La ragazza dagli occhi neri

di Martins92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La fine del mio matrimonio ***
Capitolo 2: *** Il ritorno al nido ***
Capitolo 3: *** Dissidi tra sorelle ***
Capitolo 4: *** Primo incontro con Lui ***



Capitolo 1
*** La fine del mio matrimonio ***


Da ragazza sono sempre stata molto fiera di me stessa. Non mi sono mai reputata bella, quello mai. Ma quando guardavo la mia immagine riflessa nello specchio le parole ‘’sono la migliore’’ risuonavano nella mia testa come una canzone. Gli uomini notavano di me la camminata; elegante, sicura e veloce. Nonostante i tacchi vertiginosi che amavo indossare ogni giorno, le mie gambe riuscivano a sostenere un passo svelto e disinvolto; è questo che faceva girare la testa ad ogni uomo. Ogni uomo. Ho sempre pensato che gli uomini fossere una ‘’brutta razza’’, da manipolare a mio piacimento. Modestamente, riuscivo sempre ad arrivare al mio obiettivo. Sdolcinati, sbruffoni, squattrinati, generosi, ne ho incontrato di tutti i tipi. Facevano correre voce che la mia bellezza fosse paragonabile a quella di una regina, forse a quella Cleopatra lì d’Egitto. Stronzate, pensavo io, eppure quei complimenti davano alimento a quei miei atteggiamenti così regali. Morale della favola non ho avuto mai problemi di cuore, me ne sono sempre fregata, facendo trapelare invidia negli sguardi delle altre donne, anche delle mie sorelle. Quelle stupide. Forse sono loro che hanno gettato sfortuna nella mia vita. Rimurgino a tutto ciò mentre sto lavando una pila di pentole nel lavandino, mentre quel pezzente è seduto in soggiorno a guardare le sue stronzate in tv. Ero la regina del quartiere e adesso guardami, cosa sono? La serva di questo buzzurro, buono a nulla. Quando lo incontrai avevo poco più di 20 anni, e l’anno dopo mi convinsi a sposarlo. Non so bene nemmeno io il perché l’ho fatto. Forse spinta da quella cretina di mia sorella. ‘’Sposalo! Ti stai facendo vecchia, ha un buon lavoro e potrai permetterti di sfoggiare una pelliccia, di tanto in tanto.’’ Perché darle retta? E’ sempre stata una maledettissima ficcanaso, lei. Una estenuante ficcanaso. Pensa di essere nel giusto, pensa di sapere cosa è giusto o sbagliato per me. La realtà è che io sapevo come sedurre un uomo, bello e facoltoso. Lei no, assolutamente. Feci perdere la testa anche a quel calciatore famoso, quello straordinariamente bello e ricco. Ma l’ho rifiutato, ebbene sì. Mi sono divertita, in fondo. Continuo a insaponare le stoviglie mentre penso a tutta una vita trascorsa in un piccolo quartiere di borgata. Ero felice sì, ero fiera di me. Non come adesso, umiliata da questo coglione. Ma giuro su dio che lo lascio, oh si che lo lascio. Appena se ne presenta l’occasione faccio le valige e me ne vado da questo porcile. Sono nel letto, accanto al porco. Mi ha picchiata, dinuovo, perché non gli è piaciuto quello che gli cucinato per cena. Ma l’ho picchiato anch’io, oh sì che l’ho fatto. Pensa di volermi domare ma gli ho rifilato una padellata dritta in faccia, su quella sua faccia da maiale. Sono le 3:12 e non riesco a dormire. Mi alzo, vado in bagno e faccio scorrere l’acqua nel lavandino. Mi guardo allo specchio; un occhio nero. Non posso sopportarlo, ancora. Sono due le soluzioni: o lo soffoco nel sonno e me ne vado al più presto da qui. Stanotte. Mi infilo la vestaglia, prendo la valigia che da alcuni giorni ho riposto nell’armadio in attesa di questo momento, e ci infilo dentro tutto ciò che riesco a raccimolare in fretta e furia. Chiudo il bagaglio a mano, chiudendo in se tutte le mie speranze, mi affretto ad arrivare alla porta, in ciabatte e coi capelli sconvolti. ‘’Dove stai andando Catherine?’’ mi grida l’animale dal letto. ‘’Lontano da te! E non provare a fermarmi oppure stavolta ti taglio la gola.’’ I nostri occhi si fissano per alcuni secondi e riesco a scorgere in lui una punta di rassegnazione. ‘’Vattene, e non tornare più cagna’’ dice agitando un braccio come per cacciarmi via. Sapevo che anche lui ne aveva abbastanza di me. Non avevo intenzioni di dargli dei figli, non c’eravamo mai amati. Eppure le nostre vite si erano annodate casualmente per volere degli altri. Esco da quel tugurio e mi trattengo dal sbattere la porta, per non svegliare i vicini pettegoli. Respiro a pieni polmoni l’aria della notte, l’aria della libertà e di una nuova vita. Il giorno dopo avrei avviato la pratica per il divorzio. Cammino a passi svelti sul selciato, calciando ogni sasso si presenti sul mio cammino. So benissimo dove mi sto dirigendo, mia madre sarà sconvolta nel vedermi. Ma preferisco darle un’attimo di apprensione piuttosto che farle sapere dai miei vicini che ero caduta in depressione. Non potevo restare, non in quella casa, non con quell’uomo. Era ora di riprendere in mano la mia vita e di decidere con la mia testa cosa sarebbe stato del mio destino.

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Capitolo 2
*** Il ritorno al nido ***


Il vento gelido della notte mi accarezza la vestaglia scoprendomi leggermente le ginocchia ad ogni mio passo. E’ una sensazione pungente, ma il freddo che avverto è solo l’ultimo dei miei pensieri. Sono quasi arrivata sotto casa di mia madre. Mi fermo un istante.
Questo è il cortile dove da ragazza trascorrevo interminabili ore a fumare sigarette e a ridere delle persone. Mi guardo attorno e sembra quasi che nulla è veramente cambiato. Le mie amiche, la maggior parte delle quali sposate e con figli, vivono la loro vita tranquillamente, a quanto ne so. A me appaiono delle vecchie vacche in sovrappeso. E pensare che da ragazzette sognavamo Las Vegas, Parigi, Monte Carlo… Sogni ridicoli.
Inspiro forte e butto fuori l’aria, come per darmi coraggio, prima di suonare al campanello.
‘’Chi è a quest’ora della notte?!’’
‘’Mamma!  sono io ,Catherine’’
Per un attimo piomba il silenzio e immagino l’espressione sul suo viso rigato dagli anni e dalle preoccupazioni. Poi il rumore rassicurante della catena del portoncino. La porta si schiude.
‘’Gioia mia, che ti è successo? Entra, sembri distrutta’’
La mamma continua a bisbigliarmi queste parole protettive e continua a riempirmi di domende apprensive. Non riesco neppure ad ascoltare, voglio solo sedermi e godermi un attimo di tranquillità. Poggio la valigia vicino la porta e mi sdraio sul divanetto infeltrito del soggiorno. La mamma sembra aver capito la mia situazione e tace per qualche istante, giusto il tempo di andare in cucina e preparare un tazza di caffè.
‘’Figlia mia, hai intenzione di dirmi cosa ti è successo oppure no?’’ Dice porgendomi la mia tazza di caffè lungo, annacquato.
Avvicino la tazza alla bocca, e il calore del caffè arriva fino su alla punta del naso, riscaldandola. Odoro quell’aroma così buona, così rassicurante e dopo aver esitato ancora per qualche secondo mando giù un sorso. In un attimo mi riscaldo in tutto il corpo.
‘’L’ho lasciato.’’
‘’Che cosa significa, Catherine?’’
‘’E’ finita, mamma. Domani chiedo il divorzio. Non ho più intenzione di sopportare ancora le angherie di quel porco. Questa è la mia decisione e nessuno mi farà tornare in dietro’’.
Mamma torce la bocca in una smorfia di disapprovazione ma subito dopo riesco a scorgere nei suoi occhi verdi una vena di rassegnazione. Abbassa lo sguardo sulle dita intrecciate poi mi guarda dinuovo.
‘’Se è questo ciò che ti rende più serena, figlia.’’
Le sorrido e le butto le braccia al collo. Le mi stringe forte a se e si dondola un po’ come se volesse cullarmi.
‘’Sei a casa, gioia mia’’ mi sussurra in un orecchio.
Continuo a stringerla e aspiro il suo profumo. Sa di buono, di sapone e di fiori di lavanda. Non riesco a trattenermi e le bagno il colletto della camicia da notte con le mie lacrime.
‘’Cosa ci fai qui?!’’
Una frase pronunciata in modo stizzoso interrompe quegli istanti sereni.
Mi giro di scatto, scostandomi da Mamma e la vedo. Mia sorella. E’ lì sul ciglio della porta che separa il salotto dal corridoio che porta alle camere da letto. Mi domando da quanto tempo è che fosse lì ad origliare, la stronza.
‘’Lenore, ciao.’’
‘’Ti ho chiesto cosa ci fai qui in casa mia!’’
Da quando si reputa la legittima proprietaria di questa casa? Se ricordo bene abbiamo convissuto per 18 lunghi anni. Adesso pretende che l’appartamento sia suo, solo perché è l’unica tra le sorelle ad essere rimasta una zitellaccia?
‘’Ho lasciato William. E sono tornata qui. Problemi?’’
Rimane sul ciglio della porta con le braccia incrociate e lo sguardo da pazza. Mi fissa da capo a piedi e inizia a urlare cose a me totalmente indifferenti, tanto è vero che rimango a guardarla con un sorrisetto compiaciuto. Le vene del collo, sembra quasi stiano per esplodere.
Mamma cerca di zittirla sibilando tra i denti e portandosi l’indice sulle labbra. Ma nulla, Lenore persiste.
‘’Ma la finisci? Oca giuliva, prima che ti prenda a calci in culo!’’
Sbotto dove aver visto la seguente scena: lei che che da una spinta a Mamma che cerca ripetutamente di zittirla.
‘’Ma va al diavolo!’’
Gira i tacchi e torna nella sua tana (camera) bofonchiando qualche altra maledizione.
Sbuffo e torno a sedermi sul divano infeltrito.
‘’E’ sempre così litigiosa, tua sorella. Mi farà morire, prima o poi’’
‘’Ma’, lasciala perdere. E’ solo una gallina ignorante’’.
Mamma si porta la mano alla bocca per trattenere una risata.
‘’Per stanotte ti sistemi qui sul divano letto. Poi domani penseremo al da farsi.’’ Sistema coperte e cuscino in un attimo, mi da un bacio sulla fronte e torna in camera sua, in punta di piede per non svegliare Papà. Mi infilo nel letto e sento le molle del materasso sulla schiena. Ma non m’importa. Ora voglio rilassarmi, spegnere il cervello e dormire fino a mezzo giorno dell’indomani.
Un rumore di chiavi e di passi pesanti interrompono il mio sonno. Apro gli occhi e sull’orologio a muro vedo che sono le 5.40. Rimango immobile nel letto e quando sento i passi riavvicinarsi chiudo gli occhi fingendo di dormire. Quei passi raggiungono la porta di casa e il rumore del catenaccio mi convince a schiudere un occhio. La vedo di spalle, col suo cappotto di lana marrone. Sta andando a lavoro, la gallina. Ha sempre qualcosa da ridire su tutto e tutti, lei. Com’è odiosa, certe volte. La guardo mentre prima di uscire si accende una sigaretta e si fa la coda ai capelli. Si veste in modo orribile. Sempre quei colori spenti.
Ancora qualche istante ed esce di casa senza voltarsi. Ma cosa avrà mai da lamentarsi, ogni santa volta. Mia sorella non la capisco e forse non la capirò mai.

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Capitolo 3
*** Dissidi tra sorelle ***


Stavolta è qualcosa di più dolce a svegliarmi. Il profumo delle lasagne che sta cucinando mia madre. Mi stropiccio gli occhi sbadigliando, non ho nessuna voglia di alzarmi.
‘’Alzati, gioia mia. E’ quasi ora di pranzo’’                                                                                                                                    
Do’ uno sguardo all’orologio, ‘’sono solo le 10:00, poteva farmi dormire ancora un po’  ‘’.
 Chissà da quanto tempo è che è in piedi la Mamma. L’odorino che arriva dalla cucina è così invitante che decido di alzarmi. Mi dirigo verso la cucina minuscola, quante cose buone! Mamma come al suo solito sembra che abbia cucinato per un esercito.
‘’Buongiorno Ma’, c’è il caffè?’’ Le dico dopo averle scoccato un sonoro bacio sulla guancia.
‘’Si sarà freddato, bella mia, muoviti a fare colazione, su!’’
Mi giro e trovo sul tavolo la mia tazza con le coccinelle; latte e caffè, non desideravo altro. E’ ancora bollente. Sorseggio il mio latte macchiato e torno in sala da pranzo, dando un' occhiata fuori dalla finestra. Il paesaggio è gelido. Nessun albero. Solo macchine parcheggiate e qualche cassonetto. Sul marciapiede riesco a intravedere il selciato congelato. E’ come se tutto si fosse paralizzato. Nemmeno le foglie cadute a terra danzano nel vento. Nemmeno loro. Sembra che tutto si sia ibernato, come se aspettassero che io rimetta in moto gli ingranaggi…
Distolgo questi strani pensieri dalla testa e decido di farmi una doccia.
‘’Catherine.’’
Sento una voce chiamare la mia attenzione. Accidenti, dopo tutto questo trambusto mi sono completamente dimenticata di salutare Papà. Entro con uno scatto nella camera da letto e lo vedo, lì steso con le coperte fin sotto il naso. Gli occhi semi aperti  mostrano la sua cecità. Mi siedo accanto a lui e gli accarezzo la nuca.
‘’Ciao Papà. Come stai?’’
‘’Perchè sei tornata?’’
‘’Papà… Scusami. Ma non ce la facevo più a stare con William. E’ spregevole, io non voglio continuare a vivere con lui come marito’’.
‘’Catherine… Lo sai…Non m’è mai piaciuto.’’
La dolcezza nelle sue parole mi commuove e non riesco a trattenere le lacrime. Le asciugo in fretta con la manica del pigiama, per non farglielo capire, ma mio Padre conosce ogni mio movimento e mi carezza il viso delicatamente.
‘’Dolce Catherine, non piangere. Non preoccuparti. Tutto s’aggiusterà.’’
Scoppio in un pianto tremendo e mi accuccio sul suo petto come per cercare protezione. Lui non dice nulla, ma continua ad accarezzarmi i capelli. Penso a quanto dolore devo aver recato ai miei quando, da ragazza, uscivo e non sapevano mai quando sarei tornata, quando frequentavo compagnie sbagliate, quando più di una volta a tarda notte hanno ricevuto telefonate dalla questura. Quante volte mi hanno tirato fuori dai guai. Quante volte gli ho spezzato il cuore…
Ed io cosa ho fatto per migliorarmi? Niente. Vuoto totale. Questi pensieri ronzano come uno sciame di api nella mia testa, ma non riesco a sentirmi in colpa. Sarò cinica, molti lo pensano. Non riesco a smettere di pensare a ME, solo ed esclusivamente.
Esco dalla stanza senza dire nulla. Anche Papà rimane in silenzio. Torno in bagno e inizio a far scorrere l’acqua calda nella doccia. In un attimo il vapore mi avvolge completamente. Mi massaggio le tempie e penso a quanto possa essere stata egoista nella mia vita. Ma il pensiero scivola via.
Lo specchio è completamente appannato, con una mano apro un varco nitido dove riesco a vedere la mia immagine riflessa. Mi osservo. Osservo la mia nudità.
Penso a quanto tempo ho sprecato  a servire quell’asino. Stavo quasi dimenticando chi fossi, ma da adesso in poi le cose cambieranno radicalmente, perché Catherine è tornata e non cambierà mai più, per nessuno.
Continuo ad ammirarmi nello specchio;  mio amico e mio nemico, eppure non posso fare a meno di guardarmi. ‘’Non ho nulla da invidiare a quelle ochette di 20 anni, guardatemi…’’
 Non so se la donna riflessa sono realmente io, oppure è una immagine di me stessa che vive solo nella mia testa. Gli occhi neri, con ciglia lunghe e con quella forma un po’ orientale; penetranti. Basta sostenere lo sguardo di un qualsiasi uomo e nel giro di un secondo cade ai miei piedi. Il mio fisico, rotondeggiante ma sensuale. Può ammaliare chiunque, su questo non c’è dubbio. Le mie labbra,perfette, di un rosso fuoco, possono attirare anche il diavolo in persona.
 
7 mesi dopo…
 
‘’Catherine, dai muoviti, sono tre ore che sei chiusa in bagno!!’’ Mi grida Lenore da fuori la porte, battendo con la mano due colpi. Apro la porta e la vedo lì, con le braccia conserte, appoggiata al muro che mi fissa con aria scocciata.
‘’Scusa sorellina, dovevo sistemare questi capelli!’’
‘’Sempre a pensare ai capelli… Forza sbrighiamoci, ci stanno aspettando tutti da Susanne’’
Ultimamente il rapporto tra me e mia sorella Lenore sembra abbia preso una piega diversa. Certo, abbiamo due caratteri opposti e spesso ci scontriamo. Ma tutto sommato sembra abbia accettato la mia presenza a casa di Mamma e questo mi fa stare più serena. Ora riesco anche a contribuire economicamente, visto che ho iniziato a lavorare come parrucchiera a domicilio. Mi ha sempre affascinato modellare i capelli della gente, mi fa sentire bene aiutare qualcuno a sentirsi migliore nell’aspetto. Forse sta cambiando qualcosa dentro di me.
Oggi è il mio compleanno. Stiamo andando da questa amica di mia sorella, Susanne. La conosco da quando era piccola, ed è una delle poche ragazze che ancora non si è sposata. Forse per quel suo naso da capra.
Lenore mi ha presentato i suoi amici, ma non mi entusiasmano per niente. Fingo di divertirmi quando esco con loro perché mi sono accorta che nel quartiere non ho più nessuno con cui parlare. Per questo li frequento. Mi limito a fumare, quando sono in loro compagnia.
Arriviamo a casa di Susanne, sento uno strano odore d’incenso.
‘’Cos’è questa puzza assurda?’’ Schifata, guardo mia sorella. La casa è completamente buia ma ad un tratto scorgo due candeline accese e l’amtosfera si fa più calda; una cantilena ridicola riempie tutta la stanza e mi accorgo di essere circondata da una decina di persone che mi cantano ‘’ Tanti Auguri ‘’. Che idiozia, ho 30 anni mica 3.
‘’Felice compleanno Cat!’’ Susanne si avvicina e mi scocca due baci sulle guance. Io contracambio con un sorriso forzato.
Tutto questo per me? Che imbarazzo, quell’idiota di mia sorella deve aver architettato tutto.
Le luci si riaccendono e presto tutti si dimenticano che la protagonista della festa sono io. Si fiondano sul cibo a buffet che Lenore e Susanne avevano preparato minuziosamente. Mi guardo intorno e non conosco quasi nessuno degli invitati. Che cazzo di festa a sorpresa! L’avevo detto a Lenore che non volevo niente del genere.
Seccata, mi siedo in disparte su una sedia di vimini e mi accendo una sigaretta. Hanno acceso la musica ad alto volume, questo almeno non mi dispiace. Muovo la gamba accavallato a ritmo di musica.
‘’Buon compleanno, Catherine. Sei bellissima stasera.’’ Una voce terribilmente famigliare mi arriva alle spalle. Mi giro e vedo quel coglione di William con in mano un mazzo di rose. Odio le rose. Ed odio William. Lo sapevo che quella stronza di Lenore non aveva buone intenzioni.
‘’Ancora tu? ‘’ Cerco di fulminarlo con lo sguardo.
‘’Tieni, queste sono per te per augurarti…’’ Prendo le rose e gliele lancio addosso. Poi butto la sigaretta sul pavimento e la pesto con la suola della scarpa.
‘’Questa festa di merda può anche finire qui per me!!’’ Urlo a squarcia gola, uno degli invitati abbassa il volume dello stereo. Tutti sono allibiti da queste mie parole, ma non me ne frega niente. Sono schifata dall’atteggiamento meschino di mia sorella, che come sempre ha agito alle mie spalle.
‘’Voglio sapere chi cazzo ti ha invitato a questa fottutissima festa!’’ Sono furiosa.
‘’Catherine, ti vuoi calmare? L’ho invitato io, che problemi hai?’’ Lenore si catapulta davanti a William come per difenderlo.
‘’Che problemi ho? Ho divorziato da quest’uomo perché mi fa schifo e tu che fai? Lo inviti alla mia presunta festa di compleanno?? Lenore, ma vaffanculo!!’’
Dopo questa violenta affermazione giro e tacchi e mi dirigo verso l’uscita di quella piccola casa squallida. Lenore mi insegue e per poco non mi strappa il vestito per fermarmi.
‘’Senti, Lenore, te lo dico con calma. Non intrometterti nella mia vita.’’
‘’Cat, ascolta ti prego, lui è ancora innamorato di te, è un brav’uomo, dagli un’altra possibilità. Non frantumare il cuore ai nostri poveri genitori.’’
‘’Lenore, tu non capisci. Quell’uomo mi ha picchiata, mi ha schiavizzata in casa mia, non ho intenzione di tornarci insieme, se proprio ti piace sposatelo!! Ma LASCIAMI VIVERE!’’
Con gli occhi infuocati d’odio la fisso come per sfidarla a rispondere. Lei semplicemente scuote la testa e dice: ‘’Non cambierai mai Cat, rimarrai una fallita.’’
A quest’affermazione non ci sto e le mollo un ceffone che per poco non la fa cadere. Susanne la raggiunge in fretta e furia; questa è l’occasione adatta per uscire da quella dannata casa.

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Capitolo 4
*** Primo incontro con Lui ***


Sono trascorse circa due settimane dall’ultima volta che ho parlato con Lenore. Ha rovinato quel briciolo di equilibrio che mi ero creata. Dovevo capirlo subito che non avrebbe mai voluto vedermi divorziata. Voleva che tornassi con quel pezzo di somaro; non solo mi ha costretto a sposarlo, ora pretendeva pure che lo perdonassi per tutto ciò che mi ha fatto. Per fortuna le pratiche di divorzio si sono concluese con successo. Un peso me lo sono tolto. Non ho voluto nemmeno gli alimenti da lui, ho voluto cancellarlo per sempre dalla mia vita.
Ora io e Lenore ci limitiamo a dire Buongiorno e Buonanotte, anzi è lei che me lo dice. Io il più delle volte nemmeno le rispondo. Mamma è andata su tutte le furie quando ha scoperto cosa aveva combinato per la mia festa di compleanno. Per poco non le veniva un infarto. Ora capisco quando mi disse: ‘’Prima o poi tua sorella mi farà morire’’. Papà si è limitato a fare una smorfia e a scuotere la testa. Da qualche tempo sembra peggiorato. Penso ogni giorno a lui e alla sua condizione fisica. Ma non so cosa fare. Me ne dimentico appena esco di casa.
E’ venerdì. Oggi ho avuto solo un’appuntamento per fare i capelli a una signora. Stasera ho proprio voglia di uscire e svagarmi un po’. Da quando non parlo più con mia sorella non esco molto la sera;  se ho molto lavoro durante la giornata mi autoconvinco di essere troppo stanca per uscire e mi metto a letto. Ma oggi no, stasera me ne vado da sola… Non so ancora dove, però.
Finisco di mettermi il rimmel sulle ciglia e mi concentro sulle labbra. Faccio scivolare il rossetto con disinvolurta e da subito le mie labbra si colorano di un rosso scuro intenso. Perfetto. Indosso un paio di jeans a vita alta e un top bianco con lo scollo a barca. I capelli voglio lasciarli sciolti, con delle onde morbide. Vorrei indossare delle scarpe col tacco, ma non ne ho più. Non ho fatto in tempo a comprarle al mercato, maledizione. Okay, le prenderò in prestito da quell’oca giuliva.
Scelte le scarpe, mi precipito davanti lo specchio. Okay, sono le meno peggio trovate nell’armadio della befana, ma nel complesso sto bene.. Mi sento bene!
 
L’aria è cambiata, c’è un venticello piacevolmente caldo che mi accarezza i capelli e le spalle scoperte. Non ho nemmeno bisogno della giacca. Nonostante siano le dieci di sera, per strada c’è ancora un po’ di gente che passeggia. Non mancano i soliti ubriaconi appollaiati sui muretti che cercano di attirare la mia attenzione fischiando o sussurrando degli apprezzamenti poco galanti. ‘’Che feccia!’’ penso camminando a passo svelto, facendo ondeggiare voluttuosamente i fianchi. Tutti gli sguardi sono puntati su di me. Me ne accorgo con la coda dell’occhio e trattengo un sorrisetto compiaciuto. ‘’Non mi sbagliavo, non ho nulla da invidiare alle altre’’. Sto continuando a camminare senza un’idea ben precisa, quando decido di dirigermi verso la piazza. Sicuramente ci sarà un po’ di movimento.
Infatti, è come pensavo. C’è una specie di festa; bancarelle, banchi di street food,musica, luci colorate e odore di zucchero filato.. C’è una gran confusione rispetto agli altri angoli del quartiere. D’un tratto la mia attenzione si posa su un gruppo di ragazzi che schiamazzano; sembra quasi una rissa. Mi avvicino per vedere meglio e sembra che due tizi si stiano malmenando. Mi faccio spazio tra le persone per vedere meglio. C’è un ragazzone alto circa 1 metro e 90, ben piazzato, che cerca di sferrare un pugno all’altro. Il secondo, il più basso, sembra più veloce e agguerrito. Entrambi indossano dei guantoni da box. ‘’Non sanno più che inventarsi’’ penso schifata da quell’ammasso di persone che sembrano tifare più per il ragazzetto.
‘’Vai Gianni!!’’
‘’Dai così! Fallo a pezzi!!’’
‘’Sei il migliore Gianni!’’
Mi giro, ignorando le urla e continuo la mia passeggiata. D’un tratto sento un tonfo incredibile che mi fa sobbalzare. A seguito, intravedo il piccolo ragazzo che viene sollevato da altri suoi amici (suppongo) sulle spalle. Torno dinuovo nel punto in cui si stava svolgendo l’incontro e vedo a terra l’energumeno, mentre il piccoletto trionfante si gode gli applausi del pubblico. In mano sventola un mazzetto di dollari, vinti probabilmente per aver messo al tappetto quel gigante. Mi godo la scena e mi viene quasi da ridere per l’espressione del ragazzo- vincitore. Sembra che quei dollari se li sia meritati davvero.
Continuo a fissarlo ancora un po’,perché quel tipo così apparentemente insignificante mi fa molta simpatia. Il fatto che sia così acclamato mi intriga molto. Chissà cos’è che lo rende così popolare. Sembra quasi che tutto ciò che lo circonda sia di un tono di colore più scuro rispetto a lui. Lui risplende come una miccia nel buio. Questo pensiero mi fa sorridere. Eppure non posso smettere di guardare come si atteggia tra le altre persone. Appare ai miei occhi come una prima donna! Forse è anche un po’ sbruffone, chi lo sa.
Si fa largo tra la folla accompagnato da una ragazza mora, scura di carnaggione, truccata in modo molto pesante. Sarà la sua ragazza. Vabbè, non sono problemi miei.  Mi accendo una sigaretta e mi dirigo verso le bancarelle. Un ambulante mi porge una rosa, ma lo rifiuto con una smorfia.
Da lontano intravedo Lenore. Sta ridendo e gridando come una cornacchia con un gruppo di sue amiche. C’è anche Susanne, ed anche.. Cesar? Cosa ci fa con quella gallina. Lo vedo visibilmente in imbarazzo mentre le gli stringe la mano e fa le fusa come una gatta in calore! Che orrore! Io e Cesar uscivamo insieme qualche anno fa, prima di sposare William. Era un gran bel pezzo di ragazzo.. E lo è tutt’ora! Non ci posso credere.. Lenore non finirà mai di stupirmi. Mi allontano con cautela per non farmi notare. Cammino all’indietro per gustarmi ancora quella scena patetica di mia sorella e il mio povero ex che cerca disperatamente di allontanarla. Sghignazzo dentro di me, ma per poco non travolgo qualcuno alle mie spalle. Mi giro di scatto per scusarmi e lo vedo lì davanti a me.
‘’Scusa, non ti ho visto!’’ Dico un po’ imbarazzata.
‘’Me ne sono accorto’’ Risponde con un sorrisetto irritante.
E’ lui, il tipo dell’incontro. Non ha più i guantoni alle mani, ma li tiene legati intorno al collo. Le braccia incrociate mettono in risalto i pettorali sotto la maglietta umida. Le braccia sono sorprendentemente muscolose. Visto da vicino non è poi così basso. Forse sono io che indosso tacchi troppo alti.
‘’Ti sei persa per caso?’’ Mi chiede con sguardo furbo.
‘’Cosa? No, io abito qui. Ma che domanda è?’’ Ma che mi prende? Per poco non mi metto a balbettare.
‘’Ahaha, scusa non volevo offenderti. E’  che hai un’aria un po’ spaesata, non sembri di queste parti’’.
Osservo le sue labbra che si muovono ad ogni sua parola. Sorride ad ogni sua frase, mettendo in evidenza la sua bella dentatura. I suoi occhi, fissi sui miei, sembrano due zaffiri sfavillanti. Incredibile, non mi capita tutti i giorni di incontrare un uomo che mi guardi negli occhi anzi che da qualche altra parte.
‘’Invece ti sbagli, conosco perfettamente questo posto. Forse più di te, ragazzino’’.  Non so il perché, ma gli rispondo in malomodo. Mi irrita la sua spocchia.
‘’Ragazzino, ahah parli come se fossi mia nonna’’.
Sta iniziando ad innervosirmi davvero. Maledizione, sto arrossendo, la mia faccia sta andando a fuoco.
Lui cambia atteggiamento a questa mia reazione, e si protende verso di me. Io faccio un passo indietro, non so che intenzioni abbia ma non voglio che mi tocchi.
‘’Posso offrirti qualcosa da bere?’’ Il suo bel viso si fa più serio, ma i suoi occhi continuano a brillare.
‘’No, grazie penso che andrò a casa. Mi sto annoiando a morte.’’ Mi fingo stufa da quel contesto e giro i tacchi. Lui mi afferra una mano. ‘’Intraprendente il ragazzino’’ penso fra me e me.
‘’Ei, mi lasci così?’’
‘’Di certo non da solo, ti starà cercando la tua ragazza.’’ Alludo alla ragazza mora con cui era poco prima.
‘’Ahah, non ho ragazze a quanto ne so. Sono uno spirito libero’’
‘’Che fai? Ora parli di te stesso senza che io te lo abbia chiesto?’’
‘’Ahah credi che sia uno sbruffone, vero Catherine?’’
D’un tratto i miei occhi si immobilizzano su di lui. Come conosce il mio nome?
‘’Scusa ma come sai il mio nome?’’
‘’Non lo so, l’ho indovinato.’’
‘’Indovinato? Ma non farmi ridere.. Dai, qualche cretino qui presente te lo avrà spifferato’’.
‘’Bhè diciamo che ‘’cretino’’ non è proprio il termine adatto.. Vedi quella ragazza?’’ Mi indica la ragazza mora che poco prima avevo visto insieme a lui.
‘’E’ mia sorella. Lei sa tutto di tutti. Non ho potuto far  a meno di notarti durante l’incontro. E’ bastato un tuo sguardo per darmi una carica interiore pazzesca. Forse dovrei ringraziarti per avermi fatto vincere, ahah.’’
Ah, quindi quella tizia era sua sorella…Sto iniziando ad odiare questo suo atteggiamento fin troppo disinvolto nei miei confronti. Non so come diavolo ci riesca, ma mi sta facendo arrossire in continuazione.
‘’Senti, Gianni..’’
‘’Vedi, anche tu conosci il mio nome! Forse in un’altra vita siamo stati insieme’’
-Vorrei tanto togliergli quel sorriso ebete dalla faccia.-
‘’In un’altra vita, hai detto bene. E comunque ho sentito gridare il tuo nome circa una quindicina di volte nell’arco di 5 minuti, è ovvio che me lo ricordi.’’
Il suo sguardo si fa più malandrino. In un attimo azzarda una mossa del tutto inaspettata. Mi sposta una ciocca di capelli sul viso e io stavolta non indietreggio. Sembro impietrita. Sento il mio cuore battere all’impazzata e rimango in silenzio a studiarlo ancora per un po’.
‘’Gianni!! Gianni! Accompagnami a casa!’’
Ci giriamo entrambi e vediamo la ragazzetta mora ed esageratamente truccata avvicinarsi a noi.
‘’Gianni, accompagnami a casa, voglio andarmene.’’ Ripete in tono arrogante.
Mi squadra dalla testa ai piedi, poi soffoca una risata. Che cazzo avrà mai da ridere questa bambinetta con troppo rossetto? Gianni si volta verso di me, la sua bocca si torce in una smorfia di dispiacere.
‘’Catherine, ora sono io che devo andare. Spero di rivederti. Magari domani…’’
‘’Non credo ci sarò, devo lavorare.’’ Rispondo in tono stizzito.
Mi aspetto che lui insista per incontrarmi, come fanno tutti gli uomini solitamente, ma lui si limita a guardarmi e a rifilarmi il suo solito sorrisetto impertinente. Si accende una sigaretta e mi fa un cenno con la testa in segno di saluto.. In un attimo sparisce tra la folla insieme alla sorella. Mi lascia di stucco. Dentro di me un uragano di emozioni. Ma cosa mi prende? Sono una donna di trent’anni, non una scolaretta in preda ad una crisi ormonale. Sono confusa, ho bisogno di tornare a casa.
 
 
Guardo la sveglia sul comodino, segna le 3:40. Maledizione, non riesco a dormire. E il continuo russare di Lenore non mi aiuta affatto. Continuo a ripensare a quel maledetto ragazzo. C’è qualcosa in lui che mi attrae. Ho conosciuto uomini più belli, più alti, più garbati rispetto a lui. Sicuramente anche più facoltosi rispetto a Gianni. Sarà pure italiano, con questo nome ridicolo… Eppure non faccio altro che pensare ai quei suoi occhi color dell’oceano, a quel suo movimento nel gesticolare, alla sua fisicità. Ho una stretta allo stomaco. Non provavo questa sensazione da tantissimo tempo. Forse quando uscivo con Cesar… Stasera c’era anche lui, affascinante come sempre. Ma non mi ha fatto il minimo effetto vederlo, per di più in compagnia di mia sorella.
Non so cosa pensare. Ho una gran voglia di rivederlo. Mi irrita il suo modo di fare ma nello stesso tempo mi attrae. Che cazzo, non so gestire più le mie emozioni? Che ti prende Catherine… Sarà il solito bell’imbusto che non ha né arte né parte. Sarà uno squattrinato di borgata che per fare due soldi si improvvisa pugile di strada. Ma perfavore… Tutto ciò è semplicemente ridicolo. Io sono ridicola.
Ora ho bisogno di dormire. Domani mi aspetta un altro appuntamento di lavoro.

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