Veritas Veritas - Libro I: La cosa venuta dalle stelle di Ashura_exarch (/viewuser.php?uid=632781)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I: Uno strano oggetto ***
Capitolo 2: *** Capitolo II: Il fuggitivo ***
Capitolo 1 *** Capitolo I: Uno strano oggetto ***
Capitolo I: Uno strano oggetto
Si stava
proprio bene quel giorno: in cielo non c'era nemmeno una nuvola, e
l'occhio poteva spaziare in infinite direzioni senza che lo stupendo
colore azzurro variasse. "Era l'ora che arrivasse una giornata del
genere" pensò Ronah "Sarà stato da un mese che
non riuscivo a prendermi un po' di tempo per riposare.". Durante tutti
i giorni precedenti infatti il tempo non era stato dei migliori, aveva
piovuto infatti per più di due settimane rendendo
così impossibile il lavoro nei campi. Sia prima che dopo il
tempo era rimasto incerto, e solamente un paio di giorni prima la
coltre nera che oscurava la campagna aveva cominciato a diradarsi,
lasciando finalmente spazio alla mitezza dei raggi solari. A quel punto
il Treecko aveva potuto finalmente tornare al suo albero.
Odiava dover stare sempre chiuso nella sua catapecchia una volta finito
di lavorare, così non era infrequente che si recasse su
quell'albero per riposare. Non sapeva di che specie era, ma la sua era
una corteccia morbida e permetteva di distendersi senza che la schiena
venisse tutta graffiata. In fondo era decisamente meglio del
pagliericcio che utilizzava come letto in casa sua. Ci avrebbe anche
dormito la notte lassù, se solo la zona non fosse stata
infestata dai ladri. Per questo era costretto a trascorrere tutte le
ore di buio in casa, ma durante il giorno di furfanti non vi era ombra
e Ronah ne approfittava per godersi un po' di meritato riposo.
Da lì poteva persino vedere il suo campo di Baccastagne. Le
aveva piantate da poco, non era passato molto tempo dall'ultimo
raccolto. Sarebbero trascorsi alcuni mesi prima che i nuovi frutti
spuntassero, e nel frattempo il dovere di Ronah sarebbe stato quello di
rimescolare le zolle degli altri suoi appezzamenti di terreno, che
anche essendo tra i più piccoli del contado riuscivano a
rubargli lo stesso tutto il tempo e le forze per renderli nuovamente
fertili per le stagioni successive. Per questo quando terminava il
proprio lavoro giornaliero si riposava spesso sull'albero, era l'unico
posto che era in grado di farlo stare un po' in pace.
Non era mai stato un gran frequentatore del villaggio. Ci si era recato
poche volte, soprattutto per consegnare i tributi ai riscossori delle
tasse e per comperare il poco cibo necessario oltre alle sue
Baccastagne. Non si era mai fatto amici, e i ragazzi dell'abitato ogni
volta che lo vedevano lo scansavano. Non sapeva perché
facessero così, forse solo perché era orfano, ma
era una motivazione strana: conosceva altri come lui, nati nelle
campagne senza famiglia e gran lavoratori fin dalla tenera
età, non poteva essere solo per quello. Forse erano solo
loro ad essere una manica di stronzi. "Sì, è
sicuramente così." concluse.
Quello era il suo posto speciale, l'aiutava a raccogliere le proprie
idee. Era lì che pensava quel che aveva solo vagamente
immaginato tra una vangata e l'altra, troppo impegnato dal proprio
lavoro per dedicarsi ad altro. Dondolando le code e una gamba lasciava
vagare lo sguardo e i pensieri dove capitava, riposando la propria
mente. Gli piaceva in particolare guardare le stelle, immaginare cosa
fossero e dove potessero essere realmente essere. Non aveva mai
frequentato la chiesa del villaggio e per questo non conosceva molto di
religione, ma qualche volta aveva sentito il Sacerdote Veene blaterare
dei Superiori che risiedono negli astri visibili la sera. Ronah non ci
aveva mai creduto molto, e per questo era sempre rimasto affascinato da
tutte le possibili teorie e speculazioni relative a quel mistero. Di
solito però quando cominciava a fare questi pensieri
astratti la sua mente da semplice contadino non sapeva reggere per
molto, e si addormentava. E fu proprio ciò che accadde anche
quella volta.
Un rumore forte, come di un'esplosione, lo fece svegliare di
soprassalto. Non sapendo cosa fosse stato si aggrappò
istintivamente all'albero per paura di cadere. Si ritrovò
immediatamente abbagliato, e per qualche secondo non poté
vedere nulla. Poi riuscì a riaprire gli occhi, e
cercò di mettere a fuoco quello che stava succedendo.
Nonostante fosse scesa la sera il cielo era ugualmente illuminato a
giorno, tinto di un'innaturale colore rossastro. Ma era solo una
regione della volta celeste, il resto era tutto nero come i semi di
Baccastagna.
Qualcosa si stava muovendo nell'aria, lasciando una scia di fumo dietro
di sé. Ronah restò immobile, sconvolto per
ciò che stava vedendo, e guardò la cosa
precipitare inesorabilmente verso terra. Era una grossa palla di fuoco,
sembrava quasi un attacco scagliato da qualcuno. Ma chi poteva librarsi
fino ad una simile altezza? E soprattutto perché fare una
cosa così insensata? L'oggetto proseguì fino a
schiantarsi con un gran tonfo a poca distanza da dove si trovava il
Treecko. La terrà tremò solo per pochi attimi, ma
abbastanza forte da costringere Ronah a serrare la presa. Scese poi un
silenzio spettrale, come se nulla fosse successo. Una colonna di fumo
cominciò a levarsi da un campo a non molta distanza.
Il pokemon, spiazzato, rimase completamente immobile, osservando a
bocca aperta il luogo della caduta. "Ma cosa... è successo?"
pensò tra sé e sé, muovendo la bocca
come per dirlo a qualcuno. Dire che era sconvolto era sminuire la
situazione. Sicuramente quel fatto era qualcosa che non si vedeva tutti
i giorni. "L'avrà visto qualcun altro?" si chiese
"Sì, con tutto quel rumore e la luce è
impossibile che solo io l'abbia visto. Ma che sarà stato?".
Muovendosi piano e cautamente, cominciò a discendere i rami,
poggiando una zampa per volta su degli appigli sicuri, temendo il
verificarsi di un nuovo terremoto. Toccò terra
delicatamente, quasi credendo di poter provocare danni, e si
voltò verso la direzione dello schianto. La colonna nera si
levava ben visibile stagliandosi contro il cielo blu scuro a non
più di un chilometro di distanza. "Cosa faccio?" si chiese
"Vado a controllare o vado ad avvisare il villaggio? Che devo fare?.".
Non aveva la minima idea di quale fosse l'azione più giusta
da intraprendere. Da una parte c'era la sua curiosità, era
desideroso di sapere cosa fosse quell'oggetto caduto dal cielo. Si era
sempre interrogato su cosa nascondessero le stelle, e a quanto parte
alla fine gli era capitata un'occasione per scoprirlo.
Chissà, magari avrebbe potuto avere anche delle risposte
concrete, si sarebbe potuto prendere una rivincita sul Sacerdote, il
quale l'accusava sempre di essere un miscredente.
Dall'altra invece c'era l'attaccamento al centro abitato, che rimaneva
il suo unico contatto con la civiltà. Lì
acquistava il cibo, consegnava i tributi... e basta così
fondamentalmente. Non era che avesse tutti questi motivi per
considerarsi in obbligo verso il villaggio, e d'altro canto i suoi
abitanti non si erano mai mostrati molto solidali con lui. Certo, era
così un po' per tutti coloro che vivevano nella campagna
come lui, ma aveva sempre detestato questo comportamento. Chi erano
loro per giudicarlo? Lui di certo per questo non doveva nulla a
nessuno. Non fu difficile quindi per Ronah prendere una decisione.
Non gli fu difficile raggiungere il luogo della collisione. Era
scoppiato un principio d'incendio attorno al sito, e le fiamme
rendevano piuttosto visibile la posizione, oltre a rischiarare la
scena. Si destreggiò tra i vari campi coltivati e filari di
piante fino ad arrivare dove la palla di fuoco aveva impattato con il
suolo. La terra era tutta smossa, la porzione di piante dove era
avvenuto lo schianto si era letteralmente volatilizzata. Si era anche
formato un piccolo cratere, ed era proprio dal suo fondo che proveniva
la colonna di fumo. Ronah fu costretto a schermarsi gli occhi con una
zampa per evitare di lacrimare, e cominciò la propria
discesa.
Evitando rottami e sassi sparsi un po' ovunque terminò il
tragitto dopo appena qualche metro, ritrovandosi presto sul fondo
irregolare. Davanti a lui c'era qualcosa che non avrebbe saputo ben
definire. Era uno strano intrico di materiale, sembrava fatto di
metallo, e da tutte le sue fenditure fuoriuscivano veri e propri fiumi
di gas nerastri e maleodoranti, che dovettero fargli coprire anche il
naso. Aveva una forma pressoché ovoidale, anche se molti dei
bordi erano modellati in modo decisamente strano. La parte superiore di
quella cosa sembrava essere rimasta però più o
meno integra, e si avvicinò per provare ad esaminarla.
Avanzò di qualche metro, ma la coltre fumogena si fece
troppo opprimente. La puzza era semplicemente troppa, e gli occhi non
ne volevano sapere di starsene aperti, così fu costretto a
tornare indietro. Si fermò ai bordi della salita, ansimando
e cercando di respirare a più non posso per buttar fuori i
gas nocivi dal suo organismo mentre al tempo stesso i suoi occhi
cercavano di tornare a funzionare normalmente. "Come faccio and andare
lì?" si chiese "E' troppo difficile restarci per
più di qualche secondo senza protezione...". Ma certo,
protezione! Doveva inventarsi qualcosa, ed ebbe presto un'idea.
Scalò il pendio di nuova formazione e raggiunse le piante
vicine rimaste intatte, prelevandone una grossa foglia. "Mi dispiace
per il proprietario di questo terreno, ma penso che una foglia in meno
non faccia molta differenza ormai.". Si diresse poi ad un albero vicino
non contagiato dalle piante dopo aver afferrato un sasso, e
cominciò a colpirne il tronco con la parte affilata della
roccia. Non essendo provvisto di artigli era costretto a fare
così, e dovette impiegare molto tempo per scavare una ferita
abbastanza profonda da far uscire la linfa. Una volta che il liquido
cominciò a colare vi passò sopra la foglia
imbevendocela per bene, mettendosela poi sul naso e sulla bocca mentre
provava a respirare. Sentì l'aria filtrare attraverso le
fibre della foglia e la freschezza trasmessale dalla linfa, e
capì che la sua intuizione si era rivelata vincente.
Ridiscese nella buca e arrivò nuovamente in
prossimità dell'oggetto. "Funzionerà?" si chiese
in modo esitante "Basterà questo per farmi respirare? La
linfa purificherà l'aria del fumo?". Non era decisamente il
momento per farsi prendere dai dubbi, ma le insicurezze riuscirono
comunque a corrompere la sua mente. "E se avessi sbagliato? Forse
potrei morire soffocato. Non voglio morire. Non voglio.
Però...". Però, perché c'era un
però. Se avesse rinunciato adesso non avrebbe mai scoperto
di cosa si trattava, e sarebbe rimasto per sempre un contadino
ignorante. E del resto esaminare quella cosa venuta dalle stelle poteva
fornirgli qualche risposta. "Se ne esco vivo giuro che
pianterò anche dei Baccamodori" si ripromise, e si
addentrò in mezzo al fumo.
Fu un'ardua impresa sin da subito, perché se da un lato il
rudimentale filtro funzionò dall'altro la coltre
riuscì ad ostacolargli la vista. Quel fumo rivelò
essere pure caldo, per cui Ronah fece molta fatica a tenere gli occhi
aperti nonostante provasse a proteggerseli con una zampa. In qualche
modo riuscì ad avvicinarsi all'oggetto, e quando gli fu
accanto cercò di mettersi con il vento a favore in modo che
tutti i gas non gli finissero addosso. Vi riuscì, ma era
comunque difficile riacquistare la vista normale a causa della lunga
esposizione ai materiali nocivi.
Mentre sentiva un soffio d'aria gelida spingergli contro la schiena il
Treecko provò a distinguere i particolari della cosa
attraverso i bulbi lacrimanti. Vedeva molto male, e riusciva a malapena
a distinguere i colori e i contorni dell'oggetto. La luce provocata
dalle fiamme contribuì ad evidenziare i colori, facendo
risaltare degli strani simboli posti sulla fiancata esposta. Ronah era
analfabeta come anche la maggior parte dei contadini, per cui non
avrebbe saputo dire cosa potessero significare nemmeno se li avesse
visti nella loro interezza e nelle condizioni adatte.
A quel punto non ce la fece più, e fu costretto ad
allontanarsi. Si sedette alle pendici della buca, tossendo per
espellere il fumo che era riuscito comunque a passare il filtro
entrandogli nei polmoni, e lasciò gli occhi versare tutte le
lacrime necessarie per far sì che si pulissero. "Wow"
pensò "Ce l'ho fatta, anche se non ne ho ricavato niente.".
Quando si fu ripreso un po' si arrampicò nuovamente lungo il
cratere, uscendo dall'infossamento e poi voltandosi per guardare quello
strano ammasso di lamiere. Ora che aveva appagato la propria
curiosità - pur con scarsi risultati - poteva considerarsi
soddisfatto. "Ora andrò ad avvisare il villaggio, anche se
probabilmente l'avranno visto cadere anche da lì.". Si
girò, lasciandosi la devastazione alle spalle, e
cominciò a proseguire a passo spedito verso il centro
abitato.
***
Sembrava una serata come tutte le altre nella città di
Tylpher, e il suo governatore K si stava godendo un po' di meritato
riposo. Pensare agli affari politici della città era
faticoso già di per sé, e aggiungendo anche tutti
gli altri obblighi ai quali era tenuto ad assolvere il tutto tendeva a
prosciugare qualsiasi tipo di forza, sia fisica che mentale. Dopo una
giornata di lavoro K amava rilassarsi nelle sue stanze private
gustandosi un po' di vino di Baccauva fermentato, degustandolo
lentamente e lasciando che la fresca aria della sera passasse
attraverso la finestra della terrazza spalancata. C'era sempre una
bella vista da quell'altezza, soprattutto di notte, e il Kecleon se la
stava godendo appieno quando bussarono alla sua porta.
- E' aperto - disse, invitando il visitatore ad entrare.
Fece il suo ingresso un Exeggutor, uno dei sottoposti del politico,
ovvero uno dei tanti burocrati minori che abitavano il Palazzo
Governativo. Per la precisione era uno degli addetti alle
comunicazioni, K si ricordava di averlo visto ogni tanto quando si
recava in visita nella SST, la Sala Segnale Telepatico, utile per
comunicare a grandi distanze. Il pokemon si voltò, e dalla
sua faccia presagì che la comunicazione non doveva
riguardare nulla di buono.
- Governatore, ci è appena arrivata una comunicazione che
abbiano ritenuto fosse doveroso riferirle.
- E allora parla - lo esortò K. Non gli piacevano
granché le deferenze, e in situazioni come quelle tali
perdite di tempo potevano anche risultare fatali.
- Nel contado di Vesterlhin si è registrata la caduta di un
oggetto dal cielo. La postazione locale ce l'ha segnalato pochi minuti
fa, stanno già preparando una squadra per recarsi in
ricognizione. Aspettano solo il suo permesso.
- Hmm.
"Un oggetto caduto dal cielo?" rifletté K "Questo
sì che è strano. Potrebbe essere...
Sì, lo è sicuramente. Dannazione, proprio adesso
doveva succedere!? Bisogna prelevarlo all'istante, qualsiasi cosa
sia.". Già da quelle poche parole aveva potuto intuire la
gravità della situazione, e spettava a lui gestirla nel
migliore dei modi. Non avrebbe certo deluso le aspettative, si sarebbe
occupato al più presto della prelevazione e
dell'occultamento di... qualsiasi cosa fosse quell'oggetto. Doveva
agire al più presto, se fosse stato scoperto da qualcuno
tutti gli sforzi di una vita sarebbero stati inutili. E non solo della
sua, ma di tutte quelle dei suoi predecessori in quella e in altre
città. Sarebbe stata vanificata un'epoca, e ciò
non doveva succedere.
- Permesso accordato, e con estrema urgenza - rispose - Dì
ai corrispondenti di eseguire gli ordini immediatamente e di non
aspettare domani. Di qualsiasi cosa si tratti adesso ha la massima
importanza, deve essere messo come la priorità
più importante da attuare nell'immediato.
- Ricevuto - rispose altro - Vado subito a riferirlo agli altri.
L'Exeggutor se ne andò richiudendosi la porta alle spalle. K
lo seguì con lo sguardo, poi si voltò di nuovo
verso la terrazza. La coppa di vino che aveva in mano
cominciò a tremare, il liquido che veniva scosso dai
movimenti di chi lo stava bevendo. Il Kecleon strinse il calice con la
zampa, cominciando ad agitare la coda con nervosismo. Doveva calmarsi,
non era il caso di alterarsi per una cosa del genere. Occasioni simili
erano sempre occorse sia a lui che ai suoi predecessori e
contemporanei, non era nulla di speciale. Non avrebbe compromesso nulla
nel complesso se gli addetti si fossero sbrigati.
"Che stupido che sono" si rimproverò per cercare di
tranquillizzarsi "Non succederà nulla. Sono solamente
stanco.". Si sedette nuovamente portandosi il vino alla bocca, cercando
di assaporarlo. Ma non ci riuscì, non riusciva a scrollarsi
di dosso quell'inquietitudine. Era sua responsabilità far
sì che ciò che dovesse essere rivelato lo fosse,
e che ciò che dovesse essere nascosto lo rimanesse. Aveva
svolto questo dovere per tanti anni, eppure adesso non era
più sicuro di farcela. Era una strana sensazione, gli era
insorta in quel modo apparentemente casuale. Da un'inezia come quella
poi, era totalmente assurdo. "Calmati" si disse nuovamente, posando la
coppa "E' una cosa come un'altra. Non accadrà nulla di
grave, domani sarà tutto come prima, vero?". Quella domanda
rivolta a sé stesso rimase senza risposta.
Note
dell'autore
Eh già, nuova storia. Ne avrei già
una in corso, ma l'ispirazione è un po' venuta meno
ultimamente in favore di questa, che non potevo non mettere per
iscritto. Non smetterò tuttavia quell'altra, l'ultimo
capitolo l'ho quasi finito e non lo mollerò proprio adesso.
Questa l'ho pensata leggendo alcuni dei fumetti su PMD su Deviantart.
Alla fine sono tutti uguali, ma ognuno riesce a distinguersi per
qualcosa che non sia unicamente lo stile dell'autore. Non so, io ogni
volta che li leggo rimango stregato e mi lasciando qualcosa, e a voi?
A presto,
A_e
Rieccomi dopo troppo tempo che non c'ero... Un mese e mezzo, ma
è ugualmente troppo...
|
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Capitolo 2 *** Capitolo II: Il fuggitivo ***
Capitolo
II: Il fuggitivo
Aveva visto la
cosa precipitare dal cielo mentre era impegnato a correre. All'inizio
quasi non ci aveva fatto caso, la sua mole non indifferente gli
impediva di procedere oltre una certa velocità e lui ce la
stava mettendo tutta per cercare di superare i propri limiti. Del resto
ne andava della sua vita in quel momento, e la sua priorità
era riuscire a sfuggire ai suoi inseguitori. Non poté
però non accorgersene quando, salito in cima ad un piccolo
colle, vide il cielo tinto di rosso e la scia di fumo nero culminante
col bolide rosso in procinto di sfracellarsi al suolo. Non si
fermò ad osservarla meglio, qualsiasi istante perso poteva
essergli fatale conoscendo chi gli stava dando la caccia.
Sfruttò
il suo peso per sfrecciar giù dal rilievo, quasi cadendo e
mettendosi a rotolare ad un certo punto. Cercò di non farlo,
avrebbe sicuramente provocato troppo rumore attirando così
l'attenzione. Arrivato in fondo alla discesa si appoggiò ad
un albero per riprendere fiato, ma fu costretto a ripartire quasi
subito quando sentì delle grida non molto lontano. Riconobbe
alcune voci, e ciò gli tolse il dubbio di essersi lasciato o
meno i suoi "amici" alle spalle.
Entrò
nel bel mezzo di un campo coltivato, le piante alte a tal punto da
oscurargli completamente la visuale. Era un esemplare piuttosto basso
per la sua specie, anche perché era ancora molto giovane e
doveva ancora crescere del tutto, e ciò si rivelò
uno svantaggio. Proseguì alla cieca cercando di non farsi
prendere dal panico, le foglie che gli frustavano la faccia di pietra
lasciandogli dei graffi bianchi. Usò le braccia a
mò di mazza, spezzando ciò che lo ostacolava
cercando però di farlo il più piano possibile.
Le forze
presto però cominciarono a vernirgli meno. Aveva corso per
buona parte della notte, era stanco e infreddolito e aveva bisogno di
riposo. I suoi nemici invece erano addestrati per sopportare quel tipo
di avversità e non avevano mai dato segno di voler mollare,
così era stato costretto a spingersi ben oltre le proprie
normali capacità per non essere catturato. Le sue gambe
tozze avevano cominciato a stridergli già da un po', ma
aveva cercato di sopportare il dolore più a lungo possibile.
Adesso però stava cedendo, non riusciva più
nemmeno a vedere bene dove andava per la stanchezza. Si trascinava
mettendo un piede davanti all'altro per un puro automatismo, deciso a
non farsi raggiungere. Le sue intenzioni però stavano
venendo velocemente meno. Doveva trovare un posto dove nascondersi e
riposare, e subito.
Dopo un tempo
infinito uscì dal campo per ritrovarsi in uno stretto
sentiero tra le piante. Si guardò attorno: altri campi
simili si estendevano in ogni dove. Era come un labirinto, e non
sarebbe riuscito a scappare in quel momento. "Ci sarà un
nascondiglio da qualche parte, no?". Imboccò il sentiero
verso ovest, e ad un certo punto vide che alcune piante erano
schiacciate a formare un'altra piccola strada tra la vegetazione.
Decise di imboccarla, e dopo alcuni minuti di corsa-cammino
arrivò ad un piccolo spiazzo in mezzo ai filari.
Lì, seminascosta dalle frasche, c'era una catapecchia.
Si
avvicinò alla porta tremante, sperando che chiunque vi
abitasse fosse disposto ad accorglielo e nasconderlo. Bussò,
ma non ebbe risposta. Lo fece di nuovo e non accadde nulla.
Accostò l'orecchio al legno della porta: nessun rumore
dall'interno. Non c'era nessuno.
Provò
ad aprire la porta, e questa si mosse cigolando. "Meno male,
è aperta.". Entrò e se la chiuse velocemente alle
spalle. Dentro era talmente buio che non si vedeva quasi nulla, ma in
un angolo c'era una coperta. Era un'idea stupida, ne era consapevole,
ma non aveva molta altra scelta. Corse e afferrò il tessuto
gettandoselo poi adosso. Allora si sedette accostandosi al muro e
rimase immobile. Se avessero perlustrato la zona e fossero entrati
dentro la casa forse l'avrebbero scambiato per un mobile. Era una folle
speranza, ma la stanchezza giocava brutti scherzi.
Restò
immobile e ansimante ad osservare la stanza attraverso il lino sottile.
Nessun nuovo lo disturbò, si udiva solamente il raschiare
del proprio respiro. Le guancie gli bruciavano, i polmoni erano anche
peggio. Forse... forse ce l'aveva fatta a scappare, ma in fondo ne
dubitava. Sperò con tutto il cuore che i suoi nemici
considerassero la casa un nascondiglio troppo ovvio e guardassero
altrove. Non aveva ormai nemmeno più la forza di muoversi, e
alla fine non ce la fece più nemmeno a tenere gli occhi
aperti. Tutto si fece ancor più nero e si
addormentò seduto dove si trovava.
Ronah era
arrivato a metà della strada per il paese prima di rendersi
conto di essersi dimenticato di chiudere a chiave la casa. Con
un'imprecazione si era voltato e aveva preso a correre verso la sua
dimora, e adesso si affannava cercando di sbrigarsi. Era stato
totalmente rapito dallo strano accadimento da essersi completamente
dimenticato delle faccende più "mondane". Era colpa sua in
fondo, non avrebbe dovuto dormire così a lungo. Di solito si
svegliava sempre prima del tramonto e si affidava al proprio orologio
biologico per rientrare, e questa era la prima volta in assoluto che
faceva cilecca.
Aveva sempre
considerato la propria casa come nulla di più che una
semplice catapecchia, ma era tutto quel che aveva. Alla morte del suo
padre adottivo lui e i suoi figli si erano spartiti i suoi beni, e
nonostante al Treecko fosse toccato il campo più piccolo
assieme ad un semplice capanno aveva cercato di accontentarsi, in fondo
lui non poteva certo pretendere di avere di più. Se non
fosse stato raccolto poco dopo la nascita probabilmente sarebbe morto,
inutile fare recriminazioni. Anche se faceva schifo l'ammasso di rami e
pietre che chiamava casa era tutto ciò che possedeva oltre
al campo di Baccastagne da lavorare costantemente, e non vi avrebbe
potuto né dovuto rinunciare così facilmente per
un mero capriccio.
Percorse a
perdifiato gli infiniti campi attorno al villaggio e arrivò
in vista della propria abitazione dopo un tempo che gli parve eterno.
Si avvicinò velocemente, e vedendo che la porta era chiusa
tirò un sospiro di sollievo. "Meno male, non è
entrato nessuno.". Rallentò il passo, riprendendo fiato.
Sapere che non era successo niente l'aveva fatto stare meglio, e
cominciò a rilassarsi. Almeno finché non vide una
banda di pokemon uscire dalle piante poco distanti.
Erano in
cinque o sei e sembravano inferociti, dall'aria davvero poco
rassicurante. Uno di loro vide Ronah e lo indicò ad un
altro, un Gogoat con una vistosa cicatrice sul viso, che lo
squadrò da capo a piedi. "Probabilmente è il
capo" realizzò. Dopo alcuni attimi quello fece segno di no
con la testa, al che tutti gli altri cominciarono a ricercare nelle
zone limitrofe alla casa. "Cosa diavolo vorranno quei tizi?" si
domandò il Treecko "Meglio controllare. In fondo
è la mia proprietà, e non hanno il diritto di
irromperci così come se fossero i padroni di casa.". A
grandi passi avanzò verso di loro, deciso a farci i conti.
Si
svegliò appena percepì tutto il trambusto
all'esterno. Tese le orecchie e prese a respirare affannosamente come
poco prima, cercando però allo stesso tempo di fare
silenzio. Rimase immobile, il panico che si faceva strada dentro di lui
ogni istante che passava, ad attendere che succedesse qualcosa.
Dapprima confuso, il rumore si fece sempre più
distinguibile, come di una folla di pokemon che sta cercando qualcosa.
"Cercano me, ecco cosa.". Qualcuno però stava parlando, e
allora tese le orecchie per capire ciò che veniva detto.
- ...un
pericoloso criminale, sappiamo che è fuggito da queste parti.
- E chi
sarebbe questo pericoloso criminale?
- Non posso
dirlo.
-
Perché mai?
- Non sono
affari tuoi.
- Questa
è la mia proprietà, e io non permetto che gli
estranei vengano qui e facciano quel che gli pare.
- Attento a
te, noi siamo rappresentanti del governo. Potremmo arrestarti per
resistenza a pubblico ufficiale.
Sembrava che
il padrone della casa fosse ritornato, e se per caso lo avesse scoperto
sarebbero stati guai grossi. Col trucchetto del mobile avrebbe forse
potuto ingannare i suoi inseguitori, ma non certo uno che lì
dentro ci viveva. Si alzò e rigettò il lenzuolo
nell'angolo, cercando poi un nuovo nascondiglio come una cantina o
qualcosa del genere. Non sembrava però esserci nulla,
così si posizionò nel posto più
semplice da utilizzare in quel caso: dietro la porta. Almeno se si
fosse aperta l'anta l'avrebbe sicuramente coperto. Era estremamente
precaria come cosa, ma era l'unica carta che era ancora in grado di
giocare.
Si
accostò alla parete di fianco all'entrata quasi al
rallentatore, temendo di poter emettere qualsiasi tipo di suono che
avesse potuto farlo scoprire. Cominciò a sudare, e gli parve
di sentire ogni singola goccia di sudore fuoriuscirgli dai pori della
pelle alla stessa maniera di un parto. Quasi smise anche di respirare
pensando di essere troppo rumoroso, prendendo poi ad iperventilare con
naso per compensare la mancanza della normale affluenza d'aria.
- Ah
sì? E allora che farete, arresterete tutto il contado? Non
aspettatevi che la gente di qui vi lasci entrare solamente
perché dite di essere dello Stato. Sarete fortunati se vi
diranno semplicemente di no, ci sono alcuni che non useranno le buone
maniere.
Una risata gli
fece intuire che all'altro pokemon non importasse nulla delle maniere
che avrebbero usato i locali.
- Entreremo
comunque, con le buone o con le cattive. Se qualcuno si rifiuta vuol
dire che ha qualcosa da nascondere, e come incaricati del Governatore
possiamo perquisire la casa. Tu hai qualcosa da nascondere?
-
Assolutamente no.
- E' inutile
mentire, lo scopriremmo comunque in un modo o nell'altro.
- Se volete
controllare fate pure, in casa mia non c'è nulla. Ma se poi
con gli altri contadini avrete dei problemi non dite che non vi avevo
avvertito.
"Merda.".
Sentì gli zoccoli del Gogoat scalpitare sul terreno mentre
si stava dirigendo verso la casa, al che lui cercò di
appiattirsi il più possibile contro il muro. La sua era una
mole non indifferente, e al pensiero della sua larghezza si
pentì della scelta fatta pochi istanti prima. Se fosse
rimasto lì la porta si sarebbe potuta aprire di scatto e il
legno avrebbe sbattuto su di lui, facendolo quindi scoprire. Se
però si fosse spostato in un'altra posizione sarebbe
risultato di certo visibile. "Sono condannato in ogni caso"
realizzò. Il panico lo invase, facendolo paralizzare dove si
trovava. Smise pure di tremare se mai lo aveva fatto. Restò
col fiato sospeso ad ascoltare i passi del nemico a pochissima distanza
che si stava gradualmente avvicinando.
La porta si
aprì cigolando, facendoli sudare ancora di più.
Gli zoccoli che cozzavano contro il pavimento di legno provocavano un
baccano assordante in quella piccola abitazione, probabilmente si
sarebbe tappato le orecchie con le mani se non fosse stato
così timoroso di farsi sorprendere lì. L'anta di
legno proseguì inesorabile il suo cammino, cominciando
infine a ruotare verso di lui. Tutta la scena si stava svolgendo in
modo maledettamente lento, come se qualche entità diabolica
si divertisse a giocare col destino del ricercato, puntando a sfinirlo
dalla paura per puro piacere.
Venti
centimentri, dieci, sette, cinque, la porta si faceva sempre
più vicina. Ormai in preda al terrore non trovò
il coraggio di muoversi. Quattro centimetri, tre, due... Questione di
secondi e il Gogoat l'avrebbe trovato dopo che il contatto con la porta
avesse causato rumore. Di certo si sarebbe accorto dell'innaturale fine
del giro quando ancora non aveva toccato la parete, non ci voleva certo
un genio per capire che ci doveva essere qualcosa che la bloccava.
"No... Non voglio finire così...".
Fu un
movimento istintivo e repentino, quasi non se ne accorse nemmeno.
Quando il legno si era fatto a meno di un centimetro voltò
la testa, preparandosi all'impatto e al conseguente rumore. Un cigolio
sinistro gli invase le orecchie, assordandolo come se qualcuno gli
avesse urlato in faccia. "E' la fine...". Chiuse gli occhi,
rassegnandosi al fato ormai imminente. Trasalì quando si
sentì sfiorare la guancia dal legno. "Ecco, ci siamo, sono
morto.". Restò in silenzio ad aspettare il momento in cui
sarebbe stato scoperto, ogni secondo lungo come un eone. Ma non accadde
nulla. La porta si era fermata.
- Seh, che
desolazione qui dentro. - se ne uscì il Gogoat - Voi
contadini, poveracci che non siete altro, non avete poké
nemmeno per comprarvi una sedia. Mi fate pena.
Il pokemon
uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Avvertì lo spostamento d'aria, ma non reagì
subito. "Dev'essere un sogno, devono avermi messo fuori combattimento e
sto avendo un'allucinazione. E' sicuramente così, sto
delirando.". Probabilmente era stato tutto così veloce che
non se n'era nemmeno accorto, a quest'ora doveva essere già
legato su un carro per la più vicina base governativa.
Sarebbe stato processato e buttato in prigione per il resto della vita
o peggio ucciso, non aveva dubbi in proposito.
- Non hai
mentito, comunque - continuò il Gogoat una volta uscito.
- E
perché avrei dovuto? Non voglio guai, ho appena seminato e
devo far crescere le mie Bacche, altrimenti non saprei come
sopravvivere al prossimo inverno.
- Seh.
Ci fu un
rumore come di qualcuno che sputa per terra.
- Abbiamo
inseguito il criminale per tutta la notte, ma siamo usciti dalle nostre
zone di competenza. Ci serve una guida che ci porti al villaggio, al
paese o in qualunque posto che abbia una base del governo abbastanza
vicino.
- Ma prego,
desiderate anche un po' di Acqua Fresca?
- Non
è una richiesta, è un ordine. Ricorda con chi
stai parlando.
- Che gente
simpatica che ha con sé il Governatore, mi stupisco che non
sia più amato di com'è ora. Vi accompagno subito
al villaggio, tanto ci devo andare anch'io, però prima
lasciatemi chiudere casa. Girano parecchi ladri qui di notte.
- Seh.
Sbrigati.
Passarono
alcuni istanti, poi il rumore di un chiavistello che girava
riempì la piccola stanza. Sentì tremare la porta
vicino a sé come se qualcuno la stesse strattonando, e le
vibrazioni passarono dal legno alla parete e al pavimento. Erano
estremamente deboli, ma a lui sembrarono come un Terremoto di magnitudo
sette perlomeno. Poi, così com'erano iniziati, il suono e le
vibrazioni finirono.
- Fatto.
- Bene. Adesso
portaci al villaggio.
- Prego, non
c'è di che.
I rumori
dell'esterno cominciarono ad affievolirsi fino a scomparire totalmente
poco dopo. Solo a quel punto trovò il coraggio di aprire gli
occhi. Stava davvero sognando? Perché se era così
allora aveva un'immaginazione molto fervida. Riuscendo finalmente a
vincere le proprie paure fece un passo avanti, poi un altro e un altro
ancora. Gli era presa una nausea pazzesca, e solamente mettere un piede
davanti all'altro gli richiedeva un quantitativo di energie non
indifferente. "Sono davvero salvo?".
Provò
ad aprire la porta. Dapprima lo fece parecchio gentilmente, temendo di
richiamare l'attenzione di qualcuno che eventualmente non se ne fosse
ancora andato. Incontrò quasi subito una forte resistenza, e
nulla poté quando provando a spingere più forte
ottenne lo stesso risultato. "Sono chiuso dentro" realizzò
"Questo non è il mio giorno... fortunato...". Non
pensò che con la sua massa poteva facilmente buttarla
giù, era semplicemente troppo stanco per farlo. Era scampato
una seconda volta agli inseguitori in meno di ventiquattr'ore, era
sorprendente il fatto che non fosse ancora crollato. Senza nemmeno
terminare il pensiero si accasciò contro la porta dopo che
le gambe gli ebbero ceduto. Non sentì la testa battere contro
il legno, aveva già perso i sensi per quel momento.
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