Un'ancora nella tempesta

di ShadowsOfBrokenGirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Due occhi verdi ***
Capitolo 2: *** Una promessa ***
Capitolo 3: *** Una carezza ***
Capitolo 4: *** Un' illusione di felicità ***
Capitolo 5: *** Un cuore per un cuore ***
Capitolo 6: *** Un cielo senza stelle ***
Capitolo 7: *** Creatures of the underworld ***
Capitolo 8: *** Un vuoto che sa d'insoddisfazione ***
Capitolo 9: *** La stanza degli specchi ***
Capitolo 10: *** La Fontana della Primavera ***
Capitolo 11: *** Scintillante come il topazio ***
Capitolo 12: *** Minacce all'orizzonte ***
Capitolo 13: *** Il punto di non ritorno ***
Capitolo 14: *** Polvere di Stelle ***
Capitolo 15: *** Fidati di me ***
Capitolo 16: *** Monster ***
Capitolo 17: *** La calma prima della tempesta ***
Capitolo 18: *** La Tempesta - Parte 1 ***



Capitolo 1
*** Due occhi verdi ***


Un’ancora nella tempesta
 
Pierre

Due occhi verdi

Camminavo. Nel completo disordine, senza avere una bussola che mi guidasse. Ma camminavo. I rumori, le voci, i suoni intorno a me giungevano al mio orecchio ovattati. Fissai il paesaggio nel quale mi muovevo, soffermandomi su una cosa per volta. Il cielo non era coperta da alcuna nuvola come la natura avrebbe voluto, ma da un fumo nero, artificiale, fin troppo “umano” per sembrare credibile. Sotto i miei piedi giacevano diversi cadaveri. Alcuni erano diventati molto pallidi, mentre altri, che avevano esalato l’ultimo respiro da pochi attimi, ancora sanguinavano. Altri si muovevano ancora, mentre li calpestavo.
Quando mi resi conto di dov’ero i suoni mi investirono.
Grida : supplichevoli, ardite, strazianti, acute, flebili, supplicanti aiuto o trasmettenti coraggio. Erano insopportabili : volevo che smettessero perché mi stavano facendo diventare pazzo. Coprii le mie orecchie con le mani tremanti per la rabbia. Respirai profondamente e le tolsi. Nulla. Quei lamenti terribili non volevano cessare.
-Dannazione! Che avete da urlare tanto? L’avete voluta voi questa stupida guerra!-
Che strana parola. Guerra. 6 lettere. 6 dannatissime lettere che non riescono a descriverla davvero. Migliaia di letterature, quadri, canzoni composti sull’argomento, ma nessuno riesce a spiegare davvero dove ci porti in fin dei conti. Alla fine forse. Di tutto. Alla distruzione, presumo, di tutto, Di noi stessi, soprattutto.
-Perché?-avevo chiesto al mio servitore, che aveva fatto capolino nel mio studio con una dichiarazione di guerra.
La sventolava fiero davanti al mio naso, come se fosse stato un grande riconoscimento. Mi aveva ripetuto le parole che mi aveva recitato sempre, fin da quando da bambino gli avevo posto la stessa domanda. La conoscevo a memoria ormai. Dovevo ammettere che allora mi persuadevano, mentre adesso mi scivolavano addosso. In definitiva dovevano vendicare l’onore di un Re che era stato ingannato miliardi di anni fa. L’animo degli Orchi però, nonostante fossero passati  tanti secoli, era logorato dallo stesso rancore che Glace doveva aver mostrato nelle sue iridi ghiacciate, mentre veniva rinchiuso nella prigione. Il mio animo, invece, era vuoto. Lì per lì non li avevo biasimati, almeno loro avevano qualcosaQualcosa per cui combattere, qualcosa per cui morire. Io avevo solo il niente e ormai ci ero annegato in quel niente.
Avevo firmato e avevo fatto spedire la dichiarazione di guerra al Castello di Extramondo, senza più obiettare nulla.
 
Mi guardai intorno scrutando soprattutto gli occhi dei soldati delle due fazioni. Attraverso gli elmi leggevo il loro coraggio, il rancore. Eccolo, era ancora lì. Il Rancore.
Io invece ero così stanco! Stanco di combattere la guerra degli altri, dopo aver così miseramente perso la mia. Un soldato mi vide e sorrise : dovevo sembrare una preda facile. Allo stesso tempo poter dire di aver ucciso il principe Pierre doveva far gola. Lo capivo.
Strinse più forte l’arma che impugnava e corse verso di me. Cadde miseramente al terreno unendosi agli altri cadaveri. Mi era bastato privarlo di quel bastone con un incantesimo e colpirlo con un paio di pugni ben assestati per metterlo K.O.
-Scusami, ma non intendo morire adesso!-mi ero giustificato.
Già perché anche se il mio animo era deceduto da tempo, il mio corpo era narcisisticamente deciso a restare in vita a lungo.
La mia marcia terminò quando uscii dalla radura. In un’ampia piazza che doveva aver ospitato un mercato diversi soldati si scontravano in combattimenti corpo a corpo. Vidi l’alta figura che sorvegliava il tutto, sospeso in alto nel cielo, e sorrideva compiaciuto. Credo che fossimo in vantaggio.
Improvvisamente in quella disastrosa tormenta, in quel tornado intravidi due macchie verdi. Due occhi piatti e opachi, che non trasmettevano nulla. Traballai e a stento riuscii a restare in piedi. Qualcosa dentro di me aveva sussultato, facendomi sbiancare. Un cuore? Non credevo nemmeno più di averlo. Intanto quegli occhi si spostavano irrequieti da un punto all’altro, senza sosta. Adesso si coloravano di pietà, ora di orrore, ora di spavento. Poi mi videro e strabuzzarono. Esprimevano tutto e nulla : amore, rabbia, pena, paura.
Non riuscivo a smettere di guardarli, mi trasmettevano calore, speranza. Erano il qualcosa che cercavo. Erano l’unica bussola che potesse guidarmi verso un porto di pace. Un’ancora in quella tremenda tempesta che stava avvenendo intorno a me. Dentro di me.
Un’alta figura dai capelli chiari distolse il mio sguardo dai suoi occhi. Cinse le spalle di Chocola e la strinse a sé. Lei sopportò per qualche secondo quella situazione, prima di sottrarsi a lui e di allontanarsi stizzita. Il mio piede destro esitò un secondo, ma alla fine si spinse velocemente in avanti, ignorando la voce acuta e dolce che mi chiamava.
“I have to be where you are”
Non ci misi molto a raggiungere, seppur imboccando strade secondarie. La trovai in un quadrivio fantasma, circondata da edifici che dovevano essere stati evacuati da tempo. Ero a pochi passi da lei, avrei voluto chiamarla, ma dalle mie labbra non uscì alcun suono. Il suo passo tuttavia divenne più esitante e incerto. Si fermò e strinse i pugni. Ci circondava il silenzio, che era così in contraddizione con le grida di morte che avevamo lasciato. Era così bella, così rassicurante quella calma. Sarà che mi risultava tale perché avevo vissuto la mia intera vita nel silenzio delle immense camere del Castello prima e della Villa poi. Da solo in silenzio a leggere dei romanzi, dei libri di magia o a fissare fuori dalla finestra sempre lo stesso desolante paesaggio.
-Cosa vuoi da me?-
Si era girata, pur non avendo udito la mia voce. O forse aveva ascoltato la voce  della mia anima che la invocava. O magari solo il rumore dei miei passi.
In ogni caso si era voltata e adesso mi guardava con le braccia incrociate. Era furiosa, ma allo stesso tempo era sulla difensiva e si sentiva insicura. Come sempre, del resto. Aveva paura di me, ma soprattutto temeva se stessa. Perché quando era con me cadevano le sue certezze, le sue mura di protezione e restava la vera Chocola. Meno arrogante, più fragile e confusa.
-Volevo parlarti-risposi.
-E’ un po’ tardi … - mi ringhiò contro.
-Beh meglio tardi che mai. Non recita così un vecchio detto?- sorrisi.

Eccomi tornata in questo fandom!! Non riesco ad essere lontana da qui per troppo! Sto sviluppando un’idea che mi è frullata in mente mentre studiavo per l’esame e spero vi piaccia! Come vedete è scoppiata la Guerra di Extramondo e in ogni capitolo mostrerò l’ancora (appunto) che permette ai vari personaggi di sopravvivere, ma anche i loro pensieri, la loro anima. Fino a giungere al momento in cui tutti dovranno interagire tra di loro, combattere in prima linea per dissipare la loro confusione interiore e prendere una decisione. Spero vi piaccia anche il mio nuovo stile, composto da periodi spezzati, parole ripetuto per il quale mi sono ispirata a Chiara Gamberale. A me sembra incisivo e adatto a narrare della proprio anima.
Ah dimenticavo questa storia è dedicata alla cara  ShadowDragon2000 , che mi aveva chiesto proprio di scrivere una long su SS. Scusa l’attesa e spero che ti piaccia.

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Capitolo 2
*** Una promessa ***


Un’ancora nella tempesta

Chocola

Una promessa

-Volevo parlarti-
-E’ un po’ tardi … -
-Beh meglio tardi che mai. Non recita così un vecchio detto?- sorrise.
Strabuzzai gli occhi davanti al suo sorriso furbo. Come aveva potuto credere che avrei accettato di ascoltare le sue scuse, che avevano tardato tanto? Come aveva avuto il coraggio di tornare dopo tutto il dolore che mi aveva arrecato? Mi aveva 
portato via la mia migliore amica, che era come una sorella per me … E per di più aveva giocato con i miei sentimenti .
“You make me believe that you love me”.
Un forte dolore al fianco mi fece piegare e stringere i denti per non gridare. Di nuovo quella tremenda sensazione di abbandono. Di solitudine.

Mi riportò a due anni prima quando ero andata al suo castello per liberare Vanilla, il giorno prima della mia Incoronazione. Dopo il mio improvviso ritorno dalla Terra ,infatti, ero stata confinata nel Palazzo di Extramondo affinché restassi al sicuro e studiassi tutti gli incantesimi che potessero rendermi una strega potente. La più potente. E lo ero diventata e credevo che questo potesse bastare per liberare la mia amica. Mi ero dunque presentata al Castello degli Orchi intenzionata a convincerla a seguirmi e invece avevo incontrato Pierre. Splendido come non mai. All’inizio avevo avuto paura che lui mi attaccasse, che mi uccidesse.
“Non mi fai più paura, adesso sono capace di metterti in difficoltà anche io. E mi riprenderò Vanilla, costi quel che costi.” Avevo esclamato cercando di nascondere le mie insicurezze.
Ma lui con dolci parole, era riuscito ad ammansirmi. Mi aveva giurato di amarmi, di non aver pensato ad altro che a me dal nostro ultimo incontro. “Tu sei l’unica cosa buona che mi sia mai capitata e non voglio più separarmi da te” aveva concluso.
E quando il suo viso coperto da una barba ispida si era avvicinato al mio, giovane e delicato, e le sue labbra avevano toccato le mie, mi ero persa. Nei suoi occhi, nelle sue promesse, nel suo amore. Annegata in quel sentimento che non riuscivo a capire, né a governare.
Già imparare a gestire gli incantesimi non mi aveva reso capace di padroneggiare il più grande di tutti, l’amore.
“L'amore ha ucciso più di qualsiasi guerra”.
Ero vacillata e caduta direttamente tra le sue braccia. Avevamo ordito un piano : Vanilla il giorno successivo sarebbe tornata alla corte di Extramondo e ne sarebbe diventata la Regina. Io e lui, invece, saremmo scappati via facendo perdere le nostre tracce. Per sempre.
L’idea di fuggire via da incarichi che non avevamo chiesto, ci eccitava e il fatto di essere insieme rendeva tutto più magico.
Avevo preparato i bagagli in fretta e furia, senza che nessuno notasse nulla, distratti e affaccendati come erano per preparare il Castello al ricevimento organizzato per la mia Incoronazione. A mezza notte mio ero recata nella brughiera in compagnia di un’enorme valigia e di tanta speranza. Attesi molto, un’ora, due ore, tre ore, quattro ore.
Il Sole sorse illuminando le mie occhiaie e le mie lacrime. Lui non era venuto. Mi aveva ingannato.
Dopo aver trascorso la notte a rimproverare la mi ingenuità, quando tornai nella mia stanza avvertii solo una cosa, la solitudine. Un forte senso di abbandono. Per l’intera mattina non ero riuscita a sollevarmi dal letto, afflitta da una terribile fitta al fianco. La sera per fortuna ero stata capace di partecipare alla cerimonia dedicata a me, senza che nessuno si accorgesse di nulla. E lì avevo appreso che le parole di Pierre erano state tutte menzogne e che le sue labbra avevano sfiorate altre labbra oltre le mie. Quelle di Vanilla. Tutte le notti. E forse non solo quelle. Avevo presto, egoisticamente, smesso di preoccuparmi di lei. “Sta certamente meglio di me” mi dicevo. E lo credevo davvero : in fin dei conti aveva tutto quello avrei voluto io.
Per fortuna ero presto riuscita a riprendermi. Houx mi aveva trovato in quel baratro di tristezza e odio in cui vivevo, e mi aveva portato via. In salvo. Non mi aveva inoltre mai chiesto a cosa fosse dovuta la mia tristezza, forse l’aveva associata all’assenza di Vanilla. Comunque il senso di abbandono se ne era andato grazie a lui e per ringraziarlo un anno fa lo avevo sposato. Per gratitudine, non per amore. Perché, nonostante tutto, c’era una sola persona che amavo. E mi odiavo per questo!

Pierre mi strinse, evitandomi di cadere. Lo allontanai fulminandolo con lo sguardo e, mantenendomi ad un palo respirai profondamente. La fitta si alleviò e ripresi il controllo di me stessa.
-Perché non vai a comandare i tuoi soldatini? Ho sempre pensato che tu fossi spregevole, ma questa guerra è davvero la cosa peggiore che potessi fare! E’ un anno che muoiono migliaia di cittadini di Extramondo e di Orchi per nulla! Le città sono deserte e le strade piene di cadaveri solo per soddisfare un tuo capriccio.-provocai Pierre.
Avrei avuto ancora milioni di rimproveri da fargli in modo molto concitato, ma lui mi interruppe. Mi guardò fisso per qualche secondo e scoppiò in una fragorosa risata, come se avessi detto la battuta più divertente del secolo. Avrei voluto gridargli contro di tutto, ma ero così inorridita che non vi riuscii.
-Mi sopravvaluti, mia cara. Credi che sia stato io a volere la guerra? Io non sono altro che un fantoccio nelle mani di forze più grandi di me e di te.-
Si piegò e strappò un filo d’erba da uno dei cespugli che erano cresciuti lungo la strada a causa dello stato di abbandono in cui verteva. Lo passò tra le sue mani e lo trasformò in una corda d’oro, legato alla quale apparve una figura evanescente.
-Vedi?- Alzò un’estremità di quella corda e la figura alzò il braccio, la lasciò andare e lei lo abbassò. -Sono un burattino. Al burattino non è permesso pensare. Non è permesso rifiutare. Non è permesso essere stanco. Se il burattinaio ordina che lui deve alzare la mano. Lui la alza. Punto. All’istante. E quando lui non ha più bisogno di quel fantoccio semplicemente lo distrugge.-
Batté le mani una contro l’altra : la figura sparì. La cordicina tornata ad essere un filo d’erba cadde ai suoi piedi.
-Credo che accadrà molto presto. Per questo volevo parlarti, spiegarmi …-
Lo guardai per capire se stesse dicendo sul serio o stesse bleffando. Il suo sguardo prima sicuro e deciso, era adesso terrorizzato e smarrito. Mi chiesi come fosse possibile che i suoi occhi prima esprimenti fermezza potessero cambiarsi d’abito così presto. La sua pelle divenuta ancora più bianca aderiva perfettamente alle ossa, dandogli un aspetto per nulla salutare. La barba sul viso era incolta e i suoi vestiti sembravano esageratamente grandi. O forse era lui che era eccessivamente dimagrito. Trascurato ed estremamente debole : così mi apparve. Ricordai quando anche io ero nella sua stessa situazione e ne provai pietà. Dimenticai che era stato proprio lui a ridurmi così.
Gli suggerii di seguirmi in una delle case che ci circondavano : lì avremmo potuto parlare tranquillamente senza essere visti. Pierre forzò la serratura di una di quelle abitazioni ed entrammo. La stanza nella quale ci trovammo era poco accogliente. Gli unici mobili presenti erano una tavola posta al centro , circondata da un paio di sedie di legno al quanto malandate. Degli scaffali di legno coprivano le pareti altrimenti spoglie. Mi tolsi dalla testa il cappellino, che la moda imponeva alle donne di indossare e lo appoggiai su un grande camino situato alla mia destra. Spostai leggermente la sedia dal tavolo e mi ci sedetti, facendo attenzione a non strappare la larga gonna che indossavo. Nonostante da anni ormai portassi abiti eleganti e lunghi che meglio si addicevano ad una Regina, dovevo ammettere che non mi ci ero ancora abituata. Continuavano ad essere per me una grande scocciatura. Come i corsetti. O i tacchi.
-Devo ammettere che sei davvero cresciuta, dall’ultima volta che ti ho vista. Non sto parlando più con una ragazzina, ma con una vera e propria donna. Una bellissima donna.-
Cominciò ad accarezzarmi i capelli e le guance.
-Ma in fin dei conti sei sempre la stessa, così debole e innamorata. Innamorata di me.-
Ed eccolo di nuovo. La sua spavalderia faceva di nuovo capolino, mentre i suoi occhi blu, tornati sicuri, cercavano di ammaliarmi. Li guardai per un solo secondo. Quanto bastava per ricordarmi della loro bellezza. Il tempo era già passato.
-Arriva al punto, Pierre. Non ho tutto il giorno.-tagliai corto allontanandomi da lui.
Questa volta non ci sarebbe riuscito. Ad ammaliarmi. A fregarmi. A ferirmi. Incrociai le braccia e attesi le sue parole.
Lui sembrò confuso e smarrito per qualche istante, prima di cominciare a parlare.
-Volevo solo chiederti scusa. Per tutto. Ho sbagliato a farti promesse che sapevo non avrei potuto mantenere. Allora mi ero illuso che potessimo fuggire e avere una vita nostra. Lontano dagli Orchi. Lontano dalle costrizioni e dai problemi. Solo io e te. -
Mise la sua mano sulla mia. Abbassai lo sguardo a terra.
-Ma tutte le parole d'amore che ti dissi allora non erano menzogne. Credimi non lo erano. Io ti amo. E non ho mai smesso di farlo.-
Gli puntai gli occhi sul viso furiosa e folle di gelosia.
-E Vanilla? Dici le stesse cose a Vanilla? So che dormite insieme … Ami entrambe? -lo accusai.
Sorrise. – No. La uso soltanto. Ma quando sono con lei, indovina a chi penso?-
Le sue dita si mossero lungo il mio braccio con un tocco leggero. Ad ogni tocco sentivo un brivido lungo la schiena.
Gli tirai un ceffone. Nonostante avessi smesso di preoccuparmi della mia migliore amica, le volevo ancora bene e mi aveva inorridito sapere come lui la usasse senza ritegno.
-Sei un essere spregevole … -sussurrai.
-Può essere. Ma ascoltami : lei ne è consapevole. E credo che anche lei a modo suo mi usi. Siamo due persone sole e facciamo in modo che i nostri corpi si facciano compagnia. Che male c’è?-
Mi alzai e gli voltai le spalle disgustata. Non tanto dalle sue parole. Ma dall’immagine di loro due insieme.
-Quello che fate non è affar mio. Vorrei sapere che sei venuto a fare. A dirmi che non potremo mai stare insieme? Ne ero già a conoscenza! Perché provocarci altro dolore? Provocarmi altra sofferenza?-
Una lacrima rigò il mio viso. Ringraziai il fatto che fossi voltata e lui non potesse vedermi piangere. Asciugare le lacrime. Soffrire. Per lui.
Mise la sua mano sulla mia spalla. Che se ne fosse accorto ugualmente?
-Perché non mi sono ancora rassegnato all’idea di non poterti avere.-
Fu una frazione di secondi. Toccata nel profondo da quelle parole mi girai. Eravamo faccia a faccia. Occhi negli occhi. E i suoi occhi non potevano mentirmi. Lui mi amava. Era un mostro. Un Orco. L’essere peggiore che avessi mai conosciuto. Ma mi amava davvero. Ed io facevo altrettanto.
Le nostre labbra si sfiorarono e lui sorrise prima di baciarmi con passione.
Felice come se avesse catturato la più bella e pregiata di tutte le prede. Felice di esserci riuscito. Di nuovo . Ad ammaliarmi.
Chiusi gli occhi e per dieci secondi non pensai a nulla. Mi godetti solo quel bacio e le sensazioni che mi provocava.
Il decimo secondo scattò e tornai alla realtà.
-Pierre sono una donna sposata ed amo mio marito!-gli ricordai, allontanandomi lentamente da lui.
Le mie parole lo innervosirono. Si staccò da me e cominciò a picchiettare le dita sul tavolo, fissandomi furioso.
-Non mentirmi. Tu ami solo me e lo sai benissimo. Il vostro rapporto è solo una finta, come il mio con Vanilla. –
I suoi occhi sembravano supplicarmi. Mi pregavano di confermare le sue parole.
-Lui mi è stato vicino quando tu non c’eri, quando tu mi avevi abbandonato. Lo hai detto anche tu che non possiamo stare insieme … allora che male c'è se ho trovato la felicità in un altro uomo?–
-Felicità- batté il pugno sul tavolo, facendomi sobbalzare. – Mi vedi felice? Perché dovresti essere felice tu? Per noi non può esserci felicità … Non vedi come mi sono ridotto da quando ti sei sposata? Come mi sta riducendo la gelosia ogni volta che penso che tu non potrai mai essere mia? E che ormai appartieni ad un altro? Sto diventando pazzo!- gridò stringendo i pugni.
-Ti sbagli io posso essere felice e lo sono. Con qualcuno che non sei tu. Con Houx.-
Lo vedevo soffrire davanti ai miei occhi. Anche se lui cercava di non darlo a vedere, nascondendosi dietro la sua indifferenza come dietro ad una maschera. E un po’ il mio animo godeva perché gli stavo restituendo lo stesso dolore che lui aveva inflitto a me. Adesso non ero più fragile. Ero forte.
Si morse un labbro e mi fissò intensamente.
-Chocola, mi hai appena baciato … anche allora pensavi a lui?-
-Rivederti mi ha fatto ricordare di un tempo in cui ti ho amato. Ma sono trascorsi così tanti anni ed io sono molto cambiata. E ho imparato una cosa importante : Non si può ripetere il passato.-
Voleva capire se stessi mentendo. Ma lesse la verità delle mie parole nei miei occhi decisi.
-Vi auguro di essere molto infelici, allora. Quanto me ora-
Le sue parole che suonarono come una tremenda maledizione mostrarono il suo orgoglio ferito. Quello di un soldato che aveva vinto miliardi di battaglie e adesso doveva fare i conti con la sua prima umiliante sconfitta. Scappò veloce dalla porta, lasciandomi sola in quell’appartamento che col giungere della sera era diventato molto freddo.
Era tempo di tornare al Castello, alla mia vita. Cercai in tutta la casa uno specchio per rimettermi in sesto. Ne trovai uno al piano superiore. Era circondato da un’elegante cornice d’ottone, rovinata dal tempo. Mi ci specchiai. Respirai profondamente un paio di volte. Passai una mano sulle mie labbra, da poco sfiorate da quelle di Pierre. Avevano sorriso, baciato, detto parole d’amore. Ma soprattutto avevano da poco pronunciato menzogne, ostentando grande naturalezza. Avevano appena ferito un uomo eppure non tremavano per la vergogna o il pentimento. Erano immobili. Come la mia espressione.
Cosa ero diventata? Un’attrice. Una grande attrice. Che sapeva mentire a tutti tranne che a se stessa. Una lacrima attraversò il viso, ricordandomi la ragazzina fragile che ero un tempo. Ma la donna che ero diventata la cancellò subito. Si aggiustò i capelli e rimise il cappellino, decisa a lasciarsi alle spalle non solo quella casa, ma anche la tormenta che la agitava. Eppure sapeva che per fronteggiare questa tempesta si sarebbe potuta affidare solo alla promessa che Pierre le aveva fatto anni fa. E che adesso non sembrava più essere menzognera. Ma reale. Che lui l’avrebbe amata fino al giorno della sua morte, in qualunque modo fossero andate le cose.

Ragazzi spero che vi sia piaciuto questo capitolo. Trovo che qui le personalità di Pierre e Chocola siano molto simili : entrambi che si fingono forti, ma sono in realtà molto deboli. Entrambi si attaccano all’amore dell’altro per sopravvivere. Solo che alla fine ho voluto invertire i ruoli : Chocola sembra essere molto vendicativa e godere della fragilità che Pierre ha manifestato per qualche attimo. Secondo me si adatta bene al carattere di una Chocola più matura ! Secondo voi? Fatemi sapere i vostri pareri. P.s. Come ogni anno, andrò in vacanza nelle prossime due settimane...non so se quindi riuscirò ad aggiornarvi. Se non ci riuscissi, ci rivediamo presto.

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Capitolo 3
*** Una carezza ***


Un’ancora nella tempesta

Vanilla

Una carezza

Mossi il piede coperto dal tessuto della calza scura, che lasciava trasparire la mia pelle chiara, lungo l’imbottitura di velluto del divano su cui ero stesa. Allungai verso l’alto le braccia, coperte fino ai gomiti dai guanti di seta, come ero solita fare quando mi stavo annoiando. Giocherellai con le perle che mi ornavano il collo, lasciato scoperto dal tubino nero senza spalline, che indossavo. Cercai con lo sguardo l’orologio lungo le pareti nere coperte da antichi quadri ed arazzi rappresentanti spettacoli tutt’altro che felici. Sembrava che quelle immagini tetre avessero catturato e nascosto, sotto forma di sottili fili d’oro, dentro di loro tutta la luce che doveva pur essere entrata in qualche occasione in questo castello. Luce a cui ora era negato l’accesso da pesanti tende di velluto nero, inchiodate alle imposte. Era il luogo perfetto per chi voleva vivere nell’oscurità. Per chi odiava la luce. O la temeva. Perché avrebbe mostrato tutti i suoi peccati, i suoi terribili pensieri agli altri. A se stesso. Lessi l’ora nel quadrante del pendolo, posto sulla mensola che si ergeva qualche metro più in alto del caminetto in cui scoppiettava un fuoco vigoroso. Le 9.30!
Afferrai la campanellina, posta sul mobile accanto a me, e la mossi nervosa. Una donna che aveva il viso sfregiato da una terribile cicatrice e gli occhi segnati da profonde occhiaie, entrò frettolosa. Ricordai di quanto mi avesse inorridito l’aspetto degli Orchi il primo giorno in cui li avevo visti. Ero appena scappata dal mio tutore per poter diventare la loro Regina, ma appena mi ero imbattuta in loro mi si era gelato il sangue nelle vene. Pierre mi aveva allora spiegato che la loro apparenza deforme non era altro che una manifestazione delle colpe e dei loro delitti. Del loro cuore turpe.
“Anche io diverrò così?” avevo chiesto spaventata.
“No. Noi non siamo nati Orchi, lo siamo diventati successivamente. Il nostro cuore non è sempre stato nero, una parte di quello che eravamo prima resterà sempre dentro di noi. Un pizzico di amore e di pietà per il prossimo ci marchieranno per sempre, rendendoci imperfetti. Non saremo mai completamente degli Orchi. Dei Mostri.”
Mi ero lasciata sfuggire un sospiro di sollievo, per cui lui mi aveva subito rimproverato.
“Questa che oggi ti sembra una fortuna, ti si rivelerà nella sua vera natura. Una debolezza. Ed è mille volte meglio essere deformi piuttosto che deboli.”
 
-Si può sapere, di grazia, perché non hai ancora servito la cena- la rimproverai aspramente.
-Il Principe non è ancora tornato.- si giustificò, abbassando lo sguardo imbarazzato.- Ma la servo subito, se volete … -
-Sarà meglio … -
Sparì veloce dietro una porta alle mie spalle. “Dove sarà finito?” mi chiesi curiosa. L’ultima volta che lo avevo visto si era dileguato veloce, ignorando la mia voce che lo aveva chiamato. Mi era sembrato più pallido del solito e nel suo sguardo si scorgeva una strana luce. Pazzia? Sì, i suoi occhi esprimevano proprio la follia.
Dentro di me si insinuò un sentimento nuovo. Preoccupazione? Premura? Gelosia? Ricordai l’uomo che mi aveva affascinato all’inizio della mia permanenza al Palazzo : spietato, freddo, calcolatore, senza scrupoli. Dove era finito? Ormai il Pierre che avevo conosciuto era morto. Quello con cui convivevo non ne era che l’ombra. Il fantasma. Un pazzo, un disperato.
La cameriera rientrò seguita da una schiera di aiutanti. Un gruppo di mani nodose e ricoperte di vene, messe in evidenza dalla carnagione chiara, apparecchiarono la tavola. Posate, piatti di porcellana e fazzoletti di merletto vennero disposti alle due estremità in modo consono a quanto ordinato dal galateo. Mi sedetti e cominciai a mangiare. La porta si aprì ed un’alta figura entrò nel salone. Illuminato dalla luce delle candele, riconobbi il fidato servitore di Pierre.
-Le dispiace se ceno con lei, vostra maestà?-
-Si accomodi, Sylvette. Mi faccia compagnia!-
Feci segno ad una delle donne che attendevano in piedi attorno a noi, pronte a soddisfare tutte le nostre richieste, di versargli del vino nel calice.
-Come è andata oggi sul fronte?-gli chiesi.
-Non sarebbe potuta andare meglio, mi creda. Ormai la disfatta degli eserciti di Extramondo è prossima. L’intero pianeta sarà presto nostro.-
Alzammo i calici in segno di rispetto reciproco e bevemmo un sorso di vino rosso. Era bello vedere l’entusiasmo che quell’uomo metteva nella guerra.  Sembrava essere per lui una questione di vita o di morte. Come se il fine della sua esistenza fosse portare gli Orchi alla vittoria. Vendicarli. Un fine. Mi chiesi quale fosse lo scopo della mia di esistenza. La mia mente formulò una risposta che affrettai ad allontanare.
La porta alle mie spalle venne spalancata e udii dei passi pesanti calcare il pavimento. Prima che potessi voltarmi per vedere il nuovo arrivato, Sylvette lo salutò.
-Appena in tempo, Pierre, la cena è stata appena servita … -disse.
-Non ho fame … voglio solo farmi un bagno caldo.-
Sparì velocemente, ma riuscii comunque a constatare lo stato in cui era giunto. Sconvolto, con gli occhi arrossati, completamente rosso in viso. Fuori di sé.
 
La stanza era buia e silenziosa. Mi sdraiai sulle coperte di seta, senza nemmeno togliermi i vestiti. Il letto era vuoto. Pierre doveva essere ancora in bagno, immerso nell’acqua calda che non riusciva a far evaporare le sue sofferenze. Le sue afflizioni. Incapace di accorgersi del tempo che passava.
Affondai la testa nel morbido cuscino e mi lasciai travolgere dai pensieri. Chiusi gli occhi, cercando di non prestare attenzione ai gemiti che mi scuotevano il petto. Un’ immagine si concretizzò nell’oscurità. Due occhi color miele, una chioma color cioccolato e un viso che manteneva un’espressione infantile, nonostante l’età e la barba cresciuta lungo le guance. Io, smarrita in una piazza, nel bel mezzo della battaglia. Le mie labbra, calcate da un pesante rossetto viola, avevano appena pronunciato il nome del mio amante. Senza risultato. Lui non mi aveva nemmeno ascoltato, intento come era a correre dietro lei. Gli occhi di Houx che, illuminati dal sole, potevano colorarsi di qualsiasi gradazione, dal giallo al marrone, mi avevano guardato pieni di comprensione. Sembravano riuscire a leggermi dentro, a scrutare la mia confusione. Sembravano condividerla. Anche lui era solo.
La mia mano automaticamente si mosse e mi sfiorò la guancia. Voleva mimare una carezza. Una carezza che avevo ricevuto tempo fa. Una lacrima si appoggiò sul mio zigomo destro e si lasciò assorbire dalla pelle. Fu un attimo.
Mi rividi bambina, nascosta dietro una grande quercia, a piangere disperata. I miei amici mi avevano portata ad un grande lago della Foresta Zenzero ed invitato a fare il bagno nelle sue acque insieme a loro. Io, che però non ero capace di nuotare, avevo declinato il loro invito. “Non ne ho voglia, preferisco restare qui. Andate voi!” mi ero giustificata. Loro non se lo erano fatti ripetere due volte e si erano lanciati in quel bacino d’acqua dolce. Potevo udire le risate, mentre mi rattristavo in un angolo. Da sola. Perché ero infelice. Perché non sapevo nuotare. Perché la solitudine mi soffocava. Perché non avevo tanti amici come Chocola. Quanto la invidiavo allora! Perché lei era libera, mentre io ero costretta a restare chiusa nel Palazzo. Perché lei era sempre allegra e solare, mentre io ero costantemente malinconica. Perché non ero lei.
 Ma Houx, che si era accorto del mio turbamento, anziché gettarsi nell’acqua mi aveva seguito e osservato in silenzio. Percepita la sua presenza, lo fissai e mi asciugai le lacrime, vergognandomi di essere stata così piagnucolona. Lui non disse nulla, ma mi accarezzò. Il contatto della sua pelle sul mio viso mi trasmise una sensazione di benessere e serenità. Era stato allora che mi ero innamorato di lui. Della felicità che solo quel ragazzo avrebbe potuto darmi. E ogni giorno avevo sofferto, costatando che il suo cuore non sarebbe mai appartenuto a me. Mai. Non sarebbe stato mai di nessun altro che non fosse lei. Lei che nemmeno vedeva le sue virtù. Lei che a stento lo notava. Lei che era innamorato di un altro. Anche in quello eravamo simili.
Una carezza. Le mani di Pierre, ancora bagnate, mi sfiorarono il braccio con un tocco leggero. Mi baciò il collo e aperta la zip del tubino mi riempì di baci la schiena. Mi voltai e vidi il suo viso. Era più calmo e rilassato. Appoggiò le sue labbra sulle mie e le baciò con passione. Sembrava volesse ritrovare il sapore di altre labbra. Delle sue labbra. O forse dimenticarlo.
Ricordai la prima volta che mi ero concessa a lui due anni prima. Anche allora aveva l’aria triste e sconvolta. Mi eccitava l’idea che lui fosse l’unico a considerarmi una donna e non una bambina viziata. Ma del resto anche l’idea di giacere con il ragazzo che Chocola aveva da sempre amato, mi aveva stuzzicato e spinto tra le sue braccia. L’avevo vista come una vendetta.
E da allora eravamo entrati in questa spirale del peccato, che non ci lasciava mai del tutto soddisfatti. Dopo che ci eravamo fatti travolgere, stesi l’uno accanto all’altro quasi ce ne pentivamo. Avevamo tradito i nostri cuori. Noi stessi. Mentre i nostri corpi erano avvinghiati, i nostri cuori battevano per altre persone.
Ci consolava tuttavia l’idea che la nostra unione potesse far soffrire chi amavamo. Cosa contava aver tradito il mio puro amore per Houx, se in questo modo potevo annebbiare il cuore di Chocola con la gelosia? Dopo essere stata io attanagliata da quel tarlo, adesso era il suo turno.
Quella sera tuttavia sembrò diverso. Gli occhi di Pierre non vagavano, ma erano fissi su di me. Guardavano me. Bruciavano per me. La mia mente mi rimandò l’immagine di altri occhi, che esprimevano sentimenti diversi dalla freddezza e dal desiderio. Le iridi di Houx, così dolci e comprensive. Allontanai quella visione dalla testa, non dovevo più pensarci. Accarezzai la sua barba ispida, che mi fece quasi il solletico al contatto con la delicata pelle della mia mano.
“Mi sei mancato”sussurrai. Il suo viso prima fermo e deciso, espresse sorpresa.
“Era da tempo che non eri così determinato e risoluto. E’ un lato di te che mi affascina molto … di certo lo preferisco al disperato eroe romantico.”spiegai.
Sorrise. Mi afferrò il viso tra le mani con forza, come se volesse catturarmi. Un brivido mi percorse la schiena e provai sinceramente paura. “Se mi preferisci così … ”.
 
-Sei stato da lei?-chiesi, appoggiando la mia testa sul suo petto.
Alzò lo sguardo. Il suo torace si alzò : respirò profondamente. Passò una mano nervosamente tra i capelli biondi. Il vento, che entrava attraverso la finestra aperta, faceva volteggiare la tenda scura che avrebbe dovuto impedire alla luce di entrare. Parte del chiarore lunare colpì i capelli di Pierre facendoli luccicare come fili d’oro. Gli stessi che adornavano gli arazzi.
-Ha detto che lei ama Houx e che sono felici insieme … -disse a se stesso, più che a me.
Quelle parole risuonarono nel silenzio che seguì. Ferme e sicure come una sentenza. Come una terribile verità.
-Ma è una menzogna!-gridai. Mi morsi il labbro inferiore e strinsi i pugni.
Felici? Come si permettevano di essere felici? Dovevano addolorarsi per tutta la vita, rimpiangendo il fatto di averci perso. Le mani presero a tremarmi, ma per fortuna Pierre non se ne accorse.
-Lo credevo anche io, ma sono stato al Palazzo. Li ho fissati attraverso i vetri dalla finestra, facendo in modo che non mi vedessero. E sono affiatati. Vanno d’amore e d’accordo. Io sono qui a struggermi e loro sono felici. Schifosamente felici.-
Cercò nervosamente qualcosa sul comodino di mogano. Nella fretta alcuni oggetti precipitarono e atterrarono sul tappeto che ne attutì la caduta. Afferrò un bicchiere di cristallo e lo lanciò con foga contro il muro di fronte a noi. Una pioggia di piccoli schegge di cristallo calò sul pavimento. Alla luna luccicavano come tanti diamanti. Corsi a raccoglierli. Sollevavo quei frammenti e li scrutavo addolorata. Sembravano i pezzi del mio cuore infranto. Uno di quei cocci mi tagliò il palmo della mano. Le gocce di sangue scarlatto mi macchiarono le mani, prima di scivolare sul marmo su cui ero inginocchiata. I piccoli brillanti assunsero un aspetto macabro, ma allo stesso tempo affascinante.  
-Non può finire così … con un lieto fine. Non deve!-esclamai.
Lui mi raggiunse e mi aiutò ad alzarmi. Lasciai andare tutti quei cocci. Mi abbracciò. Mi chiesi se volesse consolare me o se stesso. –Stai tranquilla. Non la passeranno liscia. La pagheranno. Rovineremo la loro vita, come loro hanno rovinato la nostra.-
Mi accarezzò. Ebbi l’istinto di ritrarmi, ma non lo feci. Ricordai le carezze di Houx, più dolci e calorose. Le sue mani ruvide e sporche, piene di cicatrici. Come quelle di tutti i bambini sempre pieni di entusiasmo e alla ricerca dell’avventura. Le paragonai alle mani di Pierre, più curate e lisce. Ma fredde. Come i suoi occhi. E i suoi gesti meccanici.
Mi chiesi come fosse possibile che quella impassibilità che prima mi aveva affascinato, adesso mi disgustasse? Scossi il capo. Avrei dovuto abituarmi alle sue mani. Alle sue carezze. Dovevo farmene una ragione. D’ora in poi sarebbe stato lui a darmi conforto. In questa enorme tempesta che era diventata la mia vita. Il mio cuore.
Ed ecco la parte dedicata a Vanilla. Spero vi piaccia. Scusate il ritardo, ma come vi avevo detto…ero in vacanza. Questo è il ritratto di Vanilla, la regina degli Orchi spietata quanto confusa. Soprattutto gelosa di Chocola … spero non vi dispiaccia che ho cambiato un po’ la trama dell’anime/manga nell’episodio dell’infanzia di Vanilla. Ricordo bene che realmente fu Chocola a consolare Vanilla e a trasformare il lago in un budino, ma così è più funzionale alla mia storia. Anche qui c’è l’accenno alla tempesta, ma la storia si chiama proprio “Un’ancora nella tempesta” e insieme alla delineazione dei personaggi voglio farvi capire anche quale sia la loro ancora. Ora resta l’ultimo personaggio da delineare, Houx e poi giuro che non sentirete più parlare di ancore. Xd Al prossimo capitolo   
      
 

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Capitolo 4
*** Un' illusione di felicità ***


Un’ancora nella tempesta

Houx

Un'illusione di felicità 

Spalancai la porta ed entrai nella mia camera da letto. Chocola era immobile in piedi al centro della stanza ed una cameriera le stava abbottonando la vestaglia. Attesi che l’inserviente avesse finito la sua mansione e fosse quindi uscita, per potermi avvicinare a mia moglie. Le misi le mani sui fianchi e lei alzò finalmente lo sguardo, prima fisso al pavimento. Osservai preoccupato il pallore del suo viso e le occhiaie che incorniciavano i suoi occhi. Era da diverse settimane che sembrava essere sempre più debole e spesso lamentava un forte mal di testa. Cominciavo ad essere davvero preoccupato.
-Mi  hanno detto che non hai cenato … -
-Non avevo fame.-si giustificò.
Per fuggire al mio sguardo scrutatore, sgusciò via dalla mia presa. Mi diede le spalle e cominciò a disfare il letto.
-Accade troppo spesso ultimamente, non ti sembra? Domani chiamerò il dottore!-
Si voltò di scatto e si avvicinò velocemente a me.
-No! Ti assicuro che non ce ne è bisogno! Sto benissimo! Ma se proprio lo desideri, domani passerò l’intera giornata a letto. Recupererò le forze e tornerò di nuovo in forma!-
Di fronte alla sua richiesta restai pensieroso per qualche secondo, il tempo necessario a prendere una decisione. Durante questa attesa lei con le mani giunte e lo sguardo più tenero che riuscisse a fare, cercava di rabbonirmi.
-Ti prego…-piagnucolava.
Era in quei momenti che ritrovavo la piccola bambina, che avevo conosciuto quindici anni prima. E che non era mai cresciuta. O almeno non completamente. Quella che supplicava sempre suo nonno di non portarla dal dottore, temendo che potesse costringerla a letto o peggio a prendere della nauseante medicina. Quella che volava libera nei campi, sempre allegra e spensierata. Quella che aveva sempre la battuta pronta e un piano pronto per ogni evenienza, che tuttavia ogni volta falliva. Quella che odiava star senza far nulla e che credeva di attingere la sua energia ad una fonte eterna ed inesauribile. La severa vita da palazzo aveva cercato di domare il suo carattere, rendendola più seria e riflessiva. Ma per fortuna qualche sfumatura del suo comportamento infantile era rimasto in lei.
-E va bene!-le dissi, scoppiando in una fragorosa risata.-Riesci sempre ad averla vinta.-
Sorrise con uno sguardo angelico e innocente, ma soddisfatto. Le accarezzai i capelli e poi la baciai con dolcezza. All’inizio le sue labbra ebbero un fremito, che non riuscii a spiegarmi. Allo stesso modo mi sorprese il sapore di quelle labbra, diverso. Più amaro. Quando mi allontanai, mi sentii stordito e confuso. Lei sparì in bagno, sfuggendo ai miei occhi pieni zeppi di dubbi e sospetti. Nel silenzio della camera si udiva solo lo scorrere dell’acqua nel lavabo. Migliaia di domande mi assalirono. Una, più urgente, eclissò le altre. Mi chiesi se fosse giusto seguirla o darle un po’ di tempo per chiarirsi le idee. Fu lei per fortuna a risolvere il dilemma, facendo capolino nella camera qualche istante dopo.
-Dove sei stata?-esclamai subito.
-In bagno.-rispose, fingendo di non capire a cosa mi riferissi.
-Intendo questo pomeriggio, quando mi hai lasciato nella piazza da solo. Non dirmi che sei tornata qui … i domestici hanno detto che sei rientrata soltanto qualche ora fa.-
-Sono stata nella città abbandonata … avevo bisogno di stare un po’ da sola.- mi spiegò mentre si stendeva sul materasso e si copriva con le coperte ricamate a mano.
-Ma è pericoloso! Avresti potuto incontrare un Orco…-la rimproverai.
-So badare a me stessa!Non devi preoccuparti. -ribatté secca.
Appoggiò la testa sul cuscino e si voltò dall’altro lato, facendo finta che io non ci fossi.
-Sei così arrabbiata con me per via della mia decisione in merito alla guerra?-le chiesi, cercando di capire a cosa fosse dovuto tutto quel risentimento.
Sollevò il capo e indugiò con lo sguardo perso nel vuoto per qualche secondo. Aprì le labbra ed esitò. Respirò profondamente e alla fine annuì.
Quando la dichiarazione di guerra da parte degli Orchi era giunta a Palazzo, Chocola aveva rifiutato categoricamente di firmarla. Considerava quello scontro un inutile massacro e desiderava al più presto dare il via alle trattative di pace tra i due regni. Aveva quindi strappato la copia destinata a lei. E si era aspettata che anche io facessi lo stesso. Ma io avevo firmato. Mi ero consultato con il Consiglio dei Saggi e quella era sembrata la decisione più giusta. Dopo tutto il popolo desiderava ardentemente entrare in guerra. E rifiutare la sfida lanciata dal principe Pierre sarebbe stato da codardi! Avevo cercato di spiegare le mie ragioni a mia moglie, ma lei era così cocciuta! E non mi aveva ancor perdonato. E tendeva a rinfacciarmelo ogni volta perdeva la vita uno squadrone di soldati. Dunque tutti i giorni.
-Non sono l’unico responsabile! Lo capisci? Tutti lo siamo! Abbiamo per anni alimentato tanto odio, che ha fatto naturalmente sbocciare questa terribile guerra. Così come un fiume deve necessariamente defluire in un mare! Credimi… non ne sono soddisfatto, né me ne sento fiero.-
- Ne sei orgoglioso eccome!- mi interruppe. – A te non interessa nulla del popolo! L’unica cosa di cui ti importava era non mostrarti un vile di fronte a Pierre! L’unica cosa che vuoi è affrontare Pierre! Sei un grande egoista, Houx! Anzi siete entrambi degli sporchi egoisti!-
-Non è vero, non sono un egoista! E’ solo per il volere del Popolo che ho intrapeso questa sciocchezza. Credi che metterei in gioco la mia vita, la tua e quella di milioni di persone per una rivalità esistita anni fa e di cui nemmeno mi ricordo più. –
Mi sedetti sul letto accanto a lei e le presi la mano.
-Gli Orchi avrebbero attaccato in ogni caso, con o senza il mio consenso. Lo sai anche tu! E non è meglio che la resistenza venga affidata ad un esercito ben preparato piuttosto che alle masse popolari?-
Ci pensò a lungo e alla fine si arrese. –E va bene … hai ragione tu!-
La abbracciai felice di averla persuasa e mi addormentai, felice di essermi tolto un peso.
 
Un grido nell’oscurità mi aveva fatto sobbalzare e svegliare all’improvviso. La mia testa si voltò in più direzioni, mentre gli occhi cercavano di mettere a fuoco gli oggetti. Di capire quale fosse il problema. Accesi la luce e controllai meglio la camera : tutto sembrava essere al proprio posto. Mi voltai e vidi Chocola sconvolta. Il suo viso era grondante di sudore. I suoi occhi sbarrati. Il corpo tremante.
-Scusa se ti ho spaventato. Ho avuto un incubo … - si giustificò.
Le sue labbra ancora tremavano e il respiro affannoso. Mi chiesi cosa mai avesse potuto atterrirla tanto. Attesi che la sua voce divenisse più calma, prima di porle questa domanda. Appoggiai la mia mano sulla sua, cercando di placare la sua paura. Un domestico fece irruzione nella camera allarmato.
-Non è accaduto nulla, George. Porti solo un bicchiere d’acqua a sua maestà  e poi potrà andare.-
Strinsi Chocola a me e la accarezzai. Sentivo il tremolio del suo fragile corpo mitigarsi tra le mie braccia. Aveva appoggiato la sua testa sulla mia spalla, ma la allontanò all’istante quando il cameriere tornò. Bevve un sorso d’acqua lentamente e lo ringraziò cortesemente. L’uomo dai capelli grigi e l’uniforme scura, si inchinò e sparì. Lei si sdraiò nuovamente, pronta a riaddormentarsi.
-Cosa hai sognato di così terribile?-
-Non mi va di parlarne. E’ stato solo un sogno.-
Appoggiai anche io la testa sul cuscino e mi avvicinai a lei. Faccia a faccia. I nostri nasi si sfioravano. Potevo specchiarmi nei suoi occhi verdi, ora calmi. Ascoltavo il suo respiro nel rinnovato silenzio della notte. Allontanai la mia attenzione dalle sue iridi e mi misi ad osservare il suo viso. Il naso. Le gote rosee. Il contorno delle labbra.
-Secondo te, per noi ci può essere felicità?-
La sua domanda ruppe l’idillio, come un fulmine a ciel sereno. Cosa intendeva dire?
-Ma noi siamo già felici! O tu non ti senti tale?-
I suoi occhi erano diventati lucidi e un groppo in gola le rendeva difficile parlare.
-Si certo, ma per quanto durerà?-
-Sarò felice fin quando sarai con me.-risposi accarezzandola.
Una lacrima attraversò la guancia e bagnò il cuscino. L’incubo doveva averla spaventata davvero tanto. La abbracciai e cullai fin quando non si addormentò.
And tell me if you need a loving hand to help you fall asleep tonight
 
Ero da solo in una radura spettrale. Un silenzio tombale mi avvolgeva. Mi chiesi come fosse possibile quella calma dato che non ero molto distante dal punto in cui si stava consumando una tremenda battaglia. Respirai profondamente e cercai di calmare la mia paura. Perché avevo accettato una cosa del genere? Ero diventato un irresponsabile? Sul campo di battaglia Pierre mi aveva intimato di raggiungerlo in questa radura da solo per regolare dei conti. Non avevo idea di cosa volesse da me, ma non me la ero sentita di rifiutare. Sarei apparso come un vile. Adesso che ero lì però stavo comprendendo fino a che punto avevo sbagliato. Lui avrebbe sicuramente barato e si sarebbe fatto seguire da un enorme esercito di Orchi. Ed io sarei stato distrutto! Mi chiesi se Chocola avesse ragione, se l’unica ragione che mi avesse spinto ad accettare quella guerra non fosse stato il mio complesso di inferiorità nei confronti di Pierre. Di quel principe così sicuro di sé, affascinante e determinato.
Dei passi ruppero il silenzio. Lui era arrivato.     


Ed ecco delineato il profilo di HOUX, marito fedele e dolce. Lo accomuna però con Vanilla il complesso di inferiorità e l’invidia che prova nei confronti del suo acerrimo nemico. Spero vi sia piaciuto il mio capitolo. Ah e dimenticavo... il titolo é "Un'illusione di felicità" perchè l'ancora di Houx è proprio la sua vita coniugale che gli appare felice, perchè non sa che Chocola non lo ama. 

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Capitolo 5
*** Un cuore per un cuore ***


Un’ancora nella tempesta
Pierre
Un cuore per un Cuore

Osservai la mia vittima già posizionata al centro della radura, terrorizzata come se fosse sul patibolo. Mi avvicinai lentamente a lui, mentre Houx cercava di mostrarsi forte e virile, seppur senza risultato. Mi fermai quando fui a pochi centimetri da lui.
Non mi sfiorò neppure l’idea che lui avesse portato con sè qualcuno che lo difendesse, che avesse barato.  Era una di quelle persone che tenevano alla lealtà e all’onestà. Eravamo solo io e lui. ”Perfetto.”pensai
-Vedo che sei venuto da solo. Bravo!- gli dissi, sorridendo malignamente.
-A differenza tua, vero? Un gruppo di Orchi ci sta controllando a vista pronti ad intervenire. O forse mi sbaglio?- mi accusò, muovendo nervosamente gli occhi sugli alberi alle mie spalle.
-No! Stai tranquillo. E poi quello di cui dobbiamo parlare è una questione nostra. Loro non devono entrarvi!-
Lui annuì e si tranquillizzò. I muscoli del suo viso, prima contratti , cominciarono a rilassarsi.
-E quale sarebbe questa faccenda, si può sapere?-
-Intendo vendicarmi di un torto subìto da te. Tu mi hai privato della cosa a cui tengo di più.-
Le sue palpebre si spalancarono e lui stette un attimo fermo a pensare. Poi rispose tranquillo:
-Non mi risulta che io ti abbia rubato qualcosa. Non è che magari hai sbagliato persona?-
Aveva incrociato le braccia e sul suo volto era dipinto un sorriso divertito e scettico. Quell’atteggiamento mi stava davvero irritando. Non mi stava prendendo sul serio, ma presto se ne sarebbe pentito.
-Chocola- sussurrai, digrignando i denti.
Lui rispose scoppiando in una fragorosa risata. Stavo per perdere le staffe, le braccia cominciarono a tremarmi dalla rabbia.
-Ti ho rubato Chocola? Ho sempre saputo che eri pazzo, ma ora ne sono davvero sicuro! Io sono suo marito!- esclamò, ridendo ancora.
-Suo marito…  suo marito… - sussurrai – So che sei suo marito. Ma non preoccuparti : questo problema lo si risolve subito.-
Allungai le braccia, le mie mani furono circondate da una fosca ed evanescente nebbiolina scura. Il potere oscuro che promanava dai miei palmi aumentò sempre di più. Piegai le braccia e le spinsi nuovamente in avanti, già pregustandone l’effetto. Il ragazzo, colpito da quella scarica di energia, venne sospinto dietro di alcuni metri. Batté infine la schiena contro il tronco di una grossa quercia.  Non si fermò tuttavia neanche un secondo, seduto sull’erba bagnata. Scattò all’istante in piedi seppur con la schiena dolorante. Il suo continuo tentativo di mostrarsi alla mia altezza era lodevole, in effetti. Peccato che fosse completamente inutile.
-Io amo Chocola e lei ama me. Tu non sei altro che il terzo incomodo. Rassegnati.-gli spiegai.
-Lei non ti ama. Altrimenti perché avrebbe sposato me?-mi provocò lui.
-Devo presumere che tu mi faccia questa domanda perché non conosci la vera ragione. Bene, è d’obbligo che te ne metta al corrente.-
-Non ho bisogno di ascoltare le tue menzogne.-gridò lui.
-Puoi anche crederle tali, se lo desideri. Tuttavia io non ti racconterò favole, invenzioni. No. Io ti descriverò fatti, situazioni che tu potrai verificare. E allora non avrai più scuse. Dovrai credermi. E le tue illusioni cadranno come i pezzi di un castello di cristallo demolito dalla verità.-
Mi fece segno di cominciare a parlare. Ero sicuro che ora fosse ben disposto nei miei confronti e che mi avrebbe creduto. Sorrisi malignamente immaginando la disperazione che lo avrebbe colpito, dopo aver udito il mio racconto. Gli parlai di ciò che era accaduto alla vigilia dell’Incoronazione di Chocola, di come avessimo pianificato la nostra fuga e una vita felice insieme. Ma anche di come il mio ruolo di re degli Orchi avesse distrutto il nostro lieto fine e ci avesse separati.
-E in quel momento, in cui lei era più disperata che mai, sei arrivato tu! Era prostrata a terra dal dolore e tu l’hai aiutata a rialzarsi. Ti sei preso cura di lei. Dunque per ringraziarti delle tue attenzioni, poiché tu eri tutto ciò che non ero io o forse perché voleva ferirmi, quando tu le hai chiesto di sposarti, lei ha accettato. Solo per queste ragioni, non per amore. Perché lei ama me. Non ha mai smesso di farlo … -
Avevo parlato velocemente e senza mai guardarlo. Terminato il mio discorso, tuttavia rivolsi i miei occhi al suo viso. Era così pallido, pupille dilatate e la fronte grondante di sudore. Sorpreso e sconvolto. Per i primi secondi non pronunciò nemmeno una sillaba. Stava sicuramente pensando ai mesi trascorsi a consolare Chocola per la sua profonda disperazione. Ora che conosceva la verità poteva vedere le cose dalla giusta angolazione e comprenderle fino in fondo. All’improvviso annuì : doveva aver trovato un dettaglio che confermasse il mio racconto. Ammise a se stesso che potevo avere ragione, ma non voleva rinunciare a credere nella sua felicità coniugale.
-All’inizio sarà stato anche così : ha sposato me perché non poteva avere te. Ma alla fine si è innamorata di me. Non puoi negare che ora lei sia felice con me … Il fatto che ti abbia amato in passato non significa che ora faccia lo stesso.- esclamò.  La sua voce tradiva la sua disperazione.
Sorrisi felice di smentire le sue parole.
-Eppure io ho la prova che ti sbagli e che il suo cuore batte ancora per me. Forse non sai che ieri io e lei ci siamo visti e la scintilla è riscoccata. O magari non si era mai spenta. E ci siamo baciati e … -
-Basta! Non voglio ascoltarti!-gridò, coprendosi le orecchie con le mani.- Stai mentendo.-
-Quindi non è vero che ieri Chocola si è allontanata dal campo di battaglia per recarsi alla Città abbandonata? –
Lui respirò profondamente. Sapeva che era andata lì.
-E non ti sei chiesto perché sia andata in un luogo così pericoloso? E per di più da sola? Sei così ingenuo Houx. Mi fai quasi pena. E’ venuta per vedere me. -
Cominciò a sfregarsi le mani sudate e a mordersi il labbro. Allungò un braccio e me lo puntò contro. Una debole sfera di energia uscì fuori dalla sua mano e si diresse contro di me. Tuttavia mi ero già spostato e il suo attacco non riuscì a colpirmi.
-Spero che quello non fosse il tuo asso nella manica, perché in tal caso saresti fregato.-lo presi in giro.
Cominciai a ridere forte di lui, facendolo innervosire. Come era sentirsi ridicoli? Fragili? Ingannati? Soli?
La sua mandibola cominciò a tremare, esprimendo tutta la frustrazione che lo attanagliava. Avevo preso un marito felice e affettuoso e lo avevo ridotto in un disperato. E la mia vendetta era appena iniziata.
-Tu non la ami!-gridò all’improvviso. Lo guardai perplesso, chiedendomi come si permettesse di esclamare quella assurdità.
-Tu non la ami davvero. Per te è sempre stato solo un desiderio di possesso. Chocola è l’unica ragazza che non sia cascata ai tuoi piedi e tu vuoi a tutti i costi conquistarla. Farla tua. Una volta che però lei sarebbe scappata con te e tu saresti stato accontentato, per te lei perderebbe ogni attrattiva. Dopo averle rovinato la vita, la butteresti via come un giocattolo vecchio. Io, invece, posso davvero farla felice. Il tuo non è amore, capito? E’ una sfida con te stesso : vuoi dimostrare che sei capace di far innamorare di te chiunque.-
Terminato il suo monologo, riprese coraggio e mi fissò negli occhi. Voleva fingersi impavido, ma io riuscivo ancora ad avvertire la sua paura.
-Non ho bisogno della tua psicologia spicciola e mi sono stancato di te. Facciamola finita una volta per tutte. Ma prima devi sapere che io amo davvero Chocola. Più di quanto non faccia tu. Più di quanto possa fare qualsiasi altra persona.-
-E poi lei è già caduta ai miei piedi.- aggiunsi con un sorriso malizioso.
Un schiocco delle mie dita fece sì che il corpo del malcapitato si librasse in aria. Il poverino cominciò ad agitarsi nel vuoto, senza tuttavia riuscire a scendere. Delle forti catene legarono i suoi arti e gli impedirono di muoversi. Quando lo ebbero immobilizzato, diffusero per tutto i muscoli una serie di scariche elettriche di lieve intensità. Cadde sull’erba a pochi passi da me. Mi avvicinai a lui e lo tirai su, afferrandolo per il colletto della camicia. Con l’altra mano presi dalla mia tasca un coltellino.
-Cosa vuoi farmi?-si arrischiò a chiedermi.
-Hai presente la tradizione che prevede che perché un matrimonio sia effettivo debba avvenire uno scambio dei cuori tra i due coniugi? E’ una cosa così romantica quando a sposarsi sono due persone che si amano davvero! Ma ci sono casi in cui questa diventa una vera crudeltà : quando le due persone sedute sull’altare non si amano. E’ inammissibile che un uomo o una donna che detesti o che a mala pena sopporti ti privi del tuo cuore … -
-Non farmi rider Pierre! Proprio tu osi lamentarti di coloro che portano via cristalli del cuore?-mi provocò, interrompendomi.
Il suo commento mi ferì : per qualche istante ripensai a quando avevo cercato di rubare il cuore a Chocola per ucciderla. Quanto tempo era trascorso e quante cose erano mutate. Eppure una cosa non era cambiata : stavo nuovamente per tentare un omicidio. E questa volta non avrei fallito.
Ripresi il mio discorso, dimenticandomi della sua sgradevole interruzione:
-Dunque dato che so che il cuore della mia amata appartiene a me, trovo assurdo che lo abbia tu! E intendo riprendermelo.-
Mi fissò spaventato. Quando puntai la lama sul suo petto, il suo battito cardiaco accelerò. Agitò le braccia, cercando di distruggere le catene senza riuscirci. Tagliai la sua carne superficialmente e copiose gocce di sangue macchiarono la sua camicia. I suoi muscoli si paralizzarono, il cuore diminuì le contrazioni, le pupille si dilatarono. Lo fissai per qualche istante, beandomi del suo stato. Il terrore. Quella era la rappresentazione fisica del terrore.
Infilai il coltello più in profondità e cominciai a fendergli la pelle con precisione.
All’improvviso la mia mano si bloccò. Il mio agire non era stato fermato da alcun rimorso né da un comunissimo crampo. Era stato arrestato da un incantesimo. Mi voltai, curioso di sapere chi stesse cercando di salvare Houx. Immaginai che fosse il suo gemello che, accortosi dell’assenza del fratello, ci avesse trovato. Ad avvicinarsi a piccoli passi tuttavia fu una figura femminile. Indossava un corsetto di velluto nero sul quale erano ricamate due croci gotiche e una larga gonna di mussola nera. La sua pelle era diafana e delicata quanto le perle che le adornavano le orecchie e il collo. I suoi capelli biondo polare erano raccolti in un elegante tupè. Se non l’avessi riconosciuta, se non avessi saputo il cuore turpe che si nascondeva dietro quell’aspetto così puro ed etereo, avrei potuto scambiarla per un angelo. E tale dovette sembrare agli occhi dell’uomo che aveva intenzione di salvare.
-Pierre, fermati!-mi ammonì.
La guardai allibito, soffermandomi soprattutto sulle sue iridi viola piene di determinazione. Da quando Vanilla era divenuta così autoritaria? Da quando aveva il coraggio di darmi degli ordini? Come si permetteva di comandare il Re degli Orchi? Come poteva essere così poco riconoscente? Se non fosse stato per me lei avrebbe trascorso un’intera esistenza all’ombra di Chocola! Io avevo preso quella strega timida e piagnucolona e l’avevo trasformata in una vera Regina.
 Ad un tratto ebbi un’idea geniale. Mi alzai e mi allontanai dal ferito. Mentre mi incamminavo fuori dalla radura, presi dal taschino della mia giacca un fazzoletto per pulirmi le mani dipinte di rosso. Lo lasciai cadere sull’erba bagnata e volai via.
Ero seduto sul comodo divano del mio salotto. Voltai la pagina del libro che avevo appoggiato sulle ginocchia. Fissavo i fogli, senza leggerne le parole. I pensieri che vorticavano nella mia testa mi tenevano troppo occupato per riuscire a comprendere cosa significassero tutte quelle lettere scritte una accanto all’altra. Ricordai quello che avevo fatto : avevo lasciato che Vanilla salvasse quel miserabile. Dovevo ammettere che sapere che anche la mia compagna mi avesse tradito perché innamorata di quell’idiota, mi aveva infastidito. Quando sarebbe tornata le avrei fatto una bella strigliata per essersi lasciata guidare dai sentimenti. Tuttavia non mi dispiaceva che la cosa fosse finita così. Avevo capito che da quella situazione potevo ottenere qualcosa.  Forse persino più di quanto avessi sperato.
Uccidere Houx mi avrebbe reso un assassino e avrebbe attirato su di me la rabbia di Chocola. Se però lui l’avesse lasciata perché infatuato di un’altra donna… Una donna che lo aveva salvato da una morte certa e che lo amava più di quanto sua moglie facesse.
-Sì se Houx abbandonasse Chocola per Vanilla, la mia amata sarebbe costretta a tornare da me!-
Mi sfregai le mani soddisfatto. Il piano era perfetto. La sua unica pecca era che dovevo aspettare molto tempo prima che si realizzasse del tutto, ma non mi spaventava l’attesa. Cosa diceva Lessing ? “L'attesa del piacere è essa stessa il piacere!”
E poi sicuramente il loro idillio avrebbe già subito qualche crepa nell’ immediato, causata dal fatto che ora Houx sapeva di non possedere il cuore di sua moglie. Era a conoscenza dei baci che le avevo rubato. Inoltre ero sicuro che la gelosia e il sospetto che avevo fatto sorgere nel suo cuore avrebbero deformato e ingigantito i fatti. E in men che non si dica suo marito sarebbe stato convinto che le mie parole avessero sottinteso un’unione carnale avvenuta tra me e Chocola. O magari più di una.
Mi alzai e mi diressi verso la finestra, coperta da una pesante tenda. Mi ci volle un bel po’ di forza, ma riuscii a tirare giù quel drappo scuro. La luce rossastra del crepuscolo entrò nella stanza. Tutto fu illuminato, i mobili, gli oggetti, gli arazzi  che rivelarono la polvere che li copriva come una pellicola. Sbattei le palpebre per riabituarmi alla vista della luce e osservai il piccolo stralcio di Foresta che mi era possibile ammirare. Un grande mare verde sopra il quale c’era un enorme cielo grigio. Questo era reso più vivace dal sole, che aveva rubato il suo colore ai capelli di Chocola e che bruciava come un enorme fuoco, lanciando fiamme tutt’intorno. Appoggiai la testa alle mani incrociate e ammirai il tutto.
Quando l’oscurità invase l’intero cielo, chiusi la finestra. Mi voltai e andai a risedermi sulla poltrona, deciso ad attendere l’arrivo di Vanilla. Fu allora che notai un bigliettino posto su uno sgabello. Non ricordavo di averlo messo io. Incuriosito da quella strana e misteriosa apparizione, mi precipitai lì. Lo presi in mano per leggerlo.
“Appuntamento alle 10 nella mia camera. Dobbiamo parlare. -Chocola”
Sorrisi soddisfatto. Immaginai cosa volesse dirmi : certamente desiderava rimproverarmi per aver quasi ucciso suo marito. Era comprensibile. Tuttavia la prospettiva di rivederla da sola nella sua camera da letto mi stuzzicava. E forse avrei potuto ottenere qualcosa di più interessante di un’insensata strigliata.
Da oggi in poi chiamatemi “Bloody Mary”! AHAH  L’idea di Pierre che squartava Houx per privarlo del suo cuore è derivata dalla mia visione del film “La vera storia di Jack lo Squartatore” e anche dalla serie tv “Once upon a time” in cui Regina non fa che rubare cuori. Spero che vi sia piaciuto questo capitolo.    

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Capitolo 6
*** Un cielo senza stelle ***


Un’ancora nella tempesta
Chocola

Un cielo senza stelle

Camminavo agitata per la stanza, torturandomi le mani. La mia lunga camicia da notte bianca danzava ad ogni soffio di vento che penetrava dalla porta aperta, quella che dava sul balcone. Guardai in direzione del caminetto, nel quale il fuoco si era ridotto ad un mucchio di cenere e a qualche carbone ardente.

Scorsi un ritratto che era stato affisso alla parete da molto tempo, ma al quale per abitudine non facevo più caso. Io e Houx avevamo posato per quel dipinto qualche giorno dopo il nostro matrimonio e lo avevamo appeso in cima al camino. Singolare che proprio in quel momento lo avessi notato! Cosa può fare il senso di colpa :  è capace di ridare la vista ai ciechi!

La donna del quadro, seduta su una poltrona stile rococò, mi fissava. I suoi occhi verdi mi rimproveravano e col suo sorriso si faceva beffe di me. Mi faceva notare a cosa mi fossi ridotta! Mi faceva costatare come mi avesse trasformata quell’amore malato, che non riuscivo a scacciare dal mio cuore. Anche l’uomo in piedi dietro di lei mi incolpava. Il suo sguardo era deluso. Gridava : “Come puoi incontrare quello che ha cercato di uccidermi? Come puoi amarlo?”

Stringeva più forte la presa sulle spalle della sua sposa. Quella del ritratto. Quella fedele e adorante. Mi sedetti sul materasso e mi chiesi come fosse possibile che io fossi la stessa persona di quel dipinto. Come una furia corsi allo specchio e confrontai l’immagine che vedevo con quella che era stata disegnata dal ritrattista. Quale delle era la più realistica? Che domanda inutile! Sapevo chi sarei dovuta essere e chi invece ero! Il pugno serrato contro le mie labbra soffocò i miei singhiozzi. Lacrime amare bagnarono i miei occhi, ma non caddero. Respirai profondamente.

Una domestica entrò nella mia camera e si inchinò. Appoggiò sul comodino, accanto al letto, un’ anfora colma d’acqua ed un bicchiere, che le avevo richiesto.

-Vostra maestà ha bisogno d’altro?-mi chiese.

-No-

Cercai di ricompormi alla meglio, ma non fu affatto facile. I miei occhi, nonostante non fossero più bagnati dalle lacrime, esprimevano ancora enorme tristezza.

-Non si preoccupi : suo marito si rimetterà presto!-mi disse, cercando di confortarmi.

Annuii. Credeva che stessi così per Houx ed aveva ragione : avrei dovuto soffrire per mio marito, che era aveva rischiarato la morte. Io, invece, mi stavo facendo travolgere unicamente dai sensi di colpa e anziché stargli accanto, mi stavo rimproverando per il tempo trascorso a pensare a Pierre. Rimuginavo piuttosto che cercare di farmi perdonare. Pensai che stessi commettendo un grande errore, ma era tardi per i ripensamenti. E poi quello che stavo per fare avrebbe eliminato il re degli Orchi dalla mia vita per sempre.

Mentre la cameriera stava per uscire dalla porta, la richiamai.

-Ah, Letizia, do ordini che nessuno mi disturbi per le prossime ore. Devo riposare! Qualsiasi cosa accada, qualunque suono voi udiate, non dovete permettervi di entrare qui senza il mio permesso. E’ tutto chiaro?-

La mia voce dura la sorprese, tuttavia annuì e mi lasciò sola. Non volevo che nessun altro sapesse quello che stavo per compiere e soprattutto quello che avevo già eseguito in passato. Bastava il disprezzo che io provavo per me stessa, non volevo attirarmi anche quello altrui.

Le lancette dell’orologio affisso alla parete segnarono le nove. Udii dei passi delicati alle mie spalle e sussultai. Mi voltai lentamente e lo vidi lì, a pochi centimetri da me. Il suo largo mantello scuro si agitava dietro al suo corpo come un paio di ali nere. Sembrava un angelo della notte.

Si inchinò e sussurrò suademente : - Mi desiderava, vostra maestà?-

Riuscii solo a balbettare un sì. Feci un giro su me stessa e la mia gonna si gonfiò e ballò trasportata dal vento. Poi mi sedetti sul materasso. Pierre stava per seguirmi, ma con aria autoritaria gli indicai una poltrona. Quello era il suo posto.

Un po’ deluso vi si accomodò, appoggiando il mento sul pugno chiuso. Quella posa gli dava l’aspetto di un poeta maledetto.

-Non immagini perché ti abbia chiamato?-gli chiesi indignata.

Lui scosse il capo con uno sguardo innocente.

-Hai quasi ucciso Houx oggi!-esclamai indignata.

-Ah sì! Come sta?-rispose noncurante.

-Per fortuna una volta che la ferita, che gli hai impresso sul petto, si sarà rimarginata starà bene-

-Ne sarai sollevata! Sei una moglie così tenera e affezionata! Se lui fosse morto lo avresti seguito nella tomba, non è così? Hai trascorso tutto il pomeriggio a vegliare al suo capezzale, no? Magari sussurrandogli dolci parole d’amore! Già, perché lui è il tuo unico amore!- mi provocò.

La mia mascella tremò e risposi stizzita con un “certo” che suonò falso. Mi aveva punto nel vivo : da quando Houx era stato portato a Palazzo, non ero andata nemmeno a vedere come stesse. Sulla sua salute mi aveva informato Letizia.

-Ti ha detto chi lo ha salvato?-mi interrogò.

-No! E’ stato Saule?-gli chiesi confusa.

Annuì, sorridendo con un’espressione impenetrabile.

-Cosa volevi fargli?-

-Volevo strappargli il cuore. Il tuo cuore non appartiene a lui. Deve essere mio. E’ mio!- gridò, battendo il pugno sulla fodera decorata della poltrona.

Mi coprii la bocca con le mani inorridita. Non riuscii a pronunciare alcuna sillaba per diversi istanti. Alla fine  mi alzai in piedi indignata ed esclamai: -La gelosia ti ha reso folle!-

Scattò dalla sedia e mi bloccò con forza la mano che avevo puntato contro di lui.

-Non giudicarmi! Tu non sei diversa da me! La gelosia per Vanilla ti ha accecato e ha eliminato dal tuo cuore ogni goccia d’affetto che nutrivi per lei! L’invidia ti ha spinto ad abbandonare tutti i tuoi propositi di salvarla!-

-Non giudicarmi! Tu non sei diversa da me!- ripeté, guardandomi negli occhi. –Siamo entrambi dei mostri!-

-Io però non ho cercato di ucciderla!-ringhiai.

Lasciò la presa sul mio arto e allontanò i suoi occhi di fiera dai miei. Appoggiò una mano alla tempia e si fermò al centro della camera da letto, immobile come una statua. Mi inorgoglii poiché ero riuscita a prevalere su di lui e a metterlo a tacere.

Tuttavia ricordai improvvisamente le immagini che mi avevano turbato la notte precedente. Rividi Pierre e Vanilla baciarsi, avvinghiati l’uno all’altro.

“Per noi non può esserci felicità”

Risentii le parole che mi avevano fatto sobbalzare nell’oscurità della stanza.

Dovevo ammettere che un’esistenza infelice e senza amore era la cosa che mi spaventava di più e con le mie azioni mi stavo condannando a viverla. Questa prospettiva mi faceva tremare tanto da togliermi il fiato. Non potevo essere felice con Pierre per via di quello che mi aveva fatto. Non potevo essere felice con Houx per via di quello che gli avevo fatto.

Mi passai le mani sul volto e sussurrai sconsolata : “Hai ragione : per me non potrà mai esserci serenità e gioia”.

Lui si voltò sorpreso dalle mie parole e mi guardò stranito. Vide il mio volto stravolto e segnato dalle lacrime. Mi abbracciò. Cominciò ad accarezzarmi i capelli e ad ogni leggero tocco fece seguire una dolce parola di conforto.

-Non deve andare per forza così. Noi possiamo ancora cambiare le cose, possiamo rimediare. La mia proposta è ancora valida. Noi possiamo ancora scappare insieme. Lasciarci tutto alle spalle. Raggiungere la vera felicità.-

Le sue promesse erano allettanti, ma fasulle. Non volevo cascarci di nuovo.

-Non possiamo ripetere il passato. Abbiamo perso la nostra unica possibilità – risposi decisa.

Anche lui però era risoluto a riuscire nel suo proposito. Spostò un ciuffo di capelli dietro al mio orecchio e cominciò a canticchiare. Mi fece muovere dolcemente al suono delle sue parole tratte da una vecchia ballata.

“Saprò fermare il tempo, portarti nel mio mondo!”

Appoggiò le labbra sulla mia fronte e la baciò. Poi mi sfiorò il naso e le labbra con le sue. Scossi il capo e cercai di allontanarmi, ma lui mi strinse più forte.

“Se sia sbagliato o no, ti chiedo questo”dissi a voce bassa.

“Dimentica chi sei e dimmi sì!” sussurrò, prima di cominciare a baciarmi con foga. Non riuscii a difendermi : mi sentivo debole e stanca. Mi lasciai prendere in braccio e stendere sul mio letto con molta facilità. Gli concessi di accarezzarmi i fianchi e sbottonarmi la camicia da notte. Mi sentii subito, però, invadere dalla vergogna : non avevo mai permesso che giungesse fino a tanto. Immaginai inorridita i rimorsi che mi avrebbero colpito e agitato, quando lui se ne sarebbe andato soddisfatto. Non potevo permetterlo. Quando cominciò a baciarmi la pelle del collo, io mi ritrassi tremante. – Lasciami andare! -lo intimai.

-Dai, non allontanarmi, lo vuoi anche tu! Altrimenti perché mi avresti fatto venire qui a notte fonda?-

Riflettei sulla possibilità che avesse ragione : in effetti invitare un uomo in camera, quando il proprio marito è assente e dare ordine affinché nessuno venga a curiosare, può risultare sospetto. Mi rimproverai per essere stata così ingenua e decisi che era ora di riprendere in mano la situazione.

-Non ti ho convocato qui per questo- specificai.

-Ah e per cosa? Per vendicare tuo marito?-

Si avvicinò nuovamente a me con il suo odore dolce e travolgente, i suoi occhi ingannevoli, le sue labbra piene di desiderio. Approfittai della vicinanza del suo corpo per frugare nelle sue tasche ed estrarne un pugnale, senza che lui se ne accorgesse. Puntai la lama, ancora sporca di sangue, sulla sua gola. Alzò il suo sguardo su di me e i suoi occhi sembrarono pregarmi di non farlo.
-Non mi abbasso ai tuoi livelli, tranquillo. Ma esigo che tu mi togli le mani di dosso … -sussurrai, premendo il coltello contro la sua pelle.

Allentò la presa su di me e si staccò, senza però mai distogliere gli occhi dal mio viso.

 -Desidero inoltre che tu esca dalla mia vita, per sempre- aggiunsi decisa.

-Non puoi volerlo-disse sconvolto.

-E invece sì. E’ questa l’unica ragione per cui ti ho fatto venire. Volevo solo mettere questa cosa in chiaro.- Lasciai cadere l’arma  e lo osservai mentre scendeva abbattuto dal materasso e camminava in direzione del balcone. Mentre stava per uscire, esitò.

-Perché non te ne vai? Rivuoi indietro il coltello?-gli chiesi.

-Ti lascerei, se sapessi che è quello che vuoi, se fossi convinto di non commettere un altro errore. E non lo sono-

Lo guardai interrogativa, domandandomi come potessi persuaderlo che questa era la cosa migliore per entrambi.

-Prima ti sei disperata perché avevi paura di un’esistenza infelice e solitaria, ricordi? Ebbene è quello che ci accadrà, se me ne vado.-

-Pierre ti sbagli : quando io mi ero rassegnata alla tua assenza, ero serena. Se ci lasciamo per sempre lo saremo entrambi. Ci dimenticheremo di quello che c’è stato tra di noi e ci abitueremo. E dalla rassegnazione nascerà la felicità.-

Lui indugiò per qualche istante ed infine mi chiese di avvicinarmi a lui e di giurargli, guardandolo negli occhi, che era ciò che desideravo. Scesi dal letto, pronta ad accontentarlo, quando la testa cominciò a girarmi velocemente. Le ginocchia tremarono e cedettero facendomi accasciare a terra. La vista si offuscò sempre di più e i suoni giunsero ovattati al mio orecchio.

Fui risvegliata dal fastidioso suono di una campanella. Aprii gli occhi e vidi Pierre, visibilmente agitato, scuotere come un pazzo un campanellino, che serviva per chiamare i domestici.

-E’ inutile : ho dato ordine che nessuno entrasse in questa stanza, senza il mio permesso- gli spiegai.

Lui mi strinse la mano, felice che mi fossi ripresa. Prese un’enorme cuscino e me lo sistemò dietro la testa per farmi stare più comoda.

-Ti ringrazio, ma sto bene adesso. E’ stato solo un capogiro.-

-Svenire non è normale, esigo che tu ti faccia visitare da un medico.-

Ragionò un secondo e poi aggiunse: -Ma certo, dovrebbe essere ancora qui il dottore che ha guarito Houx. Lo andrò a chiamare.-

Gli fermai il braccio e lo ammonii : -Impossibile, non voglio che qualcuno sappia che tu sei stato qui. Ma se proprio insisti, andrò io a chiamare qualcuno.-

Lui mi squadrò preoccupato e scosse il capo, ma io gli assicurai che ero in grado di reggermi in piedi. Credo che non avrebbe mai accettato, se non fosse stato che era l’unica possibilità accettabile. Scesi dal letto, tenendomi a lui e camminai fino alla porta. Lo pregai di andarsene, ma lui non volle sentire ragioni. Disse che sarebbe rimasto fin quando non avrebbe sentito il medico rassicurarmi riguardo la mia salute. Sorrisi e lo lasciai da solo, intento a nascondersi dietro la spessa tenda di taffettà rosso.

Camminai per tutto il corridoio tenendomi al muro, poiché, nonostante ciò che avevo detto a Pierre, mi sentivo ancora debole. Quando finalmente mi imbattei nella mia cameriera, le chiesi di accompagnarmi in camera e di chiamare all’istante il medico. Stesa nuovamente nel letto, scrutai la tenda posta di fronte a me che copriva il balcone, adesso chiuso e riconobbi la sagoma di Pierre. Era strano ma le sue attenzioni e la sua sincera preoccupazione mi lusingavano.

Il medico impiegò pochi istanti ad arrivare e cominciò subito la visita. Ascoltò la mia respirazione attraverso uno stetoscopio, mi misurò la pressione e mi pose alcune domande. Alla fine appari un sorriso sul suo viso, mentre mi annunciava che ero incinta. Ebbi un colpo al cuore e cominciai a tremare, mentre il dottore e le mie domestiche si congratulavano con me. Accorrevano sempre più persone pront a inondarmi con il loro entusiasmo e la loro gioia, mentre io sarei voluta solo sparire. Non era il momento, assolutamente, non era il momento adatto. L’equilibrio nella mia vita matrimoniale era sparito e ci sarebbe voluto molto tempo per ricostruire la serenità, che regnava prima. Il regno era sconvolto dalla guerra e dalla morte, la vita di ognuno di noi era continuamente in pericolo e presto lo sarebbe stata anche quella di questo bimbo che stava per nascere.

Alzai lo sguardo e vidi l’ombra di Pierre, celata dal rosso della tenda. Cercavo stupidamente in lui un conforto. Vidi quella sagoma scura stringere i pugni, batterli contro le ginocchia.

Chiesi di restare sola e aspettai che tutti si fossero congedati per poter correre sul balcone. Lui era già sparito. Trovai a terra un fogliettino su cui vi era scritto “Hai ragione : non si può ripetere il passato”.
Se ne era andato e questa volta per sempre. Mi chiesi perché non fossi sollevata da questa cosa. Non ero stata io a desiderare che mi lasciasse?
Mi appoggiai al parapetto e mi rammaricai di non avere nessuno con cui poter parlare, con cui confidarmi. Avevo perso in pochi anni la mia migliore amica e il mio unico amore. E adesso non avevo più ancore, né punti di riferimento. Mi persi nell’ammirare il cielo nero e senza stelle, che faceva da tetto a me ed ai miei pensieri. Anche quella distesa scura, solitamente così affascinante, senza stelle era uno schermo vuoto, spento. E senza una guida, avevo paura che sarei andata presto alla deriva. In questa tempesta che ormai era la mia vita. 

Good morning a tutti, spero vi sia piciuto il mio capitolo! Avevo diverse cose da dirvi, ma al momento le ho dimenticate tutte. Al prossimo capitolo!! :) Ah sì le frasi della ballata di Pierre sono prese da due canzoni del "Fantasma dell'opera", Passa il ponte tra noi due e Nient'altro chiedo più  

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Capitolo 7
*** Creatures of the underworld ***


Un’ancora nella tempesta
Vanilla

Creatures of the underworld
 
Meditavo da sola, immersa nell’oscurità. Sciolsi i miei ricci biondi dall'elegante chignon e lasciai che cadessero liberi sulle spalle.
Non riuscivo a stare seduta, non ero capace di stare ferma. Avevo percorso l'intero pavimento almeno un milione di volte. 
Mi ero rintanata nella torre circolare più alta del Castello degli Orchi che, su iniziativa di Pierre, era stata trasformata in una splendida biblioteca rotonda. Le mura spoglie di quel torrione erano quindi state coperte da alti scaffali pieni zeppi di libri, riposti in modo ordinato. Volumi provenienti sia dalle librerie di Extramondo sia da quelle terrestri.
Lui ne andava particolarmente fiero e me l'aveva mostrata dicendomi di aver vissuto lì tutta la sua infanzia. Non avevo dato mai molta importanza a quel locale, ma adesso che avevo bisogno di un luogo in cui nessuno mi disturbasse, lo avevo rivalutato. 
Pensai inoltre che tutte quelle eroine di carta,che mi circondavano, avevano di certo vissuto vicende simili a quella che stavo attraversando io in quell’istante. Avevano dovuto sentire il cuore che le ballava nel petto. Erano state certamente afflitte da una terribile angoscia e da una forte gioia allo stesso tempo. Avevano dovuto avere gli occhi luccicanti ed il sorriso stampato sul volto.
-Giulietta, Anna, Catherine, Jane non negatelo!-gridai a gran voce a quei vecchi romanzi impolverati, in cui si nascondevano storie e persone più reali di quanto si potesse immaginare. -Anche voi siete state innamorate!-
Ruotai su me stessa entusiasta e canticchiai una melodia a mezza voce.
-Quegli occhi, oh sì, quello sguardo come potrò mai dimenticarlo?-
 
Avevo strappato un lembo della mia veste e con quello avevo cercato di fermare il sangue, che usciva copioso dal petto di Houx. Nessuno dei due aveva detto una parola da quando Pierre ci aveva lasciati da soli nella Foresta. Il suo sguardo era stato fisso a terra tutto il tempo. Mentre gli avevo tamponato la ferita era sempre rimasto immobile, anche se talvolta si era allontanato con una smorfia di dolore. Dopo un respiro però mi aveva sempre fatto riavvicinare e continuare il lavoro. Non mi ci era voluto molto dunque per completare quella fasciatura realizzata di fortuna e lui si era presto rialzato da terra, nonostante le sue ferite gli dolessero ancora.
-Perché lo hai fatto Vanilla?- mi  aveva chiesto stupito.
Lo avevo fissato senza parlare. Avevo da sempre custodito gelosamente quel segreto dentro di me. Non avevo mai  parlato del mio amore per lui a nessuno. Mi ero chiesta se fosse arrivato il momento di liberarsi da quel fardello. Avevo aperto le labbra e mi ero preparata a raccontare tutto, ma la paura me lo aveva impedito. Le avevo richiuse in fretta e avevo sospirato tristemente.
Lui però aveva insistito: -Noi siamo nemici, insomma. Eppure tu mi hai salvato la vita…-
-Ci sono cose che vanno oltre questa stupida guerra e che sono più importanti e più forti.-avevo dichiarato.
Houx aveva inizialmente assunto un’espressione interrogativa, poi aveva annuito. I suoi occhi mi avevano guardato sorpresi, ma felici. Avevano capito, come sempre erano riusciti a leggermi l’anima.
Si era avvicinato a me e mi aveva accarezzato con dolcezza. La sua mano aveva sfiorato la mia guancia con una tale delicatezza che sembrava temere di rovinarla, sporcandola di sangue. Avevo trattenuto il respiro mentre le sue labbra si erano avvicinate alle mie. Con gli occhi chiusi, mi ero preparata a ricevere il bacio che avevo atteso da tutta la vita. Ero stata un po’ delusa, dunque, dal fatto che lui si fosse tirato indietro all’ultimo minuto.
Mi ci era voluto comunque solo un istante per capirne la ragione: Chocola. Era ovvio che dato che lui era ancora sposato, non poteva tradire sua moglie. Era un uomo d’onore lui ed era anche per questo che lo amavo.
Avevamo sentito una folla avvicinarsi e chiamare a gran voce il suo nome. Mi ero dunque allontanata da lui e gli avevo chiesto di non sforzarsi e lasciare fare a me. Avevo unito le mani e le avevo avvicinate alla bocca. Dopo aver soffiato su di esse, il mio respiro si era trasformato in un piccolo cristallo di ghiaccio. Lo avevo lanciato in alto e quello, superate le chiome degli alberi, si era tramutato in un luminoso raggio di luce.
-Anche se la sua durata è stata breve, sono sicura che i tuoi soccorritori siano riusciti a vederlo e adesso sapranno dove cercarti.- gli avevo spiegato.
Mentre ero scappata nel cuore della Foresta in direzione del Palazzo, avevo udito il suo “grazie”.
 
Mi sedetti su una grande poltrona e mi fermai a ripensare ai suoi occhi, che mi avevano detto più parole di quanto avrebbe potuto fare la sua bocca. Era stato lusingato dal mio atto di coraggio, dal mio amore. Non aveva mai ricevuto un sentimento così puro e sincero da nessun altro, Chocola compresa. Naturalmente non  poteva ancora ricambiare completamente il mio affetto, ma presto lo avrebbe fatto. Avevo seminato nel suo cuore un piccolo seme, che presto sarebbe sbocciato.
Come lui aveva fatto battere di nuovo il mio cuore da Orco, che era stato congelato per lungo tempo. La luce, che credevo fosse stata eliminata per sempre dalla mia vita era tornata a splendere di nuovo. Più forte che mai.
Mi alzai e ripresi le giravolte su me stessa. migliaia di volteggi. La gonna del mio vestito girava senza fermarsi come una ruota impazzita.
Ridevo. Sorridevo. Sospiravo.
Mi rammaricai di indossare un capo nero e scuro e così lo trasformai con la magia in un leggero e luminoso abitino giallo. Come il Sole. Come le sfumature dei suoi occhi.
-Sei qui-
Quella voce mi trascinò di forza nella realtà. Ero stata così occupata a pensare all’amore, da non preoccuparmi della reazione che avrebbe avuto Pierre al suo ritorno. Vidi la sua espressione piena di rimprovero posarsi su di me ed i suoi piedi  avanzare velocemente. Gli risposi con uno sguardo sprezzante, pronta a difendermi.
-Come ti sei permessa di mandare a rotoli il mio piano? Come hai osato?- gridò. La sua rabbia riecheggiò in tutta la stanza.
-Non potevo lasciartelo fare … -gli dissi.
-Perché?-
-Lo sai-
-Voglio che tu lo ammetta!-urlò.
-Tu avresti fatto lo stesso per Chocola.-
-Ammettilo!- ripeté a voce alta.
Solo allora mi accorsi che ad ogni suo grido avevo istintivamente indietreggiato e che lui mi aveva inseguito, passo dopo passo. Mi ritrovai dunque con le spalle appoggiate ai libri, contenuti negli scaffali della libreria e con il suo corpo a un millesimo di distanza dal mio. In trappola. Nella mia mente risuonarono le sue ultime parole, “Ammettilo!”.
-Ebbene sì, io lo amo. Da sempre. Da quando ho scoperto il suo animo nobile, il suo valore, la sua lealtà, il mio cuore non ha mai smesso di appartenergli.-
Non potevo credere di essere stata capace di esprimere i miei sentimenti in un eccesso di rabbia. Mi sentii più leggera, come se mi fossi tolta un macigno dal cuore.
Scrutai il volto di Pierre per cercare di indovinarne la reazione, ma non vi riuscii. La sua espressione era infatti indecifrabile : gli occhi luccicavano soddisfatti, mentre le labbra erano contorte in un ghigno di disapprovazione.
-Sei innamorata di lui, dunque…-si mise a riflettere, allontanandosi da me e camminando lentamente per la stanza.
-E credi che riuscirai a spingerlo tra le tue braccia?-mi chiese meditabondo.
-Si-risposi, dando voce a tutto il mio entusiamo e ottimismo -Già oggi ha cominciato a guardarmi con occhi diversi e presto si renderà conto che io sono l’unica donna che lo ami.-
 -Su questo sono d’accordo, che tu sia l’unica a desiderarlo. Ho tuttavia i miei dubbi che lui lo capirà mai. E’ troppo innamorato per essere giudizioso. I suoi occhi sono troppo pieni dell’immagine di Chocola per poterti anche solo scorgere. E se anche lui cominciasse a nutrire qualcosa per te, è un uomo troppo onesto…non tradirà mai sua moglie. O almeno mai carnalmente. E tu saprai accontentarti di qualche parolina dolce? O di promesse, che non verranno mai mantenute?-
Quelle parole mi ferirono come la punta di un coltello molto affilato, poiché sapevo quanto corrispondessero a verità. Ed il bacio mancato ne era una prova!
Strinsi i denti e respirai profondamente, cercando di incassare alla meglio il colpo.
-Si ma non è giusto! Lei lo ha tradito e perché lui non può dunque fare altrettanto? Perché lo ha tradito, vero? Ed Houx lo sa, no?-
-Non siamo mai andati oltre qualche bacio. E sì, l’ho informato per farlo ingelosire, per spingerlo a lasciarla, ma credo che ciò non accadrà.-
La mia mente ingegnosa cominciò ad ordire un piano, che subito descrissi a Pierre nei minimi particolari:
-Dovremmo collaborare! Tu hai un forte ascendente su Chocola e sono sicura che se continuerai ad insistere, lei presto cederà. Io invece riuscirò a sedurre Houx e a spingerlo tra le mie braccia. In questo modo costruiremo il nostro lieto fine!-
-Vanilla, noi siamo creature malvagie. Non possiamo permetterci l’amore -disse con un sorriso triste ed aggiunse che aveva rinunciato definitivamente a Chocola. 
-Perché? Tu non puoi arrenderti! Non puoi gettare la spugna proprio adesso! - lo esortai.
Non era possibile che dopo tutti questi anni in cui aveva sofferto per lei, avesse deciso di lasciarla andare proprio adesso. Proprio adesso che mi serviva che lui vincesse!
Mi spiegò che lui intendeva mettere la sua felicità prima di tutto e che era convinto che, continuando a rincorrerla, l'avrebbe resa infelice.
-Un comportamento molto generoso, che non è però da te! C’è dell’altro?- Lo fissai senza distogliere mai lo sguardo, volendo sapere cosa mi stesse nascondendo. Lui sospirò rassegnato e alla fine mi comunicò la sconcertante notizia.
Chocola era incinta. Lo guardai con gli occhi sbarrati.
-Quando Houx saprà la notizia, le perdonerà ogni peccato. Lei si infatuerà nuovamente di lui, quando lo vedrà occuparsi amorevolmente del loro figlio. Formeranno una splendida famiglia, in cui per noi non c’è posto- sentenziò sconsolato.
Crollai in ginocchio e nascosi il viso tra le mani. Tutti i miei progetti, che erano così vicini alla loro realizzazione, erano stati distrutti davanti a i miei occhi. Avrei voluto gridare stupide frasi sulla forza dell’amore che può tutto, ma capii che nemmeno io avrei dato loro credito. Tutti i miei sogni sull’amore erano sfumati : erano stati schiacciati dalla dura realtà.
Presa dalla rabbia strappai le balze del mio vestito giallo e le lasciai cadere sul pavimento. 
Pierre mi osservò, scuotendo il capo colmo di disapprovazione. Mi appoggiò una mano sulla spalla e sentenziò:
-Eternamente imperfetti, eternamente deboli. Quando smetteremo finalmente di far battere questo nostro dannato cuore, saremo più forti.-
Mi lasciò a piangere da sola nell’oscurità. 

Love is green light in my eyes,
And my lover of mind,
I’ll tear my yellow dresses,
Crying and crying, crying,
Over the love you

   
Pensai che nonostante tutto, non intendevo arrendermi e che avrei distrutto la loro felicità a qualsiasi costo.
-Fosse l'ultima cosa che faccio.-
Ora che il mio cuore era tornato ad odiare, mi sentivo più forte che mai. Capii che l'amore era una debolezza e decisi di rimandarlo a quando essere fragile non mi avrebbe più danneggiato. A quando il mio piano sarebbe stato realizzato completamente, con o senza l'aiuto di Pierre.

Cause you're a hard soul to save
With an ocean in the way
But i'll get around it      
 
 
Buon giorno a tutti!! Spero vi sia piaciuto questo capitolo! Qui vediamo una Vanilla innamorata, m aanche capricciosa, vendicativa e credo che siano aggettivi che potrebbero calzarle bene. Devo poi spiegarvi alcune cose:
1 La canzone usata è Over the Love di Florence and the machine e vi consiglio di ascoltarla, dato che è bellissima.
Giulietta, Anna, Catherine, Jane sono le protagoniste femminili rispettivamente di "Romeo e Giulietta", "Anna Karenina", "Cime Tempestose" e "Jane Eyre".
3  "Noi siamo creature malvagie. Non possiamo permetterci l’amore" Questa frase è stata presa dal film Moulin Rouge, ma lì l'originale è "Noi siamo craeture di malaffare" in inglese "We are creatures of underworld" ed è da qui che ho preso il titolo, come potete vedere! :D
Ok sono finite le comunicazioni di servizio!! ;) Al prossimo capitolo!       

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Capitolo 8
*** Un vuoto che sa d'insoddisfazione ***


Un’ancora nella tempesta
Houx
Un vuoto che sa d'insoddisfazione

Mi svegliai di soprassalto, come se fossi stato ridestato nel bel mezzo di un incubo. Quando riconobbi le pareti  e le tende drappeggiate della camera degli ospiti del mio palazzo, mi tranquillizzai. Sollevai il petto e avvertii un forte dolore alla schiena, oltre ad un bruciore lancinante al petto. Capii che tutto ciò che ricordavo non lo avevo solo sognato. Qualcuno posò una mano sulla mia spalla ed io mi voltai di scatto, bramando di sapere chi fosse. Con un po’ di delusione notai che non era Chocola, ma mio fratello Saule.
-Come ti senti?-mi chiese apprensivo.
-Beh sopravvivo. Ma per quanto ho dormito?-
-Non molto. Al massimo cinque ore -mi rispose, incrociando le braccia.
Notai allora la luce della luna, che filtrava attraverso le tende di lino illuminando la stanza. Pensai che dovevano essere all’incirca le due.
Avrei tanto voluto sapere se Chocola avesse vegliato al mio capezzale. Era una stupida prova d’amore che adesso mi sembrava indispensabile per poter comprendere se quello mi aveva detto Pierre fosse vero. Dopo qualche esitazione, dunque, interrogai mio fratello al riguardo e lui mi rispose frettolosamente, deciso a cambiare al più presto argomento :
-Non è potuta venire poiché era particolarmente debole e il dottore le ha detto che lo spavento provocatole dal tuo incidente l’aveva ulteriormente debilitata. Ha trascorso quindi tutto il pomeriggio e la sera a letto a riposarsi.-
-Se avesse davvero tenuto a me, sarebbe rimasta qui.- borbottai.   
Lui ignorò le mie parole e volle provare a chiarire le misteriose circostanze della mia aggressione e del mio ritrovamento.
-Ma lascia che ti ponga io una domanda : che ci facevi in quella radura? Chi ti ha fatto questo? E chi ti ha poi salvato?-
Gli spiegai della sfida lanciatami da Pierre e di quanto scioccamente fossi caduto nella sua trattola. Giunto lì avevo dovuto ammettere che le mie speranze di vincere su di lui erano nulle. “Mi ero dimenticato di quanto fosse potente e spietato” gli raccontai. “Voleva strapparmi il cuore.”
-Il cristallo del cuore?-chiese mio fratello, non riuscendo bene a comprendere la situazione.
-No, il mio cuore pulsante.-
Saule inorridì e trattenne a stento i conati, che quella notizia gli aveva provocato.
-Quell’uomo è impazzito! Per fortuna non è riuscito nel suo intento.-esclamò sollevato.
Minimizzare qualsiasi cosa era nella sua natura. Mio fratello non si era mai preoccupato più del dovuto di nulla. Una volta che era sopravvissuto ad un pericolo, la sua gioia era totale e non era in alcun modo offuscata dal terrore che quella minaccia potesse ripresentarsi. In altri momenti avevo apprezzato il suo ottimismo, ma adesso mi aveva infastidito.
Passò dunque alla domanda successiva, scordandosi di quello che lo aveva atterrito giusto qualche istante prima.
-C’è una cosa che riesco a spiegarmi. Quando ti ho trovato ho notato che la tua ferita era stata bendata. Chi è stato a salvarti? Una ninfa dei boschi?-
-Una ninfa, dici? E’ possibile.-risposi evasivo.
Lui tuttavia mi fissò negli occhi, deciso a scoprire la realtà e a non farsi ingannare dalle mie stupidaggini. Mi ripeté la domanda, manifestando il suo sconcerto riguardo al fatto che non volessi rivelargli il nome del mio salvatore. Strinsi i pugni e respirai profondamente, prima di sussurrare il nome di Vanilla.
Mio fratello sbarrò gli occhi e mi fissò incredulo. Aprì la bocca per parlare, ma si fermò a riflettere per qualche secondo.
-Perché lo avrebbe fatto, scusa?- mi chiese infine, palesando che la sua meditazione non lo aveva portato a nulla.
-Perché mi ama. O almeno così ha lasciato intendere.- dissi, pieno di orgoglio.
L’idea che quella creatura serafica e pura avesse deciso di donare il suo cuore a me, mi aveva beato e riempito di gioia. Negli istanti che avevano seguito le rivelazioni di Pierre mi ero sentito una nullità. Avevo sempre avvertito la pressione di non essere alla sua altezza fin da quando, da ragazzo, lo avevo visto sedurre Chocola. Quando poi avevo sposato la mia amata e avevo creduto di aver vinto su quel fronte, il mio complesso d’inferiorità non si era risolto. Lui continuava ad essere il Principe più affascinante, più temuto, il mago più potente. Ed io chi ero? Ero solo un soldato divenuto sovrano perché avevo avuto la fortuna di convolare a nozze con la pretendente al Trono.
Avevo allora partecipato a questa guerra, fiducioso che le mie gesta avrebbero cancellato questa immagine e mi avrebbero fatto apparire come un vero e proprio eroe. Pierre mi aveva, però, mostrato come fosse semplice per lui sconfiggermi e mi aveva dichiarato che neanche Chocola mi considerava degno del suo amore. Anche lei aveva preferito lui a me. Questo mi aveva ferito più della lama, che mi aveva tagliato la carne. Tuttavia sentire Vanilla che in modo dolce e timido mi professava il suo amore, mi aveva fatto rinascere dalle umiliazioni. Lei avrebbe potuto avere il tenebroso principe degli Orchi, ma aveva scelto me. Pieno di ammirazione e gratitudine, ero stato tentato di baciarla. Mentre stavo per farlo,però, mi ero ricordato che non la amavo. Che, nonostante tutto, io continuavo a desiderare Chocola. Nonostante sospettassi che lei non provasse lo stesso per me.
-Ma tu non la ricambi, no?-mi chiese Saule, distraendomi dalle mie riflessioni.
-No, credo di no.-
-Come sarebbe a dire credo? Tu sei sposato e ami tua moglie! Non lasciarti annebbiare da lei! Hai sofferto tanto prima di riuscire a conquistare Chocola e non puoi mandare ora tutto all’aria!-mi rimproverò.
-E se non ci fossi riuscito davvero?-
Fummo interrotti da un maggiordomo, che entrò nella stanza con aria raggiante. Si inchinò a me e si disse felice che le mie condizioni di salute fossero migliorate, poi chiese a Saule di poter aver un colloquio in privato con lui. Mio fratello, seppur sorpreso, lo seguì all’istante fuori alla porta. Li sentii parlottare sottovoce per qualche minuto, ma non riuscii ad afferrare cosa si stessero dicendo. Quando lui rientrò, lo fissai preoccupato e curioso di sapere cosa fosse accaduto.
-Ho una bella notizia per te! Ma prima che io te la riveli, devi dirmi cosa è successo. E’ da quando ti sei svegliato che sei strano.-
Mi chiesi se fosse il caso di rivelargli ciò che mi aveva detto Pierre a proposito della sua relazione con Chocola. Ormai a causa della mia lingua lunga gli avevo già fatto sospettare qualcosa. Inoltre eravamo sempre stati molto uniti e fin da piccoli eravamo stati capaci di capirci con un solo sguardo. E’ davvero impossibile nascondere qualcosa al proprio gemello : è come se due vite, che si sono sviluppate insieme, fossero sempre indissolubilmente legate.
-E va bene, ecco cosa è successo.-
 
Spalancai la porta e ciò che vidi mi sorprese. Considerando l’ora in cui avevo fatto incursione nella mia camera da letto, mi sarei aspettato di trovare mia moglie stesa sotto le coperte e intenta a riposare.
La scorsi invece in piedi di fronte al balcone aperto, applicata ad accarezzare il setoso tessuto della tenda e a fissare un punto lontano nell’oscurità del cielo.
Avendo udito i miei passi, si voltò e mi osservò. Il suo viso pallido e le sue occhiaie furono un chiaro segnale del suo turbamento, che non le aveva permesso di coricarsi. Camminai rapidamente verso di lei  manifestando un’aggressione e una risolutezza, che mai mi erano stati propri.
La fissai negli occhi e sussurrai pieno di rabbia : -Non è mio figlio,vero?-
Avevo infatti attribuito a questo le sue ansie, ai dubbi sulla paternità del figlio che portava in grembo.
-Certo che lo è! Cosa vuoi fare? Vuoi deresponsabilizzarti? E’ questo il modo di accogliere una notizia del genere? Con tale collera?- mi rimproverò sprezzante.
Avevo immaginato che avrebbe reagito così. Chocola non era mai stata il tipo che implorava perdono piangendo o strappandosi i capelli. Se veniva attaccata, si difendeva dalle accuse. Un comportamento poco maturo quello di non ammettere le proprie colpe, un residuo della sua infanzia. Avevo sempre sopportato di buon grado questo suo difetto : ero solito dunque arrendermi di fronte alla sua cocciutaggine. Questa volta però ero risoluto a spuntarla.
-E poi di chi altro potrebbe essere?-aggiunse, fingendosi innocente.
La fissai deluso. Non le necessitarono molti istanti per comprendere cosa stessi pensando.
“Pierre”sussurrò tra sé e sé.
-Questo è tuo figlio!-esclamò, appoggiando la mano sulla pancia e allontanandola all’istante, tremando.
-Io non mai giaciuto con Pierre. Non posso negare le lacrime, gli abbracci ed i baci che gli ho, mio malgrado, concesso. Ma non sono mai stata a letto con lui.- 
I suoi occhi sembravano sinceri. Io però non avevo intenzione di crederle.
-Sono una donna rispettabile! Non importa cosa ti abbia detto : vuole soltanto separarci! Confida in me. In tua moglie.-
Aveva un’aria offesa. Sembrava infastidita unicamente dal fatto che avessi messo in dubbio la sua moralità.
Le diedi le spalle, irritato dalle sue bugie.
-Mi oltraggi, se dubiti così di me! Te lo giuro!-
-Come mi hai giurato amore eterno? Come hai assicurato di desiderare solo me?- le sputai contro tutta la mia frustazione, dopo essermi voltato ed averla fissata dritto negli occhi. 
D’impeto mi sfilai dal dito l’anello, che lei mi aveva infilato il giorno del nostro matrimonio. Mi fermai ad ammirarlo per qualche istante. Avevo voluto introdurre io nella cerimonia quel rituale terrestre, con cui ero entrato in contatto durante il mio soggiorno lì e che mi aveva affascinato. Quella “fede” (così la chiamavano) era un simbolo tangibile dell’amore professato : ogni volta che il mio sguardo si posava per caso su di esso, ricordavo per chi batteva il mio cuore. In quel gioiello circolare erano racchiuse tutte le mie illusioni. Prima pure, ora corrose dal sospetto. Glielo poggiai sul palmo della mano e le lanciai uno sguardo di sfida. 
-Giuralo sulla persona a cui tieni di più, che ami di più. Sono curioso di sapere chi è.-le spiegai.
Lei sospirò tesa e sussurrò :-Sul mio unico amore, Houx. -
Alla fine mi sorrise e mi chiese se fossi finalmente soddisfatto.
L’anello tuttavia cominciò a corrodersi e l’oro, prima lucente, divenne nero come la pece. Mi guardò allibita e abbassò lo sguardo colpevole. Ero riuscito a smascherarla con il semplice incantesimo della “Os Veritatis”. Gettai contro il muro quell’odiosissimo gioiello, che si era trasformato da prezioso a stupidamente inutile. Strano come possa rapidamente cambiare il valore delle cose da un momento all’altro.
Mi sedetti sul materasso e coprii il viso con le mani. Stetti lì così per istanti lunghi come un’eternità. C’era una parte di me che credeva ancora che quelle di Pierre fossero menzogne. Che dava credito alle parole di Chocola. Quella parte  era stata definitivamente messa a tacere.
Nel silenzio della notte potevo sentire il mio cuore sgretolarsi. Tutto il mondo crollarmi addosso. Tutte le mie certezze, che per anni mi avevano cullato, dissolversi nel nulla. Rovistavo in un cumulo di macerie. Accecato. Disperato. La verità mi feriva. Mi faceva sanguinare.
Una mano mi accarezzò i capelli teneramente e asciugò una lacrima, che si era appoggiata sul mio zigomo. Alzai lo sguardo e vidi mia moglie seduta accanto a me, con gli occhi lucidi ed il pugno chiuso.
-Ti chiedo scusa. Quello che sto per dirti, avrei dovuto rivelartelo fin da subito. Tuttavia lo ammetto : non ne ho avuto il coraggio. Nonostante le apparenze, sono una vigliacca, sai?
Ti voglio bene. Davvero. L’affetto, che provo per te, è puro e profondo. Ma non ti amo. Io amo Pierre, è irrazionale e sbagliato, ma è così. -
Si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi, lasciando che le parole sgorgassero dalle labbra semichiuse, come un fiume in piena.
-E’ stato quando ero una giovane ed inesperta pretendente, che il fuso dolce amaro dell’amore mi ha punto. Nonostante gli anni trascorsi la ferita non ha mai smesso di farmi male. Non posso sfuggire a quel dolore. Nessun altro è stato capace di farmi salire il cuore in gola e tremare come una foglia, come lui. Lo odio con tutta l’anima : detesto la sua arroganza, la sua agghiacciante malvagità, la freddezza trasmessa dagli occhi di ghiaccio. Tuttavia adoro il modo in cui mi guarda, come se fossi un tesoro ogni volta da lui riportato alla luce. Infatti quelle iridi blu riescono a trasmettere un calore inimmaginabile. Solo a me.
Non immagini quanto possa essere meraviglioso essere amati in modo esclusivo. Sentire che lui ucciderebbe chiunque a sangue freddo, ma che non mi torcerebbe mai un capello. Mi fa sentire come se fossi capace di tirare fuori il meglio da lui.-
Fece una pausa e poi continuò:
-Tuttavia ho capito che devo smetterla, basta sognare. Soprattutto quando si tratta di un’utopia che mi sta avvelenando l’esistenza. Lo avevo deciso già il giorno del nostro matrimonio, ma non sono riuscita a realizzare ciò che desideravo. E’ bastata la sola vicinanza di Pierre, per farmi vacillare. Questa volta però sono ferma nel mio proposito : glielo ho già comunicato e lui lo ha accettato.-
-Accettato?-le chiesi, poco convinto. Possibile che stesse parlando dello stesso uomo che aveva cercato di uccidermi qualche ora prima? Lei estrasse dalla sua tasca un fogliettino e mi chiese di leggerlo. Scorsi delle parole scritte in una calligrafia veloce, senza afferrarne il senso. Finsi di aver capito tutto e glielo restituii.
-Me lo ha consegnato qualche ora fa- si spiegò.
-Vi siete visti?-chiesi. La mia voce non esprimeva più rammarico, nervosismo, né delusione. Quando vieni messo di fronte alla verità, non c’è posto per la rabbia o per altri sentimenti negativi in te. C’è solo un vuoto che sa d’insoddisfazione.
-Sì. L’ho fatto venire per chiarire una volta per tutte la nostra situazione.-mi rispose.
Sollevò il busto e tornò a sedersi nella posizione di prima.
–Devo chiederti due enormi favori, Houx- aggiunse – Il primo è che tu mi perdoni.-
Ingoiò faticosamente e sospirò tristemente. Ero in attesa, curioso di sapere cosa volesse da me. 
 -Il secondo è che –disse con la voce rotta dal pianto- tu mi insegni ad amarti. Ti prego aiutami a trasformare il mio affetto in amore puro. Insieme potremo essere felici davvero. E’ l’unica chance, che ho, per esserlo.-
Interruppi la sua disperata richiesta, stringendola a me. Il suo viso, appoggiato al mio petto, venne invaso dalle lacrime. Le accarezzai i capelli, cercando di calmarla. Riflettei se valesse la pena di darle una seconda possibilità, se sarebbe mai stata capace di amarmi e se io avrei potuto sopportare di vivere con una donna che non corrispondeva i miei sentimenti.            
   -Non sarà mai più come prima, è bene che tu lo sappia. Non riuscirò mai più a vederti come la moglie innamorata e fedele di prima … -sussurrai a me stesso, più che a lei. 
-In realtà non lo sono mai stata, era solo una maschera … -
-E probabilmente non lo sarai mai. Tuttavia possiamo provare a ricominciare dall’inizio e vedere dove l’affetto ci porterà. Molti matrimoni felici erano completamente privi di passione, ma legati solo dal rispetto reciproco … - riflettei a voce alta.
-E ti basterà il mio rispetto?-
Pensai che non avrei potuto ricevere nulla di più da lei, né da nessun altra donna. Eccetto una. L’aggraziato ed elegante viso di Vanilla comparve di fronte ai miei occhi per qualche istante. Subito feci in modo che quella visione si dissolvesse nell’aria. Fissai Chocola e risposi alla sua domanda :
-Mi basta che tu sarai qui al mio fianco. E poi chissà cosa potrà accadere. Desidero tuttavia che tu non mi nasconda più nulla, soprattutto per quanto riguarda Pierre.-
Sorrise e mi mostrò l’anello, annerito dalle bugie, che aveva raccolto da terra.
-Lo farò. Te lo giuro su nostro figlio.-
Il metallo del gioiello riacquistò la sua brillantezza e tornò davanti ai miei occhi alla sua vecchia forma.
Me lo infilò all’anulare destro, come aveva fatto qualche anno prima.
Sorrisi contento. Qualche ora prima non avrei immaginato di poter sperare nuovamente nella felicità. Eppure stavo per diventare padre. Quella notizia illuminò la mia vita, la stessa che prima sembrava immersa nell’oscurità. La strinsi a me felice e rinvigorito da una nuova ventata di ottimismo.  

Scusate il ritardo, ma adesso che è cominciata l’Università è più difficile aggiornare. Comunque sono ancora qui! :D Spero che vi sia piaciuto questo capitolo!

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Capitolo 9
*** La stanza degli specchi ***


Un’ancora nella tempesta

Pierre

La stanza degli specchi


Appoggiai le spalle alla porta dietro di me. Respirai profondamente. Una volta. Due. Tre.                             
Tirai un pugno contro la dura anta di mogano.  

Era strano che mi fossi rifugiato proprio lì. Nel luogo che avevo più temuto da fanciullo. La stanza da cui tutti si tenevano alla larga. La stessa che mi aveva, tanti anni fa, messo di fronte alla mia stessa codardia.

La stanza degli Specchi.

Avevo , durante il mio soggiorno sulla Terra, visto la foto di una sala che portava lo stesso nome nel sontuoso palazzo francese di Versailles. L’aspetto era simile; l’una piuttosto sembrava il negativo dell’altra. Quella francese ricoperta di ottone splendente, quella degli Orchi di marmo nero come la pece. Il soffitto decorato da eleganti dipinti era sostituito, nella stanza in cui mi trovavo,  da un’anonima tinta scura e lucida.
Tuttavia i lampadari che illuminavano le due sale erano gli stessi. Del resto anche la forma allungata, che le faceva somigliare ad enormi corridoi era la medesima. Entrambe le pareti erano poi coperte da lunghi specchi, circondati da grossi archi barocchi di marmo grigio con le rifiniture in oro.  
Immaginavo però che lo scopo di quelle superfici riflettenti, nei due castelli, fosse diverso.
Nella reggia francese le dame potevano grazie ad essi ammirare le loro larghe gonne, appesantite da fiocchi, veli e strascichi ballare insieme a loro e ruotare ad ogni volteggio. Gli uomini potevano controllare lo stato delle loro parrucche, allora tanto in voga, e dei loro vestiti. Insomma rappresentavano un eco della magnificenza e della gioia che esplodeva nel salone dorato. I gioielli splendevano di più, le risate risuonavano maggiormente, l’allegria tintinnava il doppio. Tutto grazie a quel riflesso.

Il loro ruolo nella Reggia degli Orchi era un tantino diverso.

Alzai il braccio e tutti i candelabri si accesero, creando una scia dorata in tutta quella oscurità. Potei vederli quegli specchi deformanti, ricoperti da uno spesso strato di polvere. Essi non mostravano il presente, ciò che veniva posto di fronte a loro. Facevano vedere gli scheletri nell’armadio, i tormenti che scuotono ogni uomo di notte. Ciò che cerchiamo invano di nascondere, scappando da noi stessi. 

Se Luigi XVI avesse potuto vedere riflessi i suoi errori piuttosto che i suoi riccioli e le sue gote rosee, la sua storia si sarebbe conclusa diversamente. Probabilmente.

Avanzai lentamente di qualche metro e mi fissai di fronte al primo specchio. Scrutai il quadro che si era aperto davanti a me. Mi rividi un po’ più giovane a girare come un avvoltoio intorno ad una Chocola praticamente adolescente. Il suo sguardo era duro, ma le sue labbra tremanti mostravano come stesse per cedere alle mie lusinghe. Le mie dita le accarezzarono la morbida pelle del viso, facendola sussultare. Si arrischiò a guardarmi per un istante ed i nostri occhi si incontrarono.

-Allora ci penserai?-

-Ma io non so se voglio essere la Regina degli Orchi…-

Le accarezzai il mento e le sorrisi dolcemente, chiedendole di nuovo di pensarci. Lei annuì imbarazzata e la sua immagine si dissolse.

Udii un grido disperato alle mie spalle. Mi voltai di scatto e all’interno della superficie verticale affissa alla parete, che distava da me un metro, la rividi. Doveva avere sempre la stessa età, ma il suo aspetto era decisamente diverso. Sconvolta e amareggiata, gridava disperata una sola parola.

Vanilla.

La ripeteva con quanta voce aveva. Delle voci maschili la invitavano a più riprese ad arrendersi, ma lei gridava sempre più forte.

Vanilla. Vanilla. 

Alla fine i singhiozzi che aveva trattenuto fino a quel momento ebbero la meglio e la ragazza tacque. Si inginocchiò sull’asfalto scuro, coperto da un sottile strato di neve e cominciò a piangere a dirotto.


Quella scena mi distrusse più di quanto avrei potuto immaginare. Avevo sempre agito senza badare troppo alle conseguenze e adesso, invece, avevo visto quanta sofferenza avesse provocato una mia semplice decisione. Mi coprii le orecchie con le mani : non volevo udire le sue grida, la sua rabbia e disperazione. C’era una voce che tuttavia non ero capace di zittire, per quanto premessi i palmi contro le orecchie.

La mia coscienza.

Mi biasimava, mi accusava senza ritegno, mi chiedeva con quale coraggio riuscissi a sostenere di amarla.
Continuai a vedere la sua immagine per alcuni minuti, che mi parvero interminabili, fin quando non rividi solo una piastra scura.

Esitai, prima di muovere i piedi in avanti e affrontare il prossimo specchio. Ingoiai il groppo, che mi chiudeva la gola e respirai profondamente. Alla fine procedetti.

La prima cosa che mi colpì, nell' immagine riflessa dal passato indefinito, fu lo sguardo audace e coraggioso di Chocola. Non capii cosa sussurrassero le sue labbra, intento com’ero ad osservare il suo viso giovane e bello, illuminato da due smeraldi splendenti. Quando vidi comparire anche me stesso, riuscii a riconoscere la scena.

Mi vidi imprimere il mio dito contro le sue labbra e zittirla. Lei strabuzzò gli occhi e mi fissò sorpresa ed irritata, poiché avevo interrotto la sua tiritera contro di me. Le avevo detto che se ci avessero scoperto sarebbe stato un problema per me quanto per lei e l’avevo invitata a seguirmi in un luogo più tranquillo.
L'avevo presa allora per mano e condotta attraverso un passaggio nel muro in una serie di corridoi bui ed umidi fino alla torre. Durante tutta la nostra passeggiata lei si era guardato intorno con circospezione e sospetto, temendo che la stessi conducendo in una terribile trappola. Alla fine eravamo arrivati alla biblioteca circolare e l’avevo esortata ad accomodarsi su una poltrona impolverata e a dire quello che voleva. Le avevo offerto anche da bere, ma mi aveva rimproverato per la mia falsità. Aveva allora cominciato a  gridarmi contro un mucchio di parole di cui riuscii ad afferrarne solo alcune.
“Malvagio” “Vanilla” “Liberare”.


Ricordai che quel giorno ero particolarmente pensieroso. Glace difatti mi aveva detto, senza giri di parole, che una volta terminata la missione avrei dovuto sacrificarmi. Per quanto non avessi mai apprezzato particolarmente la mia vita, tuttavia mi era dispiaciuta l'idea di doverla abbandonare.

“Pierre, hai la stoffa del leader e nel mio futuro regno non c’è posto per due capi. Un solo sovrano può guidare gli Orchi e quello sono io. Devo necessariamente ucciderti, lo capisci? Tu e la tua ambizione mi sarebbero d’intralcio.”

Avevo annuito e me ne ero andato. Sarebbe stato inutile supplicarlo di cambiare idea, rassicurarlo che non avrei condotto alcuna rivolta. Sarebbe stato solo umiliante. Mi ero limitato ad inchinarmi e a rintanarmi nella mia stanza, dove avevo sferrato un pugno contro il muro per sfogare la mia frustrazione. Avevo ripensato a quando mi avevano accolto, istruito. A come avessero corrotto il mio animo immacolato di fanciullo con la nociva pece, propria solo dei peggiori criminali. Tutto questo solo per potermi usare e terminata l’opera, sbarazzarsi di me. Avrei voluto gridare e distruggere tutto e ancora adesso che ci ripensavo, la rabbia mi sconvolgeva. Tuttavia Chocola e la sua furia erano piombate nella stanza.


Mi ero accorto solo dopo, mentre Chocola in piedi nella biblioteca mi stava descrivendo il suo rinnovato coraggio, che le nocche della mia mano sinistra erano macchiate di sangue. Avevo scrutato la mano con attenzione e notato un taglio piuttosto profondo sul dito medio. La ragazza di fronte a me si era allarmata e aveva strappato prontamente un lembo della manica della sua veste per potermi bendare la mano. Avevo fissato i miei occhi nei suoi e allora avevo capito. Se c’era stato qualcosa sempre capace di rasserenare le folte tenebre che opprimevano la mia vita quella era lei.
Se c’era una persona capace di strapparmi sempre un sorriso, quella era lei.
Chocola con la sua goffaggine , con il suo enorme orgoglio e la straordinaria energia.
Avevo dunque ricordato quando trascorrevo a scuola la pausa pranzo a fissarla dalla finestra del mio salottino privato. Solo per poterla vedere gridare contro chiunque le capitasse a tiro, soprattutto il famiglio della sua amica. Avevo ripensato a quando avevo sperato che Glace scegliesse lei come nuova Regina perché il palazzo così scuro si sarebbe colorato di mille colori allegri, con la sua sola presenza. Ma forse gli Orchi avrebbero demolito il suo spirito.
Avevo riflettuto sul potere che avevo conferito a Glace : non avevo alcun potere decisionale, nemmeno sulla mia vita.
Data l’assurdità della cosa, avevo deciso di ribellarmi e prendere il controllo della mia esistenza.
Avevo allora zittito Chocola e le avevo chiesto di scappare insieme.
Via da Extramondo, dalle responsibilità, dalle paure, dall’infelicità.
Il tutto naturalmente preceduto e seguito da una lunga serie di smancerie.
Ebbene, doveva essere davvero terrorizzata all’idea di essere incoronata sovrana l'indomani (o follemente innamorata di me) perché accettò prima di quanto mi aspettassi.
Ci eravamo messi d’accordo con grande entusiasmo riguardo alla nostra fuga, fissata per la mattina successiva. Le avevo anche promesso che avrei liberato la sua amica, anche se in realtà non contavo di farlo. Volevo solo scappare. E della sorte di Vanilla non mi interessava nulla.

Perché non mi presentai?  

Questo mi chiesi, mentre mi voltavo e mi preparavo ad assistere alle immagini proiettate in un nuovo specchio. Tutto quello che vidi tuttavia, con mia grande sorpresa, fu il mio viso e la stanza in cui mi trovavo. Cominciai a domandarmi cosa avesse di sbagliato quello specchio e perché si comportasse … insomma da specchio! 
All’improvviso vidi apparire alle mie spalle un’indistinta sagoma in posizione supina, avvolta in un largo mantello. Mi voltai indietro e constatai che non c'era nessuno nella sala con me.
-Deve essere un'illusione dello specchio!- dissi, continuando a fissare quella figura.
L’invisibile mano di un pittore impressionista colorò l’oscurità retrostante con tante piccole macchie verdi, dando vita ad una rigogliosa foresta. L’immagine si chiarì progressivamente e divenne più nitida e quella donna misteriosa si rivelò essere Chocola. La vidi piangere lacrime amare e coprirsi il viso con le mani. La causa di tanta tristezza la conoscevo bene : non mi ero presentata all’appuntamento, dopo averle promesso di fuggire insieme.
Perché non mi ero presentato? Perché non avevo nemmeno preparato il bagaglio? Capii che non avevo mai creduto davvero di poter fuggire, non sapevo neppure se lo desideravo. Quel progetto era stata la follia di un attimo, scaturita da un momento di smarrimento. Nulla più.
Un’illusione che a lei però avevo descritto come realizzabile.

Mentre vedevo la sua frustrazione sullo sfondo, potevo osservare le ripercussioni che il senso di colpa provocavano sul mio viso, rimasto sempre in primo piano. Le scrutai con attenzione, fino a dover ammettere che erano nulle. La mia faccia era immobile quanto quella di una statua di marmo.
Come era possibile? Sentivo il mio cuore attanagliato dal senso di colpa, mi odiavo … eppure all’esterno sembrava che non mi importasse nulla!
Inorridito da quella scoperta, mi passai nervosamente una mano tra i capelli.
Finalmente la proiezione si dissolse e mi lasciò da solo di fronte a quell’uomo che ripeteva i miei gesti, ma non esprimeva le mie emozioni.
Mossi i miei piedi verso le ultime due prove e solo allora mi accorsi che un tremito mi scuoteva il corpo. Compii i gesti meccanicamente ed in un attimo mi ritrovai a rivivere un nuovo ricordo.

Riconobbi all’istante in quale giorno mi avesse catapultato lo specchio : la data del matrimonio di Chocola. Mi osservai sedermi sulla poltrona e rialzarmi dopo pochi istanti. Camminare nervosamente per la stanza e non trovare pace. Ricordai i pensieri che mi scuotevano il petto allora.
Avevo mentito per anni a me stesso, dicendomi quanto poco valesse per me quella ragazza e ripetendomi che era un capriccio, un capriccio nulla più.
In quel giorno però avevo dovuto ammettere che la amavo.
Perché ero così turbato altrimenti al pensiero che stava per essere data ad un altro? Che mai più sarebbe stata mia?
Mossi il capo in segno di assenso, mentre l’uomo allo specchio sussurrava incredulo e affranto : “Come è possibile?”.
Lo vidi afferrare la giacca dalla sedia e uscire a gran velocità dalla stanza.

Mi voltai e osservai l'ultima piatta superficie. 

Chocola mosse alcuni passi, si avvicinò a me. Mi fissò così intensamente che mi chiesi se potesse davvero vedermi.
Capii solo dopo un po’ che il mio specchio comunicava con quello appeso nella stanza di Chocola. Pensai che fosse un modo privilegiato , seppur singolare, di osservare la scena.

Quando fece qualche passo più indietro potei vedere i suoi fianchi stretti da un bustino che la stringeva fino a coprirle i seni e che lei, come dimostrato da suoi innumerevoli tentativi di allentarne i lacci, non riusciva a tollerare. Si voltò e osservò il suo abito da sposa con un sospiro triste.
Pensava a sua madre che non poteva essere presente il giorno delle sue nozze? Le mancava la sua migliore amica?
Vanilla infatti, in un’altra situazione, sarebbe stata seduta lì sul materasso a ridere e piangere insieme a lei, esprimendo a parole le emozioni che la sposa non riusciva ad esplicitare : gioia, trepidazione ed eccitazione.
Ma in quella stanza non c’era posto per la gaiezza e la commozione, solo per i tormenti ed i rimpianti.

Forse pensava a me?

Afferrò il suo vestito da sposa e ne osservò il corpetto bianco, decorato da decine di ricami dorati che lo coprivano quasi completamente e la larga e lunga gonna bianca. Infilò le gambe in quel mare di tulle e appoggiò il corpetto sul suo petto tenendolo fermo con il braccio. Fece infine vagare la sua mano per tutta schiena alla ricerca della zip, che le sembrava però irraggiunbile.
Mentre stava imprecando contro se stessa per non aver richiesto l’aiuto di nessuna domestica, sentì una mano poggiarsi sulla sua e guidarla fino alla cerniera. Con grande calma quel pilota invisibile la aiutò a chiudere il vestito.
Chocola, che alla comparsa di quella presenza misteriosa era sbiancata, si voltò e lanciò un’occhiataccia al suo visitatore.
-Che ci fai qui, Pierre?-
-Volevo congratularmi con la sposa, non potevo?-

Notai che sfacciataggine e parlantina non mi erano mai mancate.

-Ok, ora che mi hai fatto gli auguri puoi anche andartene, no?- esclamò lei, dandomi le spalle e continuando a truccarsi.
Passò il rossetto sulle labbra nervosamente, continuando a fissare la mia immagine nello specchio e attendendo una risposta che non arrivò.
Quando tornò a guardare il suo riflesso notò le sbavature vermiglie intorno al labbro inferiore ed imprecò.
Io allora mi avvicinai e le offrii un mio fazzoletto di merletto per potersi ripulire. Lo guardò con sospetto ed esitò a prenderlo.
-Mi sorprende la tua gentilezza dato che nel nostro ultimo incontro non ce ne è stata traccia. Anche se forse definirlo incontro è una parola grossa, dato che non ti sei nemmeno degnato di venire.-
-Mi dispiace- sussurai, abbassando il capo.
-Cosa?- chiese allibita.
-Sono pentito. Ora sono davvero pentito. Adesso che penso che tra qualche minuto giurerai di amare Houx, che questa notte sarai sua, che sto per perderti per sempre…io…divento pazzo di gelosia!-
-Se tu avessi compiuto scelte diverse, forse adesso mi starei preparando per sposare te!-mi rimproverò.
Io le accarezzai la guancia e mi avvicinai a lei e al suo viso. -E tu lo avresti preferito?-
Scuotè il capo, ma non mi impedì di avvicinarmi a lei e baciarla. Le sue labbra tremanti non ci misero molto a ricambiare il bacio e le sue braccia mi cinsero i fianchi. La sollevai e la feci adagiare dolcemente sul letto. Le ricoprii di baci la fronte, le guance, il collo, ribadendo ogni istante quanto dolcemente e sinceramente la amassi. Le sue gote si bagnarono di lacrime dolci amare. Tra un’effusione e l’altra mi lasciai scappare delle parole troppo impegnative, eccessivamente vere seppur macchiate di falsità.

-Vorrei poterti portare via con me…-

-Perché non lo fai allora?Cosa te lo impedisce?-

I suoi occhi fissarono i miei intensamente, scrutandone ogni sfumatura alla ricerca dei pezzi della mia anima. Ma le mie pupille proprio come la mia bocca erano mute e impenetrabili.

-Sai Pierre, fino ad oggi credevo di essermi illusa, di esserti indifferente. Oggi ho capito che tu mi corrispondi, ma che sei troppo codardo per prendere una decisione in merito. Mi ami tanto da impazzirne, ma non abbastanza da dimostrarmelo. Non è così?-

Mi afferrò il colletto della camicia e lo scosse, attendendo una reazione da parte mia che non arrivò. Mi alzai e farfugliai che era arrivato il tempo di andare.

-Non puoi lasciarmi così. Non puoi venire qui a dichiararmi il tuo folle amore e poi lasciarmi. Come pretendi che io possa scendere a sposarmi con Houx adesso? Perché sei venuto oggi? Perché non mi lasci in pace una volta per tutte? Perché ogni volta che mi sento sicura, vieni qui e fai crollare le mie certezze?-

Le promisi che non avrebbe ricordato nulla del nostro incontro e le feci un incantesimo della memoria, mentre mi fissava stranita. Due istanti dopo era di nuovo di fronte allo specchio a meravigliarsi delle sbavature del rossetto e a pulirsi con un fazzoletto che non aveva mai visto.
Nessuno poteva raccontarle di quanto era accaduto, eccetto il mobilio che la circondavano. Se solo quegli oggetti lavorati avessero avuto il dono della parola, le avrebbero gridato di fermarsi, mentre con in mano un bouquet di rose rosse usciva dalla porta e scendeva al piano di sotto.


La superficie dell’ultimo specchio era tornata scura e vuota, eppure non c’era in me nemmeno una traccia del sollievo che credevo sarebbe derivato da questo tormento. Le luci dei candelabri si spensero l’una dopo l’altra, un silenzio tombale precipitò.
Restai inginocchiato in quella grande sala vuota a fissare il nulla, mentre le parole di Chocola mi rimbombavano nella testa. E i sensi di colpa mi uccidevano. Infilai la mano in tasca e ne tirai fuori un sacchetto di velluto viola da cui estrassi un pugnale. Ne osservai il manico riccamente decorato e la lama lucida. Ricordai così la ragione che mi aveva spinto a rifugiarmi in quella sala.
“Questo bambino che sta per arrivare è vista come una speranza agli occhi del popolo di Extramondo e ogni luce di ottimismo deve essere annientata. Lo ucciderai. Appena sarà nato lo ucciderai.”
Questi erano stati gli ordini di Glace.
Io, che avevo già inflitto tanto dolore a Chocola dovevo ora darle quello più tremendo. La morte di un figlio.
Impugnai l’arma con la mano tremante e la strinsi forte. Una lacrima cadde sulla lama. Ne traccio l’intera lunghezza e poi si asciugò sul pavimento.

But please believe when I said that I love you
 

Buon Natale...anche se in ritardo... come il capitolo xD Spero che i miei lettori siano ancora vivi e che possano apprezzare questo capitolo... spero che sia valsa la pena di aspettare. :D Alla prossima!

 
 

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Capitolo 10
*** La Fontana della Primavera ***


Un’ancora nella tempesta

Chocola
La Fontana della Primavera
 
Houx fece un cenno all’orchestra ed i musicisti smisero di suonare. In un secondo tutti gli sguardi dei presenti, prima intenti a danzare o a conversare tra loro, furono posti su di noi. Mio marito mi prese la mano e cominciò il suo discorso :

- So che alcuni già immaginano per cosa sia stata data questo ricevimento. Ma altri si staranno chiedendo che ragione ci sia di festeggiare, quando ogni giorno muoiono migliaia di uomini. Ebbene, per la prima volta possiamo riunirci non per soffrire per un caro deceduto, ma per gioire per una nuova nascita.-
Mi rivolse un sorriso felice e terminò il discorso, annunciando la mia gravidanza.
-Questo bambino sarà una gioia a cui l’Intero regno potrà prendere parte e sarà solo la prima di una lunga serie. Il primo passo verso un futuro più felice e luminoso. A questo brindo … -

Alzò al cielo un bicchiere di champagne e gli altri fecero lo stesso. Mi fermai ad osservare la felicità, dipinta sul suo volto e quella strana frenesia che lo aveva preso da quando aveva scoperto la paternità del bimbo in arrivo. Pensai che forse saremmo potuti essere davvero felici, nonostante tutto.
Ad un tratto i muscoli del suo viso si contrassero e sussurrò digrignando delle parole tra sè e sè.
Cercai tra la folla di fronte a me la ragione del suo disappunto, ma non riuscii a notare nulla di rilevante. I nobili di Extramondo erano tornati alle loro chiacchiere con maggiore brio di prima, non mutando in nulla iI loro atteggiamento.
Saule ci raggiunse e farfugliò velocemente delle scuse.
-Per quale ragione mai le guardie lo hanno lasciato passare?- gridò Houx furioso. -Dice che deve annunciarvi qualcosa di molto importante. E poi lo sai come sa essere persuasivo!-
Il modo in cui aveva pronunciato l'ultima parola mi fece capire a chi si riferisse. Con le mani tremanti mi guardai intorno.
-Sono state ferite?- chiese il mio consorte. 
-Stranamente no.-
Anche gli invitati, accortisi che doveva esserci qualcosa che non andava, cominciarono a guardarsi intorno. All’unisono vedemmo apparire al centro della sala due sagome. Un uomo vestito con un elegante smoking blu scuro. Una donna dai capelli biondi raccolti in una treccia, che indossava un abito lungo blu, la cui gonna lunga scura era punteggiata da mille puntini brillanti, che ricordavano le stelle.
Vanilla e Pierre erano arrivati.
Abbassai lo sguardo, prima che potessi incontrare il suo.
-Non allarmatevi. Vengo in pace.- disse l’ospite inatteso ai nobili che, giustamente, si erano allontanati da lui. 
-Dici quello che devi dire e sparisci!- ringhiò Houx.
-Sono giunto fin qui per riferirvi delle importanti notizie riguardo la guerra…e proprio per la loro rilevanza devono essere riferite solo alla vera sovrana.-
Si avvicinò a me lentamente e mi chiese -Chocola, mi concedete un ballo?-
Di fronte alla mia espressione perplessa aggiunse che mi avrebbe parlato durante le danze. Decisi di accettare, manifestando un’aria scocciata, così da poter trascorrere la maggior parte del tempo insultandolo, riservandogli solo pochi istanti per espormi ciò che doveva.
Avevo già allungato la mano verso di lui, quando udii la voce di mio marito.
-Non ballerà con te, mia moglie!- affermò deciso, sottolineando l’attenzione sulle ultime due parole.
Avrei voluto fulminare Houx con lo sguardo e sgridarlo per aver risposto al mio posto ed avermi fatto apparire come una stupida, ma pensai che se lo avessi fatto avrei dato a Pierre un motivo di insistere. Così abbassai il capo e mi ripromisi di rimandare al termine della cerimonia la lite con il mio consorte.
Intanto lui imperterrito, ignorando il mio disappunto, aveva aggiunto che qualsiasi cosa dovesse dire avrebbe potuto comunicarla davanti a tutti.
Osservai che Pierre aveva incassato l’umiliazione abbastanza bene, quando cominciò a parlare con il suo solito fare teatrale.
-Sono qui per chiedervi una breve tregua alla guerra che combattiamo ormai da troppo tempo. Badate bene : non sto sventolando alcuna bandiera bianca! Sto soltando chiedendo una brevissima pausa in cui entrambi gli eserciti potranno rifornirsi, per poter tornare alla carica più forti di prima!-
Quando il suo discorso terminò, un chiacchiericcio si diffuse nell’intera sala.
Le teste degli invitati si voltavano senza sosta, cercando sui volti degli altri lo stesso smarrimento che li scuoteva. Spostavano poi gli occhi sulla faccia di Pierre, desiderando una conferma della veridicità di quelle parole. Io e Houx ci guardammo esterrefatti, senza sapere cosa rispondere.
-Dici sul serio?-mi arrischiai a chiedere.
-Certamente vostra maestà! Lo giuro sul mio onore!- sostenne e si inchinò di fronte a me.
Seppur leggermente imbarazzata, ripresi il controllo della situazione con la dovuta autorevolezza che si addice ad una regina. Gli assicurai che il nostro regno si sarebbe impegnato a mantenere l’accordo se lui avesse fatto lo stesso. Lui, comportandosi da vero gentiluomo, prese un bicchiere dalla mano di una donna accanto a lui e bevve alla salute della faccenda conclusasi con successo.
Quando la musica ripartì fu persino più gioviale ed allegra, dato che tutti ora sentivano di dover festeggiare due meravigliose notizie, che avevano portato rinnovata speranza al Regno.
Houx si avvicinò a me e sussurrò nervoso :  - Possibile che quello stupido riesca sempre a rubarmi la scena?-
-E' questa l'unica cosa che ti importa?- gridai stizzita.
-E cosa dovrebbe?-
-Non avresti dovuto rispondere al mio posto.- ribattei furiosa.
-L’ho fatto per difenderti…-rispose con nonchalance.
-Sappiamo entrambi perché lo hai fatto e non ne avevi alcun diritto.-
Mi congedai da lui, sostenendo di voler restare da sola per pensare. Tentò di seguirmi, ma io glielo impedii, affermando che almeno uno di noi due doveva restare nella sala. Gli giurai che non ero arrabiata con lui, ma fui poco convincente.
Sgusciai attraverso numerosi gruppi di nobili e file di camerieri che portavano vassoi argentati, fino ad arrivare ad un corridoio scuro, in cui i suoni della sala Reale giungevano ovattati. Sospirai sollevata e cercai a tentoni contro il muro la chiave che aprisse la porta alla mia destra.
Quando la trovai, esultai allegra e la usai per far scattare la serratura. In un secondo mi ritrovai affacciata su un balconcino che dava sull’enorme roseto del castello. Riuscivo a vedere le lampade sospese in aria presenti in tutta l’area per illuminare il sentiero che costeggiava le alte piante verdi, tempestate di macchie rosse, gialle e bianche.
Guardai in basso per giudicare quanta fosse l’altezza. Avendo notato che non era più di dieci spanne, mi tolsi le scarpe e le lanciai di sotto. Infine mi sedetti sulla ringhiera e feci un balzo verso il basso. Il mio atterraggio fu reso più soffice dall’erba, su cui ero atterrata. Fui felice di constatare che il mio vestito di seta non aveva subito danni dalle mie maniere non proprio principesche. Rinfilai le scarpe e cominciai a passeggiare per il giardino.
Era una serata non molto scura ed il cielo era sgombro da nuvole, ma -come mi accorsi dopo nemmeno dieci minuti dall’inizio della mia camminata- anche piuttosto fredda. Cominciai a tremare e stavo per meditare di rientrare, quando comparve Pierre.
Avrei potuto dire che fosse apparso realmente dal nulla, senza paura di sbagliarmi. Mi porse la sua giacca ed io la accettai, senza nemmeno pensare di rifiutare. Avrei voluto chiedergli perché gli piacesse tanto presentarsi all’improvviso e che ci facesse lì, ma lui fu più veloce di me a cominciare la conversazione.
-Mi hai molto deluso, questa sera!-
-Io? Davvero? In che modo?- gli risposi furiosa. L'idea che, dopo tutto quello che lui aveva fatto, volesse anche recitare la parte del deluso mi faceva saltare i nervi. 
-Credevo che non permettessi a nessuno di dirti cosa fare…- osservò. 
-Ed infatti è così!-replicai incrociando le braccia. 
-E perché tuo marito ti comanda a bacchetta, arrivando persino ad ordinarti cosa puoi fare e cosa non?- 
-Non ci arrivi da solo? La colpa è tua che gli hai raccontato del nostro incontro! Ed hai persino esagerato facendogli credere chissà cosa. Ho dovuto impegnarmi tanto per far in modo che mi perdonasse.- lo rimproverai.
-Ma le sue insicurezze non gli danno il diritto di smettere di trattarti con il rispetto che meriti! Se io fossi al suo posto, non mi comporterei mai così.-
-No, cercheresti di strappare il cuore al tuo avversario.-lo provocai.
Mi stupii decisamente della sua reazione : non strinse i punti furioso, né mi attaccò. Si limitò a scoppiare in una fragorosa risata. 
Mentre lo fissavo allibita, lui mi disse ridacchiando che avevo ragione e che era felice di non aver ricevuto quel trattamento. Mi chiese poi cortesemente di passeggiare con lui.
Il suo comportamento mi aveva sconvolto a tal punto che nemmeno mi accorsi del fatto che mi aveva già preso il mio braccio sotto il suo e aveva cominciato a camminare.
-C’è qualcosa che ti turba, tesoro?- mi domandò.
-Oltre il tuo cambio di comportamento, dici?-
-Esatto! Ti vedo pensierosa … strana …- osservò, guardandomi fisso.
Gli assicurai con un’invidiabile capacità di sintesi che stavo benissimo, puntualizzando del resto che, qualunque cosa avessi avuto, non sarebbe stato affar suo. Lui si fermò e si voltò verso di me, puntando i suoi ammalianti occhi nei miei.
-Non trattarmi così male, dai! Ti ho seguito in questo giardino solo per parlarti. Per chiederti scusa.-
-Il grande Re degli Orchi si abbassa a chiedere scusa ad una come me? Non prendermi in giro!- lo beffeggiai.
Lasciai andare il suo braccio e feci per andarmene, ma mi fermò.
-Diciamo che ho avuto un’epifania morale- si giustificò con un sorriso divertito. Il tono scherzoso del suo discorso mi faceva andare su tutte le furie e mi impediva di prenderlo sul serio. Mi limitai dunque a lanciargli un’occhiataccia e continuare a camminare.
-Hai sofferto così tanto a causa mia … me ne sono reso conto, davvero!- esclamò.
Corse più veloce di me e mi si parò davanti. –Mi dispiace per tutto…- concluse.
Lo fissai sospettosa, cercando di capire se fosse giusto fidarsi di lui. La mente sembrava incapace di ragionare, così come le gambe, che non volevano saperne di muoversi. Soltanto il cuore era iperattivo e batteva all’impazzata nel petto. Lui intanto, senza attendere una risposta, aveva strappato una rosa da un cespuglio e me l’aveva offerta.
-Non ti chiedo di essere la mia amante, no. Solo ti propongo una tregua, come quella che si è instaurata tra i nostri regni. Ci stai?-
Presi il fiore dalle sue mani e ne scrutai i vellutati petali vermigli. Ne staccai uno e lo portai alle narici, beandomi della dolce fragranza.
Fidarmi di Pierre era proprio come afferrare quel meraviglioso fiore : all’inizio sarebbe stato piacevole, ma ben presto la mia mano sarebbe stata ferita da una maligna spina. 
-Cos’ è quella?- mi chiese lui. Alzai lo sguardo e mi accorsi che il mio litigio con lui aveva deviato i miei passi e ci aveva fatto arrivare in un punto del giardino in cui non ero mai stata.
Pensai che probabilmente avevo girato nella direzione sbagliata, spinta dall’unico desiderio di sfuggirgli.
Di fronte a noi c’era una grande fontana di marmo dal bordo decorato da tanti piccoli fiori. Al centro vi era un’enorme statua di una donna. La sua veste formava mille pieghettature, che il capace scultore aveva saputo riprodurre. I suoi capelli erano arricchiti da una corona di fiori veri, che qualcuno le aveva adagiato sulla testa. In mano la donna aveva un’anfora da cui zampillavano diversi getti d’acqua. Ci misi qualche attimo per capire che ogni zampillo era colorato artificialmente così da formare un vero e proprio arcobaleno.
-E’ la Fontana della Primavera- spiegai. -E’ stata costruita su commissione della Regina Candy tanti anni fa. Ne avevo sentito spesso parlare, ma non l’avevo mai vista. E’ bellissima! C’è una leggenda su questa fontana : si dice che se vi si getta all’interno un petalo di rosa e si esprime un desiderio questo si realizza.-
-Un po’ irreale -sostiene - Ma tanto vale provare!-
Strappò un petalo dalla rosa che mi aveva donato e lo lasciò cadere nell' acqua. Si avvicinò lentamente a me, che mi ero appoggiata al bordo della fontana. Adagiò la sua mano sulla mia e mi chiese dolcemente se desiderassi conoscere il suo desiderio.
-No. Ma temo che me lo dirai ugualmente-risposi, tentando di nascondere quanto la sua vicinanza mi mettesse a disagio.
-Un ballo. Vorrei semplicemente danzare con te. E’ così irrealizzabile il mio desiderio?-
Le sue dita si intrecciarono con le mie e si sollevarono a mezz’aria. Con un dito disegnò il profilo del mio fianco e mi adagiò la mano sulla schiena, invitandomi ad avvicinarmi a lui attraverso una leggera spinta.
In pochi attimi mi ritrovai avvolta dalle sue braccia a girare in tondo al suono di una romantica musica, di cui non riuscivo a comprendere l’origine. Una strana sensazione mi prese, un senso di sicurezza che non avevo mai provato.
Avevo l’impressione che quelle braccia, che mi cingevano, sarebbero state capaci di proteggermi da qualsiasi pericolo. Interruppi i volteggi ed appoggiai la testa nell’incavo del suo collo.
“Pierre, sono così spaventata!”sussurrai, senza alcuna vergogna.
-Cosa ti turba, mon cher?-rispose con un tono serio.
Credetti che lui avrebbe capito tutti i miei timori. Ero cosciente che paradossalmente era proprio Pierre, colui che mi aveva portato via Vanilla, ad essere la cosa più vicina ad un amico per me. 
-Diventare madre mi spaventa : finora ho sempre dovuto badare solo a me stessa, ma tra qualche mese dovrò proteggere anche un’altro esserino fragile ed indifeso.- 
-Temi che possa accadergli qualcosa di terribile?-
La sua mano, che mi stava accarezzando i capelli, cominciò a tremare.
-Non necessariamente. Potrei essere io stessa a rovinargli la vita con un minuscolo errore. Del resto come posso sapere io come si cresce un figlio, non essendo altro che un'orfana?-
-Sono sicuro che tu sarai una mamma straordinaria, ma per far sparire i tuoi dubbi perché non chiedi qualche consiglio a qualcuno? Ci sarà stata una persona che hai ritienuto durante la tua infanzia simile ad una figura materna!-
Pensai attentamente ed un viso dolce eternamente sorridente e sereno appari nella mia memoria insieme a due occhi del colore della lavanda. La Regina Candy.
Se c’era una donna che avevo sempre ammirato come esempio perfetto di madre, quella era lei. Con i suoi modi gentili, le dolci attenzione che riservava a sua figlia ed a me. Decisi che il giorno successivo mi sarei recata da lei e le avrei manifestato le mie paure, così che potesse dissiparle.
Un sorriso comparve sulla mia faccia ad indicare la rinnovata serenità, che mi aveva pervaso. Lui se ne accorse e allontanò il mio viso dal suo collo con un gesto delicato. Lo tenne sospeso a mezz’aria a pochi centimetri dal suo, stretto tra le sue mani fredde.
Appoggiai le mie dita più calde sulle sue : sembrava che fossi io in quel momento a doverlo consolare. Da un qualche dolore che non osava pronunciare, ma che riuscivo a vedere rannicchiato in un angolo nelle sue pupille, simile ad un piccolo bimbo tremante.
Riflettei su come fosse riuscito in pochi secondi a passare da una fragorosa risata ad una profonda tristezza. E capii che la prima era simulata.   
Mi resi conto che per la prima volta riuscivo a vederlo vulnerabile, sul serio. Solo in quel'istante si era messo a nudo di fronte a me, senza alcuna spavalderia nè difese.
E le nostre anime avevano scoperto di somigliarsi nella sofferenza. Le sue mani cessarono di cingermi il mento, mentre il suo sguardo vagava chissà dove. Scosse da un improvviso brivido, le mani (poco prima inanimate) tornarono a vivere e si aggrapparono alla mia testa come ad un’ancora. In pochi secondi le sue labbra furono sulle mie, baciandomi con una tale passione come se volesse rubarmi il respiro. Mi strappai alla sua morsa prima che potei, allontanandomi di qualche passo.
-Sei sleale ad approfittare delle mie debolezze per soffocare i tuoi folli istinti. O forse più pazza io a credere che non lo avresti fatto? Ma adesso sono tornata in me, ho di nuovo la forza necessaria e anche se avessi bisogno di un conforto…sarà Houx a darmelo. Sarà mio marito a difendermi.- 
-Spero che ne sarà capace-
Il suo tono non era stato provocatorio nè aggressivo, sembrava più preoccupato e pensieroso*. Non potei fare a meno di chiedermi se ciò che lo affliggeva non mi riguardasse in qualche modo, ma non feci in tempo a porgergli quel quesito che era già sparito in quel labirinto di rovi. Notai a terra la rosa che Pierre mi aveva donato poco prima, calpestata dalle nostre scarpe e mi abbassai pronta a raccoglierla con cura. Alla fine trovai nel palmo della mano poco più che qualche petalo sgualcito. Presi quello che sembrava meno rovinato e lo lasciai cadere sul fondo della fontana.
“Come vorrei che questa fontana potesse cancellare ogni traccia di amore in me, come quelle che, si raccontava, esistevano secoli fa sulla Terra.”
Quanti ardenti sentimenti avevano tramutato in odio! Quante volte avevano mischiato le carte, quante volte la sofferenza ed il tormento erano trasmigrati da un amante all’altro. Quanto desideravo odiarlo o almeno tornare a credere di poterlo fare! Adesso che avevo visto la sofferenza nei suoi occhi e avevo creduto alle sue parole, non mi restava scampo. Ogni risentimento insito nel mio cuore era evaporato via e cosa era rimasto? Un’ardente passione e un immenso amore, che dovevo a tutti i costi soffocare. Osservai il petalo cadere insieme agli altri e osservai gli occhi di pietra della statua di fronte a me.
-Esaudirai il mio desiderio? Sì?-
Sospirai e mi allontanai rimproverandomi di aver creduto ad una superstizione. Già la buona fede era uno dei miei peggiori difetti.
So don’t come back for me
Why do you think you are?
 

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Capitolo 11
*** Scintillante come il topazio ***


Un’ancora nella tempesta

Vanilla

Scintillante come il topazio

Vidi Chocola e Houx allontanarsi e parlare sottovoce, cercando in ogni modo di non farsi notare. La mia vecchia amica sembrava piuttosto agitata e a nulla servivano le mani poggiate sulle sue spalle dal marito. Cosa avrei dato per ascoltare quella conversazione!
-Problemi in Paradiso!-dissi a Pierre, indicandogli i due piccioncini che litigavano.
Lui sorrise come se si sentisse responsabile di quel risultato, che doveva apparirgli piuttosto soddisfacente.
Chocola tolse le mani del consorte dalle sue spalle e si allontanò a passo svelto. La vidi farsi spazio tra gli invitati ed i domestici, che le offrivano ogni tipo di vivanda, mentre lei prontamente le rifiutava stizzita. Pierre si spinse immediatamente in avanti, deciso a seguirla. Lo afferrai per la manica della giacca e cercai di fermarlo.
-Quando smetterai di correrle dietro?-lo rimproverai.
-Quando smetterà di procurarmi piacere. Ah e darling, ti ricordo che tu non hai alcun diritto di impedirmelo. Sei per caso mia moglie o la mia fidanzata? Mia madre per caso?-
Il suo tono era insieme provocatorio e rude.
-E’ vero che non sono nessuno, eppure trascorro con te ogni notte. Non mi pare che Chocola ti abbia mai concesso il privilegio di dormire con lei, per riscaldare il tuo cuore grazie al contatto con la sua pelle morbida … -
Sollevò la mano pronto a colpirmi in pieno viso, ma notò che gli sguardi dei presenti erano fissi su di noi. Allora la abbassò velocemente e ringhiò furioso: - Tempo al tempo.-
Poi girò i tacchi e corse verso la porta aperta, che dava sul giardino. Mi girai intorno cercando di calmarmi, mentre il mio petto non faceva che alzarsi e abbassarsi.  
Vidi allora Houx cercare inutilmente di prestare attenzione alle parole di un nobile, che lo aveva avvicinato : i suoi occhi erano puntati su di lui, ma la sua mente era palesemente altrove. Annuì distrattamente agli auguri, che quel gentiluomo gli aveva fatto, e poi abbassò il capo per qualche minuto. Alla fine farfugliando qualche scusa si allontanò in grande fretta verso il corridoio, in cui si era dileguata sua moglie.
Le mie mani tremarono ed una terribile fitta di gelosia mi colpì  al pensiero che Houx stesse rincorrendo Chocola. Mi appartai in un punto buio della sala e ben coperta da un’alta colonna, svanii certa che nessuno se ne fosse accorto. Riapparvi alla fine del corridoio che lui aveva imboccato poc’anzi, sfruttando la conoscenza che avevo del luogo. Lo raggiunsi e lo frenai,afferrandolo per un braccio.
Non so perché lo feci : forse non volevo che soffrisse alla vista di Chocola che amoreggiava con Pierre. O piuttosto mi avrebbe spezzato il cuore osservare un altro uomo che fuggiva via da me per correrle dietro. 
-Non andare, sai bene che adesso ti caccerebbe via.-gli spiegai.
-E che dovrei fare?-chiese disperato.
-Lasciala un po’ da sola … vedrai che quando tornerà, le sarà passato tutto. Conosci il carattere di Chocola :  è come un incendio sempre pronto a divampare, ma con la stessa velocità è capace di spegnersi.-
Annuì e mi cinse la schiena con un braccio, invitandomi a passeggiare con lui.
Quel gesto così inaspettato mi fece sobbalzare ed arrossire.
-Siamo alleati adesso, non c’è alcun bisogno di comportarci da nemici,no?- disse, vincendo la mia resistenza.
Ci allontanammo dai rumori della sala, passeggiando lentamente per i grandi corridoi del Palazzo, a me così familiari. Rividi le pareti coperte di velluto blu, riccamente decorate da dettagli dorati, alle quali erano affissi grandi quadri dipinti dai migliori pittori del Regno e che rappresentavano i più importanti Sovrani, che si erano seduti sul Trono di Extramondo. Ammirai le statue di marmo bianco che raffiguravano le virtù su cui doveva basarsi il governo del Re o della Regina, appoggiate a grandi cubi marmorei dai quali sembravano slanciarsi per volare via. A questi si aggiunsero i grandi lampadari formati da mille gocce di cristallo, che da piccola credevo fossero le lacrime ghiacciate di una divinità.
Salutai tutti quegli oggetti, come se fossero stati i miei vecchi compagni di gioco, osservandoli con gli occhi lucidi. Per un attimo vidi proiettate nella mia mente le immagini della mia infanzia, trascorsa a girovagare tra queste mura, a conversare con i personaggi dei quadri e ad inventare delle storie riguardo ogni oggetto che mi affascinava.
-Ti è mancata la tua casa?- mi chiese Houx, allungandosi per scorgere le lacrime che velavano le mie iridi.
-No… è che questo luogo mi ha rammentato la mia fanciullezza. Ma, a dir la verità, sento che il Castello non è mai stata per me una casa, ma una prigione.-
-Onestamente non è questa l’impressione che trasmettono i tuoi occhi. Comunque spero che tu abbia trovato ciò che cercavi nella reggia degli Orchi. Che tu lì riesca a sentirti a casa.-
-Sì-ribattei subito, irritata dal suo sguardo scettico. – Ho ottenuto ciò che qui non avrei mai potuto avere. Una possibilità. Per poter essere amata. Per poter governare un Regno. Essere da guida per un popolo. Essere ricordata per quella che sono e non come la lamentosa figlia della Regina Candy!-
Lui mi sorrise ed annuì, per compiacermi. Tuttavia io non riuscii, seppur mi sforzassi, a distogliere lo sguardo da quegli oggetti e da quei luoghi.
-Vieni, ti porto in un luogo che sicuramente ti piacerà.-mi sussurrò.
Non ebbi il tempo di oppormi al suo desiderio, perché, afferratami la mano, mi trascinò lungo un corridoio buio. Non riuscivo proprio a strappare le mie dita, intrecciatesi con le sue. Mi lasciai trasportare, confusa dal suo inebriante profumo e dalla salda stretta della sua mano. Attraversammo lunghi corridoi sul cui soffitto si specchiavano quadri dipinti con tocchi leggeri, in cui i colori erano svariati. Con la testa alzata verso l’alto, mentre lui mi tirava in avanti, mi perdevo in quei cieli artificiali.
Terminammo la nostra corsa in una sala circolare che si apriva e chiudeva, rispettivamente a destra e a sinistra, con due archi di marmo così alti da arrivare al soffitto ed unirsi alle volte. Quando fummo al centro della stanza mi accorsi dell’esistenza di una luce che non pareva artificiale e di cui non riuscivo ad indovinare la provenienza. Houx mi indicò il muro alle mie spalle e mi accorsi delle numerose vetrate che lo componevano, tre giù e tre sopra formando una perfetta simmetria. Le due sequenze erano separate da un balcone orizzontale che permetteva di accedere alle vetrate superiori.
Mi accompagnò presso una scala a chiocciola, nascosta da una grande colonna, che conduceva proprio sulla balconata. Dopo aver sfidato molti gradini, tenendo con una mano la lunga gonna blu notte, potei godermi lo spettacolo del cielo scuro illuminato dalle stelle,che sembravano essere state ritagliate da una mano esperta. Una grande luna splendeva prepotentemente, conquistando la scena. Era quella la luce che illuminava tutto.
Provai dispiacere a non poter vedere quella stoffa pregiata, quel velluto nero puntellato di diamanti, anche nel mio Palazzo, in cui l’unica oscurità che ci era concessa era quella vuota che affollava le stanze in ogni momento del giorno. Mattina. Pomeriggio. Sera. Notte. Sempre lo stesso buio, in cui non c’era nulla di magico, né di rassicurante. Nessuna stella. Alcuna luna. Né Lucciole. Solo tenebre.
-Non mi ricordavo di questo luogo … - sussurrai.
-Beh è naturale! La parete è stata modifica dopo la tua fuga. Alcuni dicono che sia stato fatto dalla Regina per avere sempre un luogo in cui poter guardare la luce e ritrovare la speranza, in quello che è diventato il suo terribile e buio mondo.- mi spiegò.
-Ho pensato di condurti qui, perché ero sicuro che questo posto non ti avrebbe riportato alla mente brutti ricordi. - aggiunse.
Annuii riconoscente.
-Prima ho dimenticato di dirti che sono felice che tu abbia trovato il tuo posto nel mondo!-
-Ti vedo scettico, credi che io sia una debole e che non possa essere la Regina degli Orchi?- gli chiesi.
La mia voce era carica di rabbia e il mio sguardo appariva duro e scontroso.
-No. Nulla di tutto questo. Sono convinto che tu abbia la determinazione necessaria, per compiere qualsiasi cosa ti prefigga. Tuttavia non posso negarti che mi intristisce che tu abbia preso questa decisione. Ti ho conosciuto come una bambina dolce, gentile, timida … e così altruista! E spesso mi chiedo che ne sia stato di lei.-rispose con un tono triste nella voce.
-E cosa otterrei ad essere quella bambina? -
-Riceveresti il nostro affetto … -sussurrò
- La vostra compassione,vorrai dire! Povera Vanilla è debole, ha bisogno del vostro appoggio! Vedi adesso sono forte e non ne necessito più.-gli gridai contro e mi voltai dall'altro lato, dandogli le spalle. Misi un piede in avanti, chiedendomi se volessi andarmene. Ero stanca di sentirlo parlare del sentimento quasi fraterno, che professava per me. Se c'era una cosa che desideravo da lui era amore e passione. 
Houx rimase zitto per qualche minuto con lo sguardo basso, fissando le scarpe. Si fece coraggio e messa una mano sul mio braccio mi costrinse a girarmi su me stessa e a tornare alla mia precedente posizione.
-Dici di essere cambiata, lo gridi a gran voce. E allora perché nei tuoi occhi continuo a vedere la stessa bambina, che ha bisogno di me? Che mi supplica di aiutarla perché non sa nuotare? Che col suo sorriso mi riempiva il cuore di dolcezza?-
La sua mano tremò e nel silenzio della sala riuscii a sentire i battiti accelerati del suo cuore e il suo respiro corto.
Osservai i suoi occhi nocciola i cui intarsi dorati brillavano alla luce della luna. Avvicinai il mio viso al suo e notai che le mie mani stavano tremando. Sfiorai con le mie labbra le sue, ma lui scosse il capo in segno di dissenso. 
-Sono stanco di essere usato, non voglio far parte del tuo piano per ferire Chocola.-
-Sei davvero uno sciocco se credi che tutto questo faccia parte di un piano-esclamai leggermente offesa.
Non avevo alcuna voglia di fermarmi. Gli accarezzai la liscia pelle del viso con le mie labbra, coperte di rossetto viola, facendo aumentare i battiti del suo cuore. Quando il suo autocontrollo non riuscì più a frenarlo, le sue mani mi afferrano i fianchi e le nostre labbra combaciarono.
Brevi istanti sembrarono durare lunghe ore. Le sue mani mi accarezzarono la schiena coperta dal pesante tessuto blu e mi strinse a sé in modo possessivo.
Tra quei baci e quelle carezze mi dimenticai completamente della mia nuova vita e delle notti trascorse con Pierre. Pensai a nulla e a tutto, caduta in uno stato confusionale.
Fu lui ad allontanarsi da me, facendo dei frettolosi passi all’indietro.
-E’ meglio che torniamo in sala, ci staranno cercando!- si giustificò.
Girò la testa verso la finestra per fuggire il mio sguardo e si mise a fissare la luna.
-Quindi è questo che vuoi fare? Dimenticare tutto? Il nostro bacio, il giorno in cui ti ho salvato la vita?-
Si voltò di scatto e mi afferrò le braccia, immobilizzandomi. Non mi tolse per un attimo gli occhi di dosso mentre con voce decisa mi chiedeva : -Lo avresti fatto anche per Chocola? Avresti salvato la vita anche a lei o a Saule in una situazione simile?-
Scossi il capo. –Non dirmi che hai interpretato quel gesto come un omaggio alla nostra vecchia amicizia! Se l’ho fatto è stato perché ti amo e non sopporto l’idea di perderti!-gridai esasperata.
Ascoltai le mie  parole rimbombare nel silenzio, incredula. Non riuscivo a credere di essere riuscita a dichiarargli il mio amore. Tremai qualche attimo in attesa della sua reazione.
Il suo sguardo si addolcì ed una sua mano mi accarezzò il braccio, prima di allentare la presa.
-Ti sono davvero grato per questo. Magari se non fossi stato sposato, avremmo potuto provarci … -
-Non prendermi in giro! Non mi avresti mai considerato : i tuoi occhi erano tanto occupati ad ammirare lei, da non riuscire ad accorgersi di null’altro.-gli risposi, manifestando tutto il mio disprezzo.
Abbassò lo sguardo e si zittì. Mi allontanai e mi apprestai a scendere le scale per lasciare finalmente quella sala.
-Ah dimenticavo!- gridai prima di mettere il piede sul primo gradino. - Congratulazioni per la futura nascita di tuo figlio, sempre che sia tuo.-     
Cominciai a calpestare gli scalini l’uno dopo l’altra velocemente, nonostante lo strascico, che si infilava sotto le scarpe, mi facesse rischiare in ogni istante di cadere. Sull’ultimo gradino si materializzò all’improvviso Houx.
-Non puoi andartene … devo darti una cosa- mi comunicò. Aprì il palmo della sua mano e vi pose sopra un meraviglioso anello, formato da un cerchio dorato all’interno del quale era incastonato una meravigliosa pietra che era con ogni probabilità un topazio.
-Lo avevi comprato per tua moglie, non è vero?-
Lui annuì, ma si spiegò meglio: - Sì è vero, dovevo donarglielo questa sera per festeggiare la sua gravidanza … tuttavia credo che sia meglio che lo tenga tu.-
Lo presi tra le dita e cominciai a fissare le mille sfumature impresse in quella pietra.
-Spero che possa ricordarti la purezza e l’innocenza, che ti caratterizzavano un tempo. E se mai tu decidessi di riconciliarti con quella parte di te, magari potrà servirti da bussola. Mi auguro possa rappresentare la luce nell’oscurità in cui vivi-
Prima che potessi controbattere e restituirgli quel dono, lui si volatilizzò nel nulla. Sorrisi impercettibilmente ed indossai quel gioiello. Lo ammirai scintillare sotto la luce della luna per qualche istante, pensierosa. Alla fine lo nascosi nel palmo della mano e mi avviai verso la sala.      
 
Meglio tardi che mai… spero vi piaccia il capitolo! ;)

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Capitolo 12
*** Minacce all'orizzonte ***


Un’ancora nella tempesta

Houx

Minacce all’orizzonte

Quando rimisi piede nella grande sala, in cui i festeggiamenti ancora impazzavano, fui quasi accecato da tutta la luce che i lampadari sprigionavano. Mi sentivo piuttosto confuso e avrei voluto tanto ritirarmi in un posto tranquillo, in cui poter riflettere su quello che era appena accaduto. Mi rammaricai dunque del fatto di essere costretto dai miei doveri di sovrano a restare lì a sorridere e brindare.
Mi guardai intorno e cercai con lo sguardo mia moglie, senza tuttavia riuscire a trovarla. Una fitta di gelosia mi colpì all'istante e le mie mani iniziarono a tremare. Che fosse con Pierre? 
Rivolsi nuovamente lo sguardo alla folla e fui sollevato quando vidi in fondo alla sala, accanto al tavolo delle bibite l'alta figura del Principe degli Orchi. All'istante una voce squillante risuonò nel mio orecchio.
-Dove sei stato?? Ti stai perdendo tutto il divertimento!-
Mi voltai e vidi mio fratello, elegantemente vestito con un completo blu notte, al cui braccio era attaccata una giovane ragazza che lo guardava con occhi brillanti e pieni di ammirazione.
-Il capo delle guardie non dovrebbe essere fuori a sorvegliare il Palazzo?-
-Certo. Ma adesso siamo in pace … e poi ti faccio notare che il nemico è dentro! Così mi sono cambiato e ho preso parte al ricevimento.- rispose prontamente Saule.
Risi della sua irresponsabilità, chiedendomi se fosse stata una scelta saggia dargli quell’incarico.
-Hai visto Chocola? - gli chiesi.
-Sì, una decina di minuti fa è tornata nella sala e si è congedata, sostenendo che si sentiva troppo stanca e preferiva tornare nella sua camera.-
-Pare che nessuno qui si preoccupi dei suoi doveri … - osservai.
-Zitto, Houx, che anche tu ti sei allontanato prima.-
Dopo avermi rivolto questa simpatica accusa, guardò la dolce fanciulla accanto a lui e le chiese di andargli a prendere qualcosa da bere. Lei annuì e si dileguò tra la folla.
-Hai parlato con Chocola? Prima sembrava che aveste dei problemi.-
-La stavo seguendo, ma ci ho ripensato. Ho creduto che fosse meglio che restasse da sola e sbollisse la sua rabbia. Così ho vagato un po’ per il Palazzo, perso nei miei pensieri.-
- Hai fatto bene, in alcuni momenti è meglio lasciarla stare. E quali problemi avresti su cui rimuginare? Hai sposato la donna che ami fin da bambino, stai per diventare padre … potresti essere più felice di così?-


Gli sorrisi. Aveva ragione Saule, avrei dovuto essere contento e soddisfatto, eppure sentivo che non era così. Qualcosa oscurava la mia vita e non avrei saputo dire cosa. Che fosse il timore delle sorti del mio Regno? O la paura che mia moglie non mi avrebbe mai amato e che Pierre me l'avrebbe portata via? E se fossero stati i dubbi che Vanilla ultimamente si divertiva ad insinuare nel mio cuore?
La testa prese a girarmi, ma cercai di nasconderlo. Diedi una pacca sulla spalla a mio fratello e gli assicurai di stare bene. Lui si congedò e andò a cercare la ragazza che aveva allontanato prima. 


Attraversai la sala e raggiunsi il tavolo delle bibite, per chiedere al cameriere di servirmi un bicchiere di vino bianco. Dopo che ebbi ricevuto ciò che avevo chiesto, notai la presenza, a pochi metri da me, di Pierre. Appoggiato ad un'alta colonna di marmo aveva lo sguardo rivolto al largo bicchiere che muoveva, facendo agitare e girare il liquido rossastro sul fondo. Notai l'aria abbattuta stampata sul suo volto ed i suoi occhi lucidi e rossastri. Pensai che sarebbe stato meglio ignorarlo, per evitare un’altra lite. Così gli diedi le spalle e mi misi a sorseggiare il mio bicchiere di vino in tranquillità, sperando di confondere con quel liquido tutti i miei dispiaceri.
Fu lui però ad avvicinarsi a me e a rivolgermi la parola. Mi misi sulla difensiva, prevenuto, pronto ad ascoltare un'ingiuria o una provocazione, ma stranamente non fu così.
-Domani verrò a portarti la dichiarazione della tregua. Mi auguro che tu voglia firmarla.-
Le sue parole furono accompagnate da un forte odore di liquore.
-Non mancherò.- risposi.
Bevve tutto d'un sorso il liquido nel suo splendente bicchiere di cristallo e lo alzò vuoto in alto, mimando un brindisi. Ripetei i suoi gesti meccanicamente e lui si avviò lentamente verso l'uscita, lasciandomi da solo coi miei pensieri.
Mi parve che fosse passato solo qualche attimo quando l'orologio indicò lo scoccare dell'una. Sobbalzai, come svegliato da un sogno, al suono del grande pendolo e mi accorsi che la maggior parte degli invitati si era congedata. Ero rimasto l'unico intruso, mentre intorno a me un'efficiente squadra di camerieri puliva la sala e faceva sparire i rimasugli della festa. Me ne andai velocemente verso la mia stanza, leggermente confuso dall'alcool.
Cercai di aprire la porta della camera da letto con la maggior delicatezza possibile, temendo di svegliare la mia sposa. Tuttavia quando entrai, mi accorsi che lei era ancora in piedi. La fissai seduta sul letto con le gambe incrociate, intenta a leggere una lettera. Aveva legato i suoi capelli rossi in due trecce, come faceva da ragazzina, il che le dava un aspetto deliziosamente innocente, che mi riempì di dolcezza.
Sentii il mio cuore accelerare il suo battito e la mia fronte si ricoprì di sudore. Mi sembrò di tornare indietro negli anni : quando da ragazzino, durante il nostro soggiorno sulla Terra, la osservavo ammirato e ogni sera speravo di poter trascorrere tutta la mia vita con lei. Non avrei saputo spiegare né quando, né perché mi fossi innamorato di lei. Forse era stato il suo sorriso sfiorato in un pomeriggio d'estate o i suoi occhi verdi, che mi avevano toccato una corda dell'anima che nemmeno sapevo di avere. Quando avevo fatto diventare quella ragazza il mio sogno, non sapevo quanto avrei dovuto combattere per farla mia. E sebbene questo fosse successo, mi sembrava di essere ancora quel bambino insicuro e timoroso di perdere tutto.
-Non sai che, in qualità di regina, non dovresti lasciare la sala prima del termine della festa?-
Alzò lo sguardo su di me e sbuffò, leggermente irritata. Mi sedetti sul letto e cominciai a togliermi le scarpe.
-Cosa leggi?-le chiese, incuriosito dell'attenzione che prestava a quel foglio di carta.
-L'ho trovata nella stanza della Regina Candy…è una lettera di mia madre.-
Confuso, gli chiesi per quale ragione si fosse trovata nella camera della Regina e di cosa parlasse la lettera. Lei mise da parte quel foglio e mi spiegò meglio quello che era accaduto. Durante la festa si era allontanata per poter parlare con lei dei suoi dubbi di diventare madre, sperando di ascoltare qualche parola di conforto. Giunta lì però l'aveva trovata vuota e sulla sua grande scrivania aveva intravisto quel foglio, che aveva subito attirato la sua attenzione, dato che portava la firma di sua madre.


-L'ha spedita quindici anni fa a Candy per chiederle di custodire un prezioso oggetto, se ho ben capito un ciondolo, in cui erano stati imprigionati i miei ricordi.-
-Ricordi? Riguardo cosa?- avevo chiesto, cominciando a comprendere il suo smarrimento.
-Non lo so, non ne parla. Ma deve trattarsi di qualcosa di davvero grave se mia madre ha deciso di cancellarlo dalla mia memoria. E non riesco proprio a capire cosa possa essere!-
Gettò il foglio sul letto, esaurita da tutte quelle domande senza risposta.
-L'idea che i miei ricordi siano falsi o corrotti mi corrode l'animo. Tutto ciò che conosco potrebbe essere solo una bugia e ogni certezza che ho, potrebbe crollare come un castello di sabbia. Capisci?- mi confessò piena di paura.
La strinsi a me e le baciai la fronte.
-Sono sicuro che domani la Regina Candy ti confesserà tutto e scoprirai che non era nulla di così importante. Ultimamente sei sempre così cupa e pessimista, che quasi non ti riconosco più.-
-Sarà per la gravidanza … - si giustificò.
Le accarezzai una guancia e le baciai le labbra delicatamente, assaporando ogni istante.
Le labbra sono solo labbra? E allora perché quelle di Chocola hanno un sapore diverso rispetto a quelle di Vanilla?
Ed io quale preferisco?


Baciai il collo e dai suoi occhi cadde una lacrima, che attraversò la sua guancia per poi essere assorbita alla fine dalla pelle.
-Io ti amerò per sempre!-le sussurrai all'orecchio.
Annuì.
-Ho bisogno di qualcosa a cui aggrapparmi adesso che la mia vita sta andando in pezzi.-sussurrò.
-Beh questa è una certezza a cui potrai credere sempre.-
Mentre le assicuravo il mio amore eterno, mi sorgevano mille dubbi e insicurezze. Avrei avuto la forza di sostenerla per sempre? Sarei stato capace di donarle affetto incondizionato e protezione? Mi sarebbe stato possibile ignorare che lei avrebbe per sempre pensato ad un altro?

Mi chiesi cosa l'avesse sconvolta tanto da ridurla in quello stato e se fosse possibile che tutta la sua tristezza fosse stata causata da quella scoperta.
Vederla così vulnerabile mi insospettì e mi chiesi se il suo abbattimento fosse dovuto solo alla sua gravidanza o a qualcos'altro. 
Che avesse litigato con Pierre? Che lo avesse allontanato da lei? Del resto quando mi ero imbattuto nel Principe, in sala, neanche lui aveva un bell'aspetto. Le accarezzai i capelli senza sapere se essere sollevato oppure ancor più turbato da quella che mi appariva molto più di una supposizione.
Mi allontanai da lei e le diedi le spalle per continuare a svestirmi. Mi sbottonai i bottoni della camicia, desideroso di mettermi a dormire e dimenticare i vorticosi eventi che mi erano capitati in quella serata maledetta. Chocola si sedette accanto a me.
-Non devi più darmi ordini Houx! Non sono la tua bambolina!- mi rimproverò.
Girai lo sguardo verso di lei e vidi che era tornata in sé :  gli occhi verdi sprigionavano la solita energia e ogni ombra di tristezza sembrava essere scomparsa. 
-Credevi forse che avessi dimenticato quello che hai fatto prima? Assolutamente no! Mi hai fatto fare la figura della stupida!-
Feci mente locale per poter ricordare cosa intendesse, sebbene la mia forte emicrania sembrasse volermi rendere l'impresa molto ardua. Alla fine capii a cosa si riferiva : avevo risposto al suo posto alla richiesta di Pierre di ballare con lei.
Avrei potuto insinuare che il fatto che il mio gesto l’avesse infastidita così tanto, avrebbe potuto convincermi che lei desiderava danzare con lui, ma mi resi conto di essere troppo stanco per discutere.   
-Ok ti chiedo scusa, lo facevo solo per proteggerti!-mi arresi.
-Non ho bisogno di essere difesa!-gridò indignata.
 Le sue parole mi fecero innervosire : suonarono nella mia testa come “io non ho bisogno di te!”.
-Non hai bisogno di me, ma di lui sì.-la attaccai, geloso.
-E’ inutile ripetere sempre gli stessi discorsi … Ti basti sapere che resterò sempre al tuo fianco, qualunque cosa accada. Del resto sono obbligata a farlo : siamo sposati e poi aspettiamo un figlio!-esclamò, accarezzandomi il mento e mostrandomi l'anello.
Quella che forse doveva essere una battuta, che doveva eliminare la tensione tra noi, mi colpì come una coltellata.
Era costretta a starmi accanto, ma se avesse avuto un’alternativa mi avrebbe scelto?
Se avesse potuto sposare sia me, sia Pierre avrebbe sposato me?


Le sue labbra si avvicinarono alle mie e le sfiorarono. La baciai con passione e la strinsi forte a me. Volevo sentirla mia. Volevo illudermi.
Su una cosa infondo Chocola aveva ragione : era mia moglie e nessuno avrebbe potuto cambiare questo. E Pierre era il Re degli Orchi e sebbene lui si illudesse del contrario, la sua storia con la Regina di Extramondo non avrebbe avuto futuro.
La presi in braccio e la feci stendere delicatamente sul nostro letto. Mentre le accarezzavo il viso, mi tornò in mente il mio bacio con Vanilla ed il senso di colpa mi assalì.
Come potevo desiderare prima una e poi l'altra?
Mi stesi accanto a lei e cercai di nascondere quanto tremassi.
-Tutto bene Houx?-mi chiese.
-Sì, Chocola… non ce la faccio. Sono un po’ stanco.-mi giustificai.
Mi coprì con la coperta e mi rimproverò per la sbronza, che mi ero preso. Poi si girò su un fianco e si addormentò.
 
Quando al mattino mi svegliai, il sole era già alto in cielo e Chocola non era più stesa accanto a me.
Mi vestii in tutta fretta e mi precipitai nella sala da pranzo. Mio fratello stava ancora facendo colazione e leggendo il giornale, mentre Chocola fece capolino qualche minuto più tardi solo per darmi il buongiorno. Aveva già mangiato la colazione ed aveva anche affrontato il momento della giornata che più odiava, quando un paio di cameriere la aiutavano a vestirsi e a truccarsi. 
Quella mattina indossava un abitino color panna con uno scollo a v , la cui gonna era più corta avanti e più lunga dietro ed un'elegante collana di perle completava il look molto adulto e serio.
Lei odiava essere costretta a vestirsi in modo elegante in continuazione, ma io trovavo che fosse così splendida quando la agghindavano, che fingevo di essere d’accordo con la sua frustrazione.
Si avvicinò a me e mi diede un leggero bacio sulle labbra e mi annunciò che stava per recarsi dalla Regina Candy per poter ottenere risposte ai suoi quesiti.
Non era ancora uscita dalla stanza quando entrò un servitore per annunciarmi che il Principe degli Orchi mi attendeva nel mio ufficio. Nella sala calò un silenzio teso e tutti gli sguardi furono rivolti a me. Chocola in particolare mi guardò preoccupata.
-Lo aspettavo. Dovevamo incontrarci per firmare la tregua.-li rassicurai.
-Vuoi che venga insieme a te?-mi chiese mia moglie visibilmente in ansia.
-No. Vai dalla Regina e non preoccuparti.-
Mi avviai verso lo studio lentamente ed aprii la porta. Davanti a me vidi Pierre che, con indosso un completo blu notte, fissava il panorama fuori dalla finestra. Non appena entrai, si voltò e mi scrutò dalla testa ai piedi, soffermandosi sulle labbra sporche di rossetto rosso. Il suo viso assunse un'espressione di disgusto.
-Chocola non verrà,vero? Lo immaginavo … Cerchi di fare in modo che io non la veda. Mi sembra prudente da parte tua. Tienitela stretta, finché puoi.- esclamò.
-Cosa intendi?-
Anziché rispondermi, prese una cartellina dalla scrivania e ne tirò fuori una sottile pergamena. L'agitò ed il foglio si allungò fino ad arrivare al pavimento. Uno schiocco delle dita e nella sua mano apparve un pennino antico.
-Una firma qui, per favore!-disse premendo l'indice nel punto in cui avrei dovuto scrivere il mio nome. 
Esitai.
-Non mi fido di te.-
-Senti, Houx, questa tregua non è una mia decisione. Se dipendesse da me guiderei gli Orchi alla vittoria anche ora, ma mi hanno ordinato di “prendere tempo”. Io e te non siamo responsabili delle nostre azioni, ma veniamo manipolati dai voleri dei nostri popoli e di persone, che sono più in alto di noi. Non si tratta di decidere, ma di obbedire. Questo è il nostro ruolo! Non dirmi che non lo hai ancora capito!-
Cercai una buona ragione per non firmare, ma non la trovai. L'esercito era allo stremo e non avrebbe retto per più di qualche settimana agli assalti degli Orchi, che sembravano invece instancabili. 
Avere una pausa, seppur breve,in cui poter far in modo che i soldati si riprendessero e gli eserciti si rifornissero di munizioni, farmaci ed alimenti sarebbe stato davvero un dono del cielo. Ed era proprio la gentilezza di quel regalo che mi insospettiva!
Alla fine dovetti comunque soccombere alla necessità e firmare. Anche Pierre sigillò l'accordo e poi lo fece sparire.
Sul suo viso apparve un sorriso soddisfatto e si versò da bere, afferrando una bottiglia di vecchio scotch ed un bicchiere dal carrellino degli alcoli, che era sempre stato presente in quella stanza.
-Ti avverto perché ci conosciamo da tempo e mi sembra giusto : goditi questa pace temporanea e non avvelenarla con inutili sospetti … perché qualcuno presto potrebbe rovinartela.-
-E chi? Tu ad esempio?-
Bevve un sorso di liquore ed annuì.
-Non mi è mai interessata questa stupida guerra, l'ho sempre considerata nulla più di una stupidaggine atta ad occupare le vostre, altrimenti noiose, vite. Ora però ho capito che la vittoria degli Orchi dovrebbe interessarmi molto perché potrebbe liberarmi di uno stupido insetto, che da tempo mi disturba.- 
Bevve tutto d'un sorso il resto della bevanda dal forte odore, che su di lui non sembrava provocare alcun effetto. 
-Tu.-
-Vuoi uccidermi? E non capisco … potresti farlo anche adesso, perché non mi uccidi ora?-
-Come sei sciocco! Non voglio ammazzarti! In quel caso passerei per il cattivo della situazione, no, no! Desidero solo distruggere il tuo regno e la tua famiglia soprattutto! Voglio sottometterti! Quando avrò conquistato questo palazzo ed il tuo Regno, ti chiuderò in carcere e butterò via la chiave. E a quel punto tutto ciò che ti appartiene sarà mio : i tuoi sudditi, tuo figlio e tua moglie.-
Spinto da una rabbia irrefrenabile gli afferrai il colletto della camicia, gridando : -Sei un illuso : non vorrà mai stare con un mostro come te!-
-Io invece ho la netta sensazione che vorrebbe stare accanto a me già adesso! O forse mi sbaglio?-
Stanco delle sue provocazioni, mi preparai a tirare il pugno ma la mia mano si scontrò con l'aria. Pierre si era infatti volatilizzato ed era riapparso alle mie spalle. 
-Ma questo accadrà solo tra qualche mese. Non preoccuparti già adesso. Goditi l'attimo, come se fosse l'ultimo.-
Ridendo, aprì la porta ed uscì. Io assestai il mio pugno contro il muro, per sbollire la rabbia, che mi faceva tremare e digrignare i denti.
Di nuovo tornò la stessa domanda che mi avvelenava l'esistenza : se avesse potuto scegliere, Chocola avrebbe scelto me?

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Capitolo 13
*** Il punto di non ritorno ***


Un’ancora nella tempesta

Chocola
Il Punto di non ritorno

Bussai alla porta con delicatezza ed attesi pazientemente di essere invitata ad entrare.
Quando entrai nella stanza, la donna non si mostrò sorpresa di vedermi.
Fissò su di me i suoi occhi blu e profondi incastonati in un viso stanco, su cui uno scultore aveva scolpito profonde e innumerevoli rughe, una per ogni sofferenza che aveva dovuto sopportare.
-Chocola che piacere che tu sia venuta a trovarmi! Come va la gravidanza?-
-Bene…anche se a volte ne avverto,ahimè, i fastidi e le ansie.-
-Cosa ti preoccupa, tesoro?-mi chiese con fare premuroso.
I suoi modi nei miei confronti erano sempre stati molto gentili e materni, tanto che non ero mai riuscita a credere all'immagine di mamma distaccata e severa che mi aveva spesso descritto Vanilla. 
-Vostra maestà…-
-Perché mi chiami così? Ora sei tu la Sovrana, lo hai forse dimenticato?-
Scoppiai in una risata imbarazzata e mi scusai.
-Io non ho idea di come debba comportarsi una madre dato che non ne ho mai avuta una… - aggiunsi.
-Che sciocchezza! Le qualità appropriate ad una madre sono intrinseche in una donna, la pazienza, la dolcezza, quel pizzico di severità che non guasta e tanta saggezza.-
Le feci notare, piuttosto scoraggiata, che io non avevo mai mostrato di avere nessuna di quelle qualità.
-Cresceranno in te proprio mentre il corpo di tuo figlio prenderà forma. Nasceranno in te insieme al tuo amore per lui.-
Mi accarezzò il mento e diede una carezza anche al mio ventre, in cui in modi inspiegabili si sarebbe creata una nuova vita.
Poi passò una mano tra i suoi capelli che erano diventati una candida cascata e appoggiò la sua schiena alla grande scrivania di mogano dietro di lei.
-Ma sbaglio o non sei venuta qui per dirmi questo?- 
Mi guardai la punta delle scarpe colpevole, come una bambina che ha rubato delle caramelle che teme ora la sua punizione.
Il momento di affrontare la verità. 
Entrambe sapevamo quale argomento stavamo per trattare e per nessuna delle due sarebbe stato piacevole. Il timore di scoprire qualcosa di terribile mi logorava.
Feci un sospiro e senza convenevoli le chiesi : -Di quali ricordi mia madre mi ha tenuto all'oscuro?-
Il punto di non ritorno.
-Hai trovato la lettera. Quando ieri sera non l'ho più vista sulla scrivania, ho immaginato che fosse arrivata nelle tue mani. -
-Non mi avete risposto. Cosa è imprigionato in quel diamante?-
-Chocola ne so meno di te : non so quali ricordi ti abbia cancellato tua madre. Mi ha dato quella lettera, quando ti ha affidato a tuo nonno e mi ha chiesto di vegliare su di te. Non mi ha detto cosa contenesse. Forse i momenti belli trascorsi con lei, che ha preferito eliminare dalla tua mente affinché tu non sentissi la sua mancanza.-
La sua ipotesi era verosimile e le avrei creduto volentieri, se non avessi riconosciuto dai suoi occhi che stava mentendo.
-Sapete come potrei liberare i ricordi dal diamante? Ci terrei davvero tanto a ricordare questi bei momenti trascorsi.- risposi.
-Non credo che tu possa.-affermò seria.
Incrociai le braccia e la fissai con un sorriso beffardo, stanca di ascoltare bugie.
-Non sono più una ragazzina : sono sicuro che lei sappia bene cosa mi ha nascosto mia madre e che non voglia dirmelo. Tuttavia credo di essere abbastanza adulta da poter sopportare qualsiasi cosa mi dirà. -
-Ascolta, Chocola,-cominciò passandosi nervosamente una mano
tra i capelli.
- Ci sono verità che è meglio non sapere. Del resto io ho promesso a tua madre che non ti avrei mai raccontato nulla, per il tuo bene.- continuò - Sono comunque convinta che tu cercherai in ogni modo di conoscere la verità, nonostante i miei avvertimenti e quindi ti suggerisco di rivolgerti a qualche stregone di Extramondo : loro forse sapranno come fare a liberare i ricordi.-
Mi sentii pervasa da una febbrile eccitazione e non vedevo l'ora di convocare tutti gli stregoni del Regno per poter finalmente scoprire che cosa mia madre e la sua amica nascondevano così gelosamente.
Stavo quindi per congedarmi, quando l'ex Regina mi bloccò con la scusa di dovermi chiedere una cosa molto importante. Accettai di ascoltarla e risponderle il più rapidamente possibile, ma la sua domanda mi sconvolse tanto da raffreddare la mia impazienza ed ogni frenesia.
-Cosa c'è tra te ed il Principe degli Orchi?-
Sgranai gli occhi sorpresa e le mie labbra tremarono. Le morsi per farle stare ferme e dissi con la voce più tranquilla, che riuscii a fare : -Nulla. Cosa dovrebbe esserci?- 
-Ieri sera vi ho visti, mentre ballavate davanti alla Fontana della Primavera.-
Cominciai a tremare tutta, ricordando che in effetti gli appartamenti dell'ex sovrana si affacciavano proprio su quella parte di giardino, che aveva curato lei stessa.
-Pierre, volevo dire il Re degli Orchi, ama provarci con ogni ragazza. Credo che rafforzi il suo ego. L'ho allontanato non appena mi ha baciato.-cercai di difendermi.
-Quello che mi ha stupito è stato il tuo atteggiamento! Sai perché ci prova con te? Perché è molto evidente che tu lo ami e che non aspetti altro! O credi che lui sia cieco e che non veda il rossore sulle tue guance non appena ti rivolge lo sguardo? O la tua agitazione quando ti sfiora? O che i tuoi occhi brillano e le tue ginocchia tremano non appena lui è con te? Lo ami!- mi sgridò indignata.
-No. Io lo odio!-gridai furiosa.
-Non mentirmi Chocola. Ti conosco bene. Non voglio condannarti, ma aiutarti.-
La sua voce si era addolcita ed il suo sguardo bonario cominciò ad irritarmi tremendamente. Mi voltai versi la porta, pronta ad andarmene.
-Io odio Pierre.-ripetei, sicura di dire la verità.
Le lacrime spingevano per uscire ed il mio petto era scosso da terribili sussulti. Non riuscivo più a trovare la mia forza e non mi riconoscevo più.
Mi girai di nuovo verso la madre di Vanilla e gridai quello che provavo.
-Non mi credete? Io lo detesto davvero! E’ a causa sua se sto vivendo questa vita infelice insieme ad un uomo che non amo e che mi attanaglia con continui attacchi di gelosia. Odio Pierre perché non mi lascia mai in pace e anzi mi ossessiona : lo sogno continuamente, lo penso ogni giorno. E ogni sospiro che gli é seguito da una maledizione, perché se avesse lasciato gli Orchi, come mi aveva promesso, ora vivremmo felici e questo figlio sarebbe suo. Come desidero ucciderlo, vendicarmi, ma con lo stesso ardore desidero baciarlo ed essere baciata da lui. Il mio odio per lui mi corrode e mi uccide internamente.-

Le mie parole furono seguite da fiumi di lacrime, che trattenevo da chissà quanto. Mi pentivo di aver rivelato a qualcuno i miei sentimenti, ma dovevo ammettere che mi sentivo più leggera,liberata da quel peso. Lei mi abbracciò e mi accarezzò i capelli, cercando di consolarmi come se fossi una bambina, che si è sbucciata un ginocchio.
-Stai tranquilla, non ti giudicherò! Tutti possiamo commettere degli errori ed innamorarci della persona sbagliata.- disse, accarezzandomi il mento con dolcezza.
Sorrisi sollevata e mi chiesi se non fosse arrivato il momento di smetterla di sentirmi in colpa per tenere tanto alla persona sbagliata.
-Basta pentirsene in tempo e rimediare.-mi consigliò.
La guardai con gli occhi sbarrati, sorpresa dalle sue parole.
-Tu non puoi amarlo, dopo tutto quello che ci ha fatto. Pierre è il Principe degli Orchi e guida ogni giorno migliaia di mostri che uccidono i tuoi sudditi. Lui ti ha fatto soffrire e ti ha abbandonato a te stessa. Lui ci ha strappato via Vanilla e ha riempito il suo cuore di odio, rendendola come lui e mettendola contro di noi. Contro noi che l’amiamo tanto!-
Le sue parole erano ragionevoli e sentivo perfettamente quanto avesse ragione.
-Ti impegnerai a dimenticarlo??-
Sapevo che non sarebbe stato facile perché ci avevo provato per tanto tempo, senza riuscirvi. Tuttavia annuii e mi impegnai a rispettare quell’impegno.
Uscii dalla stanza e decisi di impegnare ogni mia energia per scoprire i segreti che mia madre mi aveva nascosto. Tenni la testa occupata, convocando tutti i più importanti magi del Regno. Ad ognuno di loro mostravo il diamante luccicante e dopo che loro lo avevano fissato attentamente per qualche istante, scuotevano il capo sostenendo di non potermi aiutare. Ben venti stregoni visitarono il Castello, prima che uno di essi mi disse qualcosa di decisamente utile.
Dopo aver fissato quel gioiello, mi chiese di mostrargli la lettera che lo accompagnava. Alla vista di quel foglio si carta, l’uomo dalla lunga barba esclamò che era naturale che nessuno riuscisse a capire l’incantesimo che si nascondeva dietro il ciondolo.
-Cosa intende?-domandai.
-La lettera risale al decimo anno della terza decade, ano in cui Cinnamon non era più su Extramondo, ma era già nel Castello di Glace. L’incantesimo è stato quindi certamente compiuto da uno dei maghi degli Orchi e solo lui potrà liberare i ricordi.-
Le sue parole provocarono sentimenti dolciamari : se avevo finalmente una pista, tuttavia questa mi conduceva proprio dall’uomo che volevo dimenticare.
Meditai se valesse la pena di recarmi dagli Orchi per scoprire i miei ricordi nascosti, sebbene questo mi costringesse all’umiliazione di chiedere aiuto a Pierre. Per un po’ riuscii ad abituarmi all’idea di non conoscere mai i miei ricordi, ma la curiosità era troppo forte ed in poco tempo presi la decisione di fare di tutto, pur di poter svelare il mistero. Comunicai dunque ad Houx la mia decisione ed accadde quello che, del resto, mi aspettavo : fece una grossa scenata e mi proibì di andare, anche dopo avergli proposto di seguirmi.
Fui costretta dunque a fare l’unica cosa possibile. Finsi di essere d’accordo con lui e aspettai che si coricasse, ma dopo che mi fui assicurata che non si sarebbe svegliato presto, scappai diretta all’alto Castello Nero che si stagliava sullo sfondo.
 
Spero che vi piaccia questo capitolo in cui ho voluto dare maggiore importanza a descrivere  la Regina Candy ed in particolare il suo rapporto con Chocola. Negli altri capitoli analizzerò invece il rapporto decisamente diverso tra Vanilla e sua madre, che l’ha poi portata ad essere gelosa di Chocola. Allo stesso tempo ci stiamo avvicinando a scoprire il mistero : secondo voi cosa sarà? Nel prossimo capitolo sarà svelato tutto!! Grazie per aver letto il capitolo e se volete lasciate una recensione ;)          

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Capitolo 14
*** Polvere di Stelle ***


UN’ ANCORA  NELLA TEMPESTA

Polvere di Stelle
Pierre
Aprii la porta pronto a riposarmi, dopo una lunga giornata popolata da patimenti e preoccupazioni, che mi seguivano come ombre dovunque andassi ormai da almeno un mese.                                                                  
Erano passate infatti quattro o cinque settimane da quando ero uscito dal Palazzo per recarmi alla Reggia con l'intento di far firmare ad Houx il trattato di pace e da allora non avevo abbandonato più i miei appartamenti.                                                                                                                               Gli Orchi si stavano preparando a quando la guerra sarebbe ripresa nuovamente costruendo armi con cui poter uccidere più rapidamente migliaia di soldati e realizzando unguenti miracolosi per loro e veleni terribili per gli avversari. Anche Vanilla si era lasciata travolgere da questa frenesia e aveva cominciato a tramare un piano segreto, di cui custodiva gelosamente i dettagli : camminava infatti con un pezzo di vetro sporco di sangue appeso al collo a mo’ di ciondolo,il quale doveva essere la chiave di quei pensieri che scorgevo nel suo sguardo. Febbrile eccitazione e orrore, causati contemporaneamente dai suoi stessi pensieri. Un dissidio interiore che si apprestava ad annientare l'ultimo pizzico di bontà, che albergava ancora in lei. 
Io invece fendevo tutta questa eccitazione, senza lasciare che questa mi sfiorasse. Io ero l'unico a gironzolare senza meta né scopo, animato da terribili ansie e pensieri. La mia visita a Houx mi aveva lasciato davvero turbato : le sue labbra sporche del rossetto di Chocola, i suoi occhi pieni di fiera soddisfazione. 
-Non posso sopportarlo!-gridai alla mia stanza vuota, ricordando quel giorno. 
L'umiliazione e la gelosia che mi avevano stretto il cuore in una morsa, mi avevano suggerito le parole che gli avevano descritto un terribile futuro per lui. Futuro che non era per nulla plausibile. Ben sapevo che, quando gli Orchi avrebbero conquistato Extramondo, non sarei stato io a guidarli, ma Glace e che io sarei stato eliminato. Del resto anche se non fossi stato ucciso e avessi potuto offrire a Chocola la possibilità di governare con me il nuovo Regno unificato, lei non avrebbe mai accettato di stare al fianco dell'uccisore del suo popolo e di suo figlio. 
Mi sbottonai la camicia pronto a trascorrere un'altra notte agitata da terribili presagi di morte. Avvertii però qualcosa che prima non avevo notato, un rumore di passi ed un profumo familiare. Accesi la lampada sul comodino e sbattei le palpebre, cercando di far abituare gli occhi alla luce. Una figura avvolta in un lungo mantello rosso, che le copriva il capo e le spalle, allungandosi poi lungo il corpo magro come una fiamma.  Si avvicinò a me, puntando i suoi occhi verdi nei miei, facendomi sussultare. 
Ci misi qualche attimo per riprendere il mio consueto contegno ed esclamare: -Buona sera, Vostra Maestà!- Appoggiò le sue mani sulle mie spalle e con gli occhi smarriti da tanta freddezza,mi disse: -Perché fai così?- Sollevai la sua mano destra, quella su cui portava la fede, e la baciai dolcemente. 
-Ho bisogno del tuo aiuto, Pierre.- 
“Sai bene che per te farei di tutto.” Fu questa la risposta che il mio cervello formulò alla sua richiesta, ma non furono queste le parole che pronunciai. 
-Perché dovrei essere io ad aiutarti? Non hai detto che sarebbe stato Houx a badare a te? Rivolgiti a lui!-
 Il mio tono era dipinto delle sfumature della gelosia, che nelle terribili ore della notte mi agitava, e della disperazione. 
-Se mi aiuti, ti prometto di ricompensarti in qualunque modo tu voglia.- 
-E’ dunque così importante la faccenda? Beh dovresti sapere che c'è una sola cosa che desidero davvero. Ed è l'unica che non potrai darmi.- 
Abbassò lo sguardo notevolmente imbarazzata ed io spostai la mia attenzione sullo stretto corpetto rosso,che sbucava dal mantello. Il suo vestito non riusciva più a nascondere la pancia che cominciava a prendere forma. Riflettei che fino a quel momento a dividerci erano state cose inconsistenti come titoli, schieramenti, Regni. Un qualcosa di così effimero non riusciva a frenarci, quando ci stringevamo, ma quel bambino sarebbe stata la causa reale della nostra separazione.                                                                                    
Mi voltai di spalle per nascondere la rabbia che iniziavo a provare verso di lui, che mi faceva temere che avrei finito per eseguire l’ordine, provando un po’ di piacere. Intento in simili pensieri, sussultai quando Chocola mi sfiorò con un leggero tocco la schiena e tornò a parlare: 
-Mia madre mi ha intrappolato i ricordi in questo ciondolo ed ho bisogno di trovare lo stregone che ha fatto questo incantesimo per poter sapere la verità. Credo che sia qualcosa di importante e terribile, dato che la Regina Candy si è rifiutata di rivelarmeli. Forse questi ricordi potrebbero contenere un indizio su dove è stata mia madre in tutti questi anni. – 
-E perché ti serve uno stregone degli Orchi?- 
-Perché mia madre ha compiuto l'incantesimo durante la sua prigionia tra gli Orchi!- 
-Credo di aver capito chi possa aiutarti! Lascia che mi rivesta e ti accompagnerò da lui.-dissi sbuffando, come se fossi infastidito dal doverla aiutare. In realtà ne ero entusiasta. 
Lei annuì e attese pazientemente che avessi indossato la camicia, la giacca e il mantello. 
-Dove si trova?-mi chiese curiosa. 
-Ai confini del Regno,alla leggendaria infinita valle blu. E’ molto lontana ma non devi preoccuparti : il Castello è collegato ad ogni luogo attraverso un sistema di gallerie sotterranee- 
La invitai a sostituire il suo mantello rosso con uno nero e a coprirsi bene, così che se vi fossero stati degli Orchi non l'avrebbero riconosciuta. Aprii dunque la porta e camminai di soppiatto per il corridoio che portava alla Sala della Corona, che -come avevo immaginato- era vuota. Non appena Chocola entrò, richiusi la porta alle mie spalle e cominciai a tastare le mattonelle del muro, alla ricerca di quella che avrebbe aperto un passaggio nella parete. 
-Non è strano che nessun Orco mi abbia visto? E’ tutto così silenzioso e immobile…-osservò. 
Notai del sospetto nella sua voce e la tranquillizzai, dicendole che non era vittima di un'imboscata e spiegandole che gli Orchi erano impegnati nell'elaborazione di strategie per distruggere i loro avversari e non si sarebbero accorti di noi. 
-Perché me lo chiedi? Non ti fidi di me?-le chiesi, fingendo di essere offeso. 
-Se davvero non mi fidassi di te, credi che mi sarei rivolta a te?- Sorrisi impercettibilmente alle sue parole, ma il nostro dialogo fu interrotto dal forte rumore che seguì la rotazione di una parte della parete, che ci permise l'accesso ad un buio e umido corridoio. Camminammo a lungo in quella oscurità senza parlare e col timore che qualcun altro stesse attraversando quei cunicoli. L'unica guida per Chocola era la mia mano con cui le avevo serrato il braccio destro. Immaginavo dal suo tremore che un simile viaggio potesse spaventarla e così a bassa voce l’avevo esortata ad attaccarsi a me, che invece conoscevo a memoria ogni centimetro di quei corridoi. Sebbene sulle prime fosse titubante, in seguito si era avvicinata silenziosamente e si era stretta al mio fianco destro. Camminammo per almeno tre ore in quella oscurità, svoltando spesso in stretti e bassi corridoi in cui era difficile persino respirare e scendendo discese ripide e scivolose. Il percorso era angusto e spaventoso, eppure Chocola non ebbe alcun tipo di timore. 
Pensai che fosse la persona più coraggiosa che avessi mai incontrato, ma anche che forse quella sua sicurezza derivasse dalla fiducia che nutriva in me : avrebbe potuto temere che la stessi conducendo in un'imboscata o in un luogo appartato per farle del male, ma non lo pensò e mi seguì senza esitazioni. Non potei fare a meno di esserle grato di quella fiducia incondizionata che mi prestava e che mi convinse a credere di più in me e in quello che avrei potuto fare. 
Arrivati ad un certo punto mi fermai e cominciai a tastare il pavimento. -Cosa cerchi? - chiese a voce bassa. Accarezzai il pavimento sporco e bagnato, fin quando la mia mano non sfiorò una manica di ferro. 
-Ecco la botola!-esordii allegro. Esortai la mia compagna ad aiutarmi a sollevarla ed insieme riuscimmo ad alzare il cerchio di cemento che, sebbene non fosse molto grande, avrebbe permesso ad una persona di corporatura normale di oltrepassarla. Esposi il mio piano di calarmi per primo nella botola per afferrarla quando sarebbe stato il suo turno di lanciarsi. Mi lasciai cadere nel cunicolo sottostante, accesi una piccola torcia che appoggiai al muro di pietra e attesi con le braccia già allargate che lei saltasse. La fioca luce della torcia illuminò a stento il suo corpo mentre cadeva, ma fui comunque capace di prenderla. Le sue mani si strinsero alle mie spalle, per niente intenzionate a lasciarmi andare. Rimasi immobile senza sapere cosa fare, mentre con un filo di voce lei mi supplicava di chiudere gli occhi. Li chiusi e ripiombai nell'oscurità, rassicurato dal contatto delle sue dita sulla mia pelle. Le sue mani si divertivano ad accarezzarmi le spalle, il collo ed i capelli. Disegnarono il contorno delle mie labbra sottili e poi le mie guance lisce. 
-In questo luogo sperduto … mi sembra di essere così lontana dal resto. Sembra quasi di essere in un sogno. Tu ed io da soli in questa oscurità. Ma forse qualcuno potrebbe sorprenderci … -
 -Nessuno conosce questa botola oltre me. Non corriamo alcun rischio.-le assicurai. Mentre tentai di riaprire gli occhi, mi chiuse le palpebre con le dita e restò in silenzio ad ascoltare i battiti dei nostri cuori. 
-Devo farti una confessione : anche io ti ho tenuto nascosti dei ricordi. Riguardano il giorno del tuo matrimonio.-ammisi, spinto da quell’oscurità. 
-Cosa? Come ti sei permesso?- Non potevo vedere il suo viso ed i suoi occhi, ma intuivo dal suo tono che doveva essere adirata. 
-Sono venuto nella tua camera prima che tu andassi a sposare Houx per portarti via con me. Ma non l'ho fatto. Ho finito solo per sputarti addosso tutta la mia gelosia, ma non ho fatto nulla.- 
-Perché?- La sua voce era ridotta ad un sussurro. 
-Credi che io possa essere altro oltre il Principe degli Orchi?Io no. Mi sento come se la mia vita fuori da quel ruolo non esistesse. Io sono un'immagine di austerità e crudeltà che deve generare paura e orrore negli altri uomini. Sai? Uno scrittore terrestre diceva che la vita è una recita su un palcoscenico ed io sono d'accordo. Ognuno è nato per interpretare un personaggio : io sono stato creato ed educato per essere il cattivo, il Re degli Orchi. Non so fare altro, né posso cambiare quello che sono.- 
Gridare con gli occhi chiusi quello che provavo fu liberatorio e per un attimo mi dimenticai anche della presenza di Chocola. Credetti di essere da solo. Io e la mia rassegnazione. 
-Sei un vigliacco! Ognuno può scegliere di smettere di recitare e cominciare a vivere. Bisogna solo saltare e combattere.-mi rispose indignata. 
Il suo atteggiamento superbo mi fece adirare e così la feci scendere dalle mie braccia, pronto ad andarmene via e lasciarla lì da sola. Non capivo cosa le facesse credere di essere capace di giudicare una situazione di cui non sapeva assolutamente nulla. 
-Smettere di fingere? Tu mi consigli di smettere di fingere? E non è quello che fai tu in ogni attimo del giorno? Non indossi anche tu una maschera? Non reciti un ruolo? Quello della moglie perfetta,innamorata e devota? Della Regina, mite, serena, padrona della situazione e sicura di sé? Io sono l'unico a conoscerti davvero perché è sempre da me che ti rifuggi quando hai paura, quando il mondo ti sembra crollarti addosso. E alla fine menti anche a me e a te stessa, dicendo di non aver bisogno di me. Mi spezzi il cuore ogni volta che menti, sebbene io conosca la verità.- 
Battei un pugno contro le dure pareti di pietra, cercando di calmarmi mentre il mio cuore batteva a mille e il mio petto si alzava e si abbassava. Alla fioca luce della torcia la vidi tremare con gli occhi lucidi, non sapevo se per la rabbia o la tristezza. Indugiò senza sapere cosa rispondermi, quando alla fine mi ringraziò per averle nascosto quei ricordi e per aver rinunciato a fuggire con lei. 
-E’ stato meglio così!- 
Quella frase mi fece scattare come una molla. La circondai con le mie braccia che la bloccarono come in una terribile morsa, da cui cercò di divincolarsi. Le mie mani le immobilizzarono il viso e le mie labbra premettero con forza sulle sue. Cercò di opporre resistenza per qualche istante, finché le braccia non scesero lungo i suoi fianchi, mentre le sue labbra erano già mie. Quando le nostre labbra si allontanarono, sussurrai un migliaio di “Se”. 
Se fossi più coraggioso… Se non fossi così legato agli Orchi… Se tu non fossi la mia nemica… Se tu non fossi sposata… Se non stesse per nascere tuo figlio… Non ero capace di terminare però nessuno di quei ‘se’. 
-Non fa niente.-rispose lei, scuotendo il capo. Camminò, lasciandomi da solo qualche metro più in là e dandomi il tempo per ricompormi. 
-Allora vogliamo procedere verso la misteriosa dimora del Mago?-mi chiese, simulando un tono di voce tranquillo. 
Passai una mano sulla mia guancia per asciugare una piccola lacrima,che era scesa a bagnare quel deserto. Non riuscivo a ricordare quale fosse stata l'ultima volta che avevo pianto, forse era da ricollegare addirittura alla mia infanzia. 
La raggiunsi e salimmo numerose scale, illuminati dalla luce della torcia sollevata a mezz'aria e cullati dalle nostre voci. Parlammo. Parlammo moltissimo per mascherare l'imbarazzo che aveva seguito il nostro bacio. Le raccontai di come le gallerie fossero state costruite su ordine di Glace che attraverso queste riusciva a muoversi in tutto il Regno degli Orchi senza attirare troppa attenzione e senza correre alcun pericolo. Le chiesi se Houx fosse a conoscenza del fatto che lei fosse venuta da me e Chocola ridendo ammise di averglielo detto, ma che lui non era stato d'accordo. -Sono stata quindi costretta a venire senza il suo consenso e a farlo addormentare, così che non potesse fermarmi o seguirmi.- 
-Farlo addormentare? Non lo avrai mica drogato?- 
-Drogato…è davvero una brutta espressione per indicare quello che ho fatto. Mi sono solo assicurata che non scoprisse qualcosa che gli avrebbe procurato un dispiacere. Si potrebbe dire che gli ho quasi fatto un favore.- Trattenni una risata ed osservai con molto piacere che finalmente adesso la riconoscevo.
Improvvisamente avvertimmo il rumore del vento, che ci fece capire che eravamo quasi arrivati alla meta. Corremmo sempre con maggior velocità fino a quando non fummo avvolti dalla fredda ed umida aria della notte. La luna era coperta da nuvole spesse ed i nostri occhi non riuscivano a distinguere nulla in tutta quella oscurità. Ammonii Chocola di fare attenzione e la precedetti,camminando per una decina di metri. Allungai le braccia e lanciai due piccole sfere di fuoco in avanti. Lentamente si accesero di fronte ai nostri occhi due sottili linee brillanti che illuminarono tutto ciò che ci circondava, sottraendoci alla notte. Eravamo usciti da un tunnel che era stato scavato in un alto muro di rocce, coperto da una folta vegetazione, che si estendeva per diversi metri,formando una specie di conca. Il fascio di luce, sospeso in mezzo al nero, terminava all'altra estremità della conca naturale, dove si intravedeva una piccola dimora formata dall'ammasso di diverse rocce. 
-E’ quella la dimora dello stregone!-le indicai. 
-E come la raggiungiamo?- Le afferrai la mano forte e la trascinai dietro di me. Percorremmo il pavimento roccioso e poi appoggiammo i piedi nel nulla, cinti a destra ed a sinistra dai due fasci orizzontali di luci. Nell'aria sotto i nostri piedi si colorarono dei rettangoli di luci colorate. 
-Un ponte di luci!-esclamò stupita ed ammirata Chocola mentre correva in avanti facendo brillare quasi l'intero ponte sospeso. Arrivata a metà si appoggiò alla corda fatta di luce e si sporse per guardare in basso. Un pavimento scuro irregolare, pieno di striature biancastre fu ciò che vide. 
-Un lago! Ecco perché si chiama Valle Blu. Perché è formato da un laghetto.-Esclamò entusiasta. Mi avvicinai e le indicai il punto in cui l'acqua si scontrava con le rocce, creando una schiuma biancastra. 
 -Non è un lago,ma è il mare. - Mi fissò allibita e curiosa, sostenendo che su Extramondo non vi erano affatto mari. 
-E’ vero. Il nostro Pianeta non ha oceani, sarebbe stato uno spreco di spazio,secondo il creatore, inserirne uno. Aveva l'intenzione di governare una popolazione molto numerosa, che aveva bisogno di ampie pianure dove coltivare e poter abitare, montagne in cui poter pascere le bestie e di laghetti di acqua dolce in cui poter abbeverarsi. Però era stato sulla Terra e si era innamorato del mare, dei suoi colori e della sua energia. Decise di inserirlo ai confini del regno e fece persino di più : lo rese un portale.- 
Indicai con il dito un punto alle nostre spalle, che non era coperto dalle rocce. Lì l'orizzonte del cielo si fondeva con la superficie del mare. -Se nuotassi fin lì e provassi ad andare oltre ti ritroveresti nelle acque di un mare terrestre. Saresti arrivata sulla Terra.- 
-Questo è quindi un portale per la Terra?-mi chiese stupita. Annuii. Continuò a fissare quella porzione di paesaggio, dove cominciarono ad apparire delle strane nuvole di fumo. Con curiosità li scrutò e manifestò il desiderio di poter volare fin lì per poterli guardare meglio, ma io la trattenni per un braccio. 
-Non riusciresti a volare perché qui la nostra magia non funziona.-le spiegai. 
-Cosa sono?-mi chiese, indicando quelle nuvole irregolari in continuo movimento, che stavano percorrendo volteggiando l'intero orizzonte. Tra loro erano molto diverse, ma avevano in comune delle forme che sembravano corrispondere a degli arti ed a una testa. 
-Sono una specie rarissima di animali incorporei formati di polvere di stelle. Sono i costruttori di stelle. Loro creano sia gli astri presenti in questo pianeta,sia quelli del pianeta Terra.- 
Notando la sua confusione, la esortai ad osservare attentamente la superficie del mare. All'interno cercò il suo riflesso o almeno la luminosa proiezione del ponte su cui si trovava, ma non la trovò. Il mare era un lungo telo nero in cui si distinguevano dei piccoli puntini dorati, alcuni molto splendenti, altri meno. Alzò la testa verso il cielo e non vi trovò le stesse luci che si specchiavano nell'acqua. Come era possibile? 
Uno dei puntini che brillava nell'acqua divenne sempre più splendente e grande : sembrava quasi che si stesse avvicinando e che lei potesse toccarlo. Una nuvola di fumo avvolse la stella che scomparve e apparve solo un istante dopo nel cielo scuro. 
-Le stelle si creano nel mare, dunque?-chiese con gli occhi pieni di stupore. 
-Esatto ed i costruttori si occupano di portarle in cielo.-
 -Ma questo posto è bellissimo. Come fai a conoscerlo?- 
-Non ricordo come l'ho scoperto, ma rammento che da bambino venivo sempre a rifugiarmi qui perché mi sembrava un luogo da sogno in cui potevo dimenticare di essere il Re degli Orchi… Lo vedi? Quell'ingombrante e asfissiante ombra scura del Palazzo qui non riusciva a raggiungermi.- 
-E loro te lo permettevano? Non temevano che tu fuggissi attraverso il portale?- 
-Sapevano che non lo avrei fatto. Avevano agito così a fondo nella mia psiche da riuscire a controllarmi senza bisogno di seguirmi. Ho finito per adeguarmi ad ogni decisione senza più batter ciglio, alla fine.- 
Brutti ricordi bussarono insistenti, pronti a sconvolgermi di nuovo. Per arginarli, la sollecitai a sbrigarsi a camminare per raggiungere il prima possibile la grotta del mago. 
Quando entrammo nell'antro di pietra, mi resi conto di non sapere cosa cercare. Avevo spesso sentito parlare di questo essere capace di controllare la memoria ed i ricordi, ma non lo avevo mai visto, né ero mai penetrato nella sua dimora. Mi ero illuso che ci saremmo imbattuti in un vecchietto dalla lunga barba appena entrati, ma mi accorsi subito del mio errore dato che l'unica cosa che trovammo fu una fitta oscurità. Camminammo a tentoni, tenendo una mano contro la roccia come guida per molto tempo, aspettando di trovarlo da qualche parte, ma fu vano. Quando arrivammo alla fine della caverna, senza averne visto nemmeno l'ombra, ci scoraggiammo. Chocola si sedette a terra e sbuffò con la schiena appoggiata al muro della grotta. Aveva incrociato le gambe in una posa piuttosto infantile, ignorando il fatto che indossava un elegante vestito da sera. 
-Credi che possa essersi assentato? Non si sarà mica trasferito in un'altra dimora?- 
Feci spallucce, senza sapere cosa risponderle. 
-Tutto quello che so è che è un mago molto potente, che è capace di controllare la memoria. La leggenda racconta che vive nella roccia eterna, come imperituri sono i ricordi.- 
“E infatti è vero.” Io e Chocola ci voltammo intorno alla ricerca dell'uomo che aveva esclamato quelle parole, ma doveva essere nascosto dalle tenebre poiché non riuscivamo proprio a vederlo. Chocola con la magia creò una piccola scintilla di fuoco che illuminò una considerevole parte della grotta. Grande fu la nostra sorpresa quando notammo nella parete di fronte a noi un volto scavato nella roccia. 
Fu allora che capii il reale significato della leggenda. -Tu sei tu il Mago dei Ricordi?- Chocola interrogò quei tratti facciali tracciati nella pietra. -Ai vostri ordini, Vostra Maestà. Se potessi mi inchinerei, ma come vedete…- 
-Come fate a sapere chi sono?- 
-So molte cose: me le sussurra il vento che si abbatte spesso contro le rocce della mia grotta. Quello che vorrei sapere è in cosa posso esserle utile.- 
La ragazza fece un respiro profondo e cominciò a domandargli se si ricordasse che anni prima sua madre si era recata da lui per cancellarle dei ricordi. Alla sua risposta affermativa, con gli occhi brillanti ed il cuore che le batteva, chiese se potesse restituirglieli, mostrandogli anche il gioiello in cui erano intrappolati. 
-Non posso, mi dispiace.- Con quelle quattro parole riuscì a smorzare tutto il suo entusiasmo e la delusione sul volto di Chocola fu evidente. 
-Non è così facile. Tua madre, per fare in modo che in nessun modo tu potessi scoprirli, aggiunse una clausola speciale : recupererai la memoria, solo rivivendo almeno una delle situazioni che è stata eliminata dalla tua memoria.- 
Una domanda, che mi premeva da tempo porre, cominciò a martellarmi il cervello fino a farmi dubitare dell'autenticità delle sue parole. Come era riuscita una prigioniera di Glace ad arrivare fino a lì? Scappata dalla sua prigionia aveva preferito recarsi da un mago per cancellare i ricordi a sua figlia piuttosto che mettere in salvo la sua vita? Si era forse rifugiata in quel magico luogo? Né io, né Chocola avevamo osato chiederci perché Cinnamon si trovasse tra gli Orchi, ritenendo implicito che fosse una prigioniera di Glace. Era davvero così? Manifestai al mago i miei dubbi. 
- Pierre, il principe maledetto. Hai spesso cullato la tua tristezza, i rimorsi e i sensi di colpa in questo mare in cui trovavi un alleato. Come fai ad essere convinto che Cinnamon fosse una prigioniera?- 
-E per quale altra ragione poteva essere tra gli Orchi altrimenti?-chiese Chocola confusa. Un presentimento si fece largo nella mia mente. 
Mi ricordai di quando, da piccolo, avevo sentito parlare di una donna che aveva vissuto tra gli Orchi prima che fossi arrivato io. Avevano detto che Glace aveva perso la testa per lei e che a causa sua era stato indebolito dall'amore, questo sentimento che mi veniva descritto come il peggior male che possa accadere ad un uomo. Alcuni dicevano anche che dall'unione fosse nata una bambina. Ma del resto non si poteva essere certi di questo, perché era vietato a questa donna uscire dall'area del Castello in cui viveva, così come era vietato ad ogni Orco recarvisi. 
Eppure alcuni ne erano certi : mi dicevano che la bimba era stata portata via da sua madre e che era scomparsa nel nulla, ma che sarebbe potuta tornare e rubarmi il posto. Oltretutto c'erano voci secondo cui sarebbe stata proprio lei ad indicare il mio nome a Glace, sarebbe stata lei a scegliermi per sostituirla. Mi ero chiesto spesso cosa l'avesse spinta a preferirmi e a maledirla per averlo fatto. 
“Non può essere lei”  Avvicinai una mano tremante alla testa ed un'altra alla parete di roccia, mentre avvertivo tutto intorno a me ruotare a gran velocità. -Pierre, stai bene?-
-Era tra gli Orchi spontaneamente. E’ tutto chiaro. Ora è tutto chiaro.-
Chocola si avvicinò a me e mi sfiorò il braccio con le dita, desiderando chiedermi cosa intendessi.
Le ordinai di lasciarmi e la strattonai. Ero convinto che la colpa fosse sua? Che lei fosse la figlia di Glace? No. E allora perché la allontanavo da me? 
-Cosa cavolo ti prende?-mi chiese irritata e preoccupata.
-C'era una donna, così mi sembra di ricordare, tra gli Orchi. Era l'amante di Glace…-
-Cosa stai insinuando? Stai dicendo che mia madre avrebbe rinunciato alla sua famiglia, ai suoi amici, a tutto ciò che amava, a me per andare a riscaldare il letto dell'essere più terribile e malvagio del Pianeta?-
-Dico che tu sia frutto di questa unione.-
Lei indietreggiò inorridita e tremante.
-Ti sembro forse un Orco, un mostro come…?-
-Me-aggiunsi, lanciandole uno sguardo di fuoco.
Era dunque così che mi vedeva? Credevo che mi amasse, perché mi vedeva diversamente da come facevano gli altri, ma mi sbagliavo.
Scappò via verso l'uscita ed io non provai il desiderio di seguirla. 
-Principe della notte, tu a differenza sua potresti ricordare, se lo volessi.-sentenziò il mago, ricordandomi della sua presenza.
-Tu sai se è stata lei la causa dei tuoi mali oppure no.-
-Tutto quello che ricordo della mia infanzia è corrotto e deformato dal mio noir. Non ho la certezza che quello che ricordo sia realmente accaduto in quel modo.-
-Con un po’ di sforzo potresti farcela a distinguere la verità dalla menzogna. Questo potrebbe darti pace. -
-E se invece la conoscenza portasse solo più dolore?-affermai e cominciai ad allontanarmi verso l'uscita.
“Prima o poi tutti dobbiamo fare i conti col passato.”
Queste furono le ultime parole che udii e che rimbombarono in tutta la grotta, fin quando non fui all'esterno. Notai subito che c'era qualcosa di strano : forti raffiche di vento mi agitavano la parte inferiore del mantello e stravolgevano quel paesaggio prima paradisiaco. Schizzi di acqua volavano nell'aria, bagnandomi il viso. Nel cielo grigiastro che precede l'alba vidi Chocola avanzare sul ponte di luci lentamente, per non farsi portar via dalle raffiche di vento. Improvvisamente quelle luci colorate scomparvero. Senza alcuna ragione il ponte sparì, come se fosse stato un semplice frutto della mia immaginazione. Come se tutto fosse un sogno.
Per un istante vidi Chocola sospesa in aria, che tentava in ogni modo di riuscire a volare. Mi guardò negli occhi terrorizzata e le sue labbra sussurrarono qualcosa. Poi precipitò nel mare e sparì.
Una fitta mi colpì al cuore, costringendomi a piegarmi e a portarmi una mano al petto. Un grido strozzato, come quello di un animale ferito, uscì dalle mie labbra.
Il mio respiro era accelerato e stavo tremando, mentre la mia mente elaborava quell'immagine. Mi sollevai e respirai profondamente, cercando di trovare la forza per poter affrontare quella situazione. Mi sporsi per poterla cercare tra le onde del mare che si infrangevano contro le pareti di roccia della conca. Non riuscii a respirare, finché non la vidi riemergere tra i terribili flutti e divincolarsi con difficoltà. Non ci pensai due volte e mi lanciai.

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Capitolo 15
*** Fidati di me ***


UN’ ANCORA  NELLA TEMPESTA

Fidati di me 
Vanilla

Mi ero rifugiata nella Sala della Corona per rimettere in ordine i pensieri e riflettere su quanto avevo appena udito. Dopo il colloquio privato che avevo avuto con Glace, le sue parole avevano continuato a rimbombarmi in testa per tutta la notte impedendomi di dormire.

Dovrai scegliere da che parte stare.

Stanca di girarmi e rigirarmi nel mio grande letto, ero corsa qui con il cuore che mi batteva all'impazzata. Mi appoggiai a una colonna di marmo scuro e cominciai a respirare profondamente. Nella stanza buia c'era un grande silenzio rotto talvolta dall'eco delle folate di vento che fuori si stavano abbattendo contro le mura del palazzo. Pian piano i battiti del mio cuore diventarono più regolari e tornai a essere lucida. Notai davanti a me l'imponente trono di marmo lavorato e lo osservai per qualche istante, chiedendo come fosse possibile che una mano umana potesse ricavare qualcosa di così elegante da un tozzo pezzo di marmo. Dopo qualche istante di esitazione, andai a sedermici. Non sarebbe stato bello diventare la Regina dell'intero Extramondo? Lì seduta su quel trono così alto riuscivo già a sentirmi più potente e più forte. Mi immaginavo già acclamata e temuta da centinaia di sudditi. Avrei dimostrato loro chi ero davvero: non ero solo la timida figlia della Regina Candy. Si sarebbero pentiti allora di avermi sottovalutato, di avermi esclusa e tutti mi avrebbero amato e stimato. Avrei colmato finalmente quel vuoto che sentivo e che sembrava precludermi ogni felicità. Accarezzai il bracciolo freddo e mi convinsi che sì forse avrei potuto ottenere tutto ciò che bramavo.

Ma a che prezzo?

Glace mi aveva detto che il giorno era quasi giunto ormai e che tra al massimo qualche mese sarebbe tornato a nuova vita per riconquistare tutto il regno. L'odio che era stato scatenato da questa guerra e che era entrato nelle vene di tutti gli abitanti che si erano puntati contro delle armi era stata una vera e propria linfa vitale per lui. E io avrei potuto regnare al suo fianco se lo avessi voluto e se avessi saputo mostrargli la mia lealtà. Ma per dimostrargli che ero dalla sua parte avrei dovuto obbedire a un ordine terribile, avrei dovuto uccidere il figlio di Houx e Chocola. Il malvagio sovrano mi aveva detto che aveva già dato questo comando a Pierre ma che era sicuro che lui non avrebbe prestato fede alla parola data. Pierre era diventato debole, stupido ma io potevo mostrargli di essere più leale di lui. Glace mi aveva assicurato che si sarebbe ben presto sbarazzato di lui e mi aveva chiesto io da che parte desiderassi schierarmi: volevo morire con Pierre o governare con lui?
Fino a questo momento non avevo mai commesso nessun grave delitto e non avevo mai macchiato le mie mani di sangue. Assassinare un bambino, il figlio di Houx e Chocola per giunta, sarebbe stato davvero troppo. Sarei diventata un mostro. E per di più avrei tradito Pierre che in fin dei conti mi aveva sempre difeso e protetto, che mi aveva liberato da quella vita vuota a cui ero condannata prima.
Per caso il mio sguardo si posò sul bellissimo anello che indossavo, quello che Houx mi aveva regalato al ballo.
-Mi auguro possa rappresentare la luce nell’oscurità in cui vivi- mi aveva detto.
Scegliere il potere mi avrebbe costretto a rinunciare a lui e a infliggergli un grande dolore. Ma volevo davvero accontentarmi per tutta la vita di ricevere le briciole di Chocola? Non era arrivato il momento che finalmente ottenessi ciò che meritavo? Volevo avere qualcuno che amasse me e me soltanto. Volevo trovare il mio posto nel mondo. Quando sarebbe arrivato il mio turno? Mi sfilai l'anello dal dito e lo gettai via. Quello rotolò e si fermò al centro della sala. Avevo un grande caos dentro la testa e non riuscivo a prendere una decisione. Ero talmente presa dai miei pensieri che quasi non udii il rumore sordo che proveniva dalle mie spalle. Scesi dal Trono e mi voltai spaventata per scoprire che qualcuno stava aprendo un passaggio nel muro e stava entrando nella Sala. Prima che chiunque potesse vedermi, mi nascosi dietro a una colonna.
Una figura uscì da un grosso passaggio e mosse qualche passo, mentre l'altra, dopo aver tastato il muro per qualche attimo, richiuse il passaggio. Per qualche attimo rimasero fermi e inghiottiti dall'oscurità dietro il grande trono di marmo. Una delle due persone camminò lentamente verso il centro della sala e venne illuminata dalla debole luce che entrava da una delle grandi finestre. Una delle cameriere doveva aver chiuso male la finestra che ora, per via dei forti soffi di vento, si era spalancata facendo danzare la pesante tenda scura che la copriva e faceva entrare un grande fascio di luce. Quel bagliore tremolante sembrava proprio un riflettore che colpì Chocola, mostrandola ai miei occhi.
Era bagnata fradicia, il suo corpo era scosso da un forte tremore che le faceva battere i denti e aveva uno sguardo stravolto. Non mi fu difficile capire chi fosse l'uomo che percorrendo a grandi falcate la stanza l'aveva raggiunta. Lei abbassò la testa e dopo qualche attimo sussurrò il suo nome con un soffio di voce. Pierre si girò di scatto e le gridò adirato:
-Voi due mi avete rovinato la vita- era evidente che avrebbe voluto gridare altro ma si limitò a ordinarle di andarsene.
Un suono sordo rimbombò per tutta la sala, quando lui se ne andò e battè la porta alle sue spalle. Fissai il volto di Chocola per qualche istante e ne rimasi davvero impressionata: non l'avevo mai vista così stravolta e disperata e non potevo non chiedermi che cosa l'avesse ridotta così. Una parte di me avrebbe voluto abbracciarla, come faceva sempre lei quando da piccola mi vedeva piangere sul grande letto al baldacchino della mia stanza.
Che strano: era da molto tempo che non tornavo con la mente a quel tempo in cui eravamo così unite da sembrare sorelle.
Si lasciò cadere a terra e mentre il suo corpo era scosso dai singhiozzi, strinse forte la testa tra le mani. E a un certo punto mi vide. Qualcosa sotto le sue ginocchia aveva attirato la sua attenzione e dopo aver raccolto l'anello che avevo gettato poc'anzi, aveva sollevato lo sguardo su di me. Il mio cuore batté all'impazzata e avvampai, mentre lei mi fissava a lungo. Dagli occhi prima asciutti colò una lacrima sulla guancia destra, poi lei si sollevò e si dileguò, lasciandomi piena di domande.

Per due settimane non seppi più niente di Pierre, non lo vidi per le stanze del grande palazzo e immaginavo che non avesse dormito nella sua stanza. In realtà non ci feci troppo caso perché ero troppo occupata a pensare al da farsi e alla decisione che dovevo prendere. Inoltre Glace mi aveva fatto firmare una nuova dichiarazione di guerra e come gli altri ero presa dalle questioni burocratiche e per prepararmi ai conflitti che stavano per iniziare. Ogni tanto però mi capitava di domandarmi dove si fosse rifugiato o se fosse fuggito e non sarebbe più tornato. In un altro momento avrei giurato che fosse insieme a Chocola, ma dopo aver assistito a quella scena nella Sala del Trono non ne ero più sicura. Talvolta mi interrogavo su cosa avesse potuto separarli e se mi tornava alla mente il suo volto stravolto, venivo presa da una grande angoscia. E così trascorsero le ore, i giorni, le settimane mentre tutti gli Orchi intorno a noi continuavo imperterriti a prepararsi da un conflitto da cui sembrava che dipendesse la loro vita. Una notte poi nella quale non avevo fatto altro che girarmi e rigirarmi nel grande letto, mi ero alzata per andare nelle cucine per mangiare qualcosa. Fu allora che lo vidi. Seduto su uno sgabello aveva i pugni sul tavolo e lo sguardo perso nel vuoto. Quando entrai nella stanza, lui si accorse di me e dopo avermi guardato, finse un sorriso e tornò a immergersi nei suoi pensieri. A un certo punto riemerse dai suoi pensieri e cominciò a esporli ad alta voce.
 -È assurdo. Non avevo mai pensato a quanto siamo uguali. Siamo entrambi cresciuti richiusi in maestosi palazzi, circondati da persone che ci ricordavano sempre che non eravamo abbastanza. Soli e infelici tutti e due, cresciuti all'ombra di qualcun altro.-
All'inizio aveva guardato di fronte a lui, ma alla fine puntò i suoi occhi dritti nei miei e a quel punto ebbi un fremito.
-Tu sei l'unica che può capirmi davvero. Tutti dicevano di volerti bene ma lo sapevi che non era vero, che tutti adoravano Chocola. Lei era tutto quello che saresti voluta essere tu, forte, determinata e divertente. Eri convinta che anche tua madre la amasse più di quanto amasse te e che avrebbe preferito indubbiamente avere lei come figlia. Ma adesso basta! Meritiamo di essere felici finalmente, no?-
Non capivo perché mi stesse dicendo quelle cose e cosa intendesse fare.

Prima che potessi rivolgergli qualche domanda, si avvicinò a me e dopo avermi accarezzato il viso, mi baciò le labbra. Poi avvicinò la mia mano alla sua bocca e vi appoggiò delicatamente le labbra.
-Seguimi-sussurrò. Mi lasciai guidare da lui fino alla sua stanza, seguendolo con i passi incerti mentre mi teneva stretta la mano nella sua.
Quando chiuse la pesante porta della sua stanza dietro di noi, ricominciò a regalarmi dolci baci e carezze. Le sue parole pronunciate a mezza voce mi inebriavano e mi confondevano. Non capivo perché mi sentissi così e come mai questa situazione mi apparisse così nuova. Tante volte ci eravamo consolati durante le lunghe notti concedendoci l'uno all'altro, ma questa volta qualcosa era diverso. Stavolta lui vedeva me, voleva solo me. Mi sussurrava nell'orecchio che mi amava e io cominciai a crederci. Stretta a lui in un forte abbraccio, tutte le mie preoccupazioni volavano via e riuscivo a pensare solo che avrei voluto provare quella sensazione per sempre.
Che bello essere desiderati così tanto! Come mi toglievano il fiato i suoi baci! Alla fine mi arresi a lui e mi lasciai andare, come mi aveva supplicato di fare.

Fidati di me, fidati di me davvero
Ci gira la testa, ma ti giuro non cadremo
-Dove sei stato in queste settimane? Ho dovuto assumere le tue responsabilità e firmare anche un trattato di guerra-dissi, fingendo di mettere il broncio.
-Hai ragione scusami- disse baciandomi la fronte.-Quindi siamo di nuovo in guerra? Maledizione- aggiunse sospirando.
Non mi piaceva che stesse cambiando argomento per sviare le mie domande.
-Sei stato insieme a lei?-
Sembrò sorpreso da questa domanda ma non perse la sua calma. –No. Tra noi è finita per sempre. Quello che ti ho detto prima era vero: voglio iniziare una nuova vita con te… se lo vorrai. Ho trascorso le ultime settimane a riflettere da solo nella foresta perché dovevo mettere ordine dentro di me e dire addio per sempre a una parte del mio passato. Non posso dirti di più per ora, ma giuro che un giorno ti racconterò tutto.-Prese la mia mano e la baciò. 
Prima confusa dalle sue carezze avevo creduto a ogni parola e avevo accettato qualunque progetto avesse disegnato per noi due, ma ora che ero tornata lucida cominciavo a dubitare. I dubbi avvelenavano i nostri baci e il ricordo di quello che avevamo appena condiviso. Eppure volevo assolutamente credergli e volevo provare di nuovo la leggerezza e la felicità che avevo sentito prima tra le sue braccia. Come potevo essere certa che non fosse un trucco?
-Raccontami qualcosa di te che non sa nessuno ed io mi fiderò-
Lui sorrise imbarazzato come ero convinta di non averlo mai visto fare e rispose -Quando andavamo a scuola davo l'impressione di essere sicuro di me e arrogante, ma era sola una facciata. In realtà ero solo un bambino spaventato che sperava che nessuno notasse le sue paure e insicurezze. Mi avevano fatto crescere chiuso in un grende palazzo e a un certo punto mi hanno gettato nel mondo, aspettandosi che fossi quello che si aspettavano. Ogno volta che qualcuno credeva a quella farsa mi veniva ad ridere. A un certo èunto però ho cominciato ad apprezzare la paura e la referenza che mostravano nei mei confronti e ho continuato a recitare quella parte. Ma temo di essere ancora quel bambino spaventato che ha così paura di questo posto e di queste persone da non aver nemmeno il coraggio di fuggire.-

Possibile che lui avesse ragione? Possibile che fossimo davvero così simili? Anche lui come me era terribilmente spaventato? Pure lui si sentiva come un bambino che non riusciva a trovare il suo posto nel mondo?
Quella notte tutto fu finalmente chiaro e riuscii finalmente a capire da che parte stare. Decisi che sarei stata dalla parte di Pierre, qualunque cosa ci avesse riservato il destino. Capii che lo avrei seguito ovunque e che mi sarei stretta a lui perché così solo così mi sarei sentita completa. Solo in questo modo non avrei avuto più paura. Solo lui poteva darmi l'amore che meritavo.
E nei giorni successivi riuscii anche a liberarmi dalla paura che lui potesse pensare ancora a Chocola. Lui era molto gentile, appassionato e dolce nei miei confronti e mi ricopriva di quelle attenzioni che avevo sempre sognato avere. Inoltre, quando qualche settimana dopo venimmo a sapere che Chocola e Houx avevano perso il loro bambino, lui accolse la notizia con totale indifferenza. Non ebbe alcun sussulto, sul suo viso non ci fu alcuna reazione e lui non disse nulla. Continuò a sorseggiare il suo drink come se non fosse accaduto nulla e io mi sentii sollevata. Da parte mia io smisi di sognare un futuro accanto a Houx. Del resto lui non poteva capire il turbamento del mio animo, mentre Pierre aveva imparato a decifrare ogni mio sguardo e parola: lui mi guardava davvero. Mi desiderava davvero. Dalla passione era nato l'amore.

Oltre i sogni infranti
Di chi ha perso tanto
​Troverai il tuo posto
Diverrai diamante

Note dell'autore
Ho fatto una follia. Ho deciso di completare questa storia dopo ben 5 anni dall'ultimo capitolo. Avevo sempre pensato con rammarico al fatto che non fossi riuscita a terminarla e qualche mese fa ho letto il messaggio di una ragazza che mi pregava di donare finalmente un finale per i nostri protagonisti. Ci proverò approfittando di questa quarantena e spero che questa volta ce la farò. Mi farebbe piacere che un giorno Simona possa leggerla.
In ogni caso passiamo alla storia: mi sono ritrovata a dover scrivere la parte di Vanilla e allora ho deciso di dare un po' di mordente alla sua storia con Pierre, sottolineando la sua somiglianza con lui. Spero che vi piaccia questo capitolo e di poter scrivere presto il prossimo in cui vedremo che effetti avranno la scoperta fatta da Chocola e la perdita del suo bambino sul loro matrimonio.

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Capitolo 16
*** Monster ***


UN’ ANCORA  NELLA TEMPESTA

Monster 
Houx

-Che cosa le è successo?- -Non riesco a spiegarmelo. Quando mi sono svegliato, non l'ho trovata al mio fianco. Sono entrato in bagno ed era stesa nella vasca con un'espressione che mi ha messo i brividi. Le ho chiesto se andasse tutto bene e ha balbettato qualcosa, sforzandosi di sorridere. Quando però è uscita dalla vasca le sue forze le sono venute meno e l'ho afferrata prima che cadesse sul pavimento e si facesse male. È stato un miracolo che fossi lì: era frebbicitante e non reagiva alle mie parole. Ero atterrito: avevo paura di perderla. Quindi ho ordinato a una delle cameriere di chiamare il medico di corte. Ora è dentro.-

-Vedrai che non sarà nulla di grave e che il bambino starà bene. Ne sono sicuro.- disse mio fratello e mi accarezzò la spalla cercando di tranquillizzarmi. Sapevo che anche lui era molto preoccupato ma apprezzavo il fatto che cercasse di nasconderlo. Feci un respiro profondo e mi sedetti sulla sedia. Dopo appena qualche secondo scattai in piedi e ricominciai a camminare avanti e indietro tra quelle pareti che mi soffocavano. Finalmente il dottore uscì dalla stanza e il suo volto rilassato mi tranquillizzò.

-Sua maestà, non deve preoccuparsi. Sua moglie e il bambino stanno bene.- mi disse prima ancora che io potessi aprire bocca. -Le abbiamo dato un medicinale per abbassare la febbre e ora è stabile. Ripasserò domani a controllare le sue condizioni ma sono sicuro che domani le sarà già passata.-

Ringraziai e congedai in gran fretta il medico. Cercando di non fare troppo rumore, entrai nella nostra stanza e la vidi lì dormire nel grande letto a baldacchino. Non potei fare a meno di ammirare il suo pallido viso e gli spettinati ciuffi rossi che le coprivano la fronte. Mi avvicinai silenziosamente e le spostai una ciocca che era ricaduta sulla sua palpebra destra, provando un forte sollievo quando mi accorsi di non averla svegliata. A giudicare dalla debole luce che filtrava dalla tenda chiusa doveva essere appena sorto il sole. Andai ad aprire la finestra per far entrare l'aria fresca del mattina, sperando che le facesse bene. Mi sedetti accanto al suo letto e udendo il suo respiro affannoso e concitato, mi preoccupai.
Stava soffrendo? Stava avendo un incubo? Cosa le stava accadendo?
Le presi la mano, gliela strinsi e poi le baciai le dita una a una perché avvertisse la mia presenza e sapesse che andava tutto bene, che ero al suo fianco.
-Pierre- sussurrò a mezza voce nel sonno.
Una grande rabbia mi pervase e come una molla, scattai dalla sedia adirato. Qualunque cosa facessi c'era sempre lui a separarci. La sua presenza aveva sempre aleggiato su di noi e come un veleno invisibile aveva contaminato ogni attimo del nostro matrimonio.
Mi allontanai dal nostro letto e mi diressi verso la porta, agitato da una grande rabbia. Sulla soglia mi accorsi di un dettaglio che prima avevo trascurato: accanto all'armadio c'era una pila di vestiti, zuppi d'acqua, che aveva bagnato il pavimento. Avvicinandomi scorsi un abito rosso di Chocola e un mantello scuro che doveva aver indossato non molte ore prima. Alla vista di quel drappo nero, che sapevo bene a chi appartenesse, sentii il mio cuore stretto in una fredda morsa. 
Cos'era accaduto mentre avevo dormito? Dov'era stata?
Li afferrai e una volta uscito dalla stanza, li affidai a una cameriera, ordinanondole di buttarli via. Volevo liberarmi di quella prova di un tradimento che doveva essere sicuramente avvenuto. Perché anche se non sapevo dove fosse stata, potevo immaginare in compagnia di chi avesse trascorso la notte.
A quel punto mi si avvicinò mio fratello, che fino a quel momento non mi aveva raggiunto per non disturbarmi. Mi chiese come stesse e mi limitai a dirgli che stava dormendo, prima di allontanarmi in fretta con la scusa di essere oberato di lavoro.

Nei giorni successivi Chocola non migliorò contrariamente alle previsioni dei medici. Trascorreva tutto il giorno a letto, non toccava cibo, di giorno in giorno diventava sempre più deperita. Decine di dottori entrarono nella nostra stanza, offrendole intrugli miracolosi che l'avrebbero fatta tornare in perfetta salute. Le cameriere glieli facevano ingerire a forza, ma la situazione non migliorava mai. Di notte riusciva raramente a dormire e quando crollava era scossa da terribili incubi. Ma il cambiamento più strano e terribile era avvenuto nel suo sguardo che mi appariva sempre più duro e freddo. Non era rimasto più nulla dell'allegria e dell'innocenza di un tempo: ogni giorno mi accorgevo di come avessi di fronte solo il fantasma della donna che avevo amato.
Cosa era riuscita a cambiarla tanto rapidamente?
Quando poi perse il bambino la situazione precipitò e la dolce ragazza, che conoscevo fin da bambina, si tramutò in una regina altera, egoista e intrattabile. Sfogava i suoi malumori su chiunque le capitasse a tiro, gridando contro le sue cameriere e contro i dottori. Io personalmente mi sentivo diviso in due: una parte di me era preoccupata per la sua repentina trasformazione, un'altra covava una lacerante gelosia per il mio rivale. Nei suoi incubi Chocola invocava un solo nome, sempre lo stesso, e io ero costretto a dormire al fianco di una donna che mi disprezzava e che desiderava un altro uomo.
Fu soprattutto per questa ragione che cominciai a disertare la nostra stanza da letto e che cominciai a dedicarmi anima e corpo all'organizzazione della colossale guerra che stava per scoppiare. Eppure notte e giorno mi torturavo ponendomi solo una domanda: cosa era accaduto quella notte di così grave per averla ridotta in questo stato? Dove era stata? Pierre le aveva spezzato il cuore? Si erano lasciati per sempre?
Perché ero consapevole che solo lui avrebbe potuto essere la causa di quel forte dolore che leggevo nel suo sguardo. Un giorno mi decisi ad affrontarla. Erano passate le undici, quando entrai nella nostra camera da letto, dopo aver passato tutta la serata a leggere scartoffie senza essere riuscito a concentrarmi. Mi sorprese non trovarla a letto come al solito ma vederla invece seduta a terra con le spalle contro il muro. La testa era rovesciata sulle ginocchia piegate e il suo corpo era scosso da terribili singhiozzi. Quando accesi la luce, alzò appena la testa e dopo avermi visto, la abbassò nuovamente. Sentii una grande rabbia montarmi dentro e sbottai:
-Non puoi distruggere così la tua vita per lui.-

-Per lui? Chi intendi?-sussurrò, senza nemmeno guardarmi.

-Chi intendo? Credi che sia stupido? So che è stato Pierre a ridurti così. So che avete passato la notte insieme e che è da quella notte che stai così. So tutto.-

-Tu non hai idea di quanto ti sbagli-

Mi guardò negli occhi con un tale disprezzo, prima di riabbassare lo sguardo, che non riuscii a trattenermi e dopo pochi passi, fui davanti a lei. La afferrai per le spalle e la sollevai perché mi guardasse negli occhi e mi desse le spiegazioni di cui avevo bisogno.

-Allora spiegamelo tu. Dimmi tu cosa è successo tra voi. Ti ho già aiutato una volta a risollevarti, dopo che quel bastardo ti aveva spezzato il cuore. Posso rifarlo, posso perdonare tutto però io sto impazzendo: ho bisogno di risposte alle mie domande.-

-Come ti permetti di esigere da me delle risposte? Che diritto credi di poter esercitare su di me? Lasciami stare.-rispose sprezzante.

-Ti ricordo che sono tuo marito...-

Lei rise di un riso meccanico che mi fece ribollire il sangue nelle vene.

-Mi sono davvero stancata di questa farsa, Houx. Sono proprio stanca! Hai sempre saputo che non ti amavo e che il mio cuore apparteneva a un altro, ma questo non ti ha fermato. Hai approfittato della mia debolezza per insinuarti nella mia vita. Hai scelto tu di prenderti cura di me, senza che io te lo avessi chiesto. Mi hai costretto a sposarti, approfittando dei miei sensi di colpa. Hai vinto tu, mi hai avuto e possiedi il mio corpo. Ma non ti basta... cos'altro vuoi? La tua gelosia mi ha veramente stancato. Ti ho rispettato. Non ti ho mai tradito anche se ho avuto tante possibilità per farlo. Mi sono sempre tirata indietro e ora me ne pento. Me ne pento così tanto.-
Le sue parole mi colpirono come delle terribili coltellate e il suo disprezzo mi lasciò senza parole. Altre volte mi aveva confessato che era Pierre il suo grande amore, ma con mille moine mi aveva sempre assicurato che prima o poi avrebbe potuto provare qualcosa per me e che l'affetto si sarebbe potuto trasformare in amore. Mi ero aggrappato con tutte le mie forze a quella speranza e avevo immaginato che, trascorrendo tanti anni insieme, tra noi sarebbe nata una dolce complicità. Avremmo cresciuto i nostri figli e dopo aver condiviso tanti bei momenti, avrebbe dimenticato Pierre. Il rispetto e l'affetto avrebbero avuto la meglio su quella stupida passione che aveva nutrito per quel essere abietto.
E invece ora mi appariva finalmente chiaro: che stupido che ero stato a crederci! Ora dal disgusto con cui mi guardava avevo capito che la mia era solo una fantasia. Avevo legato la mia vita a quella di una persona che non si sarebbe mai accorta di me e che mi avrebbe reso infelice per sempre. Egoisticamente mi aveva abbindolato e mi aveva illuso perché non la lasciassi da sola. Ma ora ero stufo. Se voleva mandare la sua vita all'aria per il Principe degli Orchi era libera di farlo, ma non mi avrebbe trascinato nel baratro con lei.

-Ci sono modi e modi di tradire e tu lo hai fatto. Ogni notte. Ogni attimo. Magari non gli avrai concesso il tuo corpo, ma gli hai donato la tua anima, ogni tuo pensiero, il tuo cuore.-

-Sarebbe più corretto dire che io abbia tradito lui con te. Nonostante quello che tu o il resto del mondo pensate, sono appartenuta più a lui che a te. Sono più sua moglie che la tua...-

Non la lasciai finire e le diedi uno schiaffo sulla guancia. Aveva accettato di sposarmi, mi aveva illuso con le sue parole dolci e ora credeva di potermi cancellare così come se non fossi mai esistito? Per lei avevo fatto di tutto, per lei avevo completamente stravolto la mia vita, mi ero messo alla guida del Regno, assumendomi un ruolo che non volevo. E tutto per cosa? A lei non importava nulla di me. Non le sarebbe mai importato nulla. Avrei voluto gridare, distruggere tutto, liberarmi di ogni parte del nostro talamo nuziale, che mi ricordava ciò che sarebbe dovuto essere ma non era stato.

And you wanna scream
Look at this idiotic fool that you made me
You taught me a secret language
I can't speak with anyone else

La bloccai contro il muro, impedendole di muoversi. Chocola allora con una freddezza, che mi mise i brividi infilò una mano nelle pieghe della gonna e ne estrasse un coltello. Avvicinò la sua lama alla pelle del mio collo e puntò i suoi occhi nei miei. Trattenni il respiro, mentre mi chiedevo se sarebbe stata mai capace di farlo. La persona che un tempo conoscevo non avrebbe mai fatto nulla del genere, ma quella donna non esisteva più.

-Lasciami- sussurrò a mezza voce.
Allentai la pressione delle mie mani intorno alle sue spalle. A quel punto lei allontanò la lama dal mio collo e quindi mi affrettai ad allontanarmi da lei. 

-Sei diventata un mostro come lui. Hai lasciato che uccidesse la donna che amavo.-

Lei si specchiò nella lama del coltello e inorridì, lasciandolo cadere sul pavimento della nostra stanza. Aveva capito che avevo ragione. Mi diede le spalle e rivolse lo sguardo alla finestra della camera. Poi avanzò a grandi falcate verso l'armadio e dopo averlo aperto, cominciò a scaraventare a terra tutti i miei abiti. Quando ebbe finito, mi disse che avevo dieci minuti per portarli via e che non voleva che mi facessi più vedere nella sua stanza.
Mi diede le spalle e cominciò a togliersi le scarpe e poi le calze, preparandosi ad andare a letto. Fissai per l'ultima volta la sua schiena nuda, che tante volte avevo accarezzato, baciato e stretto quasi come a voler imprimere quella immagine nella mia mente. La odiavo eppure, mentre seguivo con lo sguardo le onde dei suoi capelli e le curve dei suoi fianchi, venni travolto da un forte desiderio di averla. Sarei voluto correre da lei e supplicarla di darmi un'altra chance e di permettermi di trascorrere un'ultima notte con lei. Forse se le avessi rivolto delle parole gentili, se le avessi detto quanto la amavo, sarei riuscito a guarirla. Forse sarebbe tornata la mia amata Chocola.

And you know damn well
For you I would ruin myself
A million little times

Ma lei infilò la camicia da notte e si mise a letto, spezzando l'incantesimo. Portai fuori alla porta tutti i miei averi e prima di chiudere per sempre quella porta, mi sfilai la fede e la lasciai sul comò di quello che era stato il nostro talamo nuziale.Nelle settimane successive però quelle domande non smisero di assillarmi e decisi di mettermi in contatto con la persona che avrebbe potuto risolvere i miei dubbi. Se non ero riuscito a scoprire la verità da Chocola, avrei obbligato lui a dirmi tutto. Scrissi una nota e una notte la inviai con un incantesimo nella stanza del Principe degli Orchi.



Scusate per il ritardo. Ho scritto questo capitolo il mese scorso in vacanza ma ho avuto solo ora il tempo di rileggerlo e sistemarlo. Sono tornata indietro per raccontare in che stato Houx aveva trovato sua moglie, dopo che Chocola aveva scoperto la verità sulle sue origini ed era stata lasciata da Pierre. Ho voluto presentare una visione totalmente inaspettata di Chocola per mostrare come la rabbia verso sua madre e suo padre e il grande dolore che stava provando l'avesse trasformata in un mostro. Ma questo è il modo nel quale la vede Houx, nel prossimo capitolo (che ho già quasi completato e che quindi arriverà a breve) vedremo come la vede Pierre. La canzone che compare nel capitolo è Illicit Affairs di Taylor Swift. Al prossimo capitolo. 

 

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Capitolo 17
*** La calma prima della tempesta ***


UN’ ANCORA  NELLA TEMPESTA

La calma prima della tempesta 
Pierre

Ero immerso in una massa informe di acqua scura che sembrava diventare sempre più densa a ogni attimo che passava. Sotto uno spaventoso cielo nero che mi atterriva dimenavo le braccia nel mare, cercando di avanzare. Per quanto ci provassi però restavo sempre nello stesso punto a combattere contro le onde e con l'acqua scura come la pece che mi spingeva giù. Ero senza fiato e stavo per mollare, quando udii una voce lontana che urlava il mio nome. Avrei voluto risponderle ma dalla mia bocca non usciva alcun suono. Ero distrutto e non riuscivo più a muovermi in quella massa che sembrava essere diventata ancora più viscosa. Un'onda mi travolse e mi fece calare in un'immensa e silenziosa oscurità in cui non riuscivo a vedere oltre il palmo del mio naso. Ero atterrito: dovevo tornare da lei, dovevo salvarla. Ma non ne avevo le forze e stremato chiusi gli occhi. Quando li riaprii ero steso nel mio letto, mentre Vanilla al mio fianco aveva i suoi begli occhi color lilla puntati su di me.
-Hai avuto un incubo? Ti agitavi e sembrava non riuscissi a respirare.-
Annuii, anche se sapevo bene che quello non era stato affatto un sogno: avevo semplicemente rivissuto il mio ultimo incontro con Chocola, quando le avevo salvato la vita in mare prima di dirle addio per sempre. Non ci voleva molto a capire perché fossi ritornato con la mente a quel momento. Sebbene cercassi in tutti i modi di non informarmi su quello che stesse accadendo al Palazzo di Extramondo, le voci giravano e si stavano facendo più insistenti. Non potevo girare per le stanze del castello senza udire qualche cameriera che, mentre spolverava i soprammobili, spettegolasse raccontando a un'altra che la regina di Extramondo aveva perso la testa.
"Si dice che non ragioni più da quando ha perso il bambino. Si è rinchiusa nella sua stanza e non si fa vedere più"
"Il popolo ha perso la sua guida. La vittoria è nostra ormai perché il re non è altro che un buon a nulla."
-Comprendo la tua inquietudine- Vanilla mi distolse dai miei pensieri e mi fece tornare alla realtà. -Il potere di Glace è sempre più imponente. Sicuramente tra poco tornerà in vita e a quel punto per noi sarà finita.-
La sua osservazione purtroppo era incontestabile e ogni tanto anche io ero assalito da questo timore. Quando il re degli Orchi sarebbe tornato in vita, avrebbe ripreso il comando del suo popolo e si sarebbe sbarazzato di me. Lo stesso destino sarebbe toccato a Vanilla se non si fosse piegata alla sua volontà.
-Dobbiamo iniziare i preparativi per la nostra fuga. Se saremo lontani, non potrà farci nulla e dubito che si impegnerebbe a cercarci.-
Le sue parole erano più che ragionevoli eppure mi misero in agitazione. Avevamo già parlato qualche settimana fa di questa eventualità, ma ora che si stava avvicinando il momento e che il progetto rischiava di diventare reale era tutta un'altra storia. Il suo viso mi guardava interrogativo ed era evidente che attendesse una risposta da parte mia.
-Domani mattina inizierò a mettermi in moto per spostare i miei soldi su un nuovo conto che non possa essere rintracciato. Cercherò poi qualcuno che possa procurarci dei documenti falsi.-
Mi sorrise e nella sua espressione dolce trovai un po' di sollievo ai miei sensi di colpa. Le baciai la fronte e le ricordai che era meglio tornare a dormire e rimandare all'indomani le preoccupazioni. Lei mi sfiorò le labbra con le sue e la baciai dolcemente. Spense la luce ed entrambi appoggiammo nuovamente la testa sul cuscino pronti a riaddormentarci. Ma mentre Vanilla dormiva profondamente, io non facevo che girarmi e rigirarmi nel letto. Ero preda di nuovo dei miei innumerevoli sensi di colpa e una domanda continuava ad assillarmi.
Come avrebbe preso Chocola la notizia della mia fuga con Vanilla?
Ero ben consapevole di quello che stava passando, io meglio di chiunque altro conoscevo l'oscurità contro cui stava combattendo. Le avrei inferto un colpo terribile, andando via con la sua migliore amica dal quale forse non si sarebbe ripresa. Allo stesso tempo era evidente che non potessi più restare su Extramondo e che se fossi rimasto avrei rischiato la vita. Forse se me ne fossi andato una volta per tutte, magari lei sarebbe andata avanti con la sua vita, come stavo cercando di fare io. Alla fine il nostro amore non aveva fatto altro che farci soffrire e forse saremmo stati meglio lontani. Magari si sarebbe riavvicinata a Houx e sarebbe stata felice e avrebbero avuto un altro bambino. Dovevo ammettere che la sola idea che fossero felici mi faceva impazzire.
E poi c'era Vanilla: senza di me non sarebbe mai partita e non potevo farle del male, dopo che lei mi stava donando una serenità e una stabilità che non credevo di poter avere nella mia vita. Ogni volta che chiudevo gli occhi mi apparivano immagini terribili. Mi alzai dal letto, cercando di non svegliare la mia compagna e andai a versarmi un bicchiere d'acqua. Mentre bevevo osservavo la grande camera immersa nell'oscurità. Appoggiai il bicchiere di vetro sul comò e nel farlo mi accorsi della presenza di qualcosa che non avevo notato prima: un biglietto di carta piegato era comparso dal nulla. Mi avvicinai alla finestra e spostai leggermente la pesante tenda che la copriva affinché la flebile luce lunare mi guidasse nella lettura. Doveva essere stato scritto in fretta e furia da una mano agitata perché la calligrafia era tremolante e quasi illeggibile. Riuscii comunque con un po' di difficoltà a comprendere cosa ci fosse scritto.
"Dobbiamo parlare di Chocola. Domani sera al ponte incantato all'una di notte. Vieni solo."
Lo scritto non era firmato ma non avevo dubbi su chi volesse incontrarmi. All'inizio mi assalì un grande timore: di cosa doveva parlare? Chocola stava davvero così male? Però in un certo senso avvertii un grande sollievo perché finalmente avrei scoperto quanto ci fosse di vero nelle dicerie che avevo udito. Non avevo mai creduto che Chocola si fosse trasformata in una donna altera e crudele. Per me lei non poteva essere nulla di diverso dalla dolce e pura ragazza che avevo conosciuto. Sorrisi ricordando l'imbarazzo con cui tentava di difendersi dalle mie tecniche di seduzione, quando andavamo alle superiori. Come poteva essere diventata un mostro? Comunque domani avrei finalmente avuto delle risposte.
 
Non mi fu difficile trovare una scusa per nascondere a Vanilla la ragione della mia assenza. Mi bastò dirle che mi sarei dovuto incontrare con un uomo che avrebbe potuto procurarci dei documenti falsi e che era più prudente che ci andassi da solo. Sapevo benissimo dove si trovasse il ponte a cui si riferiva Houx perché da ragazzino ero andato spesso a giocarci con Chocola. Era stato costruito diversi secoli fa per collegare le due parti del regno in una valle che un tempo era stata molto fertile. Ormai dei campi verdi pieni di vegetazione che di notte erano visitati da decine di lucciole, che si riunivano per ballare nella notte, non era rimasto più nulla. Per un secondo ricordai il viso della piccola Chocola cinto dalle sue due trecce rosse e l'espressione sognante che aveva, mentre mi indicava quegli splendidi animali che volteggiavano nella tiepida aria della sera. Il terreno, ora secco e arido, non produceva più nulla e gli animali di conseguenza lo avevano abbandonato. Anche il ponte era stato in parte distrutto ed era ormai solo un ammasso di macerie. Proprio sotto quella sorta di arco senza tetto, che un tempo era stato la parte inferiore del piccolo ponte, una figura camminava nervosamente avanti e indietro. Respirai profondamente e mi avvicinai a lui. Prima che arrivassi davanti a lui, mi afferrò e mi spinse contro la parete. Houx era decisamente fuori di sè e questo mi spaventò non poco: che cosa lo aveva ridotto in quello stato?
-Tu hai rovinato la mia vita- gridò e fece per tirarmi un pugno in piena faccia. Ma prima che potesse realizzare il suo proposito io svanii e riapparii alle sue spalle. Aveva dimenticato che ero molto più sveglio di lui?
Mentre mi toglievo la polvere dalla giacca, gli consigliai di calmarsi e di dirmi quello che doveva dire. 
-Sono qui perché ho bisogno di risposte, Pierre. Cosa è successo tra te e Chocola?-
Fui molto sorpreso dalla sua domanda. -Sono mesi che non la vedo, amico mio.-
-Non fare il finto tonto. Voglio sapere cosa è accaduto quella notte di febbraio, quella in cui ha avuto la sua prima crisi. Ho trovato dei vestiti bagnati nella stanza e sono convinta che foste insieme.-
Provai a dire che non sapevo a cosa si stesse riferendo, ma la mia espressione mi tradì.
-Dovrebbe essere lei a dirtelo, non è giusto che lo faccia io.-
-Glielo ho chiesto ma lei non vuole spiegarmelo. Devi dirmelo: io sto impazzendo. Devo capire cosa l'ha ridotta in questo stato, cosa l'ha fatta trasformare in un... Tu devi dirmelo. Se tu la vedessi, ti giuro non la riconosceresti.-
-Sta così male? Che cos'ha? É vero quello che dicono?-chiesi con maggiore sollecitudine di quanto volessi mostrare.
-Non dorme, non mangia. Non è rimasto nulla della mia dolce Chocola, ci sono giorni in cui mi disgusta, altri in cui mi fa paura come ieri notte, quando mi ha puntato un coltello alla gola durante una discussione.-
Accolsi le sue parole con terrore e sentii il mio cuore stretto in una morsa. Come avevo potuto abbandonarla al suo destino?
-Le hai fatto qualcosa? L'hai ridotta tu così?-
-Non potrei mai farle del male-sbottai adirato.
-E allora dimmi cosa è successo-
Mi arresi e cominciai a raccontargli di come lei fosse venuta a chiedere il mio aiuto per recuperare i suoi ricordi e di come la avessi accompagnata da un mago che le aveva rivelato un segreto terribile sul suo passato e su sua madre. Quando stavo per rivelargli chi fosse il padre, mi bloccai. Mi chiesi se Houx l'avrebbe aiutata anche se avesse saputo che era la figlia del re degli Orchi. Ben conoscendo i pregiudizi che gli abitani di Extramondo nutrivano verso di noi, preferii non correre il rischio.
-Ora che sai che lei non ha nessuna colpa, devi aiutarla a ritornare in sè.-lo supplicai.
-Non me lo permetterà. C'è solo una persona che può farla rialzare e sei tu, Pierre.-
Queste parole mi sconvolsero e mi chiesi dove fosse andato a finire quel ragazzo che era sempre pronto a lottare perché non mi avvicinassi a sua moglie. Ormai sembrava annichilito e nei suoi occhi c'era solo tanta rassegnazione.
-Non posso più aiutarla. Tra qualche settimana io sarò lontano da qui. Ho chiuso quel capitolo e sto andando avanti.-dissi.
-Chocola non ha smesso di... -si interruppe e sospirò afflitto, prima di fare quella terribile ammissione: sua moglie mi amava e non avrebbe mai smesso.
-E per te è lo stesso altrimenti non saresti corso qui solo per avere sue notizie-aggiunse.
Se ne andò, prima che potessi negarlo.
 
Le sue parole mi colpirono e per giorni pensai e ripensai all'incontro che avevamo avuto. L'immagine di Chocola da quel momento divenne un'ossessione per me. La vedevo ovunque: in un angolo buio del Palazzo, arrampicata su un alto ramo di un albero, rannicchiata nella Sala del Trono a piangere. Sia che fossi sveglio o addormentato, sia che fossi lucido o ubriaco lei non mi abbandonava mai. E man mano che io e Vanilla progettavamo la nostra fuga, i miei sensi di colpa mi stringevano ancora di più il cuore, togliendomi il respiro. Quando mancavano solo poche ore alla nostra partenza, mi resi conto che non potevo andarmene prima di averla vista almeno per un'ultima volta. Dovevo accertarmi che stesse bene e che non si fosse trasformata nel mostro di cui tutti parlavano.
Così la sera prima della partenza, dopo aver liquidato Vanilla con una scusa, ero sul balconcino che conduceva alla stanza della camera di Chocola, cercando di scrutare la sua immagine tra i vetri della porta.
La vidi: era rannicchiata su una grande poltrona e il suo corpo era coperto da un morbido plaid. Tra le mani stringeva un grosso libro che teneva appoggiato sulle ginocchia, ma era evidente che la sua mente stesse vagando lontano da quelle pagine. Spinsi leggermente la porta e quella si aprì senza fare alcun rumore. Camminai silenziosamente nella stanza buia verso l'unico punto illuminato da una grande lampada d'ebano. Chocola era così persa nei suoi pensieri che non mi vide arrivare, fin quando non fui davanti a lei. Potei quindi osservare gli effetti che le passate settimane avevano avuto su di lei. Sembrava un fantasma: il suo viso era pallido e smunto, sotto i suoi occhi color smeraldo c'erano dei profondi solchi e il polso destro, che non era nascosto dalla pesante coperta, era scheletrico. Vederla in quello stato mi colpì più di quanto avrei potuto immaginare.
Quando mi vide davanti a lei, scattò in piedi per la sorpresa, facendo cadere a terra il grosso volume e il plaid.
-Pierre...-sussurrò e per un secondo nei suoi occhi brillò una strana luce e le sue labbra accennarono un lieve sorriso.
Mi sentii incatenato da quello sguardo: mi resi conto in quel momento del reale potere che quella donna aveva su di me.
La sua eccitazione durò solo un attimo e Chocola riprese immediatamente il controllo di sé stessa e il suo sguardo si indurì.
-Devo parlarti-
Con uno sguardo pieno di disprezzo mi gridò di andare via e lasciarla in pace. In pochi attimi il suo corpo fu scosso da un tremore spaventoso e i suoi occhi erano iniettati di sangue. Mi ritrovai a supplicarla di non cacciarmi, mentre le afferravo le mani e gliele baciavo per tentare di calmarla. Il suo viso e la sua voce erano deformate dalla rabbia e dal dolore: quello spettacolo mi spezzò il cuore: avrei voluto solo stringerla a me e chiederle mille volte scusa. In quel momento mi sentivo l'uomo più miserabile che esistesse per non esserle stato vicino nelle terribile ore che aveva passato. Dovette leggere la pena che provavo per lei nei miei occhi lucidi perché sottrasse le sue mani dalla mia stretta e mi voltò le spalle, rintanandosi nell'oscurità come un animale ferito.
-Non avere pietà di me, non ti permettere! Mi hai lasciato sola a gestire questo dolore immenso e questa rabbia che mi sta divorando dentro. Io ti amavo, ero pazza di te e tu mi hai dato la colpa di tutto. E mentre io ero qui a soffrire come un cane, tu cosa facevi? Ti organizzavi per fuggire con Vanilla...-
Le sue ultime parole mi colsero totalmente di sorpresa: com'era possibile che lei conoscesse il nostro piano?
-Vi ho sentito parlare qualche sera fa.- spiegò, anticipando la mia domanda. -Ero venuta da te perché credevo che, se non ti avessi visto, sarei morta. Credevo di mancarti almeno un po' ed ero convinta che, chiedendoti scusa, avrei potuto risolvere tutto. Ma voi eravate insieme e sembravate una coppia ed eravate così felici . E stavate progettando di scappare.-
La sua voce fu rotta dal pianto, mentre mi fece la domanda che le bruciava nel petto da anni:-Perché non sei fuggito con me, Pierre? Saremmo stati felici-
Non avevo mai riflettuto realmente su quanta sofferenza le avevo inflitto e quella consapevolezza mi cadde addosso annientandomi. Stavolta non avevo alcuna risposta sprezzante, alcuna battutina. Quando si voltò a guardarmi per gongolare della sua vittoria, rimase molto impressionata da quello che vide.
Senza accorgermene mi ero piegato sulle ginocchia, schiacciato dai miei sensi di colpa e dalla vergogna e lungo le mie guance scendevano copiose lacrime. Chocola allora fece qualcosa che mi sorprese molto: si avvicinò a me e dopo per essersi inginocchiata, mi cinse la testa con le sue braccia e mi strinse a sé. Sentivo il suo cuore a battere all'impazzata e quando il suo profumo inondò le mie narici, mi sembrò di tornare indietro nel tempo. Mi ricordai della notte di Valpurgis e di quando, dopo avermi visto in lacrime, Chocola era corsa ad abbracciarmi. Allora era così giovane e pura e credeva ancora che fossi recuperabile. Allora non le avevo ancora spezzato il cuore, allontanandola da me per sempre. Fu in quel momento, mentre mi accarezzava i capelli con le dita sottili, che capii quello che nessuno era stato in grado di comprendere. Quella dolce ragazzina esisteva ancora, nemmeno il dolore e la rabbia erano riuscite a cambiarla. E appresi con un certo sollievo che non mi odiava affatto e che probabilmente non sarebbe stata mai capace di farlo.
-Dovresti odiarmi...-
-Forse dovrei. Ma anche tu dovresti...-Lei mi diede un bacio leggero sulla fronte.
-Non potrei mai-
La scrutai in viso e lei accennò un timido sorriso. La tentazione di avere quelle labbra così vicine era troppo forte perché potessi resistervi. Avvicinai ancora di più il mio viso al suo e le baciai avidamente. Lei non si scostò e ricambiò il mio bacio. Le sue carezze, i suoi baci, l'espressione che leggevo nelle sue iridi color smeraldo mi convincevano che avevo ancora una possibilità, che potevamo essere ancora felici. Mentre la stringevo a me baciandole il collo, mi colsero per un attimo i sensi di colpa. Nelle settimane passate avevo davvero provato qualcosa per Vanilla: lei mi aveva dato la stabilità e la serenità che avevo sempre cercato. Dovevo ammettere però a me stesso che, quando ero con Chocola, il mio cuore batteva così forte che sembrava potesse uscirmi dal petto. Non sapevo cosa fosse l'amore, né se si potessero amare due persone contemporaneamente ma una cosa la sapevo. Quello che provavo per Vanilla era come una piacevole pioggia estiva, mentre il mio amore per Chocola era una terribile tempesta travolgente che avrebbe avuto la forza di distruggere qualsiasi cosa. La mia partenza con Vanilla era fissata per il mattino successivo e quindi avevo poco tempo per decidere cosa fare. Dovevo rifugiarmi nel calmo sorriso di Vanilla o rischiare e fuggire con Chocola? Sarei riuscita a convincerla a scappare con me? Saremmo stati felici o ci saremmo distrutti reciprocamente?
Fortunatamente avrei dovuto trovare una risposta a quelle domani solo all'indomani. Prima che sorgesse il sole e che mi costringesse a fare i conti con la realtà, potevo godermi la calma prima della terribile tempesta che mi aspettava.
Before you let go, just one more time
Take off your clothes, pretend that it's fine
A little more hurt won't kill you tonight

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Capitolo 18
*** La Tempesta - Parte 1 ***


UN’ ANCORA NELLA TEMPESTA

 La Tempesta - Parte 1
Chocola
 
Non avrei mai voluto che il sole sorgesse e mi strappasse via dalle sue braccia. Per tutta la notte eravamo stati avvinghiati e con le carezze e con decine e decine di baci ci eravamo giurati amore eterno. Avevamo chiesto scusa e ci eravamo perdonati, ci eravamo donati l’uno all’altro e per la prima volta eravamo diventati una cosa sola. In quel momento avevo capito come fosse riuscita Vanilla a cadere nella sua trappola. Era così facile e dolce appoggiare la testa sul suo petto e lasciarsi cullare dalle sue vuote promesse e dalle sue bugie. E come sapeva essere convincente, com'era vellutata la sua voce, come si coloravano di rosso le sue guance mentre dipingeva davanti ai tuoi occhi un radioso futuro che sarebbe stato cancellato presto da nuove pennellate, quando il suo desiderio lo avrebbe spinto verso altre Muse. 
 
Questa volta non ti lascerò. Non intendo rinunciare mai più a te.
 
Mi ero addormentata fingendo di credere che lo pensasse davvero e che potessimo ancora essere felici insieme, pur sapendo bene che era troppo tardi.
Ma quei dannati raggi di sole avevano fatto irruzione nel nostro idillio a rovinare tutto e a distruggere il mio sogno. Mi liberai dalle sue braccia e sollevai il busto, facendo attenzione a non svegliarlo, per mettermi a sedere accanto a Pierre. Volevo restare ancora un po’ ad osservarlo e ad imprimere nella mia memoria ogni piccolo dettaglio del suo corpo. Scrutai le lunghe dita affusolate che ora erano appoggiate sul lenzuolo di lino bianco e mi soffermai ad guardare, non senza una grande pena, le cicatrici che solcavano la sua bianca pelle lungo i polsi e gli avambracci. Erano terribili tracce delle torture a cui era stato sottoposto da Glace, delle terribili catene impresse sulla pelle che dovevano costantemente ricordargli che la sua vita e il suo corpogli appartenevano.
Percorsi con gli occhi tutti il suo corpo e sorrisi, notando il piccolo neo che aveva sotto il capezzolo sinistro e il ciuffo di barba bionda sul mento, che doveva essere sfuggito alla rasatura. Era quella l'intimità? Conoscere ogni dettaglio del corpo dell'altro, come se fosse il proprio? Questo voleva dire possedere qualcuno?
Mi sarei potuta svegliare ogni giorno accanto a lui, se le cose fossero andate diversamente. Per un attimo mi abbandonai a sognare come sarebbe stata quella vita che avevo appena sfiorato. Avremmo fatto colazione insieme tra le lenzuola, avremo litigato perché avevo lasciato il tubetto del dentifricio aperto o per altre sciocchezze, avremmo messo fine ad ogni litigio con un bacio.
Poteva mancarmi una vita che non avevo vissuto?
Me lo chiesi mentre osservavo i suoi occhi chiusi e i capelli scompigliati che illuminati dalla luce, che entrava dalla finestra, brillavano come oro. Per un attimo mi chiesi se avessi dovuto mandare a monte i miei piani e concedermi un’altra chance, ma scartai immediatamente quella ipotesi. Avrei voluto davvero seguirlo dovunque volesse portarmi, ma purtroppo ero condannata. Non ci sarebbe stato nulla che mi avrebbe convinto a ripensarci, nemmeno Pierre.
L’unica cosa che nelle settimane passate mi aveva impedito di perdere la ragione era stata la decisione di sacrificare la mia vita per un fine più alto.
Mi sollevai dal materasso e indossai la prima vestaglia che vidi appesa all’attaccapanni e dopo averla annodata in vita, andai a sedermi davanti alla toeletta. Afferrai la spazzola e mentre pettinavo ossessivamente i miei capelli, udii dei rumori alle mie spalle. Pierre si era svegliato e stava avanzando verso di me, a giudicare dal suono dei suoi piedi nudi sul pavimento. Passai la spazzola ossessivamente tra le lisce ciocche rosse, cercando di calmarmi e di rigettare indietro le lacrime che spingevano per uscire.
Era arrivato il momento in cui avrei dovuto dirgli addio e sebbene ne fossi assolutamente certa, non ero affatto pronta.
Pierre appoggiò le sue mani sulle mie spalle e mi diede un leggero bacio sulla testa. Le sue mani scesero e si fermarono sui miei fianchi, mentre le sue labbra sfioravano il collo con i suoi dolci baci. Il suo respiro, che accarezzava la mia pelle, mi faceva fremere e tremare. Chiusi gli occhi per un attimo, inspirando il suo profumo e cercando di imprimerlo nella mia mente per godermi quelle sensazioni che sapevo non avrei più provato.
Quando però abbassò il colletto della mia vestaglia, e iniziò a baciare la mia spalla nuda, tornai alla realtà e mi irrigidii all'istante. Scattai in piedi e nel farlo feci cadere a terra lo sgabello che, scontrandosi con il pavimento, produsse un rumore sordo. Quel frastuono sembrò rompere l'idillio che avevamo stupidamente creato e anche Pierre ne fu subito cosciente. Il suo sguardo fu sorpreso: aveva perso la sua solita espressione beffarda e aveva puntato i suoi occhi stupiti su di me. Mi scrutava, cercando di capire perché mi fossi scostata da lui in modo così brusco.
-E' ora che tu vada, Pierre-e aggiunsi:-Vanilla ti starà aspettando-
Ci mise un po' per assimilare quelle parole e per capire cosa volessero dire. Nel frattempo per evitare che notasse il dolore nei miei occhi, io gli diedi le spalle e cominciai a mettere ordine tra i nostri vestiti che erano sparsi alla rinfusa sul pavimento.
-Chocola proprio di questo dobbiamo parlare: io ho cambiato idea e non voglio più andare via con lei, quello che ho detto questa notte lo pensavo davvero. Potrò essere felice solo con te e per te vale lo stesso- mi confessò e vedendo che continuavo a rifiutarmi di guardarlo in faccia, mi ordinò di voltarmi verso di lui.
Continuai a raccogliere le sue cose e ad appoggiarle sul materasso sinceramente irritata dalle sue preteste. In Pierre montava sempre di più la rabbia e a un certo punto mi afferrò il braccio e mi tirò verso di lui perché facessi quello che mi chiedeva. -Ma che diavolo ti prende?-chiese stupito.
-Pierre credi per caso che noi donne siamo degli oggetti che puoi prendere e poi abbandonare in un angolo a tuo piacimento? Intendi spezzare il cuore di Vanilla come anni fa hai fatto con il mio? Sei veramente spregevole!-
-Ora ti preoccupi della tua amica? Stanotte non mi sembrava che ti importasse molto...- le sue parole mi fecero scattare e presa dall'ira lo schiaffeggiai. Raccolsi i suoi vestiti e glieli lanciai contro, urlandogli che doveva andarsene.
-Credi che non sappia che mi sto comportando come un vero bastardo? Lo so e mi odio per questo. Ma questa notte ho capito che ti amo e non posso lasciarti andare. E so che anche per te è lo stesso, ma a quanto pare sei troppo orgogliosa per mettere da parte la tua rabbia. -
Mi sedetti sul letto e tenni la testa bassa, mentre lui si vestiva in tutta fretta. Sebbene le sue parole mi avessero davvero irritato, il pensiero che mi stesse lasciando per sempre mi lacerava. Per un secondo pensai all'eventualità di mettere da parte il mio piano e iniziare davvero una nuova vita con lui. La mia ultima occasione di felicità era a portata di mano e mi sarebbe bastato allungare la mano e afferrarla. Ma avevo già deciso quale fosse il mio destino e in gioco stavolta c'era qualcosa di più importante della mia felicità e della mia misera vita.
Commisi il grande errore di alzare lo sguardo e guardarlo per l'ultima volta: era lì in piedi che si stava abbottonando i bottoni della camicia sgualcita. Lui ricambiò il mio sguardo e lesse la pena infinita nei miei occhi velati di lacrime. Per un breve attimo la sua espressione si addolcì, ma la comprensione che lessi nelle sue iridi azzurre durò appena qualche secondo. Serrò la mascella, tirò un profondo respiro, strinse i pugni e improvvisamente i suoi occhi lasciarono trasparire solo tutta la rabbia che stava provando.
-Non sarei mai dovuto venire- queste sarebbero state le ultime parole che avrei mai sentito dalla sua bocca, il più triste e duro degli addii.
Lui girò sui tacchi e se andò via per sempre. In quel momento avrei tanto voluto cancellare la nostra ultima notte dalla mia memoria. Mi ero già abituata all'idea di dover rinunciare a lui ed ero pronta a farlo, soprattutto dopo aver scoperto che stava per lasciare Extramondo con Vanilla. Ma rivederlo di nuovo e concedermi a lui solo per perderlo di nuovo era davvero troppo per me. Mi sentivo come se fossi trafitta da milioni e milioni di coltelli e avrei voluto solo gridare tutto il mio dolore. La mia unica consolazione era che non sarebbe durato a lungo, mi sarei liberata presto di quella enorme pena.
Mentre le lacrime rigavano il mio volto, aprii il comodino alla ricerca del diario di mia madre. Nelle ultime settimane quel libro era diventato una vera ancora per me, l'unica a cosa cui mi ero aggrappata per evitare di perdermi nel caos che sembrava volermi inghiottire in ogni momento.

Un giorno, mentre mi stavo struggendo, si era semplicemente aperto: dopo tutto forse mia madre aveva davvero previsto che il lucchetto si aprisse, quando più avrei avuto bisogno di lei. Le sue parole mi avevano guarito, mi avevano accarezzato il cuore e mi avevano dato un nuovo scopo. Aprii l'ultima pagina, che ormai conoscevo a memoria per quante volte l'avevo letta.
Qualunque cosa accada, ricorda che tu sei stata il frutto dell'amore e  non credere a quello che diranno perché ti assicuro che d'amore è composta ogni fibra del tuo corpo.
In un momento in cui sentivo che non esistesse nessuno in tutto il pianeta che non mi disprezzasse, mi ero rifugiata nella dolce dedica di mia madre e nel suo amore puro che non poteva essere morto con lei.
Recitai a voce alta l'ultima frase che era scritta con una calligrafia tremolante in fondo alla pagina: -Ed è perché ti amo che compio questo sacrificio, per consegnarti un mondo migliore in cui tu possa essere felice. Mi addolora ma purtroppo perché tu possa stare al sicuro, io devo andare via.-
Nel suo diario mia madre mi aveva raccontato la sua travolgente storia d'amore con il re degli Orchi: lo aveva incontrato nei boschi della Foresta Proibita e all'inizio non sapeva chi fosse. Quando ha scoperto la sua identità, era troppo tardi perché era già perdutamente innamorata e sorda ad ogni avvertimento. I loro incontri erano diventati sempre più frequenti e si era fatta stregare dalla dolcezza, che di tanto di tanto compariva negli occhi di ghiaccio di Glace.
Potevo capire benissimo cosa avesse provato perché anche io avevo cercato un amore sincero in due iridi fredde, pregando che il fuoco che talvolta ci legevo non servisse a ingannarmi.
Quando aveva scoperto di essere incinta, proprio qualche giorno prima dell'Incoronazione, era terrorizzata e aveva accettato con grande sollievo l'aiuto di Glace che si era offerto di portarla via al sicuro nel palazzo degli Orchi. Lì la sua favola si era ben presto trasformata in un terribile incubo e lei aveva avuto ben presto l'impressione di essere più una prigioniera che un'ospite. A sue spese aveva scoperto che Glace aveva sedotto un'ingenua ragazzina, solo perché aveva bisogno di un erede per il suo regno e aveva capito che avrebbe dovuto fare qualsiasi cosa per mettermi al sicuro.
Appena sono nata delle streghe mi hanno portato via da lei e l'hanno lasciata in una grande sala scura senza darle nemmeno le cure di cui necessitava. Per molte settimane è rimasta in uno stato di torpore, smarrita e spaventata, certa che il mio destino fosse segnato. Anche quando è guarita dalla sua tristezza, non riusciva a trovare alcuna soluzione per portarmi via da lì. Gli anni passavano e Glace stava già provvedendo affinché mi venisse insegnata la magia oscura, perché diventassi una strega potente e potessi aiutarlo a portare a termine la conquista del pianeta. Mia madre sapeva che doveva eliminare Glace prima che riuscisse nel suo piano malefico e che doveva farmi evadere prima che mi corrompesse, tuttavia come avrebbe potuto farlo da sola? 
Poi un giorno la soluzione a tutti i suoi problemi si era manifestata sotto forma di un piccolo orfano. Mi aveva per caso visto giocare con un ragazzino, che sembrava la fotocopia in miniatura di Glace: aveva gli stessi occhi e come poté sperimentare un potere davvero enorme e di gran lunga superiore al mio. Era l'unico che avrebbe potuto prendere il mio posto e anche se sapeva che non era giusto coinvolgere un ragazzino innocente, sembrava essere l'unica possibilità per salvarmi. Aveva convinto Glace ad accogliere il bambino a palazzo, parlandogli del suo impressionante potere e a quel punto non restava che cancellare ogni traccia della mia esistenza. Aveva inviato una lettera a mio nonno e alla sua miglior amica per chiedere loro di accogliermi e crescermi al suo posto, nascondendomi la mia vera natura. Mi aveva fatto un incantesimo affinché dimenticassi gli anni trascorsi tra gli Orchi e aveva fatto lo stesso a tutti gli abitanti del Palazzo perché non si ricordassero di me e credessero che fosse quel ragazzo, Pierre, l'unico erede del regno di Glace. Questo era avvenuto la notte in cui mi aveva fatto scappare dal palazzo e si era sacrificata per uccidere il re degli Orchi e salvare me e tutto il pianeta. Qualcosa però doveva essere andato storto perché, pur essendo riuscita a distruggere il suo corpo, Glace aveva continuato a vivere in una forma onirica ed extracorporea. Era riuscita a privarlo del suo potere, ma non a distruggerlo del tutto e ora stava per tornare. 
-Tranquilla, mamma, porterò io a termine quanto hai iniziato. Glace non farà più del male a nessuno-dissi risoluta.
 
Mi alzai dal letto, mi sedetti davanti alla scrivania e presi la carta da lettere. Prima di andarmene per sempre da questo posto, che era stata la mia casa per molti anni, dovevo una spiegazione ad una persona nella speranza che lui -almeno lui- mi perdonasse. Avevo pensato tante volte a quello che gli avrei scritto eppure ora trovavo molto difficile riportare sulla carte le emozioni, che avevo vissuto nelle ultime settimane. Prima di tutto gli rivelai il grande segreto sulle mie origini di cui ero venuta a conoscenza e quanto questo mi avesse sconvolto: scoprire di essere un Orco per metà e di essere figlia del re Glace mi aveva gettato in un abisso di paure, incertezze e vergogna. A rendere il tutto più difficile era stato il fatto che l'unica persona con cui avrei voluto condividere quel fardello mi aveva ripudiato e non aveva voluto saperne più nulla di me. E quando avevo perso il nostro bambino ero caduta in una spirale di sensi di colpa, dolore e rabbia dalla quale credevo non sarei mai uscita. Gli spiegai che non me la ero sentita di raccontargli la verità, perché temevo che lui non mi avrebbe accettata. Fin da piccoli ci avevano insegnato a temere e odiare gli Orchi: cosa avrebbe fatto, se avesse scoperto di averne sposato uno? Così avevo tenuto tutto questo per me e alla fine ero riuscita ad accettarmi. Anzi aver scoperto le mie origini era stato alla fine quasi un sollievo: avevo sempre avvertito un senso di irrequietezza, una rabbia a cui non ero mai riuscita a dare un nome. Mi ero sentita spesso un po' diversa e avevo cercato di nascondere questi sentimenti che provavo, simulando un'allegria e una vivacità che non sempre mi appartenevano. Quando avevo scoperto finalmente chi ero e a cosa ero destinata mi ero sentita in pace.
Alzai lo sguardo e vidi un ritratto che ci ritraeva insieme. Mi ricordavo che era stato realizzato poco dopo il nostro matrimonio, quando eravamo ancora convinti che l'amore con il tempo potesse sbocciare da solo. Nell'ultima parte della lettera gli chiesi scusa per tutti gli anni che aveva sprecato al mio fianco e per tutto il dolore che gli avevo inflitto. Speravo potesse perdonarmi un giorno. Infine gli spiegai le ragioni per cui avevo deciso di sacrificarmi per uccidere Glace e salvare l'intero Regno. Se non ero stata una brava regina da viva magari lo sarei diventata da morta. Lo pregai inoltre di regnare nel migliore del modi, cercando di unire gli Orchi sotto il suo scettro e di eliminare l'inutile odio che aveva diviso per troppi anni questo pianeta. Firmai lo scritto e lo infilai in una busta che sigillai con la ceralacca. Suonai il campanello e dopo qualche minuto si presentò una cameriera. Quando arrivò, rimase sulla soglia con in volto una smorfia sorpresa e spaventata, com'era comprensibile, dato che qualche settimana fa in un impeto di rabbia le avevo vietato di tornare nella mia stanza. La raggiunsi in tutta fretta e le consegnai la lettera, ordinandole di portarla al re Houx soltanto all'indomani. Lei annuì e poi si congedò ed io capii che era arrivato il momento di prepararmi.
Andai in bagno e aprii la fontana, facendo scorrere l'acqua calda. Quando il vapore cominciò ad espandersi per tutta la stanza e a ricoprire le mattonelle, gli specchi e l'arredo del bagno, chiusi il rubinetto. Mi sfilai la vestaglia che feci cadere a terra e mi immersi nella vasca. Mi chiesi come avrebbe reagito Houx, dopo aver letto la mia lettera. Ma ben presto i miei pensieri si soffermarono su qualcun altro e mi apparve davanti agli occhi il volto di Pierre. Sarebbe mai venuto a conoscenza della ragione per cui lo avevo respinto e del sacrificio che avevo compiuto? Ne avrebbe sofferto almeno un po'?
Probabilmente mentre io stavo pensando a lui, lui stava scappando via da Extramondo con Vanilla pronto a iniziare una nuova vita. Ero contenta che lui fosse riuscito a mettersi in salvo e speravo che potesse trovare la felicità, ma allo stesso tempo l'idea che Vanilla potesse renderlo più felice di quanto non fosse stato con me mi distruggeva. Le lacrime cominciarono a scendere lungo il mio viso e poi caddero nella vasca, finendo per evaporare via. L'unica cosa che mi consolava era questa, che tutto il mio dolore sarebbe sparito con me. Quando uscii dalla vasca, passai la mano sullo specchio per togliere lo strato di vapore che lo copriva e nel riflesso a un tratto apparve il mio viso. Osservai la mia pelle pallida e i cerchi intorno agli occhi.  D'un tratto mi tornò alla memoria tutto il disprezzo che avevo visto nel suo sguardo, prima che se ne andasse via. Mi odiava, era evidente. Ma forse se avesse saputo la ragione per cui lo avevo allontanato mi avrebbe guardato con più indulgenza. Cosa avrebbe provato, quando in una uggiosa domenica pomeriggio, il mio fantasma sarebbe tornato a infestare la sua mente? Avrebbe ricordato l'amore o il disprezzo? Mi chiesi se sarebbe mai tornato su Extramondo, se avrebbe mai scoperto la vera ragione per cui gli avevo detto addio. Avrebbe mai saputo del mio sacrificio, della mia morte? Avrebbe versato almeno una lacrima per me? Avevo deciso di non dedicare a lui nessuna lettera, essendo certa che non l'avrebbe comunque mai letta. Tuttavia in quel momento corsi nella mia stanza ancora in accappatoio per afferrare un foglio e mettere per iscritto quello che provavo. Avevo bisogno di aggrapparmi alla vana speranza che un giorno l'avrebbe letta e avrebbe compreso il mio gesto e che magari mi avrebbe smesso di odiarmi. Dopo aver chiuso la lettera e aver scritto a chiare lettere il nome di Pierre sulla busta, mi sentii più leggera.
Diedi un'occhiata fuori dalla finestra e vidi come il tempo fosse rapidamente cambiato. Il cielo che prima era turchese era repentinamente diventato plumbeo e una gran quantità di nuvole scure e minacciose si erano addensate. Forti raffiche di vento muovevano le alte cime degli alberi e sembravano volerli sradicare dal suolo e lanciarli via. In un punto lontano le nuvole erano così scure che coprivano anche le più alte torri del palazzo degli Orchi. Glace doveva essersi risvegliato e mancavano solo poche ore prima che si nutrisse di tutti i cristalli neri che avevano raccolto per lui e diventasse invincibile. Dovevo approfittare di questo momento o non avrei avuto più altre chance. Era arrivato il momento di agire. Mi vestii in tutta fretta e corsi ad afferrare il pugnale che avevo opportunamente nascosto in una teca. Presi la boccetta che conteneva il veleno e con un panno lo stesi sulla lama lucente. Guardai con grande soddisfazione come il liquido avesse corroso lo straccio, danneggiandolo permanentemente. Poi infilai la lama in una fondina magica e me la legai stretta in vita, nascondendola sotto la mia spessa gonna di velluto nero. Era stata mia madre ad avermi suggerito quella idea: nel suo diario avevo trovato degli appunti in cui lei parlava di un letale veleno, che si trovava solo in una remota radura di un bosco sul monte Leto. Procurarmelo non era stato facile, ma se fossi riuscita a raggiungere il mio scopo ne sarebbe valsa la pena. Ripensai a mia madre: non si sarebbe mai aspettata che usassi in quel modo le informazioni che aveva scarabocchiato rapidamente su un foglio. 
Uscii sul balcone dopo aver dato una rapida occhiata alla mia stanza e mi accorsi che c'era una strana atmosfera nell'aria. Le nuvole erano diventate ancora più scure e il vento agitava i miei capelli nell'aria. Dopo aver tratto un respiro profondo, spiccai il volo nel cielo e corsi incontro all'oscurità.

Mi scuso per l'enorme ritardo, ma alla fine ho deciso di dividere in due parti questo capitolo dedicato a Chocola e ho quasi ultimato la seconda parte che dovrebbe uscire al massimo tra due settimane. Quanto al capitolo volevo che Chocola riuscisse a trovare un motivo per risollevarsi in se stessa e che non fosse semplicemente salvata da Pierre, inoltre ho pensato che potesse essere bello che decidesse di portare a termine il piano di sua madre. Nel prossimo capitolo scoprirete se ce la farà oppure no. Tra l'altro spero che apprezziate il fatto che Chocola, per quanto innamorata perdutamente di Pierre e desiderosa di seguirlo, in questo capitolo non si fidi completamente di lui e gli rinfacci i giochetti con cui ha preso in giro sia lei che Vanilla. Fatemi sapere che cosa ne pensate e se vi è piaciuto questo capitolo. 
 

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