Dolce illusione

di Verde Pistacchio
(/viewuser.php?uid=133468)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Dolce illusione
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit: 
Non essere indifferente!
Salva anche tu una tastiera da pazzoidi che
le massacrano scrivendo come disperate!
Non chiudere gli occhi, puoi salvare milioni
di vite elettroniche
Capitolo I
 
Appoggiato alla parete, in quella calda serata notturna, l’unica cosa che poteva fare era affogare con la mente ed il corpo in quella luna così bella da togliergli il fiato. Come sempre a fargli compagnia c’era solo lei, un corpo celeste a migliaia e migliaia di anni luce da questo insulso pianeta, chiamato pianeta Terra. Anche la luna, in quella notte, circondata da stelle, si stagliava luminosa e solitaria. Già luminosa, come se fosse luce propria quella. In realtà era uguale ai tanti ignobili ed ipocriti esseri umani che si appropriavano dei tesori altrui.
Quelle creature ingrate stavano sfruttando il pianeta fino a quando non ne sarebbe rimasto più niente di ciò che adesso lo circondava, e dire che… quello spettacolo era magnifico. I tramonti che si fondevano con i primi sprazzi della notte, come due amanti si cercavano e i loro corpi si muovevano in una danza antica e primitiva, rinvigorendo con la forza della passione le proprie membra e i corpi intrecciati pronti a fondersi e a diventare un unico corpo dotato di due anime. Aveva imparato ad apprezzare quegli spettacoli, le uniche cose che forse gli uomini non potevano distruggere con la loro avidità e stoltezza.
 
***  
 
Il ticchettio della sveglia scandiva il tempo, il quale sembrava non esistere in quella stanza coperta dall’oscurità. Solo la timida luce lunare faceva capolino da una finestra, chiusa ma con le tende scostate a quanto pare. Illuminava solo una parte della stanza, il resto era solo un gioco di ombre che davano vita a esseri grotteschi, pronti a spaventare il mal capitato (ed è capitato!*) e a ritornare nelle loro fattezze innocue una volta sorto il sole.
Il lenzuolo bianco aderiva alle forme di quel corpo tra le braccia di Morfeo, lo modellava come solo uno scultore con la propria creta poteva fare, imprimendo forza e passione nei gesti. Il respiro della donna era cadenzato e pesante, testimone di un sonno pesante e travagliato.
Chissà cosa sognava, cosa immaginava e cosa pensava quella donna lì, in quel letto, avvolta da quel sottile lenzuolo di cotone che diventava semi trasparente alla luce notturna, quasi come il manto di una divinità che copre le sue grazie colmi di tesori inaccessibili ai mortali. E guardandola in quel momento poteva dire tutto, poteva far qualsiasi cosa. Avrebbe potuto prenderla in quell’istante, farne ciò che più desiderava senza nessun rischio, senza nessuna opposizione.
Eppure sapeva che non era così, sapeva che si sarebbe battuta con tutte le sue forze dovesse rimanere intrappolata e legata senza una via di fuga. Perché lei era così, battagliera e selvaggia. La paura e la rabbia erano le sue armi e lui lo sapeva, perché le aveva sempre usate, perché quando si arriva al limite l’istinto prendeva il sopravvento.
Erano così diversi eppure, ironia del destino, così simili l’uno all’altra. Aveva organizzato tutto nei singoli dettagli. Questa volta non avrebbe fallito. Questa volta sarebbe riuscito là dove le altre volte aveva mancato.
 
***
 
Si avvicinò piano piano al letto, senza appoggiarsi al materasso o rischiava di svegliarla. Era tutto così silenzioso lì dentro che per un attimo pensò di sognare. Lei era lì a pochi centimetri da lui, così vicina da poterla sfiorare. Si fermò un secondo. Il suo piano stava funzionando, per un momento gli sembrava impossibile. Presto l’avrebbe toccata e presto l’avrebbe presa. Incredibile.
Si chinò fino a sfiorarla, quasi, con la bocca. Passò un dito lungo la sua guancia sinistra per scostare una ciocca di capelli che le ricadeva sulla fronte. Era sdraiata di lato, le gambe rannicchiate, il braccio destro piegato con la mano appoggiata al guanciale e l’altra sul materasso. Fece scorrere il dito sino a toccare le labbra socchiuse, sfiorò il labbro inferiore aprendolo un po’. Scostò le lenzuola, senza fare rumore, che si depositarono in fondo alle gambe in modo confusionario. Si rialzò per guardare la sua figura per intero. Sorrise con il suo classico ghigno, e un piccolo canino fece capolino da quelle labbra.
Bene era ufficialmente entrato nella fase iniziale
 
 
 
 
 
 
 
 
Note
Pur avendo ancora una ff in corso su questo fandom ho pensato di scriverne un’altra. Non sarà molto lunga (un paio di capitoli). La verità è che da un po’ di tempo pullulano troppe Kishinto per i miei gusti e sentivo il bisogno di… “ritornare all’origine” se così di può dire. Avevo voglia di leggere qualche bella ff su Kisshu ed Ichigo come ai vecchi tempi e visto che molte sono incompiute e/o ferme ho detto “Perché non iniziare adesso?”. In realtà sono ancor nel pieno della sessione estiva per quanto riguarda gli esami, ma forse riesco a trovare dei ritagli di tempo per scrivere.
Con queste poche righe vi salute, vi lascio alla lettura e vi ringrazio in anticipo per gli eventuali commenti (mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensate J ).

*Piccolo omaggio a quel trio di comici, Aldo Giovanni e Giacomo

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II
 
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit: 
Non essere indifferente!
Salva anche tu una tastiera da pazzoidi che
le massacrano scrivendo come disperate!
Non chiudere gli occhi, puoi salvare milioni
di vite elettroniche
 
Sentiva caldo, si rigirò nel letto in cerca di una posizione migliore. Ma a quanto pare il suo sonno era giunto al termine. Decise di aprire gli occhi, era giunto il momento di alzarsi ed iniziare la sua giornata. Respirò profondamente godendosi gli ultimi istanti di calma e tranquillità con le quali il torpore notturno l’aveva avvolta durante la notte.
La scuola era terminata e, a parte qualche lavoretto, poteva rilassarsi: uscire con Aoyama, fare lunghe dormite e lavorare, come sempre, al Caffè con le ragazze.
Ecco questi erano i pensieri mattutini che circolavano nella testa di Ichigo. Si stiracchiò le braccia e le gambe che emisero un piccolo scricchiolio e decise, finalmente, di porre fine al suo pensare e di aprire gli occhi ancora chiusi e un po’ appiccicati. Fu in quell’istante che quei suoi semplici pensieri di routine furono dimenticati per essere sostituiti da una strana sensazione di confusione, mi sta al dubbio.
La prima cosa che video quei suoi occhi scuri fu un soffitto scuro. Il fiato le si fermò d’improvviso, il suo corpo si bloccò teso a sentire qualsiasi movimento sospetto. Non era camera sua quella stanza, non era neanche la stanza di una delle ragazze e nemmeno il laboratorio nel sotterraneo del Caffè. Si trovava in un luogo sconosciuto. E la cosa peggiore era che le ragazze non erano con lei.
Ancora distesa su quello che doveva essere un letto ma che sembrava più che altro una brandina malandata cominciò una prima supervisione dello spazio circostante. Sicuramente quella stanza doveva essere adibita a deposito, c’erano vari oggetti sparpagliati un po’ in giro, tra cui molti scatoloni. Il pavimento era molto sporco e quello che una volta era un bianco adesso si era trasformato in un nero cenere. L’intera parete a suo fianco era completamente macchiata dalla muffa, in più quegli oggetti e quei teli sporchi (chissà cosa coprivano…) contribuivano a rimpicciolire l’area, che già di per sé non era ampia. Il tutto era illuminato da una piccola finestrella con le sbarre, posta in alto sulla parete opposta, dalla quale filtrava una tenue luce.
Si alzò cercando di ignorare il dolore alle spalle, sicuramente indolenzite per la posizione sbagliata con cui aveva dormito, e la schiena che non era certo messa meglio. Si massaggiò il collo, come se potesse alleviare quel dolore.
Continuò a guardarsi intorno ma adesso cominciava non solo a innervosirsi ma anche a spaventarsi: dov’era finita? Le ragazze che fine avevano fatto? Avrebbero notato la sua assenza?
Cercò di calmarsi respirando lentamente: «Non facciamoci prendere dal panico Ichigo. C’è sicuramente una spiegazione dietro tutto questo» si disse con tono falsamente controllato e che si avvicinava all’isterico. Non era possibile che la notte si fosse addormentata sul suo comodo letto e adesso si ritrovava in un posto del genere.
 
Adesso non era il momento per piangersi addosso, doveva trovare il modo di uscire da lì. Per quanto banale potesse essere perché non provare con quella porta? Sicuramente, essendo l’unica in tutta la stanza, chiunque l’avesse portata lì aveva usato quell’accesso. Ovviamente come volevasi dimostrare la porta era chiusa a chiave: «Accidenti! Avrei dovuto immaginarlo…» ma in quel momento le balenò in testa un’idea «Vuoi vedere che…» non completò la frase, non ce n’era di bisogno. Era probabile che chi avesse fatto tutto questo non aveva bisogno di una porta e che, quest’ultima, non fosse stata utilizzata da parecchio. Magari era sempre stata chiusa a chiave, oppure rotta, da quando quel posto era caduto in disuso.
La verità era che Ichigo sperava con tutto il cuore che quel qualcuno si avvalesse della porta per spostarsi da una stanza all’altra, piuttosto che tele trasportarsi. A quel punto la faccenda cominciava a farsi dannatamente seria. Escludendo la porta non aveva altra via d’uscita: la finestra era, non solo alta, ma molto piccola per consentire di attraversarla, in più non poteva usare come supporto: né scatoloni vuoti né altro.
 
Si accasciò alla parete e scivolò giù fino a sedersi sul pavimento. Adesso era veramente disperata. Ai bordi degli occhi le lacrime spingevano per uscire. Nonostante la presenza della finestra era come se le mancasse l’aria. Aveva fame, sete, voleva lavarsi il viso come faceva ogni mattina, voleva cambiarsi i vestiti e togliere il pigiama. Desiderava fare tutte quelle cose che faceva ogni giorno, ma soprattutto voleva tornare a casa perché aveva paura e… finalmente un pianto liberatorio sgorgò dai suoi occhi, portò le ginocchia al petto e chinò la testa continuando a piangere, mentre le spalle erano percorse dai respiri irregolari del pianto.
Passarono alcuni minuti durante i quali Ichigo cercò di calmarsi, ai asciugò gli occhi, inspirò con il naso e si alzò dalla sua posizione. Non era il caso di sporcare l’unico capo di vestiario che indossava, in quel momento: «Ci sarà pure qualcosa che posso fare per uscire da qui… o almeno contattare il mondo esterno» si posizionò vicino alla finestra, ma a parte il cielo azzurro non vedeva niente. Cominciava a sentire caldo là dentro e stava anche sudando. Non sapeva se fosse per la tensione o il caldo o forse per entrambe le cose.
«L’unica soluzione che mi rimane è contattare Kei e le ragazze» cercò la spilla da mew mew ma… non aveva le tasche al pigiama: «Ok forse adesso è arrivato il momento di farsi prendere dal panico, di nuovo» se non era con lei allora forse le era caduta per terra. Cercò subito in giro, spostando tutti quegli oggetti inutili, ingombranti ma soprattutto vecchi: non era lì. Si mise una mano sulla fronte asciugando le goccioline di sudore che le scendevano piano piano sul viso e tirò leggermente i suoi capelli: «Ahhhh!» urlò, leggermente, per il terrore che la stava assalendo, «Adesso sì che sono nei guai» mormorò sconsolata a se stessa. Non sapeva più che fare.
Una risata alle sue spalle la fece saltare in aria, letteralmente. si girò e sgranò gli occhi alla sua vista: Kisshu era lì, di fronte a lei con lo sguardo meno raccomandabile che avesse mai avuto. Ed era vicino, troppo vicino e la distanza che li divideva si stava accorciando sempre più, peccato che lo spazio per indietreggiare in quel dannatissimo deposito non ci fosse! in poco tempo comprese: la risposta a tutte le sue domande era davanti a lei, ed aveva due occhi magnetici che la fissavano con una tale intensità che lei voleva solo nascondersi.
«Vedo che ti sei svegliata micetta. Buongiorno» il suo tono cordiale faceva a pugni con la sua espressione così intensa. Forse perché in quella testa verde stavano passando parecchi pensieri, e molti non erano certo casti.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note
Bene e il secondo capitolo è andato. Dico semplicemente che lo avevo immaginato un po’ diverso, ma questo location (si noi siamo internazionali…) mi era apparsa in sogno (sembra qualcosa di profetico detta così) tempo fa, così ho pensato di utilizzarla e non tenerla solo per me (non si spreca niente qui!). Comunque come ho già detto, questa si prospetta una ff abbastanza breve, giusto un paio di capitoli (tra l’altro ognuno di essi non sarà più lungo di tre pagine word). Entro l’estate spero di concluderla perché vorrei dedicarmi a Different Human in inverno e, ovviamente, passarmi questo capriccio. Concludo ringraziando Snow e Tifa27 per aver recensito (allora qualche amante di questa coppia ancora esiste!) ed anche tu, utente anonimo che leggi, fammi sapere cosa ne pensi!
Infine grazie a Danya per avermi concesso la possibilità di aderire alla sua campagna promozionale! Ci vediamo presto!
Verde Pistacchio

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III
 
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit: 
Non essere indifferente!
Salva anche tu una tastiera da pazzoidi che
le massacrano scrivendo come disperate!
Non chiudere gli occhi, puoi salvare milioni
di vite elettroniche



Non ci credeva. Non voleva credere ai suoi occhi e ai suoi peggiori presentimenti, ma era lui. In carne ed ossa e lei era sola. Non solo era sola, ma senza medaglione e la possibilità di contattare il mondo esterno, sempre se qualche traccia di civiltà poteva esserci là fuori. Il rumore che fece ingoiando quel groppo alla gola che aveva sembrava essere amplificato nel silenzio della stanza e Kisshu la stava ancora guardando. Anche se guardare non era il verbo giusto, più che altro la stava fissando impudentemente come se fosse un dolce solitario depositato in una tavola, il quale non aspettava altro che essere gustato, in tutta la sua magnificenza.
Gli angoli della bocca dell’alieno si alzarono lasciando trasparire le punte dei suoi canini, in quei momenti aveva un aspetto felino, le faceva accapponare la pelle. Aveva paura perché sapeva che lui era immensamente più forte di lei, era alla sua mercé e non poteva farci niente… o forse si. Eppure non riusciva a staccare il suo sguardo sgomento e, a tratti, terrorizzato, da quelle sottili labbra che la richiamavano come una ipnotica melodia, come se quelle labbra potessero prometterle tutti i piaceri della vita. E con tutti, intendeva tutti, anche i più proibiti, quelli che la sua giovane ed ingenua mente non poteva neanche lontanamente pensare. Perché sì, Kisshu Ikisatashi era così. Quando diventavi la sua preda, lui fremeva dalla voglia di catturarti per poi spogliarti con gli occhi, come stava facendo in quel preciso momento. Quei due occhi dorati passavano su ogni centimetro di pelle libero di quel corpo femminile che aveva di fronte, ed anche le parti del corpo coperto. In fondo lui n aveva di fantasia e non vedeva l’ora di scoprire se le sue congetture, le sue fantasie che lo tormentavano ogni notte potessero essere reali. O magari superare di gran lunga le sue aspettative.
 
Un brivido le attraversò la schiena, la bocca si asciugò. Allo spavento adesso si univa la rabbia al solo vedere quella sua aria spavalda e quella sua sicurezza che minava la sua stabilità mentale. «Ki… Kisshu! Che significa tutto questo? Dove sono e cosa vuoi?!» finalmente aveva trovato la forza, e perché no anche il coraggio, di parlargli. Peccato che la risposta che ne ricevette non era di suo gradimento perché l’alieno di fronte a lei si perse in una forte risata liberatoria «Mi sembra ovvio bambolina mia, sei qui per… me. Perché adesso, siamo soli, tu ed io, e potremmo divertirci tantissimo insieme» quella voce melliflua sembrava promettere il paradiso, era così tranquillo, come se tutta quella situazione fosse un gioco, un gioco in cui poteva manipolare le regole a suo piacimento. Il significato di quelle parole per lei furono come una doccia fredda, improvvisa. Che cosa avrebbe fatto? Avrebbero lottato? Ichigo era così terrorizzata che l’unica cosa che voleva fare era scappare ed urlare che qualcuno l’aiutasse, sapeva quanto poteva essere pericolo Kisshu, soprattutto adesso che non c’era Aoyama a proteggerla.
 
 
Dio quanto l’adorava. Impazziva a vederla in quello stato: la camicia mezza aperta, i pantaloni del pigiama che non coprivano per intero quelle gambe sottili e chiare –sembravano morbide e lisce come la seta-, quei capelli ribelli le conferivano un’aria selvaggia e indomabile. Poteva giocarsi la testa, oppure i suoi preziosissimi attributi –no forse quelli sarebbe meglio non toccargli, poiché gli servivano assolutamente- che gli si sarebbe scagliata addosso pronta a difendersi, proprio come un animale selvaggio. Al solo pensiero di risvegliare quella natura ribelle e felina si sentiva accendere, per non parlare dei suoi occhi. Quei due occhi che lo fissavano impauriti e, allo stesso tempo, infastiditi, rappresentavano due pozze di caldo e dolcissimo cioccolato. Aveva paura e lo sentiva. Era completamente terrorizzata e la cosa gli piaceva. E come se gli piaceva. Poteva farle qualsiasi cosa la sua mente avrebbe partorito eppure lei si sarebbe ribellata battagliera e testarda com’era.
Uguali, erano uguali per questo era convinto che lei fosse sua. Apparteneva a lui e a nessun altro. Le parole di Ichigo sul suo amore per quell’insulso essere umano non avevano importanza e nemmeno valore. Era convinto al cento per cento su ciò che pensava e su quello che diceva, non importava quanto tempo avrebbe impiegato ma sarebbe giunto al suo scopo: avere Ichigo. Sarebbe stata sua, avrebbe visto ciò che provava per lei. Aveva dei piani per entrambi, se tutto procedeva bene se ne sarebbero andati via. Sarebbero fuggiti d quella guerra, sarebbero rimasti solo loro due a darsi piacere reciproco. Potevano vivere in un luogo lontano da quelle due fazioni che li obbligavano a scegliere e a combattere per una guerra stupida ed insulsa. In fondo a lui bastava avere lei, colei che egli reputava essere la persona più importante della sua vita. E poi a Kisshu Ikisatashi non piaceva dividere ciò che è suo con gli altri e lei era la sua bambolina.
E con quei pensieri in testa le si avvicinò fulmineo facendola sbattere contro il muro, prese entrambe le mani e gliele bloccò sopra la testa con una sola mossa. Era più veloce di lei e molto più potente anche se era meschino –in fondo lui lo era- aveva tutta l’intenzione di sfruttare le sua capacità per avvantaggiarsi. A causa della colluttazione alla rossa sfuggì un gemito di dolore: «Kisshu lasciami immediatamente!» gli urlò a pochi centimetri dalla faccia, mentre lui sogghignava soddisfatto continuava a stringere la morsa attorno ai polsi della ragazza. Quanto tempo aveva aspettato, quanti piani andati in fumo per poter vivere quel momento! Ora non c’era il suo adorato Aoyama a salvarla o le ragazze a mettergli i bastoni tra le ruote «Ah ah ah ah! Non ci penso minimamente dolcezza. Adesso tu ed io ne approfittiamo per esplorare i reciproci corpi» le sussurrò con voce bassa e roca mentre strusciava il naso sulla mandibola della sua ribelle e scalpitante vittima e inspirava il suo odore. Ichigo continuava a irrigidirsi sempre più, il cuore le batteva forte, come se volesse fuoriuscire dal suo petto e scappare via. «No… lasciami» c’erano tanti lati di Kisshu di cui lei aveva paura: quelli in cui lui le urlava di essere sua e di doversi schierare dalla sua parte e questi in cui sembrava abbandonare la sua area da psicopatico per vestire i panni del perfetto maniaco. C’era solo un problema: adesso quell’alieno dagli occhi dorati e i capelli smeraldo poteva farle di tutto, poteva realizzare tutte le sue minacce e non sarebbe servito a niente opporre resistenza. Se si fosse opposta e avesse tirato troppo la corda lui avrebbe perso sicuramente le staffe e… avrebbe potuto porre fine alla sua vita. Era proprio questo che la spaventava più di tutto. Non aveva idea dei piani di Kisshu, era fuori controllo e un minimo sbaglio le sarebbe costato caro.
 

Mentre pensava ciò una gocciolina di sudore freddo le scendeva dal collo e il suo aggressore ne approfittò per bearsi di quella visione in primo piano ed Ichigo per combattere il panico respirava affannosamente, anche per la posizione scomoda dovuta al suo corpo schiacciato contro il proprio. Poteva sentire tutto e con tutto intendeva ogni parte di quel corpo maschile che sembrava non darle tregua «Sapessi quante cose potrei e vorrei farti Ichigo. Cose che tu neanche immagini» quel suo sguardo perso nei meandri dei suoi pensieri, quasi sognante, le metteva i brividi. Le passò un dito lungo il collo fino a salire sul volto, accarezzando le labbra socchiudendole leggermente:
«Non l’hai ancora capito Ichigo? Tu sai di cosa parlo solo che non vuoi ammetterlo!» gli sputò in faccia quelle parole con tutto il fiato che aveva in gola, le sue pupille si dilatarono per lo spavento e lo stupore «Sei tu che non capisci Kisshu! Qualunque cosa tu possa fare non servirà a niente. Non cambierò idea e non puoi obbligarmi a scegliere!» adesso il tuo tono si era alzato di volume e lui non sopportava questa sua testardaggine, «Ti dimostrerò che ti sbagli micetta». Annullò la distanza tra di loro, poggiò le sue labbra su quelle morbide della rossa, baciandola violentemente. Con i denti le morse il labbro inferiore ed Ichigo si lamento aprendo la bocca, Kisshu ne approfittò per sondarla, curiosare in giro con la lingua e gustarla con tutta calma, perché lei era il suo dolce, la sua preda. Si ricordava del primo bacio, ma non aveva niente a che vedere con quello attuale. Il primo era più superficiale, era uno sfioramento di labbra, questo era molto di più. Con quel gesto l’alieno stava imponendo la sua posizione alla rossa. Uscì leggermente per poi rientrare e morderle le labbra, stava giocando, la stava stuzzicando. L’unico suono in quella stanza erano gli schiocchi delle loro labbra, mentre Kisshu si perdeva in una beatitudine sognata da una vita mugugnando di piacere.
 

Era paralizzata, bloccata. Non si era aspettata quel gesto da parte sua, credeva che avrebbe ceduto o si sarebbe perso nei suoi tanti discorsetti. Eppure no, adesso era lì a baciarlo come non aveva mai fatto in vita sua. Neanche con Aoyama. Forse perché il loro rapporto stava raggiungendo livelli platonici. Era a conoscenza di certi aspetti in una relazione, ma non aveva mai perso tempo a pensare al sesso, in fondo Aoyama non era il tipo e non avevano un rapporto così approfondito per parlarne. Adesso però le labbra e l’energia di Kisshu la stordivano, la confondevano. Non aveva mai provato delle sensazioni così contrastanti fra loro, un connubio di dicotomie mai provate.
Lui era un nemico, era un alieno eppure in quegli istanti si sentiva fuori dal mondo, in preda ad una eccitazione mai provata e… ne voleva ancora, questo la turbava non poco. Voleva dimenticare tutto, i suoi doveri nei confronti delle ragazze del mondo intero, i suoi pensieri più razionali e abbandonarsi al piacere. Un piacere che solo Kisshu poteva darle in quel momento. Poteva dimenticarsi delle loro reciproche identità e godersi il momento, appartenersi a vicenda solo per un giorno. Un solo. Sentiva gli ansiti dell’alieno vicino all’orecchio ora che le labbra si erano spostate a contornare la mandibola e il lobo, uno strano calore le si era diffuso per tutto il corpo, doveva essere rossa come un peperone e le mancava l’aria. Chiuse gli occhi beandosi di quelle emozioni e sensazioni che il corpo dell’alieno le stava provocando fino a quando la sua mano, che teneva legati i polsi, scese giù ad accarezzare i seni e l’altra verso l’interno coscia. Aprì all’improvviso gli occhi conscia del suo gesto: l’aveva appena leccata e succhiato la pelle del collo «Ahh… mmm Kisshu» a quelle parole lui si fermò un attimo e col fiato corto le risposte «Quanto ti desidero Ichigo. Adesso lo vedi pure tu l’alchimia che c’è tra noi» lei desiderava rispondergli in qualche modo, ma non aveva la forza. Come se non bastasse, il desiderio per lei era forte, così forte che pure lei lo poteva sentire benissimo. Che situazione, non si era mai ritrovata in circostanze del genere, eppure si tratta di Kisshu Ikisatashi!
«Kisshu io… Ti prego» lei lo stava pregando e a quelle parole sgranò gli occhi «Dimmi micettina mia, cosa vuoi. Chiedimi ed esaudirò i tuoi desideri» la sua voce le stava promettendo l’eterna dannazione, una dannazione molto piacevole.
 
 
 
Note
Ed eccoci qui al terzo capitolo (un po’ più lungo dei precedenti vero?), ne approfitto per avvisarvi che ho sistemato la formattazione dei precedenti capitoli, colpa di NVU (il programma funzione, sei tu che sei nabba ndRyou  ma sempre a denigrare tu!! >.< ndme). Ad ogni modo ringrazio tutti coloro che stano seguendo questa storia (ricordo che i diritti non sono miei ma delle rispettive autrici ). Questa è la prima scena hot che scrivo (in tutta la mia vita), spero di non aver sforato il rating arancione. In ultimo vi avviso: è il penultimo capitolo questo!
 
A presto Verde Pistacchio.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Epilogo
 
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit: 
Non essere indifferente!
Salva anche tu una tastiera da pazzoidi che
le massacrano scrivendo come disperate!
Non chiudere gli occhi, puoi salvare milioni
di vite elettroniche
 

Era in uno stato di beatitudine. Non sentiva la necessità di niente, ne aveva altri desideri. Era completo. Si sentiva completo. Era più che sicuro che se la perfezione fosse esistita sarebbe stata proprio quella sensazione. Il respiro era calmo. Il corpo si espandeva e si ritraeva al suono di quel fievole soffio d'aria calda che usciva da quelle labbra scarlatte, ormai dischiuse. Senza nessun segno di opposizione, diniego o, peggio, di rifiuto. Le sue mani lo potevano sentire. Oh e come se lo sentivano. Percepivano la carne calva e vibrante di quel corpo giacente sotto il proprio. Avrebbe potuto accarezzarlo per l'eternità. Poter godere di quella morbidezza. Era... Tenero. Così dolce e morbido che se lo avesse morso sarebbe andato dritto in paradiso per non uscirne più. Ma in fondo chi vorrebbe scappare dal paradiso? Lui lo sapeva. Ne era certo. Quel corpo falsamente immobile sotto di egli nascondeva un grande piacere. Di quelli che si scoprono e si conquistano una sola volta nella vita. Dopotutto a lui bastava anche solo una notte. 

Un momento solo per ottenere quel tutto così meraviglioso. In quella stanza, in quel letto, in quel momento, in quell'istante lei rappresentava tutto ciò che lui non aveva e non avrebbe mai avuto ma che, proprio per questa ragione, egli desiderava più di ogni altra cosa. Ichigo racchiudeva nel suo corpo, nella sua immagine e nella sua persona i suoi desideri, le sue aspettative ed anche i suoi dolori. Per lui era tutto e niente allo stesso tempo e lo sapeva. Era cosciente che bastava un niente perché tutto questo svanisse, ma ciò non poteva (o voleva?) accadere. Doveva rimanere in quello stato ancora un po', se l'eternità era troppo per il suo destino che gli concedesse almeno un'ora o un giorno. Non voleva che quella realtà finisse. Che Ichigo andasse via. Ora che era tra le sue mani, o doveva dire sotto le sue mani, non poteva permetterlo. 

C'era pace. Sia dentro che fuori i loro corpi. L'unico suono a rompere quel silenzio erano i loro respiri. Aliti di vita che testimoniavano una sola cosa: non tutte le parole che si erano detti erano terminate, no, ce n'erano altre. Altre parole morbide, dai toni più calmi, quasi sussurrati, così dolci che forse i loro cuori avrebbero smesso di battere contemporaneamente. Kisshu voleva sussurrargliele quelle e molte altre parole. Alcune anche sconosciute alla cultura umana. In quella posizione, lui sopra e lei sotto tormentati dagli stessi pensieri probabilmente, non erano altro che un maschio ed una femmina. Due generi opposti, diversi ma complementari. Perché l'alchimia, la magia, che si creava fra i due era primitiva, antica. Andava oltre la cultura, oltre la razza per arrivare al loro punto comune, alla loro essenza: due esseri viventi. Solo questo. Loro erano e potevano essere solo questo. Non Kisshu ed Ichigo, ma due creature che vivevano e si lasciavano trasportare dalle loro passioni, da quegli istinti primordiali che sono sempre esistiti. Era questo quello che voleva far comprendere ad Ichigo la loro uguaglianza che partiva dalla loro diversità. Le avrebbe fatto capire. Le avrebbe spiegato ogni cosa. Prima con le parole, poi con i gesti e in seguito di nuovo con le parole, a seguire sempre questo schema come un ciclo infinito. 
Non un nomignolo uscì dalle sue labbra. Solo il suo nome. Perché era il più dolce e bello fra tutti: «Ichigo».



Inspira ed espira. Inspira ed espira. Inspira ed espira. Era questo su cui doveva concentrarsi e su nient’altro. Doveva riprendere il controllo del suo corpo, delle sue emozioni e della sua mente. Tutto doveva tornare alla normalità, sempre se di normalità questa situazione aveva qualcosa.
Era stesa su quel letto, su quella brandina scomodissima ma che in quel momento era l’ultimo dei suoi pensieri. Sì perché a distrarla dai suoi tentativi di razionalizzazione c’era un corpo, ma non un corpo qualsiasi. No, quello che la imprigionava era il corpo di Kisshu. Lo poteva sentire benissimo, era vivo. Il suo torace le schiacciava il seno, l’addome era poggiato sulla sua pancia e le gambe strusciavano sulle sue. Una situazione a dir poco imbarazzante, dalla quale voleva uscirne subito, almeno per evitare che il rossore al viso divenisse la sua seconda pelle. In quella posizione era possibile percepire tutto: il respiro che contraeva e distendeva il diaframma (proprio come il suo), due suoni uguali che lavoravano all’unisono, le forti braccia che artigliavano le sue immobili e distese e… la sua virilità molto vicina al punto di non ritorno, gli occhi. Oh il suo sguardo era uno spettacolo di sfaccettature. La fissava sfrontato, quasi sfidandola dicendole: “Coraggio, guardami e vediamo chi distoglie lo sguardo per prima”. Così diretti da farla sentire nuda, adesso era capace di leggere tutte le emozioni che passavano per la sua mente. Non poteva permettersi una cosa del genere, sarebbe stato un grande vantaggio. 

Voltò la testa di lato, sapeva che avrebbe perso la sfida. C’era silenzio nella stanza, forse perché entrambi stavano raccogliendo le forze rimaste per un ultimo attacco. Lo ricordava bene. Rammentava le parole che si erano scambiati o era meglio dire gettati. Sì si erano graffiati, picchiati con tutte quelle parole. Ichigo aveva riversato su di lui tutta la sua paura e il tormento, da parte sua Kisshu cercò di far valere la sua posizione. Quello che la ragazza non capiva era perché, dopo tutte quelle frasi, lui si ostinava a perseverare. Doveva ammetterlo, questo gli faceva onore.
Ma cosa poteva mai dirgli che non aveva già fatto? Era stanca, stanca di quella loro battaglia personale, stanca del suo e del proprio atteggiamento. Eppure, nonostante questi pensieri il suo corpo era di un altro parere. Ne era certa. Kisshu non la molestava, non le urlava addosso e, cosa ancora più strana, non la baciava. Era così strano ma il corpo di Ichigo si stava adattando, quasi abituando, alla presenza dell’alieno. Ora le sue membra non erano più irrigidite, erano rilassate, distese, pronte ad accogliere un piacere atteso ed inaspettato allo stesso tempo. La mano sinistra abbandonò il suo polso e scese verso la gamba accarezzando tutto il lato sinistro del corpo. Lo accarezzava delicatamente come fa uno scultore con la sua migliore opera ormai completata. Piccoli brividi si diffusero lungo tutto il suo corpo e un pensiero la colpì: era un atto di fiducia. Quello che stava facendo Kisshu in quel momento era darle fiducia, allontanando la mano e percorrendo un lato del suo corpo le stava dando la possibilità di ribellarsi, con tutto ciò che avrebbe comportato quest’azione. Non credeva che lui potesse farlo. Un dubbio le si insinuò nella mente, lei avrebbe mai fatto una cosa del genere. Benché fosse stordita da tutte quelle nuove e istintive sensazioni, da quel magico languore sapeva chi aveva di fronte, ma soprattutto chi era. Voleva aprire la bocca e parlargli, dirgli qualcosa ma non ne ebbe il tempo.

Lo sentì sussurrare il suo nome mentre la testa si abbassava sul suo petto. Affondò il viso tra i suoi seni e sospirò. Il suono era attutito dalla stoffa, ma era chiaro, era un sospiro di piacere. Vista dalla sua prospettiva quella scena era meravigliosa. La stoffa del pigiama delineava perfettamente il seno e i capezzoli turgidi, si vedevano le pieghe causate dalla tensione di questi ultimi. Sembrava così… soffice, come una candida nuvola su cui distendersi e riprendere le forze. Come se qualcosa di caldo, morbido e forse dolce ti avrebbe protetto per tutta la vita. Forse Kisshu, affondando sempre di più, voleva perdersi in quella sensazione. Egli era come un relitto del mondo che, tuffandosi, stava per ritrovare la pace e la serenità e… il piacere. Una strana sensazione la dominava, era insolita, sconosciuta e bella. Fu in quel momento che Ichigo decisa di lasciarsi andare, di abbandonare tutte le difese per lasciarsi trasportare in quella nuova dimensione che stava prendendo forma. Un gemito le uscì dalla bocca in risposta a questa reazione. Cercò di sussurrargli qualcosa, ma non aveva abbastanza fiato.



Gli sussurrò qualcosa, ma non afferrò il significato di quel borbottio. Il gemito si invece che l’aveva compreso. Fu proprio quello a mandare alla deriva la sua mente. Stava affondando il viso sul suo seno, era una goduria e un tormento allo stesso tempo. Il suo fiato caldo riscaldava quella porzione di petto e percepì i brividi che scuotevano il corpo della rossa, li comprendeva perché erano gli stessi che correvano attraverso il suo fisico. Voleva gridare dal piacere e fare gridare anche lei per le stesse ragioni. Desiderava perdersi in quel corpo che lo attirava come il canto delle sirene ipnotizzava i poveri marinai destinati alla morte. Ma qui era tutto diverso, perché lui avrebbe ottenuto il piacere tanto desiderato, i tesori e le mute promesse che sembravano chiamarlo a gran voce. Voleva sussurrarle il suo nome all’orecchio mentre si univano, mentre fondevano insieme carne e cuore, mentre diventavano una sola cosa, mentre si perdevano nel piacere e allo stesso tempo lo donavano all’altro. Lasciò piccoli baci dal petto al collo per raggiungere la mandibola. Eccola la sua bocca era lì a pochi passi. Pronta per lui, ne era certo. Pronta per qualsiasi cosa lui avesse voluto farle. Pronta per tutto. All’improvviso accadde e non poté fare niente per impedirlo.

Alzò la testa riprese a respirare e aprì gli occhi. Un sogno, era solo un sogno. Accanto a lui c’erano solo le foglie dell’albero e le luci notturne della strada nient’altro. No un momento! C’era ancora lei, la luna. Luminosa e solitaria e così crudele. Gli aveva concesso solo questo un sogno, un’illusione, una dolce illusione. Le emozioni, le sensazioni, tutto era così vivido da sembrare vero. L’amarezza dipinse un velo di tristezza sul suo viso. Si asciugò il sudore dalla fronte. Ichigo era ancora lì, distesa sul letto a riparo tra quelle colorate coperte. Non sapeva per quanto tempo aveva dormito sapeva solo che se il destino voleva farsi beffe di lui non ci sarebbe riuscito. Questa volta avrebbe vinto lui la partita cambiando le carte in tavola. Sapeva cosa fare adesso grazie a quel sogno premonitore e con il suo classico sorriso arrogante sparì nella notte.












Note
Bene bene siamo arrivati alla fine, purtroppo doveva succedere come avevo già detto questa era fic abbastanza breve. Mi spiace averci impiegato parecchio, avevo previsto di terminarla a fine estate ma siamo quasi a ottobre, fortunatamente la sessione d'esami è conclusa (almeno per me). Questo lavoro mi serviva per ripopolare efp con una coppia canon e avere del tempo per delineare la trama di Different Human (no pubblicherò subito vi avviso). Ma ho altri progetti per questi due, ciò significa che pubblicherò qualche one-shot ;) Non so se avete notato ma questa è la prima fic a più capitoli che completo! *^* mi sento soddisfatta!
RyoePie: eh non ti vergogni! Te la vanti pure <.<
VP:ahh ma sempre a gettare fango su di me! Mai una volta che siate carini con me u.u
RyoePie: *gettano acqua ghiacciata sull'autrice*
VP: ç_ç
Come potete vedere è presente anche il pov di Ichigo, dico semplicemente che anche lei sta dormendo, chi dice che non stesse facendo il medesimo sogno? ;) Concludo ringraziando tutti coloro che hanno seguito la storia e recensito. È grazie a voi se noi fanwriter andiamo avanti!


 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3161556