Some wrongs can never be forgiven di MarcoG (/viewuser.php?uid=47873)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII - prima parte ***
Capitolo 10: *** Capitolo VIII - seconda parte ***
Capitolo 11: *** Capitolo IX ***
Capitolo 12: *** Capitolo X ***
Capitolo 13: *** Capitolo XI ***
Capitolo 14: *** Ultimo capitolo: NEVE ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
ATTENZIONE: Quasi tutti i personaggi di questa storia sono tratti da Lilium inter Spina, una bellissima Originale che si trova in questa stessa sezione. Consiglio a tutti di leggerla, io da parte mia ho impiegato tutti i miei sforzi per far sì che i personaggi si possano seguire anche da chi non conosce la long-fic di nydrali e credo di esserci riuscito...ma vi consiglio in ogni modo di leggerla, sicuramente non ve ne pentirete :)
Joey salutò con un cenno della mano gli ultimi amici rimasti
nel bar, dopodichè uscì dal locale e
guardò in alto verso il cielo.
Pioveva a dirotto e lui si era dimenticato l'ombrello, questo voleva
dire che doveva farsi una bella corsa fino alla macchina per evitare di
inzupparsi completamente.
Fece mente locale sulla posizione esatta in cui l'aveva lasciata,
dopodichè si strinse il giubbotto addosso e
iniziò la sua corsa. Aprì la porta velocemente,
si buttò nel veicolo e poi si chiuse dentro. "Che freddo!"
pensò fra sè e sè mentre metteva in
moto.
Diede un'occhiata all'orologio presente nel cruscotto della macchina e
vide che segnava le 23:50. "Avevo detto a Lily che sarei stato a casa
al massimo per le 23" pensò. Uscì dal parcheggio
del bar e una volta in strada schiacciò a fondo
l'accelleratore; non poteva far aspettare oltre Lily, altrimenti una
volta a casa chissà quanti rimproveri avrebbe ricevuto.
Sorrise al solo pensiero di sua moglie che lo sgridava. Era come se
riuscisse già adesso a sentire le sue parole nelle orecchie:
"Ma Joey, ti rendi conto che ore sono? Avevi detto che saresti stato a
casa oltre un'ora fa! Cos'hai fatto per essere arrivato così
tardi? E ad Alexander non ci pensi? Come possiamo dargli il buon
esempio se ti comporti così?" e chissà quante
altre domande del genere.
Sorrise nuovamente perchè si immaginò a
supplicare il suo perdono, senza avere un reale scusa per giustificare
il suo ritardo se non quello del piacere di stare con i suoi amici.
Sorrideva soprattutto perchè ormai, dopo tutti quegli anni,
sentirsi urlare contro da Lily non faceva altro che intenerirlo
ulteriormente.
Molti anni prima, invece, se solo qualcuno si fosse permesso di farlo
lui gli avrebbe rotto il collo ancora prima che quella persona potesse
terminare la propria domanda.
Perchè Joey non si chiamava veramente Joey e Jacquet non era
certo il suo vero cognome.
Anche nella scelta del nome Lily l'aveva influenzato, lui le aveva
sempre risposto che trovava Joey un nome idiota, ma lei continuava a
insistere che come nome si legava molto bene al loro nuovo cognome
Jacquet. "Pensa!" gli diceva, "così potrai abbreviare le
tue iniziali con J.J.! Non ha forse un tono melodioso?" e lui
guardandola ridere perdeva ogni forza per opporsi. Finì
così per accettare di chiamarsi Joey, rimanendo Joey per
venti lunghi anni.
Quanto era cambiata la sua vita, in tutto quel tempo. Solo vent'anni fa
Joey Jacquet non esisteva, esisteva solamente James Hawk, quello che
veniva apostrofato dai suoi nemici come "il peggio figlio di puttana
esistente su questa terra" per via della lunga serie delle sue
malefatte.
James era un assassino. Uno stupratore. Un ladro e un bestemmiatore,
veniva soprannominato Dagger
per via del fatto che aveva sempre un coltello con se, qualsiasi cosa
stesse facendo in qualsiasi posto si trovasse riusciva a tirarne fuori
uno, anche se solo un attimo prima ne sembrava sprovvisto. Anche se
prima era stato perquisito dal più esperto dei controllori,
un secondo dopo James Hawk aveva già un coltello in mano e
se qualcuno gli aveva fatto un torto beh...quel qualcuno era morto.
Questa vita di peccati finì però nel momento in
cui incontrò Lily.
Lei, così candida e innocente, gli aveva fatto perdere la
testa.
Lily si era messa in un brutto pasticcio, di certo non per colpa sua, e
l'unico modo per uscirne era quello di rivolgersi a una persona che
solo James conosceva. Fu così che i due si incontrarono e
James si rese conto, passando del tempo con lei, che Lily era solo in
apparenza fragile e sprovveduta. Al contrario, era una ragazza
estremamente perspicace e dal carattere forte, che sapeva tirare fuori
solo quando le serviva veramente.
Ci provò a lungo, James, a non innamorarsi di lei, ma gli fu
impossibile. Lui l'aveva protetta per lungo tempo, aiutandola a trovare
la persona che voleva incontrare e quando tutto finì si rese
conto che non avrebbe potuto vivere senza di lei. Durante tutto quel
tempo anche Lily si era accorta che James nascondeva un lato buono e
sincero alla vista di tutti e così decisero di andarsene
dall'America dove era nato, gettarono via per sempre il nome James Hawk
e si trasferirono in Provenza.
Qua James si mise alla ricerca di un cognome "utilizzabile" per i loro
scopi, ovvero un cognome che risultasse valido per permettere di creare
una nuova famiglia legalmente valida, e trovò Jacquet.
Glielo chiese molte volte se era proprio sicura di volerlo fare, di
abbandonare l'America per scappare via con lui in Francia, ma era
convinta che James sarebbe potuto cambiare grazie al suo amore e
rispose sempre in maniera affermativa. E così Lily, che
all'anagrafe era Lily Munari per via delle suo origini italiane,
divenne Lily Jacquet moglie a tutti gli effetti di Joey Jacquet,
l'ormai ex James Hawk.
Non fu affatto facile per lui redimersi dal suo passato pieno di ogni
tipo di violenza, ma Lily fu sempre paziente e James non
potè che ricompensarla dimostrandole di voler diventare una
persona migliore. Fu così che James, ormai diventato Joey a
tutti gli effetti, smise di bestemmiare, di bere e di essere violento.
Vivere con Lily gli cambiò completamente la vita e ben
presto ebbero anche un figlio, Alexander.
Il bimbo per lui fu un grosso problema. Joey non aveva avuto
un'infanzia facile, come Lily aveva ovviamente intuito. Joey veniva
picchiato dal padre e ignorato dalla madre, nato e cresciuto con
un'unica certezza: se fosse morto da un momento all'altro nessuno
avrebbe pianto la sua scomparsa. Era spazzatura, esattamente come tutte
le persone che vivevano in uno di quei paesini poverissimi ai confini
dell'Alabama. Questo rendeva di fatto impossibile a Joey diventare un
buon padre: non aveva mai ricevuto affetto come figlio, di conseguenza
non sapeva neanche di che natura fosse quello paterno.
Fin quando nei primi anni si trattò solamente di cullarlo
quando piangeva o di cambiargli il pannolino, fu tutto abbastanza
facile. Lily non lo lasciava solo per un momento e Joey la
ringraziò sempre silenziosamente per la sua presenza
rassicurante. I problemi nacquero quando Alexander iniziò a
crescere e ci fu bisogno di comportarsi da padre e questo Joey non lo
sapeva fare.
Nel bene o nel male alla fine il rapporto con suo figlio non era poi
così disastroso, sola che Alexander aveva preso molto
più dalla madre e questo lo portò da sempre ad
affezionarsi di più a Lily che a lui. Gli ultimi anni erano
stati ancora più difficili poichè era diventato
maggiorenne ed era alle prese con tutti i problemi legati a
quell'età, problemi su cui ancora una volta James faceva
fatica a dare consigli.
Un tuono illuminò la macchina a giorno e si rese conto solo
in quel momento che stava ripercorrendo fra mille pensieri tutta la sua
vita. Da quando si era trasferito in Provenza, anche se erano passati
vent'anni, gli capitava spesso di ripensare all'Alabama, a com'era un
tempo prima di conoscere Lily ed avere Alexander.
Percorse gli ultimi chilometri a grande velocità e
arrivò a casa nel giro di pochi minuti. Scese dalla macchina
per aprire il garage e prima ancora di riuscire a tirare su il portone
basculante si ritrovò completamente fradicio. La pioggia si
era intensificata e sembrava che il temporale fosse proprio sopra casa
sua da tanto si sentiva tuonare. Ritornò
velocemente in macchina e la parcheggiò al sicuro,
dopodichè richiuse il garage e fece di corsa la strada per
entrare in casa. Oltre alla pioggia che scendeva sempre più
copiosa si era alzato anche un fastidiosissimo vento gelido e
stringersi nel capotto non gli fu più di aiuto per trovare
un po' di calore.
Fece di corsa i tre gradini che lo separavano dalla porta di casa e si
fermò. Davanti a sè trovò la porta
aperta con la maniglia distrutta abbandonata a terra. Joey rimase a
fissarla per qualche secondo, con il terrore negli occhi. Incurante
della pioggia che iniziava a farsi strada al di sotto del suo giubbotto
bagnandogli i vestiti, spalancò lentamente la porta.
All'interno della casa sembrava non muoversi nulla.
Fece un passo per entrare, schiacciò l'interruttore per
accendere la luce ma non successe niente. Lo schiacciò di
nuovo ma niente, doveva essere saltata la corrente.
- Lily? Lily amore dove sei?- la sua voce gli risuonò nelle
orecchie incredibilmente spaventata. Aveva un brutto presentimento e il
fatto che sua moglie non rispendesse non faceva nient'altro
che fargli crescere una certa ansia.
- Lily? Lily? Da quanto la luce non funziona?- le sue domande non
ricevevano risposta.
Fece qualche passo dirigendosi verso la stanza successiva, ma un lampo
illuminò per un attimo l'intero ingresso e Joey vide un
braccio spuntare dalla scala che portava al piano superiore.
- LILY!- urlò fiondandosi sul primo gradino. Appena mise
piede davanti alla scala si rese conto che qualcosa di appiccicaticcio
lo stava trattenendo; guardò in basso e vide sangue. Molto
sangue, l'intera scala ne era imbrattata. Facendo fatica a respirare,
percorse velocemente tutti i gradini che lo speravano dal piano
superiore e quando li terminò trovò il corpo di
sua moglie disteso sugli ultimi gradini davanti a lui.
Sentì uscire dalla sua bocca un lievissimo rantolio, un
rumore che gli permise per un attimo di ritornare a respirare. Si
chinò velocemente accanto a lei e le alzò piano
la testa.
- Lily...Lily cos'è successo?- le chiese controllando il suo
stato di salute. Per quel poco che si poteva vedere nella penombra
delle scale l'intero suo corpo sembrava imbrattato di sangue, i vestiti
erano strappati e lei sembrava in fin di vita. Cercò di
rispondere qualcosa ma le uscì dalla bocca solamente un
gemito. Joey, che aveva iniziato a tremare, rendendosi conto del suo
stato ritirò immeditamente la domanda.
- No non parlare amore..Dio santo...as...aspettami qui ok? Corro a
prendere la macchina e ti porto subito in ospedale-
riappoggiò delicamente la testa di Lily sulla moquette che
ricopriva la scala e corse fuori a riprendere la macchina. "Dio
santo...Dio santo..." continuava a ripetersi. "Che è
successo Lily, che è successo?"
Da sempre, soprattutto nei primissimi anni in cui si erano trasferiti
in Francia, aveva avuto paura che qualcuno lo avesse potuto seguire per
vendicarsi sulla sua famiglia di qualche sua malefatta passata. Ma
ormai erano passati vent'anni ed era convinto che niente del genere
sarebbe più potuto succedere, cosa era accaduto allora?
Aprì velocemente il garage e portò la macchina
vicino alla porta di casa, si precipitò nell'ingresso e
prese in braccio il corpo quasi assente della moglie. Appena la
sollevò sentì un rumore come di un oggetto che
cade, non ci fece troppo caso e la portò rapidamente fuori
da casa. La pioggia investì immediatamente anche lei e Joey
fece di tutto per fare più in fretta possibile mettendola al
posto del passeggero.
- Ora ti porto in ospedale ok? Così ti riprendi e mi spieghi
cos'è successo- le disse mettendo in moto e recuperando il
cellulare. Chiamò il pronto soccorso avvisandoli che in
pochi minuti sarebbe stato lì con una donna in fin di vita e
poi riattaccò immediatamente. Di tanto in tanto si voltava a
guardarla ma il volto di Lily era irriconoscibile, segnato da profonde
ferite e da una continua smorfia di dolore. Sembrava stesse combattendo
fra la vita e la morte proprio in quei momenti.
Joey guidò alla velocità massima consentita dalla
macchina e arrivò presto in ospedale. Lily aveva
già smesso di lamentarsi poco prima del loro arrivo ma lui
non volle accettarlo, la condusse ugualmente al pronto soccorso e la
consegnò ai medici, che non poterono fare altro che
constatare il decesso.
Lily non c'era più.
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Capitolo 2 *** Capitolo I ***
nydrali, una tua recensione in un mio scritto è un sogno che si avvera :) mi spiace per Lily, ma doveva fare quella fine per due motivi...il primo è che serviva per far partire la storia ^^' il secondo è che con lei avevi creato un personaggio troppo "avanti" per me :) riusciva a stupirmi in ogni cosa che diceva o faceva, io non sarei mai riuscito a "muovere" un personaggio simile senza snaturarlo completamente ^^
Abbandonato su una sedia dell'ospedale, sconvolto così come
non lo era mai stato in tutta la sua vita, Joey stava provando per la
prima volta un nuovo tipo di dolore. Il dolore dell'animo.
Aveva preso e soprattutto dato molte pugni in vita sua e si era spesso
ubriacato fino a stare male, ma niente era paragonabile al dolore che
sentiva in quel momento.
Lily era morta e con lei la sua ragione di vivere. Ancora non riusciva
a credere che veramente la sua adorata moglie non c'era più.
- Monsieur?-
Joey non sentì l'infermiera che lo stava chiamando. I suoi
pensieri erano rivolti alla tragica sorte di Lily, al fatto che nessun
criminale di città riduce così le proprie vittime
se vuole solamente rubare qualche soldo o gioiello.
- Monsieur mi sente?-
Si accorse solo in quel momento della donna che gli stava di fronte.
- Sì?-
- E' arrivato l'agente Blanche e ha chiesto di parlare con lei.-
- Oh sì...dove lo posso trovare?-
Ascoltò le indicazioni dell'infermiera, dopodichè
si alzò con gran fatica dalla sedia su cui era seduto ormai
da mezz'ora. Si sentì improvvisamente vecchio, come svuotato
di ogni forza.
Roland Blanche, 59 anni, era il poliziotto con cui Lily si
preoccupò subito di stringere buoni rapporti. "Visto il tuo
passato" ripeteva sempre, "è importante che ci facciamo
amico qualcuno della polizia di Forcalquier, non si può mai
sapere". Lo conobbero quando andarono per la prima volta in questura a
rifare ufficiosamente i documenti, visto che a causa di una brutta
sfortuna i due coniugi Jacquete erano stati rapinati e tutti i loro
documenti erano andati persi. Lily si finse incredibilmente
riconoscente per l'aiuto che l'agente Blanche le aveva dato a
velocizzare tutta la burocrazia di cui c'era bisogno e
arrivò anche ad invitarlo a cena. Il povero Roland, che era
un uomo solo e non sposato, tentennò un po' davanti
all'invito di Lily, ma quando lei si metteva in testa qualcosa riusciva
sempre a convincere chiunque e difatti finì per accettare.
Da allora si vedevano spesso, per una cena assieme o anche solo per una
passeggiata nel weekend, ed entrambi riconobbero che Blache era
veramente una brava persona e che erano stati fortunati a conoscerlo.
Ora era arrivato perchè probabilmente era stato avvisato di
quello che era successo e conoscendo l'affetto che provava per Lily,
sicuramente si era recato in ospedale appena aveva potuto.
Joey raggiunse la stanza del dottor Couturier come gli aveva detto
l'infermiera e venne accolto dal dottore in persona e da Blanche. Il
povero Roland aveva un'espressione distrutta, quasi quanto Joey.
- Oh Joey, io non so proprio come possano succedere certe cose- gli
disse abbracciandolo ancora prima che lui potesse rispondere qualcosa.
- Ma li troveremo quei criminali, starò personalmente
addosso ai miei colleghi fino a quando non li troveranno!-
- Ti ringrazio Roland- rispose Joey con tono assente. - Ho notato che
sei venuto qui subito-
Al sentire queste parole il volto di Blanche si rabbuiò.
- Joey, forse è il caso che ti siedi. Io e il dottor
Couturier dovremmo parlarti.-
I tre si accomodarono sulle eleganti poltrone di pelle scura e fu
Blanche a parlare per primo.
- Non sono ancora passato da casa tua per vedere ciò che
è successo, mi è stato solo riferito. Ti devo
avvisare però che per decessi come questi si deve avviare
tutta una particolare procedura e che...beh, potrà risultare
molto dolorosa-. Roland sembrava realmente affranto dal dovergli dire
tutte quelle cose.
- Che cosa intendi esattamente?-
- Intendo dire che dovremo fare un'autopsia al corpo di Lily- si
fermò per un attimo, maledicendosi per il modo diretto in
cui glielo aveva appena riferito, - e che casa tua dovrà
essere sigillata dalla polizia in quanto scena di un crimine. Dovrai
stare in un albergo per un po', mi spiace veramente moltissimo.-
Joey chiuse momentaneamente gli occhi portandosi una mano sulla fronte,
cercando di trovare la forza per assorbire tutto quello che gli era
appena stato detto.
- Ce ne è proprio bisogno Roland?- chiese infine.
Prima che l'agente potesse rispondere qualcosa il dottore Couturier non
mancò di fargli notare la gravità della
situazione.
- Credo proprio di sì, signor Jacquet. Sua moglie non
è morta per un trauma unico ma per una serie di profonde
lesioni che le sono state trovate su tutto il corpo. Per un caso come
questo c'è bisogno di tempo e nulla deve essere trascurato-.
Joey lo fulminò con lo sguardo. "Un caso?" Era questo che
era Lily per lui? Un caso?
Blanche si rese conto dallo sguardo di Joey che Couturier non aveva
usato il giusto tatto e prima che potesse rispondere gli propose di
uscire un attimo dalla stanza.
- Ci sono un paio di cose che ti devo dire...in privato.-
Joey annuì e uscì dalla stanza del dottore senza
salutarlo. Blanche invece gli strinse velocemente la mano
dopodichè lo seguì fuori e si chiuse la porta
alle spalle.
- Mi dispiace per come ti ha parlato, purtroppo le disgrazie come
quella che è successa a Lily per loro sono solo statistiche
e...-
- Non affannarti troppo a giustificarlo, Roland- lo interruppe lui. - E
poi cosa ne pensano i dottori di quello che è successo
è l'ultimo dei miei pensieri.-
- Hai ragione Joey, scusa. Vado a prenotare l'hotel per te e Alexander
ok?-
Lui annuì e Blanche scomparve iniziando a fare le
sue chiamate. Anche Joey prese il suo cellulare e digitò il
numero di Alexander, cercando mentalmente le parole giuste per dirgli
cos'era successo. Da quando era arrivato in ospedale non lo aveva
ancora sentito e ora doveva dirgli che sua madre era morta, che la sua
casa sarebbe stata inagibile per qualche giorno e che d'ora in poi
sarebbero vissuti insieme solo loro due. Chiamò il suo
numero ma risultò libero fino a quando non scattò
la segreteria telefonica. Lily si arrabbiava sempre quando lo chiamava
e non rispondeva, quella sera poi era sabato e chissà in
quale postaccio si era andato a cacciare. D'altra parte era meglio
così, se fosse stata una serata di settimana sarebbe rimasto
in casa e di conseguenza coinvolto nella tragedia.
Gli lasciò un messaggio in segreteria dicendogli di
richiamarlo immediatamente, dopodichè cercò con
lo sguardo il primo posto libero disponibile per sedersi e
ritornò a pensare a Lily. Avrebbe dovuto chiamare anche sua
sorella, Morgana, per avvertirla di ciò che era successo.
Sicuramente lei gli avrebbe dato la colpa di tutto, visto che conosceva
bene il passato di Joey e anche la sua fedina penale. Morgana in
passato aveva chiesto più e più volte a Lily se
era convinta di sposare quell'individuo allora chiamato James Hawk, ma
lei aveva sempre cercato di tranquillizzarla rispondendole che riusciva
a vedere la vera anima di James e non era quella che vedevano tutti.
James Hawk era un brav'uomo, doveva solamente andarsene da quei posti
malvagi in cui era cresciuto e si sarebbe scoperto un uomo diverso e
migliore.
Morgana non si convinse mai di quello che sua sorella le diceva ma non
sentì la necessità di continuare ad insistere. In
fondo era a Lily che doveva piacere, lei con la sua famiglia era andata
a vivere in Italia e di conseguenza si sarebbero visti molto poco.
Ora però si sarebbero dovuti rincontrare e solo Dio
sà cosa gli avrebbe detto.
Il suo cellulare iniziò a vibrare riportandolo un'altra
volta bruscamente alla realtà. Era suo figlio che lo stava
chiamando; prese un bel respiro, si alzò e diede avvio alla
comunicazione.
- Che vuoi papà?- si sentiva un forte trambusto in
sottofondo alla voce di Alexander.-
- Devi venire subito qua all'ospedale Salvator, figliolo. E' accaduto
un brutto incidente a tua madre.-
***
- Ci deve essere una prenotazione a nome nostro, Jacquet.- chiese Joey.
La ragazza alla reception si mise a guardare sbadigliando la lista
delle prenotazioni e trovò il loro cognome. Alzò
gli occhi su Joey e Alexander e pensò che non avevano per
niente la faccia da turisti. Allungò il collo per vedere se
avevano bagagli con loro ma non vide nulla.
- Siete qui in vacanza?- chiese alzando appena un sopracciglio.
- No, siamo di Forcalquier. Abbiamo bisogno di una stanza
perchè....- le parole gli morirono in gola. Fece per
riprendere la parola ma Alexander lo interruppe.
- Ci dia la chiave per favore, siamo stanchi.-
- Sì, certo certo.- risposte stizzita la ragazza. Diede loro
un'ultima occhiata sospettosa dopodichè li salutò
e li vide sparire all'interno dell'ascensore.
- Dio che stronza che era quella- esclamò Alexander una
volta pigiato il tasto del loro piano.
- Sono le due del mattino Alex, è normale che sia poco
gentile con noi-
- Normale un cazzo! E' il suo lavoro quello!- urlò come
risposta.
Joey si passò nuovamente una mano sulla fronte, un gesto che
durante le ultime ore stava iniziando a ripetere spesso. - Tua madre
non ha mai approvato il fatto che tu dica tutte queste parolaccie, lo
sai bene-
Le porte dell'ascensore si aprirono e i due cercarano la loro stanza.
Appena entrati Alexander ricominciò. -
Già...però ora non c'è
più.- disse buttandosi sul primo letto che trovava.
Joey lo guardava ancora in piedi con le chiavi in mano.
- Cosa intendi dire?-
- Voglio sapere cos'è successo papà. Chi
è stato a fare questo alla mamma? Tu lo sai?- c'era qualcosa
di aggressivo nella sua voce.
Joey chiuse la porta a chiave e poi si abbandonò anche lui
lentamente sull'altro letto libero. Sospirò, sapendo che
questo era un'argomento che avrebbe dovuto toccare prima o poi.
- Perchè me lo chiedi?-
- Oh andiamo papà! Te lo devo ricordare io cos'hai fatto in
passato? Voglio sapere se sai chi è stato, se hai un'idea di
chi ha...- il suo tono cambiò drasticamente quando avrebbe
dovuto aggiungere "ucciso la mamma". Era evidente che stava cercando di
rimanere calmo ma il dolore dentro di lui era troppo grande per poter
continuare a recitare quella parte.
- Non dobbiamo subito pensare che sia stato qualcuno che ci conosce
Alex, lo sai anche tu quanti poco di buono ci sono in giro...-
- Stronzate papà!- urlò Alex. I suoi occhi
diventarono rossi e Joey si sentì stringere il cuore. - La
mamma era la persona più buona di questo mondo, mai nessuno
avrebbe osato farle del male! Se è successo quello che
è successo è perchè qualcuno ce
l'aveva con te, lei non c'entra niente!-
Quello che seguì fu un pianto a dirotto, Joey
provò ad avvicinarsi ma Alex ricacciò il suo
abbraccio e corse a chiudersi in bagno. Il loro rapporto non era mai
stato dei migliori ma quello che era successo a Lily rischiava di
diventare la goccia che faceva traboccare il vaso.
Joey si alzò e lo raggiunse dietro la porta del
bagno, senza provare ad entrare.
- Alex non devi fare così...- anche la sua voce era tremante
dal dolore. - non dobbiamo comportarci in questo modo proprio ora. Tua
madre diceva sempre che bisogna avere qualcuno accanto nei momenti
difficili...non starmi lontano...- si fermò per un attimo.
-...ti prego- sussurrò, ma Alex non potè
sentirlo.
Joey aveva bisogno di qualcuno a cui appoggiarsi per non impazzire. Sua
moglie era morta e non aveva neanche la forza di pensare alla
possibilità che ad ucciderla fosse stato lui indirettamente
con il suo passato. Quello era un caso della polizia, lui non c'entrava
niente, eppure non poteva fare a meno di pensarci.
Dall'altra parte della porta Alexander non riusciva a contenere le
lacrime. Appena raggiuntà l'età adulta Lily gli
aveva parlato del passato di Joey e la sua prima domanda fu: "quindi
siamo in pericolo mamma?". Lei si era limitata a sorridergli e a
rispondergli che non si sarebbe dovuto preoccupare, ma non
negò mai il fatto che il loro passato avrebbe potuto un
giorno tornare a galla. "Se dovesse succedere qualcosa ci penseremo io
e papà a risolvere tutto, non ti preoccupare" aveva
aggiunto. Da quel giorno Alex aveva iniziato a vedere Joey in modo
diverso; erano cominciate le prime litigate, piuttosto normali per la
sua giovane età, che finivano però con
frecciatine acide sul suo passato. Il ragazzo si era messo in testa che
Joey poteva essere in qualche modo un pericolo per sua madre e questo
gli impedì di stringere un vero rapporto di fiducia con lui.
Appena aveva un problema, di qualsiasi tipo, andava sempre da sua madre.
Joey dall'altra parte della porta si rendeva conto di tutto questo. Ora
più che mai era necessario gestire bene quel momento di
dolore: se non riusciva a mantenersi calmo con suo figlio che fine
avrebbe fatto il loro rapporto? Probabilmente Alex avrebbe voluto
andarsene da casa e a quel punto Joey sarebbe rimasto effettivamente
solo.
Non c'era niente che lo spaventasse di più in quel
momento.
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Capitolo 3 *** Capitolo II ***
Fu una brutta notte sia per Alex che per Joey. Entrambi riuscirono a
dormire solo poche ore, impossibilitati dal rilassarsi quel minimo che
bastava per prendere sonno per più di qualche ora.
Quando giunsero le otto del mattino Joey si alzò e decise di
andare a vedere di persona se la polizia stava ancora lavorando in casa
sua. Chiese ad Alex se intendeva venire con lui ma ricevette come
risposta solamente un grugnito. Si fingeva ancora addormentato ma Joey
sentiva chiaramente dal suo respiro che era sveglio. Decise di lasciare
perdere per il momento, la serata prima si era conclusa con una brutta
litigata e forse gli ci voleva del tempo per recuperare.
Scese dalla stanza, recuperò la macchina e si diresse verso
casa. Appena vide uno spiazzo al fianco della carreggiata si
fermò e spense il motore. Era arrivato il momento
più brutto, quello in cui doveva far sapere a tutti che Lily
non c'era più.
Chiamò il numero di Morgana prima di tutti gli altri. Appena
rispose Joey potè sentire sotto la sua voce le urla dei
nipotini, Hugo e Marta. Gli fu ancora più difficile
comunicargli quello che era successo a sua sorella.
- Morgana... - disse Joey.
- Sì Joey dimmi, che è successo di talmente grave
da ricevere una tua telefonata?-
- Ecco vedi... Lily...- Non dovette aggiungere altro
affinchè Morgana capisse.
- No, non dirmi che... NO!!! LILY NO!!! - urlò scoppiando a
piangere.
- Morgana, non fare così...non potevo sapere che sarebbe
successo...-
- Joey, era mia sorella!!! E tu eri un delinquente!!!-
- Sì ma lo ero, non lo sono più da tanto tempo! -
- Stai zitto! Pezzo di idiota, stai zitto! -
La sua voce si tramutò velocemente in un pianto isterico
fino a quando sentì un forte "stoc" e il suo pianto
iniziò a sentirsi lontano. Era probabile che avesse lasciato
la cornetta per sedersi da qualche parte, forse per scivolare
semplicemente per terra.
Si sentì in lontananza una voce che pareva avvicinarsi al
ricevitore; Joey riconobbe Malcom, l'uomo che Morgana aveva conosciuto
quando sia lei che Lily vivevano in America. Fra Malcom e Morgana era
scoppiato da subito un grande amore e quando lei gli chiese di
trasferirsi in Italia lui accettò subito senza obiettare
nulla. Avevano avuto prima il bambino, Hugo, che costò loro
un bel po' di litigate per via del fatto che Morgana lo reputava un
nome orribile. Poi il secondo figlio, una bambina, e lì
Morgana non volle sentir ragioni, si sarebbe chiamata Marta e basta.
- Pronto?-
Sì, era proprio Malcom. Dovette riferire anche lui il triste
fatto e ottenne nuovamente come risposta qualche secondo di silenzio.
Si sentiva ancora piangere Morgana in sottofondo.
- Mio Dio Joey...quando sarà il funerale?-
- Non lo so neanche io, devo aspettare che il medico legale finisca
ciò che deve fare e solo dopo...potremo organizzarlo.-
- Capisco...devo andare da Morgana ora, ti fai risentire tu quando sai
qualcosa di più?-
Joey rispose salutando e poi terminò la comunicazione. Non
osava neanche pensare a cosa gli avrebbe detto Morgana quando l'avrebbe
visto.
Mise via il cellulare e riaccese la macchina. Arrivò
abbastanza velocemente a casa e vide ancora il nastro giallo attorno al
suo giardino. Appena fuori c'erano parcheggiati tre grosse monovolumi
della polizia, a dimostrazione del fatto che dalla sera prima non
avevano ancora finito il loro lavoro. Il solo rivedere la porta di casa
gli fece tornare in mente la serata precedente in cui aveva scoperto
che Lily stava per andarsene e si sentitì improvvisamente
male. Non era stata una buona idea quella di tornare lì,
avrebbe fatto meglio ad attendere che Blanche gli avesse detto qualcosa
prima di prendere iniziative come quelle.
Tornò velocemente in macchina e si allontanò
dalla zona. Aveva bisogno di fare parecchie telefonate e non voleva
essere disturbato da eventuali vicini che gli ricordassero quanto era
buona Lily e di come fosse semplicemente assurdo quello che era
successo. Iniziò prima di tutto col chiamare i dipendenti
della sua officina per metterli al corrente di ciò che era
successo, poi chiamò la scuola di Alexander per avvertirli
che sarebbe rimasto assente per qualche giorno e poi
proseguì con i vari parenti di sua moglie.
Quando finì si sentì ancora più
giù di morale di quanto non lo fosse prima. Tutti, nessuno
escluso, gli avevano elencato le varie occasioni in cui Lily era stata
buona con loro e si erano offerti di dargli una mano qualora lo avesse
ritenuto utile. Cosa ne sarebbe stato di loro ora che lei non c'era
più? Joey lo sapeva benissimo che era sempre stata Lily
quella interessata a curare il rapporto con i vicini e sapeva bene che
tutti li adoravano solamente perchè lei era speciale.
Dopo essersi perso più volte fra i propri pensieri e dopo
aver terminato tutte le chiamate che si era prefissato di fare
tornò in albergo. Alexander non c'era e non aveva lasciato
alcun biglietto. Gli avrebbe voluto proporre di andare insieme a
comprare qualcosa nel pomeriggio visto che non sapevano quanto
sarebbero dovuti restare fuori casa ma era probabile che ci avesse
già pensato lui. Pranzò quindi da solo, ricadendo
nuovamente nei pensieri tristi che lo accompagnavano da quella
maledetta sera del giorno precedente.
Poco dopo aver finito di mangiare gli squillò il cellulare e
riconobbe il numero di Blanche.
- Ciao Roland, hai qualche novità?-
- Sì Joey e...non so come dirtelo, ma dovresti venire qua da
noi nel pomeriggio- la sua voce aveva qualcosa di terribilmente
spaventato.
- Cos'è successo?-
- E' meglio che te lo dica quando verrai qui, fidati. Ti aspettiamo in
centrale alle tre, cerca di essere puntuale-
- Se non mi puoi proprio dire niente...allora ok, ci vediamo dopo-
- Appena arriverai ti spiegheremo tutto. A dopo.-
Quel ti
spiegheremo faceva presupporre che fosse una cosa importante, visto che
altrimenti non avrebbe usato il plurale per comunicargli qualcosa che
riguardasse banalmente la burocrazia.
Chiamò immediatamente suo figlio e gli riportò
tutto quello che gli avevano detto, Alexander chiese di poter venire e
Joey non potè che accettare. Tenerlo lontano da
ciò che stava succedendo era l'errore più grosso
che potesse fare in quel momento.
***
L'agente Roland Blanche stava aspettando da parecchi minuti. Si era
recato all'ingresso della centrale di polizia in grande anticipo,
voleva essere sicuro di essere il primo ad incontrare Joey non appena
fosse arrivato. Quando si presentò con il figlio Roland si
sentì subito in dovere di parlargli per un attimo in privato.
- Joey...quello che dobbiamo fare oggi è abbastanza
delicato, sei sicuro che Alexander debba essere presente?- gli chiese
mentre ancora lo guardava.
- Credo di sì, ha diciannove anni ormai, non lo posso tenere
lontano da ciò che sta succedendo. Sono sicuro che si
arrabbierebbe moltissimo se scoprisse che gli ho tenuto nascosto
qualcosa, è meglio così Roland, credimi.-
Blanche si dimostrò dubbioso a riguardo ma
accettò e portò entrambi in una stanzetta che
aveva chiesto poco tempo prima di lasciare libera. Voleva essere solo
quando gli avrebbe dovuto riportare ciò che aveva da dirgli.
- Prego...accomodatevi pure- disse una volta entrati.
Joey notò subito un certo nervosismo nell'indicare le sedie
attorno al piccolo tavolo. Non appena si furono tutti seduti
passò un lungo secondo di silenzio.
- Allora?- Alexander sembrava impaziente di sapere cosa aveva da dire
il vecchio agente.
- Ecco io...cioè noi...avevamo chiesto a tuo padre di venire
qui perchè...è stata ritrovata una piccola
cassetta contenente un videotape vicino al corpo di...tua madre-
Roland li guardò entrambi per vedere come avrebbero reagito.
- La cassettina era sporca di sangue...doveva essere vicino a Lily nel
momento in cui quei due farabutti l'hanno lasciata cadere-
- Un momento- Joey lo interruppe. - Quali due farabutti?-
Il povero agente si dimostrava sempre più preoccupato di
secondo in secondo e quell'ultima sua domanda lo mise in grave
difficoltà. Prese un lungo respiro e poi continuò.
- Quelli che si vedono nel videotape, Joey. Abbiamo dovuto visionarlo
perchè era accanto al corpo di Lily e...beh abbiamo dovuto
farlo. Io vorrei evitare che lo veda anche tu, e soprattutto Alex...-
Passò un altro secondo di silenzio.
- Cosa si vede in quel videotape Roland?- chiese Alexander rompendo il
silenzio.
Blanche guardò per l'ultima volta Joey, come a chiedergli se
fosse sicuro della presenza di suo figlio lì .
- Parla pure- disse Joey, che aveva capito perfettamente il significato
di quello sguardo.
- Si vede cosa hanno fatto a tua madre, Alex...ed è qualcosa
di disgustoso- si dovette fermare nuovamente per qualche attimo prima
di poter continuare. - Hanno iniziato a registrare non appena sono
arrivati davanti a casa vostra, poi non hanno più smeso fino
a quando sono entrati e...fino a quando Lily non è morta.-
Joey sentì per un attimo mancargli il respiro.
- Si vede cosa le hanno fatto?- chiese con un tono di voce che non
sembrava neanche arrivare dalla sua bocca.
- Sì...sono due malati Joey, due pervertiti...è
meglio che tu non sappia mai cosa hanno fatto alla povera Lily...-
Roland era sul punto di commuoversi. Si portò le mani agli
occhi e li chiuse per un attimo, cercando le forze per continuare.
- Ti abbiamo chiamato qui perchè il video finisce con uno
dei due che lascia un numero di telefono e dice a te che lo devi
chiamare. Stiamo facendo dei controlli ma sembra un numero di cellulare
non registrato, purtroppo non siamo ancora riusciti a risalire neanche
a dove è stato rilasciato e da quale negozio. In ogni modo i
miei colleghi vogliono che lo chiami e che parli con questo Steven di
cui parlano i due uomini nel video, per cercare di capire chi
è.-
- Steven non mi sembra un nome francese...- bisbigliò Joey.
- No infatti non lo è...i due uomini parlano per tutto il
tempo in americano e questo non riusciamo proprio a spiegarcelo. Lily
mi aveva detto che voi due vi eravate conosciuti in America...so
già prima di fartela questa domanda che può
sembrare assurda, ma non è che avevate avuto qualche
problema là in America che non siete riusciti a risolvere?-
Alexander si voltò furioso verso suo padre e stava per dire
qualcosa prima che Joey lo interrompesse per rispondere in modo secco -
No Roland, niente di quello che tu o i tuoi colleghi possiate pensare.
Ce ne siamo andati via dall'America per altri motivi.-
L'agente davanti a lui sospirò. - Devi comunque chiamare
quel numero e parlare con la persona che si chiama Steven. I due uomini
nel video dicono che è stato lui a...mandarli da Lily.-
Tutto tornava. Il timore che Joey aveva avuto fin da subito, ovvero
quello della vendetta di qualcuno che si era lasciato alle spalle in
America, si era fatto realtà.
- Puoi anche rifiutarti ovviamente...ma è importante per le
indagini avere più informazioni possibili e tu potresti
chiedere a questo Steven chi è, così da poter
partire da qualcosa per le nostre indagini.-
Joey, completamente perso nei suoi pensieri, sentì per un
attimo la voce di Roland estremamente lontana.
- Certo, certo. Lo dobbiamo chiamare ora?-
- Sì, al piano di sopra i miei colleghi sono già
pronti con tutti gli apparati di cui c'è bisogno per
rintracciarlo.- si fermò per un momento guardandolo negli
occhi. - Se vuoi Joey possiamo anche fare un altro giorno, io non
vorrei che...- ma fu subito interrotto.
- Chiamiamolo ora, Roland, e cerchiamo di capire chi è
questo...uomo.- dovette sforzarsi a lungo per non usare parole volgari.
Blanche annuì e si alzò, chiedendogli di
seguirlo. Portò lui e suo figlio al piano superiore in una
grande stanza piena di computer, dove molti agenti sembravano aspettare
solo loro. C'erano fogli e cavi sparsi ovunque sulle scrivanie,
qualcuno anche abbandonato per terra. Alcuni dei presenti si alzarono
per portare le proprie condoglianze ai due Jacquet, altri invece
rimasero alle loro postazioni preparando tutto ciò che era
necessario per poter rintracciare questo misterioso Steven.
- Joey ti presento Labarthe, è lui che si
occuperà del lato tecnico della telefonata che
stiamo per fare- Blanche gli presentò un uomo di circa
trent'anni che gli porse subito la mano.
- Buongiorno signor Jaquet. Come credo che l'agente Blanche le abbia
già detto, è ovviamente necessario acquisire
più informazioni possibili da questa persona, quindi
dovrebbe cercare di farlo parlare il più possibile. Domande
come chi è o perchè ha voluto inviare i due
uomini del video devono essere le prime a essere fatte, poi le altre ve
le suggeriremo noi mentre parlerà al telefono.-
Joey annuì, guardandosi attorno sorpreso dalla
quantità di computer presenti nella stanza. Fissò
il microfono che gli indicarono come quello che doveva utilizzare per
parlare durante la chiamata e si sentì incredibilmente
vecchio, fuori da tutto quel mondo di indagini tecnologiche di cui non
sapeva nulla.
- Te lo chiedo per l'ultima volta, sei sicuro di volerlo fare proprio
oggi? Per noi non c'è problema possiamo anche rimandare a un
altro giorno non c'è...-
- Non ti preoccupare Roland, ce la posso fare. Fate pure quel numero.-
Roland sospirò, dopodichè si sedette anche lui e
guardò con ansia Labarthe che dava il segnale ai suoi uomini
per far iniziare la telefonata e la registrazione. L'audio si sarebbe
sentito in tutta la stanza grazie a quattro grosse casse presenti su
una delle tante scrivanie.
Suonò libero per due squilli, dopodichè qualcuno
rispose.
E si sentì una profonda risata.
- Ahaha oddio Dagger,
pensavo che non mi avresti più chiamato!-
Se c'era ancora un piccolissimo dubbio che ad organizzare l'assassinio
di Lily non fosse stato qualcuno che conosceva Joey, in quel momento
sparì completamente. Lo aveva chiamato proprio Dagger, gli unici
che lo conoscevano con quel soprannome erano coloro con cui Joey aveva
"lavorato" quando viveva ancora in America.
- Scommetto che non ti sei fatto sentire prima perchè solo
adesso la polizia ti ha parlato di quel video vero? Beh è un
peccato se non te lo fanno vedere, avevo ordinato ai miei uomini di
girarlo proprio perchè tu potessi vedere cos'hanno fatto a
tua moglie...-
Joey si sentì avvampare di rabbia. Non conosceva la voce che
stava parlando, era troppo giovane per essere qualcuno della sua
età.
- Eddai non mi dici niente Dagger?
Ah no aspetta, com'è che ti fai chiamare adesso? Joey
Jacquet se non sbaglio...- seguì un'altra risata. - Dimmi
una cosa, com'è che hai scelto proprio la Francia? Con tutti
i bei posti che ci sono in Europa...certo non si starà mai
come in America, ma proprio la Francia non la capisco come scelta...-
La maggior parte dei tecnici presenti in sala si voltò verso
Labarthe, che a sua volta guardò Blanche. Il povero Rolan
non potè che alzare le spalle, neanche lui aveva idea di chi
fosse la persona che stava parlando o del come mai dimostrasse
così tanta familiarità con Joey.
- Avanti dimmi qualcosa...posso immaginare che la polizia sia
lì tutta attorno a te per cercare di capire chi sono o dove
mi trovo, ma non pensavo che tu volessi veramente collaborare con loro.
Sei invecchiato, certo, ma un tempo non avresti mai fatto una cosa del
genere- e scoppiò l'ennesima risata, questa volta
accompagnata da altre due o tre voci in sottofondo.
Joey si chinò in avanti lentamente per avvicinarsi al
microfono.
- Sei tu Steven?- chiese in americano. Blanche notò un forte
accento del sud nella sua voce, oltre all'ottima pronuncia delle parole.
- Oh finalmente ti decidi a parlare! Certo che sono io, Joey-
scandì lentamente le parole che componevano il suo nome, con
un vago tono denigratorio. - Però per ovvie ragioni non ti
posso dire anche il cognome...capirai, non è vero?-
- Mi devi dire una cosa sola- rispose Joey alzando leggermente il tono
di voce. - Dove ti trovi.-
Appena Labarthe sentì "solo una cosa" alzò
immediatamente gli occhi su di lui, guardandolo sorpreso.
- Ci credo che tu lo voglia sapere, vecchio bastardo! Sono sicuro che
tu non vedi l'ora di venire qui ad ammazzarmi vero?-
Joey, che fino a quel momento era rimasto calmo, scoppiò in
un urlo di rabbia. - DIMMI DOVE SEI FIGLIO DI PUTTANA!-
Tutti i presenti in sala sussultarono all'unisono.
A Roland non parve vero che l'uomo che aveva al suo fianco era
veramente Joey Jacquet. Lo aveva sempre visto come un uomo sicuro di
sè, quello certamente, ma mai in vent'anni lo aveva sentito
urlare così. Era sembrato quasi più un ruggito
che non un urlo, talmente tanta aggressività aveva potuto
sentirci dentro.
Seguirono un paio di secondi di silenzio in cui nessuno
fiatò, nemmeno la voce al telefono. Poi riprese.
- Ehy Dagger,
vedi di fare meno lo stronzo. Se sei ancora in vita è solo
perchè io ho voluto così, ricordatelo- Sembrava
che anche questo Steven fosse rimasto colpito dal tono di Joey, visto
che aveva ripreso a parlare in modo molto più pacato.
- Vuoi venire qua eh? Va bene Joey o come diavolo ti fai chiamare
adesso. Ti ricordi della prigione nella quale ha lavorato tua moglie
quando era qua in America vero? Ecco, diciamo che ti lascio qualche
giorno per piangere sulla sua tomba dopodichè ti aspetto
proprio lì davanti, all'ingresso. Facciamo a quattro giorni
a partire da oggi, a mezzogiorno.-
- Come ti riconosco?- chiese Joey che sembrava essersi momentaneamente
calmato.
- Non ti preoccupare, ti riconosco io. Addio- e la telefonata si
interruppe.
Per un attimo ognuno dei tecnici presenti nella sala si
guardò attorno, come se non avesse capito nulla di
quell'assurda conversazione. Labarthe si alzò e dal suo
sguardo si poteva capire che era furioso.
- Ma per la miseria Jacquet, che diavolo è successo? Doveva
parlare con lui, farsi dare informazioni!-
Joey, senza neanche degnarlo di uno sguardo, si alzò e si
diresse verso la porta d'uscita.
- Andiamo Alex- disse a bassa voce. Suo figlio rimase per un attimo
ancora seduto, dopodichè si alzò velocemente e lo
seguì. Appena uscirono dalla stanza Roland gli corse subito
dietro urlando.
- Ehy Joey, non te ne puoi mica andare così! Devi dirci
cos'è successo! Chi è questo Steven?
Dov'è che Lily ha lavorato quando era in America?-
Ma Joey non rispose. Scese velocemente le scale e uscì dalla
centrale di polizia a passo molto svelto. Doveva organizzare per bene
quei quattro giorni che gli rimanevano, dopodichè sarebbe
partito per tornare in America, paese che si era lasciato alle spalle
per venti lunghi anni.
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Capitolo 4 *** Capitolo III ***
- Chi è questo Steven?-
- Quand'è che mi dai le chiavi di casa?-
- E Dagger?
Perchè si appellava a te in questo modo?
- Le chiavi? Voglio anche sapere di Lily, quand'è che
possiamo farle il funerale?-
- Oh insomma smettila Joey!-
Il povero Roland stava iniziando a perdere la pazienza. Joey non
rispondeva neanche a una delle sue domande e questo lo stava
facendo innervosire.
- Possibile che tu non capisca l'importanza di ciò che
è successo durante quella telefonata? Se non rispondi a me
devi sapere che queste stesse domande te le faranno i miei colleghi e
non saranno gentili come me nel porgertele!-
Joey sbuffò.
- Non ho idea di chi sia quel pazzo e non ho neanche idea del
perchè mi chiamasse così.-
- Però tu gli rispondevi quando ti appellava in quel modo!
Inoltre gli hai subito detto che lo raggiungerai, come se conoscessi
benissimo il posto a cui si riferiva!-
- A proposito di quel posto, devi ancora darmi il videotape. Lo devo
vedere.-
Al solo ricordo di quel video Roland si ammutolì.
- Joey credimi...non è il caso....-
- Agente Blanche- rispose lui alzando la voce. - Esigo delle risposte.
Voglio sapere quando potrò rietrare in casa mia, voglio
sapere quando potrò organizzare il funerale di mia moglie e
voglio quel video.-
Davanti a tanta insistenza, Roland abbassò lo sguardo
scuotendo appena la testa.
- Oggi pomeriggio puoi ripassare che ti daremo le chiavi. Gli esami sul
corpo di Lily sono finiti, dobbiamo solo attendere i risultati delle
analisi. Se non dovesse risultare nulla di anomalo domani potrai
riaverla.-
- E per quanto riguarda il videotape?-
- Ti farò trovare anche quello questo pomeriggio quando
passerai. Ovviamente ti daremo una copia visto che l'originale la
dobbiamo tenere noi.-
Joey si alzò, soddisfatto delle novità che gli
erano appena state comunicate. Era il primo giorno dei quattro che
Steven gli aveva concesso, era importante riuscire a fare tutto quello
che doveva prima di partire.
Si alzò dalla sedia e fece per andarsene.
- Joey guarda che quello che ti dicevo prima era vero...presto verrai
contattato dai miei colleghi che ti dovranno fare le mie stesse
domande...-
Roland ottenne come risposta solamente un cenno di saluto con la mano.
Joey non poteva perdere tempo con un agente come Blanche, anche se era
un vecchio amico di famiglia. Steven era stato chiaro quando gli aveva
parlato al telefono, aveva detto "sei ancora vivo solo
perchè l'ho voluto io" facendogli intendere che o faceva
esattamente quello che voleva, oppure molto presto ci sarebbe stato un
altro morto.
Tornò in albergo e iniziò a mettere vie le poche
cose che aveva comprato negli ultimi giorni. Quello stesso giorno
sarebbe tornato a casa sua, l'indomani avrebbe finalmente riavuto il
corpo di Lily e il giorno seguente le avrebbe potuto dare una giusta
sepoltura. Dopodichè avrebbe potuto prendere l'aereo e
tornare in America ad incontrare questo misterioso Steven.
Entrò in stanza e non trovò Alexander. Gli
tornò in mente il dialogo che aveva avuto con lui il giorno
precedente, quando erano usciti da poco dalla centrale ed erano ancora
in macchina per tornare in albergo.
- Papà?- gli aveva chiesto lui.
- Dimmi Alex- aveva risposto Joey senza alcuna emozione.
- Tu...sai chi è questo Steven...vero?-
- No Alex, non lo so-
Il ragazzo rimase qualche secondo in silezio, dopodichè
riprese.
- E adesso cosa facciamo?-
- Prenderò un aereo e mi recherò a
quell'incontro, come abbiamo concordato mentre eravamo al telefono-
Alexander non riusciva a spiegarsi se ciò che lo turbava di
più era il tono distaccato che aveva suo padre oppure
ciò che stava dicendo.
- Come...cosa intendi dire per "mi recherò a
quell'incontro?" Mi vuoi lasciare qui da solo?-
- Non c'è altra soluzione Alex.-
- Ma come? Vuoi veramente andare ad incontrarlo? Ma quello ti ammazza
se ti vede!-
Joey si lasciò scappare un sorriso.
- No che non mi ammazza Alex. O per lo meno non lo farà
subito.-
Suo figlio lo guardava rapito, senza capacitarsi delle parole che stava
sentendo.
- Pe...perchè?-
- Perchè se avesse voluto farmi fuori l'avrebbe
già fatto con i due bastardi che ci sono nel video, ecco
perchè. Inoltre ha accuratamente evitato di chiamarmi per
nome durante la telefonata, quindi non vuole neanche che io venga
arrestato. Mi vuole lì da lui sano e salvo, questo
è poco ma sicuro.-
A quel punto Alexander disse qualcosa che Joey non si sarebbe mai
aspettato.
- Se è così che stanno le cose allora voglio
venire con te-
Joey si voltò immediatamente a guardarlo, stupito da una
tale reazione. Mise la freccia ed accostò la macchina,
fermandosi.
- Stammi bene a sentire- gli disse slacciandosi la cintura e girandosi
verso di lui. - Ciò che hai ascoltato oggi fa parte di un
mondo che non conosci ed è il caso che tu continui a non
conoscere. Ci siamo intesi?-
- Ma quella persona ha ucciso la mamma!- esclamò con tono
disperato. - Cosa posso fare io qua da solo?-
- Sei un ragazzo in gamba Alex, sono sicuro che te la caverai.-
- No no no no!- ribattè lui nascondendosi il viso fra le
mani.
Joey rimase per un attimo a guardarlo senza dire nulla. Era come se
quel momento se lo fosse già immaginato molte volte nella
propria mente prima che succedesse realmente.
- Tu vivrai la tua vita, Alex, e sarai felice. Starai fuori da tutto
marciume in cui ho vissuto io e che tua madre ha condiviso per qualche
tempo per colpa mia. La tua sarà una vita migliore della
nostra, è giusto che vada così.-
Si girò e rimise in moto la macchina. Alexander stava ancora
cercando di trattenere le lacrime e non gli rispose.
***
- Signor Jacquet, prima di riconsegnarle le chiavi di casa intendo
presentarle il tenente Jean Dastè, colui che è a
capo dell'indagine che riguarda il suo caso.-
Roland Blanche si stava sforzando di mostrarsi il più
professionale possibile.
L'uomo che gli aveva appena presentato era sulla cinquantina,
incredibilmente grasso e dall'aria antipatica.
- Piacere- disse Joey allungandogli una mano.
- Poche storie signor Jacquet- rispose lui con un tono estremamente
arrogante, - mi sto facendo un'idea abbastanza chiara di ciò
che è successo e non mi piace per niente.-
Joey ritirò immediatamente la mano.
- Ovvero?-
- Ovvero abbiamo fatto qualche ricerca sui due uomini che si vedono nel
video e abbiamo contattato anche la polizia americana- si
fermò guardandolo con una vaga aria di disprezzo. - E
indovini un po' signor Jacquet? L'unico dei due che si vede abbastanza
bene per essere riconosciuto si chiama John Roukis, un tipo che
è già stato un paio di volte in carcere per reati
minori. La polizia della contea di St.Claire è sulle sue
tracce da tempo, nonostante non siano mai riusciti ad incastrarlo per
qualche reato serio sono sicuri che sia un uomo abbastanza importante
per la criminalità locale.-
Fece una pausa e lo guardò, attendendosi forse una sua
particolare reazione.
- E quindi?- rispose Joey alzando appena un sopracciglio.
- E quindi un uomo come quello non si scomoda dall'America per venire
fino a qua per niente, mio caro signor Joey Jacquet. Ci deve essere
qualcosa sotto.-
Dal suo tono di voce era chiaro che aveva intuito qualcosa.
- Cosa intende dire esattamente?-
- Intendo dire che se Roukis è venuto in Francia per
ammazzare sua moglie è perchè o quella donna o
lei avete fatto arrabbiare qualcuno delle sue parti, qualcuno di
abbastanza importante da potersi permettere di spedire un proprio uomo
fin qui.-
- Non vi seguo tenente Dastè- rispose Joey con assoluta
calma.
- Ci sarà tempo per spiegarsi, non si preoccupi. Nel
frattempo lei è stato inserito fra le persone che dovremo
interrogare, quindi non potrà ovviamente uscire dal nostro
paese fino a quando non glielo diremo noi.-
- Certamente- rispose subito Joey. Il suo tono freddo e distaccato
aveva colpito Dastè che probabilmente si aspettava un altro
tipo di reazione.
- E non le dispiace questo?-
- No. Perchè dovrebbe?-
Dastè iniziò a dare evidenti segni di nervosismo.
- Perchè ho parlato con Labarthe e mi ha riferito
com'è andata la telefonata! Non mi prenda per il culo signor
Jacquet, lei sta pensando di lasciarci tutti qua e partire per
l'America!- sbottò alzando la voce.
Joey spostò lo sguardo sulle chiavi che Dastè
teneva nella mano sinistra.
- Immagini quello che vuole, io ora ho solo bisogno di tornare a casa
mia. Posso?- chiese indicando le chiavi.
- Lo accompagno io se non ti dispiace Jean- disse Blanche interrompendo
quel brutto momento. - Se me le dai lo riaccompagno io.-
Dastè lanciò un ultimo sguardo gelido a Joey,
dopodichè senza staccargli gli occhi di dosso
passò le chiavi a Blanche.
- Ci rivediamo presto, signor Jacquet- gli disse con tono furibondo.
Non appena se ne andò Blanche e Joey uscirono dalla centrale
e si diressero verso la macchina in cui c'era Alexander che questa
volta aveva deciso di aspettare fuori.
Non appena arrivarono nei pressi della loro casa Roland
iniziò a parlare.
- Ti devo dire un paio di cose. La prima è che abbiamo
ovviamente dovuto togliere la moquette dalla scala, quindi quando
entrerai non la troverai più. Abbiamo riparato poi la
serratura della porta grazie ad alcuni nostri collaboratori e ci
sarebbe infine il sangue sulle pareti e sulla balaustra da sistemare.
Abbiamo delle agenzie che collaborano con noi per situazioni come
queste, se vuoi ti posso mettere in contatto con una di loro-
- Sì, ti ringrazio.-
Parcheggiò la macchina davanti al garage,
dopodichè continuò.
- E ora come torni indietro?-
- Oh non c'è problema, mi faccio volentieri quattro passi.
Promettimi però una cosa Joey- gli chiese guardandolo con
occhi pieni di speranza. - Promettimi che non farai stupidaggini ok?-
- Ok- rispose come al solito senza lasciar trapelare emozioni.
- Va bene. Allora ci vediamo domani per Lily ok?-
- Va bene. Ah Roland...-
- Sì Joey?-
- Il videotape...-
Blanche si lasciò sfuggire uno sguardo preoccupato,
dopodichè estrasse dalla tasca una piccola cassetta.
- Come vuoi Joey. Cerca per lo meno di evitare di farlo vedere al
ragazzo- aggiunse indicando con la testa i sedili posteriori dove era
seduto Alexander.
- Sarà fatto.-
- E un ultima cosa Joey...promettimi che non farai stupidaggini ok?-
Joey annuì e due si salutarono. Alexander seguì
silenziosamente il padre fino a quando non arrivarono davanti alla
porta d'ingresso. Appena entrati avvertirono immediatamente un odore
forte, forse a causa delle sostanze che i poliziotti avevano usato per
rilevare chissà quale indizio.
- Papà- chiamò Alex.
- Dimmi-
- Cosa intendeva prima Roland per "non farai stupidaggini"?
- Si riferiva al fatto che Dastè mi ha detto di non lasciare
il paese.-
- Chi è Dastè?-
- E' lo sbirro che sta indigando su quello che è successo
alla mamma-
Alexander lo guardò stupito.
- E come farai allora?-
- La scorsa estate mi sono imbattuto quasi per caso in un'altra
identità utilizzabile, non dettagliata quanto la nostra ma
comunque utilizzabile qua in Francia. All'aereoporto userò
quella, poi una volta in America tornerò semplicemente ad
essere James Hawk.-
Al sentire che non aggiungeva nulla, Alex si preoccupò.
- E cosa intendi fare quando la polizia lo verrà a sapere?-
Joey scrollò le spalle.
- Quando lo verrà a sapere io sarò già
in America-
- Sì ma...-
Joey lo interruppe.
- Alex, non ti preoccupare di queste cose. Stai più che
altro attento a quello che dirai nella chiamate che farai da oggi in
poi ok?-
- Perchè?-
- E' probabile che i nostri telefoni siano sotto controllo-
Alexander dovette prendere una sedia e sedersi.
- Intendi dire che spieranno tutte le nostre conversazioni? E
perchè lo dovrebbero fare?-
- Perchè mi è stato detto chiaramente che sono un
sospettato e questa è la prassi.-
Il ragazzo si lasciò scappare un sospiro.
- Quando ritroveremo la pace, papà?-
Joey scosse la testa.
- Per quelli come me la pace non esiste, figlio mio. Mi devo
già ritenere fortunato degli ultimi vent'anni che ho
vissuto, ora è arrivato il momento di fare i conti con la
realtà.-
Notando lo sguardo del figlio si rese conto di essere stato troppo
diretto e duro.
- Ma tu non ti devi preoccupare. Tu avrai la tua vita tranquilla e
serena, sei un ragazzo intelligente e giudizioso, so che non mi
deluderai.-
- Papà...-
- Sì?-
- Parli sempre come se già sapessi che non tornerai vivo
dall'America...-
Joey lo guardò e notò nuovamente la tristezza nel
suo sguardo.
- Ora sali e metti a posto le cose che ci siamo portati dietro
dall'albergo, siamo finalmente a casa, pensiamo solamente a questo.-
***
Digitò il numero sul cordless, dopodichè
partirono i primi squilli.
- Pronto?-
Era Malcom, Joey ringraziò il fato che a rispondere non
fosse stata Morgana.
- Ciao Malcom, sono Joey. Ti chiamo per dirti che domani sera
potrò riavere il corpo di Lily, quindi dopodomani ci
sarà il funerale-
- Così presto?- fu l'immediata risposta del suo
interlocutore.
- Hanno detto di aver finito gli esami quindi ormai me la possono
ridare, hanno detto che...-
- No non intendevo quello, mi riferivo al fatto che si farà
il funerale già dopodomani-
Joey rimase un attimo in silenzio, cercando le parole giuste per
giustificarsi.
- Sono io che ho un problema Malcom...fra tre giorni ho già
un biglietto prenotato per l'America, non posso rimanere qua per altro
tempo.-
- Parti per l'America? E per quale diavolo di motivo?- La voce di
Malcom apparve fortemente nervosa, il comportamento di Joey sembrava
non rendere giustizia al triste dramma che era successo a Lily.
- E' una storia lunga Malcom...e non posso parlarne al telefono.
Già per dirti questo ho dovuto rispolverare un'antico numero
che non usavo più da anni...-
- Se non ti spieghi Joey non posso capirti. Perchè non mi
stai chiamando dal tuo numero?-
- Lascia perdere Malcom, ti spiegherò tutto quando verrete
qui. Arriverderci.-
Mise fine alla telefonata. Malcom aveva tutto il diritto di arrabbiarsi
nei suoi confronti, il comportamento che stava adottando non era certo
dei migliori. Non sembrava mostrare tatto nè tantomeno
interesse per ciò che stava succedendo e questo portava le
persone che lo guardavano ad avere due tipi di reazioni: o ne venivano
spaventati o ne venivano infastiditi.
D'altra parte Joey non poteva farci niente, erano finiti i tempi in cui
poteva permettersi emozioni. Aveva avuto questa fortuna per venti
lunghi anni, ora era tempo di riportare la propria vita ai livelli di
un tempo.
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Capitolo 5 *** Capitolo IV ***
nydrali, ben ritrovata! mi chiedi se sono voluti tutti questi capitoli antecedenti alla partenza? diciamo nì, ecco :) la verità è che da una parte è vero, ci sto mettendo forse un po' troppo (e questo è l'ultimo capitolo, lo giuro!), da un'altra invece mi interessava proprio esaminare cosa succedeva sia nella mente di Joey che alla polizia del luogo, visto che comunque c'è stato un omicidio piuttosto violento e non spenderci due parole mi sarebbe sembrato piuttosto irreale.
Monnis, come hai anche potuto leggere in "anteprima", ecco il nuovo capitolo ;)
Non appena Joey fu sicuro che Alexander avesse preso sonno si mise
subito a guardare il video che Blanche gli aveva dato.
Il video iniziava con una ripresa dentro una macchina dalla quale si
vedeva che il veicolo stava percorrendo la via che portava alla loro
casa. - Ok, eccoci qua a girare questo reportage su...- la voce
fuoricampo si interrompeva subito in una grassa risata,
dopodichè riprendeva - un reportarge su come ammazzare la
moglie di Dagger- poi seguiva un minuto di silenzio in cui continuava a
vedersi solamente la via che pian piano finiva. La ripresa era molto
disturbata e Joey si chiese se era colpa di una videocamera di scarso
valore oppure della copia di Blanche che era stata realizzata male.
La macchina arrivò davanti a casa sua e si fermò.
La videocamera fu presa e portata fuori dall'abitacolo, poi la stessa
voce di prima riprese a parlare. - Benissimo, sono le ore...- si vide
un orologio da polso inquadrato - 23:03 per l'esattezza- e
scoppiò nuovamente a ridere. - E io sono John
Roukis, piacere Dagger!- la videocamera fece un giro di 180°
inquadrando il suo stesso operatore.
Da quei pochi secondi in cui Joey potè guardare in faccia
Roukis notò che aveva un'espressione da tossico come non ne
vedeva da tempi, con tanto di barba sfatta e giubbotto mal messo sulle
spalle.
La videocamera ruotò nuovamente e tornò a
inquadrare casa sua mentre i due si avvicinavano a passo svelto verso
la porta. - Mi scuserai, Dagger, se non inquadro anche il mio amico qui
accanto, ma lui non vuole casini con la polizia e quindi non vuole
essere ripreso-
Arrivarono davanti alla porta di casa e dall'inquadratura si vide che
l'altro che camminava affianco di Roukis si appoggiava con la fronte
sul vetro della porta, inquadrato da dietro, cercando di guardarci
dentro per vedere qualcosa. Probabilmente ebbe esito negativo visto che
la videocamera si spostò e fece il giro della casa. - Ci
sarà una finestra aperta no?- sussurrò Roukis. -
Oh ecco, questa fa al caso nostro- l'inquadratura rimase su una
finestra ad altezza uomo che fu subito raggiunta dal compare di Roukis.
Questo si tolse il giubbotto, lo appoggiò contro il vetro e
tirò un pugno, rompendola provocando pochissimo rumore. Si
rimise lentamente il giubbotto, dopodichè
armeggiò un po' con la serratura e poi la aprì
completamente. - Ok si entra Dagger!
Ora viene il bello!- la voce di Roukis pareva eccitata.
Appena entrati l'inquadratura si mosse un po' a destra e a sinistra, ma
la stanza era buia e non non si riusciva a mettere a fuoco bene.
Nonostante la pessima qualità del video Joey riconobbe il
soggiorno e si stupì del fatto che sua moglie non fosse
lì a vedere la tv.
Si sentì anche una leggera botta, seguita immediatamente da
una imprecazione dell'uomo che era appena entrato insieme a Roukis. -
Dannazione John! Stai attento!- lo rimproverò. -
Sì hai ragione, scusa...- rispose Roukis, iniziando
immediatamente a ridere. Era chiaro che era ubriaco o drogato
perchè sembrava ipereccitato da qualsiasi cosa faceva o
riprendeva.
I due si spostarono lentamente dal soggiorno all'ingresso, ma
continuarono a vedere buio nella casa. - La puttana deve essere di
sopra allora- si sentì la voce del compare di Roukis.
Iniziarono a salire un paio di gradini ma si fermarono immediatamente
perchè si sentì la voce di Lily. - E voi chi
diavolo siete?-
Joey notò dal tono che era terribilmente spaventata.
Probabilmente li doveva aver sentiti entrare ed era corsa al piano
superiore per prendere la pistola che lui stesso le aveva comprato.
"Questa è per i casi di emergenza, casomai dovesse succedere
qualcosa" le aveva detto Joey quando gliela aveva comprata. Lei aveva
cercato di rifiutarla dicendo che non voleva avere un'arma in casa, ma
alla fine si convinse che non era un'idea troppo sbagliata. Joey si
ritrovò a sperare che fosse corsa di sopra per prenderla,
come se ignorasse come fosse tragicamente finita l'irruzione dei due
assassini.
- Ehy bellezza, noi siamo amici di Dagger,
tuo marit- ma l'uomo non riuscì neanche a finire di
pronunciare la parola che si sentì uno sparo. - Porca
puttana!- si sentì immediatamente dopo e la videocamera fu
lasciata cadere, finendo per inquadrare uno scalino della scala. Si
sentì immediatamente un secondo sparo e poi un tonfo. Joey
poteva solo sentire ciò che accadeva intorno
poichè la videocamera sembrava essere stata abbandonata.
- Per la miseria John, quella troia mi ha sparato!- diceva il compare
di Roukis. - L'hai beccata tu?- si sentì uno sforzo nella
sua voce, probabilmente stava cercando di alzarsi. - Sì
certo, aspetta che vado a vedere se è morta.- Si
sentì il rumore sordo dei passi che corrono sopra la rampa
di scale coperta dalla moquette. Poi un gemito di sofferenza. - No,
è ancora viva- ora la sua voce si sentiva lontana, era
salito al piano superiore, mentre la videocamera era ancora abbandonata
sui primi gradini.
Roukis tornò giù e la riprese in mano, tornando a
mostrare ciò che vedeva lui. La scala si vedeva lievemente
illuminata da una luce che veniva dal corridoio superiore,
probabilmente una stanza con la luce accesa era stata lasciata con la
porta aperta. L'inquadratura andò sul compare di Roukis, che
per via della penombra continuava a non vedersi in volto. Si teneva con
una mano una spalla, dove probabilmente Lily gli aveva sparato.
Entrambi finirono di salire la scala e arrivano ad inquadrare il suo
corpo riverso per terra. - Ma che cazzo, non l'avrai mica ammazzata
vero?- chiese l'uomo insieme a Roukis. - Non lo so, non credo...prima
si muoveva...- l'altro stava per rispondere quando Lily si
mosse e cercò di raggiungere la pistola che le era caduta
poco lontana. L'uomo mai inquadrato in volto fu lesto a darle un calcio
allontanandogliela, poi ne diede uno anche a Lily. - Per la miseria,
altro che morta! Questa stava riprendendo quella fottuta pistola per
spararci!- Roukis con la videocamera non era riuscito a seguire bene
l'azione, l'inquadratura si era mossa velocemente e si potè
solo intuire cosa era successo. - E' proprio la moglie di quel pezzo di
merda, c'è poco da fare. Magari l'ha addestrata lui..- aveva
aggiunto Roukis. - Beh, meglio così no? Se è viva
ci si diverte di più!- aggiunse subito dopo. - Certamente.
Sai cosa devi fare?- gli chiese quell'altro. Così Roukis si
sedette sulle ginocchia di Lily, che con le ultime forze stava ancora
cercando di trascinarsi il più lontano possibile dai due
assassini, mentre l'altro le si sedeva sul petto iniziando ad estrarre
un coltello da barbiere. Roukis, che era dietro di lui, riprese
solamente la sua schiena curvarsi di un poco verso il volto di Lily e
si iniziarono a sentire le grida. Inquadrato da dietro l'uomo aveva
iniziato la sua lenta tortura, Joey aspettò per
circa un minuto che la situazione cambiasse ma non si vedeva altro che
la schiena dell'uomo ricurva sul corpo di Lily e le sue urla di dolore,
quindi decise di mandare avanti il video. Schiacciò
nervosamente sul telecomando fino a quando non vide che l'uomo si
alzava dal petto di sua moglie. Lasciando libera la visuale del volto
di Lily, Joey potè vedere almeno una trentina di tagli,
praticamente ovunque su tutta la faccia ad eccezione degli occhi. I
gemiti e le lacrime di sua moglie costrinsero Joey a togliere l'audio,
semplicemente non ce la faceva a sentirla disperarsi in quel modo.
Ciò che vide dopo, una volta che Roukis si alzò
dalle sue ginocchia controllando che Lily fosse ancora viva,
fu lo stesso operatore iniziare a slacciarsi la cintura, azione che
fece definitivamente spegnere la televisione a Joey.
Aveva visto quanto bastava per memorizzarsi la faccia di John Roukis e
la voce dell'altro assassino, altro non gli interessava. Rimosse dal
lettore il videotape che Blanche gli aveva dato e si recò
velocemente in cucina a metterlo dentro un pentolino. Lo
inondò di alcol e dopo aver acceso un fiammifero lo fece
cadere sopra la cassetta che prese immediatamente fuoco.
Nel giro di pochi minuti di quel videotape non era rimasto null'altro
che un cumulo di cenere.
***
Quel giorno iniziò il secondo dei quattro che aveva a
disposizione prima di partire per l'America. Nel tardo pomeriggio
sarebbe andato a recuperare il corpo di Lily e alle 19 sarebbero
arrivati Malcom e Morgana, quindi si apprestò a fare le
chiamate del caso. Contattò l'agenzia funebre e il cimitero
più vicino presente a Forcalquier,
dopodichè si mise a preparare svariate brocche di
caffè per tutti coloro che sarebbero arrivati in serata a
portare le proprie condoglianze a lui e a sua cognata.
Quando finì tutto ciò che doveva fare per
preparare la serata si recò in garage a recuperare il
borsone che avrebbe utilizzato per tornare in America. Lo
tirò fuori da un vecchio scatolone in cui era rimasto per
ben venti lunghi anni, praticamente da quando si erano trasferiti in
Provenza. Era un grosso borsone militare color sabbia che usava spesso
in Alabama quando si spostava e aveva bisogno di portarsi dietro
parecchie armi. Questa volte le armi non le poteva più
usare, visto che sarebbe dovuto passare sia dal check-in dell'aereporto
francese che da quello americano, ma pensò ugualmente che
fosse la scelta più giusta per il viaggio. Voleva portarsi
dietro meno oggetti possibili che gli ricordassero la Francia e Lily,
anche se già sapeva che sarebbe stato impossibile non
pensare a lei e ad Alexander.
Quando arrivò l'ora di recarsi in centrale
trovò Jean Dastè pronto ad aspettarlo.
- Oh, il signor Jacquet. E' qua per sua moglie, vero?- Indossava lo
stesso impermeabile scuro e lo stesso cappello che gli aveva visto
addosso la volta precedente, sembrava non si fosse minimamente
cambiato.
- Esatto e avrei una certa urgenza di farlo, se non le dispiace-
rispose Joey continuando a camminare.
- Ma certo, si figuri! Le volevo solo dire che la polizia di tutta
St.Claire è all'opera per trovare l'assassino di sua moglie,
quelli non scherzano, ci sanno fare! Vedrà che in poco tempo
glielo troveranno- poi, visto che Joey faceva finta di non sentire,
aggiunse - così non dovrà andare lei a prenderlo
fino in America, eh signor Jacquet?- e a quel punto Joey si
fermò.
- Le ho già detto che non intendo espatriare-
- Certamente, certamente..- gli rispose Dastè avvicinandosi
ancora di più. - Non farebbe mai una cosa così
idiota vero?-
- Mai- rispose Joey guardandolo storto. Fortunatamente per lui questa
fu l'ultima battuta che dovette subire e riuscì ad andarsene
per raggiungere il reparto decessi.
Firmò i documenti che doveva e seguì in macchina
l'auto che portò il corpo di sua moglie fino a casa sua,
dopodichè si preparò a ricevere i vicini e i
conoscenti. Alexander, che era rimasto a casa, scoppiò a
piangere non appena vide la bara di sua madre. I prossimi due giorni
sarebbero stati i più difficili e Joey fu contento che da
lì a poco sarebbe arrivata Morgana, visto che con Alex aveva
sempre avuto un rapporto molto buono.
Rimase per circa un'ora a ricevere tutte le persone che arrivavano per
dare l'ultimo saluto a Lily, dopodichè prese la macchina per
andare all'aereoporto a ricevere Morgana e Malcom. Il loro areo fu
puntale e Joey arrivò giusto in tempo per vederli scendere
da lì. Morgana aveva gli occhi rossi e gonfi, segno evidente
che avesse appena pianto. Ciò che colpiva sempre di lei,
soprattutto quando era giovane ma ancora adesso che aveva quarant'anni,
era un incredibile fascino che rapiva lo sguardo di qualsiasi uomo.
Tutti coloro che l'avevano vista almeno una volta erano finiti per
innamorarsi di lei; non era semplicemente bellissima, possedeva un
incredibile magnetismo in grado di attirare qualsiasi uomo.
Ma per la prima volta quella sera Morgana non mostrava nulla di tutto
questo. Aveva i capelli leggermente spettinati, il vestito nero lungo e
lo sguardo distrutto. Sembrava quasi irriconoscibile.
- Ciao Joey- salutò Malcom con le valigie in mano.
- Ciao Malcom, ciao Morgana...- non riuscì neanche a
concludere il suo saluto che Morgana continuò a camminare
dritto come se non l'avesse neanche sentito.
- Senti Joey...credimi, è meglio se le parli il meno
possibile. So che è brutto da dire, ma tu non puoi neanche
immaginare quanto sia stata male da quando ha saputo di Lily...quindi
lasciala stare ok?-
Joey al sentire queste parole avrebbe voluto rispondere molte cose, ma
dallo sguardo di Malcom capì che non era il caso. Si
limitò a seguirlo fuori dall'aereoporto e poi a condurli in
macchina fino a casa. Sistemarono le loro cose nella stanza degli
ospiti e alla sera Morgana si ritirò nella sua stanza molto
presto. Malcom invece gli chiese di parlare per un attimo in privato.
Uscirono di casa e si sedettero sulle sedie sdraio che c'erano in
giardino. Joey gli raccontò tutta la storia del videotape e
della sua decisione di partire per l'America appena finito il funerale
e Malcom ascoltò l'intero racconto in silenzio.
- Capisco...e di Alexander che mi dici? Vuoi che lo portiamo con noi in
Italia?- gli chiese alla fine.
- Mah- rispose Joey alzando le spalle. - Credo sia abbastanza grande
per decidere da solo, anche se sarei più felice a sapere che
vivrà con voi d'ora in poi.-
Seguirono alcuni secondi di silenzio in cui i due uomini si guardarono,
dopodichè Malcom riprese a domandare.
- Senti Joey, te la posso chiedere una cosa?- la sua voce
risultò titubante.
- Dimmi pure Malcom-
- Ascolta...non penso neanche di poterti convincere a cambiare idea
perchè so che ormai sei più che convinto di
quello che vuoi fare, però permettimi di farti notare una
cosa...ormai hai cinquantacinque anni, non sei più un
trent'enne com'eri ai tempi in cui ti ha conosciuto Lily...cosa credi
di poter fare una volta arrivato in America?-
A Joey scappò un sorriso.
- Certo è vero, sono invecchiato. Ed è anche vero
che ormai non sono più abituato ad uccidere o a scappare da
situazioni mortali come era invece all'ordine del giorno vent'anni fa.
Però non posso ugualmente tirarmi indietro da questa storia,
è in America che è accaduto tutto ed è
lì che devo tornare.-
- Ok ma...ammettiamo per un attimo che tu riesca a trovare la persona
che ha commissionato l'omicidio di Lily, cosa gli farai? Lo ammazzerai
macchiandoti di un altro omicidio? E se anche dovessi farcela senza
riportare alcun danno...quando tornerai qua in Francia come credi che
la prenderà la polizia il fatto che tu sei scappato in quel
modo? Comunque andrà tu perderai!-
- Ma è esattamente quello che sono sempre stato, Malcom....-
aggiunse immediatamente Joey, senza lasciar trasparire alcun sentimento
nella propria voce. -...un perdente, da quando sono nato fino a quando
ho conosciuto Lily. E non cambierò mai, Malcom, al di
là di come finirà questa storia.-
Joey alzò gli occhi al cielo e iniziò a guardare
le stelle, Malcom lo fissò per qualche attimo e poi decise
di fare lo stesso. Una di loro, esattamente sopra le loro teste,
sembrava brillare più di tutte le altre. "Quella
è sicuramente Lily", pensarono entrambi.
***
Il funerale si svolse interamente sotto una leggerissima pioggerellina
che caratterizzò l'intera giornata. I presenti alla
cerimonia furono molti, parecchi in più rispetto a quelli
che si aspettava Joey. Anche quel giorno Morgana non gli rivolse la
parola, sembrava fingere costantemente che lui non esistesse. Joey ne
approfittò per dire tutto quello che aveva in mente durante
il pranzo che si stava svolgendo nel silenzio più assoluto.
- Oggi pomeriggio starò via tutto il tempo, devo
assolutamente andare a trovare una persona prima di partire. Domani
mattina alle otto ho il volo per Birmingham, quindi non so se ci
rivedremo più.-
Tutti i partecipanti smisero all'unisono di mangiare, rimanendo in
silenzio per qualche secondo.
- E si può sapere dove vorresti andare?- gli chiese Morgana
alzando gli occhi per la prima volta su di lui.
- Devo andare a Manosque ad avvertire una persona della mia partenza-
- E certo! E a noi non pensi?- Morgana alzò la voce e Malcom
accorgendosene le mise subito una mano sopra la sua.
- No Malcom stavolta non starò zitta! Gli dirò
tutto quello che penso!-
Morgana stava proprio per scoppiare e Joey stupì tutti
alzandosi dalla sedia.
- Non c'è bisogno che mi dica niente, so benissimo quello
che pensi di me. Me lo hai già detto più volte in
passato, sarebbe inutile ripetersi.-
Morgana lo guardò allibita dirigersi verso l'appenaditabiti.
Joey prese il giubbotto e aprì la porta.
- Se domattina non ci dovessimo vedere, addio figliolo- disse spostando
appena lo sguardo verso Alexander. Dopodichè si chiuse la
porta alle spalle e si diresse in garage a prendere la macchina.
C'era veramente un'ultima persona che doveva incontrare e quella
persona era Liu Shulan, colui a cui Joey si era rivolto cinque anni fa.
Lily lo aveva avvisato di questa nuova palestra in cui venivano
insegnate una gran quantità di discipline orientali, dette
comunemente arti marziali, scherzando sul fatto che lui avrebbe dovuto
iscriversi per rimanere in forma. "Anzichè fare tutti i
giorni quelle flessioni e quegli addominali da solo", gli
diceva, "perchè non vai a farli in palestra con loro? Magari
se non fate niente di troppo violento posso venire anche io!" e in
pratica l'aveva costretto a recarsi a Manosque per interessarsi delle
tariffe e delle discipline insegnate.
Joey allora si era recato in quella palestra, per niente convinto del
valore di "quelle cose da cinesi", sperando che Lily si fosse ricreduta
presto e che non avesse voluto veramente andarci con constanza.
All'ingresso della palestra aveva notato una moltitudine di coppe
premio dalle più svariate città italiane e non,
quasi tutte vinte da un certo Liu Shulan. Fu proprio mentre le
osservava che Liu gli si avvicinò. - Belle, non è
vero?- Joey si voltò di scatto, accorgendosi solo in quel
momento della sua presenza. L'uomo che aveva davanti a sè
era più basso di lui di almeno venti centimetri, magro e con
i capelli tutti bianchi. Joey per tutta risposta alzò le
spalle, abituato ancora ai modi ben poco educati che aveva a quei
tempi. - Sono qua solamente per sapere quanto costate, nient'altro- gli
aveva risposto lui. Liu Shulan non sembrò sorpreso dalla sua
risposta e si mise a fissarlo ancora più intensamente. - Lei
non crede nel valore delle nostre discipline, vero?- poi, senza neanche
dargli il tempo di rispondere, gli chiese - le andrebbe di permettermi
di darle una dimostrazione ora? Ci metteremo poco, glielo giuro.- Joey
lo guardò sorpreso, incapace di capire come mai
così tanta improvvisa insistenza da parte sua, ma
accettò.
Si ritrovò a seguirlo attraverso un breve corridoio oltre al
bancone dove c'erano tutte le coppe e poi dentro una piccola stanza,
forse il suo ufficio personale. - Quì dentro?- gli chiese
Joey. - Certamente- rispose Liu. - Se è un vero combattente
dovrebbe riuscire ad avere la meglio sempre, anche nei posti
più angusti.-
Joey, che ancora si chiedeva come quell'uomo si permettesse di
trattarlo con tanta familiarità quando invece lo conosceva
solo da due minuti, scoprì ben presto che non stava per
niente scherzando. Liu alzò le braccia chiudendo i pugni, si
abbassò leggermente piegando le gambe e cercò di
colpirlo al volto con la mano sinistra. Joey tirò
immediatamente la testa indietro e per poco non si trovò con
il naso rotto. - Ehy ma dico sei impazzito? Che cazzo stai combinando?-
gli ringhiò contro. Ma Liu sembrava determinato in quello
che faceva. - Lei crede che queste siano tutte baggianate, giusto? Mi
dimostri che non è così!- e lo attaccò
nuovamente. Si mosse a una velocità che Joey non aveva mai
visto in vita sua; fece per colpirlo al volto con il pugno destro, ma
nel momento in cui si accorse che Joey stava guardandogli solo quella
mano portò un altro pugno con la sinistra dritto nel suo
stomaco, colpendolo velocemente e duramente.
Joey cadde a terra tossendo e portandosi le mani alla pancia; non aveva
minimamente visto arrivare il secondo pugno. Liu, che stava guardando
Joey come un padrone guarda il proprio cane che ha appena rotto
qualcosa di prezioso, lo intimò ad alzarsi. - E ora se ne
vada! Non vogliamo gente come lei nella nostra palestra!- Joey
pensò di rispondegli con i fatti, alzandosi a fatica ed
estraendo un coltello da dietro la schiena. La reazione dell'uomo che
aveva davanti lo fece però fermare immediatamente. - Questo
suo gesto conferma l'impressione che ho avuto dal primo momento in cui
l'ho vista. Lei è una balordo, un assassino, non
è vero?- gli chiese guardandolo fisso negli occhi. Quei suoi
occhi da orientale parevano scrutare l'animo di Joey e per la prima
volta nella sua vita si ritrovò a disagio durante un
combattimento. - Se ne vada- gli urlò l'uomo, che ancora lo
stava fissando senza dare importanza al coltello che il suo avversario
teneva in mano.
Come faceva quell'uomo a sapere che Joey era un assassino? Forse lo
conosceva? Si sforzò di ricordare se l'aveva già
visto in America, ma non si ricordò di nessuno come lui. -
Se ne vada!- ripetè Liu ad alta voce. Joey ci
pensò per un attimo, dopodichè mise via il
coltello e uscì velocemente dalla stanza e dalla palestra.
"Quell'uomo deve essere un pazzo", pensò, e quando
tornò a casa disse semplicemente a Lily che era il loro
giorno di chiusura e che non aveva potuto avere le informazioni che gli
aveva chiesto. La verità era che non voleva ammettere che
lui, il pericolosissimo Dagger,
era stato atterrato da un vecchietto che con dei semplici colpi era
riuscito a renderlo innoffensivo.
Riuscì a convincere Lily a non interessarsi più
di quelle cose e col passare del tempo riuscì anche a
dimenticarsi dell'accaduto, fino a quando un pomeriggio successe
qualcosa che lo sconvolse.
Era in un ristorante, con Lily e Alexander che al tempo aveva sei anni,
festeggiando gli affari della propria officina che in quel periodo
andavano particolarmente bene. Era un ristorante in cui non erano mai
stati ma che distava poco da casa loro e di cui avevano sentito parlar
bene, tanto che si erano sempre detti che un giorni ci sarebbero
andati. Stavano consumando il loro pranzo quando improvvisamente uno
dei presenti nella grossa sala si alzò e si girò
spingendo con violenza l'uomo che stava al tavolo dietro al suo. - La
volete finire o no?- gli urlò con rabbia tanto da attirare
l'attenzione di tutti gli altri clienti. - Ma che cazzo vuoi?- gli
rispose sempre urlando l'uomo che aveva subito lo spintone. - E' da
quando siamoarrivati che tu e lei- disse indicando la donna che era al
tavolo con lui - non la finite di prenderci per il culo! La smettete o
no?- I presenti nella sala si divisero in due categorie, coloro che
fecero finta di niente e continuarono il loro pasto e quelli che
alzarono la voce invitandoli a stare calmi. - Ehy amico, se hai
problemi puoi anche andartene a fanculo ok? Io e mia moglie diciamo
quello che ci pare.- Questa sua risposta peggiorò l'umore
dell'uomo che lo aveva appena spinto, invitandolo con rabbia ad alzarsi
e ad andare fuori con lui per parlarne "da veri uomini".
Joey, che aveva guardato tutta la scena estremamente divertito dalla
demenzialità di entrambi gli individui, fu immediatamente
ripreso da Lily. - Vai Joey!- gli disse lei, quasi rimproverandolo
delle sue risatine. - Vado dove?- le rispose mentre si stava mettendo
un nuovo pezzo di carne in bocca. - Come dove? Seguili fuori e falli
ragionare prima che si menino veramente!- Il fatto che Lily molto
spesso pensasse o facesse cose che a Joey sembravano completamente
assurde era un dato di fatto, ma quella proposta fu per lui veramente
insensata. - Io? Non sono mica uno sbirro, che si pestino pure quei due
se ne hanno voglia!- come risposta ricevette uno sguardo che avrebbe
potuto incenerirlo lì da un secondo all'altro, soprattutto
perchè Lily si voltò velocemente verso Alexander
e gli disse - non ti preoccupare tesoro, ora va papà a far
fare pace a quei due uomini ok?- e Joey rimase incastrato in quella
spiacevole situazione.
Mise giù la forchetta con ancora il pezzo di carne
infilzato, si alzò dal tavolo e fece per uscire quando
sentì improvvisamente il peso di ciò che aveva
appena bevuto e mangiato. Quel giorno non si era certo limitato
nè in uno nè nell'altro visto che il posto era
vicino a casa e che quindi non avrebbe dovuto guidare. Li raggiunse
fuori dove i due stavano ancora urlando furiosamente e appena
provò a dire qualcosa uno dei due gli urlò
minaccioso di andarsene via. - Ehy, ascoltate...avete proprio
dato spettacolo là dentro e non è stato per
niente bello, sarebbe il caso che rientraste e...- ma non
riuscì a finire la sua frase che uno dei due lo
spintonò e Joey cadde a terra.
Per la seconda volta in vita sua, dopo la prima con Liu, Joey fu
atterrato senza che potesse fare nulla. Proprio lui, James Hawk,
altrimenti chiamato Dagger,
il famoso criminale dell'Alabama, era stato reso inoffensivo come fosse
una persona normalissima da un uomo qualunque. Era vero che aveva
mangiato e bevuto molto, ma questo non giustificava comunque quello che
era successo.
Era un chiaro segno che c'era qualcosa che non andava e il motivo era
semplice, stava diventando vecchio. Quando era giovane poteva contare
sulla forza, sulla prontezza dei riflessi e sull'agilità, ma
ora che stava invecchiando tutte queste qualità stavano
scomparendo.
Come avrebbe fatto a difendere la sua famiglia qualora ce ne fosse
stato bisogno se non riusciva più neanche a schivare un
pugno?
Pensò molto a questo aspetto, sotto l'insistenza di Lily che
gli chiedeva cosa ci fosse che non andava, e concluse che si doveva
rivolgere a colui che pur mostrando più anni dei suoi era
riuscito a farsi beffe di lui facilmente.
Liu Shulan.
Fece così l'ultima cosa che pensava di fare, ovvero tornare
a Manosque e chiedere a Liu quale disciplina avesse seguito
per essere capace di fare quello che faceva.
E fu così che Liu Shulan si mise pazientemente ad ascoltare
le motivazioni di Joey, che per l'occasione si fidò a
raccontargli tutto sul suo passato, fino a prendere la sua decisione.
Gli avrebbe insegnato il Tai Chi Chuan e successivamente lo stile di
combattimento delle
dodici forme letali, a patto che gli promettesse di
utilizzarle solo qualora ce ne fosse stato reale bisogno.
Da parte sua Joey accettò le condizioni e promise di
impegnarsi a fondo, purchè riuscisse a diventare abile
quanto lui.
Da quando era morta Lily però aveva fatto la sua scelta,
sarebbe partito per l'America alla ricerca degli assissini di sua
moglie e avrebbe fatto di tutti per trovarli, anche infrangere il
giuramento di usare le
dodici forme letali solamente per difesa.
Arrivò a casa sua attorno alle dieci di sera e
suonò al suo citofono. Liu si stava già
preparando per la notte ma lo fece entrare lo stesso, perchè
gli bastò il suo sguardo per capire che c'era qualcosa di
importante che gli doveva dire.
Joey raccontò tutto.
- Ho capito...quindi sei qui per dirmi che usarai i miei insegnamenti
per uccidere delle persone, è così?-
Joey sospirò. - Esatto.-
Ora fu il turno di Liu di sospirare.
- E...avanti figliolo, dimmi, quante possibilità hai di
riuscire a trovare quegli assassini e di tornare vivo?-
- Poche, maestro, molte poche...-
Liu abbassò leggermente lo sguardo.
- Dimmi qualcosa di questa prigione in cui ha lavorato tua moglie
almeno...-
- In realtà c'è poco da dire. Avevano preso me e
Damian, un ragazzo che stava aiutando Lily a risolvere il suo problema,
e ci condannarono a venticinque anni di prigione. Ci portarono a Old
Mission, una vecchia prigione che veniva continuamente rimodernata e
restaurata, e rimanemmo lì solo per qualche giorno
perchè Lily ci aiutò a scappare molto presto.-
Liu sbarrò gli occhi.
- Tua moglie vi fece evadere dal carcere?-
- Sì, ma è una storia lunga, mi creda...Lily
aveva bisogno di incontrare una persona di mia conoscenza e io
l'avevo...ricattata- l'ultima parola la pronunciò quasi
sotto voce.
- Ricattata?- ripetè Liu ancora più sbalordito.
- Le avevo detto che o ci avrebbe tirato fuori oppure non l'avrei mai
portata da quella persona, ma cerchi di capire, a quel tempo ero
un'altra persona!-
Il suo maestro lo guardò e sospirò, esattamente
come fa una mamma quando vede una nota sul diario del proprio figlio.
- E siete riusciti a scappare senza nessun problema?-
- Sì, perchè durante la nostra permanenza a Old
Mission scoprimmo un giro di corruzione fra le guardie e fu aperta
un'inchiesta parallela alla nostra evasione. Ne venne fuori una bella
condanna per parecchie di loro, incluso il loro responsabile, in cui
figurò che erano stati loro a farci evadere.-
- Tutto questo l'aveva pensato tua moglie?- chiese Liu sempre
più sbalordito.
- Già, Lily è...era fantastica.-
Seguì qualche minuto di silenzio in cui entrambi abbassarono
lo sguardo fissando il tavolo.
- Che fine hanno fatto quelle guardie e il loro capo?-
- Sono stati tutti condannati- poi, capendo il senso di quella domanda,
diventò immediatamente bianco in volto. - Mi vuole dire che
pensa che sia stato uno di loro?-
Liu alzò le spalle. - Può essere, sto
solo facendo delle ipotesi. Nessuno sa meglio di te cosa è
successo durante quel periodo.-
- No, non può essere, la voce al telefono che ho sentito era
troppo giovane per essere un mio coetaneo...e tutti là
dentro lo erano, anche il loro responsabile.-
Liu si alzò lentamente dalla sedia. - Capisco, capisco. In
ogni modo non potrò perdonarti se userai le dodici forme per
uccidere qualcuno- lo guardò per un attimo con uno sguardo
severo - quindi vedi di farti ammazzare da qualche americano,
altrimenti se torni vivo ci penserò io ad ucciderti!-
Joey sorrise, cosa che non faceva più da tanto tempo. Sapeva
che Liu avrebbe capito.
- La ringrazio maestro, di tutto.-
- Và figliolo- gli rispose lui ricambiando la stretta di
mano. - E cerca di trovare la pace c he ti spetta.-
***
L'indomani mattina alle nove Joey era già in viaggio
sull'aereo. Aveva incontrato suo figlio Alexander vicino alla porta di
casa, ancora in pigiama, pronto per dargli quello che molto
probabilmente era l'ultimo saluto. L'aveva stretto forte a se,
così come non aveva mai fatto in tutta la sua vita, e si era
scusato con lui per non essere mai stato un buon padre.
Poi era andato in garage a prendere il suo borsone e mentre il taxi lo
portava all'aereoporto ne estrasse un piccolo foulard nero che strinse
attorno al collo.
Al check-in non ci fu nessun problema con il suo passaporto, se avesse
avuto un po' di fortuna sarebbe riuscito a partire per l'America e
tornare senza che la polizia francese se ne accorgesse.
Non appena annunciarono il suo volo si diresse a passo svelto verso il
gate per essere uno dei primi a salire sull'aereo.
"Steven, chiunque tu sia, sto arrivando".
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Capitolo 6 *** Capitolo V ***
Monnis, certo che uso una betareader, come credi che riesca ad azzeccare tutti i congiutivi sennò? XD a parte gli scherzi, grazie per tutto l'aiuto che mi stai dando ;)
Fra i tanti dubbi che Joey aveva in testa, quello che gli dava
più noia era il non capire perchè scegliere come
punto di ritrovo la vecchia prigione di Old Mission. Jean
Dastè era stato chiaro: John Roukis era ricercato nella
contea di St.Claire e l'Old Mission stava in quella di Jefferson,
quindi non c'era apparente nesso fra le due cose. Forse Steven gli
aveva voluto dire qualcosa scegliendo proprio quel posto come punto di
ritrovo?
In ogni modo ormai era tardi per pensarci. Il comandante di volo
avvisò i passeggeri che l'aereo stava per iniziare le
manovre di atterraggio e Joey mise momentaneamente da parte i suoi
pensieri.
Sceso dall'aereo passò al chek-in d'uscita dando nuovamente
tutte le proprie generalità, anche questa volta fu lasciato
passare senza problemi.
Uscito dall'aeroporto prese un taxi in direzione "La prigione Old
Mission, per favore" e nel giro di tre quarti d'ora arrivò a
destinazione. Pagò il tassista, prese il suo borsone e scese
in strada.
Il solo rivedere l'edificio-prigione in cui era stato carcerato gli
provocò un lieve malessere. I ricordi gli si affollarono
immediatamente nella testa, ricordi di Lily e di Damian, il ragazzo con
cui passò quei pochi giorni dietro le sbarre, ricordi di
tutti quei carcerati con cui aveva litigato e con cui si era battuto e
anche ricordi più brutti, come il cibo che faceva schifo o
la cella immensamente piccola. Se nella sua vita c'era una cosa su cui
era pronto a giurare che non sarebbe mai più riaccaduta,
sicuramente quella era il suo ritorno a Old Mission.
Si sforzò comunque di riabbassare lo sguardo fra la gente
comune, cercando ovviamente di ignorare quello delle guardie armate che
vigilavano all'ingresso, per cercare di intravedere Steven.
Non vide nessuno farsi incontro, ma dall'altra parte della strada c'era
parcheggiato in divieto di sosta un piccolo furgoncino grigio che
catturò subito la sua attenzione. Due uomini, entrambi
appoggiati con le schiene sulla fiancata, lo stavano fissando da quando
era sceso dal taxi. Erano entrambi vestiti interamente di nero ma
mentre uno era piuttosto basso e biondo, l'altro sembrava il suo
perfetto alter ego. Alto quasi due volte il suo compare, nero e senza
capelli, sembrava essere in grado di fargli ombra solamente mettendosi
davanti a lui.
Il biondo guardò l'orologio e poi disse qualcosa all'altro,
dopodichè i due controllarono la strada per attraversarla.
Una volta che si furono avvicinati a Joey fu il biondo a iniziare a
parlare.
- Sei tu James Hawk? -
Joey sentì una ventata di puzza di fumo non appena i due
uomini avevano cominciato ad avvicinarsi.
- E tu sei Steven? -
Il biondo si lasciò scappare un mezzo sorriso.
- No, ma ti portiamo noi da lui. Seguici. -
I due uomini riattraversarono la strada, senza minimamente controllare
se Joey li seguisse o no, e una volta arrivati davanti al furgoncino
gli aprirono una porta nei sedili posteriori.
- Prego, accomodati - fece il biondo indicandogli con un gesto della
mano i sedili.
Non appena Joey entrò capì come mai quei due
puzzassero tanto di fumo; l'intero abitacolo ne era impregnato, fumo di
sigaretta misto a quello di sigaro.
- Cristo santo! - si lasciò scappare Joey non appena
inspirò per la prima volta.
- Che c'è amico? - gli chiese il biondo che si stava
mettendo al posto del guidatore. Il gigante nero invece si
posizionò al lato passeggero.
- Ma dico li aprite mai i finestrini qua dentro? -
Il biondo si limitò a sorridere e ad avviare la macchina.
Joey fece passare qualche minuto nell'attesa che qualcuno gli dicesse
qualcosa, ma visto che nessuno parlava chiese lui qualche spiegazione.
- Si può sapere dove stiamo andando o è tutta una
sorpresa? -
- Stiamo andando al Red Monkey, un locale a Ashville. -
"Ashville è nella contea di St.Claire" pensò Joey
fra sè e sè.
- E quanto ci vorrà per raggiungere questo posto? -
- Cinquanta minuti, forse qualcosa di più. Ma tu rilassati
amico, ci pensiamo noi a portarti dal grande boss - rispose sempre il
biondo, accennando una risata.
- Va bene. Ah, una cosa - aggiunse subito dopo Joey, - Io non sono tuo
amico, capito biondino? -
L'uomo davanti a lui portò immediatamente lo sguardo sullo
specchietto retrovisore per fissarlo negli occhi, ma Joey di sguardi
assassini ne aveva visti a centinaia e quello non era neanche
lontanamente paragonabile al peggiore che aveva visto. Si
limitò quindi a ignorarlo completamente.
Il viaggio lo fecero per tutto il tempo in assoluto silenzio, ogni
tanto uno dei due si accendeva una sigaretta per poi buttarla fuori dal
finestrino nel giro di qualche minuto. Dopo circa un'ora arrivarono al
Red Monkey. Nonostante fossero solamente le 6 di sera il cielo era
già diventato buio e si era alzato anche un leggero vento
freddo.
Il furgoncino fu parcheggiato nell'ampio parcheggio davanti al locale e
i tre scesero praticamente all'unisono dalla macchina. Joey fece per
prendere il suo borsone ma il biondo lo interruppe subito.
- Quello lo puoi anche lasciare lì, tanto dentro al Red non
ti serve. -
Joey alzò appena un sopracciglio.
- Vuoi dire che poi torneremo qui? -
- Sì, diciamo di sì - rispose riaccennando la
stessa risatina di prima. Il nero invece aveva sempre la stessa
espressione da quando lo aveva visto.
- E poi ti devo perquisire - aggiunse il biondo.
- Umph, ti risparmio la fatica. Non sono armato. - ripose Joey fissando
l'insegna luminosa del Red Monkey.
- Devo perquisirti lo stesso - rispose il biondo avvicinandosi a Joey.
- Come vuoi - disse alzando le braccia. Effettivamente Joey era
disarmato e la perquisizione non portò ad alcun risultato.
Quando dopo aver percorso a piedi il lungo parcheggio del locale
finalmente entrarono, Joey pensò di essere finito nel set di
qualche film. Superato l'ingresso dove bastò un cenno del
biondo per essere lasciati passare, Joey si ritrovò dentro
un'enorme stanza strapiena di ragazzi e ragazze che ballavano. Fu come
essere catapultato d'improvviso in un altro mondo; non c'era nessuna di
loro che non potesse concorre a miss mondo da tanto erano belle e non
c'era nessun uomo che potesse invidiare qualcosa ai sex symbol del
cinema. Ovunque Joey vedesse trovava ragazze e ragazzi bellissimi
intenti a ballare, parlare o semplicemente bere qualcosa, tutti
rigorosamente vestiti con abiti e scarpe il cui prezzo avrebbe fatto
impallidire lo stipendio dei suoi operai.
Fortunatamente per lui non fu uno spettacolo che guardò a
lungo perchè il biondo, dopo aver parlato con quello che
sembrava un buttafuori all'ingresso della stanza, lo condusse al
secondo piano di quell'immensa sala. Una volta arrivati di sopra
passarono attraverso una porta lontana dai vari tavolini e dopo un
breve corridoio finirono dentro una piccola stanza ammobiliata con
molta cura.
Lo stile sembrava quasi classico; la grande scrivania presente al
centro sembrava di legno pregiato e i quadri attaccati alle pareti
erano tutte copie di famose opere del settecento. Sia sulla scrivania
che sugli altri piccoli mobili presenti nella stanza c'erano moltissimi
soprammobili, qualcuno anche raffigurante figure religiose.
- Tu aspettami qui che io vado a chiamare Steven - disse il biondo
lasciando Joey da solo con il colosso nero. Nel momento in cui
aprì la porta per uscire entrambi furono nuovamente
investiti dalla musica ad altissimo volume del locale, che
fortunatamente sembrò scomparire nel momento in cui la porta
si chiuse.
Joey si aspettava di vederlo comparire a breve, invece si fece
attendere per circa cinque minuti. Stufo di aspettarlo,
iniziò a guardare i molti fogli presenti sulla scrivania,
spostandone qualcuno che non era completamente visibile per via della
quantità di tagliacarte e biro presenti.
- Ehy amico non toccare le cose che non sono tue - tuonò il
nero che per la prima volta gli rivolgeva la parola.
Joey rimise a posto il foglio, dopodichè si voltò
verso di lui. - Ti ho già detto che non sono amico tuo,
bestione! - gli rispose con una certa rabbia. Il gigante lo
guardò per un attimo furibondo, poi iniziò a
scricchiolarsi le mani e ad avvicinarsi.
Prima che potesse succedere qualsiasi cosa si aprì la porta.
Entrò un ragazzo vestito di bianco dalla testa ai piedi, un
paio di ragazze svestite come se fossero in spiaggia ad agosto e il
biondino che l'aveva condotto lì.
- Non ci posso credere! Ragazzi, abbiamo portato veramente Dagger qui! -
esclamò il ragazzo.
Joey lo squadrò da capo a piedi: era vestito molto bene, il
vestito bianco completamente pulito e stirato e le scarpe erano
splendenti come se fossero state appena lucidate. La barba
perfettamente fatta e due mani curate, quell'uomo era tutto
fuorchè un criminale.
- Porca miseria! Ma lo sai che da queste parti sei una specie di eroe?
- continuò lui, iniziando a girare attorno alla scrivania
per andare a sedersi sulla grande poltrona che c'era al centro.
- Dimmi un po', Dagger,
Billy one-eye dice sempre che ha perso l'occhio al militare quando gli
è esplosa una bomba in faccia, ma qualcuno dice che sei
stato tu a farlo diventare così! Qualcuno dice che ti aveva
fatto un torto e tu per vendetta hai cercato di cavargli via l'occhio
con del filo spinato, è vero? -
Joey vide una leggera smorfia di disgusto dipingersi sulle labbra di
una delle due ragazze appena entrate.
- Sei tu Steven? - chiese lui ignorando la domanda del giovane.
- Su avanti Dagger,
toglimi questa curiosità! -
Joey sospirò.
- Sì, è vero. -
Il giovane scoppiò a ridere. - Per la miseria Dagger! Ma allora
è proprio vero che sei il figlio di puttana schizzoide che
tutti dicono! - poi prese la bottiglia di liquore presente sulla sua
scrivania e iniziò a riempirsi un bicchiere. - O per lo meno
"che eri", ti vedo un po' invecchiato sai? -
- Sei tu Steven? - chiese nuovamente Joey.
- Sì sono io Steven, caro il mio James Hawk. Bentornato in
America! - esclamò allargando le braccia. - Vuoi? - gli
chiese indicando il bicchiere pieno di liquore.
- No - rispose secco lui. - Ora mi vuoi spiegare? - chiese
avvicinandosi alla scrivania.
- Solo un'ultima curiosità, te ne prego! Ti ricordi quando
hanno commissionato a te e a Rei di far fuori il figlio di Twisty? Rei
dice che quel giorno eri talmente tanto ubriaco che ti eri dimenticato
la faccia del bimbo...e allora appena ti hanno avvisato che stava
uscendo da scuola la sua classe tu hai svuotato un intero caricatore di
AK-47 su di loro, giustificandoti con Rei che ti guardava allibito con
un "ora chiunque fosse è morto"? E' vero? -
- Basta con queste stronzate! - urlò Joey. - Arriviamo al
dunque brutto bastardo! -
Steven diventò immediatamente serio. - Toglimi quest'ultima
curiosità Dagger,
poi rispondo a tutte le domande che vuoi. -
Joey sospirò un'altra volta.
- Sì, è andata esattamente come ha detto Rei -
Steven scoppiò a ridere un'altra volta, spingendosi
leggermente lontano dalla scrivania.
- Oddio Dagger,
che pezzo di merda che sei! Ma come si fa ad ammazzare i bambini?
Capisco ancora ancora le donne...ma i bambini... - svuotò in
un sol colpo il suo bicchiere. - Comunque, siediti che arriviamo al
dunque -
- Preferisco rimanere in piedi - rispose immediatamente Joey.
- Ho detto di sederti - ribattè prontamente Steven. Se la
situazione non fosse stata così pericolosa Joey si sarebbe
messo a ridere. Quello Steven non aveva nè la faccia
nè il tono da duro e vederlo dare ordini provocava solamente
una grande ilarità. Comunque si sedette.
- Bene. Allora Dagger,
cosa vuoi sapere prima? Chi sono io? Chi sono quei due che hanno fatto
fuori tua moglie? -
- Inizia col dirmi come hai fatto a trovarmi - rispose Joey
socchiudendo gli occhi.
- Beh, sarebbe più corretto chiedere come abbiamo fatto a
trovarvi,
visto che il vero scopo del viaggio dei miei uomini è sempre
stato Lily. -
Joey rimase un attimo in silenzio.
- Non volevate me? - chiese abbastanza incredulo.
- A mio padre di te frega poco, in tutta sincerità. A lui
basta che tu finisca all'obitorio, ucciso qua in America o
là in Francia non fa differenza. Io invece ho insistito
affinchè potessi venire qui, così almeno potevo
conoscerti...prima di ammazzarti. -
Joey non credeva alle sue orecchie.
- E chi sarebbe tuo padre? - chiese tutto d'un fiato.
- Ivan Kimberlin, e io sono Steven Kimberlin, ovviamente. -
A Joey mancò per un attimo il respiro. Non poteva credere
che tutto questo stava succedendo per colpa di Kimberlin. Quando lo
conobbe in prigione ad Old Mission ricopriva la carica di capo delle
guardie; era un pervertito e un sadico, uno di quelli che si divertiva
a torturare i carcerati e a stringere patti con i criminali
più noti. Approfittava della sua carica di capo-guardie per
far tacere i suoi sottoposti sui patti più disonesti che
prendeva con i carcerati e con molti di loro aveva stretto un'amicizia
che si era protratta oltre il periodo di degenza all'Old Mission.
Quando fiutò che Lily stava addossando a lui la colpa
dell'evasione di James mandò un suo uomo ad ucciderla, uno
di quelle persone strafatte di eroina che a momenti neanche si ricorda
più come chiama. Un capo-guardie ovviamente non dovrebbe
avere certe conoscenze.
- Che c'è Joey Jacquet? - Steven pronunciò
lentamente il suo nome e cognome. - Non te lo aspettavi vero? -
- Lui...lui è in carcere! - rispose Joey nuovamente di
impulso.
- Oh, certo, c'è stato per venti lunghi anni, grazie a tua
moglie che ce l'ha mandato. Due mesi fa è finalmente uscito
e ora vuole recuperare il tempo perso, oltre ovviamente a sistemare chi
gli ha fatto fare quella fine. -
- Vent'anni? -
- Già, visto che è risultato colpevole anche
dell'omicidio di un detenuto trovato morto la sera stessa
dell'evasione. Per tutte le sue accuse venti sono comunque poco, lo
so...ma papà era molto più furbo di quanto la tua
stronza moglie pensasse. Aveva agganci in alto, molto in alto e
soprattutto era amico di parecchia gente ricca che lo aveva pagato per
avere un occhio di riguardo per un figlio magari un po' troppo ribelle
finito in galera, o al contrario di avere la mano pesante con un
detenuto che era meglio se non sarebbe mai uscito di prigione. Quando
arrivò l'accusa di aver organizzato la fuga di voi detenuti
minacciò il capo di Old Mission di spifferare
tutto quello che sapeva e contattò anche tutte le persone a
cui aveva fatto favori in quegli anni...e riuscì a
raccogliere i suoi frutti, per così dire. -
Steven si allungò per prendere nuovamente la
bottiglia di liquore, se ne versò un altro
bicchiere e poi ricominciò a parlare.
- Purtroppo scoprì che le accuse a suo carico erano troppo
schiaccianti e per lui non c'era niente da fare. Neanche con i migliori
avvocati del mondo pagati dai suoi amici sarebbe potuto risultare
innocente. Tua moglie aveva fatto proprio un bel lavoro facendo
ricadere tutta la colpa su di lui sai? La galera fu impossibile da
evitare, però riuscì...come dire...a pensare al
futuro. -
Buttò giù nuovamente con un colpo solo tutto il
liquore presente nel bicchiere.
- E il futuro saresti tu? - chiese Joey che iniziava a sentirsi la gola
secca a furia di vedere Steven che beveva.
- Esattamente! Ci provò a lungo a minacciare tutte le sue
conoscenze di farli finire in carcere con lui se non lo avessero
salvato, ma quando vide che nonostante questo proprio non si riusciva a
trovare un piccolissimo dubbio da insinuare nella giuria, allora
pensò a me che al tempo avevo dieci anni. Che bravo paparino
vero? -
Una delle due ragazze che aveva alle spalle sorrise e gli
appoggiò una mano sul braccio.
- Ovvero? - chiese Joey sempre più stupito da quello che
stava sentendo.
- Mosse un po' le acque per accertarsi che io riuscissi ad avere un
futuro pieno di soldi e felicità, mettiamola
così. - Sul suo volto si allargò un sorriso. - La
gestione degli appalti in queste zone è da sempre
controllata dalla mafia, si sa. Mio padre chiese...o meglio
ordinò, che al raggiungimento della maggiore età
io potessi entrare a far parte di queste "famiglie", per
così dire. E così andò. -
- E in questo modo quando lui sarebbe uscito di galera avrebbe vissuto
nel lusso dei soldi che avresti guadagnato tu in tutti quegli anni in
cui lui sarebbe rimasto in carcere... - concluse Joey.
- Esattamente. D'ora in poi a mio padre spetta una vita fatta solo di
gioie e di ricchezze e lo stesso vale per me. Mica male no? -
Joey si portò le mani sul volto, chiudendo gli occhi.
- Non mi hai ancora detto come hai fatto a trovarci -
- Ah sì, giusto! Eravamo sicuri che prima o poi qualcuno di
voi sarebbe tornato in carcere, visti i vostri caratteri. E sai chi
abbiamo trovato nella prigione di Regensburg, in Germania? Benjamin
Mallory! - Poi, vedendo che Joey non aveva neanche mosso un muscolo
tenendosi ancora gli occhi coperti dalle mani, riprese - Ehy Dagger hai sentito?
-
Joey inspirò a fondo, dopodichè
riportò le mani sulle ginocchia. - Non ho la minima idea di
chi cazzo sia questo Mallory, Steven -
- Eh, certamente! Voi balordi vi conoscete solo con gli stupidi
soprannomi che vi date! Lui era Black Dog, ora ti ricordi? -
A Joey per poco non prese un colpo. Black Dog era il terzo detenuto
scappato quel giorno assieme a lui e a Damian, erano rimasti in
contatto per un po' dopo che le acque si furono calmate ma dopo pochi
anni smisero di sentirsi. L'ultima volta che Joey lo sentì
per telefono gli aveva detto che sarebbe andato in Germania
per vedere se era un paese migliore dell'Italia, paese dove
viveva da quando era evaso dall'Old Mission, altrimenti se ne sarebbe
tornato in America, a rischio di finire nuovamente in galera. L'Europa
non faceva proprio per lui, continuava a ripetere.
- Sì, mi ricordo - rispose Joey sommessamente.
- E...? Non hai niente da dire? -
- Perchè, cosa dovrei dirti? Forse come mai ha rivelato a
voi dove stavamo io e Lily? Lo avrete torturato di sicuro per farvelo
dire -
Steven scoppiò a ridere. - Esatto, Dagger, esatto! E
sai cos'ha detto quel bastardo dopo avercelo detto, quando ormai era in
punto di morte? "Tanto non ce la farete mai a farle del male, Lily sta
con Hawk ora...non riuscirete neanche ad avvicinarvi a lei che Dagger vi
avrà già fatto fuori!" Proprio così ha
detto! Quanto si è sbagliato eh? Non solo non ci hai fatti
fuori, ma abbiamo fatto del male eccome a Lily! - e tornò
nuovamente a ridere. Joey strinse i pugni dalla rabbia.
- Quindi ora che si fa Steven? Mi spari un colpo in testa e la facciamo
finita? -
- Oh no, non così in fretta. Questo onore lo lascio a mio
padre, che mi ha raccontato in passato di avertene già date
un bel po' quando stavi a Old Mission. Il mio compito è
solamente quello di...renderti docile per quando lui
arriverà qui, così che potrà dirti
quello che vuole e poi farti fuori. Dopodichè
entrerà a far parte al cento per cento dei miei affari e
vivremo felici e contenti, come nelle fiabe. Bello, vero? -
Joey aveva pensato a moltissime persone quali colpevoli di quello che
era successo a Lily, ma a Kimberlin proprio no, lui non l'aveva neanche
calcolato. Era un bastardo, certo, ma non aveva mai pensato potesse
essere pericoloso fino al punto di riuscire a minacciare alte cariche
della contea per perseguire i suoi scopi. Di tutti i balordi che aveva
conosciuto, Kimberlin era sicuramente uno dei più insulsi.
Cercò di ricordarsi gli insegnamenti di Liu Shulan e di cosa
gli diceva quando si doveva misurare con molti nemici all'interno di
una piccola stanza. Gli uomini potenzialmente pericolosi erano
sicuramente due, ovvero il biondo e il colosso nero dietro di se,
più eventualmente Steven, anche se non sembrava armato. Le
due ragazze alle spalle di Steven poteva anche non considerarle visto
che sembravano semplicemente due prostitute di alto conto.
Mosse velocemente gli occhi a destra e a sinistra per confermare la
posizione del biondo; era dietro di lui alla sua destra, mentre il
colosso stava alla sua sinistra.
- Beh? Hai perso la parola? Stai per caso recitando le tue ultime
preghiere? - domandò Steven vedendo che Joey non rispondeva.
- No, niente di tutto questo. Cosa facciamo adesso Steven? Mi fai bere
del tranquillante? Mi fai pestare dai tuoi uomini? -
- Uhm...sì, qualcosa del genere - rispose Steven, facendo un
gesto ai due che Joey aveva alle spalle.
Dagger
riuscì con la coda dell'occhio a vedere che il biondo si
stava avvicinando con qualcosa in mano; teneva le due mani strette a
pugno a una distanza di trenta centimetri circa fra loro e si
avvicinava a passo lento, come se non volesse farsi scoprire.
"Un filo di ferro" pensò, prima di riuscire a vedere il
biondo portargli velocemente le mani sulla testa per poi scendere fino
a stringersi al collo. Joey fece appena in tempo ad alzare le mani
mettendole fra il suo collo e il filo prima che il biondo riuscisse
nella sua opera assassina.
- Yhaa! - urlò il biondo che iniziò a stringere
incurante delle mani di Joey che erano rimaste imprigionate nella
morsa. Joey si sentì i palmi sanguinare all'istante; non
doveva essere un semplice filo di ferro ma qualcosa di decisamente
più affilato.
- Suvvia Dagger,
non opporre resistenza! Soffrirai solo di più! - disse
Steven ridendo.
Ma Joey era pronto al contrattacco.
Mise un piede contro la scrivania e si diede una spinta all'indietro
con tutta la forza che aveva, cadendo all'indietro con tutta la sedia e
liberandosi di conseguenza dalla stretta mortale del fil di ferro.
Appena colpì con la schiena per terra alzò
velocemente una gamba colpendo il naso del biondo con il tacco del suo
stivale. Si sentì un sordo -crack- all'interno della stanza
e il naso del biondo iniziò a schizzare sangue peggio di una
tubatura rotta.
Joey ne approfittò per alzarsi in piedi con un colpo di
reni. Non fece neanche in tempo a portare gli occhi sul nero che il
colosso gli era già addosso. Gli portò le enormi
mani al collo spingendolo contro il muro, colpendo un piccolo tavolino
lì affianco che rovesciò per terra tutti i
soprammobili che vi erano sopra.
- Ehy non distruggete le mie cose brutti balordi! - urlò
Steven che si era appena alzato.
Le mani del nero erano una vera morsa d'acciaio ma si era lanciato
troppo velocemente e in maniera troppo avventata per effettuare quella
presa. Joey portò una mano sul braccio sinistro del nero
spingendolo verso il basso e con l'altra colpì con tutta la
forza che aveva il gomito del suo avversario dal basso verso l'alto. Si
sentì un altro -crack-.
- Per la miseria! Jana, dammi subito una pistola!- guaì
Steven rivolgendosi a una delle due ragazze che iniziò ad
armeggiare con le mani dentro la sua borsa.
Nel frattempo il nero era caduto in ginocchio urlando di dolore, il
braccio gli era stato rotto e quello era un dolore che sentivano tutti,
grandi o grossi che fossero. Joey lo colpì con un pugno
facendogli letteralmente voltare la faccia, poi gliene diede un altro
con l'altra mano nella direzione opposta.
Il nero cadde quasi completamente privo di sensi.
Stava per infierire ulteriormente su di lui quando vide che una delle
due prostitute aveva finito di frugare nella sua borsa e aveva appena
passato a Steven una piccola pistola. Fece appena in tempo a buttarsi
per terra che partì un colpo.
- Cazzo! - urlò Steven che si rese conto di averlo mancato.
Joey si alzò il più velocemente possibile verso
la porta e fece appena in tempo ad aprirla e a lanciarsi fuori che
partì un altro colpo. Lo prese di striscio alla spalla
destra, ma era ancora in grado di camminare.
Corse a perdifiato per tutto il corridoio che lo separava dalla grande
stanza dove i giovani stavano ballando e appena rientrò
nell'enorme sala sentì partire un terzo colpo. Si
buttò nuovamente a terra per evitarlo e fu colpito un
ragazzo che stava ballando proprio davanti a lui, cadendo per terra
morto sul colpo. La ragazza che gli era affianco esplose in un urlo
d'orrore.
Joey approfittò della confusione che stava nascendo per
saltare giù al piano inferiore, per poi correre velocemente
verso l'uscita. Dietro di lui iniziava a sentire un numero crescente di
urla.
Appena fuori si guardò attorno: una coppia di ragazzi si
stava avvicinando a una Audi R8 le cui luci iniziarono a lampeggiare
non appena il ragazzo schiacciò sul telecomando delle chiavi.
Corse nella loro direzione senza guardarsi dietro e appena gli fu
vicino assalì il ragazzo buttandolo a terra e prendendogli
le chiavi.
In quell'esatto momento Steven uscì dalla discoteca e si
guardò attorno. - Dove cazzo è finito?! -
urlò alle due ragazze che lo avevano appena
raggiunto.
Joey si infilò in macchina lasciandosi alle spalle la
ragazza che piangeva e urlava alla stessa maniera e mise velocemente in
moto. Steven fu attirato dalle urla della ragazza e guardò
nella sua direzione: appena capì che dentro a quella R8 che
partiva sgommando c'era Joey sparò qualche colpo, ma ormai
era troppo tardi.
Joey era già uscito dal parcheggio e stava scomparendo a
gran velocità nel buio della notte.
***
Quando la donna vide sul display del cellulare il numero di James Hawk,
strabuzzò gli occhi pensando di aver letto male.
- Oh mio Dio, sei veramente tu James? -
- Sì, sono io Lucrece -
La donna si sedette. - E perchè mi stai chiamando? Che
è successo? -
- Te lo spiego quando arrivo, stai ancora al 44th St.Ensley? -
- Ehy che...cosa cazzo vuol dire "quando arrivo"? -
- Tu dimmi se hai ancora la casa lì -
- Ferma un attimo! Dove sei? Da dove mi stai chiamando? -
- Ho bisogno di un posto dove dormire stanotte, Lucrece -
- James per Dio! Smettila! Rispondi alle mie domande! -
Joey si lasciò scappare un sorriso silenzioso.
- Sono a quaranta minuti da casa tua. -
- Cosa?? Che ci fai in America? Perchè sei qui?
Dov'è Lily? -
- Te l'ho detto è una storia lunga...ti spiego appena
arrivo, ciao -
- Come "ciao"? No fermati James, non puoi venire qui! Ho degli ospiti! -
- E allora vorrà dire che li butterai fuori, se non vuoi che
mi vedano. A fra poco -
Joey terminò la chiamata. Nel giro di neanche dieci secondi
vide il suo cellulare vibrare: era Lucrece che lo stava richiamando.
Joey non rispose, si limitò solamente a spingere
ulteriormente sul pedale dell'acceleratore.
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Capitolo 7 *** Capitolo VI ***
nydrali, grazie mille milioni per i complimenti :) sono felice di aver finalmente chiarito il mistero jason/james, iniziavo a pensare di aver letto male io ^_^' spero ti possano piacere anche tutti i prossimi capitoli, ciao!
- Secondo me qua ci vorrebbe un punto, forse anche due. Che vuoi fare? -
Lucrece era in piedi davanti a Joey con una forbice in una mano e un
grosso cerotto nell'altra.
- Limitati a disinfettare e a mettermi una garza, andrà
più che bene. -
- Ehy ma che modi sono? Guarda che non sono mica la tua infermiera
personale! - rispose sbuffando. - Vado a prenderti le bende - aggiunse
appoggiando sul tavolo il cerotto e le forbici.
Joey ne approfittò per guardarsi intorno.
La casa era veramente bella, una di quegli open space in cui le stanze
sono separate solamente da bassi muretti alti neanche un
metro.
Quando la donna tornò non mancò di farglielo
notare.
- Ti tratti sempre bene eh Lucrece? -
- Vaffanculo James - rispose lei, iniziando a fasciargli il braccio. -
Non hai neanche idea di cosa ho passato negli ultimi anni. -
- E perchè non me lo racconti? - chiese lui divertito dal
suo atteggiamento scontroso.
- Credimi, se te lo dicessi ti verrebbe un colpo! - poi, prima che lui
potesse rispondere qualcosa, aggiunse - che non sarebbe una brutta
cosa, così magari muori e la smetti di rompermi le palle -
Joey rise divertito.
- Allora? - la incalzò poi.
- Collaboro con la polizia da cinque anni, James -
Joey smise di respirare per qualche secondo, sobbalzando sulla sedia.
- Che cosa?? - chiese sgranando gli occhi.
- Mi avevano incastrata per bene, che dovevo fare? Iniziare una guerra
burocratica contro tutto lo stato dell'Alabama? Avrei speso un mucchio
di soldi in avvocati e forse non avrei neanche vinto...-
- Ma per cosa ti avevano beccato? - chiese Joey ancora incredulo da
quello che sentiva.
- Commercio di armi, ma non hanno mai voluto buttarmi dentro sul serio.
Lo sapevano che avrei potuto portarli da gente molto importante...e
allora mi hanno offerto di fare un po' di nomi in cambio di un forte
sconto di pena. - Finì la fasciatura, dopodichè
si sedette anche lei.
- Porca miseria...non ti ci vedo proprio a collaborare con gli sbirri -
disse Joey il cui respiro iniziava a tornare normale.
- Neanche io, che credi? Ma se mi avessero lasciata libera e confermato
che i nomi che avrei fatto non sarebbero mai più usciti di
galera, perchè no? I soldi da parte ce li ho, alla fine non
era una proposta troppo brutta...-
I due rimasero per qualche secondo in silenzio.
- E' per questo che te ne devi andare James, non puoi stare qui. Quegli
stronzi potrebbero entrare da quella porta da un momento all'altro e se
ti trovano qui...-
- Davvero ti entrano in casa a qualunque ora del giorno? -
- Lo facevano i primi anni, poi hanno capito che facevo la brava e
adesso si comportano un po' più civilmente. -
Joey sorrise guardandola con la testa piegata di lato.
- Se ti conosco almeno un po', sono sicuro che tu "la brava" non la
stai facendo, neanche se collabori con la polizia -
Lucrece alzò le spalle e assunse un'espressione innocente. -
Beh, è chiaro che qualche progettino riesco a mandarlo
avanti lo stesso...ma sono controllatissima James, non è
mica più una passeggiata come prima. -
Joey si piegò leggermente in avanti. - Arriviamo al dunque,
Lucrece. Ho bisogno di aiuto. -
- Ecco, è il caso che tu inizi a raccontarmi un po' di cose.
Che ci fai qui? -
Joey raccontò tutto, partendo dai suoi giorni in Francia
fino a quello che era successo poche ore prima.
- Per la miseria...e cosa intendi fare adesso? - Lucrece sembrava
veramente stupita.
- Beh ovvio, ucciderli tutti e quattro -
- Quattro? -
- John Roukis, l'altro la cui faccia non si vede nel video, Steven e
Ivan Kimberlin. -
Lucrece come risposta scoppiò a ridere.
- Ma sei pazzo? Guarda che i Kimberlin ormai fanno parte del giro di
St.Claire, mica li puoi ammazzare! -
- E cosa vuoi che mi interessi? - chiese Joey mostrando il suo sguardo
più serio.
- Non mi piace questa cosa James, non mi piace proprio per niente. Uno
degli aspetti che più mi piaceva di te era quello che sapevi
sempre chi ammazzare e chi no, e questi sono quelli che un tempo
avresti catalogato come "no". -
Joey sospirò. - Sì, forse un tempo lo avrei
fatto. Ma ormai è tutto diverso, ora sono come uno di quegli
eroi dei film che "non hanno più niente da perdere", hai
presente no? -
- E Alexander? -
- Alexander starà meglio con sua zia che con me, questo
è poco ma sicuro. -
- Mah - sospirò Lucrece. - A me serve un whisky. Vuoi? - gli
chiese alzandosi.
- Sì grazie. -
Il rapporto che legava Joey a Lucrece non era stato chiarito a nessuno,
nemmeno a Lily. Chiunque li avesse conosciuti sapeva una sola cosa:
Joey doveva averle fatto un favore veramente enorme affinchè
Lucrece lo trattasse in quel modo. Lei era stata in assoluto la donna
più pericolosa di tutta l'America, ma nonostante questo
aveva trattato Joey sempre con un occhio di riguardo, dandogli una mano
quando realmente gli serviva.
Quando tornò con i due bicchieri di whisky in mano,
ricominciò a parlargli preoccupata.
- Comunque James non mi hai detto cosa vuoi da me. Potevi andartene in
un albergo, perchè scomodarti ad arrivare fin qui? -
Joey prese il bicchiere e ne bevve immediatamente quasi tutto il
contenuto.
- Perchè ho bisogno di un po' di equipaggiamento e di
informazioni - le rispose esternando un sorriso strafottente.
- Allora hai proprio sbagliato caro mio, perchè io non posso
darti nè l'uno nè l'altro -
- Suvvia Lucrece, non dirmi che adesso perchè collabori con
la polizia non hai più qualche bel M16 nascosto sotto il
letto! E poi voglio che mi dici tutto di Kimberlin e di suo figlio,
devo avere qualcosa da cui partire -
- No, fottiti James! Non ho nessun Kalashnikov dentro lo sgabuzzino e
non ho neanche nessuna informazione sull'uomo che cerchi! Sono fuori da
queste cose e non voglio neanche saperne niente! -
- E allora chiedi a qualcuno, se tu veramente non sai niente. - le
rispose con tono secco.
- Neanche! Sai come vanno a finire queste storie? Te lo dicono io: lo
stronzo di turno dopo averti fatto fuori vuole scoprire chi ti aveva
passato l'informazione sul come trovarlo e così arrivano a
me! E sono fottuta anche io! No, non ci penso nemmeno, non ti
dirò niente! -
- Ma perchè fai così Lucrece? - sbottò
Joey. - Ti sto solo chiedendo qualche informazione, mica di imbracciare
una mitragliatrice e di venire con me ad ammazzare quei bastardi!-
Lucrece si fece improvvisamente seria, guardandolo fisso negli occhi.
- Mi spiace per quel che è successo James, sul serio, ma non
ti posso aiutare. Se fosse successo tutto questo cinque anni fa ti
avrei dato una mano, ma ora vivo in una situazione troppo delicata per
poter anche solo pensare di compromettermi. -
Dopo una risposta del genere, Joey capì che era inutile
insistere. Lucrece non aveva di certo perso il suo caratterino, ma
dimostrava di essere veramente spaventata dalla situazione che stava
vivendo.
Finì il suo whisky, dopodichè si alzò
in piedi.
- Ok, ho capito. Troverò qualcun altro in grado di dirmi
dov'è Kimberlin, non c'è problema. Ci
metterò solo un po' più tempo - concluse
appoggiando il bicchiere sul tavolo.
Lucrece lo guardò ancora da seduta.
- Hai paura che la polizia francese si metta in contatto con la nostra
appena risulterai scomparso vero? -
- Sì infatti, è per quello che speravo di far
presto. Se non ho basi da cui partire sarà tutto
più complesso, ma vabbè, in ogni modo non sarebbe
stato facile comunque. -
I due si fissarono ancora, come se riuscissero a comunicarsi gli stati
d'animo guardandosi semplicemente negli occhi.
- Senti James, una verifica che potresti fare senza perdere troppo
tempo sarebbe quella di scoprire se sua figlia è veramente
morta o no... -
Joey spalancò gli occhi. - Sua figlia? -
- Sì, quella che fece tutto quel casino sul Time Daily, io
credo che sia morta ma...visto che sei nei guai, tentar non nuoce. -
Joey si risedette subito.
- Kimberlin ha anche una figlia? Ma in quanti sono in quella dannata
famiglia? -
- Ci sono solo Steven e lei, stai tranquillo. Oltretutto la madre
è un'altra donna, questa era una cubana arrivata da poco in
America che si era fatta abbindolare dalle belle promesse di Ivan.
Questa ragazza due anni fa ha fatto scoppiare uno scandalo sul giornale
spifferando informazioni sugli appalti truccati che il fratello
vinceva, e pochi giorni dopo è sparita e nessuno l'ha
più ritrovata. Il corpo di sua madre invece fu trovato un
mese dopo. -
- Aspetta, aspetta...innanzitutto come si chiama questa ragazza? Quanti
anni ha? -
- Kimberlin l'ha saputo in carcere di avere una figlia, probabilmente
l'ha concepita poco prima di finirci dentro. Ammesso che sia ancora
viva, ora dovrebbe avere vent'anni. -
- E lei ha denunciato il fratello Steven? E perchè l'avrebbe
fatto? -
- Nessuno lo sa esattamente. Ricordo solo che sul Time Daily era
apparso questo articolo di fuoco in cui si diceva che lei aveva le
prove che suo fratello era un mafioso e che intendeva denunciarlo. Non
passò neanche una settimana che scomparve. Qualcuno dice che
il fratello le era talmente affezionato che la risparmiò,
mentre invece la madre fu ammazzata immediatamente. Fu un articolo che
mise paura a tutto il complesso mafioso di Kimberlin, ma fortunatamente
per loro svanì tutto nel giro di pochi mesi. Se lei
è ancora viva e tu riesci a trovarla allora...beh, avrai
tutte le informazioni che vuoi. -
- Lui le era affezionata e lei lo denuncia? C'è qualcosa che
non va Lucrece... -
- Lo so anche io, che credi James? Come ti ho già detto
nessuno sa cosa ha spinto quella ragazza ad agire così,
posso solo dirti che mi ricordo benissimo che nelle foto che scattavano
a lui quando andava in qualche posto famoso c'era sempre anche lei,
molto spesso addirittura sottobraccio. Qualcuno parlava anche di
incesto fra loro due tanto sembravano affiatati, fai tu. -
Passò qualche secondo in cui nessuno parlò.
- Ammesso che lei sia ancora viva, dove si troverebbe ora? -
- Mah, qualcuno dice che Steven la sbattè in un bordello di
periferia obbligandola a prostituirsi come punizione per quello che
aveva fatto, pena la morte se non avesse accettato. Ma come ti dicevo
prima sono solo voci, sinceramente non saprei dirti di più. -
Joey ci pensò ancora per qualche secondo, poi decise che una
persona del genere valeva troppo per non provare nemmeno a cercarla.
- Come hai detto che si chiama questa ragazza? -
- E chi se lo ricorda! Aveva uno di quei cazzo di nomi cubani
impronunciabili, ma se la vuoi cercare sappi che è mulatta,
quindi il cerchio si restringe. -
- E se fosse vera quella storia del bordello, quale potrebbe essere? -
Lucrece alzò leggermente gli occhi corrugando la fronte, ci
pensò qualche secondo e poi rispose.
- Si vocifera che l'abbia sbattuta in uno di quelli squallidi da
quattro soldi, che nella periferia di Ashville sicuramente non
abbondano. A meno che non ne abbiano chiusi o aperti di recente...direi
che dovrebbe stare o al "Bigboobies"
o al "Badgirls",
altri posti non ci sono. -
Joey sembrò pensarci su e questo diede il tempo a Lucrece di
riprendere il discorso.
- Però James, sul serio, non so quanto tutte queste storie
siano vere. E' molto più probabile che l'abbia fatta fuori
insieme alla madre, credimi. -
- Sì forse è così, però
vale la pena assicurarsene, non credi? -
- Forse... - rispose lei fissandolo negli occhi.
Joey si rialzò e questa volta si diresse verso la porta.
Lucrece lo seguì fino all'ingresso.
- Ascolta James - gli disse mentre apriva la porta. - Magari un'arma
riesco a procurartela ok? Tu non fare pazzie per averne una, nel giro
di al massimo due giorni ti so dire qualcosa. -
Joey sorrise, perchè sapeva che con Lucrece ogni volta
andava a finire così. Iniziava sempre col trattarlo male,
qualsiasi cosa chiedesse o volesse, e dopo averlo insultato il
più delle volte finiva sempre con l'accontentarlo. Era uno
strano rapporto quello che legava quei due, ma entrambi sapevano di
poter contare sull'altro se veramente ce ne era bisogno e a loro
bastava.
- Ok. Rimaniamo in contatto allora, ciao. -
Uscì da casa dirigendosi verso la R8 parcheggiata dall'altro
lato della strada.
- Ehy James, ma è tua quella? - gli urlò Lucrece
che era rimasta sulla soglia della porta.
- Figurati! Diciamo che l'ho presa in prestito... -
- Mi vuoi dire che hai parcheggiato davanti a casa mia un'auto rubata?
Ma sei impazzito? Vattene subito da qua brutto idiota! - gli
urlò, e Joey sorrise di nuovo per il pessimo carattere della
sua conoscente.
Mise in moto e partì, diretto alla ricerca di un posto dove
dormire.
***
Quando l'indomani si svegliò nella stanza del primo hotel
che aveva trovato la sera precedente, i suoi pensieri andarono subito
ad Alexander e alla situazione che aveva lasciato in Francia.
Gli sarebbe piaciuto veramente molto poter chiamare a casa per sapere
come andavano le cose, se Jean Dastè aveva già
mandato fax con il suo identikit a tutto il mondo oppure se suo figlio
o Morgana fossero riusciti a persuaderlo del fatto che non era scappato.
Si concesse tutta la mattina per pensare a queste cose
poichè i due posti che gli aveva elencato Lucrece aprivano
di sera, quindi significava che aveva tutta la giornata libera per
pensare a un piano.
Innanzitutto cercò un internet point dove poter usare
qualche motore di ricerca per trovare la ragazza. Inserì le
parole "scandalo Kimberlin Time Daily sorella" e trovò
abbastanza velocemente un sito che conteneva una pagina in cui si
parlava di ciò che era successo. Non trovò
dettagli aggiuntivi rispetto a quello aveva raccontato Lucrece ,
però trovò il nome della ragazza: Neira Yamaris.
Proprio come aveva detto lei, uno "di quei cazzo di nomi cubani
impronunciabili".
Spense tutto e uscì dal locale, non aveva bisogno di altro
se non di provare direttamente a scoprire se questa Neira era ancora in
vita o no. Passò il resto della giornata chiuso nella sua
stanza d'albergo, uscendo solo per comprarsi da mangiare. Disse al
ragazzo della reception che non sapeva quante notti si sarebbe fermato;
se fosse riuscito a ritrovare Neira l'avrebbe portata lì e
quindi gli poteva servire avere ancora per qualche giorno un posto
sicuro dove tornare.
Appena arrivata sera scese in strada e si recò al primo
parcheggio più vicino al suo hotel. Aveva bisogno di una
nuova macchina per andare in quei bordelli, non poteva di certo andarci
con la sua Audi altrimenti gliel'avrebbero rubata in meno di un minuto.
Vide arrivare un uomo su una grossa berlina nera, aspettò
che finisse di parcheggiare e seguì con gli occhi in quale
tasca metteva le chiavi. Appena vide chiaramente che le inseriva nella
tasca destra, gli si avvicinò cercando di non dare
nell'occhio e appena gli fu vicino finse di inciampare e di cadergli
addosso. Nello stesso momento in cui sbattè la spalla contro
l'uomo infilò una mano nella tasca contenente le chiavi e
gliele estrasse rapidamente, dopodichè si rimise in piedi e
si scusò di essergli andato addosso. L'uomo non si accorse
di nulla e continuò per la sua strada.
Joey aspettò che si fosse allontanato per entrare nella sua
nuova macchina. Inserì la chiave e avviò il
motore, controllando subito la lancetta della benzina per verificare
come stava messa l'auto. La freccia indicò ancora due tacche
piene, non erano molte ma dovevano essere sufficienti per andare e
tornare da Ashville.
Uscì dal parcheggio e si diresse verso il Bigboobies, che era
il primo dei due locali indicati da Lucrece venendo da Birmingham. La
sua ricerca qua si fermò quasi subito: appena
potè parlare con quello che sembrava essere il magnaccio
delle ragazze gli domandò se ne avevano una sui vent'anni e
di pelle scura e si sentì rispondere "Ma che dici? Qua
abbiamo solo americane bianche o donne russe! Non abbiamo negre noi
qui!" che lo fece uscire subito e tornare alla macchina.
Si recò quindi al Badgirls
conscio del fatto che quella era la sua ultima speranza di trovare la
ragazza.
Se possibile, il Badgirls
era ancora peggiore del precedente bordello che aveva visitato. La sala
d'ingresso era completamente priva di mobilio o di quadri se non fosse
per un piccolo tavolo e una sedia, seduto sopra c'era un nano che stava
leggendo un numero di Playboy. Alzò appena lo sguardo per
squadrarlo da capo a piedi, poi non appena notò che non era
il solito tipo di balordo che entrava in quel locale si alzò
e gli mostrò un falsissimo sorriso.
- Benvenuto signore! - pronunciò con uno stentatissimo
americano. - Prego, si accomodi! - aggiunse indicandogli la stanza che
c'era a sinistra dell'ingresso.
- Un momento, un momento - rispose Joey che stava venendo trascinato
nella sala indicata. - Voglio prima sapere che tipo di ragazze ci sono
qua dentro -
Il nano si fermò e lo guardò con sguardo
interrogativo.
- Perchè? Cerca qualcosa in particolare signore? -
- Sì, esattamente - rispose Joey sciogliendosi dalla spinta
del nano. - Io vado solo con determinati tipi di ragazze, quindi devo
prima di tutto sapere se ne posso trovare una come voglio io. - disse
cercando di mostrarsi incredibilmente serio.
- E che tipo di ragazza vorrebbe? - chiese sospettoso.
- Beh innanzitutto deve essere giovane, non più di
vent'anni, e poi mi piacciono un po' scure di pelle, come le messicane
o le cubane. -
Il piccolo uomo si mostrò un po' stupito dalla richiesta di
Joey, probabilmente non era abituato a sentirsi rivolgere simili
domande. Normalmente i clienti entravano e semplicemente aspettavano la
prima puttana libera, dopodichè pagavano e andavano a
divertirsi con lei.
- E se io gliene trovo una come lei vorrebbe, quanto sarebbe disposto a
pagare? -
- Il doppio della tariffa normale - rispose Joey continuando a tenere
il suo tono serio. Doveva cercare di sembrare il più
convincente possibile se voleva essere accontentato.
- Benissimo! - rispose sorridendo il nano. - Abbiamo giusto una ragazza
che ha tutte le qualità che ci ha richiesto! L'unico
problema è che adesso è occupata, se lei volesse
accomodarsi in salotto fino a quando non si libera...sarà
mia premura avvisarla quando potrà incontrarla! -
Joey fece cenno di sì con la testa e entrò nella
stanza affianco.
Il salotto a cui si riferiva il nano era in realtà una
piccola stanza con due divani e due poltrone, un tavolino con sopra
delle bottiglie quasi vuote di liquore e un attaccapanni. All'interno
della stanza c'erano già quattro uomini, divisi a coppie nei
due divani che sembravano parlottare fra di loro.
Joey non fu salutato e non salutò, si sedette sul primo
posto liberò che trovò e cercò di non
guardare in faccia nessuno. Alle narici gli arrivò subito un
intensissimo profumo da donna, probabilmente spruzzato nell'aria in
gran quantità per sopraffare altri odori decisamente meno
piacevoli.
Aspettò circa dieci minuti nei quali vide due uomini salire
alle stanze nel piano superiore e entrare un nuovo cliente,
dopodichè il nano della stanza d'ingresso lo raggiunse con
lo stesso sorriso falso di poco prima.
- Benissimo signore! La ragazza è pronta per lei! -
Joey si alzò e lo seguì senza dire niente.
- Dunque sarebbero...duecento dollari - gli chiese preparandosi a una
sfuriata. Ma Joey non aveva nè tempo nè voglia di
contrattare, di conseguenza svuotò il suo portafoglio e
pagò il piccolo uomo senza batter ciglio.
- Tutto a posto! La stanza è la numero 7, sopra le scale a
destra! Si diverta! - disse allungandogli una piccola chiave
arrugginita.
Joey salì le scale come indicatogli, cercando la stanza
sette fra tutte quelle presenti. Passando davanti ad ognuna di loro si
sentivano i versi più disperati; urla di donne, urla di
uomini, rumori di probabili frustini che fendevano l'aria colpendo
pelle umana.
Joey si ritrovò a scuotere la testa e ad accelerare il passo
per trovare quella che gli era stata indicata. Arrivò
davanti alla numero 7 ed entrò.
La stanza che si trovò davanti era veramente minuscola;
c'era giusto lo spazio di un letto a una piazza e mezza e un paio di
sedie.
Sul letto, sdraiata su un fianco, c'era una ragazza nuda rivolta con lo
sguardo verso il muro.
- Ehy - provò a dire, chiudendosi la porta lentamente alle
spalle. Non sentì alcun tipo di risposta, quindi decise di
fare il giro del letto e si chinò per guardarla in faccia.
Lo sguardo della ragazza era perso nel vuoto, assente, come se stesse
dormendo ad occhi aperti. Doveva aver pianto molto perchè si
notava chiaramente il trucco attorno agli occhi rovinato dalle lacrime,
con il colore nero della matita che le scendeva lentamente fino a
sparire sulle guance. A Joey il suo viso ricordò molto una
maschera triste di carnevale.
- Ehy, ragazza... - le disse ancora spingendole leggermente la spalla.
Il corpo della giovane ebbe un lievissimo sussulto,
dopodichè posò lentamente il suo sguardo su Joey.
- Sei tu Neira? -
Per un attimo, Joey vide una strana luce accendersi negli occhi della
ragazza, ma nuovamente non ottenne alcun tipo di risposta.
- Ti chiami così? Sei tu Neira Yamaris? -
Di nuovo silenzio.
Joey provò a guardarsi attorno nella speranza di trovare
qualcosa per farle aria ma gli cadde l'occhio sul braccio della ragazza
che sporgeva leggermente dal letto. Era strapieno di piccole punture,
alcune più gonfie di altre. Provò appena ad
appoggiare il pollice su una di esse ed esercitare una piccola
pressione che vide uscire immediatamente del liquido denso e bianco.
- Cazzo! - urlò. - Ti hanno drogata vero? E' per questo che
hai il braccio ridotto così? -
Le diede quattro schiaffetti sul volto, cercando di moderarne la forza
per farle tornare un attimo di lucidità.
- Pronto? Mi senti? - le chiese alla fine. La ragazza emise un grugnito
dal significato indecifrabile, ma era già meglio di prima
che sembrava totalmente assente. Un ventaglio non era certamente
sufficiente, quello che le ci voleva era qualcosa in grado di
svegliarla all'istante.
Si alzò per guardarsi attorno ma la stanza era priva del
bagno, quindi non poteva neanche bagnarle il viso in qualche modo.
Uscì momentaneamente dalla stanza e si guardò
attorno. Una delle tante porte presenti riportava una targhetta di
cartone attaccata a un chiodo con la scritta "bathroom" penzolante.
Joey provò ad entrare e si ritrovò in un piccolo
locale che riusciva a contenere a malapena un water piccolissimo, un
lavandino anch'esso piccolo e incredibilmente anche una doccia. Le
piastrelle erano tutte sudicie e anche il lavandino non sembrava essere
stato pulito dall'era dei dinosauri, però provando a girare
il rubinetto l'acqua scendeva e questo era già rassicurante.
Tornò velocemente nella stanza della ragazza, la prese in
braccio e la portò nella doccia, dopodichè
aprì l'acqua fredda e diresse il getto proprio sul suo
volto. Dovette aspettare solo pochi secondi per notare i primi effetti.
La ragazza sembrò riprendersi lentamente, cercando con le
mani un appiglio per spostarsi da quella fastidiosa acqua gelida. Joey
per un paio di volte la rispinse sotto il gettito, voleva essere sicuro
che si fosse pienamente ripresa prima di portarla via.
Quando riuscì a dire - Fammi uscire! - per Joey fu il
momento giusto per aiutarla ad alzarsi in piedi. Era completamente
fradicia e iniziava a tremare, ma per lo meno adesso sembrava
cosciente.
- Allora, sei tu Neira? -
- S...sì - rispose la ragazza iniziando a portarsi le mani
sulle braccia quasi a volersi scaldare da sola.
- Per la miseria - sussurrò Joey, - ti ho trovata sul
serio.... -
La guardò sfregarsi le braccia per riscaldarsi e si
guardò in torno per cercare un asciugamano, ma non
trovò nulla.
- Vabbè, vorrà dire che ti prenderai un
raffreddore. Aspettami qui. -
Uscì dal bagno ed entrò nella prima stanza che
trovò sfondando la porta con un calcio. Al suo interno
trovò un uomo inginocchiato sul letto e la prostituta in
piedi davanti a lui che lo teneva per il collo grazie a una sorta di
collare di borchie.
- Che nessuno di voi due dica una parola, ok? - disse mentre si
guardava attorno. Per terra, sparpagliati sul pavimento, c'erano i
vestiti dell'uomo che Joey iniziò a prendere velocemente,
dopodichè uscì dalla stanza e si recò
di corsa in bagno.
Neira si era accasciata per terra continuando a tenersi le braccia
strette al petto.
- Ascolta, devi metterti questi, va bene? Ti porto via da qua,
muoviamoci! -
Attese qualche attimo che la ragazza si muovesse, ma nonostante fosse
più sveglia di prima comunque non si mosse. Joey si
abbassò e la tirò in piedi con la forza.
- Mi hai sentito? Dobbiamo andarcene da qua! Muoviti! -
Appena finito di dirlo sentì dietro di sè le urla
dell'uomo che era uscito nudo dalla stanza in cui Joey era entrato.
- Ehy brutto figlio di puttana! Ridammi i miei vestiti! -
Visto che Neira non si muoveva, Joey iniziò a
vestirla come si fa con i bambini piccoli.
- Ehy mi hai sentito? Stronzo ridammi i miei...- ma non
riuscì a finire la frase visto che Joey si girò
verso di lui e lo colpì con un calcio alle caviglie, l'uomo
perse l'equilibrio e cadde picchiando la testa contro il duro
pavimento. La prostituta che si era messa sulla soglia della porta
seguì tutta la scena e quando il suo cliente non
sembrò avere le forze per rialzarsi si mise a urlare.
- Cazzo ragazza, ci dobbiamo muovere! - finì di tirarle su i
pantaloni che le andavano incredibilmente larghi e le
abbottonò solo l'ultimo bottone, poi lasciò
perdere la camicia e le infilò dalla testa un maglione a
quadrati bianchi e neri. Mentre lo faceva notò che i suoi
capelli nerissimi erano stati tagliati da una mano poco esperta; in
alcuni punti sembravano più corti che in altri ed erano
spaventosamente crespi e unti.
- Jaaake! - urlò la prostituta scendendo di corsa le scale.
Joey si fermò per un momento. - Chi è questo
Jake? - chiese a Neira.
- Il...il...buttafuori - rispose lei con un filo di voce.
- Oh cazzo - si lasciò scappare Joey, dando uno strattone
alla maglia per farla scendere per tutto il busto. - Per le scarpe ho
paura che dovrai farne a meno - le disse poi prendendola per mano e
trascinandola fuori. Neira riuscì a fare giusto due passi e
poi cadde per terra. Dal piano di sotto si poteva sentire la prostituta
parlare in maniera isterica con un uomo il quale si
precipitò su per le scale alla ricerca dell'uomo che gli era
stato descritto.
Joey scosse la testa e prese in braccio la ragazza, si
guardò attorno e vide l'uscita per le scale antincendio.
Aprì la porta con un calcio e iniziò a scendere
il più velocemente possibile. Come aveva potuto notare prima
Neira era veramente magrissima, tenerla in braccio pesava veramente
poco e questo gli permetteva di scendere velocemente.
Quando mancarono solo due gradini all'ultima rampa di scale Jake si
affacciò dalla porta che Joey aveva sfondato e si mise a
urlare guardandoli dall'alto verso il basso.
- Fermati subito pezzo di merda! Metti giù la ragazza! -
Joey percorse gli ultimi gradini e si buttò in strada senza
neanche guardare eventuali macchine che arrivavano. Doveva fare in
fretta prima che quel Jake scendesse e li raggiungesse.
Camminò il più velocemente possibile verso la
macchina rubata ignorando gli sguardi attoniti delle persone che lo
guardavano con una ragazza semi incosciente in braccio e la
posò con molta poca delicatezza nel lato passeggero,
dopodichè si mise al volante e partì sgommando.
Appena in tempo per vedere Jake attraversare la strada e iniziare a
bestemmiare vedendoli scappare via.
Uscirono da Ashville e si diressero verso Birmingham diminuendo un po'
la velocità. La benzina presente nel serbatoio non sembrava
poter reggere per tutta la strada un ritmo come quello appena sostenuto.
Ci vollero quasi venti minuti prima che Neira, accasciata sul lato
passeggero, riuscisse a dire qualcosa.
- Dove stiamo andando? - chiese con una voce debolissima continuando a
tenere gli occhi chiusi.
- Alla stanza d'hotel che ho a Birmingham -
- No...non posso - rispose lei aprendo a fatica gli occhi. - Io..io
devo andare a Branchville...devo..devo andare là....-
Joey scosse la testa. - Mi spiace tesoro, ma si fa come dico io. -
Neira voltò la testa per guardarlo per la prima volta da
quando era uscita dal bordello, sforzandosi come se stesse compiendo
un'impresa eroica.
- Ma tu...chi sei? - chiese sempre debolmente.
- Mettiamola così, tu sei la principessa rinchiusa nel
castello dai cattivi e io sono il principe buono che scala la torre per
salvarti. Che dici, ti piace? -
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Capitolo 8 *** Capitolo VII ***
Monnis, chiamarla Mercedes dici? Con Joey che guida un'Audi? A questo punto mi manca solo di inserire un personaggio che si chiama Harrison Ford e poi le ho fatte tutte! A parte gli scherzi, Neira è un vero nome cubano e poi piace moltissimo a me, quindi rassegnati XD
nydrali, l'ho già detto che non so più come ringraziarti? :D Sapere che piace a te che sei l'autrice del racconto "vero"...come diceva la famosa pubblicità, non ha prezzo!
Quando Joey tornò al parcheggio di Birmingham dove aveva
rubato l'auto il giorno prima, erano ormai le due del mattino. Spense
la macchina e lasciò le chiavi nel cruscotto,
uscì facendo il giro dell'auto e aprì la porta di
Neira.
- Ce la fai a camminare? - chiese prendendola sottobraccio. La ragazza
si limitò ad annuire lentamente ma non dava l'idea di essere
molto sicura. Joey tolse la mano attorno alla sua vita ma
continuò a sorreggerla mentre si avviavano all'hotel dove
aveva la camera.
- Non prendi le chiavi? - notò lei vedendo che si
allontanavano senza chiudere l'auto.
Joey non ne aveva più bisogno, ma la realtà era
che era quasi a zero di benzina. Negli ultimi chilometri la spia si era
accesa e mentre pensava a quanto era pieno il serbatoio dell'Audi si
ricordò di non stare messo meglio neanche con quell'altra.
Fare benzina era escluso perchè aveva pagato con tutti i
soldi che gli erano rimasti il nano del bordello per incontrare Neira e
oltretutto doveva pagare ancora la stanza dell'albergo. La situazione
incominciava a farsi critica.
All'ingresso sperò di non essere notato, ma la ragazza con
il volto truccato rovinato e i vestiti più grandi di lei di
almeno tre misure attirarono immediatamente le attenzioni del ragazzo
alla reception.
- Tutto bene? - chiese allarmato alzandosi in piedi.
- Sì, sì, non si preoccupi - rispose Joey
continuando a camminare avvicinandosi all'ascensore.
- Ma...la sta portando nella sua camera? -
- Sì ma non c'è nessun problema, veramente -
rispose mentre apriva la porta dell'ascensore.
- Ma la sua stanza è solo per una persona... - non
potè aggiungere altro perchè Joey e la ragazza
sparirono velocemente dalla sua vista.
Effettivamente la stanza aveva un solo letto, ma andava bene lo stesso.
Per una notte Joey poteva anche dormire per terra, se dopo un bel sonno
la ragazza gli si sarebbe rivelata utile. La adagiò
lentamente sul letto e la coprì, dopidichè si
sdraiò per terra vicino a lei e cercò di prendere
sonno.
***
Joey osservò con aria sconsolata l'interno del suo
portafoglio: una banconota da cinque dollari. Quando era in Francia non
era andato a prelevare molto, per non dare troppo nell'occhio alla
polizia che sicuramente stava controllando il suo conto in banca, ma
tutti i soldi che aveva con sè li aveva lasciati nel borsone
militare davanti al Red Monkey. Il solo pensiero che quei bastardi si
erano portati via oltre mille dollari lo faceva infuriare. Aveva
bisogno di soldi, senza quelli non poteva fare nulla.
Prese il telefono e chiamò l'unica persona amica che gli era
rimasta in America. Il cellulare squillò a lungo prima che
Lucrece rispondesse.
- Oh ciao fratellone! Come stai? - la donna accentuò la
parola "fratellone" il più possibile.
- Fratellone? Ma che stai dicendo Lucrece? -
- Sì io bene grazie! E tu? -
Joey ci pensò un attimo: aveva davanti a sè
qualcuno della polizia, era l'unica motivazione a questo suo
comportamento.
- C'è qualche sbirro lì con te vero? -
- Sì esatto, anche la mamma sta bene -
Joey si mise a ridere. Si immaginò per un attimo il volto di
Lucrece, pensando a come riusciva a trattenere il nervoso di quella
chiamata sorridendo al suo probabile accompagnatore.
- Ascolta...sorellina - si lasciò scappare un'altra breve
risata, poi continuò. - Qua sono al verde, ho bisogno che mi
fai un prestito. Credi che possa venire lì da te fra un'ora?
-
Il telefono rimase muto per circa un secondo, dopodichè
Lucrece rispose.
- Dici che fra poco passerai di qua? Oh che bella notizia! Ti fermerai
anche a pranzo? -
- Uhm...lo prendo come un sì. E se me lo stavi domandando
veramente no, dobbiamo scappare subito dopo. -
- Sì va bene, ti faccio anche la torta di mele! -
- Ma sei sicura che lo sbirro davanti a te si stia bevendo tutte le
stronzate che stai dicendo? - chiese Joey estremamente divertito.
- Benissimo, ora ti saluto che devo scappare! Ciao! - e la
conversazione si interruppe.
Joey rimase qualche secondo a guardare il display del cellulare, poi
sorridendo ancora entrò nel primo supermercato che
trovò. Con cinque dollari sicuramente non poteva fare una
grande spesa, ma fu sufficiente per un paio di pizzette e di bottiglie
di acqua naturale, oltre a una confezione da sei merendine di una marca
sconosciuta.
Tornò in albergo e salì nella sua stanza. Neira
dormiva ancora, nonostante fossero le dieci del mattino.
Pensò più volte di svegliarla, ma alla fine
decise che non era il caso di farlo.
Aspettò un'altra ora prima di vederla girarsi nel letto e
coprirsi gli occhi con le mani a causa della luce che entrava dalle
tende aperte.
- Ben svegliata principessa. - le disse porgendole una merendina ancora
impacchettata.
Neira si tirò leggermente su, guardandosi attorno con gli
occhi semichiusi. Si portò una mano alla fronte, coprendosi
un occhio, e con l'altro squadrò Joey.
- Ti ricordi cos'è successo ieri sera vero? -
La ragazza allungò la mano libera e prese la merendina.
- Sì... -
- Bene, temevo di doverti raccontare tutto. Ora però sono
io, che voglio sentirti raccontare qualcosa. -
- Aspetta... - disse lei guardandolo un'altra volta, come se la prima
non fosse stata sufficiente, - Tu non mi hai ancora detto chi sei! -
Joey alzò le spalle. - Per il momento non è
importante che tu lo sappia. -
- Ehy un attimo - disse alzando una mano come a volerlo fermare. - Io
mi ricordo che ieri hai quasi ammazzato un uomo per questi... - si
guardò il maglione che ancora indossava con uno sguardo di
disgusto -...vestiti! Dov'è la mia roba? -
- Non avevi niente addosso, principessa - rispose lui cercando di
mettersi più comodo sulla sedia.
Neira abbassò immediatamente lo sguardo, rimanendo in
silenzio.
- Quindi, se ora vuoi raccontarmi qualcosa... -
- Io non...- si fermò per scartocciare la merendina e ne
mangiò quasi la metà con un morso. - Uhm, buona! -
Joey la fissò alzando un sopracciglio.
- Buona questa sbobba da due soldi? -
- A me piace! - rispose lei addentando anche l'ultimo pezzo.
- Mio Dio...chissà che schifezze ti davano da mangiare
là dentro se questa roba la reputi buona...
- Quando si ricordavano di darmi qualcosa, intendevi dire...-
ribattè lei finendo di mandare giù il boccone.
Joey alzò ancora di più il sopracciglio,
guardandola quasi ingozzarsi con quella merendina che le aveva dato.
Prese una delle due bottiglie d'acqua che aveva comprato e gliela porse.
- Bevi dai...e poi spiegami come hai fatto a finire in quel posto. -
Neira bevve con la stessa ingordigia con cui aveva mangiato la
merendina, dopodichè si asciugò la bocca con il
dorso della mano.
- Una cosa ieri te l'ho detta...- disse sporgendosi leggermente in
avanti verso Joey.
- Non hai detto proprio nulla ieri sera, principessa -
obiettò lui rendendo meno simpatica la sua voce.
- E invece sì, ti ho detto che devo andare a
Branchville se non sbaglio. E, a meno che questa non sia
Branchville - disse indicando con una mano la finestra - ho paura che
non ti dirò proprio niente - concluse bevendo un altro sorso
d'acqua.
- Stammi a sentire bene ragazzina, se questa mattina ti sei svegliata
in un letto vero e non in quel cesso di stanza che ti davano al
bordello è solo grazie a me, quindi credo proprio che tu mi
debba un favore! -
Al sentire il tono di voce che aveva assunto Joey, Neira
trasalì per un momento. I suoi occhi neri però
rimasero puntati su di lui.
- Devo andare a Branchville, se non ci vado non mi
servirà a niente essere libera! - rispose lei assumendo un
tono disperato.
- Ma che diavolo devi farci a Branchville? - rispose Joey
stizzito.
- Devo... - abbassò nuovamente lo sguardo. - Devo
rincontrare il mio amore, deve saperlo che sono scappata! -
- Che cosa? - Joey si ritrovò a urlare. - Mi stai chiedendo
di tornare a St.Claire, in una città non troppo lontana da
Ashville che è esattamente il posto in cui ti ho presa, per
incontrare un ragazzo di cui ti sei innamorata? Sei ammattita? -
- Io devo andarci - rispose cocciutamente Neira.
- Scordatelo, non ci andremo mai. Se ci tieni tanto a questo tipo
chiamalo e digli di venire quì, noi da qua non ci muoviamo.
- poi aggiunse subito - ma poi scusa, hai idea di quanto sei rimasta
chiusa là dentro? Sono due anni ormai...scusa se te lo dico,
ma ho paura che quello si sarà trovato un'altra ragazza -
- E' impossibile - rispose lei, calma. - Se non vuoi portarmici allora
torniamo pure al bordello dove mi hai presa, non mi interessa! -
Joey rimase interdetto nel sentirla parlare. O quella ragazza gli stava
nascondendo qualcosa, oppure aveva perso la testa nel suo soggiorno al Badgirls.
- Fermiamoci un attimo, va bene? Che ne dici se ricominciamo da capo?
Sei tu Neira, la sorella di Steven Kimberlin? -
Al sentire pronunciare quel nome, la ragazza si tirò
leggermente su con la schiena. Il suo sguardo diventò
più serio e al tempo stesso più spaventato.
- Sorellastra, per essere corretti. -
- Sì certo, questo me lo hanno detto. Mi hanno anche
riferito che è stato lui a mandarti in quel bordello,
è vero? -
Neira fece cenno di sì con la testa.
- Beh? Qual'è il motivo? Si è arrabbiato per
quell'articolo sul giornale? -
- No, quella è stata solo la goccia che ha fatto traboccare
il vaso...- rispose lei abbassando nuovamente lo sguardo.
- Ma perchè mi rispondi a pezzi? Dimmi qual'era il vero
motivo per la miseria! -
- Era il mio amore il suo problema, ecco cos'era! - rispose Neira
iniziando a piangere. Chinò leggermente il volto e si
nascose gli occhi fra le mani. Più quella conversazione
andava avanti e meno Joey ci capiva qualcosa.
- Credo proprio sia arrivato il momento in cui tu mi dica chi
è questo ragazzo. -
Neira si asciugò le lacrime con le mani, cercando di
smettere di piangere.
- Credo proprio sia arrivato il momento che tu mi porti a
Branchville - rispose lei fra i singhiozzi.
- Ok allora mettiamola così: io ti porto da questo tipo e
una volta che gli hai detto quello che gli devi dire torniamo qua e
rispondi a tutte le mie domande. Siamo intesi? -
- Promesso - rispose asciugandosi ancora le lacrime.
- Ehy principessa, io rischio il culo tornando a St.Claire, vedi di
mantenere la tua parola ok? Altrimenti dovrò iniziare a
pensare che portarti via da quel bordello non sia stata una cosa
così tanto utile. -
- Ti ho già detto che te lo prometto! - rispose lei un po'
seccata.
- Benissimo. Adesso alzati che dobbiamo andare da una mia...amica,
chiamiamola così. -
- Con questi addosso? - chiese Neira guardandosi il maglione che
indossava ancora dalla sera precedente.
- Non ho più soldi, principessa. Ho speso tutto quello che
avevo per poter usare una stanza al Badgirls, ora non
ho più un dollaro. Non ti posso comprare nessun vestito,
l'unica nostra speranza è che Lucrece abbia qualcosa della
tua taglia. -
- Lucrece è la tua amica? -
- Beh chiamarla amica mi pare eccessivo, comunque sì,
è da lei che stiamo andando. Forza, alzati -
I due uscirono dalla camera, poi Joey si guardò attorno
cercando le scale antincendio.
- Ho paura che dovremo ripetere l'esperienza di ieri - le disse
indicandole la porta.
- E perchè non scendiamo dalle le scale come tutte le
persone normali? -
- Perchè devo pagare la stanza e... -
- ....e hai speso tutto quello che avevi per salvarmi, oh mio "principe
buono". Lo hai già detto questo. -
Joey sospirò. "Che bel caratterino" si ritrovò a
pensare.
***
Mentre si avvicinava alla porta di Lucrece e iniziava a suonare il
campanello, Neira chiese a Joey che tipo di rapporto ci fosse fra lui e
quella donna.
- Ci conosciamo da tanto tempo, almeno trent'anni. Lucrece è
una donna in gamba, vedrai che ci accoglierà a braccia
aperte -
Appena finito di pronunciare quella frase, la porta si
spalancò dall'interno e ne uscì fuori una Beretta
M9 puntata dritta al cuore di Joey.
- Brutto bastardo! Non osare chiamarmi mai più sul cellulare
durante il giorno! Hai capito? -
Neira sussultò alla vista dell'arma, alzando d'istinto le
mani. Joey si limitò a sbuffare.
- Non me lo avevi detto di non chiamarti a quest'ora -
- Io ti avevo detto di aspettare che mi fossi fatta sentire io! -
urlò Lucrece ancora con la M9 puntata verso di lui.
- Ok, ok, hai ragione...scusa, va bene? Ora ci fai entrare o mi vuoi
ammazzare qui davanti all'entrata di casa tua? -
Lucrece spostò per la prima volta gli occhi su Neira,
corrugò la fronte e chiese - E chi sarebbe questa pezzente?
- mentre osservava i suoi vestiti larghi e i piedi nudi.
- Pezzente? - fu la risposta acida di Neira.
- Calmiamoci un attimo, va bene? - le interruppe Joey che voleva fare
presto. - Lucrece, lei è la figlia di Kimberlin,
nonchè sorella di Steven. -
Al sentire quella presentazione, Lucrece abbassò l'arma
lentamente.
- Porca puttana, allora sei ancora viva sul serio! - esclamò
appoggiandosi la mano libera su un fianco.
- Mi conosci? - chiese Neira sempre più sbalordita dal
comportamento della donna che aveva davanti.
- Ragazza - rispose Lucrece con uno sbuffo, - si può quasi
dire che ti abbia salvata io. Entrate dai - disse indicando l'ingresso
con la Beretta ancora in mano.
Appena si furono tutti accomodati, la donna appoggiò l'arma
sul tavolino e volle che Joey le raccontasse per filo e per segno come
aveva fatto a ritrovare la ragazza. Appena fu aggiornata di tutta la
storia, compresa la richiesta di andare a Branchville, Lucrece
scoppiò a ridere.
- Ehy James, sembra che sia destino che tu ti faccia manipolare dalle
ragazzine ventenni eh? -
Joey si limitò a guardarla male senza rispondere nulla.
- E quant'è che vorresti esattamente? Sentiamo... -
- Devo fare benzina all'Audi e comprare qualche vestito per lei, poi
per le altre cose ci penseranno le persone che andrò a
trovare a farmi qualche prestito. -
- Beh, a lei ci posso pensare io - rispose la donna indicando Neira. -
Se puoi aspettare un minuto la porto su in camera e vediamo se
riusciamo a metterle addosso qualcosa di decente. -
Joey si voltò a guardare Neira, la quale alzò le
spalle.
- Andate pure, basta che non mi fate aspettare qua sotto mezz'ora. -
- Certamente! Cosa credi, che ci metteremo a parlare di moda e di
scarpe? Idiota! - esclamò prendendo per mano Neira come fa
una mamma con la propria figlia.
Joey sorrise e si accese la grande tv al plasma davanti a lui. Il
divano su cui era seduto era uno di quelli moderni da sei posti, mobili
che sicuramente con la paga che aveva in Francia non si poteva
permettere. Girò vari canali fino a quando trovò
un telegiornale; rimase ad ascoltare tutte le notizie ma nessuna
parlava di lui. Fece mente locale su quanto tempo era passato da quando
aveva preso Neira calcolando la possibilità che Steven ne
fosse già venuto a conoscenza e stabilì che era
molto probabile che ciò fosse accaduto. Doveva muoversi in
fretta se voleva sfruttare l'effetto sorpresa altrimenti sarebbe
saltato tutto il suo piano.
Fra un pensiero e l'altro e la comodità del divano, Joey si
ritrovò ben presto molto vicino al prendere sonno. Solo
quando sentì le voci di Lucrece e Neira tornò
lucido e si alzò in piedi. La ragazza aveva finalmente devi
vestiti femminili addosso, anche se sembravano anche questi un po'
larghi per lei, e un paio di scarpe di ginnastica ai piedi.
- E questa è per te, brutto rompipalle che non sei altro -
disse Lucrece porgendogli qualcosa di incartocciato in parecchi fogli
di giornale.
- Che cos'è? - chiese Joey soppesando l'oggetto con la mano.
- Il mio ultimo regalo per te, ecco cos'è. Dopo quella non
voglio che mi chiedi nient'altro, ok? -
Joey scartocciò ciò che aveva davanti e quando
finì i suoi occhi si misero a brillare.
Davanti a se aveva un revolver Smith & Wesson modello 610.
- Cristo santo! - esclamò. - E questo cannone a mano dove
l'hai trovato? -
Lucrece alzò le spalle. - Babbo Natale mi ha anticipato il
regalo -
Neira passava lo sguardo fra la donna e Joey con aria confusa.
- E' stata comprata legalmente quell'arma? - chiese titubante.
Lucrece scoppiò a ridere. - Ragazza mia - le disse
appoggiandole entrambe le mani sulle spalle - con Dagger la
legalità ha poco a che fare, e anche con me in fondo. Ma tu
non hai visto niente, giusto? -
- ...giusto - rispose Neira abbassando leggermente lo sguardo.
- E mi raccomando non dire neanche una parola a James a proposito del
tuo amore prima che ti abbia portata a Branchville, altrimenti quello
stronzo sarebbe veramente capace di riportati al bordello dove ti ha
presa. -
- Ehy un momento - disse Joey che ancora teneva la 610 in mano con aria
meravigliata. - A te ha detto chi è quel ragazzo? -
Lucrece scoppiò a ridere, talmente tanto che vide Neira
abbassare ancora di più lo sguardo. Appena si riprese dalla
risata, spinse la ragazza verso la porta.
- Andate, andate, che non avete tempo da perdere. Ah James, i soldi e
le munizioni li ho dati a lei. -
- Lucrece? Perchè non mi rispondi? -
- Faccio come fai sempre tu, no? Vedi quanto è seccante? -
la donna si stava dimostrando estremamente divertita dal sapere che
Joey era all'oscuro di quello che sapeva.
- Andate ora, che per oggi ne ho già le palle piene di
vedervi, anche se non le ho, chiaramente - aggiunse subito come a
correggersi.
- Lucrece? - chiese ancora Joey avvicinandosi.
- Ti ho detto fuori dalle palle James! - urlò la donna
ritornando completamente seria.
Joey sbuffò, infilò la Smith & Wesson nei
jeans dietro la schiena e prendendo Neira per un gomito uscì
di casa.
- E non mi chiamare più fino a che questa storia non
sarà finita ok? -
Joey non rispose e si limitò a trascinare Neira verso la
macchina mentre brontolava per la rudità con la quale stava
venendo trattata.
***
La benzina entrava silenziosamente e velocemente nel serbatoio della R8
di Joey. All'interno della macchina Neira aveva acceso la radio per
distrarsi, ma la verità era che più si
avvicinavano a Branchville più si sentiva crescere una certa
ansia.
Si sporse per vedere se Joey aveva finito e notò che si
guardava attorno circospetto. Qualche minuto prima aveva visto Lucrece
dargli un'arma in mano e lui l'aveva presa senza opporsi, questo in un
certo senso la preoccupò un po'.
Appena rientrò in macchina decise di parlargli.
- Senti...James - iniziò titubante
- Chi ti ha detto che mi chiamo così? - chiese mentre
avviava il motore.
- Quella donna, Lucrece, ti ha chiamato così -
Joey sbuffò. - Cosa vuoi? -
- Beh ecco...mi chiedevo...quella pistola non sarà mica per
me quando avrò finito di raccontarti tutto quello che vuoi,
vero? -
Joey scoppiò a ridere. - Assolutamente no -
riuscì a dire quando tornò a controllarsi. - Non
ti ammazzo principessa, puoi stare tranquilla! -
Neira alzò le spalle. Quella risposta le bastava per passare
alla successiva domanda. - Fra quanto arriviamo a Branchville? -
- Venti minuti circa. -
- Uhm....tu ce l'hai un cellulare vero? Posso fare una chiamata? -
- E chi vorresti chiamare, di grazia? -
- Il mio amore... - rispose lei abbassando leggermente il volume della
radio.
- Niente sorpresa? - chiese Joey estraendo dalla tasca il cellulare e
porgendoglielo.
Neira lo agguantò senza rispondere, prese un lungo respiro e
poi iniziò a digitare un numero.
Non appena sentì la voce dall'altra parte del telefono
rispondere, scoppiò a piangere.
Joey si voltò di scatto nel tentativo di capire quale fosse
la causa di quel comportamento, ipotizzando addirittura che qualcuno le
avesse potuto sparare da fuori la macchina.
Invece era solamente l'emozione per il risentire la voce del suo amore,
dopo due lunghissimi anni.
- Sono io... - riuscì a dire appena calmò un po'
le lacrime. - Sì, sto venendo da te... - aggiunse pochi
secondi dopo. - Sì, sono fuori da quel bordello, sto venendo
con un uomo...poi ti racconto...-
Joey continuava a fissarla sbalordito e spense immediatamente la radio
per tentare di ascoltare la chiamata.
- Va bene, a casa di tuo fratello allora. Ciao... - e
terminò la comunicazione. Joey non era riuscito a sentire
nulla.
- Ebbene? -
La ragazza si asciugò gli occhi con le mani,
dopodichè porse il cellulare al suo legittimo proprietario.
- Non andiamo direttamente a casa sua ma da suo fratello, comunque la
so la strada, appena entriamo a Branchville segui le mie indicazioni. -
Joey prese il telefono e decise di stare zitto, visto che non aveva
potuto sentire cosa le era stato risposto dall'altra parte del telefono.
Non appena arrivarono a Branchville seguì esattamente le
indicazioni che gli diede Neira e percorsero quasi tutta la
città, tanto che quando la ragazzina gli disse di fermarsi
erano già arrivati al confine con la prossima.
Accostò l'auto davanti a una serie di elegantissime case
dipinte di bianco con un piccolo giardino recintato davanti e
buttò l'occhio nella stessa direzione in cui guardava Neira.
Nell'ultima casa, quella che gli aveva indicato la ragazza, qualcuno
spostò la tenda per accertarsi del loro arrivo,
dopodichè scomparì subito dalla finestra.
Neira non aspettò neanche che la macchina fosse
completamente ferma, appena Joey rallentò scattò
fuori dall'auto come una molla e si diresse a gran corsa verso il
cancello di casa. Dalla porta principale uscì una ragazza
che le corse incontro a braccia aperte, e Joey pensò che
fosse qualche parente del tipo che stavano per incontrare.
Quando poi vide che le due ragazze, una volta abbracciate, si
scambiarono anche un profondissimo e lunghissimo bacio in bocca,
capì finalmente il perchè Neira avesse deciso di
non dirgli niente fino a quel momento.
***
Seduto sul mobile della cucina, Joey guardava fuori dalla finestra in
cerca di qualche volto sospetto. Visto che nessuno dei pochi passanti
attirava la sua attenzione, spostò lo sguardo su Neira, che
seduta al tavolo fissava con sguardo sognante la schiena della ragazza
dai lunghi capelli biondi ricurva sui fornelli.
- Sto preparando giusto due cose, mi spiace ma mio fratello non aveva
molto in casa...d'altra parte non vive praticamente mai qui... - disse
rivolta quasi più a Joey che non a Neira.
Appoggiò il mestolo sul tavolo della cucina e si tolse il
grembiule.
- Comunque signore io sono Samantha, piacere di conoscerla - disse
allungandogli una mano.
Joey la guardò come se fosse un extraterrestre e rimase a
fissarla per così tanto tempo che la ragazza fece per
allontanare la mano, prima di vedersela finalmente stretta.
- Piacere mio... - rispose Joey con un sospiro.
Poi spostò lo sguardo su Neira che lo stava fissando.
- E' per colpa sua che sei finita in quel bordello? -
- Siediti - gli rispose indicando una delle sedie del tavolo. Non
appena Joey lo fece Samantha tornò a guardare le pentole ai
fornelli, ma di tanto in tanto si girava per ascoltare la conversazione.
- Lei è Samantha Greenfield, un'amica di Steven, il mio
fratellastro. -
Al sentire pronunciare Steven, Joey si tirò dritto sulla
sedia.
- E' stato proprio lui a presentarmela, due anni fa, in un locale a
Ashville una sera. Lei sembrava annoiata, esattamente come lo ero io, e
iniziammo subito a parlare. Scoprimmo molto velocemente che la
pensavamo entrambe allo stesso modo riguardo a quelle serate nei locali
"in" della città e fu un sollievo per me trovare qualcuno
con cui potersi confidare. Certo, Steven a quei tempi era
dolcissimo...ma si ostinava a dirmi che non uscivo abbastanza e che
quando lo facevo non frequentavo la gente giusta, quindi di tanto in
tanto mi portava in uno dei locali come quello in cui l'ho conosciuta. -
- Quindi tu...andavi d'accordo con Steven? - chiese Joey ripensando a
quanto gli aveva detto Lucrece.
- Sì, a quei tempi mi faceva un sacco di regali, mi comprava
vestiti nuovi, mi faceva venire a prendere da autisti con macchine
lussuose...era così diverso il suo mondo dalla
realtà quotidiana che vivevo con mia madre... - la voce le
si spezzò in un principio di pianto, e Samantha fu lesta ad
abbandonare i fornelli e avvicinarsi a lei confortandola stringendole
una mano.
Come se avesse riottenuto nuove forze grazie a quel gesto, Neira
ricominciò a parlare.
- Poi tutto cambiò quando vide che iniziavo a rifiutare i
suoi inviti per vedermi sola con lei, arrivò addirittura a
farmi pedinare da un suo uomo per scoprire cosa facevamo quando eravamo
insieme. Sam mi diceva sempre che Steven provava una sorta di amore
morboso nei miei confronti ma io non le volevo credere...quando poi mi
fece la prima scenata capii che aveva ragione. -
- Quale scenata? -
- Quella che mi fece quando il suo uomo riferì che uscivamo
solo io e lei, comportandoci come una vera coppia, andando al cinema,
scherzando, passando il week end assieme da qualche parte...insomma,
cose così. Lui urlò che dovevo smetterla di
comportarmi in quel modo e anche di vederla, che in fondo Samantha non
gli era mai piaciuta e di starle alla larga. -
- Era geloso di lei, insomma. - tagliò corto Joey.
- Già...ma io lo ignorai e continuai a vedermi con lei, come
potevo smettere di vederla ora che finalmente avevo trovato la ragazza
dei miei sogni? Non ho mai conosciuto una come lei... - si perse per un
momento a guardarla e sebbene Joey capiva che non si vedevano da anni,
decise comunque di recitare la parte del duro.
- Beh sì, lasciami da parte i particolari ok? Dimmi che ha
fatto Steven dopo. Si è infuriato? Ha minacciato di
ucciderti? -
- Mi ha picchiata una sera che aveva particolarmente bevuto, dopo che
aveva scoperto che per l'ennesima volta gli avevo dato buca per stare
assieme a lei. Mi disse che quella era l'ultima volta che la vedevo e
che se avessi osato farlo ancora...le sarebbe successo qualcosa di
brutto. - Samantha portò anche l'altra mano su quella di
Neira che si era nuovamente fermata nel suo racconto. "Ricordi troppo
dolorosi", pensò Joey.
- E' per quello che mi inventai quella storia al Time Daily,
non avevo nessuna prova che provava un bel nulla! Certo, sapevo che mio
fratello tutti i soldi che aveva non li poteva guadagnare legalmente,
ma non mi sarei mai messa contro di lui sul serio...volevo solo fargli
capire che ci doveva lasciare stare, farci vivere la nostra vita... -
- E invece ha ucciso tua madre e sbattuta te in un bordello - concluse
Joey.
Entrambe le ragazze abbassarono leggermente gli sguardi.
- Beh comunque non credo che una punizione del genere se la sia
inventata tuo fratello, se la cosa ti può consolare. Una
decisione del genere sarebbe potuta venire solamente a quel pervertito
di tuo padre, sicuramente non a un mollusco come Steven -
Neira lo fissò, ma senza rabbia nello sguardo.
- Ma tu chi sei? Ora me lo devi dire... - chiese poi alzando
leggermente il viso.
- James Hawk. - rispose lui, freddo.
Neira sussultò. - James Hawk? Quello che veniva
soprannominato Dagger?
-
Joey non fece in tempo a rispondere che Neira ricominciò. -
Quello che la prima sera di apertura del Beautiful life
cercò di violentare la prima ballerina sul palco davanti a
tutti i presenti? -
Joey la fissò per un altro attimo, sentendosi addosso lo
sguardo spaventato di Samantha.
- Già... - rispose poi.
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Capitolo 9 *** Capitolo VIII - prima parte ***
Era incredibile come non appena gli succedesse di poter stare
tranquillo per qualche minuto, i pensieri di Joey tornassero
velocemente a Forcalquier e ad Alexander.
Le due ragazze erano salite al piano di sopra a "farsi una doccia",
così gli avevano detto, e lui era rimasto solo in cucina
davanti ai piatti vuoti del pranzo che Samantha aveva preparato. Mentre
le aspettava prese le pallottole calibro 10 della S&W ricevuta
da Lucrece e si mise a caricare l'arma. Le guardò una per
una, stando attento che fossero tutte in perfetta condizione, poi
quando decideva che avevano passato il test-qualità le
infilava lentamente nel tamburo, continuando a pensare a casa sua e al
profumo di lavanda tipico della zona che iniziava a mancargli.
Quando ebbe finito mise la sicura al revolver e fece il giro della
casa, soffermandosi a guardare lo stile dell'arredamento e i quadri
alle pareti. In un paio di loro compariva in firma Neira Yamaris, cosa
che gli fece venire voglia di guardare quei quadri con maggior
attenzione. Uno rappresentava una donna seduta in penombra su una
poltrona con una tazza fumante in mano, nell'altro c'era un paesaggio
di un bosco al tramonto. Non gli aveva detto che dipingeva, doveva
ricordarsi di farglielo notare. La verità era che si erano
detti proprio poco, quasi niente, un po' come si faceva ai tempi in cui
era giovane, tanta azione e pochi rapporti personali.
Cercò di scacciare via quei pensieri e si sedette sul
divano, appoggiando il gomito sul bracciolo e la testa sulla mano.
Iniziava a sentirsi stanco, ma non poteva cedere al sonno
così presto. Al contrario, c'era da organizzare un piano,
visto che ora Neira avrebbe dovuto raccontargli tutto quello che sapeva.
Ci pensò per quasi mezz'ora, dopodichè
iniziò a sentire le voci delle ragazze scendere le scale e
raggiungerlo in soggiorno. Apparirono ridenti in volto, avvolte da
accappatoi bianchi e da un asciugamano in testa per i capelli.
- Ehy principessa, è più di un'ora che sei
sparita. Che diavolo avete fatto lassù? -
Quella che era una domanda retorica, che Joey aveva fatto
più per non perdere la sua aria da duro che non per avere
una risposta, mise in imbarazzo entrambe, tanto che Samantha
arrossì velocemente e Neira si preoccupò subito
di abbassare lo sguardo.
- Ti ricordo che non siamo qua in villeggiatura, dobbiamo muoverci per
non buttare via tutta la giornata. -
- S...sì - rispose lei, avvicinandosi e prendendo posto sul
divano.
- Ok, prima di tutto: Samantha, hai detto a qualcuno di me e di lei? -
- N...no - rispose con una strana paura negli occhi. Neira
probabilmente le doveva aver raccontato qualcosa del suo passato,
questo sicuramente giustificava il suo timore.
- Le chiavi di questa casa le avevi tu? Le hai chieste a qualcuno? -
- Le ho prese da casa dei miei, sì - rispose sedendosi anche
lei vicino a Neira. Entrambe si cercarono immediatamente con le mani,
come se si volessero dare coraggio solamente per riuscire a stare a una
distanza così ridotta da Joey.
- Quindi i tuoi sanno che sei qui? -
- No, non credo...ho preso le chiavi e sono venuta qui senza dire
niente a nessuno. -
Joey ci pensò un attimo, poi riprese. - Ti hanno chiamata da
quando siamo arrivati? -
- Non lo so, ho spento il cellulare prima di iniziare a fare da
mangiare. -
- E il telefono fisso non ha suonato...bene, vuol dire che ancora non
sanno che siamo qua. -
- Ma qual'è il problema James? - chiese Neira interrompendo
quella specie di interrogatorio.
- Devo solo capire se questo è un posto sicuro o no, tutto
qua. A quest'ora Steven si sarà già dato da fare
per ritrovarti ed è probabile che una delle prime persone
che vorrà sentire sia proprio lei, visto il...legame che vi
unisce. -
Le due ragazze si guardarono lanciandosi un'occhiata preoccupata.
- Non ci avevamo pensato... -
- Io invece sì, e se Steven ti conosce bene a quest'ora
è già passato a casa dei suoi genitori per
chiedere se la loro adorata figlia sapeva qualcosa della tua scomparsa.
Nel momento in cui risulterà scomparsa anche lei, ci
metterà poco a capire che voi due siete assieme. Quindi se
trovano lei, trovano anche te. E anche me, ovviamente. -
Seguì qualche secondo di silenzio, poi Joey si
alzò. - Per adesso rimaniamo qui, ma stiamo pronti
all'evenienza di spostarci da un momento all'altro. Staremmo
più sicuri in un albergo, anche se lo dovremmo prendere
fuori da St.Claire perchè Steven avrà sicuramente
avvisato qualsiasi albergatore di questa cazzo di contea che noi siamo
qui. -
- Ma perchè dovremmo spostarci? Non abbiamo appena finito di
dire che nessuno sa che siamo qui? - chiese Neira con uno sguardo
supplichevole.
- Perchè le chiavi che ha preso barbie non erano sue ma dei
suoi genitori, quindi loro se ne potrebbero accorgere che mancano. -
- Barbie? - chiese Samantha stupita. Effettivamente il suo aspetto
sembrava ricordarla vagamente; era bionda e con grandi occhi azzurri,
una pelle chiara e un fisico snello. Esteticamente parlando, era quasi
l'opposto di Neira.
- In che rapporti eri con i suoi genitori? Cioè, se
venissero a scoprire che ora sei con la loro figlia, come reagirebbero?
Male? Bene? Vi proteggerebbero? Andrebbero subito a dirlo a Steven? -
Neira abbassò nuovamente lo sguardo e Samantha fece lo
stesso.
- Cristo! - urlò Joey. - Glielo andrebbero a dire subito
vero? Eh certo, magari i suoi genitori volevano per lei un futuro fatto
da un bel marito ricco, tanti figli e il cane che aspetta impaziente a
casa il loro arrivo! Poi tu ti vai a mettere con una come lei e loro
danno ragione al "buon" Steven che invece cerca di farvi rinsavire
entrambe! -
Se Samantha non avesse ascoltato un paio dei racconti che Neira le
aveva riferito su Joey, probabilmente si sarebbe già alzata
in piedi per difendere i suoi genitori. Certo, non avevano mai
accettato la sua relazione con Neira, ma non meritavano di essere
trattati in quel modo. Ma davanti a loro avevano James Hawk, altrimenti
chiamato Dagger,
ed in più sembrava estremamente arrabbiato, quindi non
pareva il caso a nessuno di contraddirlo.
- Ok dai, è arrivato il momento di muoverci. Prima ci
muoviamo noi, meno rischi corriamo. Adesso Neira mi devi dire tutto
quello che sai di questi due uomini di cui ti ho parlato prima, di dove
vive Steven e di dove sta tuo padre. -
- Ecco vedi James io... - fece per continuare a parlare, ma lo sguardo
furioso di Joey le fece intuire che aveva già capito cosa
voleva rispondergli. - Io in realtà non so nulla di
quell'uomo e anche di John Roukis so poco. Posso dirti dove sta mio
fratello e mio padre, è vero, ma cosa vorresti fare? Hanno
decine e decine di uomini armati a protezione delle loro ville e in
più non solo soli...capisci quello che intendo? Oltretutto
ormai sei - ma si interruppe, conscia del fatto che stava decisamente
esagerando.
- Sono cosa? - la imboccò Joey.
- Sei...vecchio... - concluse distogliendo lo sguardo da lui.
Joey si sentì salire la rabbia in un secondo, avrebbe potuto
rompere una fila di venti tegole una sopra l'altra con una sola testata
in quel momento, ma prima che potesse iniziare a sfogarsi
iniziò a parlare anche Samantha.
- E poi io la devo portare in un ospedale, devono visitarla e dirci se
sta bene. Le hai visto anche tu le braccia no? L'hanno drogata, e anche
più volte! Non possiamo andarcene in giro facendo finta che
non sia successo niente! -
La ragazza riuscì a finire di parlare, poi
sobbalzò sul divano all'unisono con Neira quando vide Joey
tirare un pugno alla poltrona che aveva davanti a se, rovesciandola
completamente e rompendo il tavolino di vetro che c'era lì
accanto.
- Statemi bene ad ascoltare entrambe puttanelle! - urlò. -
Non ho viaggiato mezzo mondo in aereo per tornare in questa merda di
paese ad ascoltare le vostre stronzate! - Poi puntò il dito
contro Samantha - Tu! Non porterai Neira da nessuna parte, intesi?
All'ospedale le chiederebbero immediatamente le generalità e
quindi fine della storia, ci siamo capiti? - Spostò il dito
su Neira. - Tu! Quando avevo la tua età avevo già
ucciso più uomini di quanti tu ne abbia mai visti in un film
di guerra, e ognuno di quei figli di puttana era almeno cento volte
più pericoloso di quel coglione di tuo fratello! Non me ne
frega un cazzo di che amici ha o da quante guardie è
protetto, io appena me lo troverò
davanti gli farò saltare via il cervello, capito? -
Entrambe le ragazze rimasero pietrificate al sentire quelle parole.
- Quindi vedi di farti saltare fuori da quella testaccia qualche nome
che mi possa aiutare oppure quant'è vero Dio ti riporto in
quel cesso di posto in cui ti ho trovata! - concluse quasi ansimando
per la foga con cui aveva parlato.
Aveva decisamente perso il controllo, se ne rese conto solamente dopo
qualche secondo in cui il fiato gli tornò regolare.
Lentamente, Neira iniziò a piangere. Samantha gli rivolse
uno sguardo carico d'odio, poi abbracciò la sua ragazza e
iniziò ad accarezzarle piano la testa.
- Bill Nighy - sospirò fra una lacrima e un'altra.
- Chi? - chiese Joey cercando di controllare il suo tono.
- Bill Nighy...è l'avvocato personale di mio fratello, o per
lo meno lo era due anni fa...se lo è ancora, a lui potrai
chiedere tutto quello che vuoi, conosce meglio di Steven i suoi stessi
affari... -
- Ecco, questa sì che è una risposta. Brava
principessa. - rispose Joey mettendosi a sedere. - E dove lo trovo
questo Bill Nighy? -
- In centro ha il suo studio, ci potremmo andare adesso se vuoi -
rispose smettendo faticosamente di piangere.
- Sarà meglio. Andate su a cambiarvi e poi partiamo subito. -
Le due ragazze si alzarono silenziosamente e salirono le scale in
altrettanta silenziosità.
Joey, rimasto solo, fu assalito da un terribile senso di colpa.
Cosa gli era saltato in mente di trattarle in quel modo? Era tornato
per un momento Dagger, l'assassino e lo stupratore che era un tempo.
Colui su cui sua moglie Lily aveva tanto faticato per farlo diventare
la persona che era adesso.
Non ci poteva credere che si era veramente comportato in quel modo.
Le aspettò giù, continuando a pensare a quello
che era appena successo. Presto sarebbe anche dovuto tornare a
uccidere, chissà se ci sarebbe riuscito ancora con la stessa
naturalezza.
I suoi pensieri furono interrotti dal ritorno delle due ragazze.
Neira aveva cambiato un'altra volta i vestiti, neanche questa volta
sembravano esattamente della sua misura ma per lo meno profumavano di
pulito, anzichè di tabacco come quelli di Lucrece. I jeans
erano un po' troppo lunghi e la felpa un po' troppo stretta,
esattamente come Samantha che rispetto a lei era più magra e
più alta. Ma nonostante i vestiti non fossero ancora della
sua misura, vederla così ordinata e pulita in viso diede a
Joey una strana sensazione. Era così diversa da soli due
giorni prima quando l'aveva trovata nuda, sporca e sotto effetto di una
dose...
- Andiamo? - chiese Neira dopo qualche attimo in cui Joey la
guardò senza dire nulla.
- Sì, certo. -
I tre uscirono di casa ed entrarono in macchina, Joey infilò
la chiave ed accese il motore, per poi spegnerlo quasi subito. Si
girò verso le due ragazze che si erano sedute sui sedili
posteriori, appoggiando il braccio sul sedile passeggero come se
dovesse fare retromarcia.
- Ascoltate voi due - disse passando con lo sguardo da una all'altra. -
Prima ho esagerato, ok? Non dovevo trattarvi così, non
è stato giusto. -
Si fermò un momento, ma come era presumibile che accadesse,
nessuna delle due disse niente. Rimasero semplicemente a guardarlo
senza dire nulla. - Neira ha bisogno di un medico, certo, ma ti posso
assicurare che in meno di una settimana tutta questa storia
sarà finita. Potrai portarla in ospedale, denunciare Steven
e perchè no, magari andare a farvi un viaggetto in Europa in
Spagna, così magari vi sposate pure. - disse cercando di
sorridere guardando Samantha. - E tu invece, ascoltami bene. Non ti
riporterei MAI in quel brutto posto, ok? Sono stato un'idiota a dire
una cosa del genere, tu la tua libertà te la meriti, qua
l'unico a non meritarsi quello che ha avuto fino ad adesso ero io. -
fece un'altra pausa, cercando una qualsiasi reazione nei volti delle
due ragazze, ma non ne trovò nessuna.
Quindi si girò, mise in moto la macchina e si
avviò verso il centro.
- James? - la voce di Neira era stata appena percettibile talmente lo
aveva chiamato a voce bassa.
- Dimmi -
- Non mi sembri più il principe buono che ha scalato la
torre per salvarmi... -
- Già...ho paura di averti mentito, principessa. -
***
L'Audi R8 si fermò esattamente sotto un grande portone
proprio nel centro di Branchville.
- Ecco, è lì lo studio. O almeno era
lì due anni fa, ora non lo so più. -
- Ok, adesso ho bisogno di te barbie. Me lo fai un favore? -
- Io? - chiese Samantha stupita dal fatto che le stava rivolgendo la
parola.
- Sì, tu. Io ovviamente non posso andare e Neira beh...non
può per le stesse ragioni. Tu sei l'unica che può
avvicinarlo, quindi mi occorre il tuo aiuto. -
Samantha fece una smorfia indecifrabile; probabilmente avrebbe voluto
mandarlo al diavolo per il solo fatto che le stesse chiedendo qualcosa
dopo la scenata che aveva fatto, ma era anche conscia del fatto che
prima tutto questo finiva, prima poteva portare Neira in un ospedale e
riniziare una vita con lei.
- E cosa vorresti da me? - chiese alla fine dei suoi ragionamenti.
- Se è ancora qui, devi portarlo fuori da lì
dentro, in modo che io lo possa raggiungere. Devi dirgli che sai
dov'è Neira e anche dove sono io, ma che non te la senti di
parlargli nel suo studio e preferisci farlo davanti a un
caffè. -
Samantha alzò un sopracciglio. - Non ci crederà
mai - rispose poi con un mezzo sorriso. - Puzza di trappola lontana un
miglio. -
- E' proprio per questo che gli devi dare più informazioni
possibili su di me e lei, devi dimostrare di stare dicendo la
più sincera verità. Gli riferirai tutto: che io
sono arrivato a casa di tuo fratello con lei, che lei aveva degli
strani vestiti addosso da uomo, che io non te l'ho lasciata
perchè ho bisogno del suo aiuto per trovare i due bastardi
che hanno ucciso mia moglie, e qualsiasi altra cosa ti venga in mente.
Se gli dirai un buon numero di verità prima di chiedergli di
uscire, è probabile che ti creda. Anzi, ti dovrà
credere, visto che gli dirai che sai anche dove siamo adesso, ma che
glielo riferirai solo dopo averlo convinto ad aiutarti a
salvare Neira prima di catturare me. -
- Perchè se andassi a dirlo a Steven lui partirebbe subito
per uccidervi entrambi... - concluse Samantha.
- Esatto. E' perfettamente credibile che tu voglia salvare Neira prima
che facciano fuori me, per questo lui non rifiuterà di
seguirti. Catturarmi è troppo importante per loro, anche se
c'è una piccola possibilità che sia una trappola.
-
Samantha si girò a guardare Neira, come a chiederle un suo
parere. La ragazza annuì con gli occhi pieni di speranza.
- Va bene, lo farò. - disse alzando il sedile davanti a se e
uscendo dall'auto. Si sistemò per bene il giubbotto, poi
entrò nel portone e scomparve dalla loro vista.
Non passò neanche mezzo minuto che Joey vide Neira iniziare
a mangiarsi l'unghia del pollice.
- Non mi dire che sei già in ansia, vero? -
- No è che... - rispose lei allontanando il dito, ma anche
volendo non riusciva a essere convincente.
- Sì, lo sono lo ammetto! E se Bill la trattiene? Se non ci
casca e non vuole uscire? Che facciamo? -
- Ehy, ehy! Calmati! Vedrai che andrà tutto bene, ok? -
Poi, visto che non era riuscito a convincerla, cercò di
cambiare discorso.
- Ascolta un po', ho visto dei quadri con la tua firma in casa di suo
fratello. Non me lo avevi detto principessa che sai dipingere! -
- Cosa? - chiese Neira che sembra aver iniziato ad ascoltarlo solo
dalle ultime parole.
- La ragazza con la tazza in mano e il tramonto! Sono tuoi, no? -
- Sì...a scuola arte era il mio corso preferito... - rispose
alzando leggermente le spalle.
- Sei brava principessa, potevi dirmelo! - disse Joey dandole un
piccolo buffetto sulla spalla.
Neira sorrise, e per un attimo sembrò veramente aver
dimenticato che Samantha era di sopra con l'avvocato di uno dei
criminali più importati di tutta St.Claire.
Quando però passarono più di dieci minuti, la
ragazza ricominciò a mangiucchiarsi l'unghia, guardando
fuori dal finestrino con ansia.
Effettivamente stava iniziando a metterci troppo, passarono altri
cinque minuti e nel momento in cui Joey iniziò a pensare che
forse era il caso di andare a dare un'occhiata finalmente li vide.
Samantha era insieme a un uomo abbastanza alto vestito di un elegante
completo gessato grigio scuro, con un'orribile cravatta nera a pois
rosa sotto la giacca. Dalla sua espressione sembrava fosse andato tutto
bene e Joey la ringraziò mentalmente per essere riuscita a
convincerlo ad uscire.
- E' quello Bill Nighy? - chiese poi.
- Oddio, sì! E' lui! - rispose Neira stupefatta.
- Perfetto, muoviamoci. -
Uscirono dall'auto e iniziarono a seguirli, pedinandoli però
a debita distanza. L'uomo si girò a guardare dietro di se un
paio di volte, tanto che fece pensare a Joey che forse non era del
tutto uno sprovveduto come aveva immaginato. Sia lui che Neira comunque
furono rapidi a mischiarsi fra la gente comune, quindi riuscirono a
continuare a seguirli senza farsi notare.
Dopo pochi minuti di camminata videro che Samantha indicava con un
gesto della mano un cafè all'angolo della strada e Joey
sentì che quello era il momento giusto per avvicinarsi. Per
arrivare al cafè avrebbero dovuto attraversare un semaforo e
approfittò del rosso per arrivargli alle spalle e tirare
fuori dai jeans la S&W 610 appoggiandogliela contro la schiena.
Il cappotto lungo copriva a malapena la sua mano armata ma Joey era
comunque convinto che si sarebbe presto tolto dalla strada se l'uomo
non avesse opposto troppa resistenza.
- Ciao pagliaccio, stammi a sentire bene: prima cosa, non voltarti. -
Quando Nighy si sentì premere contro la schiena una cosa che
sembrava a tutti gli effetti la canna di una pistola, ebbe come primo
istinto quello di girarsi, ma si fermò subito appena
sentì le parole di Joey. Anche Samantha si voltò,
guardandolo con apprensione.
- Continua a parlargli come se niente fosse - le sussurrò e
la ragazza tornò a guardare avanti a se riprendendo il
discorso che stava facendo prima. Joey si guardò per un
attimo attorno, sembrava che nessuno dei passanti li avessero notati.
- Seconda cosa: tu sei solo il primo fra i candidati che mi potrebbero
dare le risposte che voglio, quindi se fai qualche stronzata del tipo
metterti a urlare o cose del genere ti sparo un colpo in testa e passo
al secondo della lista. Ho la macchina qui vicino, quindi riuscirei ad
ammazzarti e a scappare ancora prima che la gente si renda conto di
quello che è successo. -
L'uomo, che ancora non si era voltato e continuava solamente a sentire
la voce di Joey da dietro, aprì per la prima volta la bocca,
facendo uscire una voce bassa e tremula.
- Sei James Hawk, vero? -
- Esatto. - rispose Joey rimettendo in tasca la 610. - Se sai chi sono
sarai anche a conoscenza dei miei modi di fare, quindi ora ti giri
lentamente, ripercorri insieme alla ragazza la strada che avete fatto
poco fa e ti fermi davanti all'Audi R8 che trovi parcheggiata davanti
al portone del tuo ufficio. Siamo intesi? -
- Co...cosa vuoi farmi? - balbettò l'uomo apparentemente a
corto di saliva.
- Domande, tante domande. E se sarai buono posso anche pensare di
portarti via solo un braccio, o forse una gamba, e poi lasciarti
andare. Se invece farai lo stronzo, allora ti ammazzerò come
un cane rognoso. Allora, andiamo? -
L'uomo fu sconvolto per un attimo da un brivido che gli
attraversò la spina dorsale quando sentì parlare
di braccia e gambe amputate, trasformò il suo volto in una
maschera di terrore e si girò lentamente iniziando ad
incamminarsi nella direzione che Joey aveva detto. Lui fece
altrettanto, non permettendo quindi a Bill di vederlo in faccia.
Arrivano davanti all'auto e Joey la aprì facendo lampeggiare
le quattro frecce.
- Voi due ragazze mettetevi pure dietro, tu Bill vieni davanti con me
così ti posso guardare meglio. -
L'uomo si voltò per la prima volta a guardarlo e Joey
potè notare tutta la paura sul suo volto: non aveva ancora
fatto niente, ma l'uomo era già terrorizzato.
Entrarono tutti e quattro in macchina e appena uscirono dal parcheggio
Bill Nighy iniziò subito a parlare guaendo come un cane che
sta venendo picchiato.
- Ascolta Hawk, come tu sicuramente saprai io posseggo molto denaro, te
ne posso dare talmente tanto da farti diventare ricco...possiamo
metterci d'accordo no? Non c'è nessun bisogno di un braccio
o una gamba, vero? -
Joey non riuscì a trattenere una breve risata.
- I tuoi soldi sicuramente me li prendo, stanne certo. Ne ho bisogno
per fare fuori la famiglia di Kimberlin, di diventare ricco non me ne
frega un cazzo. -
- Ma io intendevo... - l'uomo si interruppe nel momento in cui Joey si
girò di scatto a guardarlo. Bastò il suo sguardo
per farlo smettere di parlare.
Percorsero circa cinque chilometri allontanandosi dal centro, poi
quando furono sufficientemente lontani dal traffico della
città Joey accostò l'auto.
- Che succede? - chiese apprensivo Bill tirandosi sù gli
occhiali.
- Slacciati la cintura - gli ordinò Joey.
- Ma...ma...avevi detto che non mi volevi ammazzare! -
- Non ripeto mai due volte la stessa cosa: o te la slacci tu, o ci
penso io. -
Bill portò immediatamente le sue mani tremolanti
nell'incastro che teneva chiusa la sua cintura e lo aprì
liberandosi.
- Benissimo. Ora per favore sporgiti leggermente in avanti. -
- Cosa? - chiese Bill iniziando a sudare.
- Ho detto: sporgiti in avanti -
- Pe...perchè? -
A quel punto Joey non ci vide più e gli afferrò
la cravatta tirandolo con tutta la forza che aveva verso il parabrezza,
facendogli sbattere violentemente il naso contro il cruscotto. Bill non
fece neanche in tempo a portarsi le mani in faccia che Joey lo
agguantò al collo con il braccio destro, tirandolo verso di
se e iniziando a stringerlo forte con il pugno che premeva proprio
contro il pomo d'adamo.
Bill si dibattè da quella presa per circa dieci secondi,
fino a quando perse i sensi e smise di contorcersi.
Joey lo riposizionò al suo posto e gli riallacciò
la cintura.
- Mio Dio...ma che hai fatto, lo hai ammazzato? - chiese Neira
sporgendosi in avanti per vedere che faccia avesse Bill.
- Ma no, ha solo perso conoscenza. Vedrai che fra poco si risveglia da
solo. -
- E se non si risveglia? - chiese Neira sempre più
preoccupata.
- Se non si risveglia da solo, ci pensiamo noi con quattro sberle. Per
adesso mi serve solo che rimanga buono e zitto fino a quando non
arriviamo. -
- E dove stiamo andando? - chiese Samantha.
- In un posticino tranquillo dove poterlo torturare a dovere. - rispose
Joey, sempre con il suo solito tono calmo e freddo.
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Capitolo 10 *** Capitolo VIII - seconda parte ***
L'Audi si fermò davanti a una grande palazzina a quattro
piani ancora in fase di costruzione. La struttura, così come
anche le mura, era già stata eretta, quello che mancava
sembravano essere le porte e le finestre di ognuno dei piani, oltre
ovviamente al tetto.
Joey scese dall'auto e si coricò sulle spalle il corpo privo
di sensi di Bill Nighy, poi alzò lo sguardo verso la
palazzina e sorrise.
- Per la miseria, è ancora in piedi... -
Neira e Samantha seguirono il suo sguardo, notando che l'intera
struttura era recintata da delle sottili grate di ferro divelte in
più punti del perimetro.
- Cos'è questo posto? - chiese Neira iniziando a seguire
Joey che aveva incominciato a muoversi.
- Sai che non l'ho mai saputo? Credo fosse di una ricca famiglia che
aveva deciso di costruirla per poter vivere nello stesso posto dei
propri figli, ospitandoli nei vari piani, ma non lo so con certezza. -
- E come mai siamo qua? - domandò Samantha.
- Perchè qua non lo sentirà urlare nessuno -
rispose Joey continuando a camminare verso il retro della struttura.
Entrambe le ragazze si voltarono a guardare la strada che avevano
appena percorso; superato il recinto bucato la strada era stata
abbastanza difficile da percorrere perchè per terra c'erano
ancora svariate tubature, tegole e materiale vario che probabilmente
sarebbe dovuto servire per ultimare la costruzione.
- E tu lo conosci perchè era già così
vent'anni fa? - chiese Neira stupita.
- No, vent'anni fa non c'era l'ultimo piano. Si vede che devono
aggiungere un pezzo ogni tanto per dare ancora l'idea di essere in
costruzione... -
- Mentre invece cos'è? - chiese Samantha sempre
più preoccupata.
- Ora ve lo faccio vedere. - rispose Joey girando l'angolo e indicando
l'ampia discesa che terminava qualche metro più sotto in uno
spartano parcheggio.
- E' là che i residenti di questa palazzina avrebbero dovuto
parcheggiare le loro macchine? - chiese Neira iniziando a notare che
là sotto non arrivava molta luce.
- Esattamente. Ora invece è utilizzato come posto dove
portare qualcuno con cui fare quattro chiacchiere in santa pace. -
concluse estraendo la propria 610.
- Perchè tiri fuori quella? -
- Perchè non sono l'unico a conoscere questo posto,
principessa. Se c'è già qualcun altro dovremo
trovarci un altro posto. -
Scesero lungo la discesa che portava al garage, dopodichè
aprirono una porta mezza scassata e si ritrovarono dentro a una stanza
illuminata solamente da due piccole buchi rettangolari quasi a ridosso
del soffitto.
- Non si vede quasi niente qua dentro! - si lasciò scappare
Neira.
- Ai miei tempi c'era un generatore elettri... - si interruppe dopo
aver colpito qualcosa, si chinò per accertarsi che fosse
proprio quello che aveva in mente e poi concluse. -...co. Eccolo qua. -
accendendolo e permettendo a tutta la stanza di illuminarsi. Qualcuno
gli aveva attaccato un faretto da giardino alto circa un metro che
riempì tutta la stanza di una intensa luce gialla.
Le ragazze approfittarono della luce per guardarsi attorno:
la sala era piuttosto piccola, circa una tre metri per cinque,
ammobiliata con una cassapanca in un angolo, tre sedie di legno
disposte sui lati e al centro un tavolo simile a quelli degli ospedali
sui quali vengono operati i pazienti.
Joey si avvicinò e ci sbattè sopra Bill,
dopodichè si diresse verso la grande cassapanca all'angolo.
La aprì e osservò la scatola degli attrezzi che c'era al suo interno: spostò velocemente lo sguardo su chiavi
inglesi, cacciaviti e pinze di varie misure e dimensioni tirando fuori
gli attrezzi che gli sarebbero serviti da lì a breve. Poi
tornò da Bill e chiese alle ragazze una mano.
- Me lo dovreste legare ai polsi e alle caviglie - disse indicando gli
spessi lacci di pelle che penzolavano dal tavolo.
Nessuna delle due si mosse, guardando il corpo privo di sensi di Bill
come se fosse portatore di qualche malattia.
- Allora? -
- Io non lo tocco quello! - esclamò come risposta Neira.
- E perchè mai? -
- Beh perchè...se poi lo lego tu chissà cosa gli
fai! -
Joey la guardò con un misto di pena e rassegnazione.
- Lo faccio lo stesso, solo che ci metto di più. Dai forza,
sbrigatevi. Io devo cercare di capire come funziona questa cosa. -
Si chinò sopra la maschera di ferro che c'era nel posto in
cui il disgraziato avrebbe posato il suo capo e la studiò
con lo sguardo. Si apriva in due, in modo tale da far entrare la testa
del malcapitato comodamente, poi si sarebbe chiuse alla base del collo
con un piccolo lucchetto. Presentava due barre di ferro rotonde in
prossimità della fronte e del mento, con cinque piccole viti
su ognuna di loro. Il funzionamento probabilmente doveva essere questo:
una volta inserita la testa dello sfortunato in questa sorta di
maschera, si incominciavano ad avvitare le cinque viti presenti sulle
due barre, che scendendo andavano a stringersi sulla pelle della fronte
e del mento, impedendo così alla vittima di spostare la
testa anche solo di un millimetro.
- Uhm, mi piace...direi proprio di sì - esclamò
senza volerlo ad alta voce.
Neira e Samantha invece erano ancora ferme indecise sul da farsi.
- Allora voi due! Vi muovete o no? -
Entrambe lo guardarono senza rispondere e in quel momento Joey
capì che non avrebbe potuto contare su di loro.
Legò personalmente caviglie e polsi, poi infilò
la testa di Bill nella maschera e incominciò a
schiaffeggiarlo piuttosto duramente.
- Sveglia bell'addormentato, sveglia! - gli urlò mentre lo
colpiva.
Bill riprese i sensi quasi subito, chiudendo e riaprendo gli occhi
più volte prima di inquadrare chiaramente Joey.
- Ben tornato - gli disse chiudendogli la maschera sulla faccia e
applicando il lucchetto alla base del collo.
- Che cos'è? Dove siamo? - chiese il povero Bill scoprendo
di essere completamente legato a quel tavolo.
- Lascia perdere le domande, tanto non ti risponderò. - Si
avvicinò alla cassa degli attrezzi che aveva visto
prima, ne estrasse una lunga tenaglia arrugginita e tornò da
lui.
- Cos'è? Cosa vuoi farmi? - Bill sbarrò gli occhi
e cercò di alzare la testa, inutilmente.
- Su, non ti far prendere dal panico Bill. Mi servi lucido, non
schizofrenico. Allora, prima domanda: parlavi di soldi prima, ne hai un
po' a casa tua? Hai una specie di cassaforte o qualcosa del genere? -
L'uomo, sentendo parlare di soldi, ritornò per un momento
lucido, preso dalla speranza che forse potevano salvarlo da quella
pazzia che stava vivendo.
- Sì, soldi, molti soldi! Sono tutti tuoi, tutti! -
gridò come impazzito.
- E sentiamo, dove li terresti? -
- Sono in una cassaforte a muro nella camera da letto, la combinazione
è 3709388240 - rispose sempre urlando.
- Dove hai detto che vivi, pagliaccio? -
- A Ashille, sulla 7th, al numero 42! -
- Uhm, bene, benissimo. Quanto dovresti avere in contanti? -
- Circa dieci, quindicimila dollari...ma puoi prendere tutto quello che
vuoi, prendili tutti! - rispose sempre urlando, come se alzare la voce
lo rendesse più sicuro delle sue risposte.
- Benissimo - rispose voltandosi verso le ragazze. - Avete sentito?
Siamo ricchi! Il nostro amico Bill ci ha appena regalato tutto. -
Tornò a guardarlo, cambiando radicalmente sguardo. - Peccato
però che il qui presente signor Nighy non è stato
sempre una brava persona, quindi forse meriterebbe una punizione un po'
più sostanziosa che non un semplice furto. Che dite voi? -
chiese tornando a rivolgersi alle ragazze.
- James io non credo che... - Neira smise di parlare appena Joey
alzò una mano verso di lei.
- Pensa, Bill: la principessa e la barbie qua sono dell'idea che io non
ti debba torturare. Tu che dici? Devo dare loro ascolto? -
- Sì, SI'! - urlò Bill, con tutto il fiato che
aveva in corpo.
- Smettila di urlare brutto pezza di merda - rispose Joey colpendolo
allo stomaco. Bill si proiettò in avanti come riflesso
incondizionato per il colpo subito, ma appena sollevò la
testa di un centimetro sbattè contro la maschera di ferro
che aveva attorno alla testa e tornò immediatamente
giù, tossendo violentemente.
Joey si guardò attorno cercando uno straccio di qualsiasi
tipo, poi ne individuò uno vicino alla cassa degli attrezzi
e lo prese tornando da Bill. - Anzi, farò in modo che tu non
possa mai più urlare, così ci leviamo subito
questo pensiero. - esclamò iniziando a spingergli a forza lo
straccio dentro la bocca.
- Aspetta! - riuscì a dire prima che la sua bocca fu
riempita dallo straccio logoro. Ogni tentativo di pronunciare qualsiasi
altra parola fu vago, riusciva solamente a produrre suoni gutturali
senza senso. Joey gli avvitò svelto le cinque viti sulla
fronte, poi spinse ancora più a fondo nella bocca di Bill lo
straccio così da obbligarlo a spalancare la bocca. Una volta
che fu aperta quanto per lui era necessario, avvitò anche le
restati cinque viti, bloccandogli il mento inesorabilmente in quella
posizione. Quindi tolse lo straccio e lo gettò a terra.
- Molto bene - disse guardandogli la bocca spalancata. Bill
cercò di chiuderla, ma le viti erano troppo strette e lui si
sentiva la faccia schiacciata dentro quell'assurda maschera di ferro.
- Aiuto! Aiuto! - riuscì a pronunciare a stento: con la
bocca aperta le parole vennero fuori distorte, e Joey sorrise
sadicamente al sentirlo in difficoltà.
- Dunque, dove eravamo rimasti - pronunciò lentamente mentre
riprendeva in mano la tenaglia posata pochi istanti prima. - La prima
domanda era dove tieni soldi, e quella è ok. La seconda
è: sai chi è lo stronzo che insieme a John Roukis
ha ucciso mia moglie? -
- Sì - cercò di rispondere Bill, riuscendo solo a
produrre un suono simile alla risposta che voleva dare.
- Sentiamo - disse Joey guardandolo fisso.
- Kirk Webb! - cercò di rispondere, ma dalla sua bocca
spalancata uscì solamente un verso che ci assomigliava.
- Che cosa? Voi due avete capito cos'ha detto? - chiese Joey guardando
le ragazze, che fecero segno di no con la testa.
- Ho paura che dovrai cercare di parlare un po' più
chiaramente figlio di puttana, altrimenti qua non ci capiamo niente. -
- Kirk Webb!! - cercò di ripetere Bill, che se si trovava
nella difficile condizione di non riuscire a pronunciare bene le parole
non era certo per colpa sua. Dopo averlo ripetuto tre o quattro volte,
Joey finalmente capì.
- Ok, ora dovrei aver capito. Passiamo alla domanda numero tre che
è di carattere personale: quand'è che hai deciso
di diventare l'avvocato di Steven? Cioè, com'è
che si decide di difendere legalmente un uomo che sai per certo
infrangere la legge tutti i giorni? -
Bill avrebbe voluto rispondere un "cosa?", ma purtroppo nessuno
riuscì a interpretare il verso che emanò.
- Non voglio fare certo la parte del santo, eh, sia ben chiaro.
Però, Cristo, io non studio legge per poi difendere i
criminali. Che cazzo di persone sono quelle come te che
anzichè difendere la brava gente vive per metterglielo nel
culo? -
Bill cercò un'altra volta di pronunciare qualcosa, ma questa
volta Joey non aspettò neanche che finisse il suo inutile
tentativo di parlare.
- Mi spiace per te, Bill, ma era meglio che facevi un altro lavoro. E
se volevi comunque fare questo che stai facendo adesso, era meglio che
lo facevi per qualcun altro. Odio gli avvocati, tu sei quello personale
di Steven e in più ho bisogno di mandargli un messaggio
forte...credo quindi che tu sia capitato proprio male, amico mio. -
Aprì le due ganasce e le avvicinò pericolosamente
alla bocca aperta di Bill.
- Sai prima quando ti ho detto che ti avrei portato via una gamba o un
braccio? Beh, ho cambiato idea - disse serrando le ganasce attorno a un
molare di Bill. Strinse forte, impugnò con entrambe le mani
le due braccia arrugginite e poi tirò forte verso di se,
strappando via il dente e riempiendo di sangue la bocca di Bill.
L'uomo urlò di dolore con tutte le forze che aveva, Neira
che aveva assistito alla scena si girò all'istante colpita
da un conato di vomito e Samantha fece lo stesso portandosi una mano
alla bocca.
Joey invece rimase impassibile, guardando senza emozione il volto di
Bill rosso dal dolore e osservando il sangue che gli aveva macchiato i
pantaloni.
- Che schifo! - riuscì a pronunciare Samantha appena si
riprese. - Ma tu sei pazzo! Un sadico! -
Il suo tono aveva un qualcosa di accusatorio e Joey non rispose nulla.
Poteva forse negarlo?
- Andiamo via da qui... - aggiunse Samantha prendendo sottobraccio
Neira spingendola verso la porta.
- Ehy barbie, non portarla troppo lontana...non posso garantire la
vostra incolumità se vi allontanate troppo da qui -
- Sempre meglio che rimanere a vedere te che torturi quell'uomo! -
gridò Samantha guardandolo con odio.
Joey aspettò che entrambe le ragazze furono uscite per
ritornare a guardare Bill, che ancora ansimava di dolore. Una lacrima
gli scendeva dall'occhio sinistro.
- Ah, le donne. - sospirò portando un'altra volta la
tenaglia nella bocca di Bill. - Avevo pensato di strappartene uno per
ogni anno che ho vissuto insieme a Lily, ma una volta finito dubito che
riusciresti a esprimerti chiaramente...e visto che mi devi dire ancora
un paio di cose, forse è il caso che diminuisca un po' il
numero. - finse di pensarci, mentre Bill lo guardava con lo sguardo
pieno di terrore, poi riprese. - Ho trovato: ne toglierò uno
per te, uno per mia moglie, uno per Kirk Webb, uno per John Roukis e
due per i due Kimberlin. Che dici, può andare? -
Bill urlò con più fiato aveva in corpo, cercando
di pronunciare un "NO!", ma Joey serrò le ganasce su un
incisivo e gli strappò via anche quello, provocandogli un
altro quasi disumano urlo di dolore.
Neira e Samantha lo sentirono urlare altre quattro volte prima che
finalmente la pace tornò a regnare su quella struttura
solitaria.
Le due ragazze erano tornate al piano terra per prendere un po' d'aria
ma si erano fermate lì, preferendo non allontanarsi
ulteriormente.
Nel frattempo Joey aveva aperto la maschera sul volto di Bill e l'aveva
buttata per terra. I suoi jeans e parte della sua felpa erano stati
completamente inondati di sangue, così come anche la
tenaglia che ora dava l'idea di essere appena stata riverniciata di
rosso.
Gettò a terra anche quella, andando ad appoggiarsi contro
una parete.
- Allora Bill, quarta e ultima domanda. Voglio sapere tutto di ognuno
di loro: dove abitano, cosa fanno nella vita, le loro abitudini e
qualsiasi altra cosa ti venga in mente. Dopo che avrai finito di
dirmelo ti libererò e tu andrai da Steven a riferirgli
cos'è successo, in modo che sappia cosa lo sta
aspettando. Intensi? -
***
Durante il viaggio di ritorno nessuno osò parlare. Joey
guidava la macchina immerso apparentemente nei suoi pensieri, Neira e
Samantha si limitavano a guardare fuori dal finestrino.
Bisognò aspettare di vedere le prime case di Ashville prima
che qualcuno iniziò a parlare.
- James... -
- Dimmi principessa -
- Che fine hai fatto fare a Bill Nighy? -
- L'ho slegato e gli ho aperto la porta, adesso è libero
come un fringuello -
Neira sembrò accontentarsi della risposta, ma Samantha non
ce la fece a stare zitta.
- Libero come un fringuello? Ma hai idea di quanto sangue ha perso
quell'uomo? Se non trova subito qualcuno che gli presta soccorso
potrebbe anche morire dissanguato! -
- Ah sei un'infermiera barbie? Non me lo avevi detto... -
commentò sarcastico Joey.
- Non c'è bisogno di aver studiato medicina per sapere
queste cose! Oltretutto gli hai pure fregato i vestiti e fuori ci
saranno sì e no due gradi, come credi che
sopravviverà? -
- Beh, io non potevo di certo andare in giro con i jeans pieni del suo
sangue. E in ogni modo non l'ho lasciato nel deserto del Sahara, se
cammina solamente per un paio di isolati troverà
già le prime case. Io non la farei tanto tragica -
Samantha girò il volto puntando il suo sguardo fuori dal
finestrino e non disse più niente. Le stesse preoccupazioni
le condivideva anche Neira, ma a differenza di Samantha sapeva che
cercare di far ragionare Joey era impossibile.
Percorsero gli ultimi chilometri fino a quando non raggiunsero la casa
di Nighy. Scesero dalla macchina ed entrarono nel condominio che gli
aveva indicato, arrivati davanti alla porta di casa Joey
frugò all'interno delle proprie tasche per vedere se Bill
aveva lasciato le chiavi nella sua giacca e difatti le
trovò. Una volta entrati si diressero subito tutti e tre in
camera da letto, cercando la cassaforte. Inserirono i numeri della
combinazione così come Bill aveva riferito e si
aprì, rivelando molteplici mazzette composte da banconote da
cento dollari.
- Yahoo, siamo ricchi! -
Iniziò a tirarne fuori qualcuna, poi chiese alle
ragazze di cercare un sacchetto dove poterle mettere. Ne prese un paio
per se, il resto lo lasciò a loro.
- Questi sono per voi, ve lo meritate per tutto quello che avete
passato. -
- E tu ne prendi così pochi? Sei sicuro che non te ne
servano altri? - chiese Neira quasi preoccupata.
- Sicuro, stai tranquilla - poi le sorrise, appoggiandole una mano su
una spalla. - Direi che possiamo anche salutarci qua, principessa -
- Cosa? - pronunciarono entrambe le ragazze all'unisono.
- Beh ormai so dove stanno Webb e Roukis, il tuo aiuto non mi serve
più. Non sei più costretta a seguirmi, sei
libera. -
Effettivamente lo era, ma Neira sentiva che c'era qualcosa che non
andava. Non riuscì infatti a nascondere un'aria stupita e
delusa allo stesso tempo.
- Che c'è principessa? Sentirai la mia mancanza? -
Samantha era forse più stupita di Joey, ma
approfittò delle sue parole per prenderla per un braccio e
iniziare a spingerla fuori di casa.
- Sì James ha ragione, ormai non dobbiamo più
stare con lui. Io direi che possiamo andare. -
- Ma no, fermati un attimo! - rispose Neira sciogliendosi dalla presa
della bionda.
- James...cioè, io non so come dirtelo ma...sei sicuro di
non avere più bisogno di me? Non vuoi chiedermi altro
riguardo a Steven o a papà? -
Joey la guardò per un attimo, cercando di capire il motivo
del suo comportamento.
- Che c'è Neira? Vuoi forse convincermi a cambiare idea? -
- No! Non ho detto questo...è solo che...non voglio scoprire
dai giornali che mio fratello e mio padre sono morti! -
- Non mi dirai che vuoi che vivano vero? -
- Mio padre l'ho conosciuto poco, e se è vero quello che mi
hai detto ovvero che è stato lui a organizzare il mio arrivo
al bordello...beh, puoi pure ucciderlo quando vuoi. Ma per Steven... -
Samantha, che iniziava a non capirci più niente, quasi
gridò - Ma che stai dicendo Neira? Quel bastardo deve morire
per quello che ci ha fatto! -
- Certo che deve morire! - rispose lei di getto, - ma io voglio
parlargli un'ultima volta prima che muoia! -
- Eh?? - esclamarono sia Joey che Samantha contemporaneamente.
- Sì James, voglio venire con te quando deciderai di
ucciderlo. Voglio esserci quando lo farai, te ne prego...è
l'ultimo favore che ti chiedo. -
Joey ci pensò un po', perchè l'idea non gli
piaceva. - Può essere pericoloso principessa, e se rimani
coinvolta nello scontro? Se è vero tutto quello che mi hai
detto su di lui, ci sarà un bel po' da sparare prima di
riuscire a trovarselo faccia a faccia... -
- Sì, è vero, ma io ci tengo lo stesso. Per
favore James, promettimi che mi avvertirai quando deciderai di farlo! -
Joey ci pensò un altro po', poi alla fine accettò.
- Ti ringrazio - disse Neira, tornando a prendere per mano Samantha. -
Ora possiamo andare se vuoi. -
- Certo che voglio! - fu la risposta pronta della ragazza. Joey non le
era mai andato a genio, fin dalla prima volta che l'aveva visto.
Le vide incamminarsi lentamente fuori dalla casa di Bill e poi
scomparire giù per le scale che portavano fuori dalla
palazzina.
Un po' doveva ammetterlo, stava iniziando ad affezionarsi a quella
ragazza. Gli ultimi due anni erano stati veramente orribili per lei e
come aveva giustamente fatto notare Samantha c'era bisogno di un
dottore che le facesse una visita accurata, non potevano certo
stabilire il suo grado di salute da quei semplici giorni che avevano
passato assieme. E se l'avessero drogata talmente tante volte da averle
creato assuefazione?
Joey scosse la testa e cercò di pensare ad altro. Era
inutile farsi troppo domande, soprattutto ora che finalmente aveva
tutti i nomi che cercava. Il primo che avrebbe ucciso sarebbe stato
Kirk Webb, visto che Bill aveva riferito che il giorno dopo sarebbe
stato al Churcill Museum per la presentazione di un antico vaso indios,
stimato attorno al 1850. A quanto aveva sentito, questo Webb era uno
studioso di arte antica e quando il museo di Ashville riusciva ad avere
per qualche tempo un oggetto di valore, chiedevano sempre a lui di
poter venire a presentarlo.
Quel giorno sarebbe incominciato l'inizio della fine, cosa che lo
spaventava e sollevava allo stesso tempo.
Mentre era assorto nei suoi pensieri il telefono di casa
iniziò a squillare, riportandolo alla realtà.
Decise quindi di uscire e di andarsi a cercare un hotel, ma quando
scattò la segreteria telefonica di Bill e sentì
che la persona al telefono stava lasciando un messaggio, si
fermò come pietrificato.
Dalla segreteria si poteva sentire chiaramente una voce dal tono
fortemente nasale, una voce per Joey inconfondibile. La stessa che lo
aveva condannato al soprannome di "paperino", per via del fatto che
assomigliava veramente molto a quella del famoso papero della Disney.
- Bill? Sei in casa? Se ci sei tira su questo cazzo di telefono, ti
devo parlare. Quello stronzo di James Hawk è andato a
prendersi mia figlia, quella che ho fatto con quella puttana cubana di
cui ti ho parlato tempo fa...ho bisogno di incontrarmi con te per
iniziare a pensare a qualcosa nel caso in cui quella stronza vada dalla
polizia a denunciare tutto, credo sia il caso di... -
Joey si girò e si recò di corsa al telefono. Lo
tirò su, interrompendo di fatto il messaggio che Ivan
Kimberlin stava lasciando.
- Sei arrivato troppo tardi, Kimberlin. -
Dall'altra parte del telefono, per circa due secondi, ci fu silenzio,
poi Ivan parlò.
- Figlio di puttana....sei Hawk vero? -
- Indovinato. E se rispondo io e non Bill, non c'è bisogno
che ti dica che è già passato fra le mie mani. -
- Brutto...pezzo di merda! Che fine gli hai fatto fare? -
- Io se fossi in te inizierei a preoccuparmi per me stesso,
più che per il mio pidocchioso avvocato di mio figlio. Hai
poco da pensare agli altri, visto che fra pochi giorni sarò
lì da te per ucciderti. -
- Uccidermi? TU vuoi uccidere ME? - Kimberlin si mise a ridere, ma era
una risata molto poco convinta e parecchio nervosa.
- Tu non ucciderai nè me nè mio figlio, hai
capito brutto stronzo? Sono io che ucciderò te, brutto
porco! Esattamente come ho fatto con quella troia di tua moglie! -
- E infatti morirete tutti per quello che le avete fatto, nessuno
escluso. Tu, tuo figlio, i due balordi che hanno osato toccarla...tutti
quanti. Siete già morti, solo che ancora non ve ne rendete
conto. -
Dall'altra parte del telefono sentì partire un numero
incredibile di bestemmie e Joey pensò che forse era il caso
di porre fine a quella conversazione. Il motivo era semplice: si
stavano parlando due killer,
due personaggi che sapevano uccidere e che lo facevano sempre per
interesse. Non c'era un "buono" fra loro due, Kimberlin non era
sicuramente peggiore di Dagger
e viceversa Joey non era molto migliore di lui.
- Credo che questa conversazione sia giunta al termine, Kimberlin. Tu
avvisa pure i tuoi uomini che sto arrivando, io nel frattempo vado a
spendermi un po' dei soldi che ho appena rubato all'avvocato di tuo
figlio. -
- Figlio di puttana, metterò ogni mio uomo a ogni fottuto
angolo di tutta St.Claire se fosse necessario per trovarti!
Perchè ti troverò James Hawk, e quando lo
farò giuro che non ripeterò lo sbaglio di mio
figlio, ti piazzerò immediatamente una pallottola in mezzo
alle palle e poi una in fronte! E di te non ci sarà
più neanche il ricordo! -
- Vedremo, Kimberlin, vedremo. Tu vuoi questo per me e io voglio questo
per te, staremo a vedere chi riuscirà nel proprio intento
prima dell'altro. -
- Fanculo Dagger,
sei morto! -
- Arrivederci, Kimberlin - rispose Joey calmo.
- Addio! - urlò come risposta Ivan, poi Joey
attaccò il telefono e uscì di casa, pensando che
quello era veramente l'inizio della fine.
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Capitolo 11 *** Capitolo IX ***
Una delle tante cose che si imparano vivendo a lungo insieme a
criminali di ogni specie, è quella di saperli riconoscere in
mezzo alla gente comune. A Joey bastò un'occhiata lanciata
fuori dall'hotel per capire che l'uomo che c'era all'interno era un
balordo inviato da Kimberlin. Stava parlando con la donna alla
reception con una mazzetta di banconote in mano, mostrandogli con
l'altra un foglio A4 che la donna guardò per un attimo
scuotendo poi la testa. Kimberlin probabilmente aveva iniziato a
sguinzagliare i suoi uomini nel momento stesso in cui era terminata la
chiamata con Joey e ora parecchi hotel si ritrovavano a subire le
visite di questi balordi in cerca del loro uomo.
La scelta più sensata ricadde quindi su un hotel di lusso;
ora Joey se lo poteva permettere grazie ai soldi di Bill Nighy e
contemporaneamente poteva avere la certezza che, per lo meno per quella
serata, nessuno degli albergatori di hotel di quel calibro avesse
veramente preso in considerazione le parole di uomini come quelli che
Kimberlin mandava in giro. Anzi, probabilmente molti di loro sarebbero
stati fermati ancora prima di poter entrare, visto l'abbigliamento di
scarsa eleganza con il quale andavano in giro.
Si prese quindi una stanza da 200 dollari a notte e cercò di
prendere sonno il prima possibile, in modo tale da svegliarsi presto il
giorno dopo e potersi rimettere in strada allontanandosi da Ashville.
Alle sette del mattino infatti era già in piedi,
pagò la stanza e prese l'Audi per tornare nella contea di
Jefferson che si sarebbe rivelata sicuramente più tranquilla
di St.Claire.
Appena tornato a Birmingham, parcheggiò l'auto e
mandò un sms a Neira.
Principessa, ieri notte ho intravisto un paio di uomini di tuo padre in
giro per gli hotel di Ashville, questo vuol dire che ha già
iniziato a cercarci. Forse è meglio che ve ne andate da
quella casa, il rischio che provino a cercavi là dentro si
fa ogni giorno più alto.
Pensò poi a Kirk Webb: Nighy aveva detto che il vaso era in
mostra ai visitatori per tutto il giorno, ma per chi voleva saperne di
più avrebbe potuto ascoltarlo parlare sia alle 11 che alle
15 per circa un quarto d'ora. Joey optò per l'appuntamento
delle 15, visto che in quel periodo dell'anno il buio arrivava presto e
dopo averlo ucciso avrebbe potuto usufruirne per scappare dal museo
senza essere visto.
Utilizzò il resto della giornata per fare acquisti:
entrò in un negozio di abbigliamento e si cambiò
completamente d'abito, scegliendo il nero come colore dominante per
qualsiasi capo. A mezzo giorno circa ricevette l'sms di risposta di Neira.
Ok, tu ricordati quello che ti ho detto a proposito di Steven, mi
raccomando. Ciao.
Il fatto che gli avesse risposto a quell'ora non gli piaceva: se aveva
risposto appena visto il suo sms voleva dire che si erano svegliate da
poco, e questo significava che se la stavano prendendo molto comoda. Se
fosse rimasto con loro sarebbe stato più tranquillo,
però dopo quello che era successo con Bill Nighy Samantha lo
guardava come un mostro e anche Neira sembrava non aver digerito troppo
bene ciò che aveva visto.
In ogni modo, fra pochi giorni si sarebbero rincontrati.
Quando mancò circa un'ora al secondo e ultimo appuntamento
della giornata con Webb, Joey prese l'auto e si diresse verso il
Churcill Museum. Trovò fortunatamente parcheggio proprio
lì davanti e si incamminò a passo svelto verso
l'entrata. All'interno trovò però una sorpresa;
mentre era in coda per fare il biglietto vide che poco prima della
scala che portava al primo piano c'erano due agenti della polizia con
una sorta di telecomando nero in mano. Aguzzò la vista, per
cercare di capire meglio cos'era quell'affare, e il piccolo display
sopra i due led colorati di rosso e verde chiarì il brutto
presentimento: era un metal detector.
Arrivato il suo turno di comprare il biglietto, si riferì
alla ragazza dietro al bancone con la massima gentilezza di cui era
capace.
- Buonasera, un biglietto intero, per favore. -
La ragazza rispose con il prezzo e non accennò neanche ad
alzare il volto, quindi Joey dovette suo malgrado dimostrarsi
interessato ai due poliziotti.
- Mi scusi, ma ho visto che quei due agenti hanno un oggetto in mano,
cos'è? -
- Umhf - rispose la ragazza, alzando la faccia per la prima volta. - E'
per alcune opere di valore che abbiamo in questi giorni nel museo, ci
serve per sicurezza, sa, è un metal detector. -
- Ho capito...beh, allora sarà il caso che vada a posare la
mia cintura prima di entrare, per evitare che suoni appena mi avvicini!
- rispose con un largo sorriso.
Pagò il biglietto ed uscì. Joey non aveva nessuna
cintura da posare, aveva però una Smith & Wesson
calibro 10 che sicuramente non avrebbe superato il controllo dei due
agenti.
"Cazzo!" pensò fra sè e sè. "E come
faccio ora?"
Cercò di pensare velocemente a una soluzione alternativa.
"Anzichè ucciderlo durante il suo discorso potrei aspettarlo
fuori una volta finito..." Rimase per qualche secondo davanti alla sua
Audi, poi prese la sua decisione. Entrò, posò la
610 nel cruscotto ed uscì tornando verso il museo. "Non
posso ucciderlo come un poveraccio qualsiasi, di notte in un parcheggio
mentre cerca di riprendere la macchina. No...deve morire in modo
appariscente, in modo tale che nessuno di loro osi pensare che scelga
il momento più comodo a me per ucciderli. Li
affronterò lealmente, quando sono al pieno delle loro forze
esattamente come me. Niente trucchetti di alcun genere, questa volta
non mi abbasserò a quei livelli."
Ripetendosi in continuazione queste parole, varcò l'ingresso
e si fece controllare dai due poliziotti, passò oltre e
cercò la stanza in cui Webb avrebbe parlato. Non fece molto
caso alle altre opere esposte, continuò a cambiare stanza
salendo al piano superiore fino a quando non trovò quella
che era stata preparata per il discorso.
La stanza conteneva una trentina di sedie, tutte rivolte verso una
specie di cattedra che aveva alle spalle un grosso schermo luminoso,
probabilmente per le diapositive. Due uomini stavano parlottando fra
loro vicino alla cattedra, uno aveva parecchi fogli in mano e
gesticolava particolarmente, l'altro rimaneva in silenzio ad
ascoltarlo. Secondo la descrizione che gli aveva fornito Bill Nighy,
Kirk Webb doveva essere quello che stava parlando. Piuttosto alto, con
una barba incolta da chissà quanti giorni, era vestito
piuttosto male, indossando capi tutti di colori diversi. A vederlo
così, non sembrava per nulla uno studioso d'arte.
Visto che mancavano solo dieci minuti alla sua presentazione e c'erano
già un paio di persone sedute, anche Joey prese posto nel
fondo della sala, sull'ultima fila di sedie disponibili.
Cercò di stare attento il più possibile a non
farsi notare, osservandolo solo quando era impegnato a parlottare con
il suo compare. Poi, lentamente, la sala iniziò a riempirsi
e alle 15 Webb fu puntuale a iniziare il suo discorso.
- Buonasera a tutti voi e grazie per esservi fermati per approfondire
con me la storia di questo bellissimo vaso che il nostro museo... -
Joey smise di ascoltarlo praticamente subito, lanciando solo
un'occhiata al vaso indios che aveva al suo fianco. Si
guardò intorno, contando le persone presenti in sala. Le
trenta sedie erano tutte occupate, più una decina di persone
che erano rimaste in piedi poichè erano arrivate quando Webb
aveva già iniziato a parlare. Qualcuno entrava, sentiva
qualche minuto e dopo usciva. Arrivati a circa metà del
discorso, le luci della stanza si spensero e iniziarono a proiettare le
diapositive.
- Come potete vedere dalle forme disegnate su questo esempio, vi
è una forte somiglianza con il nostro che possiamo vedere in
sala... - disse indicando con una mano il vaso proiettato sullo schermo
e con l'altra quello presente al suo fianco.
Joey smise di ascoltare un'altra volta, guardandosi attorno
nervosamente. Ripensò velocemente alla strada che aveva
fatto per arrivare lì: non era molto lunga, correndo avrebbe
potuto percorrerla in un minuto circa, quello che lo preoccupava era
più che altro la presenza dei due poliziotti all'ingresso.
Non che fossero pesantemente armati, aveva notato solo una pistola per
uno, però lo avrebbe seccato ucciderli.
Si ritrovò ben presto a picchiettare nervosamente con il
piede per terra, guardando l'orologio a una distanza di tempo sempre
inferiore dalla volta precedente. Webb infatti parlò per
quasi dieci minuti in più rispetto a quanto c'era scritto
sul cartello fuori dal museo, finendo il suo discorso quasi alle tre e
mezza.
- ...e questo non fa che dimostrare ulteriormente il valore di questo
vaso. Vi ringrazio per essere stati qui e vi auguro una buona
continuazione della visita al resto del museo. -
Seguirono quasi immediatamente degli applausi e dai volti sorridenti
delle persone Joey potè capire che il discorso di Webb era
stato particolarmente gradito. Gli sembrava sempre più
strano che un uomo del genere potesse essere un sadico assassino.
I presenti in sala iniziarono lentamente ad uscire e questo fu
sufficiente per far svanire tutti i suoi pensieri e tornare a pensare a
come agire. Aspettò ancora qualche secondo, ma una decina di
persone rimasero in sala non accennando ad uscire e Joey decise di
muoversi ugualmente.
Iniziò ad applaudire forte ma lentamente, richiamando
l'attenzione di Webb che aveva appena ricominciato a parlottare con lo
stesso uomo di prima del discorso.
- Bravo, bravo! - disse alzandosi in piedi e non smettendo di
applaudire. - Sei proprio bravo Kirk Webb! Un bel discorso! -
L'uomo, che aveva immediatamente posato gli occhi su di lui, mantenne
la sua espressione di marmo e si limitò a fissarlo.
- Per un attimo ho quasi pensato che ucciderti fosse una perdita per la
società - aggiunse mostrando un sorriso ironico - ma poi
c'ho subito ripensato.
Webb posò il foglio che aveva in mano e iniziò a
parlare.
- Sei James Hawk, vero? -
Joey rimase stupito. Lo aveva capito subito, e cosa ancora peggiore non
ne sembrava per niente impaurito.
- Ieri notte Steven Kimberlin mi ha informato che hanno ritrovato il
suo avvocato in periferia, senza vestiti e con alcuni denti strappati.
"Ha blaterato qualcosa riguardo al fatto che vi ammazzerà
tutti", ha aggiunto poi. E' così, James Hawk? Sei qua per
"ucciderci tutti"? -
Quella sua tranquillità non gli piaceva, ma non
potè fare altro che rispondergli.
- Sì, e stasera incomincerò da te. -
A quel punto Webb incominciò a ridere. L'uomo al suo fianco
lo seguì subito dopo e furono imitati dai restanti in sala.
- Sei così ingenuo, Hawk. - disse appena riuscì a
contenere le risate. - Pensi veramente che io non mi sia preparato a un
tuo arrivo? Era più che logico che avresti scelto questa
occasione per venire da me, si può quasi dire che ti stavo
aspettando. -
Fece un gesto con la mano e le persone che erano ancora sedute si
alzarono in piedi girandosi verso di lui. Sette uomini, più
Webb e l'individuo che era al suo fianco. Joey passò lo
sguardo su ognuno di loro e sull'ultimo ci rimase per qualche secondo.
- Biondino... - esclamò lentamente.
L'uomo che lo aveva accompagnato al Red Monkey era proprio
lì, in mezzo alle persone rimaste, con un enorme cerotto
bianco sul naso. Joey trattenne a stento una risata.
- Che ti hanno fatto al naso, biondo? Sei forse caduto dalle scale? -
- E' lui! - urlò quello girandosi verso Webb. - E' lui, ti
confermo che è lui! -
- Bene, allora si fa così - rispose senza agitazione nelle
sue parole. - Voi ora lo sistemate per bene e io intanto scendo ad
avvisare le guardie. Poi torniamo su e se lo avrete lasciato ancora
vivo lo portiamo via, altrimenti siete tutti testimoni che questo pazzo
a me sconosciuto ha iniziato ad aggredirmi e voi mi avete difeso. -
Fissò per un momento Joey, poi concluse - Finisce qui tutta
la tua storia di vendetta, Hawk. Avresti dovuto scappare da qualche
parte nel resto del mondo anzichè tornare in America, sei
stato piuttosto sciocco. In ogni modo, addio. -
Si chinò a prendere la sua valigetta, scese dalla cattedra e
iniziò a incamminarsi verso l'uscita della stanza. Joey si
fiondò immediatamente a fermarlo, ma i sette uomini furono
altrettanto veloci e si misero davanti a lui.
- Ehy, vecchietto! Non hai sentito quello che ha detto Webb? Tu devi
giocare con noi adesso! -
Gli altri uomini iniziarono a disporsi a cerchio attorno a lui. Joey
potè vedere dietro di loro Webb scomparire dalla porta
d'uscita e iniziare ad incamminarsi verso le scale.
Non poteva farlo scappare, altrimenti non lo avrebbe più
ritrovato. Oppure lo avrebbe trovato dopo tanto di quel tempo che nel
frattempo gli sarebbero arrivati altri problemi, e questo non doveva
accadere.
- Levatevi immediatamente tutti dai coglioni - ringhiò Joey.
- O giuro che vi ammazzo uno ad uno -
Il suo tono riuscì a catturare l'attenzione di ognuno di
loro, facendo perdere il sorriso alle loro bocche.
- Ehy vecchietto, un tempo sarai anche stato un gran figlio di puttana,
ma ormai hai l'età di mio nonno, non dimenticartelo. Mi
sentivo quasi in colpa di dover picchiare uno della tua età,
ma visto che fai così lo stronzo mi tolgo ogni peso dalla
coscienza e provvedo subito a fare quello che Webb vuole. -
Si avvicinò a Joey a passi rapidi, poi quando gli fu vicino
sferrò con un pugno col destro.
"Tutto sbagliato" pensò Joey guardandolo colpire.
Non era ben bilanciato sui piedi, il pugno era partito troppo presto e
non si era curato di chiudere la guardia per colpirlo. Tanto che
riuscì a evitarlo senza alcuna fatica, mandando il suo pugno
a vuoto.
Approfittò del fatto che fosse sbilanciato per il colpo
mancato e lo toccò con forza con la punta delle dita appena
sotto la base del collo, vicino alla clavicola. L'uomo
lanciò un orlo di dolore e cadde a terra portandosi una mano
sulla zona appena colpita.
I rimanenti sei lo guardarono spaventati mentre lui, rimasto a terra,
continuava a lamentarsi per il dolore.
- Lo sapete perchè sente così tanto male? -
chiese Joey evitando di guardarlo. - Perchè l'ho colpito in
un punto così detto "proibito", uno di quelli studiati dagli
antichi maestri cinesi di stili di combattimento quasi settecento anni
fa. -
Anche l'uomo a terra aveva diminuito le sue lamentele per ascoltare
quello che Joey diceva.
- E di punti come quelli nel corpo umano ce ne sono oltre cento, e io
ne conosco almeno la metà. Quindi, e ve lo dico per l'ultima
volta, spostatevi e non vi farò niente. Viceversa, fra poco
sarete tutti a terra come lui, con la sola differenza che a voi
vorrò fare male sul serio. -
I sei uomini rimasti lo guardarono con lo sguardo stralunato, indecisi
fra il credere a quello che diceva oppure convincersi che era un pazzo
che neanche sapeva quello che stava dicendo. L'uomo che parlottava
prima con Webb fece un passo indietro e poi corse via urlando ai
poliziotti nel piano inferiore di venire su immediatamente.
"Ci mancavano anche loro" si ritrovò a pensare Joey. -
Allora, voi altri! Vi spostate o devo farmi avanti io? -
urlò nella loro direzione, ma il sentire che le due guardie
stavano arrivando fece loro tornare un po' di coraggio e nessuno
indietreggiò. Al contrario, due di loro si mossero
contemporaneamente per colpirlo.
Li evitò entrambi, alzando le braccia per parare i loro
attacchi e facendo un piccolo salto indietro. "Se solo avessi potuto
portare la mia 610..." pensò fra sè e
sè. I due uomini cercarono di colpirlo nuovamente, ma anche
questa volta Joey anticipò i loro movimenti e spostandosi
ancora più indietro li evitò.
- Cazzo! - urlò uno di loro. Joey sentì
chiaramente il rumore dei passi dei poliziotti avvicinarsi alla scala,
e decise di agire il più velocemente possibile. Si
lanciò contro quello più vicino dei due,
abbassandosi leggermente e colpendo con le punta delle dita sul collo
poco sotto il pomo d'adamo. L'uomo sbarrò gli occhi e si
portò immediatamente le mani alla gola, cadendo per terra
non riuscendo più a respirare. Prima che il secondo uomo
potesse fare qualsiasi cosa, Joey si mosse velocemente verso di lui
colpendolo con due falangi sugli occhi, buttandolo a terra.
Alzò gli occhi sui quattro rimasti. Il biondo aveva
già cambiato faccia, preferendo allontanarsi piano piano
dagli altri tre rimasti. Il rumore dei passi dei poliziotti sulle scale
spinse Joey a farsi sotto sui rimanenti tre. Appena si
avvicinò ognuno di loro cercò di proteggersi
alzando le mani come fanno i pugili, ma per l'ennesima volta Joey fu
più veloce e riuscì a colpire il primo a
sinistra. Puntando sulla zona della milza, affondò appena
più sù con il pugno sinistro chiuso, mentre con
il gomito destro si spostava di lato per colpire l'altro uomo in
faccia. Il primo cadde immediatamente toccandosi il fianco, il secondo
barcollò un po' per la botta presa e Joey lo finì
con un calcio al volto. Poi, prima che l'ultimo dei tre facesse in
tempo a rendersi conto di essere rimasto l'unico in piedi, si
avvicinò anche a lui e lo colpì appena sotto le
orecchie usando il solo dito medio di entrambe le mani, facendolo
cadere privo di sensi.
Infine guardò il biondo, che si paralizzò
all'istante.
- Non...non doveva andare così! - balbettò.
- Ah biondo, biondo...cosa devo fare con te? - gli chiese Joey
avvicinandosi minacciosamente. Sentì però che i
due poliziotti erano arrivati sul loro piano e si stavano avvicinando
alla stanza, quindi non ebbe il tempo di pensare a una mossa speciale,
ma si limitò nuovamente a colpirlo al naso, rompendoglielo
un'altra volta.
Quando i due poliziotti arrivarono nella sala, non trovarono altro che
sette uomini sdraiati a terra doloranti e sanguinanti.
- Ma che cazzo è successo qua dentro? - chiese il primo.
- Chi è stato a combinare tutto questo casino? - si chiese
il secondo, estraendo la pistola.
Joey aspettò che si fossero chinati per accertarsi della
salute di ognuno degli uomini a terra, dopodichè scese
velocemente le scale passandogli alle spalle e corse fuori dal museo.
Entrò in macchina, la accese e iniziò a
bestemmiare.
- Cazzo! - urlò sbattendo i pugni contro il volante. - E
adesso dove cazzo sarò andato quello stronzo! -
Si mise in strada e si spostò dal museo, senza avere un'idea
precisa di dove andare. "Sarà scappato da Steven"
pensò. "E' la cosa più naturale che possa fare. E
se è così, vorrà dire che quando
arriverò da lui troverò entrambi" rimase per un
attimo ancora a riflettere, poi bestemmiò un'altra volta. Le
cose non stavano decisamente andando come aveva immaginato, quindi
appena si fu un po' allontanato dal museo fermò la macchina
e si mise nuovamente a pensare.
"Potrei andare a casa sua e frugare un po' fra le sue cose, magari
trovo qualcosa per poterlo ricattare e farlo uscire allo scoperto. Se
trovo qualcosa che non vuole che arrivi alla polizia, posso barattarlo
con un nostro incontro."
Ci pensò ancora un po' sù, poi decise che era
l'unica cosa da fare. Bill Nighy gli aveva fornito l'indirizzo di
ognuno di loro, quindi Joey sapeva perfettamente dove andare.
Appena entrò nella sua via, notò che qualche casa
era già abbellita con le luci di Natale.
"Caspita", pensò, "siamo solo al 2 di Dicembre..."
Riportò la sua attenzione sulla strada, guardando a destra e
a sinistra per trovare quella di Webb.
Quando finalmente la individuò, rallentò la
velocità e cominciò a slacciarsi la cintura, ma
un breve riflesso proveniente da una finestra della casa
catturò la sua attenzione. Era una finestra al piano terra
che si apriva, e piegandosi leggermente in avanti per cercare di vedere
meglio Joey si accorse che quello che aveva provacato il riflesso era
una canna di fucile.
- Porca puttana! -
Abbassò immediatamente la testa, un secondo prima di udire
uno sparo e sentirsi arrivare il proiettile a un millimetro dal suo
orecchio. Il rumore dell'esplosione fu assordate e il poggiatesta che
colpì si spaccò in due, esattamente dove lui
aveva la testa solo un secondo prima.
- Cazzo, altro che scappato! Quello stronzo mi spara addosso! - si
ritrovò a urlare da solo in macchina, cercando di passare
sul sedile passeggero senza alzare troppo la testa.
Udì un secondo sparo un attimo dopo, ma non era indirizzato
a lui. "Dove ha sparato?" si chiese Joey, aprendo la porta lato
passeggero e buttandosi fuori dalla macchina.
Arrivò immediatamente anche il terzo sparo e finalmente
capì il significato del secondo, visto che la sua Audi R8
saltò in aria in un boato assordante.
Joey fu investito dall'aria rovente provocata dall'esplosione che lo
fece rotolare al di là della strada, fermandosi a fine
carreggiata quasi privo di sensi.
Tutto ciò che rimaneva della sua auto era una carcassa in
fiamme a pochi metri da lui.
Quando dopo qualche secondo le orecchie iniziarono a fischiargli meno e
la vista gli tornò chiara, realizzò cos'era
successo. Il secondo sparo probabilmente era mirato a colpire il
serbatoio, in modo tale che un terzo colpo lo avesse fatto esplodere.
Questo gli fece tornare immediatamente in mente che Webb lo teneva
ancora sotto tiro, nonostante per ora la carcassa in fiamme dell'Audi
gli fornisse copertura.
"Che stupito che sono stato, che stupido! Sono stato prevedibile ad
andare al museo e lo sono stato altrettanto a venire qui a casa sua!"
pensò fra e sè e sè, mentre si
controllava il fianco destro.
L'ondata di calore gli aveva quasi fuso i pantaloni scuri alla pelle,
mentre il giubbotto e la felpa avevano un po' attutito i danni al
busto. In realtà si sentiva bruciare terribilmente, come se
lo avessero inondato di olio bollente.
Si sforzò ugualmente di guardarsi intorno in cerca di un
riparo più sicuro e fece una corsa zoppicante fino alla casa
che aveva davanti a sè, girando attorno all'angolo e
sedendosi appoggiando la schiena a un muro.
Sentì parecchie voci alzarsi e vide che in un paio di case
la luce si accese; i vicini avevano sentito l'esplosione e
probabilmente qualcuno stava per avvisare la polizia.
- Merda! - si ritrovò a parlare da solo un'altra
volta, questa volta sussurrando. - Calma James, calma! Ragiona! A che
distanza è la casa di quel fottuto bastardo? - Sporse
leggermente la testa dall'angolo in cui era seduto e guardò
nuovamente verso la finestra dove prima aveva visto la canna di un
fucile. - Saranno circa 80, 90 metri - Riportò indietro la
testa in modo tale da non farsi vedere e iniziò a pensare a
un modo per raggiungerla. Purtroppo i lampioni presenti sulla strada
erano già accesi e questo unito al fatto che il sole era
calato da poco faceva sì che non ci fossero posti bui da
dove passare. "E adesso come cazzo ci arrivo là senza che
quello mi faccia saltare la testa?"
Mentre cercava di pensare il più rapidamente possibile a una
soluzione, la porta della casa che aveva di fronte si aprì e
ne uscì un uomo in vestaglia.
- Che diavolo è successo qui? - disse guardando impaurito la
carcassa dell'Audi in fiamme.
Joey inspirò per prepararsi a urlargli di mettersi al riparo
immediatamente, ma non fece neanche in tempo a dire una parola che
sentì uno sparo. L'uomo in vestaglia cadde all'istante, con
un fiotto di sangue che gli usciva dal centro della testa.
"Cazzo! Ma quello deve avere un fucile di precisione dotato di mirino,
non è possibile che centri a questa distanza particolari
così piccoli!"
Questo complicava ulteriormente le cose. Che fucile poteva avere? La
testa di quell'uomo, seppur bucata, era ancora attaccata al collo,
questo escludeva immediatamente un fucile di grosso calibro come l'M82.
"Peccato che di fucili di precisione ce ne sono a dozzine! Cazzo!"
Joey iniziò a sudare, e non solo per la parte ustionata del
suo corpo. Era nei guai, in grossi guai. Da lì a poco
sarebbe arrivata la polizia, lui era ferito e Kirk Webb respirava
ancora. Peggio di così non poteva andare.
"E pensare che quello stronzo fa il critico d'arte! Come si
è procurato un fucile come quello?" Si fermò un
attimo a pensare alla domanda che si era fatto, visto che gli era
venuta in mente una risposta. "Se è un'arma improvvisata,
sicuramente non deve essere niente di modificato. Anzi, dovrebbe essere
un modello molto comune, visto che uno come lui sicuramente non
è un appassionato di armi." Il cerchio si stringeva, ma un
altro evento interruppe il suo pensiero. Da un'altra casa si
aprì una porta, questa volta ne uscì una donna
con un telefono in mano.
- Gesù! - esclamò, poi voltandosi a guardarsi
attorno vide il corpo dell'uomo con il buco in testa, ed
urlò.
Joey si portò velocemente le mani alle orecchie per
proteggerle dello sparo che a breve avrebbe sentito, ma incredibilmente
non udì nulla. Solo la donna che continuava ad urlare con il
telefono in mano, ma dopo poco smise anche lei rientrando in casa con
la stessa velocità con cui era uscita.
"Non le ha sparato?" si chiese Joey. "Come mai?" Sporse ancora la testa
per cercare di capire se era ancora lì al suo posto e gli
parve che la finestra fosse ancora aperta. "Se è ancora
lì, perchè non le ha sparato?" Con il cuore che
gli batteva forte e il dolore della scottatura non gli era facile
pensare, si ritrovò anche a scherzare fra sè e
sè "forse si è risparmiato il colpo per me".
Sorrise, ma poi tornò immediatamente serio.
"Risparmiare...quanti proiettili ha già usato?"
Li ripassò tutti a mente, cercando di ricordarseli .
Il primo mirato alla sua testa quando era ancora in macchina.
Il secondo mirato a bucare il serbatoio.
Il terzo a far esplodere la macchina.
Il quarto sull'uomo in vestaglia.
"Cazzo, sono quattro! Non ha sparato perchè il caricatore di
quel fucile ne avrà solo cinque, ecco perchè!" Si
sporse un'altra volta, come se potesse avere conferma di quello che
aveva pensato dal punto in cui si trovava.
"Che fucili di precisione hanno cinque proiettili e sono abbastanza
comuni?" Ci pensò un attimo, poi un sorriso gli apparve sul
volto. "Gli M24, gli sniper della Remington! Sono fucili di precisione
standard dell'esercito americano, non gli sarà stato
difficile procurarsene uno!"
Con rinnovata speranza, si mise subito a pensare a come fare per
convincerlo a sparare anche il quinto colpo. Una volta fatto quello,
avrebbe dovuto ricaricare, il che gli avrebbe per lo meno dato la
possibilità di avvicinarsi e iniziare a fare fuoco con la
sua S&W che aveva fortunatamente infilato nel giubbotto nel
momento in cui era rientrato in macchina.
"Un sasso lanciato per attirare la sua attenzione? No, troppo banale,
non ci cascherebbe. Deve essere qualcosa di credibile..." allora si
tolse il giubbotto e la felpa, iniziando a pensare a come fare per
dargli una forma umana. Arrotolò la felpa dentro a un
braccio del giubbotto, in modo tale da farlo sembrare pieno. Ne fece
uscire anche venti centimetri, in modo tale da potergli infilare anche
un guanto per rendere il "finto braccio" il più credibile
possibile. Gli sarebbe bastato dargli un segno della sua presenza in un
posto qualsiasi per farlo sparare, visto che con l'M24 l'avrebbe preso
di sicuro.
"Dio, se esisti, questo è il momento di dimostrarmelo" si
disse fra sè e sè. Si alzò e fece il
giro della casa, dopodichè quando arrivò
all'angolo più esterno e più buio prese un bel
respiro e colpì con un pugno il recinto di legno che
perimetrava la casa. Ora che aveva la sua attenzione, sporse il
più possibile il finto braccio coperto dal guanto e
fortunatamente il suo piano funzionò. Un proiettile
arrivò dopo neanche un secondo, bucando sia il giubbotto che
la felpa arrotolata al suo interno.
Si alzò e uscì allo scoperto iniziando a correre
nella sua direzione.
Se aveva sbagliato i suoi calcoli e quello non era un M24, era morto.
Un colpo gli sarebbe arrivato da lì a pochi secondi e fine
della storia, ma incredibilmente non ne arrivò alcuno.
"Cazzo, avevo ragione! Sta ricaricando!" pensò esultando e
correndo a perdi fiato verso la sua abitazione. "Quanto ci si mette a
ricaricare quello sniper? Se ha il caricatore lì a portata
di mano, tre, forse quattro secondi."
Il primo secondo lo passò ad alzarsi e a correre
raggiungendo la strada al cui centro c'era ancora la carcassa
infiammata dell'Audi.
Il secondo lo utilizzò per percorrere la strada e
attraversarla.
Nel terzo secondo corse il più velocemente possibile verso
il suo obiettivo, aspettò con il cuore in gola di fare
almeno altri due o tre metri e poi alzò la sua 610 in
direzione della finestra e iniziò a fare fuoco. Se era
ancora lì intento a ricaricare l'arma, lo avrebbe preso.
Sparò, una volta, due volte, tre volte. Non sentì
alcun rumore se non il vetro della finestra infrangersi.
Sparò gli ultimi tre colpi rimasti, dopodichè
estrasse il tamburo dalla sua posizione standard, espulse con
l'apposita levetta i bossoli vuoti e ricaricò l'arma il
più velocemente possibile riniziando a fare fuoco.
Correndo con tutto il fiato che aveva in corpo, arrivò
davanti alla casa, ancora tutto intero. Webb non aveva più
sparato un colpo, il che voleva dire solo due cose. O era morto, oppure
non era ancora riuscito a ricaricare l'M24, ma a questo punto non gli
sarebbe più servito.
Joey si presentò davanti alla finestra e ci vide appoggiato
proprio un M24. Saltò dentro e sentì una porta
chiudersi molto lentamente nella stanza adiacente a questa, quindi si
mosse piano e trattenne il fiato.
Nascosto in modo tale che nessuno lo potesse vedere, si
ritrovò davanti Webb che camminava lentamente con un nuovo
caricatore in mano in direzione del suo fucile.
- Ormai non ti serve più, sono già qui - disse
Joey ad alta voce.
Webb si girò spaventato e fu colpito da uno sparo a una
spalla, urlando di dolore.
- Ahhh! Brutto stronzo! -
Joey gettò la pistola a terra e lo colpì
violentemente proprio dove gli aveva appena sparato, mandandolo a
sbattere contro la finestra e facendo di fatto cadere fuori da casa
l'M24.
- Mi hai fatto proprio penare, sai? E pensare che immaginavo di
ammazzarti al museo dopo il tuo discorso.... -
- A...aspetta Dagger,
possiamo parlare no? - cercò di dire Webb, mentre si
sforzava di alzarsi in piedi fra i cocci della finestra rotta.
- Parlare? Tu vuoi parlare con me? - gli tirò un calcio in
piena pancia, facendolo tossire convulsamente. - Sai cosa non riesco a
togliermi dalla mente? Quel fottuto video che avete fatto tu e Roukis,
in particolare la faccia che aveva mia moglie quando hai finito il
tuo... - la voce gli si spezzò in gola, stupendo addirittura
se stesso del magone che gli stava crescendo. - ...lavoretto. E tu ora
vuoi parlare con me? No Webb, tu non parlerai con me. Dimmi piuttosto
dove trovo la cucina in questa merda di casa. -
- La...cucina? - chiese tremante.
- Sì cazzo, la cucina - rispose Joey afferrandolo per la
spalla dove gli aveva sparato e tirandolo in piedi. Webb
urlò di dolore, dopodichè gli indicò
la stanza in fondo al corridoio.
Fu trascinato a peso morto fino a dove accennato, dopodichè
fu spinto brutalmente per terra. Joey cercò il tagliere dei
coltelli che c'è in ogni brava cucina americana e difatti lo
trovò. Ne estrasse il coltello più grande,
dopodichè si chinò sulla schiena di Webb. - Hai
usato queste mani per toccare Lily vero? - gli chiese alzando il
coltello in aria.
Webb, che aveva già capito cosa gli sarebbe successo,
urlò cercando di dimenarsi, ma non riuscì a fare
nulla.
Joey abbassò velocemente la mano armata affondandola con
forza sul polso della mano destra di Webb, amputandogliela quasi
completamente. Urlò ancora, ma Joey lo colpì
un'altra volta, riuscendo questa volta a staccargli l'arto
già precedentemente tagliato.
- Mi dovrò comprare un'altra volta un vestito nuovo, voi
stronzi con tutto il vostro sangue mi macchiate sempre tutto - disse
Joey senza alcun trasporto.
Fra le urla e i lamenti di Webb, riuscì a tagliargli anche
l'altra mano, lasciandolo quasi incosciente sul pavimento della sua
stessa cucina in un mare di sangue.
- Ora con te è stata fatta giustizia... - mormorò
Joey, guardando il corpo di Webb immobile.
- Non credo che ti dispiacerà se prendo la tua macchina,
visto che la mia l'hai fatta saltare in aria. - si guardò
attorno, cercando un qualsiasi contenitore dove poterci mettere dentro
i suoi orridi trofei appena tagliati.
Dopodichè si girò e uscì lasciandosi
Webb alle spalle, mormorando fra sè e sè "Meno
uno."
Entrò in garage e si diresse verso una vecchia Ford nera
parcheggiata al suo interno, ma qualcosa attirò la sua
attenzione. Alla fine del garage c'erano alcuni gradini che scendevano
a un piano inferiore, chiuso da una porta blindata con un tastierino
numerico affianco.
Joey scese quei pochi gradini e la osservò cercando di
aprirla, ma ovviamente era chiusa. Probabilmente c'era bisogno di
sapere la combinazione, ma sotto al tastierino numerico vide anche
quello che sembrava essere un rivelatore di impronte.
Sorrise, estraendo dal sacchetto una mano di Webb e passandola sopra al
rivelatore, che fece aprire la porta con uno scatto.
- Grazie Kirk - esclamò beffardo. Oltrepassata la porta
scese ancora qualche gradino e si ritrovò all'interno di una
stanza piuttosto piccola, ma incredibilmente piena di armi.
Il colpo d'occhio fu notevole: sulle mura erano state
installate tantissime forcelle porta armi, tutte piene di ogni genere
di fucili. Sui tavoli invece c'erano una moltitudine di scatolette di
varie dimensioni e grandezza, probabilmente contenenti le munizioni
delle armi.
- Porca puttana...e chi se lo sarebbe mai aspettato! -
esclamò Joey iniziando a guardarsi attorno.
La sua attenzione fu catturata da un fucile in particolare, che
provvedè subito a rimuovere dalle forcelle e a prendere in
mano.
- L'M4 super 90 della Benelli...per la miseria, il fucile
semiautomatico adottato dai reparti SWAT! Ma di chi è tutta
questa roba, tua? - chiese ad alta voce alzando lo sguardo verso casa.
- Beh, tua o no, io ne approfitto per fare rifornimento. - Si mise l'M4
in spalla e incominciò a cercarne le munizioni,
dopodichè trovò una scatola di granate e prese
qualcuna anche di quelle. Si sentiva come un bambino in un negozio di
dolci, qualsiasi cosa vedeva l'avrebbe voluta prendere.
Mentre si impegnava nel difficile compito dello scegliere se prendere
MP5 o un M249, sentì in lontananza l'eco delle sirene.
"La polizia, cazzo! Me ne ero dimenticato!" posò l'MP5 e
prese l'M249, dopodichè uscendo prese anche un M24. "Cosa se
ne sarà fatto di due sniper del genere in casa lo sa solo
lui, comunque ora serve a me".
Entrò in macchina, depositò sui sedili dietro
tutte le armi e le granate e mise in moto.
Uscì sgommando dal garage e riuscì ad
allontanarsi in tempo prima che le auto a sirena accesa riuscissero a
vederlo scappare via.
Quella sera, Steven ricevette un pacco sigillato proprio davanti
all'enorme cancello della sua villa.
Quando lo aprì, ci trovò dentro le due mani di
Webb, con un bigliettino che riportava la scritta "Meno uno".
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Capitolo 12 *** Capitolo X ***
nydrali, sono felice che ti siano piaciuti anche quest'ultimi capitoli :) sto cercando di "spingere" un po' di più sul lato dell'azione, spero di non incasinare tutto ehehe
Seduto ad un tavolo del night club Dupert Queen, Joey era il primo
cliente della serata.
Con John Roukis si era ripromesso di agire in maniera differente
rispetto a Kirk Webb: questa volta lo avrebbe ucciso subito ed in
fretta, senza lasciargli la possibilità di scappare. E visto
che il Dupert Queen era l'unico posto che Roukis frequentava da quando
la polizia americana lo cercava per quello che aveva fatto in Francia,
Joey si ritrovò controvoglia a doverci passare la serata.
Sperò intensamente che Roukis arrivasse appena aperto il
locale, ma suo malgrado le speranze furono vane.
L'attesa gli fece tornare in mente la serata prima: fra scottature e
botte di vario genere, era tornato in albergo parecchio malconcio. Dopo
essersi fatto una veloce doccia aveva riempito la vasca di acqua fredda
e ci si era immerso, riuscendo finalmente ad avere un po' di sollievo
dal dolore delle scottature. Tutto sommato, però, era
riuscito a procurarsi un bel po' di armi e munizioni, che lo avrebbero
sicuramente aiutato con Steven e Ivan. In cuor suo, effettivamente,
prima di riuscire a mettere le mani su tutto quell'equipaggiamento non
aveva la minima idea di come avrebbe fatto ad entrare nella
controllatissima villa di Steven.
Quando ormai era arrivato alla quinta birra e il locale aveva iniziato
a riempirsi, finalmente vide entrare Roukis con un paio di persone al
seguito. Sembrava sorridente e rideva di tanto in tanto al sentire
quello che gli diceva il suo interlocutore al cellulare, poi pose fine
alla chiamata e andò al bancone per ordinare da bere.
Joey studiò i due uomini che erano entrati assieme a lui:
uno non aveva per nulla il fisico da malvivente, visto che era talmente
grasso da riuscire a fatica a stare sullo sgabello, l'altro invece
aveva uno sguardo spento, come qualcuno che si era appena fatto una
dose.
Bevve l'ultimo sorso per finire la birra, poi si avvicinò
lentamente al bancone dove i tre si erano seduti. A Roukis
squillò nuovamente il cellulare e Joey notò
l'orrenda suoneria che aveva abbinato alle chiamate.
Si appoggiò lentamente al suo fianco, poi estrasse il
coltello a serramanico che aveva in tasca e lo puntò a
fianco del suo bicchiere. Roukis si voltò immediatamente.
- Ciao John, forse è il caso che interrompi la chiamata, che
dici? -
Roukis impallidì immediatamente, mantenne quel colorito per
qualche secondo poi iniziò a sorridere nervosamente.
- Ti richiamo fra dieci secondi, c'è un problema. - disse
prima di appoggiare il cellulare al bancone.
- Temo che non lo richiamerai più, stronzo - gli fece notare
Joey guardandolo male.
I due uomini notarono il coltello e si alzarono immediatamente in piedi
allarmati.
- Voi due state giù se non volete lasciarci la pelle -
grugnì Joey nella loro direzione.
- Fermiamoci tutti un momento, va bene? - disse Roukis ancora con la
voce tremante.
- Fermo un cazzo - Joey strinse ancora di più il manico del
suo pugnale. - Muoviti, usciamo da qua. - aggiunse indicando con la
testa l'uscita del locale.
Roukis si alzò e si avviò dove indicato, seguito
dai suoi uomini. Appena usciti, i tre si affiancarono l'uno all'altro,
cercando di assumere un'espressione seria.
- Dagger,
lo sapevo che saresti arrivato, però prima devo dirti una
cosa... -
Joey fece sparire il coltello ed estrasse la sua 610 da una tasca del
suo giubbotto. Tre ragazzi stavano per entrare nel
locale ma si fermarono immediatamente alla vista del revolver.
- Ehy Dagger,
perchè hai tirato fuori quella? Io devo dirti... -
Ma Joey, che stava pensando a tutto fuorchè ad ascoltare
cosa Roukis stava dicendo, alzò lo pistola e
piantò un proiettile in mezzo agli occhi al ciccione che
stava alla sua destra.
I tre ragazzi urlarono terrorizzati e scapparono velocemente nella
stessa direzione in cui erano venuti.
Roukis, che era affianco all'uomo grasso, fu schizzato del suo sangue
al momento dello sparo.
- Ma che cazzo hai fatto! Che cazzo hai fatto!! - urlò
Roukis portandosi una mano all'orecchio e controllando quanto sangue
gli era finito addosso.
Poi Joey spostò la pistola sul tipo alto e magro, e appena
quello capì quella che sarebbe stata la sua fine gli
sparò un colpo in fronte, in modo tale che le sue
preoccupazioni cessassero subito.
- Ma porca puttana! Fermati cazzo, fermati! - urlò Roukis
impazzito.
Dal locale uscirono un paio di persone attratte dagli spari, ma non
appena videro i due corpi a terra urlarono e rientrarono immediatamente
sbattendosi la porta alle spalle.
Nel frattempo, Joey aveva spostato la pistola su Roukis. - Addio
stronzo - gli disse con il suo solito tono freddo.
- Ok figlio di puttana! Mi vuoi ammazzare! Ok ammazzami! Ma prima
prenditi questo brutto pezzo di merda! - e così dicendo gli
lanciò il cellulare, con lo stesso semi-sorriso nevrotico
che aveva prima quando era entrato nel locale.
- Che cazzo è questo? - chiese Joey afferrandolo al volo.
- Già! Chiedimi cos'è! Dai, chiedimelo! - rispose
Roukis, sempre più in preda a un attacco immotivato di
euforia.
Joey come risposta allungò ulteriormente il braccio
avvicinando la canna della sua S&W alla testa di Roukis.
- Dai, uccidimi! - urlò, - così crepano anche la
negretta e la biondina! - e Joey, che aveva già portato il
dito sul grilletto, lo allontanò immediatamente.
- Cosa? -
Roukis scoppiò a ridere, poi gli indicò ancora il
cellulare. - Sai cos'ho detto a Deckard, l'uomo con cui parlavo prima?
Che avevo un problema e che lo richiamavo subito! E sai cosa significa
se gli dico così e poi non richiamo? Che c'è
qualcosa che non va! E se c'è qualcosa che non va, Deckard
fa saltare il cervello alle due puttane! Che dici Dagger, ti piace il
piano? -
A Joey non battè così velocemente il cuore da
quando trovò Lily morente sulle scale di casa. Roukis
approfittò del suo silenzio per ricominciare ad urlare. -
Allora? Perchè non mi spari? Perchè ci tieni a
quelle due troiette, eh? - e ricominciò a ridere
sguaitamente.
La mano di Joey tremò leggermente.
Come avevano fatto a trovare le due ragazze? Erano rimaste ancora a
casa dei genitori di Samantha?
- Posa quell'arma immediatamente Dagger,
e ti prometto che le lascio andare! -
Ma Joey non la posò, al contrario si avvicinò
ancora di un passo.
- Che...che cosa fai? - chiese Roukis perdendo il suo sorriso.
- Ti ammazzo, ecco cosa faccio. - rispose Joey guardandolo dritto negli
occhi.
- Come mi ammazzi? E le due troiette? -
- Sai che cazzo me ne frega - disse alzando le spalle. - Hai idea di
quante ragazze e donne io abbia ammazzato in vita mia? Queste due a
momenti neanche le conosco. Se pensavi di salvarti la vita con questo,
sei fottuto John. Addio - aggiunse armando il cane.
Roukis tornò ad assumere lo sguardo spaventato che aveva
prima, poi semplicemente sorrise.
- Cazzo, avrei dovuto immaginarlo che avresti
reagito...così...d'altra parte ho sentito parlare di te e
della tua pazzia fin da quando avevo dieci anni...un motivo ci doveva
pur essere. Probabilmente oltre a essere un grandissimo figlio di
puttana non hai neppure un cuore... -
Joey lo guardò per un momento, stranito dal
sentirlo parlare in quel modo. Poi rispose - Tutto giusto, Roukis,
tutto giusto... -
- Già...però questa volta avevi fatto centro,
stronzo. Lo sai cosa mi ha detto Deckard prima al telefono? Quando la
negretta ha sentito che mi stava chiamando e ha capito che eravamo
uomini di suo padre ha detto "Tanto Hawk è già
sulle tracce del tuo compare! Anzi probabilmente l'ha anche
già ucciso! E anche tu farai quella fine, magari ancora
prima di riuscire a farci del male!". Commovente no? -
Questa volta Roukis non potè non notare il tremolio della
mano armata di Joey. L'uomo che aveva davanti a se aveva perso di colpo
il proprio sguardo insensibile e si era fermato ad ascoltarlo come
incantato.
Joey si era ripromesso che niente al mondo lo avrebbe fermato dal
vendicare sua moglie, ma quest'ultima cosa che gli aveva riferito
Roukis gli riportò alla mente ciò che aveva detto
Steven a proposito di Black Dog. "Ve lo dico dov'è Lily,
tanto ora sta con Hawk, non riuscirete mai a farle del male!"...queste
pare che furono le sue ultime parole.
E ora erano le stesse pronunciate da Neira.
Parole dette con convinzione, con fiducia sul fatto che James Hawk
protegge ciò che ha di più caro, anche se nel suo
caso si riduceva a una sola persona, sua moglie. E ora Neira aveva
usato le stesse parole, la stessa fiducia nei suoi confronti.
E lui l'aveva già tradita una volta, quella fiducia. Non
poteva farlo ancora, semplicemente non
poteva. Cosa ne sarebbe stato di lui se non si fosse
fermato davanti a quelle parole? Una volta terminata la propria
vendetta per Lily, avrebbe avuto un altro peso sulla coscienza oltre a
quello di sua moglie.
No, era impensabile vivere d'ora in poi con quei pensieri nella mente.
Abbassò lentamente l'arma.
- Perchè non mi spari? - fu la pronta domanda di Roukis, che
ormai era già convinto che da lì a poco sarebbe
passato all'altro mondo. Joey come risposta gli rilanciò il
cellulare.
- Avanti, chiama quel Deckard. Digli di lasciarle andare. -
- Co...cosa? Non mi spari più? -
- Muoviti! - gli ordinò Joey, riuscendo a scuoterlo dal suo
momento di confusione.
Roukis lo guardò per qualche secondo, poi tornò a
sorridere nervosamente.
- Certo, io lo chiamo e poi tu mi ammazzi! No Dagger, adesso tu
vieni con me...e poi lo chiamo! -
- Avevi detto che avresti dovuto richiamarlo subito! -
- Ci mettiamo solo un attimo, vieni dai! - disse indicandogli una
macchina parcheggiata poco lontano.
Si allontanarono come se nulla fosse dai due uomini morti distesi
davanti al locale e si fermarono davanti alla macchina di Roukis.
- Entra - gli disse, iniziando a riprendere lentamente il controllo di
sè.
Una volta entrati entrambi, Roukis infilò una mano sotto il
sedile, rovistò per qualche secondo bestemmiando
dopodichè ne tirò fuori un paio di manette.
- Ecco, tu mettiti queste e io lo chiamo! -
- Non ci penso nemmeno - fu la risposta secca di Joey.
- Ehy, stronzo! Io non ti porto da Kimberlin sulla fiducia nel fatto
che non mi farai niente, ok? O ti metti queste oppure io non chiamo! -
Al sentire quelle parole, Joey allungò tristemente le
braccia.
- Col cazzo! Non davanti, girati e mettiti le mani dietro la schiena! -
Anche questa volta Joey fu accondiscendente e si rese veramente conto
del guaio in cui si era messo nel momento in cui sentì il
"clack" di chiusura delle manette.
- Ecco, adesso posso chiamare! - disse prendendo in mano il cellulare.
Compose un numero, dopodichè aspetto qualche secondo. - Come
non detto Deckard, tutto a posto. Non ci crederai mai se ti dico chi ho
qui! Dagger!
Sì, proprio lui in persona! Pensa che si è fatto
vedere neanche cinque minuti dopo che mi hai chiamato! Se mi avessi
avvisato solo qualche minuto più tardi quello era capace di
uccidermi! Invece fortunatamente ora è qua tranquillo e
ammanettato! Comunque, mettiamoci d'accordo...dunque...tu prendi le due
ragazze e ci incontriamo fra la 7th e la 9th, così li
portiamo tutti e tre da Kimberlin, ok? - poi rise forte, riprendendo a
parlare solo quando si era ripreso - cazzo sì, ci puoi
scommettere! Il vecchio ci darà tanti di quei soldi che
potremo dire addio a questo cesso di città! Ok, a fra poco!
- e così dicendo spense il cellulare.
Poi si voltò verso Joey col volto estremamente sorridente. -
Dunque, tre cose Dagger!
La prima è questa... - aprì il finestrino e
buttò fuori la chiave delle manette. - Sia mai che tu riesca
a prendermele in qualche modo! Poi la seconda... -
- Aspetta! Avevi detto che le lasciavi andare se venivo con te da
Kimberlin! -
- Beh, si vede che ho mentito! Dicevamo della seconda cosa da fare... -
disse sporgendosi verso di lui e prendendogli la 610 dalla tasca
interna del giubbotto. - Questa diventa mia ora. Poi la terza e ultima
cosa... - e lo colpì con un pugno in pieno volto,
così forte da fargli sbattere violentemente la testa contro
il finestrino. Poi colpì di nuovo, e di nuovo ancora, fino a
quanto a Joey non iniziò a sanguinare la tempia.
- Cazzo, sto pestando Dagger!
Ma chi l'avrebbe mai detto? - si domandò euforico, colpendo
Joey un'altra volta. - Vecchio figlio di puttana! Beh dai, mettila
così: se proprio dovevi crepare, almeno lo stai facendo
grazie a un duro come me! Metti caso che ti facevi fregare da un pirla
qualsiasi! - e riprese a ridere senza controllo.
L'arrivo di una volante della polizia però lo fece smettere
subito, accese la macchina e si allontanò dal Dupert Queen
cercando di non dare troppo nell'occhio.
Rimase in silenzio giusto per cinque minuti, poi riprese a ridere e a
parlare da solo.
- Ma sai che quando avevo dieci anni tu eri il mio mito? Cazzo, eri un
vero duro! Anche io stavo nella contea di Jefferson, mi ricordo
benissimo delle puttanate che facevi! -
Joey alzò gli occhi su di lui; Roukis sembrava veramente
eccitato, non faceva finta giusto per farsi coraggio.
- Per esempio, ti ricordi di quando hai preso quell'escavatore
cingolato e sei entrato direttamente dentro la casa del reverendo
Wright? Cazzo, è stato magnifico! Il giorno dopo io e tutti
i miei amichetti siamo andati a vedere cosa avevi combinato e abbiamo
trovato tutta l'entrata della casa completamente distrutta! E un sacco
di polizia che aveva messo il nastro giallo attorno alla casa! -
Si mise a ridere divertito, dopodichè riprese. - Ma come ti
è venuto in mente di prendere un escavatore da 19000 Kg e di
distruggere la casa del reverendo? -
Joey lo guardò di sbieco. - Credi veramente che Wright fosse
un reverendo? -
Roukis rise. - No, non lo era, certo! Però immaginati la
scena: il buon religioso sta mangiando tranquillamente la sua cena
insieme alla sua perpetua, nel silenzio del suo soggiorno...poi tutto
d'un tratto inizia a sentire un rumore fortissimo avvicinarsi, non fa
neanche in tempo ad alzarsi che sente un fracasso allucinante: apre la
porta e si trova una ruspa gigantesca in entrata. Cazzo, sei stato
grande! Neanche il pazzo più pazzo del mondo avrebbe mai
pensato una cosa del genere! Si può sapere dove l'avevi
trovata una bestia del genere? -
Joey alzò le spalle. - C'era un cantiere a neanche mezzo
miglio da lì -
- E tu sei passato di lì, l'hai visto, c'hai pensato su un
attimo...e poi l'hai preso e ti sei diretto verso la casa di Wright? -
- Già - rispose Joey girando la faccia per guardare fuori
dal finestrino.
Roukis rise ancora più forte di prima. - Dio santo, Dagger! Tu eri
completamente pazzo, non c'è altro da dire! -
Joey non sembrò avere voglia di rispondere. In
realtà, stava iniziando a pensare a un modo per tirarsi
fuori da quella brutta situazione.
- Lo sai che di figli di puttana come te non ce ne sono più?
Quasi quasi mi dispiace portarti a farti ammazzare! Ormai se anche
nasce uno come te, o diventa il cane a guinzaglio di qualcuno, oppure
si mette a fare soldi ricoprendo qualche carica dello stato,
apparentemente pulita e in regola. Tu invece facevi tutto da te, non
seguivi gli ordini di nessuno... -
Calò il silenzio in macchina per circa un minuto, in cui
ognuno dei due uomini si perse nei propri pensieri.
- E comunque quel foulard nero che porti al collo cos'è? Non
sarà mica per tua moglie? - chiese infine Roukis.
- Esatto -
- Per la miseria, Dagger!
Ma dimmi la verità: volevi ammazzarci tutti
perchè ti sei indispettito che ti abbiamo ammazzato la
moglie, oppure ti è dispiaciuto veramente? Cioè
cazzo...io non ti ci vedo proprio a lavare i piatti o a cambiare il
pannolino a un mocciosetto di qualche mese! -
Joey stava per rispondere, ma poi vide che erano entrati nella via in
cui Roukis aveva dato appuntamento a Deckard ed evitò di
rispondere.
Roukis ridusse la velocità guardandosi a destra e a
sinistra, poi quando vide una macchina dall'altro lato della strada
mostrargli gli abbaglianti fece inversione e gli si
parcheggiò dietro.
- Dunque Dagger,
io ora scendo e vado a vedere se il mio socio non ha fatto troppo male
alle due troiette, ti posso lasciare da solo per un momento senza che
ti inventi qualcosa? O ti devo far uscire e venire con me? -
- Vaffanculo - rispose Joey e Roukis ridendo si slacciò la
cintura e uscì.
Lo vide dirigersi con passo tranquillo verso la macchina nera
parcheggiata di fronte e iniziò a guardarsi velocemente
attorno. Se c'era un qualsiasi modo di uscire da lì, quello
era il momento giusto per scoprirlo.
Passò lo sguardo su ogni centimetro della macchina, ma non
trovò niente in grado di aiutarlo nella sua fuga. Diede una
ginocchiata al cassettino che aveva davanti, procurandone l'apertura.
Indagò velocemente sul suo contenuto: c'era una busta
strapiena di carte, forse i documenti della macchina, poi c'era una
pistola semiautomatica senza caricatore, una siringa con un laccio
emostatico e quello che sembrava un cavatappi a forma di pagliaccio del
mcdonald's. Si abbassò leggermente per riuscire a vederne il
fondo e scovò un sacchetto strapieno di bulloni legato da un
laccio metallico.
A catturare la sua attenzione non fu tanto il sacchetto o i bulloni,
quanto il laccio che lo teneva chiuso.
Alzò lo sguardo verso Roukis; si era avvicinato al
finestrino del lato guidatore e aveva iniziato a ridere parlando verso
Deckard.
"O la va, o la spacca" pensò fra sè e
sè. Abbassò velocemente il volto fino a infilare
quanto gli era più possibile la faccia nel cassetto,
agguantando con i denti come un cane il sacchetto di bulloni e
portandolo fuori. Lo fece cadere sul freno a mano, in modo tale che
potesse prenderlo con le mani ancora ammanettate e portarselo dietro la
schiena.
Roukis si voltò per un momento verso di lui per guardare se
stava combinando qualcosa, poi visto che Joey si dimostrò
immobile aprì lo sportello posteriore e si infilò
nella macchina. Dalla sua posizione, Joey poteva vedere le due teste
delle ragazze ora accompagnate da Roukis. La sua figura si
avvicinò a una delle due, forse Samantha, e tentò
di baciarla.
In ogni modo, ora doveva concentrarsi su se stesso. Slegò il
sacchetto dal filo metallico, dopodichè se lo fece passare
sui polpastrelli delle dita per testarne la durezza e la lunghezza.
"Sì, potrebbe funzionare" pensò. Non aveva mai
fatto nulla del genere con le mani legate dietro la schiena, ma doveva
provare, non c'era altra scelta.
Toccò una delle due estremità, iniziando a
piegarne l'ultimo mezzo centimetro in modo tale da formare una sorta di
L. Cercò poi di raggiungere il cilindro della piccola
serratura con l'ultima parte piegata, dopodichè una volta
che sentì che era riuscito a inserirla piegò
anche l'altra estremità del filo alla stessa maniera.
Infilò anche quella nella serratura, iniziando a spingerla
con il pollice in direzione opposta all'altra estremità.
Non sentì alcun clack, quindi sempre con l'aiuto del pollice
e dell'indice ruotò entrambe le punte di qualche millimetro,
dopodichè le spinse nuovamente verso l'esterno. Ancora
nessun clack.
La macchina davanti a lui iniziò a squotersi e intravide la
sagoma di Roukis schiacciarsi su quella di Samantha. "Chissà
cosa le sta facendo..." pensò, ma in quel momento si
augurò che continuasse il più a lungo possibile,
visto che aveva bisogno di tempo.
Ruotò nuovamente le due estremità del filo ma
ancora una volta la serratura non si sbloccò. Ormai era solo
una questione di fortuna, doveva trovare la giusta posizione di
entrambe per far scattare la parte meccanica della serratura.
Solo dopo altri due tentativi, fra i quali vide la macchina di Deckard
smettere di agitarsi, riuscì finalmente a farla scattare.
Si liberò finalmente i polsi, ributtò dentro il
cassettino il filo e il sacchetto di bulloni e lo chiuse il
più velocemente possibile. Poi si riportò le mani
dietro la schiena: l'importante ora era trovare il momento giusto di
agire senza commettere errori, e uccidere Roukis appena fosse rientrato
in macchina lo era sicuramente. Doveva inventarsi un modo per farlo
fuori senza allarmare Deckard, altrimenti quello avrebbe prima ucciso
le due ragazze e poi sarebbe venuto a controllare cos'era successo.
Roukis uscì dalla macchina pochi istanti dopo, passandosi il
dorso della mano sulle labbra. Tirò piano un pugno sul
finestrino del lato guidatore, dopodichè tornò
verso Joey.
Entrò e neanche lo guardò in faccia.
- Che stronza la biondina, ha tentato pure di respingermi! - disse
avviando il motore. - Se il capo non la farà fuori gli
chiederò di darla a me, così prima le faccio
capire come ci si comporta e poi l'ammazzo. -
La macchina davanti a loro mise la freccia e iniziò a
muoversi e loro fecero lo stesso.
Joey rimase in silenzio per tutto il tragitto e Roukis ne
approfittò per descrivergli il modo in cui aveva infilato la
lingua in bocca alla bionda, descrivendogli la sensazione che aveva
provato mentre la palpava dappertutto.
Poi, dopo aver girato l'ennesimo incrocio e percorso l'ennesima via, si
avvicinarono diminuendo la velocità a un'enorme villa con un
grande giardino di fronte.
- E questa sarebbe la casa di Kimberlin? - chiese Joey stupito.
- Sì, ma di Steven però. Stasera Ivan
è qua, quindi portandoti dal figlioletto vi do in mano ad
entrambi. -
Il fatto che ci fossero sia il padre che il figlio significava una cosa
sola: doppio numero di guardie. "No, non va bene" pensò
Joey. "Se entriamo non ne usciaremo più vivi, devo trovare
un modo di farla finita qui e subito."
Si guardò attorno per trovare qualsiasi cosa che gli potesse
dare una mano ad iniziare la sua azione, ma l'aiuto che cercava gli
venne da solo quando Roukis girò nella stretta stradina che
conduceva al parcheggio laterale di casa Kimberlin. Un furgoncino nero,
proprio davanti a loro, era fermo in mezzo alla stradina con le quattro
luci accese.
- E che cazzo ci fa questo qui? - chiese Roukis che dovette frenare di
colpo fermando completamente l'auto.
Un uomo con addosso una tuta di una marca di azienda che fornisce
energia elettrica gli fece un gesto, come a scusarsi, poi
entrò nel furgoncino che riportava sulla fiancata il nome
della stessa azienda. Pochi secondi dopo, Roukis e Joey videro
accendersi le luci di retromarcia, e il furgoncino iniziò a
muoversi verso di loro.
- Ma che cazzo fa? Non vorrà mica che indietreggi io vero? -
chiese Roukis sempre ad alta voce.
Joey guardò oltre il furgoncino verso il parcheggio e vide
che la strada finiva.
- Lui non può andare oltre, con il parcheggio la strada si
chiude. -
- Lo so benissimo, stronzo! - gli rispose urlando Roukis. - Ma non
capisco perchè devo andare indietro io anzichè
girare lui più avanti! -
- Perchè tu sei appena entrato in questa via, lui invece
dovrebbe procedere fino al parcheggio e poi svoltare - rispose Joey
calmo.
- Ehy, vaffanculo ok? Che cazzo sei, il loro avvocato? -
Buttò l'occhio a destra e a sinistra, nel tentativo di
vedere se riusciva a superarlo per procedere oltre, ma semplicemente
non c'era spazio. Suo malgrado, inserì anche lui la
retromarcia e si girò per guardare dietro mettendo il
braccio destro sul sedile di Joey.
A vedere il collo di Roukis avvicinarsi a lui, teso per lo sforzo di
voltarsi a vedere se anche Deckard iniziava la sua retromarcia, Joey
ebbe il sentore che quello era il momento giusto. Nel giro di un attimo
anche Deckard si sarebbe girato per guardare dietro, questo significava
una cosa: qualsiasi cosa avesse fatto Joey, Deckard non lo avrebbe
visto.
Appena sentì che anche l'auto dietro di loro iniziava la
propria retromarcia, portò velocemente la mano destra
all'interno dello stivale dove teneva il secondo dei quattro coltelli
con i quali andava in giro e se lo passò altrettanto
velocemente sulla mano sinistra. Poi, con uno scatto rapidissimo,
tagliò di netto la gola a Roukis. Fece cadere subito dopo il
coltello, rimettendosi le mani dietro la schiena.
L'uomo non si era quasi neanche accorto di cosa gli era successo.
Alzò immediatamente il piede dall'acceleratore, portandosi
instintivamente le mani alla gola, poi cercò di dire
qualcosa ma con la carotide squarciata non era facile parlare. Il
furgoncino che era davanti a loro continuò ad
indietreggiare, fino a sbattere contro il muso della loro auto che si
era fermata.
Il botto attirò l'attenzione di Deckard che si
voltò immediatamente per vedere cos'era successo. Vide
Roukis allungare le mani verso Joey, ma dalla sua posizione poteva
vedere che il suo prigioniero aveva ancora le mani dietro la schiena
esattamente come prima.
- Che fa quell'idiota? - chiese ad alta voce Deckard all'interno della
macchina, attirando l'attenzione di Samanatha e Neira che erano
rannicchiate nei sedili posteriori.
Roukis portò entrambe le mani sul collo di Joey cercando di
strozzarlo, sempre tentando di dire qualcosa senza riuscirci, ma
sporgendosi verso di lui fece esattamente il suo gioco. Deckard infatti
si convinse ancora di più che Roukis, il suo compare, per
uno strano motivo stesse cercando di uccidere Dagger e
fermò immediatamente la macchina per scendere ad andare a
vedere il perchè di quel gesto.
Joey se ne accorse e si fece lentamente scivolare contro la portiera
della macchina, simulando la sua morte. Roukis, che non aveva neanche
ancora iniziato a stringere le proprie mani attorno al collo di Joey,
lo guardò incredulo, poi cercò di voltarsi per
chiedere aiuto a Deckard ma il solo girare il collo gli
procurò un ulteriore fitta atroce alla gola squarciata. Non
riusciva neanche più a respirare e si mise a scuotere con le
ultime forze che gli rimanevano il corpo di Joey, nell'assurda speranza
che lui gli potesse dare una mano.
Deckard, che nel frattempo era sceso dalla macchina e si era avvicinato
a quella di Roukis, intravide la sua sagoma strattonare quella di Joey
e rimase ancora più confuso dall'atteggiamento del suo
compare.
Si fiondò dal lato del passeggiero ed aprì la
porta. Joey fu abilissimo a fingersi morto, lasciandosi cadere fuori
dall'abitacolo non appena non ebbe più il supporto della
portiera per rimanere seduto.
Deckard lo guardò scivolare giù dall'auto, poi
urlò - Ma si può sapere che cazzo è
success... - ma si interruppe non appena infilò la testa
nell'abitacolo e vide Roukis con la gola recisa perdere interi fiotti
di sangue.
- Porca puttana! - urlò vedendolo in quelle condizioni. -
Chi cazzo è stato? - si chiese buttando fuori dalla macchina
le gambe di Joey che credeva morto e sedendosi al suo posto.
- Cazzo, non so cosa bisogna fare in questi casi! Che devo fare? -
chiese Deckard in pieno panico. Roukis indicò con il dito
dietro di lui, visto che ormai oltre a non riuscire più a
parlare gli mancava anche l'aria, ma Deckard non capì.
Solo al terzo o quarto gesto si decise a voltarsi, trovando Joey in
piedi davanti allo sportello aperto.
- Non sei morto? - gli domandò Deckard, e quella fu anche
l'ultima cosa che disse prima che Joey gli infilasse il coltello nel
cuore.
L'uomo che prima aveva fatto il gesto di scuse a Roukis scese dal
furgoncino e si mise ad urlare.
- Si può sapere perchè diavolo vi siete fermati?
- poi, non appena posato l'occhio nell'abitacolo della macchina e visto
i due uomini morti, sgranò gli occhi terrorizzato. Joey
raccolse velocemente la Beretta che aveva lasciato cadere Deckard e gli
sparò all'istante, centrandolo con un solo colpo in piena
fronte.
Poi si avvicinò rapidamente verso il lato guidatore, ma
l'autista del furgoncino aveva sentito il colpo ed era già
sceso e aveva iniziato a correre in direzione opposta alla sua.
Joey si fermò per un attimo concedendosi un secondo per
prendere la mira, poi sparò e l'autista cadde per terra,
morto.
"Finiti" pensò Joey, lasciando cadere a terra la Beretta.
Si voltò lentamente, come se non avesse più
forze, e si incamminanò a passi lenti verso la macchina di
Deckard superando quella di Roukis. Intravide le due sagome di Samantha
e Neira al suo interno, quindi sempre con passi lenti si
avvicinò all'auto e infilò la testa dentro al
finestrino. Le due ragazze indossavano solo un pigiama ed erano scalze,
ma sembravano stare bene. Samantha aveva una guancia più
rossa dell'altra, ma nessuna delle due aveva ferite da taglio.
Le guardò a lungo senza dire niente, incrociando il suo
sguardo con il loro. Tremavano ancora come foglie, strette l'una
all'altra con tutta la forza che avevano.
- Quando ti dicevo che quella casa non era sicura, principessa... -
disse poi dopo un altro attimo di silenzio, - lo dicevo proprio per
evitare tutto questo. - ma Neira non capì la battuta, e
neanche Samantha, quindi ci pensò Joey a sorridere per tutti
e tre.
- State qui, ancora un attimo e ce ne andiamo - disse ritirando la
testa e incamminandosi verso l'auto di Roukis. Lanciò anche
una rapida occhiata alla casa di Steven; la possibilità di
fare irruzione e ucciderli tutti e due in un colpo solo era allettante,
ma lui era stanco ed era stato picchiato fino a pochi minuti fa, e
questo non faceva di lui un uomo particolarmente sveglio.
Si limitò ad estrarre dall'auto il corpo di Roukis e a
sbatterlo sul cofano. Ci salì subito dopo anche lui,
prendendogli un braccio e tagliandogli una vena del polso indirizzando
il sangue che ne uscì sul parabrezza.
Poi, quando ormai ne era scesa una buona quantità,
iniziò a scriverci sopra lasciandoci due parole.
Quindi scese dal cofano, frugò tra le tasche del corpo di
Deckard per trovare la chiave della sua macchina e riprese la propria
S&W modello 610 che nella collutazione era caduta
nell'abitacolo della macchina di Roukis.
Si avviò lentamente verso Samantha e Neira, entrò
in macchina e la accese, finendo la retromarcia che Deckard aveva
iniziando e sgommando si allontanò dalla tenuta di Steven.
Sul parabrezza dell'auto si poteva vedere una scritta fatta col sangue
di Roukis: "Meno due".
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Capitolo 13 *** Capitolo XI ***
Neira tolse lentamente il cerotto, sforzandosi il più
possibile di fargli il meno male possibile. Poi, una volta rimosso,
guardò la ferita.
- Si è riaperta, James... -
Joey fece per spostare la testa per guardarsi la ferita al braccio, ma
fu subito ammonito da Samantha che gli stava disinfettando la fronte.
- Se continui a muoverti non ce la faccio! - lo rimproverò.
In quel momento, pur rendendosi conto che le ragazze si erano offerte
volontariamente di medicarlo, Joey avrebbe voluto mandarle al diavolo
entrambe. Se avessero seguito cioè che Joey aveva
detto Roukis sarebbe morto con un colpo in testa davanti al Dupert
Queen e la storia sarebbe finita subito.
- Mi sono voltato per vedere come sta il mio braccio - fece notare alla
fine dei suoi pensieri.
- Ok, però ora non muoverti più - gli rispose
Samantha staccando un cerotto dall'adesivo e applicandoglielo sulla
ferita.
- Passami la scatola che gliene metto un altro qua - aggiunse poi Neira
continuando a guardare con un po' di disgusto il taglio aperto che Joey
aveva sulla spalla.
- Stai messo un po' male, James...lasciatelo dire. Quanti giorni pensi
di stare fermo? -
Joey la guardò dubbioso. - Fermo? -
- Sì, fermo...per far cicatrizzare le ferite, intendo... -
- Non voglio stare fermo per niente. Da tuo fratello andiamo domani
sera, e da tuo padre la sera dopo. -
- Ma James, non puoi andare in queste condizioni! Perdi sangue da tutte
le parti! -
- E chissà per colpa di chi mi sono ridotto in questo
modo... - sbuffò lui.
- Certo, ora ce lo rinfacci pure! - esplose Samantha in uno sbuffo di
disperazione. - Scusaci se noi non siamo criminali come te, che sanno
come si muovono o cosa pensano gli assassini come quel Roukis! -
Joey le lanciò un'occhiata di fuoco, ma Neira fu veloce nel
calmare gli animi.
- Riusciamo a stare un po' tranquilli, noi tre? Per favore! -
Sia Joey che Samantha la guardarono sbuffando, evitando di guardarsi a
vicenda.
- Sul serio, James, prenditi almeno un giorno...per lo meno dormi un
po', quanto tempo è che non dormi per almeno otto ore?
Stanotte possiamo vegliare noi davanti alla tua camera, se
c'è qualcosa di sospetto veniamo a svegliarti subito, te lo
prometto! -
L'idea di fermarsi un giorno non gli piaceva, ma effettivamente quello
che diceva Neira era vero. Era stanco e ferito e sicuramente con Steven
e Ivan sarebbe stata più dura che con Webb e Roukis, quindi
l'essere in buona forma era una condizione essenziale.
- Ok, ma ci fermiamo solo un giorno. Poi tu saluti la tua barbie e
vieni con me a far fuori quello stronzo di tuo fratello, ok? -
- Va bene... - sospirò Neira.
Samantha li guardò entrambi preoccupata.
***
- Andiamo, lo ammazziamo, e torniamo subito da te. -
Samantha gli rivolse solo un cenno con la testa, poi
abbracciò Neira come se fosse certa di vederla per l'ultima
volta.
- Oddio, non sono fatto per vedere certe cose. Principessa, ti aspetto
in macchina. E vedi di far presto - disse Joey avviandosi verso l'auto.
Dallo specchietto retrovisore potè vedere Samantha tenersi
stretta Neira, sussurrandole qualcosa nell'orecchio che le fece
lacrimare gli occhi. Poi, visto che sembravano non sciogliersi
più da quell'abbraccio, Joey diede un colpo di clacson, e
finalmente si divisero.
Quando Neira entrò in macchina era ancora impegnata a
togliersi le lacrime dal volto.
- Guarda che fra neanche un'oretta saremo di ritorno, eh... -
- Ma insomma James! Dimostra un po' di umanità, se ancora ne
hai!! - sbottò Neira. - Stiamo andando ad ammazzare mio
fratello, mica a fare la spesa! -
- Umpf - Joey si concesse solo una smorfia, poi accese l'auto e
iniziò a dirigersi verso la villa di Steven.
- Che ti ha detto barbie? -
- Non sono affari tuoi. - rispose Neira imbronciata. Poi si
guardò attorno e non riuscì a trattenere la sua
curiosità. - Ma come mai andiamo in giro con questo
catorcio? Dov'è finita la tua Audi? -
- Ho...avuto un piccolo incidente. Questa ce la presta Kirk Webb -
- Che cosa vuol dire che hai avuto in piccolo incidente? - chiese Neira
sempre più incuriosita.
- Significa che Webb me l'ha fatta saltare in aria. -
Neira quasi sussultò. - O mio Dio! E ti sei fatto male? -
- Webb se ne è fatto più di me quando sono
riuscito a mettergli le mani addosso. Fregargli la sua auto era il
minimo che potessi fare. -
- Capisco... -
- Anzi, guarda un po' se sto cesso di macchina ha anche una radio -
aggiunse indicandogli quella che sembrava essere una radio vecchia di
almeno dieci anni.
Neira lo fissò interdetta per qualche secondo, poi
trovò le parole per parlare. - Sai James, non so se questo
tuo atteggiamento mi deve preoccupare o farmi sentire più al
sicuro! -
- Quale mio atteggiamento? - chiese Joey innocente.
- Questo! Questo tuo modo di fare...così...tranquillo! -
- Perchè? Non lo dovrei essere? -
- Beh, caspita! Stiamo andando ad uccidere un uomo! E' una cosa grossa!
-
Joey si fece cupo in viso. - Già, su questo non posso darti
torto. Però questa volta non sono stato io ad iniziare... -
- Ascolta James, te la posso fare una domanda senza che ti arrabbi? -
chiese Neira, che voleva domandargli questa cosa da parecchio
tempo ma non aveva mai trovato il momento giusto.
- Dimmi -
- Non hai mai pensato di lasciar stare e non vendicarti? Intendo dire
cambiare nuovamente identità e vivere con tuo figlio da
qualche altra parte... -
- Sì, c'ho pensato, eccome. - si fermò per un
istante, come a pensare alle giuste parole da usare. - Ma vedi Neira,
quando uno come me si ritrova a subire un'ingiustizia del genere non
può fare finta di niente e scappare. -
- Oh andiamo James! Tu eri riuscito a farti una famiglia! Non eri
più un delinquente qualsiasi! -
- E' vero, ma questo non fa di me una brava persona. Se anche avessi
deciso di lasciar perdere e di non ucciderli, credi che sarebbe
cambiato qualcosa? Che Dio avrebbe perdonato tutti i miei peccati
perchè questa volta ho porto l'altra guancia? -
- Non intendevo questo e tu lo sai... - rispose quasi con il broncio
Neira.
- Te la dico io l'unica verità in storie come queste: certe
persone per quello che hanno fatto non potranno mai essere perdonate, e
io sono una di quelle. Ho già perso tutto quello che potevo
avere di buono nella vita quando ho deciso di uccidere la mia prima
vittima, tutto il resto è stata solo un'evoluzione di quel
fatto. -
- E Lily? - gli chiese a bruciapelo.
- Lily è stata... - si fermò, perchè
le parole gli morirono in gola. Sentì un'enorme tristezza
salirgli dal cuore fino in gola, e decise di non rispondere oltre.
Neira capì e lo lasciò stare. Per fare quello che
doveva fare da lì a poco era importante che fosse lucido,
quindi non le sembrò il caso di indagare oltre.
Arrivarono davanti alla villa di Steven in silenzio, ognuno dei due
pensando a cosa sarebbe successo nel giro di mezz'ora.
Joey parcheggiò la macchina non lontano da dove, ormai due
giorni fa, aveva ucciso Roukis e Deckard. Scese dalla macchina e
facendo il giro aprì il baule.
- Adesso avrei bisogno di una mano, principessa. -
- Cosa devo fare? - chiese Neira adocchiando il contenuto.
- Dovresti reggermi l'M24 fin quando non ci avviciniamo, io prendo il
resto.
Iniziò a raccogliere le granate ed ad infilarle dentro una
piccola borsa verde militare, mentre Neira guardava nel baule con aria
dubbiosa.
- Ehm James...ho un problema... -
- Sì? -
- Non ho la minima idea di quale sia un M24 fra questi... -
Joey la guardò per un attimo, poi non riuscì a
trattenere una risata.
- Oddio principessa, scusami! E' questo - rispose prendendolo e
dandoglielo in mano. - E' uno sniper, un fucile di precisione. Ci
servirà per le guardie fuori dalla villa. -
- E una volta che saremo entrati? - chiese Neira guardando il fucile
con aria confusa.
- Beh per allora...sarà più utile questo -
rispose estraendo dal baule il grosso M249.
- Capisco...cioè no, non capisco, ma va bene lo stesso.... -
Joey rise di nuovo, poi cercò di tornare velocemente serio.
- Ora parliamo seriamente: tu intendi entrare con me o vuoi che te lo
porto fuori io? Vorrei evitarti di assistere a tutto il massacro che ci
sarà prima di raggiungerlo... -
- Tu non ti preoccupare di me James, fai semplicemente quello che
faresti se io non ci fossi. Non farò nient'altro che
seguirti, ok? -
Joey la guardò e nonostante incontrò uno sguardo
serio e determinato, non riuscì a dimostrarsi completamente
tranquillo.
- Ne sei proprio sicura? E se ti dovesse raggiungere una pallottola? -
- Non succederà, vedrai! Tu pensa solo a fare quello che
devi... -
Joey annuì e iniziarono a dirigersi verso il grosso cancello
che faceva da perimetro a tutta la villa, giardino compreso. A sua
guardia c'erano due uomini, entrambi armati di M16 e protetti da un
pesante giubbotto antiproiettile.
- Da qui non si passa, dobbiamo fare il giro fino a quando non troviamo
un angolo al buio. Vieni, -
I due camminarono aderenti al grosso cancello allontanandosi
dall'entrata fino a quando Joey non si fermò.
- Ok qua va bene. Come te la cavi con la corda? -
- Corda? In che senso? -
- Intendo così - disse Joey tirando fuori dalla borsa in cui
precedentemente aveva messo le granate una lunga corda arrotolata. Ne
fece un nodo a un'estremità e poi la lanciò verso
una punta del cancello, facendola passare proprio in mezzo. Diede poi
un paio di strattoni per capire se avrebbe retto il peso, e ne fu
soddisfatto.
- Vado prima io così al massimo ti aiuto, ok? -
- Ok...grazie - rispose Neira che aveva già iniziato a
preoccuparsi.
Joey si arrampicò velocemente fino alla fine della corda,
poi una volta lasciatosi cadere dall'altra parte ne recuperò
un pezzo per poter tirare su Neira.
Con un po' di sforzo e qualche strattonata, entrambi passarono
dall'altro lato entrando in definitiva nella villa. Camminarono bassi
verso il grande albero che c'era sul lato destro del giardino,
dopodichè si sdraiarono e Joey aprì il bipede
appoggiandoci sopra l'M24. Guardò attraverso il mirino del
fucile in direzione delle due guardie all'ingresso della villa, poi
esclamò - Però! Pare che tuo fratello abbia
ospiti stasera. -
- Perchè dici così? - sussurrò Neira.
- Guarda tu stessa - rispose Joey spostandosi e indicandole col dito il
mirino sul fucile. Neira fece come gli era stato indicato e vide che
Joey aveva lasciato il fucile nella posizione in cui si poteva vedere
il parcheggio davanti alla villa. Era tutto pieno di macchine,
soprattutto BMW e Mercedes.
- Porca vacca! Che macchine! -
- Già...io gli ammazzo i gregari, e quello fa una festa?
Merita proprio di morire... -
Neira lo guardò perplessa e Joey sorrise. Estrasse dalla
borsa delle granate un silenziatore e lo avvitò sulla canna
dell'M24.
- Dì addio a quelle due guardie... -
- Li ammazzi? - chiese Neira, ma Joey non aspettò neanche
che finisse la domanda per sparare. Un rumore sordo uscì
dall'M24 e una delle due guardie cadde a terra, nel silenzio
più totale. Spostò leggermente il fucile e
sparò nuovamente; anche la seconda guardia cadde per terra,
morta.
- Oddio James ma li dovevi proprio ammazzare? - Neira sembrava
preoccupata.
- Non uccido mica solo loro, ce ne è una per lato - rispose
Joey alzando il fucile e spostandosi di 90 gradi. - Uno davanti alla
casa, due ai lati, e sono sicuro che ce n'è anche uno nel
retro. - Tolse lo sguardo dal mirino per guardarla. - Se non li faccio
fuori non potremo mai entrare in casa, te ne rendi conto vero? -
Neira lo fissò per qualche attimo, poi annuì
lentamente.
- Bene, procedo allora. - Riportò l'occhio al mirino,
dopodichè sparò un'altra volta. Da dove erano
ora, Neira non riusciva a vedere le guardie a cui stava sparando Joey,
quindi si limitò ad assistere silenziosamente.
Lo sentì sparare una terza volta, dopodichè lo
vide alzarsi in piedi.
- Dove vai? - chiese preoccupata.
- Da qua non riesco a vedere quello sull'altra facciata e
quello sul retro, quindi mi devo spostare. Tu rimani qui ok? Torno
subito - poi, senza aspettare nessuna risposta, prese il fucile e si
incamminò lentamente verso l'altra parte del giardino
rimanendo il più basso possibile.
Non passarono neanche due minuti che lo vide tornare nella sua
direzione, senza fucile.
- Che è successo? -
- Sono morti, possiamo entrare - rispose Joey facendole gesto di
alzarsi.
- E il fucile? Dove l'hai lasciato? Non lo porti con te? -
- No, per quando saremo dentro mi servirà solo
l'M249. Forza andiamo. -
Joey sembrava sicuro di quello che diceva, quindi Neira non
indagò oltre. Lo seguì timorosamente avviarsi
verso il grosso portone principale, dopodichè vide che
estrasse una granata dalla solita borsa.
- E' già il tempo per quelle? -
- Sì, diciamo che è il nostro biglietto da
visita. Perchè sicuramente ce lo chiederanno, non
è vero? - chiese alzando la voce ed aprendo il portone.
L'interno della villa lo colpì come una secchiata d'acqua
gelida. L'ingresso era formato da un arco in marmo bianco che poggiava
su quattro enormi colonne, per terra si poteva trovare un grandissimo
tappeto persiano rosso e appoggiati alle pareti busti di vari
personaggi famosi.
Se quella fosse stata una casa di una persona qualsiasi, molto
probabilmente Joey si sarebbe fermato ad osservarla per bene, ma visto
che era la villa di Steven e che lui doveva sfruttare l'effetto
sorpresa, si rivolse immediatamente alle due guardie sedute
all'ingresso.
- Allora, è vero? Dobbiamo avere un invito per entrare? -
chiese ad alta voce.
Entrambe le guardie, non appena visto l'M249 che aveva in mano, si
alzarono in piedi estraendo le pistole, ma Joey fu più
veloce di loro togliendo la spoletta alla granata e lanciandola nella
loro direzione. Dopodichè si voltò rapidamente
verso Neira, facendole da scudo con il suo corpo e premendole un
orecchio contro il suo petto e tappandogli l'altro con una mano.
Nonostante questa premura, la ragazza sentì un botto
fortissimo, tanto che sussultò fra le sue braccia. Quando
poi Joey la lasciò girandosi, Neira vide una delle due
guardie per terra svenuta e l'altra che ancora agitava il suo braccio
in preda a urla di dolore. Probabilmente doveva essere stato quello
più vicino all'esplosione, perchè non aveva
più una mano e il resto del braccio era un ammasso di pelle
e muscoli a brandelli.
Joey lo finì sparandogli con l'M249 e Neira
constatò che il rumore assordante del fucile mitragliatore
non era di molto inferiore all'esplosione appena sentita.
Le venne istintivo chiudere immediatamente gli occhi e aggrapparsi al
suo braccio.
- Principessa, te l'avevo detto che non sarebbe stato piacevole. Sicura
di voler continuare? -
Neira si portò una mano alla bocca, quasi a cercare di
fermare un coniato di vomito, ma poi annuì.
Camminarono per tutto l'ampissimo atrio, dopodichè
superarono due rampe di scale sempre di marmo bianco che portavano
probabilmente al piano superiore e si recarono davanti alle due grandi
porte di legno che c'erano alle fine dell'ingresso.
Una volta aperte con un calcio, i due si ritrovarono davanti un'immensa
sala da ballo, popolata da uomini vestiti in giacca e cravatta e donne
in lussuosi abiti da sera.
- Ma porca puttana, dove cazzo siamo finiti? Negli anni '70? -
urlò Joey appena constatò che ognuno dei presenti
si era voltato per guardarlo.
Spostò velocemente lo sguardo su ognuno di loro cercando
Steven, ma niente da fare, lui non c'era.
- Fanculo - si lasciò scappare, e iniziò a
sparare.
Neira si buttò a terra cercando di tapparsi le orecchie per
evitare di sentire ulteriormente il rumore assordate del fucile di
Joey, ma era troppo vicina per eluderlo. Joey si attaccò al
grilletto e iniziò a sparare sulle persone presenti, da
destra verso sinistra senza risparmiare nessuno. Da quella distanza le
munizioni 5,56 × 45 mm NATO dell'M249 fecero una strage: i
corpi che ne venivano colpiti venivano letteralmente squarciati nel
punto in cui venivano presi, schizzando sangue in tutte le direzioni.
La folla di gente scappò impazzita verso una porta presente
alla fine della stanza, ma Joey fu lesto a spostare la propria mira
verso quella porta impedendo a qualsiasi di loro di raggiungerla. I
pochi sopravvissuti allora cercarono di ripercorrere tutta la stanza
nella direzione opposta per uscire da un'altra porta presente sul lato
destro, ma Joey continuò la sua carneficina fino a quando
ognuno di loro cadde a terra, morto.
Fu solo allora che il fucile mitragliatore smise di sputare fuori
proiettili e Joey si fermò, rendendosi conto solo in quel
momento che Neira, poco dietro di lui, si era messa a urlare.
- E' finita, principessa. - le disse, ma la ragazza continuava a urlare
ad occhi chiusi.
- E' finita principessa, alzati. - ripetè lui.
Poi, quando vide che Neira sembrava impazzita, le si
avvicinò e la colpì piano con il calcio del
fucile, facendola finalmente smettere.
- Qua tuo fratello non c'era, credo di dover andare di sopra. -
Neira, che non aveva ascoltato nulla perchè si era lasciata
ancora le mani alle orecchie, si fece forza e si guardò
attorno. C'erano almeno una trentina di cadaveri davanti a lei, alcuni
mutilati perchè presi a una gamba o addirittura in
testa.
Quella che fino a un attimo prima era una tranquilla ed elegantissima
sala da ballo, ora sembrava il retro di una macelleria di terz'ordine.
Neira si sentì le lacrime salirle agli occhi, per orrore o
per paura, o forse per entrambe.
- Forza andiamo principessa! - gli ripetè Joey, riaprendo il
portone con un calcio.
- Ma...ma... - provò a dire la ragazza, ma accortasi che
l'uomo la stava lasciando sola si alzò e iniziò a
seguirlo.
Si diressero verso una delle due scale che portavano al piano
superiore, ma Joey si fermò ancora prima di salire il primo
gradino.
- Hai sentito qualcosa? - le chiese fermandosi immobile.
- Co...cosa? - chiese Neira, che ancora non si era ripresa da quello
che aveva visto.
- Un rumore, qualcosa che veniva da quella direzione -
chiarì Joey indicando con la canna del fucile una
porta a metà fra l'ingresso e la sala da ballo appena
superata.
Si girò e si avviò in quella direzione.
Appena arrivato davanti, si fermò, cercando di captare un
qualsiasi rumore.
- Sono sicuro di aver sentito qualcosa, e ora non sento più
niente. Non mi piace, stai qui. -
Neira non riuscì neanche ad obiettare che Joey si
avvicinò alla maniglia e la aprì. Lo vide
scattare subito di lato, evitando giusto per un pelo una scarica di
proiettili venire da dentro la stanza.
- Cazzo! - urlò lui. - Indietro principessa, indietro! - le
urlò, ma Neira non si era neanche mai avvicinata.
Joey inspirò velocemente due volte, poi si
abbassò strisciando contro la parete fino alla porta e una
volta avvicinatosi puntò il proprio M249 al suo interno ed
iniziò a sparare alla cieca.
I rumori che sentì gli confermarono che era una cucina:
avvistò chiaramente piatti rotti, posate che cadevano e
altri oggetti che si distruggevano all'impatto con i proiettili.
Una scarica di altri proiettili fu la risposta degli uomini che vi
erano all'interno.
- Ehy, figlio di puttana! Smettiamola di spararci alla cieca e usciamo
allo scoperto! - urlò una voce da dentro la stanza. Parlava
in americano, ma aveva un fortissimo accento russo.
Joey corrugò la fronte al sentire quella voce.
- Avanti, vieni dentro! Tu non hai neanche idea di chi io sia! -
continuava ad urlare.
Joey notò che nella sua voce c'era tanta rabbia ma nessuna
paura, cosa che lo fece insospettire ancora di più.
- Forza! Entra che ti faccio saltare il culo immediatamente! - e
seguì un'altra raffica di proiettili.
- E perchè, chi saresti tu? - urlò Joey, ancora
con la schiena appoggiata al muro.
- Io sono l'Alabama intera, ecco cosa sono! -
Questa volta Joey si convinse: quella voce lui la conosceva.
- Io invece sono James Hawk, ti dice niente? -
Seguì un lungo periodo di silenzio, sia di parole che di
proiettili.
- James Hawk? - chiese il russo con un tono di voce decisamente meno
alto.
- Esatto. Tu sei Sergei Gomorov, giusto? -
Seguirono altri secondi di silenzio.
- Grandissimo stronzo, entra! - rispose quello, con un tono
estremamente gioviale. Neira guardò Joey sorridere ed
alzarsi entrando nella stanza. Avrebbe voluto urlargli di stare
giù, ma se si stava comportando così...un motivo
c'era sicuramente.
Joey entrò in quella che era proprio una cucina e si
ritrovò davanti a tre tavoli rovesciati per terra con dietro
ad ognuno di loro due persone armate che ancora gli puntavano addosso
una pistola.
Dai cocci dei tavoli e delle varie stoviglie rotte si alzò
un uomo biondo, vestito in un elegantissimo frack. Aveva un paio di
intensi occhi azzurri e riservò a Joey un gran sorriso.
- Vecchio figlio di puttana, si può sapere cosa stai
facendo? - gli disse allargando le braccia come a volerlo abbracciare.
Neira gattonò fino all'ingresso e guardò dentro,
incuriosita dal sapere con chi stava parlando James.
- Sto cercando di ammazzare il proprietario di casa, tu invece
perchè vai in giro a dire che sei l'Alabama? -
Il tono di Joey sembrava tranquillo e pacato, come se l'uomo che aveva
davanti lo conoscesse da tempo.
- Perchè è vero, qua sono io che conto. E Steven
Kimberlin è uno dei miei uomini, quindi vorrei che mi
chiarissi che cazzo stai facendo esattamente, prima che io ti faccia
sparare. -
Neira al sentire parlare ancora di spari si lasciò sfuggire
un gemito, che catturò l'attenzione di tutti i presenti in
cucina.
- Alzati pure principessa, Sergei non ci farà alcun male.
Vero Sergei? - chiese poi tornando a voltarsi verso di lui.
- Prima mi devi spiegare che cosa sta succedendo. - gli rispose sempre
con il suo tipico accento russo. - Sei tu il pazzo che sta facendo
tutti questi casini in questi giorni? -
- Se per casini intendi uccidere gli scagnozzi di Kimberlin
sì, sono io. - rispose lui con un sorriso. Neira nel
frattempo gli si avvicinò e si strinse attorno al suo
braccio come una bambina.
- Uh, e lo sai chi è questa? E' la sua sorellastra. -
- Incantato, madame. - rispose lui, imitando il gesto di togliersi un
cappello che non indossava.
- E stiamo andando ad uccidere suo fratello, quindi se non ti
dispiace... -
- Sì, mi dispiace invece. - rispose secco Sergei, tornando
immediatamente serio. - Mi vuoi spiegare che sta succedendo? Oggi sono
qui perchè Ivan e Steven mi hanno contattato chiedendomi
aiuto per un pazzo che ha deciso di ucciderli, a questo punto
è chiaro che sei tu. Io però avevo capito che eri
andato via dall'America, sbaglio? -
- No, non sbagli, ero andato a vivere in Europa. Ma poi Ivan ha pensato
bene di vendicarsi su mia moglie per il fatto di averlo mandato in
galera, e quindi eccomi qua. -
- Uhm...sì, me ne aveva parlato. Però devi
smetterla qui e ora, perchè io teoricamente adesso avrei
già dovuto spararti. -
- E invece perchè non lo fai? - si lasciò
scappare Neira, sorprendendosi di averlo detto ad alta voce
anzichè averlo semplicemente pensato.
- Perchè mi deve un favore bello grosso, ecco
perchè - rispose Joey ridendo.
- C'è poco da ridere, Dagger,
sei nei guai. Mi dispiace per tua moglie, ma non puoi venire qua nel
mio stato a combinare tutti questi casini andando in giro ad ammazzare
la gente. Io ho una reputazione da rispettare e se un mio uomo mi
chiede una mano, io gli devo dare una mano. -
- Nel "tuo stato"? Un "tuo uomo"? Ma che stai dicendo Sergei? -
- Sono diventato un uomo molto importante in questi anni Hawk, che
credi? Non sono più lo sprovveduto di trent'anni fa quando
mi hai...aiutato in quell'occasione. Ora in Alabama sono io che comando
e devo essere sempre a conoscenza di tutto. -
- Beh ora lo sai come stanno le cose, no? Ero qua per ammazzare i due
bastardi che hanno ucciso mia moglie e gli altri due bastardi che hanno
commissionato il suo omicidio. Tutto qua. -
- Tutto qua? - chiese stupefatto Gomorov. - Tu stai dicendo che vuoi
uccidere uno dei miei uomini più importanti! Ivan Kimberlin
si è fatto vent'anni di carcere per poter finalmente uscire
e ricominciare la sua vita e ora tu lo vuoi fare fuori! Non ci siamo
Hawk, non ci siamo proprio! -
- E allora cosa vuoi fare? Vuoi metterti anche tu contro di me? -
ringhiò Joey. Neira sentì il bisogno di
allontanarsi da lui, spaventata dal tono che aveva appena usato.
Sergei lo guardò intensamente per qualche attimo, poi
sospirò.
- No, direi che non è il caso. Se proprio lo vuoi fare, devo
iniziare a muovermi subito, perchè ci sarà un bel
po' di gente che vorrà prendere il posto libero dei due
Kimberlin e io mi dovrò far trovare pronto. -
- Fai quel che vuoi, questi sono problemi tuoi. - rispose Joey alzando
le spalle.
- E quando intendi farlo? -
- Ora, subito. Poi toccherà al padre. -
Ora venne il turno di Sergei di alzare le spalle.
- Non credo proprio che ci riuscirai in così poco tempo,
Hawk. -
- Perchè? - chiese Joey preoccupato.
- Perchè Ivan è partito mezz'ora fa verso
Pensacola Beach, ecco perchè. Sta andando a prendere il suo
yacht per sparire per qualche mese, fino a quando io non trovavo il
modo di capire chi eri ed ammazzarti. -
Joey sgranò gli occhi stupefatto.
- CHE COSA? - urlò senza accorgersene.
- E' proprio così, gliel'ho consigliato io stesso. Ivan ha
accuratamente evitato di dirmi chi era questa persona che stava facendo
tutto questo casino, non potevo sapere che eri tu. E comunque anche se
lo avessi saputo, gli avrei suggerito ugualmente di sparire per un po'
di tempo. E' appena uscito di galera, non deve essere in alcun modo
coinvolto in nulla di illegale, altrimenti ci rifinisce dentro subito. -
Joey scoppiò a bestemmiare, talmente tanto e talmente forte
che Neira si riportò le mani alle orecchie come prima quando
stava sparando.
Gettò poi contro un tavolo l'M249, in preda a una furia
senza controllo. Sergei lo guardava con un sopraciglio alzato.
- Non credi che dovresti contenerti, Hawk? -
- Tu... - disse Joey indicandolo con un dito tremante, poi si
fermò, evitando di continuare nella sua minaccia. Ma il suo
sguardo di fuoco esprimeva tutto quello che pensava.
- Adesso non esagerare Dagger,
a tutto c'è un limite e tu lo stai decisamente superando. -
Joey iniziò a girare per la stanza guardando in basso,
estremamente agitato e senza parole.
Poi si fermò e tornò a guardare Sergei. - Steven
almeno è in casa? -
- Sì, è di sopra con due sue amichette. Ammesso
che non si sia già lanciato giù dal balcone, non
saprei. -
- Fanculo. Addio Gomorov, noi dobbiamo andare. -
Uscì a grandi passi dalla stanza, poi quando si accorse che
Neira era rimasta ancora dentro guardandolo stralunata, le
urlò - Andiamo principessa! - e la ragazza lo
seguì subito trotterellando al suo fianco.
- Addio Hawk! - rispose il russo dalla stanza, mettendosi a ridere
subito dopo.
Joey nel frattempo aveva già iniziato a salire le scale
percorrendo i gradini a due a due, e se non fosse stato tanto
arrabbiato Neira gli avrebbe anche chiesto il perchè di
tanta fretta.
Una volta arrivati in cima percorse il lungo corridoio sempre a passo
svelto, tanto che sembrava quasi conoscesse già la casa,
dopodichè aprì l'ennesima porta con un calcio e
vi entrò.
Il corridoio che aveva davanti sembrava lungo e buio, ma si sentivano
delle voci alla fine e si poteva anche vedere una luce uscire da una
porta aperta. Joey alzò una mano per indicare a Neira di
fermarsi.
- Hai guardato dove Zack ha detto di averla messa? - urlò
una voce provenire dalla fine del corridoio.
- No, non ancora! Ma sono sicuro che sia qui, cazzo! Ne sono sicuro! -
rispose una seconda voce.
Si sentì subito dopo un rumore di un qualcosa simile a un
cassetto che cade, visto che fu subito accompagnato da altri tintinnii
di altri piccoli oggetti rotolare sul pavimento.
- Ma possibile che in quella merda di stanza non c'è un
interfono con cui poterci parlare? E' completamente isolato
dall'esterno così! - ritornò a urlare la seconda
voce.
- Idiota! E' proprio per isolarsi dal resto del mondo che Kimberlin
entra lì dentro! Lo sai anche tu con chi è in
compagnia no? - urlò la prima.
- Sì ma cazzo...come facciamo ad avvisarlo che
c'è quel pazzo di sotto? Io non... -
Si sentì altri oggetti che cadevano, dopodichè la
prima voce tornò a parlare. - Trovata, ecco, l'ho trovata!
Ho la chiave che apre quella dannatissima porta, entriamo e
avvisiamolo! -
Al sentire quelle parole, Joey si avviò a passi rapidi verso
la fonte delle voci ed estrasse la propria Smith & Wesson.
Entrò nella stanza e ci trovò due uomini immersi
nel caos più totale; sembrava che avessero rivoltato
l'intera stanza come un calzino per trovare quello che cercavano.
- Buona sera ragazzi, che succede? - chiese Joey con un finto sorriso.
- O merda... - riuscì solo a pronunciare il primo uomo.
- Dai su, non è carino dire parolacce davanti a una signora
- disse facendo segno a Neira di avvicinarsi. - Si può
sapere che sta succedendo qui? -
I due uomini si guardarono, incerti se confessare o no quello che
sapevano.
- Ecco...Steven è chiuso lì dentro da ore e... -
- E non è al corrente di quello che è successo
fino ad adesso? - chiese Joey interrompendolo.
- ...esatto - rispose il secondo uomo.
- Come mai non avete semplicemente bussato? -
- Perchè è una stanza insonorizzata e la musica
dentro è ad altissimo volume! Abbiamo provato a bussare per
dieci minuti di fila ma non ci sente! -
Il sorriso di Joey si allargò ancora di più.
- Bene, bene...eccellente. Hai detto ti aver trovato la chiave tu, no?
- chiese indicando il primo uomo.
- Sì, è questa! - rispose lui, pensando che
collaborare con quel pazzo con una 610 in mano lo potesse aiutare dal
salvarsi.
- Ok, appoggiala su quel tavolo e sparite. Di corsa. -
I due uomini si guardarono di nuovo.
- Vuoi dire che ci lasci andare? - chiese uno dei due.
- Dai fuori, non ho voglia di ripetervelo ancora. -
I due si guardarono per l'ennesima volta, dopodichè a passi
lenti si avvicinarono all'uscita e poi girarono per il corridoio,
mettendosi a correre per raggiungere l'uscita.
Non appena furono lontani cinque o sei metri, Joey sparò ad
entrambi.
Neira sobbalzò urlando.
- Ma avevi detto che li facevi scappare! - piagnucolò.
- E' sempre divertente vedere che ci cascano ogni volta. - rispose
Joey, fortemente divertito.
Recuperò la chiave, dopodichè
oltrepassò la stanza ridotta a un caos indecifrabile e si
portò davanti alla robusta porta che aveva davanti,
inserendo la chiave e aprendola.
Una volta entrati furono subito assaliti dalla musica a un volume
decisamente superiore all'umana sopportazione. Quello che si trovarono
davanti sembrava essere uno studio di registrazione: c'era la batteria,
svariati microfoni e cavi dappertutto sparsi per terra. Più
in là, in un angolo, c'era una piccola stanza più
piccola con una parete a vetro.
Joey si avvicinò lentamente, dopodichè
aprì la porta di scatto.
La visione che ebbe davanti lo disgustò non poco: Steven,
che sembrava completamente strafatto, era sdraiato seminudo su un
divanetto davanti alla console del fonico, in compagnia di due
ragazzine. Erano vestite e truccate come adulte, ma avranno avuto
sì e no undici anni ciascuna.
Al vederlo irrompere in quella maniera sussultarono tutti e tre.
- Porca troia! - urlò Steven cercando di mettersi in piedi,
rovinando a terra subito dopo averci provato. Le due ragazzine urlarono
alla vista di Joey armato e scesero dal divanetto andando a mettersi in
un angolo dietro a una sedia, come a voler scomparire dalla sua vista.
- Fai schifo Steven, lo sai vero? - gli chiese mentre lo guardava
cercare di mettersi in piedi.
- Co...come cazzo siete entrati qui? - balbettò Steven,
quando alla fine riuscì a risalire sul divanetto.
Joey passò velocemente lo sguardo sul tavolino che aveva
davanti: era strapieno di bottiglie di liquore oltre a diverse bustine
contenenti quelle che sicuramente erano diversi tipi di droga.
- Ma dai veramente questa merda a quelle bambine? - chiese con quanto
più disprezzo poteva metterci.
- Io... io... - cercò di alzarsi nuovamente in piedi, questa
volta riuscendoci.
Joey lo colpì immediatamente al volto, ributtandolo sul
divano.
- Stai giù pezzo di merda - gli urlò. - Non sei
neanche degno di stare in piedi davanti a me, sottospecie di essere
umano. -
Se fosse stato per lui, gli avrebbe già sparato, ma si
ricordava bene cosa gli aveva detto Neira.
La ragazza infatti, dopo aver vinto un certo disgusto per quello che
aveva visto, si affiancò a Joey, guardando con
pietà il proprio fratello.
- Steven... - sussurrò.
L'uomo si riprese dal colpo subito solo qualche secondo dopo, cambiando
completamente espressione nel momento in cui la vide.
- Neira? Neira...sei tu? -
Gli occhi della ragazza si inumidirono immediatamente, ma
trovò la forza di non piangere.
- Cosa stavi facendo con queste due ragazzine? -
- Io...io non ci stavo facendo niente... - cercò di
rispondere, ma il colpo non aveva aiutato di certo la sua
già scarsa lucidità.
- Avanti principessa, spostati che lo faccio fuori. Non ha senso
parlargli in queste condizioni. -
- No aspetta - rispose Neira, cercando sempre di mostrarsi calma. -
C'è una cosa che gli devo chiedere prima... -
- Fa..farmi fuori? Non mi vorrai uccidere adesso, vero? - chiese
terrorizzato Steven.
Neira ignorò la sua domanda e si chinò davanti a
lui, in modo tale da averlo davanti agli occhi.
- Hawk mi ha detto che è stato papà a volermi
spedire in quel bordello in cui sono stata per due anni, e che non
è stata una decisione tua. E' vero? -
Steven la guardò facendo fatica a metterla a fuoco, poi fece
ancora più fatica a capire il senso di quella frase.
- S-sì, è stata un'idea sua...io non volevo... -
riuscì a rispondere.
Joey per un attimo si preoccupò di come la principessa
avesse iniziato il discorso, ma poi decise di lasciarla continuare.
- Va bene. E dimmi, mi sei mai venuto a trovare quando ero in quel
posto? -
- S-sì, ti venivo a trovare! Ti venivo a trovare spesso! -
rispose cercando di alzare la voce per farsi sentire da Joey.
- E quando mi venivi a trovare... - poi si dovette fermare,
perchè le lacrime iniziarono a uscirle copiose dagli occhi.
- Neira... - Joey provò a dirle qualcosa, ma lei gli fece
gesto di tacere.
- Quando mi venivi a trovare...eri tu che decidevi di farmi una dose
particolarmente forte, vero? Per potermi fare quelle cose...senza che
io reagissi, vero? -
Quando Joey finalmente capì quello che stava chiedendo,
sentì un'incredibile schifo soffocargli l'animo, tanto da
stare quasi male. Gli vennero in mente le parole di Lucrece e di
Samantha, quando gli avevano detto che Steven sembrava avere quasi
un'ossessione verso Neira, tanto da pensare che lui fosse in qualche
modo attratto da lei. Ma arrivare ad approfittare della sua condizione
mentre era al Bad girls...no, quello non lo avrebbe mai immaginato.
Steven provò a muovere le labbra per rispondere qualcosa, ma
il suo cervello era troppo anestetizzato da tutto quello che aveva
assunto per produrre anche la più stupida risposta.
Neira si lasciò cadere la testa in avanti, iniziando a
piangere a dirotto.
- Forza principessa, forza...ora è tutto finito... - le
disse Joey mettendo via la 610 e tirandola in piedi di forza. Neira lo
abbracciò subito continuando a piangere e Joey
lasciò che si sfogasse per qualche istante, prima di
allontanarla dolcemente dal suo petto.
- Sono solo brutti ricordi, Neira, solo brutti ricordi...adesso
chiamiamo la polizia e denunciamo tutto, ok? Prima chiudi questa storia
e prima inizi a dimenticarla. Chiamiamo Samantha, ti va? -
Neira si asciugò le lacrime, annuendo.
- Forza, prendi il mio cellulare e chiamala. Scendi pure, io ti
raggiungo subito. -
La ragazza uscì a passi lenti dalla stanza, non voltandosi
nè verso Joey nè verso Steven.
Poi, una volta che i due uomini furono rimasti soli, Joey
tornò a fissarlo.
- No ti prego...non lo fare... - si disperò Steven,
abbandonandosi per terra e cercando di strisciare lontano da lui.
Joey si chinò e lo prese per il collo, rimettendolo seduto
sul divanetto. Strinse talmente tanto che per poco non lo uccise
soffocandolo.
- Apri la bocca. - disse poi.
- Co..cosa? - disse Steven, tossendo per il trattamento da poco subito.
- Ho detto: apri la bocca - ripetè Joey, estraendo la sua
610.
Steven la aprì lentamente, iniziando a piangere come un
bambino che sa che sta per essere sculacciato.
Joey gli infilò in bocca tutti e 6 i pollici della lunghezza
della canna della propria Smith and Wesson, dopodichè
sparò.
Il colpo aprì un vero e proprio buco nel cranio di Steven,
schizzando pezzi di pelle e di cervello su tutta la parete.
Rimase per un attimo a fissare il suo corpo morto che si accasciava
naturalmente a terra, dopodichè si voltò e
tornò velocemente al piano di sotto.
Neira era in piedi al centro dell'ingresso con il cellulare in mano.
- Hai chiamato Samantha? -
- Sì...ha detto che prende un taxi e viene subito qui. -
- Bene. E la polizia? -
- Ho chiamato anche lei...ma tu come farai ora se arriva? - chiese lei,
alzando gli occhi a guardarlo per la prima volta da quando erano
entrati nello studio di registrazione.
- Io infatti ora sparisco. Tieni - le disse porgendole la 610. - Sono
tutti morti, ma non si sa mai. -
- Ma...come... -
Joey la interruppe mostrandole il sorriso più sincero che
poteva esibire.
- Non preoccuparti per me, principessa. Ho tutte le armi che mi
servono. - poi la guardò, sentendosi quasi triste al doverle
dire addio.
- Statemi bene tu e la barbie eh... -
Neira lo fissò intensamente, dopodichè lo
abbracciò di nuovo, questa volta senza lacrime.
- Su, su...non vorrai far commuovere James Hawk, vero? - chiese lui
tornando a sorriderle.
- No, certo che no...andrai a inseguire mio padre ora? - chiese lei con
un filo di voce.
- Sì...Pensacola è a circa cinque ore da qui,
considerando che non pensa di essere inseguito non dovrebbe percorrere
la strada a grande velocità...se parto subito e infrango
qualsiasi limite, forse posso farcela a riprenderlo. -
- Capisco... -
Joey le dice un bacio sulla fronte, dopodichè la strinse
un'ultima volta fra le braccia.
- Stammi bene principessa - le disse spostandosi e avviandosi verso
l'uscita.
- James... - lo chiamò lei, prima che lui scomparisse.
- Dimmi. -
- Sta attento, ok? -
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Capitolo 14 *** Ultimo capitolo: NEVE ***
Ultimo capitolo: NEVE
Essendo arrivato alla fine, prima di lasciarvi alle battute conclusive mi permetto di spendere due righe per i doverosi ringraziamenti :) Se non vi interessano, saltate pure e andate dritti al capitolo che non mi offendo ^_^'
La prima persona a cui va il ringraziamento più grosso è ovviamente nydrali, che mi ha permesso di usare i suoi personaggi di Lilium inter Spina e di poter quindi dare vita a questa storia. Se fossi stato in lei, non so se avrei accettato che uno sconosciuto prendesse una mia storia per scriverne un seguito, magari rovinandomela pure tutta ^_^' Quindi grazie sul serio, anche di tutte le recensioni e degli incoraggiamenti.
Il secondo doveroso ringraziamento va a Monnis, la mia fantastica beta reader, che si è occupata di corregere i miei "scuotere" con la q, le mie forme verbali sbagliate, le mie virgole inesistenti o quelle esistenti ma nei posti sbagliati...insomma, un grazie davvero di cuore, senza il tuo aiuto sarebbe stato veramente un macello ^_^'
Infine, l'ultimo ringraziamento va a tutti coloro che hanno letto la storia e messa nei preferiti, anche se poi non hanno mai commentato ^_^' Credo che compongano uno dei più grandi misteri di EFP e contemporaneamente uno dei crucci più grossi degli autori: leggono e non recensiscono perchè gli ha fatto schifo? perchè li ha lasciati indifferenti? perchè guardando la lunghezza del capitolo hanno pensato "non mi verrà mai la voglia di leggere tutta sta roba" e chiudono subito? In ogni modo grazie anche loro, anche le letture e i "preferiti" servono a dare coraggio all'autore :)
Bene, ora è veramente tutto ^_^' A voi l'ultimo emozionante (?) capitolo, ciao!!!
L'orologio segnava le tre e mezza, questo significava che ormai erano
quasi quattro ore filate che Joey stava guidando senza fermarsi.
Oltretutto fra poco avrebbe dovuto superare il confine con la Florida e
questo era un bel problema. L'identità che stava utilizzando
da quando era in America era perfettamente valida, il problema era
l'auto che stava utilizzando. Aveva provato a rovistare nel cassetto
per vedere se riusciva a trovare il libretto di circolazione, ma aveva
trovato solo una scatola di profilattici e una stecca di sigarette. Di
documenti dell'auto non ce ne era traccia. Oltretutto l'auto non era
neanche sua, quindi gli avrebbero chiesto in aggiunta una procura del
proprietario per poterla utilizzare. In parole povere,
utilizzare quella macchina per passare il confine era impossibile.
Guidò ancora per qualche minuto, poi si fermò al
primo Autogrill che trovò. Dato l'orario il parcheggio era
ovviamente semivuoto, ma questo per i suoi scopi poteva essere solo un
bene. Scese dall'auto e aprì il cofano estraendo l'M4 super
90. Lo girò e iniziò a caricarlo con le cartucce
Buck00 calibro 12, guardandosi attorno per vedere se qualcuno lo stava
osservando. In realtà il parcheggio era quasi totalmente
immerso nell'oscurità, visto che alcuni lampioni non
sembravano funzionare.
Una volta finita la sua operazione chiuse baule e macchina e si
avviò verso i bagni. Dentro non c'era nessuno e questo lo
innervosì; avrebbe dovuto aspettare che qualcuno entrasse e
non poteva sapere quanto ci sarebbe voluto. Kimberlin poteva
già godere di un certo vantaggio, se non fosse riuscito ad
acciuffarlo in tempo prima di vederlo partire chissà quanto
tempo avrebbe impiegato a ritrovarlo. Oltretutto Sergei Gomorov era
stato chiaro: per quella volta avrebbe fatto finta di non averlo visto,
ma non lo avrebbe protetto ancora a lungo. Era assolutamente necessario
farla finita quel giorno stesso, altrimenti sarebbe diventato
impossibile.
Dopo neanche venti minuti di ragionamenti come quelli Joey vide entrare
finalmente una persona. Un uomo sui quarant'anni, con dei grossi baffi
neri e un insolito abbigliamento beige da cowboy, entrò
sbadigliando e si diresse verso un orinatoio a parete. Joey fece finta
di continuare a guardarsi allo specchio sporco e rigato in
più punti fino a quando non sentì l'uomo tirare
l'acqua, quindi impugnò il fucile semiautomatico della
Benelli e si girò puntandoglielo addosso.
- Cristo! - fece l'uomo balzando leggermente indietro.
- Zitto - rispose Joey senza perder tempo, - hai una macchina qua nel
parcheggio? -
- Dove l'hai trovato quello sventra papere, gringo? -
domandò l'uomo più incuriosito che spaventato.
- Sventra papere? - chiese Joey confuso.
- Sì, l'M4 che hai in mano. Come fai ad averne uno? Dal modo
in cui me lo punti addosso non credo che tu l'abbia comprato...hai
ammazzato qualche poliziotto per averlo? -
Joey lo guardò stupito. - Non sono cazzi tuoi. -
- Ehy, gringo!
Era solo per curiosità, sei liberissimo di non dirmelo! -
rispose sorridendo, e Joey potè notare tutti i suoi
sgradevolissimi denti gialli. Quell'uomo doveva fumare una
quantità industriale di sigarette per essersi ridotto la
bocca a quel modo.
- Allora, cosa posso fare per te? - e chiedendolo si portò
una mano alla tasca.
- Fermo! - gli urlò Joey, ma l'uomo estrasse solamente un
pacchetto di chewing gum.
- Calmati amico! Sto solo prendendomi una cicca, anzi, ne vuoi una? -
gli domandò allungandogli il pacchetto.
Joey lo guardò meglio: sotto l'abbondante giubbotto
indossava una poco originale camicia a quadri bianchi e rossi, anche se
ormai i colori sembravano sbiaditi dai troppi lavaggi, e alla vita
portava un vecchio cinturone privo però del suo normale
abitante.
Abbassò leggermente il fucile.
- No, niente cicche. Come ti chiami? -
- Bill Carson! E tu gringo,
ce l'hai un nome? O se me lo dici poi mi devi sparare con quel coso? -
- Il mio nome è: ce l'hai una macchina parcheggiata
là fuori? - chiese Joey fissandolo negli occhi.
- Beh non è proprio una macchina, comunque sì,
è parcheggiata qua dietro. Perchè lo vuoi sapere?
- chiese mettendosi in bocca un chewing gum.
- Perchè tu ora mi ci fai salire sopra e insieme
oltrepassiamo il confine con la Florida. Dopodichè una volta
che saremo passati mi lascerai giù e potrai andartene dove
ti pare. -
Carson lo guardò per un istante, poi scoppiò in
una sonora risata, talmente forte che Joey temette che avrebbe potuto
attirare l'attenzione di qualcuno.
- Oddio gringo,
mi fai morire! Ma dico, mi hai visto bene? - chiese togliendosi il
cappello da cow boy e indicandosi alcuni capelli grigi. - Non sono mica
un teppistello di quelli che girano oggi in questo fottuto paese, io ho
la tua età cristo! Mi hai appena minacciato con un fucile
che usano quelli dello SWAT, vuoi passare il confine con la mia
macchina perchè probabilmente la tua è rubata e
sicuramente avrai commesso qualcosa di talmente grosso da non poter
aspettare di passare il confine in un altro modo, è ovvio
che appena saremo in Florida mi ammazzerai! -
Se possibile, Joey rimase più stupito di prima. Quell'uomo
si stava dimostrando decisamente sveglio, il che lo rendeva anche in
minima parte pericoloso.
- Puoi decidere di correre il rischio di scoprire se quello che dici
è vero o no, oppure morire qua adesso - rispose Joey,
tornando a puntargli l'M4 addosso. - Scegli tu. -
Carson scoppiò a ridere nuovamente.
- Non ho bisogno di decidere, gringo,
accetto! Andiamo, avrai visto sicuramente il mio Nissan bianco
parcheggiato fuori no? Il monovolume più grosso fra tutti,
ecco quello è mio! - rispose iniziando a fare strada fuori
dal bagno.
Joey lo seguì a qualche passo di distanza, guardandosi
attorno per vedere se qualcuno aveva sentito o notato la loro
conversazione. A quell'ora della notte, però, l'Autogrill
era completamente deserto.
Appena arrivati davanti al Nissan Carson aprì le due ampie
porte sul retro.
- Dammi il fucile, così lo nascondiamo per bene. Capita a
volte che alla frontiera gli sbirri chiedano di voler vedere l'interno
dell'auto, non possiamo certo lasciare che te lo vedano! -
Joey si sentì un po' riluttante a lasciargli il fucile, ma
dovette ammettere che era l'unico modo di passare senza problemi.
- Ok, ma non pensare che io sia meno pericoloso senza il mio Benelli.
Posso ammazzarti anche a mani nude, se serve. -
Carson rise per l'ennesima volta, lasciandosi scappare un - Lo credo, gringo, lo credo!
Hai tutta l'aria di essere una bella carogna, lo sai? -
Nascose il fucile sotto lo spazio dedicato alla ruota di scorta,
manualmente modificato per contenere almeno due armi della stessa
grandezza. Quando lo aprì infatti c'era già al
suo interno un Remington vecchio modello, forse il 700.
- Prego, accomodati! - disse indicandogli la portiera dopo aver fatto
sparire tutto.
I due entrarono in macchina e uscirono dal parcheggio a grande
velocità.
Una volta in strada, Carson tornò a fare domande.
- Allora senza nome, me lo vuoi dire perchè stai cercando di
oltrepassare il confine? Sei inseguito o sei tu che stai inseguendo
qualcuno? -
- La seconda, e quel qualcuno ha già sicuramente passato la
frontiera, mentre io invece sono ancora qui. -
- Uhm...capisco. Posso sapere cos'ha combinato questo qualcuno per
farti incazzare così tanto? -
Joey lo guardò male, ma quando vide Carson distogliere lo
sguardo dalla strada per mostrargli un altro dei suoi sorrisi a denti
gialli, pensò che era meglio rispondergli subito.
- Mi ha costretto a tornare in questo "fottuto paese", come lo hai
chiamato tu prima. -
- Per quale motivo? Per ucciderlo? -
- Esatto. -
Carson rise, e questa volta per poco non finì strozzato con
la cicca. La sputò poco sopra la leva del cambio, sfiorando
di poco la gamba di Joey.
- Cristo santo, sei tornato da chissà dove solo per
ammazzare questo tipo! E vai in giro a farlo con un M4 super 90 carico!
Ma si può sapere chi cazzo sei? - chiese divertito.
Joey scrollò le spalle. - Chi sono io non ha importanza, una
volta che quell'uomo sarà morto sparirò
nuovamente, e tanti saluti a questo bel paese. -
Carson tornò a guardarlo togliendo nuovamente lo sguardo
dalla strada.
- Cazzo! Sai cosa mi ricordi gringo?
Quel film dei fratelli Coen, Non è un paese per vecchi!
Sembri quasi uguale al protagonista interpretato da Javier Bardem! Solo
che tu fortunatamente per te sei un po' meno brutto. -
Joey lo guardò con disgusto. Kimberlin stava per scappargli
per sempre dalle mani e lui era in quella macchina a parlare con quel
pazzo. Per un attimo aveva temuto di incontrare qualcuno che gli
avrebbe piagnucolato a lungo di risparmiarlo, e che avrebbe avuto per
questo un sacco di problemi a passare la frontiera. Ora invece con Bill
Carson sembrava esserci il problema opposto: quell'uomo sembrava essere
fatto della sua stessa pasta e quindi eccitato all'idea di vivere
quell'avventura.
Infatti accese tranquillamente la radio mettendo su una stazione che
mandasse in onda musica country e iniziò a fischiettare.
Joey spostò lo sguardo sui cartelli che indicavano le miglia
che mancavano alla frontiera: ne segnalavano solo due.
***
- Qual'è il motivo che vi spinge a guidare a quest'ora della
notte? - chiese il poliziotto restituendo i due passaporti.
- Abbiamo un appuntamento di lavoro domani mattina presto, se ci
sbrighiamo riusciamo a dormire un numero di ore decente prima di
svegliarci! - rispose Carson mostrando come al solito col suo sorriso
tutti i suoi denti gialli.
Il poliziotto lo guardò per l'ultima volta, poi fece lo
stesso con Joey e alla fine si convinse a farli passare.
Appena allontanati di qualche metro, Joey sospirò
rumorosamente.
Carson fischiettò la canzone alla radio lisciandosi con
l'indice e il pollice un baffo.
- Rilassati gringo,
siamo passati! -
- Smettila di chiamarmi gringo, Bill... -
- E tu allora dimmi come ti chiami! -
- Hawk, James Hawk. -
- Piacere di conoscerti James Hawk! Ora immagino che mi dirai che devo
accelerare a manetta giusto? -
Joey lo guardò. Gli era difficile capire se stesse facendo
sul serio oppure era semplicemente un po' pazzo.
- Io veramente avevo detto che ti saresti dovuto fermare poco dopo aver
passato il confine... -
Carson si voltò a guardarlo, lasciando correre il Nissan
senza occhi sulla strada.
- Se vuoi veramente che ci fermiamo per ridarti il tuo fucile, caro
Jimmy, ho paura che prima di ridarti il tuo dovrei tirare fuori io il
mio. E a quel punto non so come finirebbe... -
Ecco, quella battuta chiariva ogni suo dubbio. Non era pazzo, al
contrario aveva capito tutto.
- Ma tu non avresti motivo di uccidermi, giusto? -
- Neanche tu ne avresti se continuo a guidare fino a Pensacola beach,
giusto? - rispose Bill di rimando.
Joey sbuffò. - Si può sapere perchè mi
vuoi aiutare? -
- Ehy Jimmy, se non ci aiutiamo fra di noi, chi ci aiuta? Anche io
ammazzo la gente, che credi? E non conosco nessun figlio di puttana su
cui poter contare per salvarmi il culo in un eventuale momento di
bisogno, e tu sembri proprio quello giusto. Insomma, io do una mano a
te oggi e tu dai una mano a me domani. Che dici? -
- Dico che non ci sarà un domani Bill, comunque vada. -
- Eh ma cazzo! Come sei pessimista! Non mi dire che una volta ucciso
quel bastardo vorrai tornartene dal paese da cui sei venuto! -
- Per l'esattezza. - rispose Joey freddo.
- Che coglione che sei - si lasciò sfuggire senza troppo
pensarci. - E io che pensavo di aver trovato un vero duro... -
- Quando troverai anche tu una donna come è successo a me,
scoprirai che essere un "vero duro" non ti importerà
più così tanto.
Carson si lasciò andare un altro paio di bestemmie e insulti
e in quel momento Joey capì che non c'era modo di farlo
ragionare. Probabilmente se fosse diventato vecchio in quel paese,
anche lui ora si starebbe comportando alla stessa maniera. Decise
quindi semplicemente di lasciarlo parlare, fin tanto che guidava
spedito poteva anche dire o pensare quello che voleva.
Ci volevano quasi altre due ore prima di arrivare a Pensacola beach e
più passava il tempo meno Joey pensava di riuscire a
prendere Kimberlin. Non c'era in strada praticamente nessuna macchina
oltre la loro e le poche incontrate erano tutte utilitarie di poco
valore, sicuramente non una di quelle in cui stava viaggiando Kimberlin.
- Cosa succede se una volta che siamo arrivati fino alla spiaggia non
lo trovi? Ti butti in mare e inizi a nuotare? -
- Qualcosa mi verrà in mente. Tu intanto accelera e non
pensare ad altro. -
E Carson accelerò, le due ore di viaggio passarono veloci e
di Kimberlin non trovarono nessuna traccia.
Raggiunsero la città di Pensacola e dopo un altro quarto
d'ora di strada arrivarono a Pensacola beach.
Proprio mentre Carson stava per dire "Il tuo uomo è andato, gringo"
Joey intravide nell'altra carreggiata della strada una lussuosa Crysler
grigia venire verso di loro nella direzione opposta. Immediatamente si
tirò bene seduto sul sedile e cercò di vederne il
contenuto, ma purtroppo i vetri erano oscurati e capire chi c'era
dentro era impossibile.
- Oh cazzo! E' lì dentro? - chiese Bill piantando una
frenata.
- No non credo, se ne sta andando da Pensacola beach - rispose Joey
ruotando la testa per continuare a seguire la Crysler finchè
poteva.
- E...? - chiese Bill confuso.
- Se se ne sta andando vuol dire che hanno già fatto
scendere Kimberlin! - urlò Joey. - Avanti, accelera
più che puoi fino al molo, muoviti! -
Carson sfoggiò un altro dei suoi gialli sorrisi e rispose
con entusiasmo - Certo, mio capitano! - schiacciando a fondo
l'acceleratore. Quando finalmente arrivarono in prossimità
Joey potè chiaramente vedere in mare un grosso yacht a luci
spente allontanarsi silenziosamente dalla terra ferma.
- Vacca puttana! E lui! - urlò Carson ancora entusiasta.
- Sì e se ne sta anche andando! Cazzo! - urlò
Joey cercando di valutare quanti metri in mare avesse già
percorso quello yacht. La prima idea che gli venne in mente fu quella
di proporre a Carson di fare come nel telefilm di Supercar, ovvero
lanciarsi direttamente con la macchina sulla grossa barca di Kimberlin,
ma loro non erano in un film e la grossa barca distanziava ormai
parecchio dalla riva. La seconda idea era quella di lanciarsi in mare e
nuotare, ma sicuramente lo yacht sarebbe andato più veloce e
l'acqua alle cinque del mattino a Dicembre è decisamente
fredda.
Bisognava pensare a qualcos'altro, non poteva lasciarlo andare proprio
ora che finalmente lo aveva trovato.
- Cosa faccio Jimmy? - chiese Carson fermando la macchina il
più possibile vicino al mare.
Joey sembrò pensarci un altro attimo, poi estrasse il
cellulare dalla tasca e digitò velocemente un numero.
Dopo pochi secondi iniziò a parlare, simulando con tutta la
maestria che possedeva la voce di un uomo spaventato. - Aiuto, aiuto!
E' successo un fatto gravissimo! Dovete assolutamente venire qui dove
attraccano le barche, un uomo su uno yacht ha ucciso una persona e ne
sta per uccidere un'altra! -
Carson al sentire queste parole sogghignò.
- Sì, ma dovete fare presto! Si è già
allontanato dalla riva, dovete fermarlo! -
Bill spense definitivamente l'auto e scese aprendo i due portelloni del
baule.
- Sì, mi chiamo William Munny, vi aspetto qua sul pontile.
Ma fate presto! - poi attaccò, sospirando.
Scese dalla macchina e vide Carson con il suo Benelli in mano.
- Data la tua chiamata deduco che fra poco arriveranno gli sbirri,
giusto? - chiese lanciandogli il fucile.
- Esatto. -
- Bene...quindi è arrivato il momento di salutarsi, sai
com'è...anche io ho qualche problema con la polizia. - disse
sfoggiando per l'ennesima volta tutti i suoi denti gialli in un sorriso.
- Certamente. - Joey gli si avvicinò per porgergli la mano.
- Giuro che se ne esco vivo ti offro una birra da qualche parte. -
- Solo una? E soprattutto: solo una birra? - rispose Carson scoppiando
a ridere. - Vedi di sopravvivere, James Hawk! Che di gente come te non
ce n'è più in giro e quei pochi che sono rimasti
devono cercare di conservarsi bene! -
- Sarà fatto - disse Joey allentando la presa dalla stretta.
- Addio allora! - e rientrando in macchina eseguì una
inversione a "U" in contromano e scomparve dalla strada.
Joey si voltò a guardare lo yacht di Kimberlin che si faceva
sempre più piccolo. Era lui, lo sentiva, ne era certo. Chi
altro viaggiava in barca a quell'ora della notte a Pensacola beach?
Ora il problema era trovare il modo di gestire la polizia, nella
speranza di vederla comparire al più presto.
Non attese a lungo il loro arrivo, ma ogni minuto che passava sembrava
per lui un'ora intera, considerando il fatto che ormai lo yacht di
Kimberlin non si vedeva più.
Quando finalmente arrivò la volante nautica della polizia
Joey iniziò ad agitare le braccia nella loro direzione. I
poliziotti diressero l'imbarcazione verso di lui, accecandolo con i
loro fari.
Una volta che si furono avvicinati al pontile notò che
avevano preso una sorta di imbarcazione da guerra, visto che a prua
montava una spaventosa mitragliatrice Browning M2.
Mentre Joey la fissava cercando di capire il motivo per il quale
avessero scelto una simile imbarcazione, uno dei due
poliziotti usciti all'aperto gli rivolse la parola.
- E' lei William Munny? - urlò cercando di superare il
rumore del motore dell'imbarcazione.
- Sì sono io! Quel pazzo è andato in quella
direzione! - rispose indicando l'ultimo punto del mare in cui aveva
visto scomparire Kimberlin.
- Ci ha parlato di un cadavere, può indicarci dove lo ha
visto? -
- Certamente, fatemi salire e vi ci porto! -
Il poliziotto, al sentire quella richiesta, rimase per un attimo
dubbioso. La volante galleggiava a mezzo metro dal pontile, ma niente
faceva presagire che avessero in mente di fermarsi per prendere a bordo
Joey.
- No signore, non credo sia il caso. Potrebbe essere pericoloso, lei ci
dica dove ha visto il corpo che noi andiamo a controllare. E'
più sicuro per lei che rimanga qui - aggiunse sempre ad alta
voce.
Joey aveva previsto un comportamento del genere. D'altra parte, era
perfettamente naturale.
Passò velocemente lo sguardo dal poliziotto con cui aveva
parlato fino ad ora a quello del collega al suo fianco, e infine al
pilota che si poteva vedere nella cabina di pilotaggio attraverso
l'ampio parabrezza.
- Va bene, avete ragione voi...attenderò qua. -
Il poliziotto gli fece un cenno con la testa, poi si voltò
per indicare al pilota di ripartire.
Quel secondo gli bastò per estrarre il fucile M4 che aveva
nascosto fino a quel momento e sparargli in piena schiena. Poi,
altrettanto velocemente, sparò anche al suo collega al suo
fianco.
Alzò immediatamente gli occhi verso la cabina di pilotaggio
e mirando all'ultimo poliziotto rimasto fece fuoco nella sua direzione.
Dovette sparare ben due volte prima di riuscire a infrangere il
parabrezza, ma fu abbastanza rapido da riuscirci senza farselo scappare.
Saltò sulla prua e ricaricando il fucile corse velocemente
sulla scaletta per raggiungere la sala di comando. Si guardò
attorno durante il tragitto per essere sicuro che a bordo non ci fosse
nessun altro, poi una volta che ne ebbe l'assoluta certezza si
portò davanti alla console di guida. Erano anni che non
guidava più nulla del genere, ma ai suoi tempi gli era
già successo di dover muovere un bestione del genere e gli
bastò una rapida occhiata alla strumentazione per riuscire a
ripartire. Spinse al massimo la leva del controllo motore e
puntò dritto nella direzione in cui aveva visto scomparire
Kimberlin qualche minuto prima. Con i fari del suo yacht spenti e il
sole che ancora non ne voleva sapere di sorgere era
sicuramente dura, per questo decise di accendere le sirene e continuare
a dirigersi a grande velocità nella direzione impostata. Se
Kimberlin avesse sentito le sirene della polizia si sarebbe sicuramente
fermato e confermato la sua posizione, d'altra parte era appena uscito
di prigione e non voleva di certo tornarci per una stupidaggine come il
non essersi fermato a un'ispezione della guardia costiera.
Fortunatamente, i fatti gli diedero ragione, visto che lui stesso non
si accorse di essersi avvicinato allo yacht di Kimberlin fino a quando
i suoi uomini non accesero le luci della loro imbarcazione. Prese
immediatamente la ricetrasmittente collegata all'altoparlante esterno e
ordinò - Spegnete i motori e consegnate patente nautica e
documenti di bordo. -
Spense la ricetrasmittente e si lanciò giù dalle
scalette raggiungendo la M2. Dovette inserire manualmente la prima
cartuccia della scatola nell'arma visto che la
trovò scarica e si chiese ancora una volta perchè
la polizia fosse venuta con un'arma del genere se poi non era neppure
carica.
Fece però in tempo ad ultimare l'operazione che gli uomini
di Kimberlin si fecero aspettare ancora qualche secondo,
dopodichè ne vide un paio uscire dal secondo piano dello
yacht con alcuni fogli in mano.
Joey non aspettò neanche di poterli riconoscere: sicuramente
nessuno dei due era Kimberlin e questo gli bastò per
iniziare a fare fuoco. Il rinculo della Browning lo sorprese: non solo
ogni singolo colpo produceva un rumore assordante simile ai tuoni del
cielo, ma in più vibrava fortemente e Joey dovette
aggrapparsi con forza ad entrambe le maniglie per non essere sbalzato
fuori dalla pedana.
In compenso, l'effetto che fecero i proiettili calibro 50 sui corpi dei
due uomini gli diede una carica incredibile, tanto che smise di fare
fuoco per un attimo e urlò - KIMBERLIN! - talmente forte che
sicuramente lo avrebbe sentito. - NOI DUE ABBIAMO UN CONTO IN
SOSPESO!!! - e si riaggrappò con forza alla M2 ricominciando
a fare fuoco. Non si staccò praticamente più fino
a quando l'intero fascio di munizioni non fu finito, sparando
all'impazzata su qualsiasi centimetro dello yacht, scuotendolo come se
fosse in balia di un mare in tempesta. Distrusse tutto: i due eleganti
tavolini installati al secondo piano per bere qualcosa guardando
l'oceano, la grossa bandiera americana che sventolava al primo piano,
infranse tutti i vetri delle finestre e fece cadere le varie antenne
installate sul tetto.
Il fragore della Browning non finì neppure quando fu sparato
l'ultimo colpo, tanto che si potè sentire ancora il suo
rumore qualche secondo dopo come una specie di eco nell'aria.
Quando anche l'eco finì, gli unici rumori che si sentirono
furono i pezzi di vetro e legno che, non riuscendo più a
rimanere attaccati dov'erano, cadevano per terra o in mare.
Joey ansimò come avesse appena finito di correre, preso da
un'adrenalina che ormai non sentiva più da molti anni.
Saltò giù dalla pedana della M2 e
recuperò il proprio fucile, dopodichè
spostò l'imbarcazione della polizia sufficientemente vicina
allo yacht di Kimberlin e ci salì sopra.
Si sentiva pieno di forze: era tornato a essere l'assassino di una
volta, che sparava, uccideva e distruggeva tutto quello che si metteva
in mezzo fra lui e il suo scopo. Sentiva che niente poteva fermarlo
dall'uccidere Kimberlin.
Distrusse con un calcio quello che rimaneva di una porta-finestra dello
yacht, dopodichè entrò e si ritrovò in
una specie di ripostiglio per le provviste. Superò questa
stanza ed entrò in quella che una volta era la cucina, che
dopo il suo attacco con l'M2 sembrava ci fosse esplosa una mina dentro.
I piatti erano rotti, il cibo rovesciato per terra e il cuoco ferito
gravemente alla pancia era ancora lì sdraiato in un angolo
ad aspettare di morire.
- A...iu...to... - provò a dirgli appena lo vide arrivare.
Joey gli sparò immediatamente.
Proseguì ulteriormente ed arrivò alle porte di
quella che probabilmente era la stanza equivalente a un soggiorno di
una casa, ma si fermò quando sentì due voci
parlare. Una era chiaramente di Kimberlin, l'altra non la conosceva.
- Dobbiamo prepararci a riceverlo! - urlò Kimberlin. - Tu
mettiti lì, sdraiato dietro l'angolo bar, io mi
posiziono qua dietro al divano. Appena entra gli spariamo entrambi e lo
facciamo fuori! -
Joey si avvicinò lentamente e diede un calcio alla porta,
dopodichè si spostò subito di lato per evitare la
scarica di proiettili che arrivò un secondo dopo. Ora poteva
vedere l'angolo bar di cui parlava Kimberlin, al centro della stanza
sulla destra. Questo voleva dire che lui doveva essere dalla parte
opposta, sul lato sinistro.
Provò a sparare una prima volta verso l'uomo di Kimberlin,
per vedere come avrebbe reagito. Spaventato dal vedersi arrivare il
proiettile così vicino, l'uomo arretrò di qualche
passo, colpendo una bottiglia che si trovava per terra, probabilmente
caduta dopo gli spari dell'M2.
Questo fu sufficiente per individuare la sua esatta posizione: Joey
spostò la testa quel tanto che bastava per poterlo mirare e
fece fuoco. L'uomo morì sul colpo.
- Allora Kimberlin, si direbbe che siamo rimasti solo noi due, che
dici? -
- Brutto figlio di puttana! Con cosa cazzo hai sparato per ridurmi lo
yacht così? -
Joey sentì dalla sua voce che era chiaramente spaventato,
questo gli provocò un leggero ghigno.
- Con la Browning che c'era sull'imbarcazione della polizia,
ovviamente. Ora che vuoi fare, stronzo? Esci tu e la facciamo
finita oppure vuoi continuare questa assurda rincorsa ancora a lungo? -
- Vaffanculo Dagger!
Non ce la farai a farmi fuori! Ti ammazzo prima io! -
Joey sentì la sua voce spostarsi all'interno della stanza,
sembrava più precisamente allontanarsi. Infatti, appena
finito di pronunciare quelle parole, sentì una porta
chiudersi. Provò a mettere dentro la testa per vedere la
situazione, ma Kimberlin non c'era più.
Si avventurò lentamente in soggiorno per vedere se aveva
lasciato qualche trappola o se qualcuno era rimasto vivo, ma non
trovò nulla. C'erano solo tre cadaveri per terra,
probabilmente colpiti anche loro dai proiettili dell'M2. Uno di loro lo
riconobbe: era Bill Nighy, semi sepolto sotto un altro uomo che
probabilmente gli era caduto addosso nel momento in cui anche lui era
stato raggiunto dal proiettile.
Li lasciò stare ed aprì una delle due porte della
stanza con circospezione, per vedere a cosa conduceva. Una portava a un
bagno, l'altra alle scale per salire al piano superiore. Appena
aprì quella e mise piede sul primo gradino, vide alla fine
della scala Kimberlin che lo osservava ridendo con un lanciagranate in
mano.
- Non vorrai veramente usare quel coso qui dentro, vero? - gli chiese
Joey terrorizzato.
- E qual'è l'alternativa Dagger? Tu che
vieni qua sopra e mi ammazzi? No, vaffanculo Hawk! Se proprio devo
crepare, almeno faremo questa fine entrambi! - e schiacciò
il pulsante di sparo.
Joey si lanciò di lato con quanta più
velocità potè, ma fortunatamente non
sentì l'esplosione che si era immaginato. L'arma di
Kimberlin era stata armata con proiettili fumogeni e nel giro di pochi
secondi tutta la scala venne riempita di fumo bianco.
Kimberlin scoppiò a ridere. - Credevi veramente Dagger che avrei
fatto esplodere il mio yacht per uno stronzo come te? Sei folle! Tu non
vali un cazzo Hawk, non vali neanche la spesa di una granata nuova!
Io... - ma non riuscì a concludere la propria frase che vide
Joey apparire dal fumo, sparandogli immediatamente alla spalla e
facendolo cadere a terra.
- Ma cosa cazzo... - Kimberlin cercò di ignorare il dolore
allungandosi per cercare di riprendere l'arma, ma Joey percorse
velocemente gli ultimi gradini della scala e lo raggiunse al piano
superiore dando un calcio al lanciagranate.
Poi gli puntò il fucile addosso.
- Basta con i razzetti di capodanno Kimberlin, facciamola finita una
volta per tutte. -
- Ma stai zitto, stronzo! - gli urlò Kimberlin, rispondendo
con uno sguardo carico d'odio.
Erano vent'anni che Joey non incrociava più quello sguardo.
- Toglimi solo una curiosità, prima che ti ammazzi. Pensavi
veramente che quel coglione di tuo figlio oppure uno dei suoi uomini
fosse in grado di fermarmi? O peggio ancora che io non avrei reagito
alla morte di Lily? Come potevi anche solo immaginare che tutto questo
non sarebbe finito esattamente come sta finendo ora? -
- Vaffanculo Dagger,
io sono stato in galera ingiustamente! Non avevo organizzato io la
vostra fuga, maledizione! -
Joey si concesse una breve risata. - Di crimini da espiare ne avevi
tanti...sei finito in galera per quello sbagliato, è vero,
ma questo non significa che non ci dovevi finire per altre cose. -
Kimberlin lo fissò con odio.
- Non me la faccio fare la predica da te, stronzo! Tu in passato hai
ucciso donne e bambini, non crederti migliore di me solo
perchè hai deciso di sposarti e sparire in qualche cazzo di
paese europeo! -
Joey non rispose nulla.
- Hai finito? - chiese qualche secondo dopo.
- Fanculo, io non me lo merito...ho scontato in galera tutti gli anni
che dovevo, non me lo merito cazzo! -
- Lo sai anche tu che non c'entrano i meriti in storie come queste... -
gli rispose solennemente Joey.
E Kimberlin perse ogni voglia di continuare quella conversazione.
- Allora ci rivediamo all'inferno, James Hawk? - gli chiese con voce
tremante.
Joey alzò il fucile mirandogli la testa.
- Già... -
E sparò.
Quel colpo fu come un punto alla fine di una lunga frase.
Significava una semplice cosa: era
tutto finito. Kimberlin era morto, così come
suo figlio e i due assassini di sua moglie.
Joey abbassò lentamente il fucile, sentendo le forze sparire
velocemente. Era come se quell'ultimo sparo gli avesse sottratto di
colpo una misteriosa forza che lo aveva sostenuto fino a quel momento.
Gli venne da sorridere, al pensiero che era veramente tutto finito.
BANG.
Uno sparo.
Joey sentì quasi prima il suo rumore che non la fitta al
torace. Si portò una mano vicino al cuore e vide che stava
sanguinando.
Si voltò lentamente per guardarsi alle spalle, cercando di
capire chi gli avesse sparato.
Bill Nighy, in piedi sull'ultimo gradino della scala, lo stava
guardando tremando.
Tremava talmente tanto che quando sparò il secondo colpo gli
centrò la gamba, anzichè qualche punto vitale.
Joey accusò il colpo strabuzzando gli occhi.
- Ma che cazzo... -
Nighy, ancora più spaventato al vedere che Joey non cadeva a
terra, sparò un terzo colpo, ma la sua mano tremava talmente
tanto che il proiettile andò a conficcarsi nel muro.
- Da dove cazzo vieni fuori tu? - chiese Joey, sentendo un dolore
lancinante al petto non appena aveva cercato di parlare.
Ma Nighy non rispose e Joey capì che la grossa chiazza di
sangue che aveva sul petto, che era la stessa che gli aveva visto pochi
minuti prima, era evidentemente dell'uomo che gli era caduto addosso. A
guardarlo meglio, Nighy non aveva neanche un graffio.
Raccogliendo tutte le ultime forze che aveva, risollevò l'M4
e gli sparò, centrandolo in pieno e facendolo cadere
pesantemente a terra.
Gli venne da sorridere.
- Bill Nighy...ucciso da un avvocato. - si concesse un altro sorriso
amaro. - Il destino ha proprio uno strano senso dell'umorismo... -
cercò anche di ridere, ma un'altra fitta lancinante lo
raggiunse.
Probabilmente con il primo sparo gli doveva aver forato un polmone,
vista la posizione in cui l'aveva preso.
Si appoggiò al muro delle scale e si avviò
lentamente fuori dallo yacht. Ogni passo gli sembrava più
pesante del precedente, tanto che riuscì a fatica a superare
il soggiorno e la cucina e dopo crollò a terra.
Si portò faticosamente la mano in tasca e ne estrasse il
cellulare. Lo alzò leggermente per vedere se c'era campo e
si accorse che fuori, attraverso le finestre rotte, aveva iniziato a
nevicare.
Gli piaceva la neve, era una delle prime piccole cose a cui aveva
iniziato a fare caso da quando si era sposato con Lily.
"La neve riesce a rendere magica qualsiasi città, non
credi?" gli aveva chiesto lei, in uno dei primi mesi che i due
passavano assieme. Joey a quel tempo non riuscì a
trattenersi da una risata, e le chiese cosa ci trovasse di "magico"
all'interno di piccoli pezzi di ghiaccio che cadono dal cielo. Lily lo
rimproverò di scarsa poeticità e poi gli
indicò un marciapiede sopra il quale la neve aveva
incominciato a depositarsi.
"Lo vedi come si presenta bello e pulito ora che la neve è
caduta? Altrimenti lo vedresti così" aggiunse indicandogli
un pezzo di marciapiede sporco dall'altra parte della strada, che non
era diventato bianco a causa di un grosso balcone al primo piano che
aveva impedito il suo depositarsi.
"La neve cade dappertutto, sui posti sporchi e brutti e su quelli
già belli e li rende tutti bianchi e puliti. Ecco cosa
c'è di magico nelle neve, rende bello anche ciò
che di natura non lo è."
Joey si guardò e pensò che anche lui in quel
momento era decisamente sporco e malmesso, così come quel
marciapiede di cui gli parlava sua moglie.
Il "bip" del cellulare lo fece tornare alla realtà, ma
improvvisamente il chiedere aiuto gli parve inutile. Chi avrebbe potuto
chiamare? La polizia? Certo, loro sarebbero arrivati subito e magari
sarebbero anche riusciti a salvarlo portandolo subito in ospedale, ma
poi? Lo avrebbero riconosciuto e gli avrebbero dato l'ergastolo a vita,
se non addirittura la pena di morte.
Avrebbe potuto chiamare Lucrece, che dopo averlo insultato per l'ora in
cui la stava disturbando sarebbe sicuramente accorsa per salvarlo, ma
ormai lui era a quasi sei ore di macchina da Birmingham e sicuramente
non avrebbe resistito a lungo.
Abbassò la mano e fece cadere il cellulare.
- E' inutile. - sussurrò.
La rassegnazione lo portò a tornare col pensiero alla neve e
a sua moglie. Lui Lily l'aveva sempre vista così come lei
vedeva la neve, candida e in grado di migliorare le cose a cui si
avvicinava.
E lui si era sforzato a lungo, per tutta la vita per cercare di
diventare un po' simile a lei.
Con le ultime forze restategli si trascinò fuori all'aperto,
dove la neve potesse raggiungerlo senza essere fermata da nulla.
La neve, che era in grado di migliorare le cose, sarebbe riuscita a
fare lo stesso con lui?
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