Lascia cadere il Mondo

di FairySweet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cuore di Padre ***
Capitolo 2: *** Pioggia ***
Capitolo 3: *** Non ho bisogno di Te ***
Capitolo 4: *** Rabbia e Vetro ***
Capitolo 5: *** Sei Diverso ***
Capitolo 6: *** Dimenticate per Me ***
Capitolo 7: *** Non scappare da Me ***
Capitolo 8: *** Scelgo la morte a questa Tortura ***
Capitolo 9: *** Un'altra Vita ***
Capitolo 10: *** Rose e Spine ***
Capitolo 11: *** Incanto ***
Capitolo 12: *** Profumo di Notte ***
Capitolo 13: *** Amore ***
Capitolo 14: *** Una semplice Febbre ***
Capitolo 15: *** Tre giorni Appena ***
Capitolo 16: *** Occhi Verdi ***
Capitolo 17: *** Scegliete voi il mio Nome ***
Capitolo 18: *** Inverno ***
Capitolo 19: *** Stai Danzando ***
Capitolo 20: *** Parole ***
Capitolo 21: *** Cinque Giorni ***
Capitolo 22: *** Tempo ***
Capitolo 23: *** Non puoi Scappare ***
Capitolo 24: *** Sei sogno o Realtà? ***
Capitolo 25: *** Guardami negli Occhi ***
Capitolo 26: *** Ho trovato il suo Nome ***
Capitolo 27: *** Fino a che starai Bene ***
Capitolo 28: *** Nello stesso Istante ***
Capitolo 29: *** Segreto ***
Capitolo 30: *** Solo cose Belle ***
Capitolo 31: *** Aggrappati a Me ***
Capitolo 32: *** Ti Sento ***
Capitolo 33: *** Non è Pietà ***
Capitolo 34: *** Fatelo per Me ***
Capitolo 35: *** Speranza ***
Capitolo 36: *** Scommettete con Me ***
Capitolo 37: *** Torna da Lei ***
Capitolo 38: *** Sei più forte di Me ***
Capitolo 39: *** La tua guerra è Finita ***
Capitolo 40: *** Un giorno dopo l'Altro ***
Capitolo 41: *** Rose Rosse ***
Capitolo 42: *** Oro e Stelle ***
Capitolo 43: *** Sei il mio Angelo ***
Capitolo 44: *** Dolcissima Paura ***
Capitolo 45: *** Non c'è niente per te Qui ***
Capitolo 46: *** Concerto Notturno ***
Capitolo 47: *** Promesse e Respiri ***
Capitolo 48: *** Sciocche Regole ***
Capitolo 49: *** Perditi in Noi ***
Capitolo 50: *** Troppi Pensieri ***
Capitolo 51: *** Giochi e Litigi ***
Capitolo 52: *** Cinque lettere che Conosci ***
Capitolo 53: *** Mare ***
Capitolo 54: *** Stralci di Luce ***
Capitolo 55: *** Non posso Perderla ***
Capitolo 56: *** Segreti sciolti al Sole ***
Capitolo 57: *** Continua a Respirare ***
Capitolo 58: *** Con l'amore negli Occhi ***
Capitolo 59: *** Tributo di Sangue ***
Capitolo 60: *** Lei mi Confonde ***
Capitolo 61: *** Avevi detto per Sempre ***
Capitolo 62: *** Il mondo in un Secondo ***
Capitolo 63: *** Un motivo per Amarti ***
Capitolo 64: *** Figlio del Caso ***
Capitolo 65: *** In fondo al Cuore ***
Capitolo 66: *** Un attimo sospeso nel Silenzio ***
Capitolo 67: *** Attimi di Luce ***
Capitolo 68: *** Preghiera Silenziosa ***
Capitolo 69: *** L'amore non fa Rumore ***
Capitolo 70: *** Epilogo: Sette anni di pura Dolcezza ***
Capitolo 71: *** Ai miei giovani cuori ***



Capitolo 1
*** Cuore di Padre ***


                                                            Cuore di Padre





Un cuore di donna, un cuore che batteva così veloce da toglierle il respiro, un cuore protetto da un uniforme militare che lo aveva avvolto dentro spine taglienti con l'unico scopo di tener lontano il resto del mondo.
Non rimpiangeva niente del suo passato, niente di quell'infanzia così rigida e attaccata a regole severe, regole che le avevano concesso una libertà immensa.
Essere cresciuta come un uomo, giocare con spade e pistole quando avrebbe solo dovuto giocare con le bambole, cavalcare, partecipare assieme al padre agli allenamenti del suo plotone.
Amava la sua vita, amava ogni particolare di quella vita ma c'era qualcosa dentro che la costringeva continuamente a bloccare per un secondo i pensieri.
Sarebbe stato diverso se fosse cresciuta come una donna? Se il padre le avesse concesso quel dolcissimo oblio di frivolezze e giochi? Non aveva mai trovato una risposta valida a queste domande, forse perché non si era fermata mai più di cinque minuti a riflettervi.
Quando si è piccoli non si pensa al futuro, si corre e si gioca incuranti di ogni altra cosa al mondo, ma quando si cresce, quando le regole blande diventano imposizioni tutto cambia all'improvviso.
Aveva solo cinque anni, era troppo piccola per capire, per comprendere come mai le era impedito di frequentare le stanze di sua madre, di cullarsi nei suoi abbracci, nelle sue carezze.
Perché le era vietato giocare assieme alle sorelle, perché le sue stanze diventarono così fredde e grandi.
Lentamente, con il tempo, la sua giovane mente si piegò arrendevole sotto le parole del padre, parole che rivivevano in lei ogni secondo di ogni giornata.
Parole fredde, pronunciate con distacco ma che celavano l'amore di un padre per una figlia che era anche figlio.
Un figlio a lungo voluto e mai trovato, un figlio che potesse portare avanti il nome della famiglia con onore, regalando a quel generale così altero e orgoglioso un futuro pieno di gioia.
Chiuse gli occhi qualche secondo rilassando le spalle, il vento leggero entrò dalle finestre costringendola a sorridere “Oscar?” tremò leggermente riportata alla realtà dalla voce del padre.
Si alzò di colpo raddrizzando la schiena ma quel sorriso a cui ormai non era più abituata era lì, leggero, delicato, un sorriso che rendeva quel volto sempre serio in qualche modo rassicurante.
Suo padre non sorrideva mai, non era conveniente, era frivolo e sciocco, più adatto alle donne che ad uomo ma quella sera, sul suo volto c'era quell'ombra leggera che la confuse oltre misura.
“Ditemi pure padre” “Volevo solo parlare con te” “Ma certo” rispose amabile aspettando che si sedesse di fronte a lei, gli occhi carichi incatenati ai suoi, così uguali, così pieni di sentimento e passione “So che il tuo nuovo incarico ti da qualche problema” “Oh non preoccupatevi, è naturale e farà il suo corso anche questa cosa. Un nuovo comandante ha bisogno di tempo” “Oscar, io vorrei …” lo vide sospirare, stringere le mani attorno ai braccioli avvolto da quell'indecisione che non riconosceva “ … vorrei chiederti una cosa” “Parlate ve ne prego” “È qualche tempo ormai che mi pongo sempre la stessa domanda a cui però non riesco a dare una risposta” “Posso chiedervi a che riguardo” “Pensavo a te” “A me?” domandò confusa “Pensavo al passato, alle sciocche regole che ti ho imposto. Ho sbagliato con te bambina mia, ho sbagliato da sempre. Ti ho impedito di vivere una vita piena e gioiosa. Per un mio capriccio tu hai …” “Avete torto padre” sussurrò inclinandosi leggermente verso di lui “Mi avete regalato la libertà. È un dono immenso” “Ma a che prezzo Oscar?” “Non importa, non più ormai. Vedete, poter vivere come un uomo mi ha permesso di fare cose immense, cose che una donna non può nemmeno sognare. L'uniforme che indosso mi ha reso più forte” “Ha cancellato la mia bambina” rimase in silenzio ad ascoltare un padre che incontrava per la prima volta.
La sua voce tremava, le mani si torturavano lentamente una con l'altra e i suoi occhi erano pieni di qualcosa che non gli era mai appartenuto, lacrime, lacrime leggere, trattenute, incatenate alla maschera di ghiaccio che ben conosceva “Eri così solare, così vivace. Ti ho cresciuta come un uomo per egoismo. Ti ho costretta ad allenamenti estenuanti, massacranti persino per i miei uomini e tu non hai mai protestato. Ti sei lasciata guidare, sei cambiata plasmata dalle mie punizioni, dalle mie regole. Sei cresciuta nel lusso ma non sei mai diventata parte. Ora che ti ho davanti  mi rendo conto dell'errore enorme che ho commesso” fece un bel respiro stringendo la mano della figlia tra le proprie “Sei una bellissima donna Oscar, alta, forte, con gli occhi di cielo e l'incarnato di luna. Abbandona questo mondo di regole e diventa quello che sei nata per essere” “Una donna?” ripeté tremante “Sono … cosa sono ora padre? Un comandante che abbandona il suo ruolo? Un soldato? Un figlio o solo una ragazza?” tremava, era sfinita da quei giorni lunghi e faticosi e spaventata dalle parole del padre perché d'improvviso, si era ritrovata scaraventata in qualcosa che non conosceva “Padre io non … non voglio cambiare la mia vita” “Non puoi più fingere di essere qualcosa che non esiste” “Sono qui” esclamò sfilando la mano dalle sue “Sono qui, davanti a voi, respiro, parlo, cerco di capire che fine abbia fatto mio padre perché vedete, questi discorsi, queste parole non sono da voi” “Sto solo cercando di capire come poter rimediare al mio errore!” esclamò deciso piantando gli occhi nei suoi.
Suo figlio, il suo investimento per il futuro, il suo più grande errore.
Aveva costretto la sua bambina a cambiare sé stessa, le aveva imposto regole e doveri e lei? Lei non aveva mai protestato ma quante volte l'aveva vista piangere, sola, nascosta dai suoi sguardi, dalle sue punizioni, sola con se stessa, incapace di comprendere come mai suo padre era tanto severo con lei.
La sua bellissima bambina che ora gli sedeva davanti, giovane e bella, troppo bella per lui, per il mondo intero.
Alta, un fisico delicato ed elegante nascosto dalla divisa, da una maschera che aveva il compito di proteggerla ma che nonostante tutto, non faceva altro che accentuare quella maledetta bellezza.
Indossava abiti maschili ma la dolcezza del suo corpo era forse più evidente, le gambe snelle, ben tornite da muscoli sviluppati negli anni di addestramenti, la vita sottile, le spalle delicate, quella dolcissima linea della schiena e poi il suo collo, l'oro di quel capelli lunghi e profumati, l'incarnato di luna e due occhi di smeraldo, carichi di passione, carichi di sentimento.
Occhi di mare che come il mare agitavano i suoi pensieri, i suoi dubbi e le incertezze di un cuore troppo a lungo punito.
Conosceva bene quegli occhi, lui le aveva regalato quegli occhi e in quello sguardo rivedeva se stesso, aveva plasmato Oscar a sua immagine e somiglianza, l'aveva resa forte, impavida, irraggiungibile a tutti perfino a sua madre e si era accorto che in poco tempo, sua figlia era diventata una cosa meravigliosa.
Pura, indomabile, con ideali e convinzioni che poco avevano di mortale “Capisco bene il dubbio che porti dentro Oscar, l'ho creato io, io ne sono colpevole ma ti prego credimi quando ti dico che ho a cuore solo il tuo bene” “Padre io non ho …” “Non hai mai amato, non hai mai provato la dolcezza di quel sentimento. Non hai mai danzato con leggerezza per i viali della vita, non hai mai provato tutte le dolcezze dell'essere donna. È sbagliato Oscar” “Siete in errore padre” sussurrò abbassando dolcemente lo sguardo, un leggerissimo sorriso le sfiorò le labbra costringendo il generale a socchiudere gli occhi “Mi avete regalato una vita, un educazione meravigliosa e l'uniforme che porto non mi ha impedito di amare ma ho scelto, ho scelto la mia vita, quello che ho mi piace” fece un bel respiro prima di alzarsi lentamente da quella poltrona “Ora padre, se volete scusarmi mi ritiro nelle mie stanze, domani ho una giornata impegnativa” un lieve cenno del capo bastò a congedarla e nel silenzio della notte, le parole di un padre colpirono le stelle “Hai paura di vivere Oscar perché scopriresti che il cambiamento è bello” si strinse la testa tra le mani e per la prima volta da anni, calde lacrime scesero per le guance.
Non avrebbe mai permesso a sua figlia di rinunciare, non le avrebbe mai permesso di soffrire per qualcosa che non le apparteneva perché lei meritava solo il meglio da quel mondo malato e se fino ad ora si era comportato da sciocco, vi avrebbe posto rimedio, si sarebbe preso cura di quella figlia, la più torturata, la più amata.

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Capitolo 2
*** Pioggia ***


                                            Pioggia





C'era freddo, più freddo di quanto potesse riserbare quella serata uggiosa, forse era colpa del suo animo irrequieto, forse, quel piccolo scambio di opinioni con suo padre l'aveva turbata al punto da provocare in lei quel brivido leggero.
Continuava ad allenarsi senza tregua alcuna, le nubi diventavano sempre più dense, cariche di pioggia che minacciava in qualsiasi momento un tremendo temporale ma e lei cosa importava? Continuava ad usare quella spada colpendo un nemico immaginario, i movimenti erano precisi, ogni scatto in avanti tendeva i muscoli di quelle gambe perfette, la schiena si raddrizzava, si piegava in avanti, di lato disegnando ogni volta figure diverse.
Era perfetta, lo era sempre stata e per quanto si sforzasse di nasconderlo, la perfezione dannata che sfiorava ogni suo movimento era lì, davanti a lui, povero uomo costretto a soffrire per colpa sua, a piangere in silenzio per evitare di urlare.
Quante volte l'aveva avuta vicino? Quante volte ne aveva respirato il profumo? Era troppo per lui, troppo per essere solo un'amica, troppo per essere semplicemente una donna.
Poteva un uomo amare così profondamente? Era quello l'amore? Restare per ore e ore a fissare una ragazza che si allenava con le spade, lo sguardo pieno di determinazione, colorato da quella lieve indecisione che da troppo tempo vedeva in lei.
Amare, morire, era certo che per lui fosse la stessa cosa perché sarebbe morto amandola ed era questo a farlo soffrire, era per questo che malediceva il cielo, per lei, per averla incontrata in così giovane età, per esserle stato accanto scoprendo la vera Oscar, la sofferenza che si nascondeva dietro a quella maschera di ghiaccio che si dipingeva in viso.
Era arrabbiato con lei perché non era quella la donna meravigliosa che conosceva. Sarebba potuto diventare qualcosa di meraviglioso, una dama spiata e desiderata da tutti, perfino dal re in persona ma lei continuava a scappare, a nascondersi dietro quella maledetta divisa senza rendersi conto che in realtà, gli sguardi degli uomini le appartenevano comunque.
Chissà se ne era a conoscenza, se era consapevole di quanto in realtà fosse bella, delle reazioni che provocava nelle persone.
Sorrise appoggiandosi al corrimano di marmo bianco, sollevò lo sguardo verso il cielo osservando per qualche secondo la corsa feroce delle nuvole.
In qualche modo, gli sembrava di riconoscere in quella corsa Oscar, già, era lì, davanti ai suoi occhi.
Oscar era il cielo azzurro, brillante, pieno di luce e di passione ma quelle nubi scure erano imposizioni, regole, divieti che l'avevano cambiata, distrutta, massacrata nel suo essere fanciulla, ragazza, donna.
Avrebbe dovuto proteggerla, tenerla al sicuro, allontanarla da quel male e invece? Si era preso gioco di lei, ne aveva rubato la purezza strappandole con la forza un bacio, aveva indugiato su quella pelle vergine, pura, così delicata e perfetta da togliergli il fiato.
L'aveva ferita, le aveva fatto del male costringendola a piangere, sentiva ancora nelle orecchie il rumore di quello strappo, la seta che si spaccava, il suo incarnato di luna che brillava sotto i lampi, i fulmini e poi quel pianto leggero.
Odiava vederla piangere, odiava da morire ferirla eppure, quella notte non era riuscito a controllarsi. L'aveva tirata tra le braccia e l'aveva baciata incurante di ogni cosa, del suo rifiuto, della sua paura.
Inspirò a fondo tornando a concentrarsi su di lei ma la mano dell'uomo sulla sua spalla lo fece tremare leggermente “Mi scusi signore, stavo … beh ecco, stavo solo …” “Stavi osservando Oscar” “Già” l'altro annuì orgoglioso portandosi le mani dietro alla schiena “Trovo che mia figlia sia perfetta. Guardala, maneggia quella spada come se in realtà usasse una piuma d'oca. Ci ha messo così poco ad imparare, è sempre stata veloce nell'apprendere le cose. È stato così per le lezioni di scherma, per il precettore, per le lezioni con la pistola e per qualsiasi altra cosa” “Ha ragione signore” mormorò sospirando “Vedi ragazzo, quando ho deciso di affiancarti a lei pensavo di fare la cosa giusta. Aveva bisogno di qualcuno con cui giocare, con cui allenarsi e passare il suo tempo. Qualcuno che la proteggesse ma a quanto pare ho sbagliato” “Signore?” lo sguardo dell'uomo si posò sul volto fresco del giovane costringendolo ad annaspare.
Aveva lo stesso sguardo di Oscar, la stessa determinazione negli occhi e quella vena di fierezza che non sarebbe mai sparita “Ho sbagliato con lei due volte e ora me ne pento Andrè, perché quello sguardo innamorato non dovrebbe nemmeno esistere” trattenne il fiato continuando ad ascoltare le parole del suo signore “Appartenete a due mondi diversi. Non siete fatti per stare assieme, in questa vita e nell'altra Andrè. Oscar è nobile di nascita, è abituata a questo mondo e anche se non ne fa mostra, questo mondo le piace perché in qualche modo la tiene al sicuro” “Questo mondo è una gabbia dorata signore! Lo è stata tutta la sua infanzia e lo è la sua vita. Le sbarre di diamanti e zaffiro che le mettete attorno la fanno soffrire!” “Ma la tengono al sicuro!” esclamò gelido picchiando un pugno sul marmo “Credi che non le voglia bene? Io amo mia figlia, la amo al punto da lasciarla libera di scegliere. Quello che ho fatto in passato è stato egoista, sbagliato e perfido me ne rendo conto solo ora, ma pensi che se le avessi permesso di vivere come le sue sorelle sarebbe stata così?” si soffermarono qualche secondo sull'ennesimo colpo di spada mentre il cielo tuonava violentemente “Non può saperlo signore!” “Oscar è stata libera di fare tutto quello che alle donne è precluso. Cavalcare, andare a caccia, tirare di scherma, essere ammessa ovunque. È diventata tutto quello che sognavo” “Signore …” sussurrò l'altro inspirando a fondo “ … Oscar è … è sempre stata tutto quello che sognavate. Lo sarebbe stata con quell'uniforme addosso o senza ma questo voi non potevate accettarlo. Credetemi, io rispetto le vostre scelte e sono contento di servirvi ma lei è …” “Lei non è qualcosa di tuo” esclamò gelido piantando gli occhi nei suoi, in fondo aveva ragione, Oscar non sarebbe mai stata sua, non dopo quella sera, non dopo averla ferita in quel modo.
C'era qualcosa di sbagliato in tutta quella situazione e se perfino il suo padrone se ne era accorto, allora niente sarebbe andato per il verso giusto, non più ormai “Sai dirmi cosa c'è che non va in lei?” domandò d'improvviso il generale tornando a concentrarsi su sua figlia “È diversa dal solito” “Non saprei signore” mormorò trattenendo le parole violente, quelle impudenti e iraconde che avrebbero solo voluto colpire quell'uomo insolente, lo stesso uomo che aveva costretto sua figlia a soffrire e che ora, se ne stava lì davanti a lui a difenderla da qualcosa che nemmeno capiva.
“Forse è solo stanca signore, lavora molto, le cose non vanno molto bene con i suoi soldati” “Già” “Ma non temete, saprà risolvere anche questa situazione vedrete” “Non ho dubbi su questo ma c'è qualcosa che la turba” un fulmine illuminò il cielo e le prime goccia d'acqua scesero leggere colpendo le foglie, i fiori “Oscar!” la ragazza si fermò di colpo voltandosi verso quel balcone e quel padre che era la sua legge vivente “Ora basta!” la videro annuire leggermente passandosi una mano tra i capelli.
Passi leggeri sull'erba umida, passi di una donna che era riuscita ad entrare nella mente e nel cuore di un povero servo come lui e che ora, vi sarebbe stata cacciata fuori dalla consapevolezza che quelle parole, quei discorsi spiati da nuvole e pioggia erano veri ora più che mai.

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Capitolo 3
*** Non ho bisogno di Te ***


                       Non ho bisogno di Te




“Perché sei ancora qui?” non rispose, non si mosse nemmeno, era lì, seduta sul bordo della fontana con i gomiti dolcemente abbandonati sulle gambe, le mani leggere nel vuoto e quei capelli meravigliosi che troppe volte aveva sognato di accarezzare “Non hai sentito tuo padre?” di nuovo silenzio, di nuovo quel dannato silenzio che gli massacrava l'anima “Oscar …” le sfiorò una spalla ma ritrasse la mano di colpo perché quel tremito leggero scottava più del fuoco vivo, fece un bel respiro cercando di ricacciare indietro la voglia folle di abbracciarla “ … mi dispiace, credimi mi dispiace davvero ma non puoi continuare così. Non puoi chiuderti nel silenzio” “Non sono arrabbiata con te” socchiuse gli occhi cercando di capire se quelle parole fossero solo semplici parole o custodissero in realtà qualcosa di più.
D'improvviso quegli occhi magnetici si fusero ai suoi, i capelli appiccicati al volto, fradici di pioggia che disegnavano sulla sua pelle tenere spirali, scendevano sul collo, sulle spalle dove la camicia chiara ormai piena d'acqua aderiva ad ogni sua curva.
Già, perché in casa quella fasce maledette non le portava, era libera di muoversi come la natura l'aveva creata, bella come una perla, rara come quei diamanti preziosi che vengono tenuti al sicuro da sguardi indiscreti “Non sono arrabbiata” ma tutto di lei tradiva la realtà delle parole, era arrabbiata, era arrabbiata con lui, con la sua stupida incapacità di restarle accanto senza oltrepassare quel limite, un limite imposto da suo padre e che ora sembrava non esistere più.
Fece un bel respiro alzandosi, gli occhi persi nei suoi, le braccia abbandonate lungo i fianchi “Buona serata” sussurrò oltrepassandolo ma la reazione del suo corpo fu immediata, strinse le dita attorno al suo polso costringendola ad indietreggiare di nuovo “Aspetta” sussurrò “Ti prego Oscar aspetta un secondo. Dobbiamo parlare, devo parlare con te, devo chiederti scusa perché non … non riesco più nemmeno a chiudere gli occhi senza vedere quello stupido attimo di debolezza che ti ha fatto del male” “Non mi hai fatto alcun male” i suoi occhi diventarono più freddi, distaccati e pieni d'odio “Lasciami andare” la sentiva tremare, i muscoli tesi, quell'indecisione nelle parole che tradiva una sicurezza troppo a lungo sostenuta.
Le dita allentarono la loro presa, il suo polso scivolò via dalla mano lasciando di nuovo l'aria gelida “Te l'ho già detto Andrè, non ho più bisogno di te” un ultimo sguardo, più freddo degli altri, pieno di insicurezza e colorato da quella lacrima che tentava con tutte le forze di nascondere e poi solo l'immagine di una ragazza sfinita che se ne andava, si allontanava da lui lasciandolo solo a sussurrare alla pioggia “Sono io che ho bisogno di te” ma che risposta poteva ottenere dal cielo? Sorrise appena passandosi una mano in viso, sentiva acqua sotto le dita, gocce che scivolavano veloci sulla pelle mentre il cuore urlava nel petto.
Come mai lei non lo capiva? Era forse cieca? Perché un uomo distrutto dal dolore era la cosa più chiara da vedere, l'unica immagine che in quei giorni le passava davanti agli occhi, eppure, nonostante tutto, continuava ad ignorarlo, a respingere colpo dopo colpo i suoi deboli attimi di tenerezza.
Come una guerra, come se in realtà ci fosse un nemico armato davanti a lei e non un amico.
Si rifugiava dietro ad un muro di ghiaccio senza capire che quei blandi tentativi erano in realtà l'unico modo che aveva di chiedere perdono.


 

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Capitolo 4
*** Rabbia e Vetro ***


                                       Rabbia e Vetro




Era troppo presto per dormire e troppo tardi per riflettere. Amava quell'ora dolce della sera, quando il sole tinge con un ultimo sprazzo di arancio ogni cosa.
Dalle grandi vetrate filtrava quella dolcezza, quell'abbraccio delicato che rendeva sogno il mondo intero e purtroppo, filtrava anche l'immagine di una ragazza, una giovane donna che scendeva dal suo cavallo.
Era stanca, sfinita e forse perfino delusa ma questo non l'avrebbe mai ammesso con sé stessa perché era troppo orgogliosa.
Il suo nuovo incarico si stava mangiando pezzo dopo pezzo le sue sicurezze, aveva scelto quella vita, era convinta e determinata ma lo scontro con la realtà fu più duro che mai.
L'avrebbe superato, lei superava sempre tutto, era sempre stata forte, lo sarebbe stato anche adesso.
Camminava lentamente sul selciato, la mano destra stretta attorno al fodero della spada, lo sguardo perso chissà dove.
“Andrè!” “Perdonatemi signore, non vi avevo sentito” sorrise passandosi una mano tra i capelli mascherando il disagio dietro un'espressione quanto meno reale “Ho una domanda” “Ma certo. Potete chiedermi qualsiasi cosa lo sapete” “Allora ...” mormorò l'altro avvicinandosi a lui di qualche passo “ … puoi spiegarmi questa?” il respiro si bloccò in fondo alla gola, il cuore iniziò a battere all'impazzata mentre lo sguardo si perdeva su quella seta preziosa che qualche giorno prima aveva violato.
“Perché la camicia di mia figlia è strappata?” “Signore non … io non so come …” “Ti ho messo al suo fianco perché tu la proteggessi Andrè! Non per restare immobile mentre qualcuno le strappa i vestiti di dosso!” urlò sollevando davanti al volto la stoffa ridotta a pezzi “Mi è stata portata questa mattina. Due serve l'hanno trovata tra i vestiti di mia figlia” non sapeva cosa fare, cosa dire.
Come poteva evitare di perdere la sua fiducia e la vita assieme? Perché era certo che se il suo signore l'avesse scoperto lui sarebbe morto “Signore, siete sicuro che sia una camicia di Oscar? Sono sicuro che c'è una spiegazione per ...” “Mi prendi in giro per caso? Credi che non sappia riconoscere i vestiti di mia figlia? Da quando ha compiuto sei anni ho fatto ricamare all'interno di ogni suo abito le iniziali di Oscar. È nobile di nascita, è ricca, hanno rapito molti bambini chiedendo in cambio oro, gioielli, armi. Li portavano via dalle loro case, li spogliavano e li costringevano a vestire in orridi cenci!” passeggiava nervosamente avanti e indietro evitando accuratamente lo sguardo del ragazzo “ Avevo il terrore che potessero rapirla e portarmela via. Lei era l'erede della nostra famiglia, il mio figlio prediletto, la mia dolcissima bambina. Ho fatto ogni cosa per tenerla al sicuro, pensavo che se le avessero tolto di dosso i vestiti forse, in qualche modo, l'avrei ritrovata. Erano solo sciocche preoccupazioni di un padre spaventato ma ho continuato questa mia piccola scaramanzia anche quando è cresciuta” “Ricordo molto bene signore. Ho visto più di una volta mia nonna ricamare con filo dorato e ora …” “Ora spiegami come mai sto qui, in piedi di fronte a te e stringo tra le dita la camicia strappata di mia figlia!” sollevò la mano portandola a pochi centimetri dal suo viso “Perché!” “Vi chiedo perdono signore, credetemi, vi chiedo perdono per non averla saputa proteggere” “Ti ho considerato un figlio in tutti questi anni, avevi un unico compito: proteggerla. Non l'hai fatto e qualcuno ha violato mia figlia!” annuì appena senza aggiungere una parola “È per questo che si comporta così?” “Con me non ne ha fatto parola” bugiardo, era un bugiardo e sarebbe bruciato all'inferno per quello ma le sue scuse erano sincere.
Chiedeva perdono per non averla saputa proteggere da sé stesso, dalla sua stupida irriverenza, dalla voglia folle di averla, di mostrarle che donna meravigliosa era diventata ma non ci era riuscito.
L'aveva ferita, le aveva fatto del male e non riusciva nemmeno a guardarla negli occhi.
Forse avrebbe dovuto dire la verità perché in fondo, morire per mano di suo padre era meno doloroso che restare una vita intera accanto a lei senza poterla avere.
"Devi parlare con lei Andrè, devi scoprire cosa le è accaduto perché se le parlassi io, beh, mentirebbe per evitarmi un dolore troppo grande" "Non parla con me signore" "Che vuol dire?" domandò confuso ma l'altro sospirò cercando gli occhi del generale, restarono così, immobili nel silenzio a studiarsi, a leggersi nell'anima fino a che, quegli occhi di ghiaccio rubati al mare diventarono improvvisamente carichi d'odio, rabbia mascherata dietro alla fierezza che urlava, che strepitava per uscire fuori.
“Esci subito da qui!” sussurrò l'uomo senza abbassare lo sguardo “Tu sei …. l'hai …” fece un respiro profondo cercando di controllarsi ma più ci provava e più sentiva cresce quell'odio orrendo che molte volte sul campo di battaglia, gli aveva salvato la vita “ ... giuro su Dio onnipotente che ti uccido con le mie mani!” tremava, tremava come una foglia nel tentativo disperato di trattenersi, di impedire alle mani di compiere quel gesto folle.
La camicia che stringeva tra le dita seguiva quel tremito muovendosi leggera nell'aria “Credetemi signore, mi dispiace, Dio solo sa quanto vorrei non averle mai fatto una cosa del genere ma se ...” “Fuori di qui!” quell'urlo carico di rabbia lo costrinse a muovere le gambe, un passo, un altro ancora fino a quando la porta non si chiuse alle sue spalle.
Sarebbe arrivata, la sua punizione sarebbe arrivata più violenta di uno sparo nel petto ma fino ad allora, poteva sognare e pregare che almeno nei sogni, la sua vita accanto a lei fosse normale.
Libera da tutte le regole, dalle costrizioni, dalla diversità di rango, libera da suo padre e da quel senso di protezione che era diventato improvvisamente troppo violento.
Era sempre stato protettivo con Oscar, lei era suo figlio, l'erede di un nome importante, di una famiglia tra le più devote al re.
Sarebbe diventata il futuro della sua casata, fiera, orgogliosa, piena di vita ma sempre soffocata e legata a rigide imposizioni.
Era quello il motivo di tanta protezione, perdere suo figlio per sciocche frivolezze era un insulto a sé stesso, al buon nome della loro famiglia, al mondo stesso.
Non era mai stato così attaccato ad Oscar, a dire il vero, non lo era mai stato con nessuno.
Ricordava perfettamente il loro passato, ricordava i giorni passati ad aspettare che il generale tornasse, lo sguardo di Oscar quando lo vedeva oltrepassare il cancello della loro tenuta.
I suoi occhi si illuminavano, un dolcissimo sorriso tornava a schiarire quell'espressione cupa che per giorni l'aveva posseduta.
Amava suo padre, era un amore tenero e puro, un amore che nonostante le vessazioni, le regole e le punizioni, era ancora lì, ancorato al cuore e alla mente.
Ma il generale, l'uomo di ferro e ghiaccio che mai abbracciava le sue figlie, quel generale d'improvviso era diventato un'imitazione di se stesso.
Aveva un bisogno quasi viscerale di sentire la voce di Oscar, di guardarla negli occhi e leggervi serenità.
Forse era colpa sua, forse, se l'avesse protetta meglio ora non sarebbero in quella situazione, ora lei sarebbe felice e suo padre sereno.
Sentiva lacrime calde scendere incontrollate sul volto mentre il rumore dei vetri rotti oltre la porta chiusa invase il silenzio.

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Capitolo 5
*** Sei Diverso ***


                                         Sei Diverso




“Sei tornata presto” “La giornata è piuttosto tranquilla, ho preso un po' di tempo per riposare” “Non è così facile iniziare un nuovo incarico, forse dovresti fermarti qualche giorno Oscar” annuì distratta sedendo di fronte al padre, una serva giovane e dall'aria spaesata posò davanti a lei un vassoio d'argento dove una tazza fumante disperdeva nell'aria un dolcissimo profumo “Non l'assaggi?” “No, vi ringrazio davvero padre ma in questo momento non mi va” slacciò i bottoni dorati liberando il collo, per qualche secondo ebbe l'impressione di respirare di nuovo.
Come se d'improvviso i polmoni avessero imparato a riconoscere il valore dell'aria, si abbandonò contro lo schienale della poltroncina, le gambe accavallate e una mano che giocava ritmicamente con una ciocca di capelli “Sei pallida” “Sono solo molto stanca” “Ti ho insegnato a non raccontarmi menzogne. Vuoi iniziare proprio ora?” ridacchiò divertita sollevando leggermente le mani davanti al volto “Perdonatemi padre, a volte dimentico la vostra bravura nel riconoscere le mie innocenti bugie” “Che siano innocenti o meno non importa, lo sai bene che non amo queste cose” “Lo so” sussurrò prendendo tra le mani la tazza di cioccolata.
La muoveva dolcemente nell'aria giocando con il liquido scuro ma gli occhi non si staccavano dal viso di suo padre.
I tratti severi erano in qualche modo cambiati, addolciti come se d'improvviso suo padre avesse un cuore, certo, non che prima non l'avesse ma quel cambio improvviso nelle sue parole, nel modo di muovere le mani, in quel sorriso leggero sempre presente, sempre lì per lei, tutto di quell'attimo sembrava in qualche modo fuori posto.
“Oscar” sollevò di colpo lo sguardo dalla tazza incontrando gli occhi del padre “Desidero che tu prenda parte al ballo organizzato in tuo onore” “Me l'avete già detto padre, tre volte” “Ti accompagnerò io” “Cosa?” “Non voglio che tu rinunci a qualcosa di meraviglioso solo per colpa mia. Voglio rimediare, voglio vederti sorridere, voglio vederti felice” “Allora permettetemi di scegliere da sola” lo sguardo diventò improvvisamente più serio, concentrato su quelle parole apparse dal nulla che sua figlia era solita nascondere “Voi credete di avermi fatto un torto, credete di avermi impedito di amare, di vivere. Vi sbagliate padre, vi sbagliate su tutto” “Non riesci a trovare il tuo posto nel mondo!” la tazza che stringeva tra le mani tremò violentemente costringendola a sussultare “Non sei un uomo, non ti comporti come una donna, sei sempre stata molto matura Oscar, so che sei in grado di scegliere da sola e so che la scelta che farai probabilmente sarà quella giusta. Ti chiedo tuttavia di accompagnarmi a quel ballo” “Perché?” “Perché tu possa vedere quanto sei bella figlia mia, quante persone potresti avere ai tuoi piedi se solo lo volessi” “Padre io non …” “Non farmi insistere, perché se diventa un ordine non avrai più la possibilità di rifiutare” la vide sospirare, mordersi le labbra nel tentativo di capire, di comprendere quale delle due scelte fosse la più giusta ma la voce del padre arrivò come un fulmine a ciel sereno “Oscar!” si risvegliò di colpo mentre un leggerissimo sì uscì incontrollato dalle labbra.
L'uomo sorrise compiaciuto sorseggiando il suo tè ancora caldo “Non preoccuparti, andrà tutto per il meglio vedrai” “Ne sono sicura” “Ora figlia mia ...” posò la tazza cercando il suo sguardo “ … vai a cambiarti, prendi la tua spada e raggiungimi nel parco” “Nel parco?” l'altro sorrise all'espressione confusa della giovane “Ho voglia di parlare un po' con te e l'unico modo che ho per farlo, senza che tu rifiuti a priori il mio pensiero, è usare le spade” si alzò sistemando le maniche della camicia, gesti lenti che la incantavano impedendole ogni altro pensiero.
Era sempre rimasta incantata da suo padre, quand'era piccola sognava di diventare come lui, forte, impavido, temuto da tutti e rispettato da tutti.
Un uomo elegante e bello che otteneva quello che voleva, che era così pieno di orgoglio da mettere tutto sé stesso in ogni cosa che faceva, dalla più sciocca alla più importante.
Quando iniziarono l'addestramento con la spada tutto sembrò andare più veloce, scoprì d'improvviso che essere come lui richiedeva qualcosa di più che semplice coraggio.
Gli allenamenti erano lunghi, estenuanti, le parole di suo padre dure e a tratti perfino cattive, la incoraggiava, la costringeva ad oltrepassare continuamente i limiti della sua dolcissima infanzia.
Aveva dimenticato velocemente il gioco, le spensierate giornate che colorano la fanciullezza, le sue ore erano scandite dal tocco delle lame, dal rumore degli zoccoli sul selciato, dal profumo della polvere da sparo.
Non ricordava nemmeno più quante volte si era fatta male, quante volte si era ferita con quelle maledette spade.
Graffi e lividi coloravano la sua giovane pelle di pesca quasi ogni giorno ma nonostante tutto, l'immagine di quel generale era sempre lì davanti a lei, era il suo futuro, il domani che sognavano per lei.
Crescendo aveva imparato a distinguere i propri desideri da quelli del padre, c'era qualcosa dentro di lei che continuava a lottare contro l'evidenza.
Nonostante i tentativi del padre, lei restava una giovane fanciulla, una ragazza che amava la lettura, la musica e l'arte, una ragazza che avrebbe voluto passare le giornate a cavalcare fermandosi all'ombra di un grosso albero fino a quando, la notte serena e profumata, non avesse raggiunto anche quel piccolo angolo di paradiso permettendole di contare le stelle, permettendole di contare i sogni.
Aveva sofferto, aveva sofferto terribilmente per questo continuo rifiuto di sé stessa ma il terrore di ferire suo padre era più forte di ogni altra cosa così, convinse il suo giovane cuore a mentire, a nascondersi dietro un uniforme fino a quando il dolore per le scelte non sue fosse sparito.
Ma nonostante il passato, nonostante le scelte di suo padre e il dolore che in quel momento le avvolgeva il cuore, ringraziava ogni minuto di ogni giorno quell'uomo severo e arrogante che le aveva dato la possibilità di essere così forte.
“Oscar? Mi stai ascoltando?” “Sì” sussurrò risvegliandosi da quel dolce torpore “Scusatemi padre, stavo pensando ad una cosa” “Già” sospirò l'altro mentre un'ombra leggera passava nel suo sguardo “Voi andate pure, io vi raggiungo tra pochi minuti” “D'accordo” un debole cenno d'assenso e poi solo la luce del pomeriggio che entrava dalle vetrate schiarendo i pensieri.

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Capitolo 6
*** Dimenticate per Me ***


                             Dimenticate per Me



Non ricordava quando fosse l'ultima volta che aveva incrociato la spada con quella del padre, forse erano passati anni o forse mesi, poco importava a dir la verità perché l'unico motivo per cui era lì, a cercare l'ennesimo scontro con lui era solo per capire, per comprendere quel cambiamento che più di tutti la turbava.
Un altro affondo, un'altra parata perfetta che la costrinse ad indietreggiare di un passo “Sei davvero brava” “E voi siete troppo buono con me” ribatté ironica sollevando davanti al volto la propria spada “I tuoi movimenti sono perfetti, lo sono sempre stati bambina ma ora sei pronta per affrontarmi seriamente” lo vide sorridere, assumere la posizione di guardia che aveva sempre tentato di imitare fin da piccola.
Corse in avanti aggredendo quella lama lucente, un colpo, un altro ancora, metteva in quei fendenti tutta la forza del suo giovane corpo ma il volto di suo padre restava sempre calmo, sereno, come se in realtà giocassero con bastoncini di legno e non con armi affilate “Sei esuberante, troppo veloce nei movimenti, ho passato anni a riprendere questo tuo comportamento. Corri troppo Oscar! Questo va bene con il resto delle persone là fuori ma qui è sbagliato” “Non la pensavate diversamente ventitre anni fa?” esclamò gelida parando un colpo, il braccio sinistro si librò leggermente a mezz'aria nel tentativo di mantenere l'equilibrio ma il polso destro faceva male, molto male perché la stoccata di suo padre si era infranta sull'elsa della spada costringendola ad un movimento innaturale “Ventitre anni  fa pensavo che mio figlio avrebbe avuto un brillante futuro, che dovesse imparare a sopravvivere in questo mondo e che avrebbe dovuto farlo il più in fretta possibile. Ho acconsentito che un giovane bambino ti venisse affiancato per crescere assieme a te e proteggerti e oggi …” si fermò qualche secondo inchiodando gli occhi a quelli della figlia “ … oggi più che mai mi pento di questo errore!” la vide tremare leggermente, la spada scivolò per terra mentre cercava in ogni modo di comprendere come fosse accaduto, perché quel segreto troppo grande per lei, fosse così limpido davanti agli occhi di suo padre “Tu lo ami?” “Cosa?” “Ti ho chiesto se lo ami allo stesso modo in cui lui ama te Oscar!” ma quel silenzio confuso e pieno di domande bastò a farlo tornare il generale freddo e senza cuore di tanti anni prima.
Si avvicinò alla figlia senza dire nemmeno una parola, lo sguardo perso nel suo mentre sollevava la mano sinistra e poi d'improvviso uno schiaffo violento squarciò l'aria, un gesto semplice che aveva sempre sopportato senza mai reagire ma che, in quel momento, faceva più male che mai.
Cadde in ginocchio con il respiro accelerato e la mano posata sul viso dove poco prima quel colpo aveva toccato la pelle così forte da costringerla a bruciare “Non accadrà mai Oscar! Tu sei nata nobile, sei pura, sei l'erede di una grande famiglia!” non rispose, non si mosse, restò semplicemente lì ad ascoltare “Non è questo il futuro che sogno per te! Non con un ragazzo inferiore di rango e di famiglia!” “Come sempre padre, vi siete posto una domanda e vi siete dato una risposta senza aspettarmi, senza capire se quello che pensate trova la verità nelle mie parole!” “Prendi la spada!” urlò allontanandosi di colpo.
Era arrabbiato, deluso, consapevole di quell'amore innocente che era nato sotto i suoi occhi senza permettergli di capire.
Lo conosceva, lo conosceva così bene da poter anticipare ogni suo pensiero, le dita si strinsero attorno alla spada fece un bel respiro profondo prima di rialzarsi da terra.
Non aveva risposto, non aveva detto una sola parola e questo era bastato. La conseguenza di quel silenzio era stato un lampo in pieno cielo ma suo padre ignorava completamente quale ne fosse il motivo: amore.
Una parola semplice, cinque lettere che unite assieme regalavano un universo di tenerezza, allora come mai non riusciva a perdersi in quelle maledette cinque lettere? Non riusciva a comprendere sé stessa, non riusciva a capire se quello che la univa ad Andrè era solo amicizia o se da qualche parte, nell'angolo più segreto del cuore, quella stessa amicizia si era trasformata in qualcosa di più forte. Forse era solo rifiuto, forse la consapevolezza che fosse sbagliato era più forte di ogni altra cosa, capiva appena sé stessa, non poteva permettersi di capire anche l'amore.
Sollevò la lama davanti al viso concentrandosi sui movimenti del padre, i colpi erano diventati più forti, le stoccate violente, sulla seta della camicia si aprivano piccoli squarci, carezze sfiorate di una lama che ora era accecata dall'odio.
“Non ti ho cresciuta per vederti sposata ad un plebeo!” esclamò puntando di nuovo la figlia “Non è questo che sogno per te! Non così!” “Non potete scegliere per me!” “Non posso?” ripeté ironico spingendo di lato la sua spada “Essere tuo padre mi da diritto e il dovere di impedirti follie del genere Oscar! È per il tuo bene che lo faccio!” le lame si incrociarono portandoli a pochi centimetri l'uno dall'altra “Allora se è il mio bene che volete lasciatemi decidere da sola! Lasciatemi libera di seguire il mio cuore e di vivere la mia vita nel modo che più mi aggrada!” “Per vederti un giorno sola e stanca, rinchiusa in un palazzo lussuoso mentre attorno a te la vita scorre? Scordalo Oscar! Non indosserai più l'uniforme!” “Avete mai impedito a vostro figlio qualcosa?” lo vide annaspare mentre un sorriso irriverente si impossessava delle sue labbra rendendola ora più che mai simile a lui “Non mi avete mai impedito niente padre. Ho sempre seguito i vostri insegnamenti, sono diventata il figlio che sognavate. Ho protetto la nostra regina, la famiglia reale, ogni volta che volevo qualcosa lo ottenevo senza problema alcuno e non mi avete mai impedito di fare le mie scelte, mi avete incoraggiato quando ero contraria al ritiro da quel duello con il duca, mi avete concesso un'armeria personale, quando ero piccolo ho chiesto un cavallo e mi è stato regalato, una pistola e l'ho avuta,  come potete dirmi cosa …” “Perché hai lasciato il comando della guardia reale?” trattenne il respiro indietreggiando di un passo “Perché Oscar?” “Avevo … avevo solo bisogno di capire quanto valgo” “Sai già qual'è il tuo valore, ho passato ogni momento libero a dirtelo, no, no non è quello il motivo!” “L'ho fatto per me stessa!” “L'hai fatto perché sei stata violata nella tua purezza! Mi hai detto di esserti innamorata, di aver amato ma sono sicuro che non sei riuscita a gestire questo grande sentimento non è così?” “E voi che ne sapete dell'amore padre?” lo vide sorridere mestamente “Conosco l'amore per un figlio, il bisogno di proteggerlo contro il mondo intero” “Anche quando quel figlio vi delude? Perché se facessi qualcosa di avventato sono più che sicura che non esitereste ad usare quella spada!” “Smettila di comportarti così Oscar! Non sei mai stata arrogante, non iniziare ora!” “Voi credete di capirmi, credete di comprendere ogni mia scelta ma ci sono cose che vanno oltre la semplice evidenza. Ho fatto una scelta, ho scelto questa vita, non potete semplicemente accettarlo?” “Quello che non accetto è il tuo silenzio!” esclamò gelido piantando gli occhi nei suoi “Perché non sei venuta da me! Perché non mi hai detto … una serva Oscar! Una serva è entrata in biblioteca con quella camicia tra le mani chiedendomi cosa farne! Ti sembra una cosa semplice da gestire? Hai idea di quello che ho provato?” “Non è accaduto niente padre, non è stato nulla di importante” “Un uomo ti strappa i vestiti di dosso e non è una cosa importante?” “Che cosa avreste fatto!” urlava, sapeva di farlo ma quello era l'unico modo che avevano per liberarsi, per affrontarsi e tornare ad essere padre e figlia.
“Se vi avessei raccontato tutto cos'avreste fatto! Ve lo dico io?” l'ironia colorò leggermente le parole costringendo l'uomo a sorridere “Lo avreste ucciso padre! Sareste andato da lui e gli avreste sparato in fronte! Sono cresciuta assieme a lui, gli voglio bene come se ne vuole ad un fratello. Non vi permetto di uccidere mio fratello!” “Tu non hai il diritto di impormi niente!” il rumore del ferro tornò a frantumare il silenzio immergendoli di nuovo in un duello senza fine.
Sentiva l'aria gelida della sera, il sudore che scendeva lungo la schiena mentre i muscoli bruciavano ma a suo padre cosa importava? Lui era lì, a colpirla, a tentare di farla vacillare perché era quello il suo compito, era così che dimostrava amore.
Avanzò ancora tirando con una precisione quasi maniacale ma sentì un dolore improvviso al braccio destro, un taglio si era aperto dal polso al gomito, una scia di sangue leggera ma dolorosa quanto basta per costringerla a lasciare la spada.
Il generale sorrise rallentando improvvisamente quella danza di ferro “Te l'ho detto, sei troppo veloce, pensi troppo in fretta. Fermati e rifletti” “E questo suppongo valga per entrambe le cose” “Oscar …” si avvicinò a lei stringendola dolcemente per le spalle “ … credimi, tutto quello che faccio lo faccio per il tuo bene. Sei grande ormai, discerni il bene dal male, cosa è giusto e cosa sbagliato e sai anche che un padre non cambia mai. Ora, tutto quello che voglio è vederti felice” “Costringendomi con la forza a fare ciò che più vi aggrada padre?” ribattè sciogliendosi da quell'abbraccio a metà “Perdonatemi, ma come avete detto voi, sono grande abbastanza per capire cosa è giusto e cosa sbagliato” restarono in silenzio qualche secondo con gli occhi persi l'uno nell'universo dell'altra; gli uomini commettono errori ogni giorno, alcuni sono lievi inezie altri invece possono decidere le sorti di una guerra, stravolgere il mondo e chi lo abita, anche i padri fanno errori e quell'uomo non era certo diverso da tutti gli altri padri.
Era consapevole che spingerla a quel modo, costringerla a sopportare ancora e ancora quelle stupide imposizioni l'avrebbe fatta scappare lontano da lui e forse, inconsciamente, era questo che voleva.
Allontanarla da tutto e tutti, tenerla al sicuro, impedire a chiunque di farle del male perché non poteva sopportare l'idea che un uomo, un comune servo potesse innamorarsi di lei “Tu andrai a quel ballo e ci andrai vestita da donna e questo è un ordine!” “Voi non potete!” “No?” ribatté afferrandola per la camicia “Te l'ho già detto una volta. Se mi costringi a darti ordini dovrai eseguirli senza emettere un fiato! Tu andari a quel maledetto ballo, danzerai, sorriderai, raccoglierai i capelli come fanno le giovani donne, truccherai il volto, puoi anche fingere di divertirti a me non importa Oscar! E per quanto riguarda Andrè …” si fermò qualche secondo colorando di gelo il sorriso “ … non lascerò la cosa impunita. Ha commesso un'azione orribile, ha violato mia figlia e deve sopportarne le conseguenze” “Se io l'ho perdonato potete farlo anche voi!” “Se tu lo avessi perdonato sul serio parleresti assieme a lui, mangeresti e non perderesti ore preziose di sonno a chiederti cosa c'è di sbagliato in te!” lasciò andare la camicia lasciandola finalmente libera “Ora vai a farti curare quella ferita” “Se non lo faccio ne disegnerete un'altra sul braccio sano?” l'uomo sospirò passandosi una mano in viso, lo stava sfidando, lo sfidava continuamente.
Fin da piccola provava a spingersi sempre un passo oltre il confine tracciato per lei, per la sua sicurezza.
Vivere assieme ad Oscar voleva dire accettare una sfida dopo l'altra. Era perfetta, il suo corpo elegante ed aggrazziato non aveva nulla da invidiare a quello delle altre dame.
Gli anni di duro allenamento avevano scolpito le giovani curve rendendole più bello, avvolte da quell'eleganza che la divisa accentuava.
Ma mentre le altre dame erano perse in frivolezze e chiacchiere, Oscar era priva di quei difetti che affliggono le fanciulle di corte, non conosceva l'egoismo, a lei non interessavano gli intrighi, non le piaceva chiacchierare di sciocchezze.
Era sempre stata molto matura, amava la cultura, l'arte, la musica, giocava con la vita rispettandone ogni decisione.
L'aveva cresciuta così, coraggiosa, forte, in competizione con gli uomini per renderla più resistente alle cattiverie ma restava la sua bambina, sensibile, dolce ed educata.
Oscar era stata un figlio perfetto ed era certo che abbandonata l'uniforme, la dolcezza dell'essere donna avrebbe preso il sopravvento ma nonostante tutto, restava inchiodato dentro di lei quell'unico piccolo granello di imperfezione, lo scontro continuo tra anima e cuore che la portava a ribellarsi, a sfidare perfino il re, perfino suo padre.
“Se non smetti di giocare con la mia pazienza Oscar, disegnerò un quadro intero sulla tua pelle! Te l'ho detto e te lo ripeto, andrai a quel ballo!” “Padre ...” la voce della figlia diventò improvvisamente più tenera, lo sguardo si era spento, tremava leggermente ma era certo che la colpa fosse di quella ferita “ … vi prego, dimenticate quanto è accaduto. Comprendo il motivo per cui Andrè l' ha fatto, lui è solo … non era in sé quando è accaduto. Ve ne prego padre, lasciate andare questo piccolo incidente” “Mi chiedi di dimenticare? Come puoi farlo Oscar. Sei mia figlia, non si dimentica il male fatto ad una figlia!” un ultimo sguardo e poi solo la schiena di suo padre.
Un sorriso delicato tornò a sfiorarle le labbra perché nonostante tutto, il suo generale l'avrebbe ascoltata.

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Capitolo 7
*** Non scappare da Me ***


                       Non scappare da Me





Amava la solitudine perché nel silenzio ritrovava se stessa, la vera Oscar che troppe volte era costretta a nascondere.
Quel leggerissimo sprazzo di serenità la lasciava libera di respirare, al sicuro nel buio della notte con la luna a sorriderle beata.
Sentiva il vento sfiorarle le pelle delicata del collo, giocava con i suoi capelli scompigliandoli e legandoli in dolcissimi intrecci.
Se ne stava lì con la schiena appoggiata al tronco della quercia, l'erba fresca sotto le dita e lo sguardo era perso sul laghetto di fronte a lei. Spiava i giochi dell'acqua mentre cercava di capire perché, come mai avesse difeso Andrè, perché nonostante la rabbia che le cresceva dentro continuava a pensare a lui, ai giochi passati, ai pasticci che da piccoli creavano finendo continuamente davanti al generale. Forse, il motivo per cui lo faceva era il più semplice di tutti, forse, il fatto di essere cresciuti assieme era un attenuante valido per quel gesto che ancora la sconvolgeva.
Forse era un sentimento che nasceva piano piano, forse era solo rabbia o la voglia terrificante di punirlo, di mostrargli che poteva vivere senza di lui o forse aveva solo bisogno di riposare, di cacciare via dalla mente ogni pensiero.
Inspirò a fondo ridendo di quel brivido leggero che saliva lungo la schiena, sollevò leggermente le gambe abbracciandole con le mani, la fronte posata sulle ginocchia e un dolcissimo sorriso a dipingerle il volto.
“C'è troppo freddo” tremò stringendosi ancora di più alle gambe “Te l'ho detto molte volte, non puoi uscire a quest'ora di notte senza coprirti altrimenti prenderai freddo e mia nonna mi ucciderà” sentì un calore improvviso avvolgerle le spalle, si nascose sotto quel mantello come una bambina spaventata nel tentativo folle di chiudere il muro di ghiaccio che aveva costruito attorno a sè “Cos'hai fatto al braccio?” sussurrò sedendosi accanto a lei “Parole” “Come?” “Ho parlato con mio padre” “Già” sorrise fissando lo specchio d'acqua, le increspature che si muovevano lentamente scosse di tanto in tanto dal tocco delle libellule “Oscar, senti io …” “Non dobbiamo farlo per forza, non dobbiamo parlarne” “Si che dobbiamo perché sto diventando matto. Penso continuamente a quella notte, al male che ti ho fatto. Ho bisogno di chiederti scusa” “L'hai già fatto” sussurrò sollevando il viso, la luce della luna ne sfiorò i lineamenti rendendola ancora più bella “No, no non l'ho fatto” “Ormai è passato” “No!” esclamò cercando il suo sguardo “Ora Oscar, guardami negli occhi e dimmi che mi perdoni” la vide sospirare, mordersi leggermente le labbra mentre si stringeva sempre di più in quell'abbraccio protettivo “Ti prego Oscar, devi farlo altrimenti non …” si fermò di colpo cercando un modo per parlare con lei ma come poteva farlo? Come poteva dirle cosa provava quando quegli occhi tanto belli non facevano altro che confonderlo? Ogni volta che lo guardava le parole sparivano, i pensieri si cancellavano e nasceva solo quella voglia immensa di abbracciarla, di baciarla senza mai lasciarla andare.
“ … ho bisogno di te. Ho bisogno di parlare con te, di averti accanto e non … non mi importa se non posso averti. Ho solo bisogno di te” “Andrè” “No aspetta, lasciami finire ti prego perché ogni volta è la stessa storia. Io parlo, tu mi guardi e finisco col dimenticare tutto” le sorrise cercando di capire se quell'espressione spaventata sul suo volto c'era sempre stata “Abbiamo sempre parlato, fin da quando eravamo bambini abbiamo condiviso un mondo intero, i pianti, i sorrisi e ora, ora sono qui e non riesco a capire come avvicinarmi a te senza ferirti più di quanto non abbia già fatto …” posò la mano sull'erba proprio lì, a pochi centimetri dalla sua, da quell'incarnato meraviglioso che troppe volte aveva spiato “ … perché tu sei così ...” “Bella?” si voltò leggermente verso di lei cercado di respirare, di non farsi travolgere dall'azzurro violento che le colorava lo sguardo “È davvero così importante? È solo bellezza, sfiorirà con gli anni” “Nei tuoi occhi si leggono i sentimenti, la passione che vive in te e la velocità del tuo cuore. Io so che è difficile, so che hai fatto una scelta e che dovrei accettarla ma non posso, non ci riesco. La tua bellezza non sfiorirà mai Oscar, perché è una bellezza speciale, una bellezza che viene dal cuore e che fiorisce sulla tua pelle” “Il mio cuore” ripeté distogliendo lentamente lo sguardo da lui “Non è strano? Hai passato una vita a nasconderlo agli uomini. Temevi di restare ferita, di mostrarti debole e io che sono un uomo, vorrei avere il tuo cuore, quel battito accelerato che ti toglie il fiato, che ti rende tanto perfetta. Oscar …” sfiorò con le dita la sua mano, una scarica elettrica salì fino alla testa accelerando il respiro, accadeva ogni volta, ogni maledetta volta che l'aveva troppo vicina, che la sfiorava per caso, che respirava il suo profumo.
La sentì tremare, irrigidirsi mentre con le dita scopriva la pelle delicata del polso “ … quello che provo per te è un amore puro, non ha nulla a che fare con il dolore che ti ho regalato. Non ero io quella notte, ero arrabbiato, deluso, sfinito dal vederti lottare contro qualcosa che non posso vedere” “Non sei più tu da molto tempo” “Cosa?” “Sei diverso, continui a parlare di noi, dell'amore, della dolcezza, sei qui davanti a me e continui a nascondermi il tuo segreto” sentì la mano della giovane voltarsi dolcemente, le dita si intrecciarono alle sue incatenandolo a lei, lo stesso legame che avevano da bambini, lo stesso che li aveva tenuti assieme per tutti quegli anni “Pensi che non me ne sia accorta? Pensi di riuscire ad essere così bravo a nascondermi le cose?” fece un bel respiro stringendo più forte la mano del giovane ma lui nemmeno respirava più. Era concentrato sulle sue parole, sulla semplicità con cui le aveva regalate alla notte perché per qualche minuto, aveva pensato davvero di poterle nascondere il suo piccolo  segreto  “Io non so cosa voglio Andrè, non capisco cosa mi accade e tu sei … sei gentile e buono e non meriti questo quindi …” un debolissimo sorriso prese vita sulle labbra “ … sei perdonato” “Oscar io non ...” “Ti perdono ma solo dopo che mi avrai fatto una promessa” “Quale?” “Che non ne parlerai più. Che lascerai i tuoi sentimenti per me da qualche parte lontano da noi, lontano dalla nostra vita” “Sei impazzita?” mormorò confuso “Devi prometterlo, giurami che non accadrà più, che dimenticherai ogni cosa, che vivrai assieme a me come abbiamo sempre fatto fino ad ora. Ti prego Andrè, devi giurarlo perché mio padre ascolterà le mie parole, so che lo farà” “Non mi importa, la sua punizione per me è già pronta, non importa cosa dirai o quello che farai” sentì la mano sfilarsi lentamente dalla sua, strinse più forte le dita bloccandola a pochi centimetri da lui “Perché scappi?” “Lasciami andare” “Scappi da me, scappi dal mio sguardo” “È sbagliato!” “Per chi? Per te o per tuo padre!” “Non ti permetto di parlare in questo modo!” esclamò liberandosi da quella presa che scottava come il fuoco, il mantello cadde per terra, i capelli scivolarono sul collo e il sorriso diventò improvvisamente gelo “Non puoi parlare di mio padre, non puoi Andrè!” “Perché?” esclamò afferrandola per le spalle “Perché d'improvviso ti renderai conto che non è legge ogni cosa che dice?” “Tu non puoi farlo!” “Cosa? Stringerti? Guardarti negli occhi e perdere le parole?” la tirò leggermente in avanti posando la fronte contro la sua, sentiva il suo profumo, la dolcezza delle sue labbra così maledettamente vicine, così belle e invitanti, la sentì tremare, abbassò lo sguardo cercando di restare la stessa di sempre ma la conosceva così bene, da capire quanto in realtà fosse terrorizzata da quella vicinanza  “Lo stai facendo di nuovo” sussurrò “Ti stai perdendo nei tuoi pensieri Andrè” “Smettila” “Mi fai male” quelle tre parole bastarono a paralizzare il cuore, il respiro.
D'improvviso tornarono in mente le immagini di quella notte, le sue lacrime, le stesse parole sussurrate al silenzio, come una supplica, una preghiera fatta di paura.
Lasciò scivolare le mani lungo le braccia della ragazza, sentiva i muscoli tesi, la dolcezza del suo corpo fino a che l'aria gelida non sostituì il calore di Oscar “Promettimi che non accadrà più” “Posso prometterti che le mie mani non violeranno più il tuo corpo, che resterò lontano da te ma non puoi chideremi di negare quello che provo perché mi sta uccidendo Oscar” “Già” mormorò sfinita “Io ho fatto la mia scelta. Ho una nuova vita da costruire e lo farò come un uomo. Mio padre sarà al mio fianco nonostante il suo attuale gioco della parti. Ti prego di accettare questa mia scelta e di lasciarmi andare” ma lui non rispose, si limitò a fissare l'acqua mentre la sentiva sospirare, alzarsi da terra lasciando al suo posto solo un mantello ancora caldo.
Non l'avrebbe mai dimenticata, come poteva farlo? Oscar era l'aria che respirava, il tempo che trascorreva, l'unico pensiero fisso nella sua mente.
Se la morte era la punizione per averla sfiorata, allora avrebbe accettato il suo destino perché al dimenticare quella ragazza stupenda preferiva morire.  

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Capitolo 8
*** Scelgo la morte a questa Tortura ***


      Scelgo la morte a questa Tortura






“Sai perché sei qui non è vero?” “Si signore” si chiuse la porta alle spalle sospirando.
C'era troppo buio in quella stanza, le pesanti tende di velluto erano state tirate quasi tutte, la luce della sera filtrava leggerissima attraverso il tessuto rendendo tutto più opaco, più scuro e tetro.
Il generale sedeva dietro alla sua scrivania, le gambe accavallate, la giacca slacciata appoggiata sulle spalle.
Un lieve cenno della testa, un invito a sedere di fronte a lui, conosceva bene quel gesto, quel tremito leggero della mano mentre gli indicava la poltroncina.
Era arrabbiato, così arrabbiato da tremare, così arrabbiato da guardare quella pistola invitante posata sul legno lucido.
“Andrè, sto facendo una fatica terrificante per trattenermi ma lo faccio per mia figlia, perché se fosse per me saresti morto già due giorni fa. Ti avrei ucciso con le mie mani, l'avrei fatto senza pentirmi nemmeno per un secondo del mio gesto” esclamò gelido piantando gli occhi nei suoi “Ora, voglio che tu mi dica cos'è accaduto quella notte, guardami e dimmi la verità” socchiuse gli occhi tentando di capire cosa ci fosse di sbagliato in quella situazione.
Leggeva la paura nello sguardo severo dell'uomo, il terrore di scoprire che quello strappo nella seta era qualcosa di più che un semplice incidente.
Stringeva con forza le mani attorno ai braccioli, come se quel gesto improvviso potesse aiutarlo, ancorarlo a quella sedia nonostante i pensieri “Guardami negli occhi e dimmi che la purezza di mia figlia è intatta. Te lo chiederò una volta sola e pretendo la verità: Hai violato mia figlia?” “Credete davvero che possa fare una cosa del genere?” “Credo che tu sia così accecato da lei da non accorgerti nemmeno di quello che ti accade attorno” “No signore, non avrei mai potuto farlo” “Tu sai perché non sei morto quel giorno?” scosse leggermente la testa mentre l'espressione sul volto del generale restava la stessa “Perché una camicia strappata può voler dire un sacco di cose. Un duello, un allenamento con la spada un po' troppo concitato, una rissa o perfino una scomposta posizione durante una cavalcata ma …” riprese fiato stringendo tra le mani una spilla dorata “ … una camicia strappata nascosta tra i vestiti di mia figlia, una camicia strappata trovata per caso mentre rassettavano il suo guardaroba, trovata da una serva … Cosa può voler dire?” non rispose, non si mosse nemmeno, restò immobile ad ascoltare senza emettere un fiato “Hai idea di cosa mi sia passato per la testa? Oscar non nasconde mai nulla, mai! Le ho insegnato fin da piccola a mostrare ogni cosa, un gioco rotto, un abito scucito, qualsiasi cosa perché credo che la sincerità sia importante! Quando qualcosa si rompe o si strappa la consegna alle cameriere perché quegli insegnamenti sono ancora dentro di lei ma questa volta non l'ha fatto. Ha nascosto quella camicia per giorni, non l'ha buttata, non l'ha consegnata a nessuno. Ho aspettato, per quanto mi sia costato ho aspettato, ho parlato con lei, l'ho ascoltata e questa pallottola non ti ha perforato il petto perché voglio bene a Oscar, così tanto da sopprimere la voglia di farti a pezzi!” “Vi ho già chiesto perdono signore. Posso farlo ancora e ancora, posso passare tutta la mia vita a chiedervi perdono” “Perdono” ripeté colorando la voce d'ironia “Conosco mia figlia, anche se sono stato un padre severo, egoista, a volte perfino troppo assente la conosco e le voglio bene. È mia figlia, è come il sangue che mi scorre nelle vene! Quando qualcosa la turba o la sconvolge i suoi occhi cambiano, il suo spirito diventa irrequieto, è sempre stato così, fin da piccola. Non è cambiata con il tempo, riesco a leggere nel suo cuore così bene ormai da capire quando qualcosa la sconvolge” “Lo so signore” “Già, lo sai … eppure quella notte le cose che sapevi sono sparite, offuscate dal desiderio di amarla! Mia figlia sminuisce l'accaduto, ti vuole molto bene e se avessi premuto il grilletto lei ne avrebbe sofferto e io sarei stato la causa delle sue lacrime” posò la spilla accanto alla pistola stringendosi la testa tra le mani “Ero terrorizzato Andrè, non riuscivo nemmeno a mettere in fila i pensieri, credevo di aver fallito, di aver permesso che un uomo violasse la purezza di mia figlia. Non sono abituato a preoccuparmi per lei, Oscar è sempre stata molto forte, molto matura anche in tenera età. Ha sempre risolto da sola i suoi problemi con la consapevolezza di avere un padre alle proprie spalle. Non ha mai chiesto aiuto, non l'ha mai cercato e ora …” si fermò qualche secondo riprendendo fiato “ … ora rivedo nei suoi occhi la stessa bambina che urla e piange. Che mi chiede aiuto e non so come aiutarla!” non era mai stato così sincero, così preoccupato per sua figlia. Quel gesto insolente aveva risvegliato di colpo il senso di protezione innato in ogni padre, come un lupo accecato dalla rabbia che difendeva il suo cucciolo, che lo teneva al sicuro, lontano dal male delle altre fiere, lui era pronto a morire per difenderla.
L'aveva imparato all'improvviso e questo lo turbava, lo sconvolgeva al punto da convincerlo ad aprire uno squarcio nei pensieri “Non riesco ad aiutarla ed è troppo orgogliosa per aggrapparsi alla mano che tendo verso di lei. Quando ti ho guardato negli occhi ho compreso, ho visto la paura, il senso di colpa, la rabbia …” “Signore, so che non merito nemmeno di parlare. Vi chiedo solo di ascoltare per qualche minuto quello che ho da dirvi ...” “Non hai il diritto nemmeno di pensare Andrè. Ringrazia Oscar se respiri ancora, se ti prendi l'ardire di chiedere permessi. Ti ho cresciuto come un figlio, un fratello per lei, perché la proteggessi. Sei stato il suo migliore amico, le sei rimasto accanto in ogni momento della sua vita e ho sbagliato, avrei potuto fermare questa follia sul nascere. Mi hai deluso, mi hai deluso Andrè e non c'è niente che tu possa dire per convincermi a cambiare idea” “Vi prego di credere che non avrei mai fatto del male ad Oscar, mai!” “Pensi che mi importi? Mi ha chiesto di dimenticare, di lasciare il passato nel passato perché portarlo nel presente può solo danneggiare le nostre vite. Non posso dimenticare, non posso nemmeno immaginare di poterlo fare” a dire il vero, si stupiva perfino della forza impressionante che metteva in quell'atteggiamento. Sembrava calmo, tranquillo ma i tratti severi del volto tradivano quell'immagine esteriore, avrebbe sparato, avrebbe preso quella pistola e avrebbe puntato dritto al cuore ma c'era una cosa a trattenerlo: Oscar.
Una figlia tanto amata che riusciva ad ammansire quell'uomo di ghiaccio, che nonostante gli scontri e i litigi, lo convinceva ogni volta a fermarsi e riflettere “ Per l'affetto che mi lega a tua nonna, per mia figlia e la sua felicità non morirai, non lo farai stasera, non in questa stanza. Non passerai la tua vita in prigione anche se l'idea mi alletta” sentì l'aria bloccarsi nei polmoni perché c'era un ma in sospeso e quell'esitazione faceva più paura di un colpo di pistola “Ma nonostante questo, lascerai la mia casa. Andrai via, lontano da Parigi” “Avete tutto il diritto di chiedermi questo” “Non è una richiesta. È un ordine!” gli occhi cercarono i suoi, il cuore batteva sempre più forte nel petto quasi come a voler fuggire da quella prigione di carne e fiato “Sei arruolato tra le file dei miei uomini” “Cosa?” “Il generale Buillé ha già firmato l'ordine di trasferimento. Ti sei arruolato nei soldati della guardia perché ti ha chiesto di lasciarla, di non seguirla più. Si è innamorata, per la prima volta nella sua vita si è innamorata ed è rimasta scottata dalle fiamme di un sentimento mai provato prima. Ha bisogno di trovare la forza necessaria per respirare, per decidere come vivere la sua vita. Io voglio cambiarla, ci provo con tutte le forze, sto sbagliando, sto sbagliando ancora ma non posso lasciarla in balia del nulla” un debole sorriso gli colorò le labbra “Ti ha allontanato perché vuole cavarsela da sola, vuole dimostrare al mondo di poter riuscire in ogni cosa ma il sentimento che provi verso mia figlia ti ha costretto a disobbedire” si alzò in piedi posando entrambe le mani sulla scrivania “Partirai con i miei uomini per il fronte. Starai laggiù per giorni, mesi, e se morirai, non sarà colpa di nessuno, solo del caso e forse, di una giustizia divina” eccola la sua punizione, ecco il macigno violento che gli stava schiacciando il petto “Partirai dopo domani. Fino ad allora non la vedrai, non parlerai con lei, non la cercherai. Starai il più lontano possibile da mia figlia o i miei buoni propositi finiranno” “Per quanto tempo signore?” quella domanda uscì dalle labbra in modo così naturale da lasciarlo senza parole.
Non era in quella stanza, non era più niente, c'era solo un corpo seduto su quella poltrona ad annuire, ad ascoltare senza darsi pena alcuna perché la mente non era più lì “Per il tempo necessario. Tu dimenticherai Oscar, lo farai senza pensare a null'altro che la vita militare” “Voi credete davvero che possa bastare la distanza a cancellarla dalla mia mente? Non posso negare il sentimento che provo ma ho promesso a me stesso che l'avrei soffocato” “Non mi importa, non cambia nulla, non l'avrebbe fatto nemmeno due giorni fa. Nessuno tocca mia figlia senza subirne le conseguenze!” i suoi occhi lanciavano fiamme, sentiva un dolore atroce nel petto, forse aveva smesso di respirare, forse era il suo cuore che se ne era andato, era uscito dal suo petto per scappare, qualunque cosa fosse, era atroce e violenta, toglieva il respiro massacrava i pensieri, come un veleno, come gli spasmi violenti che provocava, così atroce e doloroso da costringerlo a desiderare la morte.
“Oscar verrà informata oggi stesso. L'ordine è irrevocabile, non ammetto proteste. Mia figlia accetterà queste disposizioni senza fiatare, senza dire una sola parola. Vivrà la sua vita, si sposerà e ti dimenticherà. Tu farai altrettanto altrimenti niente mi impedirà di trattenere quel colpo” “La vostra punizione è giusta, ho sbagliato e mi vergogno per quello che ho fatto, mi fa stare male. Accetto la vostra decisione senza oppormi ma vi prego, ve ne prego dal profondo del mio cuore signore, credetemi quando vi dico che niente al mondo è più importante per me di vostra figlia e che mai, mai l'avrei violata. Credete a questo signore e mi riterrò felice di potervi servire al fronte” “Ora fuori di qui!” non rispose, si limitò ad annuire allontanandosi da quella stanza il più veloce possibile.
Si sentiva male, la nausea saliva veloce dallo stomaco intorpidendo ogni senso, camminare diventava ogni minuto più faticoso, le lacrime spingevano violentemente contro la ragione, la stessa ragione che lo portava verso la follia perché tra le due avrebbe scelto la morte.
Morire, chiudere gli occhi e non vederla mai più sarebbe stata una liberazione ma così … così era una tortura.
Si era chiesto per ore quale fosse la sua punizione, si aspettava da un momento all'altro le guardie davanti alla porta di casa, si aspettava un processo, perfino un colpo di spada in pieno petto ma non quello, non in quel modo.
Quel colpo di spada era arrivato più violento che mai, la sua tortura, il suo amore che viveva in quella tortura perché amarla voleva dire impazzire.
E lei? Lei sembrava non ascoltare, fredda, lontana, distaccata come quelle ore di silenzio nelle quali si chiudeva, ma nonostante tutto, aveva parlato con suo padre, l'aveva convinto ad allentare quell'odio terrificante che si prendeva ogni briciolo di razionalità.
Per la prima volta in ventitre anni, aveva visto un padre preoccupato, spaventato e terribilmente arrabbiato.
Un padre che si preoccupava per sua figlia e lo faceva con il cuore, con quel cuore che tante volte aveva mostrato di non avere.
Avevano vissuto assieme per una vita intera, non avrebbe mai violato la sua dolcissima Oscar, non l'avrebbe mai fatto nemmeno sotto tortura, nemmeno se la rabbia avesse accecato i sentimenti.
Ma questo il generale non l'aveva nemmeno pensato, aveva sfiorato la sua bambina e ora meritava la più severa delle punizioni.
Spalancò la porta della camera, la testa girava, la nausea crescava sempre più forte, cadde in ginocchio sul pavimento soffocando un urlo violento poi finalmente il pianto ruppe ogni barriera e quelle lacrime dannate rigavano le guance mostrandogli ancora una volta, quanto quell'amore lo rendesse debole.


 

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Capitolo 9
*** Un'altra Vita ***


                                   Un'altra Vita





“Cosa c'è di sbagliato in me nonna?” la vecchietta lo fissò incuriosita “Sei stato così sciocco da avvicinarti a qualcosa di impossibile. Come diavolo ti è venuto in mente si può sapere!” esclamò dandogli un pugno sulla spalla “Ti ho insegnato il rispetto! Ti ho insegnato a controllare i sentimenti, le emozioni perché sei un sottoposto, un attendente e devi comportarti come tale! Non esiste in questo mondo o nell'altro che le tue mani sfiorino la figlia del generale, la mia bambina!” “Ahi, nonna così mi fai male!” mormorò cercando di allentare la presa della donna attorno al suo orecchio “La smetti per favore? Ti sembro un bambino?” “Forse se ti trattassi come tale eviteresti di fare idiozie del genere!” “Insomma, sono uguale a tutti gli altri o …” “Mi spieghi che domande sono?” “Scusa” mormorò dipingendosi in viso un espressione a metà tra stanchezza e il sorriso “Stavo solo pensando” “Pensavi?” ribatté l'altra lasciandogli tra le mani la biancheria pulita “E il tuo pensiero era per una giovane dai capelli d'oro che cavalca come un uomo?” “E tu come …” “Ho sempre detto che era sbagliato! La mia bambina è troppo bella per essere costretta in una sciocca uniforme. Dovrebbe indossare vestiti eleganti, sollevare i capelli e ridere un po' di più e invece …” si fermò qualche secondo scuotendo leggermente la testa “ … invece indossa abiti che accentuano la sua figura, maneggia la spada come suo padre e usa le pistole senza nemmeno riflettere sulla possibilità che sia pericoloso. Dove ho sbagliato?” “E io?” sussurrò sfinito Andrè “Io dove ho sbagliato?” lo sguardo della donna divenne improvvisamente più dolce “Non è stato un tuo errore” “No?” “Conosco bene quello sguardo, conosco bene il mio Andrè. È sbagliato, lo sai anche tu” “Già, che posso fare allora?” “Dimentica” “Stai scherzando?” esclamò confuso ma la mano di sua nonna si strinse con forza attorno al polso “Devi provare a dimenticare bambino” “Ho vissuto vent'anni accanto a lei, come posso dimenticare?” “Devi farlo perché non hai altra scelta” “Perché? Perché il generale con il cuore di ghiaccio mi ucciderebbe?” “Smettila di scherzare sempre! Se non sei ancora morto è per merito di Oscar. L'ho visto Andrè, era su tutte le furie, ti avrebbe ucciso ma lei ha fermato sul nascere la rabbia del padre. È arrabbiata con te, così arrabbiata da evitare di parlare con te ma ti ha salvato la vita. Suo padre ha reagito così perché prova dell'affetto per lei, pensi davvero che se non ci fosse stata Oscar saresti qui a parlare con me?” “Ha un modo strano di dimostrare affetto. Aprire ferite sulle braccia della figlia è amore?” “Sei davvero così sciocco?” “Non gli è mai importato niente di lei e ora d'improvviso, capisce che il suo minuscolo errore ha distrutto ogni certezza di Oscar!” “È suo padre! Le vuole bene anche se ha sbagliato. Non sei padre Andrè, non giudicare gli altri” “Nonna non è giusto e …” “Non puoi decidere tu! Lui è suo padre, è l'unico che la ama incondizionatamente, l'unico che si preoccupa per lei quando sta male, quando si chiude nei suoi silenzi” “Non l'ha mai capita” “No hai ragione. È stato un padre assente per la maggior parte della sua adolescenza. Voleva solo il meglio per lei. Era l'erede della sua famiglia, il figlio tanto desiderato. L'ha spinta continuamente oltre il limite, l'ha confusa al punto da far nascere quel conflitto interiore che ora la sta uccidendo …” si fermò qualche secondo abbassando lo sguardo, le mani raccolte e quello sguardo lucido che conosceva fin troppo bene “ … ma nonostante tutto, resta l'uomo che Oscar ama. L'unico che può permettersi di amare senza soffrire. Ricordi André? Ricordi quando passava ore intere davanti allo specchio con la spada in mano cercando di camminare come suo padre?” l'altro sorrise annuendo dolcemente “Restava per ore a sistemare la posizione delle braccia, delle gambe. Nei suoi occhi c'era solo il padre, e oggi, nel suo sguardo c'è ancora quell'uomo. Non è una cosa che cambia con il tempo! Le vuole bene, le voleva bene appena nata, ha scelto la strada sbagliata e credimi, più di una volta si è fermato a pensare, a riflettere sul male che le stava facendo” “E allora perché non l'ha evitato!” “Non urlare!” esclamò indispettita colpendolo leggermente al petto “Ti ho insegnato l'educazione! Hai imparato le buone maniere nella casa del generale!” “Quanto vorrei non averlo fatto nonna” “Che dici?” “Ho vissuto con lei tutta la vita, è diventata il mio respiro, il mio cielo stellato. Mi addormento con lei negli occhi ed è la prima persona che vedo al mattino. Se mi chiedessero di morire lo farei, per lei lo farei e so che sto sbagliando, so che dirti tutte queste cose è sbagliato ma …” riprese fiato mentre negli occhi di sua nonna calde lacrime iniziavano la loro danza “ … sono innamorato di lei, ne sono innamorato da una vita intera e non posso averla perché è nobile. Che vuol dire? Non siamo tutti uguali forse? Non abbiamo due braccia, due gambe e un cuore che batte? Perché non posso averla senza …” “Perché viviamo in un epoca dove le cose non cambiano bambino. Me ne sono accorta sai? Me ne sono accorta già tanti anni addietro ma confidavo in una preghiera. Forse, con il tempo sarebbe passata ma non è stato così” si asciugò gli occhi con un fazzoletto di seta bianca sospirando “L'hai ferita” “Non parlare, ti prego smettila, sto giò abbastanza male così” “Povero caro” le dita sfiorarono i capelli scuri del nipote “Mi dispiace, credimi, mi dispiace davvero. Vi ho cresciuti entrambi e vi voglio bene come figli. Il padrone è stato severo con voi, troppo severo, lo è sempre stato e questa punizione ti ha salvato la vita” “L'avrei persa volentieri” “Non dire sciocchezze. La vita va rispettata” “Andrò al fronte nonna, credi che abbasseranno i fucili perché la vita va rispettata?” “Non puoi chiedere al cielo di morire perché è una violenza contro Dio. Tu vivrai Andrè. Tornerai a casa tra qualche mese o qualche anno, inizierai una vita nuova e tutto andrà bene” “Già” sussurrò l'altro abbassando lo sguardo “Sai, stasera ci sarà quel ballo” “Lo so. Devi chiedere a qualcuno di accompagnare Oscar perché io non posso più ...” “Ci penserà il padrone” “Perché?” domandò confuso ma la nonna alzò leggermente le spalle sorridendogli “Ti ho detto che le vuole bene?” “Nonna io …” “Suvvia, non pensarci. Prima o poi capiterà no? Arriverà qualche giovane conte o duca o chi altri per lui, domanderà la sua mano e suo padre acconsentirà” tirò violentemente il braccio della donna costringendola a guardarlo negli occhi perché la conosceva fin troppo bene per capire che quelle parole, quel modo di accentuare ogni lettera non era di certo frutto di una conversazione buttata lì per caso “Che vuol dire?” “Cosa?” “Tu sai qualcosa non è vero?” “Oh andiamo, Andrè non credi di esagerare?” “Oh andiamo! Sarò al fronte dopo domani, vuoi davvero ...” “Il conte Girodelle” il cuore fermò la sua corsa, il respiro restò incastrato in fondo all'anima.
Un nobile, un conte che di certo, avrebbe portato onore e lustro all'antica famiglia del generale rendendo queste nozze possibili “È venuto da noi due sere fa. È rimasto a parlare con il signore per ore e alla fine, ha chiesto la mano di Oscar. Sono sicura che suo padre ne è molto felice” “Certo” sussurrò distratto “Lui è sempre felice” “Lui è l'unico che può decidere per il bene di sua figlia, cerca di nn dimenticarlo” non l'avrebbe dimenticato, né ora né mai perché adesso aveva un motivo per scappare, per andare lontano. Aveva una scusa anche se sciocca e debole per dimenticarla, perché non si ama una donna sposata, non si perde la testa per la moglie di un nobile conte.

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Capitolo 10
*** Rose e Spine ***


                                      Rose e Spine





Era rimasto ad osservarla per minuti, lunghi minuti che sembravano ore.
Aveva gli occhi chiusi, il volto basso, le braccia dolcemente conserte, se ne stava avvolta nel suo silenzio a pensare.
Tante volte si era chiesto cosa passasse per la mente di sua figlia, quali problemi ne tormentavano i sogni.
Quel silenzio era un muro, spesso, solido, un muro dietro al quale poteva sentirsi al sicuro.
“Dovresti sorridere” “Che sia chiara una cosa padre …” accavallò le gambe incurante di quella seta color perla che scivolava sulla pelle
“ … l'ho fatto solo ed esclusivamente per voi. Mi ci avete costretto e non posso esimermi dall'obbedirvi ma non potete pretendere che sia felice di questa cosa”  l'altro sorrise incantato dalla sua bellezza.
L'aveva costretta ad indossare quell'abito di seta pura, si era seduto fuori dalla porta della sua camera per ore ridendo delle proteste sommesse che arrivavano oltre la porta chiusa.
L'aveva strappata alla sicurezza del suo incarico, l'aveva raggiunta costringendola a lasciare prima del tempo i suoi uomini, Oscar odiava lasciare le cose in sospeso lo sapeva bene ma quello era l'unico modo per costringerla a seguirlo.
Aveva fatto confezionare quell'abito anni addietro, quando per la prima volta nella mente apparve l'immagine del suo errore,  un abito creato apposta per lei, diverso dagli abiti larghi e pesanti delle altre dame, diverso da ogni altro.
Le spalle erano lievemente scoperte e il corpetto sottolineava la delicatezza di forme che fino ad ora erano rimaste nascoste.
La seta scendeva sul suo corpo senza incontrare alcun ostacolo, le fasciava i fianchi, si apriva in una cascata soffice che la rendeva simile ad un fiore, ad una rosa candida e indifesa.
Un abito che nemmeno la regina in persona avrebbe portato con tanta eleganza e che sua figlia odiava da morire.
Lo leggeva nel suo sguardo, in quel modo tanto buffo che aveva di accavallare le gambe come se indossasse gli abiti di sempre, come se fosse la stessa di ogni altro giorno ma nemmeno lei era consapevole dell'effetto che provocava.
La sua postura era perfetta, la schiena dritta, le spalle addolcite da un collo sottile, aveva imprigionato i capelli in bellissimi intrecci dove piccoli diamanti brillavano di tanto in tanto illuminando la profondità di uno sguardo puro come l'acqua.
L'addestramento degli anni passati le aveva regalato un portamento favoloso, era per quello che l'aveva sempre spinta al limite, che le aveva costruito attorno il vuoto, che l'aveva costretta ad essere qualcosa di diverso, qualcosa che altrimenti non sarebbe mai esistito.
Le aveva regalato spine taglienti, spine che l'avrebbero difesa dal male del mondo perché una rosa senza spine non ha la possibilità di resistere alle intemperie della vita.
“Incontrerai parecchi giovani interessati a te. Ti prego solo di non trattarli come sciocchi” “Se uno sciocco tenta di essere intelligente non è forse compito nostro riprenderlo?” “No, non se quello sciocco ti chiederà in moglie” “Voglio sperare che rifiuterete” “Per chi mi hai preso? Non sono un padre degenere, mia figlia non sposerà mai uno sciocco” “Vostra figlia non si sposerà” “Mia figlia dovrebbe imparare a non rispondere a suo padre” esclamò sfiorando con lo sguardo il suo viso.
Aveva chiesto al generale Buillé di ritardare la consegna del trasferimento, quella carta sarebbe arrivata tra le mani di Oscar due giorni dopo la partenza di Andrè.
Questo gli avrebbe dato il tempo di parlare con lei senza vederla scappare da quel giovane perché era quello che sarebbe accaduto, se ne fosse stata informata subito avrebbe abbandonato ogni cosa per riportarlo a casa e questo non poteva permetterlo  “C'è qualcosa che vi preoccupa?” “Come?” “Avete di nuovo quello sguardo” “Quale sguardo?” “Quello che fate quando pensate troppo. Quando siete arrabbiato con voi stesso” “Non essere impertinente” “Conosco bene quello sguardo” socchiuse gli occhi studiando il volto del padre “È lo stesso che ho quando qualcosa turba i miei pensieri” “Dovresti esserne felice, i tuoi occhi profumano di mare” “E il mare in tempesta che profumo ha? Perché vedete, indossare quest'abito stasera non fa altro che scatenare una tempesta” “Oh non temere, resisto bene alle intemperie” lei sbuffò tornando a spiare il paesaggio oltre la carrozza.
La luce tenue della sera stava scomparendo velocemente inghiottita da stelle che non volevano brillare e pensava che in fondo, quello che provava era simile al comportamento delle stelle.
Come poteva rendere orgoglioso suo padre se nemmeno lei si sentiva al sicuro? Esattamente come quelle stelle dalla luce tremula, i suoi occhi restavano spenti, senza voglia alcuna di splendere.
Si sentiva male, travolta da sentimenti che non conosceva, imprigionata in quel mondo danzante che mai aveva cercato.
La carrozza rallentò, sentiva il chicchiericcio indistinto di persone, il rumore degli zoccoli sul selciato.
La porta si aprì lentamente e suo padre sorrise affabile “Andiamo?” “Vi sto odiando” sussurrò stringendo la mano tesa verso di lei.
C'erano grossi candelabri sparsi un po' ovunque, seguivano il corso dei viali fino alle scale di marmo chiaro.
Grossi alberi decoravano i giardini finemente curati, i fiori resistevano ancora al dolcissimo freddo della sera regalando agli occhi un gioco di colori strabiliante.
Aveva sempre amato la natura, era lei stessa natura.
Viva, volubile, come la natura era in grado di ribellarsi, quando si sentiva oppressa fuggiva, quando la sfidavano reagiva, e poi c'era quest'altro lato del suo carattere, quello gentile e delicato, quello che regalava sorrisi e tenerezze esattamente come la natura.
Un tenue profumo di rosa le sfiorò il volto costringendola a sorridere ma c'erano altri profumi mischiati assieme, quelli delle dame che ballavano divertite, che giocavano con lo sguardo degli uomini nascondendosi dietro a ventagli piumati.
Rimpiangeva la comodità dei suoi vestiti, la libertà di movimento che concedevano perché camminare con quelle scarpe era scomodo e lo era perfino fingere di essere qualcosa che aveva sempre rifiutato.
Il sorriso sul volto del padre non faceva altro che spingere la voglia folle di scappare in superficie ma la stretta severa della sua mano la costringeva a restare lì, al suo fianco mentre la mostrava per la prima volta a tutti come un gioiello prezioso.
Aveva promesso a sé stessa che mai più avrebbe indossato un abito tanto sciocco, mai più avrebbe costretto il respiro dentro un corpetto così stretto ed eccola di nuovo rinchiusa in una prigione di seta e diamanti.
Non poteva rifiutare niente a suo padre, non l'aveva mai fatto perché temeva la sua reazione, la sua rabbia.
Acconsentendo a quel futile ed inutile ballo, aveva costretto per l'ennesima volta la vera Oscar a sparire.
Era per amore di suo padre che l'aveva fatto, per non leggere nel suo sguardo la delusione perché odiava da morire quell'ombra scura che attraversava i suoi occhi.
Ogni volta che accadeva, la piccola Oscar che resisteva ancora dentro di lei, perdeva un po' di quella luce tanto preziosa.
Da bambina aveva giurato che mai, mai nella sua vita avrebbe deluso il suo generle perché lei era l'erede di una grande famiglia e come tale, avrebbe dovuto portare lustro e onore senza mai arrendersi.
Ora era più grande e con più senno ma ancora così legata a suo padre, così persa nei suoi valori, nel suo credo.
Non era mai riuscita a distinguere il confine sottile che esisteva tra i desideri del padre e i suoi ma con il tempo, aveva imparato a comprendere sé stessa, almeno in parte, e così facendo era riuscita a vedere quel confine tanto sconosciuto. Certo non era limpido, non era il primo dei suoi pensieri ma era lì, e sapere di poterlo quasi sfiorare le dava sicurezza.
“Generale, i miei complimenti davvero, vostra figlia è di una bellezza strabiliante “Duca De Luì, che piacere incontrarvi” “Non immaginavo nemmeno che tesoro immenso avete custodito tutti questi anni” “Avete ragione, d'altronde, i tesori vanno nascosti altrimenti c'è il rischio che chiunque possa goderne” l'uomo sorrise mostrando due incisivi superiori decisamente troppo grandi per una bocca normale “Vi prego” sussurrò Oscar avvicinandosi all'orecchio del padre “Ditemi che lo fate per punirmi, perché se tutti i vostri nobili interessati sono così io non ...” “Perché ti preoccupi? Puoi sempre rifiutarti” “Davvero?” ma l'altro sorrise “Scordalo!” “Per caso vi ho offeso in qualche modo?” “Cosa?” “Ho fatto qualcosa di sbagliato padre?  Perché non riesco a trovare un'altra soluzione a questa vostra ...” “Consideralo un prezzo da pagare per avermi mentito” “Non mi pare uno scambio equo” “Mi hai nascosto una violenza” “Una camicia strappata” puntualizzo cercando di far entrare quanta più aria possibile nei polmoni “Una violenza Oscar! Che sia una camicia strappata, un braccio rotto o qualunque altra cosa non importa! Quando accadono cose del genere voglio saperlo” un altro giovane si avvicinò a lei prendendo la mano tra le sue.
Era alto, con due occhi verdi come il mare e il volto colorato dai raggi del sole “Siete immune ai complimenti contessa?” “Perché dovrei?” mormorò confusa “Non sembrate molto contenta di essere qui” “Posso sapere di grazia con chi ho il piacere di …” “Duca D'Amien e sono davvero molto contento di conoscervi” “Vi ringrazio” mormorò fingendo un pudore che in realtà non le apparteneva.
Era certa che suo padre stesse parlando, sentiva la sua voce ma non riusciva più nemmeno a prestare attenzione alle sciocche frivolezze di quell'immensa sala.
Passarono minuti interminabili, così lunghi da sembrare anni “Con permesso duca, ho bisogno di aria fresca” “E così ve ne andate ma non vi do il permesso di fuggire senza prima avervi strappato una promessa” Oscar sorrise inclinando leggermente la testa di lato, il carattere forte che suo padre aveva sempre incoraggiato stava sostituendo velocemente la pallida imitazione di sè che aveva appena costruito.
Colorò lo sguardo di ironia, di gelo abilmente mascherato dietro al sorriso che le aveva sfiorato le labbra “State parlando con un colonnello signore, l'unica promessa che ho fatto è stata quella di devozione assoluta verso la mia regina” “Lo sapete che siete ancora più bella quando vi arrabbiate? Promettetemi che mi rivedrete presto perché sono incantato da questa contessa sconosciuta” “Mi fate una promessa voi?” l'altro annuì avvicinandosi leggermente a lei “Se rivedete questa bellissima contessa informatemi, mi piacerebbe farle qualche domanda” lo vide sorridere divertito mentre un lieve cenno della testa la congedava.
“Scapperai?” domandò guardingo suo padre tirandola dolcemente verso di sé “Avete così poca fiducia in me?” ribatté divertita “Al contrario Oscar, e proprio per questo mi permetto di darti un consiglio” le sfiorò il volto prendendo tra le dita una leggerissima ciocca d'oro.
Una carezza leggera, una carezza nuova a cui non era abituata. Non l'aveva mai toccata così, le uniche dimostrazioni d'affetto che le aveva mai fatto, erano piccoli buffetti sul volto quando raggiungeva gli obbiettivi da lui assegnati.
Quel tocco delicato era qualcosa di nuovo, qualcosa che la costringeva a riflettere, a pensare: era davvero cambiato o era sempre stato così? Fece un bel respiro cercando di ignorare la sensazione delicata della sua mano sul volto “Quando avrai finito di prendere aria sulla terrazza, ricorda che …” “Che devo ballare? Vi prego, avete passato tutto il viaggio a ricordarmelo. Ballerò con questi sciocchi signori ma ricordate di non ridere, non è semplice lasciarsi condurre da un'altra persona quando fino ad ora, ero io a condurre ogni mia danza” “ … ricorda che Axel è l'unico dei quattro cavalli ad essere sellato” lo sguardo della giovane cambiò di colpo, l'azzurro cristallino degli occhi diventò improvvisamente più vivo concedendo al suo viso di perla un'espressione nuova.
Era tornata nel suo sguardo la stessa ragazza che gli aveva vissuto accanto e non un'immagine radiosa che non le apparteneva “Non scendere da quella terrazza, ci sono le rose che avvolgono il marmo, ti graffierai” “Grazie padre” un leggerissimo inchino prima di allontanarsi verso le grandi vetrate aperte.
Sorrise sollevando leggermente il calice di cristallo, gli occhi seguivano i passi eleganti di sua figlia, una corsa veloce resa più difficile da quella stoffa preziosa. Scosse leggermente la testa quando la vide sollevare dolcemente la gonna nel tentativo di liberare il movimento delle gambe mentre nella mente, prendeva vita un unico pensiero: “Scapperai bambina mia ma va bene così. Accetto quello che vorrai, veglierò su di te e ti proteggerò”.
Già, perché osservarla in quei pochi minuti aveva chiarito nella sua mente per una volta per tutte quanto sbagliato fosse imporle le cose.
L'aveva fatto quando era piccola, non poteva ribellarsi allora ed era cresciuta come quel figlio perfetto che immaginava.
Ora tentava di nuovo di cambiarla ma Oscar era non era più una bambina, era cresciuta, aveva un carattere suo che difficilmente poteva essere cambiato e in fondo, forse nemmeno voleva farlo.
Spingerla ancora di più oltre quel confine voleva dire perderla e non l'avrebbe permesso, almeno non fino a quando il segreto di quel trasferimento fosse venuto a galla.
L'avrebbe ferita, le avrebbe imposto per l'ennesima volta una decisione che non aveva preso lei ma non poteva fare altro, non poteva dimenticare il torto subito e non importava cosa pensasse sua figlia, la firma del generale Buillé su quel pezzo di carta era un vincolo che non poteva essere sciolto in alcun modo.
Era pronto a subire tutta la rabbia e la paura di Oscar ma fino ad allora, le avrebbe permesso di essere sé stessa.
Per due giorni ancora avrebbe assaporato la serenità di sua figlia, quello che sarebbe accaduto dopo viveva ben oltre la loro calma esistenza.





Non avrebbe mai più indossato una cosa del genere, come potevano le altre dame vestire quei corpetti senza soffocare? Strinse più forte le gambe attorno al corpo muscoloso del cavallo spronandolo al galoppo.
La seta sulle cosce si era leggermente strappata sotto movimenti non adatti a quell'abito ma  cosa importava? Era uscita su quella bellissima terrazza, aveva tolto le scarpe ed era scesa per le colonne di marmo bianco.
Sulle braccia c'erano i segni leggerissimi delle spine, si era graffiata con quelle rose ma nonostante l'avvertimento del padre, era scesa da lì perché c'era qualcosa dentro che spingeva il suo giovane cuore a galoppare.
Cavalcava per quella strada buia senza curarsi di niente.
Non le interessava l'ora tarda, né la pericolosità di quel suo gesto. Era una giovane donna che cavalcava da sola, un bersaglio facile e considerato fin troppo debole ma non si sarebbe fermata per niente al mondo.
Si sentiva libera, serena, i capelli si sfilavano disordinatamente da quella prigione di fili, ciocche leggere che scivolavano sul collo, sulla schiena scoperta facendole il solletico.
Non aveva freddo, non sentiva l'aria della notte che sferzava il suo volto, aveva solo voglia di scappare, via, il più lontano possibile da quella festa che non le apparteneva.
Aveva accettato quella stupida costrizione perché era stato suo padre ad ordinarlo, perché era un ricatto che aveva come unico scopo quello di mostrarle quanto potesse essere amata.
Sorrise divertita chinandosi ancora di più sul collo dell'animale.
Restò così fino a quando i cancelli di casa non accolsero la sua corsa folle.
Smontò dall'animale cercando di respirare, non poteva camminare scalza sul selciato, l'aveva fatto più di una volta da bambina, un gioco sciocco tra lei e Andrè e più di una volta la punizione di suo padre era arrivata puntuale e severa.
Posò le scarpe per terra infilandole di nuovo, c'era solo silenzio, la calma della notte sfiorava ogni cosa, strinse più forte le redini incamminandosi lentamente verso le scuderie.
Ogni passo sembrava avvolto dal mistero, non aveva mai indossato tanto a lungo un vestito come quello, non si era mai soffermata ad immaginare la sua vita così.
Fin da piccola era sempre stata abituata a vivere ignorando le sciocchezze delle giovani damine.
Suo padre le aveva costruito attorno un mondo fatto di ferro e ghiaccio. Non aveva accesso ai giochi delle sue sorelle, non aveva mai diviso con loro segreti o innocenti bugie.
Non le era permesso desinare assieme a loro né tanto meno passeggiare per il loro bellissimo giardino.
Lei era l'erede tanto atteso, un figlio merita una vita diversa, una vita meravigliosa e piena di tutte quelle gioie che rallegrano i ragazzi.
Sorrise divertita da quei pensieri tanto sciocchi, forse era semplicemente colpa di quella notte piena di stelle se ricordava il passato.
Non era libertà che provava in quel momento né gioia, si sentiva semplicemente se stessa, la stessa donna che era a suo agio con l'uniforme e che nascondeva le sue forme in quella divisa che suo padre le aveva imposto e che ora, sembrava odiare con tutto se stesso.
In fondo, quella nuova sensazione non era difficile da gestire né pericolosa.
Scopriva lentamente la serenità dei gesti, dei movimenti così diversi, così complicati e semplici assieme.
Stava camminando, non era niente di diverso da quello che faceva di solito eppure sembrava tutto così nuovo, i passi erano leggeri, diversi da quelli ritmati e severi che coloravano ogni giorno della sua vita, il respiro accelerato per la corsa sembrava quasi un canto leggero.
Che male poteva fare immaginare solo per qualche minuto un'altra vita? La sua scelta l'aveva già fatta e non ne era pentita, non lo sarebbe mai stata. Non aveva mai cambiato idea sulle cose e non avrebbe certo iniziato ora.
Spinse la porta della scuderia lasciando che la dolcezza della notte custodisse i pensieri di una giovane donna che per la prima volta nella vita, era riuscita ad ascoltare se stessa.

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Capitolo 11
*** Incanto ***


                                             Incanto





Ci provava, ci provava con ogni dannata fibra del suo essere a starle lontano.
Si era rifugiato lì nel tentativo di allontanare il suo sorriso, i suoi occhi ma come poteva riuscirci se lei tornava continuamente davanti al suo sguardo? La osservava tremante, nascosto nell'ombra di quel posto silenzioso seguiva ogni suo movimento.
Era bella, lo era sempre stata ma c'era qualcosa in lei che la rendeva terribilmente invitante.
Forse era colpa di quel vestito chiaro come la luna, come quell'incarnato di seta che profumava di vita, di dolcezza.
O magari di quei capelli tanto belli che si rifiutavano di restare al loro posto.
Ciocche setose scendevano a sfiorarle il collo, la schiena, i suoi occhi erano limpidi, puri, pieni di acqua e di mare e quel sorriso, quel sorriso tanto bello che le sfiorava le labbra ogni volta che era se stessa, ogni volta che la vera Oscar si affacciava alla vita.
Accadeva di rado, a volte nemmeno se ne accorgeva ma i suoi occhi cambiavano, il suo sguardo si addolciva e quei maledetti silenzi si allontanavano di colpo, era allora che quel sorriso nasceva.
Ormai conosceva a memoria ogni suo pensiero, ogni gesto, aveva impresso a fuoco nella mente ogni minuto passato assieme a lei.
Dio come avrebbe voluto sfiorare con le dita quei lineamenti preziosi, le sue labbra, la linea delicata di quel collo tanto invitante.
L'avrebbe fatto, l'avrebbe fatto davvero incurante delle promesse, degli ordini o dei pensieri ma le sue lacrime tornavano a lacerargli il cuore.
La rivedeva in quella notte maledetta, sola, indifesa, con gli occhi che imploravano, che chiedevano aiuto, che chiedevano solitudine.
Si morse leggermente le labbra soffocando le parole mentre la osservava sfilare i finimenti dal cavallo.
Sorrideva, accarezzava il manto scuro dell'animale, non pensava, non parlava, se ne stava semplicemente lì a sfiorare con le dita il cavallo come se ad ogni carezza una preoccupazione uscisse dal cuore e lui, povero uomo abbandonato dal cielo, abbandonato da Dio era costretto lì, nel silenzio e nel buio mentre il suo raggio di luce lo sfidava, gli mostrava la dolcezza, l'amore, la pazzia nella quale era perso.
Lei era amore, era vita, era tutto quello che desiderava, era una tortura, una lacrima di sangue, la ferita ancora aperta che gli bruciava il cuore.
Strinse più forte la mano attorno alla colonna di legno nel tentativo di trattenere quella maledetta voglia di toccarla, di scoprire se era vera o solo frutto di una fantasia, un desiderio espresso in una notte di luna piena.
Non poteva averla ma poteva immaginarla, poteva sentire sotto le dita l'aria fresca che lentamente si trasformava nelle linee setose della sua schiena, stringeva la sua mano, sfiorava con le labbra quel collo delicato scendendo sul seno prezioso sempre nascosto da fasce troppo strette.
Quante volte aveva pregato il cielo affinché quelle fasce cadessero, quante volte era rimasto incantato dai suoi movimenti, da quei muscoli che si tendevano scavando solchi in un corpo perfetto.
Immaginava la dolcezza di quelle labbra pure, le stesse labbra che aveva violato cercando tenerezza e trovando solo paura.
Quante volte l'aveva spiata? Quante volte era stato così vicino da poterne sentire il profumo? Faceva male, un male atroce ma non l'avrebbe sfiorata, non avrebbe violato quella purezza perché l'amava, l'amava da morire e chi ama non distrugge, l'aveva già ferita abbastanza, Oscar non meritava altro dolore.
Inspirò a fondo cercando di non muoversi più del necessario perché aveva il terrore che quell'incanto si potesse spezzare da un momento all'altro e che quel raggio di luce meravigliosa sarebbe sparito.
Non l'avrebbe mai dimenticata, non dopo quella notte, non così bella “Buona notte Axel” posò un bacio leggero sul muso dell'animale, un'apparizione leggera, un angelo sceso dal cielo che era sparito così velocemente da lasciarlo senza fiato.


Amava la mattina, l'ora più fresca della giornata, l'ora serena del riposo, della pace.
Inarcò leggermente la schiena stendendo le braccia il più possibile, sentiva la freschezza del lenzuolo che sfiorava la pelle, il profumo dell'autunno che si affacciava al mondo.
Non ricordava più quante volte aveva litigato con la sua governante per quel semplice lenzuolo: “C'è troppo freddo la notte per coprirsi con un semplice lenzuolo! Cosa dirà tuo padre se ti ammali?” ogni volta era la stessa storia e ogni volta ne usciva vincitrice. Amava così tanto il freddo da riuscire a viverci assieme.
Era nata in inverno, apparteneva all'inverno e non riusciva ad immaginare niente di più bello di una fresca mattina frizzante e gioiosa.
Si alzò lentamente, senza fretta alcuna, strinse attorno al corpo il lenzuolo scendendo dal letto.
Un brivido leggero salì lungo la schiena mentre a piedi nudi raggiungeva lo specchio.
Aveva i capelli tutti scompigliati e gli occhi ancora pieni di sonno. C'era un graffio leggero sul suo viso, appena sotto le labbra, un graffio che la divertiva e le ricordava quella fuga terribilmente liberatoria,
Il profumo dei sali da bagno invadevano dolcemente la sua intimità e quel vapore leggero che ogni mattina le dava il benvenuto ora più che mai le sembrava meraviglioso.
Ci mise un'ora a preparasi, strinse la fascia in vita lasciando la camicia leggermente aperta.
Sarebbe uscita più tardi quella mattina, aveva tutto il tempo di godersi un po' di meritato riposo.
“Hai fatto tardi” “Vi chiedo scusa” mormorò sedendo di fronte al padre, le cameriere posarono un vassoio d'argento sul tavolo sorridendole “Cosa gradite signore?” “Solo il tè” “Dovresti mangiare qualcosa” “Non ho molta fame” “Continui ad essere pallida” “Davvero?” domandò prendendo tra le mani la tazza “Allora, com'è andata la tua cavalcata?” “Quale?” restò a fissare il volto del padre per qualche minuto prima di comprendere il senso di quelle parole “Oh … è andata bene” “Sei scesa per le colonne della terrazza non è vero?” “No” “Ne sei sicura?” annuì divertita sorseggiando il tè “Ti sei graffiata” si portò una mano alle labbra nascondendole dagli occhi del padre “Eppure ti avevo avvertito di non scendere da lì” “Lo so, non capisco nemmeno io perché l'ho fatto” “Che ti è sembrato di quel ballo?” “Ditelo voi a me, io ci sono rimasta solo dieci minuti” “Ho compreso la tua scelta” “Dite davvero?” mormorò paralizzandosi di colpo “Ti ho osservato a quel ballo. Eri così bella, così ammirata ma i tuoi occhi erano spenti. Il tuo sguardo era vuoto e non c'era niente di mia figlia in quella ragazza” le sorrise appoggiandosi allo schienale della sedia “Io sono terribilmente testardo Oscar, pensavo di fare la cosa giusta regalandoti una seconda possibilità. Ne ero convinto, davvero, pensavo che vestirti da donna, costringerti a vivere come le altre dame, come le tue sorelle ti avrebbe reso più felice ma ho capito che non è quello che desideri tu. Sei sempre stata molto matura, so che hai fatto la scelta più giusta. Posso solo vegliare su di te e accordarti il mio permesso” “Vi prego, ripetetelo di nuovo” “Vivi la tua vita come più ti piace Oscar, tuo padre accetterà ogni tua scelta” l'aria uscì di nuovo dai polmoni e per la prima volta nella vita, sentì dentro al cuore un amore sconsiderato per quel padre che non era mai stato tanto padre “So che hai delle nuove reclute. È vero?” annuì distrattamente perché quell'attimo di tenerezza era sparito alla velocità della luce, sostituito con le solite discussioni, con il discorrere sereno di un padre e un figlio erede di tanto onore “Arriveranno domani mattina. Credo siano dodici, non capisco tutta via il motivo di questo trasferimento. Non ho chiesto altri uomini” “La guardia reale ha degli esuberi. In questo momento abbiamo bisogno di rinforzare ogni reparto” “Oh …” sollevò il viso cercando gli occhi dell'uomo “ … per caso avete notizie di Andrè?” lo vide sospirare, i muscoli tesi e le labbra serrate “Ha chiesto un permesso di due giorni, ho acconsentito alla sua richiesta ma da allora non l'ho più visto. Mi chiedevo se per caso voi aveste …” “No, no mi dispiace” “Siete ancora così arrabbiato?” “Mi hai chiesto di evitare inutili spargimenti di sangue. Ho acconsentito a questo tuo desiderio ma non puoi chiedermi altro Oscar” “Lo so” "E allora smetti di chiedere" "Va tutto bene padre?" domandò preoccupata "Siete così strano questa mattina" "Sono solo un po' stanco. La mia dama ieri mi ha abbandonato al ballo, ho dovuto sopportare le frivole chiacchiere delle signore da solo" "Mi dispiace, credetemi, mi dispiace davvero" "No, non ci siamo ancora, queste non sono scuse accettabili" "Come sapevate che sarei ..." "Che saresti scappata?" terminò la frase della figlia prendendo altro tè "Oh per favore! Ti conosco Oscar, credi davvero che fossi convinto di averti a quel ballo tutta la sera? A dire la verità hai vinto ogni mia aspettativa" "A che proposito?" "Sei rimasta dieci minuti, credevo scappassi dopo il primo gradino delle scale" ma l'espressione sul volto dell'uomo la costrinse a fare di nuovo la stessa domanda "Siete sicuro che va tutto bene?" "Ancora?" "Perdonatemi, ma ho questa strana sensazione che ..." "Quale?" "Non so nemmeno io come descriverla, è come se mancasse qualcosa, se le vostre parole fossero incomplete" poi un bel sorriso cancellò di colpo l'insicurezza "Perdonatemi di nuovo, forse non mi sento molto bene, capita quando il proprio padre vi fa sorprese del genere al mattino" si alzò dal tavolo inchinandosi leggermente “Con permesso padre” “Vai pure” la governante si avvicinò a lui porgendogli un bicchiere d'acqua fresca "Dov'è tuo nipote?" "Chiuso in camera sua, non preoccupatevi signore, non ha nessuna intenzione di confonderla più di quanto non sia già" “Fai in modo che nessuno parli. Affronterò la rabbia di mia figlia da solo” “Come volete signore” "Non trovi anche tu che sia troppo pallida?" domandò d'improvviso sfiorandosi il mento con le dita "Gli impegni la tengono continuamente lontana da casa" "Forse hai ragione, forse è solo un po' di stanchezza" restituì il bicchiere alla donna e senza aggiungere una parola abbandonò la sala perdendosi nei suoi pensieri.




 

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Capitolo 12
*** Profumo di Notte ***


                                  Profumo di Notte





“Chi sei Oscar?” quante volte l'aveva chiesto alla notte, quante volte l'aveva chiesto a se stesso perdendosi nel buio.
Non era mai riuscito a capire chi fosse quel diamante prezioso che gli viveva accanto.
Un'apparizione, un angelo o un incubo? Con il tempo era giunto alla conclusione che Oscar fosse tutte e tre le cose assieme.
Bella come un angelo, crudele come un incubo che distorce pensieri, volubile come le dolcissime apparizioni che di solito chiamava sogni.
Pensieri che svanivano in pochi secondi, un battito di ciglia e il suo volto svaniva, un battito di ciglia per rivederla sorridente, circondata da fiori e farfalle.
Abbassò lo sguardo perdendosi nel nulla sotto i suoi piedi, era seduto lì fuori da ore, immobile, con gli occhi bassi, le braccia appoggiate sulle ginocchia, contava le venature del marmo sotto i suoi piedi, gli erano sempre piaciute, in qualche modo gli ricordavano il colore del mare.
Quel piccolo angolo di paradiso era stato un regalo, un dono del generale a suo figlio affinché potesse leggere ed istruirsi senza alcun disturbo.
Un bellissimo pergolato con colonne finemente decorate, abbracciate da rose che ne coprivano il lato esterno salendo fino ad offuscare i raggi del sole.
Le era sempre piaciuto quel posto, lontano da tutti, immerso nel silenzio.
Si sedeva sotto a quel tetto di rose con la schiena appoggiata ad un cuscino, un unico cuscino color del cielo che aveva il compito di proteggerla dal marmo fresco, ma ogni volta era la stessa storia, resisteva qualche minuto prima di lanciarlo dolcemente sulla seduta accanto alla sua.
Restava lì per ore ad ascoltare se stessa, a perdersi nei racconti dei suoi scrittori preferiti.
Quante volte l'aveva sentita recitare Catone, quante volte rideva di quel buffo movimento delle gambe, quasi come se la troppa vita che le correva in corpo le impedisse di rimanere immobile nella stessa posizione per più di cinque secondi.
Un debole sorriso gli colorò le labbra mentre ricordava con dolcezza quegli attimi spensierati passati assieme, poi quei passi leggeri, passi che conosceva bene perché erano gli stessi su cui aveva vegliato per vent'anni.
Sentiva il suo profumo,quella fragranza delicata che si aggrovigliava all'anima togliendogli il respiro, l'aria si mosse appena affianco a lui e pregava con tutte le forze che non fosse reale, che fosse solo uno scherzo della sua mente.
Ma quel profumo era vivo, quel respiro leggero congelava i pensieri e gli mostrava ancora una volta l'effetto impressionante che aveva su di lui.
Si era seduta troppo vicino per restare oltre quel confine sicuro che si imponeva di rispettare e troppo lontano dalle sue mani, dalle sue carezze “Dovresti essere in casa, c'è troppo freddo” si voltò appena, giusto quel tanto che bastava per riuscire a vederla.
Aveva i capelli sciolti sulle spalle leggermente scompigliati dalla brezza della notte, lo sguardo basso e le mani posate sul fresco marmo della seduta, le gambe accavallate mentre giocava con l'aria, muoveva il piede in leggerissimi cerchi immaginando chissà cosa.
Si stupiva continuamente del fatto che potessero scambiarla per un uomo, era così lampante la sua femminilità, il suo essere donna con o senza l'uniforme.
Quella vita sottile avvolta da una fascia di seta chiara non poteva nascondere nient'altro che dolcezza, i pantaloni scuri accentuavano ancora di più le linee delicate delle gambe e terminavano appena sotto il ginocchio, dove calze candide sottolineavano la finezza di un polpaccio sottile, ben tornito da muscoli delicati.
Le spalle leggermente alzate, conseguenza di quella posizione tanto bella e la camicia lasciata appena sbottonata sul petto, come se il freddo non la toccasse, come se quella notte silenziosa fosse una normale estensione del suo essere così dannatamente perfetta.
“Andrè ...” inspirò a fondo continuando a giocare con l'aria “ … perché mi eviti?” “Non lo sai?” un sorriso leggero colorò le sue labbra costringendolo a restare immobile “Scappi da me” “Avevo bisogno di pensare. Non dovresti essere qui Oscar, c'è troppo freddo” “E non vuoi dirmi a cosa pensavi?” ma la risposta era già di per sé chiara e lampante.
La giovane sospirò mordendosi leggermente le labbra “Non dovresti essere qui” “L'hai già detto” cercò il suo sguardo nel tentativo di capire come mai l'uomo che aveva sempre avuto accanto fosse sparito di colpo, sostituito da qualcosa che non riconosceva più.
Il silenzio gelido che calò tra loro era pieno di paura, non era mai accaduto, mai nelle loro vite l'esitazione aveva intaccato gli attimi passati assieme, ora invece, era come vivere quella scena da fuori, come se esistessero due ragazzi rinchiusi sotto una campana di vetro in balia del vento, del mondo.
“Andrè io non so cosa …” si fermò qualche secondo cercando di far uscire parole sensate dalle labbra ma la confusione che le regnava dentro non era certo un aiuto “ … io non so cosa provo. Sono confusa e stanca e mi sento ...” di nuovo l'incertezza, di nuovo quell'attimo eterno per capire se poteva parlare con lui, se poteva fidarsi di nuovo di un giovane a cui voleva bene da morire “ … mi sento male” “Lo so” rispose sfinito “Tu sai già come sarà la tua vita, sai quello che vuoi diventare, come arrivarci. Io non sono forte come te sai?” “Lo dicevi anche da bambina. Lo dicevi prima che iniziassimo a fare la lotta e poi?” si fermò qualche secondo riprendendo fiato “ Poi ero sempre io quello a finire con la faccia nel fango” riuscì a strapparle un sorriso, era debole, appena accennato ma era lì, era lì solo per lui “Quello era solo un gioco. Siamo cresciuti e tutto va bene fino a quando svolgo il mio dovere, fino a quando indosso l'uniforme e danzo con spade e pistole ma quando torno a casa, quando sono sola e mi fermo a pensare …” scosse leggermente la testa sospirando, i capelli si mossero nell'aria spargendo quel profumo maledetto “… e poi c'è mio padre” sollevò il viso verso il cielo osservando le stelle “Mio padre che d'improvviso cambia al punto da spaventarmi” “Ti vuole bene” “Lo so” “E allora cosa c'è di sbagliato?” “Non è mai stato così. Ha sempre posto priorità diverse davanti a me. La mia carriera militare, gli encomi, l'onore, l'eredità di questo nome importante. Io amo mio padre, lo amo davvero e l'ultima cosa che vorrei è deluderlo ma …” chiuse gli occhi lasciando che il vento leggero le sfiorasse la pelle “ … ora, dopo tanti anni ricorda che sono donna e che ha scelto la strada sbagliata con me. Non è strano?” ma lui non rispose, si limitò ad annuire continuando a fissare il pavimento “Insomma, mi ha regalato un mondo di libertà e ora vorrebbe legarmi mani e piedi alle catene di un matrimonio” la sentì ridere divertita da quelle parole innocenti, la stessa risata che da bambini colorava le loro giornate “Mi ha accompagnato a quel ballo sai? Era così orgoglioso, così felice di avermi al suo fianco ma credo che abbia capito, credo che si sia reso conto che non potrà mai avermi diversa da quella che sono. Una figlia che ha bisogno di sentirsi se stessa” “Con un uniforme addosso?” “È la seconda volta che lo ripeti” “Puoi essere te stessa ovunque Oscar. Non è quella divisa a renderti più forte, lo sei sempre stata. Hai paura di scoprire che essere donna è bello, che hai perso tutti questi anni rincorrendo un ideale che non ti apparteneva mentre avresti potuto respirare tenerezza e assaporare la dolcezza dell'amore” “Guardami” sussurrò voltandosi verso di lui “Guardami negli occhi e ripetilo” ma dal silenzio non arrivò nessuna risposta.
Strinse tra le dita una ciocca di capelli perdendosi nei pensieri, nelle paure che ora le velavano lo sguardo “Perché me l'hai detto” sussurrò d'improvviso “Perché ora?” “Perché stavo impazzendo!” esclamò gelido voltandosi di colpo verso di lei “Continuavo a ripetermi che sarebbe passata, che potevo sopravvivere al tuo amore per quell'uomo, a quello sguardo malinconico che colorava il tuo viso ogni volta che pensavi a lui. Stavo impazzendo Oscar!” una risata irritata e frenetica la costrinse a tremare, si chiuse nelle spalle spaventata da quella reazione che non si aspettava “Tu sei la causa di quella pazzia e non so come controllarlo, non so come sopravvivere a questo perché sei in ogni mio dannato pensiero! Ci provo, ci provo con tutto me stesso a lasciarti andare ma quando ti vedo …” sollevò una mano nell'aria fresca cercando la sua ma si fermò di colpo mentre le parole del generale rimbombavano violente nel cervello “ … sei così bella, così perfetta” la mano ricadde nel vuoto e gli occhi si riempirono di lacrime “Andrè io sono venuta qui per dirti che ...” “Non dovresti essere qui” “Perché? Sono indifesa o debole?” ribatté ironica “Ho imparato tempo fa cosa vuol dire lottare contro il mondo. So che sei arrabbiato, che vorresti solo scappare. Sono io la causa del tuo dolore e credimi, vorrei non esserlo, lo vorrei con tutto il cuore” “Sul serio? Perché vedi, questo è l'incubo che mi sconvolge ogni notte Oscar. Pensare che tu possa dimenticarmi, che tu possa incontrare qualcuno che ti ruberà il cuore e ti porterà via da me e non … ho paura di perderti!” “Sono sempre stata qui per te. Mi hai fatto una promessa ricordi? Hai promesso di provarci. Ti prego, ti prego non rovinare tutto” in quella supplica c'era tutta la paura e la tenerezza di quella bambina che per anni l'aveva guardato con gli occhi di un cerbiatto pregandolo affinché dormisse con lei, perché il buio la spaventava, perché c'erano orrendi mostri nascosti nelle ombre.
“Non preoccuparti, ora non cambierà più niente” “Di cosa parli?” sussurrò confusa“Niente, niente va tutto bene” ma che fatica tremenda mentirle. Lo leggeva nei suoi occhi, l'aveva capito che quella era una bugia, una stupida bugia per allontanarla ancora di più.
Forse era impazzito davvero, perché era lì per lui, per ascoltarlo, per confidarsi, per cercare di capire cosa fosse quel sentimento che le sconvolgeva il petto.
Essere lì, di fianco a lui era una prova di quanto fosse cambiata, della fatica che aveva fatto per nascondere l'orgoglio, la rabbia, la paura.
Era riuscita a soffocare ogni cosa per riuscire a parlare con lui, perché nonostante tutto, lui restava il suo migliore amico e invece di ascoltarla, la respingeva, la teneva lontano.
Faceva male, un male atroce ma se ora le avesse permesso di entrare nel cuore, dirle addio sarebbe stato più doloroso che mai “Non sei bravo a dire le bugie, io ero molto più brava di te” solo un leggerissimo sorriso come risposta e niente di più “Domani mattina partirò presto. La rivista verrà anticipata, ordini dall'alto, pare che ci siano sviluppi nuovi nell'ordinamento dei corpi militari. Vuoi venire con me? Lo so che non dovresti nemmeno essere lì insomma, il tuo turno di guardia inizia più tardi ma pensavo che potremmo ...” “No, no domani no” vide delusione nei suoi occhi, un velo di lacrime leggere che non sarebbero mai scese sulle guance perché le avrebbe trattenute, era troppo orgogliosa per mostrare il dolore che quelle parole le avevano regalato “D'accordo” si alzò lentamente sistemando il nodo leggero della fascia “Allora vado a dormire. Ci vediamo domani?” un lieve cenno del capo come risposta, sentiva il suo sguardo bruciante sul volto ma non aveva nessuna voglia di guardarla negli occhi.
Restò immobile così fino a quando il rumore leggero dei suoi passi non si disperse nella calma della notte.
Strinse più forte i pugni mentre una lacrima dopo l'altra buttava fuori tutto il dolore che custodiva in petto.
Non ci sarebbe stato domani, né il giorno dopo e quello dopo ancora ed era questo ad ucciderlo più di ogni altra cosa.
Un addio silenzioso che bruciava il cuore, l'avrebbe odiato per quel silenzio lo sapeva bene, ma in che altro modo poteva evitarle il dolore di un distacco? Pregava il cielo affinché l'aiutasse a superare ogni cosa, ogni paura, ogni dubbio con l'unica certezza del suo amore, vero, lampante, sempre con lei.
Voleva conservare negli occhi il ricordo di quell'ultima visione, della sua bellissima Oscar che se ne stava seduta accanto a lui chiusa nel silenzio dei pensieri, spaventata dal suo modo d'essere, da quel cambiamento che più di tutti la turbava.
Era pronto a sopportare la sua rabbia, il suo odio per averle mentito perché era certo che un giorno, forse tra un anno o due, l'avrebbe incontrata di nuovo e quegli occhi tanto belli gli avrebbero vomitato addosso il rancore passato, la rabbia appositamente conservata per quel momento ma fino ad allora, avrebbe portato nel cuore il dolcissimo sguardo dell'amore, del suo angelo di luce pura.

 

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Capitolo 13
*** Amore ***



                                             Amore





Ho scritto questa lettera otto volte, provo a imprimere sulla carta i pensieri ma ogni volta c'è qualcosa che non va.
A volte sono le parole, altre i sentimenti che fanno a pugni dentro di me.
Non volevo farti del male, ti prego Oscar, credimi, credi alle mie parole, a questo maledetto amore che ti appartiene da una vita intera.
Non posso controllarlo, non so nemmeno se voglio farlo perché rinnegare questo sentimento vuol dire rinnegare me stesso e tutto quello in cui ho creduto fino ad oggi.
Tu sei stata il centro della mia vita, il mio sole, la mia luna, l'unico pensiero che mi costringeva ad aprire gli occhi al mattino.
Io ti amo Oscar, ti amo da morire e darei la mia vita per te ma questo già lo sai, l'hai sempre saputo.
Non so dirti quando l'affetto che provo per te si sia trasformato in amore, forse, è stato quel giorno d'inverno di tanti anni fa.
Sei entrata in camera mia di corsa, ho nascosto il tuo regalo di compleanno sotto al cuscino per evitare che tu lo vedessi.
Eri ancora così piccola, avevi solo sei anni e mi hai guardato con quegli occhi tanto belli chiedendomi se fossi felice, se vivere assieme a te non avesse distrutto i miei sogni.
Eri così tenera, così ingenua, ti preoccupavi dei miei sogni, della mia felicità, mi regalavi sorrisi ogni volta che ne avevo bisogno.
Ricordi Oscar? Ricordi quel bosco di faggi e quercie ai confini della tenuta? Ti stringevo la mano camminandoti accanto mentre con occhi spauriti ti guardavi attorno. Non eravamo mai stati in quel posto, era tutto così grande, così spaventoso e in più c'era tuo padre, i suoi divieti, la possibilità che scoprisse quella fuga innocente.
Con il tempo abbiamo imparato a riconoscerne ogni anfratto, ogni radice, ogni maledetto albero. Era diventato il nostro giardino segreto, un posto unico dove potevamo giocare indisturbati, lontani dalle regole e dalla rigida etichetta che ti imponevano.
Ecco Oscar, credo sia lì che ho imparato ad amarti. Quando mi guardavi con quel visetto arrossato dalle lunghe cavalcate, un visetto colorato di perla e incorniciato da riccioli biondi, così chiari da sembrare oro, con quegli occhi grandi dello stesso colore del mare, occhi che mi incantano ancora quando cambiano colore, quando assumono le tinte cupe del cielo in tempesta, quando si addolciscono con venature di verde.
Ti amavo già allora, mentre giocavamo a nascondino, mentre ci sfidavamo con spade di legno, quando facevamo a gara per vedere chi si arrampicava più in alto su quegli alberi enormi.
Ti amavo nelle sere di pioggia passate assieme, dove i temporali facevano più rumore dei nostri pensieri e per fuggirvi, ce ne stavamo sdraiati sul letto, nascosti da un lenzuolo a leggere.
Ti amavo quando mi prendevi in giro, quando ti addormetavi accanto a me, con la mano stretta al mio braccio e le fronte che sfiorava la mia.
Ti amavo quando suonavi il pianoforte e quando sceglievi il violino, quando ti vedevo lottare sfinita con il sonno per riuscire ad imparare tutte le lezioni del precettore, quando respingevi parata dopo parata gli attacchi di tuo padre senza cedere mai, senza indietreggiare mai.
Ti amavo quando hai scoperto di essere donna e mi guardavi con vergogna, quasi come se fosse un peccato essere diversa.
Ti amavo quando hai scelto l'uniforme e continuerò a farlo qualsiasi cosa tu decida.
Avevo promesso a me stesso che ti avrei protetto da chiunque, che sarei sempre stato al tuo fianco per tenerti al sicuro.
L'ho fatto, l'ho fatto finché ho potuto ma come posso difenderti dall'amore? Credevo non sarebbe mai accaduto, in fondo lo speravo.
Ti sei innamorata di un uomo venuto da lontano e mi hai ucciso, mi hai ucciso lentamente con i tuoi silenzi, con il distacco e il freddo di uno sguardo che era sempre lì per me.
Ora sono costretto a lasciarti da sola, sono costretto ad abbandonarti Oscar e credimi, niente mi fa più male di questo.
Non vorrei mai lasciarti, non vorrei mai perderti.
Ecco perché scrivo, ecco perché non ho il coraggio di guardarti negli occhi.
Ecco la punizione per il mio amore, me la merito Oscar, mi merito ogni conseguenza perché è giusto così, perché non sarei un uomo se fuggissi.
Ti amo, ti amo da morire e se non dovessi più tornare, ricorda il mio amore, ricorda quanto sei importante per me.
Ti conosco così bene da sentire ogni tuo pensiero, ogni tua paura, non preoccuparti amore mio, farai la scelta giusta, fai sempre la scelta giusta.
Sei sempre stata forte, hai sempre affrontato tutto quello che la vita ti ha messo davanti, hai riso in faccia alle difficoltà e sei andata avanti.
Ora ti prego solo di continuare ad essere forte, devi esserlo perché non posso più proteggerti, devi essere forte per tutti e due Oscar e se Dio vorrà, un giorno tornerò da te.


Andrè




Posò la piuma sospirando, erano solo parole ma racchiudevano tutto l'amore di quel povero cuore.
Continuava a chiedersi se sarebbe stata bene, se avrebbe continuato con la sua solita vita, se qualche volta si fosse ricordata di lui.
Sorrise appena chiudendo la lettera, la porta della sala si aprì lentamente e sua nonna uscì dalla penombra reggendo un candelabro “Sei pronto?” “Quasi” la vide sospirare, una lacrima leggera scivolò via dagli occhi “Non piangere nonna. Vedrai che andrà tutto bene” “Andrè, mi hai fatto chiamare?” “Si, si Tomà” un giovinetto dagli occhi verdi si avvicinò a lui togliendosi il cappello “Devo partire per qualche mese e sarai tu ad occuparti delle scuderie al mio posto” “Si signore” “Ricorda sempre cosa cosa ti ho detto riguardo al cavallo di Oscar” “Quando sello César devo assicurarmi che le cinghie siano ben strette e che la posizione della sella sia leggermente spostata in avanti perché il signore cavalca tenendosi leggermente chinata in avanti” “Ti ho fatto vedere molte volte, non è necessario che la sposti di molto, solo un centimetro o due. La postura di Oscar è già perfetta, la schiena dritta, il bacino che si muove al ritmo del cavallo ma quando fa forza sui fianchi dell'animale e lo spinge al galoppo sposta leggermente il corpo in avanti aiutando César nella corsa” “Si signore” “Mi raccomando, è importante Tomà” “Non preoccupatevi, mi occuperò con cura di César” “Vedrai che tutto sarà fatto bene. Il nostro giovinotto è piuttosto bravo” esclamò la nonna sorridendogli “Andiamo? Ti accompagno” “Lei non è …” “Non rientrerà prima di due giorni. Il generale ha fatto in modo che fosse trattenuta alla reggia dal generale Buillè” annuì appena lasciando uscire tutta l'aria dai polmoni.
Posò la lettera sul ripiano lucido del pianoforte mentre gli occhi di sua nonna seguivano ogni movimento.
Prese dalla sedia la sacca e senza aggiungere una parola di più seguì la donna consapevole di aver appena detto addio alla vita che amava.




“L'ha trovata un mio attendente, Puoi spiegarmela?” la donna sospirò stringendosi nelle spalle, a che scopo mentire? L'amore che provava Andrè nei confronti di Oscar era lampante “L'ha lasciata la mattina della sua partenza. Sono solo poche parole signore” annuì pensiero rigirandosi la busta tra le dita “Non doveva farlo” “Signore, posso chiedervi il permesso di esprimermi liberamente?” “Parla pure” “Credo che per il bene di vostra figlia dovreste lasciarle leggere ...” “E turbarla più di quanto non sia già? Sarà a casa tra qualche minuto, correrà nel mio ufficio urlando, sarà arrabbiata e scontrosa perché l'ordine del generale Buillè le è appena stato consegnato” “Non le avete parlato?” sussurrò la vecchina avvicinandosi alla scrivania “No, non ne ho avuto il cuore” “Ma signore così … così non …” “Mi odierà. Va bene, sono pronto a sopportarlo” si voltò verso il camino dove il fuoco scoppiettava rassicurante “L'amore di tuo nipote per Oscar è grande, se fosse stato un nobile gli avrei concesso la sua mano perché so che l'avrebbe resa felice ma il gesto che ha compiuto … L'ha confusa, l'ha stordita con rivelazioni che non dovrebbero nemmeno esistere!” “È solo un giovane innamorato” l'espressione sul volto dell'uomo si addolcì qualche secondo mentre stringeva con la mano quella della governante “So che sei molto legata a lui, non temere, farò in modo che tutto vada bene” “Vi ringrazio generale” “Ma per la tranquillità di Osacr, d'ora in avanti ogni lettera che arriverà mi verrà consegnata personalmente. Nessuno dovrà leggerne il contenuto” gettò la busta nel camino restando immobile ad osservare le fiamme lambirne la carta sottile “Sono stato chiaro?” “Si signore” poi d'improvviso una voce limpida e cristallina, i passi veloci di sua figlia nel corridoio e il suo volto arrossato davanti agli occhi “Voi avete …” “Non urlare!” esclamò gelido bloccando quello scoppio d'ira improvvisa “Tu puoi andare” lo sguardo della donna si posò sul volto di Oscar, era agitata, nervosa, lo era sempre quando suo padre le nascondeva le cose.
Sfiorò la spalla della ragazza con la mano tentando di restituirle un attimo di calma, la sua bellissima bambina ora così agitata e confusa, l'aveva sempre detto al signore che sarebbe stato un errore, che allevarla come un uomo era egoismo puro ma che potere aveva una semplice governante? Sospirò leggermente e senza dire una sola parola uscì da quella stanza.
“Mi avete mentito! Avete detto che non gli sarebbe accaduto niente e non … l'avete mandato a morire!” “Gli ho dato una possibilità!” ribatté gelido avvicinandosi a lei “Una possibilità? Andare al fronte è un'opportunità?” “Cos'avrei dovuto fare Oscar! Lo sai cosa provo, lo sai quello che sarebbe accaduto. O la prigione o la morte!” “Mi avete fatto una promessa” tremava, era pallida e confusa “Mi avete promesso che … che non … mi avete promesso che avreste dimenticato” “Ho promesso che avrei fatto qualcosa e che non l'avrei ucciso. L'ho fatto, ho mantenuto la mia promessa!” “Padre, è la guerra! Voi più di chiunque altro dovreste comprendere! Avete un'idea di quante volte da bambina sono rimasta sveglia ad aspettarvi? Quante volte ho pregato per rivedervi? È stato orribile! Come potrebbe essere diverso ora? Pensate che sia semplice per me restare qui ad aspettare mentre voi ...” “Te l'ho già detto una volta, non rivolgerti così a tuo padre!” la tirò in avanti, la mano destra stretta attorno al tessuto dell'uniforme mentre la sinistra si librava nell'aria colpendo con violenza il volto della figlia.
La sentì tremare, le lacrime scesero dagli occhi costringendolo ad indietreggiare di un passo“Perché l'avete fatto? Perché non mi avete detto niente?” “Perché saresti scappata, saresti corsa via inseguendolo per riportarlo a casa e questo non posso permetterlo” sollevò le braaccia stringendola per le spalle, lo sguardo si fuse al suo mentre quelle dannate lacrime non cessavano la loro folle corsa “Oscar ero arrabbiato, ero maledettamente arrabbiato. Con me stesso per non averti saputo proteggere, per non averti mai compreso, con Andrè perché ti ha costretto a vacillare, con il mondo intero. Volevo solo porre fine a questo tormento” “Voi credete di avermi salvato?” “No, no credo di averti distrutta” “Se ne siete consapevole allora spiegatemi come avete potuto farlo!” si sciolse dalla presa del padre passandosi una mano in viso, le lacrime sparirono sotto le dita mentre cercava con tutte le forze di ritrovare la razionalità di sempre“Te l'ho detto, l'alternativa alla mia giustizia era la prigione, come pensi avrebbe affrontato il processo?” “Vi ho detto che non era accaduto niente, che l'avevo perdonato! Mi avete detto che avreste ascoltato le mie parole” “L'ho fatto” ma lei continuava a tremare, a cercare un modo per respirare, per restare immobile davanti a lui senza sfilare la spada dal fianco.
Non aveva paura di uno scontro, non ne aveva mai avuta, era solo molto arrabbiata perché quella decisione era stata presa senza consultarla, perché André le aveva mentito tacendo quel segreto tanto grande. Era arrabbiata con sé stessa, con suo padre, con il mondo intero perché per tre giorni le era stata imposta una distanza forzata da casa.
Ricordava con esattezza ogni minuto di quei giorni, tutto il tempo passato a chiedersi cosa ci fosse di sbagliato, perché Andrè nemmeno la guardava più negli occhi.
Lui sapeva, sapeva che quella stupida notte passata assieme, avvolti nel silenzio e nell'incertezza di quel piccolo gazebo sarebbe stata l'ultima e l'aveva respinta, l'aveva allontanata chiudendosi nel silenzio, impedendo a se stessa di capire cosa provasse verso di lui.
Ora che ne comprendeva il motivo, il suo giovane cuore accelerava di colpo riempiendosi di rabbia “Non te l'ha detto vero?” trattenne il fiato mentre la voce di suo padre si scontrava improvvisamente contro di lei“Per questo mi avete impedito di tornare a casa? Per questo sono rimasta tre giorni interi con il generale Buillé?” “Che avresti fatto Oscar? Saresti partita assieme a lui? Sei spaventata, sei arrabbiata con me e vorresti punirmi, questo lo capisco, ma non chiedo il permesso a mia figlia per le mie decisioni, non chiedo perdono per le mie scelte perché nel fare quelle scelte, ho pensato solo al tuo bene” “Il mio bene?” un singhiozzo insolente le spezzò il fiato “Padre voi avete …” “Io ho fatto quello che andava fatto. La mia punizione era diversa Oscar, se ora non porti le rose sulla sua lapide è solo perché questo maledetto cuore ha ascoltato le tue suppliche. È partito due giorni fa, gli avevo vietato ogni contatto con te, credevo che avrebbe disobbedito, che ti averbbe cercato ma non l'ha fatto” “Non l'ho … non l'ho nemmeno salutato” cadde in ginocchio con la testa stretta tra le mani mentre i singhiozzi le spezzavano la voce.
Era delusa, arrabbiata, ferita da quel ragazzo che aveva giurato di proteggerla sempre.
Come poteva continuare a respirare? Come poteva camminare per il mondo senza di lui? Gli aveva detto più di una volta di non seguirla perché non aveva bisogno di lui, delle sue premure e più di una volta il suo sguardo aveva tradito la durezza delle parole.
Aveva sempre avuto bisogno di lui perché assieme a lui aveva imparato a scoprire il mondo, l'aveva presa per mano insegnandole a camminare, si era fidata di lui.
Come una bambina che per la prima volta si alza in piedi da sola e cerca la mano di suo padre, lei aveva cercato la mano di Andrè, si era aggrappata a lui e ora, quella mano grande e forte l'aveva lasciata andare scivolando fuori dalla sua.
Se ne era andato costringendola a cadere, costringendola a piangere su un letto di rovi che laceravano i vestiti e strappavano la carne scoprendo un cuore sanguinante, mostrandole per la prima volta quanti ricordi vi fossero custoditi, quanti sorrisi e quanti sogni infranti.

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Capitolo 14
*** Una semplice Febbre ***


                      Una semplice Febbre




“Cosa dice il dottore?” “Una semplice febbre” “Una semplice febbre” ripeté sedendosi sulla poltroncina accanto alla porta “La mia bambina è sempre stata testarda” esclamò la governante portandosi le mani al petto “Le ho detto milioni di volte che doveva riposare ma lei ha sempre risposto che tutto andava bene” la porta si aprì leggermente e il medico li raggiunse.
Aveva il volto pallido e gli occhi leggermente lucidi “Allora? Che mi dite dottore?” “Per ora non credo ci sia niente di cui preoccuparsi. Vostro figlio ha sempre avuto difficoltà a sopportare gli aumenti di temperatura” “Avete ragione” “Tutta via, credo che questa piccola malattia sia legata al momento di forte stress che sta vivendo” “Le ho imposto ritmi di lavoro troppo alti ultimamente. È rimasta via da casa per troppo tempo” “È importante che osservi qualche settimana di riposo assoluto”“Starà bene?” domandò preoccupato il generale “Passerò a visitarlo domani mattina. La cura che vi ho dato serve ad abbassare la temperatura. Se nella notte è ancora così alta non esitate a chiamarmi e generale …” prese dalle mani del suo aiuto la borsa e il cappello “ … è importante che anche la mente riposi. Se c'è qualcosa che sconvolge vostro figlio è bene che resti al di fuori di questa porta” ma lo sguardo confuso sul volto della governante lo costrinse a continuare “ … nelle sue condizioni è bene garantire il più totale riposo. Le emozioni troppo forti vanno allontanate per un po'” “Oggi non è stata una giornata semplice per Oscar, voi pensate davvero che la mia bambina starà bene?” “Non preoccupatevi, vedrete che guarirà al più presto. Non copritelo troppo, lasciate la pelle libera di respirare e gli impacchi di acqua fresca, mi raccomando, al mattino e alla sera” “Vi ringrazio dottore” esclamò raggiante la donna “Venite, vi accompagno io” “Mi raccomando generale, non esitate a chiamarmi” “Vi ringrazio” un debole cenno d'assenso prima di restare solo con se stesso.
Il generale così freddo e altero era sparito, immobile davanti alla porta della figlia rifletteva sulla possibilità di entrare in quella stanza e guardarla negli occhi oppure scappare.
Posò la mano sul legno fresco entrando silenziosamente nel dolce tepore di quella penombra creata apposta.
La luce tenue delle candele colorava l'aria addolcendo ogni mobile, ogni libreria.
Si avvicinò al letto e un sorriso leggero si aprì sulle labbra perché ricordava bene quel modo di dormire.
Era voltata sul fianco sinistro con le ginocchia sollevate verso il ventre, rannicchiata come un neonato, come quel ricordo dolcissimo che custodiva ancora oggi di lei.
Aveva il volto arrossato per la febbre e la scia umida delle lacrime che non l'avevano abbandonata un minuto da quando era rientrata a casa, le labbra spente e il respiro regolare di chi è perso nei sogni.
Si sedette sulla sedia lì accanto senza smettere di osservarla.
Gli assomigliava, gli assomigliava tanto eppure c'era qualcosa in lei di diverso, qualcosa che la dolcezza di sua moglie aveva dipinto dal nulla.
Il taglio degli occhi, quelle ciglia così lunghe e l'incarnato di luna.
Quel fisico perfetto ed elegante che anche dopo anni di duro allentamento, conservava la stessa raffinatezza.
Da lui aveva rubato il colore degli occhi, solo quello ma ogni volta che la guardava rivedeva in lei un tempo passato, ormai così lontano da diventare sfocato.
Il suo carattere forte, gli ideali per cui sarebbe morto, l'eleganza nel combattimento perché Oscar metteva gentilezza anche nell'arte della spada.
Per tutta l'infanzia aveva rubato da lui insegnamenti preziosi che ora più che mai le sarebbero serviti.
Ricordava con tenerezza le tante notti passate accanto a lei, quando tornava a casa dalle lunghe campagne militari e saliva le scale cercando di fare meno rumore possibile.
Si chiudeva in camera di Oscar, seduto al suo fianco con gli occhi sognanti di un padre che immagina per suo figlio un futuro radioso.
Non l'aveva mai fatto per nessun'altra figlia, non poteva nemmeno immaginare una cosa del genere perché non è conveniente per un generale dell'esercito reale abbassarsi a frivole dolcezze.
Oscar l'aveva reso debole, lo aveva costretto a sorridere, erano solo piccole smorfie leggere ma nascevano spontanee ogni volta che la vedeva esultare per un colpo di pistola perfetto, per quella stoccata a lungo provata e finalmente eseguita.
Rivedeva in quella giovane donna addormentata la stessa bambina che si ammalava per dispetto, per disobbedire ad un ordine preciso e passava ore a cavalcare sotto la pioggia.
La sua bambina con gli occhi grandi come il cielo con biondi riccioli delicati che le incorniciavano il volto e con quelle manine tanto piccole da sembrare solo pura immaginazione.
Ora i lineamenti di sua figlia si confondevano in quel ricordo, i capelli erano più lunghi, molto più lunghi, colorati d'oro e di estate.
Le incorniciavano il volto e perfino nella malattia la rendevano più bella, il suo incarnato era diventato più chiaro, il volto pieno e rosato di quella bimba era cambiato, sostituito da un viso di perla liscio e setoso.
Era alta, alta come lui e tuttavia non era un difetto anzi, era motivo d'orgoglio perché la sua diversità non poteva essere usata come scusa.
Nessuno poteva insinuare che fossero gentili con lei perché era una donna o perché era più debole e delicata.
Era uguale agli altri soldati, solo molto più bella, più elegante e raffinata nei movimenti.
Una giovane che aveva abbandonato l'infanzia di colpo per i capricci di suo padre e che era diventata l'unica preoccupazione di quel padre.
Sospirò scostandole dalla fronte una ciocca di capelli, la sentì tremare, gli occhi si aprirono lentamente, pieni di sonno, pieni di stanchezza e di lacrime “Come ti senti?” non rispose, non si mosse nemmeno, restò immobile a sostenere il suo sguardo “Il dottore dice che è una semplice febbre. Passerà presto vedrai. Vuoi mangiare qualcosa?” un leggerissimo no le uscì dalle labbra “D'accordo” “Padre?” tornò a concentrarsi su lei aspettando il resto di quella domanda a metà “Come avete …” “Davvero Oscar? Adesso?” ma quegli occhi tanto stanchi potevano vincere su qualsiasi cosa in quel momento “Ti ho già detto perché l'ho fatto. Il generale Buillé è andato su tutte le furie quando gli ho raccontato l'accaduto. Voleva trascinarlo davanti al tribunale militare e le accuse erano ben più pesanti di un semplice errore. Aveva toccato un suo superiore. Siamo giunti a quest'accordo insieme. Il trasferimento ha avuto effetto da subito …” si fermò qualche secondo seguendo con lo sguardo le gocce di pioggia sul vetro della finestra “... ti ho fatto rimanere con il generale per tre giorni interi perché sapevo che se fossi stata qui, se ti avessi detto la verità saresti scappata, saresti corsa da lui senza preoccuparti della tua vita. Non potevo permettertelo Oscar” un leggerissimo sorriso gli colorò le labbra “Sei sconvolta al punto da costringere il tuo corpo a cedere?” di nuovo silenzio, di nuovo il vuoto immenso di uno sguardo perso chissà dove “Mi dispiace, farti soffrire era l'ultima cosa che volevo credimi, non sapevo come … non mi hai mai dato motivo di preoccuparmi per te Oscar, mai, e ora, d'improvviso mi faccio domande, mi chiedo se stai bene, se ...” si fermò di colpo mascherando la commozione dietro ad un colpo di tosse “ … lo so che sei arrabbiata con me. Va bene, posso sopportarlo, l'ho sempre fatto. Sopporterò i tuoi silenzi e la tua rabbia. Non preoccuparti di questo, ora devi solo rimetterti in forze” “Non sono … non sono arrabbiata con voi” ma le lacrime che scendevano dai suoi occhi tradivano ogni sicurezza “Sono arrabbiata con me stessa, con André per avermi costretto a …” le parole morirono in gola mentre lo sguardo del padre diventava improvvisamente più profondo.
Lo sentiva sul volto, nell'anima, in fondo al cuore, provava a capirla, cercava di studiarla, di comprendere se il resto della frase fosse stata: per avermi costretto ad amarlo.
Inspirò a fondo mentre un tremito leggero si portò via quell'attimo di lucidità, era sfinita, non aveva nemmeno la forza di tenere gli occhi aperti come poteva sostenere una conversazione intera? Il padre annuì pensieroso alzandosi in piedi “Ora basta, non è questo il momento di parlare. Partirò domani mattina ma ti prego di scrivermi se qualche peggioramento ti costringe di nuovo a letto. Sono stato chiaro?” “Si padre” sentì la mano dell'uomo sfiorarle appena il volto, lo stesso gesto che ricordava quando da piccola fingeva di dormire solo per averlo vicino, solo per avere quella carezza leggera, poco importava se non sapeva di tenerezza, suo padre non era persona da tenerezze ma quando si credeva al sicuro, quando la maschera di ghiaccio che portava cadeva al suolo, qualcosa di simile all'amore saliva a galla e lo portava a gesti del genere.
Chiuse gli occhi e soffocando i singhiozzi si nascose nell'abbraccio caldo della coperta dimenticando per un attimo il suo Andrè.




Aveva passato tutta la notte sveglia, nel buio della sua stanza con lo sguardo perso nel vuoto e quelle lacrime.
Non riusciva a fermarle, ci aveva provato, ci aveva provato con tutte le forze ma quelle piccole perle erano sempre pronte a disobbedire.
Si sentiva male, svuotata di ogni sentimento, ferita da chi aveva passato gli ultimi giorni a ripetere di amarla.
Conosceva bene suo padre, una cosa del genere avrebbe dovuto aspettarsela.
Non era abituata a sbagliare ma l'aveva fatto, aveva sottovalutato la rabbia del padre, lo sforzo immane che faceva per accontentare le sue richieste.
Poteva perdonarlo? Doveva farlo davvero? In fondo era suo padre, era lo stesso uomo che ammirava da bambina.
L'aveva ferita, le aveva fatto più male di tutte le punizioni, della scelta di allevarla come un uomo, dei continui discorsi sull'orgoglio e l'onore che doveva mantenere per la sua famiglia anche a costo di morire.
Era stato ferito, deluso, pugnalato alle spalle da chi avrebbe dovuto servirlo con il cuore. D'improvviso si era ritrovato nel baratro buio dell'incertezza, accompagnato dal terrore di aver sbagliato, di non essere riuscito a proteggerla.
Poteva accettarlo, poteva conviverci perché era quella la sua natura, era quello il padre a cui era abituata ma Andrè, lui no, lui non avrebbe dovuto mentirle.
L'aveva tenuta il più lontano possibile da ogni suo pensiero impedendole di capire, di cercare dentro di sé la luce di quel sentimento che ora la sconvolgeva.
Sarebbe morto, sarebbe morto in guerra senza nemmeno averle detto addio.
Quella camicia strappata ora assumeva un significato sciocco, banale.
Suo padre aveva ragione, probabilmente sarebbe corsa da lui, se ne avesse avuto la possibilità l'avrebbe legato mani e piedi al letto per impedirgli di muovere un passo, per impedirgli di lasciarla.
Non si era nemmeno fermato a pensare, a chiedersi quanto male le stesse facendo, lui così forte, lui che le aveva sempre impedito di fare sciocchezze, che riusciva a capirla semplicemente guardandola negli occhi, lui che diceva di amarla come poteva lasciarla così? Come poteva abbandonarla senza dire una sola parola! Eppure lo sapeva, sapeva che sarebbe partito.
Strinse più forte il lenzuolo tra le dita voltandosi verso la finestra, il cielo era cupo, il rumore dei tuoni colorava la notte senza stelle costringendola a riflettere, a piangere, a ripetere ancora una volta che non era giusto, che non aveva il diritto di abbandonarla così.
Chiuse gli occhi perdendosi nel dolore violento che le scuoteva il petto, non riusciva a respirare, sentiva la testa pulsare e il cuore accelerare di colpo.
Non era la prima volta che accadeva ma quella notte, una semplice febbre faceva più male che mai perché non aveva la forza di affrontarla, perché quella stessa forza se l'era portata via Andrè, assieme ai suoi sorrisi, alla voglia di vederlo e parlare con lui e per quanto si sforzasse di resistere, il peso di quelle lacrime erano un macigno troppo grande per poter essere sorretto, non in quel momento, non ridotta così.

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Capitolo 15
*** Tre giorni Appena ***


                            Tre giorni Appena






Ti scrivo dopo tre giorni appena, non è buffo? Sono bastati tre giorni per rimpiangere la mia vita, la mia vita accanto a te.

Mi manchi da morire e non so nemmeno se ne sei a conoscenza.
Sto male Oscar, sto male perché non posso vederti, perché ti cerco nella luce delicata dell'alba, nei pochi minuti che precedono l'inferno.
Sei sempre qui con me e per quanto provi a dimenticarti, i tuoi occhi tornano violentemente nei pensieri, il tuo sorriso riempie i miei sogni.
Sto bene, non devi preoccuparti per me, so che sei arrabbiata, che vorresti spaccarmi la faccia a pugni perché ti ho nascosto una cosa tanto grande.
Cosa potevi aspettarti amore mio? Sono bravo a nascondere le cose, ho nascosto il mio amore per te per vent'anni, questo non era certo difficile da celare.

È giusto così Oscar, la rabbia è giusta, il rancore che provi nei miei confronti ha un senso, è reale e giustificato.
So che chiedere il tuo perdono adesso non ti aiuterebbe a capire, non mi perdoneresti nemmeno.
Me ne sono accorto sai? Quella sera sotto le stelle cercavi di aprirti con me, di parlarmi con il cuore.
Non ti ho ascoltato, non ti ho nemmeno guardato negli occhi.
Avrei voluto tirarti tra le mie braccia, stringerti così forte da lasciarti senza fiato ma non l'ho fatto e ora … ora me ne pento perché se ti avessi guardata, se ti avessi baciato il tuo sapore sarebbe ancora su queste labbra …  
“Ehi Andrè, che stai combinando?” sollevò lo sguardo dal foglio, un soldato dall'aria sfinita si sedette accanto a lui lasciando cadere sgraziatamente il fucile a pochi passi da loro “Scrivo” “Al tuo amore?” “No a …” si fermò qualche secondo sorridendo “ … si, scrivo al mio amore” “Sei fortunato sai?” ribatté il compagno passandogli dell'acqua fresca “Chi ha un amore a casa ad aspettarlo vive di più” “Davvero?” “Pensi continuamente a quell'amore e hai una voglia terrificante di rivederne il volto” “Il mio è un amore diverso Emile” “Diverso?” domandò confuso l'altro “Siamo diversi. Io sono nato tra il popolo” “ E lei no?” scosse leggermente la testa sospirando “Ahi ahi amico mio. Questo è davvero un grosso problema” “Già” “Sai che ti dico?” ribatté divertito dandogli una pacca sulla spalla “ … non importa che tipo di amore sia, quello che conta è che a casa ti faccia tornare sano e salvo” risero assieme come se d'improvviso la guerra attorno a loro fosse sparita, come se non esistessero più sciocche diatribe tra re e principi.
“E com'è il tuo amore?” riprese slacciandosi leggermente la giubba “È bella?” “Si” rispose con un filo di voce “Bella come la nostra regina?” “Bella come solo lei sa essere” “Come si chiama?” “Oscar” ma lo sguardo stupito sul volto del compagno lo indusse a continuare “Lo so che non è un nome da ragazza ma suo padre non ha avuto eredi maschi e così, ha cresciuto la sua ultima figlia come un uomo e …” l'altro tossichiò mentre cercava disperatamente di non soffocare con l'acqua "Andrè, non è per caso il nostro generale quell'uomo snaturato?" ma il silenzio bastò come risposta  “Il generale Jarjayes! Il nostro generale?” domandò tremante grattandosi il mento “Tu come …” “Tutti i ragazzi qui vorrebbero vedere sua figlia. Dicono che sia così bella da togliere il respiro. Ricordo che fin da quando iniziai la mia carriera militare in questo plotone ho sentito le storie e le favole che circondavano il generale. Dicevano che fosse impazzito e che avesse creato un figlio perfetto dal nulla. È così Andrè? È davvero tanto bella?” “Vediamo ...” nascose il foglio tra le mani concentrandosi sulla faccia sconvolta di Emile “ … ha lunghi capelli biondi, così lunghi da sfiorarle l'incavo della schiena e profumati, belli da sembrare oro. Il suo viso ha un incarnato meraviglioso, uguale alla luna ed è decorato da due occhi grandi, perfetti, hanno lo stesso colore del cielo ma si tingono di mare quando pensa troppo, quando sorride o quando il sole è troppo forte” vedeva il volto dell'uomo al suo fianco tirarsi in una smorfia leggera, un sorriso beato che per qualche secondo cancellava la paura di quei giorni “Si nasconde in quell' uniforme senza accorgersi che in realtà, quei vestiti ne accentuano la bellezza. È alta, alta quanto me e forte. È elegante quando usa la spada, quando cammina o cavalca, le sue spalle sono delicate, il suo corpo armonico e …” “E sembra un sogno” “Già” “Così è lei il tuo amore” “Sono uno stupido non è vero?” “E perché?” ribatté stupito Emile “Perché hai lasciato che il tuo cuore decidesse per te? No amico mio, l'amore non si può programmare. Non è qualcosa che appartiene solo ai nobili, anche la povera gente può amare. Tu hai solo preso male la mira” gli sorrise divertito “Vuoi mangiare qualcosa?” “Che abbiamo?” “E che importa? Tanto ha tutto lo stesso sapore” sfilò dalla sacca un pezzo di pane sospirando “Chissà per quanto ancora resteremo qui” “Fino a quando sarà necessario Andrè. Dopo tutto, non è compito nostro decidere” “È per colpa di una decisione che sono finito quaggiù” “Però, devi aver fatto arrabbiare il nostro comandante davvero tanto per esserti meritato una punizione del genere” “Non ho molta voglia di parlarne Emile” “Come vuoi” esclamò sollevando appena le mani “Ma se vuoi un consiglio amico mio, forse dovresti finire quella lettera. È meglio che le tue parole le arrivino subito altrimenti dovrai aspettare un bel po' prima di poterle scrivere ancora” aprì di nuovo il foglio di carta e incurante degli spari che foravano l'aria continuò a scrivere pregando il cielo di poterla rivedere di nuovo.



“Cosa ci fai fuori dal letto?” “Ti prego, sono tre giorni  che resto in questa stanza e  …” “Hai sentito il dottore?” esclamò indispettita la donna spingendola di nuovo sul materasso “Devi riposare” “Sto impazzendo” si strinse nelle spalle cercando di ignorare quel brivido leggero che ancora saliva lungo la schiena “Ti prego, ti prego lasciami uscire da qui solo per qualche minuto. Ho delle cose da fare che non possono più …” “Levatelo dalla testa bambina” gli occhi della governante si piantarono nei suoi creando dal nulla un sorriso leggero “Se pensi di prendere il cavallo e correre dietro a chissà quali pensieri sappi che non te lo lascerò fare” “Ma io non voglio …” “Oh Oscar, credi davvero di riuscire a farmela così?” esclamò ridacchiando “Ti conosco sai? Sei arrabbiata da morire con mio nipote, sei così arrabbiata da non vedere nient'altro e probabilmente, se ora fosse di fronte a te lo prenderesti a pugni” “Tu lo sapevi?” “Cosa?” “Lo sapevi?” ripeté abbassando per qualche secondo lo sguardo, sentì la mano della donna sfiorarle il volto mentre si sedeva sul letto accanto a lei “Io so un sacco di cose. So che fa male amare senza essere ricambiati, so che il futuro che ti aspetta è radioso, qualsiasi cosa tu scelga Oscar. So che la rabbia che ti scorre nelle vene non passerà tanto facilmente qualsiasi cosa possa fare Andrè per chiederti perdono e so anche, che non è semplice vivere tutta la vita come un fantasma” le sorrise continuando a sfiorarle il volto come se d'improvviso fosse tornata bambina, come quelle lunghe sere dove non riusciva a dormire perché preoccupata per il padre che combatteva lontano “La vita è la tua Oscar, non puoi lasciare che qualcuno scelga per te” “Non l'ho fatto” “No?” domandò divertita sollevandole dolcemente il volto “Non è Oscar che vedo tutti i giorni sai? Non è lei quella che indossa l'uniforme, che da gli ordini ai suoi soldati, non è lei che si allena continuamente fino a restare senza fiato. La bambina che ho cresciuto è un'altra …” le scostò dalla dagli occhi i capelli mentre lo sguardo della giovane si fondeva lentamente al suo.
Era stata la sua balia, la sua migliore amica, la seconda madre speciale e divertente che non aveva paura di dire le cose, che si prodigava per tenerla al sicuro e che la capiva meglio di chiunque altro, ci aveva messo pochi secondi a decifrare quello sguardo, l'abbandono che ne colorava le sfumature, la rabbia, la voglia di urlare e scappare via, il più lontano possibile da tutti loro “ … è questa” sussurrò tirandola tra le braccia “È questa la mia bambina, una giovane donna che si fa domande, che non è capace di comprendere come mai il cuore nel petto va così forte, che ama e non lo sa” Oscar sospirò chiudendo gli occhi, si sentiva al sicuro in quell'abbraccio caldo e sincero.
Le preoccupazioni non c'erano, tutto spariva lasciando solo un dolce tepore.
Si aggrappò alla vecchietta cercando di non piangere “Sei tu la mia bambina Oscar, non l'immagine che vedo di te ogni giorno. Soffrire fa parte della vita sai? Si soffre per amore” “E se non fosse amore? E se fosse solo …” “Stai male al punto da non riuscire  ad alzarti dal letto perché il tuo corpo si ribella, le lacrime che scivolano via dai tuoi occhi non sono mai scomparse, come lo chiami questo?” un singhiozzo leggero le ruppe il fiato ma Nanny la strinse più forte a sé rallentando quel respiro veloce che anticipava il pianto “Io l'ho sempre saputo sai? Fin da quando eravate piccoli, non potete vivere l'uno senza l'altra e per quanto litighiate tra di voi alla fine, tornate inevitabilmente indietro” fece un bel respiro posando il mento tra i capelli biondi della ragazza “Ho detto molte volte a mio nipote che non sarebbe mai accaduto perché è sbagliato, perché la differenza che c'è tra di voi non può essere colmata in nessun modo. Tuo padre ha sbagliato, si è comportato in modo errato dall'inizio Oscar ma ti vuole bene e per quanto io sia arrabbiata con lui beh … è tuo padre, non si possono cambiare i genitori e lo sai” la sentì sospirare mentre si rifugiava al sicuro tra le sue braccia “Te l'ho ripetuto tante volte quando eri piccola: rispetta tuo padre perché ti ha dato la vita, non importa quanto possa essere severo. Se non ci fosse stato lui tu ora non saresti qui” la staccò dolcemente da sé cercando i suoi occhi “Sei cresciuta bambina, stai imparando ad amare, è una bella cosa sai?” “Non ha … non me l'ha detto. Non si è nemmeno preoccupato di dirmi addio e io cosa … cosa dovrei fare ora? Fingere che tutto sia normale?” “Non puoi certo andare al fronte. Lo sai che non puoi farlo Oscar” “Non posso” ripeté tremante, la mano della donna si posò sul suo volto asciugando le lacrime “Tuo padre non ti darà mai il permesso di partire, nessuno con un po' di cervello acconsentirebbe a questa cosa. Hanno bisogno di te qui, io ho bisogno di te” “E allora cosa dovrei …” “Dovresti pregare bambina, prega il cielo affinché Andrè torni a casa” ma l'espressione sul volto della governante cambiò di colpo “Hai ancora la febbre” si alzò velocemente dal letto cercando la bacinella d'acqua fresca “Coraggio, ora sdraiati e lasciami fare il mio dovere” “Sto bene” ripeté sfinita ma a che scopo protestare? Si lasciò spogliare lentamente cercando il refrigerio del panno bagnato, unica soluzione a quel turbinio di calore che le toglieva ogni forza.
Chiuse gli occhi respirando, riflettendo, amando.

 

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Capitolo 16
*** Occhi Verdi ***


                                         Occhi Verdi




Non le piaceva stare male, fin da bambina aveva odiato la febbre, l'impossibilità di muoversi, di giocare o cavalcare.
Non era cambiato molto da allora, odiava la malattia, la odiava da morire ma c'era una cosa che riusciva a farle accettare quella sciocca condizione: la guarigione.
Guarire era meraviglioso perché il corpo tornava forte e vigoroso, usciva vincitore da una guerra violenta rafforzandosi, imparando a convivere con il nemico.
Sorrise perdendosi nel canto degli uccelli, in quell'aria fresca che colorava la mattina.
Camminava lentamente lungo i viali curati perdendosi di tanto in tano sul volo di una farfalla, chiedendosi se l'amore fosse come una farfalla.
Bello, colorato e terribilmente breve o se assomigliasse più ad una malattia.
Una malattia orribile da cui doveva guarire a tutti i costi perché se era davvero amore quello che la costringeva a soffrire così, allora non l'avrebbe mai accettato.
Fece un bel respiro profondo stringendosi nella seta preziosa della giacca ma una voce alle sue spalle la distolse improvvisamente dai suoi pensieri “Mi chiedevo quanto ancora avrei dovuto camminare per potervi incontrare” si voltò di scatto perdendosi nel lo sguardo di un uomo sbucato dal nulla “Perdonatemi, non era mi intenzione spaventarvi” “Voi cosa …” “Volevo solo dirvi che ho trovato quella contessa” un debolissimo sorriso le colorò le labbra “L'ho inseguita per mari e monti e alla fine l'ho trovata” “E ci avete parlato?” “Non ancora” rispose divertito.
Era alto, molto alto con i capelli scuri come la notte e gli occhi profondi e luminosi come il mare intrisi di un verde brillante che toglieva il respiro “Perché siete qui?” “Passeggiavo” “Nella tenuta di mio padre signore?” “Suona molto strano non è vero?” domandò portandosi una mano alle labbra “D'accordo, allora vi dirò la verità. Sono rimasto incantato da quella contessa, trovo che sia la donna più bella che io abbia mai visto. Non ho avuto l'onore di vederla danzare ma sono sicuro che avrebbe fatto sfigurare le altre dame. Vedete, io vorrei solo avere il piacere di conoscerla” “Allora avete sbagliato casa duca” “Voi dite? Eppure, le mie spie mi hanno indicato casa Jajayes” “Se fossi in voi cambierei spie” ma l'altro rise portandosi le mani dietro alla schiena “Come state? Vi sentite meglio?” “Perdonatemi, non ho molta voglia di parlare in questo momento” “L'avevo capito sapete? Il silenzio rende una donna ancora più bella ma il vostro silenzio a volte diventa pericoloso” socchiuse gli occhi studiando il suo volto “Lo so bene credetemi, anche io a volte faccio compagnia allo stesso silenzio” “Duca, voi non dovreste nemmeno essere qui” “E perché mai? Non ho altre cose da fare” “Siete molto bravo ad inventare sciocche bugie” “D'accordo, mi avete scoperto signore” esclamò colorando le parole di allegria “Ecco cosa facciamo contessa, restiamo in silenzio e camminiamo assieme fino a casa. Che ne dite?” “Non riesco a capire se siete serio o mi prendete in giro” rispose scostandosi dagli occhi i capelli.
Desiderava solo restare sola con se stessa ma era consapevole che le parole del duca non erano sbagliate, troppe volte i suoi silenzi si erano rivelati pericolosi perché in quei silenzi pensava troppo.
Si lasciava cullare dal nulla chiudendo fuori il mondo intero e in quel momento, c'era troppa rabbia nel cuore, così tanta da spaventarla perché se si fosse abbandonata ad essa non sarebbe più riuscita a risalire verso il cielo “D'accordo” sussurrò “D'accordo, potete accompagnarmi se ne avete voglia” l'altro sorrise affiancandosi a lei “In realtà contessa, è da quando siete uscita di casa che vi accompagno” un altro sorriso, luminoso, bello, delicato e forte assieme.
Tornò a fissare il vuoto davanti a sé e senza dire più nulla riprese a camminare accompagnata da un giovane sbucato dal nulla che per qualche secondo, aveva soppresso la rabbia e il rancore.




Non aveva alcuna voglia di mangiare, non aveva voglia di dormire né di parlare.
Posò la forchetta accanto al piatto sospirando “Va tutto bene?” domandò il generale osservandola per qualche secondo “Si, perdonatemi ma credo di non essere molto forte questa sera. Non ho molta fame signore” “Se vuoi vedere il dottore per …” “No, no padre, sto bene, non è più la febbre” “C'è qualcosa che ti preoccupa Oscar?” “Sapete …” iniziò sollevando lo sguardo “ … oggi ho incontrato il duca D'Amien” “Davvero?” domandò stupito concentrandosi su di lei “Durante una cavalcata?” “No, durante la mia passeggiata nel nostro parco” il padre tossicchiò leggermente nascondendo il fastidio di quella rivelazione “Non mi piace che sconosciuti di dubbia origine passeggino nella mia tenuta” “Non credo sia uno sconosciuto per voi” “Davvero?” “L'avete incontrato al ballo” “Quale ballo?” domandò confuso tornando a concentrarsi sul suo piatto “Quel ballo meraviglioso che avete dato in mio onore” “Cosa ti ho detto sull'irriverenza Oscar?” sorrise divertita da quel cambio improvviso di tono nella voce del padre “E per quale motivo era …” “Per vedere la contessa che gli aveva rubato il cuore” sussurrò appoggiandosi allo schienale “State tranquillo, non l'ho trattato in modo irrispettoso e non ho usato la spada” lo vide sospirare, come se l'ansia si fosse decisa a lasciare finalmente il suo corpo.
“E ha incontrato quella contessa?” “Vi prego, possiamo evitare?” “Come vuoi Oscar. Ma non voglio tornare a casa un giorno e trovare camicie strappate o giovani in lacrime. Non posso sopportarlo di nuovo chiaro?” “Padre, posso farvi una domanda?” il generale annuì distrattamente continuando a leggere le carte che aveva affianco “Voi avete ...” si fermò di colpo spaventata dalla reazione che le parole avrebbero procurato “ … avete notizie di Andrè?” “Sta bene. Non devi preocuparti per lui” ecco l'unica risposta che avrebbe mai potuto ricevere, continuare a chiedere sarebbe stato inutile.
Non avrebbe ottenuto altro dal padre ma almeno, aveva la certezza che Andrè fosse vivo e per quanto male le facesse, aveva un disperato bisogno di restare lì, perché scappare non avrebbe fatto altro che costringere suo padre a reagire “Lo rivedrai?” “Chi?” rispose tornando improvvisamente alla realtà “Il duca, lo rivedrai?” “Mi conoscete? No!” un bel sorriso addolcì i lineamenti dell'uomo “Era tutto di vostro gradimento?” domandò Nanny avvicinandosi al tavolo “Tutto buonissimo come sempre” “Voi non avete mangiato nulla” “Oh ...” sussurrò dipingendosi in viso un'espressione innocente “ … mi dispiace, non credo di sentirmi molto bene. Ma sono sicura che tutto era ottimo” si alzò dal tavolo lasciando il tovagliolo accanto al piatto “Con permesso padre” ma lui non l'ascoltava nemmeno più.
Era perso nei suoi ordini, nei suoi appunti e quel lieve cenno del capo bastò a congedarla “Se non mangi qualcosa di più che semplice pane ti do uno schiaffo” esclamò irritata la vecchietta accompagnandola lungo il corridoio “Guarda che lo faccio” “No, non lo faresti mai” “Ho mai evitato una cosa del genere quando eri piccola?” “No” esclamò divertita “Allora non costringermi a farlo di nuovo chiaro?” “Sono stanca, posso solo riposare per ora?” “Cos'è quello sguardo?” “Quale sguardo?” domandò confusa toccandosi il volto “Hai lo stesso sguardo colpevole che avevi da bambina, quando tu e Andrè combinavate qualcosa” “Ma io non …” “Qualunque cosa sia non smettere, ti fa bene, almeno ora sorridi” le sfiorò il volto ma la sua voce bastò a richiamarla di nuovo “Senti …” “Che c'è?” “Sai se Andrè, sai come sta?” “Bene, non devi preoccuparti di questo” “Vi siete messi d'accordo per caso?” “Chi?” domandò stupita sistemandosi gli occhiali “Tu e mio padre” “Non scherzare Oscar, lo sai che non siamo mai in accordo” “Appunto per questo è strano” “Ascolta bambina …” si avvicinò a lei di un passo sorridendole “ … mio nipote è vivo, potrebbe stare meglio ma è vivo. Mi ha scritto una lettera” “Davvero?” sussurrò tremante “Lui ha … credevo che mi scrivesse, credevo lo facesse insomma, come si può dimenticare così? Io gli ho scritto molte volte” “Lo so” ma lo sguardo della governante era velato dalla tristezza “Vedrai che si risolverà tutto. Ora devi solo pensare a rimetterti in forze. Tra un po' inizierai di nuovo la tua solita vita” “Hai ragione” le diede un bacio leggero sul volto e si allontanò per il corrodoio.
Come poteva dirle la verità? Avrebbe sofferto nello scoprire che suo padre bruciava ogni lettera, che impediva ogni contatto tra i due giovani con l'unica speranza che quell'amore sbagliato terminasse la sua folle vita.
Oscar non meritava niente del genere, ma che altro poteva fare se non rassicurarla? Fece un bel respiro, sistemò di nuovo gli occhiali e si indaffarò nelle sue faccende evitando di pensare.


 

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Capitolo 17
*** Scegliete voi il mio Nome ***


                  Scegliete voi il mio Nome






“Come mai ho la spiacevole sensazione che mi seguiate?” domandò confusa montando a cavallo “Avete fatto di tutto per evitarmi” “Non credo sia esatto” “Cito testualmente dalla vostra ultima lettera: Mi dispiace darvi questo dispiacere duca, ma temo che da ora in avanti sarà meglio evitare qualsiasi contatto. Purtroppo sono affetta da una malattia molto contagiosa …” si fermò qualche secondo ridendo “ … mi sembrate piuttosto in forze per avere solo tre settimane di vita” “Oh vi prego” sistemò le redini del cavallo accarezzandone il collo “Ho una domanda per voi contessa” “Non mi interessa” ribatté gelida “Siete sempre così bella quando vi arrabbiate?” “E voi siete sempre così arrogante?” montò in sella senza curarsi dello sguardo divertito dell'uomo e partì al galoppo cercando di mettere quanta più distanza tra loro.
Il duca sorrise scuotendo leggermente la testa, era incantato da lei, lei che per quanto provasse a nasconderlo era donna, così bella da riuscire a giocare con gli occhi di un giovane venuto da lontano.
Forse era l'eleganza innata che colorava ogni suo gesto, il portamento che aveva perfino a cavallo, il suo corpo che avvolto da abiti tipicamente maschili continuava ad urlare al mondo la dolcezza della donna a cui apparteneva.
Sorrise divertito da quei pensieri tanto sciocchi e spronò il cavallo al galoppo.
Persi in quella corsa folle, veloci quanto il vento per evitare di parlare, per evitare di capire, di comprendere che nonostante la rabbia che aveva dentro, poteva ancora essere la stessa Oscar di sempre.
Strinse più forte le gambe attorno al ventre dell'animale, sentiva i muscoli tesi nello sforzo della corsa.
Si abbassò ancora di più sfiorando con la fronte la criniera di César ma sentì la vocce del giovane fresca e limpida raggiungerla nel vento “Siete brava a cavalcare lo sapete?” “Perché siete …” “Perché ho una domanda per voi” “Adesso?” ribatté stupita stringendo più forte le redini “Adesso perché è l'unico momento che mi concedete. Vorrei essere vostro amico contessa” “Perché?” domandò confusa frenando d'improvviso la corsa del cavallo “Perché duca?” “Perché sento questa naturale attrazione verso di voi. Non parlo di attrazione fisica ma di qualcosa di più forte. Resterò a Parigi per molto tempo, mio padre non può muoversi da casa così ha mandato me a seguire gli affari di famiglia. Ho incontrato molte persone e tra tutte posso assicurarvi che siete la più adatta, la più simile a me” “Mi dispiace, dovrete accontentarvi di questa cavalcata perché tra qualche giorno tornerò a riprendere il comando dei miei uomini” “E credete di spaventarmi colonnello?” era confusa, lo leggeva nel suo sguardo, in quel modo di inclinare la testa mentre cercava di capire cosa stesse accadendo “Avete parlato con mio padre per caso?” “Già, ma non di quello che pensate” “Devo credervi?” “Fate questo grandissimo sacrificio contessa?” “Sapete …” ribatté indispettita raddrizzando la schiena “... se è la mia amicizia che desiderate beh, siete sulla cattiva strada” “Perché ho parlato con vostro padre?” “Perché se non la smettete di chiamarmi contessa giuro che vi sparo” “Ironica e diretta. Vedete? Abbiamo un sacco di cose in comune” la vide sorridere, un sorriso leggerissimo quasi subito nascosto ma sempre un sorriso “Duca, voi siete …” “Sono stanco di sentirvi pronunciare la parola duca. Potete chiamarmi per nome se vi va” “No, vi ringrazio” “Oh andiamo, potete scegliere tra sei nomi diversi contessa, ops, perdonate, signore” esclamò divertito “Voi avete …” “Christian, Etienne, Thierry, Xavier, George, Michael D'Amien. Duca di York per servirvi” “E io che trovavo il mio nome ingombrante” “No Oscar François de Jarjayes. Cosa vi fa pensare di avere un nome ingombrante?” “Da dove venite?” domandò ignorando completamente il sarcasmo del giovane, quella era la prima domanda che realmente faceva con il cuore.
Una domanda semplice che tutta via la interessava abbastanza da costringere lo sguardo a cercare il suo “Dall'Inghilterra. Mio padre è francese ma ha trovato nella corte del re un luogo stupendo per coltivare i propri ideali” “Dall'Inghilterra” “Già, ci siete mai stata?” “No, no mai” “Non sapete cosa vi perdete. Dovreste venirci un giorno, ne rimarreste affascinata” “Non ho il tempo per affascinarmi a nulla, figuriamoci viaggiare” ribatté divertita stringendosi appena nelle spalle “Se non vi prendete mai il tempo di fare le cose come potete vivere?” “A volte me lo chiedo anche io” “E trovate una risposta adatta?” “No” sussurrò sfiorando il collo di César “No, la maggior parte delle volte evito semplicemente di pensarci” “Posso farvi una domanda?” “Se vi dico di no vi arrendete?” l'altro scosse leggermente la testa accompagnando quel gesto con un semplice no “Non vi sentite mai fuori posto?” trattenne il respiro qualche secondo perché soltanto un'altra persona le aveva fatto la stessa domanda ed era la stessa persona che aveva tentato di dimenticare in ogni modo.
Fece un bel respiro rilassando ogni muscolo del corpo “No, l'educazione che ho ricevuto è tipicamente maschile ma non mi sono mai sentita a disagio o sola. Sono stata cresciuta per prendere il posto di mio padre” “E ne siete contenta?” “Certamente” lo vide rallentare ulteriormente costringendola a fare altrettanto “Ora ripetetelo guardandomi negli occhi colonnello” gli sguardi si incrociarono qualche secondo.
In qualche modo strano e contorto, quell'uomo le ricordava Andrè, la semplicità che metteva nei discorsi era disarmante. Riusciva a leggerle dentro senza alcuna difficoltà e questo la spaventava da morire “Allora, ne siete contenta?” annuì decisa ripetendo esattamente le stesse parole “Perché?” “Perché credo sia il naturale corso della mia vita. Mio padre è molto orgoglioso duca, mi ha cresciuto per portare ulteriore lustro alla nostra famiglia” “Vi vuole molto bene, lo sapete questo non è vero?” “È mio padre, sarei una sciocca ad ignorarlo non credete?” si fermarono accanto ad un grosso salice lasciando ai cavalli la possibilità di riposare.
C'era un bellissimo lago di fronte a loro, i colori dell'acqua variavano dal verde all'azzurro e fiori rosa grandi e profumati crescevano sulle sponde colorando di tanto in tanto il verde quasi spento dell'erba.
“È davvero un bel posto” “Da bambina adoravo cavalcare lungo queste sponde” il giovane annuì seguendo quel racconto nato dal cuore “Tutto profumava di buono” “Sapete, trovo che i profumi siano il miglior ricordo che abbiamo. Certo la vista ci aiuta molto ma quando sentiamo un profumo …” chiuse gli occhi inspirando “ … è come tornare bambini. Chi scorderebbe mai il profumo della propria madre?” “Avete ragione” “Non mi avete ancora detto quale dei miei nomi preferite” si voltò verso di lui studiando per qualche secondo la sua espressione.
Era sereno, calmo, teneva un braccio dolcemente abbandonato sulla schiena del suo cavallo e la guardava con tenerezza, come se in realtà avesse davanti una bambina e non una giovane donna.
“Allora? Quale di questa lunga lista?” “Devo proprio farlo?” “Colonnello, resterò a Parigi per molto tempo, volete davvero avermi attorno tutti il giorno chiamandomi semplicemente duca?” “Christian” “Davvero?” domandò stupito giocherellando con i capelli “D'accordo. E Christian sia allora” “Perché avete tanti …” “Perché mio padre è convinto che tanti nomi servano a sottolineare la nobiltà. Mia madre era contraria ad una lunga lista di nomi francesi e così, ne hanno scelti tre ciascuno e io ho un nome lungo come i giardini di Versailles” provò davvero a trattenere quello scoppio improvviso di risate ma per quanti sforzi facesse, il cuore e l'anima urlavano libertà.
Libertà di essere sé stessa, di giocare di nuovo con il sorriso perché mascherare il dolore violento che aveva nel cuore richiedeva uno sforzo enorme e non poteva sopportarlo da sola.
Le mancava Andrè, le mancava da morire, le mancavano i suoi sorrisi, la sua voce calma e tranquilla, la sua presenza accanto a lei sempre sicura, le mancava quell'amico che ora era qualcosa di più.
Sentiva un vuoto immenso accanto a sé e non riusciva a colmarlo in nessuno modo.
Quel giovane dallo spirito vivace era apparso dal nulla, conosciuto per caso una sera, ad un ballo non voluto, rifiutato ed ora davanti a lei, con quel sorriso caldo ad accompagnare ogni sguardo e la dolcezza di un fratello maggiore.
“Colonnello, che ne dite di tornare? È quasi ora di pranzo ormai” “Io non ho molta fame duca, ma se desiderate potete …” “Voi verrete a mangiare con me contessa” prese le redini del cavallo voltandosi leggermente verso di lei “Non guarirete mai se non vi decidete ad assumere pasti decenti. E per pasti decenti non intendo due forchettate di cibo. Siete pallida, lo sapete vero?” “E voi siete molto fastidioso” “Forse avete ragione, ma se non salite a cavallo giuro che vi ci lego e vi trascino fino a casa” scosse leggermente la testa sbuffando, infilò il piede nella staffa e montò César passandosi una mano tra i capelli “Siete davvero molto fastidioso” “E voi arrogante, con un complesso di onnipotenza verso ogni cosa che non sia voi stessa” “Sapete, forse non mi va molto di avere tra i miei amici un duca petulante” lo studiò ancora pochi secondi e poi partì al galoppo ignorando completamente il sorriso che ora le nasceva sulle labbra. 

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Capitolo 18
*** Inverno ***


                                              Inverno





I giorni passavano lenti, i minuti sembravano lunghi anni interi.
L'inverno ormai aveva invaso ogni angolo del mondo portando con sé il freddo e quella neve maledetta.
Si girò su un fianco stringendosi più forte nel mantello “Dovresti dormire un po'” “Non ci riesco” Emile sorrise “Sono incubi o sogni?” “Tutti e due” “E tutti e due hanno lo stesso protagonista?” “Dimmi i tuoi segreti amico mio e io ti dirò i miei” il regazzo scoppiò a ridere “Io non ho molti segreti, a dire il vero Andrè, penso di aver scordato come si sogna. Ma in ogni caso, è la mia giovane sposa che vedo” “Sei sposato?” domandò raddrizzandosi meglio “Sono sposato da un mese appena. Dovrei passare il mio tempo assieme a Marie e non sdraiato sulla nuda terra, ad aspettare che qualcuno prenda un ordine!” “Non temere amico mio, sento che presto quell'ordine arriverà” “Lo sai che sei strano? Insomma, più strano di tutti noi” “Solo perché sono cresciuto in casa di un nobile? Non scherzare, sono esattamente come voi” l'altro ridacchiò calcandosi ancora di più il cappello sulla testa “Non ti ha risposto?” scosse leggermente la testa sospirando.
C'era un freddo terrificante, i soldati schierati nelle trincee cercavano in ogni modo di riscaldare le mani ma poteva vedere l'alito leggero condensarsi in piccolo goccioline non appena toccava la terra nuda “Siamo in guerra Andrè. Non è facile ricevere lettere” “Non lo è nemmeno scriverle. Ho sbagliato tutto, di nuovo” “Non puoi pensarlo davvero” “Era venuta a parlare con me, potevo tradurre ogni parola dal suo sguardo, era venuta per me e io l'ho ignorata, l'ho mandata via pensando che fosse giusto così” Emile annuì pensieroso seguendo il suo discorso “Lo so che l'ho ferita, che le ho fatto male. Riesco a sentire la sua rabbia perfino da qui” “Le passerà vedrai” ma quell'affermazione scatenò una risata improvvisa.
Si mise a sedere cercando di restare il più fermo possibile, se si fosse mosso troppo i fiocchi di neve si sarebbero insinuati nel colletto del mantello scendendo lungo la schiena ma come poteva restare serio? D'improvviso tornò davanti agli occhi l'immagine di una bambina con il volto arrossato, le labbra tese, lo sguardo indispettito mentre tentava in tutit i modi di non parlare con lui “Se la conoscessi non diresti così. Oscar che lascia cadere il rancore e la rabbia? Quando era piccola era capace di non parlare con me per giorni interi. Accadeva di rado ma quando lo faceva beh, riusciva a farmi sentire in colpa anche per parole che non avevo detto io e alla fine le chiedevo sempre scusa. Cedevo per primo perché lei non avrebbe mai aperto bocca, doveva vincere a tutti i costi” “Andrebbe d'accordo con Moris” “Di chi parliamo?” esclamò d'improvviso un altro sedendosi accanto a loro.
Era alto e robusto, con i capelli rossicci e il volto puntellato di leggerissime efelidi “Della figlia del generale” “Quale delle tante?” “L'ultima” “Ah” esclamò divertito porgendo verso di loro due tazze fumanti “E perché ne parliamo?” “Perché Andrè sta lasciando andare l'idea di poterla vedere di nuovo” “Sei uno sciocco” “Oh andiamo...” “ Ti sei innamorato di lei? Davvero?” non rispose, resto immobile, scosso solo dai brividi del freddo “Non si ama una donna come quella” sussurrò Moris stringendosi nel proprio mantello “È stata cresciuta per prendere il posto del padre. L'ho vista qualche volta e non posso negare che la sua bellezza lasci senza fiato ma Andrè …” gli occhi cercarono i suoi colorandosi di tenerezza “ … nessuno sarà mai alla sua altezza. È una donna da ammirare amico mio, non da amare. Appartenete a due classi diverse, lei è nobile, lo è davvero Andrè, l'ho vista mentre parla, mentre si muove, mentre usa la spada. C'è un'eleganza strabiliante nei suoi movimenti” “Questo non vuol dire che sia immune dall'amore” sbottè Emile “Perché dev'essere sempre così complicato? Se una cosa è bella e pura può esserlo anche tra un nobile e un servo” “Forse Moris ha ragione” era un sussurro, una frase a metà buttata in mezzo al gelo della notte ma costrinse i due compagni a cercare il suo volto “Insomma, Oscar è così perfetta, così pura e dolce e io non … non posso darle nient'altro che il mio amore” “E credi sia poco? Non lasciarti vincere dai pensieri tristi. È la guerra a scatenarli non il tuo cuore” “No, ma se ci rifletto qualche minuto è …” “È una sciocchezza” sentì la mano di Moris stringersi sempre più forte attorno alla spalla “Vedrai che andrà tutto bene. Quello che farai, qualunque cosa sia sarà giusta ma amico mio, credimi quando ti dico che donne così non possono essere amate. Ho provato la stessa cosa e sono …” si morse leggermente le labbra sospirando “ … sto ancora soffrendo e sono passati dieci anni” “Ragazzi, il vostro turno inizia ora!” si alzarono svogliatamente da terra, le gambe erano intirizzite dal freddo, le mani tremavano reggendo a fatica il fucile.
Doveva solo cancellare dai pensieri ogni traccia di lei, se voleva sopravvivere a quella guerra doveva dimenticarla.
Ci aveva provato, le aveva scritto continuamente e aveva ricevuto in cambio solo silenzio.
Non era colpa sua, lei non aveva fatto niente di male, era lui ad aver sbagliato, lui che l'aveva costretta per l'ennesima volta a cambiare, che l'aveva confusa senza darle nemmeno la possibilità di capire.
Sarebbe tornato da lei, l'avrebbe fatto ma per ora, nei pensieri non poteva esserci il suo sorriso, niente di lei altrimenti sarebbe morto e quella era l'ultima cosa che desiderava.



Il profumo della neve inebriava i sensi, rallegrava i pensieri e in qualche modo, le dava un motivo per pensare alle cose belle, alla sua vita che aveva seguito inesorabilmente la scia della sua scelta.
Aveva trovato un amico, un amico speciale che per quattro mesi le era rimasto accanto impedendole di scappare in quei silenzi cupi e senza senso.
Quel giovane venuto da un paese tanto lontano le aveva dato un motivo per sorridere di nuovo.
Era accaduto tutto così velocemente, il giorno prima era solo uno sconosciuto, un uomo attraente incontrato per caso e il giorno dopo, era diventato Christian.
Non si era nemmeno resa conto della semplicità con cui era nata la loro amicizia.
Lui aveva colmato quel vuoto immenso che ancora la svegliava nel cuore della notte.
Il freddo violento che sentiva nell'anima aveva firmato una tregua con il dolce tepore di quel sorriso.
“Siete sparita” “Scusatemi, mi dispiace davvero. Avevo solo bisogno di respirare aria fresca” sentiva alle sue spalle le risate allegre delle dame, dei cavalieri che danzavano incuranti del mondo oltre quelle porte “C'è troppo freddo” le braccia del giovane si chiusero attorno alle sue spalle avvolgendola in un caldo mantello profumato “Meglio?” annuì distratta continuando a guardare le luci delle torce sparse per il giardino, brillavano come tante piccole stelle mentre la neve soffice appena caduta imbiancava le siepi.
“Vi ho già detto tante volte che siete troppo silenziosa” “E io che siete irriverente?” “Si, ma come vedete non mi importa granché” sorrise divertita da quell'attimo di pura allegria “Allora? Quanto ancora ci metteremo prima di scappare da qui?” “Vi ho già detto che non dovete seguirmi ovunque. Sono grande abbastanza per badare a me stessa” “Oh non ne dubito colonnello ma …” la voltò leggermente verso di sé ridendo “ … proprio perché so quanto siete dedita al vostro lavoro resterò qui. Perché se non vi riporto a casa io perdereste la notte intera a cavalcare inseguendo un comune ladruncolo da quattro soldi” “Non capisco perché hanno impegato i miei uomini” “Siete o non siete un militare?” posò dolcemente le dita sotto al suo mento sollevandole il volto “Contessa mi stupisco di voi, da quando è compito vostro discutere un ordine?” ma lei non rispose, restò immobile a studiare quello sguardo tanto profondo che le leggeva dentro “Potete chiamarmi Oscar se vi va” “Cosa?” “Che senso ha continuare a chiamarmi colonnello?” “Preferite contessa?” sospirò infastidita sciogliendosi da quel tocco delicato “Perché ogni volta mi prendi in giro così?” “Finalmente” esclamò l'altro appoggiandosi al corrimano gelido “Mi chiedevo quanto tempo ancora ci avresti messo a lasciar cadere quella stupida etichetta” ma lo sguardo confuso sul volto della ragazza lo fece sorridere “Continuavi a parlarmi usando il voi quando era palese la sua inutilità” “Io ho … davvero?” era accaduto di nuovo, era riuscita a lasciar cadere l'ennesima barriera senza accorgersene nemmeno “Ora che abbiamo chiarito questa piccola cosa …” si voltò verso di lei cercando i suoi occhi “ … sono veramente molto felice di poterti chiamare per nome contessa” “Ancora?” “Lo sai cosa mi incanta?” “I miei bellissimi capelli biondi?” mormorò ironica tornando a guardare le luci “No, il fatto che tu sia così diversa. Sembri fatta di ghiaccio, sembra che il tuo sangue sia congelato da qualche parte nel cuore. Per salvarti dal mondo forse, o magari, è solo quel passato che ritorna a galla. Sembri evanescente, irraggiungibile a chiunque …” la sentì tremare leggermente al suo fianco mentre tornava a cercare con insistenza il suo sguardo “ … hai la forza di un uomo, usi quella spada con una perfezione da far invidia. I tuoi occhi nascondono un carattere forte, deciso, indomabile ma c'è quest'altro piccolo granello di luce …” le sorrise giocherellando con un laccetto di seta blu “ … vedo il fuoco dentro di te. E mi chiedo continuamente come possano acqua e fuoco convivere assieme” “Quale dei due è da preferire? Tu lo sai?” scosse leggermente la testa sospirando “Credo che in te vi sia un equilibrio perfetto che difficilmente trovi in altre persone. Sei ghiaccio e fuoco. Come ci riesci?” alzò leggermente le spalle stringendosi ancora di più nel mantello “Beh, in ogni caso è una bella cosa. Sei speciale, diversa da chiunque altra” “Cosa ti ho detto sui discorsi che …” “Dimenticavo, ho davanti un colonnello. Un uomo tutto d'un pezzo” si portò una mano alla fronte salutandola in quel modo tanto bizzarro “Come fai ad eseguire queste sciocche movenze tutto il giorno?” “E tu? Come fai a sopportare numeri tutto il giorno?” “Si chiamano affari” “Oh scusate” rispose “Non era mia intenzione indisporvi così” “Lo sai, se non fossi assolutamente certo che tu sia una donna ti prenderei a schiaffi” “Puoi farlo se ti va” “No” esclamò indispettito “Mi riempiresti di pugni” risero divertiti cercando l'uno la pace dell'altra.
In quell'unico attimo di silenzio ritrovò un pezzetto di Oscar, la piccola Oscar che ancora viveva dentro di lei.
“E se un giorno …” “Scordatelo” esclamò piantando gli occhi sul volto del duca “Ma non sai neanche cosa sto per dire come puoi …” “Ho già indossato uno sciocco abito femminile. Due volte” lo sguardo di Christian cambiò all'improvviso, i suoi occhi si addolcirono, la bocca si piegò in un sorriso delicato “E la prima volta eri bella come la seconda?” rimase immobile, persa in quelle parole nate da qualche parte.
Era certa che fosse stato lui a parlare ma non aveva la forza di rispondere, come se d'improvviso avesse scordato come si creavano i pensieri “Perché vedi, quando ti ho incontrata a quel ballo ho viso il fuoco Oscar. Era nel tuo sguardo, nella voglia folle che avevi di scappare via. È di quello che mi sono infatuato, la tua bellezza era troppo evidente, cercavo qualcosa di diverso, l'ho sempre cercato in ogni donna che incontravo ma non l'ho mai trovato e poi …” le sfiorò una spalla sorridendo “ … poi i tuoi occhi hanno incrociato i miei e l'ho visto” “Hai visto un'ombra Christian, un ombra e niente di più” “No, ho visto la costrizione, l'ubbedienza e poi quella fiamma violenta che ti ha spinta via. Perché la nascondi?” ma lei non rispose “Dovresti far uscire quel fuoco. Avresti il mondo ai tuoi piedi” “Non mi serve il mondo” “Giusto, a te serve l'amore di un uomo che nemmeno ti scrive” “Non hai nessun diritto di …” “Di fare cosa? Di parlarne? Non sono un tuo sottoposto né un attendente. Sono un duca, un nobile esattamente come te” “Sei arrogante e troppo sicuro di te” “Vero, ma queste cose ti piacciono Oscar, altrimenti non avresti mai permesso questa amicizia” lo sguardo tornò al giardino, alla danza delle fiamme e a quel freddo intenso che d'improvviso era tornato ad abbracciarla “Come pretendi di comprendere te stessa se ti nascondi continuamente? Devi parlare delle cose altrimenti restano dentro e diventano enormi problemi” fece un bel respiro cercando di far entrare quanta più aria possibile nei polmoni “Secondo te mi ha dimenticata?” “E per quale motivo?” “Può la distanza cancellare una persona?” “Tu l'hai dimenticato?” “Io non … non so più cosa voglio” “Oscar …” la strinse per le spalle tirandola verso l'angolo più buio della terrazza “ … non sai cosa vuoi perché sei arrabbiata. Sei un essere umano, non puoi pretendere di andare così veloce. Non lo vedi quanto sei stanca?” “Se mi fermo lo vedo Christian” sussurrò soffocando un tremito leggero nella voce “Se mi fermo rivedo i suoi occhi, il suo sguardo, ripenso all'ultima notte che l'ho avuto davanti e lui … lui non mi ha detto una sola parola. Ha accettato questa sciocca punizione, lo capisco, io ho accettato sciocche punizioni per tutta la vita ma lui …” si fermò qualche secondo mentre una lacrima scivolò via dagli occhi “ … lui non aveva il diritto di farmi soffrire così” si abbandonò a quel pianto troppo a lungo trattenuto mentre le braccia del giovane la stringevano a sé nascondendola dal gelo di un inverno troppo grande per lei.




 

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Capitolo 19
*** Stai Danzando ***


Normalmente evito qualsiasi nota prima o dopo il capitolo perché non amo aggiungere null'altro alle mie parole ma in questo caso, è più che doveroso farlo.
Ringrazio tutti i miei lettori, tutti, dal primo all'ultimo, per le bellissime parole che mi regalano, sia con recensioni che con messaggi privati.
Molti di voi già li conosco e sono orgogliosa di poterli chiamare amici, agli altri va un caldissimo abbraccio e un grazie con il cuore, davvero, perché mi riempie di gioia poter condividere le mie storie e sapere che piacciono, che vengono seguite è sempre una cosa meravigliosa. 
Come vedete, la storia viene aggiornata ad un ritmo di un capitolo al giorno, ultimamente anche due alla volta, non sono impazzita di colpo tranquilli, lo faccio per evitare buchi di silenzio tra un capitolo e l'altro perché ho davanti settimane pieni di impegni.
Cercherò di mantenere tuttavia  un ritmo costante, un capitolo al giorno come base e tra un impegno e l'altro la cosa dovrebbe funzionare bene. La storia è lunga, impegnativa da districare ma spero comunque di avervi al mio fianco fino alla fine perché è bello sapere che ci siete.
Ancora un grazie di cuore, e un abbraccio a tutti voi, per qualsiasi domanda che vi frulla in testa non esitate a scrivermi. Se posso rispondo con piacere a ognuno di voi.
Un bacio ad ogni cuore che leggerà ...







                           
                               Stai Danzando





“Dove hai imparato l'arte della spada?” “E questa sala meravigliosa da dove è uscita?” domandò stupito guardandosi intorno.
Sui muri erano esposte preziose spade, con l'elsa d'argento intarsiata di gemme.
Un mobile di mogano scuro custodiva preziose teche dove pistole antiche trovavano dimore.
Lance e picche erano abilmente intrecciate tra loro ed esposte ovunque.
Le pareti scoperte dalle armi erano adornate con meravigliosi arazzi e librerie piene di volumi antichi, carte e mappe militari e una grande scrivania proprio accanto al camino.
Il pavimento era scuro, liscio, poteva sentire il suono dei propri passi e di fronte a sé, alle spalle di Oscar c'era lo stemma della sua famiglia.
“La fece costruire mio padre. Non potevo fare i miei esercizi con la neve pioggia, tranne le lezioni con le pistole” “Per quale motivo?” “Ero molto piccola quando iniziai ad usare la spada, avevo cinque anni appena e un giorno, mentre ero nel parco con mio padre è arrivato un forte temporale.
Pioveva molto, i fulmini squarciavano il cielo ma mio padre non aveva alcun timore, restò lì, davanti a me a impartirmi ordini” “E come …” “Ebbi la febbre per una settimana intera. Mia madre si arrabbiò molto e così mo padre rimediò costruendo questa sala” “Beh, i miei complimenti a vostro padre” “Ho sempre amato questa sala” mormorò sfilando dal fodero la sua spada “Qui dentro ogni preoccupazione, ogni domanda spariva. C'era solo un ideale, eravamo solo io e mio padre. Mi ha insegnato il duello qui dentro” “D'accordo allora …” la spada del duca si sollevò leggermente davanti al volto mentre un sorriso leggero si prese le sue labbra “ … fammi vedere quanto sei brava” “Sei impazzito?” “Forse, ma c'è una cosa che non sai fare Oscar” “E quale …” “No, così è troppo facile. Avanti!” gli occhi di cielo che aveva davanti si riempirono di sfida, di forza improvvisa che per qualche secondo gli tolse il respiro.
Camminava lentamente, senza fretta alcuna.
L'aveva sempre detto che era fatta di fuoco. Lo vedeva nel suo sguardo, nel modo elegante che aveva di muoversi, come se in realtà camminasse a qualche centimetro da terra.
Sollevò la spada nell'aria, le spalle rilassate, il braccio sinistro leggermente distaccato dal corpo.
La camicia si tese mostrando ancora una volta la dolcezza dell'essere donna. Nemmeno la regina era tanto bella, con quel sorriso irrisorio sulle labbra, i capelli sciolti nell'aria, lunghi e ribelli che scendevano sulle spalle, sul seno e poi quel modo di osservare le cose, le studiava in ogni più piccolo particolare per carpirne i segreti più intimi.
“Sei pronta contessina?” esclamò ironico ma il colpo che arrivò sulla sua lama lo costrinse ad indietreggiare di un passo.
Quella giovane donna dal corpo di fata combatteva meglio di un uomo, i suoi colpi erano perfetti, ogni affondo aveva un bersaglio, ogni parata uno scopo preciso.
Ora poteva dire fino in fondo di aver visto l'eleganza, perché Oscar era dannatamente elegante.
Non si poteva confondere con un uomo, non si poteva nemmeno accostare quest'idea alla sua persona perché non c'era niente di maschile in lei.
La grazia che esprimeva in quella danza di lame era unica, come il fuoco che ogni volta le bruciava nel petto “Sei brava, molto brava sai?” “Credi che mio padre mi abbia insegnato ad avere pietà?” “Quindi non provi pieta?” un debolissimo cenno d'assenso, un'altra stoccata “Io provo pietà continuamente. Per la povera gente, per i nobili e le loro sciocche mire egoistiche ma quando ho la spada in mano …” scivolò di lato incrociando l'arma con la sua “ … nessuna pietà può arrivare al cuore” “Nessuna?” “Non puoi mostrare pietà perché se lo fai, rischi di diventare un bersaglio facile” ma Christian scosse leggermente la testa spingendola indietro “Devo dire che tuo padre è stato un ottimo maestro. Se indossassi un vestito adeguato al tuo corpo sembrerebbe quasi un ballo” “Vuoi vedere una danza nuova?” domandò colorando quelle parole di passione “Accomodatevi duca, ora avrete il piacere di danzare con me”.
La lama si alzò leggermente riprendendo la sua folle corsa, ogni fendente sembrava nascere da una posizione diversa, come se la lama fosse una naturale estensione del suo corpo si muoveva aggrazziata scaricando tutta la sua forza su di lui.
Rise divertito da quel gioco che diventava sempre più bello, gli girava attorno creando passi, immaginando una musica fatta di ferro e sospiri che mai aveva ascoltato.
I capelli biondi si muovevano leggeri intrecciandosi, sciogliendosi, seguendo il movimento dei suoi muscoli tesi, scattanti, perfetti sotto ogni punto di vista.
Indietreggiò abbassandosi leggermente, la spada di Oscar sfiorò il suo petto, strinse più forte l'elsa spingendola in avanti con violenza ma incontrò il ferro lucente della ragazza “Ho vinto duca” e senza dargli il tempo di riflettere, spinse verso l'alto la sua lama, girò su se stessa e con un gesto veloce sfilò l'arma dalle sue mani esibendosi in un bellissimo inchino.
Quella era una danza a tutti gli effetti, non c'erano vestiti ingombranti, svolazzi di tessuto o profumi delicati ma solo una giovane donna vestita come lui, con la camicia leggermente sbottonata, la fascia in vita stretta in un nodo leggero che sottolineava la delicatezza dei suoi fianchi e due occhi di smeraldo che gli sorridevano felici perché era gioia quella che traspariva da lei, gioia di muoversi come aveva sempre fatto, la stessa gioia che durante quella giravolta le aveva colorato le labbra schiudendole in un sorriso “Dove hai imparato?” domandò stupito “Non ne ho idea” “Non lo sai? Insomma, questa non è una cosa che un maestro d'armi può insegnare. Nemmeno uno bravo come può esserlo il tuo generale. È un ballo Oscar, un meraviglioso ballo, come hai …” “Credo sia stato quando mio padre decise di farmi togliere le protezioni. Ha puntato la spada contro di me ed ha iniziato il suo gioco, ricordo che mi spinse violentemente verso il suolo costringendomi a cadere. Era molto più grande di me e così capii che affrontarlo, non mi sarebbe servito a niente attaccarlo ma dovevo girarci attorno ...” fece un bel respiro cercando di rallentare i battiti del cuore “ … ho imparato ad aggirarlo, a giocare con i miei punti deboli” “Mi hai sconvolto, dico davvero sai?” “Ho vinto duca, cosa mi dite ora? “Ora …” passò la spada dalla mano destra alla sinistra rimettendosi di nuovo nella posizione di guardia “ … lo rifacciamo ma con la mano dominante” “Cosa?” “Sorpresa contessa. Io uso la mano sinistra” “È sbagliato” “Solo perché le regole che seguiamo vogliono questo? In Inghilterra non è così” “D'accordo” tornò di fronte a lui muovendo leggermente le spalle, i muscoli si sciolsero e il fiatone scomparve.
“Scommettiamo che ti disarmo in tre mosse?” “Siete pieno di voi. Pensate davvero di riuscirci?” “È facile, uno …” la spada si spostò velocemente di lato costringendola a fare altrettanto
“ … due ...” avanzò di un passo verso di lei, la lama si alzò leggermente disegnando nell'aria cerchi e linee “ … e tre!” non era nemmeno riuscita a capire cosa fosse accaduto.
Era immobile davanti a lui mentre la spada giaceva ai suoi piedi “Come hai … cos'è accaduto?” “Ho vinto” ribatté altezzoso “Che altro poteva accadere?” “Questo lo vedo.Voglio sapere come!” “Te lo insegno, vuoi?” annuì appena chinandosi, le dita sfiorarono di nuovo l'elsa preziosa restituendole il respiro.
“Vieni” sussurrò tirandola leggermente in avanti “La posizione di guardia che assumi è perefetta, ma …” le girò attorno sfiorandole i fianchi con le mani “ … se sposti leggermente la gamba destra ...” sentì la mano di Christian scendere sulla coscia fino al ginocchio ridisegnando la sua postura.
Non le dava fastidio, non era impertinente né sciocco, quante volte suo padre aveva fatto la stessa cosa per rimetterla in posizione dopo una serie di affondi? Si sentiva bene, in pace con sé stessa e con quel ragazzo che alle sue spalle sfiorava con tenerezza il suo corpo, come se fosse una cosa normale, come se accadesse tutti i giorni “ … porti il corpo ad essere leggermente sbilanciato e dai la spinta necessaria all'altra gamba” posò le mani sulle spalle della ragazza sorridendo “Stai rilassata, non indurire i muscoli” “Non lo sto facendo” “Oscar, credi che sia un fantasma a toccarti la schiena? Sei troppo rigida!” “Profumi di violetta” “Cosa?” “Il tuo profumo, è ancora la contessina d'Orleas?” “Silenzio contessa, concentratevi sul vostro lavoro” ma lei ridacchiò appena tornando a fissare il vuoto davanti a sé, la mano di Christian scivolò sul braccio destro fino al polso, chiuse le dita attorno alle sue impugnando assieme a lei la spada.
“Devi vuotare la mente, lascia fuori tutte le preoccupazioni, tutta la rabbia e il dolore” la mano libera del giovane si strinse dolcemente al suo fianco corregendone i movimenti “D'accordo ora, fai un bel respiro” rafforzò la presa attorno alla mano e iniziarono quella danza leggera assieme.
“Dovete creare l'illusione contessa. Gli occhi sono facili da ingannare …” sussurrò muovendola dolcemente verso sinistra, il braccio seguì docile il suo rendendola creta pura sotto le dita “ … se distogli lo sguardo inganni chi ti sta sfidando …” si abbassò leggermente in avanti, sentì la schiena di Oscar aderire perfettamente al suo torace, i suoi muscoli ora più rilassati e la fragranza della sua pelle “ … ora fai un passo di lato ...” la mano che teneva ancorata ai suoi fianchi rafforzò la presa spostando quel corpo leggero assieme al suo “ … non staccare mai gli occhi dal volto del tuo avversario e nel frattempo crea magie …” il poslo si tese, le mani intrecciate impressero alla lama un ritmo diverso, il ferro scivolò lentamente nell'aria disegnandovi cerchi e linee che fino ad ora aveva ignorato.
Si sentiva leggera, terribilmente leggera mentre in quell'abbraccio innocente imparava a combattere di nuovo.
Christian era più alto di lei, con spalle molto più larghe delle sue e braccia dai muscoli scolpiti ma nonostante quell'aspetto forte e duro, racchiudeva nei movimenti una dolcezza infinita.
Poteva sentirla nel suo tocco, in quella mano che si stringeva alla vita sottile, che ne decideva i movimenti come se fosse una bambola, come se per camminare o muoversi avesse bisogno di fili invisibili.
Sentiva la tenerezza nelle dita intrecciate alle sue che stringevano l'elsa della spada, nel respiro delicato che le sfiorava il collo ogni volta che si muovevano “Se impari a creare incanti puoi distrarre e …” indietreggiò leggermente prima di portare nell'aria un affondo che sollevò leggermente la punta della spada “ … vincere ogni duello che vorrai” “Dove hai imparato?” domandò incantata mentre eseguivano di nuovo tutta la serie di movimenti “Mia madre” “Tua madre?” “Mia madre tira di scherma, lo so che è strano e per tutto il resto del mondo perfino sconveniente mal'ha sempre fatto. Mio padre ha provato molte volte a farle cambiare idea ma non ci è mai riuscito. Quando ho iniziato le lezioni con il maestro d'armi lei era lì, questo è un suo gioco speciale” la sentì ridere mentre ripeteva di nuovo l'esatta sequenza di passi senza più aver bisogno delle sue correzioni.
Lasciò scivolare via le mani da lei lasciandola libera di volare, come una farfalla, come un colomba che per la prima volta si librava nell'aria.
Era perfetta, era così perfetta da rendere ogni altro essere umano effimero e privo di senso, esattamente come si sentiva lui in quel momento “Posso fidarmi di te?” “A che proposito?” domandò confuso tornando alla realtà “Sei mio amico non è così?” “L'ultima volta che ne abbiamo parlato lo ero ancora. Cosa ti serve?” “Solo una cosa innocente” “Oscar …” esclamò guardingo incrociando le braccia sul petto “ … hai detto la stessa cosa anche due settimane fa” “E?” “E mi hai chiesto di intercedere presso il colonnello De Guise per tre dei tuoi uomini” “Sei stato davvero molto bravo” ripose innocente giocherellando ancora con la spada “Lo so! È mio compito essere bravo in queste cose. Ora però, hai di nuovo quello sguardo perciò voglio sapere che ti serve” la vide sorridere, le braccia nascoste dietro alla schiena e lo sguardo pieno di allegria “È un segreto duca, vi accontentate di questo?” “Prima o poi finirò sul patibolo per colpa tua” sentì la mano della ragazza stringersi dolcemente attorno al suo braccio tirandolo verso la porta “Non preoccupatevi, se vi imprigionano giuro di uccidere con la mia spada chiunque abbia l'ardire di incolparvi” “Non sei divertente” ma la risata che usciva dalle labbra non seguiva esattamente il tono di rimprovero che si era imposto di tenere.
D'altronde, come poteva rimproverarle le cose? Riusciva appena ad arrabbiarsi con lei, non avrebbe mai potuto reggere il confronto con quegli occhi così, si lasciò guidare dalle sue mani dimenticando per un secondo tutto il resto.

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Capitolo 20
*** Parole ***


                                        Parole 





Non ricordava più nemmeno quando era riuscito a riposare per davvero.
Aveva la schiena a pezzi, il volto pallido e la mente distrutta.
Troppe volte aveva visto morire i suoi compagni d'armi, troppe volte aveva raccolto dalle loro dita tremanti foto e lettere mai spedite.
Aveva passato cinque mesi a tentare di capire come mai il mondo avesse bisogno di tutto quell'odio, per cosa? Per i capricci di due sovrani? Pensava a sua nonna, al suo abbraccio caldo e rassicurante, ai piatti deliziosi che le preparava ogni giorno e perfino alle sue urla, alle tirate d'orecchi e alle punizioni.
Pensava alla sua vita passata, al volto sfocato di sua madre, anche alle sciocchezze pur di tenere la mente occupata.
“Ehi Andrè” si voltò di colpo incontrando il volto sfinito di Emile “C'è qualcuno per te” “Per me?” domandò stupito cercando di sistemare i capelli “Chi può …” “Non ne ho idea, mi hanno mandato qui per chiamarti. Non so chi sia, non ne conosco il nome ma posso dirti che è un ufficiale di sua maestà” “Il generale?” “No” scosse leggermente la testa sospirando “Non voglio vederlo Emile” “Sei impazzito? Non puoi rifiutarti!” “Non mi importa. Trova tu una scusa, dì loro che sono morto, che avete trovato il mio corpo pochi minuti fa” quell'unico attimo di pausa non l'avrebbe sprecato così, non per parlare con qualche nobile borioso e pieno di sé.
Era sfinito, distrutto da tutto quel sangue, odiava da morire il rombo dei cannoni, il profumo della polvere da sparo, quel cibo stantio che diventava il loro unico momento di svago.
“Non importa cosa dirai, non voglio vedere nessuno!” “Andrè ...” sussurrò l'amico afferrandolo per un braccio “ … abbiamo tutti bisogno di un attimo di tregua da questo orrore. Te ne è stato concesso uno, abbandona per un secondo il tuo posto e incontra quell'ufficiale” “No, no Emile, non voglio ...” “E se fosse lei?” esclamò afferrandolo per l'uniforme “Se fosse lei Andrè!” “E secondo te perché non voglio vedere nessuno?” urlò liberandosi dalla presa dell'amico “Lei è stata la prima immagine che la mia mente ha creato quando mi hai detto che … che c'era un ufficiale e non …” fece un bel respiro cercando di calmare i battiti violenti del cuore “ … non posso vederla così! Non sono pronto, non posso farlo Emile!” “Perché!” “Perché se l'avessi davanti non riuscirei più a fermarmi! La stringerei tra le braccia incurante di tutto ma non posso! Non posso abbracciarla, non posso toccarla o baciarla. Hai idea di quanto sia difficile convivere con questa cosa?” “No, no hai ragione Andrè! Ma se non incontri questo ufficiale resterai per sempre con il dubbio, è questo che vuoi? Passare tutta la vita a domandarti chi fosse o cosa volesse?” restò qualche secondo immobile, ad osservare l'espressione malinconica dell'amico “Andrè” “No, no Emile, chiunque sia non importa, ho bisogno di dimenticare. Sono morto Emile, sono morto e basta” “Fa come vuoi” sbottò l'altro incamminandosi verso le retrovie.
Gli uomini sono stupidi, l'aveva sempre saputo ma ora più che mai, questa certezza era vivida e lampante.
Se avessero concesso a lui un minuto ulteriore di pausa se lo sarebbe preso, anche se quel minuto fosse stato costretto a passarlo con un nobile.
Si strinse nel mantello scavalcando il corpo di un suo compagno addormentato.
In fondo, c'erano solo dieci minuti a piedi tra loro e il comando, che diavolo di fatica avrebbe fatto André? Erano compagni di plotone da cinque mesi ormai, aveva imparato a decifrarne le espressioni, gli sguardi, quel leggerissimo movimento delle labbra che assomigliava al sorriso quando pensava all'amore.
Amore, amore e sempre amore, amore che sembrava uno scherzo, che si opponeva con tutte le forze a quella guerra insensata.
Sollevò lo sguardo da terra incontrando due occhi verdi che lo fissavano stupito “Siete voi Andrè Grandier?” Emile scosse leggermente la testa osservando l'uomo di fronte a sé.
Era molto alto, con quel magnifico copricapo piumato che regalava agli ufficiali il proprio grado.
L'uniforme scura come la notte, con bottoni dorati e la croce sul petto, una fascia preziosa che si stringeva attorno ai suoi fianchi incatenando spada e pistola.
Il mantello gli copriva le spalle scendendo dolcemente lungo tutto il corpo e rendendo la sua figura ancora più imponente.
Il volto era giovane, con bellissimi capelli scuri e quegli occhi così brillanti da sembrare stelle.
Tutto sommato, gli alti ufficiali di sua maestà erano bellocci, meglio dei vecchi capitani che venivano mandati nelle prime linee.
“Di grazia signore, posso chiedervi cosa …” “ Sono il duca D'amien, comandante del secondo reggimento di sua maestà re Giorgio d'Inghilterra e comandante del terzo reggimento delle guardie di sua maestà Luigi XVI. Sono qui per parlare con il soldato Grandier” “In questo momento è impegnato signore” “Ad ignorare gli ordini?” “È morto signor colonnello” vide il duca trattenere qualche secondo il fiato, gli occhi si fecero più cupi, lo sguardo profondo mentre studiava il suo volto.
Non sapeva nemmeno lui per quale motivo avesse detto quella bugia immensa, forse era solo il desiderio di aiutare un amico, sapeva di sbagliare, sbagliava su tutti i fronti ma non poteva più farne a meno ormai “Se volete dire a me colonnello, vi giuro che porterò il vostro messaggio alla sua famiglia” “Mi sembra impossibile soldato, perché sono io ad avere un messaggio da parte della sua famiglia” “Colonnello, siete proprio sicuro di …” “Come ti chiami soldato?” “Emile signore, Emile Suiré” “Emile ...” iniziò l'altro colorando la voce di ironia “ … torna dal tuo amico e digli che se non ha il coraggio di guardarmi negli occhi verrà portato davanti al tribunale militare!” “Ma signore lui è ...” “Troppo impegnato a morire ignorando un ordine? Oh per favore! Siete pessimi nel raccontare menzogne” posò la mano sinistra sulla spada sospirando “Soldato, ho un messaggio importante per lui. Una lettera che devo consegnare nelle sue mani soltanto” “Credetemi signore, questo non è un buon momento. Per nessuno di noi lo è, Andrè non può muoversi per nessun motivo” ma il duca sorrise sfilando dalla fascia una busta candida “Nemmeno per leggere del suo amore? Portami qui il tuo sciocco compagno subito!” che diavolo doveva fare ora? Se fosse tornato indietro Andrè gli avrebbe ripetuto le stesse identiche cose, non poteva certo costringerlo, se fosse rimasto davanti al duca senza fare nulla, avrebbe visto quella lettera preziosa sparire nel fuoco della guerra “Conto fino a dieci soldato” “Signore vi prego, cercate di comprendere la sua ostilità nei confronti del …” “Dell'amore? Sentite, ho affrontato un viaggio lungo e pericoloso, ho con me una lettera preziosa che è stata causa di lacrime. Non mi interessa il suo momento di tristezza, l'odio verso i nobili o qualunque altra cosa abbia in mente. Portatemi qui André” era arrabbiato, molto arrabbiato e forse, se non ci fosse stata l'etichetta a trattenerlo gli avrebbe piantato la spada in petto.
Fece un bel respiro cercando le parole giuste “Datemi qualche minuto colonnello” “Non abbiamo molto tempo quindi vi prego di fare in fretta!” annuì leggermente e tornò sui propri passi maledicendo quella sciocca testardaggine che accecava il suo amico.



Le aveva detto di sì, per l'ennesima volta le aveva permesso di vincere ma in fondo, era quello che accadeva ogni giorno.
Si strinse nel mantello nascondendo le mani sotto la stoffa pesante, non c'era profumo di fiori né sorrisi, i volti degli uomini che gli passavano accanto erano colorati di terrore, di paura e rabbia.
C'era qualcosa nei loro occhi, nel loro sguardo, qualcosa di così profondo e delicato da rendere ogni altra cosa sciocca e senza senso.
Percepiva l'odio profondo di quei soldati nei suoi confronti, nei confronti dell'uniforme che indossava perché un nobile non va in prima linea, un nobile non si sporca le mani di sangue.
“Duca?” chiuse gli occhi maledicendo il cielo perché era certo che sarebbe accaduto, era certo che quella piccola fuga innocente sarebbe stata scoperta alla velocità della luce “Che ci fate voi qui?” “Generale” si portò una mano alla fronte salutando quell'uomo freddo e altero.
Aveva indossato l'uniforme militare, sembrava più gelido che mai avvolto da quei tessuti preziosi, con il copricapo a donare un tocco di eleganza all'oro della sua divisa.
Era davvero questo che vedeva Oscar quando si allenava con lui? Era con quella spada che la costringeva a lottare? Sorrise mentre l'uomo lo osservava confuso “È accaduto qualcosa? Mia figlia non sta bene?” “No” si affrettò a rispondere “No signore, vostra figlia sta bene. È tornata al comando dei suoi uomini” “E allora cosa ci fate voi qui? Perdonatemi, non che io non sia felice di rivedervi ma qui, beh … come potete vedere non è molto sicuro” “Sono qui per questo” gli occhi del generale si fusero ai suoi “Per offrirvi l'aiuto del mio plotone. Vostra figlia mi ha raccontato più volte quanto sia pericoloso il vostro lavoro. Sono qui per offrirvi un po' di speranza” “Vi ringrazio” sussurrò l'altro “Ma non potrei mai chiedervi niente del genere duca. Mia figlia è molto legata a voi” “E io a lei signore” “Cosa accadrebbe se vi chiedessi di restare qui?” “Voi potete ...” “No, no non posso farlo. Voi siete il suo unico amico. Le ho già fatto abbastanza male cinque mesi fa. Lo so che è arrabbiata con me anche se non lo da a vedere ma l'ho fatto per lei ...” si fermò qualche secondo firmando un documento che un soldato gli mise tra le mani “ … se ora le togliessi anche la vostra compagnia ne soffrirebbe troppo. Voglio bene a mia figlia, non le permetto di piangere ancora” “Signore …” mormorò Christian avvicinandosi di un passo a lui “ … posso chiedervi una cosa in tutta franchezza?” “Parlate” “Perché lo fate? Vostra figlia è importante per quell'uomo, perché gli negate la possibilità di vederla?” “Ho commesso un'errore ventitre anni fa. Ho permesso che l'amicizia intaccasse i loro allenamenti, i loro giochi. Quell'amicizia si è trasformata in qualcosa di più forte ma la differenza che intercorre tra mia figlia e Andrè è troppo grande” “Io non credo sia …” “Oscar è nobile di nascita. Lo potete vedere nel suo sguardo, nei suoi gesti. Non permetterò che mia figlia sposi un suo sottoposto” “E se fosse stato un conte?” l'uomo sorrise annuendo leggermente.
C'era stanchezza negli occhi del generale, stanchezza sfumata da tenerezza che rendeva il suo sguardo quasi umano “E ditemi duca …” tornò a concentrarsi sul volto dell'uomo risvegliandosi dai propri pensieri “ … voi non trovate mia figlia una donna meravigliosa?” “Oh si signore, abbiamo già parlato di questo ricordate?” “Le volete bene?” “Con tutto il cuore generale” “So che quello che vi lega a Oscar è una profonda amicizia” “Vedete generale, quello che vostra figlia fa ogni giorno con me è un incanto. Una magia signore” “Parole blasfeme duca” “Non c'è niente che vostra figlia faccia in grado di allontanarmi. Non è amore che ci lega ma un'amicizia speciale” “Potrete mai pensare di ...” “Si” rispose senza nemmeno ascoltare il resto della frase.
Il generale sorrise, un sorriso puro e vero che per la prima volta gli illuminò il volto “Ma signore, che sia chiaro che non costringo nessuno, tanto meno vostra figlia. Oscar è confusa da questo sentimento che non riesce a comprendere, non c'è spazio per nessun'altro nei suoi pensieri, nemmeno per un duca” “Mia figlia accetterà le mie scelte” “Ma non sarò io a farlo signore” raddrizzò la schiena stringendo più forte la mano all'esla della spada “Io sarò sempre qui per vostra figlia e se un giorno vorrà, allora le chiederei di sposarmi e di fare di me l'uomo più felice di questa terra ma ve l'ho detto signore, per il bene che le voglio non accetterò mai un matrimonio forzato. Non è giusto” “Sapete ...” iniziò il generale “ … voi siete davvero un brav uomo. Sono sicuro che accanto a voi mia figlia sarà felice” posò una mano sulla sua spalla stringendola con forza “Restate pure a riposare nei miei alloggi. Vi ringrazio per l'offerta ma non ho bisogno dei vostri uomini duca. Ora se volete scusarmi, ho delle cose da sistemare” annuì debolmente rispondendo a quel saluto militare che troppe volte era passato sul volto di Oscar.


 

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Capitolo 21
*** Cinque Giorni ***


                                     Cinque Giorni





“Come vi sentite?” “Non preoccuparti, sto bene” “L'avete detto anche l'ultima volta e poi siete svenuta” la donna sorrise sfiorandole il volto “Sei diventata davvero bella Oscar” “Madre vi prego” “Perché fai così?” “Così come?” domandò confusa sedendosi accanto a lei “È solo un complimento” “Sono preoccupata per voi” “Sei sempre preoccupata per me. Dovresti smetterla di pensare agli altri e iniziare ad occuparti di te stessa bambina mia” “Penso già anche troppo” sentì la risata leggera di sua madre nascere come un fiore prezioso invadendo ogni angolo dei pensieri “Cosa c'è che non va Oscar?” “Niente, niente di preoccupante” “Oh andiamo! Sei mia figlia, credi davvero che non riesca a comprenderti?” sollevò lo sguardo incontrando quegli occhi tanto dolci che fin da bambina le avevano concesso amore e tenerezza.
Si passò una mano tra i capelli giocando con un ricciolo ribelle mentre sentiva lo sguardo di sua madre percorrerle il volto “Sono di nuovo quelle sciocche febbriciattole?” “No, no sto bene” “E questa è una bugia ma la sorvoliamo, vuoi?” rispose divertita osservando per qualche secondo l'espressione di sua figlia “C'è qualche problema che ti affligge? Pensieri di soldato?” il silenzio che riempì la distanza tra loro fu una risposta chiara e lampante “Sei innamorata” sussurrò sfiorando la mano di Oscar “Sei innamorata non è così?” “No” si affrettò a rispondere ma la mano della madre si strinse con dolcezza attorno alla sua, le dita intrecciate assieme e gli occhi persi nei suoi “Per questo sei così spaventata? È amore Oscar, l'amore fa sempre paura” “Non è … non so cosa sia” “Io ho sbagliato con te” “Madre, vi prego non dovete …” “Ho sbagliato. Ho permesso a tuo padre di scegliere e questo ti ha rovinato la vita” “Perché lo dite tutti? Perché non potete semplicemente accettare la mia scelta?” “Oh io l'accetto con tranquillità. Accetto ogni tua scelta perché sei abbastanza matura per capire da sola cos'è giusto e cosa no” “E allora?” “Non ti ho protetta quando eri piccola ma posso aiutarti ora che sei grande. Vedi, le donne non hanno mai avuto molta scelta, si è dedite al marito, si mostra un rispetto a voltre oltre misura e così si lascia che sia l'uomo a decidere. Forse …” sorrise accarezzando il volto della ragazza con la mano libera “ … forse tuo padre ti ha fatto un regalo crescendoti come un ragazzo. Ti ha dato la libertà di fare molte cose, questo è bello ma se da un lato ti ha permesso di essere libera, dall'altro ti ha tolto la gioia di essere donna” “Non è stata una prigione” “E non ha impedito che ti innamorassi di qualcuno, non è così?” tremò leggermente concentrandosi sulle parole della madre “Non vuoi dirmi chi è il fortunato?” no, no non le avrebbe mai detto la verità perché era certa che la sua reazione fosse uguale a quella del padre: non si può, tu sei nobile, sei destinata ad altro.
Abbassò lo sguardo sospirando ma quella voce dolce e delicata tornò a cullare i suoi pensieri “Di cos'hai paura bambina? Che la mia risposta sia uguale a quella di tuo padre? Io so chi è il tuo amore” alzò lo sguardo di colpo, la donna sorrise mentre vedeva nel volto giovane e fresco di quella bellissima donna solo paura, lacrime troppo a lunghe trattenute e una stanchezza leggera che riusciva abilmente a mascherare dietro all'espressione severa dell'ufficile militare “Lo so da molto tempo ormai. Mi ero ripromessa di parlare con te riguardo i possibili problemi di questa piccola deviazione di percorso ma …” strinse più forte la mano attorno alla sua costringendola a respirare “ … ogni volta che ti vedevo assieme a lui il mio cuore saltava di gioia. Eri te stessa, eri felice” “Voi non … come …” “Ce l'hai scritto negli occhi amore mio” la tirò tra le braccia nascondendola al gelo del mondo “Amare non è sbagliato. Mai, in nessun caso. L'amore fa soffrire, è doloroso ed egoista ma nasce ovunque” strinse più forte il corpo della figlia perdendosi nel suo profumo, nella dolcezza di quei capelli creati con fili d'oro, nel suo respiro accelerato e in quelle lacrime silenziose che le rigavano il volto.
Sentiva le sue braccia strette attorno a lei, il suo cuore che batteva all'impazzata e che nemmeno gli abiti maschili potevano frenare “Questo amore è nato molto tempo fa ed è cresciuto assieme a te. Purtroppo bambina mia, viviamo in un mondo troppo pericoloso per questo giovane sentimento” “E come si può sopravvivere?” sussurrò Oscar trattenendo un singhiozzo “Si va avanti, si vive giorno dopo giorno cercando di nascondere le cicatrici …” la staccò dolcemente da sé asciugandole il volto “ … quello che provi non sparirà mai, non potrai mai dimenticarlo. Quando ci penserai farà male, un male terrificante ma con il tempo, imparerai a convivere con la sua assenza, proverai a lottarci e alla fine vincerai e quando penserai di nuovo a lui, farà male solo un po' e riuscirai a sorridere” “Non voglio … non posso essere così debole” “Non puoi essere umana? Non c'è nulla di male nel provare gli stessi sentimenti delle altre persone. Sei cresciuta imparando a mascherare debolezze e paur e e ora, ne stai riscoprendo lentamente l'esistenza. Sei una bellissima donna Oscar, così bella da attirare gli sguardi di tutti. Hai un carattere forte, ostinato, ma sei anche gentile e delicata. Sei perfetta amore mio. Puoi fare qualunque cosa tu voglia. L'amore indebolisce e allo stesso tempo fortifica, tuo padre non l'ha mai capito, ha paura di provare sentimenti diversi da quelli che vengono richiesti nell'esercito. Tu non sei come lui” le sfiorò la fronte con le labbra imprimendovi un bacio leggero “Sei la mia bambina e hai davanti a te un futuro radioso. Puoi scegliere la vita militare se questo ti aiuta, qualunque sia il tuo destino sono sicura che sarà pieno di gioia” le lacrime sparirono, le labbra si piegarono in un sorriso leggero mentre abbracciava per la seconda volta sua madre, la sua dolcissima madre che tanto amava e che riusciva sempre a darle la forza di reagire.




Ci aveva provato, ci aveva provato davvero a convincerlo ma quell'idiota del suo amico aveva perso il senno ormai … “Cosa devo dirgli? Dimmelo tu perché quell'ufficiale è qui, con quella lettera tanto a lungo attesa e tu vuoi … vuoi mandarlo via? Sei impazzito per caso?” “Cosa dovrei fare? Leggere le sue parole e poi? Disperarmi? Soffrire? Non ce la faccio più Emile! Sono sfinito, questo amore mi ha sfinito!” “Perché fai così?” esclamò irritato “Perché ora!” “Ho permesso a suo padre di mandarmi in quest'inferno, pensavo che fosse la cosa giusta per entrambi e cos'ho concluso? Ho perso lei, ho perso la mia vita ...” tremava, tremava per il freddo, per la rabbia e la paura, tremava e basta “ … cosa dovrei risponderle ora? Mi dispiace amore mio, non so nemmeno se tornerò vivo a casa ma tu aspettami, aspettami lì” “Sei un'idiota, te l'ho già detto per caso?” “Se ora prendo quella lettera, se le scrivo di nuovo la legherò ad un futuro che non possiamo avere. Non voglio costringerla ad aspettare qualcosa che non arriverà mai!” “La ami?” “Cosa?” “Sei davvero innamorato di lei? Perché la stai respingendo ancora una volta! Per quanto ancora pensi sia disposta ad aspettarti?” “Non posso Emile!” “Allora la sai una cosa?” esclamò l'amico afferrandolo per le spalle “Non voglio averci niente a che fare Andrè!” … ma chissà come, era di nuovo lì, di fronte a quell'uomo con gli occhi di ghiaccio a cercare un modo per far uscire le parole “Signor colonnello, vi prego di riferire che il soldato Andrè Grandier ha perso la vita questa mattina alle otto. È stato ucciso da un colpo di fucile in pieno petto” “Credete davvero che sia la scelta giusta?” sussurrò Christian ma lo sguardo di Emile era chiaro “Il vostro amico sta lasciando andare un gioiello di rara bellezza. Respingere una donna in lacrime, dopo aver tanto a lungo sperato di avere il suo amore è ingiusto soldato” infilò di nuovo la lettera nella fascia avvicinandosi di un passo a lui “Vi prego di riferire fedelmente quanto sto per dirvi: Oscar non è un gioco, se io ora riporto questa sciocca menzogna, non avrà più la possibilità di tornare da lei perché scatenerà la sua rabbia, la sua paura e il suo dolore. Non lo aspetterà più, non passerà più le notti a chiedersi se sta bene o se l'ha dimenticata” Emile sospirò ascoltando quelle parole cariche di rancore “Non potrà più permettersi di confondere i suoi giovani sentimenti perché non glielo permetterò. Perché ha già sofferto abbastanza. Il vostro sciocco amico non l'ha vista in questi mesi, non immagina nemmeno il dolore che ha provato, la rabbia che scuote il suo petto ogni volta che ricorda quella sera sotto alle stelle. Se ora torno a casa soldato, ogni legame con lei verrà spezzato” “Si signore” “Per il bene della contessa eviterò di raccontare le sciocchezze che sono accadute. Se Grandier vuole sparire dai suoi pensieri e sia, ma il colonnello riceverà da me solo ed unicamente la verità” “Si signore” si strinse nel mantello senza staccare gli occhi dal suo volto “Tornate dal vostro amico, parlate con lui e cercate di farlo rinsavire. So bene quanto sono sciocchi gli uomini quando sono innamorati. Avete cinque giorni, cinque giorni appena, se per caso cambiasse idea, non dovete far altro che mandare un uomo di fiducia a Parigi al resto penserò io. Cinque giorni soldato” salutò il duca battendo i tacchi e restò immobile ad aspettare che la sua imponente figura scomparisse nel fumo della guerra.

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Capitolo 22
*** Tempo ***


                                          Tempo




Come si può controllare il tempo? Come si può rendere cinque giorni lunghi il doppio? Aveva pensato e ripensato a quello sciocco soldato tutta la notte.
Diceva di amarla, diceva di non poter vivere senza di lei e poi ne rifiutava l'amore.
Erano passati cinque giorni e nessuno si era presentato, nessuno aveva cercato di contattare i suoi attendenti a Parigi, nessuno aveva mandato un messaggero da lui.
Come poteva guardarla negli occhi e dirle: Mi dispiace Oscar, il tuo Andrè non ha desiderio alcuno di vederti.
Quelle parole l'avrebbero distrutta, di nuovo, non meritava niente del genere ma come poteva mentirle? Come poteva fingere qualcosa che in realtà nemmeno esisteva? Dirle che il suo amore era morto in guerra l'avrebbe uccisa più di quanto forse avrebbe fatto la verità .
Odiava vederla soffrire e ora più che mai le parole del generale tornavano nei pensieri.
Il sentimento che li univa era un'amicizia pura e stupenda ma sentiva nel cuore quel battito leggero, diverso da ogni altro.
Prendeva vita quando i suoi occhi gli sorridevano, quando l'aveva abbastanza vicino da sentirne il profumo.
Vestita da uomo o da donna non aveva importanza, colonnello o dama che differenza faceva? Restava incantato giorno dopo giorno dal suo amore per la vita, da quella ragazza solare che si nascondeva dietro alla maschera fredda dell'ufficiale militare.
Nemmeno lei era a consocenza dell'effetto che provocava negli uomini, quegli occhi così abituati a tingersi di fermezza e di gelo mandavano in realtà lampi di tenerezza, di sensualità così forte da lasciare senza fiato.
Era ammaliato dal suo sorriso, dal tocco delicato delle sue mani, da quel modo così tenero che aveva di addormentarsi sull'erba, mentre il sole le sfiorava il volto forando la coltre di rami verdi.
Non aveva mai incontrato nessuna giovane come lei, a dire il vero, non si era mai nemmeno fermato più di cinque minuti a pensare che un giorno, la sua mente troppo folle avrebbe cercato l'amore.
Era stato cresciuto per diventare il degno erede di una famiglia tanto ricca.
Ricordava ancora le litigate tra i suoi genitori, le urla e la rabbia di sua madre quando così piccolo, era costretto dal padre a lunghi allenamenti.
Se sua madre non avesse lottato con tanta forza per lui probabilmente la sua vita sarebbe stata uguale a quella di Oscar.
Avrebbe avuto un padre severo, invaghito del potere e dell'onore, perso nel folle desiderio di avere un figlio perfetto.
Non era accaduto e ringraziava il cielo ogni giorno per questo.
Lui e Oscar avevano qualcosa in comune, riusciva a capirla, a comprenderla prima ancora che aprisse bocca ed era certo, che fosse per colpa di quelle sensazioni comuni provate fin da bambini.
La rabbia, il rancore verso una figura autoritaria, l'amore verso quella stessa figura che li confondeva, il senso del dovere, l'orgoglio e la passione che infiammava i loro giovani cuori.
“Perdonatemi signore” si voltò leggermente verso la porta sospirando “Siamo pronti a partire” “Non si è presentato nessuno?” “No signor duca. Siamo in ritardo di un giorno sulla nostra tabella di marcia signore ma se preferite aspettare ancora qualche ora ...” “No” si alzò dalla poltrona massaggiandosi il collo “No partiremo tra qualche minuto” il servo annuì appena richiudendosi la porta alle spalle.
Nel buio di quella stanza, solo con mille pensieri, solo con la consapevolezza di avere davanti ore difficili, occhi di mare pieni di speranza che avrebbero pianto per l'ennesima volta.
Scosse leggermente la testa stringendo più forte la spada tra le mani.
Se era questo il suo dovere allora d'accordo, sarebbe tornato a casa e l'avrebbe tenuta al sicuro il più a lungo possibile, fino a quando lei ne avesse avuto bisogno, fino a quando la rabbia che le viveva dentro sarebbe esplosa costringendola a gesti folli. 

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Capitolo 23
*** Non puoi Scappare ***



                                              Non puoi Scappare





Tremava, sentiva il cuore battere all'impazzata nel petto e non riusciva a più a respirare, il bicchiere cadde al suolo frantumandosi in mille pezzi, scaglie taglienti che sembravano massacrarle il cuore costringendolo a sanguinare.
Le braccia di Christian si strinsero con forza attorno alle spalle impedendole di cadere al suolo “Respira” “Lo sto … sto respirando e …” “No, no devi respirare davvero Oscar” la strinse più forte, le mani intrecciate alle sue, poteva sentire il suo petto muoversi velocemente, i muscoli tremavano, la voce era spezzata da qualcosa di simile al pianto.
Chiuse gli occhi senza lasciarla per un solo secondo. La sentiva lottare contro qualcosa che non poteva e non riusciva a controllare.
Scivolarono sul pavimento, l'aria gelida del mattino entrò dalle finestre accarezzandoli, sfiorandoli con insolita tenerezza.
Ma che dolcezza c'era in quell'immagine? Un uomo seduto sul pavimento che stringeva tra le braccia una donna tremante, sconvolta.
Il mento posato sulla sua spalla, le braccia avvolte attorno alle sue, le mani intrecciate sul cuore pulsante.
“Respira” la tirò leggermente indietro, la schiena si appoggiò al suo petto, le gambe si chiusero dolcemente attorno ai suoi fianchi proteggendola, impedendole di fuggire e piangere “Starai meglio” sussurrò “Starai meglio te lo prometto” “Perché?” “Credo sia perché ti ama Oscar, ti ama così tanto da lasciarti andare” “Mi ama” ripeté sfinita reclinando la testa indietro incontrando la spalla di Christian, sentiva il suo respiro leggero che sfiorava l'orecchio, il collo “Si Oscar, è innamorato di te” “E mi lascia?” “Ti lascia andare” ripeté sciogliendo lentamente quell'intreccio di mani ma il freddo e il vuoto che sentì sul petto la sconvolse forse più di quanto potesse mai immaginare.
Strinse le dita attorno al polso del giovane bloccandolo a pochi centimetri dal cuore “E tu?” sussurrò tremante “Tu mi lasci?” “Per vedere i tuoi uomini impazzire dietro ai tuoi ordini folli? Scordatelo contessa” un leggerissimo sorriso le sfiorò le labbra mentre lacrime gelide scivolavano sulle guance “Oscar io lo capisco, lo capsico sai? Non avrei mai costretto l'amore della mia vita ad un'attesa incerta ma è facile parlarne ora, è facile giustificare ogni cosa ma per lui dev'essere stato difficle” “E per me?” la sentì tremare, gli occhi ancora chiusi mentre si mordeva nervosamente le labbra “Per me non lo è vero? Ho … ho scritto per la prima volta quello che provo e lui non … lui ha …” “Ha pensato che l'unico modo per permetterti di vivere è lasciarti andare. Ho aspettato cinque giorni, l'ho aspettato Oscar, tornerà sulle proprie scelte vedrai, gli uomini tornano sempre indietro” le sfiorò il volto con la mano libera giocando con quelle ciocche setose, continuava a parlare con lei nella speranza di poter in qualche modo aiutare il suo cuore dolorante.
Restava lì, con la mano improgionata sotto alla sua, con quel corpo leggero appoggiato al petto come un ramo giovane e debole che si appoggia al tronco forte del padre per sopravvivere.
Respiri profondi, aria fresca che entrava nei polmoni, restava con il mento posato sulla sua spalla, con gli occhi persi nel vuoto mentre sentiva il respiro accelerato della ragazza rallentare di colpo, adeguarsi lentamente al suo, la mano aveva smesso di tremare, la presa attorno al polso era più leggera, delicata, quasi una preghiera, una richiesta di aiuto che non avrebbe mai ignorato.
“Devo vederlo” sussurrò sfinita lasciandosi cullare dalle sue carezze “Io devo … devo parlare con lui, devo guardarlo negli occhi e parlare con lui” “Lo so” “Se è questo che vuole allora deve dirmelo guardandomi negli occhi” l'altro sorrise appena sospirando “Se è questo che vuoi ti aiuterò. Lo sai che ti aiuto sempre non è così?” un debolissimo grazie le uscì dalle labbra
“Ecco cosa facciamo Oscar …” riprese continuando a giocare con i suoi capelli “ … ora io e te ci alziamo da terra e inventiamo una scusa per tuo padre” la strinse dolcemente in vita aiutandola a rialzarsi “Una scusa credibile, che non ci faccia perdere la testa o finire davanti al plotone d'esecuzione perché l'idea dell'aiuto volontario credo si durato nella sua mente solo pochi secondi” sistemò la camicia abbassando per qualche secondo lo sguardo ma sentiva la forza di quelle lacrime anche così, anche senza guardarla negli occhi “Usciremo di qui e andremo a cavallo. Non importa dove, scegli tu e poi …” tornò a concentrarsi sul suo volto sorridendole “ … tra qualche giorno, se la pazzia non avrà cessato di vivere in lui tornerò al fronte e lo trascinerò via. Lo porterò da te e potrai prenderlo a pugni quanto vuoi ma non pensare nemmeno di salire a cavallo e andartene laggiù. Che ne dici?” arrivò solo silenzio e niente di più, un silenzio violento che lo massacrava dentro perché piangeva, piangeva come una bambina e lui ne soffriva, ne soffriva terribilmente perché sentiva crescere la voglia folle di stringerla tra le braccia senza più lasciarla andare “Prima però dobbiamo combattere queste lacrime Oscar” le sfiorò il volto cancellando quelle scie leggere ma più ci provava e più nuove perle nascevano insolenti “Mi dispiace, credimi, mi dispiace davvero” ma lei sospirò stringendosi a lui, rifugiandosi di nuovo in quell'abbraccio caldo che tanto le mancava “Ti prometto che andrà tutto bene ” la strinse a sé consapevole di avere un unico obbiettivo e che sarebbe rimasto quello per tutta la vita: tenerla al sicuro, proteggerla da chiunque perfino da sé stessa.
“Nessuno più ti farà del male, te lo giuro Oscar” era il suo gioiello prezioso, il suo diamante di rara bellezza che veniva scalfito giorno dopo giorno dalle intemperie della vita e che si rialzava ogni volta con una forza impressionante.
Ora però non sarebbe più accaduto, ora c'era lui a proteggerla, perché nonostante la forza di quel colonnello distaccato, in lei viveva una bambina tenera e delicata che ora più che mai si sentiva fragile e sola.


 “E così il generale ha cambiato tattica?” Moris annuì deciso mangiucchiando un pezzetto di cioccolato “Uao, questo vuol dire un cambio in più” “Dov'è Andrè?” “Credo sia assieme a Martin, era stato ferito questa mattina e lui lo sta aiutando a rimettersi in piedi” “Bravo ragazzo” “Moris ...” l'altro sollevò lo sguardo dal cioccolato “ … credi che se la caverà? Insomma, che starà bene?” “No” rispose l'altro sorridendo “Non si sta mai bene quando si soffre per amore ma in fondo lo capisco. Io avrei fatto la stessa cosa. A che scopo incatenare una giovane donna al passato? Magari nemmeno tornerà a casa” “E se lei andasse avanti?” “Questo fa parte della vita Emile. Quante volte accade? Non si può pretendere che le persone aspettino per sempre” “Credo che nemmeno lo voglia più. Se parli con lui beh, tutto ha un senso, tutto un posto nel mondo. È come se l'amore che lo tiene in vita di colpo inizi ad ucciderlo” “O forse l'ha sempre fatto e lui si è illuso che fosse vita” “Soldati!” si voltarono di scatto trattenendo il fiato “Voi siete … oh porca ...” “Da quando il linguaggio insolente è ammesso nel reggimento di mio padre?” “Scusatemi signore” balbettò Emile cercando di respirare “Credevo fosse … insomma … non mi aspettavo certo di vedervi” quegli occhi di mare si tinsero di ironia togliendogli il respiro perché vederla lì era l'ultimo dei suoi pensieri “Moris, corri a chiamare Andrè, subito!” l'altro annuì deciso, la cioccolata cadde per terra e lui scomparve mentre due occhi di ghiaccio toglievano ad Emile ogni briciolo di fiato.

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Capitolo 24
*** Sei sogno o Realtà? ***


                       Sei sogno o Realtà?






Non era nemmeno certo di respirare ancora, come si può respirare davanti ad un angelo? Giovane e bella proprio come l'aveva descritta Andrè, alta, dal corpo delicato e l'incarnato di luna.
L'uniforme si adagiava su di lei avvolgendone le linee, quei muscoli frutto di tanto allenamento che urlavano al mondo una verità diversa.
Una fascia in vita per sottolinearne la finezza, l'oro dell'uniforme che brillava da sotto al mantello e quel copricapo maledetto che troppe volte aveva visto nelle ultime settimane.
Il viso incorniciato da capelli d'oro e occhi che nulla avevano di mortale.
Era elegante, aggrazziata, piena di gelo e raffinatezza.
Ora capiva da dove nascesse quell'amore, ora capiva lo sguardo sognante negli occhi dell'amico ogni volta che parlava di lei.
Come poteva una cosa tanto bella essere pericolosa? Come poteva quell'amore puro ed innocente uccidere? Il generale aveva fatto un lavoro eccellente con quella giovane dagli occhi di cielo.
L'aveva resa un figlio perfetto, le aveva donato un portamento fiero, uno sguardo orgoglioso. Era riuscito a creare dal nulla un'essere di rara bellezza che scatenava nei soldati una paura tenera e forte assieme.
Lo vedeva nelle facce dei suoi compagni, in quello sguardo incredulo e pieno di silenzioso rispetto che la travolgeva.
Ne spiavano i lineamenti, ne studiavano i perticolari fin anche il respiro per capire se fosse reale, se un uomo tanto egoista e crudele come il generale, potesse mai aver generato un incanto così perfetto.
Una giovane che rubava al cielo la sua bellezza, che confondeva nel mare il colore dei suoi occhi e nelle rose la perfezione delle labbra.
Assomigliava a suo padre, ci assomigliava nella postura, nel modo di camminare che tanto però aveva di femminile, in quello sguardo pieno di severità che sfiorava velocemente ogni volto lì accanto.
Come se il generale avesse impastato rose e farina per creare il suo incarnato, oro e grano per i capelli e acqua di mare per colmare la perfezione di quegli occhi.
Moris aveva ragione, quella non era una donna da amare ma da ammirare e spiare in silenzio.
Chi poteva arrivare a quel livello di perfezione? Chi poteva anche solo pensare di avere il suo amore? Invidiava il suo generale perché lui poteva vederla ogni giorno, ogni volta che ne aveva voglia.
Senza l'uniforme, senza quella maschera fredda che era costretta a portare.
Doveva essere davvero bella quando sorrideva, quando si lasciava andare alla vita dimenticando di essere nata ed allevata come un uomo per puro egoismo.
Quante voci aveva sentito su di lei? Quante decantavano la sua bellezza? Aveva sempre riso e si era sempre detto che una donna allevata come un uomo, sarebbe finita per assomigliarvici in tutto e per tutto.
Ora però, davanti a quel miracolo di carne e fiato i pensieri sparivano, il sorriso nasceva nel cuore perché nemmeno l'uniforme poteva nascondere il suo essere donna.
Era orgoliosa, glielo leggeva negli occhi e poco le importavano gli sguardi assetati dei soldati che la spiavano, era immune dalla frivola chiacchiera dell'uomo, immune dal desiderio di essere posseduta o trattata come una dama indifesa. Brillava in lei il coraggio, il desiderio della battaglia, la voglia costante di oltrepassare i limiti per mettersi alla prova, per affrontare sfide che avrebbero solo regalato onore e gioia a suo padre.
“Colonnello, perdonatemi per poco fa ma non vi aspettavamo” riprese cercando di assumere un'aria quanto meno rispettosa “Non siete l'unico ad esserne sorpreso. Mi aspettavo di trovare un reggimento devoto al proprio comandante e invece ...” si fermò qualche secondo inchiodando gli occhi ai suoi “ … trovo gli uomini intenti a bivaccare e dormire” “Oggi non è stata una bella giornata signore. Abbiamo perso molti compagni e i nostri capitani ci hanno concesso qualche ora di riposo” “Non si riposa in guerra soldato” Emile sorrise leggermente mentre gli occhi seguivano il movimento delicato della sua mano.
Il guanto candido ne nascondeva l'incarnato ma non poteva celarne la bellezza, le dita affusolate, il dorso liscio e di morbida seta vestito.
Era incantato dai suoi movimenti, dal gioco delle dita attorno all'elsa della spada e si chiedeva come diavolo aveva fatto Andrè a resistere così tanto tempo.
Per qualche minuto immaginò di vederla bambina, con quegli occhi grandi assetati di conoscenza e poi giovane adolescente mentre cresceva e scopriva il mondo, fino a diventare quel magnifico colonnello con lo sguardo fiero e il portamento di una regina.
Non era certo di quanto tempo fosse passato, secondi, minuti o forse ore ma averla davanti, così vicina, lo rendeva terribilmente insicuro.
“Signor colonnello” esclamò d'improvviso Moris apparendo accanto a lui “Mi dispiace informarvi che il soldato Grandier è appena uscito assieme ad un pattuglia” “Sono sempre stata più brava di lui con le bugie” mormorò ironica concentrandosi sul volto dell'uomo “Come ti chiami soldato?” “Moris signore, Moris Tailé” “Non hai un nome francese” “Non lo sono signore, o almeno non tutto. Mia madre è spagnola signor colonnello” “Chiudi i bottoni della giubba soldato spagnolo, sei in un reggimento di sua maestà non in una bettola ad ubriacarti!” l'altro scattò sull'attenti trattenendo il respiro “Avete due minuti per tornare ai vostri posti, quando sarà ora del rancio riposerete ma fino a quando il generale non vi darà il permesso, nessuno mangia, nessuno perde tempo o si ferma per discorrere di sciocche frivolezze sono stato chiaro?” annuirono entrambi trovando sempre più somiglianze tra quella giovane e suo padre.
Lo stesso sguardo, lo stesso modo di terrorizzare le persone, la stessa luce che splendeva attorno a loro.
Era la degna erede di suo padre e una donna meravigliosa fatta per comandare.
La videro sorridere mentre gli occhi diventavano ghiaccio puro e poi oltrepassarli senza degnarli nemmeno di una parola “Uao” sussurrò tremante Moris “Era … era reale?” “Era una meraviglia” un debolissimo sorriso prese vita sulle labbra mentre la consapevolezza di aver parlato con quell'immagine ora reale, diventava improvvisamente un pensiero fisso.


 

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Capitolo 25
*** Guardami negli Occhi ***


                                    Guardami negli Occhi






Era sempre stata testarda, non ascoltava mai nessuno se non suo padre e sé stessa.
Quando il suo cuore andava troppo forte la mente ne seguiva il ritmo e così, anche le decisioni folli diventavano sensate.
Il pericolo spariva, la paura si offuscava, restava solo la voglia di seguire la propria volontà e niente di più. Di cosa si stupiva ora? Prima o poi sarebbe accaduto perché continuare a respingerla così l'avrebbe solo fatta arrabbiare di più
Strinse più forte il fucile e uscì da quella tenda perdendosi nel silenzio ma sentì il cuore schizzare nel petto e il respiro bloccarsi di colpo.
Forse era solo l'effetto della guerra, forse solo la voglia dannata di averla davanti, ancora una volta, ancora una volta per poterla vedere, per poterne respirare il profumo.
Era un fantasma quello o l'immagine nitida del suo angelo?
Quegli occhi erano gli stessi di sempre, il colore delicato della sua pelle, le labbra e poi la posizione rigida delle spalle che anche nascoste dal mantello vedeva perfettamente.
Conosceva a memoria ogni angolo del suo corpo, ogni linea, ogni meraviglioso pezzo di seta che ne componeva la bellezza.
“Scappi?” domandò gelida “Non sei mai scappato in vita tua. Perché ora?” “Non dovresti essere qui” sussurrò nascondendo l'esitazione dietro alla durezza dello sguardo “Non è un posto per te” “Smettila di ripeterlo. Era dolore che volevi regalarmi? Ci sei riuscito, l'hai fatto tante di quelle volte che ormai ne ho perso il conto” non rispose, non si mosse nemmeno, restò lì, davanti a lei, a costruire ancora una volta un muro spesso attorno a se per evitare di toccarla perché sarebbe accaduto, se l'avesse vista piangere di nuovo sarebbe accaduto “Non vuoi più vedermi Andrè? Ho disobbedito a mio padre! Ho lasciato la mia casa e sono venuta qui consapevole del rischio che correvo ma l'ho fatto perché credevo di essere importante per te! Ti ho scritto, ti ho scritt tante volte e tu non hai mai risposto…” la vide sorridere, stringersi leggermente nelle spalle nel tentativo di affrontare quella realtà tanto dura “ … mi sono detta che era giusto, che la rabbia può portare a questo ma pensavo che con il tempo sarebbe passato” “Cosa cambierebbe Oscar? Se ti dicessi la verità cosa cambierebbe? Sai già cosa provo per te” “E tu?” domandò d'improvviso trattenendo a fatica le lacrime “Tu sai cosa provo per te?” lo sguardo si abbassò leggermente, trattenne le mani stringendole più forte attorno al fucile “Perché ci ho messo cinque mesi a capirlo e ora mi spingi lontano ancora e ancora!” urlava, era così arrabbiata da non riuscire a controllare nemmeno il tremito leggero della voce “Perché lo fai? Non sono abbastanza per te?” “Non sei mai uscita dai miei pensieri Oscar, lo sai questo e ...” “Io so soltanto che in questo momento sono qui, davanti a te e ti chiedo di parlare, ti chiedo di ...” la voce si incrinò leggermente e lo sguardo diventò più profondo “ … tu mi hai lasciato!” esclamò spingendolo leggermente indietro “Mi hai abbandonata Andrè! Te ne sei andato senza dirmi addio!” uno schiaffo lo colpì violentemente in volto ma lui non si mosse.
Restò immobile mentre quella giovane dal cuore in fiamme gli vomitava addosso tutta la rabbia di quegli ultimi mesi “Mi hai lasciato sola! Mi hai costretto a piangere, a svegliarmi di notte urlando!” un altro colpo, un altro pezzo di cuore che si frantumava “Cos'hai concluso Andrè? Era di mio padre che avevi paura? Non ti ha mai spaventato, perché ora si? Mi hai lasciato e mi ha distrutto! Mi ha allontanato da te e ho aspettato, ho aspettato per giorni interi che tu parlassi con me e tu hai solo ...” sollevò di nuovo il braccio ma le mani del giovane si strinsero attorno alle sue tirandola in avanti.
Il muro era crollato, la razionalità sparita, c'era solo lei, lei e quello sguardo terrorizzato che cercava risposte “Pensi che sia stato semplice per me! Ignorarti, mandarti lettere che sapevo non avresti mai letto?” “Cosa?” “Conosco tuo padre Oscar, conosco il suo modo di tenerti al sicuro. Quello che provo per te non è cambiato, sei dentro di me, sei nel sangue che mi scorre nelle vene e ci ho provato, credimi Oscar ci ho provato a dimenticare ma ogni notte rivedo i tuoi occhi, ogni notte ti vedo e non ...” inspirò a fondo posando la fronte contro la sua.
Profumava di buono, profumava di vita “Farei qualunque cosa per te Oscar, qualunque cosa. Sono consapevole della scelta che hai fatto, la rispetto, non la condivido ma la rispetto e per permetterti di essere te stessa, ti lascio andare” “Mi lasci andare?” le lacrime scivolarono via dagli occhi mentre le sue mani si stringevano dolcemente attorno al volto, le dita intrecciate ai riccioli d'oro e le labbra così vicine da potersi quasi sfiorare.
Non scappava, non tremava, restava immobile tra le sue mani lasciandosi cullare da un tocco nuovo che mai aveva provato “Non vorrei mai lasciarti Oscar, non vorrei mai restare così lontano da te” sentiva il respiro delicato della ragazza sulle labbra, era così vicina, così dannatamente bella e delicata “Sei la mia vita, sei l'aria che respiro ogni maledetto giorno” la strinse più forte costringendola a diventare tutt'uno con lui, sentiva il ventre giovane e liscio unirsi al suo, quel seno tanto a lungo nascosto fondersi con lui ma quella maledetta distanza tra le loro labbra era sempre lì, come un confine invalicabile, un frutto proibito che mai doveva essere toccato. Chiuse gli occhi respirando i suoi respiri, perdendosi nel suo profumo, immaginando un bacio di cui non era degno “Non sono un conte, non sono un duca. Non posso sposarti, non posso chiedere a tuo padre nient'altro che avere salva la vita per poterti amare Oscar, perché se non mi è permesso averti allora mi accontento di restarti accanto come ho sempre fatto. Mi accontento di guardarti incantato mentre cavalchi, mentre sei ...” “Non puoi scegliere da solo” “Non puoi buttare all'aria tutta la tua vita. Non ti costringo a niente del genere, non potrei mai farlo” la mano della giovane si sollevò dolcemente sfiorandogli il viso, scorreva sulla sua pelle bruciandone ogni centimetro.
Come fiamma sul legno, come un brivido di passione che incendiava i sensi e sconvolgeva pensieri.
Quante volte aveva sognato quella carezza? Quante volte aveva pregato il cielo per poter sentire sulla pelle il suo tocco? La dolcezza di una mano che nonostante gli anni passati affianco alle armi, era rimasta pura e inviolata.
I suoi occhi così limpidi, così belli e pieni di passione cercavano in lui la certezza che quel sentimento, quel battito che le sconvolgeva il cuore non apparteneva a lei soltanto.
Che anche lui sentiva lo stesso dolore, che anche lui amava con la stessa passione.
E lo sentiva, sentiva il cuore di quella ragazza battere all'impazzata, lo sentiva attraverso i tessuti, attraverso la pelle.
Era troppo vicina per poterla ignorare, troppo vicina per fingere di non vedere la dolcezza infinita di quelle labbra tremanti “Preferirei morire oggi” “Smettila” un'altra lacrima le scivolò via dagli occhi costringendolo a trattenere il respiro “Preferirei morire ora Oscar e vivere come un'anima dannata che ti cammina affianco, condannato a seguirti, ad amarti in silenzio piuttosto che vivere un giorno solo senza poterti avere” le sfiorò le labbra con le dita seguendone il contorno, la pelle delicata del collo si schiuse sotto la sua carezza scatenando quel brivido leggero che non avrebbe mai voluto fermare “Tu non immagini nemmeno il male che mi fa poterti stringere tra le braccia senza essere libero di amarti” tremò leggermente riportato alla realtà dal suo sorriso.
Un sorriso leggero e tanto bello da liberare le lacrime sfondando i muri della ragione.
Incatenati uno all'altra con gli occhi chiusi e le labbra così vicine eppure tanto lontane.
Minuti lunghi come anni interi dove tutto attorno a loro era sparito, la guerra, i soldati addormentati, l'odore acre della polvere da sparo, c'erano solo loro due, i loro sguardi e quelle carezze leggere che facevano un male atroce “Sei così bella amore mio” le sorrise incatenando gli occhi ai suoi mentre la mano stringeva tra le dita quei capelli meravigliosi “Ti ho avuto accanto così tanto tempo e non te l'ho mai detto. Ti ho trascinata in guerra per poterlo fare” la strinse più forte tra le braccia nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.
Sentiva le braccia di quell'angelo strette attorno ai suoi fianchi, piangeva, vedeva le sue lacrime anche senza guardarla negli occhi ma che sicurezza poteva offrirle in quell'inferno “Non puoi stare qui Oscar, è pericoloso. Se ti accadesse qualcosa io non ...” ma lei sospirò stringendosi più forte a quel corpo caldo che le dava solo sicurezza “Non sono più una bambina André, non devi proteggermi da ogni cosa. Posso scegliere da sola la mia vita” “Allora scegli di tornare indietro, scegli la vita che hai sempre desiderato perché in questo momento esiste solo la guerra e prego ogni giorno Dio per poterti vedere di nuovo. Non so nemmeno se vivrò abbastanza per poterti abbracciare” la sentì tremare violentemente scivolando via da lui come se d'improvviso le sue mani l'avessero bruciata “Cosa stai ...” “Quella sera sotto le stelle mi hai chiesto di dimenticare, di lasciare tutto com'era. Mi hai ferito, mi hai ferito Oscar e nemmeno te ne sei resa conto. Ma l'ho fatto, ho lasciato tutto com'era e sono andato via senza dirti niente perché non era addio l'ultima parola che avrei voluto condividere con te” “André ti prego ...” “Ora te lo chiedo io, ti prego, ti prego dal profondo del mio cuore, lascia tutto com'è. Non sei al sicuro qui. Tornerò da te, lo farò te lo giuro” “Ora ripetilo, guardami negli occhi e ripetilo Andrè! Giurami che tornerai da me, che se vado via tornerai da me!” sentì lo sguardo dell'uomo fondersi al suo così dannatamente fragile e forte assieme.
Trattenne il respiro davanti a quel dolore così maledettamente evidente, così sbagliato e confuso.
Non riusciva più nemmeno a respirare mentre dentro di lei qualcosa si rompeva.
Non voleva lasciarla, lo leggeva nel suo sguardo, in quella mano ancora sollevata a mezz'aria che cercava il suo calore.
Non voleva lasciarla ma conosceva quell'uomo testardo, non sarebbe mai scappato, non avrebbe mai lasciato i suoi compagni a morire.
Era di questo che si era innamorata, di un uomo che era nobile nei sentimenti, che amava la correttezza, che metteva passione in ogni cosa che faceva.
Un uomo che fin da bambino era stato leale con lei, che le aveva mostrato giorno dopo giorno quanta bellezza poteva custodire la vita e che non tutto era fatto di regole e divieti.
Lo stesso uomo che giurava fedeltà e moriva per quella fedeltà, perché non era un codardo né un debole, era un uomo, il suo uomo e ora più che mai, quello sguardo la feriva a morte.
Quell'amore innocente che aveva appena accettato era dunque una malattia? Era qualcosa che toglieva le forze e distruggeva il corpo senza chiedere alcun permesso.
Perché Dio aveva inventato un sentimento tanto bello se per colpa di quel sentimento, gli uomini morivano di stenti e pazzia? Sentiva il cuore accelerare di colpo, il fiato spezzarsi mentre le lacrime pulsavano violente contro la razionalità.
Lacrime che nulla avevano a che fare con quell'abbraccio caldo che l'aveva protetta per pochi minuti.
L'avrebbe colpito, l'avrebbe preso a schiaffi fino a farlo implorare pietà perché nessuno aveva il diritto di farla soffrire così.
Sollevò il braccio chiudendo gli occhi, incatenando al cuore il suo volto ma per quanti sforzi facesse, la mano restava bloccata nell'aria costringendola ad annaspare.
Tirò violentemente la mano cercando di liberarsi ma gli occhi di Christian la inchiodarono a terra “Sei nei guai contessa” sussurrò tirandola leggermente indietro “Che ci fai tu … cosa ...” “Sei scappata Oscar! Mi hai fatto morire di paura. Non azzardarti mai più a fare una cosa del genere chiaro?” sbottò gelido incontrando per qualche secondo lo sguardo di Andrè “Soldato, finalmente ho il piacere di conoscervi” “Signore” esclamò confuso l'altro portandosi una mano alla fronte “Riposo soldato. E tu ...” tornò a concentrarsi sul volto tremante di Oscar cercando di rallentare quel respiro folle che la paura aveva scatenato “ … tu sei davvero nei guai. Hai idea della corsa che ho fatto per riuscire a raggiungerti? Senza contare il fatto che tuo padre è sul piede di guerra! Ti ha cercato per giorni senza sapere che fine avessi fatto!” “Nessuno mi ha fermato, sono salva duca, smettetela di preoccuparvi per me” “Tu sei salva solo perché ho mentito per te” “Potevi anche dirgli la verità Christian! Credi davvero che mio padre abbia accettato le tue bugie? Sono più che sicura che sappia dove sono!” “Ma brava!” esclamò irritato “Diamogli pure un motivo valido per farti tagliare la testa, tanto è questo che aspetta no?” “Credi che mi importi?” “Ultimamente non ti importa granché della vita contessa. Smettila di comportarti da sciocca e torna in te” la strinse per un polso inchiodando gli occhi ai suoi Andrè trattenne il respiro distogliendo lo sguardo “Cosa pensavi di fare? Venire qui e prenderlo a pugni? Ti ho detto che avremo risolto questa cosa in modo diverso, che ti avrei aiutato senza che tuo padre lo scoprisse. Come posso mantenere le mie promesse se fai di tutto per renderle difficili?” “la sentì sospirare, il cuore rallentò di colpo ma la rabbia che colorava il suo sguardo non aveva voglia di sparire nel nulla “Ora torni agli alloggi di tuo padre. Fai dei bei respiri profondi e mi aspetti” “Non sono una bambina, sono un colonnello dell'esercito reale” “Come vedi sto tremando di paura” “Se non la smettete di prendervi gioco di me giuro su Dio che vi taglio la gola” “Quando si inizia un duello e si è pieni di rabbia non si vince mai Oscar. Pensavo lo sapessi ormai” “Lasciami andare!” tirò violentemente il braccio liberandosi dalla presa dell'uomo e mascherando le lacrime si allontanò da loro incurante di quello sguardo sofferente che ne seguiva i passi.
“Prima o poi la uccido” mormorò Christian passandosi una mano in viso “Scusate signor colonnello. Ho delle cose da sbrigare e se voi ...” “Io non amo essere preso in giro soldato. Quello che ha fatto Oscar è stato avventato, sciocco e non privo di pericolo ma l'ha fatto per un motivo” sfilò dalla fascia la busta chiusa lasciandola tra le sue mani “Leggetela e forse finalmente tornerete in voi” “Mi giurate che la porterete via da qui subito? Vi prego colonnello. Non è un posto sicuro per lei” “Avete uno strano modo di non interessarvi alle persone” esclamò ironico giocando con i suoi occhi “Gli uomini innamorati hanno preoccupazione del genere, non i soldati comuni che litigano con il proprio superiore” “Non siete divertente” “Io sono l'unica persona in grado di restarle accanto in questo momento. Negli ultimi mesi nessun posto è stato sicuro per lei. Mi sono preso cura di Oscar e quando fa sciocchezze del genere avrei voglia di prenderla a schiaffi ma comprendo il suo dolore. Andremo via da qui entro qualche ora e vi pregherei di tenere questa fuga per voi” “Una bella donna dai capelli come l'oro avvolta in una divisa è un'immagine che salta agli occhi signore, come pensate di poter risolvere questo casino?” “Non sono infinite le strade che portano al successo?” “No, no se il successo è ostacolato da suo padre!” “Oh non temete, il generale sa essere molto comprensivo” ribatté divertito il duca “Occupatevi delle cose importanti ora, al resto penserò io” “E il vostro resto include anche la figlia del generale?” “Soldato, è gelosia quella che leggo nelle vostre parole?” “No signore, solo curiosità” “Molto bene, allora per soddisfare questa curiosità, vi rispondo che per il bene di Oscar, il mio resto includerà qualsiasi cosa abbia a che fare con lei e con il generale” lo salutò velocemente e se ne andò via lasciando un uomo confuso e sfinito che aveva l'unico conforto di poter stringere tra le dita quella carta preziosa.


 

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Capitolo 26
*** Ho trovato il suo Nome ***


                    Ho trovato il suo Nome





“Per caso ti sembro una bambina?” sbottò gelida buttando la spada sulla scrivania “Non azzardarti mai più a trattarmi da sciocca di fronte ai soldati!” “Se tu non me ne dessi motivo allora io non ...” “Cosa? Non mi correresti dietro ogni volta che esco di casa?” “Cosa diavolo volevi fare si può sapere? Passare inosservata? Sei una donna Oscar! Una bella donna e se ne sono accorti tutti là fuori!” “Sono un colonnello! Non ho bisogno di una balia, ne ho avuta una per tutta la mia infanzia e continuo ad averla anche adesso, non ti ci mettere anche tu ti prego” si passò una mano in viso sospirando “Lo sai perché sono qui?” osservò il volto del giovane chiedendosi da dove arrivasse quel leggerissimo pallore che gli sfiorava le guance “Lo sai perché ho cavalcato per tre giorni interi?” “Non ho bisogno del tuo aiuto!” “Da quanto non dormi?” trasalì mentre gli occhi del giovane diventavano improvvisamente più profondi “Sei pallida, tremi e sei arrabbiata, molto arrabbiata. Credi che prendere a schiaffi lui possa aiutarti Oscar? Perché diavolo l'hai fatto! Erano mesi che desideravi vederlo e ora che puoi ...” “Ti ho già detto che non sono affari tuoi?” era gelida, diretta.
Il suo sguardo non conservava nulla della ragazza dolce e sorridente delle ultime settimane “Non ho bisogno di parlare, non ho bisogno di niente!” “Hai bisogno di riposare” esclamò afferrandola per le spalle “Senti, non mi importa per quale sciocco motivo tu sia arrabbiata con lui, sono certo che sia un motivo sciocco altrimenti non si spiegherebbe quella scarica di schiaffi che l'hanno colpito ...” si fermò qualche secondo ridendo dell'espressione a metà tra la confusione e la rabbia che le colorava il volto “ … e non mi importa nemmeno se deciderai di scappare ancora. Se credi che sia qui per farti la predica o difenderti da tuo padre sei in errore. Quello che voglio è vederti riposare” “Quello che vuoi tu non è esattamente ciò che voglio io” le labbra si piegarono in un sorriso ironico, carico di sfida “Credi di spaventarmi?” “Ascoltatemi bene duca, nessuno si può permettere di darmi ordini, nessuno può nemmeno pensare una cosa del genere. Sono stata addestrata a sopportare qualsiasi cosa e a reagire, sempre! Non ammetto che un altro uomo dia ordini sciocchi in quel modo tanto arrogante” “Io conosco il tuo segreto Oscar” la sentì tremare leggermente indietreggiando “E non parlo dell'amore contessa. Conosco il tuo segreto ed è per questo che sono qui!” “Te l'ho detto e te lo ripeto Christian, non sono una bambina, non azzardarti mai più a darmi ordini in quel modo!” si liberò dalla sua presa, afferrò la spada e il copricapo ed uscì dagli alloggi lasciandolo solo a sorridere.
Era talmente concentrata sul mascherare le emozioni dietro a quel tono severo, da non accorgersi nemmeno che le lacrime le rigavano le guance.
Soffriva per aver urlato con Andrè, per averlo colpito, per avergli dato colpe che forse nemmeno aveva ma in quel momento ma quella reazione era l'unica via d'uscita in grado di darle un attimo di respiro.
Aveva bisogno di tempo per comprendere, di spazio per essere se stessa ma non sarebbe scappata no, no non l'avrebbe mai fatto perché ora aveva una ragione per aspettare.




Sento nel cuore un vuoto immenso Andrè, un vuoto che fino ad ora non sono riuscita a spiegare.
Sono rimasta per giorni a cercare risposte, le ho cercate in me stessa, nel cielo, nelle stelle che ogni notte mi spiavano ridendo di questa lotta, del mio voler a tutti costi cambiare.
Ricordi Andrè? Ricordi quelle notti passate ad aspettare l'alba? Restavamo assieme con gli occhi persi sull'orizzonte ascoltando il cielo, ridevamo del mondo che si svegliava mentre la notte sembrava tanto lontana.
Eravamo così piccoli, così innamorati di quelle ore silenziose dove nessuno poteva disturbarci.
Nascosti dagli occhi di tutti, nascosti dal mondo intero.
La tua mano era stretta alla mia, i tuoi occhi persi sull'orizzonte.
Restavi accanto a me rassicurandomi, proteggendomi dal buio e lo facevi con il sorriso.
Stringevi la coperta attorno a noi e restavi immobile accanto a me con lo stupore negli occhi quando il sole si svegliava.
Ho provato a dimenticarti, ci ho provato davvero. Sono persino andata in Normandia ma non è servito.
Passeggiavo sulla spiaggia ascoltando il mare ma in quel mare c'era il tuo respiro, nel mare c'era questo amore nascosto in mezzo alle onde che mi guardava, che sorrideva mostrandomi la dolcezza dei suoi occhi.
Era così chiaro, così limpido nell'acqua. Non ho mai capito cosa vivesse in me, cosa provavo per te.
Poi tu mi hai guardato e hai detto “Io ti amo Oscar” e il mondo si è fermato.
Tutto quello che credevo essere forte si è distrutto.
Mi sono sciolta pezzo dopo pezzo arrabbiandomi con me stessa perché non capivo come fosse possibile, non capivo per quale dannato motivo quelle parole avessero un effetto così disastroso su di me.
Ero diventata improvvisamente donna, tu mi hai fatto diventare donna e ti ho odiato per questo.
Ero debole, indifesa, diversa da quell'immagine a cui ormai sono abituata.
Ho provato a combattere, ho provato a distruggere la mia debolezza ma dopo cinque mesi, non riesco ancora a dimenticare il tuo volto.
Ho sbagliato, ho sbagliato con te, ti ho permesso di andare via, di lasciarmi sola.
Credevo di fare la cosa giusta, se c'è qulcosa che ti rende debole non devi far altro che allontanarla da te. È questo che mi è stato insegnato ed è questo che ho fatto ma più ti allontanavo, più mi rendevo conto che eri l'unica cosa che desideravo con tutta me stessa.
Mi manchi, mi manchi da morire Andrè e non c'è un solo giorno della mia vita che passi senza pensare a te.
Lascia questa guerra folle, scappa assieme a me, vieni via con me. Andremo lontano, dove quell'alba sorgerà di nuovo, dove rideremo del cielo e della notte.
Andremo in un posto diverso, un posto dove non esiste il rango e l'onore di famiglia, dove imparerò ad amare assieme a te.
Non sono brava a parlare di queste cose, non l'ho mai fatto ma c'è una cosa che voglio tu sappia: quello che provo per te ha un nome.
L'ho trovato Andrè, ho trovato un nome per quel sentimento, un nome che ha solo cinque lettere e che tu già conosci.
Non lasciarmi sola, nel silenzio c'è freddo amore mio.


                                         Oscar






Strinse la lettera tra le mani mentre gelide lacrime scivolarono via dagli occhi.
Era lì per lui, era corsa da lui disobbedendo alle rigide disposizioni del padre, disobbedendo a se stessa.
Non era arrabbiato con lei, come poteva esserlo? Sapeva che quella reazione così violenta era una difesa, l'ultima debolissima difesa dietro alla quale si nascondeva.
Colpendo così forte aveva in realtà colpito se stessa, era arrabbiata con se stessa perché lei così abituata ad avere il controllo, si ritrovava di colpo in balia di sentimenti che fino ad ora aveva ignorato. 
Si voltò verso il punto più lontano dell'accampamento, vide quell'uomo che ora, d'improvviso, era diventato qualcuno accando a lei.
Era un nobile, un uomo di cultura, elegante raffinato, in grado di ammaliare il generale con il retaggio della propria casata e lei, lei così dannatamente bella, così perfetta, lei che era troppa vita, troppo amore, troppo per un povero servo.
La vide annuire leggermente, una risposta a qualche domanda silenziosa poi la mano del duca sotto al suo mento per costringerla ad alzare lo sguardo e quel brivido gelido che gli percorse la schiena.
Gelosia, terrore, paura, una paura folle che nemmeno la guerra era in grado di scatenare “Stai bene?” tremò violentemente mentre Emile lo osservava confuso “Sei sicuro di quello che fai Andrè?” “In che altro modo posso proteggerla? Ho giurato al cielo che sarei tornato da lei e lo farò. Non può restare qui, è troppo pericoloso” strinse più forte la lettera tra le dita trattenendo un singhiozzo “Puoi lasciare questa guerra, puoi scappare e correre da lei perché se la lasci andare, se le permetti di allontanarsi non la troverai più” sentì le mani dell'amico stringersi con forza attorno alle sue spalle costringendolo a sollevare lo sguardo “Non lo vedi come stai soffrendo? Non è giusto, né per te né per lei perché lei ...” “Lei mi ama” sussurrò tra le lacrime “Lei è … lei mi ama” il pianto esplose violento mentre l'amico lo stringeva con forza tra le braccia.
Lacrime di gioia, lacrime di dolore, lacrime troppo a lungo trattenute, lacrime che esplodevano violente tagliando il respiro, prendendosi gioco di lui, del suo animo maltrattato e debole.
Emile sorrise rafforzando quell'abbraccio “Lei ti ha sempre amato.Coraggio amico mio, ti aiuterò a tornare a casa, ci torneremo assieme” Andrè tremò violentemente annuendo ma nei suoi occhi c'era solo quell'immagine così forte, così maledettamente dolorosa.
La sua dolcissima Oscar, il suo bellissimo angelo che si lasciava guidare da due braccia forti, nobili, due braccia che non erano le sue e che sembravano una culla sicura.

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Capitolo 27
*** Fino a che starai Bene ***


                  Fino a che starai Bene






“Padre?” mormorò confusa raggiungendolo accanto al fuoco “Quando siete tornato?” “Pochi minuti fa” “State bene?” “E tu?” domandò cercando lo sguardo della ragazza “Tu come stai?” “Perché lo domandate?” sussurrò sedendosi sul pavimento di fronte a lui.
Lo vide sorridere, quella era la stessa posizione che assumeva da bambina, quando restava assieme a lui davanti al fuoco ad ascoltare la storia delle grandi battaglie del passato.
“Continui ad essere pallida” “Sto bene” “Sei una bugiarda” sussurrò giocando con l'elsa della spada “Ma una bugiarda molto bella, sei perdonata” “Non capisco cosa state ...” “Dove sei stata?” “Quando?” sussurrò sistemandosi i capelli “Sei sparita per due settimane” “Perdonatemi. Avevo bisogno di riposare. Sono stata in Normandia” “Ho ricevuto una visita interessante” “Davvero?” “Il nostro caro duca è venuto al fronte” “Quando?” “Qualche settimana prima della tua fuga in Normandia” “Me ne aveva parlato ma credevo scherzasse” “Sei molto legata a lui non è così?” annuì appena concentrandosi sullo sguardo del padre “È un brav'uomo. Educato, colto, elegante, farebbe qualsiasi cosa per te, compreso mentire” sapeva che in quelle parole, in quel modo di osservarla c'era tutta la verità appena scoperta.
Suo padre era sempre stato bravo a leggerle dentro, non poteva nemmeno pensare di nascondergli qualcosa e di certo, il motivo di quella fuga innocente non gli era sconosciuto ma il tono della sua voce era calmo, i suoi occhi non si tingevano di rabbia e i muscoli erano rilassati “Sai Oscar, sarei davvero molto felice se tu accettassi l'idea di diventare sua moglie” “Cosa? Lui ha chiesto … ” “No” “Grazie al cielo” sussurrò stringendosi leggermente la testa tra le mani “La troveresti davvero tanto brutta come proposta?” “Padre non è un matrimonio che desidero” “No certo, quello che desideri lo sappiamo entrambi” tremò leggermente, gli occhi del padre si piegarono in un leggerissimo sorriso indagatore “Ti ho fatto una domanda Oscar” riprese severo “Allora?” “Non saprei” sussurrò la ragazza nascondendosi dietro ad un sorriso falso e bugiardo “Christian è … voglio dire il duca, è educato, ama la lettura, la musica, l'arte. Tira di scherma e ama cavalcare ed è …” “È molto bello, siete entrambi molto belli e i vostri figli lo sarebbero altrettanto” “Padre, posso chiedervi per quale motivo mi fate una domanda del genere? Perché proprio adesso?” “Perché mi sono reso conto di averti fatto soffrire più del dovuto in questi ultimi mesi” “Beh, ci avete messo solo sei mesi e mezzo. Questo è un passo avanti” “Cosa ti ho detto sul rispetto verso tuo padre?” “Perdonatemi ...” sussurrò sfinita passandosi una mano tra i capelli “ … non sono stati giorni semplici” “Credi davvero che non lo sappia? Ti vedo Oscar, ti vedo lottare con te stessa e con qualcosa che non ti lascia in pace” “Se pensate di nuovo all'amore voi siete ...” “Penso che l'amore sia un diritto di tutti bambina ma che pochi soltanto hanno il piacere di provarlo. Non è di questo che mi preoccupo ma del tuo volto pallido, degli occhi stanchi, di quel poco cibo che riesci a mangiare” “Ve l'ho detto padre. Sono stati giorni difficili. Il mio incarico porta via la maggior parte delle energie” il generale socchiuse gli occhi studiando per qualche secondo il volto della figlia “Non ho dormito molto ultimamente” “Nemmeno in Normandia? Il duca mi ha detto che sei riuscita a riposare un po'” “Tra un pensiero ed un altro” si affrettò ad aggiungere cercando di rendere la bugia di Christian quanto meno reale “E di grazia bambina, di che pensieri si trattava?” “Soliti pensieri padre. Voi lo sapete meglio di me, avere il comando porta sempre grandi preoccupazioni” “Preoccupazioni che non ti hanno mai spaventata” “Avete ragione, ma qualche volta accade” sorrise giocherellando con i bottoni della camicia “ Sei molto legata al duca e credo che assieme sareste un meraviglioso futuro per la nostra casata” “Non è quello che desidero” “Non ti ho imposto niente. Non voglio farlo almeno fino a quando ti vedrò camminare sulle tue gambe con la stessa forza di sempre ma Oscar ...” inchiodò gli occhi al volto della figlia sospirando “ … il giorno in cui ti vedrò vacillare allora questa diventerà un'imposizione chiaro?” annuì leggermente perdendosi sullo scoppiettio delicato del fuoco e su quel pensiero fino ad ora mai nemmeno immaginato.




“Sei impazzita per caso?” esclamò trattenendo la sua spada per qualche secondo “E quando avrei espresso a tuo padre il desiderio di sposarti?” “Non è così?” “Ho parlato con lui di questa evenutalità e sì, gli ho detto che non mi sei indifferente Oscar anzi, se fossi libera dal tormento che assilla ogni tua notte probabilmente ti chiederei in moglie ma non lo sei, quindi, credo che la contessa De Bertrand sia un partito più che ottimo” lei sorrise sciogliendosi da quella presa leggera “Ha detto che avremo figli stupendi Christian! Figli! Ti rendi conto? Io con dei figli, con dei piccoli incapaci di difendersi dal mondo” “Sono bambini Oscar non cuccioli di cane. Avranno sempre qualcuno a difenderli” “Io non avrò figli” “È giusto, e se poi venissero fuori arroganti come te?” “O magari con manie di grandezza come te” sbottò parando un altro colpo “Impossibile, io sono perfetto sotto ogni punto di vista. Non manco di ragionevolezza, al contrario della futura madre” “Non sei ancora perdonato per l'idiozia che hai commesso” “Sono passati quattro giorni Oscar!” “E questo dovrebbe avere un qualche peso perché?” ma l'altro sospirò scuotendo la testa, la spada si tese di nuovo incrociando quella della ragazza “Come li chiameresti?” “Cosa?” “I nostri figli contessa” “Oh andiamo!” “Maxime” esclamò divertito evitando un suo attacco “Maxime Anthony D'Amien” “È sciocco” ribattè “Non è sciocco, è un bel nome” “No, non lo è” “D'accordo, non lo è ma un nome dovrà pur averlo. Non possiamo chiamarlo semplicemente: ehi tu” le lame si incrociarono di nuovo portandoli a pochi centimetri uno dall'altra “Senti questo: Amélie Cassandre Claire D'Amien” “La smetti con i nomi stupidi?” “E tu la smetti di distruggere ogni mio tentativo di giocare con la fantasia? Sono solo nomi” “Non mi piacciono” “Non mi importa. Hai mai sentito di qualche madre libera di scegliere i nomi per i propri figli? È l'uomo a decidere” “E tua madre allora?” Christian sospirò alzando gli occhi al cielo “Mia madre non conta” “Sarebbe molto felice di saperlo” scoppiarono a ridere divertiti come se quel gioco innocente potesse in qualche modo distoglierli dall'ansia degli ultimi giorni.
Era ancora arrabbiata con lui, non così tanto da prenderlo a pugni ma abbastanza da sottolineare ogni parola con ironia.
Sentirla di nuovo ridere tutta via, era una cosa meravigliosa. Amava il suo sorriso e aiutarla a dimenticare per qualche secondo quella promessa strappata alle lacrime era un regalo immenso.
Era solo un gioco innocente, immaginare per caso nomi improbabili per bambini che non sarebbero mai arrivati era tutto sommato divertente “Corinne?” “No” “Charlotte” “Ti prego, sto per vomitare” “Marléne, Nicole, Rosalie, Vivienne?” “Renée” “Davvero?” domandò stupito incrociando le braccia sul petto “Renée?” “Non saprei, ha un bel suono” “E siamo a uno. Ce ne servono almeno quattro contessa. Siete consapevole di questa cosa non è vero?” “Io ne ho due” “E io sei. Incontriamoci a metà strada d'accordo?” “Quattro non è la metà di sei” “Siete sempre così puntigliosa?” ma lei sospirò scuotendo leggermente la testa “Allora, Renée Louise ...” “Come si chiama tuo padre?” “Mio padre?” ribattè confuso “Etienne” “E tua madre?” “Elisabeth Marie” “È un bel nome” sussurrò sorridente allontanandosi di qualche passo da lui.
“Dunque contessa, la nostra meravigliosa bambina si chiamerà Renée Louise Elisabeth Marie D'Amien” “E se fosse un maschio?” “Oh andiamo, non distruggere così il mio sogno. Vedo già il volto di mia figlia” “Ma davvero?” domandò divertita sedendosi sulla terra gelida.
“Certo” lasciò andare la spada raggiungendola “La mia Renée avrà i capelli scuri come la notte, morbidi e setosi, ribelli come quelli della sua mamma e ruberà il colore degli occhi dal mare. Le labbra rosa come quei fiori che tanto ti piacciono e l'incarnato di luna” “Sarà una bambola di porcellana?” “Sarà ostinata e testarda. Con il brutto vizio di protestare per ogni cosa. Indosserà quello che più le piace, vestiti o pantaloni, per me non fa differenza. Imparerà ad usare la spada e leggerà molto. Scapperà ogni volta che le vieterò qualcosa e imparerà a cavalcare e per mia sfortuna, sarà così bella da attrarre sciami di giovani infatuati alla mia porta” “Siete davvero molto innamorato di quest'immagine duca. Non affezionatevici troppo. Non si avvererà mai” voltò leggermente il viso incontrando i suoi occhi “Ha mai fatto male a qualcuno immaginare le cose?” “Ho immaginato per mesi di poter vivere accanto a lui e guarda ora dove sono” c'era malinconia nella sua voce “Ho sbagliato, ho sbagliato tutto. Volevo parlare con lui e credo di aver combinato un casino più grande di quanto ...” “Oscar, come si può parlare in mezzo alla guerra? Non puoi pretendere di essere razionale, l'amore non lo è mai” “Ho solo bisogno di sapere che non mi ha dimenticato, che mi vuole bene anche se siamo così lontani e che il dolore che provo non è sciocco e privo di fondamento” la mano si mosse leggera stringendosi attorno alla sua “Sai già tutte queste cose. Ti ha promesso che sarebbe tornato da te. Puoi semplicemente crederlo? Vedrai che tornerà. È un uomo d'onore Oscar, non abbandona una cosa a metà e tu più di tutti dovresti capirlo” “Parlavi seriamente prima?” “Riguardo a cosa?” “Alla contessa. Eri serio?” “Prima o poi tutti devono trovare un porto sicuro per i propri sentimenti. È una bella donna, colta, intelligente, di buona famiglia. Credo sarà un gran bel matrimonio e mio padre ne sarà molto contento” “La ami?” domandò cercando i suoi occhi “Tu cosa pensi?” “Che c'è un'altra donna nei tuoi pensieri altrimenti il tuo sguardo sarebbe pieno di gioia quando parli di lei” “Siete perspicace contessa” risero divertiti cancellando il silenzio “E ami questa donna misteriosa con il cuore?” “Quasi quanto tu ami Andrè” “E lei ti ama?”restò immobile qualche secondo con gli occhi persi in lei, indeciso sulle parole da usare, su ciò che fosse giusto e sbagliato “Non ne ho idea, ma io spero che da qualche parte, nel profondo del suo cuore sappia quanto è importante per me e che oggi, domani o tra un anno, troverà in me un amico sicuro” la presa si rafforzò attorno alla sua mano e gli occhi restarono uniti in quel mutuo accordo che restituiva dolcezza all'amicizia “L'amore porta sempre sofferenze. Si ama e si odia assieme ma passerà vedrai. Quando tornerà da te tutto quest'odio passerà” “Non mi piace soffrire, non mi piace essere debole” “Non ti piace nemmeno mentire eppure l'hai fatto” “Quando?” domandò confusa cercando i suoi occhi “Con tuo padre” “Non ho mentito” “Hai avuto la febbre la notte scorsa. Non credi che fingere indifferenza e sorridere come sempre sia mentire?” “Non fa male a nessuno di noi” “Fa male a me” “Lo so” sussurrò sfinita “Ma che altro posso fare?” “Smettila di essere così ostinata e lasciati aiutare. Altrimenti Renée sarà costretta a prenderti a pugni più del dovuto quando inizierà a crescere dentro di te” di nuovo un sorriso, leggero, appena visibile ma sempre lì, sempre bello e delicato, un sorriso solo per restituire un dolce tepore al freddo del giorno.

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Capitolo 28
*** Nello stesso Istante ***


                             Nello stesso Istante






Aiutami a spostare queste cose Emile!” “Porca … ci sparano addosso di tutto” si coprirono la testa appiattendosi il più possibile contro il terreno.
Il tuono che squarciò l'aria invase i pensieri eliminando per qualche secondo il contatto con la realtà.
La polvere si alzò dal terreno infilandosi negli occhi, nella bocca, strinse più forte le mani attorno al fucile voltandosi verso l'amico, stava bene, era sfinito ma stava bene.
C'era solo qualche graffio qua e là sul suo volto ma respirava ancora “Non resisteremo per molto, dove sono i nostri cannoni?” “Stanno arrivando i rinforzi. Il capitano Calè ha mandato altri uomini sulla prima linea” chiuse gli occhi immaginando per un secondo di essere a casa, affianco a lei, a respirarne il profumo, a perdersi nel suo bellisimo volto mentre riposava serena. Immaginava sempre i suoi occhi quando accadeva qualcosa di brutto. In qualche strano e contorto modo, Oscar era la sua ancora di salvezza, il suo mondo sicuro dove niente di brutto poteva accadere … “Se continui a bere così finirai ubriaca entro pochi secondi. Non ti fa bene lo sai” esclamò divertito ma Oscar scoppiò a ridere avvicinandosi a lui “Dovete smetterla di farmi la predica per ogni cosa duca, non siete credibile” “Davvero?” “Come potete esserlo quando anche voi bevete assieme a me?” sollevò il bicchiere verso di lei ignorando completamente quell'ultima affermazione “Allora contessa brindate assieme a me. A quanto ho sentito, presto la guerra sarà finita” ma quello scoppio leggero di allegria non l'aiutò a mantenere l'equilibrio.
Finì tra le braccia dell'uomo, aggrappata a lui come un bambino che tenta di camminare.
Le sorrise sfiorandole il volto con un dito, seguiva i suoi lineamenti perdendosi nella bellezza di quel volto leggermente arrossato dal vino, in quegli occhi lucidi e pieni di sorrisi.
Non gli piaceva mai bere così tanto e non le avrebbe certo mai permesso un'idiozia del genere ma vedeva nel suo sguardo il bisogno di dimenticare per qualche secondo i giorni passati, il bisogno quasi viscerale di sentirsi libera e leggera “Vi ho preso contessa” “Voi mi prendete sempre” sussurrò studiando per qualche secondo il suo volto “Sei sempre qui quando tremo” “Ed è una cosa brutta?” un leggerissimo sì le uscì dalle labbra mentre si lasciava sorreggere da lui.
La mano stretta attorno ai fianchi, sulla schiena delicata, la teneva ancorata a sé, così vicino, così pericolosa.
Sollevò con la mano libera il polso della ragazza intrecciando le dita alle sue “Danzate con me contessa?” “Ho già danzato con voi una volta” “Oh andiamo, quella non era una danza. Hai provato a togliermi la spada di mano” “Ci sono riuscita” esclamò ridendo mentre le braccia di Christian la muovevano dolcemente nell'aria … Un altro colpo di cannone, altre urla che squarciavano l'aria.
Respiravano polvere, assaggiavano sangue e ferro.
Puntò di nuovo il fucile sparando, scaricando per l'ennesima volta il suo odio contro qualcuno che nemmeno conosceva “Secondo te sta bene?” “Chi?” domandò confuso mentre Emile si abbassava per caricare l'arma “La mia giovane sposa” “Certo che sta bene. Ti aspetta, starà cucendo un bell'abito per essere stupenda ai tuoi occhi. Anche se probabilmente sbaglia perché lo è già” “È vero” “Già, e quando tornerai a casa ci sarà un bel tavolo apparecchiato ad aspettarti, con tante cose buone da mangiare ...” sfilò la polvere da sparo dal cornetto cercando di metterci meno tempo possibile a caricare il fucile “ … resterai sdraiato al sole assieme a lei ad immaginare il futuro, a sognare il viso dei vostri figli” “Ne vorrei tre” “Davvero?” si alzarono di nuovo sparando contemporaneamente per poi ricadere al suolo “Già, tre bellissimi bambini che corrono e saltano e fanno tante domande” “Allora avrai tre bambini Emile. Tre bambini rosei e profumati che combineranno un sacco di disatri, probabilmente saranno testardi come te ma avranno la dolcezza della loro mamma” “E tu?” “Cosa?” ribatté mentre i loro capitani impartivano ordini “Tu avrai dei figli?” “Non lo so” “Oh io dico di si. Siete troppo belli per negare al mondo un figlio. Oscar è un angelo” un bellissimo sorriso colorò le labbra di Andrè mentre gli occhi dell'amico riflettevano la sua gioia “Mi ha spaventato, quando l'ho vista in mezzo a questo inferno così fredda e severa beh, credevo di vedere il generale solo molto più giovane e con un bel paio di gambe” esclamò divertito grattandosi la nuca “Poi mi sono ripreso e mi sono accorto che c'era eleganza nei suoi movimenti. Era bella ma questo è banale da dire, eppure, guardandola è la prima cosa che la mente elabora. Come ha fatto il nostro generale a creare un fiore così raro?” “Me lo sono sempre chiesto anche io” ribatté divertito “Me ne sono accorto subito Andrè. Apparteneva a te, il suo sguardo, la sua voce, il suo corpo. Era tua e si leggeva nei suoi occhi” “Ma va?” sussurrò ironico seguendo la corsa dei suoi compagni verso il fuoco “Si legge nei suoi occhi, è amore amico mio e avrete figli stupendi. Sarà così! Avrete bambini tanto belli da far arrossire persino il sole. Avranno i suoi occhi e il suo incarnato prezioso, il colore prezioso dei suoi capelli e ...” “E spero anche qualcosa di mio” Emile scoppiò a ridere dandogli una pacca sulla spalla “Ti dispiace se immagino i tuoi figli uguali a lei? Preferisco immaginare belle cose” “No figurati, anzi ...” si fermò qualche secondo riprendendo fiato “ … vorrei solo poterla rivedere, immaginarla mentre da la vita è qualcosa di così bello e speciale. È così Emile, è una cosa ...” “Meravigliosa?” terminò l'altro “Non so cosa si provi a dare la vita Andrè, sicuramente tanto dolore ma quando poi ti fermi a guardare i loro occhi, quando vedi lo sguardo che scambia una madre con il proprio figlio ti senti così inutile, così piccolo e inutile” “Non credo sia il momento di parlarne ora amico mio. Le mie sono solo sciocche immagini. Non so nemmeno se ...” “No! No non pensarlo nemmeno. Non possiamo lasciarci le penne. Abbiamo qualcuno a casa da rivedere” Passi leggeri, note silenziose che riempivano l'aria accompagnando le loro risate.
Non aveva mai danzato con lei, non era una cosa che si sarebbe sognato di fare ma stringeva tra le braccia la stessa donna che a quella festa l'aveva incantato.
“Che c'è?” domandò confusa “Cosa vedi di tanto bello?” “I tuoi occhi” “E sono davvero così belli?” annuì leggermente continuando a danzare “E puri e forti. Avessi io i tuoi occhi Oscar” “Beh, credetemi duca, i vostri non hanno niente da invidiare ai miei” “Voi dite eh?” la vide inclinare leggermente la testa di lato mordendosi le labbra mentre un'espressione innocente le sfiorava lo sguardo “Vi ho mai detto che siete bellissima?” “Ogni giorno da quando vi conosco” sentiva i muscoli di quel ventre delicato tendersi ad ogni passo, il suo respiro che si fondeva al petto, il seno dolcemente spinto contro di lui “E vi ho detto anche che quell'uomo è molto fortunato?” “No, no questo non l'avete mai fatto” “Molto fortunato e anche molto sciocco” “Oh andiamo!” “Ci ha messo vent'anni a dirti la verità, vent'anni passati a spiarti in silenzio quando bastavano pochi secondi per amarti” si fermò di colpo stringendola più forte, gli occhi fusi ai suoi e il respiro lento e regolare “Io ci avrei messo cinque secondi Oscar. Cinque secondi soltanto per dirti: sei l'amore della mia vita” “Non l'hai mai fatto” “L'avresti mai accettato?” il silenzio di quello sguardo lo fece sorridere “Per questo mi sposo tra un mese. Perché se continuo a restarti così vicino ho paura di pronunciare le stesse parole” quelle labbra di rosa così vicine erano un invito violento ad assaggiare la dolcezza, a scoprire se quella luce che le brillava negli occhi sapeva di miele e di tenerezza “Ma se ora ti bacio, forse posso dimenticare per qualche istante l'idea di doverti lasciare” “Siete ubriaco” sussurrò sfiorandogli le labbra con le dita “Forse, o forse sono solo curioso” chiuse gli occhi avvicinando la bocca alla sua ma si fermò a pochi centimetri da lei, immobile così, immobile in quel silenzio prezioso.
L'aveva tra le braccia eppure non la sentiva tremare, non scappava, non si ribellava, restava lì, ad osservarlo, a cercare nei suoi occhi la verità e il gioco.
Le labbra schiuse, lo sguardo impreziosito dal torpore del vino “Non vi siete tirata indietro contessa” “Forse, perché sapevo che vi sareste fermato” erano parole, parole sussurrate a fior di labbra che d'improvviso scatenarono una risata divertita ... “Gli ufficiali di sua maestà tardano” esclamò irritato Moris strisciando fino a loro “E perché dovrebbero aver fretta? Ricordi una sola volta che si siano preoccupati di arrivare in orario?” Andrè sorrise cercando di riprendere fiato “Abbiamo cinque minuti per riposare. Gli altri ragazzi ci coprono poi noi faremo altrettanto con loro” “Tu hai qualcuno ad aspettarti?” “Io?” “Andrè ha quell'angelo in uniforme, io ho la mia bellissima sposa e tu?” “Mio padre” esclamò orgoglioso “Gli ho promesso che sarei tornato tutto intero e che avremo preso un bel pezzo di terra” “Vuoi coltivarlo?” “Forse, o magari ci costruisco una bella casa” “Con tanti fiori amico mio, i fiori rallegrano la vita” “Giusto” esclamò Andrè passando ai compagni un po' d'acqua “Fiori per dimenticare, colori contro il grigio della guerra” “Non si dimentica mai la guerra. Questo schifo tornerà sempre a galla ma possiamo provarci” Emile annuì deciso ridacchiando “Vedi amico mio, è questo che ci differenzia dai nobili, noi siamo gente semplice, non ci serve nient'altro all'infuori di un pezzo di terra, una casetta e tanti fiori” risero divertiti come se la guerra non passasse sulle loro teste, come se la vita fosse la stessa di sempre … “Ora devi spiegarmi come ci riesci” “A fare cosa?” domandò divertita sedendosi sul pavimento accanto a lui “Come riesci a dare ordini tutto il giorno senza annoiarti” “Sono stata cresciuta per questo. Credi sia un gioco?” “Credo sia noioso” “Oh ma davvero? E i tuoi numeri invece? Sempre perso nei calcoli” “Credi mi piaccia? Ha preso un'abbaglio enorme, quello piace a mio padre” “E allora perché lo fai?” “E tu? Perché lo fai?” trattenne il fiato colpita dalla sincerità di quelle parole “Hai visto? Siamo uguali” “No” “No è vero, io non porterò in grembo Renée e non sono bello come lo sei tu ma per il resto siamo identici” “Ami un uomo anche tu?” “Hai vinto” esclamò divertito sollevando il calice di vino “A cosa brindiamo?” “Alla fine della guerra e al ritorno del tuo amore” un dolcissimo sorriso le colorò gli occhi “Ai ritorni” il cristallo toccò leggermente l'altro perdendosi in un dolcissimo silenzio.

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Capitolo 29
*** Segreto ***


                                            Segreto





“Come sta?” “Continua a ripetere che sta bene” il generale sospirò passandosi una mano in viso “Si oppone sistematicamente alle mie decisioni e ogni volta arriviamo a questo punto” “Non siate troppo severo con voi stesso signore” “Devo esserlo, sono suo padre, è compito mio tenerla al sicuro” Christian lo raggiunse sedendosi accanto a lui “Devo partire questa notte duca, ma non so se voglio farlo” per la prima volta vide nei suoi occhi preoccupazione, quella vera, quella che distrugge i pensieri di un padre ogni volta che il proprio figlio soffre “Se può aiutarvi signore, resterò io con lei” “Non starò via molto. Ho delle cose da sistemare assieme al generale Buillé. Tra qualche giorno sarò a casa. Avvertitemi qualsiasi cosa accada” l'altro annuì mestamente “Duca! Ho detto qualsiasi cosa accada sono stato chiaro?” “Vi avrei avvertito anche se fosse stato un semplice raffreddore. Non vi preoccupate, è al sicuro con me” la porta della stanza si aprì lentamente.
Il generale scattò in piedi mentre il medico si avvicinava a lui “Dottore. Cosa mi dite?” “Vostro figlio sta meglio. La febbre di qualche sera fa è sparita. Non mangia molto non è così?” la governante uscì dalla stanza rispondendo pacatamente “No signore, ultimamente non molto” “Ne conoscete il motivo?” “Mi ripete continuamente che è stanca. Che vorrebbe solo riposare un po'” “Deve mangiare di più. Deve alimentarsi in modo appropriato. Nel suo respiro c'è un leggerissimo affanno” “Come dite?” esclamò confuso il generale “Quando ascolto il suo respiro sento un leggerissimo affanno che ne spezza il ritmo. Probabilmente è solo stanchezza ma vorrei tenerlo controllato il più possibile. Tutte queste febbriciattole che appaiono e scompaiono non mi convincono” Christian si alzò dalla poltrona sospirando “Dottore, Oscar non ama le imposizioni. Se la costringete al riposo scapperà” “Non è necessario costringerlo. Deve solo rallentare per qualche giorno tutto qui” “Venite” il medico seguì il generale lungo la scala mentre la governante camminava sommessamente davanti a loro.
Rallentare, era davvero quella la cura? Costringerla a rallentare? Sorrise al pensiero dell'espressione che le avrebbe colorato il volto.
Spinse dolcemente la porta senza smettere di ridere “Che c'è di così divertente?” domandò confusa finendo di allacciare la camicia “Perché stai ...” “Perché la cura del tuo medico mi fa ridere” “Davvero?” si voltò di nuovo verso lo specchio sistemando i capelli “Credi che il mio medico sia un incompetente?” “No, credo che la sua paziente sia insopportabile” “La vuoi smettere?” si avvicinò a lei osservando le espressioni che lo specchio rimandava.
Aveva il volto leggermente arrossato, giocava con i capelli muovendoli di lato, sfiorandosi con le dita il collo come se quel tocco leggero potesse aiutarla a respirare di nuovo “Devi rallentare Oscar. Devi riposare di più” “Stai scherzando?” “Lo vedi? È per questo che ridevo” la sentì mormorare qualcosa, qualcosa di incomprensibile, probabilmente una serie di velate parole che niente avevano a che fare con l'eleganza “Ehi, facciamo un patto?” domandò d'improvviso voltandola dolcemente verso di sé “Io smetto di ripetere continuamente che sei irresponsabile e tu mi dai un motivo per non farlo” “E quale?” “Mangiare può essere un'inizio. Credi che i tuoi soldati siano fieri di servire una donna gracile e senza forze?” “Non sono gracile!” esclamò dandogli un pugno in petto “Uao, no” si portò una mano al torace respirando “No, non lo sei. D'accordo, errore mio” “Tu sei così ...” “Lo sai che tuo padre parte?” si voltò verso di lui, i capelli si mossero dolcemente nell'aria disegnando sul suo volto teneri intrecci “Sarà via per qualche giorno” “Qualche giorno?” “Già. Quindi pensavo che se hai qualche lettera da consegnare, qualcosa di importante da dire potresti semplicemente iniziare a scrivere, è qualche tempo che non vedo le belle campagne francesi” un debolissimo sorriso colorò le labbra spente “Sono bravo non è vero?” “Non ho bisogno che tu vada così lontano per ...” “No” ribatté guardingo cercando i suoi occhi “No, che sia chiara una cosa. Se scappi, se ti muovi da qui, se solo pensi di poter raggiungere il fronte ti lego mani e piedi a questo letto” “Cosa mi impedisce di cavalcare? La paura di essere scoperta da mio padre?” “La tisi” la vide tremare mentre si mordeva le labbra cercando di nascondere l'effetto che aveva su di lei quella parola “Ti avevo detto che conoscevo il tuo segreto, non l'avevo fatto forse?” annuì debolmente stringendosi nelle spalle “Le febbriciattole che arrivano e scompaiono, la perdita di peso, sei pallida e stanca. La tosse non si è ancora presentata, questo vuol dire che hai sufficiente tempo per curarti” “Non è così preoccupante” “Ho visto amici morire per questa malattia. Non è una cosa facile da sopportare. Non passa con il tempo. Credi che perderti sia un mio desiderio?” “Nessuno deve saperlo Christian. Nessuno” “Nessuno? Ne sei sicura?” “Andrò in Normandia, resterò lì per un po' e ...” “No! No Oscar è sbagliato! Come credi di poter … come posso mentirgli?” “Non puoi?” “Senti ...” la presa attorno alle sue spalle si rafforzò di colpo “ … io ti voglio bene, un bene immenso, qualcosa che va al di là di ogni altra ...” ma si fermò di colpo perché quello sguardo di mare implorava solo silenzio, una bugia o qualsiasi altra cosa che fosse diversa dalle parole: ti amo.
Fece un bel respiro ricacciando indietro quelle due sciocche parole “Non posso mentire anche ad Andrè, non puoi chiedermelo davvero” “Posso farlo” esclamò sciogliendosi dalla sua presa “Posso farlo Christian. Hai detto che eri qui per me, che mi avresti aiutato! Ti sto chiedendo aiuto, lo sto facendo adesso!” “Per aiutare te distruggerò lui! Sei impazzita per caso? Non eri tu a preoccuparti continuamente della sua salute? Come può una cosa del genere tenerlo al sicuro!” la governante entrò nella stanza reggendo un vassoio “Non urlate, vi si sente dal piano di sotto” “Perdonatemi, a volte è testarda” “E l'avete scoperto solo ora?” domandò divertita osservando la ragazza “Cosa ci fai fuori dal letto?” “Ehi, il medico ha detto che posso andare dove voglio” Christian sospirò ma la vecchina sorrise “Sei davvero incosciente. Tuo padre si arrabbierà molto per questo Oscar. Ha appena dato ordine che la villa in Normandia sia preparata a dovere per te” “Cosa?” “E questo perché nessuno deve saperlo” esclamò ironico il duca prima di lasciare la stanza.
“Non lo sopporto” “Devi smetterla di far arrabbiare ogni uomo con cui hai a che fare bambina” “Io non faccio arrabbiare proprio nessuno!” “No? Tuo padre, il duca, André, perfino il re Oscar” “Ma io non ...” “Tu hai bisogno di riposare” lo sguardo che leggeva sul volto della donna bastò a fermare quella debole protesta “Hai bisogno di fermare il tempo attorno a te” “Tu lo sapevi?” “Cosa?” sussurrò versandole il tè “Sapevi che Andrè mi ...” “Che ti scriveva?” “Lo sapevi?” “Come potevo dirtelo bambina? Come potevo farlo senza spezzarti il cuore?” “E non è stato peggio così?” sussurrò sfinita abbandonandosi sulla sedia accanto a lei “Non ho alcun potere Oscar, non posso fermare una decisione di tuo padre. Lo sai questo?” “Si” “Ma tu l'hai fatto” “Non direi proprio” “Oh si che l'hai fatto. Non sei forse andata da lui?” la tazza che stringeva tra le mani tremò leggermente “Tuo padre era su tutte le furie. Se il duca non gli avesse scritto non so davvero che fine avremmo fatto tutti noi. Sei riuscita a sconvolgere tuo padre, non era mai accaduto. In tanti anni di servizio non avevo mai visto il suo sguardo così preoccupato” le sfiorò il volto sorridendo “Era preoccupato per te, non gli importava niente del resto ma saperti in quel posto, lontano dalla sicurezza di casa, da lui e dai tuoi uomini beh … qualcosa è scattato dentro di lui bambina” “Evidentemente non si è preoccupato abbastanza” ribatté gelida tornando a concentrarsi sul liquido ambrato della tazza “Non ti sei chiesta come mai nessuno sia venuto a riprenderti?” “Non era lì, era con il generale Buillé altrimenti non sarei mai partita per ...” “Eppure, nessuno si è mosso da qui” le fece l'occhiolino e uscì dalla stanza lasciandola al suo silenzioso riposo.

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Capitolo 30
*** Solo cose Belle ***


                              Solo cose Belle




“Mangerò un sacco” “Cosa?” “Quando tornerò a casa mangerò fino a scoppiare” Moris e André risero divertiti mentre veniva servito loro quel pasto ormai sempre uguale a sé stesso “Mangerò tanto formaggio, fino a quando non mi uscirà il latte dagli occhi” lanciarono al suolo due sacchi di iuta vuoti e vi si accovacciarono sopra consumando assieme quel pasto frugale “E tu che farai?” “Non lo so, forse me ne andrò a sud” “A sud?” “Si, a sud” “E tu André?” il ragazzo sollevò lo sguardo incuriosito da quella domanda sbucata dal nulla “Tu che farai?” “Mi sposerò” Emile e Moris sorrisero “La sposerò. La porterò via da ogni cosa, da suo padre, dalle leggi rigide della nobiltà. La sposerò” “Lo sapevo” esclamò Emile “Lo sapevo che sarebbe accaduto. Finalmente ti sei svegliato amico mio” “Pensi davvero di poterlo fare?” “Oh andiamo Moris! Perché devi sempre deprimere i suoi pensieri così?” “Non voglio deprimerlo, voglio solo farlo ragionare. Lei è nobile, e non parlo solo di una questione di titolo. È nobile nei movimenti, nello sguardo, nello spirito. Si vede da come si muove, da come parla e cammina” Emile sbuffò tornando a concentrarsi sulla sua scodella “È stata cresciuta in un mondo raffinato, è abituata ad essere così. Non cambierà mai, sei sicuro di riuscire a darle lo stesso mondo?” “Non posso darle lo stesso mondo, nemmeno volendo ci riuscirei. Sono cresciuto assieme a lei, ho imparato a leggere, a scrivere, ho imparato il latino e le lingue straniere ma non ho mai imparato ad essere nobile. Non posso e nemmeno voglio” abbandondò il cucchiaio concentrandosi sul volto dell'amico “La amo, la amo e basta. Non riesco a costruire per lei il mondo sicuro in cui ha vissuto ma conosco Oscar, la conosco così bene da sapere che non le importa, che le basta solo la certezza che per lei ci sarò sempre ed è così, per lei ci sarò sempre” Moris sorrise annuendo leggermente “Era questo che volevo sentirti dire. Ce la farete ragazzi, riuscirete a vivere il vostro amore” “Ci scommetto tutto lo schifo di paga che ci danno qui” esclamò Emile, André e Moris scoppiarono a ridere nascondendo per qualche minuto le preoccupazioni e le paure.



Segregata in Normandia, lontana dal suo mondo, lontano da ogni cosa che le regalava sorrisi.
Chiusa in quella stanza con l'unico scopo di combattere una tosse violenta che si portava via ogni briciolo di lei.
Si sentiva debole, terribilmente debole. Non riusciva a parlare, a malapena respirava ma non voleva e non poteva arrendersi ad una stupida malattia.
Tremò leggermente scossa da un altro attacco di tosse convulsa, la mano di Christian si strinse attorno alla sua “Così non va bene” sussurrò scostandole dalla fronte i capelli, la pelle mandida di sudore brillava leggermente sotto la luce del sole “Non va affatto bene” “Che … che ci fai qui? Dovresti essere a sposare quella bellissima donna” “Non essere sciocca, c'è ancora tempo” “Non è vero” un debole sorriso le sfiorò le labbra costringendolo a fare altrettanto “Ora vado, volevo solo vedere come stavi” “Respiro, sto bene” “Sei così pallida” “Sto bene” “Si? Beh, ti conviene respirare ancora al mio ritorno” “Non credi ci sia già abbastanza gente qui attorno? Dovresti stare il più lontano possibile da questa stanza” “Nemmeno per sogno, credi che questa malattia mi spaventi?” “Non lo fa?” “L'ho avuta” “Tu hai … perché non me l'hai mai detto?” “Non l'hai mai chiesto. L'ho avuta da ragazzo e conosco bene il male che si porta dietro” esclamò indispettito portandosi la sua mano alle labbra “Sono l'esempio vivente che si può guarire” “Sono così stanca” “Oscar ...” gli occhi si fusero ai suoi “ … tra qualche mese i nostri soldati torneranno a casa. Vuoi davvero che ti veda così?” la vide sorridere debolmente mentre la tosse si portava via il respiro “Devi stare bene hai capito? Devi essere più bella di quanto tu non sia già perché torna a casa dall'inferno, ha diritto di vedere cose belle” “Ne ha il diritto” chiuse gli occhi abbandonandosi al dolcissimo tepore del sonno.
La vecchia governante entrò nella stanza reggendo un catino d'acqua fresca “Siete in ritardo duca, la vostra sposa si arrabbierà molto” “Oh non preoccupatevi. Ormai mi conosce. Piuttosto …” si alzò dalla sedia lasciando la mano della giovane “ … non credo sia sicuro per voi passare così tanto tempo in questa stanza” “Oh per favore! Ho vissuto già abbastanza, la mia bambina ha bisogno di me” “Cosa dice il dottore?” “Oggi l'ha visitata. La tosse non accenna a diminuire ma è ottimista, pensa che in qualche mese possa iniziare a migliorare, ieri notte ha avuto la febbre, di nuovo” “Andrà bene vedrete” mormorò massaggiandosi il collo “Ora fuori da qui, Oscar si arrabbierebbe molto se per una sciocca paura dimenticaste la vostra sposa” “Chiamatemi qualsiasi cosa accada” “Duca?” tese verso di lui due lettere candide sorridendo “Vi dispiace portarle a destinazione?” “Fatemi indovinare: il padre e il fronte?” “Non ne ho idea” “Ci vorrà più di qualche giorno e spero davvero che lei possa avere così tanto tempo” posò un bacio sulla fronte della ragazza e uscì da lì lasciandole sole.

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Capitolo 31
*** Aggrappati a Me ***


                                Aggrappati a Me





“Siete fortunato sapete?” “Signore?” “Credevo ci mettesse di più a comprendere la sciocchezza del gesto compiuto ma mi ha stupito” lasciò tra le mani di Andrè la lettera sorridendo “Non rispondetele direttamente. Scrivete a me e io mi occuperò di farle avere le vostre parole” “A voi?” domandò confuso “Duca forse non dovreste ...” “Aiutarla? O questo oppure tra qualche giorno la vedrete prendere a calci l'intero esercito di sua maestà per potervi parlare” l'altro sorrise immaginando per un secondo quell'immagine improbabile quanto possibile “Come state? Ho saputo che gli scontri delle ultime settimane non sono stati delicati” “Niente che non si possa sopportare signore. Un po' di polvere in più” “Tornerete a casa presto” “Voi credete?” strinse più forte la lettera tra le dita come se potesse in qualche modo dargli forza “Il generale non mi permetterà niente del genere” “Vi ho già detto che di lui me ne occupo io” “Perché lo fate? Insomma non …” “Perché Oscar mi ha chiesto di farlo. È per lei soldato, per lei e per nessun'altro” vide negli occhi del giovane una scia leggera di gelosia e ne rise divertito “Se mi fossi rifiutato avrebbe cavalcato per giorni e nelle sue condizioni non è consigliato” “Nelle sue condizioni?” ripeté confuso ma Chrsitian sorrise “Leggete la lettera e rispondetele. Non aspettate troppo tempo soldato” un saluto veloce e poi il silenzio di quella notte stellata.
Si accasciò al suolo sistemandosi tra le cassi di polvere da sparo e le corde.
Fece un bel respiro e con dita tremanti sfilò dalla busta il prezioso contenuto … Amore mio, sono solo poche righe e me ne dispiaccio.
Avrei voluto scriverti più e più volte ma negli ultimi tempi non ne ho avuto la possibilità.
Il mio incarico mi tiene lontana da casa la maggior parte del tempo, non riposo molto e spesso sono stanca ma non preoccuparti, lo sai che reagisco bene ad ogni cosa, compresa la stanchezza.
Andrò in Normandia per un po' assieme a mio padre. Ha rimandato la sua partenza per passare un po' di tempo con me e se è strano sentirlo per te, immagina la mia faccia quando mi ha espresso questo desiderio.
Non posso disobbedire lo sai. So che ha mandato il colonnello Ovién a prendere il comando temporaneo delle sue truppe. È un uomo molto intelligente e questo mi restituisce un minimo di tranquillità.
Andrè io vorrei chiederti scusa, non era mia intenzione reagire in quel modo ma non ti ho visto per così tanto tempo.
Sono impulsiva lo sai, lo sono sempre stata, a volte nemmeno rifletto sulle cose ma ho compreso il mio errore, l'ho compreso e ti chiedo scusa di nuovo.
Ti prego solo di resistere, resisti ancora un po', fallo per me Andrè.
                                               Oscar


Sorrise sfiorando con le dita quelle linee eleganti impresse a fuoco nella carta.
Resistere, per lei, per loro, per quell'amore stupendo che sarebbe esploso nelle loro vite.
L'avrebbe fatto, avrebbe lottato con il mondo intero per poterla avere perché lei era il mondo, il suo piccolo mondo perfetto che gli regalava amore e sicurezza.






“Come stai?” “Perché siete qui?” domandò spaventata cercando di alzarsi ma le mani del padre la spinsero dolcemente sul materasso “Non è sicuro per voi … non dovete ...” “Cosa? Restare accanto a mia figlia durante la malattia?” “La tisi è contagiosa!” “La paura anche” quello sguardo fermo e severo riuscì a fermare ogni tremito.
Strinse più forte la coperta tra le mani cercando di nascondere quanto più possibile del suo corpo per evitare al padre un dolore troppo grande “Avete di meglio da fare che restare chiuso in una stanza infetta” “La mia vita è stata lunga e piena di soddisfazioni Oscar. Ho avuto tutto quello che potevo desiderare. Onore, gloria, ricchezze, un buon incarico e uomini leali ma la soddisfazione più grande sei stata tu” tremò cercando gli occhi del padre perché mai parole tanto belle erano uscite dalle sue labbra “Sei stata la mia promessa, il mio futuro. Mi hai regalato orgoglio e perfezione e spero di essere riuscito a darti tutto quello che meritavi” “Voi avete fatto molto di più padre, voi mi avete dato ...” le parole morirono in gola, la tosse spezzò il respiro costringendo il corpo ad uno sforzo troppo grande.
Le mani del padre la sollevarono velocemente dal letto, le sentiva sulle spalle, sulla schiena.
La presa forte di quelle stesse mani che tante volte l'avevano colpita e che ora, sembravano l'unico appiglio sicuro “Ho bisogno di averti di nuovo in forze Oscar, ho bisogno di vederti correre come fai sempre” inspirò a fondo pulendole le labbra con un fazzoletto candido dove il sangue disegnava teneri rivoli “Ti ho insegnato a lottare, a resistere. Ti ho insegnato che per quanto possa essere difficile la vita tutto può essere superato perciò ...” le sorrise adagiandola di nuovo sui cuscini “ … ora voglio che tu combatta. Devi combattere questa malattia. È un ordine Oscar, sono stato chiaro?” sentì la mano del padre stretta attorno alla sua.
Per la prima volta da quando aveva memoria, l'amore di suo padre era puro ed incondizionato.
Inspirò a fondo cercando di concentrare ogni sua stupida forza nella mano sinistra, la girò dolcemente verso l'altro intrecciando le dita a quelle del padre “Allora, sono stato chiaro?” ripeté ancorando lo sguardo al suo, un debole sorriso schiuse le labbra della figlia mentre sussurrava tremante “Si signore".




 

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Capitolo 32
*** Ti Sento ***


                                      Ti Sento




“Ehi, va tutto bene?” domandò Emile sedendosi accanto a lui “Hai una faccia strana” “Non lo so” sussurrò chiudendo la lettera “Non so Emile, c'è qualcosa di strano” “Beh, è sera, di sera si ferma tutto. È come ...” “No, no io parlavo di lei” “Oh” “C'è qualcosa che non va” “Sta bene non è così? Insomma, è quello che ti scrive sempre” “Scrive sempre un sacco di cose ma questa lettera è … non lo so” sospirò passandosi una mano tra i capelli “È come se ci fosse qualcosa, qualcosa di sconosciuto a farla tremare” “E come ...” “Non ne ho idea” “Magari è davvero molto stanca. Non credo che essere un colonnello di sua maestà sia un compito leggero” “Non è questo” chiuse gli occhi inspirando “Oscar ama il suo incarico. È per questo che è stata cresciuta e l'ha sempre svolto alla perfezione ogni giorno della sua vita. No, non è questo” il volto di Emile si rattristò leggermente “Forse è solo la distanza Andrè. Hai bisogno di rivederla e pensi continuamente a lei. Ti capisco perché io penso continuamente alla mia dolcissima sposa” “Forse hai ragione” sussurrò alla fine concentrandosi sul volto dell'amico “Forse è solo il bisogno di rivederla” “Vedrai che sta bene” gli sorrise porgendogli un pezzetto di cioccolata, un pezzetto di dolcezza per dimenticare il buio.



“L'inverno sta finendo, la neve si scioglie e tutto ha un profumo … un profumo speciale …” fece un bel respiro cercando di combattere la convulsione violenta della tosse “ … io sto bene e spero davvero che anche tu ...” “Non puoi raccontargli bugie” mormorò Christian sollevando lo sguardo dal foglio “Non farmi scrivere bugie” “Non posso raccontargli la verità. Ha già la guerra di cui preoccuparsi” “Oscar ...” posò la piuma sospirando “ … non è giusto, né per te né per lui. Cosa accadrebbe se scoprisse di colpo cosa stai ...” “Non lo scoprirà” sussurrò tremante stringendosi nelle coperte “Non lo scoprirà e tu non glielo dirai. Ti prego, ti prego non dirgli niente. Non voglio che si preoccupi per me” “Gli farai del male” sussurrò sfiorandole il volto.
Era pallida, con lo sguardo spento e le labbra di un tenue rosa come quei fiori che lentamente sfiorivano abbandonandosi al gelo dell'inverno ma sulle guance era sempre presente quel leggerissimo rossore che gli ultimi giorni l'aveva torturata “Lo farai soffrire” “Quello che non sai non può ferirti” mormorò sfinita “Non è vero sai? C'è una cosa che ti fa soffrire continuamente contessa” la vide sorridere, una smorfia leggera, un sorriso delicato ma comunque un sorriso “L'hai incontrato anche tu?” domandò divertito tornando a concentrarsi sul foglio “Si chiama amore Oscar ed è sempre causa di dolore. Ma non è questo il momento di parlare di sofferenza. Allora, come finiamo questa lettera?” la giovane sospirò cercando di trovare quanta più forza possibile per riuscire a parlare “La guerra finirà presto e allora tornerai da me e … e sarò qui ad aspettarti come tu hai fatto con me per tutti questi anni. Mi dispiace non poterti raggiungere anche solo per qualche ora ma … ma purtroppo non ne ho il tempo però credimi, vorrei essere con te, lo vorrei davvero, con il cuore. Oscar” l'altro annuì porgendole il foglio ma lei scosse leggermente la testa “Non vuoi controllare cosa ...” “Ne ho bisogno? Non riesco nemmeno a respirare” “Ti sei affaticata troppo” si alzò dalla poltroncina sistemandole i cuscini “Ora ti riposi, resti immobile in questo letto e dormi un po'” “E cosa c'è di diverso da tutti gli altri giorni?” “Ieri mattina ti ho trovata accanto alla finestra!” “Volevo solo vedere il sole sorgere di nuovo” “E l'hai visto talmente bene da svenirmi tra le braccia” “E com'è stato il tuo … com'era la tua sposa?” “Stai cambiando discorso” ribatté guardingo sfiorandole la fronte “Scotti, forse è meglio chiamare il medico” prese dal comodino la campanella d'argento scuotendola leggermente nell'aria “E la tua sposa?” alzò gli occhi al cielo mentre lo sguardo della ragazza non lo abbandonava nemmeno per un secondo “Era molto bella” “Tutto qui?” una cameriera entrò nella stanza reggendo una bacinella d'acqua fresca “Il signore ha chiamato?” “Ho bisogno di vedere il medico subito. Informatelo che la contessa ha di nuovo la febbre e che necessita delle sue cure” “Subito signor duca” “Subito!” la giovane uscì correndo lasciandoli di nuovo nel silenzio “Devi scoprirti” “Cosa indossava?” “Un bellissimo abito chiaro” sussurrò tirando indietro la coperta, sfilò leggermente il laccetto della camicia scoprendo la pelle bollente del petto.
Scottava, ogni parte di lei scottava come fuoco, le sfilò la camicia dai pantaloni sollevandola leggermente, il ventre delicato venne illuminato dalla luce pallida delle candele mentre liberava ogni centimetro di pelle dalla costrizione dei vestiti.
Anche nel riposo era uguale a lui, con quella camicia più larga di cotone finissimo, i pantaloni leggermente allentati che terminavano appena sotto al ginocchio.
La pelle di seta scorreva sotto le dita mentre gli occhi sfiniti della ragazza ne studiavano i movimenti.
Liberò le gambe lasciando solo quella semplice camicia a nascondere il suo dolcissimo essere donna “Non sono una bambina, posso farlo … posso farlo da sola” “No, no non puoi. Ci hai provato più di una volta e più di una volta tuo padre ti ha raccolto da terra” tirò di nuovo la coperta nascondendola in parte al dolce tepore della notte “Come ti senti?” “Imprigionata” ribatté ironica chiudendo gli occhi “Sono imprigionata qui dentro da un mese e mezzo” “La guarigione richiede tempo” “Quanto?” “Non lo so, nessuno lo sa. Per me sono bastati due anni” “Oh, così poco?” “Ehi, meno sarcasmo contessa” “Non voglio che torni a casa e mi veda così, non può vedermi così” “Perché?” “Non può” “Perché vedrebbe le tue debolezze?” “Non sono debole” esclamò d'improvviso cercando i suoi occhi “Non ho detto che sei debole, Oscar, ci sono cose che la volontà non può controllare. Non puoi decidere di non ammalarti, il corpo si ammala” “E lo spirito?” “Forse” le strinse una mano sorridendo “Ma credo che sia una conseguenza” “Se la malattia ci convince ad abbandonare le speranze allora lo spirito diventa debole. Tu odi essere debole quindi, non abbandonare la speranza” la porta si aprì e il medico si avvicinò trafelato al letto “Come state? Come vi sentite?” “Sempre imprigionata” Christian alzò gli occhi al cielo sospirando “Vi aspetto di fuori dottore” l'altro annuì distrattamente concentrandosi totalmente su di lei e su quella tosse che non gli piaceva per niente.

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Capitolo 33
*** Non è Pietà ***


                               Non è Pietà




Avevano aspettato lì fuori per minuti, minuti lunghi come ore intere e poi il volto del medico, le sue parole così cariche di malinconia e impotenza “Non c'è altro da fare” “Cosa dite?” mormorò tremante il generale avvicinandosi a lui “Ho fatto tutto quanto in mio potere. Vostro figlio ha ...” “Figlia!” esclamò irritato piantando gli occhi nei suoi “Lei è mia figlia!” “Perdonatemi signore, vostra figlia è sempre più debole. Ero ottimista fino a poche ore fa, le febbri erano scomparse ma ...” riprese fiato togliendosi gli occhiali “ … la temperatura si è alzata di nuovo” “Cosa dovremo … cosa dovrei fare per ...” “Pregare signor generale” mormorò stringendo una mano attorno alla sua spalla “A questo punto, l'unico che può aiutarla è Dio. Se la temperatura si abbassa e sopravvive alla notte, forse abbiamo qualche possibilità” Christian sospirò portandosi una mano alle labbra, sentiva le lacrime spingere violentemente contro la ragione ma non poteva piangere, non ora, non in quel momento “Non permettetele assolutamente di andarsene in giro per la casa. Vostra figlia ama passeggiare e disobbedire ma per il suo bene ...” “Non preoccupatevi” sussurrò il generale nascondendo le lacrime “Oscar non si muoverà da qui” “Se per voi non è un'inconveniente, passerei la notte nella stanza accanto alla sua” “Non ditelo nemmeno dottore. Quella stanza è già pronta per voi” il silenzio piombò violento tra loro colorando tutto di terrore.



Non sapeva nemmeno lei com'era accaduto, perché l'avesse fatto o quale maledetto motivo l'aveva spinta a scendere da quel letto.
Voleva solo lasciare quella stanza per un po' ma le voci fuori dalla porta, il terrore che colorava lo sguardo di suo padre, tutto di quella scena spiata attraverso una sciocca porta leggermente accostata era bastato a congelarla dentro.
Aveva infilato di nuovo i suoi vestiti cercando di non svenire per quello sforzo che sembrava più pesante che mai e poi, senza nemmeno riflettere, aveva aperto i vetri della finestra e si era aggrappata ai rami forti del glicine.
Aveva sempre amato quella vita profumata, l'aveva piantata suo padre quand'era bambino e lei era cresciuta contandone i fiori, contandone gli intrecci forti e spessi che il suo tronco creava dal nulla.
Si avvolgevano attorno alle colonne accompagnando la linea del balcone.
Quante volte da bambina era scappata da quella finestra? Assieme ad Andrè o da sola, si lasciava scivolare lungo quei rami disobbedendo a suo padre, alle sue punizioni e alle sue regole.
Strinse più forte le dita attorno al legno inspirando, cercando di ricacciare indietro la tosse, un movimento dopo l'altro con una lentezza impressionante.
Era arrabbiata con sé stessa per quella debolezza mai provata prima, per l'odio nei confronti di una malattia che non poteva controllare.
Si strinse più forte nelle spalle chiudendo gli occhi, il respiro accelerato, il cuore pulsava violentemente nel petto costringendola a tremare.
Scese da quella maledetta pianta così lentamente da costringere la rabbia a scoppiarle in petto.
Non era mai stata così debole, così sottomessa a febbriciattole inutili e tossi mai provate.
Un passo, un altro ancora, continuava a camminare ignorando le lacrime, la consapevolezza di dover dire addio a suo padre, a Christian, a quell'amore che ora più che mai avrebbe voluto con sé.
Si aggrappò alla porta della scuderia spingendola dolcemente in avanti, César sollevò la testa infastidito dal raggio di luce improvviso, la osservò qualche secondo costringendola a sorridere perché poteva leggere negli occhi del suo cavallo confusione e meraviglia, quasi come fosse un'essere umano.
Cosa vedeva il suo animale? Una giovane pallida, tremante, con la camicia slacciata e i capelli in disordine che si reggeva a fatica alla porta di legno.
Si avvicinò a lui sfiorandone il muso “Ciao” sussurrò abbozzando un leggerissimo sorriso, sentiva i tuoni avvicinarsi sommessamente, la pioggia che cadeva leggera sul tetto delle stalle, sui rami degli alberi, infilò a fatica i finimenti al cavallo tirandolo verso l'uscita.
Strinse le dita attorno alla criniera mentre la tosse scuoteva di nuovo il suo petto, faceva male, un male terrificante ma non si sarebbe fermata “Dove vai?” chiuse gli occhi mordendosi le labbra “Credevi davvero di non essere vista? Io scappavo dalle finestre molto prima di te contessa” “Ho solo … ho bisogno di cavalcare” “No Oscar, non stanotte” sentì la mano del giovane stringersi dolcemente attorno alla sua trascinandola sopra al fianco del cavallo “Non puoi andare da nessuna parte perché devi ...” “Morire?” terminò quella frase trattenendo le lacrime “Vi ho sentito, ho sentito il medico e mio padre e ...” “Non morirai” “E allora perché piangi?” per qualche secondo il mondo attorno a loro si fermò.
Piangeva, piangeva in silenzio, lontano dal suo sguardo, immobile alle sue spalle piangeva. Non amava le lacrime, vi aveva sempre combattuto contro eppure, quelle stesse lacrime che tanto odiava erano diventate per lui unico conforto.
“Ti chiedo scusa” sussurrò asciugandosi il volto “Scusami Oscar” “Io voglio solo … voglio rivederlo un'ultima volta e dirgli che l' amo, che l'ho sempre amato e che ...” “Sa già tutte queste cose. Ricordi cosa mi hai detto? Che non può preoccuparsi per te” la giovane sospirò annuendo leggermente “Se ora ti vedesse così, se ti vedesse tremante e spaventata cosa proverebbe?” “Pietà” sussurrò posando la fronte sul fianco del cavallo “Proverebbe pietà e non voglio” le mani forti che le donavano calore e sicurezza si strinsero attorno alle spalle voltandola.
Aveva gli occhi inondati di lacrime, il respiro spezzato dalla febbre ma quel sorriso leggero sulle labbra del giovane sembrava regalarle tenerezza “Non potrebbe mai provare pietà per te, ti ama, come può un uomo innamorato provare pietà?” la tirò in avanti stringendola tra le braccia “Ti guarderebbe negli occhi e piangerebbe Oscar, piangerebbe perché si sentirebbe impotente esattamente come ora ci sentiamo io e tuo padre” “Non voglio morire” mormorò tremante stringendosi più forte a lui “Non morirai. Te lo prometto, non morirai. Tornerai a sorridere, a cavalcare e a giocare con le spade che tanto ti piacciono ma per fare questo, per tornare te stessa devi lasciarti aiutare” riprese fiato mentre la pioggia leggera diventava più fitta “Dobbiamo andarcene da qui. Non avresti dovuto scappare, non questa notte” sentì il respiro di Oscar rallentare, la presa attorno a lui diventare via via più debole “No, no no ehi” la strinse più forte sollevandola da terra, il volto della ragazza era reclinato indietro, i capelli ondeggiavano nell'aria mentre le braccia si abbandonavano nel vuoto “Ti ho fatto una promessa” esclamò voltandosi verso la casa “Non morirai” la strinse più forte correndo verso quella porta, unico limite sicuro che le avrebbe salvato la vita.


 

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Capitolo 34
*** Fatelo per Me ***


                            Fatelo per Me





“Mi avete fatto chiamare signore?” “Io ho … ho bisogno di chiedervi un favore duca” l'altro annuì leggermente sedendosi di fronte a lui “Dovete fare questo viaggio per me” allungò verso di lui una lettera dai bordi leggermente dorati, il simbolo della famiglia stampato nella cera rosso fuoco “Dovete portare questa lettera al fronte” “Signore, siete sicuro di quello che fate?” “Non ho altra scelta. Per il bene di mia figlia, per vederla sorridere un'ultima volta, è l'unico modo che ho per farmi … per costringerla a lottare” “Lo distruggerete signore” “Che altro posso fare?” domandò sfinito stringendosi la testa tra le mani “Porterò questa lettera a destinazione ve lo prometto, vi chiedo tutta via di riflettere su quello che fate” “Ho già riflettuto duca, è tutta la notte che ci penso” “Non credete che sia meglio incontrarlo di persona? Non è bello leggere su un foglio di carta che ...” “Se lo incontro, se gli parlo di nuovo cosa può cambiare? Come potrei dirgli che la mia bellissima bambina sta morendo?” una lacrima scivolò via dagli occhi incrinando la maschera fredda del generale dal cuore di pietra “Non riesco ad accettarlo, non posso accettarlo. Non rivedrò più il suo sorriso, i suoi occhi così pieni di passione, di vita. Le ho fatto del male, troppo per una vita sola e lei ha sempre accettato ogni cosa e ora, ora è in bilico tra la vita e la morte e se potessi prenderne il posto lo farei, abbandonerei ogni cosa per salvarle la vita” “Lo so” “Oscar è il mio orgoglio, la mia figlia prediletta, la metà esatta del mio cuore” annuì mestamente ascoltando quello sfogo troppo a lungo negato “Per lei ho fatto cose che mai avrei creduto possibili. Ho passato notti accanto al suo letto ad osservarla mentre dormiva, a studiarne i lineamenti perché vedevo in lei il mio futuro, il mio figlio perfetto. Ho scoperto con il tempo, che quel figlio faceva a pugni con una figlia mai ascoltata ...” fece un bel respiro stringendo più forte le mani attorno ai braccioli “ … ci ho messo troppo ad ascoltarne i richiami, troppo a capire quanto dolore provasse. Oscar mi ha reso debole, mi ha insegnato ad amare perché è questo che provo duca, io amo mia figlia. La amo al punto da tornare indietro sulle mie decisioni per l'ennesima volta. Portate questa lettera con voi e rendetela felice un'ultima volta” “Sarà fatto signore, ma se mi è concesso di parlare liberamente, credo sia meglio che voi veniate con me. Accompagnatemi signore e parlate con lui perché è una sentenza di morte che porterò con me e un uomo innamorato non sopravvive alle parole di una lettera come questa. Oscar merita questo sforzo signore” il silenzio arrivò gelido e violento come un pugno in pieno stomaco “No” alzò lo sguardo incontrando gli occhi del generale “No, desidero passare assieme a lei quanto più tempo possibile. Quello che mia figlia ha fatto questa sera è stato sciocco e sconsiderevole, esattamente quello che mi aspettavo da lei. So di chiedervi molto, siete sposato e ...” “Non ditelo nemmeno. Mia moglie comprende l'attimo di debolezza che sto attraversando” ma lo sguardo confuso sul volto dell'uomo lo fece sorridere “Vostra figlia è la mia debolezza. Lo è sempre stata signore” “Ma vi siete sposato” “Quello che stava nascendo in me era pericoloso, troppo pericoloso per permetterci di giocare come buoni amici. Mi sono sposato per evitare di ferirla perché l'avrei fatto sapete? L'avrei allontanata da quel sentimento giovane che le batte nel petto solo per poterla avere, per poterle vivere accanto ogni giorno della mia vita” “Sarei stato felice di vedervi assieme duca. Mia figlia merita di avere accanto un uomo come voi” “Conoscete Andrè, l'avete allevato come un figlio accanto ad Oscar. Sono sicuro che conosciate anche il suo valore altrimenti non avreste mai preso una decisione tanto dolorsa” strinse più forte la busta tra le mani alzandosi “Porterò questa lettera al fronte signore” “Vi prego solo di impiegarci meno tempo possibile perché non so quanto ancora … quanto possa resistere a ...” “Non preoccupatevi” “Vi ringrazio” un debolissimo cenno di assenso e poi solo dolore, il dolore di un padre che non sarebbe mai più stato lo stesso.



Non voleva lasciarla, non voleva mai lasciarla ma che altra scelta aveva? Sospirò sedendosi sul letto accanto a lei, il suo respiro era lento, quasi un sussurro eppure ancora reale.
Pregava con tutte le forze che continuasse a respirare, che restasse aggrappata alla vita, le sfiorò la fronte con le labbra, la sentì tremare leggermente, gli occhi si aprirono lentamente, così pieni di stanchezza e debolezza.
Il suo sguardo era spento, il volto pallido, il corpo più esile provato da quella malattia terribile “Devo partire” sussurrò stringendole una mano “Starò via qualche giorno Oscar” ma lo sguardo terrorizzato che lo investì era una supplica, una preghiera silenziosa “Non devi preoccuparti, andrà tutto bene, tornerò presto” “Tu … tu non ...” “Non parlare” posò un dito sulle sue labbra sorridendole “Non sforzarti così, devi conservare le energie, quello che hai davanti è un percorso lungo e difficile. Te l'ho già detto tante volte, sei forte, sei più forte di me, di tuo padre, di ogni altra persona su questa terra. Lotterai e vincerai” la sentiva tremare per la febbre, per la paura di essere ancora una volta abbandonata da chi diceva di amarla.
Era troppo debole per parlare, troppo debole per alzarsi da quel letto e perfino per mangiare “Resterà tuo padre qui con te e poi c'è Nanny e Claris, vedrai che tutto andrà bene” sentì la mano della ragazza stringersi più forte attorno alla sua “No, no Oscar, non vado a farmi ammazzare. Devo semplicemente sistemare un affare per la famiglia” socchiuse gli occhi studiando le espressioni di quel volto pallido e tanto bello “Per caso devo promettertelo?” ribattè divertito “D'accordo contessa, vi prometto che tornerò a casa sano e salvo, con due braccia, due gambe e tutto il resto” sollevò lo sguardo incontrando gli occhi del generale “E quando tornerò qui, voglio trovarvi in forze e pronta a giocare con la spada perché avete perso l'ultima volta” in quell'azzurro violento vide per la prima volta un lampo leggero, quella forza che ben conosceva e che non era mai sparita dal suo sguardo “Generale ...” riprese Christian alzandosi “ … vi rivedrò tra qualche giorno” “Fate buon viaggio duca” “Io ti ho fatto una promessa” sussurrò il giovane avvicinando le labbra alla fronte di Oscar “Ora tu promettimi che continuerai a respirare” un debolissimo sorriso le sfiorò le labbra mentre quel bacio leggero diventava un legame indissolubile.


 

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Capitolo 35
*** Speranza ***


                                     Speranza





Tre giorni passati a pregare, tre maledetti giorni persi tra i sospiri e i deliri di una febbre che non le dava tregua e nel sonno profondo che la stava trascinando via.
“Signore, forse dovreste riposare un po'” “Riposerò quando lei aprirà gli occhi” la mano si strinse più forte attorno a quella della figlia “Quando riprenderà a disobbedire ai miei ordini, allora riposerò” la governante sorrise immergendo il panno nell'acqua fresca “È sempre stata molto forte signore, vedrete che guarirà presto” ma l'altro non rispose, si limitò ad annuire perdendosi con lo sguardo sul verde del parco oltre il vetro “Ricordo quando da bambina prese il vostro cavallo di nascosto. Riimase a correre tutto il giorno con quel benedetto animale incurante della pioggia e del vento, quando è tornata a casa sembrava un pulcino tutto bagnato” mormorò divertita slacciando la camicia della ragazza “Le ho detto mille volte che era pericoloso, che si sarebbe ammalata ma lei ha sempre risposto che era giusto così, che doveva diventare forte abbastanza per poter essere come voi” “Come me” Nanny annuì sfiorando con il panno la pelle bollente della giovane “Eravate il suo futuro, la persona da imitare per poter essere qualcuno signore. Oscar vi ama con tutto il cuore” “Credi che per me non sia lo stesso?” “No signore, credo invece che voi amiate vostra figlia così tanto da non riuscire a gestirlo. L'avete allevata come un maschio e per lei è stato un bene, l'avete protetta dal futuro incerto che accarezza molte dame ma le avete tolto comunque il piacere di scoprire la dolcezza dell'essere donna. Non si è mai lamentata. Ha accettato ogni vostra decisione come la migliore delle figlie” “Lo è stata” sussurrò sfiorando il volto della figlia “Lo è ancora” “Lo sei ancora Oscar, mi hai sentito?” ma quelle labbra di perla non si mossero, la vecchia governante sospirò abbandonando di nuovo lo straccio nel catino “Vado a prendervi un po' di té caldo signore” “Ti ringrazio” un leggerissimo inchino prima di scomparire oltre la porta e poi di nuovo silenzio.
“La sai una cosa?” mormorò passandosi una mano in viso “Sono stanco di parlare con il silenzio, sono stanco di dover contare ogni tuo respiro quindi, ora facciamo un patto ...” riprese fiato sorridendole “ … tu apri gli occhi e io ti lascio libera di scegliere quello che più ti aggrada, per ogni cosa Oscar, per ogni cosa” si accorse ben presto che il silenzio era diventato ormai l'unico compagno di quelle notti così lunghe, tornò a fissare il parco, quel verde pieno di pudore che lentamente si affacciava alla vita.
I boccioli ancora chiusi, le piante che si risvegliavano dal torpore dell'inverno “Farai come quei boccioli Oscar, da un momento all'altro ti sveglierai. Cercherai il calore del sole, il tocco leggero del vento sulla pelle. Deciderai che è il momento giusto per tornare a vivere e rifiorirai più bella di quanto tu non sia già” strinse di nuovo la mano attorno a quella della figlia senza staccare gli occhi dalla finestra “Ti stancherai di dormire e tornerai a sorridere e io respirerò di nuovo. Non sono abituato a preoccuparmi per te, non me ne hai mai dato motivo bambina ma ora, ora vorrei solo prendere il tuo posto e vederti sorridere. Io sono vecchio e stanco, ho avuto una vita piena di soddisfazioni, tu sei ancora così giovane, così pura. Meriti la vita Oscar e ...” le parole si bloccarono di colpo perché quel tremito leggero attorno alla sua mano aveva impedito all'aria qualsiasi movimento.
Si voltò di colpo cercando sul volto di sua figlia un segno, uno stupido indizio che potesse aiutarlo a capire “Oscar?” vedeva i suoi occhi lottare violentemente contro il sonno per aprirsi, per regalargli di nuovo il colore del mare “Andiamo bambina mia, puoi farcela” intrecciò le dita alle sue portandosi quella mano gelida alle labbra poi un sorriso delicato e calde lacrime che rigavano il volto mentre sua figlia cercava in lui sicurezza.
Aveva aperto gli occhi, l'aveva fatto da sola, lottando contro un male più grande di lei ed ora quello sguardo era lì, davanti a lui, davanti ad un padre in lacrime “Devo chiamare il medico” si alzò di scatto dalla sedia ma le mano di Oscar si strinse più forte attorno alla sua costringendolo a restare lì “Solo pochi secondi, tornerò qui tra pochi secondi” le sfiorò la fronte con la mano libera sorridendo perché consceva già la domanda nascosta nel suo sguardo “È una promessa Oscar” la presa si allentò dolcemente permettendogli di sfilare la mano dalla sua perché quella era una promessa e suo padre manteneva sempre le promesse.


 

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Capitolo 36
*** Scommettete con Me ***


Allora ragazzi, ho una piccolissima nota da scrivere e lo faccio ora che ho due minuti di tempo:
1) Il capitolo precedente è stato corretto, purtroppo non mi sono accorta dell'errore commesso ma non avendolo messo online di persona (ho chiesto al mio fratellino di pubblicarlo per me dato gli impegni) me ne sono accorta dopo, in ogni caso tutto è risolto.
2) La pubblicazione della storia procede ad un ritmo più o meno veloce a seconda degli impegni che occupano le mie giornate. Ripeto, per non lasciare buchi di troppi giorni metto online due capitoli per volta cercando di rispettare questa velocità ogni giorno. Come potete notare infatti, a volte pubblico alle tre di notte, altre alle otto di mattina altre ancora alle cinque e mezza, in ogni caso saranno sempre due i capitoli che potrete leggere con calma o tutto d'un fiato =) Non ne posso pubblicare tre o quattro di continuo, la storia sarebbe troppo veloce e rischiereste di perdere per strada alcuni pezzi. Mi arivano molte richieste del genere e mi dispiace negarvi queste cose ma non mi è possibile accontentarvi.
3)Capiterà ogni tanto che tra un capitolo e l'altro ci possa essere un salto temporale di qualche giorno, non temete è tutto calcolato, verrà spiegato durante la storia ogni singolo saltello nel tempo.

Detto questo, vi ringrazio di nuovo per la vostra costante presenza nel mio piccolo mondo magico di parole. Spero che la mia storia vi piaccia e che la seguiate fino alla fine perché ci sono ancora tante cose da scoprire.





                    Scommettete con Me




"Da quanto tempo ha aperto gli occhi?" "Dieci minuti" sussurrò la governante osservando impaurita i gesti del medico.
Stringeva con le dita il polso della ragazza concentrandosi sul battito leggero del suo cuore, le labbra tirate in un leggerissimo sorriso per tranquillizzare una giovane tremante che chiedeva risposte "Aprite le tende, fate entrare un po' di luce e datele qualcosa da bere" "Dell'acqua?" "Meglio del tè" “Allora dottore? Cosa mi dite?” ma l'altro non rispose facendo cenno al generale di seguirlo.
“Vostra figlia è una guerriera” sussurrò chiudendosi la porta alle spalle “Ha superato tre notti di febbre alta e ha aperto gli occhi, questo è segno di grande forza” il generale annuì orgoglioso ma il medico lo invitò a sedere sul divano accanto a lui “Dobbiamo essere molto cauti signore, la contessa è debole e sfinita dalla malattia, nelle sue condizioni perfino un raffreddore può esserle fatale” “Ditemi cosa fare dottore” “È necessario che segua un regime alimentare rigido e preciso, non ha mangiato molto negli ultimi giorni e questo ha contribuito a renderla debole. Deve ingerire una quantità soddisfacente di cibo. Sarà doloroso perché temo che la gola sia molto infiammata e la tosse aggrava ulteriormente le sue condizioni ” “Può tutta via assumere liquidi non è così?” l'altro annuì scribacchiando qualcosa sul suo taqquino “È importante che assuma una giusta dose di cibo ad ogni pasto, continueremo la cura per la febbre ancora per qualche giorno, decideremo in seguito cosa fare signor generale ma se vostra figlia non si arrende, ci sono buone possibilità che tra qualche settimana, la malattia inizi a regredire” “E cosa accadrebbe se lei ... se smettesse di lottare?” "So che siete molto preoccupato in questo momento ma vi invito a pensare che c'è una possibilità. Vostra figlia è testarda e ostinata quanto voi signore, credete nella sua forza e tutto andrà per il verso giusto" "Dottore ..." si alzò in piedi portandosi le mani dietro alla schiena " ... fate tutto quanto in vostro possesso per guarirla. Non posso perderla, non è naturale che un padre pianga la morte di una figlia, dovrebbe essere l'opposto, dovrebbe essere lei a stringere la mia mano sul letto di morte" "Vi ho detto molte volte che i cattivi pensieri fanno più male della malattia in sé. Vostra figlia ha davanti settimane difficili ma sono pronto a scommettere che vincerà di nuovo e tornerà quella di prima" "Siete pronto a scommettere?" "Si signore" lo sguardo del generale diventò improvvisamente più profondo e freddo "D'accordo allora, accetto la vostra scommessa ma se Oscar non dovesse farcela voi perderete la testa" un altro sguardo pieno di rabbia prima di abbandonare la sala lasciando il medico da solo nel silenzio a sorridere.
Già, perché conosceva quel generale da una vita intera e mai, mai l'aveva visto così preoccupato per qualcuno che non fosse sè stesso.
Era cambiato, cresciuto assieme ad Oscar e ora improvvisamente padre, un padre che amava e che era pronto ad uccidere per quell'amore.
Non era la prima volta che scommetteva con lui, l'aveva fatto in passato quando la ragazza era piccola e aveva vinto, ora sarebbe stata esattamente la stessa cosa anche se quella punizione perenne restava sospesa nell'aria.

 

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Capitolo 37
*** Torna da Lei ***


                                    Torna da Lei





Aveva cavalcato ininterrottamente per dieci giorni fermandosi solo per cambiare cavallo e ora, immerso nel silenzio di quella stanza, pregava con tutte le forze di poter trovare le parole giuste.
Non aveva più sue notizie, a che scopo mandare un messaggero? Ci avrebbe impiegato troppo tempo e quella notte stessa, sarebbe ripartito per la Normandia correndo come un pazzo perché aveva il terrore di trovare solo lacrime al suo rientro, lacrime e niente di più.
C'era quella flebile speranza che ancora scaldava il cuore, Oscar non si arrendeva, non abbandonava mai le sfide, vinceva con una facilità impressionante ogni tipo di duello e avrebbe vinto anche adesso perché in fondo era di quello che si trattava.
Era una sfida tra la vita e la morte, tra la luce e le tenebre.
Sperava, pregava, se quel Dio tanto buono ascoltava le supplice allora avrebbe ascoltato un uomo che amava e che nascondeva continuamente questo amore solo per vederla sorridere, perché le voleva talmente bene da riuscire a capirla con uno sguardo, da lasciarla oltre il confine sicuro che l'amicizia tracciava per loro perché lei non era sua, non erano per lui quelle lacrime o quei sorrisi delicati che nascevano nel silenzio.
Chiuse gli occhi passandosi una mano tra i capelli “Mi avete fatto chiamare colonnello?” annuì mestamente senza nemmeno sollevare lo sguardo dal pavimento “State bene?” domandò confuso Andrè ma l'altro non rispose “Signore?” “Ho sentito che gli ultimi scontri non sono stati molto violenti” “Le notizie che arrivano dal comando sono buone signore, a quanto pare la pace potrebbe arrivare da un momento all'altro” “Avete ragione sapete? Il generale Buillé sta svolgendo un ottimo lavoro” ma non c'era sorriso sulle labbra del duca, niente ironia nello sguardo “C'è una ragione particolare per cui mi avete fatto chiamare signore? Io non ho ancora scritto nessuna ...” “Sedetevi” sussurrò Christian invitandolo con un leggerissimo cenno del capo “Ho bisogno di parlare con voi Andrè e ho bisogno di farlo con calma” lo vide socchiudere gli occhi nel tentativo di studiare il suo volto, quell'espressione a metà tra lo sconforto e la rabbia.
Appoggiò il fucile accanto al muro avvicinandosi al colonnello, studiò qualche secondo il suo volto e si accorse ben presto di quei solchi profondi creati dalla stanchezza, gli occhi cerchiati e l'incarnato pallido.
Tirò leggermente indietro la poltroncina sedendosi, Christian sospirò cercando le parole giuste ma esistevano davvero parole giuste? Come poteva dirgli la verità senza ferirlo? Nemmeno lui conosceva più quella verità.
Vita, morte, lacrime, tutto era collegato, tutto così dannatamente reale da confonderlo.
Cosa sarebbe accaduto se gli avesse svelato le condizioni di Oscar e poi, dopo qualche giorno, quell'uomo innamorato avesse scoperto che in realtà il suo amore non era più? Come avrebbe reagito ad una bugia? Fece un bel respiro cercando gli occhi di Andrè “Avete ricevuto l'ultima lettera della contessa non è così?” “Si signore, il vostro attendente l'ha lasciata nelle mie mani due settimane fa” “Devo chiedervi scusa sapete?” “Scusa per cosa?” domandò guardingo il giovane ma l'altro sorrise “Ero io a scrivere soldato” “Mi avete preso davvero per uno sciocco? Conosco la calligrafia di Oscar, quella non era la sua ma ho aspettato ripetendo a me stesso che presto, qualcuno sarebbe venuto qui a dirmi che diavolo sta accadendo” la voce tremò leggermente caricandosi di rabbia “Perché vedete duca, lei mi scrive ogni volta quanto sia bella la Normandia, quanto stia bene in quel posto ma so che sono bugie! Quando Oscar è davvero felice allora il suo modo di scrivere cambia, nelle lettere si riflette quella felicità ma le ultime che ho letto ...” si fermò qualche secondo riprendendo fiato “... non erano urla di gioia duca. C'era dolore nelle sue parole e sono stanco di aspettare signore! Se non foste venuto voi da me avrei abbandonato l'esercito questa notte stessa quindi ora, ve ne prego, ve ne prego con tutto il cuore ...” gli sguardi si fusero assieme e il respiro sembrò bloccarsi di colpo “... ditemi la verità perché so che lei non lo farà mai. Ha questa sciocca convinzione di dovermi proteggere da ogni cosa e non ammetterà mai che qualcosa non va!” “Però” sussurrò Christian appoggiandosi allo schienale della poltrona “Ora capisco cosa vi lega a lei. Le leggete dentro con una semplicità disarmante perfino da così lontano” “Ho passato una vita assieme a lei, sarebbe strano il contrario” “Andrè, ho cavalcato senza sosta per dieci giorni. Ho spinto i miei cavalli al limite per potervi parlare perché quello che porto con me è un messaggio urgente” sfilò dalla fascia la lettera sigillata, il giovane seduto di fronte a lui tremò violentemente aggrappandosi ai braccioli “Quella è … è del generale” “Esatto. Credo che questa vi consenta di lasciare l'esercito oggi stesso” “State scherzando?” sussurrò prendendo tra le mani il foglio candido “Il motivo per cui il generale vi congeda non è … vedete io non so come ...” fece un bel respiro cercando dentro di sé una forza che d'improvviso sembrava sparita “La contessa si è ammalata” “Oscar?” “Ha lottato con la tisi per settimane ma ora … ora non ho altro ad dirvi se non che dovete leggere quella lettera Andrè” il mondo si fermò di colpo.
Ogni cosa attorno a loro scomparve lasciando solo un giovane dal respiro accelerato e gli occhi pieni di terrore.
Sentiva la sua paura, lo sentiva tremare, trattenere a forza un urlo disperato mentre le dita si stringevano più forte attorno alla carta “Avrei voluto affrontare ben altro viaggio credetemi. Ero convinto di doverla inseguire per settimane evitando che si facesse ammazzare da qualche brigante nel tentativo di raggiungervi e devo dire che quell'immagine mi divertiva. Ero pronto ad accompagnarla fino a qui. Non era di questo che avrei voluto … non era così che avrei voluto portarvi da lei” arrivò solo silenzio, un silenzio gelido e pieno di terrore “Ho lasciato la Normandia dieci giorni fa per raggiungervi. Avevo promesso che non mi sarei fermato per niente al mondo e l'ho fatto ma vi prego, ve ne prego con tutto il cuore, non chiedetemi se lei è ...” “È viva?” sospirò chiudendo gli occhi “Duca vi prego, ho bisogno … voglio solo sapere se è … se respira ancora” “Era questa domanda che temevo” riaprì gli occhi incontrando lo sguardo di Andrè.
Occhi verdi inondati di lacrime che tradivano la fermezza del suo sguardo, quella rigidità imposta ai movimenti che avevano l'unico scopo di proteggerlo dal male di quelle parole “Io non … non so dirvi nient'altro Andrè perché non ho sue notizie da dieci giorni e ho paura, ho una paura tremenda di tornare a casa e scoprire una verità diversa da quello che mi aspetto e se questo mi tormenta, non oso immaginare cosa provate voi, lo vedo sapete? Lo leggo nel vostro sguardo?” l'altro tremò aggrappandosi a quell'unica voce in grado di bucare la coltre di buio che l'avvolgeva in quel momento “Quando questa terribile malattia l'ha costretta a rallentare ho pensato che sarebbe passato, che era abbastanza forte anche per voi e che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Sono rimasto accanto a lei contandone i respiri perché sapevo che se si fosse abbandonata al sonno, il dolore che avreste provato sarebbe stato così grande da costringervi a seguirla” i passi leggeri degli uomini oltre la porta spezzavano di tanto in tanto il gelo del silenzio riportandoli in quella stanza, in quelle parole “L'ho aiutata a sorridere, ho scritto quelle lettere cercando di limitare lo sconforto delle sue parole, la solitudine che provava in quei momenti lontana da voi. Poi il dottore ha emesso quella stupida sentenza, pochi giorni ancora per respirare, per vivere. Era distrutta e ha provato a raggiungervi, spero che mi perdoniate Andrè perché sono stato io ad impedirle quel gesto folle” “Perché?” sussurrò abbassando lo sguardo “Perché era sconvolta, stava scappando da se stessa, dalla malattia, dal padre, scappava per raggiungervi, per potervi dire addio e le ho promesso che non sarebbe stata addio l'ultima parola che vi avrebbe sussurrato. Ho sbagliato? Forse, ma era per la sua sicurezza che ho ...” “No duca, non … perché non mi ha detto niente?” “Per proteggervi” Andrè sorrise mestamente asciugando una lacrima.
“Oscar ha il brutto vizio di proteggervi, l'avete detto voi pochi minuti fa. Voleva risparmiarvi la vista di una giovane donna che poco conservava di se stessa. Non era la pietà che cercava da voi” “Pietà?” ripeté sollevando di nuovo lo sguardo “Non era pietà che avrebbe trovato nei miei occhi. Come può decidere da sola? Come può scegliere per entrambi cosa è giusto e cosa no? Non l'avrei mai lasciata sola, avrei abbandonato ogni cosa per starle accanto e non ...” si strinse violentemente la testa tra le mani cercando di respirare “ … ora voi siete qui, davanti a me e mi raccontate la verità e dovrei … dovrei ringraziarvi sapete? Perché vi siete preso cura di lei, perché l'avete protetta ma non riesco nemmeno a guardarvi negli occhi, non riesco ad accettare la vostra presenza qui. Ho bisogno … ho solo bisogno di sapere se è viva duca ...” le lacrime scendevano ormai incontrollate dagli occhi ma la voce era ferma, terribilmente controllata e fredda “ … perché Oscar è il motivo per cui mi alzo ogni mattina, lei è il motivo che mi costringe a resistere. È lei che vedo con il sorgere del sole e c'è il suo sorriso nella luce della luna. È lei che decide quando posso sorridere, quando piangere. Lei mi regala una ragione per continuare a vivere ma se ora voi … se dalle vostre labbra esce una condanna duca, vi prego, vi prego di lasciarmi morire in quest'inferno perché tornare a casa senza di lei non è molto diverso dalla morte” Christian sospirò stringendosi leggermente nelle spalle “Non è una condanna che vi regalo né la certezza assoluta. Non ho risposte, non ho regali da farvi. Vi offro la possibilità di tornare indietro perché se ora restate qui, se vi rifiutate di affrontare la realtà vivrete il resto della vostra vita con il rimorso e credetemi, è una cosa che uccide” si alzò in piedi sistemando il mantello “Tornare fa sempre paura, nel nostro caso è terrore puro ma la paura va affrontata perché siamo adulti e non ci è più concesso di scappare. Tornate da lei Andrè” gli passò accanto, un gesto leggero, la mano stretta sulla sua spalla per qualche secondo e poi solo silenzio, silenzio e niente di più.

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Capitolo 38
*** Sei più forte di Me ***



Allora, eccomi di nuovo ad intaccare i capitoli con le mie note ma ho preferito rispondere ad un paio di domande qui perché credo che la risposta possa interessare a molti di voi.
1) In che anno si svolge la storia e quali conflitti ha aperti la Francia: La mia storia è ambientata nel 1782 più o meno e prende spunto dal trattato di Fointainebleau dell'8 novembre 1785 tra Giuseppe II d'Asburgo Lorena e la Repubblica delle sette province.
Questo confronto venne impedito dalla diplomazia di Luigi XVI, di fatto cognato di Giuseppe II.
La Francia voleva impedire lo scontro tra due alleati: l'Impero, che fin dalla guerra dei sette anni aveva visto Maria Teresa d'Austra e Lugi XV affiancati (rispettivamente mamma di Maria Antonietta e nonno di Luigi XVI) e le province unite, accanto alle quali aveva combattuto l'Inghilterra.
Luigi XVI con la sua diplomazia approfitta della situazione per vincere le ultime resistenze olandesi ed ecco il nostro confine di guerra.
Aggiunge poi le ultime province olandesi al trattato di Parigi del 3 settembre del 1783 che venne poi di fatto firmato nel maggio del 1784,
Parigi convince poi Vienna e l'Aia ad un compromesso che venne sottoscritto nel castello di Fointainebleau l'8 novembre 1785.
La storia si snoda attraverso questi quattro anni più o meno per poi proseguire con trame tutte sue ecco perché esistono più giorni di guera e meno diplomazia o viceversa.
Non ne ho mai parlato perché non lo ritenevo una cosa importante, l'attenzione è interamente incentrata sui personaggi. Di fatto, quando Christian arriva al confine è quello con l'Olanda. Ora, non ho la più pallida idea di quanto ci volesse a cavallo dalla Normandia ma ho calcolato dieci giorni ad un galoppo spietato, che poi siano qualcuno di più o qualuno di meno sinceramente lo ignoro =) Se volete ulteriori informazioni chiedete pure. Ho giocato un po' con l'età dei personaggi quindi magari non li troverete con la stessa età del manga ma fa lo stesso, è un gioco mio.
2) Perché Andrè non reagisce in modo più deciso: Io credo che un uomo innamorato come lo è lui, possa accettare qualsiasi cosa per il bene del suo amore. Andrè non è un vigliacco né un codardo e sinceramente, troverei strano il suo abbandono per correre da Oscar, anche se lei è il suo unico pensiero. Sarebbe un tradimento nei confronti di se stesso, della scelta di regalare ad Oscar la certezza di un futuro, tradirebbe il giuramento fatto e soprattutto Oscar che l'ha sempre conosciuto come uomo leale e pieno di dedizione e perché no, tradirebbe anche i suoi compagni d'armi, con i quali ha stabilito rapporti quasi fraterni.
Ha ricevuto a mio parere la punizione più crudele che possa esserci, non è morto ma nemmeno vivo, non è libero di restare accanto a lei e prova a dimenticare ma i buoni propositi cadono quando se la ritrova davanti. Di fatto, Oscar è il motivo per cui apre gli occhi ogni giorno ed è per lei che combatte, per tenerla al sicuro, non è nobile e non ha un titolo, ha paura di distruggere il futuro della giovane ignorando invece il male che le fa con queste decisioni. Non lascia il fronte perché non è un codardo né un vigliacco, la sua punizione è stata orribile ma vuole dimostrare al generale di essere all'altezza di sua figlia.
Lei è decisa e forte ma molto introspettiva, le paure che custodisce sono enormi perché di fatto non ha mai amato, escluso Fersen ma non lo considero nemmeno così importante. Il mio tratteggio dei personaggi rappresenta un uomo e una donna reali, che si amano e che cercano in ogni modo di comprendere quest'amore travagliato (per Andrè) e nuovo (per Oscar). Ho reso Oscar semplicemente "umana" le ho regalato l'imperfezione che tutti noi ci portiamo dentro colorando il suo carattere di mille sfumature, alcune le comprende, con altre ci lotta.
3) Christian: semplicemente è Christian. Sono follemente innamorata di questo personaggio, è forte, intelligente, metà inglese e metà francese e per questo, abituato a vedere le cose in una doppia prospettiva. Non è un surrogato di Andrè, se notate infatti Chrstian è molto più diretto, è nobile, in grado di rapportarsi con il generale e di tenergli testa, comprende Oscar nel migliore dei modi perché ha avuto un padre padrone esattamente come lei ma una madre che ha lottato per lui cambiando il suo futuro. Lui è la razionalità di Oscar che parla, cammina e respira, una sorta di grillo parlante che commette però l'errore di innamorarsi di lei. Le loro scene sono dolci e innocenti ma intrise di sensualità nascosta eppure lampante. So che molti di voi lo odiano ma non fatelo, ve ne innamorerete anche voi =)  Quello che accadrà in futuro è qualcosa con effetti diversi su ogni personaggio, soprattutto su Oscar.

So di essermi dilungata un pochetto ma era necessario. Spero di essere stata abbastanza chiara. Vi ringrazio ancora tutti di cuore, ma davvero tutti, un abbraccio enorme.





               Sei più forte di Me




“Cosa stai tentando di fare?” “Io sto … provo ...” “A parlare” ribatté secca la governante portandosi le mani ai fianchi “Che ti ha detto il medico?” “Ma io ...” “Tu devi tacere e ascoltare me, io so come vanno queste cose. Ci vuole tempo e aspetterai tutto il tempo necessario sono stata chiara?” un debolissimo si le uscì dalle labbra costringendo la vecchietta a sorridere “Tua madre vorrebbe venire a trovarti, in realtà, era dall'inizio della tua malattia che esprimeva questo desiderio” “No, lei non ...” “Che ti ho detto sul parlare?” esclamò avvicinandosi al letto con il catino d'acqua “Stai tranquilla, non entrerà in questa stanza. È già cagionevole di salute, non c'è motivo di esporla ulteriormente” “E tu?” “Io?” le sfiorò il volto scostandole dagli occhi i capelli “Io sono abbastanza robusta, sopporto bene ogni cosa, dovresti saperlo ormai” strizzò lo straccio iniziando a tamponare la sua pelle, il refrigerio fu immediato e il respiro rallentò dolcemente “Un passo alla volta bambina. Vedrai che tutto si sistemerà. Questa serà proveremo a mangiare qualcosa di solido e se non ci riuscirai non fa niente, ci riproveremo domani e il giorno dopo ancora” un sorriso delicato sfiorò le labbra della giovane “E poi tutto andrà bene. Tornerai a disobbedire a tuo padre, lo farai arrabbiare, giocherai con la sua pazienza. Tutto come al solito” la porta si aprì lentamente e il generale si avvicinò al letto nascondendo un sorriso dietro alla solita espressione dura e contrita “Come ti senti?” “Meglio padre … io sto ...” “Tu non dovresti nemmeno pensare di pronunciare parole!” riprese Nanny “Risponderò io per lei signore” “Ha mangiato?” “Non molto, siamo riuscite ad ingoiare un po' di brodo e il tè” “Domani andrà meglio” ma lo sguardo della giovane era inchiodato agli occhi del padre.
Vedeva in lui qualcosa di diverso, qualcosa che fino ad ora non le aveva detto ma che era così lampante per lei “Partirò questa sera” “Per dove signore? Sempre se non sono indiscreta” “Torno a Parigi per qualche giorno. Gli affari mi terranno lontano ma anche da Parigi ti terrò d'occhio” esclamò gelido tornando a fissare la figlia “Se ti muovi da questo letto prima del tempo, se ti azzardi anche solo a pensare di poter sgattaiolare fuori da quella finestra di nuovo, faccio murare la porta della tua stanza. Sono stato chiaro?” “Si signore” “Silenzio, non puoi parlare” la governante sorrise slacciando lentamente la camicia della ragazza “Ora vi lascio alle vostre chiacchiere, chiacchiere che saranno unicamente a senso unico non è così?” Oscar sorrise annuendo dolcemente “D'accordo allora. Ci vediamo tra qualche giorno” si chinò su di lei lasciando un bacio leggero sulla fronte prima di abbandonare la stanza. “L'hai fatto innamorare bambina” “Cosa?” “Ha scoperto improvvisamente di amarti e ora si comporta da padre” “In tempo” sussurrò colorando quelle sciocche parole di ironia ma il volto della governante si tirò in una smorfia “Che ti ho detto sul poter parlare?” ma Oscar ridacchiò alzando gli occhi al cielo.
Aveva davanti giorni difficili, ore di lotta continua ma non si sarebbe arresa, non l'aveva mai fatto e di certo, non avrebbe iniziato ora.




“Cosa ci fai ancora qui?” non rispose, non si mosse nemmeno.
Restò inginocchiato al suolo con quel pezzo di carta davanti agli occhi e il cuore che martellava nel petto “Dovresti essere il più lontano possibile dalla guerra e non chino su un pezzo di carta” sentì la mano dell'amico stringersi con forza attorno alla sua spalla “Andrè, non è scritto da nessuna parte che quando tornerai a casa troverai solo dolore, non per forza tutto diventerà buio e triste” “E se lei muore?” era un sussurro, una domanda lasciata cadere nel vuoto “Se lei muore io cosa … come posso vivere senza di lei?” Emile sospirò inginocchiandosi davanti a lui “Lei non morirà e tu vivrai” “E se ...” “No” esclamò afferrandolo per le spalle “Basta domande, basta paure. Tornerai a casa e la stringerai tra le braccia” “La stringerò tra le braccia” “Esatto” un bel respiro profondo prima di cancellare di colpo quelle lacrime insolenti “Ora diamoci una ripulita, abbiamo un viaggio da affrontare” strinse più forte la lettera tra le mani alzandosi da terra “Sei pronto?” un debolissimo si uscì dalle labbra mentre sentiva di nuovo il calore sfiorargli il volto.
Sarebbe rimasto lì, l'avrebbe fatto ma a che scopo? Vivere tutta la vita con il rimorso? Non era quello che avrebbe desiderato Oscar, non era quello che voleva il suo cuore perché vivere nell'incertezza l'avrebbe ucciso.

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Capitolo 39
*** La tua guerra è Finita ***


                La tua guerra è Finita





Forse il cielo non era solo un immeso drappo di seta azzurro, forse c'era davvero qualcuno lassù perché un padre triste e distrutto aveva confidato alla notte le sue preghiere, aveva regalato lacrime preziose trovando al mattino un sorriso delicato.
Due occhi di mare stanchi e indeboliti dalla malattia che nonostante tutto, avevano trovato la forza di aprirsi di nuovo.
Ricordava con esattezza quella notte infernale, il terrore che sua figlia lo lasciasse, le ore passate a contarne i respiri, uno, due, tre, quattro, come se ad ogni sospiro un po' di quella febbre uscisse dal suo corpo lasciandola libera di vivere di nuovo.
Non aveva mai provato una gioia così grande, mai in tutta la vita era stato così felice perché era certo di aver allevato una guerriera, una giovane donna che mai si sarebbe arresa, che avrebbe lottato contro tutto e tutti per riuscire a rialzarsi.
Dopo due settimane da quella notte orrenda, l'orgoglio che provava mentre la vedeva lentamente rifiorire cresceva di giorno in giorno.
“Lo state facendo di nuovo” la voce della figlia lo risvegliò dal dolce tepore dei ricordi, strinse più forte il libro tra le mani sorridendo.
L'aria delicata della mattina portava con sé il dolcissimo profumo dei fiori appena sbocciati, colori delicati che salutavano l'inizio di una timida primavera “Mi state spiando” “Non è vero” ma lei sorrise voltandosi verso il padre, lo sguardo carico di tenerezza, i capelli dolcemente sparsi sui cuscini.
Il rosa tenue del suo incarnato stava lentamente tornando lo stesso di sempre, il suo corpo così provato dalla malattia riprendeva a vivere riscoprendo il dolcissimo tepore del riposo.
Le gambe accavallate, le braccia abbandonate sui braccioli della poltrona mentre lasciava al vento leggero il compito di accarezzarla.
Sua figlia era uguale a quei fiori, ancora addormentata nel sogno di un inverno che non voleva finire eppure, così dannatamente attaccata alla vita da sbocciare sotto i timidi raggi del sole “Lo fate ogni volta che siamo sulla terrazza” “Controllo solo che non ti vengano in mente sciocche idee” “E come?” ribattè divertita chiudendo gli occhi “È solo questione di tempo Oscar” ma l'ironia nella voce del padre la fece sorridere mentre cercava di nuovo il contatto con i raggi caldi del sole “Stai pensando di andare a cavallo e la mia risposta è no” “Non vi ho chiesto niente padre” “Lo farai a breve, credi davvero di potermi giocare così? Sei mia figlia, hai la stessa espressione che avevo io quando chiedevo a mio padre cose impossibili” “Andare a cavallo non è impossibile” “Ti ho permesso di passeggiare sulla riva del mare a patto che tu segue tutte le cure del medico. Sei ancora troppo debole per cavalcare” “Ma posso restare in piedi per più di tre ore senza svenire” tossì leggermente portandosi la mano alle labbra, il generale sospirò raddrizzandosi di colpo sulla sedia.
Quella tosse fastidiosa tardava a sparire, il suo respiro era ancora troppo debole per combattere, lo vedeva ogni volta che l'accompagnava nelle sue passeggiata, in quel fiato spezzato a metà dalla stanchezza e in quello sguardo limpido che provava con tutte le forze a nascondere debolezza e paura.
“Niente cavallo, niente spada e niente corse” “Niente vita?” “Non essere arrogante, non ti ho insegnato niente del genere” “Scusatemi padre, è solo che mi sento così ...” “Stanca?” “Imprigionata” sussurrò inchiodando gli occhi ai suoi “Sono chiusa in una prigione e vedo oltre le sbarre tutto ciò che amo, non posso raggiungerlo e non posso scappare, resto semplicemente qui ad osservare la vita che scorre” “La tua vita è un regalo, un dono immenso Oscar. Hai lottato contro la tisi e stai vincendo, non è un gioco quello da cui sei scappata. Raggiungerai tutte le cose che ami, tornerai a cavalcare, a tirare di scherma, correrai ovunque esattamente come facevi prima solo ...” chiuse il libro concentrandosi sul volto della figlia “... un passo alla volta Oscar” “Un passo alla volta” “Esatto, un passo alla volta e non ammetto nel modo più assoluto che oltrepassi il limite che ho fissato per te. Sono stato chiaro?” “Si signore” sussurrò studiando il volto del padre “Immagini la reazione del duca nel rivederti? Sarà stupito quanto lo sono stato io quando mi hai guardato negli occhi, eri così fragile” un debolissimo sorriso le sfiorò le labbra costringendo anche il generale a ridere “Ormai è questione di giorni. Tornerà presto vedrai” “Voi sapete dov'è andato?” “Ha importanza?” “Per voi ne ha?” ma l'altro non rispose “Padre, se volete tenermi al sicuro da ...” “Doveva consegnare una lettera per me Oscar” “Una lettera?” ripeté confusa “Una lettera molto importante” “Siete diverso” sussurrò alzandosi in piedi ma la testa girò di colpo, indietreggiò di un passo ma la presa forte del padre attorno alle sue spalle la tenne in equilibrio impedendole di ricadere sulla poltroncina “C'è qualcosa di diverso in voi” “Sono uguale ad ogni altro giorno” ribatté secco “Siete cambiato, questa cosa vi ha cambiato” “Cambierebbe ogni padre” “Niente vi ha mai spaventato” “Direi che la vista della propria figlia in fin di vita è un'attenuante che dovremo considerare” le risate coprirono il canto degli uccelli, le mani scivolarono lungo le sue braccia fino ai polsi “Non volete dirmi che per quale motivo Christian è partito?” “Perché la guerra è finita” “La guerra è finita? Padre, siete sicuro di sentirvi bene? Il generale Buillé non ha ancora ...” le parole morirono lentamete in gola mentre leggeva negli occhi del padre un segreto fino ad ora ignorato “La guerra è finita?” ripeté tremante.
Era terrorizzata, spaventata a morte dal poter udire dalle labbra del padre parole che non corrispondevano alla realtà del suo sguardo “Padre voi … ” “La guerra è finita bambina mia” le labbra si schiusero in un sorriso pieno di dolcezza, gli occhi lasciarono alle lacrime il compito di lenire il dolore fino ad ora custodito.
Strinse più forte le mani del padre, un passo in avanti, il calore delle sue braccia strette attorno a lei e quella risata che ne avvolgeva il respiro.
Il primo abbraccio tra un padre e una figlia, un contatto delicato, lo stesso legame che per tutti quegli anni era rimasto a spiarli in silenzio chiedendosi quando e come si sarebbe affacciato alla vita.
Nelle parole del padre viveva la sua speranza, nel suo respiro il futuro, quel futuro assieme a quell'uomo lontano che ormai era diventato il centro di ogni suo pensiero.




 

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Capitolo 40
*** Un giorno dopo l'Altro ***


                    Un giorno dopo l'Altro




Ho detto con calma!” “Oh andiamo! Ve ne prego padre, sono settimane che resto in questa stanza” l'uomo sospirò avvicinandosi al letto, posò la mano sulla spalla della figlia costringendola ad appoggiarsi di nuovo ai cuscini “Cinque giorni fa hai aperto gli occhi Oscar, hai aperto gli occhi e mi hai guardato con quell'aria innocente, come se fosse la cosa più naturale del mondo! Ho passato notti accanto a te a cercare di capire se stessi respirando o se mi prendessi in giro! Ti ho detto che non devi accelerare i tempi, che dovevi prenderti cura di te stessa e invece parli, ti sforzi così tanto da far riapparire quella tosse” le labbra della ragazza si mossero leggermente ma la voce del padre bloccò qualsiasi tentativo di protesta “Il dottore ha detto che puoi alzarti da questo letto per pochi minuti e pochi minuti saranno. Non pensare di girovagare per la casa o di scappare sulla spiaggia” “Ma se non ...” “No!” esclamò piantando gli occhi nei suoi “Non hai bisogno di correre, la fretta è sbagliata, cosa ti ho insegnato Oscar?” “Bisogna riflettere sulle cose prima di prendere decisioni avventate” “Vuoi andare a passeggio nel parco della tenuta, cosa c'è di riflessivo in questo?” “Ho solo bisogno di un po' di sole, ho bisogno di sentire di nuovo il vento perché mi sembre di impazzire qui dentro” lo sguardo severo del padre non lasciò nemmeno per un secondo il suo volto Rise divertita da quel ricordo innocente.
Il sole splendeva nel cielo, i suoi raggi accarezzavano la fontana colorandola di dolcissima luce preziosa.
Sfiorò con le dita l'acqua fresca ripensando a suo padre, a quello sguardo severo che tante volte aveva visto da bambina e che per anni, era stato il suo unico compagno di giochi.
Per la prima volta nei suoi occhi aveva letto preoccupazione, paura, indecisione … “Vi prego padre, io non ...” “Se stai in piedi più di venti secondi ti senti mancare, come pretendi di restarci per ore?” “Ci saranno gli attendenti con me e la governante” “Dove sono io?” domandò confusa la vecchina entrando nella stanza “Con me, con me nel parco” “Davvero?” “Davvero!” “Oh … oh, certo! In fondo, un po' di aria fresca non può farle male” ma il generale sospirò portando le mani dietro alla schiena “Il dottore ha detto che vostra figlia può alzarsi dal letto per un po', non preoccupatevi signor generale, ci sarò io con lei” “E sia” Oscar sorrise scostandosi dagli occhi i capelli ma la tosse le ruppe il respiro costringendola ad uno sforzo immenso.
Gli occhi del padre si piegarono in un leggerissimo sorriso carico di ironia “Questo fa parte del tuo stare bene?” “Questo è … è solo un piccolo contrattempo tutto qui” si portò una mano alle labbra sospirando, piccole goccioline di sangue ne tinsero la pelle mentre lo sguardo diventava improvvisamente più cupo ma sentì le mani del padre strette attorno alle sue spalle.
Sollevò lo sguardo incontrando i suoi occhi “Ti ho dato il permesso di uscire da questa stanza ma non ci starai ore ...” tirò indietro le coperte, le gambe scivolarono lentamente di lato e i piedi incontrarono il pavimento fresco “ … solo pochi minuti Oscar, pochi minuti appena” la governante sistemò i pantaloni della giovane aiutandola ad infilare le scarpe “Se ti viene in mente qualsiasi altra sciocchezza giuro che darò ordine di chiuderti a chiave qui dentro, e ci resterai fino a quando non sarai guarita!” tese le mani verso di lei, gli occhi della ragazza si piegarono in un sorriso mentre intrecciava le dita alle sue poi quel gesto leggero, la tirò dolcemente in avanti aiutandola a trovare l'equilibrio.
Mosse un passo sorridendo, i troppi giorni passati a letto l'avevano indebolita al punto da costringerla a tremare per ogni più piccolo sforzo, anche per il più sciocco.

Strinse più forte le mani del padre sospirando “Dovrebbe essere facile sai? Prima la destra e poi la sinistra, l'hai già fatto una volta” “Avevo un anno padre!” esclamò sfinita ma l'altro scosse la testa “Non si dimenticano cose del genere. Ora mostra un po' più di rispetto o ti lascio cadere!” la governante ridacchiò divertita seguendoli Perché era così diverso? Il generale freddo e severo a cui era abituata era sparito, sostituito da un padre, un padre vero che si spaventava se il suo respiro accelerava, che chiedeva continuamente sue notizie anche quando lasciava casa per poche ore.
Non capiva come fosse possibile e forse nemmeno le interessava, avere accanto un padre era dopo tutto un piacevole diversivo alla vita di tutti i giorni “Contessa?” sorrise voltandosi al suono di quella voce così familiare ma non ebbe nemmeno il tempo di rispondere.
Le braccia del giovane la tirarono violentemente in avanti nascondendola in un intreccio delicato “Mi sei mancata” “Anche tu” sussurrò divertita nascondendo il volto, sentiva il respiro di Christian rotto dal pianto, le sue mani strette sulla schiena, intrecciate ai capelli, incatenate così forte a lei da farle male ma la gioia era troppo grande per permettere alle lacrime di avere la meglio, sollevò le braccia e si strinse a lui ascoltando il suono del suo respiro.



Una settimana ancora, giorni lunghissimi che sembravano sempre più belli.
La primaversa esplose violenta così come il suo sorriso, era bella, terribilmente bella e se ne accorgeva ogni giorno un po' di più.
Lo vedeva nei suoi occhi, dove la stanchezza spariva lentamente lasciando solo vita, nel suo corpo che rifioriva con una semplicità impressionante.
Il suo incarnato era tornato lo stesso di sempre, quel pallore maledetto era sparito e le forme delicate si erano riempite di nuovo mostrando ancora una volta la dolcezza del suo essere così diversa.
Sorrise spronando il cavallo al galoppo, sentiva il vento fresco sulla pelle, l'aria che gli sfiorava i capelli, che lo costringeva a sorridere mentre seguiva con lo sguardo la corsa folle di una giovane donna innamorata della vita.
L'aveva davanti, così bella, così piena di vita da sconvolgerlo perché quella, era la stessa donna che settimane prima non riusciva nemmeno ad alzarsi dal letto.
Era impressionante la forza che custodiva dentro, la velocità che aveva nel tornare giorno dopo giorno quella di prima, come se le ultime settimane non fossero mai esistite, come se quella terribile malattia fosse stata solo un brutto sogno.
Non avere sue notizie l'aveva distrutto dentro, aveva scatenato in lui paure e dubbi che fino ad ora non sapeva di avere, perderla voleva dire perdere sé stesso e quel cuore che da poco, era tornato a battere all'impazzata innamorato della vita.
In lei c'era la speranza di un mondo migliore, la dolcezza di madre natura che l'aveva creata dal nulla dipingendo un quadro di rara bellezza.
Una tela pura su cui aveva gettato una manciata di diamanti, con il cielo aveva colorato i suoi occhi rubando le venature smeraldo del mare.
L'oro per intrecciare i suoi capelli e petali di rosa per le sue labbra. Con polvere di Luna aveva dipinto il suo incarnato e d'acqua era il suo sguardo.
Oscar era un intreccio perfetto di vita e passione, e lo vedeva in ogni cosa di lei.
Nei suoi capelli mossi dal vento, più lunghi di come li ricordava, più luminosi ancora.
Nella stessa postura di sempre mentre si piegava sul cavallo e la sua risata, fresca, pura, la stessa che l'aveva colpito a quella festa.
“Corri troppo!” esclamò divertito raggiungendola “Forse siete voi ad essere troppo lento” “Tuo padre ci ucciderà” ma lei sorrise stringendo più forte le gambe attorno ai fianchi di César, il cavallo accelerò di colpo costringendolo a fare altrettanto.
Il cielo era di un azzurro cristallino e il sole caldo dipingeva sulla terra bellissimi fiori dai mille colori.
Si fermarono all'ombra di un grandissimo salice, c'era profumo di mare nell'aria e la dolcezza dei campi di grano addormentati, cullati da un verde ancora immaturo.
Un contrasto perfetto per quel mondo incantato così lontano da guerre e paure.
Si appoggiò al tronco dell'albero ridendo dell'espressione buffa dipinta sul viso della giovane.
Se ne stava in piedi accanto al cavallo, rideva parlando di chissà quali cose con lui come se quell'animale potesse risponderle da un momento all'altro.
Le mani ne sfioravano il manto lasciando dolcissime carezze, gli occhi persi nei suoi e quel sorriso perenne che mai l'abbandonava “Ti sei mai chiesta cosa pensa?” “Tante volte” “E hai trovato una risposta?” “Credo sia stanco di vedere soldati e guerre” sorrise stringendosi dolcemente nelle spalle “Ma gli ho promesso che d'ora in avanti tutto sarà diverso” “E quel sorriso tanto bello ne è la causa?” sollevò lo sguardo incontrando gli occhi del giovane “La guerra è finita” Christian annuì leggermente sorridendole “Hai ragione sai? La tua guerra è finita contessa” “Mio padre ha ...” “Ha salvato sua figlia. Lo trovo un gesto d'amore immenso” annuì leggermente ricordando ancora una volta l'espressione dipinta negli occhi del padre “Ti sta regalando il futuro Oscar, anche se questo lo massacra dentro ma l'ha fatto per te, per vederti sorridere di nuovo” “Tornerà da me, non è così?” domandò cercando ancora una volta i suoi occhi “Sarebbe uno sciocco a non farlo” “Quando?” ma quella domanda era rivolta a sé stessa, ai dubbi che ora si scioglievano come neve al sole “Insomma, è passato quasi un mese da quando sei andato da lui. Perché non torna?” “Forse ha solo bisogno di pensare” “E a cosa?” ribatté confusa “Deve solo prendere le sue cose e tornare a casa” “Non è stato facile Oscar. Cose del genere spaventano” “E per me lo era?” esclamò gelida “Per me è stato facile vero?” “Non dico questo. Restare così lontano da casa senza sapere se fossi ancora viva, se respirassi ancora, se avresti avuto la forza per lottare. Non è facile Oscar. Io mi sono sentito morire, immagini cosa debba aver provato lui?” non rispose, tornò a concentrarsi sul cavallo lasciando che le parole di Christian l'abbracciassero “Cerca di comprendere la sua paura. Io sono impazzito! Ero lontano da te e non sapevo come stavi, perché per lui dovrebbe essere più semplice? È innamorato di te, un uomo innamorato che riceve una notizia del genere diventa improvvisamente un fantasma. Ha paura di tornare a casa e trovare solo lacrime ma allo stesso tempo, casa è l'unico posto dove vorrebbe essere” “Ma non c'è” “Perché non puoi ...” “Perché se fossi stata al suo posto sarei scappata da lì mesi fa!” “E diventare così una disertrice? Non l'avresti mai fatto Oscar, non avresti abbandonato la guerra perché non sei una codarda e non lo è nemmeno lui” “È cambiato?” domandò d'improvviso sconvolgendo di nuovo le reazioni di Christian “I suoi occhi sono gli stessi, nel suo sguardo brucia amore e passione. È alto e forte, c'è una cicatrice sul collo ...” si sollevò dal tronco cercando i suoi occhi “ … ma è sempre uguale al ricordo che custodivi di lui” “È uguale” ripeté sorridente “Devi solo dargli un po' di tempo. Tornerà a casa vedrai, presto o tardi ci tornerà perché non può restare lontano da te” “Lo so” esclamò giocherellando con le redini “Allora contessa, che ne dite di tornare? Vostro padre sarà a casa tra poco e se non vi trova al sicuro in sala se la prenderà con me” “Non se ne accorgerà nemmeno” “Oscar, ha chiesto alla governante di controllare ogni due ore!” “Cosa dovrebbe controllare?” l'altro sbuffò avvicinandosi a lei “Te! Se non ti trova nella sala entro mezz'ora, con il piatto vuoto e il medico al tuo fianco finiremo nei guai!” “Ma io non ...” “Tu dovevi vedere il medico questa mattina ma sei scappata da quella dannata finestra, cosa pensi che dirà a tuo padre? Mi dispiace signor generale ma vostra figlia è scappata via e non ho potuto visitarla!” “Cavolo” esclamò risvegliandosi di colpo, infilò il piede nella staffa montando César “Avevo dimenticato il medico” “Hai dimenticato un sacco di cose” ribattè ironico salendo a cavallo, bastarono pochi secondi per convincerla a correre via, correre, correre e basta come del resto faceva sempre.


 

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Capitolo 41
*** Rose Rosse ***


                                   Rose Rosse





“Prima o poi farò murare quella finestra” sbottò il generale sorseggiando il suo té “Non datevi pena signore, il medico l'ha visitata comunque. Le sue condizioni sono buone, la tosse è sempre più rada, le febbri sono sparite e si alimenta in modo adeguato da un mese ormai. Sta molto meglio” “Padre!” si voltò verso la porta incontrando il volto arrossato della figlia.
Aveva i capelli in disordine, il respiro accelerato e un'espressione innocente dipinta in volto, alle sue spalle il duca che cercava in ogni modo di sistemare quel disordine divertente “Dove sei stata?” “Sono … io sono ...” “Le rose sono tutte fiorite” esclamò Christian sistemandosi i capelli “Siamo stati a spiarne la bellezza” “Esatto, siamo stati in giardino a guardare le rose, sono bellissime sapete?” “Soprattutto quelle rosse signore, avete davvero buon gusto. Riflettono tutta la bellezza di questa stagione” Nanny sospirò alzando gli occhi al cielo mentre il generale si sedeva sul divano di fronte a loro “Ti sono piaciute davvero le rose?” annuì decisa mentre il ragazzo al suo fianco studiava il volto divertito della governante “E posso sapere di grazia di quali rose hai spiato la bellezza se il nostro giardiniere, quell'uomo tanto simpatico che ti è sempre piaciuto, ha appena sposato l'intero giardino di rose nell'ala sud piantando solo rose bianche?” Oscar sospirò mordendosi le labbra “Dovevano davvero essere fantastiche queste rose rosse, soprattutto se usate come gioco per coprire qualcos'altro” si voltò indispettita verso Christian mentre le parole di suo padre si perdevano nel silenzio, il giovane si mascherò dietro ad un sorriso innocente sussurrando “Ops” “Ops? Rose rosse Christian?” “E come potevo saperlo!” “Stai scherzando vero?” “Che colpa ne ho io se le rose rosse non piacciono a tuo padre?” ma un colpo di tosse leggero interruppe quel piccolo battibecco “Dovevi incontrare il dottore” “L'ho visto padre” “Ieri sera” ribatté cercando il suo sguardo “D'accordo, l'ho visto ieri sera ma sto bene, insomma, non bene come prima ma bene” “Stai migliorando” “Posso uscire di casa, mi avete dato il permesso di farlo” “Lo so e non rinnego nulla di quello che ho deciso. Se farai tardi un'altra volta ti verranno revocati tutti i privilegi accordati fino ad ora. Sei libera di cavalcare, di passeggiare, di fare quello che vuoi a patto che tu segua i consigli del dottore e che lo incontri regolarmente per le visite” “Si signore” “Ora via di qui, la cena verrà servita tra un'ora e dovresti sistemarti” “Non preoccupatevi, è stata solo una passeggiata e ...” “Hai foglie del salice tra i capelli e il volto arrossato, deduco che la tua piccola passeggiata sia stata in realtà una gara a cavallo con il duca” “Ma non siamo andati oltre il salice” esclamò Christian sollevando leggermente le mani, Oscar sbuffò dandogli una gomitata “Smettila di picchiarmi” “E tu smettila di essere così ingenuo” “Io non sono ...” “Con il vostro permesso padre” un debole cenno d'assenso per congedarla e negli occhi solo l'immagine di sua figlia che litigava con quel giovane.
Posò la tazza sul tavolino, le risate nacquero spontanee costringendo anche Nanny a fare altrettanto.



I giorni passavano così velocemente, d'improvviso la mattina diventava sera e le stelle prendevano il posto del sole.
Era più forte, molto più forte di prima e la tosse stava scomparendo velocemente da lei “Avete ancora giramenti di testa?” “Solo al mattino, quando mi alzo dal letto ma credo sia perché lo faccio troppo in fretta” il medico annuì debolmente annotando tutto sul suo libricino “Niente febbri, la tosse è quasi del tutto assente e quel sibilo che sentivo nel vostro respiro è sparito” “Sono guarita?” domandò cercando di decifrare le espressioni dell'uomo, sentiva la mano del padre sempre stretta attorno alla sua spalla e il respiro regolare di Christian accanto a lei “Diciamo che siete sulla buona strada contessa. Vi alimentate in maniera corretta, la gola è libera e il respiro regolare. Niente febbri, niente svenimenti. I giramenti di testa sono normali, dopo tutto, siete rimasta ferma per molto tempo. Il vostro corpo si deve riabituare al regime di ogni giorno” “Starà bene non è così?” “Vedete signor generale, la tisi è una malattia orribile. Attacca il corpo distruggendolo lentamente e se non curata porta alla morte, per nostra fortuna, vostra figlia è stata una delle poche preghiere ascoltate da nostro Signore, non sono molti quelli che sopravvivono” “Sono uno dei pochissimi eletti” sussurrò Christian avvicinando le labbra all'orecchio della ragazza “Puoi chiamarmi divino se ti va” ma lei sorrise scuotendo leggermente la testa “Dobbiamo tuttavia eseguire controlli periodici per evitare ricadute, le ritengo improbabili dato il grado impressionante di guarigione da voi raggiunto contessa. Ma ritengo che la prudenza non sia mai troppa” “Avete ragione dottore” “Siete libera di fare quello che più vi aggrada ma niente nuotate nel mare o nei fiumi, non per il momento. Evitate di cavalcare sotto la pioggia e cercate di seguire il più possibile il regime alimentare che ho creato per voi” “Non preoccupatevi, mia figlia seguirà ogni cosa alla lettera, non è così?” Oscar annuì decisa concentrandosi sull'uomo di fronte a sé “Terremo sotto controllo anche voi signor generale. Siete un uomo terribilmente robusto e avete evitato questa malattia ma la tisi ha un periodo di silenzioso riposo che a volte può durare mesi o anni” “Oh non preoccupatevi per me. In ogni caso, la mia vita l'ho vissuta” “Siete impazzito padre?” sussurrò la giovane sollevando lo sguardo “Cosa dite?” “Ho chiesto un miracolo e sono stato ascoltato, se Dio mi vorrà con sé lassù allora sono pronto” “Voi non potete pensarlo davvero” sussurrò tremante alzandosi dalla poltrona ma lo sguardo sul volto del padre era già di per sé una risposta “Non sei autorizzata a rispondere in questo modo Oscar” la carezza leggera che le sfiorò il volto scatenò un tremito sconosciuto “State bene non è vero?” “Oscar” “No!” esclamò piantando gli occhi sul volto dell'uomo “No, giuratemi che state bene, che non avete … che non sarò la causa della vostra morte!” “Ho detto basta!” uno schiaffo arrivò violento sulla pelle, dove poco prima vi era solo la tenera carezza di un padre.
Indietreggiò di colpo, Christian si alzò dalla sedia impedendole di fuggire “Non preoccupatevi contessa, vostro padre non ha alcun sintomo” mormorò il medico sfilandosi gli occhiali “Ma se può farvi stare più tranquilla, lo visiterò più tardi” “Oscar,basta così” "No, no questa è una bugia!" sussurò piantando gli occhi nei suoi ma la mano del giovane si strinse attorno alla sua paralizzando i pensieri, tornò a voltarsi verso il padre, verso quegli occhi così simili ai suoi che le nascondevano parole “Giuratelo padre” "Ti ho già detto di smetterla, non costringermi a toccarti di nuovo!" "Voi dovete guardarmi negli occhi e giurarmi che state bene!" “Può aiutarti?” la voce era cambiata di colpo, calma, addolcita dalla reazione di una figlia terrorizzata “Ve ne prego padre, giuratemi che non ..” “Non sarai la causa della mia morte” “Lo giurate?” “Lo giuro” sussurrò sollevando leggermente la mano destra “Ora per favore ...” si avvicinò a lei tendendole una mano “ … torna a sedere” ci mise qualche secondo prima di decidere che quella mano tesa verso di lei era lì per aiutarla e non per confonderla.
Intrecciò le dita alle sue lasciandosi tirare di nuovo verso la poltrona “Avete fatto un giuramento” “I miei giuramenti sono legge, non vengo mai meno a nessuno di loro, dovresti saperlo ormai” tornò a concentrarsi sul volto del medico lasciando una figlia confusa ad ascoltare le sue parole.

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Capitolo 42
*** Oro e Stelle ***


                                                         Oro e Stelle





Ci aveva messo tanto, così tanto da trasformare ogni passo in macigno.
Tornare a casa dalla guerra avrebbe sconvolto chiunque ma per lui era diverso, per lui era una scommessa.
I giorni erano diventati settimane intere ma non aveva fretta alcuna. Prendeva ogni goccia di sole immaginando il suo sorriso, l'azzurro del cielo per colorare i suoi occhi, occhi che amava da morire e che forse nemmeno esistevano più.
Le campagne verdi e profumate cancellavano il ricordo di una guerra lontana, una guerra che sapeva di sangue e polvere da sparo, una guerra che aveva lasciato cicatrici immense nel suo cuore.
Settimane passate solo con sé stesso per elaborare il peso di una realtà che non poteva accettare, che non voleva accettare ma contro la quale non aveva alcun potere.
Si era imposto di respirare, di restare calmo, di accettare ogni stupida decisione di quella vita ingiusta e piena di rabbia perché negarsi anche la più piccola speranza era da folli, era pronto ad ogni cosa, la guerra l'aveva indurito abbastanza creando attorno al cuore una corazza robusta, in grado di sopportare bene i colpi della vita.
Si era chiesto continuamente se ne fosse stato all'altezza, se una volta tornato, sarebbe riuscito a convivere con la sua assenza o se invece, non sarebbe stato più facile seguirla nel buio dell'oblio.
Ma cos'avrebbe pensato quell'angelo? Quali sentimenti avrebbero attraversato il suo cuore se l'avesse visto vacillare, cedere sotto i colpi di un amore mai vissuto.
Non era mai stato debole, non era mai indietreggiato e non l'avrebbe fatto nemmeno questa volta anche se restare al proprio posto richiedeva una dose considerevole di forza, forza che al momento non aveva ma che avrebbe finto di creare dal nulla per poter sopravvivere.
Fece un bel respiro sorridendo a quel cielo che si dipingeva lentamente di arancio, le spighe di grano ormai d'oro vestite si piegavano leggere sotto il tocco del vento, il profumo della terra saliva nell'aria invadendo i polmoni.
Davanti agli occhi un campo sterminato che sapeva di vita, i monti lontani, il verde degli alberi e l'immagine di un ricordo stupendo.
La sua bellissima Oscar, con i capelli biondi come quel grano e gli occhi rubati al cielo, si passò una mano in viso ridendo di sé stesso, di quell'apparizione nata dalla stanchezza.
La vedeva camminare divertita tra le spighe sfiorandone con le dita le cime delicate, gli occhi persi sull'oro e sul verde, i capelli mossi dal vento mentre si lasciava cullare dal canto di un'estate piena di vita.
Ne vedeva i sorrisi, riconosceva quel movimento leggero delle spalle che aveva sempre amato e il modo di camminare che nemmeno l'uniforme era riuscita a nascondere.
Il suo corpo, le linea delicata dei fianchi, la camicia leggermente aperta sul petto e quella fascia di seta preziosa stretta attorno alla vita, simbolo di nobiltà e di ideali che l'avevano accompagnata fin da bambina.
Era così che l'avrebbe voluta, così perfetta, così bella, così, solo per lui.
Un regalo immenso per un soldato stremato dalla guerra, un regalo immenso per un uomo che non meritava tanta meraviglia.
Abbassò lo sguardo continuando a camminare, riflettendo sulla dolcezza di quell'immagine, sulla realtà appena scoperta, sul dolore che avrebbe trovato e sulla gioia, ultima fiamma di speranza in mezzo a tutto quel buio.
Era per quello che aveva scelto di tornare, per avere la certezza di poterla abbracciare o per dirle addio, in entrambi i casi, era per lei.
Bloccato tra due mondi, in bilico tra sciocchi pensieri ed un futuro incerto che nemmeno lui riusciva a vedere.
Ci aveva pensato tante volte, forse troppe, si era rinchiuso in quel piccolo mondo sicuro dove c'era solo il rumore dei suoi passi, quegli occhi profondi e invasi dal mare e il suo sorriso, il sorriso di un angelo ed ora, si ritrovava a maledire quel mondo sicuro perché non esistevano più certezze, niente sogni, niente più sorrisi e il muro alto e spesso che vi aveva costruito attorno, si sgretolava velocemente sotto il peso di scelte non sue ma non sarebbe scappato, non l'avrebbe mai fatto.
Fece un bel respiro tornando a sollevare lo sguardo e sorrise davanti allo stesso ricordo che invadeva i suoi occhi, un ricordo che sembrava così reale da toglierli il respiro.
C'era qualcosa di strano in quel fantasma, qualcosa che per troppo tempo l'aveva costretto ad immaginare, si fermò lentamente cercando di capire se quell'immagine era reale o solo fantasia ma vide la giovane sollevare lo sguardo, bloccarsi tra l'oro con la testa leggermente inclinata di lato e una mano posata sul lato destro del collo.
Il cuore rallentò la sua corsa, il respiro si incatenò a quel battito leggero quando la vide correre verso di lui, lasciò cadere il fucile, lo zaino, restò immobile cercando un solo motivo per scattare in avanti, un motivo solo per non cedere allo scherzo della mente ma sentì la sua voce, la sentì urlare il suo nome con tanta forza da farlo tremare.
Come un colpo di pistola in piena notte, quel nome urlato nel silenzio lo liberò dalle catene che lo inchiodavano a terra, corse verso di lei, un metro, un altro ancora, gli occhi pieni di lacrime e la mente incatenata ad un unico pensiero, un metro ancora, quel volto d'angelo diventava più nitido poi quel corpo delicato aggrappato al suo ed un profumo violento a sconvolgergli i sensi.
La strinse tra le braccia così forte da toglierle il respiro “Sei viva” sussurrò tremante nascondendo il volto nell'incavo del suo collo “Sei viva amore mio” sentiva il suo respiro spezzato dal pianto, il profumo violento della sua pelle nascosta in quell'abbraccio, al sicuro dal mondo, da tutto il male del passato.
La sollevò da terra piangendo, tremando, le gambe della giovane si strinsero attorno ai suoi fianchi costringendolo a sorridere.
Cadde a sedere sul terreno fresco terrorizzato dal poter scoprire d'improvviso che stringeva tra le braccia un sogno e nulla di più.
Un respiro, un altro ancora, sfiorò con le mani la schiena della ragazza salendo lentamente fino alle spalle e intrecciò le dita a quei capelli tanto belli staccandola dolcemente da sé, la vide sorridere mentre le lacrime scendevano incontrollate su quell'incarnato di seta “Non piangere” sussurrò sfiorando con le labbra quelle scie lucenti “Se piangi mi uccidi” un altro bacio leggero, un bacio delicato che per troppo tempo era rimasto rinchiuso dentro di lui.
Posò la fronte sulla sua chiudendo gli occhi “Mi sei mancata” “Anche tu” un sorriso nacque tra le lacrime mentre il suono di quelle parole tanto belle scioglievano il cuore “Stai … stai bene?” un debolissimo si le uscì dalle labbra mentre si lasciava cullare dalle carezze delicate di un amore appena scoperto “E tu? Tu come stai?” sussurrò cercando i suoi occhi “Un po' impolverato, la guerra solleva sempre tanta polvere” una leggerissima risata spezzò di colpo la paura mentre sfiorava con le dita le sue labbra seguendone i contorni.
Restò immobile ad osservarla per qualche secondo, aveva il volto arrossato, gli occhi lucidi che regalavano perle al suo sguardo e quel sorriso leggero pieno di speranza, pieno di tenerezza che fin da bambina conservava solo per lui “Sei sempre stata così bella?” sorrise divertita da quella domanda innocente che spezzava il pianto, la mano del giovane si posò sul suo volto sollevandolo e il loro respiro divenne uno solo.
Le labbra schiuse, la dolcezza pura di un bacio così bello e pieno di tenerezza, un bacio solo per cancellare il passato.
La strinse più forte tra le braccia perdendosi in quel vortice di sensazioni che non aveva mai provato in vita sua.
Le sue labbra sapevano di miele, il suo respiro era ossigeno, il suo corpo un mondo inesplorato che tremava sotto il suo tocco ma c'era gioia in quell'abbraccio, c'era passione in quel sorriso leggero che le sfiorò le labbra quando si allontanò per qualche secondo da lui.
Restarono immobili così, con le labbra tanto vicine, le mani intrecciate e gli occhi persi l'uno nell'altra, nascosti dal mondo, nascosti dall'oro di quelle spighe che erano diventate d'improvviso uniche spettatrici di quel bacio.



Giovani cuori vi scrivo questa volta a fine capitolo perché farlo prima vuol dire massacrare una scena bellissima.
Come sempre un mare di domande a cui ero preparata e ho un po' di risposte da regalarvi se vi va.
Primo: il rapporto di Oscar con suo padre è quello di un'adolescente. Nessuno dei due sa come comportarsi con l'altro e questo viene dal fatto che il generale non ha mai amato così sua figlia.
Ha scoperto l'amore profondo per lei durante la malattia, un padre che vede la propria figlia in fin di vita abbandona pregiudizi e sciocche regole, cambia per sua figlia così com'è cambiato lui.
Ma se da un lato il cambiamento fa bene ad entrambi, dall'altro li confonde, il generale la tratta come la bambina che ormai non è più e Oscar si lascia cullare da questa cosa perché è una cosa nuova, perché non ha mai provato niente di così diverso regredendo di fatto all'adolescenza.
Per me è divertente immaginare ogni più piccola sfaccettatura di questo complicato rapporto tra padre e figlia, nel generale ho dipinto un cuore che non ha ma che credo sarebbe uscito nel momento in cui, Oscar fosse stata così male e così perduta. È uscita da una lotta contro una malattia per l'epoca orribile, è indebolita da quella malattia ma il regalo che le ha fatto il padre, il ritorno di quell'amore che di fatto la tiene in vita è stato il motivo per cui lotta con forza e guarisce.
Il rapporto tra lei e il padre è cambiato e sta cambiando capitolo dopo capitolo. Può sembrare morboso da parte del generale e ingenuo da parte della ragazza ma immaginate questi due come un uomo e una donna, padre e figlia che mai fino ad ora si sono scambiati una carezza, che mai hanno riso e si sono divertiti. Io con mio padre ancora gioco come quando ero bambina e lo abbraccio almeno una volta al giorno. Forse anche Oscar merita una cosa del genere. Questo tipo di rapporto è arrivato ma è immaturo e incapace di delineare confini netti. Accadrà, ci riusciranno entrambi e cambierà di nuovo tutto e la preoccupazione di Oscar per il padre mi sembra naturale: come vi sentireste voi se dopo una malattia del genere apprendeste di colpo che vostro padre potrebbe morire per colpa vostra? Ho detto potrebbe, non allarmiamoci prima del tempo. Non è una cosa facile da gestire, in questo momento più che mai perché lei si trova tra due uomini che ama in modo diverso e che sono ognuno parte di sé, c'è un equilibrio precario a tenerli tutti in piedi, cosa accade se ne togli uno?
Secondo: André, il nostro Andrè che fa il fantasmino per un paio di capitoli. Non l'ho dimenticato, non è sparito nel nulla. Questo capitolo è stato scritto un mese fa, non ho aggiunto scene né allungato altri capitoli per ricreare la sua presenza.
Inserendo scene di vita “familiare” ho allungato l'attesa creando attorno ad Andrè un piccolo alone di mistero. Sapevo che così facendo, avrei scatenato la rivolta dei giovani cuori che leggono, pazienza. Se avessi scritto di lui prima, cosa vi avrei mostrato? Un uomo distrutto che rientra a casa dalla guerra? Giorni di eterno cammino (perché tornare dalla guerra una volta non era rapido e veloce come ora ma si faceva a piedi) dove si faceva domande? Ho preferito aspettare e buttare fuori di colpo la sua presenza rispettando il silenzio di un uomo innamorato che fa domande a se stesso, al cielo e allo stesso tempo maledice il cielo. Cosa si prova quando stai per tornare e non sai se la persona che ami respira ancora, se ha lasciato questo mondo pensando a te o ha pianto per te? Questo capitolo e il prossimo sono stati scritti separatamente, li ho uniti in seguito e mi servivano scene che facessero da collante tra questi e quelli prima. Ho pensato di mostrarvi Oscar e la sua guarigione, la lotta eterna tra lei forte e testarda e lei ingenua e confusa inserendo elementi all'apparenza insignificanti o perfino fastidiosi che avrenno un peso diverso nel futuro. Non aggiungo nient'altro su questo capitolo, se ne avrete voglia lo farete voi =)
Vi ho detto che la storia è lunga e intricata, sta cambiando ancora una volta e lo sta facendo dolcemente, senza strappi come del resto dovrebbe essere la vita. Grazie ancora a tutti voi che leggete e che dividete il vostro pensiero con me.

 

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Capitolo 43
*** Sei il mio Angelo ***


                      Sei il mio Angelo





Sarebbe rimasto così per sempre, seduto in quel campo di grano con quell'angelo tra le braccia e gli occhi persi nei suoi.
Era lei vita, era lei ossigeno e mare. In quel bacio leggero c'era tutto il suo mondo e mai vi avrebbe rinunciato.
Le sfiorò il volto con le dita posando un altro bacio su quelle labbra di miele perdendosi nella bellezza del suo sguardo, in quei gesti lenti che ora sembravano tanto naturali.
Un bacio, un altro ancora fino al collo, la sentì sospirare dolcemente mentre ne assaggiava la purezza.
Le mani della giovane si strinsero più forte attorno alla sua schiena tirandolo in avanti, sentiva il suo seno sul petto e il suo ventre troppo vicino mentre sollevava la camicia svelando al mondo una verità preziosa.
La pelle delicata scorreva sotto le dita come seta pura, una seta preziosa che lo faceva impazzire, strinse più forte le mani attorno ai suoi fianchi sollevandola, le labbra si unirono di nuovo mentre costringeva sé stesso a rallentare perché non l'avrebbe lasciata scappare di nuovo, non per l'ennesima volta, non ora.
Sciolse anche l'ultimo bottone scoprendole le spalle, conosceva a memoria ogni linea del suo corpo ma le labbra egoiste chiedevano la loro ricompensa perché per tutti quegli anni, erano rimaste lontane da lei, incatenate ad un rispetto pieno di pudore che ora sembrava sparito nel nulla.
Tornò a sfiorarle il collo scendendo dolcemente fino al seno, la sentì tremare sotto il tocco delle sue mani, sotto quei baci che non conosceva mentre la teneva così stretta a sé, vicina al cuore, vicina all'anima.
Seguì la linea delicata della schiena scendendo fino ai fianchi, fino a quelle gambe perfette ancora avvolte attorno a lui, le sorrise leggendo nei suoi occhi quella dolcissima incertezza che gli scioglieva il cuore.
Era pura, perfetta, così innocente da terrorizzarlo ma dannatamente bella e sensuale da sconvolgere ogni senso.
Le sue mani delicate giocavano con i bottoni della giubba slacciandoli, uno dopo l'altro si arrendevano al suo tocco fino a quando gli impedimenti dell'uniforme sparirono.
Liberò il suo corpo tirando indietro quello stupido pezzo di stoffa, il tocco bollente che sentiva sulla pelle cancellava i pensieri, incatenava il respiro costringendolo ad annaspare “Sei il mio angelo” sussurrò sfiorandole le labbra con un dito “Sei sempre stato il mio angelo Oscar” un altro bacio, un altro respiro spezzato, un'altra ondata di dolcezza mentre scioglieva anche il nodo di seta che le avvolgeva la vita.
Non era certo di respirare ancora, non capiva più nulla, sentiva solo quel profumo violento che gli entrava dentro attaccandosi ai pensieri.
Ogni stupido pezzo di seta scivolò via da loro, loro così persi l'uno nell'altra, loro che erano semplicemente una ragazza e un ragazzo, due giovani cuori nascosti dall'oro e dal verde.
La staccò dolcemente da sé respirando, riprendendo fiato, cercando con tutte le forze di ignorare quel bisogno violento di averla, di sentirla come il sangue che gli scorreva nelle vene, come quel battito violento che ora gli massacrava il petto “Fermami ora” sussurrò “Ti prego amore mio fermami adesso perché se mi permetti di continuare non … non sarò più in grado di farlo” “Non ho paura”sentiva il suo respiro sulle labbra, le mani che gli sfioravano la schiena mentre seduta su di lui in quell'abbraccio caldo cercava il suo sguardo.
Non c'era paura nei suoi occhi né rimorso, solo quel delicato bisogno di lui che massacrava i sensi “Non voglio fermarti, non posso” un debolissimo sorriso gli colorò le labbra mentre la baciava di nuovo.
Giocava con lei, con il suo calore, con quelle labbra tanto belle che erano diventate il suo unico pensiero.
La strinse più forte sollevandola per qualche secondo poi quel tremito leggero, si aggrappò a lui trattenendo il respiro ma sentì le sue labbra sul collo, le mani sulla schiena mentre si spingeva dolcemente in lei rovesciandola indietro.
La terra fresca accolse i loro corpi e il cielo chiudeva su di loro tende scure ricamate di stelle.
Era bella, bella quando soffriva, bella quando amava, era bella quando tentava di nascondere il dolore e quando lo sfidava.
Posò la fronte sulla sua perdendosi in quel tremito che lentamente si affievoliva sotto i movimenti lenti, sotto le carezze e i baci che avevano l'unico scopo di lenire il dolore.
Si mosse con delicatezza su di lei quasi con il terrore di poterla rompere, come un ninnolo prezioso, come un gioiello di rara bellezza che minacciava di cadere ogni volta che la sfiorava.
Il respiro accelerò poi quel bacio profondo, la schiena della giovane si inarcò spingendo il seno contro le sue labbra, le gambe si strinsero attorno ai fianchi cancellando anche l'ultimo briciolo di razionalità.
Chiuse gli occhi imprimendo a quella danza un ritmo diverso, la sentiva sospirare, tremare di passione offrendogli sé stessa, il suo cuore, il suo giovane amore.
Intrecciò le mani alle sue perdendosi nel suo sguardo perché non le avrebbe permesso di scappare da lui, perché aveva bisogno di guardarla negli occhi, aveva bisogno di lei.
I respiri si fusero assieme mentre quell'universo nuovo si portava via entrambi poi quell'ultimo sprazzo di lucidità, ultimo confine per poter comprendere e di nuovo un tremito violento, diverso dal dolore che per qualche secondo l'aveva portata via da lui, diverso da qualsiasi altra cosa.
In quegli occhi di cielo esplose violenta la passione e quella bellezza che aveva sempre spiato, un'altra spinta, un altro tremito delicato e due cuori che ormai battevano all'unisono, in modo sincrono, bisognosi uno dell'altro come la notte del giorno, come quella luna che nasceva lentamente nel cielo e che aspettava ignara il sorgere del sole.

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Capitolo 44
*** Dolcissima Paura ***


                 Dolcissima Paura




Se esisteva davvero il paradiso, allora doveva essere un posto triste e vuoto perché Dio aveva perso un angelo ed era certo che lo stesse cercando con tutte le forze, perché separare la perfezione dal cielo era un sacrilegio.
Aveva trovato lui quell'angelo, vi era rimasto accanto per una vita intera ed ora, studiava a memoria ogni suo lineamento come se fosse la prima volta mentre addormentata accanto a lui si perdeva nei sogni.
Il respiro lento e regolare, le gambe ancora intrecciate alle sue, tenero ricordo di sospiri nuovi.
Sorrise stringendo più forte la mano attorno ai suoi fianchi, la stoffa degli abiti sotto di loro si tese leggermente, era così dannatamente innamorato, così perso in lei da dimenticare ogni altra cosa.
La notte, le stelle su di loro e quel grano profumato che li nascondeva, esisteva solo lei, lei e quelle labbra di pesca, la sua pelle così profumata e poi quel corpo sempre nascosto dall'uniforme e che ora splendeva sotto il tocco di una luna d'argento.
Il collo delicato, le spalle e poi quella schiena liscia come seta e il seno perfetto, la vita sottile e due gambe meravigliose che l'avevano sempre fatto impazzire.
Posò la fronte sulla sua chiudendo gli occhi “Non sei un sogno vero?” le sfiorò le labbra perdendosi nei suoi sospiri “E tu?” la vide sorridere aprendo lentamente gli occhi “Tu sei un sogno?” “Tu cosa dici?” “Non voglio saperlo” sussurrò stringendola più forte “Se sei un sogno allora Oscar, sei il più bel sogno che abbia mai fatto. Se non lo sei ...” si fermò qualche secondo incantato dalla bellezza dei suoi occhi, dai raggi della luna che sfioravano i suoi lineamenti costringendo le mani a seguire la luce leggera “ … allora vuol dire che sono un uomo molto fortunato” “Sei irriverente soldato” ridacchiò divertito stringendola più forte mentre si voltava sulla schiena trascinandola con sé.
Gli occhi persi nel cielo ormai tinto di scuro mentre sentiva quel corpo caldo sopra al suo, il respiro del suo ventre, il suo volto così vicino e così bello “Sono appena tornato a casa, posso essere quello che voglio” “Sono un colonnello di sua maestà, non puoi prendermi in giro” esclamò appoggiandosi a lui, le sfiorò la schiena intrecciando le dita ai capelli “Dovremo alzarci da qui, non è …” “Cosa? Non è sicuro? Non c'è nessuno Andrè” “Non è sicuro per te” si sollevò qualche secondo cercando i suoi occhi “Oscar, sei stata ...” “Sono guarita” sussurrò sfiorandogli le labbra “Ti prego, ti prego Andrè non farlo, non preoccuparti anche tu per me, c'è già mio padre e ...” “Hai ragione” strinse tra le dita la camicia abbandonata a pochi centimetri da loro e la coprì con la stoffa costringendola a sorridere “Ma non voglio perderti, non puoi stare male di nuovo altrimenti mi uccidi Oscar” “Non è mia intenzione farti del male” “Non è mia intenzione lasciarti” un altro sorriso così dannatamente bello da fargli male “Ma so anche che tuo padre manderà un esercito a cercarti se non rientri entro qualche ora” “È cambiato” “Chi?” “Mio padre, è cambiato” “Il generale?” la vide annuire leggermente alzandosi, l'aria gelida lo colpì in pieno togliendogli il respiro mentre il vuoto lasciato nel cuore diventava sempre più grande “È rimasto accanto a me per settimane, mi ha sostenuto e non si è allontanato nemmeno per un minuto dal mio letto. Lo so che è strano e non ...” “Perché dovrebbe esserlo? È tuo padre” “È stato il mio generale per vent'anni, adesso è diventato improvvisamente mio padre” scosse leggemente la testa ridendo di se stessa “Non è strano?” infilò di nuovo la camicia chiudendola lentamente sul seno, nascondendogli di nuovo se stessa.
Il suo sguardo era tornato lo stesso di sempre, il silenzio che avvolse ogni suo gesto lo conosceva fin troppo bene, ci aveva combattuto per anni interi ed ora eccolo lì, a mostrargli ancora una volta che non poteva comprenderla, non poteva leggerle i pensieri perché in quel momento non glielo avrebbe mai permesso.
Era preoccupata, spaventata da qualcosa, da qualcuno che era cambiato così tanto, che l'aveva costretta a provare sentimenti nuovi e se avesse provato a parlare di questo, l'avrebbe vista scappare via, allontanarsi di nuovo da lui per difendersi dalla dolcezza, dall'amore e da se stessa.
Restò immobile ad ascoltare senza nemmeno provare a sfiorarla di nuovo “Si preoccupa per me, per il mio futuro, per Christian” sospirò alzandosi da terra, lo sguardo perso nel vuoto mentre si rivestiva lentamente assieme a lei “Non l'ha mai fatto” “Ti ha sempre voluto bene Oscar, non è una cosa che cambia con il tempo. Non hai mai avuto un padre” lo sguardo confuso sul suo viso lo costrinse a sorridere “Non un padre che ti abbia abbracciato o baciato ogni giorno della tua vita. Ora ti sta dando quel padre, è tardi, forse è sbagliato ma ci sta provando” “Hai ragione” sussurrò divertita infilando di nuovo i pantaloni, la fascia di seta si strinse attorno ai suoi fianchi mentre un sorriso nasceva spontaneo sulle sue labbra “Vieni a casa con me?” “No” “No?” ripeté confusa avvicinandosi a lui “No non credo sia una buona idea” “Perché?” “Devo sistemare alcune cose, per me, per i miei compagni” chiuse la camicia sul petto sospirando “Ma verrò domani. Devo ringraziarlo” “Puoi farlo questa sera” “Mi ucciderebbe” esclamò ironico “Se torno a casa assieme a te mi ucciderebbe perché è capace di leggere nei miei pensieri. Cosa pensi accadrebbe se vi leggesse quello che ho fatto assieme a sua figlia?” “D'accordo” sussurrò tremante abbassando lo sguardo ma la mano del giovane si posò sul suo viso costringendola a cercare di nuovo i suoi occhi “Stai bene amore mio?” annuì appena mordendosi le labbra “Sei sicura?” “Si … si è solo … non restare troppo tempo lontano da me” “Credi sia quello che voglio?” la strinse tra le braccia posando un bacio leggero sulle sue labbra “Vorrei restare con te ogni minuto di ogni ora. Vorrei baciarti e averti e restare sveglio assieme a te, mentre guardi le stelle, mentre pensi al futuro” “Quale futuro?” rispose sfinita “Che futuro possiamo immaginare?” “Il nostro futuro Oscar, avremo il nostro futuro, te lo prometto” un altro bacio, l'ennesimo di quella notte preziosa, l'ultimo prima di quel distacco violento che mai avrebbero voluto.




“Hai fatto tardi” “Lo so” “Sei fortunata, tuo padre non è ancora sceso per la cena” “Mi dispiace” “Ti dispiace? È questo che dirai?” annuì debolmente sistemando il nodo in vita mentre scendeva le scale “Per tua fortuna sono molto bravo con le bugie. La cuoca non sospetta niente di niente e nemmeno la tua governante, quella donna fa paura lo sai?” ancora silenzio, ancora un debole cenno d'assenso “Allora, mia moglie sarà qui tra qualche ora. Lo so che è strano insomma, avevo detto che non importava, non c'era bisogno di una cena apposta per lei, lei odia queste cose ma tuo padre … beh, lo conosci” esclamò giocherellando con i bottoni del suo vestito “Ha espressamente ordinato alle cucine di preparare le pietanze più buone” “Per questo sono vestita così?” “Così come?” domandò confuso fissandola.
Aveva indossato una camicia chiara, elegantemente annodata sul collo dove una spilla di zaffiri ne fermava gli intrecci.
La giacca color porpora con intarsi d'oro e bottoni decorati dallo stemma di famiglia, una fascia scura in vita e i pantaloni che seguivano l'eleganza dell'abito.
“Sei perfetta come sempre” “Già” “Fermati un secondo” esclamò tirandola leggermente per un polso “Che c'è?” “Cosa mi nascondi?” “Io non … niente!” “Sei sicura?” annuì debolmente nascondendosi dallo sguardo del giovane “Perché ho questa strana sensazione che sia qualcosa che non va?” le sollevò il volto studiando il suo sguardo.
Era silenziosa, più silenziosa del solito, nei suoi occhi c'era dolcezza, paura e una leggerissima scia di esitazione che molte volte aveva visto negli sguardi delle giovani donne.
Un sorriso nacque spontaneo sulle labbra mentre la presa attorno al polso diventò improvvisamente carezza “È stato delicato?” la sentì tremare mentre una lacrima scivolava via dagli occhi “Non piangere” la strinse tra le braccia sorridendo “Non piangere contessa, non c'è niente al mondo che può distruggere la tua felicità” si strinse più forte a Christian cancellando per un secondo pensieri e paure “Credo di aver fatto un ottimo lavoro. Non sapevo nemmeno che parole usare ma evidentemente sono servite. Ci ha messo più tempo del previsto ma alla fine è tornato da te e ora ...” le sfiorò il volto staccandola dolcemente da sé “ … ora hai scoperto la dolcezza dell'amore. È una cosa bella sai?” annuì leggermente cullandosi nelle parole del giovane “Sarà più bella ancora vedrai, la seconda volta sarà più dolce e poi la terza e la quarta, tutto diventerà più bello” “Non è stato … non è ...” “Lo so, e sai perché lo so?” la vide socchiudere leggermente gli occhi nel tentativo di seguire le sue parole “Perché ti ama, l'amore violento che provate ha reso la magia di questa sera bella e dolce” “E se a lui non fosse ...” “Piaciuto?” “La smetti di finire tutte le mie frasi?” ribattè ironica spingendolo leggermente indietro “Impossibile” “E per quale motivo?” “Perché se fossi stato io al suo posto ti avrei preso e ripreso e l'avrei fatto per tutta la notte, come del resto tutti gli uomini che hanno avuto la sfortuna di incontrarti” alzò gli occhi al cielo sospirando ma Christian sorrise “Oh andiamo! È la verità. Nessuno nasce preparato a tutto, ci sono cose che non si possono controllare, mi pare di avertelo già detto una volta” “Stavo per morire” “Si ecco, te l'ho detto proprio lì ma non è questo il punto” le sorrise di nuovo cancellando quelle lacrime leggere dal suo volto “Ti sei chiesta per anni che vita sarebbe stata meglio per te, se avresti accettato l'essere donna o se avresti scelto il colonnello freddo e severo. Questa sera hai scelto, sei donna Oscar e sei una bellissima donna” le lacrime sparirono e le labbra si piegarono in un sorriso leggero “Sei una donna stupenda e testarda, a volte troppo ostinata ma ti è concesso. Fa parte della tua natura ed è perfettamente normale. Devi solo stare attenta” “Sto bene” “Oh io lo so, stai bene e la felicità che provi traspare dal tuo sguardo ma anche l'esitazione e le domande Oscar” posò una mano sulla sua spalla sospirando “Devi imparare a nascondere le cose” “Non voglio nasconderle” “Lo so, lo so sei troppo buona d'animo per farlo ma se vuoi sopravvivere in questo mondo, a volte è necessario un leggerissimo cambiamento. E soprattutto ...” le sistemò la spilla giocando con il nodo della camicia “ … dobbiamo evitare che tuo padre lo scopra e che da un giorno all'altro impazzisca perché c'è un'erede inaspettato” “Lo so” mormorò cercando i suoi occhi “È da quando l'ho lasciato che ci penso e non ...” “È stato attento?” annuì leggermente e Christian chiuse gli occhi lasciando uscire finalmente l'aria dai polmoni “Meno male” “Non devi preoccuparti per me, non sono una bambina” sussurrò sfinita "Lo so" "E allora cosa ..." "Se non mi preoccupo io per te chi lo fa? Tuo padre? Oh andiamo! Ce lo vedi a fare discorsi sulla pudica amicizia tra uomo e donna?" "Non so cosa fare" “Si che lo sai, l'hai sempre saputo, ora ti serve solo un po' di tempo per comprendere la nuova dimensione della tua vita. Vedrai che andrà tutto bene” un sorriso nacque spontaneo sulle labbra cancellando di nuovo tutto.
Sentì i passi ritmati del padre alle proprie spalle, il suo profumo forte e poi la sua voce “Siete pronti per la cena?” “Si signore, stavamo aspettando solo voi” “Tua moglie è già arrivata?” “Sarà qui a momenti. Signore, vi ho già detto che non era necessario tutto questo ...” “Sciocchezze, una donna in grado di sopportarvi merita il mio riconoscimento” “Sembra una presa in giro” ribatté ironico ma lo sguardo del generale lo fece sorridere “Perdonami Oscar se ho tardato ma ho finito poco fa di sistemare alcune carte” “Non … non dovete chiedermi scusa” sussurrò abbassando lo sguardo “Che c'è che non va?” “Niente, perdonatemi padre sono solo un po' stanca. Vi aspetto nella sala grande” restò immobile ad osservare sua figlia che scappava lontano da lui.
“Che c'è che non va?” esclamò d'improvviso afferrando Christian per un braccio “Oggi ha cavalcato per molto tempo. È un po' stanca signore” “Siamo sicuri che sia solo questo?” domandò guardingo piantando gli occhi nei suoi “Signore, con tutto il rispetto, se non lasciate andare il mio braccio ho idea che dovrò imparare a fare ogni cosa con la sinistra e mia moglie ne sarà molto rattristata” la presa si allentò e lo sguardo tornò ad essere quello di sempre “C'è qualcosa che non va e non è qualcosa di fisico” “Voi credete?” “Duca conosco mia figlia” esclamò deciso scendendo la scala “Infatti è proprio questo che mi preoccupa” sussurrò Christian sistemando il colletto della camicia, fece un bel respiro e poi seguì l'uomo ignorando completamente i pensieri che ronzavano per la mente.   

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Capitolo 45
*** Non c'è niente per te Qui ***


                Non c'è niente per te Qui





“Sapete, il duca vi ha nascosto come un gioiello prezioso per settimane” la donna sorrise lasciando che il generale posasse un bacio silenzioso sulla sua mano “Posso presentarvi mia figlia?” Oscar si avvicinò a loro inchinandosi verso quella dama sbucata dal nulla. Era bella e delicata, con i capelli come l'ebano e gli occhi verdi come il mare. Il suo incarnato era chiaro, la delicatezza delle sue forme nascoste da un vestito color del cielo che ne fasciava la vita scendendo poi a nasconderle le gambe. Aveva sempre trovato quegli abiti sciocchi, forse perché mai in vita sua aveva indossato quell'abito con gioia.
“Le voci sul vostro conto sono vere colonnello. Siete bella oltre ogni immaginazione” “Vi ringrazio signora ma io credo che questo complimento sia stato creato apposta per voi” “Mio marito vi aveva descritto con dovizia di particolari e devo dire che vi ha reso reale in ogni immaginazione. Avete il fuoco custodito nell'acqua e l'oro ad abbracciare un viso dalle fattezze pressoché perfetto” il generale annuì orgoglioso cingendo con un braccio le spalle della figlia “Non è bella?” domandò Christian avvicinandosi alla moglie “Non è il più bell'intricato controsenso vivente che tu abbia mai visto?” “È così che mi hai descritto?” domandò Oscar sfiorando con lo sguardo il giovane “Ho detto che sei bellissima” “Hai detto che sono un controsenso” ribatté ma la risata del generale spezzò ogni possibilità di litigio “Temo che questo sia colpa mia duchessa. L'ho cresciuta come un uomo per puro egoismo. Dio mi ha regalato solo figlie femmine e desideravo un'erede. Era diventata un'ossessione per me e quando è nata Oscar, beh, mi sono detto che non tutto doveva essere per forza così” la mano scivolò via dalle spalle della figlia tornando ad unirsi all'altra dietro alla schiena “Ora mi pento di quell'errore ma sono comunque orgoglioso di averlo fatto perché ho un'erede meraviglioso e una figlia che pochi hanno” “Avete fatto un ottimo lavoro generale” “Mio padre scorda spesso i privilegi che mi sono stati regalati grazie a lui” riprese Oscar colorando lo sguardo di forza “Non ascoltatelo duchessa. Sono grata al cielo per la vita che ho vissuto, in qualche modo, mi ha resa più forte” la giovane di fronte a lei annuì delicatamente “E se posso essere indiscreta, evitate di ascoltare vostro marito, non tutto quello che dice su di me ha un senso logico” “Ehi” esclamò indispettito Christian ma lei sorrise porgendo la mano alla giovane “Posso avere l'0nore di accompagnarvi duchessa” “Speravo dal profondo del cuore in questo invito.” sussurrò l'altra stringendo le dita attorno alla sua mano “Mi stai rubando la moglie” ma lei non rispose, si limitò a sorridere allontanandosi assieme a quella bellissima dama nata dal nulla.




“Dove sei Oscar?” “Scusa” sussurrò risvegliandosi di colpo dal dolcissimo tepore dei pensieri “Stavo solo pensando” “Non essere triste per questo, è lo stesso pensiero che abbiamo cullato tutti in questa sala” sussurrò Christian porgendole un calice di vino “Dovresti andare da lui” “Non posso” “E chi ti trattiene?” ma nel suo sguardo vide quell'attaccamento al dovere che troppo spesso l'aveva trascinata via dalla gioia della vita.
Fece un bel respiro sfiorandole la spalla “Non sei più una bambina, non hai bisogno di chiedere il permesso né devi dare spiegazioni” “Non è così che funziona in questa famiglia” “I figli non appartengono ai propri genitori. Sono liberi, con un cuore proprio e una mente propria. Possono fare scelte e prendere decisioni, compito del padre è solo quello di vegliare su di loro fino a quando non saranno abbastanza forti per vivere la propria vita” le sorrise giocherellando con il bicchiere “Sei abbastanza forte per vivere la tua vita Oscar?” un bel sorriso le sfiorò le labbra illuminandole gli occhi “Vedo di nuovo quel fuoco in voi contessa. Brucia nel vostro sguardo, traspare dai vostri movimenti. Scappa via da qui perché non è questo il posto dove vorresti essere” la musica leggera si sparse nell'aria e dame variopinte danzavano allegre ignorando quei due giovani nascosti dal velo della confidenza che li teneva al sicuro da tutti, perfino dalle chiacchiere indiscrete che accarezzavano i pensieri.
Vide suo padre voltarsi leggermente verso di lei, un sorriso appena accennato sulle labbra e poi di nuovo la sua schiena.
Cercava continuamente il suo sguardo, la cercava tra la folla, nel silenzio ed inconsciamente sapeva di avere da parte sua le stesse attenzioni.
Non capiva com'era accaduto, cosa l'aveva spinta a provare amore per un uomo che era sempre stato solo un soldato.
Eppure era accaduto, aveva scoperto in quel soldato un padre amorevole, divertente e pieno di tenerezze.
Si era chiesta molte volte che cosa avessero provato le sue sorelle nel vederlo così distante, così freddo.
Quali pensieri avevano attraversato le loro giovani menti mentre lo osservavano passare tutto il suo tempo libero accanto ad un figlio che nulla aveva di figlio.
“Sei di nuovo in quel bellissimo mondo lassù?” domandò divertito Christian “Quale ...” “Lasciamo stare contessa” le sfilò dalle mani il calice di vino sospirando “Via, esci di qui” “Sei impazzito?” “Si, si devo esserlo ma ho ripetuto a me stesso molte volte che era la cosa giusta da fare. Mia moglie l'hai vista, non hai più niente da fare qui” posò i bicchieri vuoti sul vassoio del servo distogliendo per qualche secondo lo sguardo da lei “Come fai ad avere una moglie tanto bella?” “Per caso io ti sembro brutto?” ma l'espressione sul volto della giovane lo indispettì.
Si strinse nelle spalle, le braccia conserte e le labbra tirate in una smorfia leggera “Tua moglie è un angelo, è raffinata, elegante, bella, ama discorrere con le persone, tu sei un casino. Giochi con le armi, con i numeri. Passi tutti il tuo tempo a parlare di affari e divertimento, come se fossero la stessa cosa. Sei arrogante e con un complesso di onnipotenza che ti porta troppe volte vicino alla pazzia e non se non ti costringessi a dire qualcosa ogni tanto di diverso da “economia” e “senso del dovere verso la mia famiglia” potrei passare giorni senza sentire la tua voce” “E tu sei molto diversa non è vero?” “Io?” ribatté stupita “Se escludiamo i numeri e gli affari abbiamo il nostro duca al femminile. Sei arrogante, altera, irriverente. Ti piace giocare con il fuoco, oltrepassi i limiti. Non ami parlare, te ne stai al sicuro nel tuo silenzio ecco perché devo costringermi a rivolgere la parola alla contessa! Perché altrimenti scorderesti come si compongono frasi” la musica diventò più forte e quel litigio carico di dolcezza sfumò nei colori di quei vestiti, nel chiacchiericcio indistinto delle persone e nella luce delle candele.
Si voltò di nuovo verso il giovane studiando il suo sguardo, quel modo tanto buffo che aveva di arricciare le labbra quando cercava di porre rimedio ad una discussione.
Lo vide sorridere, scuotere leggermente la testa mentre i suoi occhi tornavano ad incatenarsi a lei, restarono così per qualche secondo, con quel verde smeraldo che si scontrava contro l'azzurro del cielo, con il cuore in ascolto e la mente libera da preoccupazioni “Si, la mia risposta è si” “Davvero?” “Davvero. Ora vattene di qui prima che cambi idea” Oscar sorrise lasciando tra le sue mani un ciondolo d'oro “Grazie” un altro sorriso prima di vederla correre via tra la folla “Non c'è di che stella marina” sollevò dolcemente il bicchiere verso di lei immaginando il suo volto, il suo sorriso e quello sguardo stupendo che amava da impazzire.



                                            _ .  _ . _ . _


A quanto pare non riesco a lasciare i capitoli puri e limpidi come li ho scritti, avete un sacco di domande e così, mi sono costretta a scrivere di nuovo.
I tre capitoli precedenti sono stati creati separatamente, non li ho cambiati né allungati e non li cambierò in futuro perché sono stati i primi ad essere scritti, le prime idee abbozzate su carta attorno alle quali ho costruito tutta la storia. Oscar non racconta niente a Christian, è lui a capire con un semplice sguardo cosa sia accaduto perché ormai le legge dentro e la reazione della ragazza è del tutto naturale. Piange e cerca conforto in lui, in un fratello, nell'amico che le ha teso la mano costringendola a rialzarsi da terra dopo la partenza di Andrè, dopo la malattia.
Non gli racconta di quanto bello sia stato né quanto dolore abbia provato o quanto piacere, quando lui le fa quella domanda a mio parere di una dolcezza infinita chiedendole se era stato delicato, esce quella lacrima spontanea perché finalmente le catene che la tengono inchiodate alla ragione spariscono. Lo abbraccia e si lascia cullare dalle sue parole e risponde solo a tratti, è Christian ad anticipare ogni sua risposta. Lo ripeto di nuovo, ho reso Oscar umana, una giovane donna che prova tutte le paure delle giovani donne. Non ha mai amato, è incapace di gestire quello che le accade perché è tutto nuovo e non ha nessuno con cui poter parlare. Con chi potrebbe farlo? Con una madre pressoché assente e di salute cagionevole? Con le sorelle con le quali non credo abbia mai avuto questo tipo di rapporto? Con un padre che scopre ora la gelosia per la figlia? Nemmeno la sua governante sarebbe in grado di comprenderla. Cerca sostegno nell'unica persona che può darglielo. Christian e Oscar hanno la stessa età più o meno, vengono da due famiglie uguali e hanno avuto due padri devoti a qualunque cosa tranne che ai figli. Lui è diventato un fratello maggiore e come tale lo vede. So che vi arrabbiate a vederlo sempre attorno a lei ma ogni volta, ogni volta lui la spinge verso Andrè, non le dice mai niente di male, non la costringe a niente di sbagliato.
L'Oscar chiusa e introspettiva è sempre lì ma nella vita reale, anche una persona forte e chiusa come lei ha un attimo di debolezza, solo un attimo dove si rende conto di essere umana, di provare sentimenti che vanno oltre la semplice devozione per gli ideali.
Ecco, la mia Oscar è questa. La vedrete cambiare ancora e ancora e ogni volta diventerà un po' più grande perché è questo lo scopo dei cambiamenti, permetterci di crescere. Lei è stata portata in un contesto diverso, qualcosa che fino ad ora non le apparteneva e sta imparando ad essere donna, una bellissima donna con la sua forza immensa e anche con le sue debolezze.
Detto questo, spero di aver risposto a qualche domanda con la mia riflessione personale. Come sempre vi ringrazio tutti dal profondo del mio cuore. Un bacio a tutti voi cuori miei.



 

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Capitolo 46
*** Concerto Notturno ***



                   Concerto Notturno




Aveva sempre amato la notte, vi passava le ore più belle di tutta la giornata.
Di notte tutto era silenzioso, ogni cosa avvolta dalla dolcezza del riposo, le piante, i fiori, perfino l'acqua sembrava più serena.
Quel posto lontano dal paese, lontano dalla gente era stato il suo rifugio segreto per molti anni.
Fin da bambino si era nascosto assieme ad Oscar in quel piccolo angolo di paradiso, avvolti dal bosco giocavano incuranti del tempo, delle ore che passavano.
In quel campo profumato avevano passato notti stupende a contare le stelle, a chiedersi se in quel drappo di seta nera trapunta di diamanti esistesse qualcos'altro, qualcosa di diverso dalla luna.
Abituarsi di nuovo alla vita era difficile. Aveva provato a dormire un po' ma c'erano troppi pensieri nella sua mente e poi quelle ore passate assieme a lei, il ricordo del suo corpo che nasceva di nuovo sotto le dita, la dolcezza dei suoi baci e quel silenzio maledetto che l'aveva portata via da lui per l'ennesima volta.
Fece un bel respiro appoggiandosi con la schiena al tronco dell'albero.
Davanti a lui si apriva quella piccola radura silenziosa dove un fiumiciattolo gorgheggiava indisturbato rompendo la quiete di quel posto con il suo canto.
Le serenate dei grilli accompagnavano la notte e in qualche cespuglio, una luce allegra si accendeva di tanto in tanto riscaldando il cuore.
Quel posto era sempre stato bello ma ora lo era anche di più, perché quella giovane donna che vi camminava silenziosa era lì solo per lui.
Bella e serena come una di quelle giovani eroine che uscivano dai libri di fiabe che leggevano da bambini.
Non le serviva il suo grado per regalare soggezzione né il suo titolo per splendere.
Le bastava la luna e una radura silenziosa dove i suoi passi sembravano solo sospiri.
La vide camminare lentamente verso di lui, con lo sguardo basso perso in chissà quale pensiero e quell'abito elegante leggermente sbottonato per permettere all'aria di sfiorarle la pelle.
L'aveva sempre fatto, fin da bambina, quando era costretta a ricevimenti eleganti dove tutti i curiosi desideravano parlare con il conte Oscar François de Jarjayes, erede di una famiglia importante e devota a sua maestà.
Ignoravano che in realtà quel conte, aveva gli occhi di un cerbiatto e il volto di una bambola di porcellana.
Quando finalmente quei fastosi ricevimenti finivano, Oscar scappava da tutto e tutti e allentava quei nodi violenti che cingevano i suoi giovani fianchi, al sua pelle delicata.
Ora come allora quel gesto semplice era ancora lì, nei suoi movimenti, in quel modo di camminare che apparteneva solo a lei e a nessun'altra “Mi hai trovato” sussurrò divertito “Dove altro potevo trovarti se non qui?” sollevò lo sguardo incontrando i suoi occhi, gli stessi occhi che da piccolo l'avevano incantato “Non è troppo tardi per voi conte?” “Non temete, sono ben scortata” si voltò divertita, alle sue spalle César riposava sereno brucando di tanto in tanto l'erba fresca “Da dove vieni?” “Da un mondo incantato” tese una mano verso di lei sorridendole ma per qualche secondo nei suoi occhi lesse esitazione, solo pochi secondi prima di sentire le sue dita intrecciate attorno al polso.
La tirò dolcemente verso di sé nascondendola in un abbraccio leggero.
Amava da morire il suo profumo, l'aroma delicato di quella seta preziosa che non avrebbe mai smesso di baciare, la strinse più forte tra le braccia, sentì il suo corpo aderire al proprio, la sua schiena sul petto, la testa dolcemente posata sulla sua spalla e quelle labbra di miele così vicine, così belle “C'è troppo freddo qui fuori” “Che ti ho detto sul preoccuparsi di me?” “Smettila” “Sto bene, perché non potete semplicemente accettarlo?” “Credi che voglia il contrario?” ma lei sospirò chiudendo gli occhi “Stai bene amore mio?” “Andrè ...” “No è … stai bene?” la vide riaprire gli occhi voltandosi lentamente verso di lui “So che non è semplice, forse nemmeno eri pronta ma sei importante per me, quello che provi è importante e sto male Oscar, mi sento male per ...” “Per avermi amata?” gli sfiorò il volto con la mano sorridendo “Non mi hai costretto né ferito, non sono scappata, non ho urlato, sono rimasta con te perché era quello che volevo e so che … so che la natura ha creato uomo e donna in maniera diversa e le sensazioni, le emozioni sono diverse. Sarei una bugiarda a nasconderti la mia esitazione, un'ipocrita a dirti che sono serena e tranquilla ma non ...” si fermò qualche secondo riprendendo fiato “ … non devi sentirti male per me, mi hai amata Andrè, mi hai amata e mi hai mostrato che sono in grado di amare anche io” un bellissimo sorriso le colorò le labbra mentre si lasciava baciare da quell'uomo con gli occhi verdi che troppe notti era tornato nei suoi sogni “Com'era il tuo mondo incantato?” sorrise tornando a guardare le stelle “Rumoroso e pieno di persone. Christian doveva rientrare a Parigi ieri ma si è trattenuto un giorno di più” “Ma davvero?” annuì appena senza accorgersi di quella leggerissima nota di ironia che colorava la voce del ragazzo “Sua moglie è tornata dall'Inghilterra” “Credevo non fosse sposato” “Si beh, tecnicamente lo è. Si è sposato quando la mia malattia ha iniziato a progredire. Ricordo ancora la sua faccia, quel sorriso forzato sul volto” Andrè annuì debolmente giocando con la sua mano “Dopo il matrimonio sarebbero partiti per l'Inghilterra e vi sarebbero rimasti qualche mese. La duchessa avrebbe incontrato le sorelle di Christian, uniche assenti al suo matrimonio ma l'ho praticamente rapito” sorrise divertita da quei ricordi che lentamente tornavano a galla “Era preoccupato per me, aveva paura di lasciarmi per troppo tempo e se non fosse rimasto, non so come avrei fatto a scriverti” “A raccontarmi bugie” puntualizzò sfiorandole il collo con le labbra “Perché era questo che facevi amore mio. Mi raccontavi una vita che non stavi vivendo” “Scriverti che stavo per morire ti avrebbe aiutato?” non rispose, non si mosse nemmeno, restò immobile, con le labbra posate sulla pelle delicata del suo collo mentre ascoltava la sua verità “La duchessa è partita qualche giorno dopo il matrimonio assieme alle sorelle. Sono rimaste in Inghilterra per un po' e l'ultima lettera che ha ricevuto Christian recava semplicemente la possibile data di arrivo in Normandia” la strinse più forte tra le braccia sospirando “Mio padre ha così insistito, la duchessa e le sue sorelle sono nostre ospiti fino a quando ne avranno piacere. Ha organizzato questa sciocca cena per poterle conoscere meglio ma la situazione gli è un pochino sfuggita di mano” “Un pochino?” domandò confuso “Settanta persone Andrè, settanta persone di cui conosco a malapena il nome” scoppiò a ridere divertito mentre la sentiva sospirare “Un orchestra per colorare la sala di musica e balli e poi le cucine in fermento e io che … che volevo solo scappare da lì” “L'hai fatto” “L'ho fatto” “Come sapevi dove ...” “Perché questo è il nostro nascondiglio segreto. Conosco bene l'effetto della guerra, mio padre non riusciva mai a dormire dopo mesi passati lontano da casa. Ricordi? Scendevamo di nascosto dal glicine nascondendoci dietro alla colonna perché il guardiano faceva sempre il suo giro alla stessa ora. Poi la corsa verso il bosco e ...” “E tu avevi paura delle ombre, mi stringevi la mano così forte” sorrise intrecciando le dita alle sue “Ti voltavi continuamente indietro, come se d'improvviso tuo padre potesse sbucare fuori dal nulla. Ma la paura svaniva non appena entravamo in questa piccola radura. Giocavamo, correvamo fino a quando ci mancava il fiato e ...” “E ci sdraiavamo per terra a contare stelle” si portò la mano della giovane alle labbra baciandola “Esatto” “Sono sicura che mi odia” “Chi?” “La duchessa” “E perché dovrebbe farlo?” “Perché Christian non lo fa. Credo che mi ucciderà nella notte, si, lo farà piantandomi un coltello per bistecche nel cuore e tornerà da suo marito ridendo come se niente fosse accaduto” risero divertiti da quell'immagine improbabile.
Era così che avrebbe voluto la loro vita, assieme, lontani da preoccupazioni e paure, solo loro due in una radura silenziosa a parlare, a ridere e giocare.
Conosceva bene quella realtà egoista, sapeva che prima o poi, avrebbe dovuto dividerla con il resto del mondo e odiava da morire anche solo l'idea di poterlo fare “Devi solo continuare ad essere te stessa” “Credo sia questo il problema, credo sia la me stessa di sempre ad infastidirla. L'ho letto nel suo sguardo Andrè, per quanto amabile ed educata possa essere, c'è quella sottilissima luce che non riesco a comprendere” “Non credi possa essere gelosia?” ma lei sorrise “E di cosa dovrebbe essere gelosa? Non è della gelosia che dovrebbe aver paura, né di me perché sono l'ultima cosa in grado di scatenare quella gelosia” “Ne sei sicura?” “Non ho alcun interesse nel ...” “Lo so” sussurrò posando il mento tra i suoi capelli “Però a volte non è facile essere sinceri. Ci sono cose che si nascondono, la gelosia per una persona, per le attenzioni che rivolge ad un'altra, il tono sognante della sua voce mentre parla di lei” “E tu?” “Io cosa?” domandò confuso mentre quegli occhi di cielo si inchiodavano ai suoi “Sei geloso?” “Devo esserlo?” “Sono io a chiedertelo?” socchiuse gli occhi studiando qualche secondo il suo viso “No, no non sono geloso. Ma io posso permettermi di non provare quel sentimento perché il mio bellissimo amore vive per me” “Bugiardo” sussurrò sfiorandogli le labbra con le dita.
Come poteva pensare di nasconderle le cose? Era geloso di ogni sguardo che si posava su di lei, della presenza costante di quell'uomo accanto a lei e delle sue parole ma al tempo stesso, era grato a quell'uomo per averla protetta, per averlo costretto a tornare in sé.
“Tuo padre sa che sei fuggita?” “Tu cosa credi?” la tirò verso di sé perdendosi in un bacio così dolce da stordirlo “Non vorrei mai lasciarti andare Oscar, lo sai questo non è vero?” un debolissimo sì uscì dalle sue labbra scatenando un altro sorriso “Ero terrorizzato dal rivederti di nuovo, credevo di averti ferita, di averti costretto a qualcosa che non volevi ma ora che ti ho tra le braccia ...” sfiorò con la mano il viso della giovane scendendo dolcemente fino al collo “ … non riesco ad immaginare nient'altro di diverso dal baciarti. E so che questo non è il momento giusto per sogni del genere ma non riesco nemmeno ad immaginare un solo minuto lontano da te” “Torna a casa con me, torna con me Andrè” “Non è la cosa giusta da fare lo sai, non preoccuparti, troveremo il modo di far funzionare le cose” “No Andrè, no tu devi tornare a casa con me” sentì la mano della ragazza stringersi con forza attorno al suo polso e il suo sguardo, così profondo, così dannatamente tenero “Di cos'hai paura Oscar?” le dita tremarono leggermente, la presa si sciolse e lo sguardo corse lontano da lui “Oscar?” “Dove vivrai?” “Alla locanda” rispose confuso da quel cambio improvviso di discorso “Per ora mi sembra la sistemazione più comoda. Ci sono un paio di proprietà al di fuori del paese che vorrei vedere. Non sono di certo paragonabili al tuo palazzo ma sono belle e piene di fiori” “Andrè, io potrei ...” la baciò d'improvviso bloccando quella frase a metà “No amore mio, non ti lascio fare niente di stupido. Ho molti più soldi di quelli che servono, comprerò una bella casa e tutti i mobili che mi va ma non importa, perché il mio gioiello più bello verrà a rallegrare la mia vita ogni giorno” le sfiorò il volto scostandole dalla fronte i capelli “Ora contessa, ti conviene scappare oppure tornerai a casa senza vestiti e non credo che al generale faccia molto piacere rivedere sua figlia così” “Il generale starà già dormendo quando sarò a casa” “Sarò io a non farlo se penso che a quest'ora di notte sei a cavallo da sola” “E cosa può accadermi di male?” ma quella domanda innocente era la stessa che faceva fin da bambina quando un gioco pericoloso diventava improvvisamente sfida “Niente, non può accaderti niente perché ti amo” un altro sorriso, un bacio profondo e delicato che nascondeva a tutti il loro amore “Lasciami ora Oscar, se aspetti ancora un po' non ti permetterò di andare via” la sentì sospirare mentre cercava con tutte le forze di staccare le mani da lei ma più ci provava, più sentiva nascere dentro la voglia folle di baciarla ancora e ancora.
Chiuse gli occhi respirando profondamente, l'abbraccio si sciolse dolcemente permettendole di alzarsi in piedi e creando quel gelo immenso che odiava da morire “Ti vedrò domani mattina?” “Domani? Il sole sorgerà tra quattro ore Oscar” “Allora ho quattro ore di sogni” si chinò dolcemente verso di lui sfiorando le sue labbra “A presto amore mio” un debole sorriso gli colorò lo sguardo mentre restava immobile, mentre la vedeva scivolare lontano ancora una volta.



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Allora giovani cuori, spero di averi risposto alla maggior parte delle vostre domande in questo capitolo. Purtroppo non posso essere più specifica perché le dinamiche che riguardano la duchessa e Oscar verranno mostrate nei prossimi capitoli e in ogni caso, per me resta comunque un personaggio secondario, mi è utile ai fini della storia ma fosse per me non l'avrei nemmeno mostrata.
Tuttavia, sono conscia del fatto che prima o poi un uomo sposato deve fare i conti con la realtà del suo matrimonio, ecco qui dunque un piccolo intramezzo, prometto che sparirà prestissimo e che tutto avrà un senso.
Molti dei vostri dubbi si trasformano in domande e spesso, la risposta a queste domande è già stata scritta nei capitoli successivi, non temete, tutto è incastrato alla perfezione nella trama e so che a volte è difficile accettare quello che vedete.
Io vedo le cose in maniera diversa, avendo scritto la storia mi muovo velocemente tra i suoi intrecci e so che a volte è difficile da comprendere ma non preoccupatevi, vi prometto che diventerà sempre più bella.
Non abbiate paura di chiedere, rispondo volentieri a tutti ovviamente, dove sia possibile farlo evitando di rovinare capitoli successivi.
Un bacio a tutti i cuori e grazie per le vostre belle parole. 

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Capitolo 47
*** Promesse e Respiri ***


            Promesse e Respiri





“So che vedermi è l'ultima cosa che volete ma sono qui per ringraziarvi signore. Senza il vostro permesso non sarei mai potuto tornare a casa” “Sai perché l'ho fatto non è così?” il giovane annuì ma non c'era paura nei suoi occhi né pudore.
“Siediti, ho bisogno di parlare con te” eseguì gli ordini del generale come se in realtà arrivassero dal fronte, da qualche pomposo capitano e non dallo stesso uomo che per tutta l'infanzia era stato quasi un padre per lui.
Si sedette silenzioso senza staccare gli occhi dai suoi, senza cedere nemmeno per un secondo a quello sguardo gelido che sentiva sul volto “Ti ho fatto rientrare solo ed esclusivamente per Oscar, per vederla sorridere di nuovo. Fosse stato per me, ti avrei lasciato laggiù ancora qualche mese ma mia figlia mi ha costretto a cambiare idea” si fermò qualche secondo studiando l'espressione del giovane “Mi ha costretto a preoccuparmi per lei e non è mai accaduto. Sono rimasto accanto al suo letto per giorni interi, l'ho vista soffrire, lottare con qualcosa di orribile e ho temuto di perderla. Ho scritto quella lettera per renderla felice. Non sapevo nemmeno se si sarebbe risvegliata o no” “Oscar è sempre stata forte signore. Non ha mai smesso di lottare, mai, nemmeno contro di voi” “Credi non lo sappia?” “Credo che abbiate riscoperto troppo tardi l'amore per vostra figlia” “Sei arrogante” “Perdonatemi ma vedete, la guerra insegna molte cose” esclamò gelido piantando gli occhi nei suoi “Di certo non ti ha insegnato il rispetto” “Mi è difficile rispettare chi uccide i sentimenti” “Quel sentimento è dunque morto?” ma Andrè sorrise mostrandogli tutta la forza del suo giovane amore “Deduco sia un no. Poco male, c'è di peggio a questo mondo” “Siete impazzito per caso?” ribattè confuso ma il generale fermò le sue parole con un semplice cenno della mano.
“Voglio che sia chiaro Andrè che quello che faccio lo faccio per mia figlia, perché le ho fatto una promessa. Il dolore nel vederla in punto di morte mi ha costretto a prendere una decisione che mai avrei creduto possibile ma se l'ho fatto, non è né per te né per il tuo sciocco sentimento. L'ho faccio per lei, per lei e per nessun'altro!” gli sguardi si fusero assieme e il respiro restò bloccato da qualche parte tra cuore e polmoni
“Non approverò mai un matrimonio tra voi, non permetterò mai che mia figlia perda titolo e nome. Sai come sono fatto Andrè, ti ho allevato come un figlio e mi conosci molto bene tuttavia ...” inspirò a fondo massaggiandosi una tempia “ … Oscar prova qualcosa per te. È innamorata e per quanto io provi a cambiarlo, quel sentimento resta acceso in lei come un fuoco senza fine. Non mi piace vederla piangere, non voglio più vederla soffrire per qualcosa che non posso sopportare” “Siete un po' in ritardo per questo” “La lascerò libera di fare le proprie scelte” riprese il generale ignorando quel commento carico di rancore “Se è l'amore che prova per te a guidarla allora sarà libera di seguirlo. Ma ci sono delle regole Andrè, regole sulle quali non transigo” “Cosa state ...” “Non frequenterai questa casa, non ti mostrerai in sua compagnia davanti a me, niente eredi sbucati fuori all'improvviso, niente figli nati da un amore che non sarà mai approvato e soprattutto …” piantò gli occhi nei suoi colorando lo sguardo di forza “ … non la farai piangere perché se accade, se la vedo soffrire anche solo una volta giuro su Dio che ti uccido con le mie mani” “Credete davvero che sia quello che voglio?” “Credo che tu sia talmente innamorato di mia figlia da non discernere più il bene dal male. Sei perso in lei e questo è bello, so che la renderai felice ma so anche che una cosa del genere finirà per ferire uno dei due e non sarà mia figlia. È chiaro Andrè?” “Voi credete di poter controllare la sua vita, credete di poterla cambiare a vostro piacimento ma non è più una bambina. Oscar è diventata una donna signore, una donna che prende le proprie decisioni e che è talmente forte e ostinata da non arrendersi mai” “E secondo te quella forza da dove viene?” ribatté gelido “Oscar è uguale a me ragazzo! Lei è l'immagine speculare della mia adolescenza. È testarda come lo ero io, ostinata e forte, animata da ideali nobili e molto intelligente. La sua cultura è elevata, il suo portamento nobile, come pensi di poterci convivere? Vuoi cancellare di colpo il suo passato?” “Oscar vi ama signore” sussurrò rilassando ogni muscolo del corpo “Vi ama così tanto da rinunciare ad ogni cosa per voi. Siete il suo modello da seguire e sono orgoglioso di questo ma signore...” si alzò dalla sedia sospirando “ … non ho alcuna intenzione di perderla per colpa vostra. Ho passato mesi a pregare per poterla vedere di nuovo, mi svegliavo al mattino pensando a lei, sperando di riuscire a vivere ancora un giorno per poterla riabbracciare e ora che l'ho ritrovata, non ho alcuna intenzione di perderla” “La perderai comunque!” urlò picchiando con forza la mano sul tavolo “Mia figlia è nobile di nascita, lo leggi nel suo sguardo, nei suoi movimenti, perfino quando combatte è elegante. La differenza di rango che esiste tra voi non si cancellerà mai!” “Non è mio desiderio cancellarla, solo dimenticarla per un po'” “Sei deciso, irriverente, arrogante. La guerra cambia le persone lo so bene, cerca di usare questo cambiamento per tenerla al sicuro altrimenti sarà la mia spada che incrocerai e non sono molto tenero con chi le fa del male” “E con voi stesso? Siete altrettanto duro signore?” “Stai rischiando Andrè” “Voi siete qui a dirmi che devo lasciarla per l'ennesima volta, mi buttate in faccia sciocchezze sul rango, sul diritto di nascita, mi chiedete di negare a lei e a me la dolcezza di poter amare un figlio, come potete anche solo pensarlo? Vi importa davvero di vostra figlia? Vi importa della sua felicità oppure è l'egoismo che vi acceca!” “Non sono pronto a perderla Andrè” la voce diventò improvvisamente più profonda, c'era rabbia nelle sue parole e rancore troppo a lungo conservato “Non credo sarò mai pronto a perdere mia figlia e non immagini nemmeno che sacrificio sia per me lasciarla andare. Ho sbagliato con lei e le chiederò scusa per il resto della vita se necessario ma Oscar non è uguale alle altre! Non è una giovane con cui divertirsi o giocare, non puoi amarla e poi ferirla, la conosci, la conosci molto bene” “Non ho bisogno che siate voi a ...” “Io sono qui per proteggerla. Sono suo padre, mi prendo cura di lei perché lei è il mio futuro. È come il sangue che mi scorre nelle vene, il senso di protezione che provo nei suoi confronti è giovane e appena nato ma non cambierà con il tempo” “Lo so” “No Andrè, tu non hai figli, non puoi capire cosa provo!” urlava ma poteva accettare ogni cosa.
Era un padre preoccupato, arrabbiato e deluso che provava a sistemare ogni cosa solo per il bene di sua figlia “È cresciuta, è cambiata, se ne è andata e poi è tornata diversa e nonostante tutto, crede di essere motivo di sconforto per me, un disonore, l'ultima cosa al mondo che vorrei vedere. Non capisce che in realtà è il mio orgoglio più grande. L'ho allevata come un uomo per egoismo, ho creato dal nulla il figlio perfetto e ho fatto pace con una figlia abbandonata” si appoggiò allo schienale senza staccare gli occhi dal volto del giovane “Oscar è l'erede di una casata antica, una casata potente e difficile da sopportare, è stata preparata fin da bambina a reggere questo peso ed è sempre stata orgogliosa di poterlo fare. Non le impedisco di vivere il suo amore come più le piace ma non ammetto nel modo più assoluto che venga meno al suo dovere” “Signore, forse non ci siamo spiegati molto bene. Non ho intenzione alcuna di allontanarla da voi o da ...” “Erediterà ogni cosa Andrè, ogni bene che posseggo, il mio grado e le mie terre. Verrà chiamata conte e diventerà generale, le verranno affidati incarichi importanti, avrà un futuro difficile davanti e so che lo vivrà nel migliore dei modi perché conosco il suo valore. Sarà il futuro migliore che si possa desiderare per questa casata e tu? Tu cosa sarai?” si paralizzò per qualche secondo riflettendo su quelle parole gelide “Un'attendente? Un sottoposto o un amore clandestino? Conosco mia figlia, per amore sarebbe capace di rinunciare al nome e al titolo ma non posso permetterglielo. È al suo futuro che penso e in questo momento di incertezze, il suo titolo è l'unica garanzia che ha. È al sicuro, protetta dalla mia famiglia, dal mio nome” lo sguardo del generale era violento, carico di gelo e passione “Ho letto nei suoi occhi la dolcezza di un attimo passato con te. La paura di aver sbagliato e poi la certezza di essere nel giusto. L'ho vista vacillare, porsi domande alle quali non riesce a trovare una risposta. Non ha una madre al suo fianco con cui parlare, è terrorizzata dal poterle rivelare quanto di quella malattia è rimasto dentro di lei” “Signore … voi cosa ...” “La tisi l'ha cambiata, è guarita, il suo corpo è forte quasi quanto prima ma ci sono cicatrici enormi nel cuore e nei pensieri che necessitano di tempo per guarire” lo sguardo confuso del giovane lo fece sorridere ma nascose quel leggerissimo gesto dietro ad un colpo di tosse “Hai conosciuto il duca non è così?” annuì leggermente mascherando il fastidio di quel nome dietro ad un sorriso leggero “Gli avrei concesso la mano di Oscar se solo mi avesse chiesto il permesso, l'avrei fatto senza rimorso, senza darmi pena per le conseguenze di quel gesto perché ti avrebbe dimenticato, con il tempo saresti diventato solo un pensiero” “È questo per voi l'amore? Un pensiero e nulla di più?” “Amore è solo una parola, una parola di cinque lettere come lo è padre. La mia vita è stata lunga e piena di soddisfazioni, non ho nulla da perdere Andrè, se la vedo soffrire per questo sciocco amore allora prenderò io una decisione per lei e questa volta, non ci saranno promesse a trattenermi né le parole del duca per placare la mia ira! Lui è stato il motivo per cui fino ad ora sei rimasto vivo! Se non ti ho mandato assieme ai plotoni d'assalto è per merito suo. È stato l'angelo custode di Oscar ed è la persona che mi ha impedito di commettere sciocchezze” si fermò qualche secondo perdendosi nel silenzio pesante di quei secondi “Mia figlia è un libro aperto per me, non c'è stato bisogno di lunghe ore di discorsi per comprendere il perchè di quell'esitazione. Sei libero di vederla quando vuoi ma ti invito a ricordare che sono io a non avere alcun piacere nel rivederti di nuovo” si alzò in piedi voltandosi verso le vetrate lucenti “Ora fuori di qui” “Ricordate solo una cosa signore. Vi ho voluto bene come un padre e ve ne voglio ancora. Non vi chiedo scusa per l'amore che mi lega a vostra figlia e non abbandonerò mai il suo fianco, qualsiasi cosa accada sarò con lei” “Ho detto fuori di qui!” un debole sorriso colorò le labbra di Andrè mentre usciva dalla stanza con il cuore pieno di gioia e gli occhi ancora pieni di quelle lacrime silenziose che mai aveva visto sul volto del generale.






“Posso chiedervi una cosa?” “Certamente” “Beh ecco, so che magari questa domanda potrà sembrare rude e ...” “Sono abituata a questo tipo di domande. Ci sono cresciuta assieme e quando sono diventata colonnello, sono state il mio unico motivo di risate” “Non vi sentite mai diversa?” “No, no mai” “Davvero?” si sedette sulla sedia di fronte a lei mentre le serve attorno a loro si muovevano leggere come farfalle “Vedete, l'educazione che mi è stata imposta mi ha regalato un mondo che nessun'altra ha mai visto. Sono stata allevata per poter un giorno prendere il posto di mio padre” “E siete sicura di questo?” “Perché non dovrei esserlo?” domandò sorseggiando il tè “Perdonatemi, è colpa mia, ho pensato così tanto a questo momento. Non avevo mai visto nessuno come voi. Ora capisco perché Christian vi ama così tanto” “Siete in errore, ama voi duchessa” “Elise. Potete chiamarmi per nome se vi va. Non sarò certo io ad arrabbiarmi per le formalità, le odio” un bellissimo sorriso le colorò il volto rendendo quegli occhi verdi ancora più luminosi “Mio marito è innamorato di voi” “Oh non preoccupatevi, è solo un amore sciocco e fraterno” “No Oscar, mio marito vi ama come si ama un angelo. Vede in voi la perfezione, non sono gelosa di questo, come si può essere gelosi dei pensieri? Non si possono controllare né sono fatti di carne e fiato” ma c'era tristezza nella sua voce e una nota leggerissima di sospiro troppo a lungo trattenuto “Non ho alcuna intenzione di portarvelo via se questo vi preoccupa” ma la giovane sorrise scuotendo leggermente la testa “Vedete, mio marito è stato sincero con me. Mi ha raccontato la verità dall'inizio e lo apprezzo per questo, ci siamo sposati nonostante tutto perché per mio padre sarebbe stato un'ottimo matrimonio e sto imparando a conoscerlo giorno dopo giorno” “Il duca è una persona meravigliosa. È nobile d'animo, un amico stupendo. Ama con ogni più piccola parte di sé e non è in grado di riconoscere la cattiveria nelle persone. Lui vede solo il meglio ed è convinto che in ognuno di noi vi sia del buono. Io sono abituata a ragionare in modo diverso, in me vive il figlio e la figlia, il soldato e il giovane che ama giocare. Sono abituata a ragionare, a riflettere sulle cose e di solito non amo parlare molto ...” posò la tazza vuota sul vassoio congedando la cameriera “ … amo il silenzio perché nel silenzio trovo me stessa ma vostro marito, lui è l'esatto opposto. Ama ridere, giocare, oltrepassare i limiti. Odia il silenzio perché lo considera l'anticamera dei pensieri cupi e della solitudine ma custodisce tuttavia una razionalità in cui molte volte mi sono riconosciuta” fece un bel respiro perdendosi per qualche secondo sul parco sotto di loro “Chrstian è stato il mio appiglio, la mano che mi ha impedito di scivolare in quel silenzio. È stato come sentire d'improvviso la mia coscienza parlare. Mi ha aiutato a comprendere me stessa con una semplicità disarmante e se da un lato mi regalava sicurezza, dall'altro prendeva da me la forza necessaria per andare avanti. Spero solo che quella forza possa aiutarlo in futuro” “Ora capisco perché vi ama tanto” sussurrò la dama sorridendole “Siete nobile d'animo, amate la vita come pochi contessa” un altro sorriso e poi quel silenzio leggero che avvolse i pensieri mascherando ogni cosa dietro alla semplicità “Vi invidio sapete? Voi avete l'amore degli uomini senza nemmeno dover faticare” “E credete che mi piaccia?” “Credo che nemmeno ve ne accorgiate colonnello” esclamò divertita Elise “Siete talmente presa dalla vostra vita, dal vostro incarico da non accorgervi dello sguardo sognante che colora il volto di mio marito ogni volta che vi vede. Non comprendete il motivo di quel sorriso e lo interpretate come amicizia” “Perché è amicizia e niente di più duchessa” “Voi dite? Io credo sia ...” “No” sussurrò sorridendo “No ve ne prego. Non è davvero mia intenzione rovinarvi così il soggiorno. Non è amore quello che vive tra noi, ci lega una profonda amicizia signora. Vostro marito è stato per me un fratello e credo lo sarà per sempre” ma l'espressione sul volto della donna la fece sorridere.
Non capiva questi sciocchi giochi di pensieri, li aveva sempre odiati, per quale motivo essere gelosi di una donna? Perché l'amicizia con un uomo era considerata pressoché impossibile? Forse c'era qualcosa di sbagliato in lei, forse, l'aver vissuto tutta la vita come un uomo l'aveva abituata alla semplicità di pensiero che impedica questi giochi folli e senza senso.
Fece un bel respiro raddrizzando la schiena “Duchessa vi prego di credermi. L'affetto che mi lega a vostro marito è puro e sincero e non è mai andato oltre la tenerezza di un abbraccio fraterno. So che è difficile per voi crederlo, mi avete conosciuta ieri sera e questa colazione forzata non è di certo il miglior modo per comprendere il mio carattere” “Siete molto intelligente colonnello, avete un coraggio e una forza d'animo che traspare dal vostro sguardo e siete priva di quell'imperfezione femminile che ci rende tutte così sciocche” restò in silenzio a studiare quegli occhi, a tentare di decifrare quello sguardo silenzioso così carico di parole ma la voce della governante la riportò di nuovo con i piedi per terra “Perdonatemi, conte, vostro padre vi aspetta nello studio” “D'accordo” la vecchietta si inchinò leggermente tornando sui propri passi “Con il vostro permesso duchessa” un leggerissimo cenno d'assenso bastò a farla respirare di nuovo. Fece un bel sorriso sistemando i bottoni dell'abito e senza più aggiungere una sola parola, si incamminò lungo i corridoi perdendosi nei pensieri.

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Capitolo 48
*** Sciocche Regole ***


                 Sciocche Regole




“Mi avete fatto chiamare?” “Mi dispiace averti disturbato così presto” “Oh non vi preoccupate, nessun disturbo. Stavo facendo colazione con la duchessa” “Non la trovi deliziosa?” “A volte, altre è semplicemente banale” “Come tutte le altre donne?” sorrise ripetendo divertita le stesse parole “Ho bisogno di parlare con te Oscar” “Certo padre” chiuse la porta raggiungendolo vicino alla vetrata “È venuto qui” “Cosa?” “Oh andiamo, quell'espressione confusa è stata architettata nel migliore dei modi ma non funziona. Io facevo esattamente la stessa cosa con mio padre e non ha mai funzionato” “Padre io ho solo ...” “Non mi interessa” sospirò indicandole una poltrona vuota accanto alla sua “Quello che fai è cosa tua, sei abbastanza grande per decidere da sola. Non mi oppongo ai tuoi sentimenti, sono stato un pessimo padre per anni” “Avete torto” sussurrò sedendosi “Mi avete regalato una bellissima vita” “Ti ho regalato la mia vita. Avrei dovuto comportarmi in modo diverso ma così non è stato, ho fatto una promessa a Dio, ho promesso che d'ora in avanti, mi sarei comportato da padre. Sei libera di amare chi vuoi” un debole sorriso le sfiorò le labbra costringendolo a fare altrettanto “Ma voglio che sia ben chiara una cosa Oscar. L'amore che provi nei suoi confronti è puro e vero, sono felice per te ma non deve entrare in casa mia” “Cosa?” domandò confusa “Non voglio quell'amore in casa mia. C'è una cosa sulla quale non transigo ed è il dovere” “Lo so padre, non dovete preoccuparvi per questo, appena sarò abbastanza forte tornerò a ...” “No, no Oscar, non intendo spingerti di nuovo verso la divisa. Parlo del dovere di famiglia, del fatto che tu, come mio unico discendente erediterai il mio grado, il mio titolo, ogni mio bene” “Lo so padre” “Non voglio che ogni cosa si sgretoli al vento per colpa di un amore appena nato. Fin da quando eri bambina ti ho preparato a questo, ti ripetevo che l'onore era importante, che l'onore della nostra famiglia era importante. Ti ho reso forte abbastanza e le tue giovani spalle possono sopportare questo peso immenso” “Non avete bisogno di ripetermelo, sono pronta” “Sei pronta ora, davanti a me. Quando non ci sarò più sei sicura che sarai ancora così pronta?” “Perché state ...” “Perché il futuro è incerto, la Francia vive un momento difficile e il tuo nome, il tuo titolo al momento, è l'unica cosa che ti protegge. Il popolo non è contento e non credo migliorerà con il tempo, allora vedremo cosa fare ma per ora, il mio sangue ti tiene al sicuro. Se ci rinunci, se decidi di lasciare ogni cosa allora ...” “Padre!” esclamò piantando gli occhi nei suoi “Voi mi chiedete di vivere questo sentimento e mi proibiti di perdermi nella sua dolcezza. Non volete vedermi in uniforme ma parlate di dovere e di famiglia. Credete davvero che questo possa ...” “Credo che tu sia molto confusa figlia mia. L'amore è potente, cambia anche gli uomini più forti di questo mondo. Il tuo è ancora giovane, tenero, incapace di comprendere cosa è giusto e cosa no. Quando diventerà forte abbastanza, allora ti ritroverai a farti le stesse domande” “Le risposte saranno uguali anche allora!” “No Oscar, le risposte saranno diverse. È normale, fa parte della vita” “E allora cosa mi state chiedendo?” “Ti chiedo di riflettere, ti chiedo di capire se nel tuo cuore batte ancora quella voglia di essere te stessa, la stessa ragazza che mi guardava con occhi carichi di sfida quando sollevavo la spada. Non devi rispondermi adesso, prediti il tempo necessario” “Padre io non ...” “Tu ora vai fuori di qui, nel parco, all'aria aperta e ricorda cosa ti ho detto: non voglio quell'amore in casa mia, non voglio vederlo o parlare con lui e non voglio nipoti illeggitimi” annuì debolmente ad ogni parola cercando di decifrare lo sguardo del padre “Non voglio trovarmi di fronte a te tra qualche settimana ad urlare, niente matrimoni nati dal nulla Oscar, niente sogni su una famiglia felice la notte di Natale. Ti permetto di vivere quest'amore come più desideri ma non puoi chiedermi di cambiare ogni mia decisione” “Non l'ho mai fatto padre” “Lo so, lo so e non ti rimprovero nulla ma conosco il tuo carattere. Sei forte, terribilmente forte e questo ti spinge verso decisioni sconsiderate. Ora fuori, sto aspettando una visita” “Si signore” il permesso del padre la liberò dalla costrizione di gesti rigidi e silenziosi.
Si chiuse le porte alle spalle sospirando, c'era qualcosa di strano, qualcosa che non aveva nulla a che fare con il padre di sempre. Le sue erano solo sciocche regole che prima o poi sarebbero cadute e se così non fosse stato, le avrebbe fatte crollare lei una dopo l'altra ma quel tono di voce, quel modo di osservarla, come se stesse studiando un dipinto antico imprimendosi a fuoco nella memoria la bellezza dei suoi colori, ogni cosa di suo padre era lontana dall'immagine di ogni giorno.
“Come state contessa?” si voltò di colpo incontrando lo sguardo sereno del medico “Perdonatemi, non volevo spaventarvi” “No è … vi chiedo scusa, non dovevo vedervi oggi non è così?” “No, no state tranquilla” “E allora perché siete qui?” “Devo incontrare vostro padre contessa” “Mio padre?” il medico annuì leggermente “Cosa c'è che non va in mio padre?” “Niente” “Ne siete sicuro?” “Vostro padre è un mio buon amico” le diede un leggerissimo buffetto sulla spalla oltrepassandola.
Avrebbe voluto fermarlo, l'avrebbe fatto davvero ma la voce di Christian arrivò come un fulmine a ciel sereno “Che ci fai ancora qui?” “Cosa?” “Sei impazzita per caso? Mi hai fatto preparare il cavallo mezz'ora fa” “Io ero … stavo ...” “Oscar” la strinse per le spalle guardandola negli occhi “Sei in ritardo” “In ritardo?” “Non dovevi incontrare qualcuno?” un sorriso leggero le sfiorò le labbra “Sei in ritardo” “Non si arrabbierà per questo” “Tu credi?” “Perché dovrebbe?” domandò confusa ma l'altro sbuffò tirandola per un braccio “Perché è un uomo! Sai cosa accade quando lasci un uomo ad aspettare?” “Cosa?” quella domanda innocente lo costrinse a sorridere “Lascia stare, non sono discorsi da fare ora” camminavano spediti lungo il corridoio, la mano stretta attorno alla sua mentre la tirava dolcemente in avanti ma nella mente c'era un unico pensiero, un unico volto che tornava e ritornava davanti agli occhi.
“Via di qui, scappa contessa oppure finirai nei guai” le diede un bacio leggero sul volto mentre lo stalliere avvicinava il cavallo a lei “Christian?” “Dimmi” “Grazie” le fece l'occhiolino e restò immobile ad osservarla mentre partiva correndo come il vento.

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Capitolo 49
*** Perditi in Noi ***


                                 Perditi in Noi





Non era paradiso né inferno, era un limbo dannato dove non c'era speranza, non c'era salvezza alcuna da quel mare di emozione che si portava via i pensieri.
Chiuse gli occhi perdendosi su quel ritmo lento che lo massacrava dentro, sentiva il cuore battere all'impazzata mentre quel corpo profumato si muoveva su di lui con una semplicità disarmante.
La paura era sparita, l'incertezza nei gesti dissolta “Perché eri con lui?” “Perché pensi a questo?” si chinò leggermente in avanti, il seno sfiorò il suo petto scatenando un brivido gelido “Perché ora?” sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra sentiva il suo corpo, lo sentiva tremare, scalpitare per liberarsi da quelle catene gelide che lo tenevano inchiodato al letto, alla razionalità violenta che per anni l'aveva tenuto lontano da lei.
Strinse più forte le gambe attorno ai suoi fianchi rallentando ancora e sorrise mentre la mano del giovane le sfiorò la schiena, le dita si intrecciarono alle sue inchiodando la mano sul materasso, a pochi centimetri dal viso “Forse l'ho fatto apposta?” liberò le mani stringendole attorno ai suoi fianchi, un bacio violento si portò via il respiro mentre la rovesciava sul letto.
Posò la fronte contro la sua mentre quelle spinte violente la costringevano a sospirare, un sorriso delicato le sfiorò le labbra mentre lo sguardo diventava più profondo, sentì il suo ventre tremare, inarcarsi spingendo il seno contro il torace “Tu mi farai impazzire” le sfiorò il collo con le dita scendendo fino al seno, seguiva quella pelle di seta perdendosi nel suo profumo, nei fremiti violenti che salivano dal suo ventre.
Più tentava di mantenere il controllo e più lo perdeva, non riusciva a concentrarsi, non riusciva a pensare perché aveva solo lei negli occhi, era sempre lei a giocare con i suoi respiri, a spingerlo in un universo fatto di luce e tenebra, lei che rideva e che ne muoveva i fili come se avesse tra le mani una bambola di pezza.
Un'altra spinta, più forte delle altre, più violenta e dolorosa, la sentì tremare, le gambe strette così forte attorno ai suoi fianchi da fargli male e il suo sospiro, il collo reclinato all'indietro completamente indifeso.
Sfiorò con le labbra quella pelle di seta mordendola, stringendola dolcemente tra i denti fregandonese di quel tremito massacrante.
La strinse più forte a sé sdraiandosi accanto a lei, la fronte posata contro la sua, le labbra schiuse che lentamente la sfioravano mentre riprendeva a muoversi, a toglierle il respiro perché averla solo per lui era la cosa più bella del mondo.




“Non mi hai risposto” sorrise mentre le mani del giovane si stringevano più forte attorno a lei.
Non voleva muoversi, non voleva nemmeno respirare, stava bene nel suo abbraccio, con la schiena posata a lui e le mani intrecciate sul ventre “Non ero con lui. Ho incontrato mio padre, aveva bisogno di parlare con me” “Già, dimenticavo il suo bisogno di parlare” “Andrè ti prego” voltò leggermente il viso incontrando i suoi occhi “Scusa, scusami” sfiorò le sue labbra stringendola più forte “Mi dispiace Oscar, non riesco a capire come possa essere accaduto, insomma, non è mai stato così prodigo di attenzioni verso di te” “Lo è sempre stato solo, in modi diversi” “Prenderti a schiaffi, costringerti ad allenamenti estenuanti con la neve o la pioggia, ore e ore di studio, si, indubbiamente attenzioni paterne” sospirò alzando gli occhi al cielo ma le labbra del giovane sul suo collo la costrinsero a ridere “È solo … non capisco perchè?” “Perché cosa?” domandò confuso giocando con i suoi capelli “Perché sia così diverso” “Beh, ti ha visto in fin di vita” “È già accaduto altre volte” “Si, si e non voglio ricordare quegli attimi” “Mi ha parlato di futuro e dell'eredità che dovrò amministrare” “Si? Anche a me” ribatté ironico “Solo che non erano contemplate parole dolci” la sentì ridere mentre si girava dolcemente tra le sue braccia.
Quegli occhi di cielo terribilmente belli si inchiodarono ai suoi mentre le braccia si intrecciavano sul suo petto “Perché non puoi perdonarlo?” “Mi ha mandato in guerra” “È passato” “Stavo per perderti! Non sapevo nemmeno se ti avrei rivisto e mi sono sentito morire Oscar, come posso …” “Perché è passato. Ti prego, lascia il passato fuori da noi, non voglio che il passato ci distrugga” le sfiorò il volto portando quei capelli d'oro dietro all'orecchio “Sei così ...” “Testarda?” “Bella, sei così bella Oscar da lasciarmi senza fiato” “La bellezza sfiorirà” “No, non la tua amore mio” “Tutte le cose belle con il tempo appassiscono” “Tu sarai bella in eterno” le labbra si schiusero in un sorriso dolcissimo mentre un bacio ripeteva in silenzio le stesse parole.
L'aria fresca del mattino entrò dalle finestre sfiorandole la schiena, il cielo si colorava di rosa mentre negli occhi viveva solo il volto di quel giovane che le sorrideva accarezzandola, coprendola con le mani dal fresco respiro del mattino.
“Vivrai qui?” “Non ti piace?” “Non lo so, ho visto l'ingresso e la camera” “Mi hai lasciato solo così tanto” “Mezza giornata Andrè?” “È un'eternità” “Ma è solo ...” “È mezza giornata lontano da te, ho passato una guerra lontano da te, ora ti voglio per me più tempo possibile” “Andrè io ho … devo ...” si morse le labbra cercando un modo per spiegare i pensieri “ … devo tornare a casa per ...” “Per vivere la tua vita? Lo so Oscar” “No, no non è questo solo, sono preoccupata per mio padre. Ripete continuamente che va tutto bene, che sta bene e gli credo ma c'è quel tremito leggero nella sua voce” “Un tremito?” annuì leggermente abbassando qualche secondo lo sguardo “Prima non c'era e ora, ogni volta che parla del futuro lo sento e sto … sto impazzendo” si passò una mano tra i capelli sospirando “Ehi” sussurrò Andrè sollevandole il volto “Sei sua figlia, preoccuparsi è normale” “Non voglio che tu ti senta abbandonato o solo o l'ultima cosa nei miei pensieri perché non lo sei … non lo sei mai stato ho solo … mio padre è ...” “Ti fermi un secondo?” trattenne il respiro mentre gli occhi del giovane si piegavano in un sorriso tenero e delicato
“Sono stato fortunato Oscar, mi è stato risparmiato il dolore di vederti in quel letto mentre lottavi per respirare, mentre cercavi di non abbandonarti a ...” si fermò qualche secondo rimandando indietro una lacrima insolente “ … non ti ho visto in quelle condizioni e ringrazio il cielo per questo. Sono arrabbiato con tuo padre ma non così tanto da non preoccuparmi se sta male. Sono cresciuto con lui, assieme a lui e ti conosco, so quanto bene provi nei suoi confronti e l'ultima cosa che voglio, è che tu sia costretta a fare una scelta” le dita si intrecciarono ai suoi capelli nascondendosi in quella cascata d'oro che profumava di tenerezza “Sarò sempre qui per te, tra un'ora, tra una settimana, tra un mese, sono qui per te amore mio. La famiglia è una soltanto, abbiamo un solo padre a questo mondo, si è preso cura di te e ora, tutto quello che devi fare è prenderti cura di lui perché ne ha molto bisogno” “Non voglio lasciarti” “Non devi farlo” “No? Sai cosa pensa riguardo a noi?” rise divertito baciandola “Vorrà dire che ci incontreremo qui. Eviteremo di contrariarlo, almeno all'inizio” “Andrè” “D'accordo, allora per qualche mese” “Vuoi davvero sfidarlo?” “Vedrai che alla fine accetterà ogni cosa” “Tu credi?” domandò divertita socchiudendo gli occhi “Io credo che avremo una vita stupenda, che andremo a cavallo, mangeremo frutta all'ombra degli alberi e ti avrò per me ogni giorno. Andremo a passeggiare sulla spiaggia ...” le sfiorò la schiena disegnandovi teneri cerchi con le dita “ … nuoteremo e poi verrà l'autunno, la campagna si tingerà di ocra e un passo alla volta la nostra vita cambierà. In inverno resteremo al caldo di fronte al camino, ne ho uno sai?” rise posando il mento sul suo torace “Resteremo lì davanti per ore a parlare, a ridere. Ti dividerò con il tuo incarico e mi preoccuperò quando non tornerai a casa ma sarò sicuro di rivederti. Mi arrabbierò con tuo padre ogni volta che ti terrà lontana da me, accadrà spesso lo so ma andrà bene” sorrise continuando a giocare con la sua pelle “E poi tutto cambierà di nuovo. E avremo un bellissimo bambino” “Davvero?” domandò perdendosi nelle sue parole “Avremo un bambino stupendo, bello come sei tu e dolce e testardo. Sarà forte e pieno di curiosità e amerà tuo padre con tutto il cuore perché nonostante la rabbia che ora lo acceca, sono sicuro che sarà un'ottimo nonno. Probabilmente dovrò armarmi di fucile e polvere da sparo” “Perché?” “Perché la possibilità che sia una bambina è sempre presente e in quel caso, se diventa bella come la sua mamma avrò molto lavoro da fare” ribatté divertito “E poi ci sarà il nonno ad arrabbiarsi con i giovani galletti che si avvicineranno a lei” “Lui non è ...” “Non in questo momento ma vedrai, accetterà ogni cosa. Ti ama e per amore si fa ogni cosa Oscar, compreso permettere alla propria figlia di essere felice” “E nel tuo cambiamento è prevista un'altra casa?” “Perché? Non ti piace questa?” “Al contrario. Ha dei bellissimi fiori che ne decorano tutto il giardino e il balcone. Profuma di buono, profuma di semplicità” “Vero? Beh contessa, questa semplicità fa parte della mia vita” “L'ho mai combattuta?” “No” strinse le mani attorno ai suoi fianchi tirandola dolcemente più su fino a quando le labbra non furono di nuovo le une contro le altre “Mi manchi già” “Non farlo, se me lo dici ora poi non riesco più a lasciarti” sussurrò sfiorandogli il volto “Se continui a toccarmi non credo riuscirai più ad uscire da questa stanza contessa” la vide sorridere mentre si staccava dolcemente da lui.
Ogni volta che la lasciava andare sentiva un freddo violento percorrere ogni centimetro di pelle fino a congelargli il cuore.
Restava immobile ad osservarla mentre mascherava quel corpo meraviglioso dentro ai vestiti.
La stoffa che nascondeva due gambe perfette, la vita sottile avvolta da quella fascia di seta e rideva di quell'immagine sciocca.
Una piccola Oscar indispettita mentre provava a fare quel nodo complicato e lui al suo fianco che pazientemente le mostrava come farlo.
Ora quella piccola bambina imbronciata era sparita, sostituita da una donna meravigliosa che stringeva quella seta tra le mani muovendola abilmente, costruendo dal nulla un nodo perfetto.
Sfiorava con lo sguardo ogni centimetro di pelle, la sua schiena, le spalle, quei muscoli armonici che la rendevano preziosa, il movimento delle sue mani mentre allacciava la camicia sul ventre salendo lentamente fino al seno e fermandosi poco sopra.
Il movimento dei suoi capelli e quel sorriso meraviglioso che colorava il suo sguardo mentre si chinava verso di lui “Ti amo, lo sai vero?” le sorrise tirandola dolcemente in avanti, le labbra si unirono assieme in un bacio profondo e pieno d'amore “Ci vediamo prestissimo, te lo prometto” “Ora vai amore mio” un altro bacio, un altro ancora e poi l'immagine luminosa di un angelo che usciva da quella stanza.
Sentiva i suoi passi lungo le scale e poi nella saletta fino a quando, il rumore della porta chiuse fuori ogni cosa.
Sorrise alzandosi dal letto perché il profumo che aveva lasciato lì dentro gli avrebbe tenuto compagnia per tutta la vita.




 

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Capitolo 50
*** Troppi Pensieri ***


                    Troppi Pensieri




Scese da cavallo senza nemmeno aspettare che si fermasse del tutto, il ragazzo prese le redini spostandosi di lato per evitare di essere travolto da quella tempesta dai capelli chiari come il sole.
Non si era nemmeno resa conto di correre, non capiva il perché di quel comportamento tanto sciocco ma non poteva farne a meno.
Attraversò l'enorme salone salutando la governante con un leggerissimo cenno della testa e correndo su per le scale cancellò dalla mente ogni cosa.
Sentiva il cuore battere all'impazzata e il respiro accelerare ad ogni passo.
Era spaventata, così persa nei suoi pensieri da non accorgersi di Christian e del suo avvertimento, di quel tavolino leggermente spostato dal muro dove un prezioso vaso riposava sereno.
Sentì le mani del ragazzo stringersi con forza attorno a lei tirandola di lato, cadde per terra, con le mani posate sul petto di Christian e gli occhi persi nei suoi “Finirai con l'uccidermi” esclamò ironico allargando le braccia sul pavimento “Che male!” “Ahi” chiuse gli occhi portandosi una mano alla fronte “Hai la testa dura contessa” “Tu no?” “Che diavolo stai combinando?” “Stavo solo … stavo pensando” “Ricordami di starti lontano quando pensi” ma lei sorrise raddrizzandosi “Hai visto mio padre?” “Credo sia nella biblioteca” “Sto impazzendo” sussurrò sfinita passandosi una mano tra i capelli “Sto impazzendo ed è colpa sua. Prima mi dice che va tutto bene, mi lascia scegliere da sola e sono felice di questo insomma, è cambiato! È cambiato vero?” il volto confuso del giovane sdraiato sotto di lei si mosse leggermente in un cenno che poteva sembrare un si “Non così tanto da ammettere la presenza di Andrè ma abbastanza per permettermi di essere felice e ora … ora incontra il dottore dicendo che è un suo vecchio amico. Mio padre non ha mai avuto il nostro medico tra le sue amicizie!” “No?” domandò confuso massaggiandosi la testa “No! No lui ha sempre odiato i medici! Diceva che erano persone complicate, che potevano curarti e ucciderti assieme e ora d'improvviso ne frequenta uno!” “Magari ha cambiato idea!” ma lei sospirò sedendosi, le gambe strette attorno a lui e le mani posate sui fianchi mentre lo fissava con quell'aria ironica e confusa e quel rossore sulla fronte che le avrebbe regalato un bernoccolo niente male “A volte capita Oscar, magari il vostro medico è un brav'uomo” “Certo che lo è! Mi ha salvato la vita, ha restituito a mio padre un'erede, come può essere cattivo?” “Forse è per questo che lo invita spesso” “O magari è impazzito” “Oscar io non credo che ...” “E allora cos'è?” domandò confusa massaggiandosi il collo “Non sarebbe più semplice parlarne? Credi sia malato?” “Ehi” la strinse per i polsi bloccando quel fiume di parole “Sei pesante lo sai?” alzò gli occhi al cielo liberandosi della sua presa, posò le mani sul pavimento alzandosi in piedi “Sei un ...” “Ricorda le buone maniere contessa” tese una mano verso di lui aiutandolo a rialzarsi “Non lo credi vero?” “Che tu sia pesante? Vuoi scherzare? Quando pesi Oscar? Dieci grammi? Sei una piuma contessa, se ti stringo con un po' di forza posso spezzarti” “Parlavo di mio padre!” “L'avevo capito” ribatté ironico sistemandosi il colletto “Devi smetterla di farti domande. Diventerai pazza così” “Mi vedi molto lontana dalla pazzia?” “No, no ma non è questo il punto” “E allora qual'è?” domandò sfinita chiudendo gli occhi.
“Non puoi ossessionarlo così. Lo conosci Oscar, sai che reazioni scateni in lui, ha appena scoperto di avere una figlia a cui vuole molto bene. Puoi evitare di rompere questo incanto per un po'?” “Se per colpa mia muore io non riuscirò più ...” “Non sta morendo” esclamò sollevandole il volto “Non è malato, niente tosse, niente febbri. Si preoccpa del tuo futuro, lo fanno tutti i padri, capisco che per te sia nuovo considerando che hai avuto un generale al posto di un padre. Un generale freddo e spietato che ha allevato una cucciolotta indifesa rendendola un lupo rabbioso come lui” “Non è divertente” “Non volevo farti ridere” rispose colorando la voce di sarcasmo “Se fosse malato pensi davvero che lo terrebbe nascosto?” “Si” esclamò decisa piantando gli occhi nei suoi “E come ...” “Perché è come me. Ho mai ammesso di essere malata?” “D'accordo” sussurrò Christian sollevando leggermente le mani “Hai vinto tu. Ma Oscar, concedigli il beneficio del dubbio. È molto stanco anche lui. Siamo tutti stanchi” “Lo so” “E allora?” “Non lo so” sorrise tirandola tra le braccia “Fai un bel respiro” inspirò a fondo chiudendo gli occhi “Ora fanne un altro” le mani si sollevarono dolcemente nell'aria stringendosi attorno ai fianchi del ragazzo “Non funziona” “Non ci provi nemmeno” “Sto respirando” “Stai pensando a mille cose diverse. A tuo padre, al tuo amore, alla notte appena trascorsa che deduco sia stata movimentata” “Tu come ...” “Niente fasce, niente zaffiro sul nodo della camicia anzi, niente nodo. Vi siete comportata male contessa?” si stacco di qualche centimetro da lui studiandone lo sguardo “Profumi di violetta” “Oscar” “Vostra moglie non usa la violetta” “Mia moglie è partita per Parigi ieri pomeriggio” “Ma non cambia le cose. Sai di violetta” “Chi sei? Un profumiere esperto?” “La contessina è troppo giovane duca, ve l'ho ripetuto per giorni” ma lui rise divertito abbracciandola di nuovo “E io ti ho ripetuto per giorni che non è una cosa seria e nemmeno un gioco ma solo un'amica” “Bugiardo” esclamò divertita mentre il solletico la costringeva a saltare di lato “Sei pronta per la colazione?” “Raggiungo mio padre in biblioteca, scenderemo assieme” “Per il suo bene Oscar ...” sfilò dalla tasca una spilla di turchesi sorridendo “ … fai il nodo e mettici questa oppure dovremo chiamare il medico” “Grazie” “Non ti ci abituare” le fece l'occhiolino scompigliandole dolcemente i capelli “Ti aspetto di sotto” un altro sorriso e la certezza di avere un fratello a pochi centimetri dal cuore.




“Come state oggi signor generale?” “Non posso lamentarmi duca, la mia vita è diventata di nuovo tranquilla e ha di nuovo un motivo per essere vissuta” rispose cercando lo sguardo della figlia, la vide sorridere, annuire dolcemente prima di perdersi da qualche parte nei pensieri, nei gesti leggeri e in quel gioco di tè ambrato che creava muovendo la sua tazza “Vostra moglie ci ha lasciato” “Vero, ma le sue sorelle avevano impegni importanti, mia moglie è la maggiore e quindi tocca a lei fare le veci della madre” “Più che giusto direi” “Tuttavia, le ho promesso che tra qualche giorno l'avrei raggiunta” “Parti?” domandò confusa Oscar risvegliandosi da quel tepore leggero “Tra qualche giorno. Devo seguire alcuni affari importanti per conto di mio padre e ...” “E torni presto?” “Di cosa hai paura?” domandò divertito posando la tazza “Che ti abbandoni d'improvviso scappando in Inghilterra?” “Lo faresti” “Non è vero lo sai” il generale sorrise lasciando a quella conversazione tutta la dolcissima libertà di sempre “Ne sei davvero sicuro?” “Perché non dovrei esserlo?” “Perché una moglie cambia i pensieri” “Un'amica no?” la vide sospirare scuotendo leggermente la testa “E poi ...” sussurrò Christian sfilando dalla tasca dell'abito una busta chiara “Devo consegnare questa” “Cos'è?” “Una lettera” “Perchè?” “Perché è una lettera? Domande profonde questa mattina contessa” “No, perché devi consegnare quella lettera!” esclamò ironica piantando gli occhi nei suoi “Te l'ho detto, sono affari” “Sei un bugiardo?” “Oh ma davvero? E vogliamo parlare di ...” “D'accordo” esclamò divertita sollevando le mani “Mi arrendo, non parliamo di niente” “Sembrate due bambini” mormorò il generale ridendo “Due fratelli testardi e capricciosi che litigano tra loro per ogni cosa” “Vostra figlia è alquanto insopportabile” “Tu non lo sei vero?” “Sto parlando di te” “Sapete ...” riprese il generale sorseggiando il suo tè “ … quando si litiga così è sintomo di grande amore” “No padre, io credo sia sintomo di stupidità” “Di nuovo, non sei nelle condizioni per farmi la predica” puntualizzò Christian mostrandole la catenina dorata “Non hai ancora ...” “Quando lo facevo Oscar?” esclamò indispettito incrociando le braccia sul petto “Come hai visto anche tu, c'è stato un po' di movimento da queste parti” “Posso sapere cos'è?” domandò confuso l'uomo di fronte a loro ma le risposte che arrivarono all'unisono, non fecero altro che mischiare ancora di più i pensieri “Un regalo per la mia sposa” “Un dono per mia madre signore” si guardarono stupiti, Oscar sospirò scuotendo leggermente la testa ma gli occhi di Christian erano piegati in un sorriso tanto bello da cancellare di colpo la rabbia per quella svista ingenua “Perdonatemi padre, ultimamente non sono molto in me. È un regalo, un dono per la duchessa” “Un dono per la duchessa?” “Esatto, sapete, mia moglie adora l'oro e ho pensato di comprare un gioiello bello quanto lei. Non conoscevo un gioielliere abbastanza bravo e così ho chiesto a vostra figlia di aiutarmi e lei ha ...” “Vi ha regalato la sua collana” il giovane trasalì voltandosi verso Oscar “Padre io ho solo ...” “Quella catenina te l'ho donata io quando eri in fasce. Sapevo di correre troppo, eri così piccola, così minuta per quel gioiello ma sapevo che prima o poi l'avresti portata con orgoglio. Mi era stata regalata da mio padre e io l'ho donata a te e ora ...” si fermò qualche secondo studiando il volto dei ragazzi “ … ora la regali a lui. Perché?” “Non è un regalo per me signore, ho semplicemente pensato di farne fare uno con le stesse fattezze di questo perché mia moglie ne è rimasta affascinata” “Posso darvi il nome del gioielliere che l'ha creata ma temo che troverete altre persone ora, è morto ormai molti anni addietro ma i nipoti portano avanti la tradizione di famiglia con orgoglio creando gioielli meravigliosi” Christian annuì deciso nascondendo la catenina tra le dita “Com'è stata la tua giornata Oscar?” “Come?” domandò distratta tornando a fissare il suo tè “La tua giornata” “Scusatemi, pensavo” “Lo so, ultimamente i tuoi pensieri sono sempre gli stessi” “Se li conoscete allora non dovreste fare domande” “Oscar” sussurrò Christian stringendole un polso “Non credo sia un problema tuo. Quello che faccio o chiedo è un ordine preciso che deve essere rispettato” “Mi avete dato la libertà di scegliere da sola ricordate?” “Ricordo di aver cresciuto un figlio responsabile e animato da buon senso, dov'è sparito quel figlio?” “Non è mai sparito padre” “No?” “Perché dovete continuamente trattarmi così?” sentì la presa del regazzo rafforzarsi attorno alla mano, i suoi occhi che le urlavano in silenzio: Smettila Oscar, non è il caso di irritarlo così di prima mattina perché altrimenti le conseguenze saranno pesanti.
Conosceva bene quella supplica, era la stessa che la sua mente aveva elaborato per anni quando da giovane, rispondeva sfacciatamente ad un padre troppo severo accettando ogni dannata punizione.
Fece un bel respiro tornando a concentrarsi sul volto del padre “Cambiate continuamente. Un giorno siete felice, quello dopo irritato, passate dalla dolcezza alla collera e non importa cosa io faccia o dica, siete sempre così ...” “Sono lo stesso di sempre Oscar! Ora smettila di preoccuparti per me e pensa a quello che ti ho detto!” si alzò dalla tavola buttando il tovagliolo a pochi centimetri da lei.
“Complimenti” sussurrò Christian lasciando andare la mano della ragazza “Hai fatto davvero un bel lavoro” “L'unico modo che ho per parlare con lui è costringerlo ad urlare. È sempre stato così, riusciamo a comunicare in questo modo fin da quando sono bambina e non … non capisco cosa stia accadendo” “Te l'ho detto, è stanco. Concedigli il tempo per riposare un po'” “Mio padre non riposa” esclamò gelida piantando gli occhi nei suoi “Non si stanca, non si ferma. Mio padre non passa ore chiuso in una libreria a fissare il nulla, non resta incantato dal tramonto, non mi spia ogni secondo della giornata mentre passeggio o leggo” “Io non capisco” sussurrò l'altro appoggiandosi allo schienale “Per anni hai desiderato un padre e ora che ne hai uno, ti preoccupi del perché non sia come il lupo freddo e crudele che ti ha cresciuto” “Non capisco nemmeno io” sussurrò sfinita passandosi una mano in viso.
“D'accordo, andiamo” “Dove?” “Andiamo, è una sorpresa contessa” “Ma io devo ...” “Tu devi incontrare qualcuno? Lo so, lo incontrerai un po' più tardi, ora io e te abbiamo qualcosa da fare che non può essere rimandato” la prese per mano e senza darle modo di reagire, la tirò in piedi costringendo ancora un volta i pensieri a sparire.




 

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Capitolo 51
*** Giochi e Litigi ***


                                Giochi e Litigi





Aveva sempre amato la campagna, ci stava bene, si sentiva a casa e al sicuro dal caos che regnava a Parigi.
Aveva comprato una bellissima casetta, con il tetto rosa e i muri di pietra, c'era un bellissimo giardino pieno di fiori profumati e un grosso salice che sfiorava con i suoi rami lo steccato di legno.
Era lontana dal paese, lontano da tutti, sola sulla collina più verde di tutte con il mare alla sua sinistra e gli alberi a contornare i monti.
Non era costata molto e la terra lì attorno era più fertile che mai.
Forse, gli sarebbe bastato quello per vivere bene, il suo angolo di paradiso, la sua terra e una bellissima casa.
Forse aveva bisogno di un po' di semplicità o forse, quello che gli mancava davvero era la guerra, i suoi compagni, il suono costante di quella campana che scandiva le ore del giorno.
Rise stupito di quel pensiero tanto sciocco “E così, è questo che fa un soldato quando torna a casa?” lasciò cadere la spada voltandosi di colpo, il bel volto dell'amico si distese in un'enorme sorriso mentre lo abbracciava così forte da togliergli il fiato “Pensavo che una volta finito, l'idea di toccare anche solo una spada ti avrebbe fatto innoridire” “Quando sei tornato?” “Pochi giorni fa. Volevo andare subito a casa ma avevo bisogno di riposare un po'. Ho dormito per tre giorni interi” si staccò da lui ridendo “Allora, come te la passi amico mio?” “Non male Emile, non male davvero” “Ah lo vedo, hai una bella casetta in un paradiso meraviglioso. Sembri più riposato, sicuramente hai mangiato meglio di me per qualche settimana” “Vieni, ci sono un sacco di cose che devi raccontarmi” abbandonò la spada accanto al tronco della pianta invitando l'amico a seguirlo.
C'erano troppe cose non dette che avevano bisogno di spiegazioni, tanti aneddoti di guerra divertenti che spezzavano il livore dei ricordi.
Gli era mancata la risata di Emile, quel suo modo buffo di arricciare le labbra quando non riusciva più a respirare per le risate e il modo che aveva di mangiare.
Infilava in bocca enormi bocconi di cibo, così grandi da costringerlo ad annaspare ma non si fermava mai, al contrario, continuava fino a quando le parole sembravano solo lievi sussurri incomprensibili.
“Allora, che mi racconti di bello?” “Non molto Andrè, quando siamo stati congedati ci siamo sparpagliati un po' ovunque” “E gli altri?” “Moris è andato a sud, ricordi cosa diceva?” “Incontrerà sicuramente suo padre” esclamò divertito togliendo dal fuoco il tè “Arnald si è fermato poco distante da qui, era talmente stanco da addormentarsi ad ogni pausa che ci concedevamo, degli altri non ho notizie ma confido nella bontà di nostro signore amico mio” “Già” “E il tuo angelo?” la tazza che reggeva tra le mani tremò leggermente costringendo Emile a sorridere “Te l'avevo detto che sarebbe sopravvissuta, non l'avevo fatto forse?” “Credevo di averla persa. Per giorni nella mia testa c'era sempre quell'immagine. La vedevo morire con suo padre accanto mentre io restavo bloccato da qualche parte tra cuore e pensieri. Ci ho messo più del dovuto” “Ma sei qui” “Sono qui” ripeté posando davanti all'amico la tazza fumante “Ed è bella come quando l'ho vista Andrè? Perché per quanto provi a dimenticare beh, è rimasta nei miei pensieri sai?” risero divertiti riportando a galla ricordi “Sai Emile, non è molto diversa dal mio angelo” “No? Le persone cambiano” “No, no lei è rimasta uguale a sé stessa” “E allora perché c'è quell'alone di malinconia nel tuo sguardo?” si voltò verso l'amico, lo vide sorridere, districare dai suoi occhi ogni stupido pensiero “Cos'è cambiato?” “Tutto e niente. C'è questo duca accanto a lei, un amico, l'uomo che l'ha costretta a restare aggrappata alla vita” “Dovresti essergli molto grato” “Lo sono, credimi, lo sono davvero ma non …” si fermò qualche secondo cercando le parole giuste “ … è in ogni suo pensiero Emile, ogni volta che parla della sua vita, di suo padre, del dolore di quei giorni il suo nome sbuca dal nulla e la vedo sorridere. Non se ne accorge nemmeno, Oscar non si accorge mai di niente ma le emozioni si leggono sul suo volto con una semplicità disarmante” “È un amico per lei, l'hai detto tu no? Le è stato vicino nei momenti difficili” “Forse hai ragione” ma non c'era convinzione nelle sue parole né certezza “Lo sai da quant'è che non bevo il tè? È diventata una piacevole compagnia ormai, ne bevo litri e litri interi” il rumore sordo degli zoccoli sul selciato costrinse Emile a rallentare le parole.
Videro la porta aprirsi dolcemente e poi quegli occhi di cielo colorati dal sorriso “Ciao, scusami, lo so che è tardi ma ho ...” si fermò di colpo sorpresa da quell'uomo sconosciuto seduto di fronte a lui “ … perdonami, non immaginavo avessi ospiti” “Non preoccupatevi, non è un problema per me condividere il mio amico” “Ci siamo già visti non è così?” domandò studiando il volto del giovane “Siete un soldato” “Avete indovinato” “Un soldato irriverente se ben ricordo” lo vide trasalire, irrigidirsi sulla sedia come se un colpo di frusta violento si fosse appena infranto sulla sua pelle.
Andrè sorrise alzandosi in piedi “Da dove vieni?” domandò divertito sfiorandole il volto “Sono stata ad incontrare una persona” “Una persona?” “Una persona speciale direi” “Una persona che conosco?” sorrise negando dolcemente “Christian mi ha trascinato ad incontrare sua madre” lo sguardo di Emile si fermò di colpo sul volto dell'amico, su quel tremito leggero delle mani abilmente nascosto da un sorriso falso e bugiardo.
Aveva di fronte un uomo innamorato, terribilmente innamorato ed una donna così bella da rubare attenzione al cielo stesso.
Era sorridente e serena, con un elegante abito scuro dai bottoni dorati, la fascia che le cingeva i fianchi color porpora e un turchese ad inchiodare lo sguardo appena sotto il collo.
Quei capelli meravigliosi sciolti sulle spalle, in netto contrasto con l'eleganza che emanava, in netto contrasto con l'immagine di un giovane conte che in realtà non le apparteneva.
Era più bella di come la ricordava o forse, era colpa dell'immagine sfocata di un sogno che ancora tornava a galla.
I suoi gesti erano eleganti, il suo portamento fiero e orgoglioso, non aveva paura di mostrarsi donna né di lasciarsi sfiorare dal tocco di quell'uomo.
Riusciva ad essere sé stessa ovunque, in una reggia o in una casa comune, era sempre lei, sempre perfetta e forse, l'immagine di quel colonnello era così vivida in lui perché la divisa esaltava ulteriormente la sua figura, la rendeva riconoscibile illuminando la purezza di lineamenti che mai si sarebbero potuti confondere con quelli di un uomo.
“In realtà non sapevo nemmeno che fosse qui. Mi ci ha trascinato questa mattina e ho praticamente smesso di respirare” “Davvero?” "Che c'è?" domandò confusa dallo sguardo di Andrè, sentì la sua mano sfiorarle la fronte scostando i capelli "Cos'hai combinato?" "Oh, è solo un piccolo incidente" "No, io che cado da cavallo è un piccolo incidente, questo è un livido gonfio e dolorante" "Non fa male" "No?" ribattè ironico spingendo dolcemente sulla pelle, la sentì tremare mentre indietreggiava di un passo sottraendosi al suo tocco "Non fa male vero?" "Se continui a giocarci si" "Come cavolo hai fatto a .." "Ho travolto un tavolino" "Un tavolino?" mormorò divertito Emile "A dire il vero il tavolino l'ho evitato ma dietro c'era Christian, non l'ho visto e ho ... beh ecco, diciamo che la sua fronte non è messa meglio della mia" Andrè sospirò distogliendo di colpo lo sguardo “Ti piacerebbe” "Chi?" mormorò sedendosi “La duchessa D'Amien, assomiglia in modo impressionante a tua nonna, solo più giovane e nobile” “Allora dovrebbe essere un bel peperino” “Ha due occhi verdi meravigliosi e i capelli biondi come il grano. I suoi movimenti sono aggrazziati ma conserva ancora quella vena di pazzia che suo figlio non disdegna per niente” “Senti chi parla di pazzia” “Io non sono pazza” “Perdonatemi contessa” esclamò divertito Emile “Ma correre al fronte, senza il permesso del proprio generale, disobbedire al proprio padre, camminare incurante tra il fuoco e le fiamme come lo definite?” “Io credo che non siate nella posizione ideale per giocare con me” “Attento Emile, diventa piuttosto intrattabile quando si arrabbia” “Davvero? Allora vi sfido colonnello” “Cosa?” “Venite fuori e giocate con me. Voglio proprio vedere se la vostra bravura è vera o solo frutto di fantasia” “Oscar, ehi andiamo, non devi per forza ...” lo sguardo si colorò di sfida, le labbra si piegarono in un sorriso e Andrè alzò gli occhi al cielo conscio del fatto che da quel duello amichevole, un'unico vincitore avrebbe riso divertito.




 

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Capitolo 52
*** Cinque lettere che Conosci ***


 Allora giovani cuori, la piccola svista del capitolo precedente è stata corretta, vi chiedo scusa ma è stata una settimana pesantina, grazie ancora a tutti per la vostra assidua lettura, spero che la mia storia e la sua evoluzione possa lasciarvi senza fiato come fa con me ogni volta.





 Cinque lettere che Conosci




“Perdonate il ritardo signore, sono stato ...” “Non importa, so già ogni cosa e sinceramente, meno sento parlare di questa storia e meglio è” Christian sorrise sedendo di fronte a lui “E così siete proprio sicuro di voler partire?” “Ne conoscete il motivo signore. Sono troppo vicino a vostra figlia per poterle voler bene come un fratello e posso conviverci, l'ho fatto fino ad ora ma c'è quest'altra cosa che ...” il generale sorrise annuendo leggermente “ … mi fate una promessa signore?” “Chiedete pure tutto quello che volete. Non potrò mai ripagarvi abbastanza per quello che avete fatto per mia figlia” “Promettetemi solo che la terrete al sicuro” “Non è una grande promessa da mantenere, a dire il vero, non serve nemmeno ...” “No signore” un debole sorriso colorò il volto del ragazzo “Vedete, per quanto io provi a portarla sulla strada giusta lei continua ad uscire dal tracciato e lo fa perché è fatta così. È la sua natura, so che voi la conoscete meglio di chiunque altro, anche se in passato avete fatto scelte sbagliate comprendete ogni suo sguardo senza bisogno di parole. Guardatela negli occhi signore, guardatela come un padre e vi leggerete quello che è giusto per lei” “So già cos'è giusto per mia figlia” “Solo che non lo accettate” luomo sorrise annuendo “Non lo accetto è vero, ma credo sia compito di ogni padre, mio in particolare perché ho un futuro a cui pensare, una famiglia importante e Oscar ne è l'unico erede” “Fatemi solo questa promessa, promettetemi che la terrete al sicuro” “Avete la mia parola duca” Christian sospirò passandosi una mano in volto.
Era stanco, stanco di mentirle, di mascherare verità e bugie cambiandole, rendendole in qualche modo più leggere “E signore, forse dovreste raccontarle della vostra piccola ...” “Questo è fuori discussione!” lo sguardo del generale tornò freddo e lontano, diverso da quello del padre amorevole che fino ad ora l'aveva ascoltato “Sta tornando quella di sempre, non può esserci niente in grado di ferirla o confonderla” “Non durerà ancora molto signore, prima o poi lo scoprirà, cosa accadrà allora?” “Si arrabbierà con me, urlerà, mi lancerà cose e non parlerà con me per mesi ma alla fine tornerà ad essere tutto normale. Quello che ora mi preoccupa è la vostra partenza. Farò in modo di seguirvi anche da lontano duca” “Vi ringrazio” “Non ditelo nemmeno, vi ho già ripetuto molte volte che vedervi accanto a mia figlia è il mio sogno più grande ma Oscar fa scelte diverse dalle mie ogni giorno. Ho promesso di lasciarla libera di scegliere e così sarà ma conservo tuttavia una speranza. Siete un mio protetto duca, non permetterò che vi accada nulla” gli sguardi si fusero assieme e in quella promessa silenziosa poteva leggervi ogni dannato sentimento.



Non si sarebbe mai aspettato niente del genere insomma, in quale mondo un duca elegante e raffinato si sarebbe seduto su un muretto di pietra con la camicia slacciata e una mela in mano? Lasciò l'accetta sul ceppo cercando di sistemare al meglio la propria immagine ma più ci provava e più sembrava disordinato “Non preoccupatevi" esclamò divertito il giovane  "Come vedete, la mia non è una visita troppo importante” “Sono piuttosto stupito in effetti” “Volevo solo scambiare due parole con voi. Dopo tutto, abbiamo qualcosa in comune” “Già” sussurrò Andrè sollevando il mestolo d'acqua dal catino “Non la vedevo così serena da tempo. Voi la rendete felice, la cambiate ogni giorno Andrè. È una cosa bella sapete? Lei non se ne accorge, non si accorge mai di nulla” “Avete ragione” Christian annuì mordendo la mela “Perdonatemi duca, temo di aver scordato le buone maniere. Non penso di essere più in grado di parlare con persone del vostro rango” “Oh non importa, come vedete, abbiamo abolito da un po' i grandi discorsi” “Perché siete qui?” ripeté confuso asciugandosi il volto con un telo di cotone profumato “Perché domani partirò per Parigi. Ho un paio di cose da sbrigare laggiù e voglio avere la certezza che la terrete al sicuro” “Credete davvero di potermi chiedere una cosa del genere?” “In reatlà no” ribatté sorridendo “So che la terrete al sicuro” “E allora cosa ...” “Tra una settimana porterò la guardia reale inglese al fronte. Ci sono ancora focolai attivi e il generale Bouilé ha chiesto rinforzi. Il mio sovrano ha accettato di mettere a disposizione di sua maestà il proprio reggimento. Non posso lasciare che mio padre rischi la vita al comando dei nostri uomini, ne prenderò il posto e porterò i nostri soldati laggiù” “Mi dispiace signore” “Non fatelo, dopo tutto, è un onore poter servire il nostro paese non è così? Anche se tecnicamente il mio paese non è questo ma fa tuttavia parte del mio sangue” l'altro sorrise sedendosi a qualche metro da lui “Vi chiedo solo una cosa Andrè. Impeditele di fare sciocchezze. Oscar non sa nulla di questa cosa” “Perché?” Christian sospirò seguendo con lo sguardo il volo di una farfalla “Non voglio che questa cosa la turbi. È felice, siete tornato da lei ed è felice, voglio solo vederla così il più a lungo possibile” “Se le mentite e ve ne andate come potete ...” “Andrè” “No signore. Perdonatemi ma non vi permetto di farle del male. Ho passato mesi interi a soffrire per lei, la amo così tanto da rinunciare alla vita se mi venisse chiesto. Non voglio vederla piangere e se vi accadesse qualcosa, qualsiasi cosa, lei sarebbe … conosco Oscar, la conosco così bene ormai da anticiparne ogni pensiero perciò vi prego, parlate con lei!” “Non posso farlo” in quello sguardo, in quegli occhi verdi come lo smeraldo c'erano tutte le risposte fino ad ora cercate.
Parole silenziose che gli mostravano ancora una volta la potenza di cinque maledette lettere “So che riuscite a comprendere Andrè, non dev'essere molto difficile. L'ho nascosto fino ad ora e solo per il suo bene, per vederla sorridere. Voi non immaginate nemmeno che fatica ho fatto per immedesimarmi nel ruolo di amico” abbassò lo sguardo qualche secondo mentre quelle parole uscivano dalle labbra senza più incontrare alcun ostacolo “Ogni volta che la stringevo tra le braccia, ogni volta che asciugavo le sue lacrime, ogni volta che le insegnavo un passo nuovo modellando il suo corpo sul mio, ogni maledetta volta che i suoi occhi mi guardavano sentivo quelle due stupide parole pulsare violente nel petto. Mi sono sposato, l'ho fatto prima che fosse troppo tardi Andrè ma non ha funzionato. Quelle parole sono sempre lì e so che sono sbagliate, quei sorrisi, quegli sguardi sognanti che le sfiorano il volto non sono per me. È per voi quel cuore che batte” “Duca io non so perché siete qui a raccontarmi queste cose, non sono a mio agio e lo sapete. Sinceramente, sentirvi parlare di Oscar così, adesso, beh, non è una cosa che posso accettare” “Sapete perché lo faccio?” gli occhi del giovane si inchiodarono ai suoi togliendogli il respiro.
Non era uguale agli altri nobili, diverso nell'aspetto e nelle movenze, forse reso più bello dal tocco inglese ma in ogni caso, con lui era semplice parlare, tirare fuori i pensieri e forse era per quello che Oscar vi era così affezionata “Vi parlo di queste cose adesso perché è l'unico momento che Oscar mi concederà solo con voi. Siete l'amore della sua vita, credetemi quando vi dico queste cose” “Non ho bisogno che siate voi a ...” “Si invece, perché vedo lo sguardo che vi colora il volto ogni volta che parla con me. Non dovrebbe essere la gelosia a prendere il sopravvento ma la gioia. C'è una donna bellissima, più bella della regina stessa, una donna che non vede cosa le accade attorno perché ama così tanto la vita da dimenticare perfino di respirare per viverla e questa donna è innamorata di voi” gli sorrise giocherellando con la mela “Io le sono stato accanto per mesi, l'ho abbracciata, le ho regalato la mia forza e ho preso da lei molto più di quello che meritavo. Il suo sorriso è diventato la mia vita, il suo abbraccio una culla per i pensieri. Lei mi costringe a rallentare, a riflettere sulle cose e ho pregato, quando vi ho lasciato al fronte per tornare da lei ho pregato, ho pianto chiedendo al cielo di poterla rivedere” si voltò verso Andrè sorridendo “Non credo di aver mai conosciuto qualcuno con la stessa forza della mia stella marina. Se le parlassi di partenze, guerriglie e pericolo vedrei quegli occhi stupendi rabbuiarsi e non voglio” “Accadrà comunque duca. Non sono abituato a supplicare, non l'ho mai fatto ma ...” si fermò qualche secondo inchiodando gli occhi ai suoi “ … vi prego, vi prego dal profondo del cuore, parlate con lei. Fatelo altrimenti non riuscirò a … non voglio vederla piangere, ho promesso a me stesso, a Dio, che l'avrei tenuta al sicuro, che l'avrei protetta contro ogni cosa” “So che manterrete quella promessa, siete un'uomo nobile Andrè” “Ma se ora voi partite, se ve ne andate senza averle detto addio impazzirà. Credetemi signore, so cosa si prova, la paura, la rabbia per non aver parlato un'ultima volta con la persona ...” si fermò di colpo, sentì la mano del duca stretta attorno alla sua spalla poi quelle parole nate dal nulla “Siete la metà esatta uno dell'altra. Le persone vanno e vengono continuamente, non è scritto da nessuna parte che morirò né che sparirò in Inghilterra senza dirle una sola parola. Tornerò in Francia, lo farò ma promettetemi una cosa” sorrise cercando gli occhi del giovane “Promettetemi che non vi arrenderete così. Che lotterete per lei anche contro quel padre dalla volontà ferrea che si ostina a trattarla come una bambina. Non è cattivo, ha solo bisogno di comprendere la differenza tra suo figlio e sua figlia, ci arriverà, con il tempo lo farà ma non dovete arrendevi Andrè perché per amore di sua figlia, sono sicuro che accetterà ogni cosa” “Credete non lo sappia?” “Al contrario, volevo solo essere sicuro di ciò” la presa si allentò di colpo, la mano scivolò via da lui “Non permettetele di scappare ovunque, il medico oggi le ha imposto di rallentare un po'. Sta bene ma è testarda” si alzò in piedi gettando il torsolo della mela nell'erba fresca oltre il muro “Ricordatele di mangiare e niente cavalcate sotto i temporali. Non avete alcun motivo per temere la mia presenza, non ho alcuna intenzione di portarvela via né di cambiarla. Fa già tutto da sola, se mi ci metto anche io diventerà qualcosa di terribilmente difficile da sopportare” rise divertito da quell'immagine ma la voce di Andrè lo riportò di nuovo alla realtà “Duca vi prego di ritornare sulla vostra scelta di non ...” “Non scherzavo prima” “Cosa?” Christian sorrise avvicinandosi al cavallo “Siete nobile d'animo Andrè, le differenze di rango non dovrebbero interessarvi più di tanto. L'amore cancella qualsiasi differenza, non date retta a nessuno e vivete questo sentimento” salì a cavallo stringendo le redini dell'animale “A presto” si allontanò da lui senza dargli la possibilità di rispondere, senza più alcuna certezza.

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Capitolo 53
*** Mare ***



                                    Mare





“Tornerai presto?” “Certo” socchiuse gli occhi studiando il volto del giovane “Perché mi prendi in giro? Credi che possa aiutarmi a non ...” “La smetti? Non c'è niente di strano Oscar, parto per Parigi e starò via qualche giorno appena” le sorrise divertito da quell'espressione a metà tra la curiosità e il pudore “L'ultima cosa che vorrei è restare separato da te per troppo tempo, se non ci sono io a frenare il tuo bel caratterino chi ci pensa?” “Non sei divertente” la tirò in avanti stringendola tra le braccia “Ti voglio bene, lo sai vero?” chiuse gli occhi perdendosi nel suo abbraccio, in quelle carezze leggere sulla schiena che lo costringevano a respirare di nuovo “Mi prometti che non lo dimenticherai mai?” “Tu stai ...” “Mi sto solo assicurando che tu stia bene” mormorò stringendola più forte tra le braccia “Sei pallida lo sai?” “Sto bene” “Oh io lo so. Il medico anche ma tuo padre fatica a capirlo. Come mai dormi così tanto? Perché c'è quello sguardo sognante nei tuoi occhi? Perché mangi così tanta frutta ed eviti il suo sguardo? Sono tutte domande che non trovano risposta e che lo stanno uccidendo” “Sono domande sciocche” rise divertito staccandola dolcemente da sé, gli occhi persi nei suoi mentre seguiva con un dito i lineamenti del suo volto “Sono domande che devono trovare una risposta contessa altrimenti lui impazzirà e tu scapperai” “Non è un'errore vero?” socchiuse gli occhi aspettando il resto di quella frase a metà “Insomma non … credi che sia ...” “Credo che sia giusto così. Ogni scelta del cuore è quella giusta. Di cos'hai paura Oscar?” “Non lo so” sussurrò sfinita abbassando lo sguardo “Nessuno nasce con la capacità di comprendere le cose. Ci vuole tempo per imparare la vita, ci vuole tempo per imparare l'amore. Tu stai imparando, datti il tempo necessario” la giovane sospirò tornando a concentrarsi su di lui “Lo so che la cosa ti disturba, sei abituata a correre, sempre, correre in avanti e oltrepassare i limiti. È quello che ti hanno insegnato ma questo si chiama amore e ha bisogno di tempo per crescere” “Ti sembro una bambina?” “Credimi ...” la prese per mano sorridendo “ … sei ben lontana dall'idea di bambina” “Mi scriverai vero?” “Certo che lo farò” “E hai con te ...” “La tua catenina, non preoccuparti, so cosa fare, tu pensa solo a creare risposte per tuo padre, sorridi, accetta tutto quello che la vita ti mette davanti. Ricorda che sei la figlia di un generale, che sei forte e di nobili ideali. Ricorda che dentro di te brucia il fuoco della passione, lo stesso fuoco che anima il tuo sguardo d'acqua ma soprattutto ...” si portò la mano della ragazza alle labbra sospirando “ … ricordati che sei una donna, una bellissima donna che sa amare, che ha un cuore meraviglioso e che renderà felice un uomo comune” “Sembra una lettera d'addio lo sai vero?” “Smettila di scherzare, sto provando ad essere serio” “Anche io” sussurrò studiando il suo volto “Ora basta, niente più saluti strappa lacrime. Devo preparare le ultime cose” Oscar sorrise sfilando la mano dalla sua “Tua madre verrà con te?” “No, no lei ha altro da fare” ribattè ironico sistemando i libri nel baule “Deve irritare suo figlio” “Ma dai” “A quanto pare è un gioco divertente, ci si perde in ore e ore di allegria o almeno così dicono. Io però non sono molto convinto di tutto ciò” rise divertita sfiorando con le dita la copertina di un libro sul tavolino lì accanto “Vorrebbe solo passare più tempo con te” “Vorrebbe cambiare tutto quello che ho fatto fino ad ora Oscar. Cambierebbe mia moglie, la mia casa, il mio modo di vestire” “Hai sempre detto che tua madre ti ha salvato dal futuro che rivedi in me, come puoi ...” “Perché quella non è una semplice madre Oscar” esclamò voltandosi verso di lei “Quello è un soldato ben addestrato a capire quando e come nasce una bugia” scoppiò a ridere nascondendosi dietro alle mani mentre Christian alzava gli occhi al cielo “Pensi che sia stato semplice? Non potevo nasconderle niente! E ora si è convinta di dover ...” “Lei sa il nome di quella donna misteriosa che ti ha rubato il cuore” rimase immobile mentre quelle parole gli perforarono il petto “Dev'essere per forza così, altrimenti per quale motivo saresti stato tre giorni lontano da lei?” “Per caso vi insegnano a leggere i pensieri all'accademia?” “Mio padre” “Cosa?” balbettò confuso “Questo è l'effetto degli insegnamenti di mio padre. Mi ha sempre insegnato a razionalizzare, ad osservare le cose da più punti di vista unendo poi ogni stralcio di informazione. Tua madre non è l'unica ad avere capacità strabilianti” “Fai paura quanto lei lo sai vero?” ma lei ridacchiò alzando dolcemente le spalle “Via, torna di sotto e mangia qualcosa, inizi di nuovo ad essere pallida” “Sciocco” “Imbrogliona” quel tenero insulto era tanto dolce da farla sorridere “D'accordo, ora me ne vado” “Ci vediamo tra qualche minuto” annuì appena allontanandosi da lui ma c'era qualcosa di importante che ancora non era riuscita a regalargli.
Si fermò accanto alla porta sorridendo “Christian?” il giovane si voltò verso di lei cercando nei suoi occhi una risposta “Ti voglio bene anche io” “Lo so” “Non sto scherzando” “Nemmeno io” un altro sorriso, l'ennesimo tanto bello che gli regalava e che avrebbe chiuso a chiave nel cuore per tutta la vita.


Profumo di mare, profumo immenso e profondo che regalava ai sensi pace e serenità.
Aveva sempre amato il mare, fin da bambina, nel mare c'era tranquillità e forza, passione e dolcezza.
In quel mare aveva imparato a nuotare, in quel mare aveva imparato il nome della natura e a quel mare ora, cercava protezione.
Si strinse nelle spalle chiudendo gli occhi, il vento fresco le sfiorò il volto insinuandosi tra i capelli, nelle pieghe della stoffa.
Le accarezzava le spalle giocando con quel brivido leggero che la costringeva a sorridere.
Il cielo dipinto di rosa e arancio salutava una notte piena di stelle, una notte che mai come ora le era sembrata buia e spaventosa.
Per mesi era rimasta al sicuro in quel piccolo paradiso, lontana da Parigi, lontana dalla corte, dai pettegolezzi e dai pericoli.
Mesi interi sola con suo padre, con una vita che forse aveva sempre desiderato.
La malattia l'aveva piegata, l'amore l'aveva costretta a respirare di nuovo ma quella mano tesa verso di lei apparteneva a qualcuno che mai prima d'ora aveva tanto voluto accanto.
Christian era stato il suo angelo custode, l'aveva costretta ad alzarsi da terra, a vivere, a rallentare i battiti impulsivi di un cuore che troppe volte prendeva decisioni sconsiderate.
Lui era diventato importante, la sua coscienza, la sua razionalità in grado di parlare, di esprimere pensieri e parole che erano rimasti dentro di lei per anni interi.
Ora, dopo giorni di silenzio quell'assenza pesante lacerava l'anima.
Per tutta la vita Andrè era stato il suo migliore amico, il suo amore e suo fratello, troppe cose per una sola persona, troppe volte si era arrabbiata con lui per sciocchezze. Aveva bisogno di separare queste tre persone, di condividere con ognuna di loro un sentimento diverso altrimenti sarebbe impazzita.
Christian era suo fratello, la persona dalla quale andava per confidarsi, per cercare un attimo di silenzio perché lui comprendeva il suo silenzio, lo viveva assieme a lei, con lei senza mai cercare di decifrarne i pensieri.
Era di quello che aveva bisogno, di un attimo passato in silenzio a guardare due occhi verdi che tiravano fuori da lei un passato comune che li aveva trascinati fino a lì, solo un attimo con quel silenzio, solo un attimo prima di tornare ad amare, solo un attimo prima di rifugiarsi al sicuro tra le braccia di Andrè.
Aprì gli occhi lentamente, terrorizzata dal poter scoprire che quel mare in realtà era solo sogno ma il rumore delle onde era una piacevole certezza.
Si strinse nelle spalle sorridendo, due braccia forti si chiusero dolcemente attorno ai suoi fianchi tirandola leggermente indietro fino ad incontrare quel corpo che ormai conosceva a memoria.
Intrecciò le dita alle sue fermandosi sul ventre, sentiva il respiro del giovane, il suo profumo, il calore di quel corpo che tanto amava “Mi sei mancata” “Anche tu” le labbra si posarono sulla pelle delicata del collo costringendola a sorridere “Non è troppo tardi per restare sulla spiaggia?” “Avevo una cosa importante da dire al mare “E lui ti ascolta?” scosse leggermente la testa sospirando “Oscar ...” la girò dolcemente verso di sé, gli occhi si sollevarono incontrando i suoi, togliendogli il respiro come ogni dannata volta che l'aveva troppo vicina “ … non hai bisogno del mare per chiedere una preghiera” le sfiorò il volto giocando con i suoi capelli “So per chi è quella preghiera” “Andrè io non ...” “Non hai bisogno di spiegarmi niente. Ci sono cose che appartengono soltanto a noi, non si condividono con gli altri altrimenti perderebbero la loro magia” “Non sei arrabbiato?” “Perché dovrei esserlo?” le sorrise baciandola leggermente “Sono qui, su una spiaggia meravigliosa e ti stringo tra le braccia, il tramonto colora i nostri sguardi e ti rende più bella di quanto tu non sia già. So che sei preoccupata, so che sono giorni che non parli con lui e non mi infastidisce che cerchi nel mare il suo sguardo. È una persona importante per te” “Lo sei anche tu” sussurrò nascondendosi nel suo abbraccio “Sei la persona più importante la mondo per me Andrè” sorrise perdendosi qualche secondo con lo sguardo sull'orizzonte argenteo dell'acqua “Mi mentiresti mai?” “Cosa?” si staccò da lui mordendosi le labbra, come una bambina consapevole di aver appena chiesto una cosa terribile e che tentava in ogni modo di mascherare la paura  “Mi mentiresti mai Andrè?” “Riguardo a cosa?” “A tutto” già, davvero una bella domanda, mentiva ogni volta che la guardava negli occhi, ogni volta che la stringeva tra le braccia perché ora sarebbe dovuto essere diverso “Vedi, conosco mio padre, sono settimane che prova a nascondermi le cose e sa che prima o poi ne verrò a capo, sa che accadrà e continua a raccontarmi sciocche bugie per tenermi al sicuro ma non funziona” socchiuse gli occhi studiando il volto delicato della giovane “Non sono le menzogne che mi tengono al sicuro, non è una bugia a farmi sorridere né il muro di ghiaccio che mi viene costruito attorno per impedirmi di piangere” lo prese per mano sospirando “Sono abbastanza forte per tutti Andrè, lo sono sempre stata. Mio padre mi ha addestrata per questo, per sopportare il dolore, per imparare dagli errori diventando più grande ogni volta. Non voglio le bugie nel mio mondo, non voglio dover continuamente sviscerare la verità dagli sguardi di chi mi è accanto. Sono sfinita da questo sciocco modo di pensare, non posso più farlo” “Credi davvero che sia quello che voglio io?” “È … è solo ...” la mano scivolò via dalla sua, il respiro accelerò leggermente mentre cercava di dar vita ai pensieri “ … è solo che da qualche giorno ho questa strana sensazione che non mi lascia dormire la notte. Io sto bene, tu stai bene e ti amo, ti amo così tanto Andrè ...” ma l'espressione confusa sul volto del ragazzo la costrinse a continuare “ … lotto con mio padre ogni giorno per questo amore e sono orgogliosa di farlo. Stiamo bene, io e te stiamo bene ma c'è quest'altra cosa che mi massacra l'anima” “Oscar ...” “Lo sogno di notte, lo vedo parlare ma non capisco cosa mi dice e poi è … è sorridente mentre cavalca e mi guarda e ...” “Oscar!” la strinse per le spalle costringendola a sollevare lo sguardo “Tu non mi mentiresit mai non è così?” ma lui non rispose, si limitò a sospirare seguendo con le dita il contorno delle sue labbra “Io devo … devo tornare ora” “Oscar, ti prego aspetta” la mano scivolò via dalla sua, la vide indietreggiare di un passo, aveva le braccia strette attorno al ventre come uno scudo, come se volesse proteggersi dal mondo intero.
Un sorriso leggero le sfiorò le labbra prima di quella corsa violenta che la trascinava lontano da lui, lui che non era in grado di risponderle perché farlo, avrebbe voluto dire mentirle per l'ennesima volta ed era stanco, le avrebbe parlato, le avrebbe raccontato ogni cosa quella notte stessa ma ora, aveva solo bisogno di restare lì, davanti al mare. 

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Capitolo 54
*** Stralci di Luce ***


                     Stralci di Luce




L'aria fresca della sera pizzicava dolcemente regalando brividi leggeri.
L'estate sembrava voler a tutti i costi addormentarsi tra le braccia dell'autunno, ma quest'ultimo tardava a sorgere, giocava con gli stralci di sole che illuminavano il mondo ma a lei cosa importava? Stretta tra le sue braccia non sentiva freddo, non c'erano incubi né paure, solo un uomo addormentato accanto a lei che la stringeva a sé, la fronte posata sulla sua, il respiro lento e regolare, nascosti dalle coperte i loro corpi respiravano assieme imparando a vivere, imparando che separati uno dall'altra non facevano altro che morire lentamente.
Sollevò una mano accarezzandogli il volto, le dita scorrevano leggere tra quei capelli di notte, la sua pelle profumava di buono, profumava di lei e del loro amore.
Lo vide sorridere appena, le braccia si strinsero più forte attorno a lei tirandola in avanti, come se d'improvviso potesse entrare in lui, fondersi con il suo cuore e diventare un'unica persona.
Gli sfiorò le labbra con le dita seguendone i contorni, la mano scese dolcemente sul collo, sul petto mentre gli occhi si aprivano lentamente, un sorriso lieve le sfiorò le labbra, sentiva le sue mani sulla schiena, strette con forza attorno ai fianchi, il ventre unito al suo e quel respiro lento che d'improvviso era diventato il suo.
“Sei sempre stata così bella?” socchiuse gli occhi studiando per qualche secondo il suo volto “Sì, si devi esserlo sempre stata perché un fiore così perfetto non nasce da un giorno all'altro” posò le labbra sulle sue costringendola a sorridere.
Lo ripeteva sempre, ogni volta che aprivano gli occhi quelle parole erano lì per lei.
Era perfetta, per lui lo era sempre stata e ora, così tenera e indifesa, così persa nel suo sguardo riusciva appena a respirare.
La sua pelle sapeva di dolcezza, scorreva sotto le dita come seta preziosa e lo sapeva, conosceva bene l'effetto che aveva su di lui.
Quante volte si divertiva a farlo impazzire? Quanti baci spezzati a metà solo per poterlo guardare negli occhi, solo per potergli togliere il respiro, quante volte aveva smesso di respirare? Una, due, tre, non le contava più ormai perché ogni volta che l'aveva tra le braccia il tempo si fermava, restavano solo loro due persi nel silenzio, in sguardi che non avevano bisogno di parole, in gesti delicati, in quell'amore violento che univa i loro corpi.
Chiuse gli occhi posando di nuovo la fronte contro la sua, la mano salì lungo la schiena della ragazza fino a quando non incontrò l'oro dei suoi capelli, Dio quanto l'amava, era schiavo, era re, era chiunque in grado di soffrire e amare.
Quella donna era sua, amava lui e nessun'altro, era un quadro prezioso decorato da oro e cielo, con l'incarnato di luna e lineamenti tanto belli da far impallidire ogni altra donna “Sei la cosa più importante della mia vita Oscar” riaprì gli occhi e la vide sollevare dolcemente lo sguardo, sulle labbra un sorriso delicato, pieno di dolcezza “Sei la mia perfezione e non posso perderti” “Non mi perderai, non vado da nessuna parte, resto qui con te” “Forse non te lo ripeto mai abbastanza amore mio, forse dovrei passare ogni minuto di ogni giorno a dirti quanto ti amo” le sfiorò il volto seguendone i lineamenti “E che immagino il nostro futuro, i nostri figli, così uguali e te, così perfetti” sorrise restando incantato dalla luce che i suoi occhi creavano dal nulla, complici della sera in quella stanza finemente decorata ricreavano l'azzurro del cielo, un cielo immenso dove riusciva sempre a perdersi “E so che quel futuro è lontano e difficile ma ti prometto che lo avremo, che combatterò per noi, per quei bambini che un giorno correranno felici nei campi di grano” “Me lo giuri?” gli sguardi si fusero assieme costringendo il respiro in fondo al cuore “Mi giuri che non mi lascerai mai? Perché io resterò accanto a te, sceglierò te e so che sarà difficile, devo convivere con la rabbia di mio padre, con le sue parole, con qualsiasi altra cosa mi nasconda e ...” si fermò qualche secondo, un tenero sospiro le uscì dalle labbra mentre le mani si intrecciavano assieme posandosi sul suo seno “ … e so di non essere perfetta. Ho un padre contro cui lottare, un titolo di cui non mi importa più nulla ormai e Christian che non ...” la sentì tremare leggermente nascondendosi ancora di più tra le sue braccia “I viaggi spesso cambiano le persone amore mio” sussurrò sollevandole dolcemente il viso “Io ci ho messo mesi interi per tornare a casa. Lui ha solo … Scriverà presto vedrai e allora tutto avrà senso e tutto tornerà a posto” ma che fatica terribile nascondere ancora una volta la realtà.
Leggeva nel suo sguardo solo confusione, una richiesta d'aiuto perché da sola non comprendeva il perché di quel silenzio e lui, invece che raccontarle la verità, le mentiva, la rassicurava inventando sciocche bugie e sapeva che prima o poi, il tempo delle menzogne sarebbe finito perché era così brava a leggergli dentro.
Non era il terrore di perderla per lui, non lo era più da giorni ormai, quello che lo spaventava a morte erano le lacrime, la possibilità di vederla soffrire per qualcosa che ancora una volta non aveva scelto lei.
Quell'uomo era importante, era diventato importante, era suo fratello, il suo confidente, la persona che le aveva impedito di odiarlo, di cancellarlo da ogni ricordo.
Senza quel nobile duca Oscar l'avrebbe fatto, si sarebbe chiusa in quel silenzio di gelo cancellando ogni cosa di loro fino a quando la sua assenza fosse diventata solo semplice normalità.
Non era accaduto e doveva a quell'uomo la tenerezza di ogni momento passato con lei.
Fece un bel respiro cercando le parole giuste ma non esistevano parole giuste e forse, nemmeno le voleva davvero perché in quell'azzurro cristallino già leggeva la stessa verità.
Aspettava, aspettava paziente che quelle parole gli uscissero dalle labbra, aspettava uno sciocco tentativo di aprire il cuore ma niente di quello che faceva o diceva poteva indurlo a parlare.
L'avrebbe vista piangere, soffrire ed arrabbiarsi, si sarebbe arrabbiata con lui, con il mondo intero e sarebbe scappata impedendo a chiunque di seguirla.
Fece un bel respiro continuando ad accarezzarle il volto “Andrà tutto bene amore mio” la strinse più forte tra le braccia, sentì il suo volto posarsi dolcemente sul torace, il suo respiro caldo e le braccia strette con forza attorno a lui, non poteva vederla negli occhi, non voleva vederla perché altrimenti, si sarebbe accorto di quel respiro spezzato, di quelle labbra schiuse che non trovavano pace massacrate dai denti e di quello sguardo malinconico che ormai si perdeva nel vuoto.


“Perché non mangi?” “Perdonatemi padre” posò la forchetta sul tavolo sospirando “Non mi sento molto bene” lo sguardo sul volto dell'uomo cambiò d'improvviso “Credo di soffrire il cambio di stagione. È qualche giorno che mi gira la testa” “Capita anche a me. Sarà il tempo” “O tutto quello che mi tenete nascosto” “Procedi con calma bambina, se mi sfidi di colpo e non sei pronta alle conseguenze è meglio non giocare” “Lo ripetevate continuamente quando ero piccola” “Evidentemente non è servito” sorrise studiando per qualche secondo il volto del padre “Ricordate com'ero?” “Che domanda è?” “Solo pura curiosità. Ricordate com'ero da piccola?” il generale sorrise portandosi il tovagliolo alle labbra.
Quei pochi gesti lenti erano in qualche modo rassicuranti perché appartenevano solo a lui, ai pranzi e le cene passate con lui “Ricordo che sei stata il più bel regalo di Natale che io abbia mai ricevuto. Quando la pazzia ti ha imposto un nome maschile immaginavo il mio futuro, lo splendore che avresti portato alla nostra famiglia. Ti ho preso in braccio ...” si fermò qualche secondo giocando con l'aria, immaginando di nuovo quei momenti stupendi “ … mi sono accorto che eri molto di più Oscar. Nessuna delle tue sorelle custodisce quella perfezione dei lineamenti che ti accarezza il viso. Eri così piccola, avevo paura di romperti o di farti cadere. Ricordo che piangevi con forza, come se nessun'altro bambino al mondo potesse urlare più forte di te. Le manine chiuse a pugno, le labbra arricciate” la giovane sorrise appoggiandosi allo schienale della sedia “Ti ho sollevato dalla culla giocando con le tue dita. L'avevo fatto con le tue sorelle e tu non eri diversa ma mentre con loro funzionava, con te no. Hai continuato a piangere incurante della mia carezza, della mia voce, di ogni cosa. Piangevi come se il tuo giovane cuore avesse capito l'errore enorme che avevo commesso. Da quel Natale, ogni notte che tornavo a casa dalla Reggia mi fermavo in camera tua, sedevo sulla poltrona accanto al tuo letto e restavo per ore a studiare il tuo volto” le sorrise continuando a parlare “Girata su un fianco con il volto posato sul cuscino e i capelli in disordine, respiravi lentamente, sognavi e forse giocavi con le stelle bambina mia. Ricordo che molte volte sorridevo divertito perché ti vedevo, vedevo quel sogno nel movimento leggero delle labbra, in quelle manine così piccole che si stringevano con forza attorno alla coperta” fece un bel respiro tornando a concentrarsi sugli occhi della figlia “Pensavo che la mia assenza durante il giorno potesse in qualche modo cancellarsi se avessi passato del tempo con te” “Me lo ricordo sapete?” l'uomo sollevò lo sguardo stupito da quella rivelazione “Ogni volta che tornavate a casa facevo le stesse cose. Restavo sveglia fino a quando la vostra carrozza varcava i cancelli, allora correvo a nascondermi tra le coperte e restavo immobile” rise divertita da quel ricordo innocente “Riconoscevo i vostri passi nel corridoio poi il rumore della porta, il vostro profumo. Ricordo che pregavo il cielo affinché mi aiutasse a fingere un riposo che non esisteva perché in realtà, avrei voluto abbracciarvi e raccontarvi tutto quello che avevo fatto, i miei esercizi, i complimenti del maestro d'armi” “Perché non l'hai mai fatto?” “E voi perché non mi avete mai svegliato?” restarono qualche secondo a studiarsi, a comprendersi nonostante la distanza, nonostante i lunghi silenzi di quegli anni.
“Non vuoi proprio dirmi cosa ti preoccupa?” “Solo se voi mi dite cosa vi affannate a nascondere” il generale sospirò alzandosi dalla sedia “Non mi piacciono i ricatti” “Non lo è padre, sono solo domande, domande che meritano una risposta” “Non necessariamente, io la mia risposta ce l'ho già” esclamò ridendo “So cosa ti preoccupa e non ne hai motivo. Il duca tornerarà presto vedrai” “Lo credete sul serio?” annuì dolcemente “Perché sono giorni ormai che non scrive e so che sembro una sciocca ...” si alzò in piedi sospirando “ … ma ho questa strana sensazione che non mi lascia mai” lo sguardo del padre divenne improvvisamente più profondo, si avvicinò a lei sfiorandole il volto “Ti senti bene?” “Perché?” sentì la presa dell'uomo rafforzarsi attorno alla sua spalla mentre si voltava chiamando i servi a gran voce “Signore cosa ...” “Correte a chiamare il medico!” la giovane scappò via mentre la governante entrava trafelata nella stanza “Che succede?” “Oscar?” “Padre io non … sto ...” le parole morirono in gola mentre sentiva crescere quel vuoto immenso che assopiva i pensieri.
Si aggrappò alle braccia del padre ma girava ogni cosa attorno a lei e restare in piedi era così faticoso “Prepara la sua stanza e assicurati che il medico corra qui! Subito!” la donnina annuì tremante voltandosi verso la servitù “Va tutto bene” strinse più forte le braccia attorno alla figlia sollevandola da terra “Padre io non ...” “Basta così Oscar” sorrise abbandonando il viso contro il petto del padre, abbandonandosi al suo profumo.

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Capitolo 55
*** Non posso Perderla ***


              Non posso Perderla




“Nonna?” un bel sorriso nacque sulle labbra mentre stringeva con forza la vecchina “Che ci fai qui? Ti avevo detto che ci saremo visti in paese questo pomeriggio, non l'avevo fatto forse?” “Si, si è vero ma è … beh ecco, c'è un motivo se sono qui” “Stai bene? Non ti è successo niente non è così?” domandò preoccupato sollevandole il volto, aveva una strana espressione sul viso, uno sguardo che poche volte aveva visto nei suoi occhi e che riservava solo alla confusione che qualche volta invadeva la vita “Vuoi dirmi cosa ti è successo?” “Oscar” “Si? Beh, lei sconvolge molte vite. Guarda me” esclamò divertito “Vivo il più lontano possibile dalla sua casa e ci sto bene, ma al tempo stesso vorrei passare più tempo possibile in quella stanza e ...” “Non è colpa di Oscar” “Lo so, lo so bene nonna credimi. Non è colpa di nessuno, è solo il ...” “Andrè!” per qualche secondo riconobbe in lei la stessa donna che lo aveva cresciuto “Non sono qui perché Oscar ha combinato qualcosa” “E allora perché?” ma lo sguardo della donna lo fece trasalire “Cosa stai … le è accaduto qualcosa?” strinse la nonna per le spalle costringendosi a respirare “Sta bene? Nonna ti prego, se è ...” “È svenuta” sentì la presa del nipote diventare sempre più debole, le mani caddero nel vuoto e lo sguardo si spense di colpo “Stava facendo colazione con suo padre e quando si è alzata in piedi ha perso l'equilibrio. Se il signore non l'avesse presa tra le braccia sarebbe caduta per terra” “Il medico cosa … lui cosa dice?” “Niente, per ora ancora niente. È appena arrivato” “Devo vederla” “Sei impazzito?” “Devo vederla!” sentiva il cuore battere all'impazzata nel petto, il respiro accelerare di colpo mentre cercava con tutte le forze di non travolgere sua nonna “Non puoi Andrè, lo sai cosa accadrebbe. C'è suo padre con lei e il dottore” “Non mi fa stare meglio! Non … perché?” una lacrima scivolò via dagli occhi costringendo la donna a sorridere.
Sfiorò il volto del nipote cancellando quella leggerissima scia di perla “Starà bene vedrai” “Perché sei venuta qui? Se non posso vederla, se non posso stringerla tra le braccia perché me l'hai detto!” “Perché trovo questa distanza sciocca Andrè. Vedo l'amore che vi unisce, lo vedo negli occhi di Oscar, in quel sorriso che prima non c'era” “Devo vederla nonna” fece un bel respiro ricacciando indietro la voglia folle di piangere “Devo vederla perché se lei … se è di nuovo la malattia voglio almeno poterla guardare negli occhi, voglio baciarla e stringerla tra le braccia perché non le permetto di andarsene” “Lo so” sussurrò la vecchina tirandolo tra le braccia “Povero bambino mio, questo amore ti sta distruggendo” chiuse gli occhi posando la fronte sulla spalla della donna, come quando era piccolo, come quando i brutti sogni lo svegliavano di notte e bastava quel semplice abbraccio per cacciarli di nuovo nel buio da dove erano nati.


“Perdonatemi ma non posso lasciarvi entrare” “Io vi giuro che se non vi spostate ...” “Cos'è tutta questa confusione!” “Mi dispiace signor generale. Mi avete ordinato di non lasciar passare nessuno ma questo ragazzo è ...” “Vai pure, a lui penso io” il servo annuì rispettoso lasciando la sala “Signore, vi voglio bene e lo sapete ma se non mi lasciate passare giuro su Dio che vi prendo a pugni” “E credi che questo mi spaventi?” ribattè gelido portandosi le mani dietro alla schiena “Non entrerai qui dentro e non lo farai ora o domani o in qualsiasi altro giorno. Sei fradicio per la pioggia, agitato e impaurito, se anche ti concedessi un attimo per vederla non sarebbe così!” “Avete per caso un'idea del male che mi state facendo?” esclamò gelido piantando gli occhi nei suoi “Posso sopportare ogni vostra stupida imposizione, la distanza, il voler a tutti i costi allontanarla da me ma questo no signore, questo è diverso da ogni altra cosa!” “Non mi fai paura Andrè, te l'ho già detto. La paura è un'altra” vide l'uomo sospirare, perdersi con lo sguardo su qualcosa di invisibile “Il terrore è stringere tra le braccia la propria figlia pregando il cielo, chiedendo a Dio di salvarla da qualsiasi cosa. È osservarne lo sguardo vuoto nei pochi secondi che precedono la caduta” “Signore vi prego, vi prego ho bisogno di vederla” “No” sempre quella stupida parola, sempre la solita maledetta sillaba “No, non mi importa della tua paura, di quelle lacrime che ti ostini a combattere. Non la vedrai, non ti permetto niente del genere!” il giovane sospirò asciugandosi velocemente il volto, un passo, un altro ancora fino a quando quegli occhi azzurri colorati di rabbia non furono a pochi centimetri da lui “Se muore, se per colpa di questa stupida imposizione mi lascia io vi uccido, lo giuro, vi uccido con le mie mani” “Se mia figlia morisse io la seguirei, non fare giuramenti che non puoi mantenere. È un insulto a Dio!” “Dio non si arrabbia per questo, non impedisce l'amore e non arroga a nessuno il diritto di farlo!” “Ho il diritto di pensare a mia figlia!” urlò afferrandolo per la giacca “Diventa padre Andrè e prova a restare una notte accanto al letto di tua figlia, la tua bambina che fatica perfino a respirare, che lotta ogni minuto contro una malattia che non lascia scampo! Allora potrai parlare con me, allora potrai avere il diritto di rinfacciarmi le cose perché non sono un cattivo padre se mi preoccupo per lei, se prego con tutte le forze affinché questo svenimento sia solo una sciocchezza! Non mi rende perfido tenere lontano da lei chiunque sia troppo nervoso per regalarle tranquillità!” lasciò andare di colpo il giovane cercando di riprendere fiato “Ora vattene, esci da casa mia o giuro che ti trascino di persona” “Voi siete ...” “Una persona orribile? Non preoccuparti, ho tutto il tempo per convivere con il tuo rancore, la cosa non mi spaventa!” un ultimo sguardo gelido e violento prima di costringere le gambe a muovere un passo e un altro ancora.
Con fatica e dolore, con rabbia e lacrime si allontanava da quella porta, da quella casa, da lei.




 

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Capitolo 56
*** Segreti sciolti al Sole ***


                Segreti sciolti al Sole




“Andrè?” “Non parlare, ti prego nonna, se quello che uscirà dalle tue labbra è … non parlare” ma la vecchina sorrise inginocchiandosi davanti a lui, le mani strette alle sue nel tentativo di restituire a quel giovane cuore un po' di pace “Sta bene” “Cosa?” mormorò tremante cercando i suoi occhi “Oscar sta bene” l'aria tornò a fluire libera nei polmoni e le lacrime esplosero violente costringendo la donna a tirarlo tra le braccia “Il medico è ancora con lei, è stato un mancamento dovuto alla stanchezza. La conosci, va troppo veloce mentre dovrebbe solo riposare. Ma sta bene, il dottore dice che sta bene” “Non … non è più quella dannata malattia vero?” “No bambino mio” lo staccò dolcemente da sé sorridendogli, aveva il volto rigato dalle lacrime e il respiro spezzato dal pianto “Quella malattia è solo un'ombra, continuerà a vedere il medico per controllo, lo vedrà ad intervalli regolari e domani mattina tornerà qui solo per rassicurare il generale” “Di che rassicurazioni ha bisogno lui?” esclamò gelido sciogliendosi da quell'abbraccio caldo “Se lei fosse morta o … cos'avrei fatto? Se mi avesse lasciato come avrei potuto continuare a vivere?” “Come tutti Andrè, sarebbe stato doloroso, massacrante ma con il tempo avresti accettato la sua assenza e avresti ripreso a respirare. Lei non avrebbe mai voluto vederti triste lo sai” “Nonna io non ...” “Non puoi vivere senza di lei, lo so, lo so bene ma Oscar è abbastanza forte per tutti e due Andrè. Continua a lottare contro ogni cosa e vince. Dimentica i brutti pensieri perché non fanno parte della tua realtà” gli sorrise amabile asciugandosi una lacrima “Ora vieni, tua nonna ha bisogno di passare un po' di tempo con te perché sei stato lontano anche troppo” ma lo sguardo del giovane non si staccava nemmeno un attimo da quel viale alberato dove un cancello enorme impediva l'accesso “Non se ne andrà da lì, suo padre è con lei e conoscendola, domani mattina sarà già a cavallo e ti cercherà come ogni volta” “Giurami che sta bene” sussurrò sfinito “Che continuerà a respirare e che la rivedrò” “Continuerà a respirare, la rivedrai domani e tutto andrà bene” la mano della donna si strinse attorno alla sua tirandolo dolcemente in avanti “Andiamo, torniamo a casa” si lasciò guidare dalla nonna senza protestare, senza opporre la minima resistenza perché era troppo stanco perfino per respirare.




“Posso uscire da qui” esclamò allacciando di nuovo la camicia “Lo so” “No padre, voi avete … come?” domandò confusa voltandosi verso di lui “Voi avete ...” “Ho detto che lo so. Ho parlato con il dottore” “Ha detto che sto bene” “No, ha detto che apparentemente sembra tutto in ordine e che può essere dovuto alla stanchezza” puntualizzò passandole la fascia porpora che riposava sulla sedia accanto a lui “Quindi sto bene” “Quindi non sappiamo di preciso a cosa sia dovuto. Puoi fare quello che vuoi Oscar, solo, ti prego di restare in casa per qualche giorno e riposare. Puoi farlo per me?” “Qualche ora padre” “Però, non speravo in tanta generosità” ribattè ironico tornando a concentrarsi sul foglio che stringeva tra le mani “Questa è una bella lettera” “Una lettera di due settimane fa” “Resta comunque una bella lettera” annuì distratta sistemandosi i capelli “Giuro che quando tornerà a casa lo prenderò a calci così forte da fargli rimpiangere Parigi” “Non essere troppo dura con lui” “Potete evitare di parlargli di questo piccolo incidente? So già cosa dirà: perché non ne sono sorpreso? Mi aspetto sempre troppo da voi contessa e dimentico di aver a che fare con una bambina testarda” il generale rise divertito da quell'imitazione.
La paura di qualche ora prima sembrava dissolta nel nulla, le parole del medico gli avevano restituito la serenità di sempre perché di quella malattia ormai non c'era più traccia “Mia madre non sa nulla vero?” “Non preoccuparti Oscar, non le avrei permesso comunque di affrontare un viaggio tanto lungo” il bussare secco che colpì la porta li costrinse a voltarsi verso la parte più buia della stanza.
Il generale osservò qualche secondo la figlia prima di autorizzare l'entrata di quel servo dall'aria confusa e agitata che stringeva tra le mani una lettera “Perdonatemi signore ma è arrivato un messo pochi minuti fa per voi” “Per me?” domandò stupito alzandosi “Si signor generale. Mi ha pregato di consegnarla nelle vostre mani soltanto” prese la lettera sfilandone il contenuto.
Gli occhi scorrevano velocemente le righe soffermandosi di tanto in tanto “Padre? Va tutto bene?” “Quando hai detto che è arrivato?” “Pochi minuti fa signore” “È ancora qui?” il ragazzo annuì violentemente cercando di recuperare il fiato “Pregalo di aspettare qualche minuto. Ho un messaggio per il colonnello De Guise” “Si signore” “Prepara il mio cavallo e manda un messo a Parigi, deve chiedere l'autorizzazione al generale Bouilé, parto per il fronte domani mattina assieme a qualche soldato del mio reggimento alloggiato qui” “Padre ma cosa ...” “Corri, subito!” il ragazzo scappò via lasciando solo il volto di sua figlia davanti agli occhi “ … volete dirmi cosa sta succedendo?” “Ci sono alcuni problemi, c'è stato uno scontro sulla prima linea di confine e degli uomini sono rimasti feriti, ci sono dei dispersi e tre dei miei ufficiali in gravi condizioni” “Come pensate di raggiungerli? Ci vogliono otto giorni di cavallo senza contare il riposo per gli animali e non … non vi siete mai precipitato in soccorso di ogni vostro ufficiale, perché ora dovrebbe essere diverso?” lo sguardo di suo padre si fece più profondo, lo vide sospirare, trattenere a fatica parole che fino ad ora tutti avevano nascosto “Padre?” “Ti prego Oscar, ti prego di restare qui e di riposare. Non costringermi a tornare indietro per prenderti a schiaffi” “Cosa state … perché ora è così diverso!” “Oscar ...” “No!” urlò sfilando la mano dalla sua “No adesso mi guardate negli occhi padre e mi dite che diavolo sta accadendo! Sono stanca di sentirmi presa in giro da tutti voi, mi tenete nascosta dal resto del mondo, come se dovessi rompermi all'improvviso o piegarmi o ammalarmi di nuovo!” “Cosa cambierebbe?” “Sto impazzendo padre!” urlava, sapeva di farlo ma non avrebbe smesso solo per lui, non l'avrebbe fatto né ora né in futuro “Dovete dirmi la verità, per il mio bene vi prego, guardatemi negli occhi e ditemi la verità!” “Il duca” “Cosa?” balbettò confusa “È lui il motivo per cui mi precipito laggiù, è lui l'ufficiale ferito” “Christian?” “Mi hai chiesto la verità Oscar, mi hai chiesto di essere sincero e nemmeno immagini la fatica che sto facendo. Mi ha chiesto di evitarti ogni sciocco colpo di testa e l'ho fatto ma sono consapevole che ora, raccontandoti la verità verrò meno a quella promessa” “Perché è … Christian è a Parigi” “No Oscar, lui ha preso il posto di suo padre in battaglia. Guida la guardia reale inglese per conto del re. Gli scontri di qualche settimana fa sono stati piuttosto duri e lui è andato in rinforzo alle nostre truppe, è stato ferito e curato, migliorava e poi d'improvviso, le sue condizioni si sono aggravate” indetreggiò di colpo cercando di respirare, cercando di trovare un appoggio stabile ma si sentiva male, massacrata da qualcosa che nemmeno riusciva a capire “Non ti ha detto niente, sapeva che avresti preso il cavallo e che saresti corsa laggiù per impedirgli una cosa del genere. Voleva solo che tu fossi felice e serena” “È … è ferito?” “Non conosco le sue condizioni, non fino a quando lo vedrò” “Vengo con voi” “Posso impedirlo?” ma lo sguardo di sua figlia era già di per sé una risposta.
L'incertezza era sparita, la paura, l'insicurezza, ogni cosa dissolta, c'era solo un unico pensiero, un unico maledetto obbiettivo.
Le sfiorò il volto sorridendo “D'accordo, verrai con me ma che sia chiaro una cosa, se ti vedo vacillare, se svieni, se non ti alimenti in modo adeguato ti rimando indietro subito” “Si signore” “Indossa l'alta uniforme di guerra, mangia qualcosa di sotto e poi raggiungimi” “Padre?” si fermò di colpo voltandosi di nuovo verso di lei “Grazie” “Non abbiamo molto tempo” un lieve cenno d'assenso e poi solo un silenzio vuoto e gelido a riempirle il cuore. 

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Capitolo 57
*** Continua a Respirare ***


            Continua a Respirare




Doveva solo continuare a respirare e tutto sarebbe andato bene, in fondo era semplice, l'aria entra ed esce, doveva solo assecondarla.
Chiuse l'ultimo bottone della giacca sistemando la fascia in vita, non indossava l'uniforme da mesi ormai e poterla avvolgere di nuovo attorno al corpo le dava un senso di sicurezza troppo a lungo dimenticato.
L'immagine che lo specchio rifletteva era la stessa di sempre, una giovane donna con i capelli sciolti sulle spalle, il copricapo delgi alti ufficiali e quell'uniforme scura come la notte decorata da bottoni d'oro puro, l'insegna del comando che chiudeva i lembi di tessuto proprio sotto al collo, luce pura che ne avvolgeva il corpo e una fascia dorata stretta con forza attorno alla vita.
Non aveva mai indossato l'alta uniforme di guerra, non le era mai servita ma ora non poteva farne a meno.
Elegante e raffinata, diversa da ogni altra uniforme e piena di rispetto dovuto, il mantello nascondeva poi le spalle e il petto, due corde d'oro ne formavano la chiusura agganciandosi le une alle altre appena sopra alla spalla sinistra e il copricapo nascondeva uno sguardo preoccupato che non poteva e non doveva prendere il sopravvento.
Infilò i guanti e agganciò la spada al fianco “Sei pronta?” annuì leggermente perdendosi sull'immagine del padre che rifletteva lo specchio.
Un uomo alto, dalle spalle larghe e il fisico ben fatto, elegante nella sua uniforme da generale, con gli stessi colori, con lo stesso sguardo “Ci sono due giorni tra noi e il primo comando, prenderemo cavalli freschi ad ogni punto di incontro e cavalcheremo anche di notte” “Resisterà per otto giorni non è vero?” ma l'altro sospirò “Oscar, non siamo nemmeno sicuri che sia ancora vivo quando arriveremo là. Vorrei evitarti il dolore di vedere ...” “Non è nascondendomi la realtà che mi evitate di soffrire” “No è vero, ma almeno, posso ritardare tale sofferenza” un debole sorriso le sfiorò il volto, strinse più forte la mano attorno alla spada e seguì il padre fuori dalla stanza.
Il cielo si tingeva lentamente di luce mentre qualche stella ancora resisteva in quella pallida mattina.
Sul selciato erano schierati dodici uomini in divisa, stavano fermi a cavallo con lo sguardo basso pronti a muoversi se quell'ordine fosse arrivato.
Lo stalliere si avvicinò a lei portandole un cavallo dal manto ambrato, i finimenti erano stati cambiati e richiamavano il colore della sua divisa, sul muso e sui fianchi vi erano piccole linee dorate che disegnavano complicati intrecci, gli stessi che lei portava sul cuore.
Sfiorò con la mano il muso dell'animale sospirando, strinse più forte le redini e montò in sella.
Il ragazzetto girò attorno al cavallo controllando che ogni laccio fosse al posto giusto e poi si allontanò da lei togliendosi il berretto “Sei pronta?” sì, era un sì a voler uscire dalle labbra ma c'era qualcosa a trattenere quella stupida parola.
“Per quanto mi dispiaccia immaginarti in determinate situazioni, sono certo che quando tornerai sarà qui ad aspettarti, è sempre qui” “Padre io non … secondo voi lo sapeva?” sussurrò cercando lo sguardo del padre “Non ne sono sicuro, non esprimo nemmeno un parere al riguardo, siete grandi abbastanza per risolvere i vostri problemi” strinse più forte le redini del cavallo sorridendole “Ora però, abbiamo una corsa di otto giorni da fare” la governante uscì trafelata dalla porta stringendosi nella sua mantellina “Mi raccomando signor generale, state attento” “Vedrai che andrà tutto bene” lo sguardo della vecchia si posò sul volto di Oscar ma lei distolse lo sguardo concentrandosi su qualcosa di invisibile oltre il cancello.
La voce del padre invase il silenzio, l'ordine che tanto aspettavano arrivò secco e violento, spronò César al galoppo seguendo il suo generale, allontanandosi dalla sicurezza di quel piccolo mondo che fino ad ora l'aveva protetta.


“Tu sei pazzo!” esclamò Emile correndogli dietro “Come pensi di raggiungerla?” “Non mi importa!” “Non ti importa? Beh, io penso che dovresti riflettere per qualche secondo sulla possibilità che sia troppo tardi! Ha seguito suo padre Andrè! Ha fatto una scelta, accettala e lasciale il tempo per ...” “Per farsi ammazzare?” ribatté ironico voltandosi verso l'amico “Sta andando in quell'inferno perché una lettera ha decretato che il duca è ferito! Non sa nemmeno se quando arriverà sarà ancora vivo o no! Come pensi che … soffrirà, piangerà e si arrabbierà con il mondo, con me per averle nascosto una cosa tanto importante! Non voglio che pianga” “Non è una bambina! Smettetela di trattarla come tale perché è grande abbastanza per affrontare la vita! Tu che avresti fatto?” “Cosa?” “Se fosse arrivato un messo dicendoti che il tuo migliore amico era ferito, che avresti fatto? E non raccontarmi che lo avresti aspettato perché sappiamo entrambi che non è così!” “Sta andando in guerra” “No Andrè, sta per trascinare un uomo via dalla guerra, dovresti capirla, dovresti comprendere quello che sta provando! Se quell'uomo è diventato così importante per lei non puoi chiederle di restare qui” ma l'altro rise dirigendosi verso una graziosa casetta sul retro del giardino “Senti, io lo so che cosa provi, so che vederla così ti fa soffrire ma non puoi ...” “Ho passato due giorni orribili Emile! È svenuta, non sapevo nemmeno se respirasse ancora e non potevo vederla! Mi è stato impedito di vederla perché non sono nobile! Non ho un titolo e un rango, non posso amarla liberamente e non immagini nemmeno cos'ho provato” spalancò la porta e due cavalli assonnati si voltarono verso di loro muovendo nervosamente la testa “Poi mia nonna mi ha detto che era viva, che respirava e che quella malattia era solo uno stupido ricordo. L'ho aspettata Emile, l'ho aspettata tutta la notte perché sapevo che sarebbe scappata da quella casa ma lei ha … ha scelto il silenzio” “Non ha avuto tempo” “Lo sapeva, sapeva che le avevo mentito da giorni ormai ma non ha detto una sola parola, ha aspettato pazientemente che io le raccontassi la verità e non ...” aprì il cancello di legno tirando le redini dell'animale “ … ora non posso lasciarla andare, non prima di averle chiesto scusa” “Sono a un giorno di cammino ormai, arriveremo tardi” “Noi?” “Quando ti ho dato l'impressione che ti avrei lasciato andare da solo?” ma l'altro non rispose, si limitò a sorridere passandogli le redini “Quando hai comprato due cavalli?” “Uno è mio, l'altro è stato un regalo” “Del tuo bellissimo amore?” “Emile, se vuoi venire con me smettila di parlare di lei!” l'altro ridacchiò divertito, avevano davanti un viaggio lungo e non gli avrebbe certo permesso di percorrerlo da solo.





Non ricordava più quando fosse l'ultima volta che si erano fermati a riposare.
Era consapevole della fatica che si aggrappava violentemente ad ogni suo muscolo ma continuava a cavalcare incurante della stanchezza.
L'animale sembrava prendere da lei tutta la forza necessaria per continuare quella folle corsa poi d'improvviso le insegne amiche dell'esercito, il suono di voci che si mischiava al rumore dei cannoni.
Raggiunsero l'accampamento fermandosi a pochi metri dalla tenda del colonnello.
Leggeva lo stupore sul volto degli uomini, non vedevano tutti i giorni un generale vestito così e soprattutto, non vedevano tutti i giorni un padre fiero ed orgoglioso che aveva al suo seguito la figlia.
Tante volte si erano chiesti com'era, se davvero assomigliasse così tanto al padre o meno.
Ora l'avevano davanti, giovane e bella, con i lineamenti di un angelo e lo sguardo del padre.
I capelli biondi come il grano in netto contrasto con l'oscurità della divisa, tutto di lei era in contrasto con quel mondo.
La sua eleganza, il suo modo di stringere le gambe attorno ai fianchi dell'animale, il suo respiro, quel sorriso leggero che le colorava le labbra rendendo quell'espressione ancora più dura.
“Ben arrivato generale” esclamò un soldato prendendo le redini del suo cavallo “Il colonnello vi sta aspettando nei suoi alloggi” “Molto bene” scese da cavallo voltandosi verso la figlia, la vide annuire leggermente mentre seguiva i suoi passi come un'ombra.
“Generale Jarjayes, è davvero una sorpresa vedervi qui” “Siete a conoscenza del motivo della mia visita” “Lo so signore e sinceramente, vi avrei sconsigliato di affrontare questo viaggio” “Come sta?” esclamò Oscar avvicinandosi al padre “Le ferite che ha riportato sono piuttosto gravi. Resiste a fatica e credetemi contessa, se ...” “Conte!” esclamò gelida piantando gli occhi nei suoi “Sono un colonello di sua maestà, mio padre mi ha donato un titolo e pretendo che venga usato nel mondo corretto” “Perdonatemi conte, non volevo offendervi” “Non importa” sentì la mano del padre stringersi con forza attorno al suo polso costringendo le parole a frenare la loro corsa “Portateci dal duca” l'altro annuì deciso invitandoli a seguirlo.
Non era nemmeno certa di respirare ancora, continuava a sussurrare sciocche preghiere, parole, cantilene create solo per chiedere aiuto.
Passarono l'ennesima tenda fino a quella color porpora del secondo comando.
Quando entrò lì dentro, il calore del suo corpo sembrava dissolversi ad una velocità allarmante.
C'erano corpi stesi ovunque, uomini in lacrime che imploravano la morte.
Sul lato destro, un separè scuro divideva un angolo silenzioso e tranquillo dal resto.
Sentì il cuore smettere di battere mentre si avvicinava a quel letto di ferro.
Avrebbe riconosciuto quegli occhi tra mille, quel verde meraviglioso che ora sembra spento, il suo volto era pallido, mandido di sudore e i capelli disegnavano sulla fronte e sul collo strani intrecci. Guardava il soffitto, guardava qualcosa che solo lui riusciva a vedere, forse fantasmi, forse un'altra vita.
Aveva il torace scoperto, bendato a tratti e pieno di ferite, poteva vedere il punto esatto in cui ferro e carne si erano incontrati.
Trattenne le lacrime avvicinandosi, lo vide sorridere senza nemmeno voltarsi “Sapevo … sapevo che saresti venuta qui” “Sapevi anche che una volta qui ti avrei preso a pugni?” sussurrò sedendo sul bordo del letto, la mano si strinse attorno alla sua, le dita intrecciate mentre lentamente cercava i suoi occhi “Perché non me l'hai detto?” “Che avresti fatto?” domandò tremante “Mi avresti … mi avresti impedito di salvare mio padre?” “Ti avrei impedito di morire Christian! A cosa pensavi?” la mano si mosse veloce nell'aria colpendo il volto del ragazzo, il generale sobbalzò leggermente voltandosi per qualche secondo verso di loro ma quel gesto innocente dettato dalla paura, scatenò un sorriso leggero, tornò a parlare con il medico senza più curarsi molto delle loro parole.
“Sì, sono … sono felice anche io di vederti” “Ne vuoi un altro? Perché se continui a parlare ne arriverà un altro!” “Lo sai che sei bellissima?” un altro schiaffo, un altro sorriso innocente sulle labbra “Non sei divertente! Hai idea di cosa … sai cos'ho provato quando mio padre mi ha detto la verità?” “Non avrebbe dovuto farlo” “Dovevi farlo tu!” esclamò cercando di respirare ma sentiva le lacrime scorrere sul viso, il tremito leggero che colorava la voce, la voglia folle di prenderlo a schiaffi ancora e ancora “Tu non hai … non ti sei fermato nemmeno per un secondo a riflettere! Sei venuto quaggiù e sei … Cosa dovrei fare Christian? Come dovrei ...” la mano del ragazzo si strinse attorno al suo polso e gli occhi si cercarono improvvisamente “Era per questo che non ti ho detto niente Oscar. Non volevo vederti piangere, non volevo vederti soffrire... sarei tornato a casa, sarei tornato da te e … e ti avrei impedito di fare scelte sciocche e ...” un colpo di tosse leggero lo costrinse a bloccare parole e pensieri, sentì la presa rafforzarsi leggermente mentre provava in tutti i modi a respirare ma era debole, troppo debole per qualsiasi cosa “Respira” sussurrò avviciandosi a lui “Ti prego Christian, ti prego respira” “Abbiamo finito le bende” mormorò il medico “Mi dispiace signore ma dobbiamo disinfettare la ferita” "Vi sto odiando" mormorò colorando quella semplice frase d'ironia.
L'altro annuì mestamente prendendo dal tavolino lì accanto un bicchiere di vino rosso "Quello dovrebbe essere nei calici e regalare allegria, non ... non sulla mia pelle a regalare dolore!"  “Non abbiamo altro modo duca, l'alcool pulisce le ferite” scoprì il suo petto liberandolo dalle bende, il vino cadde sulla carne aperta costringendolo ad urlare, la mano si strinse così forte attorno a quella della giovane da farle male ma poteva sopportarlo, poteva sopportare ogni cosa “Mi dispiace signore, ancora una volta e poi vi lascio riposare” di nuovo un urlo soffocato, di nuovo gli occhi persi nell'azzurro del cielo “Christian tu non ...” “Sai... questo è ... è un ottimo Borgogna del settantanove, un'annata meravigliosa” la vide sorridere, un sorriso dolce tra le lacrime mentre il medico si allontanava da loro raggiungendo il generale.
“Allora, cosa mi dite dottore?” “Le ferite riportate l'hanno gravemente debilitato. Quando è entrato in questa tenda la prima volta credevo mi stesse prendendo in giro. Era sanguinante e tremava per lo sforzo ma continuava a ripetere che sarebbe uscito là fuori a prendere a calci quei vigliacchi” “Si, si è quello che fa sempre” “Ho pulito le sue ferite, chiuso i lembi di carne e cucito ciò che potevo. Ho tolto tre proiettili dal suo giovane corpo e sembrava migliorare. Per giorni è rimasto a riposo, si alzava solo ed esclusivamente per rinfrescarsi un po' ...” la voce dell'uomo diventò improvvisamente più profonda “ … ma sono comparsi i primi sintomi di infezione, le ferite si sono gonfiate e sono piene di liquido che non vi descrivo signor generale” “Si salverà?” l'altro sospirò scuotendo leggermente la testa “Non posso amputare l'arto infetto perché credo che ormai sia troppo tardi, che non avrebbe alcun effetto. Con questo grado di dolore, con queste ferite sarebbe dovuto morire da giorni ormai” gli occhi del generale si posarono silenziosi su sua figlia, su quelle dita intrecciate le une alle altre “Conosco il motivo di tale forza dottore. Ora devo solo trovare un modo per non distruggerla” lo sguardo confuso dell'uomo seguì il suo fino alla ragazza “Oh … mi dispiace signor generale, mi dispiace credetemi, non sapevo che ...” “Fatemi solo il favore di non parlare con lei, non raccontatele niente. Lasciatemi il tempo di trovare un modo per aiutarla” un debolissimo cenno d'assenso, un sì leggero in mezzo ad un mare di dubbi e buio.

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Capitolo 58
*** Con l'amore negli Occhi ***


     Con l'amore negli Occhi





“Ho cavalcato per otto giorni solo per poterti vedere, ti conviene continuare a respirare, hai capito?” gli sfiorò il volto perdendosi in quello sguardo stanco che non lasciava mai nemmeno per un secondo il suo “L'ho portata sai?” lo fissò confusa cercando di capire a cosa si riferisse poi quel luccichio leggero tra le dita “Me ne sono ricordato” la sua catenina era lì, avvolta attorno alle dita pallide del giovane “Ricordi … ricordi cosa ti ho detto?” “Che mi vuoi bene” mormorò tremante trattenendo un singhiozzo “E … e che sei la figlia di un grande generale, sei forte e di nobili ideali. Non devi prendertela con il mondo quando chiuderò gli occhi” “Non dire sciocchezze” “Oscar ...” il verde si fuse con l'acqua togliendole il respiro “ … io morirò” “No” “Morirò e non … non c'è niente che tu possa fare per riportarmi in vita. Prendertela con … con tuo padre non servirà a niente, prendertela con Andrè non mi riporterà da te” “Ti prego” piangeva, piangeva come una bambina troppo a lungo lasciata sola e questo lo faceva impazzire perché vederla lì, era l'ultima cosa al mondo che voleva.
Sollevò una mano cercando di concentrare tutte le sue forze in quel semplicissimo gesto.
Una carezza leggera su quel viso d'angelo, una carezza per restituirle tenerezza, per costringerla a reagire.
La mano della ragazza si posò sulla sua mentre i singhiozzi si portavano via ogni suo respiro “Non piangere stella marina” “Ti prego, non puoi lasciarmi sola” “Non ti lascio sola, André si prenderà cura di te e tuo padre … tuo padre imparerà a renderti felice, lo farà vedrai e non … non sarà più così crudele con voi” strinse tra le dita i suoi capelli sorridendo, era giorni ormai che non la sfiorava così, giorni lunghi anni interi dove il suo sorriso l'aveva aiutato a sopravvivere “Avrai una bella vita Oscar, una vita … una vita stupenda ...” la sentì tremare mentre cercava in tutti i modi di restare lì, di respirare assieme a lui.
Continuava a ripetere sempre le stesse parole, continuava a pregarlo per vivere, per respirare perché se fosse morto, se avesse chiuso gli occhi si sarebbe portato via metà della sua luce.
Sentiva la voce del generale nascosto nell'ombra a pochi passi da Oscar, il tono malinconico e carico di commozione, immaginava quello che poteva vedere da lì, sua figlia in lacrime, tremante, spaurita, seduta sul bordo di quel letto con la mano stretta attorno alla mentre si lasciava cullare da quella carezza leggera che le sfiorava il volto.
“Oscar tu … tu sei nata per rendere il mondo un posto migliore. La tua vita è stata un dono di Dio” “Smettila” “Non vergognarti di essere nata nobile, non possiamo scegliere dove nascere, non possiamo scegliere i nostri genitori. Sei nobile, sei nobile di nascita e lo saresti stata anche da contadina perché l'eleganza dei tuoi gesti è innata” “Non è vero, lo sai che non è così” “So che sei troppo orgogliosa, che spesso … spesso rinunci a vivere per colpa di quell'orgoglio. So che ami da morire, che ami l'amore ed è giusto così, non è peccato scoprire che amare è bello” sentì quei singhiozzi rallentare lentamente “So che sei terribilmente intelligente e dannatamente bella, che fai di tutto per nascondere la finezza dei tuoi lineamenti, indossi abiti maschili, prendi a calci noi maschietti ...” un debolissimo sorriso le sfiorò le labbra mentre con la mano libera cercava di cancellare le lacrime “ … conosci l'arte, la musica, ami tutto ciò che è vita. Una persona così è un dono del cielo” si fermò qualche secondo ricacciando indietro quel colpo di tosse insolente perché non avrebbe permesso a niente e nessuno di interrompere quell'unico attimo di tenerezza “Ti avrei sposata, se solo tu avessi voluto ti avrei sposata” “Tu stai …” “Sto confessando i miei peccati Oscar. Perché ho peccato amandoti, ho peccato restando al tuo fianco così a lungo. Credevo … credevo di riuscirci, mi ripetevo che era solo una sciocca infatuazione, a volte capita ma più restavo affianco a te, e più mi rendevo conto di amarti” “Christian” “Per qualche mese ho perfino immaginato la nostra vita assieme, una vita meravigliosa ma tu non mi appartenevi. Non era per me il tuo sorriso, non era per me la tua rabbia. Che vita potevo offrirti strappandoti all'amore?” “Perché ora?” sussurrò tremante “Perché me lo dici ora!” “Perché non ho altri momenti per farlo” “Smettila di pensare che morirai! Smettila di comportarti da stupido!” “Hai cambiato la mia vita, mi hai reso un uomo migliore. Ho accettato di restare al tuo fianco come amico perché era l'unico modo per non farti del male ma non … non ha mai funzionato ma andava bene, lo accettavo perché tu hai reso la mia vita più bella” “Non è vero” “Guardami” sollevò di nuovo il volto incontrando il suo sorriso “Mi hai reso un uomo migliore, tu nemmeno te ne accorgi ma è così, io sono un uomo migliore grazie a te e … e vorrei vivere per vederti felice, per vedere la mia piccola Renée correre e giocare ...” la mano scivolò via scendendo sulla spalla fino al ventre delicato nascosto dalla divisa e un dolcissimo sorriso gli colorò le labbra “ … avrà i tuoi occhi e … e le tue labbra e sarà testarda come te” “Christian ti prego, non devi fare sforzi inutili, respira e basta” “Ho ragione io, ti prenderà a calci notte e giorno” “Non è il luogo più adatto per giocare ad inventare bambini” “Non è più … non è più un gioco Oscar” ma lo sguardo confuso sul volto della giovane lo fece sorridere “Ti ho già detto una volta che sei una bugiarda, ma una bugiarda così bella che si può sorvolare sul fatto che hai mentito al mondo” “Io non ho ...” “Tu sei troppo abile nell'aggirare le domande, tuo padre lo sa bene. Cerca solo di non farlo impazzire o lo vedrò lassù tra le nuvole troppo presto” “Non sei divertente” “Non farmi arrabbiare contessa perché … perché posso diventare pericoloso” la vide sorridere leggermente cercando di riportare il respiro ad un livello accettabile “Oscar tu devi … devi farmi una promessa” “D'accordo” “No, no guardami … guardami negli occhi quando lo dici perché conosco bene quel modo di inclinare la testa di lato” fece un bel respiro costringendosi a seguire quello sguardo delicato e tremante “Mi devi promettere che quando chiuderò gli occhi andrai via da qui, che … che tornerai a casa ...” ma quelle parole pesavano più di un macigno, abbassò il volto colpita da quelle lacrime violente, sentì la mano del giovane posarsi di nuovo sul suo volto sollevandolo dolcemente “ … promettimi che non resterai qui a … a cercare una vendetta inutile, promettimi che correrai via il più velocemente possibile, che non odierai Andrè per questo perché sono stato io a chiedergli di mentire” il respiro diventò ancora più leggero e la voce quasi un sussurro “Non puoi scegliere chi vive e chi muore Oscar, questo … questo è compito di Dio ma verrò di tanto in tanto a farti visita. Mi … mi vedrai nei sogni e sarò di nuovo il tuo angelo custode” “Christian ti prego” “Non piangere, non puoi piangere stella marina tu … tu sei la figlia di un generale di sua maestà, sei un colonnello delle guardie reali, non si piange Oscar, non si lascia ai sentimenti la possibilità di vincere, custodisci una luce meravigliosa nel cuore ed è di quella luce che ha bisogno il mondo ...” un altro sorriso, debole, leggero eppure lì per lei “ … ho aspettato per otto giorni, ho aspettato perché sapevo che ti avrei rivista, che i tuoi occhi sarebbero stati il mio sollievo. Non devi aver paura, io non sto soffrendo, non sento più niente e … e questa è l'unica morte che vorrei perché tu, sei l'ultima cosa che vedo … il mio amore” la presa si allentò di colpo, la mano cadde nel vuoto e d'improvviso ogni cosa attorno a loro sembrò scomparire.
Voleva muoversi, voleva scappare ma non riusciva nemmeno a respirare, non riusciva a pensare o a parlare.
“Oscar” sentì la mano del padre stringersi delicatamente attorno al braccio, sentiva la sua voce, il suo respiro ma non era certa di essere ancora viva, di respirare anche lei come ogni altra persona al mondo.
“Andiamo bambina, vieni via da qui” “Non puoi lasciarmi” sussurrò tremante sfiorando le labbra del giovane con le dita “Non puoi lasciarmi!” urlava, piangeva, picchiava con forza i pugni su quel petto inerme, il cuore batteva all'impazzata, il respiro correva ad una velocità impressionante mentre si abbandonava su di lui stringendolo con forza “Vieni via” mormorò il generale inginocchiandosi accanto a lei “Andiamo, non ti fa bene restare qui” ma più provava a convincerla, più la forza di quel pianto diventava violenta.
Il medico sospirò portandosi una mano alle labbra, un animo nobile aveva chiuso gli occhi per sempre, se ne era andato lasciando un vuoto immenso nel cuore dei soldati, nel cuore di quella giovane scossa dal pianto violento che mai più avrebbe dimenticato.
Il generale si passò una mano in viso rialzandosi “Fatemi un favore” si avvicinò di qualche passo annuendo “Date ordine che venga preparato il mio alloggio, resteremo qui stanotte” “Agli ordini signore” il soldato sparì lasciando solo un uomo distrutto e una figlia disperata che cercava in tutti i modi di respirare ancora.




. _ . _ . _ . _ . _ . _ .
Giovani cuori miei, l'aggiornamento di questo capitolo è stato difficile e sofferto.
Ho pensato più e più volte di cambiarlo ma alla fine, mi sono detta che restare fedele alla trama principale sarebbe stata la cosa migliore ma vi avverto che sono in lutto per Christian da settimane ormai, provo un dolore terrificante nel farlo morire perché ero sinceramente innamorata di questo personaggio.
Rispondo a qualche domanda adesso perché ho tempo per poterlo fare.
Quando ho scritto questa storia l'ho fatto più che altro per giocherellare un po' con questi personaggi, Non mi aspettavo di certo un riscontro così positivo e alla fine, ne è uscito un racconto stupendo che non verrà pubblicato tutto altrimenti durerebbe per cento e più capitoli.
L'adattamento della storia lo creo giorno per giorno, di per sé la trama è completa, la fine già scritta e ogni cosa è al suo posto ma la fine che si avvicina sempre di più sarà leggermente diversa da quella che avevo creato, perché come già detto, non pubblicherò interamente ogni sua parte altrimenti sarebbe eccessivamente lunga e faccio tutto questo solo per darvi il modo di arrivare ad un determinato punto e dire: sì ecco, è questa la fine che voglio.
Non ho mai pensato di lasciarla incompiuta né tanto meno di spezzarla a metà creando un primo e un secondo tempo. Spesso quando si fa così si tende a dimenticare in parte le emozioni iniziali che la storia ha regalato e ci si concentra interamente sulla seconda parte, preferivo lasciarla intera e regalarvi pezzo dopo pezzo il suo intricato percorso.
Come potete vedere da questo capitolo, si, il mio amato Christian mi lascia, non so a quanti di voi sinceramente possa dispiacere ma so per certo, che c'è un piccolo gruppetto di persone che ne sentirà la mancanza =) non temete, non siete sole, io sono la prima.
Spero di aver risposto a tutte le domande arrivate, grazie come sempre per le vostre meravigliose parole.

Un bacio enorme cuori.

 

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Capitolo 59
*** Tributo di Sangue ***


                Tributo di Sangue




Non sentiva più niente, niente rabbia, niente dolore, niente di niente.
Christian si era portato via quella voglia di vivere che era riuscita a riscoprire assieme a lui.
Non poteva andare avanti, non poteva indietreggiare, era bloccata tra due mondi che faticava a riconoscere.
Strinse più forte la fascia in vita cercando di respirare “Oscar?” la voce del padre attirò la sua attenzione, se ne stava in piedi accanto alla porta con la divisa allacciata di tutto punto e negli occhi quell'espressione carica di rabbia che ben conosceva “Ho già dato disposizioni, partirai assieme ai miei uomini tra qualche ora” si avvicinò a lei studiando l'espressione del suo volto “Non ti fa bene restare qui” “Devo farlo” “No, non devi” “Padre ...” “So cosa provi, lo so credimi ma non puoi chiedermi di mettere in pericolo la vita di mia figlia” “Non posso tornare” “Non hai niente da fare qui” le sfiorò il viso sospirando “Ucciderai chiunque oltrepassi quel confine di fuoco? Non te lo restituirà” “Non mi importa” per qualche secondo rivide negli occhi di sua figlia la stessa forza, la stessa determinazione di quando aveva quattordici anni appena e con aria di sfida, sollevava davanti a lui la spada invitandolo a combattere “Ho bisogno solo bisogno di un po' di tempo, ho bisogno del mio silenzio padre. Troverò il mio silenzio” “Combattendo?” c'era dolore in quello sguardo “D'accordo” sussurrò “D'accordo, ma risponderai direttamente a me. Avrai il comando del secondo plotone, non voglio vederti fare sciocchezze da sola sono stato chiaro?” “Si signore” si portò una mano alla fronte ma quella lacrima insolente le scivolò via dagli occhi, sentì le braccia di suo padre stringersi con forza attorno alle spalle, il suo respiro lento e regolare mentre la nascondeva dal dolore, dalla rabbia, dal mondo intero.
Chiuse gli occhi sollevando lentamente le braccia, le strinse con forza attorno a lui perdendosi nel suo calore “Non è un peccato piangere Oscar” “Non ho … non posso ...” “Non puoi piangere? Sei umana, provi sensazioni ed emozioni normali. Hai appena perso qualcuno di importante, è normale sentirsi così” “Lo credete davvero?” “Non è mai difficile per chi muore Oscar, ma chi resta ...” si fermò qualche secondo cercando i suoi occhi “ … è condannato al dolore. Con il tempo diventerà più lieve vedrai, imparerai a convicerci” “Voglio solo dimenticare” “Allora forse, restare qui non è una grande idea” non c'era rabbia nelle sue parole, niente tristezza o paura, non c'era posto per i sentimenti e forse, era proprio quello di cui aveva bisogno.



“Dov'è?” “Signore forse lei dovrebbe ...” “Oh andiamo! Sono rimasto qui quasi un anno. Voglio sapere dov'è il generale!” il soldato guardò il suo compagno cercando in quegli occhi spauriti qualche risposta, Emile sorrise avvicinandosi ai due “Sentite, abbiamo cavalcato come pazzi, siamo soldati anche noi e abbiamo bisogno di vedere il generale Jarjayes, è urgente ragazzo” “Il generale al momento è fuori con il suo plotone” “Fuori?” “Beh ecco … ci sono stati degli scontri stamattina e ha portato il suo plotone nelle prime linee” Emile fissò l'amico “C'è qualcuno con cui possiamo parlare? Qualcuno con un cervello magari?” l'altro tremò leggermente indicandogli la tenda del colonnello.
Ci misero poco più di cinque secondi a corrervi dentro e ancora meno a decifrare la faccia stupita del colonnello De Brice “Signore, perdonatemi per questa mia ...” “Appartieni al mio reggimento soldato?” “No signore, a quello del generale ma sono stato congedato qualche mese fa” “E allora perché sei qui?” domandò guardingo l'altro avvicinandosi a loro “Dovresti essere il più lontano possibile da questo posto, non hai una sposa ad aspettarti?” “Credetemi, in questo momento vorrei essere il più lontano possibile da qui ma ho bisogno di vedere il generale” “In questo momento non può, lui e suo figlio sono in prima linea a ...” “Suo figlio?” mormorò tremante, Emile rafforzò la presa attorno alla sua spalla seguendo con attenzione le parole del colonnello “Lei non … il duca?” vide l'uomo socchiudere gli occhi osservandolo incuriosito “Voi conoscete il duca D'Amien?” “Si signore, so che è d'istanza qui e ...” “Il duca è morto” Emile trasalì mentre Andrè alzava gli occhi al cielo maledicendosi per essere stato così sciocco “Mi dispiace ragazzo, non ho idea del rapporto che intercorresse tra te e il duca ma ormai è solo ricordo” “Com'è … com'è morto?” “Tre pallottole, gli hanno sparato da vigliacchi ed è caduto sotto quei colpi. Era un ottimo colonnello, un ottimo ufficiale e la cosa che fa più rabbia è che la morte sia sopraggiunta per delle dannate infezioni. Lo conoscevo da anni, era una persona meravigliosa e non meritava una cosa del genere” per quanto provasse a seguire il suo discorso, il pensiero era rivolto solo ed esclusivamente a lei.
La conosceva, la conosceva così bene da sapere che non sarebbe mai tornata a casa, non avrebbe lasciato quel posto, non prima di essere riuscita ad elaborare quella perdita massacrante e l'avrebbe fatto nel peggiore dei modi.
“Signor colonnello, so che può sembrarvi folle come richiesta ma vi chiedo di poter parlare con il generale, fatelo tornare indietro” “Non ho il potere di prendere decisioni del genere, è mio superiore, il reggimento appartiene a lui. Ha dato ordini precisi soldato” “Dove sono?” “Non ho l'autorizzazione a rivelarlo. Dovresti saperlo bene ormai” scattò in avanti ma le mani di Emile lo bloccarono in tempo “Io so solo che la donna che amo sta combattendo una guerra che non le appartiene!” “A me non importa del tuo amore, della donna che ami o di chiunque altro non sia un soldato. In questo momento ho uno dei generali migliori del nostro esercito che combatte per tenerci al sicuro e un colonnello delle guardie reali che dimostra di avere una forza e un coraggio superiore a tutti gli altri uomini” si avvicinò ad Andrè colorando lo sguardo di sfida “Perciò, se ora non avete altre sciocche domande con cui importunarmi, siete pregati di uscire da qui!” “Colonnello voi ...” “Vieni Andrè” “No!” “Vuoi stare zitto e seguirmi?” esclamò Emile tirandolo fuori dalla tenda.
“Che diavolo fai!” “Ti salvo la vita idiota! Sai qual'è la punizione per chi aggredisce un superiore?” “Adesso ti predo a cazzotti Emile!” “Sei stato un soldato, lo siamo stati tutti e due, conosci questo campo, sai quanto ci si mette fino alla prima linea” lo sguardo del ragazzo si colorò di forza “Andiamo?” un debolissimo sì gli uscì dalle labbra mentre correva in avanti pregando il cielo di poterla stringere tra le braccia come prima.


Non ricordava niente del genere, forse, restare lontano dalla guerra per mesi aveva cancellato il dolore di quegli attimi o forse era stata lei.
Qualunque cosa fosse, ora si ritrovava catapultato di nuovo in quel mondo fatto di polvere e sangue, di sibili violenti che squarciano l'aria, di trincee ora così vicine a quelle opposte. Poteva scorgere in lontananza l'esercito nemico, poteva sentire le loro voci, gli ordini in qualche lingua sconosciuta che muovevano all'unisono gli uomini.
“D'accordo, ci siamo, dove diavolo è?” esclamò Emile coprendosi il volto per evitare la polvere “Ehi tu!” urlò afferrando per un braccio un ragazzetto spaurito “Sai dirmi dov'è il vostro generale?” non rispose, si limitò solo a sollevare il braccio verso destra.
Gli sguardi seguirono quel semplicissimo movimento fino a quell'uomo a cavallo che osservava la battaglia da una piattaforma di terra rialzata protetta da murate di sabbia e legno forti e spesse.
Era abbastanza lontano per restare al riparo e abbastanza vicino per poter dare ordini spiando le linee nemiche.
Si avvicinarono a lui di qualche passo ascoltando la sua voce forte e profonda “Avanti la terza linea” “Si signore!” esclamò un ufficiale porgendogli una cartina geografica “Molto bene, ordinate al colonnello di muovere sul lato destro” “Ma signore, non credete che sia troppo pericoloso? Siamo scoperti da quel lato e non ci sono altri plotoni in grado di ...” “L'avamposto dista quaranta metri più o meno dal bosco, duecentocinquanta da noi, una bella corsa senza dubbio” mormroò studiando le linee scure sulla carta “Non è provvisto di un gran numero di uomini, direi che data l'ubicazione e la difficoltà nel raggiungerlo venti è il numero che più si avvicina” “Ne siete sicuro signore? Perché molte volte è accaduto l'irreparabile” “Ne sono consapevole capitano, ma se in guerra non si osa come si può pretendere di vincere?” l'altro sorrise ascoltando di nuovo il suo superiore “Quel cumulo di sassi e sabbia è protetto dalla montagna. Se riuscissimo a prenderlo i nostri uomini avranno via libera e potranno usare quella strada per oltrepassare la linea di fuoco ritrovandosi qui” puntò il dito sulla cartina mostrandola all'uomo “Esattamente alle spalle dell'esercito rivale. I sentieri che attraversano il monte sono ben pattugliati dai nostri uomini fino al punto dove il bosco incontra la terra, oltre c'è quel dannato avamposto e la strada continua attraverso gli alberi aggirando questo punto qui” “Signore, avete ragione ma non credo che ...” “Mio figlio prenderà quell'avamposto in pochi minuti capitano! Date ordine!” l'uomo accanto a lui spronò il cavallo correndo via, Andrè strinse più forte i pugni cercando di respirare e poi, senza nessun avvertimento, corse in avanti raggiungendo il generale.
“Che diavolo ci fai tu qui!” “Come pensate di guarirla se la costringete a combattere!” “Non ho richiamato i miei soldati, sei in congedo, torna a casa e restaci!” “Pensate davvero che potrei farlo?” “Devi farlo Andrè! Non posso preoccuparmi anche di te al momento!” quelle parole lo bloccarono per qualche secondo, immobile a riflettere su significato di quella frase, sul suo valore “Signore io ho … ho solo bisogno di vederla, di parlare con lei perché fino ad ora me l'avete impedito e non me ne andrò da qui senza prima averla vista!” “O vai via tu o ti trascino con la forza!” Emile tossicchiò leggermente tirando l'amico indietro “Mi avete messo al suo fianco per proteggerla, non me ne vado signore!” il fischio violento di un cannone invase il silenzio, l'esplosione arrivò quasi subito alzando polvere e pezzi di ferro.
Gli ufficiali si affaccendavano attorno al generale portando messaggi, riferendo ordini ma in mezzo a quell'inferno lui sembrava a proprio agio.
Freddo e altero, con lo sguardo severo di chi conosce già il futuro “Via anche alla seconda linea, che avanzi!” “Si signore” “Signor generale, il messaggero reale ci ha appena comunicato che i vostri reggimenti ci raggiungeranno entro due giorni” “Il generale Bouilé ha autorizzato tutti i miei uomini a muovere sul fronte?” “Si signore” esclamò il soldato “Molto bene, se riusciamo a resistere per qualche giorno ancora, con il cambio fresco di uomini vinceremo facilmente questa piccola scaramuccia. Date ordine di muovere fino alla prima, attenzione ai cannoni, devono arrivare già carichi, aspettate la presa dell'avamposto per fare fuoco e a scontro finito, distribuite doppia razione di viveri agli uomini” “Si signore!” “Vuoi davvero vederla Andrè?” “Cosa?” mormorò confuso da quel cambio improvviso nel tono della sua voce “Segui il rombo dei cannoni” Emile si grattò il mento ideciso sulla domanda da porre ma sentì la mano dell'amico stringersi con forza attorno al suo braccio.
C'era un angelo biondo a pochi metri da loro, quei capelli chiari come il sole non potevano essere confusi con nessun'altra.
Era immobile accanto ai suoi uomini, al riparo dagli urti violenti delle palle di cannone.
Sembrava tranquilla, troppo tranquilla per quell'inferno.
Una statua di ghiaccio con la spada sguainata e la pistola stretta nella mano sinistra, lo sguardo fiero di un combattente e il corpo di una bellissima mortale.
Voleva muoversi, camminare verso di lei, correre ma ogni volta che provava a sollevare una mano o a muovere un passo, la mente rielaborava di nuovo quel comando costringendolo a restare lì, immobile.
La vide annuire leggermente quando un giovane si avvicinò a lei sussurrandole qualcosa poi la spada scattò verso l'alto e la sua voce rimbombò nel vento “Uomini pronti a fare fuoco!” i soldati si buttarono al suolo puntando l'avamposto con i fucili, alle loro spalle una seconda linea e una terza con le armi cariche.
Conosceva bene quella tattica, l'aveva studiata di nascosto assieme a lei, l'aveva studiata tutte le volte che le serviva il tè nella libreria dove suo padre la istruiva sulle strategie di battaglia, sapeva a memoria ogni movimento, ogni figura che avrebbero formato.
Una volta fatto fuoco la seconda linea avrebbe preso il posto della prima e così via dando modo agli uomini di ricaricare velocemente il fucile e di ripartire da capo.
“Fate fuoco all'ordine del generale! Continuate a sparare, non fermatevi fino a quando non mi vedrete in quel buco maledetto!” “Si signore!” la spada si sollevò verso l'alto brillando sotto la luce del fuoco e il suo sguardo cercò istintivamente il padre.
Il generale sorrise sollevando la mano verso il cielo poi di nuovo la voce della ragazza come un tuono nel silenzio “C'è una corsa di duecento metri tra noi e loro, duecento metri per rendere il nostro generale orgoglioso di noi! Per il nostro re! Perché possa distruggere chiunque sia un pericolo per il nostro popolo! Per questa guerra maledetta che ci porta via le persone che amiamo!” i soldati sollevarono le spade verso il cielo rinvigoriti da quelle parole nate per dare speranza.
I fucili puntati fecero fuoco, Oscar corse in avanti seguita da tutti i suoi soldati, rideva, perfino da lì riusciva a vedere quel maledetto sorriso perché di colpo, era tornata l'ufficiale nato per comandare.
“Oh porca … cavolo Andrè, come … come la tiriamo via da lì?” “Non può farlo” sussurrò tremante “Non può ...” ma per quanto provasse a parlare, negli occhi aveva solo quell'immagine massacrante.
Correva assieme ai suoi uomini con la spada stretta nel pugno.
Un metro, un altro ancora, la vide rallentare leggermente mentre la pioggia di proiettili amici si infrangeva sulle barriere costringendo gli avversari a restare con la fronte schiacciata a terra.
Se non avesse smesso di correre forse quel piano folle avrebbe funzionato, sapeva bene che non sarebbe mai tornata indietro, arrendersi voleva dire essere dei vigliacchi, abbandonare il campo con la coda tra le gambe e a questo, avrebbe di certo preferito la morte.
Gli uomini nascosti in quel riparo fecero fuoco e i proiettili schizzavano nell'aria come farfalle impazzite, non avevano una destinazione precisa, niente bersagli ed era questo a terrorizzarlo.
Quei colpi sparati a caso aprivano buchi enormi nella carne, squarciavano divise e cuori ma a lei cosa importava? Continuava a correre urlando, caricando i suoi uomini fino a quella piccola fortezza.
Si mosse velocemente di lato aggirando l'entrata, un soldato con la divisa verde scuro si alzò da terra, probabilmente il comandate di quel piccolo drappello di uomini.
Lo vide sollevare la spada ma lei sorrise schivando il primo fendente e senza remora alcuna, piantò la lama nella gola del poveretto che aveva davanti rigirandola più volte nella carne viva.
Uno dopo l'altro i soldati raggiungevano quel piccolo drappo di speranza seguendo il loro comandante, quel comandante che usava la spada come mai aveva fatto prima.
La lama volava veloce nell'aria recidendo braccia, aprendo ferite, la vide girare velocemente su sé stessa fermando la spada di un soldato con la propria mentre la mano sinistra estraeva la pistola, la piantò sul cuore dell'uomo e senza staccare gli occhi dai suoi fece fuoco.
Il sangue schizzò violentemente sul suo volto costringendola ad indietreggiare di un passo ma quel sorriso era sempre lì.
Inchiodato alle sue labbra, ai suoi occhi, sentiva il suo dolore, perfino da così lontano sentiva quel grido disperato che nasceva dal cuore.
Mascherava ogni cosa per poter dimenticare, per rendere quell'assenza più leggera.
Nel caos che aveva attorno i pensieri sparivano, la rabbia prendeva il posto del dolore, la cattiveria riempiva lo sguardo e la vendetta chiedeva bruciante il proprio compenso.
Era arrabbiata con tutti, con il mondo, con sé stessa, con Christian per essere andato via e non si sarebbe fermata perché aveva trovato un modo per soffocare i pensieri, una via d'uscita atroce e violenta ma pur sempre una via d'uscita.
Uno dopo l'altro gli avversari caddero al suolo lasciando quel piccolo posto sicuro in mano a loro.
Gli occhi attenti del generale seguivano ogni passo della figlia, come un padre attento ai primi passi della sua creatura così lui studiava ogni movimento di Oscar come se fosse la prima volta, come se quello fosse per lei il battesimo del fuoco.
Teneva le redini tese, ogni muscolo pronto a scattare in caso di pericolo ma quando anche l'ultimo soldato cadde, si rilassò di colpo tornando a respirare “Non può … non può farlo” “Andiamo, andiamo a prenderla Andrè” “Non ti muovi da qui!” esclamò gelido piantando gli occhi nei suoi “Non farai un solo passo senza il mio consenso. Mia figlia al momento non ha bisogno di sciocche distrazioni. Quando finiremo di rafforzare l'avamposto la farò rientrare e potrai parlare delle tue sciocche chiacchiere ma fino ad allora ...” si fermò qualche secondo rafforzando la violenza dello sguardo “ … resterai qui e non muoverai un solo passo” “Voi siete pazzo” “Può darsi ma da pazzo riesco comunque a ragionare” strinse leggermente i fianchi del cavallo, l'animal sbuffò leggermente voltandosi dal lato opposto “Che … che facciamo?” domandò confuso Emile seguendo con lo sguardo il generale “Aspettiamo” “Aspettiamo?” “Le do mezz'ora, mezz'ora soltanto dopo di che vado a prenderla con la forza” lo sguardo tornò verso l'orizzonte e verso quel piccolissimo promontorio che le salvava la vita.

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Capitolo 60
*** Lei mi Confonde ***


                Lei mi Confonde




Aveva aspettato pazientemente, vederla camminare e parlare gli aveva in qualche modo restituito un briciolo di tranquillità.
“Signor colonnello, posso congratularmi con voi per la splendida vittoria ottenuta?” sollevò lo sguardo da terra, Emile al suo fianco lo scosse leggermente impaurito da quell'immagine diversa.
I suoi capelli erano coperti di polvere così come quella divisa meravigliosa, sul volto e sul collo il sangue di qualche povero soldato.
Stringeva ancora tra le dita l'elsa d'argento della spada ma quella lama gocciolava ad ogni passo “Sta tornando” mormorò sfinito “Andrè sta ...” “L'ho vista. L'ho vista d'accordo? Ho solo bisogno di respirare un attimo se no la prendo a schiaffi” ma quella paura e quel terrore sembrava non sfiorarla nemmeno.
Camminava tra le trincee, parlava con gli ufficiali di plotone, sentiva la sua voce, la sentiva ridere come se l'aver ucciso tutti quegli uomini non l'avesse toccata “Non è merito mio capitano. Fate i complimenti agli uomini, loro sono i veri eroi” “Siete troppo modesto signore” sorrise avvicinandosi all'uomo “Il generale?” “Sta firmando alcuni documenti. Volete che lo chiami?” la vide annuire leggermente ma lo sguardo si spostò d'improvviso su di lui.
Si alzò in piedi cercando di fermare il tremito delle mani ma più ci provava e più otteneva l'effetto opposto.
L'espressione confusa sul volto della ragazza lo fece sorridere.
Un passo, un altro ancora fino a lei, fino a quel volto stupendo che ora era il suo unico pensiero “Perché sei qui?” “Oh … questa è l'unica domanda che ti viene in mente?” esclamò gelido piantando gli occhi nei suoi “Non capisco cosa fai …” “Oscar!” eslcamò afferrandola per le spalle “Sei impazzita per caso? Sei scappata senza dire niente, senza … hai un'idea di quello che ho provato? Sono impazzito! Credevo fossi … sei svenuta e non mi è stato permesso nemmeno di vederti, ho saputo che eri partita con tuo padre per la guerra! L'ho saputo da mia nonna e non è esattamente il genere di cosa che …” “Sto bene” “Sei sconvolta!” “No!” indietreggiò di colpo liberandosi dalla sua presa “Quindi è questo che farai? Ucciderai chiunque si metta di fronte a te?” “Se questi sono gli ordini sì” “No! Tu lo fai perché sei arrabbiata, perché vuoi vendicare la morte di ...” “Non parlare di lui!” “Oscar” le sfiorò il volto togliendo quel sangue ancora vivo sulla sua pelle ma lei tremò violentemente “Amore mio non … non voglio vederti soffrire” “Allora avresti dovuto raccontarmi la verità!” “Secondo te perché non l'ho fatto?” “Ti sembro una bambina per caso! Non ho bisogno di prediche né di litigi! Non devi seguirmi ovunque, non hai più quest'obbligo” “Stai scherzando?” “Mi hai mentito! Mi hai nascosto questa cosa e lui è … E ora cosa vuoi da me? Vuoi chiedermi scusa? Vuoi portarmi a casa?” “Voglio solo ...” un debole sorriso gli sfiorò le labbra ma lei indietreggiò ancora, si sentiva male, confusa, spaventata da tutta quella situazione che ancora non riusciva a razionalizzare “ … voglio solo abbracciarti, ti prego Oscar, ti prego ho … ho solo bisogno di stringerti tra le braccia” la vide sospirare indecisa se muovere un passo verso di lui o restare immobile al proprio posto “Ho bisogno di stringerti e di sentirti respirare perché sei qui ora, davanti a me e continuo a pensare che tu sia solo un sogno! Ti sono corso dietro Oscar, ho cavalcato come un pazzo solo per poterti vedere, per poter respirare di nuovo e tu stai ...” un leggerissimo sorriso si dipinse sulle labbra mentre allargava sfinito le braccia “ … tu stai cancellando di colpo il ricordo di qualcuno che è stato importante per te. Non puoi farlo, non è così che funziona credimi, ci ho provato, ci ho provato e non è servito a niente” la giovane sospirò passandosi una mano tra i capelli, tremava ed era certo che fosse colpa dello sforzo appena sostenuto, della rabbia che ancora le scorreva in corpo e di quelle lacrime che non volevano uscire dagli occhi.
Un passo solo, un passo verso di lui ma la mano del padre si chiuse violentemente attorno alla spalla costringendola a respirare di nuovo “Padre ...” “Come stai? Come ti senti?” lo sguardo di Andrè corse al viso della ragazza e a quel pallore leggero che le colorava le labbra e che fino ad ora non aveva nemmeno visto “Bene, sto bene” “Sei stata molto brava. Quell'avamposto è un punto essenziale per la buona riuscita della nostra missione. Riceverai un encomio per questo” “Vi ringrazio signore” “Ora vai a mangiare qualcosa e riposati. La notte sarà tranquilla” “Non sono ...” “Sei sveglia da trentasei ore, non mi servono ufficiali stanchi” “Non sono stanca” “Sei una bugiarda” le scostò i capelli dal collo sospirando “Prima del riposo vedrai il medico” “Il medico?” ma la voce di Andrè sembrava improvvisamente frutto della fantasia, osservò confusa il volto del padre “Padre io sto ...” “Stai sanguinando” “Cosa?” si portò una mano al collo, le dita si tinsero di rosso mentre un sorriso portava via i pensieri “Oh, è solo un piccolissimo contrattempo” “Oscar ...” riprese il generale passandole un tovagliolo candido “ … Giulio Cesare che tarda di un giorno con la decima equestris è un contrattempo, se quello si infetta diventerà un problema enorme” “È un graffio” “Va comunque curato!” alzò leggermente gli occhi al cielo sospirando, sentiva lo sguardo del ragazzo su di sé, sentiva la sua preoccupazione ma non l'avrebbe mai guardato negli occhi né si sarebbe fermata troppo a lungo con lui perché era certa, che se l'avesse fatto probabilmente sarebbe scoppiata in lacrime e non poteva permetterselo, non ora, non in quelle condizioni.
Fece una fatica assurda ad allontanarsi da loro ma la voce di suo padre l'accompagnava nel vento “Prima o poi la mando a casa a calci” “Signore, ve ne prego, fatelo per il suo bene, posso anche rinunciare a ...” “Hai la più pallida idea di quanto mi confonda questa cosa?” ribatté gelido piantando gli occhi nei suoi “Mi preoccupo per lei, la tengo lontana da te e mi preoccupo di fartela incontrare perché è così maledettamente persa nel suo mondo, da non vedere il pericolo reale che corre” “E allora perché glielo permettete?” “Perché è l'unico modo che ha per far uscire il dolore” André sorrise scuotendo leggermente la testa “Non è così che potete aiutarla” “Non sei tu a dovermi dire cosa fare! Hai imparato il rispetto assieme a lei, vedi di usarlo!” ma prima che potesse rispondere quegli occhi di ghiaccio invasero ogni pensiero costringendolo al silenzio “Non è cambiato niente Andrè, le mie regole ci sono ancora e si inaspriranno nei prossimi mesi perché sciocchi si è in due! L'unico motivo per cui ti permetto di parlarle in mia presenza è quel cambiamento leggero che si porta dentro” “Cambiamento? Di cosa state ...” lo vide sorridere ironico, la schiena dritta, la mano stretta attorno all'elsa della spada “Dici di amarla, di non poter vivere senza di lei ma non ti accorgi di quella pallida luce che le colora lo sguardo!” “Signore, con tutto il rispetto ...” rise divertito da quelle parole senza senso “ … quello che vedo in lei è dolore, un dolore troppo grande per essere compreso da sola. Lotta contro sé stessa e combatte una guerra sciocca che non le appartiene” “Sai perché?” ribattè gelido “Ha promesso al duca che sarebbe tornata a casa, che non avrebbe mai rischiato la sua vita perché ora, in questo momento è più importante che mai. Ma quando ha chiuso gli occhi, quando ha sentito il suono leggero di quell'ultimo respiro la rabbia ha preso il sopravvento su ogni cosa, sui pensieri, sulle lacrime, sulle promesse. Mia figlia odia il mondo e quell'uomo che l'ha costretta a capire sé stessa” sospirò leggermente, gli occhi di Andrè studiavano continuamente il suo volto, non c'era paura né timore, in quel verde brillante vi era solo certezza e la forza di chi conosce bene il proprio amore.
“Ecco perché non torna a casa, ecco perché non posso costringerla. Fino a quando non comprenderà da sola il dolore per la perdita tremenda che sta sopportando, nessuno di noi la porterà via da qui” “La state condannando” “La sto aiutando. È una cosa molto paterna. Andrè se mi costringo a restare calmo e a parlare in modo civile è solo per merito di mia figlia” “E credete non lo sappia?” “Le ho fatto una promessa e intendo mantenerla ma non voglio più averti tra i piedi. Sono stato chiaro?” non rispose, non si mosse nemmeno. Si limitò a sorridere sfidando ancora una volta un padre troppo protettivo, un padre troppo orgoglioso per ammettere che vederla felice, era la cosa più bella del mondo.

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Capitolo 61
*** Avevi detto per Sempre ***


        Avevi detto per Sempre





Fece un bel respiro ricacciando indietro quella nausea violenta che per tutto il giorno si era presa gioco di lei.
Lo straccio si tinse di rosso, il sangue sul suo collo scomparve lasciando solo i margini netti di un leggerissimo taglio, un'inezia, una sciocchezza eppure per suo padre, quel graffio era una ferita enorme.
Immerse di nuovo le mani nell'acqua fresca del catino assaporando il dolce refrigerio che sfiorava la pelle, si sentiva stranamente debole, come se d'improvviso potesse cadere al suolo, come se tutta la forza del suo giovane corpo venisse meno da un momento all'altro.
Per una settimana intera si era persa nella guerra, negli ordini diretti di suo padre, negli scontri armati e quei lunghissimi attimi di silenzio erano spariti ma ora, ora che la notte sfiorava il cielo come sarebbe sopravvissuta? Chiuse gli occhi afferrando con entrambe le mani i bordi del mobiletto … “Ti hanno mai detto che sei troppo veloce?” “Sempre, mio padre lo ripete da quando sono bambina” “E questo non ti fa pensare a nulla?” sorrise divertita abbassando la spada “Vai troppo veloce Oscar. Pensi a troppe cose insieme e ancora non capisco come puoi respirare e muoverti normalemente come tutti noi. Io sarei già impazzito” “Solo un po' di allentamento” ma il giovane socchiuse gli occhi “Tuo padre ha creato qualcosa di unico e raro” “Che stai ...” “Sei forte, decisa, terribilmente intelligente e molto educata. Suoni il violino, il pianoforte, sei elegante e raffinata e colta, sei una donna bellissima eppure sei priva di quell'odiose dote che hanno tutte di creare pettegolezzi e ciarlare di sciocche frivolezze. Sei perfetta, lo sai vero che sei un'essere raro?” “Tu sei pazzo” “La tua mente ragiona ad una velocità impressionante, sono certo che sapresti recitare la mia poesia preferita in latino e inglese combattendo con me e rispondendo alle domande di tuo padre” “Non è così che hanno addestrato anche te?” “Saresti una madre stupenda” “Sicuro di non aver bevuto troppo a pranzo?” “Provo ad essere serio, come mai non mi lasci mai finire un discorso serio?” “Perché se fosse serio inizierebbe diversamente” “D'accordo, questa te la concedo” la vide ridere esibendosi in un leggerissimo inchino “Ma questo non toglie nulla al fatto che saresti meravigliosa” sorrise divertita sollevando di nuovo la spada davanti al volto … una lacrima scivolò via dagli occhi mentre il respiro si spezzava di colpo.
Strise più forte le dita attorno al legno cercando di rallentare i battiti violenti del cuore, la testa pulsava e tutto attorno a lei giravano cose, oggetti, fantasmi … “Credi che esista davvero il paradiso?” si voltò stupito verso di lei “Si insomma, credi che le anime finiscano davvero in un posto migliore?” le sfiorò una mano sorridendo. L'erba fresca sotto di loro era un cuscino meraviglioso e il cielo un quadro di stelle dove i loro occhi vagavano indisturbati “Credo che il paradiso possa essere ovunque ci sia amore. Non è necessario morire per vedere la dolcezza di Dio” “E se il mio paradiso fosse lui?” “Andrè?” annuì leggermente chiudendo qualche secondo gli occhi “Se fosse lui l'unico motivo per cui vivo e respiro?” “Allora hai trovato il tuo paradiso contessa” “E tu?” “Io?” si voltò verso di lui, i capelli scivolarono sulle guance perdendosi nella delicatezza del collo e quegli occhi tanto belli gli tolsero il respiro “Io ho trovato il mio angelo” si voltò su un fianco sfiorandole le labbra con le dita “Un angelo testardo e folle che mi ha sconvolto la vita” il suo sorriso riempì la notte mentre gli occhi giocavano tra loro “Ho un angelo custode contessa, se lo prendete in giro vi punirà” “Allora lotterà contro il mio angelo custode” “Ne avete uno?” domandò divertito “Oh sì, ne ho uno con bellissimi occhi verdi e un caratteraccio impossibile da sopportare” “Non ho un caratteraccio” esclamò tornando a fissare il cielo “Ma ho stupendi occhi verdi e sì, sarò per sempre il tuo angelo custode” … un altro respiro per cercare di sopravvivere a tutto quel male ma le lacrime erano troppe, il peso di quell'assenza troppo grande da sopportare.
Cadde in ginocchio stringendosi la testa tra le mani “Per sempre” mormorò tremante “Avevi detto per sempre” ma il silenzio gelido non può donare nessun sollievo.
Sola in quella notte scura piangeva un uomo che non avrebbe mai dimenticato.


“Quanti uomini?” “Cento venti” “D'accordo” “Signore” si voltò verso l'entrata incontrando gli occhi della figlia “Quali sono gli ordini?” “Lasciateci” gli ufficiali attorno a loro annuirono lasciando uno dopo l'altro la loro presenza.
“È successo qualcosa?” “No, no niente di preoccupante” “E allora cosa ...” “Devi tornare a casa” “Vi ho già detto che non me ne andrò da qui!” “Sei sotto il mio comando, sono superiore a te per grado e sono tuo padre” “Voi non potete ...” “Mi hai reso il padre più orgoglioso del mondo. I tuoi movimenti in battaglia sono perfetti, la tua tecnica nel combattimento superba. Sei stata mia allieva, conosco ogni tuo limite e tu l'hai oltrepassato rendendomi piacevolmente colpito. Sei tutto quello che un padre possa desiderare, l'erede perfetto ma ...” strinse le mani attorno alle spalle della figlia cercando il suo sguardo “ … basta così Oscar, non hai più niente da fare qui” “Vi prego, vi prego non costringetemi a pensare di nuovo” “Che padre sarei se ti aiutassi a dimenticare? Devi affrontare tutto quello che la vita ti mette davanti” “Compreso l'amore?” ribattè gelida “Ti ho già detto più di una volta che rivolgerti a me così non ti mette al sicuro” “Avete iniziato voi!” “Non sei nella posizione più adatta per ...” “Cosa? Per amare, per vivere o per sopravvivere? Perché sto facendo tutte e tre le cose assieme ed è faticoso padre” si sciolse dal suo tenero abbraccio indietreggiando di un passo “Sono scappata, vi ho seguito credendo di poterlo salvare e non l'ho fatto. È morto davanti a me, è morto stringendomi le mani e mi ha costretto a piangere e ...” rise camminando nervosamente per la stanza “ … e l'uomo che amo mi è corso dietro terrorizzato dall'idea di potermi perdere e forse è così, forse mi ha perso perché non c'è più niente di me in questo giovane ufficiale. L'ho letto nei suoi occhi, ho letto la paura, il terrore di guardarmi e scoprire che ero un'altra ...” “Sei sempre te stessa” “ … ho letto la malinconia nei suoi gesti, la rabbia per non essere riuscito a fermarmi ma non volevo essere fermata, volevo solo …” “Scappare?” domandò appoggiandosi al legno scuro della scrivania, lo sguardo della ragazza si fece improvvisamente più limpido “Volevi scappare da te stessa, da un amore che forse nemmeno ti merita” “Ho scelto io il mio amore!” “E te l'ho impedito?” ma lei non rispose “Stai scappando da ogni cosa che ti ricorda Christian. Scappi dalla tua vita, scappi da Andrè perché il colore dei suoi occhi ti confonde! Mi aspettavo una reazione diversa Oscar, quando sei stata male è venuto da me ad implorare per poterti vedere, gli ho negato anche questo semplicissimo piacere eppure non è servito. È venuto fino a qui incurante dei pericoli e credevo che mi avresti disobbedito, che saresti scappata via con lui e invece ...” si fermò qualche secondo sospirando “ … e invece sei rimasta qui” “E voi che scusa avete?” “Cosa?” “Perché non mi avete raccontato la verità dall'inizio?” gli occhi erano piantati nei suoi, lo sguardo non si abbassava, non si arrendeva al suo e non indietreggiava, dopo tutto, l'aveva cresciuta lui così, di cosa si stupiva ora? Fece un bel respiro riordinando le idee “Saresti scappata a cavallo, di notte, senza la copertura dei miei uomini. Avresti urlato e maledetto il cielo e avresti trascurato la tua salute. Puoi arrabbiarti con me, puoi urlarmi contro o prendermi a pugni non mi importa, ma non accetto reprimende sull'averti tenuta all'oscuro solo per proteggerti” “Se l'avessi saputo prima forse io ...” “L'avresti salvato?” “Voi non potete saperlo!” la nausea salì violenta costringendola a sussultare, si portò una mano alle labbra chiudendo gli occhi. Il volto del generale si colorò di dolcezza ma il suo sguardo tradiva quella finta emozione appena scoperta “È passato?” “Non è importante” “Sono d'accordo, ma proprio perché non è importante tornerai a casa assieme ai miei uomini!” “Non potete farlo!” “Ti avevo chiesto una cosa Oscar, una sola stupida cosa ed ero stato chiaro sulle conseguenze che avrebbe avuto sulla nostra famiglia, su di me e su di te!” “Padre io non … è stato un errore e non so cosa ...” “Non sai cosa fare?” continuò gelido piantando gli occhi nei suoi “Evidentemente le reprimende delle notti scorse non sono servite!” “Credete davvero che voglia offendervi?” “Non ti incolpo di nulla, trovare motivazioni valide per prenderti a schiaffi è semplicissimo, ora più che mai. Mi hai deluso Oscar e questo va di pari passo con l'orgoglio che provo e che ho provato in questi giorni. Non ti ho protetta a dovere ma ora ...” si fermò qualche secondo sospirando, gli occhi si abbassarono e lo sguardo si perse da qualche parte lontano da lei e da ogni suo pensiero “ … ora ho la possibilità di rimediare. Partirai subito” “No, no padre non accadrà” “Vuoi scommettere con me?” il tono della voce si alzò di colpo mentre stringeva più forte la spada con la mano destra “Ti ho insegnato il rispetto! Ti ho insegnato cos'è l'onore! Ora sei qui davanti a me e sei così concentrata su te stessa da non vedere il dolore degli altri!” “Il vostro?” ribattè ironica “Quello dell'uomo che chiami amore!” “E a voi cosa importa?” “A te importa ancora qualcosa?” si fermò di colpo mentre le parole del padre invadevano ogni angolo dei pensieri “Non rispondi? Eppure dovrebbe essere semplice, dovresti dire: certo che mi importa padre!” “Non ho bisogno di dirlo, sapete già che è così” “E lui lo sa?” “Mi avete spinto voi tra le sue braccia, mi avete lasciata libera di scegliere e ho scelto Andrè!” “Non mi stavo riferendo all'amore!” urlò piantando gli occhi nei suoi.
Era agitato e faceva una fatica tremenda a trattenere la rabbia, lo vedeva nei suoi occhi, nel tremito leggero che avvolgeva le sue mani, conosceva bene quel tremito, di solito appariva prima di una punizione “Hai due strade davanti a te: torni a vestire la tua uniforme, diventi di nuovo quello splendido ufficiale che ho visto in questi giorni oppure, torni indietro, chiedi scusa per la tua idiozia a quell'uomo innamorato e vivi la tua vita” “Me lo permetterste davvero?” ma bastò quell'unica espressione del volto per farla sorridere “Probabilmente hai ragione, non ti permetterei mai di scappare con lui né di sposarti con lui ma l'amore te lo concedo. Ti ho fatto una promessa e intendo mantenerla, in questo frangente più che mai ma è bene che tu sappia, che qualsiasi cosa tu scelga questo piccolo problema, come continui a chiamarlo tu, avrà conseguenze enormi!” “Conseguenze che appartengono soltanto a me” esclamò gelida sostenendo los guardo di suo padre “Fino a quando non risolveremo questa cosa, la tua vita diventa improvvisamente il gioiello più prezioso che possiedo. Non che prima non lo fosse ma adesso diventa una priorità” si alzò dalla scrivania raggiungendo la figlia “Ti aiuterò in ogni cosa che farai ma se sfidi ancora la mia pazienza ogni privilegio verrà revocato, tu tornerai a Parigi e Andrè verrà mandato lontano da qui. Le scelte le prenderò io e tu sposerai un uomo per bene, un nobile che darà lustro e onore alla nostra famiglia” “Cosa?” “Sono stato chiaro?” “Non sono più una bambina! Smettetela di trattarmi cosme tale!” lo vide tremare leggermente sconvolto da quella risposta inattesa “Smettetela di preoccuparvi per me, di chiedervi continuamente se sto bene, se mangio o dormo! Smettetela di giocare con la mia vita perché non sono un burattino!” il generale sorrise avvicinandosi a lei “Allora, sono stato chiaro?” un debolissimo cenno della testa, un si sussurrato con fil di voce, gli occhi del padre diventarono di nuovo quelli di sempre “Ora fuori di qui. Vai a cambiare l'uniforme e preparati a partire!” inspirò a fondo cercando di ignorare il tremito leggero che si stava portando via ogni cosa ed uscì da quella tenda lasciando solo suo padre nel silenzio.

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Capitolo 62
*** Il mondo in un Secondo ***


       Il mondo in un Secondo





“Perché lo stiamo facendo?” “Perché non mi darebbe mai la possibilità di parlare. Ha bisogno di tempo e io non faccio parte di quel tempo” “Sei sicuro?” si voltò verso l'amico e lo vide sorridere “Dovresti andare da lei amico mio, ha bisogno di te” “Fino a quando non è pronta non ...” “Beh, se aspetti ancora un po' ho idea che dovrai seguirla per evitare che finisca da qualche parte isolata nel bosco” “Cosa?” indicò al giovane un punto alla loro destra, dove alberi e terra si incontravano e dove una giovane sfinita dalla battaglia camminava isolata dal mondo.
Lasciò le redini del cavallo in mano all'amico e la seguì silenzioso tra gli alberi.
Il silenzio sembrava più pesante, non c'erano armi in quel mare verde né fucili puntati.
Quel bosco sicuro dietro alle linee del loro esercito era diventato d'improvviso il suo posto preferito.
Sola, lontano dal caos, dalle urla e dal sangue, lontano da tutti ma così vicina ai propri pensieri, forse troppo vicina.
Si fermò accanto ad una quercia con il tronco spaccato, sfiorò con le dita il bordo sanguinante della pianta soffermandosi di tanto in tanto sulla dolcissima ruga del legno.
Quello squarcio aperto assomigliava in modo impressionante alla ferita che le bruciava nel cuore, strinse più forte il pugno sul legno permettendo alle lacrime di fluire senza più alcun ostacolo “Non devi nasconderti” tremò leggermente voltandosi verso quella voce apparsa dal nulla “Non devi nasconderti per piangere” “Perché mi segui?” “E tu perché continui ad evitarmi?” “Perché mi hai mentito” “L'ho fatto per te!” “Ti ho chiesto così tante volte se c'era qualcosa che non andava, ti ho chiesto se mi mentivi se … e tu non hai mai detto niente, mi hai guardata negli occhi, mi hai detto che mi amavi così tanto e ...” “Non è cambiato nulla Oscar” sollevò leggermente la mano ma si bloccò a mezz'aria terrorizzato dal poterla anche solo sfiorare “So cosa stai provando” “No, tu non sai nulla!” il giovane sospirò lasciando cadere la mano nel vuoto “Forse hai ragione, forse non ti capisco, forse non capisco il dolore che provi. Eri legata a lui, era diventato importante per te e io ...” si passò una mano tra i capelli cercando di sorriderle ma quegli occhi di ghiaccio toglievano il fiato.
Nasconderle le cose non faceva altro che massacrarla dentro, in fondo parlare era semplice, fece un bel respiro rilassando ogni muscolo “ … io ero geloso di lui” Oscar tremò leggermente stringendosi nelle spalle “Vedevo il sorriso che nasceva sulle tue labbra ogni volta che mi parlavi di lui, vedevo la felicità che traspariva dai tuoi occhi, la serenità che ti donava quando passavi del tempo con lui” “Credevi davvero che io potessi … credevi che fossi innamorata di lui?” “Non lo eri?” “Stai scherzando?” sorrise commosso da quello sguardo pieno di lacrime che cercava in lui soltanto risposte “Lui è stato la persona più vicina al tuo cuore per mesi. Ti amava, ti amava così tanto Oscar ...” “Smettila” “ … ti amava come chiunque abbia mai incontrato il tuo sguardo” “Smettila!” l'afferrò per le mani tirandola in avanti, le braccia si chiusero attorno al corpo esile impedendole di scappare, impedendole di muovere un solo passo “Lasciami andare!” “Non puoi cambiare le cose, non puoi salvarlo” “Ti prego lasciami” quella supplica nel pianto gli fermò il respiro, le lacrime esplosero violente mentre stringeva tra le braccia il suo amore “Ti ha lasciato, l'ha fatto Oscar, ha sofferto per questo addio ma ti ha sorriso, sono sicuro che l'ha fatto. Non è uccidendo che lo riavrai indietro, non è correndo verso quel fuoco che lo renderai felice” “Andrè … ti prego, ti prego lasciami … ti prego non parlare” “Perché? Perché altrimenti affronteresti la realtà?” sentì ogni muscolo di quel corpo perfetto tendersi nel tentativo di liberarsi, rafforzò la presa attorno ai suoi fianchi inchiodandola a sé “Respira” il pianto violento che le spezzò il fiato lo costrinse a chiudere gli occhi, pregava il cielo affinchè quel dolore violento passasse, affinché si assopisse almeno per qualche minuto concedendole di respirare.
“Amore mio ...” seguì con la mano la linea della sua schiena fino a quei riccioli delicati, le dita si strinsero attorno al collo tirandola dolcemente indietro “ … amore mio devi respirare” “Non … non ci riesco” “Si che ci riesci” tremava, piangeva, cercava con tutte le sue forze di tornare ad essere la stessa di sempre, aveva davanti l'unica persona in grado di aiutarla eppure non riusciva nemmeno a tradurre le sue parole in movimenti.
Era persa in quegli occhi verdi come il mare, in quelle lacrime che gli scorrevano sul volto e nel tocco caldo delle sue mani “Ti prego amore mio, ti prego devi respirare” posò la fronte sulla sua chiudendo gli occhi, le labbra così vicine da poterle quasi sfiorare.
Faceva un fatica terrificante a restarle lontano, a rispettare quella sottile distanza che si era imposto perché aveva bisogno di lasciar uscire tutto il dolore, aveva bisogno di restare sé stessa per qualche minuto ancora.
Sentì le sue mani posarsi sul petto, quel tremito leggero toglierle il fiato mentre prendeva da lui tutta la forza di cui aveva bisogno.
Sarebbe rimasto immobile così fino a quando lei ne avesse avuto bisogno, minuti, ore o anni interi, non importava, non si sarebbe mosso.
Le sfiorò le labbra con un dito seguendone i contorni, gli occhi della ragazza si aprirono dolcemente togliendogli il fiato.
Era così bella, così tenera e indifesa, l'acqua che viveva in lei era irrequieta e volubile, improgionata da ciglia lunghe e perfette eppure, leggeva in quella tempesta l'urlo disperato del cuore.
Con le dita scostò i capelli dal suo volto imprigionandoli in dolcissime ciocche, muovendoli come il vento leggero mentre il suo respiro tornava lentamente lo stesso di sempre.
Non era facile restarle accanto perché lei era troppa vita per un comune essere umano ma era la sua troppa vita, apparteneva a lui, amava lui e questo cancellava ogni altra preoccupazione.
La mano della giovane scivolò leggera sul suo petto salendo fino al collo, sentiva il tocco bollente delle sue dita sulla pelle mentre i suoi occhi si fondevano al verde del mare, si chinò leggermente in avanti sfiorando le sue labbra con le proprie, restando immobile in quell'attimo sospeso nel tempo.
Era un bacio delicato, un bacio pieno di timore, di paura e preoccupazione, un bacio avventato ma i buoni propositi erano spariti, averla così vicino cancellava di colpo ogni altro pensiero.
Sapeva che prima o poi quell'incanto si sarebbe spezzato perché soffriva troppo per poterlo sopportare ma le labbra della ragazza si schiusero dolcemente accogliendo il suo calore.
La strinse più forte tra le braccia perdendosi in quel bacio che diventava ogni secondo più profondo, si colorava di violenza, di bisogno soffocato fino a costringerli a respirare, perché la necessità violenta di aria si intromise egoista tra le loro labbra.
Chiuse gli occhi senza muoversi, immobile, con la fronte posata alla sua, il sapore delle lacrime sulle labbra e un cuore spaventato stretto tra le braccia, un cuore che si abbandonava alle sue carezze piangendo, buttando fuori tutto il dolore che stava mascherando.
“Mi sei mancata, mi sei mancata da morire ...” sollevò il volto incontrando il cielo “ … e so che questo è un errore, costringerti a dimenticare è un errore ma non posso più restare così lontano da te Oscar. Non posso passare ore fuori da quel cancello a pregare, a chiedermi se respiri, se una volta sveglia cercherai il mio volto” “È di questo che hai paura?” annuì leggermente sospirando “Andrè ...” la mano della giovane stretta attorno al suo viso si mosse dolcemente costringendolo ad abbassare lo sguardo “ … io non … non ti lascio. Non smetterò mai di cercarti né di amarti solo ...” una lacrima scivolò via dagli occhi poi un'altra e un'altra ancora “ … ho solo bisogno di un po' di tempo perché ho perso qualcuno di importante” “Lo so” “L'ho perso, mi ha lasciato sola e ora io … ora cerco di riordinare i pensieri e non ci riesco” “Oscar, andiamo guardami” “Non riesco a pensare, non riesco a parlare o a muovermi senza che lui mi torni in mente. Gli ho fatto una promessa sai? Gli ho promesso che avrei perdonato ma non capisco cosa devo … non l'hai fatto per me?” ma lo sguardo preoccupato del ragazzo la fece tremare leggermente “L'hai fatto per me non è così?” “Per proteggerti amore mio” “E ci sei riuscito?” sospirò mordendosi leggermente le labbra mentre scioglieva quell'abbraccio “No, no Oscar, non credo di esserci riuscito. Era questo che mi terrorizzava, vederti in lacrime, vederti soffrire e cambiare per l'ennesima volta” “Sono sempre la stessa” “No amore mio” mormorò sfinito “Sei cambiata, l'hai fatto senza nemmeno accorgertene e sono arrabbiato con me stesso per non essere riuscito ad impedirlo” “Andrè io ...” “Torna a casa con me” “Cosa?” “Torna a casa con me, non hai niente da fare qui” la vide indietreggiare di qualche passo, le braccia strette attorno al ventre, il respiro leggermente accelerato e gli occhi persi chissà dove “Non è con la guerra che lo riporterai da te. Non è dimenticando te stessa che ricorderai lui. Ti prego, ti prego amore mio torna a casa con me” “Se torno, se lascio che il tempo dimentichi per me io … io come posso ...” “Oscar?” “ … come posso respirare?” “Ehi” la strinse per le spalle bloccando quel giramento di testa che l'aveva costretta a indetreggiare di colpo “Guardami, andiamo amore mio guardami!” “Sto bene” “No, no tu non stai bene” “È solo … a volte mi capita ma va tutto bene” “Perché mi prendi in giro?” per la prima volta su quel volto di perla apparve un sorriso, era leggero e quasi invisibile eppure era lì “Hai bisogno di vedere il medico” “So già cosa mi dirà” “Allora lo sapremo in due, perché per ora, farmi diventare matto con tutti questi silenzi non è bello” la strinse più forte tirandola dolcemente in avanti ma lei si sottrasse a quel tocco leggero “Che stai ...” “Non ho bisogno … ho già visto il medico, tre giorni fa e da allora, non fa altro che ripetermi sempre la stessa cosa” “Che sei una sconsiderata?” “Che sono incinta” il cuore manco un colpo, quelle tre parole risuonavano nel cervello cancellando tutto quello che di vivo era attorno a loro. Tutto cambiava, tutto spariva e riappariva rovesciato in quell'unico secondo che gli aveva appena tolto il respiro.





 

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Capitolo 63
*** Un motivo per Amarti ***


       Un motivo per Amarti




Non era più nemmeno certo di respirare ancora, tutto quello che riusciva a vedere erano le use labbra che si muovevano, probabilmente ne uscivano parole ma più si sforzava di capirlo e più tutto diventava confuso.
“Sei … tu sei ...” “Aspetto un bambino” sussurrò stringendosi dolcemente nelle spalle “E sono terrorizzata André perché non so cosa devo fare, non so come muovermi o cosa dire per ...” “Oscar” “Mio padre è così arrabbiato con me! Fa fatica perfino a guardarmi e vedo nei suoi occhi la delusione, la paura e l'amore e se non mi ha ancora ucciso è solo perché sto … perché sono così maledettamente debole!” “Oscar!” la strinse violentemente per le spalle, i suoi occhi spauriti così vicino, così puri “È vero?” “Cosa?” “Guardami negli occhi e dimmi che è vero” ma quel silenzio bastò come risposta “Oddio amore tu sei ...” “Una delusione, sono una delusione per moi padre, per Christian, per i miei uomini!” “Io non ti basto!” urlò spingendola contro il tronco della quercia.
Tremava, sentiva il suo respiro accelerare, i suoi occhi si riempivano di terrore mentre la presa attono alle spalle diventava sempre più forte “Non ti basto più Oscar?” “Lasciami andare” “No!” la strinse più forte costringendola a sollevare lo sguardo “No, non ti lascio andare da nessuna parte, non puoi scappare perché adesso non puoi più scegliere da sola!” “Lasciami! Mi fai male Andrè!” “Per questo sei svenuta? Da quanto lo sai?” “Questo non cambia niente” “Da quanto lo sai!” silenzio, solo uno sciocco silenzio che lo faceva arrabbiare più di ogni stupida parola “Non mi hai detto niente” “Non potevo farlo” mormorò terrorizzata “Non potevi? Questa non è una sciocca scelta su quali vestiti indossare o cosa fare durante il giorno. Questo è nostro figlio, il nostro amore che diventa carne e fiato e invece che parlare con me, sei scappata e ...” “Cosa sarebbe cambiato!” “La mia vita!” urlò mentre le lacrime esplodevano violente “Se tu me ne avessi parlato ora di tuo padre, delle sue decisioni, di questa guerra non me ne fregherebbe niente! Ti avrei protetta, ti avrei tenuto il più lontano possibile da questo dolore e non ti avrei permesso di piangere di nuovo” “ Costringendomi a dimenticare?” “Credi davvero a quello che dici?” “Non so più cosa credere, non so chi ascoltare o come … sono stanca Andrè, sono sfinita e sopravvivo cercando di trovare il mio posto nel mondo, provo a mettere ordine ma ogni volta che faccio una scelta accade qualcosa e tutto si confonde più di prima!” “Non è difficile Oscar” sussurrò cercando il suo sguardo “Mi ami?” “Cosa?” “Mi ami o no!” “Andrè io non … ti prego, ti prego lasciami” “Ti ho chiesto se mi ami ancora!” sentì quel tremito violento sotto le mani, il corpo della giovane che si abbandonava dolcemente nel vuoto.
Le mani scivolarono sui suoi fianchi tirandola verso di sé, la testa si reclinò dolcemente indietro, le braccia abbandonate nel vuoto.
“Guardami, ti prego apri gli occhi” scivolò sull'erba stringendola tra le braccia, sfiorava il suo volto con le dita, era freddo e terribilmente pallido, gli occhi chiusi e quel respiro leggero che accompagnava il silenzio “Oscar” le labbra si posarono leggere sulle sue mentre il cuore batteva all'impazzata, non sapeva cosa fare, come toccarla o muoversi perché era debole, più debole di quanto avesse potuto immaginare “Oscar ti prego, apri gli occhi” le ciglia si mossero leggermente e quell'azzurro stupendo gli diede il benvenuto “Ehi” le sorrise giocando con i suoi capelli “Avanti, guardami amore mio” “Cos'è …” “Sei svenuta” “È già accaduto” “Si, ma ora vedremo il medico” strinse le mani attorno ai suoi fianchi alzandosi da terra “Come va? Come ti senti?” “Confusa” sussurrò aggrappandosi alle sue spalle “Non sforzarti, ti porto io” la sollevò da terra stringendola ancora più forte, avrebbero visto il medico e l'avrebbero fatto subito perché ora, aveva un motivo in più per vivere di lei.

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Capitolo 64
*** Figlio del Caso ***


                        Figlio del Caso




“Quando è accaduto?” “Mezz'ora fa circa” sussurrò lasciandosi muovere dalle mani del medico, Andrè al suo fianco restava in silenzio, con le braccia conserte e lo sguardo che seguiva ogni movimento dell'uomo.
Le sfiorava il collo, le spalle, guardava quegli occhi tanto belli per riuscire a capire quale fosse la causa di quel pallore “Vi ho già detto che dovete tornare a casa e prendervi cura di voi stessa, ora più che mai” “Sto bene” “L'avete detto anche tre giorni fa e mi siete svenuta sulla scrivania tagliandovi il polso con il mio catino di ceramica” “È stato un'incidente” l'uomo sbuffò alzando gli occhi al cielo mentre le slacciava la camicia “Forse voi dovreste uscire signore” “No, no fate pure” “Signore vi prego ancora una volta di lasciare questa sala” “Non importa” sussurò Oscar “Lasciatelo restare” “Come volete” scoprì le spalle della ragazza tirando indietro la seta preziosa “Come ve li siete fatti?” “Cosa?” sussurrò confusa “Questi segni sulle spalle” si guardò leggermente le braccia salendo con lo fino a quelle linee rosse impresse a fuoco sulla pelle candida “Oh … niente, segni della battaglia” “Vediamo un po'” sussurrò il medico avvicinando il volto al suo braccio “Arrossati, margini netti, questa vostra battagli aveva per caso cinque dita?” “Ora osate troppo signore” “Perdonatemi conte ma sono un medico, so riconoscere il segno di una mano sul corpo, quell'impronta è ancora più maracata se è un corpo delicato come il vostro” “La cosa non vi riguarda” “No, ma riguarderà vostro padre quando entrerà qui dentro urlando, sapete che accadrà, trovate una scusa valida” non rispose, si voltò leggermente verso Andrè cercando nel suo sguardo una qualche risposta ma vi leggeva soltanto confusione.
“Dunque, gli svenimenti sappiamo da cosa sono causati e così anche il poco appetito e le nausee ma questo pallore continuo non mi piace” “Sta bene dottore?” sussurrò il giovane ma l'uomo non rispose, si limitò ad annuire leggermente continuando a studiare il volto di Oscar “Non sembra esserci nulla fuori posto nella vostra salute, il vostro fisico è sano nonostante la malattia passata, il che se mi permettete, è un miracolo” “Ho sentito ripetere questa cosa troppo spesso dottore, sono stanca di tutte queste parole” “Purtroppo sono solo parole quelle che riceverete da me, non vedo alcun motivo per darvi medicine, niente di niente. Quello che posso prescrivervi è solo un po' di riposo e dovete mangiare di più, molto di più che semplice frutta e pane se volete provvedere ai fabbisogni vostri e del ...” “Basta così” Andrè sorrise mestamente abbassando qualche secondo lo sguardo “Come volete conte, ma per quanto vi ostiniate a negarlo, c'è una piccola vita che cresce in voi e ha diritto a tutte le cure necessarie” non rispose, non si mosse nemmeno, sentiva lo sguardo di Andrè percorrerle il volto, la preoccupazione che scorreva violenta dai suoi gesti e la gioia, che nonostante tutto era impressa nel suo sguardo, in quel modo silenzioso di starle accanto.
Rumore di passi, passi che conosceva bene, avrebbe potuto riconoscere suo padre tra milioni di persone solo per il suo modo di camminare.
La porta si aprì violentemente sbattendo contro il muro “Signor generale” “Che diavolo è successo?” domandò preoccupato avvicinandosi alla figlia “Padre, voi non dovreste ...” “Oh per favore! Credi che le fasce mi sconvolgano? Sei mia figlia, ti ho visto così molte volte” si voltò verso il medico rafforzando il gelo del proprio sguardo “Allora dottore?” “Non è accaduto niente di preoccupante signore. Vostra figlia ha avuto un mancamento” “Di nuovo” mormorò ironico cercando lo sguardo della ragazza “Tutto quello che posso fare è prescriverle riposo e basta” “Avete sentito? Sto bene” “Ancora? Io starei molto attento se fossi in te, te l'ho già detto Oscar!” sorrise alzando gli occhi al cielo mentre l'espressione di suo padre si induriva sempre di più “Cosa sono?” “Cosa?” domandò confusa, sentì la mano del padre stringersi al suo polso sollevando lentamente il braccio “Questi segni cosa sono?” “Uno sciocco incidente” “Uno sciocco incidente? Sei davvero convinta di questa risposta idiota?” “Ma se voi ...” “Io sono arrabbiato da morire con te!” urlò picchiando con forza il pugno sul tavolo, il medico sussultò avvicinandosi alla ragazza “Signore forse … insomma, non è accaduto niente di grave, se questo bravo giovane non l'avesse accompagnata qui probabilmente ora nemmeno lo sapreste” gli occhi del generale incontrarono di colpo il volto di Andrè.
Non si era nemmeno accorto di lui, era rimasto in silenzio, lontano dalle sue parole, dalla sua dannata rabbia “Che ci fai qui!” “Il motivo mi sembra ovvio signore” Oscar infilò di nuovo la camicia allacciandola velocemente sul seno “Lei non è una cosa che ti appartiene!” “Sbagliate signore, in lei vi è qualcosa che appartiene al mio sangue, al mio respiro. Non me ne vado da qui, non pensate nemmeno di potermi costringere!” “Tu non hai alcun diritto su quel bambino!” quella frase risuonò violenta nel silenzio, il medico sospirò passandosi una mano in volto mentre il ragazzo che aveva di fronte faticava a trattenere la rabbia “Non hai alcun diritto su mia figlia e su quel nipote che non ho mai voluto!” la mano di Oscar si chiuse di colpo attorno al polso del padre costringendolo a guardarla negli occhi “Io non sono un diritto di nessuno! Non appartengo a nessuno e nemmeno questo nipote che tanto odiate!” fece un bel respiro cercando di controllare il battito del cuore “Non voglio litigi né minacce ...” mormorò piantando gli occhi sul volto di Andrè “ … non voglio essere costretta a scegliere!” “Così è questo che farai?” domandò gelido il generale liberando la mano “Perderai l'onore e il titolo per una sciocchezza? Perché è di questo che si tratta!” uno schiaffò colpì violentemene il volto della giovane, Andrè scattò in avanti ma le mani del medico lo trattennero al proprio posto “Hai disonorato tuo padre, hai coperto di ridicolo la tua famiglia Oscar! Ho passato le ultime tre giornate a tentare di accettare le tue scelte, che vita darai a questo bambino? Quando lo guarderanno con disprezzo per le strade additandolo come bastardo cosa farai!” un altro schiaffo la colpì d'improvviso, si aggrappò al mobiletto di legno cercando di non cadere sotto quei colpi che facevano più male che mai e non era dolore fisico, no, quello poteva controllarlo, era il dolore più violento del mondo, quello del cuore.
“Hai pensato a tua madre? È la prima dama di compagnia della regina, cosa accadrà ora!” urlò il padre sollevando di nuovo la mano “Non la toccate!” “Calmati ragazzo” “Se non mi lasciate andare adesso giuro che vi ammazzo dottore, lo faccio, ve lo giuro!” “Morirai! Ti ucciderà con piacere, credi sia nato ieri?” lo afferrò per le spalle costringendolo a distogliere lo sguardo da lei “Non mi ci è voluto molto per capire di chi fosse quel bambino. Tra voi c'è un muro di silenzio pieno d'amore, perché credi sia così arrabbiato?” sentì il rumore dello schiaffo spargersi nell'aria, si voltò terrorizzato ma restò senza fiato.
Oscar era immobile davanti a suo padre, con la mano ancora sollevata nell'aria e gli occhi inchiodati ai suoi.
“La tua vita non ti è più cara?” domandò gelido il generale portandosi una mano sulla guancia sinistra “Perché hai appena colpito tuo padre sconsiderata!” “Fa male?” “Ci vuole altro per ferire” “Parlo del male dell'anima padre! Perché è così che mi sono sentita per tutta la vita! Ogni volta che mi colpivate chiudevo gli occhi pregando che passasse il più in fretta possibile. Non era il dolore fisico quello che mi uccideva ...” sorrise nervosa mordendosi le labbra “ … era quello del cuore! Non capivo come mai una bambina di sei anni dovesse essere così perfetta, come mai ero costretta a lunghi allenamenti e perché quelle regole tanto rigide valevano solo per me! Ogni colpo era uno strappo padre, mi avete strappato il cuore così tante volte e poi, come se niente fosse, avete ricucito quelle ferite con i vostri occhi e il vostro sorriso” “E guarda cos'ho ottenuto! Mia figlia è un disonore, la mia famiglia perderà ogni cosa per un bambino figlio dell'errore!” “Adesso basta!” il medico cadde di lato, André si intromise tra lo sguardo di cielo e la forza del mare impedendo a quell'uomo di vomitarle addosso altre cattiverie “Mio figlio non è un errore! Essere figli dell'amore non è un disonore!” sentì la mano di Oscar stringersi violentemente attorno al braccio ma continuò ad urlare senza prestarvi molta attenzione “Non verrà deriso né consderato inferiore perché figlio di un nobile e un comune uomo del popolo!” “Tu appartieni al popolo, non hai il diritto di parlare così ad un generale dell'esercito di sua maestà!” “Sapete una cosa?” esclamò Oscar spingendo il ragazzo di lato “Litigate, uccidetevi o massacratevi a parole, non mi interessa, non farò più parte di questo gioco!” afferrò la giacca, strinse più forte la fascia in vita e senza più aggiungre una parola uscì dalla stanza nascondendo le lacrime e la rabbia




“Non la riavrai indietro tanto facilmente” “Che ne sapete voi dell'amore? Avete mai amato in vita vostra?” strinse la giacca dell'abito così forte da far diventare le nocche perle lucenti “Io ho amato molte volte e molte volte sono stato riamato. Le donne vanno e vengono ma l'amore per un figlio è qualcosa che non svanisce mai! Non è questo il futuro che immagino per lei!” “Lei non è una qualcosa che potete controllare! È una donna, una bellissima donna che sta facendo quanto di più nobile Dio abbia creato. So di avervi massacrato due volte signor generale, ma non vi chiedo scusa per la felicità!” “È una bambina lei stessa!” urlò piantando gli occhi nei suoi “A ventisette anni non si è più bambini” “Non importa quello che farà, dove andrà o quale sarà la sua decisione. Ma ti dico una cosa ...” strinse più forte i pugni avvicinandosi al giovane “ … se quel bambino vedrà la luce crescerà in un mondo diverso. Niente sciocchezze frivole e stupide sull'ugualianza e l'amore! Posso mascherare un nipote sbucato fuori dal nulla, posso inventare un marito per mia figlia o addirittura regalarle un uomo nobile e aristocratico che coprirà questa vergogna!” “È mio figlio!” “E credi che mi importi?” “No, no a voi non importa mai niente, perché ora dovrebbe importarvi la vita di un uomo? Ma questa volta signore ve lo giuro su quanto ho di più caro al mondo! Se le fate del male, se mi impedite di amare quel figlio che già stringo al cuore vi uccido, lo faccio davvero signore perché senza Oscar la mia vita non ha senso” fece un bel respiro sostenendo lo sguardo dell'uomo “Un uomo che perde la propria ragione di vita non ha più nulla per cui combattere” “Quel bambino non è una ragione di vita, non per te. Se mia figlia è tanto sconsiderata da volergli regalare la vita allora che sia, ma non ho intenzione alcuna di accettarti nella sua vita” “Credete di spaventarmi? Un cane terrorizzato abbia molto lo so bene, non ho paura di voi né delle vostre minacce” un ultimo sguardo, freddo, carico di sfida e rabbia prima di lasciare quella dannata stanza.

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Capitolo 65
*** In fondo al Cuore ***


                 In fondo al Cuore





C'era freddo, troppo freddo per cavalcare, l'aria sferzava violenta il volto costringendola a tremare ma davanti agli occhi non c'era la strada sterrata coperta di buio, davanti agli occhi aveva solo quel ricordo violento che le massacrava il cuore … “Come vi sentite?” “Meglio grazie” “Ci avete fatto spaventare sapete? Vostro padre temeva fosse di nuovo la malattia” “E lo è?” domandò confusa alzandosi dal letto “Beh, in un certo senso” “Che vuol dire?” “Che molte dame la considerano una malattia, uno sciocco incidente di percorso, non so voi cosa ne pensate al riguardo contessa, per questo motivo mi astengo da ogni commento” mormorò sorridente il medico riponendo i suoi attrezzi “Dottore, io non capisco di cosa state parlando. Ve ne prego, ho già troppi pensieri per la testa” “Siete in stato interessante contessa” il cuore mancò un colpo mentre mani e braccia si paralizzavano improvvisamente “Sono … io sono ...” “Aspettate un bambino. Posso farvi le mie più sentite felicitazioni?” esclamò raggiante sfiorandole il volto ma la mano si fermò di colpo quando lesse nei suoi occhi solo paura “State tremando” “Non posso … mio padre ci ucciderà e non … non posso farlo” “Ascoltate ...” le sollevò dolcemente il volto sorridendo “ … vi conosco da quando eravate bambina. Eravate così piccola ma già allora leggevo nel vostro sguardo tenacia e forza. Ora più che mai quella forza non deve venire meno. Conosco bene vostro padre, urlerà, si arrabbierà e minaccerà di fare a pezzi il mondo intero ma ...” asciugò una lacrima insolente continuando a sorridere “ … quando questo bambino aprirà gli occhi, di colpo si renderà conto di aver sbagliato” … fece un bel respiro stringendo ancora più forte le redini del cavallo.
Ricordava ogni cosa di quel giorno, gli occhi del padre così carichi di delusione e di rabbia, uno sguardo che mai avrebbe dimenticato mentre con ogni forza tentava di guardarlo negli occhi, di evitare alle lacrime quella fuga troppo semplice.
Ricordava le sue parole: Non accetterò mai un nipote bastardo in questa famiglia! Ti avevo avvertito Oscar, ti avevo chiesto di rispettare poche stupide regole! Mi hai deluso, mi hai deluso e non immagini nemmeno quanto.
Era questo che la terrorizzava, vedere negli occhi di suo padre delusione e sconforto, sentire dalle sue labbra quelle maledette parole.
Eppure, per pochi sciocchi secondi, un sorriso leggero le aveva colorato le labbra, portava in grembo una vita, un piccolissimo granello d'amore e rideva della faccia di Christian, della sua gioia mentre la stringeva tra le braccia e poi Andrè, il volto sconvolto, la voce tremante mentre le chiedeva se era vero, se quella dolcissima notizia avrebbe sconvolto le loro vite o era solo scherzo.
Pensieri sciocchi figli di un giovane cuore che batteva troppo veloce. Quella dolcissima fantasia sarebbe stata il suo mondo, la sua piccola isola felice ma la realtà ha un modo tutto suo per entrare nei sogni.
Quella maledetta realtà che aveva scelto la via più dolorsa per aprirle gli occhi, per costringerla a pensare, a ragionare.
Non poteva tenere quel bambino, cosa sarebbe accaduto se l'avesse fatto? La sua famiglia meritava davvero una cosa del genere? E Andrè? Se non ne fosse stato contento o se quella nuova dimensione avesse spaccato di colpo la sottilissima tregua appena creata? Domande su domande che non riuscivano a trovare risposta.
Poi d'improvviso il suo mondo era crollato, i muri che ne circondavano la dolcezza si erano frantumati senza darle preavviso alcuno.
Christian l'aveva lasciata sola, aveva perso un fratello e tutte le domande, tutti i pensieri si erano ritrovati in fondo al cuore.
Quel bambino che decideva quando farla sorridere e quando piangere, era diventato improvvisamente una sciocca fantasia, qualcosa di astratto e incorporeo che meritava l'ultimo posto nei pensieri.
Era consapevole che affrontare Andrè sarebbe stato doloroso almeno quanto il riconoscere i limiti che la natura imponeva.
Era donna, una splendida e giovane donna e non faceva altro che seguire il naturale corso della vita eppure, qualcosa dentro di lei impediva alla felicità di prendere il sopravvento.
Non c'era allegria né gioia, non c'era quel fantastico e dolcissimo attimo passato ad immaginare il volto di un figlio e non c'erano le braccia forti del suo amore a proteggerla, c'era solo una giovane che cavalcava assieme ai soldati nel cuore della notte. 

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Capitolo 66
*** Un attimo sospeso nel Silenzio ***


          Un attimo sospeso nel Silenzio





Non sapeva nemmeno lui che diavolo stava facendo, le era corso dietro con la speranza di poterla fermare, di poterle parlare di nuovo come prima ma c'era qualcosa di diverso in lei, qualcosa nel suo sguardo che non le era mai appartenuto.
Aveva pensato a cosa dirle, si era preparato un discorso quanto meno decente ma ora, davanti a quegli occhi sfiniti, ogni parola sembrava svanire nel nulla, tutti i buoni propositi sembravano scomparsi lasciando solo un silenzioso imbarazzo a dividere i loro cuori.
“Perché sei qui?” “Sei scappata” “Non è la prima volta che lo faccio” sussurrò chiudendosi la porta alle spalle.
Era stanca, stanca per i troppi giorni a cavallo, stanca per il peso di quella piccola vita che rubava da lei ogni sua energia, stanca di lottare per qualcosa che nemmeno capiva.
Lo leggeva nel suo sguardo, in quel pallore leggero che le sfiorava il volto, nel modo che aveva di proteggersi da lui chiudendosi in un silenzio che molte volte aveva odiato da morire.
Avrebbe voluto abbracciarla, stringerla tra le braccia dividendo assieme a lei quella gioia immensa che aveva nel cuore ma era troppo lontana da lui, troppo spaventata e arrabbiata per concedergli anche solo il piacere di pensare una cosa del genere.
Fece un bel respiro perdendosi nel suo sguardo “Non puoi più farlo Oscar, non puoi lasciarmi solo” “Tu mi hai lasciata sola per mesi” una stoccata violenta in pieno petto, parole cariche di rancore e d'ironia, parole gelide che mai aveva sentito dalle sue labbra e che ora uscivano solo ed esclusivamente per difenderla “Hai colpito tuo padre” “Sei qui per dirmi cose ovvie?” “Sono qui per capire cosa stai facendo” “Mi hai rinfacciato per anni interi il mio essere troppo succube a lui ed ora, vieni qui a dirmi che ho sbagliato?” “Non ho detto questo” “E allora cosa ...” “Voglio solo capire cosa striamo facendo Oscar perché ci provo, ci provo con tutte le forze a lasciarti libera di scegliere, resto in disparte senza costringerti a nulla perché so che altrimenti scapperesti da me ...” sorrise nascondendo il nervosismo dietro a quell'espressione che lei ormai ben conosceva “ … sei sempre stata così, sei forte e decisa e determinata. Non c'è niente che riesca a piegarti Oscar, ogni volta che la vita ti ha colpito tu le hai riso in faccia e ti sei rialzata da sola ma ora ...” “Non è cambiato niente” “ … ora sei diversa. Non combatti più e non sono nemmeno sicuro che tu voglia farlo amore mio. Lasci che la vita ti distrugga con le sue scelte, hai perso qualcuno, hai scoperto di custodire in te qualcuno e questo fa paura” la vide tremare leggermente stringendosi nelle spalle, le braccia avvolte attorno alla vita sottile, lo stesso gesto che faceva da bambina quando il buio la spaventava.
Era come se in quell'abbraccio con sé stessa fosse al sicuro, protetta dai mostri della notte e dalle paure del giorno “Credimi Oscar, io lo so bene. Ho una paura folle di perderti, di perdere nostro figlio per una scelta che temo sarà nel tuo futuro” “Non lo so nemmeno io cos'accadrà. Come puoi saperlo tu?” domandò confusa studiando il suo volto “Io sono solo ...” fece un bel respiro cercndo di allineare parole sensate ma averla così vicino non era esattamente il tipo di aiuto che avrebbe chiesto al cielo “ … sono stanco Oscar. Sono stanco di soffrire, sono stanco di combattere per noi lasciandoti libera di cambiare di nuovo tutto il mio mondo. Non posso più farlo amore mio, non posso stare ad aspettarti per giorni interi pregando che tu stia bene, non posso restare ore fuori da una casa per sciocche regole che non mi permettono nemmeno di vederti” “Lo sapevi Andrè, sapevi che sarebbe stato difficile, ho scelto te, l'ho fatto con il cuore e non mi pento nemmeno per un secondo di quella scelta” “Ma non la comprendi” “Non è vero” “Non comprendi come mai hai lasciato che la donna scegliesse per amore, come mai sei stata così debole da innamorarti” sollevò una mano sfiorandole il volto ma lei si sottrasse a quella carezza lasciando solo aria gelida sotto le dita “Sei la cosa più preziosa che ho Oscar, sei la mia ragione di vita lo sai. Ucciderei per te, darei la vita per te ma ho bisogno di sapere che resterai al mio fianco, che quel bambino avrà una madre e un padre e che non crescerà lontano da me perché sarebbe la punizione più atroce di tutte” “Io non ...” Andrè sorrise abbassando lo sguardo qualche secondo “Ti amo, ti amo da morire Oscar. Ti amo dal primo giorno che ti ho visto e continuerò ad amarti qualsiasi cosa tu scelga ma ti prego ...” si avvicinò a lei di un passo sospirando “ … ti prego amore mio rifletti sulle mie parole, rifletti su te stessa e sulla vita che desideri perché c'è di più in questo mondo Oscar, non esiste solo la rabbia, il rancore o il pianto, non si perdono solo persone care né si obbedisce agli ordini per tutta la vita” “Sono grande per le prediche Andrè” “Lo so” mormorò “Lo sei sempre stata” l'aria era gelida, troppo fredda per il suo cuore, troppo fredda per quegli occhi ma forse era solo suggestione, forse, non poterla toccare provocava in lui quel brivido gelido che aveva sempre odiato.
Separati da aria di ghiaccio, vicini eppure troppo lontani per potersi ascoltare, troppo lontani per ogni cosa “Probabilmente hai ragione amore mio, non capisco molte cose di te, non comprendo il tuo dolore, non comprendo il vuoto immenso che in questo momento ti porti dentro ma oltre al buio e alla rabbia c'è una piccolissima scintilla di luce che fa parte di me e non … non posso continuare così” “Mi stai lasciando?” mormorò confusa cercando in quegli occhi verdi una qualche risposta sensata ma che risposte poteva darle? Sapeva appena cosa stava dicendo, come poteva farle altro male? Scosse leggermente la testa sospirando “Non vorrei mai lasciarti, mai, ma hai bisogno di pensare a te stessa per qualche momento amore mio e io sono … sono solo un'altra persona in più che prova a capirti, a cambiarti. Forse lo faccio inconsciamente o forse no ma ...” le sorrise cercando di essere il più sereno possibile “ … ma lo sto facendo e questo ti frena. Non ti voglio diversa da quella che sei perché sei perfetta così” “No” esclamò piantando gli occhi nei suoi “Non puoi farlo Andrè, non così!” “Ti prego, sto solo ...” “Mi stai lasciando sola di nuovo! Lo fai perché hai paura di ferirmi? Sono cresciuta! So affrontare i mostri che la notte porta, ho bisogno di qualche minuto per riflettere, solo qualche minuto per comprendere l'enormità di svegliarmi la notte con il suo volto tra le mani perché mi è morto davanti, perché pochi minuti prima mi sorrideva e parlava con me e … e poi ha chiuso gli occhi e se ne è andato lasciandomi sola!” “Lo so” “No, no tu non lo sai Andrè! Io ti amo, ti amo e te lo ripeterò tutta la vita se necessario ma se vuoi lasciarmi libera di respirare, se vuoi scappare ai margini della mia vita sei libero di farlo, non ti costringo a restare o a prenderti cura di questo … di questo bambino che non ha un futuro certo e che ...” “Stai scherzando?” domandò confuso “Sei venuto qui a dirmi che sei sfinito, che non puoi più lottare per qualcosa che ...” la voce tremava, i suoi occhi lottavano con forza per trattenere un pianto che forse, l'avrebbe costretta a mostrarsi ancora una volta debole “ … sono sfinita Andrè, sono sfinita da mio padre, da Christian, da questa cosa che mi sta distruggendo dentro. Vorrei essere diversa, vorrei assogmiliare a tutte le altre donne, frivola e sorridente, con poco interesse per tutto quello che di diverso esiste al mondo, forse la mia vita sarebbe più semplice ma non sono così!” “Credi mi importi?” eclamò afferrandola per le spalle, la sentì tremare mentre lo sguardo si abbassava di colpo allontanandosi da lui “Te l'ho detto, non ti voglio diversa da come sei perché è di te che mi sono innamorato, non di un'immagine riflessa! Sei perfetta amore mio” “Ma non così tanto da prendere una decisone vero?” “Smettila” fece un bel respiro sollevando lo sguardo “Vuoi questo bambino Andrè?” “E tu? Tu lo vuoi?” ma l'espressione sul volto della giovane era già di per sé una risposta.
La tirò in avanti perdendosi nella dolcezza del suo profumo, in quel bacio violento che lei non avrebbe mai permesso “Datti una risposta amore mio” sussurrò staccandola leggermente da sé “Ma fallo ora Oscar perché negi a tutti e due la dolcezza del futuro” una lacrima scivolò via dai suoi occhi costringendolo a tremare, le mani scivolarono nel vuoto, restò immobile, immobile in quel silenzio di gelo.

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Capitolo 67
*** Attimi di Luce ***


                   Attimi di Luce




“Sei vero?” ma il ragazzo sorrise inclinando leggermente la testa di lato “Secondo te se non fossi vero sarei qui?” “Mi sei morto tra le braccia” sussurrò stringendo più forte il libro tra le mani “E tu stai ancora dormendo” “Cosa?” mormorò tremante alzandosi ma la testa girò leggermente costringendola a restare su quella dannata poltrona “Ti avevo detto che sarebbe accaduto, che la mia piccola Renée ti avrebbe preso a pugni” si avvicinò a lei sorridendole “Dovresti riposare di più, mangiare di più ed evitare di litigare con tuo padre perché questa cosa non ti fa bene stella marina” non rispose, non si mosse nemmeno.
Era terrorizzata, incapace di comprendere se quel sogno fosse reale oppure una semplicissima fantasia. Chiuse gli occhi facendo un bel respiro, un altro e un altro ancora ma quando tornò a guardare le vetrate, il volto di Christian era lì, davanti a lei.
Sorridente e bello come lo era sempre stato, aveva gli stessi occhi di sempre, lo stesso sguardo serio e profondo che le regalava quando faceva un'errore, quando sbagliava e aveva bisogno di lui.
Perché sei scappata?” “Io non … non sono scappata” “Lasciare il tuo uomo in mezzo a quel bosco, solo, confuso, che diavolo ti è venuto in mente?” domandò divertito appoggiandosi al vetro fresco della finestra “Non è per questo che me ne sono andato, non è così che voglio ...” “E allora perché?” sussurrò gelida abbassando lo sguardo “Perché mi hai lasciata? Perché ora sei qui a … a parlarmi e a ridere! Tu sei morto!” “E tu sei sempre testarda e ostinata e terribilmente complicata! Non puoi più scegliere da sola ormai! C'è questa piccola vita che cresce dentro di te e ha bisogno di avere un padre e una madre” “Smettila!” “Di fare cosa? Di tenerti ancorata alla realtà? Devi svegliarti Oscar e devi farlo ora!” “Che cosa vuoi da me!” urlò piantando gli occhi nei suoi “Voglio solo vederti felice e innamorata della vita come prima” si avvicinò a lei sospirando, la mano le siforò il volto ma sentì solo aria e niente di più “Devi aprire gli occhi stella marina altrimenti niente di tutto questo sarà reale” socchiuse gli occhi tentando di comprendere quelle frasi sbucate fuori dal nulla ma il sorriso del giovane divenne improvvisamente più sereno “Attenta stella marina, c'è un lupo arrabbiato che vuole sbranarti” “Hai fatto la tua scelta?” si voltò di colpo incontrando il volto del padre “Siete tornato” “Ti ho fatto una domanda” ribatté gelido avvicinandosi a lei ma il suo sguardo era lontano, cercava quell'apparizione nata dal nulla ma non c'era più niente di lui, niente sorrisi, niente dolcezza “Sono … sono felice anche io di rivedervi” mormorò tornando a concentrarsi sul volto del padre “Gioca pure con la mia pazienza Oscar, avrai ancora poco tempo per farlo” “Non mi hanno mai spaventato le vostre minacce” “No è vero, ma questa volta alle minacce seguiranno i fatti! Voglio sapere cosa intendi fare con quel bambino” “Mio figlio?” “Non essere sciocca” sussurrò distogliendo lo sguardo da lei.
Era impaziente, arrabbiato, deluso, era tutte queste cose assieme e poteva sentirlo nel tono della sua voce, in quel fremito violento che percorreva le sue mani e in quello sguardo di felo che mai era stato così tagliente.
“Voglio sapere cos'hai intenzione di fare Oscar! Ho delle decisioni da prendere e devo farlo subito, per la nostra famiglia, per tua madre e anche per una figlia sconsiderata che non ha più alcun rispetto” chiuse il libro rilassando ogni muscolo, cercando un modo per raccontare i propri sentimenti senza soccombere a quegli occhi “Diventerà vita” “Cosa?” “Il mio bambino. Mio figlio verrà al mondo, aprirà gli occhi e respirerà aria pura perché ogni vita merita una possibilità” “Sei una bambina tu stessa Oscar! Come lo crescerai? Sola, lontano da casa, senza più la sicurezza della tua famiglia!” “Ho già una famiglia padre. Andrè è la mia famiglia e questo bambino avrà un padre e una madre e un nonno, che nonostante la rabbia, sarà orgoglioso di lui” si avvicinò al padre sospirando “Sei diventata debole!” esclamò afferrando il polso della figlia “Non è questo che ti ho insegnato, non voglio il disonore in casa mia e sai che questo merita una punizione!” “Volete punirmi perché scelgo mio figlio?” “Per la tua debolezza! Dov'è la figlia che mi rendeva orgoglioso? Dov'è quell'ufficiale stupendo avvolto da un'alone di puro rispetto? Sei solo una giovane gravida ammaliata dalle promesse di un servo! Non può darti la vita che cerchi Oscar! Non può renderti felice!” “E voi che ne sapete!” urlò tirando violentemente il braccio indietro “Come crescerai quel bambino? Correrà a piedi scalzi per le stalle? Perché non è questo che ci si aspetta da un mio nipote! Non è questo che immagino per mia figlia” “Mi dispiace padre” sistemò la camicia nascondendo agli occhi dell'uomo quella linea leggerissima che prima non c'era, una linea di vita, una linea dolcissima che rendeva il suo giovane ventre una culla di sogni.
Fece un bel respiro e si voltò incamminandosi verso la porta, lontano da lui, lontano dalla vita di sempre.

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Capitolo 68
*** Preghiera Silenziosa ***


        Preghiera Silenziosa





Non si sarebbe mai aspettato niente del genere, non si accoglie un generale di sua maestà in una semplice casa, è fuori luogo, fuori tutto.
Gli occhi del generale erano freddi, pieni di rabbia abilmente mascherata dietro alla calma apparente di quell'attimo.
“Signore, non mi aspettavo di vedervi, non dopo quello che ...” “Non sono qui per parlare” sfilò dalla cinta la pistola puntandola contro il giovane “Signore ...” “Hai reso mia figlia debole, l'hai disonorata, l'hai cambiata” “ … vi prego, metete via quell'arma. Non ho alcuna intenzione di farvi del male perché se sparate, se lo fate mi costringete a reagire e non voglio” “Avevo un piano per il suo futuro, la vedevo raggiante, piena di vita e forte abbastanza per sopportare il peso dei suoi futuri doveri. L'avrebbe fatto Andrè, sarebbe diventata uno splendido generale e tu l'hai rovinata!” “Io la amo” “Ed è questo amroe a renderla debole! Aspetta un figlio che la confonde perché è costretta ad essere una donna!” “Lei è sempre stata una bellissima donna, lo sapete bene, avete fatto di tutto per nasconderla al mondo e ora ...” “L'ho fatto per lei! Per tenerla al sicuro! Mi sono accorta di quella luce speciale da quando è nata! Era più bella di ogni mia altra figlia. Non dimenticherà mai quegli occhi, la prima volta che mi ha guardato ho capito che avevo tra le mani un'anima speciale. Sarebbe diventata un figlio stupendo perché era l'unico modo per proteggerla” “Per far avverare il vostro maledetto egoismo” “Forse, o forse ...” si avvicinò di un passo sospirando “ … forse credevo di fare la cosa giusta. Volevo proteggerla dal male di questo mondo, dalla stupidità dell'uomo rendendola più forte di chiunque altro. È dientata ufficiale, ha fatto carriera militare ed è diventata qualcosa di strabiliante! Aveva davanti un futuro radioso Andrè e tu l'hai rovinato!” “Avete ragione, avete ragione signore, avrei dovuto stare più attento e tenerla al sicuro ma la amo, la amo così tanto da regalarle la mia vita. Credete davvero che possa lasciarla? Che possa abbandonarla con il nostro bambino solo perché questo aiuta il vostro onore?” la pistola termò violentemente togliendogli il respiro “Signore vi prego, vi prego dal profondo del cuore, non toglietemi la gioia di vedere mio figlio e ...” le parole morirono in fondo alla gola mentre davanti agli occhi passava velocemente tutto il loro amore. Il primo bacio, la gioia di averla solo per sé, i momenti passati a ridere nascosti dalle mura di casa, abbracciati in quel letto culla d'amore.
Fece un bel respiro mentre quell'angelo dai capelli biondi appariva di colpo sulla soglia della porta.
Aveva il respiro accelerato e nello sguardo solo confusione e paura “Padre cosa ...” “Esci di qui. Non voglio che la morte sia il primo ricordo di quel bambino” “André?” “Amore mio ascoltami, esci da qui, corri il più lontano possibile e ...” “Cosa? No!” si avvicinò di un passo ma il padre la fulminò con lo sguardo “Padre, siete … cosa state ...” “Punisco un maledetto traditore” “Ti avevo detto che dovevi aprire gli occhi, non l'ho fatto forse?” tremò violentemente mentre quella voce entrava come un uragano dentro di lei “Apri gli occhi amore mio, non puoi vivere la vita se ti perdi nel sogno del riposo” sentì il clic metallico della pistola poi quel colpo violento sparato nel silenzio.


 

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Capitolo 69
*** L'amore non fa Rumore ***


       L'amore non fa Rumore





Chiuse gli occhi aspettando quel dolore che non arrivava mai, secondi lunghi anni interi che sembravano congelati nel tempo.
Sentì le urla del generale, un pianto violento che scoppiò nel silenzio costringendolo a riaprire gli occhi ma quante volte avrebbe voluto morire perché quel sangue non era il suo, quel pianto non era per lui.
C'era un angelo davanti ai suoi occhi, un angelo sanguinante che cercava di respirare, stretta tra le braccia del padre, con il volto rivolto a lui e un debolissimo sorriso sulle labbra mentre le mani dell'uomo tentavano in tutti i modi di fermare quel sangue.
Il cuore si bloccò di colpo, c'era solo silenzio, una dimensione diversa del pensiero dove tutto si era bloccato.
Non c'era dolore, non c'era sorriso, non riusciva a pensare, non riusciva nemmeno a camminare verso di lei, sentiva il corpo diventare ogni secondo più pesante mentre gli occhi si riempivano di lacrime, si riempivano di lei poi quel sussurro leggero nel caos “Ho scelto te” Christian apparve accanto a lei sfiorandole il volto “Hai scelto il tuo amore, hai fatto la scelta migliore di questo mondo” “Ho scelto … ho ...” “Hai scelto la vita, ora avrai quella vita” gli occhi della ragazza si piegarono in un dolcissimo sorriso mentre il respiro si fermava dolcemente e quell'apparizione svaniva nel nulla che l'aveva creata.
Andrè corse verso di lei strappandola dalle braccia del padre, le dita intrecciate ai suoi capelli, le labbra posate sulle sue mentre le lacrime le cadevano sul volto, sentiva il pianto dell'uomo accanto a lui, i suoi movimenti, il rumore familiare del caricatore e poi quel secondo colpo violento e un corpo forte che cadeva al suolo poco distante da loro.
Chiuse gli occhi stringendola più forte tra le braccia, pregava, urlava, cercava in tutti i modi di svegliarla da quel sonno di morte ma il suo volto era pallido, le labbra schiuse e la testa dolcemente reclinata indietro, tra le sue braccia, tra le sue lacrime.
Un urlo violento squarciò il silenzio mentre cure e pesiero diventavano improvvisamente futili, posò una mano sul ventre della giovane, stretto in quell'abbraccio di sangue, stretto in quel male profondo che aveva appena trascinato via da sé ogni voglia di vivere ma a lei cosa importava? Lei che guardava quella scena con occhi assonnati, lei che ora sembrava uguale a quell'apparizione e che si perdeva lentamente nel mondo sfocato attorno a loro … Devi aprire gli occhi Oscar, ora puoi farlo, ora il tuo futuro è tracciato davanti a te, non aver paura di vivere Stella Marina ...



Meriti di più da questa vita Oscar, meriti sorrisi e amore e baci di un figlio, devi aprire gli occhi perché la mia piccola Renée avrà i tuoi occhi e il tuo sorriso, perché c'è un uomo innamorato che piange ogni notte per quello che ti ha fatto ...  sentì l'aria gelida invadere i polmoni, il cuore che schizzava nel petto  ... Ricordi cosa ti ho detto? Che sono il tuo angelo custode e che ti avrei protetto per tutta la vita. Ora hai visto la tua vita, hai visto il corso di quelle scelte, non è questo quello che vuoi, apri gli occhi Stella marina ... Aprì gli occhi di colpo, sentiva il cuore scoppiarle nel petto, il respiro accelerato e la fronte mandida di sudore.
Provava a respirare, ci provava davvero ma più si costringeva a lottare e più sentiva le forze venirle meno.
C'era profumo di lavanda nell'aria, un profumo delicato e leggero che invadeva i polmoni.
Sentì la voce rassicurante della governante, il suo volto rubicondo e quegli occhi dolci che la osservavano da sopra gli occhiali “Non preoccuparti bambina, va tutto bene” “Io non … è tardi?” “Per cosa?” domandò sbalordita sfiorandole il volto “Sei rimasta sotto la pioggia per ore Oscar, cosa ti aspettavi se non la febbre e due giorni di sonno?” “Cosa?” “Perché non hai ascoltato tuo padre?” “Mio padre?” sussurrò confusa “Non lo ricordi? Sei abbastanza testarda per sfidarlo e questo ...” mormorò sollevandole dolcemente un braccio “ … è un bellissimo ricordo, se non avessi smesso di essere così arrogante probabilmente ora saresti piena di ricami sulle braccia e sul corpo. La febbre non ti ha lasciato tregua per cinque giorni interi e ora che apri gli occhi di nuovo, non ti permetto di stancarti chiaro?” esclamò indispettita sistemando le coperte ma Oscar scosse leggermente la testa posando la mano sul ventre, cercava qualcosa, qualcuno di talmente piccolo da sembrare solo sogno ma c'era solo la pelle fresca sotto le dita, sentiva i muscoli tendersi leggeri ad ogni movimento “Stai bene bambina?” “Mio padre ha … c'era del sangue” “Del sangue?” la donna socchiuse gli occhi scoprendola di nuovo, l'aria fresca le sfiorò la pelle costringendola a tremare ma le mani della governante erano calde e rassicuranti.
Le sfioravano il ventre studiandone ogni centimetro “Non hai nessun'altra ferita, sei sicura di ...” “Si, c'era del sangue e mio padre aveva … lui aveva una pistola puntata contro Andrè e non ...” “Oscar” sentì la carezza leggera della vecchia sul viso, la sua voce calma e tranquilla mentre tentava di rassicurarla “Hai fatto un brutto sogno” “No! No era vero! Era ...” “Era un sogno!” la strinse per le spalle sollevandole il volto “Tuo padre è piuttosto arrabbiato con te, con voi” “E per cosa?” “Hai nascosto quella camicia strappata tutto questo tempo. A cosa pensavi?” “La camicia?” “Non riesce ad accettare questo amore profondo che vi lega entrambi” “Cosa stai … io non ...” “Non ami mio nipote? Sei l'unica a non vedere quell'amore allora” le sorrise divertita sistemandole i capelli “Se è così chiaro e lampante per me, immagina cosa voglia dire per tuo padre? Ha bisogno di tempo per digerire la cosa e tu non lo aiuti per niente nascondendogli le cose” “No! No era qui, davanti a me, ha estratto la pistola e ha sparato!” “Hai bisogno di riposo ora, quando starai meglio potrai inveire contro tuo padre per qualsiasi srtano pensiero che ti venga in mente” le mani scivolarono via da lei lasciandola sola nel silenzio.
Si alzò dal letto tremando, cercando di comprendere quel gioco perverso che divertiva un Dio assente o forse presente ma terribilmente egoista. I suoi vestiti erano sulla sedia accanto allo specchio e la porta socchiusa lasciava entrare una sottilissima scia di luce che in qualche modo regalava calore.
Era debole, si sentiva debole ma forse era davvero colpa di quella febbre leggera di cui non aveva alcuna memoria.
Arrivò fino allo specchio sollevando lo sguardo, l'immagine che rimandava il vetro lucido era la stessa di sempre, aveva il volto leggermente arrossato e lo sguardo confuso e spento.
Niente nausee strane, niente giramenti di testa, niente più dolcissimi sorrisi davanti ad un ventre diverso.
Era stato davvero un sogno? Il loro amore, la loro vita assieme, quel bambino che era diventato reale, tutto un sogno? Fece un bel respiro infilando la camicia.
La pelle scompariva lentamente sotto la stoffa leggera mentre un pensiero dopo l'altro si nascondeva dal mondo.
Era terribilmente difficile cercare di mettere al proprio posto ogni pensiero, non aveva un ordine né un senso, l'ultimo ricordo nitido era il volto di suo padre che la osservava parlando, ridendo e poi la voce di Andrè e tutte quelle scuse di cui avrebbe volentieri fatto a meno.
Sorrise leggermente sistemando i capelli, era lui la causa di quel sorriso? Forse nemmeno credeva di vivere nella realtà, forse quel colpo di pistola l'aveva uccisa e le aveva regalato una vita apparente che sembrava del tutto normale, poi quel sorriso leggero sulle labbra, un sorriso diverso dagli altri, un sorriso che nascondeva in realtà molto di più, strinse la fascia in vita e corse fuori dalla stanza.
Correva a perdifiato lungo il corridoio e poi le scale e quel giardino luminoso che conosceva fin troppo bene.
Ci mise meno di dieci secondi a pensare, corse verso quel piccolo angolo di paradiso dove un gazebo di marmo proteggeva i pensieri di un giovane.
Lo vide annaspare, cercare un motivo per quella presenza improvvisa davanti a lui, per quella ragazza con il fiatone e i capelli in disordine “Che ci fai qui?” “Parti per la guerra?” Andrè trasalì abbassando lo sguardo “È vero?” esclamò avvicinandosi a lui “Mio padre ti ha costretto non è così?” “Non dovresti essere qui” sentì la mano della giovane stringersi attorno alla sua, sollevò lo sguardo incontrando due occhi di cielo così belli da togliere il fiato “Oscar tu sei ...” “Innamorata di te” le labbra si piegarono in un leggerissimo sorriso “Ti amo, ti amo e non posso, non voglio lasciarti andare. Non mi importa del passato, non voglio ...” “Ti ho fatto del male” sussurrò sfiorandole il volto “Ti ho ferita e ho giurato che non ti avrei più fatto niente del genere. Ogni volta che ti guardo negli occhi ritorno a quella notte e non … non riesco a respirare Oscar, non riesco a toccarti senza ...” “Non ti basto?” sussurrò posando la fronte sulla sua “Non ti basta il mio amore Andrè?” quante volte aveva pregato per sentire dalle sue labbra quelle parole? Quante volte aveva sognato quelle labbra così vicine, così dannatamente belle, chiuse gli occhi perdendosi nel suo profumo “Scappa con me, vieni via con me. Andremo lontano da mio padre, lontano da questa vita” “Oscar ...” “No” sussurrò posando le dita sulle sue labbra “No ti prego, non farlo, non costringermi a cambiare idea perché non posso e non voglio farlo. Ci ho messo tanto tempo Andrè, troppo per una vita sola ma ti amo, ti amore da morire. Scappa con me” sorrise sfiorandogli le labbra in quel bacio leggero che sapeva di buono, ma un uomo che per tanto tempo aveva aspettato, come poteva resistere a quella dolcezza? La spinse indietro con la schiena contro alla colonna gelida, le mani intrecciate alle sue mentre si perdeva in quel calore violento che diventava sempre più profondo.
Non scappava, non si allontanava da lui, rispondeva a quel bacio tirandolo a sé, modellando il corpo contro al suo in quell'attimo violento che tirava fuori da lui solo la voglia folle di averla, di amarla liberamente, lontano dal male, lontano dal bene, solo loro due e nessun'altro.
La strinse dolcemente per i fianchi staccandola da sé, le labbra a pochi centimetri le une dalle altre e gli sguardi fusi assieme “Avremo una vita meravigliosa Andrè, te lo prometto, avremo una casa e dei figli e ...” “Avrò te” sussurrò sorridendole “Non mi serve nient'altro Oscar, ho solo bisogno di averti, di vederti ogni mattina e ogni sera, di passare tutta la vita accanto a te perché sei il battito del mio cuore” un altro sorriso, un altro bacio, più dolce di prima o forse era solo la felicità che stordiva tutti gli altri sensi ma se non se ne fossero andati da lì, a poco sarebbero valse le imposizioni del generale ma non riusciva nemmeno a staccarsi da lei, non voleva nemmeno pensarci.
Chiuse gli occhi perdendosi nella sua dolcezza, in quell'attimo tanto atteso che ora diventava improvvisamente reale.

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Capitolo 70
*** Epilogo: Sette anni di pura Dolcezza ***


Epilogo: Sette anni di pura                        Dolcezza




Aveva cavalcato per giorni, giorni lungi e faticosi ma c'era una ragione, una ragione violenta che lo spiengava a compiere quel viaggio massacrante.
Il sole era sorto da poco, c'era un profumo meraviglioso di gelsomini nell'aria e le montagne di fronte a lui davano il benvenuto a quel nuovo giorno di primavera.
Il verde era così brillante da far male agli occhi e il gorgolio del fiume accompagnava i suoi pensieri e quelli dei tre uomini alle sue spalle.
Il sole splendeva alto nel cielo illuminando ogni cosa, si rifletteva sulle decorazioni dell'uniforme, sui bottoni dorati e su quegli occhi di cielo che si confondevano con il resto.
Era infastidito da tutta quella luce o forse, era infastidito da quello che avrebbe trovato in quella luce.
Fece un bel respiro spronando leggermente il cavallo, girarono a destra in una strada di campagna dove gli alberi correvano su entrambi i lati coprendo con le loro fronde il cammino dei viaggiatori.
C'erano farfalle colorate ovunque e due bambini che giocavano a rincorrersi.
Socchiuse gli occhi mentre quell'immagine diventava sempre più nitida davanti a lui, si fermò a pochi metri dai piccoli ridendo di quei volti che sembravano usciti dai ricordi.
Avevano sei anni al massimo, forse la bambina era più piccola del fratello ma avevano entrambi meravigliosi capelli d'oro e nei loro giovani corpi riconosceva quell'eleganza che per tanti anni era stata la sua nenia.
“Da dove venite?” si risvegliò da quel leggerissimo torpore incotrando il visetto sorridente della piccola.
Era a pochi passi dal suo cavallo, con le maninie strette dietro alla schiena e il volto rivolto verso di lui, indossava dei pantaloni scuri e una camicia chiara, semplice e leggera “Da Jossigny bambina” “Ed è molto lontano?” “Conosci la reggia di Versailles?” “Sì” “Ci sei mai stata?” “No” “E allora come la conosci?” La immagino per questo la conosco, papà dice sempre che se riesci ad immaginare le cose puoi anche imparare a conoscerle” “Ma davvero” “Davvero” esclamò annuendo decisa “E tua madre?” la piccola socchiuse gli occhi inclinando leggermente la testa “Pensa anche lei la stessa cosa?” “Perché vuoi saperlo?” “Perché una volta, tanto tempo fa lei era il mio unico raggio di sole. Voglio sapere se assomiglia ancora a quel sole” “La mia mamma è bellissima signore” “Non devi scappare così” esclamò il bambino raggiungendola “Ma ero curiosa” ribattè indispettita “Perdonatemi signore, mia sorella a volte dimentica le buone maniere” strinse le mani attorno alle spalle della sorellina tirandola leggermente indietro “Come ti chiami?” “Etienne signore, Etienne François e lei è mia sorella” “Renée” esclamò la piccola “E quanti anni hai Renée?” “Cinque” un debolissimo sorriso forò la coltre gelida sul volto dell'uomo “E tu?” “Quasi otto signor generale” aveva un bel volto, dai lineamenti fini, il taglio degli occhi era perfetto, con lunghissime ciglia e lo sguardo limpido.
I capelli ordinatamente raccolti in una coda dove un fiocco scuro ne bloccava i riccioli setosi.
Indossava un abito semplice, simile a quello della sorella ma il colore della camicia era leggermente più scuro, stringeva nella mano sinistra un bastone che fino a qualche secondo prima, era stato una spada con cui giocare.
Continuava a stringere la mano libera attorno a quella della sorellina, una bambina meravigliosa che si avvicinava in modo impressionante al passato.
I capelli sciolti sulle spalle, mossi dal vento e così chiari da sembrare gocce di luce cadute per caso sulla terra. Gli occhi chiari, più chiari del cielo, più profondi del mare stesso, le labbra dolcemente schiuse in quel sorriso meraviglioso che mai lasciava il suo viso e un incarnato di porcellana che ben conoscva “Sai riconoscere gli ufficiali ragazzo” “Si signore” “E come mai?” vide il bambino socchiudere gli occhi, le labbra chiuse mentre tirava ancora più indietro la sorella “Perdonatemi signore, ma a quest'ora dovremo essere a casa” “Perché?” domandò confusa Renée voltandosi verso il fratello “Ricordi cos'ha detto nostra madre? Che potevamo giocare per qualche ora” “Ma io non so contare le ore” ribatté indispettita posando entrambe le mani sui fianchi, il generale sorrise stringendo più forte le redini “Non importa. Dobbiamo tornare a casa” “La mamma non si arrabbia se torniamo più tardi” “La mamma si arrabbia se scopre che non mi hai ascoltato” si voltò di nuovo verso gli uomini a cavallo assumendo una postura rigida e controllata.
Era elegante nei movimenti così come lo era quel piccolo sprazzo di luce di cinque anni accanto a lui “Perdonatemi signore. Mia sorella ed io dobbiamo congedarci da voi” “Andate” un debolissimo cenno d'assenso mentre li vedeva correre lungo la strada.
Correvano mano nella mano verso qualcosa, qualcuno, il suo qualcuno, il qualcuno che per tutti quegli anni gli era mancato da morire.
Sentì la risata della bambina mentre stringeva le braccina attorno ai fianchi della madre, la testa posata sul suo ventre e lo sguardo sollevato verso di lei.
Lei che forse era più bella di prima, uguale nel modo di vestire, diversa dal ricordo che custodiva.
Sospirò perdendosi nei gesti lenti, sorrise quando la vide chinarsi leggermente verso il figlio, la mano posata sulla sua spalla mentre ascoltava le sue parole poi quello sguardo rivolto a lui, anche da così lontano riusciva a sentirlo.
Per tutti quegli anni l'aveva odiata, l'aveva chiusa a chiave da qualche parte in fondo al cuore perché ricordare il suo volto faceva male ed ora, alla fine di quella strada abbracciata dal verde c'erano gli stessi occhi che l'avevano reso un padre orgoglioso.
“Va tutto bene signore?” annuì leggermente senza staccare gli occhi da lei, la vide annuire leggermente, probabilmente qualche risposta alle domande curiose del bambino.
Si rialzò in piedi, le gambine di Renée si chiusero attorno ai suoi fianchi, il volto posato sulla sua spalla e il bambino immobile davanti a lei, con la schiena posata al suo ventre come un piccolo soldatino pronto a difendere il bene più prezioso che aveva “Volete fermarvi qui signore?” “No, no credo sia meglio continuare” “Ma voi … insomma, siete venuti fino a qui per vostra figlia” “E così è stato” “Ma ...” “Capitano, smettetela di contraddirmi” “Scusatemi signore” “Ho una richiesta da farvi colonnello” un giovane dagli occhi di mare si avvicinò a lui. Era alto e bello, con lineamenti fini figli di quel misto di razze che era in grado di creare gioielli “Ditemi pure” mormorò l'altro avvicinandosi a lui “Fate in modo che non le manchi mai niente” “Sarà fatto signore generale” “Di qualsiasi cosa abbia bisogno non esistate ad aiutarla, che siano soldi, sorrisi o qualsiasi altra cosa” “In pratica sono la sua balia” il generale sorrise “Siete il suo angelo custode” “Lo sapevo già signore” gli uomini spronarono leggermente i cavalli tornando sui loro passi ma il generale restò immobile, con lo sguardo perso sull'angelo che ogni notte tornava nei suoi sogni “Sono fiero di te bambina mia” sussurrò portandosi una mano alla fronte, un saluto leggerissimo, negli occhi il sorriso di quei nipoti a lungo desiderati, nipoti che avrebbe preferito nobili ma scatenavano ma che ora erano carne e fiato e che avevano scatenato in lui dolcezza e fierezza.
Li avrebbe portati con sé, ovunque sarebbe andato li avrebbe portati nel cuore e forse un giorno, quando sarebbero stati pronti, avrebbero incontrato un povero vecchio sciogliendo il gelo che si era costruito attorno.


 

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Capitolo 71
*** Ai miei giovani cuori ***


           Ai miei Giovani Cuori




Eccoci qui giovani cuori miei, siamo giunti alla fine, certo, è una fine diversa da quella che era inizialmente ma ho giocato un po' con tutto il mio intreccio.
Vi ringrazio dal profondo del mio cuore per aver seguito tutta questa storia, dall'inizio alla fine.
Scrivo questa nota come ultimissimo capitolo, se così si può chiamare per condividere con voi il motivo delle mie scelte.
I miei personaggi sono molto più umani di quelli che trovate nell'anime e nel manga.
In entrambi i casi Oscar è spinta al limite, troppo fredda, troppo determinata nel suo essere in qualche modo invincibile e forte, ma una donna prova molte più emozioni di un uomo.
Ama la vita, ama ogni cosa della vita e la mia Oscar è così, ama la sua vita, ama suo padre alla follia perché le ha dato la vita, perché le ha regalato una libertà che altrimenti non avrebbe mai conosciuto e ama Andrè.
Le sue paure sono naturali, non è mai stata capace di amare, non ha mai provato niente del genere così come non ha mai avuto un rapporto con il padre.
A tratti nei miei capitoli si vede questo disagio, il suo parlare con lui, il suo modo di ascoltare che a volte sfiora l'adolescenza ma è così che la immagino, una figlia che non ha mai ricevuto da suo padre amore, quello vero, niente carezze, niente giochi e che ora, d'improvviso si ritrova affianco un uomo diverso, un padre reale.
Oscar è nata per la grandezza, questo mi pare lampante, ma per arrivare a quella grandezza ogni tanto deve inciampare negli ostacoli della vita.
È una donna, questo non può cambiarlo e come donna ama incondizionatamente tutto quello che è vita, tutto quello che la fa stare bene e Andrè la fa stare bene.
Sa cosa vuole, sa cos'è giusto per per lei ma è combattuta tra il passato e il presente, le ci sono voluti mesi interi accanto a quello che io amo definire “il suo angelo custode” per comprendere quanto profondo fosse l'amore che la legava ad Andrè.
Christian è stato la sua coscienza, è stato la sua via di salvezza ed è stato l'angelo custode che durante quel sonno imposto dalla febbre, le ha mostrato che futuro avrebbe avuto scegliendo il silenzio, scegliendo di obbedire e non combattere.
Ora ha una seconda possibilità, può scegliere di nuovo e lo fa nel modo più bello possibile.
L'epilogo è di una dolcezza infinita, questi bambini frutto di quell'amore violento sono così uguali a lei, così perfetti da costringere anche un cuore di ghiaccio come quello del generale a sciogliersi.
I loro sorrisi, i loro occhi, tutto di quelle piccole anime gli ricordano la figlia.
È un uomo distrutto, abbandonato da una figlia che ha amato come poche. Da un giorno all'altro si è trovato solo, senza più i suoi sorrisi, senza più la sua presenza attorno.
Credo si sia sentito tradito, umiliato, abbandonato da chi diceva di amarlo. Sapeva bene il motivo che l'aveva costretta alla fuga ma nonostante tutto, si è limitato al silenzio per sette lunghi anni, fino a quando la voglia di rivederla è diventata troppo grande da combattere.
Ho immaginato milioni di volte il suo sguardo mentre Renée parlava con lui, l'orgoglio di nonno che d'improvviso nasce nel gelo perché nonostante il silenzio, quella bambina assomiglia ad Oscar più di quanto potesse sperare.
Ho concentrato molto l'attenzione sul rapporto tra Oscar e suo padre ma per il semplice motivo che nell'anime e nel manga, passa in secondo piano e credo che un padre, nella vita di una figlia soprattutto una figlia come Oscar, sia stato e sarà sempre importante.
La vediamo piangere nell'anime quando suo padre viene ferito, rinuncia a vestirsi da donna dicendo di essere più felice di catturare il colpevole di quell'atto vigliacco.
È legata a suo padre e non riesce a trovare il modo per parlare con lui come fanno tutte le figlie, l'unico modo che hanno per comprendersi è lottare continuamente l'uno contro l'altra, è contorto e complicato ma per loro funziona.
Litigano, uno dei due finisce nel buio delle lacrime e poi torna a sorridere per ricominciare da capo quel balletto.
Ho amato alla follia tutti i miei personaggi e sono triste nel porre fine a questo gioco, la storia avrebbe avuto molti più capitoli ma per il bene mentale di tutti, l'ho fermata prima.
Il mio Andrè era deciso e spaventato dal poterla perdere, la mia Oscar meravigliosamente donna, il mio generale forte e ostinato, preoccupato per una figlia che aveva appena riscoperto, il mio Christian, oh il mio Christian. Se la storia avesse avuto un intreccio diverso probabilmente sarebbe stato il marito ideale per lei.
Ma come vedete, in quel sogno così lungo e perfetto, le ha salvato la vita e continuerà a farlo perché di fatto, è il suo angelo custode.
Potrei restare per ore e ore a parlare dei miei personaggi ma forse è meglio smetterla qui.
Non so che altro aggiungere se non un grazie di cuore, so che a volte vi siete arrabbiati, altre vi siete commossi leggendo le mie parole, ma come vedete, per ogni domanda c'è una risposta e spesso, è nei capitoli.
A volte lampante e chiara, altre invece è nascosta tra i fili delle parole e va districata.
Un bacio a tutti voi giovani cuori. Spero di avervi regalato una piccola parte di emozione che provo ogni volta che scrivo.

 

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