HetaZombi! di TonyCocchi (/viewuser.php?uid=28966)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - I sei dell'Apocalisse! ***
Capitolo 2: *** Dove sono andati tutti? ***
Capitolo 3: *** L'origine di tutti i mali ***
Capitolo 4: *** Una tenue speranza ***
Capitolo 5: *** Una vittima inaspettata ***
Capitolo 6: *** Battaglia in sala riunioni ***
Capitolo 7: *** L'attesa dell'orrore, l'orrore in attesa ***
Capitolo 8: *** Un'insperata riunione ***
Capitolo 9: *** Il reduce solitario ***
Capitolo 10: *** L'alba degli Italia viventi ***
Capitolo 11: *** Saluti dal precipizio ***
Capitolo 12: *** In frantumi - Parte prima ***
Capitolo 13: *** In frantumi - Parte seconda ***
Capitolo 14: *** La morte che cammina ***
Capitolo 15: *** Cucina italiana e football americano ***
Capitolo 16: *** Tutto è bene quel che finisce... ***
Capitolo 1 *** Prologo - I sei dell'Apocalisse! ***
aph heta zombi
Ciao a tutti, cari lettori!
^__^
L'estate sta arrivando! Siete contenti? Un tempo per me la
cosa significava tanto tempo libero e tanta scrittura. Oggi il tempo
libero, nel periodo degli esami, posso pure scordarmelo... XD Quanto
alla scrittura, ho trovato la giusta ispirazione, quindi prendiamo il
via! XD
Il titolo e la descrizione dicono già molto, e, se siete
qui, penso vi stiano facendo morire dalla curiosità... Occhio a non
ingrossare le fila del numeroso esercito di morti viventi che
infesterà in questa fanfic! XD
Non abbiate paura, armatevi di
coraggio, e preparatevi a una spassosa commedia-horror! E occhio ai
morsi... ^__°
PROLOGO
Esistono giornate che partono
come tutte le altre e si trasformano in autentici incubi. Giornate in
cui le nostre più terribili paure prendono forma, consistenza,
realtà. Giornate in cui non credevi di doverti trovare da un momento
all'altro a combattere per la tua sopravvivenza.
Un oscuro male imperversava
tutto intorno: nessuno di loro poteva dirsi preparato, ma avrebbero
fatto bene a diventarlo, e alla svelta!
Non sapevano, quelle sei
nazioni tremanti, sedute a terra, schiacciate contro la parete del
corridoio, quanto ancora quella piccola oasi di pace sarebbe durata.
Quando sarebbero tornati...
Li stavano cercando, le loro
mandibole, in vena di morsi, bramavano le loro carni ancora troppo
fresche per il nuovo tono dell'ambiente lì al Palazzo delle Nazioni:
una discrepanza da correggere quanto prima! Ma la cosa più
terribile, era pensare a quanto familiari erano stati, e sarebbero
stati di lì in avanti, i volti di quei mostri che si erano ritrovati
a combattere.
I sei, candidati eroi della
giornata loro malgrado, ascoltavano in lontananza quei versacci
lugubri che sembravano provenire da ovunque, percepivano lo
strusciare dei loro passi zoppi e trascinati oltre il soffitto sopra
le loro teste, e tenevano i nervi, se non saldi, almeno pronti.
Perché quando il mondo è in
pericolo mai disperare, qualcuno ci sarà sempre: qualcuno a cui
rivolgersi, qualcuno chiamato alla grande prova, il team da sogno in
cui chiunque sognerebbe di trovarsi in corso di un'apocalisse di
fetentissimi zombi, anche solo per usarne i membri come scudi umani
per scamparla e al diavolo il resto del mondo in pericolo!
Percorrendo il muro, il primo
di questo sceltissimo drappello in cui vi sareste imbattuti era
America, l'eroe per antonomasia.
Nel suo fidato giubbotto da
aviatore scaricava la tensione picchiettando sul pavimento la sua
gagliarda e già macchiata di schizzi di sangue mazza di baseball.
“Roba da matti... Non posso
credere che tutto questo stia accadendo davvero... Per tutta la vita
ho sognato di vivere come in uno dei miei film preferiti... e ora che
sta accadendo davvero il film vuole la mia pelle! La nostra pelle,
ragazzi! So che avete una fifa da farvela sotto, ma niente panico, in
quanto leader del gruppo, farò si che portiate tutti a casa la
pellaccia!”
La cosa migliore di quella
situazione erano tutte le frasi strafighe da cinema d'azione che
poteva dire senza che risultassero fuori luogo! Ne aveva compilato
una lista nella propria mente e si augurava sul serio di poterle
usare tutte prima di festeggiare o schiattare!
A rispondergli fu il secondo
membro del team, Inghilterra, la mente razionale del gruppo, perché
come si sa dai film, con soli muscoli ed eroismo e niente cervello
non si va lontano e spesso si fanno anche le fini più cretine e
umilianti!
“Chiudi il becco, e piantala
di prenderla come un gioco!” -gli sibilò contro furioso- “Questa
faccenda è solo colpa tua, America, e non mi stancherò mai di
ripeterlo!”
Il terzo allora, con la testa
racchiusa tra mani e ginocchia si riscosse dai suoi mesti pensieri:
Giappone, il cervello del super-gruppo, intelligente, solerte, e
tormentato dai sensi di colpa.
“Non è vero, Inghilterra...
La responsabilità è solo mia! Sigh! Sono stato io! È colpa mia se
gli altri sono stati... sono stati...”
Alla voce rotta del povero
Giappone corrispose la calda pacca sulla spalla offertagli dal quarto
membro, Germania: perché in mezzo alla devastazione niente di meglio
di qualcuno che sappia mantenere il sangue freddo in ogni
eventualità, e se non ti fidi dei tedeschi in quel campo...
“Non tormentarti, Giappone.
Le tue intenzioni erano buone. Non hai di che rimproverarti, te lo
assicuro.” -lo consolò l'amico- “E poi in fondo è davvero un
po' colpa di America...” -aggiunse poi a bassissima voce...
Accanto a lui, un ammasso
gelatiniforme e gemente che rispondeva al nome di Italia. Tra le mani
sudaticce stringeva la sua unica arma di sopravvivenza: la forchetta
che si era portato dietro per il pranzo di metà riunione. Perché
non c'è gruppo di sopravvissuti che si rispetti senza il pappamolla
di turno!
“Veeee... Ho paura... Ho
tantissima paura! Germania... che ci succederà se arrivano?”
“Li respingeremo come
abbiamo fatto finora! Non ti preoccupare Italia, ti proteggerò io.”
Alla carezza del suo robusto
amico, il piccolo Feliciano si sentì calmare, ma durò solo un breve
istante, finito il quale tornò a stritolare la sua forchetta.
“P-p-potrebbero arrivare in
qualunque momento... Potrebbero spuntare fuori da chissà dove... E
se ci circondano? Spe-speriamo non arrivino!”
Una nuova carezza sulla testa
gli venne allora dall'ultimo membro del gruppo, il colossale,
sorridente Russia.
“Su, su, Italia, non dire
così...” -disse, in apparenza per rincuorarlo, in realtà non
avendone la minima intenzione- “Io spero che arrivino! Non vedo
l'ora!”
Rigirò tra le dita il robusto
tubo di metallo, dal cui rubinetto penzolava un piccolo brandello di
carne...
“Sai, finora non potevo mai
pestare tutti quelli che volevo quando lo volevo, sempre questioni
tecniche a fermarmi, tipo trovare un motivo... Pensavo che alcuni non
avrei mai avuto il piacere di vederli straziati per mano mia...”
-lentamente, la sua ben temuta aura viola inizio a sprizzare- “Adesso
invece posso liberamente spaccare la faccia di tutti quelli che
voglio e vederli contorcersi a terra come ammassi di carne
maciullata, e nessuno mi dice niente, anzi, sono uno dei buoni! È
una meraviglia, un sogno che si avvera! KOLKOLKOLKOLKOLKOL!!!”
Feliciano, dimenticati gli
zombi, si era nascosto sotto la giacca di Germania, troppo spaventato
dal primo piano del gongolare sadico di Russia.
“Bloody hell...” -mormorò
Inghilterra rabbrividendo- “Forse saremmo più sicuri senza di
lui...”
“Non dire così, Inghilterra! Non sai quant'è
rassicurante avere uno psicopatico omicida nel gruppo in casi come
questo! Lo hai visto in azione, no? Credimi, abbiamo bisogno di lui
più che mai!”
“Beh, l'esperto del genere
sei tu...”
“Kolkol...” -spentasi la
modalità sadico omicida, rivolse un altro sorriso gentile ad Italia
e finalmente si decise a staccare quel brandello penzolante...
Mai avventurarsi in un
edificio pieno di zombi senza una macchina da guerra vivente con
problemi mentali!
“Veee... Secondo voi c'è
qualcun altro oltre a noi... di normale?”
“Non saprei,
Italia...” -abbassò gli occhi Inghilterra- “Sono dappertutto...
Sembra siamo rimasti gli unici...”
“Sigh... Romano...”
“Un bel casino...” -annuì
America- “Che facciamo?”
Tutti loro fino a quel momento erano
stati impegnati a riprendere fiato per riflettere seriamente sul da
farsi, ma la realtà era che quel pensiero era tanto angosciante che
tutti cercavano di evitarlo, relegarlo in profondità sotto la
stanchezza, la paura e l'istinto di sopravvivenza.
Non avevano un piano.
Non un'idea, non un obiettivo.
Altro che eroi... Non erano
che un branco di sbandati in attesa di nulla di buono.
L'attesa finì preannunciata
da un ringhio e da un gemito oltre l'angolo del corridoio più
vicino ad America.
“Abbiamo compagnia!”
-disse scattando in piedi, e togliendo così un'altra frase alla sua
lista!
Italia, gemendo puntò la sua
forchetta, Germania però, anche per tenerlo sott'occhio, lo fece
rintanare dietro di sé. Ma quando l'orrore è alle porte, non ce la
fai a distogliere lo sguardo: quanto più non vorresti guardare,
tanto più ti alzi sulle punte e sbirci, anche con un solo occhio e
l'altro chiuso, incapace di resistere al fascino mortale della pura
paura!
Dapprima una mano aveva
artigliato l'angolo, e poi era apparso.
Malfermo sulle ginocchia
scarnificate, con i canini in bella mostra e gli occhi iniettati che
lampeggiavano nel pallore che aveva assunto la sua pelle, il
millenario Cina era irriconoscibile.
“Arrrrrruuuu...” -ringhiò
loro contro.
Poi fu il turno del suo panda,
con un orecchio morsicato e chiazze di pelo perso qui e là, di
mostrare le zanne facendo capolino da dietro le sue spalle!
“Cina!” -ebbe un tuffo al
cuore Giappone.
“Pure il panda!” -gemette
Italia!
“Uh uh, spiacente Cina, sei
un grande, ma io lo sono di più, e non ti permetterò di fare del
male a...”
“Chiudi la bocca una buona
volta e passa all'azione, imbecille!” -lo calciò nel sedere
Inghilterra!
“Ma che diamine! Hai
rovinato il mio momento clou!”
“Allora te la metto in termini
a te comprensibili: se non ti sbrighi o lui ci morde, o Russia ti
frega la scena!”
“Ehi! Non ci provare!” -si
girò di scatto Alfred, raggiungendo Russia che ovviamente non aveva
certo aspettato per farsi avanti a tubo alzato.
“Io mi prendo Cina, tu puoi
avere il panda!”
“Col cavolo! Io sono l'eroe! Prendilo tu il
panda!”
“Ragazzi, voi controllate
non ne vengano altri alle nostre spalle!” -gridò agli altri
Inghilterra, lasciando i bruti a occuparsi del pericolo.
Questo però non era affatto
da sottovalutare!
“AI-YAAAAAAAA!” -anche se
un po' floscio, lo zombi-Cina non aveva dimenticato certo le care
vecchie arti marziali; scansò agilmente la mazzata di Russia e
disarmò America colpendolo al polso con un calcio rotante.
“Cavolo! Uno zombi-kung fu!
Che figata!”
“Smettila di complimentarti
con gli zombi!” -lo rimproverò il sempre impeccabile Arthur!
Lo zombi-Cina però, forse
attratto proprio dall'urlo dell'esasperato inglese, lanciò il suo
famelico panda non-morto oltre i due combattenti, e questo piombò a
un passo da Germania e Giappone.
“Attenti! Non fatevi mordere!”
-urlò Germania, mentre Kiku, rimasto per terra, indietreggiava
spaventato spingendosi coi piedi.
“S-sciò!” -reagì
d'istinto Italia tirandogli la forchetta, ma mancandolo.
Il panda, tanto tenero e
coccoloso da non scampare a fior di carezze ogni volta Cina lo
portava alle riunioni nei bei tempi che furono, ora mordeva a
ripetizione come un molosso infuriato, e a loro non restava che
indietreggiare e saltellare per mettere in salvo le caviglie!
L'animaletto inferocito puntò allora Giappone, più appetibile e
indifeso lì per terra, ma Germania, fulmineo, ne approfittò, e con
un forte calcione fece percorrere al botolo bianco, nero e necrotico
tutto il corridoio fino a farlo schiantare sulla parete, a qualche
centimetro dallo zombi-Cina, sistemato per le feste dal tag-team
America-Russia.
“Bel calcio, Germania!”
-si complimentò Inghilterra.
“Umpf! Ho solo immaginato di
trovarmi in una partita di calcio... contro Italia...”
“Ve?”
Germania si rivolse a
Giappone, impalato con la schiena al muro ad ansimare e guardarsi le
gambe incredulo fossero ancora lì...
“Giappone, stai bene? Su,
ti aiuto a rialzarti...”
Ma Giappone, teso come una
corda, scacciò la sua mano.
Affranto, si scosse la testa
tra le mani: “Com'è potuto accadere? Come?”
I suoi amici gli si strinsero
solidali attorno.
“Non era questo che volevo!
Non era questo!”
Quale terribile concatenazione
di vicissitudini aveva potuto far sì che il Palazzo delle Nazioni
diventasse quel giorno il set di un fin troppo realistico film
horror...
Credo sia proprio ciò che voi
lettori a questo punto vogliate sapere, dico bene?
Un prologo entusiasmante e
pieno di domande, quel che ci vuole per dare il via a questa
raccapricciante avventura! Un pugno di nazioni sono ancora sane e
salve, ma la maggior parte sembra ormai essere stata infettata...
Come è potuto accadere?
E soprattutto, che colpa ha stavolta
America? XD
Nel prossimo capitolo
sveleremo l'antefatto, non perdetelo!
Alla prossima! ^__^
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Capitolo 2 *** Dove sono andati tutti? ***
Ehilà
a tutti, gente! Il primo capitolo, a giudicare dai commenti, si
direbbe sia stato alquanto ben accolto, e credo abbia incuriosito
parecchi di voi che non vedono l'ora di sapere cosa è successo, ma
soprattutto, cosa succederà d'ora in avanti! Avevo progettato di
svelarvi l'arcano già adesso, ma siccome ho preso a scrivere e ho
tirato fuori più di quanto credessi (che bello tornare ispirati dopo
un sacco di tempo! *__*), ho cambiato un po' i miei piani! Quindi
riavvolgiamo le lancette dell'orologio, e scopriamo l'impatto del
nostro sciagurato gruppetto con questa agghiacciante calamità!
Buona
lettura a tutti, non dimenticatevi di commentare, che è pure la mia
prima fic horror (un horror molto comico ma vabbé XD)! ^__°
Quella
giornata era cominciata simile a tutte le altre.
Era
cominciata tardi, con Giappone a staccare faticosamente la testa dal
cuscino all'udire di voci familiari che lo chiamavano fuori dalla
finestra. Si strofinò gli occhi e controllò l'orario: aveva dormito
fin oltre l'ora di pranzo, di certo non faceva onore alla sua fama di
nazione laboriosa e puntuale.
“Giappone,
ci sei? Va tutto bene?” -lo chiamarono ancora le voci dei suoi
amici.
“Si,
datemi un po' di tempo per prepararmi.” -rispose loro, correndo a
gettarsi un po' d'acqua gelata in faccia.
Se
l'era vista brutta, ma dopo una sana e pesante dormita era il momento
di chiudere quella parentesi fatta di una lunghissima nottata e dei
suoi strascichi, e rituffarsi con prontezza nella routine: una nuova
riunione lo aspettava, e lui era pure curioso di sentire le opinioni
degli altri su quella certa cosa.
Veloce
ma preciso, Giappone in un quarto d'ora era pronto sulla soglia di
casa, in completo grigio, cravatta e ventiquattrore: chiuse la porta
e raggiunge il gruppetto di nazioni passate a prenderlo, i suoi
vecchi amici e quelli nuovi, e, ovviamente, il più invadente di
tutti.
“Ehilà!”
-lo salutò sbracciandosi America- “Che seratone il nostro,
eh?”
“Quale seratone?” -domandò Inghilterra inarcando un
sopracciglio.
“Non...
parliamone...” -rispose Giappone improvvisamente teso come una
corda...
“Ve,
come stai? Corea stamattina ci ha detto che non ti sei sentito bene e
che non saresti venuto nemmeno oggi... Ci siamo preoccupati!” -gli
si avvicinò premuroso Italia.
“Così abbiamo deciso di venire
ad assicurarci delle tue condizioni. Se non ti senti bene puoi
restare a casa.” -fece Germania, notando in effetti vari dettagli
nell'aspetto dell'amico che denotavano una certa stanchezza, per non
parlare del fatto che si era svegliato a quell'orario assolutamente
inusuale per un tipo come lui.
“Siete
stati molto gentili, ma sto bene, tranquilli.”
“Sicuro?”
“Si,
possiamo andare: non voglio anche voi vi assentiate troppo per causa
mia.”
Gli
sarebbe piaciuto sapere cosa fosse successo, ma Kiku d'altro canto
non pareva per nulla propenso a parlarne...
“Come
hai fatto a ridurre così Giappone?” -domandò sottovoce Russia ad
America- “Magari posso usare lo stesso metodo per divertirmi con
Lettonia!”
“Eh
eh eh, spiacente, segreto tra BFF!” -rise aggiustandosi fieramente
gli occhiali.
“Tra
che?”
“Sono
costernato per essere stato assente alla riunione di ieri! E anche
per stamattina!” -si inchinò come un forsennato verso ciascuno di
loro, prima che Francia lo fermasse.
“Oh
oh, tranquillo, caro mio! Ieri non c'erano punti importanti in
programma, ci siamo sbrigati in fretta. Non hai di che preoccuparti!”
-il biondo lo scrutò un po' meglio- “Mmm, forse un po' dovresti
preoccuparti del tuo aspetto. Magari un piccolo tocco che distragga
da quelle brutte borse sotto gli occhi: et voilà!”
“Coff!
Coff!” -tossì Giappone dopo che Francia, estratto in un lampo uno
sciccoso nebulizzatore di cristallo vecchio stile gli ebbe riversato
addosso due vigorose spruzzate di profumo.
“Non
c'è bisogno che mi ringrazi!”
“La
vuoi piantare con questa tua mania di spruzzare tutto e tutti,
rospaccio?” -si imbufalì Inghilterra- “Ci stai facendo
accapponare anche i peli nel naso!”
“Tsk,
non accetto critiche sui miei profumi da uno che si mette addosso
un'acqua di colonia così scadente!”
“Scadente sarai tu! Hai
rotto le scatole a tutti, solo che io ho il coraggio di dirtelo!”
A
Giappone scappò da sorridere: forse presto il problema sarebbe stato
risolto.
Separati
da Germania i due contendenti, il gruppetto finalmente si avviò.
“Vi
ringrazio ancora per il vostro cortese interessamento.” -esternò
Kiku con un altro piccolo inchino.
Russia
gli lanciò un sorriso dei suoi: “Oh, in realtà io avevo solo
sentito che forse stavi per tirare le cuoia e volevo vedere se era
vero!”
“Oh...”
“Ah
ah ah, non dargli retta, amicone!” -lo rassicurò America- “Sai,
con Corea che da ieri va descrivendoti come più di là che di qua e
soprattutto... Te, Giappone, che manchi non a una, ma ben due
riunioni di fila! Dai, roba del tipo che sta cascando mondo! Ah ah
ah! Ehi, ti immagini se ora scopriamo che il mondo è cascato
davvero? Eh eh eh!”
“America, tu quindi non ti sei assentato
ieri?”
“No,
ero presente.”
Giappone,
incredulo di essere stato scavalcato da America nella sua abilità di
lavorare fino allo stremo e oltre, trasalì: “Ma-ma come hai fatto
dopo quella nottata dell'altro ieri? Voglio dire, non eri
esausto?”
America gli si avvicinò all'orecchio: “Mi sono
dipinto degli occhi sopra le palpebre e ho dormito tutto il tempo! Ho
preso l'idea da un film sui pirati!”
“......
Sei straordinario...”
La
passeggiata rischiarò un po' la mente annebbiata di Giappone, e
quando arrivarono al Palazzo delle Nazioni si sentiva già molto
meglio: era più che pronto ad abbracciare nuovamente la normalità.
“Ma
se ti eri appena svegliato significa non hai nemmeno pranzato.”
“Non
preoccuparti, Italia, mangerò qualcosa più tardi alla
caffetteria... Uh?”
Le
porte automatiche diedero su un salone d'ingresso insolitamente vuoto
e silenzioso. Eppure mancavano ancora cinque minuti alla ripresa dei
lavori, strano non vi fosse qualcuno per di lì intento a
chiacchierare, ripassare appunti, o prendere qualcosa al distributore
automatico, o altri usciti per la pausa che rientravano trafelati.
Neanche dal corridoio o dalle scale proveniva suono, ed era strano
per un palazzo sempre così popolato e vitale. L'apparenza ordinata e
il rumore dei loro passi circospetti contribuivano a confonderli e
tenerli sull'attenti.
“Strano...”
“Dove
sono andati tutti?”
“Che
abbiano chiuso la riunione senza di noi?” -azzardò Russia.
“Qualcuno
ci avrebbe chiamato, no?” -rispose Inghilterra, controllando il
proprio cellulare.
“Ve,
spero che qualcuno si faccia vedere, è così vuoto... Ehi, forse si
sono nascosti per sbucare fuori coi palloncini!”
“Uh,
sarebbe grandioso!” -si unì America- “Io adoro i party a
sorpresa!”
“Oh, se ne so qualcosa...” -strinse i denti
Giappone.
“Non
credo si tratti di quello...” -li spense Francia- “Qui sta
succedendo qualcosa di strano: ho trovato per terra il cappello di
Svizzera vicino a dei bossoli vuoti, e lì sulla parete del corridoio
ci sono fori di proiettili...”
“D'accordo,
ora inizio a preoccuparmi sul serio!” -sbottò Inghilterra
guardandosi intorno da tutti i lati, non sapendo cosa aspettarsi.
Giappone
provò a mantenersi razionale: “Però Svizzera ha il grilletto
facile, lo sappiamo, e il cappello può averlo semplicemente
scordato: andiamo a vedere in sala riunioni, forse sono già tutti
lì.”
Il
gruppetto rivolse allora lo sguardo all'ampio corridoio di fronte a
loro, deserto come l'ingresso: non era mai sembrato così lungo e
così sinistro...
“Ehm...
allora andiamo?”
“Si... Dopo di te...”
Si
avventurarono di qualche passo; spinto da uno spiffero, un foglio
mezzo accartocciato strusciò davanti a loro tra due porte lasciate
aperte. Forse un opuscolo pubblicitario, forse un avvertimento... Lo
stesso spiffero fece battere rumorosamente una delle porte spezzando
per un attimo l'insopportabile silenzio.
Germania, provò a
prendere in mano la situazione: “Ehi! C'è qualcuno?”
“C'è
qualcuno?” -gli domandò a sua volta una voce proveniente dalle
loro spalle, insieme a un rumore di passi.
“?!”
Il
sollievo di sentire finalmente una voce venne immediatamente
cancellato dal tono roco e lugubre della stessa.
“C'è
qualcuno qui... di vivo?” -chiese la voce.
Il
genere di domande che fanno sgranare gli occhi e perdere un
battito...
“Io!”
-alzò la mano America.
“......”
-a meno di non essere idioti...
“Mi
sembra la voce di Spagna...”
In
effetti fu proprio lui a presentarsi un attimo dopo, e la sua vista
li rassicurò ancora meno della sua voce: una manica della camicia
era strappata e il braccio coperto da segni rossi che parevano dei
morsi; segni che spiccavano su una carnagione smorta come uno
straccio vecchio; i denti, digrignati in una specie di sorriso,
sembravano lame affilate ansiose di rendersi utili!
“S-Spagna?
Sei tu?” -indietreggiò Italia.
“Cavoli!”
-sbroccò America- “Ma che ti è successo? So che non è carino da
dire, ma sembri proprio uno...”
“Parbleu!
Hai un aspetto orribile!” -fece Francia scandalizzato- “Ti ha
investito il camion di un canile per caso?” -estrasse la fida
boccetta dalla tasca- “Vieni qui, ti rendo più presentabile...”
“Fermo,
idiota! Non avvicinarti! C'è qualcosa di strano!”
“Non
essere ridicolo, Inghilterra, non possiamo permettere che il nostro
amico partecipi alla riunione in queste condizioni pietose! Non ho
una camicia di ricambio, ma un po' di profumo di classe magari
distoglierà l'attenzione dal tuo aspetto... Molto profumo...”
-aggiunse dopo averlo annusato...
“Profumo?
Non c'è qualcosa di più sostanzioso?” -brontolò lo smorto
Antonio dopo le spruzzate.
“Ho
una crema idratante per la pelle che farebbe al caso tu... UARGH!”
Saltellando
su un piede solo, Francia indietreggiò, benedicendo il riflesso che
gli aveva fatto schivare l'azzannata!
“Ma
sei impazzito?! Non ce l'ho ora con me la crema!”
“Ha...
provato a morderlo?” -tresecolò Germania.
America
si riassettò gli occhiali: “Sentite, non vi sembra proprio una
cosa da...”
Francia
si addossò al resto del gruppo, che prese a indietreggiare compatto
mentre Spagna si faceva avanti a piccoli passi con le mani protese e
leccandosi i baffi: “Il miglior profumo è quello della carne
ancora fresca, caro Francia! E la tua ha proprio un bel profumino! Eh
eh eh! Però un assaggino anche a voi lo darei volentieri! ”
“S-Spagna...
calmati...”
“Che ti è successo?”
“Nulla!”
-sghignazzò e poi ringhiò- “Ho solo scoperto ultimamente un nuovo
condimento al posto dei pomodori: il sangue! Ha pure lo stesso
colore, no? AH AH AH!”
“Ok!”
-urlò America- “Non volevo dirlo ma... È UNO
ZOMBIIIIIIIIIIIII!!!!!!”
“GRARRRRGH!”
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHH!!!”
Non
ci fu tempo per i come e i perché, spento il cervello e accese le
gambe si lanciarono tutti con scatto da centometristi verso quel
corridoio fino a poco prima così poco appetibile! Nel disordine però
Giappone incespicò nel piede di Francia, e i due capitombolarono a
terra restando staccati. Francia reagendo velocemente cercò di
rimettere in piedi l'amico, ma poi la fretta sparì quando alzò gli
occhi e vide lo zombi-Spagna, si in avvicinamento, ma ancora ben
lontano.
“Eh eh! Ma è lentissimo! Di questo passo ci
raggiungerà per capodanno!”
“Francia,
Giappone, che fate?! Venite via!”
Ma
per tutta risposta, Francis si spazzò una delle lunghe ciocche
dietro l'orecchio e scrollò le spalle: “Suvvia, possiamo
prendercela comoda: perché aver paura di un mostro lento come una
lumaca? Abbiamo tutto il tempo di...”
<<
CHOMP! >>
“......”
Dopo
qualche attimo di indecisione, Francia si decise a girarsi verso il
proprio braccio appena morsicato.
“Hola!”
-gli sorrise a bocca piena.
“AAAAAARGH!
MA COME HAI FATTO?! Gli zombi sono lenti, lo sanno tutti!”
“Io
non ho mai detto che quella era la mia velocità massima, sei stato
tu a pensarlo!” -spiegò il mostro rosicchiandolo un altro po'.
Inghilterra
si sbatté una mano in faccia.
“Sacrebleu!
Questo è... è... Uuuuugh...”
In
pochi attimi, la carnagione di Francia perse colore e altrettanto
velocemente le labbra gli divennero di un viola livido, mentre gli
occhi gli si infossavano.
“Giappone!
Allontanati!”
Quel
grido servì a ridestarlo dalla paralisi in cui aveva ammirato suo
malgrado la trasformazione di Francia in tutto il suo orrido
splendore.
“Uh
uh uh! Oh, mes amis, ma siete meravigliosi! Così rosei, così pieni
di vita... Siete così stupendi che credo vi darò un morso... A
Inghilterra anche due! Uh uh uh!”
“Francia
si è zombificato!”
Con
un gesto degno di un atleta olimpico, Italia saltò fin sopra le
spalle dell'imponente Germania, avvinghiandosi con le gambe ai suoi
fianchi e con le braccia al suo collo: “AIUTO! HO PAURA!”
“Argh!
Italia! Levati di dosso!”
“ALLARME
ZOMBI!” -ora era ufficiale, e l'uomo d'azione che era America non
poteva certo starsene a guardare! Buttata a terra la giacca, corse
verso una teca rossa con su scritto << In caso d'emergenza
rompere il vetro >>, lo spaccò e vi trovò un giubbotto di
pelle da aviatore e una robusta mazza da baseball!
“E
pensare che non volevate neanche farmele installare queste!
Caricaaaaaaa!”
Scansò
Germania che barcollava per tenersi in equilibrio con Italia sopra la
testa e tirò una mazzata da fuori campo contro la testa di
zombi-Francia, abbattendolo al suolo con la testa girata di 360°!
“Veee!
Ma hai appena pestato Francia con una mazza! Come hai potuto?”
“Giusto!
Quello è un compito che spettava a me!” -si fece avanti
Inghilterra, strappandogliela di mano e prendendo a infierire sul
corpo non-morto di Francis, causando una serie di enormi goccioloni
dietro la nuca...- “Maledetto rospo idiota! E così erano lenti,
vero? E poi chi è che volevi mordere, eh?”
“Inghilterra,
attento!” -lo raggiunse il grido di Italia quando, ruggendo, lo
zombi-Spagna stava avventandoglisi addosso!
Temette
di essere spacciato, finché non sentì un forte rumore metallico e
vide una manciata di denti volare contro la parete...
Russia,
che di teche d'emergenza non aveva bisogno in quanto il suo tubo di
ferro se lo portava ovunque andasse sotto il cappotto, era
intervenuto prontamente e con piacere in difesa di Arthur.
“G-grazie...”
“Eh
eh! Di nulla!” -disse raccogliendo un incisivo di Spagna per
ricordo.
“C-cosa
sta succedendo? Come è possibile?” -balbettò Giappone,
accorgendosi che lo zombi-Francia si era appena rialzato e rigirato
la testa nella posizione corretta.
Un
urlo gli si fermò in gola sentendo la vibrazione del suo cellulare.
“Corea?”
“Giappone, dove sei?
Aiutami, ti prego! Qui è un casino!”
“M-ma
che è successo?”
“Giappone,
filiamo!” -lo tirò per la spalla America.
“Non ne ho idea! Oggi
durante la pausa ho acceso quel coso che mi hai dato sul tavolo della
sala riunioni, poi sono andato un attimo in bagno e quando sono
tornato era un inferno! Tutta gente che mordeva! Morsi dappertutto!
Ma io non ho fatto niente, lo giuro, non lo so perché è successo
così!”
“Dove
sei?” -gli chiese mentre correva.
“Mi sono nascosto in un
ripostiglio del primo piano! Vienimi a prendere, Giappone, ti pre...”
“Corea?”
“Oh,
no...”
<< CRASH! >>
“NO! AAAAAAAARGH!”
“C-C-Corea...”
Il
telefono si ammutolì insieme a lui...
I
suoi compagni, che erano riusciti a sentire l'urlo di Corea, avevano
il sangue raggelato, e lo guardavano interrogativi, come se quel
piccoletto tremante potesse dare una risposta a quell'assurdità...
E, purtroppo, poteva.
“Non...
non è possibile...”
“Oh,
cavolo...”
L'imprecazione
di America non era fuori luogo: si erano fermati alla confluenza di
tre corridoi e, istintivamente, si erano subito disposti a cerchio,
spalla a spalla, sotto la luce tremolante di un lampadario. Da quello
da cui provenivano avanzavano i due zombi malridotti appena
affrontati, ma dagli altri due provenivano forze fresche.
“Mein
Gott...” -pregò a fior di labbra Germania davanti a lui Svezia e
Finlandia.
Il
primo, gigantesco, coi vestiti a brandelli e la bava alla bocca.
Il
secondo con metà viso ricoperto da sangue incrostato e, tra le
braccia, la sua cagnolina Hanatamago, col pelo un tempo candido
macchiato di rosso, che non vedeva l'ora di essere liberata per la
pappa...
“Possibile
che... tutti gli altri siano stati...” -aveva paura di finire
Inghilterra, che dal suo lato fronteggiava l'altrettanto colossale
Olanda, a cui sembravano mancare un paio di dita, e Danimarca che
ripuliva con la lingua il filo della sua enorme ascia.
“Guarda,
Olanda!” -rise zombi-Danimarca- “Dita di riserva!”
“Vedo...”
-gorgogliò lugubre l'altro, che non aveva rinunciato alla pipa
neanche da non-morto!
“Un
consiglio gente, tenete le mani in tasca...” -sdrammatizzò America
mettendosi in guardia, mazza alla mano.
“Ma
se le tengo in tasca come li faccio a pezzi?” -ironizzò Russia
roteando con maestria il suo tubo come una lancia.
Giappone
si rannicchiò contro la parete vicina: ora capiva cosa era successo.
Mille
immagini che gli scorrevano nella mente...
La notte in bianco con
America, la sua invenzione, i loro amici trasformati in zombi...
“No...
Allora... sono stato io! È successo per quello!”
Intorno
a lui infuriò la battaglia.
Italia,
ben ancorato sulle spalle di Germania, mulinava a vanvera la sua
ventiquattrore tenendo in qualche modo lontani gli avversari, mentre
il suo compagno provava a reggerlo e insieme a schivare come poteva.
Inghilterra
provò a respingere Francia e Spagna tirandogli ciò che gli capitava
a portata di mano: la sua valigetta, il cestino dei rifiuti, le
piante in vaso...
America
e Russia si erano gettati nella mischia come non aspettassero altro.
E
lui, schiacciato da un tremendo peso contro il muro, si strappava i
capelli.
Il
suo urlo, drammatico, disperato, riecheggiò per tutto il palazzo
infestato.
“DOVEVA
ESSERE SOLO UN DEODORANTEEEEEEEEEEEEEEEEE!”
America
pensò avrebbe potuto gridare qualcosa di molto più figo...
Penso
a questo punto siate rimasti tutti un po' spiazzati! XD
A
volte si sa, un grande male può avere origini insospettabili, e a
quanto pare in questo caso è proprio così! Ma cosa è accaduto di
preciso nei giorni precedenti il disastro?
Cosa
può aver fatto sì che Giappone, involontariamente, scatenasse un
epidemia zombi?
Per
scoprirlo vi basta continuare a seguirmi in questa spassosa e insieme
terrificante avventura delle nostre brave e coraggiose (chi più e
chi meno...) nazioni!
Alla
prossima, e buon inizio estate a tutti! ^__^
|
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Capitolo 3 *** L'origine di tutti i mali ***
Ciao
gente, rieccomi qui! ^__^
Sto andando davvero forte, tre capitoli
in pochi giorni! XD Ho un sacco di idee e sto scrivendo come un
treno, da quando non mi sentivo così? Sono contento per me e anche
per quei lettori di voi che tanto avete mostrato il vostro sostegno
per questa storia: non dovrete aspettare troppo per gli
aggiornamenti, come avete visto (a volte ci mettevo settimane... XD)
Siamo
giunti al terzo capitolo, ed è il momento di svelare il mistero che
aleggia su questa inspiegabile invasione e che vi ha tenuto sulla
graticola finora!
Buona
lettura a tutti!
PS:
se ve lo state chiedendo: si, sto usando “Zombie” dei Cranberries
per ispirarmi durante la scrittura XD Ascoltatela anche voi mentre
leggete, diciamo che è la colonna sonora ufficiale della storia ^_°
DUE SERE PRIMA...
Tutto era cominciato in una
tiepida sera di primavera, a casa di Giappone.
Sembra incredibile, eppure
il terrore che si sarebbe spanso a macchia d'olio di lì a breve su
tutti loro aveva avuto origine da un innocente salotto che dava su un
pacifico giardino zen, per il padrone di casa l'ambiente perfetto per
concentrarsi e dare il meglio di sé.
Quella sera, il buon
Giappone stava dedicandosi con perizia a un suo piccolo progetto nato
con le migliori intenzioni. Aveva notato come, alle riunioni delle
nazioni, spesse volte si avesse da ridire su certi effluvi poco
piacevoli, come il forte odore di hamburger e salsa barbecue che
emanava America dopo un abbuffata al fast-food (cosa che avveniva
alquanto spesso), o, per converso, il troppo profumo che si spruzzava
addosso Francia, il quale per la causa del risultare splendido a
ciascuno dei cinque sensi era più che pronto a far soffocare i
vicini di sedia.
Passando dalla pesante
fragranza del ragù del pranzo di Romano, al soffocante aroma dei
sigari di Cuba, al pungente olezzo delle aringhe che Islanda dava da
mangiare al suo uccello nel bel mezzo dei lavori, gli esempi erano
molteplici. Così Giappone aveva deciso di dar fondo alle sue ampie
conoscenze tecnologiche, elettroniche e chimiche per creare un
rivoluzionario congegno deodorante che rendesse le loro riunioni più
piacevoli e produttive: togliendo da sotto il naso (letteralmente) le
cause di distrazione, di certo tutti sarebbero stati più propensi e
lavorativi, cosa che a un giapponese non può che apparire come un
obiettivo sacrosanto!
Nella pace di casa sua,
seduto per terra al suo bel kotatsu, Giappone aveva in mente un
congegno rivoluzionario: anziché spruzzare profumi o alcun tipo di
sostanze chimiche, avrebbe risucchiato l'aria della stanza al suo
interno, con odori annessi, restituendola depurata e lievemente
profumata quanto bastava.
Mentre Kiku stava pensando
di aumentare la potenza del congegno per far sì andasse bene per un
salone grande come quello in cui si svolgevano le loro assemblee, fu
allora... che accadde!
SBAM!
“GIAPPONE!”
“?!?!?!?”
In virtù della loro solida
amicizia, America quel giorno non trovò nulla di meglio, né remore
di violazione di domicilio, nell'improvvisarsi da lui e dare una
scossa, con la sua americanissima sfrenataggine, alla sua ben nota
nipponica introversione: per lui era un dovere oltre che un piacere!
“Amico mio! Che combini?”
“America, mi hai
spaventato! Stavo...”
“Dai, stasera si sta insieme come due
amiconi, tu ed io!”
“Ma veramente...”
“Su! Ci
divertiamo! Anzi, ce la spassiamo! Guarda qui che ho portato!”
“Sigh!” -chinò il capo
Kiku, intuendo che il modo più veloce per liberarsene e tornare alla
sua invenzione era sbrigarsi a dargli corda- “Che cosa hai
portato?” -domandò con la gioia che può avere un tonno alla vista
di un cuoco di sushi.
“Un sacco di snack e
soprattutto fior d'intrattenimento!” -si era talmente caricato di
pacchi di biscotti ripieni e patatine che, quando con un balzo era
atterrato sul pavimento del suo soggiorno, parecchi gliene erano
caduti spargendosi per tutta la stanza!
“Intrattenimento?”
“Ah ah ah! A te piacciono
gli horror, vero?”
“Si, ma...”
“Perfetto! Si dia il
caso qui che io abbia la serie completa di “The Wandering Dead”!
Il telefilm di zombi più in voga del momento! E noi stasera tireremo
tardi stravaccati vedendocelo tutto mentre ci abbuffiamo! Non è un
programma grandioso?”
“Eeeeehm...”
“Non serve che mi
ringrazi!” -sorrise lui, ammantandosi di luccichini di fierezza-
“Sei il mio BFF, best friend forever, il mio fido compare, il più
nerd degli amici che ho, non potrei condividere una seratona del
genere con nessun altro se non te, mio caro Giappone!”
Non
stentava a credere non potesse, si disse l'altro: qualunque altro lo
avrebbe già cacciato via a pedate dopo avergli fatto ingoiare il dvd
che gli stava sbandierando davanti...
Disgraziatamente, lui era
uno dei paesi più beneducati e rispettosi che esistessero, e non se
la sarebbe mai sentita di imbarazzarsi tanto scacciando un ospite
così entusiasta quanto non invitato né sperato... E poi dopo un
discorso del genere, con che cuore avrebbe affrontato i suoi occhioni
tristi da cerbiatto neo-orfano se gli avesse detto di no?
“Sigh, d'accordo
America...”
“D'accordo?”
“Si... Ci divertiamo...”
-si sforzò per abbozzare un sorrisino.
“GRANDE! Prendi il
lettore dvd! Fammi spazio sotto il kotatsu!”
Iniziò così la proiezione
estemporanea della famosissima serie “The Wandering Dead”:
dopotutto era vero che gli horror gli piacessero molto, e lui e
America in altre serate del genere avevano visto a vicenda i
capolavori della loro produzione, con tanto di accesi scambi di
opinioni.
<< Dai, non è poi
così male in fondo! >>
America il trascinatore
poteva tirar fuori dal cilindro cose ben peggiori, e altre volte lui
o altri ne avevano fatto le spese...
Il dvd conteneva diversi
episodi e ci volle tempo per finirlo; si arrivò così a notte
fonda...
“Non male, capisco perché
ha avuto tanto successo.” -commentò Giappone sbadigliando al
termine dell'ultimo episodio.
“Visto? Gli zombi sono
tra i miei mostri preferiti! Sono tutti... << BUARGH! >>
e decomposti, e mangiano cervelli, e come si spappolano loro quando
li spari col fucile a pompa non lo fa nessuno! Grandi! Sai cosa c'è
di meglio però? Godersi gli zombi che fanno a pezzi la gente in
compagnia del proprio grande amicone!”
Giappone arrossì
vistosamente mentre America lo cingeva con un braccio intorno le
spalle: “Sono felice tu ti sia divertito... Beh, adesso è tardi
quindi...”
“Quindi meglio passare subito al secondo dvd!”
“AL
CHE COSA?!?!?”
“Te l'ho detto, no? Ti ho
portato tutta la serie, proprio tutta! Guarda qui, ben cinque
stagioni!” -disse aprendo a ventaglio altre scatole dalle
truculente copertine- “Ah ah ah, sei rimasto senza parole?”
Difficile parlare quando si
è in blocco cardiorespiratorio...
“Ma... ma... ma...”
“Sennò perché credi
abbia portato tutta questa roba da sgranocchiare? A proposito, metto
su altro pop-corn? Oppure preferisci la cioccolata calda?” -domandò
alzandosi.
“Ma è tardissimo!”
“Lo so! La nostra sarà
una maratona zombi! Staremo su tutta la notte e forse anche domani
mattina a goderci lo spettacolo raccapricciante che ha fatto
impazzire tutti i fan del genere, me incluso! Eh eh eh!”
“Fatto
impazzire...?” -domandò stranito Giappone: quindi non lo era già
da prima?
“Che c'è di meglio? Due
amici nerd che perdono preziose ore di sonno che probabilmente non
recupereranno mai per rimpinzarsi di horror! Ah, sono cose del genere
che ti fanno dire “Viva la vita”! Eh eh eh!”
L'istinto del Giappone,
condusse i suoi occhi a lanciare una rapida occhiata alla tavola
mobile della parete dove era conservata la sua katana...
L'unica cosa che salvò
America a quel punto non fu la sacralità dell'ospite, ma solo
l'indecisione di Giappone tra l'harakiri e l'omicidio...
Tornò sotto il kotatsu
poco dopo con una preziosa tazza dipinta del periodo Meiji piena di
cioccolata fumante e afferrò il telecomando: “Schiaccio play e
via! Tante altre ore di urla, sobbalzi da infarto e arti e organi che
volano...”
“Fa-fantastico... SIGH!”
Giunsero le sei del mattino
e con essa l'alba dei “quasi” morti viventi.
A tali si potevano infatti
assimilare ora America e Giappone per via degli occhi arrossati e
delle borse profonde come canyon.
Il cervello di America,
forse perché già danneggiato a priori, non sembrava dar segni di
danno.
Quello di Giappone era
ridotto in poltiglia più del coprotagonista lì nello schermo che
aveva avuto la sfortuna di finire i proiettili nel momento meno
indicato...
“Q-quanti episodi
m-mancano...?”
“Solo altri quattro! Non
possiamo mollare ora!”
“Uuuuuuurgh...”
“Wow! Il verso
dello zombi ti è riuscito benissimo! Del resto ormai possiamo
considerarci esperti in materia! Saremo i re dei survival horror,
amico mio!”
Quando la maratona giunse
al traguardo alcune ore dopo, Giappone non aveva alcuna corona da re
alla testa... un cerchio quello si...
Troppo frastornato, riuscì
a malapena a rispondere al saluto di America che finalmente
sloggiava, lasciandolo solo in una stanza costellata di buste di
snack vuote e con un congegno deodorante non finito sopra il kotatsu.
Giappone si riscosse dal
torpore e si trascinò lentamente fino ad esso.
“Urgh... Sono a pezzi...
Ma... il mio orgoglio mi impedisce di riposarmi senza aver portato a
termine il mio lavoro!”
La testa gli crollò e
mollò una testata al tavolo, ma nemmeno questo riuscì a far
desistere il rigoroso e infaticabile Giappone dal suo proposito.
“C-ce la posso fare... la
prossima invasione... cioè, la prossima riunione si tiene oggi
pomeriggio... P-posso farcela a squartare... cioè, completare, il
mio congegno deodorante in tempo se mi metto al lavoro adesso!”
A tentoni cercò il
cacciavite e prese a trafficare al meglio che il suo mal di testa e i
suoi occhi pesti gli permettessero.
“V-vediamo, q-questo
aspira la vita... no, cioè, l'aria! E poi la fa ritornare dalla
tomba... tromba d'emissione come zombificata... depurata! E
p-profumata di cimitero... di fiori! Oh, devo farmi forza, gli altri
mordono su di me... contano su di me! Uuuurgh...”
Fu solo la sua incedibile
forza d'animo, in lui innata come in praticamente tutti i
protagonisti di tutti i suoi amati manga, a permettere a quel
piccoletto con la frangetta, stanco, e disperatamente bisognoso di
una doccia e di un materasso, di ultimare per davvero il suo
progetto.
Ma sarebbe stato meglio non
fosse stato così... Perché quel sovraccarico di urla spacca-timpani
e visioni di budella sparse che gli riempiva la testa, non avrebbe
trovato altra valvola di sfogo che le mani dell'inconscio
inventore...
“Forse mi serve un po' di
fegato... fosforo...”
Il male si mascherò da
bene, prendendo la forma di un bianco, e dal raffinato e moderno
design conico, congegno deodorante!
Giappone, in ritardo e in
debito di sonno, uscì di casa ancora nella stessa tuta rossa con cui
aveva passato la notte, ma il suo problema più grande era riuscire a
reggersi sui propri piedi per uscire di casa propria.
“Ehi, Giappone!” - lo
salutò Corea del Sud venendo dalla direzione in cui si stava
strascicando.
“C-Corea? Che ci fai qui?
La riunione?”
“Abbiamo finito prima!”
“Oh, no...” -si
sentì svenire Kiku!
“Cavoli, stai bene?
Sembri uno straccio!”
“Oh, come li stracciano
bene gli arti gli zombi...”
“Che?”
Giappone si sballottò un
po' la testa e prese un bel respiro: “M-mi dispiace di non essere
intervenuto! S-stavo avviandomi ora e...”
“Tranquillo, tu non
ti assenti mai! Per una volta nessuno avrà da ridire se
l'impeccabile Giappone si è preso un giorno di ferie... Tra l'altro
si vede che non ti senti bene...”
“N-niente affatto... V-vado
a mettermi a letto... C-Corea, potresti farmi un piccolo
favore?”
“Dimmi!” -gongolò l'altra nazione, sventolando le
larghe maniche bianche del suo classico vestito.
“Q-questo oggetto è
m-molto importante...”
“Deve proprio esserlo se ci sei rimasto
a lavorare tutta la notte!”
“Magari... V-vorrei che domani lo
portassi alla riunione, i-io non sono sicuro di poter partecipare...
Ugh...”
“D'accordo, amico, ci
penserò io domattina! Cos'è?”
“N-niente, solo un congegno
deodorante, basta premere il pulsante... Ora scusami, devo andare a
resuscitare, cioè, riprendermi...”
“Conta su di me! Se non
sopravvivi posso prendermi i tuoi modellini di mecha? Eh eh eh!
Scherzo! Ci vediamo a riunione quando ti sarai ripreso!”
Lui scherzava, ma
quell'America aveva rischiato davvero di ucciderlo stavolta! Non
voleva più saperne di dvd o di improvvisate per almeno sei mesi!
Raggiunto miracolosamente
il proprio letto attorniato da poster di idol ed eroine di
maho-shojo, Giappone si lasciò beatamente andare a un sonno che, al
diavolo le sue abitudini, durò fino al pomeriggio successivo, quando
un gruppetto di amici, preoccupati per la sua salute, si presentò a
casa sua.
Non
molto tempo dopo, quello stesso gruppetto si trovava in un edificio
in cui si era scatenata la prima e peggiore apocalisse zombi che la
storia ricordasse, aveva già subito la prima vittima, e uno dei suoi
membri era in prima fila per lo spettacolo di file di denti aguzzi
che si chiudevano a tenaglia a un palmo dal suo naso...
“SNARL!
SGROWL! SGNAM!”
“AAAAAAAAAARGH!” -urlò Inghilterra steso a
terra che a stento riusciva a impedire alla piccola Hanatamago,
trattenendola per i fianchi, di strappargli via la faccia!
“QUALCUNO
MI TOLGA DI DOSSO QUESTO BOTOLOOOOOOOO!!!”
“IIIIIIIH!”
-piagnucolò liricamente Italia menando una fortunosa botta al naso
di zombi-Finlandia con lo spigolo della sua valigetta- “Andate via!
Sciò! Sciò!”
“ITALIA!”
-urlò anche Germania (ormai era una gara a chi emetteva più
decibel)- “Se vogliamo avere qualche piccola chance di uscirne
vivi, scendimi subito di dosso!”
A
malincuore, Feliciano obbedì e andò a rannicchiarsi insieme a
Giappone sotto le sedie a muro del corridoio. Ritrovatosi libero di
muoversi, Ludwig si trovò subito a dover affrontare lo zombi-Svezia,
che dall'alto dei suoi quasi due metri, provò a ghermirlo. Con un
riflesso, Germania gli afferrò polso e braccio, ruotò su sé stesso
e facendo perno sulla propria spalla, lo sollevò come fosse stato
una foglia, sbattendolo al suolo con tutta la forza che poté.
“Uff!
Giappone, quelle lezioni di judo che ci hai dato si sono rivelate
utili... Uh?”
Cosa
stava tenendo in mano, si domandò, rispondendosi un secondo dopo: il
braccio di Svezia che era venuto via quando lo aveva
proiettato!
“URGH!”
Poco
più in là, Russia raccoglieva da terra una sciarpa a righe ancora
in discrete condizioni: “Non male! Però credo terrò la mia.”
“Bene.”
-disse la testa di zombi-Olanda che era rotolata su una delle sedie-
“Allora potresti cortesemente riavvolgermela al collo?”
“Eh
eh eh! Non ci provare!”
“Dannazione...”
Nel
frattempo, America gli dava manforte tenendo occupato
zombi-Danimarca.
“Ah
ah ah, vi faccio a tocchetti!” -caricò questi.
America
scartò a lato per schivare il colpo d'ascia in caduta...
“Vola
come una farfalla...”
… e
poi affondò la mazza dritta nello stomaco dello zombi, abbattendolo
al suolo.
“Pungi
come un'ape! Ah ah ah! Figo, vero Inghilterra?”
“EHI!
STO PER DIVENTARE CIBO PER CANI QUIIIIIIIIII!”
Per
fortuna di Arthur, Germania ebbe un idea: “Ehi! Piccola! Guarda
qui!”
“Arf
arf!” -scodinzolò la cagnetta zombi alla vista del braccio di
Svezia che Ludwig le agitava a mò di succulento spuntino!
“Ti
piace? Prendilo!”
“Arf!”
Inghilterra
poté così rialzarsi e rassicurarsi sullo stato d'umidità dei suoi
pantaloni!
“Tutto
questo è terribile!”
“Sigh!
Se solo non mi fossi messo a lavorare lo stesso a quel maledetto
coso!”
“Giappone!” -lo chiamò America, indietreggiando
usando la mazza da baseball come scudo- “Faresti meglio ad
attivarti! Anche tu, Italia!”
“S-si!”
-rispose lui, mostrandosi poco minacciosamente armato di una
forchetta tirata fuori da chissà dove!
“Questi
cosi sono tosti...” -scosse il capo America: persino lo
zombi-Svezia, amputato di un braccio, si era già rialzato: erano
nemici lenti (non troppo...), ma resistentissimi!
“Così
non va! Dobbiamo sbrigarci ad andarcene, altrimenti poco ma sicuro ne
arriveranno degli altri!”
America
non aveva torto: li avevano circondati ed erano riusciti a resistere
perché pochi, ma altri, attratti dall'odore della loro carne,
sarebbero sopraggiunti, come stava già accadendo.
“Signor
Russiaaa...”
Ivan strabuzzò gli occhi: “Voi!”
Estrasse
il tubo dalla gabbia toracica di zombi-Spagna e fronteggiò un trio a
lui ben conosciuto.
Anche
Lituania, Estonia e Lettonia, i tre fratelli baltici, erano stati
zombificati! Persino tre sempliciotti come loro potevano apparire
spaventosi con quegli sguardi, quelle zanne, e i festoni di carne che
imbrattavano le loro mani.
Russia
sembrava incantato.
“Cosa c'è, signor Russia? La vedo
palliduccio!” -lo schernì zombi-Lituania.
“E
silenzioso...” -aggiunse zombi-Estonia.
“Ih
ih ih!” -si trascinò avanti zombi-Lettonia- “Non riesce a dire
niente adesso che stiamo per divorarla, signor Russia? Finalmente mi
vendicherò di lei! Di tutte le volte che mi ha terrorizzato a morte!
Ah ah ah! ”
“......
Eh eh eh!”
“......
Oh oh...”
STONK! SKANK! SBENG!
“Ehi,
gente!” -li chiamò mentre i resti dei tre baltici atterravano un
po' qui un po' là sul pavimento- “Ho aperto un varco!”
“Ottimo
lavoro, Russia! Andiamo! Tutti via! Tutti via!” -anche la ritirata
diventa figa quando sei tu a condurla, pensò il grande eroe!
“Ahio!”
-fece zombi-Lettonia quando la mano, a venti centimetri dal suo
braccio, gli venne calpestata da Italia.
“Ve!
Scu-scusami!”
“Sigh...
che figuraccia...” -gemette zombi-Estonia.
“La
mia vendetta...” -continuò a sognare zombi-Lettonia.
“Di
chi è questo pancreas?” -domandò zombi-Lituania.
I
sei, miracolosamente illesi se non per qualche graffio o livuduccio,
si allontanarono velocemente dapprima, per poi rendersi conto che se
davvero il palazzo era pieno di zombi, dovevano avanzare con più
circospezione. Prima di fare altre mosse affrettate, oltre che per
consentirsi di riprendere fiato, si sedettero per terra a ridosso di
una parete, naturalmente tenendo gli occhi ben aperti per tutte le
direzioni.
“Anf...
Li abbiamo seminati pare...”
“Anf!
Anf! Giappone, hai capito cosa è successo allora?”
“Cos'è
questa faccenda del deodorante?”
“E
perché ho la strana sensazione America centri qualcosa?”
“Ehi!”
“Sono
profondamente costernato! Sigh, adesso vi racconterò tutto...”
“Hai
trasformato un deodorante... in uno zombificante?” -restò a bocca
aperta Germania: in un certo senso, era una dimostrazione del genio
dell'amico!
L'aria
risucchiata, anziché depurata, doveva stata restituita con la
capacità di trasformare in morti viventi chi la respirasse... I
poveretti trasformati avevano poi contribuito a diffondere
dappertutto il morbo a suon di morsi.
Arthur
si sentì ribollire il sangue in testa: “E io mi sarei quasi fatto
ammazzare perché questo deficiente spreca la sua esistenza davanti i
telefilm?! Se ti prendo...”
Germania
vedendolo sprizzare rabbia da ogni poro gli avvinghiò le braccia
dietro le ascelle per bloccarlo prima saltasse addosso ad Alfred.
“Ehi!”
-si imbufalì anche quest'ultimo- “Solo perché sono un patito di
zombi non vuol dire non mi sia fatto quasi ammazzare anch'io poco fa!
Non sei affatto figo se dici così, sai?”
“Inghilterra,
lascialo stare!” -prese le sue difese un affranto Giappone che
avrebbe voluto essere stato morso lui al posto del povero Francia-
“Se vuoi prendertela con qualcuno, prenditela con me! È colpa mia,
dovevo riposare invece di voler finire quel maledetto aggeggio a
tutti i costi!”
“Vi
prego!” -implorò Feliciano- “Non scanniamoci anche tra noi
adesso!”
“Sangue!
Sangue!” -invocava Russia sorridendo.
“Ma
non hai già avuto abbastanza?!” -gli ribatté Germania, cercando a
fatica di calmare Inghilterra- “Calmati! Come poteva sapere che
sarebbe successa una cosa del genere? Vale anche per te Giappone!
Italia ha ragione: se ora ci mettiamo anche a combatterci tra noi
sarà davvero la nostra fine...”
Detto
ciò, lasciò la presa: sapeva che Arthur era un tipo ragionevole,
aveva solo bisogno di un attimo per sfogarsi, come tutti del resto.
“Scusatemi...
Scusa, America...”
“Tranquillo...”
Ludwig
sospirò e si girò verso Feliciano, il quale però in un lampo si
voltò dall'altra parte per impedire che vedesse i suoi occhi lucidi:
comprensibile, anche se non fosse stato il più sensibile di tutti
loro.
“Però
è sempre colpa tua...”
“Ehi, ti ho sentito!”
Roba
da martoriarsi di pizzichi fino a svegliarsi: tutti quelli che
conoscevano probabilmente erano diventati mostri sanguinari, e se
loro si erano salvati era stato solo per puro caso, per l'essersi
avviati da Giappone poco prima che Corea si ricordasse di accendere
il congegno.
Tutti
ammutolirono.
Russia
sbuffò: “Beh... E adesso?”
Torniamo
quindi al presente: a quel muro del pianto appoggiati al quale
avevamo lasciato i nostri sopravvissuti e all'ennesimo zombi
abbattuto; appena in sei, impavidi quanto disperati, senza obiettivi,
e senza speranza.
La situazione è a dir poco
critica... I nervi stanno per cedere, e non si intravede soluzione,
se non quella di attendere il morso fatale... Chi saprà dare la
scossa ai Sei dell'Apocalisse?
I flashback si chiudono qui, e
dal prossimo capitolo si riparte da dove era finito il prologo! Se ne
avete il coraggio, continuate a seguirmi! ^__°
Alla prossima!
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Capitolo 4 *** Una tenue speranza ***
Ehilà, a tutti, cari lettori!
Mi sembra davvero di essere tornato ai vecchi tempi: sole, caldo,
tanta ispirazione, tanta scrittura... E tanti commenti! *__* Sono
felicissimo!
Contento di avervi fatto
appassionare finora, e spero la mia storia vi regali un bell'inizio
d'estate! Ma ora dal sole, rituffiamoci nelle tenebre: quelle in cui
si dibattono i nostri protagonisti sono belle profonde...
Si riuscirà ad intravedere un
raggio di luce o l'avventura sta già per finire nel modo peggiore
possibile?
Buona lettura a tutti!
Una porta blu incastonata tra
mattonelle bianche.
Direttiva principale: massima
cautela!
Russia strinse la mano attorno
al pomello e scambiò uno sguardo d'intesa con America, il quale fece
segno di essere pronto.
Al segnale convenuto, Russia
girò il pomello e aprì la porta, mentre America si faceva avanti
con la mazza alzata. Per fortuna non vi trovò nulla di pericoloso ad
attenderlo: solo uno scintillante gabinetto profumato di pino.
“Via libera!” -rassicurò
il resto del gruppo, che controllava la situazione nelle retrovie,
per poi chiudercisi dentro- “Se qualcun altro vuole svuotare la
propria vescica, vista la situazione in cui ci troviamo, gli
consiglio caldamente di farlo.”
“Perché guardate me?!”
-sbottò Italia.
I bagni erano spaziosi e ben
tenuti, se si escludeva il gabinetto di fianco a quello di America
che aveva la porta sfondata e vi usciva una poco rassicurante scia di
sangue trascinato... Italia e Giappone controllavano ansiosi la
situazione fuori l'uscio; Inghilterra cercava di ritemprarsi
gettandosi in faccia un po' d'acqua gelida; Russia infine se stava
semplicemente appoggiato alla parete con i sifoni-asciugamani, oltre
la quale si trovava il bagno delle signore.
“Insomma...” -fu proprio
lui ad esordire- “Non ci resta che combattere fino a quando non
crolleremo e passare il resto della vita a barcollare e fare
versacci.”
“Russia...”
“Ditemelo
se ho torto.” -continuò con calma invidiabile, forse solo
rassegnazione- “Da quanto abbiamo visto pestarli è divertente ma
fine a sé stesso: dopo un po' si riaggiustano e si rialzano.”
Italia sospirò: “Ma...
resteranno così per sempre?”
Prima che Germania azzardasse un
poco convinto tentativo di rassicurarlo, Russia aggrottò la fronte e
proseguì: “Ecco, Italia ha centrato il punto. C'è altro possiamo
fare per loro a parte riempirli di mazzate?”
“Non lo so...” -gli
rispose la voce rotta di Giappone.
“Non c'è un modo in cui
possiamo salvarli?” -domandò Italia.
“Non lo so!” -gemette
Giappone.
“Ah ah ah! Cos'è questa
depressione, gente?” -si sentì da dietro la porta- “Siamo gli
eroi di questa storia horror! Sta a noi risolvere la situazione, e la
risolveremo! Un modo si trova sempre, vedrete!”
Ciascuno di loro avrebbe
voluto avere la tempra d'animo (o piuttosto l'ingenuità) di America.
All'improvviso si erano trovati di fronte i volti e i corpi sfigurati
dei loro amici; amici con cui avevano chiacchierato, riso, scherzato,
lavorato, che gli si gettavano addosso con l'intento di ucciderli
(anche se non in via definitiva...)... Li avevano colpiti con pugni,
calci, cestini, ventiquattrore, mazze di legno e tubi di ferro, in
quei momenti ripetendosi che ne andava della loro sopravvivenza... Ma
ora che sopraggiungeva nuovamente la calma si rendevano conto di ciò
che era successo, ciò che avevano fatto e avrebbero continuato a
fare, e ne avvertivano l'angosciante peso.
Cui si aggiungeva il peso di
altri amici, o addirittura parenti, che avrebbero potuto ritrovarsi
di fronte in quello stato: pensieri che stringevano il cuore e
dischiudevano i pugni chiusi, aprendo le loro mani alla tristezza e
alla rassegnazione.
Giappone si sentì a metà tra
il soffocare e lo svenire: “Io... Ho bisogno di pensare...”
Aprì un gabinetto e sedette,
massaggiandosi le tempie, istigandosi a riflettere e non fermarsi
fino a venirne a capo con delle risposte alle domande di Russia ed
Italia.
“Dunque... La nottata, il
telefilm, il congegno...”
America uscì preannunciato
dello sciacquone: “Sotto a chi tocca! E basta musi lunghi Non per
niente Giappone è il cervellone del gruppo: dategli tempo e vedrete
che tra un po' gli verrà un'idea!”
<< Altrimenti siamo
davvero fottuti... >>
“Ve! E io chi sono del
gruppo?”
“Ovvio, il pappamoscia che muore per primo!”
“VEEEEE!” -Italia si
rintanò a piangere sotto un lavandino.
“Ah ah! Tranquillo, è morto
per primo Francia, quindi non hai di che preoccuparti da quel punto!”
-lo rassicurò senza neppure accorgersi delle occhiatacce di
Inghilterra e Germania per “l'idiota” del gruppo!
Intanto Giappone sembrava
essersi rinchiuso in una bolla, mani sulle orecchie per non ascoltare
null'altro che il flusso dei suoi pensieri.
“Corea lo ha acceso in sala
riunioni...”
“Abbassiamo la voce e
lasciamolo pensare, ragazzi.” -bisbigliò America facendo per
affacciarsi in corridoio- “Giappone è un tipo in gamba, fidiamoci
di lui!”
“Vero!” -fu con lui
Italia.
“Inghilterra, vuoi sapere tu
chi sei del gruppo?”
“Ma chi se ne frega?!”
<< SWOOOOOSH! >>
“Uh?”
Un rumore di sciacquone
proveniente dal bagno delle donne li fece voltare: zombi-Seychelle,
con un orecchio strappato via insieme alla pelle della guancia, ne
uscì un attimo dopo, intenta ad asciugarsi le mani con un
fazzolettino.
“......”
“Anche gli zombi hanno
bisogno di andare in bagno?” -domandò Alfred pieno di perplessità.
La zombi riuscì ad arrossire
vistosamente malgrado l'assenza di sangue circolante!
“C-che domande! Certo che
si! Solo perché andiamo a caccia di cervelli non vuol dire non
facciamo nient'altro! A questo proposito... GRAAARGH!”
“Tsk! È pur sempre una
ragazza...” -si preoccupò Inghilterra da vero gentleman, restio a
combattere.
“Non è di questo che ti
devi preoccupare! Occhi aperti!”
“America ha ragione!” -fece
Germania, sebbene anche lui scosso dall'idea- “Ti zombificherà sia
che sarai galante o meno!”
“Non intendevo quello! Le
donne vanno sempre al bagno in due!”
Infatti subito dopo dal bagno
sbucò zombi-Belgio: “Ih ih ih! Molto bravo America! Ti masticherò
per primo!”
<< Sempre in bagno in
due... >> -pensarono i maschietti.
“Desolato, tesoro ma...”
<< CRASH!!! >>
“?!?!?”
Voltatosi alla sua destra,
America sgranò gli occhi alla vista di un braccio che era appena
fuoriuscito dal muro.
“Oh, porca miseria! ESCONO
DALLE FO...”
Inghilterra gli pinzò la bocca: “NON CI PROVARE
NEANCHE A FINIRE LA CITAZIONE!!! Sono stufo delle tue frasi fighe,
citazioni, ruoli e cretinate varie!!!”
L'intonaco si crepò per poi
far sbucare anche il secondo braccio, poi la parete venne meno,
segnando l'ingresso di due nuovi zombi, Nuova Zelanda e, col suo
koala, altrettanto zombificato, Australia. Quest'ultimo, con un
orbita vuota dell'occhio, era stato probabilmente l'autore della
breccia vista la maggiore prestanza rispetto al compagno.
Quello spettacolo distolse
persino Italia dal cercare una schiena dove rintanarsi, che per lo
sgomento prese a puntare la sua forchetta a casaccio- “Sigh! D-da
che altra parte potrebbero arrivare?”
Per tutta risposta udirono,
distinto, un rumore sopra la testa... E si resero conto di trovarsi
sotto una griglia del sistema d'areazione!
“Dall'alto!”
A quel grido tutti vi si
allontanarono, ma con ben quattro zombi lì al suolo non era il caso
di guardare per aria, né c'era modo di farlo senza ritrovarsi con un
pezzo del proprio corpo mancante all'appello. Australia si era
gettato su America, e il suo animaletto, puntato invece Inghilterra
come obiettivo, gli si era gettato addosso dalla sua spalla!
“ARGH!” -lo scansò Arthur
abbassandosi- “Ma perché gli animali idrofobi devo sempre
beccarmeli io?! Dannazione!!!”
America mollò una mazzata tra
spalla e collo a zombi-Australia, il quale vacillò un istante... -
“GRRRRR!” -per poi risollevarsi più indemoniato di prima.
“Oh oh, tu sei uno di quelli
grossi e tosti, eh?” -sbiancò America, la cui seconda mazzata
venne fermata con una mano sola dallo zombi, che poi gli si buttò
addosso con una spallata tale da fargli perdere la presa alla sua
arma e sbatterlo contro il muro opposto.
“Sono più lenti... Ancora
intelligenti... Se si potesse...” -continuava la nenia di Giappone.
America riusciva ad
immaginarsi l'enorme zombi-Australia nell'atto di spaccargli il
cranio con la sua stessa mazza, ma quando rialzò la testa lo trovò
a strofinarsi l'unico occhio che aveva. Senza pensarci un attimo, gli
mollò una gomitata allo stomaco e gli afferrò le braccia
ingaggiando una colluttazione, dalla quale poi lui stesso si ritirò
quando lo zombi strappò con un morso parte della fodera di lana del
colletto del suo giaccone: il corpo a corpo non era la mossa ideale.
America indietreggiò fino a
trovare una schiena: “Un aiutino?”
Era la schiena di Italia, che
in quel momento fronteggiava zombi-Belgio: “Veeee! Ti prego,
Belgio, non mi mangiare!”
Per tutta risposta la zombi
gli soffiò di mano la forchetta: “Ih ih ih!”
“IIIIH!”
“Italia, dovresti
combatterla, non dargli delle idee!” -sospirò America,
preparandosi mentre zombi-Australia ondeggiava verso di lui,
accompagnato dal minaccioso rumore della mazza che lasciava
strusciare sul pavimento.
Germania intervenne in aiuto
di Feli sorprendendo la zombi bionda con uno spintone (non voleva
andarci troppo forte con lei), raccolse la forchetta da terra e la
restituì all'amico: “Non lasciatevi disarmare!”
Le loro armi, pur
improvvisate, erano ciò che consentiva loro di affrontarli con
efficacia e a debita distanza (forchetta esclusa...): erano troppo
preziose per perderle.
Forte delle sue nozioni di
boxe, America intanto tirava avanti schivando fior di mazzate con
agilità e giochi di gambe, ma era chiaramente in difficoltà.
“Ti spiace se ti rubo quello
più grosso?” -gli domandò Russia, che aveva tutta l'aria di
divertirsi parecchio.
L'eroe arrossì: “In via del
tutto eccezionale... fai pure!”
Con una risata, Russia si
scagliò su Australia, e le due mazze si scontrarono come due spade.
“Il congegno è la
chiave...”
Kiku, ancora nella bolla,
sentiva di esserci davvero vicino.
Ma bolla o no, stava
diventando troppo difficile concentrarsi in quella situazione.
Con
Inghilterra nel bagno accanto al suo, in piedi sul gabinetto, che
cercava di scacciare a pedate e sonori “Sciò!” il koala di
Australia; con le grida femminili di Belgio, Seychelle e Italia; con
i grugniti di Germania e America ogni volta menavano di calci e
pugni; con il cozzare delle armi dei due bestioni...
“SILENZIOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!”
E silenzio fu... Vivi,
non-morti o koala che fossero...
Perché quando è il tipo
calmo ad arrabbiarsi di brutto bisogna starci attenti!
Giappone si alzò, respirò
profondamente per ritrovare il proprio zen, e poté finalmente
annunciare: “Forse ho trovato!”
Fino a quel momento
sopraffatto dalla stanchezza prima e dai rimpianti poi, l'asiatico
non si era quasi notato, non aveva fatto altro che darsi la colpa e
tremare, ma ora gli erano tornati il fuoco negli occhi e una
determinazione da samurai, con la quale si lanciò di corsa fuori dal
bagno maschile.
“Ehi! Giappone, dove vai?
Aspetta! Ne ho abbastanza di te, bestiaccia!”
Tirò in testa all'animaletto
una saponetta al pino, lo acchiappò, lo gettò nel water e tirò lo
sciacquone con vibrante soddisfazione!
“Umpf! Il vecchio pirata ci
sa ancora fare!”
“Lasciamo stare gli zombi!
Mettiamoci al sicuro!” -suggerì Germania, dando la priorità a ciò
che Giappone aveva loro da dire.
Russia, che dopo un aspra
battaglia era riuscito a riconquistare la mazza da baseball di
America, gliela restituì al volo al suo passaggio, per poi coprire
la loro ritirata dagli zombi mulinando un paio di volte il suo tubo,
prima di rincorrere i compagni.
Il fatto che ovunque andassero
sopraggiungessero inesorabilmente degli zombi voleva dire che quei
mostri dovevano avere un qualche modo per percepirli: forse
l'olfatto, o forse seguivano il loro calore corporeo.
Quando però
il gruppetto di non-morti guidato da Australia, lanciatosi al loro
inseguimento (a passo zombi si intende...) passò davanti la porta
dietro la quale si erano rintanati, questi passarono oltre senza il
minimo sospetto. I sei attesero, non senza ansia, il rumore dei loro
passi e dei loro versacci affamati farsi prima sempre più vicino e
poi sempre più lontano.
“Ottima idea, Inghilterra!”
-disse Germania smettendo di trattenere il fiato- “Evidentemente
l'odore di detersivi e ammoniaca ha coperto il nostro!”
“Umpf!”
Su
suggerimento di Arthur si erano infatti rintanati in un piccolo
magazzino usato dagli addetti alle pulizie per riporre la loro roba:
fatta l'abitudine al forte odore di detergenti, saponi e
smacchiatori, si era rivelato un nascondiglio comodo e sicuro. Si
erano disposti in cerchio, chi in piedi, chi seduto su scatoloni o
sgabelli di fortuna, ma con Giappone a dominare la scena.
“Allora, ci è ormai chiaro
che è stata la mia invenzione a causare questa tragedia. Quindi,
sarà lei anche la chiave per risolverla. Se riuscissi a tornarne in
possesso, e a procurarmi qualche attrezzo di fortuna, forse potrei
riuscire a modificarla in modo che diventi una macchina
de-zombificante!”
“E come ne torniamo in possesso?” -chiese
Inghilterra- “Non sappiamo dove sia.”
“Corea l'ha accesa in sala
riunioni, quindi, visto che gli zombi hanno come pensiero fisso di
alimentarsi, è improbabile che l'abbiano spostata o altro, è più
che verosimile che si trovi ancora lì.
“E se non vi fosse? O se nel
casino si fosse rotta?”
“Accidenti, Inghilterra, ti
spiacerebbe piantarla di fare il pessimista di turno?” -gli mollò
una spintarella America, e gli altri, per una volta, si trovarono
dalla sua parte!
“Dobbiamo arrivare in sala
riunioni e cercarla, è la nostra unica speranza.”
Russia alzò la mano: “Ammesso
tu riesca davvero a modificarla in modo da far tornare normali gli
altri, come faremo ad usarla? Voglio dire, hai visto quanti ne sono:
non penso se ne staranno tutti lì buoni a farsi guarire.”
“Ho
pensato anche a questo, forse c'è un modo per fare in modo di
guarire tutti in poco tempo!”
“Grande il nostro
cervellone!” -esultò America a voce un po' troppo alta, scatenando
un coro di astiosi << Shhhh! >>: gli zombi erano
morti, mica sordi!- “E sarebbe?”
“L'impianto di areazione.”
-rispose sprizzante di decisione; aveva avuto l'idea dalla loro paura
che gli zombi potessero arrivare anche dall'alto, dai tubi e condotti
che percorrevano praticamente tutto il palazzo- “Ci basterebbe
arrivare sul tetto, dove si aprono le bocche dell'impianto e gettare
dentro il congegno attivo: in questo modo l'aria purificata
anti-zombi si spanderebbe in pochi minuti nell'intero edificio, e
guarirebbe tutti!”
“Aspetta, fermi...” -calmò
gli animi il solito Arthur- “In altre parole ci stai dicendo che
dovremmo aprirci la strada fino alla sala riunioni, che si trova
nell'ala opposta a dove ci troviamo per giunta, per poi doverci fare
tre piani di un edificio infestato di famelici morti viventi ansiosi
di banchettare con noi?”
Detta così suonava proprio
male, ma dal punto di vista di un certo qualcuno invece c'erano tutti
gli ingredienti per una battaglia pazzesca: “Ah ah ah! Mi piace!
Gente, abbiamo un piano! Lo sapevo che il nostro cervello non ci
avrebbe deluso!”
Giappone sorrise: “Grazie, America!”
“Bene, è deciso! I Sei
dell'Apocalisse hanno un obiettivo, lo porteranno a termine e
salveranno il mondo! Vi immaginate le celebrazioni, amici?”
“I Sei dell'Apocalisse?”
“È
il nome del nostro team, vi piace? E come in ogni team da film di
zombi...”
“Ecco che ci risiamo...” -sospirò Inghilterra.
“Ciascuno di noi avrà il
suo ruolo ben definito! Ovviamente io sarò il leader, perché sono
l'eroe con più esperienza!”
“Oh, non ne avevo dubbi...”
-ad Arthur sarebbe mancata solo una tazzina di té per rendere più
che perfetto il suo british humor.
“Inghilterra sarà il tipo
razionale e noioso che critica sempre e vede tutto negativo!”
<< Sono stato
aggredito da zombi, cani, panda e koala rabbiosi, vorrei vedere te...
>>
“Beh, ci sta!” -commentò
Italia con innocenza e, malgrado lo sbalordimento di Arthur,
interpretando il pensiero più diffuso nel team...
“Tu, Italia, sarai quello
buono e sensibile che non combina mai niente! Sei già riuscito a non
essere il primo a crepare, ottimo risultato! Continua, così!”
“Ve,
grazie! Però... a ripensarci... non è che sia una cosa di cui
entusiasmarsi...”
“Giappone è il cervellone
del gruppo, Germania è il tizio tosto che mantiene la calma e
picchia duro, e per finire, Russia è lo psicopatico sanguinario di
cui non si può fare a meno!”
“Mi piace!” -si strofinò le
mani quest'ultimo, con un bagliore maligno negli occhi viola.
“Bene, ora che abbiamo
definito i ruoli, dobbiamo organizzarci! Dalla mia alta esperienza di
survival horror posso dire che prima di imbarcarci nella nostra
impresa dobbiamo procurarci tutto l'occorrente per sopravvivere a ciò
che ci potrebbe succedere la fuori!”
Inaspettatamente trovarono non
avesse tutti i torti stavolta: finalmente la sua fissazione tornava
utile a qualcosa!
“Ci occorrono innanzitutto
cibo e acqua per non rimanere a corto di energie, attrezzi e utensili
vari che possono sempre far comodo, e, naturalmente, armi con cui
difenderci!”
Germania si grattò la testa:
“Qui diventa difficile... Non abbiamo niente di tutto ciò, abbiamo
persino tirato le nostre valigette addosso agli zombi per difenderci
(tranne Italia), non che dentro vi potesse essere qualcosa di utile
in effetti...”
Feliciano allora si fece
avanti con un sorrisetto e aprì la sua ventiquattrore: “Qui posso
essere utile io!” -ne venne fuori un rumore metallico di posate e
poi panini incartati, contenitori di plastica salva-freschezza, e i
bento colorati che Giappone gli aveva regalato pieni di spaghetti e
paste di vario tipo! La sua piccola “arma” era venuta fuori
anch'essa da lì!
“Ve, io porto sempre un po'
di cibo in più nel caso a Romano o a qualcun altro venga un po' di
languorino, così posso offrirgli qualcosa! E ho anche un pochino
d'acqua!”
Ad America brillarono gli
occhi davanti un panino con cotoletta e insalata: “Strepitoso!
Dividiamoci le varie porzioni e assicureremo la nostra sopravvivenza!
Per quanto riguarda l'acqua ce ne possiamo procurare altra sfondando
una macchinetta automatica! Ottimo lavoro, Italia!”
“Eh eh eh!”
L'unico che non si congratulò
fu Germania che aveva un gocciolone dietro la testa grosso come un
inondazione: “Italia... mi dici perché vieni a riunione con una
valigetta piena di roba da mangiare anziché documenti?”
“Ehm, ce li ho un po' di
documenti...” -ribaltò il contenuto all'interno del cerchio perché
tutti si riempissero le tasche, e, alla fine, dal fondo della
ventiquattrore, svolazzò anche un unico foglio di carta...
“Ve! Visto?”
Germania si spazzò il volto
con una mano e prese a sua volta il bento della rassegnazione.
Per quanto riguardava gli
attrezzi, provarono a guardarsi intorno ma in un magazzino di
articoli di pulizia non c'era granché potesse rivelarsi utile.
Giusto Giappone ebbe l'idea di svitare il manico di uno spazzolone in
modo da usarlo come bastone da combattimento: aveva davvero ritrovato
il suo spirito!
Terminato l'equipaggiamento,
America li chiamò a raccolta.
“Tutti qui!” -allungò una
mano al centro tra loro; i suoi occhi azzurri erano un faro d'energia
e speranza, impossibili da spegnere come si era visto. In fondo, che
importa se il leader è un idiota patentato, se riesce anche a farti
sentire sicuro di te, di tutti, del branco!
“Umpf!”
Giappone fu il primo a posare
la mano sopra la sua, seguito dagli altri.
“Signori, pregustate la
parata che faranno in nostro onore: i nostri amici contano su di noi
e non li deluderemo!”
“Non vedo l'ora di rinfacciare a quel
rospo di avergli salvato la pellaccia!”
Anche Italia si era
infervorato: “Salveremo tutti!”
Vivere in un mondo di vivi, o
non-morire nel tentativo! Ecco la loro missione!
Il maniglione della porta si
mosse.
“Trovati!” -fece il
monocolo Australia affiancato da Nuova Zelanda.
Ma non avevano fatto i conti
con il risveglio di uno degli elementi del team!
Giappone non perse un solo
attimo a scomporsi: afferrò il pesante carrello metallico delle
pulizie e lo spinse a tutta forza, travolgendo i due e spiaccicandoli
contro la parete opposta! Non contento, afferrò due sturalavandini
e, a mò di giavellotti, li tirò dritti sulle loro facce, tappandone
le pericolose mandibole!
“......”
Si precipitò fuori, roteando
il bastone: “Andiamo! La sala riunioni è di qua!”
Il samurai era tornato! Più
ardente che mai!
“Wow, tostissimo il nostro
cervellone...” -non poté che dire America quando gli si richiuse
la bocca!
“Lasciamene un po' per me!”
-scherzò Russia!
I sei ora pieni di energie e
merende, si lasciarono alle spalle senza remore i due poveri zombi
incastonati nel muro a cercare di sturarsi la faccia.
Obiettivo: la sala riunioni!
Giappone alla riscossa, e
tutti gli altri dietro di lui! Riuscirà Kiku a ristabilire il suo
onore perduto? E quanto si sta divertendo in realtà America? XD
Domande che sicuro vi stanno facendo arrovellare in questa spaventosa
e spassosa fanfiction! Tra parentesi, avete colto la mezza citazione
di Alfred? XD
Finalmente poi anche Feliciano
riesce a spiccare, ed è stata anche spiegata l'origine della sua
prode forchetta... ^__°
Basterà contro ciò che li
aspetta? Al prossimo capitolo, che vi riserverà incontri
sorprendenti e dall'esito inatteso...
Commentate! ^__^
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Capitolo 5 *** Una vittima inaspettata ***
Ehilà! Rieccomi qui, stavolta
con più calma XD
Vi ho abituati ad aggiornamenti rapidissimi
finora, ma ormai l'esame è vicino e non posso sgarrare troppo, ma
forse l'attesa vi farà gustare meglio i nuovi aggiornamenti!
Voglio ringraziare tutti voi
lettori che finora mi avete sostenuto coi vostri commenti, spero di
darvi sempre il massimo ^__°
E ora rituffiamoci in questa
storia da brivido: se avete notato il titolo di questo capitolo il
particolare, sappiate che non è una minaccia priva di fondamento...
MUAHAHAHAHAHAH!
Buona lettura a tutti, e buon
inizio estate!
America pregustò il colpo
sghignazzando e battendo la mazza da baseball sull'altra mano. Il suo
obiettivo era lì davanti a sé: grosso, robusto, squadrato, con una
vetrina lucida e colorata dalle tante squisitezze che si celavano al
suo interno.
In altre parole non uno zombi,
ma uno dei distributori automatici!
Prese la rincorsa e partì:
“PRENDI QUEST...”
“ALT!!!”
Gli venne un colpo che a
momenti rischiò di capitombolare in avanti! La voce arrabbiata di
Germania avrebbe fermato anche una carica di elefanti!
“Che razza di comportamento
sarebbe questo, America?! Non puoi sfasciare così un distributore!”
“M-ma perché, no? È
proprio quello il bello di una situazione catastrofica! Siamo nel bel
mezzo di un infestazione di morti-viventi, siamo tornati allo stato
selvaggio: il caro preistorico combatti o crepa!” -si lamentò lui
in maniera oltremodo drammatica- “Ormai le leggi degli uomini non
hanno alcun potere dopo lo sgretolamento della civiltà stessa! Il
caos domina, l'ordine è andato a farsi benedire, e noi abbiamo
bisogno d'acqua e barrette al cioccolato e caramello! E tu vuoi dirmi
che non posso sfasciare un distributore automatico per prendere ciò
che ci occorre?”
“Assolutamente no! Tieni, questi sono tutti
gli spiccioli che ho: prendi da bere per tutti e qualche barretta per
te.”
“Ma andiamo, Germania!
L'emergenza, e l'assenza di leggi e...”
Allora America scoprì che
Germania di spaventoso quando arrabbiato non aveva soltanto la voce:
anche la sua faccia, specie subita in primissimo piano come in quel
momento, tinta di un'ombra severa e inamovibile quanto il suo senso
di rispetto per le regole, era qualcosa che ti metteva una strizza
non indifferente...
“Usa... gli... spiccioli...”
-gli scandì, aprendogli il palmo della mano e posandoveli.
“O-ok, amico...”
“Umpf! Ci hanno già pensato
gli zombi a portare abbastanza sconquasso qui: non permetterò ai
pochi sani rimasti, di lasciarsi andare a simili mancanze di senso
civico! Qualunque sia il tipo di apocalisse venuta a portare
l'anarchia, dovrà prima vedersela con me!” -chiuse il pugno
risoluto, circondandosi di fiamme!
“Veee!” -lo applaudì
Italia! Pensò che anche quello fosse merito della ripresa di
Giappone: sulla sua scia, anche Germania aveva ritrovato la
motivazione, e quella fermezza di spirito che tanto gli si addiceva.
Forse anche lui doveva prenderli ad esempio...
La faccia di Ludwig si rilassò
tanto quanto si corrucciò quella di America nel infilare manciate
di monetine e premere i pulsanti della macchinetta: << Che
cavolo! Finalmente vivo un apocalisse zombi e questo maniaco
dell'ordine me la deve rovinare! Al diavolo, certa gente non saprebbe
come divertirsi neanche se arrivasse la fine del mondo, cosa che
forse è arrivata sul serio! >>
Una
barretta al doppio cioccolato, wafer e tripla meringa fu solo di
parziale consolazione.
“Bene,
abbiamo fatto scorta d'acqua.” -disse Giappone, mettendo qualche
altra bottiglietta nella saccoccia di pelle che avevano fregato
all'avventuroso zombi-Australia, una riserva oltre a quelle che
ciascuno di loro portava con sé come poteva in assenza di zaini-
“Avviamoci: la sala riunioni è nell'altra ala, da quella parte.”
La
loro fuga istintiva dopo i primi incontri li aveva allontanati
parecchio dal loro obiettivo attuale. Il lato positivo era che si
muovevano in un ambiente a loro familiare, ma procedere con cautela
era imperativo: dietro ogni angolo, porta, parete, finestra, mobile,
distributore, poteva celarsi in agguato un volto conosciuto sfigurato
dalla fame di carne umana pronto a saltar loro addosso.
Ciascuno
dei sei aveva in mente dei volti, tanto amati, da augurarsi con tutto
il cuore di non vederli per il resto di quella interminabile
giornata.
D'altra
parte avanzare con cautela non significava dimenticare la
retroguardia: avevano sperimentato presto cosa significasse trovarsi
ogni strada completamente sbarrata da morti viventi, e non volevano
certo rivivere quell'esperienza...
Perciò
avevano deciso di procedere con America e Germania in testa al
gruppo, vedette pronte a individuare e rispondere con efficacia a
qualsiasi minaccia all'orizzonte di quei corridoi e stanzoni;
Giappone e Italia, mente e “sensibilità” del gruppo, avrebbero
preso posto al centro della formazione, eventualmente capaci di
intervenire alla testa o alla coda della colonna, qualora ve ne fosse
stato bisogno; infine a terminare la formazione nelle retrovie,
Inghilterra e Russia, sempre con occhi e orecchi vigili per evitare
di finire circondati o aggrediti alle spalle; organizzati poi in
coppie armato/non armato riuscivano a bilanciare bene il potenziale
d'attacco, ridotto dalla scarsità di mezzi di difesa, a loro
disposizione.
Ogni
volta si presentava un incrocio tra gli ampi corridoi, i due di
testa, con la sicurezza di militari ben addestrati si schieravano
ciascuno a ridosso di una parete e controllavano prima l'angolo dal
lato dell'altro, pronti ad avvertirlo in caso di pericolo, per poi
sporgersi di vedetta oltre il proprio, sicuri di non trovarvi
sorprese.
America,
per farsi figo, volle provare ad usare i propri occhiali come uno
specchietto e controllare la strada grazie al riflesso, ma le sue
lenti non erano all'altezza del compito e rinunciò dopo poco.
Germania
si sporse e mandò giù un boccone bello amaro: un gruppetto di zombi
stava strascicandosi in un corridoio perpendicolare a quello che
aveva davanti, per fortuna molto distanti rispetto a loro per
impensierirli, ma non poté fare a meno di notare quanto spiccava uno
di essi in particolare.
Uno
zombi piccino, innocuo, innocente, di quelli che nessuno avrebbe
voluto vedere lì.
La piccola Wy. Un puntino rosa che coi suoi
piedini scalzi seguiva quei mostri che forse erano gli stessi che
l'avevano resa come loro dopo averla terrorizzata a morte.
Con
una stretta al cuore, Germania si girò verso i suoi compagni in
attesa: “Ne ho visti, meglio prendere l'altra strada, facciamo il
giro largo.”
Quella
strategia fino a quel momento era servita con successo ad evitare
altri faticosi e stancanti scontri; l'unico che ne aveva avuto
qualcosa da ridire al riguardo era stato ovviamente Russia...
Proseguirono così,
lentamente, in un silenzio concentrato, e anche poco digeribile: non
era una scampagnata quella, ma il bisogno di calore umano in quel
pandemonio di carne gelida e marcente iniziava a farsi sentire.
America provò a spezzare
quella monotonia: “Dite, secondo voi siamo davvero gli ultimi
rimasti?”
“A me non sembra di aver
visto qualche altra anima viva in giro finora.” -rispose Russia,
freddo come l'artico.
Faceva incurvare le spalle il
pensiero che le sorti del mondo gravassero su quei pochi lì riuniti.
“Però in fondo noi ce la
stiamo cavando: può anche darsi ci sia qualcun altro che sia
riuscita a scamparla, ce n'è di gente in gamba oltre a noi.”
-continuò Alfred.
Italia deglutì al pensiero di
altri come loro, tormentati dal pensiero di essere rimasti soli in un
mondo fattosi improvvisamente mostruoso: “Magari in questo momento
anche loro stanno combattendo disperatamente come noi!”
Inghilterra sospirò: “Va
bene, so che per questa cosa che sto per dire farò di nuovo la
figura del pessimista di turno... Come tutti voi anche io vorrei che
qualcun altro oltre a noi sia riuscito a salvarsi, ma come ha detto
Russia finora non abbiamo incontrato altro che zombificati purtroppo.
Quindi temo, finché non comparirà qualcuno non interessato a
divorarci, dovremo assumere che tutti oltre a noi sono ormai
diventati degli zombi.”
Italia chinò la testa deluso;
Germania gli strinse una spalla, riuscendo a capire come si sentisse.
Desiderare tanto di trovare qualcuno, e allo stesso tempo avere paura
di come lo avrebbero trovato...
Mentre gli ultimi
sopravvissuti si avvicinavano lentamente alla sala riunioni, un'altra
battaglia infuriava ai piani superiori.
Turchia con una veloce
rotazione schivò e si portò alle spalle di zombi-Egitto, dopodiché
scalciò scagliandolo contro il muro. Con riflessi felini schivò
l'estintore tiratogli da zombi-Grecia e, avendolo a portata di
scimitarra, disegnò con essa un fendente aprendogli un ampio
squarcio nella gamba, costringendolo ad accasciarsi e a fargli
dimenticare l'idea di inseguirlo.
“Spiacente ragazzi, non
oggi!”
Si lanciò quindi in corsa,
senza voltarsi un istante verso la lunga scia di zombi che si era
lasciato dietro al suo passaggio.
<< Devo uscire di
qui, e alla svelta. >> -pensò pulendo con un fazzoletto il
filo della scimitarra, sporca di sangue-zombi, senza smettere di
correre.
Doveva trovare il modo di
avvisare America e gli altri che erano andati a trovare Giappone di
non entrare in quel maledetto posto: magari qualcuno di loro sarebbe
stato in grado di capire cosa diavolo fosse successo, e, soprattutto,
trovare il modo di rimediare. Doveva fare in fretta però: lui e la
sua spada si erano difesi bene, ma aveva perso fin troppo tempo.
<< Eccola! >>
Si fermò bruscamente davanti
la porta taglia-fuoco che segnalava le scale d'emergenza
anti-incendio. Spinse il maniglione, tenendo ben stretta la
scimitarra nell'altra mano: anche nella luce fioca di quell'ambiente,
questa brillò minacciosa.
<< Via libera! >>
-esultò Sadiq. Le scale lo avrebbero condotto velocemente fino al
piano terra e da lì subito all'esterno, fuori da quell'incubo a
occhi aperti, dove avrebbe potuto cercare aiuto per Grecia e tutti
gli altri.
Con un balzò saltò oltre la
prima rampa di scale per poi lanciarsi giù per i gradini, saltandoli
a tre a tre. Atterrò ai piedi dell'ultima rampa, e fu finalmente in
vista dell'uscita d'emergenza: era fatta!
Così
credeva, prima che una padella si interponesse sul suo cammino
all'altezza esatta della sua faccia...
Lanciato
in velocità, il colpo fu talmente forte che il suo corpo proseguì
in avanti mentre la sua testa restava indietro: le sue gambe fecero
un piccolo volo e infine Sadiq cadde pesantemente sulla schiena, con
la faccia pulsante di dolore.
Una
delle peggiori botte della sua vita.
Riaprì
gli occhi: la vista, dapprima sfocata, si rischiarò per permettergli
di vedere distintamente la padella su cui doveva averci rimesso il
setto nasale. Seguì poi con lo sguardo la mano che la impugnava,
fino a riconoscere Ungheria, dal cui raccapricciante sorriso colava a
un angolo un rivoletto di sangue.
Questa
sparì dalla sua vista; un attimo dopo, malgrado lo stordimento,
percepì nitidissimo il dolore dei suoi denti che affondavano, morso
dopo morso, nelle carni della sua gamba.
“Quando
l'uomo con la spada incontra la zombi con la padella... l'uomo con la
spada è un uomo non-morto...” -esalò col poco fiato che gli
restava.
“Inghilterra! Mon chere?
Dove sei finito? Uh uh uh!”
Malgrado la zombificazione, la
voce di Francia aveva conservato la sua soavità...
Inghilterra, e
non solo lui, era più vicino di quanto pensasse: gli sarebbe bastato
sporgersi oltre le vetrate scorrevoli rotte della parete dell'ufficio
appena alla sua destra e abbassare gli occhi, per trovare sei
spaventati e acquattati eroi che cercavano di respirare il più piano
possibile...
“Dove sei? Sarò anche un
po' putrefatto ma non resisterai ugualmente al mio fascino! Uh uh
uh!” -aveva ancora una gran considerazione della sua bellezza anche
in quello stato!
“Russia, prestami il
tubo...”
“Calmati, Inghilterra, non
facciamo gesti sconsiderati!” -lo trattenne Giappone prendendo in
prestito il suo ruolo di razionale del team- “Lascia che ci passi
oltre!”
Appena il mellifluo chiamare
dello zombi fu ben lontano, poterono finalmente proseguire.
Italia diede un finto colpetto
di tosse per richiamare l'attenzione: “Ragazzi, quella è la porta
della segreteria, se vi tagliassimo attraverso potremmo fare prima!
Cosa ne dite?”
Era una sala lunga percorsa da
capo a capo da file di scrivanie allineate, archivi, fotocopiatrici e
gente indaffarata, percorrendo la quale si sarebbero avvicinati di
parecchio evitando altri incroci.
“Non penso sia una buona
idea, Italia.” -scosse il capo Germania- “Le stanze non sono
sicure, nessuno ci può dire siano vuote.” -prima si erano nascosti
proprio perché attraverso i vetri rotti si erano sincerati non vi
fosse niente a parte il rene di qualcuno sul pavimento...- “Se
l'attraversassimo e ci fosse qualche zombi nascosto sotto le
scrivanie verremmo colti di sorpresa, in uno spazio stretto, e senza
poter reagire: meglio continuare per la nostra strada.”
“Capisco...” -chinò il
capo l'amico.
“Su, non serve che ti
sforzi, Italia: lascia fare a noi!” -aggiunse America facendo segno
di gambe in spalla.
<< Non serve che ti
sforzi ad essere utile >>, finì la frase nella sua mente
Italia, abbassando il capo amareggiato.
Il gruppetto arrivò ad uno
spazio circolare più ampio in cui confluiva un quadrivio, ben
illuminato dalla cupola di vetro sulla cima del palazzo che si
scorgeva lì in alto, da cui penetrava la luce del pomeriggio
inoltrato: vi erano un paio di sedie sparse per terra e altresì la
scultura d'arte moderna che decorava il centro della saletta era
rovesciata a terra insieme al suo piedistallo; altre varie tracce di
colluttazione indicavano quel posto come teatro di un ennesima
battaglia disperata.
“Senti, Italia...”
-soggiunse Inghilterra- “Quella forchetta che tieni in mano non
penso sarebbe poi molto utile contro gli zombi... Puoi benissimo
metterla via.”
“È che io non sono tanto portato con le
armi... Con le posate invece...”
<< Ma non mi dire...
>>
A quello sguardo di Arthur,
Feli gonfiò il petto: “P-però è bella affilata, e
insospettabile! Potrebbe infilzare un polpettone vecchio di una
settimana! Se poi la maneggio nel modo giusto...”
Iniziò a fare un po' di
pratica di “scherma con la forchetta”, esercitandosi in
immaginari fendenti e affondi: “Ah! Sha! Ah! Prendi questo! Ah!”
A venire preso fu invece il
suo polso.
I suoi versi si trasformarono
in un forte grido mentre qualcosa gli teneva bloccato un braccio
contro il muro, senza che la forchetta nell'altro accorresse in
aiuto.
Giappone, il più vicino, fu
anche il primo a reagire, colpendo forte col proprio bastone la mano
che, sbucata all'improvviso dall'ultima porta del corridoio appena
oltrepassata, aveva afferrato Italia e cercato di
trattenerlo.
Allertati, tutti si disposero davanti la porta e
Giappone, al loro cenno, fu pronto a spalancarla. Ma proprio in
quell'istante qualcosa piombò sul gruppo dall'alto con un verso
gracchiante e un forte rumore d'ali.
“Che diavolo?!?” -imprecò
America non distinguendo alcunché per qualche attimo, perso in un
turbinio di penne bianche e nere.
“America, attento!”
Germania lo afferrò appena in
tempo per trarlo via dall'assalto di Islanda, il quale aveva cercato
di saltargli addosso approfittando della distrazione offerta dal suo
pulcinella di mare, sceso in picchiata dalla balaustra del primo
piano sopra di loro. Zombi-Norvegia, spuntato anche lui da un qualche
nascondiglio, aveva preso di mira Russia, venuto a dare agli altri
due il tempo di rialzarsi da terra, e, afferratogli coi denti il
tubo, cercò di strapparglielo di mano.
Mentre però venivano
trattenuti, intanto Giappone aveva già aperto la porta, davanti la
quale si era venuto a trovare Italia, i cui buoni propositi andarono
nuovamente in frantumi dopo ciò che gli si parò davanti.
Una figura esile, che si
teneva la mano colpita da Giappone, vestita di rosso, i cui splendidi
occhi verde smeraldo si erano ridotti a fessure senz'anima. Uno
sguardo insostenibile per lui, quello di Liechtenstein.
Sentiva ancora il dolore delle
sue unghie serrate attorno al suo polso, il suo sguardo era
incatenato sui suoi capelli d'oro incrostati di sporco e sangue
rappreso, la sua volontà di combattere mortificata dai ricordi di
quella dolce ragazzina così beneducata e gentile.
Era orribile! Insopportabile!
Non ce la faceva più! Voleva scappare da tutto questo! Voleva
andarsene!
Il grido acuto della zombi gli
squarciò i timpani: non avrebbe avuto neppure il tempo di dirsi
finito.
“NON TI IMBAMBOLARE!”
Miracolosamente Inghilterra
era riuscito ad interporsi tra i due, usando una delle sedie come uno
scudo con cui distanziarla, come si faceva con le belve feroci al
circo.
Giappone intervenne allora di
nuovo: senza esitazione, roteando agilmente il bastone concatenò tre
duri colpi alla testa che respinsero Lily nuovamente oltre l'uscio
della porta, lasciandola per terra priva di sensi.
Poco dopo solo il respiro di
Italia regnava sovrano nel silenzio. Russia, America e Germania
avevano avuto ragione degli altri due zombi e si erano avvicinati.
“Pezzo di scemo! Vuoi
deciderti a difenderti?!” -lo stava rimbeccando Inghilterra.
“E-e-era... Era
Lily...”
“Si, e se non impari a sbattertene di chi è o chi
non è finirai anche tu come loro!”
“Ehi!” -lo fermò
Germania- “Smettila ora, non prendertela con lui: non è sempre
facile!”
Giappone, salvatore della
situazione, consolò Italia con una mano sulla spalla: troppo scosso
per rispondere a Inghilterra o domandare a Giappone come fosse
riuscito a fare quello che aveva fatto alla povera piccola Lily senza
la minima esitazione o rimorso. Domande sciocche in fondo: lo sapeva
che Giappone era un mastro se si trattava di celare i propri
sentimenti.
America intanto si era chinato
ad osservare lo zombi tramortito: sul braccio il vestito era lacerato
e la pelle al di sotto mostrava quella che sembrava una ferita di
striscio.
Fu solo un volo di fantasia il
suo, di sicuro favorito dalla sua passione per la drammaticità e il
pathos, e niente avrebbe potuto confermarlo, ma non riusciva a fare a
meno di visualizzare la scena; la scena in cui qualcuno, dotato anche
di buona mira aveva provato a spararle... e alla fine non ce l'aveva
fatta.
Germania intanto aveva preso
in disparte Arthur per aiutarlo a calmarsi, e per non farsi sentire
da Feliciano: “Quando saremo di fronte a qualcuno a cui terremo
veramente come a noi stessi, mi chiedo se anche noi non ci
bloccheremmo proprio come Italia.”
Russia invece, accertatosi
tutto fosse finito, non si era curato né di Lily né dell'ennesima
dimostrazione di codardia di Italia, ed era andato a prendere il
cappello di Norvegia, usarlo per pulire il tubo e poi metterselo in
tasca come uno straccio: “Su, andiamo: fatemi giusto raccogliere
qualche ricordino.” -si fermò a riflettere ad alta voce- “Vediamo,
ho i denti di Spagna, qualche capello strappato al codino di Cina,
una falange del dito di Lettonia... Che altro trofeo potrei prendere?
Oh, beh, non sono comunque prede pregiate queste qui...”
Così parlava tra sé e sé
come fosse da solo e non avesse ben cinque compagni ad ascoltarlo con
i brividi lungo la schiena!
“Per la miseria, quel tipo è
sempre più inquietante!” -sbottò Inghilterra, cercando di non
guardare troppo i resti malridotti di Norvegia e Islanda...
America provò a stemperare
con una risata, ma non gli uscì fuori troppo convinta: “Beh,
l'importante è che sfrutti il suo “talento” per la riuscita
della missione... Truculento ma per un bene superiore, no?”
Germania
allora si fece avanti per interrompere l'arrovellamento del sadico
gigante di ghiaccio: “Russia, lascia stare i ricordini, questo
posto non è sicuro: Norvegia e Islanda potrebbero essere saltati giù
dalle balaustre dei piani superiori, e altri potrebbero coglierci di
sorpresa allo stesso modo, togliamoci di qui.”
“Va bene!” -sorrise Ivan-
“Speriamo che i prossimi siano più interessanti!”
A quanto pareva, non c'era
solo America lì a prenderla come uno spasso!
“Andiamo, Inghilterra!”
-lo incoraggiò lui con una spintarella che lo fece traballare-
“Ricorda che sarà molto per merito suo se di questo passo
arriveremo all'obiettivo e salveremo tutti in un lampo!”
I sei imboccarono alla svelta
la direzione per la sala riunioni...
“Russiaaa...”
Ancora una volta una voce
melliflua, alle loro spalle, a chiamare uno di loro, ma stavolta non
era Francia.
Si voltarono, e tutti
strabuzzarono gli occhi, per poi puntarli proprio su loro fido
psicopatico.
A trascinarsi verso di loro,
con un sorriso tanto tenero quanto discordante e spaventoso in quella
circostanza, era una ragazza bionda, dal petto prosperoso e per
giunta armata di forcone, su cui poggiava il peso del suo passo
ondulante, tipico della trasformazione.
“Ucraina...” -mormorò a
fior di labbra Russia.
America si passò una mano
dietro il collo: brutta gatta da pelare, proprio il genere di
situazioni cui aveva accennato prima Germania insomma.
La ragazza
aveva le orbite e gli zigomi infossati, come uno scheletro, ma che
incastonavano ugualmente le une due bei placidi zaffiri, gli altri un
tenue sorriso.
“Ti ho trovato,
fratellino... Che bello...” -continuò lentamente ad avvicinarsi,
nascondendo dietro la gioia della sua voce appetiti famelici e
fratricidi.
Russia, finora sempre il primo
a gettarsi in ogni mischia, stavolta non muoveva un muscolo; né più
né meno di ciò che gli altri si sarebbero aspettati, era sua
sorella.
Germania si fece avanti per
primo: “Russia, ti capiamo benissimo, ci penseremo noi: cercheremo
di non essere troppo...”
<< SDONG! >>
?!?!?!?!?
Russia aveva appena messo KO
sua sorella con una tubata in testa!
La poverina era caduta di
piena faccia sul pavimento innanzi a lui, sotto gli occhi strabuzzati
degli altri cinque membri del team: erano diventati più pallidi
degli zombi!
“Fatto! Proseguiamo!” -li
spronò con gentilezza il grande Ivan.
“Ma-ma-ma-ma era tua
sorella, Russia!!!” -si strappò i capelli Inghilterra.
“U-un
briciolo di pietà...” -balbettò Italia.
Russia parve piccato che gli
si attribuisse così poca considerazione per sua sorella maggiore:
“Ehi, non avete visto che l'ho colpita in modo che cadesse in
avanti? Così il suo seno le ha ammortizzato il colpo.”
Persino America, fermo
sostenitore dell'importanza del pazzo omicida in un team anti-zombi
ebbe da ridire raggiustandosi gli occhiali sul punto di cadergli:
“Ehm, si, vero, ma non credo sia questo il punto, amico...”
Ivan
fece spallucce: “Si, va bene, era mia sorella, ma era pure uno
zombi: se non l'avessi fermata mi avrebbe attaccato... o avrebbe
attaccato voi. Era pur sempre una minaccia, e se noi siamo l'ultima
speranza per il mondo non possiamo certo rischiare: in fondo
combattiamo apposta per trovare una cura per lei e tutti gli altri,
no? Se ci mordono poi chi ci pensa? Le chiederò scusa più tardi,
ora andiamo.”
Decisamente russo da parte
sua: aveva fatto abbassare di qualche grado la temperatura attorno a
sé!
“Beh, se per te va bene...”
-fece Germania ancora un po' scosso- “Sarà meglio raccogliere il
suo forcone, ci sarà molto utile come arma.”
Germania accelerò il passo e
si portò col resto del gruppo. Si accorse però subito che proprio
Russia non li stava seguendo.
“Uh?”
Era ancora lì, immobile, a
fissare un altro dei corridoi del quadrivio.
“Russia? Che ti prende? Va
tutto bene?”
Non ricevendo risposta, gli si
avvicinò. Incuriositi, anche gli altri tornarono sui loro passi e
tutti presero a fissare nella stessa direzione.
Qualcosa, immersa nella folta
penombra del corridoio, stava venendo verso di loro. Non riuscivano
ancora a distinguerne le fattezze, ma il bagliore di una lama pungeva
i loro occhi ad ogni passo della misteriosa figura.
Non compresero
se non quando udirono la sua voce.
“Fratelloooneee...”
E già parve loro di scorgere
quel fiocco bianco, quel vestito blu, e quel suo ben noto
coltellaccio, ancor prima che la luce folle dei suoi occhi non-morti
finalmente fece saltar loro il cuore in gola. Nessuno degli zombi
visti finora parve loro tanto orribile e minaccioso.
Il viso di Russia, abituato
alla distaccata neutralità o alla sadica allegria, si deformò in
una maschera contrita d'angoscia dinanzi lo zombi-Bielorussia.
Era come se la paura, fino a
quel momento essa stessa timorosa di avvicinarsi a lui, avesse infine
deciso di manifestarsi nella forma più pura e tremenda che lui
potesse mai immaginare.
“Uh uh uh, fratellone...
Eccoti qui...”
Le rispose il rumore metallico
del tubo che cadeva a terra dalle mani tremolanti del fratello,
inerme e paralizzato.
“Vieni... Vieni dalla tua
amata sorellina...” -prese lei ad alzare il coltello...
Tutti fecero un passo
indietro, eccetto Russia, come fosse stato inchiodato a terra: le
labbra tremavano, gli occhi gli si inumidivano...
“Sarà bellissimo, vedrai!
Io e te... finalmente uniti... UNITI NELL'OLTREMORTE PER TUTTA
L'ETERNITÀ!!!”
Mai grido di Russia, né di
nessun altro, fu più forte.
Né mai lo si era mai visto
fuggire in quel modo, continuando a gridare fino a farsi scoppiare i
polmoni!
“VIENI, QUI, FRATELLONE!”
Gli altri si videro venire
addosso la zombi col fiocco con una tale, inaspettata, velocità che,
sgomenti, vennero raggiunti prima che potessero anche solo pensare di
reagire.
Si videro perduti, e alcuni di
loro chiusero gli occhi, ma quando li riaprirono, Bielorussia li
aveva ormai superati, dileguatasi in un lampo dietro il suo povero
fratello, lasciandoli lì, snobbati, ma vivi.
Per fortuna che anche da zombi
non aveva occhi che per lui!
Ai cinque rimasti nella
saletta sotto la cupola non restava che guardarsi tra loro mentre
riprendevano fiato ansimando.
“Anf... Anf... Ma che...
Qualcuno per favore vuole spiegarmi che cavolo è successo?!”
“Credo...” -azzardò
Germania- “Che abbiamo appena perso il nostro psicopatico,
America...”
“......”
Neanche il paio di pacche
sulle spalle che gli mollò riuscirono a farlo riprendere!
Con America imbambolato,
Ludwig raccolse da terra anche il tubo di Russia e fece segno agli
altri di proseguire.
Signore e signori, lettrici e
lettori, abbiamo una prima vittima! E penso proprio che sia l'ultima
che vi sareste aspettati! XD
In effetti si può dire che
questo sia stato un capitolo ricco di vittime illustri come avete
potuto vedere, ma certi avversari non sono certo da sottovalutare da
vivi, figurarsi da zombi! Mille scuse ai fan di Turchia, Lily e
Russia già che ci siamo...
Ebbene si, il potente e in apparenza
invincibile Ivan soccombe dinanzi l'orrore degli orrori,
zombi-Bielorussia (che spero abbia messo una fifa matta anche a voi!
XD), e i Sei dell'Apocalisse sono già ridotti di numero prima ancora
di recuperare l'agognato congegno... Come reagiranno a questo duro
colpo? Si riprenderanno o la loro sorte è sempre più segnata? Ai
prossimi capitoli per scoprirlo, cari lettori!
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Capitolo 6 *** Battaglia in sala riunioni ***
Ehilà a tutti, gente!
Sono
proprio di ottimo umore! ^__^ L'esame è andato alla grande, la vita
gira bene, l'ispirazione è tanta e questo capitolo sono riuscito a
scriverlo tutto in un giorno solo! Sono un grande! XD
Mi auguro anche a voi le cose
stiano andando bene ^__^ E che la risposta sia si o no, che possiate
trovare qualche minuto di piacevole distrazione dai problemi, relax e
brivido con la mia storia! Siete ancora tutti sconvolti dalla perdita
del povero Russia, vero? Il gruppo ne risentirà parecchio o ce la
faranno ugualmente? Nuove battaglie attendono i nostri superstiti,
accomodatevi e buona lettura!
Gli ultimi passi in vista
della sala riunioni furono contrassegnati da una apparente calma. La
maggior parte del gruppo aveva smesso di rimuginare su ciò che era
appena accaduto come si vuole dimenticare in fretta un brutto sogno;
con l'eccezione di America, che per tutto il tempo aveva continuato a
biascicare improperi tra sé e sé e menare qualche colpo di mazza
contro sedie, cestini, vasi per piante e altro di frangibile... E in
quel caso Germania aveva preferito lasciarlo fare, lasciarlo sfogare:
ci era rimasto davvero male per la faccenda di Russia. Quanto a loro,
avevano preferito distogliere la mente, rassegnarsi al fatto
compiuto, e concentrarsi sull'obiettivo ormai raggiunto.
Anche perché il pensiero che
da qualche parte lì fuori potesse adesso esserci uno zombi-Russia
era qualcosa di più apocalittico dell'apocalisse stessa nel cui
mezzo si trovavano...
Proprio allo scopo di
rilassarsi, oltre che di esercitarsi a ciò che era in arrivo,
Inghilterra procedeva giostrando e roteando il tubo di metallo dello
“scomparso” Ivan, dimostrando di avere un'abilità non sospettata
fino a quel momento: parate alte, medie e basse, contrattacchi,
rotazioni, e sempre mantenendo una forma elegante e raffinata.
“Complimenti, Inghilterra.”
-esternò ammirato Giappone- “Hai una tecnica sopraffina.”
“Sciocchezze!” -si schernì
lui, in realtà piacevolmente blandito- “Ho giusto seguito un corso
di bartitsu, la lotta col bastone da passeggio: dopo che Sherlock
Holmes ha sopraffatto Moriarty con essa, mi sono detto di non poter
non provarla anch'io!”
Fortuna voleva che la
lunghezza del tubo di Russia era appunto più o meno assimilabile a
quella di un bastone da passeggio, e Inghilterra si sentiva pronto a
far si che quel famigerato tubo, appartenuto al più sanguinario di
loro, si facesse ancora valere!
“Finora ho espresso il mio
contributo in altri modi all'infuori dal combattimento, ma ora che
l'organico si è ridotto è il momento mi dia da fare.”
“Giusto! Mi impegnerò
anch'io!” -fece Italia, a cui avevano affidato il forcone sottratto
ad Ucraina: brandendo quello, se non ad abbatterli, sarebbe almeno
riuscito a tenere gli zombi a debita distanza.
Feliciano sembrava d'un tratto
battagliero ed ottimista, forse in un tentativo di
auto-convincimento: “Dopotutto se ci pensate questo coso è come
una grande forchetta, quindi sono sicuro tra le mie mani sarà ancora
più potente!”
<< Considerato quanto
è stata potente la tua forchetta finora... >> -tenne per
sé il solito Inghilterra.
“Non doveva andare così!”
-li interruppe lo sbottare di America, che fino a quel momento aveva
trattenuto la propria frustrazione a fior di labbra.
“Andiamo, l'hai vista anche
tu: non potevamo fare niente...”
“Dannazione!” -si
scompigliò i capelli America- “Avevamo uno psicopatico omicida di
prima scelta come Russia e lo abbiamo perso così, da un momento
all'altro, da perfetti idioti! Ora come cavolo facciamo?! Che
disastro, era il nostro tank, il nostro mezzo di sfondamento!”
“Ce la caveremo anche senza
di lui: non abbiamo scelta.” -gli rispose semplice e conciso
Germania, molto meno drammatico del loro affranto leader.
“Non è possibile che Russia
sia... No, non è possibile infatti! Io mi fido di lui e della sua
bestiale potenza! Sono sicuro che sopravviverà e ci raggiungerà!”
Inghilterra si avvicinò
all'orecchio di Giappone: “Russia da solo... disarmato... contro
zombi-Bielorussia?”
Giappone ci rifletté un
attimo: “...... è spacciato.”
“Si, è spacciato.”
“Sigh, Russia... Come hai
potuto farmi questo? E tutti i bei momenti passati insieme a
maciullare morti viventi? Non significano niente? Dannazione...”
“Ve, povero America...”
-Italia, vedendolo uscire fuori di testa volle provare a consolarlo-
“America, forse possiamo farcela lo stesso: ci sei ancora tu che
sei molto forte e...”
“Ehi... è vero! Hai ragione! Io ci sono
ancora! Ah ah ah! Il vostro leader, il vostro campione, la vostra
ancora di salvezza è ancora qui! Quindi che avete da preoccuparvi,
sciocconi? Ah ah ah!”
<< Ma chi si sta
preoccupando?! Quello sei tu!!! >> -pensò all'unisono il
gruppo!
“Bella mossa, Italia...”
-si complimentò Germania, anche se involontaria: una bella
rigonfiatina al suo ego ed ecco che la perdita di Russia scompariva.
“Abbiamo subito un duro
colpo, ma andremo avanti! Dobbiamo solo riorganizzarci! Inghilterra,
tu che hai il suo tubo, ti promuovo nuovo psicopatico!”
“Oh,
che gioia...”
“Germania, dovrai ricoprire il doppio ruolo di
tipo tosto e di razionale antipatico: so di chiederti molto ma non
dubito che ce la farai!”
“......”
“E ora via, miei compagni!”
-urlò mettendosi in posa plastica con un piede su una macchinetta
del caffè rovesciata e l'indice rivolto coraggiosamente avanti a
loro- “Dritti alla meta!”
Inghilterra gli diede una
tubata sulle chiappe: “Chiudi il becco o ci sentiranno, cretino!”
“Vandalo! Hai interrotto il
mio momento eroico! Anche da psicopatico sei sempre un guastafeste,
Inghilterra!”
A quel punto Arthur pensò non
meritasse ulteriore corda: “Sigh... Muoviamoci...”
Il tanto agognato ingresso
della loro cara vecchia sala riunioni fu finalmente raggiunto: due
grandi portali in legno di ciliegio, ciascuno con una finestrella
rotonda di vetro colorato, che trovarono però in frantumi. L'uscio
era stato lasciato socchiuso.
America si incaricò di
spingere con cautela una delle porte e mostrare così a tutti lo
spettacolo di devastazione oltre di essa.
Sedie rovesciate o spezzate
dappertutto, le tende e bandiere strappate, quadri rovesciati,
chiazze di sangue sul pavimento e sull'enorme, lunghissimo tavolo che
percorreva il salone da un capo all'altro, fino agli alti finestroni
sul fondo, che davano sul giardino, ancora intatti. Il pavimento era
cosparso di penne, matite, fogli, borse e altri oggetti abbandonati
lì di fretta da chi aveva dovuto vedersela con l'esplosione della
furia zombi al suo epicentro. Una vista che faceva venir loro un
tuffo al cuore anche senza provare a immaginare la scena a cui aveva
fatto da macabro palcoscenico...
E non avevano ancora visto le
unghiate lasciate sul lato interno delle porte...
“Controllate che non ci sia
davvero nessuno.” -disse Germania- “Controllate sotto il tavolo.”
I loro passi echeggiarono
lenti dapprima, ma poi Giappone, dimentico di ogni cautela, alla
vista del suo congegno, corse a raggiungerlo come si corre dalla
propria amata: era davvero lì, l'origine di tutti i mali, il suo più
geniale successo e fallimento insieme, lì a portata delle sue mani,
che avide lo sollevarono dal tavolo e presero a rigirarlo e scrutarlo
impazienti.
“Perfetto! È intatto!”
“Yeah!” -esultò America
porgendogli il cinque, e anche un tipo posato come lui non riuscì a
contenersi per l'entusiasmo, schiacciando con tutte le sue forze.
Giappone tirò a sé una
sedia, mentre si levava un concerto di sospiri di sollievo: “Bene,
mettiamoci subito all'opera.”
“Riuscirai a modificarlo?”
-fece Inghilterra, portavoce delle ansie del team.
“Devo. È stata colpa mia
tutto questo, e io vi porrò rimedio, a qualunque costo!”
“Veramente è stata colpa di
America, dovrebbe rimediare lui...”
“Sto rimediando! Vi sto
guidando alla salvezza, no?” -ribatté, senza il minimo segno di
pentimento, il grande eroe.
Giappone si sgranchì per bene
le dita e poi il collo: “Italia, per favore, passami le
posate.”
“Ve! Cosa si mangia?”
“Le userò come arnesi per
modificare il mio congegno.”
“Oh... Eccole...” -gliele
porse un po' deluso...
Forchetta, coltello e
cucchiaio non potevano certo compararsi ai suoi sofisticati attrezzi
e strumentazioni, ma era tutto ciò che aveva: lì si sarebbe vista
la sua grandezza di inventore! Aprì il retro dell'apparecchio
zombificante, lo poggiò sul tavolo e prese ad armeggiarci con le
posate come su un branzino ai ferri.
Germania intanto osservava con
attenzione l'ambiente intorno a loro: nella stanza non avevano
trovato sorprese, il che non voleva dire non ne sarebbero arrivate.
La sala riunioni delle nazioni era dotata di un secondo ampio
ingresso, identico a quello da cui erano entrati, situato lungo la
medesima parete, per fare in modo da agevolare il fluire di tante
persone in entrata e in uscita. All'esterno poi le porte non erano
tra loro separate, ma davano entrambe sullo stesso spazio
semicircolare, quindi dall'una si poteva raggiungere poi velocemente
l'altra.
“Italia, socchiudi la porta
e mettiti lì di guardia.”
Feli batté i tacchi sull'attenti:
“Si, agli ordini!”
“Dovrei riuscire a
riconvertirlo, tutto quel che mi servirà per completarlo è un
campione di zombi.”
“Un campione di zombi?”
“Si, servirà alla macchina
per decodificare l'odore da risucchiare e annullare: è un po' come
coi vaccini, in cui usi frammenti di microrganismi per creare
immunità. Qualsiasi cosa andrà bene, anche solo un capello, un
brandello di carne...”
“Direi che non avremo
difficoltà a procurarcene, eh?” -ironizzò America.
Calò un silenzio non
concordato: erano nelle mani di Giappone al momento, quindi meglio
dargli modo di lavorare tranquillamente. Alfred attraversò,
guardandosi attorno, la sala devastata, fino ai grandi finestroni.
Vi poggiò una mano: “Ragazzi,
secondo voi gli zombi saranno usciti anche all'esterno?”
“Ora che ci penso...”
-fece Germania- “Finora tutte le volte che siamo passati vicino a
delle finestre, non ne ho mai visto uno, e voi?”
“Neanche io.” -rispose
Inghilterra- “Il che mi pare strano...”
“Probabilmente...”
-intervenne Giappone, senza distogliere un secondo l'attenzione e le
mani dal suo compito- “Se sono rimasti qui nell'edificio fino a
questo momento ci sarà un qualche motivo. E io sospetto che sia
perché qui dentro hanno trovato ancora di che alimentarsi...”
America deglutì: “Noi...”
“O
magari altri sopravvissuti...” -azzardò Giappone- “Ma se le cose
stanno così è un bene e un male per noi: è un bene che restino qui
dentro, in questo modo grazie al piano potranno essere tutti guariti
quando accenderemo il de-zombificante nell'impianto di areazione...
Ed è un male perché vuol dire che siamo le loro prede designate...”
-concluse incupendo la voce, mentre svitava qualcosa con la punta del
coltello e riannodava fili con la forchetta come fossero stati
spaghetti.
“E se semplicemente nelle
loro condizioni non fossero in grado di uscire?” -azzardò Arthur,
per una volta ottimista.
“Ne dubito, le loro
“condizioni” non sono poi così disastrose in fondo...” -scosse
il capo Giappone, sempre chino sulla scrivania- “E questo ci porta
ad un altro genere di considerazioni... America penso tu te ne sia
accorto: questi zombi non sono come quelli che abbiamo visto durante
la nostra nottata.”
“Direi proprio di si, sono
reali...” -rispose questi, ripulendo dal sangue la mazza- “A
parte questo cosa intendi?”
“Ve...”
“Gli zombi
del telefilm erano simili ad animali selvaggi guidati solo
dall'istinto di nutrirsi: gli altri che sono stati trasformati invece
parlano, conservano tracce del loro carattere, si riuniscono...”
Da
esperto di zombi, Alfred ci arrivò in un lampo: “Sono
intelligenti...”
In altre parole, zombi di un
livello di difficoltà superiore, i peggiori con cui potessero avere
a che fare.
“Quando ci hanno
circondato... O quando prima Norvegia e Islanda ci hanno attaccato di
sorpresa, sfruttando anche quel loro uccello come diversivo...”
-continuò a riflettere America- “Sembrava proprio si fossero
appostati lì in attesa. Sono in grado di studiare piani contro di
noi e metterli in atto.”
“Ehm, gente...”
Giappone annuì: “Fossero
stati come nel telefilm sarebbe stato molto più semplice, ma stando
così le cose, dobbiamo stare attentissimi: siamo il loro obiettivo,
e se non ci sbrighiamo, potrebbero addirittura coalizzarsi tutti
contro di noi...”
“R-r-ragazzi!”
Germania, finora assorto ad
ascoltare, si accorse finalmente di Italia.
“S-stanno arrivando...”
“Quanti ne sono?” -scattò
verso di lui.
“T-tanti...”
Ludwig pose l'occhio nella
fessura tra le porte e sbiancò: verso di loro non stava arrivando
uno dei soliti gruppetti sparuti, ma un'intera torma di zombi, tanto
numerosi da riempire tutto il corridoio! Vari di loro, tra cui Spagna
e Olanda, già affrontati prima e di nuovo in piedi, come nulla fosse
successo!
“Dannazione!”
“B-b-barrichiamo la porta?”
-balbettò Italia poggiando alla rinfusa delle sedie davanti le
maniglie.
“No, sarebbe inutile!” -lo fermò Ludwig- “Sono
troppi e se bloccano anche l'altra porta saremo in trappola! Dobbiamo
andarcene!”
America diede una scossa a
Giappone: “Forza amico! Dobbiamo levare le tende!”
“Aspetta, ci sono molto
vicino, non interrompetemi...” -ribatté Kiku, come non avesse
compreso o non gli importasse affatto della situazione.
“Non c'è tempo!” -gridò
Germania- “Se non usciamo subito ci...”
“Ve! Germania! Si
sono fermati!”
“Cosa?”
Strabiliato più che sollevato
corse a vedere: sembrava essersi formata una specie di ressa, vari
zombi erano finiti a terra e altri continuavano ad
inciampare.
“F-forse nella folla qualcuno è caduto e ha
trascinato gli altri?”
“Non lo so, ma non importa!
Approfittiamone!”
“Fatemi lavorare, posso
farcela...”
Inghilterra si unì ad America, tirando l'ostinato
Giappone per una spalla: “Presto, muoviti! Dobbiamo uscire di qui
prima che...”
Col rumore assordante come di
uno scoppio, il secondo ingresso, la loro via di fuga, si era
spalancato di colpo, e un altro gruppo di zombi aveva invaso la sala
riunioni. Anche in questo caso, vecchie conoscenze...
“Ah ah ah! Russia, sei
nostro!” -rise malvagiamente zombi-Lettonia davanti agli altri due
fratelli- “Prima ci hai colto di sorpresa ma porteremo a termine la
mia... la nostra vendetta!”
“Siamo tornati con i
rinforzi!” -strinse il pugno zombi-Estonia.
“Che sarei io, tipo! -si
fece avanti zombi-Polonia, che aveva di buon grado accettato di dar
loro una mano, malgrado già gli mancasse il naso...
“Spiacente ragazzi, arrivate
tardi, Russia non è più con noi.” -fece spallucce America.
“C-c-cosa?!”
“Non sappiamo che fine abbia
fatto, ma l'ultima volta che l'abbiamo visto zombi-Bielorussia gli
stava alle costole...”
<< È SPACCIATO!!!
>> -rabbrividirono i quattro zombi!
Zombi-Lettonia si accasciò a
terra afflitto, consolato dai fratelli: “Sigh! Non è giusto!
Potevamo prenderci la rivincita...”
“Che disdetta, tipo...”
“Siamo davvero spiacenti,
ragazzi, e detto questo... ADDOSSO!” -lanciò il grido di battaglia
il leader dei Sei, ora Cinque!
Anziché però fomentare il
coraggio dei suoi, al suo grido, venne avanti un altro possente
avversario, il quale, mosso dall'ira, spintonò via i poveri baltici
per farsi avanti!
“Inghilterra!” -ruggì
zombi-Australia, temibile come sempre- “La pagherai per aver
scaricato il mio koala nel gabinetto!”
Appena ebbe finito di parlare,
prima ancora che Arthur si schierasse in guardia con la sua nuova
arma, il suo unico occhio gli cadde dall'orbita.
“... Quando ho dovuto
sturarmi la faccia è venuto via e non riesco più a rimetterlo a
posto come si deve! Sigh!” -imprecò il poveretto iniziando a
tastare a terra alla cieca.
Terminato lo sconforto e le
chiacchiere, gli zombi si fecero tutti addosso, gemendo e ringhiando!
Dovevano abbatterli alla svelta: c'era un'intera orda di zombi
diretta verso di loro, e per esperienza sapevano che non erano poi
così lenti...
Germania, sull'esempio di
Inghilterra poco prima, afferrò una delle grosse sedie di legno e
con essa stroncò l'impeto di zombi-Estonia, cercando di tenerlo a
distanza: “Italia! Proteggi, Giappone!”
“Ve! Giappone, presto! Sotto
il tavolo!”
Nemmeno mentre l'aveva
afferrato e tirato giù Giappone aveva smesso di lavorare al
congegno! Ammirabile esempio di abnegazione nipponica...
“Mmm, ancora un po'...”
Italia deglutì e, stringendo
la presa sudaticcia sul forcone, prese ad osservare il furioso via
vai di gambe che poteva osservare dal loro nascondiglio.
“Trovato!” -esultò
zombi-Australia restituendosi la vista- “E adesso...”
Ruggì, ma subito si ritrovò
a scansare di poco un pesante colpo di mazza da baseball.
“Ho un conto in sospeso con
te!” -rise il gagliardo America!
Feliciano continuava a tenere
un occhio su Giappone (imperturbabile come si trovasse nel salotto di
casa propria) e un occhio alla lotta che infuriava, mentre le sue
orecchie venivano deliziate da grida, colpi, e fragore di frantumi.
Avrebbe voluto sporgersi e
vedere come se la stavano cavando gli altri, ma quei suoni poco
promettenti ogni volta lo facevano ritrarre come una tartaruga nel
proprio guscio.
“Veee, Giappone, ti prego,
cerca di sbrigarti!”
“Ci sono quasi! Guarda che è
difficile lavorare su simili apparecchiature con forchetta e
coltello, sai?”
“S-scusa...”
Intanto il grande escluso dai
combattimenti fino a quel momento riguadagnava il terreno perduto. Il
leone inglese, castigava con colpi rapidi e precisi qualsiasi parte
del corpo Lituania e Lettonia lasciassero scoperti nei loro attacchi.
Arrivato il momento, prese l'iniziativa e li abbatté uno dopo
l'altro, che quei due quasi rimpiansero che a maneggiare quel tubo
non ci fosse Russia!
“Umpf!” -si
autocompiacque, immaginandosi simile a uno dei suoi idoli!
“Bene! Ho quasi fatto!”
-Giappone poggiò a terra le posate- “Ora per completare la
riconversione però avrei bisogno di quel campione!”
Italia sobbalzò ad un rumore
sordo, ma era solo il corpo di Polonia che si abbatteva un po' più
in là pesantemente al suolo, a faccia in giù.
Con un decisione rapida,
agguantò forchetta e coltello e strisciò sui gomiti fino a lui:
notò che i suoi pantaloni avevano un piccolo strappo sul sedere...
“AHIO!” -si ridestò
zombi-Polonia sentendo un tipo di denti diverso affondargli nelle
chiappe!
“Ma insomma, mi hai preso
per un filetto, tipo? Non è mica così che funziona! Siamo noi zombi
che vi vogliamo mangiare, non il contrario!”
“Scu-scusami
tanto!”
Preso però ciò che gli
serviva, Italia gattonò nuovamente a velocità supersonica fino a
Giappone.
“Ve! Ecco qua!”
“Perfetto!” -esultò
Giappone, mettendo il pezzetto di sedere di Polonia dentro la
macchina e richiudendola.
Premette il pulsante e una
luce, da rossa, si fece verde; un istante dopo l'apparecchio sbuffò
una nuvoletta viola a forma di teschio che però, a mezz'aria, si
schiarì e si scompose in tante nuvolette più piccole a forma di
fiorellini.
“Ottimo! Riconversione
completata!”
“Veee!”
Il forcone sarà stato pure
una specie di forchetta gigante, ma alla fine era sempre con le vere
forchette e col coltello che Italia dimostrava tutta la sua bravura!
“Ragazzi?” -chiamò-
“Com'è la situazione?”
“Potete uscire, via libera!”
Non avrebbe voluto sentire
nulla di più bello!
Italia e Giappone uscirono da
sotto il tavolo: tutti gli zombi erano stati messi ko!
“Il congegno?”
“Tutto
a posto! Non ci resta che salire sul tetto e attivarlo!”
Germania si lasciò andare a
un sorriso liberatorio: “Bene! Allora sbrighiamoci, prima che la
via venga di nuovo bloccata.”
“Umpf, se anche la bloccano
la riapriremo!” -fece roteare il tubo Inghilterra, piacevolmente
pieno di adrenalina- “Non pensavo di cavarmela così bene, in
effetti dare una bella lezione a quegli schifosi non-morti è
stato... soddisfacente! Ora un po' ti capisco, America!”
“Eh eh eh!”
Fate largo zombi, pensò, il
“Vecchio Pirata” è entrato in azione!
<< CHOMP! >>
“......”
Inghilterra (non solo lui)
ebbe una sensazione di dejà-vu.
Gli ricordò molto Francia il
modo in cui piano aveva girato la testa per notare che il suo braccio
era stato appena morso da uno zombi con gli occhiali, i capelli
biondi e una felpa rossa.
“Ciao!”
“AAAAAAAAAAAAAARGH!”
“Oh, no!
Inghilterra!”
“M-m-m-ma da dove sei spuntato?!?!?”
“C'ero fin dall'inizio, sono
entrato con gli altri!” -sorrise lo zombi- “Solo che nessuno mi
ha notato...”
America rabbrividì: “Uno zombi con
l'invisibilità! È terribile!”
“No, è solo Canada...”
-chiarì Germania.
Proprio quando tutto sembrava
finito, proprio quando la gioia era calata a sollevarli dal loro
fardello di stanchezza e paura, la tragedia era piombata su di loro
come un fulmine a ciel sereno, come uno schizzo di sciroppo d'acero
sulla camicia nuova.
Canada l'invisibile aveva
colpito!
“AAAAAARGH!” -Inghilterra
lo castigò pestandolo selvaggiamente, dimenticandosi ogni
raffinatezza da bartitsu!
“Nononononononono! NO!”
-ripeté a raffica, strappando un pezzo della camicia rosa di
Polonia...
“Ehi! Ancora, tipo? Tutti che vogliono un pezzo di
me...”
Se lo legò ben stretto
intorno al braccio morso, come un laccio emostatico, per poi prendere
un bel respiro e cercare di mostrarsi agli altri col contegno che gli
era solito: “Bene... Sto bene... Possiamo andare...”
“Inghilterra... sei stato
morso...”
“Si, ma questo nodo
bloccherà il veleno-zombi o quello che è!” -sorrise, ma parve più
una smorfia.
“......”
“Urgh! Io... non mi trasformerò in
uno zombi bavoso come quelli là! Gnnn! Il mio... orgoglio di vero
gentleman me lo impedisce! Io sono il Leone, il Vecchio Pirata,
l'Hooligans, presidente onorario del fan-club dei Beatles e di quello
degli Who! Non diventerò un fetente morto-vivente... MAI!”
“Incredibile, sta davvero
resistendo alla trasformazione...”
Ammirevole invero: era un po'
anemico, sudaticcio e tremava tutto, ma indubbiamente sembrava essere
ancora in sé!
“Non... sottovalutate... il
mio... orgoglio da gentleman!”
“Cavoli, Inghilterra, sei
grandioso!” -si complimentò America- “Ti darei la mano se
potessi essere certo non me la staccherai! Eh eh eh!”
“CHE
CAVOLO RIDI?! È tutta colpa tua se è successo, maledettissimo...”
Il male tornò a bussare, e lo
fece in maniera oltremodo insistente e maleducata. La porta da cui
erano entrati, sommariamente bloccata da Italia, cedette di schianto,
ma nessuno a quel punto volle restare fermo a guardare cosa stava per
entrare.
“VIA! L'ALTRA PORTA!”
All'urlo di Germania tutti
misero le ali ai piedi...
“Ugh! Gn!”
Tranne Inghilterra, che
sentiva le gambe terribilmente pesanti e finì presto in coda al
gruppo.
Appena fuori la porta
avrebbero dovuto imboccare il corridoio, ma disgraziatamente una
parte degli zombi, anziché affollarsi sull'altra porta, aveva già
preso a tagliare per lo spazio fuori la sala verso quella da cui
stavano uscendo, piombando loro addosso da sinistra.
“Oh, no!”
“Urgh!”
Mai! Il suo orgoglio di
gentleman non avrebbe permesso nemmeno che tutto finisse lì, ora che
si erano avvicinati di un passo alla riuscita della loro missione!
Le sue gambe pesanti, spinte
da quanta forza di volontà aveva in corpo, lo lanciarono con
violenta determinazione dritte contro quello spaventoso muro di
fauci.
Fu solo un istante prima di
venire sopraffatto e abbattuto a terra faccia in giù; sentì morsi
su morsi chiudersi sulle sue carni ed ebbe chiaro che, stavolta, non
c'era forza di volontà che sarebbe bastata...
“Uh uh uh, ciao
Inghilterra!” -lo salutò Francia, tra i tanti a schiacciarlo al
suolo!
“Urgh! Di tutti proprio tu,
dannazione!”
I suoi amici, scioccati, erano
rimasti impalati a vederli banchettare col suo corpo, afflitti,
increduli di come tutto sembrava luminoso un attimo prima e ora
stesse ripiombando nell'oscurità. Maledette leggi degli horror!
“I-Inghilterra...”
“VIA!
ANDATE VIA!”
Germania doveva tener fede al
suo ruolo di risolutezza di quel gruppo di disperati: concesse solo
un istante al povero Arthur il suo sguardo pieno d'ammirazione, per
poi risvegliare dal torpore Italia e Giappone, sotto shock, con forti
spinte.
“Muovetevi! Dobbiamo
andarcene!”
America non si mosse però.
Non ancora, si disse. Doveva fissare quella scena orrenda nei suoi
occhi e nella sua mente, affinché gli desse la rabbia e la forza di
andare avanti. Giurò che il sacrificio di Inghilterra non sarebbe
stato vano.
“Ti vendicherò,
Inghilterra, vedrai!”
“Ugh... Gn... America...”
-cercò di parlare la portata principale di quel orrido banchetto-
“Ci sono giusto un paio di cose che vorrei dirti... Agh!”
“Dimmi!” -lo pregò,
pronto ad accogliere le sue ultime parole!
“Primo: quello che sta
succedendo è tutta colpa tua e nessuno mi convincerà mai dal
contrario! E secondo: tra tutti gli eroi del cavolo al mondo tu sei
sicuramente quello più GROAAAAAAARGH!”
Si decise infine a correre
via, prima che qualche zombi volesse fare di lui il contorno.
“Anf! Anf! Ehi, ragazzi...”
-li chiamò mentre li raggiungeva a tutta velocità- “Inghilterra
mi ha appena detto che sono l'eroe più << GROARGH! >>
di tutti! Secondo voi è un nuovo tipo di complimento?”
Gli
rispose un coro: “STA ZITTO E CORRI!!!!”
Sazi, gli zombi iniziarono ad
alzarsi da terra, racchiudendo in cerchio i resti del loro spuntino.
Lentamente, nelle gambe scarnificate prese a fluire una nuova forza
che rimise in piedi il corpo di un nuovo zombi appena nato.
Da quel cerchio, Arthur si
alzò e risorse, lui e non più lui, e con una fame sacrilega e
incontrollabile.
Digrignò i denti e ringhiò
come fosse poco più che una bestia!
“Uh, che alito! Hai di nuovo
mangiato scones per colazione?”
“......”
Zombi-Francia sospirando
premuroso frugò nella tasca: la sua boccetta di profumo era
sopravvissuta intatta a quell'ecatombe!
“Su, apri la bocca, una
spruzzata o due ti faranno bene.”
“......”
Zombi-Inghilterra lo azzannò
al collo!
“AAAAAAAARGH! MA CHE FAI?!
Non dovresti invitarmi prima a cena?”
Lo morse ancora più forte!
“UAAAAAARGH! AIUTO! MA CHE
TI PRENDE?! GLI ZOMBI NON MANGIANO ALTRI ZOMBI! EHI! MOLLAMI!
AAAAAAAAAARGH!”
“GRRRRRRRRRR!”
Un'altra tragedia... La mente
razionale del gruppo sprofonda nel cieco, mostruoso oblio della
non-morte... Anche se Francia poteva evitare di istigarlo XD
Ma
quei due, vivi o non-morti, sono sempre i soliti, vero? ^__°
Ad un passo avanti del gruppo
fa da contrappeso questa nuova perdita... Tuttavia l'apparecchio di
Giappone è stato ritrovato e perfettamente modificato: riuscirà
America a guidare i compagni rimasti fino al tetto e porre fine a
questo massacro di nazioni innocenti?
Continuate a seguirmi! E buon
inizio d'estate! ^__°
PS: Ecco a voi qualche
informazione sul “Bartitsu”, lo stile di lotta che ha adoperato
Arthur! >>> https://it.wikipedia.org/wiki/Bartitsu
|
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Capitolo 7 *** L'attesa dell'orrore, l'orrore in attesa ***
Ehilà, cari lettori! Eccoci
ritrovati ancora una volta al nostro appuntamento col brivido, la
violenza, l'avventura e le grasse risate! XD
Mi auguro che questa fanfic vi
stia donando tutto ciò e vi stia accompagnando alla grande mentre
inizia la più grandiosa delle stagioni! *__*
Godetevela almeno voi che
potete, io devo riservarne una bella fetta allo studio T__T Infatti
come avete notato questo capitolo si è fatto attendere un po' di più
e mi sa sarà così d'ora in poi...
Ma bando alla tristezza e alle
ciance! È ora di mostrarvi cosa ha sfornato la mia vena horror, in
particolare sono particolarmente contento del finale, ma poi mi
direte voi... Uh uh uh!
Buona lettura a tutti!
Dopo una corsa forsennata, e
ribaltata una scrivania contro le porte appena superate, le loro
membra stanche non avevano potuto trovare altra accoglienza che il
freddo pavimento, lì dove si erano fermati.
I loro cuori bussavano
violentemente sui loro petti, come a implorare di uscire per darsela
a gambe.
Era troppo, dovevano riposare,
dovevano, se volevano digerire quei due bocconi amari l'uno dietro
l'altro.
Anche nella disperazione del
suo folle ed eroico gesto, Inghilterra aveva avuto la lucidità di
pensare a loro: mentre si lanciava tra le fauci degli zombi aveva
lanciato il tubo di Russia, distintosi anche nelle sue mani seppur
per poco tempo, nella direzione in cui sarebbero fuggiti, dando modo
così a Germania di raccoglierlo al volo mentre si allontanavano. Ma
nessuno di loro non lo avrebbe scambiato volentieri per rivedere il
loro amico...
Russia era scomparso e
Inghilterra si era sacrificato per loro: le reazioni di ognuno
rispettavano i diversi caratteri del gruppo eterogeneo e ormai in
formato ridotto che erano.
“Al diavolo!” -sbatté a
terra il pugno America- “Che razza di eroe sono se permetto che i
membri del mio team vengano divorati uno ad uno?!”
“N-n-noi non saremo
divorati... v-vero?” -tremò Italia stringendosi al forcone.
“No,
Italia!” -si rialzò Alfred, sbraitando come non avesse il fiatone-
“Adesso mettiamo fine a questa storia una volta per tutte!”
“Ma
tu non eri quello che si stava divertendo?” -lo rintuzzò Germania.
“Si, ma... Sigh! Che senso
ha se non c'è Inghilterra a guardarmi e rimproverarmi? Sigh! Non è
più divertente così! Inghilterra... mi manchi già!”
<< Che tenero! >>
-pensarono gli altri con gli occhioni luccicanti!
“Perciò alzate quelle
chiappe e saliamo su quel dannato tetto!”
La voce di Germania arrivò
come ad acchiapparlo per la collottola, prima si lanciasse nuovamente
all'assalto: “Aspetta, America, capisco la tua rabbia, ma dobbiamo
prima riprenderci! Siamo tutti esausti e soprattutto scossi per
proseguire...”
“E sia...” -si risedette e
addentò una barretta. Non aveva appetito, pensò che masticare
qualcosa avrebbe contenuto il suo nervosismo.
Ancora più preoccupante del
suo nervosismo però era il fatto che nemmeno Italia avesse
appetito... Giappone dovette pregarlo di dare almeno un morso di
lasagna, giusto per tenere alto il morale della truppa!
Kiku come sempre dava a vedere
le sue emozioni meno di tutti, ma dopo le prime vittime, l'entusiasmo
che lo aveva riscosso dal torpore della colpa era ormai scemato;
aveva lasciato il posto alla paura di poter vedere qualcun altro dei
suoi amici sparire e unirsi alle fila di coloro che volevano
affondare le zanne su di lui. Non voleva che succedesse, ma stava
facendo le mosse giuste affinché fosse così?
“Mi dispiace... Se solo vi
avessi dato retta anziché cercare di terminare il lavoro a tutti i
costi... Se fossimo fuggiti dalla sala... La colpa è tutta...”
Una gru che rispondeva al nome
di Alfred Jones lo sollevò fino a non fargli sentire la terra sotto
i piedi: “Non ricominciare tu! L'organico qui si è ridotto e non
mi serve un un altro pappamoscia!”
“Ehi!”
“Non farci
caso, Italia...”
“Quello di cui ho bisogno è di un Giappone
che spacca culi zombi a suon di bastonate e karate! Puoi darmi quello
di cui ho bisogno o no?”
“...... SI!”
Il grugno di America si
addolcì in un fiero sorriso, col quale rimise a terra un Giappone di
nuovo determinato! Soddisfatto della fighissima figura appena fatta,
il leader aveva altre parole d'incoraggiamento da elargire ai suoi
uomini!
“Ah, Italia, scusa se ti ho
dato di nuovo del pappamoscia: ti ho visto sai mentre tagliuzzavi le
chiappe di Polonia, è stato...”
Ad Italia si illuminò il
volto: “Coraggioso?”
“No, spassoso! Ah ah ah! Se
solo ci ripenso mi viene da ridere, ottimo per il morale in questo
bel casino! Ti promuovo da pappamoscia a comico del gruppo!
Contento?”
“Veee...” -mugugnò
oscurandosi dalla contentezza...
“Non farci caso, Italia...”
-si ripeté Germania, fissando poi il vuoto immerso nei suoi
pensieri.
Metà del piano in fondo era
andata, anche se a caro prezzo... Bisognava sperare che l'altra metà
non richiedesse un prezzo ancora più alto...
Anche se un gran bietolone,
America era forte e affidabile, e lo aveva dimostrato nel saper
gestire Giappone e i suoi cali di fiducia. Quanto ad Italia, sapeva
che nel profondo stava soffrendo più di tutti in quella situazione,
e per motivi che non centravano direttamente con gli zombi... Non
aveva nulla da dimostrare, avrebbe voluto dirgli, ma Italia, per quel
che potessero pensare gli altri aveva anche lui il suo orgoglio:
senza dir nulla, avrebbe continuato a proteggerlo e ad essere per lui
quello che America era per Giappone.
Questi intanto dava una
ricontrollatina al congegno: era robusto, ma con tutti quegli
sballottolamenti a cui sarebbe andato incontro in loro compagnia,
meglio assicurarsi restasse perfettamente funzionante.
“Siamo nell'ala ovest:
qualcuno ricorda dove si trovano le scale?” -chiese finito il
check-up.
“Io si.” -annuì Germania.
Già durante la marcia verso
la sala riunioni avevano deciso di evitare l'ascensore per
raggiungere i piani superiori: come tutti ben sanno, non bisogna mai
prenderlo durante incendi, terremoti o altre situazioni
d'emergenza... Figurarsi in una apocalisse zombi coi controfiocchi
come quella!
“Ottimo, facci strada!
Forza, muoviamoci, e mi raccomando, occhi aperti!”
“Si!”
Il gruppo si rischierò,
pronto ad affrontare qualsiasi cosa sulla loro strada, o quasi:
perché certe cose è davvero difficile aspettarsele... Non furono
però gli occhi, bensì le orecchie a metterli sull'attenti, qualche
passo dopo nella direzione indicata da Germania...
“Questa...”
“È musica?”
La voce di un pianoforte per
la precisione.
Scale e arpeggi rientravano a
pieno diritto tra le cose che non ti aspetteresti in una pandemia
zombi, ma quelle note non sarebbero state piacevoli da ascoltare
nemmeno in una situazione normale: al di là della perplessità che
suscitavano con il loro apparire improvviso, il tono era lento, teso,
carico d'angoscia, e riecheggiava nel silenzio venutosi ai creare
nella desolazione a cui si era ridotto il loro bel palazzo.
“Sarà un'allucinazione...”
-azzardò Alfred.
“Veramente la stiamo
sentendo tutti...” -deglutì Giappone.
“Allora è un allucinazione
collettiva! Voglio dire, quale tipo sano di mente in questo casino
allucinante si metterebbe a suonare il piano?”
“Q-questa musica mi fa
paura!”
Nessuna battutina, a voce alta
o sottesa, si levò in risposta ad Italia, perché nessuno poteva
smentirlo! Quell'inquietante apparizione sonora non era certo un
toccasana per il loro morale appena risollevato e mai così precario.
“Ehm, Germania, sei
sicurissimo che sia proprio questa la strada, vero? Sicuro
sicuro?”
“Si...”
“... Bene... Allora...
proseguiamo no?” -America però non sembrava più così ansioso di
procedere come a un attimo prima! Chi meglio di lui sapeva che quella
cosa faceva tanto film horror e sicuro non preannunciava nulla di
buono?
Guardinghi più che mai,
ascoltarono la triste melodia proseguire e farsi sempre più vicina.
Era come se ad ogni colpetto sui tasti dello strumento corrispondesse
un pizzico sui loro nervi tesissimi, come il brulichio di piccoli,
pestiferi insetti sulla loro pelle d'oca. Quei suoni acuti presero a
ricordar loro delle piccole grida, grida di terrore, come quelle che
quei muri attorno a loro avevano strozzato da quando era iniziato il
lungo giorno delle nazioni morte-viventi.
“S-s-sembra venga d-da
lì...” -si esibì America in una imitazione di Italia, indicando
di fronte a loro la porta della ludoteca.
“L-la porta è socchiusa...”
-fece notare Giappone.
Da essa vi fuoriusciva quella
musica misteriosa e una fosca penombra, interrotta
dall'intermittente, sinistro bagliore di una lampada mezza fulminata.
Quella melodia era come un
canto di sirene e loro i naufraghi con un appuntamento con l'ignoto.
“Ehm, gente, non è che
dobbiamo andare a controllare per forza, sapete?” -sorrise America,
paonazzo come un fantasma.
“Però...” -osò Italia,
ben coperto dalle spalle di Germania- “P-potrebbe anche essere
qualche sopravvissuto.”
Per quanto anche lui
desiderasse allontanarsi da lì il prima possibile, la coscienza di
Giappone gli impedì di non essere d'accordo: “In effetti... E se
fosse qualche disperato in cerca di aiuto?”
“E non poteva
mandare un sms, accidenti?! Con questo concerto mi ha fatto venire
una fifa del cavolo!” -si sfogò America!
“Potrebbe essere Austria:
l'ho fatto mettere lui il pianoforte in sala ludica.” -suggerì
Germania, mentre quel sottile spiraglio continuava a chiamarli con la
sua soave e macabra cantilena.
“Si, ma... Che “tipo” di
Austria sarà?”
“V-volete davvero andare a
controllare?”
“C-chi va avanti?”
“Decidiamo alla morra?”
“Ve,
America, tu sei il più coraggioso di noi, non dovresti...”
“CHIUDI
IL BECCO! Come comico non fai ridere affatto con certe battute!”
Il primo a scrollarsi il
piombo dai piedi fu Giappone, che accettò di andare primo a patto di
avere le spalle ben coperte: America, Italia e Germania gliele
stavano coprendo così bene, rintanati dietro di lui, che di fatto lo
stavano spingendo avanti nell'antro della bestia!
Giappone aprì lentamente la
porta con la punta del suo bastone e la sua testa fece capolino
insieme a quelle di tutti gli altri dietro di lui.
La ludoteca era stata messa
su, col contributo di ciascuno, come luogo di relax tra i loro mille
impegni di nazioni: nessuno avrebbe mai creduto sarebbe potuto
diventare così ansiogena! Era una stanza rettangolare, solitamente
luminosa, ma con le veneziane tirate giù era poca la luce che vi
filtrava, e la penombra era rotta dal lampeggiare di una delle
lampade, ronzante sopra le loro teste. Una delle comode poltroncine
era ribaltata, ma per il resto era tutto in perfetto ordine.
Il piano, a coda, si trovava
nell'angolo di sinistra, proprio accanto a uno dei finestroni chiusi
e oscurati. Il pianista, che proseguiva imperterrito nella sua
esibizione, dava loro le spalle ma dalla sagoma, la giacca blu e la
capigliatura era abbastanza riconoscibile.
Il gruppetto, serrato come una
testuggine, avanzò in punta di piedi e si arrestò a metà strada
tra la porta e il pianoforte. La melodia raggiunse il suo apice, la
sua massima tensione, e America non poté che ammettere che come
colonna sonora era tremendamente azzeccata.
“Saprà che siamo qui?”
-domandò sottovoce Giappone.
“Ho l'impressione di si...”
-preparò il tubo Germania.
“Perché non si gira?”
-chiese Italia, sollevando le punte tremolanti del suo forcone contro
l'ostinato musicista.
Il ritmo prese gradualmente a
rallentare...
America deglutì.
“Austria?”
-lo chiamò.
Le dita si fermarono su un
ultima acuta, cristallina nota.
Tutto parve congelarsi; poi
l'austera figura iniziò a girare il capo...
“AH AH!”
“UAAAAAAAAAAAAAAAARGH!”
-il cacofonico urlo di terrore dei quattro fece sobbalzare lo stesso
Austria!
Giappone ebbe un riflesso e
mollò un colpo di bastone sulla zucca di Alfred, e a Germania non
andò meglio, punto inavvertitamente sul sedere da Italia!
E intanto zombi-Prussia
continuava a ridersela!
“Allocchi! Siete caduti
nella nostra trappola! Preparatevi a finire male!”
Austria, rivelatosi zombi a
sua volta, si riaggiustò gli occhiali che avevano rischiato di
cadergli dal naso quando era sobbalzato: “Prussia...” -cercò di
tenersi posato per quanto possibile- “Quando si organizza una
trappola di solito non ci si preannuncia in questo modo, si attacca e
basta...”
“Tsk, si vede che non ci sai
proprio fare tu! Che senso ha se non sanno che a coglierli di
sorpresa e a divorarli è stato il magnifico me?”
“Tanto per cominciare non è
nemmeno più una sorpresa se te ne esci in quel modo...”
“Fratello...” -mormorò
Germania trovandosi davanti Gilbert coi vestiti laceri e due scie di
sangue colanti dalle orbite lunghe le guance.
A dispetto del suo sgomento
però, Prussia sembrava un po' occupato per corrispondere
all'attenzione che gli stava dando...
“Il piano è mio, no? Quindi
lo conduco come piace a me!”
“E io che ti do pure retta... Il
mio diversivo era da manuale, e tu hai rovinato tutto! Dovevi saltare
fuori alle loro spalle e morderli, e basta! Semplice, no?”
“Non sono mica uno zombi
vigliacco come te! Io non ho mica paura di loro, sono loro che
avranno troppa paura di me per reagire! Infatti guarda come sono
terrorizzati! Specialmente Italia!”
“Oh, per favore! Non ci
vuole niente a terrorizzare Italia...”
“EHI! LA VOGLIAMO FINIRE?!?”
-sbraitò il poveretto, mentre Germania si allontanava da un passo da
lui e dal forcone...
“La prossima volta fallo tu
quello che assale allora!”
“Come se tu sapessi orchestrare un
esca altrettanto efficace e inquietante a un tempo!”
“Inquietante? Ma chi diavolo
ha paura di un po' di musica inspiegabile in un palazzo devastato
dagli zombi?”
America alzò la mano.
“Se mi avessi spiegato che
intendevi questo non avrei mai accettato di prestarmi a questo tuo
ennesimo spettacolino per metterti in mostra!”
“Se tu facessi meno storie
staremo già banchettando con le loro carni!”
Austria si alzò furioso dallo
sgabello: “E se tu fossi meno megalomane ora non sarebbero in
guardia pronti a difendersi!”
“Credi che avranno qualche
chance contro il magnifico sottoscritto potenziato in zombi?”
“Avresti bisogno di un
potenziamento al cervello piuttosto!”
“Saccente di un damerino
rompiballe!”
“Colossale testa di cavolo!”
“......”
I quattro avevano assistito
all'intera discussione come si assiste a una partita di tennis.
L'imbarazzante silenzio che ne
era conseguito venne infine rotto dal suono della mano di Germania
che batteva sulla sua fronte: “Voi due siete cane e gatto pure da
zombi...”
“ADDOSSO!”
Al segnale di America, i due
vennero pestati, immobilizzati, rinchiusi dentro il pianoforte e per
finire, sollevato a forza di braccia il flipper, ce lo piazzarono
sopra in modo non potessero tirarsi fuori!
<< Fratello, fammi
uscire! Te lo assicuro, essere zombi è fighissimo, fidati!
>>
“Ehi! Io sono una vera autorità in ciò che è figo ed
essere zombi NON è figo!” -ribatté piccato America.
“Ti farò uscire... Quando
ti avremo reso nuovamente normale, insieme a tutti gli altri nostri
amici.”
Puoi giurarci che ci
riusciremo, aggiunse nella sua mente.
“Credete possa esserci
qualcosa di utile in questa stanza?” -si guardò intorno Giappone.
“Non saprei...” -Germania
fissò il bersaglio appeso alla parete- “Dubito che le freccette
farebbero loro un danno apprezzabile.”
“Qui c'è una tracolla!”
-la raccolse Italia dallo scaffale dei giochi di carte e di società-
“Possiamo usarla per trasportarci qualcosa e alleggerirci le
tasche.”
La voce squillante di Alfred
li fece girare: “Oh oh! Guardate che c'è qui, ragazzi! Questa è
la corda che abbiamo usato per il tiro alla fune all'ultimo picnic
dell'estate scorsa! Quella tracolla capita a fagiolo, possiamo
portarcela lì dentro!”
“Ma a che ci serve una
corda?” -chiese Italia porgendogliela.
“Ma come? Non lo sapete che
in tutte le avventure che si rispettino serve una corda?”
“No...” -echeggiarono i
tre.
“Fidatevi, se ci troviamo come un film, e così è stato
finora, ci tornerà utile prima o poi! Ah ah ah!”
Scrollarono le spalle: meglio
seguire i consigli dell'”esperto”, si dissero, che già che c'era
stava mettendo in saccoccia pure dei dadi, i bastoncini dello
shangai, un mazzo di carte e un pupazzetto con la testa
molleggiata...
Il gruppetto uscì così dalla
sala, con Italia per ultimo a socchiudere la porta, lasciando il
pianoforte solo soletto coi suoi due ospiti.
<< Direi che ci è
andata in maniera oserei dire... magnifica! >>
<< Ah, sta zitto! >>
“Bene, le scale sono lì in
fondo.”
“Yeah!”
Giappone tastò il borsello
preso ad Australia dove conservava il congegno modificato, come a
rassicurarsi, e, sorridendo, seguì gli altri.
Italia si avvicinò a
Germania: “Tutto a posto?” -chiese dopo qualche attimo di
indecisione.
“Se ti riferisci al fatto che ho appena visto mio
fratello zombificato attentare alle nostre vite, si, sto più o meno
bene.”
Italia sospirò: “Come ci
riesci? Al tuo posto io...”
“Sciocchezze, è ovvio che mi ha
fatto male, solo... Ammetterai che in quello stato non è sia stato
chissà che visione scioccante... Credo con altri intorno avrei fatto
finta di non conoscerlo...”
Italia ridacchiò e Germania
lo imitò quasi subito.
“Germania, sappi che farò
del mio meglio anche per Prussia!”
Non sapendo cosa dire, il
biondo lo ricompensò semplicemente con una pacca alla spalla.
“Umpf, ci conto, Italia.”
“C-certo! Assolutamente!”
America non perse l'occasione
di salire per primo il primo gradino: “Un piccolo passo per una
nazione, un grande passo per la salvezza dell'umanità!”
Giappone gli regalò un
modesto applauso.
“Coraggio, gente!” -alzò
il dito- “La strada adesso è tutta in discesa, o dovrei dire in
salita? Ah ah ah!”
“......”
“...
Andiamo!”
Freddure allucinanti a parte,
America aveva ragione: non era detto che non avrebbero fatto
spiacevoli incontri su quei gradini, ma quella era la via più breve
per il terzo piano: una volta lì, trovato l'accesso al tetto, tutto
sarebbe finito. Con un po' di fortuna, la scalata sarebbe stata la
loro ultima prova.
Gradino dopo gradino pregarono
silenziosamente che tutto andasse liscio, peccando forse di eccessiva
sicurezza o ottimismo: non immaginavano che nel loro lungo e aspro
percorso avevano commesso peccati ben peggiori che si sarebbero
trovati a dover espiare.
Due rampe dopo, i quattro
raggiunsero il pianerottolo del primo piano.
America, che
procedeva in testa, sollevò la mano libera per fermare gli altri,
che subito seguirono il suo sguardo sollevato.
Le scale per il secondo piano
erano appena di fronte a loro: in cima alla prima rampa una sagoma,
immobile, ad attenderli.
Il sole aveva iniziato a
calare e la sua luce d'arancio brillava dalle finestre alle sue
spalle, adombrandola e abbagliandoli.
“Quella è...”
“Ma come ci è arrivata
qui?"
La Lily che avevano lasciato tramortita in una stanza
del piano di sotto in qualche modo ora si parava dinanzi a loro,
sovrastandoli col suo sguardo fisso e vitreo, ancora graziosa quanto
temibile, consunta nei vestiti e nel corpo, che essi stessi avevano
contribuito a sfregiare con i segni delle percosse sulla piccola
fronte su cui ricadevano, disordinati, i suoi capelli paglierini.
Pur guardinghi, i
sopravvissuti erano più che altro immobilizzati dalla sorpresa,
confusi dal silenzio e dall'impassibilità della ragazzina zombi: non
faceva altro che guardarli, inespressiva, le piccole labbra
cianotiche appena un po' dischiuse, come in una trance che faceva
della sua un'apparizione quasi angosciante.
Venne naturale pensare li
stesse aspettando, e, ancora una volta a malincuore, erano pronti a
farsi strada con qualsiasi mezzo attraverso qualunque ostacolo.
Non sapevano però che non era
lei, che avevano trovato lì ad accoglierli, ad essere in attesa.
Un rumore di passi fece
aguzzare loro le orecchie, un istante dopo tutti alzarono ancora un
po' lo sguardo: stava arrivando qualcuno, scendendo le scale con
passo misurato.
“......”
L'apparizione
fu così tremenda che America non riuscì nemmeno ad imprecare, per
quanto lo desiderasse. Sarebbe stata un imprecazione di quelle da
manuale, di quelle della scena in cui tutto stava andando a
meraviglia e poi i protagonisti si ritrovano nel fango fino al collo
(per non dire di peggio...)!
Germania sgranò gli occhi e
prese a sudare freddo.
Apparvero lì in alto dapprima
i suoi stivali neri, poi la sua giubba verde, mancante di tutti i
bottoni e tormentata da segni di morsi, poi capelli dell'identico
colore di quelli di lei.
Giappone arrossì, rammentando
il suo comportamento con la piccola Liechtenstein, alquanto duro
anche se dettato dall'emergenza...
Italia si sentì svenire: non
era solo Svizzera inferocito; non era solo Svizzera in versione zombi
inferocito...
Era uno zombi-Svizzera
inferocito al quale avevano pestato la sorellina!
“Grrrrrr....”
La trasformazione gli dava un
aspetto decisamente meno altezzoso, curvandogli le spalle,
piegandogli le ginocchia e lasciandolo con le braccia penzoloni.
Peccato al termine di quelle
braccia, in apparenza flaccide come prive di vita, impugnasse due
pistole mitragliatrici Uzi!
Lo sguardo della piccola zombi
continuava a fissarli senza espressione né emozioni; quel che aveva
per loro era giusto una domanda.
“GRRRRRRRRRR!!!”
Davanti al ringhio digrignato
e gli occhi strabuzzati di suo fratello, più indemoniato che
zombificato...
Chi erano i veri morti lì?
America prese fiato: “OH,
PORC...”
Un urlo, e le cataratte dei
suoi mitra iniziarono a rovesciar loro addosso un diluvio universale
di piombo.
Ora ditemi, non è un finale
di capitolo terrificante? MUAHAHAHAHAH!
Quanto sognavo di scrivere
finalmente questa scena *__* Quando l'ho immaginata la prima volta mi
sono sentito gasatissimo, spero abbia gasato tanto anche voi!
L'ottimismo è bandito nel
mezzo di una apocalisse zombi: la via non è affatto in discesa,
anzi, sembra più in salita che mai ora! Potranno i nostri eroi
superare anche questo ostacolo armato fino ai denti? Continuate a
seguirmi! E buon proseguimento d'estate! ^___^
PS - Ecco le Uzi di Svizzera
XD: https://it.wikipedia.org/wiki/IMI_Uzi
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Capitolo 8 *** Un'insperata riunione ***
E rieccomi, cari lettori
estivi! Vi state godendo il caldo e la spensieratezza della bella
stagione? Fatelo anche per me allora! XD
Ma tra esami incombenti e
libri che non si trovano ho comunque tempo per pensare anche a voi,
contenti? ^__°
La comparsa del più
spaventoso Svizzera di tutti i tempi avrà fatto saltare dalla sedia
molti di voi: come potranno i nostri affrontare un ostacolo simile?
La vetta è tutt'altro che a portata di mano, e questa tragica
avventura riserverà ancora molte sorprese! Buona lettura a tutti!
I loro riflessi avrebbero
meritato una medaglia d'oro quel giorno.
Forse era stato solo il fatto
che la zombificazione gli avesse rallentato i movimenti se non erano
già ridotti a poltiglie bucherellate. Quale che fosse la ragione del
miracolo, erano tutti e quattro ancora illesi, nascosti come topi da
stanare alcuni gradini più in basso nella tromba delle scale,
acquattati al riparo dietro l'angolo della parete, che li celava alla
vista dalla sua posizione.
Più che acquattati
schiacciati, poiché come solo America provò a sollevarsi di un po'
sulle ginocchia per valutare la situazione, una sventagliata gli
ronzò a pochi centimetri dall'orecchio, scolpendo un altra decina di
buchi sul muro opposto.
“CAZZO!” -quando ci voleva
ci voleva.
I quattro strisciarono giù di
qualche altro gradino, mentre le raffiche sopra le loro teste non
conoscevano riposo e imbrattavano i loro capelli e vestiti con
polvere e calcinacci. Ancor più spaventose erano le urla di Svizzera
stesso, che riuscivano addirittura a coprire il frastuono delle sue
armi arroventate, ansiose di darsi alla pittura facendo schizzare le
loro cervella come solo avessero accennato a mostrare un mignolo.
“Italia, ricordi quando non
sei riuscito a reagire contro Lily?” -fece Giappone, che ancora
stringeva tra le mani, ora non senza imbarazzo, la mazza con cui le
aveva tumefatto la povera testolina- “Ecco, col senno di poi inizio
a pensare non fosse una mossa tanto sbagliata...”
“Svizzera se solo ti vede
parlarle ti riempie di occhiatacce, e noi l'abbiamo addirittura...
Sigh! Ci distruggerà! Ci annienterà!” -piagnucolò Italia con la
testa tra le mani.
Non vale, pensò America, a
loro le mazze da baseball e le forchette e a lui le mitragliatrici!
Certi zombi non avevano il senso della sportività, e nemmeno della
misura considerato il volume di piombo che pioveva loro addosso!
Indispettito, gli tirò contro i dadi che aveva raccolto in ludoteca
e una bottiglietta d'acqua mezza vuota (non proprio granché come
munizioni...), ma naturalmente non si sporse a controllare i
risultati del gesto, mentre già sibilava sopra la sua testa una
nuova raffica.
“Che demonio! Ma prima o poi
li finirà i proiettili, no?”
Germania strinse i denti: “Stiamo
parlando di Svizzera: per quanto ne sappiamo potrebbe avere addosso
un intero arsenale!”
“Maledizione, non possiamo
salire un gradino di più!”
“Ci tiene completamente
bloccati qui, come facciamo ad salire ai piani superiori?”
“Bel problema...”
“Q-q-questo non è l'unico
problema!” -balbettò Italia tirando un paio di loro per i vestiti,
spingendoli a guardare in basso.
Ai piedi delle scale su cui si
trovavano era appena apparsa una figura avvolta in un mantello nero
con una bombetta sulla testa. Con le proprie sembianze così celate,
la misteriosa figura si arrestò ai piedi del primo gradino, e, senza
svelarsi, fece udire la sua profonda, malvagia risata, da pelle
d'oca.
“Uh uh uh, tremate, o misere
creature del giorno! Tremate dinanzi a un orrore come non l'avete mai
visto! Una creatura due volte più tenebrosa e maligna di quanto non
già fosse! Dall'unione di due delle più grandi paure dell'uomo,
giunge ecco a voi...”
Con drammaticità, aprì il
mantello con una gesto ampio e teatrale quanto il suo modo di
parlare!
Ed eccolo in tutta la sua nobiltà e il suo potenziato
pallore: “Il conte Romania! Lo zombi-vampiro! Rabbrividite,
mortali! MUAHAHAHAHAHAHAH!
“......”
Dall'alto una scarica di
mitraglietta fu l'unica risposta che gli giunse.
“... EHI! Ma perché non
rabbrividite?!” -gemette deluso il povero conte.
America scrollò
le spalle: “Oh, sai com'è, abbiamo a che fare con cose peggiori al
momento...” -indicò col pollice alle sue spalle.
“E abbiamo già visto altre
cose peggiori, suppongo...” -accennò Germania alla
zombi-Bielorussia, e tutti annuirono.
“Ma-ma-ma... Sono uno
zombi-vampiro, credevo...”
“Dai, Romania, non te la
prendere, per me resti sempre spaventoso.” -gli sorrise gentilmente
Italia... Cosa che gli fece ancora più male! Altro che farli morire
di terrore!
“Sigh!” -Romania si
accasciò in una depressione cupa come il letto-bara dove dormiva la
notte- “Il mio povero orgoglio di creatura delle tenebre...”
“Su su, la concorrenza è
spietata da queste parti.” -lo tirò su anche America.
“Ah, si?” -ebbe allora un
moto di reazione il conte- “Beh, lo vedremo! Anzi, lo vedrete!
Adesso vi faccio vedere cosa è in grado di fare un vampiro-zombi di
prima classe! Imparerete che vuol dire doppia razione di spaventi e
di morsi! Eccomi che arrivo!”
Facendo echeggiare la sua
terribile risata e aprendo il mantello come le ali di un pipistrello,
lo zombi-vampiro-Romania prese a saltellare su per i gradini verso di
loro!
In quel frangente, i quattro
un po' di paura la ebbero... Ma ne bastò uno solo di loro, Giappone,
che coordinatosi coi movimenti della creatura delle tenebre che
saliva, scese due gradini per venirgli incontro, e mollò un calcio
laterale con perfetto tempismo che lo prese all'addome scagliandolo
prima in aria e poi giù per le scale, sui cui freddi e durissimi
gradini di marmo rotolò giù con rumore d'ossa rotte, presentandosi
infine al pavimento come una poltiglia dolente avvolta in un mantello
nero.
“Oh oh, tostissimo,
Giappone!” -esultò America.
Germania però non riusciva ad
essere altrettanto allegro: “Potrebbero... Anzi, di sicuro ne
arriveranno altri.”
Aveva ragione: se non
riuscivano a sentire i loro gemiti e i loro passi pesanti avvicinarsi
era per i proiettili che continuavano a piovere sopra di loro!
“Veee, ma allora che facciamo?!”
Scappare finché erano in
tempo? Ma ci erano andati così vicini. Il loro leader si mordeva le
labbra al pensiero che sarebbe bastato aprirsi un varco davanti a sé
in quale modo, qualunque modo, per mettere la parola fine a quel
massacro. Cosa non avrebbe dato pur di sapere come fare.
“Forse se provassimo a far
ragionare Svi...”
America si morse la lingua e
si turò le orecchie all'arrivo di un'altra raffica, seguita da un
urlo d'ira mostruoso e ancora più forte!
“Scusate, lo so, era
una cavolata...”
Parlamentare con una belva
inferocita dal desiderio di vendetta... Per chiedere cosa poi? Che
posasse i mitra e provasse ad azzannarli da bravo, classico zombi?
Non aveva niente a che vedere con i pesci piccoli pestati a
ripetizione fino a quel momento: Svizzera, nella sua “Classificazione
Alfred Jones degli zombi” era
decisamente un “boss di fine livello”, di quelli grossi, brutti e
cattivi che ti tengono inchiodato giorni a perdere vite su vite
maledicendo la console; sfortunatamente nella vita reale ne bastava
perderne una per essere fuori dai giochi... definitivamente...
“Ragazzi!”
Il
grido di Italia lo ridestò: gli zombi erano arrivati e stavano
iniziando ad assembrarsi ai piedi delle scale, tagliando loro la via
della fuga: di certo era stato proprio il frastuono che proveniva da
lì a farli accorrere.
“Aru...”
-lo zombi-Cina, preoccupato, diede una scossetta all'indolenzita
marmellata di conte-zombi-vampiro lì per terra, il cui mantello
sembrava più un pietoso sudario per coprire il suo stato indecente-
“Tutto a posto?”
La
cadaverica mano di zombi-Romania, tremante, uscì dal mantello e
indicò i quattro: “Mangiateli crudi!”
“Aru!”
Il
che veniva anche senza dirlo...
“Se
non possiamo vendicarci di Russia, allora ci vendicheremo di coloro
che se lo sono perso e ci hanno impedito di vendicarci di lui!”
-proclamò zombi-Lettonia
“Si!”
“All'attacco!”
“Fate
attenzione!” -incitò gli altri Germania mettendosi in guardia e
piantando i piedi sui gradini- “Dobbiamo resistere!”
Alfred
e Feli gli si affiancarono per formare come una falange. Per fortuna
avevano a disposizione un arma a più ampio raggio con cui
rallentarli: mulinando e spingendo minacciosamente avanti le punte
del suo forcone, anche se con fare incerto, Italia riusciva a
rallentare l'impeto degli zombi in arrivo, rendendoli meno famelici e
più guardinghi. Potevano anche essere morti ambulanti adesso ma
essere pestati o infilzati faceva lo stesso un male cane, e alcuni di
loro già lo avevano provato sulla propria fredda, marcia pelle!
“I-indietro!”
-intimò Italia non riuscendo per poco a graffiare il naso di
zombi-Spagna che indietreggiò.
Provò
ad approfittarne zombi-Thailandia per lanciarsi avanti con più
slancio, ma venne rispedito al mittente con parecchi denti di meno e
un paio di occhiali ormai da buttare da una tubata di Germania in
pieno volto. Ma per tenersi pronto ad un nuovo assalto, il biondo
indietreggiò cautamente salendo due gradini, ma ciò che
l'adrenalina gli aveva fatto dimenticare glielo fecero ricordare il
frastuono degli spari, e dei calcinacci che gli schizzarono
nell'occhio destro, accecandolo.
“Fate
attenzione! Non salite di un passo!” -gridò Giappone.
America
volle provare ad imitare l'amico asiatico, menando un calcio frontale
allo stomaco di zombi-Lituania: molta meno perfezione tecnica nel
gesto, ma decisamente altrettanta violenza ed efficacia. Lo zombi
appena colpito infatti si trascinò dietro i fratelli e gli altri che
sopraggiungevano per attaccare, innescando una rovinosa caduta a
catena (di cui fece le spese il povero zombi-Romania che si era
appena rialzato...).
“Germania,
stai bene?”
“Si,
Italia... Sto bene...” -si rialzò con gran sollievo, pulendosi
l'occhio.
Così
non sarebbero andati da nessuna parte, e restare lì voleva dire
essere spacciati. Giappone, miracolosamente ancora lucido, rifletteva
con sconfortante realismo sulla loro situazione disperata. Piuttosto
che aprirsi con le unghie e con i denti un varco in quel muro di
zombi, per giunta nello stresso passaggio della scala, ragion voleva
che dovessero fuggire per la via meno affollata, che,
sfortunatamente, era anche la più pericolosa. Ma se nessuno faceva
qualcosa, e subito, la loro gloriosa avventura al salvataggio della
terra, tanto cara ad America, sarebbe finita lì, miseramente, su
quei gradini.
E
chi se non lui, che aveva sostituito al fastidioso quanto innocente
odore di salsa barbecue, spaghetti e profumi quello dell'aria
mortifera dell'alba dei morti viventi? Già Inghilterra aveva
indicato la strada da seguire nella disperazione: doveva seguire il
suo esempio.
“So
io come fare...”
Il volto di America, si illuminò: “Davvero,
Giappone?”
Si
spense altrettanto velocemente quando si sfilò il borsello che
conteneva il congegno, porgendoglielo.
“Italia,
per favore, facciamo a cambio: prendi tu il bastone.”
“V-va
bene...” -perplesso, come era stato America a prendere il borsello,
Feli gli passò il forcone.
“Ascoltatemi,
vi creerò un diversivo in modo che possiate proseguire sulle scale
fino al tetto. Non appena Svizzera mi sarà venuto dietro, non
pensateci due volte e correte, intesi?”
America mostrò un
imperioso gesto del time-out: “Frena! Che cavolo ti sei messo in
testa?! Vuoi farti rincorrere da Svizzera? Ti ridurrà un colabrodo!”
“Ho
un piano, e poi è l'unico modo.”
“Ma-ma Giappone...”
“Italia”
-lo interruppe- “Germania, America... fidatevi di me e andate.”
Germania
non riusciva a crederci: con la coda dell'occhio vedeva gli zombi che
avevano ricominciato a trascinarsi verso di loro, chi sulle gambe
morte malferme, chi strisciando sui gradini; e davanti a sé, il suo
amico che voleva fare da agnello sacrificale. Strinse i pugni: come
si fa a non fidarsi di qualcuno che ti ha appena chiesto di salvare
il mondo al posto suo, e che continua a guardarti con uno sguardo
simile. Deciso, senza il minimo dubbio, votato al sacrificio per gli
altri.
Guardò America, anche se non era da lui, sperando che
nella sua candida ingenuità continuasse a cercare di farlo
desistere.
“......”
Quando
lo vide imbracciare la borsa con la loro salvezza, ebbe chiaro che
persino lui aveva compreso, e che avrebbero dovuto fare altrettanto
anche lui ed Italia, che girava anch'egli lo sguardo da uno
all'altro, sperando che qualcuno si decidesse ad uscirsene che era
tutto un bruttissimo scherzo.
America
guardò Giappone e sollevò il pollice: “Ehi, guarda che quando hai
finito di giocare a zombi e ladri poi devi tornare da noi!”
L'amico
gli sorrise di rimando ed annuì.
“Fai
attenzione...” -si rassegnò Italia con voce rotta.
“Fate
attenzione anche voi!”
Un
gemito affamato li ridestò.
Alzarono
gli occhi e videro zombi-Cina pronto a scagliarsi su di loro
approfittando della loro distrazione. Non aveva però fatto i conti
con i fulminei riflessi di un Giappone in modalità eroica!
<<
ZAC! >>
“ARGH!”
Stringendo
i denti e facendo forza sulle ginocchia, Giappone, infilzato lo
zombi-Cina lo issò per aria come un oliva su uno stuzzicadenti!
“Spostatevi!”
Italia,
Germania ed America, increduli, si appiattirono alle pareti, cercando
di distanziarsi il più possibile dalle mandibole del millenario
non-morto dal codino, il quale però aveva più voglia di capire cosa
diamine gli stesse accadendo piuttosto che di mordere alcunché!
“E-ehi!
Ahi! Aru! M-ma che stai facendo? D-dove mi porti?”
Giappone
si voltò verso il team e alzò a sua volta il pollice.
Terminati
i saluti, entrò in scena.
“EHI!”
-gridò a pieni polmoni, provando a immedesimarsi nel suo amico
occhialuto- “EHI, TU! CIOCCOLATTAIO DA DUE SOLDI COL GRILLETTO
FACILE!”
“UH?!”
Tra
violenze all'amata sorellina e insulti di cattivo gusto,
zombi-Svizzera era talmente disgustato e incavolato che abbassò le
armi per lo shock!
Giappone
(con zombi-Cina impalato sul forcone...), con terrificante sprezzo
del pericolo come quello del domatore nella gabbia delle tigri, o
quello di chi porta la fidanzata al centro commerciale per i saldi,
uscì dal riparo offerto dal muro, mostrandosi a lui a petto fiero e
scoperto.
“Sai
chi sono io?” -continuò a schernirlo- “Sono quello che ti ha
pestato la sorellina! Si, esatto! L'ho picchiata io, in quattro stili
marziali diversi! Che vuoi farmi adesso, eh? Fammi vedere!”
Zombi-Lily
abbassò lo sguardo, e tanto bastò perché la molla scattasse!
“GRRRRRRRRRRRRRRR!
AAAAAAAAAAAAAAARGH!”
Questo
non era un piano, era pazzia, pensarono gli altri!
Lo
zombi puntò le sue armi, ma nella sua pazzia, Giappone si era
ricordato di portarsi dietro un scudo...
“ARU?!”
Quando
arrivò la pioggia di pallottole, Giappone fece di nuovo leva
sull'asta del forcone, e, benedicendo una volta tanto la sua piccola
statura, si piazzò al riparo dietro il corpo di zombi-Cina.
“AHIO!
AHIO! AHIO! Oh... Ora ho capito...” -fece quest'ultimo digerendo
come nulla fosse tanto di quel piombo da far restare stecchito un
esercito!- “Bella pensata davvero! AHIO! Tsk! Dì la verità ce
l'hai ancora con me per quella faccende delle isole contese? O è per
quell'action-figure che ho fatto cadere? Ti avevo chiesto scusa!”
“Non
è il momento, va bene? Non rinvangare!”
La
rabbia per quell'episodio cascava a fagiolo: avrebbe accresciuto la
sua forza e determinazione nel portare a termine il suo diversivo!
Le braccia erano già tutte indolenzite, non solo per lo sforzo di
tenere sollevato lo “scudo”, ma anche per il contraccolpo che
subivano quando i proiettili andavano a segno. Era probabile che
l'asta del forcone si spezzasse da un momento all'altro, quindi
doveva fare in fretta.
Giappone
si sporse appena dal fianco di zombi-Cina: “Beh, tutto qui? Che
devo fare per farti fare sul serio, prendere a bastonate anche te?”
“GRRRR!”
“AHIAHIAHI!”
-gemette di nuovo zombi-Cina, con la schiena ridotta a groviera
svizzera. Una vera fortuna per lui che fosse un non-morto, e per
Giappone che, lagne e rischio di morsi ad avvicinarsi troppo a parte,
fosse un eccellente riparo.
“Avanti,
fatti sotto! Avanti!” -continuò ad aizzarlo mentre scivolava prima
piano verso il grande androne che si apriva a destra, per poi
cominciare a correre, tenendo la schiena ben “coperta”...
“Aru!
Infilzato, sparato, sballottato... Che dolore! Giappone me la
pagherai! Mettimi giù!”
“Grrrr!
Grargh!”
Cieco
adesso a qualsiasi altra cosa si muovesse non fosse quel maledetto
occhi a mandorla, zombi-Svizzera innestò altri due caricatori (gli
ennesimi...) e si lanciò giù per le scale, imitato dalla sorellina
tenendosi lievemente alzata la gonna del vestitino per non
inciampare.
<<
Bravo, vienimi dietro! >>
I
due fratelli sparirono così all'inseguimento nel corridoio, e
America, alzando lo sguardo vide la via nuovamente sgombra.
Avevano
avuto un bel da fare i tre rimasti a mantenere la posizione, tra
Germania che ancora non vedeva bene dall'occhio destro, e Italia che
per la foga rischiava di tirare bastonate a vanvera anche ai suoi
compagni!
<<
Ce l'hai fatta Giappone... Sei un grande, l'ho sempre saputo! >>
Affidò
la sua ammirazione per l'eroismo dell'amico e la sua preghiera di
rivederlo presto sano e salvo alla sua mazza, con la quale segnò un
fuori campo con la testa di zombi-Portogallo.
Appena
in tempo, erano sul punto di esaurire le forze, e quelle che
rimanevano sarebbero state ora bene impiegate!
“Bene, ragazzi,
dobbiamo andare, ora!”
I
tre voltate le spalle agli zombi scattarono ad ampie falcate,
bruciando gradini, fino al pianerottolo del primo piano e poi dritti
filati ancora più su: con le ali ai piedi fino al tetto!
“ANDIAMO!
CORRETE! CORRETE! CORRETE! CORRE......te...”
Girato
l'angolo, l'adrenalina li aveva subito lanciati su per la rampa,
prima di accorgersi del comitato di benvenuto ad attenderli in cima.
Le
gambe si rammollirono, a stento riuscirono a evitare crollassero.
Un'altra,
numerosa schiera di minacciosi zombi si ergeva sul ciglio del
pianerottolo del secondo piano, ad occludere completamente la via
allo sguardo e alle speranze.
Tante
facce nuove, tra cui zombi-Corea, la memoria del cui grido disperato
al cellulare di Kiku riecheggiò nelle loro menti accapponando loro
la pelle.
Aveva
cercato di nascondersi, ma lo avevano trovato, e ignorate le lacrime
gli avevano strappato la palpebra sinistra e la carne della spalla,
ed ora eccolo ergersi lì con l'impulso incontrollabile di divenire
carnefice a sua volta.
Il
più inquietante di tutti però era il ben più robusto zombi-Cuba,
che laddove gli altri morti viventi li puntavano con gelida
inespressività, egli invece li scrutava sornione dall'alto in basso.
La
guancia destra mancante gli metteva allo scoperto tutti i denti di
quel lato, tra cui mordicchiava uno dei suoi prelibati sigari.
“Uh
uh uh, bene bene... Guardate che bel gruppo di gringos che abbiamo
qui!”
America
deglutì quando soffermò il suo sguardo proprio su di lui.
Gli
sputò il sigaro addosso.
Si
sgranchì le nocche: “Hola, pendejo...”
“VIAAAAAAAAA!”
Non
sarebbero rimasti lì ad aspettare altri insulti o che si decidessero
ad attaccarli. Piombarono giù per le scale, di nuovo sui loro passi,
al doppio della velocità con cui erano saliti. Troppo spaventati per
girarsi e ammirare l'orrendo spettacolo che dietro le loro spalle si
preannunciava con urla e ringhi inumani, troppo sconfortati per
affrontare anche una zombi-mosca: Giappone si era sacrificato per
loro, e non era servito a nulla.
“Di
qua!”
D'istinto
America si lanciò nella stessa direzione in cui Giappone aveva
condotto via zombi-Svizzera, e gli altri due lo seguirono con
prontezza, poco prima di restare nuovamente chiusi in una tenaglia
zombi.
Quelli che infatti provenivano dal piano terra stavano
intanto sopraggiungendo al primo piano proprio in quell'istante. Il
piccolo e idrofobo Zombi-Lettonia si era lanciato su di loro
dall'ultimo gradino come un coccodrillo sulla riva di un fiume,
provando a chiudere i denti sulle caviglie di qualcuno di loro...
“EEEK!”
-Italia riuscì a scansarlo per miracolo con un buffo saltello,
rischiando però d'inciampare subito dopo.
“Italia!”
Allungò
la mano e Germania gli afferrò il polso, tirandolo con sé in un
ennesima disperata fuga.
Ma
quanto ancora potevano correre? Le ore trascorse a fuggire e
combattere iniziavano a farsi sentire, e il più stanco di tutti era
Italia, che malgrado gli incoraggiamenti di Germania continuava a
perdere terreno. Stanchi fisicamente e mentalmente, scossi nel
morale, il decimato gruppo dell'Apocalisse era decisamente al limite.
Nessuno di loro osava voltarsi indietro, per paura di scoprire quei
mostri ben più vicini di quanto credessero.
Percorsero allo
stremo delle forze tutto il corridoio fino a trovarsi di fronte a un
bivio a “T”.
“Da
che parte?” -chiese Germania quando furono in vista della scelta.
America
non ne aveva la minima idea, ma un capo non l'avrebbe ammesso mai e
poi e mai: “A sinistra!” -si buttò a caso.
Passarono
l'angolo ritrovandosi davanti l'ennesimo corridoio, da percorrere con
le ali piedi ormai spennate dalla fatica.
Una
porta alla loro sinistra si spalancò: “Forza, qui dentro!”
Fu
una reazione automatica la loro: quasi senza nemmeno controllare
quanto colore avesse la carnagione del loro inaspettato aiuto, i tre
si lanciarono attraverso la porta che teneva loro aperta come dei
giocatori di rugby sulla meta.
Crollarono
sul pavimento di mattonelle a scacchi rosse e bianche, avvolti da un
intenso, pesante odore di spezie e olio da frittura: ma a loro
interessava solo riprendere fiato, non importava che qualità avesse
l'aria, lì nella caffetteria.
Un
rumore di metallo scosso fece rialzare loro il capo.
“Al
diavolo!” -sbottò la figura di spalle dai corti capelli castano
scuro, chiudendo con un lucchetto il catenaccio con cui aveva
sbarrato la porta- “E io che mi ero trovato questo bel nascondiglio
tranquillo! Siete riusciti a portarmi i guai fin qui.”
Prese
poi uno dei tavoli da pranzo e lo trascinò a forza davanti la porta
a rinforzarne la difesa.
I
tre, scampati al destino, seguivano le sue mosse a bocca aperta.
Ma
il più felice di tutti di trovarsi di fronte ad un altro
sopravvissuto era Feliciano.
“Romano...
Romano!”
Suo
fratello era vivo, vegeto e con l'aria da duro di chi come loro aveva
dovuto e ancora stava affrontando l'inferno in terra. Due strisce
nere fatte col nero di seppia sotto gli occhi gli incattivivano il
volto su cui ricadevano i capelli sudaticci; la camicia color cachi
era risvoltata ai gomiti, e su di essa spiccavano due bandoliere
incrociate, munite, anziché di proiettili, di un set completo di
posate; quattro tipi diversi di coltelli, tre di forchette, due di
cucchiai, un apriscatole, oltre ad alcuni tubetti di salse; dietro le
spalle spiccava il manico di quello che in un film d'azione sarebbe
stato di certo un machete, ma che in realtà era solo un lungo
coltello tagliapane.
“Umpf!”
“Sei
vivo...” -sbalordì Germania, trovandoselo davanti come mai l'aveva
visto.
“FIGHISSIMO!”
-esternò America con gli occhi sbrilluccicanti- “Sembra di essere
stati salvati da Rambo in persona!”
“CHIUDI
IL BECCO! Scommetto che è tutta colpa tua questa cosa!”
A
Germania scese un gocciolone: << È così intuibile? >>
Feli,
che d'improvviso non sentiva più alcuna fatica, si rimise in piedi
per stringerlo a sé, ma in quell'istante tutti alzarono il capo
all'udire un rumore lontano di spari.
“Uh?”
-fece Romano interrogativo.
“Giappone...”
-mormorò Italia con un nodo alla gola.
Kiku
era riuscito a condurre zombi-Svizzera ben lontano dalle scale per
essere il più sicuro possibile che i suoi amici potessero salire
indisturbati ai piani superiori, ed era stato tanto abile da
allontanarsi parecchio anche dalla caffetteria in cui avevano poi in
seguito trovato rifugio. La stanchezza però era tanta anche per
lui...
Incapace
di tenere la distanza o di trovare nascondigli efficaci, e con ben
tre ferite di striscio alle gambe, si ritrovo il “boss zombi” e
la sua sorellina a pochi metri da sé.
Ormai
non ce la faceva nemmeno a tenere alzato lo scudo... Non gli restava
che voltarsi a guardare la fine arrivare.
<<
Click! Click click! >>
“Uh?”
Lo
zombi si tastò addosso, ma invano.
“Umpf!”
-capì subito Giappone- “Finiti i caricatori, eh?”
“Grrr!”
Giappone
non aveva mai dubitato dell'arsenale vivente che era, per questo non
si lasciò sorprendere nel momento in cui lo vide portarsi una mano
alla cintola. Nello spazio di un istante, raccolte le forze, scagliò
per terra il forcone con zombi-Cina e gli si lanciò addosso.
Zombi-Svizzera gli puntò contro una pistola, ma con una tecnica di
karate riuscì a torcergli il polso, disarmarlo e infine stenderlo
con un colpo alla nuca.
Un
ottimo upgrade, pensò guardando la pistola e tirandone il
caricatore.
Si
sollevò e si trovò di fronte Lily.
Sollevò
il braccio. La piccola zombi non mosse un muscolo: restò ferma a
guardarlo con gli stessi occhietti insensibili con cui li aveva
scrutati dalla cima delle scale: un bersaglio fin troppo facile.
Sembrava non avvertire minimamente la sua minaccia, anzi, era
Giappone a sentirsi con le spalle al muro: la mano gli tremava, il
confronto con tanta deturpata innocenza lo lasciava prostrato e, in
men che non si dicesse, sconfitto.
“Tsk!”
-scosse il capo e corse via, superando zombi-Cina sul pavimento che,
gemendo, cercava di sfilarsi dalla pancia il forcone.
Messa
un po' di distanza provò ad orientarsi: doveva fare il giro e
ritornare verso le scale, o cercare altri accessi per salire di
sopra? Le scale anti-incendio magari. Era così stanco da non
riuscire a decidersi. In tasca gli erano rimasti una barretta
regalatagli da America e una metà di panino di Italia.
Voleva
rivederli. Voleva rassicurarli di stare bene. Voleva salvare il mondo
insieme a loro.
Si
accasciò alla parete e provò a scartare il panino quando sentì
rumore di passi. Una scarica di adrenalina lo riattivò e ricominciò,
cautamente ad allontanarsi.
Poco
dopo si fermò: verso di lui alcune figure dal ben riconoscibile
passo pesante stavano avanzando nella sua direzione. A qualche passo
da lui, sulla sinistra, si apriva un altra strada.
Superò
l'angolo, per trovarsi di fronte tanti di quegli zombi da ostruire
completamente il corridoio. Come se non bastasse non erano zombi da
due soldi, ma gente del calibro di Turchia e Ungheria, armati fino ai
denti di sciabole e padelle, tra gli altri...
“Inghilterra...”
C'era
anche lui, ma non si sarebbe certo trattenuto per dei saluti. Tornò
sui suoi passi e capì infine che la tenaglia si era infine stretta
intorno a lui: gli zombi che aveva visto prima lontani adesso erano
vicinissimi, ancora pochi passi e avrebbe potuto distinguerne anche
il bianco degli occhi. Non gli restava che la via da cui era venuto,
e anche da lì stava sopraggiungendo qualcuno.
Uno
zombi biondo vestito di verde, che si faceva beffe del polso che gli
aveva rotto sbavandogli contro come un mastino rabbioso.
Un'impassibile,
spaventosa bambina-zombi, da lui stesso traumatizzata, il rosso dei
cui vestiti era andato mischiandosi al sangue suo e delle sue vittime
in una nuova, più macabra tonalità.
E
per finire, il suo vecchio mentore e amico, che grazie a lui ora era
addirittura più spaventoso e infuriato di zombi-Svizzera!
Zombi-Cina,
a passo tutt'altro che zombi, gli arrivò a qualche passo e aprì il
pugno, rovesciando per terra, con suono da xilofono, decine di
proiettili che avevano fatto la conoscenza con la sua spina
dorsale...
“GRRRRRRR!”
Una
pistola, proiettili limitati, e tre vie occupate.
Prese
un respiro profondo. Isolò la mente, rallentando lo scorrere del
tempo che si assimilò a quello dei suoi pensieri.
Non
serviva a nulla sparare: come esperienza dimostrava, li avrebbe
fermati per un tempo limitato, e avrebbe arrecato ulteriori
sofferenze a quelli che, dopotutto, erano persone a lui care. E
contro così tanti avversari, un maestro d'arti marziali allo stremo
delle forze non può nulla se non combattere con onore fino alla
fine, e questo avrebbe giovato al più al suo orgoglio e alla sua
reputazione, ma non certo a coloro che desiderava salvare, e a cui
era stanco di arrecare violenza. Non lo avevano chiesto loro di
essere lì a circondarlo, trasfigurati in orrende e mortali creature.
Chissà se anche loro in fondo non soffrissero...
Quanto
era stanco.
Rivolse
la pistola al soffitto e scaricò l'intero caricatore.
Nessuno
zombi avrebbe più rivolto un'arma da fuoco contro i suoi amici se
mai li avesse incontrati.
Tra
lo stupore generale dei non-morti suscitato da quel gesto, il samurai
si sedette sulle ginocchia al centro delle tre schiere che lo
circondavano, immobile, indifeso.
“Il
resto sta a voi... Buona fortuna.”
In
pace chiuse gli occhi, e, piano, da ogni parte, furono su di lui.
Forse
quelli di voi che avevano fatto caso al titolo avranno sperato che si
riferisse proprio a Giappone... Invece alla gioia di aver scoperto un
altro sopravvissuto si sovrappone il dramma della scomparsa del
geniale cervello del team. Rimanere soli non è per nulla
consigliabile in questo putiferio... La situazione è disperata o c'è
ancora un barlume di speranza?
Con
i fratelli Italia finalmente riuniti questa fanfic promette tanto
divertimento in più! Tra una risata e una sbafata, ci sarà tempo
per de-zombificare il resto delle nazioni? XD
Continuate
a seguirmi, e grazie a tutti voi che l'avete fatto finora, e grazie
due volte a coloro che hanno anche lasciato commenti! ^__^
Alla
prossima, buon proseguimento con l'estate più zombi che ci sia! XD
|
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Capitolo 9 *** Il reduce solitario ***
Lettrici
e lettori, l'attesa è giunta al termine! Eccovi finalmente il nuovo
atteso capitolo della storia che ha trasformato i vostri beniamini in
fetidi zombi! XD
Non
è un capitolo veloce e dall'azione trascinante come gli altri questo
che ho scritto a spizzichi e bocconcelli tra un capitolo e l'altro
del libro per l'esame, ma spero comunque risulti di vostro gradimento
^__^ Beati quelli di voi che invece sono già stati al mare o ci
andranno presto... T__T
Dedicato a tutti voi che avete esultato
per l'apparizione di Romano nello scorso capitolo! XD
Buona
lettura a tutti!
Sentendosi
adesso più leggero di una piuma, Feliciano corse, o per meglio dire
volò, verso Romano a braccia spalancate.
“VEEEEE!
FRATELLONEEEEEE!”
“MA
QUALE FRATELLONE E FRATELLONE?!?!”
Quest'ultimo
però non sembrava corrispondere poi molto alla sua gioia
nell'essersi rincontrati: infatti, scansato l'abbraccio, lo afferrò
con un braccio intorno al collo e prese a grattargli le nocche sulla
zucca!
“Si
può sapere che diavolo ci fai là fuori in mezzo a quei mostri con
questi sfigati schizzati? Degli “sfizzati”, ecco cosa sono! E poi
che razza di figure ci fai fare? Guarda che ti ho visto sai! Stai
sempre a piagnucolare e a farti salvare come una mammoletta! Datti
una svegliata, tonto!”
“VEEE!
AHI! Fratellone... I-io... Ouch! Mi fai male! Ahia! Ma perchééééé?
SIGH!”
“Come
sarebbe che figure?” -provò a spezzare una lancia in suo favore il
leader del gruppo- “Guarda che ha già ricevuto la promozione da
pappamoscia a comico, e non è stato neanche il primo a morire!”
Germania
era però interessato ad altro: “Lo hai visto?”
“Tsk!
Stai sempre a darmi pensieri, tu!” -si decise a mollarlo il
fratellone.
“Veee...
Scusa...”
“Bah,
intanto, visto che siete qui, gradite qualcosa?”
Romano,
come niente fosse, con fare da padrone di casa, raggiunse il bancone
della caffetteria, prendendo ad armeggiare lì dietro tra bottiglie,
barattoli e stoviglie varie.
“Romano,
come sarebbe a dire che lo avresti visto? Come?”
“Cretino di
un crucco!” -rispose subito- “Vi tengo d'occhio da un pezzo,
sai?”
Gli
occhi di America brillarono come le stelle della sua bandiera:
“Quell'atteggiamento burbero e sprezzante, l'aria di chi sa il
fatto suo e che fa passare i protagonisti per delle pere cotte,
quella frase... È proprio quel genere di personaggio che vorresti
incrociare nel bel mezzo di una apocalisse zombi! Quello che soccorre
i buoni nel momento più oscuro! Grande!”
Romano arrossì di
rabbia: “Non guardarmi con quegli occhi mentre dici certe scemenze,
americano fissato del cavolo!” -sbuffò- “Piuttosto, immagino
vogliate approfittare delle mi scorte da bravi scrocconi, eh? Cosa
volete? Caffè, tè, chinotto, gassosa... O volete qualche
stuzzichino? Olive, arachidi... I pistacchi li ho già finiti io...”
La
caffetteria del palazzo delle nazioni era uno spazioso e luminoso
punto di ritrovo durante pause pranzo o break occasionali, specie per
nazioni ed impiegati costretti a trattenersi con del lavoro d'ufficio
da sbrigare (o semplicemente un po' pigri...). Per chi non si era
portato da mangiare da casa, per chi non si accontentava del caffè e
delle bevante dei distributori automatici, per quelli che
desideravano una chiacchierata in santa pace, quello era il posto
giusto per rilassarsi ed evadere un po'; ma ora, all'infuori di loro
quattro, era deserto e silenzioso, se si escludeva il rumore della
friggitrice accesa, che dava ragione all'odore che sentivano da
quando erano piombati lì. L'aria ne era un po' appesantita, ma i
quattro ventilatori da soffitto smuovevano la cappa rendendo
l'ambiente più respirabile. La sala era rettangolare, occupata da
tanti tavoli, un paio dei quali sbarravano gli accessi insieme a
delle catene; c'erano due grandi porte sulla parete da cui erano
entrati e una fila di finestroni su quella opposta, dove stava anche
il bancone.
Qui
si trovavano la cassa, una lunga vetrina dove erano esposti i cibi
del giorno, e una macchina per il pop-corn, di quelle grandi che si
trovano nei cinema, fatta installare sotto la pressione di un certo
qualcuno... Sulla parete alle spalle del bancone si trovava la porta
con oblò che portava alla cucina, dove si preparavano ottimi primi,
secondi, contorni e dessert, un tavolo da lavoro per la preparazione
di sandwich e altro, frigoriferi per l'acqua e le bibite e altri
prodotti freschi, e, naturalmente, una macchina per gli espressi.
Il
primo pensiero che sfiorò la mente di tutti era che l'italiano di
certo non avrebbe potuto trovare un rifugio migliore! Il secondo era
di carpire le sue parole.
“Gliene
avete date di santa ragione a quei cretini di zombi, credevo ce
l'avreste fatta e invece vi siete pure ridotti a tre... E io che
speravo ci pensaste voi!”
“Frena,
ci spieghi come avresti fatto a tenerci d'occhio, scusa?”
-insistette America.
Romano
alzò l'indice, indicando, sul fondo della sala alla loro sinistra,
la bocca metallica dell'impianto d'areazione, curiosamente sigillata
con del nastro adesivo e altri mezzi di fortuna.
“Da
lì dentro: un po' stretto ma modestamente ho una linea impeccabile.”
-sghignazzò lui, gonfiando l'orgoglio da dieta mediterranea-
“Percorrendo i tubi sono riuscito a starvi dietro: non ho assistito
a tutto, ma c'ero quando quel bietolone di America stava per essere
pestato da Australia!”
America arrossì: “Ehi! Non potevi
spiare una scena più figa per il sottoscritto?”
“Ringraziami
invece di sparare boiate, tonto! Ricordi che Australia a un certo
punto si è fermato? Per fortuna ero proprio sopra di voi: gli ho
sputato in un occhio una pallina di carta usando questa biro vuota!”
America
si allargò il colletto della camicia: “Wow! Allora mi hai proprio
salvato la pellaccia! Grazie, amico!”
Germania
trasalì: “Allora quando avevamo sentito quei rumori sopra di noi
non ce lo eravamo immaginato! Credevamo fossero gli zombi...”
Italia
sorrise: “E invece era Romano! Bravo, fratellone!”
“Mica
come te che ti sei fatto soffiare la forchetta da Belgio... Sigh!
Belgio... La mia bellissima Belgio...”
Mentre
si disperava al ricordo di quel triste spettacolo, America gli poggiò
una mano sulla spalla e lo guardò con sguardo ammirante: “Amico,
permettimi di ringraziarti con una tessera sconto a vita nella mia
catena di minimarket preferita! Non è molto, ma in questa situazione
d'emergenza è tutto quello che ho!”
“Te
lo puoi anche tenere...”
America
si commosse: “Coraggioso e anche generoso! Che uomo! Permettimi
almeno di prepararti del pop-corn caldo, oh prode sopravvissuto!”
Romano
fece spallucce: “Intanto non è servito a niente se voi siete qui e
tutti stanno ancora “zombati” là fuori... Ho anche schizzato il
corridoio di olio quando stavano per venirvi addosso in sala
riunioni, che altro dovevo fare di più?”
Germania e Italia
subito si rividero nel tirare un sospiro di sollievo quando,
sbirciando dalla porta, da che si erano visti perduti un attimo
prima, avevano visto la massa di zombi intralciarsi a vicenda nel
tentativo di avanzare lungo il corridoio: finalmente si spiegava
anche quello, non era stata la ressa, ma l'olio che Romano si era
procurato lì, schizzato da una provvidenziale grata lì piazzata, a
farli scivolare! Gli erano molto più debitori di quanto
credessero...
Questi
però scuoteva il capo: “Tsk, che squadra di riscossa penosa!
Facevate tanto i gradassi e poi...”
America, seccato inarcò un
sopracciglia, “Ma scusa, tu piuttosto, visto che ci stavi
osservando, non potevi farti vedere e darci una ma...”
“MA
CHE SEI MATTO?!?!” -inorridì l'italiano facendoli sobbalzare!
“Eh?”
“Io
venire là fuori?! A fare cosa?! A rischiare di farmi rosicchiare da
quelli là insieme a voialtri?! Ma tu sei tutto scemo! Sono riuscito
a scamparla per un soffio, mi sono trovato un bel nascondiglio sicuro
e con un sacco di roba da mangiare, e avrei dovuto uscire a
combattere quegli orribili mangiucchioni?! Hai idea di che fifa matta
che ho da quando è iniziata questa storia? Me la sto facendo sotto!
Ma tu guarda questo...”
<<
Ora si che si vede che è fratello di Italia... >>
“Ve,
tranquillo, fratellone, ti siamo grati per tutto quello che hai fatto
per noi!”
“Umpf,
vorrei vedere...” -gli tirò una spinta, che sapevo però più di
una carezza...
Germania
si procurò una sedia, con vivo ringraziamento delle sue stanche
gambe; intanto Feli si univa ad Alfred nell'osservazione famelica
dello scoppiettare del pop-corn dietro il vetro della macchina, già
pronti col sacchetto di carta!
“Avete
intenzione di trattenervi per molto?” -portò le mani ai fianchi
Romano, scrutando i suoi “ospiti”.
“Non
quanto vorremmo credo!” -ridacchiò Alfred, riempiendo con una
paletta il suo sacchetto e quello di Italia, e lanciando poi una
lattina di aranciata fredda allo sfatto Ludwig- “Abbiamo una
missione da compiere!”
“Ah si, ho ascoltato un po' dei vostri
discorsi: a quanto ho capito dovete raggiungere il tetto e fare
qualcosa con un certo qualcosa.”
Alfred poggiò il
de-zombificatore sul bancone: “Ecco il qualcosa!”
“Sembra
uno di quei deodoranti spray automatici...”
“Lasciamo
perdere...”
“Come
raggiungiamo il tetto adesso?” -si domandò ad alta voce Germania,
passandosi la lattina gelata sulla fronte- “Le scale sono precluse,
è probabile che le controllino, così come è probabile che ora su
questo piano ci sia una marea di zombi ad attenderci appena metteremo
il naso fuori di qui...”
“Grazie
tante!” -sbuffò Romano!
“E
allora come facciamo?” -domandò suo fratello.
“Uh
uh uh, credete forse che all'eroe non sia venuta un'idea geniale? Se
non possiamo raggiungere il tetto per la via classica lo faremo in
stile “Fuga da Alcatraz”!” -ridacchiò America per nulla
preoccupato- “Ci basterà usare lo stesso sistema di Romano, no? I
condotti dell'aria! Qualcuna delle tubature condurrà di certo verso
l'alto! Ci basterà trovarla!”
“Si,
può essere una buona idea!”
“Oh,
non direi proprio...” -li interruppe il sopravvissuto, il quale,
giunto dietro il bancone, si era servito un piatto di polpettine al
sugo, che aveva subito preso a piluccare con appetito e nervosismo.
“Cosa?”
Romano
aprì uno dei frigoriferi e ci tirò fuori una gelida ma poco
appetibile mano mozzata...
“Ugh...”
-fece una smorfia America- “A chi appartiene?”
“A
Taiwan, che è pure il motivo per cui avevo sbarrato la bocca
dell'impianto.”
“Veee,
poverina!”
“Spiegati...”
Romano
raccontò di come, durante il deflagrare dell'Apocalisse, fosse
riuscito a scamparla per miracolo: disperato, circondato grida,
sangue, mostri famelici e amici che ne andavano pian piano ad
ingrossare le fila, si era visto perduto. Ma tra la fuga e il pianto
aveva trovato una via di mezzo: di puro istinto, salito su una sedia,
aveva divelto uno dei bocchettoni dell'impianto d'areazione e ci si
era rintanato dentro. Lì, tremante, avrebbe atteso che l'incubo
cessasse e si risvegliasse sul pavimento accanto al suo letto, al
termine di una notte movimentata, magari il semplice frutto di un
indigestione di impepata di cozze. Ma il tempo passava, gli zombi
conquistavano il palazzo e lui, lì dentro, al sicuro, sarebbe
rimasto ad aspettare la fine o dei salvatori. Quello era il piano,
prima di avvertire rumore di respiri farsi sempre più vicini, e poi
comparire la zombi-Taiwan, alle sue spalle, già con la bava alla
bocca: la cucina italiana dopotutto è la migliore dicono...
In
seguito Romano avrebbe intuito che era stato il suo odore a condurla
fino a lui, ma in quel momento aveva pensato solo a strisciare,
gattonare, trascinarsi il più in fretta possibile in quell'angusto
dedalo. Aveva imboccato un condotto verticale, a rischio di scivolare
e cadere dritto tra le sue fauci, ma lei non aveva rinunciato
all'inseguimento. Romano, trovatosi di colpo dinanzi alla luce
proveniente da un altro bocchettone, con lo stesso istinto con cui
era entrato in quei condotti, lo sfondò con un calcio, trovandosi
così nella caffetteria. Terrorizzato, aveva spostato uno dei tavoli
per salirci e bloccare così l'apertura, ma proprio in quell'istante,
zombi-Taiwan lo aveva raggiunto: riuscito a bloccarle il braccio tra
le griglie metalliche, Romano aveva subito fatto buon uso del tesoro
rappresentato da quel suo fortunoso, rocambolesco arrivo lì nella
caffetteria; afferrato al bancone uno coltellaccio da bistecca, aveva
tranciato di netto il polso della zombi, facendola fuggire da dove
era arrivata. Dopodiché aveva provveduto a bloccare, coi mezzi a
disposizione raccolti lì, quell'ingresso, così come a sigillare
tutti gli altri.
“Il
mio cuore stava impazzendo, mi sembrava di morire... Ho avuto così
tanta paura che mi sono rinchiuso qui, ho acceso la friggitrice in
modo che l'odore di fritto gli impedisse di scovarmi e ho giurato che
col cavolo che ne sarei uscito ancora!”
“Allora
come mai hai deciso di venire ad aiutarci?” -chiese il fratello,
che aveva ascoltato la sua storia come un racconto dell'orrore,
stretto al sacchetto del pop-corn come ad un orsacchiotto.
Germania
corrugò la fronte: “E poi, ora che ci penso, come hai fatto a
sapere che c'eravamo?”
“Siete
stati fortunati.” -rispose semplicemente mentre faceva la scarpetta
nel sugo delle polpette (di cui aveva fatto il bis durante il
racconto)- “Le finestre di qui affacciano sull'ingresso e vi ho
visti mentre arrivavate. Ho provato ad avvertirvi ma un attimo dopo
eravate già dentro, così ho provato a raggiungervi per la via tutto
sommato più sicura... Insomma, mica potevo lasciare Feliciano in
mezzo agli zombi!”
Feli
corse ad abbracciarlo: “Grazie fratellone, sei stato
coraggiosissimo a provare ad aiutarci lasciando il tuo
rifugio!”
“Macché, ho solo preso le mie precauzioni: prima di
infilarmi di nuovo nel condotto mi sono cosparso di olio di semi,
condimento per arrosti, e un pizzico di noce moscata per non far
percepire il mio odore agli zombi... Occhio che sono ancora un po'
appiccicoso...”
Feliciano
gli annusò il collo: “Mmm, ecco perché hai un profumo così
appetitoso!”
Il
complimento gli valse una sberla: “Ma ti pare il caso di fare certe
battute in una situazione del genere?!”
“Ahia!”
“Dov'è
il pepe? Il peperoncino, la paprika... Mi renderò così piccante che
anche se mi mordono se ne pentiranno a vita, quei maledetti bastardi
non-morti! Tsk!” -cominciò a cercare le spezie adatte allo scopo,
tra le risate di America e Germania.
“Beh...”
-sospirò Ludwig- “In ogni caso ti siamo debitori, grazie per
averci aiutato.”
“Chiudi il becco, crucco! A me fregava solo
di Feliciano! Tu sei quello che ha picchiato la mia povera, dolce
Belgio! Spero sarai tu il prossimo manicaretto che si gusteranno!”
Sincero
e diretto come sempre, pensò rassegnato il tedesco...
Tutti
convennero che usare l'impianto d'areazione non era affatto una
scelta esente da rischi: al di là della possibilità di trovarvi già
in agguato qualche zombi, e di conseguenza essere colti di sorpresa
in uno spazio angusto, in cui sarebbe stato difficilissimo
difendersi, non conoscevano nulla delle caratteristiche e del
percorso dell'impianto. Sarebbe stato come vagare alla cieca in un
contorto e stretto labirinto, per giunta in salita. Quella che tutti
sembravano voler spacciare per un banale e meritato momento di
riposo, era in realtà una seduta per trovare dunque la loro mossa
successiva, e non era che stesse andando troppo bene... Scale,
ascensore e condotti erano stati scartati, ma allora cosa rimaneva
per poter accedere ai piani superiori? Per lunghi, silenziosi minuti,
ciascuno arrovellò le proprie meningi, poi il primo a irrompere in
quel vuoto d'idee fu America.
“Ma
certo, che sciocco! Ho di nuovo io la soluzione pronta! Oh oh oh, che
gran capo che vi siete trovati, più in una botte di ferro di
così!”
“E siamo a due...” -sbuffò Romano- “Avanti, facci
sentire la seconda boiata di oggi...”
Germania
pensò che in quel momento qualcun altro con un più crudele senso
dell'ironia gli avrebbe a menadito risposto << In realtà
saremmo a molte di più >> (lui non era il tipo...); anche
America però pensò lo stesso, e a un tratto capì quanto gli
mancavano persone del calibro di Inghilterra o anche Russia.
Il
team leader, trattenendo un sospiro da mancata stangata, proseguì
quindi con la sua intuizione: si sfilò la tracolla e mostrò come un
trofeo la corda che aveva recuperato in ludoteca.
“Semplice,
no? Ve l'ho detto che in ogni avventura di questo genere serve una
corda prima o poi! La useremo per arrampicarci!”
“E
dove?” -chiese Italia.
“E
a cosa la fisseresti poi?” -domandò Germania.
“Eeee
due!” -alzò le mani Romano allontanandosi.
“Oh,
quante sottigliezze! Abbiamo la chiave, basterà trovare la
serratura! Su, ringraziatemi!”
Germania
riservò le energie del ringraziamento per raggiungere nuovamente la
sua sedia e tornare a rifletterci: “Come fare a salire? Non
possiamo certo sfondare il soffitto.”
Qualche
istante dopo, raccolse il filo dei suoi pensieri che lui aveva
lasciato cadere a terra sconfortato: “Il soffitto... C'è un posto
in cui non c'è alcun soffitto!”
Balzò
in piedi: “Ricordate dove Norvegia e Islanda ci hanno attaccato e
dove abbiamo perso Russia? Da lì si vedeva la cupola che c'è sul
tetto. Lì non c'è un soffitto e ciascuno dei tre piani si affaccia
su quello spazio!”
“Vero!”
-si entusiasmò, anche se di poco, Italia- “Però come facciamo
a...”
America
lo interruppe bruscamente col suo allegro vocione: “Con la mia
corda, no? Ah ah ah! Con lei ci isseremo su fino al piano di sopra,
ve l'ho detto!”
“America,
se non sappiamo come assicurarla la corda resta comunque del tutto
inutile.”
“Con
un lazo! Ho una certa esperienza, eh eh! YI-HA!” -esultò da vero
cowboy!
“Un
semplice lazo non è detto che tenga e in ogni caso le ringhiere non
offrono alcun appiglio per lanciarlo.” -contestò Germania.
“...
Beh, allora qualcuno di noi sale prima al piano di sopra, la assicura
e gli altri salgono! Ah ah!”
“......”
“......
Era una battuta, eh...”
Germania
si passò le mani sulla faccia e tra i capelli.
“E
tre...” -fece la voce di Romano che si stiracchiava su uno dei
tavoli.
Del
resto non era lui il comico del gruppo, si disse America. A
proposito, si disse cercandolo con lo sguardo, cosa stava guardando
così incantato?
Germania
lo notò a sua volta: “Italia, hai qualche idea?”
“E se...
usassimo il tubo di Russia?”
“Come?”
“Per
creare un rampino!” -chiuse i pugni, folgorato dalla sua idea- “Il
tubo termina con un rubinetto, che è ricurvo, e può agganciarsi
alle sbarre orizzontali delle ringhiere! Se leghiamo l'altra
estremità con la corda e lo lanciamo in alto avremo l'appiglio con
cui salire!”
Il
volto di Germania si illuminò: “Può essere una buona idea!”
“Un
comico-cervellone! Complimenti Italia, mi stupisci!”
“Umpf!”
-saltò giù dal tavolo Romano- “Non sapete che genio fa rima con
Italia?”
Feli
arrossì: “C-ci sono arrivato solo perché Germania prima ha
parlato di quel punto, quindi è più merito suo e...”
“Ma
che fai, dai il merito al crucco?! Zitto e vantati, idiota!”
“Ve!?”
America
sorrise sottecchi vedendo Feli annaspare e Germania rassicurarlo,
ridendo, di non tenerci troppo al merito. L'intelligenza pragmatica
del secondo e quella fantasiosa e creativa del primo avevano cavato
il team dal vicolo cieco in cui si erano cacciati! Che fortuna, per
la sua prima, e tutto sommato sperava unica, esperienza da film di
zombi, aver trovato una squadra ben amalgamata, pensò!
Emozionato,
si strofinò le mani: “Fantastico! Abbiamo di nuovo un piano!
Abbiamo subito qualche perdita, ma ora con il prode Romano che si è
unito al gruppo niente ci...”
Il
prode lo interruppe tirandogli il testa il macinapepe: “IO MI SAREI
UNITO A COSA?! NON SCHERZIAMO! Credete che solo perché vi abbia
aiutato una volta significhi in automatico che continuerò a farlo?”
“Ma
come...” -si rabbuiò il fratellino- “Romano, non vuoi venire
insieme a noi?”
“Ma
manco per idea!” -incrociò le braccia come si sbarra un ponte
levatoio- “Il gigante pazzoide, l'impiegato del catasto e mister tè
delle cinque pure se ne gironzolavano insieme a voi e guarda che fine
hanno fatto! No, grazie!”
“Mi
complimento per la bella trafila d'insulti estemporanei...” -disse
innanzitutto Alfred- “Però mi trovo costretto ad insistere! We
need you!”
La
citazione e la posa da manifesto dello Zio Sam non sortirono alcun
effetto: “Se a voi piace farvi le scampagnate in mezzo ai morti
viventi fate pure! Ma io me ne resterò qui, punto!”
“Ma
fratellone, non pensi agli altri? Dobbiamo salvarli!”
“E chi
ci salverà da loro?”
“Siamo
un gruppo, ci proteggiamo a vicenda.” -si aggiunse Germania- “Se
resti qui e ti scoprono invece sarai da solo...”
Romano deglutì.
“Per
favore...” -proseguì il biondo- “Ti chiediamo molto, ma ci serve
anche il tuo aiuto.”
“C'è
un pezzo di gloria anche per te amico, sai?” -lo tentò America con
una gomitatina amichevole.
Feli
ci aggiunse una gomitatina un po' più invitante: “Pensa come sarà
contenta Belgio di sapere che hai contribuito a salvare lei e tutto
il mondo!”
Germania
imitò l'espressione di Italia: “Le donne vanno matte per il
salvatori del mondo, vero America?”
“Verissimo! Cadono ai loro
piedi! E dimmi, Italia, che altro trattamento riservano ai salvatori
del mondo?”
Italia
prese ad elencare sulle dita: “Cibo a volontà, parate in loro
onore, la possibilità di far rodere d'invidia Spagna...”
“Lui
subito zombificato e tu membro onorario del Team dell'Apocalisse, un
team molto esclusivo! Pensaci...” -rincarò America.
“Come
faremmo noi poveracci senza di te, dico bene?”
“Dici bene,
Germania, come possiamo senza il grande Romano che già ci ha salvati
più di una volta?”
“Pensaci,
fratellone!”
“Pensaci, Romano!”
“Pensaci, nostro
prode!”
“VA BENE!” -alzò i pugni al cielo con gli occhi che
fiammeggiavano come peperoncini calabresi!
“SE
PROPRIO AVETE BISOGNO DI ME FORSE POTREI ANCHE ACCETTARE! SI, QUASI
QUASI LO FACCIO! LO SALVO IO IL MONDO!”
America
e Germania si batterono nascostamente il cinque, mentre Feli gli
faceva già le feste!
“Romano,
sapevo non avresti mai potuto abbandonarci!”
“Umpf! Mica ho
paura io!”
Se
solo l'altro avesse abbassato un po' gli occhi dallo sguardo all'insù
e dal suo petto fieramente in fuori si sarebbe reso conto
dell'imbarazzante tremolio delle sue gambe: la metà inferiore del
corpo parlava realmente per lui!
Fortunatamente,
dopo le tante perdite subite, la loro squadra si rimpolpava di un
nuovo, si sperava valido, elemento! La loro combattività risaliva, e
il morale era salito alle stelle, quello di Romano un po' più
sotto... Meglio risollevarlo sfottendo un po' quel maledetto tedesco!
“Umpf,
allora crucco, felice di avermi con voi, vero?”
“Vero:
ci hai salvati e ora sappiamo di poter contare anche su di te. Hai
tutta la mia stima, Romano.”
L'italiano arrossì e mise il
broncio: era felice, ma così non gli dava la minima soddisfazione!
“Stupido
crucco, uffa!”
Si
fermò le ginocchia, che ancora traballavano, stringendosele tra le
mani: sapeva già che se ne sarebbe pentito, ma ora era tardi per
tornare indietro!
Per
contro, America era come al solito il più elettrizzato: “Molla il
tubo, Germania! Costruisco il rampino e dritti filati alla meta! Ci
ritroveremo sul tetto prima di poter dire << eroi >>!”
“Aspetta,
America, forse è il caso di trattenerci qui ancora un po': è stata
una dura giornata...”
“Vero, sta facendo buio!”
America
guardò dalle finestre il cielo tintosi ormai di un blu pallido.
Dubitava che gli zombi avessero bisogno di riposo, ma loro di sicuro
si dopo le tante prove di quell'interminabile pomeriggio.
“Mmm,
in effetti la notte è il regno delle creature dell'orrore, per loro
sarebbe come giocare in casa...”
“A
me pare giochino in casa da quando siamo arrivati...”
“Gente,
dopo un attenta riflessione il vostro leader ha appurato che la notte
è troppo buia e piena di terrori, quindi ci accamperemo qui per
stanotte!”
“Accampati a casa tua!” -Romano ormai era
arrivato ad avvertire sul serio un senso di proprietà per la
caffetteria!
“Qui
abbiamo spazio, cibo, qualche giochino che mi sono portato dietro e
accessi sprangati, quindi è perfetto! Non possiamo perdere troppo
tempo, quindi riprenderemo la marcia domattina all'alba.”
“Ma
se venissimo attaccati di notte mentre dormiamo?”
“Per questo
ora organizzeremo dei turni di guardia, Italia! Qualcuno si offre
volontario per il primo? O vogliamo deciderlo a janken?”
“Jan-che?”
-esclamò Romano.
“È
il modo in cui Giappone chiama carta-forbici-sasso... Sigh! Come mi
manca!”
Superata
la tristezza nostalgica, il giochetto decretò che a cominciare
sarebbe stato America, seguito da Romano, poi Germania e per ultimo
Italia.
Prima
di dormire il gruppo cercò di distrarsi giocando a shangai, e poi al
Gioco dell'Asino con le carte di America. Il gioco servì a
dimenticarsi un po' di tutte le cose orribili che erano successe
loro, ma i versi lugubri degli zombi vaganti, di tanto in tanto, come
richiami di creature notturne, si udivano attraverso le pareti della
loro fortezza odorosa di fritto. Oltre di esse, sotto la luce diafana
delle lampade o in angoli oscuri, gli zombi erano in agguato, ancora
alla loro ricerca, senza trovare pace.
Quanto
alla pace, nemmeno lì dentro essa era sempre presente: America
contestò Romano perché usava i bastoncini raccolti come
stuzzicadenti per i suoi tramezzini, e quest'ultimo si arrabbiò a
morte con la indecifrabile faccia “da patata lessa” di Germania
per la bruciante sconfitta ad Asino. Fu poi il turno di Germania di
arrabbiarsi quando America e Romano, per scherzo, gli infilarono la
mano di Taiwan nel suo panino ai wurstel, cosa di cui si accorse
appena in tempo!
Del
resto in una situazione come la loro vincere il nervosismo non era
impresa facile, così si decisero ad andare presto a letto; per modo
di dire, visto che non avevano alcunché su cui stendersi se non i
tavoli o il pavimento stesso, e nulla di morbido a fare da guanciale
se non delle buste di marshmallow, e fu pure dura convincere America
a non accendere lì in mezzo un bel falò per arrostirli...
Della
serata il più tranquillo, se non remissivo, era stato Feliciano.
Aveva parlato poco e mangiato poco, segni inequivocabili insomma.
Si
era seduto per terra, usando una parete per schienale; pensieroso,
osservava America prepararsi a vegliare sul loro sonno, seduto sul
bancone con una tazza formato gigante di cappuccino in una mano e la
sua mazza da baseball nell'altra.
Il
suo turno sarebbe stato l'ultimo, quindi almeno avrebbe potuto
riposare senza interruzioni. Un ennesimo favore all'elemento debole
del gruppo, si domandò? Quello buono e tranquillo che non combina
mai niente aveva detto America, e Romano sembrava essersi trovato
d'accordo con tale definizione...
Se
fosse stato lui al suo posto, all'interno di quell'infestato palazzo
da ancora più tempo di lui, e pure da solo, se la sarebbe cavata
allo stesso modo?
“Ecco
qua.”
Suo
fratello maggiore si assunse il dovere di parlargli visto quanto era
palese ne avesse bisogno; ovviamente facendo sembrare si trattasse di
altro.
“Ti
ho migliorato un po' quel tuo bastone: ci ho fissato a un estremità
col nastro adesivo un bel coltello da cucina affilato. Una lancia è
decisamente meglio di un pezzo di legno.”
“Grazie,
Romano.” -rispose senza mostrare il minimo entusiasmo per il
potenziamento. Poggiò l'arma per terra.
“Così
saprai fargliela vedere anche tu a quei bavosi là fuori.”
Feliciano
annuì.
Romano
roteò gli occhi: “Allora? Se è perché ho detto che hai fatto una
magra figura... Beh, l'hai fatta davvero, ma da quel poco che ho
visto! Cavoli, non posso credere che tu non abbia davvero combinato
nulla di buono, nemmeno se mi paghi in lasagne!”
“Beh...”
Si fece avanti
con un sorrisetto e aprì la sua ventiquattrore: “Qui posso essere
utile io!” -ne venne fuori un rumore metallico di posate e poi
panini incartati, contenitori di plastica salva-freschezza, e i bento
colorati che Giappone gli aveva regalato pieni di spaghetti e paste
di vario tipo!
“AHIO!” -si ridestò
zombi-Polonia sentendo un tipo di denti diverso affondargli nelle
chiappe!
“Scu-scusami tanto!”
Preso però ciò che gli
serviva, gattonò nuovamente a velocità supersonica fino a Giappone.
“Ve! Ecco qua!”
“Perfetto!” -esultò
Giappone, mettendo il pezzetto di sedere di Polonia dentro la
macchina e richiudendola.
E
non doveva neanche poi tornare così indietro.
“Il tubo termina con un
rubinetto, che è ricurvo, e può agganciarsi alle sbarre orizzontali
delle ringhiere! Se leghiamo l'altra estremità con la corda e lo
lanciamo in alto avremo l'appiglio con cui salire!”
“Qualcosa...
Forse...”
Romano
gli mollò un pugno in testa: “Piantala coi “forse”! Hai fatto
qualcosa di buono, punto e basta! E ne farai ancora, o te la vedrai
con me, chiaro?”
Feli
si massaggiò il capo: “Il fatto è... che vorrei fare di più...
Vorrei combattere come loro, ma la paura... mi blocca ogni volta...
Vederli così spaventosi, che provano a sbranarmi, vederli prendere i
miei compagni uno dopo l'altro... Mi fanno troppa paura!”
“E
allora? È naturale, deficiente! Credi che io non ce l'abbia? Che
questi altri due non ce l'abbiano? Mi preoccuperei di più se non ce
l'avessi la paura, stupido!”
“E
allora perché sono l'unico che...” -si interruppe amareggiato.
“Ma
che ne so io? Non sono uno psicologo, non farla così difficile!
Senti, per la miseria, l'ho capito, hai una paura matta del cavolo,
ma non vuol dire la paura debba essere una cosa negativa per forza! È
stata la paura a farmi trovare la forza di sopravvivere a tutti i
costi, e così sono riuscito anche a darvi una mano. Feli, la paura
è... Come una scatola di caramelle: finché non la apri non puoi
sapere di che gusto la troverai, cosa ti farà trovare dentro di
te... Capisci cosa intendo più o meno?”
“Più
o meno si... Posso avere una caramella?”
“Tieni.”
-Romano ne tirò fuori all'istante una dalla tasca, come fosse
impossibile uscire di casa senza.
Gli
si sedette accanto e gli scompigliò amorevolmente i capelli.
Si
guardò intorno, per assicurarsi che nessuno l'avesse sentito finora
né soprattutto lo facesse adesso.
“Ascoltami,
Feli... Tu sei molto più forte di quanto credi e di quanto credono.
E lo dimostrerai un giorno.”
“...”
“Uh,
ma che robe mi fai dire? Basta, me ne vado a letto, buonanotte.”
“Buonanotte.”
-disse il fratellino, e anche di spalle, avvertì il suo ritrovato
sorriso.
Romano
si accoccolò ai piedi del bancone, sul lato opposto al suo.
Feli
scartò la caramella e la succhiò piano, rilassandosi.
Provare
a vedere la paura come una scatola di caramelle, aveva detto lui...
Chissà cosa ci avrebbe trovato nella sua.
Al
limone, pensò rigirandola in bocca.
Dai
dolcetti “filosofici” ai dolcetti veri e propri, si conclude
questo capitolo alquanto incentrato sui fratelli Italia. Il nostro
bel paese continuerà a brillare in questa storia? Con il giusto
aiuto, chissà...
La
notte è ormai calata sull'infausto giorno in cui la macchina
deodorante di Giappone ha scatenato il pandemonio in terra. Sarà una
notte tranquilla? E cosa vedrà il sole del giorno nuovo, il trionfo
o la catastrofe?
Continuate a seguirmi e saprete! E buon
proseguimento d'estate! ^__^
|
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Capitolo 10 *** L'alba degli Italia viventi ***
Ehilà
a tutti! Eccomi di nuovo qui, anche col caldo soffocante a proseguire
con la mia “pseudo-horror”! E questo capitolo sarà davvero molto
pseudo... XD
In
effetti nelle note dello scorso capitolo ho dimenticato di avvisarvi,
ma questo capitolo è in effetti un intermezzo, una sorta di pausa
per far riprendere fiato all'autore, ai lettori e ai personaggi ^__°
Durante l'ideazione di questa storia ho pensato a diverse “versioni”
di invasione zombi (modalità, dettagli, tipo di zombi, tono più o
meno crudo della storia...) prima di scegliere la definitiva: sono
contento della mia scelta finale, ma per rendere omaggio alle varie
idee scartate, che pure un po' mi sarebbe piaciuto buttar giù, ho
pensato di presentarvene una...
Buona
lettura, gente!
Germania
aprì gli occhi e trovò ad attenderlo una bella giornata: il sole
splendeva, l'aria era fresca, e aveva avuto un buon sonno
ristoratore. Spense la sveglia e si buttò con uno slancio giù dal
letto, motivato e pieno di energie.
Il
puntualissimo e scrupoloso Germania completò la sua scaletta
mattutina nei tempi previsti: fece una sana colazione, si rinfrescò,
si sbarbò e prese a prepararsi a puntino davanti lo specchio
dell'armadio della camera da letto.
Abbottonò
i polsini della camicia, annuendo compiaciuto al suo riflesso, scelse
con cura una giacca e vi pose nel taschino i suoi occhiali da
lettura. Eccolo infine pronto ad uscire di casa, con la sua elegante
valigetta bruna, per andare al lavoro, sicuro di arrivarvi con quel
leggero anticipo che fa il perfetto orario. Non c'era dubbio che si
sentisse di buon umore: era nello spirito giusto per mettersi
all'opera, ancor più del solito, e quel giorno aveva pure portato
con sé un paio di guantoni da boxe nel caso la sua ormai quotidiana
discussione con Grecia si animasse più del solito... E un po' ci
contava fosse così...
Col
suo passo svelto, ma non precipitoso, accompagnato dal continuo
cinguettio che giungeva dagli alberi, la nazione il cui nome è
garanzia di precisione, sicurezza e rigar dritto, al limite e qualche
volta oltre della colossale rottura di scatole, avanzava
canticchiando un brano di un gruppo rock di quelli che il cantante si
da fuoco sul palco in una tuta ignifuga. Probabile fosse quella una
reazione, appena visibile, della sua psiche a cotale immagine di
perfezione che talvolta gli stampavano addosso e lui stesso finiva
per provare ad essere.
Non
era affatto perfetto e lo sapeva, ma non gli dispiaceva affatto
essere lui, pensava Ludwig: il suo stile “teutonico” era per lui
un motivo d'orgoglio e rispetto per sé stesso, a prescindere dal
rispetto che anche gli altri avevano per lui. Certo aveva di tanto in
tanto il bisogno di slacciarsi un po' il colletto, allentare un po'
le sue redini, come tutti, ma non quel mattino, in cui il più
classico Germania avrebbe fatto ancora una volta il suo figurone alla
riunione delle nazioni, guidando, disciplinando, rimproverando, e
subendo le peggiori sbuffate e pernacchie appena si fosse girato
dall'altra parte.
Lungo
la strada, incrociò il primo incontro della giornata. Smise di
canticchiare, si schiarì la voce tossendo sommessamente, ed
attraversò la strada per raggiungere Giappone, fermo sul marciapiede
opposto al suo.
“Buongiorno,
Giappone. Come stai?”
Sentitosi
chiamare, il ragazzo dal caschetto nero si girò...
“Veee!
Ciao!”
“Uh?”
“Buongiorno,
Germania! Non è una bellissima giornata?” -disse il solitamente
serafico Kiku, con un sorrisone, gli occhietti socchiusi, e un'aura
di luccichini e fiorellini.
Sulle
prime restò interdetto, ma subito lo colse una sensazione di dejà-vu
e sospirò.
“Oh,
no, cos'è successo? Italia ti ha di nuovo portato in giro con sé
dalle sue parti? Accidenti, quel tipo è incorreggibile!”
“Eh
eh eh, già già!” -canticchiò lo stralunatissimo Giappone in
versione “italianizzata”.
“Tutto
a posto?”
“Pastaaa!” -alzò le mani al cielo in risposta.
“Devo
fare due chiacchiere con Italia appena lo vedo...” -eppure lo
sapeva quanto Giappone potesse essere suggestionabile, accidenti a
lui!- “Giappone ascolta, io mi avvio alla riunione, tu resta pure
qui a riprenderti, avviserò io gli altri del tuo ritardo. Non appena
ti sei rimesso in sesto raggiungici, a dopo!”
“Va
bene!” -scattò ridendo sull'attenti per poi salutarlo
affettuosamente- “Ciao ciao!”
Germania
scosse il capo: Italia era una nazione grandiosa sotto moltissimi
aspetti, ma se da un lato gli tollerava di avere difetti come tutti
(orde di difetti...), dall'altro non sopportava l'idea che
addirittura provasse a spandere quella sua improponibile
spensieratezza e scanzonata gioia di vivere! Un bel discorsetto sulla
serietà e sul senso di responsabilità che una brava nazione
dovrebbe avere non glielo toglieva nessuno!
Mentre
preparava in mente tale discorsetto, arrivò a destinazione, senza
che la breve sosta col povero Giappone avesse fatto sforare di un
minimo il suo programma.
Si
specchiò un attimo nelle porte di vetro, controllando un'ultima
volta di essere a posto, e poi entrò, dirigendosi subito verso la
sala riunioni.
Lungo
la strada si imbatté in Svezia e Danimarca, che sembravano discutere
tra loro, dandogli le spalle.
“Buongiorno.”
-li salutò- “Gli altri sono già in sala?”
I
due si girarono per rispondere al saluto, e Germania ne ebbe paura
come davanti a due mostri! Nella fattispecie, due mostri con i corpi
di Svezia e Danimarca...
“Ve!”
E
la faccia di Italia!
“Argh!”
-sobbalzò- “M-ma che... che...”
“Ve!
Buongiorno!” -salutò raggiante Danimarca.
“Ve!
Ciao! Come stai?” -salutò allo stesso modo Svezia, rendendolo
ancora più spaventoso! Che fine aveva fatto il suo sguardo
accigliato che ti schiaccia al suolo e il suo mutismo?
“Che
c'è Germania?” -dondolò la testa lo stranissimo Danimarca, con
gli occhi socchiusi e il sorrisone- “Mi sembri un po' spaesato!
Tutto a posto?”
“I-io si, m-ma voi?! Sembrate...”
“Sembriamo
cosa, Germania?”
“Strani,
molto strani! A dirla tutta, somigliate a un certo qualcuno...”
Ci
somigliavano terribilmente, era il caso di dirlo, vista la sua pelle
d'oca!
Lo
Svezia con la faccia d'Italia rise: “Oh oh, Germania ha tutta
l'aria di essere un po' stressato stamattina! Secondo me gli ci vuole
una bella porzione grande di lasagne! Ti vanno?”
“Veramente ho
appena fatto colazione e siamo ben lontani dall'ora di pranzo...”
“Che
importa?” -saltellò Danimarca- “Per le lasagne è sempre il
momento giusto, a qualsiasi ora del giorno! Viva le
lasagne!”
“Evviva!” -esultò a sua volta l'enorme e per
nulla inquietante biondo.
“D-d-devo
andare!”
Più
che andar via, Ludwig se la diede letteralmente a gambe. Ancora
confuso, prima di potersi chiedere cosa accidente stesse succedendo a
tutti, andò ad urtare contro qualcuno, che nello scusarsi riconobbe
dai suoi vestiti e i capelli albini.
“Oh,
Prussia! Meno male, mi fa piacere vederti! Svezia e Danimarca hanno
qualcosa di strAAAAAAAARGH!”
Il
suo sollievo si tramutò in uno spavento ancora più grande: anche
Prussia aveva la faccia di Italia!
“Veee,
ciao fratellone!”
“F-fratellone?!”
-balbettò Ludwig indietreggiando cautamente...
“Anche
io sono tanto tanto contento di vederti!”
“O-ora non lo sono
più di tanto a dirla tutta...”
“Vieni
qui, voglio dare un bell'abbraccio al mio adorato fratellone!”
Il
Prussia italianizzato, tutto sprizzante luccichini, gli venne
incontro a braccia aperte, ma lui indietreggiò di nuovo.
Che
stava succedendo? Era forse tutto uno scherzo? O aveva preso a
soffrire di allucinazioni? Aveva letto che la carenza di certe
vitamine poteva produrre vari e gravi effetti deleteri sul corpo:
forse aveva lavorato troppo, forse aveva bisogno di prendere qualche
integratore se ci teneva tanto a fare il tipo instancabile...
“Veee!”
Prussia
proiettò la sua ombra su di lui e si preparò a stringerlo a sé,
quando qualcuno di più rapido afferrò la spalla del paralizzato
Germania e lo trasse via. Intontito, col cuore in gola, Germania si
lasciò condurre come una bestia impaurita fino a dietro una grossa
pianta in vaso in un angolo, dietro la quale il suo misterioso
salvatore lo costrinse a nascondersi spingendolo ad acquattarsi.
“C'è
mancato poco!”
“I-Inghilterra?”
Il
cuore gli si colmò di gioia: niente ebeti sorrisi, sguardo
allampanato o docili dimostrazioni d'affetto, bensì un cipiglio
scuro da manuale. Mai una faccia corrucciata gli era parsa tanto
meravigliosa!
“S-sei
davvero tu?”
“Io
si per fortuna, ma molti altri no... Molti altri sono già
diventati... lui!”
Germania
seguì il suo sguardo oltre le foglie della pianta, verso Prussia,
Danimarca e Svezia che, a dispetto dell'inizio ormai imminente della
riunione, se ne stavano lì beatamente a ridere, scherzare e
chiacchierare di calcio.
“Ma
che cosa è successo?! Che cosa sta accedendo?!”
Inghilterra
chinò il capo: “Lo puoi vedere tu stesso: tuo fratello, Svezia,
Danimarca, e non solo loro si sono trasformati copie di Italia!
Esteriormente hanno assunto le sue stesse espressioni, e la loro
personalità è stata completamente rimpiazzata da quella di Italia!
Sono tutti diventati dei nullafacenti, romantici, mangioni, svagati,
casanova che non pensano ad altro che a scansare il lavoro è godersi
la vita!”
“Q-QUESTO È ORRIBILE!”
“SSSSSSH!
Ci sentiranno!”
Germania,
terrorizzato all'idea di poter aver a che fare di nuovo con qualcuno
di quegli “esseri” si nascose ancora di più.
“M-ma
come è possibile tutto questo?”
“Non ne ho idea, ma è da
stamattina che è cominciata questa catastrofe. Ho visto scene
atroci: Svizzera dividere la cioccolata con tutti, Lituania cantare
la serenata col mandolino a Polonia, Francia brindare a spumante
anziché a Champagne... Per fortuna sono riuscito a salvarti appena
in tempo o saresti stato italianizzato anche tu! Chiunque venga
abbracciato da uno di loro si trasforma a sua volta!”
“Q-quindi
se non fossi intervenuto Prussia mi avrebbe...”
“Guarda tu
stesso!”
Si voltò di scatto e vide Spagna, occhi all'orologio,
arrivare di corsa dal corridoio.
“Speriamo
non abbiano iniziato proprio puntuali! Mi ci è voluto un po' per
alzarmi stamattina!”
“Veee,
ciao Spagna, amico mio!”
“EH?!
Prussia, ma che ti è successo? Sembri diverso...”
“Eh
eh eh, ti voglio tanto bene! Vieni qui!”
Spagna provò a
ribattere qualcosa, ma in men che non si dicesse, eccolo venire
avvinghiato da un fraterno abbraccio.
“Ehi, che ti prende,
Prussia? Dai, lasciami!”
Prussia
lo accontentò e...
“Veee!
Stamattina proprio non ho voglia di sorbirmi un'altra riunione
barbosa, sai?” -sprizzò bandierine tricolori il povero Antonio!
“Ottimo!
Allora visto che siamo in quattro, andiamo tutti in cortile a giocare
a pallone!”
“Io sto in attacco!” -gridò Danimarca, unendosi
con l'altro nordico al gruppetto di bigia-riunioni!
Germania
stava strappandosi i capelli: era stata un vista troppo orribile da
mandar giù!
“Visto?
Comunque vada, non lasciarti abbracciare!”
“Questa è una
catastrofe! Chi altro è stato preso?”
“Un
po' tutti...”
“M-ma
America? Lui in una situazione del genere mi sembra il tipo che si
metterebbe alla testa di un gruppo di riscossa, stile film di zombi,
o roba del genere!”
Inghilterra si batté una mano in fronte:
“Quell'idiota è stato uno dei primi a farsi trasformare in Italia!
Russia ha provato ad abbracciarlo e lui come un idiota ha creduto
fosse diventato buono e volesse fare pace... RUSSIA DICO IO! MA COME
SI FA A NON SOSPETTARE NIENTE?!”
L'epocale
gocciolone che uscì a Germania avrebbe potuto innaffiare la pianta
che faceva loro da scudo per un decennio...
“Ma
in tutto questo che ne è di Italia? Il vero Italia intendo...
Possibile che sia opera sua?”
“No,
non credo, era sgomento quanto lo siamo noi, sebbene a un certo punto
si sia messo a suonare la chitarra e ballare insieme a quegli altri
scemi... Se anche è lui la causa, non l'ha fatto apposto.”
Germania
annuì: Italia era un bravo ragazzo, perché mai avrebbe dovuto
concepire un disegno così abominevole? E poi la sua allegria e
spensieratezza erano contagiosi, in misura benigna, anche normalmente
(se si escludeva il caso particolare di Giappone...).
“E
in questo momento dov'è? Lo hai lasciato da solo?” -chiese, in
evidente apprensione per l'amico, malgrado i troppi fac-simile che
gironzolavano mangiando, cantando, giocando e seducendo lì intorno.
“Tranquillo,
ci ho pensato io: in questo momento è al sicuro.”
Rinchiuso
in una stanza dentro una scatola con su scritto << Fuck! >>,
evitò di aggiungere...
Germania
e Inghilterra allungarono il collo per esaminare nuovamente la
situazione.
Passarono
di lì Austria e Ungheria (entrambi con la faccia di Italia), mano
nella mano, con lui che le declamava poesie classiche, poi
Bielorussia (con la faccia di Italia), che a suon di “Veee!”,
carezzava in testa un coccoloso gattino.
Il
rumore di una finestra rotta li fece sobbalzare, mentre un pallone di
cuoio rotolava loro accanto.
“Palla!”
-gridò la voce di Spagna da fuori.
Germania
guardò l'orologio: la riunione doveva essere iniziata già da un
pezzo... CHE DISASTRO!
“Che
cosa possiamo fare, Inghilterra?”
“L'unica cosa che mi viene
in mente è provare con la mia bacchetta magica. Non per vantarmi ma
è alquanto potente, potrebbe riuscire a far tornare tutti normali!
In questo momento si trova a casa mia, ma è dura muoversi con questo
posto che pullula di Italia: basta un abbraccio e sei finito, e sono
parecchio espansivi!”
“Come
l'originale insomma... Conta su di me Inghilterra, insieme ce la
faremo!”
“Umpf, certo, di chi puoi fidarti se non di Germania,
lo sanno tutti!”
Malgrado
la situazione non lasciasse troppo adito alla gioia, a Ludwig fece
piacere sentirlo.
“Andiamo!”
Il
pericolo però era già in agguato!
“Veee,
fratellino adorato!” -balzò loro davanti Scozia, che aveva
sostituito la pipa con il bastoncino di un lecca-lecca- “Fatti
strapazzare un po' come quando eri piccolo!”
“NEIN!”
E
quando è un tedesco a dirlo fa ancora più effetto, forse anche più
del destro sui denti che gli aveva rifilato d'istinto!
“Veeeee!”
-pianse lo Scozia-Italia coprendosi le guance- “Perché mi hai
colpito? Sei cattivo! Ho paura! Sigh!”
I
due lo superarono di corsa: per fortuna che, abbracci a parte, come
avversari erano tutt'altro che temibili.
“Ci
sei andato giù pesante con lui...”
Germania arrossì: “Scusami,
è che tutta questa situazione mi ha reso nervoso... Così tanti
perditempo, così tante regole e orari infranti... Ho i nervi a fior
di pelle, dovevo sfogarmi un po'...”
Inghilterra gli diede una
pacca: “Tranquillo, ti perdono, dopotutto era Scozia! Ah ah ah!”
I
due però poco dopo si trovarono di fronte un più nutrito gruppetto
di nemici, e non potevano certo prenderli tutti a pugni in faccia...
“Ve,
Germania, vieni a giocare a briscola?” -propose Turchia.
“Ve,
Inghilterra, vuoi sapere tipo che dolce serenata mi ha dedicato
Toris?” -gongolò Polonia sospirando un cuoricino.
“Ve,
c'è qualche bel ragazzo che mi porta a fare un giro in vespa?”
-fece l'occhiolino Ucraina.
Si
fece avanti anche Cina con una teglia fumante: “Ve! Ho fatto le
tagliatelle al sugo! Chi ne vuole un po'?”
“Non
abbassare la guardia, Germania!”
“Come
facciamo, ci sbarrano la strada!”
“Tranquillo!
Per fortuna ho in tasca qualcosa contro cui sono deboli!”
Germania
esultò silenziosamente, chiedendosi cosa potesse mai essere il
tallone di Achille per le copie di Italia.
“Uh
uh uh, tremate, voi mediterranei amanti della buona tavola, ho con me
una delizia britannica che vi farà rabbrividire più di una Torre di
Pisa dritta... I MIEI SCONES!”
Aprì
la giacca e dal taschino interno prese i suoi famigerati dolcetti,
allungandoli verso di loro, che si ritrassero come vampiri colpiti
dall'acqua santa!
“AAAAARGH!”
“Noooo!”
“Veee!
Che orrore!”
“Non
preferiresti le mie tagliatelle?”
“HO
DETTO SCONES!”
“IIIIIH! AIUTOOOOO!”
“Vienimi
dietro Germania!”
A
piccoli passi i due si aprirono un varco: bastava puntare gli scones
verso uno di loro perché indietreggiasse lasciando loro aperta la
strada. Tenevano però ben aperti gli occhi, perché non sembravano
del tutto persuasi a desistere, e continuavano a tentare di
avvicinarsi.
“Indietro!
Indietro ho detto!”
“Germania,
sei cattivo, te ne vai senza salutare?” -Turchia aprì le braccia,
e Germania si ritrasse contro la schiena di Arthur.
“Vai
avanti Germania, li tengo a bada io, altrimenti potrebbero attaccarci
alle spalle!”
“Va
bene!”
Mentre
Ludwig si allontanava, Inghilterra continuava a procedere a piccoli
passi, superando gli italiani, per poi voltarsi e continuare
muovendosi all'indietro per non perderli d'occhio.
“Uh uh uh,
non potete niente contro di loro!”
“INGHILTERRA,
ATTENTO!”
Stava
passando accanto ad un angolo, quando da dietro di questo sbucò
rapidissima un ombra, che l'attaccò da un suo punto cieco.
“Veee!
Dov'eri finito Inghilterra? Vieni a vederti l'ultimo cinepanettone
con me?” -domandò America strusciandoglisi addosso con la guancia.
“ARGH!”
-il gentleman ebbe un sussulto e lasciò cadere a terra i portentosi
scones.
Senza
la loro protezione, gli altri Italia sciamarono su di lui in un
coccoloso abbraccio di gruppo.
“Urgh!”
“Inghilterra!”
“Scappa
Germania, sei... l'unica... speranza...”
Gli
Italia lo nascosero alla vista qualche secondo, poi si aprirono.
Arthur
era in piedi, in apparenza incolume. Germania, paralizzato, non
riuscì a distogliere lo sguardo mentre si voltava nuovamente verso
di lui...
“Pastaaaaaaaaa!”
Le
sue sopracciglia erano sempre lì, ma tutto il resto di lui era
scomparso: i té delle cinque sostituite dal té ghiacciato alla
pesca, e il gentiluomo rispettoso e galante sostituito dallo sguardo
da mattatore latino con cui si affrettò a provarci con Ucraina.
Germania
gridò e si impose un ordine come solo lui sapeva imporne di tanto
categorici: correre!
“Non
può essere vero!”
Sentiva
dappertutto i loro “Ve!”, ripetuti di continuo, come un'allegra
nenia che si stava spandendosi a macchia d'olio, inglobando il mondo
intero! Avrebbe voluto strapparsi le orecchie!
Ecco
finalmente stagliarsi l'uscita davanti a sé, la salvezza era a
portata di mano!
Ma
rapidissimi comparvero gli Italia, sbarrandogli la strada con le loro
risate e proposte di divertirsi insieme!
Frenò
bruscamente e si guardò attorno in modo forsennato, scoprendo che
altre orde di Italia stavano arrivando dai corridoi alla sua destra e
a sinistra, e altri ancora sopraggiungevano alle sue spalle dopo
averlo inseguito! Era completamente circondato!
Guardò
in tutte le direzioni, capace solo di sperare più che di pensare a
un piano per salvarsi, mentre loro si avvicinavano sempre di più!
“Veee!”
“Ve!”
“Ve!
Ve!”
Sentì
le gambe appesantite dalla disperazione: “Urgh! Che cosa faccio?
Vogliono abbracciarmi! Vogliono farmi diventare come loro! Q-quindi
anch'io diventerò un sosia di Italia? Io?”
Provò
ad immaginarsi...
“Veee! Lavorare? Troppo
noioso! Butterò tutti i documenti nella spazzatura e mi cercherò un
posticino fresco per un sonnellino di qualche ora! Poi voglio
mangiare tantissima pasta, il gelato, e perdere tempo davanti la tv,
danno la mia fiction preferita! Ah ah ah!”
“NOOOOOOOOOOOO!!!”
L'urlo
generò un onda d'urto tale da rallentare gli Italia che gli si
stringevano attorno.
“Non
voglio! Non voglio diventare così! Io sono Germania, quello
rompiscatole, fissato con le regole e col fare le cose nel modo
giusto, l'addestratore cattivo, quello con la lingua che suona
scazzata qualsiasi cosa si dica! Non posso finire così! Non posso
trasformarmi in un simile mostro!”
“Veee!
Germaniaaa!”
“Abbraccioneee!”
Gli
erano addosso, oscuravano la luce e la speranza!
“No!
State lontani!”
“Veee!”
-fecero tutti in coro.
“No!
No! Non abbracciatemi! NOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!”
Germania
riemerse dal sonno come qualcuno in procinto di annegare raggiunge
l'agognata superficie. I suoi respiri pensati e affamati d'aria
spezzarono la quiete della notte.
Non
era stato abbracciato dagli Italia: si trovava nella caffetteria,
immersa nella penombra, vegliata dall'occhio vigile di Romano, nel
corso di un epocale invasione di semplici, classici zombi mangiatori
di uomini.
“Che
ti prende, crucco?” -gli domandò quando si fu calmato- “Ti senti
male?”
“Ho...
Ho avuto un incubo...”
Romano
se la rise: “Incubo? Peggio di quello in cui siamo adesso?”
“......”
Germania
abbassò gli occhi e vide Feliciano addormentato sulle sue gambe che
lo stringeva per la vita come un grosso, caldo, muscoloso peluche.
“Veee...”
-sospirò nel suo dolce sonno.
Guardò Romano negli occhi:
“Decisamente si!”
Stranito
dalla risposta, l'altro italiano si grattò la testa: davvero
esisteva qualcosa di peggio?
Germania,
passata la pelle d'oca, cercò di scrollarsi di dosso Feli, ma
questo, senza svegliarsi, emise un mugolio di protesta e lo abbracciò
più forte.
“......”
Alzò
bandiera bianca, carezzandogli la testolina, per poi rimettersi a
dormire.
Lo
so, lo so, vi aspettavate il nuovo capitolo e invece mi presento con
un autentico sclero: sono imperdonabile! XD
Spero
non ci siate rimasti troppo male e che vi siate divertiti con questo
piccolo intermezzo ^__°
Non
trovate curioso che l'abbia scritto proprio in un periodo in cui,
nella realtà, la Germania stia appunto un tantino esagerando con
questa storia del “tenere in riga”? Sarà stata una coincidenza,
ma diciamo pure che ultimamente ha fatto di tutto per meritarsi una
lezioncina, e il bello spavento che ho fatto prendere a Ludwig è
cascato a fagiolo (da come potete intuire sono molto solidale alla
causa della Grecia per quanto riguarda gli ultimi avvenimenti
d'attualità).
Considerazioni
politiche a parte, spero di poter aggiornare di nuovo presto, prima
di partire per le mie vacanze ^__^ Quindi dovessi sparire per
parecchio tempo non vi spaventate per l'assenza di zombi... XD
Alla
prossima, buone vacanze e buon proseguimento d'estate a tutti!
|
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Capitolo 11 *** Saluti dal precipizio ***
Sorpresa,
gente! Avendo trovato il modo di connettermi ad internet anche qui da
Pescara, posso presentarvi il nuovo capitolo di questa storia fresco
sfornato tra un tuffo e l'altro ^__° Contenti?
Mi
ha aiutato anche un po' il tempo che ogni tanto si guasta
costringendomi a disertare la spiaggia, quindi per una volta
ringraziate la pioggia XD
Dopo
la parentesi dell'ultima volta la storia principale riprende le
mosse, e lo farà in modo dirompente, vedrete! Un capitolo denso di
azione si spalanca davanti a voi! Solita raccomandazione, occhio ai
morsi...
Buona
lettura e buon proseguimento d'estate a tutti!
PS:
Nel capitolo inserirò, come comparse, due nuovi personaggi
recentemente apparsi nelle strisce di Himaruya, Repubblica Ceca (una
lei) e Slovacchia (un lui); per consentirvi di visualizzarli vi
allego il link di una striscia in cui compaiono
^__°
http://www.mangareader.net/hetalia-world-stars/88/2
Nel
sogno di Feliciano ogni cosa prese a tremare.
Quel
terremoto proseguì finché non riaffiorò del tutto alla coscienza,
aprendo gli occhi sul viso di Germania che lo stava scuotendo.
“Italia,
svegliati: dobbiamo andare.”
Un
sussurro tanto imperativo che non perse tempo neanche a sbadigliare,
rimettendosi subito in piedi.
Guardò
la luce fuori dai finestroni della caffetteria, ancora pallida:
doveva essere parecchio presto. Intorno a lui fervevano i preparativi
per quello che si prometteva di essere il giorno della resa dei
conti, la loro ultima alba o la prima del nuovo, terribile regno dei
non-morti. America, Germania e Romano controllavano il loro
equipaggiamento, passando velocemente in rassegna ciò che vi era che
potesse in qualche modo tornar utile, da semplici razioni di cibo e
acqua ai coltelli, dall'oliera che Alfred scrutava pensieroso alla
cartucciera di tubetti di salse e condimenti che suo fratello stava
rimettendosi addosso.
Feliciano
raccolse da terra la sua “lancia” come un soldato che, colto di
sorpresa dai superiori a poltrire, scatta bellamente sull'attenti:
“Che succede? Ci hanno trovato?”
“No,
non ancora, ma probabilmente è questione di poco.” -lo rassicurò
a metà Germania.
“Non
abbiamo più olio da mettere nella friggitrice, si è esaurito
stanotte.” -la indicò col pollice America, ancora un po' fumante
dei residui- “Questo posto puzza ancora tremendamente, ma non ci
coprirà ancora per molto, anche considerando che non sono degli
zombi sempliciotti.”
Nella
peggiore delle ipotesi potevano anche aver già approntato una
trappola non appena si sarebbero decisi a mettere il naso fuori di
lì, ma nemmeno potevano rimanere nascosti in eterno: c'erano tante
vite per cui combattere, oltre alle loro, e il Team dell'Apocalisse
non si sarebbe mai tirato indietro!
Di
sicuro la loro copertura non avrebbe retto ancora a lungo, e l'unica
era giocare il più possibile d'anticipo: mattinieri e rapidi, fino
all'ambita meta di salvezza!
“Corda
presente, tubo presente...” -fece l'appello il loro autoproclamato
leader- “Ragazzi?”
“Presenti!” -rispose Germania.
“Umpf!”
-si grattò la testa Romano.
“Pronto!” -si unì Feliciano con
energia, chiudendo il cerchio.
“Questa
storia è durata anche troppo, oggi, vada come vada, finirà.”
“Eh,
no, deve andare nel modo giusto e basta!” -lo rintuzzò Romano,
aggiungendoci eloquenti gesti scaramantici...
“Mi
piace il nuovo acquisto!” -esclamò Alfred con un amichevole pugno
sulla sua spalla (che lui, non essendo granché robusto, si massaggiò
subito dopo mormorandogli tra i denti un insulto da manuale)- “Ha
un gran bello spirito: deciso e ottimista!”
“Ma
chi?! Se ripenso che davvero ho accettato di aiutarvi mi prenderei a
schiaffi! Voglio solo tornarmene a casa sano e salvo e non rivedere
più voialtri matti per un anno intero!”
“Nemmeno me?”
-domandò Feli col musetto triste.
“E
va bene, tu si...”
“Abbiamo
un piano, ma non ci lasceranno certo metterlo in pratica come se
niente fosse. Ieri è stata una lunga giornata, ne abbiamo passate di
veramente brutte e non posso garantirvi non ne passeremo anche di
peggiori...” -gli altri tre chinarono il capo- “Ma come uniti
siamo riusciti ad arrivare fin qui, uniti riusciremo a sistemare le
cose una volta per tutte, fidatevi... Non di me, fidatevi di voi
stessi, di noi!” -America, fece una pausa, sentendosi ispirato-
“Vedete l'alba? È il sipario che si alza sul nostro show: non
deludiamo il pubblico e mostriamo loro che eroi siamo!”
Prima
che qualcuno potesse complimentarsi per il bel discorso, Feliciano,
con spaventato stupore, indicò uno dei due ingressi della sala.
“Sono
qui fuori! Ci hanno trovato!”
Tutti
si girarono, pronti e in guardia: udirono subito dei flebili rumori
dietro le porte chiuse, e poi ancora l'inconfondibile, lugubre
lamento gutturale degli zombi. Un fruscio, e i quattro immaginarono
nitidamente mani ruvide e unghie spezzate e taglienti grattare contro
le porte, poi la maniglia ebbe una scossa; malgrado il tentativo
infruttuoso, visto il catenaccio e il pesante tavolo piazzato a
sbarrare l'accesso, ciò che c'era dietro la porta non accennò a
desistere dal ritentare ancora e ancora.
“Tranquilli,
ci penso io.” -fece con un'inaspettata sicurezza Romano.
L'italiano
raggiunse la friggitrice, la aprì, raccolse una pentola e vi svuotò
dentro il contenuto del serbatoio, maleolente e sfrigolante. Poi
raccolse una sedia, la piazzò sopra il tavolo davanti le porte, vi
salì in punte di piedi e fu così abbastanza in alto da raggiungere
le finestrelle scorrevoli in vetro smerigliato al di sopra delle
doppie porte...
“UAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!”
Ne
aprì una quel che bastava perché potesse colare la pentola sugli
sciagurati aggressori dall'altro lato della parete: una tecnica
d'assedio basilare , dopo tanti secoli, in fin dei conti ancora
utile.
“BRUCIAAAAAAAAAA!”
“SIGH!
PERCHÈ SEMPRE A NOIIIIII?!”
Chiuse
la finestrella e le urla sparirono come d'incanto: “Ecco fatto.”
<<
NESSUNA PIETÀ ! >> -i tre compagni si erano
stretti gli uni gli altri davanti a una simile, sfacciata, fredda
volontà di sopravvivenza.
Feliciano
fu il primo a sciogliersi, con un sommesso sorriso: non era grande,
né forte, né coraggioso, ma in un modo tutto suo sapeva sempre cosa
fare; in momenti come quello si rendeva conto di quanto lo ammirasse
e invidiasse dopotutto...
Romano,
come niente fosse successo, passò nuovamente la parola al loquace
capobranco: “Allora, bietolone, stavi dicendo?”
Se
non altro adesso non esistevano più dubbi sull'essere stati scoperti
e di doversi dare una mossa al più presto!
“Ehm,
si...” -ripensò ai suoi divi del cinema preferiti per ritrovare il
filo e il giusto spirito- “Facciamo in modo che questa sia l'alba
degli eroi, non quella dei morti viventi! Troviamo la cupola,
raggiungiamo il tetto, e saremo al banchetto in nostro onore per
l'ora di pranzo!”
Germania si voltò verso i due italiani: non
ebbe dubbi, dopo una frase del genere, nel vederli con gli occhioni
sbrilluccicanti e un rivolo di bavetta alla bocca!
“Coraggio
ragazzi, mani al centro e poi si parte!” -attese che gli altri tre
poggiassero il pugno sul proprio, e rinfrancato a sua volta dalla
loro prontezza e dal calore di quel tocco fraterno, alzò la voce-
“Team dell'Apocalisse! Uno, due...”
<< CRASH! >>
“?!?!?”
Il
tre era stato sostituito dal rumore della grata d'areazione sul fondo
della sala che veniva fatta volare con forza.
Una,
due, forse tre paia di mani, accompagnate da urla fameliche,
emersero, dal buio condotto, all'interno sala, fendendo l'aria satura
d'olio per frittura come artigli bramosi di croccanti e saporiti
viventi!
“Ce
lo rimanderemo a un altra volta, America!” -spezzò il cerchiò
Germania aprendo la strada- “Ora andiamo!”
La
porta più vicina al bancone e a loro era già stata liberata del
tavolo, trovandosi nella direzione del loro obiettivo, inoltre il
fatto che l'altra porta ora desse su un lago di olio bollente la
rendeva una scelta obbligata.
Alfred
aprì la porta con una spallata e subito i compagni si lanciarono
dietro di lui. Fu una corsa breve perché la strada fu presto
sbarrata dai primi, affamati zombi del nuovo giorno.
“Ci
pensiamo noi ad aprire un varco!” -gridò Germania senza
rallentare- “Voi tenete d'occhio le nostre spalle!”
Ludwig
si avventò col tubo di Russia contro il redivivo zombi-Olanda,
mettendogli prima fuori uso il braccio destro per avere poi gioco
facile con lui, mentre Alfred lasciava invece che fosse il ringhiante
zombi-Corea a caricarlo, salvo poi mettergli lo sgambetto e finirlo
con una mazzata mentre era per terra. Purtroppo per lui in quel punto
si apriva un piccolo corridoio laterale, nella cui ombra se ne stava
appostato il possente zombi-Cuba, con una gran voglia di mettere la
parola fine ai loro risaputi dissapori aggredendolo mentre dava il
colpo di grazia all'altro zombi.
“Occhio
alle spalle!” -gridò Romano.
America
trasecolò e girandosi ebbe un primo piano delle fauci dello zombi
caraibico, ma queste non si erano aperte per mordere, bensì per
prorompere in una mezza imprecazione in spagnolo quando si era
ritrovato con tutta la faccia imbrattata di rosso. Vista l'occasione,
America non ci pensò due volte a metterlo a tappeto con una sonora
mazzata nel fianco; si girò verso Romano, e lo trovò armato di
tubetto di ketchup, estratto dalla cartucciera.
“Bel
colpo!”
“Tsk! Quello è niente.”
Detto
questo estrasse, più rapido dei pistoleri dei suoi film, pure la
maionese, e puntò le sue “armi”, in apparenza contro America
stesso, in realtà contro zombi-Ceca e zombi-Slovacchia che stavano
arrivando in corsa dalla stessa via da cui era comparso Grecia,
beccando con precisione ciascuno in entrambi gli occhi appena furono
a portata, lasciandoli brancolare nel giallo e nel rosso fino a che
non beccarono una parete contro il naso.
Romano
roteò i tubetti di salsa tra le dita e ci soffiò... per poi dare un
assaggino alla maionese...
Ad
America brillarono gli occhi: “Vuoi essere il mio nuovo
eroe?”
“No.”
Poco
male, America trovava nuovi eroi a cui votarsi un giorno si e uno no.
“Zombi-baltici
a ore sei!” -gridò Germania, in quel momento impegnato con
zombi-Portogallo, per avvertirli dell'arrivo dei tre fratelli
non-morti, preannunciati da un appetitoso odore di frittura...
“Chi
ci ha tirato addosso l'olio bollente la pagherà cara!” -gridò il
rabbioso zombi-Lettonia, reso, come anche gli altri due, ancora più
orrendo e spaventoso dalle ustioni!
“Veeee!”
-trasecolò Feliciano a trovarseli di fronte. Provò a minacciarli,
con ben poca veemenza con la sua lancia improvvisata
“Non
avere paura di quei tre fessi!” -lo incoraggiò il fratello che
prendeva a calci gli zombi a terra tanto per assicurarsi ci
rimanessero...- “Combattili!”
America,
che non aveva bisogno di incoraggiamenti, aveva preso subito per sé
il piccolo ma mordace Lettonia: l'aveva sempre pensato che quel tipo
avesse bisogno di sfogarsi un po', e quale occasione migliore di una
trasformazione zombi?
Feli,
spintonato dalle grida del fratello, provò a vibrare un pretenzioso
colpo ad occhi chiusi. Sfortunatamente quell'arma, nata da un
semplice manico di scopettone, aveva già conosciuto troppi
sballottamenti da quando Giappone aveva iniziato ad impugnarla, e il
legno, dopo i tanti colpi vibrati, era al limite della sopportazione:
il suo colpo a vuoto, finito contro il muro, lo fece cedere
definitivamente, e la punta della lancia penzolò ancora parzialmente
attaccata ma inoffensiva.
“Oh,
no!”
“Prendi
questa!” -gridò Romando facendo scivolare sul pavimento una
piccola mannaia da cucina, che Feli sollevò con fretta e incertezza.
“M-ma
sono due... E io non...” -balbettò scansando unghiate e morsi!
“Tu
immagina che siano dei salami da affettare!”
<<
SLASH! >>
“LE
MIE INTERIORAAAAAAA!”
“Veeee!
Non l'ho fatto apposta!” -pianse Feliciano, saltellando spaventato
lontano dalle frattaglie che fuoriuscivano e cadevano a terra dalla
pancia tranciata di zombi-Lituania, che, poveretto, cercava di
trattenerle e rimetterle dentro!
“P-però
ha funzionato!” -si gasò l'italiano vedendo il terzo zombi
recedere intimorito!
<<
È bastato pensasse fossero cibo? >> -non riuscì a
crederci Germania, sempre più senza parole dinanzi alle prodezze
inaspettate e alle abilità nascoste dell'italica stirpe... Li
ammirava a tal punto... da fargli cascare le braccia...
“Bravo
il mio fratellino!” -si complimentò infilzando con un forchettone
da cucina il piede di zombi-Olanda che aveva commesso l'errore
madornale di provare a rialzarsi.
“Forza,
andiamo! Prima ne arrivino altri!”
“Maldidos...”
-imprecò il malridotto zombi-Cuba, trascinandosi- “Prendiamoli!”
Italia
tenne i nemici a distanza mentre America si riuniva al gruppo, per
poi dar prova della sua magistrale abilità nella fuga nel
raggiungerli con poche, lunghe falcate.
Lasciatosi
ben dietro quel primo sbarramento, il gruppo iniziò a rallentare,
anche per potersi riorganizzare e darsi un ordine di movimento, come
avevano fatto nell'attraversare il piano inferiore; Germania, che li
precedeva di qualche passo cominciò però ad avere una brutta
sensazione, che trovò confermata nel volgere lo sguardo a destra e a
sinistra.
“Non
vi fermate! Andiamo!”
L'ampio
androne che stavano percorrendo aveva molti accessi laterali, e da
tutti, più o meno distanti che fossero, provenivano degli zombi.
“Non
rallentate!” -gridò di nuovo.
Era
una tenaglia, che loro dovevano anticipare, a costo di farsi
scoppiare i polmoni. Ma anche superato quell'androne e imboccato
l'ultimo corridoio, e già si apriva in lontananza lo spazio
circolare della cupola, riuscivano a percepirli, una sepolta
sensazione di pericolo che sentivano intorno, e sempre più vicina.
Bastava girare appena il capo perché con la coda dell'occhio li
intravedessero arrivare da ogni incrocio, numerosissimi, come se
tutti gli zombi dell'edificio si fossero concentrati su quel piano,
decisi a braccare gli ultimi sopravvissuti.
“Prendetelo!
Mi deve una mano!” -gridò zombi-Taiwan balzando fuori da un
corridoio appena superato, e indicandoli, con la mano rimastale,
all'orda che la seguiva e che si lanciò urlando all'inseguimento.
“Resistete
ragazzi, ci siamo!” -esultò America.
Poche
falcate ancora ed ecco che il corridoio affluiva in un grande spazio
circolare su cui andavano ad affacciarsi i vari piani, delimitato da
una balconata di sbarre orizzontali in ferro; affacciandosi,
avrebbero visto il crocevia con il piedistallo rovesciato dove Russia
se l'era data a gambe dinanzi l'apparizione della sorella. Il sole
era già un po' più alto e dalla vetrata della cupola si diffondeva
una piacevole luce d'oro, uno splendore che contrastava atrocemente
con l'oscurità dilagante.
Un
po' l'entusiasmo suo marchio di fabbrica, un po' il fatto che fosse
lanciato a tutta velocità, Alfred non riuscì a perdere abbastanza
velocità per non schiantarsi sulla balconata con tale foga da
rischiare di capitombolarvi oltre!
“WHOA!
AAAAH!””
“Acchiappatelo!”
Germania,
Feli e Romano riuscirono ad afferrarlo per il giaccone appena in
tempo.
“Ehi, piano! Non vorrete strapparmelo! Ci tengo, eh!”
“Dai
ragazzi, lasciamolo, è la volta buona!” -suggerì malignamente
Romano, irritato da tale mancanza di gratitudine!
“Veee,
ma quanto pesi?” -domandò Feli cercando di tirarlo su per una
gamba- “Non eri a dieta?”
“Si,
qualcosa come cinque mesi fa...”
“Chiudi il becco e muoviti!”
-si spazientì Germania, riuscendo finalmente a riportarlo sul
pavimento.
“Eh
eh, paura, eh? Tranquilli, un vero eroe non casca mai di sotto, per
principio! E ora che sono ancora distanti prepariamoci a...”
Sentirono
un fruscio provenire dal basso, ma il tempo di affacciarsi ed ecco
che la causa, o meglio, le cause, si erano già issate su per la
ringhiera e con un agile balzo, quasi un volo, in stile film di
kung-fu, erano atterrati sulla balconata del primo piano dove si
trovavano, in perfetta posa plastica prima di rimettersi in piedi e
girarsi lentamente verso di loro.
Zombi-Hong
Kong e zombi-Cina, non aprivano bocca, ma lasciavano trasparire un
irrefrenabile voglia di chiacchierare a suon di arti marziali.
“Li
trattengo io!” -roteò la mazza il prode America- “Voi preparate
il rampino, muovetevi!” -gridò lanciando velocemente la tracolla
con dentro la corda da legare al tubo.
“Va bene!” -l'agguantò
al volo Ludwig- “Allontaniamoci!”
America
strizzò gli occhi alla film western: “Occhio a quello che fate...
Teppistelli...”
I
due zombi, del tutto apatici dinanzi alle sue minacce, lo attaccarono
insieme, ed America ripiegò subito sulla difensiva, comprendendo in
fretta di essere in netto svantaggio da solo: se non fossero stati
rallentati nei movimenti dalla zombificazione, probabilmente lo
avrebbero velocemente sopraffatto con le loro tecniche e una simile
aggressività.
Più
volte America sentì calci sibilare a pochi centimetri dalle sue
tempie, evitò per un pelo un colpo di taglio della mano diretto al
collo, di quelli che ti stendono, e si beccò infine una raffica di
pugni al busto che lo lasciò senza fiato per qualche attimo. Senza
perdersi d'animo, mulinò con un gesto ampio la mazza da baseball
sperando, con la sua portata maggiore, di indurli a distanziarsi. Ma
quel movimento grossolano fu facilmente evitato da zombi-Hong Kong
abbassandosi; nel rialzarsi poi roteò completamente su sé stesso,
estendendo la gamba, e il suo tallone descrisse una falce che si
abbatté sul polso di America. La forza del colpo fu tale che questi
mollò la presa e la sua fida compagna di tante battaglie volò oltre
la balaustra, gemendo nell'urto col pavimento del piano di sotto.
Per
quanto poco eroico, batté in ritirata verso gli amici: “Un
aiutino?”
Con
Germania chino a terra, impegnato ad assicurare bene la corda attorno
al tubo, e Italia a guardare tutto intorno per ogni evenienza, Romano
seppe che toccava a lui e, mano alla cartucciera, si gettò in quella
situazione disperata: “Ciccione, abbassati!”
“Ciccione a
chi?!”
“GIÙ!”
Buttatosi
a terra, Romano rivelò ciò che aveva nascosto nella mano destra: un
contenitore in vetro pieno di polvere di peperoncino rosso. Una nube
piccante si spanse in faccia a quei due, che in men che non si dica
rimpiansero di essere non-vivi: la gola, il naso e gli occhi erano
tutti un incendio, e lacrime, tosse e starnuti rendevano impossibile
guardare e muoversi. Zombi-Cina si appoggiò sfinito alla ringhiera e
America ne approfitto per rovesciarlo di sotto con una spinta, per
poi afferrare di peso zombi-Hong Kong e riservargli lo stesso
impietoso trattamento.
Il
tempo di un sospiro di sollievo però, ed eccolo rendersi conto di
quel rumore che si avvicinava come un onda su loro povere zattere
nella tempesta, il rumore di orda zombi che geme, ringhia, sbava e si
trascina pesante verso di te. Dal corridoio da cui erano venuti era
intanto già sbucato il primo, braccia ciondolanti e fauci
digrignate, uno zombi dalle inconfondibili sopracciglia spesse...
“Inghilterra!”
-trasalì America- “Sono io, America, non mi
riconosci?”
“GROARRRRR!”
“Si,
ti riconosce...” -commentò Feliciano.
“Muoviamoci!
Di là!” -intimò allora America, rinunciando seduta stante alla
commovente riunione.
I
quattro si allontanarono in fretta da quel punto, puntando al lato
opposto della balconata circolare. L'orrore però inchiodò
nuovamente i loro piedi a terra: proprio da lì ne stavano
sopraggiungendo altri, numerosissimi quanto quelli che stavano
comparendo alle spalle di zombi-Inghilterra.
Non
potevano andare oltre né tornare indietro, dovevano scalare in quel
punto: una volta raggiunto il secondo piano, avrebbero potuto
rapidamente tirar su il rampino e fare lo stesso col terzo, e con due
piani di vantaggio e praticamente tutti i non-morti radunati lì
avrebbero potuto procedere con sicurezza per l'ultimo tratto. Almeno
in teoria.
“Allontanatevi!”
-intimò Germania.
Fece
roteare alcune volte il rampino e lo scagliò verso l'alto: la curva
del rubinetto si adattò perfettamente alla terza sbarra della
ringhiera del piano superiore. Diede un tiro, confermando la
sicurezza dell'appiglio.
“America,
vai per primo!”
“Giammai!
Io sono l'eroe, il capitano del gruppo, il capitano che non scende
dalla nave se prima tutti i passeggeri non si sono messi in salvo!”
“Disarmato
come sei ci affonderai pure con la nave! Muoviti!”
Sospirando
pensando alla fida mazza perduta e ai tanti bei momenti trascorsi
assieme, America diede un pizzico al proprio orgoglio e si rassegnò
a scalare, accontentandosi di un veloce ma caloroso saluto al caro,
zombificato Arthur, scivolandogli alle spalle, abbracciandolo per il
collo e infine spezzandoglielo con la tecnica appresa
nell'addestramento da marines. Forte di quello stesso addestramento,
America si issò per i circa cinque metri di dislivello tra i piani
in un attimo, con l'agilità di una pantera, mentre sotto di lui la
corda veniva raggiunta e avvolta dalle ondate; Germania respinse con
un calcio Zombi-Polonia e poi corse ad aiutare Romano che provava a
difendere sé stesso e il fratello a colpi di coltello da pane.
“Sotto
a chi tocca!”
“Italia,
vai tu!” -fece Germania, fracassando di gancio la mandibola di
zombi-Danimarca, che per niente colpito dalla cosa, continuò a
provare ad artigliarlo anche con la bocca penzoloni.
“I-io
però non sono tanto bravo con la corda...”
Germania
si morse la lingua: durante gli allenamenti in palestra c'erano tante
cose in cui il suo poco atletico amico non se la cavasse, e la
scalata sulla corda rientrava tra queste, i suoi tempi erano
disastrosi; si sarebbe preso a schiaffi da solo per aver dimenticato
un simile dettaglio.
“Feli
se non sali subito quella cavolo di corda ti cucinerò spaghetti
scotti per un mese!”
“Ma io...”
“SALI!”
“Veee!”
Con
i dovuti “incoraggiamenti” però, si disse Germania, era anche
vero che Feliciano riusciva, seppur con fatica, nelle imprese a lui
più invise. Iniziò a così a trascinare il proprio peso con le sue
braccine sottili su per la fune bianca, mulinando le gambe
ogniqualvolta perdeva un po' d'appiglio, rischiando di calciare i
suoi stessi amici di sotto, impegnati a coprire la sua arrampicata.
“Anf!
Anf! Le braccia... Non ce la faccio...”
Dall'alto,
America osservava preoccupato: “E va bene, è il momento di
dimostrare ancora una volta la potenza dei film...” -respirò
profondamente ed assunse un espressione scura come la notte e folle
come il miglior sergente istruttore dell'universo noto- “SOLDATO
PALLA DI PASTA! HAI INTENZIONE DI MORIRMI SULLA MIA CORDA? IO NON TE
LO PERMETTERÒ! TU QUI NON SCIVOLERAI, TU QUI NON CADRAI, QUI SI
SCALA DRITTO E BASTA!”
Germania,
cogliendo la citazione, scosse tristemente il capo... Perlomeno parve
funzionare: con Romano ad aiutarlo offrendogli appiglio con la
propria spalla, e America dall'alto a issarselo, con le sue
inconsuete tecniche motivazionali prima, e con le sue forti braccia
poi, Feli riuscì ad arrivare al pianerottolo superiore sano e salvo.
La situazione in basso però era ormai disperata, con gli ultimi due
rimasti praticamente circondati.
“Vai,
Romano! Mettiti in salvo!”
“Ehi!”
-ribatté lui piccato- “Credi abbia bisogno che un crucco si
preoccupi per me? Muoviti tu piuttosto!”
“Ma
poi tu rimarresti solo!”
“Uno deve pur rimarci, no? E poi per
chi mi hai preso, so badare a me!”
Probabilmente,
non fosse stato Germania ma chiunque altro, Romano sarebbe già
arrivato di sopra con la rapidità di uno scoiattolo, ma in quel caso
particolare non se ne parlava di ritirarsi prima di quel pompato,
sotto gli occhi di suo fratello poi. Così pensava la parte di lui
che non stava silenziosamente sacramentando per la paura!
Germania
si voltò per convincerlo, ma Romano neanche più gli prestava
attenzione e non era il caso di perdere altro tempo. Tenendo gli
zombi alla larga con il coltello raccolto nella caffetteria, Germania
prese a scalare la corda con facilità.
“Romano,
sbrigati! Saliamo insieme!”
L'enorme
quantità di fauci bavose e denti aguzzi che aveva di fronte lo
indussero ad accettare l'offerta, e di corsa!
“Ma
chi me l'ha fatto fare?!” - imprecò salendo e scalciando,
riuscendone a beccare ben tre col tacco degli stivali.
“Forza,
ragazzi!” -li incoraggiò America.
“Attenti!”
-gridò invece Feliciano, indicando sotto di loro.
Non
ebbero bisogno di abbassare lo sguardo: gli strattoni che scuotevano
la corda stretta nei loro pugni fecero subito presente ai due che gli
zombi avevano preso ad arrampicarsi a loro volta.
Zombi-Svizzera,
disarmato ma non meno spaventoso, con uno sforzo, cercò di
raggiungere col proprio morso la caviglia di Romano, ma per fortuna
le sue mandibole schioccarono, come tenaglie, minacciose ma a vuoto.
“Argh!
Sciò!” -la tallonata sul naso lo fece cadere, rovesciando a terra
gli zombi sulla sua caduta; ma ecco subito il loro ex-compagno,
raddrizzatosi sommariamente la testa sul collo, tentare la scalata
dopo di lui. Il panorama era sconfortante, ormai una torma
ondeggiante di morti viventi aveva occupato tutto il pianerottolo
intorno la corda, e non c'era centimetro calpestabile che non fosse
occupato da facce familiari in decomposizione che bramavano le loro
carni. Quei visi, altrimenti così cari, deformati dalla fame, resi
ferini, animaleschi, dalle smorfie, le piaghe e le espressioni truci,
quasi folli, con cui puntavano le loro prede: ogni sguardo incrociato
era una pugnalata al cuore. Ma ora c'era da preoccuparsi di quello
più vicino di tutti, quello di Arthur, algido e spietato come
ghiaccio, e di quello di Francis, (più morsicato di quanto
ricordassero) che lo seguita a ruota.
Romano
scalciò di nuovo, ma stavolta lo zombi, per niente sprovveduto, gli
afferrò il piede e morse: fortunatamente lo scarpone di Romano era
spesso e a lui riuscì di divincolare il piede rimettendoci
unicamente la calzatura, che un attimo dopo Arthur buttò schifato di
sotto.
“Porca
miseria!” -gemette rabbrividendo- “Muoviti, stupido crucco!
Muoviti!”
Germania
era già arrivato, in apparenza senza sforzi, fino alle sbarre della
ringhiera, che scavalcò con l'aiuto degli altri.
A
quel punto Feli si sporse, quasi a voler tornare di sotto: “Ce
l'abbiamo fatta, forza Romano!”
La
fai facile tu, avrebbe voluto dirgli. Romano dopotutto non era
affatto più atletico di suo fratello, e anche lui saliva lentamente
con gran sforzo. Guardò in alto e poi in basso, scoprendosi poco più
che a metà, con le braccia già intorpidite.
“Dai,
presto!”
“Anf... Anf...”
Senza
contare quella insistente miriade di mostri a qualche centimetro dai
suoi piedi: loro non ci avrebbero messo niente a raggiungerli usando
il loro stesso sistema, e a quel punto addio vantaggio e buon
appetito per quelli là.
“Oh,
beh...” -non gli restò che dire.
Tenendosi
alla corda con una mano sola frugò in tasca e tirò fuori un
coltellino.
Nessuno
capì.
O
forse nessuno osò capire. Men che tutti suo fratello.
“Ma...
Romano...”
Ma
chi glielo aveva fatto fare, rise di sé iniziando a recidere:
benedisse la sua indole a prenderla con filosofia quando le cose si
facevano nere come la notte, almeno non se ne sarebbe andato urlando
e piangendo, alla faccia di quei mostri.
“NO!
ROMANO! CHE FAI?!”
America si sporse, lasciando a Germania il
compito di tenere bloccato Feli: “Non fare pazzie! Ce la puoi fare,
raggiungici!”
“Ehi,
Feli...”
Alzò
gli occhi e gli sorrise: “Sta solo a te adesso... Ce la farai di
sicuro: fagliela vedere a tutti chi sei!”
“......”
Inghilterra
gli afferrò la caviglia, nello stesso istante la corda tesa cedette
con un piccolo schiocco.
Il
mostruoso mare sotto di lui parve spalancarsi, come delle fauci:
precipitò in quella bocca, senza distogliere lo sguardo, poi quelle
fauci gli si richiusero sopra, sottraendolo alla vista.
L'urlo
di Italia non giunse alle sorde orecchie dei mostri impegnati in un
nuovo banchetto, di cui nessuno di loro voleva cedere la propria
parte. La sua disperazione esplose con una forza tale che pure
Germania ebbe il suo da fare per trattenerlo e impedirgli di gettarsi
di sotto, incluso subire una gomitata in viso. Riuscito chissà come
ad allontanarlo dal parapetto, urlò qualcosa all'indirizzo di
America, le cui orecchie erano altresì momentaneamente chiuse.
Fissava
in basso, quel gorgo di poveracci trasfigurati che aveva inghiottito
il loro coraggioso amico, quell'insopportabile e scostante ragazzo
che avrebbe potuto restarsene al sicuro nei suoi nascondigli, che non
aveva alcun motivo per venire a fare l'eroe insieme a loro e che in
meno tempo di quanto ci stessero mettessero loro aveva meritato
appieno quel titolo.
Rimpianse
di non avere un cappello da alzare, soltanto uno sguardo carico di
rispetto, e la promessa di non rendere vano il suo gesto.
“AMERICA!”
Le
voci straziate di Feliciano e Ludwig finalmente lo raggiunsero e
corse via con loro, mentre dalla risacca emergeva ruggendo, sfigurato
dai morsi, un nuovo innocente abominio.
La
via fu loro sgombera e sicura ma non corsero molto.
America,
dettando il passo, fu il primo a rallentare, seguito Germania, due
volte stanco per aver dovuto letteralmente tirarsi dietro Feliciano,
il quale, non appena lo lasciò, senza lui a tenerlo venne giù come
uno straccio, accasciandosi seduto contro una parete a piangere a
denti stretti.
Gli
passavano davanti agli occhi le tante occasioni in cui il fratello,
controvoglia e contro ogni suo istinto di buon codardo, aveva aiutato
lui o i suoi compagni, e le altrettante in cui lui invece si era
bloccato ed era stato incapace di rendersi utile, da ultima la sua
scalata sulla corda, con un ritmo la lumaca, che nella sua mente
ansiosa di colpevolezza era diventata la principale causa per cui i
mostri li avevano raggiunti e circondati. Se solo si fosse allenato
di più, se solo non fosse stato per Romano la palla al piede da
proteggere facendolo andare prima di lui, se solo non fosse stato
così tragicomicamente incapace suo fratello non avrebbe dovuto
sacrificarsi per un elemento tanto inutile. Frustrato, se la prese
col pavimento, prendendolo a pugni come avrebbe fatto con uno
specchio.
Gli
altri due lo lasciarono sfogarsi un po' prima di aprir bocca.
“Era
una grande...” -sospirò America- “Un grande davvero. È solo
grazie a lui che ce la faremo.”
Gli
elogi al fratello gli scaturirono solo un gemito furioso.
“Ehi,
dai... Non hai motivo di crucciarti: tuo fratello ha deciso
spontaneamente di farlo, non avresti potuto fare nulla...
“È
proprio questo il punto!” -ritrovò la parola, Italia, facendoli
tremare- “Non faccio mai nulla, dannazione!”
Colpì
il pavimento altre due volte, forte da volerlo crepare.
America
riaprì bocca solo per richiuderla; le sue intenzione erano buone, ma
ormai Italia era troppo stufo di sentirsi compatire, della
comprensione riservata all'ultimo del team, quello da cui ci si
aspetta sempre meno di tutti gli altri.
Germania
lo aveva capito, e sapeva che la durezza di cui sentiva il bisogno
non poteva dargliela nessuno se non lui.
“Beh...”
-si schiarì la voce guardandolo di sbieco- “Non mi pare tu stia
facendo qualcosa nemmeno adesso.”
“Ehi!”
-ribatté America, che liquidò con un cenno della mano.
“Se
ti fa tanto rodere quello che è successo piangerti addosso dovrebbe
essere l'ultima cosa da fare!”
Italia
tremò dalla testa ai piedi, alzò il capo e sostenne coi suoi occhi
lucidi il duro sguardo di Germania. Vi vide attraverso e, in
silenzio, lo ringraziò di cuore.
Si
affondò le unghie nel braccio sinistro per ridestarsi: “Non mi sto
piangendo addosso, sto piangendo e basta!”
Si
rimise in piedi: “Ne ho davvero abbastanza adesso!”
America
ghignò: “Non sei il solo, amico!”
“E
allora finiamola una volta per tutte!”
Fregandosene
dei “ruoli” di America, lo scavalcò e, approntata la piccola
mannaia lasciatagli dal fratello, si avviò da solo in cerca delle
scale come a voler affrontare da solo qualsiasi zombi gli si fosse
parato davanti.
A
Germania scappò un sorriso. Non dubitava delle sue intenzioni, ma
sapeva avrebbe avuto bisogno di qualche altro paio di robuste braccia
per farcela.
Fece
un cenno ad America che alzò il pollice e gli lanciò il tubo di
metallo che era riuscito a recuperare prima di filarsela da quella
maledetta balconata.
Sotto
di loro il mare zombi ribolliva in tempesta: le acque salivano sempre
più, costringendo i naufraghi a rifugiarsi sempre più in alto,
inseguiti dalle fameliche onde, braccati in uno spazio sempre più
stretto.
Avrebbero
raggiunto la salvezza per tempo, o prima l'abisso li avrebbe
raggiunti e inghiottiti?
Sono
certo che molti di voi si stiano disperando in questo preciso
momento, dico bene? Scusate tanto, ma la scena drammatica sul
precipizio, malgrado sia un classico, volevo proprio inserircela XD
Romano
ne ha fatto eroicamente le spese da bravo fratellone, ma si può dire
che la sua permanenza nel gruppo, per quanto breve, sia stata densa e
fruttuosa. Solo tre sopravvissuti sono ai blocchi di partenza per lo
sprint finale di questa fic! Ce la faranno o altro sangue e altra
carne saranno richiesti? Preparatevi ad altre emozioni, altri brividi
e altri colpi di scena!
Alla prossima! ^__^
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Capitolo 12 *** In frantumi - Parte prima ***
Ciao
a tutti, sono tornato! Fatto buone vacanze? ^__^
Un
po' mi mancava la cara vecchia routine... X3 Nel caso però a voi
invece manchino il mare e le spiagge, permettetevi di consolarvi (si
fa dire visto il genere... MUAHAHAH!) con un nuovo capitolo! Il
precedente vi ha alquanto scioccato, ma vi assicuro che i prossimi...
non saranno da meno...
Ci
avviamo alle fasi finali di questa storia, e da questo momento
l'azione sarà molto concitata... Quindi reggetevi forte alle vostre
armi e radunate il coraggio: è l'ora del rush finale! La posta in
gioco è la sopravvivenza del mondo: avranno la meglio i vivi o i
non-morti?
Buona
lettura!
PS: Un grazie a tutti gli affezionati lettori che mi
hanno seguito finora, in particolare quelli che commentano ^__^
I
sopravvissuti proseguivano alla stregua di come avevano fatto al
pianterreno: perlustravano accuratamente ogni angolo, ogni svolta
prima di passare, occhi e orecchi attenti al minimo sospetto segnale
di pericolo. Troppo pochi ora per non fare ciascuno la propria parte:
nessuno si tirava indietro, nessuno indugiava nelle retrovie, nessuno
poteva permettersi di lasciare ci pensasse qualcun altro. Né,
d'altra parte, nessuno voleva.
Chiusi
in un silenzio assorto, zittiti dalla concentrazione e dal tanto
dolore subito, proseguivano attenti ma anche più rapidi possibile.
L'eventualità di trovarsi nuovamente innanzi una quantità di zombi
inimmaginabile da affrontare metteva loro le ali ai piedi: neanche
dieci minuti prima tutti gli zombi dell'edificio erano stati loro
addosso, vicini da vederne il pallore vacuo della loro pelle e dei
loro sguardi, a intrappolarli come un muro di bocche pronte a
divorare qualsiasi cosa di vivo sul loro cammino. Sarebbe stato così
d'ora in avanti: l'esercito di morti viventi avrebbe dato loro la
caccia compatto e unito.
Dunque
dovevano muoversi, ignorare la stanchezza che minacciava di
schiacciarli al suolo da un momento all'altro e la rabbia e la
frustrazione che attanagliavano i loro cuori; dovevano sbrigarsi,
finché li avevano tutti o quasi alle spalle; lasciarseli dietro fino
a trovare una delle porte tagliafuoco che davano sulle scale
d'emergenza, con le quali raggiungere il sospirato tetto del palazzo.
Se anche ne avessero trovati dinanzi a sé, si era deciso avrebbero
cercato di evitarli: sia per evitare di dar tempo alla moltitudine di
raggiungerli, sia perché ormai non erano rimaste loro armi
all'infuori del tubo di Russia e della piccola mannaia che Romano
aveva affidato al fratello.
L'inquietudine
di Germania era rivolta a lui soprattutto, e gli rivolgeva di
continuo rapide occhiate. Il cambiamento in Italia dopo l'accaduto
sulla balconata era fin troppo avvertibile: non un sospiro o un
lamento, non una parola, non un'esitazione a scrutare dietro un
angolo o nella stretta delle dita intorno la sua improvvisata arma.
Un guscio aspro e in apparenza minaccioso, ma in fondo fragile, come
una cicatrice ancora rossa su una ferita apertasi da poco.
Quel
bravo ragazzo era stato il primo a venirgli accanto a sincerarsi di
lui quando si era trovato di fronte suo fratello zombificato, e
Germania era combattuto tra il rispetto del suo impegno a non essere
più la zavorra di cui preoccuparsi, e il desiderio di confortare il
suo dolore. Alla fine fu quest'ultimo ad avere la meglio.
“Italia,
stai bene?” -chiese a bassa voce, lasciando ad America il compito
di perlustrare i loro passi.
Italia
tirò su un malconcio sorriso, che resse anche quando rispose: “No.”
Tornò
a guardare davanti a sé: “Io non sono te, non sono capace di
reggere qualsiasi cosa e fare come niente fosse successo.”
“Nemmeno
io.” -lo redarguì- “Non si tratta di reggere, ma di reagire, e
tu lo stai facendo.”
“Ti
dissi che avrei fatto del mio meglio per tuo fratello... E mi sono
pure fatto portare via il mio... ” -proseguì sordo ai suoi
tentativi di incoraggiarlo.
“Stupido.”
-scosse il capo- “Salvare Prussia non è un fardello che ricade
solo sulle tue spalle. Né lo è salvare Romano e tutti gli altri.”
“Lo
so, so che mi aiuterai. Che mi aiuterete.” -sorrise di nuovo,
stavolta di sincera gratitudine- “È solo che ne ho abbastanza di
persone che si sacrificano. Ne ho viste troppe. Non dipende da me
quello che ci accadrà, è vero, ma io farò tutto il possibile
almeno perché nessuno debba più sacrificarsi per me. Ho finito di
farmi salvare.”
Germania
abbozzò un sorriso a sua volta: “Ti fa onore, Feli, davvero. Nel
sacrificarsi per una giusta causa, come proteggere gli amici, non c'è
niente di sbagliato ad ogni modo. È triste, ma a volte bisogna
essere disposti ad accettare che succeda.”
“Sappi
che se osi provare a sacrificarti per me non lo accetterò per
niente!”
Germania
restò sbalordito un attimo, sgomento dal suo tono, per poi
sciogliersi in una risata: “Sai che ti dico? Che vale lo stesso per
te!”
“Ma
io...”
“Che c'è? Ora vuoi essere proprio tu quello che si
sacrifica dopo aver detto che non vuoi altri sacrifici?” -scherzò
il biondo.
Italia
arrossì e poi sbuffò: “Io... voglio solo non veder perdere più
nessun altro. Voglio solo che riusciamo a farcela tutti insieme.”
L'altro
gli strinse una spalla: “Vorrei lo stesso anch'io, Italia...”
A
quel punto America si girò: “Trovatevi una stanza voi due!”
“Che
intendi?” -inclinò il capo Feliciano, che non conosceva
l'espressione.
Germania
che invece la conosceva aveva palesemente risentito della frecciata:
“Di tutte le frasi fatte da film non ne potevi scegliere una più
inopportuna!!!”
“Perché,
che intendeva?”
“N-niente...” -nascose sbrigativo il proprio
imbarazzo.
America,
nel vederlo così, prese a ridacchiare, ma si spense in un attimo.
Allungò
il braccio, sbarrando la strada agli altri due.
“Ragazzi,
temo che abbiamo compagnia. E temo di quelle peggiori.”
Italia
e Germania si fermarono ciascuno a un suo fianco e scrutarono la
semioscurità dell'ampio corridoio che si apriva dinanzi: le
veneziane delle finestre erano tutte tirate giù e la poca della luce
del mattino riusciva a filtrare, ma abbastanza perché si scorgesse
una figura avvicinarsi. Reggeva qualcosa di lungo tra le mani.
Deglutirono
nel riuscire infine a riconoscerlo: la camicia bianca con le maniche
tirate su ai gomiti era strappata e inzaccherata di sangue, suo e
degli zombi che aveva abbattuto combattendo coraggiosamente insieme a
loro. Il sudore lasciava ricadere sulla sua fronte una scompigliata
frangia di capelli corvini. Nella mano destra brandiva, a nostalgia
dei suoi trascorsi dalla loro parte, un robusto bastone di legno
ricavato dal manico di uno spazzolone.
Due
righe di luce dalle finestre sulla destra solcarono il volto cupo di
zombi-Giappone quando questi si arrestò a poco più di una decina di
passi da loro.
Scese
un silenzio carico di tensione, mentre i tre si davano il tempo di
ingoiare il rospo, sotto gli occhi inespressivi del morto vivente.
“Beh,
dopotutto si era detto ci saremmo rincontrati, Giappone...” -esordì
America- “Ma stavolta da due parti diverse della barricata.”
“Anch'io
avrei preferito ci rivedessimo in circostanze diverse.” -rispose
con voce roca e piatta.
In
quell'atmosfera quasi surreale proruppe nuovamente Italia: “Hai
intenzione di impedirci di arrivare al tetto?”
“No, Italia, in
quanto zombi non sono interessato a quella che prima era anche la mia
missione. Tutto ciò che uno zombi desidera è mangiare, è quella la
sua principale direttiva: che vogliate o meno tentare di farmi
ritornare normale non è per me di alcun peso.”
America
si sfregò le mani: “Oh, bene, ci fa piacere sentirlo! Quindi non
ci ostacolerai, dico bene?”
“Lo
farà solo per mangiarci.” -chiarì Germania.
“Esattamente.
Ma penso vi farà piacere sapere che ho intenzione di accanirmi per
primo su uno di voi in particolare...”
America assunse una posa
speranzosa: “Io, vero?”
“Si...”
“WHO-HOOO! Sono io!
Sono sempre il più richiesto! Eh eh eh!”
“Ma
lo hai capito o no che ha detto?!” -restarono sgomenti i compagni!
“America...”
-a un tratto nella voce atona dello zombi era apparsa una colorazione
di celato, latente risentimento...- “È solo il fatto che io sia
trasformato se ora posso dirti queste parole, che altrimenti la mia
calma zen mi impedirebbe di proferire, e voglio proprio farlo
fintanto che posso... QUESTA STORIA È TUTTA COLPA TUA! SEI STATO TU
E QUELLA STUPIDISSIMA MARATONA ZOMBI A TRASFORMARE IL MIO BEL
DEODORANTE IN UNA MACCHINA DEGLI ORRORI! TI DETESTO PER QUESTO!”
“EHI!!!!!”
-si risentì profondamente Alfred.
Che
onore poter assistere a un evento raro come Giappone che si sfoga, si
dissero Germania e Italia: raro quanto impressionante!
“Andiamo,
Giappone, non puoi dire non ci siamo divertiti!”
“All'inizio
forse si...” -ammise il morto vivente, continuando a lasciar
fuoriuscire liberi i suoi più profondi pensieri- “Ma dopo la
ventesima puntata non ero esattamente divertito, America... Solo
psicologicamente scosso... E a quel punto... TU HAI AVVIATO LA
VENTUNESIMA!!! LA DEVI PAGARE! È TUTTA COLPA TUA!” -urlò più
indemoniato di un oni.
“Ma...
Amico, io volevo solo...”
“Ehm,
America...” -lo chiamò Feli- “Già che anch'io sono
psicologicamente scosso vorrei approfittarne a mia volta: anch'io
penso che sia un po' colpa tua.”
“ANCHE TU, ITALIA?! SIGH! Da
te non me lo sarei mai aspettato!”
“Scusami, ho appena visto
mio fratello mangiato vivo da un'orda di zombi...” -chinò lui il
capo- “Dammi un po' per riprendermi...”
“Tu?
E chi mi riprende a me? Sigh!”
“Fa
male, eh?” -chiese ironicamente Germania: arrivare a farsi dire
certe cosa da tipi come Giappone e Italia la diceva proprio lunga.
America
incrociò stizzito le braccia davanti al petto: “Sapete che vi
dico? Ve ne pentirete! Tornerete da me prodighi di scuse e
ringraziamenti quando avrò rimesso ogni cosa a posto, e io me la
godrò proprio! Tsk!”
“E
io mi godrò te nel frattempo, divorandoti per primo!”
Dichiarate
le sue intenzioni, Giappone roteò battagliero il bastone, compiendo
complicati giochi di polso, a sottolineare quanto terribile potesse
rivelarsi in mani così abili.
Istintivamente
gli altri tre si misero in guardia, ma America, per niente pago del
centro del palcoscenico avuto finora, fece la sua mossa.
Frugò
nel suo marsupio e tirò fuori il congegno de-zombificatore: “A lui
ci penserò io, voi andate avanti! Tieni, Germania.”
Lo
tirò dietro le spalle e Ludwig lo agguantò al volo: “Non vorrai
mica...”
“Vuoi
affrontare Giappone tutto da solo?!” -esclamò Italia.
“Non
ce la faresti mai! Non è uno zombi qualsiasi!”
“Eccome:
è decisamente uno di quelli della classe più tosta! Per questo devo
vedermela io con lui, che sono il capo! E mentre io lo trattengo, voi
raggiungerete il tetto!”
“No!” - protestò Italia- “Non
dobbiamo separarci!”
“Ascoltate:
prendete questo accesso che si apre qui a sinistra alle nostre
spalle, girate a destra e percorrete tutto il corridoio fino a
trovare un'altra svolta a destra, a quel punto non vi resterà che
trovare una delle uscite d'emergenza.”
“America,
no! Siamo rimasti solo in tre, se poi restiamo in due non ce la
faremo mai! Restiamo uniti!”
“Italia,
come avete detto quello non è uno zombi qualsiasi: se restiamo uniti
e ci batte tutti, chi rimarrebbe a portare il congegno sul tetto?”
Guardò
Italia mordersi le labbra: non si erano nemmeno ancora separati e già
Italia dava l'impressione di soffrirne. Anche lui aveva ascoltato il
suo discorso sul sacrificio prima, e gli dispiaceva dargli
un'ennesima delusione, ma era più che convinto sul da farsi.
“Ascolta,
Italia...” -disse con voce calma e un sorriso rassicurante- “Io
penso che in fondo questo sia anche ciò che Giappone ha cercato di
suggerirci col suo discorso. Se vuole me, non penserà a voi,
permettendovi di scavalcarlo. Ve la caverete, ne sono certo! E poi
mica vado allo sbaraglio: io ho un piano!”
“Stai
dicendo sul serio, oppure...” -gli domandò Germania, dubbioso:
America era decisamente il tipo da dire una cosa del genere solo per
tranquillizzarli e convincerli a lasciarlo lì in mezzo al pericolo
pur di salvarli. Un gesto da eroe, e quindi per lui.
“Sono
serio, fidati! Ora andate!”
Giappone
cominciò ad avanzare e a Germania non restò altro tempo per
ribattere: “D'accordo! Vieni, Italia!”
Feli si morse le labbra
e gli andò dietro: “Coraggio, America! Fagli vedere chi sei!”
America
levò alto il pollice in risposta, mentre le ultime speranze del suo
gruppo sparivano oltre un angolo.
Tornò
a guardare dinanzi a sé lo zombi suo amico che correva verso di lui.
“Spiacente...”
-mormorò.
Zombi-Giappone
urlò selvaggiamente mentre lo caricava, gli occhi piccoli e
iniettati di sangue.
“....
ma un piano ce l'ho davvero!”
Frugò
la tasca interna della giacca: “Seguirò le orme di uno dei più
grandi esperti di sopravvivenza in corso di zombi che abbia mai avuto
l'onore di incontrare: questa è dedicata a te, amico!”
Come
fosse stata una colt, estrasse un flaconcino contenente un detersivo
per piatti che aveva recuperato in caffetteria prima di fuggire, e
non appena lo zombi fu a portata di schizzo, puntò al pavimento
davanti ai suoi piedi e strizzò più forte che poté.
Un
lungo fiotto verde tracciò un arco nell'aria e terminò in una pozza
che si trovò esattamente sulla falcata dell'invasato zombi-Giappone.
“EEEEH?!?!”
Non
si era accorto di cosa America stesse tentando di fare finché non si
sentì mancare l'appiglio sotto le scarpe, iniziando un rovinoso
scivolone in avanti.
Un
lampo bianco brillò negli occhiali di America che ruggendo si
scagliò in avanti, gridando la frase ad effetto che ovviamente si
era preparato in precedenza.
“QUESTO È PER ROMANO!”
America
avanzò strisciando i piedi a terra, si coordinò con zombi-Giappone
che nello scivolone gli piombava addosso a tutta velocità, roteò le
anche e le spalle rendendo tecnicamente perfetto e bestialmente
potente il proprio montante destro, e lo scagliò nel punto esatto in
cui si sarebbe trovato il suo zigomo un secondo dopo.
<<
SBAAAAAM! >>
Un
colpo epico! La forza di America, unita all'involontaria
accelerazione offerta a zombi-Giappone dal suo trucchetto rese l'urto
tanto potente che il poveretto roteò completamente tre volte in aria
prima di schiantarsi al suolo faccia a terra.
“......”
Il
bastone cadde con rumore di legno accanto a lui e poi regnò il
silenzio.
America
guardò il proprio pugno, come in estasi, mentre tranquillizzava il
proprio respiro.
“......”
E
poi...
“WHO-HOOOOOOOO! MA HAI VISTO CHE COLPO?!?!?! DING DING
DING! KO! WHOAH! AH AH AH AH!”
“......”
-fece il corpo ancora più straziato di zombi-Giappone, i cui
propositi di vendetta erano stati bruscamente disattesi...
America,
rimasto padrone del campo, si lanciò in un'allegra danza di
vittoria: “Yeah! Don't mess with me! Don't mess with THE HEROOOOOO!
WHOOOOO! Che colpo da maestro! Se solo ci fosse stato qualcuno a
vederlo! Se solo... Se solo...”
Fu
allora che si accorse finalmente di avere un pubblico.
L'orda
zombi, direttamente dal piano inferiore, che aveva tappato
completamente il corridoio alle sue spalle...
Tra
i tanti volti macilenti e rabbiosi non mancò di notare quello di
zombi-Inghilterra che, emblematico, scuoteva la testa con aria di
sufficienza, mentre l'eroe rimaneva bloccato nella posa scomposta in
cui avevano bloccato la sua danza.
“......
Figo il mio colpo, vero?”
“Groar!” -gli giunse in
risposta...
“Capisco...”
Con
perfetta naturalezza sparse un'altra spruzzata di detersivo davanti i
loro piedi, prima di partire in corsa. Dietro di lui gli giungevano i
rumori di una catena di rovinose cadute, ringhi e imprecazioni varie.
Scansò con un saltello il corpo straziato di zombi-Giappone, si girò
e continuò a spruzzare per terra anche mentre correva, spargendo lo
scivoloso detersivo per tutta l'ampiezza del corridoio, fino a
vuotare il flacone; se lo tirò infine dietro le spalle, andando a
colpire in testa zombi-Austria, tra le risate di zombi-Prussia prima
che questi sbattesse i denti a terra scivolando a sua volta.
“Fregati!”
Anche
America, dandosela a gambe, se la rideva di gusto: aveva dato loro
una lezione in perfetto stile Romano, e ce ne avrebbero messo di
tempo prima di smettere di scivolare, o perlomeno per reggersi in
piedi e cercare un'altra via per inseguirlo.
Tuttavia
anche lui doveva far perdere le proprie tracce, quindi fece una
deviazione, poi svoltò di nuovo, e infine si fermò a riprendere
fiato in un angolino riparato in penombra. Era sfatto dalla corsa, ma
la soddisfazione per le sue gesta teneva su le sue membra e il suo
morale. Un attimo per prendere fiato, e si sarebbe dato da fare per
cercare gli altri e raggiungerli; di sicuro avrebbero avuto ancora
bisogno di lui, il grande America!
Il
rumore del suo fiatone andò scemando, e, mentre tornava a
rilassarsi, pian piano affiorò ai suoi sensi.
Dannazione.
Da
quando era lì?
Come aveva fatto a non accorgersene?
Al
diavolo.
Non
ci si accorgeva mai di lui.
Al
diavolo.
Era
lì, alla sua destra, gli era addosso.
Si
girò piano, e i suoi occhiali si specchiarono in altri uguali.
La
poca luce guizzò un attimo su quei vetri, prima di venire oscurata
dall'accendersi di un ampio, deforme sorriso sotto di essi. Una
smorfia quasi, perfetta per quegli occhi spiritati con cui lo stava
fissando.
Non
si mosse, e lui neanche, per il momento.
“Ciao,
fratellone!”
Io
adoro i finali di capitolo ad effetto... Voi no?
Non
saprei proprio dire con chi sono stato più cattivo stavolta, secondo
voi? XD
Mentre
trattengo una risata malvagia, mi accingo a chiudere questo
emozionante capitolo, credo breve ma ricco, dandovi appuntamento al
prossimo. L'esame imminente potrebbe farlo slittare di un po', ma non
potete proprio perderlo!
A
presto!
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Capitolo 13 *** In frantumi - Parte seconda ***
Salve
a tutti, voi che siete rimasti esterrefatti col finale dello scorso
capitolo...
Quanto
adoro quando i miei obiettivi nello scrivere una scena vengono
centrati, e quanto adoro quando i lettori mi fanno i complimenti
proprio su tali scene, che sono quelle che più mi hanno impegnato e
più mi sono divertito a scrivere! *__* Grazie a tutti voi che
commentate e mi fate sentire ancora più felice di essere uno
scrittore! ^__^
Ma
bando alla smancerie: questa è una storia truculenta, ed è tempo
che prosegua sulla sua scia, e che vi immergiate di nuovo nella sua
oscurità!
Buona lettura... E attenti a non tagliarvi con i
cocci...
Italia
stringeva i pugni così forte che le unghie affondavano nei palmi
tracciando dolorosi solchi.
Maledizione,
stava succedendo di nuovo: nuovamente costretti a dividersi per
andare avanti, ma per quanto ancora? Che ne era stato del loro gruppo
ora che quasi non c'era più nessun altro da lasciare indietro? E che
ne sarebbe stato della loro missione allora?
Tormentato
da quei pensieri, proseguiva al fianco di Germania, accollatosi il
fardello del congegno che rappresentava la loro salvezza, nascosto
nella tasca della giacca che teneva legata per le maniche alla
cintola: aveva l'aria di voler raggiungere il tetto direttamente di
corsa e senza altre soste, nonostante fosse prossimo allo sfinimento,
come anche lui.
Italia
però non riusciva a guardare fisso dinanzi a sé, a puntare la meta
con ogni residua energia mentale e fisica rimastagli: i suoi piedi
erano pesanti, non per la stanchezza, ma per il pensiero di America,
l'ultimo di una lunga serie di eroici quanto dolorosi saluti... Era
come se meno spalle rimanessero al Team dell'Apocalisse, più i
membri residui soffrissero del peso immane che dal giorno prima
avevano dovuto trasportare. Germania stringeva i denti e si ripeteva
“avanti”, lui non riusciva a non guardarsi indietro, a non
sentirsi rallentare e tirare indietro dai chi era rimasto alle loro
spalle, roso dal rimorso di non aver fatto abbastanza perché
potessero essere ancora lì a lottare con loro.
“Non
ti preoccupare, America sa il fatto suo, no?”
“Speriamo
non ci raggiunga alla stessa maniera di come ci ha raggiunti
Giappone...” -ribatté caustico...
“Che
ti succede?” -si accigliò Germania.
“Cosa?”
Germania
rallentò fino a fermarsi, dando modo a entrambi di riprendere fiato.
“Non
è da te...”
Non
riuscì a formulare il resto della frase, interrompendosi per
drizzare le orecchie a un suono forte e sordo, simile a un rombo, a
una mandria di belve che caricano, si scontrano, rovinano al suolo.
“Cos'è
stato?” -chiese Italia.
“Non
lo so... E neanche ci cambierebbe nulla saperlo: dobbiamo andare
avanti.”
“Poteva
essere America!”
“Probabilmente...”
“Dobbiamo
andare ad aiutarlo!”
“No!
Lui se la caverà! Il modo migliore per aiutarlo è cavarcela anche
noi!” -sbraitò al pensiero che l'orda potesse già esser loro alle
costole, alla faccia, ancora una volta, della proverbiale lentezza
degli zombi- “Non devono raggiungerci, sbrigati!”
“Che
razza di team va avanti abbandonando i propri compagni?!” -gli
gridò in risposta.
“Se non arrivi a capirlo allora puoi pure
restartene qui!”
“......”
Ludwid,
non appena resosi conto delle sue parole, ruppe il silenzio venuto a
calare con un sospiro.
“Scusami...
Sei quel che rimane del mio team, Italia, e ho ancora bisogno di te
per farcela.”
Dopo
lo sfogo, Italia si sentì rinsavire a sua volta: “Scusami tu, sto
solo facendo perdere altro tempo... Andiamo!”
Benedissero
entrambi di essersi ripresi prima di darsi da soli il colpo di
grazia. America aveva un piano, lo aveva detto, e anche loro erano
parte di quel piano, e se si fossero pure messi a bisticciare, senza
dubbio presto non ci sarebbe stato più nessuno a portarlo a
compimento.
Ripresero
a correre, tra i lontani e sinistri rumori che proseguivano intorno a
loro: lugubri versi e grida smorzate dalle dure e fredde mura,
giungevano alle loro orecchie, senza potervi leggere ciò che
accadeva, senza portar notizia di alcunché, con l'unico scopo di
indurre paura e fretta ai loro cuori.
Ansanti,
rivolgevano i loro occhi alle pareti insensibili che li circondavano,
come a pregarle di mostrar loro la via il più presto possibile.
“Germania!
Lo senti?”
“Italia, non pensarci! Dobbiamo...”
“No,
fermati!”
Con
uno scatto lo afferrò per la stoffa della camicia al braccio,
costringendolo a fermarsi. Germania fece per parlare, ma il compagno,
imperterrito, lo zittì con un gesto.
“Ascolta...”
Fu
allora che Germania si rese conto di quello strano rumore. Sulle
prime non seppe identificarlo, era come un fruscio, uno sfregare...
Quel che di certo si capiva, era che qualunque cosa facesse quel
rumore si stava avvicinando.
I
due infine indirizzarono la loro attenzione alla loro sinistra. Il
rumore era più chiaro, per quanto ancora indecifrabile: sembrava che
qualcuno stesse camminando dall'altra parte sfregando un qualche
oggetto, probabilmente metallico proprio contro quella stessa parete.
La
seguirono con gli occhi e videro il punto in cui, ad alcuni passi
dinanzi a loro, si apriva nel muro un accesso. Germania sollevò il
tubo, preparandosi.
Il
rumore cessò e l'istante dopo, da oltre l'angolo, sbucò infine una
padella.
Anticipati
da una risatina minacciosa, due stivali di cuoio e una giacca verde
scuro la seguirono. Zombi-Ungheria sbarrò loro il passo, posando su
di essi uno sguardo folle e passandosi la lingua sulle labbra di un
cadaverico color violaceo; la sua temibile arma dondolava lenta e
minacciosa dal suo penzolante braccio destro, di sicuro solo in
apparenza rachitico e privo di forze.
A
Germania, ancora terrorizzato dall'idea che la marea potesse
raggiungerli da un momento all'altro, premeva, più di ogni altra
cosa, non perdere dell'altro tempo e indietreggiò di un passo,
meditando di ritirarsi dallo scontro e cercare un'altra via. Fu
allora che Italia lo scosse con uno strattone, costringendolo a
guardarsi alle loro spalle.
La
via di fuga era anch'essa bloccata. Zombi-Turchia, sbucato da qualche
porta, esibiva, sullo sfondo della classica pelle macilenta da morto
vivente, un volto viceversa livido e sfatto, con il naso gonfio e
visibilmente rotto. Al di là dell'aspetto indecente, che per nulla
faceva onore all'elegante e affascinante nazione orientale, ciò di
cui più dovevano aver timore era senz'altro la ricurva scimitarra
che brandiva nella mano destra, chiusa in un guanto strappato.
Germania
deglutì: erano entrambi nemici temibili, e tutto quello che era
rimasto loro per difendersi era un tubo di ferro, valente si, ma la
spada tra le mani di Sadiq, tra l'altro abilissimo spadaccino,
sembrava farsi beffe di lui. Ad Elizaveta poi la trasformazione aveva
decisamente fatto un brutto effetto, e sprizzava cattiveria e ferocia
da ogni poro, senza contare i tanti aneddoti che suo fratello Prussia
gli aveva raccontato riguardo le imprese da lei compiute con la sua
padella...
Germania
non sapeva verso chi dei due rivolgersi, cercando al contempo di fare
da scudo ad Italia col proprio corpo.
“Sta
indietro, Feli... Cercherò di...”
Ma
Italia lo stupì quando, con una spintarella, lo mise faccia a faccia
con zombi-Turchia, per poi non cercare rifugio dietro la sua schiena,
come avrebbe voluto Germania, ma poggiandovi la propria contro di
essa, rivolgendosi battagliero contro zombi-Ungheria.
Non
credeva avrebbe mai visto il momento in cui lui e Italia, alleati e
amici di lunga data, si sarebbero ritrovati, nel momento più
disperato, a combattere spalla a spalla, e si diede dello stupido per
averne dubitato.
“Non
ti preoccupare Germania, penso io a Ungheria!”
“Come?”
“Mi
inventerò qualcosa!”
“Molto
alla America...”
Il suono della risatina di Italia parve
rinvigorirlo. Germania guardò le proprie due mani strette intorno al
tubo di Russia: forse poteva farcela, forse ce l'avrebbero fatta
davvero! Si ricordò del coltello che aveva raccolto dalla
caffetteria e che aveva usato per difendersi mentre stavano usando il
tubo a mò di rampino, e, con un rapido gesto, glielo porse: poco, ma
sempre meglio di niente.
Feliciano
aveva il cuore in gola quando Ungheria iniziò a fare dei lenti passi
verso di lui. Sapeva bene che se avesse finito per soccombere, come
poteva sembrar scontato, Germania non avrebbe avuto speranza contro
entrambi; se d'altro canto il suo amico fosse stato sconfitto,
sarebbe finito in un lampo a fettine a sua volta.
Non
potevano fare altro che contare l'uno sull'altro, e battersi come
prede in trappola contro i leoni affamati.
Turchia
fece due ampi passi in avanti, guardando il suo avversario con lo
scherno di chi si sente superiore, per poi partire improvviso, senza
alcun grido battagliero, silenzioso e letale come il sibilo della
sua spada che fendette l'aria. Fu allora Ludwig a darsi coraggio con
un grido mentre balzava in avanti contro di lui, facendo cozzare
rumorosamente metallo e metallo.
Ungheria
attaccò più o meno nello stesso istante, mulinando la pesante
padella nell'aria dinanzi il naso di Feliciano, che intuì tutta la
forza e la pericolosità di quell'insolita arma solo dallo
spostamento d'aria. Dinanzi alla sua ferocia, il ragazzo si limitò a
scansare, non senza incertezza.
“Oh,
Italia, sei sempre così carino!” -lo schernì lei- “Mi ricorda
quando giocavamo ad acchiapparello, ricordi? Fatti acchiappare, su!”
Di
riflesso strinse le dita attorno al coltello: gli dava coraggio, ma
il suo raggio d'azione era limitato, e non aveva modo di avvicinarsi
a lei senza rischiare di farsi prendere in pieno... Se né la sua
forza né le sue armi potevano competere con lei, la sua unica
possibilità era davvero quella di farsi venire un'idea, una buona
idea... Altrimenti...
Intanto
il possente Germania faticava non poco con l'agilità e la fluidità
dei movimenti di zombi-Turchia, più abile e veloce: era già
riuscito a ferirlo ben due volte di striscio alle braccia, lì dove
la camicia si era tinta di rosso.
Lo
zombi, incoraggiato dai risultati, proseguì a menar fendenti, che
Germania riusciva sempre a deviare col suo tubo quel che bastava per
salvarsi. Quando però la scimitarra tracciò un arco verso l'alto
per poi discendere veloce su di lui, non riuscì ad essere abbastanza
rapido da riuscire a non opporsi direttamente al filo della lama:
Germania ebbe come l'impressione che tutto si congelasse per un
attimo, e l'attimo dopo, il suo tubo era dimezzato, e l'estremità a
rubinetto cadeva sonoramente sul pavimento davanti i suoi piedi.
Guardò sconsolato il taglio netto sul corto pezzo di metallo
rimastogli, dimenticandosi di dover esser grato che per terra non ci
fossero anche le sue mani... Alzò gli occhi su zombi-Turchia,
fermatosi apposta per schernirlo silenziosamente con uno di quegli
eloquenti sogghigni.
<<
E adesso? >> -gli domandava senza parlare.
Lungi
dall'essersi arreso o dal mostrarsi demoralizzato, Germania riuscì a
rendere onore alla sua fama, conservando la sua razionalità e
realizzando l'unica cosa rimastagli da fare.
Tirare
a tradimento il tubo rimastogli tra le mani dritto sulla sua faccia.
All'urlo
sofferente fecero seguito un imprecazione in turco e alcune
biascicate parole: “Perché sempre il naso?!”
Germania
non le ascoltò neanche, si era già dato lo slancio per gettarglisi
addosso mentre si copriva la faccia con ambo le mani: il dolore
immane e improvviso gli aveva fatto cadere a terra la spada, era il
momento migliore per contrattaccare.
Gli
piombò addosso a tutta velocità, cercando di stordirlo già solo
con la forza dell'impatto, rovesciandolo a terra e afferrandogli le
braccia per iniziare una furiosa lotta.
Italia
intanto aveva realizzato con piacere di avere degli ottimi riflessi:
non era molto portato a darle, ma la sua paura di prenderle e farsi
male, oltre che il suo fisico leggero, lo rendevano un avversario
agile e sgusciante. Non voleva più essere una palla al piede per gli
altri, e la sua determinazione era più forte che mai, nonostante ciò
non sperava certo di vincere continuando a schivare fino ad esaurire
le energie, e allo stesso modo aveva rimesso in tasca il coltello, al
momento inutile. Non doveva lasciarsi paralizzare dall'ansia e doveva
ragionare su ciò che aveva intorno a sé: una pericolosissima zombi,
un corridoio, un amico alle spalle che gli impediva di indietreggiare
troppo, e, a ridosso del muro, un cesto per le cartacce ancora non
svuotato e un vaso di terra con una bella pianta di gerani.
Aspettò
che zombi-Ungheria gli scagliasse un'altra padellata per abbassarsi e
allontanarsi da lei con una capriola (uno dei tanti esercizi che
Germania aveva insistito a fargli imparare a suon di rimproveri e
tirate di orecchie...). Afferrò di colpo il cesto dei rifiuti e,
sollevatolo senza sforzo, lo capovolse sulla sua testa,
imprigionandola fino ai gomiti! Come colto da un improvvisa
ispirazione, Italia non si fermò lì, ma rifilò al cesto, in
contemporanea, due schiaffoni, producendo un sordo rimbombo.
Zombi-Ungheria
gemette e barcollò, dando prova di aver accusato, ma il suo
stordimento non sarebbe durato tanto con così poco. Senza neanche
pensarci, Italia si avventò sulla padella, cercando di
strappargliela ora che non poteva né vedere, né soprattutto
mordere. Tuttavia l'avversario era una vera dura: non mollò affatto
la presa, malgrado quanta forza ci mettesse, anzi, provò comunque a
difendersi scuotendo il corpo e menando calci alla cieca sulle povere
ginocchia di Feliciano.
Il
dolore lo abbagliò per un attimo, ma poi si impose di riscuotersi:
distrarsi un attimo poteva essere fatale. Era più forte di lei per
disarmarla in quel modo, ma ce n'era un altro per cui avrebbe sicuro
mollato la presa: morderle il polso. Il sapore di carne marcia era
orribile, eppure, aiutandosi immaginando un filetto, un po' come
aveva fatto con i baltici, serrò le mandibole fino a sentire le
fragili ossa del polso rompersi e la presa cedere. Si stupì di sé
stesso: più che la ragione, era in realtà l'istinto a fare da
padrone, il suo istinto di preda “facile” ma pronta a tutto pur
di sopravvivere che finalmente si destava.
Posseduta
dall'ira, zombi-Ungheria lo scagliò via con una spallata e poi si
tolse dalla testa il cesto, gridando e digrignando i denti più
spaventosa di una gorgone, con cartacce tra i capelli al posto dei
serpenti. Feliciano era mezzo inginocchiato dal dolore quando se la
vide piombare addosso: era il momento della seconda buona idea.
Allungò il braccio fino al vaso, ne trasse una manciata di terra e,
memore delle tecniche di suo fratello, glielo tirò negli occhi
strabuzzati dall'istinto omicida.
Zombi-Ungheria
gemette, coprendosi il volto con ambo le mani per pulirsi. Ancora più
arrabbiata, con gli occhi arrossati accecati dalle lacrime, si lanciò
verso la sagoma sfocata di Feliciano. Quest'ultimo si abbassò
temendo fosse giunta la fine, ma il suo corpo si mosse di fatto da
solo quando si rese conto che sarebbe bastato allungare un po' la
caviglia per farle lo sgambetto.
Cadde
di faccia sul pavimento e Italia sentì che doveva muoversi, non ci
sarebbero state occasioni migliori! La zombi dolorante stava cercando
di trascinarsi a fatica verso la fida padella rimasta a terra:
atterrito dalla sola idea, tirò fuori il coltello e con una fredda
crudeltà che mai gli sarebbe uscita in altro frangente, lo pianto
nel dorso della sua mano protesa, inchiodandola letteralmente a
terra.
Ungheria
gemette e urlò ancora, per nulla disposta a cedere nemmeno a quello,
anzi, scalciava, si dibatteva, e cercava con l'altra mano di
afferrargli il pantalone, in modo da tirarlo giù per terra ed averlo
a portata di morso. Italia si irrigidì tutto, facendo resistenza nel
mentre che riusciva a raggiungere con le punte delle dita il manico
della sua padella.
Piantò
i piedi, la sollevò e la abbatté con forza sulla sua testa.
Aveva
smesso di sbraitare e si udiva solo il suo minaccioso gemere, ma non
aveva cessato del tutto di muoversi. Feli la colpì di nuovo, e poi
ancora, e poi ancora, con violenza, finché sul metallo ormai
ammaccato non rimasero tracce del sangue schizzato fuori dal suo
cranio fracassato.
“Anf...
Anf... Anf...”
Ce
l'aveva fatta! L'aveva battuta! Un avversario di quelli che America
avrebbe definito “belli tosti”, e lui l'aveva sconfitta tutta da
solo! Il “sensibile” del gruppo, la palla al piede, non era più
tale!
Si
spensero così gli ultimi rumori di scontro in quel corridoio.
Italia
era pervaso da uno strano senso di eccitazione che pareva aver
cancellato ogni traccia di fatica all'infuori del suo fiato grosso.
Dimenticò persino di dispiacersi per la povera Ungheria, impegnato
com'era a gioire della sua vittoria: ecco cosa voleva dire combattere
e battere il tuo avversario, rendersi utili, essere un vincente, un
ammazza-zombi!
“Stai
bene?” -si sentì chiedere.
Si girò di scatto: lo zombi-Turchia
era a terra privo di sensi, riverso contro il muro.
“Si!
Ce l'ho fatta, Germania, hai visto? Ce l'ho fatta!”
“Sei stato
bravissimo, Italia... Bravissimo...” -fece l'altro con voce stanca.
Quando
lo vide meglio, il suo rumoroso affanno divenne una sgomenta apnea.
Le
sue palpebre cadevano stanche come le sue membra senza forza, il suo
respiro era irregolare, la sua mano destra si teneva tra la spalla
sinistra e il collo, dove si allargava una macchia di sangue sulla
stoffa lacerata.
Capì,
senza che dovesse dir nulla, e mai un sorriso rivoltogli fece più
male.
“Complimenti,
Italia, ti sei dimostrato per quel che vali.”
“No...
No...” -balbettò.
Con
passo pesante gli si avvicinò, e quando lo ebbe dinanzi, tirò fuori
dalla tasca della giacca il macchinario di Giappone.
“Prendi,
ora sta a te.”
“No...
No, aspetta, Germania, tu puoi resistere... Possiamo...” -trasecolò
lui, per nulla desideroso di raccogliere il testimone.
Germania
ebbe un tremito, come una fitta di dolore: “Lascia stare, Italia,
ormai è andata così... Ma tu puoi ancora farci qualcosa.”
“A-aspetta...”
Ebbe
un'altra fitta e qualcosa di diverso balenò attraverso i suoi occhi,
venendo subito rispedito indietro dalla sua volontà: “Ascoltami,
Italia, devi essere tu... Devi farcela! E ce la farai... Ne sono
sicuro!”
Le
sue mani tremanti si mossero da sole, mentre il resto di lui restava
come inchiodato immobile in quel punto del pavimento in cui,
incoraggiante fino all'ultimo, Germania stava mettendo il suo destino
e i destini di tutti nelle mani dell'ultimo, in tutti i sensi, del
loro gruppetto.
“Io...
Sono da solo...” - gemette.
“Da
solo hai sconfitto Ungheria, no? Tranquillo, io... Mi fido di te... E
del tuo coraggio.”
“Perché...
Perché proprio ora che... Proprio ora che...”
“Non
ha importanza, Italia...”
Un
forte rumore provenne dalla direzione da cui erano venuti. Italia si
guardò intorno confuso, mentre Germania intuì subito.
Strinse
la ferita, mentre i suoi occhi aveva già un che di infossato:
“Arrivano... Devi andare... Io li tratterrò ancora un po',
sbrigati.”
“...
Germania...”
“Va...”
“......”
“VA
VIA, ITALIA!” -urlò lui, spaventoso quanto una supplica.
Non
fu facile, con le gambe che tremavano, ma alla fine, si rassegnò a
voltarsi, mentre Germania faceva lo stesso, pronto a fronteggiare ciò
che sarebbe stato.
Di nuovo spalla contro spalla.
Per
la seconda e già ultima volta.
I
suoi piedi si schiodarono di colpo, e Italia schizzò via, rapido
come un fulmine, sparendo ben presto lontano nel corridoio.
“Vai...”
L'ansante
Germania si sentiva il corpo a pezzi e la mente attanagliata da
malsani propositi che era sempre più difficile mettere a tacere ogni
secondo che passava...
Gli
sembrò l'edificio tremasse, come un terremoto, una calamità che
aspettava solo di passare l'angolo a qualche decina di metri da lui.
Ed
eccoli, una torma confusa, spintonante, brulicante come uno sciame di
locuste, e lui si sentì la penultima spiga di grano nel campo.
C'erano
suo fratello Prussia, l'aristocratico Austria, la gentile Ucraina, e
tanti altri, e tutti erano mostruosi, e si stavano lanciando su di
lui come un onda che non lascia alcuna via di scampo.
Tolse
la mano dalla ferita e li attese sul posto, raccogliendo le ultime
forze nelle punte dei piedi. Aspettò che fossero abbastanza vicini.
Poi
riempì un'ultima volta i suoi polmoni finché avrebbe avuto bisogno
di respirare, e si svuotò in un urlo da rivaleggiare, coprire e
zittire tutti i loro, mentre si lanciava in avanti per combatterli.
Si lanciò su di loro come una mosca su un incendio, come un pazzo
contro un muro, un muro che nell'urto gli crollò addosso,
seppellendolo in un istante.
Cosa,
o chi, ancora concedeva forze a quelle gambe per correre?
Italia
non si guardò indietro nemmeno una volta, ripetendosi come un mantra
che ora stava a lui. Glielo aveva detto Romano. Glielo aveva ripetuto
Germania. Adesso se lo sarebbe ripetuto anche lui ogni istante.
Adesso
stava a lui.
Solo a lui.
Smise
di ripeterselo solo quando vide la sagoma squadrata della porta
d'emergenza stagliarsi grigia sulla destra, sotto il cartello verde
luminoso ad indicarla. Diede una brusca spinta al maniglione e ci si
infilò dentro, trovandosi in una profonda oscurità che lo accecò
finché i suoi occhi non si abituarono; solo allora vide la rampa di
scale alla sua sinistra.
Salì
una rampa saltando i gradini a due a due, e quello fu il suo ultimo
sforzo prima di crollare: non ne aveva veramente più. Arrivato su un
piccolissimo pianerottolo quadrato le ginocchia ripresero a tremare,
e quando alzò gli occhi sulla nuova rampa, alta e buia, che si
stagliava davanti a sé, cedettero del tutto.
Italia
si sedette a ridosso del muro, e decise che adesso poteva concedersi
il lusso di piangere copiosamente. I suoi singhiozzi si perdevano
senza riecheggiare in quell'oscurità. Con la mano destra si copriva
il volto contrito dai lamenti, la mano sinistra stringeva, disperata
più che ostinata, il congegno, ritrovatosi nelle mani di una
quantomai improbabile ultima speranza. Chi l'avrebbe mai detto
sarebbe stata lui?
Tutto
era andato in frantumi.
Il
loro gruppo, i loro piani, le loro speranze i loro eroici propositi,
la voglia con cui si erano messi in gioco per il bene di tutti.
Ogni
cosa.
Il
tanto decantato team non era stato altro che una fragile scultura
che, un colpo di maglio dopo l'altro, si era lasciata dietro sé
stessa pezzo per pezzo.
Nulla
era servito: non la loro forza né il forte legame che li aveva
uniti, non il loro ardore né il loro ingegno, non il desiderio di
riabbracciare i loro cari né la rabbia che cresceva a ogni vittima.
E,
da ultimo, non era servito lui.
Proprio
quando era riuscito a sbloccarsi, ridestarsi dal torpore e sentirsi
realmente partecipe, quando aveva assaporato la battaglia e la
vittoria, tutto della sua piccola grande gloria sembrava divenuto
vano; nemmeno essere riuscito a non essere il solito Italia era
bastato, e Germania, il suo migliore amico, era stato portato via,
come l'ennesima vela della loro nave, in balia di quella tempesta
sovrannaturale che non faceva altro che inghiottire nel suo gorgo
tutto ciò che amavano, senza accennare a placarsi. Ripensava alle
energie e all'abilità che era stato capace di tirar fuori, e neppure
quella aveva fatto la differenza; e ora, intorno a sé, ora che
finalmente c'era riuscito, non aveva più nessuno a cui dimostrare
chi era il piccolo, spaventato Italia.
Non
c'era più nessuno. Nessuno da stupire, nessuno da salvare, nessuno
per cui sacrificarsi.
Volle
rivederli tutti uno per uno, malgrado il dolore.
Russia,
la cui rassicurante invincibilità, solo apparente, era crollata come
un castello di carte dinanzi un avversario che non aveva avuto
nemmeno il bisogno di sfiorarlo; Inghilterra, colto di sorpresa nel
pieno della gioia di quando è tutto finito, un modo oltremodo
crudele di cadere; Giappone, salutato come amico leale e ritrovato
ostile e sfigurato, insulto a tutto ciò che era stato; America, quel
buffo leader che neanche una volta aveva mancato nell'indicar loro la
giusta via da seguire; Germania, mille volte più grande, forte e
affidabile di quanto lui avrebbe mai potuto essere, e che eppure non
ce l'aveva fatta a salvarsi, e lui invece si.
E
poi Romano. Trascinato suo malgrado in quella disperata missione,
eppure per loro, e per il suo fratellino, aveva dato tutto e ci aveva
rimesso ogni cosa.
Riascoltò
le parole che gli aveva rivolto, guardandolo negli occhi, un attimo
prima di lasciarsi cadere.
Tra
un singhiozzo e l'altro, cominciò a sbattere forte il pugno per
terra.
Non
voleva finisse così! Con lui rannicchiato al buio, solo e vinto, a
mormorarsi frasi del tipo “Mi spiace fratellone, ho fatto del
mio meglio ma non è bastato”, senza opporsi al finale già
scritto a una pagina da quel triste angolino.
Il
congegno di Giappone era ancora in mano sua, e, a giudicare dalla
luce verde accesa, perfettamente funzionante; e finché c'era, con
qualcuno disposto a portarselo dietro, allora voleva dire che tutto
poteva ancora aggiustarsi, che non era già finita!
Si
passò la manica sugli occhi.
Glielo
aveva detto Romano, e glielo aveva ripetuto Germania: adesso stava a
lui! Se ci ripensava adesso gli veniva voglia di prendersi a schiaffi
per i suoi pensieri di poco prima!
Gli
avevano detto di far vedere a tutti chi era, ebbene, se pure non
c'era più un pubblico intorno, quello spettacolo lo doveva almeno a
sé stesso.
Ricacciò
altre lacrime, dicendosi che poteva finire in quel momento solo se lo
voleva lui, e lui non voleva.
Sentì
un rumore provenire dal basso.
Era
la porta d'emergenza da cui era entrato che finiva di spalancarsi,
dopo che incautamente aveva dimenticato di chiuderla dietro di sé.
La luce dipinse per un attimo il muro di fronte, finché su di essa
non si stagliò una grossa ombra.
L'ombra
restò ferma il tempo di un'occhiata, poi la porta si richiuse piano,
ed essa scomparve, fondendosi nell'oscurità.
Feli
tremava fino alla punta dei capelli, mentre seguiva, senza muovere un
muscolo, il rumore di passi che risalivano i gradini. Questione di
secondi, e sarebbe apparsa oltre l'angolo e l'avrebbe trovato.
Stanco,
abbandonato e terrorizzato.
Così
finiva dunque?
Tutte
le lotte, tutte le corse, tutti gli inseguimenti, tutte le paure,
tutte le emozioni, tutti i suoi cari...
Tutto
finito?
Solo
due paroline: per via di motivi familiari, l'aggiornamento di questa
fic potrebbe (non è sicuro) rallentarsi, ma non vi spaventate (più
di quanto non lo siate già ora...)...
Continua...
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Capitolo 14 *** La morte che cammina ***
Ciao
a tutti, cari lettori! Non c'è proprio tregua per voi come avete
visto... Gli ultimi due capitoli sono stati a dir poco tragici:
toccato il fondo dell'abisso, si potrà essere in grado di risalire.
Ormai c'è un solo superstite a reggere le sorti del mondo in un
deodorante mancato... Che ne sarà mai di lui? Siamo al capolinea?
Quasi,
visto che mancano ormai pochi capitoli alla conclusione: quindi
cercate di non perderli, vi prometto ancora tantissima azione e colpi
di scena! La fanfic su Hetalia più zombi che ci sia è al suo
momento clou!
Buona
lettura a tutti!
Feliciano
scattò come i due capi di una molla troppo tesa che ha finito con lo
spezzarsi, di quelli che fanno un gran male cane alle incaute dita
che hanno tirato oltremisura: alla fine, ne avrebbero pagato le
conseguenze.
La
figura ammantata d'ombra non era ancora sbucata tutta sul
pianerottolo, quando, con tutte le sue forze e un grido furioso, gli
si era lanciato addosso.
Se
davvero era finita, allora non aveva più senso andarci cauti: quei
maledetti zombi avevano divorato uno per uno tutti i suoi amici e suo
fratello, ma, se ora era stato scritto toccasse a lui, avrebbe fatto
di tutto per risultare indigesto! Si strinse al nemico invisibile,
colpendo, graffiando, affondando le unghie nelle sue carni, cercando
di fargli perdere l'equilibrio: questi era però un colosso in
confronto a lui, più alto e più pesante, e riuscì a reggere il suo
attacco a sorpresa senza inciampare e rovinare insieme al suo
aggressore giù per tutta la rampa di scale, a rischio delle loro
ossa del collo.
Sgomento
però dalla foga della sua ultima disperata resistenza, si lasciò
cadere e schienare sul piccolo pianerottolo, prima di riuscire infine
ad afferrargli le braccia. Pur sentendosi stritolare i polsi da una
forza ben superiore alla sua, Italia non smise di opporre resistenza,
scalpitare e gridare, cercando di colpirlo ugualmente con ciò che
poteva, testate incluse: avrebbe continuato a combattere fino al
morso fatale che avrebbe decretato la sua fine e quella di tutti.
“Ehi!
Time-out! Calma! Sono io!”
I
suoi sbraiti nel tentativo di liberarsi dalla presa coprirono però
le sue parole; dovette insistere un altro po'.
“Calmati!
Sono io! Sono America!”
Solo
al nome dell'amico, come per magia, la belva indemoniata si
ritrasformò in cucciolo smarrito.
Alfred
gli mollò le braccia e lui gli scese di dosso, appiattendosi
circospetto contro la parete.
“Sei
America?” -gli domandò incredulo.
“Si!”
“E
sei...”
Il suo team-leader accese lo schermo del cellulare e si
illuminò il viso: “Vivo e stra-vegeto, come puoi vedere!”
Per
la verità non aveva una cera delle migliori: i suoi occhiali erano
visibilmente storti e si poggiavano in maniera asimmetrica sul suo
naso, il vetro destro addirittura aveva una piccola crepa; l'altro
suo marchio di fabbria, il suo giubbotto da aviatore, recava invece,
sulla spalla destra, segni di sfilacciature, come se le mostrine lì
presenti fossero state strappate via in malo modo. Al di là di ciò
però, lo schermo luminoso mostrava il bel colorito roseo del suo
volto, su cui ancora ardevano i suoi ispirati occhi azzurri,
tutt'altro che domati! Non meno importante, mostrava anche un livido
violaceo sullo zigomo sinistro...
“Hai
un bel gancio, sai? Ah, non preoccuparti di questo sangue che ho
addosso: non è mio.”
“America!” -singhiozzò
improvvisamente, gettandosi di nuovo su di lui, stavolta per
abbracciarlo!
“Sono
felice di rivederti tutto intero, Italia!”
“Anch'io, sono
felice! Sono felice che ce l'hai fatta, America!”
“E
Germania?”
La
sua assenza e il volto del compagno chiarirono subito che il
poveretto non si sarebbe unito alla loro struggente e movimentata
riunione...
“Mi
dispiace, Italia... Tranquillo, ci siamo ancora noi! Insieme, lo
faremo tornare! Faremo tornare tutti!”
Italia
strinse i pugni: “Si! Non li deluderemo!”
America
sorrise: lo spirito di quel piccoletto non era affatto crollato anche
dopo la perdita del suo migliore amico, come tra l'altro aveva avuto
modo di sperimentare lui stesso col suo zigomo... Se anche in quella
che credeva fosse la sua ultima ora aveva conservato una tale voglia
di battersi, significava che nulla avrebbe più potuto bloccarlo,
come era successo più volte in passato, e che avrebbe potuto contare
su di lui fino alla fine. Aveva sbagliato a sottovalutarlo tanto:
Italia si era rivelato un'autentica sorpresa!
“Coraggio,
amico!” -lo esortò a prendergli la mano.
Tiratolo
su con sé, guardò verso l'alto, esaminando con attenzione lo spazio
sopra e sotto di loro: “Ci resta solo un altro piano, e poi
arriveremo al tetto, ci siamo quasi. Sembra tutto tranquillo qui,
ottimo. Il congegno ce l'hai ancora, vero?”
“Certo!”
“Perfetto!
Dai qua, ci penso io!”
“Posso
continuare a portarlo io, nessun problema.” -ribatté lui, cortese
e inamovibile a un tempo, lasciandolo senza parole. Era stato
Giappone ad affidarglielo, e in quanto capo sentiva sua la
responsabilità di portare la chiave della salvezza del mondo... Ma a
quanto pareva Italia era restio a cederla dopo essersela
dolorosamente guadagnata e dopo averla faticosamente difesa.
America
sorrise: non si sentiva affatto sminuito, anzi, gli piaceva quel
nuovo Feliciano, con tutto da dimostrare e tanta voglia di farlo:
“Benone allora, è tutto tuo! Certo però...”
“Cosa?”
America
rise: “Piccoletto come sei, e con un fardello del genere... Credo
che il tuo soprannome nel gruppo dovrebbe passare da “Comico” a
“Hobbit”! Eh eh eh!”
“......”
“...
No... Cioè, non dirmi che non l'hai capita...”
“Spiacente...”
-si scusò lui abbassando il capo.
“Appena finisce questa storia
organizziamo una bella maratona fantasy!” -decise lì su due piedi.
“Un'altra
maratona?! Dopo quello che è successo con l'ultima?!” -gemette
Italia al pensiero!
“Non
posso permettere che i miei amici sguazzino nell'ignoranza!”
L'ignoranza
è una brutta cosa, ma soprattutto quando si conosce gente tanto nerd
quanto America! Forse avrebbe dovuto allargare la sua collezione di
dvd, pensò, per precauzione...
“Forza!
Non facciamo attendere oltre il banchetto in nostro onore,
Italia!”
“Ve! Banchetto!” -ritrovò in un lampo la
motivazione!
“Faccio
strada, seguimi!”
Fino
in capo al mondo, se fosse stato necessario... Ma per fortuna in quel
caso sarebbero bastate giusto qualche altra rampa di scale!
Con
la tenue luce del telefonino davanti sé, America prese a macinar
gradini, con Italia, un po' arrancante dietro di lui, rassicurato dal
suo entusiasmo e dalla sua forza, pronta a farsi valere contro
qualsiasi cosa avesse sbarrato loro la strada; ma nulla apparve,
nessuna nuova insidia o pericolo, e le ultime scale di quel loro
lungo patire, anziché interminabili, scorsero veloci e senza fatica.
La
vista della porta e della luce del giorno che filtrava da essa
scatenarono l'esultanza di America.
“Ci
siamo! Stiamo per diventare degli eroi!”
“Ve!”
Afferrò
il maniglione e si tuffò, via dall'ombra, nella rinfrescante arietta
del tetto del palazzo delle nazioni.
Italia
chiuse la porta alle sue spalle e si fermò accanto ad America a
rinfrancarsi col tenue vento che spirava. Il cielo era azzurro
intenso, macchiato di qualche bianco batuffolo che scorreva placido
sopra le loro teste. L'ora di pranzo era prossima, come denotava il
sole alto e caldo, ma gentile. Respirarono profondamente, ascoltando
gli uccelli nei parchi d'intorno, come in trance. Come se nulla fosse
mai accaduto. Come poteva essere accaduto, con una tale tranquillità
nel mondo di fuori?
Si
sentirono come se la lunga e buia notte fosse già terminata, e quel
grande spazio che si apriva loro dinanzi non fosse in realtà solo
l'anticamera del risveglio, o il corridoio d'uscita dall'incubo.
“Sembra
incredibile, eh?” -fece per primo America- “Una giornata così
splendida...”
“Eppure...
è lo stesso giorno in cui ci sono capitate tutte quelle cose
orrende...”
Anche
il giorno prima, quando tutto era cominciato, era stato limpido e
chiaro, così discordante da ciò che era avvenuto dentro
quell'edificio, divorato dall'innaturale distruzione dell'invasione
zombi. Ormai avevano come perso la concezione del tempo: quell'inizio
sembrava così lontano da ricordarlo a malapena, o forse erano solo i
troppi ricordi che si accavallavano.
Si
riscossero da quell'incanto: il loro lavoro non era affatto finito.
Dovevano trovare una delle bocche di risucchio dell'impianto
d'areazione in cui gettare l'apparecchio di Giappone attivato, e, a
quel punto, pregare che il loro buon vecchio zombificato amico avesse
svolto bene il suo lavoro e ci avesse visto giusto... Altrimenti
sarebbe stata la più epocale delle fregature per la più epocale
delle imprese...
La
porta da cui erano emersi usciva da un torrino quadrato, alto poco
meno di un paio di metri, ed immetteva su uno spiazzo lungo una
decina di metri, che, di fronte a loro terminava contro un muretto,
sormontabile in un punto grazie a una scala scavata dentro di esso:
saliti quei pochi gradini, si estendeva la gran parte del tetto di
quell'ala dell'edificio.
Per
prima trovarono, alla loro destra, l'ampia piazza d'atterraggio
elicotteri, dove, in caso di eventuali incendi, o altre catastrofi
“classiche”, il piano d'evacuazione prevedeva di radunarsi là in
attesa di soccorsi. Guardando alla loro sinistra, la monotonia del
tetto era interrotta qui e là da rialzi di muratura, antenne,
comignoli metallici, grate, cavi, quadri elettrici e altre cabine di
vario genere, e qualche altro torrino dai quali emergevano le altre
scale che normalmente conducevano lì tecnici e altro personale.
Il
piano di Giappone li indirizzava verso uno dei curvi sfiatatoi
metallici di grosse dimensioni, le bocche che permettevano al palazzo
di “respirare” attraverso le condutture che lo attraversavano
come bronchi. Parve loro di scorgerne qualcuno in lontananza, oltre
un torrino; in quella stessa direzione si intravedeva anche lo
scheletro metallico della cupola di vetrata, nel baratro sotto la
quale avevano tentato la scalata nella quale avevano perso il prode
Romano.
“Su,
America, ci siamo quasi!” -lo incoraggiò con un sorriso Feliciano,
passato a camminargli davanti.
L'occhialuto
però anziché affrettarsi, sembrò rallentare ancora. Notando la
cosa, Italia tornò sui suoi passi: “Che c'è, America? Ce
l'abbiamo quasi fatta ormai!”
“Tu
dici?” -mormorò scuro in volto.
“Uh?
Cosa c'è?” -vedendolo così rabbuiato, Italia si guardò
nervosamente intorno, come se avesse notato qualcosa che a lui era
sfuggito, ma a lui sembrava davvero tutto tranquillo.
“C'è
qualcosa che non va...”
“Cosa?”
“Questo è... troppo
semplice! Troppo! È decisamente sospetto!”
Le
braccia di Italia cascarono: era solo una sua impressione dunque?
“America,
non potremmo semplicemente essere contenti che non ci siano guai in
vista e sbrigarci ad attivare il congegno?”
“Ma Italia, non ti
rendi conto che se finisse così sarebbe... insomma, noioso! Il
finale è la parte più emozionante della storia! Dov'è l'azione?
Una storia horror che si rispetti non può finire così!”
Ad
Italia oltre che le braccia cascò la testa e pure il morale: “Sigh!
Ma perché no?”
“Fidati di me, Italia, e stai in guardia! Il
mio sesto senso non si sbaglia: è tutto troppo semplice perché non
capiti qualcosa!”
“Per
una volta non potrebbe essere che è tutto tranquillo e basta? Senza
che capiti qualcos'altro di spaventoso?” -gemette Feliciano,
sbracciandosi esasperato.
“Ma
che dici, Italia! Ti rendi conto della gravità della cosa? Chi
ascolterà la nostra storia sai quanto rimarrà deluso con un finale
così fiacco?”
“E
se ce lo inventassimo dopo con calma cosa raccontare agli altri?
Andrebbe bene anche in quel caso?”
America si grattò la testa:
“Dici tu, un po' di licenza poetica per rendere il finale più
emozionante? Suppongo, se ci si debba arrangiare...” -fece lui,
poco convinto.
“Uh
uh uh uh!”
La
risata malvagia proveniente da chissà dove dissolse in un lampo le
innocenti speranze del pauroso Feliciano e fece brillare gli occhi
dell'avventuroso America.
“Tranquillo,
America... Te lo do io il tuo gran finale...” -fece una profonda e
sinistra voce proveniente dal torrino dinanzi a loro.
“Lo
sapevo!” -alzò le braccia all'aria America!
“Oh, no!” -si
mise le mani tra i capelli Italia, molto meno contento che il sesto
senso da film di America non si sbagliasse mai... Figurarsi se poteva
essere così, che sciocco: persino lui lo sapeva che in un horror non
fila mai niente liscio, e men che mai nel finale!
I
due tennero il naso all'insù, finché qualcuno, qualcuno di molto
grosso e molto cattivo, fece il suo ingresso scenico, apparendo
lentamente sulla cima del torrino, sovrastandoli, e del resto, data
la sua mole, li avrebbe sovrastati anche tenendoli di fronte a sé...
Una
loro vecchia conoscenza si era tramutata nell'orrore degli orrori.
Lo
zombi finale.
Lo
zombi che tutti, per tutto il tempo, avevano avuto troppa paura anche
solo ad immaginare.
Lo
zombi dal sorriso gentile di chi pregusta di strapparti la faccia e
usare le tue dita come stuzzicadenti una volta finito.
Lo
zombi-Russia era giunto.
“Ciao!”
Feliciano
provò a rispondere, ma era troppo difficile con i denti che
battevano come una macchina da scrivere.
Il
buon umore del suo saluto venne invece corrisposto dall'eccitazione
salita a mille del suo grande vecchio rivale: “Mitico! Non potevi
che essere tu! Sei fighissimo come boss finale! E che ingresso in
scena! Non trovi anche tu che sia perfetto per la parte, Italia?”
“Mitico?!
<< Boss finale >>?! Non è mica un videogioco!”
-gli sbraitò contro sfondandogli un timpano- “Ti rendi conto di
cosa sia QUELLO?!”
America
batté pugno su palmo: “Il finale più degno che potessimo trovare
da raccontare al nostro banchetto, caro mio!”
A quel punto
Italia ci rinunciò del tutto con lui e si nascose la faccia tra le
mani!
Uno
zombi-Russia emanava certo un'aura doppiamente terrorizzante, ma a
guardarlo bene in fondo non era affatto così diverso dal Russia
classico, anzi, sembrava che piuttosto che qualcosa in più avesse
dei pezzi in meno. A cominciare dal tubo, di cui si era inutilmente
liberato per alleggerirsi la fuga dalla mostruosa e maniacale
sorellina; non aveva poi la sua solita sciarpa, sicché il collo
muscoloso, ora scoperto, mostrava una gola squarciata e
sanguinolenta, con la trachea parzialmente visibile.
Non
faticarono ad immaginare si trattassero dei segni di un bacio fin
troppo passionale...
“Così
Bielorussia ti ha acchiappato, eh? Non è che è qui attorno pronta a
sbucare fuori, vero?” -chiese America, mettendo all'istante sul chi
vive anche il compagno: se era davvero così si sarebbero trovati di
fronte due avversari di altissimo livello!
“Oh,
no, tranquillo!” -li rassicurò il mega-zombi- “In un certo senso
è qui, ma non sbucherà.”
“In
un certo senso?” -ripeté stranito America.
“Beh,
ogni tanto rigurgito ancora qualche brandello del suo fiocchetto...”
Si
portò una mano sulla pancia: “Sai, anche se non sembra ho lo
stomaco delicato...”
“......”
America
e Italia erano diventati del colore e dell'immobilità del marmo... E
nel vederli così, il sorriso di zombi-Russia si trasfigurò, non
riuscendo più a contenere la smorfia pazzoide che scalpitava per
fuoriuscire
“Uh
uh uh uh!”
“Che
razza di mostro...”
Non
avevano mai visto finora zombi avventarsi sui propri simili: quel
gigante aveva fatto pagare cara alla sorella la sua brama di renderlo
tutt'uno con lei! Se in quello stato era riuscito a fare quello a
quel diavolo di ghiaccio in gonnella, quanto era pericolo in realtà?
“Oh,
America, sapevo che non mi avresti deluso!”
“Ci stavi
aspettando?” -inarcò un sopracciglio.
“Sei
tronfio e spaccone ma hai delle capacità, e non dubitavo ti saresti
trascinato fin qui con le unghie e con i denti per riuscire a
diventare l'eroe che tanto ti illudi di essere! E ora finalmente sei
qui, pronto a diventare la mia portata principale! E non solo: mi hai
pure portato uno squisito contorno!”
“Veeee!”
-indietreggiò Italia vedendosi puntare in maniera tanto famelica.
Zombi-Russia
si leccò i baffi: “La cucina italiana è la migliore dicono,
quindi devi avere un sapore niente male, dico bene, Italia?”
“Umpf!”
-scrollò le spalle America, lanciandogli un sorriso beffardo- “Così
io sarei la portata principale? Che onore, davvero, sei proprio un
buongustaio... Peccato io non abbia alcuna voglia di finire nel tuo
piatto oggi, caro Russia!” -concluse sgranchendosi le nocche.
Lo
zombi scosse il capo ridacchiando: “Oh, America, quanto mi piaci
quando ti atteggi... Vedere il tuo viso sfigurato dall'agonia e il
tuo corpo spappolato sarà ancora più delizioso!”
“Italia,
non lasciarti intimorire! Siamo arrivati fin qui, e non ci lasceremo
fermare da nessuno, chiaro? Nessuno!”
“S-si!”
Era
l'ultimo gradino: bello alto, ma l'ultima cosa che dovevano fare era
darsi per spacciati in partenza, si disse. Come aveva dimostrato
zombi-Bielorussia, non era affatto invincibile... Certo adesso il suo
unico punto debole conosciuto era venuto meno...
“S-signor
Russia, salveremo il mondo e salveremo anche lei, che le piaccia o
no!”
“Oh,
che carino...” -lo sentì sminuirlo allo stesso modo di come aveva
fatto Ungheria poco prima- “Ma da me chi vi salva a voi?”
“Tsk!
Basta chiacchiere, bruttone! Avanti! Fatti so... tto?”
Zombi-Russia
si era chinato un attimo a raccogliere qualcosa, ed America si era
bloccato vedendo spuntare sulla cima del torrino un lungo e robusto
fusto nero dotato di sei canne da fuoco di grosso calibro. L'altra
estremità del fusto recava un maniglione che quel mostro riusciva a
tenere con una sola mano, con la leggerezza e l'innocenza con cui si
tiene una qualsiasi valigia...
Non
era però una valigia: era un mitragliatore contraereo Gatling!
NDA
- Per farvi capire: http://www.tuttomclaren.it/public/m134.jpg
“......”
“Eh
eh eh!” -sorrise, facendo rumore con le lunghissime bandoliere di
proiettili grossi quanto dita che pendevano come strascichi dal corpo
della bestiale arma automatica a canne rotanti!
L'indice
tremante di Alfred si sollevò: “M-ma-ma... DA DOVE CAVOLO ESCE
FUORI QUELLO?!?!”
Italia
aveva iniziato a pregare a fior di labbra...
“No,
sul serio! Tu ti porti qui alle riunioni una roba del genere?! E poi
prima non ce l'avevi!”
Russia
inclinò il capo da un lato: ad ogni singulto di risata la carne e
gli organi scoperti del collo sussultavano in maniera disgustosa.
“America,
ti ricordi di quando volesti a tutti i costi installare quelle tue
“cabine dell'eroe”?” -domandò riferendosi a quella da cui
America, vista l'emergenza, si era prontamente procurato giubbotto e
mazza da baseball- “Beh, tutti ti dissero che era una delle tue
solite scemenze, una roba inutile, anche se alla fine la spuntasti
tu... Beh, io lì per lì mi astenni, ma... Dopotutto, non la trovavo
un idea così malvagia... Ecco perché l'ho migliorata!”
Aveva
costruito di nascosto una sua personale cabina, con mitra Gatling e
centinaia di proiettili in canna!
“Oh,
cavolo...”
Russia
morto-vivente con in mano un mitragliatore a canne rotanti calibro
50... Non era un boss finale di livello arduo... Era un brutto
scherzo dei programmatori!
“MUAHAHAHAHAHAHAHAHAH!”
“A
TERRA!”
Il
rumore che produceva quell'arma era fortissimo: più che uno sparo,
ogni singolo colpo sembrava un'esplosione in piena regola, un rombo
basso, assordante, portatrice di sana, incondizionata distruzione!
Non produceva fori, letteralmente trivellava qualsiasi cosa capitasse
sulla sua traiettoria di tiro!
America
e Italia si erano lanciati in corsa via da lì, avvertendo il
frastuono e le schegge di cemento farsi sempre più vicine: lo
zombi-Svizzera non era stato niente al confronto! Come in quel caso,
riuscirono a trovare un rifugio dietro un rialzo, ma questo era
troppo piccolo per coprirli se non da accucciati; e neanche poterono
dirsi al sicuro senza essersi accucciati per terra, mentre le
raffiche piovevano sul bordo del loro nascondiglio, facendo volare
polvere e frammenti dappertutto. Erano di fatto schiacciati, faccia
al suolo, da quella potenza così assurda e soverchiante.
“È
inutile!” -Alfred doveva urlare per riuscire a farsi sentire dal
compagno, malgrado fossero a qualche centimetro l'uno dall'altro-
“Quel coso è così potente che sbriciolerà il cemento fino a
scoprirci!”
“Veee!
Che cosa facciamo?!”
“KOLKOLKOLKOLKOL!”
In
piena frenesia omicida non smetteva un attimo di sparare in qualunque
direzione gli aggradasse, facendo a pezzi in pochi istanti le
cassette elettriche, le antenne, i tubi e le bocchette dell'aria per
puro divertimento; poi dopo aver concesso loro modo di illudersi e
provare così ad alzare un po' la testa, tornava a sparare sul punto
dietro cui si erano nascosti, in modo da somministrargli una nuova
dose di paura e disperazione, sadico allo stato puro!
“Questo
è giocare sporco... Voglio anch'io un'arma come quella! Quel
bastardo deve dirmi dove l'ha comprata! È troppo figa perché non ce
l'abbia anch'io!”
America
era un ben noto appassionato anche di armi da fuoco...
“Non
è il momento, America!” -gli menò uno schiaffo in testa, per poi
schiacciarsi di nuovo al suolo un istante prima che una ventata di
frammenti e pietruzze gli sferzasse il viso.
“Russia,
vuoi darti una calmata?” -si sgolò per riuscire a farsi sentire
dall'ex-psicopatico del suo team e ora psicopatico e basta- “Se mi
becchi con quel coso mi disintegri! Come speri di mangiarmi poi?”
Russia
abbassò l'arma- “Ovvio, no? Macinato! Raccoglierò la tua
poltiglia, l'appiattirò e ti metterò in un panino pieno di senape!”
America
rabbrividì: “Vuoi farmi... diventare il tuo hamburger?! Io?!
America?!”
“Che
contrappasso...” -fu il mirabile commento del paese di Dante.
“Mai!
Non riuscirai a fare di un eroe come me un articolo da fast-food!”
-si sporse agitando il braccio.
“Si
che posso! Se stai fermo così ancora un po'...”
La
sventagliata di proiettili trapassò il vuoto nel punto dove America
si era trovato il microsecondo precedente, abbattendosi su delle
lamiere dietro di lui, le quali furono all'istante trasformate, più
che in groviere, in buchi con giusto un pochino di metallo intorno...
“Cavolo!
Cavolo! Cavolo! Stracavolo!” -si sfogò America, per poi prendere
un bel respiro- “Ok, direi che è arrivato il momento di farci
venire un piano!”
“P-prima
o poi finirà le munizioni, no?”
“Di
questo passo è probabile finirà prima questo muretto...” -ribatté
il grande eroe, col mento che toccava terra...
“Direi
di optare più per il classico << Uno lo distrae, l'altro
gli sgattaiola dietro >>.”
Italia
ci rifletté e capì immediatamente a chi sarebbero stati assegnati i
due ruoli: “Beh... se non c'è alternativa...”
“Temo
di no, caro il mio “contorno”...”
Italia
sospirò: “Mi affido a te, America...”
“Umpf, e fai proprio
bene!”
Italia,
tenendosi sempre ben basso, iniziò a girarsi, quando sentì il tocco
dell'amico sulla sua spalla: gli stava porgendo il palmo della mano.
Italia strinse i denti e glielo strinse, assicurandogli con uno
sguardo che avrebbe fatto la sua parte, e l'altro, in cambio, che
sarebbe sopravvissuto a tutti i costi!
Aspettò
che Italia sgusciasse via, si rassettò, per quanto poteva, gli
occhiali storti, e diede il via alla sua manovra distraente.
“Russia,
io sono uno che adora sparare quanto te, però che sfizio ci trovi a
vincere così? O mi dai un'arma come la tua (e mi piacerebbe
moltissimo!), o mi affronti da uomo a uomo.”
Le
canne rotanti, che ormai fumavano, compirono un altro paio di giri
dopo che ebbe tolto la mano dal grilletto. Alla fine per venirne
fuori si giocava la carta “uomo a uomo” quindi. Intuendo, con la
coda dell'occhio destro riuscì ad individuare la piccola sagoma di
Feliciano cercare di sgusciare, con le ali ai piedi e la fifa per
vento dietro di esse, di nascondiglio in nascondiglio, per cercare di
superarlo. Com'erano banali, rise sottecchi.
“Andiamo,
Russia, se sei così grande, brutto e cattivo come dici di essere
avrai certo il fegato di vedertela ad armi pari col tuo rivale
preferito, no? Avanti!” -continuava intanto a punzecchiarlo,
badando però di restare comunque ben nascosto.
Avrebbe
potuto spappolare Feli facilmente non appena fosse risbucato, ma in
fondo non rappresentava un pericolo, dato che più che attaccarlo
avrebbe di sicuro cercato di portare a termine il piano di Giappone,
e in ogni caso poteva benissimo gustarselo dopo con calma: d'altra
parte, gli si presentava l'occasione di fare a pezzi America alla
sana vecchia maniera, e non gli dispiaceva affatto come idea!
“Umpf,
e così vuoi vedertela con me, eh?”
Poteva
vederla come un gioco: avrebbe fatto prima Feliciano a de-zombificare
tutti, o lui a divorarsi America finché, in quanto zombi, poteva
farlo in maniera giustificata e ancora più gratificante?
“Molto
bene!” -gli sorrise.
“Umpf!
Lo sapevo: il mio grande rivale è un vero uomo!”
Lusingato
dall'attestato di stima, Russia poggiò via il Gatling e con un balzo
scese dal torrino, mentre America era già saltato fuori dal suo
nascondiglio: pochi metri li separavano, e le due grandi superpotenze
si guardavano come pugili sul ring in attesa della campanella! Erano
stati i due colossi del Team dell'Apocalisse, ma ora, di nuovo in
due squadre opposte, erano pronti a rinnovare il loro scontro tra
titani!
America
iniziò a camminare verso di lui, Russia invece non sembrava volersi
muovere dal suo posto: allargò le braccia, quasi come ad aspettarsi
un abbraccio più che un attacco.
“Avanti,
“capo”, mi faccia vedere che sa fare.”
“Umpf,
ricordi quando eri un membro del mio team? Perderti in quel modo mi
ha lasciato di stucco, quindi ora... ti ripago con la stessa moneta!”
All'ultimo
istante colmò la distanza, gli arrivò sotto e gli sferrò un
preciso e fortissimo montante alla bocca del suo delicato stomaco.
“......”
A
rimanere di stucco fu però lui, tirandosi via la mano dalle nocche
doloranti: “Urgh! Ma che diavolo...?!”
L'aveva
centrato di piena forza in un punto sensibile, ma non aveva fatto una
piega! Altro che più grossi sono più rumore fanno quando cadono!
Non se lo spiegava: era più alto di lui, vero, ma in fondo non era
tanto più robusto.
“Uh
uh uh uh...”
Così
aveva creduto America almeno... Poi dovette subire lo scherno di uno
spogliarello: Russia si tolse da dosso il pesante cappotto color
crema e poi la maglia nera che portava di sotto, rivelando un fisico
da fare invidia a una statua greca: dopotutto la cara vecchia Unione
Sovietica era stata famosa per la sua industria pesante e lui la
omaggiava esibendo un fisico appunto d'acciaio, oltre che con
tatuaggio della falce e martello sul pettorale sinistro, ampio quanto
la Piazza Rossa... Nella sua mente subito passò un impietoso
confronto tra la sua pancia da hamburger e birra e quegli addominali
tanto definiti e solidi che ci avrebbe potuto grattugiare sopra il
formaggio con cui se lo sarebbe pappato... Di tutte le cose che
avrebbe potuto tenere nascoste sotto quel suo enorme giaccone, quella
era decisamente la più bruciante!
“Sei
un finto grasso!” -esclamò sventolando la mano destra
indolenzita...
“Eh
eh eh!”
“Il
Gatling, questo fisico da dopato... Continui a giocare sporco!”
Zombi-Russia
si sgranchì le nocche, eco premonitore delle ossa che avrebbe
spezzato: “Da! Problemi?”
Ora
si che arrivava a comprendere cosa significava aver contro uno
zombi-Russia...
Il
suo inquietante sorriso si allargò all'inverosimile: “Ti piace
fare citazioni, vero America? Ne ho io una per te, e mi sembra
proprio adatta in questo frangente...”
“<<
TI SPIEZZO IN DUE! >>”
“......
Fa presto, Italia...”
“Veeee!”
Italia,
preoccupato per lui, si era fermato ad osservare la scena da dietro
un angolo del torrino su cui il mostro era apparso. Il diversivo di
America sembrava aver funzionato, ma ora era veramente nei guai:
sentiva la sua pancia brontolare anche da lì!
Davanti
a sé, a una corsa di distanza, stava la bocca dell'areazione, ma
dietro, a molto meno, c'era una tavola imbandita con America come
portata principale!
“C-che
faccio adesso?!”
Che
fare davvero in una situazione così disperata?
Dal canto mio,
suggerisco, in barba al povero Alfred, di dare ad Ivan il premio di
miglior citazione di questa storia... XD ^__° Le trovate
estemporanee sono sempre le migliori, vero?
Lo
zombi-Russia è davvero il non-plus-ultra di questa incredibile
invasione! Basteranno i nostri ultimi due eroi ad affrontarlo e
salvare la situazione?
Spero siate contenti di vedere che America
è ancora vivo e pimpante: stavo facendo troppo il cattivo, quindi
credo questo riscatterà un po' la mia immagine con voi lettori! XD
Spero
di aggiornare presto, alla prossima!
|
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Capitolo 15 *** Cucina italiana e football americano ***
Ed
eccoci qui, cari lettori! Siamo al cuore della suspance, all'apice
dell'azione! Nello scorso capitolo i nostri ultimi due sopravvissuti,
più combattivi che mai, si sono ritrovati di fronte uno scoglio in
apparenza insormontabile quale il terribile Russia, tornato dalla
tomba cento volte più minaccioso del solito! Riusciranno ad aggirare
quest'ultimo ostacolo o ne appariranno degli altri?
L'Apocalisse
ha quasi vinto, il mondo è appeso a un filo, e voi scommetto non
vedete l'ora di scoprire come andrà a finire, vero? ^__°
In
tal caso, buona lettura a tutti, vi auguro tanto divertimento e tanti
brividi mozzafiato!
Italia
buttò di nuovo l'occhietto oltre l'angolino.
Era
America ad essere fuori forma o era tutto merito della trasformazione
in zombi? Non riusciva a credere che uno scontro diretto tra quei due
potesse rivelarsi così a senso unico.
Si
rialzò con sforzo sopra un gomito; allungò la mano verso quel poco
che rimaneva dei suoi occhiali, volati poco più in là. Maledetto
bestione: tra lui e il fratello adesso aveva bisogno di un nuovo
paio. Nonostante ciò, inforcò lo stesso sulle orecchie le
stanghette tutte piegazzate, come gli occhiali fossero una parte
importantissima, irrinunciabile, dell'equipaggiamento dell'eroico
Alfred Jones. Quel suo brutto sorrisaccio con cui lo scrutava per
terra dall'alto gli donò la forza di rimettersi in piedi.
Vedendolo
farsi sotto, sussultò e indietreggiò di un passo.
“Che
c'è, America? Non avevi detto di voler risolvere la faccenda <<
da uomo a uomo >>?”
“Infatti
l'ho detto!” -ribatté punto nell'orgoglio- “Da uomini...
civili... Uomini civili qual siamo, giusto? Quindi suggerirei di
sfidarci come si conviene a noialtri, con le parole, no?” -continuò
ad improvvisare, indietreggiando pian pianino- “Che ne dici di una
gara di insulti? O a chi racconta la barzelletta più
divertente?”
“Uh uh uh!” -rideva già Russia- “Se
preferisci vado a riprendere il Gatling.” -suggerì, continuando a
venirgli addosso- “Così la tua sarà una fine rapida! E siccome
oggi mi sento di buon umore ti lascerò anche scegliere la compagnia
che vorrai quando finirai nel mio panino: insalata o formaggio?”
Insalata,
pensò Alfred, un po' di verdura in più fa sempre bene, specie in un
pasto molto proteico quale rischiava di diventare...
Italia
deglutì e guardò il de-zombificatore nella sua mano, che aspettava
solo di essere attivato.
<<
Cosa faccio adesso? America è
nei guai, non posso abbandonarlo! Però cosa posso fare per aiutarlo
io contro un mostro simile? Non ho più neanche il coltello che mi
aveva lasciato Germania... Tutto quello che mi è rimasto addosso
sono il congegno, delle posate di plastica e l'ultimo bento di
Giappone con dentro gli spaghetti che mi sono cucinato a casa......
>>
Era un'idea assurda, ma magari
avrebbe funzionato...
Lo stomaco di zombi-Russia
brontolò aggressivo e America si tenne in guardia.
“Abbiamo giocato abbastanza...”
-disse lo zombi rabbuiandosi.
Proprio allora...
“EHI! HAI FAME, NON È VERO?”
“Uh?”
America alzò lo sguardo oltre la
sua testa e vide Italia, il generoso, sciocco Italia, incapace di
lasciare dietro un compagno, in piedi in cima al torrino.
“Prima hai detto ti piace la
cucina italiana: allora, eccoti servito!”
Saltò giù di lì e gli tirò
contro qualcosa. Zombi-Russia non riuscì a reagire in tempo, ma
ricevette alcun colpo come si era aspettato però: ciò che Italia
gli aveva lanciato, mirando per bene alla sua bocca mezza spalancata,
era solo forchettina di plastica con degli spaghetti arrotolati che,
d'istinto, serrò tra le labbra!
“Italia!” -il suo leader
corse da lui ed entrambi fissarono il mostro finale.
“......”
Questo restò immobile come una
statua, per poi mettersi a masticare (anche la forchetta...); poi,
quando ebbe mandato giù, gli si accese intorno un'aura luminosa di
luccichini e fiori, mentre il viso cadaverico assumeva un aria di
beatitudine, con sguardo ad occhi socchiusi e sorriso estatico.
“Wow... La carne umana non è
male, però questa roba è favolosa! Yum! Squisita!”
“Ha funzionato!” -esclamò
incredulo Feliciano: quanto era potente in realtà la sua abilità
culinaria allora?”
“Eh eh eh, bel colpo! Grazie,
Italia, mi hai proprio salvato la pellaccia!”
“Ve, però non so per quanto
tempo resterà così imbambolato!”
“Mhmmm... Yum! Però anche
la carne umana...”
“Hai ragione! Tira fuori il
congegno e sbrighiamoci!” -lasciò sprizzar fuori l'entusiasmo-
“Ormai niente più può ostacol...”
<<
CRASH!
>>
“?!?!?”
Si
voltarono all'unisono verso quel forte rumore, simile a un
esplosione. In effetti, la porta del torrino era venuta giù a terra
di botto, scardinata del tutto, come spazzata via da un'onda d'urto.
Si
erano attardati troppo.
Mani
contratte ad artiglio, versi inumani e occhi fiammeggianti di furia
sovrannaturale emersero dall'ombra della scala: era l'onda di piena
delle marea zombi innalzatasi fin lassù che stava per abbattersi su
di loro. Ostacolandosi a vicenda, spinti a forza dalla massa
ribollente dietro di loro, gli zombi Francia, Spagna, Australia e
Belgio, piombarono sul tetto come un tappo fatto saltare, e sapevano
bene non essere che i primi.
“Veee!”
-trasalì Feliciano.
“Ho idea che la nostra parata sia arrivata
troppo presto!” -stemperò America, con la solita verve.
Un
altro scoppio annunciò che anche la porta del torrino alle loro
spalle, quello da cui erano sbucati loro, era venuta giù: in
pochissimo, il tetto sarebbe pullulato di zombi!
“Sbucano
dappertutto!”
“Dobbiamo
sbrigarci! Corri Italia, corri!”
Gli
zombi li avevano subito puntati e presero a trascinarsi nella loro
stessa direzione, mentre alle loro spalle ne sopraggiungevano altri
senza sosta.
“Ho
fame.. Più del solito!.” -mugugnò nello sbucare lo zombi-Romano,
indicando Alfred- “Ed è tutta colpa sua! Prenditi le tue
responsabilità e fatti addentare, americano bastardo!”
Non
dovevano pensare all'immane zombi-Russia, si fosse questi ripreso o
meno dall'attacco culinario di Italia, né a guardarsi indietro, col
rischio di incrociare e lasciarsi rallentare da qualche sguardo o
voce familiare: distanti o già alle loro spalle, doveva esistere
solo la loro meta, lo scintillio metallico dello sfiato d'areazione.
Italia
precedeva America di qualche falcata, il de-zombificatore era già
pronto nella mano destra: non c'era più tempo, non c'era speranza di
aiuti miracolosi, c'erano solo loro e la loro determinazione.
Credevano
entrambi a quel punto nulla avrebbe potuto farli cedere.
Italia
sentì uno scoppio venire dal basso alla sua sinistra: una grata era
stata divelta da una forza brutale proprio nel momento in cui ci
stava passando accanto. Percepì qualcosa che balzava da lì sotto,
dritto su di lui.
Gli
fu fatale il momento in cui si girò e incrociò i suoi occhi
azzurri.
L'urlo
dello zombi-Germania che gli piombava addosso sembrava il ruggito di
un biondo leone: i suoi occhi erano vitrei, la sua bocca, spalancata
all'inverosimile, sembrava poter essere in grado di inghiottirlo
intero.
Italia,
sconvolto, sentì il suo corpo urlare di scansarsi, saltare, gettarsi
di lato, togliersi di lì, ma l'emozione lo aveva rallentato ed ora
era troppo vicino: non avrebbe fatto mai in tempo.
Tuttavia
il bello di un team è che se una determinazione vacilla, un'altra è
pronta a puntellare.
Feli sbatté le palpebre convinto di non
riaprirle mai più, invece zombi-Germania era sparito. America, che
sopraggiungeva da dietro, con prontezza felina e istinto brutale, lo
aveva buttato giù con una spallata, un vero e proprio placcaggio da
serie A di football. Riverso a terra quel bestione zombificato di
Ludwig con una spalla slogata, Alfred si sentì gasato come l'ultimo
difensore che all'estremo istante impedisce al runner avversario di
giungere alla meta ormai sicura!
Le
gambe di Italia avevano continuato a muoversi da sole, trascinandolo
alcuni passi più in là. Si voltò: “America!”
Questi
però si era già rialzato: mai restare a portata di morso, anche
dopo un simile colpo, erano dei bastardi resistenti quegli zombi!
“Muoviti!
Continua a correre, ti proteggo io!” -urlò con tono che non
ammetteva repliche.
Italia,
fedele al suo ordine, riprese a correre come avesse dei paraocchi,
quasi senza accorgersi della zombi-Ucraina che stava per gettarglisi
addosso da destra: quando hai compagni tanto incredibili, sai bene
che puoi fidarti di loro.
Il
blocker America, ormai calatosi del tutto in una partita del suo
sport preferito, si abbatté sulla ragazza non-morta allo stesso
modo: l'impatto sul petto di lei fu ammortizzato, ma badò bene di
affondarle il gomito nella pancia per essere sicura non si rialzasse
così presto. Non molto sportivo né da galantuomini, senza contare
quel che ne avrebbe detto in proposito il fratellino... Ma d'altro
canto, già aveva minacciato di fare di lui un hamburger, quanto di
più poteva minacciarlo dopo aver schiantato sua sorella?
Si
rialzò, pronto a raggiungere di nuovo il compagno di squadra e
liberare ancora una volta il terreno per la sua avanzata trionfale,
ma stavolta, prima ci riuscisse, si trovò la strada sbarrata.
Tra
lui e Italia si frapposero lesti gli zombi Svezia, Corea ed Egitto.
Sentì muoversi tutto intorno e guardò alle sue spalle la marea di
zombi avvolgerlo ai lati, spargersi da ogni parte, come un fiume che
ha rotto ormai ogni argine. Non gli restò che assistere, tenendo
d'occhio ogni direzione, mentre diventava un naufrago su un cerchio
di tetto via via più piccolo, ultimo isolotto in mezzo al mare nero
che lo circondava.
“Tsk!”
-li sfidò con un sorriso, perché il bravo eroe ride sempre davanti
le avversità- “Andiamo bene! Fai presto, Italia...”
“Ci
sono...” -trovò la forza di dirsi con un filo di voce tra gli
affanni, stringendo i denti al dolore delle sue gambe: se le sentiva
come avvolte da fil di ferro. Era insopportabile, ma ormai non
c'erano che pochi passi.
“Ci
sono...” -ansimò di nuovo.
Come
in gabbia, America si girava continuamente, cercando di non dare a
nessuno di loro le spalle più di un secondo. I ringhiati minacciosi
degli zombi lo richiamavano da un lato e poi dall'altro, mentre la
morsa si stringeva piano. Gli zombi rimasti dietro spingevano per
farsi avanti, cercavano varchi, allungavano i colli per cercare di
osservarlo, tutti volevano la loro parte.
Si
morse le labbra. Più volte lui e gli altri se lo erano dovuti
ripetere: di non farsi troppe illusioni, di accettare il fatto di
essere gli ultimi rimasti, che erano stati tutti presi... Ma era in
quel momento che arrivava a cogliere il peso reale di quella
consapevolezza, tutta l'angoscia che causava. Si sentì
disperatamente solo.
“Tutti
voi...”
C'era
Inghilterra in prima fila, e Romano che scalpitava dietro di lui;
c'era Germania, già in piedi anche con un braccio penzolante, e
Giappone al suo fianco; c'erano i fratelli baltici e tutti i nordici;
c'erano quella bella coppia di Austria e Ungheria, e Finlandia a
coccolare la sua cagnolina zombi tra le braccia; c'era Prussia che
sghignazzava e Vietnam che sbavava come non avrebbe saputo resistere
un altro attimo.
“Siete
stati tutti...”
C'erano proprio tutti, tutti colpiti dalla
piaga, tutti contro di lui, e anche per un eroe era durissima così.
Chiese
nella sua mente scusa a compagni perduti lungo la via: avrebbe dovuto
condurli alla gloria e ora erano stati trasformati nei mostri contro
cui avrebbe opposto la sua ultima difesa. Si scusò di nuovo con
tutti quelli intorno... ma non si sarebbe tirato indietro dal fargli
molto, molto male!
Avvertì
un movimento alle spalle e scansò con un passetto le mandibole di
Grecia, protesosi in avanti: pagò la sua insolita impazienza con uno
sganassone in piena faccia.
Si
girò e vide zombi-Prussia osare avvicinarsi, e d'istinto lo tenne
lontano con un calcio laterale. Si girò ancora e vide toccava a quel
peso massimo di suo fratello: il pur cadaverico Ludwig conservava
intatto il suo fisico palestrato e America schivò tre bei sinistri
che sapeva si sarebbero rivelati letali se fossero andati a segno.
Per fortuna, con un braccio fuori uso era più facile da gestire:
parò un altro colpo col braccio destro e gli mollò un sinistro al
corpo che lo fece indietreggiare barcollante fino al muro di zombi
che lo riassorbì, presentandone in cambio altri freschi.
“Umpf!”
Quei
bei colpi gli tenevano su il morale ma lo spazio era ormai
pochissimo...
Quand'ecco
che tra i versacci si alzò un grido potente come un profondo squillo
di corno. Come il richiamo di un capobranco.
Gli
zombi smisero di avvicinarsi e guardarono tutti in una stessa
direzione, dove vedevano i loro compagni venire spintonati e fatti
volare via in malo modo, come travolti da una carica. Un altro urlo
mostruoso e questi, compresa la sua forza, si scansarono per
lasciarlo passare.
Eccolo
riapparire, lo zombi finale, un pilastro vivente di muscoli e
mandibole: l'antipasto all'italiana era stato gradito ma aveva la
faccia scura di chi era parecchio arrabbiato che la sua portata
principale rischiasse di essergli sottratta. Qualche zombi provò a
rivolgersi contro di lui in maniera minacciosa, ma lo zombi-Russia
riusciva immancabilmente a zittirli: vuoi con un altro ruggito più
forte dei loro, vuoi con un manrovescio...
America
deglutì: sembrava davvero un capobranco che mantiene l'ordine e la
gerarchia di cui è vertice, e guai a metterla in discussione. Lui
era la sua preda più agognata e nessuno gliela avrebbe portata via.
Una
fortuna in un certo senso, si disse America, pensando che se non
altro quell'esercito di bestie fameliche tutto intorno si era
fermato. Cambiò subito idea quando infine il loro signore tornò a
rivolgersi a lui.
“Grrrrr!”
America
deglutì. Zombi-Giappone, alla sua sinistra fece un passo, ma lo
zombi Russia, ancora una volta, lo rimise al suo posto, mollando un
pestone a terra. Raggelati i suoi simili con un'occhiataccia, avanzò
nell'isolotto, verso di lui.
“Al
diavolo! Se devo crepare, crepo combattendo, lo sai!”
America
si sgranchì le nocche, fece due ampi passi per colmare la distanza e
gli mollò un gancio destro in volto. La testa del titanico zombi
sbatté con violenza nella direzione opposta e le sue ginocchia
vacillarono.
“Umpf,
questo l'hai sentito, eh?”
Per
tutta risposta, raddrizzò il capo e, dall'alto dei suoi quasi due
metri gli mostrò gli occhi piccolissimi, come punte di coltelli
pronti a squartarlo.
“Si!”
-sibilò tra i denti stretti, da cui uscì un rivoletto di sangue.
“......”
Peccato
che non si guadagnassero punti per la grandezza dei lividi inferti, o
per quanto si riusciva a far incazzare di brutto l'avversario...
Ma
che diavolo stava pensando, si disse.
Quello
non era un gioco! Per niente!
Il
colosso riprese a venirgli contro...
“...
Sbrigati, Italia...”
Si
appoggiò con la mano libera alla bocca metallica, quasi dubitasse
del suo essere reale: ma era lì, fredda e liscia sotto le sue dita,
che non aspettava altro che l'ultimo degli eroi, la nazione scelta
dal fato, colui che avrebbe dovuto mettere fine a tutto.
Italia
percepì il cuore palpitargli nel petto: ce l'avevano fatta!
“Italia,
muoviti con quel coso! Sono un po' alle strette qui!” -gli
arrivarono da dietro le urla di America.
“Si!”
Appoggiò
il pollice al pulsante: una volta gettatolo, come aveva detto
Giappone, il suo potere de-zombificante si sarebbe sprigionato,
diffondendosi in fretta per l'intero edificio pullulante di...
“No...”
Che
stupidi.
Dimenticare
una cosa tanto ovvia.
Feliciano
si voltò, verso la folla non-morta che racchiudeva, quasi a
sottrarlo alla vista, il povero America, impegnato ad arrancare come
poteva contro lo zombi-Russia. Continuava a chiamarlo, a supplicarlo
di muoversi, e gli si strinse il petto al pensiero che, ancora una
volta, lui, Italia, non poteva essergli d'aiuto in nessun modo.
Il
loro piano, eretto a speranza di salvezza nel momento più cupo, a
cui si erano tanto fanaticamente attenuti al punto di non metterlo
mai in discussione, avrebbe avuto senso se fossero stati abbastanza
furtivi e rapidi da giungere lì da soli, prima di tutti gli zombi,
guarendoli mentre ancora vagabondavano per il dedalo di corridoi e
sale. Invece si erano lasciati inseguire e infine raggiungere, ed ora
eccoli tutti lì, dal primo all'ultimo, riuniti lì per far loro la
festa, e non certo alla maniera che aveva sognato Alfred...
Ormai,
accendere quel coso e gettarlo nell'impianto dell'aria non sarebbe
servito ad alcunché.
Avevano
fallito.
Doveva
attivarlo lì, pensò, ma pensò anche di non avere poi molta idea di
come funzionasse in effetti il congegno di Giappone, e che sarebbe
successo una volta attivato, e certo non poteva chiederlo al suo
creatore... Se doveva sprigionare una specie di gas anti-zombi,
avrebbe funzionato lo stesso lì sulla cima dell'edificio, all'aria
aperta e per giunta con un leggero vento? Chi gli assicurava che
attivandolo lì poi sarebbe riuscito ad agguantarli tutti? Se qualche
zombi fosse scampato alla guarigione e fosse tornato a mordere a
destra e a manca sarebbe stato un nulla di fatto, e a quel punto non
avrebbero più avuto un altro colpo in canna per rimettere le cose a
posto.
E
mentre lui indugiava, incredulo, in quelle riflessioni, alcuni degli
zombi si erano già voltati verso di lui, chiedendosi se
all'abbondante America non fosse il caso di preferire una preda più
piccola ma più abbordabile...
Che
fare?
Cosa
se non disperare?
Cosa se non lasciarsi sopraffare di nuovo dalla
paura e dal dolore?
Al
buio di una scala o alla piena luce del sole, ancora una volta,
sentiva che era tutto finito.
“Italia
che ti prende?” -urlò il suo ultimo compagno prima che una morsa
gli si serrasse al collo.
Russia
rise del suo soffocare: si sarebbe goduto il primo piano di lui che
perdeva lentamente le forze prima di addentarlo.
“I...
Italia...” -biascicò.
Tutto
per niente.
Il
piccolo Italia non avrebbe salvato il mondo nell'incredulità
generale, i sei eroi del Team dell'Apocalisse non sarebbero mai stati
celebrati e ricordati, e lui, a momenti, avrebbe abbandonato gli
spaghetti tanto cari per le cervella e le budella ancora fresche e
sanguinanti...
Era
davvero difficile accettarlo, straziante, ma che altro poteva fare
ormai? Le gambe avevano ripreso a tremare, il sudore freddo a
raggelargli la fronte e cadergli sulle ciglia, come mosso a pietà
volesse oscurargli la vista dal mondo spaventoso che stava per
avventarglisi addosso. Non aveva un piano, non aveva rinforzi, non
sarebbe sbucato in suo soccorso suo fratello, né uno spaccone dal
rincuorante sorriso: girandosi non avrebbe visto altro che brandelli
di carne marcia e penzolante, ferite e squarci, vestiti insanguinati,
denti affilati... Lui era un codardo, come potevano chiedergli di
affrontare ancora una volta tutto ciò? Non aveva sofferto
abbastanza?
Perché
non lo lasciavano in pace?
Perché
quei mostri dovevano tormentarlo fino a quel punto, lui, così
impotente, così innocuo, dopo essersi presi tra le loro fila tutti i
suoi cari?
Che
rabbia!
Gli
stava anche tornando una fame boia tanto era nervoso!
<<
Senti, per la miseria, l'ho capito, hai una paura matta del cavolo,
ma non vuol dire la paura debba essere una cosa negativa per forza!
>>
Ne
aveva fin sopra i capelli di morsi, graffi, corse, scalate, capi
idioti e mostri spaventosi che banchettavano di continuo mentre lui
gli si chiudeva lo stomaco mentre se la faceva addosso dalla paura!
Ma
non vedevano che non ce la faceva più?
Che rabbia!
<<
Feli, la paura è... Come una scatola di caramelle: finché non la
apri non puoi sapere di che gusto la troverai, cosa ti farà trovare
dentro di te... >>
Basta!
Basta!
America,
cercando di opporsi al braccio che lo strangolava con entrambe le
mani, mollò al bestione un bel calcio allo stinco. Questi imprecando
tra i denti sopportò il colpo, strinse più forte e decise che
avrebbe cominciato a mangiarlo dalle labbra, così avrebbe fatto
sparire sia quel ghigno sicuro di sé, sia quei suoi insopportabili,
sconnessi discorsi pieni di sé!
“EHI,
TU!!! PSICOPATICO DEL CAVOLO!!!”
“Uh?”
America
approfittò della sua distrazione per sfuggire alla presa; poi ne
approfittò una seconda volta per assecondare la sua curiosità e
voltarsi verso Italia, ad una ventina di metri da loro, leggermente
più in alto e quindi visibile. Insieme a lui si erano girati tutti
gli zombi.
Sicuro
infatti che non hai bisogno di essere vivo per restare affascinato
dallo spettacolo di un Italia che ti guarda come se ti volesse
spiaccicare con un mattarello e ficcarti in un forno a legna fino a
carbonizzarti! Il suo respiro era così pesante che sembrava di
vedere fumo uscire dalle sue narici, come un toro scatenato!
“SI,
TU, PANZONE, TI PIACE MANGIARE, EH?”
“Non sono un panzone...”
-ribatté seccato Russia, a cui si gonfiò una vena sulla fronte!
“No,
proprio no...” -commentò America arrossendo...
“E
ALLORA PERCHÈ NON VIENI QUI E MI MANGI, EH? AVANTI, CHE ASPETTI?”
-sbatté il tallone a terra- “VIENI QUI E TI FACCIO VEDERE QUANTO È
BUONA LA CUCINA ITALIANA, BRUTTO BASTARDO!”
America
si sbatté una mano sulla fronte: che lo spirito del fratello Romano
lo avesse posseduto? No, a giudicare dalla bocca apertissima dello
zombi-Romano, sconvolto quanto lui!
“Uh
uh uh uh!” -zombi-Russia scosse il capo cercando di darsi un
contegno- “Oh, cielo...” -si asciugò una lacrimuccia- “Cioè...
Fai sul serio? Mi stai sfidando davvero? Mi hai visto? Ti sei visto?”
“ME
NE SBATTO! MI HAI PROPRIO ROTTO TU, INSOPPORTABILE BULLO PSICOLABILE
TRACANNAVODKA MANGIASORELLE! E MI HANNO ROTTO I TUOI SORRISI FINTI, I
TUOI SGUARDI DA PAZZO... NON TI SOPPORTO PIÙ... NON TI SOPPORTO
PROPRIO PIÙ!”
Romano,
si rivolse a lui nella mente, ecco che cosa gli aveva fatto trovare
la sua paura matta dentro di sé: una micidiale, fottuta rabbia!
Rabbia
contro sé stesso per essere così debole, pavido e inutile, rabbia
contro i suoi compagni per averlo tanto sottovalutato, rabbia contro
quegli schifosi esseri un tempo suoi amici per cui stava passando
tutto questo! Ora basta! Ora il coperchio della pentola saltava!
“AFFRONTAMI!
NON MI DIRE CHE NON HAI IL CORAGGIO DI VENIRE QUI A MANGIARMI!
SERVITI! OPPURE HAI PAURA DI ME, BRUTTO SCHIZZATO?” -continuò a
sgolarsi l'impazzito Feliciano.
Dapprima
il volto del mega-zombi si corrugò. Poi si sciolse in una risata
carica di cattiveria: “Oh, Italia, se proprio un tipo divertente...
Ti promuovo da contorno ad antipasto...”
“NON VIENI, EH?
MOLTO BENE! ALLORA VENGO IO DA TE!”
Russia
gli si fece incontro, buttando all'aria un paio di altri zombi
colpevoli di trovarsi sul suo cammino: “Kolkolkol! Ti fai sotto o
te la fai sotto, nanerottolo?”
“VAI AL DIAVOLO!”
“Italia!”
-gridò Alfred, che istintivamente, per proteggere l'amico a cui
aveva senza ombra di dubbio dato di volta il cervello, cercò di
lanciarsi sullo zombi-Russia. Ma immediatamente, tutte le vie gli si
chiusero nuovamente dinanzi: ora che il loro tremendo signore era
stato distratto, tutti gli altri zombi erano tornati a guardarlo
famelici! Evitò con un balzo il morso dell'insidioso zombi-Lettonia
e chiuse con un manrovescio la bocca alla zombi-Vietnam. Si girò ed
ecco farsi sotto l'altissimo zombi-Svezia, si girò ancora ed ecco i
rancorosi zombi-Romano e zombi-Giappone con gli artigli protesi.
“Oh
oh...”
Nel
frattempo, Italia si era lanciato con entusiasmo innaturale verso la
sua tragica fine.
Benedetta
paura, sorrise, che mi fai correre dritto tra le braccia aperte dello
zombi più spaventoso e colossale di tutti pur di mettere fine a
tutto, e così facendo, liberarti di te che mi affliggi. Ogni passo
che faceva verso di lui la paura cresceva e con essa crescevano i
battiti del suo cuore e la sua determinazione: non è così male una
volta che ti sei deciso ad abbracciarla e abbracciare il potere che
può darti.
Al
diavolo non sapesse niente del congegno, e al diavolo se poi non
funzionava: finché questo terrore mi smuove, si disse, è l'unica
cosa che posso tentare e devo tentarla!
Il
mega-zombi esplose in una fragorosa risata che parve far tremare la
terra sotto i loro piedi e l'aria stessa intorno a loro: si fermò e
spalancò le braccia come un in un mortale abbraccio nel quale non
vedeva l'ora di stritolarlo, mentre fiamme viola si innalzavano e
prendevano forme sinistre sopra di lui, che da tempo non si divertiva
tanto!
Feliciano
non abbassò il capo, ma affrontò quegli occhi fiammeggianti e
quella bocca distorta che pareva la porta stessa dell'inferno.
Mi
vuoi divorare non è vero? Bene...
Vedrai
quanto riuscirò ad esserti indigesto!
Pochi
metri li seperavano.
Poi
appena la distanza di un salto.
Vide
quelle enormi braccia cingerlo senza lasciargli via di scampo.
La
porta oscura si spalanco e si protese, grondante di bava e lame.
Solo
allora, mano destra in avanti, saltò.
“GRRR!
MANGIATI QUESTAAAAAAAA!!!”
<<
CHOMP! >>
“?!?!?!?!?!”
Lo
zombi, dopo una simile esplosione, sapeva avrebbe potuto aspettarsi
di tutto...
Ma
che Italia gli ficcasse in bocca il dispositivo de-zombificante lo
lasciava davvero allibito!
Radunò
tutte le forze che poté: quelle che aveva messo nel salto, quelle
del suo braccio che continuava a spingere dentro le sue fauci, tutta
la potenza della paura a cui aveva attinto per non rallentare fino al
momento del violentissimo impatto, e per non mollare la presa proprio
ora. Complice anche un po' la fortuna che lo zombi, protesosi su di
lui, si fosse sbilanciato, l'incredibile avvenne, e il gigante
vacillò all'indietro, ruzzolando fino a perdere l'equilibrio e,
infine, crollare.
Il
rumore dello schianto della sua nuca contro la durezza del tetto fu
tremendo, Feli doveva aver spinto davvero fino all'ultimo, ma la
violenza del colpo e il suo sbilanciarsi tanto per un attacco così
ardito si risentirono anche sul povero fifone: il contraccolpo lo
fece ribaltare in aria e rotolare un paio di volte sul cemento, nello
spazio creatosi in mezzo agli zombi, scansatisi per non venire
anch'essi travolti.
“......”
Scese
un silenzio immobile, una stasi che però non sarebbe durata ancora a
lungo.
America
fissò il dispositivo che tappava la bocca di zombi-Russia, stordito
dal colpo e dall'incredulità: la lucetta verde intorno al pulsante
lampeggiava invitante.
“A...
merica...”
Non
ci stette a pensare un secondo di più.
“Urgh!”
Prima
che gli altri zombi facessero una mossa, Alfred, senza rincorsa, si
lanciò in avanti allungandosi più che poté, come un giocatore di
football che non vuol perdere a nessun costo la meta ormai
vicinissima e i suoi punti decisivi.
Ancora
in volo, allungò il braccio, quasi a volerselo slogare pur di
raggiungergli la bocca.
Le
sue dita atterrarono sul pulsante.
<<
Bip! >>
<<
POFFFF!!! >>>
Dalla
più spaventosa delle bocche, resa inoffensiva, si sprigionò
all'istante un fittissima nube verde che coprì al suo sguardo ogni
cosa: Russia, Italia, il cielo, tutto.
Italia
gemeva ancora per la botta subita, ma si consolò con quel bel
profumo di fiori che aveva preso ad aleggiare d'improvviso.
Poi
si ricordò di tutto e si scosse, mettendosi subito in piedi! Che era
successo? Ce l'avevano fatta? America era riuscito a premere il
pulsante? Aveva funzionato?
Alfred
si tirò su e diradò il fumo con una mano, e, per primo, vide Russia
che si rimetteva seduto. Scambiò con lui uno sguardo confuso, poi si
guardò le mani e infine si tastò il collo: la ferita era sparita.
“Uffa...”
-sospirò come deluso dopo essersi tolto di bocca il poco gustoso
de-zombificatore- “Adesso non ho più la scusa per farti a pezzi,
America... Oh, beh, sarà per un'altra volta.”
“...
Eh eh! Puoi scommetterci che sarà un'altra volta!”
Contentissimo
per l'oggi, gli porse una mano e lo aiutò.
La
nube sparì del tutto, e andandosene restituì loro il mondo e le
nazioni che conoscevano e amavano.
“Ehi, non ho più fame!”
-gioì Francia.
“Davvero?
Io ce l'ho ancora!” -scrollò le spalle Romano, che però era un
caso a parte.
“Hanatamago,
sei tornata normale anche tu!” -la strinse fortissimo Finlandia
rivendo leccate festose in cambio.
“Mh!”
-fu l'incontenibile esultanza di Svezia.
“Russia!
Stai bene? È stato terribile!” -chiese Ucraina correndo dal
fratello che subito la rassicurò abbracciandola- “Dov'è
Bielorussia?”
“Ehm...”
Anche
gli ex-signori degli zombi arrossiscono talvolta...
Finalmente
il bellissimo cielo azzurro non appariva più fuori luogo e ipocrita:
la luce tornava a splendere su sorrisi e volti rilassati, pieni di
vita e ansiosi di festeggiare, che rilucevano a loro volta!
“Umpf,
ottimo lavoro, Giappone.” -fece Germania stringendogli una spalla-
“Ha funzionato!”
Giappone
lasciò sfogare le sue emozioni in un sospiro epocale: “Grazie al
cielo...”
“Grazie
ad Italia, vorrai dire! Eh eh eh!” -ribatté America indicandolo lì
per terra dove era rimasto seduto.
“Ve...”
Era
tutto quello che riusciva a dire guardandosi intorno: era come si
fosse talmente abituato alla mostruosità da aver dimenticato quanto
è bella la normalità quando ti soffermi a farci caso. Anche lui,
senza saperlo, era diventato lo spettacolo stupendo di coloro che gli
stavano attorno e che di nuovo presero a circondarlo: un magnifico
monumento di normalità, senza nessuna delle qualità richieste ad un
eroe, né super-forza, né super-intelligenza, né super-coraggio,
mosso da nessun orgoglio o pretesa se non quella di riabbracciare in
pace le persone a cui voleva bene.
“Umpf,
ottimo lavoro!” -si congratulò il redivivo gentleman Inghilterra.
“Ma
dove lo trovi un fratellino così? Dove lo trovi?” -sentì la voce
fiera di suo fratello dietro i volti sorridenti dei suoi compagni.
“Quindi...
è finita?”
“Si,
Italia, è tutto finito, grazie a te!” -rispose Germania.
“Ve...”
Inghilterra
guardò America con un sorrisetto beffardo, più che certo che stesse
per reclamare anche per sé i suoi giusti meriti: dopotutto era stato
lui ad avere la prontezza di lanciarsi sul bottone.
Invece, in
barba a quanto a fondo lo conoscesse, questi si fece avanti e lo
guardò, a braccia conserte, come un capo-squadra guarda il suo
miglior elemento.
“Italia,
lasciamelo dire: io ne so qualcosa in quanto ad eroi, e tu, caro mio,
sei un eroe!”
“... Eh eh... Un eroe...”
America
gli sparò una ganza posa col pollice in su, aspettando trovasse le
parole, o la forza di tirarsi su e saltare gridando al mondo la sua
contentezza.
Sorrise:
“Veee...”
Poi
andò giù come un pezza.
“.......”
“...
Ma è...
“Svenuto.” -confermò Germania.
Russia
si sporse a guardarlo oltre le loro spalle: “Che tipo strano...”
-disse proprio lui...
“Non
ci fa una gran bella figura...” -si grattò la nuca America.
Fissarono
tutti il suo dolce sorriso incosciente.
“Oh, beh...” -lo
difese Germania- “Ci può anche stare...”
“Eh eh, ma si
dai...”
Orbene,
cari lettori, concediamoglielo anche noi al nostro grandioso Feli
questa piccola “caduta di stile”, dopo essersi tanto impegnato!
^__^
Finalmente
potete darvi ai sospiri di sollievo anche voi! Stappate lo spumante e
scolate la pasta (che ha avuto il suo ruolo di rilievo per la buona
riuscita dell'operazione!)! XD
Spero
davvero questo capitolo, in quanto quello “clou” della storia, vi
sia piaciuto molto: lo tenevo in serbo davvero da tanto e per me è
una grande soddisfazione. Spero sia stato all'altezza delle vostre
previsioni ^__°
Questa
scanzonata avventura horror sta così giungendo alla fine dopo averci
tanto allietati... si fa per dire, a tratti è bella ansiogena, vero?
XD
Il
prossimo sarà il capitolo finale e mi auguro di trovarvi lì
numerosi per i ringraziamenti e i saluti ^__^
A presto!
|
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Capitolo 16 *** Tutto è bene quel che finisce... ***
Ciao
a tutti, cari lettori! E dunque rieccomi qua, ancora una volta a
salutarvi alla conclusione di una long-fic, dopo avervi a lungo
intrattenuto, divertito, emozionato, e, stavolta, anche un po'
spaventato ^__°
Un
progetto originale, ho provato non poco sfizio nel realizzarlo: è
stato il mio primo tentativo di “horror”, anche se so di doverlo
scrivere tra virgolette in quanto comunque molto contaminato da altri
generi, molto influenzato dal mio solito stile diciamo, ma che è
stato comunque in grado di piacere, e ne sono felice. Le mie
soluzioni narrative non sono state sempre graditissime (in certi
commenti eravate proprio sconvolti... ^_° XD) ma tante altre hanno
entusiasmato me nello scriverle e voi nel leggerle (l'immagine di
Zombi-Russia non ce la toglieremo dalla mente per un po' mi sa...
XD), e grazie a tutte loro sono riuscito a comporre il quadro di
questa storia struggente e spassosa insieme di cui ora leggerete il
finale.
Non
è singolare il fatto che ora questa storia finisca e a breve ci sia
Halloween? XD
Prima
di lasciarvi all'ultimo capitolo, lasciatemi fare un po' di saluti!
Un
grazie in particolare a Nordwestwinde, Framboise, Claireroxy,
Immatura e Frostylily, fedelissime nel leggere e nel farsi sentire
nei commenti, commenti talvolta anche belli e approfonditi, fin
dall'inizio ^_^
Molte
grazie anche a Summerstar, anche lei tra i primi lettori, a Wendiie,
Classicboy e Darkshin, e per finire a tutti voi che avete letto sin
qui ma non avete mai commentato, grazie anche a voi! ^__^
Buona
lettura, e alla prossima storia!
TonyCocchi
Le
labbra di Feli si arricciarono, come stesse assaporando qualcosa di
delizioso. Poi gli occhi iniziarono pian pianino ad aprirsi.
Riconobbe i visi familiari di suo fratello maggiore e del suo
migliore amico e si raddrizzò sullo schienale della sedia.
“Veee,
buongiorno... Non potete immaginare: ho sognato che tutti erano stati
trasformati in zombi spaventosi che volevano mangiarci, e poi eravate
diventati zombi anche voi... Eh eh eh!”
“Infatti
è successo davvero.” -annuì Romano.
“AAAAAAAAAAAAH!!!”
“Però
ora sono di nuovo tutti normali. È tutto finito, Italia.” -lo
rassicurò Germania.
“Ah...”
Rise
e gli mollò una pacca.
Italia,
complice il colpo presogli un attimo prima, non ebbe bisogno di
stropicciarsi gli occhi e, sveglio del tutto, si guardò intorno. Si
trovava nella sala riunioni e c'erano proprio tutti, una folla di
nazioni, normalissime e viventissime nazioni, riempiva ora quello
spazio. Anche per loro doveva essere stato come destarsi da un brutto
sogno, un'esperienza tanto tragica e irreale che faticavano ancora a
crederci, e solo il sollievo che fosse finita riusciva a diluire quel
senso di assurdo che tutti provavano ripensandoci. Tutti loro avevano
infatti conservato ogni ricordo di ciò che era accaduto, ogni
istante della loro esperienza da zombi si era conservato nitido, ed
era una bella fonte di imbarazzo per molti... Un po' come quando ci
si è ubriacati e il mattino dopo si fa i conti con quello che
l'alcol non è riuscito, purtroppo, a cancellare, e non restava che
mettersi le mani nei capelli e promettere di non bere più un goccio
per il resto della vita, o, in quel caso, non assaggiare più carne
umana fresca...
Molti
stavano come lui riposandosi, ma c'era anche molto movimento; alcuni,
come Inghilterra e Giappone, apparivano ancora in forze e si
dedicavano a dare una prima sommaria risistemata alla loro carissima
sala semi-distrutta, raddrizzando sedie, spazzando sporcizia, pulendo
macchie; la maggior parte però era divisa tra quelli in cui
prevaleva il conforto di averla ormai sfangata, come Danimarca, che
dimenticandosi di tutto l'accaduto faceva salti di gioia e
abbracciava i suoi fratelli uno per uno, e quelli che invece, colti
dal rimorso, erano impegnati a scusarsi più e più volte per le loro
azioni. Molti di loro ne avevano commesse di spiacevoli, ma nessuno
di loro era in sé, e nessuna delle vittime avrebbe mai potuto
prendersela davvero.
“Ehi,
Francia... Scusa se ti ho morso...”
“Oh,
ma figurati, Spagna! Un po' me lo sono meritato, sarei dovuto stare
più attento! Eh eh!” -ci passò su Francis, ricordando, senza però
il minimo pentimento (e con un accenno di sangue al naso...), quando
era riuscito a mordere il suo carissimo Arthur...
“Scusamiscusamiscusamiscusami!”
-ripeteva nervosa Ungheria nel suo prendersi cura di Turchia.
“Ehi,
calmati!”
“Sigh!
Il tuo povero naso! Mi spiace tanto! Quando ho la padella in mano
sono un pericolo pubblico, lo sai! Se c'è qualcosa che posso fare
per te...”
“Una
cosa ci sarebbe: potresti smetterla di fasciarmelo? Credo basti!”
Ungheria
batté le palpebre, rendendosi conto che, nel suo premuroso tentativo
di fare ammenda per la padellata in piena faccia con cui l'aveva
steso, aveva usato tanta di quella garza per fissare la stecca da
avvolgergli quasi del tutto la testa, rendendo Sadiq simile a una
delle mummie di Egitto.
“Ops...
Eh eh eh!”
Tanto
per restare in tema di mostri... In ogni caso non sarebbe stato
nemmeno necessario: quando la maledizione del deodorante-zombificante
era stata spazzata via da quella nebbia verde, in poco tempo tutte le
loro ferite, piaghe, cancrene e quant'altro si erano rimarginate e
curate completamente da sé. Persino gli arti e le membra amputate
erano magicamente tornate al loro posto: così Svezia aveva riavuto
le sue dita, e la testa di Olanda era tornata al suo solito posto.
Erano tornati tutti come nuovi!
“Come
mai a noi quasi nessuno chiede scusa?” -si chiese Prussia.
“Perché
abbiamo passato la gran parte del tempo chiusi in un pianoforte?”
-suggerì Austria.
“...
Tutto come dal mio magnifico piano, certo! Ah ah ah!”
Austria
gemette disperato.
“Ehm,
s-signor Russia, p-posso disturbarla?” -gli si avvicinò Lettonia
mentre stava rimettendosi al collo l'amata sciarpa bianca.
“Dimmi.”
“Ecco,
io, anche a nome dei miei fratelli certo, vorrei scusarmi con lei per
il mio increscioso atteggiamento mentre ero uno zombi: penso sia
stato molto scortese cercare di farla a brandelli e
mangiarla.”
Russia sorrise: “Oh, suvvia, non serve ti scusi,
non sei il solo che ha cercato di mangiarmi nelle ultime ventiquattro
ore!”
“Ad
ogni modo... tutto perdonato?” -chiese il dolce piccoletto dei
baltici.
“Ma certo, Lettonia! Perdonatissimo! In fondo, non sei
nemmeno riuscito a farmi granché del male, anzi, a pensarci non mi
hai fatto neanche un graffio!”
“Eh
eh eh... Eh, già...”
Si girò... e la sua faccia si trasformò!
“Peccato...”
“Uh?
Hai detto qualcosa, Lettonia?”
Si girò col viso di nuovo
illuminato: “Oh, niente di che, signor Russia! Grazie mille!”
Tornò
ad allontanarsi e a mordersi una mano di nascosto: “Sigh! Sigh!
Maledetto!”
Tra
una scusa e l'altra, erano d'obbligo anche i ringraziamenti agli eroi
di quell'avventura, i Sei dell'Apocalisse. Ritrovatisi per puro caso,
spauriti e tanto diversi tra loro, sulla cresta dell'onda a cercare
di non farsi trascinare, erano stati in grado di riuscire
nell'impresa! In fondo avevano compiuto il loro dovere, fatto ciò
che chiunque al loro posto avrebbe fatto... Ma questo ovviamente non
avrebbe mai e poi mai fermato il loro esuberante leader dal godersi
la gloria saltando su una sedia e narrando le loro, e soprattutto,
sue, audaci gesta!
“Zombi
alla mia destra! Zombi alla mia sinistra! So che l'unico modo per
uscirne è aprirmi un varco, e, per Giove, è proprio quello che
faccio! Io e la mia fedele mazza abbattiamo un morto vivente dopo
l'altro! Avreste dovuto vedere come volavano quando li colpivo! E
come volavano i loro denti!”
“Lo
sappiamo... -lo interruppe Norvegia dal pubblico massaggiandosi una
guancia- “C'eravamo anche noi...”
“Da
quanto va avanti?” -chiese Giappone.
Inghilterra
scosse il capo: “Il mio orologio si è rotto, ma senza dubbio da
troppo.”
Giappone
sospirò e sorrise: “Oh, beh, è il suo momento, se lo è
guadagnato: lasciamo che vada avanti finché non si stanca.”
“Sei
un ingenuo Giappone: America, di questo, non si stancherà MAI!”
Intorno
la sua sedia si era radunato un nutrito gruppetto: la narrazione di
America era a tratti un po' faziosa, ma di sicuro appassionante, ed
erano molti quelli che volevano conoscere altri dettagli della loro
avventura. C'era chi lo ascoltava a braccia conserte e con aria
critica, come Cina e Australia, chi a bocca aperta, rapito, come la
nuovamente dolcissima Lily, e chi come la piccola Wy, seduta sul
pavimento con gli occhioni enormi che brillavano, vibrava tutta per
l'emozione!
“Così,
dopo aver condotto i miei uomini fino alla sala riunioni dove ora ci
troviamo, mentre Giappone e Italia facevano il loro dovere col
congegno, io mi tenevo pronto di guardia, perché sapevo bene i guai
ci avrebbero presto raggiunti! E infatti << BAM! >>,
le porte vengono giù, e una decina di zombi irrompe! A quel punto mi
sono messo alla testa dell'attacco per scacciarli! Oh, la mia fida
mazza da baseball, quante ve ne potrebbe raccontare se fosse ancora
qui!”
“Ehi, America, perché non racconti di quando contro di
me ti è servita una mano?” -lo canzonò Australia.
Cina
sorrise in modo malvagio: “O di quando ti ho disarmato
semplicemente con un calcio... ben due volte?”
“Questa
non è una conferenza stampa!” -li zittì arrossendo il grande
eroe- “Le domande alla fine! Allora... Dicevo? Ah, si! Ovviamente
potevo contare su un valido e a me fedele gruppo di compagni, salvo
qualche piccola eccezione ogni tanto... Inghilterra naturalmente era
più pessimista delle previsioni del tempo la domenica!”
La
battuta riuscì ad accattivargli il pubblico e gli valse una corale
risata.
“Per
fortuna io sono un concentrato di ottimismo fin nel midollo! Così
mentre lui piagnucolava che non ce l'avremmo fatta gli ho detto...”
Gli
spettatori non ebbero modo di saperlo in quanto Inghilterra in
persona gli aveva appena tolto in malo modo da sotto i piedi la
sedia, facendogli prendere una fragorosa caduta sul pavimento.
“Scusa,
America, devo rimetterla a posto.” -disse col suo calmo e
brevettato aplomb britannico, mentre il pubblico rideva ancora di
più!
“Inghilterra!”
-urlò rialzandosi- “Come hai potuto interrompermi?! Stavo per
arrivare alle parti migliori! Non hai proprio un briciolo di tatto!”
“Tu
invece hai qualche briciola di attinenza nei tuoi resoconti: mi
aspettavo di peggio.” -si allontanò dopo averlo trafitto con una
seconda frecciata.
“Urgh!
Suvvia! Al pubblico la storia piace di più se la infiocchetti un po'
nei punti giusti!”
“Non
prendertela, America.”
“Uh?
Chi mi chiama?”
“Sono
Canada.” -che per la verità era stato tra il pubblico, ora
dispersosi, fin dall'inizio.
America
sentì il gelo lungo la schiena: proprio col suo fratellino aveva
vissuto il suo momento peggiore, quello doveva aveva sul serio
pensato di lasciarci le penne.
“Tutto
a posto?” -gli domandò, ricordando la loro aspra battaglia in cui
ce l'aveva fatta per un pelo: se avesse reagito solo un istante più
tardi non sarebbe stato lì, a non raccontare a nessun altro del suo
momentaccio...
“Si,
per fortuna sto bene come tutti gli altri. Piuttosto America, scusami
per...”
“Non dirlo nemmeno! Sei stato strepitoso: sgusciarmi
così vicino a quel modo, quello sguardo che avevi... A momenti mi
veniva un colpo! Sei stato strepitoso, forse non mi ricorderò spesso
di te, ma di sicuro non mi dimenticherò mai dello zombi-Canada!”
“...
Ehm... Grazie?” -domandò lui, confuso sul doversi sentire
lusingato o meno dalla cosa!
“Di
nulla!”
Nel
suo modo strano di pensare, doveva avergli regalato delle emozioni
belle forti, qualcosa che gli valeva decisamente la sua stima! Provò
a dire altro, ma in quel momento suo fratello fu distratto.
Si
era infatti visto passare davanti, come se nulla fosse, nientemeno
che Bielorussia! Tutta intera in carne ed ossa!
La
rincorse: “Ehi! Sei proprio tu?”
“Chi
dovrei essere, scusa?” -gli rimandò con tono gelido.
“No,
cioè...” -sorrise- “Sono solo sorpreso di rivederti tutta d'un
pezzo, mi fa piacere! Voglio dire... Russia ti aveva divorata, dico
bene?”
“Esatto,
ma mi sono rigenerata a partire dal mio fiocco.”
“......”
“......”
“...
Sul serio?” -balbettò America fissando il candido nastro che le
ornava i capelli biondo platino.
“Si.”
Dopotutto
lei era sorella di Russia: era tutto fuorché incredibile in fondo!
“Oh,
beh... Ottimo! E... stai bene? Voglio dire, il fatto che tuo
fratello, anche se in preda allo zombismo, ti abbia mangiata...
Suppongo tu ci sia rimasta parecchio male, eh?”
Bielorussia
roteò al cielo gli occhi, visibilmente annoiata: “Tsk, ne parli
come se fosse accaduto qualcosa di male! Si vede proprio che non
capisci niente!”
“Eh?”
Il
tempo di un battito di ciglia e Bielorussia gli sparì da sotto il
naso per riapparire seduta accanto a Russia! Come c'era da aspettarsi
lo spazio vitale della superpotenza era stato brutalmente azzerato
dall'abbraccio in cui la sorellina, sprizzante gioia da ogni poro,
l'aveva rinchiuso.
“Mio
fratello mi ha divorata... È come se avesse voluto rendermi tutt'uno
con sé! Sono stata dentro di lui, parte di lui, uniti come non mai
prima!” -sospirò, sfregando la guancia al suo braccio- “Ah, non
potrei esserne più felice!”
Russia invece non poteva essere più
paralizzato dall'orrore! Aveva lo sguardo fisso davanti a sé e stava
addirittura iperventilando.
“Ah,
fratello mio... Puoi mangiarmi tutte le volte che vuoi!”
Veloce
come un razzo, ecco Ucraina piombare e stringersi alla sorella allo
stesso modo di lei con Russia, piangendo commossa: “Ueeeh!
Bielorussia! Sei tutta intera!”
“Fratello... Non hai
fame?”
“SIGH!”
Quando si diceva “famiglia
disfunzionale”, pensò America...
Quella
scenetta tanto familiare però servì anche a rincuorarli, come fosse
un segno che tutto era tornato alla normalità.
“Dal
canto mio” -disse Giappone, tornato del suo solito pacato distacco-
“Posso dire di aver imparato delle valide lezioni da tutto questo.
In primo luogo, a non lavorare oltre orario dopo essere stato
mentalmente condizionato.”
Fra
le altre cose c'era il serrare porte e finestre ogniqualvolta
impegnato in un progetto, e dotarsi di un efficace sistema
anti-intrusione di America... D'ora in avanti avrebbe fatto in modo
di tenere il suo lato otaku, che condivideva con piacere con quello
nerd dell'amico, ben separato dall'ambito lavorativo!
“Come
si suol dire, non tutto il male vien per nuocere allora. Che ne farai
adesso?” -gli domandò Inghilterra riferendosi al congegno tra le
sue mani, che li aveva rovinati e poi salvati- “Hai intenzione di
farlo diventare un deodorante come l'avevi pensato in origine?”
“Sai,
Inghilterra, questa brutta esperienza mi ha fatto capire che in fondo
apprezzo i caratteristici e innocenti odori delle nostri riunioni: in
fondo i profumi di Francia o l'odore dei tuoi scones non hanno mai
fatto male a nessuno.”
“Su
quest'ultimo punto avrei delle riserve...” -tossicchiò Francia.
“Penso
lo ricaricherò e lo lascerò così com'è. Dopotutto un apparecchio
che de-zombifica è un invenzione comunque notevole, e soprattutto
utile: non si può mai sapere, vuoi che ricapiti qualcosa del
genere...”
“Il
cielo ce ne scampi!”
Giappone
aveva quindi deciso di custodirla con cura a casa propria, come
monito, ricordo, e assicurazione per il futuro: nell'eventualità
remota che si riscatenasse un putiferio di morti viventi (un
Halloween finito male magari...), si sarebbero fatti trovare pronti!
D'altro
canto, come era stato appena dimostrato, in un mondo con un America
così appassionato, un Giappone tanto geniale suo malgrado, un
inglese che possedeva una bacchetta magica, un Finlandia che la notte
di Natale era in grado di fare il giro del mondo portando doni, e
tanto altro, chissà cosa non poteva accadere!
“Anche
Italia ha imparato molto da questa esperienza!” -continuò Arthur-
“Ancora non riesco a credere a quello che mi hanno raccontato
Germania ed America. Forse d'ora in avanti potremo vedere un Italia
diver...”
Ad
interromperlo fu il solito, emotivo Italia, che agguantò lui e
Giappone, uno per braccio, in un fortissimo abbraccio!
“Veeee!
Ragazzi! Siete di nuovo normali! Come sono contento! Siamo tutti sani
e salvi!”
“Dicevi?”
“Oh,
beh... Se non altro ora sappiamo per certo che ha superato il
momentaccio.” -ammiccò il biondo.
“Sono
felicissimo di rivedervi, tutti quanti!”
“Anche Russia?” -lo
punzecchiò Germania, raggiungendoli.
“Ve,
si, anche lui è uno di noi dopotutto: ci ha dato una mano, no?”
Non
poco sorpreso di venire ancora ricordato per i suoi sforzi dalla
parte del bene, oltre che per essere il più tremendo e terrificante
di tutti gli zombi, Russia, senza nascondere la contentezza sul suo
viso, si alzò dalla sedia per unirsi a loro.
“Ce
l'abbiamo fatta!” -continuava esagitato Feliciano- “Ce l'abbiamo
fatta davvero! Abbiamo salvato il mondo!”
E
naturalmente America, che non sia mai potesse mancare, sopraggiunse
di gran carriera: “Signori, lasciatemi dire che siamo stati tutti
semplicemente grandiosi! Abbiamo riportato la luce dove le tenebre
regnavano sovrane! Siamo i più grandi sterminatori di zombi della
storia!” -oltre che probabilmente gli unici- “Ma questo vuole
anche dire che il nostro compito è terminato.” -continuò
aggiungendo un pizzico di drammaticità “cinematografica” al tono
e alle espressioni- “Il nostro team qui si scioglie, ma vivrà per
sempre nel ricordo e nella gratitudine dei posteri! Potrei quasi
commuovermi! È stato un onore combattere al vostro fianco! Avanti,
ora che ci siamo tutti, mettiamoci in cerchio e uniamo un'ultima
volta le mani al centro a suggellare la nostra... EEEEHI!?!?!”
Non
poteva dire da quanto avessero smesso di ascoltarlo, ma di sicuro
avevano smesso di farlo! Si erano spostati a qualche passo più in
là, continuando a parlare e scherzare, raccontare e complimentarsi,
al sicuro dal suo blaterio!
“Ragazzi,
ma perché rovinare un momento così?”
“Tsk,
che pena!” -gli fece Romano alle sue spalle.
“Romano!
Grande amico mio! Il fighissimo sopravvissuto che ci ha tratto
d'impiccio! A cui mi sono ispirato per il mio attacco intralciante al
detersivo! Tu almeno me lo concederai un bel cinque, dico bene?”
“Oh,
se proprio ci tieni.”
Forse
non lo avrebbe fatto se avesse saputo che per America battere il
cinque è una cosa seria e schiaccia davvero forte! Ad ogni modo con
quel poco era riuscito a riaggiustargli l'umore e, mentre si teneva
la mano che bruciava, lo vide saltellare euforico verso i compagni.
Il
solito esagerato, pensò imbronciandosi, che c'entrava lui da
chiedergli il cinque? Mica era uno di loro, il grande team di
salvatori del mondo. Lui era quello che, fosse dipeso solo da lui, se
ne sarebbe rimasto rinchiuso nella caffetteria tutto il tempo, e
quanto era contento che alla fine, grazie a loro, non fosse stato
davvero così.
“......”
“Romano!”
Rialzò
gli occhi e vide Belgio e Spagna sorridergli.
Quei
begli occhi verdi che lo mandavano in visibilio erano ancora più
splendenti del solito: “È vero quello che ha detto America? È
vero che li hai salvati più volte dal pericolo? E ti sei persino
sacrificato pur di salvare il tuo fratellino!”
“I
ragazzi e Italia ci hanno raccontato tutto!” -si unì Spagna-
“Senza di te loro non ce l'avrebbero fatta!”
“Che?
Andiamo, io...”
“Sei stato grandioso! Un vero eroe!”
“Eroe?!
Io?!” -Ma che diavolo stavano dicendo?! Lui era il più codardo di
tutti, tutti lo sapevano!- “Io non sono...”
Belgio nemmeno lo
ascoltava: “Voglio abbracciare un vero eroe!”
Lo
agguantò per i fianchi e lo strinse a sé. Un calore immenso e
dolcissimo parve sprigionarsi dalla sua guancia, appoggiata sul suo
petto, e tramite esso, diffondersi a tutto il corpo. Davvero gli
altri avevano parlato così di lui? In fondo non aveva fatto altro
che offrire loro cibo e riparo, aiutarli di nascosto rallentando gli
zombi che li attaccavano, ridare fiducia in sé a suo fratello
minore, coprire la loro avanzata a costo della vita...
Per
essere un codardo che voleva solo restarsene rannicchiato in disparte
era un bel curriculum, pensò sentendo gli occhi inumidirsi. No, non
era il caso, si disse: non poteva mica sfigurare davanti a Belgio! Si
ispirò ad America ed esibì un baldanzoso sorriso: “Umpf! Io...”
Aveva
riaperto gli occhi e a stringerlo al posto di Belgio ci aveva trovato
Spagna!
“AAAAAAAAAAAAAARGH!!!”
Anche
lui aveva voluto provare l'emozione di abbracciare un vero eroe!
America
salì sul podio del portavoce, si schiarì la voce e batté qualche
volta la mano sul microfono acceso per richiamare l'attenzione.
“Bene,
direi che la nostra ultima assemblea è stata alquanto stressante!
Anche troppo... Perciò gente, penso sia il caso che ci prendiamo il
resto della giornata e anche domani. Dopo questo abbiamo bisogno
tutti di un po' di riposo.”
Nessuno
infatti ebbe da ridire al riguardo. America era stato quello che
aveva più volte parlato di parate e banchetti, ma sentiva di potersi
già accontentare così, e di sicuro nei giorni seguenti non si
sarebbe parlato altro che della loro avventura; per ora, lo stanco
guerriero non aveva altro desiderio che tornare un po' a casa e
rilassarsi.
Alzò
la mano destra in modo solenne: “E già che ci sono, prometto
niente horror per almeno sei mesi, e che non costringerò mai più
nessuno a fare le ore piccole davanti film, telefilm, videogiochi e
simili senza previo consenso.”
“Il
che è molto apprezzato.” -gli fece eco Giappone.
“Anche
se...”
“Anche
se cosa?” -chiese Austria.
America
si sciolse in una grassa risata: “Oh, niente! Pensavo solo, che se
questo dovesse essere un finale horror che si rispetti, questo
sarebbe proprio il momento in cui, quando tutto sembra ormai finito,
capita qualcosa di spaventosissimo prima che si chiuda il tutto! Eh
eh eh eh! Eh eh... Eh... Eh...”
Nessuno
l'aveva trovata divertente...
E
Russia stava facendo una brutta faccia... Una faccia da Gatling...
“Ah
ah ah! Scherzavo! Scherzavo!” -si asciugò la fronte- “Non
succederà proprio niente, tranquilli!”
Approvando
all'unanimità la mozione, le tante nazioni, stanche ma col morale di
nuovo alto, iniziarono ad avviarsi all'uscita. America con un agile
salto scese giù dal podio e si sfregò le mani: “A dopodomani,
gente! Su, andiamo a casa a farci uno spuntino!”
Germania
storse il naso: “Visto quel che è successo, penso sarebbe meglio
un pisolino piuttosto!”
“Eh
eh, hai ragione!”
“Ve!”
“Parla
per te!” -ribatté l'affamatissimo Romano facendo ridere Belgio
accanto a sé.
In
quel momento, appena fuori l'ingresso, c'era qualcuno che, naso
all'insù, scrutava immobile e silenzioso il palazzo.
Qualcuno
di bassino, i cui capelli biondi, il cappello e la divisa da
marinaretto identificavano subito come il piccolo Sealand.
C'erano
però anche altre cose non tanto usuali in lui, che certo sarebbero
subito saltate all'occhio a chiunque: come lo strano sorrisetto con
cui fissava l'edificio di fronte a sé, quasi fosse una succulenta
torta, o il visino di solito vispo adesso alquanto scolorito, anche
se aveva conservato un raggiante, ma pure inquietante sorriso...
E
così le altre nazioni più grandi non volevano riconoscerlo come una
di loro?
Si
leccò i baffi.
Allora
forse poteva rendere le altre nazioni più simili a lui!
“Eh
eh eh!”
Le
porte automatiche lo accolsero aprendosi e si richiusero, leste, come
i battenti di una gabbia.
FINE?
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