Lupin, prigioniero a Roanapur

di monsieur Bordeaux
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prigioniero di lusso ***
Capitolo 2: *** Ricordo di un furto ***
Capitolo 3: *** Rarità ***
Capitolo 4: *** Un bar poco tranquillo ***
Capitolo 5: *** Un killer per Lupin ***
Capitolo 6: *** Pochi minuti prima dell'alba ***
Capitolo 7: *** Rivincita ***
Capitolo 8: *** Dasvidania Balalaika! ***
Capitolo 9: *** Fujiko colpisce ancora ***
Capitolo 10: *** Premio di consolazione ***



Capitolo 1
*** Prigioniero di lusso ***


Capitolo 1 - Prigioniero di lusso


Rieccomi a voi con una nuova fan-fiction!!!


Dopo averci pensato un po' su, eccomi con una nuova storia del noto ladro Lupin III, stavolta ambientata (e di conseguenza sarà un cross-over) a Ronapaur, città portuale che fa da sfondo ad un altro anime a cui mi sono appassionato qualche anno fa: Black Lagoon. Secondo me è stata una scelta azzeccata metterli insieme in una fan-fiction, ma voi lettori potete sempre dire la vostra nei commenti, soprattutto se la storia vi piace o meno...
ATTENZIONE! Potrebbero esserci delle scene violente o parolacce durante la narrazione. Non è proprio una fan-fiction "vietata ai minori di 18 anni", ma ho voluto segnalarlo per non creare problemi.

A questo punto faccio a tutti i lettori il mio solito auguro... buona lettura!!!

 

In una cella buia e umida, circondata da solida pietra, un uomo dalla corporatura snella fissava con aria annoiata il soffitto, in attesa di novità dall'esterno. Sdraiato su un vecchio letto arruginito, quel tizio era il noto Lupin III, che per chissà qualche motivo si trovava a Roanapur, un porto della Thailandia. A parte uno spiraglio di luce proveniente dalla porta, che illuminava gli scalini sotto l'unica uscita, l'ambiente in cui si trovava il ladro era completamente all'ombra e ciò lo aveva disorientato non poco. Non aveva la minima idea se fuori era notte o pieno giorno. Ma quello non era l'unico problema che Lupin doveva affrontare: a causa delle ferite che aveva su braccia e gambe, era tutto dolorante e in quel momento voleva solo dormire. Era stata una giornata da dimenticare per lui, in cui aveva subito anche un duro interrogatorio, ma nonostante tutto Lupin non si era ancora dato per vinto. Il suo ottimismo lo spingeva a resistere, in fondo non era la prima volta che finiva in una situazione così complicata...
Sonnecchiando per un po', il ladro trascorse diverse ore in quel sotterraneo, ma ad un tratto un rumore, proveniente dal vicino corridoio, attirò la sua attenzione. Qualcuno stava scendendo dal piano superiore, usando quella che all'udito sembrava una scaletta metallica. Sollevando leggermente la testa, Lupin si mise ad ascoltare il pavimento e al volo capì che due persone stavano per raggiungere la sua cella. Ma successivamente il ladro dalla giacca rossa rivalutò il rumore dei passi, aveva commesso un errore. Le persone presenti nel sotterraneo erano in realtà tre, l'ultima era scesa in leggero ritardo.
Qualche secondo dopo i tre tizi si fermarono davanti alla cella di Lupin e uno di loro aprì di scatto la grata presente sulla porta, causando un rimbombo che risuonò in tutto il sotterraneo. Infastidito da quel frastuono, Lupin con molta calma prima si stiracchiò per bene, facendo attenzione a non stressare troppo gli arti, e poi risalì i gradini, per parlare faccia a faccia con quelle persone.
Con sua grande sorpresa, il ladro vide davanti a sé un giovane dall'aria un po' impacciata, con i capelli neri e i tratti orientali. Indossava una camicia bianca e la cravatta verde, in completo disaccordo con le uniformi militare degli altri due. Era così meravigliato che più volte si domandò cosa ci faceva un impiegato del catasto da quelle parti.
Esordendo con voce gentile ed educata, il ragazzo tra i due militari si rivolse direttamente al ladro, mostrando fin da subito qualche secondo di nervosismo.
«Piacere di conoscerla, signor Lupin»
«Salve! Con chi ho il piacere di parlare?» chiese l'interessato, con tono ironico.
«Eh... mi chiami pure Rock»
«Va bene, Rock!» commentò sorridendo. «Come mai è venuto a trovarmi? Come può notare, il posto qui sotto non è molto accogliente... avrei dovuto lamentarmi di persona con la proprietaria!»
«Me lo avevano detto che era un tipo impertinente, ma non pensavo fino a questo punto! Eppure Balalaika mi aveva avvisato com'era parlare con lei...»
La donna sopracitata era molto nota a Roanapur: era il capo della mafia russa ed era famosa per la sua crudeltà. Gestiva molti traffici illegali da quelle parti e poteva contare molti ex militari sotto il suo comando. Con queste premesse, il solo fatto che Lupin l'avesse sfidata sembrava agli occhi di tutti una vera e propria follia.
«Davvero? E cosa vuole la cara signora da me?» domandò il ladro.
«Mi ha chiesto di interrogarla a proposito del furto di questo pomeriggio» rispose Rock.
«Di nuovo? Non mi ha già torturato abbastanza qualche ora fa?»
Prendendo l'iniziativa, uno dei due uomini di fianco a Rock aprì la porta e prese di forza il prigioniero, scortandolo col suo collega in un'altra stanza presente nel corridoio. Per Lupin tutto sommato era meglio così: almeno adesso era fuori dalla sua cella e poteva vedere un po' di luce!

La stanza in cui si sarebbe svolto il secondo interrogatorio era grigia e vuota, c'erano solo due sedie presenti nel centro. Lì si sarebbero accomodati Lupin e Rock, mentre i due uomini di Balalaika sarebbero rimasti di guardia alla porta, pronti ad intervenire in caso di necessità. Non c'era possibilità di fuga per il noto ladro, ma lui in quel momento non aveva alcuna voglia di scappare. Era troppo stanco per reagire, almeno per adesso...
Se Lupin era relativamente calmo, ciò non ci poteva dire per il giovane che doveva parlargli: era così agitato che prima di sedersi si accese una sigaretta, presa dal pacchetto che aveva in tasca. Solo dopo qualche boccata Rock riprese il dialogo.
«Da quello che mi ha detto Balalaika, la prima volta non hai praticamente aperto bocca...»
«Già Balalaika... una persona affascinante, peccato per quel viso deturpato... doveva essere una donna bellissima!!!». Come aveva fatto in precedenza, Lupin non prese sul serio quell'interrogatorio.
«Lo sapevo che non ero il tipo giusto per una cosa del genere...» mormorò Rock, demoralizzandosi.
«Non sei originario di qui, vero?» domandò il ladro. In quel momento il suo interesse era scoprire il più possibile su quel ragazzo.
«Sì, sono giapponese.»
«Allora siamo quasi connazionali!» urlò Lupin, che quasi all'istante ricevette un richiamo da parte delle guardie alla porta. Il suo entusiasmo era fuori luogo, ma nonostante ciò riprese il dialogo con Rock. «Come mai da queste parti? Non credo per affari!»
«Bhe... è una storia un po' lunga da raccontare»
«Fammi indovinare... ti hanno abbandonato qui e cerchi in qualche modo di cavartela! Vero?» ipotizzò Lupin scherzando. Prima di rispondergli, il ragazzo davanti a lui fece un leggero sospiro, accennando un sorriso alquanto desolato.
«Non ci crederai, ma non sei andato troppo lontano dalla verità»
«Ah, sì? E allora come mai non sei tornato indietro? Da quello che ho sentito, Roanapur è un covo di mafiosi della peggior specie.»
«Perché ho deciso di dare una svolta alla mia vita» rispose Rock, senza mostrare alcune esitazione. «Ero stufo di essere un anonimo impiegato che conduceva una vita grigia, senza alcuna prospettiva...»
Lupin rimase molto stupito da quella spiegazione. Cambiare così radicalmente stile di vita, da un lavoro sicuro come quello da impiegato, era una scelta molto drastica. Per diversi minuti il ladro dalle origini francesi si domandò più volte dove avesse preso così tanto coraggio un tipo come Rock.
Nonostante il rapporto amichevole nato tra i due, l'interrogatorio da quel momento in poi fu un totale fallimento. Lupin continuava a cambiare argomento, senza dare una risposta utile, e ciò fece innervosire non poco Rock. Ad un certo punto, ormai al limite, il ragazzo si sfogò lanciando un urlo.
«Stammi a sentire, Lupin! Devi smetterla di fare così: Balalaika è uan persona senza scrupoli e se non gli dirai quello che vuole sapere...»
«Sì, lo so cosa intendi dire! Al primo interrogatorio mi ha minacciato di uccidermi di persona... e mi sembra una donna che mantiene sempre le promesse!» ribatté il ladro, completando la frase.
«E allora perché ti ostini a non dirmi nulla sulla merce che gli hai rubato? E' già tanto se ti ha concesso una seconda opportunità di parlare!»
«Perché ho due ottime ragioni per non parlare, mon ami! Primo: se parlo adesso, credi veramente che mi lascerà andare? Ho molti dubbi al riguardo.»
«Capisco. E il secondo motivo?» chiese incuriosito Rock.
«E' un segreto!» rispose Lupin, facendo un largo sorriso al suo interlocutore. Sembrava molto divertito ad averlo preso in giro.
Giunti a quel punto Rock non sapeva più che cosa fare, ma poco dopo una delle guardie, facendo un cenno con la mano, richiamò il giapponese. Lo avvisò che il tempo per parlare col prigionero era finito e che adesso doveva riportarlo in cella.
«Che peccato...» sbuffò il ladro. «Questo ragazzo stava iniziando ad essermi simpatico!»
«Lo sai a cosa vai incontro, vero?» domandò Rock, vedendo il ladro alzarsi dalla sedia. Era dall'inizio dell'interrogatorio che era in ansia per Lupin, ma quest'ultimo si dimostrò ancora una volta spavaldo.
«Guarda che so benissimo cosa potrebbe succedermi! Non è la prima volta che tentano di uccidermi!»
«Allora questa potrebbe essere l'ultima volta che ci incontriamo...» commentò con tristezza Rock, vedendo il prigioniero uscire dalla stanza.
«Un momento!» esclamò Lupin, fermandosi sul ciglio della porta e rivolgendosi nuovamente a Rock. «Posso esprimere il mio ultimo desiderio? E' un po' presto, ma devo chiederti una cosa urgente...»
«Cosa?»
«Mi puoi dare una sigaretta? Se rimango senza far niente in quella cella, sono sicuro che impazzisco!»
Davanti a quella richiesta così banale, il ragazzo rimase titubante. Balalaika lo aveva avvisato più volte di non fidarsi di Lupin e in quel momento, non sapendo che cosa fare, si consultò con le guardie che avevano preso in custodia il prigioniero.
«Credi che possa scappare da qui usando una sigaretta?» ironizzò il ladro. «Va bene che sono famoso per le mie fughe impossibili, ma adesso si esagera!»
Alla fine Rock, non trovandoci niente di sospetto, decise di dargliene due, le ultime che gli erano rimaste nel pacchetto.
«Almeno così dovresti annoiarti di meno» disse Rock, quasi sorridendo.
«Merci!»
Dopo aver percorso il corridoio, le due guardie di Balalaika erano pronte a rimettere Lupin  in cella, ma poco prima di rientrarci il ladro dalla giacca rossa richiamò per l'ultima volta Rock.
«Ah! Me ne stavo dimenticando... manda i miei saluti a quella tua amica amante delle pistole. E digli che mi scuso per lo scherzetto della barca... lei capirà!»
Sentendo quelle parole, il ragazzo scuoté la testa più volte. Difficilmente la sua collega, conoscendo la sua aggressività, avrebbe accettato le sue scuse.


Continua...

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Capitolo 2
*** Ricordo di un furto ***


Capitolo 2 - Ricordo di un furto


Qualche minuto dopo aver terminato l'interrogatorio col prigioniero, Rock venne portato nell'ufficio di Balalaika. La donna, riconoscibile dalla sua folta chioma bionda e dai suoi occhi azzurri, lo attendeva seduta alla sua scrivania, con in mano un sigaro appena iniziato. Era vestita con un tailleur bordeaux e, come Lupin aveva anticipato, portava una vistosa cicatrice sul volto, che scendeva verso il basso.
Al suo fianco, appoggiata al muro, c'era una ragazza dai lunghi capelli marroni, con un vistoso tatuaggio tribale sulla spalla destra e ai fianchi portava ben due fondine con altrettante pistole: era Revy, la mercenaria che tempo fa aveva rapito Rock che, in un secondo momento, si unì al suo gruppo. Sembrava un po' nervosa, forse perché aspettare non era il suo forte.
«Allora Rock!» esclamò quest'ultima, appena il giapponese chiuse la porta alle sue spalle. «Che ti ha detto il nostro ospite?»
«Non molto, a dir la verità...» rispose l'ex impiegato, imbarazzato e facendo un leggero sospiro. Poco dopo intervenne Balalaika.
«Cosa ti ha detto precisamente, Japonski?» domandò, parlando col suo accento russo.
«Non molto, ha confermato di aver rubato le armi che dovevamo consegnare e nient'altro. E prima di ritornare in cella, ha lasciato un messaggio a Revy.»
«Un messaggio? Che tipo di messaggio?» domandò sorpresa la mercenaria.
«Sarai libera di non credermi, ma si è scusato per l'incidente sulla barca e ti manda i suoi saluti!»
Conoscendo il caratteraccio di Revy, Rock capì subito che la ragazza non avrebbe per nulla gradito le parole di Lupin...
«Ma io quel cretino lo ammazzo!!!» urlò, staccandosi dal muro. «Adesso basta, ora vado giù e gli faccio saltare quella testa di ca**o che si ritrova sulle spalle!»
Accecata dalla rabbia, Revy fece qualche passo in direzione della porta, ma Balalaika la richiamò.
«Fermati! Te lo ordino!»
«Ma sorellona...» protestò Revy, usando il nomignolo che le aveva dato.
«Agire d'impulso è inutile. Non hai capito che Lupin ha qualcosa in mente?»
«Che vuoi dire, sorellona?»
Dopo aver calmato Revy, che aveva una grande stima nei suoi confronti, Balalaika fece una piccola nuvola di fumo col sigaro e poco dopo riprese la parola.
«Mi sono informata per bene sul nostro ospite e ho capito fin da subito che non è uno stupido, anzi! Sono anni che le autorità tentano di arrestarlo, ma senza riuscirci.»
«Dici sul serio? Quel cretino è così pericoloso?»
«Lupin non è un ladro comune, credimi» aggiunse Rock. «Come ha detto Balalaika, è molto più intelligente di quanto sembra»
«E tu Rock hai scoperto tutto ciò solo parlando con Lupin?» domandò la mercenaria, sfottendolo. Messo un po' in difficoltà, Rock gli diede una risposta.
«No, no! Quando lavoravo come impiegato, i suoi furti a Tokyo erano tutti i giornali! Una volta ha persino derubato un mio superiore, che a suo dire aveva un sistema di sicurezza infallibile! Alla scoperta del furto, è andato in depressione per almeno tre mesi.»
«Sarà vero, ma se siamo riusciti a catturarlo, così furbo non è!» ribatté Revy.
«Però ricordati che è inseguito pure da quelli dell'Interpol. Meglio non sottovalutarlo...» commentò Balalaika, invitando poi i due ad uscire dal suo ufficio. «Per stanotte lasciamolo lì, tutto si deciderà domani»
Una volta usciti dall'Hotel Moscow, il covo della mafia russa, Revy e Rock si incamminarono per tornare alla loro base, dove Dutch li stava aspettando. Mentre i due stava percorrendo una lunga via illuminata dai lampioni, la ragazza notò che il giapponese era soprappensiero, aveva lo sguardo perso nel buio. Sicuramente stava ancora pensando al suo incontro con Lupin e ciò la infastidiva.
«Ehi! Che ti è preso adesso?»
«Eh?» esclamò Rock un po' confuso. «Ah, scusami Revy... ero distratto.»
«Non dirmi che stai pensando ancora a quel ladro?»
«Bhe... un po'.»
«Dimenticalo!» affermò la mercenaria. «Entro domani sarà già morto!»
«Sul serio? Intendi dire che...»
«La pazienza della sorellona ormai ha raggiunto il limite. O gli dice subito dove ha nascosto la merce oppure... bhe, sai la risposta, vero?» domandò Revy, sorridendo in maniera diabolica.
«Certo che lo so. Però ho la sensazione che ci sia qualcosa che non va in tutta questa storia.»
«Che intendi dire Rock?»
«Non so come spiegartelo: è come se mancasse qualche particolare importante...»
«Tu pensi troppo!» replicò la ragazza, ormai stufa di sentire i dubbi dell'ex impiegato. «Ora fammi il piacere di stare zitto, oggi sono così nervosa che potrei farti un buco in fronte!»
Con quella minaccia Revy chiuse lì la discussione, ma i dubbi di Rock erano tutt'altro che finiti. Proseguendo col suo ragionamento, il giapponese iniziò a ricordare ciò che era successo quel giorno, tornando indietro con la mente di qualche ora.

Quel pomeriggio lui e Revy erano diretti al porto di Roanapur, per consegnare la merce per conto di Balalaika. Per farlo avevano a disposizione una barca, la Black Lagoon, e al comando vi era il loro capo, Dutch. L'uomo, un mercenario afroamericano alto e pelato, stava dando gli ultimi controlli al carico prima della partenza, ormai imminente. Qualche minuto dopo Revy e Rock fecero la loro comparsa sul ponte della barca, in leggero ritardo rispetto all'orario accordato in precedenza.
«Come mai ci avete messo così tanto?» lamentò Dutch. Sebbene quel leggero momento di rabbia, il mercenario rimase calmo e si limitò a sistemare i suoi inseparabili occhiali da sole.
«Niente... Rock è stato fermato dalla polizia per un controllo! Non so perché, ma lo avevano preso di mira!» spiegò Revy, scaricando la colpa del ritardo su Rock, che timidamente provò a ribattere.
«Ma tra tutti quelli che erano presenti, perché hanno ispezionato proprio me? Non ero mica l'unico di fronte alla banca!»
«Forse ti avevano scambiato per un impiegato in fuga col bottino...» affermò la mercenaria ironicamente.
«Un furto in banca?» domandò incuriosito Dutch.
«Sì, stamattina alla Roanapur Bank» rispose Rock. «Però non si sa alcun particolare sui rapinatori, sembrano come svaniti nel nulla.»
«Questa è buona!» commentò il mercenario di colore, accennando un leggero sorriso. «Ma chi è quel pazzo che va a rapinare una banca del genere? Lo sanno tutti che è gestita da non so quanti mafiosi!»
«Sicuramente un disperato... e ce ne sono tanti a Roanapur» affermò Revy.
In quel momento, sul ponte della barca, arrivò l'ultimo componente del gruppo di mercenari capitanati da Dutch. Si chiamava Benny ed era l'esperto di elettronica, riconoscibile fin da subito dalla sua chioma bionda e dalla camicia hawaiana rossa. Era sbucato dalla parte inferiore della barca, da cui gestiva tutta la parte elettronica, comunicazioni comprese.
«Vedo che siete tutti a bordo! Ottimo, allora possiamo andare!» affermò.
«Dove siamo diretti stavolta Dutch?» chiese Revy.
«Vicino Singapore» rispose il mercenario di colore. «Ci aspettano poco fuori le acque internazionali.»

Il viaggio della Black Lagoon fu relativamente breve, infatti ci mise solo qualche ora per arrivare a destinazione. Una volta raggiunta la posizione prestabilita, Dutch vide davanti a sé una grossa imbarcazione da trasporto grigia, ormeggiata in mezzo al mare. Era costruita su più piani e al centro aveva una gru, utile per caricare a bordo qualsiasi tipo di carico.
Appena iniziò le manovre di avvicinamento, Dutch avvertì Revy e Rock di prepararsi e nel giro di pochi minuti i due si ritrovarono faccia a faccia con il compratore, un uomo dalla corporatura magra e vestito di scuro, così elegante da essere quasi fuori posto in quel frangente. Si chiama mister Sung e fu subito evidente che era una persona molto riservata, per non dire misteriosa. Non solo si presentava con un nome falso, ma non si sapeva nemmeno da quale paese proveniva, sebbene i suoi lineamento fossero chiaramente orientali. L'unica cosa certa sul suo conto era che gestiva i suoi traffici illegali nella zona di Singapore, in maniera molto scrupolosa. Era un tizio molto previdente, infatti si era portato con sé due guardie del corpo, che rimanevano sempre con lui ad un certa distanza.
Dopo una veloce presentazione, mister Sung fece un cenno con la mano e ordinò ad uno dei suoi uomini a bordo della nave di prendere il carico presente sulla Black Lagoon. Mentre il braccio della gru si metteva in moto, il compratore continuò a parlare con i suoi due ospiti.
«Non ci vorrà molto per caricare la merce, tra mezz'ora sarà tutto a bordo. Un lavoro semplice e pulito, come piace a me!» commentò allegro.
«Come d'accordo, in totale nelle casse ci sono...»
Rock stava per spiegare nei dettagli il contenuto del carico, ma di colpo fu costretto a fermarsi. Il frastuono provocato da un'esplosione attirò l'attenzione di tutti i presenti, che per lo spavento si aggrapparono al parapetto della nave. L'intera imbarcazione tremò per diversi secondi, come se fosse stata colpita da una bomba.
«Porca puttana! Che diavolo è successo?!?» gridò mister Sung, guardandosi attorno. Non riusciva a capire cosa fosse successo, finché non vide una densa nube di fumo provenire da una delle stive, accompagnato da numerose urla d'aiuto. Vedendo quella scena, pensò subito che era successo qualcosa di grave nella sala motori, probabilmente qualche macchinario era saltato.
«C'è il rischio che affondiamo?» domandò Rock impaurito.
«No, puoi stare tranquillo: le sale sono a tenuta stagna. Ma tutto ciò non doveva accadere!» affermò mister Sung, visibilmente arrabbiato.
«E perché?» intervenne Revy.
«Ho fatto controllare la sala motori giusto due settimane fa e mi avevano assicurato che era tutto a posto!»
Col passare del tempo, la nube di fumo uscita dalla nave iniziò a diradarsi, permettendo alle guardie di mister Sung di dare una prima occhiata alla sala motori. Al loro ritorno, erano rimasti nella parte inferiore della nave per una decina di minuti al massimo, i due riemersero con uno strano aggeggio in mano: era una sorta di motorino con un tubo attaccato sul fondo, il tutto fissato ad una tavola di legno. Aveva l'aria di essere un oggetto costruito in maniera artigianale.
«Che cos'è quell'affare?» chiese Revy dubbiosa.
«Lo abbiamo trovato nella sala motori» rispose uno degli uomini di mister Sung. «Sembrerà incredibile, ma mi hanno detto che il fumo veniva prodotto da questo meccanismo!»
«Che diavolo state dicendo?» esclamò il suo capo. «I motori in che stato si trovano?»
«Mi hanno riferito che sono perfettamente funzionanti e non ci saranno problemi nel riavviare la nave»
«Ma che sta succedendo qui?» chiese Rock, mentre stava fissando con cura il meccanismo ritrovato nella sala motori.
«Semplice Rock...» accennò Revy, impugnando le sue pistole e mettendo in agitazione il suo compagno. «Qualcuno sta cercando di fregarci!»
Intuendo il pericolo, di primo istinto Revy si mosse per raggiungere Dutch sulla Black Lagoon, ma appena fece un paio di passi sentì il rumore di uno sparo e immediatamente si rifugiò dietro il parapetto della nave.
Quando le fu possibile, la mercenaria rispose al fuoco nemico, cercando allo stesso tempo di dare un'occhiata alla barca di Dutch. Notò che c'era un uomo sulla Black Lagoon, che stringeva tra le mani una pistola a tamburo. Era vestito tutto di nero e il suo sguardo era coperto da un cappello di vecchio stampo, che lasciava intravedere un po' di barba incolta. Dietro di lui c'era una donna, che in fretta e furia stava spostando le casse piene di armi su un gommone giallo, che in precedenza avevano usato per salire a bordo della Black Lagoon. Infuriato per quello che stava accadendo, mister Sung e le sue guardie del corpo iniziarono a sparare contro l'intruso, ma quest'ultimo, con una serie di colpi molto precisi, riuscì a disarmarli con estrema facilità. Revy rimase colpita da quella scena: quell'uomo aveva una mira eccezionale, fuori dal comune.


Continua...

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Capitolo 3
*** Rarità ***


Capitolo 3 - Rarità


Quando tutte le casse furono caricate sul gommone, l'uomo e la donna vi salirono a bordo e in un lampo si diedero alla fuga in mare aperto. Alla disperata, Revy provò a colpirli dalla lunga distanza, ma ormai i due fuggiaschi erano troppo lontani per essere ripresi.
«Merda! Ci sono scappati!!!» gridò in preda alla rabbia. Era così infuriata che pronunciò una serie di insulti a dir poco irripetibili.
Ma le sorprese non erano finite, perché pochi secondi dopo un secondo gommone, che era partito dalla parte opposta della nave di mister Sung, passò di fianco a Revy a gran velocità. A bordo c'era una sola persona, per la precisione un uomo magro e dalla giacca rossa assai vistosa, che senza alcun timore gettò un'occhiata sulla Black Lagoon. Sembrava quasi divertito nel constatare che il furto era riuscito alla perfezione e ciò fece innervosire ancora di più la mercenaria. Fu un miracolo se non si accanì su Rock, quando quest'ultimo la raggiunse sulla barca.
«Tutto bene?» domandò preoccupato. Rimase impietrito quando Revy si voltò verso di lui: in quel momento sembrava posseduta da uno spirito maligno.
«Lo vuoi proprio sapere?»
Lo fissò con uno sguardo così infuriato che sembrava pronta a perdere il controllo da un momento all'altro. Ma il giapponese aveva visto qualcosa di molto importante e, nonostante la velata minaccia, proseguì col dialogo.
«Revy, c'è una cosa che devi sapere: ho visto in faccia l'uomo che è scappato sul secondo gommone e credo di aver riconosciuto, purtroppo...» affermò malinconico.
«Come sarebbe a dire "purtroppo"?» esclamò la mercenaria.
«Se non mi sono sbagliato, quel tizio è il famigerato Lupin III.»
«E chi è?» domandò Revy dubbiosa.
«Eh? Vuoi dirmi che non lo hai mai sentito nominare?»
«No! Perché è così famoso?»
«E' un ladro che per anni è stato inseguito da tutta la polizia giapponese. Credo che adesso sia scappato all'estero, o almeno così ho sentito dire.»
«E tu Rock, come diavolo fai a conoscerlo così bene?»
«Una volta è stato avvistato nei pressi dell'ufficio dove lavoravo: per giorni non si è parlato d'altro!»
Ad un certo punto mister Sung, sentendo il dialogo tra i due, intervenne per avere delle conferme sull'avvistamento di Lupin in zona. Parlò a denti stretti, la mano destra era ancora dolorante a causa dello sparo.
«Tutto mi sarei potuto aspettare... tranne che questo! E' stato peggio di un monsone!»
Detto ciò, il contrabbandiere si ritirò, insieme alle sue guardie del corpo, per raggiungere l'infermeria presente sulla nave. Nel frattempo Revy e Rock andarono nella cabina della Black Lagoon, per controllare le condizioni dei loro compagni.
Una volta aperta la porta, i due trovarono Dutch svenuto vicino al timone, mentre Benny si trovava qualche metro più indietro, vicino alle scale che portavano alla stiva inferiore. Ci misero un po' a riprendersi, ma dopo qualche richiamo entrambi riaprirono gli occhi.
«Ah, Mi gira la testa...» lamentò Benny, aggrappandosi al corrimano.
«Cos'è successo qui?» domandò Revy, mentre Dutch si rimetteva in piedi.
«Qualcuno deve aver lanciato un gas soporifero o qualcosa del genere qui dentro» accennò il mercenario di colore. «Avete visto chi è stato?»
«Sì!» esclamò la ragazza, ancora arrabbiata. «Due tizi sono saliti sulla barca e ci hanno fregato la merce da sotto il naso! Ma se li riprendo...»
«E il fumo sulla nave di mister Sung? Mi ricordo che era scattato l'allarme, poco prima di svenire.»
«Era tutto un trucco» spiegò Rock. «In realtà il fumo che proveniva dalla sala motori era prodotto da un particolare meccanismo, che hanno ritrovato qualche minuto dopo. Ci hanno raggirato per bene...»
«Vorrei tanto sapere chi ha fatto tutto ciò» affermò Dutch, mostrando una certa irritazione sul volto.
«Non so quanto sia affidabile, ma Rock dice di aver riconosciuto uno dei tizi che è scappato dalla nave di mister Sung» affermò Revy. «Il bastardo ci ha affiancato, prima di sparire all'orizzonte.»
«E chi sarebbe?»
«Non ne sono sicuro al cento per cento, ma dovrebbe trattarsi di Lupin» disse l'interessato. Davanti a quella risposta, Dutch si irrigidì all'istante, come chi aveva appena sentito una pessima notizia.
«Rock, se quello che hai detto è vero, allora la situazione è più grave di quanto potevo immaginare!»
«Perché?» esclamò Revy, mostrando i suoi dubbi a riguardo. «Questo Lupin è veramente così pericoloso?»
«Dipende dai punti di vista» precisò Dutch. «Lui è solo un ladro, ma è talmente famoso in tutto il mondo che ormai sono anni che l'Interpol gli sta alle calcagna. E ciò potrebbe creare non pochi problemi.»
«In che senso?»
«Segui il mio ragionamento, Revy: se si spargesse la voce che Lupin si trova a Roanapur, nel giro di poche ore potremmo trovarci non so quanti agenti proprio a casa nostra! Non credo che Balalaika farebbe i salti di gioia, vedendoli!»
«Già, è vero! La sorellona non ama sorprese di quel tipo» commentò Revy.
Velocemente il capo della Black Lagoon si mise in contatto con Balalaika, per informarla su ciò che era accaduto quel pomeriggio. Nel frattempo la barca si mise in moto e ripartì per tornare al più presto il porto di Roanapur.

Dopo una fuga durata diversi minuti, i due gommoni scappati dalla nave di mister Sung si ritrovarono su una piccola isola sabbiosa, distante solo qualche chilometro da Roanapur. Lì ad attenderlo c'era il suo socio in affari Jigen, riconoscibile dal suo abito completamente nero, e accanto a lui una splendida donna dai lunghi capelli castani e dalle forme abbondanti. Si chiamava Fujiko e appena vide il ladro dalla giacca rossa non sembrò molto felice di vederlo. Il suo malumore fu palese quando si avvicinò a Lupin, che per qualche secondo rimase immobile sulla spiaggia.
«Che c'è, chéri?» domando, vedendo la donna così agitata. In risposta Fujiko gli tirò un tremendo schiaffo in faccia, che a momenti fece perdere l'equilibrio al noto ladro.
«Sei un bugiardo!» gli gridò. Si sentiva così offesa che per disprezzo gli diede le spalle, senza mostrare il suo volto pieno di rancore. Alla vista di quella scena, che ormai aveva visto fin troppe volte, Jigen sbuffò e si mise a scuotere la testa.
«Cos'è successo stavolta?»
«Il tuo caro amico mi aveva promesso di regalarmi un costoso gioiello... e invece guarda cosa ci ritroviamo tra le mani!» rispose Fujiko, indicando le casse da poco rubate. Al loro interno erano visibili una gran quantità di fucili d'assalto e di altre armi con cadenza di fuoco automatico, che dovevano finanziare il mercato illegale di mister Sung. Erano tutte di ottima fattura, come appena uscite dalla fabbrica.
«Ma Fujiko, stammi a sentire! Ti posso spiegare tutto!» affermò Lupin, cercando di far ragionare la donna. Ma fu tutto inutile, perché quest'ultima salì a bordo di uno dei gommoni e a tutta velocità lasciò i due uomini sull'isola. Vedendo Fujiko andarsene in quella maniera, il ladro diventò così triste che rimase immobile per diversi secondi, con la mano allungata in avanti mentre ripeteva, con voce depressa, il nome di quella donna. Non potendo sopportare più quella specie di piccola tragicommedia, che si ripeteva ormai da chissà quanto tempo, Jigen decise di rimettere in sesto il suo socio con un vigoroso strattone.
«Stammi a sentire, Lupin: vuoi continuare col tuo piano o no?» Dopo aver sentito quella domanda, il ladro dalla giacca rossa riprese il controllo di se stesso.
«Ma certo, Jigen!»
«Anche dopo quello che abbiamo combinato su quella nave? Adesso avremo addosso tutta la mafia russa presente a Roanapur!»
«Lo so benissimo! Era tutto previsto dal mio piano!»
«Quindi hai ancora in mente di rubare quel gioiello? Per me è una follia!»
«Non preoccuparti Jigen! Se anche Goemon farà la sua parte, tutto andrà per il meglio! Fidati!»
Il pistolero non sembrava molto convinto, nonostante le continue rassicurazioni di Lupin. Stavolta si trovavano in una posizione assai scomoda.
«Per me sei troppo ottimista... ti sei informato su chi abbiamo come avversari?»
«Come sempre! Il boss del cartello russo è una certa Balalaika, ex-militare dell'esercito sovietico che ha combattuto in Afghanistan. Al suo comando ci sono ancora molti suoi sottoposti, oltre che a molti mafiosi...»
«Saprai anche che il loro boss è una donna spietata, che non si fa molti scrupoli davanti al nemico. Non ci conviene scherzare con quella gente, Lupin.»
«Lo so! Ma adesso che ho attirato la sua attenzione, vediamo quale sarà la sua prossima mossa... forza Jigen, andiamo!»
«E dove?»
«A Roanapur! Ricordati che siamo solo a metà del mio piano!»
«Di male in peggio!» commentò il pistolero, sistemandosi il suo capello nero, da cui non si separava mai. «Avrei dovuto rifiutare di venire qui... ma a questo punto non posso più tornare indietro, vero?»
«Ben detto, Jigen!»
Una volta scaricate le casse dal gommone, abbandonandole in mezzo alla boscaglia, i due uomini partirono in direzione di Roanapur. Avrebbero viaggiato il più vicino possibile alla costa, in modo da rimanere nascosti per un po' di tempo.
Durante l'attraversata in mare aperto, Jigen ripensò all'oggetto che era diventato il nuovo obiettivo di Lupin. Tormentato dai dubbi, il pistolero domandò al suo amico se valeva veramente la pena di rischiare così tanto per una perla. Come gli spiegò Lupin, per l'ennesima volta, quel gioiello che voleva rubare non era un oggetto qualsiasi, tutt'altro! Non solo era appartenuta agli ultimi re del Siam, ma era anche una delle perle più grandi mai ritrovate sul fondo del mare, aveva all'incirca il diametro di una pallina da ping-pong. Inoltre aveva una colorazione rosea, che la rendeva un gioiello quasi unico nel suo genere. L'unica nota stonata nel racconto di Lupin era la strana maledizione che accompagnava il suo obiettivo: sebbene la perla sia stata rubata più volte nel corso della storia, nessuno era mai riuscito a portarla fuori dalla Thailandia. Ma ciò per Lupin rappresentava solo un'ulteriore sfida, riuscire in un'impresa là dove altri avevano fallito.
Un po' rassicurato dalla sicurezza del suo socio, Jigen gli lasciò i comandi del gommone e con molta calma si accese una sigaretta. Aveva bisogno di prepararsi psicologicamente al grande pericolo che i due uomini stavano per affrontare.


Continua...

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Capitolo 4
*** Un bar poco tranquillo ***


Capitolo 4 - Un bar poco tranquillo


Il giorno in cui Lupin fu catturato da Balalaika, a Roanapur non si parlava d'altro. Nessuno aveva confermato quella notizia, ma, di fatto, le varie voci che circolavano l'avevano fatta diventare quasi ufficiale. L'interesse sull'argomento era tale che ben presto in città giunsero molti curiosi, tra i quali spiccava uno per il suo comportamento: a differenza degli altri, per tutto il tempo rimase freddo e distaccato, mostrando una calma quasi irreale in quella situazione.
Di origini giapponesi, l'uomo appena arrivato a Roanapur era vestito in maniera particolare: indossava un kimono azzurro, un paio di pantaloni blu e dei sandali, tutti rigorosamente tradizionali. Sulla sua mano destra stringeva un basIltone, che in realtà nascondeva una lama molto affilata. Si trattava di Goemon, l'ultimo elemento della banda Lupin, che si era messo in viaggio appena gli fu possibile.
Lo spadaccino arrivò al porto la notte in cui il ladro era stato catturato e quasi subito si mise alla ricerca di Jigen. Lo trovò, quasi un'ora dopo, all'interno di un noto locale della zona, chiamato "Yellow Flag". Facendosi largo tra la clientela del bar, la cui maggior parte erano dei tizi poco raccomandabili, alla fine Goemon rivide il pistolero. Era seduto in una zona appartata del locale, con davanti a sé un bicchiere vuoto. Al suo interno vi erano rimasti solo alcuni cubetti di ghiaccio, segno che in precedenza aveva bevuto qualcosa di forte. Sembrava molto pensieroso e allo stesso tempo fissava in continuazione il bicchiere, come se fosse tormentato da qualche dubbio. Con molta discrezione, Goemon gli si avvicinò e si sedette di fronte a lui.
«C'è stato qualche problema, Jigen?»
«Sì. Un paio di imprevisti che non avevamo considerato...» rispose il pistolero. Mentre parlava, lo spadaccino notò che Jigen si era massaggiato il braccio sinistro. Doveva essere rimasto ferito in qualche scontro, in effetti aveva l'aria di chi aveva subito una brutta batosta.
«E' molto dolorante quel braccio?»
«Non più di tanto. Per mia fortuna, ho trovato un medico che mi ha fasciato le ferite senza farmi troppe domande. Con quello che mi è successo oggi, tutto sommato mi è andata bene...»
Prima di continuare con la sua spiegazione, Jigen si prese un attimo di paura e proprio in quel momento qualcuno, aprendo rumorosamente le porte del bar, attirò l'attenzione di tutti i presenti. Inizialmente era coperto dalla gente presente nel locale, ma appena il nuovo arrivato si presentò al bancone, Jigen e Goemon rimasero senza parole. Il suo impermeabile marrone e il suo cappellaccio erano inconfondibile: non sapevano come, ma l'ispettore Zenigata era già arrivato a Roanapur.
L'uomo di mezz'età, che per Lupin rappresentava una vera e propria spina nel fianco, erano ormai anni che tentava di arrestare il noto ladro, ma nonostante i numerosi fallimenti, era sempre alle sue calcagna o quasi. Appena gli fu possibile, l'ispettore si mise a parlare con il barista e gli mostrò una foto segnaletica di Lupin, iniziando poi a fare domande anche ai suoi clienti. Nonostante i suoi sforzi, nessuno era disposto ad aiutarlo, esattamente come gli era capitato al distretto di polizia di Roanapur. Anche se gli era difficile da ammettere, era chiaro che pure i poliziotti, da quelle parti, erano corrotti.
Per nulla arrendevole, Zenigata continuò ad insistere per avere delle informazioni, ma ad un certo punto fu costretto a fermarsi. Un uomo dal fisico robusto, e piuttosto serio in volto, gli era apparso davanti e gli ordinò, senza mezzi termini, di smetterla con le sue domande. Forse l'ispettore non se n'era accorto, ma Jigen notò che quell'uomo indossava una divisa militare e che molto probabilmente si trattava di un sottoposto di Balalaika. Zenigata si era messo in un bel pasticcio...
Anche se un po' intimidito dall'avvertimento appena ricevuto, l'ispettore lo ignorò e proseguì con le sue indagini, lasciandosi alle spalle il militare. A quel punto l'uomo di Balalaika si arrabbiò e prese un po' di spazio per colpire con un pugno l'ispettore. Zenigata però si era accorto di quella mossa e in lampo gli afferrò il braccio. Poi, usando tutta la forza che aveva, lo sollevò fino a gettarlo contro uno dei tavoli del locale.
Da quel momento in poi nel bar si scatenò un vero e proprio caos, il tutto sotto gli occhi impotenti del barista, che invano tentò di calmare i suoi clienti. Approfittando di tutta quella confusione, Jigen e Goemon uscirono di corsa da una porta secondaria, avendo cura di passare inosservati.

Una volta trovato un luogo sicuro, all'interno di un vicolo, Jigen riprese il suo discorso e raccontò come lui e Lupin erano giunti a Roanapur. Ma appena il pistolero accennò qualche frase, Goemon scosse la testa e con aria amareggiata commentò: «Mi hai deluso, Jigen...»
«Che vuoi dire?» domandò l'interessato.
«Sono passate ore dalla cattura di Lupin e tu non hai fatto niente per aiutarlo. Ti credevo suo amico.»
«Ehi, stammi a sentire! Lui ha deciso di farsi catturare e mi ha ripetuto più volte di non fare niente, finché non avrei ricevuto sue notizie!» replicò Jigen con forza.
«Eh? Vuoi dirmi che Lupin aveva previsto tutto ciò?»
«Sì, più o meno. Glielo avevo detto che potevano esserci altri modi per entrare in quel posto, ma Lupin non mi ha voluto darmi retta... quel testone!»
«Di quale posto stai parlando?»
«Dell'Hotel Moscow. E' lì che si trova la perla che Lupin vuole rubare!»
«Ma se sapevate dov'era la perla, perché non ha usato i soliti metodi per entrare?»
«Per due motivi. Per prima cosa, ci sono troppe persone ben addestrate in quel posto, è più sorvegliato di una base militare. Inoltre dovevamo in qualche modo distrarre il loro capo, Balalaika, e direi che la storia del furto ha funzionato a dovere!»
«Però ancora non capisco perché Lupin abbia voluto farsi catturare così facilmente» commentò lo spadaccino, sollevando qualche dubbio.
«Forse perché non ti ho raccontato un dettaglio fondamentale: Balalaika non sa che dentro il Moscow Hotel c'è la perla che stiamo cercando!»
Solo in quel momento Goemon intuì, a grandi linee, il piano che aveva progettato Lupin per quel furto. Era stato molto temerario a prendere una decisione del genere, ma in fondo faceva parte del suo carattere osare così tanto.
«Capisco. Facendosi catturare per la storia del furto, Lupin ha evitato che Balalaika scoprisse il suo vero obiettivo...»
«Precisamente. Abbiamo saputo che in passato un ladro, per evitare di essere preso con la perla, l'aveva nascosta tra le fondamenta di quello che poi sarebbe diventato il Moscow Hotel. Ma poco dopo è stato arrestato, e ciò ci ha fatto arrivare ad una semplice conclusione: la perla è ancora al suo posto, sepolta da qualche parte nel covo di Balalaika.»
«Speriamo che riesca a trovarla.»
«Io non sono preoccupato se Lupin riuscirà a trovare la perla o no.
Il vero problema è un altro: riuscirà nel suo intento prima che i russi perdano la pazienza? Per lui questa è una dannata corsa contro il tempo...»
Dopo aver spiegato a Goemon perché non era andato a salvare il suo amico, Jigen riprese il racconto che aveva interrotto in precedenza.
Quel pomeriggio, dopo aver abbandonato le casse sull'isola disabitata, lui e Lupin erano entrati nel porto di Roanapur, costeggiando la costa come avevano programmato. Una volta attaccato ad uno dei moli, i due si incamminarono verso la periferia, in direzione di un motel che avevano scelto come rifugio. Ma appena i due uomini uscirono dal porto, Jigen notò qualcosa di strano alle sue spalle: due individui, col volto coperto e dall'aspetto poco raccomandabile, li stavano pedinando. Con un cenno della mano, il pistolero avvertì Lupin del pericolo, prendendolo un po' alla sprovvista. Il ladro dalla giacca rossa, avendo una grossa taglia, sapeva che sarebbe stato rischioso mettere piede a Roanapur, ma di certo non avrebbe mai pensato di diventare un bersaglio appena giunto in città!
Rimanendo calmi e ad una certa distanza dai loro inseguitori, Lupin e Jigen proseguirono la loro camminata per le strade di Roanapur, cercando allo stesso tempo una possibile via di fuga. La loro attenzione cadde su un'automobile nera, che da qualche secondo si era fermata vicino al marciapiede. Era un vecchio modello ormai fuori produzione da anni, ma per quello che avevano in mente di fare andava benissimo.
Senza pensarci su due volte, Lupin tirò fuori il conducente dal sedile e avviò il motore, dando il tempo a Jigen di salire a bordo dalla parte opposta. Appena fu pronto, il ladro dalla giacca rossa schiacciò a fondo il pedale dell'acceleratore, partendo con una vistosa derapata. I due inseguitori, temendo di perderli, tornarono indietro e nel giro di pochi secondi riapparvero a bordo di un potente fuoristrada, pronti a recuperare il tempo perduto sui due fuggiaschi.
Dopo aver superato qualche auto, in poco tempo Lupin si ritrovò fuori dal centro abitato di Roanapur, spingendo più che poteva il veicolo appena rubato. Nel tentativo di seminare i suoi inseguitori, il ladro prese una strada di montagna, nella speranza di trovare un nascondiglio tra le giungla che cresceva attorno alla città. Guidando come un matto su quella via scivolosa e piena di curve, Lupin provò ad aumentare la distanza tra lui e il fuoristrada dei suoi inseguitori, ma all'improvviso si ritrovò davanti un ostacolo. In mezzo alla carreggiata apparve una grossa buca, che occupava quasi tutta la strada, e alla disperata il ladro provò a svoltare per scansarla.
Ma purtroppo non ci riuscì. La macchina, a gran velocità, prese in pieno il fosso e fece un lungo salto, atterrando in maniera violenta qualche metro più avanti. Appena Lupin riprese in mano il controllo dell'auto, si rese subito conto che era inguidabile: le sospensioni aveva ceduto e il semiasse anteriore si era spezzato di netto, causando numerose scintille sull'asfalto. Una volta controllato che il suo compare stesse bene, il ladro dalla giacca rossa abbandonò in fretta e furia l'auto e invitò Jigen a seguirlo mentre si dirigeva verso la giungla. Non era granché come piano, ma in quel preciso istante era l'unica cosa sensata che si poteva fare.


Continua...

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Capitolo 5
*** Un killer per Lupin ***


Capitolo 5 - Un killer per Lupin


Lupin e Jigen, durante la loro fuga in mezzo alla foresta pluviale, non si fecero molte domande su chi potevano essere i due individui che li stavano inseguendo. Forse erano due mercenari assoldati da Balalaika per ucciderli. O magari due avventurieri del posto che volevano riscuotere i soldi sulla taglia di Lupin. Saperlo in quel momento però non aveva molta importanza, a dir la verità...
Attraversare la fitta vegetazione si rivelò più complicato del previsto, si poteva avanzare solo di un paio di passi alla volta, ma alla fine i due fuggiaschi riuscirono a superare la giungla, finendo in uno spiazzo che conduceva ad un promontorio sul mare. Il cielo si stava colorando d'arancione, ormai il tramonto era quasi finito e Lupin si sentì sollevato, osservando l'orizzonte: entro pochi minuti sarebbe scesa la notte e ciò avrebbe sicuramente favorito la sua fuga. Ma all'improvviso i due sentirono delle urla provenire alle loro spalle, abbastanza lontane rispetto alla loro posizione. Sembravano grida di dolore e i due uomini si scambiarono un'occhiata confusa, non riuscivano a trovare una spiegazione a quell'evento. Nonostante il loro nervosismo, Lupin e Jigen decisero di tornare sui loro passi, ovviamente impugnato le loro pistole.
Appena fecero qualche metro, i due ladri impallidirono davanti a ciò che videro: sotto i loro occhi c'erano due cadaveri, immersi in una pozza di sangue che aveva tinto l'erba di rosso. Ad un veloce esame, Lupin capì che i due corpi erano quelli dei suoi inseguitori, un dettaglio che lo agitò non poco. Uno di loro aveva la faccia rivolta verso il basso e la schiena era stata trafitta da numerosi pugnali, come se avesse tentato di fuggire da qualcuno. Il secondo corpo era ridotto in maniera peggiore: era stato decapitato con un colpo secco e preciso, e la testa gli era finita a qualche metro di distanza.
Neanche il tempo di riprendersi da quella orribile scena e all'improvviso un rumore nell'erba mise in guardia entrambi. Doveva esserci qualcuno tra la vegetazione e d'istinto i due uomini tornarono indietro verso la costa. Se era proprio necessario affrontare qualcuno, era meglio farlo in uno spazio aperto...
Lupin e Jigen rimasero appostati fuori dalla vegetazione per un po', fino a quando non videro una figura femminile compare in mezzo alla giungla. Giovane e dai tratti asiatici, indossava un tradizionale kimono cinese rosso, coperto da una leggera giacca bianca. Aveva i capelli neri e lunghi, tenuti insieme da uno spuntone, e in mano teneva due lame ricurve molto affilate, dette kukri, legate tra loro da uno spago. Dal sangue presente sul filo di entrambe le armi, era chiaro che era stata lei ad uccidere i due che stavano dando la caccia a Lupin. Non sapendo quali fossero le intenzioni della ragazza, il ladro dalle origini francesi decise di temporeggiare.
«Salve!» esordì Lupin, con un sorriso di cortesia, quasi fuori luogo in quel momento. «Con chi ho il piacere di parlare?»
«Sei tu Lupin?» domandò la ragazza.
«Oui, c'est moi! In carne e ossa!» rispose il ladro. «Ora che mi sono presentato, potrebbe dirmi gentilmente chi è lei, bella signorina?»
Anche in quella situazione, Lupin riuscì ad essere un gentiluomo.
«Se proprio insisti... il mio nome è Shenhua» rispose la ragazza. Aveva un forte accento cinese.
«Perfetto! Pure una pazza cinese dovevamo avere alle calcagna!» commentò Jigen.
«Taiwanese...» corresse Shenhua, fulminando con lo sguardo il pistolero.
«E da come hai sistemato quei due tipi, devi essere un killer professionista...» affermò Lupin. Poco dopo aggiunse: «Peccato, mi sarebbe piaciuto incontrarti in una diversa circostanza...»
«Ho sempre odiato i cascamorti come te» ribatté Shenhua, alzando una delle sue lame e indicandolo. Stranamente Lupin non sembrava troppo preoccupato della situazione, come se avesse tutto sotto controllo, ma all'improvviso sentì dei passi provenire dalla vegetazione al suo fianco. Con sua grande sorpresa, sbucarono dalla giungla due membri della Black Lagoon, Revy e Dutch.
«Ehi! Che ci fai qui liso flitto?» domandò la mercenaria a Shenhua. Le due ragazze si erano già incontrate in passato, ma non andavano molto d'accordo.
«Non sei l'unica che dai la caccia a Lupin, tloietta...» ribatté la taiwanese.
«Lupin, che facciamo?» mormorò Jigen assai preoccupato. I due appena arrivati erano ben armati: Revy aveva le doppiette usate durante la sparatoria sulla barca, Dutch stringeva tra le mani un fucile a pompa.
«Dividiamoci Jigen! Mi farò vivo io!» affermò il ladro dalla giacca rossa. In un attimo i due uomini si separarono ed entrambi si mise a correre come matti seguendo la linea della costa. Prontamente il killer taiwanese, che si era accorta della mossa di Lupin, inseguì il suo obiettivo, mentre Revy e Dutch si lanciarono all'inseguimento del pistolero vestito di scuro.
Alla disperata ricerca di una via di fuga, Jigen scappò lungo la costa per trovare un varco nella giungla, ma era così folta che era impossibile attraversarla, senza rimanere impigliati nella vegetazione. A quel punto il pistolero decise di proseguire la sua corsa lungo il promontorio, facendo attenzione a non scivolare sulla roccia umida. Superare i vari dislivelli lo faticò non poco, ma dopo un po' fu costretti a fermarsi: era arrivato alla fine della costa, che scendeva a strapiombo sul mare. Senza possibilità di muoversi, Jigen ebbe giusto il tempo di impugnare la pistola, quando Revy lo raggiunse con le doppiette in mano. La ragazza mostrò un feroce ghigno al suo avversario, ma ciò che impressionò di più il socio di Lupin era il suo sguardo. Era spiritato, come se fosse stata posseduta da un demone.
Qualche attimo dopo anche Dutch arrivò sul posto, puntando il suo fucile contro Jigen. «Non ti muovere!»
«Due contro uno. Sono proprio in una brutta situazione...» commentò il pistolero, con una punta di desolazione.
«Puoi ben dirlo!» confermò il mercenario di colore.
«Non intrometterti Dutch!» gridò Revy. «Ho un conto in sospeso con questo bastardo, stai indietro!»
Conoscendo il pessimo carattere della mercenaria, il suo capo preferì lasciargli l'iniziativa. In ogni caso, il robusto uomo di colore rimase nelle vicinanze, pronto ad intervenire se necessario.
Rimasti uno di fronte l'altra, Jigen e Revy si scambiarono un'intensa occhiata, creando un'atmosfera degna di un film western. Con le spalle al muro, il compagno di Lupin iniziò a riflettere ad un modo per uscire da quella situazione, anche se non era per nulla facile. Non solo era circondato, ma doveva affrontare un avversario armato di due pistole, che rappresentava un serio problema per lui. Pur essendo molto veloce nell'estrarre l'arma e prendere la mira, in quella situazione Jigen non avrebbe mai potuto tenere il passo di Revy, che aveva una cadenza di fuoco doppia rispetto alla sua. Inoltre lo sguardo della ragazza lo aveva un po' intimorito, era da molto tempo che non accadeva una cosa del genere...
I duellanti rimasero immobili per diversi secondi, dando l'impressione che il tempo si fosse congelato. Nessuno sembrava prendere l'iniziativa, ma all'improvviso Jigen fece la prima mossa. Non potendo uscire illeso da quello scontro, provò almeno a limitare i danni, sperando che quel giorno la fortuna fosse dalla sua parte.
Il pistolero vestito di nero sollevò il braccio e in un istante prese la mira per sparare verso sinistra. Quasi in contemporanea Revy rispose al fuoco, ma in quell'attimo sentì un inteso bruciore alla mano destra. Jigen aveva centrato in pieno una delle pistole, ma non poté far nulla per bloccare l'altra, che sparò nella sua direzione. Per il dolore, Revy tolse lo sguardo dal pistolero per qualche secondo, ma appena riaprì gli occhi, scoprì che Jigen era scomparso.
Leggermente spaesata e con una sola pistola in mano, la mercenaria si guardò attorno e solo in quel momento Dutch la raggiunse, per raccontarle ciò che era accaduto. La ragazza aveva sparato al braccio sinistro di Jigen, che a causa del colpo subito aveva perso l'equilibrio, finendo per cadere in mare. Sentendo quelle parole, Revy fece uno scatto e raggiunse la costiera, guardando attentamente verso il basso. C'erano poche possibilità che Jigen fosse sopravvissuto ad un volo del genere: il dislivello era veramente molto alto e il mare in quel punto era profondo e disseminato di scogli.
Sebbene la mercenaria avesse vinto il duello, non era per nulla contenta in quel momento. Prima di sparargli, lo voleva vedere dritto negli occhi, ma avendo quel maledetto cappello nero calati sugli occhi, Revy non era riuscita a capire fino in fondo il suo avversario. E ciò l'aveva innervosita non poco, ma a farla rimanere calma ci pensò Dutch, che le ricordò che aveva ancora un compito da svolgere: acciuffare Lupin.

Tornando indietro sui loro passi, i due mercenari della Black Lagoon costeggiarono il promontorio e si misero alla ricerca del ladro dalla giacca rossa, seguendo la via in cui era scappato in precedenza. Dopo aver camminato per un po', Revy e Dutch iniziarono a scendere lungo un sentiero ghiaioso, che conduceva ad una piccola spiaggia piena di scogli. Non c'era nessuno da quelle parti, l'unico rumore che si sentiva era quello delle onde, che con forza si infrangevano contro le rocce.
Sospettando che Lupin fosse più avanti, i due mercenari proseguirono nella loro avanzata, lungo una via disseminata di sassi bianchi. Le ricerche proseguì per un po', ma ad un certo punto Revy, da lontano, intravide una figura a lei familiare. Era Shenhua, che comodamente seduta su uno scoglio, si stava rifacendo il trucco. Percorrendo velocemente la distanza tra lei e il killer professionista, Revy la raggiunse e si mise al suo fianco, dopo aver scavalcato un paio di dislivelli.
«Ehi, liso flitto! Dov'è finito Lupin?»
«E' lì dietro. Non credo che avrà la forza di scappare...» rispose Shenhua, finendo di truccarsi.
Lupin era steso a faccia in giù non molto distante dalla taiwanese, praticamente immobile. Aveva una lama conficcata dietro la schiena, ma per sua fortuna non era una ferita grave. Ma era abbastanza profonda da provocargli un dolore allucinante, che gli impediva di fare qualsiasi movimento. Vedendo quella scena, a suo dire pietosa, Revy puntò le sue pistole su Lupin e decise di rendere meno amara la sua agonia. La mercenaria stava ormai per premere il grilletto, quando all'ultimo secondo si accorse che Shenhua gli era giunta alle spalle, puntando i suoi kukri a pochi centimetri dalla gola. Infuriata per quel gesto, Revy lentamente si voltò verso il killer.
«Che cazzo stai facendo?» urlò, gettando un'occhiataccia verso la taiwanese.
«Stammi a sentire, tloietta! Mi pagheranno un mucchio di soldi se glielo porto ancora vivo...ed io li voglio, chiaro?» spiegò Shenhua, minacciandola. Per evitare che la situazione degenerasse, a quel punto intervenne Dutch.
«Revy! Evitare di compiere una delle tue solite stronzate e stammi a sentire!» avvisò il mercenario di colore. «Forse è meglio lasciarlo in vita, per il momento. Non credo che Balalaika si arrabbierà se glielo portiamo abbastanza integro... anzi! Potrebbe esserci grata per ciò!»
Convinta di più dalle parole di Dutch, che dalla velata minaccia di Shenhua, Revy ripose le armi e tirò un lungo sospiro per la delusione. Ma prima che il suo capo prendesse in custodia Lupin, la ragazza con le doppiette si avvicinò al ladro e sussurrandogli in un orecchio gli disse: «Oggi è stato il tuo giorno fortunato...»
In risposta, Lupin lentamente si voltò verso di lei e gli fece un sorriso beffardo, come per sottolineare che in qualche modo aveva fregato tutti i presenti. Infuriata per quella reazione, Revy gli tirò un tremendo cazzotto in pieno volto, talmente forte che Lupin svenne sul colpo.


Continua...

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Capitolo 6
*** Pochi minuti prima dell'alba ***


Capitolo 6 - Pochi minuti prima dell'alba


Una volta catturato e reso inoffensivo, Lupin fu subito portato nel covo di Balalaika, che immediatamente lo interrogò sui fatti accaduti quel pomeriggio. Usò dei metodi poco ortodossi per estorcere le informazioni dal ladro dalla giacca rossa, che però riuscì a resistere alle torture. Arrivato ad un punto morto, il capo del cartello russo decise di rinviare l'interrogatorio, ma solo perché aveva dei dubbi su tutta quella faccenda. Non riusciva a spiegarsi perché Lupin, noto per aver sempre rubato perlopiù oggetti di grande valore, si fosse di colpo interessato al traffico di armi. Inoltre aveva commesso il furto di giorno, correndo un rischio a suo giudizio enorme e allo stesso tempo inutile. Non volendo prendere una decisione affrettata, Balalaika decise di imprigionare Lupin nel suo covo, rinviando per il momento ogni decisione.
Qualche ora più tardi, la donna di origine russa ricevette due telefonate assai importanti: la prima era indirizzata per Shenhua ed era da parte del suo misterioso committente. Quest'ultimo, informato della cattura di Lupin, era pronto a pagare la taiwanese, che senza perdere altro tempo si preparò per ricevere il suo ricompenso. La seconda telefonata invece era per Balalaika e riguardava il carico di armi perso nel pomeriggio: grazie ad una segnalazione anonima, erano state ritrovate e presto sarebbe tornate nelle mani dei russi.
Giunti a quel punto, il capo del cartello russo doveva solo decidere se disfarsi o no di Lupin, ma non era una scelta facile. Se lo avesse eliminato, di sicuro Roanapur si sarebbe riempita di agenti dell'Interpol, ma ciò non sembrava preoccupare più di tanto Balalaika. Il vero problema per lei era capire perché Lupin si era messo in mostra in quel modo, era un dubbio che la stava tormentando già da diverse ore...

Finito di raccontare gli eventi accaduti quel pomeriggio, Jigen si allontanò dal bar e insieme a Goemon percorsero una strada laterale. Poco distante da lì, c'è un modesto motel, dove il pistolero in precedenza aveva affittato una camera per lui e Lupin. Il posto non era granché, gli ambienti erano spogli e logori, ma come rifugio temporaneo era accettabile.
Appena i due si accomodarono nel monolocale, Jigen ricevette una chiamata dalla radiotrasmittente che aveva con sé nella giacca. Dopo averla messa su un tavolino e allungato l'antenna, fu pronto a ricevere il messaggio. Il pistolero si sentì sollevato, appena sentì la voce di Lupin via radio.
«Scusate il ritardo mes amis, ma ho avuto un imprevisto» accennò il ladro, riferendosi all'incontro con Rock. Per non farsi beccare dai russi, Lupin aveva nascosto un piccolo trasmettitore in un dente finto. Non era la prima volta che ricorreva ad un trucco del genere...
«Come ti senti?» domandò Jigen, cercando di nascondere la preoccupazione per l'amico in difficoltà
«A pezzi, mon ami!» rispose Lupin sospirando. «Però devo ammettere che sono stato fortunato...»
«Che vuoi dire?»
«Non tutti i giorni vengo inseguito da ragazze come quella taiwanese... e non voi parlare di quella pistolera un po' folle? Però è un po' troppo aggressiva per i miei gusti. Preferisco una donna come Balalaika: sarebbe l'ideale, oserei dire che mi sono innamorato di lei...»
Come al solito, Lupin continuava a fare il donnaiolo, anche in quella situazione così delicata e pericolosa. Arrabbiato per il comportamento del ladro, la risposta di Jigen fu quasi immediata.
«Vuoi smetterla di fare il cretino! Non mi sembra il momento adatto!»
«Rilassati Jigen! Non c'è motivo di arrabbiarsi...»
Usando quelle parole, Lupin volle dimostrare ai suoi compari di avere il pieno controllo della situazione, nonostante fosse ancora rinchiuso in cella. Avendo una vaga idea sul perché il ladro fosse così sicuro di sé, lo spadaccino intervenne nella conversazione via radio.
«Hai già recuperato la perla?»
«Sì, Goemon!» rispose Lupin, facendo un largo sorriso. «La tengo proprio adesso in mano, è stupenda!»
Per uno come lui, ritrovare il gioiello fu quasi una passeggiata.
La perla era nascosta dietro un mattone di pietra, situato all'interno della sua cella. Nonostante il buio presente, Lupin la recuperò nel giro di pochi minuti, dopo aver trovato su una delle pareti una sporgenza anomala.
«Meno male che le informazioni era giuste!» commentò Jigen, contento per la notizia appena ricevuta.
«A questo punto devo "solo" uscire da qui!» disse Lupin, con tono ironico.
«Se sei pronto, allora io vado al punto prestabilito. Ci risentiamo più avanti.»
«Meglio che ti sbrighi! E' da un po' che non sento più parlare i russi e questo non è affatto un buon segno...»
«Farò più in fretta che posso, Lupin!»
«Hai preso tutto l'occorrente, vero Jigen?»
«Certo! Lo sai che puoi fidarti di me per queste cose!»
«Posso rendermi utile in qualche modo?» chiese lo spadaccino.
«Per te Goemon ho in serbo un lavoretto un po' particolare. Ti spiegherà tutto Jigen.»
Appena sentì quelle parole, il pistolero andò a prendere una valigetta nera che aveva messo da parte, che consegnò a Goemon assieme ad un biglietto. Su quel pezzo di carta era indicato un luogo poco fuori Roanapur, dove lo spadaccino avrebbe effettuato una consegna. Prendendo in mano la valigetta, Goemon capì che era stata riempita fino all'orlo di soldi, erano quelli che Lupin aveva rubato poche ore prima in banca.
«Ma il vostro obiettivo non era solo la perla?» domandò.
«Sì» rispose Jigen. «Ma questi ci servono per fare uno scambio...»
«Ho capito» disse lo spadaccino. «Dopo aver fatto questa consegna, dove ci incontriamo?»
«Al porto. Sotto un telone abbiamo nascosto una barca, abbastanza veloce da portarci fuori da Roanapur in poco tempo.»
«Ah, un'ultima cosa Jigen» chiese Lupin, prima di chiudere la trasmissione.
«Che vuoi sapere?»
«Sai dirmi che ore sono? In questa cella è così buio che ho perso la cognizione del tempo!»
«Immagino. E' quasi l'alba, ma fuori è ancora buio.»
«Merci!»
Chiuso il collegamento, Lupin lanciò un'occhiata verso la porta, per controllare se le guardie avessero sentito o notato qualcosa di sospetto. Non vedendo strani movimenti di fronte alla cella, il ladro pensò di esserla cavata e a quel punto iniziò a riflettere sul percorso per uscire da lì.
L'unica uscita da quel sotterraneo era la botola presente in fondo al corridoio, ma prima doveva recuperare la sua pistola. Gli era stata sottratta quando era arrivato all'Hotel Moscow, ma per sua fortuna l'aveva già ritrovata. Era custodita all'interno di una scatola metallica in mezzo al corridoio, di fronte alla stanza dove aveva incontrato Rock. Dovendo scappare in quella direzione, non sarebbe stato un problema riprenderla.
Dopo averci pensato a lungo, Lupin capì che l'unico punto debole del suo piano era quando avrebbe raggiunto la botola: se qualcuno l'avesse bloccata proprio in quel momento, non avrebbe avuto via di scampo. Ma in caso contrario, una volta superata poteva sfruttare diverse alternative per proseguire la sua fuga verso l'esterno. Poteva sembrare un piano relativamente semplice, ma il ladro doveva considerare che aveva di fronte una donna come Balalaika, un avversario tutt'altro che da sottovalutare. Aveva grandi doti di comando e inoltre era veramente spietata, i suoi metodi poco ortodossi avevano messo in seria difficoltà Lupin, che a fatica aveva resistito al primo interrogatorio. Non poteva commettere errori, una semplice distrazione poteva risultargli fatale, ma il ladro dalla giacca rossa si sentiva ottimista per la riuscita del suo piano. D'altronde, se c'era una persona che poteva riuscire in una fuga del genere, quella era proprio lui!
Finito di ragionare, Lupin si alzò dal letto e si avvicinò alla porta, chiedendo ad una delle guardie se poteva accendergli l'ultima sigaretta. Lo disse con un tono di voce così sfiduciato che diede l'impressione di essersi arreso, come un condannato a morte in attesa dell'esecuzione. Era stato così bravo a fingere che le guardie accettarono senza problemi la sua richiesta, continuando quella farsa anche nei minuti successivi. In realtà Lupin si stava solo preparando per mettere in atto il suo piano di fuga, aspettando comodamente arrivo di Jigen. Ma mantenere la calma in quel momento non era per nulla facile: nel sotterraneo si era creato un silenzio così surreale da mettere i brividi, come se quel posto fosse stato abbandonato da anni.

Una volta preparato tutto il necessario, Jigen si incamminò verso l'Hotel Moscow, portandosi sulle spalle un pesante zaino nero. Durante il tragitto, il pistolero rimase un po' sorpreso nel vedere che non c'era nessuno nei paraggi. A quell'ora le strade di Roanapur erano completamente vuote, chi era uscito per ubriacarsi o a divertirsi con qualche prostituta, adesso era sicuramente andato a dormire. Ma nonostante tutta quella calma apparente, Jigen preferì prendere la via più lunga per raggiungere il covo dei russi. Non voleva correre rischi inutili, ne aveva già affrontati fin troppi, da quando era arrivato in città.
Qualche minuto dopo il compare di Lupin, con molta astuzia, riuscì ad arrivare a poche decine di metri dall'Hotel Moscow, fermandosi in una posizione leggermente rialzata. E dopo aver trovato riparo dietro un muro di mattoni, per qualche secondo Jigen puntò lo sguardo verso l'orizzonte, dove il sole stava per sorgere. Come previsto, la fuga di Lupin sarebbe stata all'alba.


Continua...

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Capitolo 7
*** Rivincita ***


Capitolo 7 - Rivincita


Più o meno nello stesso momento in cui Jigen arrivò a poca distanza dall'Hotel Moscow, Goemon stava per raggiungere a piedi il luogo indicatogli nel biglietto. Per maggior sicurezza, lo spadaccino per tutto il viaggio tenne la valigetta con la mano sinistra, in modo da recuperare velocemente la spada in caso di attacco. Uno stratagemma molto utile, soprattutto se si ignorava l'identità della persona da contattare.
Quando Goemon arrivò nei pressi di una spiaggia sabbiosa, il cielo era ancora buio e pieno di stelle, ma nel giro di pochi minuti il sole si alzò oltre l'orizzonte. I suoi caldi raggi illuminarono l'intera costa e lo spadaccino fu costretto, per qualche secondo, a rallentare il passo. Doveva far abituare i suoi occhi al cambiamento di luce e col passare del tempo iniziò a distinguere i vari elementi del paesaggio, come gli alberi presenti alla sua sinistra o le conchiglie vicino ai suoi piedi.
Superato quel breve momento di difficoltà, Goemon percorse velocemente la spiaggia e ad un certo punto vide in lontananza una piccola grotta semisommersa dal mare. Era la stessa descritta nel biglietto di Jigen, non aveva dubbi a riguardo. Essendo arrivato a destinazione, lo spadaccino si guardò attorno e poco dopo notò una figura seduta su un masso, non troppo lontana dalla sua posizione. Sembrava che stesse aspettando proprio lui, così Goemon con passo sicuro gli si avvicinò. Rimase un po' sorpreso quando incontrò la persona a cui doveva consegnare i soldi: era una ragazza di chiare origini orientali, la stessa che aveva incontrato Lupin il giorno prima, Shenhua.
«Oh! Finalmente sei arrivato...» accennò la ragazza, alzandosi in piedi. «Ci sono tutti?»
Rimanendo impassibile, Goemon consegnò la valigetta a Shenhua, che immediatamente la aprì per verificare se la cifra fosse quella pattuita.
«Tu devi essere Goemon Ishikawa...» commentò il killer, sfogliando una mazzetta di banconote.
«Sì, sono io.»
«Sei uguale a come mi avevano raccontato, freddo e distaccato. Il tuo nome è ancora famoso nel nostro ambiente, lo sapevi?»
In effetti Goemon, prima di incontrare Lupin, era stato addestrato per essere un perfetto assassino, quindi non c'era da sorprendersi se la ragazza lo conosceva per sentito dire.
Finito di contare i soldi, Shenhua chiuse la valigetta e poco prima di andarsene si lasciò scappare un commento, quasi sorridendo. «E' stato l'incarico più assurdo della mia vita!»
«Che vuoi dire?» chiese Goemon.
«E' la prima volta che un cliente mi paga per essere catturato! Quel Lupin è veramente matto!»
«Se era così assurdo, perché hai accettato il lavoro?»
«Semplice! Per i soldi!»
Qualche minuto dopo Shenhua sparì in mezzo alla giungla, con la valigetta piena di soldi in mano. A quel punto Goemon, per nulla sorpreso dalla risposta data dalla taiwanese, tornò indietro, per dare una mano a Lupin per la sua fuga da Roanapur.

Era da poco passata l'alba e di colpo nel sotterraneo dell'Hotel Moscow si avvertì un rumore metallico, qualcuno aveva aperto la botola dal piano superiore. Era stato uno dei sergenti di Balalaika, che con passo spedito andò verso la cella di Lupin. Sebbene avesse ancora dei dubbi sull'intera faccenda, alla fine il capo del cartello russo aveva deciso di eliminare il suo prigioniero. L'ordine fu dato con molta freddezza, ancora una volta Balalaika dimostrò di essere una donna molto cinica.
Dopo aver fatto il saluto militare al suo superiore, una delle guardie lasciò la sua posizione per recuperare le chiavi della cella. Ma appena le prese in mano, una forte esplosione fece tremare l'intero sotterraneo per qualche secondo, creando non poca agitazione tra i presenti. Subito dopo una seconda esplosione colpì nuovamente l'Hotel Moscow, che per fortuna era abbastanza robusto per resistere ad un botto del genere. Un po' stordito, il sergente di Balalaika urlò al sottoposto di aprire subito la cella di Lupin, temeva che il ladro stesse tentando di fuggire usando dell'esplosivo. Ma appena la porta fu spalancata, il sergente e le due guardie rimasero stupefatti nel vedere che tutto era rimasto intatto. Non c'erano buchi o fessure sulle pareti, ma il dato più preoccupante era che Lupin era sparito, senza lasciare alcuna traccia. E fu in quel momento che il noto ladro, ben nascosto sotto il soffitto, ne approfittò per prendere tutti e tre gli uomini alla sprovvista.
Aggrappandosi ad un asse di legno prima delle esplosioni, Lupin si gettò contro i suoi avversari, mettendoli tutti al tappeto con un colpo solo. Lo stragemma usato dal noto ladro aveva funzionato alla perfezione: per simulare che Lupin stesse scappando usando dell'esplosivo, Jigen aveva iniziato a bombardare l'Hotel Moscow con un mortaio. Sentendo tutto quel frastuono, le guardie di Balalaika avrebbero aperto senza indugi la porta della cella, proprio quello che voleva il ladro dalla giacca rossa. Era un vecchio trucco, ma funzionava sempre...
Libero di andarsene, Lupin uscì di corsa dalla cella e velocemente recuperò la sua pistola, insieme a qualche proiettile. Poi, facendo un altro scatto, il ladro si aggrappò alla scaletta che portava alla botola e in un attimo la risalì. Appena arrivò al pian terreno, Lupin sentì un forte rumore vicino a sé, alcuni sottoposti di Balalaika stavano per raggiungere la sua posizione. Per non ritrovarsi circondato, alla disperata il ladro dalla giacca rossa si gettò fuori da una finestra, atterrando all'esterno dell'edificio. Una volta rimesso in piedi, chiamò per l'ultima volta Jigen, consigliandogli vivamente di andarsene da lì al più presto. Ricevuto il messaggio, il pistolero rimise lo zaino in spalla e in fretta e furia abbandonò la sua postazione.

Come previsto dal loro piano, ora Lupin e Jigen dovevano raggiungere la barca che avevano nascosto nel porto di Roanapur, sotto un pesante telone nero. Ma per farlo, i due scelsero di prendere due strade diverse: il ladro dalla giacca rossa decise di correre direttamente verso la zona costiera, gli uomini di Balalaika era alle sue calcagna, mentre il pistolero preferì far perdere le proprie tracce passando per qualche vicolo. Non potendo correre a causa del pesante carico sulle spalle, Jigen cercò di evitare ogni possibile scontro allungando la strada tra sé e il porto.
Dopo aver corso per diversi minuti, il socio di Lupin si fermò nei pressi di una piazzetta, per riprendere un po' di fiato e controllare se stava proseguendo nella direzione giusta. Verificato ciò, il pistolero riprese a camminare, ma appena fece qualche passo sentì un rumore a lui molto familiare. Qualcuno, nascosto in una via laterale, aveva sparato un proiettile contro Jigen, che d'istinto si era gettato dietro un muretto per evitare di essere colpito. Dopo aver velocemente recuperato la sua arma, il pistolero con molta calma si affacciò di lato, per capire chi lo aveva preso di mira. Quando la vide arrivare nella piazzetta, Jigen rimase senza parole: era Revy, la ragazza che gli aveva sparato il giorno prima sulla scogliera. Come la volta precedente, il suo sguardo sembrava quella di una posseduta, ma stavolta sfoggiava un largo sorrido, come se provasse un senso di piacere nell'aver rivisto quell'uomo vestito di nero.
«Ero sicura che non eri morto cadendo in mare!» esclamò a gran voce. «Devo ammettere che sono quasi felice di rivederti!»
«Io lo sono un po' meno...» ribatté Jigen.
«Mi hanno detto che tu e il tuo socio avete fatto un bel po' di casino a casa della sorellona... ne avete di coraggio voi due!»
«Scommetto che vuoi la rivincita.»
«Ben detto, bastardo! Voglio vedere il tuo sguardo di terrore sotto quel tuo fottuto cappello!»
Ma Jigen non aveva alcuna intenzione di duellare con Revy, il suo unico pensiero era quello di arrivare sano e salvo alla barca. Nel tentativo di distrarla, il pistolero sparò alcuni colpi verso la ragazza, ma capì subito che non sarebbe stato facile scappare da Revy. Lo zaino gli impediva di correre e ciò non lo favoriva nei movimenti, senza contare che la mercenaria lo teneva sottotiro con una pioggia di proiettili. Jigen non poteva muoversi da lì, ma all'improvviso qualcosa attirò la sua attenzione.
Un vecchio furgone grigio era sbucato da dietro un angolo, finendo per essere coinvolto nella sparatoria tra Jigen e Revy. Usandolo come riparo momentaneo, il pistolero si portò dietro il mezzo e usò il tempo guadagnato per ricaricare la pistola. Ora che la visuale della mercenaria era occupata, aveva l'occasione per ribaltare le scorti del duello...
Infastidita dal furgone, Revy lo superò di slancio e corse incontro al suo avversario, sicura di averlo messo in trappola. Era pronta a sparare, ma di colpo si ritrovò davanti l'uomo vestito di nero, che in rapida successione sparò due colpi di fila. Colta di sorpresa, la mercenaria provò a rispondere al fuoco, ma in un lampo si ritrovò disarmata. Rimase incredula da ciò che era accaduto, le sue pistole erano state centrate in pieno ed erano volate lontano da lei. Erano stati due colpi perfetti, quasi una normale routine per uno come Jigen.
Avendo la situazione in pugno, il pistolero si avvicinò a Revy, che fu costretta a tenere le mani alzate. La ragazza era terribilmente arrabbiata, avrebbe voluto saltargli addosso per strozzarlo, ma Jigen la tenne a bada puntandogli la pistola alla fronte. Era veramente una tipa ostinata, per tutto il tempo fissò il suo avversario senza mostrare al segno di timore.
«Che aspetti? Spara, bastardo!» urlò. Sentendo quelle parole, il pistolero fece un leggero sospiro.
«Proprio una come te dovevo incontrare?» domandò Jigen, con tono desolato. «Però devo riconoscere che hai una buona tecnica. Gestire due pistole allo stesso tempo non è facile, ma in precisione e rapidità sono più bravo di te. Ma col tempo puoi ancora migliorare...»
«Non dirmi certe stronzate!» ribatté Revy, ma subito dopo si bloccò. Aveva sentito muoversi il tamburo della pistola, Jigen era pronto a sparare da un momento all'altro. Per tutto il tempo la mercenaria tenne lo sguardo puntato sul suo avversario, ma ad un certo punto chiuse gli occhi, pochi istanti prima di udire il proiettile uscire dalla canna della pistola.
Nella piazzetta scese di colpo il silenzio, interrotto solo da un veloce rumore di passi. Quando Revy riaprì gli occhi, si accorse che Jigen non c'era più, l'aveva mancata di proposito. Infuriata, la ragazza lo mandò all'inferno, per un momento aveva veramente creduto di morire. Ripresa dallo shock, la mercenaria velocemente recuperò le sue pistole e si mise all'inseguimento di Jigen. Voleva a tutti i costi vendicarsi dell'umiliazione subita.


Continua...

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Capitolo 8
*** Dasvidania Balalaika! ***


Capitolo 8 - Dasvidania Balalaika!


La fuga di Lupin purtroppo non andò come aveva sperato. Arrivato a poca distanza dal porto, il ladro dalla giacca rossa ritrovò Jigen, ma la loro gioia fu di breve durata perché poco dopo rimasero accerchiati dagli uomini di Balalaika. Per non rimanere colpiti dal fuoco nemico, entrambi si nascosero in una palazzina nei dintorni, completamente abbandonata. Erano finiti in trappola, ma per loro fortuna il tetto dell'edificio era piatto e circondato da un solido parapetto, un ottimo punto per tenere a bada gli uomini di Balalaika. Quest'ultimi provarono più volte ad entrare nella palazzina, ma Jigen li tenne lontani lanciando qualche granata, interrompendo per qualche secondo le continue raffiche di proiettili diretti verso i due uomini.
Qualche minuto più tardi arrivò sul posto Balalaika, che rimanendo al sicuro osservò ciò che stava accadendo attorno alla palazzina. I suoi sottoposti non riuscivano ad avanzare di un centimetro e poco dopo fu raggiunta da Dutch, giunto lì dopo aver sentito l'esplosione che aveva fatto tremare l'Hotel Moscow.
«La situazione non è delle migliori» confermò il mercenario di colore, aggiustandosi gli occhiali scuri. «Appena proviamo ad avvicinarci, quelli ci lanciano addosso delle bombe. E sono pure ben nascosti, quei bastardi!»
«Quante ne possono avere?» domandò Balalaika, rimanendo calma.
«Di preciso non lo so, ma non possono averne molte. Quegli affari pesano un bel po', non è comodo portarseli in giro!»
«Se le cose stanno così, allora continuiamo con questa tattica. Sono completamente circondati e prima o poi le finiranno. Hanno i minuti contati...»
Proprio in quel momento arrivò sul posto Revy, ancora arrabbiata per lo scherzetto di Jigen. Appena vide il suo boss, gli domandò dov'era finito il bastardo col cappello calato sugli occhi.
«E' lassù, col Lupin» spiegò Dutch.
«Perfetto! Vado a prendere lui e il suo amichetto dalla giacca rossa...» disse Revy, con un ghigno malefico.
«Come mai ti interessa così tanto il socio di Lupin?»
«Lo voglio morto! Ci siamo scontrati poco fuori l'Hotel Moscow e mi ha umiliato lasciandomi andare, dopo avermi sconfitto... non può passarla liscia!»
«Meglio che rinunci, Revy.» consigliò Dutch. «Se ti vede, non ci penserà due volte a lanciarti una granata addosso! E ricordati che ha un mira fuori dal comune.»
«Lo so! Allora, cosa mi consigli di fare? Aspettare qui dietro l'angolo finché non si stanca di lanciare bombe?»
«Non sarebbe una cattiva idea...» commentò Balalaika, che poi aggiunse: «Prima di stanarlo, devo assolutamente parlare di persona con Lupin: ho ancora una faccenda in sospeso con quel donnaiolo!»
«Eh?!?» esclamò la mercenaria. «Di che stai parlando?»
«E' una questione di principio» ribatté la donna, con un tono di voce molto serio. Nessuno osò dire nulla in risposta, anche se non era ben chiaro cosa avesse in mente di preciso.

Nascosti dietro il parapetto dell'ultimo piano, Lupin e Jigen tenevano sott'occhio gli spostamenti dei loro avversari, che avevano circondato tutto l'edificio. Allo stesso tempo, i due stava pensando ad un modo per uscire vivi da lì, ma non era affatto facile: i tetti dei palazzi vicini erano troppo lontani per essere raggiunti e non c'erano cavi o altri mezzi da usare come collegamento. Almeno in apparenza, ogni via di fuga dalla palazzina sembrava bloccata.
«Pensa a qualcosa... e in fretta!» gridò Jigen al suo socio, mentre rispondeva al fuoco nemico.
«E come faccio a pensare con tutto questo rumore?» ribatté Lupin. Intristito per come era rimasto bloccato, il ladro dalla giacca rossa gettò lo sguardo verso il porto, che si trovava aldilà di una breve strada in discesa. Man mano che osservava quello squarcio di mare, nella mente di Lupin iniziò a prendere forma un piano per uscire da quella situazione. Dopo aver fatto un paio di calcoli a mente, si voltò verso il suo compagno e domandò: «Quante granate ci sono rimaste?»
«Solo quattro! E se finiscono...»
«Lo so Jigen! L'idea di venir riempito di piombo dai russi non mi piace per niente! Ma credo di aver trovato una soluzione!»
«Quale?»
«Forse non te l'avevo detto, ma lo zaino che ti ho dato ha un'altra funzione...»
Ma in quel momento Lupin fu interrotto da Jigen, che lo richiamò a sé tirandolo per la giacca. Per un motivo inspiegabile, di colpo i russi avevano smesso di sparare contro di loro, limitandosi a rimanere nascosti dietro i loro ripari. Non era ben chiaro cosa stavano facendo, non sembrava un attacco a sorpresa, ma ad un certo punto Lupin capì il perché di quel gesto. Dopo aver gettato un'occhiata oltre il parapetto, il ladro vide Balalaika uscire leggermente dal suo riparo, mentre lo chiamava a gran voce. Lupin rimase un po' stupito da quella scelta, ma senza indugi accettò l'invito del boss russo.
«Oh Balalaika!» esclamò. «Sono contento che ci rivediamo! La prima volta non era stata una visita di cortesia...»
«Lupin, non credi che a questo punto potresti dirmi il vero motivo della tua visita a Roanapur?»
Davanti a quella scena Revy rimase spiazzata, a suo dire quel discorso non aveva alcun senso. Al contrario, Dutch preferì aspettare la risposta di Lupin, che arrivò nel giro di pochi secondi.
«Lo sapevo che era una donna intelligente! E davanti ad una richiesta del genere, come posso rifiutarmi!»
Facendo il galantuomo, il ladro alzò lentamente la mano destra, in cui teneva stretta la perla da poco rubata. Balalaika accennò un sorriso appena la vide, ora tutto aveva un senso, mentre Dutch non riusciva a credere ai suoi occhi: era veramente un gioiello di grandi dimensioni. Anche Revy non rimase indifferente a quella vista e tutta entusiasta commentò: «Gliela devo assolutamente prendere... con quell'affare ci posso fare un sacco di bigliettoni!»
Ma il vero scopo del boss russo era un altro. Avendo distratto Lupin con quella domanda, Balalaika fece un gesto con la mano e a sorpresa ordinò ai suoi uomini di entrare nella palazzina. Preso alla sprovvista, Jigen provò a fermarli sparando qualche colpo, ma i russi furono così veloci da entrare nella palazzina senza problemi. A quel punto il pistolero si lamentò non poco con Lupin, colpevole di aver abbassato la guardia, ma il suo socio gli spiegò che era tutto calcolato. Già da qualche minuto il ladro aveva elaborato un piano per scappare dal tetto, ma per metterlo in pratica prima Jigen doveva gettare tutte le granate rimaste all'interno della palazzina. Ovviamente il pistolero protestò, era pura follia una cosa del genere, ma alla fine fu rassicurato da Lupin e decise di mettere in pratica la sua idea.
I russi che fecero irruzione nell'edificio salirono velocemente al primo piano, ma appena imboccarono la seconda rampa di scale si bloccarono di colpo. Sopra le loro teste una tremenda esplosione aveva devastato il piano intermedio, facendo cadere verso il basso una pioggia di frammenti. Per evitare di venir colpiti dalle schegge di cemento, gli uomini di Balalaika tornarono indietro per mettersi in salvo. Quando la pioggia di detriti toccò terra, si sollevò un polverone così denso che costrinse chiunque era nei paraggi a nascondersi, rendendo per qualche secondo la visibilità pari a zero. Quasi per miracolo, la palazzina rimase in piedi, nonostante avesse tremato non poco a causa dell'esplosione.
Quando la polvere si posò al suolo, Revy saltò fuori dal suo nascondiglio e si guardò attorno. Tutto era stato ricoperto da un leggero stato di cemento sbriciolato, lei compresa.
«Ma dove diavolo sono andati a finire?!?» gridò la ragazza.
«Quei due sono dei pazzi! A momenti facevano crollare la palazzina!» affermò Dutch, pulendosi gli occhiali che nel frattempo si erano sporcati.
Immediatamente lo sguardo della mercenaria si spostò sul tetto, ma scoprì con sorpresa che i due ladri erano spariti. Erano letteralmente scomparsi e la faccenda divenne ancora più strana quando notò una figura fluttuare nel cielo, non troppo lontana dalla palazzina. Era un deltaplano nero e di forma triangolare, che lentamente stava procedendo verso il porto. Aggrappati al bilanciere c'erano Lupin e Jigen, che per qualche secondo si voltarono verso i loro inseguitori. Lo zaino aveva una seconda funzione, oltre che a trasportare bombe...
«Arrivederci Balalaika!» esclamò Lupin, alzando un braccio per salutare. «O forse è meglio dire dasvidania!»
«Maledetto bastardo! Non mi scapperai!» gridò Revy, che si mise subito al suo inseguimento.
«E' un personaggio veramente incredibile, vero Balalaika?» domandò Dutch. L'interessata, dopo aversi dato una veloce ripulita, rispose al mercenario di colore.
«Credo proprio di averlo un po' sottovalutato... ma se pensa di scappare, si sbaglia di grosso!»
Mentre Dutch scattò per raggiungere la sua compagna della Lagoon Company, il boss russo riorganizzò i suoi uomini per riprendere la caccia a Lupin. Sebbene il ladro dalla giacca rossa avesse preso un largo vantaggio sui suoi avversari, non tutto era ancora deciso. Balalaika aveva ancora un asso nella manica e lo avrebbe usato al momento opportuno.

Una volta atterrati col deltaplano, Lupin e Jigen ripresero la loro corsa e in breve tempo raggiunsero il porto. Velocemente i due salirono sulla barca, che in precedenza il ladro dalla giacca rossa aveva nascosto, e si prepararono a partire a tutta velocità. In quel momento il mare era un po' agitato, ma non sarebbe stato un grosso ostacolo per allontanarsi in fretta da Roanapur.
Pochi minuti dopo, in un altro punto vicino alla costa, Revy e Dutch salirono a bordo della Black Lagoon, intenzionati a non far scappare l'ex prigioniero di Balalaika. Sorpresi da loro improvviso arrivo, Rock e Benny uscirono dalla cabina e lanciarono subito un'occhiata ai loro compagni: erano visibilmente agitati. Non se lo aspettavano quel ritorno così improvviso, infatti i due erano rimasti sulla barca proprio per evitare di essere coinvolti nella sparatoria.
«Che diavolo sta succedendo?» domandò il giapponese.
«Spostati dalle palle, Rock! Dobbiamo inseguire quel bastardo!» urlò Revy in risposta.
«Chi?»
«Lupin» rispose freddamente Dutch.
«Cosa? Credevo che...»
«E' una storia lunga, Rock! Ti posso solo dire che qualcosa è andato storto!» affermò il mercenario di colore, che subito dopo ordinò a Benny di attivare il radar. Ma appena lo schermò si illuminò, il tecnico non fu contento di ciò che vide.
«Merda!» esclamò a voce alta.
«Cos'è successo stavolta?» domandò Dutch.
«Il puntino al centro del radar deve essere Lupin... ma attorno ci sono altre tre navi che lo stanno per accerchiare!» spiegò Benny.
«E chi sono? La guardia marina?» chiese Rock.
«Non solo. Dalle intercettazioni che sto ricevendo, a bordo ci sono anche agenti dell'Interpol.»
«L'Interpol? Hanno fatto in fretta a trovarlo!» commentò Revy. «E adesso cosa facciamo?»
«Niente!» rispose Dutch nervosamente. «Rimaniamo qui e vediamo come si evolve la situazione... sarebbe un suicidio inseguirlo ora!»
«Ma così se ne vanno sia la perla, sia quell'altro bastardo vestito di nero!»
«Di chi stai parlando Revy?» domandò Rock.
«Del socio di Lupin! Devo assolutamente ucciderlo, mi ha quasi piazzato un proiettile in fronte quand'ero disarmata! Non può passarla liscia!»
«Deve essere stato terribile...» commentò il giapponese, in maniera sincera. «E come ti sei sentita? Credevi di morire? Hai ripensato a tutto quello che è successo nella tua vita?»
«Rock...» accennò la mercenaria molto arrabbiata. «Smettila con queste scemenze o ti affogo con le mie mani! Oggi non è giornata...»
Anche se non avrebbe mai ammesso, in realtà Revy in quel momento aveva temuto seriamente per la sua vita. Ma diversamente da ciò che aveva detto Rock, lei non stava pensando a nulla quando si ritrovò la pistola puntata contro. Nel suo passato non c'erano bei ricordi da rivivere, quindi non c'era motivo di pensare ad una cosa così banale.


Continua...

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Capitolo 9
*** Fujiko colpisce ancora ***


Capitolo 9 - Fujiko colpisce ancora


Nel giro di un batter di ciglio, Lupin e Jigen si ritrovarono di nuovo accerchiati, stavolta dalle imbarcazioni a supporto dell'Interpol. Entrambi rimasero increduli davanti a quella situazione, era la seconda volta che finivano con le spalle al muro! A quel punto il ladro dalla giacca rossa iniziò a sospettare che la maledizione della perla fosse veritiera...
Quando le barche si misero a poca distanza dai due fuggiaschi, un gruppetto di agenti fece la sua comparsa in scena, tra i cui spuntava la figura di Zenigata. L'ispettore, tutto contento e sorridente per la cattura del suo acerrimo nemico, prese subito la parola.
«Come va Lupin? Ti è piaciuto il tuo viaggietto in Thailandia?»
«Direi meraviglioso, anche se è stato un po' movimentato.» rispose Lupin ironicamente. «Complimenti, Zazà! Questa volta sei stato molto veloce a trovarmi! Sei come il vino, migliori col passare del tempo!»
«E' vero, ma stavolta devo ammettere che sono stato aiutato...»
Alle spalle di Zenigata, qualcuno si fece largo tra gli agenti schierati e comparì di fronte a Lupin. Il ladro rimase con gli occhi spalancati quando vide Fujiko davanti a sé. La donna sembrava molto amareggiata, ma più probabilmente stava solo fingendo.
«Sono tanto dispiaciuta, Lupin...» esordì, scendendo sulla barca di Lupin. Davanti a quella scena, il ladro gentiluomo rimase di sasso, non pronunciò alcuna parola.
«Maledetta Fujiko!» mormorò Jigen. «Ce lo dovevamo aspettare da mossa del genere da parte sua!»
«Cerca di capirmi: dopo aver chiamato i russi per la storia delle armi, dovevo mettermi in salvo!» continuò la donna. «Ma per fortuna l'ispettore era nei paraggi e mi ha dato una mano...»
«In cambio della libertà, Fujiko mi ha segnalato la tua posizione Lupin!» affermò Zenigata. «E visto che l'unico modo per scappare da qui è via mare, non è stato difficile tenderti un agguato!»
«Ed ora rispetterà i patti, vero ispettore?»
«Certamente! Uomini, portatemi qui Lupin e Jigen!»
Mentre i due criminali venivano portati a bordo, Fujiko con una mossa fulminea infilò una mano nella giacca di Lupin e gli rubò la perla, senza farsi scoprire da nessuno. Solo il ladro dalla giacca rossa si accorse del furto, ma preferì rimanere zitto. Se Zenigata avesse saputo della perla, l'avrebbe di sicuro sequestrata a Fujiko e ciò avrebbe rovinato tutto il suo piano.
Nel frattempo però Jigen aveva notato un cambiamento sul volto del socio e con discrezione gli si avvicinò per parlargli.
«Che cosa ti prende adesso?»
«Fujiko mi ha appena rubato la perla da sotto il naso...»
«COSA? Dopo tutta la fatica che abbiamo fatto?»
«A dir la verità, sono più preoccupato per lei. Si dice che quella perla porti sfortuna a chiunque tenti di rubarla e in effetti siamo stati beccati per ben due volte durante la nostra fuga!»
«Ah, sciocchezze!» ribatté il pistolero. «Se fossi in te, mi preoccuperei di più della nostra situazione!»
Interrotti dall'arrivo di Zenigata, che mise ad entrambi le manette, Lupin ebbe giusto il tempo di vedere Fujiko partire a tutta velocità con la sua barca, mentre lo salutava con un braccio alzato. Una volta immobilizzati, l'ispettore ordinò ai suoi agenti di portare i due criminali sottocoperta, per tenerli d'occhio durante il viaggio di rientro. Ma all'improvviso uno dei poliziotti, con voce allarmata, iniziò a gridare e puntò il dito verso il cielo: un oggetto misterioso stava volando sopra le loro teste.
La figura apparsa di colpo non era altro che un grosso aquilone intrecciato con due semplici bastoni di legno, dal quale si sganciò Goemon. Una volta atterrato comodamente su una delle barche, immediatamente gli agenti dell'Interpol provarono a fermarlo, ma senza successo. Con alcuni rapidi fendenti della sua arma, lo spadaccino eseguì il suo attacco e divise perfettamente a metà le imbarcazioni che avevano circondato Lupin. Approfittando di quel momento di caos, il ladro dalla giacca rossa si tolse le manette e senza farsi scoprire le mise a Zenigata, in modo che rimanesse attaccato ad uno dei corrimani della barca. Dopo aver liberato il suo socio Jigen, i due raggiunsero il retro e presero una delle scialuppe, sotto gli occhi ancora increduli di Zenigata. Mentre le tre imbarcazioni stavano lentamente affondando, Lupin recuperò Goemon e subito dopo partì a tutto gas verso la costa. Il motore della scialuppa non era molto potente, a dir la verità, ma bastò per allontanare il trio dalla zona di pericolo.
«Goemon, hai fatto un ottimo lavoro! E sei arrivato giusto in tempo!» disse Lupin, tutto contento.
«La puntualità è una dote molto importante...» rispose Goemon, un po' infastidito dal fatto di aver usato la sua spada per qualcosa di poco dignitoso.
«Ora però occupiamoci di Fujiko!» affermò Jigen.
«Perché? Cosa ha fatto stavolta quella donna?»
«Ci ha rubato la perla mentre Zenigata ci stava arrestando!»
«Tipico di quella donna...»
Ora si poteva il problema di rincorrere Fujiko, che nel frattempo stava per uscire dal porto. Sembrava quasi impossibile riprenderla, ma pochi secondi dopo un tremendo botto risuonò in tutta l'area portuale, proprio nella direzione in cui era fuggita la donna. Subito Lupin e i suoi soci si voltarono in quel punto e, assai sorpresi, videro la barca di Fujiko colare a picco a pochi metri dai moli. Non era ben chiaro cosa fosse successo, ma l'occhio attento di Jigen notò un grosso foro su una fiancata, a suo dire molto inquietante. Altrettanto preoccupato lo era anche Lupin, in ansia per le condizioni della donna.
«Oh no! Povera Fujiko, la maledizione della perla ha colpito anche lei!»
«Se l'è andata a cercare...» commentò Jigen scocciato. Con un leggero cenno del capo, Goemon approvò il pensiero del pistolero.
«Come siete cinici!» replicò Lupin. Era una frase quasi paradossale, se si pensava che di solito l'opportunista del gruppo era proprio Fujiko. Jigen ignorò quel rimprovero, non era la prima che capitava una scena del genere, e ad un certo punto il suo sguardo fu attirato da un luccichio proveniente da un molo proprio di fronte a lui. Il pistolero zittì di colpo Lupin quando si accorse di ciò che vide: un uomo di Balalaika, riconoscibile dalla sua vecchia uniforme da militare russo, era appostato con un fucile di grosso calibro, sostenuto da un cavalletto metallico. Solo ora era chiaro il perché la barca di Fujiko era affondata, quell'arma era così potente che avrebbe potuto tranquillamente sfondare l'imbarcazione da parte a parte. A suo giudizio, la donna era stata molto fortunata ad uscirne tutta d'un pezzo, quel fucile era progettato per sfondare anche i mezzi blindati.
Da come si stava muovendo, sembrava che il cecchino di Balalaika fosse pronto a sparare contro la scialuppa, ma Jigen rapidamente si preparò a rispondere al fuoco. Prendendosi qualche secondo per concentrarsi, il pistolero puntò il revolver verso il militare e anticipò il suo avversario. Sebbene la lunga distanza tra i due, il proiettile sparato da Jigen colpì in pieno il mirino del cecchino avversario, che per lo spavento abbandonò l'arma a terra. Anche se non era la prima volta che eseguiva un colpo così magistrale, Lupin rimase meravigliato dal talento del suo socio.
«Complimenti Jigen, fai fatto centro!» commentò il ladro, tirando un sospiro di sollievo. «Ma non avrai esagerato? Hai rischiato di renderlo cieco ad un occhio.»
«E' impossibile trapassare un mirino con un proiettile» ribatté Jigen, parlando da esperto della materia. «Ci sono così tante lenti da sfondare che di sicuro il colpo sarà rimasto bloccato a metà strada. Certe cose si vedono solo nei film...»
Neanche il tempo di riprendere fiato e Lupin venne interrotto dal suono della sua radio trasmittente. Si sentì sollevato quando sentì la voce di Fujiko, che con tono impaurito si era messo in contatto con noto ladro. In qualche modo, la donna era riuscita a raggiungere i moli.
«Fujiko! Cos'è successo?»
«Dannazione! Sono quasi affogata e adesso c'è questa tizia che mi vuole morta!»
«Chi?»
«La pazza isterica con le due pistole! Mi sta inseguendo!»
Sentendo quelle parole, Lupin gettò lo sguardo nella direzione in cui era affondata la barca e vide la mercenaria incontrata durante il suo viaggio a Roanapur. Stava correndo lungo i moli e stava cercando con insistenza la donna che aveva preso la perla. Era visibilmente esaltata, bastava sentire le sue urla per capirlo.
«Resisti ancora un po', Fujiko!» esclamò Lupin. «Tra poco vengo lì a salvarti!»
«Fai in fretta!!!»
Nonostante l'affermazione del ladro dalla giacca rossa, i suoi compagni erano contrari all'idea di salvare Fujiko. Era l'ennesima volta che tradiva il gruppo, ma Lupin ricordò che la donna aveva con sé la perla e che sarebbe stato uno spreco perderla, dopo tutta la fatica che avevano fatto. Solo per quella volta, Jigen e Goemon decisero di fare un'eccezione e accettarono la richiesta d'aiuto di Fujiko.
Cercando di capire meglio la situazione, Lupin si fermò qualche secondo ad osservare la zona vicino all'affondamento, preferiva rimanere cauto nonostante l'emergenza. Senza un attimo di respiro, Revy stava controllando ogni possibile nascondiglio in cui Fujiko poteva essersi nascosta, ma la donna era così astuta che era sparita anche agli occhi di Lupin. Purtroppo non poteva fare altro, ma il ladro rimase un po' sorpreso quando vide una sua vecchia conoscenza inseguire la mercenaria. Era Rock e faticosamente stava cercando di tenere il passo di Revy, che stava correndo come il vento. Non era ben chiaro perché fosse lì, forse per mettere un freno all'entusiasmo della ragazza, ma Lupin trovò quella scena assai divertente.
Dopo aver osservato i movimenti dei due inseguitori, alla fine il ladro dalla giacca rossa espose il suo piano al resto della banda. Per prima cosa, chiese ai suoi compagni di cercare un altro mezzo per la fuga in mare, possibilmente un motoscafo, mentre lui si sarebbe occupato di salvare Fujiko e recuperare la perla. Fatto ciò, si sarebbero ritrovati vicino alla costa per abbandonare, in maniera definitiva, Roanapur. Una volta spiegati gli ultimi dettagli, Lupin e soci scesero a terra e si divisero come programmato.

Raggiunta Revy, nonostante quest'ultima correva come una trottola impazzita, Rock domandò per l'ennesima volta alla mercenaria se poteva rallentare il ritmo. Entrambi sapevano per certo che la perla era stata rubata da Fujiko, avevano assistito alla sua breve fuga dalla Black Lagoon, ma il giapponese temeva che agendo così d'impulso poteva essere un po' rischioso. La ragazza lo zittì immediatamente, aggiungendo che dopo aver visto quella perla, tra le mani di Lupin, era disposta a cercare quella donna ovunque, anche in fondo al mare se necessario.
Continuando con le ricerche, ad un certo punto i due si ritrovarono nella zona vecchia del porto, ormai abbandonata da anni. Tutt'attorno, sistemati alla rinfusa, giacevano diverse casse di legno rinsecchite, intervallate da qualche macchinario arrugginito o dall'erba che stava lentamente sbriciolando il cemento di base. Dopo aver risalito una pedana in leggera pendenza, Revy rallentò il passo e iniziò a guardarsi attorno. Non poteva dirlo per certo, ma il suo sesto senso gli diceva che il suo obiettivo era lì, a portata di mano. Era totalmente concentrata su ogni possibile movimento e all'improvviso vide qualcosa muoversi dietro ad una delle casse. Era un ciuffo castano e pochi attimi dopo vide Fujiko sbucare fuori dal suo riparo, pronta a sparare. Ma la mercenaria fu più reattiva e la ladra fu costretta a spostarsi per evitare il fuoco di Revy. La donna riuscì a mettersi in salvo per un pelo, ma per colpa dello slancio improvviso la perla gli scivolò fuori dai vestiti, rotolando tra le irregolarità del terreno. Accennando un sorriso beffardo, la mercenaria si abbassò e allungando un braccio recuperò la perla al volo, nascondendosi poi dietro una vecchia gru. Con un po' di fortuna, la mercenaria era riuscita nel suo intento, ma Fujiko era così arrabbiata per aver perso la perla che iniziò a sparare all'impazzata contro Revy.
A quel punto la mercenaria avrebbe potuto tornare indietro, ma essendo stata provocata in quel modo, si prese qualche secondo per ricaricare le pistole e poco dopo iniziò un intenso duello con la sua avversaria. Vedendo quella scena Rock, saggiamente, preferì rimanere in disparte e aspettare la fine dello scontro.


Continua...

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Capitolo 10
*** Premio di consolazione ***


Capitolo 10 - Premio di consolazione


Col passare del tempo, Fujiko si rese conto che la situazione stava diventando sempre più critica. Nonostante avesse preso l'iniziativa, ben presto si ritrovò bloccata dietro una grossa cassa, subendo le varie raffiche di proiettili sparate da Revy. Inoltre i posti in cui trovare riparo stavano iniziando a scarseggiare, un altro dettaglio che rendeva quel momento ancora più complicato. La mercenaria non aveva ancora intenzione di dargli tregua, sparava ad ogni cenno di movimento della donna, ma ad un certo punto fu costretta a fermarsi per ricaricare le armi. Era l'occasione d'oro per Fujiko per trovarsi un nuovo riparo e senza indugiare oltre saltò fuori dal suo nascondiglio, correndo su una distesa di schegge sparse un po' ovunque.
Trovata un'altra cassa in cui trovare riparo, la donna decise di chiamare nuovamente Lupin, per incitarlo a muoversi. Sapeva di non avere molto tempo a disposizione, Revy l'aveva ormai messa alle strette.
«Lupin! Ci sei? Mi rispondi?» gridò Fujiko, cercando di farsi sentire in mezzo a quel casino. Il sibilo dei proiettili non gli davano tregua, senza contare le urla insistenti della mercenaria in sottofondo.
«Resisti, chéri! Non sono molto lontano da te!» annunciò il ladro.
«Sbrigati! Questa pazza mi ha quasi colpito!»
«Tu cerca di tenerla occupata ancora un po', io intanto arrivo. Va bene?»
Fujiko non era molto contenta della risposta che aveva ricevuto, ma in quella occasione non doveva arrangiarsi con quello che aveva...
Per guadagnare un po' di tempo, la donna decise di fare una mossa a sorpresa. Dopo aver intuito dove si trovava Revy, saltò fuori dal suo nascondiglio e iniziò a correre verso sinistra, sparando qualche colpo di pistola per tenere a bada la mercenaria. In risposta, Revy la inseguì correndo su una linea parallela a quella di Fujiko, senza mai diminuire la sua cadenza di fuoco. Nonostante avesse rischiato di rimaner colpita più volte dalla sua avversaria, alla fine la donna dai capelli castani riuscì a salvarsi, trovando riparo dietro un vecchio muletto arrugginito. Era stata una corsa così intensa che Fujiko aveva il cuore che batteva a mille quando si fermò per riprendere fiato, se l'era cavata per un pelo.
Appena gli fu possibile, la donna dai capelli castani riprese a sparare contro la mercenaria, costringendola ad allontanarsi di qualche passo. Per rimanergli più vicina possibile, Revy si buttò dietro una cassa metallica, proprio dove Rock in precedenza si era nascosto. Non potendosi fermare di colpo, la mercenaria diede uno spintone così forte al giapponese che quest'ultimo cadde di lato a peso morto, scivolando per qualche metro e finendo vicino ad alcuni teloni abbandonati. Era così concentrare nel duello che Revy quasi non si accorse della scomparsa di Rock dalla scena.
«Avanti stronza! Vieni fuori che ti pianto un proiettile in mezzo alla fronte!» minacciò Revy, fissandola con uno sguardo da posseduta.
«Ma sentila! Qualcuno ti dovrebbe insegnare le buone maniere...» ribatté Fujiko, mentre stava ricaricando la pistola. Ma in quel momento non c'era molto da scherzare: stava per esaurire i colpi e difficilmente avrebbe resistito a lungo.
Al contrario della sua avversaria, Revy non si trattenne e iniziò a riempire di proiettili il vecchio macchinario, generando una lunga serie di rimbombi quasi insopportabile per Fujiko. Mentre questa sorta di inquietante melodia metallica risuonava nella vecchia zona del porto, la mercenaria fu nuovamente raggiunta da Rock, che con cautela si posizionò nuovamente dietro la cassa. Appena lo vide apparire nel suo campo visivo, Revy si sentì molto infastidita dalla sua presenza.
«Ma tu devi essere sempre in mezzo ai coglioni?»
«Ma... io...» balbettò il giapponese disorientato. Affermare che era rimasto perplesso da una domanda del genere era riduttivo.
«Stai zitto! Oggi non è giornata...» affermò Revy, gettando una veloce occhiata verso Fujiko. Non vedendo alcun movimento da parte della sua avversaria, la ragazza approfittò di quella breve pausa per parlare col giapponese.
«Non so quanto potrà resistere quella tizia, ma ho una piccola commissione da affidarti, Rock...»
«E cioè?»
«In via del tutto eccezionale, custodiscimi questa!»
Rapidamente la mercenaria pose tra le mani del giapponese la perla che aveva recuperato durante lo scontro. Poi aggiunse: «E adesso torna indietro da Dutch! Capito?»
«Sì, sì!» ripeté Rock, agitando la testa. In un attimo era già pronto per partire, ma all'ultimo Revy lo afferrò per la camicia, aveva ancora una precisazione da fare.
«E ricordati che quella perla è mia, chiaro? Appena finisco il lavoro qui, la rivoglio indietro!»
Davanti a quest'ultimo chiarimento, che sembrava più una minaccia, Rock accennò un timido sì con la testa e tutto spaventato si allontanò sparendo tra le casse della vecchia zona portuale. Quando si mise a distanza di sicurezza, si voltò all'indietro e fece un lungo sospiro di sollievo. Anche stavolta, se l'era cavata...

Dopo aver visto Rock mettersi al sicuro, Revy riprese a sparare contro Fujiko, determinata più che mai a chiudere quel duello in tempi brevi. La donna dai capelli castani non poté far molto per arginare l'irruenza della mercenaria, anche perché stava per esaurire i proiettili che aveva in mano. Inoltre il suo riparo stava iniziando a cadere a pezzi, ormai quel vecchio macchinario era ridotto come un colabrodo.
Proprio in quel momento Fujiko ricevette una chiamata nella sua radiotrasmittente, che durò solo pochi secondi. La donna si sentì sollevata ascoltando la voce di Lupin, ma rimase un po' sorpresa dal suo messaggio: il noto ladro le ordinò di scappare verso il mare appena ne aveva l'occasione. Era un piano fin troppo banale per uno come lui, ma non avendo altre idee per uscire da quella situazione, Fujiko decise di seguire le indicazioni di Lupin. La donna, con le spalle attaccate al vecchio macchinario, diede una veloce occhiata e notò che Revy stava guadagnando terreno, spostandosi da una cassa all'altra con una certa fretta. La ragazza aveva uno sguardo molto minaccioso, come quello di un predatore che stava per stanare la sua preda.
Per guadagnare un po' di tempo, Fujiko sparò un paio di colpi, ma poco dopo vide in lontananza una figura alta e massiccia correre verso la zona dello scontro, con in mano un fucile a pompa. Era Dutch e in un attimo raggiunse la posizione di Revy, che di colpo bloccò la sua avanzata.
«Come mai sei qui?» chiese Revy infastidita. «Non so cosa ti abbia raccontato Rock, ma posso cavarmela anche da sola!»
«Di che stai parlando? Rock non era con te?» domandò il mercenario di colore, nettamente perplesso da quella domanda. Di colpo la situazione aveva preso una strana piega, ma ad un certo punto i due sentirono un lamento provenire alle loro spalle.
Attirati da quel rumore, i due mercenari indietreggiarono di qualche passo e poco dopo notarono un grosso telone blu, pieno di buchi e consumato dal tempo, muoversi senza alcun motivo. Non c'era vento quel giorno e ciò poteva significare solo una cosa: qualcuno si era nascosto lì sotto.
Mettendosi velocemente d'accordo, i due mercenari si avvicinarono al telone e si prepararono ad aprire il fuoco sull'intruso. Con un solo gesto, Dutch sollevò di peso la copertura, ma appena lo fece entrambi i mercenari rimasero a bocca aperta. Sotto i loro occhi apparve Rock, sdraiato su un lato e legato come un salame. Aveva una benda che gli tappava la bocca, ma il particolare più assurdo era che aveva indosso solo le sue mutande, qualcuno gli aveva rubato i vestiti. Quando vide le armi puntate contro di lui, il giapponese iniziò subito ad agitarsi, urlando più che poteva per non farsi sparare dai due.
Confusa e allo stesso tempo arrabbiata, Revy strappò la benda dalla bocca di Rock e lo rimise in piedi.
«Che diavolo ti è successo? Che ci facevi là sotto?»
«Non lo so nemmeno io! Sono caduto e qualcuno deve avermi aggredito alle spalle, prima di buttarsi sotto quel telone!» rispose Rock disperato.
«Eh?!?» esclamò Revy, quella spiegazione per lei non aveva alcun senso. Intanto, con la coda dell'occhio, Dutch notò che Fujiko stava scappando e provò a colpirla sparando un colpo di fucile, ma la donna riuscì a salvarsi abbassandosi dietro ad una cassa. Non volendo lasciarla scappare, la mercenaria con le due pistole si gettò al suo inseguimento, lasciando a Dutch il compito di liberare Rock.
Di corsa Revy superò la zona in cui aveva combattuto con Fujiko e in breve tempo arrivò di fronte al mare, più o meno nel punto in cui Dutch aveva visto per l'ultima volta quella donna. Dopo aver dato un'occhiata in giro, Revy vide qualcosa di sospetto alla sua sinistra: sopra una cassa in riva al mare, la ragazza vide i vestiti di Rock, stranamente tutti ben piegati e pronti all'uso. Sembrava che qualcuno si fosse preso il disturbo di riconsegnare gli abiti intatti, dopo averli rubati all'ex impiegato.
Confusa da quel ritrovamento, Revy rimase in silenzio fino a quando non sentì il rombo di un motore passargli a qualche metro di distanza. Davanti a lei vide una barca bianca sfrecciare verso il mare aperto, probabilmente era lì che Fujiko si trovava. Successivamente sulla prua dell'imbarcazione comparve una persona, che per tutto il tempo la fissò con un sorriso beffardo. La ragazza non riusciva a credere a ciò che stava vedendo: quel tizio era Lupin e tra le mani stava stringendo la perla rubata nella base di Balalaika! Solo in quel momento la mercenaria capì cos'era successo durante la sparatoria: dopo aver stordito Rock, il ladro aveva assunto le sembianze del giapponese e si era avvicinato a lei, che ingenuamente gli aveva consegnato la perla. Presa da una rabbia incontenibile, Revy iniziò a sparare all'impazzata contro la barca, che però era troppo lontana per essere colpita.
«Grazie per il regalo, Revy! E' stato un piacere!» urlò Lupin, alzando la perla al cielo. Infuriata per lo smacco subito, la mercenaria non poté far altro che osservare la barca scomparire tra le onde.
«Ancora non ci credo che siamo usciti vivi da Roanapur!» commentò Jigen, mentre si trovava al timone. Goemon era seduto accanto a lui, mentre Fujiko, appena possibile, andò ad abbracciare Lupin per ringraziarlo. In quel momento, la felicità del ladro dalla giacca rossa aveva raggiunto il suo apice...
«Sei stato veramente bravo a salvarmi» disse Fujiko, con voce seducente.
«Lo sai che per te farei questo e altro!» affermò Lupin.
«In questo caso... mi regali la perla?»
L'opportunismo di quella donna non aveva limiti, ma nonostante tutto Lupin sembrava seriamente intenzionato a consegnarle il prezioso gioiello. Si fermò solo perché sentì due forti colpi di tosse provocati da Jigen e Goemon, fortemente contrari a quel gesto.
«Che c'è adesso?» chiese Lupin un po' infastidito.
«Se consegni la perla a quella donna, giuro che ti lego alla prima boa che trovo!» minacciò Jigen. Anche se non aprì bocca, Goemon era chiaramente d'accordo col pistolero. «Questa volta potevamo rimanerci secchi!»
«Ora non esagerare Jigen!» lamentò Lupin.
«Vuoi che torni indietro? Balalaika potrebbe essere contenta di rivederti...»
Spaventato da quella possibilità, il ladro dalla giacca rossa decise di tenersi il gioiello, con grande disappunto di Fujiko. Nel frattempo Goemon si complimentò con Jigen per il suo discorso, aveva funzionato alla perfezione.
Quando ormai la città di Roanapur era diventata un puntino all'orizzonte, Lupin si avvicinò a Jigen e gli confessò che durante la fuga in città gli aveva preso due sigarette dalla tasca. Quando il pistolero gli chiese stupito perché lo avesse fatto, lui rispose che doveva saldare un debito nei confronti di una certa persona...

Qualche minuto dopo la fuga di Lupin via mare, Dutch e Rock raggiunsero Revy in riva al mare, ancora demoralizzata per la sconfitta subita. La ragazza era di pessimo umore ed era inginocchiata a terra, aveva sfogato la sua rabbia scaricando entrambi i caricatori delle sue pistole. Intuendo che quello non era il momento più opportuno per parlarle, in quello stato Revy poteva tranquillamente tirargli un pugno in faccia senza preavviso, il giapponese preferì lasciarla sola.
«Perfetto, ci sono scappati una seconda volta! Meglio avvertire Balalaika dell'accaduto...» affermò Dutch, tornando indietro sui suoi passi. Nel frattempo Rock aveva ritrovato i suoi vestiti e velocemente li indossò.
«Era un dannato travestimento...» mormorò Revy, sospirando vistosamente. Il giapponese era sinceramente dispiaciuto per lei, ma ad un certo punto si accorse di avere qualcosa nel taschino della giacca. Inizialmente Rock rimase perplesso da quella scoperta, non si era portato niente con sé quella mattina, ma appena vide le due sigarette si lasciò scappare un leggero sorriso. Già da qualche minuto aveva intuito che era stato Lupin a rubargli i vestiti, ma mai si sarebbe aspettato un gesto del genere da uno come lui. Forse non era così mascalzone come lo descrivevano, dopotutto.
Il giapponese rimase così stupito nel ritrovare le sigarette in tasca che quasi gli venne un colpo quando vide Revy di fronte a sé. La mercenaria era ancora arrabbiata per la batosta subita e con sguardo minaccioso osservò Rock, domandandogli perché aveva quel sorrisetto da cretino stampato sulle labbra. Per giustificarsi, il giapponese disse che stava sorridendo perché riteneva Lupin una persona molto simpatica, nonostante tutto quello che era accaduto. Come immaginabile, davanti a quell'affermazione Revy fissò il suo compagno con gli occhi sgranati, incredula a ciò che aveva appena sentito. Di solito, in una situazione del genere, la ragazza avrebbe insultato a gran voce il giapponese, ma quella mattina era così stanca che si limitò a scuotere la testa, invitando Rock a seguirla mentre tornava alla base. Durante il rientro, la mercenaria prese una delle sigarette nella tasca di Rock e si mise a fumarla, giustificando quel piccolo furto come necessario per calmare i suoi nervi. Come dargli torto, dopo tutto il casino che era successo a Roanapur.

 

Fine

 

Anche quest'avventura di Lupin è finita. Ma non disperate, a breve spedirò una nuova avventura del ladro dalla giacca colorata, racchiusa in un unico capitolo.
Chiudo ringraziando tutti coloro che hanno seguito questo crossover, in particolare Playstation e Okami Daisuke per aver commento alcuni capitoli! Grazie e alla prossima!!!

Au revoir, mes amis!

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