarlo!
Un bacio grande a chi ha messo la storia nelle seguite, nelle preferite, e soprattutto a chi mi ha lasciato la sua opinione!
A presto.
Xoxo. Heartless.


 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. ***


Erano ormai passate tre lunghissime settimane da quel giorno.
La situazione non era cambiata,se non in peggio.
Il nostro rapporto si era evoluto fino all’intolleranza più totale,da parte di entrambi.
Nelle sere in cui eravamo costretti a stare insieme,ci ignoravamo fino a quando non arrivava il momento dell’inevitabile scontro.
Due battutine di cattivo gusto,frasi taglienti,e poi ognuno per la sua strada.
Anche gli altri si erano ormai rassegnati all’evoluzione che aveva assunto il nostro rapporto.
Quando prendevamo a litigare come nostro solito,chi ci stava attorno si limitava a sospirare e scuotere la testa rassegnato,per poi tornare a farsi i fatti propri.
Era ormai diventata routine.
Ero ancora sdraiata sul letto,a leggere un libro che mi aveva prestato Dee una settimana prima.
Ero assorta nella lettura,quando il cellulare finito sotto la mia schiena prese a vibrare,facendomi sussultare.
Lo tirai fuori da dov’era finito con gesti frenetici,prima di portarmelo all’orecchio con un sospiro stanco.
“Chi è così insano mentalmente da disturbarmi a quest’ora della mattina?” quello,per me,equivaleva al normale ‘Pronto?’ abitudinario.
“Colei che ti ha messa al mondo.” la voce di mia madre bastò a zittirmi per almeno cinque secondi,presa alla sprovvista.
Effettivamente era un po’ che non la sentivo.
“Ehilà genitrice pazza!” la salutai affettuosa,deridendola anche tramite un telefono.
“Buongiorno a te figlia squilibrata,spero che tu non stia poltrendo sul divano circondata da schifezze e sporcizia ovunque come tuo solito.”
Nel preciso istante in cui mandò un segnale di avvertimento,io mi guardai attorno circospetta,accorgendomi di trovarmi esattamente in quel contesto.
Come diavolo c’era finito un calzino sulla mia pancia?
“No,ma come ti viene in mente? A volte mi chiedo come immagini io svolga il tempo libero all’interno del mio appartamento..” mentii,cercando di essere convincente.
Era mia madre,per quel motivo serviva molta più persuasione affinché credesse alle stronzate che uscivano dalla mia bocca. Non sarei riuscita ad abbindolarla come facevo con gli altri.
“Chissà..ma potrei sempre accertarmene in prima persona.”
Quel suo avvertimento a me suonò di più come una minaccia,ebbi l’impressione di impallidire.
Mi consolai solo quando mi resi conto che sarebbero passati giorni prima che mi annunciasse una sua imminente visita di controllo.
“Già..” risultai troppo tentennante,ma non ebbi il tempo di rimediare al mio errore che il campanello prese a suonare.
Avevo appena trovato una scusa per liberarmi di lei.
“Mamma scusa ma mi suonano alla porta..” feci alla cornetta,mentre mi spolveravo le patatine di dosso e mi riportavo in piedi per andare ad aprire.
“Ci sentiamo non appena ho tempo,magari potrei passare a trovarvi un giorno di questi,eh? Che dici? Ma certo! A presto.” riattaccai senza darle il tempo di ribattere,ma quando aprii la porta quasi mi venne un colpo.
 
“Mi potresti illuminare su cosa sia quell’intruglio verde appiccicato al muro bianco?”
Eravamo nella mia stanza da oltre mezz’ora,e insieme stavamo cercando di capire di quali origini mitologiche fosse quella macchia.
Ero più che sicura che non potesse trattarsi di cibo..
Ma certo,era la mia maschera a base di cetrioli che mi ero fatta la settimana scorsa!
Trent mi aveva  fatto arrabbiare e,nel tentativo di sporcarlo,gliene avevo lanciato contro quanto rimasto nella ciotola.
“Maschera per il viso.” risposi,evadendo subito dopo dal suo sguardo assassino.
Dovevo ammettere che,quella volta,mia madre mi aveva battuto su tutta la linea.
Non mi sarei mai aspettata che avrebbe avuto la faccia tosta di presentarrsi a casa mia così di soppiatto.
Era stata una mossa strategica,quanto terribilmente meschina.. Ero fiera di lei.
Stranamente non era rabbrividita davanti alle condizioni in cui era caduto il mio appartamento. Ero sicura che mi conoscesse abbastanza da non sorprendersi più di nulla.
“Sei un completo disastro, Sam..” sospirò rassegnata,dopo un lungo giro turistico della casa e di ogni suo ambiente.
“Lo so.” ridacchiai,grattandomi la nuca leggermente imbarazzata.
Era scoraggiante sapere di non avere il più minimo approccio con scope,spazzoloni e robe varie.
Si guardò attorno,prima di levarsi il cappotto che ancora indossava e appoggiarlo delicatamente su una delle sedie, stranamente lasciate ancora intatte.
“Sarà meglio darsi da fare.” fece,tirandosi su le maniche pronta per mettersi all’opera.
Mi chiedevo quanto sarebbe durato l’ordine che lei avrebbe riportato,una volta che se ne fosse andata..
 
Solo a metà pomeriggio le pulizie furono concluse,e finalmente potei vedere nuovamente il fondo del lavello della cucina,per non parlare di tutte le cose che avevo ritrovato dopo che ero convinta di averle smarrite,o che me le avessero rubate i folletti..
“Fallo un salto a casa uno di questi giorni,a tuo padre manchi. E senza di te diventa più brontolone del solito.” sorrise benevola.
La accompagnai alla porta,mentre mi lasciavo scappare una risata al ricordo di mio padre. Non era un uomo esattamente facile da sopportare e tenere a bada.
Io ero l’unica capace di farlo,forse perché dopotutto ero molto simile a lui.
“Va bene,te lo prometto. Forse riesco a venire già dopodomani. Quel giorno non avrò lezione,e posso sempre raggiungervi per pranzo..”
“La trovo una buona idea e,in mia mancanza,cerca quantomeno di mantenere in ordine. Non dico pulire,ma cercare di non sporcare diamine!” sbuffò infastidita.
“Ci proverò,ma non ti prometto niente.”
Prima che potessi aprirle la porta di casa per farla uscire,il campanello prese a suonare. E ora chi diamine era?
Era improbabile si trattasse di Trent,dato che era impegnato con la sua,di madre.
E per lui la situazione doveva essere nettamente peggiore rispetto che alla mia.
Aprii la porta,rimanendo di sasso quando vidi la faccia incazzata dell’individuo di fronte a me.
“E tu che diavolo sei venuto a fare qui?” strillai nervosa,diretta verso Sven.
Mia madre si affrettò a salutarmi affettuosamente,prima di sparire oltre la porta dopo aver fatto un cenno di saluto anche all’origine dei miei mali.
Una volta rimasti da soli,si spinse dentro casa,sorvolando la mia presenza.
“Prego,accomodati.” feci ironica,chiudendomi la porta alle spalle con un tonfo.
“Mi sai spiegare perché la mia macchina ha una riga di un metro sulla portiera?” mi aggredì arrabbiato,urlando fino a far pompare la vena che spuntava sul suo collo.
Finsi di guardarmi le unghie interessata,ignorando il suo attacco d’ira.
Se ripensavo a quando,arrabbiata,avevo  afferrato il mio mazzo di chiavi e mi ero diretta verso casa sua con l’obiettivo di rovinare la sua bambina,mi veniva da ridere.
Trattenni a stento una risata,ma riuscì a troncarla solo dopo che ebbi iniziato.
“Lo trovi divertente?” mi sussurrò minaccioso,prima di avvicinarsi pericolosamente a me con un espressione non esattamente confortante.
Era la stessa faccia che usava un serial killer prima di buttarsi sulla sua vittima e tirare fuori un coltello con cui trafiggerle il cuore.
“Trovo sia sempre esilarante vederti incazzato.” incrociai le braccia al petto e alzai il mento fieramente,con espressione divertita in volto.
Il primo passo per non fallire,era ricordarsi di non mostrare la paura al tuo avversario.
Mi afferrò da un braccio con uno scatto,attirandomi a lui e facendomi scontrare contro il suo petto,dentro il quale mi imprigionò.
“Ricordati che a questo gioco si gioca in due.” sussurrò rocamente al mio orecchio,sfiorandomelo impercettibilmente con le sue labbra e con il suo fiato caldo.
Rimasi in sospensione dal resto del mondo,come congelata per un tempo indefinibile.
Non mi accorsi neanche di quando mi lasciò nuovamente da sola,avvertii solo il rumore dalla porta che sbatteva,poi di lui più nessuna traccia.
 
“Mi chiedo come faccia a essere così difficile andare d’accordo,per voi due..” parlò Dee,sedendosi con un balzo sul bancone della cucina,con le gambe a penzoloni.
“Non è difficile Dee,è semplicemente impossibile. Lui non può coesistere nel mio stesso spazio vitale,e io non posso farlo nel suo. Tutto qui.”
Era da mezz’ora che sfogliavo un vecchio ricettario di cucina.
Avevo deciso di portare a casa di mia madre una torta, in modo da mostrarle quanto almeno fossi brava in cucina,cercando di far passare in secondo piano la mia completa mancanza di altre doti casalinghe.
Intanto Dee era comparsa a casa mia insieme a Amy,ed entrambe stavano cercando di mettersi nei ruoli di uno strizza cervelli per capire di risalire al problema dell’odio reciproco tra me e il diavolo.
Io le ascoltavo si e no..in realtà,per sopravvivere a quella conversazione,assimilavo solo alcune parole e cercavo di elaborare una risposta sensata in collegamento a quelle.
Se mi avessero chiesto di spiegare loro quali fossero le cose precise che avessero detto,molto probabilmente sarei rimasta in silenzio.
“A volte potrà essere un po’ spaccone..” intervenne Amy,cercando di alleggerire la fama del fratello.
“Un po’?” le intimai,senza staccare gli occhi dal libro di cucina.
Ma insomma,possibile che non ci fosse nessuna ricetta entusiasmante da sperimentare?
Sentii Amy sospirare,prima di avvicinarsi a me e togliermi dalle mani quel dannato libro,buttandoselo alle spalle.
Rimasi oltraggiata a fissarla,dovendo ancora decidere se staccarle il cranio,o squartarla e vendere i suoi organi al mercato nero.
“E’ inutile continuare a parlare,molto probabilmente ha ascoltato si e no quattro parole messe in croce.” disse Dee,guardandomi storta,prima di scendere dal bancone e buttare il torsolo della mela che aveva precedentemente mangiucchiato.
“Senti,se stai cercando una ricetta per una torta,se vieni da me c’è n’è una di famiglia che non sono mai riuscita a fare a causa della mia più totale incompetenza ai fornelli.”
Entrare nella casa del diavolo con alte probabilità di trovarlo ad aspettarmi?
Non se ne parlava,inoltre non poteva garantirmi nessuno che la mia salute fisica non fosse minacciata nel preciso istante in cui avessi oltrepassato la soglia.
Feci per aprire bocca ed emettere un NO categorico,ma Amy parlò nuovamente prima di me.
“E’ a base di panna e fragole.”
Quelle parole mi zittirono,facendomi pretendere un chiarimento.
Mia madre amava le fragole,e mio padre andava matto per la panna.
“Panna e fragole hai detto?”
 
Era da mezz’ora buona che trafficavo in cucina,e del diavolo nessuna traccia.
Per mia irripetibile fortuna,non doveva trovarsi in casa e,francamente,speravo non avesse fatto presto ritorno.
Dee e Amy mi avevano abbandonato con la scusa di dover andare a cercare un abito adatto per la fantomatica festa, che si sarebbe svolta tra qualche giorno.
Come al solito,l’organizzatrice,era l’immancabile Ashley Roberts.
Era ormai considerata un mito per le sue idee strampalate,l’ultima volta aveva imposto il tema di un night club e,chi aveva deciso di partecipare,avrebbe dovuto adeguare il suo look di conseguenza.
Per le troiette in erba,quella era stata una delle occasioni più irripetibili che potessero capitar loro.
Io mi sarei arrangiata come al solito,e mi sarei affidata al fato per la scelta del vestito.
Onestamente non mi interessava più di tanto,infondo non avevo nessuno su cui mi interessasse far colpo.
Quello che ora mi urgeva di più,era riuscire a preparare quella dannata torta senza rendere un porcile completo la cucina di Amy.
Era arrivato il momento di frullare,ma come diavolo funzionava quel coso?
Ah,ecco il tasto d’accensione!
Non appena lo premetti,ciò che avevo messo al suo interno venne fuori in uno schizzo,sporcando ovunque.
“Merda!” imprecai,mentre spegnevo quell’aggeggio infernale.
Non ero portata per quegli affari moderni,chi diamine sapeva che bisognava prima inserire il tappo?! Ok,forse ci sarebbero arrivati in molti,ma quei ‘molti’,non erano me.
Cercai ovunque,aprii mobili e frugai in tutta la cucina nel tentativo di trovare uno straccio nascosto da qualche parte.
Da qualche parte doveva pur trovarsi,no?!
“Andiamo,vieni fuori..” parlottai tra me,mentre guardavo in ogni angolo.
Non mi accorsi da subito che qualcuno mi stesse fissando divertito.
Quando mi girai per provare ad andare a vedere nel ripostiglio,quasi mi venne un colpo alla vista di Sven appoggiato allo stipite della porta,con le braccia incrociate al petto intento a osservarmi.
Uh signur,e lui da dov’era spuntato?
“Se avevi l’intenzione di farmi morire,potevi farlo in modo diretto senza cogliermi impreparata in un agguato,che tra l’altro credo sia illegale in tutti gli stati.”
Stranamente lui non commentò il mio solito umorismo pungente,limitandosi a camminare tranquillo verso il lavello per sciacquarsi le mani come se nulla fosse.
Solo in quel momento mi resi conto di come fosse vestito,o meglio svestito.
I boxer firmati Calvin Klein,erano l’unico indumento che indossasse.
Rischiai quasi di soffocare nell’osservare i muscoli rigidi del suo addome,i perfetti pettorali,la virilità di ogni sua forma..
Oh diamine Sam,cerca di ritornare con i piedi per terra e non lasciarti abbindolare!
Scossi la testa e mi imposi di non fissarlo,cercando di ricordarmi cosa stessi facendo prima del suo arrivo.
Ah giusto,lo straccio.
Prima che potessi partire nuovamente alla sua ricerca disperata,me ne arrivò uno dritto in faccia.
Feci una smorfia stizzita,e lo ringraziai con un sorriso ironico senza dire nessuna parola di troppo.
Si limitò a fissarmi apatico,forse leggermente assonnato,prima di recuperare una birra dal frigo e ritornarsene nella sua tana.
Ok..il tutto era abbastanza inquietante,non capivo cosa stesse succedendo ma il suo comportamento insolito non mi portava a rilassarmi.
Scossi la testa e scacciai quei pensieri paranoici,avvicinandomi al lavello per inumidire il panno.
Non appena lo aprii,l’acqua schizzò ovunque,bagnandomi.
Ma che diamine? Aprii le ante al di sotto del lavello,trovando una valvola manomessa.
Doveva essersene occupato quando aveva tirato magicamente fuori uno straccio.
Brutto..
Strinsi i pugni e,con le punte dei capelli ancora gocciolanti,mi diressi al piano di sopra.
Non ero mai stata nella sua stanza,quindi le aprii tutte andando alla sua ricerca.
La prima era uno studio,la seconda era quella di Amy,la terza una mini palestra,e la quarta in fondo al corridoio..non poteva che essere la sua.
Aprii la porta della camera senza delicatezza,buttandomi al suo interno e inveendo contro di lui non appena apparve nella mia visuale.
Ebbe appena il tempo di concedersi un sorrisino divertito,prima di strabuzzare gli occhi quando gli saltai addosso.
“Tu e i tuoi scherzetti” pausa,in cui seguì uno scappellotto in testa.
“Potete andare” sfoderai gli artigli per graffiarli il braccio,mentre lui cercava di tenermi ferma sopra di lui.
“A farvi fottere!” urlai in preda all’isteria,mentre continuavo a battere ripetutamente i pugni contro il suo petto.
Mi fermai solo quando fui a corto di energie,rimanendo sopra di lui con il respiro affannato.
Lui dapprima mi fissò con una calma glaciale,per poi afferrarmi repentinamente dalla vita,trascinandomi fino al bagno come un sacco di patate.
Prima che potessi urlare per intimargli di mettermi giù,mi ritrovai catapultata all’interno della doccia.
Non ebbi il tempo di emettere una sola sillaba,che mi ritrovai intermante cosparsa di acqua,bagnata dalla testa ai piedi.
Aprii la bocca in segno di sorpresa,permettendo ad alcune goccioline di entrare al suo interno.
Irrigidii i muscoli,e riuscii a reagire solo una volta resami conto di cosa fosse accaduto.
Molto presto avrei staccato le sue palle a morsi,e le avrei usate come decorazione per il mio futuro albero di Natale.
Si distrasse quando si avvertì il rumore di una porta che si chiudeva,segno che Amy e Dee fossero ritornate.
Approfittai di quel suo momento di distrazione per liberarmi.
“Io ti uccido!” gli urlai contro,gettandomi su di lui.
Perse l’equilibrio e finimmo con il rotolarci a terra,alternando momento in cui dominavo io e momenti in cui era lui a farlo.
In ogni frangente,il mio tentativo era quello di arrivare ai suoi capelli in modo da spulciarlo fino a farlo diventare pelato.
“Se ti metto le mani addosso, ti rovino!” strillai isterica,prima che lui fosse nuovamente sopra di me,a tenermi ferme le mani sopra la testa.
Arduo riuscire a capire come venirne fuori,a quel punto.
Non era gratificante stare in una simile posizione,soprattutto se era lui a trovarsi sopra di me.
Era difficile tenere a bada pensieri poco casti diretti alla sua persona,che comprendevano anche me,un letto,e vestiti sparsi dappertutto per il pavimento.
Oh.mio.Dio.
Se non avessi avuto le mani bloccate,molto probabilmente mi sarei presa a schiaffi da sola,con talmente tanta violenza da dimenticarmi delle idiozie appena pensate.
“E ora come la mettiamo?” sorrise malefico,aumentando la stretta sui miei polsi quando provai a liberarmi.
Ma dove volevo andare!
Fece per parlare nuovamente,molto probabilmente gongolante del fatto che fossi in suo pieno potere,quando il suo sguardo cadde più in basso.
Ero sicura che non fosse la mia faccia quella che stesse osservando.
Vidi il suo viso aprirsi in un sorriso malizioso.
Seguii il suo sguardo confusa,impallidendo quando mi accorsi di cosa stesse fissando.
“Te l’hanno mai detto Jackson che non è raccomandabile indossare intimo nero sotto una canottiera bianca?”
Respirai profondamente,prima di elevare un ginocchio e colpire i suoi genitali.
Approfittai del suo momento di debolezza per svincolare dalla sua presa.
Mi riacciuffò in fretta ma,prima che potessi prendere a elargirgli una lunga lista di complimenti,un rumore poco rassicurante ci fermò.
Volgemmo il nostro sguardo verso la porta,prima di lanciarci un’occhiata d’intesa e correre verso di essa.
Tirai giù la maniglia e..era chiusa.
Quella dannatissima porta era chiusa a chiave!
E avevo anche un’idea di chi potessero essere le responsabili.
Mi spintonò di lato,prima di provare anche lui a fare pressione contro la maniglia.
“Ci hanno chiuso dentro.” sbottò infine,tirando un calcio al legno con cui era rivestita.
“Ma non mi dire!” feci ironica,appoggiando le mani sui fianchi.
Mi guardò torvo,prima di sbuffare e passarsi una mano sul volto.
Avrei voluto ricordargli che neanche per me era esattamente un piacere rimanere chiusa in una stanza con un troglodita come lui.
In quel frangente,pure l’idea di buttarmi dalla finestra mi sembrava allettante.
Presi a camminare nervosamente per la stanza,cercando di trovare un modo per venirne fuori.
Quando dicevo che era impossibile per noi due coesistere nello stesso spazio vitale,non scherzavo.
“Vuoi stare un po’ ferma? Mi stai sgocciolando ovunque!”
Mi girai in sua direzione con sguardo infuocato.
“Ah perché magari adesso è anche colpa mia!” alzai le mani al cielo,in un gesto di esasperazione totale.
Lo sentii imprecare sottovoce,prima di infilare la testa dentro l’armadio e frugare al suo interno.
Ne uscì qualche attimo dopo con una sua felpa lunga e larga,che supponevo avrebbe potuto avvolgermi due volte.
“Tieni,vatti a cambiare!” me la lanciò contro con stizza.
La presi al volo prima che si infrangesse nuovamente contro la mia faccia,per poi guardarlo malamente e dirigermi verso il bagno con passo impettito.
Mi chiusi la porta alle spalle con violenza,venendo subito ripresa da lui.
Feci finta di non averlo sentito e presi a spogliarmi,ripiegando i miei vestiti alla buona.
Tolsi anche il reggiseno,perché completamente zuppo.
Se in quel momento mi fosse capitata un arma contundente a portata di mano,non ci avrei pensato due volte su come utilizzarla.
Indossai quella dannata felpa,assumendo le stesse sembianze di un puffo imbranato e goffo.
Per lo meno era abbastanza lunga da coprirmi interamente il sedere.
Cominciai a frugare un po’ ovunque,cercando di trovare un phon che mi consentisse di asciugarmi i capelli totalmente fradici.
“C’è un maledetto phon in questo dannato bagno?” strillai,mentre sbattevo cassetti e cassettoni come una furia.
La porta alle mie spalle si aprì,facendolo comparire nella mia visuale.
Con passo deciso si diresse verso un punto preciso,prima di girarsi in mia direzione con l’oggetto dei miei desideri tra le mani.
Me lo appoggiò nel lavello di fronte,bruscamente.
Non disse una parola ed uscì dal bagno.
Dovevo ammettere che ultimamente fosse ancora più irascibile del solito.
All’inizio erano solo battutine di poco conto,ma con il tempo era diventato intrattabile.
Da una parte mi sentivo responsabile,ero consapevole che fosse isterico per colpa mia. Non che la cosa mi dispiacesse,anzi..
Era una magra consolazione vedere come non fossi l’unica ad avere i nervi in tensione.
Dopo che ebbi asciugato i capelli, uscii dal bagno.
Non avrei mai voluto farlo,ma ero consapevole di non poter passare il resto della mia vita là dentro solo per colpa di quell’idiota.
Ritornai in camera,trovando lui comodamente sdraiato sul letto,con le braccia incrociate dietro la nuca.
E ora cos’avrei dovuto fare?
Rimasi qualche attimo indecisa,prima di sedermi a terra appoggiando la schiena all’armadio.
Ci fu un silenzio assordante per un tempo indefinibile,tant’è che presi a battere ritmicamente un piede contro il pavimento in modo nervoso.
Che situazione del cazzo.
“Jackson,ti riesce difficile non emettere nessun rumore per almeno cinque minuti?”
“In realtà si,e dovresti ringraziarmi che mi limiti a questo. Avrei un altro modo sicuramente più allettante per fare rumore,che comprende la tua testa e una mazza da baseball..”
“Il consiglio rimane sempre lo stesso: fattela una scopata,almeno sapresti dove sfogare la tua aggressività!”
Ora lo ammazzo.
Quello fu il primo pensiero che registrai,e decisi di ascoltarlo.
“Oppure potrei fare così.”
Mi alzai in piedi e saltai sul suo letto tempestandolo di schiaffi e pugni,alternandoli.
Avevo un’insana voglia di deformargli la faccia!
Non ci mise molto a bloccarmi sul letto,ribaltando le posizioni e portando il suo peso sopra di me.
“Devo ammettere sia eccitante questo tuo lato aggressivo. Dai,mi piace. Vuoi colpirmi ancora?” fece,porgendomi nuovamente il braccio.
La tentazione di rifarlo era forte,ma gli avrei dato solo una soddisfazione.
Lottai con l’istinto,e rimasi ferma a guardarlo minacciosa.
“Ci trovi gusto ad essere così stronzo?”
“Devo ammettere che con te è molto divertente,sì.”
“Non avevo dubbi..” bofonchiai,guardando altrove per non incrociare il suo sguardo.
Era irritante constatare come quella situazione mi stesse mettendo in imbarazzo.
Se non scendeva immediatamente da sopra di me,gli avrei tolto la possibilità di procreare.
“Sei a disagio.” constatò,dopo attimi interminabili di silenzio che sfruttò per osservarmi in ogni mia sfumatura di colore.
Era così surreale per me pensare al fatto che se ne fosse accorto,che non riuscì a spiaccicare una parola fino a quando non assunsi consapevolezza della situazione.
“Che cosa..che cazzo stai dicendo?” borbottai,evadendo ancora una volta dal suo sguardo.
Quando mi accorsi di essere ridicola,per di più passiva tra le sue braccia,reagii.
Lo spinsi dal petto e presi a scalciare nel tentativo di farlo alzare.
La mia principale ambizione in quel momento era respirare,e lui mi stava impedendo di farlo.
Oh mio Dio,presto sarei stata vittima di un attacco d’asma,me lo sentivo!
Fortunatamente non oppose resistenza e si decise a lasciarmi in libertà.
Nella mia testa sentii un coro cantarmi l’Alleluia.
Feci per tirare nuovamente dei calci alla porta nel tentativo di sradicarla,ma quando mi accorsi che ci fossero delle voci dall’altro lato di essa,mi fermai con il pugno a pochi centimetri dalla porta.
Mi attaccai ad essa con l’orecchio,sicura che dall’altra parte ci fossero due pazze intenzionate a fare lo stesso.
“Io ho intenzione di aprire solo quando la smetteranno di litigare..” quella era la voce di Amy,quasi un sussurro impercettibile.
“Credi sia possibile?” Dee.
“Beh,stiamo a vedere.”
Così, le piccole stronzette, si stavano divertendo.
Sperai che l’avrebbero fatto anche quando le avrei inseguite fino a oltre frontiera per infligger loro male fisico e disperdere i cadaveri in mare.
Mi girai verso Sven in preda all’illuminazione,prendendo a gesticolare per fargli capire la situazione.
Ero entusiasta per esser riuscita a trovare un piano per venirne fuori.
Lui mi guardò accigliato,molto probabilmente pensando che fossi completamente impazzita.
Sbuffai,prima di fregargli il cellulare di mano e scrivere un messaggio,che poi gli porsi affinché lo leggesse.
Il suo volto sembrò illuminarsi una volta capito quanto avessi in mente.
Bastava far credere loro che stessimo raggiungendo un punto d’incontro,instaurando un apparente pace e deponendo le armi di guerra.
“In realtà vorrei ancora capire il perché di questa nostra avversione reciproca.” iniziò.
“Suppongo per natura..” borbottai,beccandomi una sua occhiataccia.
Ok,in quel modo non saremmo arrivati da nessuna parte,avrei dovuto impegnarmi.
Mi schiarii la voce. “Voglio dire..credo che siamo semplicemente partiti con il piede sbagliato.”
“Sì,non abbiamo avuto l’occasione di conoscerci senza litigare ogni qual volta ci vedessimo.”
“Esatto,credo che con un piccolo sforzo potremmo concludere un contratto di pace..”
Dentro di me,in realtà,stavo ridendo per l’impossibilità di quel gesto.
L’unica cosa che sarei riuscita a firmare con lui era un contratto che prevedeva di vivere in due stati differenti.
“Lo penso anche io,insomma..penso di non averti fatto niente,no?”
Nonostante sapessi che fosse tutta finzione,riuscii a trovarci uno spruzzo di realtà.
Non mi aveva fatto niente? Mi aveva fatto di tutto,tranne che niente.
Da quando era comparso lui,con la sua odiosa faccia da Dio sceso in terra e il suo ego smisurato,le mie giornate erano diventate uno sfiatamento insopportabile.
I litigi continui mi portavano via un quantitativo di energia che poi non potevo sfruttare per altro,tipo per passare del tempo in compagnia della mia vodka.
Il nostro rapporto sentimentale ne stava risentendo.
Per non parlare del tornado che scatenava dentro di me che,accompagnato dal fuoco,radeva al suolo quel poco di buono presente in me.
E poi la gente si chiedeva perché diventavo ogni giorno più irascibile!
Se solo avessero passato del tempo con lui sarebbero riusciti a capire il mio stato d’animo tormentato e sofferente,e la mia mente che vagava in idee di suicidio.
Risi sarcasticamente,non potendo proprio trattenermi.
“No,non mi hai fatto assolutamente niente. Sono io ad aver reagito male quando ho avuto l’illusione di aver incontrato un angelo e,non appena ha aperto bocca,si è rivelato il diavolo più crudele di tutti. Sono stata io la stupida nell’essermi sentita attratta da te,è colpa mia.”
Ok,non avrei dovuto dirlo.
A quel punto non era più recitazione quella di cui stavo andando avanti,ma stavo permettendo al mio subconscio di fare la sua parte e di rivelarsi.
Rimase inebetito per qualche istante,con espressione vacua.
Aprì bocca per parlare ma la richiuse.
Mi ero appena appropinquata un biglietto verso il baratro,perfetto!
All’improvviso cambiò espressione.
Iniziai ad aver paura di quello che sarebbe successo da lì a breve,ma in quel momento la serratura della porta scattò.
Sussultammo e,in sincrono,ci girammo in sua direzione.
Venni catapultata nuovamente nel mondo reale,e strappata a quello della finzione con forza.
Mi fiondai sulla porta e la spalancai,rivelando le figure di Dee e Amy che correvano giù per le scale,ridendo.
Strinsi lo stipite della porta con forza,prima di fare un respiro profondo e partire all’inseguimento.
“Fossi in voi sarei già scappata in Messico!”
 
Come promesso, eccomi scattante con un altro capitolo!
Da dove posso cominciare..?
Abbiamo avuto modo di vedere il rapporto che Sam ha con la sua altrettanto pazza genitrice, sincero e privo di ogni rigidità.
Dopotutto, sappiamo tutti quanto Sam sia schietta e sincera..tranne forse che con se stessa.
Non aver ammesso prima a se stessa dell'attrazione che la legava a Sven, l'ha messa in una posizione scomoda; tant'è che, cedendo ad essa, ha finito per rivelarglielo.
E ora cosa succederà? Sven non ha avuto modo di dire la sua.. ma se ne avesse avuto il tempo, cosa avrebbe detto?
Sta a voi scoprirlo con il prossimo capitolo, che potrebbe arrivare domani.. o se mi fate capire di stare apprezzando questa storia, forse anche tra una o due orette ;)
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5. ***


“Non farlo.” mi intimò Trent,porgendo le mani in mia direzione con fare cauto.
“Si invece che lo faccio.” strepitai,con gli occhi di una pazza,sventolando in aria un piatto.
“Andiamo Sam, posa quel piatto.” ritentò lui,cercando di non far fuoriuscire il timore nella sua voce.
“Uno solo..” contrattai “Uno solo,soltanto per sfogarmi.”
Sospirò sconsolato,riportando le mani lungo i fianchi e spostandosi dalla mia traiettoria.
Emisi un urlo di battaglia mentre,con tutta la forza che avevo in corpo,lanciavo il piatto contro il muro di fronte a me.
Guardai i cocci rotti dispersi a terra con momentanea apatia,prima di sospirare soddisfatta e riprendere il controllo di me stessa.
 “Ora sì che mi sento meglio.” mi rivolsi a lui con un candido sorriso.
Si passò una mano sulla fronte esasperato,prima di crollare sul divano.
Io invece,a differenza sua,non mi fermai un attimo.
Corsi per tutta casa,tenendomi impegnata il più possibile tra libri,ricerche e cose varie,arrivai addirittura a mettere un po’ in ordine.
Quando arrivò il momento di spolverare il tavolino del soggiorno,su cui lui teneva appoggiati i piedi,quasi non lo buttai giù dal divano per farlo levare di torno.
“Quanto ti deciderai a trovarti un partner? Dovresti farlo per i miei nervi.” gli dissi,mentre buttavo già i suoi piedi dal tavolino.
“Quando lo farai anche tu,e poi non credo che riusciresti a sopravvivere senza la mia costante attenzione nei tuoi confronti.”
Gli risposi con una smorfia,prima di buttare lo straccio a terra e buttarmi affianco a lui con uno slancio.
“Non posso credere ai miei occhi,ti sei appena concessa una pausa?” mi punzecchiò ancora.
Lo fulminai con lo sguardo,prima di portarmi le mani sul viso e sfogare la mia frustrazione con un urletto isterico e sfinito.
Stranamente lui non parlò più,e seguì un silenzio assordante,non tipico del nostro rapporto.
Mi girai per controllare cosa stesse facendo,trovandolo intento a fissare il suo orologio con insistenza,senza staccare gli occhi da esso.
“Si può sapere cosa stai facendo?”
“Controllo quanto tempo impieghi prima di esplodere e deciderti a parlare.” disse,senza fissarmi.
Non risposi,facendogli credere che non intendessi farlo.
In realtà mi stavo solo preparando mentalmente per elargire una lista delle cose che andavano male nella mia vita,cominciavo a credere che fosse uno schifo totale solo perché fosse la mia.
“In caso non l’avessi notato,sono più stressata del solito..”
“L’ho notato.” Ci tenne a precisare.
Lo fulminai con lo sguardo. “È che non riesco più ad avere il controllo su niente. Più precisamente,non riesco ad avere il controllo su niente che lo riguardi. Qualche settimana prima sembriamo coinvolti in una guerra verbale che sembra destinata a non finire mai,e qualche settimana dopo ci snobbiamo completamente. Sono cessate le battutine,le occhiatine furiose,e il sarcasmo pungente. Francamente dovrei sentirmi sollevata,ma da lui non so mai cosa aspettarmi. Non avrei mai pensato di ammetterlo,ma credo di preferirlo quando mi sbraita contro piuttosto che vederlo rimanere in silenzio senza sapere cosa gli passa per la testa. Alla fine dei conti,in qualunque modo lui si comporti,non lo sopporto lo stesso. È così frustrante!”
Presi un respiro profondo e mi lasciai affondare maggiormente nello schienale del divano,chiudendo gli occhi in attesa di una sua replica.
A quel punto mi sarei aspettata di tutto,da consigli fraterni,a insulti diretti a fare a pezzi la mia persona con problemi di bipolarismo.
Quel che non mi sarei aspettata era il suo silenzio.
Aprii un occhio per verificare fosse ancora vivo,trovandolo a scrutarmi intensamente come se stesse cercando di non lasciare un margine di errore prima di appropinquarmi la sua versione.
“Che c’è?” chiesi stizzita,afferrando un cuscino per cercare di nascondermi un minimo dal suo sguardo penetrante. Era alquanto inquietante.
“Non vorrei sbagliarmi..” iniziò,senza abbandonare quella sua espressione concentrata e pensierosa.
Restai in silenzio,con una malsana tensione in corpo.
Se adesso avesse sparato una cazzata delle sue non ci avrei pensato due volte a sbatterlo fuori casa.
“Secondo me comincia a piacerti.”
E fu proprio una cazzata,quella che sparò.
Dapprima scoppiai a ridere,per poi innalzare un dito in direzione della porta invitandolo a ritirarsi.
Il mio migliore amico aveva appena smarrito la sua sanità mentale.
Ora sarei andata nella mia camera,mi sarei messa al computer, e avrei stampato tanti volantini da affiggere in tutta la città in modo da ritrovarla.
E io che,in tutto quel tempo,avevo pensato fosse una persona con del sale in zucca.
“Pensaci.” mi afferrò entrambe le mani,impedendomi di gesticolare ancora,prima di farmi riportare la mia attenzione su di lui con uno  schiaffetto leggero sulla guancia.
Ora l’avrei sbranato.
“Sono più le volte in cui parli di lui,che quelle in cui respiri.”
“Questo non vuol dire che mi..piaccia” pronunciai l’ultima parola con una smorfia di disgusto. Oddio avrei vomitato,ma non potevo permettermi di sporcare il tappeto!
L’avevo comprato solo due giorni prima,diamine!
Mi lasciò andare le mani e si rassegnò contro lo schienale del divano.
“Ok,non ti piace.” acconsentì “Ma non puoi negare di provare una grande carica erotica nei suoi confronti.” aggiunse.
Ok,rimasi in silenzio perché se avessi parlato mi sarei resa ridicola.
Inoltre non potevo neanche permettermi di mentire,perché lui era diventato abbastanza abile da capirlo.
Mi limitai ad esternare una smorfia,seguita da un mugolio di protesta.
Maledizione,perché non poteva essere brutto,basso e tozzo?
Avrebbe nettamente semplificato le cose.
Come se non bastasse,ora che anche lui si era resto conto del mio stato d’animo,la cosa era diventata più reale e ufficiale.
Finché ero solo io a pensarlo,senza che nessuno se ne rendesse conto,potevo ritenermi salva.
Ma ora era arrivato mister-so-tutto-io, svelando uno dei primi segni del mio squilibrio mentale.
Con quella consapevolezza,come sarei riuscita ad affrontarlo quella sera?
Se solo avessi potuto mi sarei chiusa in casa a guardare un film strappalacrime, in compagnia del mio pigiamino con le pecorelle.
Che ci crediate o no,avevo anche io un lato sensibile.
Ritornando al problema principale,dovevo ancora capire come risolverlo.
Volsi il mio sguardo sul mio migliore amico,in quel momento intento a giocare con i lacci del cappuccio della felpa.
“Dì un po’..che impegni hai per stasera?”
 
 
“Non so ancora come tu sia riuscita a convincermi..” sibilò rancoroso,con lo sguardo rivolto in direzione della strada.
Ci trovavamo da circa dieci minuti davanti al pub con la quale avevo appuntamento con gli altri,e si lamentava più di quanto non lo facesse mia nonna quando la dentiera le dava fastidio.
“Andiamo,sono dei ragazzi simpatici e a te non fa male aprirti alla vita,una volta ogni tanto.”
“E se io stasera avessi avuto impegni?”
“Con alte probabilità ti avrei convinto a cancellarli per passare del tempo con la mia amabile compagnia.” gli feci gli occhi dolci,accoccolandomi contro il suo braccio con fare ruffiano.
Mi guardò pronto per replicare,ma quando si scontrò con i miei dolci occhi verdi,desistette dal tentativo.
“Arriverà il giorno in cui quei dannati occhioni dolci non mi faranno più alcun effetto. Allora là sì che ti manderò a quel paese..” bofonchiò.
Risi e lo strinsi in un abbraccio,gesto non propriamente da me.
Dopotutto glielo dovevo,mi stava salvando da una serata disastrosa che normalmente sarebbe trascorsa con me a mangiare noccioline in un quantitativo imbarazzante,mentre il diavolo si dava da fare per assicurarsi una nottata di fuoco.
Negli ultimi giorni stavamo giocando a: vediamo fino a quanto riesco a ignorarti prima che tu capisca di starmi sulle ovaie.
“Credo di aver appena avvistato il tuo peggior incubo..”
Mi staccai da lui e mi guardai attorno,prima di individuarlo dall’altra parte della strada in compagnia di tutti gli altri.
Mi girai a fissarlo stralunata. “E tu come diavolo fai a sapere chi è lui?”
Fece spallucce. “Quando l’ho guardato è scomparso il resto del mondo. Mi avevi detto fosse niente male,ma non immaginavo così.”
Lo guardai in tralice,come per avvertirlo di non provare a ripeterlo un’altra volta se ci teneva a non farsi cavare gli occhi.
Mi impiantai un sorriso in faccia quando ormai erano solo a pochi metri di distanza da noi.
“Ehi bellezza!”mi salutò Jay,lasciandomi un affettuoso bacio sulla guancia.
Era adorabile quando non lo si metteva alla prova sfruttandolo come insegnante.
Ricambiai il saluto con un sorriso,prima che si presentasse anche a Trent,seguito da Trey.
Rimasi piacevolmente stupita nel constatare quanto si fossero mostrati gentili nei suoi confronti.
Dee lo salutò acidamente come suo solito,mentre Amy mi sembrava si fosse persa in un mondo parallelo,dov’ero sicura che la principale attrazione fosse il mio migliore amico nudo.
“Lei è Amy.” la spronai,attirandola da un braccio affinché gli si avvicinasse.
Balbettò un saluto,arrossendo visibilmente.
L’unico che rimase sulle sue,senza la minima intenzione di socializzare,fu proprio Sven.
Si limitò a fissarlo come si fissa un insetto fastidioso,prima di entrare nel locale senza aspettare nessuno. Argh,che antipatico.
Entro la fine di quella serata,molto probabilmente,avrei avuto qualcuno con cui condividere la mia antipatia nei suoi confronti.
Lanciai uno sguardo esaustivo a Trent,cercando di esprimere quello che avrei voluto fare a parole.
Ci avviammo verso l’ingresso,chiacchierando del più e del meno,quando Trent mi affiancò.
“Però,mica male la sorellina..” mi parlò all’orecchio,a causa della musica che copriva leggermente il livello delle nostre voci.
“Pff,sono più bella io.” dissi,seppur fossi consapevole non fosse vero,almeno non secondo la mia prospettiva.
Si mise a ridere,prima di venir richiamato da Trey,che intavolò con lui un lungo discorso sul campo della tecnologia,mentre prendevamo posto a un tavolo.
Li lasciai ai loro discorsi e,senza rendermene conto,si stava ripetendo la solita scena di tutte le sere. Ovvero io che mangiavo noccioline in silenzio,mentre gli altri ridevano e scherzavano.
Mi resi conto che,il fatto di litigare continuamente con lui,mi avesse spesso estraniato dagli altri.
“Tutto ok?” mi chiese premurosa Dee,punzecchiandomi il braccio con il gomito.
Mi limitai ad annuire in silenzio e a reprimere una smorfia,continuando a ingozzarmi con quelle mediocri noccioline.
Un giorno o l’altro avrei fatto indigestione e non mi sarebbero rimaste neanche più loro.
Provò ad aprire un discorso con me ma scoraggiai tutti i suoi inutili tentativi di farlo,decidendo di chiudermi nel mio mondo di mia spontanea volontà.
In quel momento avevo un rifiuto totale nei confronti del mondo intero,e non riuscivo a capire a cosa fosse dovuta questa mia malsana patologia.
Anche se in realtà non avrei dovuto stupirmi,dato che era così ogni giorno.
Per la noia e l’ormai sazietà,lanciai le ultime noccioline rimaste in direzione del bicchiere di fronte a me,cercando di fare canestro.
Ero davvero patetica.
“Sam,in che mondo sei?” mi chiese Trent all’orecchio,facendomi sussultare.
Non avevo neanche notato il suo spostamento.
“Non vuoi saperlo.”
“Se te lo chiedo forse è perché mi interessa sapere la risposta. Non so se te ne sei resa conto,ma sei in silenzio,e tu non stai mai in silenzio neanche se ti pagano.”
Sbuffai stanca,prima di lasciare perdere le noccioline e quello stupido gioco,adagiandomi sullo schienale del divanetto e socchiudendo gli occhi.
Quando li riaprii,in un gesto automatico,vagai per l’intero locale alla ricerca di Sven.
Lo avevo perso di vista nel preciso momento in cui avevamo varcato quella soglia.
Non avevo idea di cosa mi stesse succedendo,ma stavo letteralmente impazzendo.
L’aria era diventata quasi soffocante,sentivo una morsa stringermi il petto,e la necessità di distrarmi divenne troppo forte da sostenere.
Era incredibile come il mio cervello non fosse più abituato a sostenere dolore emotivo.
Oddio..l’avevo detto davvero? Avevo osato pronunciare la parola dolore?
Pensavo che non sarei stata più capace di provare quel sentimento,in realtà pensavo non sarei riuscita a farlo con qualsiasi sentimento.
In un gesto dettato dall’istinto mi alzai in piedi di scatto,facendo girare tutti in mia direzione con sguardo stupito.
Li ignorai e svincolai dal divanetto,sorpassando Trent che era l’unico a guardarmi come se avesse realmente capito cosa stesse succedendo all’interno di quella mia testa bacata che mi ritrovavo.
Mi diressi verso la folla di gente intenta a ballare e,lasciandomi guidare dalla musica, presi a farlo anche io.
Dapprima con gesti impacciati e rigidi,fino a lasciarmi andare senza pormi alcun freno.
Non ci volle molto prima che qualche ragazzo si accorgesse di me e mi si attaccasse al culo.
In un angolo remoto del mio essere,speravo che lui stesse assistendo a quella scena.
Volevo renderlo partecipe del fatto che avevo chi moriva per me,ero io a non accettare nessuno di loro.
Repressi il disgusto che provavo nell’avvertire il gingillo di un ragazzo strusciarsi su di me,comportandomi come se niente fosse.
Dopo una quindicina di minuti,la voglia di provare a fare l’intraprendente mi era già passata. Sarei volentieri andata a racimolare Trent al tavolo,implorandolo di andarcene con una scusa.
Ma non volevo farlo,perché se avessi ceduto gliel’avrei data vinta indirettamente.
Rimasi piacevolmente sorpresa quando notai Jay affiancarmi,staccandomi di dosso quel viscido ragazzo con troppo alcool in circolo perfino per mantenersi eretto sulle sue gambe. Camminava con le stesse sembianze di un Tirex ubriaco.
“Ti sono grata.” gli urlai.
“Lo so,ti ho salvato da morte certa.”
“Non a me,ma lui. Molto presto il mio pugno avrebbe esplorato più da vicino la sua faccia.”
Rise,prima di racchiudersi intorno a me con l’intento di farmi da scudo per chiunque osasse avvicinarsi.
“Allora..” disse,provando ad intavolare un argomento.
Non era esattamente uno dei posti migliori per averne uno.
“Come mai hai il broncio stasera?”
“Io non ho il broncio.” mi alzai in punta di piedi per farmi sentire e urlare al suo orecchio,prima di ritornare ad ancheggiare a tempo di musica.
“Sei un’emarginata” infilò in coltello nella piaga.
“Grazie per avermelo ricordato.”
Si avvicinò maggiormente a me per levarmi di dosso un altro intruso,prima di afferrarmi dalla vita.
“Scusa ma è l’unico modo..” fece,lanciando un occhiata ai ragazzi intorno a noi che mi lanciavano occhiatine provocatorie.
Feci spallucce,prima di assecondare i suoi movimenti per continuare a ballare.
“Comunque..” riprese “Ti vedo spenta,e tu non lo sei mai. Insomma,normalmente a quest’ora saresti andata dal cameriere per lamentarti dalle scarsa porzione di noccioline!”
Risi,prima di rigirarmi tra le sue braccia e far aderire la mia schiena al suo petto.
“Tutti hanno una giornata no.” spiegai,sperando che si sarebbe fatto bastare quella risposta. Ovviamente non fu così.
“Peccato che siano quattro giorni in cui tu hai una giornata no.”
“Veramente tutti i giorni della settimana sono giornate no per me,anzi tutti quelli del mese..ripensandoci tutti quelli dell’anno.” scherzai,cercando di alleggerire il calibro del discorso e di spostare l’argomento su qualcosa che mi riguardasse meno direttamente.
“Centra per caso qualcuno di nostra conoscenza,in questo tuo cambio d’umore?” mi chiese indagatore,guardandomi con fare furbo e al contempo curioso.
“No!” risposi,forse un po’ troppo velocemente per non farla risultare una bugia.
Mi guardò con fare inquisitore,come di qualcuno giù arrivato al punto della situazione.
Perfetto,ultimamente ero diventata uno schifo totale anche nello sparare stronzate!
In quel momento avevo la carogna addosso.
“Oh al diavolo Jay,ho bisogno d’aria.” lo lasciai lì e svincolai tra la folla,ma la sua risata mi raggiunse comunque.
Non capivo cosa ci trovasse di divertente la gente in tutta quella situazione.
Francamente io avevo solo una gran voglia di infilarmi le mani nei capelli e strapparmeli tutti urlando come un’isterica.
Stavo impazzendo ed ero convinta che quello fosse solo l’inizio.
Se la questione fosse peggiorata,molto probabilmente sarei finita in un centro di recupero per disagiati mentali.
Sbuffai esasperata e,facendomi spazio a suon di gomitate e insulti a mezza voce,raggiunsi l’uscita del locale.
Presi a vagare per la piazzetta in completa solitudine,facendo avanti e indietro come una persona che aveva assunto troppa caffeina per riuscire a rimanere ferma.
Lo feci solo quando i tacchi cominciarono a farmi male ai piedi,obbligandomi ad appoggiarmi a un muretto là vicino.
Intorno a me c’era gente che rideva ubriaca,altra che lo faceva anche senza l’aiuto dell’alcool,chi passeggiava allegramente,chi chiacchierava,chi si baciava..
E poi c’ero io,intenta a fissare tutte quelle persone come se mi interessasse quello che stavano facendo. Era in momenti come quelli che mi chiedevo che diamine ne stessi facendo della mia vita.
A quell’ora sarei potuta essere sotto le coperte,in compagnia di un libro che,ancora una volta,mi avrebbe ricordato che non avrei mai avuto una storia emozionante come quella dei protagonisti.
La cosa più emozionante che mi era capita nella vita,fino a quel momento,era stato alzarmi un mattino e aprire il frigo,trovandolo pieno.
Uno dei regali più belli che Trent avesse mai potuto farmi: fare la spesa al posto mio.
Sentii un rumore a me vicino e mi girai in sua direzione per accertarmi di che cosa si trattasse.
Lo feci e..che diamine ci faceva un ragazzo che camminava reggendosi a un bastone?
Ero più che sicura che non fosse suo,ma che piuttosto l’avesse fregato a un vecchietto.
Decisi di ignorarlo,ma non mi concesse di farlo quando mi si avvicinò e cominciò a punzecchiarmi un braccio con quel dannato a fare.
Ora glielo strappo di mano e lo uso per provocargli un trauma cranico.
Fu la prima cosa che pensai.
“Cosa ci fa qua da sola,una ragassa bella come te?” sbiascicò.
Oddio,oltre a essere pessimo senza l’aiuto dell’alcool,era pure ubriaco.
Non riuscii a reprimere una smorfia di disgusto al sentore di alcool che emanava.
Oddio,ma si era scolato più vodka di quanta ne assumessi io normalmente.
Tentai ancora di ignorarlo,ma lui sembrava intenzionato a non voler lasciarmelo fare.
Cominciò a punzecchiarmi anche una gamba con quel coso,ed ero sicura che presto non avrei più risposto di me. Poco mi importava se era ubriaco!
“Eh dai,sparisci.” fece qualcuno alle mie spalle,strappandogli di mano il bastone che stava usando per molestarmi, per lanciarlo lontano.
Come un cane,il ragazzo corse a riprenderlo senza indugio.
Non mi servì girarmi per riconoscere quella voce,e irrigidirmi di conseguenza.
Erano quattro giorni che non la sentivo così vicino.
Si appoggiò al muretto,al mio fianco,e fissò la strada davanti a sé come se fosse da solo e la mia presenza fosse irrilevante.
Fu,molto probabilmente,il momento che passammo più vicino senza litigare.
Almeno fino a quando non mi decisi a parlare,facendo ancora una volta sfoggiò della mia stupidità.
“Non mi serviva il tuo aiuto,prode cavaliere,per levarmelo di torno.”
“A me sembrava di sì,a meno che tu non volessi. Quando ti ho detto di sfogare i tuoi istinti sessuali,non intendevo di farlo anche con il primo che..”
“Si può sapere cosa stai dicendo? Sei impazzito?” lo interruppi oltraggiata.
Rise con perfidia,prima di inchiodarmi con i suoi occhi e non lasciarmi margine di fuga.
“Scusa, mi ero dimenticato che hai già rimediato. Carino il moro,com’è che si chiama? Troy?”
Se si stava prendendo gioco di me non era divertente.
“Il moro è il mio migliore amico,e si chiama Trent.” Assottigliai lo sguardo e lo fissai come per intimargli di non spingersi oltre se voleva tornare a casa con ancora il setto nasale integro.
“Oh che peccato..” fece sarcastico,prima di piantarsi un ghigno poco rassicurante
“Beh,ti rimane comunque Jay,no? Niente male il balletto in pista.”
Allora sì che l’aveva visto.
Non ebbi il tempo per ritenermi soddisfatta di quell’accaduto,che la sua accusa mi arrivò in faccia come se mi avessero appena lanciato una pietra.
Mi stava indirettamente dando della puttana? No perché a quel punto avrei saputo come utilizzare il tacco quindici che avevo ai piedi.
“Non so che idee tu abbia in testa,ma non è il mio passatempo preferito scopare con ogni essere umano del sesso opposto mi si avvicini. Forse ti dimentichi che non tutti sono come te,la cui massima aspirazione è una ragazza dotata di una terza di tette,o di un bel culo sodo. Più preferibilmente di tutti e due,immagino..”
“Quelle sono solo ragazze da una scappatella e via..” fece una smorfia,accompagnata da un rapido movimento della mano come per glissare l’argomento.
“Perché,esiste una tipologia di ragazza diversa da quella della ‘scappatella’,per te?”
Incrociai le braccia al petto e lo guardai scetticamente inarcando un sopracciglio.
“A volte mi chiedo per chi tu mi abbia preso.” fece con serietà,guardando la strada davanti a lui con intensità,come se riuscisse a vederci qualcosa oltre.
Sembrava quasi pensieroso.
“Forse per quello che sei.”
Lo vidi sorridere sghembo,mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé.
“Touché.” commentò.
Ci furono attimi di silenzio in cui mi ritrovai a riflettere che fosse una conversazione diversa dai nostri standard.
Come prima cosa,eravamo riusciti a tenere un profilo abbastanza basso.
Come seconda cosa,il livello di linguaggio utilizzato non era comprensivo di nessun insulto di vario genere.
E,come punto fondamentale,il mio tacco non si era ancora ritrovato a infilzare i suoi genitali.
“Comunque non esiste solo una ragazza da una scappatella e via per me,per quanto possa sembrare irreale.” parlò dopo,con espressione assorta.
Cos’era quella,una sorta di confessione del suo animo?
“Perché,vuoi farmi credere che,anche se esistesse un’altra versione,non dovrebbe disporre degli stessi requisiti? Ovvero tante tette e tanto culo..”
Si lasciò scappare una risata,prima di riacquistare serietà e scuotere impercettibilmente il capo.
“Non mi lamenterei certo,ma non sono quei requisiti ad interessarmi maggiormente.”
“E allora cosa?” mi ritrovai a chiedergli senza rendermene conto.
Ero diventata una macchinetta che non smetteva di sfornare parole.
A quanto pare il tasto dello spegnimento doveva essersi rotto.
Dal suo volto andò via anche quel briciolo di divertimento rimasto,come se si stesse davvero concentrando per trovare una risposta appropriata.
Sembrava una persona totalmente diversa rispetto a quella con cui avevo fatto la lotta in tutte quelle settimane.
Sospirò,prima di girarsi e fissarmi per qualche secondo come se stesse valutando qualcosa,prima di parlare.
Era la stessa espressione che aveva assunto Trent quella mattina,quando stava decidendo se dirmi o meno che,secondo lui,iniziava a piacermi Sven.
“Carattere.” disse. “È il carattere ad interessarmi.”
I suoi occhi non demordevano nel lasciare i miei,così come i miei non volevano saperne di farlo con i suoi.
Non ero abile in materia,ma supponevo non fosse una cosa normale.
Fu lui il primo a distogliere lo sguardo,raccattando dalla tasca della giacca un pacchetto di sigarette.
Fece per sfilarne una ma,in un gesto dettato dall’istinto,glielo afferrai e lo tenni lontano dalla sua portata.
“Non te l’ha mai detto nessuno che fumare fa male?” cambiai discorso,nascondendo il fatto che mi fossi sentita irrimediabilmente a disagio.
Sospirò pazientemente. “Dammelo.”
“Non ci penso neanche lontanamente.”
Con uno scatto si staccò dal muretto,prima di porsi di fronte a me e cercare di strapparmelo di mano.
Lo tenni più stretto e lo nascosi con la mano dietro la schiena,spiaccicandomi contro il muretto per evitare che lui potesse prendermelo.
Non seppi come,ma ci ritrovammo racchiusi in una sorta di abbraccio appena accennato.
Mi si mozzò il respiro in gola perché era la prima volta che lo avvertivo così vicino.
Mi fece quasi un male fisico ammettere che non lo trovassi per niente sgradevole.
All’improvviso,fissandoci nuovamente negli occhi,sembrava che entrambi ci fossimo dimenticati di quelle dannate sigarette.
“Come fai a piacere alle ragazze se poi puzzi di fumo?” sussurrai flebilmente,cercando di non mettermi a tacere per paura di cosa sarebbe potuto succedere arrivati a quel punto.
“Lascia a me i miei metodi.” sorrise enigmatico.
A quel punto non seppi se fissare il suo sorriso o continuare a farlo con i suoi occhi.
Questi ultimi,non avevo idea di cos’avessero,ma rendevano impossibile ogni tentativo di distogliere lo sguardo: erano profondi,ipnotici,paralizzanti.
Mi ritrovai a tentennare e boccheggiare nel cercare di esprimere come mi sentissi. Non ero però sicura sarebbe stata una buona idea..
“Credo che i tuoi occhi siano la cosa più bella che abbia mai visto.” ..ma lo feci lo stesso.
Non potevo crederci,VI PREGO QUALCUNO MI DICA CHE NON L’AVEVO DETTO!
Non avevo parole per esprimere la mia più totale mancanza di intelligenza e razionalità.
Da quel momento in avanti,non avrei mai più dato dello stupido a nessuno.
Come potevo farlo,se la prima ad esserlo ero io? Sarei stata incoerente!
Lo vidi inspirare profondamente,probabilmente preso alla sprovvista.
“Perché spari queste stronzate?” chiuse gli occhi strizzandoli,prima di riaprirli e puntarli nuovamente nei miei con un luccichio indistinto.
“Quali stronzate?”
“Un esempio è quella che hai appena detto. Un secondo esempio è la frase dell’altra volta: ‘sono stata io la stupida nell’essermi sentita attratta da te’.”
La mia bocca si schiuse stupita,e non seppi cosa replicare fino a quando il mio cervello non ebbe carburato bene il tutto.
Onestamente non avrei mai pensato se ne sarebbe ricordato,non pensavo neanche ci avesse prestato importanza.
Quindi,era lecito rimanere sorprese nel constatare che ci avesse anche pensato. Perché,per tirarla fuori in quel momento,era ovvio fosse successo.
Che fosse stato quello il motivo che l’aveva spinto allo sciopero del silenzio per quattro giorni?
“Stai insinuando che,tutto quello che dico,sono stronzate?!”
“Beh,non puoi negare che la maggior parte delle cose che escono dalla tua bocca lo siano..”
“Per lo meno io parlo,esterno quello che penso. Non sono come te che,per una cazzo di frase,si mette a fare lo sciopero della parola per quattro giorni,quattro fottuti giorni dico!” cominciai a scaldarmi,terribilmente irritata e frustrata per il suo comportamento.
“Credo che tu possa capirmi e darmene atto.”
“Cosa intendi dire?”
Non resistette più,emise un ringhio,prima di cingermi la vita con un braccio e far aderire completamente il mio corpo al suo.
Qualcosa con la stessa potenza di una scossa elettrica, mi trapassò la colonna vertebrale.
“Che questo..” fece,indicandoci “E’ pericoloso.”
“Certo,pericoloso..” risi istericamente,prima di racimolare forza e premere i palmi delle mani sul suo petto in modo da distanziarmi da lui.
Era la stessa cosa che avrei dovuto fare dal preciso istante in cui lo vidi la prima volta.
“Con tutte le altre no,ma con me sì.  Non mi pare che tu ti faccia problemi a dare loro quello che vogliono,anzi,sembri piuttosto elettrizzato all’idea di farlo.  A proposito,perché non ti stai dando da fare per portarti una biondina a casa stasera?”
Si accigliò,prima di farsi livido in volto e assumere un espressione cupa.
“Perché,tu cosa vuoi?” mi domandò,evitando di rispondere alla mia insignificante quanto infantile frecciatina. Di quello,non potei che essergliene più grata.
Dall’altra parte però,rimasi totalmente sconcertata dalla sua domanda.
Non riuscivo ad avere una risposta esaustiva nemmeno quando mia madre mi chiedeva cosa volevo mangiare la sera,e lui pensava sarei riuscita ad averne una in merito a quello? Non lo sapevo cosa volevo,non ne avevo idea.
Avrei dovuto farmelo tatuare a caratteri cubitali sulla fronte.
“Perché..” rise,lasciando in sospeso la frase “Se è una sveltina quella che vuoi da me,allora prego..” indicò la strada in direzione del locale da cui ero evasa
“Sono sicuro di riuscire a trovare uno spazio disponibile per impiegare qualche minuto del mio tempo con te.” ghignò perfidamente.
Aprii la bocca oltraggiata,evitando di dire ‘ciao’ alla sua solita parte arrogante.
Non mi era mancata per niente.
Inalai quanto più ossigeno possibile,prima di esplodere e urlargli in faccia con quanto più fiato avessi in corpo.
“Vaffanculo!”
“Perché? Pensavo fosse quello che volessi da me, dopotutto è quello che vogliono tutte.” sibilò freddamente,in una maniera così glaciale da farmi rabbrividire.
“Mi fai schifo..” sussurrai,scuotendo impercettibilmente il capo.
Rise ancora,di una risata malata e strafottente,prima di eclissare l’incontro dei nostri sguardi e darmi le spalle.
“Raccontalo a qualcun altro.” lo sentii dire,prima che sparisse tra le macchine che sfrecciavano lungo la strada.
Stritolai il pacchetto di sigarette che tenevo ancora stretto tra le mani,prima di buttarlo a terra con forza e pestarlo in altrettanto modo.
In quel momento avrei voluto incontrare nuovamente il ragazzo ubriaco di prima,chiedergli in prestito il bastone,e iniziare a spaccare quante più cose mi capitassero a tiro.
Avevo una rabbia dentro,che mi sembrò umanamente impossibile percepire.
Ero appena stata umiliata, di nuovo, tanto per cambiare.
La prima cosa che pensai di fare fu di vendicarmi,ma quando mi resi conto che non ne sarei stata in grado,mi venne in mente un’altra idea.
Non ci sarebbe stata vittoria più grande,se non impegnarmi per ottenere ciò che volevo. 

Eccoci qua!
Allora ragazzi.. come vi sentite?
Io agitata, e allo stesso tempo elettrizzata.
Il rapporto fra i due si complica maggiormente, ma riusciremo mai ad arrivare ad un punto d'incontro?
Ho la vaga impressione che ne dovrà passare di acqua sotto i ponti.. ma per lo meno non mancheranno i colpi di scena.
Anche perché, se no, che divertimento ci sarebbe da parte mia se non vi facessi soffire un po'? :')
Anche Sven ha rivelato di provare ciò che prova lei.. ma, a differenza di Sam, non riesce ad accettarlo.
Ha fatto trapelare, forse più di quanto avrebbe voluto.
Non ha parlato di una semplice attrazione fisica, ma le ha fatto capire che non la mette sullo stesso piano delle altre ragazze con cui è abituato a relazionarsi.
Povera piccola tonta Sam.. mi sa tanto che non l'ha capito!
Fatto sta, che la nostra Sam è sull'orlo dell'esasperazione..
Un esasperazione tale che potrebbe portarla a fare delle richieste di cui potrebbe pentirsi.. ma tempo al tempo, vedremo i dettagli nel prossimo capitolo!
Fatemi sentire la vostra, e ringrazio chi l'ha già fatto.
Spero tanto che continuerete a farlo perché lo apprezzo molto.
Un bacino.
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6. ***


Nei giorni seguenti potei affermare che mia nonna avesse una vita sociale nettamente migliore della mia.
Se i miei calcoli non erano errati,non vedevo la luce del sole da ben due giorni.
E,francamente,mi sarebbe andato bene continuare a fare in modo che le cose fossero rimaste così per i restanti della mia vita.
Trent mi aveva chiamata più volte,tant’è che alla fine avevo dovuto rinunciare al mio cellulare,decidendo di spegnerlo per scoraggiare i suoi tentativi futuri.
Si era presentato anche alla porta di casa mia attaccandosi al campanello,ma ero riuscita ad ignorarlo chiudendomi nella mia stanza con la musica ad alto volume.
Dopo un po’ pensai avesse rinunciato,ma quando sentii il telefono di casa suonare,mi colse impreparata.
Risposi,credendo fosse mia madre o comunque un mio familiare.
“Pronto?”
“Se non esci da quella casa ho già pronta la dinamite per farla esplodere.”
Rimasi con la bocca spalancata,presa alla sprovvista.
Era riuscito a fregarmi e non sarebbe stato furbo da parte mia riattaccargli il telefono in faccia. Ero più che sicura che avrebbe trovato un modo per vendicarsi.
“Non sei spiritoso.” feci,appoggiandomi al muro di fianco al tavolino con sopra quel dannato apparecchio.
“Io invece credo di esserlo.”
Non risposi.
“Trent, ti rendo partecipe già da subito della mia più totale convinzione nel chiudermi in casa fino a quando la mia intelligenza non si sarà rinnovata.”
“Direi che avresti dovuto pensarci prima, anche perché non l'hai mai avuta.” ridacchiò, ma in parte semiserio.
“Continui a provare a risultare spiritoso, ma sono spiacente nel non riuscire a cogliere l'ironia. Francamente non sono giornate decisamente felici..”
Te le stai rendendo difficili da sola..se solo cercassi di..”
“Non ho intenzione di uscire.” lo interruppi brusca e perentoria.
“Io invece credo che lo farai.” 
Era forse una minaccia quella?
“Non posso, aspetto la visita di mia madre.” mentii palesemente.
“Oh, ma andiamo! Pensi davvero che io ti creda? L'unico motivo per cui tu accetteresti di passare più tempo del dovuto con la tua genitrice, è per la volontà di friggerti definitivamente il cervello.”
“E chi ti dice che non sia proprio quello che voglio fare?" mi arrampicai sugli specchi.
Lo sentii sospirare rassegnato. “Ascoltami bene, stasera c'è la festa e vorrei che tu venissi. Sinceramente, non puoi lasciarmi da solo! Troverei il modo di fartela pagare e sai bene quanta fantasia abbia in materia.”
 Rimasi in silenzio, non sapendo realmente come tirarmene fuori.
Promettimi che ci penserai.”concesse quindi, accorgendosi del mio tentennamento. “Va bene, lo farò.” dissi, più per trovare una via di fuga che per prendere in considerazione l'idea. Per una risposta non mi serviva pensarci: era no.
Riattaccai e rimasi a fissare il telefono ancora per qualche istante, prima di ridere isterica e dirigermi al piano di sopra, buttandomi sul letto con un salto.
Lui era l'unico che non mi avrebbe mai abbandonato.
 
Era ridicolo che mezz'ora dopo fossi nella stessa identica posizione, a fissare il soffitto con apatia.
Quando mi accorsi che il senso di rifiuto mi stesse facendo a pezzi, presi a ridere da sola. Come se potessi realmente credere che bastasse quel gesto per migliorarmi la vita.
Non sortiva effetti, se non quelli di ispirarmi violenza nei miei medesimi confronti. Forse avrei dovuto cominciare ad andare in analisi, perché la mia scarsa sanità mentale mi avrebbe portata alla rovina.
E fu proprio per quella che, qualche minuto più tardi mi decisi ad aprire l'armadio, dopo averlo osservato con insistenza per attimi interminabili.
Mi trascinai fino ad esso con una coperta avvolta intorno al corpo, frugando all'interno in cerca di qualcosa che sarebbe stato capace di farmi illuminare gli occhi. Se avessi dovuto fare uno sforzo come quello di uscire dalla mia tana, volevo almeno avere una sicurezza e osare sfrontatezza per il mio aspetto.
Quando ormai stetti per buttare lo straccio, sentii il campanello di casa suonare. Guardai in direzione della porta come se il mio sguardo avesse potuto raggiungere i circuiti del campanello e farlo smettere di funzionare.
Mi decisi a scendere spinta dalla curiosità nello scoprire chi fosse l'incosciente da non tenere alla sua vita. Quando guardai dallo spioncino, però, non vidi nessuno. Aprii la porta confusa, guardandomi intorno circospetta.
Non mi accorsi fin da subito di una scatola riposta ai piedi della porta, con un bigliettino incollato sopra di essa.
Recitava: Il vestito contenuto dentro questa scatola è da accettare solo se hai intenzione di uscire di casa e spezzare qualche cuore, stasera. Se non hai intenzione di farlo, lascia la scatola dov'è e io presto la verrò a riprendere, capendo come hai avuto intenzione di passare il resto della tua miserabile vita. -Amy.
Mmh, cattiva.
Rilessi il biglietto almeno due volte, prima di prendere un grosso respiro e ributtarlo a terra, chiudendo la porta e ritornandomene in casa.
Feci per dirigermi nuovamente in camera mia, ma invece feci un giro del soggiorno e tornai indietro.
Aprii la porta e afferrai la scatola con una velocità sovrumana, prima che mi venisse l'idea di ripensarci.
Quando la aprii rimasi di sasso: non avevo mai visto niente di più rosso e accecante in tutta la mia vita.
 
Non seppi come,ma qualche ora più tardi mi ritrovai con indosso il vestito,i capelli fatti,trucco accennato,a rimirarmi davanti allo specchio.
La cosa più divertente,era che non ne avessi la minima intenzione e non avevo idea di come fossi arrivata a quel punto.
“Tacchi?” chiese Trent,ma ovviamente non rivolto a me.
“Tacchi.” confermò Amy,seduta comodamente sul letto intenta a farmi una radiografia completa  in un analisi dettagliata. Non doveva mancarmi niente.
“No!” subito mi opposi,non appena vidi Trent arrivare al mio fianco con un paio di decolté nere tra le mani.
Avevo ancora l’incubo dell’ultima volta in cui i miei piedi erano stati costretti in quelle cose infernali.
“E come pensi di andarci alla festa? In pantofole?” inarcò un sopracciglio in maniera irritata,con una mano appoggiata sul fianco.
“Non sarebbe una cattiva idea..” bofonchiai tra me,beccandomi un suo sguardo ammonitore.
Mi costrinse a indossarle,lanciandomele addosso privo di delicatezza.
Sbuffai e,a opera completata,mi guardai ancora una volta allo specchio.
Il vestito che Amy aveva scelto per me era sicuramente uno dei più audaci che avessi mai indossato,a mono spalla,con una manica di pizzo rosso così come la parte finale del vestito,che arrivava pressoché fino a metà coscia.
I capelli gli avevo lasciati ricadere ondulati sulle spalle,accentuando lo sguardo con..non avevo idea con cosa,era stata Amy a fare il più grosso.
A fine opera non potevo affermare di essere io,molto probabilmente avevo fatto cambio di corpo con qualcuno e neanche me lo ricordavo.
Alle mie spalle, Trent e Amy si lanciarono uno sguardo d’intesa prima di trascinarmi al piano di sotto non appena provai ad aprir bocca.
“Non rovinare questo momento sparando una delle tue stronzate, per favore.” mi zittì Trent,lanciandomi dietro la mia pochette nera con dentro lo stretto indispensabile che sicuramente non sarebbe stato abbastanza per la mia sopravvivenza.
Prendemmo posto in macchina,e io decisi di sedermi nei sedili posteriori,accucciandomi contro il finestrino.
“Come mai questa scelta? Non abbandoni mai la tua postazione.” fece Trent,mettendo in moto e guardandomi dallo specchietto retrovisore.
Mi infossai contro lo schienale,sprofondando sul sedile con le braccia incrociate al petto.
“Qua dietro è più facile nascondersi..” sibilai,gonfiando le guance come una bambina.
Entrambi si limitarono a fissarsi,prima di scuotere la testa e sospirare rassegnati.
Ok,ero un caso senza speranza,e allora?
 
Poco più tardi arrivammo nei pressi della festa, e non fu difficile capire di essere nel posto giusto,bastava seguire il rumore della musica fracassa timpani per accorgersene.
Sentii Amy parlare al telefono con qualcuno,probabilmente Jay,che le diede le indicazioni precise su dove si trovassero.
Quando Trent parcheggiò e spense la macchina,capii che fosse arrivato il momento di scendere.
Non sapevo loro,ma io non era che ne avessi intenzione.
Forse se fossi rimasta in silenzio non si sarebbero accorti della mia presenza e..
“Sam, scendi dalla macchina.” mi ordinò Amy,con una decisione tale che riuscì a stupirmi e a farmi desistere dal provarci.
Rimasi qualche istante ancora da sola nell’abitacolo,prima di scuotere la testa e schiaffeggiarmi.
Quella non ero io,quella ragazza così patetica e insicura non ero io senza ombra di dubbio. Mi rivolevo indietro,e lo pretendevo subito.
Assunsi un’aria determinata,prima di scendere dalla macchina senza tentennamenti e sbattere la portiera alle mie spalle.
Tutti si girarono in mia direzione,prima che Dee saltellasse felice e mi si buttasse addosso.
“Allora sei viva!” temetti che quasi si sarebbe messa a piangere.
“Si,sono viva,ora staccati.” feci un po’ brusca,ma solo perché il mio cervello non smetteva di segnalarmi la sua foto segnaletica.
Mi guardai attorno e..dove diamine era?
“Dov’è mio fratello?” chiese appunto Amy,precedendomi e intuendo i miei pensieri.
“Dove pensi sia, Amy? Siamo ad una festa,e di certo la figa non manca.” fece quel demente di Gaz,illuminandoci con la sua spiegazione esaustiva.
A volte mi chiedevo come facesse il suo cervello a ingranare..
Molto probabilmente dentro quella testa che si ritrovava,c’era la presenza di un criceto che correva sulla sua ruota.
“E noi cosa stiamo aspettando?” domandai,iniziando poi a camminare senza curarmi di ricevere risposta o di accertarmi che qualcuno mi seguisse.
Chi mi ama,mi segua.
Non dovetti camminare molto prima di avvistare una marea di gente riversata sul giardino esterno.
Se là fuori era presente tutta quella gentaglia,non osavo immaginare al suo interno.
Mi feci un segno della croce buttando gli occhi al cielo nell’invocare il mio protettore,prima di farmi strada all’interno di quella casa di dimensioni cosmiche.
Riconobbi facce conosciute di alcuni ragazzi dell’università,e altre che non avevo mai visto.
In ogni caso,in mezzo a tutti loro,i miei occhi vagarono alla ricerca di una sola persona.
Persi di vista gli altri nel preciso istante in cui varcai quella porta,cominciando poi a fare su e giù per i vari piani della casa nella speranza di scovarlo.
Al mio confronto,un cane da caccia sarebbe stato insignificante.
Ad un certo punto,al limite della sopportazione,presi anche ad aprire le porte di tutte le stanze che incontravo lungo il mio cammino.
Tant’è che alla fine,all’ennesimo tentativo,mi scontrai con una scena a luci rosse.
Avrei dovuto prevederlo,prima o poi.
Aprii una porta,avvertendo dei mugolii indistinti.
La stanza era illuminata,seppur fiocamente,dall’abatjour affianco al letto.
Presa alla sprovvista,non prestai tanta attenzione alla scena e mi affrettai a estraniarmi da quel momento.
“Chiedo scusa!” esclamai,alzando lo sguardo solo per un millesimo di secondo prima di chiudermi alle spalle la porta.
Rimasi però con una mano sulla maniglia,mentre lentamente assumevo un espressione accigliata,accompagnata dal presentimento che lui fosse..
Non mi fermai a ragionare e,in un gesto dettato dall’impulso,spalancai nuovamente la porta e accesi la luce premendo sull’interruttore poco distante dall’entrata.
Subito la mia espressione dubbiosa trovò una risposta davanti alla visione di Sven a carponi su una ragazza dall’espressione affannata e estremamente eccitata.
Rimasi per qualche secondo a fissarlo come se avessi avuto davanti agli occhi un panda che ballava la macarena.
Lui fece altrettanto,mantenendo il suo sguardo freddo e profondamente imperturbabile.
Mi tolsi dal disagio con una lieve risatina,prima di trasformarla in una a base di lacrime e crampi alla pancia per la sua intensità.
Presi a balbettare senza fiato,cercando di mettere insieme due parole di senso compiuto “Scusate.. io non..” un’altra risata,se possibile ancora più forte della precedente,prima che mi chiudessi la porta alle spalle con un tonfo sordo.
Mi allontanai continuando a ridere,aggrappandomi poi al corrimano delle scale per evitare di rovinare a terra.
Certo che il destino doveva avere uno spirito davvero umoristico e ironico.
Provavo ribrezzo solo nell’immaginarmi nuovamente lo scenario,accompagnato da una certa ilarità.
Se si trattava di me,era un attrazione pericolosa e non era conveniente stare vicini,ma se si trattava di qualsiasi essere umano dotato di una vagina,di un culo e di un paio di tette..ben venga!
Presto il momento divertente venne sostituito da una profonda irritazione,tant’è che cominciai a prendermela con qualunque persona mi capitasse a tiro.
“E  levati idiota! Guardi dove vai,o ti fai talmente tante seghe da aver perso l’uso della vista?!” sbottai acidamente,spingendo un ragazzo che mi era capitato addosso.
Puzzava di marcio,ed era una visione decisamente raccapricciante. Sfigato.
Mandai a quel paese il resto del mondo e mi buttai tra la folla,iniziando a muovermi in sincrono con tutti quei corpi ammassati. Sembrava una carneficina.
Il mio corpo si muoveva come dotato di volontà propria,ma la mia testa era completamente da un’altra parte.
Così tanto persa in meandri sconosciuti,che non mi accorsi neanche di un ragazzo che mi si era avvicinato così tanto da fondere il mio respiro con il suo.
Balzai all’indietro sbarrando gli occhi,come risvegliandomi da un incubo.
Oddio,che schifo!
Fu una sensazione raccapricciante,che mi stordì così tanto da farmi capire che non fossi adatta neanche a quell’ambiente.
Me ne andai camminando tra la folla con i gomiti sporti in fuori,in modo da aprirmi un varco sicuro in mezzo a tutta quella gente.
Se avessi avuto a portata di mano una tanica di benzina e un accendino,avrei saputo cosa farmene. Avevo sempre sognato assistere a un falò,poco mi importava se fosse di natura umana.
Non seppi in base a quale girone,ma arrivai nella cucina.
Era forse il luogo più tranquillo rispetto alle restanti parti della casa,così approfittai di quel piccolo momento di quiete per riprendermi.
Mi appoggiai con le mani al bancone,abbassando la testa e chiudendo gli occhi,sganciando un respiro.
Non era esattamente così che mi ero immaginata l’esito della serata.
Se pensavo avrebbe fatto schifo,mi ero ricreduta, poiché quello che stavo provando andava oltre il semplice schifo.
Mi serviva qualcosa che me la migliorasse,qualcosa che mi avrebbe fatta felice..qualcosa tipo il cibo.
Non mi curai di non essere a casa mia e aprii il frigo,iniziando a frugare con gli occhi in ogni angolo.
Ma possibile che non ci fosse niente che mi.. ehi,ma quelle erano ciliegie?
Raccolsi tra le mani una coppetta piena di ciliegie,prima di avvicinarmi al lavello per darci una sciacquata.
Dovevo ammettere di sentirmi già molto meglio.
Mi inoltrai nuovamente tra la folla,cercando di raggiungere uno di quei divanetti di pelle avvistati in precedenza.
Mi feci largo tra la folla con la forza bruta,stringendomi al petto le mie ciliegie in modo da non permettere a nessuno di fargli fare una brutta fine.
Erano l’unica cosa che mi rimaneva,quindi avrei lottato con le unghie e con i denti per far sì che sopravvivessero con me.
Quando raggiunsi la meta,quasi strepitai dalla gioia quando il mio sedere venne a contatto con i comodi cuscini del divano.
Iniziai a mangiucchiare le mie ciliegie in santa pace,appagata come una bambina davanti a un gelato.
Smisi di gongolare solo quando mi accorsi di chi occupasse uno dei divanetti a pochi metri da me.
Non era possibile,a quel punto non era più il destino ma direttamente sfiga!
Quasi mi spaccai i denti con il nocciolo di una ciliegia,quando mi si presentò davanti una scena simile a quella di poco prima.
Dov’era finita la mora e da dove era spuntata quella rossa?
Talmente ero assorta da quella visione,che ci misi qualche istante a rendermi conto che qualcuno si fosse seduto accanto a me.
Il mio organismo era già sull’attenti per far smammare chiunque fosse stato,ma si rilassò non appena riconobbe il volto familiare di Trent.
“E quelle dove le hai prese?” indicò la ciotola che avevo in mano,inarcando un sopracciglio divertito.
Ero contenta che qualcuno mi ritenesse motivo di tanta ilarità.
“Nessuno ha fatto gli onori di casa,così ho pensato di servirmi da sola.” commentai con mente assente,mentre con gli occhi ero ancora impegnata a non perdermi neanche un istante di quell’orrenda visione.
Cominciavo a pensare di aver sviluppato un lato masochista.
“Si può sapere cosa stai fissando con tanta..Oh.” seguendo il mio sguardo,trovò da solo la risposta alla sua presunta domanda.
Non risposi e archiviai la sua presenza,concentrandomi su quella scena con il tentativo di non farmi prendere da uno spasmo muscolare a causa dell’ira.
In quel momento avrei volentieri lanciato in aria la ciotola che avevo tra le mani,oppure l’avrei usata in un altro modo..
Una scodella in ceramica,se ricevuta con forza in testa,poteva provocare un trauma cranico? Avevo un’insana voglia di scoprirlo.
Inoltre,lei era spalmata su di lui in una maniera talmente patetica e disperata,che ero ancora intenta a capire dove finisse lei e iniziasse lui.
Quello spettacolo mi avvilì profondamente.
Sputai con rabbia un nocciolo all’interno della ciotola,prima di afferrare le ultime rimaste con uno scatto impulsivo.
Non mi accorsi neanche di cosa stessi facendo,fino a quando non presi la mira e gliele lanciai addosso.
Il colpo andò a segno,e mi trattenni  nell’esultare come una bambina solo sfruttando tutta la mia buona volontà.
Si staccò da lui come se fosse appena ritornata nel mondo reale,guardandosi attorno senza capire se fosse stato solo frutto della sua immaginazione.
Notai lui prendere in mano una ciliegia finita sulla sua camicia,esaminandola accigliato,prima di guardarsi attorno con sguardo indagatore.
Non appena incrociò il mio sguardo mi parve che il mio cuore avesse perso un battito,ma sperai vivamente fosse stata soltanto un allucinazione.
“E quello cos’era?” mi domandò Trent al mio fianco, trattenendo un sorriso per non incoraggiare ulteriormente le mie bambinate. “Bambina cattiva..” mi ammonì scherzoso.
Mi limitai ad una smorfia in segno di piena consapevolezza,prima di notare Sven guardarmi stranamente,per poi riportare la sua bocca su quella della rossa.
Mi si contorsero le budella e in quel momento avrei volentieri afferrato anche il vaso che si trovava al mio fianco,per lanciarglielo addosso.
Quella serata era uno schifo,e conoscevo solo un modo per migliorarmela.
Guardai tra le mani di Trent,trovandoci quanto sperato.
Gli fregai il bicchiere dalle mani,e mandai giù qualunque cosa ci fosse al suo interno.
“Ehi!” protestò Trent,ma lo ignorai.
Il liquido mi bruciò la gola,scorrendo poi giù fino ad arrivare alla bocca dello stomaco.
“Tequila..che schifo.” Feci una smorfia di disgusto,prima di buttarmi il bicchiere alle spalle e alzarmi per andare a cercarmi di meglio.
“Dove vai?” mi urlò Trent,fermandomi prima che mi perdesse di vista.
“A movimentarmi la serata.”
Mi defilai tra la folla,arrivando nuovamente in cucina.
Guardai tra le varie bottiglie riposte sul grande bancone,spostandole alla ricerca della mia preferita.
Vodka,vodka,vodka..eccola!
La afferrai e,recuperando un bicchiere,lo riempii interamente.
Presi a sorseggiarlo dapprima lentamente,cercando di aver parsimonia verso me stessa.
Quando però mi tornò in mente le ben due visioni a cui ero stata costretta ad assistere,ci andai sotto con più intensità.
Seguì un altro bicchiere di vodka,accompagnato da un terzo..
Fino a quando potei mandare a quel paese la mia lucidità.
 
Un’ora dopo mi ritrovavo a ballare in compagnia di ragazzi mai visti,sorridendo ad ognuno di loro e abbracciandoli come se avessi sviluppato affetto nei loro confronti in solo cinque minuti della loro compagnia.
A proposito..chissà che ore erano.
Feci per afferrare il cellulare e controllare l’ora ma..dove diamine avevo lasciato la mia pochette?
Oh al diavolo,poco mi importava in quel momento!
“Sei bellissima!” mi sussurrò uno all’orecchio,facendomi ridacchiare istintivamente.
Più che ridacchiare finemente,presi a grugnire come un porcellino,con qualche singhiozzo di mezzo.
Beh,se per lui ero lo stesso bellissima..poco male!
“Grazie..anche tu!” biascicai.
In realtà non era che potessi affermarlo con certezza,dato che non stava fermo un attimo.
Ma come diamine faceva a muoversi così veloce?
Prima era tutto lento,poi tutto veloce,infine tutto sfocato.
Uno di loro aveva le stesse sembianze di una scimmietta..
Avevo sempre voluto una scimmietta,fin da quando ero piccola.
Erano così carine e dal verso tenero,e inoltre mio nonno mi aveva sempre detto che ci assomigliavo!
Insomma,volevo una scimmietta,dove potevo andarla a comprare?
“Voglio una scimmietta!” urlai all’orecchio dello stesso ragazzo che,in quel momento,mi avevo cinto la vita.
“Tesoro,se vuoi posso essere quello che vuoi.” urlò al mio orecchio,cercando di superare il volume della musica.
Quando cominciai a sentire le sue labbra umide appoggiarsi sul mio collo,iniziando a succhiare,per poco non vomitai ai suoi piedi.
Mi distanziai da lui,spingendolo flebilmente dal petto,prima di barcollare fino all’uscita di quel posto infernale.
Avevo bisogno di aria,o presto sarei svenuta a terra come un sacco di patate provocandomi una commozione celebrale.
Presi a camminare con passo incerto,allargando le braccia per cercare di avere un equilibrio migliore.
“Ehi!” oh no,era la stessa voce di quel ragazzo.
Cosa diamine voleva ancora?
Se si fosse avvicinato,molto probabilmente gli avrei vomitato ai piedi.
“Dolcezza.” mi fermò,afferrandomi da un polso per far fermare la mia corsa.
Che poi ‘corsa’ non si poteva definire,se persino una lumaca era più rapida di me.
“Lasciami..” feci con voce flebile,provando a distanziarmi da lui con scarsi risultati.
La mia energia vitale era notevolmente ridotta.
Mi sentivo fiacca e totalmente rintronata, non osavo immaginare come sarei stata il giorno dopo.
La notte potevo già immaginarmela:seduta affianco al cesso.
In risposta lui aumentò la presa sul mio polso,prima di tirarmi a lui e imprigionarmi tra le sue braccia.
Provai a prendere le distanze,ma era ovvio che lui fosse nettamente più forte di me,soprattutto se mi trovavo in condizioni simili.
Forse avrei dovuto andarci giù con più calma..ma,accidenti,uno non poteva neanche ubriacarsi in pace?
“Vieni con me..” sibilò al mio orecchio,strofinando le sue labbra sul mio collo con fare viscido “Ti farò divertire.” rise.
Non appena sentii la punta della sua lingua sfiorarmi la base del collo lo spinsi via,rabbrividendo per il disgusto.
Mi riacciuffò in fretta e premette con forza e prepotenza le mie labbra sulle sue,cercando di ottenere un maggior accesso,che ovviamente mi sforzai di non concedergli.
Di quel passo avrei realmente vomitato.
Mi sentii sollevata quando mi accorsi di essermi allontanata da lui,sicuramente non per merito mio.
Guardai la mano che stringeva il mio polso,la cui presa non era opprimente come quella di cui ero stata schiava qualche attimo prima.
Quando alzai lo sguardo rimasi incantata,incapace di pronunciare una sola parola.
“Sparisci di qua prima che ti faccia sparire io.” sibilò freddamente,con un ovvio avvertimento di minaccia nella voce.
Se quel tono fosse stato usato contro di me,con alte probabilità sarei rabbrividita.
“Andiamo amico,stavo solo giocando un po’.” si difese l’altro,indicandomi con un cenno del capo.
Notai Sven rimanere a fissarlo con la sua solita espressione neutra e imperturbabile,prima che sul suo volto si disegnasse un ghigno poco rassicurante.
Mi lasciò momentaneamente libera dalla sua presa,prima di alzarsi le maniche della camicia fino ai gomiti.
“Te lo insegno io un nuovo giochetto.” partì in avanti con un mancino,beccando l’altro in pieno viso.
Si girò la testa di lato,prima che barcollasse all’indietro per il colpo subito.
Prima che potesse pensare di riprovarci,lo afferrai dal lembo della camicia,implorandolo a modo mio di lasciarlo in pace.
Onestamente,ero più preoccupata per la sua incolumità,di quella di quel tizio mi importava ben poco.
Il problema era che le mie capacità linguistiche,con tutto quell’alcool in circolo,fossero nettamente ridotte.
Lui sembrò lo stesso capire,arrestandosi e fissandomi come in cerca di conferma.
Sospirò rassegnato,prima di lanciare a quel ragazzo un ultimo segno di avvertimento e portarmi via.
O meglio,provò a farlo,ma io continuai per la mia strada come se la sua presenza fosse irrilevante. In quanto ai ringraziamenti,ci avrei pensato un’altra volta magari.
“Sam fermati,non sai neanche dove stai andando” parlò al mio seguito,con un tono di ammonimento e al contempo rassegnazione nella voce.
Non risposi,perché troppo impegnata a vedere dove mettere i piedi.
Non potevo mettermi a parlare e camminare al tempo stesso,in quelle condizioni sarebbe stata un’impresa impossibile.
Arrivammo ad un ponte dove, al di sotto di esso, si estendeva una ferrovia.
Mi fermai perché mi resi conto di non avere la più pallida idea di dove mi trovassi,ma non lo avrei mai ammesso.
“Ti sei persa, genio.” puntualizzò,però,lui.
Dio solo poteva sapere quanto lo detestassi.
“Ma insomma..tu non hai niente da fare se non starmi attaccato al culo?  Sono sicura che tu possa trovarne facilmente uno di riserva.” commentai acida,cercando di biascicare il meno possibile per non fargli capire in che situazioni pessime mi trovassi.
“È ambiguo il tuo modo di ringraziarmi.”
“Non è quello che sto facendo,e poi non ho bisogno del tuo aiuto.” ribattei,appoggiandomi al muretto di pietra per cercare di reggermi in piedi in maniera più efficiente.
“Non ti reggi in piedi” mi fece notare.
“Ti ripeto,non hai nessuna fanciulla da sorprendere con le tue prestazioni?” lo punzecchiai ulteriormente.
Forse ero infantile,ma non riuscivo ancora a togliermi dalla mente quella visione e,in secondo luogo.. chi se ne importava!
“Essere acida non ti aiuterà a nascondere il fatto che tu sia irrimediabilmente gelosa,Jackson.” ghignò soddisfatto,guardandomi in una maniera da infarto istantaneo.
Oh,non poteva immaginare fino a che punto lo fossi..
Ad un certo punto,nel tentativo di non sentirmi più così fuori di me per quello che avevo visto,avrei voluto che lui cancellasse quel ricordo facendo con me esattamente quello che aveva fatto con le altre due e chissà con quant’altre.
Il desiderio di sentire le sue labbra sulle mie,il calore del suo corpo pervadere il mio,i brividi lungo la colonna vertebrale..
“Baciami,Clark” ..era troppo grande da contenere.
 
Hooolaa!!
Come state?
Scusate se questa volta i tempi d'attesa sono stati più lunghi ma, purtroppo, credo di non poter mantenere più l'andamento veloce dei primi capitoli. 
In ogni caso cercherò di fare del mio meglio.
Tornando a questo capitolo..
Sam ubriaca è ancora più temibile del solito, anche da se stessa.
Se fosse stata lucida, molto probabilmente si sarebbe presa a schiaffi.
Io invece, personalmente, adoro questo suo lato: per lo meno è sincero.
Sven invece non si capisce più dove stia andando.
Cerca di starle lontano, ma alla fine sempre da lei ritorna ;)
E adesso cosa succederà?
Voi cosa ne pensate? Prima di pubblicare il successivo capitolo, ci terrei a sentire la vostra versione e a divertirmi nel guardare fin dove scorre la vostra fantasia. ^^
Un grazie speciale a tutti quelli che recensiscono, e a chi ha messo la storia nelle varie cartelle.
Siete mitici!
Un bacio, vi aspetto con ansia!
Xoxo. Heartless.

 
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7. ***


Rimase a fissarmi tra lo stupito e l’indeciso,combattuto.
Lo vidi fissarmi immobile per attimi infiniti,prima di gonfiare il petto per incanalare ossigeno.
“No.” fece con determinazione e sguardo duro.
Ma non mi sarei arresa tanto facilmente,non era per niente nei miei piani..
Mi tolsi i tacchi e li abbandonai sul marciapiede,prima di girarmi in direzione del muretto e farmi leva con le braccia per issarmi sopra di esso.
Notai con la coda dell’occhio che mi si fosse avvicinato,in allarme.
Dapprima mi sedetti sopra di esso,prima di farmi forza e provare ad alzarmi in piedi,sperando che le gambe mi avrebbero retto il gioco.
“Imbecille,scendi.” mi ammonì,cercando di riportarmi con i piedi per terra.
Mi liberai dalla sua presa e mi alzai in piedi,rischiando quasi di perdere l’equilibrio.
Dovevo esser uscita di testa,e la cosa più preoccupante era che non fossi sicura di poter attribuire tutta la colpa all’alcool.
Non guardare sotto Sam,non guardare sotto..oddio quanto era alto,ci avrei rimesso l’osso del collo se fossi caduta! E se fosse passato un treno?
Rabbrividii al solo pensiero,senza però scoraggiarmi.
“Ho detto baciami.” ripetei,assumendo un tono deciso e autoritario.
Ormai mi ero impiantata l’idea in testa,e difficilmente sarei riuscita a sradicarla.
Si passò le mani sul viso,prima di sospirare esasperato e annuire impercettibilmente,con lo sguardo fisso su un punto imprecisato del marciapiede.
“Va bene,ma scendi.”
Lo guardai diffidente,ma quando il suo sguardo determinato incontrò i miei occhi,non potei trattenermi oltre.
Con passi incerti,mi accovacciai sulle ginocchia e mi riportai seduta.
Feci un salto per scendere da quel muretto,solo che era troppo alto e caddi male.
Il mio equilibrio era pessimo,e sarei caduta se lui non mi avesse sostenuta prendendomi per le braccia.
Mi ritrovai vicino alle sue labbra,ad una distanza quasi impercettibile.
Fu lui a prendere leggermente le distanze,quel che bastava per potermi quantomeno fissare negli occhi.
Una volta che i suoi incontrarono i miei,non ci fu più niente da fare per evitare che si incatenassero tra loro.
Schiusi istintivamente le labbra quando mi passò un dito sopra di esse,prima di appoggiare una sua mano sulla mia guancia con delicatezza.
Fece la stessa cosa con l’altra,facendo il mio viso schiavo delle sue carezze.
Chiusi gli occhi e lo lasciai fare,convincendomi del fatto che quello non fosse un sogno.
Se avessi scoperto che lo fosse stato,al mio risveglio sarei andata in escandescenza.
Quando riaprii gli occhi,lo notai irrigidito,con la mascella contratta e lo sguardo duro.
Sentii la presa delle sue mani abbandonare il mio viso lentamente,scivolando gradatamente.
Sospirò esasperato,prima di distogliere lo sguardo.
Raccolse le mie scarpe da terra e non ebbi il tempo di reagire che mi caricò sulle spalle,iniziando a camminare verso una direzione a me sconosciuta.
"Lasciami andare, ora!" Urlai, mentre lui incurante mi trascinava verso una meta per me difficile da stabilire vista la scomoda posizione.
Nulla mi garantiva che non avrei vomitato in quell'istante.
E francamente, se l'avessi fatto su di lui, se lo sarebbe solo meritato.
Presi a scalciare cercando di ritornare libera dalle sue grinfie, ma lui si limitò a issarmi meglio sulla sua spalla, imprecandomi contro quando presi a muovermi di nuovo.
 "Dacci un taglio!" Mi ammonì mentre, pochi secondi dopo, mi ritrovai con il sedere a contatto con qualcosa di morbido. Ero nella sua auto?
Lo vidi prendere posto al mio fianco, prima di mettere in moto e fare retromarcia per uscire dal parcheggio.
Non sarebbe stata una buona idea se avessi aperto la portiera con l’intento di scendere..
Mi afflosciai contro il sedile, tirando un calcio al cruscotto.
"Provaci di nuovo e non mi importa se sei ubriaca, ti lascio in mezzo alla strada." "Preferirei!" Obiettai, guardandolo truce.
Mi fissò ma non disse nulla, partendo per la strada con lo sguardo fisso su essa.
Io intanto persi tempo a fissarlo, non curandomi del fatto che avrebbe potuto sorprendermi in pieno se l'avessi fatto con così tanta insistenza.
Il bagliore della luna e dei lampioni ai piedi della strada illuminavano il suo volto, creando un gioco di luce sul suo viso.
I suoi lineamenti erano freddi, ma al contempo caldi e attraenti. Erano perfetti.
Era probabile che non avessi mai visto un ragazzo così bello, quanto era probabile che non sarebbe successo neanche in futuro.
Se solo non fosse stato così..odioso?
La cosa più preoccupante era che fossi quasi sicura mi piacesse anche in quel modo.
Oddio,essere ubriachi voleva dire sparare anche simili stronzate adesso?
Se così fosse stato,non mi sarebbe interessato farlo succedere una volta in più.
Inoltre,mi sarei dovuta impegnare per togliermi dalla testa quell’idea assurda,prima che questa potesse prendere il sopravvento e decidesse di diramarsi meglio,piantando radici.
Non mi accorsi neanche che la macchina si fosse fermata,fino a quando la portiera dalla mia parte non venne aperta.
“Andiamo principessa,siamo arrivati.” fece sarcastico,mentre riponeva ai piedi della macchina le mie scarpe,che avrei dovuto indossare.
Provai a farlo ma non andò come avevo previsto, e rischiai di rovinare a terra se non ci fosse stato il suo corpo davanti a concedermi di aggrapparmi.
Ci rinunciai e,con uno sbuffo esasperato,le scalciai via e scesi sul marciapiede a piedi nudi.
“Ho capito,niente scarpe.” sospirò,prima di andarle a recuperare.
“Ti sei preso gioco di me.” dissi,mentre con la mente vagavo nel rifiuto di poco prima.
Per colpa sua,mi ero sentita ancora una volta presa in giro.
Avevo fatto la figura dell’idiota totale.
“Sei uno straccio,come pensi che io possa realmente baciarti?” parlò pazientemente,con serietà.
“Mi stai dicendo che l’avresti fatto se fossi stata in condizioni normali?”
“Suppongo di no,perché se fossi stata in condizioni normali non ti sarebbe neanche venuta in mente una simile stronzata.” rise,io però rimasi seria.
In quel momento avevo l’impressione di essere ritornata pienamente in me,e di sapere perfettamente ciò che volevo.
“Ma tu l’avresti voluto lo stesso?” provai ancora,cercando di ottenere da lui una risposta soddisfacente che mi facesse capire di non essere l’unica pazzoide della situazione.
Si passò stancamente una mano sul viso,prima di riportare i suoi occhi nei miei con freddezza “Vai a casa, Sam.” mi ordinò,al limite della pazienza.
Capii che non avrei ottenuto niente in quel momento,tanto valeva smetterla di rendermi patetica e affogare i miei dispiaceri nel sonno.
A quanto mi ero resa ridicola ci avrei pensato il giorno seguente.
Feci per afferrare la pochette e racimolare le chiavi,ma un attimo..che fine aveva fatto?! A meno che non avessi doti represse da maga,l’avevo dimenticata o persa da qualche parte.
Accidenti,dentro c’era la mia vita!
“Cazzo,la pochette! Le chiavi,il mio telefono.. “ mi passai una mano nei capelli e mi guardai attorno come se da un momento all’altro potesse comparirmi davanti agli occhi.
Presi a guardare anche all’interno della sua macchina in una vana speranza,ma sapevo che non avrei trovato nulla.
Intanto sentii Sven parlare al telefono.
“Ehi Amy,Sam era ubriaca e l’ho portata a casa.. sì ma non ha le chiavi,ha perso la pochette..ah ce l’hai tu? Va bene,allora farò così,ciao.” chiuse la comunicazione e si infilò il cellulare nella tasca dei jeans,prima di farmi segno di salire in macchina.
“La tua pochette ce l’ha Amy,e ha anche detto di portarti a casa nostra. Andrai a casa tua quando riuscirai a reggerti sulle tue gambe.” appoggiò i tacchi sul sedile posteriore e mise in moto.
Mi venne da ridere per la situazione,perché nessuno garantiva delle mie azioni in quello stato,neanche io.
C’era persino la possibilità che mi potessi infilare nel suo letto durante la notte..
Improvvisamente però,mi sentii sbiancare e montare la nausea.
Speravo che saremmo arrivati presto a casa perché necessitavo di un water in cui sfogare il mio essere,e di un divano su cui sdraiarmi prima che la testa mi andasse a puttane.
Mi appoggiai con la fronte contro il finestrino,cercando di fare respiri profondi per trattenermi.
“Non provare a vomitarmi in macchina!” mi avvisò,prima di aumentare l’andatura per raggiungere più velocemente casa.
Parcheggiò nel vialetto e mi aiutò a scendere,il problema era che fossi al limite e che non riconoscessi neanche più la pianura dalla collina.
Camminare sul marciapiede sembrava l’impresa più ardua del mondo.
Dovette intuirlo perché,non appena provai a muovere un passo,mi prese in braccio a mo’ di sposa e si avviò verso il portone di casa.
Mi lasciò là davanti,appoggiata contro la porta,prima di ritornare in macchina per recuperare le sue chiavi e le mie scarpe.
Mi sorresse da un fianco mentre facevo il mio ingresso,prima di raggiungere il soggiorno e lasciarmi libera di cadere sul divano.
Mi appoggiai sulle ginocchia e mi sorressi la testa tra le mani.
Perché diavolo girava così tanto?
Avrei voluto darmi una botta in testa con qualcosa per svenire e farmelo passare,almeno momentaneamente.
Subito dopo quel pensiero irrealizzabile,avvertii un conato di vomito.
Con una forza che non pensavo mi appartenesse,corsi verso la porta del bagno e la spalancai,cadendo poi ai piedi del water appena in tempo.
Sentii dei passi dietro di me e poi due mani sfiorarmi il collo per tirarmi indietro i capelli.
Con ancora la testa nel cesso,cercai di allontanarlo da me con una mano.
Era l’ultima persona al mondo che volevo mi vedesse in quello stato,soprattutto se alla fine la colpa era sua.
Se solo non fosse stato così stronzo come al solito,e non fosse entrato nella mia vita,sarei ancora la ragazza più spensierata e squilibrata di sempre.
Dopo che fui sicura di essermi sfogata interamente,mi tirai indietro e mi appoggiai con la schiena alle fredde mattonelle.
“Dimentica quello che hai visto..” sussurrai impercettibilmente,tenendo gli occhi serrati.
“Può servire a farti sentire meglio?”
Aprii gli occhi e lo fissai. “Sì.”
“Ok.” fece spallucce,prima di dirigersi verso un mobiletto e tirare fuori del colluttorio.
Ne riempii un bicchierino di plastica,prima di porgermelo.
“Qualche gargarismo per rinfrescarti non dovrebbe farti schifo.”
Guardai prima lui sospettosa,poi afferrai il bicchierino.
Tutta quella sorta di enigmatica gentilezza cominciava a terrorizzarmi.
Mi alzai in piedi e feci qualche risciacquo,prima di sputare all’interno del lavandino.
Mi guardai allo specchio e..oddio,ero quasi sicura che un morto avesse più colorito di me.
Mi passai stancamente una mano sul viso,prima di puntare il mio sguardo sulla doccia.
“Ho bisogno di una doccia.” dichiarai.
Lo sentii sospirare,prima di recuperare da un armadio un asciugamano con il quale potermi avvolgere.
“Fai pure.” me lo lanciò addosso e uscì dal bagno chiudendo la porta dietro di sé.
Quel ragazzo mi avrebbe presto fatto impazzire.
Legai i capelli in uno chignon disordinato,prima di spogliarmi di ogni sorta di indumento e buttarmi sotto il flusso d’acqua.
Non appena ne venni pervasa,avvertii un immediato senso di benessere e scioglimento. Avevo tenuto i nervi in contrazione per troppo tempo,ma come sarebbe potuto essere diversamente con la sua presenza?
Mi insaponai il viso,eliminando gli ultimi patetici residui di trucco,per poi passare al resto del corpo.
Non avrei mai pensato che sarei arrivata al punto di farmi una doccia in casa sua,con lui a pochi metri da me.
Il problema era che la cosa,invece che infastidirmi,mi elettrizzasse da morire.
Non ricordavo con chiarezza il momento in cui avevo battuto la testa,ma era sicuro che l’avessi fatto se cominciavo a pensare a determinate cose.
Se qualcuno mi avesse detto che mi sarei sentita così,qualche settimana prima,gli avrei riso in faccia.
Per non parlare di quell’assurda richiesta che mi ero lasciata scappare.
Ma come mi era saltato in mente di chiedergli di baciarmi?
Più che chiederglielo,gliel’avevo imposto,e lui si era rifiutato.
Era più che prevedibile che si sarebbe rifiutato,ma ci avevo sperato fino all’ultimo.
Solo a pensare a quanto l’avessi ardentemente desiderato,provai pena per me stessa.
Quella ragazza non ero io,e la cosa più frustrante era che non riuscissi a cambiare marcia,e non volevo. Quello che volevo era lui,seppur ammetterlo mi facesse quasi un male fisico.
Con un gesto stizzito chiusi il flusso d’acqua e,avvolgendomi intorno al telo che mi aveva prestato,uscii dalla doccia.
Solo in quell’istante mi resi conto di non avere la più pallida idea di cosa indossare,sicuramente non potevo rimettermi addosso quello scomodo vestito.
Feci un sospiro,presi coraggio e uscii dal bagno.
Lo trovai seduto sul divano,sdraiato e con un braccio sulla fronte. Era immobile.
Non appena avvertii la mia presenza inclinò leggermente la testa in mia direzione.
Lo vidi sgranare gli occhi preso alla sprovvista,ma fu un nano secondo prima che riacquistasse il suo autocontrollo.
“Dici che se la prende tua sorella se le prendo in prestito un paio di mutandine?” lo stuzzicai,sapendo che effetto stessi sortendo in lui in quel momento.
“Fai un po’ quel che ti pare.” riportò lo sguardo sul soffitto e non mi rivolse un’occhiata in più,ma lo capii dalla sua mascella irrigidita che si stesse trattenendo dal fare qualcosa. E,conoscendolo,non doveva essere facile per lui.
Ancora dovevo capire il perché lo stesse facendo,onestamente a me non avrebbe fatto schifo condividere un letto con lui in quel momento.
Anche se,dovevo ammetterlo,sarei stata la ragazza più incoerente del mondo,insieme a lui.
Perché diciamocelo,non era normale litigare fino allo sfinimento neuronale e poi finire a rotolarsi insieme in un letto. Che poi,mi sarebbe andato bene anche un divano,o un tavolo..
Mi diressi verso la camera di Amy a passo spedito,prima di agguantare un paio di mutandine e una lunga maglia. Con tutte probabilità doveva essere del fratello.
Non ci feci caso e la indossai,prima di scendere di sotto e verificare cosa fosse intento a fare.
Lo trovai questa volta seduto,a rispondere a dei messaggi con aria rilassata.
Mi sedetti vicino a lui,ma neanche troppo da permettermi di inalare il suo profumo.
In mancanza di altre cose da fare,tutto ciò che mi rimava era parlare con lui.
Lo fissai per qualche istante a tratti,cercando di non farmi scoprire ma allo stesso tempo provare a capire a cosa stesse pensando.
“Se hai qualcosa da dirmi, fallo.” parlò,senza staccare gli occhi dal cellulare.
Ma come diavolo aveva fatto?
Borbottai qualche parola a mezza voce,prima di impormi di far uscire la voce.
“Non è di mio gradimento parlare con persone che non mi degnano della loro completa attenzione.” ribattei con sicurezza,alludendo al suo uso del cellulare in mia presenza.
Bloccò lo schermo e lo lasciò cadere al suo fianco,prima di trafiggermi con i suoi occhi.
“Prego,vostra signoria.” fece ironico.
Repressi una smorfia infastidita. “Oh,non vorrei privare qualche fanciulla dell’onore di sentirti. A proposito,ti senti bene? Perché sei qui con me piuttosto che con una di loro?”
“E’ quello che mi chiedo anch’io..” sibilò tra i denti.
“E’ più divertente la mia compagnia,ammettilo.” sorrisi divertita.
“Ti dirò, loro trovano il modo di intrattenermi,anche piuttosto piacevolmente.” sorrise malizioso,portando i miei ormoni al delirio.
“Mi stai dicendo che io non so intrattenerti?” inarcai un sopracciglio irritata.
“Dico solo che sono convinto tu possa fare di meglio..” mi provocò.
Non seppi neanche come,o il perché lo stessi facendo,ma mi alzai in piedi con uno scatto e mi avvicinai a lui.
Non ragionai,spensi la parte razionale del mio cervello e,seguendo l’istinto,mi portai a cavalcioni su di lui.
Non avevo idea di dove avessi tirato fuori quello spirito d’iniziativa,ma la mia grinta sembrò sortire l’effetto desiderato quando lo vidi guardarmi incredulo.
“Dici che ora va meglio?” fu il mio turno,quella volta,di provocarlo.
Ero pienamente convinta di aver il coltello dalla parte del manico,ma non ne fui più così sicura quando appoggiò le sue mani sulla mia schiena,facendole scivolare fino a raggiungere il fondoschiena.
“Cominciamo a ragionare. Allora..di cosa vorresti parlarmi?” parlò rocamente.
Ero più che sicura che quello fosse il tono di voce che usasse per far svenire,o venire in base alle preferenze,metà popolazione femminile.
Ma non avrei ceduto e non gli avrei concesso di rendersi conto di aver scatenato in me lo stesso effetto.
“Devo farti una domanda.” cercai di non arrivare all’esasperazione,ma quando le sue dita cominciarono a disegnare figure astratte sui miei fianchi,mi sembrò di impazzire letteralmente.
Sorrise enigmatico,ed ebbi l’impressione che avesse grossomodo capito quali fossero i miei pensieri. “Falla.” disse.
Lo guardai negli occhi per atti che mi sembrarono troppo infiniti perché non potessi permettere alla tensione di prendere possesso del mio corpo e paralizzarmi.
Mi persi attraverso i suoi occhi,così profondamente che mi sembrò di essermi dimenticata quello che avrei voluto chiedergli.
Quando però il mio sguardo cadde sulle sue labbra,mi fu perfettamente chiaro.
“Vuoi baciarmi?” chiesi diretta.
Lo vidi sussultare,ma non si scompose più del dovuto e riuscii a rispondere prima del previsto. Mi scrutò per qualche attimo,facendo vagare il suo sguardo sul mio viso.
“No.” fece senza tentennamenti,facendomi sentire immediatamente l’idiota della situazione. Ed ero più che sicura di esserlo.
Ma insomma,da quale rara patologia ero affetta?
Avrei dovuto ascoltare i consigli di Trent di tanto in tanto,e decidermi ad andare in analisi. Sempre che non avessi costretto al suicidio anche uno strizzacervelli.
Con la testa che mi ritrovato,non mi sarei sorpresa.
Scossi impercettibilmente la testa,sorridendo sconsolata allo stesso modo.
“Dimentica quello che ti ho chiesto.”
Rimasi a fissare la sua espressione imperturbabile e fredda per ancora qualche istante,nella speranza di vederla cambiare.
Quando però mi resi conto che non sarebbe successo,rinunciai e feci per scendere dalle sue gambe e rinchiudermi in bagno per provare a strangolarmi con il cordone di un accappatoio.
Lui però non me lo permise.
Mi strinse i fianchi,impedendomi di distanziarmi da lui.
Nella sua espressione notai indecisione,ma questa sembrò sparire quando avvicinò il suo volto al mio.
Quando parlò,avvertii il suo fiato caldo solleticarmi la pelle.
“E tu dimentica la mia risposta.”
Mi afferrò dai fianchi e mi sollevò,mandandomi a sbattere contro i cuscini del divano.
Si portò sopra di me,e mi contrastò con il suo corpo.
Posò una mano sui miei capelli,percorrendo con le dita una ciocca prima di farla scivolare lungo il fianco,fino alla gamba lasciata nuda dalla corta maglietta.
I suoi occhi seguivano ogni suo movimento,guardando il mio corpo famelico.
Quando puntò il suo sguardo nei miei occhi,mi sentii mancare il fiato per qualche secondo.
Non avrei mai pensato che mi sarei ritrovata protagonista di un momento simile,né tantomeno avrei pensato di desiderarlo così ardentemente.
Posò una mano sulla mia guancia e l’accarezzò con il pollice.
Non avrei mai immaginato potesse essere così gentile in ogni sua carezza.
Quando schiuse le labbra e continuò a fissarmi con quella sua espressione assorta,pensai di non aver mai vissuto un momento così intenso in tutta la mia vita,seppur mi fossi spinta ben oltre.
Lo sentii ispirare profondamente,prima di notare un suo avvicinamento.
Puntò alle mie labbra ma non raggiunse mai la meta,poiché il rumore di una porta che sbatteva ci fece ritornare nel mondo reale.
Alzò lo sguardo in direzione della porta,fissandola come a volerla incenerire.
Pian piano la sua mano cessò di accarezzare il mio viso,così come il suo corpo abbandonò il mio.
Si riportò in posizione eretta nel preciso istante in cui Amy varcò la soglia del soggiorno.
“Eccovi!” salutò allegra,prima di mutare espressione una volta accortasi del mio stato.
I miei occhi rimasero incatenati alla sua figura.
In risposta,mi lanciò un occhiata furtiva prima di salire le scale senza neanche dire una parola.
Seguii ogni suo movimento,ed Amy fece lo stesso prima che uscisse dalla nostra visuale.
“Brutto momento?”domandò,posando la mia pochette sulla poltrona affianco al divano.
Mi presi il viso tra le mani e ispirai frustrata. “Pessimo..” mormorai.
“Cosa stava succedendo?” si sedette sulla poltrona di fronte a me,sporgendosi in mia direzione.
Feci scivolare le braccia lungo i fianchi,sfinita,prima di osservarla in volto.
Non sapevo il perché, ma desideravo che quel momento rimanesse un segreto tra noi due. Non volevo condividerlo con nessuno,forse perché non mi sarebbe piaciuto parlarne.
Se l’avessi fatto,molto probabilmente,sarei stata vittima di un attacco di schizofrenia.
“Niente.” sospirai quindi,seppur non mi sforzai di risultare credibile.
“Avete litigato come vostro solito?” ipotizzò con una smorfia.
“Esattamente.”
Mi guardò dubbiosa ma decise di far cadere l’argomento,prima di invitarmi a dormire con lei per quella notte.
Forse,con della buona compagnia,sarei riuscita ad addormentarmi senza vagare per casa come uno zombie.
 
Il mattino seguente me ne andai presto.
Lasciai a Amy un biglietto,in cui la ringraziavo per l’ospitalità.
In quel momento,avevo solo una gran voglia di ritornarmene a casa e chiudermi nella mia tana.
Avvertivo una malsana depressione addosso,che mi causava stanchezza e spossatezza.
La mia voglia di cimentarmi in qualche attività che comportasse uno sforzo,era pari a zero. Ma allo stesso tempo avevo anche paura a rimanere da sola poiché la mia testa non sarebbe riuscita a tollerare altri pensieri asfissianti.
Non appena varcai la soglia di casa,mi resi conto che non sarei riuscita a trovare pace in nessun posto.
Non mi andava di uscire e incontrare gente,ma tantomeno non avevo voglia di fare la solitaria.
L’unica cosa che avrei potuto fare sarebbe stata quella di dormire,e non mi avrebbe fatto tanto schifo come idea date le scarse ore in cui ero riuscita a prendere sonno.
Verso le cinque del mattino avevo avvertito dei rumori.
Prima pensai si trattasse semplicemente di Sven,ma quando avvertii una voce femminile capii che non fosse solo.
Il resto della nottata si svolse in modo confusionario,e io rimasi per tutto il tempo con gli occhi sbarrati e le orecchie tese per captare ogni minimo suono.
Date le urla stridule di quell’oca,mi sarebbe risultato ugualmente impossibile provare a riaddormentarmi.
E in quel momento,fissandomi attraverso lo specchio del soggiorno,le borse sotto gli occhi avevano quasi assunto un colorito violaceo.
Non mi sarei sorpresa se la gente avesse pensato che avessi fatto a botte con qualcuno. E,onestamente,avrei preferito confermare quella versione piuttosto che ammettere di essermi presa una sbronza, e aver passato tutta la notte sveglia ad ascoltare il ragazzo delle mie fantasie sessuali regalare orgasmi a una tettona urlante.
 
Impiegai il resto del mio tempo cercando di recuperare ore di sonno e pulire casa.
Se mi avesse visto mia madre,negli ultimi tempi,sarebbe stata fiera di me.
Per me,invece,quella era la prova che fossi caduta davvero in basso.
Ad un certo punto non ce la feci più e,con un urletto isterico,mi lasciai cadere sul divano con uno spazzolone in mano.
Raccattai il cellulare e scorsi i nomi in rubrica.
Dovevo smetterla di comportarmi come una zitella e fare qualcosa per rimediare,altrimenti il prossimo passo sarebbe stato quello di comprarmi un gatto,e poi un secondo,e un terzo..
Repressi il raccapricciante pensiero e pensai a chi chiamare per passare il mio tempo.
Dee era fuori discussione,con alte probabilità mi avrebbe assillata per capire che fine avessi fatto ieri sera,e poi mi avrebbe trascinata in giro per negozi.
Amy avrebbe cercato di investigare su ieri sera,non convinta che io e suo fratello avessimo litigato. E onestamente non avrei saputo che bugie inventarmi.
Trent mi avrebbe sicuramente fatto la paternale per il mio comportamento immaturo,e si sarebbe messo nei panni di psicologo.
In quel momento preferivo vivere nell’ignoto,quindi bocciai anche lui.
Sbuffai e ributtai il cellulare sul divano,prima di andare a indossare qualcosa di semplice e comodo.
Magari,quattro passi e un po’ di attività fisica,mi avrebbero fatto bene e sarei riuscita a schiarirmi la mente.
Indossai dei pantaloncini neri elasticizzati,abbinati a una canottiera dello stesso colore. Tirai su i capelli in una coda alta,indossai un paio di scarpe da ginnastica e raccattai il cellulare con le cuffiette.
Mi guardai allo specchio e sospirai rassegnata,capendo che non ci fosse modo di migliorare il mio aspetto in quella giornata.
Afferrai le chiavi di casa e uscii,dirigendomi con passo spedito fino a un parco poco distante da casa.
Ultimamente avrei dovuto dedicare più tempo a me invece che pensare in continuazione a quell’idiota,e quello era un modo per prendermi una pausa.
D’ora in poi niente pensieri,niente ragionamenti contorti e paranoie.
Avevo capito che pensare troppo a una cosa,faceva solo aumentare la paura.
Quello che avrei dovuto fare sarebbe stato agire d’impulso,buttarmi a capo fitto in qualcosa senza aver paura di finire sfracellata contro il suolo.
Iniziai a correre con andatura moderata,mentre ascoltavo la canzone ‘Make me wanna die’ di The Pretty Reckless. Mi dava carica e trasmetteva grinta.
Quello che a me serviva in quel momento.
Aumentai l’andatura e svoltai a destra in un sentiero,superai correndo un gruppetto di ragazzi intenti a chiacchierare,e ripresi per la mia strada.
Avvertii una voce in lontananza gridare,ma non me ne curai.
Mi fermai solo quando mi sentii afferrare per un polso,ritrovandomi poi di fronte Jay che si reggeva alle ginocchia respirando pesantemente.
Non mi ero accorta che mi stesse seguendo,in realtà non mi ero proprio accorta della sua presenza.
“Ehi.” salutai,ma suonò più come una domanda data la stranezza di quell’evento.
Alzò l’indice in mia direzione,come a dire ‘dammi un minuto ‘,continuando a respirare per qualche altro secondo.
“Credo di aver perso un polmone per strada.” fece poi,guardandosi attorno.
“Pensavo fossi più atletico di così.” lo presi in giro.
“Tu che ci fai qua?” chiese,dopo avermi lanciato un’occhiataccia divertita.
“Tu cosa pensi stia facendo?” feci,indicando il mio abbigliamento.
Mi scrutò da testa a piedi,prima di aprirsi in un sorriso strano.
“Aspetti che qualcuno ti salti addosso dopo essersi stufato di limitarsi a osservarti bollente e grondante di sudore?” ridacchiò.
Se avessi avuto qualcosa a portata di mano,in quel preciso istante gliel’avrei lanciata in testa. Forse,per lo meno,diventava intelligente.
Simulai una finta risata,prima di dirigermi verso una panchina e lasciarmi cadere su di essa.
Lui mi seguì e si sedette al mio fianco,fissandomi con un sorriso.
“Scherzavo.” disse.
Gli rivolsi un sorriso e poi reclinai il capo all’indietro,chiudendo gli occhi per rilassarmi.
“Puoi anche dirlo che ho le stesse sembianze di un maiale appena uscito dalla sauna.”
Rise,prima di imitarmi e mettersi nella mia stessa posizione.
“In realtà non è quella la visione che ho avuto di te..”
Aprii gli occhi e reclinai la testa di lato,fissandolo.
“Ah no? E quale sarebbe stata?” chiesi interessata.
Lo vidi sorridere con gli occhi chiusi,senza accorgersi del fatto che io lo stessi fissando.
“Non credo ti piacerebbe saperlo.”
“Se fai l’enigmatico mi viene solo più voglia di saperlo,invece.” sbuffai.
Sospirò e aprii gli occhi,fissando la mia espressione imbronciata.
Capii che si stesse trattenendo dal ridere,e apprezzai lo sforzo.
Mi scrutò per qualche istante,prima di concedersi un mezzo sorriso e rispondermi.
“In realtà,ho avuto la visione di te in almeno dieci posizioni diverse. E ti posso giurare che in nessuna di queste avevi lo stesso aspetto di un maiale sudaticcio.”
Spalancai gli occhi e rimasi a bocca aperta,presa alla sprovvista dalla sua rivelazione.
Mai mi sarei aspettata una cosa simile da lui,dopotutto era Jay.. oh mio dio!
Mi misi a ridere senza un vero motivo,sicuramente non poteva ritenersi una delle reazione più ordinarie dopo una frase del genere.
Risi fino ad avere le lacrime agli occhi,mentre lui mi guardava come si fa con una pazza che sta dando di matto.
“Sicuramente posso affermare di te che tu sia diversa dalle ragazze comuni, con questa tua reazione..” sorrise,seppur leggermente perplesso.
“Scusami..” feci,cercando di trattenere un ulteriore risata.
“Sarebbe una reazione normale solo se..” lasciò appositamente la frase in sospeso per provocare in me curiosità.
“Se?” lo esortai.
“Se fossi una ragazza che reprime da troppo tempo i suoi istinti sessuali e non concepisca nemmeno più il fatto che a un ragazzo possa interessare portarsela a letto.”
Sorvolai sulla sua dichiarazione esplicita di voler venire a letto con me,concentrandomi su una frase che,negli ultimi tempi,mi veniva ripetuta spesso.
Stava cominciando ad essere un colpo basso per la mia autostima.
Ritornai improvvisamente seria e lui se ne accorse,accigliandosi con espressione confusa.
Scossi la testa. “Non sei il primo che me lo dice..”
Mi guardò come a volermi chiedere tacitamente un maggior chiarimento,e io gli risposi. “Sven.” precisai.
Il suo viso si illuminò comprensivo e sorrise,reclinando ancora una volta la testa all’ indietro.
“Beh..detto da lui non conta. Per Sven è sempre tutto troppo poco,in confronto a quanto fa lui.” disse.
Ci pensai su,ed effettivamente aveva la sua ragione quella risposta.
L’opinione di Sven era superflua,dato che era abituato a stare con almeno tre ragazze diverse ogni giorno.
Quel discorso,in ogni caso,era davvero pesante da sostenere per me.
Non c’era più bisogno che fossero gli altri a farmelo intendere,ci arrivavo benissimo da sola al fatto che fossi una ragazza frustrata che probabilmente sarebbe rimasta una zitella sola e circondata da gatti,che tra l’altro detestava.
Guardai l’ora sul cellulare,e mi accorsi che si fosse fatto tardi.
Mi alzai dalla panchina e mi guardai attorno.
Anche i bambini che avevo visto precedentemente giocare e correre da tutte le parti,stavano cominciando a dissolversi.
“Devo tornare a casa.” dissi a Jay,con l’intento di salutarlo e porre fine a quella conversazione.
Si alzò dalla panchina e mi guardò. “Ti accompagno.”
“Sei sicuro? Magari tu sei una persona impegnata,al mio confronto.”
Rise,prima di scuotere la testa e farmi cenno di fargli strada.
Camminammo verso casa mia parlando di argomenti più leggeri,senza capitare nuovamente in punti critici e che avrebbero potuto nuocere alla mia persona.
Era piacevole parlare con lui,la tensione si era affievolita e ora mi risultava naturale dialogarci.
Arrivammo davanti alla mia porta e lui salii i due scalini che ci separavano per salutarmi.
Lo fissai e un’idea malsana si fece spazio in me,ed era risaputo che non sarei riuscita a metterla a tacere tanto facilmente. E soprattutto non ne avevo nessuna voglia.
Presi un respiro profondo e decisi di lasciarmi andare.
Mi avvicinai a lui e lo fissai in cerca di un’ultima conferma per ciò che avevo intenzione di fare.
“Sai una cosa?” gli chiesi,guadagnandomi la sua completa attenzione.
Mi guardò incuriosito,spingendomi a continuare.
“Hai ragione sui miei istinti sessuali ‘repressi’..” mimai le virgolette “e ce l’ha anche Sven.” il solo pronunciare il suo nome mi causò un ondata di rabbia,e aumentò la mia motivazione.
“E con questo cosa vorresti dire?” ridacchiò.
Lo guardai per qualche altro istante,prima di mandare già il groppo in gola e decidermi a prendere in mano la situazione.
“Che dovrei lasciarmi andare.”
Gli appoggiai una mano sulla nuca e lo spinsi verso di me,eliminando così le distanze tra i nostri corpi.
Come pensai,non si ritrasse e,dopo un momento di smarrimento,ricambiò il bacio.
Mi staccai solo per cercare le chiavi di casa e aprire la porta,la stessa contro la quale mi sbatté per riprendere a baciarmi.
Ce la chiudemmo alle spalle con qualche difficoltà,prima di crollare sul divano,essendo il più vicino.
Spensi la mente e non mi fermai a riflettere su cosa stessi facendo.
Tanto,merda per merda,tanto valeva  fare qualche cazzata per migliorarmi la vita.


Eccoci qua con un nuovo capitolo, le cose cominciano a farsi bollenti!
La nostra piccola Sam si è messa di nuovo nei casini..chissà come la prenderà Sven la notizia di uno dei suoi migliori amici a letto con..con chi? Dopotutto Sam dovrebbe essere meno di zero no?
Peccato che non creda neanche lui alle sue stesse cazzate.
Continuate a seguirmi per vedere insieme cosa succederà.
Un grazia a chi lo fa già, tanti baci!
Xoxo. Heartless.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8. ***


“Dov’è lo scolapasta?” sentii urlare a Jay dalla cucina.
“Nella prima anta, al lato destro dei fornelli.” risposi con altrettanto tono di voce.
In quel momento,mentre lui era in cucina a vagare in boxer,io ero sdraiata sul divano con indosso solo la biancheria intima.
Guardavo il soffitto e continuavo a darmi dell’idiota ad intermittenza,fino a quando non me ne fossi convinta definitivamente.
Che cosa diamine avevo combinato? Forse,in certi casi,era meglio se me ne rimanevo in casa a marcire come una persona senza vita sociale,invece che uscire e combinare guai.
Ah ma la colpa era anche sua,dopotutto avrebbe potuto decidere di starmi lontano e di non contribuire a rendere la mia vita ancora più asfissiante.
Se se ne fosse andato prima che la mia mente registrasse un’idea tanto controproducente,tutto questo non sarebbe successo..
Ok,ero ridicola e non avevo più problemi a dirmelo da sola!
Era in questi momenti,in cui cominciavo a dare la colpa agli altri per il mio comportamento da squilibrata mentale,che capivo di essere arrivata alla deriva.
Scossi la testa e lo raggiunsi in cucina e,non appena il mio sguardo si posò sul suo culo sodo,svanì ogni tipo di pentimento.
Inclinai la testa e lo osservai meglio,non accorgendomi che intanto lui si fosse leggermente girato e mi avesse beccata in pieno.
Rise e io lo insultai,lanciandogli poi addosso uno strofinaccio per farlo tacere.
Mi buttai sul piatto di pasta che mi mise davanti agli occhi,assaporandola per verificare se potesse nuocere al mio intestino.
“Buona.” ammisi,prima di prendere grosse forchettate e abbuffarmi con tutta la finezza che poteva derivarne.
“Lo vedo.” commentò in riferimento alla mia foga di mangiare,ricevendo in risposta un dito medio in segno di vaffanculo.
Non mi ero accorta dello spazio temporale che aveva occupato il momento in cui eravamo entrambi sdraiati sul divano,a quando aveva deciso di cucinare per cenare insieme. Non avevo idea di come fossimo arrivati a quel punto.
Gli lanciai un occhiata eloquente e mi schiarii la voce,ma non servì parlare dal momento in cui lui mi precedette.
“Sì sì lo so,è stata una un fatto occasionale che non prevede nessun legame forzato.
Ne sono consapevole e mi va più che bene.” glissò il discorso con un movimento della mano,mentre prendeva un sorso dalla sua bottiglia di birra.
Lo guardai con occhi luccicanti,sinceramente colpita dal fatto che avesse capito senza che io avessi dovuto sforzarmi. Non ero mai stata abile con le parole.
“Sai..credo che in una prossima vita noi due potremmo essere anime gemelle.” dissi.
“Allora ti tengo il posto prenotato.” mi fece l’occhiolino,continuando a mangiare.
Feci per replicare ma il campanello di casa trillò,facendomi emettere delle imprecazioni sicuramente degne dell’aggettivo femminilità.
Mi pulii le mani con il tovagliolo e,dopo aver dato un ultimo boccone alla pasta,mi alzai per andare a vedere chi diamine fosse.
Un giorno di questi avrei dovuto decidermi a manomettere quel dannato campanello.
Guardai dallo spioncino per accertarmi di chi fosse,per evitare di apparire davanti ai suoi occhi in mutande se non si fosse trattato di Trent,Amy,o Dee.
Quando me ne accertai,la pasta che stavo masticando mi andò di traverso,facendomi tossire e sprecare ossigeno.
Mi girai allarmata in direzione della cucina,prima di pensare a urlare a Jay di mettersi qualcosa addosso.
Mi fermai solo quando mi resi conto che avrebbe potuto sentirmi.
Corsi in cucina e gli tolsi la birra di mano,riappoggiandola seccamente sul tavolo.
“È Sven.” lo avvisai sussurrando.
“E allora?” chiese con espressione accigliata,come se non ci fosse nulla di strano il fatto che fosse in casa mia in boxer.
Ma sì,dopotutto sarebbe stata credibile la scusa che un cane gli avesse mangiato i vestiti.
“E allora ti farebbe così schifo metterti qualcosa addosso?!” sbraitai,cercando comunque di assumere un tono di voce non troppo elevato.
Sbuffò e recuperò i suoi vestiti in soggiorno,prima di andarli ad indossare in cucina,lontano dalla porta di ingresso.
Feci la stessa cosa e,in fretta e furia,indossai i pantaloncini e la canottiera.
Non mi curai neanche di guardarmi allo specchio e spalancai la porta di casa,sistemandomi poi una ciocca di capelli dietro l’orecchio quando sfuggì dalla mia coda disordinata.
Mi sentii subito il suo sguardo addosso,concentrato nell’esaminare il mio corpo.
“Che ci fai qui?” chiesi seccamente,battendo ritmicamente un piede sul pavimento in attesa del momento in cui se ne sarebbe andato.
Il fatto che mi fosse davanti agli occhi per dieci secondi accennati,già bastava per far attivare il mio sistema nervoso.
Perché doveva essere così fottutamente perfetto in tutte le ore del giorno?
“Posso entrare o devo aspettare che il tuo cervello cominci ad ingranare per darmi il consenso per farlo?” ribatté scorbutico,prima di superarmi ed entrare in casa senza aspettare una risposta da parte mia.
“Ma certo tesoro,cosa fai ancora sulla porta? Entra in casa,non ti fare problemi.” parlai sarcastica in direzione dello spazio vuoto lasciato da lui,gesticolando.
Sbuffai e mi chiusi la porta alle spalle.
In quel preciso istante,prima che lui potesse aprire bocca,Jay fece il suo ingresso in soggiorno.
Non sarebbe stata una cattiva idea se se ne fosse rimasto nascosto in cucina,ma ovviamente la vita mi sorrideva ancora una volta.
Molto probabilmente ironicamente,per prendermi ancora un po’ per il culo.
Sven si accorse della sua presenza e si girò in sua direzione,accigliandosi non appena lo riconobbe.
“E tu che cazzo ci fai qui?” chiese con finezza.
Vidi Jay in difficoltà,per questo mi affrettai ad intervenire prima che sparasse qualche stronzata di natura idiota.
“Piuttosto tu che ci fai qui?” feci rivolta verso Sven,puntandogli un dito contro.
Riportò la sua attenzione su di me,guardandomi in modo irritante.
“Mi stupisce questo tuo lato amorevole..” fece,con un sorrisino ironico stampato in faccia “Soprattutto dopo che la sera prima ti ho tenuto i capelli mentre rimettevi l’anima.” continuò brusco,perdendo la sua precedente ilarità e fissandomi come se volesse incenerirmi con lo sguardo.
Se proprio ci teneva a ricordare insieme gli avvenimenti della sera precedente,sarei stata più che felice di condividere con lui i miei pensieri in merito.
Sarei potuta partire dal fatto che mi avesse fatto fare una figura di merda,o dal bacio mancato,o dall’ingresso di Amy sul più bello,o magari.. saltare queste piccolezze e arrivare alla parte in cui non ho chiuso occhio a causa dei rumori molesti provocati da lui nella stanza accanto.
Prima che potessi inviperirmi e dire cose di cui mi sarei potuta pentire,glissò l’argomento con un movimento della mano e una smorfia di incuranza.
“Sono venuto perché Amy mi ha rotto il cazzo con la stupida idea di voler organizzare un campeggio. Quindi domani mattina partiremo tutti quanti allegramente per un emozionante gita in compagnia.” fece ironico,strofinandosi le mani tra di loro prima di guardare sia me che Jay.
“E non avrebbe potuto chiamarmi lei stessa per dirmelo?” chiesi sospetta.
Quando sorrise,ebbi l’impressione che avesse aspettato quel momento dal preciso istante in cui aveva varcato la soglia e aveva successivamente riconosciuto la figura di Jay.
“Oh, ma l’ha fatto..” sorrise enigmatico,prima di lanciare un'altra occhiata in direzione di Jay. Se ne stava in disparte per i fatti suoi senza spiaccicare parola.
Mossa geniale per non destare ulteriori sospetti.
“Solo che non hai risposto.” rivolse nuovamente a me la sua attenzione,inarcando un sopracciglio eloquentemente.
Andai a recuperare il cellulare, sicura che fosse lui quello a essersi sbagliato,ma quando sbloccai lo schermo mi ritrovai tre chiamate perse da parte di Amy. Cazzo.
Presi a boccheggiare mentre ancora fissavo lo schermo incredula.
“E..non sarebbe potuta venire lei a dirmelo?” provai ancora a difendermi,cercando vanamente di cambiare discorso.
Ancora non mi era chiaro il perché lo stessi facendo,dopotutto sarebbe dovuto essere felice anche lui se avesse saputo che avessi trovato l’occasione per sfogare i miei istinti sessuali repressi.
“Spero che tu stia scherzando.” fece con espressione oltraggiata  “Aveva appena messo in posa lo smalto.” si mise una mano sul cuore,ripetendo sicuramente le testuali parole usate da sua sorella.
Rimasi a fissarlo inebetita,non sapendo cos’altro controbattere per eclissare il discorso.
“E, molto probabilmente, sarebbe capace di raggiungerci per verificare se ci siamo uccisi a vicenda o meno.” continuò lui al posto mio,togliendomi ancora una volta d’impiccio.
Feci per salutarlo e invitarlo gentilmente a levarsi di torno,ma lui tornò a catalizzare la sua attenzione sul suo amico.
Lo fissò seriamente per qualche istante,prima di far comparire sulla faccia il suo solito irritante sorrisetto sghembo.
Si avvicinò a lui mettendogli un braccio attorno alle spalle e avvicinandolo con la forza.
“Jay,amico mio,ti va un bicchierino insieme?” batté due pacche sul petto di Jay,che vidi irrigidirsi.
Allora non solo a me,quella domanda era parsa di più come una proposta di farsi accompagnare alle porte dell’inferno.
Jay rimase per qualche istante indeciso senza sapere cosa fare,prima che ebbi l’impressione gli fosse venuta un’idea.
Guardò l’orologio che portava al polso,prima di sorridere e allontanarsi da Sven.
“Mi dispiace amico,ma ora devo rientrare..” fece,poi si rivolse a me “Il mio coinquilino deve essere tornato da lavoro a quest’ora,quindi finalmente posso far ritorno a casa.” mi lanciò uno sguardo eloquente,invitandomi a stare al gioco.
Lo accompagnai alla porta e sorrisi mentre l’aprivo per farlo uscire.
“Certo,e la prossima volta cerca di non dimenticarti le chiavi di casa.” ridacchiai fintamente.
Sorrise e mi lasciò un bacio sulla guancia,prima di riservare un cenno a Sven e uscire di casa.
Mi chiusi la porta alle spalle e sospirai senza farmi vedere da lui.
“Quand’è che lo imiti e te ne vai?” gli chiesi senza guardarlo,mentre intanto riponevo nel lavello della cucina i piatti ormai vuoti.
“Quand’è che smaltisci l’acido corrosivo che hai in corpo?” fece seguendomi.
Lasciai perdere i piatti e mi asciugai le mani con lo strofinaccio,prima di girarmi in sua direzione e appoggiarmi con la schiena al ripiano della cucina.
“Con te dubito si possa esaurire.” incrociai le braccia al petto risoluta.
Mi scrutò in silenzio,prima di fare un passo avanti e sorridere inquietantemente.
Se avessi potuto indietreggiare,l’avrei fatto.
Ma, ovviamente, mi cacciavo sempre in punti tragici per una via di fuga.
 “Non smetti mai di essere così sessualmente frustrata?” si sporse in avanti e appoggiò le sue mani sul piano cucina dietro di me,a lato del mio corpo.
La prima cosa che mi sarebbe venuta in mente per rispondergli,sarebbe stata quella di fargli capire che fosse colpa sua.
Ma non me la sentii di ingigantire il suo ego e di conferirgli un potere più grande di quello che già avesse su di me.
Mi concentrai piuttosto sulle sue labbra,increspate in quel suo odioso sorrisetto divertito.
Non mi ci sarebbe voluto molto per avvicinarmi e sfiorarle,ma rimasi ferma sul posto con tutta la buona volontà che avevo in corpo.
Non era mia intenzione ridicolizzarmi,e l’avrei fatto se solo mi fossi avvicinata e lui mi avrebbe rifiutata senza pensarci due volte.
“E tu non la smetti mai di essere così molesto?” chiesi con un filo di voce,facendogli notare la minima distanza tra i nostri corpi.
Mi stava privando del mio spazio vitale.
“Molesto..” ripeté tra sé,prima di sfiorarmi i fianchi con le mani,imprigionandomi maggiormente in quella morsa terribilmente deliziosa.
“Se sono così molesto allora allontanami.” mi provocò.
La sera prima molto probabilmente mi sarei buttata tra le sue braccia e poi mi sarei chiusa in bagno a insultarmi allo specchio,ma non quella volta.
Strinsi i pugni,prima di appoggiare le mani sul suo petto e allontanarlo.
Quel contatto servì solo a farmi aumentare la voglia di toccarlo nuovamente,per questo fu ancora più esasperante quando non mi ritrovai più il suo corpo addosso al mio.
“Sono ammirato.” fece sorpreso,in riferimento alla mia capacità di allontanarlo.
Se solo sapesse con quale forza l’avessi fatto..
“Ripeto: quand’è che te ne vai?”
Fece per rispondere,ma il suo cellulare prese a squillare,interrompendo quel momento.
Speravo fosse una delle sue ammiratrici che gli diceva di essere rimasta incinta e gli chiedeva di assumersi le proprie responsabilità di padre,per lo meno sarebbe stato divertente che qualcosa andasse storto anche a lui.
Perché, insomma, la sua vita non poteva andare così bene!
Non lo ascoltai realmente quando prese a parlare,e mi limitai a fare finta che non esistesse,mettendo a posto la lavastoviglie.
“Ok.. ti ho detto che va bene. Tanto trovo sia inutile provare a contestare, giusto? Ovviamente.. Oh si,sarà una gioia immensa senza alcuna ombra di dubbio. Sì..ciao.” avvertii solo quella parte della conversazione,che non servì a farmi intendere molto.
L’unica cosa che riuscii a capire,dopo che ebbe riattaccato,fu solo che fosse riuscito a metterlo di cattivo umore.
Si passò una mano tra i capelli e sbuffò,prima di rimettersi il cellulare in tasca e fissarmi gelidamente.
Sembrava essere una persona totalmente differente dal coglione di poco prima.
“Ci si vede domani.” disse soltanto,prima di girare i tacchi e uscire di casa,sbattendo la porta.
O era successo qualcosa di a me ignoto,o soffriva di bipolarismo.
Era quasi più realistica la seconda opzione,piuttosto che supporre che qualcosa gli fosse andato storto.
Perché era risaputo,a lui andava sempre tutto per il verso giusto.
 
“Sveglia dormigliona! Gli uccelli cinguettano,il sole è alto nel cielo e la tua vita sta andando lentamente in nessun posto!”
Mi sentii sfilare le coperte di dosso,ma rimasi con gli occhi chiusi in modo da appigliarmi ancor alla speranza che fosse ancora un incubo.
Quando però aprì le tende e tirò su la tapparella,i raggi del sole mi colpirono il viso.
Socchiusi gli occhi e riconobbi la figura di Trent intenta a raccogliere un mio calzino da terra per esaminarlo.
E lui come diavolo era entrato?!
“Ok,come hai fatto?” chiesi con voce impastata dal sonno,appoggiandomi con la schiena alla tastiera del letto.
Non mi stupivo più di niente,se si trattava di lui e della sua mente stravagante.
Tirò fuori un mazzo di chiavi dalla tasca del pantalone e prese in mano quella corrispondente alla mia porta.
“Mi sono fatto una copia una settimana fa.” fece spallucce.
Mi schiaffai una mano in fronte,mugugnando frasi di protesta.
“Ricordami di cambiare la serratura..” borbottai.
“Anche se lo facessi,riuscirei a procurarmi la chiave anche di quella.” ammiccò,prima di aprire il mio armadio e frugare al suo interno.
“Cosa stai facendo?” chiesi.
Mi alzai dal letto e gli andai in contro con passi incerti.
“Non dirmi che ti sei dimenticata che oggi si va in campeggio! Pensavo che Amy avesse trovato il modo di avvisarti ieri sera..” blaterò,con la testa infilata dentro l’armadio alla ricerca di qualcosa a me ignoto.
“E tu come fai a sapere che..aspetta,tu eri con Amy?!” chiesi,quando il dubbio si insinuò nella mia mente. “Perché tu eri con Amy?” domandai ancora,senza attendere che rispondesse per gradi.
Lanciò sul letto un leggings e una maglietta aderente nera.
“Metti anche questo.” mi posò sulla testa un maglioncino color panna,prima di andare a raccattare la mia borsa per metterci dentro il necessario per la mia sopravvivenza.
In un altro momento gli avrei manifestato quanto amore provassi per lui,ma ora la mia curiosità andava oltre stupide lodi.
“Trent.” lo richiamai autoritaria.
Non mi ascoltò ancora una volta,quindi dovetti avvicinarmi a lui e sfilargli la borsa di mano affinché mi fissasse.
“Perché eri con Amy?” ripetei,piatta.
Mi fissò per qualche istante,prima di sbuffare e passarsi nervosamente una mano nei capelli.
“Non lo so.. è piacevole stare con lei,credo mi.. piaccia” fece con una smorfia,grattandosi la nuca leggermente imbarazzato.
L’espressione dura che avevo assunto pochi attimi prima,si dissolse nell’aria.
Venne rimpiazzata da occhi lucenti,aria commossa e un sorriso inquietante.
Dov’era finito il mio amico spezza cuori? E chi era questo magnifico ragazzo imbarazzato e terribilmente tenero?
Mi costrinsi di non mettermi a piangere e gli saltai al collo,appendendomi con tutte le mie forze.
In un primo momento rimase interdetto,ma poi si affrettò a stringermi per sollevarmi.
“Sono felice! Siete bellissimi insieme,quindi cerca di darti da fare!” gli lasciai un bacio sulla guancia e poi ritoccai terra con i piedi.
Mi aiutò a prepararmi e a portare con me tutto il necessario,prima di montare in macchina e raggiungere gli altri.
 
Il tragitto verso un posto a me sconosciuto durò un’ora,e trascorse in compagnia di Trent alla guida,Amy al suo fianco, e me nel sedile posteriore.
In realtà non ascoltai molto,anche se ero più che sicura avessero parlato per quasi tutta la durata del viaggio.
Le mie orecchie si drizzarono automaticamente quando sentii pronunciare il nome di Sven.
“Questa notte non ho idea di che circolo vizioso fosse stato messo su in casa mia, so solo che c’era troppo caos per i miei gusti. Troppe voci stridule e fastidiose,per non parlare..”
Mi infilai rapidamente le cuffiette della musica e alzai il volume al massimo,decidendo di non ascoltare una parola in più.
Ero stanca di sentire storielle su ragazze che ottenevano da lui quello che io non sarei mai riuscita ad aspirare.
Dovevo ancora capire perché con me non volesse farlo,dopotutto ci saremmo sfogati entrambi.
Io ero attratta da lui,e lui lo era di me..o almeno speravo.
Scossi la testa e mi imposi di non pensarci,mentre intanto Trent parcheggiava in mezzo alla radura.
Prima di noi erano già parcheggiate due macchine,che riconobbi come quelle di Sven e di Trey.
Scendemmo dalla macchina e Trent si affrettò a recuperare dal cofano un immenso telo e due confezioni di birra.
Trey montò su una tenda,che sarebbe servita come camerino,mentre Amy e Dee cominciarono a tirare fuori ceste piene di panini e altre cose varie da me non identificabili.
Io rimasi ferma come uno stoccafisso,fino a quando non incrociai lo sguardo di Jay.
Mi fissò per qualche istante,prima di avvicinarsi a me e appoggiarsi sulla macchina al mio fianco.
“Com’è andata a finire ieri sera?” domandò,con lo sguardo fisso sui ragazzi che si davano da fare.
“Nulla di diverso dal solito..qualche frecciatina, e poi se n’è andato dopo essersi incazzato,probabilmente per una chiamata ricevuta.”
Jay si accigliò e si girò in mia direzione con espressione confusa.
“Una chiamata?”
“Sì,una chiamata.” precisai.
“Brutto segno..” commentò,molto probabilmente più rivolto a se stesso che a me.
“Quando solitamente si incazza è sempre per un motivo: i suoi genitori. Credo tu sappia che occupino una posizione di prestigio,di conseguenza spesso ci sono delle responsabilità anche sulle sue spalle,essendo l’unico figlio maschio che un giorno potrebbe portare avanti l’attività del padre. Per lui non è facile..soprattutto perché il suo rapporto con il padre non è dei più eccelsi.”
Lo ascoltai interessata,rimanendo stupita da quella rivelazione.
Allora anche un tipo perfetto come lui,aveva qualche problema..
“Jay!” si sentì chiamare,e quando ci girammo in direzione della voce ci accorgemmo si trattasse proprio di Sven.
Jay sospirò,prima di rivolgermi un sorriso e andargli incontro.
Vidi Sven fissarmi per qualche attimo,prima di iniziare a camminare inoltrandosi nel bosco senza neanche aspettarlo.
Distolsi lo sguardo e andai incontro alle ragazze,chiedendo loro se avessero bisogno di aiuto.
“Se potessi andare a chiamare i ragazzi mi faresti un favore,così almeno iniziamo a mangiare.” fece Dee.
Annuii e mi diressi verso Trey e Gaz,prima di guardarmi attorno e accorgermi che quei due non fossero ancora ritornati.
Sbuffai e mi inoltrai nel bosco per andarli a cercare.
In mezzo a tutta quella natura incontaminata non mi sentivo propriamente a mio agio,per non parlare della paura che avevo nel pensare che una bestiaccia sarebbe potuta finirmi addosso in qualsiasi momento.
Schifosi insetti..stupide foglie..
Non me la sentii di proseguire,così mi misi ad urlare per attirare la loro attenzione.
“Ragazzi venite, si mangia!” gridai sgolandomi.
Passò qualche istante,prima che sentissi la voce di Jay in risposta.
“Arriviamo!” 
Aspettai che mi raggiungessero,prima di ritornare dagli altri.
Vidi Jay sbucare in lontananza da dietro un albero,mentre Sven sbucò al mio fianco.
Mi guardò ma non disse una parola,e la cosa non mi dispiacque poi così tanto.
Jay ci raggiunse e mi appoggiò un braccio intorno alle spalle,mentre cominciammo a camminare diretti verso lo spezzone di prato che avevamo occupato.
Mi sentii scuotere la colonna vertebrale da un brivido profondo,e la nuca mi solleticò leggermente. Mi sentivo osservata,e non ci voleva un genio per capire chi fosse a mettermi così in soggezione.
In quel momento mi sarei volentieri girata per cavargli gli occhi con un rametto,ma decisi forzatamente di ignorarlo.
“Eccovi finalmente!” fece Dee,quando arrivammo davanti a loro.
Ci sedemmo sul grande telo,cominciando poi a mangiare quanto Dee aveva preparato. In quel gruppo,forse,lei era l’unica ad essere abile ai fornelli.
Io lo ero solo quando ne avevo voglia o mi impegnavo,il che succedeva raramente.
Vivevo di prodotti surgelati.
Cominciarono a chiacchierare tra di loro,ma io non li degnai di poi tanta attenzione.
In quei giorni non avevo voglia di sentire nessuno,né tantomeno di riempirmi la testa di cose superflue dato il minimo spazio rimasto al suo interno.
Presi quindi a concentrare la mia attenzione su una coccinella che mi stava passando vicino alla gamba.
Si diceva che portassero fortuna se ti venivano vicino,ma ovviamente mi si allontanò nel giro di pochi secondi,venendo poi schiacciata dalla cesta che Sven aveva rimesso al proprio posto.
Come già detto in precedenza,era sempre lui la causa della mia rovina!
Lo guardai e sbuffai silenziosamente,ma quel gesto attirò comunque l’attenzione di Amy.
“Sam Jackson taciturna? La fine del mondo deve essere vicina.” ironizzò,causando una risata generale. Solo Sven non rise,non prestando neanche attenzione all’argomento dato il suo completo interesse rivolto al cellulare.
Avrei tanto voluto capire anche io cosa ci fosse di così importante al suo interno.
“Se iniziassi a parlare poi verrei pregata di stare zitta.” diedi un morso al panino e masticai lentamente,mentre lo guardavo con la coda dell’occhio.
Rimanevo in silenzio solo per paura che il nervoso mi avrebbe fatto parlare più del dovuto,e dovevo ammettere che fosse uno sforzo non indifferente.
Invece  a lui risultava semplice come un bicchier d’acqua ignorarmi.
Forse persi troppo tempo a fissarlo,tanto da non accorgermi neanche che Jay avesse preso in mano un tubetto di maionese e me lo avesse premuto sulla scollatura della maglietta. Ero ricoperta di maionese!
Lo guardai con espressione oltraggiata,mentre quel coglione di Gaz si lasciava andare a uno dei suoi soliti commenti idioti: “Sembra che le hai appena sborrato addosso.” rise lo scemo. Lo fulminai con lo sguardo,ma sembrai non essere l’unica a farlo.
Non potevo crederci, mister-sono fuori dal mondo- aveva ripreso vita e staccato gli occhi da quel maledetto aggeggio elettronico?!
Jay mi rifilò una leggera gomitata e mi girai in sua direzione.
Mi rivolse uno sguardo eloquente a seguire con una smorfia,e solo in quel momento mi ricordai di quanto successo effettivamente la sera prima..Che imbarazzo.
Cercai di trattenermi dal ridere ma non ce la feci,e lui mi seguì.
Perfetto,ottimo metodo Sam per non attirare l’attenzione e non destare sospetti!
Riportai lo sguardo sul posto occupato da Sven,trovandolo però vuoto.
Quando diamine si era mosso e dove si era cacciato?
Oddio,cominciavo a diventare l’ansia fatta persona..
“Vado a ripulirmi da questo schifo.” feci,indicando la macchia di maionese sul petto.
Mi alzai ed evasi dagli sguardi interrogativi degli altri,lasciando Jay ad affrontargli da solo. Era uomo,se la sarebbe cavata.
Ero più che sicura di aver avvistato un piccolo fiumiciattolo quando ci siamo inoltrati nel bosco,con un po’ di fortuna sarei riuscita a ritrovarlo.
Con mia immensa felicità mi inoltrai nuovamente in mezzo alla radura incontaminata,popolata da insetti di vario genere e tipologia,e animali dalle dubbie provenienze.
Vagai per un po’ senza sapere precisamente dove stessi andando,fino a quando non riconobbi uno spazio più aperto e avvertii il fruscio dell’acqua.
Quasi saltellai di felicità,pensando che Dora l’esploratrice fosse nulla al mio confronto!
Feci per avvicinarmi,ma mi fermai quando riconobbi una figura seduta sul prato vicino alla riva.
Guardando meglio,mi accorsi che si trattasse di Sven.
Cosa faceva là da solo come un depresso?
“Guarda che ti ho vista.” disse,con lo sguardo rivolto verso l’acqua che scorreva.
Aveva doti da sensitivo o robe simili per caso? Perché cominciavo a preoccuparmi.
Sospirai e uscii dal mio ‘nascondiglio’, sempre se lo si poteva chiamare così.
Gli andai vicino e mi inginocchiai ai piedi del fiume,raccogliendo un po’ d’acqua tra le mani per darmi una sciacquata al petto. Era congelata!
Mi sentii il suo sguardo addosso,a scrutare ogni mio movimento.
Quando ebbi terminato mi girai per guardarlo come lui stava facendo con me.
“Che ci fai qua?”  chiesi fingendo disinteresse.
In risposta distolse lo sguardo e si alzò da terra,pulendosi poi i pantaloni sporchi di terriccio.
Non si degnò di rispondere e,guardando ancora una volta il cellulare,fece per allontanarsi.
Quello era un buon motivo per incazzarsi? No perché avevo una voglia matta di farlo e quella mi sembrava una buona opportunità.
“Solitamente quando uno ti fa una domanda,è buona educazione rispondere. Si può sapere cosa ti hanno insegnato i tuoi genitori nella vita?!” sbottai.
Lui si girò di scatto e mi fissò furente,forse Jay aveva ragione: i suoi genitori erano un punto delicato.
“Da quando ti interessa fare conversazione con me?” inarcò un sopracciglio.
Sbuffai esasperata “Comincio a rendermi conto di quanto tu mi faccia girare i coglioni ogni giorno di più..” bofonchiai.
Lo sentii imprecare a bassa voce,prima di venirmi nuovamente vicino e sedersi a terra.
Batté una mano vicino a lui,invitandomi a sedermi “Andiamo,dato che sei così predisposta,facciamo pure conversazione.”
Lo guardai scetticamente ma mi sedetti ugualmente al suo fianco,appoggiandomi con i gomiti sulle ginocchia.
“Spara.” magari potessi farlo ..”Di cosa vorresti parlare?” si rivolse a me con tono sarcastico e burbero.
Se non cambiava modalità di linguaggio e comportamento,dubitavo che saremmo riusciti a prendere una strada diversa da quella solita.
Inoltre,quell’enorme sasso a pochi metri da me sembrava davvero perfetto per provocare un trauma cranico.
“Non so di cosa voglio parlare!” risposi sbuffando.
“Ah, non lo sai?” si girò verso di me ed inarcò un sopracciglio,prima di annuire impercettibilmente e aprirsi in un leggero sorriso. Non era per niente rassicurante.
“Allora inizio io,che ne dici?”
Non aspettò una mia risposta,che continuò “Quanto è accettabile a letto Jay,in una scala da uno a dieci?”
Sgranai gli occhi e il mio cuore sembrò essersi fermato per un nano secondo dallo sgomento.
“E tu come fai a saperlo?” chiesi tremante,con incredulità.
Mi guardò vacuo per qualche istante,prima di sorridere soddisfatto con le stesse sembianze di un diavolo travestito da angelo.
“In realtà non lo sapevo,ma me l’hai appena rivelato tu.”
Che qualcuno mi uccida. Ora. “È inverosimile come questa tecnica funzioni sempre..” parlò,più rivolto a se stesso che a me.
Presi a boccheggiare presa alla sprovvista,vagando alla ricerca di una scusa plausibile che potesse giustificarmi.
Ma un momento.. io non dovevo affatto giustificarmi con lui!
“Anche se fosse,che c’è di male?” mi difesi.
“Oh nulla,pensavo solo fossi una che puntava più in alto..” insinuò con leggerezza,rigirandosi tra le mani un filo d’erba.
“Che cosa vorresti insinuare? Parla chiaro,senza tanti giri di parole.” feci piccata.
Rise rocamente,prima di liberarsi di ciò che aveva tra le mani e puntare i suoi occhi nei miei. Erano gelidi come una giornata di Dicembre.
“La sera prima mi supplichi di baciarti e sono convinto che,se solo avessi voluto,avrei potuto scoparti anche sul ripiano della cucina.  E la sera dopo, sei impegnata a fartela con un mio amico senza un briciolo di dignità..” sibilò con fare cattivo. Aveva scelto di utilizzare parole pesanti,ed ero sicura non fosse una scelta fatta a caso.
Voleva ferirmi e puntare al mio orgoglio per disintegrarlo.
“Fammi capire.” alzai una mano,interrompendolo prima che potesse nuovamente partire in quarta “Tu non mi vuoi e io dovrei restare a fare la zitella per il resto della mia vita? Pensi per caso di essere insostituibile? Eh,lo pensi? Beh,sappi che ti sbagli di grosso!” urlai inviperita.
Capii che stesse cominciando ad infastidirsi quando lo vidi irrigidire la mascella,fissandomi come si fissa un insetto disgustoso e fastidioso.
“Pensavo solo fossi meno..” fece una smorfia “Volubile.” terminò.
Io,volubile?
“Mi stai dando indirettamente della puttana?  Certo che detto da te non è poi un grande insulto,dato che non fai nulla nella tua vita eccetto scopare e ancora scopare.
Ti ci vedo già all’età di trent’anni,come  un fallito che viene mantenuto dai genitori.”
Capii di avere esagerato,ma mi sentivo in dovere di ferirlo esattamente come lui aveva fatto con me. Ma non gliel’avrei dato a vedere,avevo ancora una dignità da preservare.
Rise senza allegria,provocandomi la pelle d’oca nel solo udire il suono.
Si alzò in piedi,dandomi l’impressione che se ne sarebbe andato senza rispondermi.
Invece mi guardò dall’alto verso il basso,con sguardo tagliente e sorrise come per servire meglio la frase che ero sicura mi stesse per rifilare.
“Non è necessario che ora ti metta a sputare acido. Anche se,devo ammettere,capisco la tua rabbia. Hai provato a raggiungere il meglio e,quando hai capito che fosse troppo per una come te,hai puntato più in basso. Non ti demoralizzare bambina,capita di non essere abbastanza nella vita.” ammiccò in mia direzione,lanciandomi un bacio volante prima di scomparire tra gli alberi.
Il primo pensiero che registrai,fu quello di andare a recuperare quel masso e lanciarglielo addosso.
Il secondo,quello più razionale e sensato,fu quello di rimanere ferma dove mi aveva lasciato e non inseguirlo.
Gli avrei solo attribuito maggior importanza,cosa che le sue parole per me non avrebbero dovuto avere.
Ero perfettamente consapevole che però mi avesse ferito,quanto però lo ero del fatto che quella sarebbe stata l’ultima volta.
Avrei dovuto smetterla di provarci,perché diamine continuavo a starci dietro?
Era un tentativo inutile il mio,dovevo smetterla di sperare avesse una maschera diversa da quello dello stronzo.
Avrei dovuto capire fin da subito che gli calzasse troppo bene per poter essere finta.
 
Eccomi qua!
Avete del tutto perso la ragione? Vi prego ditemi che non è ancora accaduto, perché è solo l'inizio.
I nostri due amati protagonisti sembrano non riuscire mai a trovare un punto d'incontro: prima si allontanano, poi sembrano avvicinarsi, alla fine si respingono come due poli opposti..
Fino a quanto durerà tutto questo? Quanti passi indietro bisognerà fare prima di giungere a un passo avanti? 
Nel prossimo capitolo ci sarà l'entrata in scena di un nuovo personaggio, che io francamente adoro!
E' uno spirito frizzante, scaltro e con la stessa furbizia del sopracitato Sven.
Inoltre, sarà proprio questo fantomatico personaggio ad aiutare la situazione, e a conferire un po' di pepe alla vicenda dei nostri due protagonisti!
I prossimi capitoli abbandoneranno leggermente la solita routine e si concentreranno meglio sul loro rapporto evolutivo.. con questa premessa vi lascio un bacio!
Un grazie a chi mi segue e recensisce, apprezzerei due paroline da chiunque trova intrigante la vicenda, ma ovviamente non escludo anche le critiche.
Qualsiasi recensione è ben accetta, pur di migliorarmi!
Xoxo. Heartless.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9. ***


Avete presente quel momento in cui non avete voglia di fare qualsiasi cosa,ma allo stesso tempo vi annoiate anche a fare niente?
Ecco,era quello il mio status in quel momento.
Era passata una settimana da quel famoso campeggio,che si era rivelato un fiasco totale. La mia vita era tornata piatta come al solito,divisa tra lezioni e pisolini pomeridiani.
Una delle cose più emozionanti che mi potessero capitare,era quando Trent si presentava a casa mia con la volontà di voler cucinare. Per il resto,calma piatta.
Ero sdraiata sul divano a fissare l’orologio attaccato alla parete di fronte,rimanendo in silenzio ad ascoltare il ticchettio della lancetta che andava avanti.
Il tempo trascorreva.. e io stavo buttando pietosamente la mia vita.
Era arrivato il momento di fare qualcosa,forse avrei potuto fare un salto da Trent, o magari da Amy.. No,l’idea di andare da Amy era da bocciare.
Non avevo nessuna intenzione di entrare in casa sua con il rischio di incontrare quell’Anticristo del fratello. Ero sfinita dalle nostre lotte verbali,ritornate ormai all’ordine del giorno.
Con un sospiro mi alzai dal divano, stropicciandomi gli occhi con le mani a causa della stanchezza.
Sistemai solo i capelli in una coda alta,non mi curai di truccarmi.
Presi cellulare e chiavi e uscii di casa.
Attraversai il vialetto,e andai a suonare alla porta di Trent.
Lo feci una,due,tre volte.. ma nessun segno di vita.
Sbuffai e tirai fuori il cellulare per chiamarlo.
La prima volta non rispose e,se se ne fosse verificata una seconda,avrei trovato il modo di fargliela pagare.
“Pronto?” Rispose alla fine.
“Si può sapere dove sei finito? Sono davanti alla porta di casa tua ed è almeno un quarto d’ora che suono il campanello!”
“Beh..sono da Amy.” Disse con voce flebile. “Se vuoi puoi raggiungerci a casa sua.” Sviò il discorso.
Rimasi in silenzio a rimuginare per qualche istante. “C’è il diavolo?” Chiesi sulla difensiva.
Sentii Trent sbuffare e abbandonarsi ad una risata,prima di rispondermi negativamente.
Oh accidenti,ma cosa me ne importava? Ora sarei andata a casa sua,e me ne sarei infischiata del presentimento di non doverlo fare.
“Sto arrivando.” Annunciai,e poi riattaccai.
Presi a camminare lungo la stradina che conduceva a casa di Amy,e dieci minuti dopo mi ritrovai davanti alla porta di casa.
Suonai e aspettai che mi venisse aperto.
Mi si presentò davanti Trent,con espressione assonnata e capelli arruffati.
O mi ero persa qualcosa,o semplicemente si era addormentato sul divano come un bambino. Supponevo fosse più valida la seconda opzione.
Mugugnò qualcosa di incomprensibile e si spostò per lasciarmi entrare.
Lo feci cauta,ma quando notai silenzio mi rilassai.
Lui non era in casa.
Andai verso il soggiorno,e trovai Amy con una coperta addosso a stiracchiarsi e sbadigliare. Credo che stessero guardando un film prima del mio arrivo.
Dalle loro facce,però,dedussi non fosse esattamente interessante.
Presi il telecomando buttato sul divano e lo puntai contro la televisione per leggere le informazioni su quel programma.
Dopo aver letto la trama,e averci capito davvero poco,feci una smorfia e mi girai in direzione di Amy. “Cos’era sto schifo?”
“Uno schifo,appunto.” Sbadigliò.
Spensi la televisione e buttai il telecomando sulla poltrona,prima di venir affiancata anche da Trent.
Ci sedemmo tutti e tre sul divano e mi accorsi che stessimo facendo esattamente quanto stessi facendo a casa da sola poco prima: ovvero nulla.
“Che vita di merda..” Commentò Trent,e io annuii per appoggiare la sua affermazione,seguita subito dopo da Amy.
“Stiamo buttando via la nostra giovinezza..” Commentò poi Amy,venendo ancora una volta appoggiata da me e Trent.
Sospirammo all’unisono,prima che mi cadesse l’occhio sul mio orologio da polso.
“Cibo consolatorio?” Proposi guardandoli.
Annuirono all’unisono,dandomi man forte. “Cibo consolatorio.” Confermarono.
Ci alzammo dal divano e ci dirigemmo in cucina.
Trent  cominciò a frugare in dispensa,Amy ad apparecchiare la tavola,mentre io davo un occhiata all’interno del frigo per vedere cosa potesse ritornarci utile.
“Qua c’è della Nutella.” Fece Trent,rigirandosi tra le mani il barattolo.
Mi venne subito un’idea in mente e,guardando freneticamente in frigo e in altri scomparti,trovai tutto l’occorrente.
“Facciamo le crepes!”Mi illuminai.
Mi guardarono con aria sognante,prima di annuire energicamente con gli occhi che brillavano.
Mi misi immediatamente a lavoro,servendone poi tre a tavola.
Le cospargemmo con quanta più nutella potessimo,prima di abbuffarci e sporcarci ovunque. Ci mettemmo a ridere quando ci accorgemmo in che stato fossimo messi.
Presi un po’ di zucchero tra le mani e ne lanciai un po’ ad ognuno di loro,mettendomi poi a ridere.
Una risata che si spense quando li vidi scambiarsi un occhiata complice,prima di ritrovarmi cosparsa di farina dalla testa ai piedi.
“Voi due!” Mi accanii contro di loro,ma la loro unione ebbe la meglio su di me.
Alla fine della battaglia,ero l’unica ad averne risentito maggiormente.
Tanto per dirne una, non riuscivo più a trovarmi il naso a causa dei chili di farina che avevo sulla faccia.
“Cazzo,è tardi!” Sentii esclamare a Trent,guardando l’ora sul cellulare.
Smise di tenermi ferma a terra e si alzò dal mio corpo,spolverandosi i pantaloni leggermente ricoperti di un alone biancastro.
“Mia madre dovrebbe arrivare a farmi visita a breve,e io devo ancora nascondere tutti i calzini sotto il letto..” Spiegò nel panico.
Mi alzai da terra e,insieme ad Amy,lo accompagnai alla porta.
Io non avevo ancora voglia di ritornare a casa,e inoltre non mi sembrava il caso di farmela a piedi in quello stato pietoso.
“Salutami la tua adorabile genitrice,e dille che quando vuole può passare a salutare anche me così le dico dove nascondi i calzini.” Ammiccai,guadagnandomi in risposta un dito medio da parte sua.
Richiudemmo la porta alle sue spalle,ridacchiando.
“Che dici se mi vado a fare una doccia?” Proposi,indicandole l’aspetto indecente in cui mi avevano combinata.
Sghignazzò e annuì,seguendomi in bagno per racimolare un telo in cui potermi avvolgere,e un asciugamano più piccolo per i capelli.
“Posso farti una foto?” Fece innocente,tirando fuori dalla tasca della tua il suo fedele telefono.
“Non ci provare.” La fulminai con lo sguardo,mentre mi scioglievo la coda cosparsa di quella sostanza biancastra.
Quando smossi i capelli con le mani,quasi mi intossicai.
“Senti..” Iniziò vagamente,giocherellando con il cordone di un accappatoio appeso a lato della porta.
Le lanciai un’occhiata dallo specchio,attendendo che proseguisse.
“Tu e mio fratello..” Eccola che iniziava un argomento di cui non avevo intenzione di parlare.
Non bastava il fatto che fossi cosparsa di farina anche nei posti più inimmaginabili,ci voleva anche un discorso di merda per migliorare quell’esilarante scenetta.
Sbuffai e le rivolsi un occhiata piena di significati,che però sembrò non voler cogliere.
Mi guardò di sottecchi,prima di pestare un piede a terra e tirare fuori la grinta.
Per quanto mi riguardava,avrei preferito ficcarle una ciabatta in bocca prima che avesse iniziato a parlare.
“Insomma,pensavo aveste superato la fase delle frecciatine. Mi sembrava che aveste stabilito una sorta di tregua. Da un lato,mi fa male vedere mio fratello e la mia migliore amica che si ringhiano addosso di continuo..” Abbassò lo sguardo a terra,non fissandomi negli occhi.
All’inizio pensavo stesse scherzando,ma vista la sua reazione mi ricredetti.
Davvero ci stava male?
“Dai Amy, stai sul con la vita. Insomma,non tutti gli esseri umani sono fatti per andare d’accordo e,io e tuo fratello siamo solo troppo incompatibili. Lui è la notte,io sono il giorno; lui è il nero,io sono il bianco; lui è una testa di cazzo e..”
“E anche tu sei una testa di cazzo.” Mi interruppe torva.
Feci una smorfia e mi imbronciai.
“Puoi promettermi che proverai almeno a trattenerti?” Mi chiese con fare angelico,e non ce la feci a dire di no a quegli occhioni dolci.
Sospirai sconfitta,passandomi una mano nei capelli esasperata. “Va bene,ci proverò. Ma non posso assicurarti niente!” Puntualizzai.
Sorrise contenta e mi depositò un bacio sulla guancia,prima di uscire dal bagno e chiudersi la porta alle spalle.
Avevo appena l’impressione di aver firmato la mia condanna..
Ringhiai frustrata,prima di spogliarmi e buttarmi sotto il flusso d’acqua.
Depositai un po’ di shampoo sul palmo della mano e presi a strofinarmi i capelli con forza.
Mi sentivo la farina dappertutto,e la sensazione era snervante.
Anche se ero più che sicura non fosse quello il motivo principale che mi rendesse nervosa.
Mi rendevo conto ogni giorno di più di sentirmi inspiegabilmente spenta,quando non passavo del tempo con lui. Anche se,passare del tempo con lui,equivaleva a litigarci incessantemente.
Ormai era diventata routine,un evento all’ordine del giorno che però mi trasmetteva la giusta grinta per proseguire la giornata.
Non lo vedevo da due giorni,l’ultima volta era stata quando gli avevo lasciato un ammaccatura sulla portiera della macchina e,come succedeva spesso,mi aveva suonato a casa con l’intento di insultarmi non appena avessi aperto la porta.
Non sarebbe stato male sentirmi come mi stavo sentendo,se non fosse stato che non ne avessi la minima intenzione.
Dovevo stroncare sul nascere strani pensieri che premevano per uscire in superficie,perché non sarebbe stata una cosa fattibile.
Come già detto,eravamo troppo diversi e contrastanti per sperare davvero di poter andare d’accordo.
Inoltre,non riuscivo a dimenticarmi delle sue parole.
Solo pochi giorni prima mi aveva dato indirettamente della puttana, precisando il fatto che una come me non sarebbe mai potuta arrivare al suo livello,come se non bastasse.
Che poi,arrivare al suo livello sarebbe stato a significare fare schifo,e io non ne avevo intenzione.
Con un gesto stizzito richiusi la manovella dell’acqua,strizzandomi i capelli prima di uscire e avvolgermi nel telo.
Raccolsi l’asciugamano più piccolo e presi a frizionarmi i capelli con esso,nel tentativo di asciugare il più grosso.
Aprii i vari cassetti e recuperai un pettine per togliere i nodi,dopodiché passai alla ricerca del phon.
Ogni volta sempre la solita storia,non mi ricordavo mai dove diavolo fosse il suo posto.
Sbuffai e,arrendendomi,urlai a Amy affinché mi venisse in soccorso.
Quando non avvertii risposta,né tantomeno sentii i suoi passi venirmi incontro,mi rassegnai ed uscii dal bagno per andarla a cercare.
“Amy,si può sapere dov’è il..” Mi interruppi solo quando mi accorsi di due figure in soggiorno,che prima non erano presenti in quel contesto.
Guardai prima Sven con sguardo smarrito,per poi puntare la mia attenzione su un soggetto a me estraneo.
Aveva i capelli neri come Sven,e anche i lineamenti avevano un che di simile,gli occhi invece erano azzurri. Erano davvero belli,ma non erano penetranti come quelli di Sven.
“Il phon..” Conclusi la frase,nonostante con la mente mi trovassi in tutt’altro mondo.
Solo in un secondo momento mi accorsi della situazione.
Mi ritrovavo mezza nuda,nel soggiorno di una casa non mia,con due individui del sesso opposto che mi fissavano come se avessero visto Gesù Cristo sceso in terra.
Potevo valutare due opzioni: la prima era quella di darmela a gambe,la seconda era quella di rimanere immobile come uno stoccafisso,manifestando problemi di ritardo mentale. Sfruttai la seconda.
A interrompere quello scambio di sguardi,soprattutto rivolti a me e alle mie condizioni,fu Amy.
Fece il suo ingresso in soggiorno con un vassoio su cui erano disposte due tazzine  e un piattino contenente qualche biscotto.
Quando mi vide quasi cadde a terra,trascinando il vassoio con lei.
Il ragazzo misterioso lo salvò appena in tempo,riponendolo poi sul tavolino ai suoi piedi.
“Cosa diavolo fai qua conciata così?” Domandò stralunata.
Feci per ribattere e risponderle a tono,ma una voce si frappose prima della mia.
“Amy,non mi presenti la tua amica?” Fece il ragazzo sconosciuto,sorridendomi malizioso.
Ok,chi era questo tizio? E soprattutto..perché era così dannatamente simile al diavolo? Cos’era,un suo sosia? Avevo paura nel ricevere una risposta..
“Joe,lei è la mia amica,Sam. Sam,lui è mio cugino,Joe.”
Ecco svelato il mistero,lo sapevo io che ci fosse qualcosa sotto!
“Joe,lei è Sam, una squilibrata mentale..” Sentii Sven sussurrare,avvicinandosi all’orecchio del cugino,correggendo a modo suo la presentazione della sorella.
Finsi che non mi avesse innervosito e lo ignorai bellamente,avvicinandomi a loro con disinvoltura.
Si allontanò dal cugino solo quando notò il mio avvicinamento,scrutandomi ancora una volta da capo a piedi. Se l’avesse fatto ancora una volta gli sarei saltata addosso,e non mi era ancora chiaro con quale intento l’avrei fatto.
Distolsi la mia attenzione da lui solo quando mi sentii sfiorare la mano.
“Incantato..” Fece Joe con tono roco,lasciandomi un fugace bacio sul dorso della mano.
Seguii i suoi gesti stupita e leggermente sorpresa.
Quel tipo era una calamita,aveva qualcosa di inspiegabilmente attraente.
Non mi stupiva il fatto che fossero cugini..
Mi riscossi dal fissarlo incantata solo quando avvertii un attacco di tosse provenire dalla mia sinistra.
Il coglione stava morendo di un attacco di tosse,scosso dagli spasmi, e aveva appena rovinato il mio momento magico.
“Magari vatti a mettere qualcosa addosso prima di fare conversazione,che dici?” Propose Amy,cercando di tirarmi fuori da quella situazione.
“Ma no sorellina,magari la tua amica ha intenzione di saltare i convenevoli e passare al sodo,perché rovinarle i piani?” Commentò Sven,arrogantemente.
Mi girai a fissarlo,trovandolo appoggiato con la testa sul gomito,al cuscinetto del divano.
Ci fu uno scambio di sguardi abbastanza eloquenti e minacciosi,l’elettricità si avvertiva nell’aria.
Prima che potessi prendere a ringhiargli contro,rompendo la promessa che avevo fatto a Amy neanche una mezz’ora prima,quest’ultima intervenne nuovamente.
“Torna in bagno,il phon è nel terzo cassetto in basso a destra. Ora ti porto dei vestiti puliti.”  Mi sorrise rassicurante e salì le scale diretta in camera sua.
“Con permesso.” Feci brusca,più rivolta a quell’idiota di Sven che al cugino.
Quest’ultimo sembrava non aver niente a che fare con il primo.
“Però,niente male..” Sentii commentare a Joe,prima che mi richiudessi alle spalle la porta.
Incuriosita dal risvolto della conversazione mi appoggiai con un orecchio al legno della porta,cercando di captare il discorso.
Avvertii una risata,e non mi servì guardare per capire di chi fosse.
Cosa ci trovava di divertente,avrei proprio voluto saperlo.
“Toglitela dalla testa.”
“Perché,ci avevi già pensato te?” Domandò il cugino.
Ci fu un attimo di silenzio,e non potei avvertire nessun tipo di risposta poiché Amy irruppe in bagno,costringendomi ad abbandonare la mia postazione.
Le lanciai un occhiata infastidita,ma lei mi fissò interrogativamente senza capire.
Dopotutto,come poteva stare al passo della mia mente malata,poverina?
Scossi la testa e racimolai dalle sue mani i vestiti che mi aveva portato.
Indossai la biancheria e poi mi asciugai i capelli con il phon,che assunsero una forma insensata,a metà tra il liscio e il mosso.
“Credo che tu abbia appena fatto colpo su mio cugino..” Sussurrò Amy venendomi vicino,dopo aver lanciato un occhiata in direzione del soggiorno.
Mi infilai la felpa grigia che mi aveva imprestato e sorrisi gongolante.
Dire che era un buon partito era riduttivo.
“Buono a sapersi,no?” Le feci l’occhiolino,facendola impallidire.
“Sam Jackson,non avrai intenzione di fartela con mio cugino?”
“E perché no? Insomma,se vuoi che io vada d’accordo con tuo fratello non dovrebbe dispiacerti se faccio del mio meglio anche con tuo cugino.” Sorrisi maliziosa,facendola quasi soffocare con la sua stessa saliva.
Sospirò. “Io rinuncio..” Alzò le mani al cielo e uscì dal bagno continuando a borbottare. “Io ci rinuncio con te!”
Risi e la seguii in soggiorno,e il mio sguardo cadde sul mio orologio da polso.
“Si è fatto tardi,forse è meglio che vada.” Annunciai,andando a recuperare il mio cellulare posto sopra il tavolino ai loro piedi.
“Di già?” Chiese Joe con tono scoraggiato.
Lo guardai e feci per rispondergli,ma la mia attenzione venne catturata dal commento dell’idiota.
“Buon ritorno a casa..” Canticchiò sarcasticamente,guardando un punto fisso davanti a sé.
“Amy,la tua amica non si può fermare a cena con noi?” Propose Joe,ignorando il commento del cugino,così come la sua seguente occhiataccia al suono di quella proposta.
“Sarebbe una buona idea.” Mi sorrise Amy.
Pessima idea.” corresse Sven.
La mia mente urlava di ignorarlo,ma il mio corpo non la pensava in altrettanto modo.
“Non hai un appuntamento con qualche troietta in erba questa sera?”
Mi guardò minacciosamente,inarcando un sopracciglio infastidito. “E tu non hai un appuntamento con Jay,stasera? Sono più che sicuro che ti stia aspettando nel suo letto..” Sibilò strafottente.
Strinsi i pugni e mi trattenni dal lanciargli un vaso addosso.
Respirai profondamente e mi girai in direzione di Amy con un sorriso.
“È meglio se io vada a casa!”
Era improponibile passare la serata là,con molte probabilità sarebbe finita in una rissa prima di rendermene conto.
Mi diressi verso la porta,sentendo Amy sbraitare contro il fratello.
“Potresti avere almeno la decenza di accompagnarla a casa!”
Sperai vivamente che non avrebbe risposto di sì,ma in ogni caso non ne ebbe l’occasione che si offrì il cugino bello e dannato.
“Non ti preoccupare Amy,ci penso io.” Fece per alzarsi,ma Sven gli appoggiò una mano sul petto e lo ributtò sul divano con una spinta.
“Lascia stare cugino,faccio io. Non ho alcuna intenzione di averti sulla coscienza quando finirai  in terapia per colpa sua. Cinque minuti con lei possono essere fatali.” Raccolse le chiavi sul tavolino di cristallo e si diresse verso la porta,lasciando tutti a bocca aperta,me compresa.
“Ti vuoi dare una mossa?” Sentii che mi urlava contro,già fuori dalla porta d’ingresso.
Borbottai qualche insulto a mezza voce,prima di salutare Amy con un abbraccio e un bacio sulla fronte e rivolgere un cenno a Joe.
Sbuffai e uscii di casa sorpassandolo e spingendolo di lato.
Non avevo nessuna intenzione di salire in macchina,tantomeno in compagnia della sua presenza.
Presi a camminare verso casa a piedi,imprecando sommessamente.
Ma chi diavolo si credeva di essere per parlarmi in quel modo?
Trattandosi di lui,non avrebbe neanche dovuto provare a farlo.
Non avevo mai conosciuto un essere più insopportabile e lunatico di lui..
Era così irritante!
Sentii il suono di un clacson ma lo ignorai.
Quando però sembrava non volermi dare tregua,allora mi girai in sua direzione e lo incenerii con lo sguardo.
“Non hai qualcun’ altro da andare a importunare?”
“No,direi che tu sei il mio principale interesse. Muoviti,salta su.” Si fermò e si allungò per aprirmi la portiera e darmi modo di entrare.
Lo guardai indecisa,ma alla fine sospirai e mi arresi prendendo posto al suo fianco.
Richiusi la porta con più forza del necessario,guadagnandomi una sua occhiata truce.
Avanti Sam,devi resistere solo pochi minuti e sarai libera dalle sue grinfie..
Cerca di mantenere il controllo sulle tue mani ed evita di prenderlo a pugni.
Ma diamine,era così allettante l’idea di poterlo fare!
Dopo infiniti attimi di silenzio che diedero l’illusione di un apparente momento di tranquillità,decise di aprire bocca.
“Stavo pensando..”
“ È meglio se tu non pensi.” Lo bloccai,prima che potesse portare avanti una conversazione che avrebbe sortito una reazione violenta del mio corpo.
Distolse per un istante lo sguardo dalla strada e mi lanciò un occhiata,prima di guardare nuovamente davanti a sé.
“Come vuoi tu.” Fece spallucce incurante.
Però ormai aveva lanciato l’amo e io avevo abboccato,scatenando in me una certa curiosità.
Cosa stava per dirmi? Perché diavolo avevo dovuto dare aria alla mia boccaccia?
Sbuffai esasperata. “Avanti,dimmi!” Mi arresi.
Lo vidi sorridere enigmatico,e mi diede l’impressione di aver previsto che avrei reagito così.
Si parcheggiò davanti casa mia e sbloccò la portiera,in modo che potessi scendere.
Ma io restai ferma,aspettandomi una risposta.
“No. La prossima volta impari a tener a freno la tua boccaccia,una volta ogni tanto.” Sorrise e mi fece l’occhiolino,mandando momentaneamente in tilt i miei sensi.
Presi a boccheggiare ma alla fine rinunciai a provar a parlare,gonfiando le guance come una bambina offesa.
Scesi dalla macchina e sbattei la portiera,prima di iniziare a camminare lungo il vialetto che portava al porticato di casa mia.
“Bene,tanto meglio per me!” Gli urlai,innalzando poi in sua direzione il dito medio.
Entrai in casa seguita dalla sua risata,che mi rimbombò in testa fino a quando non sentii il rombo della macchina allontanarsi.                                      
Rimasi con la schiena incollata alla porta,avvolta dal buio in maniera inquietante.
Ogni volta che uscivo da un confronto con lui,rimanevo priva di reazione.
E,ormai,avevo capito fosse inutile tentare di cambiare le cose.
Odiavo quel ragazzo,io lo odiavo!


Ciao tesori miei! Allora, come state?
Io molto bene, perché l'entrata in scena di Joe segna che intraprenderemo presto la strada giusta.
Sam ha detto che è molto simile a Sven.. speriamo non proprio in tutto! Però, per lo meno, che bello: abbiamo due Sven!
Ovviamente nessuno può battere l'originale. ;)
Per quanto riguarda il prossimo capitolo, sarà un capitolo di passaggio prima della svolta, ma non per questo meno importante.
Anche perché vi posso dire che Sam e Sven saranno molto.. ma molto vicini, e qualcuno potrebbe addirittura essere geloso! :P
Per qualsiasi chiarimento, sfoggio di fantasia sugli avvenimenti futuri ecc.. sono sempre ben disponibile ad ascoltarvi e a rispondere a tutti!
E inoltre una recensione in più non mi farebbe di certo schifo :')
Un bacione.
Xoxo, Heartless.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10. ***


Come di consuetudine,il risveglio mattutino era un coma.
E lo era ancora di più quando si aveva la consapevolezza di doversi dare una mossa per non arrivare in ritardo a delle stupide lezioni.
Avrei dovuto cominciare a prendere in considerazione l’idea di andare a dormire con già i vestiti addosso.. almeno la mattina dopo non avrei dovuto faticare per indossarli.
Proprio come stavo facendo in quel momento,infilandomi la maglietta nel verso sbagliato.
Sbuffai e la misi apposto,prima di recuperare il cellulare smarrito tra le coperte e controllare che non ci fossero messaggi.
Ne trovai uno,da Trent.
 
-Oggi non vengo a lezione,mi dispiace ma temo dovrai prendere il pullman come i plebei..Baci. –
 
Sperai vivamente si trattasse di uno scherzo,perché mancavano poco più di quindici minuti al suono della campanella e io ero ancora in modalità zombie.
Gli imprecai contro,mentre cercavo freneticamente la spazzola in quel caos che regnava nel bagno.
Dopo che ebbi finito,raccattai lo zaino e ci infilai dentro libri e quaderni a caso,senza controllare l’orario che mi attendeva.
In ogni caso,come al solito,non avrei prestato molta attenzione alle lezioni data la mia mancanza di voglia nel distruggermi i neuroni.
Spensi le luci e,racimolate le chiavi,uscii di casa correndo.
Controllai l’ora sull’orologio e velocizzai l’andatura,anche perché di quel passo sarei arrivata in ritardo.
E,dato che la fortuna mi assisteva,alla prima ora avevo quella scellerata della professoressa di biologia. Quella donna mi odiava,ne ero sicura.
Arrivai alla fermata troppo tardi,e mi vidi passare il pullman davanti agli occhi.
Se solo quella dannata spazzola fosse saltata fuori prima..
Fui già tentata di rinunciare e di entrare alla seconda ora,quando il suono di un clacson non attirò la mia attenzione.
Ci misi qualche secondo a rendermi conto che fosse rivolto a me.
Alzai lo sguardo e una jeep nera si fermò davanti ai miei occhi.
Quando il finestrino dalla parte del conducente si abbassò,riconobbi il volto di Joe.
Rimasi stupita a fissarlo,aspettando che fosse lui a parlare per primo.
“Appena perso il pullman?” Chiese con un sorriso.
“Esattamente..” Sospirai scoraggiata,quando però mi venne in mente un’idea
“Non è che tu potresti essere così gentile da darmi uno strappo fino a scuola? Saresti il mio eroe.” Gli feci l’occhiolino,civettuola.
Rise,facendomi cenno di salire in macchina. “Salta su.”
Mi affrettai a recuperare la mia roba e a prendere posto al suo fianco.
Solo quando partì,mi venne in mente che forse lui avrebbe avuto qualcosa di meglio da fare.
“Scusami,non mi sono neanche chiesta se tu avessi impegni. Magari avevi delle commissioni da fare e io..”Cominciai a balbettare parole sconnesse,ma lui mi interruppe con un gesto della mano prima che mi divagassi oltre.
“Stai tranquilla,effettivamente avevo qualcosa da fare..” Lasciò in sospeso la frase,prima di girarsi verso di me e sorridere. “Ma questo è decisamente più stimolante.”
Avevo un fare intrigante,che mi fece inspiegabilmente arrossire.
Dire che succedeva di rado era un amplificazione.
“Sei molto amica di mia cugina Amy.. vero?” Cercò di intavolare un discorso.
“Si,è una delle mie migliori amiche,anche se in realtà non la conosco da molto.
Però siamo andate subito d’accordo,sarà perché siamo entrambe fuori di testa..”
Ridacchiò. “Sì,ma in maniera decisamente interessante.”
Era una mia impressione o ci stava provando? Anche se fosse stato,non mi sarebbe sicuramente dispiaciuto. Insomma,guardatelo! Wow..
“Lo devo prendere come un complimento?” Stetti al gioco,sorridendo compiaciuta.
“Direi di sì.” Mi lanciò un occhiata eloquente,prima di riportare lo sguardo sulla strada.
“E invece che mi dici di Sven? Insomma,che rapporto hai con lui?”
A quella domanda ritornai seria e non riuscii a trattenermi dal ridere.
Lo feci e lui mi guardò confuso,non capendo cos’avesse potuto scatenare in me tanta ilarità.
Se solo avesse saputo..
“Definire ‘rapporto’ quello che c’è tra me e lui,mi sembra un eufemismo. Diciamo semplicemente che siamo costretti a convivere nello stesso spazio vitale e a condividere l’aria. Per il resto,nulla in più di quello che hai già avuto modo di vedere.”
Spiegai. “Gira a destra qua.” Gli indicai poi,quando mi domandò tacitamente dove dovesse svoltare.
“Beh dipende,ieri ho avuto modo di notare svariate cose..”
Aggrottai le sopracciglia e lo guardai confusa. “Del tipo?”
“Non saprei..mi è sembrato ci fosse una sorta di elettricità tra di voi. Poi sarà che conosco mio cugino,ma per me qua gatta ci cova..” Fece una smorfia e continuò a guidare in direzione della scuola,entrata nel nostro campo visivo.
Avrei tanto voluto ridere nuovamente per quella sua constatazione,ma non mi sembrava il caso dopo aver già fatto una figuraccia.
Molto probabilmente avrebbe pensato fossi pazza.
“L’unica cosa che lui potrebbe covare nei miei confronti,è un omicidio.  Questo te lo posso assicurare.” Dissi,facendolo ridere.
Si parcheggiò in uno dei tanti parcheggi disponibili all’infuori dei cancelli,dove una marea di ragazzi era riversata intenta a chiacchierare.
Spense il motore e si girò a fissarmi,appoggiando la testa al cuscinetto del sedile.
“Quindi non rischio un attentato se ti invito a mangiare un boccone insieme?” Fece con naturalezza,senza la minima traccia di imbarazzo.
Mi ero sempre chiesta perché i ragazzi avessero questa dote,mentre noi ragazze ci trovavamo in difficoltà alla sola domanda ‘Come ti chiami?’.
“No,direi che si può fare..” Gli sorrisi.
“A che ora esci finisci oggi le lezioni?” mi chiese in tono dolce.
“A mezzogiorno.” Risposi.
“Allora ti vengo a prendere a quell’ora.” Mi fece l’occhiolino e poi si sporse verso di me per lasciarmi un tenero bacio sulla guancia.
Ok Sam,tieni a freno gli ormoni e non eccitarti come una ragazzina al primo appuntamento,per cortesia..
“Buona giornata” Mi augurò poi,con tono flebile.
“Anche a te,e grazie per il passaggio!”
Scesi dalla macchina e lo guardai un’ultima volta mentre camminavo verso l’ingresso.
Non appena varcai il confine mi ritrovai assalita dalla folla di studenti.
Stupidi umani,perché non si estinguevano e mi lasciavano passare?
Mi feci piccola e svincolai in mezzo a tutta quella gente,tirando poi un sospiro di sollievo una volta arrivata vicino al mio armadietto.
Mi appoggiai per un nano secondo con la fronte su di esso,con l’intento di riprendermi da quella già destabilizzante giornata.
Aprii l’armadietto e mi diedi un occhiata allo specchietto attaccato al suo interno.
Oh mio Dio,mi aveva davvero visto in quello stato?
E,cosa ancora più inverosimile,aveva davvero avuto il coraggio di chiedermi pure di uscire?
Scossi la testa e mi tolsi lo zaino dalle spalle per togliermi alcuni libri inutili e depositarli all’interno del mio armadietto.
Mi cadde un libro di mano,sussultando dallo spavento quando una presenza al mio fianco mi chiuse lo sportello con forza.
Lo guardai torva e mi chinai per raccoglierlo.
“Che diavolo vuoi,Sven?” Gli chiesi senza degnarlo di attenzione.
Riaprii l’armadietto e depositai dentro quell’ultimo libro,frugando poi al suo interno per trovare gli appunti che mi ero sforzata di prendere la lezione precedente.
Insomma,non potevo averli persi! Avrei buttato al vento un’ora di asfissiante attenzione e finto interesse.
“Cos’era quello?” Mi chiese gelidamente,chiudendomi nuovamente lo sportello in faccia in modo che lo guardassi.
“Non so di cosa tu stia parlando e,se soffri di allucinazioni,non posso aiutarti.” Raccolsi i fogli che mi interessavano e feci per dirigermi verso la classe.
Ma lui mi bloccò,trattenendomi da un polso con violenza.
“È inutile che tu faccia la parte della finta tonta,perché sai benissimo di cosa sto parlando.” Sputò acidamente.
Certo che lo sapevo,ma non ero davvero così idiota da intraprendere quel discorso con lui. Insomma,non sarebbe certamente stato il modo migliore di escluderlo dalla mia vita.
“Hai battuto la testa?” Chiesi innocentemente,battendo un pugno leggero sulla sua nuca. Anche se,era da ammettere,avrei voluto farlo con molta più forza.
Forse in quel modo sarebbe diventato intelligente.
Mi scostò la mano con una smorfia irritata. “Jackson,non farmi innervosire.” Mi avvisò con un occhiata truce.
In quel preciso istante,prima che potessi impegnarmi per trovare un modo per ribattere,la campanella mi salvò da quel supplizio.
“Ma che peccato,devo proprio andare adesso..” Feci ironicamente,schioccando le dita.
Prima che potessi girare i tacchi,la sua voce mi interruppe nuovamente.
“Biologia, giusto?”
“Sì..” Risposi confusa,aggrottando la fronte.
Vidi il suo viso aprirsi in un sorriso furbo e poco rassicurante,prima che mi attirasse nuovamente a lui tirandomi per un polso.
“Ma che coincidenza,abbiamo lezione insieme..e si prospetta una lunga ora in compagnia.” Rimase impalato con espressione gongolante,prima di ritornare serio e iniziare a camminare in direzione dell’aula trascinandomi per un polso.
“Avanti,andiamo.”  Fece con tono serio,stringendo la presa sul mio polso in modo da impedire una mia possibile fuga.
Alzai gli occhi al cielo in una tacita preghiera,maledicendo la fortuna che non era mai dalla mia parte.
 
Era da circa mezz’ora che tentava di infastidirmi in modo che sbottassi e mi decidessi ad aprire una conversazione con lui.
Non bastava il fatto che mi avesse costretto a un’ora vicino alla sua persona,ora si metteva anche a stuzzicarmi,per esempio strappandomi il foglio da sotto gli occhi quando ero intenta a scrivere.
Nel giro di mezz’ora avevo esaurito i fogli di mezzo quaderno,con il risultato di essere prossima a un esaurimento nervoso.
L’istinto di attaccarlo al muro era forte,ed ero quasi sicura del fatto che lui ne fosse a conoscenza.
Dopo l’ennesima sbavatura provocata a causa sua rinunciai,sbuffando e riponendo la penna sul banco con gesto secco.
Stavo per compiere un azione dettata dalla più totale esasperazione e,per arrivare a quel punto,dovevo essere al limite.
Mentre la professoressa era intenta a spiegare, alzai una mano in modo che mi notasse.
Si girò in mia direzione e mi fulminò con lo sguardo quando si accorse di chi avesse interrotto la sua esaustiva spiegazione.
Si abbassò gli occhiali sulla punta del naso e mi scrutò severamente.
“Mi dica signorina Jackson,in cosa posso esserle utile?” Chiese con finta cortesia.
“In realtà la interrompo per uno curiosità personale..” Iniziai,assicurandomi di scatenare in lei la reazione sperata,prima di continuare “Come mai non mi ha ancora sbattuto in presidenza quest’oggi?”
Come già detto in precedenza,per compiere un atto simile dovevo essere al limite dell’esaurimento.
“Questo è per caso un invito a farlo, signorina?”
Notai che si stesse innervosendo quando venne scossa dal suo solito tic al sopracciglio.
“Se serve per rendere fine alla sua tortura nell’avermi in classe,e alla mia nel seguire questa lezione..allora ben venga.” Sorrisi innocentemente,ponendo la ciliegina sulla torta.
La vidi ispirare profondamente,prima di indicare la porta con un dito.
“Fuori,in presidenza!” Mi urlò contro,togliendomi inconsapevolmente un peso dal petto.
Mi alzai soddisfatta,lanciando uno sguardo vittorioso al mio amabile compagno di banco,che in quel momento mi stava mangiando con lo sguardo.
Potevo immaginare quali torture stesse pensando di mettere in atto,all’interno di quella sua testa malata.
Canticchiai allegra e gongolante,prima di uscire dalla classe seguita dalle risatine dei miei compagni e da un sospiro di esasperazione da parte della professoressa.
Con un sorriso sulle labbra mi diressi verso lo studio del preside,ormai diventato un rifugio in quegli anni di permanenza.
Bussai alla porta,prima di avvertire il suo consenso per entrare.
Non appena mi vide si prese la testa tra le mani e sospirò rassegnato.
“Ancora una volta la Parker?” Chiese piatto,mentre sistemava alcune scartoffie sul piano della scrivania.
“Esattamente,ma devo ammettere che questa volta è stata per mia volontà.” Mi accasciai sulla poltroncina di pelle nera,quando notai che si fosse fermato e avesse alzato lo sguardo su di me.
Lasciò perdere i fogli che teneva in mano e,incrociando le mani sotto il mento, mi fissò come faceva uno psicologo con il suo paziente.
“Ho sempre supposto non fossi una ragazzina con tutte le rotelle al posto giusto,ma speravo fosse solo un impressione. Cosa ti ha spinto a compiere un simile atto di stupidità?”
Sospirai frustrata,appoggiandomi su un gomito.
“Se si fosse ritrovato nella mia posizione,e avesse dovuto trascorrere una lunga ora con l’essere più insopportabile della terra come vicino di banco..avrebbe capito il perché.”
Inarcò un sopracciglio,in cerca di maggiori informazioni.
“Sven Clark.” Feci precedendolo,rispondendo alla sua tacita domanda.
Lo vidi meditare,prima di alzarsi e aprire un grande cassettone.
Passò in rassegna un paio di cartelle,fino a quando non identificò la sua.
La prese tra le mani e l’appoggiò sulla scrivania,prendendo a sfogliare il fascicolo.
“Frequentatore dei college più eccelsi in questi ultimi due anni,buoni voti a scuola,profilo impeccabile..” Fece assorto,scorrendo la lista di fastidiosi elogi.
“Oh,ma non è il ragazzo a cui ti avevo chiesto di far fare un giro turistico dell’ istituto?” Si interruppe poi,indicandomi la sua foto con un dito.
La osservai e,accidenti se era bello.
Come diavolo faceva a essere così perfetto anche in una stupida foto di identificazione? Quando solitamente ero io a farmene una,apparivo sempre con il viso di una ricercata con problemi di droga evidenti.
Storsi la bocca in una smorfia di irritazione. “Sì,è lui.” Incrociai le braccia al petto e gonfiai le guance in modo infantile.
“Avevi già fatto la sua conoscenza prima che si trasferisse a studiare qua?”
“Sì,se così si può insinuare..più che altro lo definirei come portatore delle mie sventure.”
Mi lanciò uno sguardo enigmatico,come di una persona che la sapeva lunga su qualcosa di a me totalmente ignoto.
Non ebbi il tempo di chiedergli cosa mi stesse a significare quella sua espressione furbetta,che qualcuno interruppe quel momento bussando alla porta.
Il preside riassunse la sua integrità,schiarendosi la voce e assumendo nuovamente il suo profilo autoritario,prima di consentire l’entrata.
Quando mi girai per verificare chi fosse,quasi caddi dalla poltroncina di faccia.
“Oh,andiamo, ditemi che è uno scherzo!” Mi lagnai,battendo un piede a terra.
“Mi scusi preside,ma se ha finito con lei potrei prelevarla?” Chiese Sven,ignorando la mia esclamazione.
E tutta quell’educazione da dove saltava fuori? Chi era quell’individuo dall’espressione angelica?
Notai il preside lanciarmi un occhiata in segno di approvazione,mentre io gli mimavo con la bocca di non farlo e di non fidarsi della sua facciata angelica.
Ma,a quanto pare,sembrò non volermi ascoltare.
“Certamente,qua abbiamo finito.”
Dedussi fosse una vendetta per tutte le volte che mi ero introdotta nei suoi momentanei attimi di pace..
Decisi di non smuovermi lo stesso dalla mia postazione,ma quando Sven parlò nuovamente,quasi impallidii.
“Ehi,quello là è il mio fascicolo?” Fece incuriosito,rivolto alla cartella davanti agli occhi del preside.
Mi irrigidii e,alzandomi in fretta e  furia,uscii dalla stanza salutando il preside e trascinandomi Sven dietro.
Ci mancava solo che ora pensasse di occupare un posto così autorevole nella mia vita,da parlare di lui anche con il preside.
“Per la cronaca,hai appena interrotto il mio scambio di parole confidenziali con il preside.” Lo ammonì,mentre prendevo a camminare per il corridoio senza neanche aspettarlo. Quando si sarebbe deciso a levarsi dai piedi? “Quindi ora,il minimo che tu possa fare per riscattarti,è sparire dalla mia vista.”
Feci per entrare nel bagno femminile,in modo che non potesse seguirmi,ma mi bloccò prima che potessi varcare la soglia.
“Ah no,per colpa tua il mio impeccabile curriculum è stato macchiato. Sai cos’ho dovuto fare per farmi cacciare da quell’aula?” Parlò con tono scocciato.
“Cosa?” Chiesi,sinceramente curiosa.
“Non vuoi saperlo..” Fece,quasi inorridendo al pensiero.
Feci spallucce e provai a liberarmi della sua presenza,ma mi inchiodò al muro con un rapido movimento.
Feci una smorfia per l’irruenza con la quale la mia schiena si era scontrata con la dura superficie.
Ok,quello era troppo.
“Oh,va bene! Parla,dimmi quello che mi devi dire e poi sparisci,ora mi hai seccata!” Sbottai,al limite della sopportazione.
Dalla sua espressione,sembrò che gli avessi appena tolto un peso dall’anima.
“Prima con Jay..e ora ti fai portare a scuola da mio cugino. Insomma,a che gioco stai giocando?” Fece irritato.
Aprii la bocca oltraggiata,prima di prendere a inveirgli contro.
“Con Jay è stato solo un attimo di cedimento,per colpa..,beh sì di..” Non riuscii a terminare la frase,perché mi accorsi troppo tardi di quello che stavo per dire.
Non potevo davvero dirgli che era per causa sua che ero finito a letto con un suo amico!
“Di?” Mi incoraggiò lui,inarcando un sopracciglio in attesa.
Sbuffai frustrata e,se avessi potuto,in quel momento mi sarei messa a piangere dall’isterismo.
“Tua,per colpa tua,ok?!” Esplosi,e non mi accontentai di fermarmi là.
“Prima mi eviti e dici che tu ed io insieme siamo pericolosi,l’attimo dopo mi rifiuti se provo ad avere un approccio con te. Ti tiri indietro quando potresti fare un passo avanti,non ti decidi a prendere in mano la situazione,né tantomeno una decisione,ma ti arrabbi se vado a letto con Jay.. e poi hai il coraggio di chiedere a me a che gioco sto giocando?!” Mi sfogai,e a fine resoconto rimasi quasi senza fiato.
Ora si che mi sentivo indubbiamente meglio.
Tenersi tutto dentro, negli ultimi tempi, non aveva giovato alla mia salute mentale già compromessa dal principio..
Parve esser rimasto sbalordito,tant’è che non parlò per la bellezza di dieci secondi.
Un attimo prima ero stata una leonessa,mentre ora mi sentivo in trappola a tremare per quello che sarebbe potuto succedere.
Al contrario di ogni mia predizione,non commentò quanto avevo detto.
Da una parte,lo ringraziai per quello.
“E invece mio cugino? Cosa mi dici di lui?” Mi chiese ancora sulla difensiva e..era una mia impressione o si era avvicinato?
“Beh,Joe è un caso a parte..mi ha chiesto di uscire e..”
“Lui ti ha..” Mi interruppe,allontanandosi nuovamente di qualche centimetro,passandosi una mano sul volto. “Lui ti ha chiesto di uscire?” Riformulò la domanda.
Era così inverosimile per lui che qualcuno mi chiedesse di uscire?
Non pensavo di essere così brutta,ma lui stava cominciando a farmi venire i dubbi.
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo alla vista della sua reazione esagerata.
“Mi ha chiesto di mangiare qualcosa insieme,non di sposarlo!” Ironizzai.
Quando però mi accorsi di stargli fornendo spiegazioni,assolutamente non appropriate,mi sentii in dovere di rimediare.
Ero davvero ridicola,perché sembravo perdere la mia intelligenza spiccata davanti a lui?
Cedendo al suo sguardo inquisitore,alla fine sbottai.
“Ma poi,a te che diamine interessa?” Svincolai dalla sua presa e lo superai,ma lui mi riacciuffò in un battito di ciglia.
Quando mi girai per fissarlo,mi accorsi che il suo viso fosse vicino al mio più del dovuto. Aveva appena superato la distanza di sicurezza.
In quel momento mi ritrovai catapultata in una sorta di Limbo.
Non avevo idea del perché,ma il mio corpo non rispondeva più delle sue azioni.
Il cervello e la parte razionale erano totalmente oscurate dai battiti del mio cuore.
Avevo paura che da un momento all’altro questo fosse uscito prepotentemente dalla cassa toracica.
Quand’era stata l’ultima volta che mi ero sentita così? In realtà dubitavo di aver mai provato emozioni simili. Questa consapevolezza era spaventosa,terribilmente.
“Vuoi sapere cosa diamine mi interessa?” la sua voce roca, la mascella irrigidita e gli occhi.. oh, quei dannati occhi, mi facevano tremare le ginocchia come a una ragazzina alla prima cotta.
Stavo per ricollegare il cervello alla bocca e dargli una risposta affermativa, ma ancora una volta il destino non doveva essere dalla mia parte,poiché il suono della campanella si frappose in quell’atmosfera,spazzandola via bruscamente.
Si allontanò improvvisamente da me,guardandosi attorno quando gli studenti cominciarono a riversarsi in corridoio.
Sospirò e si passò una mano sul viso,stravolto.
Quando si avvertì qualcuno chiamare il suo nome,si girò in quella direzione e camminò in sua direzione.
Rimasi ferma come uno stoccafisso,mentre quell’odiosa folla lo inghiottiva non permettendomi di mantenere il contatto visivo con lui.
Quando stetti per perderlo con lo sguardo,inclinò la testa all’indietro e mi lanciò un ultima occhiata.
Rimasi incatenata ai suoi occhi fino quando la folla non lo inghiottì interamente.
Perché i battiti del mio cuore erano così forti? E perché questo faceva così tanto baccano?
Mi presi la testa tra le mani e mi allontanai,trovando pace all’interno del bagno.
Mi sciacquai il volto con un po’ di acqua fresca e mi appoggiai con le mani al lavello per sorreggere il peso del mio corpo.
Se quelli erano i primi sintomi di quella mistica malattia,avrei dovuto iniziare a curarmi prima di venirne interamente travolta.
 
Vi prego, non odiatemi!
So che la conversazione è inconclusa e che probabilmente avreste voluto conoscere una risposta.. ma non potrei mai rischiare di compromettere la figura bella e dannata di Sven con dolci rivelazioni precoci!
Comunque direi che i fatti sono belli che chiari anche senza l'uso di parole.
Sven è geloso, geloso marcio, ma Sam forse è un po' troppo tonta per accorgersene.. oppure semplicemente non ci crede visti i loro trascorsi.
In ogni caso voglio farvi un regalo: suppongo che entro stasera, o al massimo domani, arriverà già il prossimo capitolo.
Lo pubblico così anticipatamente perché, secondo me, è molto importante e segna una svolta importante.
E poi..so già che mi farò due grasse risate quando leggerò le vostre recensioni in merito!
Ps. Vi prego solo di non impazzire.
Come al solito, un grazie abnorme a chi mi segue e a chi recensisce, apprezzerei che un po' tutti lasciassero due paroline come commento, giusto per farmi capire cosa ne pensate e se vale la pena proseguire!
Xoxo. Heartless.

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11. ***


“E’ tanto che aspetti?” Chiesi a Joe,una volta salita all’interno della macchina con il fiatone a causa della lunga corsa.
Avevo già detto che odiavo le persone che camminavano in stile zombie?
Ogni volta era critico uscire da quella dannata scuola.
“Non ti preoccupare,piuttosto.. ti piace il cibo messicano?” Mise in moto ed uscì dal parcheggio,dirigendosi verso la strada principale.
Annuii vigorosamente. “Lo adoro.”
“Allora ti piacerà dove ti sto portando. Come sono andate le lezioni?”
Sorrisi e mi appoggiai con la schiena al sedile.
In quel momento mi sembravamo padre e figlia coinvolti in una delle solite conversazioni.
“Uno strazio mortale come al solito,se non fosse stato che tuo cugino si sia preso la briga di renderla ancora più tragica. Ha visto che stamattina mi hai accompagnata a scuola,e non mi ha dato un attimo di tregua..pensa che lo stia facendo apposta probabilmente..” Parlai assorta,dando l’impressione che quello fosse più un ragionamento pensato ad alta voce.
Non avvertii risposta da parte sua,trovandolo a guardare assorto dallo specchietto retrovisore.
“C’è qualcosa che non va?” Chiesi,facendolo riprendere da quel suo momentaneo stato di isolamento.
Scosse la testa e rise,prima di riportare lo sguardo puntato sulla strada. “Nulla,scusami.” Rise di nuovo.
Se io ero pazza,neanche lui però aveva tutte le rotelle al posto giusto.
Saremmo potuti essere la coppia dell’anno!
Poco più tardi parcheggiò nei pressi di un ristorante a me conosciuto.
Era lo stesso dove andavo ad abbuffarmi almeno due volte al mese.
“Senti che profumino..” Scese dalla macchina e ispirò l’aria chiudendo gli occhi,prima di sorridermi e farmi cenno di seguirlo.
Entrammo nel grande locale e riuscì a farsi imbandire un tavolo più appartato,in modo da poter avere una conversazione lontano dal rumore.
“Allora..” Iniziò,una volta sedutosi di fronte a me.
Si stiracchiò e incrociò le braccia dietro il capo,dondolandosi leggermente sulla sedia.
“Parlami un po’ di te.”
Presi un grissino dalla cesta e lo morsicchiai,prima di iniziare a parlare.
“Non c’è molto da dire.. famiglia normale,interessi comuni,vita piatta.. Mi dispiace deluderti,ma non c’è nulla di emozionante.”
Sorrise,prima di appoggiarsi con i gomiti al tavolo e avvicinarsi a me col busto.
“In realtà c’è qualcosa di interessante..e sei proprio tu.”
Quasi mi andò di traverso il grissino al suono di quelle parole.
Ma come diavolo faceva a dire delle cose simili con tanta leggerezza?
“Io non credo di esserlo..a meno che tu per ‘interessante’ non intenda la descrizione di una ragazza con poca sanità mentale,manie di isterismo e acidità costante.”
Rise. “Esattamente quello che intendo.”
“Allora non sei del tutto a posto,amico.” Sorrisi.
“Oh,ma neanche tu.” Ricambiò il sorriso.
“Scusate l’interruzione,cosa posso portarvi?”
La voce di quello che dovette essere il cameriere mi risultò familiare e,non appena alzai lo sguardo in sua direzione,quasi non mi strozzai con il grissino.
In piedi davanti a noi c’era Sven,con un sorrisetto per niente rassicurante in volto e un block notes in mano.
Ok,dovevo avere le allucinazioni,perché non poteva trattarsi di un fatto reale!
“Sven, riporta immediatamente il block notes a Sarah e smettila di fare il coglione!”
Un attimo..quella che stava urlando era Amy? Cosa diamine stava succedendo,si era per caso riunita tutta la famiglia al completo?!
Un attimo prima ero assorta in una conversazione con Joe,e l’attimo dopo stavo osservando Amy saltellare per recuperare il block notes dalle mani di Sven.
“Amy,avresti potuto provare a essere più discreta,a tenerlo lontano per almeno altri dieci minuti..” Fece Joe esasperato,tenendosi la testa tra le mani.
“Ci ho provato,ma mi spieghi come faccio a fermarlo se questo si mette a gironzolare per il locale e a fregare block notes dalle mani delle cameriere?” Lo guardò malamente e gli sganciò un pugno sul petto,che però sembrò avergli fatto solo il solletico.
Ero confusa,decisamente confusa.
“Si può sapere cosa diavolo sta succedendo?” Esplosi frustrata.
“Già,vorrei saperlo anche io cugino..” Sibilò Sven,con aria minacciosa.
Joe sospirò incrociando le mani sotto al mento,e con fare calcolato parlò senza il minimo cenno di sfinimento.
“Avanti,prendete altre due sedie e sedetevi qua con noi.”
Amy fece quanto lui aveva detto,mentre Sven rimase fermo sul posto combattuto.
“Ora.” Lo ammonì Joe,facendolo sbuffare e recuperare una sedia dal tavolo affianco.
Si sedette a cavalcioni sulla sedia e incrociò le braccia sullo schienale.
Rimanemmo in attesa fino a quando Joe non riprese a parlare.
“Sven,sai che tuo padre vuole che tu gli faccia visita questa domenica.. E,in proposito, io e Amy abbiamo valutato alcuni punti fondamentali.”
Le lanciò un occhiata complice e proseguì.
“Per prima cosa,nonostante non ci sia la minima intenzione da parte tua,sai bene quanto sia importante la tua partecipazione. Con alte probabilità ti verrà presentato l’amico d’affari di tuo padre,ed è fondamentale che tu faccia una buona impressione su di lui e sulla sua famiglia. Lui e tuo padre sono scesi a compromessi e,dato l’avanzamento dell’età,ha bisogno di un erede per la sua azienda. In mancanza di figli maschi che possano supportare un simile incarico,ha deciso di segmentare i suoi possedimenti,e una parte spetterebbe a te. Ovviamente,per ottenerla,vorrà prima accertarsi che tu ne sia all’altezza. Sappiamo tutti che lo sei,ma tu devi dargli modo di appurarlo.”
Si fermò e aspettò una reazione in Sven,che si manifestò con uno sbuffo e un impercettibile movimento del capo in segno di diniego.
Mi schiarì la voce  per attirare l’attenzione e,una volta assicuratami di averla attirata,parlai. “Non vorrei interrompere quest’interessante conversazione ma,qualcuno potrebbe dirmi gentilmente cosa centro io in questa storia?”
Joe alzò una mano in mia direzione,come intimandomi di fermarmi.
Quel tipo cominciava a perdere tutta la simpatia che aveva precedentemente conquistato.
“Quest’uomo,però,ha tre figlie femmine,una delle quali ha pressoché la tua età Sven.
Con molte probabilità il padre proverà ad accollartela,in modo da avere comunque controllati i suoi possedimenti in futuro.” Si fermò e si girò in mia direzione,sorridendomi incantatore. Cominciavo a credere che anche lui avesse la stessa capacità del cugino..appariva come un angelo quando in realtà era un diavoletto crudele.
“E’ qua che entri in gioco tu.” Rabbrividii.
“Ha bisogno di presentarsi in compagnia di una ragazza che possa passare per la sua fidanzata. In questo modo scoraggerebbe il suo tentativo ed eviterebbe riscontri spiacevoli. Perché,diciamocelo Sven,spezzeresti il cuore a qualsiasi creatura di natura femminile ti si possa avvicinare, e il fatto che tu lo faccia con la figlia di Marcus,non gioverà a nessuno.”
“Che droghe avete assunto?” Borbottai,ma nessuno mi degnò di attenzione.
A quel punto,Sven prese la parola.
“Credo che nessuno di voi due abbia afferrato il punto della situazione,che tra l’altro sarebbe stata facilmente risolvibile con una semplice azione: ovvero che io non ci vada. Non ho intenzione di presentarmi a casa di mio padre con una fidanzatina accollata al braccio,ancor meno se è lei a dover recitare la parte.” Mi guardò in tralice,e io feci altrettanto.
“Stai tranquillo tesoro,recitare la parte della tua ragazza e farti le moine non rientra nelle mie massime aspirazioni.” Sorrisi sarcastica,incrociando le braccia al petto.
In risposta rise sguaiatamente,con fare maligno.
“E quali sarebbero le tue massime aspirazioni? Ah giusto,dimenticavo: portarti a letto il mio amico.”
Emisi uno strillo di frustrazione e battei un pugno sul tavolo,attirando l’attenzione di metà locale. 
“Ancora con questa storia? Non ti rendi conto di star cominciando a diventare monotono?”
“Tesoro,non ti sei accorta che la monotonia caratterizza la tua,di vita?”
Mi lanciò uno sguardo tagliente e io mi appurai di ricambiare,ma prima che potessi partire in quinta con gli insulti,la voce di Amy ci interruppe.
Sospirò sfinita,lasciandosi ricadere sullo schienale della sedia stancamente.
“Piuttosto mi chiedo se vi accorgiate di esserlo entrambi. I vostri battibecchi sono diventati monotoni.” Prlò aspramente,sbattendoci in faccia una dura verità.
Non avrei mai pensato che ci sarebbe servita lei per accorgercene.
“Inoltre,escludendo le vostre divergenze,è la scelta migliore. Sven,sai bene quanto me che è vitale la tua partecipazione. Ne va del tuo futuro,di quello di tuo padre,e anche del tuo rapporto con la tua famiglia. Se non ti presentassi,non faresti altro che portare in tensione dei rapporti già tesi dal principio.” Fece Joe,approfittando di quel momento di tregua per continuare il suo discorso.
Sven rimase in silenzio,e in quel momento capii che stesse realmente prendendo in considerazione la proposta.
Pochi giorni prima avevo affermato che,in base alla mia prospettiva,a lui andasse sempre tutto per il verso giusto.
Mentre,in quel momento,dovetti ammettere che quel pensiero fosse quanto di più lontano dalla realtà.
Chiuse gli occhi e si appoggiò due dita su di essi,massaggiandosi lentamente le palpebre.
“E tu non ne hai nessuna intenzione,né tantomeno voglia,giusto?” Insistette Joe.
Notai Sven annuire impercettibilmente,prima di vederlo respirare profondamente.
“Va bene lo farò,ma non è necessario che sia lei a dover recitare quella parte. Ho tante conoscenze,mi basta fare una telefonata per avere dieci ragazze disposte a fingere,o anche a non farlo necessariamente..” Sorrise malizioso,lasciando intendere particolari che non avevo intenzione di cogliere.
Notai Joe ed Amy lanciarsi uno sguardo d’intesa,prima che quest’ultima sospirasse affranta e puntasse i suoi occhi in quelli del fratello.
“No Sven,non va bene una delle solite puttanelle con cui sei abituato a divertirti. Ti serve qualcuno che non tenti di toccarti il pacco anche mentre siete a cena, che sappia portare avanti un discorso con papà senza usare le parole ‘fico’, ‘manicure’  e ‘cazzo’,e alla quale non si sciolga il trucco che ha in faccia rischiando che il fondotinta diventi una cosa sola con le zuppe di cuoca Tessa.”
E quell’Amy grintosa e sarcastica da dove spuntava fuori?
“Per non parlare degli apprezzamenti che sicuramente tuo padre farà su Sam. Insomma,ha sempre amato dei lineamenti simili,soprattutto se gli ricordano tanto quelli della sua bambina.” Fece con un sorriso,lasciando un buffetto sulla guancia di Amy con fare affettuoso.
Era per me un dispiacere interrompere quella tenera scena,ma il mio sistema nervoso stava cominciando a surriscaldarsi.
“Rimane un piccolo,insignificante problema..”
Si girarono a fissarmi stralunati. “Io non ho intenzione di farlo!” Feci categorica.
“E,per una volta,io condivido la sua stessa volontà.” Intervenne Sven,sputando fuori quella frase tra i denti.
Amy ci fissò tristemente,e mi sembrò di vedere i suoi occhi inumidirsi.
“Sven.” Lo richiamò. “Per favore fallo per me.. sai quanto ci tenga che tu vada d’accordo con papà. Dimostrami di essere un buon fratello,per una volta.”
Quelle parole sembrarono andare a segno,poiché notai Sven irrigidire la mascella combattuto.
“E Sam.” Questa volta si rivolse a me,sorridendo in maniera appena accennata e sguardo incantatore. “Anche tu fallo per me.. e ricordati della promessa che ieri mi hai fatto..”
Come in un flashback,rivissi la scena in cui lei mi confidava di star male per il rapporto che si era creato tra me e il fratello,e io che le promettevo di impegnarmi affinché le cose potessero migliorare.
La mia buona volontà era durata meno di un’ora.
E,in quel momento,era appena riuscita a incastrarmi.
Dovevo faro per lei,non avevo altre vie d’uscita.
Sospirai sconfitta,socchiudendo gli occhi stancamente “Va bene..” Sussurrai,e la stessa cosa fece Sven,annuendo impercettibilmente.
Lì per lì,notando il sorriso di Amy,non ci prestai attenzione.
Ma,in un momento secondario,mi venne da domandarmi come sarei riuscita a sopravvivere a quella messa in scena.
Ero più che sicura che nessuno dei due fosse in grado di fingere una parte simile.
“Ma..non capisco. Non potevate proporci tutto questo senza che tu dovessi chiedermi di uscire?” Feci confusa,rivolta verso Joe.
Si aprì in un sorriso comprensivo,intrecciando le mani sopra il tavolo.
“Mi serviva per capire che tipo fossi..e poi,non sei decisamente spiacevole.” Ammiccò in mia direzione e Sven lo fulminò con lo sguardo prima di alzare gli occhi al cielo.
“Visto che siamo tutti qua,che ne dite di mangiare qualcosa tutti insieme?” Propose angelicamente,ma sapevamo tutti di non avere altra via di scelta.
 
La prima cosa che feci,una volta tornata a casa,fu chiamare Dee e Trent.
Non era una buona idea farli convivere contemporaneamente nello stesso spazio vitale,ma avevo bisogno di passare del tempo in loro compagnia.
Vedere loro due litigare,in un certo senso,serviva a far sentire me più rilassata e spensierata.
Passarono solo pochi minuti prima che avvertissi il campanello di casa trillare.
Non poteva che essere Trent.
Andai ad aprire e,non appena mi ritrovai davanti la figura del mio migliore amico, sorrisi.
“Tesoro,l’atmosfera di questa casa non cambia mai. A partire dall’umore pessimo che aleggia nell’aria,a..” Si interruppe,aggrottando le sopracciglia alla vista di qualcosa di inusuale da tenere sul tavolino di un soggiorno. “Quello è del bacon?” Lo raccolse con le dita e lo esaminò,avvicinandolo al naso per avvertirne l’odore.
Fece una smorfia di disgusto e lo buttò nella pattumiera in cucina.
“Quando verrà nuovamente a farti visita tua madre? Così almeno non sarò l’unico a dirti quanto fai schifo.”
“Sei così acido anche con Amy?” Chiesi,con l’obiettivo di farlo zittire. E ci riuscii.
Prima che potesse rispondere,il campanello di casa suonò di nuovo,segno che fosse arrivata Dee.
Le andai ad aprire e,non appena l’uno si accorse della presenza dell’altro,entrambi alzarono gli occhi al cielo con uno sbuffo.
“Cos’è questa sorta di riunione?” Commentò Dee,entrando in casa e andandosi a sedere sul divano.
“Tesoro,là è la porta,puoi anche andartene.” Fece Trent,indicandole la porta con un sorrisetto ironico.
Se Amy se ne fosse fregata del rapporto tra me e il fratello,come io facevo con Trent e Dee,non mi sarei cacciata in quella situazione.
Sbuffai sconsolata,ed entrambi se ne accorsero.
“Ok,sputa il rospo,cos’è successo?” Chiese infatti Dee.
Mi presi un momento per rielaborare gli avvenimenti,prima di renderli partecipi della tragedia accaduta.
A fine racconto,entrambi avevano la stessa espressione.
Rimasero con la bocca aperta per un quantitativo di tempo non indifferente,guardandomi come se avessero appena scoperto che un attacco alieno era imminente.
Trent fu il primo a riprendersi dallo sgomento. “Beh..” Provò a formulare una frase,ma si fermò quando si accorse di non saper cosa dire.
Capivo il suo stato d’animo,ma avrei apprezzato un incoraggiamento anzi che..quello.
“E tu hai accettato? Hai preso una botta in testa? Non passerà molto tempo prima che tu lo colpisca in testa con un vaso e lo uccida davanti alla sua famiglia.”
La reazione di Dee fu decisamente diversa,ma non per questo le sue parole mi servirono come incoraggiamento.
Mi imbronciai e mi infossai maggiormente sul divano,stringendo un cuscino al petto.
“Però hai fatto bene..” Decretò poi,dimostrandosi incoerente dopo la sua ultima constatazione.
“Magari potrebbe essere la volta buona in cui imparate ad andare d’accordo..” Disse Trent con aria assorta,ancora visibilmente scosso.
Li ascoltai mentre buttavano là supposizioni su supposizioni,ma solo io sapevo quale fosse il mio problema principale.
Avevo paura.
Paura di mischiare la finzione con la realtà,cedendo davanti ai suoi comportamenti fintamente amorevoli.
Avevo paura di rimanerne infatuata,più di quanto già non fossi.
Era già difficile ammetterlo a me stessa,per questo non se ne parlava di farlo anche ad alta voce.
“Forse dovreste parlarne.”
Alzai gli occhi su Trent,guardandolo con sguardo smarrito.
Non afferravo il punto della situazione.
“Sì,insomma,in modo da prepararvi prima.. magari provare a entrare già nell’ottica per evitare di prendervi a padelle in faccia non appena entrati in casa.” Spiegò,con l’insolito appoggio di Dee,che annuì per dargli sostegno.
Rimuginai sulla sua proposta,ammettendo che non sarebbe stata una cattiva idea.
Dopotutto erano state davvero poche le volte in cui avevamo passato del tempo insieme,da soli. Cominciare ad abituarsi non avrebbe potuto guastare,dato che ci avrebbe atteso un emozionante giornata in compagnia.
“Mi stai implicitamente dicendo che dovrei chiamarlo?” Chiesi come ultima conferma,sperando che la risposta fosse stata negativa e che non avessi dovuto compiere una simile atrocità.
Entrambi annuirono,togliendomi quell’ultima speranza.
Feci un respiro profondo e feci per andare a recuperare il cellulare,quando qualcuno suonò. Quella doveva essere Amy,che doveva essere venuta a controllare non mi fossi suicidata.
Quando aprii la porta,però,rimasi di sasso.
Talmente di sasso che non riuscì a spiaccicare parola fino a quando non lo fece lui.
“Senti,stavo pensando che..” Sven si interruppe quando si accorse della presenza degli altri due,rivolgendo un cenno della mano in loro direzione. “Ciao ragazzi.”
Dee e Trent rimasero con lo sguardo smarrito,innalzando una mano in sua direzione e salutandolo meccanicamente.
Sven li guardò stranito ma poi scosse la testa,riportando l’attenzione su di me.
“Ho pensato che forse è meglio prepararci,prima.”
“Dovremmo farci una chiacchierata..” Feci io,in sincrono con lui.
Rimanemmo inebetiti per qualche istante,prima che fosse nuovamente lui a prendere la parola per primo.
“Fantastico,per una volta siamo d’accordo su qualcosa. Stavo pensando che potevamo andare a mangiarci un boccone al grill qua vicino.” Propose.
Annuii con vigore,concordando con la sua scelta sul luogo pubblico.
In quel modo non sarebbero potuti volare oggetti contundenti o robe varie..
Fece per parlare nuovamente,quando il suo sguardo cadde sulla mia canottiera bianca. Non indossavo il reggiseno sotto.
“Magari vuoi metterti qualcos’altro addosso..” Sorrise ambiguo.
In quel momento gli avrei urlato di andare a farsi fottere e gli avrei sbattuto la porta in faccia,ma in nome di Amy mi trattenni.
Inoltre non volevo dargliela vinta.
Annuii e mi spostai dalla soglia per permettergli di entrare.
Quando mi girai trovai Trent e Dee già pronti per darsela a gambe.
Vigliacchi,mi abbandonavano in quel modo!
“Devo andare a cena con Trey,è meglio se torni a casa a prepararmi..” Fu la scusa di Dee.
“E io..io devo andare da Amy!” Era palese che quella di Trent fosse una bugia montata su due piedi.
Lanciai loro un occhiata eloquente,a cui risposero con un sorrisetto angelico.
Mi depositarono un bacio sulla guancia e,dopo aver salutato Sven,uscirono di casa.
Prima di chiudersi la porta alle spalle,Trent mi fece l’occhiolino.
Quel ragazzo non aveva proprio capito niente dalla vita,ma poverino non poteva sapere che il giorno dopo l’avrei ucciso.
Sospirai senza farmi vedere,prima di girarmi pronta ad affrontarlo.
“Dammi cinque minuti.” Mi limitai a dire,prima di salire le scale diretta verso camera mia.
Mi imposi di indossare le prime cose che mi capitassero a tiro,ignorando la vocina che mi urlava di sorprenderlo.
Racimolai un paio di jeans strappati e un cardigan nero,raccogliendo poi i capelli in un ordinata coda alta. Non mi truccai,non avevo la minima voglia di farlo.
Appallottolai i vestiti indossati precedentemente e li buttai all’interno dell’armadio.
Mia madre sarebbe stata sicuramente orgogliosa della sua figlioletta..
Mi girai e feci per uscire dalla camera,quando quasi mi venne un infarto nel trovare Sven a gironzolare per essa,guardandosi attorno.
E lui quando era entrato?!
“No ma prego,fai pure come se fossi a casa tua.” Feci ironicamente,indicandogli lo spazio circostante.
“Già fatto,non ti preoccupare.” Ammiccò,prima di fermarsi a guardare una pila di libri sistemati disordinatamente su una mensola.
Era un porcile quella stanza,ma lui non sembrava prestarci particolare attenzione.
Gli diedi dieci punti in più solo per il fatto che non avesse fatto commenti in merito.
Quando mi accorsi di un tanga ai piedi del letto mi avvicinai furtivamente ad esso e,con un movimento del piede,lo nascosi sotto il letto.
Un giorno avrei dovuto dare una ripulita là sotto,ma non sapevo ancora quando sarei riuscita a racimolare il coraggio per farlo..probabilmente mai.
Piuttosto avrei dato fuoco all’intera casa,ma in quei meandri non mi sarei avventurata.
Troppo persa in pensieri stravaganti,non mi accorsi di quanto lui fosse concentrato nella lettura di qualcosa.
Quando mi concentrai meglio su ciò che teneva tra le mani,mi accorsi che fossi il mio diario segreto.
Ok,avevo un diario segreto!
Ma il fatto di averne uno all’età di 19 anni,non voleva necessariamente dire che fossi una sfigata, giusto? Giusto. Sì Sam,credici.. disse la vocina della mia coscienza.
La scacciai con un movimento della mano e poi mi puntellai sulle punte per cercare di arrivare alla sua altezza e strapparglielo di mano.
Caro Diario,la mia vita è una merda e penso che un opossum stecchito in autostrada provi comunque più emozioni di me.. ” Prese a leggere ad alta voce,sorridendo divertito mentre con una mano cercava di allontanarmi.
Ora gli faccio male,ora lo faccio..
Stasera è successa una cosa strana,forse a causa dei miei istinti sessuali realmente repressi.. ” Si fermò e ridacchiò,lanciandomi uno sguardo soddisfatto “Te l’avevo detto io.” Disse,prima di riportare gli occhi sulla pagina del diario.
Stavo pensando a lui e ad un tratto.. ” Quando mi ricordai di cosa venisse dopo sbarrai gli occhi,prima di mordergli istintivamente il braccio con quanta più forza avessi.
Emise un ringhio di dolore e lasciò ricadere il diario a terra,premendosi una mano nel punto in cui era stato ferito dai miei fidati dentini.
Accidenti,che bel marchio fluorescente che gli avevo impresso sulla pelle..
Ero fiera di me stessa.
“Cosa sei,un cane con la rabbia?!” Mi sbraitò contro,con una smorfia di dolore in volto.
“Se avessi imparato a farti i cazzi tuoi,non mi avresti costretto ad esserlo.”
Rimisi il diario al suo posto e,con un gesto della mano,lo invitai ad uscire dalla stanza.
“Usciamo di casa prima che ci ripensi e decida di compiere un omicidio e nascondere il tuo cadavere nell’armadio..” Sibilai esasperata,mentre lo scortavo al piano di sotto tenendo sott’occhio i suoi movimenti.
Recuperai le chiavi di casa e le buttai nella borsa,insieme al cellulare e al portafogli.
Ci dirigemmo verso la sua macchina e salii a bordo,sperando che quel momento sarebbe presto terminato.
A dir la verità,non avevo la più pallida idea di come comportarmi.
Tra l’altro,non potevo assicurare di riuscire a mantenere il sangue freddo per più di dieci minuti in sua presenza.
Presi quell’uscita come un allenamento estremo.
Cercai di concentrarmi sulla strada,mentre canticchiavo silenziosamente il motivetto di una canzone di cui non ricordavo il nome. Tanto per tenermi impegnata.
“Chi è lui?” Mi chiese ad un certo punto,con lo sguardo puntato sulla strada e l’aria seria.
E ora cosa mi stava a significare quella domanda? Se qualcuno fosse riuscito a captarne il senso,che per favore mi renda partecipe.
“Chi è lui,chi?”
“Quello di cui parlavi nel diario.” Mi lanciò una rapida occhiata,prima di svoltare a destra e concentrarsi sul tragitto.
Intanto,in quel lasso di tempo,io impallidii.
Uh Signur, e ora come ne uscivo fuori?
Optai per la via più semplice. “Ma.. e a te che diamine importa?” Bofonchiai sulla difensiva.
“Allora?” Mi incitò lui,accantonando la mia risposta insoddisfacente.
Sbuffai e mi decisi a mentire,sparando un nome a caso e affiancandogli un titolo.
“Non lo conosci,si chiama..Clark!”
Oh,ma diamine! Con tutti i nomi esistenti,dovevo proprio scegliere il suo cognome?!
“Prova a descrivermelo,magari lo conosco.” Fece imperterrito,con espressione decisamente divertita.
Come una stolta,mi ritrovai ad assecondarlo senza rendermene conto.
“Un ragazzo alto,capelli corvini e occhi dello stesso colore,caratteraccio ma incredibile sex appeal..” Feci sovrappensiero,senza accorgermi fin da subito che gli avessi appena servito la sua descrizione.
Mi schiaffai una mano in faccia e,in quel momento,desiderai solamente di scomparire o di venir colpita da un missile.
La speranza che lui non fosse arrivato alla conclusione giusta,svanì non appena notai il suo sorrisetto.
Si girò in mia direzione e mi fissò in maniera indecifrabile.
“Sì..credo di conoscerlo.” Il sorriso si allargò,così come il vuoto all’interno del mio stomaco.
Ero a quota due figure di merda ed ero in sua compagnia da nemmeno un’ora.
Non avevo idea di come si sarebbe svolta la restante parte della serata.
Per carità,che un anima buona mi venga in soccorso..


 
Ditemi che mi amate almeno un minimo per aver pubblicato due capitoli in un giorno!
Anche perché sto scrivendo queste ultime considerazioni con un occhio aperto e l'altro chiuso, e dalla mia bocca sfugge il tipico suono di una persona che sta già russando.
Ma comunque, tornando alla storia.. Cosa ne pensate? 
Vorrei sentire le vostre opinioni, perché vorrei capire se vi sareste mai aspettati un risvolto simile.
Secondo me alcuni avranno pensato e sperato nel bacio.. beh mi dispiace, ma vi rivelo che il bacio non sarà a breve. Non chiedetemi perché, ma quando ho ideato questa storia, mi sono imposta come blocco quello delle almeno 100 pagine. 
Ovvero: avrei permesso al bacio di manifestarsi solo dopo la creazione di 100 pagine.
Almeno 100 pagine,quindi..
Qual è la vostra opinione in merito alla nuova notizia?
Secondo voi come si svolgerà la loro giornata nel ruolo della coppia romantica?
E da cosa deriva quest'accenno di disprezzo di Sven, nei confronti del padre?
Per conoscere le risposte,continuate a seguirmi!
Un bacio e un grazie speciale a tutti.
Xoxo. Heartless.
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12. ***


Seguendo il tragitto che stavamo percorrendo,mi resi conto che mi stesse portando in un posto non frequentato usualmente nel mio tempo libero.
Quando però parcheggiò vicino all’entrata,mi resi conto che non mi fosse del tutto estraneo. Ci misi però qualche istante a ricordarmi di quando fossi entrata in quel posto.
Varcammo la soglia e prendemmo posto in uno dei tavolini vicino alla grande vetrata che dava sulla strada.
Mi afflosciai sul divanetto,già al limite della sopportazione mentale.
Non che alla fine avesse fatto qualcosa di spiacevole,ma avevo capito fosse la sua sola presenza a stressarmi.
Inoltre,là dentro,non riuscivo a controllare il pensiero di esserci già stata.
Ma quando..?
Quando un omino basso,delle stesse sembianze di un elfo,venne a chiederci cosa volessimo ordinare,mi si accese una lampadina.
Per poco non gli risi in faccia,compiendo uno sforzo immane nel trattenermi.
“Io prendo un hamburger con patatine e una birra..” Richiese Sven,mentre il nanetto trascriveva l’ordinazione su un block notes.
“Io invece prendo una bistecca ai ferri con contorno di patate,una Coca Cola e..” Feci vagare il mio sguardo sul grande menù al lato dell’entrata “Anche un toast.”
Notai Sven sollevare le sopracciglia stupito,mentre il folletto trascriveva quanto avevo detto,prima di dileguarsi con un sorriso.
“Ti tieni leggera.” Commentò Sven sarcasticamente,una volta rimasti soli.
“Non ho problemi di linea,quindi direi di potermelo permettere.” Risposi distrattamente,concentrata nell’attorcigliare un tovagliolo.
Mi guardai attorno e rivissi la scena di quella sera,il momento in cui la mia attenzione venne catalizzata sulla sua figura.
Non potei fare a meno di ridere al ricordo.
Mi guardò stranito,per questo motivo decisi di svelargli ciò a cui stavo pensando.
“La prima volta che ti ho visto..” Inizia incerta,prima di puntare un dito verso il punto in cui si trovava quella sera. “Eri seduto al bancone laggiù,a ridere e scherzare con un amico e a bere una birra.. quella stessa sera ti rincontrai alla pista di pattinaggio e..beh da là in poi sai il resto della storia.”
Ora che l’avevo detto,mi sentivo stupida nell’averlo fatto,soprattutto guardando la sua espressione stralunata.
Si passò una mano nei capelli e mi guardò in maniera strana,a metà tra il divertito e il compiaciuto.
“Devi avermi osservato parecchio per ricordarti certi dettagli.”
Alzai gli occhi al cielo alla vista della sua solita presunzione. 
“È inutile che parli come se ne fossi sorpreso. Ti ho già detto qual è stata la mia prima impressione su di te,certo..poi hai aperto bocca e hai dovuto rovinare tutto.” Borbottai tra me.
“Sei tu che hai iniziato a provocarmi,dandomi dello stronzo.” Ribatté.
“Forse perché tu ti stavi comportando da stronzo esibizionista.”
“Esibizionista, io?” Fece oltraggiato,portandosi una mano al cuore scherzosamente.
Alzai gli occhi al cielo e lui rise,ed era così strano sentirlo ridere davvero per merito mio.
Non risposi alla sua domanda idiota e mi impegnai per deviare l’attenzione su un discorso di maggior importanza.
“Piuttosto che perderci in convenevoli,sarebbe meglio parlare della disgrazia che dovremmo affrontare questa domenica.”
Divenne tutto d’un tratto serio,passandosi ancora una volta una mano nei capelli.
Cominciavo a pensare che fosse un suo tic involontario di quando si trovava in situazioni tese.
 “Non ho alcuna intenzione di trascorrere anche il pranzo in quella casa,ecco perché partiremo nel pomeriggio. La casa dei miei è a un’ora di strada da qui,quindi per le sei sarebbe l’ora perfetta per partire. In questo modo arriveremo pressoché per l’ora di cena,senza doverci perdere in scomode conversazioni  di circostanza.  Anche perché,ti assicuro,che se io non sono la persona più amabile di questo mondo,mio padre lo è ancora di meno..”
“Lo sapevo che doveva essere una cosa di famiglia..” Sussurrai sovrappensiero,beccandomi un occhiataccia da parte sua.
Suscettibile il ragazzo!
“In quanto all’abbigliamento,vestiti normale,indossa pure abiti comodi.. per la sera ci penso io a fornirti un vestito appropriato”
“Possibile che si debba fare tanto casino per una cena?”
Mi lanciò un occhiata tagliente,prima di sospirare e perdersi con lo sguardo fuori dalla grande vetrata. “Quando conoscerai la mia famiglia, capirai..”
Certo che, con frasi simili, non faceva diminuire la mia voglia di darmela a gambe e fuggire in Messico.
Evitai di farglielo notare solo perché anche lui sembrava abbastanza teso da quella situazione.
C’era però un punto fondamentale di cui non avevamo ancora discusso,e ritenevo fosse per me il più importante.
Che comportamento avrei dovuto tenere? E soprattutto..lui che comportamento avrebbe tenuto nei miei confronti? La consapevolezza di non saper cosa aspettarmi era quasi angosciante.
Non ebbi il tempo neanche di trovare il modo per intavolare il discorso,che lo gnomo da giardino tornò a farci visita con le nostre ordinazioni.
“Buon appetito!” Ci augurò,dopo averci lasciato i piatti sotto il naso e le nostre rispettive bevande.
In quel momento mi dimenticai di ogni misera cena,comportamenti e cose varie..esistevamo solo io e il cibo.
Mi tuffai sulla bistecca di carne,divorandola in grandi bocconi.
Bagnai le patatine nelle salse e poi mi leccai le dita impregnate di maionese per godermi a pieno il gusto,tracannando di tanto in tanto grandi sorsate di coca cola.
Con talmente tanta foga che ad un tratto mi andò di traverso e mi ritrovai a tossire e imprecare come una zoticona.
Sentii una risata provenire dalla parte opposta del tavolo,e questo mi fece portare l’attenzione su di lui.
“Lo so,pensi che sia un bufalo inferocito e ti stai preoccupando di come potrei comportarmi a cena con i tuoi.. ma ti posso assicurare che mi impegnerò,anche perché mi ci mancano solo altri tuoi familiari a cui provocare ribrezzo. Ci sei già tu a rendermi la vita impossibile,il che mi basta e avanza per..”
“In realtà..” Mi interruppe,bevendo un sorso dalla sua birra e guardandomi ambiguamente. “Stavo pensando che non ti accorgi di quanto sia erotico ogni tuo gesto.” Buttò lì con una semplicità disarmante,lasciandomi inebetita a fissarlo con la bocca piena di patatine.
Si rigirava la birra tra le mani,facendo smuovere il liquido al suo interno.
Ma si era almeno reso conto di quanto aveva detto?
No perché io non me ne sarei dimenticata tanto facilmente,e la notte che sarebbe passata sarebbe stata un incubo per me.
Decisi di buttarla sul ridere per evitare di essere io quella a buttarsi sotto una macchina in corsa.
“Ho le stesse movenze di un camionista, lo stesso linguaggio di uno scaricatore di porto e l’aspetto di una spacciatrice di ghetto. Sarei curiosa di sapere cosa merita di definirsi ‘erotico’ in tutto questo.”
Rise e,con ancora la birra in mano,si lasciò cedere contro lo schienale del divanetto.
“Solitamente le ragazze che porto fuori a cena non si sognerebbero mai di ordinare tutta la roba che hai ordinato tu e di abbuffarsi come un bambino come hai fatto tu..
Sono così banali e scontate,fatte tutte con la fotocopiatrice. Ecco perché trovo erotico il fatto che qualcuno non si comporti come loro.” Mi fissò con fare intenso,causandomi uno strano scherzetto alla bocca dello stomaco.
Dovevo aver decisamente mangiato troppo.
Lo guardai senza emettere alcun suono,poiché il mio cervello aveva deciso di scollegarsi dalla bocca e di non carburare più frasi intelligenti da dire.
Il che era un avvenimento più unico che raro,ma il fatto che fosse stato lui a provocarmi quello scombussolamento non avrebbe più dovuto sorprendermi.
Notando che fosse riuscito a farmi rimanere senza parole,sorrise.
E per una volta,niente sorrisetti di scherno o beffardi, quello era un sorriso vero.
Attenti tutti,ragazze e ragazzi,Sven Clark mi aveva appena riservato un sorriso!
Quel momento sarebbe stato da immortalare..
Racimolò il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans e si appropinquò per andare a pagare.
“Resta qui.”
Quando realizzai cos’avesse intenzione di fare balzai in piedi,cercando di fermarlo.
“Fermo,dove hai intenzione di andare e soprattutto cos’hai intenzione di fare?  Non lascerò che tu paghi la mia parte,posso benissimo..”
Bastò un suo sguardo eloquente per farmi tacere.
Mi imbronciai e mi arresi,gonfiando le guance come una bambina offesa.
Aspettai che ebbe terminato alla cassa e poi,al suo fianco,uscii dal locale.
Effettivamente mi sentivo triste a pensare che fosse già tutto finito,anche perché alla fine non era stato tanto spiacevole..
“Ah,quasi dimenticavo.” Disse una volta saliti in macchina.
“Per quanto riguarda il nostro comportamento,non ti preoccupare più di tanto.
Farò in modo che ti venga naturale,basterà che tu segua ciò che faccio io e che mi regga il gioco.” Chiarì.
Sganciai un sospiro di sollievo,in parte rasserenata dal fatto che non pretendesse una recita da Oscar.
“Secondo te ci crederanno?” Domandai,in parte preoccupata.
“So risultare molto convincente se mi impegno in quello che faccio,e posso assicurarti che non avrei problemi a farti cadere realmente ai miei piedi.” Si girò verso di me e mi fece l’occhiolino,facendomi rabbrividire.
Quello Sven malizioso e tentatore era ancora peggio di quello stronzo e strafottente.
Non sapevo più cosa aspettarmi da lui,era terribilmente imprevedibile.
“Risparmiati le solite frasi da film,ho affettato il concetto senza il bisogno che tu debba sparare altre stronzate.” Dissi,usando la mia solita acidità come arma difensiva.
Lui,in risposta,rise. “Hai ragione,non c’è bisogno che ti faccia innamorare di me,lo sei già in maniera folle.”
La saliva mi andò di traverso e mi ritrovai a tossire convulsivamente,sperando di non morire soffocata da un momento all’altro.
Per fortuna arrivammo davanti casa mia prima che lui decidesse di dire altri frasi simili e farmi avere un mancamento nella sua auto.
Feci per scendere dalla macchina e salutarlo da lontano con la manina,ma la sua voce mi fermò prima che potessi farlo.
“Quello lì non è lo stesso ragazzo che volevi scollarti di dosso a scuola? Bobby..O una roba del genere.” Fece con espressione accigliata,guardando dallo specchietto retrovisore.
Mi sporsi per fare lo stesso,ignorando il fatto che fossi vicina a lui tanto da sentire il suo respiro sul mio collo.
Mi fece cenno di scendere e lui fece lo stesso.
Feci il giro e lo raggiunsi dal lato del conducente. “Si è lui,ma non si chiama Bobby.”
“E allora come si chiama?” Chiese con aria distratta,guardando ancora alle mie spalle. Probabilmente si stava avvicinando.
“Sicuramente non Bobby.”
Spostò lo sguardo su di me,sollevando le sopracciglia con fare divertito.
“Non sai il suo nome?”
“Beh,e chi se lo ricorda,non è che ci abbia prestato molta attenzione quando me l’ha detto..” Borbottai con tono infantile,evadendo dal suo sguardo divertito.
Inoltre non ero così sprovveduta,mi pareva fosse qualcosa come Jimmy,o forse Jeremy.. ero ancora indecisa tra quei due.
Ad un tratto la sua espressione mutò,e il suo sorriso divertito si trasformò in qualcosa di raccapricciante.
Quel sorrisetto diabolico era un pessimo presagio,PESSIMO..
Continuando a tenere fisso lo sguardo alle mie spalle si avvicinò a me,obbligandomi poi a fare lo stesso cingendomi da dietro la schiena con un braccio.
“C-che cosa stai.. facendo?” Balbettai presa alla sprovvista,preoccupata per le idee malsane che scorrevano all’interno della sua mente malata.
La cosa più preoccupante era che ci prestasse ascolto.
Continuò a fissare Jimmy/Jeremy con sguardo affinato ed espressione furba,prima che non lo obbligassi a riportare la sua attenzione su di me con un pizzicotto sul fianco.
Emise un verso di fastidio,prima di riportare i suoi occhi nei miei.
“Calma micetta..” Sussurrò assorto,prima di cingermi maggiormente da un fianco e incollarmi al suo corpo.
Alzò una mano e la posò sui miei capelli,rigirandosi la coda tra le dita con espressione rapita. Ad un certo punto me la sistemò di lato e me la tirò dolcemente in giù,obbligandomi a inclinare leggermente la testa di lato.
Rimasi immobile a fissarlo rapita,solo per il fatto che non avessi la minima idea di cos’avesse in mente e,insanamente, avevo voglia di scoprirlo.
Lo lasciai fare quando prese a lasciarmi carezze appena accennate sul collo,e feci la stessa cosa quando sentii la sua mano vagare tra il mio sedere e il mio fondoschiena.
Sussultai solo quando mi si avvicinò all’orecchio,paralizzandomi e sconcertandomi con il suo profumo.
“Ferma..” Mi ammonì,rimanendo con le labbra incollate al lobo del mio orecchio.
“Stavo pensando che non sarebbe una cattiva idea fare una un po’ di pratica e calarsi nei personaggi..tu che dici?”
E quella voce roca da dove saltava fuori? Era meglio che ritornasse nella sua tana prima che cadessi a terra e battessi la testa.
Dovevo evitare che succedesse,altrimenti avrei perso del tutto la mia sanità mentale.
Cominciai ad andare nel panico e scossi freneticamente la testa,seppur in maniera impercettibile.
“Cattiva idea,pessima.” Ripetei con vigore,provando a svincolare dalla sua presa senza grandi successi.
Quando mi avvolse nuovamente tra le braccia e fece vagare le sue dita incantatrici lungo la mia spina dorsale,smisi di ragionare.
“Smettila di..”
“Shh..” Mi zittì.
Si abbassò repentinamente e velocemente come un’aquila,mirando al mio collo lasciato scoperto.
Quando le sue labbra entrarono in collisione con la mia pelle e cominciarono a stuzzicarla,pensai che veramente le gambe avrebbero smesso di sorreggermi.
Mi appoggiò una mano dietro la nuca,impedendomi di allontanarmi fino a quando non fosse stato lui a volerlo.
Baciò il mio collo con maggior impeto,prendendo poi a lasciare baci bollenti sulla linea della mia mascella,passando poi alla mia parte sensibile sotto il mento.
Dalle mie labbra scaturì un verso di approvazione,che lo incoraggiò ad andare più a fondo,arrivando fino alla scollatura della maglia.
Tremavo e mi sentivo bruciare: due sensazioni contrastanti ma che,mischiate tra loro,davano vita a una delle eccitazioni più incontrollate della storia.
E,come se non bastasse,le sue labbra sulla mia pelle e i suoi denti a mordicchiarla lievemente,potevano ritenersi l’ottava meraviglia del mondo.
Continuò a girarci attorno ma non arrivò mai al mio maggior punto di interesse.
Le mie labbra fremevano,ma lui non sembrava volermi accontentare.
Capii che non l’avrebbe fatto quando sentii il suo corpo abbandonare il mio,facendo disperdere il calore che ero riuscita ad accumulare.
Mi guardò prima con aria smarrita,forse non essendosi aspettato quella reazione da parte mia.
Poi guardò nuovamente alle mie spalle,sorridendo quando si accorse che non ci fosse più nessuno.
“Il coglione ha cambiato strada.” Rise.
Rimasi intontita a fissare un punto imprecisato alle sue spalle,con la bocca ancora leggermente schiusa per il piacere provato.
Non volevo immaginare cosa mi sarebbe successo se ci avessi fatto sesso.
Ma un momento,mi aveva appena usata per divertirsi un po’?
Brutto..beh,dopotutto non potevo non ammettere che a me fosse dispiaciuto.
“Ci tengo a precisare che,quello che hai appena fatto,potrebbe essere ritenuta una molestia sessuale.” Incrociai le braccia al petto e presi le distanze da lui,cercando di non respirare di nuovo il suo profumo. In caso contrario,mi sarei attaccata a lui come un koala si attacca ad un albero.
Sollevò le sopracciglia e mi guardò accennando un sorriso.
Che si levasse pure quell’espressione dalla faccia,perché a me la situazione non divertiva proprio per niente.
A breve avrei vomitato se avesse continuato a fissarmi con quegli occhi..oddio,mi sentivo male.
“Sarebbe stata una molestia sessuale se l’avessi fatto contro il tuo volere.” Ribatté sicuro di sé.
“Infatti l’hai fatto contro il mio volere!” Puntualizzai,inarcando un sopracciglio nervosamente.
Mi fissò intensamente e si morse un labbro,prima di scuotere la testa e ridere rocamente.
Quando riportò i suoi occhi nei miei,mi accorsi che avesse in essi una luce diversa.
E,se possibile,era ancora più attraente.
“I tuoi gemiti di approvazione dicevano tutto il contrario.” Si mise una mano in tasca e sorrise sghembo.
Fottuta. Mi aveva appena fottuta.
E io ero stata una stupida senza un minimo di autoconservazione.
Ma insomma,era così difficile per me trattenermi un minimo in sua presenza?!
Dalla gola mi scaturì un ringhio frustrato e,sempre per l’irritazione,battei un piede a terra.
“E chi ti dice che non fossero gemiti di protesta?” Tentai di difendermi ancora una volta.
Mi guardò per tre secondi seriamente,poi scoppiò a ridere senza controllo.
Ma certo,che mi umiliasse ancora! Infondo che problema c’era?
Ah giusto,la mia dignità mi stava per salutare mentre scompariva nel buio.
“Oh ma insomma,vai un po’ al diavolo! Non ho idea di come farò a sopportare di passare un giorno intero con te,ma ti assicuro che se ne uscirò viva saprò come riscattarmi! Ma dimmi te,non ho idea neanche io di come sia finita in questa situazione di merda!” Presi a borbottare,presa dall’imbarazzo e dalla rabbia.
“Andiamo,vuoi stare un po’ zitta? Ho la testa che mi sta esplodendo.” Si portò una mano a massaggiarsi le tempie,interrompendo ancora una volta il mio sfogo.
Prima mi faceva incazzare,e poi mi diceva di tacere quando prendevo a inveirgli contro.
Questo ragazzo,o aveva qualcosa che non andava,o non aveva capito niente di come funzionasse la vita,soprattutto se si aveva a che fare con me.
La sua arroganza stava cominciando a divenire insostenibile per me.
“Solitamente parli così alle ragazze con cui esci? Se la risposta è affermativa,allora avrei piacere ad avere una conversazione con una di loro per capire il perché vengano ugualmente a letto con te. Comincio a pensare che nessuna di loro abbia della materia grigia in testa.” Lo guardai truce.
“Non serve che parli con una di loro,puoi semplicemente fare due chiacchiere con te stessa. Perché verresti a letto con me nonostante sia un arrogante del cazzo?” Ammiccò in mia direzione e sorrise vittorioso.
Non riuscivo proprio a capacitarmi di come facesse ad avere ogni volta il coltello dalla parte del manico.
L’unica cosa che avevo io,invece,era sempre una lama conficcata nelle interiora.
Cominciai a fremere dalla rabbia,assomigliando ad un vulcano in eruzione.
Sperai che non si allontanasse fino a quando non avrei eruttato lava bollente.
All’ultimo,però,decisi di trattenermi per non dargli maggior soddisfazione.
Ero pur sempre una persona matura.
“Buonanotte.” Borbottai,prima di dirigermi verso l’ingresso di casa con i pugni serrati lungo i fianchi per evitare di tornare indietro e prenderlo a borsate sulle gengive.
All’ultimo, però, ci ripensai e salutai la mia maturità da lontano.
“Anzi,altro che buonanotte! Ti auguro di avere la diarrea per tutta la notte,e che l’unico cesso disponibile nel raggio di un kilometro sia la puttana che ti porterai a letto.” Sorrisi soddisfatta e poi entrai in casa chiudendomi la porta alle spalle con un tonfo.
Mi appoggiai con la schiena alla porta e sentii la sua risata rimbombarmi fin dentro le ossa.
Quel suono scatenò una reazione preoccupante nel mio corpo.
Com’era possibile che una sola risata mi destabilizzasse fino a quel punto?
Rimasi in allerta fino a quando non sentii il rombo della macchina allontanarsi,a quel punto mi concessi di abbassare le difese.
Mi portai una mano sulla fronte e scivolai lentamente con la schiena lungo il legno duro della porta.
Mi ritrovai seduta con le ginocchia al petto,mentre fissavo ad occhi sbarrati un punto davanti a me nel buio.
Non mi piacevano per niente le sensazioni che scatenava in me,non perché fossero brutte di per sé,ma perché ne era lui l’autore.
Come in un lampo,mi ritornarono in mente le parole di Joe poche ore prima:
 
‘Perché,diciamocelo Sven,spezzeresti il cuore a qualsiasi creatura di natura femminile ti si possa avvicinare..’
 
I miei sensi erano già in allerta da tempo,e sarei dovuta andare ai ripari prima di morire schiacciata dal peso delle mie emozioni.


 
Buonasera a tutti ragazzi!
Come ve la passate? Io così così, ho delle borse sotto gli occhi che potrei utilizzare come valigie contenitive per fare un viaggio (?)
Come potete vedere sto delirando, ma in ogni caso trovo spazio per voi!
Ora però smettiamola di parlare della mia esasperante e patetica vita, e ritorniamo alla storia.
Questa, se ci pensate bene, è stata la loro prima uscita soli soletti, seppur non in veste ufficiale.
Quella tonta di Sam si stava anche rifiutando di far pagare Sven, da non crederci!
C'è anche stato un momento 'hard', in cui si può vedere Sven alle prese con una possibile trasformazione di Sam in koala. Anche perché, se si fosse spinto oltre, con molte probabilità chi l'avrebbe più staccata?
Nel possimo capitolo vedremo i nostri due protagonisti alle prese con la dolce famigliola.. per modo di dire.
Sam entrerà a far parte di un campo minato, su cui è difficile camminare con leggerezza: la famiglia di Sven.
 E si sa che, più non si vuole che le cose si scoprano, prima accadrà... per non parlare delle cose che saltano fuori quando si è in famiglia!
Per tutti quelli che stanno morendo dentro nell'attesa del bacio.. siamo sulla giusta strada, ma un po' di acqua dovrà passare sotto i ponti. Abbiate pazienza, e verrete ripagati.
Dopotutto la tensione sessuale accumulata dovrebbe migliorarlo, no? ;)
Vi lascio un bacio enorme, e fatevi sentire attivi e numerosi!
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13: ***


Il giorno dopo fu uno sfiatamento mortale.
Avevo lo stesso livello d’ansia di un soldato prossimo all’andare in guerra,che poi non ero tanto lontana da quella realtà.
Stavo per entrare nel campo nemico e,cosa ancora più assurda,lo stavo facendo con il mio nemico ufficiale numero uno.
Avrei potuto farmi una risata in merito,oppure ficcarmi una pallottola in bocca.
Francamente avrei preferito optare per la seconda opzione,ma colui che mi aveva trascinato nella sua macchina con la forza non sembrava pensarla come me.
Battevo ritmicamente il piede a terra da circa quindici minuti,e mi mordicchiavo nervosamente un unghia guardando fuori dal finestrino.
Il paesaggio all’infuori di esso scorreva troppo in fretta per i miei gusti,il che voleva dire che avremmo raggiunto presto la meta.
Mai come in quel momento,desiderai più ardentemente che il tempo si fermasse.
“La vuoi finire?” mi chiese lui in tono irritato,lanciando una rapida occhiata in mia direzione.
Sbuffai e mi riportai seduta in posizione eretta,fissando il tragitto davanti a me con terrore.
“Scusami tanto se sono agitata.” Feci sarcastica.
“Anche io lo sono,ma non mi sembra di star facendo qualcosa che ti faccia innervosire ancora di più.” Mi trafisse con lo sguardo.
“Guarda che basta la tua sola presenza per farmi innervosire più del dovuto.” Ci tenni a puntualizzare,ricambiando il suo sguardo.
Quello fu l’unico accenno di conversazione che intraprendemmo,prima di rallentare nei pressi di un quartiere una mezz’oretta dopo.
Quando svoltò per intraprendere un ciottolato,rallentando maggiormente,mi accorsi che fossimo prossimi a raggiungere la meta.
E ne ebbi la conferma pochi minuti dopo,quando si fermò davanti a un cancello automatico e scese dalla macchina per citofonare.
Intanto presi tempo per osservare la casa che si estendeva infondo al vasto giardino.
Anche se,per rendere meglio l’idea,la casa sarebbe stata da definire una reggia,e il giardino un parco.
Quella visione servì solo per far aumentare maggiormente il mio livello d’ansia.
Le mani presero a sudarmi,mentre le stringevo freneticamente intorno alla pelle del sedile.
“Dimmi che è uno scherzo.” Dissi sconfortata,una volta che fu rientrato in macchina per avviarsi al suo interno.
Non mi prestò attenzione e prese a elargirmi una raccomandazione dopo l’altra.
“Se mia madre ti offrirà uno dei suoi dolci,non rifiutare per nessun motivo al mondo. Sono sicura del fatto che non potrebbe mai perdonartelo.”
Oh tranquillo,non sono certo il tipo da rifiutare cibo gratis..
“Se mai dovesse esserci anche mia cugina più piccola in giro per casa,che non ti venga in mente di non giocare con lei se te lo chiede. Francamente,non ti conviene provocarla..”
Cos’era? La figlia di Satana o una roba del genere?
Anche se fosse stato,non avevo più alcuna voglia di scoprirlo.
Quando parcheggiò nei pressi del porticato,le mie intenzioni di scendere dalla macchina erano pari a zero.
Avrebbero dovuto chiamare le forze armate per convincermi a lasciare il mio unico luogo sicuro.
Quando lui abbandonò la sua postazione e si ripresentò dalla mia parte,aprendomi la portiera per invitarmi a scendere,mi rifiutai categoricamente.
“No,ci ho ripensato,io non scendo. Sto bene qui,grazie. Chiamami quando questo strazio sarà finito.” Presi a farneticare,scuotendo categoricamente la testa quando provò ad afferrarmi da un braccio affinché abbandonassi l’abitacolo.
Quando si rese conto che in quel modo non sarebbe andato da nessuna parte,sospirò e si tenne la fronte appoggiando il braccio sulla portiera.
“Sam,scendi da questa cazzo di macchina.” Fece con tono duro e sfinito al tempo stesso.
“Ehm no.” Affermai.
“Ehm si.” Mi fece il verso e allungò le mani in mia direzione,afferrandomi dalla vita per caricarmi sulle spalle.
Presi a scalciare istintivamente,in un vano tentativo di ritornare con i piedi per terra e senza il mondo a essere ribaltato.
“Se non mi lasci giuro che ti vomito sulle scarpe!” Lo minacciai,anche se lui incurante continuò a trascinarmi verso un posto a me sconosciuto.
Mi lasciò solo qualche attimo dopo,ai piedi di un salice piangente.
Uh,era davvero un posto confortevole,magari sarei riuscita a farmi una scappatella e a starmene un po’ in pace là sotto,più tardi.
Quando però lanciai nuovamente un occhiata in direzione della casetta,capii che non sarei voluta rimanere un minuto di più.
“Non ce la faccio,tutto questo è..” Gesticolai e boccheggiai nel tentativo di trovare l’aggettivo giusto. “Troppo..” Finii con uno sbuffo.
“Non lasciarti intimorire dall’aspetto esterno e tutte queste cose da..”
“Ricconi?” Gli suggerii io,prima che potesse terminare la frase.
Mi guardò prima severamente,per poi sospirare sconfitto e darmi ragione.
“Si,da ricconi,come vuoi definirle tu. Sono solo un paio d’ore e poi sarà tutto finito,ed entrambi saremo liberi. Avremo fatto un favore a mia sorella e saremo entrambi apposto con la coscienza.” Sbuffò e si guardò intorno,passandosi nervosamente una mano nei capelli.
Perché riusciva ad apparire così stuprabile ai miei occhi,anche in un momento simile?
Un paio d’ore..forse avrei potuto farcela,il problema era che il corpo fosse un fascio di nervi e non sarei riuscita a muovere un solo passo senza l’istinto di correre via.
Come se avesse potuto avvertire i miei pensieri,tre secondi dopo era alle mie spalle,a massaggiarmele nel tentativo di farmi rilassare.
Non poteva sapere che in quel modo peggiorasse solo la situazione.
“Non è una buona idea quello che stai facendo.” Gracchiai stridulamente.
“Io direi che lo è. A meno che tu non voglia svenire non appena ci verrà aperta la porta.” Ribatté,continuando quel massaggio paradisiaco.
Mi spostò delicatamente i capelli e prese a massaggiarmi con i pollici anche la base del collo,mandando letteralmente in tilt i miei sensi.
“Mia madre ti amerà,mia cugina anche..e mio padre ti troverà quantomeno interessante. Tutto andrà secondo i piani,non ci saranno complicazioni,e da domani potremmo tornare a dormire sonni tranquilli..” Disse con il tentativo di rispondere ad ogni mia tacita domanda e paura.
Stava tentando di rassicurarmi e,inspiegabilmente,ci riuscì.
Presi un respiro profondo e annuii impercettibilmente.
Le sue mani strinsero nuovamente le mie spalle e mi girò per farmi avere un contatto visivo con lui.
“Che non ti venga in mente di scappare una volta varcata la soglia,anche perché non te ne concederò l’occasione. Una volta dentro,tu sarai mia.”
La mia bocca si schiuse ma non ne uscì alcun suono.
Ero quasi sicura che lui non si accorgesse realmente di ciò che diceva.
Quelle non erano cose che poteva dire con tanta leggerezza..anche se si trattava di una finzione.
Ma forse avrei dovuto abituarmi,perché durante la recita avrebbe probabilmente fatto ben peggio.
Cominciai a prepararmi psicologicamente,annuendo per dargli conferma che avessi ascoltato le sue parole e le avessi comprese.
“Bene,andiamo.” Mi afferrò per il polso e mi trascinò gentilmente verso l’ingresso,sporgendosi poi verso il campanello per suonare.
Aspettai in trepidante attesa,ma mi rilassai quando mi accorsi fosse Joe colui che ci aveva aperto.
“Benvenuta, dolce coppietta!” Salutò beffandosi di noi,mentre si spostava per lasciarci andare.
“Al diavolo.” Risposi come saluto,alzando gli occhi al cielo e facendomi spazio per entrare.
Si chiuse la porta alle spalle e mi guardò a metà tra l’offeso e il confuso.
“E io che centro? Adesso perché mi odi?”
“Perché è colpa tua se mi trovo in questa situazione.” Gli puntai un dito contro inviperita.
Prima che potesse ribattere un’altra voce irruppe in quell’atmosfera.
“Cari!” Salutò allegramente,con voce angelica.
Cambiai espressione e mi girai in sua direzione con aria incantatrice,trovandomi davanti ad un angelo.
Quella era sua madre? Beh,non mi stupivo per niente vista la bellezza.
Aveva capelli color grano e occhi chiari come quelli di Amy,ma il sorriso era uguale a quello di Sven.
“Tu devi essere Sam..” Venne verso di me con passo calcolato e movenze sensuali.
A suo confronto,mi sentivo uno stupido orso ubriaco.
“In carne e ossa,è un vero piacere conoscerla signora Clark.”
Sorrisi e continuai a fissarla mentre faceva altrettanto.
Era quasi inquietante constatare con quanta intensità lo facesse,ma la lasciai fare senza far trapelare cattive parole per la mancanza di riguardo.
Rimasi in silenzio ma non abbassai lo sguardo,continuando a rimanere immobile con quella facciata di falsa perfezione.
Il suo gelido sorriso,dopo pochi attimi,si trasformò in uno sincero.
“Non c’è bisogno che tu mi dia del lei,e puoi chiamarmi tranquillamente Jenny senza formalità superflue.”
“Come vuoi tu,Jenny.” Mi adeguai alle sue richieste.
Mi sorrise ancora una volta,prima di innalzare una mano in mia direzione e sistemarmi una ciocca di capelli che mi era ricaduta sul viso.
“Sei una ragazza incantevole..” Sussurrò assorta,prima di risvegliarsi dal suo stato pensoso e rivolgersi a Sven.
“Sono fiera di te, Sven.”  Si avvicinò a lui e lo afferrò delicatamente dalle guance per lasciargli un leggero bacio sulla fronte.
Lui la lasciò fare,sorridendole amorevole.
Era strano vederlo così rilassato in sua presenza,avevo dato per scontato che non ci fossero dei buoni trascorsi anche con lei,oltre che con suo padre.
“Sam,ti andrebbe un dolce?” Mi propose poi Jenny,guardando prima me,poi Joe e infine il figlio.
Io e Sven ci lanciammo uno sguardo eloquente,prima che mi aprissi in un nuovo sorriso e annuissi entusiasta.
“Certo,sono ghiotta di dolci.”
La seguimmo in un ampio soggiorno,decorato diversamente rispetto a quello a casa dei suoi figli.
Se la loro casa era moderna,quella era basata di più su fondamenti vittoriani e colori caldi.
Camminammo sul parquet e prendemmo posto su un divano e due poltroncine nei pressi del camino scoppiettante.
“Torno subito.” Annunciò,prima di sparire dietro un ampio arco ,dalla parte opposta a quella dalla quale eravamo venuti.
Quella stanza,quanto a contrariamente pensato,era confortante e accogliente.
Era ricoperta per la maggior parti da tappeti persiani,al centro dei quali venivano sfoggiati un tavolo rifinito interamente in legno,e nell’altro una libreria che dava le spalle al muro.
Dalla parte opposta a dove ci trovavamo noi,si estendeva un ampia vetrata che permetteva la visione sul giardino esterno,con a lato una cassettiera abbellita con vasi d’epoca.
“Ti piace?” Mi chiese Sven,notando il mio interessamento.
Mi girai in sua direzione,trovandolo terribilmente vicino al mio volto.
Però non mi sorpresi,perché mi ero già resa conto di quanta poca distanza avesse imposto tra i nostri corpi.
Si stava calando nel personaggio,e probabilmente lo stava facendo con molto più nonchalance di me.
“Sì,è confortevole.” Mi sforzai di dire,sorridendogli poi sinceramente.
Alla fine,forse,non sarebbe stata così terrificante quella permanenza.
Questo fu il mio pensiero fino a quando non vidi le sue dita giocherellare con una ciocca dei miei capelli,prima di lasciarsela sfuggire e proseguire lungo il braccio,lasciandomi carezze accennate e sorridendomi incantatore.
Quei gesti trovarono un senso non appena Jenny ricomparve nella nostra visuale,appoggiando sul tavolino un vassoio imbandito con delle fette di torta disposte ad arte.
“Tessa!” Chiamò poi,alzando lievemente il tono della voce.
Si sentì il tacco delle scarpe ticchettare sul parquet,fino a quando non apparve una donna di mezza età che sorreggeva dei piattini in mano.
Li posò sul tavolo e dopo rivolse il suo sguardo a Sven.
“Mio piccolo Sven!” Gli si buttò letteralmente addosso,strapazzandolo e spettinandogli i capelli con le mani.
Lo vidi arricciare il naso e storcere la bocca,ma poi si lasciò andare ad una risata quando prese a tempestarlo di baci.
Francamente,anche io avrei voluto fare quello che stava facendo lei scatenando in lui la stessa reazione. Quella risata sarebbe stata da considerare illegale.
Mi schiarii la voce con il tentativo di evadere da quel momento in cui mi sentivo inappropriata,e al tempo stesso di evadere dai miei pensieri smielati.
Jenny dovette interpretare male la mia reazione.
“Tessa,la nostra Sam potrebbe essere gelosa delle attenzioni che riservi a Sven.” Sorrise benevola.
Io,in risposta,impallidii. Non aveva assolutamente capito!
Lo sguardo di Tessa,di cui non avevo ancora identificato bene il ruolo,si spostò su di me con fare mortificato.
“Oh,tu devi essere la sua fidanzata..” Disse con fare pensieroso,molto probabilmente più rivolta a se stessa che a me.
Si schiaffò una mano sulla fronte. “Chiedo scusa piccola Sam,ma mi era mancato tanto il piccolo Sven..” Spiegò con un sorriso,scompigliandogli i capelli ancora una volta.
Come faceva a essere ancora più bello con quei capelli scomposti?
Se l’avessero fatto a me,sarei sembrata una carcerata in fuga dalla prigione.
“Veramente io..” Feci per dirle che non mi aveva infastidito il gesto,ma Sven mi precedette prima che potessi dare ulteriormente aria alla bocca.
“È che tende a volermi tutto per sé.” Mi circondò le spalle con un braccio e mi avvicinò al suo corpo,lasciandomi poi un tenero bacio sui capelli.
Mi irrigidii ma cercai di reprimere delle smorfie di sorpresa,rimanendo incollata al suo corpo come uno stoccafisso privo di reazione.
Anche lui dovette pensarlo,tant’è che decise di agevolarmi afferrando il mio braccio per adagiarlo sul suo addome.
Capii cosa volesse che facessi,così presi forza e lo accontentai.
Lasciai ricadere la mia testa sul suo petto e lo strinsi in un abbraccio amorevole,strofinando la guancia sul suo torace come un gattino.
Incredibile ammetterlo,ma non era per niente una sensazione spiacevole.
Tutt’altro,e la cosa mi preoccupava.
“Tessa,magari gradiresti sentire anche tu la storia di come si sono conosciuti.” Intervenne Jenny,guardandoci con fare affettuoso.
Tessa annuì con vigore,prendendo posto al fianco della madre di Sven e appoggiandosi con i gomiti sul tavolo interessata al nostro racconto.
Notai che anche Sven si fosse irrigidito,esattamente come me.
Nessuno dei due si era preparato a tale eventualità,anche se dannazione avremmo dovuto aspettarcelo.
Come al solito,fu lui il primo a riacquistare l’autocontrollo.
“Conosci Trey,no mamma?” Chiese,e la madre annuì senza interrompere il suo proseguimento della storia. Non avevo idea neanche io di come si sarebbe evoluta.
“Al momento è fidanzato con una ragazza,che è la sua migliore amica.” Iniziò,indicandomi con lo sguardo.
“La prima sera che Trey le propose di uscire con noi,Dee,così si chiama la sua fidanzata,decise di portarsi lei appresso. Quella fu la prima volta che la incontrai.”
Rimase in silenzio,mentre intorno a lui tutti erano assorti dal racconto,io e Joe compresi.
Ci aspettammo che proseguisse,invece non disse una parola in più fino a quando non fu la madre a intimarlo per andare avanti.
“E non ci racconti altro? Insomma..cos’hai pensato,come l’hai trovata,se è stato un colpo di fulmine oppure no? Andiamo figliolo,il tuo racconto manca di dettagli.” Lo provocò lei.
Sven sospirò,lanciandomi una breve occhiata dall’alto,prima di chiudere gli occhi e continuare. “Quella sera ero in compagnia di una ragazza,e mi stavo divertendo a parlarne con Jay in maniera poco..romantica.” Fece una smorfia per la sua scelta dell’aggettivo.
“E lei ci tenne a intervenire nel nostro discorso dandomi dello stronzo. ‘Non la conosco neanche e questa si permette di parlare di me in quel modo’ questa fu la prima cosa che pensai di lei non appena aprì bocca.”
Dovevo ammettere fosse stata davvero una descrizione carina della mia persona.
Esattamente le parole che mi avrebbe rivolto una persona innamorata,senza ombra di dubbio. Per lo meno,non ero l’unica frana in quella situazione.
“E lasciatelo dire tesoro,hai fatto solo bene.” Si congratulò con me la madre,schiaffandomi un occhiolino.
Sven la guardò malamente per la sua interruzione,ma sospirò rassegnato quando lei lo guardò teneramente. “Scusa amore,continua pure..” Rimediò Jenny.
Notai Sven tentennare per qualche secondo,incanalando più ossigeno del necessario.
Lo avvertii dal suo rigonfiamento del petto.
“Però,al tempo stesso,mi fermai a pensare che fosse stata la prima ragazza che avesse osato parlarmi in quel modo. Non si era gettata ai miei piedi non appena mi aveva visto,non mi si era incollata a me cercando di attirare disperatamente le mie attenzioni,e non si era lasciata abbindolare dal mio aspetto sorvolando sul mio caratteraccio. Col tempo,e con altri confronti con lei,capii che mi odiasse. E,dannazione,non c’era cosa che più amassi di quello. Era esilarante farla arrabbiare per vederla mentre gonfiava le guance come una bambina,oppure prendeva a rispondermi con male parole per difendersi. Aveva carattere..ha carattere.” Si corresse.
“Ed è questo che la contraddistingue dalle altre,ed è per questo che non sarà mai come loro.”
L’intensità con cui aveva pronunciato quell’ultima frase mi fece pensare che ci fosse un fondo di verità in quel suo racconto,e i miei occhi si inumidirono come una sciocca.
Mi sentii meno stupida quando notai che anche Jenny e Tessa fossero ridotte pressoché come me,mentre Joe lo guardava come se avesse visto un fantasma.
Se stava recitando,avrei dovuto ammettere che fosse davvero un attore eccezionale.
Vidi Jenny alzarsi dalla sedia per venirci incontro,prendendo tra le sue mani sia le mie che quelle del figlio.
“Non so come tu abbia fatto per farlo uscire dal suo stato di demenza mentale,ma ti ringrazio per esserci riuscita.” Le brillavano gli occhi mentre diceva quelle parole.
Io scoppiai a ridere e annuii a fatica,mentre Sven la fulminò per l’ennesima volta in quella giornata.
“Sono sorpreso anch’io..” Commentò Joe sovrappensiero,guardando il cugino con aria assorta e sguardo inquisitore.
Sven si schiarì la voce e decise di spostare l’argomento su qualcos’altro,scelta della quale non potei essergli più grata.
Si guardò intorno circospetto,riportando poi lo sguardo sulla madre.
In quel momento i suoi occhi erano gelidi. “Dov’è lui?” Domandò,probabilmente in riferimento al padre.
Anche la madre,dopo quella sua domanda,si rabbuiò.
“Puoi anche chiamarlo ‘papà’ senza che ti venga un cancro nel pronunciarlo.” Sussurrò tristemente,prima di sospirare e rispondere alla sua domanda.
“Era molto indaffarato,ma sarà di ritorno per la cena.”
“Che peccato..” Sibilò astioso Sven,prima di alzarsi dal divano prendendomi per mano.
“Forse avrete piacere di rilassarvi un po’ prima della cena.. Sven puoi portarla nella tua stanza e..”
“Andiamo in quella degli ospiti.” La interruppe lui,trascinandomi poi via dal soggiorno senza darmi neanche l’occasione di poterle rivolgere una parola di ringraziamento.
“Sven.” Lo richiamai mentre continuò a trascinarmi anche su per le scale come se fossi una valigia.
“Sven!” Ripetei una volta saliti di sopra,senza che lui però mi prestasse ascolto.
Continuò a camminare per il lungo corridoio fino a quando non si fermò davanti ad una porta,aprendola per entrare all’interno della stanza.
A quel punto mi liberai dalla sua presa ferrea,massaggiandomi poi il polso che lui mi aveva stretto con forza.
“Si può sapere che diavolo ti è preso?” Lo aggredii.
“Quello schifoso bastardo..che se ne restasse dov’è e si risparmiasse di rovinare la mia esistenza con le sue stronzate. Come se me ne fregasse qualcosa di quello che..” Continuò a borbottare parole incomprensibili alle mie orecchie,e fu per quel motivo che decisi di interromperlo.
Lo afferrai per un braccio e lo costrinsi a voltarsi con la forza.
“Si può sapere perché lo odi tanto?” Gli chiesi sinceramente curiosa di scoprire la risposta.
Rimase immobile a fissarmi dall’alto per qualche istante,prima che decidesse di liberarsi dalla mia presa con una smorfia di sufficienza.
“Non ti riguarda saperlo.” Rispose burbero.
“In teoria sarei la tua ragazza.” Insistetti.
“In pratica non lo sei,quindi non è necessario che tu lo sappia.” Mi riservò un sorriso di plastica,prima di sospirare e tentare di rilassarsi.
Meno male che aveva capito da lui di essersi comportato da coglione,senza che avessi dovuto ricordarglielo io in maniera poco delicata.
“Comunque devo farti i miei complimenti..” Disse con tono di voce più accondiscendente,sedendosi sul bordo del letto.
Rimasi indecisa e lo fissai,fino a quando non ricollegai il cervello al corpo e mi mossi in sua direzione.
“Per cosa?” Chiesi,prendendo posto al suo fianco.
“Per la reazione di prima. Accidenti,sei riuscita quasi a farti uscire le lacrime dopo la mia dichiarazione. È stato notevole,davvero.” Fece sorpreso e in parte ammirato per la mia interpretazione. Peccato che non potesse sapere fosse stata la realtà.
“Già..” Mi limitai a sussurrare,assorta in altri pensieri.
E se,come la mia reazione,fosse stata vera anche la sua dichiarazione?
Magari erano davvero le cose che lui aveva pensato di me,solo che io non potevo saperlo dato il fatto che non me l’avesse mai detto.
“Senti..” Iniziai incerta,ma quando mi accorsi che mi stesse guardando affinché continuassi,non potei più tirarmi indietro. “Erano vere le cose che hai detto? Insomma,la parte dell’impressione che hai avuto su di me e cose varie..”
Notai che si fosse irrigidito,e distolse lo sguardo dal mio prendendo a guardare fuori dalla finestra di fianco al letto.
Capii che stesse cercando una via d’uscita quando prese a guardarsi intorno,e ci riuscì quando puntò il suo sguardo sull’orologio che portava al polso.
“È tardi,devi prepararti.” Si alzò in piedi e aprì le ante di un armadio a cui non avevo prestato attenzione quando ero entrata.
Cominciò a frugare all’interno,spostando i vari abiti appesi ad esso.
“Dove diavolo l’ha messo quel deficiente..” Bofonchiò,con la testa inoltrata nell’armadio.
Sbuffai e mi avvicinai a lui,cedendo all’istinto e continuando ad insistere per ottenere una risposta soddisfacente.
Me ne sarebbe bastata anche solo una,dato che era quasi impossibile riceverne da lui.
“Allora? Stavi recitando o eri serio?” Riproposi la domanda.
Continuò a non prestarmi attenzione,selezionando con lo sguardo ogni vestito che gli si proponeva sotto gli occhi.
Irritata,alzai gli occhi al cielo e lo tirai dalla manica della felpa affinché si degnasse di rendermi nuovamente partecipe del suo mondo.
Si liberò dalla mia presa e si girò a fissarmi esasperato,espirando dal naso con rabbia.
“Tu cosa vorresti sentirti rispondere?” Rigirò la domanda a suo favore.
Impulsivamente feci per rispondere che avessi voluto si fosse trattato della realtà dei fatti,ma ripensandoci non ne ero più così sicura.
Avrei preferito mi avesse detto si fosse trattato solo di finzione? In quel modo mi sarei messa l’anima in pace,ma al tempo stesso avrei voluto fosse stata la verità per aggrapparmi a quel briciolo di speranza che avevo nel riuscire a buttare giù il muro che si era costruito per tenermi lontana.
Perché ormai lo sapevo,che quello fosse il suo intento.
Avevo capito non mi consentisse di avvicinarmi per il mio stesso motivo.
Io non volevo rimanere fottuta da lui,ma al tempo stesso lui sembrava non volerlo da me.
Se solo mi avesse lasciata entrare..
Nel suo sguardo,però,capii che forse non ci sarei mai riuscita.
“Non lo so..” Risposi quindi,andando in sincrono con i miei sentimenti contrastanti.
“Bene,allora siamo apposto.” Eclissò l’argomento,prima di rituffare la testa nell’armadio e venirne fuori con un vestito,più precisamente un incantevole tubino nero con scollo e mezze maniche di pizzo.
Me lo buttò sul letto e raccattò anche delle decolté dalla scarpiera là affianco.
“Hai venti minuti per indossarlo e renderti presentabile,pensi di potercela fare? Io ti aspetto fuori.”
Prima di uscire mi guardò indeciso,per poi scuotere la testa e chiudersi la porta alle spalle con un tonfo.
Mi lasciai cadere sul letto di faccia,chiudendo gli occhi esausta.
Ero prossima ad un esaurimento isterico,ne ero più che sicura
 
Esattamente venti minuti dopo ero fuori dalla porta della camera,trovando lui in attesa al di fuori di essa.
Se ne stava appoggiato al muro con le braccia incrociate e una mano a sorreggergli la fronte,sembrava sul punto di un crollo emotivo.
Mi guardai attorno alla ricerca di un appiglio,qualsiasi cosa che potesse salvarmi da lui se mai fosse successo che avesse ceduto all’isterismo.
Notai Joe  camminare per il corridoio, e anche lui mi vide.
Alzò una mano per salutare, ma quando si accorse che ci fossero problemi in corso, abbassò la mano e fece dietro front.Non glielo permisi e mi buttai su di lui impedendogli di proseguire senza degnarci di attenzione.
“Ehilà!” Salutò raggiante,dopo aver imprecato a bassa voce.
Entrambi guardammo l’essere che ci stava di fronte,concentrato a tal punto da dare l’impressione di trovarsi in un altro mondo.
“Ha assunto droghe in questo lasso di tempo in cui non l’ho tenuto d’occhio?” Chiese osservandolo,parlando a voce bassa.
“A me sembra più come se l’avessero ipnotizzato.. tu che dici?” Confabulai con lui.
“E come avrebbero potuto farlo?”
“Guardate che vi sento.” Sospirò l’ipnotizzato/drogato,staccandosi dal muro per venirci incontro.
“Siamo stati beccati.” Disse Joe abbassandosi alla mia altezza in modo che potessi sentire solo io.
Risi e lui mi sorprese con un buffetto sulla guancia e un bacio sulla fronte,prima di scomparire giù per le scale.
Sia io che Sven lo seguimmo con lo sguardo fino a quando non uscì dalla nostra visuale,entrambi intontiti da quel gesto inaspettato.
E quella confidenza da dove saltava fuori?
Sven sospirò e si passò una mano sulla faccia esasperato,senza però commentare quanto accaduto. “Andiamo.” Allungò un braccio in mia direzione e io,all’inizio intimidita,mi avvicinai lentamente a lui.
Con una mossa fulminea mi attirò a sé dalla vita,prima di dirigersi verso un’ala della casa a me ancora sconosciuta.
Avevo come l’impressione che,quella casa,non sarei mai riuscita a scoprirla interamente.
Scendemmo le scale che avevamo già intrapreso precedentemente ma quella volta,anziché svoltare a sinistra e raggiungere il salotto,proseguimmo dritto verso un altro corridoio più ampio.
Mentre camminavamo,mi presi del tempo per osservare il giardino al di fuori delle grandi vetrate,e qualche ritratto affisso alla parete.
La maggior parte di loro mi erano celebri,solo uno mi era totalmente estraneo.
Non per questo,però,di una bellezza inferiore rispetto agli altri.
Era di una categoria totalmente diversa da quelli incontrati precedentemente,i quali raffiguravano per lo più paesaggi.
Quello che avevo davanti,invece,era un ritratto dove c’era raffigurato un bambino di almeno dieci anni,seduto ai piedi di un salice piangente mentre sfogliava un libro.
Quell’albero mi era familiare..così come il ragazzino ritratto in quel quadro.
“Ti piace?” Una voce conosciuta mi arrivò alle spalle,dolce e melodiosa.
Mi girai in sua direzione,trovando Jenny con indosso un abito di una semplicità disarmante,ma che su di lei risultava di un eleganza senza eguali.
Le sorrisi dolcemente,mentre riportavo la mia attenzione sul quadro che poco prima ero intenta ad osservare rapita.
“Immensamente.. trasmette serenità.” Sorrisi in direzione del quadro,prima di girarmi verso di lei,che nel frattempo mi si era avvicinata. “Chi è l’autore?”  Chiesi.
Fece un risolino,portandosi una mano davanti alla bocca per cercare di nasconderlo.
“Io.” Rispose con fierezza nella voce,ma senza peccare di modestia.
Si avvicinò al quadro e sfiorò il vetro con delicatezza,prima di girarsi verso Sven e regalargli un sorriso materno.
“Quelli erano bei tempi..” Scorsi un velo di malinconia nella voce,così come negli occhi di Sven.
“Sei tu il soggetto del ritratto?” Chiesi,capendo improvvisamente da dove provenisse quel sentimento di familiarità che avevo provato.
Annuì a si passò una mano nei capelli,forse imbarazzato.
Era così strano vederlo in quel modo,e mi fece quasi male quando avvertii il mio cuore arrestarsi un attimo alla vista del suo timido sorriso.
“Era così assorto quel giorno..che non ho potuto evitare di fargli un ritratto. È sempre stato la mia fonte di ispirazione,anche se si può dire che alla fine l’allievo ha superato il maestro.” Gli sorrise fieramente,mentre Sven spostò il suo sguardo su di lei interdetto.
Li guardai confusa,e Jenny dovette captare la mia occhiata.
“Anche Sven ha questa dote,e i suoi ritratti sono a dir poco stupendi. Seppur nei suoi,ci sia sempre stato lo stesso soggetto..” Gli lanciò un occhiata eloquente,che per qualche strana ragione lo fece incupire.
Abbassò lo sguardo e lo notai fissare un punto imprecisato,mentre irrigidiva la mascella e stringeva convulsamente i pugni.
Guardai la sua reazione senza capire,cercando una risposta nei suoi occhi che non volevano saperne di incrociare i miei.
La mia reazione sconcertata scatenò una reazione di sorpresa nella madre.
“Non lo sa?” Si rivolse a lui stupita,ma allo stesso tempo consapevole già della risposta.
Sven alzò gli occhi su di lei,e quando mi capitò di incrociarli ci lessi dentro sofferenza mista a rabbia.
Non rispose ma si limitò a fissarla con uno sguardo carico di significati,che le fece distogliere lo sguardo alla ricerca di un appiglio.
“Ora capisco perché non l’hai portata in camera tua..” Gli sussurrò,ma la sentii lo stesso e la voglia di andare in quella stanza,divenne improvvisamente immensa in maniera quasi insopportabile.
Feci per introdurmi nel discorso e cercare di placare quanto possibile la mia curiosità,ma Jenny riprese a parlare prima che potessi farlo.
“Tuo padre ci aspetta nel suo studio,prima di andare a cena..” Lo guardò un ultima volta,prima di fissare i suoi occhi nei miei per un istante,poi si diresse verso il lungo corridoio.
Sven rimase immobile e,se possibile,i suoi occhi divennero ancora più scuri e gelidi in quell’istante.
La seguì senza dire una parola,dimenticandosi quasi della mia presenza e della recita che avremmo dovuto intraprendere.
Cosa mi era sfuggito?..

 
Buona sera- o è meglio dire mattina dato che è ormai l'una?- a tutti ragazzi!
Scusatemi se vi ho fatto attendere questo capitolo, avevo detto che lo avrei pubblicato in mattinata ma purtroppo ci sono stati degli imprevisti e non ho potuto farlo prima. Mi dispiace tantoo! :(
Ma ora passiamo alla storia, e spero che questo capitolo vi abbia un po' ripagato per l'attesa, dopotutto vediamo i nostri protagonisti a stretto contatto.
A proposito di questo, analizziamo i loro primi momenti nella casa in veste di coppia.
Allora...
Sam è stata colta da una crisi di panico, e dopotutto a chi non sarebbe successo?
Non si immaginava di certo che Sven potesse abitare nel lusso fino a quel punto!
Personalmente adoro la madre, con il suo animo frizzante, allegro e, in futuro, si dimostrerà anche avere l'occhietto lungo.. ;)
Cosa ne pensate della semi- rivelazione di Sven?
Sam voleva avere una risposta da parte sua alla domanda: "Stava recitando o meno?"
Ma piccola Sam.. se avesse recitato allora gli ci voleva proprio un Oscar!
Ma arriviamo a una cosa moolto più importante, e che ci perseguiterà nei capitoli futuri..
Cos'è che Sam non sa? Di cosa non l'ha messa al corrente Sven?
E soprattutto.. chi era il soggetto dei suoi ritratti, e perché non l'ha portata nella sua camera?
Per scoprire le risposte continuate a seguirmi e verrete ripagati, ve lo prometto!
Un po' di mistero, dopotutto, non ha mai fatto male a nessuno.. ;)
Un bacione e un abbraccio fortissimo a tutti, spero vi farete sentire numerosi.

Xoxo. Heartless.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14. ***


Capii che,in quel suo stato,se ne fosse completamente dimenticato e che toccasse a me occuparmene.
Velocizzai il passo per raggiungerlo,prima di tirarlo per la manica della camicia una volta fermati davanti ad una porta in fondo al corridoio.
Si girò verso di me con sguardo assente,e solo quando lo strattonai nuovamente,lo vidi riscuotersi dai suoi pensieri.
Scosse la testa e mi prese la mano,intrecciandola con la sua.
Nonostante fosse finzione,nel preciso istante in cui la strinse maggiormente,mi sembrò essere molto di più.
Avevo l’impressione che avesse bisogno di qualcuno,e non mi apparve mai più solo come in quel momento. Non avevo idea cosa gli fosse successo nel passato,ma avevo l’insana voglia di scoprirlo.
Vidi Jenny bussare alla porta tre volte,prima di aprirla e spostarsi di lato per consentirci l’accesso.
Una volta entrata nello studio,mi guardai attorno curiosa.
Al lato destro della stanza,così come in quello sinistro,si estendeva un alta libreria gremita di libri,mentre al loro centro era riposta una scrivania in mogano,con sopra un portatile e scartoffie varie.
Al di dietro di essa,si estendeva una possente vetrata che consentiva la visuale sull’area esterna,che inquadrava una fontanella circolare nel mezzo del prato.
Quando però incrociai lo sguardo del padre,tutto ciò che avevo intorno perse la usa importanza.
Aveva lunghi capelli neri sistemati ordinatamente all’indietro dal gel,seppur un ciuffo ribelle gli ricadesse sul volto,oscurandogli un occhio.
I lineamenti erano marcati e ben delineati da una leggera barbetta nera,ma quello che mi stupì di più furono i suoi occhi.
Erano neri e profondi come la pece,esattamente come quelli del figlio.
Schiusi le labbra dalla sorpresa,e lo rimasi ancora di più quando non si presentò nemmeno,limitandosi a tirare fuori da un grosso cassettone delle riviste impilate.
Le sbatté sulla scrivania,guardando poi Sven severamente e facendogli segno di avvicinarsi.
Sciolse lentamente le nostre mani legate,avvicinandosi sicuro di sé alla stessa persona che avevo l’impressione odiasse.
Se precedentemente mi era sembrato astio quello nei miei confronti,dovetti ricredermi alla vista del suo comportamento adottato nei confronti della stessa persona che lo aveva generato.
Rimasi in disparte,e Jenny mi richiamò affinché mi andassi a sedere in una poltrona accanto alla sua,poco distante dalla scrivania.
Il padre,di cui non conoscevo neppur il nome,prese una rivista tra le mani e prese a sfogliarla con lentezza calcolata.
“Voglio renderti partecipe del dispiacere che ho provato..” Lasciò in sospeso la frase,prima di concentrarsi su una pagina e fissarla sprezzante. “Quando mi sono imbattuto in foto come queste.” Girò la rivista in direzione di Sven,dandogli modo di ammirarla.
Mi sporsi leggermente sul bracciolo,scorgendo una foto che lo immortalava con una delle sue ragazze usuali,supposi.
Sven la fissò per qualche istante con espressione imperturbabile,prima di puntare il suo sguardo gelido in quello del padre,che teneva ancora la rivista girata in sua direzione,senza però prestarci attenzione.
Continuò a reggere lo sguardo del figlio,al suo stesso modo,prima di sospirare e buttarsela alle spalle.
“E sono foto che si ripresentano anche in questa..” Prese in mano un’altra rivista,lanciandosela nuovamente alle spalle. “E in questa..” Ne afferrò una terza e fece la stessa cosa. “Come in tutte queste.” Le prese tutte in mano e fece fare loro la stessa identica fine delle precedenti.
Guardai il pavimento ricoperto di quella carta straccia,pensando che tanto si sarebbe occupato qualcun altro di ripulire il caos che lui aveva combinato senza il minimo interesse.
“Sempre con soggetti diversi.” Terminò il suo sfogo.
Sven continuò a fissarlo apaticamente,come se lo stesse guardando senza però vederlo davvero. Il suo sguardo mi mise i brividi,e pensai che sarei potuta morire se lo avesse rivolto a me.
Solo in quel momento il padre incontrò il mio sguardo,sorridendo cortesemente davanti alla mia persona.
“Hanno peccato molto all’immagine della nostra famiglia. Avere un figlio soprannominato puttaniere? Pessima figura.” Sibilò rivolto a Sven,senza però staccare i suoi occhi dai miei.
Non lo feci neanche io,decisa a non cedere davanti alla sua imperiosa presenza.
Cedetti soltanto quando avvertì la risata roca di Sven,che non aveva assolutamente alcun che di amorevole.
“Le mie parole ti fanno ridere?” Lo sguardo del padre scattò verso di lui,oltraggiato dalla sua reazione.
Sven lo ignorò e continuò a sfogare la sua risata fino a quando non divenne sempre più bassa,disperdendosi lentamente nell’aria.
“Mi fa ridere che sia tu a dirlo..” Sussurrò impercettibilmente,tant’è che dovetti sforzarmi per riuscire a capire le sue parole.
Una volta riuscita nell’intento,mi chiesi cos’avessero potuto significare.
Era inutile che buttassi giù supposizioni,avevo capito che,con lui, nulla poteva essere preveduto.
Il padre lo fissò con intensità,annuendo impercettibilmente,prima di riportare la sua attenzione su di me e avvicinarsi.
Che Dio ce ne scampi!
“Ad ogni modo,spero di non dovermi più preoccupare di foto del genere..soprattutto con una ragazza simile al tuo fianco.”
Mi misi composta sulla poltrona e lo guardai mentre si avvicinava,prendendo una mia mano in una delle sue per baciarmi il dorso galantemente.
“Incantato di conoscerti,io sono Alan. Mentre tu sei..?”
“Sam,il piacere è tutto mio.” Anche se avrei voluto dire dispiacere..
“Sei la prima ragazza che porta a casa dopo tanto tempo..” Fece una pausa,in cui lanciò uno sguardo indecifrabile a Sven “Dall’ultima.” Aggiunse sospirando.
Sarebbero state tante le cose che avrei voluto chiedere in merito,ma non mi sembrava né il contesto giusto,né tantomeno la persona ideale alla quale rivolgermi per i miei dubbi.
“Ora possiamo andare a cena o avresti piacere di intrattenerti oltre con la mia fidanzata?” Chiese Sven sarcasticamente,dando appositamente un tono di possessività alla parola ‘mia’.
“Sarà meglio andare ad accogliere gli ospiti,sono certa che arriveranno a breve.” intervenne Jenny,salvando la situazione tesa che si era creata tra il loro scambio di sguardi.
Si alzò dalla poltrona e,con passo elegante,si diresse verso la porta seguita dal marito. Uscì anche Sven,seguito a ruota da me.
Mi affiancò in mezzo al corridoio,mantenendo le distanze dal padre,che camminava davanti a noi.
Avrei voluto rivolgergli tante domande in quel momento,ma non mi sembrava ancora opportuno.
“Alan!” Salutò una voce,che arrivò lontana anni luce quando mi persi nell’espressione tormentata di Sven.
“Marcus!” Salutò il padre in egual modo,avvicinandosi all’individuo per stringergli la mano e dargli un amichevole pacca sulla spalla.
Dedussi fosse lui il colpevole della messa in scena di quel teatrino.
Mi bloccai non appena intravidi il resto della sua famiglia,qualche passo dietro di lui.
Mentre,a lato della porta,vi era anche Joe con una bambina più piccola affianco e altre due figure dietro di sé. Dedussi fossero i genitori.
Arrestai il passo,non sentendomela di andare oltre.
Sapevo fosse il momento meno indicato per avere un ripensamento,ma non ero sicura che sarei riuscita a sostenere le aspettative di tutte quelle persone.
Men che meno se,una di quelle che avrebbero dovuto essere le figlie di Marcus,mi guardava come a volermi uccidere non appena si accorse del braccio di Sven a cingermi la vita.
Non mi ero accorta neanche io di quel suo gesto,molto probabilmente l’aveva fatto intuendo i miei pensieri e impedendomi così di svignarmela.
“Lui è mio figlio,Sven.” Lo presentò il padre.
Lo sguardo di Marcus,un uomo sulla sessantina,da corti capelli grigi e chiari occhietti vispi,lo squadrò da capo a piedi. Poi sorrise,avvicinandosi.
“Io sono Marcus Thompson. Hai l’aria brillante ragazzo..” Si complimentò con lui,allungando una mano in sua direzione affinché potesse sigillare la presentazione.
Sven abbandonò il mio corpo e si sporse per afferrargliela,ricambiando la stretta possente. “Sei uguale a tuo padre..” Commentò l’altro,facendo scomparire il sorriso di Sven alla velocità della luce.
Francamente,non avrebbe potuto scegliere parole peggiori da rivolgergli.
“Migliore..” Sibilò Sven tra i denti. “Oserei dire.” Sorrise fintamente.
L’uomo lo guardò sconcertato,ma si riprese in fretta passando al resto delle presentazioni.
“Lei è mia moglie, Julie.” Afferrò la mano della donna che gli stava accanto,da ricci capelli mori e un viso vissuto,che però non aveva tolto l’incanto del suo volto nonostante gli anni.
“Piacere mio.” Le sorrise Sven,baciando il suo dorso alla stessa maniera del padre.
“Che ragazzo carino..” Commentò questa,prima di farsi da parte per lasciare spazio alle sue figlie.
“Lei è Emily.” Disse,in riferimento della più piccola.
Avrà avuto pressoché diciotto anni,dall’aria infantile ma radiosa con i suoi splendenti capelli castani e occhi color miele come quelli della madre.
“Sven.” Si presentò di rimando,compiendo lo stesso gesto di saluto affrontato già precedentemente con la madre.
“Infine,lei è la mia figlia più grande: Charlotte.”
Si fece avanti la stessa ragazza che ero sicura mi odiasse nonostante non mi conoscesse. Beh,la cosa era reciproca.
“Onorata..” Fece civettuola,porgendo la mano con delicatezza.
Se solo avesse potuto sapere dove gliel’avrei ficcata..
I suoi capelli erano dello stesso colore della sorella ma gli occhi,differentemente,erano di un verde acceso come quelli del padre.
Questa ragazza gareggiava con me su tutti i fronti,ma non le avrei permesso di eclissarmi.
Dopo che Sven ebbe fatto il baciamano anche a lei,si girò in mia direzione e mi attirò a lui con dolcezza.
“Lei,invece,è la mia fidanzata..Sam.”
Nel sentire il mio nome,la fanciulla numero due,nonché la più grande,fece una smorfia.
Non tutte avevano un nome da oca come il suo,a mio avviso.
Marcus mi guardò stupito,forse non avendo previsto un risvolto simile in quella serata.
A quanto pare,Joe aveva centrato perfettamente il punto della situazione.
Mi si presentarono tutti di rimando,prima che ci spostassimo verso la sala principale,nella quale prendemmo posto intorno a un lungo tavolo rettangolare.
Mi sedetti in mezzo a Sven e Joe,mentre di fronte a me c’era la più grande delle sorelle. La sfortuna non era mai stata più presente in me.
Pochi minuti dopo,tra una chiacchiera e l’altra,arrivò Tessa seguita da altre cameriere,le quali iniziarono a servire i piatti.
Onestamente,il mio stomaco era del tutto sigillato. Se solo l’avessi detto a Trent,ero sicura che non mi avrebbe mai creduta.
Trent.. in questo momento non c’era persona più adatta a lui per sfogare il mio
nervosismo.
In quel momento,non potei neanche contare sull’aiuto di Sven,del tutto impegnato in una conversazione di lavoro con Marcus.
Come aveva detto Joe, quest’ultimo, stava testando il territorio.
Ma Sven sembrava cavarsela egregiamente,riuscendo a rispondere magnificamente a ogni sua domanda. Era abile nel rigirarsi le cose come voleva lui,l’avevo capito già dal nostro primo scambio verbale.
Tirai un sospiro di sollievo quando lo vidi perfettamente a suo agio,notando l’espressione rapita di Marcus al suono delle sue parole.
“Vino?” Mi propose Joe,con una bottiglia in mano.
Mi girai in sua direzione e annuii,sperando che un po’ di vino sarebbe riuscito ad allentare la mia tensione.
Una volta che mi ebbe riempito il bicchiere,lo presi in mano per sorseggiarlo un po’.
“Sta andando bene,tutti sembrano averci creduto.. ma fate sì di rimanere su questa strada e di non mancare di credibilità.” Sussurrò al mio orecchio,con raccomandazione.
“Non ci posso fare niente io se lui è assorto nel suo mondo..da quando ha parlato con suo padre sembra esser diventato un’altra persona.”Risposi.
Joe sospirò e guardò il cugino con comprensione,scuotendo leggermente la testa.
“Avrei dovuto immaginarlo..quindi,ti prego,impegnati anche un po’ al posto suo.”
Certo,e magari mi pagate anche per il servizio.. Avrei voluto dire,ma non lo feci quando incontrai nuovamente gli occhi gelidi di Sven.
Sembrava avesse fatto cambio di personalità con un’altra persona,apparendo totalmente differente rispetto al lui di soli due giorni prima.
Ammisi di preferirlo di più con il suo solito comportamento saccente e pungente.
Sospirai e annuii,prendendo un altro sorso dal mio vino rosso.
“E così..questa incantevole ragazza è la tua fidanzata.” Fece Marcus,spostando il centro del discorso su un qualcosa di meno impegnativo da affrontare.
O almeno,lui pensava così.
Mi girai in direzione di Sven e sorrisi,proprio nel preciso istante in cui lo fece lui.
Sembrava esserci una complicità inusuale tra di noi.
“Neanche l’aggettivo incantevole le rende giustizia.” Sorrise.
Lo guardai con occhi diversi e mi lasciai abbindolare ancora una volta dalla finzione,rimanendone lusingata.
In un gesto dettato dall’istinto,gli presi gentilmente il volto tra le mani,girandolo in mia direzione.
Lo vidi fissarmi stupito,cercando però di riacquistare compostezza un istante dopo.
Continuai a sorridere e avvicinai il mio viso al suo,appoggiando la mia fronte alla sua e strofinando il naso contro il suo con affettuosità.
I miei occhi si scontrarono con i suoi,intensi ed elettrici.
In quel momento avrei voluto realmente baciarlo,ma non volevo mischiare maggiormente la finzione con la realtà.
Avvertii un singhiozzo e,a malincuore,dovetti staccarmi da lui.
Trovai Jenny,dall’altro lato del tavolo,con un sorriso stampato in volto e gli occhi lucidi dalla commozione.
Mi sembrava una reazione esagerata ma forse,tenendo conto di che tipo fosse suo figlio,risultava plausibile.
“Mamma, ora perché stai per piangere?” Le chiese Sven con una risata,posando una mano su quella della madre e accarezzandola gentilmente.
“Sono contenta del fatto che tu sia di nuovo felice..”
Vidi le carezze di Sven cessare,mentre le labbra si schiudevano dalla sorpresa.
Cercò di non farsi abbattere nuovamente da quel velo di malinconia e,con un sorriso,strinse la mano della madre nella sua.
“Effettivamente ricordo di qualche chiacchiericcio risalente a qualche anno fa..” Si intromise la signora Thompson.
Pregai che chiudesse la bocca e non proseguisse oltre,ma a quanto pare Dio quel giorno non aveva tempo di esaudire le mie richieste.
“Com’è finita con quella giovane ragazza? Sempre se posso permettermi di saperlo.”
Era ovvio che,nella sua posizione,Sven avrebbe dovuto per forza rispondere per gentilezza.
“Ho capito non facesse per me.” Lanciò un occhiata al padre. “Aveva idee davvero poco chiare su come dovrebbe funzionare una relazione.” Fece un sorriso di plastica.
Solo io notai una nota di rabbia nella sua voce?
Insomma,chi diamine era quella ragazza e cosa gli aveva fatto per ridurlo a quel modo. Queste erano le cose che avrei voluto sapere.
“Effettivamente non tutti sono adatti per ricevere il nostro amore..” Si intromise la brunetta,quella con il nome da oca,lanciandomi un occhiata eloquente.
Stava forse insinuando non fossi adatta a lui?
Oh,era meglio se mi riempivo di nuovo il bicchiere e me ne stavo zitta.
Joe mi precedette e versò nuovamente il liquido rosso all’interno del mio bicchiere.
Lo ringraziai con lo sguardo,prima di buttarne giù metà in un colpo solo.
“Non potrei essere più d’accordo. Bisogna saper riconoscere chi è meritevole da chi non lo è.” Dicendo quello mi strinse la mano,facendo intendere con evidenza che lo meritassi in maniera incondizionata.
Il resto della cena trascorse rapida,tra una chiacchiera e l’altra,e proseguì nel giardino esterno.
“Che ne dite di fare una passeggiata fuori per sgranchirci un po’ le gambe?” Propose Alan,venendo appoggiato da esclamazioni complici.
Prima di alzarci da tavola,Joe appoggiò una mano sul mio ginocchio lasciato scoperto dal vestito,dandomi due colpetti in segno di incoraggiamento.
Notai Sven sorridere fintamente al padre,prima che la sua attenzione fosse catapultata su quanto stava facendo Joe.
Spostò la sedia e si alzò in piedi,avvicinandosi a lui per rifilargli un colpetto dietro la nuca,prima di afferrarmi da una mano invitandomi a seguirlo.
“Te la stai cavando bene,tutto sommato.” Disse mentre camminavamo,prendendo distanza dal resto del gruppo.
“Non vedo l’ora che questa storia abbia fine,mi sento continuamente sotto esame nel fingere qualcosa che non è reale.” Sbuffai frustrata,camminando al suo fianco lungo il corridoio già intrapreso precedentemente.
“Beh,a tavola mi sei sembrata piuttosto a tuo agio.” Mi fece l’occhiolino e si passò una mano nei capelli con nonchalance.
Ecco che era ritornato il suo lato presuntuoso.
In quel momento avrei tanto voluto spaccargli la testa con ogni vaso a portata di mano,ma  dubitavo del fatto che i suoi genitori avrebbero approvato.
Perché lo sopportavo? Io non lo sapevo perché lo sopportavo.
“Sono abile come attrice.” Mentii per preservare la mia dignità.
Fece un risolino ma non commentò oltre,forse capendo che non avrei esitato ad attaccarlo alla parete al posto di un quadro.
Giungemmo all’aperto,prendendo a camminare lungo il prato fino al raggiungimento della fontana,la stessa che si poteva ammirare dallo studio del padre.
Facevo quasi fatica a credere che,a breve,quello strazio si sarebbe concluso.
Non avevo ricavato nulla da quella giornata,se non l’accumularsi di domande che,con alte probabilità,non avrebbero mai avuto una risposta.
Mi domandai se qualcun altro all’infuori di lui, e con la quale io potessi parlare,sapesse cosa fosse accaduto.
Il mio sguardo,inconsapevolmente,intercettò quello di Joe.
Forse lui sapeva..
“Ah-ah, non è bene che la mia ragazza fissi mio cugino in quel modo. Cosa potrebbero mai pensare gli altri?” Sussurrò Sven avvicinandosi a me,costringendomi a girare il capo in sua direzione per poter avere un incontro ravvicinato con i suoi occhi. Mai mossa fu più sbagliata.
Mi persi al loro interno e,improvvisamente,mi morirono in gola tutte le parole che avrei voluto rivolgergli. Quegli occhi sarebbero dovuti essere illegali.
“Che,con  questa tua reazione,tu sia fin troppo geloso della tua fidanzatina?” Lo punzecchiai con un sorriso compiaciuto.
“Direi proprio di no.” Emise una risata,prima di prendermi il mento tra le dita e girarmi dolcemente il capo a destra e sinistra in segno di diniego.
“Io invece penso proprio di sì.” Ribattei.
“È questo il tuo problema: tu non dovresti pensare.” Ghignò,beccandosi un occhiataccia da parte mia. Gli schiaffeggiai la mano e lo costrinsi ad abbassarla,con espressione imbronciata. Rise e,con un movimento rapido,mi riavvicinò a sé prendendomi dalla vita.
Onestamente,il giorno seguente mi sarebbe mancato tutto questo.
Mi accarezzò il volto con una mano,prima di guardare alle mie spalle qualcosa di a me ignoto.
Sorrise enigmatico,come la sera prima sotto casa mia.
Fu per quel motivo che cercai di prendere le distanze,impaurita dalla sua espressione.
Quando non me lo permise,mi girai ad osservare ciò che aveva catturato il suo interesse.
Ci fissavano tutti in attesa,e con un espressione ansiosa come di un falco che aspettava la tua prossima mossa.
Non era difficile capire cosa tutti si aspettassero da noi.
“Ti sei accorto anche tu di come ci guarda le gente,vero?” Sibilai al suo orecchio,in modo da non farmi sentire dagli altri e allo stesso tempo creare una sorta di intimità.
Annuì impercettibilmente,prima di cingermi la vita con un braccio e inchiodarmi al suo corpo senza concedermi via di scampo.
 “Si,me ne sono accorto..” Sussurrò assorto,prima di riportare il suo sguardo su di me e avvicinarsi al mio orecchio. “Potrei baciarti ora e dare a tutti quello che vogliono.”
Sentii le mie ginocchia tremare,ma mi tenni in posizione eretta arpionando le mie braccia intorno al suo collo per uno stato di pura necessità.
Fece una smorfia allusiva e fece per avvicinarsi impetuoso e lento.
Ebbi un momento di indecisione,in cui la ragione si divideva tra mente e cuore.
Quale seguire dei due?
Non avevo intenzione di cedere a lui,per lo meno non in quel modo e in quella circostanza. Lo volevo,ma non così.
 Mi tirai indietro di poco,ma dubitavo che quello lo avrebbe fermato.
Anche se dovevo ancora capire se fosse serio o si stesse semplicemente divertendo a mettermi alle strette.
Mi sentii strattonare dall’orlo del vestito,e distogliendo lo sguardo,vidi una bambina da raggianti capelli rossi sorridermi imbarazzata.
Sfruttai quell’occasione come una via di fuga,sciogliendo l’abbraccio che ci univa per abbassarmi alla sua altezza e fissarla in quei suoi dolci occhioni azzurri,come quelli del fratello.
Generalmente non amavo i bambini,ma quella creaturina mi ispirava dolcezza.
Speravo che sarebbe stato così anche quando avrebbe deciso di aprire bocca..
“Ciao bellissima.” La salutai con un sorriso.
“Ciao..” Fece imbarazzata,stropicciando con una manina l’orlo del suo vestitino color porpora. Ma era adorabile!
“Come ti chiami?” Le chiesi.
“Mi..mi chiamo Phoebe, e tu?” Rispose imbarazzata,guardandomi di sottecchi.
Mi presi tempo nell’osservare le sue dolcissime lentiggini,e il modo in cui il rosso colorava leggermente le sue guance.
“Il mio nome è Sam. Ti va di giocare con me?” Le proposi per prima,sapendo che fosse la stessa cosa che avrebbe voluto chiedermi lei. Volevo semplificarle il lavoraccio.
Annuì contenta e mi indicò con un ditino il salice piangente poco più distante dal luogo in cui ci trovavamo.
Guardai Sven e Joe come per ottenere una conferma,prima di dirigerci tutti e quattro verso l’albero.
Prese a correre per il prato,inseguendo una farfalla colorata senza mai stancarsi.
“Pagherei oro per essere spensierato come lei..” Commentò Sven con un sospiro,prima di sedersi ai piedi dell’albero allentandosi la cravatta con un movimento esperto.
“Se proprio devi pensare a qualcosa,pensa al fatto che te la sei cavata più che bene stasera. Tuo padre non potrà avere nulla da ridire.” Lo incoraggiò,appoggiandosi con la schiena al tronco dell’albero con le braccia incrociate al petto.
“Invece io credo che qualcosa da ridire ce l’avrà.. “ Sussurrò assorto,attirando l’attenzione di Joe su di lui.
“Intendi i commenti su di lei che hai fatto con del sarcasmo velato?” Suppose.
Io,intanto,rimasi in ascolto a chiedermi di che diamine stessero parlando,e ancor di più chi fosse questa ‘lei’ che ogni volta lo faceva rabbuiare,proprio come in quel momento.
“Già..” Rispose con sguardo assente,prima di riprendere con uno scrollamento del capo.
Lo guardai senza capire,e feci per aprire bocca in modo da togliermi qualche curiosità.
“Non provare a farmi domande in merito.” Mi interruppe prima che potessi farlo.
Da quando aveva sviluppato quella dote del leggermi nella mente?
“E tu non provare a non darmi risposte in merito.” Gli tenni testa.
“Non vedo il motivo per cui dovrei farlo.” Rispose.
“Forse perché mi sono ritrovata incastrata in una situazione più grande di me,senza la minima idea del casino che è la tua famiglia?” Forse scelsi le parole sbagliate,poiché lo vidi alzarsi in piede furente per puntarmi un dito contro.
“Tu non..”
“Un fiore a te.” Una vocina infantile irruppe nel contesto prima che lui potesse proseguire con la frase. Phoebe si avvicinò a Sven e gli porse un fiore,invitandolo a prenderlo.
Si girò verso di lei con espressione rigida,ma poi si rilassò alla vista del suo viso angelico. “Grazie piccola.” Le fece una carezza tra i capelli.
“Ora giochiamo a m’ama o non m’ama” saltellò allegra,prima di riversarmi un sorriso dolce. “Vediamo se Sam ti ama.” Gongolò.
Vidi Sven sospirare,prima di prendere in mano il fiore e staccare un petalo dopo l’altro.
“M’ama,non m’ama,m’ama,non m’ama..” Rimase l’ultimo petalo,che staccò con un gesto stizzito. “M’ama.” Sorrise forzatamente,buttando a terra il fiorellino ormai spoglio.
“Lo sapevo,lo sapevo!” Phoebe mi saltò in braccio e io,con prontezza,l’afferrai prima che rovinasse col culetto a terra.
“Cosa sai Phoebe?” Le domandò il fratello,con un sorriso divertito in volto.
“Che si amano!” Esclamò lei,allargando le braccia al cielo.
“E da cosa l’hai capito?” La stuzzicò ancora lui.
“Joe,Phoebe,andiamo!” Una voce femminile,riconosciuta come loro madre,gli chiamò dalla fontana.
“Andiamo, chiacchierona.” Joe sporse le mani in mia direzione affinché Phoebe andasse in braccio a lui. Mi guardò in modo affettuoso,prima di stringermi in un leggero abbraccio e seguire il fratello.
“Ci vediamo ragazzi!” Ci salutò quando prese a camminare,mentre Phoebe ci fece un cenno di saluto sventolando una mano in aria.
Ora eravamo rimasti ufficialmente soli,e non c’era momento migliore per provare a parlarne.
“Perché odi così tanto tuo padre?” Ritentai,per la seconda volta in quella giornata.
si spolverò i pantaloni e si risistemò la cravatta,passando poi ai polsini della camicia.
La sua risposta fu il silenzio.
Sospirai. “Non hai intenzione di dirmi niente?” domandai scoraggiata.
“Meno di zero.” Rispose lui quella volta,cominciando a camminare verso l’ingresso per racimolare la nostra roba e andarcene da quella casa.
Lo seguii con uno sbuffo,decidendo di adottare pazienza per ottenere ciò che volevo,ma non di arrendermi.
Entrammo in casa e,prima di intraprendere le scale che portavano al piano superiore,la voce del padre ci bloccò.
“Sven, vieni qua.” La sua voce assunse un non so che di minaccioso,che mi fece automaticamente stringere la mano di Sven,come volendo che non andasse.
Mi guardò studiando i tratti della mia espressione,prima di accarezzarmi una guancia e dirigersi nello studio del padre.
“Vai in camera..” Mi disse con voce..triste,rassegnata?
Sembrava esser pienamente consapevole di quello che lui gli avrebbe detto.
Non aspettò un mio cenno si assenso,prima di chiudersi la porta alle spalle.
Sapevo che avrei dovuto seguire la sua raccomandazione,ma non lo feci per l’insana curiosità che mi teneva legata al posto.
“Hai fatto una buona impressione su Marcus.” Quella era la voce del padre,leggermente ovattata dal legno della porta.
“Ne sono pienamente consapevole senza il bisogno che sia tu ad annunciarmelo. Avanti,so che non è di questo che devi parlarmi. Quindi dimmi quello che mi devi dire e facciamola finita senza tanti inutili giri di parole.” La voce di Sven suonò determinata,virile.
Sentii la risata roca del padre,e subito dopo il rumore di uno schiaffo.
Sperai vivamente non fosse quello che immaginavo.
Avvolsi il pomelo della porta tra la mano,cercando di resistere all’istinto di spalancarla e sradicargliela addosso.
Come aveva anche solo osato? Tremavo al solo pensiero del gesto che aveva compiuto.
Ci furono attimi di silenzio,prima che identificassi di nuovo la voce di Sven.
“Avanti,tiramene un altro se può darti soddisfazione. Oggettivamente tanto,sappiamo entrambi che uomo miserabile sei. Prenditela con me se ti può far piacere,ma questo non potrà mai alleviare il ribrezzo che provi anche tu nei tuoi stessi confronti.” Furono parole taglienti,che riuscirono a far tacere Alan,diversamente a quanto avessi mai immaginato.
“Contrariamente a quanto ha detto Marcus,non siamo uguali per niente. Tu sei un fallito,e io sono un vincente. È una realtà che non puoi contestare.” Infierì.
“Non prendertela con me se a quanto pare non sei stato abbastanza.” La voce del padre,bassa e controllata come al solito.
Sentii una risata forzata,prima di avvertire il rumore di un vaso che si infrangeva a terra.
“Io sono stato anche troppo,ed è per questo che evidentemente ha mirato più in basso.”
Quel discorso mi stava mandando solo ulteriormente in confusione,sarei dovuta andare via da là prima che mi avesse sorpresa ancora dietro la porta.
In più,non mi andava di farmi esplodere il cranio una volta per tutte in maniera definitiva.
Scossi la testa e vagai per la casa alla ricerca delle scale,tirando un sospiro di sollievo quando le individuai.
Salii al piano di sopra e vagai per le diverse stanze,cercando di ricordarmi quale fosse quella in cui ero stata precedentemente.
Mi avvicinai ad una porta socchiusa e sbirciai al suo interno ,non riuscendo però a individuarne le sembianze a causa del buio.
Tirai indietro la testa e il mio sguardo finì su una segnaletica di ferro appesa alla porta:
DIVIETO D’ENTRATA. SVEN.
 
Mi ritornarono alla mente le parole della madre..
 
“Ora capisco perché non l’hai portata in camera tua..”
 
Cosa c’era là dentro che non avrei dovuto vedere?
Appoggiai la mano sulla maniglia e l’aprii interamente,cercando di individuare i tratti di quella stanza.
Cercai l’interruttore della luce a occhi chiusi,sfiorando della carta un po’ ovunque.
Quando sfiorai qualcosa di rigido,lo premetti e la luce si accese,illuminando ciò che vi era al suo interno.
Le mie labbra si schiusero e i miei occhi si persero a osservare ciò che avevo intorno con un misto di confusione e stupore.
Feci qualche passo in avanti e mi portai al centro,girando su me stessa per avere una visione completa di ciò che mi circondava.
Ritratti. Ritratti ovunque: appesi alle pareti,sui comodini,sparsi sul letto..ovunque.
Mi avvicinai al letto e ne presi uno tra le mani tremanti,esaminandolo.
Era raffigurata una ragazza dall’aria seducente,con un fiore tra i capelli.
Era seduta sul prato,ritratta di lato mentre i capelli svolazzavano scappando dalla treccia disordinata che le ricadeva sulla schiena.
In quel ritratto, però, non si vedeva con precisione il volto.
Ne presi un altro,che però era stato sfumato sul viso,facendolo scomparire.
Ne raccattai uno attaccato alla parete,e quella volta potei ammirarne i tratti.
Il taglio degli occhi era affusolato,seducente,così come gli zigomi pronunciati e i lineamenti marcati ma candidi.
Le labbra inversamente proporzionali alle mie,che erano piene e rosse.
Le sue assumevano una linea più sottile e un colorito più pallido,in perfetta sintonia con il viso.
I capelli erano tirati su in uno chignon disordinato,lasciando sfuggire dei ciuffi al suo controllo.
Un brivido mi percorse la schiena quando immaginai Sven a ritrarla.
Quella ragazza era..
“Che cosa ci fai qui?” La sua voce rude invase quel silenzio,strappandomi il ritratto di mano per riappenderlo alla parete con un gesto stizzito.
“Chi è lei,Sven?” Ignorai la sua domanda.
Mi guardò furente,ed ispirò profondamente per trattenersi dallo sbraitarmi contro.
“Esci subito di qui.” Puntò un dito in direzione della porta e parlò con voce tramante.
L’aveva presa più male di quanto avessi pensato.
Mi lanciai un ultima occhiata alle spalle e poi mi girai per uscire dalla porta,seguita da lui.
Mi afferrò dalle spalle e mi piazzò davanti alla porta ritornata chiusa.
“Cosa non ti è stato chiaro di questa scritta?” Batté una mano sull’etichetta di metallo appesa alla porta.
“Stavo cercando la camera,non l’ho vista..” Mentii.
“Chi era quella ragazza Sven?” Gli ripetei,sperando che mi avrebbe dato una risposta.
Dal suo viso irato,dovetti supporre che non se ne sarebbe neanche parlato.
“Non fare domande,dimentica quello che hai visto e riavvolgi il nastro al giorno prima di venire in questa casa infernale. Io e te cosa siamo?” Mi domandò,senza però aspettare che gli dessi una risposta “Niente. Siamo solo due esseri costretti talvolta a respirare la stessa aria,niente più di questo. Per questo motivo,non hai alcun diritto di mettere il naso in cose che non ti riguardano e che mai ti riguarderanno in nessun modo.” Prese fiata e mi guardò con indecisione, ma alla fine disse quelle parole che avrei preferito non avesse mai pronunciato. “Tesoro,forse non sei stata abbastanza attenta a non mischiare la finzione con la realtà..” Mi lasciò un buffetto sulla guancia e rientrò nella sua camera,lasciandomi ferma e immobile in mezzo al corridoio.
Un singhiozzo mi si bloccò in gola,mentre il mio volto assumeva un che di inespressivo. Tenevo sempre ad assorbire il dolore ogni qual volta lo provassi.
Era da un po’ che non avvertivo un sentimento simile.
Avrei tanto voluto piangere, ma era come se le lacrime fossero bloccate.
A quanto pare il rubinetto doveva essersi arrugginito.
Aveva ragione..ero stata una stupida e mi ero lasciata abbindolare da una recita.
 
“So risultare molto convincente se mi impegno in quello che faccio,e posso assicurarti che non avrei problemi a farti cadere realmente ai miei piedi.” 
 
La consapevolezza che fosse stato realmente capace di fare una cosa simile si fece largo in me,prorompendo in rabbia.
Ero delusa da me stessa,ma non gli avrei dato modo di esser reputata uguale alle altre.
Non sarei mai stata come loro,e ne sarei uscita sempre a testa alta.

 

Buonasera ragasssuoli!
Eccomi qua con il nuovo capitolo che stavate aspettando!
Ho appena concluso di guardarmi 'I pirati dei Caraibi' per la millesima volta, quindi capitemi se sono emotivamente instabile. Quanta roba è Johnny Depp :Q____ *se lo immagina e sviene*.
Ma ora basta fare la parte della depravata e parliamo di cose serie.
Il primo punto fondamentale nonché critico da affrontare è: quanto detestate il padre in una scala da 1 a 10? Perché personalmente, il mio intento era esattamente quello di farvelo odiare.
Perché vi chiederete voi, ma ogni cosa al suo tempo..
Se qualcuno sta già tentando di collegare le cose, e magari è giunto a una fine, può anche dirmi la sua opinione. Anche chi ancora non c'è riuscito, perché è divertente vedere quello che stanno ingranando le vostre menti.
Ma andiamo oltre.
Cosa dire di Sven e Sam? Beh, la situazione si commenta da sola e fa venir voglia proprio di infliggersi male fisico o cavarsi gli occhi con un rametto, lo so. Ma chi va piano va sano e va lontano, no? 
Beh.. trattandosi di loro, sani dubito lo saranno mai.
Ma non temete per la nostra piccola Sam, è forte e tirerà fuori le palle!
In quanto all'ultimo punto della questione.. nonché quello che mi tocca principalmente al momento e che mi fa stare in uno stato d'ansia perenne: il soggetto dei ritratti di Sven.
Allora, con un passo alla volta, per lo meno abbiamo capito si tratti di una ragazza, e Sam ha potuto anche farsi un'idea del suo aspetto. 
Ma la cosa più importante è questa: perché Sven la ritrae? Chi è lei? 
Troppe domande che ronzano nelle vostre menti? Con calma i vostri teneri e piccoli neuroni troveranno pace. 
Grazie a chi mi segue, a chi non lo fa ma spero un giorno lo farà, a chi legge, a chi commenta, e anche solo a chi spreca qualche minuto della sua vita per leggere la mia storia.
Con affetto, un baaacione :*
Xoxo. Heartless.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15. ***


Il viaggio in macchina fu avvolto dal silenzio,ognuno chiuso nel suo mondo.
Il mio era quello apatico e,dalla sua espressione,dedussi anche il suo.
Non lo salutai quando arrivai davanti casa,e lui non disse niente in merito.
Come due perfetti estranei,ci lasciammo alle spalle una giornata decisamente da dimenticare.
Quando misi piede in casa venni assalita da un senso di pace e serenità,che mi fece crollare sfinita sul divano.
Solo in quel momento abbassai le difese che avevo tenuto elevate per tutta la giornata.
Un giorno,era passato un solo giorno..quando per me sembrava esser trascorso un mese.
Mi portai una mano sul volto, soffocando un gemito di sofferenza.
Ero sul punto di un crollo emotivo e ne ero pienamente consapevole.
Come se non bastasse,lo scroscio dell’acqua che si abbatteva sui vetri non aiutava a rendere la situazione meno drammatica.
Quando diavolo aveva cominciato a piovere? Perfetto,anche la natura era contro di me adesso!
Dovevo trovare qualcosa per distrarmi,anche perché l’alternativa era deprimermi.
E non ne avevo alcuna intenzione,non per lui almeno.
Raccattai il cellulare,a cui non avevo prestato attenzione per tutto il giorno.
Sbloccai la tastiera e trovai svariati messaggi.
Iniziai da quelli di Dee.
 
-Spero stia procedendo tutto bene,ti rivoglio a casa intera :*-
 
Intera..più o meno,interiormente non lo ero mica tanto.
Proseguii con quelli di Trent.
 
-Quando torni voglio i dettagli sulla tua permanenza all’inferno, carissima!-
 
Recitava il messaggio.
Infine aprii quello di Amy,che mi chiedeva se fosse andato tutto per il verso giusto.
Mi dispiaceva un po’ per lei. Dopotutto aveva voluto farci trascorrere del tempo insieme con la speranza che le cose sarebbero migliorate,invece era andato tutto per il peggio. Tutto.
 
“Se per bene intendi una merda totale,allora è andato tutto bene.”
 
Le risposi ironica.
Non passò molto tempo prima che sentissi il cellulare suonare,e mi ci volle ancor meno per capire chi fosse.
“Pronto?” Risposi,senza neanche guardare il nome del mittente.
“Sam.” La voce di Amy.
Ispirai a fondo ma rimasi in silenzio,avvolta dal mio strano velo di apatia.
“Cos’è successo?” Chiese dolcemente,in risposta al mio silenzio.
Guardai la pioggia scendere dal cielo,avvicinandomi alla finestra che dava sulla strada ormai buia,se non fosse stato per i pochi lampioni disposti lungo di essa.
Mi ritornò alla mente il ritratto,così come la sua espressione furente.
Presa dai miei pensieri,mi dimenticai di risponderle ancora una volta,così continuò a parlare da sola.
“È tornato a casa e ha sbattuto la porta d’ingresso con più forza del normale. Mi è passato vicino,e non credo neanche che mi abbia visto talmente era accecato di rabbia. Cos’è successo Sam? Non lo vedevo così da quando..” Si bloccò,forse accorgendosi di aver parlato più del dovuto.
“Da quando,Amy?” La spronai.
“Hai visto la sua camera..” Azzardò.
“Molto probabilmente non avrei dovuto farlo,date le parole che mi ha rivolto successivamente..” Ammisi,tenendo il cellulare tra la spalla e l’orecchio per spostare la tendina che copriva la finestra.
“Cosa ti ha detto?”
Sospirai e socchiusi gli occhi al ricordo. “Che non avrei dovuto farlo. Che io e lui non siamo niente,e che di conseguenza non ho il diritto di ficcanasare nelle sue cose né di pretendere chiarimenti. E poi..” Mi fermai,buttando già un doloroso nodo in gola al ricordo dell’ultima frase. “Che,molto probabilmente,ho finito per mischiare la finzione con la realtà.”
 “Ed è così?” Si accertò lei,dopo qualche istante di silenzio.
“Mi sono preoccupata per lui,ho fatto male?” Chiesi,con un tono un po’ più duro del necessario.
“Certo che no.. ma con Sven non si può mai capire quando una cosa è giusta o sbagliata.”
Ascoltai le sue parole,dandole ragione,ma non glielo dissi.
Rimasi in silenzio,mentre una domanda continuava ad assillarmi da tutto il giorno.
Era ormai diventata per me un chiodo fisso,qualcosa che mi martellava la mente incessantemente.
“Amy..chi è lei?”
 Seguì un silenzio assordante,ma sapevo che avesse sentito la mia domanda e fosse indecisa sul da farsi.
Rimasi in attesa,continuando a fissare lo scorrere della pioggia che si infrangeva  al suolo.
Era un pensiero malsano e non comune per una mente con tutte le rotelle al posto giusto,ma avevo voglia di farmi una passeggiata sotto la pioggia.
Così,solo per schiarirmi un po’ le idee.
“Per lui? Per lui era tante cose..” Rispose vagamente.
“Sii più precisa.”
Sospirò. “È stata la sua unica amica d’infanzia,successivamente la sua migliore amica e infine..la sua ragazza,l’unica che abbia mai guardato con occhi diversi. Poi un giorno non lo so cos’è successo,so soltanto che adesso non gliela si può nominare. La fine della loro storia è sempre stata un mistero per tutti..mi dispiace non poterti essere più d’ aiuto di così..” 
La testa aveva cominciato a girarmi a causa di tutto quello stress emotivo,forse era davvero ora mi prendessi una pausa riflessiva.
Mi sorressi la fronte con una mano,chinando il capo verso terra.
“Va bene così Amy,ora devo andare e..grazie.”
“Aspetta Sam!” Mi fermò,prima che potessi terminare la chiamata.
“Dimmi.” Feci,riportandomi il cellulare all’orecchio.
“Sei consapevole di quello che ti sta succedendo,vero?” Domandò con cautela,cercando di non risultare troppo invadente.
Risi sguaiatamente ma senza allegria,reclinando il capo all’indietro e chiudendo gli occhi.
“Si Amy,lo so.. so che sono irrimediabilmente fottuta.” Sputai fuori tra i denti,prima di chiudere la comunicazione per evitare che si divulgasse oltre.
Non ci pensai un secondo di più,recuperai una felpa più pesante della magliettina che indossavo e le chiavi,prima di uscire di casa.
Tirai su il cappuccio e inoltrai le mani nelle tasche della felpa,iniziando a camminare per la stradina deserta senza una meta precisa.
Intravidi il mio riflesso attraverso la vetrina di un negozio,ormai chiuso a quell’ora della sera. Mi fermai ad osservarmi e mi rividi esattamente uguale a prima di conoscere lui,peccato che internamente fosse tutta un’altra storia.
Scossi la testa e proseguii,ma i pensieri non volevano saperne di scivolarmi addosso.
Rimanevano là,tutti concentrati nella mia testa.
Ero un vero strazio e,il pensiero più difficile da sopportare,era quello di non poter far niente affinché la situazione migliorasse.
Arrivai nei pressi di una fermata dell’autobus e mi sedetti sotto la tettoia,continuando ad osservare la pioggia.
Forse,avrei potuto non uscire per un po’.
In questo modo,non vedendolo,avrei accantonato la sua presenza..
Ma chi volevo prendere in giro,adottare quel sistema sarebbe stato da idioti totali!
Era risaputo che,nel preciso istante in cui l’avrei rivisto,mi sarei accorta non fosse cambiato assolutamente nulla.
La parte più razionale di me mi suggeriva di accettare la cosa e assumerne consapevolezza,ma io non volevo.
Non volevo perché non si trattava di un ragazzo qualsiasi,si trattava di lui.
Si trattava di una persona che aveva tutte le carte in regola per portarmi in paradiso,per poi lasciarmi precipitare all’inferno.
Stare ferma su quella panchina non contribuiva a farmi sentire meglio,tanto valeva fare due passi in modo da concentrarmi su altro.
Presi a camminare sul marciapiede,mentre la pioggia cadeva impetuosa su di me.
Ero bagnata dalla testa ai piedi,ma era l’ultimo pensiero capace di sfiorarmi in quel momento.
In quel preciso istante, il cellulare prese a vibrarmi nella tasca della felpa.
Lo estrassi,trovandolo ricoperto da un leggero strato di umidità.
Guardai il mittente: Trent.
Avrei dovuto rispondere o far finta di dormire?
Optai per la seconda opzione ma,quando pochi attimi dopo richiamò,mi resi conto che fosse consapevole del fatto che non fossi a letto.
“Pron..”
“Dove diamine sei?” Mi chiese bruscamente,non dandomi neanche l’occasione di parlare.
“E soprattutto,cos’è questo rumore?” Doveva riferirsi al rumore della pioggia.
“Non sono a casa.” Mi limitai a rispondere,fermandomi sotto la tettoia di un negozio.
“Fin qua ci sono arrivato, dato che le luci sono tutte spente e ti ho suonato almeno sei volte.” Era arrabbiato nero. “Non dirmi che sei in giro con questa pioggia.” Suonò più come una constatazione che voleva smentissi,che per una domanda.
“Trent, smettila di comportarti come mio padre e di..” Le parole mi morirono in gola quando notai la sua macchina parcheggiarsi di fronte a me,sterzando bruscamente.
Mise giù la chiamata e abbassò il finestrino dell’auto. “Sali in macchina.” Mi intimò.
Non me lo feci ripetere due volte e montai a bordo,nonostante fossi bagnata dalla testa ai piedi. Per fortuna aveva i sedili di pelle..
“Ho fatto il giro dell’isolato due volte per trovarti. Non so per quale motivo tu abbia deciso di perdere completamente la testa,ma presto lo scoprirò perché mi racconterai tutto ciò che ti passa per l’anticamera del cervello.” Mise in moto e premette sull’acceleratore.
Il viso era corrucciato,e la fronte corrugata.
Era davvero arrabbiato e non ero sicura che,con la mia spiegazione,sarei riuscita a tirarmene fuori. Molto probabilmente,dopo avergli raccontato tutto,mi avrebbe dato ancor di più dell’incosciente.
Sospirai e affondai nel sedile nell’attesa di raggiungere casa,mentre lui accese il riscaldamento intuendo che potessi avere freddo. E così era,stavo letteralmente congelando.
Arrivammo nei pressi di casa mia pochi minuti dopo.
Spense il motore e scese dalla macchina accompagnato da un ombrello.
Non gli diedi il tempo di fare il giro dell’auto per scortarmi fino all’ingresso,che scesi senza preoccuparmi di bagnarmi ulteriormente.
Infilai la chiave nella toppa e feci ritorno nel mio salotto,seguita da lui.
Buttò l’ombrello a terra e si chiuse la porta alle spalle,prima di seguirmi diretta al piano superiore.
Non feci caso alle mie condizioni e mi sedetti per terra,con la schiena appoggiata al caldo termosifone.
“Guardati,sei uno straccio.” Commentò con una smorfia di compassione,rimanendo appoggiato allo stipite della porta ad osservarmi.
Eclissai la sua constatazione con un movimento della mano,guardandomi poi intorno apaticamente.
Lo sentii sospirare,prima che si dirigesse verso il mio armadio per aprirlo e tirar fuori da esso un pigiama asciutto.
“Ti concedo di cambiarti e di scrollarti tutta quell’acqua da dosso,prima di costringerti a raccontarmi cosa ti ha ridotto così.” Mi lanciò addosso i vestiti asciutti,intimandomi di alzarmi da là.
Seguii il suo volere,raccattando il pigiama e chiudendomi in bagno per darmi una sistemata.
Mi tolsi i vestiti bagnati e li buttai nella cesta dei panni sporchi,prima di racimolare il phon per tentare di asciugare i miei capelli bagnati.
Li costrinsi in una coda disordinata,mentre afferravo il pigiama per indossarlo.
Feci ritorno in camera qualche minuto dopo,trovandolo seduto sul letto con la schiena appoggiata alla tastiera.
Le mie condizioni non erano migliorate,avevo la testa a puttane e i brividi dispersi per tutto il corpo.
Presi posto al suo fianco,coprendomi con le coperte calde nel tentativo di ripararmi da quel gelo.
“Avanti,parla. Prometti di non insultarti fino alla fine del racconto.”
Se quello voleva essere un incoraggiamento,non ci sapeva proprio fare.
“Non so cosa dirti,o meglio non so da dove iniziare..” Decretai sinceramente.
“Da dove vuoi tu.”
Sospirai e presi a raccontargli ciò che mi aveva ridotto in quel modo,rivivendo con la mente gli avvenimenti di quella giornata.
Mi fece male riviverli una seconda volta,ma era inevitabile che sarebbe successo.
La mia voglia di vivere,in quel momento,era pari a zero.
Non era successo nulla tra di noi,ed ero già ridotta in quello stato.
Non osavo pensare in che condizioni sarei capitata,se quell’assurdità fosse andata oltre.
“Ipotesi?” Domandò,alla fine della storiella.
“Amy mi ha detto che è stata la sua unica amica d’infanzia,poi è diventata la sua migliore amica e successivamente la sua ragazza. Non so più di questo.. E in ogni caso,queste informazioni,non mi aiutano a capire cos’abbia potuto ferirlo così tanto.” Guardai fisso il muro di fronte a me,prima di continuare.
“Insomma,anche la mia storia precedente è finita in un fiasco totale,apportandomi anche delle corna in testa. Ma non per questo sono diventata com’è lui,allergica ai rapporti.” Ragionai ad alta voce.
Mi fermai per vedere se stesse seguendo il filo del discorso,trovandolo con le sopracciglia sollevate in maniera eloquente.
Sbuffai. “Ok,forse anche io sono diventata allergica ai rapporti personali,ma almeno ho fatto uno sforzo per riaprire un varco nella mia vita.”
“Con la persona sbagliata, però.” Precisò.
Scossi la testa incapace di capire,non trovandomi ad appoggiare la sua teoria.
“Per me è incomprensibile decretare giusta o sbagliata una persona. Non esiste la persona ideale,solo i ragazzini possono credere ad una teoria simile. Perché alla fine,ragionando in maniera realistica,non ci innamoreremo mai del principe azzurro che sognavamo da piccole. Ci innamoreremo del campione degli stronzi,dell’ultimo essere adatto a noi su tutta la faccia della terra. Però lo ameremo,e capiremo che forse,dopotutto,non è cosi sbagliato per noi.”
Si sporse verso di me e mi afferrò dalle spalle,costringendomi a girarmi in sua direzione.
“Riavvolgi il nastro e ripeti.”
Aggrottai le sopracciglia in maniera confusa,ma eseguii in ogni caso.
“Non si può dire che una persona sia giusta o..”
“La parte dopo.” Mi interruppe.
“Non esiste il prototipo di persona..”
“Ancora dopo.” Insistesse.
Sbuffai e andai oltre,cercando di ricordarmi le parole utilizzate.
“Ci innamoreremo del campione degli stron..”
“Riavvolgi di poco.” Intervenne di nuovo,sorridendomi enigmatico.
Ripercorsi mentalmente la mia frase,prima di abbandonare l’espressione confusa e capire dove volesse andare a parare.
“Ci innamoreremo..” Sussurrai.
Annuì sorridendo. “Esatto. Ci innamoreremo,anche se nel tuo caso è già successo.”
Scossi vigorosamente la testa,evadendo dalla sua stretta improvvisamente opprimente.
Cercai di riprendere aria,e provai a scacciare le sue parole dalla mia mente senza permettergli di piantare radici.
Non era così,sapevo che non era come diceva lui. Non poteva esserlo.
“Smettila di comportarti in maniera infantile e accetta quel che è..”
“Fai silenzio,non intendo ascoltare un’altra parola e voglio solo mettermi a dormire. Ho la testa che mi sta esplodendo,e sento di non poter continuare in questo modo senza che non venga ricoverata in un centro di cura per malati mentali. Buonanotte.” Mi girai su un fianco,dandogli le spalle,e strinsi le coperte al petto.
Per favore cuore,fai meno rumore.. Implorai.
 
La mattina seguente aprire gli occhi mi sembrò l’impresa più ardua del mondo, e l’idea fu ancora più insopportabile quando il sole mi sfiorò il viso.
“Abbassa quella cazzo di serranda..” Imprecai contro Trent.
Lo sentii muoversi per la stanza,avvertendo poi una sua mano appoggiarsi delicatamente sulla mia fronte.
“Stai tranquilla,ora potrai ritornare a dormire. Hai la febbre,e sicuramente non verrai a lezione in queste condizioni.”
A quel punto aprii gli occhi di scatto,portandomi precipitosamente seduta sul letto.
Avvertii un giramento,che mi costrinse a sorreggermi la testa con le mani.
“Non se ne parla,dopo Natale devo sostenere un esame e ho già saltato troppe lezioni..” Mugugnai sofferente,pregando che la stanza smettesse di vorticare al più presto.
Quando ebbi l’impressione di sentirmi meglio,scostai le coperte e mi portai in posizione eretta.
Barcollai fino all’armadio,inciampando poi in una maglietta.
Venni sorretta in tempo da Trent,prima di ritrovarmi con la faccia sbattuta contro il pavimento della camera.
“Guardati,non ti reggi neanche in piedi,cosa credi di poter fare in queste condizioni?” Mi chiese con preoccupazione,continuando a tenermi incollata a lui per evitare che crollassi a terra.
“Un’aspirina e passa tutto.” Decretai,svincolando dalla sua presa per andare alla sua ricerca.
“Se pensi che basterà una semplice aspirina per rimetterti in sesto,allora sei completamente impazzita.”
“Oh,ma questo lo sapevo già.” Feci del sarcasmo.
Mi abbassai all’altezza del contenitore dei medicinali,frugando fra le varie scatole alla ricerca di quella che avrebbe dovuto servirmi.
Quando la trovai barcollai fino in cucina,racimolando un bicchiere e dell’acqua.
La bevetti tutto d’un fiato,ma onestamente non avevo idea di quanto avrebbe potuto giovarmi.
“Dammi 10 minuti per prepararmi.” Gli dissi,quando notai che avesse già le chiavi in mano pronto ad abbandonarmi.
Sospirò e si passò stancamente una mano sul volto,in segno di esasperazione.
“Ho altra scelta?” Sospirò esasperato.
“Temo di no.”
Mi diressi nuovamente in camera e indossai dei vestiti a caso,senza preoccuparmi dell’aspetto che avrei potuto assumere.
Non ebbi neanche la forza di truccarmi,e decisi di rassegnarmi all’idea di andare in giro con un aspetto malaticcio. Beh,dopotutto lo ero.
Indossai il giaccone e poi andai alla ricerca dello zaino per ficcarci dentro i libri.
“Dove diamine l’ho messo..” Bofonchiai.
“Ho già sistemato tutto,andiamo.” Mi avvisò la voce di Trent,alle mie spalle.
Mi girai in sua direzione,trovandolo con in mano il mio zaino.
Eccolo dov’era finito.
“Sei previdente..” Gli andai incontro e me lo misi in spalla.
“Ho imparato a esserlo,quando si tratta di te.” Sospirò,prima di seguirmi fuori di casa.
Salii a bordo della macchina non appena l’aprì,appoggiandomi poi al sedile con affanno.
“Non resisterai più di due ore.” Mi avvisò,ma io lo ignorai volutamente.
Era colpa di Sven se ero ridotta in quelle condizioni,e non avrei potuto permettere che le mie sventure si intensificassero per colpa sua.
Dopo dieci minuti abbondanti raggiungemmo i parcheggi della scuola,in cui Trent stazionò la macchina.
Presi un respiro profondo e scesi dall’auto,imponendomi di camminare con una postura eretta senza dare l’impressione di assomigliare all’Homo habilis.
“Ci vediamo nell’intervallo,sempre se resisti fino a quell’ora.” Mi salutò,prima di scomparire nella direzione opposta alla mia.
Feci per varcare l’ingresso della scuola e dirigermi verso il mio armadietto,quando Allyson mi bloccò il passaggio.
Era una ragazza che frequentava parecchi corsi insieme a me,dal chiacchiericcio improponibile. Non ero sicura di sentirmela di tollerarla questa mattina.
“Ciao Sam,meno male che ti ho incontrato. Oggi Melanie non c’è,cos’ mi stavo chiedendo se ti andrebbe di passare con me l’ora di educazione fisica in modo da..” Non ascoltai una parola in più,decretando già sommersa la mia mente da dettagli inutili e irrilevanti.
“Cosa ne pensi?” Chiese infine.
Mi girai in sua direzione,guardandola sconcertata.
“Aspetta,abbiamo educazione fisica alla prima ora?”
Annuì vigorosamente,facendomi perdere le ultime speranze che riservavo nel fatto di potercela fare.
Compiere uno sforzo fisico in quelle condizioni?
Non avevo già energia di mio in quel momento,figurarsi se riuscivo a trovarne per mettermi a correre e saltellare per cercare di fare canestro!
“Dov’è Dio quando serve?” Borbottai a bassa voce,dirigendomi verso il mio armadietto per raccattare il mio cambio.
Mi seguì come un cagnolino,appoggiandosi all’armadietto affianco mentre frugavo all’interno del mio.
“Uh,guarda un po’..” Commentò maliziosamente,in riferimento di qualcosa alle mie spalle.
Istintivamente mi girai,trovandomi ad osservare Sven che faceva il suo ingresso a scuola con la sacca in spalla.
Dannazione,avevo con lui l’ora di ginnastica!
Ma c’era una cosa,una sola cosa,che andasse per il verso giusto nella mia inutile vita?
“Mamma quanto è bello,non so cosa darei per..” Anche quella volta,smisi di ascoltare quello che blaterava con il solo scopo di salvarmi da un esaurimento nervoso.
Inoltre,la mia attenzione era tutta catalizzata su di lui,come del resto quella della restante popolazione femminile.
Dov’era una mitragliatrice quando serviva?
A lungo osservarlo,non mi accorsi da subito che se ne fosse accorto e che stesse facendo altrettanto.
Non meritava neanche che gli prestassi attenzione,anche perché continuare a sbavarci dietro non poteva ritenersi un passo avanti nel levarmelo dalla testa.
Distolsi lo sguardo con indifferenza,ritornando a fare quello che stavo facendo prima del suo ingresso.
“Ehi ti ha guardata..ehi aspetta,ti ha guardata?!”
E ora cosa stava succedendo? Allyson era una sorta di sua fan sfegatata?
“Non lo so Allyson,e comunque non mi interessa.” Alzai gli occhi al cielo e poi richiusi l’armadietto con una spallata.
Mi misi la sacca in spalla e cominciai a camminare verso gli spogliatoi,mentre Allyson tentava di mantenere il mio passo.
“Sei pazza se non ti interessa uno come quello,ma insomma,l’hai visto?” Continuò imperterrita.
“Sì,l’ho visto. Ma aspetta che apra bocca e smetterà di apparirti come un Dio celeste.” sputai fuori con acidità,lasciandola momentaneamente senza parole.
Si fermò in mezzo al corridoio,presa in contropiede per qualcosa da me incomprensibile.
“Mi stai dicendo che ci hai anche parlato?” Mi corse incontro.
Ero quasi sicura che gli occhi le stessero brillando.
“Sì,e ti assicuro che non è un buon passatempo.” Sorrisi fintamente,per poi entrare nello spogliatoio senza aspettarla.
Mi cambiai in fretta e furia, indossando dei pantaloncini da pallavolo e una canottiera nera.
“Perché non ho un culo come il tuo?” Sentii Natalie,una ragazza simpatica e socievole con tutti,lasciarmi una pacca amichevole sul sedere.
Mi girai di scatto e le sorrisi,prima che intervenisse quella strega di Sharon.
Una troietta matura,come mi piaceva definirla.
“Vorrai dire come questo,semmai..” Si palpeggiò il suo stesso sedere,vantandosene davanti alle altre ragazze presenti in camerino.
Alzai gli occhi al cielo alla vista del suo egocentrismo,non risparmiandomi una delle mie battute pungenti. Non per quel giorno almeno.
“Sì Sharon,hai ragione. Il tuo chirurgo ha fatto un lavoro da togliere il fiato,contenta?” Detto questo uscii dallo spogliatoio,accompagnata dalla risata piacevole delle restanti ragazze.
Feci per dirigermi verso la palestra,rimanendo interdetta quando vidi la sua figura fare capolino da fuori lo spogliatoio.
Indossava dei pantaloncini da basket,abbinati con una canottiera del medesimo colore: nero. Mai visione fu più celestiale.
Avanti Sam,non sbavare e smettila di stare là impalata come uno stoccafisso..
Scossi la testa e,ignorandolo ancora una volta,feci il mio ingresso in palestra.
C’era già qualcuno che correva dietro a qualcun altro,altri che si arrampicavano sulla corda,e alcune ragazze impegnate a chiacchierare tra loro in mezzo alla palestra.
Approfittai di quel momento di calma per sedermi su una panchina e racimolare forze per affrontare quell’ora impegnativa.
Avevo gli occhi stanchi e una voglia inverosimile di buttarmi nel letto fino a quando la mia vita non avesse assunto un risvolto positivo.
“Attenzione,palla!” Sentii una voce urlare,ma non mi resi conto che fosse rivolta a me fino a quando non mi ritrovai un pallone in testa.
Alzai lo sguardo sull’individuo che aveva osato sfiorarmi,riconoscendolo come Josh.
“La tua mira fa schifo,Josh!” Raccattai la palla e gliela rilanciai contro non appena lo vidi avvicinarsi a me. L’avrei colpito dritto in pancia,se non avesse avuto i riflessi pronti.
“Nel tuo caso invece,è il tuo aspetto a fare schifo.” Commentò,sedendosi al mio fianco.
Era un ragazzo simpatico,forse un po’ troppo spigliato e sbruffone,ma diventava innocuo se imparavi a controllarlo.
L’avevo conosciuto all’inizio dell’anno,quando non perdeva occasione per chiedermi di uscire ogni qual volta gli capitassi a tiro.
Dopo un po’ aveva smesso,capendo che non mi emozionassi alla vista del suo aspetto sudato mentre correva dietro ad una palla. Al contrario di tutte le altre galline,per lo meno. In qualche modo,mi ero guadagnata il suo rispetto.
“Vorrei vedere te,dopo aver passato la notte scosso dai brividi a causa della febbre” Mi difesi.
“Sven!” Chiamò,prima di alzarsi in piedi per calciare la palla in sua direzione.
Questo si girò verso di lui,intercettando rapidamente la palla e centrando la porta.
C’era qualcosa che lo facesse risultare una schiappa? Cominciavo a dubitarne.
“Hai la febbre?” Domandò,risiedendosi al mio fianco. “In questo caso sei un raggio di sole.” Ammiccò.
Alzai gli occhi al cielo. “Pensavo avessi deciso di darci un taglio con questi tuoi patetici approcci..”
“Se tu ti decidessi ad uscire con me,forse la smetterei.”
Risi. “Josh,conosco i ragazzi come te. Tutti inverosimilmente belli ma stronzi fino al midollo. Grazie,ma non ci tengo a farmi spezzare il cuore.” Scherzai.
“Lo sai di avermi fatto indirettamente un complimento vero?” Sorrise malizioso.
Lo guardai annoiata,sbuffando alla vista della sua presunzione.
“Andiamo,puoi chiedere a chiunque qua dentro. L’aspetto da bello e dannato attira molto di più rispetto a quello da bravo ragazzo.”
Fece vagare il suo sguardo per tutta la palestra,prima di urlare il nome di un suo compagno di classe. Non mi era nuovo,seppur non conoscessi il suo nome.
“Brady vieni un attimo!” Urlò.
L’altro scalciò la palla dall’altra parte della palestra e si avvicinò a noi con un cipiglio confuso. Onestamente,mi chiedevo anche io cos’avesse intenzione di fare per mettermi in ridicolo.
“Solitamente come ti approcci con le ragazze? Ti comporti da perfetto Romeo,oppure tendi a trattarle male in modo che ti stiano più dietro?”
Ci pensò su un attimo. “La parte da bravo ragazzo non fa decisamente per me.”
Si batté un pugno con Josh,che sorrise soddisfatto.
“Allora le ragazze che vi corrono dietro sono delle deficienti totali.” Ribattei.
Josh si girò in mia direzione,prima di sospirare e far vagare nuovamente il suo sguardo per tutta la palestra.
“Guarda che fanno tutti così,e posso garantirti che funziona.”
“Io invece ti dico di no.” Feci risoluta,incrociando le braccia al petto.
Rise,prima di meditare su qualcosa con aria assorta. “Ok,allora facciamo un sondaggio tra i più richiesti della scuola e vediamo perché sono così desiderati.” Mi fece l’occhiolino,prima di urlare il nome di Sven.
Tirò un’altra palla in porta e poi si girò in nostra direzione,mentre Josh gli fece segno di avvicinarsi.
Gli lanciai un occhiataccia,desiderando improvvisamente di impiccarlo ad una delle corde che pendevano dal soffitto.
Guardai Sven fare un cenno al portiere,prima di venire verso di noi con espressione corrucciata.
“Allora Sven..” Iniziò Josh,appoggiandosi con la schiena alla parete dietro di noi.
“Stavamo facendo un sondaggio. Io affermo che il comportamento da stronzo funziona con le ragazze,mentre lei dice di no.” Spiegò.
“Ora,dato che qua in mezzo tu sei quello circondato da più figa..” Rise,insieme all’amico ritardato. “Eravamo curiosi di sapere come ti comporti tu con le ragazze.” incrociò le braccia al petto risoluto,lanciandomi un occhiata vittoriosa.
“Veramente in nessun modo in particolare. Non mi impegno per conquistarle,sono loro che mi cadono ai piedi.” Disse,facendo spallucce.
Sbruffone.
“Allora vuol dire che essere stronzo fa proprio parte della tua indole.” Rise Josh,scambiandosi delle gomitate complici con l’amico.
“Può darsi..” Appoggiò la loro teoria. “Ma l’aria da cattivo ragazzo mi dona troppo per abbandonarla.”
In quello,non potei non dargli torto..
“Allora Sam,sei ancora convinta che comportarsi da stronzi non porti i suoi frutti?” Verificò Josh.
Mi sentii l’attenzione di tutti catapultata addosso,in particolare quella di Sven.
Il suo sguardo mi bruciava dentro,ma decisi di non cedere all’istinto di guardarlo.
“Il fatto che funzioni con la maggior parte delle ragazze,non vuol dire che abbia effetto anche su di me.” Risposi risoluta,con un sorrisetto orgoglioso.
Sentii Sven ridacchiare,ma nessuno ebbe il tempo di accorgersene che il prof ci radunò tutti intorno a lui.
Io e Josh ci alzammo in piedi e,prima di superarmi,mi lasciò una pacca sul sedere.
“Fossi in te prenderei in considerazione la mia proposta..”
Io invece,avrei preferito buttarla nel cesso e tirare lo scarico,ma decisi di tenermi quell’idea per me.
Dopo che mi ebbe superato,venni affiancata dall’ultima persona con la quale avrei voluto intrattenermi in quella giornata.
“E così il comportamento da cattivo ragazzo non ha effetto su di te?” insinuò,ridendo rocamente. “Tesoro,dovresti ringraziarmi per non averti ricordato davanti agli altri del rivolo di bava che ti esce dalla bocca quando sono nelle vicinanze.”
Ebbi l’istinto di attaccarlo al muro,ed ero sicura che lui ne fosse consapevole.
Mi limitai a guardarlo malamente,prima di ignorarlo e andarmi a sedere vicino ad Allyson e Natalie.
“Iniziamo con del riscaldamento. Tutti fuori e facciamo un quarto d’ora di corsa su!” Ci intimò il prof,battendo le mani per farci risvegliare dal nostro stato comatoso.
Era la prima ora della giornata e sembrava avere tutta l’intenzione di sfinirci.
Ma ce l’aveva un cuore?
Intorno a me cominciarono ad alzarsi uno dopo l’altro,lamentandosi sommessamente.
“Andiamo, fanciulla.” Natalie mi porse la mano e mi aiutò ad alzarmi,prima di dirigersi verso il cortile esterno.
Iniziai a correre mantenendo un ritmo regolare e lento,per evitare di affaticarmi troppo e collassare dopo solo cinque minuti.
“Andiamo Jackson,un po’ di grinta!” Mi urlò dietro il prof.
Digrignai i denti e mi trattenni dal rispondergli male,limitandomi a velocizzare l’andatura.
Non ebbi il tempo di fare un secondo giro del cortile,che venni affiancata da Sharon.
Stavo cominciando a pensare che la vita stesse cercando di scoprire fino a che punto arrivasse la mia sopportazione.
“Ti ho vista parlare con Sven, prima..”
Era necessario che si mettesse a parlare?
“Mi fa piacere per te,vuol dire che Dio ti ha concesso l’uso della vista.”
Passai in rassegna i vari volti che correvano davanti a me,individuando la sua figura qualche metro più avanti.
La sua espressione concentrata mi portò all’estasi.
“Vedo come lo fissi,sai.” Parlò ancora una volta Sharon,destandomi da quella beatitudine visiva.
Decisi semplicemente di ignorarla,confidando nel fatto che prima o poi avesse capito di dover chiudere quella fogna che chiamava bocca.
“Sì,e mi dispiace del fatto che lui ti ignori completamente.” Continuò imperterrita,come se io avessi risposto alla sua constatazione.
“Dopotutto,non tutte possono godere del privilegio di passare del tempo con lui.
Proprio come ha fatto la sottoscritta,la scorsa settimana,nello stanzino delle scope..” Mi fece l’occhiolino e si beò della mia espressione esterrefatta con un sorriso gongolante.
Arrestai il passo e rimasi impalata in mezzo al cortile,mentre lei mi superava continuando a ridacchiare soddisfatta.
Non ci potevo credere..
Lei,la persona che meno tolleravo in tutta la scuola,era riuscita ad ottenere da lui più di me.
Era riuscita ad arrivare dove a me non era stato neanche concesso avvicinarmi.
Quello che mi chiedevo era..perché lei sì e io no?
O meglio,perché tutte le altre sì e io no?
La testa prese a vorticarmi,ma cercai di non cedere al dolore e barcollare fino al campo da pallavolo,dove il prof aveva fischiato affinché ci radunassimo.
Non ascoltai una parola di quello che disse,con la testa completamente da un’altra parte. Quella rivelazione mi aveva fatto inviperire a livelli cosmici.
Talmente tanto,che non me la sentii di continuare a respirare anche solo la sua stessa aria.
Mi avvicinai al prof reggendomi la fronte con una mano,mentre prendevo un respiro profondo per racimolare ancora un briciolo di sopportazione. “Prof,non mi sento molto bene,non è che potrei andare in infermeria?”
Mi scrutò per un istante sospettoso. “Cos’ha signorina Jackson?”
“Temo di avere la febbre.”
Storse la bocca e mi appoggiò una mano sulla fronte per appurarsi della veridicità della mia risposta.
Sospirò rassegnato quando si rese conto non stessi mentendo.
Per fortuna,nel frattempo,la febbre non mi era scesa.
“Eh va bene,ma non la faccio andare da sola..” Si guardò intorno,prima di fischiare nuovamente per attirare l’attenzione degli altri.
“Miller,l’accompagni in infermeria.”
Scossi la testa violentemente. Chiunque ma non Sharon!
“Prof,quale parte del ‘non mi sento poco bene’ non le è chiara? Se mi accolla lei,dubito che la mia salute possa migliorare.” Sperai di fargli cambiare idea.
Mi guardò con espressione rassegnata,prima di sospirare e trovare un sostituto.
“Anzi Clark,l’accompagni lei. Per lo meno non dovrò rischiare di essere ritenuto responsabile per una rissa in infermeria.”
Oh,fossi stato in lui non ne sarei stata così sicura.. Di bene in meglio!
“In caso l’infermiera non sia presente,che rimanga con lei fino al suo arrivo” raccomandò,una volta che si fu avvicinato a noi.
“Non si preoccupi.” Commentò l’altro,con fare responsabile.
Alzai gli occhi al cielo e li superai iniziando a camminare da sola.
Sarei sembrata ridicola se fossi ritornata indietro e avessi chiesto al prof di bearmi della compagnia di Sharon? Decisamente sì,tanto valeva darmela a gambe in modo da non dover sprecare il mio tempo con nessuno di loro due.
Sentii i suoi passi dietro di me,ma non si impegnò per raggiungermi.
Meglio così.
Entrai in infermeria e lasciai la porta aperta,sicura che a breve avrebbe fatto il suo ingresso.
Non sarebbe stata una cattiva idea sbattergli la porta in faccia non appena avesse provato ad entrare,ma in quel modo avrei prolungato la sua permanenza in infermeria e non mi sembrava il caso.
Entrò qualche secondo dopo,chiudendosi la porta alle spalle.
Perfetto,avevo appena creato un bel momento di intimità.
Francamente,la voglia di stare in sua compagnia dopo la giornata precedente,era pari a zero.
Ancora una volta lo ignorai,andando da sola alla ricerca di un termometro per verificare il mio stato di salute.
“Sei passata dal ficcanasare nei miei affari,all’ignorarmi completamente?”
Mi girai in sua direzione con aria furente,evitando di munirmi di qualcosa che potesse nuocere alla sua salute fisica.
“Preferisci essere ignorato o insultato? A te la scelta.” Risposi scontrosa,tornando alla ricerca del termometro.
“Per cosa dovrei essere insultato? Per aver deciso di non risponderti quando hai cercato di insinuarti nella mia vita o per cosa..?”
Sbattei un cassetto con forza,guardandolo inviperita.
“Da quando hai deciso di fare conversazione con me? Non sembravi così disposto nei miei confronti,quando ero io che avrei voluto farlo.  Perché non vai a cercare Sharon e non la intrattieni in uno stanzino impolverato?”
Ok,forse mi ero spinta un po’ troppo oltre..
Mi portai una mano sulla fronte,accorgendomi che scottasse più del dovuto.
Diedi la colpa del mio delirio alla febbre.
Inoltre,il sorrisetto che gli era comparso sulla faccia non era per niente rassicurante.
“Oppure potresti fare un salto dalla ragazza dei tuoi ritratti,dato che sembra tu abbia sviluppato una sorta di ossessione per questa tizia.” Cercai di rimediare,accorgendomi però di aver fatto la mossa sbagliata quando la sua espressione si incupì minacciosamente.
“Dovresti imparare a tener a freno quella linguaccia,una volta ogni tanto..” Sibilò.
“E tu dovresti cominciare a prender in considerazione l’idea di far pace con te stesso.
Non puoi trattarmi male il giorno prima,pretendendo poi di ricevere spiegazioni il giorno seguente sul mio comportamento. Con che coraggio mi vieni a chiedere perché ti ignoro? Perché ce l’ho tanto con te? Sono stanca di farmi prendere per il culo da te e sono ancora più stanca dei tuoi continui sbalzi d’umore.” Sbottai.
Annuì impercettibilmente,con lo sguardo perso alle mie spalle.
“Hai ragione..” Sussurrò. “Facciamo finta che nulla sia mai successo,facciamo finta di non esserci mai conosciuti. Non la trovi un’idea geniale?”
“Sublime, direi.” Acconsentii,senza neanche fermarmi a riflettere.
Era la prima opportunità che mi concedeva per liberarmi di lui,sarei stata una stolta per non approfittarne.
“Bene!” Ribatté,alzando la voce.
“Perfetto!” Lo imitai.
Mi diede le spalle e fece per andarsene,quando però sembrò ripensarci e ritornò sui suoi passi.
Mi puntò un dito contro e aprì bocca per parlare, peccato che entrò l'infermiera a interrompere quel momento. Ero ancora indecisa se amarla o detestarla.
Le rivolse un occhiata veloce, prima di riportare lo sguardo su di me.
Ringhiò esasperato alzando le braccia al cielo, prima di uscire dalla porta sbattendola con prepotenza. Che arroganza..
L’infermiera guardò dapprima la porta con un espressione di stupore,prima di trasferire su di me il suo sguardo.
Si schiarì la voce. “Cosa c’è che non va cara?”
Mi appoggiai ad un mobiletto là vicino,tenendomi la testa tra le mani.
“Credo mi sia risalita la febbre..”
Si avvicinò a me,estraendo da un mobiletto là affianco il termometro che stavo cercando precedentemente. Eccolo dov’era!
“Febbre normale o febbre d’amore?” Domandò,porgendomi il termometro.
“Una semplicissima febbre.” Sibilai tra i denti,afferrando scorbuticamente l’oggetto che stringeva tra la mano.
Aspettammo insieme che passassero cinque minuti,prima di controllare la temperatura.
“Accidenti ragazza,possibile che tu non ti sia accorta prima di avere 38 e mezzo?” Scosse la testa e rimise il termometro apposto,invitandomi pure a distendermi in uno dei lettini.
“Tieni,con questa dovrebbe passarti più in fretta.” Mi porse un bicchiere d’acqua accompagnato da una pastiglia da buttar giù.
La misi in bocca e la mandai giù con l’acqua,prima di stendermi e cadere in un sonno profondo.
Mi parve di sognare di avere una vita..

 
Buonasera a todos!
Ho un sonno che non potete capire, incombe su di me come un macigno pesante e la forza di gravità mi imprigiona contro il materasso. E chi si sveglia domani? Ah, io non lo so.
Ma comunque, anzi che divagare, parliamo delle cose importanti.
Sam in questo capitolo ha fatto un passo avanti, sì, un passo avanti verso se stessa.
Ha cominciato ad acquisire consapevolezza dei suoi sentimenti, ma questo non vuol dire che sia disposta ad accettarli. Per questo motivo, forse, la sua indecisione ha scatenato altre parole avventate, dettate dalla confusione che prova.
Fare come se non si fossero mai conosciuti.. impossibile, non trovate? Dopo tutto quello che hanno passato.. nah, non è decisamente fattibile MA.. va be, vedremo quanto dureranno.
Ora passiamo alla parte degli spoiler, seppur in maniera velata senza far intendere troppo (non odiatemi).
Nel "prossimo episodio" vedremo il trio vincente di Dee,Trent e Sam, a casa dei genitori di quest'ultima.
Pranzetto in compagnia e come dessert.. qualcosa di cui forse Sam ha ormai la nausea.
Cosa sarà? Chi sarà? Credo che la risposta la sappiate, ma perché dovrebbe raggiungere Sam così lontano? E per dirle cosa? 
Beh.. qualcosa che comprometterà il loro rapporto, e che potrebbe segnare una fine.. o un nuovo inizio.
UN BACIO ENORME A TUTTI, VI AMO AAAA! *strepita come una malata mentale da rinchiudere in un centro di cura*.
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 17
*** Capitolo 16. ***


La situazione aveva avuto risvolti inattesi.
Il primo avvenimento si era tenuto alla festa organizzata da Trey per il compleanno di Dee.
La torta,anzi che finire sul tavolo per essere tagliata dalla festeggiata,era finita per ricoprire interamente la mia faccia,così come quella di Sven.
Riuscimmo ad ignorarci per un totale di tre giorni,ma alla fine..ritornò tutto come prima.
 
“Io quella torta non la mangio. Ci tengo alla mia vita.” Mi provocò,facendo il suo ingresso in cucina per buttare la birra vuota nel cestino.
“E poi ha un aspetto orribile..” Continuò imperterrito.
“Scusami tanto se non sono capace di tagliare una torta senza ridurla in poltiglia.”
“Se è per questo dubito anche del fatto che tu sia capace a cucinarla..” Si appostò alle mie spalle,guardandola con un misto di curiosità e scetticismo.
Mi irrigidii e,in un gesto dettato dalla rabbia,affondai una mano nell’impasto.
“Tu dici? Prova un po’ ad assaggiarla.” Sorrisi ironicamente e gli spalmai la torta in faccia,lasciandolo a bocca spalancata.
Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo,prima di levarsela dal viso con un movimento della mano.
Si passò la lingua sulle labbra,raccogliendone un pezzettino per portarselo in bocca.
Troppo intenta a sbavare per ogni suo movimento,non mi accorsi che ne avesse raccolto un altro pezzo e me lo avesse spalmato in faccia.
“Non credi che sia un po’ troppo cioccolatosa?” Domandò serafico,assaporando gli ultimi residui che aveva sulle dita.
Strinsi i pugni ma non riuscii a tener a freno i nervi.
Mi girai di scatto e raccolsi l’intero vassoio,prima di fargli avere un incontro ravvicinato con la sua faccia.
Ebbi cinque secondi di vantaggio per il suo spiazzamento iniziale,che però passò in fretta.
Raccolse quel che rimaneva della torta e,riempiendosi le mani di quella poltiglia,si avvicinò a me.
“Non ci provare.” Lo minacciai,puntandogli un dito contro intanto che indietreggiavo.
“Com’è questa storia,tu puoi e io no?” Avanzò ulteriormente,mettendomi in trappola quando mi ritrovai incastrata contro il lavello.
Mi si avvicinò e me la schiaffò su entrambe le guance,facendomi assumere un espressione buffa.
Non ebbi il tempo di reagire che Amy e Dee fecero il loro ingresso in cucina,seguite da Trey e Trent.
Si scambiarono un occhiata tra di loro,prima di girarsi verso di noi e sospirare rassegnati.
“Mi vado a dare una sciacquata..” Evasi dai loro sguardi,uscendo dalla cucina.
“Dove credi di andare? Tu il mio bagno non lo usi!” E mi seguì.
 
Discutemmo la sera della festa, prima delle vacanze di Natale..
 
Mi trovavo nella sua macchina,in mancanza di altri posti disponibili in compagnia di un essere umano accettabile.
Continuava a guidare tenendo il volume della musica alto,mentre l’aria fredda subentrava dal finestrino leggermente abbassato.
“Ti dispiacerebbe abbassare il volume?!” Urlai,affinché riuscisse a sentirmi al di sopra di quel maledetto stereo.
In risposta,mi lanciò un occhiata prima di alzarlo maggiormente.
Mi stava prendendo in giro?
Con un gesto stizzito schiacciai il pulsante dello spegnimento,che lui riaccese pochi attimi dopo.
Continuammo così fino a quando non finimmo con l’impallarlo,facendolo spegnere definitivamente.
“Perché non si accende? Mi hai rotto lo stereo!” Mi aggredì,dopo che ebbe provato ad accenderlo per cinque volte consecutive.
“Se tu avessi abbassato il volume di tua spontanea volontà, non sarebbe successo.” Mi difesi.
“No cara,se tu non avessi messo mani,non sarebbe successo.” Mi corresse.
“La smetti di lamentarti come una femminuccia e stai un po’ zitto? E chiudi quel dannato finestrino che,nel caso non te ne fossi accorto,siamo in inverno e si gela!”
Alzò gli occhi al cielo e respirò profondamente per racimolare la pazienza smarrita.
“Se lo facessi,in questo caso,sarei giustificato..” Bofonchiò tra sé.
Non capii a cosa si stesse riferendo fino a quando non posteggiò a lato del marciapiede,scendendo dalla macchina  per riapparire dalla mia parte e trascinarmi in mezzo alla strada.
“Cosa stai facendo?!”
“Ti porto a fare una passeggiata romantica.” Sorrise sarcastico,prima di abbandonare la presa sul mio polso e correre nuovamente in direzione della macchina.
Capii con un minuto di ritardo cosa stesse succedendo,e quando gli corsi intorno,fu già troppo tardi.
Tirai con forza la maniglia,ma aveva bloccato le porte per non consentirmi l’accesso.
“Apri questa cazzo di portiera!” Urlai,sbattendo nervosamente una mano sul finestrino.
“Ci vediamo più tardi,tesoro. Mi raccomando fai la brava!” Mise in moto e partì,costringendomi a staccarmi dalla macchina.
Rimasi sull’orlo della strada,impiegandoci qualche istante per capire cosa fosse accaduto.
Quel pezzo di merda mi aveva appena lasciato a piedi!
 
E,in quel momento,ero in viaggio per dirigermi nell’unico posto che la sua persona non potesse raggiungere. Ovvero,casa dei miei genitori.
“E stammi ad ascoltare quando ti parlo!” Mi ammonì Dee ancora una volta,picchiettandomi con una mano sulla spalla.
Mi presi la testa tra le mani,accucciandomi contro il finestrino intontita.
“Dee,io ti chiedo per favore basta..Non ne posso più!” Lanciai un urlo esasperato,prima di adottare la stessa espressione di una pazza.
“Non mi interessa se la tua mente non riesce più a tollerare le mie chiacchiere..”
“Francamente,neanche la mia ci riesce più.” Si intromise Trent,guardandola dallo specchietto retrovisore mentre continuava a guidare.
Lo fulminò con lo sguardo,prima di sospirare e riprovare a parlarmi con più calma.
“Vorrei solo che tu capissi quanto le vostre continue liti portino conseguenze negative anche al resto del gruppo. Il mio compleanno l’ho passato a pulire il macello che voi avevate combinato in cucina e,la sera della festa,sono dovuta rimanere da sola mentre Trey veniva a recuperarti in mezzo alla strada e Sven se la spassava con qualsiasi essere di natura femminile che incontrasse lungo il suo cammino.”
Misi il broncio e guardai fuori dal finestrino,cercando di distrarmi per non prestare attenzione alle sue parole. Tanto alla fine,era sempre la solita vecchia storia.
Uh una mucca in mezzo ai campi..oh,eccone un’altra!
Che carine che erano,così spensierate e prive di problemi di alcun tipo.
Mangiavano, ogni tanto muggivano,defecavano e dormivano.
La loro sì che era una vita emozionante.
Quando notai Trent parcheggiare nel vialetto della casa dei miei genitori,balzai fuori dalla macchina come una molla.
Mi precipitai al campanello,attaccandomi ad esso fino a quando non venne ad aprirmi mio padre con la sua espressione da vecchio brontolone.
“Non dirmi che stavi dormendo!”
“Non stavo dormendo,stavo solo riposando gli occhi..” Borbottò,facendosi da parte  per consentire il passaggio a me e i miei due vecchi amici.
Sì certo,la solita scusante.
“Ehilà Dee,come va Trent?” Prese a parlare con loro,mentre io entravo in casa per andare alla ricerca della mamma.
La trovai in cucina intenta a infornare qualcosa.
Mi avvicinai al forno e osservai l’intruglio disposto al suo interno.
“Cos’è questa pietanza dalla dubbia provenienza? Non dirmi che è un altro dei tuoi esperimenti! Ti avevo avvisato che ci sarebbero stati anche Trent e Dee,vuoi che si traumatizzino e che non vengano più a trovarti?”
“Non è nulla di crudele..mi ha dato la ricetta la vicina e mi ha assicurato che sarebbe stato delizioso.” Fece con fare offeso.
“Ciao Alexis!” Entrò in cucina Dee,dirigendosi verso la mia genitrice per abbracciarla in maniera affettuosa.
“Oh piccola Dee,ciao! Dovresti insegnare anche alla tua amica qual è il modo di salutare..” Mi guardò in tralice,prima di lasciare un ultima carezza a Dee e allontanarsi da lei.
“Non sono incline alle dimostrazioni d’affetto.” Ribattei in difesa.
“Tesoro!” Ed ecco che arrivava anche Trent,mettendo in atto uno dei suoi soliti show.
Mia madre sorrise estasiata alla sua vista,andandogli subito incontro per strapazzarlo di coccole.
A volte ero quasi preoccupata del fatto che,se le avessero proposto di fare uno scambio,lei avrebbe preferito lui come figlio rispetto a me..
Due chiacchiere tradizionali e poi mia madre li invitò ad accomodarsi in sala da pranzo,aspettando che il cibo fosse pronto.
“Sam,togli la teglia dal forno!” Mi urlò mia madre,mentre era intenta a racimolare un vassoio su cui disporre delle tartine.
Feci come aveva detto e,munendomi del guantone da cucina,la estrassi dal forno caldo.
La posai sul lavello,sventolandoci una mano sopra con l’intento di farlo raffreddare.
L’aspetto non era esattamente dei più invitanti..
“Fammi il favore di assaggiarlo!”
Feci una smorfia. Perché doveva usarmi come cavia?
Sospirai,prima di aprire un cassetto per estrarne una forchetta.
Ne raccolsi un pezzettino,prima di annusarlo per accertarmi dell’odore.
Il mio olfatto impeccabile mi consigliava di starci alla larga,ma feci l’errore di sfidarlo e l’assaggiai.
Masticai lentamente e,all’improvviso,non fui più tanto sicura di riuscire ad inghiottirlo.
Ma cosa diamine c’era là dentro? Feci di cavallo mischiate a vomito di maiale?
Mi tappai il naso e,a forza,mandai giù il boccone.
“Com’è?” Domandò mia madre,venendomi vicino.
Repressi una smorfia di disgusto e mi girai verso di lei con un sorriso,offrendole la forchetta. “Delizioso,assaggia anche tu!”
Infondo,perché dovevo sorbirmi solo io quella tortura?
Prese una forchettata e l’assaporò,prima di impallidire e chinarsi per sputarla nel cestino.
Si versò un bicchiere d’acqua e lo tracannò tutto d’un fiato.
Scosse la testa disgustata e,dopo aver scambiato con me un occhiata d’intesa,raccolse la teglia e buttò l’intero contenuto all’interno della pattumiera.
Si pulì le mani sul grembiule,prima di andare a recuperare il vassoio con gli antipasti.
Le andai incontro per aiutarla.
“Non è successo niente.” Mi avvisò,prima di far il suo ingresso in sala da pranzo dopo aver ricevuto il mio assenso in merito.
 
Il pranzo trascorse in modo piacevole come al solito,diviso tra le battute di Trent che venivano stroncate da Dee,da mia madre che cercava di frapporre pace quando iniziavano ad alzare la voce,e tra mio padre che imprecava perché non riusciva a seguire la partita di football poiché facevamo’ troppo casino ’.
“Credo di non poter più camminare per almeno due giorni.” Commentò Dee,sedendosi sul divano al mio fianco mentre si massaggiava la pancia.
Fece il suo ingresso anche Trent,che emise un rutto prima di afflosciarsi sulla poltrona.
“Fai schifo.” Lo apostrofò Dee,disgustata.
“Anche tu,ma non te lo ricordo tutti i giorni.” Contraccambiò lui.
Li guardai mentre cominciavano a intraprendere una delle loro solite discussioni senza un senso logico.
Non mi ero mai accorta,fino a quel momento,che assomigliassero molto a me e Sven in quel frangente.
Presi a ridere da sola,guadagnandomi le loro occhiate confuse.
“Hai messo troppo zucchero nel caffè,per caso?” Domandò Trent.
Scossi la testa,prima di riprendere fiato e fissarli. “Stavo solo pensando che alla fine voi due siete più simili a me e Sven di quanto vi rendiate conto.”
Entrambi fecero una smorfia. “Non siamo ancora arrivati a buttarci la torta in faccia.” disse Trent.
“E lui non mi ha lasciata a piedi in mezzo alla strada.” Gli diede man forte Dee.
“Per ora..” Ci tenne a precisare lui.
Li ignorai mentre ripresero a discutere tra di loro,raccattando il cellulare che aveva preso a squillare,dalla tasca dei jeans.
“Pronto?”
“Promettimi di non urlarmi contro e di non darti alla fuga.” Mi raggiunse la voce di Amy,dall’altra parte della cornetta.
“Metti il vivavoce se è Amy!” Fece Dee,sporgendosi in mia direzione per sentire.
L’accontentai,mentre inserivo il vivavoce e riprendevo a parlare.
“Perché mai dovrei..”
“Mio fratello sta per presentarsi a casa dei tuoi.” Spiegò.
Tutti e tre rimanemmo in silenzio per almeno dieci secondi,prima di aprirci in esclamazioni sconcertate.
“Perché mai Sven sta venendo qua?” Le chiesi ansiosa,mentre già mi portavo in posizione eretta per darmi alla fuga strategica.
“Ha chiamato la mamma e..beh,ti dirà tutto lui non appena ti raggiungerà.”
“Già,peccato che non mi troverà perché sto già raccattando il cappotto per darmela a gambe!” L’avvisai,mentre Dee mi strattonava dal braccio cercando di riportarmi seduta sul divano.
Se non la smetteva entro cinque secondi,l’avrei presa e lanciata dalla finestra.
Trent si limitò a sospirare rassegnato,prima di commentare: “Fine della pacchia” e alzarsi dalla poltrona.
“Per favore,per una volta affronta la situazione da persona matura e..”
“La sto già affrontando in maniera matura. Me la sto dando a gambe proprio per evitare un confronto con lui e coinvolgere persone innocenti nelle nostre solite liti.” La interruppi.
“Inoltre,non intendo ascoltare oltre le parole di una traditrice. Come ha avuto l’indirizzo per arrivare fino a qui? Sono sicura che dietro ci sia il tuo zampino..” Continuai intimidatoria,senza darle il tempo di parlare.
Spronai Dee e Trent a darsi una mossa,mentre mi dirigevo a passo spedito in salotto per salutare mamma e papà.
Il suono del campanello mi colse in flagrante non appena attraversai il corridoio.
Non poteva essere..
“Tesoro,c’è una persona che chiede di te!” La voce di mia madre.
Impallidii. “Ti è andata bene,è già qui..” Farfugliai,mentre mettevo giù la chiamata e riponevo il cellulare nella tasca del cappotto.
“Buona fortuna.” Commentarono in sincrono,Dee e Trent alle mie spalle.
Alzai gli occhi al cielo e attraversai il salotto,raggiungendo mia madre intenta a scambiare parole amichevoli con il mio nemico.
Osservare quella scena mi causò un conato di vomito,mentre riappendevo il cappotto al suo posto.
“Prego caro,accomodati.” Sorrise benigna mia madre,permettendogli di mettere piede in casa mia. La stessa in cui ero cresciuta serena e tranquilla lontana dalla sua presenza,fino a quell’istante.
“Cosa ci fai qui?” Chiesi scortese,mentre mia madre si dileguava in salotto ridacchiando.
Molto probabilmente aveva frainteso la situazione,e pensava di farmi un favore a lasciarmi da sola con lui.
Tanto peggio per lei,se avessimo finito con il distruggerle casa,non mi sarei ritenuta responsabile.
“Cause di forza maggiore.” Smanettò con il cellulare,prima di mettermi davanti agli occhi le dieci chiamate perse della madre,con successivi messaggi intimidatori.
Sgranai gli occhi e mi guardai attorno,decretando che non fosse il posto migliore per discuterne.
“Non qui.” Gli feci segno di seguirmi su per le scale,mentre percorrevo il corridoio per arrivare alla mia vecchia stanza.
Aprii la porta e me la richiusi alle spalle una volta che lui mise piede al suo interno.
“Carina questa foto.. cos’eri,una piccola lottatrice di sumo?” Domandò,mettendomi davanti agli occhi una foto di quando avevo dieci anni,in costume da bagno.
“Ero una bambina a cui piaceva passare il proprio tempo a mangiare..” Borbottai,strappandogliela di mano per rimetterla al suo posto.
“Bando alle ciance,qual è la causa di forza maggiore che ti ha spinto a venire a disturbare la mia quiete?” Domandai acida,sedendomi sul mio letto.
Mi imitò e fece lo stesso,nonostante non lo avessi invitato a farlo.
Sorvolai sulla questione,ormai abituata ai suoi modi di fare..
Mi lanciò uno sguardo ambiguo e indeciso,prima di sospirare e passarsi una mano sul volto con fare stanco.
Poverino,il viaggio doveva averlo sfinito,piccolo cucciolo.
“Ok allora, tornando a noi. Tra due giorni c’è il gala annuale a cui sono costretto a partecipare..”
“Fammi indovinare..tuo padre è la causa di quest’obbligo.” Mi intromisi.
Mi lanciò un occhiata tagliente,prima di annuire impercettibilmente ed eclissare l’argomento con un movimento della mano.
“Solitamente andavo in compagnia di mia sorella,ma adesso che tutti sanno della mia presunta relazione con te,sarebbe incomprensibile che io non mi presentassi in tua compagnia.” Proseguì.
Mi alzai dal letto con espressione esterrefatta,scuotendo la testa vigorosamente.
“Non se ne parla proprio, se pensi di..”
“Rimettiti seduta e aspetta di sentire tutto.” Mi ammonì,ponendo fine dall’inizio al mio sfoggio di rifiuto per la situazione. “Che il peggio deve ancora arrivare..” Sussurrò,ma lo sentii lo stesso.
Lo guardai indecisa,ma alla fine cedetti al suo volere e mi riportai seduta sul letto,mantenendo ugualmente le distanze di sicurezza.
“Si svolgerà nella tenuta di famiglia,situata in mezzo al nulla a due ore da qui,lontano dai rumori della città. È un evento intimo a cui parteciperanno la maggior parte delle persone in rilievo,gente con la puzza sotto il naso..”
“Oh,dei tuoi simili.” Commentai ironica,venendo volutamente ignorata da lui.
“Sarà presente anche Marcus e la figlia che ha ancora intenzione di accollarmi,per questo motivo è necessaria la tua presenza affinché desista all’idea di provarci..”
“Che destino crudele il tuo,condannato ad essere così irresistibile..” Lo interruppi nuovamente,questa volta venendo ammonita da un suo sospiro di esasperazione.
“Ti dispiacerebbe rimanere in silenzio finché non ho finito di parlare? A meno che per te non sia un problema il fatto che mi intrattenga qui fino a domani mattina.”
Alle sue parole,mimai il gesto di cucirmi la bocca e raccattai un cuscino in modo da sfogare su di lui la mia irritazione.
“Inoltre mia madre vorrebbe approfondire la tua conoscenza. Stento a concepirne il perché,ma sembra che tu sia riuscita ad ammaliarla..”
L’avrei dovuta prendere come un offesa?
“Ecco perché le è venuta la brillante idea di confinarci in quel posto in sua compagnia. Ci tiene a trascorrere del tempo con te,tra una chiacchiera e l’altra,lontana dall’abituale vita frenetica..”
“E quindi?” Domandai in un sussurro,quasi timorosa di conoscere la risposta.
“E quindi dovremmo passare i seguenti due giorni in quel posto con la sua amabile compagnia e,talvolta,quella di mio padre.” Sembrò causargli quasi un malessere fisico pronunciare quell’ultima parola.
Rimase in silenzio e io feci lo stesso per accertarmi che avesse concluso il suo assurdo monologo.
Dovevo senz’altro aver inteso male quello che mi aveva detto.
Non poteva esser uscito così fuori di senno da pensare realmente che avrei accettato di fare quello che lui mi stava chiedendo.
“Posso parlare ora?” Azzardai.
“Sì,anche se ho paura di pentirmi di questa risposta..” Borbottò esasperato,massaggiandosi la fronte con una mano.
Balzai in piedi e,con un ringhio,lanciai il cuscino contro la parete opposta,facendolo ricadere per terra.
“Tu sei completamente impazzito!” Lo aggredii,prendendo a camminare avanti e indietro per la stanza cercando di scacciare l’idea di passare altro tempo con lui e la sua famiglia. “Non ho intenzione di prestarmi nuovamente a una tortura simile,e tu devi aver fatto uso di stupefacenti se credi che io possa accettare. Spero tu ti stia rendendo conto di cosa vuoi che io faccia. Ma mi ci vedi in mezzo a tutta quella gentaglia,a distribuire sorrisi di cortesia a destra e a manca?”
“Andiamo,essere vista al mio fianco potrebbe farti salire di livello e forse riusciresti a trarre in inganno un povero sfigato che non saprà come sei fatta realmente fino a quando non uscirete due o tre volte.. sempre ammesso che tu riesca a portar avanti una relazione fino a quel punto.” Ribatté.
Lo guardai minacciosamente,come invitandolo a continuare quel suo sfoggio di saggezza per vedere entro quanto la sua testa sarebbe partita sopra il ramo dell’albero che si infrangeva contro la finestra.
Si rendeva conto che,più apriva bocca,e più peggiorava la situazione?
“Farò finta di non aver sentito quello che hai detto solo perché mi fai già abbastanza compassione senza io ti debba prendere a calci. Anche se, ti dirò, non so quanta pena potrei provare nei tuoi confronti se lo facessi..”
Presi un respiro profondo e mi appoggiai con la schiena al muro,cercando di riprendere il controllo.
“Illustrami almeno tre motivi per cui dovrei accettare.”Proposi.
Si posizionò meglio sul letto,appoggiandosi alla tastiera e allungando le gambe,mentre prendeva a strapazzare il mio peluche.
Per quanto mi riguardava,quello era senza alcuna ombra di dubbio,invasione del mio spazio vitale.
“Uno: avresti l’occasione di migliorare i tuoi modi rozzi e da zitella acida.” Innalzò un dito. “Due: saresti vista di buon grado nella società,e questo potrebbe aiutarti nelle tue relazioni future anche in ambito di lavoro.” Innalzò un secondo dito,stringendosi al petto il mio piccolo orsacchiotto di peluche.
“E terzo..” Fece una pausa in modo da accrescere la suspense.
“Avresti l’occasione di passare più tempo con me.” Sorrise incantatore.
La saliva mi andò di traverso,e presi a tossire convulsivamente.
“Farò finta di non aver ascoltato la metà delle stronzate che hai detto solo per compiere un gesto caritatevole nei tuoi confronti e consentirti di mantenere la tua dignità, sempre che tu ne abbia mai avuta una.” Dissi con voce soffocata a causa della tosse.
Mi fissò in silenzio e io feci lo stesso,senza cedere al suo sguardo ammaliatore.
Ero più che sicura che,metà della popolazione,avrebbe acconsentito a ogni suo volere se solo avesse usato quell’arma contro di loro.
Ma con me non attaccava,per sua sfortuna.
Si rimise seduto sul letto e abbandonò il mio orsacchiotto sul comodino,prima di incrociare le mani in grembo e guardarmi accondiscendente.
“Ok,cosa vuoi in cambio?” Cercò di contrattare,gettando la spugna.
“Che tu smetta di rendermi la vita un inferno.” Risposi prontamente.
“Per quanto condivida il tuo stesso desiderio,direi che non è fattibile al momento..” Ammise.
Si prese un momento di meditazione,prima di decretare convinto:
“Va bene,facciamo così. Tu fai per me questa cosa,e in cambio io ti assicuro di non ‘tormentare’..” Mimò le virgolette “..più la tua esistenza.” Concluse.
“Ok.” Mi lasciai sfuggire d’istinto,senza prendermi del tempo per pensarci su.
Mi morsi la lingua, ma ormai era troppo tardi.
In quel momento mi sarei volentieri rimangiata la parola,ma quando notai il suo sorriso soddisfatto mi resi conto che fosse troppo tardi.
“Abbiamo un accordo?” Si alzò dal letto e mi porse la mano.
Guardai la sua mano indecisa.
Avevo l’opportunità di liberarmi di lui una volta per tutte.
Ma lo volevo oppure no?
Dannazione Sam,certo che lo vuoi!  Cercai di auto-convincermi.
Sospirai e afferrai la sua mano per sigillare il patto.
“Abbiamo un accordo.” Confermai,sull’orlo di un esaurimento nervoso.
Sembrava che,negli ultimi tempi,stessi diventando un vero prodigio nel ficcarmi nei guai..

 
Buonsalve bella gente!
Come al solito scrivo queste ultime note con un occhio aperto e uno chiuso, ma l'importante è pur sempre che io lo faccia.
Ho il cervello andato, putrefatto,bruciato.. quindi cosa dovevo dire già? Ah giusto!
Cosa ne pensate di questo patto stipulato?
Ditelo che attendete con ansia la fine del soggiorno per vedere cosa succederà..
MA, a proposito del soggiorno.
Questa volta non si tratterà di una fugace cena in compagnia di tutta la famigliola, ma si tratterà di una permanenza più prolungata e nella quale Sam dovrà stare a contatto con più gente di quel che vorrebbe.
Spoiler velati:
La nostra amatissima Sam si intratterrà in una conversazione con Alan, padre di Sven nonché soggetto di astio da parte di quest'ultimo. Sam è ancora lontana dal conoscere la verità sui ritratti, su quel che significano per Sven, su quello che la ragazza rappresenta per Sven, su quel che lei rappresenta per lui.
Ma in questo soggiorno - almeno per il prossimo capitolo- non ci sarà nulla di drammatico, rasserenatevi!
Ci sarà un momento in cui tirerete giù tutti i Santi e poi li rimanderete in cielo a calci in culo suppongo.. ma non odiatemi vi prego!
Lo dirò fino alla nausea e molto probabilmente un giorno scoprirete dove vivo e mi verrete a cercare ma.. TEMPO AL TEMPO!
Un affettuosissimo bacino e un grazie gigantesco per chiunque usi un po' del suo tempo per la mia storia!

Xoxo. Heartless.

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17. ***


“Mi raccomando,in mia assenza controlla la casa e assicurati che non esploda..”
“Perché mai dovrebbe esplodere?” Chiese Trent con un cipiglio sconcertato,ma lo ignorai continuando a fare un resoconto di quello che avrei voluto si occupasse.
“Ah!” Mi illuminai. “E controlla la posta.”
“Stai aspettando qualcosa di importante?” provò a indovinare.
“In realtà no,ma chi lo sa..magari Johnny Depp si è finalmente deciso a sposarmi.
Ho sempre avuto un debole per quell’uomo..” Cominciai a farfugliare,ormai al limite dell’impazienza.
Quanto diavolo ci metteva per venirmi a prendere,considerando che abitasse a neanche cinque minuti da casa mia?
Fossi in lui mi sarei dato una mossa,prima che la sottoscritta avesse deciso di segregarsi in casa assumendo un cecchino per possibili invasioni.
Tre giorni in totale isolamento dal mondo.. non ero sicura di poter affrontare una simile realtà.
Presi a scuotere vigorosamente la testa,con lo sguardo perso nel vuoto.
“Ci risiamo..” Sospirò Trent,prima di afferrarmi dalle spalle e scuotermi per farmi risvegliare dal mio stato di trans.
“Sam,andrà tutto bene.” Tentò di rassicurarmi.
Fissai i miei occhi nei suoi,spaventata a morte.
“Promettimi che sarei disponibile 24 ore su 24 in caso dovesse succedermi qualcosa.”
“Cosa potrebbe mai succederti in un posto sperduto in mezzo al nulla?” Corrugò la fronte.
“Potrei sempre inciampare per le scale e rompermi l’osso del collo,oppure finire per essere accusata di omicidio colposo..” Bofonchiai.
Non ebbe il tempo di commentare ulteriormente la mia più completa mancanza di sanità mentale,che il rumore di una macchina che si avvicinava ci fece voltare entrambi in sua direzione.
“Non me la sento.” Decretai,non appena si parcheggiò davanti a noi.
Trent sorrise a Sven,prima di raccogliere da terra il mio borsone e mettermelo tra le mani. Lo ignorai e lo lasciai ricadere a terra.
Mi strinse tra le braccia e mi lasciò un bacio affettuoso sui capelli,prima di scollarsi da me. O almeno ci provò,ma io glielo impedii arpionandomi a lui in stile koala.
“Dai Sam,staccati!” Rise.
In risposta scossi violentemente il capo,strofinando la guancia contro il suo giubbotto.
Avvertii il suono del clacson,e capii che fosse arrivato il momento di ritornare alla realtà.
“Ci rivediamo fra tre giorni..” Gli dissi,staccandomi da lui a malincuore.
“Forse.” Aggiunsi con una smorfia.
Recuperai il borsone e lo guardai un’ultima volta,prima di salire a bordo del veicolo che mi avrebbe condotta in direzione dell’inferno.
“Hai l’aria brillante e riposata.”Commentò ironicamente,una volta preso posto al suo fianco.
Mi girai per osservarlo,notando la sua espressione stanca e assonnata.
“Potrei dire la stessa cosa di te.”
“Già..” Concordò.
Sospirai,prima di riporre il borsone ai miei piedi e guardare il tragitto davanti a me.
Continuò a guidare in silenzio,fino a quando non mi lanciò un’occhiata scrutatrice.
“Che c’è?” Chiesi titubante,notando il suo sguardo.
“Hai un aspetto orribile. Qualcosa per coprire un po’ quelle occhiaie non dovrebbe farti schifo.”
“Mi dispiace per te,ma temo che dovrai accontentarti di avere una fidanzata zombie.” Ribattei.
“Vuoi farmi credere di non avere una trousse dei trucchi,in mezzo a tutta quella roba? Sono sicuro che, se frugo in quel borsone, riesco a trovarci anche una torcia d’emergenza.” 
Lo guardai esterrefatta,con la bocca schiusa dalla sorpresa.
Lui si limitò a fare la stessa cosa,con cipiglio confuso.
“E tu come fai a saperlo?..” Sussurrai,scatenando in lui una vera e propria reazione di incredulità.
“Mi stai dicendo di avere davvero una torcia là dentro? E sentiamo..cosa te ne dovresti fare di una torcia?” Mi prese in giro.
Incrociai le braccia al petto assumendo il broncio,mentre gli lanciavo delle occhiate taglienti.
“Mi serve per vagare di notte in mezzo ai boschi in modo da andare a seppellire il tuo futuro cadavere.”  Scherzai..o quasi, per lo meno.
“Avrai la mia morte sulla coscienza per il resto della vita.” Mi avvertì.
“Credo che riuscirei a sopravvivere..” Mormorai distratta,prendendo in mano il cellulare che aveva iniziato a trillare in vista di un nuovo messaggio.
Guardai il mittente: Jay.
 
-Mi hanno detto che sei in partenza per una piccola vacanza in compagnia del tuo fidanzato.. entusiasmata?-
 
Ci mancava solo lui a fare dell’ironia in quella situazione.
Risposi rapidamente al messaggio,senza potermi risparmiare di sorridere per la situazione.
Estrassi dal borsone la trousse dei trucchi,decidendo di tentare,per lo meno,di migliorare il mio aspetto.
Frugai al suo interno alla ricerca del correttore,per poi abbassare lo specchietto per darmi un occhiata.
“Chi è?” Domandò Sven con finto disinteresse,quando mi arrivò un secondo messaggio.
“Non ti interessa.” Risposi freddamente,concentrata intanto nello spalmarmi il correttore  in modo minuzioso.
“Amante in incognito?” Tentò ancora.
Sbuffai ma non risposi,prendendo a disegnare una leggera linea di eyeliner sulla palpebra.
Operazione che finì in tragedia quando sterzò bruscamente,facendomi perdere la precisione.
“Ma che cazzo..” Controllai la situazione,ritrovandomi con una linea nera che mi trapassava il naso.
Lo guardai malamente,prima di recuperare dalla tasca esteriore del borsone un pacco di fazzoletti per cercare di rimediare al danno.
“Amante in incognito o stalker sfigato?” Riprovò.
Quando non risposi nuovamente,e per la seconda volta frenò bruscamente,sbuffai con un ringhio frustrato.
“Ah,va bene,sei esasperante! È Jay,contento?” Esplosi.
“E Jay non ha niente da fare nella sua vita,oltre che tentare approcci patetici solo per cercare di entrare nel tuo letto?” Domandò con un sopracciglio inarcato in maniera contrariata,mentre estraeva dal cruscotto un pacco di sigarette e un accendino.
Sperai per lui che non avesse in mente di mettersi a fumare in macchina..
“Ti ricordo che c’è già stato. E spegni quella sigaretta che qua dentro se no non si respira,dato che siamo rinchiusi in uno spazio di due metri per due con i finestrini chiusi e il riscaldamento acceso. Non vorrei dovermi presentare a tua madre puzzando di fumo.” Mi lamentai,cercando di strappargli la sigaretta dalle labbra.
Mosse la testa a destra e sinistra,su e giù,per evitarmi di prendergliela.
Ad un certo punto mi slacciai la cintura e mi buttai letteralmente su di lui,che fu costretto a interrompere la guida per accostare ed evitare di andare in contro ad una morte precoce.
“Stavamo per andarci a schiantare contro un cassonetto dell’immondizia,ti rendi conto?” Mi sbraitò addosso,togliendosi la sigaretta dalle labbra solo per potermi urlare contro.
“Se avessi spento subito quella sigaretta,non avrei dovuto tentare un approccio diverso per fartelo fare.” Mi difesi.
“Ne avrei da ridire sui tuoi approcci,soprattutto se rischiano di farmi finire all’ospedale con una commozione celebrale.”
“Stai tranquillo,il destino non sarebbe mai così magnanimo con me..” Alzai gli occhi al cielo e mi rimisi al mio posto,sprofondando sul sedile del passeggero.
Sbuffò esasperato ma decise di non commentare nuovamente per evitare di dar inizio a una discussione senza fine.
Per l’amor del cielo,trascorremmo in silenzio la restante parte del viaggio.
 
Qualche mezz’oretta dopo,intraprendemmo una strada sterrata in mezzo alla natura incontaminata e,qualche minuto più tardi,arrivammo nei pressi di una casa dall’aspetto gotico.
Quella volta non mi stupì di ritrovarmi davanti un qualcosa che costava quanto un patrimonio artistico,poiché già abituata ad una visione simile.
Come la volta precedente,inserì un codice su un display e il cancello si aprì,concedendoci l’ingresso.
Parcheggiò in un aria apposita,con tanto di garage ad apertura automatica.
Quando scesi dalla macchina,presi del tempo per guardarmi attorno e ammirare il posto in cui avrei dovuto trascorrere i prossimi giorni.
Tanto valeva rassegnarsi all’idea e tentare di ambientarsi..
“Finalmente arrivati.” Commentò con sollievo nella voce,scendendo dalla macchina per sgranchirsi le ossa. Nel farlo,non potei far a meno di intravedere gli addominali che si estendevano al di sotto della maglietta nera..
Istintivamente mi portai una mano alla bocca,per accertarmi che non stessi sbavando.
Non mi accorsi neanche di quando si fosse spostato.
“Ti dai una mossa?” Mi incitò spazientito,mentre mi aspettava al di fuori del garage a braccia incrociate.
Borbottai sommessamente,mentre riaprivo la portiera della macchina per recuperare il mio bagaglio.
Ora che mi ritrovavo a trasportarlo,dovevo ammettere che avesse ragione.. quanta roba ci avevo messo dentro?
“Dà qua.” Mi spronò,levandomelo di mano prima che rovinassi a terra con esso.
Lo guardai stupita. “Hai battuto la testa da qualche parte?” Domandai preoccupata.
“Perché mai?” Replicò corrugando la fronte.
“No,così..ti sei offerto spontaneamente di portarmi il bagaglio.” Mormorai,seguendolo come un’ombra.
“Che figura ci farei con mia madre se dovesse vedere che ti lascio portare da sola la tua roba? Non posso farle capire che l’aspetto da gentiluomo non mi si addice.” Rispose.
Ah,ecco trovata una spiegazione plausibile,cominciavo seriamente a preoccuparmi.
Sospirai sollevata,continuando a farmi guidare da lui nel tragitto verso casa.
Mi aspettai di vederlo suonare una volta trovatici davanti alla porta,invece tirò fuori dalla tasca un mazzo di chiavi e ne girò una nella toppa,aprendo.
“Come mai hai le chiavi di questa casa e non di quella dell’altra volta?” Chiesi incuriosita,seguendolo al suo interno.
“Perché l’altra non è casa mia,e non ho nessun interesse ad avere delle chiavi che tanto non mi serviranno mai.” Spiegò.
Mi fermai in mezzo al corridoio con espressione incredula.
“Mi stai dicendo che questa casa è tua?” Domandai al culmine dello stupore,facendo poi un giro su me stessa per guardarmi attorno.
Ma quanto diavolo era immensa?
Ero più che sicura che il mio appartamento non fosse grande neanche quanto il salotto in cui stavo stazionando in quel momento.
“Ecco,questa era una reazione che avrei voluto evitare.” Commentò,alzando gli occhi al cielo alla vista della mia espressione stralunata.
“Perché?” Domandai, seguendolo quando continuò a camminare,passando da una stanza all’altra fino ad arrivare ad un ampio corridoio.
“Sono un figlio di papà. So che lo stai pensando,quindi sentiti libera di dirlo.”
Ridacchiai. “Credo che ti si possa descrivere con tanti aggettivi,senza il bisogno di utilizzare proprio i meno adatti. So che non te ne frega nulla di andare a racimolare soldi da tuo padre,e so che non lo faresti mai neanche se ne avessi bisogno.
Quindi,a malincuore,mi trovo a dissentire.”
Arrestò il passo e si fermò in mezzo al corridoio.
“Che c’è?” Domandai allarmata,guardandomi attorno con fare circospetto.
C’era qualche losca bestiaccia morta da qualche parte?
Si girò in mia direzione e mi scrutò ambiguamente,prima di scuotere la testa e riprendere con l’ispezione della casa.
“Niente.” Mi sembrò di scorgere l’ombra di un sorriso,ma dovevo senz’altro essermi sbagliata. Tutta quella luce che filtrava dalle grandi vetrate,giocava brutti scherzi alla vista.
Alla fine del corridoio,ci perdemmo nei meandri di un altro androne,che conduceva a un piano superiore per mezzo di una scala a chiocciola.
Salimmo gradino per grandino,fino a che non mi ritrovai davanti un’altra grande vetrata che consentiva la visuale su una buona parte del luogo esterno.
Mi persi ad osservarla per qualche istante,fino a quando non mi dovetti affrettare per raggiungerlo dopo averlo visto sparire dietro una colonna.
Quanta galanteria,avrebbe anche potuto aspettarmi!
Affrettai il passo e lo ritrovai qualche metro più distante,fermo davanti ad una porta.
Appoggiò la mano sulla maniglia e la spinse per entrare al suo interno.
Rimasi ammaliata non appena entrai in contatto visivo con lo splendido arredamento.
La camera,sempre se la si potesse definire così,date più le dimensioni di una suite imperiale,era assolutamente incantevole.
A qualche metro dall’entrata si estendeva,al lato destro, un letto a baldacchino arredato con piumone nero e cuscini bianchi.
Accanto ad esso si estendevano due comodini da ambo i lati mentre,poco più distante, c’era la presenza di una porta.
Nell’ala sinistra,invece,era presente un divano in stile pieno ‘800, con rifiniture color oro,disposto al di sopra di un immenso tappeto persiano di non dubbio valore.
A lato del divano,erano disposte due poltroncine delle medesime fattezze.
Al fondo della stanza,di forma rettangolare,si estendevano altre vetrate che consentivano una visuale completa sul paesaggio esterno.
Con il doppio pregio di conferire luminosità all’ambiente.
“Wow..” Mi limitai a commentare,non trovando esclamazione più appropriata.
“Benvenuta nella nostra stanza.” Fece con nonchalance,dirigendosi verso il letto per riporci sopra il mio borsone.
Mi girai verso di lui come riscossa dal mondo dei sogni. “Aspetta,come? Nostra?
“Esattamente.” Si limitò a rispondere,come se fosse una cosa del tutto normale.
Risi. “L’aggettivo nostra potrebbe esser utilizzato solo se si suppone che tu dorma sul tappeto persiano..” Convenni. “O in alternativa sul divano.” Concessi con una smorfia.
Rise forzatamente in maniera sarcastica. “Spero che tu stia scherzando. Questa è la mia casa,e questa è la mia stanza.” Calcò sugli aggettivi possessivi,appoggiando con gesto seccato le chiavi della macchina su uno dei comodini.
“E a me cosa vuoi che importi? Guarda,caro,che sei stato tu a coinvolgermi in questa situazione. Sono io la vittima,per questo motivo tu dormirai sul divano..a meno che tu non voglia rimanere senza una finta fidanzata.” Lo provocai.
“E sentiamo,come faresti ad andartene da qui? Nel caso non te ne fossi accorta, tesoro, siamo isolati dal resto della popolazione.” Mi ricordò.
Fissai prima lui con indecisione,prima di far vagare lentamente il mio sguardo sulle chiavi della macchina al suo fianco..solo a meno di un metro da me.
Non riflettei molto,ma mi lanciai su di loro prima che potesse farlo lui.
Mi girai e uscii dalla stanza,correndo come una pazza giù per le scale.
Al diavolo il borsone,quella era l’unica occasione che avevo per darmela a gambe!
“Non ci provare!” Mi minacciò,correndo qualche metro dietro di me.
Cercai di far valere il mio senso dell’orientamento e,dopo un paio di giri,mi ritrovai fuori dalla residenza.
Attraversai il cortile correndo,cercando di non sprofondare nel ciottolato.
“Come diavolo si apre questo coso?” Borbottai,una volta arrivata davanti al garage.
Trovai,a lato di esso,un grande pulsante rosso che mi premurai di schiacciare il più in fretta possibile senza riflettere.
Aspettai che si fosse alzato quanto bastava per consentirmi l’accesso,prima di svincolare al suo interno e chiudermi dentro la macchina.
“Scendi immediatamente!” Mi intimò,spalmandosi contro il finestrino dal lato del guidatore.
Lo ignorai e,non appena il garage fu del tutto aperto,partii in retromarcia e mi portai all’aria aperta.
“Attenta!” Urlò esasperato,non appena mi ritrovai a pochi centimetri da un grosso palo.
Frenai bruscamente,prima di sterzare per portarmi in direzione del cancello.
Cazzo,mi ero dimenticata di un piccolo particolare..come diavolo facevo ad aprirlo?
Sbuffai e mi lasciai cadere sul sedile,premendo violentemente una mano sul clacson.
Vidi che mi stesse raggiungendo dallo specchietto retrovisore,aspettando poi paziente che mi decidessi a scendere appoggiandosi ad una colonna in marmo là affianco.
“Fine della corsa.” Disse gongolante.
“Fossi in te non ne sarei così sicura,sono quasi certa che se prendo la rincorsa questo cancello possa sfondarsi..” Riflettei ad alta voce,mentre prendevo in seria considerazione l’idea di provarci.
Lo vidi impallidire mentre facevo retromarcia.
“Non oseresti..” Mi provocò.
“Sta a vedere.” Sorrisi serafica,prima di premere sull’acceleratore.
Lo vidi sgranare gli occhi e,nel giro di pochi secondi,si portò davanti al cancello con le braccia spalancate.
“Ok ok,il letto è tuo.. io dormo sul divano.” Si arrese,passandosi nervosamente una mano tra i capelli.
Spensi il motore e scesi dalla macchina con un sorriso vittorioso stampato in faccia.
“Felice di aver raggiunto un compromesso.” Dissi.
Mi guardai attorno,accorgendomi che quella fosse una vera e propria fortezza senza una via di fuga. “Comunque complimenti,questa reggia è allestita perfettamente a prigione.” Borbottai.
“Stavi per bocciare la mia auto..” Mormorò con sguardo perso nel vuoto.
“Andiamo,una sciocchezza. Ho avuto i riflessi pronti.”
“Stavi per bocciare la mia auto!” Ripeté con tono di voce più alto.
Sbuffai e feci per replicare,ma il suono di un clacson ci distrasse a entrambi.
All’infuori del cancello erano posizione due macchine,una in coda all’altra,che attendevano di entrare.
“Chi sono?” Chiesi,improvvisamente rigida.
“Deve essere mia madre e, presumo, la famiglia di Joe.” Sospirò,prima di farmi cenno di montare in macchina con lui.
Fece retromarcia e si diresse nuovamente al garage,intanto che le altre macchine facevano il loro ingresso seguendoci.
“Tesori miei!” Ci venne incontro la madre,una volta scesa dalla sua porsche.
Riservò a Sven un bacio sulla fronte e a me un caloroso abbraccio.
“Sono così felice che tu abbia accettato di venire qua!” Saltellò allegra,strapazzandomi ancora una volta.
“Non potevo rifiutarmi,Sven sa essere molto convincente quando vuole..” Feci allusiva,ricordandogli il nostro patto segreto.
Mi avvicinai a lui e mi attaccai al suo braccio,togliendomi uno sfizio personale che andava avanti dal giorno in cui l’avevo incontrato.
Lo sentii irrigidirsi,e in men che non si dica,mi ritrovai stretta tra le sue braccia.
“È talmente persa di me che non sarebbe mai riuscita a rifiutare neanche avesse voluto.” Fece lui,stringendomi dai fianchi.
“Oh si..” Commentai distratta,più concentrata sulle sue mani che vagavano lungo il mio ventre che sulle mie parole.
“Ehilà ragazzi!” ci girammo in direzione di Joe,intento a camminare verso di noi con una ragazza al seguito.
La guardai per un istante incuriosita,prima di spostare il mio sguardo su di lui.
“Joe!” Mi avvicinai a lui con fare affettuoso,stringendolo in un abbraccio.
“Per colpa tua mi ritrovo ancora una volta in questa situazione di merda.” Sibilai tra i denti,mentre lo soffocavo letteralmente nel mio abbraccio amorevole.
Mi staccai da lui con un sorriso,sistemandogli la sciarpa sgualcita.
A proposito..ero là fuori in maglietta e stavo letteralmente congelando.
Sven lo salutò con una pacca sulla spalla,mentre Joe si guardava alle spalle alla ricerca di qualcuno, presumibilmente.
“Lei..” Prese la mano alla ragazza che era posizionata dietro al suo corpo come se fosse uno scudo di protezione. “Sarà la mia accompagnatrice per il gala.” Sorrise,mentre ce la presentava.
“Adison..lui è Sven, mio cugino, e lei è Sam, la sua fidanzata.” Sembrò compiere uno sforzo immane per pronunciare quell’ultima parola senza scoppiare a ridere.
Ero contenta del fatto che almeno una persona trovasse esilarante quella tortura.
Catapultai la mia attenzione su di lei,una ragazza da splendenti occhi verdi e un taglio a caschetto che si sposava perfettamente con i suoi lineamenti giovanili.
Si attorcigliò nervosamente una corta ciocca bionda tra le dita,prima di avvicinarsi a noi.
“È un piacere conoscerti, Adison.” Le porsi la mano con gentilezza,che venne afferrata esilmente dalla sua figura.
“Anche per me, Sam.”
Sembrava così innocua,innocente,tenera..
“Onorato di conoscere una ragazza così meravigliosa..” Sven accolse la sua mano per baciarle il dorso galantemente,facendola arrossire.
Lei contraccambiò il saluto,prima che si cimentassero in qualche scambio di battute e risate. Ecco Don Giovanni all’opera!
Ero quasi tentata di rivalutare la prima impressione che mi ero fatta su di lei..
Ma d’altro canto cosa c’era di male in quello che lui stava facendo?
Doveva pur tenersi in forma in quei giorni di totale isolamento.
Poverino,come avrebbe fatto a trascorrere tre interminabili giorni di astinenza?
Mi scambiai uno sguardo complice con Joe,prima che ognuno di noi si andasse a riprendere ciò che, teoricamente, ci apparteneva.
Avvolsi le mie esili braccia intorno alla vita di Sven,lasciandogli un pizzicotto violento sul fianco.
Fece una smorfia ma si trattenne dal lanciare un imprecazione.
“Sono così felice che siate tutti qua. Un giorno intero per approfondire la nostra conoscenza in vista del grande gala..” Si intromise la madre,riprendendo la parola.
Ma un momento..non era quella sera il gala?
Lanciai a Sven un occhiata eloquente che evitò accuratamente,sorridendo forzatamente alla propria genitrice.
“Ah!” Si lasciò scappare,quando gli inflissi un pizzicotto più forte del precedente.
“Va tutto bene, tesoro?” Chiese la madre premurosamente,accorgendosi della sua esclamazione di dolore.
“Sì sì..” Commentò,ma quando aumentai la morsa, dovette rimangiarsi quanto detto. “In realtà non molto,non ho dormito abbastanza questa notte e il viaggio è stato stancante..se non ti dispiace andrei a riposare un po’..”
“Va bene caro..” La madre assunse un’aria dispiaciuta. “Ci vediamo più tardi per una passeggiata sul luogo allora,ok?” Si illuminò nuovamente,speranzosa.
Sven fu costretto ad annuire,prima di trascinarmi via con lui.
“A dopo.” sorrisi,prima di seguirlo nel tragitto verso casa.
Continuammo a comportarci da perfetti piccioncini fino a quando non varcammo la porta d’ingresso.
A quel punto ci staccammo riluttanti,lanciandoci occhiate inviperite.
“Pensavo che il gala fosse questa sera.. non domani. Perché non me l’hai detto?!” Lo aggredii,spintonandolo.
Alzò gli occhi al cielo. “Perché,se lo avessi saputo,ti saresti senz’altro rifiutata di venire qua con un giorno d’anticipo.”
“Sì,è esattamente quello che avrei fatto..” Ammisi.
“Ecco appunto. Allora sei in grado di capire il perché della mia non- informazione.” Intraprese a camminare lungo il corridoio,mentre io lo inseguivo praticamente correndo per cercare di stare al suo passo.
Non tutti avevano delle gambe lunghe come lui,maledizione..
“E quando avresti ritenuto opportuno dirmelo,tesoro?” Lo affiancai con fatica.
“Molto probabilmente stasera.. quando ormai la giornata era andata. E adesso cos’è questo nomignolo?” Aggiunse con una smorfia di disgusto.
“Tesoro non ti piace? Beh,ci si presenta una vasta gamma di scelta. Tesoro, amore, vita mia, luce dei miei occhi, pasticcino..a te la scelta.” Sorrisi angelicamente,mentre lui mi fulminava con un occhiata truce.
Salimmo rapidamente le scale e ritornammo nella camera,dove puntai verso il letto per lasciarmi cadere al di sopra di esso.
“Ti dispiacerebbe farti un po’ da parte?” Borbottò al mio fianco,cercando di spingermi verso un lato del letto in modo da poter occupare l’altra parte.
Mi appoggiai sui gomiti,sollevandomi. “Ti ricordo che il tuo posto è sul divano.”
Sbuffò. “Sì,la notte dormirò sul divano ma adesso fammi riposare un attimo qua sopra senza anticiparmi un’ernia imminente.” Si tolse le scarpe e si lasciò ricadere sul letto,mentre io mi schiacciavo in un angolino in modo da mantenere le giuste distanze di sicurezza.
Puntai il mio sguardo sul soffitto e rimasi in ascolto del silenzio che aleggiava intorno a noi.
Non potevo far a meno di pensare al gala.. non avevo la più pallida idea di come mi sarei dovuta comportare, e il non essere preparata mi terrorizzava.
Se avessi finito con il fare una brutta figura,e se avessi rovinato anche la sua?
Se lo sarebbe solo meritato francamente..ma ci tenevo a dimostrarmi all’altezza,soprattutto in presenza del padre.
Il perché mi era difficile da comprendere..
“A cosa stai pensando di tanto tragico da aggrapparti disperatamente alla trapunta?” Inclinò la testa in mia direzione,facendo ricadere una ciocca di capelli su quei fantastici occhi neri. Riuscivano a farmi avere un sussulto ogni volta che li incontravo.
Chiusi gli occhi per un istante,e poi li riaprii fissandoli nei suoi.
“Non mi sento pronta per affrontare il gala..e se non ne fossi all’altezza?  Insomma,non ho idea di come si svolga un evento del genere e..” Sfogai le mie paure,venendo interrotta da lui poco dopo.
“Non è nulla di eclatante.. Le regole basilari sono: vestirsi eleganti e atteggiarsi a star di Hollywood come la maggior parte degli invitati. La musica è da vecchi,ma in compenso si mangia e si beve bene. Solitamente l’evento si apre con un discorso di anticipazione indetto da qualcuno,a cui alla fine nessuno presta particolare attenzione. Ammetto quanto sia una noia mortale,soprattutto in compagnia di tutte quelle mummie ingessate. In sostanza si chiacchiera, si mangia, si beve e si balla..”
“Si balla?!” Esclamai,con il terrore nella voce.
Balzai seduta,guardandolo alle stesso modo in cui si fissa un cadavere.
Aggrottò le sopracciglia,in stato confusionario a causa della mia reazione.
“Io non so ballare!” Gli spiegai,alzandomi in piedi nervosa. “Non l’ho mai fatto in vita mia,non so neanche dove mettere mani e piedi.. e se inciampo e cado? Con i tacchi che sicuramente sarò costretta ad indossare,dubito di riuscire a rialzarmi da terra senza l’aiuto di qualcuno..” Continuai a blaterale gesticolando,senza accorgermi che lui si fosse alzato dal letto per apparirmi alle spalle e porre fine al mio via vai agitato.
“Quanto pensi ci voglia per imparare quattro passi messi in croce?” Sospirò e mi afferrò il braccio per farmi fare una giravolta.
Mi scontrai contro il suo petto e si affrettò a circondarmi la vita con le braccia per evitarmi di sfuggire.
Dopo che ebbe capito non avessi intenzione di scappare,mollò la stretta solo per posizionare le mie braccia intorno al suo collo.
“Questa è la posizione più usuale.” Mi spiegò,prima di prendere a muoversi leggermente intimandomi di seguirlo.
“Un passo avanti.” Fece,attirandomi verso di lui mentre indietreggiava.
“Un passettino piccolo indietro.. poi brava,a sinistra.”
Mi feci trasportare da lui,mentre cominciai a sentire un leggero sfarfallio alla bocca dello stomaco.
“Visto? Non è tanto difficile come pensavi.” Si fermò e io feci lo stesso,rimanendo immobile davanti a lui con le mie braccia ancora a circondargli il collo.
Mi persi nei suoi occhi e lui rimase a fissare i miei con espressione imperscrutabile.
Avrei tanto voluto entrare nella sua mente per capire se anche lui avesse i miei stessi istinti.. ovvero quelli che mi spingevano a saltargli addosso.
Sorrise in modo ambiguo,facendo comparire una fossetta.
Avrei tanto voluto alzare un dito per affondarlo al suo interno.
“Vuoi che ti baci,ma se lo facessi molto probabilmente mi respingeresti e mi tireresti uno schiaffo.” Parlò risoluto, continuando a fissarmi con sguardo predatore.
Mi sforzai di ridere. “Ti assicuro che il pensiero non mi ha neanche sfiorata,al contrario di te per lo meno..” Distolsi lo sguardo,improvvisamente interessata a un quadro di dubbio gusto. Era per caso un maiale quello raffigurato al suo interno?
 “Dio,Sam. Ho avuto modo di vedere che sei un ottima attrice,potresti essere più convincente di così.” Mi provocò,sfiorando il mio orecchio con le sue labbra.
Ringraziai il cielo che qualcuno fosse venuto a bussare alla nostra porta prima che mi venisse in mente di accendere la segnaletica fluorescente sulla mia fronte,che recitava la parola ‘PRENDIMI’ a caratteri cubitali.
“Sven, Sam! Tra qualche minuto il pranzo sarà pronto,vi aspetto di sotto!” La voce di Jenny.
Si allontanò dal mio corpo come scottato,prima di passarsi nervosamente una mano nei capelli e urlare a sua madre di rimando,assicurandole che saremmo scesi al più presto.
Rimasi stralunata a fissare un punto vacuo davanti a me,prima di riscuotermi dai miei pensieri quando incrociai nuovamente i suoi occhi.
Boccheggiai presa alla sprovvista dal risvolto della situazione.
“Un minuto, mi cambio e andiamo.” Frugai all’interno del borsone alla ricerca di una maglietta e un pantalone decenti,mentre Sven mi indicava la porta a lato del letto con un sospiro stanco.
“Là c’è il bagno..” Mi avvisò, passandosi una mano sul volto.
Racimolai il necessario e mi chiusi al suo interno,rimanendo a conversare con me stessa davanti allo specchio per almeno cinque minuti buoni.
Tre giorni..tre lunghissimi giorni da passare cercando di evitare un attacco di schizofrenia.

 
Hola chicos, como estas?
Io ho lo stesso aspetto di un cadavere in putrefazione..e non è ancora arrivata la notte di Halloween.
A proposito di quel momento.. vi farò un regalo che sono sicura apprezzerete, quindi stringete i pugni e tenete duro fino a Sabato! ;)
Ora, tornando alla storia..
In questo capitolo possiamo ammirare Sam e Sven nuovamente alle prese con la famigliola, e vi è l'entrata di un nuovo personaggio: Adison. 
Io francamente adoro il carattere ingenuo e innocente di questa ragazza, così cristallina e trasparente.. una ragazzina confinata sull'isola di Peter Pan.
Sam, per lo meno, troverà una persona alleata all'interno della casa.
Ma, cosa più importante, è il quasi bacio.
Non mi odiate ve ne prego, questo soggiorno frutterà qualcosa andiamo! 
Qualcosa si è mosso, ma il fato non sembra essere dalla loro parte.. più che altro si diverte a straziarli e prenderli per il culo. 
Sam riuscirà a non dare in escandescenza? Lo vedremo nel prossimo capitolo, dato che questo è stato principalmente d'introduzione per il prossimo.
Spoiler velati:
Nel prossimo capitolo vedremo la nostra combriccola di amici (Sam, Sven, Joe ed Adison) alle prese con una divertente uscita in città. 
Dopo un diverbio col padre.. Sven sentirà la necessità di bere 'due bicchierini'.
Ma cosa intenda Sven per 'due bicchierini' non ci è concesso saperlo, e neanche a Sam.
Ma tutto sommato lo scoprirà quando sarà costretta a fargli da balia nel tragitto di ritorno verso casa..
Riuscirà per lo meno a slacciarsi i vestiti da solo? Lo vedremo.. ;)
E se si mettesse a farneticare frasi sconnesse nel sonno? Mmmh..
A presto amori miei! 
Spero di sentire l'opinione di molti, e forse questo mi potrebbe incentivare nel regalarvi un bonus.. Magari facciamo due capitoli in un giorno? :*
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 19
*** Capitolo 18. ***


Il pranzo passò piacevolmente,e allo stesso modo trascorse la passeggiata lungo le vie del bosco. O,per lo meno,si sarebbe svolta in quel modo se non avessi dovuto lottare contro ogni sottospecie di insetto schifoso mi si avvicinasse.
Non ero sicura che io e la natura fossimo fatti per andare d’accordo.
“A questo punto sarebbe meglio rientrare..il cielo comincia a scurirsi,e inoltre credo che tuo padre dovrebbe fare il suo arrivo a momenti.” Si rivolse Jenny a Sven.
“Evviva..” Sussurrò sarcasticamente lui,camminando al mio fianco.
“Ti piace?” Sentì Joe domandare  ad Adison,intenta a osservare con interesse tutto ciò che aveva attorno,dalla riva del fiume all’ammasso di alberi impilati dalla parte opposta.
“Sì,mi piace moltissimo. Il contatto con la natura,il rumore dell’acqua,del vento..” Sorrise estasiata.
“Se questo vento non la smette di ronzarmi nelle orecchie mi verrà l’emicrania. Ah! Coprimi coprimi.” Mi nascosi dietro la schiena di Sven,mentre un ape tentava di avvicinarsi a me.
Evidentemente io ed Adison non la pensavamo esattamente nella stessa maniera..
“Vuoi darci un taglio?” Mi riprese scorbutico.
“Senti, non iniziare a diventare insopportabile solo perché l’arrivo di tuo padre è imminente.” Mi lasciai sfuggire,pentendomene un istante dopo.
Si accertò che nessuno ci stesse degnando di attenzione,prima di farmi passare un braccio intorno alla vita e caricarmi in spalla.
“Sven, lasciami! Mettimi giù maledizione..Sven!” Mi lagnai,continuando a scalciare e imprecare.
Mi fece toccare nuovamente terra una volta ritrovatici ai piedi di un albero,lontano dalla vista degli altri.
“Cos’è che sarei io?” Mi invitò a ripeterlo.
“Insopportabile,sei insopportabile!” Pestai un piede a terra con rabbia.
“Ah si? Non mi pare che ti sembrassi tanto insopportabile quando pendevi dalle mie labbra, prima in camera.” Mi ricordò.
Touchè. Ero stata irrimediabilmente sgamata.
“Cosa sono queste tue maniere di egocentrismo? Secondo me dovresti imparare a lavorarci su e a limitare queste sceneggiate..” Borbottai.
“Quando mai io faccio sceneggiate?” Domandò oltraggiato.
Mi girai a guardarlo incredula..davvero non se ne accorgeva?
“Un esempio è stata la sceneggiata di questa mattina. Ti sembrava il caso di presentarti ad Adison con quell’approccio da prode cavaliere? Cosa siamo,nell’800 ancora? Il baciamano..gli hai fatto il baciamano,ti rendi conto?  Ma è chiaro che tu debba sempre farti riconoscere,com’è anche chiaro che tu sia stato l’unico a dimenticarti della presenza della tua presunta fidanzata,mentre eri intento a fare il cascamorto con lei!” Spiegai con enfasi.
Mi guardò con le sopracciglia sollevate,divertito da quel mio sfoggio di isterismo.
“Cosa c’è?..” Borbottai imbronciata,cercando di evadere da quel suo sguardo pieno di significati. Chissà che congetture stava facendo all’interno della sua testa malata..
“Non lo so,dimmelo tu.” Sorrise sornione,appoggiandosi al tronco dell’albero con le braccia incrociate.
“Cosa dovrei dirti?” Ribattei pungente,assottigliando lo sguardo.
“Quanto tu sia inspiegabilmente e irrimediabilmente gelosa di me.” Sorrise trionfante.
Contai fino a cinque prima di scoppiare a ridergli in faccia.
“Esilarante..” Mormorai,tenendomi la pancia con una mano “Davvero esilarante.” Confermai,asciugandomi una lacrima che mi era ricaduta sulla guancia a causa dello sforzo.
Mi guardò continuando a scuotere impercettibilmente il capo,accompagnato sempre da quel suo accenno di sorriso.
“Andiamo, sicuramente si staranno chiedendo dove siamo finiti..” Cercai di tirarmene fuori.
Si staccò dall’albero e prese a camminare davanti a me.
“Io non credo invece,direi che possano immaginarlo perfettamente cosa siamo intenti a fare.” Ammiccò in mia direzione,facendomi arrossire con effetto immediato.
Borbottai parole incomprensibili per tutto il tragitto,fino a quando non ebbi la soddisfazione di chiudermi in camera.
O meglio,avrei potuto chiamarla soddisfazione se solo lui non mi avesse seguito.
L’unico momento di pace che potevo avere era quando mi chiudevo in bagno per urinare.
Verso le sette di sera arrivò il padre, e fummo costretti ad affrontarlo a cena.
Per qualche losco motivo, lui non era l’unico ad essere agitato per quel confronto.
Quell’uomo metteva in soggezione anche me,ma non mi sarei lasciata intimidire facilmente.
“Allora Sam.. ti piace la tenuta?” Domandò,mentre eravamo intenti ad assaggiare la seconda portata.
Quando mi rivolse la parola,ci mancò poco che il boccone mi andasse di traverso.
“Immensamente.” Mi sforzai di sorridere.
“Sven non ha mai portato nessuna qua.” Si intromise la madre di Joe, Clarisse.
“Oh cara,non proprio nessuno..” Le ricordò il padre,con fare confabulatorio.
Sembrava quasi nutrire un insano divertimento nel mettermi alle strette e darmi modo di sentirmi minacciata da questa ragazza passata, di cui ancora non sapevo la storia né tantomeno il nome.
E dubitavo del fatto che sarei riuscita a scoprirlo tanto presto,sempre se ci fossi riuscita.
La madre tossì,schiarendosi la voce prima di parlare.
“Avete programmi per la serata?” Domandò benevola,tentando di aiutare il figlio e togliere me da un discorso poco piacevole.
“Veramente avevo intenzione di fare un giro in Paese..sempre se Sven e Sam ne hanno voglia.” Propose Joe,approfittando di quel momento per fare progetti.
“E me lo chiedi?” Domandò sarcastico Sven,come per fargli intendere che non fosse una sorpresa il fatto che volesse evadere da quel posto.
Gli pizzicai nuovamente un fianco,cercando di fargli ricordare anche della mia presenza.
Ero pur sempre la sua fidanzata,non gli interessava sapere cos’avessi intenzione di fare io?
“Oh sì certo.. Tesoro,a te andrebbe di fare un giro?” Mi chiese angelicamente, cercando di farsi perdonare la mancanza di interesse di prima.
Sorrisi serafica. “Ma certo amore!”
 
“Ti vuoi dare una mossa?” Mi urlò dietro spazientito,da fuori la porta del bagno.
“E dammi un attimo!” Ma che modi..
“Mi dispiace dirtelo,ma dubito fortemente che in Paese tu possa imbatterti in un essere vivente che non superi la soglia dei cinquant’anni. Quindi,ritengo inutili i tuoi tentativi di provare a migliorare il tuo aspetto!” Continuò imperterrito.
Come avevo pensato,lo scontro con il padre doveva averlo sfinito e, se possibile, era ancora più insopportabile delle altre volte.
“Se l’ansia avesse un nome,porterebbe il tuo!” Chiusi la trousse dei trucchi con un gesto seccato,prima di spalancare la porta del bagno,per la sua felicità.
“Allegria!” Sbottò,buttando le braccia al cielo.
Lo ignorai e andai a recuperare la mia borsa,mettendoci dentro lo stretto necessario: telefono,cellulare,portafoglio,aspirine,una bottiglietta d’acqua,assorbenti,un orsacchiotto di peluche in miniatura..
Cosa avevo detto? Lo stretto indispensabile.
“Andiamo.” Dissi,una volta pronta.
Uscimmo dalla camera e successivamente dalla proprietà,andando a recuperare la macchina posta in garage.
Avevamo deciso di prenderne solo una, per una maggiore comodità.
Sven si mise alla guida e Joe si posizionò al suo fianco,mentre a me e Adison toccarono i posti dietro.
Eravamo appena state scaricate.
“Ci hanno appena estraniato dal loro mondo.” L’avvertii,appoggiandomi al sedile con uno sbuffo.
“Me ne sono resa conto..” Commentò,guardando entrambi intenti a scherzare e parlare di roba da maschi come se non esistessimo.
“Da quanto state insieme? Tu e Joe dico..” Provai a fare conversazione,nel tentativo di avere qualcuno con cui parlare per il resto della serata.
“Oh,non stiamo insieme. Gli serviva un accompagnatrice per il gala,in modo che suo padre non decidesse di accollargli qualcun altro,e la scelta più adatta è ricaduta su di me” Sospirò.
“Deduco che anche tu e Sven non siate fidanzati, vero?” Provò a indovinare.
“Io, con quello là? Neanche tra un milione di anni.” Feci con una smorfia,facendola sorridere.
“Strano,io avrei detto che ci fosse complicità tra di voi..”
“Beh,mi sa che ti sei sbagliata.” Mi costrinsi a dirle. “Invece mi sa che a te piace Joe..non è forse così?” Parlai con tono di voce bassa,per evitare che i diretti interessati sentissero quanto stavamo confabulando su di loro.
Il suo viso assunse un colorito vivace,mentre abbassava lo sguardo sull’orlo del vestito che stava stropicciando con le dita.
“Ho indovinato,ho indovinato!” Battei le mani entusiasta.
“Shh..” Mi intimò lei,cercando di farmi abbassare il tono della voce per evitare di attirare la loro attenzione.
“Sì va bene, è così..” Ammise alla fine,scuotendo la testa sconsolata.
“E quella faccia per cos’è?” Le domandai.
“Non credo che avrò mai una speranza con lui..” Rise tristemente.
Osservai Joe,notando che la stesse tenendo d’occhio dallo specchietto retrovisore,intanto che continuava a rispondere a Sven.
Distolsi lo sguardo da lui,sorridendo.
“Io invece credo proprio di sì.” La incoraggiai.
“Speriamo che tu abbia ragione,allora.”
Dieci minuti dopo parcheggiammo nei pressi di un pub in pieno centro,con una marea di gente che si riversava sia all’interno che all’esterno.
Tutti,e dico tutti,avevano in mano qualcosa.
“Non dirmi che hanno intenzione di sbronzarsi..” Fece esasperata Adison,reggendosi la testa con una mano.
Scossi la testa e agguantai Sven per un braccio prima che finissi con il perderlo in mezzo alla folla.
“Non vorrete ubriacarvi?” Gli chiesi minacciosamente.
“Ma va,solo qualche bicchierino.” Ammiccò in mia direzione e svincolò dalla mia presa,richiudendosi all’interno del pub.
Guardai Adison con aria rassegnata,prima di farle un cenno affinché mi seguisse anche lei all’interno di quell’inferno.
Il caos che regnava là dentro mi colpì in piena faccia,sconcertandomi.
C’era puzza di morte,mischiata a sudore e alcool.
Era un ambientazione davvero raccapricciante,ma Sven e Joe sembravano esser riusciti ad integrarsi perfettamente data la loro scomparsa immediata.
“Qua dentro non riesco a starci..” Commentò Adison,qualche passo dietro di me.
Scossi la testa,guardando con disgusto il posto in cui ero capitata.
Avrei rischiato una crisi epilettica nel giro di pochi secondi se non fossi uscita da quel posto al più presto.
“Neanche io,usciamo fuori.”
Ci facemmo largo in mezzo alla folla,a suon di insulti urlati a mezza voce e gomitate.
O,per lo meno,da parte mia. Adison era una ragazza troppo pacata e pacifista per permettersi di insultare qualcuno.
“Non credo che si accorgeranno della nostra assenza per almeno un raggio di due ore,ti va se facciamo due passi?” Le proposi,scatenando in lei una reazione gioiosa.
“Allora..come hai conosciuto Joe?” Le chiesi,mentre intraprendevamo una viuzza più isolata.
“Lo conosco fin da quando eravamo piccoli,in qualche modo inspiegabile abbiamo finito sempre con il frequentare le stesse scuole e,ancora una volta,siamo capitati al college insieme.. Io sono solo la ragazza timida con qualche problema a relazionarsi,mentre lui è il ragazzo più bello,simpatico,popolare,desiderato..”
“Dev’essere una cosa di famiglia.” Commentai,in riferimento a Sven.
Si lasciò andare ad una risata,prima di evitare dei cocci di vetro sparsi a terra.
“Sei proprio sicura che tra te e Sven non ci sia niente?” Ritentò.
Mi finsi totalmente assorta nel calciare una pietra che era capitata lungo il mio cammino. “Allora?” Mi esortò rifilandomi una gomitata allusiva.
“Eh va bene,lo ammetto! Mi piace Sven Clark.” Era forse la prima volta che lo ammettevo così esplicitamente e ad alta voce.
“Ma è complicato..” Mi affrettai ad aggiungere.
“Perché dici che è complicato?”
“Come potrebbero mai andare bene insieme,due persone che non fanno altro che litigare dalla mattina alla sera senza riprendere il fiato un attimo?  E non parlo di qualche frecciatina e basta,parlo di vere e proprie liti. Come per esempio lanciarsi una torta in faccia,buttarci sotto la doccia con i vestiti addosso e tentare di farci del male con qualsiasi cosa di contundente ci capiti a tiro.” Le spiegai,facendola ridere.
“E pensi che lui non sia minimamente interessato a te?” Domandò con  un ingenuità disarmante.
Feci un risolino ironico. “Lui con me vuole solo giocare,per questo motivo gli sto dimostrando come si gioca. Lui è uno stronzo,fa parte della sua indole,peccato che abbia deciso di farlo con la stronza sbagliata.”
Era incredibile che stessi dicendo quelle cose proprio a lei,una persona che conoscevo a stento e che non ero riuscita ancora ad identificare accuratamente.
Eppure sentivo di poterlo fare senza timore.
Si avvalse di un silenzio meditativo,mentre mi scrutava cercando di comprendere delle sfumature in più.
“E tu pensi quindi che non sia il ragazzo adatto per stare con te.” Indovinò.
“Ti dirò una cosa..” Proseguì poi,con espressione diventata improvvisamente seria.
“Passerai gran parte della tua vita a elencare ogni caratteristica che vorresti trovare nella persona di cui un giorno ti innamorerai. Ma i desideri non sempre si avverano,e alla fine finirai con l’innamorarti dell’opposto del tuo essere ideale. Lo maledirai,continuerai a ripeterti quanto sia dannatamente sbagliato per te,ma non potrai fare a meno di lui. Perché l’amore è così,imprevedibile e soprattutto.. capace di stravolgere qualsiasi resistenza incontri lungo il suo cammino.”
Arrestai il passo e la fissai in trans,continuando a ripetermi mentalmente le sue parole.
Era incredibile come assomigliassero a quelle che rivolsi a Trent qualche tempo prima..
Ebbe un effetto ancora più sconvolgente sentire quelle parole provenire da una persona che non fossi io.
“Ho detto qualcosa di sbagliato?” Domandò preoccupata,notando la mia reazione sconvolta.
Sorrisi. “Assolutamente no,non avresti potuto dire qualcosa di più giusto.”
 
Dopo un’oretta decidemmo di ritornare al pub per controllare la situazione,anche se dubitavamo del fatto che saremmo riuscite a scovarli in mezzo a tutta quella gentaglia.
Come se non bastasse,non eravamo neanche certe che provare a chiamarli avrebbe prodotto risultati. Con il macello che c’era,le probabilità che prestassero attenzione al cellulare,erano minime.
“Li vedi?” Mi domandò,alzandosi sulle punte per riuscire ad avere una visuale migliore.
Sbuffai,prima di scuotere la testa in segno di diniego.
“Non dirmi che dobbiamo entrare dentro a prenderli..” Al solo pensiero di doverlo fare,pensai che si sarebbe messa a piangere.
La ignorai quando la mia attenzione venne catapultata su una panchina.
La decisione fu immediata e,dirigendomi a passo svelto verso di essa,salii su di essa per avere un quadro completo del posto che mi circondava.
“Sam cosa fai?.. Ci guardano tutti.” Sussurrò imbarazzata,mentre tentava di riportarmi con i piedi per terra tirandomi dall’orlo del vestito.
“Vuoi rimanere qua a vita?” Le ricordai,facendola così tacere.
Tornai a riservare la mia attenzione alla folla che si estendeva davanti a noi e,all’improvviso,i miei occhi incontrarono i suoi così come i suoi incontrarono i miei.
Mi sbracciai per farmi vedere e notai Joe indicarci,prima di iniziare a muoversi in nostra direzione.
“Stanno arrivando.” L’avvertii,riportandomi con i piedi per terra.
Intravidi la figura di Sven camminare verso di noi,barcollando leggermente come era intento a fare Joe.
Non ebbi il tempo di dire niente che mi ritrovai Sven a un soffio dalla faccia,con un dito accusatore puntato contro.
“Si può sapere dove diamine eri finita? È mezz’ora che ti cerco, idiota.” Mi sgridò,sbiascicando leggermente a causa del quantitativo di vodka che sicuramente aveva assunto. Ne avrei riconosciuto l’odore anche a distanza di un kilometro.
Intanto,anche Joe era intento a fare la paternale ad Adison,seppur in maniera molto più affettuosa.
Ma cos’avrei dovuto aspettarmi da Sven? Era un diavolo,mica un tenero angioletto.
“Tu,ubriaco come sei, vuoi farmi credere che hai prestato attenzione alla mia assenza?” Domandai sconvolta. “Che strano,e dire che pensavo bastasse una simile a me per farti dimenticare della mia esistenza..” Farneticai.
“Si può sapere che cazzo stai dicendo?” Domandò in un sibilo,reggendosi la testa con una mano con fare sfinito.
Forse aveva bevuto ancor di più di quanto avessi inizialmente immaginato.
“Si può sapere quanto hai bevuto?”  Mi avvicinai a lui e gli tolsi la mano dalla fronte senza molta delicatezza,scatenando in lui un mugugno di protesta.
“Poco..” Mugugnò.
“Poco nel senso di poco,o poco nel senso di ‘non abbastanza per intraprendere la via del coma etilico’?”
“Hai una vaga idea di quante volte abbia provato a chiamarti?” Mi ignorò,riprendendo la sua ramanzina da dove l’aveva interrotta.
Cominciai a frugare nella borsa alla ricerca del cellulare.
“Non mi hai assolutamente chiamata.” Lo acciuffai e sbloccai lo schermo,trovandomi dieci chiamate perse da lui. “O forse sì..” Ammisi con una smorfia,cedendo all’evidenza.
Intanto,lui si tenne impegnato a fissarmi come a volermi mutilare.
“Eh va bene,mi dispiace,ma ora smettila di fissarmi così!” Mi arresi davanti al suo sguardo tagliente.
Sospirò,socchiudendo gli occhi. “Avanti, andiamo a casa.”
“Ah, se guidi tu io non ho intenzione di salire in macchina.” Protestai.
Emise un verso di esasperazione,buttando gli occhi al cielo mentre frugava nella tasca dei jeans.
“Tieni,guida tu.” Mi lanciò addosso le chiavi,lasciandomi esterrefatta.
Anche Joe sembrava esser caduto nel mio stesso stato emotivo.
“Tu le stai..ok,  devo essere sbronzo perso..” Sussurrò guardando il vuoto,mentre Adison cercava di tenerlo in posizione eretta.
“Le hai davvero dato le chiavi della tua auto,della tua piccola?” Domandò sgomento.
Anche io faticavo a crederci.. non era l’unico.
“Andiamo a casa.” Ripeté come un automa,iniziando ad allontanarsi.
“Sven..” Lo richiamai.
“Che c’è?” Mi rispose a fatica.
“La macchina è dall’altra parte.” Lo avvisai.
Rimase un attimo impalato,prima di fare dietro front e iniziare a camminare nella direzione opposta.
“Alla faccia del ‘bevo solo qualche bicchierino’.. “  Sputai fuori tra i denti,mentre lo seguivo per accertarmi che non finisse sotto una macchina.
 
Fu un impresa quasi impossibile trasportare il suo corpo per metà casa,per non parlare di quando arrivò il momento di intraprendere le scale.
Una lumaca disabile sarebbe stata più veloce di noi.
Aprii la porta della camera ed entrai dentro,abbandonandolo vicino alla parete dopo essermi assicurata fosse in grado di reggersi in piedi.
Guardai indecisa il letto,poi il divano..
Sarei stata crudele a farlo dormire su quest’ultimo visto il suo pessimo stato.
Sospirai affranta,prima di decidermi a sistemargli il letto.
Mentre spostavo i vari cuscini sentii un tonfo alle mie spalle.
Non ditemi che era appena caduto a terra..
Mi girai in sua direzione,trovandolo esattamente nella posizione in cui avevo supposto si trovasse.
“Hai sviluppato una sorta di amore incondizionato verso i tappeti persiani?” Commentai sarcastica,mentre tentavo di riportarlo in posizione eretta.
In risposta,ottenni solo un lamento indistinto.
“Non è così divertente parlare con te quando lo stato alcolico ha avuto la meglio sulla tua mente e sul tuo corpo.” Sbuffai,prima di trascinarlo verso il letto e lasciarlo ricadere sopra di esso.
“Ce la fai a rimanere da solo per cinque minuti? Il tempo di mettermi addosso qualcosa di più comodo per svolgere il ruolo d’infermiera.” Feci seccata.
“Solitamente le infermiere sexy non indossano dei pigiamini con le pecorelle..” Biascicò,con la voce soffocata a causa della testa affondata nel cuscino.
Ignorai il suo commento per andare a racimolare il pigiama e chiudermi in bagno per indossarlo.
Indovinate com’era fatto il mio pigiama? Con le pecorelle!
Uscii dal bagno pochi minuti più tardi,dopo essermi struccata e aver raccolto i capelli in una coda alta in modo che non mi dessero fastidio.
Guardai in direzione del letto,e lo trovai con il respiro pesante e gli occhi socchiusi.
Lo scossi con una delicatezza che non faceva parte della mia persona.
“Avanti Sven,non puoi addormentarti con quei vestiti addosso..”
“Io non ho la forza di togliermeli,se tu ce l’hai.. ben venga.”
“Dopo potrai collassare nella beatitudine più completa, avanti.” Lo incitai,aiutandolo a mettersi seduto affinché si levasse i vestiti.
Emise un verso di protesta ma alla fine si lasciò aiutare.
Mi imposi di non guardare,mentre prendevo a levare le coperte in modo che potesse successivamente coprirsi con esse.
Un suo ulteriore lamento mi costrinse a puntare il mio sguardo su di lui,trovandolo in difficoltà al solo secondo bottone della camicia che aveva indossato.
Sbuffai esasperata. “Ho capito,faccio io.” Mi arresi,andandogli incontro.
Presi a sbottonargli la camicia cercando di limitare la mia visuale sui suoi pettorali,per quanto la situazione potesse permettermelo.
Lo sentii ridacchiare alla vista del mio disagio.
“Ti comporti come una pudica verginella.” Commentò.
Lo guardai in tralice,prima di sfilargli la camicia con uno strattone e buttarla su una sedia là vicino.
“Pensi di riuscire a toglierti i pantaloni da solo?” Chiesi,sperando che la risposta fosse affermativa per risparmiarmi di prendere fuoco definitivamente,se mai avessi dovuto farlo io.
“No.” Mi provocò,sorridendo divertito.
Dove la trovava la forza di comportarsi così da stronzo anche in uno stato simile?
Avrei proprio voluto saperlo.
Lo aiutai a rimettersi in piedi,mentre slacciai il bottone dei jeans cercando di sfiorarlo il meno possibile. Mi tremarono le mani quando finalmente ci riuscii e glieli sfilai con uno sforzo sovrumano.
Avevo il corpo accaldato,e praticamente nudo, di Sven a soli pochi centimetri di distanza.
Non avrei mai pensato che richiedesse uno sforzo così immane trattenere i propri istinti animali.
“Sei ubriaco fradicio.” Commentai piatta,quando notai non riuscisse neanche a spostare la coperta per mettersi sotto.
Scossi la testa incredula,prima di fare il giro del letto per raccattare il mio cuscino.
“Dove vai?” Mi chiese,quando notò non mi stendessi al suo fianco.
Aveva davvero creduto avessi così poco sal in zucca da infliggermi da sola una tortura del genere?
“A dormire sul divano, che domande..” Bofonchiai,girandomi per andar a prendere posto su di esso.
Avvertii uno spostamento d’aria e,prima di rendermene conto,mi ritrovai con la schiena a contatto con il materasso,imprigionata nella sua stretta.
“Ti assicuro di poterti far male anche solo con un cuscino come arma.” Lo avvertii,e lui puntualmente me lo sfilò di mano per impedirmi di farlo.
Cercai di liberarmi della sua presa,ma lui e me lo impedì stringendomi maggiormente al suo corpo.
Non demorsi,e presi a scalciare nuovamente cercando di non pensare alla sensazione meravigliosa di me avvinghiata al suo petto nudo.
“Vuoi darti una calmata?” Sussurrò rocamente al mio orecchio.
Non lo capiva che,facendo così,non migliorava la situazione?
“Solo quando mi spiegherai che diamine stai facendo..” Risposi scorbuticamente.
“Questo letto è abbastanza grande per tutti e due,quindi chiudi quella boccaccia e dormi.” Disse,prima di portarsi una mano sulla fronte a causa della sicura emicrania che dovette assalirlo.
Non mi era chiaro se fossi stata io a provocargliela,o fosse semplicemente colpa dell’alcool..
Dopo attimi eterni di silenzio, mi decisi a parlare.
“Mi spieghi perché hai deciso di bere fino allo stordimento?”
Silenzio.
Mi mossi nel suo abbraccio,portandomi con il volto di fronte al suo.
Perché venivo sempre assalita da idee così poco brillanti?
“Anche tu l’avresti fatto se ti fossi trovata nella mia stessa situazione.” Sussurrò.
“Quale situazione?”
Ridacchiò,ma senza allegria. “Mio padre.” Rispose con un sospiro.
Rimasi in silenzio e,per qualche inspiegabile motivo,quello lo convinse a continuare.
Forse era anche per merito dell’alcool..ma poco male in ogni caso.
“Se fossi stata tradita dal tuo stesso padre,se solo..” Fece per aggiungere qualcos’altro ma alla fine sembrò capire di aver già detto troppo.
Scosse la testa. “Anche tu l’avresti fatto..” Ripeté,socchiudendo lentamente gli occhi.
“Sven?” Lo richiamai dopo qualche attimo di esitazione.
Avvertii il suo respiro profondo sulla pelle,che mi fece capire di essersi addormentato.
Mi domandai che cos’avesse voluto dire con quella frase..
Suo padre l’aveva tradito? In che senso?
Era inutile crogiolarmi nella speranza di riuscire a collegare i fatti,mi mancavano ancora troppe informazioni per poter trovare un senso a tutto quello.
Sospirai rassegnata e persi tempo a fissare il suo viso.
Sorrisi istintivamente: sembrava così un dolce angioletto,quando dormiva.
Osservai una ciocca di capelli muoversi lentamente,prima di riversarsi sul suo volto.
In un gesto incondizionato,la sfiorai con le dita per rimetterla al suo posto.
“Grazie..” Lo sentii sussurrare,con voce impastata dal sonno.
Ritrassi la mano di scatto,ma quando mi accorsi che stesse continuando a dormire,mi rilassai.
Rimasi qualche istante immobile a imprimere nella mia mente i tratti del suo volto,e delle sensazioni che inspiegabilmente riusciva a risvegliare in me.
Sorrisi. “Grazie a te..”
Chiusi gli occhi e,abituandomi a rimanere fra le sue braccia,mi addormentai.
 
Ciao ragazzuoli! Come andiamo? Vi voglio carichi.
Domani sera è Halloween, vi rendere conto? Io adoro questa festa, perché non mi devo preoccupare di spaventare la gente...cosa che ormai faccio giornalmente ahahah.
Ma basta divagare a arriviamo alla storia.
I nostri cari amici hanno deciso di affogare lo stress nell'alcool, in particolar modo Sven.
Che dire, la presenza del padre lo sottopone a una tale angoscia, che sopportarlo in condizioni normali è pressocché impossibile.
Ma per fortuna c'è la nostra piccola, cara e dolce  a fargli da badante.
Diciamo però che il nostro piccolo diavoletto sa approfittare di certe situazioni pure quando lo stato alcolico ha avuto la meglio su di lui.. ma per lo meno ha meno blocchi!
In quanto alla chiacchierata di Sam con Adison.. ha trovato finalmente qualcuno che la pensa come lei, e che non giudica una cavolata ciò che lei prova per Sven.
FINALMENTE QUALCUNO CHE LA COMPRENDE!
Purtroppo, lo stato alcolico di Sven, non ha tolto tutti i blocchi e quindi non gli ha concesso di svelare la verità.. solo un accenno che però non ci porta da nessuna parte.
Tradito dal suo stesso padre.. che vorrà dire? Lascio a voi le probabili risposte in merito!
Spoiler velati:
Arriva finalmente l'attesa conversazione tra Sam e Alan che, diciamocelo, si farà detestare maggiormente.
L'antipatia che prova Sven nei confronti del padre di Sven, per lo meno l'avvicinerà di più a quest'ultimo.
In seguito, si avrà l'escursione nuovamente in città in compagnia di Joe ed Adison, per la prova del vestito di Sam. 
Sven non sarà partecipe in quanto il suo organismo, sta.. cercando ancora di recuperare in vista del grande gala.
Ma la sera sarà rigenerato, e Sam sarà occupata a tenere a bada la sua gelosia..poverina.
E poi, che altro dire.. magari domani ve lo faccio un regalino per Halloween no? ;)
Un bacio grande.
Xoxo. Heartless.

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19. ***


Il mattino mi svegliai presto,e ne approfittai per svincolare dal suo abbraccio prima che anche lui aprisse gli occhi.
Mi andai a fare una doccia e indossai dei vestiti comodi per passare la giornata in casa.
Quando feci il mio ritorno in camera,capii che si fosse svegliato dalle imprecazioni che stava borbottando.
Sospirai e mi diressi verso le grandi vetrate per scostare le tende e permettere al sole di penetrare all’interno della stanza.
“Non ci provare.” Mi fermò,prima che potessi farlo.
“Un po’ di sole non potrà che farti bene.” Commentai,lasciandomi andare ad uno sbuffo prima di aprire le tende con uno strattone.
Con effetto immediato,lo vidi racimolare un cuscino per sotterrare la testa al di sotto di esso.
“Sto per vomitare,sono prossimo alla morte..” Mormorò con tono di voce tragico.
Alzai gli occhi al cielo,prima di avvicinarmi a lui per togliergli il cuscino dalla faccia.
“Magari bastasse un po’ di vodka per toglierti di mezzo una volta per tutte e porre fine alle mie pene.” Gli dissi.
Fece per ribattere ma all’improvviso impallidì, balzando in piedi come una molla per correre in bagno.
Non potei fare a meno di inclinare la testa per fissare il suo lato B,che dopo pochi istanti scomparve dalla mia visuale. Peccato..
In quel preciso istante sentii bussare alla porta e,sperando che non si fosse trattato di qualcuno a cui dovessi delle spiegazioni sugli strani versi provenienti dal bagno,aprii.
Mi ritrovai davanti il viso sorridente di Adison,intenta a dondolarsi sui talloni come una bambina.
“Si è svegliato?” Domandò,cercando di sbirciare dentro la stanza.
“Sì, per mia sventura ha deciso di farlo.” Commentai digrignando i denti.
Ero sicura che,quella ad attendermi,fosse una giornata che avrei potuto affrontare solo facendo il carico di una buona dose di tolleranza.
“Come sta?” Si informò.
Aprii bocca per risponderle,ma lo ritenni superfluo quando avvertii nuovamente dei rigurgiti. Ero più che sicura li avesse sentiti anche lei,data la sua espressione.
“Devo risponderti?” Sospirai,conoscendo già la sua risposta.
Infatti la vidi scuotere la testa,mentre tirava fuori dalla tasca qualcosa che aveva tutta l’aria di essere una pastiglia.
“Tieni.” Me la porse. “Dagli questa,dovrebbe aiutarlo a riprendersi più velocemente.”
L’afferrai,prima di girarmi in direzione del bagno quando sentii il rumore dello scarico.
“Grazie Adison,ci vediamo più tardi..se sopravvivo.” La salutai,prima di richiudermi la porta alle spalle.
Mi avvicinai alla borsa per raccattare la bottiglietta d’acqua che ero sicura di aver ficcato al suo interno la sera prima,intravedendolo mentre era intento a fare dei gargarismi con il colluttorio e a spazzolarsi energicamente i denti.
Tanto meglio per me,se no litigare con lui come al solito sarebbe stato uno sfiatamento assurdo.
Appena uscì dal bagno,quella volta con addosso un pantalone della tuta ,gli andai incontro per lasciargli la bottiglietta d’acqua e la pastiglia.
“Tieni alcolista, dovrebbe servire per migliorare il tuo aspetto da cadavere.” Lo presi in giro.
Si rigirò in mano la pastiglia,prima di lanciarmi un occhiata sospettosa.
“Devo fidarmi?” Chiese diffidente.
“Stai parlando con colei che ti ha trascinato di peso per metà casa, ti ha aiutato a reggerti in piedi mentre salivi le scale, e ti ha tolto i vestiti perché tu eri troppo disabile per poterlo fare da solo.” Risposi,in parte offesa per la sua mancanza di fiducia.
“Come se fosse stato un peso per te togliermi i vestiti.” Mi provocò con sguardo furbo.
Lo fissai senza emozioni. “Infatti non ho detto questo.” Dissi,lasciandolo senza parole.
Gli diedi le spalle e lo sentii mentre emetteva un verso di esasperazione.
Quando mi girai nuovamente a fissarlo,dopo aver chiuso la cerniera della borsa,lo trovai con gli occhi chiusi e con le dita a massaggiarsi le palpebre.
“Dovresti smetterla di dire cose simili con tanta leggerezza..” Strizzò gli occhi,prima di riaprirli e fissarli nei miei.
“E perché? Non vedo il problema.” Ribattei con espressione fintamente innocente.
Sospirò stanco. “Se vuoi saperlo,il problema è dentro ai miei pantaloni. Ora evapora prima che faccia qualcosa di cui poi potrei pentirmi.”
Non mi diede il tempo di replicare che si chiuse nuovamente in bagno,a fare cosa avrei voluto capirlo.
Rimasi a fissare la porta che si era chiuso alle spalle con un misto di incredulità ed eccitazione.
Per quanto mi riguardava,non mi sarebbe dispiaciuto che avesse smesso di trattenersi..
Capii che non sarebbe uscito presto dal bagno,quando rimasi sul letto ad aspettarlo per altri quindici minuti.
Ero assalita dalla noia,così decisi di farmi un giro tanto per fare qualcosa di diverso dal vegetare.
Mentre camminavo per il corridoio,scorsi l’ombra del padre uscire da una camera.
Mi guardai attorno in cerca di una via d’uscita,ma ormai era troppo tardi dato il fatto che si fosse accorto di me.
Si sistemò il colletto della camicia e camminò in mia direzione.
“Buongiorno.” Mi salutò,con un insolito sorriso..
“Buongiorno a lei..” Sussurrai.
“Oh per favore,dammi del tu.” Insistesse,notando la mia formalità.
“Avete passato una piacevole serata?” Si interessò.
Se valutavamo il fatto che avessi vagato per un’ora in solitudine per le vie deserte del paese,che avessi riportato a casa suo figlio completamente ubriaco,e che avessi quasi rischiato di saltargli addosso mentre gli toglievo i vestiti..
“Splendida.” Risposi,mettendo su un sorriso di convenienza.
Fece vagare il suo sguardo fuori dalle grandi vetrate,mirando al giardino esterno.
“Ti andrebbero due chiacchiere in giardino?” Propose.
Assolutamente no!
“Certo, con piacere.” Feci invece,mentre mi lasciavo guidare da lui verso l’esterno.
Come diamine mi era saltato in mente di accettare,avrei ancora voluto capirlo.
“Allora..” Iniziò,mentre si sedeva su una panchina ai piedi di un albero e mi invitava a fare lo stesso. “Nervosa per questa sera?” Domandò.
Presi posto al suo fianco. “Direi che è per me comprensibile esserlo..”
Annuì in silenzio,continuando a fissarmi in una maniera direi inquietante.
“Beh,non credo che tu debba preoccuparti più del necessario. Sono sicuro che Sven farà in modo di farti sentire a tuo agio e di evitare accuratamente conversazioni spiacevoli.”
Su quello non avevo dubbi,era davvero bravo ad evitare discorsi sconvenienti per lui.
“Suppongo sarà così, dovrebbe ormai essere abituato..” Immaginai,per tutte le volte a cui aveva partecipato insieme alla sorella.
“Se ti interessa saperlo,ad esclusione fatta per Amy, sei la seconda con cui decide di presentarsi a quest’evento.”
Non mi sfuggii come aveva calcato appositamente il termine ‘seconda’.
Sembrava aver capito che avessi sviluppato un’insana curiosità nel sapere chi era venuta prima di me e,ancor di più,che fine avesse fatto.
Sapevo che avrei dovuto trattenermi,ma ero stanca di vivere nell’ignoto.
Inoltre,lui sembrava particolarmente felice di marcare la sua superiorità rispetto al figlio.
“Signor Clark.” Ripresi appositamente il tono formale. “Credo che lei stia cominciando a trovar stimolante il fatto di far aumentare la mia curiosità in merito all’argomento. Sono sicura sia consapevole del fatto che Sven non mi abbia mai accennato nulla in quanto al suo passato, e sembra che lei voglia garantirmi un pretesto per parlarne con lui in modo da farlo rabbuiare, di conseguenza, su quanto successo. Sono permissiva,ma non stupida.” Dissi con determinazione,incurante di aver scelto parole troppo rudi.
“Più che garantirle un pretesto per chiedere informazioni a lui, cerco di appurare il fatto che non gliene abbia già concesse. Quanto successo anni fa è un avvenimento che dovrà restare tra me e lui,e ho ben sperato non fosse così stupido da farsi scappare qualcosa.” Tuonò come una minaccia,ricalcando anche lui la formalità.
Mi alzai in piedi,ormai inviperita dal suo atteggiamento.
“Le assicuro che lei abbia già affrontato l’argomento più di quanto abbia fatto lui.
Se ci tiene così tanto a mantenere la segretezza,le consiglio di non essere il primo a direzionare una conversazione su quanto accaduto. Anche perché, scusi la mia arroganza, non fanno una buona figura le sue parole in merito.”
In quel momento,entrambi ci voltammo a guardare una figura che si stava avvicinando a noi. Era Joe.
“Ciao Sam,buongiorno zio..” Borbottò,prima di riportare l’attenzione su di me.
“Se possibile dovresti venire con me in paese per il vestito che dovrai indossare questa sera, sono quasi sicuro del fatto che Sven abbia altro da fare per partecipare..” Fece allusivamente,sicuramente pensando che fosse ancora chino sul cesso a rimettere l’anima. Effettivamente,non potevo sapere se fosse ancora così o meno.
“Va bene,non c’è alcun problema..” Confermai,prima di voltarmi in direzione del signor Clark. “Tanto direi che qua abbiamo concluso,no?” Domandai con un sorriso benevolo.
“Certamente..” Sibilò tra i denti,sforzandosi di ricambiare il mio sorriso oltremodo finto.
Mi feci scortare da Joe verso l’auto,dove ci aspettava una sorridente Adison.
“Dovrei preoccuparmi per quest’improvvisa chiacchierata?” Domandò Joe,mentre camminavamo.
“Dipende..” Mormorai,con lo sguardo fisso a terra.
Quando non mi rispose,alzai la testa per accertarmi della situazione,trovandolo a fissarmi minacciosamente.
“Eh va bene..” Mi arresi con esasperazione,alla vista del suo sguardo inquisitore.
“Ha tirato fuori una vecchia storiella, quella su cui tutti mi tengono all’oscuro..” Gli lanciai un occhiata eloquente,facendogli intendere non fossi sicura che non lo stesse facendo anche lui. “Voleva appurarsi che Sven non mi avesse detto nulla in merito e io ci ho tenuto a manifestargli la mia opinione sulla situazione, dicendogli cortesemente che mi stesse fornendo più informazioni lui di quante me ne abbia date il figlio.”
“Immagino il tuo modo di porti in modo cortese..” Bofonchiò.
“Lui cosa ti ha detto riguardo alla ‘storiella’?” Mimò le virgolette.
“Che sarà bene che Sven non si sia lasciato scappare niente.”
“Che stronzo..” Lo sentii sussurrare. “Ad ogni modo, non è il caso di informare Sven di questa conversazione.” Mi consigliò,ma non ebbi il tempo di chiedergli il perché,che raggiungemmo la macchina.
“Pronta per la prova del vestito?” Mi chiese una raggiante Adison.
“A dir poco entusiasta.” Ironizzai,prima di montare in macchina.
 
“Basterà stringere un po’ qua..”
Era da quasi un quarto d’ora che il sarto mi faceva girare su me stessa per osservare l’abito in tutte le sue sfumature.
Ero prossima dal lanciargli un tacco quindici in un occhio.
“Non vorrei sembrarle scortese,ma avrei una vita da mandare avanti. Se si muovesse..” Commentai sarcastica,beccandomi un occhiataccia da parte sua.
Poverino,mi aveva trovato della luna storta.
Non che,nel mio stato normale,fossi più comprensiva e paziente,ma quella giornata stava prendendo il meglio di me.
Contavo con impazienza le ore che mi separavano dalla fine di quel supplizio.
“Direi che è pronta,perfetto!” Sentenziò dopo altri cinque minuti,consentendomi di scendere dalla pedana su cui ero stata costretta a sfilare ed esibirmi per un quantitativo di tempo non indifferente.
“Alleluia!” Commentai,prima di chiudermi in camerino per levarmi quel dannato vestito.
Lo avrei dovuto portare per tutta la durata del gala,e già non lo sopportavo più.
Me lo scollai di dosso come se fosse ricoperto da tanti schifosi insetti,prima di indossare nuovamente i miei abiti casalinghi.
Uscii dal camerino e misi l’abito nelle mani del sarto,che si mise all’opera per provvedere a riporlo in una scatola.
Ritornai da Joe ed Adison con aria esausta.
“Sembra che tu abbia appena svolto una maratona.” Ridacchiò Joe.
Mi lasciai ricadere su una delle poltroncine imbottite.
“Peggio.” Ribattei.
“Andiamo,pensa al lato positivo: stasera sarai un incanto.” Cercò di sollevarmi Adison.
Ma dove la trovava la forza quella ragazza,per essere sempre così energica e sorridente?
“Emetti positività da tutti i pori e questo fatto mi sta dando alla testa.” Cercai di allontanarla,con la conseguenza di far sì che mi saltasse addosso.
Rimasi immobile stretta nel suo abbraccio.
“Cosa stai facendo?”
“Sto cercando di trasmetterti positività.” Rispose innocentemente,scatenando una risata in Joe.
“Anzi che ridere, vedi di staccarmi la tua fidanzatina di dosso.” Lo rimproverai.
“Andiamo, lasciala in pace o rischia di sporcare la tua purezza, amore.” Calcò sull’ultima parola,facendola sciogliere in un brodo di giuggiole.
Si staccò da me e gli andò incontro facendogli gli occhi dolci.
“Oh per favore,non davanti a me..” Commentai con una smorfia di ribrezzo nei loro confronti,sventolando una mano in aria per cercare di allontanare dalla mia vista quella scena dannatamente amorevole.
“Ecco a voi.” Riapparve il sarto nella mia visuale,consegnando la scatola nelle mani di Joe. Ottima scelta del destinatario, anche perché se l’avesse data a me, non ci avrei pensato due volte per lanciarla fuori dal negozio pregando che una macchina la schiacciasse.
“La ringrazio,arrivederci!” Salutò Joe cordialmente,prima di uscire dal negozio con me ed Adison al seguito.
Mentre riponeva la scatola sui sedili posteriori,non potei far a meno di notare il suo risolino.
“E adesso perché stai ridendo?”
Scosse la testa,senza però riuscire a trattenere un’altra risata.
“Sto solo pensando alla faccia che farà Sven..” Sghignazzò.
Lo guardai diffidente, spaventata dal fatto di aver trovato qualcuno con più problemi mentali di me.
 
Dopo che Joe ad Adison ebbero indossato i loro rispettivi abiti,fecero irruzione nella nostra camera con la motivazione di ‘voler vedere come mi stava il vestito’.
Certo,perché aspettare che fossimo usciti voleva dire già aspettare troppo.
Non avevo ancora capito cosa Joe stesse tramando, mentre continuava a sorridere come un ebete.
“Nel caso non te ne fossi accorta,mancano solo dieci minuti prima che mia madre venga ad attaccarsi alla porta intimandoci di scendere.” Mi riprese Sven,mentre si sistemava i polsini della camicia.
“Quanto vuoi che ci metta ad indossare un vestito?” Parlai con la bocca piena,mentre continuavo a ingozzarmi di caramelle.
Mi trafisse con un occhiataccia,costringendomi a scendere dal letto.
“Eh va bene,dammi quella dannata scatola così il signorino è contento!” Sbottai,mentre strappavo il vestito dalle mani di Joe e mi rifugiavo in bagno per darmi una sistemata e indossarlo.
Mi lavai i denti e recuperai l’arriccia capelli disperso da qualche parte,conferendo qualche onda naturale alla mia chioma corvina.
Per il trucco,optai per del semplice mascara e una linea appena accennata di eyeliner,valorizzandolo però con un rossetto rosso fuoco.
Dopo che fui soddisfatta del risultato,presi tra le mani la scatola ed estrassi l’abito,rimirandomelo tra le mani.
Era un abito lungo di un accecante rosso,con uno vertiginoso spacco laterale che metteva in risalto il profilo della gamba.
Era a monospalla e dotato di uno scollo sulla schiena,arricciato sul corpetto.
E,cosa più terrificante..era profondamente aderente.
Un vero sfiatamento,in poche parole.
Sospirai e,dopo essermi fatta il segno della croce,lo indossai facendo attenzione a non strapparlo con i miei movimenti bruschi.
Una volta finito,mi rimirai allo specchio.
Oddio..non ci avevo prestato attenzione in negozio.
Era decisamente provocante,troppo per i miei gusti!
“Conto fino a cinque e poi apro la porta, se non ti muovi.” Sentii Sven che urlava da fuori.
Scossi la testa vigorosamente,mentre lui iniziava il conto alla rovescia.
Lo interruppi urlando. “Fermo! Io non esco con questo coso addosso!” Puntai i piedi.
“Sam sarai sicuramente magnifica, qual è il problema?” La voce di Adison,con la risata di Joe in sottofondo.
Sospirai davanti al mio riflesso dello specchio,dirigendomi verso la porta prima di avere un altro ripensamento.
La spalancai e feci il mio ingresso, mentre gli altri si zittivano improvvisamente.
Adison mi guardava con il sorriso di una bambina che aveva appena visto in televisione una principessa, Joe spostava freneticamente il suo sguardo da me e Sven e,in quanto a quest’ultimo.. una statua sarebbe stata più espressiva di lui.
Cosa mi stavano a significare quella bocca spalancata e quello sguardo apparentemente puntato a fissare il vuoto?
Catalizzai la mia attenzione su di lui per un quantitativo di tempo non indifferente,ma lui non sembrò accorgersene se non dopo interminabili secondi.
Prese a boccheggiare e distolse lo sguardo da me per puntarlo minacciosamente su Joe.
“Mi stai prendendo per il culo?”
Joe non riuscì più a trattenersi e prese a sghignazzare, cercando inutilmente di darsi un contegno.
“Lo sapevo!” Riuscì a dire tra le risate,mentre cercava di prendere fiato per non collassare a terra. Notai che anche a Adison fosse sfuggito un piccolo risolino.
Ero l’unica a non capire che diamine stesse succedendo di tanto eclatante?
Sven scosse la testa,prima di puntare accidentalmente lo sguardo su di me.
Lo vidi impallidire, prima che si voltasse per uscire dalla camera,tenendosi la fronte con una mano.
“Non ce la faccio!” Continuò a ridere a crepapelle Joe,mentre lo seguiva fuori dalla stanza.
Intercettai Adison prima che potesse fare la stessa fine.
“Si può sapere che diavolo hanno?”
“Oh niente, solo che Joe si è raccomandato con il sarto per farti fare un vestito rosso, e beh..il rosso è il colore preferito di Sven,se poi lo si abbina a te..” Mi lanciò un’occhiata. “Per lui è ancora più provocante in maniera quasi insopportabile.” Sorrise innocentemente,prima di evadere dalla mia stretta.
Ah,ora si spiegava tutto..
Beh,che mi saltasse pure addosso allora! Di certo io,problemi,non me ne sarei fatti.
Uscii dalla stanza con Adison al mio fianco,avvertendo in maniera istantanea il chiasso proveniente dal piano di sotto.
Tutte quelle voci non erano per niente rassicuranti..
Lanciai a Sven uno sguardo intimorito,che sembrò quasi divertirlo.
“Sono contenta che il mio panico scateni in te tanta ilarità.” Commentai sarcastica.
Mi avvicinò a lui tirandomi per un braccio. “Dai andiamo,dobbiamo fare la nostra entrata in scena.” Disse,cercando di trattenere un ulteriore risata.
Mi lasciai trascinare da lui,cercando di imporre alle mie gambe di andare avanti senza ribellarsi.
Quando raggiungemmo le scalinate che conducevano alla sala grande,il panico si intensificò maggiormente in me e raggiunse l’apice quando intravidi la marea di gente sparsa ovunque.
Mi ricordavo fosse grande quella sala..ma non così grande da ospitare tutta quella gente!
Piantai i piedi a terra e mi rifiutai di scendere un solo gradino in più.
“Ecco,avrei dovuto prevederlo..” Sospirò Sven,prima di girarsi in mia direzione e prendermi il viso tra le mani. “Più della metà di queste persone non ci degnerà di una parola,mentre la restante parte sarà impegnata a bere e ad abbuffarsi. Si possono contare su una mano le persone che verranno a scambiare quattro chiacchiere di circostanza con noi.” Mi chiarì,con lo stesso tono di voce che si usa con un bambino quando bisogna spiegargli qualcosa.
“Andiamo, è meno spaventata Adison di te.” Gli diede man forte Joe.
“E questo cosa vorrebbe dire?” Domandò piccata Adison,trafiggendolo con lo sguardo mentre lui cercava accuratamente di evitarlo.
Presi dei respiri per cercare di riguadagnare autocontrollo.
“È l’ultima volta..” Sussurrai tra me. “Questa è l’ultima volta e poi tu sarai fuori dalla mia vita. Ce la posso fare,ce la posso fare benissimo..” Puntai il mio sguardo sulla marea di gente,e la convinzione sparì così com’era venuta. “Oddio no, non ce la posso fare..” Impallidii.
Sven non mi diede il tempo di abituarmi nuovamente all’idea,che mi tirò da un braccio costringendomi ad immergermi in mezzo alla folla.
Bel modo per evitarmi un attacco di panico istantaneo!
Persi Adison e Joe nel preciso istante in cui varcammo la soglia.
“E ora che si fa?” Domandai agitata,mentre mi torturavo un’unghia con i denti.
“Ci si rilassa.” Si girò in mia direzione con due bicchieri contenenti qualcosa di a me ignoto.
Gliene sfilai di mano uno e buttai giù tutto d’un fiato,senza neanche interessarmi di chiedergli cosa potesse essere.
Feci una smorfia quando mi prese a bruciare la bocca dello stomaco,riappoggiando seccamente il bicchiere sul tavolo.
Quando puntai nuovamente la mia attenzione su Sven,lo trovai intento a sorridermi da dietro il bicchiere.
“E ora perché stai sorridendo?” In quella sera,mi sembravo ricaduta nella fase dei ‘perché’ di un bambino di cinque anni.
“Niente..” Rispose,prima di scuotere la testa e ritornare a bere con tranquillità.
“No, ora me lo dici.” Insistetti.
“Perché ti interessa tanto?”
“Perché mi dai sui nervi quando sembra che tu voglia dire qualcosa ma poi stai in silenzio.”
“Si chiama avere un ripensamento.” Precisò.
“Non mi interessa come si chiama,fatto sta che mi dai sui nervi. Quindi ora mi dici a cosa stavi pensando.”
“No,perché me ne faresti pentire quasi sicuramente.” Sbuffò,alzando gli occhi al cielo.
“Notizia flash: non mi interessa neanche del tuo possibile pentimento. Avanti,dimmelo prima che..”
“Che sei bellissima..stavo pensando che sei bellissima stasera,ok? Sei soddisfatta? Possiamo chiuderla qui?” Sbottò,alzando le braccia in aria in segno di esasperazione.
Rimasi a fissarlo a bocca spalancata,guardandolo senza però vederlo realmente.
Non ebbi neanche il tempo di riprendermi dallo shock,quando si avvicinò a noi una dolce coppietta di mezz’età.
“Sven, caro! Da quanto tempo che non ti vedo!” Si avvicinò a lui una signora dalle movenze eleganti,afferrandogli il viso tra le mani prima di strapazzargli le guance come a un bambino.
“Elisabeth..per favore, lo metti in imbarazzo..” Mormorò colui che dovette essere presumibilmente il marito,cercando di scollargliela di dosso.
“Non vedo mio nipote da circa un anno, mi concedi di essere felice?” Ribatté lei.
Aspettate un momento.. nipote? Erano i suoi zii?
Cos’avrei dovuto fare? Presentarmi o aspettare che fosse stato lui a farlo?
Oddio..troppe domande,tra poco sarei svenuta.
“Anche io sono contento di rivedervi e,a proposito di questo..” Si girò in mia direzione e mi porse una mano invitandomi ad afferrargliela.
“Lei è la mia fidanzata: Samantha Jackson.” Mi presentò con un sorriso.
La signora mi studiò con intensità,prima di partire a raffica con una serie di domande.
“Età? Cosa studia? Professione attuale o futuri interessi in merito?”
Oh mio Dio,non mi ero sentita così sotto marchio neanche con sua madre.
Ma cos’era quella donna,una mitragliatrice?
“Cara per favore, smettila di mettere in imbarazzo chiunque incontri..” Le sussurrò il marito,cercando di placarla.
“Le chiedo scusa,è una donna dalle tante virtù,ma la curiosità a volte la rende invadente.” Si scusò l’uomo con me.
“Comunque è un vero piacere, io sono Jack, e lei è Elisabeth.” Fece le presentazioni,riuscendo anche a sciogliere il cipiglio corrucciato della moglie.
“È per me un onore fare la vostra conoscenza.” Sorrisi,mentre Elisabeth si affrettò questa volta a ricambiare con aria colpevole.
“Ci tengo a chiederti scusa in prima persona. A volte mi lascio prendere un po’..la mano.” Ridacchiò.
“Non si preoccupi,credo che sia un interessamento del tutto lecito.” Cercai di sollevarla.
“È una ragazza davvero incantevole, Sven.” Si rivolse al nipote,lasciandogli un buffetto sulla guancia.
“Ne sono consapevole..” Disse tra i denti.
Credei quasi che fosse per lui uno sforzo immane concedermi un altro complimento nel corso di un solo quarto d’ora.
“Ora vi lasciamo tranquilli,spero che avremo occasione di rivederti.” Mi disse Jack,prendendo la moglie per mano per portarla via.
“Lo spero anch’io.” Mentii,prima che si allontanassero.
Francamente,sperai che non ce ne sarebbe più stata occasione.
Se tutto fosse andato secondo i piani,sarebbe dovuto essere così.
Tirai un sospiro di sollievo e indietreggiai per appoggiarmi alla grande tavolata su cui era disposto il buffet e una quantità di alcolici da stendere metà paese.
“Sei già provata?” Mi chiese sorpreso,notando il mio atteggiamento.
“A dir poco.”  Sospirai.
I tacchi che avevo ai piedi iniziavano già a farmi venire in mente almeno dieci motivi per sbarazzarmene,l’unica cosa che mi spingesse a tenerli era il fatto che sarebbero potuto ritornarmi utili.
Erano pur sempre una buona arma da usare in caso qualcuno avesse pensato di infastidirmi.
Vedendo il mio stato di rigidità,Sven si premurò di riempirmi un altro bicchiere.
“Vuoi farmi ubriacare prima di aver passato la mezzanotte?” Gli chiesi mentre,tuttavia,afferravo quanto mi stava porgendo.
“Ti svelerò una cosa. In queste occasioni, bere non è mai troppo.”
Buttai giù un sorso,prima di rispondergli. “Certo,fino a quando non si finisce all’ospedale, mi sento in dovere di specificare.”
Non rispose alla mia frecciatina,guardando con interesse qualcosa alle mie spalle.
Mi girai,riconoscendo la figura di Marcus in compagnia dell’allegra famigliola.
Sembravano tutti impazzire per Sven,soprattutto le figlie che..
“Quante figlia ha detto di avere Marcus?” Cercai di accertarmene.
“Due..” Rispose distrattamente.
Perfetto,due fanciulle con cui intraprendere una lite accesa!
“Sven!” Lo richiamò Marcus,una volta accortosi della sua presenza.
Che Dio ce ne scampi!
“Marcus!” Rispose allo stesso modo lui, andandogli incontro.
Cercai di mantenere il suo passo,seppur con quei dannati tacchi non fosse esattamente la cosa più semplice del mondo.
“Come stai ragazzo?” Gli chiese,ignorando totalmente la mia presenza.
“Non ho motivo di lamentarmi. E lei come sta? Si sta divertendo?” Chiese Sven con finto interesse.
“È un evento interessante come sempre..”
Continuarono a dialogare tra di loro,mentre io rimanevo in disparte a lanciarmi sguardi di fuoco con la moretta, nonché la maggiore delle due figlie.
Se non avessi dovuto impormi un freno per colpa dello stesso ragazzo al mio fianco, che tra l’altro mi stava ignorando beatamente, le sarei già saltata addosso.
Non mi piaceva per niente il modo in cui mi fissava,ma mi piaceva ancora meno il modo in cui guardava Sven.
Seppur fosse tutta una finzione,io rimanevo in ogni caso la sua ragazza,e lei doveva stargli lontana.
Con le buone o.. convincendola con un tacco quindici piantato nel didietro.
 “Ti va di fare due chiacchiere in privato?” Domandò dopo un po’ l’uomo,prendendo Sven in contropiede.
“Certamente..” Fu costretto ad accettare.
“Charlotte, cara, vieni con noi.” La esortò il padre,notando che fosse rimasta ferma nella sua postazione.
Non se lo fece ripetere due volte e,dopo avermi guardata con un sorriso soddisfatto,si affrettò a seguirli.
Venni piantata in asso in mezzo alla bolgia,senza la minima idea di cosa fare né tantomeno di dove andare per rifugiarmi.
Sapevo soltanto che il mio presunto fidanzato mi aveva appena mollata su due piedi senza una sola parola di rassicurazione, in mezzo all’inferno.
Dove tra l’altro,ero ancora alla ricerca disperata di un modo per venirne fuori.
 
Ero nascosta in un posto isolato e poco esposto alla luce da oltre mezz’ora,e di lui ancora nessuna traccia.
Cominciavo ad innervosirmi,ma l’idea di ritornare in mezzo a quelle persone con la puzza sotto il naso,era talmente intollerabile da farmi desistere dal tentativo di andarlo a cercare.
“Si può sapere perché ti nascondi?” La voce di Joe, improvvisamente vicina a me, mi fece sussultare.
Lo guardai minacciosamente,portandomi una mano sul cuore.
“Tu lo chiami nascondersi,io lo chiamo istinto di sopravvivenza..” Borbottai.
“Perché non sei con Sven?” Mi chiese,sedendosi al mio fianco sul divanetto.
“Me lo chiedo anch’io. Inoltre, non ho neanche la più pallida idea di dove sia.”
“Beh..lo so io.” Disse,indicandomi un punto preciso con un cenno del capo.
Seguii la traiettoria del suo sguardo,trovandomi a fissare Sven che parlottava con l’oca Charlotta,facendola ridere per qualcosa di a me ignoto.
Avrei voluto sapere anch’io quale fosse il motivo di tanta ilarità.
Continuai a fissarli con il fuoco nello sguardo,e idee di omicidio nella mente.
“Te ne rendi conto,vero?”
Notai Charlotte allungare una mano in sua direzione,appoggiandogliela sul petto per sorreggersi,mentre continuava a ridere senza freni.
“Mi rendo conto che sto per tirare su un casino se quella non gli toglie le mani di dosso!” Mi ritrovai ad urlare,sbriciolando tra le mani una tartina che avevo precedentemente intenzione di mangiare.
“Ah, piccola Sam..sei ridotta in condizioni davvero pessime.” Cercò di sdrammatizzare Joe,mettendomi un braccio intorno alle spalle per scuotermi leggermente.
Io quel ragazzo non lo capivo..
Prima mi veniva a dire quanto fossi bella,si addormentava abbracciato a me durante la notte..e infine mi distraevo un attimo per poi vederlo ricomparire in compagnia di una moretta intenta a saltargli addosso ad un suo minimo cenno di approvazione.
Chissà cos’avrebbe pensato la gente..nel vedere me, la sua presunta fidanzata,reclusa in un angolo a parlare con suo cugino mentre lui se la spassava con un’altra.
Cornuta. Era questa la terminologia che ero sicura mi stesse affibbiando metà della gente presente in quella sala.
Non intendevo rimanere a guardare quella scena odiosa,un minuto di più.
“Dove vai?” Mi chiese Joe,quando mi alzai dal divanetto e lo scavalcai.
“A sbollire la rabbia.”
Camminai in mezzo alla gente,trattenendomi dallo stordirgli con uno schiaffo e lasciargli esterrefatti con imprecazioni urlate.
Raggiunsi con fatica la tavolata di alcolici,cominciando a frugare tra le varie etichette.
Dove diamine era la vodka quando serviva?
“Samantha, giusto?” Domandò qualcuno alle mie spalle.
Mi girai a fissare il mittente di quella voce,trovandomi davanti un ragazzo mai visto,da splendenti occhi azzurri e capelli color grano.
“Sì..” Risposi confusa.
“Dave Tanner.” Mi si presentò,porgendomi la mano.
Gliela strinsi riluttante. “A cosa devo il piacere?” Domandai con un’ occhiata circospetta.
La mia domanda dovette divertirlo a tal punto che si mise a ridere.
Io la gente cominciavo davvero a non comprenderla..
“Chiedo scusa,ma non sono proprio riuscito a trattenermi. Mi ha guardato come se fossi uno stupratore pronto ad entrare in azione.”
Per qualche strano motivo,la sua risposta fece ridere anche me.
“Non era mia intenzione.” Dissi infine,anche se inizialmente avevo davvero pensato una cosa simile..
“Le posso offrire da bere?” Mi domandò,scuotendomi davanti agli occhi una bottiglia di.. vodka! Ecco dov’era finita.
“Gusto?” Chiesi,non riuscendo a leggere dall’etichetta.
“Fragola.” Rispose,leggendo al posto mio.
Doveva essere un segno, io amavo le fragole.
“Con piacere.” Risposi,porgendogli il bicchiere affinché me lo riempisse.
“Allora..” Cominciò con il suo approccio nel tentare una conversazione.
“Come si è ritrovata in mezzo a gentaglia simile?”
Da quella domanda cominciammo a scherzare e a parlare del più e del meno e,dopo ormai il quarto bicchiere,cominciai a trovare esilarante ogni cosa che dicesse.
“E poi cos’è successo?” Domandai tra le lacrime,piegata su me stessa dalle risate.
Stava raccontando di un suo incontro con una ragazza,che aveva successivamente scoperto fosse transessuale.
“Se non me la fossi data a gambe con effetto immediato,avrei rischiato di convivere con il ricordo di quella sera per il resto della mia vita. Così ho simulato un forte mal di pancia e sono salito sul primo taxi disponibile.”
Appoggiai il bicchiere vuoto sulla tavolata,scoppiando in un’altra risata rumorosa.
“Lasciatelo dire Dave, sei un veeero spasso.” Feci,allungando le vocali a causa del mio stato semi comatoso.
Venni interrotta proprio durante il mio sfogo,quando una mano si arpionò al mio polso per trascinarmi via.
Vidi l’espressione confusa di Dave diventare sempre più lontana,mentre il mio corpo prendeva le distanze dal suo non per mio volere.
Quando mi girai a guardare il colpevole,mi ritrovai a fissare l’espressione incazzata di Sven.
Puntai i piedi a terra non appena varcammo la soglia della sala,impedendogli di trascinarmi oltre.
“Si può sapere che cavolo stai facendo?”
Non rispose alla mia domanda ma si limitò a caricarmi ancora una volta sulle spalle,dopo essersi accertato di essere fuori dagli sguardi altrui.
Cominciava a diventare un abitudine..
“Sven, se non mi metti immediatamente giù.. un mio tacco andrà a impiantarsi nei tuoi genitali!” Lo minacciai,anche se francamente avrei ancora dovuto capire come sarei riuscita a farlo.
In ogni caso mi ignorò,salendo le scale e successivamente percorrendo il corridoio fino alla nostra stanza.
Aprì la porta e mi depositò dentro,permettendomi solo in quell’istante di toccare nuovamente terra.
Ci misi qualche secondo a ritrovare l’equilibrio,barcollando leggermente.
“È stato davvero poco cortese trascinarmi via così mentre ero intenta a parlare con qualcuno.” Lo avvertii.
“Sai quanto me ne può fregare? Mi stavi facendo diventare lo zimbello di tutti là dentro!” Mi aggredì,livido di rabbia.
“Ah certo, perché ora è colpa mia! Non vorrei ricordartelo caro, ma sei stato tu il primo a dimenticarti di avere una fidanzata lì in mezzo, prendendo ad atteggiarti con Miss sbattimi contro un muro adesso!” Risposi oltraggiata.
“Si può sapere di che diamine stai parlando?” Chiese con espressione corrucciata.
Davvero non si rendeva conto di ciò che aveva fatto?
“Mi hai completamente lasciata da sola in mezzo a gente a me estranea,per poi rispuntare mezz’ora dopo in compagnia di Charlotte. Sembravate davvero divertirvi un casino assieme, ridendo e scherzando, mentre io me ne stavo da sola su un divanetto a mangiare tartine pietose. E poi hai il coraggio di dire che io ho fatto diventare te lo zimbello di tutti? Come minimo là dentro sarò stata etichettata come cornuta dalla metà degli invitati!” Presi a urlare,gesticolando furibonda.
“Sei gelosa.” Suonò più come un affermazione che come una domanda.
“Ah io?” Mi puntai un dito sul petto. “Semmai tu!”
“Ma smettila di dire stronzate!” Ribatté con una smorfia, guardando però altrove.
Ah-ah,l’avevo appena beccato.
“Comunque dovresti cercare di riguardare i tuoi modi di relazionarti con il genere maschile.. per lo meno fino a quando non sarai costretta in questa recita.” Aggiunse poi, spostando ancora una volta l’attenzione su un qualcosa di meno compromettente per lui.
Se avesse aggiunto una parola in più,l’indomani gli avrei fatto trovare candeggina e cereali per colazione.
Risi istericamente,sia al limite della sopportazione per il suo comportamento che per.. l’alcool, supposi.
“Per me potevamo benissimo saltare quest’odioso gala e passare direttamente alla parte in cui io ti accusavo di non apprezzare tutto quello che faccio per te,mentre tu ricambiavi dicendomi quanto fossi odiosamente insopportabile e con manie di isterismo.” Sbottai.
“Beh, se vuoi non mi faccio problemi a dirtelo adesso!” Ribatté,mentre si allentava il nodo della cravatta.
E io che pensavo sarebbe stato un bene rimanere soli..Ma invece no!
Era chiaro che in quel momento avessi preferito sopravvivere solo io a quell’inferno. Non potevo semplicemente impacchettarlo e spedirlo in un altro stato?
“Inoltre tesoro, mi dispiace smontare i tuoi piani, ma non basta un po’ di acidità per spazzare via il fatto che tu sia chiaramente pazza di me!”
Rimasi senza parole dopo aver sentito le sue,scuotendo la testa sotto shock.
Non potevo credere,non volevo crederci!
Che qualcuno mi desse un ago per sgonfiare il pallone gonfiato che era!
Ma,la cosa più frustrante di tutto ciò,era che non potessi negare non avesse irrimediabilmente ragione.
Risi istericamente,al limite della sopportazione.
Se non mi fossi sfogata avrei finito con il dare di matto e, francamente, mi ci mancava solo quello. Anche se non ero sicura sarei riuscita ad evitarlo pur rigurgitandogli addosso parole su parole..
“Certi giorni non perdi occasione per aprire una discussione o per guardarmi come se avessi la lebbra,e stasera ti metti a provocarmi,perché sai.  Sai quanto sia lodevole la tua capacità di portarmi a perdere il controllo e sai della mia indecisione tra lo spaccarti quel visino che ti ritrovi o saltarti addosso per fare qualcosa di completamente opposto.” Le parole sembravano non volersi esaurire,come la mia bocca non aveva intenzione di ritornare serrata.
“Inoltre,non credo che qualcuno ti abbia mai detto quanto tu sia odioso. In caso così fosse, ringraziami perché ci penserò io a farlo ogni giorno della tua vita! Io non capisco cosa ci trovino le ragazze in te,cosa ci trovi io! Insomma,sei un coglione patentato e non serve un genio o un attento analista per capirlo. Per non parlare di quando apri bocca, Dio, a volte penso che non sia necessario tu lo faccia se poi devi solo sparare stronzate! La cosa più preoccupante è che credo sia contagioso, perché è esattamente quello che sto facendo io ad intermittenza. Parlo,parlo e chi mi ferma più? Oh, non credo possa riuscirci qualcuno, quindi io continuo a parlare perché sono pazza. Ma sì dai permettiamoci pure di abbandonarci all’isteria più totale, deliriamo pure! Che tanto questa vita è una merda,quindi che male c’è a dirlo ad alta voce in modo da rendere partecipi tutti? Capito bene? Sì, esatto, la mai vita è una merda e tu sei..”
E mi baciò.
Improvvisamente e senza preavviso,afferrò violentemente il mio viso per avvicinarlo al suo e far scontrare le nostre labbra con irruenza.
Rimasi con gli occhi spalancati senza saper come reagire,fino a quando l’istinto non ebbe la meglio e mi ritrovai a ricambiare il bacio.
Mi aggrappai a lui come se fosse la mia sola ancora di salvezza,allacciando le mie braccia intorno al suo collo per evitare di cadere a terra.
Mi tremavano le ginocchia e,senza un sostegno,era inevitabile che sarei finita con il culo per terra.
Immersi una mano tra i suoi capelli, che non avrei immaginato fossero stati così morbidi.
Le nostre labbra non si sfioravano,non si esploravano delicatamente..affatto.
Si rincorrevano come se fossero una fonte di ossigeno l’una per l’altra,impossibilitate nel restare separate per troppo tempo.
Sentii scaturire dalla sua gola un suono cupo,una sorta di ringhio animale,prima che le sue mani percorressero con voracità il profilo della mia gamba lasciata scoperta dallo spacco.
In quel momento ero sicura che il mio cuore fosse esploso,poiché per un istante mi sembrò di non sentirlo più battere,per poi tornare a farlo con ancora più prepotenza.
Quel bacio era tutto fuorché razionale,l’aggettivo più giusto per descriverlo sarebbe stato animale.
Sembravamo due animali intenti a divorarci senza il bisogno di riprendere ossigeno.
O meglio,non volevamo.
Spostai le mie mani dai suoi capelli fino alle spalle,facendole poi scivolare lungo i pettorali fino a raggiungere l’orlo della camicia.
Le infilai al di sotto di essa,sfiorando i suoi addominali.
Lo sentii fremere sotto il mio tocco.
“Stavo impazzendo..” Mugugnò per un istante, il tempo di staccarsi per riprendere fiato e ricominciare. Se possibile,in modo ancora più coinvolgente rispetto a prima.
Le sue mani vagavano freneticamente sul mio corpo,non sapendo dove soffermarsi.
Dove mi trovavo? In che anno eravamo? Come mi chiamavo?
Erano cose che avevo totalmente rimosso dalla mia mente.
In quell’istante c’eravamo solo io,lui,e il desiderio crescente che avevamo l’uno dell’altra che ci stava dando alla testa.
Inoltrò una mano al di sotto del vestito,facendo per sollevarlo quando..
“Sven!” Chi cazzo era che stava bussando alla porta?
“Sven, ti vogliono di sotto!”
Dovette ripetersi poiché nessuno dei due sembrava intenzionato a dargli corda.
“Devo buttare giù la porta?” Continuò imperterrito.
A breve sarei stata io a buttare giù la porta..addosso a lui.
Sentii Sven emettere un verso di esasperazione,prima che le sue mani mi abbandonassero,le sue labbra smisero di scontrarsi con le mie dopo un ultimo schiocco,e il suo corpo smise di trasmettere calore al mio.
“Che tempismo del cazzo..” Lo sentii borbottare,mentre andava ad aprire dopo essersi dato una sistemata ai capelli con un movimento della mano.
“Joe.” Fece piatto,una volta trovatosi davanti il volto del cugino.
Quest’ultimo guardò prima lui con sguardo confuso,prima di illuminarsi una volta che ebbe spostato i suoi occhi su di me.
“Ho interrotto qualcosa?” Domandò, con in faccia un sorriso di chi conosceva perfettamente la risposta.
“Vedi di levarti idiota del cazzo!” Lo spintonò Joe, facendolo spostare dalla soglia.
Fece per uscire ma all’ultimo si fermò,stringendo lo stipite della porta con forza.
Si girò in mia direzione e quando i suoi occhi,ancora famelici,incontrarono i miei,immaginai che mi stesse per dire qualcosa.
Tutto,ma non quello:
“Se non hai voglia di scendere, vai pure a dormire.”  E si chiuse la porta dietro.
Guardai la porta con occhi sbarrati,prima di barcollare all’indietro fino a quando non inciampai nel letto,cadendoci sopra.
Rimasi a fissare il soffitto incredula..
Aveva fatto finta di niente..come se non fosse successo nulla.
Risi istericamente: incredibile!
Quel ragazzo aveva irrimediabilmente corrotto la mia sanità mentale.

 
Buon Halloween a tutti, gente!
Che belloo, sono così felice per stasera.. potrò andare in giro a traumatizzare i bambini :')
Invece credo che voi potreste essere felici per qualcos'altro.. mmm dico bene?
Finalmente questi due tongoloni sono arrivati da qualche parte!
Diciamocelo, entrambi hanno sempre cercato di evitarlo, ma la rabbia mista all'attrazione e alla gelosia.. hanno fatto impazzire Sven a tal punto da fargli perdere la testa.
Chissà fin dove si sarebbero spinti, se quel simpaticone di Joe non fosse arrivato! Immaginatevi una Sam col rossetto sbavato che fa finta di niente.. ahahahahah.
Abbiamo anche appurato che (pur essendo un dettaglio per me è importante) il colore preferito si Sven è il rosso, il colore della passione ;) 
Sam con questa nuova consapevolezza, un giorno potrà impugnare il coltello dalla parte del manico e fare strani scherzetti al nostro Sven.. chissà.
Comunque spero siate felici che questo attesissimo evento sia avvenuto!
Siete delusi? Felici? Fatemi sapere! :*
Spoiler velati:
Nel prossimo capitolo potremmo vedere le conseguenze di quanto successo tra i nostri due protagonisti..ma se non dovessero esserci conseguenze? O meglio, se una certa persona facesse finta che non sia affatto accaduto?
Tra l'altro il soggiorno andrà a concludersi.. e vi ricordate tutti il patto che hanno stretto Sam e Sven vero?
Una volta tornati a casa, ognuno per la sua strada.
Ma come andranno a finire le cose?
Finalmente terranno fede al patto o succederà altro che impedirà ai due di separarsi?
Un bacio, alla prossima.
Vi aspetto numerosi.
Xoxo. Heartless.
 
 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20. ***


“Quindi mi stai dicendo che ti ha baciata.” Era la terza volta che Trent lo ripeteva,come non riuscendo ancora a crederci.
Francamente,facevo fatica anche io a farlo..
“Sì Trent,quante altre volte lo vuoi ripetere?” Gli chiesi,con il cellulare incastrato tra la spalla e l’orecchio mentre ero intenta ad osservare il soffitto bianco senza una motivazione precisa.
Era in quei momenti che mi chiedevo cosa ne stessi facendo della mia vita..
“Ti chiedo scusa, ma francamente sarebbe stato meno scioccante per me se tu mi avessi rivelato che un attacco alieno è imminente, che zio Bill è riuscito a perdere ben 2 kg, o che la professoressa di biologia ti abbia appena chiamata dicendoti quanto tenga a te e che il suo comportamento scontroso nei tuoi confronti fosse solo una maschera per nascondere i suoi sentimenti..” Stava delirando.
Stetti qualche secondo in silenzio. “Trent a me puoi dirlo,hai iniziato a drogarti?”
“Perché me lo chiedi?”
“Perché sono venti minuti che stai delirando ormai!” Esclamai.
“Ti è difficile provare a immedesimarti nei miei panni?”
No,per niente..
Sospirai rassegnata. “Vista la tua reazione,penso che sia meglio tenere Dee ad Amy all’oscuro.. non ho idea di come potrebbero reagire se no. È possibile che nel pomeriggio mi ritrovi la faccia di Amy dietro la porta della camera.”
Rise. “A proposito di Amy..” Iniziò titubante.
“Sì?” Lo spronai.
“Stiamo insieme.” Confessò.
Sbarrai gli occhi e mi alzai dal letto di scatto. “Che? Quante cose mi sono persa nell’arco di tre giorni?!”
“Nulla di più di questo,rilassati.” Rise.
“Poi sono io quella che dovrebbe dare certe notizie con più tatto..” Borbottai.
“L’hai già visto oggi?” Cambiò discorso.
Sospirai e mi alzai in piedi per dirigermi verso le grandi vetrate della camera che davano sul giardino esterno. “No, non ancora.. non è neanche ritornato in camera durante la notte. Francamente non ho idea di dove sia né di cosa stia facendo..”
“E scommetto che non hai neanche idea di cosa debba fare tu.” Azzardò.
Per la prima volta nel corso della mia miserabile esistenza,non avevo la più pallida idea di come mi sarei dovuta comportare.
Ero troppo orgogliosa per prendere la situazione in mano ed essere la prima ad affrontarla, ma era anche per lo stesso motivo che avrei dovuto farlo.
Perché non riuscivo a buttarmi a capofitto senza pensare alle conseguenze?
Non mi ero mai fatta problemi a farlo nella mia vita, perché dovevo iniziare proprio ora?!
Mi lasciai ricadere nuovamente sul letto con aria affranta.
Era inutile che tentassi di auto-convincermi di potercela fare,la realtà era ben diversa: io non volevo farcela.
Non avevo intenzione di semplificare il lavoraccio a lui, quindi, che si accomodasse pure per fornirmi spiegazioni.
Sarei rimasta ad ascoltarlo con pazienza e controllo..magari con un coltello nascosto dietro la schiena però. In caso le cose non fossero andate esattamente bene..
“Credo che rimarrò in attesa di una sua mossa. Non ho per niente voglia di dovermi inviperire solo per colpa sua. Che si faccia venire lui il sangue amaro,per questa volta!” Decretai infine,dopo attimi di interminabile riflessione.
Scelta davvero matura Sam, complimenti! Disse la vocina della mia coscienza,ma mi premura di  scacciarla con un movimento superfluo della mano.
Trent riprese a parlare ma non potei ascoltare molto delle sue parole, che il rumore della porta che si spalancava destò la mia attenzione.
Gli lanciai un’occhiataccia quando entrò nella stanza.
 “Ti richiamo.” Feci alla cornetta,prima di mettere giù senza aspettare una risposta da parte sua.
Si tolse la cravatta che teneva ancora legata al collo, seppur ormai fosse soltanto un filo appeso alla camicia dato che doveva già averci pensato qualcun altro ad allentargliela. La stessa cosa valeva per la camicia deformata e per la cintura dei jeans allacciata malamente.
Se scovavo la troietta che..
“Mia madre vuole portarci in un posto, per pranzo. Non è nulla di pretenzioso, vestiti semplice. Io mi vado a fare una doccia.”
Già, gli sarebbe servita per togliersi di dosso le macchie del suo peccato.
Oh ma andiamo,stavo cominciando a parlare in modo patetico!
Quando mi accertai di non essere più alla sua portata visiva,mi schiaffai una mano sulla faccia e come un automa mi diressi verso l’armadio.
Incredibile..prima mi baciava e poi si comportava come se niente fosse.
Ah,però di certo non rinunciava a darmi ulteriori ordini! Pensai,mentre imprecando sommessamente andavo a cercare qualcosa di adatto in mezzo a tutta quella massa informe di vestiti.
Questo non l’avrei mai messa,troppo da vecchia! Non sapevo neanche perché l’avevo portata. Decretai,mentre sollevavo dal ripiano una maglietta accollata a tal punto da poter essere prestata ad una suora.
Presi in mano un’altra maglietta, e feci per accantonarla automaticamente per il fatto che fosse troppo succinta e..rossa,quella dannata maglia era rossa.
Lui adorava il rosso, per quel motivo sarebbe stata da bocciare con effetto immediato.
Ma un’idea più malsana mi aleggiò in testa..
Perché rendergli le cose più facili anzi che complicargliele?
Afferrai la maglietta e un paio di jeans stretti a sigaretta, richiudendo poi le porte dell’armadio.
Uscii cinque minuti dopo dal bagno,mentre giocavo con il mio riflesso nello specchio.
Mi girai verso di lui con un sorrisetto impertinente,ma fu a me ad andare la saliva in gola quando lo vidi in quello stato.
Aveva un asciugamano legato in vita..solo un asciugamano legato in vita.
“Dove diamine l’ho messo?” Borbottò tra sé,mentre guardava ovunque con attenzione.
Non avevo idea di cosa stesse cercando,ma per me sarebbe potuto non saltare mai fuori questo suo oggetto dei desideri se questo mi avesse consentito di ammirarlo in certe vesti. O sarebbe stato meglio dire non vesti.
Solo dopo attimi di interminabile ricerca si decise ad alzare il suo sguardo su di me.
Aprì bocca presumibilmente per dirmi o chiedermi qualcosa, ma la richiuse quando si accorse di cos’avessi addosso. O meglio, si perse letteralmente nella mia scollatura.
“C’è qualche problema?” Lo provocai,con finta innocenza.
“Assolutamente nessuno.” Disse con voce soffocata,prima di tossicchiare e rinchiudersi in bagno.
Alzai gli occhi al cielo, già stanca di quel ridicolo comportamento.
Aspettai che fosse pronto prima di uscire con lui dalla camera e dirigerci in giardino,dove la madre ci attendeva.
“Potresti aspettarmi? Con questi tacchi non è esattamente una passeggiata in mezzo a tutte queste dannate pietroline.” Lo richiamai,mentre attraversavo il ciottolato a tentoni.
“Avevi solo da non metterli.” Mi rinfacciò,senza la minima intenzione di arrestare il passo.
Avevi solo da non metterli..” Gli feci il verso, arrendendomi a camminare dietro di lui.
“Dove sei stato stanotte?” Me ne uscii di getto,senza neanche fermarmi a pensare.
Quando, quella mattina, mi ero ripromessa di buttarmi a capofitto nella situazione,non intendevo scomunicare anche necessariamente il cervello dalla bocca.
Mi lanciò un’occhiata. “Devo ricordarti che tu non sei realmente la mia fidanzata?”
“E questo ora che centra?” Feci indispettita.
“Centra eccome perché non puoi farmi queste domande da fidanzatina gelosa.”
Arrestai il passo,guardandolo oltraggiata.
“Io non sono gelosa” Calcai con disgusto sull’ultima parola.
“Ah no?” Mi chiese in tono derisorio, mentre mi aveva ormai superata di diversi metri.
Mi misi a correre sul ciottolato, infischiandomene del fatto che sarei potuta rotolare a terra.
“Volevo saperlo in modo da avere un’idea nel rispondere nel modo giusto a tua madre, se mai mi avesse chiesto qualcosa. Ma se non vuoi darmi la tua versione..vorrà dire che gli darò la mia.” Feci spallucce “Dici che ci rimane male se le dico che suo figlio mi ha tradita perché è un puttaniere alla ricerca costante di gatte morte?”
Lo lasciai di sasso e approfittai di quel suo momento di distrazione per velocizzare il passo e raggiungere la madre ai piedi del cancello.
“Sam!” Mi venne incontro questa, abbracciandomi amorevolmente.
“Jenny!” La salutai, mentre mi lasciavo coccolare da lei.
Quella donna era una Santa, dovevo ancora capire come avesse fatto a generare un figlio così.
“È andato tutto bene ieri sera? Mi dispiace non aver avuto modo di fare quattro chiacchiere con te, ma sono stata terribilmente indaffarata..” Sospirò sconsolata,staccandosi da me dopo avermi lasciato un’ultima carezza sulla schiena.
Lanciai un’occhiata a Sven, che intanto stava tentando inutilmente di estraniarsi dalla conversazione. “Sì..”Risposi tra i denti,facendo capitare i miei occhi nei suoi.
“È andato tutto magnificamente.” Mentii con un sorriso di circostanza.
“Sono felice di questo, avanti salite in macchina!” Ci invitò.
Io e Sven prendemmo posti nei sedili posteriori e ci scambiammo occhiate eloquenti, per lo meno da parte mia volevano dire: “Brutto stronzo,guarda te quante idiozie mi fai dire a tua madre”.
Ci mettemmo poco ad arrivare in paese,e in men che non si dica ci ritrovammo seduti al tavolo di un ristorante, non troppo grande e lussuoso, ma più intimo e favorevole per svolgere quattro chiacchiere.
Quello che francamente avrei voluto evitare.
“Sono così felice di poter finalmente passare del tempo con voi due in totale serenità.” Parlò, non appena ci fummo messi comodi.
Da quanto ne sapevo,avevo visto andar via la macchina del padre in mattinata presto, molto probabilmente per cause di lavoro. Meglio così.
“È un piacere anche per noi, non è vero tesoro?” Gli assestai un calcio sotto il tavolo,che lo fece piegare in avanti e afferrare prontamente la mia mano.
Se ci voleva la violenza fisica per farlo calare nella parte..ben venga.
“Assolutamente.” sorrise.
“Sono così felice di vedere quanto andiate d’accordo.” Commentò la madre,perdendosi ad osservare le nostri mani unite.
Oh certo,andare d’accordo..magari in un’altra vita eh.
“Abbiamo degli alti e bassi come in tutte le coppie,ma non resistiamo a lungo separati.” Rispose lui,stringendo la presa sulla mia mano.
“Sarebbe inconcepibile per me anche il solo pensiero..” Lo guardai con occhi dolci, mentre una mia mano vagava sotto il tavolo per lasciargli pizzicotti violenti sulla gamba.
Era così appagante vederlo soffrire cercando però di reprimere il dolore..
“Signora Clark!” Una voce estranea si intromise in quella brillante conversazione.
“Josh, caro!” Salutò allegramente lei, mentre questo si avvicinava.
Doveva essere un cameriere visto l’abbigliamento,dalla giovane età a giudicare dall’aspetto: alto,slanciato,impostato bene,con due occhi color miele e capelli scompigliati ad arte.
Certo, non come quelli di Sven, ma anche i suoi avevano il suo fascino.
“È da un po’ che non la si vede qua,cominciavo a sentire la sua mancanza.” Sorrise, facendola ridacchiare sommessamente.
Sorrisi anche io nel vederla così serena e in pace con il resto del mondo..beata lei.
“E questa meravigliosa creatura chi è?” Domandò poi,quando i suoi occhi incontrarono i miei senza aver la minima intenzione di abbandonargli.
“Lui è mio figlio Sven..” Iniziò lei con le presentazioni “Mentre lei è..”
“Samantha, ma mi chiami pure Sam.” mi presentai in prima persona,sorridendogli amabilmente. Quel ragazzo era davvero carino, e in più anche stranamente gentile e a modo.
Mi guardò ammirato,ma non ebbe il tempo di formulare una frase o di tentare un approccio, che Sven smorzò il suo interesse sul nascere.
“La mia fidanzata.” puntualizzò, tirandomi per la mano ancora legata alle sua per lasciarmi un bacio sulla guancia.
Cos’era quello? Una sorta di azione per ‘marcare il territorio’?
Non gli lasciò il tempo di riprendere la parola,che proseguì imperterrito e deciso a non lasciarlo aprire nuovamente bocca.
“Io prendo un risotto alla cantonese,mentre lei..” si girò in mia direzione con aria concentrata, sorridendo poi quando sembrò aver trovato la risposta giusta
“Filetto di manzo con contorno di patate.” indovinò.
Ma come diavolo aveva fatto? Cos’era,anche un sensitivo adesso?
 “Io il solito Josh..” ordinò la madre con un sorriso imbarazzato,sicuramente causato dal comportamento del figlio.
“Perfetto..” commentò il ragazzo, finendo di prendere gli ultimi appunti.
Ancora quella volta non ebbe il tempo di formulare una parola,che Sven lo interruppe nuovamente con un sorriso all’apparenza innocente, ma che di amorevole aveva ben poco. “Può andare.”
La madre aspettò che il ragazzo si fosse allontanato,prima di fargli la ramanzina.
“Ma insomma Sven! Quel ragazzo è così educato e gentile..ti sembrava il caso di trattarlo in quel modo solo per gelosia? Dopotutto dovresti sentirti onorato del fatto che altri notino in lei la stessa bellezza che hai avuto modo di vedere anche tu!”
Sorrisi gongolate,guardandolo eloquentemente con le sopracciglia alzate.
Mi guardò anche lui,con espressione piatta,mentre faceva schioccare la lingua al palato con fare scocciato.
“Io non sono..”
Perfettamente consapevole di come sarebbe terminata la sua frase, mi affrettai a sferrargli un altro calcio da sotto il tavolo, facendogli immediatamente chiudere quella boccaccia.
Fece una smorfia di dolore, ma cercò di non farlo notare.
“Cosa vuoi che ti dica..sono estremamente possessivo se si tratta di cose che mi appartengono.” Disse invece.
Non seppi perché, ma mi sembrò scorgere una punta di verità in quella sua risposta.
“Sono certa che lei non veda nessun’altro all’infuori di te.” Cercò di incoraggiarlo la madre.
“Certamente amore..nessun’altro.” Ci tenni a sottolinearlo, sorridendo falsamente.
Le ordinazioni ci vennero portate da qualcuno di diverso dal povero Josh, e le conversazione intraprese non si soffermarono su altri argomenti difficili da affrontare.
Nel pomeriggio ritornammo a casa e la madre tirò fuori dei vecchi album di famiglia da mostrarmi.
“Mamma!” Si lagnò Sven,alla vista di ciò che lei teneva fra le mani. “È necessario?”
“Certo caro,vieni qua Sam!” Mi fece segno di prendere posto accanto a lei sul divano,mentre lui  rimaneva in piedi appoggiato alla parete di fronte,vicino al fuoco del camino.
Aprì il primo album pieno zeppo di scatti riservati a lui. “Qua aveva cinque anni.”
Nella foto era raffigurato lui in sella ad un cane,con un bastone in mano e un sorriso in faccia. “Era convinto del fatto che il cane dei vicini fosse una sorta di cavallo, e si divertiva a torturarlo..” Ridacchiò,beccandosi un’occhiataccia da parte del figlio.
“Povero cane..” Commentai.
Girò pagina. “Qua invece aveva dieci anni ed era il giorno di carnevale, ed Amy aveva tanto insistito per far sì che lui si travestisse da principe, mentre lei si calava nei panni di una principessa. Non gli piaceva molto quel travestimento..”
Ammirai la sua aria imbronciata, mentre guardava di traverso la sorellina.
Sicuramente il ruolo del principe non gli calzava neanche a quell’età..
Però era davvero esilarante. “Amore.” Presi l’album in mano e mi alzai in piedi per farglielo vedere. “Che carino che eri.” Lo scimmiottai.
Mi guardò malamente ,prima di strapparmelo di mano e richiuderlo con prepotenza.
“Ti dispiacerebbe finirla di mettermi in ridicolo?” Domandò alla madre, che lo ignorò prontamente afferrando un altro album.
Gemette esasperato.
“Uh quasi dimenticavo. Ti ho preparato una torta questa mattina Sam, in modo che tu possa portarla a casa con te.” Mi sorrise amorevole,prima di alzarsi in piedi e darsi una sistemata alla maglietta che indossava. “Te la vado a mettere in un vassoio per infilartela in una busta,così ti sarà più facile portarla con te.”
Io sentivo di amare quella donna,io amavo quella donna.
“Ti ringrazio tanto per il pensiero dolce, Jenny.” le dissi,sinceramente commossa.
Sembrava aver capito a perfezione che,prendermi con il cibo,era sempre la miglior scelta.
“Figurati,per così poco! Vi lascio un attimo da soli.” E si dileguò.
E ora cos’avrei dovuto farmene di quel silenzio imbarazzante?
Mi schiarii la voce e feci finta di niente,racimolando tra le mani l’album che aveva lasciato sul divano.
Presi a sfogliarlo in silenzio,mentre lui prendeva posto al mio fianco.
Forse per controllare che non ci fossero altre foto così compromettenti da violare definitivamente la sua figura.
“Ti sei alleata con mia madre contro di me?” Domandò,mentre si sporgeva per vedere le foto in cui era ritratto.
“Mi alleerei con chiunque, purché sia contro di te.”
“Mi odi così tanto?” Si portò una mano al cuore,con espressione fintamente ferita.
Girai un’altra pagina, e rimasi bloccata ad osservare una foto che lo ritraeva in compagnia di una ragazza.
Non era più un bambino,ma piuttosto un ragazzo di almeno diciassette anni.
Era seduto sul prato insieme ad una ragazza da luminosi capelli biondi,lui era appoggiato alla corteccia di un albero,mente lei.. a me sembrava di averla già vista.
 
Ritratti. Ritratti ovunque: appesi alle pareti,sui comodini,sparsi sul letto..ovunque.
Mi avvicinai al letto e ne presi uno tra le mani tremanti,esaminandolo.
Era raffigurata una ragazza dall’aria seducente,con un fiore tra i capelli.
Era seduta sul prato,ritratta di lato mentre i capelli svolazzavano scappando dalla treccia disordinata che le ricadeva sulla schiena.
In quel ritratto,però,non si vedeva con precisione il volto.
 
In quella foto invece, potei ammirarne i tratti angelici e disarmanti.
Mi girai in sua direzione,trovandolo ad osservare intensamente quella foto come se volesse bruciarla con il solo potere dello sguardo.
“È lei?” Gli domandai,nonostante fosse chiara dal suo sguardo, la risposta.
“Sì.. è lei.” Rispose con aria distratta.
L’ammirò per altri interminabili momenti,prima di distogliere lo sguardo e strapparmi l’album dalle mani.
“Che cosa stai..” Non ebbi il tempo di finire la frase che lo guardai con stupore mentre strappava la foto dalla pagina e si alzava per buttarla in mezzo alle fiamme.
 Rimase in piedi a vederla bruciare con il fuoco negli occhi,prima che destasse l’attenzione su di essa per riportarla sulla madre,che in quel momento aveva fatto nuovamente il suo ingresso.
Così come lei,anche lei si arrestò alla vista dell’espressione del figlio.
Quest’ultimo non disse una parola,limitandosi ad uscire dal salotto con sguardo perso e pieno d’astio.
Rimasi con la bocca spalancata a fissare prima l’album,e poi le fiamme che sembravano divorare ogni traccia di quel ricordo.
Vidi Jenny appoggiare la torta sulla poltroncina là affianco,prima di avvicinarsi al divano per sfiorare lo spazio vuoto sull’album, precedentemente riempito da quella foto.
“L’ha bruciata,vero?” Sorrise amaramente,mentre richiudeva l’album per rimetterlo al suo posto.
“Sì..” Risposi in un sussurro.
Ci furono attimi di silenzio in cui entrambe rimanemmo imprigionate nei nostri pensieri,prima che lei prendesse nuovamente posto vicino a me appoggiandomi una mano sul ginocchio.
“Conosco mio figlio come le mie tasche..d’altronde come potrebbe essere diversamente dato il fatto che sono stata io a generarlo.” Rise debolmente.
“Mi sono sempre accorta di ogni suo cambio di atteggiamento,d’umore..e sono sempre stata abile a riconoscere le sue bugie..” E mi guardò.
Abbassai lo sguardo,sorridendo sconfitta. “Ed immagino che sia per questo che hai capito della nostra farsa..”
Ridacchiò. “Un figlio non può mentire alla propria madre,agli altri sì,ma non ad una madre. Devo ammettere però la vostra bravura nel calarvi nei personaggi..” Ammise.
“Io credo che siamo stati un fiasco anche in quello..”
“Oh no, affatto. Siete stati talmente bravi che dubito possa essersi trattato solo di finzione.”
Alzai lo sguardo e la fissai sconcertata, lei mi sorrise.
“Tesoro.” Mi prese le mani tra le sue. “Sono sicura che nella realtà siate cane e gatto..”
“È così facile da intuire?” La interruppi ridendo.
“Non è per quello,solo che mio figlio tende ad allontanare tutte le persone da cui si sente minacciato. Dopo di lei..” Lanciò uno sguardo al caminetto. “Non ha mai permesso che qualcun’altra gli si avvicinasse, e sappiamo tutti come si svolgono ormai le sue relazioni con il gentil sesso. Tu però devi averlo stupito,e sorpreso a tal punto che si è sentito in dovere di trattarti malamente per proteggere se stesso. Non voleva che tu gli entrassi dentro,ma credo che tu ci sia già riuscita.”
Scossi la testa e risi in prenda alla confusione,mentre cercavo un appiglio per venirne fuori.
“Non capisco..” Ammisi.
“Lo capirai col tempo,al momento fidati di me.” Mi sorrise, prima di avvicinarsi per depositarmi un bacio materno sulla fronte.
“E soprattutto Sam, buttati. Io vedo da come lo guardi,che ti importa. Tenti di nasconderlo come fa lui, ma siete entrambi due stupidi che non si sono accorti di cosa provano l’uno per l’altro.”
Aprii bocca per parlare,ma lei mi intimò di non farlo appoggiando l’indice sulle mie labbra. “Puoi anche negare se può servire a farti sentire meglio, ma dubito che tu possa cambiare la realtà dei fatti. Quello che ti ho dato è un consiglio per te stessa, e vorrei che lo seguissi per fare anche un favore ad una povera madre che vorrebbe rivedere un vero sorriso sul viso del suo bambino, ma soprattutto..un favore lo faresti anche a lui.”Mi sorrise incoraggiante.
Quella donna era riuscita a lasciarmi senza parole,contrariamente a quanto non sia riuscito a fare il figlio o qualsiasi altra persona.
 Era arrivata al mio essere e ci aveva scavato affondo, riuscendo a comprenderlo a pieno. Nonostante questo..avevo paura.
Per la prima volta,ammettevo di avere paura di qualcosa,o meglio di qualcuno.
E quel qualcuno era lui.
Non sapevo se mi sentissi pronta per affrontarlo, per rischiare per lui, per cercare di crearmi uno spazio sempre maggiore nel suo cuore e marginare l’oscurità che l’aveva pervaso.
Oddio,ma cos’ero,un eroina? Che modo ridicolo che avevo di parlare..e tutto per colpa sua.
“Ora farai meglio ad andare,sono sicura che ti stia aspettando per svignarsela.” Ridacchiò,alzandosi dal divano per mettermi la torta tra le mani.
“Spero di rivederti comunque, questa volta in veste ufficiale.” Mi augurò.
Sospirai rassegnata. “Credo di sperarlo anch’io..”
Presi la torta tra le mani e salii in camera, dove lo trovai intento a chiudere la cerniera del mio borsone.
“Sven..” Tentai di richiamarlo.
“Ti ho già preparato tutto, siamo pronti ad andare.” Tono di ghiaccio.
La madre aveva avuto ragione ancora una volta..se la stava accuratamente svignando.
“Sven!” Lo richiamai più duramente,una volta che ebbe raggiunto la maniglia della porta con il mio borsone in spalla.
“Non una parola di più.” Scandì minacciosamente,prima di uscire dalla stanza e lasciarmi indietro.
Sospirai, prima di raccattare il mio giubbotto e seguirlo correndo lungo il corridoio,con la torta ancora in mano.
Ritornata al piano di sotto,lo sentii salutare la madre, con la promessa che l’avrebbe rivisto al più presto.
Restai da parte per non interrompere quel momento di intimità, prima che fosse proprio Jenny a richiamarmi.
Mi appoggiò le mani sulle spalle e si avvicinò per darmi un bacio sulla guancia.
“Ricorda quello che ti ho detto.” Mi sussurrò all’orecchio,prima di lasciarmi andare con un sorriso.
La guardai un’ultima volta,prima di seguire Sven fuori dalla casa e dirigermi a passo spedito verso il garage.
Se non mi fossi data una mossa,avevo paura che mi avesse lasciato a piedi..
Non sarebbe stata la prima volta.
Scoraggiò ogni mio tentativo di intavolare una discussione,e il viaggio si svolse nel silenzio fino al viale di casa mia.
Non mi ero presa un attimo di pausa nel pensare a come sarebbe stato se avessi provato ad andargli incontro.
Il mio orgoglio non mi avrebbe mai permesso di farlo..ma per una volta avrei potuto farlo tacere?
Provai a prendere sia la torta che il borsone una volta scesa dall’auto, ma l’impresa si dimostrò essere più ardua del previsto.
“Ti do una mano.” Disse sospirando, guardando la mia più totale mancanza di capacità nel movimento.
Lo osservai mentre mi strappava di mano il borsone e mi precedeva nel tragitto verso la porta di casa.
Io me la presi con comodo,osservandolo ad attendermi sotto il porticato.
Una volta superata quella porta i tre giorni in sua compagnia sarebbero del tutto finiti..così come il nostro patto avrebbe preso atto.
Lui fuori dalla mia vita, questo era l’accordo.
Mi ero ripromessa di non avere ripensamenti, ma in quel momento non potei evitarmi di averne..
Cercai con estenuante lentezza la chiave giusta da infilare nella toppa, mentre lui faceva il suo ingresso in casa andando a posizionare il borsone sul divano.
In quel momento iniziai a pregare che qualsiasi agente atmosferico e anche non, incombesse sulla casa vietandogli l’uscita.
Anche perché, in alternativa, avrei dovuto aggrapparmi alla sua gamba cominciando a lagnarmi..e non mi sembrava il caso.
Avevo ancora una dignità da preservare.
“E così..” Iniziai,senza sapere realmente cosa sarei andata a dire. “Siamo arrivati a tracciare la parole ‘FINE’.” Feci con sarcasmo,seppur non fossi proprio in vena di scherzi.
“Già..spero tu sia sollevata.” Commentò atono,prima di darmi le spalle e far per uscire dalla porta.
No, non poteva farlo.. non così in fretta diamine!
Non pensai e mi lanciai su di lui, arpionando le mie braccia intorno al suo collo.
“Cosa stai facendo?” Domandò confuso, ma per lo meno il mio gesto servì per fargli arrestare il passo.
“Cerco il modo di braccarti.” Risposi, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Sospirò nuovamente, prima di liberarsi dalla mia morsa e girarsi per fronteggiarmi.
“Hai mai pensato di andare in terapia? Però guarda che dovresti rivolgerti ad uno bravo.” Non c’era traccia di ironia nella sua voce, e fu quello a preoccuparmi di più.
“È ironico che sia te a raccomandarmelo. Sbaglio o sei stato proprio tu a baciarmi, ieri seria?” Sapevo che,con quella domanda,mi stavo portando automaticamente in campo minato.
“Vuoi davvero cadere sull’argomento?”
Onestamente? Non sapevo se me la sentivo.
“Ok, cambio domanda.” Concessi.
“Non sono in vena.” Parlò con tono di voce basso, appena percepibile.
Poteva una sola foto,averlo ridotto in quel modo?
Non credevo che sarei mai riuscita a scatenare in lui le stesse emozioni,neanche se mi fossi impegnata incessantemente.
“Quanto male ti ha fatto?” Non feci nessun riferimento al nome del soggetto,ma dal suo sguardo capii che gli fosse perfettamente chiaro.
Sbuffò e distolse lo sguardo, ma non glielo permisi e lo afferrai dal mento per girarlo in mia direzione.
Mi guardò gelidamente, con espressione cristallina.
Sembrava non trapelasse nessuna emozione dal suo sguardo, ma riuscivo a guardarci attraverso.
Quando capii che non mi avrebbe risposto, fui di nuovo io a prendere la parola.
Avrei continuato a parlare anche fino all’infinito,tutto fuorché non se ne andasse.
“Ok, lascio a te la scelta su quale argomento affrontare, e  ti assicuro che non ti lascerò andare di qua fino a quando non sarò soddisfatta.” Lo avvisai,notando la sua espressione di esasperazione.
Tanto valeva che si rassegnasse a quell’idea dal principio.
“Comincio a pensare che tu stia cercando di far di tutto per non permettermi di andarmene.”
“Forse è così.” Ammisi senza mezzi termini.
Ero stanca dei sotterfugi e dei mille giochetti,non ero più in vena per continuare la partita.
Rise. “Tieni fede al patto Sam, fidati di me per una volta e dammi retta. Non ti conviene immischiarti in qualcosa di più grande di te. Vuoi delle risposte? Ho sbagliato a baciarti e non avrei dovuto farlo. Questo è tutto quello che posso dirti e di cui sono sicuro. Non avrei dovuto farlo perché..” E si fermò,smise di guardarmi negli occhi e puntò lo sguardo su un punto imprecisato alle mie spalle.
“Perché?” Lo spronai,scuotendolo dalle spalle.
Si fece passare la lingua sull’arcata superiore dei denti e mi fissò con espressione diversa,seppur cercasse di non cedere all’istinto. “Perché adesso devo farei conti ogni preciso istante con la voglia che ho di te, ok?”
Rimasi di sasso e lo fissai come se fossi caduta in una sorta di trance e qualcuno mi avesse ipnotizzato.
Era quello il problema? Era solo quello il problema?
Mi sarei aspettata che mi avrebbe risposto che gli facessi schifo,anche se tanto credibile alla fine non sarebbe stato..
Avrei preferito che mi avesse detto di averlo fatto solo perché era ubriaco, che non aveva nessun’altro con cui intrattenersi e quindi la scelta era ricaduta su di me.
Ma non che mi dicesse di aver sbagliato perché, l’averlo fatto,a veva aumentato la voglia che aveva di me!
Diamine, non erano parole da dire ad una ragazza se l’intenzione era quella di darsela a gambe!
Inoltre,la sua risposta valeva come conferma del fatto che mi stesse prendendo per il culo ancora una volta.
Io mi impegnavo per far sì che succedesse,che perdesse il controllo..e lui se ne usciva con frasi del genere?
Dicendo che si tirava indietro per la stessa motivazione che io avrei voluto avesse usato,per fare un passo avanti?
Risi istericamente e non riuscii a trattenermi.
In un gesto dettato dalla stizza e dall’irritazione che mi aveva scatenato, lo colpii con un pugno.
Avevo a malapena sfiorato la sua mascella, ma comunque la mia mano che pulsava mi servì per capire che lo avessi centrato in ogni caso.
Rimase per qualche istante con il capo girato di lato,e gli occhi spalancati.
Ci mise qualche istante a metabolizzare quanto successo, e lo stesso quantitativo di tempo servì a me per realizzare cos’avessi combinato.
Oh mio Dio. L’avevo colpito!
Io, che non avevo mai dato un pugno a nessuno, nemmeno al traditore del mio ex!
Ne avrei prese a pugni di persone.. il problema era che non sapessi farlo.
Avevo pregato Trent più volte affinché mi insegnasse,ma si era sempre rifiutato dicendomi che se no sarei stata un pericolo pubblico più di quanto già non fossi.
Beh,non aveva tutti i torti..
Mi riscossi dai miei pensieri quando lo vidi girarsi nuovamente verso di me, ispirando dal naso e gonfiando il petto. Era visibilmente furioso.
I suoi occhi bruciano ed ebbi quasi paura della sua presenza davanti a me.
Avrei voluto darmela a gambe, ma dubitavo che quest’ultime sarebbero riuscite a muoversi.
Quando lo vidi avanzare verso di me pretesi le braccia in avanti cercando di respingerlo, ma lui mi attirò da un braccio facendomi scontrare con il suo corpo.
“Cosa c’è Sam, non mi vuoi più fuori dalla tua vita? Hai improvvisamente cambiato
idea e vuoi che ti scombini ancora l’esistenza?” Mi tenne ferma tenendomi dai polsi, mentre io avevo già preso a respirare affannosamente a causa della vicinanza.
Sentivo il suo fiato caldo abbattersi sul mio viso,in una carezza invitante e i suoi occhi erano cambiati. Adesso erano languidi e famelici.
Cosa rispondere a quel punto? Verità o bugia?
“Voglio che mi strappi definitivamente dalla ragione.” Verità.
Scosse impercettibilmente la testa ad occhi sgranati, prima di farmi passare una mano dietro la nuca per avvicinarmi a lui.
Respirò sulle mie labbra, prima di travolgermi ancora una volta con il suo sapore e stordirmi i sensi con il suo profumo.
Appoggiò le mani sui miei fianchi e indietreggiò fino a quando la mia schiena non si abbatté contro il muro.
Mi distanziai da lui per emettere un gemito di dolore,ma lui si rimpossessò delle mie labbra alla velocità della luce. Le morse, le succhiò avidamente, le torturò fino al punto da farmi cedere alla realtà che non potessero che essere sue.
Spinse il bacino contro il mio, facendomi sentire la sua eccitazione premere sulla mia gamba.
Istintivamente una mia mano scivolò in basso e si frappose fra i nostri corpi, appoggiandosi al cavallo dei suoi pantaloni.
Abbandonò la mia bocca per passare alla base del collo, cominciando a baciarlo avidamente e a morsicchiare la mia clavicola sporgente.
Rimase ad ansimare su di esso mentre io cominciavo ad accarezzarlo sopra la stoffa dei jeans.
Mi accarezzò con ferocia, fino a posare le sue mani sui miei glutei e stringerli con forza. Fece pressione per sollevarmi da terra e mi costrinse ad avvolgergli le gambe attorno al bacino per evitare di cadere.
Fece il percorso al contrario, passando dal collo alle labbra, che riprese a torturare mentre si avventurava lungo il corridoio.
Aprì tutte le porte con un calcio,fino a quando non arrivammo finalmente in quella giusta.
Mi lasciò ricadere sopra il letto con lui sopra di me.
Era un bene che fosse così assorto da me da non badare al casino in cui eravamo finiti.. ero quasi sicura ci fossero talmente tanti vestiti a terra,da non riuscire più a individuare il pavimento.
“Questa maglia.. è rossa.” Riuscì a dire ansimando,mentre prendeva a baciarmi la pelle rimasta scoperta dalla generosa scollatura.
Risi per il fatto che se ne fosse accorto come avevo pensato.
“Lo so.”
“Allora sai anche che tra pochi secondi finirà a terra,ma tranquilla..” Ammiccò.
“Rimarrà la mia preferita.” E in men che non si dica non ce l’avevo più addosso.
La stessa cosa feci io con la sua maglia.
Si dedicò al mio ventre,prendendo a lasciarmi baci infuocati su di esso,facendomelo contrarre istintivamente.
Quando poi arrivò al mio punto sensibile,l’ombelico,mi sembrò letteralmente di impazzire.
Raggiunse il bottone dei jeans in un attimo,e ci mise ancora meno a sbottonarli.
Il problema fu toglierli..
“Si può sapere perché ti metti i jeans?” Sbottò irritato.
“Perché sono comodi.” Ribattei.
“Io direi che al momento non lo sono proprio per niente..” Disse tra i denti, mentre cercava di sfilarmeli con movimenti frenetici.
“Non avevo previsto sicuramente un risvolto simile.” Mi difesi.
Finalmente ce la fece e, con un verso di soddisfazione, se li lanciò alle spalle.
“Stai zitta..” Sussurrò sulle mie labbra,prima di ribaciarle.
Percorse il mio corpo con una mano,fino ad arrivare alle mie mutandine di pizzo.
Per fortuna che non avevo portato con me quelle con i pulcini..anche se dubitavo del fatto che se ne sarebbe accorto in ogni caso, preso com’era.
Spinsi il bacino contro il suo, facendogli capire cosa desiderassi.
Pochi minuti dopo il resto dei nostri vestiti era a terra, e non ci divideva più neanche un misero pezzo di stoffa.
Ero totalmente esposta a lui, ma per la prima volta anche lui lo era con me.
Non potei fare a meno di guardarlo,così come lui lo fece con me.
Per l’amor del cielo..era la perfezione.
Si riprese dallo stupore e prese a giocare con la mia pelle,divertendosi a mordicchiarla e succhiarla, lasciandoci sopra dei segni rosati.
Passò in rassegna il mio corpo con una carezza accennata delle dita,che si interruppe nel punto della mia femminilità.
Mi stupì quando si fece largo tra le gambe e posizionò il viso vicino a..beh,si era capito.
Mi baciò l’interno coscia,prima di avvicinarsi sempre di più al punto del suo maggior interesse.
“Che..che stai facendo?” Balbettai presa alla sprovvista ,alzandomi sui gomiti per vedere cosa fosse intento a fare.
Oddio, era meglio se non avessi visto!
“Cosa pensi stia per fare?” Domandò divertito,mentre mi scrutava dal basso con espressione furba.
“No!” risposi, capendo cosa avesse in mente, mentre tentavo invano di reprimere il rossore che mi scaldava il viso a tal punto da farmi prendere fuoco.
Fece spallucce. “Oh, invece sì.” E si abbassò sulla mia femminilità, prendendo con la lingua a..oh mio Dio!
Reclinai il capo all’indietro e strinsi le lenzuola tra le dita, mentre il mio corpo era scosso da continui spasmi e brividi.
Era una delle emozioni più sconvolgenti che avessi provato in tutta la mia vita.
Ero in paradiso, e non osavo immaginare fin dove mi sarei spinta quando mi avrebbe presa completamente.
Leccò e succhiò con avidità, con una foga tale da togliermi il respiro.
“Sven.” Lo richiamai al limite.
Capì cos’avrei voluto dirgli se solo fossi stata dotata di una maggior padronanza di linguaggio, e tornò a baciarmi con foga.
Quello che sentivo..era il mio sapore?
Era strano ma..dannazione se era erotico!
Volevo sentirlo,e lo volevo immediatamente.
Arpionai le mie gambe intorno alla sua vita e feci scontrare il mio bacino con il suo,in un invito implicito.
“No no,non te la caverai così facilmente. Voglio che me lo dici..” Sussurrò al mio orecchio.
Sembrava trovarci del sano divertimento nel torturarmi e inoltre..dove riusciva a trovare la forza per fare lo stronzo anche in una simile situazione?
“Dai!” Mi lagnai. Non volevo dargliela vinta senza un primo tentativo di persuasione..
“Puoi essere più convincente di così.”
“Cosa vuoi sentirti dire?” Sbottai.
“Lo sai..” Fece assorto, mentre mi sfiorava il seno fino a scivolare sempre più in giù.
Raccolse con delicatezza i miei polsi e mi bloccò le braccia sopra la testa.
Dei mugugni di protesta partirono dalla mia bocca quando prese a stuzzicarmi con due dita, prepotentemente.
“Allora?” Mi incoraggiò.
Sbuffai. “Sven Clark ti voglio, io voglio te, immensamente e in modo disperato. Va bene così?” Ansimai.
Si sollevò dal mio corpo e mi fissò dall’alto. Occhi negli occhi.
Il suo era il sorriso più bello del mondo ed era..vero.
Non ero sicura di avergliene mai visto uno più bello di quello.
Si chinò su di me e mi lasciò un bacio sul naso,prima di appoggiare la sua fronte sulla mia.
Mentre guardavo i suoi occhi,così vicini ai miei,mi persi in essi come non era mai successo. Venni travolta da quell’oscurità,mi lasciai guidare da essa fino a quando non mi avrebbe strappato l’anima brutalmente.
“Risposta esatta.” Commentò,mentre con una spinta decisa entrava in me fino a togliermi il fiato. Non appena aprii bocca per la sorpresa, lui ne approfittò per baciarmi. In un gesto incondizionato, chiusi gli occhi e mi abbandonai.
“No.” Protestò ansimando,mentre continuava a muoversi ad un ritmo frenetico.
“Voglio che mi guardi mentre mi baci.” Mi prese il mento tra le dita e sfiorò nuovamente le mie labbra,assicurandosi che tenessi gli occhi aperti.
Dopo aver incontrato i suoi,non sarei riuscita a distogliere lo sguardo anche non me l’avesse chiesto.
Si avvicinò a me e, dopo avermi morso un labbro, mi travolse in un bacio senza eguali.
Non avevo mai provato un emozione simile in tutta la mia vita.
Era una delle poche cose che mi apparissero chiare e nitide.
Nei suoi occhi ci lessi di tutto,ma gran parte di quelle emozioni si ritrovavano unite in quel momento.
Venimmo insieme, e fu talmente meraviglioso che avrebbe dovuto essere illegale.
Si lasciò ricadere al mio fianco,con il volto rivolto verso il soffitto nella mia medesima posizione.
I nostri petti si alzavano e abbassavano in sincrono, continuamente scossi dai fremiti.
Pensai che a quel punto se ne sarebbe andato o, nel migliore dei casi, ci saremmo addormentati vicini come due amanti sfiniti dalla passione..quel che non mi sarei aspettata era che mi riportasse a cavalcioni su di lui e, ci tenevo a precisarlo, non per volere mio.
“Allora?” Mi chiese con un sorriso diabolico, senza che riuscissi a capire a cosa si riferisse.
“Allora cosa?”
“Glielo dici tu a Jay che sono stato meglio io, o tocca a me pensarci?”
Gli colpii una spalla con uno schiaffo. “Ancora con questa storia? È passato,come te lo devo.. ”
Mi interruppe con un bacio. “Esatto, è passato, e lascialo rimanere tale.”
Mi morsicchiò un labbro e si mise a ridere. “Anche se non credo che tu potrai stare con altri neanche volendolo, dopo di me.”
“Dove l’hai lasciata la modestia? Ti è caduta qua intorno da qualche parte?” Puntai gli occhi ovunque, mentre lui ribaltava le posizioni con un movimento del bacino.
Rise e si sporse su di me per baciarmi il collo, fino a scendere sempre più giù..
Avrei voluto oppormi, ma le parole sembravano essere momentaneamente in sospensione.
Alla parte del dormire ci arrivammo solo qualche ora dopo,e a quel punto avrei avuto bisogno di un antidolorifico per addormentarmi.

 
Ciao a tutti ragazzi! 
Scusatemi per il ritardo, ma ieri è stata esattamente una Domenica da coma.. come dire, il mio stato alcolico era nettamente peggiore di quello di Sven.
Ma ora sono ritornata in me, anche se questo non vuol dire che la mia sanità mentale sia migliore xD
Tornando alla storia.. 7 recensioni, davvero? 
Wow, non so come ringraziarvi, adoro incondizionatamente ognungo di voi! **
Ecco perché questo capitolo è tutto vostro, ed è un regalo per farvi capire quanto apprezzi il fatto che voi mi seguiate così da vicino.
In modo inverosimile, hanno fatto un altro passo avanti, e Sven ha finalmente ceduto su tutta la linea.. speriamo che però proseguando verso questa direzione!
Spoiler velati:
Nel prossimo capitolo Sam ci racconterà di cosa è accaduto la mattina seguente, e di come ha trascorso il resto dei giorni da quel momento.. fino alla sera di Capodanno!
La notta magica è arrivata, e vediamo cosa combineranno ancora i nostri due amori!
Un bacio grandissimo.
Xoxo. Heartless.
 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21. ***


La mattina seguente mi risvegliai nel letto da sola,ma non che fu una sorpresa per me. Mi sarei piuttosto stupita del contrario.
Rimasi a fissare il letto con apparente calma,provando però una fitta al cuore nel vedere completamente vuota la parte precedentemente occupata da lui.
Quella settimana trascorse tranquilla,forse troppo per i miei gusti.
Il non convivere più con la sua presenza non serviva a farmi sentire meglio come avevo pensato.
Perché sì,non solo non l’avevo più sentito,ma non l’avevo neanche più visto.
Aveva smesso di venire alle uscite di gruppo o,per meglio dire,partecipava solo quando mancava la mia presenza.
Avevo passato la Vigilia di Natale con Trent a casa della madre di lui,mentre per Natale ero riuscita a prenotarlo per me prima che potesse farlo Amy.
Non se l’era presa, aveva capito fosse una tradizione che ormai andava avanti da anni.
Inoltre,non avrei mai potuto presentarmi a casa dei miei senza la sua compagnia, sempre se non avessi voluto finire sulla prima pagina della stampa:
ASSASSINATA DAI GENITORI UNA ZITELLA IN GIOVANE ETÀ .
Raccapricciante..
In sostanza, la sua persona per me era diventata un mito di cui si sente tanto parlare ma che non si vede mai.
Come da patto sigillato,ognuno era ritornato alla sua vita.
Io alla mia, e lui alla sua.
Nulla sarebbe potuto andare meglio di così..se non fosse stato per un piccolo particolare: non mi piaceva la mia vita senza di lui.
 
E fu così che, dopo giorni di straziante agonia, si avvicinò la sera di Capodanno.
Continuavo a ripetere bestemmie e insulti rivolti alla mia persona, mentre mi rimiravo nello specchio del camerino.
Io, Amy e Dee eravamo andate in giro per negozi alla ricerca del fatidico vestito per Capodanno. Per loro la ricerca era durata molto meno rispetto a quella che io stavo ancora intraprendendo.
Ogni volta che prendevo un vestito per provarlo, mi sembravo un cotechino.
“Allora? Hai finito?!” Mi chiese Dee impazientemente da fuori la tenda del camerino.
“No.” Risposi con uno sbuffo.
Scostò la tendina di poco,giusto per poterci far entrare la sua testolina, accompagnata da quella di Amy.
“Qual è il problema? Ti sta appennello,è perfetto!” Strillarono in coro,cimentandosi in commenti di approvazione a cui non prestai particolare importanza.
“Sì, sarebbe perfetto se dovessi andare a prostituirmi.” Ribattei acidamente come al solito, facendo alzare gli occhi al cielo ad entrambe.
Cos’era, ormai andavano anche in sincrono?!
“Smettila Sam, è il sesto vestito che ti provi e che non ti convince. Questa volta però non ti faremo uscire da questo negozio senza averlo comprato,perché è sicuramente quello più giusto per te.” Mi ammonì Amy.
Riportai lo sguardo sul mio riflesso, rimirandomi ancora una volta nelle varie angolazioni possibili.
Si trattava di un vestito di media lunghezza,con il corpetto interamente di pizzo bianco con uno scollo a cuore,mentre la parte sotto si estendeva in una gonna di pelle nera  che ricadeva larga fino a metà coscia.
Sotto l’abito,segretamente,avrei indossato delle mutande di pizzo rosse perché,si sapeva,a Capodanno il rosso portava fortuna.
“Eh va bene,è andata!” Mi arresi infine,scatenando degli strilli di gioia nelle mie due amiche squilibrate.
Quando andai alla cassa per pagarlo quasi mi venne un colpo quando scoprii il prezzo.
Effettivamente avrei potuto controllare prima sull’etichetta, ma ormai era andata..
Così come metà dei soldi che avevo ricevuto a Natale, pensai con uno sbuffo seccato.
In seguito ci dirigemmo tutte a casa mia, unico posto libero e lontano dalla presenza di altri individui.
Indossammo i vestiti che avevamo rispettivamente comprato, e io mi lasciai addobbare ancora una volta dalle mani più esperte di Dee ad Amy.
Amy pensò al trucco e Dee ai capelli.
Il vestito scelto da Dee era interamente color oro,e risplendeva grazie al rivestimento di pallate,mentre quello di Amy era di pizzo nero.
Anche i loro erano audaci,ma addosso alle loro figure sarebbero apparsi comunque incantevoli. Mentre io.. ma perché perdevo ancora tempo ad insultarmi?
Dee mi aveva stirato accuratamente i capelli,cotonandomeli poi alla base in modo da creare volume ,e poi farli sfociare in ciocche sottili.
In sostanza sembravo un leoncino.
In quanto a lei invece, aveva optato per una coda alta in modo da far risaltare il vestito e gli orecchini pendenti che aveva indossato,allo stesso modo di Amy.
Dopo che quest’ultima ebbe finito anche di truccarmi,risaltando gli occhi verdi con eyeliner e una dose abbondante di mascara,presi a passeggiare per la casa con addosso quei dannati tacchi.
Si trattava di delle semplicissime decolté nere,solamente più alte rispetto a quelle standard che ero abituata ad indossare.
Il mio obiettivo era quello di riuscire a camminarci sopra senza sembrare una giraffa ubriaca.
La sera tanto attesa era arrivata e,mentre mi davo un ultimo sguardo allo specchio,non riuscii a non pensare a come sarebbe andata.
“Ragazze!” Ci chiamò Amy dal piano di sotto.
Accorremmo in suo soccorso pensando le fosse successo qualcosa,magari un incontro ravvicinato con il tappeto l’aveva fatta inciampare e cadere a terra..
Invece se ne stava in mezzo al salotto con le braccia incrociate e un fuoco nello sguardo che non mi ispirava nulla di promettente.
“Non so cosa tu abbia intenzione di dire, ma quell’espressione non mi piace. Quindi levatela dalla faccia e vedi di zittirti.” Feci per agguantare il cappotto e uscire di casa,ma lei me lo impedì prontamente.
“Dà qua.” Me lo strappò di mano e lo rimise al suo posto,prima di posizionarsi davanti alla porta in modo da sbarrarmi la strada.
“Sappiamo tutti gli avvenimenti che sono accaduti in queste ultime settimane,soprattutto nella tua monotona vita..” Mi indicò. “Che per una volta ha assunto un imprevedibile piega eccitante.. anche se mi fa ribrezzo ammetterlo, dato il fatto che il responsabile sia mio fratello. Non oso nemmeno immaginare cosa abbiate fatto nel letto in cui mi sono seduta prima, per non parlare delle mille posizione in cui possa averti ribaltata..” Prese a farneticare,impallidendo poi nell’immaginarsi la scena.
Fece una smorfia di disgusto e proseguì dopo una scrollata di spalle.
“Ma stasera è giunta l’ora di lasciarsi tutto alle spalle per un nuovo anno. Non ho intenzione di vederti nuovamente camminare come un pinguino, emettendo versi di dolore ogni tre per due perché mio fratello ti ha dato il ben servito. Se proprio dovessi rivederti in quello stato,preferirei quanto meno sapere che il responsabile sia stato una persona matura e con la testa sulle spalle,non uno stronzo arrogante come mio fratello!” Mi lanciò un’occhiataccia.
“E io appoggio le sue parole! Insomma,è il momento che tu ti faccia una vera vita!” Le diede man forte Dee.
“Grazie per avermi rincuorata,tesoro.” Le dissi sarcasticamente.
“Non c’è di che.” Sorrise innocentemente.
Sbuffai. “A voi risulta facile parlare, tanto avete una brillante vita sentimentale! Sono io qua, l’unica zitella acida..” Borbottai.
“Andiamo!” Ignorarono le mie parole e mi avvolsero intorno al cappotto come un involtino, prima di spingermi fuori casa.
Notammo Trent aspettarci già vicino alla macchina di Amy,pronto per iniziare la serata a casa di quest’ultima.
Amy e Sven erano gli unici ad avere la casa libera,nonché la più grande per ospitare grosso modo venti persone.
Onestamente,non avevo ancora capito chi sarebbero stati gli intrusi, ma Dee mi aveva rassicurata dicendomi che non erano malaccio.
Fidarsi era arduo comunque..
“Ce l’avete fatta finalmente! Ero tentato di buttar giù la porta di casa.” Fu il suo modo di salutarci.
“Andiamo,non ci abbiamo poi messo molto. Smettila di fare il brontolone.” Gli si avvicinò Amy,strizzandogli una guancia prima di lasciargli un bacio a stampo sulle labbra.
Feci una smorfia inorridita. “Mi fate vomitare!” Esclamai,mentre salivo in macchina e mi accasciavo sul sedile.
“Si chiama amore, Sam! Quando lo proverai smetterai di fare commenti simili.” Mi ammonì Dee,prendendo posto al mio fianco.
La guardai malamente. “Piuttosto che provarlo, inizio a drogarmi.”
Scosse la testa ma non rispose,arrendendosi dal principio ad intraprendere una discussione con me in merito all’argomento.
Inoltre,quella sera,ero ancora più irascibile del solito.
Soprattutto vedendo il tragitto che scorreva così velocemente,facendomi avvicinare alla meta..
“Amy ti dispiacerebbe rallentare? Non vorrei morire giovane e insoddisfatta!” Le urlai.
“Ma se sto andando pianissimo!”
“Sam dacci un taglio,tanto in ogni caso dovresti essere pronta a vederlo.” La sostenne Trent, centrando pienamente il mio vero timore.
Maledetto lui e la sua boccaccia..
“Il fatto che ora lei sia la tua ragazza,non ti dà il diritto di prestarti anche a suo avvocato difensore.” Ribattei con frustrazione,punta sul vivo.
“Siamo arrivati!” Esclamò Dee non appena la macchina si fermò, interrompendo così il nostro scambio di botta e risposta.
Balzarono tutti fuori dalla macchina, eccetto io..
“Scendi subito.” Mi apparve davanti il viso tetro e minaccioso di Dee,che spalancò la portiera afferrandomi per un braccio.
“Dov’è finita la tua facciata angelica?” Le domandai scontrosa,mentre mio malgrado mi lasciavo trascinare lungo il viale di casa.
“Al momento non è disponibile.”
“Beh, dille che la rivoglio indietro al più presto!” Mi liberai dalla sua presa con uno strattone e continuai a camminare sulle mie gambe,vantando una sicurezza che non avevo.
Insomma,dovevo smetterla di farmi tutti quei problemi.
Quando mai ne avevo avuti? Mai, per l’appunto.
Quindi non mi sembrava il caso di iniziare in quel momento.
Fanculo alle paranoie,avrei bevuto abbastanza da non sentire neanche più il flusso dei miei pensieri!
O per lo meno la pensai così fino a quando Amy non suonò al campanello di casa.
Ok che c’erano almeno venti  persone là dentro,e non era detto che fosse proprio lui a venire ad aprire..ma iniziai ugualmente a sudare freddo.
Indietreggiai di qualche passo e Dee se ne accorse,riacciuffandomi prima che potessi scappare via.
“Mollami!” Mi lagnai. “Ne va della mia incolumità!”
Non volle sentire ragione e,non appena ci venne aperto,mi trascinò dentro alla cieca.
Non ebbi neanche il tempo di capire chi ci avesse aperto,per lo meno fino a quando non sentii la porta richiudersi alle nostre spalle e far capolino nella mia visuale due splendenti occhioni neri.
Maledizione,perché doveva essere così sexy con una semplicissima camicia nera sbottonata?
Non appena Dee si accorse del modo famelico in cui lo stavo fissando,si premurò di sganciarmi una gomitata nello stomaco.
“Grazie..” Sibilai tra i denti, piegandomi dal dolore.
“A cosa servono le amiche,se no?” Sorrise angelicamente,lasciandomi il braccio solo per togliersi il giaccone.
Oh giusto,il giubbotto..
Mentre me lo levavo,Amy e Trent si erano già dissolti nel nulla.
Solo Dee continuava a rimanermi vicina come un cane da guardia.
“Wow..” Commentò la voce di Jay,che non mi ero neanche accorta ci avesse raggiunte. “Trent ti ha vista così? Io credo di no, se no gli sarebbe già preso un colpo.”
Disse con espressione ebete,rimirando ogni pezzo di pelle lasciato scoperto da quell’insulso pezzo di stoffa.
Ecco,lo sapevo io che avevo fatto un brutto affare a comprarlo e..
“Ehi Sven,ti si è slogata la mascella?” Lo prese in giro Sven,notando il modo in cui mi stesse fissando. Ok,forse ne era valsa la pena in fondo..no?
“Già Clark, che ti è successo?” Lo presi in giro,non sapendo neanche io come feci a sembrare così naturale,come se l’intera settimana in cui non ci eravamo parlati non fosse mai esistita.
Forse anche lui dovette avere i miei stessi pensieri,dato il fatto che inarcò un sopracciglio per manifestare il suo sgomento.
Ad ogni modo sembrò ricomporsi in fretta,dipingendosi in volto quel suo solito sorrisetto arrogante che,dovevo ammetterlo,un po’ mi era mancato.
“Sono solo scioccato di vedere una ragazzina in certi abiti..” Rispose,lasciando la frase in sospeso,facendo passare la lingua a inumidire le labbra.
Forse me lo stava facendo apposta.
“Quanto ci hai messo piccolina,per imparare a camminare su quei tacchi?” Si riprese poi,ritornando il solito antipatico di sempre e iniziando a fare quello che sapeva fare meglio: prendermi in giro.
“Meno di quanto tu ci potresti mai mettere per azionare il cervello.” Risposi di rimando,fissandolo con un sorrisino di vittoria dipinto in volto.
Lui sembrò stranamente soddisfatto della mia risposta,come se si fosse aspettato che avrei risposto così.
A interrompere il nostro inizio di botta e risposta fu Trent,che emise una sorta di urlo quando mi vide senza indosso il cappotto.
Ed ecco che ricominciava con la solita storiella del pudore..manco fosse stato mio padre.
“Samantha Jackson!” mi urlò contro,muovendosi in mia direzione come una furia mentre Amy tentava inutilmente di tenerlo fermo.
“Non puoi essere vestita così,guarda quanti ragazzi, ti ha dato di volta il cervello? Non.. copriti!” Balbettò,prima di fare per togliersi la giacca e porgermela.
Sgattaiolai dalla sua presa giusto in tempo,immergendomi in mezzo ai restanti invitati.
Venni riacciuffata proprio mentre svincolavo tra la folla per dirigermi in cucina.
Mi girai con espressione timorosa,temendo che fosse lui che mi avesse inseguita.
Invece mi ritrovai una voce a parlarmi nell’orecchio,ed era totalmente differente dalla sua.
“Metterti un vestito del genere? Pessima mossa.” Sentii il suo fiato caldo infrangersi sulla pelle del mio collo,ma fu solo un attimo prima che le sue mani abbandonassero il mio corpo.
Mi girai,e di Sven non c’era più traccia. Lo ritrovai a parlottare con qualcuno,più in là.
Scossi la testa e mi diressi verso la cucina per cominciare fin da subito a elemosinare da bere.
Una volta agguantata la vodka e un bicchiere, lo riempii fino all’orlo.
“Ehilà!” Mi spaventò una voce allegra alle mie spalle,rischiando quasi di far cadere a terra l’intero contenuto del bicchiere.
Mi portai una mano sul cuore per placare i battiti frenetici. “Adison,mi hai fatto quasi morire di infarto prematuro!” La sgridai,senza però riuscir a far cedere il solito sorrisetto che si ritrovava.
Possibile che quella ragazza non si stancasse mai di sorridere?
“Chiedo scusa..” Fece spallucce. “Piuttosto morirai di cirrosi epatica se non ti dai una regolata.” Indicò con un cenno il bicchiere che avevo in mano.
Sventolai una mano in aria con noncuranza,facendo una smorfia prima di prendere una sorsata. “Andiamo, non rompere, è solo il primo bicchiere!”
“Di una lunga serie. Chi vuoi prendere in giro?”
Sbuffai e feci vagare il mio sguardo sulla grande sala,riconoscendo quasi subito il volto di Sven intento a parlottare con una moretta.
Ma non se la concedeva mai una tregua quello?
Scossi la testa e chiusi gli occhi ,buttando già tutto d’un fiato il contenuto del bicchiere.
Feci una smorfia a causa del bruciore,che non ci mise però molto a passare.
Dannazione,di quel passo non mi sarei ubriacata tanto facilmente.
Guardai nuovamente in direzione di Sven,e sentii immediatamente la voglia di riempirmi nuovamente il bicchiere.
“Solo solo le dieci di sera,non vorrai già ubriacarti?!” Adison mi tolse di mano il bicchiere,che però riacciuffai prontamente.
“Chi sei tu per dirmi cosa devo farne della mia vita?”
“Colei che non vorrebbe chiamare un ambulanza prima della mezzanotte.” E si riprese il bicchiere.
Lo riacciuffai con una smorfia stizzita. “E tu invece dove hai lasciato Joe?”
In sincrono facemmo vagare il nostro sguardo su tutti i presenti, rintracciandolo a parlare con una rossa proprio vicino al cugino.
Che accoppiata vincente!
Porsi  il bicchiere ad Adison invitandola a bere, nel preciso istante in cui lei porse una mano borbottando un: “Dà qua quel coso!”
La guardai con un sorriso mentre buttava giù il liquido con ferocità, sbattendo poi il bicchiere sul bancone con un gesto seccato. “Fai altri due bicchieri,ragazza!”
Risi e ne riempii altri due. “Così ti voglio,smettiamo di pensare a quei due idioti!”
Il secondo non contribuì ancora a farmi perdere la ragione,ma eravamo già verso la strada giusta.
“Vado un attimo al bagno!” le urlai in un orecchio, nel preciso istante in cui Sven si era avvicinato al computer per far partire la musica che pompava nelle casse.
Svincolai tra le varie persone e finalmente raggiunsi la porta del bagno dopo interminabili attimi di agonia.
Prima che potessi aprire la porta del bagno per darmi un’occhiata,questa si spalancò rivelando un ragazzo qualche centimetri più alto di me nonostante i tacchi, con i capelli castani e gli occhi molto simili ai miei.
“Se ti spostassi potrei entrare nel bagno.” Dissi con un sorriso forzato,sforzandomi di non risultare troppo antipatica.
Lui,di tutta risposta, si scusò educatamente, prima di farsi da parte.
Quasi mi pentii di avergli rivolto quella frase acida, dopotutto sembrava un ragazzo davvero tenero e gentile.
Questa volta gli rivolsi un sorriso più vero e,ringraziandolo,entrai nel bagno e presi ad osservarmi allo specchio.
Mi sistemai il corpetto del vestito e mi lisciai i capelli con le mani,togliendomi poi con le dita un punto di matita nera sbavata poco sotto l’occhio.
Una volta soddisfatta del mio aspetto,uscì dal bagno e mi imbattei nuovamente in qualcuno.
Convinta che fosse di nuovo quello di prima, feci per rivolgermi a lui in maniera poco carina ma quando alzai la testa e mi accorsi che si trattasse di Sven,il mio cervello si scollegò.
Non feci in tempo ad aprire bocca che era già scomparso,risucchiato dal caos.
Non avrei dovuto sorprendermi del fatto che mi avesse trattata come se fossi stata un fantasma,dopotutto ero stata io a volerlo.
Mannaggia a me e alla mia linguaccia biforcuta!
Continuando a borbottare ritornando alla mia precedente postazione,trovandoci un Adison leggermente più andata rispetto a quella di prima.
Continuava a fissare insistentemente un punto ben preciso,senza sbattere neanche le palpebre a momenti.
Mi portai dietro di lei e seguii la traiettoria del suo sguardo,trovando Joe a flirtare con la rossa tettona di prima.
Incredibile quanto fosse stupenda la visuale che si aveva dalla postazione di Adison.
Per lo meno c’era qualcun altro ridotto come me..
“Adison.” La richiamai,con evidente tono di rimprovero.
“Che c’è?” Chiese con finta innocenza,nonostante il suo tono di voce facesse intendere che avesse capito a cosa fosse dovuto il mio richiamo.
“Quale parte di ‘non ci pensiamo più’ non riesci a farti entrare in testa?” La accusai,puntandole un dito contro per farla sentire sotto accusa.
Mi fece una smorfia da bambina maltrattata e offesa,e ancora una volta non riuscii a non cedere alla sua espressione fintamente innocente.
Sospirai,prima di strapparle il bicchiere di mano e mandarlo giù,per poi restituirglielo.
“Dimmi te cosa devo fare..” Commentai tra me e me,prima di dirigermi verso Joe e la tettona per interrompere quel momento.
Adison mi seguiva con lo sguardo con un sorriso dipinto in volto,e quello mi desse la certezza che quello che stavo facendo fosse una buona azione.
“Ciao Joe!” Salutai raggiante,occupando la visuale di entrambi,che posarono il loro sguardo su di me.
Quello della ragazza era piuttosto scocciato,mentre quello di Joe di ammonimento.
Mi stava indirettamente invitando a sparire e a non fare niente di cui avrei potuto pentirmi,ma  ovviamente io non seguivo mai i consigli.
“Ho sentito la tua ragazza,mi ha raccontato di essere riuscita ad ottenere la cintura nera di karate, che cosa fantastica! Ah,mi ha detto anche che a breve sarà qua. Lei è una tua amica?” Sorrisi angelicamente,nonostante dentro fossi un diavoletto tutto pepe e stessi ridendo forte a causa dell’espressione intimorita della tettona.
Questa di alzò di scatto dalle gambe di Joe,prima di mormorare qualche scusa e sparire. La guardai andare via con un sorrisetto soddisfatto,prima di girarmi in direzione di Adison e ammiccarle vittoriosa. In risposta lei mi mandò un bacio di gratitudine.
Ignorai invece l’espressione di fuoco di Joe mi sedetti al suo fianco,emanando finta innocenza.
“Come mai tutto solo soletto?” Lo presi in giro,scoppiando poi in una fragorosa risata a causa della sua espressione seria e imbronciata.
“Ora ti strangolo.” Affermò deciso,con una nota glaciale nella voce che sarebbe riuscita a farmi accapponare la pelle se non fosse stato che ormai avessi già un po’ di alcool in circolo per provare timore per qualcosa.
Lanciai un’occhiata a Adison,che continuava a tenerci sott’occhio con interesse.
Sospirai e riportai la mia attenzione su Joe.
“Forse non te ne sei accorto, ma c’è una ragazza bellissima che ti muore dietro. E ti posso assicurare che le sue tette siano vere, e non il frutto di una ricostruzione plastica!”
Si lasciò andare ad un risolino,senza neanche chiedermi chi fosse la ragazza sopracitata. “Lascia perdere Sam..”
“Cos’ha Adison che non va?” Domandai con interesse.
Si irrigidì non appena pronunciai il suo nome,ma dal sospiro che fece successivamente capii che fosse perfettamente a conoscenza di quello che la dolce biondina provasse per lui.
Si concesse di girarsi a guardarla per qualche istante e,forse non se ne accorse,ma gli spuntò un sorriso.
“Adison non ha assolutamente niente che non va, tutt’altro.. è perfetta. E io non me la sento di rovinarla.” Dichiarò.
“E non hai mai pensato che magari, pur di stare con te, lei troverebbe bello anche il fatto che tu possa rovinarla?”
“Quale sciocca ragazzina sarebbe disposta a una cosa simile?” Fece con tono di incredulità e una smorfia di contrarietà.
Io..per esempio. Ma non gliel’avrei detto per non risultare patetica.
“Adison è tutto fuorché una sciocca ragazzina, è soltanto amore il suo. Amore nei confronti di un piccolo bastardello come te, che ha sempre dovuto ammirare da lontano negli anni perché lei era la santarellina della classe, e tu il playboy della scuola. Che storia triste,troppo incompatibili per stare insieme..” Misi su un finto broncio,sporgendo il labbro inferiore in fuori.
“Noi non siamo affatto incompatibili per stare insieme! Siamo perfetti.” Calcò sull’ultima parola. “Due pezzi di un puzzle che combaciano perfettamente.” Asserì convinto.
Sorrisi soddisfatta del risultato perché,senza rendersene conto,aveva appena capito che valesse la pena  buttarsi.
“E ora perché stai sorriden..” Si interruppe,cominciando a ingranare. “Oh,fanculo!” Sbottò infine, prima di alzarsi dal divano.
Lo vidi dirigersi verso di lei a passo di marcia,spintonando un po’ di gente a destra e a manca.
Quando la raggiunse vidi l’espressione timorosa di lei, che però mutò letteralmente non appena lui le afferrò il viso tra le mani e l’avvicinò per baciarla.
Dentro di me c’era un coretto che cantava l’Alleluia, mentre Cupido in persona mi trasferiva un attestato come sua messaggera personale.
Decisi di concedere loro il momento di privacy, smettendola di fissarli come una stalker. Mi guardai attorno con sguardo vacuo,ridendo poi da sola.
Me ne stavo come una sfigata sul divano,mentre tutti gli altri si davano da fare!
Che scena patetica..

 
Eccomi ritornata!
Oggi è stata una giornata devastante, e codesta seria l'isteria ha dominato totalmente il mio corpo e la mia mente.
Il mio computer ha deciso di non connettersi più a internet senza motivi apparenti, e domani dovrà andare in riparazione.. ma non temete, entro sera dovrei riaverlo.. SPERO, PER LA MIA SALUTE E QUELLA FISICA DEL TECNICO. Toglietemi tutto ma non il mio piccolo!
Comunque.. ora mi calmo e parliamo di cose importanti.
Questo, come sicuramente avrete potuto notare, è solo un capitolo di passaggio. 
Alla fine, nonostante il "piccolo incidente di percorso" entrambi hanno deciso di mantenere la promessa: ognuno alle sue vite. Entrambi sono troppo orgogliosi per mandare a quel paese il patto ed aprirsi all'altro, e Sam è scoraggiata. Dopotutto, chi si lancerebbe a capofitto in qualcosa senza riuscire a capire cosa stia pensando l'altro? E diciamocelo, Sven è decisamente indecifrabile.
So che questo capitolo rende poco, ma nei prossimi ci sarà un evoluzione,
Spoiler velati:
Vedremo l'evoluzione della sera di Capodanno, cosa accadrà o cosa non accadrà..
Nel prossimo capitolo arriveranno entrambi ad un compromesso, e stipuleranno una sorta di nuovo tacito accordo. 
Il loro rapporto si evolverà, ma Sam pian piano capirà di non riuscire più ad accontentarsi di ciò che lui può dargli.. ma che vuole lottare per ciò che sente.
E Sven cosa ne pensa di lei? La reputa un passatempo e basta oppure qualcos'altro?

Vi ringrazio moltissimo per le bellissime recensioni che mi avete lasciato, purtroppo per mancanza di tempo non ho potuto rispondere a tutti, ma non appena il mio computer saràr ritornato nel mondo dei vivi allora mi affretterò a farlo. 
Al momento, un bacio e un abbraccio forte a tutti!
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 23
*** Capitolo 22. ***


"Propongo di movimentare questa serata." Propose Amy,salendo in piedi sul tavolino del soggiorno per attirare l'attenzione di tutti.
"Cosa vuoi fare?" Chiese qualcuno incuriosito, prima che lei potesse prendere una decisione.
"Che ne dite del gioco della bottiglia? Dopotutto è Capodanno." Ammiccò.
Alcuni accettarono e altri invece decisero di limitarsi ad assistere.
"Non sono abbastanza ubriaca, Amy!" Gli urlai, facendole capire che mi servisse più alcool in circolo per fare una cosa del genere.
Un ragazzo al mio fianco mi porse un bicchiere, riempiendomelo poi con qualcosa di a me sconosciuto.
“Grazie..” Grugnii. Quell’individuo aveva appena mandato a monte la mia scusa per tirarmene fuori!
“Andiamo.” Amy mi trascinò dal braccio fino ad arrivare in soggiorno, dove ci sedemmo in cerchio sul tappeto.
A partecipare al gioco eravamo i soliti, più il ragazzo con la quale mi ero scontrata per andare in bagno e la moretta che si era attaccata a Sven come una piovra.
Repressi una smorfia di disgusto e mi rivolsi a Amy. “Questa te la farò pagare..”
“Avanti tesoro,sono sicura che ti divertirai.” Mi fece l’occhiolino.
"Esponiamo le regole basilari. Semplici quanto facili da ricordare. Colui che viene indicato al primo giro della bottiglia, dovrà baciare chi viene indicato nel secondo giro. E non vogliamo un bacio principesco, vogliamo passione chiaro? Ah, e in caso ci si rifiuti di baciare qualcuno, si può scegliere la penitenza, che può comportare qualsiasi altra cosa scelta dagli altri partecipanti. Tutto chiaro?" Spiegò Amy,ricevendo l’assenso dei partecipanti.
Il primo giro toccò a una ragazza che non avevo notato precedentemente, che andò a baciare il ragazzo con cui mi ero scontrata in bagno.
Il secondo e il terzo videro protagonista Jay, alle prese prima con la moretta che era ancora attaccata al braccio di Sven, a seguire con la rossa tettona.
E quella da dove era spuntata adesso?
Il gioco era più divertente di quel che sembrava, constatazione data dal fatto che forse fossi anche leggermente brilla.
"Sam con Jay!" Annunciò Dee, per farmi risvegliare dal mio stato meditativo.
"E?" Chiesi ritornando alla realtà, facendomi sfuggire però quanto accaduto nell'ultimo lasso di tempo.
"Ma sempre io?" Fece Jay con un risolino.
"Come se ti dispiacesse." Commentò Sven senza nessun tono solito di divertimento nella voce.
Mi girai a fissarlo, trovandolo con uno sguardo serio  mentre attendeva che ciò che era da fare venisse fatto.
“Sam, ci sei? Devi baciare Jay,avanti!” Mi spronò Amy,scuotendomi dalle spalle per farmi riprendere.
“Ah si,io..”
“Io mi rifiuto.” Disse improvvisamente Jay, facendo ammutolire tutti.
Alzò le mani in segno di resa, lasciandosi scappare una smorfia non appena puntò il suo sguardo in quello dell’amicone Sven.
Molto probabilmente, se fossi stata in Jay, anche io mi sarei tirata indietro alla vista di quello sguardo tagliente..ero sicura stesse progettando di tranciarlo.
Ma no,dopotutto dovevo essermi sbagliata!
“Visto? Non l’ho toccata.” Ci tenne a precisare Jay, guardando in faccia l’amico.
..o forse non mi ero affatto sbagliata.
“Allora scegli la penitenza?” Chiese Amy con aria confusa.
“Purtroppo sì.” Sospirò. “Non prenderla a male Sam, sai bene quanto non mi dispiacerebbe..” Aggiunse poi con fare allusivo.
Non poté finire la frase che gli arrivò un cuscino in faccia. “Amico,te non ci tieni proprio per niente alle tue palle..” Fece Sven in un sibilo.
Ma da che gravi problemi era affetto? Avrei tanto voluto capirlo!
Non ci fu il tempo per metterci d’accordo sulla penitenza da fargli svolgere, che la voce di Joe ci richiamò.
"Ragazzi venite qui, tra poco c'è il conto alla rovescia!" Urlò rivolto a noi, per invitarci a raggiungerli.
Tutti lasciammo perdere il gioco e ci dirigemmo verso la televisione, radunandoci  intorno a essa.
Accidentalmente finii vicino a Sven, ma non me ne curai più di tanto fino a quando Joe non dovette fare uno dei suoi soliti commenti.
"Ricordatevi il bacio della mezzanotte." Ammiccò in mia direzione, facendomi salire un insana voglia di frustarlo a nastro.
L'alcool mi rendeva un po' violenta..
Mi ripresi dai miei pensieri quando sentii gli altri iniziare a urlare il conto alla rovescia, e a quel punto vi partecipai anche io.
"10"
Vidi Trent sorridere a Amy mentre cominciava già ad avvicinarsi.
"9"
Notai Joe afferrare per un braccio Adison prima che l’imbarazzo vincesse su di lei.
"8"
Guardandomi intorno notai una strana aria di allegria e di pace, di felicità nel volto di tutti.
Probabilmente molti non vedevano l'ora di lasciarsi alle spalle il vecchio anno.
"7,6,5,4.."
Mi girai a fissare Sven, cercando di non farmi beccare da lui.
Se fosse stato uno spilungone magrolino e con tanti acne sulla faccia, avrebbe facilitato le cose!
Quella che mi legava a lui era un attrazione fatale e autodistruttiva, e io ci tenevo a me stessa e alla mia integrità.
Si, me lo sarei tolto dalla testa, avrei troncato la cosa sul nascere e avrei vissuto l'anno nuovo serenamente. Da domani si ritornava alla normalità.
Mentre alzavo nuovamente gli occhi su di lui, mi accorsi che anche lui mi stesse fissando con un sopracciglio inarcato.
Ops..ero stata beccata.
Però la sua espressione non era divertita ma era estremamente seria, quasi scocciata, che ce l'avesse con me per prima?
Bhe, cazzi suoi no?
"3,2,1..Buon anno!" Urlarono delle voci, anche se sembrarono lontane anni luci alle mie orecchie.
Ebbi appena il tempo di vedere Jay stappare una bottiglia di Champagne e Trey avvicinarsi a Dee, prima che la mia attenzione venisse catapultata di nuovo su di lui.
Mi fissò intensamente, senza che però riuscissi a capire cosa gli passasse per la testa.
Lo vidi schioccare la lingua, e in meno di un secondo le sue mani si appoggiarono sul mio viso attirandomi verso di lui.
Appena le nostre labbra combaciarono, mi sembrò quasi di sentire lo scoppiettio dei fuochi d'artificio, o forse il suono era reale visto che si trattava pur sempre del primo dell'anno.
Non ci misi molto ad aggrapparmi alle sue spalle e a ricambiare il bacio.
Sorrisi inconsapevolmente sulle sue labbra, prima di affondare una mano nei suoi capelli per attirarlo maggiormente a me.
In quel momento sembrava che tutto ciò che si trovasse intorno a noi si fosse affievolito o fosse addirittura scomparso, ripresi a sentire le urla degli altri solo quando il bacio si interruppe a causa del fiato che a quel punto era venuto meno a entrambi.
Ci fissammo per qualche altro attimo e io non sembrai più capire niente, la mia mente sembrava caduta in una specie di limbo.
Solo quando vidi il suo solito sorrisetto da faccia da cazzo, allora mi risvegliai completamente.
Tolsi, come se mi fossi scottata, le mani dai suoi capelli.
Lo fissai un’ultima volta con espressione stralunata, prima di svincolare dalla sua presa e allontanarmi.
Mi sentivo..male.
Il cuore sembrava prossimo a esplodermi nella cassa toracica, e non ero sicura che un salto all’ospedale sarebbe riuscito a guarirmi.
Mi allontanai dal rumore e dall’espressione felice di tutti, entrando nella cucina isolata e sorreggendomi con le mani al bancone.
Piegai la testa all’ingiù e chiusi gli occhi.
Pensa Sam,riprendi la tua lucidità per favore,prima che ti prenda a schiaffi.
Questa frase era l’unica che la mia coscienza faceva in modo di farmi ronzare in testa, oltre a che: Bel modo del cazzo per iniziare il nuovo anno,complimenti Sam,un applauso a ‘sta testa di merda!
“Vaffanculo!” Sibilai con un ringhio di esasperazione in protesta alla mia stessa coscienza,mentre con gesto automatico afferravo il primo bicchiere che avessi a portata di mano scagliandolo contro la parete opposta.
Oh cazzo, meglio sparire di là prima che Amy se ne accorgesse. Mi dissi.
Corsi verso le scale, iniziando a salirle rapidamente in modo da arrivare finalmente in un luogo sicuro, almeno speravo..
Mi infilai dentro la prima camera che trovai, sbattendomi la porta alle spalle con talmente tanta forza che rimbalzò, riaprendosi leggermente.
Quando mi guardai attorno mi resi conto si trattasse proprio della camera di Sven, che ironia!
Mi tolsi con gesto seccato i tacchi dai piedi, lanciandone uno alla rinfusa per la camera, mentre l’altro decisi di tenerlo in mano come antistress.
In quel momento avevo una gran voglia di spaccare tutto.
Ero arrabbiata con lui, ma ancor di più con me stessa.
Che cazzo mi era passato per la testa? Per caso l’ossigeno aveva deciso di non arrivarmi più al cervello?
Io, Samantha Jackson, la ragazza di ghiaccio che non permetteva a nessuno di avvicinarsi e di farla fessa, era appena caduta nella trappola del suo peggior nemico.
Non ci potevo ancora credere e più mi ripetevo l’accaduto, più la cosa iniziava a sembrarmi surreale.
Piegai la testa all’indietro e mi liberai ad una risata isterica, degna di una persona che dovrebbe essere rinchiusa in un centro psichiatrico e non in una camera a camminare avanti e indietro senza un motivo preciso con una decolté tacco 15 in mano.
La mia risata non era ancora terminata quando la porta si spalancò con un tonfo, richiudendosi poi in egual modo.
Fu in quel momento che smisi di camminare avanti e indietro, ritornando sull’attenti e girandomi verso la fonte di quel rumore.
Rimasi interdetta per meno di tre secondi, prima di reagire e cercare di riprendere il controllo della situazione, con il sopracitato Sven Clark impegnato a girare la chiave nella serratura della porta.
Cominciai ad urlargli di uscire immediatamente, aggiungendoci anche qualche insulto ad effetto senza che però mi desse retta.
Aumentai le minacce quando lui incominciò ad avvicinarsi a me con passo deciso e sguardo determinato.
“Non osare avvicinarti,ho un arma in mano e non ho paura di usar..” Il resto della frase si disperse sulle sue labbra e la scarpa ricadde a terra nel momento in cui me la strappò di mano, per poi lanciarsela alle spalle senza neanche guardare cos’avrebbe potuto colpire.
Ero ancora spiazzata da quel rapido movimento, ma le mie labbra sembravano aver capito perfettamente come muoversi e le mie mani dove andare a toccare prima ancora che potessi realizzare cosa stesse succedendo.
Mi ritrovai sbattuta contro l’armadio in maniera talmente forte e rude, che avrei rischiato di rimbalzare come una palla se non ci fosse stato il suo corpo davanti  ad impedirmi di muovermi anche solo di un centimetro.
Feci per infilare nuovamente le mie mani nei suoi capelli, che avevo scoperto mi piacessero più di quanto mi sarei mai potuta immaginare, quando lui mi bloccò le braccia sopra la testa tenendomi dai polsi con una mano.
Ah, capito lo stronzo? Neanche darmi l’onore di toccarlo.
Se pensava che avrebbe avuto lui il controllo della situazione,si sbagliava di grosso, perché io non mi sottomettevo mai a nessuno.
Quel gesto mi irritò a morte, talmente tanto da farmi risvegliare nuovamente dal mio stato vegetativo.
Alzai un ginocchio pronta a colpirlo nelle parti basse, ma lui riuscì a scansarmi e a bloccarmi anche le gambe prima che potessi riprovarci.
A quel punto gli morsi con forza il labbro, al punto da farglielo sanguinare.
Si staccò da me con un verso infastidito, prendendo subito dopo a toccarsi il labbro ferito con le dita, pulendosi il poco sangue che era uscito.
“Ma sei completamente impazzita?!” Mi urlò contro con sguardo scioccato,leccandosi poi con la lingua gli ultimi residui di sangue.
Per un momento mi dimenticai di rispondere, troppo presa da quella visione.
Oh si,ero completamente impazzita. Direi che non c’era bisogno di lui per ricordarmelo.
Scossi la testa e spensi il cervello, sempre se possibile, e sempre se ne avessi mai avuto uno a quel punto..prima di prepararmi a parlare in modo che recepisse il mio messaggio forte e chiaro.
Io non sarei andata a letto con lui. Né in quel momento,né mai più nella vita.
“Ascoltami bene.”  Dissi con decisione e con grande orgoglio verso me stessa, pronunciando quelle parole in maniera sublime.
Peccato che però razzolai male subito dopo, quando i miei occhi si posarono sul suo sorrisetto malizioso capace di far svenire e venire, in base alle preferenze, più della metà della popolazione femminile.
Strinsi in pugni e feci per continuare a parlare ma, nonostante i miei sforzi per far uscire anche solo qualche monosillabo, le mie labbra avevano deciso di rimanere serrate fino a quando non avessi deciso di dire qualcosa che a loro fosse piaciuto.
Ormai senza fiato, stremata e arresa di fronte alla mia volontà più profonda, sospirai profondamente e abbassai la testa in modo da formulare un pensiero diverso.
Quando rialzai lo sguardo incontrai i suoi occhi divertiti, e repressi la voglia di prenderlo a schiaffi solo perché avevo qualcos’altro di più importante da fare.
“Una premessa.” Mi uscì infine, prima che io potessi rendermene conto.
Ormai il mio corpo reagiva per me.
E ora come avrei dovuto continuare dato che lui mi stava fissando in attesa?
Per una volta che aveva acconsentito a chiudere quella sua boccaccia ,io non sapevo cosa dire? Ma dalla parte di chi stava, il mondo?!
Sospirai nuovamente -ormai era diventata un abitudine- prima di dire la prima cosa che mi fosse passata per la testa, a ragionare a quel punto avevo rinunciato.
“Questa sarà la prima..” Ed ecco che di nuovo sbagliavo.
No cazzo, non era la prima, ma la seconda ormai. Dovevo ancora abituarmi all’idea..
“La seconda..” Mi corressi,facendolo scoppiare in una risata roca.
Mi faceva piacere il fatto che almeno uno dei due si stesse divertendo.
Davvero esilarante, lo giuro.
“Questa sarà la.. seconda ed ultima volta che verrò a letto con te.” Dissi con una smorfia, neanche io convinta delle mie parole.
Sembravano ridicole a me,figuriamoci a lui che non stava dentro il mio cervello malato.
Ci fu un attimo di silenzio e in quel momento realizzai -anche se ultimamente realizzavo sempre in ritardo le cose- di quante idiozie fossi riuscita a mettere in una sola e semplice frase.
Mi ero ficcata in un guaio anche da sola.
Perché, chi mi avrebbe assicurato che poi sarei riuscita a resistere all’impulso di saltargli addosso ogni qual volta lo avessi visto?
Maledizione Sam,ti devo insultare? Smettila di avere un intelligenza pecorina e riprendi a ragionare. Certo che ce la farai!
Dannazione sì, la mia coscienza aveva ragione!
“Ok,ora posso avvicinarmi o hai intenzione di, che so..infilarmi le unghie nelle palle questa volta?” Chiese con ironia e un risolino divertito, dopo che ebbe pensato alle mie parole.
“No, per questa volta puoi stare tranquillo.”  Risposi con provocazione,prima di far scontrare nuovamente le nostre labbra.
Quello che successe dopo è di facile immaginazione, a cui non presto una descrizione per il semplice fatto che non avrei mai potuto descrivere una notte come quella.
E sicuramente sarebbe stata vietata ai minori. Assolutamente da censurare.
 
Dopo quella fatidica notte,ripetemmo lo stesso discorso nel bagno di un pub..così come lo riprendemmo mentre lui era impegnato in un incontro d’affari con Marcus.
Mi sentii ridicola quando fregai la macchina di Trent per correre fino all’indirizzo che mi aveva mandato tramite messaggio, e mi sentii ancora più idiota quando mi resi conto di cosa stavo per fare.
“Buongiorno, avrei bisogno di essere ricevuta con urgenza dal signor Clark.” Parlai alla segretaria che stava davanti all’ingresso dello studio.
“Mi dispiace signorina,ma al momento è impegnato.” Rispose con cortesia.
“Il mio nome è Samantha Jackson, potrebbe farmi il favore di dirgli che lo sto cercando? In caso non avesse tempo,ripasserò.” Continuai imperterrita, nonostante fossi pienamente consapevole del fatto che il tempo l’avrebbe trovato eccome..
Sospirò arrendendosi. “Mi dia cinque minuti.” Svincolò dalla sua postazione e si diresse verso il lungo corridoio, prima di bussare e aprire una porta per poi scomparire al suo interno.
La vidi uscire qualche minuto dopo, in compagnia di Sven.
Aveva l’aria spossata e sfinita mentre mi veniva incontro.
“Grazie mille.” Dissi alla ragazza, nel momento in cui mi passò affianco.
“Si figuri.” Sorrise, riprendendo la sua postazione.
Spostai la mia attenzione su Sven, che in quel momento mi aveva definitivamente raggiunta.
Si schiarì la voce. “Prego signorina Jackson, mi segua.” Fece con fare serio,cercando di reprimere una risata.
Mi morsi un labbro per non esplodere e lasciai che lui mi facesse strada verso una stanza qualche metro più un là rispetto a quella da cui era precedentemente uscito.
Non appena ci richiudemmo la porta alle spalle fu già pronto per saltarmi addosso.
Lo staccai a malincuore, piantandomi in volto un espressione fintamente imbronciata.
“Ma come,non mi dici niente?”
“Per cosa?” Chiese confuso.
“Non ti piace il mio nuovo trench rosso?”
Non era stata una casualità che l’avessi scelto di quel colore.
Mi lanciò un’occhiata fugace. “Direi proprio di sì.” Sorrise malizioso, prima di attirarmi nuovamente verso di lui.
Mi staccai ancora una volta, provocando in lui uno sbuffo contrariato.
“In caso non l’avessi capito, non abbiamo molto tempo a disposizione. Che c’è ancora?” Fece irritato, osservandomi duramente con le braccia incrociate al petto.
“Volevo un opinione..” Feci vagamente.
“Ti piace più questo..” Indicai il trench, mentre prendevo a sbottonarlo lentamente.
“O questo?” Lo feci cadere a terra, rimanendo davanti a lui con indosso un completo rosso ricamato in pizzo che non lasciava praticamente nulla all’immaginazione.
Sortì l’effetto sperato quando lo vidi spalancare la bocca e fissarmi intensamente da testa a piedi.
Ispirò profondamente gonfiando il petto e passandosi una mano sulla faccia per cercare di darsi un contegno. Sorrisi compiaciuta alla vista della sua reazione.
Mi afferrò prepotentemente dalla vita, toccando il mio corpo con bramosia.
“Mi lascerò lacerare dal dubbio..nel frattempo ci liberiamo di entrambi, che ne dici?” E slacciò il mio reggiseno,facendolo ricadere a terra insieme al trench.
Mi ritrovai fuori dall’edificio una quindicina di minuti dopo, con un sorriso ebete stampato in faccia e con i capelli non propriamente scompigliati ad arte.
 
Riaffrontammo l’argomento anche in un misero pomeriggio settimanale mentre ero intenta a studiare la mia materia preferita, si fa per dire, ovvero biologia.
Mentre ripassavo e sgranocchiavo delle patatine,sentii suonare il cellulare.
Distolsi l’attenzione dal libro e sollevai i vari cuscini del divano per scovarlo.
Lessi sullo schermo: Sven.
Dannazione,perché arrivava sempre nei momenti più sbagliati?
“Che vuoi?” Risposi, con la bocca piena di patatine.
“Stai mangiando?”Insinuò, trattenendo una risata.
“Cosa vuoi?” Ripetei, ignorando la sua precedente domanda.
“Te, e anche immediatamente. Amy è uscita con Trent, questo vuol dire che rientrerà stasera..sempre se non dovessero intrattenersi oltre.”
Mi stupì della naturalezza con cui aveva affermato di volermi, ma cercai di non rimanerne destabilizzata più del dovuto.
È solo un rapporto carnale. Continuavo a ripetermi.
“Sto studiando.”
In realtà stavo leggendo la stessa frase da almeno un quarto d’ora e non c’era verso che mi entrasse in testa..Ma perché dovevo concedergli altre soddisfazioni?
“Non sparare stronzate.” Rispose stizzito.
Sospirai. “Non sto sparando stronzate. Nel caso te ne fossi dimenticato, domani la prof di biologia, la stessa donna che ha un amore incondizionato per me, farà delle domande per accertarsi che siamo al passo con il programma. E io non apro il libro da un mese!”
“Come sarebbe a dire che non apri il libro da un mese?” Ripeté sorpreso. “Si può sapere che hai avuto di tanto impegnativo da fare per non darci neanche un’occhiata?”
“Mah non lo so..” Finsi di pensarci. “Forse stare dietro a te e ai tuoi capricci?!” Insinuai scorbuticamente.
Beh,dopotutto era vero. Era per colpa sua se non avevo aperto libro..
“Andiamo, non avresti aperto libro comunque.”
Mi leggeva nella mente per caso? No perché cominciava ad irritarmi la cosa.
“Che vuoi? Cosa vuoi?!” Chiesi scorbuticamente, stritolando tra le mani il libro.
Non provavo affatto pena per lui.
“Mi sembra di avertelo già detto, voglio te. Ti muovi a venire o devi ricorrere alle maniere forti?”
Digrignai i denti, ma mi imposi di non uscire di casa di corsa per raggiungerlo.
Dovevo smetterla di essere così patetica!
“Mi dispiace per te ma dovrai aspettare, al momento sono impegnata.” E riattaccai.
Una volta chiusa la comunicazione mi abbandonai ad un respiro profondo.
Cercai di reprimere il sorrisetto che mi stava spuntando sul volto ma non ci riuscii.
Sì diamine, ce l’avevo fatta! Ero riuscita a dirgli di no!
Mi alzai dal divano e mi dimenai in un imbarazzante balletto.
Per fortuna non c’era mia madre a vedermi.. quasi ventiquattro anni di cristiana e ancora lo spirito di una bambina.
Feci troppo presto forse a cantar vittoria, perché sentii dei colpi alla porta di casa.
Oh no.. Sbiancai.
Mi avvicinai ad essa titubante,guardando attraverso lo spioncino.
Accidenti, era proprio lui! Avrei dovuto aspettarmelo!
“Non c’è nessuno in casa!” Gli urlai da dietro la porta, sperando che avrebbe rinunciato per quel giorno vedendo la mia assoluta contrarietà.
Notando che non mi stessi prendendo la briga di aprire, prese a suonare al campanello in maniera ossessiva, attaccandosi poi definitivamente ad esso e facendo emettere un lungo trillo stona timpani.
 Non cedetti neanche a quello e a quel punto riprese a bussare con forza, prima di interrompersi di colpo facendo aleggiare un sospettoso silenzio.
Mi staccai titubante dalla porta, prima di guardare fuori dallo spioncino per controllare la situazione.
Non feci in tempo ad accertarmi di quello che stesse succedendo, che sentii la serratura della porta scattare.
Impulsivamente mi buttai su di essa, spingendo con tutte le mie forze senza però riuscire a prevalere su di lui.
Con un ringhio si fece spazio in casa, lasciando che poi la porta si richiudesse alle sue spalle con un tonfo.
“Come diavolo..?” Fu la mia prima domanda, mentre lo guardavo con espressione scioccata e confusa.
In risposta lui fece tintinnare le chiavi di scorta che tenevo nascoste dentro la pianta a lato della porta, prima di lanciarmele affinché le afferrassi.
“Sei prevedibile.” Commentò in merito.
Buttai distrattamente le chiavi sul divano, prima di tornare a dedicarmi interamente a lui. Prima se ne andava, e meglio era.
“Ti ho già detto che devo studiare, quindi hai fatto della strada inutile per arrivare fin qui.” Gli diedi le spalle e mi andai nuovamente a sedere sul divano, con il libro di biologia in grembo. Finsi di concentrarmi su quello che avrei dovuto leggere, quando lui mi si avvicinò.
“Hai il libro al contrario.” Osservò sedendosi al mio fianco.
Lo fulminai e girai il libro nella direzione giusta, continuando a ignorare la sua presenza.
“Come vuoi..” Commentò, prima di appropriarsi del telecomando e accendere la tv.
Alzò il volume ad un livello tale che non riuscii più a sentire neanche il flusso dei miei pensieri.
Mi girai verso di lui per urlargli in faccia. “Spegni questo dannato..” Il resto della frase morì sulle sue labbra non appena mi afferrò da dietro la nuca per attirarmi a lui.
Spense la televisione con la mano libera, mentre poi la fece scendere lungo il mio fianco.
Seguii i suoi movimenti rapita e, quando mi afferrò il libro che avevo in grembo per buttarselo alle spalle, non protestai e mi lasciai trascinare sulle sue gambe.
Si alzò in piedi continuando a tenermi stretta a lui, e in un attimo raggiungemmo la mia camera.
Mi buttò sul letto e cominciò a sfilarmi la maglia, mentre mi sovrastava con il suo corpo.
Cominciava ad irritarmi il suo comportamento costante da maschio alfa.
Con una spinta riuscii a levarmelo di dosso e a buttarlo sul materasso.
Approfittai del suo momentaneo stato di confusione per posizionarmi a cavalcioni sopra di lui.
“Eh no!” Commentò,prima di provare a ribaltare nuovamente le posizioni.
Non glielo permisi. “Ma insomma,perché devi stare sempre tu sopra?”
“Perché sono più bravo.” Rispose con un sorriso impertinente.
“E chi te lo dice? Non sono mai stata io sopra!”
“E mai ci starai!” Continuò imperterrito.
“Oh ma guarda un po’, è proprio sopra che mi trovo in questo momento.” Feci con un sorriso sarcastico.
Prima che potesse ribattere mi abbassai per poterlo baciare, ma lui oppose resistenza.
“Si può sapere qual è il tuo problema?” Sbottai.
Lui distolse lo sguardo, così mi divertii a punzecchiarlo.
“Cosa c’è? Ti senti una femminuccia a stare sotto?” Lo pungolai.
Mi fulminò con lo sguardo. “Non è quello il problema, razza di idiota. È che ho..qualche problemino a controllarmi in questo modo.” Confessò.
“Vorrà dire che durerà meno.” Feci spallucce e mi ributtai su di lui, che questa volta rinunciò a ribellarsi.
Ci ritrovammo qualche minuto più tardi nudi, spossati e fermi uno affianco all’altro e rimirare il soffitto. C’era una crepa, avrei dovuto ridare il bianco..
Poi mi girai per fissarlo, mentre lui continuava a stare a pancia in su con gli occhi chiusi.
Non potevo crederci di come si fossero evolute le cose tra di noi, non avrei mai pensato che saremmo arrivati a tanto.
Ma lui era così bello..e così dannatamente bravo, diamine!
All’improvviso mi venne da domandarmi se si stesse vedendo anche con altre nel frattempo, e fossi una delle tante con cui sfogarsi.
Il solo pensiero mi fece in qualche modo rabbuiare e sfuggire un sospiro.
“Cosa c’è?” Mi chiese, sempre con gli occhi chiusi.
Dirglielo o non dirglielo? Forse avrei potuto approfittare di questo momento in cui non mi stava torturando con i suoi occhi..
“Sven..io ho l’esclusiva?” Non avevo idea di come mi fosse uscita quella domanda, né tantomeno se lui avrebbe capito.
“L’esclusiva?” Ecco, appunto.
Sbuffai. “Dai, hai capito. Ti sto chiedendo se sono l’unica con cui stai andando a letto!”
L’espressione corrucciata gli andò via dal volto, facendo ritornare i tratti distesi e rilassati.
Aspettai con ansia una risposta ma non sembrò volermela fornire,e quello mi fece già capire tutto..
“Lascia stare, ho già capito..” Scossi la testa e feci per alzarmi dal letto e indossare di nuovo i vestiti, ma lui mi afferrò da un polso prima che potessi farlo.
Mi tirò a sé con uno strattone e mi fece ricadere sul suo petto.
Alzai di poco la testa per fissarlo, e mi scontrai inevitabilmente con i suoi occhi neri, profondi e scuri come la pece.
Mi fissò per qualche istante e poi..si mise a ridere.
Mi stava prendendo in giro?
Gli diedi uno schiaffo sul petto e feci per rialzarmi, ma prontamente me lo impedì un’altra volta e mi bloccò contro il materasso con lui sopra di me.
“Lasciami, Sven.” Commentai con apatia, mentre lui mi teneva rinchiusa in quella morsa con i gomiti appoggiati al lato del mio corpo.
L’espressione divertita era solo un lontano ricordo, ora mi guardava come se mi stesse scavando dentro.
Mantenni il confronto con qualche difficoltà, ma quella volta non mi arresi davanti ai suoi occhi.
Alla fine scosse la testa e con un verso frustrato fu lui a distogliere lo sguardo, guardando un punto imprecisato alla sua destra.
“Sì,  sei l’unica. Anche volendo le altre..non mi eccitano più.” Fece una smorfia.
Le altre non mi eccitano più..
Sei l’unica..
Rimasi a fissarlo a bocca aperta e con gli occhi spalancati.
L’aveva detto davvero? Era la verità?
Se in quel momento fossi balzata in piedi e mi fossi dimenata in un altro imbarazzante balletto, sarebbe scappato a gambe levate? Probabilmente sì, per questo mi trattenni dal farlo e continuai a guardarlo come se fosse un dono prezioso da Dio. Il mio dono prezioso da Dio.
Non ricevendo risposta si girò nuovamente per fissarmi, aggrottando le sopracciglia alla vista della mia reazione.
Sapevo fosse spaventato da quello che il mio cervello stava ingranando.
“Quella faccia non mi piace per nien..”
Lo afferrai prepotentemente dal collo e feci scontrare le sue labbra con le mie.
E in quel momento, mi sentii al settimo cielo.

 
Buonasera gente!
Sì.. buonasera una cippa. Ho la gola infiammata, la cervicale, la febbre e la modalità: impreco come una schizofrena- attiva. Inoltre il mio computer è più lunatico di me: un giorno prima non dà segni di vita, il giorno dopo rinasce.
QUALCUNO SI STA DIVERTENDO A PRENDERMI PER IL CULO.
Ma ora mi calmo... lo giuro. O_O
Allora...
Abbiamo visto i nostri due protagonisti alle prese con un'altra sorta di patto: sono diventati scopa-amici, o sarebbe meglio dire scopa- nemici?
A Sam al momento sembra star bene così, e per lo meno ha avuto la conferma di essere l'unica.
Insomma, loro non hanno una vera relazione ma hanno reciprocamente l'esclusiva.
Che storia è mai questa?
Forse Sam è troppo nel mondo dell'amore per rendersi conto che si sia cacciata in una ridicola situazione.
Spoiler velati:
Nel prossimo capitolo entrerà in scena un nuovo personaggio: Jade.
Ragazzo in gamba, dolce, simpatico e semrpe positivo.. insomma, l'opposto di Sam, ma forse le ci vuole una persona così, no? Peccato che Sven non potrebbe pensarla allo stesso modo.
A proposito di quest'ultimo, ha raggiunto il padre per un incontro d'affari, e la nostra piccola Sam è rimasta in totale solitudine per un po' di giorni.
Al ritorno di questo, però, c'è qualcosa di diverso.. che il viaggio per andare a incontrare il paparino abbia avuto un risvolto inatteso?
E questo risvolto, alla nostra Sam non piacerà per niente.
Ma non temete, la gelosia per una volta aggiusterà le cose, e forse spingerà Sven a fare una proposta alla nostra carissima schizofrenica..
E.. tenete duro, la verità arriverà presto!

Un bacio enorme e un buffetto affettuoso a chiunque mi stia seguendo, a chi si prende l'impegno di recensire i capitoli.. non sapete quanto mi fate felici, davvero!
E' proprio perché vi adoro che mi sforzo di pubblicare anche quando lo stato zombie ha avuto la meglio su di me!
Mi scuso per non aver risposto ad alcune recensioni, ma la febbre mi abbatte brutalmente.
Non appena riuscirò a recuperare un po' di sonno e riacquisterò l'uso della mente, allora lo farò al più presto. E scusatemi per gli errori grammaticati, ma non ci sto molto dentro con la lucidità ahahah.
Alla prossima!
Xoxo. Heartless.

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 23. ***


Ero chiusa in casa da due giorni,senza nessuno sbocco alla vita.
Gli altri erano troppo impegnati a dedicarsi alla loro vita sentimentale per prestarmi attenzione, e Sven era dovuto andare con il padre dall’altra parte del paese per delle trattative.
Insomma,rimanevo da sola a crogiolarmi nella mia solitudine e a ingozzarmi di quantità industriali di gelato.
Mi presi anche del tempo per riflettere, capendo quanto fosse miserabile la mia esistenza.
Non mi ero neanche accorta di come la mia vita avesse preso a girare intorno a lui, fino a quando non mi ritrovai senza la sua presenza.
Capii di dover fare qualcosa quando mi accorsi che la situazione mi stesse sfuggendo di mano.
Insomma, noi non eravamo una coppia, anche perché se no si sarebbe preso la briga di scrivermi anche solo un messaggio durante la sua assenza.. e invece non l’aveva fatto. Quel dannato cellulare non aveva squillato neanche una volta.
Lo guardai con astio.
Insomma,vibra,trilla,illuminati..fai qualcosa dannazione! Lo accusai.
Sbuffai e alla fine rinunciai,decidendo di mettermi addosso le prime cose che mi fossero capitate a tiro e andare a farmi una passeggiata.
Mi diressi verso il solito parco,in cui usualmente impegnavo il mio tempo a correre.
Nelle ultime settimane direi che stavo facendo già abbastanza attività fisica senza dover sprecare il mio tempo anche in quello..
Proprio mentre feci per sedermi su una panchina, mi sentii richiamare da una voce.
“Scusa!” Mi girai e mi trovai davanti un ragazzo dai capelli color grano e due lucenti occhi azzurri. Per quanto fossero belli, preferivo quelli neri di Sven..erano più intensi.
Diamine,potevo smettere di pensare a lui almeno per cinque minuti? Che agonia!
Aprì tra le mani un foglietto accartocciato, prima di mettermelo sotto gli occhi.
“Sai per caso dove si trova?” Quella che mi stava facendo vedere era la foto del mio istituto!
“Sì certo,anche io vado là..” Gli risposi con un sorriso,facendolo illuminare.
“Fantastico! Potrei chiederti di darmi delle indicazioni per arrivarci?” Domandò con fare cortese. Ma che carino che era, e che sorriso!
Descrivergli il percorso da intraprendere..
“Se vuoi ti accompagno,anche perché è un po’ distante da qua e non riuscirei a spiegartelo in modo che tu possa capire.”
Si rimise il foglietto in tasca, sorridendomi sollevato. “Te ne sarei molto grato!”
Ci dirigemmo verso l’uscita del parco in religioso silenzio..l’imbarazzo si tagliava con un coltello.
“Allora..” Provai a intavolare una conversazione, giusto per non dover passare così i restanti minuti che ci separavano dalla meta.
“Sei nuovo da queste parti?” Domandai.
“Sì,mi sono trasferito qui da poco più di una settimana.. e ho ancora qualche difficoltà ad ambientarmi.” Ridacchiò imbarazzato.
Come lo capivo..neanche io ero una campionessa di orientamento.
“Come ti capisco,quando mi sono trasferita qua qualche anno fa anche a me ci è voluto un po’ di tempo.. tra l’altro non conoscevo ancora nessuno.”
Mi guardò ammirato. “Non conoscevi nessuno e ti sei trasferita in un posto del genere lo stesso?”
“Sì, perché? Non è quello che hai fatto anche tu dopotutto?” Domandai confusa.
“Beh effettivamente sì, ma io sono un maschio.”
“E questo che vorrebbe dire?” Inarcai un sopracciglio in maniera irritata.
Stavo cominciando a surriscaldarmi per nulla,me ne rendevo conto.
Il problema era che fossi frustrata e,purtroppo per lui,mi aveva incontrata nel mio giorno ‘no’.
Alzò le mani in segno di resa. “Scusami,non intendevo offenderti in nessun modo.”
Scossi la testa con un sospiro. “No,scusa te. Me la sono presa per niente, è solo che sono un po’ nervosa ultimamente..” Cercai di sorridergli,prima di svoltare a destra dopo un incrocio.
“Problemi di cuore?” Azzardò.
“Touché.” Incassai il colpo.
Mi osservò per qualche istante in stato meditativo.
“Non ti dirò le solite frasi del tipo ‘se ti fa soffrire vuol dire che è quello sbagliato per te e che meriti di meglio’ perché non ti conosco. Però penso che bisognerebbe reagire per far fronte a situazioni del genere. Chiuderti fuori dal mondo non serve per aggiustare le cose.”
Arrestai il passo e lo fissai stralunata, con la bocca socchiusa.
“Scusami..” Si grattò la nuca in modo imbarazzato. “Penserai che sono stato un impiccione.”
Scossi la testa con un sorriso e ripresi a camminare. “Niente affatto, pensavo solo che tu avessi ragione.”
Ma che razza di vita era la mia? Rimanevo a casa a crogiolarmi nel mio dolore e poi uscivo e trovavo un ragazzo che mi faceva da psicologo senza che lo conoscessi.
E qual’era la cosa più bizzarra? Che avesse avuto perfettamente ragione!
Io non stavo facendo niente per cambiare la situazione, mi stavo limitando a guardarmi mentre la vivevo. Me ne stavo con le mani in mano senza far nulla per cambiare le cose, non potevo lamentarmi!
Il trillo del mio cellulare mi riscosse dai miei pensieri,e lo estrassi dalla tasca per controllare chi fosse a cercarmi.
Era lui..
 
-Sono tornato ora a casa, non c’è nessuno. Vieni da me? Ne ho bisogno.-
 
Non aveva bisogno di me, aveva bisogno del sesso.
Sapevo che non avrei dovuto, ma forse sarebbe stata l’occasione per farmi valere.
Sospirai, arrendendomi.
“Ti dispiace proseguire da solo? Avrei una cosa da fare..”
Mi sorrise rassicurante. “Certo che no, dimmi solo verso dove devo proseguire.”
“Siamo praticamente arrivati. Vai sempre dritto fino al semaforo e poi gira a destra. Vedrai da lontano l’edificio, non puoi sbagliarti.”
Guardò la strada che gli avevo tracciato con il dito e annuì, prima di salutarmi con un sorriso.
“Beh.. grazie mille, spero di incontrarti per i corridoi!”
“Di nulla, farebbe piacere anche a me. Buona giornata!” E corsi via dopo aver sventolato una mano in sua direzione.
Ebbi una botta di culo stratosferica quando mi passò davanti il pullman, che riuscii a prendere per un soffio in modo da sbrigarmi prima.
Non passò molto tempo prima che mi ritrovassi a suonare alla porta di casa sua.
Mi aprì dopo soli pochi secondi, prima di sbattermi sulla porta appena ebbi sorpassato la soglia.
Ora ero stufa di quei continui giochetti, era arrivato il momento di darci un taglio.
“Sven.” Protestai, serrando le labbra senza consentirgli l’accesso.
A lui non sembrò interessare il mio mugolio di protesta, e continuò a fare indisturbato quello che stava facendo.
Era un impressione mia, o era più nervoso del solito?
“Staccati..” Sussurrai cercando di sfuggire al controllo delle sue labbra.
Non si lasciò scoraggiare e prese a dedicarsi al mio collo.
Basta.
Lo spintonai dal petto,riuscendo finalmente a prendere le distanze.
“Si può sapere che diavolo ti è preso? Che c’è, sei più nervoso del solito?” Lo accusai.
Notando che non rispondesse, mi diedi da fare per provocarlo al meglio.
“Allora? Il viaggetto con il paparino ti ha destabilizzato?”
Notai i suoi occhi spalancarsi, mentre stringeva i pugni lungo i fianchi e irrigidiva la mascella cercando di darsi un contegno.
“Stai zitta.” Sibilò tra i denti, mentre distoglieva lo sguardo dal mio.
“Lo sapevo che non sarei dovuto andare.. che sorpresa di merda! Per non parlare della sua faccia, sembrava che la cosa non l’avesse minimamente sfiorato..” Continuò a farneticare parole senza un senso, o almeno per me non ne avevano.
Sapevo di essere andata da lui con uno scopo preciso, ma non mi sarei mai aspettata di trovarlo in quelle condizioni.
Non c’era traccia del solito Sven.. quello spigliato e sbarazzino.
Era ritornato quello dai comportamenti glaciali e rudi.
Vederlo in quello stato scatenò in me una reazione inaspettata.
Stavo male per lui.. stavo male vedendo che lui si stesse tormentando in quel modo.
E stavo ancora più male sapendo di non poter alleviare la sua angoscia, dato il fatto che non ne recepissi neanche il motivo.
Sospirai e mi avvicinai lentamente a lui, il quale sembrava essersi perso in meandri che erano ben lontani dal mondo reale.
Gli appoggiai una mano sulla guancia,facendolo sussultare e interrompere il suo monologo.
“Forse è meglio che tu vada a casa..” Mi consigliò con tono duro, seppur riuscii a scorgere un leggero tremolio nella voce.
Non se ne parlava, io sarei rimasta con lui a costo di uccidermi gli ultimi neuroni funzionanti.
“Non ne ho la minima intenzione. Sven!” Lo richiamai,notando avesse nuovamente lo sguardo perso nel vuoto. Gli afferrai il viso tra le mani e lo guardai con dolcezza, mista a comprensione. “Vorrei che mi spiegassi..”
“Non posso.” Mi interruppe bruscamente, spostando le mie mani dal suo viso.
Mi diede le spalle e si diresse verso il soggiorno, sedendosi sul divano e prendendosi la testa tra le mani.
“Devi restarne fuori..” Continuò a vaneggiare, con lo sguardo puntato su un punto indefinito sul pavimento.
Mi torturai l’orlo della maglietta per qualche istante, cercando di racimolare il coraggio per avvicinarmi.
Andiamo,dov’era finita tutta la mia grinta?!
Assunsi un espressione decisa e andai a sedermi al suo fianco,girandogli poi bruscamente il volto in mia direzione.
“Voglio aiutarti Sven..per favore dimmelo. So che senti la necessità di sfogarti con qualcuno..e ho anche io la necessità che tu lo faccia con me.”
Mi fissò per qualche istante in silenzio, scrutando i minimi tratti del mio viso in cerca di qualcosa di a me ignoto.
“Perché?” Chiese in un sussurro.
“Perché cosa?”
“Perché insisti tanto.”
Deglutii. “Perché mi fa male vederti così.”
Fece per dire qualcosa ma all’improvviso sembrò ripensarci e, con un risolino amaro, si lasciò ricadere sullo schienale del divano.
Il volto reclinato all’indietro a fissare il soffitto.
“L’ho rincontrata oggi..” Disse sommessamente.
A primo impatto feci per domandargli a chi si riferisse ma poi mi sembrò superfluo.
C’era solo una persona capace di scatenare in lui emozioni simili e non mi ci volle molto a capire chi fosse.
Si trattava della ragazza raffigurata nei suoi ritratti, la stessa di cui aveva bruciato la foto.
Non trovai nessuna parola adeguata da rivolgergli,  dopotutto forse non ero neanche la persona più adatta con cui parlarne.
“Visto? Non è una buona idea parlarne con te.” Ci tenne a sottolinearlo anche lui.
“Avresti anche potuto evitare di chiamarmi, allora.” Ribattei.
Mi guardò con fare imperscrutabile. “E perché mai? Non ti ho chiesto di stare ad ascoltare i miei problemi, ma di aiutarmi a svagarmi.”
Ah,quindi era così che funzionava? Lui chiamava e io accorrevo solo per soddisfarlo?
Proprio come..
“Io non sono la tua puttanella di fiducia.” Mi alzai in piedi inviperita, guardandolo freddamente dall’alto al basso.
Ghignò perfidamente. “Ah no?”
Cuore in frantumi, ridotto in cenere ,infilzato.
Non trovavo un modo per descrivere come mi sentissi in quel momento.
Tutti gli aggettivi che mi venivano in mente non erano abbastanza dolorosi per descrivere il mio stato.
Strinsi un pugno ma non riuscii a trattenermi e, con un movimento deciso, andai a colpire la sua guancia con il palmo della mia mano.
La vocina dentro la mia testa si era appena messa a intonare l’Alleluia, mentre fissavo l’espressione sconvolta di lui.
“Fottiti, Sven.”Girai i tacchi ed uscii di casa sbattendo la porta.
Presi a correre verso casa nel preciso istante in cui udii un tuono, prima che alcune gocce di pioggia cominciassero a scendere dal cielo.
“Cazzo!” Imprecai, mentre correvo verso casa a perdifiato.
Che stupida,ingenua, infantile che ero stata.
Avrei voluto smettere all’istante di provare tutto quello che stavo provando.
Entrai dentro casa e crollai con la testa infossata nel cuscino del divano.
Non avevo mai provato emozioni simili, così catastrofiche e devastanti in tutta la mia vita.
Forse perché..non ti eri mai innamorata prima, Sam! Disse la vocina nella mia testa.
Ero consapevole di essere ormai sulla strada del non ritorno, ma avrei dovuto trovare ugualmente il modo di tirarmene fuori.
Al solo pensiero di come mi sarei ridotta, continuando su quella strada, inorridii.
Non avevo intenzione di ritrovarmi col cuore spezzato, a piangermi addosso nell’oscurità della mia stanza.
Il problema? Il cuore avrebbe continuato a fare quello che voleva lui.
 
Il mattino seguente provai quasi un male fisico ad alzarmi dal letto,e la voglia di mettermi in moto per affrontare un asfissiante giorno di scuola non era per niente allettante.
Guardai fuori dalla finestra.
Dovevo farlo.. non potevo dargli la soddisfazione di non presentarmi neanche a scuola per colpa sua.
Scesi dal letto e mi preparai in fretta e furia, non persi neanche tempo a guardare il mio riflesso nello specchio.
Che ero un disastro tanto, lo sapevo già.
Uscii di casa e Trent era già là ad aspettarmi come tutte le altre mattine.
Grugnii un saluto e salii in macchina senza dire una parola di troppo.
Sapevo che avrei dovuto impegnarmi di più per non fargli capire il mio stato d’animo, ma francamente non ne avevo la forza.
“Che ti è successo?” Chiese appunto, mentre ingranava per uscire dal vialetto.
“Niente.” Risposi coincisa, ma lui non si lasciò scoraggiare.
“Che varrebbe a dire ‘tutto’, immagino.” Ipotizzò.
Sospirai e mi lasciai ricadere contro lo schienale del sedile, guardando fuori dal finestrino il tragitto che scorreva.
Per la prima volta nella mia vita, sperai di arrivare a scuola il più in fretta possibile in modo da rifugiarmi dal suo sguardo.
“Le cose con Sven ti stanno sfuggendo di mano, non è forse così?”
Mi girai a fissarlo e lo trovai intento a guardare la strada, lanciandomi di tanto in tanto qualche occhiata per incoraggiarmi a rispondere.
Non credo si sarebbe fatto andare bene il mio silenzio, così mi decisi a parlare sperando che non saremmo più ricaduti sull’argomento.
“Sono solo un passatempo per lui..uno stupido giocattolo con cui può intrattenersi nei momenti di noia. Sono la sua puttana.” Risi amaramente, ricordandomi che fosse anche lui ad avere insinuato una cosa simile.
“Tu non sei una puttana Sam, perché ci metti sentimento in quello che fai per lui.” Mi ammonì severamente.
“Non importa quello che provo io Trent, e in ogni caso dubito che lui possa accorgersene..” Preso com’è dal suo dolore.. avrei voluto aggiungere,ma volevo tenere per me quella parte relativa al suo passato.
Dopotutto, non sapevo neanche io a cosa fosse andato incontro, come potevo spiegarlo agli altri?
Ci furono attimi di silenzio che mi fecero illudere che la conversazione si fosse conclusa,ma avrei dovuto capire che fosse stato troppo presto per trarre conclusioni.
“Ti stai scottando, Sam.” Ma va? “Ma credo che questo tu già lo sappia.”
“Non hai intenzione di fare niente?” Mi spronò ancora.
Sbuffai esasperata. “Vorrei fare tante cose, Trent.” Risi senza allegria. “Ma quando si tratta di lui perdo la determinazione nel fare qualsiasi cosa, soprattutto se questo vorrebbe dire perderlo.” Anche se ero pienamente consapevole di non averlo neanche mai avuto.
Lo sentii trattenere il respiro e notai le nocche delle sue mani diventare bianche quando strinse con forza il volante.
“Sam..” Mi chiamò in un sussurro.
Lo guardai per attimi interminabili, cercando di trovare una spiegazione alla sua reazione.
Non ricordavo di averlo mai visto in quello stato, tanto meno così serio.
“Ricordo il tuo rapporto con l’amore prima di incontrare lui..” Rise. “Eri una con le palle e adesso guardati..” E lo fece lui, squadrandomi da capo a piedi. “Chi l’avrebbe mai detto.. Samantha Jackson fottuta dall’amore.”
Il tempo si congelò e il cuore smise di battermi nella cassa toracica.
O per lo meno, quella fu l’impressione che ebbi.
Avevo tentato di tenerlo nascosto persino a me stessa, ma mai avrei pensato che anche gli altri sarebbero arrivati al terribile dubbio che aveva assalito anche me.
E che ora..stava diventando una certezza.
“Io non so cosa..”
“Tu cosa hai scelto?” Mi interruppe.
Cos’avevo scelto? Che voleva dire?
Lo guardai interrogativa e lui, dopo aver parcheggiato nei pressi dei parcheggi, spense il motore e si appoggiò al sedile con la testa inclinata in mia direzione.
“Vuoi scappare o affrontarlo?” Specificò.
Cosa volevo fare? Non ne avevo la più pallida idea.
Francamente sarei volentieri corsa a casa, mi sarei buttata nel letto e avrei chiuso gli occhi per dormire. Con la speranza di svegliarmi almeno tra un paio d’anni.
Quello avrebbe voluto dire scappare, ma se ero davanti ai cancelli della scuola voleva dire che non lo stavo facendo..
“Non lo so..” Risposi sinceramente.
“È risaputo che mente e cuore non saranno mai sulla stessa lunghezza d’onda. Anche se tu agirai seguendo il cervello, alla fine cederai a quel muscolo che ti batte forte nel petto.” Me lo indicò. “E quando quest’ultimo avrà capito cosa fare.. a te non rimarrà che accettarlo. Inconsapevolmente, il cuore vince sempre.”
 
Le lezioni trascorsero in una sorta di quiete mistica, come se fosse solo la calma prima della tempesta.
Ripensai in continuazione alle parole di Trent, fino a quando il mio cervello si rifiutò di macchinare ancora sulla questione.
Dalla recente esperienza,avevo capito che pensare non produceva i suoi frutti come tutti credevano. A volte, fare semplicemente ciò che si voleva fare, faceva risparmiare tempo ed energia. Nel mio caso, mi risparmiava anche l’emicrania costante.
Non mi sentii mai più sollevata di quel momento,quando suonò la campanella della pausa.
Mi precipitai fuori dalla classe senza degnare di ulteriori attenzioni la professoressa, che era ancora intenta a trascrivere qualcosa alla lavagna.
Non mi interessava, io avevo bisogno di aria.
Buttai rapidamente i libri all’interno dell’armadietto e poi corsi verso i giardini esterni.
Ero corsa via così velocemente, che il cortile doveva ancora riempirsi dei soliti fumatori.
Camminai verso la mia panchina preferita, quella posta ai piedi di un ciliegio, e mi sedetti sopra di essa con un sospiro stanco.
Il vento mi sferzava il viso facendomi rabbrividire.
Non era una temperatura esattamente consigliabile per starsene con una semplice felpa addosso, ma non avevo avuto il tempo di racimolare neanche il cappotto.
L’esigenza di evadere aveva prevalso su tutto.
Ringhiai frustrata,prima di reclinare il capo all’indietro e chiudere gli occhi.
Sentii un brusio in lontananza, segno che qualcuno fosse già uscito, accompagnato dal rumore del vento e da un’altra voce più vicina.
“Ehilà!” Aprii un occhio e mi ritrovai davanti il ragazzo che avevo aiutato il giorno prima.
Indossava un giubbotto e una sciarpa, sicuramente era meno sprovveduto di me.
“Ciao!” Mi sforzai di salutarlo con un sorriso.
Si sedette al mio fianco e si guardò intorno con fare curioso. “Questo posto mi piace sai?”
“Io veramente non ci trovo nulla di particolarmente bello..”
Si girò a fissarmi, sorridendo nuovamente in modo ambiguo. “Solo perché tu non hai la visuale che ho io in questo momento.”
Ci misi qualche secondo a metabolizzare e, quando ce la feci, non riuscii a reprimere una risata.
“Ehi, perché ridi?” Fece fintamente offeso.
“Sono le solite battute da copione. Un cliché insomma.” Lo guardai di sbieco, seppur non nascondendo un sorriso.
“Non credo di conoscere altri modi più originali per dirti che sei bella..” Sospirò teatralmente.
“Smettila.” Gli intimai.
“Perché? Ti mette a disagio ricevere complimenti?”
“Sì..diciamo che mi trovo meglio a reagire agli insulti.”
Dopo tutti i mesi di allenamento con Sven poi.. ormai ero diventata una vera professionista.
Una folata d’aria fredda mi scompigliò i capelli, provocandomi un brivido istantaneo.
“Ehi ma non hai freddo così?” Guardò il mio abbigliamento,prima di scuotere la testa e srotolarsi la sciarpa dal collo.
“Non devi..” Provai, ma le parole mi morirono in gola quando me l’arrotolò intorno al collo con gentilezza.
“Grazie.” Sorrisi timidamente, sistemandomela meglio.
“Non c’è di che.” Fece spallucce. “Avrai il tempo di ridarmela alla fine delle lezioni.”
Annuii in silenzio, quando poi improvvisamente avvertii una risata roca.
Tremendamente familiare, in modo a dir poco straziante..
Mi girai e mi ritrovai Sven a pochi metri da me, con una sigaretta tra le labbra e un sorriso a trentadue denti.
Sembrava esser ritornato lo stesso coglione di sempre, mi faceva piacere.
I miei occhi si rabbuiarono e anche il suo sorriso si placò una volta che i suoi occhi caddero su di me.
Mantenni il contatto per qualche istante, prima di distogliere lo sguardo.
“Tutto bene?” Mi chiese il ragazzo, di cui mi accorsi di non sapere ancora il nome..
“Ehi, ma io non so ancora il tuo nome!”
Ci guardammo sorpresi per qualche attimo, prima di esplodere in una risata.
Era la seconda volta che ci parlavamo e nessuno dei due si era ricordato di cimentarsi in una presentazione.
“Mi chiamo Jace.” Mi porse la mano.
“Sam.” Risposi di rimando,stringendogli la mano con un sorriso.
Mi attirò a sé con uno strattone,facendomi capitare più vicina di quanto avessi voluto essere. “È un vero piacere.”
Risi per alleggerire la tensione e ne approfittai anche per riprendere le distanze.
Casualmente il mio sguardo finì ancora su Sven, che non aveva abbandonato ancora la mia figura. Se ne stava appoggiato alla transenna con i gomiti, mentre prendeva di tanto in tanto qualche tiro dalla sigaretta.
La cosa inquietante era che non accennasse a distogliere lo sguardo dalla mia figura.
Tentai ancora una volta di ignorarlo, ma le sue attenzioni mi bruciavano sulla schiena.
“Oh,ho capito..” Commentò Jace, guardando alle mie spalle prima di puntare nuovamente gli occhi nei miei. “È lui,non è vero?”
“Sì, è lui.” Sputai fuori tra i denti.
Se non avesse smesso di fissarmi in quel modo, avrei usato la sciarpa gentilmente offertami da Jace per compiere un omicidio. L’avrei strangolato.
 Jace fece per parlare nuovamente, ma il suono della campanella lo interruppe.
“Ci vediamo alla fine di questo strazio.” Alzai gli occhi al cielo e mi alzai dalla panchina, salutandolo con una mano da lontano.
Quando mi girai, mi ritrovai Sven a fissarmi senza accenni di cedimento.
Era giù suonata la campanella e lui se ne rimaneva là, sembrava che stesse aspettando giusto me.
Lo ignorai e, con passo impettito e fiero, gli sfilai affianco senza degnarlo di uno sguardo.
Che andasse pure a farsi fottere.
“Sam.” Mi richiamò duramente. Ecco, sapevo fosse stato troppo facile..
Arrestai il passo nel bel mezzo del corridoio, prima di impiantarmi un sorriso di plastica e girarmi in sua direzione. “Sven!” Lo salutai, con fin troppa enfasi.
“Senti..” Cominciò, ma non gli diedi il tempo di continuare.
“Tesoro, temo che la professoressa di biologia sia in trepidante attesa del nostro arrivo.”
“Per quel che mi riguarda può anche aspettare.” Fece per afferrarmi da un braccio, ma riuscii a scansarmi prima dell’inevitabile.
“Angioletto mio.” Sì, magari in un’altra vita.. “Non vorrai davvero farla attendere? Non è un comportamento idoneo in ambito scolastico.”  Girai i tacchi e mi allontanai,sentendo il suo respiro esasperato al seguito.
“Hai intenzione di continuare così ancora per molto?” Chiese, già sfinito.
“Finché non arriverà la morte a stroncarmi.” Ribattei, entrando in classe prima che la professoressa si richiudesse la porta alle spalle.
Individuai un banco vuoto, scegliendo il posto vicino al secchione della classe.
Tutto, pur di non andare nei posti in fondo con lui.
Non mi sembrava il caso di ritagliargli altri momenti in cui avrebbe facilmente potuto ferirmi.
Stranamente l’ora trascorse tranquilla e, al contrario di ogni mia previsione, non ero stata spedita dal preside.
Proprio ora che avevo bisogno di una chiacchierata con quell’uomo..maledetta vecchiaccia crudele.
Mi distrassi un attimo, lo giuro, un solo misero attimo e lei si premurò di richiamarmi.
“Signorina Jackson,è in quest’aula con noi o altrove? Capisco che la sua capacità di attenzione sia minima,ma gradirei che comunque lei si sforzasse quanto meno di fingere di essere interessata.”
Brutta vecchiaccia, ti uccido uno dei venti gatti con cui vivi.
Lo pensai, ma mi morsi un labbro per non dirlo in modo da non peggiorare quella peccaminosa giornata.
Alla fine delle lezioni scattai fuori dalla classe prima che Sven potesse raggiungermi, correndo verso i cancelli principali.
Mi appoggiai al muretto là vicino e attesi di riconoscere il volto di Jace in mezzo alla folla.
Non appena lo notai, corsi verso di lui con la sciarpa in mano.
“Jace!” Lo richiamai quando notai che si stesse guardando intorno per rintracciarmi.
Sorrise e venne verso di me.
“Ecco la tua sciarpa e..grazie per prima.” Sorrisi.
“Me l’hai già detto questo,stai tranquilla. Sicuramente non potevo lasciarti là a congelare.”
Risi, ma impallidii non appena vidi Sven venire in nostra direzione con espressione a dir poco irata.
Dovevo liquidare Jace al più presto, sentivo che ne sarebbe andata della sua incolumità..e con tutte probabilità, anche della mia.
“Io..io devo andare Jace, ci vediamo in giro.” Feci per darmela a gambe, ma lui stesso mi fermò afferrandomi per un polso.
Dannazione, non poteva capire in che guai si stesse cacciando.
“Senti, non è che ti andrebbe un caffè insieme un giorno di questi?”
Che? Cosa?!
Uh Signur perché capitavano tutte a me? E ora cosa gli dicevo?
“Jace io..” Lo guardai e le parole mi morirono in gola non appena intravidi il suo viso dolce.
Era un ragazzo fantastico e con la testa sulle spalle, che sapeva sicuramente come far felice una ragazza. Inoltre, un po’ di sana distrazione non avrebbe potuto farmi che bene.
Perché non provare a fare un tentativo.
“Eh va bene..” Mi arresi sospirando.
“Che ne dici di mercoledì?” Propose.
Guardai rapidamente alle sue spalle,notando l’ombra di Sven avvicinarsi.
“Sarebbe perfetto.” Risposi distrattamente.
Ormai Sven ci aveva raggiunti e mi fissava a neanche un metro di distanza, appoggiato comodamente al muretto là vicino.
“Allora a mercoledì.” Troppo distratta nel fissare Sven, non mi accorsi che Jace si fosse avvicinato e mi avesse lasciato un bacio sulla guancia.
Spalancai gli occhi sorpresa e allo stesso tempo intimorita dalla reazione di Sven, che in quel momento aveva inarcato un sopracciglio in maniera contrariata.
Beato Jace che era riuscito a scappare, scampando a una catastrofe imminente..
Io, di certo, non potevo dire la stessa cosa di me.
Mi strinsi lo zaino in spalla e, con la testa china, feci per passargli di fianco e correre via.
Questa volta però riuscì a intercettarmi prima che potessi evitarlo.
“Cos’è che fai mercoledì?” Domandò con irritazione nella voce.
Ero consapevole che sapesse già la risposta, ma mi sfidava a dirglielo.
Non mi sarei dovuta fare problemi a farlo ma invece mi limitai a fissarlo con astio.
“Accoglienza per nuovi studenti?” Inarcò un sopracciglio, aumentando la presa sul mio polso. Mi cadde lo sguardo nel punto in cui lui stava stringendo, liberandomi con uno strattone.
“Trent mi sta aspettando.” Dissi, e gli diedi le spalle.
“Io credo di no invece.”
Arrestai il passo e mi girai nel preciso istante in cui si era avvicinato.
Eravamo a meno di mezzo metro di distanza.
“Gli ho detto che saresti tornata a casa con me.”
Vile traditore! Mi avrebbe sentita il giorno dopo!
Abbandonarmi così nelle grinfie del diavolo?
“Invece mi sa che ci tornerai da solo.” Mi attirò ancora una volta dal polso, sistemandomi poi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Sorrise in modo fintamente angelico. “Ah Sam..vieni in macchina con me di tua spontanea volontà o ti ci devo portare di peso?”
Scostai la sua mano dal mio viso e mi guardai attorno.
C’era decisamente troppa gente per permettergli di fare una sceneggiata.
Risi. “Non lo faresti, qua in mezzo a tutta questa.. mettimi giù!” Scalciai,non appena lui non se lo fece ripetere due volte, caricandomi in spalla.
Quando capii che non mi avrebbe mollata, cercai di nascondermi vanamente dagli sguardi degli altri.
Non avevo mai provato tanto imbarazzo in vita mia, e io non ero una ragazza che lo provava per ogni minima cosa.
Mi buttò sul sedile del passeggero. “Non provare a scappare.” Mi ammonì, mentre faceva il giro della macchina per sedersi dalla parte del conducente.
Quando mise in moto borbottai degli insulti a mezza voce e,in un gesto dettato dalla rabbia, tirai un calcio al cruscotto.
“Se osi riprovarci, ti giuro che non potrai appoggiarti per una settimana.” Mi fulminò.
“Dubito che tu possa tener fede alla tua minaccia..” Sussurrai.
Io non sarei andata a letto con lui ancora, ne andava della mia integrità morale.
“E così hai deciso di uscire con quel biondino?” Chiese ad un tratto, mantenendo lo sguardo fisso sulla strada.
Sapevo però che fosse contrariato dall’ipotesi, lo capivo dalla sua mascella irrigidita. “Il biondino si chiama Jace.” Precisai.
“Quindi esci con James.” Affermò.
“Jace.” Lo corressi ancora.
“James.”
“Si chiama Jace!” Sbottai.
“Si chiama come dico io!” Batté un pugno sul volante, trafiggendomi con il suo sguardo di ghiaccio.
Rimasi in silenzio fino a quando non parcheggiò davanti casa mia, a quel punto schizzai fuori dalla macchina.
Corsi verso la porta di casa ed entrai al suo interno.
Feci per chiudermela alle spalle, ma un piede si frappose prima che potessi farlo.
Spinse e riuscì ad entrare.
“Quando capirai che non..”
Afferrai un cuscino e glielo lanciai in faccia prima che potesse aggiungere altro.
Ricadde a terra dopo qualche istante, mentre lui rimaneva con gli occhi chiusi e con un espressione corrucciata per niente invitante.
“Ok.” Fece schioccare la lingua. “Non avresti dovuto farlo.” Scattò in mia direzione e mi costrinse a indietreggiare.
Incespicai nel divano e caddi su di esso di schiena.
Un attimo dopo anche lui mi aveva raggiunta, bloccandomi definitivamente su di esso con il suo corpo.
Cominciai a dimenarmi inutilmente,provocando in lui uno sbadiglio annoiato.
“Dimmi quando hai finito.” Commentò.
“Ti dispiacerebbe spostarti? Mi stai fracassando la cassa toracica.” borbottai,cercando di levarmelo di dosso.
“No,così sei più arrendevole.” Ribatté.
Lo fulminai con lo sguardo,ma lui resse il confronto ricambiando.
“E così.. esci con quello.” Mi ricordò per l’ennesima volta.
Alzai gli occhi al cielo. “Quante volte vuoi ripeterlo ancora, prima di capacitartene?”
“Tu vieni a letto con me ed esci con lui!” Sbottò adirato.
Lo guardai indecisa, non sapendo se mettermi a ridere o scoppiare a piangere per l’esasperazione che mi provocava.
Alla fine scelsi la prima opzione.
“Ti fa tanto ridere la cosa?” Domandò irritato.
Ignorai la sua domanda. “Tu vieni a letto con me e pensi ancora alla tua ex!”
Ed ecco che piombava nuovamente su di lui l’ombra dei ricordi e il suo sguardo diventava vacuo. Avevo fatto centro.
Si alzò da sopra di me, permettendomi di ritornare a respirare.
Mi rimisi seduta e lo guardai mentre passeggiava avanti e indietro nervosamente.
“Ok.” Disse infine, fermandosi davanti a me.
“Un week-end. Io e te lontano da qua, vediamo.. come va.” Fece una smorfia, non convinto neanche lui della sua idea. Per lo meno non pienamente.
Lo guardai confusa,e lui decifrò la mia espressione.
“Vediamo se riusciamo ad andare d’accordo anche senza rotolarci tra le coperte. Facciamo una prova, se andrà male..” Fece una pausa, per poi sospirare arreso. “Potrai uscire con chi ti pare.” Concesse, non del tutto al settimo cielo all’idea.
Rimasi in silenzio a fissarlo sorpresa, non credendo veramente che avesse preso una decisione simile.
“Solo io e te?” Domandai per accertarmene.
Annuì.
“Lontano da qui?”
Fece cenno di sì con la testa.
“Niente bugie o segreti?” Azzardai ancora.
“Sì Sam, solo io e te lontano da qui, senza bugie o segreti.” Rispose esasperato.
“E come faccio con l’appuntamento che ho con Jace mercoledì?”
Gli si dipinse un sorrisetto diabolico in faccia. “Lo annulli.” Fece spallucce.
“Lo annullo?” Chiesi incerta.
“Lo annulli.” Ripeté convinto.
“Lo annullo.” Consessi sospirando.
Si avvicinò a me e fece per lasciarmi un bacio sulle labbra, quando d’un tratto mi scostai. Mi guardò scocciato, e in parte confuso dalla mia reazione.
“Eh no. Si fanno le cose per bene: tu mi porti fuori e io vedo se ricompensarti o meno.” Feci con un sorrisino furbo, scampando alla sua presa.
Andai verso la porta e l’aprii per invitarlo ad uscire, mantenendo il mio sorriso birichino.
Sapevo di starlo provocando eccessivamente, e lo capii dal suo sguardo.
Ispirò profondamente e si avvicinò a me a denti stretti, prima di uscire dalla porta di casa.
“Dì pure al tuo amichetto biondo che, se fossi in lui, non ci proverei una seconda volta a chiederti di uscire.”
Alzai gli occhi al cielo proprio mentre si stava girando per andarsene.
“Ti ho vista!” Mi urlò senza girarsi, continuando a camminare in direzione della macchina
Risi e mi chiusi la porta alle spalle, mordendomi un labbro per reprimere un urlo di gioia. Mi accostai alla tendina e lo guardai mentre faceva retromarcia e spariva lungo la strada.
A quel punto mi concessi di esultare. “Sì cazzo!” 


Buon pomeriggio a tutti!
Una cosa positiva della febbre è che mi ha consentito di pubblicare prima il capitolo.
Quella negativa è che.. oh fanculo, Halloween è passato e io non dovrei avere l'aspetto che ho ora!
Ma la smettodi crogiolarmi nel mio ribrezzo e mi rivolgo alla storia.
Allora.. il viaggio di Sven non è stato molto divertente per lui, perché ha rincontrato la sua vecchia fiamma.. colei che avrebbe preferito non rivedere più nella vita.
Intanto, in sua attesa, Sam è rimasta a crogiolarsi nella noia fino all'incontro di Jace..il quale ha scatenato la gelosia furibonda di Sven.
Per lo meno, ha portato un risvolto positivo!
Sven si è finalmente deciso ad ufficializzare la prima uscita con Sam.
Lui, che non ha mai portato fuori una ragazza in tutta la sua vita.
Ha inoltre fatto una scelta romantica, decidendo di passare con lei non una sera, non un giorno, ma ben due. E chissà quale sarà il posto in cui la porterà..
E soprattutto, come andrà tra di loro?
Hanno detto niente bugie e segreti.. Che sia la volta buona in cui tutto potrà salire in superficie?
Spoiler velati:
Sam e Sven sono in viaggio verso un luogo a Sam sconosciuto, ma che non potrà non adorare.
Saranno in totale tranquillità, e lontano dal resto del mondo.
Il posto in cui andranno, è quello con cui Sven era abituato ad andare con la madre quando era più piccolo, ma non solo con lei..
Sembra andare tutto magnificamente, fino a quando non decidono di andare a prendere un gelato e..


Quando ci si avvicinò il gelataio, feci per dargli gli ordini quando le sue parole mi bloccarono.
“Sven! Ragazzo,da quant’è che non ti vedo!” Lo salutò calorosamente.
Mi girai verso di lui con fare interrogativo,ma non mi venne prestata attenzione.
“Ciao Josh, in effetti è da un po’..come va?”
“Non c’è male. Come sta tua madre? Ancora bella come sempre?” Domandò Josh.
“Suppongo che gli anni non l’abbiano sfiorata.” Fece spallucce Sven, facendo ridere l’altro,che prese a guardarsi attorno.
“E Brianne dove l’hai lasciata?”
A quella domanda, notai il volto di Sven incupirsi, mentre irrigidiva la mascella e contraeva i muscoli.
“Suppongo se la stia passando bene anche lei.” Disse fra i denti.
Josh cambiò espressione, come capendo di aver toccato un tasto dolente.
All’improvviso capii chi fosse Brianne..finalmente il soggetto dei suoi ritratti aveva un nome.


Sam è al limite della sopportazione, e il non sapere la sta logorando.
Hanno detto niente bugie quindi,forse questa volta Sven non potrà sottrarsi dalla verità.
Vi aspetto numerosi, amori miei!
Un bacio grande.
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 25
*** Capitolo 24. ***


Non perdemmo tempo e partimmo venerdì pomeriggio, dopo che ebbi fatto un riepilogo sulle cose da portare. Non sapevo la destinazione quindi, per non sbagliare, mi portai dietro metà casa.
Essere previdenti non era mai troppo.
Jace non era stato molto felice del fatto che avessi dovuto annullare il nostro appuntamento, ma alla fine aveva capito.
Che ragazzo d’oro!
Suonò al campanello verso le quattro del pomeriggio, e io ci misi un po’ per trascinare il borsone fuori casa.
Una volta fuori dalla porta se lo caricò in spalla, facendo una smorfia di disapprovazione una volta verificato il peso. “Si può sapere quanta roba ti sei portata dietro? Nel caso non te ne fossi accorta, staremo fuori solo due giorni.” Ci tenne a ricordarmi, mentre si dirigeva verso la macchina per metterlo nel cofano.
“Non mi hai voluto dire dove siamo diretti,quindi ho dovuto far fronte a ogni tipo di situazione.” Mi difesi, salendo dalla parte del passeggero.
Mi affiancò dopo qualche istante. “Non farò altri commenti fino a quando non mi accerterò del contenuto in prima persona.” Mise in moto la macchina,dirigendosi poi in direzione della statale.
“Non mi dici neanche ora dove siamo diretti?”
“No.”
“Neanche un piccolo indizio?” Tentai.
“No.” Non cedette.
Sbuffai, prima di appollaiarmi contro il sedile e accendere la radio.
Il volume della radio venne sovrastato dalla suoneria del mio cellulare.
Era mia madre..brutto presagio.
“Pronto?”  Risposi.
“Dove sei?” Fu la sua prima domanda.
“Perché?”
“Sono passata da casa tua ma era tutto spento. Una volta che vengo a salutarti e tu non ci sei!” Mi rimproverò.
“Sto andando fuori città..ah, e non ci sarò neanche domenica per pranzo.” Feci vaga.
“Con chi sei? Dove stai andando? Cosa stai andando a fare fuori città?” Ed ecco che partiva in quarta con le domande.
“Mamma..” Risposi esasperata, alzando gli occhi al cielo.
Sentii Sven ridere al mio fianco, e direi che non fui l’unica ad accorgersene..
“Con chi sei? È Trent? No,qualcosa mi dice che non sia lui.. Samantha Jackson,hai un fidanzato e non me l’hai detto? Si può sapere quando avevi intenzione di presentarmelo?” Prese a parlare a raffica, senza darmi il tempo di rispondere ad una sola delle cento domande che aveva fatto.
Ero al telefono con lei da neanche due minuti e già mi era salita l’emicrania.
Ecco il potere che aveva mia madre su di me.
“No mamma,non ho nessun fidanzato..” Mormorai imbronciata, cercando di non farmi sentire dalla persona al mio fianco.
Alzai lo sguardo per appurarmi della situazione, e lo trovai con un espressione divertita dipinta in volto.
Neanche due secondi dopo mi aveva strappato il cellulare di mano e se l’era portato all’orecchio.
“Buongiorno signora. Sono Sven,si ricorda di me?” Le chiese con la sua aria incantatrice.
“Sì esattamente. Stia tranquilla..” Mi guardò. “Sua figlia è in buone mani.”
E ora cos’era quell’aria maliziosa?
“Ah sì..con molto piacere. La ringrazio, buona giornata.” Chiuse la comunicazione e mi porse il cellulare.
“Ho appena ricevuto un invito a pranzo da tua madre.”
Se in quel momento fossi stata in procinto di bere acqua, l’avrei sputata tutta sul cruscotto.
“A mangiare a casa nostra? Del cibo..preparato da lei?!”
Mi guardò come se fossi impazzita, ma lui non poteva sapere a cosa andava incontro.. Sarebbe morto per intossicazione alimentare.
“Sì, perché?” Mi domandò confuso.
Gli appoggiai una mano sulla spalla con fare comprensivo e compassionevole.
“Ti svelerò una cosa Sven..Non tutte le madri sono brave ai fornelli. Perché pensi che teniamo un estintore in casa?”
Aggrottò le sopracciglia. “Avete un estintore in casa?” E si girò verso di me per fissarmi.
Annuì con fare eloquente,sperando che afferrasse il punto della situazione.
L’aria confusa scomparve dal suo volto, lasciando posto a quella consapevole.
“Cazzo” Commentò.
“Già..” Concordai.
 
Quando con la macchina passammo in prossimità della costa, capii che sarei potuta morire felice.
Ti prego fai che si fermi, ti prego fai che si fermi.. mi ripetei ad intermittenza.
Per una volta Dio ascoltò le mie preghiere e la macchina si fermò nei pressi di una villa.
Quando scendemmo dall’auto rimasi impalata a fissarla,meravigliata.
Lui,intanto,andò a recuperare i bagagli dal cofano.
“Se mi dici che anche questa casa è tua, mi butto sotto la prima macchina in corsa.”
Mi affiancò con il mio borsone in mano e con in spalla il suo misero zaino.
“Ora non esageriamo..” Mi precedette e si diresse verso il portone di casa, frugando poi dentro la tasca alla ricerca delle chiavi.
Sganciai un sospiro di sollievo, ma quando parlò nuovamente ebbi l’impressione di svenire a terra. “Non è mia,è di mia madre!” Puntualizzò.
Rimasi impalata come uno stoccafisso.
Ma quali strani ciocchi faceva la sua famiglia per avere tutti quei soldi da spendere?!
Grugnii e lo seguii dentro casa, liberando un esclamazione.
“Porca di quella puttana-” Bonjour finesse.
Depositò i borsoni vicino al divano, che ero sicura costasse quanto il mio appartamento seppur apparisse di aspetto comune. Non mi lasciavo più ingannare ormai..
Al confronto delle case precedenti, quella era arredata in stile moderno.
Era tutto così.. tecnologico.
Ah, io non avrei toccato niente per paura di rompere qualcosa.
Non avrei acceso neanche una misera luce.
“Ti piace?” Mi chiese.
“E me lo chiedi?” Mi diressi verso le vetrate in fondo alla stanza,rimirando il panorama fuori.
Era una casa che si affacciava sul mare e,nella parte esterna..avevano anche una piscina in marmo! Erano proprio dei poveracci..
“Potrò farmi un bagno poi?” Domandai,con gli occhi che mi brillavano.
“Se serve per farti mantenere quella faccia estasiata, allora sì. Ora vieni dai,che ti faccio vedere la camera.”
Lo seguii su per le scale e, dopo aver superato varie porte, raggiungemmo l’ultima in fondo.
L’aprì e rimasi senza fiato.
Corsi verso le vetrate che la costeggiavano orizzontalmente,spalancando la bocca alla vista del mare e della spiaggia.
Era una visuale a dir poco..mozzafiato.
Come del resto, anche la camera.
C’era un letto matrimoniale riposto sul lato destro, che dava la visuale delle vetrate.
La stanza era costeggiata da un tappeto in tonalità grigia..ed era peloso!
Per poco, solo per quel particolare, non mi misi ad esultare come una bambina.
Dalla parte opposta c’era un televisore al plasma e, a lato, era riposta una pianta dagli ammirevoli colori.
Era tutto equilibrato,nessun particolare risultava pacchiano.
La madre aveva indubbiamente buon gusto.
Poi mi risvegliai dal sonno. “Aspetta un attimo..nostra?”
Alzò gli occhi al cielo con un lamento. “Dobbiamo ripetere la stessa scena dell’altra volta o possiamo passarci sopra? Sì, nostra. Mia e tua.”
Feci per aprire bocca ma mi interruppe con fare minaccioso. “No, non dormirò sul divano né tantomeno sul tappeto. Non ti preoccupi di far sesso con me ma ti preoccupi di dormire con me nello stesso letto?”
Feci una smorfia e mi imbronciai. Aveva proprio ragione..
“Ok, va bene!” Sbottai,alzando le mani al cielo.
Sorrise soddisfatto, prima di lasciare il mio borsone e il suo zaino ai piedi del letto.
“Tu sistemati o riposati.. insomma, fai quello che vuoi ma non scendere fino a quando non ti chiamerò io.” Mi ammonì.
Mi insospettii,ma lui non mi fece fare ulteriori domande che svincolò nuovamente al piano di sotto.
Controllai l’ora: erano le 7 di sera.
Cos’avrei potuto fare?
Sospirai e persi tempo a togliere le mie cose dal borsone per riporle in un armadio là vicino.
Ne approfittai anche per farmi una doccia, trovando il bagno infondo alla stanza.
Ci impiegai meno tempo di quanto avevo calcolato quindi, come ultima risorsa, mi afflosciai sul letto.
Girai la testa di lato, osservando la spiaggia e le onde che si scontravano con la riva, incessantemente.
Feci per uscire fuori dalle vetrate,e prendere posto su una delle sdraio in terrazza,quando un odorino mi fece fermare.
Cos’era quel profumo? Annusai l’aria come un segugio e, lasciandomi guidare da esso,uscii dalla stanza e successivamente scesi le scale.
Sentii il rumore di pentole che venivano sbattute e, successivamente, il timer del forno che prese a suonare.
Mi diressi verso la cucina in punta di piedi, sbirciando poi da dietro la colonna con la speranza di non farmi vedere.
Lo sentii sospirare di spalle, prima che si girasse in mia direzione incrociando le braccia al petto.
Cazzo, ero stata scoperta.
“Come hai fatto?” Gli chiesi scettica, uscendo dal mio nascondiglio.
“Non hai decisamente le stesse movenze di una farfalla, direi di più di un elefante. Quale parte del ‘non scendere fino a quando non sarò io a dirtelo’ non hai afferrato?”
“Credo la parte in cui tu pensassi seriamente che ti avrei prestato ascolto..” Sorrisi serafica.
Si avvicinò a me cercando di reprimere un sorriso, prima di prendermi una ciocca di capelli e rigirarsela tra le dita.
“Dovrei punirti per questo..” Sussurrò.
Porsi le mani in sua direzione.  “Prego, mi ammanetti pure per questo reato.” Scherzai.
“Fossi in te eviterei di dare suggerimenti.” Commentò con un sorriso malizioso.
“Cos’è quella faccia? Non mi piace per niente.”
“Forse lo scoprirai.” Canticchiò, mentre si dirigeva nuovamente in direzione dei fornelli.
In quel momento realizzai un dettaglio non proprio irrilevante.
“Tu..stai cucinando?!” Chiesi con voce stridula e gli occhi fuori dalle orbita.
“Sorpresa!” Fece sarcastico, dato il fatto che gliel’avessi già rovinata.
“Cosa più importante..tu sai cucinare?”
Si girò a guardarmi in parte offeso e in parte scocciato, prima di afferrare una forchetta e puntare un pezzo di carne nella pentola.
Me lo mise in bocca non appena tentai di aprire nuovamente bocca.
Mi zittii all’istante non appena assaporai quel pezzo di carne gentilmente offertomi.
Ma era..buonissimo! Lo stufato migliore che avessi mai assaggiato!
Dimenticai all’istante ogni parola avessi voluto pronunciare,troppo concentrata ad ascoltare le urla di gioia che si stavano svolgendo all’interno della mia mente.
Ero in piena adorazione.
Masticai freneticamente e velocemente,prima di mandare giù il boccone con foga,desiderandone subito di più.
Non potevo osservami allo specchio per accertarmi della mia espressione,ma ero certa che questa fosse simile a quella di Gollum con il suo prezioso anello,come nel Signore degli anelli.
“E quando hai imparato a cucinare così?!” Chiesi esterrefatta.
Ripose la forchetta sul ripiano della cucina,mentre puliva con lo strofinaccio una macchia di sugo che era schizzato di qua e di là.
“Da piccolo volevo diventare un cuoco.. mi piaceva fare miscugli e far sorridere le persone quando assaggiavano qualcosa preparato da me. Così mia madre mi insegnò, seppur anche lei fosse consapevole che non avrei mai potuto avere un futuro simile. Mio padre..” Rise senza allegria. “Non l’avrebbe mai permesso.”
Si girò a guardarmi. “Tu sei la prima per cui cucino qualcosa. Certo, a esclusione fatta per mia sorella, ma solo quella volta in cui ha avuto la varicella oppure quando aveva l’influenza intestinale e l’unica cosa che riuscisse a mangiare era il mio brodino di pollo.” Confessò fieramente.
Rimasi basita dalle sue parole.
“Sono stata davvero la prima? Non hai cucinato neanche per..”
“No,non l’ho fatto.” Mi interruppe prima che potessi nominarla.
Mi sentii all’improvviso in colpa per aver rovinato la sua sorpresa, soprattutto dopo che si era dato da fare..solo per me.
Gli sorrisi amorevole, evitando di esultare per quella sua confessione.
“Ok, facciamo così.” Lo guardai “Ora io ritorno di sopra e facciamo finta che io non sia mai scesa. Quando è tutto pronto mi vieni a chiamare.”
Senza aspettare una risposta da parte sua corsi di nuovo su per le scale, chiudendomi dentro la camera con un sorriso da ebete stampato in faccia.
 
Bussò alla mia porta una mezz’oretta dopo e, quando scesi le scale con lui al mio fianco, non dovetti fingere di essere sorpresa.
Ammirai il tavolo che aveva allestito all’esterno delle vetrate, a bordo piscina.
Tutto era illuminato fiocamente da alcune candele sparse di qua e di là, e in mezzo al tavolo era posto un candelabro.
Mi scortò fino al tavolo e mi spostò la sedia da vero cavaliere,come nelle mie più remote fantasie.
Mi sedetti a tavola e raccolsi una rosa rossa che aveva riposto a lato del mio piatto.
Era tutto così..perfetto.
“Sei davvero una brava attrice..sembri realmente sorpresa.” Commentò, appoggiandosi allo schienale della sedia e fissandomi con divertimento.
“In realtà lo sono davvero. Tutto questo non è..”
“Da me, lo so.” Terminò al posto mio. “Ed è per questo che non ne dovrai fare parola con nessuno.” Sussurrò, per poi mimare il gesto del silenzio mettendosi l’indice davanti alle labbra. “Ho una reputazione da difendere io.”
Risi, prima di guardarlo con un sorriso.
Stava diventando un abitudine, ma non riuscivo più a smettere di farlo quando ero con lui.
“Cos’è quel sorriso?” Domandò infatti, accorgendosene.
“Niente.”
“Mi stai dicendo che sorridi senza motivo? Guarda che è grave..” Mi prese in giro.
“Non ti darò la soddisfazione di dirti il motivo per cui sorrido. Sono sicura che tu potresti sempre farmene pentire.” Affermai.
“Allora smettila di sorridere.”
Lo guardai confusa. “Perché?”
“Oh, non te lo dico.” Rispose, giocando al mio stesso gioco.
Quanto lo detestavo!
“Che ne dici, iniziamo con la prima portata?” Propose.
Annuii e,dopo la prima,passammo alla seconda e così via.
A fine cena mi potevano tranquillamente scambiare per una donna incinta al terzo mese di gravidanza.
Sapevo che non avrei dovuto ingozzarmi in quel modo, ma era stato tutto così buono che sarebbe stato un delitto far avanzare qualcosa.
“Ti odio..” Commentai con voce soffocata.
Oddio, tra poco avrei vomitato.
 “Perché?”
“Se tu non fossi così dannatamente bravo a cucinare,io non avrei sentito la necessità di ingozzarmi fino a stare male.”
Rise, prima di alzarsi dalla sedia e raggiungermi dall’altra parte del tavolo.
E ora dove l’aveva trovata la forza per camminare?
Mi porse una mano, che guardai riluttante e con fare interrogativo.
“Cosa fai?”
Alzò gli occhi al cielo. “Ti sto invitando a ballare Jackson, non mi sembra tanto complicato da capire.”
“Ma non c’è neanche la musica!” Gli ricordai.
Vidi affiorare sul suo volto un sorriso, uno dei pochi sinceri che facesse.
A volte pensavo di essere l’unica ad avere il privilegio di ammirarli.
Francamente lo speravo perché, se li avesse rivolti ad altre, avrebbe finito per farle innamorare perdutamente di lui.
Batté le mani due volte e partì una melodia in sottofondo.
Sussultai e mi guardai intorno spaesata.
“Ok, o tu sei un mago o io mi drogo. Dov’è il trucco?”
Mi afferrò la mano e mi costrinse ad alzarmi, prima di avvolgermi la vita con le braccia e attirarmi maggiormente a sé.
“I trucchi non vanno mai svelati.” Disse, mentre mi fece fare una piroetta.
Arpionai le mie braccia intorno al suo collo, ondeggiando in sincrono con lui.
“Dov’è lo Sven arrogante e sbruffone?” Domandai.
“Sarà da qualche parte insieme alla Sam psicopatica e isterica.”
“Ma come..” Feci fintamente oltraggiata. “Sono partiti e non ci hanno avvisato?”
Sospirò teatralmente. “Sai che quei due non sono molto a posto con la testa, soprattutto la ragazzina dagli splendenti occhi verdi. È imprevedibile, non si può mai sapere a cosa stia pensando. Potrebbe progettare la distruzione del mondo senza che nessuno possa provare dei sospetti su di lei.”
“Ma come potrebbe mai essere una criminale quella creatura, con quei dolcissimi occhioni verdi? Semmai quel ragazzino là.. con l’aspetto da criminale e con due occhi neri che dovrebbero essere considerati illegali per natura.”
“Perché illegali?” Mi domandò confuso.
Sorrisi. “Perché ti estirpano totalmente dalla razionalità.”
Arrestò il passo e mi fissò con la bocca socchiusa, prima di fare un respiro profondo e passarsi nervosamente una mano sul volto.
“Oh andiamo,smettila di sorridere..” Si lagnò esasperato, strizzando gli occhi.
“Perché?”
Aprì gli occhi e si riavvicinò furtivamente a me, abbassandosi alla mia altezza fino ad appoggiare la sua fronte contro la mia.
Fu bellissimo rimanere in quel modo, con i suoi occhi neri che mi scavavano dentro a quella vicinanza ravvicinata. E glielo lasciai fare, sperando che avrebbe capito una parte di quello che avrei voluto dirgli ma che non avevo il coraggio di esprimere.
“Perché il tuo sorriso mi estirpa totalmente dalla razionalità.” Rispose con voce suadente.
Rimasi stupita ma cercai di non darglielo a vedere, sistemandogli una ciocca di capelli che gli era ricaduta sul viso oscurandoglielo.
“Non ti manca un po’ la Sam psicopatica e isterica?”
“E a te non manca un po’ lo Sven arrogante e sbruffone?” Contraccambiò la domanda.
“Un po’..ma anche questo non mi dispiace.” Risposi.
Fece uno strano sorriso, prima di passarmi un braccio sotto le ginocchia e sollevarmi a mo di sposa.
Pochi secondi dopo mi ritrovavo bagnata dalla testa ai piedi, mentre annaspavo per cercare di ritornare in superficie.
Quello stronzo mi aveva appena buttato in piscina!
“Io ti uccido!” Gli gridai addosso.
“Andiamo tesoro, era tutto troppo romantico per entrambi.” Confessò con una smorfia, prima di mettersi a ridere piegandosi sulle ginocchia.
Non si accorse neanche del mio sguardo minaccioso, mentre mi avvicinavo al bordo della piscina per tirarlo dai pantaloni. Perché toccava solo a me un bagnetto gelido?
Lo tirai prepotentemente dalla gamba e lo feci cadere dentro.
Mi misi a ridere ma quando mi sentii afferrare dalla gamba, dovetti interrompermi per evitare di bere l’acqua quando mi trascinò a fondo con lui.
Lo vidi poi nuotare in direzione della riva opposta, mentre io feci per raggiungerlo con alcune falcate.
Sapevo che, se avesse voluto, sarebbe riuscito a sfuggirmi all’infinito, quindi aveva rallentato apposta.
Se non mi riteneva una minaccia, presto si sarebbe ricreduto.
Il suo sorrisetto svanì alla velocità della luce quando notò che mi stessi avvicinando più del dovuto con espressione minacciosa.
Lo afferrai dalle spalle per darmi un sostegno e iniziai a scalciare ripetutamente nell’acqua nel tentativo di colpirlo.
Quella volta sembrai riuscire nell’intento, poiché lo vidi fare una smorfia di dolore e fare per tenersi lo stomaco con le braccia a causa del colpo che gli avevo inflitto.
Fece per sfuggire alla mia morsa tenendomi fermo un braccio,ma con l’altro lo afferrai dai capelli e, con un spinta, mi buttai su di lui con tutto il mio peso per mandarlo sott’acqua.
A quel punto lo lasciai andare,ma questa volta fu lui a ribellarsi.
Mi afferrò da una gamba e mi costrinse ad andare a fondo con lui.
Una volta trovatami sott’acqua, aprii gli occhi per avere un contatto con quanto mi circondava.
Mi trovai il suo viso vicino intento a fissarmi, prima che scomparisse per ritornare in superficie.
Feci per seguirlo ma lui non me lo concesse, riuscendo a ribaltare le posizioni e mettermi in una posizione di svantaggio.
Mi tenne in apnea dalle spalle, prima di spingermi ancora più in profondità.
Quando riuscii a riemergere ispirai profondamente per recuperare ossigeno,guardandolo a fatica a causa degli occhi che mi bruciavano.
Ci ritrovammo faccia a faccia e con il battito del cuore accelerato.
“Time out.” Disse con il fiatone.
Mi avvolse dalla vita e mi trascinò con lui fino al muretto,stringendomi al suo corpo.
Continuai a fissarlo mentre alcune goccioline mi ricadevano sulla fronte fino a bagnarmi le ciglia e appannarmi la vista.
“Me lo sono meritato?” Domandò.
“Cosa?”
E mi baciò, lasciandomi con gli occhi aperti per la sorpresa.
Sorreggendomi a lui e arpionando le mie braccia intorno al suo collo, mi aggrappai come se fosse la mia sola ancora di salvezza.
Quando ci staccammo per riprendere fiato, cominciai a depositargli baci soffici su tutto il viso.
Era un abitudine che avevo preso negli ultimi tempi, segretamente valeva come gesto d’affetto nei suoi confronti.
Quando gli lasciai un bacio sul naso lo arricciò istintivamente e io sorrisi.
Lo faceva sempre senza neanche accorgersene, e lo trovavo ogni volta adorabile.
Mi prese il viso tra le mani ma non ricongiunse le sue labbra con le mie, si limitò a fissarmi negli occhi come per imprimere ogni particolare.
Non era da me sentirmi in imbarazzo, ma con lui non mi sorpresi di esserlo.
Con lui, era tutto una scoperta.
Il suo sguardo era indecifrabile, e mi lasciò confusa quando mi lasciò una carezza sulla guancia prima di staccarsi da me e mettersi seduto sul muretto.
“Forse è meglio andare ad asciugarsi.” Commentò, guardando altrove.
Ed ecco un altro sbalzo d’umore, che mi risultava difficile comprendere.
Se io pensavo di essere una ragazza enigmatica, lui era totalmente un mistero.
Uscii dalla piscina aiutata da lui, prima di rientrare in casa.
Nessuno dei due si curò di sgocciolare ovunque e, una volta arrivati davanti alla stanza, mi diede la precedenza per il bagno. Lui si diresse verso il secondo in fondo al corridoio.
Entrai nella doccia e usufruii del getto di acqua calda, sperando di far chiarezza anche nei miei pensieri.
Avevo un blocco mentale che non mi permetteva di fare ordine all’interno della mia testa, o forse semplicemente ero io a rifiutarmi.
Quella sera andammo a letto in silenzio, nessuno parlò e nessuno osò sfiorare l’altro.
Mi addormentai cullata dal suo profumo.
 
Il sabato lo trascorremmo in serenità.
Mi portò in giro per negozi e mi fece fare un giro del luogo circostante.
Si avvertiva rigidità nell’aria e,nonostante comunicassimo,ognuno sembrava essere costantemente avvolto nei suoi pensieri.
Avrei pagato oro per poter capire cosa gli passasse per la testa.
La sera, dopo aver cenato, andammo a prendere un gelato in una gelateria poco distante da casa,che dava sulla spiaggia.
Eravamo fermi davanti al bancone frigorifero,entrambi concentrati nel prevedere i gusti che avrebbe scelto l’altro.
“Il fior di latte è troppo dolce per una come te, e boccio anche la stracciatella.” Ragionò ad alta voce.
“Idem..” Commentai, mentre continuavo a far vagare il mio sguardo tra le varie etichette.
“Cioccolato al latte e..”
Se indovinava anche il secondo gusto, lo sposavo.
Mi lanciò un’occhiata di sbieco, prima di sorridere vittorioso. “Pistacchio.” Decretò.
Rimasi a bocca spalancata, a fissarlo come se davanti a me ci fosse un alieno.
“Ok,come hai fatto? Sputa il rospo. Chi te l’ha detto? È stato Trent, vero?”
Rise,prima di circondarmi le spalle con un braccio. “Eh piccola Sammy, mi dispiace ma sei un libro aperto per me.”
Speravo vivamente di no..
“Sammy?” Domandai con una smorfia di disapprovazione.
“Sammy.” Confermò.
“Che non ti venga in mente di chiamarmi un’altra volta in quel modo!”
In risposta si mise a ridere,guadagnandosi un mio pugno sulla spalla.
“Sentiamo,a te farebbe piacere se ti chiamassi Svenny?” Lo provocai.
“Non ti azzardare, è ridicolo! È troppo da..” Si fermò per riflettere sul termine. “Femminuccia.” Fece con una smorfia.
“E perché, Sammy non è da femminuccia?” Inarcai un sopracciglio scocciata.
“Sì, ma tu lo sei!” Ribatté.
In risposta grugnii, prima di accantonare la questione con un movimento della mano.
“Dai, tocca a me.” Riportai l’attenzione sul gioco.
“Cioccolato fondente..” Lo guardai per ricevere conferma e annuì.
Feci vagare il mio sguardo sui gusti disponibili,alla ricerca del secondo.
“Nocciola?” Azzardai.
“Ritenta, sarai più fortunata.”
“Bacio?”
“Ah, me lo chiedi così?” Sorrise beffardo.
Lo spintonai, prima di sbuffare e fare un riepilogo mentale.
“Nocciola no, bacio no, fior di latte e stracciatella non se ne parla.. Non sei un tipo da frutta..E allora cosa diamine..” Ad un tratto mi illuminai,schioccando le dita in sua direzione. “Menta!” Affermai con un sorriso vittorioso.
Guardando la sua espressione stupita, capii di aver fatto centro.
Quella volta non mi trattenni nel dimenarmi in un imbarazzante balletto.
“Ok, come hai fatto?” Mi chiese scettico.
“Sei un libro aperto per me, Sven.” Lo imitai, lasciandogli un buffetto sulla guancia.
Quando ci si avvicinò il gelataio, feci per dargli gli ordini quando le sue parole mi bloccarono.
“Sven! Ragazzo, da quant’è che non ti vedo!” Lo salutò calorosamente.
Mi girai verso di lui con fare interrogativo,ma non mi venne prestata attenzione.
“Ciao Josh, in effetti è da un po’..come va?”
“Non c’è male. Come sta tua madre? Ancora bella come sempre?” Domandò Josh.
“Suppongo che gli anni non l’abbiano sfiorata.” Fece spallucce Sven, facendo ridere l’altro,che prese a guardarsi attorno.
“E Brianne dove l’hai lasciata?”
A quella domanda, notai il volto di Sven incupirsi, mentre irrigidiva la mascella e contraeva i muscoli.
“Suppongo se la stia passando bene anche lei.” Disse fra i denti.
Josh cambiò espressione, come capendo di aver toccato un tasto dolente.
All’improvviso capii chi fosse Brianne..finalmente il soggetto dei suoi ritratti aveva un nome.
“Ti presento Sam.” Mi attirò da un braccio e mi mise davanti al gelataio, che mi scrutò da capo a piedi con un sorriso dispiaciuto.
“Che ragazza carina..dimmi, cosa ci fai con un ragazzaccio del genere?” Rise Josh.
“Me lo chiedo anche io.” Risposi, beccandomi un’occhiataccia del diretto interessato.
“Cosa posso servirvi?” Si interessò Josh.
“Un cono con cioccolato al latte e pistacchio e uno con cioccolato fondente e menta.” Rispose Sven.
“Offre la casa.” Ammiccò in direzione di Sven dopo che ci ebbe servito le nostre ordinazioni.
Sven scambiò ancora qualche battuta con lui,prima che mi prendesse sotto braccio e mi scortò all’uscita.
“Salutami tua madre!” Gli intimò Josh, prima di uscire dalla gelateria.
“Lo farò!”
Ci dirigemmo in religioso silenzio verso la spiaggia, dove prendemmo a camminare sulla sabbia diretti verso casa.
Ed ecco che eravamo ripiombati entrambi nel caos dei nostri pensieri.
Erano tante le domande che avrei voluto fargli, ma non sapevo se sarei riuscita a reggere un altro rifiuto. Rimasi quindi in silenzio.
Consumammo i nostri gelati durante il tragitto e, quando salimmo nella nostra camera, la curiosità divenne troppa da sostenere.
Mi girai in sua direzione mentre era intento a chiudere la porta.
“Sven..” Provai a parlargli, ma neanche due secondi dopo mi ritrovai le sue labbra incollate alle mie. Sapeva di cioccolato e menta, un mix esplosivo.
Continuò a baciarmi avanzando, costringendomi ad indietreggiare fino a raggiungere il letto.
Mi fece distendere e, in men che non si dica, erano scomparsi sia i miei vestiti che i suoi.
In quel momento mi concessi ancora di rimandare i mille dubbi che mi tormentavano, non riuscendo a non cedere all’intensità del momento.
Era quella la mia condanna. Lui era la mia condanna.
Quella volta non parlammo, e continuammo a soddisfarci tentando anche di appagare i mille pensieri che ci ronzavano nella testa.
“Sei bellissima..” Sussurrò incantato, prima di entrare in me con una spinta decisa.
Era la prima volta che me lo diceva, e fu per quello che ebbi un sussulto quando riuscii ad intravedere i suoi occhi grazie alla luce che filtrava dalla terrazza esterna.
Mi bastò quello per abbandonarmi totalmente e unirmi a lui quando raggiungemmo insieme l’apice del piacere.
Crollò al mio fianco e ci furono attimi in cui, l’ unica cosa che si avvertì, furono i nostri respiri irregolari.
Dopo che fummo riusciti a riprenderci dal momento, rimase solo il silenzio.
Pensai che sarei ancora rimasta insoddisfatta con mille domande,ma quando lui mi tirò a sé per farmi appoggiare al suo petto, rimasi sorpresa.
Non l’aveva mai fatto..
Giocò con i miei capelli per altri minuti interminabili, mentre io cadevo lentamente tra le braccia di Morfeo.
Chiusi gli occhi, ma li riaprii non appena avvertii la sua voce.
“Si chiamava Brianne..” Iniziò indeciso e io non lo fermai.
Il mio corpo divenne teso, mentre mi mordevo il labbro cercando di rimanere zitta e lasciarlo proseguire.
“La conobbi quando avevo solo otto anni. Era la mia vicina di casa,ma facevamo parte di due mondi completamente diversi. Non c’è bisogno che ti dica quali siano le condizioni economiche della mia famiglia, in quanto alla sua.. facevano fatica ad arrivare a fine mese. Ma non mi importava, lei era la ragazzina per cui avevo sempre nutrito un’innata simpatia. Giocavamo spesso insieme ,e crescemmo anche insieme.
Frequentammo gli stessi giri d’amici nonostante lei fosse più grande di me di due anni,frequentammo le stesse scuole.. Al liceo divenne la ragazza più popolare della scuola. Non mi ero accorto subito che la ragazza con i brufoli fosse scomparsa e che la crescita avesse fatto il suo corso trasformandola in una dea dai capelli biondi e profondi occhi azzurri.  I miei amici spesso mi dicevano ‘Ehi Sven,che cazzo c’hai in testa? Io quella me la sarei già scopata’. Io non prestavo attenzione alle loro parole,per me era sempre stata la ragazzina che avevo ammirato, una forza della natura incontrollata. Aveva grinta, grinta da vendere..sapeva come averla vinta su ogni cosa. Era la mia versione al femminile, per intenderci. Il nostro era un continuo litigare ma un continuo andare d’accordo. Eravamo simili,simili e incasinati.
Maledico il giorno in cui tutto ebbe inizio..” Fece una pausa.
“Era la notte di Capodanno ed eravamo in giro con amici a bere. Decidemmo di andare in una piazzetta e accamparci là fino al sorgere del sole. Chiacchierammo, ridemmo e bevemmo e poi..uno se ne uscì fuori con la brillante idea di giocare al gioco della bottiglia. Il fato volle che toccò anche a noi baciarci, noi che eravamo stati come fratello e sorella dalla nascita, così simili e al contempo incompatibili per stare insieme. Entrambi, lo ricordo ancora,facemmo una smorfia di disgusto al solo pensiero. Ma quando ci toccò baciarci..quel bacio fu tutto fuorché disgustoso.
Da quel giorno cambiammo, cercammo di rimanere gli stessi ma invano. Ci scapparono altri baci e capimmo che due amici non si baciavano. Alla fine decidemmo di fare una prova: tentare di essere una coppia.”
Rise,ma senza allegria. “Ci riuscì piuttosto bene.. ebbi il mio primo tutto con lei. La prima volta, il primo amore, il primo pianto.. E fu anche l’unica degna di essere reputata la mia Musa. Non c’era niente che mi venisse meglio ritrarre della sua figura. Era diventata di famiglia ormai. Si presentava a casa mia senza preavviso,trascorreva con noi le giornate importanti, le vacanze.. Durò fin troppo quel primo amore.. ben quattro anni. Io l’adoravo come il primo giorno, ma sentivo che qualcosa era diverso. Quando veniva a casa,era davvero poco il tempo che trascorrevamo insieme. Sembrava non fosse per me che passasse il tempo con la mia famiglia.. Come già detto,era di una bellezza unica e trovò anche il modo di sfruttarla.”
Mi sollevai per fissarlo quando si interruppe, trovandolo con gli occhi vuoti e il labbro tremante. Ricordare gli faceva ancora male.
“Il sospetto che qualcosa non andasse non ebbe il tempo di radicarsi in me ,che divenne subito una certezza. Lei non era innamorata di me,o se lo era stata non lo era più.  Quella ragazzina sfruttò le risorse economiche della mia famiglia per giovare alla sua. Io non potevo concederle molto.. così puntò più in alto.” Irrigidì la mascella e chiuse per un istante gli occhi, quando  li riaprii erano più freddi della Siberia.
“Arrivò direttamente a mio padre. Un giorno li trovai intenti a darsi da fare nel suo ufficio. Era diventata la sua puttana, ma per lo meno era ben ricompensata.” Rise sprezzante.
“Mio padre sapeva quanto tenessi a lei e non si è fatto scrupoli, così come lei non se n’è fatti nel rovinare la mia famiglia.”
Tutto mi sarei aspettata..anche che l’avesse tradito, ma non con suo padre.
Con l’uomo che l’aveva messo al mondo, che l’aveva fatto crescere.
Scossi la testa,incredula. “Non puoi essere serio..” Ma mi bastò guardare la sua espressione per capire che non stesse affatto mentendo.
“È una storia di merda come un’altra. Ne esistono così tante al mondo..”
“Sì, ma è la più raccapricciante che abbia mai sentito.” Mi venne le pelle d’oca.
“Già..” Commentò piatto.
“E cos’hai fatto dopo?” Chiesi,timorosa però di scatenare una reazione negativamente eccessiva in lui.
Scosse impercettibilmente la testa,guardando fisso davanti a sé.
“Niente, non ho fatto niente. Mia madre non meritava di conoscere una verità simile, lei è sempre stata e sempre sarà una delle cose più care che ho. Farle provare quello che provai io.. è fuori discussione. Mio padre, ancora oggi, è convinto che io abbia tenuto la bocca chiusa solo per la paura che potesse realmente escludermi dall’eredità. Quell’uomo non ha davvero capito niente dalla vita..”
“Ti ha minacciato di escluderti dall’eredità se mai avessi detto qualcosa?” Mi accertai incredula.
Lui annuì. “L’unico che sa è Joe. Una volta ero ubriaco e ho parlato un po’ troppo.” Ammise.
Io,quindi,ero la seconda a saperlo. La cosa,però,non mi confortava affatto..
“Una stupida ragazza..mi ha fottuto la vita.” Sorrise ironico.
Mi alzai dal suo petto e mi misi sotto le coperte, rannicchiandomi in posizione fetale.
Ero scossa dai brividi,quello era davvero troppo da poter assimilare.
E, la cosa ancora più sconcertante per me, fu perdermi nella sua espressione.
Era una maschera di odio e tormento che causò un macigno sul petto anche a me.
Sentivo il peso di quella storia premere sulla mia cassa toracica, fino a togliermi il respiro.
Volevo porgli altre domande ma avevo paura che mi si sarebbe rivoltato contro.
Era stato disposto a raccontarmi quella parte della sua vita, ma non sapevo quanto ancora mi avrebbe concesso.
Però, un’ultima cosa, dovevo saperla.
Deglutii timorosa. “Ti fa ancora male? Pensare a lei,intendo..”
Non potevo sapere quanto sinceramente mi avrebbe risposto, soprattutto dopo esser stato a letto con la sottoscritta.
Chiunque, in una situazione simile avrebbe mentito, ma lui no.
Mandò giù un groppo amaro. “Da togliere il respiro..”
I suoi occhi si velarono di una patina liquida.
Divennero lucidi ma non pianse, francamente sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso.
Annuii impercettibilmente anche se non poteva vedermi, preso com’era dal flusso dei suoi ricordi. Sembrava che davanti a lui stessero scorrendo molteplici scene,che davano forma al film tragico della sua vita.
Lei era ancora nella sua mente, ma soprattutto nel suo cuore.
Dubitavo del fatto che sarebbe riuscito a scacciarla, dubitavo del fatto che io sarei riuscita a scacciarla.
“Dalla prima volta che ti ho vista,quando mi hai risposto per le rime..” La sua voce rimbombò ancora nel silenzio della stanza. “Mi hai ricordato lei.”
Una lama conficcata nell’intestino avrebbe fatto meno male che sapere di essere valsa come rimpiazzo.
Quindi era quello che ero.. una brutta copia.
Era quello che aveva cercato di fare?  Di essere felice con me dove con lei non ci era riuscito, aveva pensato che io sarei riuscita a dargli quello che lei non gli aveva dato perché non ne era stata in grado.
Si era lasciato avvicinare da me solo perché le ricordavo lei?
Aveva trovato in me quello che l’aveva fatto innamorare di lei..
Lei, lei, lei, lei, sempre lei dannazione!
Per lui, io non ero Samantha Jackson, ma una sua fottuta copia.
In quel caso,provavo disgusto nei miei stessi confronti.
Mi girai dall’altra parte, dandogli le spalle per non fargli vedere la mia reazione.
Strizzai gli occhi per impedirmi di piangere, ma le lacrime uscirono lo stesso.
Strano, pensavo che i rubinetti si fossero arrugginiti in tutti quegli anni..
E invece eccomi là a piangere, a soffrire per colpa dell’ultima persona per cui avrei dovuto provare qualcosa.
Prima di quel momento, cominciai a dubitare del fatto di aver mai sofferto.
Avrei tanto voluto trovare un interruttore per spegnere il dolore.
La spossatezza cominciò ad avere la meglio su di me, ma registrai un’ultima amara verità prima di cedere alla stanchezza.
Non c’era stato bisogno di dirlo, ma a quel punto era chiaro.
In quel momento capii anche che lui, con me, aveva fatto solo sesso.
Mentre io.. ci avevo fatto l’amore.

 
Buonsalve gente, come state?
Io tutto sommato meglio, anche se la notte è ancora un incubo.. ma tralasciamo.
Da una parte invece, sono con l'umore a terra se mi immedesimo nella nostra povera piccola Sam!
Oh andiamo, ora che la verità è svelata forse avrebbe preferito non conoscerla!
Sven ha deciso di "lasciarla entrare", le ha concesso di conoscere una parte di sè che non conosce nessuno, a parte Joe.. ma sorvoliamo sul come ahaha.
Ma non sempre la verità porta del bene, e Sam sicuramente in questo momento non lo avverte.
Cosa deciderà di fare, arrivata a questo punto?
Spoiler velati:
Sam dovrà prendere una decisione, che probabilmente non piacerà nemmeno a se stessa.
Ma ha deciso di dire basta a questa presa in giro.
Lei non è il rimpiazzo di nessuno, e il fatto che Sven le abbia fatto capire il contrario le ha dato una spinta per cambiare definitivamente vita.
Una vita che non comprende la presenza di Sven.
Quindi, da perfetta ragazza con il cuore spezzato cosa deciderà di fare?
Cosa c'è di meglio che sbronzarsi in compagnia del proprio migliore amico?
Ma si sa.. dove c'è Sam ci sono guai, e questi aumentano quando la sua lucidità non l'accompagna.
Alla prossima amori miei, siete dolcissimi nel continuare a seguirmi così da vicino!
Un bacio enorme a tutti!
Xoxo. Heartless.

 
 

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Capitolo 26
*** Capitolo 25. ***


La mattina seguente, la mia mente decise da sola di intraprendere lo sciopero della parola.
Le uniche parole che uscirono dalla mia bocca furono: “Non mi sento bene, voglio tornare a casa.”
Anche perché sarebbe stato alquanto inutile e patetico rimanere ancora là con lui.
La mia vita doveva andare avanti, e quella volta mi sarei dovuta impegnare più delle precedenti per farle avere un risvolto positivo.
Avevo toccato il fondo, a quel punto non potevo che spiccare solo il volo.
Mentre eravamo in macchina,avvolti da una nube di brutti presagi, raccattai il cellulare per chiamare mia madre.
“Mamma.” Parlai,non appena ebbe risposto. “Mi aspettate per pranzo? Sto tornando adesso, sono per strada..”
In quel momento, avevo il bisogno di uno degli abbracci rassicuranti della mia genitrice pazza.
“Certo tesoro, ma come mai stai rientrando prima? È successo qualcosa?”
Non me la sentii di risponderle con una bugia. “Ci vediamo dopo.” Riattaccai.
Gli rivolsi la parola solo per chiedergli se potesse lasciarmi dai miei anzi che a casa, e anche la sua risposta fu altrettanto rapida.
Quando cominciammo ad avvicinarci alla meta, cominciai a battere freneticamente un piede contro il tappetino mentre mi mordicchiavo ansiosamente un’unghia.
Non appena la macchina si fermò, schizzai fuori alla stessa velocità di Flash, dirigendomi poi verso i sedili posteriori per recuperare il bagaglio e darmela a gambe.
In quel momento mi maledissi da sola per aver portato tutta quella roba.
La pesantezza di quel dannato borsone mi limitava nei momenti, e fu per quello che lui riuscì a raggiungermi.
Mi afferrò dalla tracolla della borsa prima che potessi correre verso il vialetto di casa.
“Lasciami, Sven.” Feci piatta, dando uno strattone in modo da liberarmi.
“Solo se mi spieghi che cazzo hai intenzione di fare.”Mi urlò addosso adirato.
Sospirai e lasciai ricadere il borsone a terra, capendo che non me la sarei potuta svignare tanto facilmente.
“Farmi la mia vita Sven. È questo che ho intenzione di fare.”
Lasciò la presa sul borsone, afferrando in alternativa in mio polso.
“Pensavo che le cose fossero andate bene.” Commentò atono.
Risi ironicamente, alzando un attimo gli occhi al cielo per evitare un nuovo fiume di lacrime. “Andate bene? Andate bene, Sven? Capisco, capisco tutto. Capisco il tuo stato d’animo,comprendo la tua storia..ma non mi capacito di come tu possa pensare che io possa rimanere al tuo fianco, quando è chiaro che nella tua vita è ancora costante il suo ricordo. Tu non l’hai lasciata andare Sven, e mai lo farai. È impensabile che io possa stare con te quando io stessa so che pensi a lei, che rivedi lei in me.” Presi un respiro profondo e cercai di darmi un contegno.
“Io non sono il rimpiazzo di nessuno..” Sussurrai tremante, evitando di guardarlo negli occhi.
“Tu hai voluto sapere.. dannazione, sei stata tu che hai insistito!” Lasciò il mio polso e sferrò un calcio contro la gomma della macchina.
“Se io non ti avessi raccontato nulla, a quest’ora ti saresti buttata tra le mie braccia alla cieca. Ma invece ho deciso di dirtelo proprio per farti capire a cosa saresti andata incontro, per non farti vivere nell’ignoranza e nella fandonia! Ti ho fatto entrare nel mio mondo e tu non hai fatto altro che incasinarlo di più. Un attimo prima ti fai baciare da me, quello dopo sei già in fuga. Mi incasini la vita, mi mandi a puttane il cervello e cambi idea mille volte nell’arco di una sola giornata!”
“Fermo, frena. Perché, cosa fai tu con me invece? Ho dovuto tollerare il fatto che mi rifiutassi per mesi, cercare di mantenermi integra davanti ai tuoi cambi d’umore. Un minuto prima sei quasi amorevole, mentre quello dopo ti chiudi nel tuo mondo di freddezza e commiserazione allontanando chiunque voglia provare a capirti. Inoltre, l’hai detto anche tu.. io non sono la tua psicologa, sono solo la tua puttana no?” Risi per mascherare il dolore. “Adesso ti sei preso tempo per aggredirmi, senza renderti conto di avermi dato implicitamente ragione. Io ho affermato che lei fosse ancora presente nella tua vita, e tu hai replicato dicendomi di avermi messo al corrente proprio per farmi capire a cosa sarei andata incontro. E sai qual è la cosa più ridicola? Che non hai smentito niente di quello che ho detto.” Lo guardai freddamente, forse per la prima volta da quando lo conoscevo riuscii a farlo senza trasmettere nessuna emozione.
“Tu non hai bisogno di me come io ho bisogno di te. E non mi vuoi, come io voglio te..” Sussurrai.
“Hai ragione..” Guardò davanti a sé con un sopracciglio inarcato, annuendo impercettibilmente. “Non hai fatto un grande affare ad accollarti uno come me.”
Mi guardò un’ultima volta, prima di fare il giro dell’auto e salire nuovamente al posto di guida.
Mise in moto e si allontanò, mentre io mi diedi da fare per raccogliere il borsone e darmi un contegno per non piangere.
Avrei anche potuto farlo, a patto che  garantissi a me stessa che sarebbe stata l’ultima volta.
Mi diressi verso casa con gli occhi che mi bruciavano, ma non feci in tempo a suonare che la porta si aprì. Guardai negli occhi mia madre.
“Ho già sentito tutto, tesoro..” Aprì le braccia e io feci cadere a terra il borsone per buttarmi al loro interno e trovare conforto.
I suoi abbracci erano sempre stato terapeutici per me, un toccasana.
Quella volta, però, non riuscirono a scacciare del tutto il dolore provato.
Mi trascinò dentro e chiamò mio padre per fargli recuperare il mio borsone, mentre continuava a stringermi tra le sue braccia.
Mi scappò un singhiozzo. “Shh tesoro, sei stata forte.” Mi lasciò un bacio sulla fronte e mi fece sedere sul divano.
Dopo pochi attimi comparve mio padre con in mano il borsone, che fece vagare lo sguardo da mia madre a me in lacrime.
“Ho capito.” Tirò su le mani in segno di resa, tirandosene fuori. “Cose da donne.”
Ci lasciò sole in soggiorno e andò in cucina per accendersi la televisione, mentre mia madre mi passava un fazzoletto per potermi dare una ripulita.
“Sono uno schifo..” Commentai, soffiandomi il naso.
“Sei innamorata.” Mi corresse.
Cercai di reprimere un smorfia di ribrezzo. “Oh andiamo mamma, non dire più una cosa del genere! Non voglio più sentire una parola simile fino alla fine dei miei giorni.”
Mi guardò con un sorriso materno. “Sono sicura che tu non sia la prima a pensare una cosa del genere. Ma vedrai, un giorno ti ricrederai..”
Avevo i miei dubbi in merito.
Se prima ero cinica nei confronti dell’amore, adesso avevo sviluppato l’intolleranza assoluta.
“Andiamo a mangiare qualcosa dai.” Mi incitò, alzandosi e porgendomi una mano per far sì che la seguissi.
“Non ho molta fame..”
Mi guardò con espressione sconvolta. “La fine del mondo deve essere vicino allora.”
Rise, prima di afferrarmi per un braccio e spingermi fino in cucina.
Non toccai molto cibo, solo qualche boccone in modo che non potesse lamentarsi.
Sul pomeriggio tardi mi riportò a casa mia in macchina, lasciandomi mille raccomandazioni.
“Mangia, non chiuderti in casa come una depressa e apriti alla vita. Non saltare le lezioni e..” Si girò in mia direzione per fissarmi. “Smettila di piangerti addosso!” Mi spinse fuori dalla macchina e mi salutò con un sorriso, prima di partire nuovamente lungo la strada.
Aveva ragione,non potevo rimanermene con le mani in mano.
Non appena varcai la soglia di casa raccattai il cellulare per chiamare Trent.
“Trent, stasera ci si va ad ubriacare.”
 
“E pensa ancora alla sua ex, capisci?” Sbiascicai, mentre prendevo un’altra grossa sorsata dal mio bicchiere di vodka.
“Sam..” Tentò invano di richiamarmi Trent, seduto al mio fianco su uno dei divanetti di quello squallido posto.
Tutta quella musica mi stava dando alla testa,ed ero sicura che se solo avessi provato a riportarmi in posizione eretta sarei rovinata a terra.
“Scopa con me e pensa alla sua ex, incredibile non trovi?” Risi. “Sono la sua copia..una fottuta copia.” Mi sbilanciai e caddi in avanti, facendo disperdere a terra l’interno del mio bicchiere.
“Oh, la mia vodka! Ha formato un piccolo e grazioso laghetto su questo pavimento suuudicio!” Battei le mani, ridendo in maniera patetica.
“Voglio un altro bicchiere.” Dichiarai poi.
Trent mi afferrò la mano prima che potessi alzarla per richiamare il barista.
“Smettila Sam, direi che hai bevuto abbastanza per questa sera.”
“E tu smettila di fare il guastafeste!”
Fece per rispondere, ma poi venne distratto dal cellulare.
Lo tirò fuori dalla tasca e lesse sullo schermo. “Torno subito, tu aspettami qua. Guai a te se ti muovi e guai a te se ti trovo con un altro bicchiere in mano.” Mi intimò, prima di alzarsi dal divanetto e lasciarmi da sola.
Per sua fortuna, non avevo più neanche la forza di mettermi a urlare per attirare l’attenzione del barista.
Quel fottuto bastardo sembrava farlo apposta a evitarmi.
Gli lanciai un’occhiata da lontano e, quando intercettò il mio sguardo, gli feci la linguaccia.
Mi afflosciai sul divanetto, appoggiando la mia guancia contro il tessuto di pelle.
E ora chi ritornava più in posizione composta?
“Dio Sam, come sei ridotta?” Ehi,ma quella voce io la conoscevo.
Alzai gli occhi e riconobbi la figura slanciata di Amy.
Era bellissima, e io ero sicura di fare ancora più schifo al suo confronto in quel momento.
“Ogni volta che ho tentato di toglierle di mano il bicchiere, mi mordeva.” Sospirò Trent, al suo fianco.
“E tu che ci fai qui?” Domandai confusa.
“Mi ha chiamata Trent, ho saputo che stavi delirando così sono corsa qua. Mi ha dato uno strappo mio fratello.” Fece spallucce.
Mi alzai improvvisamente dal divanetto, barcollando a causa del movimento avventato.
Per fortuna venni sorretta prontamente da Trent.
“Sven è qua?” Chiesi in un sussurro.
“Tuo fratello? Non mi hai detto che stavi venendo con lui, Amy!” La rimproverò Trent mentre mi aiutava a reggermi in piedi.
“E come pensavi che vi avrei raggiunti altrimenti? È lui che ha la macchina!”
Non ascoltai una sola parola in più di quella conversazione.
Svincolai dalla presa di Trent e barcollai lontano da là.
“Sam, ritorna qua!” Mi richiamò Trent.
Lo ignorai e mi addentrai in mezzo alla folla prima che lui potesse intercettarmi e catturarmi nuovamente fra le sue grinfie.
Continuai a sentire la sua voce in lontananza,e mi allontanai ulteriormente fino a farla divenire solo un fastidioso ronzio.
Ero combattuta su due fronti: andare a cercarlo e darmela a gambe.
Senza rendermene conto, cominciai a cercarlo con lo sguardo mentre tentavo di uscire dal locale per darmela a gambe.
Non mi accorsi di essere rimasta impalata in mezzo alla pista fino a quando un ragazzo non prese a strusciarsi contro di me.
Lo guardai con disgusto, cercando di levarmelo di dosso.
Ma più cercavo di allontanarlo, più lui si attaccava al mio corpo.
Ad un certo punto mi fermai.
Dopotutto cosa c’era di male? Era un posto in cui la gente si divertiva.
Cercai di assecondare le sue mosse, ridendo divertita al suo orecchio.
Non sapevo se stessi riuscendo a ballare senza sembrare uno zombie mangia cervelli, ma dubitavo in ogni caso che lui se ne sarebbe accorto. Finché continuava a palpeggiarmi, non gli sarebbe importato gran che delle mie doti da ballerina.
Reclinai la testa all’indietro e scoppiai a ridere, fino a quando non avvertii la sua mano insinuarsi sotto la stoffa del mio vestito.
Repressi un conato di vomito e cercai di allontanarlo.
“Staccati, maniaco!”
Non sembrò prestarmi ascolto, continuando a palpeggiarmi il sedere da sotto il vestito.
Cercai di tenere a freno le sua manacce, ma queste si muovevano più velocemente di quanto riuscissi a rendermi conto.
La situazione stava cominciando a diventare insostenibile, e dubitavo che sarei riuscita a tirarmene fuori senza l’aiutino di qualcuno.
Perché ero scappata da Trent? Che stupida che ero stata!
“Non hai sentito mano lesta? Devi levarti!” Sentii solo quella voce, prima di vedere il corpo di quell’essere invertebrato cadere a terra.
Si guardò intorno con espressione confusa, portandosi una mano sulla parte dolorante che era stata colpita dal pugno di qualcuno.
Bel mancino!
Risi mentre tentava di rimettersi in piedi e si allontanava, continuando a lanciarmi delle occhiate come se fossi pazza.
Beh lo ero, dove stava il problema?
Continuai a ridere a crepapelle, piegandomi sulle ginocchia.
Sentii delle mani calde afferrarmi dalle braccia per riportarmi in posizione eretta.
Ancora una volta il movimento fu troppo brusco per risparmiarmi un giramento di testa.
I miei occhi vorticarono e mi sentii mancare, ma qualcuno mi afferrò per le guance scuotendomi leggermente.
Quando riuscii a mettere a fuoco lo sguardo, mi persi in due buchi neri.
Ehi, erano simili a quelli di Sven. No,un momento..quelli erano di Sven!
“Sam, sei ubriaca?” Domandò, continuando a scuotermi leggermente.
Sentii una morsa stringermi il petto ed impedirmi di respirare.
Cercai di scostare le sue mani, ma quando ci riuscii inciampai.
Caddi col sedere per terra prima che lui avesse potuto intercettarmi.
Sospirò e si abbassò alla mia altezza.
“Si può sapere perché cazzo hai bevuto così tanto?” Mi chiese quando avvertì il mugolio di dolore che scaturì dalle mie labbra.
Lo guardai negli occhi e, non appena incontrai il suo sguardo compassionevole, scoppiai a ridere.
“Per te, fottuto stronzo, per te!” Urlai, cercando poi di rimettermi in piedi senza il suo aiuto. Viva la sincerità!
Non ce la feci e lui mi afferrò dalle braccia per aiutarmi a farlo, prima di attirarmi al suo corpo per evitarmi di barcollare.
Appoggiai le mani sul petto per cercare di allontanarlo, ma quando prese ad accarezzarmi i capelli non riuscii a farlo.
“Non farlo più.. non per me.”
Mi scostai leggermente e lo vidi con lo sguardo basso, gli occhi lucidi.
Scossi la testa e mi imposi di andarmene prima di provocare un’altra ferita al mio cuore.
Lo spintonai all’indietro con una forza che non pensavo di possedere, prima di girarmi e cominciare a camminare in direzione dell’uscita.
Il titolo di quella sera era ‘Dimenticare Sven lo stronzo’. Quindi non era prevista nessuna chiacchierata in sua compagnia per riuscire nell’intento.
Ebbi quasi raggiunto l’uscita, quando mi sentii afferrare da un polso.
Feci per girarmi e, con molte probabilità, gli avrei rifilato un pugno in piena faccia se non mi avesse lasciata in pace.
Me ne fregavo del fatto che avrei potuto rompergli il naso, tanto con tutti i soldi che aveva, non ci avrebbe messo molto a trovare un buon chirurgo plastico.
Il pugno si fermò a mezz’aria quando capii che non si trattasse di lui.
No, sicuramente lui non aveva capelli biondi e occhi azzurri.
E non mi avrebbe mai guardato come se fossi pazza, perché sapeva già che lo fossi.
Ritirai il pugno dietro la schiena, sorridendo innocente. “Ehi ciao Jace, come va?”
Prima che potesse rispondermi, un omaccione passò in mezzo a noi spingendomi di lato. Maledizione, quando avrebbero capito che il mio equilibro era andato beatamente a farsi benedire?
Jace mi afferrò da una mano per riportarmi vicino a lui ed evitare che mi disperdessi in mezzo alla folla.
“Io bene, tu piuttosto? Bevuto un po’ troppo, eh?”
Annuii,mentre mi aggrappavo a lui. “Portami fuori di qui!” Lo pregai.
Non se lo fece ripetere due volte e si fece largo in mezzo alla folla, trascinandomi dietro di lui.
Quando arrestammo il passo a causa di un armadio che ci aveva sbarrato la strada, ci pensai io a farlo levare di torno.
“Levati, testa di cazzo! O vuoi che ti sbocchi in faccia?” Gli urlai contro, scatenando in lui una reazione di stupore.
Quando si fece da parte, Jace mi afferrò dal braccio e mi fece passare oltre.
“Però, che docile!” Commentò ironicamente.
Una volta all’aria aperta mi liberai in un respiro sollevato.
Finalmente il mio olfatto non stava più soffrendo per tutta quella puzza di alcool e sudore.
Per lo meno,quest’ultimo odore se n’era andato, quanto all’alcool.. Mi venne il dubbio che fossi io a emanare quella puzza.
Mi salii un conato di vomito, che mi fece ribaltare lo stomaco.
“Ehi, tutto ok?” Mi fu subito vicino Jace.
Ispirai a fondo e riportai su la testa, annuendo impercettibilmente.
Ci allontanammo dalla folla che era riversata là fuori, andando a prendere posto su una panchina dall’altra parte della strada.
Fu un sollievo ritornare seduta.
“Che vita di merda..” Mi uscì, mentre ero intenta a osservare una farfalla che mi svolazzava intorno.
“Sai che passerai una lunga nottata,vero? Deduco tu abbia un bel po’ di alcool da smaltire.” Mi avvertì.
“Evviva, dopotutto adoro il mio bagno! E inoltre ci sarà Duffy a tenermi compagnia!”
“Chi è ora Duffy? Il tuo cane?”
“Ma no sciocchino, è la mia paperella di gomma!”
Lui mi fissò e io lo fissai.
Ok, non potevo credere neanche io a quello che avevo detto..l’alcool non sempre era una cosa positiva.
Mi faceva parlare decisamente troppo, più di quanto non facessi già normalmente. Il che era tutto dire.
“Come mai hai bevuto così tanto?” Era il secondo che mi faceva quella domanda.
E non avevo intenzione di rispondere nuovamente.
Alzai gli occhi al cielo e mi persi a fissarlo. “Ehi, guarda quante stelle! Sono 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10 e.. no aspetta, quella l’ho già contata.”
Lo sentii ridere, e mi costrinse a riportare la mia attenzione su di lui.
Aveva una risata contagiosa, tant’è che mi ritrovai a ridere con lui senza neanche rendermene conto.
“Dimmi che anche io splendo un po’ come una stella..” Lo implorai piagnucolando.
“Sei la stella più luminosa di tutte.” Sorrise.
“Immagino.. soprattutto in questo momento.” Borbottai. “Non ti hanno mai detto che non si devono dire le bugie?”
“I maschi.. che brutti pezzi di merda. Sono bravi solo a sparare stronzate, a riempirti la testa di sogni contornati da tanti cuoricini..” Mi rabbuiai, assumendo una faccia astiosa. “Cuoricini che poi, una volta capito come sono fatti, si trasformano in teschi. Teschi orribili e spaventosi che preannunciano una morte lenta e dolorosa..” Mi persi a fissare il vuoto, presumibilmente con gli occhi iniettati di sangue.
Mi girai a guardarlo. “Secondo te è più efficace la decapitazione o un paletto piantato nel cuore?”
Sospirò. “E sentiamo..a chi avesti rivolto questi pensiero omicidi?”
Silenzio.
“Tiro a indovinare?”
Altro silenzio.
“Eh va bene, ci provo..” Prese il mio silenzio come un cenno affermativo.
Si strofinò le mani sulla stoffa dei pantaloni, prima di fissare lo sguardo dall’altra parte della strada.
“Secondo me allo stesso ragazzo che mi stava fulminando con lo sguardo nel cortile della scuola..lo stesso che lo sta facendo anche ora vicino al moro, che sta sventolando una mano proprio in nostra direzione.” E anche lui si mise a salutare con un sorriso piantato in faccia.
Seguii la traiettoria del suo sguardo e mi accorsi che Trent si stesse avvicinando, seguito da Amy e beh.. dal portatore delle mie sventure.
Come mai non era ad avventurarsi in qualche cesso guasto?
“Indovinato?”
“Sei un indovino.” Risposi, con la bocca schiusa dalla sorpresa.
Rise, mentre Trent e gli altri mi raggiungevano attraversando la strada.
“Si può sapere dove cazzo eri finita? Non so da quant’è che ti cerco!” Mi aggredì Trent. Deja vu. Io quella scena l’avevo già vissuta..
Inconsciamente,lanciai uno sguardo a Sven nel ricordarmi di quella sera.
“Beh, ora mi hai trovata!” Esultai.
Mi accorsi che gli occhi di tutti e tre, in particolare di Sven, erano puntati sul biondino.
“Lui è Jace, l’ho incontrato prima. È un mio amico.” Lo presentai, stupendomi quando riuscii a non sbiascicare.
“Certo,come no..” Sentii qualcuno borbottare, la stessa persona che si ritrovò il tacco a spillo della sorella impiantato nel piede.
La uccise con lo sguardo, ma lei resse il confronto.
“Beh ti ringrazio Jace, se non ci fossi stato tu non ho idea di che fine avrebbe fatto.” Parlò Trent.
“Nessun problema, anzi.. è stato un piacere.” Sorrise angelicamente in mia direzione.
È stato un piacere..” Gli fece eco Sven, imitandolo e guadagnandosi un altro approccio violento della sorella nei suoi confronti.
“Chiudi quella boccaccia!” Gli intimò, mentre cominciava a prenderlo a borsate senza scalfirlo minimamente.
A proposito di borse e borsette..guardai Trent e ritrovai la mia pochette tra le sue mani. Sempre detto che fosse il mio eroe.
“Andiamo a casa?” Mi chiese dolcemente.
Annuii, prima di girarmi in direzione di Jace a abbracciarlo.
Dopo di che mi alzai dalla panchina e venni scortata da Trent lungo il tragitto.
Mentre mi allontanavo in compagnia del sopracitato e di Amy, mi accorsi che Sven fosse rimasto indietro.
Mi girai per accertarmi della situazione.
“Ascoltami bene biondino..” Quelle furono le ultime parole che sentii, prima di attraversare la strada.
“Sparire così..quanto sei stata immatura! Se mi avessi dato il tempo di andare a racimolare la macchina, ce ne saremmo andati senza il bisogno che tu dovessi darti alla fuga!” Mi rimproverò Trent una volta arrivati vicino alla macchina.
Rimasi in silenzio e lui continuò a inveirmi contro anche quando ci si avvicinò Sven.
Guardai lui, cercando di capire cosa avesse detto a Jace.
Anche se magari, per com’ero ridotta, poteva tranquillamente esser stato frutto della mia immaginazione..
“Mi hai capito?” Mi girai in direzione di Trent, che in quel momento mi stava fissando con espressione tesa e arrabbiata.
“E?” Mi uscì solo, non avendo ascoltato neanche una parola del suo monologo.
Capii che si stesse trattenendo dallo strangolarmi solamente perché non fossi al pieno delle mie facoltà mentali.
“Sali in macchina.” Ringhiò esasperato.
Non me lo feci ripetere due volte e mi afflosciai contro il sedile, chiudendo gli occhi e ispirando lentamente dal naso.
Jace aveva ragione..sarebbe stata proprio una nottata di merda.
Quando Trent prese posto al mio fianco e partimmo, l’ultima cosa che vidi furono gli occhi di Sven intenti a seguirmi con lo sguardo fino a scomparire.
Una volta arrivati a casa mi aiutò a scendere dalla macchina e successivamente mi mise a letto.
“Sam, Sam..cosa devo fare con te?” Sorrise.
“Sono patetica..”
“Non sei patetica..” Fece una smorfia. ”Ok, forse un pochino. Ma sei solo innamorata.”
“Smettetela di ripeterlo tutti.” Borbottai, spalmandomi un cuscino in faccia.
“Mi è passata la varicella, sono sopravvissuta all’attacco di un serpente velenoso, ad un incontro ravvicinato con una tarantola..ce la posso fare, posso superare anche questo.”
Rise. “Parli dell’amore come se fosse una malattia.”
“Peggio..” Mugugnai.
Sospirò e si chinò su di me per lasciarmi un bacio sulla fronte.
“Buonanotte Sam.” Mi salutò e si diresse verso l’uscita di casa,mentre io rimanevo immobile nel letto.
Buonanotte un cazzo..


 
Eccoci qua ritrovati ragazzuoli!
Allora..la nostra Sam ha deciso di concedersi un aiutino per dimenticare, peccato che il fato non le consenta di farlo neanche per un tempo a breve scadenza.
Però, per lo meno la nostra Sam non è l'unica che ha avuto un diavolo per capello.. Sven mi sa tanto che è un po' gelosetto anche se ha tentato di mascherarlo! Ovviamente non con molta  maturità ahahah povera Amy che deve tenerlo a bada!
Sam ormai sa che l'amore ha bussato alla sua porta ma, nonostante ne sia a conoscenza, è ancora restia ad accoglierlo.
Anzi, lo reputa una malattia! Ahahah questa ragazza è esilarante!
Ma ora diamo un'occhiata a ciò che succederà in seguito..
Spoiler velati:
Sam alla fine accetterà di prendere quel caffè con Jace, e dopo si intratterranno con una passeggiata al parco, facendo l'incontro di Joe ad Adison. 
Il primo, ovviamente, sentendosi solidale nei confronti del cugino Sven.. non riuscirà a trattenersi dal rivelargli in cosa sia impegnata la nostra Sam..
E lui come reagirà? Cosa farà?
MMMH, lo scopriremo nel prossimo capitolo.
Un bacio a tutti tesori!
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 27
*** Capitolo 26. ***


Il giorno dopo a scuola camminavo per i corridoi come se fossi uno zombie.
Mi trascinavo reggendomi agli armadietti, fino a quando non riuscii a raggiungere il mio.
Lo aprii e guardai il mio riflesso attraverso lo specchietto incollato all’anta.
Oddio, dov’era finita la mia versione umana e da dove era spuntato quel panda?
Mi avevano per caso pestato, la sera prima?
Con un ringhio frustrato mi richiusi l’armadietto alle spalle, decidendo di andare a prendere un po’ d’aria fresca fuori da scuola.
Mi serviva proprio la pausa in quel momento.
Non ricordavo granché della sera prima, soltanto che fosse stata tragica e che avessi fatto una figura di merda con Jace.
Mi sedetti sulla solita panchina e, pochi minuti dopo, ecco il sopracitato comparire nella mia visuale.
“Ehi, come ti senti?” mi domandò, sedendosi al mio fianco.
Lo fissai con un sopracciglio inarcato, come per chiedergli tacitamente se mi stesse prendendo per il culo e il mio aspetto non parlasse da sé.
Rise. “Ho capito, alla fine è stata davvero una nottata movimentata.”
“Non entrerò mai più nel mio bagno, è diventato un incubo per me. Se chiudo gli occhi rivedo ancora le mattonelle rosa pallido..”
“Dicono tutti così, ma poi lo rifarai.”
“Oh, infatti non ho mai detto che non berrò mai più in vita mia. Andiamo,sono realista!”
Sorrise e si guardò intorno, strofinandosi le mani contro la stoffa dei pantaloni.
“Jace..ti prego di dimenticare la figura di merda che ieri sicuramente avrò fatto. Non ricordo molto,ma sono sicura di aver sparato abbastanza stronzate.”
Si girò verso di me con finta espressione oltraggiata.
“Mi stai dicendo che dovrei dimenticarmi che la tua paperella di gomma si chiama Duffy? Giammai!”
Sgranai gli occhi. “Ti ho davvero detto una cosa simile?”
Annuì, cercando di trattenersi dal ridere.
Lo spintonai con una spallata. “Andiamo ridi pure, me lo merito.”
E non se lo fece ripetere due volte.
“Comunque mi sento in dovere di rimediare..”
“Ma non ti preoccupare, non è successo niente.” Mi rassicurò.
“Insisto. Che dici..è ancora valida l’offerta per quel caffè?”
Gli si illuminarono gli occhi e gli comparve un sorriso bellissimo in volto.
“Certamente.”
 
Ero in ritardo, ero in ritardo!
Non che fosse una novità ma..diamine,non potevo far aspettare Jace così tanto!
Mi feci largo tra la folla che camminava sul marciapiede al passo di marcia, iniziando letteralmente a correre.
Perché non potevano venire tutti risucchiati da un buco nero?
Arrancai a fatica fino alla caffetteria, entrando al suo interno con aria trafelata.
Quando lo individuai, mi feci largo tra i tavoli per raggiungerlo.
“Scusa, scusa, scusa il ritardo!”
Si girò in mia direzione e mi sorrise rassicurante. “Non ti preoccupare,sono arrivato anche io da poco.”
Sganciai un sospiro di sollievo e mi feci cadere sulla sedia di fronte a lui.
“Hai già ordinato?”
“No, aspettavo te.” E fece un segno al cameriere per raggiungerci.
“Tu cosa prendi?”
Sorrisi amaramente..se fosse stato Sven l’avrebbe saputo senza chiedermelo.
“Un frappé al cioccolato.”
“Io un caffè macchiato.” Rispose Jace, mentre il cameriere segnava gli ordini e spariva poi dietro il bancone.
Un caffè macchiato..se ci fosse stato Sven al suo posto, si sarebbe preso metà caffetteria.
Ok, STOP! Maledizione Sam, puoi almeno far finta di non pensarci?
“Jace..” Lo richiamai quando mi ricordai di una cosa.
Mi guardò con fare interrogativo, attendendo che continuassi.
“Sven ti ha per caso detto qualcosa, ieri sera?” Volevo capire se fosse stato solo frutto della mia immaginazione o se fosse stato un fatto reale.
Si grattò la nuca imbarazzato. “In realtà mi ha intimato di starti lontano se..non volevo trovarmi i genitali nel posto sbagliato, per metterla in termini meno brutali.”
Ci rimasi di stucco. “Mi dispiace, Jace..”
“Non ti preoccupare, e in ogni caso non sono uno che ascolta i consigli.”
Il pomeriggio trascorse in modo piacevole.
Era facile parlare con lui,anche se mi accorsi di non essere me stessa al 100%.
Con lui non potevo concedermi di essere isterica, di insultare qualche passante senza che mi prendesse per pazza, non potevo avere le stesse movenze di una scaricatrice di porto..
Insomma, ero quella che non ero.
Tra una chiacchiera e l’altra,ci incamminammo verso uno dei parchi del centro.
Lui parlava e io mi limitavo grossomodo ad ascoltare e a fare due domande in merito all’argomento.
Aveva ragione Dee.. non ero abile come ascoltatrice.
Sicuramente la colpa non era mia se quello che diceva non entusiasmava la mia loquacità.
Erano rare le volte in cui non mi annoiavo ad un appuntamento, soltanto con Sven era un emozione continua.
“Ti va se ci prendiamo un gelato?” Propose quando ci ritrovammo nei pressi di una gelateria.
Annuii con un sorriso, varcando l’ingresso insieme a lui.
“Che gusti prendi?” Domandò quando ci trovammo davanti al bancone.
Lui l’avrebbe saputo..
Oh andiamo, mi lamentavo del fatto che lui avesse rivisto in me la ex ma anche io cercavo di rivederlo in Jace!
“Cioccolato al latte e pistacchio.” Risposi.
Si rivolse al gelataio. “Uno come ha detto lei, e uno con fragola e melone.”
Fragola e melone? Davvero? Che femminuccia dallo stomaco delicato!
Pagò il conto al posto mio, impedendomi ancora una volta di tirare fuori il portafogli.
Tanto meglio per me.
Eravamo giusto usciti dalla gelateria e avevamo preso a camminare per il parco, quando una voce irruppe nell’aria.
“Saaam!!” Urlò.
Non ebbi il tempo di girarmi che mi ritrovai Adison spalmata addosso.
Addio gelato..caduto miseramente a terra.
“Adison! Che ci fai qua?” Mi allontanai per guardarla.
“Sono con Joe e beh, lui abita qua vicino..” Arrossì.
“Adison!” Si avvertì un’altra voce: quella del diretto interessato.
Si avvicinò a noi e si diresse verso Adison con espressione scocciata.
“Si può sapere perché sei corsa via in quel modo?”
Lei si fece piccola piccola, scrutandolo dal basso con fare innocente. “Avevo visto Sam..” E si nascose dietro di me come se fossi il suo scudo di protezione.
Joe spostò l’attenzione da lei a me. “Ehilà psicopatica, che ci fai da queste parti?”
Sorvolai sul nomignolo affettuoso che mi aveva affibbiato. “Facevo un giro..” Feci vagamente, ma quando notai il suo sguardo puntato su Jace al mio fianco capii di non poter sfuggire.
“Ah, lui è Jace.” Lo presentai senza dargli altre etichette.
“Joe.” Gli strinse la mano mentre continuava a scrutarlo con gli occhi ridotti a due fessure.
E quell’aria da stronzo cos’era? In mancanza del cugino, si prestava lui a quel ruolo?
Poi gli spuntò un ghigno. “Oh.. e Sven lo sa?” Chiese allusivamente.
Lo fulminai con lo sguardo, facendolo ridere fino a quando non prese a squillargli il cellulare.
“Oh guarda un po’, parli del diavolo..” Lesse sullo schermo e si allontanò per rispondere.
Se si azzardava a dire una parola di troppo si sarebbe ritrovato con un brutto taglio alla gola.
Continuai a guardarlo mentre parlava e, di tanto in tanto, lanciava occhiate in mia direzione.
“Ci sarai alla festa di Joe il prossimo Sabato?” Mi domandò Adison al mio fianco.
Eravamo solo a lunedì..mancavano praticamente due settimane fino a Sabato.
“Non sapevo desse una festa.”
“L’abbiamo deciso insieme prima.” Fece spallucce.
Indugiai sulla risposta non sapendo se me la sentissi di condividere il mio spazio vitale con Sven, perché era risaputo che ci sarebbe stato anche lui.
Adison dovette notare il mio tentennamento,e si sporse in direzione di Jace.
“Se vuoi puoi portare anche lui.” Propose.
In risposta, lui sorrise come per accettare l’invito.
Mi abbassai all’altezza di Adison, sussurrandole all’orecchio.
“Non credo sia una buona idea..”
“Lo dici per Sven? Ho il netto presentimento di essermi persa qualcosa.” Sussurrò di rimando.
“Oh, non sai quante cose.”
“Andiamo, sono sicura che non farà nessuna sceneggiata. Insomma,è abbastanza maturo da risparmiarselo.” Disse.
La osservai per un lungo istante, poi allungai una mano dandole un affettuoso buffetto sulla testa. “Così dolce e così ingenua.”
Scostò la mia mano con fare stizzito, guardandomi con un broncio adorabile.
“Adison andiamo? Devo passare un attimo a casa dei miei prima di uscire per cena.” Fece Joe, riavvicinandosi a noi dopo aver chiuso la chiamata.
Adison impallidì. “Dai tuoi?” Domandò tremante.
Joe alzò gli occhi al cielo. “Sì Adison, dai miei. Sono esseri umani innocui, di certo non ti sbraneranno. E poi ti hanno sempre adorato.”
In risposta, lei borbottò qualcosa ma alla fine si convinse a seguirlo.
Lui la guardò con amore, e lei contraccambiò con un sorriso dolcissimo.
Beati loro, così felici e spensierati e..che se ne andassero un po’ a fanculo.
“Ci vediamo, Sam!” Mi salutò Adison con un bacio sulla guancia.
“Già, a presto Sam..ah,e buon proseguimento.” Fu invece il saluto di Joe, con un sorriso divertito stampato in faccia. Se non l’avesse finita all’istante, gli avrei stampato anche la suola della mia scarpa su quel bel visino che si ritrovava.
Pochi attimi dopo, si avvertì il rumore di un tuono scaturire in un boato dal cielo.
Sia io che Jace alzammo lo sguardo, accorgendoci delle nuvole grigie sopra la nostra testa.
“Forse è meglio rientrare..il tempo non promette bene.” Disse Jace, facendo una smorfia di disappunto.
“Lo penso anch’io.” Lo guardai,mentre lui faceva lo stesso.
“Vuoi che ti accompagni a casa?” Domandò gentile.
“No,non scomodarti. Tu abiti qui vicino, mentre io devo prendere il pullman per arrivare a casa. Non ha senso che ti faccia fare con me tutta quella strada per poi ritornare indietro.”
“Va bene..” Sospirò. “Grazie Sam, sono stato bene.”
Alla fine la giornata non era andata tanto male effettivamente, avevo avuto di peggio..
Era un ragazzo simpatico, gentile e affettuoso..aveva un sacco di qualità.
Peccato non fossero quelle che mi attiravano in un ragazzo, ma comunque non potevo che apprezzarle.
“Anche io Jace.” Sorrisi.
Si avvicinò a me e mi salutò con un bacio sulla guancia, prima di girarsi e ritornare a casa.
Mentre camminava si girò per guardarmi un’altra volta, e sorrise scuotendo la testa.
Non volevo ferirlo..ma dubitavo che saremmo riusciti ad andare lontano io e lui insieme.
Eravamo fin troppo incompatibili.
Cominciai a camminare diretta verso la fermata dell’autobus.
Non me la sentivo di chiamare Trent e di disturbarlo per farmi venire a prendere, aveva pur sempre una vita lui.
Grugnii infastidita. Forse se solo non avessi mai incontrato Sven, la mia vita sarebbe stata diversa. Magari a quest’ora mi ritrovavo felice e spensierata a passare le serate con i soliti amici e ad ubriacarmi con una bottiglia di vodka, senza però rimettere l’anima per tutta la notte..
Forse avrei incontrato un ragazzo con cui condividere il mio tempo senza che venissi irrimediabilmente coinvolta emotivamente.
Forse a quest’ora se non l’avessi incontrato, avrei ancora il cuore integro e non mi trascinerei per le strade come una depressa. Come stavo facendo in quel momento..
Il pullman stazionò davanti a me e salii al suo interno prendendo posto nei soliti sedili dietro.
Frugai nella borsa alla ricerca delle cuffiette e le attaccai al cellulare, poi misi la riproduzione casuale nella playlist.
Partì ‘Cry’ di Rihanna.
L’avevo ascoltata tante volte, così tante da arrivare a perdere il conto, ma non mi era mai successo di rispecchiarmi nelle sue parole.
In quel momento, sembrarono scritte appositamente per me.
 
Non sono il tipo da avere il cuore spezzato.
Non sono il tipo che si intristisce e piange.
Perché non lascerò mai il mio cuore aperto.
Non mi fa mai male dire addio..
Le relazioni non diventano importanti per me.
Non ne ho mai avuto abbastanza di qualcosa.
E qualcuno può dire di avermi amato per davvero,
ma a quel tempo non è significato niente per me..
 
Non mi ero mai cimentata in una relazione fino ad arrivare con il cuore a pezzi.
Nessuno era mai riuscito a superare la scorza dura del mio cuore, a vederci attraverso e a trafiggerlo.
Avevo ricevuto tanti ‘Ti amo’, ma non ne avevo mai pronunciati..
 
Questa volta era diverso.
Mi sono sentita come se fossi la vittima.
E quando sei uscito dalla mia vita, mi hai ferito come un coltello.
Ora sono in questa condizione, e ho tutti i sintomi..
Di una ragazza col cuore spezzato.
Ma non importa, non mi vedrai mai piangere..
 
Nelle mie relazioni precedenti mi ero sempre sentiva la cattiva della situazione.
Ero io quella che feriva, ma che mai veniva ferita.
Come potevano ferirmi se di loro non mi importava nulla?
Già..questa volta era stato davvero diverso, e non avrei mai pensato che un cuore ridotto in frantumi facesse così male.
Non mi avrebbe mai vista piangere, era vero..seppur in quel momento avessi cominciato a farlo.
 
È successo quando ci siamo baciati per la prima volta?
Perché mi fa male lasciarti andare.
Forse perché abbiamo passato insieme così tanto tempo..e so che non ce n’è più.
Non avrei mai dovuto lasciare che tu mi stringessi, tesoro.
Forse è perché sono triste a vederci separati.
Non te l’ho dato intenzionalmente..devo capire come hai fatto a rubarmi il cuore.
 
Credevo  fosse successo da molto prima.
Forse quando gli parlai alla pista di pattinaggio, o forse ancor prima..quando mi lasciò senza fiato in quel maledetto fast food.
Ironico il destino..anche se quel giorno non mi fossi fermata in quel posto, l’avrei ugualmente incontrato in quella dannata pista.
Ero sicura che,anche se Dee non avesse mai conosciuto Trey, il destino avrebbe trovato il modo di far sì che si imponesse nella mia vita.
Una cosa era certa..non avrei comunque dovuto lasciare che mi tenesse con lui, che rimanesse al mio fianco durante la notte.
Avrei dovuto cacciarlo a calci in culo fin dalla prima volta che ero caduta nella sua trappola.
Non era mai stata mia intenzione innamorarmi, soprattutto se avessi saputo che facesse così schifo.
Non era mai stata mia intenzione innamorarmi..non di lui.
Scesi dal pullman quando si fermò alla mia fermata, cominciando a camminare verso casa sotto il cielo scuro e minaccioso.
Fu quando girai l’angolo prima di casa mia, che partì l’ultima strofa.
 
Come sono arrivata fin qui con te? Non lo saprò mai.
Non ho mai pensato di metterla sul personale.
E, dopo tutto quello che ho provato a fare pur di non amarti, ho il cuore spezzato.
Non posso permettere che tu lo sappia. E non lo mostrerò.
Non mi vedrai mai piangere..
 
Chiusi gli occhi e mi asciugai le lacrime con la sciarpa che tenevo legata al collo, prima di togliermi le cuffie e frugare all’interno della borsa alla ricerca delle chiavi.
Quando le rintracciai le presi tra le mani e alzai la testa per vedere dove stessi andando, scontrandomi con due pozzi neri.
Rimasi immobile come una statua, mentre le chiavi scivolavano lentamente a terra.
Solo quando sentii il rumore del metallo infrangersi contro il marciapiede mi chinai per raccoglierle.
E lui cosa diamine ci faceva là?
Lo guardai per un istante, ammirandolo seduto sugli scalini del porticato in tutta serenità.
Abbassai lo sguardo e feci per passargli accanto senza degnarlo di attenzione, quando mi circondò la caviglia con una mano.
Mi teneva ferma ma non stringeva la presa, fui io a girarmi di mia spontanea volontà.
“Non pensavo fossi seria..quando hai detto che avevi intenzione di farti la tua vita.” Furono le sue prime parole.
“Non so che cosa stai dicendo.” Commentai piatta.
Batté un pugno sul ginocchio, prima di alzarsi in piedi e mettersi di fronte a me.
“È un modo come un altro per chiederti com’è andata la tua passeggiatina con Jace.” Si avvicinò.
“Chi te l’ha detto?” Chiesi distrattamente, impegnandomi a indietreggiare affinché non potesse sfiorarmi.
“Joe.”
“Avrei dovuto prevederlo, che carogna..” Borbottai tra i denti.
“Allora?”
“Allora cosa?” Lo sfidai con lo sguardo, alzando coraggiosamente gli occhi.
“Com’è andata la passeggiata romantica?” Ghignò.
“Magnificamente.” Scandii bene, incrociando le braccia al petto risoluta.
“Ah Sam.. Il tuo sbaglio non è stato fare quello che hai fatto, ma farti beccare.”
 Continuò a sovrastarmi con la sua figura,costringendomi a guardarmi indietro per trovare una via di fuga.
“Sbaglio dici? Io non credo, è un ragazzo così carino..” Continuai a provocarlo.
Agganciò un dito alla mia cintura e mi avvicinò a sé.
Ecco fatto, tanti sforzi per scappare ed eccomi tra le sue braccia.
Buona forza di volontà Sam,complimenti!
“Facciamo le persone oneste per una volta. Io sono pazzo di te e tu sei pazza di me.” Disse deciso.
E come negare le sue parole..
Feci per ribattere, ma ad un tratto i suoi occhi si incatenarono ai miei se mi scavò affondo.
“Hai pianto?” Mi chiese, aggrottando le sopracciglia in maniera confusa mentre mi passava una mano sulla guancia ancora umida.
Lo spinsi dal petto allontanandolo.
“No, mi sono solo data una rinfrescata alla fontana..” borbottai imbronciata.
“Rinfrescata?”
“Sì.” Confermai.
Sospirò. “Sam.” Mi richiamò.
“Cosa?”
“Siamo in inverno.” Mi fece notare.
Aprii la bocca ma poi la richiusi. Possibile che esaurisse la mia pazienza settimanale,in un solo quarto d’ora?
Strinsi le chiavi tra le mani e feci per girarmi e aprire la porta.
“Beh, e allora? Uno non può avere caldo anche in inverno? Mica siamo tutti uguali, mister so tutto io. Chi ti credi di essere per parlarmi con quell’aria da saputello?” Continuai a delirare,dandogli le spalle.
“Questa maledetta chiave si decide a entrare in questa fottuta serratura?” Sbottai infine, dopo l’ennesimo tentativo di centrare l’entrata.
Mi spinse di lato e mi costrinse a girarmi, attaccandomi alla parete col suo corpo.
“Come siamo fini, gattina.” Commentò ironicamente, a un soffio dal mio viso.
“Non chiamarmi gattina.” Lo trafissi con lo sguardo.
“Micina?”
“Neanche.”
“Micetta?”
Alzai gli occhi al cielo. “Diamine, no!”
Rise, prima di insinuare una sua gambe tra le mie e bloccarmi definitivamente tra lui e il muro prima che mi venisse in mente un modo per darmela a gambe.
Quando avevo cominciato a essere così prevedibile?
Mi guardai attorno in cerca di un appiglio.
“Mi sa che sei in trappola.” Commentò piatto, notando il mio sguardo vagante.
“Sven.” Lo richiamai minacciosamente, ma non mi prestò ascolto e con le dita cominciò ad accarezzarmi la schiena al di sotto della maglietta.
Rabbrividii d’istinto e mi venne la pelle d’oca.
“Sono curioso di sapere..se anche lui sarebbe capace di farti provare quello che ti faccio provare io.”
Risi tesa. “E sentiamo, cosa mi faresti provare tu?”
“Tanto per dirne una..” Appoggiò una mano sul mio petto. “Io consiglierei al tuo cuore di andare un po’ più piano perché così rischia di esplodermi in faccia.”
Stupido muscolo traditore e doppiogiochista!
“Ma fammi il piacere! Se va così veloce è solo perché sei insopportabile e metti a dura prova i miei nervi!” Mi difesi.
“Ah sì?” Si portò un dito sul mento in un espressione fintamente pensosa.
“E dire che negli ultimi tempi mi hai dimostrato tutto il contrario. Non sembravi pensarla così quando ti rotolavi nel mio letto e mi pregavi di prenderti all’istante.”
Con quella frase riuscì ad ammutolirmi.
Il che sarebbe stata una notizia da trasmettere ai media e da far finire sulla prima pagina di gossip.
Ecco, questa era una delle tante cose che detestavo di lui e al contempo ammiravo: la capacità di zittirmi.
“Pff..” mi uscì solamente, come risposta in merito.
Prese una ciocca dei miei capelli e se la rigirò tra le dita con espressione assorta.
“Allora Sam, quand’è che richiami Jhon e gli dici di sparire e ritornarsene da dov’è venuto?”
“Si chiama Jace.” Lo corressi per l’ennesima volta.
Puntò il suo sguardo su di me. “Si chiama coglione.”
“Oh ma guarda un po’, allora ha il tuo stesso nome!” Feci sarcastica.
“Per quanto ancora hai intenzione di andare avanti con questa sceneggiata?” Domandò esasperato.
“Più meno per..quanti anni pensi che vivrò prima che la morte mi venga a chiamare?”
“Se continui così penso pochi, perché ti ammazzo io..” Sibilò.
“Come siamo scurrili..di certo Jace non è così. Lui sì che si sa comportare.” Sorrisi serafica.
Mi guardò malamente. “Hai davvero intenzione di giocare con me a questo gioco?” Notai in lui un accenno di divertimento.
Sorrisi come cenno affermativo.
Io ero sicura del fatto che non sarebbe resistito molto, quanto a me..avevo paura delle sorpresine che avrebbe potuto riservarmi.
Notai un luccichio nei suoi occhi prima che la sua mano prendesse ad accarezzarmi la guancia, scendendo poi verso il collo.
Mi sfiorò le labbra con il pollice, fissandole con la stessa aria rapita con cui io fissavo lui.
Sentii il suo respiro infrangersi sulla mia pelle, mentre accorciava irrimediabilmente le distanze.
Sam..io mi rifiuto di essere la tua coscienza! Non sei degna!
La zittii recludendola in un angolo remoto del mio essere, mentre guardavo le sue labbra.
Le palpebre cedettero alla forza del desiderio e chiusi gli occhi, lasciandomi sovrastare da esso.
Sentii il suo respiro sulle mie labbra prima che le sfiorasse impercettibilmente con le sue, senza mai toccarle davvero.
Cedetti all’istinto e feci per buttarmi su di esse, quando si scostò brutalmente per affiancarsi al mio orecchio. “Allora preparati perché si gioca.” Sussurrò, prima di lasciarmi un bacio sul collo e allontanarsi.
Non c’era più il calore del suo corpo a tenermi al caldo né tantomeno il suo petto su cui sorreggermi.
Rimasi appoggiata al muro di casa con espressione stralunata mentre lui scendeva le scale come se nulla fosse, con le mani nelle tasche e un sorriso sicuro.
“Mi chiedo quanto resisterai..” Lo sentii canticchiare, mentre si allontanava lungo il vialetto.
All’improvviso mi risvegliai,strinsi i pugni e digrignai i denti.
“Vedremo,  stronzo!” Gli urlai dietro.
Se voleva la guerra, la guerra avrebbe avuto.


 
Ciao a tutti ragazzi!
Scusatemi tanto se ieri non ho pubblicato, ma non ho davvero avuto il tempo materiale, tra l'altro oggi ho avuto una ricaduta e sto nuovamente male! Se la sfiga più nera avesse un nome, porterebbe il mio!
Ma comunque passiamo alla storia finalmente..
Sam ha deciso di accettare l'invito di Jace, peccato che il loro appuntamento sia concluso con l'incontro di Joe che da, fedele tirapiedi di Sven, ha subito avvisato quest'ultimo.
Quindi, mentre la nostra povera Sam si crogiolava nel dolore e si lasciava finalmente andare all'esasperazione e alla frustrazione che ne derivava dal pensiero di Sven, eccolo là.
In tutta la sua bellezza ad attenderla.
E' evidente che si sia sentito in pericolo, quanto potenzialmente dimenticabile.
Sam però è decisa a non lasciarsi usare di nuovo, e Sven ha deciso di ricorrere alle maniere forti.. vedremo come andrà!
Spoiler velati:
Nel prossimo capitolo vedremo i sabotaggi di Sven, con conseguenti sabotaggi dei suoi approcci da parte di Sam.
In breve: non stanno insieme, ma non permettono neanche all'altro di stare con qualcuno!
Ma questa lotta prima o poi dovrà sfiancarli.. e qualcuno dovrà pur arrendersi al volere dell'altro.
Chi sarà a cedere? Lo vedremo nella prossima puntata gente!
Un grazie speciale a tutti quelli che hanno recensito e che seguono la mia storia, e un bacio a tutti!
Xoxo. Heartless.


 

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Capitolo 28
*** Capitolo 27. ***


La settimana che trascorse fu una vera agonia.
Non avevo mai pensato che una guerra potesse essere così impegnativa, ma dovetti ricredermi quando capii che fosse lui il mio avversario.
Non avevo idea di come facesse, ma riusciva a intercettarmi ogni qual volta provassi ad avvicinarmi a Jace.
E prima che potessi farlo, o era scomparso lui o ero stata trascinata via io.
Quante accidenti di persone aveva pagato per farle diventare i suoi tirapiedi?
Quel che sapevo, era che stesse vincendo su tutti i fronti.
Non solo mi aveva limitato la possibilità di farmi una vita, ma aveva annullato anche la speranza di poterci riuscire.
In sostanza, fu davvero poco il tempo che riuscii a passare in compagnia di Jace.
Per non parlare di quella volta che riuscì ad impedirmi anche di presentarmi ad un appuntamento con lui..
 
Sentii il cellulare suonare dalla cucina,così,con lo smalto ancora fresco sulle unghie,mi diressi imprecando verso di essa.
“Pronto?” Risposi minacciosamente.
“Ehilà gattina.” Era lui.
“Cosa vuoi?” Sputai fuori tra i denti.
“Niente..sentirti, capire come te la passi, quanto mi odi per il fatto che stia vincendo..”
“Sto per chiuderti il telefono in faccia.”
“No, aspetta!” Mi fermò prima che potessi farlo.
“Amy sta male, è chinata sul water da stamattina e io ora devo uscire.. Devo andare con Joe in un posto.”
“E cosa vuoi da me?” Lo esortai ad arrivare al dunque.
“Che tu stia con lei. Insomma, non posso lasciarla sola e Trent è già passato stamattina. Inoltre pomeriggio aveva da fare.” Spiegò.
Pensai a Jace..poi a Amy.
Lei c’era sempre stata quando stavo male..maledizione,non potevo ignorarla!
“Va bene, il tempo di mettermi qualcosa addosso e arrivo.” Concessi rassegnata.
“Per quanto mi riguarda puoi anche presentarti qua senza prenderti la briga di vestirti.”
Strinsi i denti, cercando di non cedere alle sue provocazioni. “Ammazzati.” E chiusi la chiamata.
Dieci minuti dopo mi ritrovavo a suonare al campanello di Amy, dopo aver avvertito Jace di non poter essere presente all’appuntamento per causa di forza maggiore.
Mi aprì Sven, scortandomi fino al salotto.
La visuale che mi venne fornita mi fece spalancare la bocca così tanto,che ero quasi sicura del fatto che la mandibola toccasse a terra.
C’erano Amy e Trent intenti a giocare alla Wii,saltellando e ridendo serenamente.
“Ma tu non stavi male?” Domandai ad Amy con incredulità.
Mise in pausa il gioco e si girò verso di me, prima di rivolgermi un sorriso di scuse.
“Mi dispiace tesoro, ma è pur sempre mio fratello e io voto per lui..”
“E tu non avevi un impegno inderogabile?” Mi rivolsi a Trent.
“Non prenderla sul personale, luce dei miei occhi.” Mi fece l’occhiolino, prima di tornare a dedicarsi alla Wii.
Amici infami e doppiogiochisti.. Pensai, mentre stringevo freneticamente i pugni per cercare di darmi un contegno.
Con passo furente mi diressi verso la cucina, dentro la quale avevo visto scomparire Sven precedentemente.
La cucina era un disastro, e lui sembrava intento a cucinare un dolce.
Quanto era carino nei panni di un pasticcere e come..STOP!
Mi avvicinai a lui puntandogli un dito contro. “Tu!”
Sorrise soddisfatto, prima di dirigersi verso il lavello per darsi una sciacquata alle mani.
“Come ti è venuto in mente di..”
“Andiamo, non ti sprecare in elogi alla mia persona. Piuttosto, dammi una mano con l’impasto.”
Lo guardai con gli occhi assottigliati a fessure ,prima di buttare le braccia al cielo.
“Io me ne vado!” Urlai esasperata.
“Sei chiusa dentro tesoro e, a meno che tu non ti voglia buttare dalla finestra della mia camera, dubito che tu possa uscire.” Disse con piattezza, continuando a lavorare al suo intruglio.
“Dammi le chiavi.” Gli ordinai furente.
Fece uno strano sorrisetto prima di allontanarsi dal tavolo e appoggiare una mano sulla patta del suoi pantaloni. “Prendile pure, se ci tieni tanto.” E diede un colpetto.
Non potevo crederci, mi aveva nascosto le chiavi nei suoi..ok, quello era troppo.
Mi spalmai una mano sulla faccia in maniera esasperata. “Questo si chiama sequestro di persona.” Farfugliai.
“Potrebbe chiamarsi sequestro se io ti stessi obbligando a rimanere chiusa qua dentro.”
“Perché, non è quello che stai facendo?” Domandai retorica.
“In caso non te ne fossi accorta, ti ho dato due suggerimenti per uscire da qua. Il primo è recuperare le chiavi, mentre il secondo è buttarti dalla finestra e provare a vedere se sai volare.” Fece spallucce, continuando a sporcarsi le mani di latte, farina e quant’altro.
Quanto era sexy..
“E mi spiega cosa dovrei fare fino a quando lei, vostra signoria, non deciderà di lasciarmi libera senza darmi suggerimenti che possano nuocere alla mia persona?” Chiesi sarcastica.
“Te l’ho detto, mi serve una mano con l’impasto. Cosa fai ancora là impalata?”
Ok,l ’avrei strangolato a breve.
Con un gesto stizzito alzai le maniche della maglia fino ai gomiti, prima di dirigermi verso il tavolo della cucina e cominciare a impastare con energia.
Oh si, avevo davvero tanto stress da scaricare e quello mi sembrava un valido espediente.
“Ma dimmi te che cazzo devo fare.. A quest’ora potevo essere a mangiarmi una fetta di torta in caffetteria, invece mi ritrovo a essere io quella che ne prepara una. Incredibile..se non fosse per questo stronzo, arrogante bastardo e sbruffone del cazzo..” Presi a borbottare sommessamente.
Sentii Sven fare un passo indietro,  appoggiandosi sulla mia spalla per lanciarmi un’occhiata.
Mi ritrovai la sua guancia ad un soffio dalla mia, e i suoi occhi puntati nei miei.
Approfittai di quel momento per guardarlo con quanto più astio possibile.
“Sammy, insultarmi non ti aiuterà a sbarazzarti di me.”
“Ne sei sicuro?”
“Immensamente.”
 
Insomma, la mia vita stava andando lentamente verso nessun posto.
E tutto per colpa sua.
Arrivò il Sabato sera e insieme agli altri decidemmo di andare in un nuovo locale in centro per darci un’occhiata.
Come al solito mi passò a prendere Trent, affiancato da Amy.
Qualche minuto più tardi parcheggiammo davanti a un locale molto affollato, a giudicare dalla folla di persone che si riversava anche sui marciapiedi.
Scesi dalla macchina e mi guardai attorno, cercando di orientarmi in mezzo a tutto quel trambusto.
Intorno a noi si levava una nuvola di fumo, dovuto a tutte quelle persone che in quel momento stavano consumando una sigaretta in compagnia.
C’era persino gente seduta sul marciapiede con una bottiglia di birra in mano, e gente appartata negli angoli più in ombra a pomiciare.
Mi attaccai alla maglia di Amy per evitare di perdermi in mezzo a quella folla, soffocando un ringhio ogni qual volta qualcuno mi urtasse.
Una volta dentro, potei levare un sospiro di sollievo.
Al suo interno il posto appariva leggermente più tranquillo e meno caotico, nonostante non potessi dire che ci fosse poca gente.
La musica era gradevole, né troppo assordante ma neanche tenuta a volume troppo basso.
C’era chi ballava in mezzo alla pista, o meglio che ci provava nonostante apparissero dei lombrichi invertebrati.
Non feci in tempo a perdermi nei dettagli di quel posto che Dee ad Amy prontamente mi afferrarono dal polso e mi trascinarono di peso fino al bancone bar.
Là, ordinarono tre  gin lemon con ghiaccio e si misero a ballare, in attesa che i nostri drink ci venissero serviti.
“Sei ancora troppo taciturna per i miei gusti, a cosa stai pensando?” Mi urlò praticamente nell’orecchio Amy, tanto per essere sicura che sentissi nonostante la musica.
Forse stavo pensando che la mia vita stesse andando a farsi benedire per colpa del demonio di fratello che si ritrovava?
Trattenni un commento di fastidio, prima di girarmi in sua direzione e osservarla in silenzio.
Lei sembrava così felice e spensierata, perché io non potevo essere come lei?
Dopotutto me lo meritavo.
Annuii convinta del mio ragionamento,prima di avvicinarmi a lei e parlare all’orecchio.
“Aspetta che bevo un po’, poi ne riparliamo.” Risi insieme a lei, mentre i nostri drink ci venivano serviti.
Sorseggiammo metà del drink in tranquillità, con calma e ondeggiando ogni tanto a tempo di musica.
Una volta tracannato metà contenuto del bicchiere, ci scambiammo tutte e tre un’occhiata d’intesa prima di buttarlo giù d’un fiato.
Sentivo il liquido scivolarmi per la gola, esplodendo poi in un fuoco all’interno del mio stomaco.
Io, come le altre due, eravamo consapevoli che ci sarebbe voluto ben più di quel misero drink per farmi perdere il controllo.
Con quello ero giusto un po’ brilla, ma a me non bastava.
Con il desidero irrefrenabile di continuare a bere,mi diressi nuovamente verso il bancone ma Dee mi intercettò prima che potessi raggiungerlo.
Mi prese il bicchiere tra le mani, posandolo su un tavolo vuoto là vicino, prima di trascinarmi in mezzo alla calca.
Iniziò a strusciarsi su di me senza controllo, ridendo al mio orecchio e facendomi sciogliere lentamente.
Abbandonai ogni riserva e, consapevole che in ogni caso nessuno mi avrebbe mai notata là dentro, iniziai a seguirla e a muovermi sensualmente sul suo corpo.
Non ci volle molto perché venimmo accerchiate da un gruppo di ragazzi.
Mossi la testa a destra e a sinistra, ancheggiando e alzando le braccia in aria per poi farle scivolare su tutto il corpo.
Feci un resoconto di quel posto, facendo vagare il mio sguardo un po’ ovunque.
I miei occhi, però, si incatenarono a quelli di Sven quando lo scorsi in mezzo alla folla.
Mi fece una radiografia completa dalla testa ai piedi, prima di riservare nuovamente la sua attenzione altrove.
Decisi di ignorarlo e spostai nuovamente lo sguardo verso qualcos’altro.
Cercai di buttarmi in mezzo ad una folla più fitta, in modo da perderlo di vista per almeno il resto della serata.
Devi divertirti Sam, accidenti! Alle tue manie di omicidio penserai in un altro momento!
Dei ragazzi iniziarono a ballare al mio fianco ma nessuno di loro provò ad avvicinarsi più del dovuto, forse tutti troppo intimoriti dai miei sguardi fulminanti.
Persi di vista lo stronzo per un quantitativo di tempo non indifferente, ma non ebbi il tempo di esultare che sentii due mani circondarmi i fianchi e attirarmi a lui.
Feci per girarmi e accertarmi di chi fosse quella persona così poco sana mentalmente da provare a mettermi le mani addosso, ma quando sentii la sua voce all’orecchio e le sue labbra sfiorarlo impercettibilmente rimasi paralizzata sul posto.
“Fossi in te la smetterei di muovermi in questo modo. Sempre se tu non voglia che ti strappi i vestiti proprio qua davanti a tutti. Ma, dato che dubito che la tua risposta sia affermativa, ti avverto che sto andando a trovarmi uno svago alternativo. Non prenderla a male, l’hai voluto tu dopotutto..”
La sua voce roca mi lasciò interdetta e gongolante per qualche attimo, e il mio corpo rispose al suo iniziando a muoversi insieme a lui.
Non passò molto tempo prima che le sue mani abbandonassero i miei fianchi e la sua presenza si dissolvesse nell’aria.
Smisi di ballare e rimasi ferma in mezzo alla pista, confusa..ed eccitata.
In quanto alla confusione, presto quella scomparve quando appresi il reale significato di quella frase.
Il solo pensiero che avrebbe fatto quanto aveva affermato mi fece impallidire e mi ritrovai da sola a scuotere vigorosamente la testa.
No, non avrei potuto permettere che accadesse.
All’improvviso tutti quei ragazzi che si muovevano intorno a me divennero troppo fastidiosi da sostenere.
Mi allontanai da loro prima di decidere di utilizzarli come sacco da pugilato.
Vagai per tutto il locale alla sua ricerca, imprecando mentalmente per ogni volta che pensai di averlo beccato per poi accorgermi che non si trattasse di lui.
Quasi esultai di gioia quando lo trovai appoggiato ad una colonna, con una ragazza che gli faceva le moine e gli occhi dolci.
Qualcosa di stomachevole.
Mi diressi verso di loro con passo risoluto e, a costo di finire coinvolta in una rissa con la moretta, mi piazzai in mezzo a loro per separarli.
Gli lasciai una languida carezza sul petto e ammiccai fintamente in sua direzione, prima di prenderlo per il colletto della maglia e trascinarlo il quanto più lontano possibile da quella ragazza.
Per tutto il tempo mi fissò con gli occhi sgranati, prima che la sua sorpresa venisse sostituita dall’irritazione per il mio comportamento.
Sembrava aver perfettamente capito quale fosse il mio intento.
Una volta assicuratami di aver fatto perdere le sue tracce alla ragazzina, lo lasciai libero e mi girai in sua direzione con espressione furente.
Anche la sua non era da meno.
Mi alzai sulle punte e lo afferrai nuovamente dal colletto della maglia per abbassarlo alla mia altezza.
“Ti starò col fiato sul collo per tutto il resto della serata, a costo di rovinarmi lo sballo.”
Guardandolo dritto negli occhi, pronunciai quelle parole con risolutezza.
Attesi che le assimilasse per bene, prima di spingerlo all’indietro a causa della vicinanza, e sparire in mezzo alla folla.
Continuai a depistare i suoi piani per tutto il resto della serata, non concedendomi di prendere fiato neanche per un nano secondo.
Ma perché doveva essere così bravo a rimorchiare?
E perché quelle ragazze non usavano il cervello e si facevano abbindolare da lui?
Mi davano ancora più a lavoro a cui pensare.
Stremata e quasi all’estremo delle forze, con la fronte grondante di sudore, mi concessi di riprendermi con un drink.
Quella volta ordinai al barista un whiskey con ghiaccio: avevo bisogno di qualcosa di pesante da buttare giù.
Anche seduta al bancone, con il mio drink in mano, lo seguii con gli occhi in ogni movimento.
Sembrava essersi leggermente calmato, forse cominciandosi ad arrendere alla realtà dei fatti. Non gli avrei mai lasciato campo libero,non finché io ci rimettevo la faccia!
Lui non poteva premurarsi di sabotare tutti i miei appuntamenti con Jace e poi pretendere che io non facessi altrettanto con le sue conquiste per una notte.
Quando lo persi di vista cominciai ad andare nel panico.
Buttai giù tutto d’un fiato il contenuto del bicchiere, sentendo poi un bruciore quasi insopportabile alla bocca dello stomaco.
Mi vennero le lacrime agli occhi.
Mi sventolai il viso con le mani e poi, con delicatezza e lentezza, scesi dallo sgabello per procedere alla sua ricerca.
L’alcool stava cominciando a fare il suo corso e me ne accorsi dalla mia regredita capacità di mantenermi in piedi senza barcollare leggermente.
Ogni tanto ero costretta a fermarmi e ad appoggiarmi ad un tavolo, poiché anche la testa stava cominciando a dare sintomi di mancata lucidità, e la vista cominciava ad appannarsi leggermente.
Dovevo resistere, dovevo farlo per la mia salute mentale!
Con un sospiro stanco continuai nella ricerca, mettendomi quasi a piangere dalla gioia quando lo vidi.
Quella volta era riuscito a trovarsi un posto più intimo e appartato, forse in modo da scappare ai miei occhi. Per sua sfortuna ero molto abile come segugio.
Mi diedi una sistemata al vestito e ai capelli in modo da non apparire come una pazza psicopatica, prima di avvicinarmi a loro.
Mi bloccai quando un teatrino più divertente mi passò per la mente.
Decisi di attuarlo e cambiai espressione, indossando una maschera di finta rabbia.
Mi diressi verso di loro con passo deciso e uno sguardo fulminante.
La prima ad accorgersi di me fu la ragazza, una bionda a cui avevo davvero poco, se non niente, da invidiare.
Tenni gli occhi aperti per all’incirca venti secondi, senza sbattere le palpebre fino a quando non li sentii bruciare e le prime lacrime affiorarono in superficie.
Tecniche di recitazione alla Sam, le chiamavo io.
Quando lui si girò in mia direzione la prima espressione che assunse fu quella esasperata, prima di passare alla confusa quando notò le lacrime scendermi lungo le guance.
Non aspettai una reazione da parte sua che gli rifilai uno schiaffo in pieno viso, facendogli voltare la testa a causa della forza che avevo usato.
Sicuramente non ci ero andata leggera.
Vidi i suoi occhi sgranarsi e la sua bocca schiudersi in un espressione incredula e incapace di intendere.
Era tutta una vita che aspettavo di farlo e riprendermi una piccola rivincita.
In cuor mio avrei tanto voluto sorridere malignamente e lasciarmi andare a una risata soddisfatta, ma dovevo mantenere viva la recita.
La ragazza mi fissava con la bocca aperta e gli occhi sgranati, evidentemente confusa da quello che stava succedendo.
La ignorai e catalizzai nuovamente il mio interesse su di lui, che intanto si era ripreso e si stava massaggiando la guancia colpita riservandomi un’occhiataccia irata.
“Non ci posso credere Sven! Mi tradisci con questa? E io che pensavo ci tenessi a me, brutto idiota che non sei altro!” Urlai su di lui, adottando un tono di voce esasperato e carico di frustrazione e dolore.
Notai che la ragazza gli stesse ancora spalmata addosso, il che non andava bene per niente.
“E tu! Vedi di smammare razza di bionda ossigenata, che le tue tette spalmate su di lui lo proteggono dai miei tentativi di infliggergli male fisico.” Sibilai minacciosa in sua direzione, prima di riservale uno sguardo torvo come colpo finale per farla scomparire dalla mia vista in uno schiocco di dita.
La seguii con lo sguardo mentre si allontanava, scoraggiando i suoi tentativi di tornare indietro una volta accertatasi che la mia presenza non fosse più stata nei dintorni.
Quando la vidi rinunciare e cambiare completamente traiettoria, allora mi rilassai.
Solo in quel momento la consapevolezza di essere rimasta da sola con uno stronzo sicuramente fuori di sé, mi colpì in piena faccia.
Deglutii rumorosamente e poi mi girai verso di lui con finta naturalezza.
Sorrisi vittoriosa e compiaciuta per averla spuntata ancora una volta, prima di fare per defilarmi.
Quella volta i piani non andarono come avevo previsto, perché lui fu più veloce di me e mi acciuffò un braccio.
Riuscii a liberarmi in fretta e camminai velocemente verso la folla, in modo da mimetizzarmi tra di essa.
Sfortunatamente per me, quella volta Sven sembrava non voler rinunciare a farmela pagare poiché mi inseguì per mezzo locale.
Riuscii nuovamente a intercettarmi e sta volta a tenermi stretta con una morsa più soffocante.
Vidi che provava a comunicare con me, mentre la vena sul suo collo si gonfiava ripetutamente e le vene sulle sue tempie si accentuavano dallo sforzo che stava facendo nell’urlare.
La musica era comunque troppo alta perché potessi sentirlo, ma d’altra parte non era che la cosa mi dispiacesse.
Ero più che sicura che non mi stesse rivolgendo parole amorevoli, o lodi alla mia persona, di conseguenza non mi interessava.
Lui però non sembrava esser del mio stesso avviso, al contrario pareva deciso a farmi memorizzare ogni singola parola uscita dalla sua bocca.
Mi afferrò violentemente dal polso e cominciò a farsi largo tra la folla a suon di imprecazioni e gomitate.
Quando capii che ci stessimo avvicinando all’uscita, puntai i piedi a terra ma il mio tentativo di salvezza si rivelò vano.
L’aria ancora invernale si abbatté sul mio volto, e non ebbi il tempo di prendere a parlare che continuò a trascinarmi verso i parcheggi in cerca di pace e silenzio.
Lo lasciai fare, decisa a non rendermi maggiormente ridicola.
Avrei affrontato la situazione da uomo..o da donna. Beh, per quel che era!
“Ascoltami tesoro. Non mi vuoi più nella tua vita, ma questo non ti da il diritto di intrometterti nella mia.” Mi sbraitò addosso, abbandonando con gesto secco la presa sul mio polso solo per puntarmi contro un dito accusatore.
“Perché, tu invece cos’è che staresti facendo?” Ribattei piccata.
Ricominciò a parlare ma non ascoltai realmente le sue parole, ero troppo stanca per farlo.
L’alcool in circolo non mi permetteva di rimanere seria e di concentrarmi sulle sue parole in maniera adeguata.
Presi a vagare con lo sguardo soffermandomi su vari punti, mentre lui continuava a blaterare.
La mia espressione annoiata cambiò quando intravidi un ragazzo dall’aspetto simpatico e attraente.
Subito il mio volto si illuminò, e inconsapevolmente mi dipinsi in volto un sorrisino furbo.
Anche Sven si interruppe per seguire la traiettoria del mio sguardo.
Approfittai del suo istante di distrazione per sfuggire da lui e fare per avvicinarmi al biondino, con sicurezza e spavalderia.
Doveva essere sicuramente colpa dell’alcool che avevo in circolo.
Non riuscii però a fare molta strada prima che una mano mi afferrasse prepotentemente il polso e mi facesse girare in sua direzione.
Eh, ma era diventato un vizio ormai!
Non ebbi il tempo di ribellarmi che mi caricò sulle spalle, facendo morire in gola un apprezzamento alla sua persona.
“Ah no carina, se non scopo io non scopi neanche tu.” Commentò furente continuando a trascinarmi, noncurante degli occhi curiosi che si poggiavano su di noi.
Iniziai a scalciare e a battere pugni sulla sua schiena affinché mi lasciasse andare, ma lo fece solo una volta raggiunta la macchina e buttatami al suo interno.
Salì rapido al suo interno e bloccò le porte in modo da eliminare ogni mio tentativo di fuga.
Diedi un calcio al cruscotto davanti a me, guadagnandomi una sua occhiata lancinante prima di lasciarmi cadere sul sedile con uno sbuffo.
Per tutto il tragitto verso casa continuai a borbottare insulti rivolti a lui.
Non pensavo di avere così fantasia e di conoscere tante parolacce eppure, in quel momento, le dissi tutte.
Una volta parcheggiata la macchina, spense il motore e scese da essa prima di ripresentarsi dalla mia parte.
Mi prese di peso e, nella stessa posizione assunta in precedenza, mi trascinò verso casa sua.
Aprii la porta e se la richiuse alla spalle con un calcio, prima di camminare verso il soggiorno e buttarmi sul divano come un sacco di patate.
La delicatezza non era sicuramente il suo forte.
Presa da un attacco di schizofrenia iniziai a lanciargli addosso tutti i cuscini che trovai a portata di mano.
Su sette che ne utilizzai, soltanto due andarono a segno.
Terminati i cuscini mi alzai in piedi insoddisfatta, prendendo a lanciare quanti più oggetti contundenti trovassi a portata di mano.
Ad un certo punto, mi parve di ricordare di avergli lanciato anche un vaso.
Quella fu la prova che non ci stavo totalmente dentro con la testa.
L’indomani mi sarei pentita amaramente per quel gesto, ma in quel momento non ci vedevo più dalla rabbia.
Con espressione equilibrata e leggermente furente, si avvicinò a me per togliermi di mano una macchina da collezione che avevo preso con il tentativo di lanciarla.
La riposò sullo scaffale apposito, prima di bloccarmi per i polsi quando cercai di saltargli addosso e di picchiarlo.
“Non ti sopporto..” Sibilai a pochi centimetri dal suo volto, rimanendo incantata a fissarlo negli occhi per un quantitativo di tempo non indifferente.
Ebbi l’impulso di annullare le distanze e di baciarlo, nonostante la sua espressione non trasudasse allegria da tutti i pori.
Mi fermai all’ultimo, riacquistando un minimo di lucidità.
Lo spinsi e riuscii a liberarmi, barcollando all’indietro.
Mi ero mossa troppo velocemente ,con la conseguenza di provocarmi un giramento di testa.
Mi appoggiai con un gomito ad un mobile là vicino, prima di decidere di sedermi a terra una volta notato che la stanza non volesse smetterla di vorticare.
Piegai il volto e strizzai gli occhi cercando di ritornare alla normalità, ma una volta che li riaprii la situazione non era migliorata.
Cercai di tranquillizzarmi ma quando notai che si stesse nuovamente avvicinando a me, i miei sensi si misero all’erta.
Non riuscii ad alzarmi ma decisi che gli avrei vomitato sulle scarpe se mi fosse venuto troppo vicino.
Mi riportò in piedi di peso e, senza forze, non potei far altro che lasciarlo fare.
Mi sorresse da un braccio quando provai a camminare, seppur la stanza non avesse finito di girare e mi sembrasse di farlo insieme a lei.
Feci per cadere ma due mani prontamente mi afferrarono.
Pochi attimi dopo sentii che i miei piedi non toccavano più terra.
“Lasciami subito..io ti..” Le parole mi morirono in gola quando iniziò a salire le scale.
Sospirai e abbandonai la testa contro il suo petto, consapevole che non sarei mai riuscita ad andare da nessuna parte sulle mie gambe in quelle condizioni.
Aprì la porta con un calcio, prima di entrare al suo interno e dirigersi verso il bagno sempre con me in braccio.
Mi fece sedere sul bordo della vasca e, con un panno umido, mi rinfrescò il viso.
Mi sentii quasi istantaneamente meglio ma non provai neanche a ringraziarlo. Lo feci solo mentalmente.
Una volta finito lanciò il panno umido all’interno del lavandino, prima di inginocchiarsi alla mia altezza e fissarmi.
“Stai uno schifo.”
Si lasciò scappare una risata quando notò il mio aspetto, ma io non mi offesi.
Mi ritrovai a fissarlo, e inspiegabilmente riuscii solo a pensare che la sua risata avesse il suono più melodioso del mondo.
Scossi la testa e scacciai quel pensiero.
Dovevo smetterla di sparare così tante stronzate, quando ero brilla facevo pensieri più asfissianti di quando ero sana.
Che crudele destino era mai questo?
Dopo che il suo attacco di ridarella fu terminato, mi aiutò a rimettermi in piedi e quella volta riuscii a camminare fino al letto sulle mie stesse gambe e a tuffarmi al suo interno.
Solo successivamente mi resi conto che non si trattasse del mio.
“Portarmi a casa..” Mugugnai con voce stanca.
“Sei a casa.” Si prese gioco di me.
“Sven, va bene che sono un po’ ubriaca, ma so ancora riconoscere casa mia..” Borbottai.
“Davvero? Sono ammirato.” Commentò ironicamente, prima di sfilarsi i vestiti e infilarsi al mio fianco sotto le coperte.
Non mi traumatizzai solo perché non era niente che non avessi già visto, anche se mi fece lo stesso un certo effetto.
Ed ecco che mi ritrovavo in un letto con lui, che mi fissava con i suoi soliti occhioni che tanto detestavo e amavo al tempo stesso.
Risi, prima di affondare la testa nel cuscino.
“Che umorismo del cazzo che ha il destino. Proprio te dovevi essere? Dovevo necessariamente avere ‘sta botta di sfiga?” Farneticai.
Lo sentii sospirare al mio fianco. “Guarda che se continui a blaterare cose senza senso, ti faccio dormire in mezzo al corridoio.”
“Sei uno stronzo.” Bofonchiai mettendo su il broncio.
Lo guardai imbronciata e, al contrario di ogni mia aspettativa, lo vidi aprirsi in un sorriso.
“E tu sei fastidiosamente adorabile.”
Era più attendibile la mia versione..
Mi ritrovai a fissare i suoi lineamenti senza avere la forza, né tantomeno la voglia di girarmi dall’altra parte.
Ne studiai ogni minimo particolare in maniera quasi ossessiva.
Partii dalla forma del naso, per continuare con la rigidità della mascella, per il petto che si abbassava e alzava a respiri regolari..
No, quello era troppo, in quelle condizioni non mi sarei mai addormentata. E il mio corpo necessitava di una dormita.
Con non so quale forza suprema, mi riportai in posizione eretta quasi in uno sbattimento di ciglia.
Mi diressi verso l’armadio dove, una volta, mi ricordavo di aver avvistato dei cuscini e ne racimolai il più possibile.
Lui mi guardò con un sopracciglio inarcato in maniera scettica, ma non commentò quanto stavo per fare.
Mi misi in ginocchio sul letto e frapposi tra i nostri corpi una serie di cuscini, separando così le nostri rispettive parti.
In questo modo non sarei neanche stata costretta a osservarlo continuamente.
Soddisfatta della mia sorta di muraglia cinese,mi lasciai cadere nella mia parte, ignorando la sua risata roca per ciò che avevo appena fatto.
Sapevo fosse un gesto infantile, ma me ne sarei infischiata se in quel modo fossi riuscita a dormire.
Gli diedi le spalle e quella volta concentrai la mia attenzione sul bagliore della luna che penetrava leggermente oltre la finestra.
Ci fu silenzio per attimi che sembrarono infiniti, prima che le mie orecchie captassero anche il minimo spostamento d’aria.
Presto mi ritrovai nuovamente col suo fiato sul collo.
Rabbrividii d’istinto, e quando lo sentii parlare mi maledissi per i pensieri che offuscarono la mia mente.
“E comunque, se stasera sono andato in bianco, è per colpa tua. Quindi  in teoria ricorda che saresti in debito con me.” Sussurrò rocamente al mio orecchio, prima di lasciarmi un appena accennato bacio sul collo che durò più del dovuto.
Con quel gesto mi morirono in gola tutte le parole che avrei voluto rivolgergli.
Rimasi con gli occhi spalancati a fissare un punto imprecisato davanti a me, fino a quando non sentii il suo respiro farsi più pesante, segno che si fosse addormentato.
Diversamente da lui, ne passò di tempo prima che riuscissi a cadere tra le braccia di Morfeo.
La mia vita stava andando a rotoli..ma, pensai, che se c’era lui con me forse non sarebbe stato così male.
 
Al mio risveglio uno zombie sarebbe stato più reattivo di me.
Mi ero addormentata a notte inoltrata e, guardando la sveglia, mi accorsi di aver dormito solo quattro ore.
Era stavo difficile per me riuscire a rilassarmi e abbandonarmi al sonno, lo stesso non potevo dire del mio compagno di letto. Aveva russato come un ghiro.
Quando mi accorsi che lui fosse ancora felicemente addormentato, feci per chiudere gli occhi e abbandonarmi ancora una volta al sonno, quando la porta della stanza che si spalancava non mi fece trasalire.
“Svegliatevi scellerati!” Ci urlò la voce di Amy, strattonando le coperte e levandocele di dosso.
Entrambi emettemmo un ringhio di protesta, ma lei ci ignorò beatamente cominciando ad alzare anche le tapparelle.
In quel momento valutai di mettere in atto almeno cinque metodi di tortura.
Sarei potuta partire con l’amputazione della lingua.. o magari dall’esportazione dei bulbi oculari.
“Amy, abbassa di nuovo quelle fottute tapparelle e fatti un viaggio a fanculo.” Fu la protesta velata di Sven in merito alle gesta della sorella.
“Non rompere il cazzo e sparisci.” Fu invece la mia.
“Però, che coppia ragazzi!” Commentò sarcasticamente lei, ricevendo un grugnito come risposta.
“Si può sapere perché ci sono cocci di vetro sparsi ovunque in soggiorno? E perché un cuscino è finito in cucina?”
Sentii Sven muoversi e, quando aprì gli occhi, lo trovai intento a fissarmi.
“Chiedilo a lei.”
“Chiedilo a lui!”
Rispondemmo all’unisono.
“Ah perché magari è colpa mia. Non vorrei ricordartelo, ma non sono di certo stato io a lanciare in aria i cuscini e a tirarti addosso un vaso come uno schizofrenica!” Insinuò.
“Schizofrenica a chi? E comunque non l’avrei fatto se solo tu non mi avessi incitato..”
“Poverina, una vittima maltrattata.” Mise su un finto broncio.
“Ora smettetela!” Strillò Amy interrompendoci. “Non avrei mai pensato di dirlo, ma vi preferivo quando scopavate come ricci e lo usavate come metodo alternativo per sfogare la vostra aggressività reciproca! E ora non ho intenzione di sopportarvi oltre quindi risolvete le vostre divergenze e fatela finita!” Ed uscì dalla camera sbattendo la porta.
Ed eccoci ritornati ai vecchi tempi, non c’era proprio verso di cambiare la situazione..
Mi alzai dal letto con un ringhio frustrato, facendo cadere alcuni cuscini a terra.
Erano sparsi ovunque,  il pavimento ne era disseminato.
“Sei un raggio di sole.” Commentò sarcastico Sven, prima che potessi accertarmi da me del mio aspetto.
Lo liquidai con una smorfia, prima di recuperare il mio cellulare disperso nella pochette da qualche parte.
La  ritrovai sotto un cuscino.
Cazzo, due chiamate perse da Jace!
Guardai l’ora segnata sulla sveglia. Erano le 11 del mattino, avrebbe dovuto essere già sveglio.
Non feci in tempo a chiamarlo che sentii il cellulare squillarmi tra le mani.
Sentii Sven al mio fianco e vidi che allungava il collo per dare un’occhiata allo schermo.
Mi ritrassi scocciata. “Posso rispondere senza subire un attentato da parte tua?”
Non ascoltai realmente la sua risposta e accettai la chiamata.
“Pronto?”
“Ehi splendore, buongiorno!” Mi salutò.
Notai Sven mimare il gesto di dover vomitare, mentre rimaneva silenziosamente in ascolto.
“Ciao Jace..scusa se ieri non ho risposto alle tue chiamate, ma diciamo che non avevo sentito proprio il cellulare..” Risposi, lanciando un’occhiata al colpevole.
“Non ti preoccupare. Senti, volevo chiederti.. non è che ti andrebbe di andare a vederti un film al cinema con me, domani sera?”
Oh cazzo,e adesso?
“Aspetta un attimo Jace.” Non aspettai una sua risposta e lo misi in attesa.
“Senti.” Mi rivolsi a Sven con aria sfinita. “Posso uscire con lui senza dovermi preoccupare di tue possibili interruzioni o pedinamenti?”
Rimase immobile a fissarmi dall’alto, lasciandomi confusa dalla sua reazione.
Il suo sguardo era serio e non sembrava esserci nessun complotto organizzato dietro.
“È questo che vuoi davvero?” Mi rigirò poi la domanda, mettendo nuovamente me in una posizione di svantaggio. “Vuoi davvero farti la tua vita e lasciarmi fuori?”
Era una mia impressione o scorsi un luccichio di sofferenza nei suoi occhi?
Nah, impossibile. Sven Clark era il ragazzo dal cuore di ghiaccio.
“Sì..” Risposi senza altre esitazioni. Con lui, ne avevo avute fin troppe.
Rise in modo spento, prima di alzarsi dal letto e dirigersi verso l’armadio per raccattare una maglia pulita. “Allora fai quel cazzo che ti pare, mi hai stufato.” Ed entrò nel bagno chiudendosi la porta alle spalle.
Era uno scherzo o ero davvero libera?
In quel momento non sapevo se esultare o fiondarmi ai suoi piedi implorandolo di continuare con la sua dolce tortura.
Avevo vinto..ero riuscita a spuntarla!
Ma era davvero quello che volevo?..
Abbassai lo sguardo sul mio cellulare, ricordandomi che Jace fosse ancora in attesa.
“Jace?” Lo richiamai.
“Sono ancora qua.” Rispose.
“Comunque..Sarebbe perfetto.”
E in quel momento, fissando la porta del bagno mi resi conto che l’unica cosa che volessi davvero fosse lui e che avevo appena giocato a perderlo.. e avevo vinto.
 

E così, al contrario di ogni previsione, questa volta è stata Sam a spuntarla!
Non potremmo essere più che felici, e dovrebbe esserlo anche lei.. se non si fosse accorta di averlo definitivamente perso.
Si è accorta di aver giocato per la causa sbagliata: ha vinto Jace, ma ha perso forse l' amore della sua vita.
Spoiler velati:
Nel prossimo episodio vedremo come si svolgerà l' attesa festa a casa di Joe, la stessa a cui Adison aveva invitato Sam e Jace.. e a cui sarà presente anche Sven.
Per la prima volta si ritrovano tutti e tre nello stesso ambiente, e Sam e Jace vi partecipano assieme.
Eppure Sven apparentemente accettato la volontà di Sven e si è messo da parte.
Ma si sa che le cose sono sempre imprevedibili quando si tratta di loro..
Avviso da subito che lo svolgimento della festa verrà diviso in due capitoli, che pubblicherò separatamente.
Il primo verrà pubblicato domani.. e se verrà apprezzato forse potrei anche pubblicare la restante parte in serata.
Un grazie di cuore a tutti, e un bacione!
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 29
*** Capitolo 28. ***


Io e Jace da quel giorno cominciammo a vederci regolarmente e a passare il nostro tempo insieme. Riscoprii in lui nuove emozioni, e mi sembrò di ritornare alla mia vita di sempre.
Mi stavo finalmente comportando come una ragazza normale, che usciva con gli amici, si andava a divertire e si metteva in tiro per qualche appuntamento.
Nulla avrebbe potuto essere più perfetto, se non fosse stato che io non fossi portata per la normalità.
“Quindi cosa ti metti stasera?” Mi domandò Amy, seduta al mio fianco sul divano di casa sua. Mi aveva dato il via libera per andarla a trovare, senza avere Sven tra i piedi.
Non sapevo dove fosse ma anche lui doveva essere tornato alla solita vita, accollandosi qualche biondina.
Aveva smesso di comportarsi in modo molesto, non aveva più interferito nei miei rapporti sociali e aveva smesso addirittura di parlarmi o anche solo di guardarmi.
Si stava comportando da perfetto estraneo, ignorandomi a tal punto da farmi chiedere se quello che avessimo avuto fosse stato reale o solo frutto della mia immaginazione.
Sarei dovuta essere contenta, no? E allora perché mi trovavo sul divano di Amy a commiserarmi miseramente sperando che lui facesse il suo ingresso in casa da un momento all’altro?
“Non ho ancora deciso..” Risposi a Amy, sospirando.
“Alla fine ci sarà anche Jace?”
“Sì.”
“Si è fatto qualche problema ad accettare?”
“No.”
“Non ha pensato che avrebbe potuto sentirsi a disagio?”
“No.” Risposi brevemente.
Sbuffò. “Andiamo Sam, riesci a mettere insieme una risposta esaustiva senza continuare a rispondere a monosillabi?”
“No.” Risposi ancora, guadagnandomi una cuscinata in faccia da parte sua.
“Si può sapere cosa ti prende?” Domandò esasperata.
Sospirai. “Cosa vuoi che mi prenda, Amy? Nulla..”
“Samantha Jackson chi vuoi prendere in giro? Ti conosco abbastanza da riuscire a capire cosa ti passa per quella testa bacata che ti ritrovi. Qual è il problema con Sven stavolta? Te lo sei levata dai piedi, non era quello che volevi?”
“Pensavo di sì, anzi no.. non lo so. Non so cosa voglio Amy.” Ammisi forzatamente.
“Beh.. fossi in te farei chiarezza prima di fare altri macelli. Io so già cosa vuoi, e lo sai anche te.”
“Pensa ancora alla sua ex..Brianne.” Risposi in un sussurro.
Rimase interdetta per qualche secondo, prima che avvertissi il suo cervello macchinare e farle spuntare un sorrisetto. “Allora vorrà dire che gliela faremo dimenticare.” Si alzò in piedi e mi tirò dalle braccia per obbligarmi a fare lo stesso.
“Andiamo, non abbiamo tempo da perdere. Devo cercare di levarti quest’aspetto da carcerata in un’ora  e mezza.” E mi trascinò in camera sua, ignorando i miei lamenti.
 
“Scordatelo, io questo vestito non lo metto.” Protestai quando mi lanciò addosso un miserabile pezzo di stoffa in pizzo nero.
Cosa avrei dovuto farmene? Avrei potuto usarlo come panno per pulire i mobili.
Mi aveva sistemato i capelli, mi aveva truccata..l’unico problema rimaneva il vestito.
E la scelta, ovviamente, stava portando entrambe all’esasperazione.
“E allora che ne dici di questo?” Ne tirò fuori un altro.
“Non mi piace il colore.”
“Allora questo.” E via con il terzo..
“Non mi piace la forma.”
Sbuffò. “Questo? Cosa c’è che non va in questo invece? Sentiamo!”
Lo guardai per cinque secondi scarsi. “Troppe pailette sbriluccicose!”
Ringhiò e si rituffò con la testa all’interno della cabina armadio, borbottando tra sé.
Ero sicura che fossero insulti rivolti a me, quelli che stavano uscendo dalla sua bocca.
“Ci sono!” Si illuminò ad un tratto, mentre lottava con un vestito per farlo uscire fuori.
“È nero, sobrio, e l’unica cosa scandalosa che potresti trovare come punto a suo sfavore è lo scollo sulla schiena.” Me lo mostrò girando il vestito.
“Il vertiginoso scollo sulla schiena.” Corressi.
Era già tanto che non mi si vedesse anche il culo, talmente era profondo.
Alzò gli occhi al cielo.“La smetti di atteggiarti a monaca di clausura?”
“Io non mi atteggio a..” Ok, forse aveva ragione. Feci una smorfia e allungai una mano in sua direzione. “Dammi quel coso.”
Andai in bagno a provarmelo senza neanche guardarmi allo specchio per paura di cambiare idea.
“Allora?” La esortai a darmi un opinione, mentre facevo un giro su me stessa.
“Sei..wow.” Commentò con la bocca spalancata.
Scosse la testa e andò a recuperare il cellulare.
“Cosa stai facendo?”
“Sorridi, voglio inviare una foto a Trent!”
“NO!” Le saltai addosso e le tolsi il cellulare dalle mani prima che compiesse un simile atto di ignoranza. Mi guardò confusa. “Se Trent mi vede con un vestito del genere, non mi fa uscire di casa. È fastidiosamente protettivo..”
Mi sorrise comprensiva. “ Non dico che non gli verrà un colpo, ma dubito che questa volta si metterà a protestare.”
La guardai sospetta mentre lei mi scattava una foto a sgamo.
“Amy!” La richiamai.
“Inviato!” Sorrise lei, battendo le mani.
Una mezz’oretta dopo ci trovavamo fuori la porta di casa a gelare nei nostri cappotti, aspettando l’arrivo del tassista Trent.
Se non si fosse dato una mossa gli avrei perforato l’ombelico con un tacco.
Poi la mia attenzione si spostò da lui a Sven.
Era buffo come qualsiasi cosa stessi pensando, finisse con il portare sempre a lui.
Non era tornato a casa per tutto il giorno, neanche per dieci miseri minuti.
Tra poco sarebbe iniziata la festa e lui non era neanche passato a cambiarsi.
Che avesse deciso di cimentarsi in altri programmi e di non presentarsi?
Se così fosse stato, avrei rubato una bottiglia di vodka e me ne sarei tornata a casa.
Anche se c’era un piccolo insignificante dettaglio..ovvero Jace.
Come avrei fatto a scaricarlo? E poi poverino, non se lo meritava!
Sbuffai per l’incoerenza dei miei pensieri, prima che la macchina di Trent posteggiasse di fronte a noi.
“Ciao amore!”
“Si può sapere perché cazzo ci hai messo così tanto?”
Furono i rispettivi saluti di me ed Amy, lascio a voi capire quale sia stato il mio..
Stampò un bacio sulle labbra a Amy, prima di guardarmi dallo specchietto retrovisore.
“Togliti il cappotto e girati.” Mi ordinò.
“Cosa?”
“Fai quello che ti ho detto, voglio vedere quanto è grave!”
Lo guardai stranita, prima si scambiarmi un’occhiata d’intesa con Amy.
Si limitò a sospirare, prima di esortarmi a fare quanto lui aveva chiesto.
“Ma che accidenti di problemi avete..” Borbottai mentre mi toglievo il giubbotto e gli davo la schiena.
Lo sentii emettere uno strillo oltraggiato, prima che si mettesse a piangere teatralmente.
“Cazzo Amy, mi avevi detto che lasciava la schiena un po’ scoperta ma non pensavo così tanto da denudarla! Guarda qua quanta pelle lasciata scoperta..ma non potevate cucirci sopra un altro pezzo di stoffa?” Prese a farneticare.
Alzai gli occhi al cielo e mi rimisi il cappotto, mentre Amy lo trafiggeva con un’occhiataccia.
“Che dici, un sacco di iuta sarebbe stato più appropriato?” Domandò ironica.
“Decisamente.” Rispose lui con serietà.
“Tesoro, stai perdendo di vista l’obiettivo!”
“L’obiettivo? L’obiettivo era che Sven le saltasse addosso, non anche la restante popolazione maschile presente!”
“Ma sentitelo, il prode cavaliere! Anche se altri le saltassero addosso, starebbe a lei decidere come reagire, no? E poi tanto c’è quel damerino di Jace a tenerla sott’occhio..almeno a qualcosa serve.” Borbottò Amy.
“Guardate che io sono qua!” Commentai ironicamente, sventolando una mano davanti alle loro facce.
“Lo sappiamo tesoro, ma al momento tendiamo ad ignorarlo appositamente.” Spiegò Amy girandosi in mia direzione. “Allora, stavamo dicendo..” Tornò ad escludermi tornando a confabulare con Trent.
Come pretendevo di poter avere una vita normale se neanche le persone che avevo attorno conoscevano il significato di quella parola?
 
Casa di Joe era un po’ distante dal posto in cui abitavamo, così impiegammo quindici minuti di macchina per raggiungerla.
Quanto toccai nuovamente terra la mia testa era già partita senza che avessi bevuto.
Questo era il potere che avevano le chiacchiere di Trent ed Amy su di me.
Mi allontanai da loro e presi a camminare in direzione della stradina che portava al parco, senza dar loro spiegazioni.
“Dove stai andando?!” Mi urlarono dietro in coro.
“Mi serve una pausa da voi e dalla vostra infermità mentale! Ho appuntamento con Jace al parco, intanto voi..oh, insomma, dileguatevi!” Urlai sfinita,prima di continuare a camminare imperterrita.
Mi lasciarono libera di andare, e ringraziai Dio per quella concessione.
Quando arrivai al punto d’incontro mi appoggiai con la schiena ad un palo là vicino, incrociando le braccia al petto come se quel gesto potesse ripararmi meglio dal freddo.
Solitamente erano i maschi a dover aspettare, non le ragazze!
Ma dove diamine si era cacciato il biondino?
Presi a camminare avanti e indietro sul marciapiede per tenermi in movimento e non pensare al gelo che avvertivo, quando una pazza girò l’angolo in fretta e furia e mi venne addosso.
Aveva i capelli biondi e due immensi occhi color ghiaccio che risaltavano anche con il buio della sera.
“Scusami tanto, non ti ho vista!” Si scusò, controllando che stessi bene.
“Non ti preoccupare, non sono finita col sedere per terra.”
Sorrise, ed il suo sorriso sembrò illuminare tutto il luogo circostante.
Sarà stata per i suoi tratti fanciulleschi e angelici, per le piccole labbra rosate, ma era un incanto. “Buona serata..” Mi salutò con un cenno della mano, prima di attraversare la strada e sparire dalla mia visuale.
Perché succedevano tutte a me?
“Sam!” Ed ecco finalmente Jace, alla buon ora!
Corse verso di me con il fiatone, prima di appoggiarsi alle ginocchia per riprendere fiato.
“Scusami se ti ho fatta aspettare, ma i miei sono fuori per lavoro e mia sorella non voleva saperne di rimanere a casa con la baby sitter.”
“Non ti preoccupare, tanto abbiamo tutta la sera davanti.  Andiamo?”
Annuì e cominciammo a camminare insieme in direzione della villa.
Anche se non avessi saputo dove abitasse Joe, sarei potuta tranquillamente arrivarci seguendo la folla di gente che si dirigeva nella mia stessa direzione.
“Meno male che Adison aveva detto che sarebbe stata una cosa intima..” Notai.
“Ha detto così? Beh, in questo caso deve avere un gran senso dell’umorismo.” Commentò, e io scoppiai a ridere.
Era bello parlare con Jace perché alla fine era divertente, parlava con leggerezza e tranquillità. Ti metteva a tuo agio insomma.
Quando raggiungemmo la porta di casa e la varcammo, rimanemmo impressionati dalla quantità di gente che si riversava nell’ampio salone.
Attraversammo il piccolo corridoio e, superato un arco, raggiungemmo il salone.
C’era gente riversata ovunque: sui divani, sulle poltrone, fuori dalle vetrate scorrevoli che davano sulla piscina, sui gradini delle scale e anche al di sotto di esse.
Se non ci fossero state tutte quelle persone ero sicura che si sarebbe riprodotto l’eco se avessi urlato, data l’immensità di quello spazio.
Ma infondo..l’avevo già detto che erano tutti una famiglia di poveracci?
“Beh, piccolo ma confortevole..” Commentò ironicamente Jace.
“Sam!” Mi girai verso destra e vidi il padrone di casa venirmi incontro.
“Ehi ciao Joe, come..”
“Eccoti, ti ho trovata finalmente! Si può sapere quanto ci hai messo ad arrivare?” Mi passò un braccio intorno alle spalle e mi girò in modo che dessi la schiena a Jace, di cui intanto si stava occupando Adison. E adesso lei da dov’era spuntata?
“Alla fine hai deciso di portarti il principino?” Domandò con un cenno in direzione di Jace.
“Si può sapere cos’avete tutti contro di lui? È carino, è simpatico, è dolce, è gentile e..”
“E non è Sven.” Continuò al posto mio.
Lo trafissi con una delle mie migliori occhiate folgoranti, prima di togliermi il suo braccio da sopra le spalle in modo stizzito.
“Ehilà Josh, com’è?” Lo salutò Joe.
Mi spalmai una mano sulla faccia con fare sfinito.
Josh..doveva essere un vizio di famiglia non ricordare i nomi.
“Bene..” Rispose Jace con fare circospetto.
“Noi andiamo a farci un giro eh..” Lo presi per un braccio e decisi di salvarlo da quella tortura, scomparendo tra la folla prima che a Joe o Adison venisse in mente si seguirci.
“Vuoi qualcosa da bere?” Mi urlò in un orecchio, per sovrastare la musica.
“Sì, ma andiamo fuori perché qua non sento niente.” Gridai di rimando.
Mi appoggiò una mano sul fondoschiena, facendomi istintivamente sussultare.
Non ero abituata al contatto fisico con altri ragazzi, non dopo Sven.
Avrei voluto scostare la sua mano, ma sarei sembrata scortese e inopportuna.
Dopotutto..non stava facendo niente di male.
Il suo era un gesto per non perdermi tra la folla, infatti, non appena ci ritrovammo all’aria aperta mollò la presa.
Che avevo detto? Un vero cavaliere.
“Ehi Sam!” Sentii delle voci che mi chiamarono e mettendo in rassegna il posto, individuai le facce familiari di Dee, Trey e Jay.
Di Gaz neanche l’ombra, ma non mi ci voleva molto per capire dove fosse e in cosa si stesse intrattenendo.
Mi avvicinai a loro con un sorriso, trascinandomi dietro Jace.
“Ciao ragazzi. Lui è Jace, ma credo che l’abbiate già visto.” Si presentarono a turno e gli strinsero la mano, ma nessuno sembrò particolarmente entusiasta di fare la sua conoscenza. Con Trent erano stati totalmente diversi..
“Vado a prendere qualcosa da bere, ok?” Mi domandò Jace all’orecchio, prima di ritornare dentro dopo un mio cenno affermativo.
“Sam,ma che cazzo ci fai con quello? Insomma,una come te non può stare con un principino come lui.” Parlò Trey, facendo una smorfia di disapprovazione guardando il punto in cui era scomparso.
“Una come me in che senso?” Lo sfidai.
“Non c’è bisogno che ti diciamo noi come sei fatta, Sam. Tu sei una psicopatica disadattata e sociopatica, mentre lui sembra un tipo..normale.” Spiegò Dee, come se le parole che avesse detto potessero centrare pienamente il punto della situazione.
“Grazie tesoro. Sono contenta di sentire che una delle mie migliori amiche non trova aggettivi migliori per descrivermi se non ‘psicopatica disadattata e sociopatica’ ”
Mi lasciò un buffetto sulla guancia. “Ma non c’è di che, vita mia!”
“Comunque Dee ha ragione.” Le venne in soccorso Jay.
“Assolutamente.” L’appoggiò anche Trey.
“Insomma, vi parlo da neanche cinque minuti e mi avete già rotto il cazzo e fottuto la pazienza.” Sbottai.
Alle mie parole si scambiarono tutti e tre uno sguardo d’intesa e scoppiarono a ridere. Carini..ah, che amici magnifici che mi ritrovavo!
“Ma dai Sam, ti senti? Come puoi stare con uno come quello se parli in questo modo?  Quel tipo..non fa per te, troppo docile. Con Sven invece sareste la coppia del secolo, insomma..basta sentirti parlare per capire che sei la sua anima gemella.” Parlò Jay, e via con un’altra risata generale.
A proposito di Sven..dove diamine si era cacciato?
Lo cercai con lo sguardo, ma non ebbi il tempo di affinare il mio metodo di rilevamento che Joe mi saltò nuovamente addosso.
“Sam ma che maleducata, scappare via in quel modo! E io che volevo fare quattro chiacchiere con te..” E si appoggiò alla mia spalla con il gomito.
Lo scostai con uno sbuffo esasperato. “Si può sapere che succede stasera? Tu sei una cozza.” Dissi in riferimento di Joe. “Voi site delle ansie.” Mi riferii a Dee, Trey e Jay. “Ed Amy e Trent sono delle spie in incognito che non smettono un attimo di ronzarmi attorno, pensando che io non me ne accorga.” E li indicai con un cenno della testa.
“Potete anche avvicinarvi, tanto mi sembra che siate stati beccati!” Urlò Adison, girandosi in loro direzione.
Joe la guardò con un sorriso, poi sembrò riscuotersi improvvisamente e si strofinò gli occhi con le mani come per accertarsi che fosse davvero là.
“Adison!” La richiamò, facendola sussultare.
“Che c’è? Che ho fatto?”
“Perché sei qui e non sei a controllare il salone? Ti avevo detto che dovevi intrattenere Jace, si può sapere che cazzo stai facendo?!”
“Mi ero dimenticata, non c’è bisogno che ti scaldi tanto!”
Ma cosa diamine stava succedendo? Supervisionare Jace?
Avevano per caso battuto la testa o li si era improvvisamente avariato il cervello?
Mi sorressi la testa con le mani, spostandomi i capelli all’indietro con un gesto stanco.
Mi guardai attorno alla ricerca di un appiglio e mi ritrovai a fissare due occhi neri.
Dall’altra parte della piscina. Con la camicia sbottonata. Lo sguardo fisso su di me.
Continuai a fissarlo famelica, godendomi gli istanti che mi stava riservando dopo così tanto. Fece una lastra completa al mio corpo, prima di ritornare con lo sguardo fisso nel mio.
L’aria si caricò di elettricità e sentii una forza sovrannaturale spingermi verso di lui, gridandomi di lasciarmi guidare da lei.
Ero quasi tentata di farlo..ma poi la magia si ruppe.
Vicino a lui comparve una biondina con un bicchiere in mano che gli appoggiò una mano sul petto per richiamarlo e farlo girare in sua direzione.
Lei dovette dire qualcosa, perché lo vidi ridere.
Quando poi si girò..la riconobbi. Era la ragazza contro la quale mi ero scontrata prima! Se avessi saputo dove fosse diretta e con chi si sarebbe intrattenuta, sicuramente avrei saputo come massacrarla di botte e poi nascondere il corpo.
La cosa che mi dava più fastidio non era il fatto che fosse in compagnia di una ragazza, perché a quello ormai ero abituata, ma lei era diversa dagli standard a cui lui era abituato.
Era più sobria, meno volgare e quasi elegante, dall’aria innocente e pura.
Anche se non la conoscevo, ero sicura di avere l’anima più corrotta della sua.
Distolsi l’attenzione da quella scenetta e la riportai su Dee, che in quel momento mi si era avvicinata.
“È strano, vero?” Mi domandò.
“Cosa?”
“Innamorarsi la prima volta. Beh,non sai mai come comportarti. Tutto ciò che fai ti sembra sbagliato e anche maledettamente giusto. Quando stai male,non ti limiti solo a stare male, no.. tocchi proprio il fondo di un pozzo che non sembra avere fine. Ma quando stai bene..” Le si illuminarono gli occhi “Pensi di trovarti mille metri sopra il cielo. E che neanche tutto l’alcool del mondo, tutte le droghe e cazzate varie, riuscirebbero a sballarti quanto un suo sorriso.  L’amore è una brutta bestia..ma se la sai domare diventa la più dolce di tutte.”
La fissai in silenzio, beandomi della sua espressione felice.
Era palese che lei fosse innamorata e che quelle cose le dicesse per esperienza.
Sembrava il discorso di una mamma che spiegava per la prima volta alla figlia come nascevano i bambini.
“Hai centrato il punto..” Sospirai affranta.
“Joe!” Mi voltai di scatto quando sentii una voce, quella voce.
 Camminava verso di lui con un dito puntato contro.
“Si può sapere che cazzo di fine hanno fatto le bottiglie che mi ero comprato per me? Ti avevo detto di metterle da parte, idiota!” Gli tirò uno scappellotto in testa.
“Oh, intendi quelle in quel canotto laggiù?” Sorrise divertito Joe, indicando un oggetto misterioso in mezzo alla piscina.
“Oh andiamo, ma perché l’hai fatto fottuto coglione?” Si lamentò Sven, passandosi nervosamente una mano tra i capelli.
“Beh, ti basta fare un tuffo dentro e farti una nuotata e sono tutte tue.”
“Che ti ho fatto di male? Avanti spara, so che c’è un motivo sotto, stronzo.”
Notai il viso di Joe assumere una sfumatura più irritata. “È per avermi lasciato da solo con quella moretta, ieri sera! Era insopportabile e non la smetteva un attimo di blaterale. Ma tanto a te che importava? Eri a spassartela con l’amica rossa!” Sbottò, pentendosi quasi subito delle sue parole.
Non seppe chi guardare prima, tra me ed Adison.
Anche lo sguardo di Sven non lo risparmiò, che lo trafisse prima di posarsi su di me.
Avevo ragione..era andato a letto con altre! Avrei dovuto prevederlo, no?
Potevo mai credere che un tipo come lui riuscisse a tenersi l’uccello nelle mutande?
Per la prima volta, mi ritrovavo a favore della caccia.
“Moretta? Quale moretta, Joe?” Non mi parve di aver mai sentito la voce di Adison diventare minacciosa. Francamente, non l’avrei mai trovato possibile e invece eccola là..che incuteva timore anche a me.
“Ma nessuno tesoro, neanche la guardavo, era pure cessa e..” Poi ritornò in sé e scosse la testa quando si accorse di cosa stesse dicendo. “Ma insomma,mi vuoi spiegare perché ti sto dando spiegazioni su qualcosa che non ho fatto? E soprattutto, perché non sei ancora andata a tenere Jace alla larga?”
“Vado, vado!” Fece lei alzando gli occhi al cielo, prima di girare i tacchi.
E io non la fermai. Onestamente al momento era l’ultima cosa che mi importasse.
Era andato a letto con altre..
“Che? Il damerino è qui?” Sentii Sven che chiedeva a Joe, prima di lanciarmi uno sguardo fugace.
Aveva scopato con altre ed era a quella festa con una biondina adorabile.. mi ripetei per l’ennesima volta, come un’ ossessa.
Sentii la rabbia crescermi dentro e senza neanche guardarlo negli occhi,gli passai accanto e feci per ritornare dentro.
Voleva continuare a giocare quel gioco? Bene, l’avrei fatto anche io.
“Sam, dove vai?” Mi fermò Joe.
“Con permesso, dal mio accompagnatore.” Feci una finta riverenza, prima di ritornare sui miei passi e allontanarmi da loro.
E che cazzo si guardava Sven? Maledetto lui e i suoi occhi!
Se solo avessi avuto due coperchi in mano, li avrei usati per applaudirgli con la sua faccia in mezzo. 
Ah, avevo necessità di bere, e anche immediatamente!

 
Eccoci qua ragazzi!
Allora.. in questo capitolo possiamo appurare il fatto che Sven abbia, per una volta nella sua vita, tenuto fede al volere di Sam, tant'è che ha smesso completamente di importunarla.
Sembra quasi che Sam, per lui, sia diventata totalmente trasparente.
Sam, se da una parte sembra averlo accettato, dall'altra non può comunque risparmiarsi di pensare a lui e non può non sperare che non accada qualcosa che le faccia cambiare idea.
Inoltre, se prima era incerto il fatto che lui fosse andato avanti, ne abbiamo avuto una conferma in merito alle sue sveltine.
Prima, pur litigando con Sam, in un certo senso le era rimasto fedele, limitandosi a sabotare i suoi di appuntamenti.. ma a questo punto credo si sia stufato definitivamente di fare anche quello.
E adesso cosa combinerà Sam non appena perderà un po' la testa?
Spoiler velati:
Nel prossimo capitolo la nostra Sam potrebbe sbilanciarsi un po' con Jace.. e forse potrebbe esserci qualche spettatore. E diciamocelo, lo spettacolo non piacerà per niente.
Senza tanti preamboli annuncio che sarete spettatrici di un profondo discorso tra Sam e Sven, e si metteranno finalmente in chiaro le cose.
E Sam, finalmente, capirà con chiarezza come stanno definitivamente le cose con Sven.
Anche se forse non avrebbe voluto farlo..
Un bacione ragazzi, alla prossima! Vi attendo calorosi!
Xoxo, Heartless.

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Capitolo 30
*** Capitolo 29. ***


Varcai nuovamente l’ingresso al salone, vagando in mezzo alla folla alla ricerca di Jace.
Lo ritrovai vicino al bancone con due bicchieri in mano, mentre Adison gli parlava a raffica senza concedersi una tregua.
Era palese che lui non sapesse come fare per dirle cortesemente di levarsi di torno.
Allora lo feci io al posto suo. “Adison torna a cuccia, ora noi ce ne andiamo.”  L’avvertii, prima di prendere lui da un braccio per allontanarlo da lei prima che le fosse venuta l’idea di ricominciare.
“Beh scusa se ci ho messo tanto, ma come hai visto ho avuto un inconveniente..” Mi disse, una volta che ci ritrovammo fuori nel giardino esterno.
“Non ti preoccupare. Adison è un angelo, ma sa essere molesta se vuole.”
Mi porse un bicchiere e lo accettai in silenzio, buttando giù il liquido con forse un po’ troppa voracità.
“Qualcosa non va? Sembri nervosa..” Mi domandò infatti.
Cercai di sorridergli per rassicurarlo. “No, sono solo un po’ tesa. Troppa gente. Vedi che con qualche bicchiere mi sciolgo.” Risi, e lui mi seguì a ruota.
Un’oretta e quattro bicchieri dopo, mi ritrovavo a ridere per ogni cosa che dicesse.
Ultimamente mi stavo ubriacando davvero troppo spesso..sia mai che fossi morta davvero di cirrosi epatica.
Feci spallucce incurante del pensiero, prima di buttare giù altre sorsate.
Era stato a letto con altre..
Le aveva baciate, aveva sussurrato loro tante parole..
Le aveva portate all’estasi proprio come aveva fatto con me.
Mi girai in direzione delle vetrate che davano sul salone e, come se avessi potuto percepirlo, sentii il suo sguardo addosso ancor prima di vederlo.
Quando lo feci ci misi un po’ a staccarmi dai suoi occhi.
“Ehi Jace.” Mi girai in sua direzione a fatica. “Ma tu hai gli occhi azzurri!” Esclamai come se fosse la scoperta del secolo.
Brava Sam, hai scoperto l’acqua calda! Sentii la vocina all’interno della mia testa,e risi dei miei stessi pensieri.
Mi appoggiai con la guancia sulla sua spalla, finendo con l’aspirare il suo profumo.
Era dolce, troppo dolce. Quello di Sven era più spinoso e più..maschio.
Scossi la testa e alzai la testa, ritrovandomi a soffio dalle sue labbra.
“Hai gli occhi azzurri e sono bellissimi..e io non avevo mai visto dei bellissimi così occhi azzurri.”
Mi guardò stranito,e io ripetei la frase all’interno della mia testa.
Ma non aveva senso!
Ripresi a ridere sguaiatamente, seguita da lui.
Io ridevo perché ero ubriaca, invece lui rideva del fatto che fossi completamente andata, anche perché aveva toccato massimo due bicchieri.
Mi fermai quando sentii una sua mano sfiorarmi la nuca, immergendosi tra i miei capelli.
Mi avvicinò a lui e fece appoggiare la mia fronte sulla sua.
“Sei ubriaca Sam, mi sa che anche questa volta avrai una brutta nottata..”
“Poco male, mi vivo il presente intanto. Ehi, ma c’è anche una punta di verde!” Notai, mentre gli fissavo gli occhi.
Niente. Non mi trasmettevano niente.
Mentre quelli di Sven erano ipnotici, contrastanti, capaci di manifestare mille emozioni senza l’uso del linguaggio verbale.
I suoi occhi parlavano, mentre quelli di Jace..guardavano solo in modo passivo.
Rise e annuì, rimanendo incollato a me.
“Jace,ti sei mai innamorato?” Mi uscì di getto.
“Sì..ero un ragazzino basso, chiatto, timido e impacciato alle prese con la più bella della scuola. Un vero schifo. Te invece?”
“Beh, se ti può far sentire meglio saperlo, non c’è più traccia del ragazzino di quei tempi.” Concessi, facendolo sorridere. “In quanto a me..sì, sono stata innamorata. Uno schifo totale,anzi no era bellissimo..ma chi vogliamo prendere in giro? Era una tortura!”
Quello che mi piaceva di quando ero ubriaca, era il fatto di essere una persona coerente.
“Allora? Per te è bello o no?” Rise, cercando di trovare una risposta.
Mi staccai leggermente da lui e inclinai nuovamente la testa di lato, fissando il punto in cui lo avevo precedentemente visto.
Era ancora là fermo, e sembrava starsi godendo lo spettacolo con interesse.
Ma dov’era finita la biondina? Oh, eccola là, mi sembrava strano!
“Posso non rispondere adesso?” Domandai, chiudendo gli occhi per cercare di ritrovare un collegamento col mondo circostante, un appiglio alla realtà.
“Come vuoi.” Concesse.
“Sam..” Sussurrò poi, cercando di non interrompere la mia quiete.
“Mmh?” Mugugnai, continuando a tenere gli occhi chiusi.
“Io devo ritornare a casa perché domani mattina devo sbrigare una cosa. Ti dispiace se vado? Se vuoi ti do uno strappo fino a casa.”
Scossi la testa. “Non preoccuparti, rimango ancora un po’ qua e poi ritorno indietro con Trent. Grazie per la serata..” A quel punto dovetti aprire gli occhi.
Lo guardai sorridere, prima che si avvicinasse a me e facesse scontrare le sue labbra con le mie senza preavviso.
Rimasi interdetta per qualche attimo, ma alla fine mi ordinai di chiudere gli occhi e lasciarmi andare.
Visto Sven? Mi sto facendo la mia dannata vita!
Eppure, non ero per niente felice di come stavano andando le cose.
Le sue labbra erano troppo sottili e poco carnose, il suo sapore non era buono come quello di Sven, tantomeno il suo odore.
Tutto sembrava sbagliato perché Jace non era lui.
Mi staccai da lui a fatica, cercando di riprendere le distanze.
“Scusami Jace,ma mi sa che per stasera è meglio di no..sai, sto per vomitare.” La buttai sul ridere e funzionò, perché lui salto giù dal muretto con un sorriso.
“Buonanotte Sam.”
“Buonanotte Jace..” E lo vidi allontanarsi lentamente.
A quel punto mi liberai in un respiro sollevato e mi lasciai ricadere sul muretto, appoggiando la schiena contro la pietra ruvida.
Lo sguardo rivolto verso l’alto, gli occhi a mirare il cielo stellato.
La mente a vagare in meandri sconosciuti e beh..il cuore a battere per lui.
Inconsapevolmente girai la testa verso destra, guardando al di là delle vetrate.
Lui non c’era più.
Cosa mi aspettavo? Che sarebbe rimasto a guardare in silenzio? Sicuramente avrà avuto altre cose di cui occuparsi che pensare ad una sciocca ragazzina come me.
Ero patetica. Con alte probabilità, se avessi chiesto dell’amore a una bambina, avrebbe saputo rispondere meglio di quanto avrei potuto fare io.
E se avessi chiesto a mia madre di spiegarmelo con esattezza, mi avrebbe ripudiata come figlia. Ma l’avrei capita, anche io avrei preferito una figlia normale a una schizzata come me.
O forse no..ecco, questa era la prova che non ci stessi dentro con la testa.
Chiusi gli occhi e li strizzai, cercando di far attenuare il dolore alla testa.
Le mie tempie pulsavano e il mondo circostante vorticava.
Non sapevo neanche come fossi caduta a terra, ma quando riaprii gli occhi mi ritrovai seduta sull’erba fresca.
Sbronzarsi non era più divertente come una volta..Pensai con noia.
Feci per rimettermi in piedi, ma qualcuno ci pensò al posto mio e mi aiutò nell’intento.
Mi ero sollevata solo di poco, prima di ritrovarmi spalmata contro il muretto ruvido.
Misi a fuoco lo sguardo e lo vidi davanti a me, con quei due turbini neri venuti a torturarmi.
“Puzzi di alcool.” Constatò piatto, senza accennare a smuoversi nonostante le mie proteste iniziali. Si avvicinò al mio collo e raccolse anche una ciocca dei miei capelli.
“E odori schifosamente di lui.” Disse con disgusto, mentre una smorfia di astio gli deformava il viso.
Ero sicura che anche lui odorasse della biondina..
“Cosa vuoi Sven? Se sei venuto per una botta e via ti avviso che non è il momento.” Lo avvisai truce.
Sven ora mi perforava, non mi stava solo fissando, no..stava cercando di leggermi dentro. E io mi sentivo esposta terribilmente al suo sguardo.
Fu per la troppa intensità, che distolsi lo sguardo.
Ma lui non me lo permise e, con un gesto brusco, mi prese dal mento per riportare i miei occhi nei suoi.
“Vattene Sven, sono sicura che tu possa trovare un valido intrattenimento alternativo.” Dissi apaticamente.
Lui continuò a fissarmi come se non avesse sentito le mie parole o come se non gli importasse. E quella consapevolezza mi fece incazzare ancora di più.
“Perché sei qua con me e non con la biondina? Io e te mi pare non abbiamo più niente da dirci, mentre con lei credo vivamente dovresti farti due chiacchiere.. Lei lo sa di tutte le volte che abbiamo fatto l’amore? Lo sa di quello che mi hai raccontato? Hai mostrato anche a lei quella tua parte che non permetti a nessuno di scoprire? Lo sa di quante stronzate mi hai detto? Lei lo sa Sven, eh?! Sa anche di quante altre ragazze ti sei scopato prima di lei, me compresa?” Risi senza allegria. “Sei andato a letto con altre..” Ripetei poi, come se per un momento la mia mente avesse precedentemente accantonato quella realtà.
Ora che era ritornata a essere presente nella mia mente, mi prendeva voracemente a pugni in faccia.
“L’amore?” Mi interruppe, mentre il suo corpo sussultava a contatto col mio.
Cazzo..maledetta vodka. La mia lingua era un po’ troppo sbarazzina.
“Non posso ancora crederci.. ma avrei dovuto saperlo che non ti importava niente. Potrei farmi scopare dal primo che passa e non te ne fregherebbe un cazzo.” Continuai a parlare, incurante della sua precedente domanda.
Lui poteva ignorare quanto dicevo io e io non potevo farlo con lui?
“Mi stai facendo perdere la pazienza..” Sussurrò tremante, mentre stringeva i pugni.
“E cosa vorresti fare? Picchiarmi? Avanti fallo, almeno forse mi daresti una buona motivazione per odiarti una volta per tutte!”
Ebbi appena il tempo di finire quella frase che il suo schiaffo mi colpì la guancia così forte da costringermi a girare il volto.
Rimasi con gli occhi spalancati, ma non piansi.
Mi sentivo completamente prosciugata di ogni emozione.
Riportai il mio sguardo su di lui con occhi vuoti, spenti, apatici.
“Vuoi smetterla di blaterare per una buona volta? La biondina di cui tu parli è mia cugina, la sorella di Joe!  È tornata qui ieri dopo essere stata un anno a New York, ed è anche per questo che Joe ha deciso di organizzare questa festa del cazzo!” Urlò gesticolando.
Rimasi in silenzio per almeno dieci secondi buoni prima di capire che, in ogni caso, quello non toglieva il fatto che si fosse dato da fare le sere precedenti.
“Sei andato lo stesso a letto con altre..” Ribattei imbronciata.
Rise sguaiatamente, prima di ritornare serio e afferrarmi saldamente dai polsi.
Indietreggiò e mi costrinse ad attaccarmi con la schiena al muretto..di nuovo.
Il contatto con la roccia ruvida mi fece emettere un gemito di dolore, incrementato dal fatto che stessi congelando là fuori senza giacca.
“Vuoi farmi credere che tu non l’hai baciato,prima? Mi sono imposto di non guardare perché mi sarei sentito solo un fottuto coglione. Allora Sam, ti ha baciata no? Lo hai baciato? Avanti dimmelo, dimmelo porca troia!”
E tirò un pugno a lato della mia testa, contro il muretto.
“Non ti devo rispondere, devi uscire dalla mia vita!”
“Smettila di ripetere sempre la solita frase. Lo sai quanto me che ormai è impossibile!”
Dannazione se lo sapevo..e in questo momento mi stavo anche sentendo irrimediabilmente dalla parte del torto.
Mi sentivo sporca, traditrice.
Si avvicinò al mio orecchio e ci soffiò dentro con il suo respiro.
“Allora Sam, l’hai baciato?” Richiese.
Rimasi in silenzio,poi: “Sì..” Mi uscì in un sussurro, cedendo al suo tono incantatore.
Avvertii il suo corpo a contatto con il mio andare in tensione mentre dalla sua gola scaturiva un ringhio.
“Io lo uccido, lo faccio a pezzi!” Si mise ad urlare, staccandosi dal mio corpo con una spinta. Prese a camminare avanti e indietro tenendosi le mani nei capelli.
Poi intercettò di nuovo il mio sguardo. “Voglio che mi dici com’è stato, Sam.”
Scossi la testa freneticamente. “No.”
Non potevo di certo dirgli come era stato perché avrebbe significato dirgli anche cosa avevo pensato. E non avevo fatto altro che pensare a lui tutto il tempo.
“Hai cinque secondi per dirmelo Sam, prima che parta verso casa sua.” Mi minacciò.
“Tu non conosci l’indirizzo di casa sua.” Ribattei, sicura che stesse bluffando.
“Joe è un abile informatore.”
Cazzo, sia lui che Jace abitavano nella stessa zona. Dopotutto non era difficile informarsi.
“Allora?” Mi spronò.
Sbuffai esausta. “Cosa vuoi sentirti dire Sven? Che ha fatto pietà? Non ti dirò nulla di tutto questo. Quello che è stato resta tra me e lui, fattene una ragione!”
Con un passo rapido,mi si avvicinò nuovamente.
“Allora dimmi solo questo..è stato meglio di me? Eh, lo è stato?!”
Come potevo rispondergli con una menzogna?
Anche il più fesso del mondo si sarebbe accorto che stessi mentendo.
Abbassai il capo e chiusi gli occhi. “No, non è stato meglio di te..” Un ammissione, una sconfitta.
Alla fine io non avevo vinto proprio niente..era sempre stato lui ad avere il controllo del gioco.
Annuì impercettibilmente tra sé, prima di emettere un boato sordo e frustrato.
Mi spinse contro il muretto e, sollevandomi dalle guance, incollò le mie labbra alle sue.
Si attaccò a me come se fossi acqua e lui stesse camminando in mezzo al deserto arido da giorni.
Non era mai stato così vorace, così passionale da strapparmi gli ultimi residui di sanità rimastami.
Non c’era più bisogno che mi tenesse incollata al muretto, non mi sarei scollata da lui neanche se fosse piombato l’esercito. Non ci sarei riuscita per nessun motivo al mondo.
Speravo che lui, oltre al battito incessante del mio cuore, non fosse riuscito a captare anche i miei pensieri.
E poi finì, perché tutte le cose, belle o brutte che siano, sono destinate a finire.
Respirammo pesantemente a pochi centimetri di distanza, cercando di riprendere il controllo del nostro corpo.
Eravamo ancora abbracciati, occhi negli occhi, ma a entrambi sembrava la cosa più naturale del mondo..
“La gelosia mi stava mandando a puttane il cervello, Sam..” Ammise.
“Ma hai ragione, basta giochetti. Però non posso comunque non dirti che, se il mio cuore potesse concedersi una seconda chance..” Gli spuntò un sorriso. “Non mi farebbe così schifo l’idea di potermi innamorare di te.”
Ergo, non lo era..ma quello già l’avevo sempre saputo.
Allora perché mi sentivo improvvisamente così male?
Sapevo dove voleva andare a parare, quindi lo interruppi prima che potesse compiere quella catastrofe.
“Che cosa stai facendo, che cazzo stai dicendo?!” Urlai, spintonandolo per allontanarmi da lui e fissarlo negli occhi.
“Perché non te ne sei ancora andata eh, perché continui a restare e ad essere alla mia mercé? Ti piace così tanto soffrire Sam, sei per caso masochista?” Ridacchiò senza allegria.
Scossi la testa impercettibilmente, continuando a guardarlo senza neanche sbattere le ciglia. Perché non capiva?
“No Sven. Non sono masochista e non mi piace soffrire. Ma si vede da lontano un miglio che tu hai bisogno di qualcuno, che hai bisogno di me. E a me va bene,perché ci tengo a te e..mi farebbe schifo vedere che tu stai uno schifo. Non so se mi sono spiegata. Tutto sto minestrone pieno di parole incomprensibili per farti capire che non mi importa se puoi farmi del male. Non voglio lasciarti andare perché non mi perdonerei mai di averti lasciato in questo stato, condannato a pensare che non esista una seconda opportunità per te soltanto perché la vita ti ha già preso a pugni una volta. Anche il mio cuore si è spezzato, anche io sono stata rinchiusa in camera a commiserarmi, anche io ho avvertito la necessità di appendere una foto segnaletica di cupido e di colpirlo in fronte con una freccetta. Ma alla fine sono qua..sono ancora qua. E stavolta lo sono per te.”
Speravo vivamente che sarebbe riuscito a capire le mie parole, anche perché onestamente non avevo idea in che altro modo esprimermi.
Insomma, quello che doveva capire era che fossi là per lui! Non era poi tanto complesso!
Fece un ghigno, di cui non capii il motivo. Non mi sembrava ci fosse nulla di divertente nelle mie parole.
“Mi sembra di ascoltare le parole di una ragazzina alle prese con il primo amore..” Sputò fuori rabbioso, con il disprezzo carico nella voce.
Un pugno nello stomaco o una pallottola conficcata nel petto avrebbero fatto meno male, pensai.
Ci si sentiva così a essere rifiutati? Era quello il rumore che faceva il cuore quando veniva infranto?
Ispirai a fondo e mi decisi a buttare fuori tutto.
Già che c’eravamo, tanto valeva farlo una volta per tutte e togliersi il dente..
“Forse perché mi sento come una ragazzina, e sono alle prese con il primo amore.”
Le mie parole sembrarono ricevere l’effetto sperato, perché riuscii a lasciarlo di stucco.
Ma sapevo di aver cantato vittoria troppo presto.
Mi fissò senza vedermi realmente per qualche istante, prima di afferrarmi violentemente da un braccio e avvicinarmi a lui.
“E così sei innamorata..di chi? Chi cazzo è Sam?!”
Ok, era scemo? O aveva preso una botta in testa?
“Sai cosa?” Rise. “Mi dispiace un po’ per lui.. infondo mi ricorda il me di qualche anno fa. Mentre tu sei perfettamente uguale a quella puttana..”
“Mi stai davvero..paragonando a lei?!” Fremevo di rabbia.
“Andiamo Sam, non c’è molta differenza.. Lei si è scopata mio padre mentre stava con me, e tu..” Rise di nuovo. “Ti sei fatta scopare a sangue da me mentre pensavi al principe misterioso.”
Non ci vidi più dalla rabbia e alzai una mano per colpirlo violentemente,
che però si fermò a mezz’aria bloccata dalla sua.
Scossi la testa e ritentai, utilizzando l’altra mano libera.
Quella volta il tiro andò a segno e lo costrinsi a piegare la testa di lato.
Il mio palmo pulsava e il mio corpo mi urlava di farlo ancora, fino a lasciarlo stramazzare a terra.
Scossi la testa e, senza accorgermene, cominciai a piangere.
Non poteva averlo detto davvero..non aveva mai pronunciato quelle fottute parole!
Sbarrò gli occhi e mi fissò, ma con espressione differente una volta viste le mie lacrime.
Vidi i suoi occhi rabbuiarsi, mentre mi attirava a lui ignorando le mie deboli proteste.
Appoggiò la fronte alla mia e chiuse gli occhi sospirando.
“Scusami. Io ti sto rovinando Sam..guarda cosa ti sto facendo. Ti sto facendo del male, io continuo sempre a fare del male, non suono buono a fare nient’altro. Ti sto tenendo legata a me quando io stesso so che dovrei essere il primo da cui tu dovresti stare lontana.” Strinse la presa sulle mie guance, accarezzandole impercettibilmente con il pollice.
Rimase in silenzio mentre apriva gli occhi per un istante, piantandoli nei miei.
Mi accarezzò le guance, ancora bagnate da lacrime calde, prima di richiuderli e ispirare a fondo.
Non farlo amore mio, non farlo.. io voglio soffrire per te, finché sto con te va bene!
“Dimentica tutto quanto Sam, vai avanti e dimenticati di questo fottuto stronzo.” La voce gli tremò e quando mi permise di incrociare i suoi occhi, li vidi lucidi.
Li chiuse nell’istante in cui me ne accorsi. Mi lasciò un bacio sulla fronte e dopo un attimo di tentennamento, fece scivolare le mani dal mio viso.
Indietreggiò e continuò a fissarmi, prima di sorridere e scuotere la testa.
Si girò e continuò a camminare per rientrare in casa.
Mentre io rimanevo là, immobile.
Se solo le gambe avessero risposto ai comandi e non avessi avuto il presentimento di sgretolarmi dopo il primo misero passo, gli sarei corsa dietro. L’avrei fatto.
Invece rimasi ferma a domandarmi come pensavo sarebbe andata a finire.. perché lo sentivo che era la fine.
Lo sapevo che sarebbe arrivato quel momento, ma accettarlo era un altro conto.
Perché, il ragazzo che si stava allontanando da me..era il fottuto centro del mio mondo.

 
Buonasera di nuovo!
Ok.. vi prego keep calm e non odiatemi, vi prego di non venire di massa sotto casa mia con i forconi per uccidermi!
Ve l'avevo detto che la vita a volte è una merda.. e questo è uno di quei momenti di cacca.
Non si era ancora assistito a un vero punto finale della storia, tra di loro. Beh, questo lo si può considerare tale..
Sven non riesce a gestire i suoi sentimenti, e si trova confuso da quelli di Sam. Inoltre, questo disastro di ragazzo, pensa che lei sia innamorata di un altro, da non credere! E quindi, ecco che si chiude nel suo mondo di insicurezza e pensa che, forse mettendosi definitivamente da parte, Sam possa davvero andare avanti.
Quindi eccoci qua.. e adesso cos'altro ci attende?
Spoiler velati:
Nel prossimo capitolo Sam prenderà in mano la sua vita e farà piazza pulita. Troverà la forza di eliminare ciò di cui non ha bisogno, incluso Jace magari?
Diciamo che avrà una chiacchierata intensa con quest'ultimo..
Oltre a quest'avvenimento, cos'altro c'è da sottolineare? Ah giusto!
Trent, impegnato in una delle sue solite visite alla depressa, riceverà una chiamata da parte di Amy, 
Piange a dirotto e sembra disperata come non mai.. cosa potrà mai essere successo?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo, per adesso vi mando un bacio grande, un abbraccio coccoloso, e vi auguro la buonanotte!
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 31
*** Capitolo 30. ***


Non mi ero mai chiesta come ci si sentisse ad avere il cuore a pezzi, pieno di crepe.
Non me l’ero mai chiesta perché non pensavo che sarebbe successo, non a me, non per lui.
Non andavo a lezione da tre giorni e non lo vedevo da una settimana.
Il fatto che non mi importasse di nulla di ciò che mi circondava non mi aiutava a far sì che riuscissi a venir fuori da quell’oblio.
La cosa che mi faceva più disgusto, era guardare il mio riflesso allo specchio.
Dio, quella ragazza non ero io. Con le occhiaie per il sonno mancato, gli occhi gonfi, arrossati..da quant’era che non piangevo in quel modo? Forse da mai.
Sentii il cellulare squillare e lo guardai apaticamente, prima di andarlo  recuperare e dare un’occhiata al messaggio ricevuto.
Era di Jace, e forse era il ventesimo.
Risi. Avevano ragione gli altri, quel ragazzo non faceva per una come me..
Avevano sempre avuto ragione, ma ero troppo cieca e accecata dal dolore per potermi rendere conto che lo stessi prendendo solo in giro.
Si meritava indubbiamente di meglio.
Qualcuno che potesse apprezzarlo fino a fondo per quello che era, senza cercare in lui aspetti comuni con un’altra persona.
Qualcuno che potesse amarlo ,e che non avesse il cuore già impegnato.
Lasciai ricadere il cellulare in mezzo alle coperte, prima di dirigermi verso il soggiorno per buttarmi sul divano.
Vagavo dal letto al divano, dal divano al letto e di tanto in tanto alla cucina per bere un po’ d’acqua e non morire prosciugata.
Mia madre mi avrebbe portata di corsa all’ospedale se avesse saputo di quanto poco cibo avessi toccato. Per non parlare di Trent..sarebbe andato in escandescenza e mi avrebbe mandato in una clinica psichiatrica.
Era per quello che mi sforzavo di mangiare quando faceva irruzione in casa mia, proprio come in quell’istante.
Sentii la porta di casa aprirsi, senza che però la sentissi abbattersi nuovamente contro lo stipite.
“Ho fatto un salto al cinese, ti ho portato i tuoi amati ravioli.” Si avvicinò a me e me li fece oscillare davanti agli occhi.
“Trent, apprezzo il gesto. Ma non hai niente da fare oltre che disturbare il mio momento di autocommiserazione e odio nei confronti del mondo?” Afferrai i maledetti ravioli e li aprii con un gesto rabbioso.
“No, direi di no..” Commentò con una smorfia.
Presi un raviolo e me lo ficcai a forza in bocca. “Amy non si sente trascurata?” Domandai, sputacchiando un po’ ovunque, anche addosso a lui.
“No, perché anche Amy è qui.” Sentii un’altra voce, e poi il rumore della porta che si chiudeva.
Oh mio Dio. No, per favore no, tutto ma non questo.
Quei due insieme mi avrebbero fatto salire l’emicrania, con una conseguente febbre da cavallo.
Si avvicinò a me con un sorriso, prima di indietreggiare sventolando una mano.
“Oddio Sam, ma qua dentro c’è puzza di morte! Da quant’è che non fai passare un po’ d’aria? E da quant’è che non ti fai una santissima doccia?”
La guardai torva, come invitandola ad andarsene se non riusciva a convivere con tutto quello che la mia depressione poteva offrire.
“Siete venuti per aiutarmi o per farmi sfogare i miei istinti omicidi nei confronti del mondo?”
“Se vuoi si può prestare Trent a sacco da pugilato.” Propose Amy, prendendo il suo ragazzo dalle spalle e ignorando la sua aria contrariata.
“No grazie, per stavolta passo..” Sbadigliai e feci per stendermi sul divano ignorando la loro presenza, quando sentii nuovamente il rumore della porta scattare.
Cos’era diventata quella casa? Un fottuto porto di mare?
Vidi Dee fare il suo ingresso, tenendo in bilico tra le braccia almeno dieci DVD diversi e una grossa pila di riviste. Oh, io amavo le riviste di gossip.
Ma, cosa più importante, come cazzo faceva a trovarsi dentro casa mia?
“Come diamine sei entrata?” Le chiesi.
Mi sventolò davanti un paio di chiavi, prima di appoggiare sul tavolino di fronte a me quello che teneva tra le mani.
“Mi ha fatto una copia Trent.” E si scambiarono un’occhiata complice.
E da quando quei due adesso facevano comunella e si coalizzavano contro me e la mia quiete?
“Devo chiamare un cazzo di fabbro..” Borbottai tra me.
“Trent, tu fai quello che devi fare mentre noi portiamo la principessa a fare un bagnetto.” Fece Amy e, scambiandosi un cenno d’assenso con Dee, mi sollevarono dal divano e mi trascinarono verso il bagno.
“Se non mi lasciate immediatamente vi sfiguro quel bel faccino che vi ritrovate! Dannazione, smettetela di trascinarmi luride teste di cazzo!”
“Tuo fratello l’ha proprio contaminata,eh?” Chiese retoricamente Dee, una volta chiusa a chiave la porta del bagno alle sue spalle.
Si accorse troppo tardi di averlo nominato e, quando si portò una mano sulla bocca per tacere, era ormai troppo tardi.
La guardai emettendo un ringhio animale e mimando il gesto di azzannarla.
Poi mi spogliai dei vari vestiti e mi buttai sotto il getto dell’acqua fredda.
Amy scosse la testa in senso di disapprovazione, prima di avvicinarsi alla doccia e spostare la manovella sull’acqua calda.
“Hai bisogno di acqua calda per sciogliere i muscoli, non di una doccia ghiacciata!” Spiegò.
“Brucia brucia, cazzo se brucia!” Sussultai quando sentii l’acqua ustionarmi la pelle.
Spostai la manovella fino a raggiungere una temperatura accettabile, iniziando a insaponarmi senza troppa voglia.
“Smettila di lamentarti e datti una mossa, che non abbiamo tempo da perdere!”
Non mi fecero protestare oltre che spensero il getto d’acqua e mi avvolsero intorno ad un asciugamano proprio come un raviolo.
Mi trascinarono in camera, dove Dee prese a spazzolarmi i capelli mentre Amy frugava all’interno del mio armadio.
“Tesoro, un giorno di questi devo portarti a fare shopping..” Commentò il mio guardaroba, tirando fuori un maglioncino di dubbio gusto che teneva tra l’indice e il pollice con ribrezzo. Simulò un brivido di disgusto e lo lanciò lontano, dall’altra parte della stanza. Certo, tanto poi toccava a me pulire!
Sospirai e ignorai le lamentele di Dee sullo stare ferma, chinandomi in avanti e appoggiando il viso sulla mano.
“Si può sapere cosa state facendo? Perché mi state addobbando? Nel caso non l’aveste capito ho intenzione di passare qua il resto dei miei giorni.”
“Temo non sia possibile, devi vedere Jace e mettere in chiaro le cose una volta per tutte. Per quanto lo trovi terribilmente noioso, è pur sempre un bravo ragazzo e non merita di rimanere in bilico tra i tuoi continui sbalzi d’umore. E poi lo sai anche tu che una relazione con lui non porterebbe a nulla di buono.” Disse Dee.
“E come mai vi viene in mente proprio ora?”
Dee sospirò. “Mi ha fermato per i corridoi della scuola e mi ha chiesto che fine avessi fatto..beh, mi ha fatto tenerezza, ok?” Sbottò.
“Va bene, avete ragione e mi trovo d’accordo. Ma c’è un piccolo particolare irrilevante su cui discutere..” Mi schiarii la voce. “Per quale accidenti di motivo mi state vestendo? Fino a prova contraria, non è che posso uscire e presentarmi a casa sua dicendo ‘Ehi Jace,scusami ma sono troppo nevrotica e instabile per poter portare avanti questa relazione con te ’. Che poi,tra l’altro,non lo so neanche dove abita!” Urlai.
Amy mi appoggiò sul letto un maglioncino color rosa pallido, accompagnato da un paio di leggins invernali. “Ed è per questo che ci ha pensato Trent. Gli ha già mandato un messaggio col tuo cellulare per avvisarlo di incontrarvi al parco per parlare. Avete un appuntamento tra..” Guardò pensierosa l’orologio,prima di urlare in direzione della porta. “Trent, quanto tempo abbiamo?”
“Mezz’ora, avete mezz’ora!” Gridò lui di rimando.
“Oh perfetto, mezz’ora..” Ripeté Amy con un sorriso, prima di cambiare espressione e inorridire. “Mezz’ora? Solo mezz’ora! Cazzo Dee, datti una mossa!”
“Il phon, devo prendere il phon!” Urlò questa, correndo fuori dalla stanza in direzione del bagno.
Una volta rimasta sola con Amy, la nostalgia ritornò.
“Amy..” La richiamai in un sussurro.
Si girò in mia direzione. “Mmh?”
“Come sta Sven? Nel senso..com’è?”
Sospirò sedendosi al mio fianco. “Vuoi una bugia o vuoi la verità?”
“Una bugia.”
Ripensandoci non volevo sentirmi dire che fosse normale come al solito, che uscisse e si andasse a divertire come faceva prima di incontrare me.
Non ci tenevo a sapere dei rumori molesti che lei avrebbe sicuramente avvertito durante la notte.
“Sta benissimo allora.”
Rimasi stupita di sapere che quella era una bugia.
Sospirò e si sistemò meglio, con la schiena appoggiata alla tastiera del letto.
“La sera della festa.. è tornato a casa davvero tardi. Era ubriaco marcio e non si reggeva in piedi. Sono scesa di sotto quando ho sentito dei rumori e l’ho trovato seduto a terra, con la testa reclinata all’indietro, che continuava a ripetere ‘sono un coglione,sono un fottuto coglione’. Non mi sono fatta né vedere e né sentire e sono rimasta in ascolto. Poi..” Sorrise scuotendo la testa. “Non mi sembrava reale, perché mio fratello non lo fa mai.. ma sono sicura che quelle che ho visto erano lacrime.” E mi guardò, trafiggendomi con i suoi occhi azzurri.
Rimai a bocca aperta, prima di scuotere la testa e cercare di scacciare il sorriso che mi stava spuntando.
Mi lasciai ricadere di schiena sul letto, fissando il soffitto.
Mi ricordai istintivamente di quella volta in cui l’avevamo fatto insieme, dopo aver fatto l’amore. Respiravamo in sincrono, con lo sguardo rivolto verso l’alto.
Poi..mi aveva detto che ero l’unica.
Chiusi gli occhi e scossi la testa per dimenticare.
Se voleva quello, per lui l’avrei fatto.
Avrebbe anche potuto chiedermi di morire, e io l’avrei fatto senza indugio.
Per lui.
 
Mezz’ora dopo ci trovavamo nei pressi del parco, dove Trent posteggiò a lato dell’ingresso.
La casa di Joe era proprio dall’altra parte della strada, che si estendeva imperiosa divenendo il punto di invidia dei passanti.
Sospirai e misi una mano sulla maniglia per aprire la portiera.
“Aspetta!” Mi fermò una mano di Amy, mentre guardava dall’altra parte della strada.
“Amy, quella è la macchina..” Iniziò Dee, ma Amy la interruppe.
“Sì, mi sa di sì..”
“Si può sapere che c’è ora?” Mi lagnai, al limite della sopportazione.
“Quella e la macchina di mio fratello.” Me la indicò. “Ora ho capito dov’era finito.. sarà con Joe a fare il coglione da qualche parte. Spero solo non sia nel bar del parco.”
Impallidii. “Non mi puoi dire una cosa simile proprio in questo momento!”
Mi spinse dalle spalle. “Non mi interessa. Ora tu scendi e vai a parlare con Jace. Non sarai così sfigata da incontrarlo, diamine!”
Avrei avuto da ridire su questa sua ultima affermazione, ma non me ne diede modo perché mi spinse letteralmente fuori dalla macchina.
La guardai indecisa, ma puntualmente Trent bloccò le porta per impedirmi di risalire al suo interno.
Traditore.
Ma dopotutto sapevo anche io di doverlo fare, e loro mi stavano solo aiutando nell’intento. Mi dimostravo sempre come coraggiosa, ma alla fine tante volte non ce l’avrei fatta senza di loro..
Mi avviai verso l’ingresso e trovai Jace poco distante da esso.
Se ne stava appoggiato ad un albero con il cellulare tra le mani, controllando di tanto in tanto l’ora sull’orologio.
Presi un respiro profondo e mi avvicinai a lui.
Ero solita scaricare qualcuno ma, per la maggior parte delle volte, si era trattato sempre di pezzi di merda che se lo meritavano solo.
Ma con lui era diverso, lui non lo meritava..
“Ciao Jace.” Lo salutai non appena gli fui abbastanza vicino, in modo che potesse sentirmi.
Alzò lo sguardo dal cellulare e mi sorrise imbarazzato, passandosi una mano nei capelli biondi.
“Ehi Sam, eccomi qui.”
Mi guardai intorno. “Ti va se ci facciamo due passi?”
Annuì in silenzio e mi venne incontro, cominciando a camminare al mio fianco.
C’erano bambini che urlavano e che correvano per il prato, altri che giocavano allo scivolo e altri che si facevano dondolare dai genitori sulle altalene.
Perché ero cresciuta?
Avrei tanto voluto essere una di quei bambini confinati sull’isola di Peter Pan, impossibilitati a crescere.
A quest’ora il mio massimo problema sarebbe stato trovare un giochino che non mi piacesse nell’ovetto Kinder.
“Quanto ero messa male ieri sera?”
“Non peggio di quella dell’altra volta.” Rise.
Nascosi il viso tra le mani. “Non mi aiuti dicendo così..”
Rise ancora,poi si fece serio e si girò a fissarmi.
“A proposito di ieri sera Sam..”
Oh no, sapevo dove volesse andare a parare e non era mia intenzione lasciarlo parlare.
“Aspetta Jace.” Lo fermai “Devo prima dirti una cosa..”
“Ah giusto, dovevo parlarmi di qualcosa, di cosa si tratta?” Arrestò il passo e mi fissò, attendendo che gli dicessi quello per cui ero venuta.
Lo guardai negli occhi, in quei vivi occhietti blu..e mi sentii una merda.
Lo avevo illuso, ne ero consapevole.
Speravo solo avrebbe capito..
Ispirai a fondo e guardai lo spazio circostante per perdere tempo e.. Ehi, ma quello laggiù era Joe? Strizzai gli occhi e, quando li riaprii, di lui non c’era più traccia. No ok dovevo essermi sbagliata, e cominciavo a diventare fastidiosamente paranoica.
Non l’avrei incontrato, non l’avrei incontrato..
“A proposito del bacio di ieri..” Iniziai incerta, mentre lui mi guardava con un sorriso.
Chiusi gli occhi e sbuffai. “Insomma Jace, volevo dirti che ho sbagliato. Quel bacio è stato sbagliato. Non avrei dovuto farlo e non avrei dovuto illuderti..perché sì, tu sei carino, gentile, dolce..” Sospirai, vedendo il suo sorriso andare via per venire sostituito da un espressione tetra. “Ma non sei tu la persona di cui sono innamorata, quindi non voglio prenderti in giro oltre e farti credere che potrebbe esserci qualcosa tra di noi.. perché non ci sarà mai nulla. Al momento,non posso costruire nulla con nessuno. E io sono assolutamente, senza ombra di dubbio, la persona sbagliata per te..”
Chiara e coincisa senza mezzi termini, perfetto Sam. Viva la delicatezza!
Rimase in silenzio a fissarmi, senza espressione.
Così facendo non riuscivo a capire la sua reazione.
Ci era rimasto male? Gli stava bene così? Se ne sarebbe fatto una ragione?
Insomma, non mi era d’aiuto..
Poi i tratti del suo viso cambiarono e si indurirono, e sul suo volto comparve il disprezzo.
“Avrei dovuto capirlo..” Rise senza allegria, in modo inquietante “Sei solo una puttanella che si farebbe scopare da chiunque,ma al momento ti si fila solo Clark.”
Quelle parole,nonostante potessi vantare un carattere forte, mi ferirono.
Nonostante fossi consapevole fossero le parole di una persona delusa e respinta, sapevo anche lo pensasse realmente in quel momento.
Non ebbi il tempo di rispondere, anche se non avrei saputo cosa dire..
Si sentii qualcosa infrangersi a terra e, girandomi, vidi un cestino rotolare lentamente per terra. Alzai lo sguardo e intravidi gli occhi scuri e minacciosi di Sven.
“Che cazzo hai detto?!” La sua voce era carica di rabbia, mentre caricava per andargli addosso.
Sbarrai gli occhi e non riuscii a reagire mentre andava verso di lui e alzava un pugno per colpirlo.
“Sven!” Lo richiamò Joe, tenendolo fermo dalle braccia per evitare che il suo colpo andasse a segno contro il viso di Jace.
Quest’ultimo guardava sia me che lui con una smorfia di ribrezzo.
“Siete patetici..” Commentò, prima di alzare un pugno e colpire Sven.
Joe lo lasciò libero troppo tardi, mentre  lui arretrava di poco senza la minima forma di cedimento.
Si limitò ad asciugarsi il sangue dalla bocca con espressione astiosa.
 “Andiamo amico, non ti conviene.” Lo derise.
“Joe, a questo punto è legittima difesa, no?” Domandò, continuando a tenere fisso lo sguardo su Jace senza accennare a distoglierlo.
“Direi di sì.” Rispose Joe, facendolo partire furiosamente in avanti a colpirgli uno zigomo.
“Questo è perché sei un coglione.” Sputò fuori tra i denti.
Poi partì con un calcio al ginocchio, facendolo cadere a terra.
“Questo perché hai parlato fin troppo.”
E, come ultimo, un calcio nei genitali.
“Basta!” Urlai, quando mi resi conto di come lo stesse riducendo
Lui mi ignorò.
“E questo è perché l’hai chiamata puttana.” Sussurrò ad un centimetro dal suo orecchio, prima di lasciarlo ricadere a terra.
Guardai il volto di Jace stremato, con lo zigomo gonfio ed espressione dolorante.
Non riuscii a non provare pena per lui, ma quando guardai il labbro gonfio di Sven, che lui stesso gli aveva provocato..di lui non mi importò più niente.
Si alzò da terra e mi fissò, pulendosi il sangue che scendeva dal labbro con il dorso della mano.
Distolse lo sguardo e se ne andò, senza dire una sola parola.
Joe rimase interdetto quanto me, fermo sul posto ,poi mi si avvicinò quando indietreggiai per andarmene da là.
“Sam.” Mi posò una mano sulle spalle e mi costrinse a girarmi. “A te ci tiene.”
Parole, parole e ancora parole..ero stanca di riempirmi la testa di stronzate.
“Basta Joe, voglio andare a casa.” Guardai sofferente Jace che si rimetteva in piedi e si allontanava dopo avermi guardato malamente un’ultima volta. Mi odiava.
Scostai la mano di Joe e mi misi a correre verso l’uscita, cercando con gli occhi la macchina di Trent.
La ritrovai nel posto in cui aveva precedentemente posteggiato e battei sul finestrino affinché mi aprisse.
Quando sentii la portiera scattare, salii al suo interno e mi appoggiai al sedile reclinando la testa all’indietro.
“Che casino..perché faccio sempre casini? Lo sapevo che non sarebbe andata per il verso giusto, insomma..non ho mai fortuna.”
“Si può sapere cosa stai dicendo?” Mi interruppe Amy, prendendomi per le spalle e scuotendomi per farmi ritornare nel mondo reale.
“L’ha preso a pugni..l’ha preso a pugni!” Strillai.
Mi guardarono tutti confusi. “Ma chi?” Domandò Dee.
Ispirai profondamente. “Gli ho detto che ho sbagliato a illuderlo, e che non avevo intenzione di provare ad avere una relazione con lui e, beh..non l’ha presa affatto bene. Mi ha dato della puttana, e mi ha detto che mi sarei fatta scopare da chiunque, ma che al momento mi si filava solo Sven.”
“Ma che figlio di puttana! Ritiro tutto, altro che compassione..quel punto se l’è meritato tutto!” Commentò Dee.
“No Dee non se lo meritava, so che le sue erano parole dettate dalla rabbia ma..Sven ha sentito e l’ha presa meno bene di quanto abbia fatto io. Gli è andato addosso,e Joe ha cercato di tenerlo fermo. A quel punto è stato Jace a colpirlo e beh..dopo la situazione è degenerata.” Rabbrividii.
“Non avrei mai pensato di dirlo, ma mio fratello è un grande!” Fece ammirata Amy.
“Sì, un grande..” Ripeté Trent. “Coglione.” Aggiunse poi.
Scosse la testa e sospirò. “Andiamo, ritorniamo a casa.” Poi si rivolse  a Dee. “Che film hai portato?”
“Azione e guerra!” Rispose lei.
Niente roba sentimentale..
“Perfetto.” Dicemmo in coro.
 
I giorni continuarono a trascorrere lenti e noiosi, tremendamente noiosi.
La sua lontananza era asfissiante, per la mente e per il mio cuore.
Avrei tanto voluto implorargli di ritornare, che non mi importava se mi aveva fatto male, ma avevo paura di scoprire che non ne sarebbe valsa la pena..
Anche se, cazzo, come poteva non valerne la pena?!
In ogni caso rimasi ferma e mi limitai a vedere il tempo che mi scorreva davanti senza fare qualcosa per sfruttarlo al meglio.
Sorridevo, ridevo, avevo preso a uscire con i miei amici perché mi ero resa conto che stessi più male quando mi davano l’occasione di auto-commiserarmi.
Uscire mi aiutava a distrarmi dalla mancanza.
Dopo quella volta al parco lo avvistai solo ogni tanto per i corridoi della scuola.
E in quei momenti non riuscivo ancora a impedire che il mio cuore si fermasse.
Non mi parlava, non mi guardava, mi passava accanto come se non mi conoscesse, come se non mi avesse mai conosciuta.
Si erano annullati i ricordi di tutto quello che avevamo avuto insieme: le litigate, le continue frecciatine, i primi cenni di attrazione, il primo bacio, la prima volta..
Era svanito tutto.
E poi arrivò quel giorno.. che riuscì a rivoluzionare ancora una volta il mio mondo.
Pensai che il destino avesse un senso dell’umorismo abbastanza contorto.
 
Ero a casa a sgranocchiare patatine, facendo zapping con il telecomando alla ricerca di qualcosa di emozionante. Niente, calma piatta.
Un programma più osceno dell’altro.
Ma io mi chiedevo, come si faceva a produrre simili cagate?
Poi la porta di casa mia si aprì e fece il suo ingresso Trent, guardandomi con aria furente.
“Mi sai spiegare perché la mia macchina puzza di pesce marcio?” Ridacchiai.
La settimana prima mi aveva costretta a partecipare al fidanzamento di sua sorella, nonostante sapessi quanto non mi stesse particolarmente simpatica.
Come se non bastasse, ogni portata che ci venne servita conteneva zucchine.
E io odiavo le zucchine, con tutto il mio cuore.
Quella era stata la mia vendetta.
“Non ne ho idea, perché lo chiedi a me?” Feci innocente.
“Oh, non so..” Si finse pensieroso. “Forse perché ho trovato questo vicino al pesce che mi hai nascosto sotto il sedile!” E tirò fuori dalla tasca del giubbotto uno dei miei orecchini. Oh, eccolo dov’era finito!
“Cazzo..” Imprecai.
“Ah, beccata! Avresti dovuto fare più attenzione!”
“Pazienza.” Feci spallucce. “Tanto non mi faresti mai del male perché mi adori.” E gli feci gli occhioni dolci.
“Oh andiamo ,smettila!” Si mise una mano davanti agli occhi e si rifiutò di tornare a guardarmi. Anche lui sapeva che avrebbe ceduto.
Ci mancava poco prima che riuscissi ad averla vinta di nuovo,se non fosse stato che il suo cellulare avesse preso a squillare.
“Amy?” Rispose, portandoselo all’orecchio.
Si sentirono delle grida, e mi sembrò di sentirla piangere ma non ne ero sicura.
“Respira e calmati..” Disse alla cornetta,c on espressione corrucciata e preoccupata.
“Dove sono? Sono a casa di Sam ma che cosa..ok, ti aspetto.” E riattaccò.
“Che è successo?” Chiesi allarmata.
“Non lo so..” Si passò nervosamente una mano nei capelli.
“Continuava a piangere e a parlare tra i singhiozzi, non riuscivo a capire niente. Comunque sta venendo qui..”
Che cazzo è successo ora? Pensai.
Sospirai annuendo, prima di lasciarmi ricadere sul divano.
Anche lui mi imitò e insieme rimanemmo in attesa.
Mentre fuori, il rumore della pioggia che si infrangeva sull’asfalto conferiva ancora più drammaticità alla situazione.
Ci avvolgeva un silenzio carico di tensione, come se entrambi ci stessimo preparando al peggio. Battevo ritmicamente un piede a terra mentre le lancette dell’orologio andavano avanti, e anche lui faceva la stessa cosa.
Quando sentimmo il campanello di casa iniziare a trillare senza sosta, sussultammo entrambi ma lui fu più rapido di me nell’andare ad aprire.
Spalancò la porta e non ebbe il tempo di aprire bocca che si ritrovò Amy addosso, che lo stringeva come se fosse il suo unico appiglio.
Era bagnata dalla testa ai piedi, e continuava a confabulare parole sconnesse mentre era scossa dai singhiozzi e dalle lacrime.
Lanciava urli strazianti, pieni d’angoscia, che mi fecero accapponare la pelle.
Non l’avevo mai vista così..il suo viso sempre sorridente era diventato una maschera di dolore lacerante.
“Amore, che è successo?” Le chiese dolcemente Trent, accarezzandole piano la schiena.
“È morto, lui è morto!” E riprese a singhiozzare.
Mi si gelò il cuore e sembrò arrestarsi definitivamente.
Se prima pensavo che il dolore fosse troppo, ora era indescrivibile.
Mi si mozzò il respiro, e sperai vivamente di aver capito male.
Non poteva essere, no..la mia vita non avrebbe avuto affatto senso.
“Chi, Amy?” Domandai tremante, avvicinandomi a lei con passi incerti.
Alzò la testa dal petto di Trent e tirò su col naso, fissandomi.
Si scostò da lui e si buttò tra le mie braccia, stringendosi alla mia maglietta come se fosse l’unica cosa che le impedisse di cadere a terra stremata.
“Papà..papà è morto..” Sussurrò con voce rotta.
Sapevo che non avrei dovuto sentirmi in quel modo, ma provai sollievo.
Il cuore sembrò aver ripreso il suo lavoro, e il sangue aveva ricominciato a scorrermi nelle vene.
Solo dopo realizzai le sue parole..e la strinsi più forte.
Lei amava suo padre, con la sua ingenuità ne era infatuata.
Per ogni ragazzina il papà era il proprio eroe, e lei l’aveva appena perso.
“Stava tornando da un viaggio di lavoro..ed è uscito di strada.” Pianse ancora più forte, singhiozzando nella speranza di incanalare ossigeno.
Odiavo momenti simili, perché non c’erano parole..neanche una misera parola che potesse essere usata a fine consolatorio.
Le parole erano superflue, quel che contava era solo il dolore di chi lo stava provando.
Le accarezzai  i capelli bagnati e la lasciai piangere, fino a quando non riuscì a staccarsi da me.
Barcollò e Trent fu pronto a sorreggerla,e lei si appoggiò al suo petto.
All’improvviso, il terrore che Sven potesse essere uscito di senno mi fece inorridire.
“Sven..” Sussurrai.
Amy aveva l’aria stravolta, gli occhi arrossati,c he in quel momento ritornarono lucidi.
E scoppiò a piangere di nuovo, buttandosi tra le braccia di Trent.
Scollegai il cervello e lasciai che le mie gambe andassero in autonomia.
Andai in direzione della porta e corsi fuori, mentre la pioggia ricadeva su di me e il battito del mio cuore accelerava per la velocità.
Ignorai le occhiate dei passanti e continuai a correre, sperando che le gambe non si fermassero.
Fu la disperazione e la paura,che mi spinsero ad arrivare fino alla porta di casa sua.
Mi staccai i capelli bagnati dalla fronte, suonando al campanello più volte con i battiti del cuore a mille.
Non appena la porta di casa si aprì, e mi ritrovai davanti la sua espressione tormentata, feci un passo in avanti e lo strinsi a me.
Rimase per qualche istante interdetto con le braccia lungo ai fianchi, prima di stringermi a lui fino a togliermi il respiro.
Continuai ad avanzare fino ad entrare in casa, e lui richiuse la porta con un tonfo.
Rimanemmo vicino all’ingresso, stretti l’uno all’altra senza parlare.
Respiravo affannosamente contro il suo petto, mentre lui nascondeva il viso nell’incavo del mio collo e ispirava il mio profumo.
“Amy..” Capì che fosse grazie a lei che l’avevo saputo, e ridacchiò contro il mio orecchio. Ma non c’era traccia di felicità.
Annuii contro il suo petto, continuando a stringerlo in una morsa disperata.
Pensavo che, in quel modo, sarei riuscita a fare un po’ mio il tormento che doveva provare.
Voleva rimanere impassibile, non mostrare quello che provasse.
Era fatto così e l’avevo capito. Ma il battito del suo cuore e il respiro irregolare, lo tradivano.
In quel momento eravamo solo io e lui, e le maschere erano inutili per nasconderci dalla realtà.
“È morto.. lo stesso uomo che mi ha reso la vita un inferno non c’è più.  Mio padre non c’è più.” La sua voce tremava, mentre il suo petto si alzava a intervalli irregolari scosso dai fremiti.
Gli accarezzai piano i capelli, stringendo poi una ciocca tra le dita.
“Sono qua..” Sussurrai al suo orecchio, lasciandogli un bacio sul collo.
“Voglio che vieni con me al funerale..ho bisogno di te.”
Annuii contro il suo petto, e rimanemmo avvinghiati l’uno all’altra fino a quando non ci sentimmo prosciugati dal dolore.
Ci dirigemmo in silenzio verso camera sua e ci sdraiammo sul letto.
Rimanemmo sdraiati in pancia in sotto, occhi negli occhi, mentre una mia mano era impegnata ad accarezzargli il volto sfinito.
Chiuse gli occhi e mi lasciò fare, per la prima volta mi cocesse di perforare la scorza dura del suo cuore e di arrivare a lui.

 
Ciao a tutti ragazzi!
Avevo detto che sarebbe stato un capitolo un po' così, ma passiamo ad analizzarlo.
In primo luogo Sam, grazie all'aiuto dei suoi amici, si è finalmente decisa a compiere un buon passo e ha deciso di scrivere la parola FINE alla sua storia con Jace.
Continuare a illuderlo, a stargli vicino continuando a sperare che prima o poi i suoi sentimenti sarebbero cambiati.. è inutile.
Jace, ferito, ha detto parole che non avrebbe dovuto pronunciare.
Sam ha capito fossero dettate della rabbia, ma a qualcun altro non è sembrato importare.
Inoltre, la parola FINE sembrava essere calata anche su Sven e Sam.. ma proprio quando sembra che le cose abbiano recuperato un loro punto di equilibro.. BOOM, ecco un'altra bomba esplosa!
Sam non ci pensa due volte a correre da lui, perché sa che in quel momento si ritrova da solo e che l'unica persona che potrebbe comprendere cosa stia passando è lei.
Lui questa volta non la respinge ma, rinchiuso nella sua sofferenza, si lascia calmare dalle sue carezze e e le permette di stare con lui in un momento tanto delicato.
Spoiler velati:
Nella prima parte del prossimo capitolo saremo impegnati nello svolgimento del funerale. 
Dopo che i presenti lasciano il luogo, Sven corre verso la lapide del padre e si concede di passare in meditazione gli ultimi attimi.
Poi, mentre Sam cerca di rassicurarlo per non permettergli di abbattersi, succede qualcosa.. o meglio arriva qualcuno.
Chi arriverà a disturbare quel momento?
Lascio a voi la risposta!
Un grazie speciale a chi mi segue e a chi sta continuando a farlo nonostante sono sicura abbia molte intenzioni di smembrarmi e poi nascondere il mio corpo! Ahahah.
Vi adoro ve lo giuro, e vi garantisco che questa storia avrà anch'essa il finale come merita.
Un bacione!
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 32
*** Capitolo 31. ***


Quel giorno fu uno dei più brutti di tutta la mia vita.
Solo una volta avevo partecipato ad un evento del genere..alla morte di mia nonna.
Ricordo le lacrime,il dolore sul volto di tutti i presenti e l’aria spossata di mia madre mentre parlava di lei e ricordava i momenti passati al suo fianco.
Ero piccola,ma non per questo fece meno male.
Rivivere una situazione del genere, quel giorno, fu un brutto colpo.
Anche perché,al mio fianco, c’era la persona che amavo e che si stava distruggendo anima e corpo nel sentire le lodi che gli altri tessevano su suo padre.
Lo stesso uomo che gli aveva dato la vita,ed era riuscito anche a rovinargliela con la stessa leggerezza.
Era combattuto su due fronti: sull’odio che provava verso l’uomo che lo aveva tradito,e l’affetto che provava verso lo stesso uomo di cui aveva tanti ricordi felici nella sua innocente gioventù.
Non sapeva quale parte di lui far prevalere,se quella attuale scossa dalla delusione e dal tormento,o quella infantile che lo ricordava ancora come il suo mito.
Sia sua madre che sua sorella lessero le memorie che avevano di lui,ma Sven rimase fermo al suo posto.
Non riuscì a farlo,e io non lo giudicai ma lo compresi.
Gli occhi di tutti erano puntati su di lui,con disapprovazione.
Solo i miei e quelli di Joe lo fissavano diversamente,concependo il motivo della sua scelta.
Nel momento in cui ricoprirono la bara di terra,notai gli occhi di Sven diventare vacui e smarriti.
Irrigidì la mascella, e io gli presi la mano per sostenerlo e dargli un appoggio.
Non potevo capire a pieno come si sentisse,ma volevo essere l’ancora di salvezza di cui in quel momento aveva bisogno.
Abbassò lo sguardo sulla mia mano che sfiorava la sua e intrecciò le mie dita alle sue,stringendo la presa.
I presenti lasciarono pian piano il posto e noi ritornammo in macchina avvolti dal silenzio. Non era teso,perché entrambi eravamo rinchiusi nei nostri pensieri.
Non mise in moto ma continuò a guardare in lontananza,aspettando che anche sua madre e sua sorella abbandonassero il luogo.
Più lontano da loro c’era Trent,che lanciò un’occhiata in mia direzione e mi sorrise tristemente,cercando di incoraggiarmi.
Ricambiai il sorriso,invitandolo tacitamente a farsi forza per Amy, come io lo stavo facendo per Sven.
Quando anche loro se ne andarono,scosse dal pianto e dalla tristezza dell’addio,Sven si catapultò fuori dalla macchina e corse verso la lapide di suo padre.
Io lo seguii in silenzio, rimanendo a debita distanza mentre lui sfogava il suo dolore.
Lo guardò intensamente, rileggendo mille volte le incisioni riportate sulla pietra.
Gli scese una lacrima, alla quale seguì una seconda e così via.
Gli uscì un ringhio straziante, che mi perforò il cuore.
D’istinto mi sporsi in sua direzione e gli buttai le braccia al collo,mentre lui si abbassava per appoggiarsi sulla mia spalla e condividere la sua angoscia con me.
Non ci fu cosa di cui gli fui più grata.
“Se non ci fossi stata tu..non ce l’avrei fatta.” Mi confessò,rimanendo ancorato a me.
“Ma io sono qui, e tu ce l’hai fatta.”
“Non ne sono così sicuro, ho visto come mi guardava la gente..”
Mi scostai da lui e gli presi il viso tra le mani,spostandogli all’indietro una ciocca di capelli che gli era ricaduta sul viso.
“E lasciali guardare. La gente parla e parlerà sempre,ma tu devi comprendere la loro ignoranza e fartene una ragione. Tu non sei sbagliato,tu non hai sbagliato Sven..”
Rimase in silenzio a guardarmi, assimilando il senso delle mie parole e comprendendole.
Annuì impercettibilmente,rimanendo con gli occhi incatenati ai miei.
Io non riuscii a distogliere lo sguardo,e neanche lui lo fece.
Sospirò e appoggiò la fronte contro la mia, continuando a lasciarsi cullare dalle mie carezze.
“Come fai..come puoi farmi sentire così?..” Lo sentii sussurrare,mentre chiudeva gli occhi e si lasciava andare.
Lo feci anche io,e rimasi incatenata a lui e alla sua anima.
Sentivo che il cuore mi fosse uscito dal petto,solo per aggrapparsi al suo e non lasciarlo andare mai più.
Lo accarezzava per lenire le ferite che aveva,e intanto cercava di rimarginare anche le sue.
Era così che mi sentivo: stavo lenendo le sue ferite,e intanto cercavo di rimarginare le mie.
Rimanemmo avvolti da quel torpore,fino a quando un rumore estraneo non ci fece riprendere il controllo della realtà.
Si sentirono dei passi infrangersi sul terreno,e avvertii uno spostamento d’aria quando mi passò affianco.
Ci staccammo confusi, e i nostri sguardi finirono su una giovane donna china sulla lapide,con le mani immerse nella terra.
Si sentivano i singhiozzi che emetteva,e delle lacrime le rigavano il profilo delle guance.
Il volto era coperto da un cappello con un velo nero,ma quando se lo tolse e alzò gli occhi al cielo per liberare un urlo di agonia,riuscii a definirne i tratti.
Cominciai a realizzare di chi si trattasse nel preciso istante in cui Sven pronunciò il suo nome.
“Brianne..”
 
***
Continuò a piangere per altri attimi eterni,prima di recuperare il suo capello e alzarsi in piedi a fatica.
Si asciugò le lacrime con il dorso della mano e alzò lo sguardo per incrociare quello di Sven.
“Sven..”
Ci furono attimi di silenzio in cui io rimuginavo sul risvolto inaspettato che si era intrapreso.
La osservavo intensamente,cercando di capacitarmi del fatto che fosse reale e non si trattasse solo di una leggenda.
Avevo davanti la stessa persona che aveva fatto a pezzi il suo cuore,il quale io cercavo ancora di ricucire e di rimettere insieme per farlo continuare a battere e per dargli un’altra speranza di poter amare.
In quanto a loro,erano chiusi nel loro mondo e comunicavano attraverso sguardi pieni di significati e parole.
Gli occhi cristallini di lei erano eloquenti,trasmettevano dolore.
Ben presto però divennero vuoti,e una risata malata scaturì dalle sue labbra.
Io la guardai come se avesse perso la ragione e Sven la fissò senza emozione.
“Quanto odio in quegli occhi mio piccolo e dolce Sven.” Disse fra le risate.
Si avvicinò a lui e gli accarezzò il petto languidamente.
“Questo mi fa capire che tu non ti sia dimenticato di me..” Mi guardò in tralice. “Anche se sembra tu ti sia impegnato per trovare un mio rimpiazzo.”
I miei occhi si spalancarono e riaprii e chiusi i pugni varie volte per cercare di darmi un contegno. Non le avrei dato l’occasione di mandare a fondo anche me.
La fissai con il gelo negli occhi,non cedendo davanti alla sua freddezza.
“Lei non è il tuo rimpiazzo, Brianne.” Le scostò la mano dal petto,fissandola dall’alto con ribrezzo. “Lei non è insignificante come lo sei te.”
“Che parole cattive..” Lo scimmiottò arrogantemente.
Lui scosse la testa con disgusto. “Cosa sei diventata?”
“Perché tesoro, mi trovi cambiata?” Ribatté lei.
Mi estraniai dalla conversazione e mi misi silenziosamente in disparte,dietro Sven.
Inconsciamente lo stavo usando come scudo.
Quella donna non mi piaceva.. i suoi occhi erano accattivanti e le sue espressioni maligne.
Forse un tempo era diversa, volevo credere che fosse così perché non mi capacitavo del fatto che lui avesse potuto innamorarsi di una persona simile.
“Con quale coraggio ti presenti qui? Che ci fai qui?” Scandì lui minacciosamente.
Lei indietreggiò e si mise di nuovo a ridere,sfiorando la lapide con la punta delle dita.
“Pensavo fosse lecito..” Disse con aria distratta, mentre leggeva le incisioni sulla pietra. “Che volessi salutare un’ultima volta il padre di mio figlio.” Si accarezzò la pancia con una mano, alzando lentamente gli occhi su Sven per ammirare la sua reazione.
Non era solito mostrare le sue emozioni,ma quella volta non riuscì a nasconderle.
La bocca schiusa e gli occhi spalancati così tanto da dare l’impressione che stessero uscendo dalle orbite,esprimevano perfettamente il suo stato d’animo.
Io mi portai una mano davanti alla bocca per nascondere lo stupore,mentre mi sentivo a pezzi al posto del ragazzo al mio fianco.
Prima la perdita del padre e ora questo..sapere che la persona che una volta aveva amato,era incinta del suo stesso padre.
“Menti..questo è assurdo!” Rise nervosamente Sven, passandosi una mano nei capelli e distogliendo lo sguardo da lei.
Io invece continuai a fissarla,spinta da una curiosità di capire come fosse che non mi permetteva di accantonarne la sua presenza.
Aprì la bocca per incanalare ossigeno e la sua espressione mutò.
Gli occhi si spalancarono a fissare il vuoto,la fronte corrugata nervosamente,le braccia tese lungo i fianchi e le mani che torturavano quel povero cappello.
Le sue labbra si contorsero in un ghigno maniacale, e la sua risata risuonò malata.
“Assurdo dici? Si è assurdo, assurdo.. tutto questo è maledettamente assurdo! Il fatto che io sia incinta è assurdo, e che lui avrebbe dovuto mantenere suo figlio, prendersi la responsabilità delle sue azioni! E ancora una volta è riuscito a scappare,e stavolta non potrò riprenderlo..” La voce tremò e si tenne la testa con le mani,cadendo in ginocchio.
La disperazione la spingeva a compiere azioni folli,e non si sarebbe ribellata a loro.
Lo capivo dalla sua espressione.
“Mi dispiace Brianne..ma a quanto pare i tuoi piani di approfittatrice non sono andati a buon fine. Fa male vero? Ritrovarsi a guardare la vita che ti crolla addosso.” Sputò fuori tra i denti Sven,andandole vicino.
Si inginocchiò alla sua altezza e le sollevò il mento con le dita,ritrovando un contatto visivo con i suoi occhi.
Vederlo in quel modo..vedere come la sfiorava e la guardava,mi faceva stare male.
Nonostante fosse per gran parte odio,quello che fuoriusciva dalla sua voce e dalla sua gesta, era nascosto anche un briciolo di amore irrazionale che ardeva ancora e non si placava.
Sorrise con fare indecifrabile. “Ora sai cosa si prova dalla parte di chi subisce. Il karma fa in modo che tutto ritorni al mittente.. tu hai fatto del male e ora lo provi. Bizzarro il destino,vero?”
La vidi deglutire,mentre lo fissava tremante. “Tu mi devi dare quei soldi,ne ho bisogno! Mi servono per vivere..”Scosse la testa come un’ossessa, con lo sguardo vuoto e la coscienza persa tra li abissi del dolore.
Lui reclinò il capo all’indietro e rise sguaiatamente,non prestando importanza al dolore di lei. Ero sicura che avesse già il suo da gestire.
“A me servivi tu per vivere invece.” Replicò piatto “Ma a te non è interessato. Quindi ora perché dovrebbe interessarmi quello di cui hai bisogno te? Non avrai niente da me Brianne,ti ho dato fin troppo e tu non hai mai saputo apprezzarlo. Sono finiti i tempi in cui mi interessava che tu non piangessi..” E la fissò con ribrezzo,mentre le lacrime le rigavano il viso.
Gliene asciugò alcune con un gesto brusco e disgustato. “E ora smettila di farlo perché sei patetica.”
Si alzò da terra pulendosi le mani sulla stoffa dei pantaloni,prima di darle le spalle e camminare in mia direzione.
Mi prese la mano senza fissarmi,e senza tantomeno girarsi per guardare lei.
Mi trascinò via con la forza,ma io non riuscii a trattenermi ed ebbi l’impulso di girarmi.
Il suo sguardo era fisso sulle nostre mani unite,in maniera apatica.
Poi i suoi occhi si alzarono,e incontrarono i miei.
Non mi piacque per niente il modo in cui mi scavò dentro.
E mi piacque ancor meno quello che vi lessi.
Non sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei vista..
Quella sembrava essere la sua promessa.
 
Guidò in silenzio fino a casa,e io decisi di andare con lui per non lasciarlo solo.
All’inizio non sembrò d’accordo,ma alla fine rinunciò capendo che non avrei cambiato idea. Piuttosto mi sarei appostata dietro la porta di casa.
Che era nervoso,lo capivo dal modo in cui stringeva il volante,dall’espressione dura del suo viso e dal fatto che si fosse nuovamente chiuso nel suo mondo.
E,soprattutto,mi aveva di nuovo chiusa fuori.
Entrò in casa tirando un calcio alla porta,e lasciandola poi aperta affinché anche io potessi fare il mio ingresso.
Mi girai per chiuderla con cautela,quando avvertii dei rumori provenienti dal soggiorno.
Mi diressi verso di esso con passo veloce,facendo rumore sul parquet con i tacchi.
Si allentò la cravatta con violenza,prima di togliersela e sbatterla sul divano allo stesso modo.
Ispirò dal naso,prima di librarsi in un ringhio gutturale e afferrare una lampada là vicino. La sbatté a terra con forza,e poi prese a fare la stessa cosa con i vasi.
Ad un certo punto si attaccò anche alle tende,tirandole e facendole cadere a terra.
Mi avvicinai a lui muovendomi rapida,cercando di togliergli dalle mani una vecchia foto di famiglia rinchiusa in una cornice di vetro.
“Sven, smettila. Per favore calmati, mi pare che tu ti sia già sfogato abbastanza.” Notai,guardando il casino che aveva combinato.
C’erano cocci di vetro sparsi ovunque,e i cuscini del divano erano ribaltati.
“Abbastanza? Io non direi. Mi servirebbe molto di più per sfogarmi a dovere.” Rispose freddamente,spostandomi con una spallata.
Non si era mai comportato in quel modo,soprattutto non potevo dire che mi avesse mai trattata malamente.
Mi ignorò e riprese a distruggere il salotto,senza curarsene minimamente.
Sospirai e mi avvicinai a lui.
Non appena gli appoggiai una mano sulla spalla sussultò,scattando in avanti per ribellarsi al mio tocco.
“Sven, per favore..io sono qua.” Le mie parole uscirono quasi come un lamento disperato.
Volevo che lui mi considerasse,che per una volta mi usasse per sentirsi meglio.
Se mi avesse ferità di più..sarei riuscita a sopportarlo solo perché sarebbe stato lui il responsabile.
“Già,sei qua..” La sua voce era un sussurro,i suoi occhi lontani dal mondo circostante.
Scosse la testa per ritornare nel mondo reale,in quel soggiorno,là con me.
“E perché sei qua? Al momento non so cosa farmene della tua presenza.” Sibilò freddamente, e poi sul suo viso comparve un ghigno. “A meno che tu non voglia propormi un metodo alternativo per sfogarmi. Vuoi che mi sfoghi Sam, lo vuoi?”
Non mi ci volle molto per capire a cosa alludesse.
“Non voglio servirti solo per quello, non voglio aiutarti in quel modo.”
Sbatté una mano contro il muro,avvicinandosi poi a me.
“E sentiamo,come vorresti aiutarmi? Ora non dirmi che vorresti che ti parlassi, che comunicassi con te, che ti aprissi le porte del mio cuore..” Fece con tono di voce sarcastico,facendo una smorfia di ribrezzo dalla sdolcinatezza di quelle sue parole.
“Forse tu sarai anche una ragazzina innamorata, ma io non sono il tipo da queste smancerie. Quelle stronzate varie e l’amore mi stanno alla larga. Non sono io che ho paura dell’amore, è lui che a paura di me.” Sputò fuori con il solo obiettivo di ferire. Lui era a pezzi,e in quel momento stava provando a far in modo che anche gli altri cadessero nella sua stessa situazione per alleviare le sue pene.
E mi sarebbe anche stato bene,se non fosse stato che il mio cuore si stesse riducendo in cenere.
Quante volte avevo sentito la frase ‘devi seguire il tuo cuore’.
Sarebbe stato facile seguirlo,se solo fosse stato ancora integro.
Il mio era ridotto in cenere,quindi come facevo a seguirlo se lentamente si stava disperdendo,venendo trascinato via dal vento?
“Come puoi dire che l’amore ha paura di te? Non ha senso. Tutti siamo compatibili per poter amare.” Ribattei.
“Io non sono bravo ad amare, e non sono bravo a farmi amare. Sai quando l’ho capito? Quando mi sembrava di star amando nel modo giusto,e poi la mia ragazza è andata a letto con mio padre.” Rise tristemente,buttando giù dal tavolo dei vestiti ripiegati.
“Sven, non c’è un modo giusto o sbagliato di amare. Si ama e basta,non ci sono altri aggettivi per classificarlo” risposi con un sospiro,sfiancata dalla sua reazione in merito.
“Oh,perdonami,mi ero dimenticato di starne parlando con un esperta.” Mi derise.
Ma veramente non si era ancora resto conto che io non fossi innamorato di  qualcun altro se non di lui?
Mi sedetti sul divano sfinita,prendendomi la testa tra le mani per qualche istante.
“Ok, non vuoi parlare con me, preferisci attaccarmi con le parole per ferirmi. L’ho capito che è il modo che usi inconsapevolmente per sfogarti. Ti senti meglio se ferisci gli altri..allora prego,continua a farmi male.” Aprii le braccia, indicando il mio cuore come punto da colpire.
Scosse la testa e tornò ad ignorarmi,catalizzando la sua attenzione altrove.
Ispirai profondamente dal naso e nominai tutti i Santi per fare in modo che mi trasmettessero una buona dose di pazienza.
Mi alzai in piedi e con passo sicuro mi avviai verso di lui,lo richiamai picchiettandogli su una spalla.
Aspettai che si girasse,prima di colpirlo con forza alla guancia.
“Smettila di escludermi dal tuo mondo e finiscila di chiuderti nel tuo oblio!” Gli urlai contro.
Quando si riprese dallo shock, notai i suoi occhi cambiare d’intensità e l’aria intorno a noi si fece elettrica.
“Cosa vuoi capirne Sam? Anche se te lo dicessi,cosa cambierebbe,eh? Ti ripeto: mi sei totalmente inutile. Fossi in te andrei a casa ed eviterei di complicarmi l’esistenza con uno stronzo come me.”
“Ecco vedi, ti odio. E anche il fatto che tu possa pensare di potermi dare ordini, è un’altra cosa che ho sempre odiato di te. Quando capirai che farò sempre l’opposto di quello che tu mi dici pur di non darti la soddisfazione di ascoltarti?”
Rifletté un attimo. “Quindi se ti dico di restare te ne vai? Beh, in questo caso, resta!”
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai. Quanto sapeva essere ottuso!
 “E inoltre,che cazzo te ne frega di me? Non hai qualcun altro a cui pensare? Per esempio, che ne so.. che fine ha fatto il principino che ti ha spezzato il cuore?” Mise su un finto broncio, prima di darmi le spalle e dirigersi verso la poltrona.
Si tolse la giacca che teneva ancora addosso e cominciò a slacciarsi i polsini della camicia.
Quello sarebbe stato il momento perfetto per dirgli che era lui che mi aveva spezzato il cuore. Ma ero troppo codarda per farlo,per ammetterlo.
E al tempo stesso ero troppo orgogliosa.
Poi prese a parlare tra sé. “Avrei dovuto capirlo, bastava guardarla negli occhi. Avrei letto più sincerità negli occhi di una puttana..” Ridacchiò.
“Che stupido ragazzino che ero..non trovi Sam?” E si rivolse a me.
Non aspettò una mia risposta che continuò. “Ecco perché l’amore fa schifo. A questo mondo è tutto una messinscena. Alla fine, l’unica cosa di vera che esiste, è l’odio. Ammiro molto di più le persone che affermano di odiare, rispetto a quelle che affermano di amare. Perché, la maggior parte di questi ultimi,non lo fa davvero.”
In quel momento lo stavo odiando per le parole che stava dicendo.
E stavo odiando anche me,odiavo quella parte che lo amava sinceramente.
Quella che aveva bisogno di lui,e che aveva la necessità che lui lo accettasse e che non la respingesse.
Il mio cuore intanto gridava,ammaccato e un po’ preso a pugni dalla stessa persona che lo faceva continuare a battere incessantemente ogni giorno.
All’improvviso poi mi sembrò che mi fosse esploso nel petto,senza un apparente motivo e senza preavviso.
Riprese a battere più forte e il mio respiro si fece insensatamente più pesante..
 
“Ed è così?” Si accertò lei,dopo qualche istante di silenzio.
“Mi sono preoccupata per lui,ho fatto male?” Chiesi,con un tono un po’ più duro del necessario.
“Certo che no.. ma con Sven non si può mai capire quando una cosa è giusta o sbagliata.”
 
Non c’era cosa su cui Amy avesse avuto più ragione..
Sven era un mistero,con lui non esisteva giusto o sbagliato,bianco o nero.
Presi un respiro profondo e,per ultime,mi vennero in mente le parole di Trent.
 
“È risaputo che mente e cuore non saranno mai sulla stessa lunghezza d’onda. Anche se tu agirai seguendo il cervello, alla fine cederai a quel muscolo che ti batte forte nel petto.” Me lo indicò. “E quando quest’ultimo avrà capito cosa fare.. a te non rimarrà che accettarlo. Inconsapevolmente, il cuore vince sempre.”
 
E il mio cuore,in quel momento,aveva perfettamente capito cosa dovesse fare.
A costo di evaporare una volta per tutte o di arrestarsi definitivamente,doveva farlo.
Mi avvicinai a lui con tranquillità.
“Hai detto che ammiri le persone che affermano di odiare perché sono sincere, allora dovresti ammirarmi davvero tanto Sven. In più sei tu quello che odio.” Lo vidi irrigidirsi. “Ma c’è un problema,io affermo anche di amare,come la mettiamo?”
Rise senza allegria. “Che non mi interessa, tanti auguri e figli maschi.” Grugnì.
Lo ignorai e mi avvicinai ancora. “Non vuoi sapere che fine ha fatto il principino che mi ha spezzato il cuore?”
Mi fissò per attimi interminabili,prima di scuotere la testa e allontanarsi da me.
“No Samantha, non mi interessa di chi sei innamorata. Non mi interessa sapere nome e cognome di quel coglione, tanto meno se lo conosco. Cos’è che vuoi da me? Vuoi che ti faccia i miei auguri,dopo che ti sei fatta scopare da me mentre magari pensavi a lui? Allora auguri!  Dato che a te piace così tanto l’amore, vai, corri da lui e buttati fra le sue braccia. Insomma,fai quello che vuoi ma non..”
Stava prendendo a farneticare e,ora come ora,conoscevo solo un modo per zittirlo.
“Non esiste nessun cazzo di principino che mi ha spezzato il cuore, semmai uno stronzo colossale. E ce l’ho davanti!” Gli urlai addosso, tirandogli addosso un cuscino.
Capii che l’avessi lasciato di stucco e totalmente sotto shock, perché non si spostò e si lasciò colpire.
“Non ho capito bene..” la voce bassa,rotta. Il suo era più che altro un tentativo per accertarsi che non avesse sentito male. Perché forse sperava di aver sentito male.
Sospirai. “Non è tanto difficile da capire Sven. Ho finito con l’innamorarmi di te,questo è quanto.” mi strinsi nelle spalle.
Tutto mi sarei aspettata da lui: che mi avesse respinta,che mi avesse sbattuta fuori casa,che mi avesse detto che avevo fatto una stronzata..
Tutto. Ma non mi sarei mai aspettata che si sarebbe messo a ridere,così forte da arrivare a piegarsi in due.
“Tu non puoi essere innamorata di me..” Ripeté,e sembrò causargli quasi un male fisico pronunciare quelle parole. “Tu non sei innamorata di me.”
Lo fissai apaticamente,senza emozioni.
Perché,anche se non ero in gradi di prevedere il futuro,avrei dovuto aspettarmi che le sue parole mi avrebbero ferita. Avevo preferito prevenire anzi che curare.
“Se può farti sentire meglio pensare questo,allora accomodati. Io sono stanca di scappare dalla realtà,per questo ho deciso di affrontarla.”
Continuare a mentire,continuare a nascondere quei sentimenti che avevo dentro,mi avrebbe fatto sentire ancora peggio di ricevere un suo rifiuto.
Avevo dovuto provarci,anche se non avevo nutrito speranze nella sua risposta.
“Hai fatto una cazzata..” Rise, prima di cadere sul divano e appoggiarsi sulle ginocchia tenendosi la testa tra le mani.
Gli occhi aperti e sbarrati a fissare il vuoto. “Io non posso amarti..”
Il suo fu un sussurro appena percepibile ma,nonostante mi fossi imposta di non avere aspettative,la mia mente e il mio cuore viaggiarono su due onde differenti.
Sentii quest’ultimo infrangersi e cadere a terra,emettendo lo stesso rumore di una bottiglia di vetro che si infrangeva contro il terreno,rompendosi in mille pezzi taglienti.
Le mie gambe si mossero da sole e indietreggiarono,cercando vanamente di prendere le distanze da lui e farmi avvertire forse meno dolore.
 “Non ti ho chiesto di farlo” Non fui neanche sicura che mi avesse sentito,preso com’era nell’assimilare ancora le mie parole
Mi girai e corsi verso la porta prima che potesse notare le mie lacrime.
Non mi avrebbe mai vista piangere,non gli avrei permesso di vedere come era riuscito a distruggermi. Ancora.
Fu a quel punto che mi domandai se valesse la pena amare qualcuno che mi avesse ridotto in quel modo.
Se valesse la pena pensare che,nonostante tutto, lo volessi ancora nella mia vita.
Non ero sicura di conoscere una risposta ai miei dubbi,e in quel momento non avevo la forza per trovarle.
Quel di cui ero certa era che non avrei mai guardato nessun’altro come avevo guardato lui,e il mio cuore non avrebbe mai battuto nello stesso modo per un’altra persona.
 
“Tutto il mio cuore è suo;
Gli appartiene e con lui rimarrebbe, anche se il fato destinasse il resto di me a stargli per sempre lontano.”
 -Charlotte Brontё, Jane Eye.

 
Ciao a tutti cari!
Allora.. questo capitolo è stato pesante, lo ammetto. Ma ci stiamo dirigendo verso la fine, quindi è normale che la tensione e gli avvenimenti rilevanti avvengano con più frequenza. Vi chiedo solo di resistere.
Ora, tornando alla storia..
Sam ha finalmente messo le cose in chiaro come si deve, togliendo ogni dubbio a Sven.
Ha pronunciato quelle parole, quelle che non ti permettono di tornare indietro.
Forse non ha scelto il momento migliore, in quanto Sven è troppo scosso a causa di tutti gli avvenimenti che si sono succeduti uno dopo l'altro in così poco tempo. In ogni caso quel che fatto è fatto, anche se non ha ricevuto una risposta decisiva da Sven in quanto è scappata.
Spoiler velati:
Nel prossimo capitolo la protagonista sarà principalmente Sam.
Attraverseremo con lei i momenti successivi al "rifiuto" subito, e staremo in compagnia della sua adorata quanto schizzata mammina.
Dopotutto, quale persona migliore della mamma per curare un cuore spezzato?
Vedremo come se la caverà, senza l'aiuto di nessuno.
 In questa solitudine però, qualcosa andrà storto e si ritroverà coinvolta in un gioco di vendetta, la cui artefice è una biondina che, ormai, ha perso la ragione.
Un bacio a tutti, ci sentiamo presto tesori!
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 33
*** Capitolo 32. ***


Mi sentivo svuotata di ogni tipo di emozione, e il tempo fuori dalla finestra si abbinava al mio stato d’animo.
Temporale. Un violento temporale che oscurava il cielo con le sue nubi grigie.
Il clima e la mia depressione andavano in sincrono.
Non avevo voglia di alzarmi dal letto, non avevo voglia di guardarmi allo specchio, non avevo voglia di fare niente.
Insomma, ero pateticamente patetica.
Emisi un ringhio addolorato e allungai la mano sul comodino per raccattare il cellulare.
Non potevo essere egoista in un momento del genere, c’era una persona a cui tenevo che doveva stare mille volte peggio di me.
Composi il numero di Trent e mi portai il cellulare all’orecchio.
Volevo sapere come stava Amy, ma chiederlo a lei e ricordargli quanto accaduto non mi sembrava una buona idea.
Si era trasferita da Trent a tempo indeterminato, decidendo di staccare dalla sua vita per non dover ripercorrere il sentiero dei ricordi in una casa dove, ogni foto, le ricordasse dei momenti felici che non sarebbero più ritornati.
“Sam.” Rispose Trent ,e la sua voce era sfinita.
“Ehi Trent..lei come sta?”
Seguirono istanti di silenzio in cui mi resi conto della mia domanda insensata.
“Ok, cambio di domanda.. tu come stai?”
“Sono a pezzi. Non so cosa fare..penso che ogni cosa che possa dire o fare risulti completamente inutile.”
Non avevo mai sentito il mio migliore amico così scoraggiato.
Dovevano essere tempi difficili per tutti..ma che difficili, proprio di merda!
“Credo che a lei basti tu per stare un po’ meglio..non puoi pensare che non apprezzi che, la persona della quale è innamorata, le stia affianco.”
Lo sentii sospirare. “Già, forse hai ragione..”
Seguirono altri attimi di silenzio.
Avrei voluto dire qualcosa, ma al momento non mi veniva in mente nulla.
Stavo troppo male per poter fare una ragionamento logico.
“E tu come stai?” Domandò.
Bella domanda Trent, bella domanda!
Ispirai a fondo, buttando fuori le parole prima che avessi espirato completamente.
“Gli ho detto che lo amo.”
“Da come me l’hai detto capisco che neanche a te le cose siano andate bene. Quindi non ti chiederò ulteriormente come ti senti.” Ridacchiò.
“Apprezzo il gesto.”
“Mi dispiace Sam, ma non credo di potermi presentare a casa tua con dei ravioli questa volta.” Cercò di sdrammatizzare.
Risi, appoggiandomi con la schiena alla tastiera del letto. “Accidenti, le tue parole mi hanno ferito a morte. Stai tranquillo, credo di avere ancora la forza per andare a fare la spesa da sola.”
“Guai a te se compri due tonnellate di gelato e di schifezze varie..anzi, ripensandoci fallo. Dicono che il cibo sia consolatorio..”
Mi scappò un sorriso. “Allora mi sa che entro una settimana avrò la pancia come lo zio Bill.”
Lo feci ridere. “Guarda che poi tua madre potrebbe pensare che tu sia incinta. Già me la vedo, a comprare i vestitini per il suo futuro nipotino.”
Parlare con lui mi aveva sempre fatto bene, e ci riuscì anche in quel momento a farmi sentire meglio.
“Grazie Trent..” Glielo dissi sinceramente perché spesso mi ero chiesta che fine avessi fatto se lui non mi fosse stato vicino. Il solo pensiero mi fece accapponare la pelle.
“Sam, ricorda: io e te verso l’infinito..?”
“E oltre.” Conclusi la frase al posto suo, sorridendo.
 
Dovevo aver del tutto perso la ragione se avevo accettato di andare a fare shopping con mia madre. Tanto per intenderci, era peggio di Dee.
Non solo si limitava a fermarsi davanti ogni vetrina, ma trovava anche il bisogno di entrarci.
Nel giro di un’ora eravamo entrate in venti negozi diversi e avevo acquistato solo tre magliette.
Io non potevo lamentarmi se voleva ispezionare ogni boutique esistente, ma se invece io volevo farlo con ogni caffetteria che incontravo..era tutta un’altra storia.
Quando mi lamentai per l’ennesima volta, dopo che mi ebbe obbligato a snobbare due bar con dei pasticcini davvero allettanti esposti in vetrina, cedette quando ne incontrammo un terzo.
“Guarda che non ti fa bene mangiare tutti questi dolci! Poi ti sale il colesterolo alle stelle! Non ti lamentare se poi diventi obesa e non riesci più a camminare sulle tue gambe, perché io non te la spingo la carrozzella!”
Erano pressoché quelle le parole che continuava a ripetere, e che ormai avevo imparato a memoria.
Quando però capì che fosse solo uno sfogo per aiutarmi a superare la depressione, fece un sospiro e si rivolse al barista.
“Un frappé al cioccolato e..cosa sono quelle cose là?”
Indicò dei dolcetti riposti in un piattino dentro la teca di vetro.
“Strudel di mele.” Rispose il barista.
Mia mamma fece una smorfia, sapendo quanto poco ne andasse ghiotta.
Si girò in mia direzione e sospirò. “Mi dia anche un muffin al cioccolato e uno alla vaniglia. Ah, e ci aggiunga anche cinque meringhe!”
Amavo la mia mamma.
Mi guardò mangiare in silenzio, mentre mi abbuffavo con la stessa eleganza di un camionista e imprecavo quando un pezzo di muffin mi andava di traverso.
Dopo che ebbi finito, prendemmo a passeggiare per le vie del centro concedendoci una pausa.
“Tesoro, comincio a essere un po’vecchiotta, ti dispiace se ci sediamo da qualche parte?” Mi domandò poi, arrestando il passo.
Mi guardai attorno, notando una panchina libera che le indicai.
Posammo le buste ai nostri piedi e ci sedemmo con un sospiro stanco.
Lei aveva la scusa che gli anni cominciavano a farsi sentire, mentre io.. Beh, ero una persona pigra per natura, quindi potevo affermare di aver già fatto troppo per i miei standard.
Quando però i miei muscoli cominciarono a sciogliersi, ebbi un ripensamento.
Stare ferma mi costringeva a pensare, e a me non serviva farlo.
Stavo cercando di distrarmi per non assomigliare a una zitella acida e frustrata,ma era più difficile di quanto avessi mai immaginato.
Ma avevo paura di dirlo a mia mamma perché se no mi avrebbe riservato la solita storiella:
‘Chi troppo ha, nulla apprezza; ci sono persone molto più sfortunate di te a questo mondo. C’è chi è nato senza una gamba, chi è cieco, chi è sordo, e vanno avanti nella vita con un sorriso gigante stampato in faccia.  Tu hai il cuore solo un po’ ammaccato e sembri prossima a salire sul patibolo.’
Che bambina capricciosa che ero.
Fu per quella ragione che rimasi in silenzio, cercando di fare finta di niente.
“Avanti, a che stai pensando?” Mi chiese.
Ah no, non sarei caduta nella sua trappola!
Non mi facevo ingannare da quel sorriso materno, per poi sentirmi ripetere le solite parole e farmi venire i sensi di colpa perché avevo una vita meno schifosa rispetto ad altri. Che poi, sempre di schifo si trattava.
“A niente.” Risposi quindi.
Mi guardò in tralice, avvicinando il viso al mio.
Indietreggiai d’istinto, intimorita dalle sue intenzioni.
Mia madre non era una donna con tutte le rotelle al posto giusto, ma da qualcuno dovevo pur aver preso, no?
“Samantha Jackson, non mi inganni. Spara!” Magari potessi farlo..
Sospirai e mi arresi, capendo che tanto non mi avrebbe lasciata facilmente.
“Ok, mi stavo commiserando! Stavo pensando che è tutto finito, e che io non ero pronta per lasciarlo andare. Ora fai pure, inizia a ricordarmi di quanti bambini ci siano al mondo che soffrono la fame, che sono messi peggio di me ma che sorridono lo stesso apprezzando quello che la vita gli dona e..”
“Ti ho mai raccontato la storia mia e di tuo padre?” Rispose invece, stupendomi.
La guardai come si fissa un orso camminare sui tacchi.
Una visuale improbabile, ma del resto anche la reazione di mia madre lo era.
“No..” Risposi.
Mi sorrise, prima di appoggiarsi allo schienale della panchina e alzare gli occhi a fissare il cielo, perdendosi nei ricordi.
“Tuo padre era un ragazzo antipatico e pieno di sé, arrogante e insensibile fino al midollo. Lo conobbi a scuola e cominciammo a uscire nella stessa comitiva. Eravamo un continuo litigare, e un continuo tenerci testa. Lui non accettava che una ragazzina gli rispondesse per le rime, e io non accettavo di farmi schiavizzare come le restanti femminucce con cui era abituato a girare..”
Mmh, l’inizio della storia non era invitante calcolando che assomigliava alla mia.
“A quei tempi avevo già vent’anni ed uscivo con un ragazzo. Ero ancora giovane, ma ero convinta che fosse l’uomo della mia vita e, se pensavo al futuro, mi immaginavo lui come il padre dei miei figli. Era gentile, dolce, premuroso.. sapeva come amare una donna e come farla sentire amata. Faceva il fioraio di mestiere, un lavoro umile come del resto era anche lui. Ogni giorno, quando ci vedevamo, mi portava sempre un mazzo di fiori, i miei preferiti..” Sorrise al ricordo.
“Poi un giorno il destino giocò con la mia vita e decise di capovolgerla e scombussolarla totalmente. Quel giorno ero irrequieta, come se dentro di me sentissi già che qualcosa non sarebbe andato per il verso giusto. Andai al nostro appuntamento, nel solito luogo, ma lui non si presentò. Aspettai un’ora, poi due, e alla fine tornai a casa confusa. La sera mi chiamò la madre, dicendo che era caduto vittima di un incidente mentre trasportava dei fiori fuori dal camion per portarli in negozio. Non aveva visto un camion che stava arrivando e.. lascio a te l’immaginazione sul seguito.” Mi guardò tristemente, prima di schiarirsi la voce e riprendere il racconto con il solito sorriso.
“Ma poi successe qualcosa di inaspettato. Ero a pezzi moralmente e fisicamente, e fu proprio quel famoso stronzo arrogante a movimentarmi le giornate e a darmi altri stimoli. Tornavo a casa arrabbiata per colpa sua, ma di tanto in tanto ero anche felice. E alla fine..mi innamorai dell’ultima persona di cui avrei creduto fosse possibile innamorarmi.” Le brillavano gli occhi, e dovetti ammettere di non averle mai visto un sorriso più bello. Si vedeva quanto amasse papà, i suoi occhi lo esprimevano chiaramente.
Si girò in mia direzione e mi prese la mano, stringendola tra la sua.
“Questo, mia piccola Sam, è per farti capire che la vita è imprevedibile. Ci saranno momenti in cui sentirai il mondo crollarti addosso, ma arriverà qualcosa che saprà alleggerirti quel peso un giorno. Non perdere mai la speranza tesoro mio, il destino è meschino, ma non sempre riserve brutte sorprese. Non smettere mai di lottare per un domani migliore.” Mi lasciò un bacio sulla fronte affettuosamente, facendomi chiudere gli occhi per godermi quell’istante.
Mia madre..era quella donna che aveva sempre pronte delle parole per ogni circostanza.
Due minuti prima ero intenta a piangermi addosso, mentre due minuti dopo stavo sorridendo.
“Grazie mamma..” La abbracciai, lasciandola interdetta.
Non ero tipo da dimostrare il mio affetto, ma forse era vero che mi stavo rammollendo. In ogni caso sentii di aver fatto la cosa giusta e non me ne pentii, quando mi strinse a sua volta.
Rimasi ancorata a lei, cercando di farmi trasmettere la sua positività.
Riaprii gli occhi e fissai lo sguardo alle mie spalle solo quando avvertii una strana sensazione. Era come se qualcuno mi stesse fissando, ma quando mi girai non vidi nessuno di familiare.
Scossi la testa ridendo: stavo diventando troppo paranoica.
 
Mi riportò a casa verso le cinque del pomeriggio, propinandomi le solite raccomandazioni materne.
“Mangia sano, se hai bisogno chiamami e sarò subito da te. Non fare sciocchezze, smettila di commiserarti, sei troppo giovane per chiuderti in casa come una zitella! In merito a questo..che non ti venga in mente di comprarti un gatto, perché si inizia con uno, poi diventato due, e tre e..”
“Sì mamma ho capito, e grazie per la similitudine con la zitella!” La interruppi, scendendo dalla macchina con un gemito esasperato.
Abbassò il finestrino affinché potesse continuare a parlarmi.
“Ti voglio bene tesoro.” Mi disse.
“Anche io.”
Mi girai e camminai per il vialetto, entrando in casa.
Guardai dalla finestra la macchina di mia madre che ripartiva, prima di dirigermi verso il divano e lasciarmi cadere sopra di esso con un ringhio stanco.
Mi stropicciai il volto con le mani, prima di guardarmi attorno.
Silenzio di tomba. L’unica cosa che si sentiva erano le lancette dell’orologio, e le urla dei vicini psicopatici.
“Fatela finita!” Urlai con quanto più fiato avessi in corpo, fregandomene del fatto che avessero potuto sentirmi. Se avessero suonato al campanello di casa mia per darmi una lezione sulla mia impertinenza, ben venga. Avevo un po’ di rabbia repressa da sfogare.
Sbuffai e mi alzai per dirigermi in cucina. Aprii il frigo e impallidii.
Mi portai istintivamente una mano ad accarezzarmi la pancia.
Shh pancino, non piangere. Ora andiamo a comprare tante cose buone! Lo rassicurai.
Richiusi il frigo vuoto e mi diressi verso il tavolino del soggiorno per recuperare le chiavi. Mi misi in tasca un po’ di banconote e uscii di casa.
Cominciai a camminare per le strade, semi deserte a causa del tempo poco promettente.
Alzai uno sguardo verso il cielo. Mi auguravo di non essere sorpresa da nessun temporale, dato il fatto che fossi sprovvista di ombrello.
Non nutrii però speranze in merito ,anche perché ero sicura che la mia sfiga non avrebbe mai perso occasione per farsi sentire. Meglio non provocarla.
Non appena raggiunsi il supermercato mi affrettai a recuperare un carrello, prima di fare il mio ingresso al suo interno.
Cominciai a vagare per le corsie e buttai al suo interno cose a caso, di prima e seconda necessità. Altre erano del tutto superflue, ma non per me.
Presi tra le mani un sacchetto con delle stecche di liquirizia e lo osservai.
Non ne andavo pazza ma..chi se ne fregava! Lo buttai nel carrello e proseguii con il mio giretto. Per ogni cosa che buttavo nel carrello, mi sentivo meglio.
Sapere che avrei potuto ingozzarmi allegramente mentre facevo la nerd davanti al computer, era allettante.
Sì, come no..
Dopo essermi assicurata di aver preso abbastanza schifezze per poter campare a vita, feci per dirigermi alla cassa.
Mi fermai però in mezzo ad una corsia quando mi accorsi di aver dimenticato i gelati.
Mi spalmai una mano sulla fronte, scuotendo la testa.
Imperdonabile, ero imperdonabile!
Sterzai bruscamente con il carrello, rischiando quasi di far cadere a terra tutto il contenuto.
Per fortuna non successe, e lo spinsi correndo fino al banco frigorifero dei gelati.
Passai in rassegna i vari gusti e i vari formati.
Lessi su un contenitore: triplo cioccolato.
Doveva essere mio! Lo presi e lo buttai all’interno del carrello.
Continuai a vagare con lo sguardo alla ricerca di altre cose che mi potessero ispirare.
I coni non mi entusiasmavano così tanto, ma quei biscotto-gelati si!
Aprii il frigo e buttai dentro anche quelli.
Con espressione gongolante presi a guardarmi attorno.
Per altri poteva ritenersi già abbastanza, ma non per me!
Vaschetta col gelato all’amarena, alla vaniglia, alla nocciola..
Notai una vaschetta gigante e la presi rigirandomela tra le mani.
Lessi sul coperchio: 6 gusti.
Si preannunciava bene!
Lessi i gusti presenti: fior di latte, stracciatella -non mi facevano impazzire ma pazienza, poi proseguii- nocciola, pistacchio- Sì, c’era il pistacchio dannazione!-
Menta e cioccolato fondente..
Sentii il mondo gelarsi, e rimasi immobile con in mano quella maledetta vaschetta gelato.
Erano i suoi gusti preferiti, e non mi potei impedire di pensarci.
Avevo cercato di non farlo tutto il giorno, e poi arrivava una cazzo di vaschetta gelato a farmelo ricordare.
Mi appoggiai al bancone e ispirai chiudendo gli occhi.
Mi mancava, mi mancava dannatamente..
Era passato solo un giorno da quando l’avevo visto l’ultima volta, ma era proprio la consapevolezza che fosse stata l’ultima a colpirmi maggiormente.
Se avessi avuto tra le mani una macchina del tempo, l’avrei usata per ritornare indietro.
Ma non per cambiare i momenti che avevamo vissuto insieme, ma per godermeli a pieno con la consapevolezza che sarebbero stati gli ultimi.
Se avessi saputo che sarebbe finita così, mi sarei impegnata per farlo innamorare di me.
Ma invece non l’avevo fatto. Avevo fatto l’errore di affidarmi al destino e di guardare passivamente il tempo che scorreva davanti ai miei occhi, senza fare niente per acciuffarlo e sfruttarlo al meglio.
Avvertivo già la mancanza dei suoi sorrisetti maliziosi, delle sue frasi arroganti, della sua aria provocatoria e incantatrice.
Mi mancavano i momenti in cui rimanevano sdraiati insieme sul letto, dopo aver fatto l’amore..sì, l’amore.
Magari per lui poteva non essere così, ma per me non era mai stato solo del buon sesso. Come avrei mai potuto fare solo del miserabile sesso, con quei due occhi che si ritrovava? Era inevitabile farci l’amore fino a perdere la ragione.
E io avevo lasciato che accadesse, avevo lasciato che mi facessero impazzire letteralmente. Per lui.
Sganciai un sospiro e chiusi gli occhi.
Mi aveva ridotto il cuore in mille pezzi, ma nutrivo ancora l’insana speranza che potesse anche ricostruirmelo.
Risi. Aveva ragione mia madre..bizzarro il destino.
Aveva fatto in modo che mettesse piede nella mia vita senza preavviso, e poi l’aveva calpestata senza ritegno. L’aveva fatto entrare nella mia vita, mi aveva fatto innamorare di lui. Mi aveva fatto innamorare per la prima volta e aveva lasciato che si prendesse tutto di me.
E ora? Ora rimanevo solo un corpo vuoto senza un cuore, perché quello l’avevo lasciato a lui.
Strizzai gli occhi quando cominciarono a bruciarmi ed iniziai ad avere il presentimento di star per piangere. Quando li riaprii una lacrima sfuggì al mio controllo, ma la riacciuffai velocemente e cancellai le sue tracce.
Buttai quella dannata vaschetta gelato nel carrello e mi diressi alla cassa, riempiendo poi rapidamente le buste.
Tirai fuori le banconote che avevo in tasca e me ne andai senza neanche aspettare che mi desse il resto.
Sospirai di sollievo non appena l’aria fresca mi sferzò il viso, e chiusi gli occhi per ispirare a fondo e riempirmene i polmoni.
Sentii il rumore di un tuono squarciare il cielo e mi affrettai a tornare a casa.
Il parcheggio era già deserto, segno che anche altri avessero avuto la mia stessa idea.
Mi appoggiai ad una panchina per sistemare meglio la roba all’interno delle buste, in modo che non rischiassi di perdere qualcosa per strada.
Tirai fuori una confezione di patatine per sistemarla meglio, ma questa mi cadde di mano quando avvertii qualcuno strattonarmi da un braccio.
Sussultai e, spaventata, feci per girarmi in sua direzione.
Ma una mano mi circondò il collo prima che potessi farlo, e mi appoggiò un fazzoletto davanti alla bocca.
Non appena respirai per incanalare ossigeno, la vista cominciò a farsi appannata e sentii le ginocchia cedere.
L’ultima cosa che vidi fu il terreno sempre più vicino al mio viso, prima di sprofondare nel buio.

 

Ciao ragazzi!
Siete carichi? Perchè così vi voglio dato che.. beh su questo capitolo non c'è molto da dire ma sul prossimo..attenzione!
Non vi faccio spoiler sul prossimo capitolo in quanto tanto lo scoprirete nel pomeriggio. Quel che posso dirvi e di preparare i nervi e tenerli a bada.. perché vi servirà. E vi prego non uccidetemi!  Vi ho sempre amato e sempre vi amerò!
Con questa premessa.. un bacione a tutti e un abbraccio forte!
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 34
*** Capitolo 33. ***


Sentivo le braccia farmi male, come anche le gambe. Avevo il collo irrigidito, male alla testa e avvertivo una pulsazione all’altezza dello zigomo destro.
Ero tutta indolenzita e dovevo ancora capire perché.
Cercai di aprire gli occhi, ma mi risultò più difficile di quel che pensassi.
Quando ci riuscii una forte luce bianca mi accecò.
Dove mi trovavo? Ero morta? Era quello il paradiso?
Poi la luce si affievolì e si allontanò da me.
Solo successivamente mi resi conto che qualcuno mi avesse puntato una torcia negli occhi. Non sapevo di chi si trattasse, ma sicuramente non mi sarebbe piaciuto scoprirlo.
Chiusi e riaprii gli occhi varie volte per cercare di orientarmi.
Mi trovavo in un luogo che di familiare non aveva nulla.
Si trattava di un magazzino abbandonato in procinto di cadere a pezzi.
Un grigio sbiadito e spento ricopriva malamente le pareti, e la vernice era saltata in alcuni punti.
C’erano cocci di vetro e sporcizia varia sparsi un po’ ovunque, segno che non fossi la prima a esser finita in quel luogo.
Alla mia sinistra si estendevano alti scaffali in metallo con sopra degli scatoloni impolverati, mentre dal lato sinistro potei notare un tavolino vecchio in legno e un divanetto che doveva avere pressoché gli stessi anni.
C’era puzza di umido e chiuso, e la cosa non mi allietava per nulla l’olfatto.
Solo di una cosa ero certa: non sarei mai andata in un posto del genere di mia spontanea volontà.
Ed era ovvio che non l’avessi fatto,se no perché ero legata ad una sedia?
Mi dimenai nel tentativo di allentare la stretta delle corde intorno alle mie caviglie e ai miei polsi, piegati e tenuti uniti dietro la schiena.
Non era esattamente la posizione più comoda del mondo..
“Ti sei svegliata finalmente! Cominciavo a pensare che avessi subìto una commozione celebrale a causa della botta che hai dato contro il marciapiede.”
Ecco spiegato il male alla testa..
Mi girai in direzione di quella voce, per quanto la mia posizione vincolata potesse permetterlo. Scorsi dei capelli biondi e, prima di realizzare, mi trovai due occhi azzurri ad una vicinanza ravvicinata, intenti a fissarmi curiosi.
“Brianne..” Sussurrai con voce soffocata.
Si allontanò dal mio viso e si mise a ridere, battendo le mani contenta.
“Sì,vedo che ti ricordi di me!” Cinguettò.
Strinsi i pugni e digrignai i denti.
Se fossi stata libera avrei saputo cosa farmene delle corde che mi tenevano legata.
Con alte probabilità l’avrei impiccata. Anzi, ne ero sicura.
“Mi vorresti spiegare cosa ci faccio qua e perché sono legata ad una sedia?” Urlai, tentando ancora una volta di sciogliere i nodi prendendo a dimenarmi.
Mi ignorò e andò in direzione del divano, prima di scartare una merendina e mettersela in bocca.
“Sei il mio ostaggio.” Rispose con la bocca piena, poi notò il mio sguardo puntato sulla merendina e me la porse. “Vuoi?”
Guardai alle sue spalle, e riconobbi le buste della spesa. Della mia spesa.
“Mi stai chiedendo se voglio una mia merendina?” Domandai retorica.
Doveva essere impazzita inoltre a pensare che,in una situazione simile,potessi avere fame. Avevo lo stomaco completamente chiuso, e un nodo mi serrava la gola provocandomi la nausea.
Stavo cercando di dissimulare la paura con la mia solita acidità.
“Come vuoi.” Fece spallucce e si lasciò cadere sul divano, tirando fuori dalla tasca il cellulare. Mi ignorava davvero così?
“Brianne, sto ancora cercando di capire il motivo per cui tu mi abbia sequestrata e legata a una sedia!” Le urlai.
“Te l’ho già detto: sei il mio ostaggio. Mi servono quei soldi, e tu sei ciò che mi permette di ottenerli. Sven mi darà quei soldi, oh sì se me li darà..” La sua voce si incrinò e prese a confabulare tra sé parole senza senso.
Scossi la testa incredula, non potendo concepire il fatto che si fosse spinta a tanto.
“Tu sei completamente pazza..” Sussurrai impercettibilmente, ma lei sembrò sentirmi lo stesso perché scatto in piedi e mi si avvicinò minacciosamente.
“Fossi in te non proverei a ridirlo..” Sorrise con malignità.
Poi si distrasse e puntò lo sguardo sulle corde che mi tenevano legati strettamente i polsi e le caviglie.
“Ti fanno male?” Domandò.
“Tu che dici?” Ribattei ironica.
Dovevo ancora capire come riuscissi a sfruttare il sarcasmo anche in una situazione del genere.
“Bene.” Sorrise.
Si guardò intorno e sbuffò sonoramente, prima di tirare fuori il cellulare dalla tasca.
Non capii cosa stesse facendo fino a quando non mi fece vedere il nome sullo schermo e mi fissò con divertimento. “Forse è arrivato il momento di far sapere al nostro caro Sven cosa deve fare. Sai che gli costerai molto cara? Fossi in lui avrei evitato di accollarmi una come te.” Fece una smorfia.
Il mio cuore subì un altro colpo, e mi costrinse ad abbassare lo sguardo.
“Dubito che allora tu potrai ottenere quello che vuoi, se pensi che ti darà quei soldi solo per la mia liberazione..” Risi senza allegria. “È arduo che gliene possa importare qualcosa.”
Bloccò lo schermo del cellulare e lo abbassò dalla mia visuale, prima di chinarsi alla mia altezza e fissarmi negli occhi. “Ti ha spezzato il cuoricino? Oh povera piccola..com’è che ti chiami già?”
La fissai con astio. A quella vicinanza le avrei volentieri sputato in faccia,ma dubitavo che quel gesto avrebbe migliorato la situazione.
Rimasi quindi in silenzio,provocandole un altro sbuffo.
“Andiamo ragazzina, ho bisogno di sapere come ti chiami. Come potrei se no fargli capire che ti trovi qui? Se non mi dici il tuo nome posso sempre etichettarti come ‘quella troietta che ti stava attaccata come una cozza davanti alla tomba di tuo padre’. Dici che così capisce?”
“Sam, mi chiamo Sam!” Sbraitai, cercando di mettere a tacere la sua insensibilità.
“Bene, Sam.” Calcò sul mio nome, avvicinandosi a me con un sorriso.
Si appoggiò con una mano sul mio ginocchio, chinandosi poi verso il mio viso.
Mi accarezzò delicatamente i capelli,prima di soffermarsi sulla mia tempia.
Avvertii un bruciore indistinto e, quando poi vidi il sangue sulle sue dita, impallidii.
“Non ti preoccupare, non è una ferita tanto grave.” Minimizzò con un movimento della mano. “Lo stesso non si può dire del tuo fragile cuoricino. Ti ha respinta così brutalmente? Che ragazzaccio..” Mi derise.
Non bastava il fatto che fossi legata su una dannata sedia in un posto sconfinato, totalmente esposta al suo potere, no. Doveva anche infierire facendomi ricordare cose che avrei dovuto solo seppellire nella mia memoria.
La cosa più ironica, era che proprio lei cercasse di parlarne con me.
Lei, che era in gran parte la causa dei miei mali.
Se solo non fosse mai comparsa nella vita di Sven, forse lui sarebbe stato diverso.
Se solo non gli avesse spezzato il cuore, lui forse avrebbe evitato di spezzare il mio.
Strinsi i pugni dietro la schiena e digrignai i denti, cercando di non far uscire dalla mia bocca parole sconvenienti.
“Ok, mi stai stufando. Sei poco reattiva e la cosa non mi piace.” Sospirò,prima di riprendere tra le mani il cellulare e smanettare un po’ sulla tastiera.
Quando se lo portò all’orecchio cominciai a sudare freddo, e ad un certo punto non ero più tanto convinta che volessi che lui mi venisse a prendere.
Da una parte per me, perché rivederlo sarebbe stata un’altra batosta per il mio cuore.
E in parte anche per lui perché, nonostante mi avesse ridotta uno schifo, non potevo impedirmi di volerlo proteggere.
Non potevo impedirmi di desiderare che non soffrisse,che non lo facesse ancora.
Nonostante mi avesse fatta a pezzi, era insensato il fatto che io lo vedessi anche come la persona che mi aveva salvata da una vita mediocre.
Sentii gli occhi pizzicarmi, ma mi morsi un labbro per impedirmi di piangere.
Sarei stata ridicola se l’avessi fatto davanti a lei.
“Eh rispondi dannazione..” Disse tra i denti, battendo ritmicamente un piede a terra impazientemente. Poi la sua espressione cambiò, e sorrise raggiante.
“Sven! Da quanto tempo!
Il mio cuore perse un battito.
Rimase in silenzio, perché a quanto pare lui stava parlando dall’altra parte della cornetta. La vidi alzare gli occhi al cielo. “Vuoi smetterla di blaterale per un attimo? Ho una cosa importante da dirti e, beh più che altro importante per te dato che a me non frega niente,ma comunque..tu mi darai quei soldi.” Il tono scherzoso con cui aveva giocato con me prima era scomparso, adesso era seria come non mai.
“Invece io credo proprio che lo farai..Ah si? Pensi che sia completamente impazzita? Buon per te, almeno puoi capire perché ho compiuto un gesto così folle.” Ridacchiò.
“Ti propongo uno scambio equo. Tu mi strappi un bell’assegno, e sai già quanti zeri mettere,e io in cambio.. ti cedo di nuovo la tua cara amica Sam.” Sorrise gongolante.
In quel momento avrei tanto voluto avere le mani libere per tapparmi le orecchie, e cercare di estraniarmi da quella conversazione.
Non volevo conoscerne il seguito, né tantomeno essere la protagonista del suo cedimento. Non volevo che cedesse di nuovo davanti a lei.
Non me lo sarei mai perdonato.
Si avvertirono attimi di silenzio che sembrarono eterni, e Brianne parve spazientirsi.
“Ci sei ancora?” Chiese alla cornetta, poi si aprì in un sorriso quando sentì la risposta dall’altra parte. “Ah, non ci credi?” Mi fissò sollevando le sopracciglia. “Allora ti faccio parlare con lei.”
Cominciai a scuotere freneticamente la testa nell’istante in cui mi avvicinò il cellulare, incollandolo poi al mio orecchio e ignorando le mie proteste.
Cercai di sottrarmi, ma alla fine mi tenne premuta la testa contro il cellulare con la forza.
Se lui avesse continuato a credere che lei stesse mentendo, non sarebbe venuto e non le avrebbe dato quei soldi. Stava tutto a me, dovevo rimanere in silenzio.
“Sam.” La sua voce mi accarezzò come una dolce melodia, e dovetti mordermi un labbro a sangue per evitare di rispondere e di emettere anche solo un minimo respiro.
Brianne mi guardò con un sopracciglio sollevato in modo nervoso, domandandomi tacitamente che cazzo avessi in testa.
Non lo sapevo neanche io..ma avevo smesso di ragionare razionalmente dal preciso istante in cui l’avevo incontrato.
Strizzai gli occhi e deglutii a fatica, facendomi forza.
Brianne mi guardò torvamente, prima di riportarsi il cellulare all’orecchio.
“Scusami l’attesa, mio piccolo Sven. Ma pare che la tua amichetta abbia bisogno di un po’ di incoraggiamento..” Mi colpì in faccia con uno schiaffo, ma mi sforzai di non emettere nessun gemito di dolore.
Ritentò colpendomi in faccia con un pugno pesante, ma riuscii a resistere anche a quello.
La vidi guardarsi attorno con fare smarrito, prima di illuminarsi quando i suoi occhi caddero su qualcosa.
Seguii la traiettoria del mio sguardo, e non mi piacque per niente quello che vidi.
Si diresse a passo svelto verso il coltello situato sopra il vecchio tavolino, prima di avvicinarsi a me.
Scossi freneticamente la testa, cominciando a sentire le lacrime scendere.
Non ero sicura che quello sarei riuscita a sopportarlo.
Presi a dimenarmi sopra la sedia come un’ossessa, ma mi immobilizzai quando avvertii la lama fredda a contatto con il profilo del mio collo.
Avvicinò il microfono del telefono alla mia bocca, prima di far strisciare il coltello sul mio collo. Proruppi in un urlo stridulo, cercando di sfogare il dolore che stavo provando. La ferita bruciava e faceva un male cane, ma fece male anche la consapevolezza di sapere che lui avesse sentito.
Cominciai a piangere senza freni, tirando a tratti su col naso.
“Ora sei soddisfatto?” Chiese apaticamente Brianne alla cornetta, con espressione annoiata.
Come poteva fare una cosa simile con tanta leggerezza?
“Allora sai cosa devi fare se non vuoi che succeda. Ci vediamo tra un’ora al vecchio magazzino abbandonato nei pressi della stazione. E vieni da solo, senza fare scherzetti poco graditi. Non ci metto niente a sparire in pochi secondi, ho un elicottero con me. O ti comporti bene o me ne vado con la ragazza, a te la scelta..” E chiuse la comunicazione senza aspettare una risposta da parte sua.
Buttò distrattamente il cellulare sul divano, senza distogliere lo sguardo dal mio.
“Si può sapere che cazzo avevi in mente?” Si avvicinò a me e mi tirò i capelli così forte che desse l’impressione di starmeli staccando.
Reclinai la testa all’indietro per alleviare il dolore,stringendo i denti.
Scosse la testa con una smorfia di ribrezzo,prima di tirarmi un calcio violento alla gamba. Non si sentì soddisfatta e recuperò un bastone di ferro sottile in mezzo agli scatoloni.
Prima che potessi aprire bocca per cercare di fermarla,mi arrivò un colpo in pieno stomaco. Mi sarei piegata in avanti se solo avessi potuto farlo.
“Devo ancora cercare di capire come tu possa essere il mio rimpiazzo..io e te non abbiamo niente in comune. Tu non sei come me..” Sputò fuori con rabbia.
Abbassai la testa e risi rocamente. “Questo è sicuro. Io non mi sarei mai scopata suo padre.” E mi uscì un altro gemito soffocato quando mi colpì nuovamente al basso ventre.
“Io non sarò mai come te..” Continuai a sussurrare sommessamente, cercando di convincermene.
 
“Dalla prima volta che ti ho vista,quando mi hai risposto per le rime..” La sua voce rimbombò ancora nel silenzio della stanza. “Mi hai ricordato lei.”
 
Era stato lui a dirmi che le avevo ricordato lei.
Ma no, io non potevo ricordargli lei, io non ero come lei!
“Questo è poco ma sicuro. Se tu fossi stata come me, lui si sarebbe innamorato di te.” rise gongolante.
Ora avevo capito cosa ci accomunasse: il fatto di avere sempre una risposta pronta.
Seppur quella volta io non ce l’avessi.
Sapeva il mio punto debole e aveva capito dove andare a colpire.
Non potevo ribellarmi a quella realtà.
Abbassai il capo e chiusi gli occhi, lasciandomi cullare dalla speranza che le cose sarebbero andate meglio. Dovevano andare meglio.
Quel dolore non sarebbe potuto durare per sempre, e io avrei imparato una lezione una volta finito quello strazio.
Avrei imparato che l’amore è un’arma a doppio taglio: può salvarti ma può anche ucciderti.
E a me aveva uccisa, perché non mi ritrovavo più.
Se mi fossi guardata allo specchio non mi sarei riconosciuta, e non riuscivo a farlo neanche sentendo com’era diventato il mio modo di pensare.
Ero tragica, e facevo pensieri tragici come ogni persona comune che fosse stata ferita.
Venni distratta dai miei pensieri quando avvertii nuovamente la suoneria del cellulare. Il suo cellulare.
Ci girammo entrambe in sua direzione, e lei buttò a terra ciò che aveva in mano per andare a rispondere.
“Pronto?” Rispose piatta.
“No, prima i soldi e poi puoi.. ho detto che..” La sentii borbottare qualcosa, poi: “Eh va bene!” Ringhiò.
Si avvicinò a me a grandi falcate. “Vuole parlare con te.” E mi premette il cellulare contro l’orecchio. Esisteva un modo per disattivare l’udito a comando?
In caso, avrebbero dovuto inventarlo.
Sentii un sospiro dall’altra parte della cornetta, e poi di nuovo la sua voce che pronunciava il mio nome: “Sam.”
Trattenni il respiro.
“So che mi stai ascoltando, e mi dispiace che tu sia finita in una situazione simile.. Ho sempre saputo che starmi vicino non ti avrebbe aiutato, ma non pensavo che potessi cacciarti in un casino simile. Cazzo Sam, se mi dispiace..”
Non avevo mai sentito delle scuse da parte sua, e quello non fece che farmelo amare ancora di più. In più volevo credere che non fossero solo delle scuse dovute alla situazione attuale ,volevo che lui fosse dispiaciuto per tutto.
Per quello che mi aveva fatto, per come mi aveva trattata, per come mi aveva fatto sentire. Per tutte le volte che mi aveva fatto piangere e per tutte le volte che mi aveva fatto dubitare di me stessa.
Che fosse dispiaciuto per avermi distrutto.
Non parlai e lanciai un’occhiata a Brianne, che decise di slegarmi i polsi e di mettermi il cellulare tra le mani in modo che potessi tenerlo da sola.
Mi diede le spalle e camminò in direzione dell’uscita,continuando però a tenermi sott’occhio dalla sua postazione.
“Non dargli quei soldi Sven..” Sussurrai, ma sperai ugualmente che mi avesse sentita.
“Che cazzo stai dicendo?” Lo aveva fatto arrabbiare la mia risposta, lo capivo dal tono della sua voce.
Ispirai a fondo e la guardai, prima di chiudere gli occhi. “Le hai già permesso di distruggere te, la tua famiglia, quello che ti rimaneva di buono.. “ Tirai su col naso. “Se ottenesse quei soldi Sven, vincerebbe di nuovo.. e so che ti farebbe a pezzi questo. E non voglio, il motivo già lo sai e..non voglio.” Ripetei piangendo, cercando però di darmi un contegno.
Avevo fallito su tutti i fronti ora che avevo permesso che mi sentisse piangere.
Non mi aveva vista, ma alla fine era uguale.
Avevo fallito anche nel tentativo di non innamorarmi così disperatamente di lui.
Quel sentimento ardeva dentro di me in maniera incontrollabile, ed ero sicura che non sarebbe bastata un po’ d’acqua per spegnere quel fuoco.
Io continuai a piangere mentre lui rimaneva in silenzio, poi mi interruppi di colpo quando sentii la sua voce, dura, decisa e coincisa.
“Non me ne frega un cazzo. Sto venendo a prenderti.”
 
Era passata un’altra mezz’ora abbondante e a quel punto lo sguardo di entrambe era puntato sull’entrata.
“È in ritardo, giuro che gliela faccio pagare..” Borbottò tra sé, mentre batteva ritmicamente un piede a terra.
Fece una smorfia di fastidio e la notai sfilarsi una pistola dalla tasca posteriore dei jeans.
Impallidii. E quella da dove era uscita?
Mi lanciò un’occhiata di sottecchi e rise malamente.
“Non ne hai mai vista una vera, ragazzina?”
Non mi è mai capitato di incontrare una pazza in giro che la maneggia come se fosse un giocattolo.
Avrei voluto dirle, ma distolsi lo sguardo e girai il viso dalla parte opposta a dove si trovava lei.
Non volevo guardarla, l ’avevo fatto fin troppo e ora ero disgustata a livelli inimmaginabili.
Oddio, credevo che avrei vomitato una volta tornata a casa..anzi, ne ero sicura!
Ispirai ed espirai profondamente cercando di darmi un contegno.
Non era da me mantenere la calma, considerando il fatto che fossi tutto tranne che razionale, quindi si poteva immaginare il mio sforzo.
Se non mi fossi ritrovata circondata da oggetti contundenti e da una pistola, con molte probabilità gliel’avrei fatta vedere io.
Avevo molta fantasia e di certo avrei saputo come usarla per torturarla.
Poi lui era in ritardo..perché era in ritardo?
Cominciavano a venirmi le paranoie, ma doveva essere una reazione più che normale vista la situazione, no? Oddio Sam, calmati..
Continuai a respirare affannosamente ma l’ansia non diminuì.
Ero in attesa trepidante dell’incontro, ma non sapevo decretare se in senso positivo o negativo. Per quanto la mia mente fosse certa che continuare a non vederlo sarebbe stata la cosa migliore, il mio cuore era di tutto avviso e se ne infischiava beatamente. L’avevo capito ormai, che fosse masochista.
Inoltre avevo tenuto i nervi saldi fino a quel momento, ma ero profondamente stremata. Stavo cercando di non mostrarmi intimidita per non attribuirle maggior potere, ma ero terrorizzata.
La mia mente pensava che non ne avessi bisogno, mentre il mio cuore era convinto che avessi un bisogno disperato di stringerlo tra le braccia.
Il problema? Avevano ragione entrambi ma ero più tentata di seguire il cuore.
Ero masochista? Probabilmente sì.
Ma ero innamorata,quindi non si è mai razionali quando si è innamorati.
Fino a qualche mese fa, se qualcuno mi avesse detto che mi sarei innamorata e che me lo sarei ripetuto in ogni momento del giorno ,gli avrei riso in faccia e gli avrei consigliato di smetterla di drogarsi. Mentre ora mi ritrovavo proprio in quella situazione.
E sapevo anche che avrei dovuto smetterla, insomma, ero patetica.
Non avrei mai più detto di essere innamorata di lui, neanche a me stessa.
Questo fu quello che mi ripromisi fino a quando non si avvertii il rumore del cancello in ferro che veniva spostato.
Brianne saltò in piede e si mise dietro di me, puntandomi la pistola alla tempia.
Avrei pianto dalla paura se non fosse stato che i miei sensi fossero andati in pausa non appena lui entrò nel mio campo visivo.
E a quel punto mi dimenticai della promessa che mi ero fatta e lo ripetei ancora: sono fottutamente innamorata di quel ragazzo.
E lo rifeci quando si mise a camminare verso di noi.
E lo feci una quarta volta quando i suoi occhi incontrarono i miei.
E in quel momento fu come se mi fossi innamorata una volta ancora di lui.
Si avvicinò cauto ma con passo ed espressione decisa.
Si fermò vicino a noi, nei pressi del tavolino.
“Mostramelo.” Gli ordinò Brianne ,volendo che lui tendesse verso di lei l’assegno.
Lui lo fece senza fare una piega, e lei riuscì a leggere la cifra.
Lo feci anche io e impallidii. Erano davvero un po’ di zeri..
Tenne il braccio teso verso di lei, ma continuò a fissare me senza mollare i miei occhi per un solo istante. Sollevai lo sguardo e mi persi nella loro intensità.
La consapevolezza che ora fosse al corrente dei miei patetici sentimenti, mi colpì in pieno viso e mi fece cedere. Ripiegai il capo e mi morsi un labbro.
Speravo solo che quel momento fosse finito il più in fretta possibile..
“Lascialo sul tavolino.” Le ordinò ancora lei.
Lui la guardò in un modo tale da farmi mancare il respiro.
Ero sicura che lei sarebbe morta sul colpo se un solo sguardo avesse potuto uccidere.
Mi scappò un sorriso accennato, perché avevo capito quanto lui fosse poco propenso ad ascoltare gli ordini che gli venivano dati.
Ancor di più, se era lei a darglieli.
Indietreggiò e si abbassò sul tavolino, sbattendo l’assegno sul tavolino con gesto secco.
“Ora lasciala, prima che ci ripensi e decida di portare a termine la situazione a modo mio.” Sibilò glacialmente, guardandola allo stesso modo.
Lei rise, totalmente consapevole di essere lei ad avere il coltello dalla parte del manico. “Non sei nella posizione di minacciare.”
Le labbra di Sven si aprirono in quel suo solito sorriso poco rassicurante.
“Ti assicuro che so fare di meglio se si tratta di minacce, questa di sicuro non è alla mia portata. Ed è meglio che tu non ne riceva mai una da parte mia.” La trafisse con lo sguardo,e quella volta fu lei a cedere.
Abbassò la pistola dalla mia tempia e lasciò ricadere il braccio lungo i fianchi.
Emisi un sospiro di sollievo, ma cercai di essere riservata nel farlo.
Brianne fece per passare al fianco di Sven e andare a recuperare l’assegno, ma lui la bloccò da un braccio. Lei reagì prontamente, e gli puntò contro la pistola.
Il mio cuore si arrestò, ma lui sembrò trovarsi totalmente a suo agio.
Certo,c ome se non avesse una cazzo di pistola puntata alla testa.
“Sei ridicola se pensi di intimorirmi. Pensavo che tu sapessi con chi hai a che fare. Ti ho vista crescere Brianne e, seppur tu sia cambiata, so che non hai il coraggio di spararmi. Non mi spareresti mai. Credo anche tu sia furba abbastanza da capire anche che avrei potuto risolvere questa situazione diversamente,se solo avessi voluto. Quei soldi..” Rise in modo beffardo. “Come mio padre ti ha pagato per essere la sua puttana, io ti pago per uscire dalla mia vita una volta per tutte.”
Notai lo stupore negli occhi di lei, prima che abbassasse la pistola.
Afferrò l’assegno con mani tremanti.
I tratti del viso erano diventati nuovamente duri e freddi.
Gli occhi erano quelli di una pazza, ma si sforzò di riprendere il controllo.
Emise un risolino e chiuse gli occhi, prima di afferrare l’assegno e camminare verso l’uscita.
Io la fissai e Sven rimase immobile per qualche altro secondo, prima che avvertissi uno spostamento d’aria.
Non ebbi il tempo di tornare a guardarlo che mi ritrovai stretta tra le sue braccia.
Era una fortuna che mi avesse già liberato le braccia lei, perché così potei stringerlo a me.
“Stavo morendo..” Lo sentii sussurrare al mio orecchio, e mi mostrò la paura che aveva tenuto repressa per tutto quel tempo.
Mi lasciò un bacio sui capelli e si allontanò, aiutandomi a slacciare la corda che mi teneva legata ancora le caviglie.
Quando finalmente potei riportarmi in posizione eretta, fu una benedizione.
Chiusi gli occhi e ispirai, ma poi gli riaprii quando sentii la sua voce.
“Ah, comunque Sven sei arrivato in ritardo e io odio i ritardi. Hai ragione,non sparerei mai a te..” Sorrise in maniera indecifrabile. “Ma a lei sì.”
E prima che potessi comprendere il reale significato delle sue parole, sentii un dolore lancinante allo stomaco.
Quella volta non fu solo un impressione, ma ero sicura che veramente mi si fosse mozzato il respiro.
La guardai correre via, mentre io aprivo la bocca per gridare ma non usciva alcun suono.
“Sam!” Un urlo animale, quello di Sven.
Mi fu vicino nel preciso istante in cui sentii le gambe cedermi e cadere a terra.
Mi fece appoggiare la testa alle sue ginocchia, mentre lo sentivo indistintamente imprecare alla ricerca del cellulare.
I suoni mi risuonavano distorti, e dovevo faticare per cercare di rimanere con la mente lucida. Lo sentii parlare con qualcuno, ma non riuscii a capire di chi si trattasse.
Provavo un dolore lancinante e, non appena sfiorai la pancia con la mano e la sollevai, inorridii. Era rossa, totalmente impregnata di sangue.
Ispirai profondamente e levai il fiato come un attacco d’asma, cercando di respirare normalmente.
Stavo per morire, stavo per morire..lo perderò.
Quello era l’unico pensiero che la mia mente riusciva a registrare, ed era quello che faceva più male. Di più ancora della consapevolezza di morire dissanguata.
Strizzai gli occhi e presi a piangere, mentre i miei singhiozzi riempivano l’aria.
Sentii una mano sfiorarmi la guancia e una voce calda cullarmi.
“Sta arrivando l’ambulanza Sam, resisti.”
Non riuscii a fare quanto mi stava chiedendo e mi venne da chiudere gli occhi.
Le palpebre erano troppo pesanti perché potessi ancora resistere nel tenerli aperti.
Sentii degli schiaffetti leggeri, e poi i la sua voce vicino al mio orecchio.
“Apri gli occhi Sam, per favore fallo per me.”
Ci provai ma non ci riuscii, solo quando sentii delle lacrime non mie bagnarmi il volto, riuscii a trovare la forza.
Aprii lentamente gli occhi e mi ritrovai a fissare i suoi, poco distanti dai miei.
Cercava di tenerli aperti e di fissarmi, ma a volte doveva richiuderli a causa delle lacrime.
Mi ero sbagliata.
Il mio cuore non si era spezzato quando mi aveva detto che lui non poteva amarmi, ma lo fece in quel momento.
A vederlo in quello stato, si incrinò terribilmente fino a spezzarsi.
Non seppi dove, ma riuscii a trovare la forza per alzare una mano e accarezzargli il viso. E, con le lacrime agli occhi, sorrisi.
Perché non avevo più pentimenti, neanche uno misero.
Io ero totalmente, incurabilmente, irreparabilmente innamorata di lui.
E non c’era cosa che avrebbe potuto farmi separare da lui.
Cos’era la morte in confronto a un sentimento tanto grande?
Avrei continuato a cullarlo per sempre, e gli sarei stata affianco.
Non sapevo come, ma un modo l’avrei trovato.
Mi prese la mano tra la sua e me la baciò, premette le sue labbra sul dorso con violenza. Poi la lasciò andare e si chinò, posandole quella volta sulle mie.
Mentre le premeva sulle mie disperatamente, sentii qualcosa di salato.
Erano lacrime, ma non riuscivo a capire se fossero le mie o le sue.
Ma non mi importava in quel momento.
Quello che contava invece, era avere la consapevolezza che non avessi mai provato qualcosa di più giusto in tutta la mia vita.
Mi staccai dalle sue labbra riluttante, seppur non avessi mai voluto farlo.
Ero allo stremo delle forze.
“Sven..”
Oh mio dio, quella non era la mia voce..quel suono non potevo averlo emesso io.
Quando sentì che lo chiamavo, strinse maggiormente la mia mano nella sua.
“Shh, non parlare. Non sforzarti.”Mi ammonì, ma lo ignorai.
Scossi la testa e ritentai.
Aprii gli occhi e li fissai ancora una volta nei suoi, forse per l’ultima.
Mi si mozzò il respiro ma trovai lo stesso la forza di proseguire.
“Fosse..l’ultima cosa che..dico.” Presi fiato per lo sforzo. “Ti amo.”
Fu un sussurro talmente impercettibile che dubitai del fatto che mi avesse sentita.
Quando però sgranò gli occhi ,per poi far ricadere la fronte contro la mia, capì che lo avesse fatto.
Senza preavviso, mi tornarono in mente le parole indistinte di mia madre.
 
“Non smettere mai di lottare per un domani migliore.”
 
Ci stavo provando mamma..
A quel punto non ce la feci più e chiusi gli occhi, sentendo ancora le sue mani scuotermi.
La sua voce divenne solo un suono lontano, tant’è che anche le sue grida furono quasi percepibili.
Poi non seppi per cosa, forse era illusione o forse la forza del desiderio..
Ma sentii quelle parole..e suonarono davvero simili a un Ti amo.

 
Eccoci ritrovati ragazzi!
E' andata come andata alla fine e.. mi dispiace.
...
...
...
So che molto probabilmente mi odierete e che in questo momento mi starete lanciando tante di quelle maledizioni da farmi rimanere fulminata sul colpo ma.. Io vi adoro, quindi non temete che non vi riservere mai sorprese così crudeli! Ahahaha. 
Avanti, Sam ce la farà!
Comunque ora... passando al capitolo.
Beh, ci sono molte cose da dire ma la più importante credo sia quella riguardante Sven.
A volte le parole sono superflue, e lui è riuscito a dimostrare quanto tenesse a lei senza il bisogno di usarne.
Inoltre, il pagamento che ha offerto a Brianne, è molto significativo.
Forse non l'avrete capito, ma in questo modo ha fatto la sua scelta e si è definitivamente lasciato il passato alle spalle.
Il denaro è stato solo un modo per farle capire fosse superiore, perché ancora una volta ha avuto "misericordia" di lei e, senza ricorrere all'uso della polizia, ha fatto sì che lei uscisse dalla sua vita come un anima sporca, esattamente come c'era entrata.
In questo modo ha ferito il suo orgoglio, esattamente come lei tempo prima aveva fatto con lui.
E inoltre vogliamo parlare delle paroline magiche che Sam sembra aver sentito? 
Mmmh, avremo modo di tornare su questo argomento, ma con calma.. non agitatevi! Ahahahah.
Spoiler velati:
Nel prossimo capitolo vedremo il risveglio di Sam, la visita di Sven all'ospedale.. e saranno completamente soli.
E quando le cose sembreranno aver preso una piacevole piega.. 
Forse una notizia inaspettata potrebbe sconvolgere il mondo di Sam, questa volta irrimediabilmente.
A presto carissimi, vi aspetto con ansia!
Un bacione grande! :*
Xoxo. Heartless.


 

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Capitolo 35
*** Capitolo 34. ***


Quando aprii gli occhi la prima cosa che vidi fu un soffitto di un color verde sbiadito.
Davvero triste come scenario, considerando che non fossi neanche sicura di riuscire a guardare altro.
Provai a muovere la testa e riuscii impercettibilmente a spostarla di lato, quel tanto che bastò per poter vedere una marea di fili intrecciati tra loro, che si ricollegavano tutti al mio braccio.
Ruotai gli occhi e la seconda cosa che vidi fu mia madre, ripiegata sulla sedia con gli occhi chiusi.
Mamma. Provai a dire, ma la voce non uscì.
Diedi un colpo di tosse e riprovai. “Mamma..” Riuscii quella volta a pronunciare fiocamente.
La vidi scuotersi lentamente dal suo sonno, mettendo a fuoco lo sguardo con qualche difficoltà.
Quando i suoi occhi incontrarono i miei li sbarrò, urlando poi qualcosa in direzione della porta.
Quelle grida mi apparvero confuse, l’unica cosa chiara però era che non mi trovassi a casa mia.
Entrarono nella stanza diverse persone, ma nessuna di loro era dal volto conosciuto.
Uno di loro mi sistemò i tubicini che avevo puntati nel braccio, mentre un altro ancora mi puntava una luce accecante negli occhi.
Lo sapevo io dove gliel’avrei ficcata, se non l’avesse fatta finita..
“Come stai Sam?” Mi chiese un terzo, ai piedi del letto con una cartella clinica in mano.
Deglutii, e avvertii un dolore alla gola. Ma per il resto nulla di drammatico.
“Bene..” Riuscii a rispondere.
Ma dovetti cercare di capire anche io se fosse la verità o l’avessi detto solo perché ormai ero abituata a rispondere in quel modo.
“Sai dove ti trovi?” Domandò ancora, scandendo bene le parole.
Cosa pensava, che fossi ritardata?
“Sì, in ospedale..” Feci una smorfia di disgusto.
Avevo sempre odiato quei postacci, pieni di tristezza e puzza di disinfettante.
“Ti ricordi cos’è successo?” Domandò ancora.
Aprii bocca per rispondere, ma all’ultimo mi bloccai.
Cosa mi era successo?
Io non..ricordavo.
Cominciai ad andare nel panico e a respirare affannosamente.
I medici mi furono subito addosso per tenermi ferma, ma smisi di dimenarmi quando puntai lo sguardo fuori da quella dannata stanza.
Più lontano, dietro una porta di vetro, c’era Sven.
Lui era là e..ora ricordavo.
Smisi di dimenarmi e cercai di ritornare a respirare normalmente, seppur averlo visto non aiutasse i battiti del mio cuore a battere in modo regolare.
“Sì, ora ricordo..mi hanno sparato.” Sussurrai.
Speravo che il terzo grado fosse finito, perché al momento l’unica cosa che volevo fare era buttarmi di corsa fuori da quella stanza.
“Hai dormito per una settimana intera Sam.” Ci tenne a rendermi partecipe il medico.
La mia bocca si schiuse in una ‘o’ perfetta, mentre l’incredulità si faceva spazio in me.
Una..settimana?
Beh, per lo meno non avrei potuto lamentarmi di aver passato le notti in bianco come negli ultimi tempi..
“Dottore, quando potrà essere dimessa?” Domandò mia madre, con evidente gioia nella voce.
“Dovremmo fare degli accertamenti, ma ormai il peggio è passato. Vado a parlarne con il capo reparto e le faccio sapere al più presto.” Mi lanciò un’occhiata, prima di uscire dalla stanza.
Mia madre chinò su di me e, dopo aver emesso un sospiro, mi baciò la fronte.
Quando si staccò le vidi gli occhi lucidi.
“Non sai quanto mi hai fatto stare in pena tesoro. Per un attimo ho pensato..ho davvero creduto che..” E scoppiò a piangere senza riuscire a terminare la frase.
Mi sentii male nel vederla in quel modo, e delle lacrime presero anche a rigare le mie guance.
L’idea che avrei potuto perderla mi lacerò l’anima.
Riuscii a muovere una mano e sfiorai la sua, stringendola poi impercettibilmente.
Tirò su col naso e poi urlò in direzione della porta.
Quella volta però entrò mio padre, seguito a ruota da tutti gli altri: Amy, Trent, Dee, Jay, Trey, Joe, Adison e persino Gaz.
Mi allarmai quando non lo vidi in mezzo a loro, e presi a cercarlo con lo sguardo.
“Tesoro..” L’abbraccio di mio padre interruppe il mio contatto visivo con il mondo, e mi ritrovai a stringerlo tra le mie braccia.
“Sei proprio come tua madre..i guai ti vengono sempre a cercare.”
Risi e mi distanziai da lui per lasciargli un bacio sulla guancia, poi mi guardai intorno.
Di lui non c’era traccia.
“Un giorno ti lascio da sola, un fottuto giorno, e tu ti fai quasi uccidere?”
Furono quelle le parole di Trent, prima che mi lasciasse uno scappellotto appena accennato sulla fronte.
Lo guardai imbronciata, ma poi mi sciolsi davanti ai suoi occhi lucidi.
Alzai le braccia per afferrare le sue e lo tirai a me.
“Mi hai fatto preoccupare..” Sussurrò al mio orecchio, lasciandomi un bacio sui capelli. Lo strinsi più forte, cercando di capacitarmi del fatto che fossi davvero là.
“Ragazzi, mi sembra di vedere una puntata di Beautiful.” Commentò quel coglione di Gaz, facendo ridere tutti, me compresa.
Non appena lo feci avvertii una fitta allo stomaco e istintivamente portai una mano su di esso. Era fasciato con una garza, e faceva male anche solo al minimo tatto.
Venni strapazzata un po’ da tutti, ma quella volta non mi lamentai.
Da quel momento in avanti avrei fatto uno sforzo per dimostrare agli altri quanto tenessi a loro, soprattutto dopo aver avuto la consapevolezza che avrei potuto non farlo più. Non vedere più le loro facce,i loro sorrisi..
Scossi la testa e cercai di non pensarci, ma difficilmente sarei riuscita a dimenticare.
Li guardai sorridente mentre scherzavano e tentavano di alleggerire la tensione facendomi ridere, ma poi il mio sorriso si spense quando puntai gli occhi in direzione della porta.
Appoggiato allo stipite, con le braccia incrociate, c’era Sven.
Mi fissava con il tormento negli occhi, misto al sollievo che fossi ancora viva.
Amy seguì la traiettoria del mio sguardo, e poi si attaccò all’orlo della felpa di Trent strattonandolo all’indietro.
“Ragazzi, usciamo..” Sussurrò, invitando tutti a uscire dalla stanza.
Lei lo fece per ultima, e si fermò davanti alla porta a fissare il fratello.
Fu la prima volta che la vidi abbracciarlo, e lasciarsi scappare un singhiozzo contro la sua spalla.
Lanciò un’ultima occhiata in mia direzione, prima di lasciare la stanza.
Continuai a fissarlo mentre sospirava e si staccava dalla soglia della porta, avvicinandosi al mio letto.
Impotente, potei solo aspettare che mi raggiungesse.
“Hai un aspetto orribile.” Fu la prima cosa che mi disse, con il suo solito sorriso impertinente.
Quanto mi era mancato..
“Anche il tuo non è male.” Risposi, notando le occhiaie sotto gli occhi e l’espressione sfinita.
Ispirò profondamente e si passò una mano sul volto.
In quell’istante mi ritornò in mente l’espressione di Brianne, totalmente priva di razionalità.
Impallidii, e strinsi le lenzuola tra le mani.
“Lei è..”
“Non ti darà più alcun problema. È sparita, e sono sicuro che non le verrà mai l’idea di ritornare a farci visita.” Sospirò. “Mi dispiace Sam, ma non ho potuto permettere che gli altri sapessero che fosse stata lei, né tantomeno ho potuto denunciarla. Se l’avessi fatto..sarei anche stato costretto a rivelare il motivo del suo gesto a mia madre e mia sorella e..”
“Non fa niente.” Lo interruppi, alzai una mano in sua direzione e afferrai la sua stringendola tra la mia.
In quel momento non mi importava di nulla eccetto il fatto che lui fosse là vicino a me.
La sola consapevolezza che avrei potuto perderlo per sempre, mi fece riempire gli occhi di lacrime.
Gli strizzai e le lacrime scesero, mentre lo sentivo sporgersi in mia direzione.
Mi passò una mano dietro la nuca e attirò la mia fronte contro le sue labbra.
“Mi dispiace così tanto..” Sussurrò, prima di appoggiarle nuovamente contro la mia fronte.
Mi lasciai cullare dal suono della sua voce e dal suo tocco, cercando vanamente di placare i battiti del mio cuore.
Si staccò da me e mi fissò dritta negli occhi.
Rimanemmo in quel modo, a comunicare attraverso sguardi, senza il minimo bisogno di esprimere a parole quello che sentivamo.
“Come sta la ferita alla pancia?” Domandò con tono di voce basso, per non rompere quell’atmosfera che si era venuta a creare.
“Fa male, ma suppongo che sia normale.” Vidi i suoi occhi rabbuiarsi, così aggiunsi: “Ma non ti preoccupare, sarei capace di risultare attraente anche con un buco nella pancia. Suppongo che non ci sia cosa che non mi doni a questo mondo.” Sdrammatizzai.
Chiuse gli occhi e si lasciò andare ad una risata, appoggiando la fronte contro la mia.
Poi si sporse in avanti e mi baciò. Senza preavviso, e senza dare il tempo al mio cuore di prepararsi all’emozione che avrei avvertito nel sentire le sue labbra a contatto con le mie. Ero sicura di trovarmi in paradiso in quel momento, mentre facevo scivolare una mano dietro la sua nuca e lo trattenevo a me.
Quel bacio però mi fece anche paura.
Dietro era celata la disperazione e la consapevolezza che quello sarebbe stato anche l’ultimo.
Mi staccai da lui confusa, ma non mi permise di capire arrivando ai suoi occhi, perché distolse lo sguardo.
“Devo andare Sam.” Disse, ma continuò a fissarmi immobile mentre mi accarezzava delicatamente una guancia e fissava ogni particolare del mio viso.
Sospirò, mi lasciò un bacio sulla fronte e si allontanò definitivamente.
Avrei provato a trattenerlo, e cercai di farlo, ma ero priva di forze per riuscirci.
Continuò a guardarmi mentre si dirigeva verso l’uscita camminando all’indietro, poi chiuse gli occhi e si voltò.
Scomparse dalla mia visuale ed ebbi il pessimo presentimento che fosse scomparso improvvisamente anche dalla mia vita.
 
Mi dimisero due giorno dopo, quando ebbero finito di farmi gli ultimi accertamenti per verificare che le mie condizioni fossero effettivamente migliorate.
Camminavo come una a zoppa, emettendo più gemiti di una vecchietta con l’ernia.
Quanto ero sexy! Pensai ironicamente.
Fu impagabile l’emozione che provai nel ritornare a casa mia, tra quelle mura sicure e confortevoli.
I miei avevano insistito affinché mi trasferissi da loro per qualche giorno, finché la ferita non si fosse del tutto rimarginata, ma io li avevo rassicurati dicendogli che stavo bene.
In realtà avevo solo il bisogno disperato di ritornare a casa mia e sentirmi finalmente al sicuro,di staccare dal mondo per un istante e di realizzare quanto mi fosse accaduto.
Fu difficile accettarlo,ma alla fine decisi di metterci una pietra sopra e di non permettere a quel ricordo di rovinarmi i giorni a venire.
Avevo già sofferto fin troppo, e non mi sembrava il caso di farlo ancora pensando agli avvenimenti del passato.
Il passato era passato, e rinnegarlo sarebbe stato inutile.
Gli altri si impegnarono a fondo per non lasciarmi mai da sola.
Non c’era un istante che mi concedessero per ritornare con la mente a quel giorno.
Passare il mio tempo con Trent ed Amy mi aiutava a distrarmi, mentre passare del tempo con Dee mi aiutava a sfogarmi.
Non riuscivo a farlo in presenza di Amy, perché anche lei aveva avuto fin troppe cose a cui pensare in quei giorni infernali.
Non vidi più Sven..sembrava essersi volatilizzato, ed Amy tentava accuratamente di sorvolare sull’argomento.
Non ne capii il motivo fino a quel giorno.
Alla solita ora vennero a farmi visita Trent ed Amy, ma l’aria che si respirava era diversa.
Trent se ne stava in silenzio rannicchiato sul divano, mentre Amy si torturava le mani e mi lanciava occhiate di sottecchi.
Dopo l’ennesima volta in cui puntò lo sguardo sull’orologio, non ce la fece più ed esplose.
“Mi ero ripromessa di non far uscire l’argomento, ma come ti senti? Insomma, si vede che tu stia cercando di dissimulare la notizia e di non pensarci, ma voglio dire..manca solo un’ora e poi..”
“Aspetta frena, quale notizia? E manca un’ora a cosa?” La interruppi, tappandole la bocca con una mano.
Sbarrò gli occhi e si scambiò uno sguardo con Trent ,confuso al suo stesso modo.
Mi tolse la mano di dosso e mi fissò stralunata.
“Non te l’ha..non te l’ha detto?!” Urlò sconvolta.
Il presentimento che stesse per dirmi qualcosa che non mi sarebbe piaciuto, cominciò a radicarsi in me.
“Chi non mi ha detto cosa, Amy?!”
Ispirò a fondo e si alzò dal divano, prendendo a camminare avanti e indietro.
Prese a fare respiri profondi mentre cercava di darsi una calmata.
“Non sarei dovuta essere io a dirtelo cazzo, pensavo l’avesse fatto lui!” Fu la prima volta che sentii uscire una parolaccia dalla bocca di Amy, e quello mi sconvolse non poco.
“Non posso crederci..” Commentò anche Trent, stravolto.
Ero sicura che da là a breve mi sarei messa a piangere per l’esasperazione.
“Si può sapere che accidenti sta succedendo?” Gridai balzando in piedi.
Amy arrestò il suo via vai e mi fissò tristemente, alla fine abbassò il capo senza riuscire a reggere il mio sguardo.
“Sven sta partendo.. il suo volo è tra poco.” Sospirò e trovò la forza di alzare lo sguardo su di me. “Si trasferisce a New York.”
Uragani, pandemie, terremoti..nulla di quello poteva sconvolgermi più delle sue parole.
Il tempo intorno a me si arrestò e rimase in sospensione, mentre io cercavo di assimilare le sue parole.
Sven stava partendo..
Volo..un’ora.
Trasferirsi a New York.
Ebbi l’impressione che nel mio corpo fosse appena esplosa una bomba ad orologeria, radendo al suolo ogni cosa.
Il mio corpo reagì da solo e mi piombai sulle chiavi di casa, prima di correre in direzione della porta.
Amy e Trent mi seguirono in silenzio e, una volta fuori, quest’ultimo sbloccò le sicure della macchina.
“Sali.” Mi disse, nel preciso istante in cui stavo già prendendo posto nei sedili posteriori.
Non aspettò neanche che Amy avesse richiuso la portiera che sfrecciò per la strada a tutta velocità.
Il suono del clacson delle altre macchine tentò di fermarlo più volte, ma lui lo ignorò e continuò a premere sull’acceleratore.
Stava partendo..non potevo crederci che non me l’avesse detto.
Il dolore e la tristezza per quella notizia vennero sostituite da una rabbia cieca.
Non me l’aveva detto!
Aveva avuto l’occasione per farlo, e io avrei potuto averne una per cercare di persuaderlo dall’idea.
E invece aveva deciso di tenerselo per sé, tenendomi all’oscuro.
Cos’era..il fatto di avergli confessato di essere innamorata di lui mi aveva reso off-limits da queste notizie? Non meritavo più di sapere che cazzo gli passasse per quella testa malata che si ritrovava?!
Guardai l’orologio che tenevo al polso e venni colta dal panico.
Mancava poco,troppo poco. Non ce l’avrei mai fatta!
“Vai Trent,vai!” Lo incitai, e lui premette sull’acceleratore non appena il semaforo divenne verde.
Tamburellai ritmicamente un piede a terra per tutta la durata del tragitto, torturandomi un’unghia con i denti e iniziando a sudare freddo.
Quando cominciai a vedere la struttura dell’aeroporto da lontano, sussultai sul sedile e mi tenni già pronta a scendere dalla macchina.
Francamente, l’avrei anche fatto mentre fosse stata ancora in moto.
Poco mi importava ma ,in un modo o nell’altro, dovevo raggiungerlo.
Frenò bruscamente e si fermò nei pressi dell’entrata.
A quel punto schizzai fuori come un razzo.
Speedy gonzales mi faceva una pippa!
Una volta trovatami all’interno dell’aeroporto mi tenni la testa tra le mani, cercando di non farmi prendere dal panico una volta capito che non avessi idea di dove andare.
Calma Sam, respira e ragiona..
I controlli, i controlli! Doveva passare i controlli prima di potersi dirigere verso il gate.
Quella era la mia unica opportunità di raggiungerlo.
Se li avesse superati dubitavo del fatto che la sicurezza mi avrebbe lasciata passare anche se avessi preso a scalciare come un’ossessa.
Mi avrebbe accusata di far parte di un movimento di terrorismo e mi avrebbero chiusa dentro.
Scossi la testa e ricominciai a correre, cercando di superare la fila che si stendeva prima dei metal detector.
Venni insultata e qualcuno cercò anche di spingermi nuovamente in fondo.
In una circostanza del genere mi sarei davvero fermata per infliggere del male a qualcuno e riderne sadicamente, ma non c’era tempo.
Quando arrivai al confine, sembrò che il mondo mi fosse appena crollato addosso.
Mi tenni la testa tra le mani e tremai indietreggiando.
Non c’era..lui non c’era.
Era andato, sparito, perso per sempre.
Non potevo crederci.. dopo tutto quello che avevo passato mi ci voleva anche quello!
Va bene che la mia vita aveva fatto schifo fino a qualche mese prima, ma non mi sembrava il caso che il destino avesse deciso di stravolgermela così su due piedi.
Mi hai sentita destino? Io e te siamo ufficialmente in guerra.
Smisi di cercare di fare del sarcasmo, quando realizzai pienamente ciò che era successo.
Era partito..si era trasferito a mille e mille chilometri da là e non sarei più potuta andare a riprendermelo.
Non avrei più rivisto il suo sorriso, non mi avrebbe più fatto girare le palle con il suo comportamento da stronzo, non mi avrebbe più sbattuta contro un muro per baciarmi, non..
Alzai lo sguardo e incontrai la sua figura nel metal detector affianco a quello in cui mi trovavo io.
Eccoti là, brutto pezzo di merda!
Scavalcai la fila per raggiungerlo, mentre lui si accorse si me e impallidì.
Oh si, fai bene a sbiancare..
Digrignai i denti e, non appena gli fui abbastanza vicino, gli mollai uno schiaffo in pieno viso. Era forse il più forte con cui l’avessi mai colpito, e potevo vantarmi del fatto di aver potuto godere più volte della sua espressione scioccata.
Fu in quel momento che realizzai il reale significato del bacio che mi aveva dato all’ospedale, e di quello che era scritto nei suoi occhi ma che non ero riuscita a comprendere.
“Così il bacio che mi hai dato all’ospedale era questo..un fottuto bacio d’addio?!” Gli sbraitai addosso.
Lui si guardò intorno e si accorse di essere il protagonista dello spettacolo, con me che ero la sua co-protagonista.
Sospirò e mi fece passare un braccio intorno alla vita, mi caricò sulla spalle e si diresse verso la fine della fila per avere più intimità.
Beh, avrebbe dovuto pensarci prima..
Quella volta non mi ribellai dalla sua presa e non tentai di ritornare con i piedi per terra prima di quando lui mi me l’avrebbe concesso.
Approfittai di quella situazione per lasciargli dei violenti pugni e morsi sul petto in modo da sfogare parte della mia rabbia.
Trattenne un gemito di dolore e alzò una mano per colpirmi il sedere.
Cos’ero, una bambina?
Mi infuriai ancora di più e gli tirai uno scappellotto in testa.
Arrestò il passo e chiuse gli occhi per recuperare la pazienza smarrita, prima di lasciarmi andare.
Non appena ritornai in posizione eretta, dovetti nuovamente piegarmi dal dolore.
La ferita faceva ancora male, e non era stata una buona idea dimenarmi in quel modo.
Ma mi ripresi in fretta quando vidi la sua faccia.
Gliel’avrei fatto a fette quel suo bel faccino!
Strinsi un pugno e mi preparai per dare il primo di tutta la mia vita, ma lui me lo fermò a mezz’aria e strinse la presa intorno ad esso, costringendomi ad abbassarlo.
Digrignai i denti ed evasi dalla sua stretta con uno strattone.
“E quindi stai partendo.. ti avrebbe fatto tanto schifo dirmelo? Perché non me l’hai detto?”
“Perché ero sicuro del fatto che avresti reagito così..” Si passò una mano tra i capelli.
“Ah, quindi avresti preferito che l’avessi scoperto dopo averti lasciato il tempo per dartela a gambe. Beh, in questo caso avresti dovuto far più attenzione e rendere partecipe anche Amy dei tuoi piani.” Incrociai le braccia al petto guardandolo truce.
Il mio corpo tremava, e mi stavo trattenendo dolorosamente dalla voglia di buttarmi ai suoi piedi e scongiurarlo di restare.
Lo capivo dalla sua espressione, che non sarebbe bastato quello per fargli cambiare idea.
“Sinceramente pensavo che si sarebbe limitata a tenere la bocca chiusa. Ma cazzo, avrei dovuto immaginarlo che non l’avrebbe fatto, dopotutto è pur sempre mia sorella..” Rifletté ad alta voce, e mi ritrovai ad annuire per dargli ragione.
Rimasi in silenzio a fissarlo e lo fece anche lui.
Quella volta fu lui a cedere. “Sto partendo perché devo portare a termine degli affari che aveva intrapreso mio padre..e mi sembrava il momento giusto per farlo.”
Quello che lessi tra le righe, era il fatto che stesse scappando da me.
Era un vigliacco che se la stava dando a gambe solo perché una ragazzina si era innamorata di lui.
In quel momento mi sentii svilita e umiliata, e dovetti distogliere lo sguardo mordendomi un labbro per evitare di piangere.
Avevo già rotto più volte la promessa che non avrebbe mai dovuto vedermi mentre lo facevo, e non avevo intenzione di farlo succedere ancora.
Sfinita, mi portai le mani sul viso e respirai contro di esse.
“Perché non me l’hai detto, Sven?” Richiesi in un sussurro, rimanendo con le mani davanti al viso per non guardarlo.
Faceva troppo male sapere che sarebbe stata l’ultima, e quella volta diedi ascolto al cervello anzi che il cuore, che intanto mi gridava di farlo fino allo sfinimento o sarebbe stato troppo tardi poi per pentirmene.
“Te l’ho già detto, perché sapevo che avresti reagito così.” Ripeté ancora, con tono di voce scocciato.
Quella sfumatura nella sua voce mi fece sorridere, perché era la prova che stesse mentendo e avesse paura di essere scoperto.
Lui non poteva sapere che avrei reagito in quel modo.
Non l’avevo previsto io, figurarsi lui che non era un attento scrutatore.
“Non è vero, non è per questo.” Risposi quindi, e trovai il coraggio per alzare gli occhi e fissarli nei suoi.
In essi lessi la disperazione e l’inquietudine, misto a qualcos’altro che non riuscii a decifrare.
In quel momento ebbi quasi il dubbio che, le parole che avevo sentito prima di chiudere gli occhi quel giorno, non fossero state solo frutto della mia immaginazione.
Ma ancora una volta, fui troppo codarda per chiederglielo e preferii continuare a vivere nell’incertezza.
Ad ogni modo, quello che mi sembrò di scorgere nei suoi occhi, fu qualcosa di totalmente stupendo.
Oddio, da quando essere innamorati combaciava con l’essere disgustosamente sdolcinati?
Aprì bocca per rispondere ma poi la richiuse serrando i denti.
Rimasi sconvolta quando lo vidi distogliere lo sguardo.
Non era il tipo da cedere ad un confronto di quel calibro, e ogni volta ero stata io quella ad esserne uscita sconfitta. Non lui.
Avevo pensato che non sarebbe mai arrivato questo giorno.
Si passò nervosamente una mano nei capelli e la lasciò tra di essi per qualche secondo.
Dall’espressione dura della sua postura, mi sembrò quasi che avrebbe voluto volentieri staccarseli.
Alla fine sospirò con fare arrendevole e si lasciò ricadere il braccio lungo il fianco.
Puntò lo sguardo a terra, prima di sollevarlo nuovamente su di me.
Riprese a scavarmi a fondo con i suoi occhi ipnotici.
“Perché non sono riuscito a dirti addio.”
Rimasi con il fiato sospeso per troppo tempo, e alla fine il mio corpo riprese a respirare per sopravvivenza.
Mi stupii del fatto che non fossi ancora caduta terra scossa dagli spasmi,ma che stessi mantenendo la mia postura eretta.
Avrei voluto annullare la distanza che ci separava, buttargli le braccia al collo e baciarlo fino a togliergli il respiro.
Con successivo svenimento di entrambi ma..dettagli.
Invece rimasi ferma sul posto quando mi resi conto che, anche se non era riuscito a farlo prima, lo stava facendo in quel momento.
Se così non fosse stato, i suoi occhi non mi avrebbero fissata in quel modo.
Mi accorsi di aver tenuto gli occhi sbarrati fino a quando non cominciarono a bruciarmi.
Dovetti riprendere a sbattere le palpebre per evitare che mi si disidratassero e si staccassero cadendo a terra.
“Ma lo stai facendo ora..” Riuscii a dire, cercando di scacciare quell’insopportabile nodo alla gola che mi impediva di parlare proprio quando era necessario che io lo facessi.
Tentò di avvicinarsi a me ma lo tenni a debita distanza allungando le braccia in sua direzione, utilizzandole come barriera.
“No, stai fermo.” Presi un respiro profondo. “Hai fatto la tua scelta e..lo capisco. Insomma, cosa mi aspettavo?” Risi rocamente.
Gli occhi presero a pizzicarmi e dovetti tirare su dal naso per evitare di mettermi a piangere.
Forse fu per la disperazione, o forse per la rabbia che provavo in quel momento.. Ma dissi quelle parole di cui ero certa un giorno mi sarei pentita di aver pronunciato.
“Solo, non avrei mai voluto innamorarmi. Non di te.”
L’espressione triste sul suo volto scomparve, venendo nuovamente sostituita da quel suo stato di apatia che gli faceva da scudo.
Se altre volte avevo avuto l’impressione che mi avesse chiusa fuori dal suo mondo, in quel momento ebbi l’impressione che mi avesse sbattuta fuori proprio a calci.
E fece male, dannazione se fece male.
Ma non demorsi, e neanche lui sembrò farlo.
Continuò a fissarmi continuando a scuotere la testa impercettibilmente, e alla fine gli uscì un risolino di scherno accompagnato da un ghigno.
“Ultimo avviso per i passeggeri del volo diretto a New York. Il gate chiuderà tra dieci minuti.”  Fu quello che annunciò la voce dell’altoparlante.
Mi risvegliai dal mio scombussolamento interiore, e presi a indietreggiare per allontanarmi da lui.
Lui recuperò il borsone ai suoi piedi e se lo mise in spalle.
Quando alzò gli occhi su di me avrei voluto morire.
Non mi guardava così da un po’.. e quel suo sguardo non mi era per niente mancato.
Era lo stesso che mi rivolgeva nei primi tempi, quando non facevamo altro che litigare.
Il gelo dei suoi occhi mi trafisse, causandomi molto più dolore di quanto avesse potuto fare un proiettile impiantato nello stomaco.
Ed ero pienamente sicura del fatto che lui fosse consapevole di cosa aveva provocato in me.
Fu per quel motivo che mi diede le spalle senza dire una parola in più.
Perché sapeva che, qualsiasi parola avesse potuto usare, avrebbe fatto mille volte meno male del fatto che non ne avesse utilizzata neanche una.
Sapevo che avrei dovuto girare i tacchi e andarmene con indifferenza proprio come stava facendo lui, ma non ci riuscii.
Come avrei potuto farlo..se quella che si stava allontanando irreparabilmente da me, era la mia cazzo di vita.


 
Ciao a tutti ragazzuoli!
Ok mi odiate, lo so e starete pensando "ma di nuovo? ma questi due non ce la fanno proprio!" 
Eeeh ragazzi non so cosa dirvi, ma io non sono mai stata per le storie semplici e fiabesche, quindi fatevene una ragione!
In ogni caso voglio premiarvi per la vostra pazienza, e pubblicare il capitolo successivo.
Anche perché siamo quasi alla parte finale.. quindi i risultati arriveranno.
Ora ci tengo a spiegare il capitolo, in modo che non mi uccidiate senza comprendere.
Sven non l'ha detto a Sam non ancora una volta per vigliaccheria, ma perché voleva essere uomo per una volta e affrontare con maturità quello che gli spetta.
Partire per lui era inevitabile, ma il fatto che avrebbe dovuto salutare Sam gli è sembrato troppo.
Dire un addio ufficiale, non è mai facile. Ancor meno se quella persona da salutare, per lui, è Sam.
Non possiamo sapere come avrebbe reagito se Sam però non avesse detto quella frase.. in sostanza gli ha detto di essersi pentita di essersi innamorata di lui.
Non è stata una mossa geniale da parte sua.. ma per lo meno è stato comprensibile il perché!
Troppe emozioni insieme e contenerle tutte è stato impossibile, e alla fine ha prevalso la rabbia!
Non vi faccio spoiler sul prossimo capitolo, in quanto non so ancora se lo pubblicherò stasera o meno..
Un bacio a tutti, e presto risponderò alle recensioni!
Ho una faccenda urgente da sbrigare e sono sfinita, ma vi prometto di riuscire a trovare il tempo!
Un bacione enorme.
Xoxo. Heartless.

 

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Capitolo 36
*** Capitolo 35. ***


Erano passati la bellezza di sei mesi, due settimane e tre giorni dall’ultima volta che l’avevo visto ed era uscito dalla mia vita.
Quella volta in maniera evidentemente definitiva.
Ed era precisamente da sei mesi, due settimane, e tre giorni che la mia vita era pateticamente patetica.
Ed era ancora più patetico il fatto che non l’avessi dimenticato in tutto quel tempo.
Andiamo, metà delle persone che sono costrette a stare lontano dalla persona che amano, finiscono con il dimenticarsene in tutti quei mesi.
Il fatto che questa persona fosse anche uno stronzo arrogante e scassa cazzo,non avrebbe dovuto aiutare? A quanto pare no,perché se no non mi sarei nascosta dentro la sua vecchia camera,sdraiandomi sul suo letto nella speranza di rintracciare ancora il suo profumo.
Ogni volta era sempre la stessa storia, più precisamente ogni volta che andavo a casa di Amy e l’amica si distraeva.
In quei momenti sgattaiolavo lontana da lei e,con passo furtivo,risalivo le scale fino a raggiungere la porta della sua camera.
Entravo dentro e me la richiudevo silenziosamente alle spalle,prima di tuffarmi nel letto e spalmarmi il cuscino contro la faccia cercando di avvertire ancora il suo profumo.
A volte allungavo anche una mano e avvertivo la speranza di incontrare un petto caldo contro cui farla scontrare, ma puntualmente non succedeva mai.
Era a quel punto che cominciavo a piangere come una deficiente,ed era anche in quel momento che Amy faceva irruzione in camera guardandomi severamente.
Così mi trascinava fuori dalla stanza cercando di ignorare le mie lacrime,mentre io mi lagnavo come se lei fosse mia madre,e mi stesse portando via dal parco giochi.
“Ti odio! Non puoi andartene a scopare con Trent e lasciarmi in pace?”
E furono quelle le parole che le rivolsi una delle tante volte in cui ero stata beccata.
Ok,forse ero stata un po’ troppo brusca..ma era la depressione che mi istigava ad essere acida,scontrosa e insopportabile.
Lei non prestò neanche attenzione al mio commento,avendo ormai capito che non ragionassi quando la faccia di Sven veniva a fare rapporto alla porta dei miei pensieri.
Un giorno avrei voluto davvero lasciarla sulla soglia e sbattergli la porta in faccia,qualcosa del tipo..
‘Toc toc’
‘Chi è?’
‘Il faccino irresistibile di Sven’
‘Lasciami in pace stronzo, non hai capito che non me ne frega più un cazzo di te?’
 
Sì certo Sam, continua pure a sognare che potrà essere così..
 
Erano passati altri sei mesi, per un totale di un anno.
Un cazzutissimo anno in cui non vedevo la sua faccia, né tantomeno sentivo la sua voce.
Sapevo che gli altri si stessero tenendo ancora in contatto con lui, ma mi tenevano volontariamente fuori da ogni discussione lo includesse.
Forse per evitare che dessi di matto e cominciassi a spaccare tutto..sì, con molte probabilità era per quello.
Ma la verità era che non me ne fregava un fico secco, anzi non era proprio la verità, più che altro era quello che cercavo di far capire agli altri per cercare di accaparrarmi un briciolo di fiducia.
Speravo che in quel modo mi avrebbero concesso di sapere qualcosa in più su come se la stesse passando.
Cose da nulla, come per esempio se avesse una ragazza, se fosse ancora in vita, se non fosse finito investito da una macchina, se avesse una ragazza, se avesse mai chiesto di me, se avesse una ragazza, se fosse mai ritornato..
Almeno una risposta ad una di queste domande riuscì ad ottenerla, ma avrei dovuto già prevederla.
Sarebbe ritornato? Ma certo che l’avrebbe fatto! Se no come avrebbe fatto il mio destino a ridermi in faccia e a divertirsi un po’ sulle mie sventure?
Dopotutto però era lecito che facesse il suo ritorno, insomma.. Sua sorella si stava sposando!
E fu in quel momento che realizzai..
Cazzo, una delle mie migliori amiche si stava sposando e io ero finita esattamente come aveva previsto mia madre: ero diventata una prematura zitella acida.
Argh. Odiavo la mia vita e odiavo lui per avermela resa in quel modo!
 
Era arrivato il fatidico giorno, e io avevo deciso quale comportamento adottare.
Maturo, perfettamente in linea con i miei anni e.. secondo voi sarebbe stato sufficiente smontare il campanello di casa per evitare alla furia di Trent di manifestarsi su di me?
Perché non ero sicura che sarebbe stato felice della mia decisione di segregarmi in casa fino al giorno del matrimonio.
Perché io non avevo alcuna intenzione di andarlo ad accogliere in aeroporto come se niente fosse. Come se non mi avesse distrutto la vita e mi avesse reso patetica per ben un anno, due mesi, e sette giorni.
Dio, tenevo ancora il conto, avrei dovuto smetterla!
Sei patetica Sam.. mi ricordò la vocina della mia coscienza.
Grazie per avermelo ricordato. Le risposi sarcasticamente.
Continuavo a sfornare pensieri senza senso solo nella vaga speranza di non udire più il suono del telefono di casa.
Ad un certo punto non ce la feci più e staccai la spina.
A quel punto prese a suonare il mio cellulare e..non avevo davvero più le forze di ignorarlo.
“Cosa vuoi Trent?” Chiesi al mio migliore amico, mentre continuavo a sgranocchiare qualche patatina.
Sempre che mangi sei?” Mi rimproverò per l’ennesima volta. Buttai gli occhi al cielo evitando di sbuffare ancora, e ripetei la domanda.
“Cosa vuoi Trent?”
“Sai che ore sono?” Mi chiese facendo il finto tonto, ma io non avrei ceduto.
“È  l’ora del pisolino pomeridiano veramente, ciao.” cercai di riagganciare, ma proprio quando stavo per chiudere, sentii nuovamente la sua voce che mi fermò.
“Tra mezz’ora ti voglio fuori casa. E non te lo sto chiedendo, te lo sto IMPONENDO, se no butto nel cesso tutte le tue amate riviste del cazzo che hai dimenticato da me.”
Questa era una minaccia bella e buona e io le odiavo, specialmente le sue dato che mi conosceva molto bene e sapeva colpirmi nei punti giusti.
“Non oseresti..”
Vuoi sfidarmi?”
Mi tappai la bocca per darmi un contegno, facendo uscire solo un lamento indistinto.
Alla fine non ce la feci più e cedetti, espirando rumorosamente.
“Credo che i tuoi nervi siano stati saldi fin troppo a lungo, è ora di riattivarli.  Hai 25 minuti di tempo adesso, e poi ti voglio fuori casa. Baci baci!”
Aprii bocca per ribattere, ma fu troppo tardi dal momento che aveva già chiuso la telefonata.
“Maledetto..” Sibilai tra i denti, per poi buttare sul letto il telefono e nascondere riviste e patatine sotto di esso.
Ero fiera di me stessa per essere una bravissima donnina di casa.
Mi diressi verso l’armadio e ne estrassi le prime cose a caso che mi capitarono a tiro.
To’, neanche a farlo apposta si trattava di una canottiera nera e un leggings dello stesso colore. Un abbigliamento perfetto per la mia anima in lutto.
Grugnii frustrata, prima di dirigermi verso il bagno e darmi una rapida spazzolata ai capelli.
Mi imposi di non truccarmi per non attribuirgli maggior importanza, ma alla fine la mia mano si mosse da sola verso il mascara e..insomma, vaffanculo Sven!
Uscii di casa e l’aria primaverile mi colpì in pieno viso, costringendomi ad avanzare con una mano davanti al viso per proteggermi dai raggi solari.
“Stai andando ad un funerale?” mi salutò così il mio amorevole migliore amico.
“Si, beh, l’umore è lo stesso..” Osservai io con un sorrisetto ironico.
“Andiamo?” Mi chiese ghignando, una volta che gli fui vicino.
“Fosse per me la risposta sarebbe ovviamente no, ma..”
“Sali in macchina Sam, e intendo ora!” Si aggiunse la voce di Amy, che ci stava raggiungendo dall’altra parte della strada.
Mi fece segno con la testa di salire in macchina, guardandomi con uno sguardo talmente duro che non me la sentii di obbiettare.
Feci uno sbuffo finale,prima di cedere e salire in macchina, sbattendo con forza la portiera.
“Non ti siedi davanti?” Mi chiese stranito Trent, dato che io solitamente amavo avere il controllo della radio.
“No, qua è più facile nascondersi..” Affermai,incrociando le braccia al petto e gonfiando le guance, sprofondando lentamente nel sedile.
Si arrese, scuotendo la testa ridendo e montando in macchina..
 
“Come mai questa scelta? Non abbandoni mai la tua postazione.” Fece Trent, mettendo in moto e guardandomi dallo specchietto retrovisore.
Mi infossai contro lo schienale, sprofondando sul sedile con le braccia incrociate al petto.
“Qua dietro è più facile nascondersi..” Sibilai, gonfiando le guance come una bambina. Entrambi si limitarono a fissarsi,prima di scuotere la testa e sospirare rassegnati.
Ok,ero un caso senza speranza,e allora?
 
La stessa scena l’avevo vissuta quella sera.
Era la prima festa a cui partecipavo in cui ci sarebbe stato anche  Sven.
Assottigliai gli occhi minacciosamente, al ricordo di quando avevo aperto una porta lungo il corridoio di quella dannata casa e l’avevo trovato a darsi da fare con una moretta.
Ne ero già irrimediabilmente gelosa a quei tempi, solo che non avevo mai voluto ammetterlo.
Mi persi con lo sguardo fuori dal finestrino, cercando di tenere la mente occupata e non pensare al fatto che gli stessi andando incontro.
Un anno prima le nostre strade si erano divise e le nostre vite si erano separate per sempre, e un anno dopo mi ritrovavo sulla macchina che mi avrebbe portata nuovamente da lui. Non ci voleva molto a capire che, non appena l’avessi rivisto, la mia vita si sarebbe incatenata di nuovo alla sua in uno sbattimento di ciglia.
Avevo paura del momento in cui sarebbe accaduto, ma mi ero anche piacevolmente risparmiata al fatto che non potessi sottrarmi a un simile destino.
Ok, la verità era che stessi morendo dalla voglia di vederlo, ma al tempo stesso avevo paura di scoppiare in lacrime davanti a lui, ai miei amici, e alla restante popolazione all’interno dell’aeroporto.
Sarebbe stato imbarazzante, e patetico..tanto per cambiare, no?
Non mi accorsi di essermi allungata e di aver afferrato il braccio di Trent in una morsa, fino a quando lui non me lo fece notare.
“Sam, se non la smetti di stringermi il braccio fino a farmi fermare la circolazione, dubito che possa continuare a guidare senza andare a sbattere contro la vetrina di un negozio!”
Tolsi la mano di scatto, come se mi fossi bruciata.
Non me n’ero neanche resa conto, era stava un’istintiva valvola di sfogo.
Oddio, Sven Clark mi aveva fatto diventare anche violenta..
No ok, forse quello lo ero sempre stata.
Quando finalmente- sì, come no- raggiungemmo il parcheggio dell’aeroporto, il mio cuore sussultò e il mio intestino si aggrovigliò.
L’ultima volta che ero stata là era stato un anno fa, e non c’era stato giorno peggiore in tutta la mia vita.
Ricordavo ancora chiaramente la sua espressione mentre recuperava il borsone per lasciarmi definitivamente, e i suoi occhi..Dio, i suoi occhi.
Non ero sicura del fatto che sarei riuscita a sopravvivere ad un incontro con loro.
Non ero più allenata per quella prospettiva, e cominciai ad andare nel panico.
Sentii la portiera di Trent sbattere, ma non mi accorsi che fosse sceso dalla macchina fino a quando non alzai lo sguardo e trovai la sua postazione vuota.
“Sei pronta?” Intercettai gli occhi di Amy intenti a fissarmi dallo specchietto retrovisore, e all’istante desiderai di scomparire.
Negli ultimi mesi era diventato automatico per me nascondere il dolore che derivava dalla sua lontananza, ma in quel momento mi sentivo ritornata la fragile ragazzina innamorata di un anno prima. La stessa che l’aveva guardato andare via e scomparire in quello stesso aeroporto, rimanendo ferma a seguirlo con lo sguardo e le lacrime agli occhi.
Oh, al diavolo, odiavo l’amore!
“No..” Sussurrai impercettibilmente, ma aprii lo stesso la portiera per scendere, lasciandomi guidare da un impeto di coraggio.
Non appena mi ritrovai con i piedi a toccare l’asfalto, desiderai di non averlo fatto.
Sarei volentieri ritornata in macchina a nascondermi ma Trent, percependo le mie intenzioni, tirò fuori il telecomando e bloccò le porte.
Lo guardai con uno sguardo lancinante, ma non gli dissi niente.
Le parole erano superflue quando i miei occhi parlavano per me.
Vantai un coraggio che non avevo e, a testa alta, li precedetti verso l’ingresso.
Non appena entrai e l’aria condizionata mi accarezzò la pelle piacevolmente, mi arrivò incontro Adison.
Spostai lo sguardo da lei alle sue spalle, e notai anche la presenza degli altri.
C’erano proprio tutti, non mancava nessuno..
Francamente, avrei preferito essere io a mancare.
Adison si attaccò alle mie braccia e prese a saltellare contenta.
“Rivedremo Sven, rivedremo Sven!” Urlò contenta come una bambina.
“Ye! Evviva!” Commentai ironicamente con un finto mega sorriso stampato in faccia.
Alla fine feci una smorfia di ribrezzo e ritornai seria.
“La tua acidità va continuamente progredendo.” Osservò Dee con un sospiro.
Non era colpa mia se, lo stesso ragazzo che sarebbe arrivato a breve e che avrei volentieri stordito con un bastone, mi avesse resa ancora più cinica di quanto non fossi già in precedenza.
Se prima ero cinica nei confronti dell’amore, adesso ne ero proprio intollerante.
Fu per quel motivo che, non appena intravidi Joe lasciare un bacio affettuoso sulle labbra di Adison, mi salirono su tutte le patatine che avevo mangiato prima di uscire di casa.
Accidenti, dovevo saperlo che sarebbe finita in quel modo..dove avevano detto che erano i bagni? Avvertivo l’urgenza di vomitare.
“Piantatela, siete disgustosi! Fate schifo!” Inveì contro le mie due povere vittime innocenti, che però si limitarono a ridere scuotendo la testa come se si fossero ormai abituati.
Da quando ero diventata così prevedibile?
Ci dirigemmo a passo di gregge verso l’uscita da cui sarebbe dovuta spuntare la sua adorabile testolina ,e fu in quel momento che cominciai ad avvertire una certa ansia.
Senza rendermene conto cominciai a torturarmi le dita delle mani, mentre con i denti mi torturavo il labbro.
La verità era che, distrarmi per non pensarci, non si era rivelata una mossa tanto intelligente. Anche perché in quel momento mi trovavo assolutamente impreparata psicologicamente per affrontarlo.
Non avevo riflettuto prima sul fatto che avrei rivisto il suo viso dopo tanto tempo, e non solo su una miserabile foto che non gli rendeva affatto giustizia.
Avrei riascoltato il suono di quella voce,  che ero sicura sapesse farmi rabbrividire ancora come una volta.
Avrei rivisto i suoi occhi.. che mi avrebbero fatto crollare come sempre, facendomi pensare irrazionalmente che mi fosse mancato da morire e che non sarei riuscita a sopportare il fatto che avrebbe potuto andare nuovamente via, lontano da me.
Ma al tempo stesso avevo anche paura che accadesse il contrario, che stesse ritornando per restare.
Non ero sicura che, in quel caso, il mio cuore avrebbe retto nel doverci stare continuamente a contatto senza buttarsi tra le sue braccia e implorarlo di straziarlo fino all’agonia.
Chiusi gli occhi e cercai di non perdere il controllo, non proprio in quel momento.
Avevo imparato a controllare le emozioni così bene, e non potevo ritornare al punto di partenza in un solo fottutissimo istante.
Ispirai a fondo e riaprii gli occhi quando sentii la mano di Amy posarsi sulla mia spalla. Lei stava alla mia sinistra, mentre a lato destro si trovava Dee.
Davanti a me c’era Trent, che sembrava quasi volermi proteggere assumendo le funzioni di una barriera, cercando di alleviare le sensazioni che avrei provato nel ritrovarmelo davanti.
Quando cominciarono ad uscire i primi passeggeri atterrati cominciai ad andare nel panico. Istintivamente indietreggiai, ma Dee mi strinse da un braccio e mi riportò vicino a lei.
Gliela stacco a morsi quella testolina.
Riportai il mio sguardo sulla marea di gente che si riversava verso l’uscita trascinandosi dietro la valigia, e continuai a farlo per attimi che sembrarono infiniti.
L’ansia aumentava dopo ogni persona che vedevo uscire, e che capivo non si trattasse di lui.
Ad un certo punto non ce la feci più.
I battiti del mio cuore risuonavano impazziti, provocandomi le vertigini.
Barcollai in avanti e mi appoggiai con la fronte alla schiena di Trent.
Lui non si mosse e mi lasciò fare.
Rimasi in ascolto ma chiusi gli occhi, decidendo di conceder loro una pausa prima che arrivasse il peggio.
“Olè! ”
“Eccolo il coglione!”
“Ehi Sven, vedo che non hai abbandonato la faccia da cazzo che ti ritrovi!”
“Cugino, fai più schifo dell’ultima volta che ti ho visto!”
Come quella volta che avevo scoperto lui stesse per partire, il tempo si arrestò e smise di scorrere per qualche istante.
Appoggiai le mani sulle spalle di Trent e, a fatica, mi staccai dalla sua schiena.
Mi sporsi di lato e lo vidi.
Un anno non lo aveva cambiato per niente.. l’unica differenza che ritrovai fu una leggera barbetta a definirne i tratti.
Il sorrisetto impertinente era lo stesso, l’andatura da coglione anche, e pure quei dannati occhi.
I ragazzi gli si avvicinarono, anzi gli saltarono letteralmente addosso.
Io e le ragazze rimanemmo distanti e, quando le vidi distrarsi, ne approfittai per allontanarmi di qualche passo.
Speravo di passare inosservata, o che per lo meno non si fosse accorto subito di me perché non sapevo ancora come reagire.
La realtà era che non fossi affatto preparata  a tutto quello, anche se forse non lo sarei mai stata.
“Testa di cazzo staccati, mi stai soffocando!” Rise Sven, mentre spingeva dalle spalle il cugino per farlo allontanare.
“Fatemi respirare, puzzo di aereo e devo ancora capire dove mi trovo.” Disse, facendo ridere tutti, me compresa.
Amy ignorò le sue parole e gli saltò addosso.
Lui rimase interdetto, ma alla fine si riprese in fretta e l’afferrò in tempo.
Amy gli allacciò le gambe intorno alla vita e continuò a baciargli il viso senza fermarsi un attimo. Gli sfiorò anche il naso, e lui lo arricciò istintivamente..
 
“Time out.”Disse con il fiatone.
Mi avvolse dalla vita e mi trascinò con lui fino al muretto,stringendomi al suo corpo.
Continuai a fissarlo mentre alcune goccioline mi ricadevano sulla fronte fino a bagnarmi le ciglia e appannarmi la vista.
“Me lo sono meritato?” Domandò.
“Cosa?”
E mi baciò, lasciandomi con gli occhi aperti per la sorpresa.
Sorreggendomi a lui e arpionando le mie braccia intorno al suo collo, mi aggrappai come se fosse la mia sola ancora di salvezza.
Quando ci staccammo per riprendere fiato, cominciai a depositargli baci soffici su tutto il viso.
Era un abitudine che avevo preso negli ultimi tempi, segretamente valeva come gesto d’affetto nei suoi confronti.
Quando gli lasciai un bacio sul naso lo arricciò istintivamente e io sorrisi.
Lo faceva sempre senza neanche accorgersene, e lo trovavo ogni volta adorabile.
 
Non era cambiato per niente..
Proprio quando trovai il coraggio per avvicinarmi, rimasi impalata come una statua quando lo sentii chiamare qualcuno alle sue spalle.
Ritornò dentro le porte scorrevoli da cui era uscito,per poi fare di nuovo capolino in mezzo a noi..ma quella volta con una fastidiosa ragazzina attaccata al braccio.
La guardai e..ma Dio, ce l’aveva un imperfezione o era una bambola di porcellana?
E soprattutto..chi cazzo era?
“Lei è Daisy.” La presentò con un sorriso.
“Oh, quella Daisy..” Commentò Trey, avvicinandosi a lei per stringerle la mano.
Solo in quel momento mi accorsi di quanto in realtà fossi lontana da loro, e di come fossi pateticamente nascosta dietro una colonna.
Istintivamente Amy mi cercò con lo sguardo, e mi guardò eloquentemente quando mi ritrovò dietro la colonna.
Si avvicinò a me con passo di marcia, mentre io scuotevo freneticamente la testa pregandola di non farlo.
Se fosse venuta in mia direzione anche lui se ne sarebbe accorto e, diamine, non potevo permettergli di guardarmi in quel modo!
Fu per quel motivo che mi nascosi definitivamente dietro di essa, facendomi piccola piccola davanti all’espressione furiosa di Amy.
“Vieni fuori.” Due parole, una minaccia.
“No!”
“Guarda che mi metto a urlare il suo nome.” Cercò di intimorirmi.
“Amy..chi è quella?” Le domandai cambiando discorso, lanciando un’occhiata alla diretta interessata.
Si passò una mano nei capelli in modo nervoso. “Non lo so..” Ammise imbarazzata.
Il fatto che solo i ragazzi sapessero chi lei fosse, non mi fece intendere nulla di buono.
“Dai, vieni là..” Cercò ancora di spronarmi.
“Tu vai, io..arrivo. Dammi un minuto.” La implorai con lo sguardo di concedermelo, e lei annuì rassegnata e ritornò dal fratello.
Mi appoggiai con la testa alla fredda colonna in marmo e presi a ispirare ed espirare.
Ok Sam, ora ti calmi, vai di là e spacchi qualche culo..no, fai dietro front.
Ora vai di là, smetti di nasconderti, e ti comporti da persona matura..
“Amy, spero per te che la mia macchina sia ancora illesa.” La sua voce.
Sentii Amy ridere nervosamente. “Veramente ci sarebbe una piccola e insignificante ammaccatura al paraurti, ma niente di grave e di cui..”
Non riuscii a reprimere un sorriso, ricordandomi del giorno in cui ero incazzata e mi ero imbattuta nella sua piccola.
“Cosa?!” La sua voce risuonò più stridula di un’ottava. “Si può sapere come cazzo fa ad avere un ammaccatura piccolina sul paraurti?”
Si, ora vai di là Sam e, stavamo dicendo, ti comporti da persona matura..
“Qualcuno potrebbe averla presa a calci.”
Oh mio Dio, quella non era la mia voce, vero?
Non ero davvero uscita dal mio nascondiglio e ora non mi trovavo davanti a lui, vero?!
..oppure fai la tua entrata in scena come tuo solito.
Il braccio si interruppe a mezz’aria mentre era intento a gesticolare, notai le sue spalle irrigidirsi e la sua bocca schiudersi leggermente.
E poi successe, alzò lentamente i suoi occhi e li fece fondere con i miei.
Dio, ti prego, fai finire la mia vita e le mie pene..ora.

 

Ciao a tutti ragazzi.. di nuovo!
Beh, eccomi di nuovo qui con questo capitolo.
Mi sono lasciata convincere nel pubblicarlo perché mi sarei sentita davvero una persona crudele a lasciarvi in quel modo, con un capitolo tanto sconvolgente! Spero che con questo, in parte, i vostri animi si sollevino.
Ok, tralasciando la compagnia.. Sven è tornato!
Certo che pubblicare questo capitolo lo stesso giorno in cui ho pubblicato quello in cui andava via, beh.. diciamo che il tempo sembra esser fin troppo volato! Ahahah. Magari avrei dovuto far passare una settimana, mmh..
Abbiamo visto come Sam ha passato questo tempo interminabile senza di lui.. e ammettiamo pure che la sua non è stata una vita gioiosa. Niente litigi, niente emozioni, niente Sven.. calma piatta.
Solo a pensare di mettermi nei suoi panni, mi sale l'ansia.
Ma ecco che le emozioni si risvegliano in lei, al suo ritorno .. anche perché, capite che Trent ed Amy sono prossimi alle nozze?! T^T.
Peccato che il nostro piccolo bastardo non sia da solo.. chi sarà quella bellissima bambolina che si porta appreso?
Spoiler velati:
Nel prossimo capitolo saremo al fianco di Sam nella sua difficile convivenza con Sven e la nuova arrivata.
Stare a stretto contatto con questi due.. non è affatto facile anche perché dopo un anno si ritrova a far i conti con tutti i ricordi che conserva ancora di lui. La cosa più brutta? Chissà se anche lui li ricorda ancora, o li ha dimenticati a causa della nuova bambolina..
E forse questa volta Cupido cambia le proprie vesti, e Joe potrebbe finalmente metterci il suo zampino..
Un bacio grande e un grazie speciale a tutti!
Alla prossima.
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 37
*** Capitolo 36. ***


“Qualcuno potrebbe averla presa a calci..”
 
L’aria intorno a noi si caricò di elettricità,e anche gli altri rimasero in silenzio.
Eravamo appena diventati i protagonisti di un film, e potei quasi immaginarmi i nostri cari amici riuniti intorno a noi a sgranocchiare pop-corn.
Spostò delicatamente Amy di lato e si avvicinò a me.
Ebbi l’istinto di indietreggiare,ma non seppi dove trovai la forza per rimanere ferma sul posto e aspettare che mi raggiungesse.
Si piegò in avanti e mi rivolse uno di quei suoi soliti sorrisetti arroganti.
“Qualcuno tipo te, deduco. Avrei dovuto immaginarlo..” E continuò a scrutarmi con intensità.
Per qualche strano motivo, mi fece infuriare la freddezza dei suoi gesti nei miei confronti.
Incrociai le braccia al petto e lo fissai risoluta. “Cosa? Che ti avrei preso a calci la macchina? Ritieniti fortunato del fatto che io mi sia limitata a fare quello!” Ribattei per le rime, cercando di scatenare in lui qualche diversa reazione.
“Scommetto che ti sei limitata a quello perché qualcuno ti ha fermata, non sicuramente per buon senso.”
“Non è che qualcuno mi ha fermata, ma mi sono lasciata fermare. Quindi sì, si può dire che io abbia buon senso.”
“L’unica cosa che si può dire che tu abbia, è un problema di schizofrenia.” Mi guardò in tralice.
Risi ironicamente. “La tua permanenza a New York ti ha reso ancora più simpatico del solito.”
“Invece credo che tu dovresti cambiare aria. insomma, stare sempre nello stesso posto comincia a trasformarti in una zitella frustrata e insoddisfatta.” Mi sorrise con un sorriso di scherno.
Strinsi i pugni e ispirai dal naso. “Zitella frustrata e insoddisfatta a chi? Almeno il mio cervello ha ancora capacità di reazione ed è innovativo con le risposte, mentre mi sa che i tuoi neuroni stanno progettando un suicidio di massa..” E picchiettai delicatamente un pungo contro la sua testa.
Aprì bocca per replicare, ma venne preceduto dalle urla degli altri.
“Ragazzi!” Ci richiamarono in coro, ma era chiaro che anche loro fossero divertiti.
Trent mi guardava con un sorriso, contento che le cose non fossero andate così male come tutti avevano pensato.
Eravamo semplicemente ritornati indietro nel tempo, forse un po’ troppo..
Poi si sentii una risata, e mi girai verso la mocciosetta che si era portato dietro.
Che poi ‘Daisy’..ma che nome del cazzo si ritrovava?
Per non parlare di quelli insignificanti cappelli rossi selvaggi, di quelle odiose lentiggini da bambina sulle guance, e di quei due occhi splendenti color smeraldo.
Oh andiamo, erano molto i meglio i miei!
Verde color acqua stagna..pensai, digrignando i denti.
Cercò di reprimere la risata e poi si girò in mia direzione, sorridendomi con fare incuriosito.
La guardai scetticamente..quell’aria innocente e odiosamente adorabile non mi piaceva per niente.
 
Usciti dall’aeroporto ci dirigemmo tutti insieme amorosamente e appassionatamente in gelateria, per fare “due chiacchiere”.
Ma certo, perché la mia massima aspirazione in quel momento era fare due chiacchiere con lui e capire quanto amasse quella ragazzina. Ovvio.
Era una straziante agonia vedere quei due insieme.
Ammirare il modo in cui lei le si attaccava al braccio, e il modo in cui lui le scompigliava i capelli..
Ammirare il modo in cui, quelli che reputavo miei amici, pendessero totalmente dalle sue labbra.
Vili traditori, vi aspetta una morte lenta e macabra.
In quel momento ci ritrovavamo davanti al bancone frigorifero della gelateria, ognuno concentrato nello scegliere che gusti prendere.
In circostanze normali avrei preso cioccolato al latte e pistacchio, ma quella volta decisi di sfidare la sorte.
“Tu vuoi.. fior di latte e stracciatella.”
Sussultai e feci scorrere il mio sguardo su Sven.
Se ne stava con le braccia incrociate ripiegato in avanti, fissando la figura minuta di Daisy con un sorriso.
Quest’ultima si aprì in un sorriso raggiante, annuendo rigorosamente.
Fior di latte e stracciatella..davvero?
Insomma, erano i gusti che più mi facessero ribrezzo, doveva pur essere un segno del destino.
La guardai e, quando mi scontrai con il suo visino dolce, mi venne da vomitare.
Rimasi silenziosamente in ascolto, mentre lei tentava di indovinare il gelato di lui..
 
“Dai, tocca a me!” Riportai l’attenzione sul gioco.
“Cioccolato fondente..” Lo guardai per ricevere conferma e annuì.
Feci vagare il mio sguardo sui gusti disponibili,alla ricerca del secondo.
“Nocciola?” Azzardai.
“Ritenta, sarai più fortunata.”
“Bacio?”
“Ah, me lo chiedi così?” Sorrise beffardo.
Lo spintonai, prima di sbuffare e fare un riepilogo mentale.
“Nocciola no, bacio no, fior di latte e stracciatella non se ne parla.. Non sei un tipo da frutta. E allora cosa diamine..” Ad un tratto mi illuminai, schioccando le dita in sua direzione. “Menta!” Affermai con un sorriso vittorioso.
Guardando la sua espressione stupita,capii di aver fatto centro.
Quella volta non mi trattenni nel dimenarmi in un imbarazzante balletto.
“Ok, come hai fatto?” Mi chiese scettico.
“Sei un libro aperto per me, Sven.”
 
Quel ricordo mi colpì in pieno viso,e dovetti schiaffeggiarmi per ritornare in me.
Perdermi nei ricordi passati non era una buona idea per ignorare la sua presenza.
Scossi la testa e mi avvicinai al bancone, passando accidentalmente in mezzo a loro due.
Furono costretti ad allontanarsi, mentre io mi alzavo sulla punta dei piedi e parlavo al gelataio.
“Un cono con cioccolato fondente e menta.” Ordinai.
Riabbassai lo sguardo e, lentamente, lo rialzai su Sven.
Mi fissava con espressione indecifrabile, evidentemente sorpreso.
“Ne faccia due.” Disse all’uomo dietro il bancone, senza abbandonare i miei occhi.
Ci misi qualche attimo di troppo a capire che il gelataio mi stesse porgendo il mio gelato. Pagai in fretta e uscii dalla gelateria per raggiungere gli altri, che avevano preso posto nei tavolini fuori.
Presi posto vicino a Dee, mentre Amy e Trent cominciavano a parlare del matrimonio e del posto in cui si sarebbe tenuta la cerimonia.
Non potevo ancora crederci.. i miei due migliori amici si sposavano.
La mia massima aspirazione in quel momento era cercare di non impiastricciarmi col gelato, mentre la loro era che le nozze andassero a gonfie vele.
Ironico il destino.
Quando Sven e la cozza ci raggiunsero, si ammutolirono improvvisamente e riservarono loro tutta l’attenzione.
“Allora Sven, come si sta a New York?” Domandò Jay, appoggiandosi al tavolo coi gomiti.
“Credo che Jay voglia più che altro sapere come sei messo con la passera. Insomma,figa ce n’è?” Lo corresse Gaz.
Ma quel ragazzo pensava a qualcosa che non fossero il sesso e le posizioni del kamasutra?
Sven rise, mentre Daisy gli lanciava un’ occhiata lancinante.
Dovevo ancora trovare un’imperfezione in lei..
Non potevo neanche dire che la bassezza fosse un suo difetto, perché contribuiva a renderla maggiormente adorabile.
Ma nessun essere era perfetto, diamine!
“Non credo possa dirti com’è la passera perché non gli permetto di guardare altrove.”
L’avevo appena trovata, la sua fottutissima imperfezione.
La sua voce sembrava un incrocio tra un facocero e un corvo gracchiante.
Era..troppo infantile.
Gaz sorrise malizioso. “Tesoro, sicura di non volerti fare un giro con me?”
Lei scoppiò a ridere, scuotendo la testa divertita.
“Mi dispiace, ma come sai ho altre preferenze.” E fissò Sven.
Non hai capito niente brutta gatta morta, ti devi levare oppure ti faccio togliere a modo mio. Aspetta solo che io mi procuri una tanica di benzina e un accendino e poi te la faccio vedere io.
Sven la fissò di rimando con le sopracciglia aggrottate. “Oh andiamo, smettila di sorridere adesso.” Fece con una smorfia, cercando di coprire con le mani la visuale di lei che sorrideva.
In risposta, lei tentò di scostargliele e gli si buttò addosso..
 
“Ma come potrebbe mai essere una criminale quella creatura, con quei dolcissimi occhioni verdi? Semmai quel ragazzino là.. con l’aspetto da criminale e con due occhi neri che dovrebbero essere considerati illegali per natura.”
“Perché illegali?” Mi domandò confuso.
Sorrisi. “Perché ti estirpano totalmente dalla razionalità.”
Arrestò il passo e mi fissò con la bocca socchiusa, prima di fare un respiro profondo e passarsi nervosamente una mano sul volto.
“Oh andiamo, smettila di sorridere..” Si lagnò esasperato, strizzando gli occhi.
“Perché?”
Aprì gli occhi e si riavvicinò furtivamente a me, abbassandosi alla mia altezza fino ad appoggiare la sua fronte contro la mia.
Fu bellissimo rimanere in quel modo, con i suoi occhi neri che mi scavavano dentro a quella vicinanza ravvicinata. E glielo lasciai fare, sperando che avrebbe capito una parte di quello che avrei voluto dirgli ma che non avevo il coraggio di esprimere.
“Perché il tuo sorriso mi estirpa totalmente dalla razionalità.” Rispose con voce suadente.
 
Non mi accorsi di star stringendo il cono del gelato con fin troppa forza, fino a quando non lo sentii rompersi.
Mi alzai e lo buttai nel cestino con un gesto stizzito, prima di recuperare un tovagliolo e darmi una ripulita con movimenti infastiditi e tremanti.
Avevo finito da un bel po’ di pulirmi, ma continuavo a strofinare contro la pelle nel tentativo di togliermi di dosso anche gli sguardi di tutti.
Non mi serviva alzare gli occhi per capire che mi stessero fissando. Lui compreso.
Tirai su col naso e cercai di placare inutilmente il tremolio del labbro inferiore.
Ci mancava poco per mettermi a piangere, ma non potevo permettere che succedesse proprio davanti a lui.
Alzai gli occhi al cielo, nel vano tentativo di ricacciare indietro le lacrime.
Poi mi girai e buttai il tovagliolo nel cestino.
“Devo andare al bagno.” Annunciai con tono di voce sommesso.
Quando guardai l’espressione di Amy, pronta a scattare e a seguirmi, la rassicurai con lo sguardo e corsi in bagno.
Azionai il getto dell’acqua fresca e mi picchiettai contro le guance cercando di darmi un po’ di sollievo.
Quando alzai lo sguardo e fissai il mio riflesso nello specchio, dovetti abbassare la testa per evitare di farlo ancora. Ero disgustata da me  stessa per come mi stavo sentendo.
Avevo sempre creduto di essere una ragazza forte, ma lui aveva disintegrato ogni mia certezza.
In quel momento, l’unica che sembrava essermi rimasta, era quella che fossi ancora schifosamente innamorata di lui.
 
“Ho conosciuto questo ragazzo ieri sera, mentre tu eri intenta a farti fuori metà bar.. e abbiamo passato la notte insieme. Non mi aspettavo che mi avrebbe richiamata così presto, anzi, in realtà pensavo non l’avrebbe fatto e basta. Quindi potrai immaginare la mia sorpresa quando mi ha proposto di uscire con lui, in compagnia anche dei suoi amici, questa sera.”
[…]
 “E’ molto emozionante cara, davvero.. ma io cosa centro?” Domandai flebilmente, quasi timorosa di ricevere una risposta insoddisfacente.
Sorrise angelicamente, ma non mi ingannava.
[…]
 “Come sarebbe a dire ‘cosa centri’? Tu verrai con me, sciocchina.” Mi sfiorò la punta del naso con un dito, facendomelo arruffare istintivamente.
 
Se quella mattina non avessi accettato di accompagnarla, forse non l’avrei mai incontrato..
 
“Che stronzo..” Sussurrai tra i denti ad alta voce, senza neanche rendermene conto.
Fu in quel momento che i miei occhi si scontrarono con i suoi, freddi e al contempo caldi.
[…]
“E lei chi è?” Domandò rivolto verso Jay, con un sopracciglio inarcato in segno di irritazione.
Il fatto che non mi avesse neanche rivolto direttamente la parola, non fece che scaldarmi di più.
Mi schiarii la voce tossendo. “Io sono qui, potresti anche chiederlo a me.”
“Bene, come ti chiami ragazzina?”
“Il mio nome non ti interessa perché tanto non capiterà che tu debba chiamarmi. Quello che invece dovrebbe interessarti è imparare a contare, dopotutto quanto anni hai? 22? 23? Non credi di essere rimasto un po’ indietro?” Sputai fuori quelle parole con l’intento di avvelenare, di far rimanere senza parole chi avevo davanti.
[…]
Mi tirò su il viso dal mento, prima di far scontrare ad una vicinanza sempre più ravvicinata, i miei occhi con i suoi.
“Tesoro, sono curioso di vedere come sfrutti questa tua grinta a letto. Ti ha mai detto nessuno che fa bene sfogare i propri istinti sessuali?”
Rimasi inebetita a fissare il suo sorrisetto impertinente, strafottente.
 
Le prime parole che ci scambiammo..
Sorrisi, pensando che alla fine fosse stato proprio lui a farmi sfogare ‘i miei istinti sessuali repressi’.
 
 “Lo penso anche io, insomma..penso di non averti fatto niente, no?”
[…]
 “No, non mi hai fatto assolutamente niente. Sono io ad aver reagito male quando ho avuto l’illusione di aver incontrato un angelo e, non appena ha aperto bocca, si è rivelato il diavolo più crudele di tutti. Sono stata io la stupida nell’essermi sentita attratta da te, è colpa mia.”
 
La prima volta in cui avevo ammesso di quanto fossi attratta da lui..
 
“Non so che idee tu abbia in testa, ma non è il mio passatempo preferito scopare con ogni essere umano del sesso opposto mi si avvicini. Forse ti dimentichi che non tutti sono come te,la cui massima aspirazione è una ragazza dotata di una terza di tette, o di un bel culo sodo. Più preferibilmente di tutti e due, immagino.”
“Quelle sono solo ragazze da una scappatella e via..” Fece una smorfia, accompagnata da un rapido movimento della mano come per glissare l’argomento.
“Perché, esiste una tipologia di ragazza diversa da quella della ‘scappatella’, per te?”
Incrociai le braccia al petto e lo guardai scetticamente inarcando un sopracciglio.
[…]
 “Comunque non esiste solo una ragazza da una scappatella e via per me, per quanto possa sembrare irreale.” Parlò dopo, con espressione assorta.
Cos’era quella, una sorta di confessione del suo animo?
“Perché,vuoi farmi credere che anche se esistesse un’altra versione, non dovrebbe disporre degli stessi requisiti? Ovvero tante tette e tanto culo.”
 “Non mi lamenterei certo, ma non sono quei requisiti ad interessarmi maggiormente.”
“E allora cosa?” Mi ritrovai a chiedergli senza rendermene conto.
[…]
Sospirò, prima di girarsi e fissarmi per qualche secondo come se stesse valutando qualcosa, prima di parlare. “Carattere.” Disse. “È il carattere ad interessarmi.”
 
La prima volta in cui riuscimmo a parlare per ben quindici minuti senza litigare..
 
“Certi giorni non perdi occasione per aprire una discussione o per guardarmi come se avessi la lebbra, e stasera ti metti a provocarmi, perché sai. Sai quanto sia lodevole la tua capacità di portarmi a perdere il controllo e sai della mia indecisione tra lo spaccarti quel visino che ti ritrovi o saltarti addosso per fare qualcosa di completamente opposto.” Le parole sembravano non volersi esaurire, come la mia bocca non aveva intenzione di ritornare serrata.
“Inoltre, non credo che qualcuno ti abbia mai detto quanto tu sia odioso. In caso così fosse,ringraziami perché ci penserò io a farlo ogni giorno della tua vita! Io non capisco cosa ci trovino le ragazze in te,cosa ci trovi io! Insomma,sei un coglione patentato e non serve un genio o un attento analista per capirlo. Per non parlare di quando apri bocca, Dio, a volte penso che non sia necessario tu lo faccia se poi devi solo sparare stronzate! La cosa più preoccupante è che credo sia contagiosa, perché è esattamente quello che sto facendo io ad intermittenza. Parlo, parlo e chi mi ferma più? Oh, non credo possa riuscirci qualcuno, quindi io continuo a parlare perché sono pazza, ma sì dai permettiamoci pure di abbandonarci all’isteria più totale, deliriamo pure! Che tanto questa vita è una merda, quindi che male c’è dirlo ad alta voce in modo da rendere partecipi tutti? Capito bene? Sì, esatto, la mai vita è una merda e tu sei..”
E mi baciò.
Improvvisamente e senza preavviso, afferrò violentemente il mio viso per avvicinarlo al suo e far scontrare le nostre labbra con irruenza.
 
Il primo bacio..
 
In un gesto dettato dalla stizza e dall’irritazione che mi aveva scatenato, lo colpii con un pugno.
[..]Oh mio Dio. L’avevo colpito!
[…] Quando lo vidi avanzare verso di me pretesi le braccia in avanti cercando di respingerlo,ma lui mi attirò da un braccio facendomi scontrare con il suo corpo.
“Cosa c’è Sam, non mi vuoi più fuori dalla tua vita? Hai improvvisamente cambiato
idea e vuoi che ti scombini ancora l’esistenza?” Mi tenne ferma tenendomi dai polsi, mentre io avevo già preso a respirare affannosamente a causa della vicinanza.
[…] Cosa rispondere a quel punto? Verità o bugia?
“Voglio che mi strappi definitivamente dalla ragione.” Verità.
Scosse impercettibilmente la testa ad occhi sgranati, prima di farmi passare una mano dietro la nuca per avvicinarmi a lui.
Respirò sulle mie labbra, prima di travolgermi ancora una volta con il suo sapore e stordirmi i sensi con il suo profumo.
 
La prima volta..
 
“Non esiste nessun cazzo di principino che mi ha spezzato il cuore, semmai uno stronzo colossale. E ce l’ho davanti!” Gli urlai addosso, tirandogli addosso un cuscino.
Capii che l’avessi lasciato di stucco e totalmente sotto shock, perché non si spostò e si lasciò colpire.
“Non ho capito bene..” La voce bassa,rotta. Il suo era più che altro un tentativo per accertarsi che non avesse sentito male. Perché forse sperava di aver sentito male.
Sospirai. “Non è tanto difficile da capire Sven. Ho finito con l’innamorarmi di te, questo è quanto.” Mi strinsi nelle spalle.
 
La prima volta che gli avevo confessato i miei sentimenti..
Strizzai gli occhi e cercai vanamente di interrompere il fiume di lacrime che continuava a scorrere sulle mie guance senza concedermi una tregua.
Ero stanca e spossata, ero ridotta in pezzi ed era soltanto da due misere ore che ci stavo affianco. Ero riuscita a mantenere un buon profilo e un alto livello di benevolenza verso me stessa, fino a quel momento.
Tirai su col naso e mi asciugai gli occhi con un pezzo di carta igienica.
Mi guardai allo specchio: ero un disastro.
Scossi la testa e mi pulii il trucco sbavato, cercando inutilmente di eliminare le tracce delle lacrime.
Una volta ritornata di là avrei avuto l’attenzione di tutti catapultata addosso, e non potevo permettere che mi vedessero in quel modo.
Ispirai ed espirai a fondo, mi impiantai in faccia un sorriso più finto di una banconota da tre dollari, ed uscii.
“Stai bene?” Quasi mi venne un colpo quando sentii quella vocina, e mi portai istintivamente una mano al cuore.
A lato della porta c’era Daisy, e sperai vivamente che non mi avesse sentito piangere.
“Che ci fai tu qui?” Cercai di risuonare più gentile di quanto in realtà non avrei voluto fare.
“Stavo venendo a lavarmi le mani, e intanto volevo assicurarmi di come stessi..” Sorrise.
Se non ci fossi te, la tua insopportabile vocina e il tuo faccino dall’aspetto angelico, ti assicuro che mi sentirei meglio, stronza.
“Bene, solo un calo di pressione.” Mi giustificai nervosamente, prima di mettere fine ai convenevoli e allontanarmi da lei.
Adesso faceva anche la premurosa? Cosa aveva intenzione di fare,farmi venire i sensi di colpa?
Perché lei non era meglio di me, non poteva essere meglio di me.
Perché ero sicura che lei non avesse passato tutto quello che avevo passato io per lui.
Lei non aveva patito le pene dell’inferno pur di starci vicino, io sì.
Strinsi i pugni e ritornai fuori dagli altri, che erano già tutti in piedi pronti ad andarsene.
Mi guardarono tutti, ma mi si avvicinò solo Amy.
“Andiamo a casa nostra ora..te la senti? Non sei obbligata Sam, davvero.” Sussurrò
Me la sentivo? No. Dovevo? Sì.
Mio malgrado mi ritrovai ad annuire, e tutti quanti allegramente ci dirigemmo verso la macchina.
 
Dopo aver fatto fare alla ragazzina un giro della casa, i ragazzi presero a parlottare tra loro delle solite stronzate, mentre noi ragazze ce ne stavamo dall’altra parte della stanza.
Ogni tanto mi sentivo lo sguardo di Sven addosso, ma quando puntualmente mi giravo a controllare, lo trovavo a parlare con Trey come se nulla fosse.
La mia immaginazione stava prendendo una brutta piega.
 
Joe’ pov.
Da quando aveva puntato gli occhi su di lei, all’aeroporto ,erano rare le volte in cui lo distoglieva. La cosa che faceva più ridere era che non sembrasse neanche rendersene conto.
“Andiamo a farci una birra?” Propose Gaz, e tutti annuirono eccetto me e Sven.
Rimanemmo da soli sul divano, mentre loro andavano in cucina per stapparsi una birretta.
Mi avvicinai a lui, sedendomi al suo fianco sul divano.
Era silenzioso, troppo silenzioso per risultare il solito coglione.
“Allora..com’è stato rivederla?”
Beh, forse avrei dovuto usare un po’ più di tatto, ma era da me arrivare al nocciolo della questione.
Sussultò e si girò in mia direzione, prima  di abbandonarsi ad una risata. Ma non era per niente genuina, piuttosto stava cercando di nascondere il nervosismo.
“Non capisco ancora cosa tu ti sia messo in testa. A me non interessa nulla di lei, non me ne frega un cazzo..non più.”
Sorrisi e scossi la testa incredulo.
Era davvero così tonto da non accorgersene o lo faceva apposta?
“Quindi vuoi dire che per te è totalmente trasparente?”
“Esatto.”
Lo sbirciai di sottecchi. “Però l’ha preso abbastanza bene il tuo ritorno, no? Insomma,in gelateria era così sorridente e..” Lo provocai.
“Si stava per mettere a piangere idiota, sei cieco?”
Sorrisi soddisfatto, e lui se ne accorse con qualche istante di ritardo.
Era appena caduto nella mia trappola.
“Oh, fanculo Joe!”
Presi a ridere sguaiatamente, ma dovetti interrompermi quando la diretta interessata si avvicinò a noi.
“Mi serve la borsa.” Disse.
“E cosa vuoi da me?” Ribatté Sven con la sua solita aria da coglione.
“Uno stronzo ci si è seduto sopra. Potresti alzare il tuo culo dalla mia borsa, adesso?”
“Non ne ho voglia.” Sbadigliò lui.
Ridacchiai mentre mi alzavo dal divano e li lasciavo ai loro soliti battibecchi.
Li fissai da lontano, sorridendo e scuotendo la testa.
Forse per loro era tutto finito, seppur fosse chiaro che quella non fosse la realtà.
Bastava guardare nei loro occhi, per accorgersi che li accumunava quell’amore travolgente e senza freni che faceva invidia al mondo intero.
 
Sam’s pov.
“Ripeto. Potresti alzare il tuo culo dalla mia borsa?”
 Se non l’avesse fatto neanche quella volta, l’avrei preso a calci.
“No.” Sorrise soddisfatto, incrociando le braccia al petto con fare risoluto.
“Sven!” E ora perché sentivo quella vocina gracchiante?
“Mi fai una crepes? Ti prego, ti prego!” Si lagnò, appendendosi al suo braccio.
“Hai mangiato il gelato neanche un’ora fa, ma non ti sazi mai? Vorrei sapere dove cazzo lo metti tutto quello che mangi..” Ribatté fissandola dalla testa ai piedi.
“C’è sempre posto per una tua fantastica crepes.” Gli fece gli occhioni dolci.
Un’altra fitta al petto.
 
“Tu..stai cucinando?!” Chiesi con voce stridula e gli occhi fuori dalle orbita.
“Sorpresa!” Fece sarcastico,dato il fatto che gliel’avessi già rovinata.
“Cosa più importante..tu sai cucinare?”
Si girò a guardarmi in parte offeso e in parte scocciato, prima di afferrare una forchetta e puntare un pezzo di carne nella pentola.
Me lo mise in bocca non appena tentai di aprirla nuovamente.
Mi zittii all’istante non appena assaporai quel pezzo di carne gentilmente offertomi.
Ma era..buonissimo! Lo stufato migliore che avessi mai assaggiato!
[…] “E quando hai imparato a cucinare così?!” chiesi esterrefatta.
Ripose la forchetta sul ripiano della cucina, mentre puliva con lo strofinaccio una macchia di sugo che era schizzato di qua e di là.
“Da piccolo volevo diventare un cuoco.. mi piaceva fare miscugli e far sorridere le persone quando assaggiavano qualcosa preparato da me. Così mia madre mi insegnò,seppur anche lei fosse consapevole che non avrei mai potuto avere un futuro simile. Mio padre..” Rise senza allegria. “Non l’avrebbe mai permesso”
Si girò a guardarmi. “Tu sei la prima per cui cucino qualcosa..”
 
Aveva cucinato anche..per lei?
Deglutii cercando di mandare giù il nodo che mi serrava la gola.
Indietreggiai e quella volta non fui abbastanza forte da trattenermi.
Mi girai e feci per darmela a gambe, quando la voce di Joe mi fermò.
“Sam, mi fai il favore di andare a prendere una bottiglia di spumante in cantina?” Dal suo sguardo era chiaro che lo stesse facendo per concedermi una scappatoia meno palese.
Annuii impercettibilmente e mi diressi verso la porta che conduceva di sotto.
Scesi le scale, facendomi luce con il cellulare per non inciampare e rotolare giù.
Presi a frugare tra le varie scatole cercando di darmi una mossa.
Quel posto mi metteva i brividi e, quasi quasi, preferivo vedere la faccia di Sven invece che rimanere là sotto con  il terrore che qualche bestiaccia potesse saltarmi addosso.
“Ma dove accidenti è..” Bofonchiai, mentre frugavo dappertutto.
Quando sentii altri passi scendere le scale, urlai in sua direzione sicura che fosse Joe.
“Joe, non ho idea di dove sia. Insomma, ho scoperchiato metà delle scatole e non c’è niente! Qua c’è solo vino e ancora vino!”
“E tu che ci fai qua?” Mi girai in direzione di quella voce e rimasi basita. Sven.
“No, tu che ci fai qua!”
Nessuno dei due disse una parola in più, quando avvertimmo il rumore della porta richiudersi con violenza. Successivamente il rumore della chiave che girava nella toppa.
Mi schiaffeggiai la fronte con una mano e socchiusi gli occhi.
Avrei dovuto prevederlo..


 
Buonasera bella gente!
Mi odiate? Certo che sì! Tenterò di farmi amare? Ovviamente.
In questo capitolo siamo stati al fianco di Sam, e abbiamo ripercorso insieme i momenti più significativi. 
E' stata una dura botta e soprattutto una nota dolente e malinconica, lo ammetto.
Ma le soddisfazioni presto arriveranno anche per la nostra povera disgraziata.
Non vi faccio spoiler perché, mi sento buona in questo momento ad ammetterlo xD, maaa ho intenzione di regalarvi un nuovo capitolo. IL CAPITOLO DEI CAPITOLI.
Che ne dite? Lo desiderate stasera oppure preferite attendere? A voi la scelta miei cari, sono completamente nelle vostre mani!
Un bacio grande.
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 38
*** Capitolo 37. ***


Corsi su per le scale e tirai la maniglia con forza ,ma niente da fare, era bloccata.
Scagliai dei pugni su di essa, ringhiando a chiunque ci fosse stato dall’altra parte.
“Giuro che, appena esco da qua, me la pagate! Mi avete sentito?! Aprite questa dannata porta!” E  tirai un calcio.
“È inutile che continui a strillare, non apriranno.” Sospirò stancamente Sven.
Gli puntai la luce del cellulare contro, e lo vidi passarsi una mano tra i capelli prima di sedersi sul fondo delle scale.
Ah, quindi si arrendeva così? Neanche qualche urletto isterico?
“Forse cambierebbero idea se anche tu ti mettessi a strillare con me.”
“Lo sai anche tu che non lo faranno. Sarebbero capaci di lasciarci qua sotto anche tutta la notte.”
Rabbrividii. “No, non lo faranno. Sono sicura che tra pochi minuti ci apriranno.”
“Ah, se lo dici tu..” Emise una risata di scherno ma poi rimase in silenzio.
Mi sedetti anche io al suo fianco, cercando però di prendere più distanza possibile.
Là dentro era buio pesto. Potevo avere una mano appoggiata su un ratto e neanche lo sapevo. Il solo pensiero mi fece drizzare i capelli sulla nuca e mi strinsi la mano al petto.
I minuti trascorsero, lenti e asfissianti avvolti dal silenzio.
Ogni volta che captavo un rumore, avvertivo la speranza che qualcuno fosse venuto a liberarmi, e invece quella dannata porta non si apriva mai.
“Ok, forse non ci apriranno così presto!” Sbottai infine.
“Tu credi?” Fu il suo commento ironico.
Ora lo strozzo. Fu quello che il mio cervello registrò.
Lo guardai in tralice, anche se lui non poteva vedermi.
Da una parte per me sarebbe stato meglio così, ma una parte di me voleva guardarlo in faccia.
“Non c’è una dannata luce in questa fottuta cantina? Anche una misera lucina di emergenza, dannazione!” Mi lagnai.
Lo sentii emettere un lamento esasperato, prima che si alzasse in piedi e facesse luce davanti a sé con il cellulare. Dopo poco premette un pulsante e quello stanzino lugubre e vecchio si illuminò fiocamente.
Non era comunque molto.. ma era già qualcosa.
Per lo meno adesso riuscivo a distinguerne i tratti.
Il mio cuore sussultò, e fu in quel momento che realizzai di ritrovarmi da sola con lui.
Dopo un anno.
“Ripensandoci, spegnila. Sono arrivata alla conclusione che ami il buio..” Borbottai, più a me stessa che rivolta a lui.
“No, almeno riesco a guardarti in faccia e posso prenderti un po’ in giro.” Scherzò.
“È proprio questo il punto..” Digrignai i denti.
Cercai di guardarlo il meno possibile, perché quella situazione non era solo imbarazzante.
Era tragica, comica, umiliante, sconveniente, critica, ma non semplicemente imbarazzante.
E guai a chi osasse affermare il contrario! Vorrei vedere voi, rinchiuse in uno stanzino con la stessa persona che vi ha fatto perdere la testa, che vi ha sterminato il cuore sadicamente, e che poi se n’è andato facendo disperdere le sue tracce, per un anno.
Più precisamente per un anno, due mesi, sette giorni.. -guardai l’orologio-  e un’ora.
Lo guardai in tralice, e mi accorsi che mi stesse fissando.
“La smetti di fissarmi? Piuttosto che startene con le mani in mano, prova a fare qualcosa. Che so.. mettiti ad urlare, magari in questo modo la tua fidanzatina verrà ad aprirti.”
Aggrottò le sopracciglia. “La mia fidanzatina?” Domandò confuso.
Ruotai gli occhi al cielo. “Sì, la tua fidanzatina, la tua ragazza, la tua tipa,la tua compare.. insomma, vedi te come la vuoi chiamare. Quella ragazzina con i capelli rossi e il viso di una bambola tonta.” Ringhiai, digrignando i denti per darmi un contegno.
Lui mi guardò per qualche istante come se avesse visto un fantasma, poi scoppiò a ridere.
Io in realtà non ci trovavo nulla di divertente, fossi in lui avrei evitato di farlo.
Andiamo, si ritrovava con appresso non una donna, ma una mocciosetta.
E poi cos’erano quelle lentiggini che aveva sulle guance pallide? Spruzzi di letame?
Per non parlare di quei capelli alla riccioli d’oro di quell’accecante rosso..
“Daisy è lesbica.”
..Oh.
Ma ripensandoci io avevo sempre amato il rosso!
E poi quanto erano tenere quelle lentiggini sulle sue guance?
Per non parlare di quegli occhietti splendenti e radiosi.
Il suo sorriso era un dono di Dio, capace di raggiungere il mio cuore e di stordirmi con il suo calore e.. ok, credo che sarebbe potuto bastare.
Scossi la testa e cercai di non adottare la stessa espressione di una pazza con problemi di controllo. “Lesbica? Ma lei ti stava sempre attaccata al braccio, e ti faceva gli occhioni dolci..per non parlare delle moine raccapriccianti.” Feci una smorfia di disgusto. Decisi di piantarla quando vidi il sorriso appena accennato sul suo volto. “E poi ha detto a Gaz che non ti permetteva di guardarti altrove, quindi ti teneva lontano dalle altre ragazze.” Aggrottai le sopracciglia, evidentemente confusa.
“Daisy è la mia migliore amica ed è un po’ troppo..affettuosa. Inoltre non voleva che andassi con altre ragazze per evitare di fare cazzate..” Si passò nervosamente una mano nei capelli e distolse lo sguardo.
“Cosa ci sarebbe stato di male se tu lo avessi fatto?”
Sbuffò. “Non voleva che le prendessi in giro, ok?”
Lo guardai per qualche istante senza espressione, prima che arrivasse il mio turno di mettermi a ridere.
“Poverina, non sa che è quello che fai da una vita con tutte?” Me compresa, avrei voluto aggiungere.
 Mi guardò malamente e fece per replicare, ma alla fine strinse i pugni e decise di ritornare in silenzio.
“Come te la sei passata quest’anno?” Tentò di cambiare discorso.
Rimasi stupita quando cercò di intraprendere una conversazione apparentemente pacifica.
Come me l’ero passata?
Era stato un’agonia, una tortura inflittami dal destino.
Mi ero trascinata da una giornata all’altra senza il minimo stimolo di alzarmi dal letto.
Vagavo per la città con aria sciupata, venendo quasi arrestata per abuso di droghe.
“Bene.” Dissi invece. “Ho dato gli ultimi esami, e ora sto cercando lavoro. Non appena lo troverò stavo pensando di vendere casa e andare a cercarne una più grande dove..”
“Non mi interessava sapere questo.” Mi interruppe brusco.
Quando alzai il mio sguardo su di lui, lo vidi avanzare lentamente.
Lo sguardo serio, fisso nel mio senza indugio.
“E cosa volevi sapere?” Risi nervosamente,prendendo a indietreggiare.
Incontrai la resistenza degli scalini e caddi all’indietro.
O almeno l’avrei fatto se lui non mi avesse afferrata prontamente per un braccio, attirandomi a lui.
Appoggiai d’istinto una mano sul suo petto e riuscii a sentire il suo cuore battere impercettibilmente sotto il mio palmo aperto.
Ispirai per incanalare ossigeno, e il suo profumo mi entrò nelle narici fino a stordirmi i sensi.
Non era cambiato nulla.. e lo desideravo ardentemente come la prima volta.
Non seppi dove riuscii a trovare la forza per alzare lo sguardo, ma quel che era sicuro era che avessi fatto un errore madornale.
Seppur il posto non fosse illuminato idoneamente, non ci fu cosa che vidi più chiaramente dei suoi occhi.
E mi stupii del fatto che riuscissi ancora a vederci attraverso.
“Quello che intendevo sapere era con quanti ragazzi sei stata prima di dimenticarmi.”
Lo fissai in momentanea sospensione.
Cosa voleva sentirsi dire? Che finalmente me lo fossi tolto dalla testa, o che non l’avessi fatto?
Non ne avevo idea, così decisi di optare per la verità.
“Un po’..” Ammisi, e lo vidi gonfiare il petto, mentre la mascella diventava rigida
e i lineamenti duri. “Ma è stata solo una perdita di tempo perché non sono riuscita a dimenticarmi di te.” Mi stupii del fatto che non ci fu incertezza nella mia voce.
“E com’è possibile?..” Mi chiese fiocamente, cominciando a giocherellare con una ciocca dei miei capelli.
Ed era quello che mi chiedevo anche io..
Perché mi rovinavo ancora l’esistenza nel pensare a tutto ciò che avevo passato insieme a lui?
Perché i suoi occhi mi facevano ancora la stessa paura di prima?
Perché continuavo a pensare che il mio cuore non avrebbe potuto straziarsi per nessun’altro, se non per lui?
Perché continuavo a pensare che la mia anima sarebbe stata irrimediabilmente legata alla sua, per sempre?
E perché, in quel preciso istante, sentivo solo l’istinto irrazionale di baciarlo fino a farmi mancare le forze?
Quello stronzo mi era mancato come il sonno dopo una settimana di astinenza.
E ora ero del tutto prosciugata dalla sua mancanza.
Senza rendermene conto cominciai ad accarezzargli i capelli dolcemente.
Sentivo il mio cervello che continuava ad urlare contro il mio cuore: “Non vuoi proprio capire, eh?!” Eh no, quello stupido muscolo non voleva capire di star continuando a farsi del male.
“Non so come sia possibile..so soltanto che sono ancora schifosamente innamorata di te.” Quella volta la voce mi tremò, e la stessa cosa successe alle mie gambe quando mi tolse la mano dai suoi capelli e si allontanò.
Quel gesto fece doppiamente male.
Come se avesse passato di nuovo quei maledetti metal detector, e mi avesse detto addio una seconda volta.
“Quel giorno in aeroporto mi hai detto che non avresti mai voluto innamorarti di me, e ora mi dici che lo sei ancora? Dimmi che trovi anche tu dell’ironia in tutto questo.” E fu il sorriso freddo che mi rivolse dopo, a ferirmi maggiormente.
Poi ricordai quel giorno..
 
Forse fu per la disperazione, o forse per la rabbia che provavo in quel momento..
Ma dissi quelle parole di cui ero certa che un giorno mi sarei pentita di aver pronunciato.
“Solo, non avrei mai voluto innamorarmi. Non di te.”
L’espressione triste sul suo volto scomparve, venendo nuovamente sostituita da quel suo stato di apatia che gli faceva da scudo.
Se altre volte avevo avuto l’impressione che mi avesse chiusa fuori dal suo mondo, in quel momento ebbi l’impressione che mi avesse sbattuta fuori proprio a calci.
E fece male, dannazione se fece male.
 
E il giorno in cui mi sarei pentita di quelle parole, era arrivato.
Perché avevo capito che lui avesse reagito in quel modo proprio per quello che avevo detto.
Mi aveva sbattuto fuori dalla sua vita quando io avevo desiderato che lui se ne andasse dalla mia, anzi, che non ci fosse mai entrato.
“Ed è per questo che te ne sei andato in quel modo?  È per quella frase del cazzo che mi hai guardata in quel modo, per poi girarti e andartene senza dire una parola in più? È solo per questo che ho passato un anno intero a domandarmi cosa ti avessi fatto per essermi meritata un addio così mediocre? Per aver passato un anno nella speranza di convincermi che non ci fosse stato nulla di sbagliato in me, e che a te non era semplicemente mai importato un cazzo di me?” Mi concessi tre secondi di silenzio per riprendere fiato. “È solo per questo che ho passato un anno della mia vita cercando di odiarti, perché sarebbe stato molto più semplice che amarti e soffrire in quel modo? Spero che tu mi stia prendendo per il culo, Sven..”
Ancora una volta sminuì l’importanza delle mie parole mettendosi a ridere.
“Sono contento che ti abbia ferita perché io volevo ferirti.” Le sue parole furono veleno.
Mi ritrovai a scuotere la testa freneticamente, sperando che le lacrime mi avrebbero appannato la vista ancora quella volta.
In quel modo, almeno, sarei riuscita a cancellare la sua espressione dai miei occhi.
Gli avevo messo il cuore in mano un’altra volta, e aveva fatto esattamente la stessa fine di un anno prima. Aveva lasciato che gli scivolasse dalle mani e che si infrangesse a terra.
“Sai una cosa?” Mi asciugai le lacrime con gesto stizzito e mi feci forza per guardarlo negli occhi. “Odio profondamente quella me che ti ama ancora, quella parte che non può capacitarsi del fatto di poter andare avanti senza di te. Che non accetta il fatto che potrebbe perderti un’altra volta, quella che ha bisogno di te e che non riesce a lasciar andare i ricordi. Odio quella parte di me che ti ama e si affida al cuore, che per colpa tua si ritrova ammaccato, straziato, sfruttato, logorato. Mi odio per il fatto che vorrei tu facessi ancora di me quel che vuoi..” Mi interruppi e lo osservai mentre i suoi occhi prendevano un’altra sfumatura, e rasentavano il tormento.
Tirai su col naso e mi appoggiai l’indice e il pollice sulle palpebre chiuse.
“Devo sapere..” Sussurrai rocamente, sperando che in ogni caso mi avesse sentita.
Rimasi in quella posizione, cercando di incanalare ossigeno.
Me ne sarebbe servito davvero tanto per riuscire a fare quello che avrei voluto fare.
Dovevo conoscere una risposta, mi serviva per andare avanti e mettermi l’anima in pace.
Alla fine, da lui, non avevo mai ricevuto un rifiuto categorico, ed era quella speranza tentatrice che mi legava ancora a lui.
Per andare avanti, avevo bisogno di sentirmi dire che lui non aveva bisogno di me, che non aveva mai avuto bisogno di me.
Doveva darmi un’altra cosa che mi spingesse ad odiarlo, perché al momento non lo odiavo abbastanza.
“Chiedimi quello che devi chiedermi e facciamola finita, sono stanco.” Il suo tono rude mi causò un sorriso amaro, ma cercai di nasconderglielo.
“Quel giorno, quando Brianne..” Mi schiarii la voce. Ritornare indietro a quei momenti fu un’altra batosta per me, ma mi imposi di non ricordarlo oltre e andai dritta al punto. “Forse era per il fatto che mi trovassi tra la vita e la morte, e che stessi lentamente perdendo la cognizione del mondo circostante..ma ho sentito qualcosa. Ora voglio sapere se lo hai detto davvero. Se quelle parole sono solo state frutto della mia immaginazione, o erano reali.” Alzai gli occhi e li puntai nei suoi.
Fui spettatrice di un risvolto inaspettato, perché improvvisamente aveva teso tutto il corpo. Come se fosse pronto a darsi alla fuga da un momento all’altro.
“Cosa?” Fu un sussurro appena percepibile.
Strinsi i pugni e mi feci forza. “Eri innamorato di me? Sei mai stato innamorato di me?”
Rimase immobile per qualche secondo, prima di passarsi una mano nei capelli e ridere sommessamente, dandomi le spalle.
Si sedette a terra e appoggiò la testa contro la parete, reclinandola all’indietro.
Rise senza allegria. “Non puoi farla così semplice.”
Mi feci forza e mi avvicinai a lui per sedermi al suo fianco, in modo da non permettergli ancora di allontanarsi da me.
Mi guardò in tralice ma quella volta non commentò.
“Invece sì, per lo meno dovrebbe esserlo per te. Sei così bravo a rendere semplice ogni cosa estremamente complicata..quindi perché  non dovresti riuscirci anche questa volta?” Mi girai per fissarlo, nonostante la fioca luce non mi permettesse di vederne i tratti in maniera limpida.
“Insomma, cosa vuoi che ti dica?”
Sbuffai esasperata. “Senti, so che per te la verità è un concetto estraneo e terribilmente complesso, ma potresti sforzarti per rispondermi sinceramente? Questo voglio, semplicemente la verità.” Sbottai, e anche lui si inalberò.
“Io non ce la faccio più.” Esplose e si riportò in posizione eretta, scappando da me ancora una volta. Fu per quello che lo imitai e non gli permisi di mantenere le distanze.
Si passò nervosamente una mano sul viso, ispirando a fondo prima di buttare fuori le parole. “No, non posso dire che ero innamorato di te, mi dispiace!”
Cominciai ad annuire impercettibilmente col capo, e quella volta fui io a cercare di evadere da lui.
“Ok. Visto? Non era tanto difficile come pensavi dopotutto, apprezzo che..”
“Vuoi stare zitta per una buona volta? Non avevo finito di parlare!” Mi urlò addosso.
Alzai gli occhi e li puntai nei suoi con fare furente.
“Mi bastava quella risposta,non ho bisogno che tu vada oltre e infierisca su di me perché..”
Uscì dalla sua bocca un lamento esasperato, prima che mi afferrasse da un polso per avvicinarmi a lui. In quel momento sì che mi zittii.
“Non posso dire che ero innamorato di te..” Ripeté, guardandomi dritta negli occhi.
Rimase a scrutarli per attimi che sembrarono eterni, prima di sganciare un sospiro e chiudere i suoi. “Perché io sono ancora innamorato di te.”
Una statua in quel momento sarebbe stata più espressiva di me.
Il mio corpo era immobile, il mio cuore aveva smesso di battere e l’apparato respiratorio aveva smesso di compiere il suo dovere.
Mi ritrovavo ferma con il mondo in sospensione, e pian piano cominciai a capire a pieno anche quello che aveva provato lui.
I miei occhi si riempirono di felicità e al tempo stesso di rabbia.
Rabbia per non avermelo detto prima, e aver permesso che mi struggessi e soffrissi per tutto quel tempo.
Gli colpii la guancia così forte che la mia mano prese a pulsare senza controllo.
Non gli diedi neanche il tempo di riprendersi dallo shock che, non appena riportò i suoi occhi nei miei, gli presi il viso tra le mani e lo baciai.
Per un breve istante lui rimase interdetto, ed ebbi quasi la paura insensata che mi avrebbe respinta.
Poi, quando affondai le mani nei suoi capelli per attirarlo maggiormente a me, si lasciò andare. Mi circondò la vita con le braccia e mi sollevò di quel poco che bastava per essere alla stessa altezza.
Quella volta ebbi davvero la paura di svenire, dato che la stanza avesse preso a girare vorticosamente.
Quel bacio era il più intenso che ci fossimo mai scambiati.
Era il più atteso, il più desiderato, il più passionale, ma anche il più consapevole.
Consapevole del fatto che lui mi amasse almeno la metà di quanto io amassi lui, che lui fosse irrimediabilmente mio e che io fossi sempre stata sua.
Che lui fosse uno stronzo arrogante e io una psicopatica schizzata.
Quale coppia avrebbe potuto essere più perfetta?
Non avevo più la percezione del tempo che scorreva intorno a noi, e dovetti staccarmi da lui solo quando fui definitivamente a corto di ossigeno.
Non gli permisi di allontanarsi e incollai la mia fronte alla sua respirando affannosamente.
Aveva l’espressione seria, ma potei quasi giurare che si stesse trattenendo per reprimere un sorriso.
“Cosa facciamo adesso?” Ebbi il coraggio di chiedere.
“Non lo so, dimmelo tu. Infondo sei tu quella che non avrebbe mai voluto innamorarsi di me.” Notai del sarcasmo nella sua voce, e capii cosa l’avesse fatto arrabbiare tanto.
“Sei davvero arrabbiato per quello?” Risi. “Non hai pensato che se tu mi avessi detto questo prima, io avrei evitato di dire quelle parole?”
Mi ascoltò in silenzio e alla fine fece una smorfia di disappunto.
Sapeva anche lui che avessi ragione, ma non l’avrebbe mai ammesso perché era troppo orgoglioso. Almeno la metà di quanto lo fossi io.
“Cosa devo fare con te? Mi fai così incazzare.. Sei testarda, orgogliosa fino al midollo, e hai una certa capacità di fottermi la pazienza.” Mi accarezzò le guance con i pollici.
Mi distanziai di poco, inarcando un sopracciglio con fare irritato.
“Ti farebbe così schifo tenermi per come sono?”
Sorrise. “Si potrebbe lavorare su qual cosina, ma..”
Scoppiò definitivamente a ridere quando guardò la mia espressione contrariata.
“Scherzavo, ho intenzione di accaparrarmi il pacchetto completo, con tanto di problemi di schizofrenia a parte.” E mi baciò.
Mi staccai da lui con malavoglia,  solo quando mi ricordai di dove fossimo ancora rinchiusi.
“Mi spieghi come facciamo a uscire di qua?”
“Con la chiave?” Rispose, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Con la chiave?” Domandai, sicura di aver sentito male.
“Con la chiave.” Ripeté, tirando fuori dalla tasca dei jeans una cosa di metallo luccicante.
Mi allontanai da lui e presi a boccheggiare.
“Quella è..e tu avevi..” Ispirai a fondo quando capii che in quel modo non sarei arrivata da nessuna parte. “Ora ti prendo a schiaffi.”
Lui sghignazzò e indietreggiò mentre io avanzavo.
“Ho cominciato a dubitare del fatto che Joe avesse qualcosa in mente quando mi ha mandato in cantina a prendere lo spumante, e casualmente eri scomparsa anche te. Sono venuto prevenuto.” Fece spallucce.
“E cosa aspettavi a tirarla fuori?!”
“Era troppo esilarante vederti impazzire, mi dispiace.” Ammise.
“Ah si? Trovavi esilarante il fatto che io stessi convivendo con la paura che un sudicio ratto mi passasse vicino ai piedi o che un ragno si insinuasse nei miei vestiti?”
“Tesoro,tranquilla. L’unico che si insinuerà nei tuoi vestiti sarò io.” Ammiccò, prima che io caricassi in sua direzione.
Scappò da me e infilò la chiave nella toppa nel preciso istante in cui io ero impegnata a prendergli a pugni la schiena.
Corse via lasciando la porta aperta, e a quel punto feci per togliermi una scarpa e lanciargliela.
“Non ci provare.” Mi ammonì, cominciando a camminare all’indietro senza staccarmi gli occhi di dosso.
Ispirai a fondo e lasciai la scarpa al suo posto, prima di schiarirmi la voce e camminare verso di lui con passo risoluto e maturo.
Quando ci passai affianco gli lasciai uno scappellotto sulla testa, a cui rispose con una pacca sul sedere.
Avevo trovato un’altra cosa che amassi, ed era il fatto di scherzare con lui in quel modo.
Quando ci avvicinammo alle voci degli altri presenti in salotto, ci fermammo.
Io ero nel panico perché non sapevo come comportarmi.
Lui mi fissò e sospirò, poi però sorrise.
“Eh va bene..che imbarazzo sia.” Concesse infine.
Varcammo la soglia l’uno affianco all’altra, sotto un pubblico sconcertato.
Non credo di aver mai preso parte ad un silenzio così imbarazzante in tutta la mia vita. Non volava neanche una mosca.
Sven restò fermo alcuni secondi al mio fianco, studiandoli uno dopo l’altro.
Poi si strinse nelle spalle, si sporse su di me e mi diede un bacio.
Ed il pubblico delirò.
 
I ragazzi se n’erano andati verso l’ora di cena, ed eravamo rimati solo io, lui, Trent, Amy e Daisy.
Avevo scoperto che l’amica era venuta qua con lui per passare un po’ di tempo con la ragazza, che abitava là.
All’improvviso mi sentii quasi in colpa per averla trattata così freddamente.
Tutti quanti eravamo stravolti.
Amy e Trent lo erano per i preparativi del matrimonio, e anche per aver scoperto che io e il diavolo stessimo ormai ufficialmente insieme.
Mentre Daisy era solo stanca per il lungo viaggio.
Ero seduta sul divano del salotto, emettendo più sbadigli di quanti ne avessi fatti in tutta la mia vita.
Quella giornata mi aveva sfinito anima e corpo, e l’unica cosa che volessi fare era buttarmi nel mio letto caldo.
Mi riscossi dai miei pensieri quando sentii Sven sollevarmi dalla vita e trascinarmi sulle sua ginocchia.
Rimasi interdetta e lo guardai sorpresa.
Dovevo ancora abituarmi a tutto quello..
“Non so te, ma io ho voglia di andarmene da qua e chiudermi in camera a inaugurare il nostro incontro dopo un anno..” Sussurrò al mio orecchio, facendomi venire la pelle d’oca.
Sì Sven, prendimi immediatamente e fammi tua!
Quello era ciò che la vocina all’interno della mia testa diceva,ma decisi di mandarla a tacere. Avevo sofferto per un anno intero, ora volevo che fosse anche un po’ lui a farlo.
“Per dormire immagino. Anche perché io sto morendo di sonno e non credo di poter dare il meglio di me.” Simulai un finto sbadiglio.
Lui mi circondò la vita con il braccio, facendo cadere lo sguardo sull’orologio che portava al posto. Era già mezzanotte.
“Dormire, dici..” Commentò pensieroso. “Sì, credo che tu possa farlo quando questa lancetta arriverà qua.” Seguii ciò che mi stava indicando con il dito, impallidendo quando vidi che segnava le quattro del mattino.
“Tu sei totalmente impazzito.” Scossi la testa e feci per alzarmi dalle sue gambe, ma lui mi tenne premuta contro di lui con la forza.
Feci per obiettare, ma le parole mi morirono in gola quando prese a baciarmi il collo.
“Così è ingiusto, però..” Dissi fra i denti.
Lui emise un risolino, prima di tornare a dedicarsi al mio collo.
Trattenni il respiro e alla fine non ce la feci più.
Balzai in piedi, attirando l’attenzione degli altri tre che intanto stavano parlottando tra di loro.
“Io vado a dormire.” Annunciai con voce stridula, schiarendomela subito.
“Eh no, noi andiamo a dormire.” Non ebbi il tempo di obiettare che mi caricò in spalla.
Certi vizi erano duri a morire a quanto pare..
“Sven, mollami!” Scalciai e urlai, mentre lui incurante mi trascinava verso le scale.
“I preservativi, screanzato!” Sentii la voce di Daisy che gli urlava dietro, prima di avvertire qualcosa di solido colpirmi il sedere.
“Scusa Sam!” Si affrettò a urlare, una volta resasi conto di avermi colpita.
Sven si abbassò sul pavimento e raccolse la scatola, prima di riservare un saluto ai restanti in soggiorno.
“Buonanotte Daisy e.. Trent, Amy.” Li richiamò. “Cercate di non fare troppo rumore stanotte.” Ammiccò in direzione della sorella, che divenne rossa fino alla punta dei capelli e gli lanciò dietro un cuscino.
“Piuttosto voi cercate di non fare rumore!”
Sven sghignazzò e mi lasciò una pacca sul sedere. “Dovresti dirlo alla tua amichetta, a quanto pare strillare è una delle sue doti naturali.” Commentò.
Gli lasciai un morso sulla spalla che lo fece gemere, prima che ripartisse lungo le scale.
Entrò al suo interno e se la richiuse alle spalle con un calcio.
Non ebbi il tempo di mettere a fuoco lo sguardo, una volta ritornata con i piedi per terra, che incollò le mie labbra alle sue con irruenza.
Cercai di sottrarmi ma alla fine cedetti, e mi ritrovai ad indietreggiare mentre lui avanzava in direzione del letto.
Caddi sopra di esso e lui mi sovrastò con il suo corpo.
Continuò a baciarmi come se fossi la sua unica ragione di vita, prima di inoltrare una mano sotto la maglia e sfilarmela con un ringhio frustrato.
 Si sollevò con i gomiti per osservarmi. “Reggiseno nuovo?” Commentò con un sorriso malizioso, una volta visto il nuovo intimo rosso che avevo comprato neanche una settimana prima.
“Gancetto frontale.” Dissi, prima di aprirlo e lasciarlo ricadere sul letto.
“Lo adoro.” Commentò,prima di riabbassarsi per torturarmi il collo, fino ad arrivare all’incavatura del seno.
Gemetti pateticamente e lui rise sulla mia pelle, sollevandosi un’altra volta per fissare la mia espressione.
“Erano bravi quei pivelli con cui sei andata a letto?”
Era chiaro che volesse sentire una risposta negativa, ma mi ero già spinta troppo oltre con le smancerie quella sera,quindi mi limitai a provocarlo.
“Sì Sven ,erano così focosi.. ci sapevano davvero fare e inoltre..”
“Zitta.” Mi interruppe torvo, prima di riacquistare quel suo solito sorrisetto. “Sappi che stanotte non ti concederò un minuto di pausa.” Ammiccò,prima di saltarmi letteralmente addosso.
Mantenne fede alla sua parola, e mi prese più volte nel giro di tre ore.
Alla fine ero stravolta, sfiancata e sfinita, ma davvero tanto ma tanto felice.
Quella notte non ci limitammo a fare dello squallido sesso, ma facemmo l’amore con la consapevolezza di entrambi.
Quando mi sdraiai al suo fianco, sul suo petto, avvertii il ritmo del suo cuore andare in sincrono con il mio. Quel suono divenne la mia melodia preferita.
Mi vennero in mente tutte le volte in cui, durante quell’anno , ero entrata nella sua camera e mi ero buttata nel letto cercando di avvertire ancora il suo profumo.
Mi ricordai anche di tutte le volte in cui avevo allungato una mano e non avevo incontrato altro che l’aria, invece che il suo petto caldo e muscoloso.
Lo rifeci in quell’istante e, quella volta, la mia mano si scontrò con il suo petto e inalai il suo profumo. E, quella volta, non fu solo un sogno ma la realtà.
“Ti amo fottutamente, psicopatica.”
Chiusi gli occhi e mi concentrai sul suono di quelle parole, prima di stringerlo più forte a me. Non mi sarei mai stancata di sentirmele dire, non da lui.
“Ti amo anche io, stronzo.”


 
Eccoci ritrovati bella gente!
Mi sentite urlare? Ebbene sì, lo sto facendo, perché guardate che non eravate gli unici ad aspettare questo momento!
Per la prima volta pubblico un capitolo con il cuore leggero, felice del fatto di non aver fatto accadere altre possibili catastrofi.
Spero di essermi in parte fatta perdonare per l'attesa asfissiante e di aver riparato i vostri cuori infranti!
Per lo meno, ora quello di Sam lo è! 
L'amore rende così belli, non trovate? E a me, i nostri carissimi due amichetti, appaiono pieni di luce finalmente!
Anche una coppia stravagante e scoppiata come loro, ha finalmente trovato il suo lieto fine.
Ma.. non è finita qua!
Non spaventatevi, non ci saranno altri risvolti catastrofici! Andiamo, ne abbiamo avuto tutti abbastanza!
Il prossimo capitolo temo che sarà l'epilogo. Mi si stringe il cuore ad annunciarlo, ma per lo meno potremo vedere che fine avranno fatto i nostri due protaonisti nel tempo successivo alla dichiarazione!
Vi ringrazio moltissimo per tutto il tempo dedicatomi!
Un bacio, alla prossima..e ultima *sigh sigh* T^T.
Xoxo. Heartless.

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Capitolo 39
*** Epilogo. ***


2 mesi dopo..
 
“Mia sorella sta per sposarsi..”
Erano quelle le parole che Sven stava ripetendo da tutta la giornata, ed ero sfiancata di sentirgliele pronunciare ancora.
Rimaneva seduto sul divano, con la testa tra le mani, a ripeterlo ossessivamente fino a farmi venire la nausea.
Prima attendevo il giorno del matrimonio con ansia e ora, per colpa sua, stavo cominciando ad odiare quell’evento.
Alzai gli occhi al cielo e mi diressi verso la porta quando sentii il campanello trillare.
Non appena aprii, mi ritrovai davanti il volto sorridente dei ragazzi, che cambiarono espressione una volta notato il mio viso sfinito.
“Che succede?” chiese prontamente Joe.
Sospirai e mi massaggiai le tempie con una mano. “È da tutto il giorno che ripete come un malato che sua sorella sta per sposarsi, non ce la faccio più a tollerarlo.” cominciai a frugare nella tasca posteriore dei jeans, e mi illuminai quando le mie dita vennero a contatto con qualcosa di cartaceo.
“Do venti bigliettoni a chi si offre per dargli una botta in testa e metterlo a tacere.”
Prima risero pensando che stessi scherzando, ma quando notarono la mia espressione seria, si fecero seri a loro volta.
“Io non lo faccio, ho già dei trascorsi con lui che mi farebbero uccidere all’istante..” se ne tirò fuori Jay.
Guardai quindi Trey e Gaz, che a loro volta alzarono le mani in segno di resa, facendo un passo indietro.
Vigliacchi.
Mi girai in direzione di Joe quando lo sentii sfilarmi la banconota dalla mano per mettersela in tasca.
“Ci penso io.” fece spallucce e si sistemò la giacca, prima di entrare in casa con un sorriso a 32 denti.
“Sven!” lo salutò raggiante, camminando verso di lui con le braccia aperte.
Notai il mio amorevole fidanzato, alzare la testa per incontrare la figura del cugino.
“Mia sorella sta per sposarsi..” ripeté ancora.
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo, prima di richiudere la porta nel preciso istante in cui avvertii Joe rifilargli una bottai in testa.
Speravo che quello sarebbe servito per tenergli la bocca tappata per almeno le restanti ore del giorno.
 
Era l’ennesimo bicchiere di vino che Sven buttava giù e, se avesse continuato su quella strada, gli avrei fatto percorrere il percorso verso casa strisciando.
Gli tolsi di mano il bicchiere quando tentò ancora di riempirselo, guadagnandomi una sua occhiata lancinante.
Non disse una parola e si limitò a prendere il mio bicchiere per riempirlo.
Sbuffai. “Sei ancora arrabbiato con me?”
“Tu che dici? Non è sicuramente per causa mia che ho un occhio nero, ma piuttosto la colpa è della mia dolcissima fidanzatina. La stessa che ha pagato mio cugino per mettermi al tappeto.” mi guardò eloquentemente.
“Stavi delirando, dovevo fare qualcosa..” mi giustificai.
“Così hai pensato di pagare mio cugino per farmi un occhio nero.” ripeté per l’ennesima volta, portandomi all’esasperazione.
“Ah, e va bene!” mi alzai da tavola sbattendo il tovagliolo di stoffa sopra di esso.
“Si stanno tutti godendo questo fantastico giorno. Sono tutti felici di star partecipando a questo matrimonio strepitoso, quello di tua sorella, ma tu continua pure a comportarti così.” e con quelle parole me ne andai, uscendo nel giardino esterno.
Mi sedetti su una sdraio a bordo piscina, mentre ascoltavo le urla degli invitati e la musica mi rimbombava nelle orecchie.
Poco dopo mi venne incontro la sposina, porgendomi un bicchiere di champagne che accettai di buon grado.
“E adesso che ha mio fratello?” domandò esasperata, sedendosi al mio fianco.
“Ma che ne so..” grugnii infastidita, lanciando un’occhiata in sua direzione. “Avrà le sue cose.”
“Che succede? Devo chiamare l’autista della limousine per farti fare un giro così ti calmi?” arrivò la voce di Trent, che si posizionò davanti a me con le braccia incrociate e un sorriso divertito.
“L’unica cosa che potrebbe calmarmi in questo momento, è sapere che Sven Clark è stato spedito sulla luna con un razzo nel..”
“Stop!” mi interruppe Amy, prima che potessi dar sfoggio della mia finezza.
Ispirai e raccolsi la pazienza. “Ragazzi, non dovete stare qui con me. Insomma, è il vostro giorno e a me non è successo nulla di diverso dal solito. Litighiamo un giorno sì e l’altro pure, quindi non è una novità.  Me la so cavare benissimo da sola.” e dicendo quello, gli spinsi in direzione dell’entrata per invitarli ad andare a divertirsi.
“Guarda che se mamma ti vede qua fuori, è capace di tirare su un casino. Con tutte probabilità, se scopre che Sven ti ha fatta arrabbiare, lo spedirà davvero sulla luna..” rise Amy.
Oh sì che lo sapevo, io amavo quella donna dal sadismo represso.
“Ben venga. Ora andate!” gli spronai ancora.
Mi lanciarono un ultimo sguardo indeciso, prima di ritornare dentro e lasciarmi da sola.
E così era riuscito a rovinarmi anche quella giornata.
Ma non era una novità, dato che tra di noi succedeva il finimondo pressoché ogni giorno!
In quel preciso istante partì un lento, e mi schiaffai una mano sulla fronte con fare frustrato.
Avevo aspettato quel momento per tutta la giornata per ballare insieme a lui e, quando finalmente era arrivato, ero momentaneamente senza partner.
Che vita di merda.
Sbuffai, prima di inclinarmi in avanti e appoggiarmi con i gomiti sulle ginocchia.
Mi lasciai cullare malinconicamente dal suono di quella melodia, mentre la rabbia si trasformava in tristezza.
Perché dovevo essere sempre io a starci male, ogni volta?
Che se ne andasse a farsi fottere, una volta per tutte!
Mi alzai con uno sbuffo e feci per ritornarmene dentro, quando mi scontrai contro qualcuno.
Alzai gli occhi e..oh guarda un po’,era proprio lui.
Mi guardai indietro. E causalmente c’era una piscina che aspettava soltanto che io ce lo buttassi dentro.
“Scusa, sono stato un coglione.”
Quando sentii quelle parole, i miei pensieri sadici nei suoi confronti sembrarono evaporare.
“Sì, sei un imbecille.” rammentai.
Mi afferrò dolcemente da un polso e mi attirò a sé,imprigionandomi al suo corpo.
Prese a muoversi lentamente,costringendomi ad andare in sincrono con lui.
“E tu sei isterica, ma non te lo ricordo ogni giorno.”
“Sì invece che lo fai.”
Sorrise. “Però ti amo lo stesso.”
Misi su il broncio e mi imposi di non rispondere.
Non se la sarebbe cavata tanto facilmente.
Mi passò due dita sotto il mento e mi girò il viso in sua direzione per farmi scontrare con i suoi occhi.
“Allora, facciamo la pace?” mi spronò.
Mi persi a fissare i suoi occhi e feci per scuotere la testa, ma rimasi totalmente paralizzata sul posto.
Dal suo sorriso soddisfatto, ero sicura che lui sapesse a cosa stessi pensando.
Gli diedi un pugno sul braccio. “Così non vale, premi sui miei punti deboli per farmi cedere..” mi lamentai.
“Oh no, premerei sui tuoi punti deboli se facessi questo.” e si chinò su di me per baciarmi delicatamente il collo, soffermandosi più del dovuto sul mio punto sensibile appena sotto l’orecchio.
Mi uscì un gemito indistinto che lo fece sorridere sulla mia pelle.
“Litighiamo in continuazione.” dissi, senza una logica.
“Lo so.”
“Di questo passo finiremo all’inferno..”
Si staccò dal mio collo e rise per la drammaticità delle mie parole, prima di appoggiare la fronte contro la mia.
“Lo so, ma lo faremo insieme.”
Chiusi gli occhi e sospirai. “Però ti amo.”
“Anche io Sam,  anche io.”
 
1 anno dopo..
 
Dopo tanti sforzi, ci eravamo trasferiti a vivere insieme in un appartamento al ventesimo piano di un magnifico grattacielo di New York.
Come andavano le cose? A gonfie vele!
Eravamo diventate persone mature, che si confrontavano apertamente su pensieri e decisioni per il futuro, che riuscivano a dialogare senza lanciarsi addosso qualcosa e che..
“Dove diamine è finita la mia chiavetta USB? L’avevo appoggiata sul tavolino di cristallo, Sam!” mi urlò dal soggiorno.
“Allora sarà sul tavolino di cristallo!” gridai di rimando.
“Ovviamente no, c’è di tutto tranne che la mia chiavetta USB. E tra l’altro, credo che la destinazione dei tuoi calzini sia nel cassetto, non sul pavimento!”
“La destinazione delle mie cose, è dove dico io!” ribattei,alzando ulteriormente la voce.
Cosa avevo detto? Due persone mature che sanno relazionarsi.
“Fai come ti pare, basta che io riesca a rintracciare il mio spazio vitale!”
Mi alzai in piedi con uno sbuffo e mi diressi verso il soggiorno a passo di marcia.
“Mi dispiace ricordartelo tesoro, ma tu non ce l’hai più un tuo spazio vitale!”
Lasciò ricadere il portatile sul divano con un ringhio frustrato, prima di girarsi in mia direzione  con espressione esasperata.
Aprì bocca per dirmi qualcosa, ma poi la richiuse decidendo di cambiare prospettiva.
“Oh, vai al diavolo!”
Spalancai la bocca in una ‘o’ perfetta, oltraggiata dalle sue parole.
Mai nessuno in tutta la mia vita, aveva osato mandarmi al diavolo.
“E ora dove sono le chiavi della mia macchina?” bofonchiò, mentre si toccava le tasche del giubbotto alla loro ricerca.
Avevo capito cosa volesse fare: voleva darsela a gambe!
Un’altra volta.. aggiunse l’insopportabile vocina all’interno della mia testa.
Poi i miei occhi caddero sul suo mazzo di chiavi, nel preciso istante in cui lo fecero i suoi.
Quanta distanza mi separava da loro? Probabilmente un metro.
E quanta da lui? Probabilmente due.
Beh, ero avvantaggiata!
Mi lanciai sulle chiavi prima che potesse farlo lui, ridendo in modo goduto davanti alla sua espressione pallida.
“Sam, riporta immediatamente qua con quel fottuto mazzo di chiavi!” mi urlò dietro, seguendomi quando presi a correre in direzione del bagno.
Se le buttavo nel cesso, rischiavo di otturarlo? Pazienza, l’avrei scoperto a breve.
Non.provarci.” scandì minacciosamente.
“Minacciarmi non aiuterà a migliorare la tua situazione..” canticchiai allegra, mentre le tenevo sollevate da un dito sopra la tazza del water.
Con un minimo spostamento d’aria, sarebbero cadute irrimediabilmente al suo interno.
Si passò una mano sul volto, con fare stravolto. “Ok, ragioniamo.” concesse.
“Dovevi pensarci prima di mandarmi al diavolo.” sorrisi innocentemente, mentre le lasciavo scivolare dalle mie dita e cadere all’interno del water.
Pluf.
Non gli diedi il tempo di reagire che premetti sullo scarico, mandandole a fondo.
Le guardò scomparire al suo interno con le mani nei capelli e il viso pallido.
Mi beai per qualche istante della sua espressione sofferente, prima di uscire dal bagno per andare a chiudermi nuovamente in camera.
“Così vuoi la guerra?” sentii che mi urlava.
“Quella sarebbe dovuta essere stata la mia domanda, e in ogni caso la risposta rimane la stessa: che guerra sia!” e mi richiusi la porta della stanza alle spalle con un tonfo.
Brutto stronzo..te la faccio vedere io.
Mi diressi a grandi falcate verso l’armadio e staccai dall’appendi abiti le sue amate camice,divise per colore e fantasia.
Sorrisi gongolante, prima di dirigermi in soggiorno con passo sicuro.
Camminai verso la finestra che dava sulla strada, aprendola con fare stizzito.
Lui si accorse con qualche istante di ritardo di cosa stessi complottando, perché troppo assorto dal contemplare il suo amato portatile.
Gliele feci oscillare sotto gli occhi,facendolo impallidire.
Balzò in piedi ma fu troppo tardi.
Allungai una mano fuori dalla finestra, prima di aprirmi in un espressione fintamente raccapricciata e farle ricadere di sotto.
“Cazzo!” imprecò, pestando un piede a terra.
Sorrisi soddisfatta, ma in quel momento venni distratta dalla suoneria del mio cellulare.
“Pronto? Ah, ciao Adison..” presi posto sul divano, mentre lui si volatilizzava.
“No,tutto magnificamente.. come vanno le cose tra me e Sven? Non potrebbero andare meglio, devi vedere che intesa e..” mi girai in direzione dell’ingresso del soggiorno quando avvertii un rumore, e lo vidi camminare in direzione della finestra.
Quella volta con le mie magliette tra le mani.
“Ti devo richiamare.” chiusi la comunicazione con effetto immediato, prima di buttarmi su di lui per cercare di sbarrargli la strada.
“Non provarci. Quella me l’ha fatta mia madre all’uncinetto!” gliene indicai una, per poi tirarla dal lembo sperando che l’avrebbe lasciata andare.
“Quale, questa?” la alzò tenendola fra l’indice e il pollice, mentre se la rigirava.
“Sì, proprio quella.”
Fece spallucce. “Allora dovresti ringraziarmi perché è orribile.” mi scansò di lato, e le lanciò dalla finestra.
Repressi un urletto isterico e feci vagare nervosamente lo sguardo intorno a me.
I miei occhi si posarono sulla palla di vetro in cui nuotava allegramente il suo pesciolino Fish.
Che poi, ‘Fish’..che razza di nome originale per un pesce!
Allungai la mano in sua direzione e feci per buttarla di sotto senza preoccuparmi di calcolare i danni.
“No, no, no !” urlò Sven, prima di afferrare rapidamente un bicchiere e immergere una mano nell’acqua per recuperare Fish prima che potessi lanciarlo di sotto insieme alla sua casetta.
Si diresse verso la cucina con rapide falcate, riempiendo il bicchiere d’acqua prima che morisse disidratato.
“Stavi per uccidermi Fish!” mi strillò contro gesticolando, rosso in viso.
Alzai gli occhi al cielo.“Ah giusto, dimenticavo fosse lui il vero amore della tua vita!”
Non mi prestò ascolto e raccolse dal tavolino le mie riviste, fino a riempirsi le braccia.
Quella volta fui io a impallidire.
“Posale, e intendo ora Sven!”
Mi ignorò e lanciò anche quelle dalla finestra.
“Ora siamo pari” disse, con espressione soddisfatta.
Lo guardai furente, prima di girare i tacchi e correre verso la nostra camera, sbattendomi la porta alle spalle.
Mi buttai in mezzo alle coperte e passai la successiva mezz’ora del mio tempo a lanciargli maledizioni.
Perché tra di noi finiva sempre così?
Perché non potevamo comportarci come una coppia normale?
Non ebbi il tempi di trovare una risposta a quelle domande, che la porta della stanza si aprì e la sua faccia fece capolino al suo interno.
“Sparisci!” gli urlai contro, lanciandogli addosso una scarpa.
Non avevo idea da dove fosse uscita fuori, ma poco importava.
Ignorò le mie proteste e fece il suo ingresso, sedendosi poi sul letto accanto a me.
Lo guardai imbronciata, prima di incrociare le braccia al petto e distogliere lo sguardo.
Era insopportabile, e io dovevo ancora capire perché continuassi a stargli dietro.
“Potresti guardarmi?” domandò irritato.
“Certo che no!” risposi piccata.
Lo sentii ispirare a fondo, per poi espirare lentamente. “Mi mandi in bestia..”
Cinque secondi dopo mi aveva preso il viso tra le mani, girandolo in sua direzione con la forza.
Mantenni la mia espressione fredda finché i miei occhi non entrarono in rotta di collisione con i suoi, a quel punto li richiusi per non cedere.
“Sven, hai buttato di sotto la mia roba e..”
“Guarda che sei tu che hai incominciato” mi interruppe.
“Perché tu me ne hai dato motivo!”
“Se tu forse ti impegnassi per non far assomigliare questa casa ad un mercatino dell’usato..”
Aprii gli occhi e lo guardai in tralice, e lui sorresse il mio sguardo freddamente.
“Basta, non ti sopporto più. Io me ne vado!” lo spinsi dal petto e feci per allontanarlo, ma lui mi trattenne per i polsi e mi vietò di darmi alla fuga strategica.
Mi prese dalle guance con forza, prima di far combaciare le mie labbra con le sue.
In meno di un minuto mi era già passato tutto, ma non poteva cavarsela così facilmente ancora una volta.
Gli morsi con forza un labbro, costringendolo ad allontanarsi.
“Sei completamente impazzita?” mi urlò contro, di nuovo.
Alzai gli occhi al cielo e scesi dal letto.
Mi avviai verso l’armadio e cominciai a mettere dentro la sacca lo stretto indispensabile.
Avevo bisogno di una pausa da lui e dalla sua ottusità.
Presi a borbottare nervosamente tra me, senza accorgermi che lui si fosse nuovamente avvicinato.
Mi circondò la vita con le braccia e appoggiò il mento sopra la mia spalla, sfiorandomi la guancia con i suoi capelli.
A quel punto prese a baciarmi lentamente il collo.
“Non ti sopporto più Sven, ma lo vedi come fai? Un attimo prima mi urli addosso e mi dici di andare al diavolo, mi dichiari guerra. E l’attimo dopo entri in camera pretendendo di fare la pace e inizi a comportarti..così e..”
“Se vuoi continuare a strillare e ad arrabbiarti, fai pure. Io intanto continuerò a baciarti” e mi riempì il volto di baci soffici e caldi.
Sospirai sconfitta e mi girai verso di lui per fronteggiarlo, rimanendo però sempre imprigionata tra le sue braccia.
“Forse è meglio che io vada via per qualche tempo..” tentai ancora, anche se non ne ero già più tanto convinta.
Si staccò dal mio collo e mi guardò nervosamente con un sopracciglio inarcato.
 “Vuoi prenderti una pausa..da me?  Non vuoi più stare con me?” non sembrava crederci neanche lui, e francamente neanche io.
“Perché dovremmo ancora stare insieme Sven? Insomma guardaci!  Non facciamo altro che litigare tutto il tempo e urlarci addosso.  Sai quanti vasi ho dovuto ricomprare in questo mese? Sette, sette cazzo di vasi!”
Sorrise scuotendo la testa. “Lo so Sam, ma noi siamo fatti così. Litighiamo, e lo facciamo per gran parte del tempo, ok.. Tu dici a me quanto sia uno stronzo arrogante e io dico a te quanto tu sia un isterica con problemi a gestire la rabbia. Ed è da ammettere che, entrambi, abbiamo anche ragione.”
Misi il broncio e presi a borbottare “Io non sono un’ isterica con..”
Il suo sguardo eloquente mi fece zittire, e mi ritrovai ad annuire impercettibilmente per dargli ragione.
“Quindi che si fa? Non andremo da nessuna parte in questo modo.” dissi.
Sospirò e si avvicinò nuovamente a me.
Sollevò l’orlo della mia maglietta e cominciò a disegnare figure astratte sulla mia schiena. Giocava sporco, molto sporco.
“Che si fa? Non so te ma a me non dispiace come siamo,proprio perché siamo io e te insieme a essere così. E inoltre, non me ne frega un cazzo se rischi di farmi ammattire sul serio, perché io voglio te. E quando dico che voglio te, intendo dire che voglio tutto di te. Compresi gli effetti collaterali e tua la parte isterica e rabbiosa” rise, lasciandomi un bacio sul naso.
Lo guardai con occhi lucidi, mentre mi scioglievo in un brodo di giuggiole.
Dannazione, aveva vinto ancora una volta!
Ma finché la sua vittoria comprendeva il restare insieme, mi sarebbe andata bene.
Sospirai con fare arrendevole, gli buttai le braccia al collo e lo baciai.
Ridacchiò quando si staccò da me. “Lo sapevo che ti avrei fatta cedere.”
Non ebbi il tempo di reagire che mi sollevò dalle gambe, costringendomi ad arpionarle intorno al suo bacino per risparmiarmi di finire con il culo per terra.
Ci liberammo dei vestiti alla velocità della luce, rimanendo distesi l’uno affianco all’altro ad accarezzarci e a sentire quanto ci amassimo.
In quel modo, semplicemente noi, senza maschere o ammassi inutili di stoffa a separarci.
Facemmo l’amore non con il corpo ma con gli occhi, sfiorandoci con amore, senza fretta.
Per me, i suoi occhi, erano sempre stati i più belli che avessi mai visto.
Non perché fossero di un bell’azzurro o di un acceso verde accecante.
Amavo ciò che mi trasmetteva emozioni. E, i suoi occhi, erano un emozione allo stato puro.
Erano amore, passione, adrenalina..erano vita. Erano la mia vita. Lui era la mia vita.
E, ogni volta che mi perdevo ad ammirarli, mi innamoravo di lui sempre una volta in più. Con più passione, con più disperazione, più ardentemente.
Alzò una mano e mi sfiorò il viso, prima di baciarmi e muoversi lentamente sopra di me.
Continuò a baciarmi senza fretta, concentrandosi sull’amore che mi stavo impegnando per trasmettergli.
Mi accarezzò il corpo sfiorandolo impercettibilmente, mentre una scossa elettrica mi attraversava la colonna vertebrale.
Lo guardavo negli occhi, e pensavo non ci fosse cosa più bella che avessi visto. Ed era mio. Mio davvero, ufficialmente.
Dopo tutte le sofferenze, i pianti, le notti in bianco passate a pensare a lui.. avevo finalmente tagliato quel traguardo e l’avevo raggiunto.
L’amore non era soltanto amore e basta, l’amore era anche felicità.
Io avevo sempre sottovalutato questo sentimento, non mi era mai parso necessario provarlo nella mia vita. Pensavo semplicemente di bastarmi.
Avevo la folle convinzione che, nella mia vita, bastassi solo io per continuare a viverla.
Capii troppo tardi di non starla vivendo, ma di starla solo buttando via.
Era questo che aveva fatto inconsapevolmente Sven: mi aveva insegnato a vivere.
Aveva ribaltato le mie convinzioni e adesso, quella che più ardeva in me come un fuoco inconsumabile, era che fossi innamorata di lui. Che mi innamorassi di lui ogni giorno di più.
Sospirai e gli accarezzai i capelli, mentre lui si abbassava su di me e mi baciava dolcemente il collo.
All’improvviso rise,  si fermò e alzò la testa sopra la mia.
“Cosa c’è?” domandai.
Mi guardò come se fossi la cosa più bella del mondo. “Sai una cosa?”
Scossi la testa. “Cosa?”
“La mia vita avrebbe fatto schifo senza te..."
My life would suck without you…

 
Ed eccoci qua arrivati al grande finale!
Che dire.. beh, scusatemi ma le parole fanno fatica ad uscirmi in quanto sono leggermente commossa T^T.
Insomma, per me questa storia è stata un grande traguardo.. 
Mi sono sempre sentita una scrittrice incompleta, un po' come lo erano sempre state le mie storie.
Questa è stata un grande traguardo per me, nonché la mia prima vera e propria creazione.
Se ripenso al tempo che ho impiego per produrla, e in quanto poco tempo abbia già termianto la pubblicazione, beh.. fa un certo effetto.
Ci tengo anche a fare un annuncio, se così si può chiamare.
Ho intenzione di provare a cimentarmi in una storia fantasy, perché quest'ambito è sempre stato un mio blocco.
Se un giorno riuscirò ad abbatterlo mi potrò sentire definitivamente soddisfatta!
A questo proposito avrei piacere che, sempre se qualcuno avesse voglia, tempo e idee, mi aiutasse a trovare l'ispirazione.
Potete suggerirmi qualsiasi cosa e io cercherò di tirare su una storia con cui potervi ancora intrattenere, basta contattarmi per messaggio privato.
In ogni caso Sven, Sam, così come tutti gli altri personaggi rimarranno per sempre nel mio cuoricino sadico :')
E, come loro rimarrano nel mio cuore, anche voi lo farete!
Non posso esprimervi a parole il mio apprezzamento nei vostri confronti, nei confronti della dedizione con cui avete seguito la storia e recensito. E ancora un grazie per essere sempre riusciti a strapparmi un sorriso anche nelle giornate  NO!
Vi stringo ancora una volta forte!
La vostra sadica senza cuore xD.
Xoxo. Heartless.
 

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