Marvel's The Amazing Spider-Man - Il supereroe con superproblemi

di Rob_Peter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una fantasia stupefacente ***
Capitolo 2: *** Spider-Man vs. Daredevil ***
Capitolo 3: *** Eroe o minaccia? ***
Capitolo 4: *** La sorprendente minaccia del Riparatore ***
Capitolo 5: *** Il Dottor Octopus ***
Capitolo 6: *** Spider-Man mai più ***



Capitolo 1
*** Una fantasia stupefacente ***


«Vi piacciono i supereroi? In confidenza, noi fumettari li chiamiamo “eroi in calzamaglia” e, come sapete, ce ne sono a palate. Ma pensiamo che troverete il nostro uomo ragno un po’… diverso!»

 

Capitolo 1

Una fantasia stupefacente

 

«Ehi, gente, ci serve un altro per venerdì sera! Che ne dite di Peter Parker?»

«Stai scherzando?! Quel secchione non distinguerebbe il whiskey dalla vodka!»

«Peter Parker? Qui alla Midtown High School fa solo da tappezzeria!»

Come avrete capito Peter Parker non era proprio il ragazzo più popolare del liceo, ma suo zio Ben e sua zia May pensavano che fosse davvero speciale, e anche a scuola i professori amavano molto quel ragazzo educato, laborioso e studioso, ma, ahimè, i ragazzi sanno essere crudeli con chi è timido. 

Viveva con i suoi zii nel Queens da quando aveva quattro anni, da quando i suoi genitori morirono in un incidente aereo. Non ricordava molto di loro anche se la notte in cui lo lasciarono dagli zii era rimasta impressa nella sua mente; gli avevano detto che sarebbero stati via per pochi giorni, che sarebbero tornati presto. Nessuno si sarebbe aspettato quella fatalità. 

Crescendo con i suoi zii però, aveva imparato a riconoscerli ed amarli come suoi genitori. Nonostante la loro situazione finanziaria, loro non si erano mai lamentati della sua presenza e l’avevano sempre trattato come un figlio. 

Peter era molto affezionato allo zio Ben. Quando aveva dodici anni lui notò la sua diligenza verso la scienza e, anche se non ne capiva niente, riuscì, con l’aiuto del preside della Midtown High School, ad ottenere un permesso per fare un giro tra i laboratori della Oscorp Industries. Peter non aveva mai dimenticato ciò che suo zio aveva fatto per lui e non poteva mai ringraziarlo abbastanza. 

Sua zia May invece aveva una certa età, ma Peter le ripeteva spesso che se qualcuno si trovasse davanti a lei bendato giurerebbe di avere di fronte una ragazza di 25 anni. Il suo rapporto con lei non era un normale rapporto tra zia e nipote, ma più come tra due amici di lunga data e nonostante ciò era anche come una madre per lui e cucinava come una nonna, quindi non poteva chiedere di meglio. 

«Non mi imbrogli Petey, so che sei sveglio.. e devi andare a scuola!»

«Cavolo, zio Ben.. sei peggio di una stanza piena di sveglie!»

E chi ha bisogno di sveglie con uno zio come questo? Un’altra giornata iniziava per Peter, una giornata qualunque, una giornata come le altre trecentosessantaquattro pensava. Si infilò gli occhiali di suo padre, che ultimamente andavano anche di moda e quindi nessuno lo guardava più in modo strano come pochi anni prima, e scese al piano di sotto per fare colazione.

«Ecco la tua colazione preferita, Petey.. waffles!» esclamò zia May

«Non ingrassarlo troppo, cara! Faccio già fatica a batterlo a braccio di ferro!» disse zio Ben scherzando. 

Dopo la colazione, si lavò velocemente il viso e i denti e si diede una leggera sistemata ai capelli; indossò la sua giacca blu preferita e si avviò verso scuola. 

La mattina passò velocemente per lui; quel giorno erano anche andati al laboratorio di chimica, dove lui si sentiva come a casa, e il professor Warren gli aveva detto di continuare così e avrebbe preso una borsa di studio dopo il diploma. Una volta uscito di scuola Peter vide Liz Allen, la ragazza per cui aveva una cotta dai tempi delle medie e con cui ci aveva provato un bel po’ di volte. Si avvicinò a lei e le chiese se era libera alle quattro per andare con lui alla mostra scientifica e lei gli rispose infastidita che non era il suo tipo, almeno finché c’erano in giro tipi come Flash Thompson! 

«Hai buon gusto, bella!» disse Flash sbucando fuori dal nulla «sparisci, topo di biblioteca!» concluse spingendo Peter e facendogli cadere i libri mentre si allontanava per raggiungere il suo gruppo

«Flash.. ragazzi!» disse Peter titubante «c’è una mostra sugli esperimenti radioattivi del professor Warren al palazzo della scienza, vi va di venire con me?»

«Palazzo della scienza?! Tu pensa alla scienza, noi pensiamo alle ragazze, ok? Ci vediamo secchione!» rispose Flash Thompson avviando la sua sportiva

«Salutaci i frantuma-atomi, Parker!» urlò Liz mentre partiva l’auto. 

«Idioti» pensò Peter «un giorno vedranno… si pentiranno di avermi preso in giro!»

Quello stesso giorno alle quattro del pomeriggio Peter dimenticò lo scherno dei compagni e si lasciò trasportare dall’affascinante mondo della scienza alla mostra, ma quando iniziò l’esperimento nessuno notò che un piccolo ragno intento a calarsi dal soffitto era finito proprio nel raggio d’azione dei trasformatori assorbendo accidentalmente una forte dose di radioattività. Probabilmente in preda al panico, l’aracnide cadde sulla mano di Peter e la morse. Il ragazzo avvertì il forte pizzico e vide saltar via dalla sua mano il ragno, chiedendosi come mai lo avesse morso e per quale motivo risplendeva in quel modo. 

Il tempo a sua disposizione per le domande però fu molto limitato, perché subito dopo cominciò a sentire un forte mal di testa e uscì dal palazzo correndo alla cieca. Una volta fuori la vista cominciò a stabilizzarsi e si accorse all’ultimo istante di trovarsi in mezzo alla strada e che una macchina stava per investirlo; chiuse gli occhi d’istinto e li riaprì subito dopo accorgendosi di essere finito appeso a un muro ad almeno cinque metri di altezza; si chiese come diavolo era finito lì e si spaventò quando si accorse che non si stava reggendo a niente, ma era semplicemente appoggiato con le dita sul muro. 

A quel punto si diede uno slancio e toccò il muro con l’altra mano. Anche questa si attaccava al muro. Decise quindi di usare entrambe le mani per salire sul tetto e ci riuscì senza problemi. 

Una volta arrivato sul tetto si aggrappò ad un tubo d’acciaio e lo accartocciò come fosse carta. Era strabiliato e si sentiva pieno di energia.

Si chiese se era possibile che il ragno avesse trasferito i suoi poteri a lui e andò verso un cavo, su cui riuscì a camminare come un ragno su una tela.

Era spaventato e allo stesso tempo estasiato; qualcosa di stupefacente era appena accaduta nella sua vita priva di sorprese. Non c’era altra spiegazione, quel ragno lucente che l’aveva morso gli aveva trasferito i suoi poteri. 

Nel frattempo al palazzo della scienza il professor Warren venne informato di un ragazzo che durante l’esperimento era uscito di corsa dall’edificio e subito dopo era stato visto scavalcare un muro al di fuori. Il professore andò a controllare nelle riprese delle telecamere e riconobbe Peter nel ragazzo morso dal ragno. Cominciò a respirare affannosamente.

Tornando a casa, mentre cercava di realizzare se fosse realtà o solo un sogno, Peter si chiese come avrebbe potuto sfruttare questi poteri un ragazzo di sedici anni come lui. Arrivato all’uscio di casa raccolse il giornale e un annuncio a piè di pagina attirò la sua attenzione; trecento dollari per tre minuti sul ring con Brodus Clay, wrestler professionista. Pensò che con i suoi poteri appena acquisti avrebbe potuto addirittura mettere al tappeto il wrestler.

Entrò in casa e disse a zia May di non aver fame e corse in camera; pensò che non poteva mostrarsi in pubblico e far capire che era minorenne, quindi si mise alla ricerca di una maschera. Trovò quella rossa di Rey Mysterio che comprò due anni prima ad un evento e decise che andava bene; indossò in fretta dei pantaloni blu e una maglietta rossa e si precipitò fuori casa per presentarsi a quello show. Mentre camminava velocemente per strada percepì una strana sensazione, come un formicolio, qualcosa che cercava di avvertirlo, quindi si voltò e vide un’auto girare velocemente l’angolo. Si insospettì ma non poteva controllare la cosa perché altrimenti avrebbe mancato l’occasione, quindi fece finta di nulla e proseguì. 

«Trecento dollari! Trecento dollari, signore e signori! Trecento dollari per tre minuti; tre minuti sul ring con l’imponente Brodus Clay! Chi si fa avanti? Per trecen..»

«Io! Voglio provare io!» gridò Peter tra la folla di fronte al ring contenente il colosso.

«Và a casa, ragazzo! Non è un gioco.. Tre minuti! Signore e sig..»

«No…» esclamò Peter scavalcando le transenne «ho detto che voglio provare io!»

«Va bene, ragazzo. Accetti che in caso di danni non copriremo le spese mediche e non ci riterremo affatto responsabili?»

«Tranquillo.»

«Allora dimmi..» allontanò la bocca dal microfono e chiese «Qual è il tuo nome?»

«Ehm.. l’uomo ragno!»

«Uomo ragno? Ma che diavolo? Credi di essere negli anni settanta? Bah…» si rivolse al pubblico e gridò «Bene signore e signori! Abbiamo un impavido! Qui per tre minuti sul ring a sfidare il mastodontico Brodus Clay, l’underdog per eccellenza! Il rookie senza volto! Lo stupefacente… Spider-Man!»

«Hey, ma che diavolo?! Non è così che mi chiamo! Ho detto uom..» la voce di Peter venne bloccata da quel formicolio che aveva sentito anche prima. Guardò avanti e vide Clay corrergli contro. D’istinto fece un balzo e riuscì a saltare almeno un metro sopra la testa del gigante.

«Ma come diavolo hai fatto?!» gridò Clay infuriato

«Sei lento, amico..» rispose Peter molto sicuro di sé «Prima che mi raggiungessi avrei avuto il tempo di fare un pisolino»

«Ah, è così quindi? Ti senti in vena di scherzare, eh? Vediamo se scherzi ora!» urlò correndo come un toro verso il ragazzo.

Peter saltò di nuovo, ma stavolta colpì Brodus con un calcio mentre era fermo in aria. La gente era a bocca aperta e non si sentiva un rumore. Il wrestler, imbarazzato e infuriato, tornò alla carica con un braccio teso ma mancò perché Peter si abbassò per schivarla; trovatosi sotto di lui, Peter lo rinchiuse in una morsa e saltò portando Clay con sé. Arrivò fino al soffitto, dove appoggiò le dita e rimase appeso, tenendo il gigante sotto braccio.

«Ahhh! Mi arrendo! Mi arrendo! Hai vinto, ok? Mettimi giù ora!» gridò Brodus Clay in preda alla disperazione

«Suonate la campana! Signore e signori, il vincitore di questo match per sottomissione… Spider-Man!»

Il pubblico, in visibilio, inneggiò cori per Peter mentre l’annunciatore tra lo stupore generale gli si avvicinò e disse «Ecco i tuoi trecento dollari. Che ne dici di farti rivedere qui?» porgendogli i soldi e il biglietto da visita «se tornerai ti faremo un costume speciale che sia più credibile di quello che hai addosso, ok?»

Peter non poteva crederci. Mentre si avviava verso l’uscita dell’edificio per il corridoio pensò che aveva appena guadagnato trecento dollari con le sue sole forze e avrebbe potuto guadagnarne molti di più nei prossimi giorni. 

Mentre era immerso nei suoi pensieri scattò nuovamente quel pizzicore, si voltò e vide un tizio con un sacco in mano che scappava da un poliziotto; questi gli passò davanti e andò dritto nell’ascensore, dove si chiuse con un ghigno stampato sul viso.

«Ma insomma..» esclamò il poliziotto verso Peter «Perché non l’hai fermato? Bastava che gli mettessi lo sgambetto e avrei potuto prenderlo»

«Mi dispiace» rispose Peter con aria strafottente «Questo è il suo lavoro, non il mio» e proseguì verso l’uscita fiero di sé.

Si fermò ad un bar prima di rientrare a casa e pensò a quanto sarebbero stati contenti i suoi zii della sua ormai nuova vita.

Quando era ormai arrivato a casa notò delle auto della polizia davanti alla porta; corse in preda al panico, aprì e trovò un poliziotto che gli disse con voce roca «Ragazzo… mi dispiace…»

Suo zio Ben era morto sparato da un ladro che aveva fatto irruzione in casa. Peter corse in camera dalla disperazione e sentì dalla finestra un agente dire che il ladro era entrato in un vecchio magazzino del Queens e che avrebbero fatto ancora in tempo a prenderlo. Peter non ci pensò due volte, prese la maschera di Rey Mysterio e saltò via dalla finestra del retro; sentì un leggero formicolio quando sbucò via di lì ma non ci fece caso. Corse dritto verso il magazzino, entrò e trovò il ladro nascosto nell’ombra; lo alzò per la giacca e gridò «Ti ho beccato, brutto figlio di…» la voce di Peter si spezzò quando vide la faccia del ladro. Era quello che aveva lasciato scappare nel corridoio dell’arena in cui aveva combattuto. Lo stese con un pugno e lo lasciò lì, scappando via con le lacrime agli occhi.

Si rifugiò in un vicolo e spaccò tutto ciò che trovava. Solo allora pensò alle parole che ripeteva spesso suo zio Ben: da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Solo allora quelle parole avevano un senso. Capì di essere responsabile per la morte di suo zio e decise che avrebbe usato i suoi poteri a servizio del bene e che non si sarebbe fatto sfuggire mai più un nemico. Tornò a casa piangendo e con l’amaro in bocca, ma con una nuova missione in mente e un senso di responsabilità impresso nella sua testa.

Nel frattempo alla Oscorp il dottor Warren rientrava e faceva rapporto ad un signore nell’ombra.

«Il progetto è andato a buon fine?» chiese l’ignoto 

«Beh..» rispose Warren titubante «il progetto non ha avuto problemi ma..»

«Ma..?»

«Un ragazzo è stato punto da un ragno radioattivo»

«Che cosa?! Dimmi che non stavate provando il nuovo siero speciale in fase beta»

«…»

«Cos’è successo al ragazzo?»

«Gli è successo quello che è successo a lei, signore»

L’uomo nell’ombra si alzò e strinse i pugni.

 

 

liberamente tratto da "Amazing Fantasy #15" di Stan Lee e Steve Ditko del 1962.

Note:
Non so ancora come definire questa storia. È nata dalla voglia di scrivere una fanfic sul mio eroe preferito di sempre e poi alimentata dal desiderio di una serie televisiva su di esso a discapito degli infiniti reboot cinematografici. Questa, quindi, è la trasposizione scritta della perfetta serie TV di Spider-Man nella mia mente e allo stesso tempo la mia personale versione di un classico intramontabile del fumetto. 

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Capitolo 2
*** Spider-Man vs. Daredevil ***



Capitolo 2

Spider-Man vs. Daredevil

 

Peter tornò a casa di corsa entrando dalla stessa finestra da cui era scappato via. Si tolse la maglietta e la maschera e le scagliò al suolo sbraitando «È tutta colpa di questo stupido costume! Come vorrei che non mi fosse mai venuta in mente un’idea simile. Lo zio Ben è morto solo perché io non sono riuscito a salvarlo!» ma allo stesso tempo cercando di trattenere la voce per non farsi sentire da zia May. 

Si buttò sul letto e affondò la faccia nel cuscino lanciando un urlo soffocato.

In quel momento zia May entrò nella stanza; Peter si sollevò velocemente e improvvisò uno scarso tentativo di far finta di niente, per poi correre tra le sue braccia e scoppiare di nuovo a piangere sulle spalle di tutto ciò che gli era rimasto. 

Dopo dieci minuti, o forse un’ora, la zia lasciò la stanza e il ragazzo si mise a letto cercando di pensare a qualcos’altro, ma il suo sguardo si fermò sul microscopio sopra la scrivania; il microscopio che gli aveva regalato zio Ben per il suo sedicesimo compleanno, quello che aveva sempre desiderato e per cui lo zio aveva probabilmente speso tutti i suoi risparmi. Aveva speso tutti i suoi risparmi per fargli un regalo, per renderlo felice; quel microscopio che Peter fissò finché non gli si appannò la vista, mentre le lacrime scendevano senza che lui avesse modo di frenarle.

La mattina seguente Peter si alzò con un’aria strana. Aveva ancora addosso i pantaloni blu con cui aveva guadagnato trecento dollari il giorno prima. Guardandoli gli venne rabbia e si alzò di scatto. Prese gli occhiali sulla scrivania e se li infilò; fece per sistemarsi i capelli allo specchio quando notò qualcosa di strano. 

Non aveva mai fatto palestra in vita sua, né aveva mai alzato un solo peso, eppure quella mattina si ritrovò con pettorali e addominali scolpiti. Inizialmente pensò che stesse ancora sognando, si pizzicò una guancia mentre induriva i bicipiti, ma poi ipotizzò che fosse un altro degli strani effetti causati dal morso del ragno. Indossò velocemente una camicia che ora gli andava stretta e uscì dalla stanza.

Scendendo le scale udì zia May che discuteva dell’affitto della casa con un signore alla porta, pregandolo di attendere una settimana per il pagamento. Peter pensò che ora che zio Ben non c’era più non sarebbe stato facile per lui e sua zia tirare avanti, così raggiunse la zia non appena lei chiuse la porta e le disse con tono deciso:

«Zia May, c’è solo una cosa da fare. Lascerò la scuola e mi troverò un lavoro»

«No, Peter» rispose la zia con aria preoccupata «non puoi farlo! Tuo zio sognava che saresti diventato uno scienziato! Devi continuare gli studi.»

Eppure in qualche modo doveva aiutarla. Pensò che con i suoi poteri poteva fare qualunque cosa, andare ovunque; qualunque somma di denaro avrebbe potuto essere sua… Ma cosa stava pensando? Non era né un criminale né un ladro! E se lo avessero arrestato avrebbe sicuramente spezzato il cuore di zia May. Pensò che c’era solo una cosa da fare; doveva accettare l’invito che era stato dato a Spider-Man il giorno prima; doveva tornare ad esibirsi e riportare lo scalamuri di fronte al pubblico. Sembrava essere l’unico modo onesto di guadagnare dei soldi sfruttando i suoi poteri. Telefonò l’agente mentre percorreva la strada per arrivare a scuola e organizzò un’esibizione per domenica sera in teatro.

Quel pomeriggio tornò a casa con dei prodotti chimici che aveva preso in prestito da scuola. Dopo pranzo si rinchiuse in camera con un progetto ben preciso in testa. L’idea nacque dalla domanda quasi sicuramente ironica che gli era stata posta dall’organizzatore per l’esibizione, ovvero se fosse anche in grado di sparare ragnatele. Che ragno è mai uno che non spara ragnatele, pensò Peter. 

Grazie alle sue conoscenze nel campo della chimica riuscì, in due ore, a creare un fluido pressurizzato a 300 psi dalle fattezze simili a quelle di una ragnatela, proporzionalmente parlando. Il fluido risultò esattamente come voleva lui: elastico e ultra resistente. In seguito incanalò questo fluido in delle cartucce in teflon che inserì in dei bracciali d’acciaio inossidabile creati apposta per i suoi polsi. All’estremità di ciascun bracciale collegò un pulsante a fuoriuscita che si sarebbe posizionato proprio sul palmo della sua mano. La pressione di quel pulsante avrebbe fatto espellere una determinata quantità di fluido dalla cartuccia all’interno di un tubetto posto sul bracciale, che terminava con un foro, da cui il fluido sarebbe venuto fuori sotto forma di tela. Peter aveva creato un vero e proprio lancia-ragnatele e non vedeva l’ora di provarlo. 

Ideò anche una cintura speciale in cui inserì delle cartucce di ricambio e verso sera si recò al teatro, indossando nuovamente l’abbigliamento con cui era diventato famoso, a ritirare il costume che avevano fatto per lui; il busto era completamente rosso fino alla vita, esclusi i fianchi e la parte della schiena al di sotto delle spalle che erano di un blu acceso, così come la parte bassa. Il costume copriva tutto il corpo. I guanti e i piedi erano rossi, proprio come la maschera, che non lasciava nessun punto del viso scoperto ed aveva la parte degli occhi bianca con contorno nero e a forma di goccia, in un tessuto semi-trasparente.

Peter pensò che mancasse qualche piccolo dettaglio, ma gli piaceva, quindi tornato a casa rivoltò il portapenne alla ricerca di un pennarello indelebile, con cui poi disegnò con molta precisione delle linee sul costume e sulla maschera che richiamavano alla mente delle ragnatele.

Disegnò anche un piccolo ragno stilizzato al centro del costume, e uno più grande di colore rosso nella parte posteriore; semplice ma efficace, pensò.

Un’ora dopo, quando l’inchiostro si era ormai seccato sul tessuto, indossò il costume. Gli andava perfettamente e le piccole modifiche che aveva apportato rendevano tutto molto più sensato e speciale. Uscì dalla finestra munito di lancia-ragnatele e costume e si recò in una zona con molti palazzi; ne scalò uno discretamente alto e, una volta arrivato in cima, si fermò sull’orlo. Puntò lo sguardo su un palazzo lontano una ventina di metri da lì, tese un braccio in avanti e premette con il medio e l’anulare il pulsante del lancia-ragnatele posto sul palmo della sua mano destra, attivando così il fluido. Il getto fu immediato e non appena Peter lasciò il pulsante questi si fermò, lanciando la tela in lontananza. Ci riprovò, ma stavolta lasciò il pulsante e afferrò la tela molto velocemente. Aveva la ragnatela agganciata al palazzo, quindi fece un passo in avanti, respirò profondamente e saltò. A mezz’aria realizzò che se non si fosse fermato sarebbe andato dritto contro il muro, quindi lanciò un’altra ragnatela con la mano libera verso sinistra e si lasciò trasportare da quella, lasciando andare quella nella mano destra. Aveva agganciato un’asta fissata su un muro, a cui girò attorno molto velocemente, per poi lanciare un’altra tela a destra verso un lampione e così via; imparò a volteggiare in aria utilizzando la tela da lui inventata.

Il sabato seguente Peter andò a scuola indossando il costume sotto i suoi vestiti ordinari. Durante l’ora di chimica in laboratorio, mentre Peter svolgeva l’esperimento assegnatogli udì alle sue spalle Flash Thompson che parlava ai compagni 

«Guardate, gente! Domani sera il tizio che ha battuto Brodus Clay l’altro giorno, quel Spider-Man, si esibirà in teatro e il biglietto costa solo quattro dollari! Andiamoci tutti!»

E mentre tutti accettavano gioiosi Peter si pronunciò senza nemmeno voltarsi:

«Non contate su di me, ragazzi. Non posso.»

«Ah sì? Ma guarda un po’» rispose immediatamente Flash con aria di sfida «non me lo sarei mai aspettato»

«Avanti, Flash» intervenne Liz Allen «non gli abbiamo mai chiesto di venire con noi, e poi lui preferisce studiare. Ci divertiremo di più senza di lui»

«Già» rispose Flash iniziando a ridere «Hai proprio ragione, Liz»

Intanto che il gruppo si allontanava dalla sua postazione, Peter pensò che la situazione risultava molto comica, poiché Flash e gli altri sarebbero andati a vedere la sua esibizione in teatro e lui non poteva certo andare con loro; se solo avessero saputo che dietro la maschera di Spider-Man si nascondeva il secchione di cui si prendevano gioco ogni giorno…

E mentre il ragazzo era immerso nei suoi pensieri il professor Warren si avvicinò a lui e, con l’aria di chi vuole sapere qualcosa, gli chiese:

«Parker, vedo che ti impegni parecchio come al solito»

«Cerco di fare del mio meglio, professore» rispose Peter rispettosamente.

«Ho sentito di cos’è successo a tuo zio» disse il professore scurendosi in volto «mi dispiace davvero e ti capisco se magari hai problemi a…»

«La ringrazio e.. non si preoccupi» lo interruppe Peter mentre cominciava a sentirsi un po’ a disagio.

«A parte questo, tutto bene a casa?» chiese disinvolto il professore «tu stai bene? Niente di strano in questi giorni?»

«No.. s-sì» ribatté Peter stranito «tutto bene.. Niente di strano..»

«Bene» concluse Warren, con aria apparentemente scontenta, mentre si allontanava «continua ad impegnarti, ragazzo e otterrai tutto ciò che vuoi!»

A quel punto Peter si chiese se le conversazioni strane fossero tra i sintomi del morso di ragno radioattivo.

La sera dopo al di fuori del teatro vi era una grande insegna con scritto “The Amazing Spider-Man tonight” e sotto di essa un’interminabile fila di gente interessata allo spettacolo. Poco più avanti, nei pressi degli ultimi in fila, dei paparazzi tenevano l’obiettivo fermo sulla strada e stavano lì immobili, in attesa dell’arrivo della star della serata. Evidentemente non sapevano che Spider-Man era lungi da presentarsi lì a piedi; bensì arrivò svolazzando con la sua ragnatela ed entrò dalla porta sul tetto.

Dopo almeno mezz’ora di tempo tutti presero posto; Flash e gli altri riuscirono ad accaparrarsi posti in seconda fila, mentre in prima vi erano solo giornalisti e fotografi. Si alzò il sipario; il palco era completamente vuoto, fatta eccezione per due casse per la diffusione del suono, una ad ogni estremità. 

Il presentatore si mostrò senza posizionarsi al centro del parco, ma restando vicino alla parete destra.

«Buonasera, signore e signori e benvenuti al breve spettacolo di stasera. L’uomo… L’essere che sto per presentarvi è una novità per la maggior parte dei presenti. Ha fatto, per l’appunto, la sua prima apparizione in uno show di wrestling, accettando la sfida di sopravvivere tre minuti sul ring con un gigante. Lui non solo è sopravvissuto, ma ha anche umiliato il gigante, saltando sul soffitto con quello sotto braccio come una borsetta!»

La platea se la rise.

«Non ci credete? Beh, ‘nuff said, state a vedere. Vi presento, qui nel suo primo esclusivo spettacolo, l’unico, il solo, stuuuupefacenteeee………. Spider-Man!»

La folla esplose in visibilio quando il tessiragnatele saltò via dal soffitto in cui era nascosto per farsi riconoscere da tutti. 

Peter guardò davanti a sé e vide qualcosa che non avrebbe mai creduto possibile in vita sua. Una platea intera piena di gente lì solo per lui, per vedere cos’aveva da fare; e anche se in quel momento indossava una maschera, sotto c’era sempre un timido ragazzo di sedici anni di cui, solitamente, a nessuno importava. 

La sua vita aveva finalmente avuto una svolta; cose fantastiche stavano accadendo e lui non poteva crederci. 

Cominciò a dimostrare i suoi poteri arrampicandosi sulle pareti, e la gente era già sbalordita. In seguito sparò delle ragnatele, si fermò a mezz’aria appeso a testa in giù alla tela e fece alcuni backflip per dimostrare la sua agilità ottenuta. Infine venne trasportata una cassaforte molto pesante sul palco e lui riuscì ad alzarla con una mano sola. 

Gli spettatori a bocca aperta inneggiarono dei cori.

«Spider-Man! Spider-Man! Spider-Man!»

«Ragazzi!» urlò Flash tra il pubblico «è il mio eroe preferito! Lo è sempre stato! Spider-Man! Ti adoro!»

Se Flash avesse saputo che sotto quella maschera c’era colui che odiava di più nella sua classe. Peter non osava immaginare la sua faccia se gliel’avesse detto.

Al termine dell’esibizione gli spettatori lasciarono il teatro soddisfatti di ciò a cui avevano assistito, mentre all’interno la star riscuoteva il suo salario.

«Devo pagarla, Spider-Man» disse titubante il manager «ma non posso darle contanti! Devo farle un assegno, così da avere una registrazione per le tasse. A chi devo intestarlo?»

«Non posso dirle il mio nome!» replicò il ragazzo allarmato «Nessuno deve conoscere la mia vera identità! Lo intesti solamente a Spider-Man.»

«D’accordo, come vuole» concluse il manager mentre metteva nero su bianco «ma farà fatica a incassarlo.»

«Fatica, eh?» disse il ragno mentre fissava tutti gli zeri sull’assegno «beh, vedremo.»

La mattina seguente Peter si svegliò un’ora prima per poter riscuotere l’assegno; prese di corsa i suoi occhiali e indossò il costume sotto jeans e pullover. Scese in sala per fare colazione e diede un bacio sulla guancia alla zia prima di sedersi a tavola.

«Allora» parlò May «com’è stato lo spettacolo ieri sera?»

«Oh, beh..» rispose Peter allontanando la tazza dalla bocca e improvvisando un sorrisetto «davvero niente male… Ma c’era tanta gente, quindi mi è capitato un posto un po’ lontano dal palco.»

«L’importante è che ti sia piaciuto» disse la zia mentre gli versava altro latte «è finito tardi? Non ti ho sentito rientrare.. Devo essermi addormentata»

«Già, sì…» rispose quasi nervosamente il ragazzo «mi sono trattenuto per la firma degli autografi»

«E stamattina? Come mai ti sei svegliato così presto?»

«Ecco, appunto» disse Peter lanciando un’occhiata veloce verso l’orologio «devo andare in biblioteca a restituire dei libri. Ci vediamo zia!» finì alzandosi.

Un isolato dopo, alla banca..

«Dovrei vedere un documento» disse il banchiere leggermente imbarazzato

«Non basta il mio costume?» chiese Peter con la voce camuffata dalla maschera

«Non sia ingenuo!» rispose il banchiere con maggiore sicurezza «Chiunque potrebbe indossarlo! Ha un tesserino sanitario, o una patente intestata a Spider-Man?»

«Lei che crede?» disse Peter sospirando.

Intanto al Daily Bugle, l’edificio del giornale più venduto a New York, l’editore J. Jonah Jameson scriveva al computer l’editoriale per il giornale del giorno dopo pensando «Quando avrò terminato, Spider-Man verrà cacciato dalla città!»

La mattina passò velocemente e, al termine delle lezioni, Peter decise di non rientrare immediatamente a casa, ma di lasciare i vestiti ordinari sul tetto della scuola e di svolazzare per la città come Spider-Man, mentre pensava a ciò che era successo quella mattina.

«Che disdetta! Non posso ancora crederci. Ho fatto quell’esibizione per niente! Non posso incassare l’assegno, a meno che non riveli la mia identità; cosa che non posso fare, se voglio evitare un infarto di zia May. La fortuna dei Parker colpisce ancora!» 

E mentre Peter pensava alle sue disavventure, sotto di lui quattro tipi sospetti scappavano dal retro di un negozio, portando sacchi di denaro. Il ragazzo pensò che dopo l’ultima volta che aveva avuto a che fare con un ladro, stavolta non avrebbe mai permesso loro di scappare.

I quattro intanto, uscendo dal vicolo, incrociarono la strada con un giovane uomo vestito elegante, con occhiali da sole e bastone.

«Guardate!» bisbigliò uno dei ladri «Un cieco! Potrebbe aver sentito le nostre voci; non possiamo lasciarlo qui! È pericoloso!»

A quel punto Peter lasciò andare la tela e scese in picchiata verso di loro, atterrando su un’asta a pochi metri dalle loro teste.

«Se voi vermi non volete testimoni, fareste meglio a sbarazzarvi di me» disse lo scalamuri a voce alta, attirando l’attenzione di tutti e cinque «I miei occhioni bianchi hanno visto tutto!»

«E tu chi diavolo saresti?» gridò uno dei delinquenti «Hai un desiderio di morte? Non vedi che siamo in quattro contro uno?»

Il ragno saltò giù dall’asta e i quattro lo circondarono. Quello davanti a lui caricò un gancio destro; il tempo si rallentò agli occhi di Peter. Vide il pugno del ladro avvicinarsi a lui molto lentamente, quindi balzò facendogli colpire il suo compagno dall’altro lato. Mentre i due litigavano tra di loro, lui era ancora in aria, quindi fece un frontflip e scese velocemente su di loro sferrando due calci con cui li fece volare via.

«Non sapete che questa è la settimana di familiarizzazione con Spider-Man?» disse mentre sentì quel pizzicore, che lui aveva rinominato “senso di ragno”, che lo avvertì di un pericolo alle sue spalle; percepì uno dei ladri ancora in piedi intento a colpirlo con un coltello. Saltò nuovamente evitandolo, si diede uno slancio con le mani sulle spalle del nemico, e atterrò dietro di lui, davanti all’altro criminale; a quel punto si voltò a sinistra, dove vide il cieco innocente e allargò le braccia ai lati, colpendo così i due ladri allo stesso tempo, mettendoli K.O.

«Sta bene, signore?» chiese in fretta Peter, sentendo il suono delle sirene avvicinarsi «ha bisogno di una mano per proseguire la strada?»

«No, grazie!» rispose l’uomo tranquillamente «posso farcela! Ma le sono grato Mr.. eh.. Spider-Man, giusto?»

«Esatto, amico!» concluse Spidey lasciando un bigliettino sui ladri che aveva appena legato al muro usando la sua ragnatela «Ma non mi ringrazi… Mi ricordi solo sul testamento! E farebbe meglio a stare attento a non camminare in queste zone deserte quando inizia a fare buio!»

«Per uno come me, la notte e il giorno sono uguali!» disse l’uomo sorridendo «ma grazie lo stesso!»

Spider-Man volò via e l’uomo entrò nel vicolo mentre arrivava la polizia, che trovò i criminali stesi e legati al muro con un bigliettino sopra

«Cosa dice il bigliettino?» chiese uno degli agenti

«Cordiali saluti dal vostro amichevole Spider-Man di quartiere..» rispose l’altro perplesso.

Intanto nel vicolo l’avvocato cieco pensava «Così quello era Spider-Man, il tizio di cui mi parlava Foggy! Hmm… direi che è sui diciassette anni, un metro e ottanta… e giudicando dalle sue pulsazioni, in eccellente salute! Non sarebbe stupito se sapesse che ho potuto vedere tutto quanto con i miei sensi, come lui ha fatto con i suoi occhi? Del resto stavo cercando di catturare da me quei quattro malviventi, ma non ho osato cambiarmi mentre Spider-Man poteva vedermi!» disse sbottonandosi la camicia e rivelando il costume rosso che aveva sotto «Ora, per il contrattempo, sono in ritardo per tornare in ufficio e non vorrei che Karen e Foggy si preoccupassero, quindi andrò più velocemente… come solo Daredevil sa fare!»

E così, una volta arrivato all’ufficio, Foggy Nelson esclamò:

«Matt! Finalmente. Ci chiedevamo se volessi venire con noi al circo domani?» 

«Al circo? Come mai?»

«Beh, il poster dice che ci sarà Spider-Man!»

«Hmm… Spider-Man continua a incontrare la mia strada» pensò Matt Murdock, il legale cieco anche noto come Daredevil, il diavolo di Hell’s Kitchen.

Nel frattempo, nell’arena dove si sarebbe svolto il circo, tre tizi abbastanza muscolosi si allenavano, mentre un uomo mostrava il poster ideato per il giorno dopo a un uomo con baffi da hipster che indossava un cilindro con dei cerchi concentrici davanti e una giacca verde con pattern di stelle nere che esclamò:

«Ah! Benissimo! Quando quegli stupidi capiranno che Spider-Man non è nello show sarà troppo tardi per farci qualcosa!»

Il giorno dopo, per le strade di New York, Peter passeggiava immerso nei suoi pensieri, quando il poster del circo posto su un muro attirò il suo sguardo.
«Strano» pensò «Quel poster dice che apparirò stasera… Beh, se il ricavato sarà devoluto in beneficenza come c’è scritto potrei pure esibirmi»

E così, quella sera, Peter si ritrovò in mezzo ad una folla di gente lì per vederlo, tra cui scorse Matt Murdock, chiedendosi come mai il suo senso di ragno pizzicasse così tanto quando lui era vicino. Subito dopo si recò dietro le quinte, dove si cambiò d’abiti e si arrampicò su una fune che conduceva proprio sopra il palco, che era pieno di pali cinesi, trapezi, funi, bandierine e palloni da esibizione che circondavano il circo.

«Penso che mi divertirò» disse Peter mentre saliva «Ho sempre desiderato essere una star del circo, e con i miei poteri dovrei essere sensazionale! Comunque è bello poter fare qualcosa per beneficenza!»

Mentre dietro le quinte uno dei tre palestrati parlò al capo «La tenda si sta riempendo, capo! Saremo presto ricchi!»

«Quegli idioti sono qui per vedere Spider-Man, ma avranno un differente tipo di show!» esclamò il tizio con una risata malvagia.

Intanto, sul palco scese Spider-Man gridando «Salve, gente!» e ricevendo una standing ovation. Cominciò a saltare ovunque per scaldarsi prima dell’esibizione vera e propria, mentre il tizio dai baffi appuntiti uscì allo scoperto di corsa.

«Non avrei mai pensato che si sarebbe presentato sul serio… Beh, questo non interferirà con i miei piani in ogni caso!» pensò recandosi al centro del palco e alzando le braccia per farsi notare dal ragno

«Ma chi diavolo è quel tipo strano?» pensò Peter «vuole rovinare il mio spettacolo?» 

Quindi scese appeso a testa in giù sulla sua ragnatela di fronte al tale esclamando:

«Ok, pazzo. Cosa ci fai al centro del palco e da quale fumetto sei uscito?», mentre i cerchi roteanti sul cappello attiravano la sua attenzione.

«Sono Ringmaster!» disse lo sconosciuto con enfasi «La mia volontà è la tua! La mia volontà è la tua!»

A quel punto Spider-Man non mosse un dito; restò immobile a testa in giù senza aprire bocca, mentre l’uomo che si faceva chiamare “Ringmaster” rivolgeva il suo sguardo alla platea pensando «È il mio grande momento! Sarà la più grande ipnosi di massa! Il mio più grande trionfo»

I cerchi concentrici ricominciavano a roteare sulla sua testa, propagandosi in delle onde che in poco tempo ricoprirono l’intera tenda, mentre lui gridava «La mia volontà è la vostra! La mia volontà è la vostra!»

Così in un attimo si compì la più incredibile impresa d’allucinazione di massa mai registrata, quando l’intera platea cadde in trance ipnotica.

«Ce l’ho fatta!! Ora svelti!» esclamò Ringmaster rivolgendosi ai suoi tre aiutanti «Andate e prendete i loro portafogli e gioielli! Presto!» e i tre si avviarono, scavalcando le transenne «La magia dura solo un’ora.»

Ma, non notato tra l’immensa platea, il legale Matt Murdock non era stato ipnotizzato poiché, ovviamente, non aveva mai visto i cerchi roteare, ma realizzò che l’intera platea era in stato di trance. Quindi, sentendosi al sicuro da occhi indiscreti, si cambiò d’abiti, sfoggiando il costume di Daredevil, e successivamente saltò fuori verso il palco.

«Ma che..» pensò Ringmaster «È Daredevil quello! Perché non entra in trance?!»

«Se non sbaglio» ipotizzò Devil «dovrò combattere contro quattro uomini»

«Non si ferma!» esclamò il nemico in preda al panico «C’è solo un modo per fermarlo.. Spider-Man! La mia volontà è la tua! Daredevil è tuo mortale nemico! Attaccalo!»

Al suono di quelle parole, lo scalamuri si mosse, andando incontro al diavolo di Hell’s Kitchen, che saltò per evitare il colpo del ragno, aggrappandosi ad un trapezio; mentre si dava lo slancio sentì i passi di Ringmaster, che stava scappando, quindi si lanciò contro di lui ma questi urlò «Spider-Man! salvami!» e il ragno, con una velocità disumana, raggiunse Daredevil, colpendolo con un calcio che lo fece balzare via all’istante.

«Ho salvato Ringmaster» disse con voce quasi robotica e posizionandosi in modo estremamente rigido «come ordinato.»

«Non fermarti, stupido!» gridò Ringmaster «Daredevil non è ancora sconfitto!»

«Per fortuna Spider-Man non può pensare da sé» pensò Murdock «Se agisse di sua volontà sarebbe dura; ma, ora che è sotto ipnosi, ho un vantaggio.» 

Spider-Man tornò all’attacco, quindi si arrampicò su un palo cinese, con il ragno che lo seguiva a ruota. Una volta arrivato a metà palo, percepì la presenza di trapezi in aria, e quindi ci si lanciò contro, aggrappandone uno; da lì si diede uno slancio molto più caricato di prima ed andò dritto verso Ringmaster, senza mollare il trapezio. 

Immediatamente Spider-Man gli saltò davanti grazie alla sua ragnatela, ma Daredevil frenò, facendo mancare l’obiettivo al tessiragnatele, che si fermò a terra attendendo ulteriori ordini di Ringmaster. In quel breve momento Devil afferrò una palla da circo appesa nelle vicinanze e la tirò verso il malvagio, facendolo inciampare.

Quest’ultimo perse il cappello, e mentre cercava di riprenderlo Daredevil lanciò un suo bastone colpendo la sua mano. Immediatamente corse ad aggrappare il cappello, mentre Ringmaster gridava «Seguilo, Spider-Man! Recupera il mio cappello!»

E mentre il ragno si avvicinava con una velocità indescrivibile, Daredevil gli puntò il cappello contro esclamando «Alt! Non sei più sotto l’incantesimo di Ringmaster! Ti libero dalla tua trance!» 

Le parole di Matt Murdock rimbombarono assieme alle onde provenienti dai cerchi concentrici sul cappello e Spider-Man si fermò a pochi centimetri di distanza da lui.

«Argh! La testa!» si lamentò Peter «Ma che diavolo è successo?!»

In poco tempo il ragazzo afferrò l’intera situazione e disse

«Molto obbligato, Daredevil! Non so che avrei combinato se tu non avessi rotto il controllo di Ringmaster!»

«Ringrazia il mio istinto di sopravvivenza, Spider-Man! Preferirei avere un tipo come te con me piuttosto che contro!»

«Grazie per i complimenti, ma ti devo un favore, e un uomo ragno non dimentica!»

«Meglio lasciare le smancerie per dopo, amico! Sento un arrabbiatissimo Ringmaster che si prepara ad attaccarci di nuovo!»

E mentre Matt pensava che si era quasi lasciato scappar detto del suo udito, Ringmaster ordinava ai suoi tre uomini di attaccare i due. Quando i tre raggiunsero gli eroi, Daredevil strinse le sue ginocchia e, in una rapidissima manovra, sbaragliò i tre come birilli. Stava per tornare all’attacco quando Spider-Man esclamò «Ehi, Devil! Hai fatto la tua parte! Lascia che ci pensi io a loro!»

«Come vuoi, amico! Ma se hai bisogno d’aiuto, agita la tela!» rispose Daredevil che, immaginando che non ci fosse più bisogno di lui, tornò verso gli spalti, dove si rivestì nei panni dell’avvocato Matt Murdock. 

«Ed ora, ragazzi e ragazze» esclamò Peter con il costume pieno di strappi a causa del combattimento «vi presentiamo l’attrazione principale! Good ol’ webslinger… Me!»

In pochi secondi fece fuori i tre malviventi, mentre Ringmaster recuperava il suo cappello. Spider-Man lo raggiunse, ma il cattivo azionò il cilindro dicendo «Ed ora, insolente, vanitoso, sfacciato bifolco, la pagherai per i tuoi insulti e la tua insolenza!»

«Dio!» strepitò Spider-Man «Scommetto che ti fanno mangiare corn flakes tre volte al giorno! Fai sembrare Thor un ragazzetto!»

«Farò tesoro di queste sferzanti parole, Spider-Man! Perché saranno le ultime che pronuncerai… di tua volontà!» disse mentre i cerchi sul cappello cominciavano a muoversi.

A quel punto Peter chiuse gli occhi e, dato che Ringmaster non poteva vedere che erano chiusi da sotto la maschera, disse «No, amico! La tua ipnosi non funziona più su di me! Hai sprecato la tua ultima possibilità!» 

«No! Aspetta!» farfugliò il criminale «Mettiamoci d’accordo! Ferm-» e Spider-Man lo colpì con un pugno dritto sul naso, mettendolo al tappeto.

Poi lo prese e lo legò al muro insieme agli altri tre con la ragnatela, gli tolse il cappello e lo diresse verso la platea dicendo «Ok, gente! Svegliatevi! Lo show è finito, potete andare a casa!»

L’intera platea si svegliò pensando di aver visto uno spettacolo eccitante.

Subito dopo Peter si recò sul tetto, dove trovò Daredevil.

«Ehi» disse il ragazzo «da quant’è che non ti vedevo!»

«Mi sembra di percepire che hai bisogno di un nuovo costume» disse Devil.

«Percepisci bene» rispose Peter.

«Beh, vieni con me. Ti porterò dal tizio che ha fatto il mio. E stavolta non sarà di spandex, ma di un materiale ultra resistente che ti riparerà anche dagli urti, ma allo stesso tempo sarà elastico e flessibile»

I due, quindi, si recarono da Melvin Potter che disse «Certo, posso farti questo favore Devil. Come devo farlo questo costume, quindi?»

«Proprio come questo» rispose Peter «ma meglio.»

Due giorni dopo Peter andò a ritirare il costume. I colori erano esattamente come prima, ma le ragnatele non erano disegnate ma incise in rilievo, e gli occhi non erano fatti con tessuto ma erano delle lenti speciali della stessa forma di prima attaccate alla maschera. Lo indossò e gli sembrava di non averlo addosso, nonostante fornisse una protezione estrema. Ringraziò di cuore Potter e volò via con la sua ragnatela, sentendosi vivo.

 

 

«È appena uscito da quel negozio. Ha un nuovo costume.»

«Bene. Puoi ritirarti.»

«Tutto qui? Non ha intenzione di fare nulla?»

«No.»

«…D’accordo.»

Il professor Warren mise in moto la macchina e si allontanò dal posto. Due minuti dopo ci fu un’esplosione di fronte al negozio. Potter uscì di corsa terrorizzato:

«Cosa diavolo è stato?!»

«..hi hi hi…»

Melvin si voltò e sbiancò in viso.

«Che succede, Potter? Hai sbagliato formula magica?! Forse tra un expelliarmus e l’altro puoi darmi qualche informazione su un certo… ragnetto?» 

«No! No! Ti prego! Non ne so niente! Vai via!»

«Risposta sbagliata! Hahahaha!»

 

liberamente tratto da “The Amazing Spider-Man #1/16" di Stan Lee e Steve Ditko del 1963/64.

 

 

 

The Web Of Spider-Man.

Il fandom italiano del fumetto di Spider-Man a quanto pare è davvero piccolo. La fanfic con più recensioni che ho visto qui è basata sull’universo cinematografico di Sam Raimi e conta quasi 60 recensioni; il resto ne ha davvero poche.

Se finora la storia vi è piaciuta, vi invito a lasciarmi una recensione, per farmi capire cosa pensate della mia storia, se vi interessa, se aspettate il prossimo capitolo, o se volete darmi dei consigli. Anche se non vi sta piacendo, le critiche costruttive sono ben accette. 

Cercherò di pubblicare un nuovo capitolo ogni lunedì. Nel capitolo di oggi c’è stata la partecipazione speciale di Matt Murdock a.k.a. Daredevil. Il Devil che vedete in questa storia è, però, quello della serie televisiva di Netflix e non quello dei fumetti; stessa cosa per i suoi comprimari Foggy, Karen e Melvin. La parte in cui lui appare è ispirata al numero 16 di “The Amazing Spider-Man” e Ringmaster è un vecchio villain di casa Marvel.

Nel prossimo capitolo la prima apparizione di alcuni personaggi come Betty Brant e ospiti d’onore… I Fantastici Quattro!

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Capitolo 3
*** Eroe o minaccia? ***


«Mi chiamo Peter Parker e sono il supereroe più grande del mondo. Un giorno, ad una presentazione di scienze sulla radioattività sono stato morso da un ragno radioattivo, che mi ha conferito la sua forza e agilità proporzionale. Ho cercato di sfruttare i miei poteri per il guadagno, ma nel mio momento di gloria mi sono lasciato sfuggire un ladro che in seguito ha ucciso mio zio Ben. Da quel giorno ho capito che da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Agli occhi di tutti sono solo un timido studente della Midtown High School, ma in segreto uso i miei poteri per combattere il crimine. Chi sono io? Sono Spider-Man.»

 

Previously, on “The Amazing Spider-Man”: In seguito alla morte dello zio Ben, Peter ha capito che lui e sua zia May avrebbero avuto problemi finanziari, quindi decide di contattare il manager che gli aveva offerto di esibirsi in teatro come Spider-Man. L’esibizione riesce in pieno e, in poco tempo, tutta New York conosce il nome di Spider-Man. Purtroppo, però, Peter non riesce a ricevere il pagamento per la sua esibizione, quindi, deluso, accetta di esibirsi per beneficenza in un circo. Dietro quell’esibizione, però si nascondeva il terribile Ringmaster, che riesce ad ipnotizzare Peter e l’intera platea. Interviene Matt Murdock nei panni di Daredevil, che dopo uno scontro, riesce a far recuperare la ragione a Peter e, insieme a lui, sconfigge il nemico. Subito dopo, Matt offre a Peter un costume da Spider-Man fatto da Melvin Potter, il suo stesso “sarto”. Nel frattempo, il professor Warren, comandato da un uomo misterioso, continua ad indagare sul ragazzo…


Capitolo 3

Eroe o minaccia?

 

 

Il giorno dopo, Peter notò che le ultime notizie su Google parlavano solo di Spider-Man; tutti i siti di giornali più famosi riportavano il nome del suo alter-ego.

Non ebbe, però, il tempo di leggere cosa dicevano perché doveva correre dal manager degli spettacoli per farsi pagare in qualche altro modo, dopo la disdetta del giorno prima in banca.

«Strano…» disse il professor Warren, dentro la sua auto parcheggiata di fronte alla casa di Peter, mentre vedeva Spider-Man sgattaiolare fuori dalla finestra «A quest’ora avrebbe dovuto già manifestare la febbre.. Non sembra, ma il ragazzo è molto forte.. Anche se qualche effetto collaterale si nota. Ad esempio, avrebbe potuto far capire al banchiere di essere il vero ragno arrampicandosi sulle pareti; o il suo senso di ragno dovrebbe avvertirlo di qualcuno che lo osserva. Tra l’altro esce dalla finestra della sua camera senza guardarsi prima intorno. Pochi giorni fa la ragazza della casa affianco deve averlo visto vestito così… Ma posso lasciar perdere, non penso che intralcerà le operazioni.»

Warren avviò l’auto, «Non ci sarà bisogno di dirlo al capo» pensò mentre telefonava.

«Sì?» disse una voce molto roca dall’altro lato del telefono, seguita da delle risate inquietanti in sottofondo.

«Qui tutto regolare.»

«Bene. Hai il rapporto del dottor Connors?»

«Deve ancora testare la formula che ha inventato.»

«E cosa diavolo aspetta?!» la voce roca divenne pungente all’istante «Forse non gli è chiaro!» la voce si alzò sempre di più, fino a diventare un urlo «NON MI RESTA ALTRO TEMPO! DANNAZIONE! POTREI MORIRE DA UN GIORNO ALL’ALTRO, O PEGGIO…. Ah.. Ah… AH! HAHAHAHAHA» e riagganciò.

Miles Warren, con gli occhiali appannati, si mise una mano sulla fronte, per poi farla scivolare indietro, sistemandosi i capelli grigi, e fece un’altra telefonata, in cui chiese al dottor Curt Connors a che punto stava con la formula.

«Ho intenzione di provarla a breve su una cavia» spiegò Connors «se funzionerà potremo procedere»

«No, ascoltami bene Curt… Non c’è tempo. Devi provarla sugli esseri umani.»

«Stai scherzando?! Non potrei mai farlo.»

«È questione di vita o di morte… La mia vita. Capisci?!»

Intanto, un uomo ragno spuntava dalla finestra dell’ufficio del manager che gli finanziava gli spettacoli, il quale gli disse:

«Tanto vale che se ne torni indietro, Spider-Man! Gli spettacoli sono finiti… per sempre!»

«Cosa?!» esclamò Peter incredulo «Perché?! Cos’è successo?»

«Guardi lei stesso!» rispose il manager porgendogli il Daily Bugle del giorno. L’editoriale riportava a caratteri cubitali la dicitura:

 

Spider-Man è una minaccia!

 

Nel frattempo, mentre Peter si chiedeva il perché di ciò, l’autore dell’editoriale, J. Jonah Jameson, promuoveva conferenze in tutta la città:

«Non possiamo permettere che quella minaccia mascherata si faccia giustizia da sé! Oltre a porsi al di sopra della legge, ha una cattiva influenza sui giovani! I ragazzi potrebbero cercare di imitare le sue fantastiche imprese!» divulgava l’editore dai baffi a spazzolino e capelli brizzolati sopra e bianchi ai lati, mentre nello schermo alle sue spalle venivano proiettate riprese di Spider-Man che combatteva criminali e svolazzava tra i tetti della grande mela «Pensate cosa accadrebbe se i ragazzi facessero di questo mostro il loro eroe! Non dobbiamo permetterlo! Dico che Spider-Man, o come diavolo si fa chiamare, deve essere cacciato! Non c’è posto per un tale pericolo nella nostra città! I giovani di questa nazione devono imparare a rispettare i veri eroi» venne proiettata l’immagine di un uomo giovane in tuta da astronauta, dai capelli e occhi scuri e leggermente somigliante all’editore «come mio figlio, John Jameson, pilota collaudatore! Non dei mostri egoisti come Spider-Man… Una minaccia in maschera che si rifiuta di mostrare la sua identità!»

Intanto Peter, di fronte ad un’edicola, pensava a voce alta mentre fissava i giornali con l’editoriale su di lui in prima pagina: «Non capisco, come fanno gli altri eroi come Ant-Man a scamparla? Nessuno li disturba e pare che facciano un sacco di soldi!»

«Bah!» esclamò l’edicolante «Io non ci credo neanche a Spider-Man! È solo pubblicità!»

Peter annuì alzandosi gli occhiali, e mentre si allontanava dall’edicola pensò che se non poteva guadagnare come Spider-Man, l’unica altra cosa da fare era trovare un lavoro part-time, quindi diede un’occhiata alle offerte di lavoro. Più tardi quel giorno, però, Peter rimase deluso quando ben quattro posti di lavoro cercavano un uomo e non uno studente.

«Ultime notizie! John Jameson in orbita con un razzo!» gridava il venditore ambulante di giornali, mentre Peter passeggiava per le strade a testa bassa, quando scorse una faccia a lui conosciuta tra la gente; era zia May. Si chiese dove stava andando a quell’ora, quindi la seguì, senza farsi vedere, fino ad una gioielleria. Quando lei entrò, lui si diresse verso il retro, dove si arrampicò sul muro per sbirciare dalla finestra. Zia May stava impegnando dei gioielli.

Peter immaginò che doveva avere un disperato bisogno di soldi ma non voleva che lui lo sapesse per non farlo preoccupare. Pensò che stava facendo tutto quello per lui; e lui non poteva ripagarla; non poteva aiutarla. Peter fissò il giornale che ritraeva il pilota John Jameson e suo padre Jonah tra le mani del venditore e colpevolizzò quest’ultimo per l’impossibilità di esibirsi come Spider-Man. Si rinchiuse in un vicolo e batté i pugni contro un muro.

Il giorno dopo, non avendo di meglio da fare, Peter si recò ad assistere alla partenza del volo orbitale di John Jameson. C’era una folla immensa di gente, limitata da una ringhiera, di fronte ad un enorme razzo con una capsula grigia dalla forma conica in cima, tenuto fermo da un’impalcatura rossa con il logo della NASA. Dall’altra parte della ringhiera, attorno al razzo, vi erano militari e scienziati.

«Ce ne vuole di coraggio per salire su uno di quegli aggeggi!» esclamò un tizio nelle vicinanze di Peter «Scommetto che anche Spider-Man ci penserebbe prima di offrirsi per questo volo, eh?»

Il ragazzo annuì.

«Quindici minuti al decollo! Il personale non autorizzato sgombri la zona!»

«È ora, John!» disse J. Jonah Jameson rivolgendosi al figlio ai piedi del razzo «Fa’ che il paese sia fiero di te, figliolo… Quanto lo sono io!»

«Ti prometto che farò del mio meglio, papà» rispose John cominciando a salire.

Pochi minuti dopo, la capsula con lui dentro fu messa in orbita con un lancio perfetto, ma subito dopo, una piccola sezione del pannello di guida si staccò dalla capsula, perdendosi nello spazio. Senza l’essenziale sezione, la capsula entrò in un’orbita irregolare, fuori controllo.

«Dannazione!» esclamò John «Ho perso il controllo della capsula» quando una spia rossa si accese, illuminando tutto l’interno «Quella spia può voler dire solo che ho perso il cuore del congegno di guida! Non controllo più la capsula! Mayday! Mayday! Jameson a centrale!»

Intanto, a miglia di distanza, alla centrale operativa, il padre del giovane pilota, in preda al panico, chiese ai tecnici cosa stava succedendo e questi gli risposero «La capsula è fuori controllo, signore! La sezione 24-3B si è staccata! Allarme rosso!» le parole del tecnico riecheggiarono, attraverso degli altoparlanti, anche al di fuori della struttura, arrivando alle orecchie di Peter «Senza quella sezione continuerà a perdere quota fino a schiantarsi» 

Agendo con disperata rapidità, i tecnici cercarono di imprigionare la capsula con una rete d’acciaio lanciata con un paracadute, ma inutilmente. Nel frattempo, Peter era tornato a casa di corsa per indossare il suo costume dicendo tra sé e sé «C’è solo un uomo che può salvare John Jameson… e quello è Spider-Man!»

Vestitosi, raggiunse immediatamente il centro di controllo spaziale, dondolando per i palazzi con le sue ragnatele. Nei pressi della finestra spalancata udì uno dei tecnici che diceva di avere una sezione di ricambio, ma che non c’era modo di portarla a Jameson in tempo.

«Vi sbagliate!» affermò Peter saltando dentro dalla finestra «Il modo c’è!»

«Spider-Man!» infuriò Jameson.

«Datemi il sistema che serve. Lo porterò sulla capsula!» disse lo scalamuri rapidamente.

«D’accordo» rispose lo scienziato «Non abbiamo nulla da perdere. Noi non siamo in grado di farlo.»

«Spider-Man?!» enfatizzò Jameson «È solo un truffatore che sta cercando di finire in prima pagina! Cosa potrebbe fare lui?!»

«Invece di blaterare, amico…» replicò Peter, afferrando la sezione di ricambio «Guardi cosa sono capace di fare!»

Saltò fuori dalla finestra lanciando una tela verso il palazzo affianco, e poi svoltò in direzione di una pista nelle vicinanze. Giunto a terra, un militare gli puntò il fucile contro intimandogli di fermarsi, ma lui lo bloccò sparandogli una maggiore quantità del normale di tela contro, imprigionandolo ed esclamando «Non c’è tempo per questo ora»

Pochi secondi dopo, la potente figura in costume requisì un aereo con pilota, spiegandogli brevemente la situazione.

«Non accetterei mai una follia simile» disse il pilota facendo decollare l’aereo «ma sento che se c’è qualcuno che può salvare quel poveraccio, quello sei tu, Spider-Man!»

Poco dopo, raggiunsero la capsula in aria, e cercarono di avvicinarsi il più possibile. Spider-Man, nel frattempo, uscì dall’aereo armato di pezzo di ricambio, e si mise in piedi su di esso, riuscendo a reggersi grazie ai suoi poteri d’adesione alle pareti.

«Cos’hai intenzione di fare?» gridò il pilota da sotto.

«Devo attaccarmi mentre mi passa vicino! Sarà la mia unica possibilità!» rispose il ragno. Detto questo, lanciò una ragnatela verso la capsula, ma la mancò. Lasciò andare quella e ne sparò un’altra, riuscendo stavolta a colpirla. Venne trascinato via dalla capsula. Si trovò appeso alla tela in coda a quella, con il vento che gli soffiava contro. Si diede uno slancio con tutta la sua forza e riuscì a raggiungere la capsula, aggrappandosi ad essa, mentre perdeva pericolosamente quota. Arrivò alla punta, dove inserì il pezzo mancante, che si incastrò alla perfezione. Immediatamente John Jameson si accorse di aver riottenuto il controllo manuale della capsula, quindi lanciò il paracadute al fine di atterrare.

«Missione compiuta!» esclamò Peter in cima alla capsula che atterrava lentamente.

«Spider-Man ci è riuscito! La capsula sta atterrando!» disse uno dei tecnici al computer nel centro di controllo.

«Il mio ragazzo è salvo!» esclamò J.J. tirando un sospiro di sollievo.

Intanto, nei pressi di una campagna, la capsula atterrò senza problemi, e Peter abbandonò la scena pensando che si sarebbe imbarazzato se tutti avessero voluto congratularsi con lui per ciò che aveva appena fatto.

Una volta rientrato a casa, di sera, Peter si tolse il costume pensando, con aria felice «D’ora in poi non dovrei più avere problemi ad esibirmi in pubblico! Scommetto che anche Jameson mi assumerebbe.»

Nel frattempo, al Daily Bugle, Jameson rientrava. 

«Prepari il giornale di domani, miss Brant» disse rivolgendosi alla segretaria «In prima pagina: Spider-Man.»

La mattina seguente, Peter si svegliò con un’aria soddisfatta. Si vestì velocemente, si guardò allo specchio e pensò che forse avrebbe dovuto cambiare un po’ stile; tra i capelli castani tirati indietro, gli occhiali grandi di suo padre e le giacche quasi eleganti che indossava non rientrava molto nella moda del ventunesimo secolo. Scese al piano di sotto, salutò zia May e aprì la porta per prendere il giornale sull’uscio, che non vedeva l’ora di leggere. Ma quando lesse la prima pagina, rimase sbalordito e disse «No. Non può essere.»

 

Il Daily Bugle chiede che Spider-Man sia arrestato

e incriminato.

-J. Jonah Jameson.

 

Peter non poteva crederci. Andò velocemente in sala e accese la televisione. Jameson era su tutti i canali, ed aveva l’immagine di Spider-Man alle spalle mentre annunciava: «È stato tutto un piano di Spider-Man per screditare mio figlio! Io accuso Spider-Man di aver sabotato la capsula in modo che si staccasse la sezione di guida! Spider-Man è penetrato illegalmente in una base militare, requisendo con la forza un aereo; poi, grazie a una messa in scena, ha cercato di fare l’eroe, provocando il fallimento di un importante test missilistico e facendo rallentare il nostro programma spaziale di settimane! Ripeto… Spider-Man è una minaccia per l’America!»

Purtroppo, se si grida forte, sono sempre in molti quelli che ci credono, a partire da zia May, che alle spalle di Peter diceva «Spero che catturino quell’orribile mostro e lo rinchiudano prima che possa nuocere». Per le strade, la gente con il giornale tra le mani, diceva le stesse cose.

«Dovrebbero cacciare quel pagliaccio dal paese!»

Infine, sotto la pressione del fuoco incrociato del collerico giornalista, i muri, i pali, i manifesti e le vetrine di tutta la città furono cosparse di fogli su cui era stampata la sua maschera e c’era scritto:

 

RICERCATO:

SPIDER-MAN

Una taglia per la sua cattura.

ATTENZIONE: È pericoloso. Denunciatelo

al più vicino ufficio del F.B.I.

 

Peter, vedendo tutto ciò accadere sotto i suoi occhi in una sola giornata, camminò nervosamente per la città, con i pugni chiusi, pensando, cosa avrebbe fatto ora? Come avrebbe potuto dimostrare di non essere pericoloso? Come avrebbe potuto convincere la gente che non era lui la causa dell’incidente? Tutto ciò che faceva come Spider-Man finiva male; a cosa servivano i suoi fantastici poteri se non poteva usarli? E se fosse stato costretto a diventare ciò che lo accusavano di essere? L’unica strada che gli rimaneva era quella di diventare un criminale. 

Mentre meditava, Peter vide un poster dei Fantastici Quattro, il gruppo di supereroi più famoso del mondo dopo gli Avengers, e gli venne un’idea; avrebbe potuto unirsi a loro per fare soldi e screditare le accuse contro di lui. Pensò che sarebbero stati entusiasti di avere fra loro un ragazzo dotato di superpoteri, quindi si avviò verso il Baxter Building, il quartier generale del supergruppo.

Arrivato sul tetto di un edificio vicino, vestito da Spider-Man, lanciò una ragnatela verso la sua destinazione, pensando che li avrebbe lasciati a bocca aperta già solo per come sarebbe entrato nel loro edificio. Intanto, all’interno del Baxter, risuonò un allarme nel soggiorno dei Fantastici Quattro e Reed Richards, anche noto come Mr. Fantastic esclamò «L’allarme! Qualcuno sta cercando di entrare di nascosto!»

«È un illuso se spera di coglierci di sorpresa!» rispose Johnny Storm, a.k.a. Torcia Umana.

«Eccolo sul video!» disse Sue Storm, la Donna Invisibile, attirando l’attenzione generale verso gli schermi «È Spider-Man!»

«Perché non ha chiesto un appuntamento come tutti?» domandò Johnny.

«Perché è uno scemo esibizionista come la Torcia Umana.» rispose Ben Grimm, o meglio, la Cosa.

«Che cari» pensò Peter giunto all’edificio «mi hanno lasciato aperta la finestra»

Quindi si diede un piccolo slancio e saltò dentro da quella finestra esclamando «Salve, gruppo! Non dovreste lasciare che la gente entri così facilmente!»

«Ho notizie per te, fanfarone» rispose la Cosa «Non è così facile!» 

Detto quello, una gabbia di plexiglass scese dal soffitto, rinchiudendo Peter, mentre la finestra da cui era entrato venne bloccata da un muro d’acciaio. Immediatamente il tessiragnatele, molto sicuro di sé, fece leggermente leva sul lato della gabbia e riuscì ad aprirla senza problemi.

«Quel congegno costa una follia!» esclamò Mr. Fantastic «se lo rovini…»

«Tranquillo, gommone» interruppe la Cosa «Ora farò imparare l’educazione a questo tappo!» colpendo il ragno con uno dei suoi enormi pugni di roccia.

Spider-Man, che a stento aveva subìto il colpo, disse «Con chi credi di avere a che fare, scimmione? Dimentichi di avere di fronte qualcuno con la forza proporzionale di un ragno?» ricambiando il pugno e facendo volare Ben addosso a Johnny. 

«Argh, così imparo a frenare i pugni!» mormorò la Cosa, mentre Mr. Fantastic allungava e ingigantiva le braccia per cercare di afferrare il ragno, ma questi saltò rapidamente, intrappolando le mani di Reed con la tela. Tornato al suolo, Peter sentì il suo senso di ragno pizzicare; lo avvertiva di un pericolo alle sue spalle. Si voltò immediatamente e vide una corda che si muoveva a mezz’aria. Ci pensò velocemente e concluse che doveva trattarsi della Donna Invisibile, quindi prese un’estremità della corda e la tirò verso di sé, facendo riapparire Sue a terra. 

«Basta, insetto!» affermò Johnny Storm «La festa è finita! Ti sistemerò io. Fiamma!»

La Torcia Umana si accese e rinchiuse il ragno in un cerchio di fuoco, volandogli intorno. Peter, quindi, saltò, scavalcando la trappola; Johnny si mise ad inseguirlo, ma era di una velocità incredibile e, quindi, a stento riusciva a stargli dietro.

«Va bene…» enunciò Mr. Fantastic, gonfiandosi di fronte al ragno, separandolo così da Johnny e Ben «Smettiamola con questi giochetti, amico, prima di farsi male. Se vuoi dirci cosa vuoi…»

«Era ora che me lo chiedeste!» esclamò Peter «Sono venuto per unirmi a voi, ed essere uno dei Fantastici Quattro, così ho pensato di mostrarvi cosa so fare! Ma parliamo di affari… Quanto vi rende? Penso di valere una paga piena!»

«Lo sapevo!» disse la Cosa, mentre si dimenava alle spalle del gommoso Mr. Fantastic «Questo scemo è svitato!»

«Ti sbagli, Spider-Man…» rispose Sue Storm «Noi non riceviamo compensi, né paghiamo stipendi!  Qualsiasi profitto è a beneficio della ricerca scientifica.»

«Sei nel posto sbagliato…» proseguì il fratello, Johnny «non siamo la General Motors!»

«Abbiamo il denaro sufficiente per le nostre spese…» concluse Reed Richards «Ogni centesimo rimasto, serve a sviluppare il più efficace apparato anticrimine del mondo! Poi, tu non sei ricercato?»

«Dovevo immaginarlo.» disse Peter infastidito «Siete pronti a credere male di chiunque, come tutti gli altri! Ma va bene, lasciatemi fuori! Chi ha bisogno di voi?» e saltò fuori dalla finestra, mentre Reed cercava invano di fermarlo.

«Peccato che se ne sia andato subito» disse Sue «Avremmo potuto aiutarlo…»

«Aww! Abbiamo già troppi problemi!» borbottò Ben.

«Ho come la sensazione che in futuro sentiremo ancora parlare di lui…» sostenne Reed.

Nel frattempo, nel retro di una base della difesa, in periferia, un uomo di mezz’età, con baffi e capelli brizzolati, era legato in mutande allo spigolo di un muro, mentre un tizio a lui identico in volto entrava indisturbato nella base. Arrivato ad un corridoio deserto, aspettò che un professore dai capelli rossi e ricci, occhiali tondi e barba incolta, passasse di lì, quindi lo bloccò da dietro, fino a farlo svenire, per poi togliergli i vestiti e gli occhiali e indossarli. Si mise una mano sui capelli e li rimosse; fece la stessa cosa con i baffi, poi tirò fuori dalla giacca una parrucca dello stesso colore del professore svenuto ai suoi piedi, e se la mise in testa. Subito dopo, inosservato, raggiunse un laboratorio, in cui gli altri professori lo salutarono, pensando che fosse l’uomo che stava impersonando. Aprì un cassetto ed intascò, senza farsi vedere, dei fogli, per poi abbandonare la base con calma.

Quella notte, nel suo covo, l’uomo misterioso si spogliava dei vestiti rubati, rivelando il suo volto di un bianco innaturale, e pensava che con i suoi travestimenti poteva rubare qualunque cosa, e che molti paesi avrebbero pagato una fortuna per quei piani, mentre il notiziario rimbombava dalla televisione «Tutta la città si chiede perché Spider-Man abbia visitato il quartier generale dei Fantastici Quattro! Corrono voci che Spider-Man diventerà il quinto membro dei Fantastici Quattro! Il commissario di polizia dice “Sciocchezze”!»

«Molto interessante» meditò il criminale misterioso «C’è solo un motivo per cui Spider-Man vuole unirsi ai Fantastici Quattro… Essendo ricercato, non può guadagnarsi onestamente dei soldi! E qui entro in scena io; Spider-Man sarà un perfetto paravento quando ruberò la seconda metà dei piani anti-missilistici, svierà le tracce della polizia! Lui ha i poteri di un ragno… Gli manderò un messaggio che solo i suoi sensi potranno percepire!»

Così, il mattino seguente, a miglia di distanza da quel covo, alla Midtown High School, Peter Parker, mentre seguiva interessato la lezione, ricevette un messaggio attraverso il suo senso di ragno che diceva «Spider-Man! Vediamoci stasera sul tetto del Lark Building! Ci guadagnerai!»

«Qualcuno sta cercando di contattare Spider-Man» pensò il ragazzo «Ma chi? Beh, non importa chi, non posso rinunciare ad una proposta di guadagno. Ci sarò!»

Così, pochi minuti prima delle dieci, quella sera, al Lark Building, un uomo intento a indossare gli abiti da guardia dell’edificio veniva attaccato alle spalle dallo strano fuorilegge, il quale poi indossò quei vestiti, maschera e parrucca che lo facevano sembrare uguale al tizio che aveva appena steso.

Dopo aver legato e imbavagliato l’originale, l’impostore si diresse verso la guardia del turno precedente, dicendogli «Ti do il cambio!»

«Era ora!» esclamò il tipo, muovendosi verso l’ascensore «Sono stanco morto!»

Una volta rimasto solo, il criminale si tolse i vestiti da guardia, rivelando il costume da Spider-Man che aveva di sotto. A quel punto, si recò al piano di sopra, nell’ufficio principale, e quando aprì la porta, un uomo che stava lavorando al computer urlò «Spider-Man! Come sei entrato? Cosa vuoi?!»

«Quei piani di difesa missilistica che ha sotto il naso!» rispose l’impostore, tirando fuori una pistola, da cui sparò una tela molto simile a quella dell’originale.

«Non ci credo! Sei davvero un traditore!» affermò l’uomo mentre veniva bloccato dalla tela. Pochi secondi dopo, il fuorilegge si impossessò dei piani e scappò via salendo le scale d’emergenza. L’uomo, nel frattempo, si liberò dalla tela e chiamò la polizia.

Giunto sul tetto, il finto ragno salì su un elicottero e volò via. In volo, incrociò Spider-Man, il quale, per sua fortuna, non riuscì a vederlo in faccia. Quest’ultimo si chiese come mai quell’elicottero aveva appena lasciato l’edificio a cui era diretto.

Arrivato sul tetto del Lark Building, il ragno notò che non c’era nessuno, e quando la porta da cui era uscito il suo impostore si aprì, uscirono dei poliziotti che gli intimarono di fermarsi e restituire i piani rubati. Mentre Peter realizzava di essere caduto in qualche tipo di trappola, pensò all’elicottero che aveva incrociato poco prima, immaginando che si trattasse dell’uomo che cercava di incastrarlo. Quindi sparò una tela verso i poliziotti e volò via da lì, cercando di intercettare l’elicottero grazie al suo senso di ragno. Ci riuscì, ma sentì che era molto lontano, quindi si affrettò. Arrivato ad un porto, notò l’elicottero allontanarsi sul mare, verso un sottomarino russo che emergeva. A quel punto, il ragno tornò indietro di qualche metro, e saltò sul tetto di un palazzo. Qui aveva una vista migliore della situazione; poteva vedere chiaramente l’elicottero in lontananza, e davanti a sé vi erano il camino e l’antenna della casa. Pensò che aveva un solo modo di raggiungere l’elicottero. Lanciò una ragnatela con la mano destra verso l’antenna alla sua sinistra. Poi, ne lanciò un’altra con la mano sinistra verso il camino alla sua destra. Legò le due estremità che aveva nelle mani, e aggrappò le due tele, ormai unite in una rigida corda, in una sola mano. Indietreggiò, tirando così le tele che avevano formato la corda, si voltò e sparò una tela dalla mano libera verso il palazzo di dietro. Si lasciò trasportare da questa senza lasciare la corda, trovandosi, così, fermo a mezz’aria con una tela verso dietro in una mano, e la corda che aveva formato con due tele nell’altra. Si dondolò avanti e dietro, accertando che la corda fosse abbastanza rigida da simulare una fionda, quindi lasciò la tela di dietro e venne catapultato in avanti dalla corda che aveva tirato per metri, che tornava alla posizione rigida. Stava volando. Si mantenne rigido in aria, e in poco tempo raggiunse quasi l’elicottero in volo. Gli bastò lanciare un’altra tela verso di esso, aggrapparlo, e tirarla verso di sé per darsi lo slancio necessario a raggiungerlo. Il fuorilegge cercò di dimenare l’elicottero, ma inutilmente. Peter strappò il portello con le mani e disse «Hai chiuso amico! Vola verso terra, subito!»

«Dannazione, Spider-Man! Sapevo che avevi poteri di ragno, ma non che sapessi anche volare!»

«Tsk, questo non è volare… Questo è cadere con stile!» rispose Spider-Man molto fiero di sé.

Pochi minuti dopo, l’elicottero fece ritorno sul tetto del Lark Building, in cui c’era ancora la polizia.

«Ecco l’uomo che cercate!» esclamò Spider-Man uscendo dall’elicottero mentre tratteneva l’impostore per il braccio «Il tizio che ha rubato i piani fingendosi me!»

Ma subito dopo, il criminale lanciò una bomba fumogena a terra e fuggì nella confusione gridando «Ci vuole ben altro per sconfiggere il Camaleonte!»

«Non può uscire dall’edificio!» esclamò un poliziotto «Tutte le uscite sono sorvegliate! Perquisite ogni stanza!»

Ma intanto, in una stanza, l’uomo che si faceva chiamare il Camaleonte si travestì da agente, uscì dalla stanza e si confuse tra la folla di poliziotti. Spider-Man, però, tra i poliziotti, capì il trucco e quindi, camminando tra la folla, si fece guidare dal suo senso di ragno, che gli segnalava un agente dai capelli biondi. Gli si avvicinò, ma questi spense le luci dall’interruttore di sicurezza. Immediatamente Peter lo puntò per lanciargli la tela, ma si accorse di aver finito il fluido. Non c’era tempo per cambiare cartuccia, quindi si arrampicò sulla parete per vedere meglio la situazione. Tra tutti i poliziotti in confusione scorse un’ombra che si allontanava; il senso di ragno gli diede l’ok, quindi gli saltò addosso ma questi gridò «Aiuto! Prendetelo! È il Camaleonte travestito da Spider-Man!»

Le luci tornarono, e gli agenti andarono incontro a Spider-Man, il quale, dimenandosi, strappò la divisa dell’impostore, rivelando il falso costume da ragno che aveva sotto.

«Guardate!» disse un agente «Non è il criminale, è il vero Spider-Man! Il Camaleonte è il poliziotto!»

Il Camaleonte mise le mani in alto e gli agenti poterono arrestarlo, mentre Peter fuggiva via dalla finestra rabbioso, pensando «Ogni volta che cerco di rendermi utile, mi caccio nei guai. Beh, che se lo prendano da soli quel bastardo, ora.»

E mentre il Camaleonte veniva portato via, una solitaria figura si perdeva nelle ombre della notte silenziosa.

«Niente va per il verso giusto. Vorrei non avere mai avuto questi maledetti poteri.»

Più tardi, all’uscita dell’ultima edizione del Daily Bugle, nuovamente contro Spider-Man, i Fantastici Quattro pensarono a quest’ultimo:

«Reed…» bisbigliò Sue Storm, la Donna Invisibile «Spider-Man è così potente e così confuso… E se diventasse un criminale?»

«Non penso, Sue» replicò Reed «Penso che questo sia solo l’inizio per lui. Come ognuno, dovrà iniziare dal basso, con il mondo contro… Ma se lui sarà in grado di essere forte e proseguire sulla retta via, allora un giorno tutti sapranno che Spider-Man è il più grande supereroe del mondo.»


 

liberamente tratto da “The Amazing Spider-Man #1” di Stan Lee e Steve Ditko del 1963.

 

 

 

The Web Of Spider-Man.

E siamo giunti così, alla conclusione del terzo capitolo di quest’avventura! È domenica, e avevo deciso di pubblicarlo lunedì, ma non potevo proprio aspettare un altro giorno! Forse sarà la domenica il nuovo giorno di pubblicazione d’ora in poi, e non più il lunedì! Comunque… Tu, sì, proprio tu, true believer, che stai leggendo… Come ti è sembrato questo capitolo? Ti sta piacendo la storia finora? Pensi che faccia schifo e che debba chiudere?! Non temere di farmelo sapere con una recensione! Vorrei ringraziare Farkas per aver fatto esattamente questo!

In questo capitolo ci troviamo ancora in una fase un po’ introduttiva per il nostro ragnetto preferito. Vi è piaciuta la piccola comparsa dei Fantastici Quattro? Avete apprezzato la battaglia contro il primo villain di Spidey, il Camaleonte? 

Nel prossimo capitolo vedrete come i poteri di Peter influiscano la sua vita a scuola e il suo rapporto con i compagni, un suo possibile coinvolgimento emotivo con una ragazza, il continuo della campagna di J.J contro lo scalamuri e, udite udite… La minaccia dell’Avvoltoio! ‘Nuff said, ci si vede domenica prossima/lunedì prossimo!

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Capitolo 4
*** La sorprendente minaccia del Riparatore ***


«Mi chiamo Peter Parker e sono il supereroe più grande del mondo. Un giorno, ad una presentazione di scienze sulla radioattività sono stato morso da un ragno radioattivo, che mi ha conferito la sua forza e agilità proporzionale. Ho cercato di sfruttare i miei poteri per il guadagno, ma nel mio momento di gloria mi sono lasciato sfuggire un ladro che in seguito ha ucciso mio zio Ben. Da quel giorno ho capito che da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Agli occhi di tutti sono solo un timido studente della Midtown High School, ma in segreto uso i miei poteri per combattere il crimine. Chi sono io? Sono Spider-Man.»



Capitolo 4

La sorprendente minaccia del Riparatore

 

«Capo… Dobbiamo prendere provvedimenti per quanto riguarda il ragazzo. Tutto il mondo lo conosce da quando ha deciso di intraprendere la strada del vigilante… Non ci vorrà molto perché qualcuno si chieda come può avere quei poteri!»

«Warren… Invece di pedinarlo come un idiota per tutto questo tempo, avresti potuto farlo fuori immediatamente! Hai detto di conoscere il ragazzo, no?»

«Sì, signore… Si tratta di Pe…»

«Non mi interessa chi è. Voglio solo che tu lo elimini. Posso contare su di te?»

«C-Certamente, signore.»

Chiamata in arrivo: Curt Connors.

«Aspetti in linea, il dottor Connors mi sta chiamando… Sì?»

«La formula è pronta.»

 

 

Times Square. Gente che vagava indossando abiti sportivi, con la testa alta e a bocca aperta, fissando la meraviglia tecnologica che li circondava, gli innumerevoli taxi gialli per le strade, i venditori ambulanti di hot dog; l’atmosfera di Times Square risultava magica a quella gente. Perché erano tutti turisti, in viaggio da chissà quale altro paese per vivere il momento che avevano sempre sognato ad occhi aperti di fronte allo schermo di un computer. I cittadini di New York, quelli che ci vivevano ogni giorno, invece, passavano di lì a testa bassa, vestiti di giacche e cravatte, percorrendo un metro ogni passo; una continua corsa per non fare tardi a lavoro, e neanche alzavano più lo sguardo. Non c’era niente di magico nella routine.

Non era molto nella routine, però, un uomo calvo, presumibilmente sulla sessantina, che indossando un esoscheletro verde, con una pelliccia bianca alla base del collo e delle ali verosimili, volava silenziosamente per le strade della città. Fissava la sua preda del giorno, un uomo diretto all’ufficio in cui lavorava, e colpiva.

«Aiuto! Quel mostro ha preso la mia valigia! C’è una fortuna lì dentro!»

«Hey! Ho sentito parlare di quel tizio! Non avrei mai pensato di vederlo!»

«Io non credevo che esistesse!»

«Impossibile! Non ci credo! Come fa a volare?! Senza rumore né sforzo! Sembra più un rapace gigante che un uomo!»

Questo era ciò che gridava il popolo della grande mela, ma nel frattempo, nella direzione dell’influente Daily Bugle, J. Jonah Jameson era, come sempre, infuriato:

«Dedicheremo tutto il prossimo numero del giornale all’Avvoltoio

«L’Avvoltoio?» gli chiese perplesso Joe Robertson, il caporedattore del giornale; un uomo di colore, dai capelli corti bianchi, blazer e cravatta marroni, camicia bianca di sotto, con una tazza  fumante in una mano e dei fogli nell’altra.

«Sì, Robbie. Il pazzo che va volando per la città vestito da uccello. Tutti vogliono leggere sue notizie! Ma continuiamo a pubblicare pezzi su Spider-Man! Non avrà pace finché non sarà rovinato!»

Robertson sospirò. «Come vuoi, Jonah. Metto questa foto?» chiese mostrando una foto scattata verso il cielo, con i raggi del sole che accecavano l’obiettivo della fotocamera, raffigurante l’uomo che Jameson chiamava Avvoltoio, in lontananza.

«Quella è l’unica foto che abbiamo dell’Avvoltoio?!» si spazientì ulteriormente «Cosa @#%$ li pago a fare?!  Il pubblico vuole vederlo!»

«Lo so, Jonah, ma non c’è nessuno che è riuscito a fotografarlo! Svanisce prima che possa essere raggiunto.»

«Niente scuse. Metti questo disegno in prima pagina e scrivi che pagherò oro chiunque mi porti una sua foto!»

Intanto, nel vicino liceo “Midtown High School”, Peter Parker, mentre compiva un esperimento di laboratorio, ascoltava un’interessante discussione:

«Come vorrei vedere una foto dell’Avvoltoio!» diceva Flash Thompson, con l’ultimo Daily Bugle tra le mani «Una sua foto varrebbe una fortuna, ma nessuno riesce ad andargli così vicino.»

Peter si voltò rapidamente verso Flash. Una lampadina gli si accese in testa. Pensò che, vestito da Spider-Man, avrebbe potuto avvicinarsi all’Avvoltoio abbastanza da scattargli una buona foto, con cui avrebbe fatto i soldi di cui aveva bisogno. Mentre rifletteva vide il giornale arrivargli contro.

«Ecco, secchione!» sbraitò Flash, rivolgendosi a Peter «Guarda cosa succede nel mondo! O non sai leggere che formule chimiche?»

«Molto divertente, Flash! Almeno io le so leggere le formule chimiche, a differenza tua.» rispose il ragazzo leggendo l’offerta di denaro posta in prima pagina.

«Oh, ma sentite un po’. Il verme risponde, ora» disse Flash dando una spinta a Peter.

«Non ti conviene, idiota.» replicò Peter, spingendo a sua volta il bullo.

«Stai cercando rogne, Parker?» strepitò Flash, afferrando Peter per la maglia.

«Thompson!» lo richiamò il professore di chimica «brami forse l’espulsione?»

«Mi scusi, professor Cobwell» mormorò il bullo, mollando Peter «Stavamo solo scherzando.» e si allontanò fulminando il ragazzo con lo sguardo.

«Ecco, Dottor Octavius, Peter Parker, il nostro migliore studente.» comunicò il professor Cobwell ad un uomo robusto, con degli occhiali da sole tondi, capelli a scodella e camice bianco.

«Peter, il dottor Octavius mi ha chiesto di indicargli uno studente che potesse aiutarlo questo week-end, così ho pensato che…»

«Oh, lavorare con il Dottor Otto Octavius, il più grande scienziato nucleare della città? Sarei felicissimo, signore!»

«Grazie, ragazzo!» disse il dottore stringendo la mano del ragazzo «Devo approntare degli esperimenti urgenti e mi servirà la tua assistenza, dopodomani. Ecco l’indirizzo. Per favore, quando vieni, fermati dal negozio di riparazioni, e ritira una piccola radio! Digli che ti manda Otto.»

«Certo, con piacere, dottor Octavius!» rispose Peter estasiato, mentre i due si allontanavano.

«Bene, bene.» tornò all’attacco Flash Thompson «Così il lecchino del prof aiuterà il dottore domani, eh? Mentre noi zucconi perdiamo tempo a divertirci.»

«Falla finita, Flash. Hai ragione, sono felice di poter lavorare con una mente geniale come quella del Dottor Octavius… E non devi vergognarti della tua testa vuota, sei nato così!»

«Questo è troppo, lurido…» esclamò il bullo avvicinandosi minacciosamente al ragazzo.

«Dai, Flash…» lo fermò Liz Allen «Lascia perdere.»

Al termine delle lezioni, Peter, eccitato, tornò a casa, e rispolverò una reflex vecchiotta dello zio Ben. Poi, nel privato della sua camera, si cambiò nella più incredibile creatura in costume, Spider-Man, e uscì di casa dalla finestra, portando con sé la macchina fotografica.

Frattanto, in un nascondiglio ai margini della città, l’anziano criminale denominato l’Avvoltoio, rifletteva leggendo la notizia sul giornale di un milione di dollari in diamanti che sarebbero stati trasportati dalla borsa valori di Park Avenue, per la città, nei nuovi uffici. Pensò che non sarebbe stato un problema rubarli, ma che probabilmente avrebbero sospettato un suo tentativo, quindi decise che l’avrebbe fatto in un modo che nessuno avrebbe potuto impedire. Accertandosi di non essere visto, quindi, l’Avvoltoio volò via dal suo covo in cima a un silos abbandonato di Staten Island, a pochi isolati da Manhattan.

Pochi attimi dopo, quella sera, in cima a un edificio, Spider-Man avvertì il suo senso di ragno, mentre provava la reflex. Era l’Avvoltoio, che senza scorgere la potente figura sorvolava il tetto con tre massi tra le mani, con un biglietto legato in ciascuno.

Spider-Man pensò di essere stato molto fortunato ad averlo trovato così presto, quindi si mise a seguirlo senza farsi vedere. 

Lo seguì fino all’edificio del Daily Bugle, a cui l’Avvoltoio passò vicino e lanciò uno dei massi alla finestra, poi fece la stessa cosa alla stazione radio e al distretto di polizia.

All’interno di quest’ultimo, un agente lesse il messaggio legato al masso:

 

RUBERÒ I DIAMANTI 

SOTTO IL VOSTRO NASO.

-L’AVVOLTOIO

 

«L’Avvoltoio non ha mai fallito un colpo…» rifletté il capo della polizia «Ma noi dobbiamo procedere con il trasferimento dei diamanti! Non ci faremo spaventare.»

Intanto, Peter, che aveva seguito il fuorilegge per tutto il tempo, aveva scattato molte foto preziose, ma, desideroso di ottenere un primo piano, urtò un mattone e l’Avvoltoio lo udì. Senza farlo notare, l’Avvoltoio guardò dietro di sé e notò lo scalamuri sul tetto. Quindi, mentre Peter era intento a mettere a fuoco, si alzò in volo e fece un looping aereo, con una velocità sovrumana, giungendo alle spalle del ragno, che una volta inquadrato l’obiettivo notò che era sparito, ma non ebbe il tempo di pensare altro, perché l’Avvoltoio lo colpì con forza stordendolo.

«Bene!» esclamò «Anche Spider-Man mi dà la caccia! Finalmente un nemico alla mia altezza!»

Dicendo così notò, però, che aveva mandato k.o. il ragazzo, poiché l’aveva preso un attimo alla sprovvista. Pensando che era stato fin troppo facile, l’Avvoltoio lo afferrò per i piedi e lo portò verso un vicino serbatoio d’acqua, in cui lo gettò, per poi lasciare la scena soddisfatto di sé.

All’interno del serbatoio, però, Spider-Man fu rianimato dall’acqua gelida. In un primo momento si chiese com’era finito lì dentro, ma poi realizzò e cercò di lanciare una tela verso l’alto, solo per accorgersi che aveva finito il fluido, e non aveva cartucce di ricambio.

Cercò di scalare la parete, ma era troppo viscida e non riusciva ad attaccarsi. Stava per cadere nel panico quando pensò ad un altro modo per uscire di lì. Raggiunse il fondo, si rannicchiò e si diede uno slancio molto potente verso l’alto. Riuscì a raggiungere l’uscita del serbatoio. Non sapeva volare come l’Avvoltoio, ma la forza di ragno c’era ancora.

Anche la fortuna gli era rimasta, perché, sul tetto in cui era stato colpito, ritrovò la sua macchina fotografica, e la recuperò chiedendosi come l’Avvoltoio riuscisse a volare così rapidamente.

Più tardi, di nuovo a casa, Peter ebbe tempo per pensare al segreto del volo dell’Avvoltoio, e si mise a costruire un congegno che gli sarebbe stato utile per il prossimo incontro. Terminò il lavoro dopo parecchie ore; diede un’occhiata alle foto che aveva scattato, che erano venute molto bene, e le passò su una penna USB, per poi mettersi a letto.

Il giorno dopo, Jameson ricevette un’eccitante telefonata:

«Cosa?! Ha delle foto inedite dell’Avvoltoio da vendere?! Beh, non perda tempo! Venga subito qui!» agganciò il telefono «Robbie! Fa fermare le rotative!»

Il pomeriggio, dunque, Peter si recò agli uffici del Daily Bugle:

«Salve!» disse rivolgendosi alla segretaria dai capelli castani corti al banco di reception, che sembrava più o meno della sua stessa età «Sono Peter Parker… ehm… un fotografo…»

«Sì…» rispose la ragazza soavemente, avvicinandosi a Peter e fissando la reflex che aveva al collo «L’avevo capito…»

E mentre Peter attendeva che qualcuno gridasse “awkwaaard”, non poté fare a meno di notare che la ragazza, che lo fissava con i suoi occhi da cerbiatta a pochi centimetri di distanza, aveva un profumo naturale, uno di quelli che senti solo da vicino, di cui magari non ti accorgi se non sei attento; e Peter era un tipo molto distratto, quindi il fatto che l’aveva notato significava che c’era qualcosa in lei che lo attraeva.

«Sono Betty Brant…» disse lei quasi bisbigliando «Chiamo il signor Jameson» e tornò al banco, permettendo a Peter di liberare l’aria che si era tenuto dentro per quegli ultimi secondi.

Poco dopo, Peter era nell’ufficio di J.J, dove c’era anche il caporedattore Joe Robertson, che si era presentato a lui e gli era parso un tipo molto simpatico.

«Queste foto sono stupende…» esclamò Jameson con gli occhi lucidi «Meravigliose! Ma come hai fatto a scattarle?»

«Spiacente, signore» rispose il ragazzo pensando già ai soldi che gli avrebbe dato per averle «Gliele venderò a patto che non me lo chieda.»

«Ok, ok. Tieniti il tuo piccolo segreto! Non importano i come! L’importante è che faranno esaurire il prossimo numero! Ti preparo subito l’assegno!»

«E ricordi, signor Jameson; non voglio che compaia il mio nome! Dia il merito a un fotografo della redazione!»

«Certo, figliolo, certo!» disse Jameson mettendo una mano sulla spalla del ragazzo «Se avrai altre foto grandiose, ricordati di pensare a me per primo! Noi cerchiamo sempre foto sensazionali! Per esempio… Se riuscissi a fotografare quella minaccia di Spider-Man!»

Amico, se sapessi pensò Peter.

Prima di rientrare a casa, il ragazzo si fermò ad un negozio di elettronica, in cui acquistò, con alcuni dei soldi appena guadagnati, una GoPro, che avrebbe potuto attaccare alla cintura del costume per scattare foto molto più rapidamente.

Poche ore dopo, per le strade, Peter si unì ai suoi compagni di classe per vedere il trasporto dei diamanti dalla banca di Park Avenue.

«Speriamo che arrivi l’Avvoltoio!» disse Liz Allen.

«Non crederai che l’Avvoltoio proverà qualcosa con tutta quella polizia, vero?» chiese Peter.

«Non preoccuparti» sghignazzò Flash Thompson «Ti proteggeremo noi

L’intera zona era recintata e c’erano telecamere, giornalisti, sembrava carnevale. L’Avvoltoio sarebbe stato folle a provarci con una folla simile, c’era polizia su ogni tetto ed un elicottero armato che volava in cielo. Il furgone blindato giunse sul luogo, si aprì di dietro e uscì un uomo con una grossa valigia tra le mani. Quest’uomo fu scortato da due uomini con dei fucili, che prima di proseguire controllarono il cielo per vedere se c’era pericolo, perché la valigia conteneva i gioielli, ma poi, mentre si dirigevano presso la loro destinazione, un tombino ai loro piedi si aprì e spuntò fuori l’Avvoltoio, che con velocità assurda rubò la valigia e richiuse il tombino sulla sua testa.

«Sarò già lontano quando avranno aperto il tombino!» esclamava l’Avvoltoio mentre volava tra le fogne con la valigia in mano «E non capiranno mai quale dei tunnel ho preso!»

«Dannazione!» disse Peter, allontanandosi dal posto.

«Ehi, guardate! Il piccolo Petey se ne va!» ridacchiò Flash «Quest’agitazione è eccessiva per lui!»

Ma poco dopo, in un vicolo deserto, il piccolo Petey si cambiò nell’eroe preferito del bullo, pensando che se fosse riuscito a prendere l’Avvoltoio, avrebbe anche potuto scattare delle foto per cui chiedere qualsiasi cifra.

Nel frattempo, dall’altra parte della città, l’Avvoltoio decise di lasciare i sotterranei in modo eccitante, sbucando fuori dalla galleria della stazione, tra il panico generale.

Ma Peter, senza perdere tempo, si lanciò sul palazzo più alto e si lasciò guidare dal suo senso di ragno, il quale gli indicò la posizione del nemico.

Lo raggiunse e si preparò ad un agguato, ma il caso volle che l’Avvoltoio si voltasse proprio in quel momento, e quindi svoltò dietro un palazzo. Peter aumentò la velocità, ma quando raggiunse il luogo in cui era sparito non lo trovò.

Mentre il tessiragnatele si guardava intorno, fermo su un tetto, dietro di lui sbucava l’Avvoltoio che cercò di prenderlo nuovamente di sorpresa. Peter, però, sentì le vibrazioni del senso di ragno, che lo avvertivano del pericolo alle sue spalle, quindi balzò prima che l’Avvoltoio potesse attaccarlo. Quest’ultimo virò verso l’alto, per allontanarsi dal ragno, ma fu tirato indietro da una ragnatela. Spider-Man si aggrappò alla sua caviglia, ma l’Avvoltoio volò via, portandolo con sé.

«Idiota!» gridò quello «L’aria è il mio elemento! Ti farò cadere e volerò via!»

«Non è così facile, uccellaccio! Terrò duro» rispose il ragno, azionando il congegno che aveva creato durante la notte appositamente per quel momento.

Funzionò. L’Avvoltoio perse il controllo, e si ritrovarono entrambi in caduta. Spider-Man, però, aggrappò la valigia e lanciò una tela verso l’asta di un palazzo, frenando così la caduta. L’Avvoltoio, intanto, cercò di volare a spirale, e anche se le sue ali non funzionavano più, riuscì a frenare la caduta grazie al vento che aveva incontro. Purtroppo per lui, però, atterrò sul palazzo su cui si era fermato l’elicottero della polizia, e fu circondato dagli agenti. Non gli restava che arrendersi.

Peter intanto, grazie alla sua nuova GoPro automatica, era riuscito a riprendere l’intero incontro e anche la cattura dell’Avvoltoio. Da quel video avrebbe ricavato delle foto da urlo, che avrebbe portato a Jameson in cambio di tanti dollari.

Quando l’elicottero ripartì, Peter lasciò la valigia appesa ad una ragnatela, con il suo consueto bigliettino per i poliziotti e udì un agente sull’elicottero che diceva «Andiamo, volatile! Ti porteremo in centrale per capire come facevi a volare.»

Se gliel’avessero chiesto, avrebbe potuto dirglielo Peter. L’assenza di rumore gli aveva fatto sospettare che avesse trovato un modo per usare l’energia magnetica, quindi aveva creato un invertitore antimagnetico utile a farlo precipitare.

«Dimmi, Parker…» disse, quella sera, J. Jonah Jameson, mentre fissava strabiliato le foto che Peter gli aveva portato «Sei forse un mago? Come può un ragazzino come te fare foto che i nostri migliori fotografi non sono stati in grado di fare?»

«Non ricorda il nostro patto, Mr. Jameson?» rispose Peter soddisfatto «È un segreto! Ora, se non vuole quelle foto-»

«Stai scherzando?! Con queste foto, potrei anche sopportare di vivere nella stessa città di Spider-Man! Prendi pure i soldi!»

«La ringrazio, ma ho una domanda da farle… Quanti anni ha la sua segretaria?» chiese Peter con lo sguardo verso il basso.

«E perché non lo chiedi a lei?!» rispose Jameson infastidito «Qui dentro si parla solo di lavoro, se non hai altro da vendere, fuori

Uscendo dall’ufficio, quindi, Peter passò davanti alla reception, ma non c’era nessuno.

«Cerchi qualcuno?» disse una voce dietro di lui mentre una mano gli si posava sulla spalla. 

«Ehm… No, io in realtà stavo…» Peter si voltò e vide che era Betty «…andando…»

Betty Brant sorrise e disse «Beh… Alla prossima allora» ammiccando.

Giunto a casa, Peter tirò fuori i soldi davanti a zia May e disse «Con questi soldi non dovremo più preoccuparci! Ho pagato l’affitto per un anno, e domani compreremo gli elettrodomestici che desideravi!»

«Oh, Peter!» esclamò la zia «Sono tanto fiera! E come diceva tuo zio Ben… Sei il miglior ragazzo del mondo!»

Intanto, in una solitaria cella, l’Avvoltoio, ormai riconosciuto come Adrian Toomes, la pensava diversamente:

«Non sarei qui se non fosse per quel maledetto Spider-Man! Ma tornerò libero… e svilupperò un sistema di volo imbattibile! E allora sarò io a vincere… Spider-Man!»

Il giorno dopo, Peter indossò il costume di Spider-Man sotto i vestiti ordinari, perché cominciava a sentirsi nudo senza, e si preparò per andare ad aiutare il Dottor Octavius con i suoi lavori.

Prima, però, doveva fermarsi, come promesso, a ritirare la radio da riparare. Si recò presso l’indirizzo che gli aveva dato Octavius e lì trovò la Bottega del Riparatore. Pensò che era un nome strano e che sicuramente ci lavorava qualche pazzoide, quindi entrò.

«Sono il Riparatore! Cosa posso fare per te, figliolo?» chiese l’uomo anziano dagli occhiali quadrati e la mascella appuntita.

«Devo ritirare una radio per il Dottor Octavius» rispose Peter, pensando che quell’uomo sembrava un personaggio delle favole dei fratelli Grimm.

«Oh, sì… Dottor Octavius! Un attimo, la prendo subito!» disse il tipo strano avviandosi per lo scantinato.

D’un tratto, poco dopo, il senso di ragno pizzicò. Peter si insospettì, ma poi immaginò che fosse a causa delle apparecchiature che usava. Il Riparatore non sembrava proprio un tipo pericoloso. Ma intanto, nello scantinato insonorizzato, proprio sotto la bottega, il Riparatore diceva «Il Dottor Octavius vuole la sua radio! Uno dei nostri lavori speciali…»

«Bene! L’ho giusto finita! Possiamo dargliela…» rispose un essere nell’oscurità «Ho inserito il nostro congegno speciale… Non sospetterà che questa è molto più che una semplice radio!»

«Per ora, nessuno dei nostri clienti speciali sospetta ciò che abbiamo fatto alle loro radio da riparare…» proseguì il Riparatore.

«Certo! Il nostro piano deve essere segreto… finché non colpiremo!»

Poi, dopo essere risalito, chiese dieci centesimi, e Peter rimase sbalordito dal prezzo.

«Certo, ragazzo!» gli disse il Riparatore «Mi piace trattare bene i miei clienti!»

Poi, dal dottor Octavius, Peter lavorò con lui per ore, mentre il suo senso di ragno continuava a pizzicare, senza che lui ne potesse capire la ragione.

«Vado un attimo a ritirare un pacco alle poste» disse Octavius «Sarò di ritorno tra qualche ora. Tu continua pure!»

Appena Octavius chiuse la porta, Peter si lasciò guidare dal suo senso di ragno per capire cosa causava la preoccupazione, e scoprì che proveniva dalla radio che aveva preso dal Riparatore.

La smontò e notò degli strani congegni. Pensò che aveva ragione ad essere sbalordito dal prezzo così basso del Riparatore. In teoria, perdeva soldi con ogni cliente, eppure non sembrava affatto stupido. Decise di fare luce sulla situazione nei panni di Spider-Man, quindi tornò alla bottega.

Aveva chiuso, ma questo non gli impedì di entrare dal lucernario. Una volta dentro, avvertì nuovamente gli impulsi del suo senso di ragno; provenivano da sotto. Scese le scale per lo scantinato, ma notò che era in cemento armato, il che era strano per una semplice bottega di riparazioni. La luce in fondo era accesa, quindi si arrampicò sul muro e diede un’occhiata, senza farsi vedere. Rimase a bocca aperta da ciò che aveva davanti.

Il sotterraneo era cosparso di congegni ultra tecnologici, una dozzina di schermi e oggetti che non si vedevano nemmeno nei migliori film di fantascienza. Ma la cosa più terrificante, era che ad usare quella tecnologia, insieme al Riparatore, erano degli esseri completamente grigi, dalla testa lunga e schiacciata, con occhi grandi e neri e mascella appuntita. Erano quasi scheletrici ed avevano delle braccia talmente lunghe che arrivavano alle ginocchia. Peter era terrorizzato da ciò che stava vedendo, pensò di scappare, ma rimase quando sentì uno di quelli parlare:

«Hai lavorato bene, Riparatore… Siamo quasi pronti a colpire!»

«Sì, le nostre spie magnetiche nascoste nelle radio ci hanno permesso di apprendere molto sulle loro conoscenze e sui loro punti deboli, prima del nostro attacco a sorpresa al pianeta!»

«Silenzio!» esclamò un altro di quegli esseri «Sto elaborando le ultime immagini trasmesse dal congegno posto nella radio di un capo delle forze armate!»

«L’ho chiamata colonnello, per illustrarle i piani di difesa orientale in caso di un attacco a sorpresa»

Ecco cosa succedeva. Erano degli alieni, per quanto assurdo poteva sembrare, che usavano congegni spia per scoprire i piani militari e scientifici. In quel momento il senso di ragno segnalò un pericolo alle spalle. Peter si abbassò, quando un laser colpì il muro su cui si trovava. Era un alieno che cercava di sparargli con una pistola che non aveva mai visto prima.

Non gli restava che entrare, quindi si tuffò nella mischia.

«Un terrestre mascherato!» esclamò uno degli alieni «Prendetelo!»

«Non è un terrestre qualunque!» disse il Riparatore «È Spider-Man! Conosce i nostri piani, se scappa è la fine!»

Peter cercò di saltare da una parete all’altra, ma il sotterraneo era troppo stretto per potersi muovere liberamente, quindi si ritrovò con tutti gli alieni addosso, ma riuscì a liberarsi con molta forza. Tornò al contrattacco, quando fu colpito da una pistola laser.

«Accidenti!» disse il Riparatore «Avrebbe ucciso un uomo qualsiasi, ma lui è solo stordito!»

«Presto! Chiudiamolo nella gabbia degli esemplari prima che rinvenga!»

Spider-Man fu rinchiuso in una piccola gabbia di vetro infrangibile, appesa in aria. L’intenzione del Riparatore era quella di togliere l’aria da quella gabbia, ma nel frattempo Peter, appena riacquistati i sensi, pensava già a come liberarsi. Notò dei piccoli fori alla base del vetro, quindi ci infilò il bocchettone del suo lanciaragnatele e prese la mira verso il pulsante per l’apertura della gabbia sulla console degli alieni. Non poteva mancare. Contò fino a tre e lanciò la tela verso il bersaglio, riuscendo a colpirlo. Immediatamente la base della gabbia si aprì, liberandolo. Un alieno gli andò incontro, ma lui lo colpì con un pugno. Nel momento in cui lo colpì, quello sparò, distruggendo il pannello di controllo.

Le fiamme si dilagarono e gli alieni decisero di scappare. Anche il Riparatore si stava recando alle scale, quando Peter gli saltò addosso.

I due si dimenarono, ma, con tutto il fumo, Peter non riusciva a vedere niente, quindi scappò anche lui.

Uscì dal lucernario e si diresse al laboratorio del Dottor Octavius.

«Guardate!» esclamò un uomo tra la gente riunita per strada davanti alla bottega in fiamme «È Spider-Man! Dev’essere lui l’incendiario! Ma perché?!»

Poco dopo, in lontananza, una strana astronave abbandonava la Terra, mentre gli alieni all’interno decidevano che non avrebbero mai più fatto ritorno sul nostro pianeta.

Peter, intanto, continuò i lavori nel laboratorio, ancora incredulo di ciò che gli era appena accaduto. Poco dopo, il Dottor Octavius rientrò, esclamando «Parker! Ho assistito a una cosa incredibile! Mentre tornavo in auto potrei giurare di aver visto un’astronave svanire nel cielo!»

«…Ah, sì?» 

«Beh… Oddio, ma che dico! Deve essere stato un pallone sonda lanciato dalla base militare qui vicino! Scusami, troppo lavoro mi sta facendo impazzire!»

«Sì, dottore» disse Peter sorridendo, mentre gettava via la maschera che aveva strappato al Riparatore. Avrebbe potuto giurare di aver sognato tutto se non fosse per quella maschera che aveva ancora con sé. Decise, però, di tenere la bocca chiusa, perché sarebbe stato difficile spiegare come Peter Parker potesse sapere così tante cose su Spider-Man.

«Parker…» lo richiamò all’attenzione il Dottor Octavius «Perché non vieni domani mattina ad assistere alla presentazione della mia nuova invenzione? Non devi pagare niente, e potresti vedere l’inizio di ciò che mi varrà il premio Nobel!»

«Perché no? Sarebbe un onore per me. Ma ora devo proprio andare!»

«Ci vediamo, Parker. E grazie ancora per il tuo aiuto. Spero di vederti tra il pubblico domani. Ricorda, il premio Nobel, Parker… il premio Nobel!»

 

 

Intanto, in un posto non identificato, in quello stesso momento un’ombra con un mantello e la testa dalla forma stranamente grande e tonda parlava:

«Cos’è successo?»

«Ci siamo imbattuti in Spider-Man, abbiamo dovuto ritirarci, ma non sospetta niente. Gli abbiamo fatto credere che tutto ciò che ha visto fosse vero»

«Spider-Man, eh? Va benissimo, Riparatore, non devi fare altro per me.»

«Vuole dire che abbandoniamo il piano?»

«Sì… o almeno quello originale… Inutile continuare con le finzioni… Presto il mondo cadrà sotto il dominio di… Mysterio

 

liberamente tratto da “The Amazing Spider-Man #2” di Stan Lee e Steve Ditko del 1963.

 

 

The Web Of Spider-Man.

Eccoci, puntualmente, con un nuovo capitolo dello stupefacente Spider-Man! Stavolta, sono andato un po’ fuori dai soliti schemi. Essendo un appassionato di fantascienza, non potevo evitare di inserire nella mia storia il Riparatore, questo villain un po’ inusuale. La storia originale, vuole che siano davvero degli alieni, ma siccome non siamo più negli anni 60 ho deciso di cambiare un po’ le carte in tavola. Ben tre nuove minacce in questo capitolo; l’Avvoltoio (di cui sentirete ancora parlare, ve lo assicuro!), il misterioso Mysterio (you see what I did there?) e il dottor Octavius! Quest’ultimo in particolare, sarà importante nel prossimo capitolo che sarà intitolato “Il Dottor Octopus”, in cui assisterete ad una scena che non dimenticherete facilmente: Spider-Man sconfitto!.

Oltre a Spider-Man e i suoi nemici, però, c’è anche Peter Parker, che in questo capitolo ha iniziato a ribellarsi ai dispetti di Flash Thompson, ha iniziato a lavorare per l’amichevole J. Jonah Jameson di quartiere, ed ha conosciuto Betty Brant! Come si svilupperà questo speciale quadro?

E inoltre, mentre tutto questo accade a Peter, il professore di biologia, Miles Warren, guidato dal suo boss sconosciuto, sta progettando qualcosa con l’aiuto del dottor Curt Connors. Cosa ci sarà sotto?

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ricordatevi di recensire, se vi va, in modo da farmi sapere tutto ciò che pensate. Ringrazio i true believers, Farkas e i 3 che hanno seguito la storia, e noi ci vediamo la settimana prossima con il capitolo 5: Il Dottor Octopus! (e una piccola apparizione di Johnny Storm a.k.a la Torcia Umana!)

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Capitolo 5
*** Il Dottor Octopus ***


«Mi chiamo Peter Parker e sono il supereroe più grande del mondo. Un giorno, ad una presentazione di scienze sulla radioattività sono stato morso da un ragno radioattivo, che mi ha conferito la sua forza e agilità proporzionale. Ho cercato di sfruttare i miei poteri per il guadagno, ma nel mio momento di gloria mi sono lasciato sfuggire un ladro che in seguito ha ucciso mio zio Ben. Da quel giorno ho capito che da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Agli occhi di tutti sono solo un timido studente della Midtown High School, ma in segreto uso i miei poteri per combattere il crimine. Chi sono io? Sono Spider-Man.»

 


Capitolo 5

Il Dottor Octopus

 

Il soave silenzio del mattino fu bruscamente interrotto dalla sveglia alle spalle di Peter Parker. Quest’ultimo, mosso dal suo senso di ragno, si rivoltò di scatto e, lanciando la sua mano destra verso l’artefice dell’interruzione di un film degno di Oscar che stava avendo luogo nella sua mente durante quel profondo sonno, la ridusse a pezzi. Questo era ciò che accadeva quando Spider-Man sognava di essere una persona normale e dimenticava momentaneamente la sua forza proporzionale a quella di un maledettissimo ragno. Oltre alla forza c’era, però, anche l’agilità, ugualmente ragnesca; infatti, quando il sedicenne moro andò per alzarsi, balzò quasi fino al soffitto, e ruotò due volte in aria prima di raggiungere il suolo. 

Mentre lavava i denti e spalmava la cera sui capelli contemporaneamente, pensò che sarebbe stata dura spiegare a zia May come diavolo aveva potuto spaccare in quel modo la sveglia, ma la ricerca ad una risposta intelligente, o meglio un alibi, fu interrotta dalle notifiche sul cellulare, che gli ricordavano dell’appuntamento del giorno. Il ragazzo, infatti, aveva promesso al Dottor Otto Octavius (una specie di idolo per un nerd come lui) che avrebbe assistito alla presentazione sulla fusione a freddo. Non che avesse avuto bisogno di prometterglielo; per lui era più che un onore poter vedere uno dei più grandi geni del mondo all’opera.

Più tardi a tavola, Peter fece colazione con i soliti waffles mentre cercava una scusa da dire alla zia per la sveglia distrutta, ma lei parlò prima che potesse aprire bocca:

«So che sei molto distratto, quindi vorrei ricordarti che oggi appena esci da scuola hai l’appuntamento dal Dottor Ottavio»

«Dottor Octavius, zia May!» la interruppe Peter come se si fosse offeso «E non c’è bisogno che me lo ricordi, come potrei dimenticarmene?»

«Hai ragione, Pete.» rispose la zia con aria di scuse «È solo che ultimamente ti vedo strano…»

«Macché…» diede un morso a un waffle «È che in ‘sti giorni la scuola è un po’ pesante» 

«Per questo, secondo me, dovresti rilassarti un po’… Una ragazza è ciò che ci vuole!»

«Zia May…» la pregò di non proseguire

«Ti farò conoscere la nipote della signora Watson qualche giorno, Mary Jane, una ragazza stupenda e molto simpatica»

«Ma ho già la ragazza, zia May…» disse Peter aggrappandosi ad una scusa che andava avanti da anni ormai, che usava per non sembrare così sfigato agli occhi della zia

«Fidati, resteresti a bocca aperta se la vedessi!»

«Come dici tu, zia…» fece per concludere il ragazzo, alzandosi e dando un bacio sulla guancia della zia «Ma mi basta rimanere a bocca aperta ogni volta che vedo te»

«Oh, Peter, sei il solito… Vedi di sbrigarti o farai tardi!» disse May con un sincero sorriso in volto.

Più tardi, quella mattina, nel laboratorio di chimica della scuola, Flash Thompson camminava velocemente verso Peter, il quale non si mosse di lì, facendo così frenare il biondo bruscamente.

«Dannazione, Parker! Non vedi che sto passando?» esclamò con rabbia;

«Oh, scusami Flash, ero troppo impegnato a dimenticarmi della tua esistenza.» rispose il moro con una sicurezza che in altri panni gli sarebbe costata la faccia. Un “oooooh” risuonò nella stanza.

«Non l’hai detto davvero…» disse il biondo in un misto di rabbia e imbarazzo. «Chi ti credi di essere?» spintonò Peter, che di tutta risposta gli si parò davanti. 

I due si ritrovarono faccia a faccia, due sguardi assassini che si incrociavano, ma furono interrotti dal professor Warren che pregò Flash di smetterla e impegnare il suo tempo per qualcosa di utile. Il bullo, con un guizzo della mandibola, si voltò verso il professore e fece per tornare alla sua postazione, ma incamminandosi allungò un braccio verso Peter, colpendolo in faccia e facendogli cadere gli occhiali. Quest’ultimo ebbe appena il tempo di dirgli di stare attento, e chiamarlo “idiota”, prima che i suoi occhiali raggiungessero il marmo, rompendo una lente.

«Questo è troppo, Flash!» si avvicinò al biondo con i pugni chiusi.

«Non farne un caso federale, ora! È stato un incidente…» lo fermò Flash alzando appena le mani;

«Tu sei l’incidente qui, dovrei…»

«Dovresti cosa, sfigato?» gli spintonò una spalla con forza;

«Flash!» li interruppe in lontananza Liz Allen, alle spalle del biondo «Abbassa la voce! Non vorrai essere richiamato nuovamente dal professor Warren!»

«Arrivo, Liz.» rispose Flash voltandosi velocemente verso la ragazza «Mi stavo un attimo occupando della disinfestazione» riportò lo sguardo verso Peter «Ci vediamo subito dopo la scuola, topo.» sussurrò con tono di minaccia.

«Non ci vedremo affatto, Flash» fece per concludere Peter; 

«Sì, invece…» si avvicinò talmente tanto che il moro sentì i suoi riccioli sulla fronte «Non mi sfuggirai, stavolta. E non mi importa se non hai gli occhiali, tanto dopo quello che ti farò non ti serviranno più» e si allontanò, liberando una grossa quantità di aria fresca su Peter.

Quando il bullo stava per voltarsi e dirigersi verso Liz, però, Peter non ne poté più e gli afferrò la maglietta con la mano sinistra, e, non appena quello rivolse il suo sguardo verso di lui, lo colpì in pieno naso con un gancio destro non troppo forte. Ciò nonostante, il bullo si sollevò da terra e volò indietro, come se qualcuno lo avesse appena preso in braccio e trasportato, precipitando su Liz Allen. La bionda barcollò e cadde sulla schiena, sotto l’imponente peso di Flash stordito.

Gli amici del bullo, che avevano assistito alla scena, rimasero immobili, con le bocche spalancate; Peter con il pugno ancora teso in avanti. Il silenzio venne interrotto da uno dei compagni, che trovò il coraggio di esclamare «A-accidenti, Parker… S-sei un mostro.»

Il moro sentì un fiato respirargli nervosamente sul collo. Si voltò e vide il professor Warren, in un misto di rabbia e pietà.

 

Un’ora dopo, Flash Thompson fu portato in una stanza con i professori di sostegno, e Peter Parker aveva dovuto subire la ramanzina del preside, che decise di non sospenderlo, grazie ai suoi voti e al fatto che, di solito, era il migliore studente e si comportava fin troppo bene. Tornato in classe, il ragazzo trovò il professor Warren che presentava ai compagni un ospite della scuola, affianco a qualcosa coperto da un telo verde:

«Abbiamo una sorpresa per voi, oggi! La ICM Corporation sta mostrando il suo nuovo computer in tutto il paese e oggi tocca a noi vedere una dimostrazione di questa grande macchina!» si spostò leggermente verso l’uomo alla sua destra, un giovane ragazzo dai capelli lunghi e mori tirati indietro e gli occhiali grandi e neri. Guardandoli Peter non poté fare a meno di pensare ai suoi, ormai rotti, ma pensandoci si accorse anche di non averne più bisogno; riusciva a vedere perfettamente. Strano, pensò, dev’essere un altro degli effetti del morso di quel ragno. Il professor Warren, intanto, proseguì «Vi presento Alistair Smythe, della ICM, che ce ne illustrerà il funzionamento!»

«Grazie per la sua introduzione, professor Warren!» attaccò il giovane, la voce molto roca «E ora…» alzò il telo, rivelando un robot verde dalla forma un po’ goffa, con le braccia metalliche lunghe fino ai piedi, che terminavano in due dita; le gambe molto più corte di tutto il resto, finivano con dei piedi dalla forma sferica, che gli permettevano di muoversi ruotando. Il busto presentava una tastiera come quella dei computer in piena vista, un foro come quello per le tessere e vari circuiti che si intravedevano al suo interno, rinchiusi da una parte in vetro. «Abbiamo costruito il computer in forma umana per drammatizzare le sue capacità (e perché mio padre costruiva robot, o almeno ci provava). È il migliore cervello meccanico mai costruito! Infatti, ho deciso di chiamarlo… Living Brain!»

Peter pensò che Smythe si stava divertendo. «Notate» proseguì «come le sue gambe abbiano delle sfere che lo fanno muovere a comando, e le sue braccia sono costruite in modo da poter eseguire semplici movimenti… Ma la cosa più importante, ovviamente, è la sua abilità di pensare. Contiene più conoscenze di ogni altro cervello sulla terra, umano o meccanico! Risponderà ad ogni domanda fattagli… Basandosi sul vasto magazzino di informazioni che possiede! E a differenza del cervello umano, non dimentica niente! Ora, professor Warren, può scegliere uno studente per assistermi, prego?»

Il professor Warren lanciò una breve occhiata a Peter, come se volesse accertarsi che fosse ancora in sé «Peter Parker è il nostro miglior studente di scienze… Vuoi avvicinarti un momento?» gli intimò.

«Con piacere, signore…» rispose Peter incamminandosi, non più con la solita sicurezza che aveva quando rispondeva al professore.

 

Poco dopo, quando Smythe finì di spiegare a Peter il funzionamento del macchinario, il professor Warren chiese ai ragazzi di pensare ad una domanda per Living Brain, che Peter avrebbe poi inserito mediante la grossa tastiera del robot.

Nel frattempo, in fondo alla sala due inservienti commentavano ciò che vedevano:

«Hai sentito che l’ha chiamato “lui”, come se fosse una persona?»

«È più intelligente di una persona, può indovinare i vincenti delle corse, delle partite… Potremmo diventare ricchi!»

I ragazzi ci pensarono un minuto, e poi decisero all’unisono di chiedergli chi fosse Spider-Man. Peter deglutì. Pensò che non c’era modo per Living Brain di indovinare la sua identità segreta, ma se così non fosse stato? E se il robot avesse dichiarato a tutto il mondo che Peter Parker era Spider-Man? Cominciò a sudare freddo mentre, con esitazione, digitava la domanda sul torso della macchina. 

Poco dopo il cervello segnalò che la risposta era pronta, Peter ebbe un brivido nonostante il caldo quasi estivo. Un lungo foglietto venne fuori dal foro affianco alla tastiera; Peter, pronto al peggio, lo staccò e gli diede un’occhiata, quasi nascondendolo da Smythe e Warren. Riportava le cifre:

 

01010000 01100101 01110100 01100101 01110010 00100000 01010000 01100001 01110010 01101011 01100101 01110010 00100000 01101001 01110011 00100000 01010011 01110000 01101001 01100100 01100101 01110010 00101101 01001101 01100001 01101110 

 

Peter tirò un sospiro di sollievo. Parlò Smythe «Come vedi, Parker, la risposta è in codice binario. Ti dispiace andare al computer per tradurlo in inglese?»

Mentre Alistair gli rivolgeva la parola, però, Peter, che aveva studiato il codice binario ed era in grado di tradurlo a mente, saltò un battito quando realizzò cosa diceva il foglietto:

 

PETER PARKER È SPIDER-MAN.

 

Il ragazzo, titubante, raggiunse la postazione del computer e cercò “traduttore codice binario” su Google; il fiato di Alistair Smythe sul collo. Aprì il primo risultato con difficoltà, a causa del dito che gli tremava sul mouse. 

«E mentre il vostro compagno riporta il codice sul computer…» annunciò Smythe, allontanandosi da Peter e rivolgendo le sue parole agli altri. Peter tornò a respirare. In men che non si dica cambiò le prime cifre del codice, per poi riportarlo così com’era scritto sul foglio.

«Fatto!» esclamò, attirando l’attenzione di Smythe «Ho riportato il codice!» 

«Bene» Smythe aveva un tono di trepidante attesa «Premi su “Traduci” allora!»

Il ragazzo fece quanto gli disse, mentre i suoi compagni si avvicinavano in massa alla postazione, circondandolo. La dicitura che tutti si trovarono davanti fu:

 

CHI È SPIDER-MAN?

 

Una sonora risata risuonò nella classe. Tra il disappunto generale, Smythe, quasi imbarazzato, esclamò «Bene, ragazzi… A quanto pare, questa è una domanda che neanche il Cervello Vivente è in grado di rispondere. Vogliamo provare un’altra domanda?»

Peter si sentì un genio, un vincitore assoluto, ma allo stesso tempo un po’ in colpa. Non fu bella la figura che fece fare al povero Alistair Smythe.

Al suonare della campanella, qualche minuto più tardi, Peter si fermò in classe per scusarsi con il professore e, in seguito, con Liz:

«Liz, mi dispiace… Non era mia intenzione buttarti addosso Flash… Spero che non ti sia fatta male…»

«Tranquillo, Park… Petey… Sto bene» disse lei. Peter poteva giurare di averla vista arrossire in volto. «È solo che sono rimasta sorpresa, non pensavo fossi così forte»

«Ehm, sì… Penso sia merito delle lezioni di arti marziali che ho iniziato da poco.»

«Continua così, Petey» gli disse lei con tono d’intesa, allontanandosi. In altre circostanze, Peter sarebbe arrossito e avrebbe ricominciato a starle dietro, ma in quel momento sentì una strana sensazione di disgusto. 

Nel frattempo, nel magazzino al piano superiore, i due inservienti di prima trovarono Living Brain e cercarono di attivarlo per poterlo portare via, ma furono interrotti da Alistair Smythe, che spalancò la porta urlando ai due di fermarsi. Uno dei due, però, lo colpì con un pugno. Smythe, cercando di difendersi, lo spinse contro il suo compagno, il quale urtò il robot. Quest’ultimo si attivò, e cominciò a muoversi senza comando, ruotando le sue braccia come due eliche di elicottero. 

Gli inservienti si misero a correre, ma il robot li inseguì per i corridoi della scuola, scendendo addirittura le scale.

Peter, che passava di lì, intento a tornare a casa, vide i due malviventi inseguiti dal Cervello che gli venivano incontro. Con un movimento scaltro, si chiuse dietro la prima porta che trovò, e si spogliò degli abiti civili a favore del costume rosso e blu.

Uscì in fretta dalla stanza e urlò a tutti i presenti sul piano di uscire dalla scuola. Uno sciame di gente si ammucchiò nel corridoio e, vedendoli, il Cervello Vivente cercò di inseguirli, ritrovandosi lo scalamuri di fronte. Questi gli si parò davanti, ma la macchina mosse un braccio, scacciandolo via come una mosca. Peter aveva dimenticato che era in grado di pensare come gli umani. Quando cercò di tornare alla riscossa era troppo tardi; il Cervello aveva quasi raggiunto gli studenti e professori che si stavano dirigendo verso l’uscita. 

Lanciò una ragnatela verso la parete destra e una verso quella sinistra, si tirò un po’ indietro e si diede uno slancio, raggiungendo il soffitto sopra la testa del robot. Da lì mosse le braccia come una mitragliatrice verso le pareti, creando un muro di ragnatela tra la gente e Living Brain. Quest’ultimo rimase bloccato nella tela. Quando si liberò tutte le persone erano sane e salve al di fuori dell’edificio. A noi due, pensò Peter fissando la macchina che gli veniva incontro con rapidi movimenti di braccia metalliche. Gli saltò sopra e premette i pulsanti affianco alle braccia, che si fermarono. Digitò sulla tastiera la domanda “Puoi battere Spider-Man?”, e quando la risposta fu pronta il foglietto che ne venne fuori fu molto più corto di prima, con le cifre:

 

01001110 01101111 

 

Peter non ci pensò neanche, sapeva che la traduzione di quel codice era un secco “NO”, quindi spaccò il vetro sul torace con un pugno, e strappò via i cavi esposti, disattivando così la macchina. Dietro di lui, Alistair Smythe aveva assistito alla scena;

«Che cosa hai fatto?» la sua voce roca suonò strozzata.

«Mi dispiace, ma era una minaccia. Dovevo fermarlo.» rispose il ragno con tono di scuse;

«Hai idea di quanto mi sia costato crearlo?» alzò la voce;

«Ha idea di quante vite ho salvato?» concluse Spider-Man senza sentirsi affatto in colpa e volando via dalla prima finestra in vista. 

Poco dopo, i due inservienti passarono correndo davanti agli occhi di Smythe, il quale gridò «Fermateli! Sono i responsabili di tutto questo!». La gente che era appena rientrata si mise in movimento.

Nel frattempo, in una stanza nelle vicinanze, Flash Thompson si risvegliò da solo, ancora mezzo stordito. Si chiese come diavolo era potuta accadere una cosa del genere; il pavido Parker che lo batteva, quando notò di avere le scarpe slacciate. Si abbassò per riallacciarle davanti alla porta aperta, quando i due inservienti arrivarono di tutta corsa, senza riuscire a fermarsi, verso di lui. Urtarono il fianco di Flash, il quale non si smosse, e caddero sulla faccia dall’altro lato della porta.

Che idioti, pensò Flash, cosa avevano intenzione di fare? Si sono messi k.o. da soli! 

«Wow!» esclamò un ragazzo, entrando nella stanza poco dopo «Guardate! Flash ha preso quei due tizi! Bel lavoro! Come hai fatto?»

Il biondo riacquistò l’autostima nel giro di un secondo, e con un sorriso che gli tagliava la faccia esclamò «Mi conoscete! Mi sono alzato e li ho stesi!»

 

Più tardi, quel giorno, Peter tornò ad indossare i suoi normali abiti da ragazzo di sedici anni e si diresse al palazzo in cui il Dottor Otto Octavius avrebbe tenuto la sua presentazione.

La gente presente non era molta, al centro della sala vi era una piattaforma circondata da dei pali metallici. Affianco ad essa dei computer gestiti da persone dal camice bianco, poco più avanti vi era qualcosa che Peter non riuscì ad inquadrare, coperto da un telo quasi trasparente. Davanti a tutto ciò, vestito di bianco come qualsiasi scienziato che si rispetti, parlò il dottor Octavius:

«Salve a tutti! Sono il Dottor Otto Octavius e oggi sono qui per presentarvi il progetto di una vita. Un nuovo tipo di energia per il mondo, un’energia in grado di ricreare quella solare, e sono lieto di mostrarvela. Vorrei ringraziare Norman Osborn, della Oscorp Industries per aver finanziato il mio progetto!»

In prima fila, un uomo vestito elegante e firmato, dai capelli rossi tendenti al castano e ricci, e dalla mascella pronunciata, puntava un pollice in su verso Otto, con il braccio rigido.

«Vorrei presentarvi…» proseguì Octavius «i miei assistenti!». Alzò il telo e scoprì una specie di busto a cui erano legate quattro braccia metalliche rivolte verso il basso, ognuna terminante in tre artigli. Il Dottor Octavius si pose di fronte al busto, e quest’ultimo si legò alla sua pancia, a Peter sembrò di sentire il metallo freddo stringersi. Lo scienziato alzò le braccia in cielo, e con esse si sollevarono anche le quattro creazioni. Il suono robotico delle braccia meccaniche fu coperto dagli applausi della folla.

Il Dottor Octavius si mosse verso la piattaforma per l’esperimento, seguito dalle fedeli braccia «Queste speciali braccia in adamantio mi permettono di lavorare ad esperimenti che normalmente sarebbe impossibile svolgere! Hanno un loro cervello, ma si muovono seguendo i miei comandi, ricevuti direttamente dal sistema nervoso.»

«Adamantio?» chiese una giornalista tra la folla «Come lo scudo di Captain America?»

«Esattamente» rispose Octavius «per gentile concessione della Oscorp» fece un cenno di ringraziamento a Norman Osborn, che ricambiò.

«Per concessione della Oscorp…» proseguì lo scienziato «anche il trizio, fondamentale per la riuscita di questo esperimento.»

«Mi scusi, Dottor Octavius» interruppe Alistair Smythe in prima fila, Peter fu sorpreso di vederlo di nuovo «Ma se le braccia hanno un proprio cervello, non c’è il rischio che seguano quello e non il suo, o addirittura arrivino a comprometterlo, comandando su di esso?»

«Buona domanda, Mr. Smythe!» rispose immediatamente Octavius «Per questo ho creato questo chip inibitore» mostrò la schiena, un piccolo chip alla base della nuca «che fa sì che non decidano per conto loro» accennò un sorriso.

Tornò all’esperimento. Indossò degli occhiali che a Peter ricordarono Doc di Ritorno al Futuro, immise il trizio e accese la piattaforma, facendo risplendere in essa una palla infuocata. Sembrava davvero il sole.

«L’esperimento è riuscito!» esclamò Octavius fiero di sé, mentre muoveva le braccia metalliche attorno a quel sole appena apparso davanti ai suoi occhi. Il mondo… no… l’universo da oggi in poi è nelle mie mani! La potenza del sole… pensava lo scienziato mentre Peter notava che stava sovraccaricando il sistema. «Dottore!» gridò «Sta sovraccaricando! Deve spegnerlo!» 

«Stai tranquillo, Parker!» rispose lui «È tutto sotto controllo!» e mentre diceva così una sbarra di metallo lo colpì alle spalle, per essere poi risucchiata dalla palla di fuoco.

Tutti gli oggetti metallici nella stanza erano attratti dalla piattaforma, quindi Peter pensò che fosse un buon momento per trasformarsi in Spider-Man. Lasciò l’edificio e si nascose in un vicolo, in cui si cambiò velocemente d’abito. Rientrò e si arrampicò sulla parete dove c’erano tutti i cavi e fece per staccarli, ma Octavius lo notò;

«Cosa stai facendo?!» gli gridò.

«Stacco i cavi! Distruggerà tutto se va avanti così!»

«NO!» urlò deciso lanciandogli una delle sue braccia metalliche contro. Riuscì a schivarla grazie al suo senso di ragno, e in breve tempo staccò tutti i cavi. La palla di fuoco si spense, senza lasciar traccia di ciò che era prima.

«Maledetto ragnaccio» imprecò lo scienziato «Hai rovinato tutto!» tornò all’attacco con le sue braccia. I presenti erano tutti evacuati, tranne Smythe, che restò a guardare nascosto in un angolo.

«Ok, piovra, direi che è ora di smetterla!» enunciò Spider-Man, saltando avanti e dietro.

«Osi burlarti di me? Pazzo! Quando ti avrò finito parlerai diversamente!» rispose Octavius allungando due delle sue braccia verso il ragno, il quale si scansò giusto in tempo.

Ma che diavolo gli prende? Si chiese mentre schivava i colpi; cercò di coglierlo di sorpresa alle spalle, ma si bloccò quando notò qualcosa che gli fece salire un brivido. Il chip inibitore era stato distrutto. Octavius non controllava più le quattro braccia. “Non c’è il rischio che seguano il proprio cervello e non il suo, o addirittura arrivino a comprometterlo, comandando su di esso?” Peter ricordò le parole di Smythe, scese al suolo e cercò di parlare allo scienziato;

«Dottor Octavius, mi ascolti… Le braccia, non le sta controllando. Loro la stanno controllando, non vede? Non è in sé»

Ma il dottore, senza dire niente, lanciò le due braccia superiori verso il ragno, il quale le rinchiuse con la ragnatela. 

«Ah!» esclamò Octavius «Molto ingegnosa, la tela! Ma come vedi, trattenere due braccia è poco… Ne ho altre!» lo attaccò con le due braccia libere.

Peter le fermò mentre gli arrivavano contro, ma la velocità con cui si mossero fu addirittura superiore alla sua, e in poco tempo si ritrovò ad essere lui nella presa delle braccia meccaniche.

Il Dottor Octavius gli bloccò braccia e gambe con l’ausilio di tutte e quattro le braccia, e lo espose davanti a sé come un trofeo;

«Ti sei burlato di me, prima! Fallo ora!» esclamò schiaffeggiandolo in pieno volto con la sua mano umana «Dov’è il tuo sarcasmo ora, Spider-Man?» ripeté l’insulto. «Hai capito, finalmente, di aver incontrato qualcuno che non puoi battere?» lo colpì con un terzo schiaffo con la mano sinistra «Io…» mano destra «ti…» mano sinistra «sono…» mano destra «superiore!»

Lo lanciò verso il lucernario, che si frantumò in mille pezzi. Al di fuori dell’edificio, Peter cadde malamente su un bidone dei rifiuti, per poi atterrare dritto in una pozzanghera.

«Bastardo di un ragno» esclamò Smythe uscendo dall’edificio «Ha avuto ciò che si meritava.»

Poco dopo, raggiunse il vicolo in cui il ragno era atterrato, e gli si avvicinò. Era ancora inerme, a faccia in giù nella pozzanghera. Lo scalciò con un piede, in modo da farlo voltare. Tossì; probabilmente sputò sangue, ma non si capì a causa della maschera.

«Guardati…» disse Smythe con una cattiveria e un disgusto che Peter non aveva mai sentito prima «Dovrei ammazzarti ora» e lo colpì ai fianchi con un calcio, facendolo dimenare schizzando l’acqua della pozzanghera «e pensare che c’è gente che ti considera un eroe. Ma vediamo chi c’è davvero sotto questa maschera.»

 

Nel frattempo, il Dottor Octavius lasciava l’edificio senza camminare sui suoi piedi, ma innalzato da due delle sue braccia metalliche, con i giornalisti che scattavano fotografie. Al Daily Bugle, il sempreverde J. Jonah Jameson urlava «Robbie! Prepariamo la prima pagina per domani! Metteremo quel pazzo di uno scienziato e il ragno! “Il Dottor Octopus e Spider-Man devastano la città!”, che ne pensi?»

«Si chiama Dottor Octavius, veramente» rispose annoiato Joe Robertson;
«È un criminale ora, e decido io come chiamarlo! Il nome che ho scelto è Dottor Octopus, perché sembra un mollusco con quelle braccia! Doc Ock!» esclamò con un sorriso fiero.

Ho sconfitto Spider-Man, pensava intanto “Doc Ock” dall’altro lato della città, e con le mie braccia posso andare ovunque! Conquisterò il mondo! Avrò tutto ciò che desidero e nessuno potrà fermarmi!

 

Smythe, intanto, nel vicolo, stava per smascherare Spider-Man, quando questi riprese conoscenza e lo allontanò con una spinta. Poi, con le ultime forze che gli rimanevano, lanciò una ragnatela verso l’alto e si lasciò trasportare da essa, mentre Smythe gli imprecava contro in basso.

Continuò a volteggiare con la sua tela per pochi isolati, finché non finì il fluido a mezz’aria. Cercò di fare qualcosa, ma non poté nulla, quindi si aggrappò alla prima parete che trovò ma, con sua sorpresa, scivolò da essa, non riuscì ad aderirle, e quindi precipitò dritto su un auto al di sotto, di schiena. Un dolore acuto lo percosse mentre scivolava giù dall’auto, solo per finire in un’altra pozzanghera. Era fradicio, si sentiva in fin di vita e non poteva mentire, l’aveva notato: Aveva perso i poteri di ragno. Provò ad arrampicarsi su una parete ma scivolò nuovamente nella pozzanghera. Il dolore lo dominava, la sua forza di ragno sparita.

Mi ha battuto, pensò, Non ho avuto scampo. Non ho nemmeno lottato, poteva finirmi quando voleva. Cosa farò ora? si tolse la maschera, Non ero mai stato battuto, ma stavolta i miei poteri non sono serviti. E come se non bastasse, sono spariti. Non ho più i miei poteri, ho rischiato di essere smascherato da Smythe. Non posso combattere il Dottor Octavius. È davvero così che deve finire? Era davvero solo un momento? I miei quindici minuti di fama? È la fine di Spider-Man?

 

liberamente tratto da “The Amazing Spider-Man #3/8” di Stan Lee e Steve Ditko del 1963/64.


The Web Of Spider-Man
Mi scuso con tutti coloro che seguono la storia per l'enooooooorme ritardo, ma purtroppo ho avuto impegni, problemi, piccole mancanze di idee e a volte troppe idee accumulate! Ammetto che l'idea iniziale di questo capitolo è saltata, ho deciso di riscrivere il tutto in modo diverso. Ma non sto qui a darvi inutili dettagli, ormai avete letto ciò che ho pubblicato! E a proposito di questo, ditemi un po'... Vi è piaciuto? Cosa ne pensate della nuova situazione del povero Peter Parker? Le cose sembrano andare solo per il peggio. Prima ha un diverbio con Flash Thompson che si risolve in malo modo, poi si ritrova a combattere un robottone all'interno della sua scuola, e poi, come se tutto questo non bastasse, viene sconfitto dal suo idolo: Il Dottor Octavius, o meglio... Dottor Octopus! Cosa ve ne pare di questa versione mezza fumettistica e mezza cinematografica di Doc Ock? E vi aspettavate la disdetta dello scalamuri? Che fine avranno fatto i suoi poteri? È finita? 
Vi do appuntamento al prossimo capitolo, (stavolta non aspetterete un mese, promesso), in cui la battaglia contro Doc Ock prosegue, e le nuove minacce continuano a formarsi. Piccola anticipazione: Il titolo del prossimo capitolo è: Spider-Man mai più... Chi vuole capire capisca! Ringrazio ancora una volta i 3 true believers che seguono la storia e Farkas per aver recensito lo scorso capitolo! Alla prossima!

 

 

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Capitolo 6
*** Spider-Man mai più ***


«Mi chiamo Peter Parker e sono il supereroe più grande del mondo. Un giorno, ad una presentazione di scienze sulla radioattività sono stato morso da un ragno radioattivo, che mi ha conferito la sua forza e agilità proporzionale. Ho cercato di sfruttare i miei poteri per il guadagno, ma nel mio momento di gloria mi sono lasciato sfuggire un ladro che in seguito ha ucciso mio zio Ben. Da quel giorno ho capito che da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Agli occhi di tutti sono solo un timido studente della Midtown High School, ma in segreto uso i miei poteri per combattere il crimine. Chi sono io? Sono Spider-Man.»



Capitolo 6

Spider-Man mai più

 

Lo zoo del Bronx di New York era accessibile a tutti. Chiunque poteva entrare ed ammirare i meravigliosi animali in esposizione. Una stanza in particolare, però, non molto lontana dall’entrata principale, aveva costantemente la porta chiusa con l’insegna Staff only, intimando ai visitatori di non avventurarsi al suo interno. Non che ci fossero problemi a riguardo, quella porta restava lì, inosservata. Nessuno l’aveva mai vista aprirsi, nessuno aveva idea di cosa nascondesse. A nessuno importava. Di notte, però, poco prima che l’alba illuminasse lievemente il verde che la circondava, quella porta era aperta da uno strano uomo con un corto gilet, che a stento copriva tutti i fianchi, ma dalla pelliccia che scendeva dalle spalle lungo tutta la schiena e, visto da dietro, qualcuno avrebbe potuto giurare che fosse una criniera. Come se non bastasse, i pantaloni erano leopardati e davano la sensazione che fossero davvero fatti con la pelle del felino, e la cintura che li teneva stretti era completamente ornata di zanne. L’uomo entrò nella stanza e si chiuse la porta alle spalle. Visto davanti, appariva ancora più strano. La pelliccia del gilet terminava alla base dei pettorali, dove, lungo tutto il busto, vi era il volto di un leone, dagli occhi verdi e immobili, orecchie e muso con i baffi troppo realistici per essere finti. La cosa più spaventosa, però, è che il gilet era aperto, tagliando il leone a metà e rivelando pettorali e addominali scolpiti e ricoperti da folti peli, e una collana con zanne più piccole di quelle sulla cintura. Il volto dell’uomo era severo ma tranquillo, quasi sembrava imbalsamato per quanto non si muovesse. Le rughe erano perfettamente distribuite, facendolo apparire virile e non vecchio, i capelli perfettamente neri, ma stempiati, avevano un’attaccatura a V. I baffi e il pizzo, dello stesso colore dei capelli, erano folti e contribuivano a farlo apparire rigoroso.

La misteriosa stanza, illuminata da una gialla luce artificiale, era piena di animali impagliati. Un gorilla in posizione di attacco, con le braccia verso l’alto e lo sguardo minaccioso, era rimasto immortalato su un piedistallo. Il volto di un enorme elefante, con tanto di orecchie e proboscide era fissato alla parete, affianco a quelli di un leone, un cinghiale e un rinoceronte. L’uomo attraversò la stanza, calpestando un tappeto di tigre bianca, e raggiunse una stanzetta interna, delimitata all’entrata da una tigre a destra e una pantera nera a sinistra, entrambe ferme nella posizione di corsa. All’interno, l’uomo si trovò circondato da mensole piene di pozioni ancora fumanti ed erbe. Afferrò una delle boccette e ne bevve il contenuto, per poi lasciare la stanzetta e guardarsi intorno. 

«La mia stanza dei trofei…» esclamò fiero con una voce roca «Ho battuto con le mie mani nude ogni bestia selvaggia che cammini, si arrampichi, o strisci sulla Terra.» camminò tra gli animali, accarezzandone qualcuno «Eppure, mi manca il più grande dei premi…» raggiunse una parete con una testa di plastica bianca appesa «Non posso più trattenere la mia frustrazione. Devo combattere il mio più grande nemico mortale, oppure, tutti i miei traguardi e risultati saranno vani. Un giorno questa testa di plastica sarà coperta dalla maschera di Spider-Man, dovessi ottenerla con la mia stessa vita!»

 

Peter tornò a casa entrando dalla porta principale. Cambiandosi nei suoi abiti civili, poco prima, aveva potuto notare che era pieno di lividi nei fianchi e nella zona dell’addome. Con i suoi poteri di ragno, solitamente, guariva molto più velocemente del normale, ma quella sera il dolore non sembrava abbandonarlo e si sentiva debole. L’agilità di ragno era sparita, a stento riusciva a saltare. Volteggiare tra i tetti e fare capriole mortali era pura utopia. Per non parlare del fatto che persino la sua capacità di aderire alle pareti era scomparsa. E tutto questo, poteva notarlo solo quando provava effettivamente a saltare. La cosa che più lo tormentava era la mancanza della sua forza di ragno, che avrebbe percepito anche mentre dormiva.

La mattina seguente, quel poco che era rimasto della vita precedente al morso di ragno di Peter sparì quando fu svegliato dall’insolito suono della sveglia del cellulare, che aveva dovuto sostituire alla solita sveglia vintage che l’aveva accompagnato per sedici anni, ormai distrutta.

Provò ad alzarsi ma il dolore agli addominali lo bloccò, quindi rotolò fino all’orlo del letto. Durante il sonno aveva dimenticato che i suoi poteri di ragno erano andati. Quasi zoppicando, scese le scale e fece colazione da solo; zia May aveva un impegno in mattinata, quel giorno. Un bene, pensò Peter, perché avrebbe sicuramente notato il suo malessere e sarebbe stato difficile spiegare i lividi che gli contornavano il corpo. 

Poco dopo, a scuola, la routine fu la solita; soliti esperimenti con il professore di chimica al laboratorio, che evidentemente solo Peter e Malcolm McBride conducevano. Fu insolita, però, la mano che Peter vide afferrargli la maglia e tirarlo verso di sé; era Flash Thompson. Il senso di ragno non l’aveva avvertito come era solito fare.

«Ascolta, perdente.» attaccò il bullo con tono minaccioso «Non so come tu abbia fatto a fare quello che hai fatto ieri…»

«Accidenti, Flash!» lo interruppe Peter sarcasticamente «Hai usato il verbo “fare” tre volte nella stessa frase!»

«Stai zitto!» replicò lui spingendolo leggermente verso il tavolo «Non sono in vena di scherzi. Non so che tipo di roba prendi né voglio saperlo, ma ti avverto: Prova a rifare qualcosa del genere e sei un uomo morto.»

«Che razza di minaccia era mai questa, Flash? Hai paura di essere umiliato un’altra volta?»

Il biondo non restò a sentire un’altra parola, colpì Peter con un pugno in pieno volto, facendolo quasi cadere. 

Forse, quella volta, Peter avrebbe fatto meglio a star zitto. Sentì pienamente gli effetti di quel colpo, che fino al giorno precedente non avrebbe nemmeno potuto ricevere. 

«Taxi!» gridava intanto un uomo in strada, a pochi isolati dalla scuola «Ho detto taxi! Sono J. Jonah Jameson!»

Un taxi gli si parò davanti, ma mentre si accingeva ad entrare, una figura rossa e blu lo bloccò saltando dal nulla.

«Vai di fretta, Jameson?» 

«Spider-Man

«In persona.» gli saltò addosso.

«No! Sparisci! Non puoi attaccarmi così in mezzo alla strada! Aiutatemi! Qualcuno me lo tolga di dosso!» gridava disperato l’editore, mentre si dimenava.

In poco tempo una folla di gente si radunò attorno ai due, ma il ragno saltò via, arrampicandosi goffamente alle pareti.

Poco dopo, sul tetto di un edificio nelle vicinanze, lo scalamuri si toglieva la maschera, rivelando il volto dello strano uomo dello zoo;

«Ha funzionato.» esclamò fiero di sé «Li ho fregati! Spider-Man solo saprà dell’inganno, e quando mi cercherà… cadrà in una trappola

Il vero Spider-Man, intanto, era appena tornato a casa da scuola, e si stava rilassando mangiando una mela sul divano in sala quando per poco non la sputava sentendo il notiziario;

«J. Jonah Jameson, editore del Daily Bugle, è stato appena attaccato da Spider-Man sulla ventiquattresima…»

Zia May, vedendo Peter improvvisamente teso, chiese:

«Cosa c’è che non va, caro?»

«Niente, zia May… Devo essermi morso la lingua» rispose il ragazzo cercando di apparire calmo di fronte alla zia. Questa non ci voleva, pensava intanto, proprio ora che il Dottor Octavius è ancora in giro ed io non ho più i miei poteri, qualcuno ha avuto la brillante idea di impersonarmi. Che il Camaleonte sia tornato? 

Raggiunse la sua camera e ci si chiuse dentro. Cosa devo fare ora? Se è ancora lì, potrei riuscire a raggiungerlo. Ma una volta che l’ho trovato? Non ho poteri. Non ho possibilità di batterlo. E tra l’altro sono già stato battuto da Octavius; anche se avessi i poteri, potrei comunque perdere. Perché evidentemente non valgo come supereroe…

Attraversò la stanza, avanti e indietro, camminando nervosamente. Poi si decise. Si spogliò ed indossò rapidamente il costume e saltò fuori dalla finestra senza pensarci troppo. Appena si ritrovò a mezz’aria, però, fu colpito dalle vertigini. Non aveva considerato il fatto che non aveva più forza e agilità di ragno, e che avrebbe finito per schiantarsi al suolo se non avesse fatto qualcosa. Lanciò, quindi, una tela verso la casa dei vicini e riuscì a raddrizzarsi. Continuò a volteggiare per pochi isolati, ma poi si rese conto di non sentirsi tanto bene, quindi si lasciò andare a pochi metri dal suolo, e quando lo raggiunse, cadde malamente sulle ginocchia. Un dolore acuto lo percosse per tutto il corpo, ma poi si rimise in piedi e proseguì correndo.

Raggiunse il luogo dopo pochi minuti, e si nascose dietro un palazzo osservando la scena. La folla era ancora lì, ma Jameson aveva lasciato il posto.

«Eccoti, finalmente!» esclamò una voce alle spalle del ragazzo, che si voltò, vedendo l’uomo che l’aveva impersonato, con addosso i suoi soliti vestiti animaleschi. «È giunto il momento. Finalmente oggi catturerò la mia ultima preda!»

«Ok, just cavalli, sei stato tu ad impersonarmi? Pensavo di incontrarmi di nuovo con un rettile, invece ho trovato un felino. Perfetto. Da quale zoo siete scappati? Per curiosità, eh!»

«Divertente, ragno. Ma sarò io a ridere quando avrò la tua maschera nella mia collezione. Ora, che la caccia abbia inizio.»

«Aspetta, no, seriamente… Chi diavolo sei? Sono abbastanza certo che ci sia qualche nome figo dietro a tutta questa scenata!»

«Sono Sergei Kravinoff, meglio conosciuto come Kraven il cacciatore

«Ecco. Appunto. Qualcuno ha altri cliché da offrire?»

Kraven saltò dal palazzo in cui era fermo e raggiunse in pochi secondi le spalle del ragazzo, su cui si fiondò facendolo cadere. Il ragazzo cercò di liberarsi, ma inutilmente. Il dolore delle ferite era troppo forte. Si fermò e chiuse gli occhi.

Quando si svegliò vide il sole nascosto dai rami degli alberi sulla sua testa. Si sollevò leggermente e si rese conto di essere stato portato allo zoo del Bronx. Alzò nuovamente lo sguardo, e stavolta vide una rete cadergli addosso. Cercò di muoversi per evitarla ma fallì, rimanendo chiuso al suo interno.

«Ti ho catturato, ragnaccio!» esclamò Kraven mentre si avvicinava alla sua preda «e ora ti ucciderò, finalmente.»

«Aspetta, sei sicuro di volerla finire così in fretta? Voglio dire, non hai avuto nemmeno il tempo di fare un discorso!»

«Stai solo cercando di temporeggiare! Sai, è stato fin troppo facile, in effetti. Non che mi aspettassi-» Perfetto, pensò Peter velocemente, l’ho bloccato in un monologo, questo mi darà il tempo di pensare. Allora, dicono che una catena sia forte come l’anello più debole. In una rete di questo tipo, con così tanti ganci, dev’essercene almeno uno! Ora devo solo esercitare tutta la pressione possibile contro ogni sezione finché… Ahhh! L’ho trovato! Una piccola sezione che si ritira leggermente sotto la tensione, creando spazio. 

Così, esercitando la massima pressione su quel punto, riuscì a creare un’apertura abbastanza larga da rotolarci fuori, mentre Kraven continuava con il suo monologo;

«…Ed ora… Maledetto! Mi hai ingannato! Sei più intelligente di quanto credessi, ma questo non ti salverà!»

Dannazione, pensò Peter scappando il più veloce che potesse, mentre il sole tramontava e diventava difficile vedere tra tutti quegli alberi, devo inventarmi qualcosa. Non posso scappare in eterno.

«Non puoi scappare in eterno!» gridò Kraven che lo inseguiva, altrettanto veloce «Ti prenderò e ti ucciderò, Spider-Man!»

Percorrendo più volte gli stessi tragitti, Peter riuscì a seminarlo momentaneamente, e poi ebbe un’idea. Lanciò diverse tele verso due alberi che chiudevano un sentiero, creando un muro. Poi, quando sentì Kraven avvicinarsi alle sue spalle, saltò su un masso dall’altro lato del muro di tela. Si arrampicò fino alla punta di esso, facendo in modo che Kraven, guardandolo, non notasse la tela che li separava. 

«Sono qui, Kraven! Vieni a prendermi!» esclamò sicuro di sé.

Il cacciatore, incauto, corse verso di lui, andando a finire dritto nella trappola del ragno. Più velocemente che potesse, quindi, quest’ultimo lo raggiunse e gli sparò diverse tele addosso, rinchiudendolo in esse.

«E così il cacciatore è diventato la preda, eh, Kraven?» esclamò con tono ironico, ma quando notò che una mano di Kraven aveva cominciato a liberarsi, corse via da lì, sicuro che la polizia sarebbe arrivata sul posto in tempo.

 

Riacquistati i suoi abiti civili, più tardi, Peter si recò al Daily Bugle, portando le foto del combattimento con Kraven, ma una volta giunto agli uffici si ritrovò spaesato. Un’immensa folla di giornalisti e fotografi riempiva le sale, il caos più totale regnava all’interno dell’ufficio di Jameson; Peter poteva giurare di aver visto sedie volare all’interno. Abbassò lo sguardo e vide un’ombra dietro il banco di reception. Si avvicinò ad esso per capire chi ci fosse dietro, e trovò la segretaria Betty Brant rannicchiata con le spalle verso la scrivania;

«Ehi!» esclamò Peter alzando di qualche centimetro la mano «Betty, giusto? Betty Brant! Che ci fai lì dietro?»

«Oh…» replicò lei quasi imbarazzata «È l’unico posto sicuro al momento, non so se hai notato la confusione che ti circonda» sorrise;

Peter ricambiò il sorriso «Ti dispiace se mi unisco a te?» chiese quasi senza pensarci;

«Accomodati pure…» rispose lei facendogli spazio alla sua destra «Cosa ti porta qui?»

Il ragazzo si adagiò affianco a lei, cercando di non far notare il dolore che lo affliggeva quando si piegava «Oh, beh, avevo portato delle foto per Jameson…»

«Puoi sempre cercare di avventurarti in mezzo alla folla…» disse lei voltandosi per un secondo verso la gente che si spingeva a vicenda davanti all’ufficio «Ma non ti garantisco che ne usciresti sano e salvo!»

Peter sorrise abbassando la testa, quasi per non farsi vedere «Non preoccuparti, posso aspettare… E poi, temo di non essere un tipo molto… eroico!»

«Neanch’io!» incalzò lei illuminata da quella frase «Forse è per questo che mi piaci, Peter… Almeno non fingi di essere ciò che non sei!»

Dio, se solo sapesse, pensò Peter senza distogliere i suoi occhi socchiusi dalla ragazza, la quale ricambiava lo sguardo in un modo in cui Peter non era mai stato guardato prima.

 

Verso sera, dopo aver finalmente venduto le foto a Jameson, Peter tornò a casa, ma quando aprì la porta gli si parò davanti la vicina di casa;

«Signora Watson! Che è successo?» 

«Peter!» si voltò verso di lui mostrando gli occhi chiaramente preoccupati «May… si è sentita male, l’hanno portata all’ospedale!»

«Zia May! Ha bisogno di me! Devo andarci!» cominciò a mancargli il respiro;

«Aspetta! Ti accompagno io con la macchina!»

Cinque minuti più tardi, all’ospedale, Peter vide zia May sdraiata sul letto, con gli occhi chiusi;

«Sta bene ora» attaccò il dottore alle spalle del ragazzo «Era in preda al panico, continuava a cercare te, chiedendosi dove fossi finito, che da diversi giorni sparisci di casa e torni tardi… Era preoccupata per te, sono riuscito a darle un sedativo per calmarla….»

È colpa mia, pensò Peter sentendosi una fitta allo stomaco, se fossi stato a casa… come qualunque altro nipote… avrei potuto evitare tutto questo.

Per qualche minuto Peter restò fermo davanti alla stanza, osservando la zia, con le sopracciglia inarcate; poi si incamminò verso la signora Watson.

Invece no. Ero in giro a giocare a fare l’eroe, mentre non avevo nemmeno i poteri. Ero in giro ad aiutare la stessa gente che mi odia. Anche dopo essere stato sconfitto e umiliato, ho continuato a prendermi in giro da solo.

«Voglio restare qui, stanotte» disse alla signora Watson;

«No, Peter, non puoi» rispose lei preoccupata «Devi andare a scuola domani. Non ti preoccupare, resterò io con lei.»

Peter annuì silenziosamente e si incamminò a testa bassa verso l’uscita, mentre la signora Watson gli consigliava di tenere il cellulare acceso.

Rientrato a casa, Peter continuò a pensare, senza aprire bocca. Il suo volto inespressivo. Ho persino ottenuto un appuntamento con Betty per venerdì sera, ma ho dovuto rifiutare a causa di quel pazzo ancora a piede libero. Quel pazzo… Quel pazzo che mi ha sconfitto, che mi ha aperto gli occhi, che mi ha fatto capire che in realtà…

I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di J. Jonah Jameson, intervistato in TV «L’attacco di stamattina non è stato altro che una prova! Una prova della minaccia pubblica che è quel maledetto scalamuri! Continuerò a fargli guerra usando il mio giornale, dovesse essere l’ultima-»

Peter spense. È questa la gente che cerco di aiutare… Gente disposta a credere alla prima illusione di un drogato che va in giro vestito con la pelliccia di un leone. Gente che mi odia e che ha messo una taglia sulla mia testa.

 

La mattina seguente, a scuola, Peter si rinchiuse nei suoi pensieri. Non sentì una parola della gente che lo circondava, non pensava ad altro che a sua zia, sola in ospedale, e aspettava che la campana suonasse permettendogli di raggiungerla.

«Parker!» esclamava una voce subito dopo il suono della campana, quando Peter si alzò di scatto e si accinse a correre fuori «Ehi! Parker!» una mano bloccò la spalla del ragazzo, era il professor Warren, «Ti dispiace rimanere un attimo prima di uscire? Vorrei parlarti.»

Così, quando la classe si liberò, il professore iniziò a parlare «I tuoi voti sono peggiorati, Parker. Sei sempre stato il migliore della classe, non vorrei che questo ti avesse dato l’idea sbagliata di smettere di studiare…»

«Non si preoccupi» lo interruppe Peter di fretta «È solo che sto passando un brutto periodo, mi rifarò.»

«Lo spero, Parker. La mia non era una minaccia!»

Il ragazzo lasciò la classe, con l’ultima parola pronunciata dal professore costantemente nella sua testa. In ospedale, Peter trovò May in piedi davanti alla finestra della stanza;

«Zia May!» attirò la sua attenzione «Come stai?» 

La abbracciò.

«Peter, mi dispiace…» rispose lei rattristata «Ero così preoccupata per te…»

«No, no… Non devi scusarti. Sono io che devo chiederti scusa… Ti prometto che non ti farò più preoccupare in questo modo…»

Peter passò la metà del pomeriggio in compagnia della zia, a cui i medici avevano consigliato di restare in ospedale per un altro giorno. 

Più tardi, quando il sole stava per tramontare su New York, Peter si recò al Daily Bugle per parlare con Betty. Forse dovrei dirle perché non posso uscire con lei, pensava nell’ascensore, forse devo rivelarle che sono Spider-Man. O forse no. Sarebbe troppo rischioso. Ma non appena l’ascensore si aprì, Peter trovò il Dottor Octopus che minacciava J. Jonah Jameson nel suo ufficio. Quell’idiota di Jameson l’ha deriso sul giornale, pensò Peter correndo verso Betty.

«Betty!»

«Peter! Ho già chiamato la polizia! Arriverà a momenti!»

«La polizia?! No! Non-» Non hanno speranze contro Octopus, voleva dirle, ma non aveva intenzione di buttare via la sua identità segreta. «Ci conviene scappare, intanto!»

Ma appena il ragazzo disse così, la porta dell’ufficio si aprì, e Octopus rinchiuse la ragazza nella presa di uno dei bracci metallici, scappando dalla finestra con essa. La polizia, al di fuori dell’edificio, non poté far nulla senza rischiare di ferire Betty.

Peter, all’interno, era su tutte le furie. Lanciò un’occhiataccia a Jameson e si precipitò verso le scale, scendendo il più veloce che poteva. 

Giunto al piano terra, uscì da una porta sul retro, ritrovandosi in un vicolo. Era senza fiato, e si sentiva bruciare. Pensò che, forse, aveva la febbre. Cercò di riprendere fiato mentre si spogliava dei suoi abiti civili a favore dell’uniforme rossa e blu.

Inseguì Octopus volteggiando goffamente tra i palazzi, sentendosi di svenire da un momento all’altro, fino a un cantiere nelle vicinanze dell’ospedale in cui si trovava zia May. Guardò verso una delle finestre in alto di quello e vide la zia, in piedi davanti ad essa, che osservava la scena al di sotto. Se solo si fosse tolto la maschera in quel momento, le avrebbe causato un infarto. Il suo primo pensiero fu di farle cenno di non guardare, ma poi pensò che sarebbe stato stupido, quindi non fece nulla.

«Lascia andare la ragazza!» intimò a Octopus, il quale fece quanto detto;

«Come vuoi, Spider-Man! Mi serviva solo come ostaggio!»

Proprio in quel momento, arrivò sulla scena anche J. Jonah Jameson, accompagnato da un agente di polizia. È finita, pensò Peter, stavolta è davvero finita. Il ragazzo era pieno di lividi su tutto il corpo, non riusciva a piegarsi, era senza i suoi soliti poteri di ragno e, come se non bastasse, era stato colpito dall’influenza. La testa gli girava, gli occhi gli si appannavano, aveva voglia di strapparsi la maschera da dosso perché stava bruciando, ma non si arrese. In preda al panico, senza nemmeno pensarci, si lanciò contro Octopus, il quale lo bloccò immediatamente tra le sue braccia metalliche. 

«Che modo di lanciarsi contro il nemico è mai questo, Spider-Man?!» esclamava mentre lo chiudeva nella presa delle sue braccia, bloccandogli le braccia «Cosa stai cercando di fare?! Infastidirmi?!» lo colpì con un pugno del suo vero braccio destro «Contrattacca! Mi senti?!» e con un pugno sinistro «Non rendere la mia vittoria così facile!» e di nuovo un destro «Non è possibile! Sei debole! Cosa diavolo ti è successo?!» Stava per colpirlo di nuovo quando notò che non riceveva risposta «È svenuto! Non ci posso credere!» 

Lo liberò dalla stretta presa delle braccia metalliche, ma non lo lasciò. Lo tese in avanti, immobile e steso sulle sue braccia. La testa e le braccia caddero verso il basso, mentre era esposto come un giocattolo davanti agli occhi dell’agente, di Jameson e di Betty Brant.

Uno dei bracci metallici si avvicinò alla sua testa; «Non cerca neanche di fermarmi mentre provo a togliergli la maschera! Dev’esserci solo una risposta…» dicendo questo, il braccio metallico di Octopus rimosse la maschera dal volto dell’eroe, rivelando il volto del giovane Peter Parker sotto gli occhi increduli di Jameson, Betty e l’agente.

Per un breve momento ci fu il silenzio, e fu proprio in quell’istante che Peter riprese conoscenza. Aprì gli occhi e vide i tre a testa in giù, poi avvicinò un braccio tremante al volto e toccò la propria pelle innaturalmente calda. Capì di essere stato smascherato.

«Avrei dovuto immaginarlo!» esclamò Octopus, lanciando il ragazzo addosso ai tre, che caddero sotto il suo peso «Non è il vero Spider-Man! È quell’idiota di Peter Parker! Mi sento preso in giro!» si voltò verso un giornalista che lo inquadrava, «Spider-Man! Quello vero! Se stai guardando, sappi che ti troverò, e ti batterò nuovamente!» 

 

Il Dottor Octopus sparì nella notte, mentre Jameson si rialzava borbottando «Fesso di un Parker! Gli avevo detto di fare delle foto di Doc Ock, non di giocare a fare l’eroe!»

Ma intanto, Betty Brant era in ginocchio davanti a Peter, ancora disteso, «Peter…» disse silenziosamente, quasi sussurrando «L’hai fatto per me… Avresti potuto morire…»

«Mi dispiace se ho fallito miseramente…» sussurrò questa volta Peter, che a stento riusciva ad aprire bocca, sollevandosi sui gomiti «Ma te l’ho detto, non valgo molto come eroe…»

La ragazza lo strinse a sé, quasi soffocandolo.

«Starà bene» disse l’agente di polizia, con una mano tesa verso il giovane, «È stato un atto coraggioso; stupido, ma coraggioso!» 

Peter afferrò la mano dell’agente e si rialzò, con Betty ancora tra le braccia, ma improvvisamente il suo volto, che era rosso per l’influenza, sbiancò;

«Che succede, Peter?» gli chiese Betty «Qualcosa non va?»

«No, sì, mia zia!» guardò verso la finestra dell’ospedale. Non c’era. «Merda.»

Zoppicando, con ancora il costume addosso, si avviò verso l’ospedale. Betty lo seguì. Presero l’ascensore, Peter si appoggiò alla parete, sfinito. Non si dissero una parola. Arrivati sul piano, videro la signora Watson che guardava Peter con aria preoccupata. 

«Signora Watson!» gridò lui, precipitando di faccia sul suolo «Come sta?!»

«Ha avuto un attacco di cuore.» rispose il dottore, prima che la signora Watson potesse trovare le parole. Questi aiutò Peter ad alzarsi e gli disse che al momento stava bene, ma che se avesse avuto un altro attacco simile, allora non ce l’avrebbe fatta.

Peter raggiunse il letto su cui era sdraiata e scoppiò a piangere. Betty lo abbracciò nuovamente.

 

Restarono all’ospedale fino alle undici di sera, poi si salutarono. Peter uscì dall’ospedale con il costume di Spider-Man tra le mani, e non sotto gli abiti civili come suo solito. Pioveva.

All’entrata, sentiva ancora la radio dell’edificio, con la voce di Jameson che minacciava ulteriormente Spider-Man e proponeva un premio per la sua cattura. 

Un milione di dollari, pensò Peter a testa bassa, avviandosi, con il costume in mano, verso il vicolo che portava al retro dell’ospedale, un milione di dollari solo per me? Lui… mi odia! Molto più di quanto pensassi… Le cose terribili che dice… non le dice solo per pubblicità… ci crede veramente… Pensa davvero che sono una minaccia per la società! 

Diverse parole scorsero nella testa di Peter; Minaccia; Nemico pubblico; Frode; Mostro… 

E se avesse ragione? Se davvero non ci fosse spazio per me tra gli eroi? 

Essere Spider-Man non mi ha portato nient’altro che tristezza. Ho iniziato pensando alle parole di mio zio Ben… da grandi poteri derivano grandi responsabilità… Ma facendo onore a queste parole ho escluso tutto ciò che realmente importava… La vita di Peter Parker… Zia May… Gli amici… Le ragazze nella mia vita… e per cosa? Posso essere sicuro che il mio solo motivo era la guerra al crimine? Sicuro che a lungo andare non mi stavo divertendo facendo l’eroe? Che mi stavo divertendo mentre causavo un infarto a mia zia, l’unica persona rimasta della mia famiglia? 

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità… Ma i grandi poteri mi hanno abbandonato, e la responsabilità senza di essi sta uccidendo me e i miei cari… Ma non più. 

Si avvicinò ad un secchio dell’immondizia e fissò il costume che aveva tra le mani. Restò così per un minuto, con la pioggia che gli cadeva addosso, poi appoggiò il costume sul secchio e si allontanò, andando verso l’uscita del vicolo, verso le luci della strada.

Sono stato sconfitto due volte… Ho rischiato di far morire zia May due volte… Ma non più. Mai più… Spider-Man mai più, pensava, mentre alle sue spalle il costume ormai fradicio era steso a testa in giù sul secchio, e un braccio cadeva fino al suolo, affianco ad una bottiglia di birra e due pacchi di sigarette gettati lì da qualcun altro.



The Web Of Spider-Man.

Rieccomi con questo nuovo, entusiasmante (beh...) capitolo di Marvel's The Amazing Spider-Man! Ho davvero poco da aggiungere questa volta, avete visto ben poco del "più grande eroe del mondo" in questo capitolo. I superproblemi cominciano a presentarsi nella vita di Peter, la debole zia May, le minacce di Jameson, Doc Ock ancora a piede libero e, come se non bastasse, Kraven il cacciatore! Una piccola speranza si accende, però, con la giovane Betty Brant; come proseguirà questa storia? E poi, Peter ha gettato via il suo costume. È davvero finita per Spider-Man? È questo l'ultimo capitolo? No che non lo è, io vi aspetto ancora qui, per il prossimo! Intanto auguro buon anno a voi, e buon compleanno al grandissimo Stan "The Man" Lee, che compie oggi la bellezza di 93 anni! Ringrazio come al solito i true believers, RocketQueen19 Farkas, e vi do appuntamento al prossimo capitolo!

      


 

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