HetaZombi!

di TonyCocchi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - I sei dell'Apocalisse! ***
Capitolo 2: *** Dove sono andati tutti? ***
Capitolo 3: *** L'origine di tutti i mali ***
Capitolo 4: *** Una tenue speranza ***
Capitolo 5: *** Una vittima inaspettata ***
Capitolo 6: *** Battaglia in sala riunioni ***
Capitolo 7: *** L'attesa dell'orrore, l'orrore in attesa ***
Capitolo 8: *** Un'insperata riunione ***
Capitolo 9: *** Il reduce solitario ***
Capitolo 10: *** L'alba degli Italia viventi ***
Capitolo 11: *** Saluti dal precipizio ***
Capitolo 12: *** In frantumi - Parte prima ***
Capitolo 13: *** In frantumi - Parte seconda ***
Capitolo 14: *** La morte che cammina ***
Capitolo 15: *** Cucina italiana e football americano ***
Capitolo 16: *** Tutto è bene quel che finisce... ***



Capitolo 1
*** Prologo - I sei dell'Apocalisse! ***


aph heta zombi

Ciao a tutti, cari lettori! ^__^
L'estate sta arrivando! Siete contenti? Un tempo per me la cosa significava tanto tempo libero e tanta scrittura. Oggi il tempo libero, nel periodo degli esami, posso pure scordarmelo... XD Quanto alla scrittura, ho trovato la giusta ispirazione, quindi prendiamo il via! XD
Il titolo e la descrizione dicono già molto, e, se siete qui, penso vi stiano facendo morire dalla curiosità... Occhio a non ingrossare le fila del numeroso esercito di morti viventi che infesterà in questa fanfic! XD

Non abbiate paura, armatevi di coraggio, e preparatevi a una spassosa commedia-horror! E occhio ai morsi... ^__°




PROLOGO


Esistono giornate che partono come tutte le altre e si trasformano in autentici incubi. Giornate in cui le nostre più terribili paure prendono forma, consistenza, realtà. Giornate in cui non credevi di doverti trovare da un momento all'altro a combattere per la tua sopravvivenza.

Un oscuro male imperversava tutto intorno: nessuno di loro poteva dirsi preparato, ma avrebbero fatto bene a diventarlo, e alla svelta!

Non sapevano, quelle sei nazioni tremanti, sedute a terra, schiacciate contro la parete del corridoio, quanto ancora quella piccola oasi di pace sarebbe durata.

Quando sarebbero tornati...

Li stavano cercando, le loro mandibole, in vena di morsi, bramavano le loro carni ancora troppo fresche per il nuovo tono dell'ambiente lì al Palazzo delle Nazioni: una discrepanza da correggere quanto prima! Ma la cosa più terribile, era pensare a quanto familiari erano stati, e sarebbero stati di lì in avanti, i volti di quei mostri che si erano ritrovati a combattere.

I sei, candidati eroi della giornata loro malgrado, ascoltavano in lontananza quei versacci lugubri che sembravano provenire da ovunque, percepivano lo strusciare dei loro passi zoppi e trascinati oltre il soffitto sopra le loro teste, e tenevano i nervi, se non saldi, almeno pronti.

Perché quando il mondo è in pericolo mai disperare, qualcuno ci sarà sempre: qualcuno a cui rivolgersi, qualcuno chiamato alla grande prova, il team da sogno in cui chiunque sognerebbe di trovarsi in corso di un'apocalisse di fetentissimi zombi, anche solo per usarne i membri come scudi umani per scamparla e al diavolo il resto del mondo in pericolo!

Percorrendo il muro, il primo di questo sceltissimo drappello in cui vi sareste imbattuti era America, l'eroe per antonomasia.

Nel suo fidato giubbotto da aviatore scaricava la tensione picchiettando sul pavimento la sua gagliarda e già macchiata di schizzi di sangue mazza di baseball.

“Roba da matti... Non posso credere che tutto questo stia accadendo davvero... Per tutta la vita ho sognato di vivere come in uno dei miei film preferiti... e ora che sta accadendo davvero il film vuole la mia pelle! La nostra pelle, ragazzi! So che avete una fifa da farvela sotto, ma niente panico, in quanto leader del gruppo, farò si che portiate tutti a casa la pellaccia!”

La cosa migliore di quella situazione erano tutte le frasi strafighe da cinema d'azione che poteva dire senza che risultassero fuori luogo! Ne aveva compilato una lista nella propria mente e si augurava sul serio di poterle usare tutte prima di festeggiare o schiattare!

A rispondergli fu il secondo membro del team, Inghilterra, la mente razionale del gruppo, perché come si sa dai film, con soli muscoli ed eroismo e niente cervello non si va lontano e spesso si fanno anche le fini più cretine e umilianti!

“Chiudi il becco, e piantala di prenderla come un gioco!” -gli sibilò contro furioso- “Questa faccenda è solo colpa tua, America, e non mi stancherò mai di ripeterlo!”

Il terzo allora, con la testa racchiusa tra mani e ginocchia si riscosse dai suoi mesti pensieri: Giappone, il cervello del super-gruppo, intelligente, solerte, e tormentato dai sensi di colpa.

“Non è vero, Inghilterra... La responsabilità è solo mia! Sigh! Sono stato io! È colpa mia se gli altri sono stati... sono stati...”

Alla voce rotta del povero Giappone corrispose la calda pacca sulla spalla offertagli dal quarto membro, Germania: perché in mezzo alla devastazione niente di meglio di qualcuno che sappia mantenere il sangue freddo in ogni eventualità, e se non ti fidi dei tedeschi in quel campo...

“Non tormentarti, Giappone. Le tue intenzioni erano buone. Non hai di che rimproverarti, te lo assicuro.” -lo consolò l'amico- “E poi in fondo è davvero un po' colpa di America...” -aggiunse poi a bassissima voce...

Accanto a lui, un ammasso gelatiniforme e gemente che rispondeva al nome di Italia. Tra le mani sudaticce stringeva la sua unica arma di sopravvivenza: la forchetta che si era portato dietro per il pranzo di metà riunione. Perché non c'è gruppo di sopravvissuti che si rispetti senza il pappamolla di turno!

“Veeee... Ho paura... Ho tantissima paura! Germania... che ci succederà se arrivano?”

“Li respingeremo come abbiamo fatto finora! Non ti preoccupare Italia, ti proteggerò io.”

Alla carezza del suo robusto amico, il piccolo Feliciano si sentì calmare, ma durò solo un breve istante, finito il quale tornò a stritolare la sua forchetta.

“P-p-potrebbero arrivare in qualunque momento... Potrebbero spuntare fuori da chissà dove... E se ci circondano? Spe-speriamo non arrivino!”

Una nuova carezza sulla testa gli venne allora dall'ultimo membro del gruppo, il colossale, sorridente Russia.

“Su, su, Italia, non dire così...” -disse, in apparenza per rincuorarlo, in realtà non avendone la minima intenzione- “Io spero che arrivino! Non vedo l'ora!”

Rigirò tra le dita il robusto tubo di metallo, dal cui rubinetto penzolava un piccolo brandello di carne...

“Sai, finora non potevo mai pestare tutti quelli che volevo quando lo volevo, sempre questioni tecniche a fermarmi, tipo trovare un motivo... Pensavo che alcuni non avrei mai avuto il piacere di vederli straziati per mano mia...” -lentamente, la sua ben temuta aura viola inizio a sprizzare- “Adesso invece posso liberamente spaccare la faccia di tutti quelli che voglio e vederli contorcersi a terra come ammassi di carne maciullata, e nessuno mi dice niente, anzi, sono uno dei buoni! È una meraviglia, un sogno che si avvera! KOLKOLKOLKOLKOLKOL!!!”

Feliciano, dimenticati gli zombi, si era nascosto sotto la giacca di Germania, troppo spaventato dal primo piano del gongolare sadico di Russia.

“Bloody hell...” -mormorò Inghilterra rabbrividendo- “Forse saremmo più sicuri senza di lui...”
“Non dire così, Inghilterra! Non sai quant'è rassicurante avere uno psicopatico omicida nel gruppo in casi come questo! Lo hai visto in azione, no? Credimi, abbiamo bisogno di lui più che mai!”

“Beh, l'esperto del genere sei tu...”

“Kolkol...” -spentasi la modalità sadico omicida, rivolse un altro sorriso gentile ad Italia e finalmente si decise a staccare quel brandello penzolante...

Mai avventurarsi in un edificio pieno di zombi senza una macchina da guerra vivente con problemi mentali!

“Veee... Secondo voi c'è qualcun altro oltre a noi... di normale?”
“Non saprei, Italia...” -abbassò gli occhi Inghilterra- “Sono dappertutto... Sembra siamo rimasti gli unici...”
“Sigh... Romano...”

“Un bel casino...” -annuì America- “Che facciamo?”
Tutti loro fino a quel momento erano stati impegnati a riprendere fiato per riflettere seriamente sul da farsi, ma la realtà era che quel pensiero era tanto angosciante che tutti cercavano di evitarlo, relegarlo in profondità sotto la stanchezza, la paura e l'istinto di sopravvivenza.

Non avevano un piano.

Non un'idea, non un obiettivo.

Altro che eroi... Non erano che un branco di sbandati in attesa di nulla di buono.

L'attesa finì preannunciata da un ringhio e da un gemito oltre l'angolo del corridoio più vicino ad America.

“Abbiamo compagnia!” -disse scattando in piedi, e togliendo così un'altra frase alla sua lista!

Italia, gemendo puntò la sua forchetta, Germania però, anche per tenerlo sott'occhio, lo fece rintanare dietro di sé. Ma quando l'orrore è alle porte, non ce la fai a distogliere lo sguardo: quanto più non vorresti guardare, tanto più ti alzi sulle punte e sbirci, anche con un solo occhio e l'altro chiuso, incapace di resistere al fascino mortale della pura paura!

Dapprima una mano aveva artigliato l'angolo, e poi era apparso.

Malfermo sulle ginocchia scarnificate, con i canini in bella mostra e gli occhi iniettati che lampeggiavano nel pallore che aveva assunto la sua pelle, il millenario Cina era irriconoscibile.

“Arrrrrruuuu...” -ringhiò loro contro.

Poi fu il turno del suo panda, con un orecchio morsicato e chiazze di pelo perso qui e là, di mostrare le zanne facendo capolino da dietro le sue spalle!

“Cina!” -ebbe un tuffo al cuore Giappone.

“Pure il panda!” -gemette Italia!

“Uh uh, spiacente Cina, sei un grande, ma io lo sono di più, e non ti permetterò di fare del male a...”

“Chiudi la bocca una buona volta e passa all'azione, imbecille!” -lo calciò nel sedere Inghilterra!

“Ma che diamine! Hai rovinato il mio momento clou!”
“Allora te la metto in termini a te comprensibili: se non ti sbrighi o lui ci morde, o Russia ti frega la scena!”

“Ehi! Non ci provare!” -si girò di scatto Alfred, raggiungendo Russia che ovviamente non aveva certo aspettato per farsi avanti a tubo alzato.

“Io mi prendo Cina, tu puoi avere il panda!”
“Col cavolo! Io sono l'eroe! Prendilo tu il panda!”

“Ragazzi, voi controllate non ne vengano altri alle nostre spalle!” -gridò agli altri Inghilterra, lasciando i bruti a occuparsi del pericolo.

Questo però non era affatto da sottovalutare!

“AI-YAAAAAAAA!” -anche se un po' floscio, lo zombi-Cina non aveva dimenticato certo le care vecchie arti marziali; scansò agilmente la mazzata di Russia e disarmò America colpendolo al polso con un calcio rotante.

“Cavolo! Uno zombi-kung fu! Che figata!”

“Smettila di complimentarti con gli zombi!” -lo rimproverò il sempre impeccabile Arthur!

Lo zombi-Cina però, forse attratto proprio dall'urlo dell'esasperato inglese, lanciò il suo famelico panda non-morto oltre i due combattenti, e questo piombò a un passo da Germania e Giappone.
“Attenti! Non fatevi mordere!” -urlò Germania, mentre Kiku, rimasto per terra, indietreggiava spaventato spingendosi coi piedi.

“S-sciò!” -reagì d'istinto Italia tirandogli la forchetta, ma mancandolo.

Il panda, tanto tenero e coccoloso da non scampare a fior di carezze ogni volta Cina lo portava alle riunioni nei bei tempi che furono, ora mordeva a ripetizione come un molosso infuriato, e a loro non restava che indietreggiare e saltellare per mettere in salvo le caviglie! L'animaletto inferocito puntò allora Giappone, più appetibile e indifeso lì per terra, ma Germania, fulmineo, ne approfittò, e con un forte calcione fece percorrere al botolo bianco, nero e necrotico tutto il corridoio fino a farlo schiantare sulla parete, a qualche centimetro dallo zombi-Cina, sistemato per le feste dal tag-team America-Russia.

“Bel calcio, Germania!” -si complimentò Inghilterra.

“Umpf! Ho solo immaginato di trovarmi in una partita di calcio... contro Italia...”

“Ve?”

Germania si rivolse a Giappone, impalato con la schiena al muro ad ansimare e guardarsi le gambe incredulo fossero ancora lì...
“Giappone, stai bene? Su, ti aiuto a rialzarti...”

Ma Giappone, teso come una corda, scacciò la sua mano.

Affranto, si scosse la testa tra le mani: “Com'è potuto accadere? Come?”

I suoi amici gli si strinsero solidali attorno.

“Non era questo che volevo! Non era questo!”

Quale terribile concatenazione di vicissitudini aveva potuto far sì che il Palazzo delle Nazioni diventasse quel giorno il set di un fin troppo realistico film horror...




Credo sia proprio ciò che voi lettori a questo punto vogliate sapere, dico bene?

Un prologo entusiasmante e pieno di domande, quel che ci vuole per dare il via a questa raccapricciante avventura! Un pugno di nazioni sono ancora sane e salve, ma la maggior parte sembra ormai essere stata infettata... Come è potuto accadere?
E soprattutto, che colpa ha stavolta America? XD

Nel prossimo capitolo sveleremo l'antefatto, non perdetelo!

Alla prossima! ^__^

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Capitolo 2
*** Dove sono andati tutti? ***


Ehilà a tutti, gente! Il primo capitolo, a giudicare dai commenti, si direbbe sia stato alquanto ben accolto, e credo abbia incuriosito parecchi di voi che non vedono l'ora di sapere cosa è successo, ma soprattutto, cosa succederà d'ora in avanti! Avevo progettato di svelarvi l'arcano già adesso, ma siccome ho preso a scrivere e ho tirato fuori più di quanto credessi (che bello tornare ispirati dopo un sacco di tempo! *__*), ho cambiato un po' i miei piani! Quindi riavvolgiamo le lancette dell'orologio, e scopriamo l'impatto del nostro sciagurato gruppetto con questa agghiacciante calamità!

Buona lettura a tutti, non dimenticatevi di commentare, che è pure la mia prima fic horror (un horror molto comico ma vabbé XD)! ^__°




Quella giornata era cominciata simile a tutte le altre.

Era cominciata tardi, con Giappone a staccare faticosamente la testa dal cuscino all'udire di voci familiari che lo chiamavano fuori dalla finestra. Si strofinò gli occhi e controllò l'orario: aveva dormito fin oltre l'ora di pranzo, di certo non faceva onore alla sua fama di nazione laboriosa e puntuale.

“Giappone, ci sei? Va tutto bene?” -lo chiamarono ancora le voci dei suoi amici.

“Si, datemi un po' di tempo per prepararmi.” -rispose loro, correndo a gettarsi un po' d'acqua gelata in faccia.

Se l'era vista brutta, ma dopo una sana e pesante dormita era il momento di chiudere quella parentesi fatta di una lunghissima nottata e dei suoi strascichi, e rituffarsi con prontezza nella routine: una nuova riunione lo aspettava, e lui era pure curioso di sentire le opinioni degli altri su quella certa cosa.

Veloce ma preciso, Giappone in un quarto d'ora era pronto sulla soglia di casa, in completo grigio, cravatta e ventiquattrore: chiuse la porta e raggiunge il gruppetto di nazioni passate a prenderlo, i suoi vecchi amici e quelli nuovi, e, ovviamente, il più invadente di tutti.

“Ehilà!” -lo salutò sbracciandosi America- “Che seratone il nostro, eh?”
“Quale seratone?” -domandò Inghilterra inarcando un sopracciglio.

“Non... parliamone...” -rispose Giappone improvvisamente teso come una corda...

“Ve, come stai? Corea stamattina ci ha detto che non ti sei sentito bene e che non saresti venuto nemmeno oggi... Ci siamo preoccupati!” -gli si avvicinò premuroso Italia.
“Così abbiamo deciso di venire ad assicurarci delle tue condizioni. Se non ti senti bene puoi restare a casa.” -fece Germania, notando in effetti vari dettagli nell'aspetto dell'amico che denotavano una certa stanchezza, per non parlare del fatto che si era svegliato a quell'orario assolutamente inusuale per un tipo come lui.

“Siete stati molto gentili, ma sto bene, tranquilli.”

“Sicuro?”

“Si, possiamo andare: non voglio anche voi vi assentiate troppo per causa mia.”

Gli sarebbe piaciuto sapere cosa fosse successo, ma Kiku d'altro canto non pareva per nulla propenso a parlarne...

“Come hai fatto a ridurre così Giappone?” -domandò sottovoce Russia ad America- “Magari posso usare lo stesso metodo per divertirmi con Lettonia!”

“Eh eh eh, spiacente, segreto tra BFF!” -rise aggiustandosi fieramente gli occhiali.

“Tra che?”

“Sono costernato per essere stato assente alla riunione di ieri! E anche per stamattina!” -si inchinò come un forsennato verso ciascuno di loro, prima che Francia lo fermasse.

“Oh oh, tranquillo, caro mio! Ieri non c'erano punti importanti in programma, ci siamo sbrigati in fretta. Non hai di che preoccuparti!” -il biondo lo scrutò un po' meglio- “Mmm, forse un po' dovresti preoccuparti del tuo aspetto. Magari un piccolo tocco che distragga da quelle brutte borse sotto gli occhi: et voilà!”

“Coff! Coff!” -tossì Giappone dopo che Francia, estratto in un lampo uno sciccoso nebulizzatore di cristallo vecchio stile gli ebbe riversato addosso due vigorose spruzzate di profumo.

“Non c'è bisogno che mi ringrazi!”

“La vuoi piantare con questa tua mania di spruzzare tutto e tutti, rospaccio?” -si imbufalì Inghilterra- “Ci stai facendo accapponare anche i peli nel naso!”

“Tsk, non accetto critiche sui miei profumi da uno che si mette addosso un'acqua di colonia così scadente!”
“Scadente sarai tu! Hai rotto le scatole a tutti, solo che io ho il coraggio di dirtelo!”

A Giappone scappò da sorridere: forse presto il problema sarebbe stato risolto.

Separati da Germania i due contendenti, il gruppetto finalmente si avviò.

“Vi ringrazio ancora per il vostro cortese interessamento.” -esternò Kiku con un altro piccolo inchino.

Russia gli lanciò un sorriso dei suoi: “Oh, in realtà io avevo solo sentito che forse stavi per tirare le cuoia e volevo vedere se era vero!”

“Oh...”
“Ah ah ah, non dargli retta, amicone!” -lo rassicurò America- “Sai, con Corea che da ieri va descrivendoti come più di là che di qua e soprattutto... Te, Giappone, che manchi non a una, ma ben due riunioni di fila! Dai, roba del tipo che sta cascando mondo! Ah ah ah! Ehi, ti immagini se ora scopriamo che il mondo è cascato davvero? Eh eh eh!”
“America, tu quindi non ti sei assentato ieri?”

“No, ero presente.”

Giappone, incredulo di essere stato scavalcato da America nella sua abilità di lavorare fino allo stremo e oltre, trasalì: “Ma-ma come hai fatto dopo quella nottata dell'altro ieri? Voglio dire, non eri esausto?”
America gli si avvicinò all'orecchio: “Mi sono dipinto degli occhi sopra le palpebre e ho dormito tutto il tempo! Ho preso l'idea da un film sui pirati!”

“...... Sei straordinario...”


La passeggiata rischiarò un po' la mente annebbiata di Giappone, e quando arrivarono al Palazzo delle Nazioni si sentiva già molto meglio: era più che pronto ad abbracciare nuovamente la normalità.

“Ma se ti eri appena svegliato significa non hai nemmeno pranzato.”
“Non preoccuparti, Italia, mangerò qualcosa più tardi alla caffetteria... Uh?”

Le porte automatiche diedero su un salone d'ingresso insolitamente vuoto e silenzioso. Eppure mancavano ancora cinque minuti alla ripresa dei lavori, strano non vi fosse qualcuno per di lì intento a chiacchierare, ripassare appunti, o prendere qualcosa al distributore automatico, o altri usciti per la pausa che rientravano trafelati. Neanche dal corridoio o dalle scale proveniva suono, ed era strano per un palazzo sempre così popolato e vitale. L'apparenza ordinata e il rumore dei loro passi circospetti contribuivano a confonderli e tenerli sull'attenti.

“Strano...”
“Dove sono andati tutti?”

“Che abbiano chiuso la riunione senza di noi?” -azzardò Russia.

“Qualcuno ci avrebbe chiamato, no?” -rispose Inghilterra, controllando il proprio cellulare.

“Ve, spero che qualcuno si faccia vedere, è così vuoto... Ehi, forse si sono nascosti per sbucare fuori coi palloncini!”

“Uh, sarebbe grandioso!” -si unì America- “Io adoro i party a sorpresa!”
“Oh, se ne so qualcosa...” -strinse i denti Giappone.

“Non credo si tratti di quello...” -li spense Francia- “Qui sta succedendo qualcosa di strano: ho trovato per terra il cappello di Svizzera vicino a dei bossoli vuoti, e lì sulla parete del corridoio ci sono fori di proiettili...”

“D'accordo, ora inizio a preoccuparmi sul serio!” -sbottò Inghilterra guardandosi intorno da tutti i lati, non sapendo cosa aspettarsi.

Giappone provò a mantenersi razionale: “Però Svizzera ha il grilletto facile, lo sappiamo, e il cappello può averlo semplicemente scordato: andiamo a vedere in sala riunioni, forse sono già tutti lì.”

Il gruppetto rivolse allora lo sguardo all'ampio corridoio di fronte a loro, deserto come l'ingresso: non era mai sembrato così lungo e così sinistro...

“Ehm... allora andiamo?”
“Si... Dopo di te...”

Si avventurarono di qualche passo; spinto da uno spiffero, un foglio mezzo accartocciato strusciò davanti a loro tra due porte lasciate aperte. Forse un opuscolo pubblicitario, forse un avvertimento... Lo stesso spiffero fece battere rumorosamente una delle porte spezzando per un attimo l'insopportabile silenzio.
Germania, provò a prendere in mano la situazione: “Ehi! C'è qualcuno?”

“C'è qualcuno?” -gli domandò a sua volta una voce proveniente dalle loro spalle, insieme a un rumore di passi.

“?!”

Il sollievo di sentire finalmente una voce venne immediatamente cancellato dal tono roco e lugubre della stessa.

“C'è qualcuno qui... di vivo?” -chiese la voce.

Il genere di domande che fanno sgranare gli occhi e perdere un battito...

“Io!” -alzò la mano America.

“......” -a meno di non essere idioti...

“Mi sembra la voce di Spagna...”

In effetti fu proprio lui a presentarsi un attimo dopo, e la sua vista li rassicurò ancora meno della sua voce: una manica della camicia era strappata e il braccio coperto da segni rossi che parevano dei morsi; segni che spiccavano su una carnagione smorta come uno straccio vecchio; i denti, digrignati in una specie di sorriso, sembravano lame affilate ansiose di rendersi utili!

“S-Spagna? Sei tu?” -indietreggiò Italia.

“Cavoli!” -sbroccò America- “Ma che ti è successo? So che non è carino da dire, ma sembri proprio uno...”

“Parbleu! Hai un aspetto orribile!” -fece Francia scandalizzato- “Ti ha investito il camion di un canile per caso?” -estrasse la fida boccetta dalla tasca- “Vieni qui, ti rendo più presentabile...”

“Fermo, idiota! Non avvicinarti! C'è qualcosa di strano!”

“Non essere ridicolo, Inghilterra, non possiamo permettere che il nostro amico partecipi alla riunione in queste condizioni pietose! Non ho una camicia di ricambio, ma un po' di profumo di classe magari distoglierà l'attenzione dal tuo aspetto... Molto profumo...” -aggiunse dopo averlo annusato...

“Profumo? Non c'è qualcosa di più sostanzioso?” -brontolò lo smorto Antonio dopo le spruzzate.

“Ho una crema idratante per la pelle che farebbe al caso tu... UARGH!”

Saltellando su un piede solo, Francia indietreggiò, benedicendo il riflesso che gli aveva fatto schivare l'azzannata!

“Ma sei impazzito?! Non ce l'ho ora con me la crema!”
“Ha... provato a morderlo?” -tresecolò Germania.

America si riassettò gli occhiali: “Sentite, non vi sembra proprio una cosa da...”

Francia si addossò al resto del gruppo, che prese a indietreggiare compatto mentre Spagna si faceva avanti a piccoli passi con le mani protese e leccandosi i baffi: “Il miglior profumo è quello della carne ancora fresca, caro Francia! E la tua ha proprio un bel profumino! Eh eh eh! Però un assaggino anche a voi lo darei volentieri! ”

“S-Spagna... calmati...”
“Che ti è successo?”

“Nulla!” -sghignazzò e poi ringhiò- “Ho solo scoperto ultimamente un nuovo condimento al posto dei pomodori: il sangue! Ha pure lo stesso colore, no? AH AH AH!”


“Ok!” -urlò America- “Non volevo dirlo ma... È UNO ZOMBIIIIIIIIIIIII!!!!!!”

“GRARRRRGH!”

“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHH!!!”


Non ci fu tempo per i come e i perché, spento il cervello e accese le gambe si lanciarono tutti con scatto da centometristi verso quel corridoio fino a poco prima così poco appetibile! Nel disordine però Giappone incespicò nel piede di Francia, e i due capitombolarono a terra restando staccati. Francia reagendo velocemente cercò di rimettere in piedi l'amico, ma poi la fretta sparì quando alzò gli occhi e vide lo zombi-Spagna, si in avvicinamento, ma ancora ben lontano.
“Eh eh! Ma è lentissimo! Di questo passo ci raggiungerà per capodanno!”

“Francia, Giappone, che fate?! Venite via!”

Ma per tutta risposta, Francis si spazzò una delle lunghe ciocche dietro l'orecchio e scrollò le spalle: “Suvvia, possiamo prendercela comoda: perché aver paura di un mostro lento come una lumaca? Abbiamo tutto il tempo di...”

<< CHOMP! >>

“......”

Dopo qualche attimo di indecisione, Francia si decise a girarsi verso il proprio braccio appena morsicato.

“Hola!” -gli sorrise a bocca piena.

“AAAAAARGH! MA COME HAI FATTO?! Gli zombi sono lenti, lo sanno tutti!”

“Io non ho mai detto che quella era la mia velocità massima, sei stato tu a pensarlo!” -spiegò il mostro rosicchiandolo un altro po'.

Inghilterra si sbatté una mano in faccia.

“Sacrebleu! Questo è... è... Uuuuugh...”

In pochi attimi, la carnagione di Francia perse colore e altrettanto velocemente le labbra gli divennero di un viola livido, mentre gli occhi gli si infossavano.

“Giappone! Allontanati!”

Quel grido servì a ridestarlo dalla paralisi in cui aveva ammirato suo malgrado la trasformazione di Francia in tutto il suo orrido splendore.

“Uh uh uh! Oh, mes amis, ma siete meravigliosi! Così rosei, così pieni di vita... Siete così stupendi che credo vi darò un morso... A Inghilterra anche due! Uh uh uh!”

“Francia si è zombificato!”

Con un gesto degno di un atleta olimpico, Italia saltò fin sopra le spalle dell'imponente Germania, avvinghiandosi con le gambe ai suoi fianchi e con le braccia al suo collo: “AIUTO! HO PAURA!”

“Argh! Italia! Levati di dosso!”

“ALLARME ZOMBI!” -ora era ufficiale, e l'uomo d'azione che era America non poteva certo starsene a guardare! Buttata a terra la giacca, corse verso una teca rossa con su scritto << In caso d'emergenza rompere il vetro >>, lo spaccò e vi trovò un giubbotto di pelle da aviatore e una robusta mazza da baseball!

“E pensare che non volevate neanche farmele installare queste! Caricaaaaaaa!”

Scansò Germania che barcollava per tenersi in equilibrio con Italia sopra la testa e tirò una mazzata da fuori campo contro la testa di zombi-Francia, abbattendolo al suolo con la testa girata di 360°!

“Veee! Ma hai appena pestato Francia con una mazza! Come hai potuto?”

“Giusto! Quello è un compito che spettava a me!” -si fece avanti Inghilterra, strappandogliela di mano e prendendo a infierire sul corpo non-morto di Francis, causando una serie di enormi goccioloni dietro la nuca...- “Maledetto rospo idiota! E così erano lenti, vero? E poi chi è che volevi mordere, eh?”

“Inghilterra, attento!” -lo raggiunse il grido di Italia quando, ruggendo, lo zombi-Spagna stava avventandoglisi addosso!

Temette di essere spacciato, finché non sentì un forte rumore metallico e vide una manciata di denti volare contro la parete...

Russia, che di teche d'emergenza non aveva bisogno in quanto il suo tubo di ferro se lo portava ovunque andasse sotto il cappotto, era intervenuto prontamente e con piacere in difesa di Arthur.

“G-grazie...”
“Eh eh! Di nulla!” -disse raccogliendo un incisivo di Spagna per ricordo.

“C-cosa sta succedendo? Come è possibile?” -balbettò Giappone, accorgendosi che lo zombi-Francia si era appena rialzato e rigirato la testa nella posizione corretta.

Un urlo gli si fermò in gola sentendo la vibrazione del suo cellulare.

“Corea?”

Giappone, dove sei? Aiutami, ti prego! Qui è un casino!”

“M-ma che è successo?”

“Giappone, filiamo!” -lo tirò per la spalla America.

Non ne ho idea! Oggi durante la pausa ho acceso quel coso che mi hai dato sul tavolo della sala riunioni, poi sono andato un attimo in bagno e quando sono tornato era un inferno! Tutta gente che mordeva! Morsi dappertutto! Ma io non ho fatto niente, lo giuro, non lo so perché è successo così!”

“Dove sei?” -gli chiese mentre correva.

Mi sono nascosto in un ripostiglio del primo piano! Vienimi a prendere, Giappone, ti pre...”

“Corea?”
“Oh, no...”

<< CRASH! >>

NO! AAAAAAAARGH!”

“C-C-Corea...”

Il telefono si ammutolì insieme a lui...

I suoi compagni, che erano riusciti a sentire l'urlo di Corea, avevano il sangue raggelato, e lo guardavano interrogativi, come se quel piccoletto tremante potesse dare una risposta a quell'assurdità... E, purtroppo, poteva.

“Non... non è possibile...”

“Oh, cavolo...”

L'imprecazione di America non era fuori luogo: si erano fermati alla confluenza di tre corridoi e, istintivamente, si erano subito disposti a cerchio, spalla a spalla, sotto la luce tremolante di un lampadario. Da quello da cui provenivano avanzavano i due zombi malridotti appena affrontati, ma dagli altri due provenivano forze fresche.

“Mein Gott...” -pregò a fior di labbra Germania davanti a lui Svezia e Finlandia.

Il primo, gigantesco, coi vestiti a brandelli e la bava alla bocca.

Il secondo con metà viso ricoperto da sangue incrostato e, tra le braccia, la sua cagnolina Hanatamago, col pelo un tempo candido macchiato di rosso, che non vedeva l'ora di essere liberata per la pappa...

“Possibile che... tutti gli altri siano stati...” -aveva paura di finire Inghilterra, che dal suo lato fronteggiava l'altrettanto colossale Olanda, a cui sembravano mancare un paio di dita, e Danimarca che ripuliva con la lingua il filo della sua enorme ascia.

“Guarda, Olanda!” -rise zombi-Danimarca- “Dita di riserva!”

“Vedo...” -gorgogliò lugubre l'altro, che non aveva rinunciato alla pipa neanche da non-morto!

“Un consiglio gente, tenete le mani in tasca...” -sdrammatizzò America mettendosi in guardia, mazza alla mano.

“Ma se le tengo in tasca come li faccio a pezzi?” -ironizzò Russia roteando con maestria il suo tubo come una lancia.

Giappone si rannicchiò contro la parete vicina: ora capiva cosa era successo.

Mille immagini che gli scorrevano nella mente...


La notte in bianco con America, la sua invenzione, i loro amici trasformati in zombi...


“No... Allora... sono stato io! È successo per quello!”

Intorno a lui infuriò la battaglia.

Italia, ben ancorato sulle spalle di Germania, mulinava a vanvera la sua ventiquattrore tenendo in qualche modo lontani gli avversari, mentre il suo compagno provava a reggerlo e insieme a schivare come poteva.

Inghilterra provò a respingere Francia e Spagna tirandogli ciò che gli capitava a portata di mano: la sua valigetta, il cestino dei rifiuti, le piante in vaso...

America e Russia si erano gettati nella mischia come non aspettassero altro.

E lui, schiacciato da un tremendo peso contro il muro, si strappava i capelli.

Il suo urlo, drammatico, disperato, riecheggiò per tutto il palazzo infestato.



“DOVEVA ESSERE SOLO UN DEODORANTEEEEEEEEEEEEEEEEE!”



America pensò avrebbe potuto gridare qualcosa di molto più figo...




Penso a questo punto siate rimasti tutti un po' spiazzati! XD

A volte si sa, un grande male può avere origini insospettabili, e a quanto pare in questo caso è proprio così! Ma cosa è accaduto di preciso nei giorni precedenti il disastro?

Cosa può aver fatto sì che Giappone, involontariamente, scatenasse un epidemia zombi?

Per scoprirlo vi basta continuare a seguirmi in questa spassosa e insieme terrificante avventura delle nostre brave e coraggiose (chi più e chi meno...) nazioni!

Alla prossima, e buon inizio estate a tutti! ^__^

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Capitolo 3
*** L'origine di tutti i mali ***


Ciao gente, rieccomi qui! ^__^
Sto andando davvero forte, tre capitoli in pochi giorni! XD Ho un sacco di idee e sto scrivendo come un treno, da quando non mi sentivo così? Sono contento per me e anche per quei lettori di voi che tanto avete mostrato il vostro sostegno per questa storia: non dovrete aspettare troppo per gli aggiornamenti, come avete visto (a volte ci mettevo settimane... XD)

Siamo giunti al terzo capitolo, ed è il momento di svelare il mistero che aleggia su questa inspiegabile invasione e che vi ha tenuto sulla graticola finora!

Buona lettura a tutti!


PS: se ve lo state chiedendo: si, sto usando “Zombie” dei Cranberries per ispirarmi durante la scrittura XD Ascoltatela anche voi mentre leggete, diciamo che è la colonna sonora ufficiale della storia ^_°




DUE SERE PRIMA...



Tutto era cominciato in una tiepida sera di primavera, a casa di Giappone.

Sembra incredibile, eppure il terrore che si sarebbe spanso a macchia d'olio di lì a breve su tutti loro aveva avuto origine da un innocente salotto che dava su un pacifico giardino zen, per il padrone di casa l'ambiente perfetto per concentrarsi e dare il meglio di sé.

Quella sera, il buon Giappone stava dedicandosi con perizia a un suo piccolo progetto nato con le migliori intenzioni. Aveva notato come, alle riunioni delle nazioni, spesse volte si avesse da ridire su certi effluvi poco piacevoli, come il forte odore di hamburger e salsa barbecue che emanava America dopo un abbuffata al fast-food (cosa che avveniva alquanto spesso), o, per converso, il troppo profumo che si spruzzava addosso Francia, il quale per la causa del risultare splendido a ciascuno dei cinque sensi era più che pronto a far soffocare i vicini di sedia.

Passando dalla pesante fragranza del ragù del pranzo di Romano, al soffocante aroma dei sigari di Cuba, al pungente olezzo delle aringhe che Islanda dava da mangiare al suo uccello nel bel mezzo dei lavori, gli esempi erano molteplici. Così Giappone aveva deciso di dar fondo alle sue ampie conoscenze tecnologiche, elettroniche e chimiche per creare un rivoluzionario congegno deodorante che rendesse le loro riunioni più piacevoli e produttive: togliendo da sotto il naso (letteralmente) le cause di distrazione, di certo tutti sarebbero stati più propensi e lavorativi, cosa che a un giapponese non può che apparire come un obiettivo sacrosanto!

Nella pace di casa sua, seduto per terra al suo bel kotatsu, Giappone aveva in mente un congegno rivoluzionario: anziché spruzzare profumi o alcun tipo di sostanze chimiche, avrebbe risucchiato l'aria della stanza al suo interno, con odori annessi, restituendola depurata e lievemente profumata quanto bastava.

Mentre Kiku stava pensando di aumentare la potenza del congegno per far sì andasse bene per un salone grande come quello in cui si svolgevano le loro assemblee, fu allora... che accadde!

SBAM!

GIAPPONE!”

?!?!?!?”

In virtù della loro solida amicizia, America quel giorno non trovò nulla di meglio, né remore di violazione di domicilio, nell'improvvisarsi da lui e dare una scossa, con la sua americanissima sfrenataggine, alla sua ben nota nipponica introversione: per lui era un dovere oltre che un piacere!

Amico mio! Che combini?”

America, mi hai spaventato! Stavo...”
“Dai, stasera si sta insieme come due amiconi, tu ed io!”
“Ma veramente...”
“Su! Ci divertiamo! Anzi, ce la spassiamo! Guarda qui che ho portato!”

Sigh!” -chinò il capo Kiku, intuendo che il modo più veloce per liberarsene e tornare alla sua invenzione era sbrigarsi a dargli corda- “Che cosa hai portato?” -domandò con la gioia che può avere un tonno alla vista di un cuoco di sushi.

Un sacco di snack e soprattutto fior d'intrattenimento!” -si era talmente caricato di pacchi di biscotti ripieni e patatine che, quando con un balzo era atterrato sul pavimento del suo soggiorno, parecchi gliene erano caduti spargendosi per tutta la stanza!

Intrattenimento?”

Ah ah ah! A te piacciono gli horror, vero?”
“Si, ma...”
“Perfetto! Si dia il caso qui che io abbia la serie completa di “The Wandering Dead”! Il telefilm di zombi più in voga del momento! E noi stasera tireremo tardi stravaccati vedendocelo tutto mentre ci abbuffiamo! Non è un programma grandioso?”
“Eeeeehm...”
“Non serve che mi ringrazi!” -sorrise lui, ammantandosi di luccichini di fierezza- “Sei il mio BFF, best friend forever, il mio fido compare, il più nerd degli amici che ho, non potrei condividere una seratona del genere con nessun altro se non te, mio caro Giappone!”
Non stentava a credere non potesse, si disse l'altro: qualunque altro lo avrebbe già cacciato via a pedate dopo avergli fatto ingoiare il dvd che gli stava sbandierando davanti...

Disgraziatamente, lui era uno dei paesi più beneducati e rispettosi che esistessero, e non se la sarebbe mai sentita di imbarazzarsi tanto scacciando un ospite così entusiasta quanto non invitato né sperato... E poi dopo un discorso del genere, con che cuore avrebbe affrontato i suoi occhioni tristi da cerbiatto neo-orfano se gli avesse detto di no?

Sigh, d'accordo America...”
“D'accordo?”

Si... Ci divertiamo...” -si sforzò per abbozzare un sorrisino.

GRANDE! Prendi il lettore dvd! Fammi spazio sotto il kotatsu!”

Iniziò così la proiezione estemporanea della famosissima serie “The Wandering Dead”: dopotutto era vero che gli horror gli piacessero molto, e lui e America in altre serate del genere avevano visto a vicenda i capolavori della loro produzione, con tanto di accesi scambi di opinioni.

<< Dai, non è poi così male in fondo! >>

America il trascinatore poteva tirar fuori dal cilindro cose ben peggiori, e altre volte lui o altri ne avevano fatto le spese...

Il dvd conteneva diversi episodi e ci volle tempo per finirlo; si arrivò così a notte fonda...

Non male, capisco perché ha avuto tanto successo.” -commentò Giappone sbadigliando al termine dell'ultimo episodio.

Visto? Gli zombi sono tra i miei mostri preferiti! Sono tutti... << BUARGH! >> e decomposti, e mangiano cervelli, e come si spappolano loro quando li spari col fucile a pompa non lo fa nessuno! Grandi! Sai cosa c'è di meglio però? Godersi gli zombi che fanno a pezzi la gente in compagnia del proprio grande amicone!”

Giappone arrossì vistosamente mentre America lo cingeva con un braccio intorno le spalle: “Sono felice tu ti sia divertito... Beh, adesso è tardi quindi...”
“Quindi meglio passare subito al secondo dvd!”
“AL CHE COSA?!?!?”

Te l'ho detto, no? Ti ho portato tutta la serie, proprio tutta! Guarda qui, ben cinque stagioni!” -disse aprendo a ventaglio altre scatole dalle truculente copertine- “Ah ah ah, sei rimasto senza parole?”

Difficile parlare quando si è in blocco cardiorespiratorio...

Ma... ma... ma...”

Sennò perché credi abbia portato tutta questa roba da sgranocchiare? A proposito, metto su altro pop-corn? Oppure preferisci la cioccolata calda?” -domandò alzandosi.
“Ma è tardissimo!”

Lo so! La nostra sarà una maratona zombi! Staremo su tutta la notte e forse anche domani mattina a goderci lo spettacolo raccapricciante che ha fatto impazzire tutti i fan del genere, me incluso! Eh eh eh!”
“Fatto impazzire...?” -domandò stranito Giappone: quindi non lo era già da prima?

Che c'è di meglio? Due amici nerd che perdono preziose ore di sonno che probabilmente non recupereranno mai per rimpinzarsi di horror! Ah, sono cose del genere che ti fanno dire “Viva la vita”! Eh eh eh!”

L'istinto del Giappone, condusse i suoi occhi a lanciare una rapida occhiata alla tavola mobile della parete dove era conservata la sua katana...

L'unica cosa che salvò America a quel punto non fu la sacralità dell'ospite, ma solo l'indecisione di Giappone tra l'harakiri e l'omicidio...

Tornò sotto il kotatsu poco dopo con una preziosa tazza dipinta del periodo Meiji piena di cioccolata fumante e afferrò il telecomando: “Schiaccio play e via! Tante altre ore di urla, sobbalzi da infarto e arti e organi che volano...”

Fa-fantastico... SIGH!”


Giunsero le sei del mattino e con essa l'alba dei “quasi” morti viventi.

A tali si potevano infatti assimilare ora America e Giappone per via degli occhi arrossati e delle borse profonde come canyon.

Il cervello di America, forse perché già danneggiato a priori, non sembrava dar segni di danno.

Quello di Giappone era ridotto in poltiglia più del coprotagonista lì nello schermo che aveva avuto la sfortuna di finire i proiettili nel momento meno indicato...

Q-quanti episodi m-mancano...?”

Solo altri quattro! Non possiamo mollare ora!”
“Uuuuuuurgh...”
“Wow! Il verso dello zombi ti è riuscito benissimo! Del resto ormai possiamo considerarci esperti in materia! Saremo i re dei survival horror, amico mio!”

Quando la maratona giunse al traguardo alcune ore dopo, Giappone non aveva alcuna corona da re alla testa... un cerchio quello si...

Troppo frastornato, riuscì a malapena a rispondere al saluto di America che finalmente sloggiava, lasciandolo solo in una stanza costellata di buste di snack vuote e con un congegno deodorante non finito sopra il kotatsu.

Giappone si riscosse dal torpore e si trascinò lentamente fino ad esso.

Urgh... Sono a pezzi... Ma... il mio orgoglio mi impedisce di riposarmi senza aver portato a termine il mio lavoro!”

La testa gli crollò e mollò una testata al tavolo, ma nemmeno questo riuscì a far desistere il rigoroso e infaticabile Giappone dal suo proposito.

C-ce la posso fare... la prossima invasione... cioè, la prossima riunione si tiene oggi pomeriggio... P-posso farcela a squartare... cioè, completare, il mio congegno deodorante in tempo se mi metto al lavoro adesso!”

A tentoni cercò il cacciavite e prese a trafficare al meglio che il suo mal di testa e i suoi occhi pesti gli permettessero.

V-vediamo, q-questo aspira la vita... no, cioè, l'aria! E poi la fa ritornare dalla tomba... tromba d'emissione come zombificata... depurata! E p-profumata di cimitero... di fiori! Oh, devo farmi forza, gli altri mordono su di me... contano su di me! Uuuurgh...”

Fu solo la sua incedibile forza d'animo, in lui innata come in praticamente tutti i protagonisti di tutti i suoi amati manga, a permettere a quel piccoletto con la frangetta, stanco, e disperatamente bisognoso di una doccia e di un materasso, di ultimare per davvero il suo progetto.

Ma sarebbe stato meglio non fosse stato così... Perché quel sovraccarico di urla spacca-timpani e visioni di budella sparse che gli riempiva la testa, non avrebbe trovato altra valvola di sfogo che le mani dell'inconscio inventore...

Forse mi serve un po' di fegato... fosforo...”

Il male si mascherò da bene, prendendo la forma di un bianco, e dal raffinato e moderno design conico, congegno deodorante!


Giappone, in ritardo e in debito di sonno, uscì di casa ancora nella stessa tuta rossa con cui aveva passato la notte, ma il suo problema più grande era riuscire a reggersi sui propri piedi per uscire di casa propria.

Ehi, Giappone!” - lo salutò Corea del Sud venendo dalla direzione in cui si stava strascicando.

C-Corea? Che ci fai qui? La riunione?”
“Abbiamo finito prima!”
“Oh, no...” -si sentì svenire Kiku!

Cavoli, stai bene? Sembri uno straccio!”

Oh, come li stracciano bene gli arti gli zombi...”
“Che?”

Giappone si sballottò un po' la testa e prese un bel respiro: “M-mi dispiace di non essere intervenuto! S-stavo avviandomi ora e...”
“Tranquillo, tu non ti assenti mai! Per una volta nessuno avrà da ridire se l'impeccabile Giappone si è preso un giorno di ferie... Tra l'altro si vede che non ti senti bene...”
“N-niente affatto... V-vado a mettermi a letto... C-Corea, potresti farmi un piccolo favore?”
“Dimmi!” -gongolò l'altra nazione, sventolando le larghe maniche bianche del suo classico vestito.

Q-questo oggetto è m-molto importante...”
“Deve proprio esserlo se ci sei rimasto a lavorare tutta la notte!”
“Magari... V-vorrei che domani lo portassi alla riunione, i-io non sono sicuro di poter partecipare... Ugh...”

D'accordo, amico, ci penserò io domattina! Cos'è?”
“N-niente, solo un congegno deodorante, basta premere il pulsante... Ora scusami, devo andare a resuscitare, cioè, riprendermi...”
“Conta su di me! Se non sopravvivi posso prendermi i tuoi modellini di mecha? Eh eh eh! Scherzo! Ci vediamo a riunione quando ti sarai ripreso!”

Lui scherzava, ma quell'America aveva rischiato davvero di ucciderlo stavolta! Non voleva più saperne di dvd o di improvvisate per almeno sei mesi!

Raggiunto miracolosamente il proprio letto attorniato da poster di idol ed eroine di maho-shojo, Giappone si lasciò beatamente andare a un sonno che, al diavolo le sue abitudini, durò fino al pomeriggio successivo, quando un gruppetto di amici, preoccupati per la sua salute, si presentò a casa sua.


Non molto tempo dopo, quello stesso gruppetto si trovava in un edificio in cui si era scatenata la prima e peggiore apocalisse zombi che la storia ricordasse, aveva già subito la prima vittima, e uno dei suoi membri era in prima fila per lo spettacolo di file di denti aguzzi che si chiudevano a tenaglia a un palmo dal suo naso...

“SNARL! SGROWL! SGNAM!”
“AAAAAAAAAARGH!” -urlò Inghilterra steso a terra che a stento riusciva a impedire alla piccola Hanatamago, trattenendola per i fianchi, di strappargli via la faccia!

“QUALCUNO MI TOLGA DI DOSSO QUESTO BOTOLOOOOOOOO!!!”

“IIIIIIIH!” -piagnucolò liricamente Italia menando una fortunosa botta al naso di zombi-Finlandia con lo spigolo della sua valigetta- “Andate via! Sciò! Sciò!”

“ITALIA!” -urlò anche Germania (ormai era una gara a chi emetteva più decibel)- “Se vogliamo avere qualche piccola chance di uscirne vivi, scendimi subito di dosso!”

A malincuore, Feliciano obbedì e andò a rannicchiarsi insieme a Giappone sotto le sedie a muro del corridoio. Ritrovatosi libero di muoversi, Ludwig si trovò subito a dover affrontare lo zombi-Svezia, che dall'alto dei suoi quasi due metri, provò a ghermirlo. Con un riflesso, Germania gli afferrò polso e braccio, ruotò su sé stesso e facendo perno sulla propria spalla, lo sollevò come fosse stato una foglia, sbattendolo al suolo con tutta la forza che poté.

“Uff! Giappone, quelle lezioni di judo che ci hai dato si sono rivelate utili... Uh?”

Cosa stava tenendo in mano, si domandò, rispondendosi un secondo dopo: il braccio di Svezia che era venuto via quando lo aveva proiettato!
“URGH!”

Poco più in là, Russia raccoglieva da terra una sciarpa a righe ancora in discrete condizioni: “Non male! Però credo terrò la mia.”

“Bene.” -disse la testa di zombi-Olanda che era rotolata su una delle sedie- “Allora potresti cortesemente riavvolgermela al collo?”
“Eh eh eh! Non ci provare!”
“Dannazione...”

Nel frattempo, America gli dava manforte tenendo occupato zombi-Danimarca.

“Ah ah ah, vi faccio a tocchetti!” -caricò questi.

America scartò a lato per schivare il colpo d'ascia in caduta...

“Vola come una farfalla...”

… e poi affondò la mazza dritta nello stomaco dello zombi, abbattendolo al suolo.

“Pungi come un'ape! Ah ah ah! Figo, vero Inghilterra?”

“EHI! STO PER DIVENTARE CIBO PER CANI QUIIIIIIIIII!”

Per fortuna di Arthur, Germania ebbe un idea: “Ehi! Piccola! Guarda qui!”

“Arf arf!” -scodinzolò la cagnetta zombi alla vista del braccio di Svezia che Ludwig le agitava a mò di succulento spuntino!

“Ti piace? Prendilo!”

“Arf!”

Inghilterra poté così rialzarsi e rassicurarsi sullo stato d'umidità dei suoi pantaloni!

“Tutto questo è terribile!”

“Sigh! Se solo non mi fossi messo a lavorare lo stesso a quel maledetto coso!”
“Giappone!” -lo chiamò America, indietreggiando usando la mazza da baseball come scudo- “Faresti meglio ad attivarti! Anche tu, Italia!”

“S-si!” -rispose lui, mostrandosi poco minacciosamente armato di una forchetta tirata fuori da chissà dove!

“Questi cosi sono tosti...” -scosse il capo America: persino lo zombi-Svezia, amputato di un braccio, si era già rialzato: erano nemici lenti (non troppo...), ma resistentissimi!

“Così non va! Dobbiamo sbrigarci ad andarcene, altrimenti poco ma sicuro ne arriveranno degli altri!”

America non aveva torto: li avevano circondati ed erano riusciti a resistere perché pochi, ma altri, attratti dall'odore della loro carne, sarebbero sopraggiunti, come stava già accadendo.

“Signor Russiaaa...”
Ivan strabuzzò gli occhi: “Voi!”

Estrasse il tubo dalla gabbia toracica di zombi-Spagna e fronteggiò un trio a lui ben conosciuto.

Anche Lituania, Estonia e Lettonia, i tre fratelli baltici, erano stati zombificati! Persino tre sempliciotti come loro potevano apparire spaventosi con quegli sguardi, quelle zanne, e i festoni di carne che imbrattavano le loro mani.

Russia sembrava incantato.
“Cosa c'è, signor Russia? La vedo palliduccio!” -lo schernì zombi-Lituania.

“E silenzioso...” -aggiunse zombi-Estonia.

“Ih ih ih!” -si trascinò avanti zombi-Lettonia- “Non riesce a dire niente adesso che stiamo per divorarla, signor Russia? Finalmente mi vendicherò di lei! Di tutte le volte che mi ha terrorizzato a morte! Ah ah ah! ”

“...... Eh eh eh!”

“...... Oh oh...”
STONK! SKANK! SBENG!

“Ehi, gente!” -li chiamò mentre i resti dei tre baltici atterravano un po' qui un po' là sul pavimento- “Ho aperto un varco!”
“Ottimo lavoro, Russia! Andiamo! Tutti via! Tutti via!” -anche la ritirata diventa figa quando sei tu a condurla, pensò il grande eroe!

“Ahio!” -fece zombi-Lettonia quando la mano, a venti centimetri dal suo braccio, gli venne calpestata da Italia.

“Ve! Scu-scusami!”

“Sigh... che figuraccia...” -gemette zombi-Estonia.

“La mia vendetta...” -continuò a sognare zombi-Lettonia.

“Di chi è questo pancreas?” -domandò zombi-Lituania.

I sei, miracolosamente illesi se non per qualche graffio o livuduccio, si allontanarono velocemente dapprima, per poi rendersi conto che se davvero il palazzo era pieno di zombi, dovevano avanzare con più circospezione. Prima di fare altre mosse affrettate, oltre che per consentirsi di riprendere fiato, si sedettero per terra a ridosso di una parete, naturalmente tenendo gli occhi ben aperti per tutte le direzioni.

“Anf... Li abbiamo seminati pare...”

“Anf! Anf! Giappone, hai capito cosa è successo allora?”
“Cos'è questa faccenda del deodorante?”

“E perché ho la strana sensazione America centri qualcosa?”

“Ehi!”

“Sono profondamente costernato! Sigh, adesso vi racconterò tutto...”


“Hai trasformato un deodorante... in uno zombificante?” -restò a bocca aperta Germania: in un certo senso, era una dimostrazione del genio dell'amico!

L'aria risucchiata, anziché depurata, doveva stata restituita con la capacità di trasformare in morti viventi chi la respirasse... I poveretti trasformati avevano poi contribuito a diffondere dappertutto il morbo a suon di morsi.

Arthur si sentì ribollire il sangue in testa: “E io mi sarei quasi fatto ammazzare perché questo deficiente spreca la sua esistenza davanti i telefilm?! Se ti prendo...”

Germania vedendolo sprizzare rabbia da ogni poro gli avvinghiò le braccia dietro le ascelle per bloccarlo prima saltasse addosso ad Alfred.

“Ehi!” -si imbufalì anche quest'ultimo- “Solo perché sono un patito di zombi non vuol dire non mi sia fatto quasi ammazzare anch'io poco fa! Non sei affatto figo se dici così, sai?”

“Inghilterra, lascialo stare!” -prese le sue difese un affranto Giappone che avrebbe voluto essere stato morso lui al posto del povero Francia- “Se vuoi prendertela con qualcuno, prenditela con me! È colpa mia, dovevo riposare invece di voler finire quel maledetto aggeggio a tutti i costi!”

“Vi prego!” -implorò Feliciano- “Non scanniamoci anche tra noi adesso!”

“Sangue! Sangue!” -invocava Russia sorridendo.

“Ma non hai già avuto abbastanza?!” -gli ribatté Germania, cercando a fatica di calmare Inghilterra- “Calmati! Come poteva sapere che sarebbe successa una cosa del genere? Vale anche per te Giappone! Italia ha ragione: se ora ci mettiamo anche a combatterci tra noi sarà davvero la nostra fine...”

Detto ciò, lasciò la presa: sapeva che Arthur era un tipo ragionevole, aveva solo bisogno di un attimo per sfogarsi, come tutti del resto.

“Scusatemi... Scusa, America...”

“Tranquillo...”

Ludwig sospirò e si girò verso Feliciano, il quale però in un lampo si voltò dall'altra parte per impedire che vedesse i suoi occhi lucidi: comprensibile, anche se non fosse stato il più sensibile di tutti loro.

“Però è sempre colpa tua...”
“Ehi, ti ho sentito!”

Roba da martoriarsi di pizzichi fino a svegliarsi: tutti quelli che conoscevano probabilmente erano diventati mostri sanguinari, e se loro si erano salvati era stato solo per puro caso, per l'essersi avviati da Giappone poco prima che Corea si ricordasse di accendere il congegno.

Tutti ammutolirono.

Russia sbuffò: “Beh... E adesso?”


Torniamo quindi al presente: a quel muro del pianto appoggiati al quale avevamo lasciato i nostri sopravvissuti e all'ennesimo zombi abbattuto; appena in sei, impavidi quanto disperati, senza obiettivi, e senza speranza.




La situazione è a dir poco critica... I nervi stanno per cedere, e non si intravede soluzione, se non quella di attendere il morso fatale... Chi saprà dare la scossa ai Sei dell'Apocalisse?

I flashback si chiudono qui, e dal prossimo capitolo si riparte da dove era finito il prologo! Se ne avete il coraggio, continuate a seguirmi! ^__°

Alla prossima!

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Capitolo 4
*** Una tenue speranza ***


Ehilà, a tutti, cari lettori! Mi sembra davvero di essere tornato ai vecchi tempi: sole, caldo, tanta ispirazione, tanta scrittura... E tanti commenti! *__* Sono felicissimo!

Contento di avervi fatto appassionare finora, e spero la mia storia vi regali un bell'inizio d'estate! Ma ora dal sole, rituffiamoci nelle tenebre: quelle in cui si dibattono i nostri protagonisti sono belle profonde...

Si riuscirà ad intravedere un raggio di luce o l'avventura sta già per finire nel modo peggiore possibile?

Buona lettura a tutti!




Una porta blu incastonata tra mattonelle bianche.

Direttiva principale: massima cautela!

Russia strinse la mano attorno al pomello e scambiò uno sguardo d'intesa con America, il quale fece segno di essere pronto.

Al segnale convenuto, Russia girò il pomello e aprì la porta, mentre America si faceva avanti con la mazza alzata. Per fortuna non vi trovò nulla di pericoloso ad attenderlo: solo uno scintillante gabinetto profumato di pino.

“Via libera!” -rassicurò il resto del gruppo, che controllava la situazione nelle retrovie, per poi chiudercisi dentro- “Se qualcun altro vuole svuotare la propria vescica, vista la situazione in cui ci troviamo, gli consiglio caldamente di farlo.”

“Perché guardate me?!” -sbottò Italia.

I bagni erano spaziosi e ben tenuti, se si escludeva il gabinetto di fianco a quello di America che aveva la porta sfondata e vi usciva una poco rassicurante scia di sangue trascinato... Italia e Giappone controllavano ansiosi la situazione fuori l'uscio; Inghilterra cercava di ritemprarsi gettandosi in faccia un po' d'acqua gelida; Russia infine se stava semplicemente appoggiato alla parete con i sifoni-asciugamani, oltre la quale si trovava il bagno delle signore.

“Insomma...” -fu proprio lui ad esordire- “Non ci resta che combattere fino a quando non crolleremo e passare il resto della vita a barcollare e fare versacci.”

“Russia...”
“Ditemelo se ho torto.” -continuò con calma invidiabile, forse solo rassegnazione- “Da quanto abbiamo visto pestarli è divertente ma fine a sé stesso: dopo un po' si riaggiustano e si rialzano.”

Italia sospirò: “Ma... resteranno così per sempre?”
Prima che Germania azzardasse un poco convinto tentativo di rassicurarlo, Russia aggrottò la fronte e proseguì: “Ecco, Italia ha centrato il punto. C'è altro possiamo fare per loro a parte riempirli di mazzate?”

“Non lo so...” -gli rispose la voce rotta di Giappone.

“Non c'è un modo in cui possiamo salvarli?” -domandò Italia.

“Non lo so!” -gemette Giappone.

“Ah ah ah! Cos'è questa depressione, gente?” -si sentì da dietro la porta- “Siamo gli eroi di questa storia horror! Sta a noi risolvere la situazione, e la risolveremo! Un modo si trova sempre, vedrete!”

Ciascuno di loro avrebbe voluto avere la tempra d'animo (o piuttosto l'ingenuità) di America. All'improvviso si erano trovati di fronte i volti e i corpi sfigurati dei loro amici; amici con cui avevano chiacchierato, riso, scherzato, lavorato, che gli si gettavano addosso con l'intento di ucciderli (anche se non in via definitiva...)... Li avevano colpiti con pugni, calci, cestini, ventiquattrore, mazze di legno e tubi di ferro, in quei momenti ripetendosi che ne andava della loro sopravvivenza... Ma ora che sopraggiungeva nuovamente la calma si rendevano conto di ciò che era successo, ciò che avevano fatto e avrebbero continuato a fare, e ne avvertivano l'angosciante peso.

Cui si aggiungeva il peso di altri amici, o addirittura parenti, che avrebbero potuto ritrovarsi di fronte in quello stato: pensieri che stringevano il cuore e dischiudevano i pugni chiusi, aprendo le loro mani alla tristezza e alla rassegnazione.

Giappone si sentì a metà tra il soffocare e lo svenire: “Io... Ho bisogno di pensare...”

Aprì un gabinetto e sedette, massaggiandosi le tempie, istigandosi a riflettere e non fermarsi fino a venirne a capo con delle risposte alle domande di Russia ed Italia.

“Dunque... La nottata, il telefilm, il congegno...”

America uscì preannunciato dello sciacquone: “Sotto a chi tocca! E basta musi lunghi Non per niente Giappone è il cervellone del gruppo: dategli tempo e vedrete che tra un po' gli verrà un'idea!”

<< Altrimenti siamo davvero fottuti... >>

“Ve! E io chi sono del gruppo?”
“Ovvio, il pappamoscia che muore per primo!”

“VEEEEE!” -Italia si rintanò a piangere sotto un lavandino.

“Ah ah! Tranquillo, è morto per primo Francia, quindi non hai di che preoccuparti da quel punto!” -lo rassicurò senza neppure accorgersi delle occhiatacce di Inghilterra e Germania per “l'idiota” del gruppo!

Intanto Giappone sembrava essersi rinchiuso in una bolla, mani sulle orecchie per non ascoltare null'altro che il flusso dei suoi pensieri.

“Corea lo ha acceso in sala riunioni...”

“Abbassiamo la voce e lasciamolo pensare, ragazzi.” -bisbigliò America facendo per affacciarsi in corridoio- “Giappone è un tipo in gamba, fidiamoci di lui!”

“Vero!” -fu con lui Italia.

“Inghilterra, vuoi sapere tu chi sei del gruppo?”
“Ma chi se ne frega?!”

<< SWOOOOOSH! >>

“Uh?”

Un rumore di sciacquone proveniente dal bagno delle donne li fece voltare: zombi-Seychelle, con un orecchio strappato via insieme alla pelle della guancia, ne uscì un attimo dopo, intenta ad asciugarsi le mani con un fazzolettino.

“......”

“Anche gli zombi hanno bisogno di andare in bagno?” -domandò Alfred pieno di perplessità.

La zombi riuscì ad arrossire vistosamente malgrado l'assenza di sangue circolante!

“C-che domande! Certo che si! Solo perché andiamo a caccia di cervelli non vuol dire non facciamo nient'altro! A questo proposito... GRAAARGH!”

“Tsk! È pur sempre una ragazza...” -si preoccupò Inghilterra da vero gentleman, restio a combattere.

“Non è di questo che ti devi preoccupare! Occhi aperti!”
“America ha ragione!” -fece Germania, sebbene anche lui scosso dall'idea- “Ti zombificherà sia che sarai galante o meno!”

“Non intendevo quello! Le donne vanno sempre al bagno in due!”

Infatti subito dopo dal bagno sbucò zombi-Belgio: “Ih ih ih! Molto bravo America! Ti masticherò per primo!”

<< Sempre in bagno in due... >> -pensarono i maschietti.

“Desolato, tesoro ma...”


<< CRASH!!! >>


“?!?!?”

Voltatosi alla sua destra, America sgranò gli occhi alla vista di un braccio che era appena fuoriuscito dal muro.

“Oh, porca miseria! ESCONO DALLE FO...”
Inghilterra gli pinzò la bocca: “NON CI PROVARE NEANCHE A FINIRE LA CITAZIONE!!! Sono stufo delle tue frasi fighe, citazioni, ruoli e cretinate varie!!!”

L'intonaco si crepò per poi far sbucare anche il secondo braccio, poi la parete venne meno, segnando l'ingresso di due nuovi zombi, Nuova Zelanda e, col suo koala, altrettanto zombificato, Australia. Quest'ultimo, con un orbita vuota dell'occhio, era stato probabilmente l'autore della breccia vista la maggiore prestanza rispetto al compagno.

Quello spettacolo distolse persino Italia dal cercare una schiena dove rintanarsi, che per lo sgomento prese a puntare la sua forchetta a casaccio- “Sigh! D-da che altra parte potrebbero arrivare?”

Per tutta risposta udirono, distinto, un rumore sopra la testa... E si resero conto di trovarsi sotto una griglia del sistema d'areazione!

“Dall'alto!”

A quel grido tutti vi si allontanarono, ma con ben quattro zombi lì al suolo non era il caso di guardare per aria, né c'era modo di farlo senza ritrovarsi con un pezzo del proprio corpo mancante all'appello. Australia si era gettato su America, e il suo animaletto, puntato invece Inghilterra come obiettivo, gli si era gettato addosso dalla sua spalla!

“ARGH!” -lo scansò Arthur abbassandosi- “Ma perché gli animali idrofobi devo sempre beccarmeli io?! Dannazione!!!”

America mollò una mazzata tra spalla e collo a zombi-Australia, il quale vacillò un istante... - “GRRRRR!” -per poi risollevarsi più indemoniato di prima.

“Oh oh, tu sei uno di quelli grossi e tosti, eh?” -sbiancò America, la cui seconda mazzata venne fermata con una mano sola dallo zombi, che poi gli si buttò addosso con una spallata tale da fargli perdere la presa alla sua arma e sbatterlo contro il muro opposto.

“Sono più lenti... Ancora intelligenti... Se si potesse...” -continuava la nenia di Giappone.

America riusciva ad immaginarsi l'enorme zombi-Australia nell'atto di spaccargli il cranio con la sua stessa mazza, ma quando rialzò la testa lo trovò a strofinarsi l'unico occhio che aveva. Senza pensarci un attimo, gli mollò una gomitata allo stomaco e gli afferrò le braccia ingaggiando una colluttazione, dalla quale poi lui stesso si ritirò quando lo zombi strappò con un morso parte della fodera di lana del colletto del suo giaccone: il corpo a corpo non era la mossa ideale.

America indietreggiò fino a trovare una schiena: “Un aiutino?”

Era la schiena di Italia, che in quel momento fronteggiava zombi-Belgio: “Veeee! Ti prego, Belgio, non mi mangiare!”

Per tutta risposta la zombi gli soffiò di mano la forchetta: “Ih ih ih!”
“IIIIH!”

“Italia, dovresti combatterla, non dargli delle idee!” -sospirò America, preparandosi mentre zombi-Australia ondeggiava verso di lui, accompagnato dal minaccioso rumore della mazza che lasciava strusciare sul pavimento.

Germania intervenne in aiuto di Feli sorprendendo la zombi bionda con uno spintone (non voleva andarci troppo forte con lei), raccolse la forchetta da terra e la restituì all'amico: “Non lasciatevi disarmare!”

Le loro armi, pur improvvisate, erano ciò che consentiva loro di affrontarli con efficacia e a debita distanza (forchetta esclusa...): erano troppo preziose per perderle.

Forte delle sue nozioni di boxe, America intanto tirava avanti schivando fior di mazzate con agilità e giochi di gambe, ma era chiaramente in difficoltà.

“Ti spiace se ti rubo quello più grosso?” -gli domandò Russia, che aveva tutta l'aria di divertirsi parecchio.

L'eroe arrossì: “In via del tutto eccezionale... fai pure!”

Con una risata, Russia si scagliò su Australia, e le due mazze si scontrarono come due spade.

“Il congegno è la chiave...”

Kiku, ancora nella bolla, sentiva di esserci davvero vicino.

Ma bolla o no, stava diventando troppo difficile concentrarsi in quella situazione.
Con Inghilterra nel bagno accanto al suo, in piedi sul gabinetto, che cercava di scacciare a pedate e sonori “Sciò!” il koala di Australia; con le grida femminili di Belgio, Seychelle e Italia; con i grugniti di Germania e America ogni volta menavano di calci e pugni; con il cozzare delle armi dei due bestioni...


“SILENZIOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!”


E silenzio fu... Vivi, non-morti o koala che fossero...

Perché quando è il tipo calmo ad arrabbiarsi di brutto bisogna starci attenti!

Giappone si alzò, respirò profondamente per ritrovare il proprio zen, e poté finalmente annunciare: “Forse ho trovato!”

Fino a quel momento sopraffatto dalla stanchezza prima e dai rimpianti poi, l'asiatico non si era quasi notato, non aveva fatto altro che darsi la colpa e tremare, ma ora gli erano tornati il fuoco negli occhi e una determinazione da samurai, con la quale si lanciò di corsa fuori dal bagno maschile.

“Ehi! Giappone, dove vai? Aspetta! Ne ho abbastanza di te, bestiaccia!”

Tirò in testa all'animaletto una saponetta al pino, lo acchiappò, lo gettò nel water e tirò lo sciacquone con vibrante soddisfazione!

“Umpf! Il vecchio pirata ci sa ancora fare!”

“Lasciamo stare gli zombi! Mettiamoci al sicuro!” -suggerì Germania, dando la priorità a ciò che Giappone aveva loro da dire.

Russia, che dopo un aspra battaglia era riuscito a riconquistare la mazza da baseball di America, gliela restituì al volo al suo passaggio, per poi coprire la loro ritirata dagli zombi mulinando un paio di volte il suo tubo, prima di rincorrere i compagni.


Il fatto che ovunque andassero sopraggiungessero inesorabilmente degli zombi voleva dire che quei mostri dovevano avere un qualche modo per percepirli: forse l'olfatto, o forse seguivano il loro calore corporeo.
Quando però il gruppetto di non-morti guidato da Australia, lanciatosi al loro inseguimento (a passo zombi si intende...) passò davanti la porta dietro la quale si erano rintanati, questi passarono oltre senza il minimo sospetto. I sei attesero, non senza ansia, il rumore dei loro passi e dei loro versacci affamati farsi prima sempre più vicino e poi sempre più lontano.

“Ottima idea, Inghilterra!” -disse Germania smettendo di trattenere il fiato- “Evidentemente l'odore di detersivi e ammoniaca ha coperto il nostro!”
“Umpf!”
Su suggerimento di Arthur si erano infatti rintanati in un piccolo magazzino usato dagli addetti alle pulizie per riporre la loro roba: fatta l'abitudine al forte odore di detergenti, saponi e smacchiatori, si era rivelato un nascondiglio comodo e sicuro. Si erano disposti in cerchio, chi in piedi, chi seduto su scatoloni o sgabelli di fortuna, ma con Giappone a dominare la scena.

“Allora, ci è ormai chiaro che è stata la mia invenzione a causare questa tragedia. Quindi, sarà lei anche la chiave per risolverla. Se riuscissi a tornarne in possesso, e a procurarmi qualche attrezzo di fortuna, forse potrei riuscire a modificarla in modo che diventi una macchina de-zombificante!”
“E come ne torniamo in possesso?” -chiese Inghilterra- “Non sappiamo dove sia.”

“Corea l'ha accesa in sala riunioni, quindi, visto che gli zombi hanno come pensiero fisso di alimentarsi, è improbabile che l'abbiano spostata o altro, è più che verosimile che si trovi ancora lì.

“E se non vi fosse? O se nel casino si fosse rotta?”
“Accidenti, Inghilterra, ti spiacerebbe piantarla di fare il pessimista di turno?” -gli mollò una spintarella America, e gli altri, per una volta, si trovarono dalla sua parte!

“Dobbiamo arrivare in sala riunioni e cercarla, è la nostra unica speranza.”

Russia alzò la mano: “Ammesso tu riesca davvero a modificarla in modo da far tornare normali gli altri, come faremo ad usarla? Voglio dire, hai visto quanti ne sono: non penso se ne staranno tutti lì buoni a farsi guarire.”
“Ho pensato anche a questo, forse c'è un modo per fare in modo di guarire tutti in poco tempo!”

“Grande il nostro cervellone!” -esultò America a voce un po' troppo alta, scatenando un coro di astiosi << Shhhh! >>: gli zombi erano morti, mica sordi!- “E sarebbe?”

“L'impianto di areazione.” -rispose sprizzante di decisione; aveva avuto l'idea dalla loro paura che gli zombi potessero arrivare anche dall'alto, dai tubi e condotti che percorrevano praticamente tutto il palazzo- “Ci basterebbe arrivare sul tetto, dove si aprono le bocche dell'impianto e gettare dentro il congegno attivo: in questo modo l'aria purificata anti-zombi si spanderebbe in pochi minuti nell'intero edificio, e guarirebbe tutti!”

“Aspetta, fermi...” -calmò gli animi il solito Arthur- “In altre parole ci stai dicendo che dovremmo aprirci la strada fino alla sala riunioni, che si trova nell'ala opposta a dove ci troviamo per giunta, per poi doverci fare tre piani di un edificio infestato di famelici morti viventi ansiosi di banchettare con noi?”

Detta così suonava proprio male, ma dal punto di vista di un certo qualcuno invece c'erano tutti gli ingredienti per una battaglia pazzesca: “Ah ah ah! Mi piace! Gente, abbiamo un piano! Lo sapevo che il nostro cervello non ci avrebbe deluso!”
Giappone sorrise: “Grazie, America!”

“Bene, è deciso! I Sei dell'Apocalisse hanno un obiettivo, lo porteranno a termine e salveranno il mondo! Vi immaginate le celebrazioni, amici?”

“I Sei dell'Apocalisse?”
“È il nome del nostro team, vi piace? E come in ogni team da film di zombi...”
“Ecco che ci risiamo...” -sospirò Inghilterra.

“Ciascuno di noi avrà il suo ruolo ben definito! Ovviamente io sarò il leader, perché sono l'eroe con più esperienza!”

“Oh, non ne avevo dubbi...” -ad Arthur sarebbe mancata solo una tazzina di té per rendere più che perfetto il suo british humor.

“Inghilterra sarà il tipo razionale e noioso che critica sempre e vede tutto negativo!”

<< Sono stato aggredito da zombi, cani, panda e koala rabbiosi, vorrei vedere te... >>

“Beh, ci sta!” -commentò Italia con innocenza e, malgrado lo sbalordimento di Arthur, interpretando il pensiero più diffuso nel team...

“Tu, Italia, sarai quello buono e sensibile che non combina mai niente! Sei già riuscito a non essere il primo a crepare, ottimo risultato! Continua, così!”
“Ve, grazie! Però... a ripensarci... non è che sia una cosa di cui entusiasmarsi...”

“Giappone è il cervellone del gruppo, Germania è il tizio tosto che mantiene la calma e picchia duro, e per finire, Russia è lo psicopatico sanguinario di cui non si può fare a meno!”
“Mi piace!” -si strofinò le mani quest'ultimo, con un bagliore maligno negli occhi viola.

“Bene, ora che abbiamo definito i ruoli, dobbiamo organizzarci! Dalla mia alta esperienza di survival horror posso dire che prima di imbarcarci nella nostra impresa dobbiamo procurarci tutto l'occorrente per sopravvivere a ciò che ci potrebbe succedere la fuori!”

Inaspettatamente trovarono non avesse tutti i torti stavolta: finalmente la sua fissazione tornava utile a qualcosa!

“Ci occorrono innanzitutto cibo e acqua per non rimanere a corto di energie, attrezzi e utensili vari che possono sempre far comodo, e, naturalmente, armi con cui difenderci!”

Germania si grattò la testa: “Qui diventa difficile... Non abbiamo niente di tutto ciò, abbiamo persino tirato le nostre valigette addosso agli zombi per difenderci (tranne Italia), non che dentro vi potesse essere qualcosa di utile in effetti...”

Feliciano allora si fece avanti con un sorrisetto e aprì la sua ventiquattrore: “Qui posso essere utile io!” -ne venne fuori un rumore metallico di posate e poi panini incartati, contenitori di plastica salva-freschezza, e i bento colorati che Giappone gli aveva regalato pieni di spaghetti e paste di vario tipo! La sua piccola “arma” era venuta fuori anch'essa da lì!

“Ve, io porto sempre un po' di cibo in più nel caso a Romano o a qualcun altro venga un po' di languorino, così posso offrirgli qualcosa! E ho anche un pochino d'acqua!”

Ad America brillarono gli occhi davanti un panino con cotoletta e insalata: “Strepitoso! Dividiamoci le varie porzioni e assicureremo la nostra sopravvivenza! Per quanto riguarda l'acqua ce ne possiamo procurare altra sfondando una macchinetta automatica! Ottimo lavoro, Italia!”

“Eh eh eh!”

L'unico che non si congratulò fu Germania che aveva un gocciolone dietro la testa grosso come un inondazione: “Italia... mi dici perché vieni a riunione con una valigetta piena di roba da mangiare anziché documenti?”

“Ehm, ce li ho un po' di documenti...” -ribaltò il contenuto all'interno del cerchio perché tutti si riempissero le tasche, e, alla fine, dal fondo della ventiquattrore, svolazzò anche un unico foglio di carta...

“Ve! Visto?”

Germania si spazzò il volto con una mano e prese a sua volta il bento della rassegnazione.

Per quanto riguardava gli attrezzi, provarono a guardarsi intorno ma in un magazzino di articoli di pulizia non c'era granché potesse rivelarsi utile. Giusto Giappone ebbe l'idea di svitare il manico di uno spazzolone in modo da usarlo come bastone da combattimento: aveva davvero ritrovato il suo spirito!

Terminato l'equipaggiamento, America li chiamò a raccolta.

“Tutti qui!” -allungò una mano al centro tra loro; i suoi occhi azzurri erano un faro d'energia e speranza, impossibili da spegnere come si era visto. In fondo, che importa se il leader è un idiota patentato, se riesce anche a farti sentire sicuro di te, di tutti, del branco!

“Umpf!”

Giappone fu il primo a posare la mano sopra la sua, seguito dagli altri.

“Signori, pregustate la parata che faranno in nostro onore: i nostri amici contano su di noi e non li deluderemo!”
“Non vedo l'ora di rinfacciare a quel rospo di avergli salvato la pellaccia!”
Anche Italia si era infervorato: “Salveremo tutti!”

Vivere in un mondo di vivi, o non-morire nel tentativo! Ecco la loro missione!

Il maniglione della porta si mosse.


“Trovati!” -fece il monocolo Australia affiancato da Nuova Zelanda.


Ma non avevano fatto i conti con il risveglio di uno degli elementi del team!

Giappone non perse un solo attimo a scomporsi: afferrò il pesante carrello metallico delle pulizie e lo spinse a tutta forza, travolgendo i due e spiaccicandoli contro la parete opposta! Non contento, afferrò due sturalavandini e, a mò di giavellotti, li tirò dritti sulle loro facce, tappandone le pericolose mandibole!

“......”

Si precipitò fuori, roteando il bastone: “Andiamo! La sala riunioni è di qua!”

Il samurai era tornato! Più ardente che mai!

“Wow, tostissimo il nostro cervellone...” -non poté che dire America quando gli si richiuse la bocca!

“Lasciamene un po' per me!” -scherzò Russia!

I sei ora pieni di energie e merende, si lasciarono alle spalle senza remore i due poveri zombi incastonati nel muro a cercare di sturarsi la faccia.

Obiettivo: la sala riunioni!




Giappone alla riscossa, e tutti gli altri dietro di lui! Riuscirà Kiku a ristabilire il suo onore perduto? E quanto si sta divertendo in realtà America? XD Domande che sicuro vi stanno facendo arrovellare in questa spaventosa e spassosa fanfiction! Tra parentesi, avete colto la mezza citazione di Alfred? XD

Finalmente poi anche Feliciano riesce a spiccare, ed è stata anche spiegata l'origine della sua prode forchetta... ^__°

Basterà contro ciò che li aspetta? Al prossimo capitolo, che vi riserverà incontri sorprendenti e dall'esito inatteso...

Commentate! ^__^

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Capitolo 5
*** Una vittima inaspettata ***


Ehilà! Rieccomi qui, stavolta con più calma XD
Vi ho abituati ad aggiornamenti rapidissimi finora, ma ormai l'esame è vicino e non posso sgarrare troppo, ma forse l'attesa vi farà gustare meglio i nuovi aggiornamenti!

Voglio ringraziare tutti voi lettori che finora mi avete sostenuto coi vostri commenti, spero di darvi sempre il massimo ^__°

E ora rituffiamoci in questa storia da brivido: se avete notato il titolo di questo capitolo il particolare, sappiate che non è una minaccia priva di fondamento... MUAHAHAHAHAHAH!

Buona lettura a tutti, e buon inizio estate!




America pregustò il colpo sghignazzando e battendo la mazza da baseball sull'altra mano. Il suo obiettivo era lì davanti a sé: grosso, robusto, squadrato, con una vetrina lucida e colorata dalle tante squisitezze che si celavano al suo interno.

In altre parole non uno zombi, ma uno dei distributori automatici!

Prese la rincorsa e partì: “PRENDI QUEST...”

“ALT!!!”

Gli venne un colpo che a momenti rischiò di capitombolare in avanti! La voce arrabbiata di Germania avrebbe fermato anche una carica di elefanti!

“Che razza di comportamento sarebbe questo, America?! Non puoi sfasciare così un distributore!”

“M-ma perché, no? È proprio quello il bello di una situazione catastrofica! Siamo nel bel mezzo di un infestazione di morti-viventi, siamo tornati allo stato selvaggio: il caro preistorico combatti o crepa!” -si lamentò lui in maniera oltremodo drammatica- “Ormai le leggi degli uomini non hanno alcun potere dopo lo sgretolamento della civiltà stessa! Il caos domina, l'ordine è andato a farsi benedire, e noi abbiamo bisogno d'acqua e barrette al cioccolato e caramello! E tu vuoi dirmi che non posso sfasciare un distributore automatico per prendere ciò che ci occorre?”
“Assolutamente no! Tieni, questi sono tutti gli spiccioli che ho: prendi da bere per tutti e qualche barretta per te.”

“Ma andiamo, Germania! L'emergenza, e l'assenza di leggi e...”

Allora America scoprì che Germania di spaventoso quando arrabbiato non aveva soltanto la voce: anche la sua faccia, specie subita in primissimo piano come in quel momento, tinta di un'ombra severa e inamovibile quanto il suo senso di rispetto per le regole, era qualcosa che ti metteva una strizza non indifferente...

“Usa... gli... spiccioli...” -gli scandì, aprendogli il palmo della mano e posandoveli.

“O-ok, amico...”

“Umpf! Ci hanno già pensato gli zombi a portare abbastanza sconquasso qui: non permetterò ai pochi sani rimasti, di lasciarsi andare a simili mancanze di senso civico! Qualunque sia il tipo di apocalisse venuta a portare l'anarchia, dovrà prima vedersela con me!” -chiuse il pugno risoluto, circondandosi di fiamme!

“Veee!” -lo applaudì Italia! Pensò che anche quello fosse merito della ripresa di Giappone: sulla sua scia, anche Germania aveva ritrovato la motivazione, e quella fermezza di spirito che tanto gli si addiceva. Forse anche lui doveva prenderli ad esempio...

La faccia di Ludwig si rilassò tanto quanto si corrucciò quella di America nel infilare manciate di monetine e premere i pulsanti della macchinetta: << Che cavolo! Finalmente vivo un apocalisse zombi e questo maniaco dell'ordine me la deve rovinare! Al diavolo, certa gente non saprebbe come divertirsi neanche se arrivasse la fine del mondo, cosa che forse è arrivata sul serio! >>

Una barretta al doppio cioccolato, wafer e tripla meringa fu solo di parziale consolazione.

“Bene, abbiamo fatto scorta d'acqua.” -disse Giappone, mettendo qualche altra bottiglietta nella saccoccia di pelle che avevano fregato all'avventuroso zombi-Australia, una riserva oltre a quelle che ciascuno di loro portava con sé come poteva in assenza di zaini- “Avviamoci: la sala riunioni è nell'altra ala, da quella parte.”

La loro fuga istintiva dopo i primi incontri li aveva allontanati parecchio dal loro obiettivo attuale. Il lato positivo era che si muovevano in un ambiente a loro familiare, ma procedere con cautela era imperativo: dietro ogni angolo, porta, parete, finestra, mobile, distributore, poteva celarsi in agguato un volto conosciuto sfigurato dalla fame di carne umana pronto a saltar loro addosso.

Ciascuno dei sei aveva in mente dei volti, tanto amati, da augurarsi con tutto il cuore di non vederli per il resto di quella interminabile giornata.

D'altra parte avanzare con cautela non significava dimenticare la retroguardia: avevano sperimentato presto cosa significasse trovarsi ogni strada completamente sbarrata da morti viventi, e non volevano certo rivivere quell'esperienza...

Perciò avevano deciso di procedere con America e Germania in testa al gruppo, vedette pronte a individuare e rispondere con efficacia a qualsiasi minaccia all'orizzonte di quei corridoi e stanzoni; Giappone e Italia, mente e “sensibilità” del gruppo, avrebbero preso posto al centro della formazione, eventualmente capaci di intervenire alla testa o alla coda della colonna, qualora ve ne fosse stato bisogno; infine a terminare la formazione nelle retrovie, Inghilterra e Russia, sempre con occhi e orecchi vigili per evitare di finire circondati o aggrediti alle spalle; organizzati poi in coppie armato/non armato riuscivano a bilanciare bene il potenziale d'attacco, ridotto dalla scarsità di mezzi di difesa, a loro disposizione.

Ogni volta si presentava un incrocio tra gli ampi corridoi, i due di testa, con la sicurezza di militari ben addestrati si schieravano ciascuno a ridosso di una parete e controllavano prima l'angolo dal lato dell'altro, pronti ad avvertirlo in caso di pericolo, per poi sporgersi di vedetta oltre il proprio, sicuri di non trovarvi sorprese.

America, per farsi figo, volle provare ad usare i propri occhiali come uno specchietto e controllare la strada grazie al riflesso, ma le sue lenti non erano all'altezza del compito e rinunciò dopo poco.

Germania si sporse e mandò giù un boccone bello amaro: un gruppetto di zombi stava strascicandosi in un corridoio perpendicolare a quello che aveva davanti, per fortuna molto distanti rispetto a loro per impensierirli, ma non poté fare a meno di notare quanto spiccava uno di essi in particolare.

Uno zombi piccino, innocuo, innocente, di quelli che nessuno avrebbe voluto vedere lì.
La piccola Wy. Un puntino rosa che coi suoi piedini scalzi seguiva quei mostri che forse erano gli stessi che l'avevano resa come loro dopo averla terrorizzata a morte.

Con una stretta al cuore, Germania si girò verso i suoi compagni in attesa: “Ne ho visti, meglio prendere l'altra strada, facciamo il giro largo.”

Quella strategia fino a quel momento era servita con successo ad evitare altri faticosi e stancanti scontri; l'unico che ne aveva avuto qualcosa da ridire al riguardo era stato ovviamente Russia...

Proseguirono così, lentamente, in un silenzio concentrato, e anche poco digeribile: non era una scampagnata quella, ma il bisogno di calore umano in quel pandemonio di carne gelida e marcente iniziava a farsi sentire.

America provò a spezzare quella monotonia: “Dite, secondo voi siamo davvero gli ultimi rimasti?”

“A me non sembra di aver visto qualche altra anima viva in giro finora.” -rispose Russia, freddo come l'artico.

Faceva incurvare le spalle il pensiero che le sorti del mondo gravassero su quei pochi lì riuniti.

“Però in fondo noi ce la stiamo cavando: può anche darsi ci sia qualcun altro che sia riuscita a scamparla, ce n'è di gente in gamba oltre a noi.” -continuò Alfred.

Italia deglutì al pensiero di altri come loro, tormentati dal pensiero di essere rimasti soli in un mondo fattosi improvvisamente mostruoso: “Magari in questo momento anche loro stanno combattendo disperatamente come noi!”

Inghilterra sospirò: “Va bene, so che per questa cosa che sto per dire farò di nuovo la figura del pessimista di turno... Come tutti voi anche io vorrei che qualcun altro oltre a noi sia riuscito a salvarsi, ma come ha detto Russia finora non abbiamo incontrato altro che zombificati purtroppo. Quindi temo, finché non comparirà qualcuno non interessato a divorarci, dovremo assumere che tutti oltre a noi sono ormai diventati degli zombi.”

Italia chinò la testa deluso; Germania gli strinse una spalla, riuscendo a capire come si sentisse. Desiderare tanto di trovare qualcuno, e allo stesso tempo avere paura di come lo avrebbero trovato...


Mentre gli ultimi sopravvissuti si avvicinavano lentamente alla sala riunioni, un'altra battaglia infuriava ai piani superiori.

Turchia con una veloce rotazione schivò e si portò alle spalle di zombi-Egitto, dopodiché scalciò scagliandolo contro il muro. Con riflessi felini schivò l'estintore tiratogli da zombi-Grecia e, avendolo a portata di scimitarra, disegnò con essa un fendente aprendogli un ampio squarcio nella gamba, costringendolo ad accasciarsi e a fargli dimenticare l'idea di inseguirlo.

“Spiacente ragazzi, non oggi!”

Si lanciò quindi in corsa, senza voltarsi un istante verso la lunga scia di zombi che si era lasciato dietro al suo passaggio.

<< Devo uscire di qui, e alla svelta. >> -pensò pulendo con un fazzoletto il filo della scimitarra, sporca di sangue-zombi, senza smettere di correre.

Doveva trovare il modo di avvisare America e gli altri che erano andati a trovare Giappone di non entrare in quel maledetto posto: magari qualcuno di loro sarebbe stato in grado di capire cosa diavolo fosse successo, e, soprattutto, trovare il modo di rimediare. Doveva fare in fretta però: lui e la sua spada si erano difesi bene, ma aveva perso fin troppo tempo.

<< Eccola! >>

Si fermò bruscamente davanti la porta taglia-fuoco che segnalava le scale d'emergenza anti-incendio. Spinse il maniglione, tenendo ben stretta la scimitarra nell'altra mano: anche nella luce fioca di quell'ambiente, questa brillò minacciosa.

<< Via libera! >> -esultò Sadiq. Le scale lo avrebbero condotto velocemente fino al piano terra e da lì subito all'esterno, fuori da quell'incubo a occhi aperti, dove avrebbe potuto cercare aiuto per Grecia e tutti gli altri.

Con un balzò saltò oltre la prima rampa di scale per poi lanciarsi giù per i gradini, saltandoli a tre a tre. Atterrò ai piedi dell'ultima rampa, e fu finalmente in vista dell'uscita d'emergenza: era fatta!

Così credeva, prima che una padella si interponesse sul suo cammino all'altezza esatta della sua faccia...

Lanciato in velocità, il colpo fu talmente forte che il suo corpo proseguì in avanti mentre la sua testa restava indietro: le sue gambe fecero un piccolo volo e infine Sadiq cadde pesantemente sulla schiena, con la faccia pulsante di dolore.

Una delle peggiori botte della sua vita.

Riaprì gli occhi: la vista, dapprima sfocata, si rischiarò per permettergli di vedere distintamente la padella su cui doveva averci rimesso il setto nasale. Seguì poi con lo sguardo la mano che la impugnava, fino a riconoscere Ungheria, dal cui raccapricciante sorriso colava a un angolo un rivoletto di sangue.

Questa sparì dalla sua vista; un attimo dopo, malgrado lo stordimento, percepì nitidissimo il dolore dei suoi denti che affondavano, morso dopo morso, nelle carni della sua gamba.

“Quando l'uomo con la spada incontra la zombi con la padella... l'uomo con la spada è un uomo non-morto...” -esalò col poco fiato che gli restava.


“Inghilterra! Mon chere? Dove sei finito? Uh uh uh!”

Malgrado la zombificazione, la voce di Francia aveva conservato la sua soavità...
Inghilterra, e non solo lui, era più vicino di quanto pensasse: gli sarebbe bastato sporgersi oltre le vetrate scorrevoli rotte della parete dell'ufficio appena alla sua destra e abbassare gli occhi, per trovare sei spaventati e acquattati eroi che cercavano di respirare il più piano possibile...

“Dove sei? Sarò anche un po' putrefatto ma non resisterai ugualmente al mio fascino! Uh uh uh!” -aveva ancora una gran considerazione della sua bellezza anche in quello stato!

“Russia, prestami il tubo...”

“Calmati, Inghilterra, non facciamo gesti sconsiderati!” -lo trattenne Giappone prendendo in prestito il suo ruolo di razionale del team- “Lascia che ci passi oltre!”

Appena il mellifluo chiamare dello zombi fu ben lontano, poterono finalmente proseguire.

Italia diede un finto colpetto di tosse per richiamare l'attenzione: “Ragazzi, quella è la porta della segreteria, se vi tagliassimo attraverso potremmo fare prima! Cosa ne dite?”

Era una sala lunga percorsa da capo a capo da file di scrivanie allineate, archivi, fotocopiatrici e gente indaffarata, percorrendo la quale si sarebbero avvicinati di parecchio evitando altri incroci.

“Non penso sia una buona idea, Italia.” -scosse il capo Germania- “Le stanze non sono sicure, nessuno ci può dire siano vuote.” -prima si erano nascosti proprio perché attraverso i vetri rotti si erano sincerati non vi fosse niente a parte il rene di qualcuno sul pavimento...- “Se l'attraversassimo e ci fosse qualche zombi nascosto sotto le scrivanie verremmo colti di sorpresa, in uno spazio stretto, e senza poter reagire: meglio continuare per la nostra strada.”

“Capisco...” -chinò il capo l'amico.

“Su, non serve che ti sforzi, Italia: lascia fare a noi!” -aggiunse America facendo segno di gambe in spalla.

<< Non serve che ti sforzi ad essere utile >>, finì la frase nella sua mente Italia, abbassando il capo amareggiato.

Il gruppetto arrivò ad uno spazio circolare più ampio in cui confluiva un quadrivio, ben illuminato dalla cupola di vetro sulla cima del palazzo che si scorgeva lì in alto, da cui penetrava la luce del pomeriggio inoltrato: vi erano un paio di sedie sparse per terra e altresì la scultura d'arte moderna che decorava il centro della saletta era rovesciata a terra insieme al suo piedistallo; altre varie tracce di colluttazione indicavano quel posto come teatro di un ennesima battaglia disperata.

“Senti, Italia...” -soggiunse Inghilterra- “Quella forchetta che tieni in mano non penso sarebbe poi molto utile contro gli zombi... Puoi benissimo metterla via.”
“È che io non sono tanto portato con le armi... Con le posate invece...”
<< Ma non mi dire... >>

A quello sguardo di Arthur, Feli gonfiò il petto: “P-però è bella affilata, e insospettabile! Potrebbe infilzare un polpettone vecchio di una settimana! Se poi la maneggio nel modo giusto...”

Iniziò a fare un po' di pratica di “scherma con la forchetta”, esercitandosi in immaginari fendenti e affondi: “Ah! Sha! Ah! Prendi questo! Ah!”

A venire preso fu invece il suo polso.

I suoi versi si trasformarono in un forte grido mentre qualcosa gli teneva bloccato un braccio contro il muro, senza che la forchetta nell'altro accorresse in aiuto.

Giappone, il più vicino, fu anche il primo a reagire, colpendo forte col proprio bastone la mano che, sbucata all'improvviso dall'ultima porta del corridoio appena oltrepassata, aveva afferrato Italia e cercato di trattenerlo.
Allertati, tutti si disposero davanti la porta e Giappone, al loro cenno, fu pronto a spalancarla. Ma proprio in quell'istante qualcosa piombò sul gruppo dall'alto con un verso gracchiante e un forte rumore d'ali.

“Che diavolo?!?” -imprecò America non distinguendo alcunché per qualche attimo, perso in un turbinio di penne bianche e nere.

“America, attento!”

Germania lo afferrò appena in tempo per trarlo via dall'assalto di Islanda, il quale aveva cercato di saltargli addosso approfittando della distrazione offerta dal suo pulcinella di mare, sceso in picchiata dalla balaustra del primo piano sopra di loro. Zombi-Norvegia, spuntato anche lui da un qualche nascondiglio, aveva preso di mira Russia, venuto a dare agli altri due il tempo di rialzarsi da terra, e, afferratogli coi denti il tubo, cercò di strapparglielo di mano.
Mentre però venivano trattenuti, intanto Giappone aveva già aperto la porta, davanti la quale si era venuto a trovare Italia, i cui buoni propositi andarono nuovamente in frantumi dopo ciò che gli si parò davanti.

Una figura esile, che si teneva la mano colpita da Giappone, vestita di rosso, i cui splendidi occhi verde smeraldo si erano ridotti a fessure senz'anima. Uno sguardo insostenibile per lui, quello di Liechtenstein.

Sentiva ancora il dolore delle sue unghie serrate attorno al suo polso, il suo sguardo era incatenato sui suoi capelli d'oro incrostati di sporco e sangue rappreso, la sua volontà di combattere mortificata dai ricordi di quella dolce ragazzina così beneducata e gentile.

Era orribile! Insopportabile! Non ce la faceva più! Voleva scappare da tutto questo! Voleva andarsene!

Il grido acuto della zombi gli squarciò i timpani: non avrebbe avuto neppure il tempo di dirsi finito.

“NON TI IMBAMBOLARE!”

Miracolosamente Inghilterra era riuscito ad interporsi tra i due, usando una delle sedie come uno scudo con cui distanziarla, come si faceva con le belve feroci al circo.

Giappone intervenne allora di nuovo: senza esitazione, roteando agilmente il bastone concatenò tre duri colpi alla testa che respinsero Lily nuovamente oltre l'uscio della porta, lasciandola per terra priva di sensi.

Poco dopo solo il respiro di Italia regnava sovrano nel silenzio. Russia, America e Germania avevano avuto ragione degli altri due zombi e si erano avvicinati.

“Pezzo di scemo! Vuoi deciderti a difenderti?!” -lo stava rimbeccando Inghilterra.

“E-e-era... Era Lily...”
“Si, e se non impari a sbattertene di chi è o chi non è finirai anche tu come loro!”

“Ehi!” -lo fermò Germania- “Smettila ora, non prendertela con lui: non è sempre facile!”

Giappone, salvatore della situazione, consolò Italia con una mano sulla spalla: troppo scosso per rispondere a Inghilterra o domandare a Giappone come fosse riuscito a fare quello che aveva fatto alla povera piccola Lily senza la minima esitazione o rimorso. Domande sciocche in fondo: lo sapeva che Giappone era un mastro se si trattava di celare i propri sentimenti.

America intanto si era chinato ad osservare lo zombi tramortito: sul braccio il vestito era lacerato e la pelle al di sotto mostrava quella che sembrava una ferita di striscio.

Fu solo un volo di fantasia il suo, di sicuro favorito dalla sua passione per la drammaticità e il pathos, e niente avrebbe potuto confermarlo, ma non riusciva a fare a meno di visualizzare la scena; la scena in cui qualcuno, dotato anche di buona mira aveva provato a spararle... e alla fine non ce l'aveva fatta.

Germania intanto aveva preso in disparte Arthur per aiutarlo a calmarsi, e per non farsi sentire da Feliciano: “Quando saremo di fronte a qualcuno a cui terremo veramente come a noi stessi, mi chiedo se anche noi non ci bloccheremmo proprio come Italia.”

Russia invece, accertatosi tutto fosse finito, non si era curato né di Lily né dell'ennesima dimostrazione di codardia di Italia, ed era andato a prendere il cappello di Norvegia, usarlo per pulire il tubo e poi metterselo in tasca come uno straccio: “Su, andiamo: fatemi giusto raccogliere qualche ricordino.” -si fermò a riflettere ad alta voce- “Vediamo, ho i denti di Spagna, qualche capello strappato al codino di Cina, una falange del dito di Lettonia... Che altro trofeo potrei prendere? Oh, beh, non sono comunque prede pregiate queste qui...”

Così parlava tra sé e sé come fosse da solo e non avesse ben cinque compagni ad ascoltarlo con i brividi lungo la schiena!

“Per la miseria, quel tipo è sempre più inquietante!” -sbottò Inghilterra, cercando di non guardare troppo i resti malridotti di Norvegia e Islanda...

America provò a stemperare con una risata, ma non gli uscì fuori troppo convinta: “Beh, l'importante è che sfrutti il suo “talento” per la riuscita della missione... Truculento ma per un bene superiore, no?”
Germania allora si fece avanti per interrompere l'arrovellamento del sadico gigante di ghiaccio: “Russia, lascia stare i ricordini, questo posto non è sicuro: Norvegia e Islanda potrebbero essere saltati giù dalle balaustre dei piani superiori, e altri potrebbero coglierci di sorpresa allo stesso modo, togliamoci di qui.”

“Va bene!” -sorrise Ivan- “Speriamo che i prossimi siano più interessanti!”

A quanto pareva, non c'era solo America lì a prenderla come uno spasso!

“Andiamo, Inghilterra!” -lo incoraggiò lui con una spintarella che lo fece traballare- “Ricorda che sarà molto per merito suo se di questo passo arriveremo all'obiettivo e salveremo tutti in un lampo!”

I sei imboccarono alla svelta la direzione per la sala riunioni...
“Russiaaa...”

Ancora una volta una voce melliflua, alle loro spalle, a chiamare uno di loro, ma stavolta non era Francia.

Si voltarono, e tutti strabuzzarono gli occhi, per poi puntarli proprio su loro fido psicopatico.

A trascinarsi verso di loro, con un sorriso tanto tenero quanto discordante e spaventoso in quella circostanza, era una ragazza bionda, dal petto prosperoso e per giunta armata di forcone, su cui poggiava il peso del suo passo ondulante, tipico della trasformazione.

“Ucraina...” -mormorò a fior di labbra Russia.

America si passò una mano dietro il collo: brutta gatta da pelare, proprio il genere di situazioni cui aveva accennato prima Germania insomma.
La ragazza aveva le orbite e gli zigomi infossati, come uno scheletro, ma che incastonavano ugualmente le une due bei placidi zaffiri, gli altri un tenue sorriso.

“Ti ho trovato, fratellino... Che bello...” -continuò lentamente ad avvicinarsi, nascondendo dietro la gioia della sua voce appetiti famelici e fratricidi.

Russia, finora sempre il primo a gettarsi in ogni mischia, stavolta non muoveva un muscolo; né più né meno di ciò che gli altri si sarebbero aspettati, era sua sorella.

Germania si fece avanti per primo: “Russia, ti capiamo benissimo, ci penseremo noi: cercheremo di non essere troppo...”


<< SDONG! >>


?!?!?!?!?

Russia aveva appena messo KO sua sorella con una tubata in testa!

La poverina era caduta di piena faccia sul pavimento innanzi a lui, sotto gli occhi strabuzzati degli altri cinque membri del team: erano diventati più pallidi degli zombi!

“Fatto! Proseguiamo!” -li spronò con gentilezza il grande Ivan.

“Ma-ma-ma-ma era tua sorella, Russia!!!” -si strappò i capelli Inghilterra.
“U-un briciolo di pietà...” -balbettò Italia.

Russia parve piccato che gli si attribuisse così poca considerazione per sua sorella maggiore: “Ehi, non avete visto che l'ho colpita in modo che cadesse in avanti? Così il suo seno le ha ammortizzato il colpo.”

Persino America, fermo sostenitore dell'importanza del pazzo omicida in un team anti-zombi ebbe da ridire raggiustandosi gli occhiali sul punto di cadergli: “Ehm, si, vero, ma non credo sia questo il punto, amico...”
Ivan fece spallucce: “Si, va bene, era mia sorella, ma era pure uno zombi: se non l'avessi fermata mi avrebbe attaccato... o avrebbe attaccato voi. Era pur sempre una minaccia, e se noi siamo l'ultima speranza per il mondo non possiamo certo rischiare: in fondo combattiamo apposta per trovare una cura per lei e tutti gli altri, no? Se ci mordono poi chi ci pensa? Le chiederò scusa più tardi, ora andiamo.”

Decisamente russo da parte sua: aveva fatto abbassare di qualche grado la temperatura attorno a sé!

“Beh, se per te va bene...” -fece Germania ancora un po' scosso- “Sarà meglio raccogliere il suo forcone, ci sarà molto utile come arma.”

Germania accelerò il passo e si portò col resto del gruppo. Si accorse però subito che proprio Russia non li stava seguendo.
“Uh?”

Era ancora lì, immobile, a fissare un altro dei corridoi del quadrivio.

“Russia? Che ti prende? Va tutto bene?”

Non ricevendo risposta, gli si avvicinò. Incuriositi, anche gli altri tornarono sui loro passi e tutti presero a fissare nella stessa direzione.

Qualcosa, immersa nella folta penombra del corridoio, stava venendo verso di loro. Non riuscivano ancora a distinguerne le fattezze, ma il bagliore di una lama pungeva i loro occhi ad ogni passo della misteriosa figura.
Non compresero se non quando udirono la sua voce.


“Fratelloooneee...”


E già parve loro di scorgere quel fiocco bianco, quel vestito blu, e quel suo ben noto coltellaccio, ancor prima che la luce folle dei suoi occhi non-morti finalmente fece saltar loro il cuore in gola. Nessuno degli zombi visti finora parve loro tanto orribile e minaccioso.

Il viso di Russia, abituato alla distaccata neutralità o alla sadica allegria, si deformò in una maschera contrita d'angoscia dinanzi lo zombi-Bielorussia.

Era come se la paura, fino a quel momento essa stessa timorosa di avvicinarsi a lui, avesse infine deciso di manifestarsi nella forma più pura e tremenda che lui potesse mai immaginare.

“Uh uh uh, fratellone... Eccoti qui...”

Le rispose il rumore metallico del tubo che cadeva a terra dalle mani tremolanti del fratello, inerme e paralizzato.

“Vieni... Vieni dalla tua amata sorellina...” -prese lei ad alzare il coltello...

Tutti fecero un passo indietro, eccetto Russia, come fosse stato inchiodato a terra: le labbra tremavano, gli occhi gli si inumidivano...

“Sarà bellissimo, vedrai! Io e te... finalmente uniti... UNITI NELL'OLTREMORTE PER TUTTA L'ETERNITÀ!!!”

Mai grido di Russia, né di nessun altro, fu più forte.

Né mai lo si era mai visto fuggire in quel modo, continuando a gridare fino a farsi scoppiare i polmoni!

“VIENI, QUI, FRATELLONE!”

Gli altri si videro venire addosso la zombi col fiocco con una tale, inaspettata, velocità che, sgomenti, vennero raggiunti prima che potessero anche solo pensare di reagire.

Si videro perduti, e alcuni di loro chiusero gli occhi, ma quando li riaprirono, Bielorussia li aveva ormai superati, dileguatasi in un lampo dietro il suo povero fratello, lasciandoli lì, snobbati, ma vivi.

Per fortuna che anche da zombi non aveva occhi che per lui!

Ai cinque rimasti nella saletta sotto la cupola non restava che guardarsi tra loro mentre riprendevano fiato ansimando.

“Anf... Anf... Ma che... Qualcuno per favore vuole spiegarmi che cavolo è successo?!”

“Credo...” -azzardò Germania- “Che abbiamo appena perso il nostro psicopatico, America...”

“......”

Neanche il paio di pacche sulle spalle che gli mollò riuscirono a farlo riprendere!

Con America imbambolato, Ludwig raccolse da terra anche il tubo di Russia e fece segno agli altri di proseguire.




Signore e signori, lettrici e lettori, abbiamo una prima vittima! E penso proprio che sia l'ultima che vi sareste aspettati! XD

In effetti si può dire che questo sia stato un capitolo ricco di vittime illustri come avete potuto vedere, ma certi avversari non sono certo da sottovalutare da vivi, figurarsi da zombi! Mille scuse ai fan di Turchia, Lily e Russia già che ci siamo...
Ebbene si, il potente e in apparenza invincibile Ivan soccombe dinanzi l'orrore degli orrori, zombi-Bielorussia (che spero abbia messo una fifa matta anche a voi! XD), e i Sei dell'Apocalisse sono già ridotti di numero prima ancora di recuperare l'agognato congegno... Come reagiranno a questo duro colpo? Si riprenderanno o la loro sorte è sempre più segnata? Ai prossimi capitoli per scoprirlo, cari lettori!

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Capitolo 6
*** Battaglia in sala riunioni ***


Ehilà a tutti, gente!
Sono proprio di ottimo umore! ^__^ L'esame è andato alla grande, la vita gira bene, l'ispirazione è tanta e questo capitolo sono riuscito a scriverlo tutto in un giorno solo! Sono un grande! XD

Mi auguro anche a voi le cose stiano andando bene ^__^ E che la risposta sia si o no, che possiate trovare qualche minuto di piacevole distrazione dai problemi, relax e brivido con la mia storia! Siete ancora tutti sconvolti dalla perdita del povero Russia, vero? Il gruppo ne risentirà parecchio o ce la faranno ugualmente? Nuove battaglie attendono i nostri superstiti, accomodatevi e buona lettura!




Gli ultimi passi in vista della sala riunioni furono contrassegnati da una apparente calma. La maggior parte del gruppo aveva smesso di rimuginare su ciò che era appena accaduto come si vuole dimenticare in fretta un brutto sogno; con l'eccezione di America, che per tutto il tempo aveva continuato a biascicare improperi tra sé e sé e menare qualche colpo di mazza contro sedie, cestini, vasi per piante e altro di frangibile... E in quel caso Germania aveva preferito lasciarlo fare, lasciarlo sfogare: ci era rimasto davvero male per la faccenda di Russia. Quanto a loro, avevano preferito distogliere la mente, rassegnarsi al fatto compiuto, e concentrarsi sull'obiettivo ormai raggiunto.

Anche perché il pensiero che da qualche parte lì fuori potesse adesso esserci uno zombi-Russia era qualcosa di più apocalittico dell'apocalisse stessa nel cui mezzo si trovavano...

Proprio allo scopo di rilassarsi, oltre che di esercitarsi a ciò che era in arrivo, Inghilterra procedeva giostrando e roteando il tubo di metallo dello “scomparso” Ivan, dimostrando di avere un'abilità non sospettata fino a quel momento: parate alte, medie e basse, contrattacchi, rotazioni, e sempre mantenendo una forma elegante e raffinata.

“Complimenti, Inghilterra.” -esternò ammirato Giappone- “Hai una tecnica sopraffina.”

“Sciocchezze!” -si schernì lui, in realtà piacevolmente blandito- “Ho giusto seguito un corso di bartitsu, la lotta col bastone da passeggio: dopo che Sherlock Holmes ha sopraffatto Moriarty con essa, mi sono detto di non poter non provarla anch'io!”

Fortuna voleva che la lunghezza del tubo di Russia era appunto più o meno assimilabile a quella di un bastone da passeggio, e Inghilterra si sentiva pronto a far si che quel famigerato tubo, appartenuto al più sanguinario di loro, si facesse ancora valere!

“Finora ho espresso il mio contributo in altri modi all'infuori dal combattimento, ma ora che l'organico si è ridotto è il momento mi dia da fare.”

“Giusto! Mi impegnerò anch'io!” -fece Italia, a cui avevano affidato il forcone sottratto ad Ucraina: brandendo quello, se non ad abbatterli, sarebbe almeno riuscito a tenere gli zombi a debita distanza.

Feliciano sembrava d'un tratto battagliero ed ottimista, forse in un tentativo di auto-convincimento: “Dopotutto se ci pensate questo coso è come una grande forchetta, quindi sono sicuro tra le mie mani sarà ancora più potente!”

<< Considerato quanto è stata potente la tua forchetta finora... >> -tenne per sé il solito Inghilterra.

“Non doveva andare così!” -li interruppe lo sbottare di America, che fino a quel momento aveva trattenuto la propria frustrazione a fior di labbra.

“Andiamo, l'hai vista anche tu: non potevamo fare niente...”

“Dannazione!” -si scompigliò i capelli America- “Avevamo uno psicopatico omicida di prima scelta come Russia e lo abbiamo perso così, da un momento all'altro, da perfetti idioti! Ora come cavolo facciamo?! Che disastro, era il nostro tank, il nostro mezzo di sfondamento!”

“Ce la caveremo anche senza di lui: non abbiamo scelta.” -gli rispose semplice e conciso Germania, molto meno drammatico del loro affranto leader.

“Non è possibile che Russia sia... No, non è possibile infatti! Io mi fido di lui e della sua bestiale potenza! Sono sicuro che sopravviverà e ci raggiungerà!”

Inghilterra si avvicinò all'orecchio di Giappone: “Russia da solo... disarmato... contro zombi-Bielorussia?”

Giappone ci rifletté un attimo: “...... è spacciato.”

“Si, è spacciato.”

“Sigh, Russia... Come hai potuto farmi questo? E tutti i bei momenti passati insieme a maciullare morti viventi? Non significano niente? Dannazione...”

“Ve, povero America...” -Italia, vedendolo uscire fuori di testa volle provare a consolarlo- “America, forse possiamo farcela lo stesso: ci sei ancora tu che sei molto forte e...”
“Ehi... è vero! Hai ragione! Io ci sono ancora! Ah ah ah! Il vostro leader, il vostro campione, la vostra ancora di salvezza è ancora qui! Quindi che avete da preoccuparvi, sciocconi? Ah ah ah!”

<< Ma chi si sta preoccupando?! Quello sei tu!!! >> -pensò all'unisono il gruppo!

“Bella mossa, Italia...” -si complimentò Germania, anche se involontaria: una bella rigonfiatina al suo ego ed ecco che la perdita di Russia scompariva.

“Abbiamo subito un duro colpo, ma andremo avanti! Dobbiamo solo riorganizzarci! Inghilterra, tu che hai il suo tubo, ti promuovo nuovo psicopatico!”
“Oh, che gioia...”
“Germania, dovrai ricoprire il doppio ruolo di tipo tosto e di razionale antipatico: so di chiederti molto ma non dubito che ce la farai!”
“......”

“E ora via, miei compagni!” -urlò mettendosi in posa plastica con un piede su una macchinetta del caffè rovesciata e l'indice rivolto coraggiosamente avanti a loro- “Dritti alla meta!”

Inghilterra gli diede una tubata sulle chiappe: “Chiudi il becco o ci sentiranno, cretino!”

“Vandalo! Hai interrotto il mio momento eroico! Anche da psicopatico sei sempre un guastafeste, Inghilterra!”

A quel punto Arthur pensò non meritasse ulteriore corda: “Sigh... Muoviamoci...”


Il tanto agognato ingresso della loro cara vecchia sala riunioni fu finalmente raggiunto: due grandi portali in legno di ciliegio, ciascuno con una finestrella rotonda di vetro colorato, che trovarono però in frantumi. L'uscio era stato lasciato socchiuso.

America si incaricò di spingere con cautela una delle porte e mostrare così a tutti lo spettacolo di devastazione oltre di essa.

Sedie rovesciate o spezzate dappertutto, le tende e bandiere strappate, quadri rovesciati, chiazze di sangue sul pavimento e sull'enorme, lunghissimo tavolo che percorreva il salone da un capo all'altro, fino agli alti finestroni sul fondo, che davano sul giardino, ancora intatti. Il pavimento era cosparso di penne, matite, fogli, borse e altri oggetti abbandonati lì di fretta da chi aveva dovuto vedersela con l'esplosione della furia zombi al suo epicentro. Una vista che faceva venir loro un tuffo al cuore anche senza provare a immaginare la scena a cui aveva fatto da macabro palcoscenico...

E non avevano ancora visto le unghiate lasciate sul lato interno delle porte...

“Controllate che non ci sia davvero nessuno.” -disse Germania- “Controllate sotto il tavolo.”

I loro passi echeggiarono lenti dapprima, ma poi Giappone, dimentico di ogni cautela, alla vista del suo congegno, corse a raggiungerlo come si corre dalla propria amata: era davvero lì, l'origine di tutti i mali, il suo più geniale successo e fallimento insieme, lì a portata delle sue mani, che avide lo sollevarono dal tavolo e presero a rigirarlo e scrutarlo impazienti.

“Perfetto! È intatto!”

“Yeah!” -esultò America porgendogli il cinque, e anche un tipo posato come lui non riuscì a contenersi per l'entusiasmo, schiacciando con tutte le sue forze.

Giappone tirò a sé una sedia, mentre si levava un concerto di sospiri di sollievo: “Bene, mettiamoci subito all'opera.”

“Riuscirai a modificarlo?” -fece Inghilterra, portavoce delle ansie del team.

“Devo. È stata colpa mia tutto questo, e io vi porrò rimedio, a qualunque costo!”

“Veramente è stata colpa di America, dovrebbe rimediare lui...”

“Sto rimediando! Vi sto guidando alla salvezza, no?” -ribatté, senza il minimo segno di pentimento, il grande eroe.

Giappone si sgranchì per bene le dita e poi il collo: “Italia, per favore, passami le posate.”
“Ve! Cosa si mangia?”

“Le userò come arnesi per modificare il mio congegno.”

“Oh... Eccole...” -gliele porse un po' deluso...

Forchetta, coltello e cucchiaio non potevano certo compararsi ai suoi sofisticati attrezzi e strumentazioni, ma era tutto ciò che aveva: lì si sarebbe vista la sua grandezza di inventore! Aprì il retro dell'apparecchio zombificante, lo poggiò sul tavolo e prese ad armeggiarci con le posate come su un branzino ai ferri.

Germania intanto osservava con attenzione l'ambiente intorno a loro: nella stanza non avevano trovato sorprese, il che non voleva dire non ne sarebbero arrivate. La sala riunioni delle nazioni era dotata di un secondo ampio ingresso, identico a quello da cui erano entrati, situato lungo la medesima parete, per fare in modo da agevolare il fluire di tante persone in entrata e in uscita. All'esterno poi le porte non erano tra loro separate, ma davano entrambe sullo stesso spazio semicircolare, quindi dall'una si poteva raggiungere poi velocemente l'altra.

“Italia, socchiudi la porta e mettiti lì di guardia.”
Feli batté i tacchi sull'attenti: “Si, agli ordini!”

“Dovrei riuscire a riconvertirlo, tutto quel che mi servirà per completarlo è un campione di zombi.”
“Un campione di zombi?”

“Si, servirà alla macchina per decodificare l'odore da risucchiare e annullare: è un po' come coi vaccini, in cui usi frammenti di microrganismi per creare immunità. Qualsiasi cosa andrà bene, anche solo un capello, un brandello di carne...”

“Direi che non avremo difficoltà a procurarcene, eh?” -ironizzò America.

Calò un silenzio non concordato: erano nelle mani di Giappone al momento, quindi meglio dargli modo di lavorare tranquillamente. Alfred attraversò, guardandosi attorno, la sala devastata, fino ai grandi finestroni.

Vi poggiò una mano: “Ragazzi, secondo voi gli zombi saranno usciti anche all'esterno?”

“Ora che ci penso...” -fece Germania- “Finora tutte le volte che siamo passati vicino a delle finestre, non ne ho mai visto uno, e voi?”

“Neanche io.” -rispose Inghilterra- “Il che mi pare strano...”
“Probabilmente...” -intervenne Giappone, senza distogliere un secondo l'attenzione e le mani dal suo compito- “Se sono rimasti qui nell'edificio fino a questo momento ci sarà un qualche motivo. E io sospetto che sia perché qui dentro hanno trovato ancora di che alimentarsi...”

America deglutì: “Noi...”
“O magari altri sopravvissuti...” -azzardò Giappone- “Ma se le cose stanno così è un bene e un male per noi: è un bene che restino qui dentro, in questo modo grazie al piano potranno essere tutti guariti quando accenderemo il de-zombificante nell'impianto di areazione... Ed è un male perché vuol dire che siamo le loro prede designate...” -concluse incupendo la voce, mentre svitava qualcosa con la punta del coltello e riannodava fili con la forchetta come fossero stati spaghetti.

“E se semplicemente nelle loro condizioni non fossero in grado di uscire?” -azzardò Arthur, per una volta ottimista.

“Ne dubito, le loro “condizioni” non sono poi così disastrose in fondo...” -scosse il capo Giappone, sempre chino sulla scrivania- “E questo ci porta ad un altro genere di considerazioni... America penso tu te ne sia accorto: questi zombi non sono come quelli che abbiamo visto durante la nostra nottata.”

“Direi proprio di si, sono reali...” -rispose questi, ripulendo dal sangue la mazza- “A parte questo cosa intendi?”

“Ve...”
“Gli zombi del telefilm erano simili ad animali selvaggi guidati solo dall'istinto di nutrirsi: gli altri che sono stati trasformati invece parlano, conservano tracce del loro carattere, si riuniscono...”
Da esperto di zombi, Alfred ci arrivò in un lampo: “Sono intelligenti...”

In altre parole, zombi di un livello di difficoltà superiore, i peggiori con cui potessero avere a che fare.

“Quando ci hanno circondato... O quando prima Norvegia e Islanda ci hanno attaccato di sorpresa, sfruttando anche quel loro uccello come diversivo...” -continuò a riflettere America- “Sembrava proprio si fossero appostati lì in attesa. Sono in grado di studiare piani contro di noi e metterli in atto.”

“Ehm, gente...”

Giappone annuì: “Fossero stati come nel telefilm sarebbe stato molto più semplice, ma stando così le cose, dobbiamo stare attentissimi: siamo il loro obiettivo, e se non ci sbrighiamo, potrebbero addirittura coalizzarsi tutti contro di noi...”

“R-r-ragazzi!”

Germania, finora assorto ad ascoltare, si accorse finalmente di Italia.

“S-stanno arrivando...”

“Quanti ne sono?” -scattò verso di lui.

“T-tanti...”

Ludwig pose l'occhio nella fessura tra le porte e sbiancò: verso di loro non stava arrivando uno dei soliti gruppetti sparuti, ma un'intera torma di zombi, tanto numerosi da riempire tutto il corridoio! Vari di loro, tra cui Spagna e Olanda, già affrontati prima e di nuovo in piedi, come nulla fosse successo!

“Dannazione!”

“B-b-barrichiamo la porta?” -balbettò Italia poggiando alla rinfusa delle sedie davanti le maniglie.
“No, sarebbe inutile!” -lo fermò Ludwig- “Sono troppi e se bloccano anche l'altra porta saremo in trappola! Dobbiamo andarcene!”

America diede una scossa a Giappone: “Forza amico! Dobbiamo levare le tende!”

“Aspetta, ci sono molto vicino, non interrompetemi...” -ribatté Kiku, come non avesse compreso o non gli importasse affatto della situazione.

“Non c'è tempo!” -gridò Germania- “Se non usciamo subito ci...”
“Ve! Germania! Si sono fermati!”
“Cosa?”

Strabiliato più che sollevato corse a vedere: sembrava essersi formata una specie di ressa, vari zombi erano finiti a terra e altri continuavano ad inciampare.
“F-forse nella folla qualcuno è caduto e ha trascinato gli altri?”

“Non lo so, ma non importa! Approfittiamone!”

“Fatemi lavorare, posso farcela...”
Inghilterra si unì ad America, tirando l'ostinato Giappone per una spalla: “Presto, muoviti! Dobbiamo uscire di qui prima che...”

Col rumore assordante come di uno scoppio, il secondo ingresso, la loro via di fuga, si era spalancato di colpo, e un altro gruppo di zombi aveva invaso la sala riunioni. Anche in questo caso, vecchie conoscenze...

“Ah ah ah! Russia, sei nostro!” -rise malvagiamente zombi-Lettonia davanti agli altri due fratelli- “Prima ci hai colto di sorpresa ma porteremo a termine la mia... la nostra vendetta!”

“Siamo tornati con i rinforzi!” -strinse il pugno zombi-Estonia.

“Che sarei io, tipo! -si fece avanti zombi-Polonia, che aveva di buon grado accettato di dar loro una mano, malgrado già gli mancasse il naso...

“Spiacente ragazzi, arrivate tardi, Russia non è più con noi.” -fece spallucce America.

“C-c-cosa?!”

“Non sappiamo che fine abbia fatto, ma l'ultima volta che l'abbiamo visto zombi-Bielorussia gli stava alle costole...”

<< È SPACCIATO!!! >> -rabbrividirono i quattro zombi!

Zombi-Lettonia si accasciò a terra afflitto, consolato dai fratelli: “Sigh! Non è giusto! Potevamo prenderci la rivincita...”
“Che disdetta, tipo...”

“Siamo davvero spiacenti, ragazzi, e detto questo... ADDOSSO!” -lanciò il grido di battaglia il leader dei Sei, ora Cinque!

Anziché però fomentare il coraggio dei suoi, al suo grido, venne avanti un altro possente avversario, il quale, mosso dall'ira, spintonò via i poveri baltici per farsi avanti!

“Inghilterra!” -ruggì zombi-Australia, temibile come sempre- “La pagherai per aver scaricato il mio koala nel gabinetto!”

Appena ebbe finito di parlare, prima ancora che Arthur si schierasse in guardia con la sua nuova arma, il suo unico occhio gli cadde dall'orbita.

“... Quando ho dovuto sturarmi la faccia è venuto via e non riesco più a rimetterlo a posto come si deve! Sigh!” -imprecò il poveretto iniziando a tastare a terra alla cieca.

Terminato lo sconforto e le chiacchiere, gli zombi si fecero tutti addosso, gemendo e ringhiando! Dovevano abbatterli alla svelta: c'era un'intera orda di zombi diretta verso di loro, e per esperienza sapevano che non erano poi così lenti...

Germania, sull'esempio di Inghilterra poco prima, afferrò una delle grosse sedie di legno e con essa stroncò l'impeto di zombi-Estonia, cercando di tenerlo a distanza: “Italia! Proteggi, Giappone!”

“Ve! Giappone, presto! Sotto il tavolo!”

Nemmeno mentre l'aveva afferrato e tirato giù Giappone aveva smesso di lavorare al congegno! Ammirabile esempio di abnegazione nipponica...

“Mmm, ancora un po'...”

Italia deglutì e, stringendo la presa sudaticcia sul forcone, prese ad osservare il furioso via vai di gambe che poteva osservare dal loro nascondiglio.

“Trovato!” -esultò zombi-Australia restituendosi la vista- “E adesso...”

Ruggì, ma subito si ritrovò a scansare di poco un pesante colpo di mazza da baseball.

“Ho un conto in sospeso con te!” -rise il gagliardo America!

Feliciano continuava a tenere un occhio su Giappone (imperturbabile come si trovasse nel salotto di casa propria) e un occhio alla lotta che infuriava, mentre le sue orecchie venivano deliziate da grida, colpi, e fragore di frantumi.

Avrebbe voluto sporgersi e vedere come se la stavano cavando gli altri, ma quei suoni poco promettenti ogni volta lo facevano ritrarre come una tartaruga nel proprio guscio.

“Veee, Giappone, ti prego, cerca di sbrigarti!”

“Ci sono quasi! Guarda che è difficile lavorare su simili apparecchiature con forchetta e coltello, sai?”

“S-scusa...”

Intanto il grande escluso dai combattimenti fino a quel momento riguadagnava il terreno perduto. Il leone inglese, castigava con colpi rapidi e precisi qualsiasi parte del corpo Lituania e Lettonia lasciassero scoperti nei loro attacchi. Arrivato il momento, prese l'iniziativa e li abbatté uno dopo l'altro, che quei due quasi rimpiansero che a maneggiare quel tubo non ci fosse Russia!

“Umpf!” -si autocompiacque, immaginandosi simile a uno dei suoi idoli!

“Bene! Ho quasi fatto!” -Giappone poggiò a terra le posate- “Ora per completare la riconversione però avrei bisogno di quel campione!”

Italia sobbalzò ad un rumore sordo, ma era solo il corpo di Polonia che si abbatteva un po' più in là pesantemente al suolo, a faccia in giù.

Con un decisione rapida, agguantò forchetta e coltello e strisciò sui gomiti fino a lui: notò che i suoi pantaloni avevano un piccolo strappo sul sedere...

“AHIO!” -si ridestò zombi-Polonia sentendo un tipo di denti diverso affondargli nelle chiappe!

“Ma insomma, mi hai preso per un filetto, tipo? Non è mica così che funziona! Siamo noi zombi che vi vogliamo mangiare, non il contrario!”
“Scu-scusami tanto!”

Preso però ciò che gli serviva, Italia gattonò nuovamente a velocità supersonica fino a Giappone.

“Ve! Ecco qua!”

“Perfetto!” -esultò Giappone, mettendo il pezzetto di sedere di Polonia dentro la macchina e richiudendola.

Premette il pulsante e una luce, da rossa, si fece verde; un istante dopo l'apparecchio sbuffò una nuvoletta viola a forma di teschio che però, a mezz'aria, si schiarì e si scompose in tante nuvolette più piccole a forma di fiorellini.

“Ottimo! Riconversione completata!”
“Veee!”

Il forcone sarà stato pure una specie di forchetta gigante, ma alla fine era sempre con le vere forchette e col coltello che Italia dimostrava tutta la sua bravura!

“Ragazzi?” -chiamò- “Com'è la situazione?”
“Potete uscire, via libera!”

Non avrebbe voluto sentire nulla di più bello!

Italia e Giappone uscirono da sotto il tavolo: tutti gli zombi erano stati messi ko!

“Il congegno?”
“Tutto a posto! Non ci resta che salire sul tetto e attivarlo!”

Germania si lasciò andare a un sorriso liberatorio: “Bene! Allora sbrighiamoci, prima che la via venga di nuovo bloccata.”

“Umpf, se anche la bloccano la riapriremo!” -fece roteare il tubo Inghilterra, piacevolmente pieno di adrenalina- “Non pensavo di cavarmela così bene, in effetti dare una bella lezione a quegli schifosi non-morti è stato... soddisfacente! Ora un po' ti capisco, America!”

“Eh eh eh!”

Fate largo zombi, pensò, il “Vecchio Pirata” è entrato in azione!


<< CHOMP! >>


“......”

Inghilterra (non solo lui) ebbe una sensazione di dejà-vu.

Gli ricordò molto Francia il modo in cui piano aveva girato la testa per notare che il suo braccio era stato appena morso da uno zombi con gli occhiali, i capelli biondi e una felpa rossa.

“Ciao!”

“AAAAAAAAAAAAAARGH!”

“Oh, no! Inghilterra!”
“M-m-m-ma da dove sei spuntato?!?!?”

“C'ero fin dall'inizio, sono entrato con gli altri!” -sorrise lo zombi- “Solo che nessuno mi ha notato...”
America rabbrividì: “Uno zombi con l'invisibilità! È terribile!”

“No, è solo Canada...” -chiarì Germania.

Proprio quando tutto sembrava finito, proprio quando la gioia era calata a sollevarli dal loro fardello di stanchezza e paura, la tragedia era piombata su di loro come un fulmine a ciel sereno, come uno schizzo di sciroppo d'acero sulla camicia nuova.

Canada l'invisibile aveva colpito!

“AAAAAARGH!” -Inghilterra lo castigò pestandolo selvaggiamente, dimenticandosi ogni raffinatezza da bartitsu!

“Nononononononono! NO!” -ripeté a raffica, strappando un pezzo della camicia rosa di Polonia...
“Ehi! Ancora, tipo? Tutti che vogliono un pezzo di me...”

Se lo legò ben stretto intorno al braccio morso, come un laccio emostatico, per poi prendere un bel respiro e cercare di mostrarsi agli altri col contegno che gli era solito: “Bene... Sto bene... Possiamo andare...”

“Inghilterra... sei stato morso...”

“Si, ma questo nodo bloccherà il veleno-zombi o quello che è!” -sorrise, ma parve più una smorfia.
“......”
“Urgh! Io... non mi trasformerò in uno zombi bavoso come quelli là! Gnnn! Il mio... orgoglio di vero gentleman me lo impedisce! Io sono il Leone, il Vecchio Pirata, l'Hooligans, presidente onorario del fan-club dei Beatles e di quello degli Who! Non diventerò un fetente morto-vivente... MAI!”

“Incredibile, sta davvero resistendo alla trasformazione...”

Ammirevole invero: era un po' anemico, sudaticcio e tremava tutto, ma indubbiamente sembrava essere ancora in sé!

“Non... sottovalutate... il mio... orgoglio da gentleman!”

“Cavoli, Inghilterra, sei grandioso!” -si complimentò America- “Ti darei la mano se potessi essere certo non me la staccherai! Eh eh eh!”
“CHE CAVOLO RIDI?! È tutta colpa tua se è successo, maledettissimo...”

Il male tornò a bussare, e lo fece in maniera oltremodo insistente e maleducata. La porta da cui erano entrati, sommariamente bloccata da Italia, cedette di schianto, ma nessuno a quel punto volle restare fermo a guardare cosa stava per entrare.

“VIA! L'ALTRA PORTA!”

All'urlo di Germania tutti misero le ali ai piedi...

“Ugh! Gn!”

Tranne Inghilterra, che sentiva le gambe terribilmente pesanti e finì presto in coda al gruppo.

Appena fuori la porta avrebbero dovuto imboccare il corridoio, ma disgraziatamente una parte degli zombi, anziché affollarsi sull'altra porta, aveva già preso a tagliare per lo spazio fuori la sala verso quella da cui stavano uscendo, piombando loro addosso da sinistra.

“Oh, no!”
“Urgh!”

Mai! Il suo orgoglio di gentleman non avrebbe permesso nemmeno che tutto finisse lì, ora che si erano avvicinati di un passo alla riuscita della loro missione!

Le sue gambe pesanti, spinte da quanta forza di volontà aveva in corpo, lo lanciarono con violenta determinazione dritte contro quello spaventoso muro di fauci.

Fu solo un istante prima di venire sopraffatto e abbattuto a terra faccia in giù; sentì morsi su morsi chiudersi sulle sue carni ed ebbe chiaro che, stavolta, non c'era forza di volontà che sarebbe bastata...

“Uh uh uh, ciao Inghilterra!” -lo salutò Francia, tra i tanti a schiacciarlo al suolo!

“Urgh! Di tutti proprio tu, dannazione!”

I suoi amici, scioccati, erano rimasti impalati a vederli banchettare col suo corpo, afflitti, increduli di come tutto sembrava luminoso un attimo prima e ora stesse ripiombando nell'oscurità. Maledette leggi degli horror!

“I-Inghilterra...”
“VIA! ANDATE VIA!”

Germania doveva tener fede al suo ruolo di risolutezza di quel gruppo di disperati: concesse solo un istante al povero Arthur il suo sguardo pieno d'ammirazione, per poi risvegliare dal torpore Italia e Giappone, sotto shock, con forti spinte.

“Muovetevi! Dobbiamo andarcene!”

America non si mosse però. Non ancora, si disse. Doveva fissare quella scena orrenda nei suoi occhi e nella sua mente, affinché gli desse la rabbia e la forza di andare avanti. Giurò che il sacrificio di Inghilterra non sarebbe stato vano.

“Ti vendicherò, Inghilterra, vedrai!”

“Ugh... Gn... America...” -cercò di parlare la portata principale di quel orrido banchetto- “Ci sono giusto un paio di cose che vorrei dirti... Agh!”

“Dimmi!” -lo pregò, pronto ad accogliere le sue ultime parole!

“Primo: quello che sta succedendo è tutta colpa tua e nessuno mi convincerà mai dal contrario! E secondo: tra tutti gli eroi del cavolo al mondo tu sei sicuramente quello più GROAAAAAAARGH!”

Si decise infine a correre via, prima che qualche zombi volesse fare di lui il contorno.

“Anf! Anf! Ehi, ragazzi...” -li chiamò mentre li raggiungeva a tutta velocità- “Inghilterra mi ha appena detto che sono l'eroe più << GROARGH! >> di tutti! Secondo voi è un nuovo tipo di complimento?”
Gli rispose un coro: “STA ZITTO E CORRI!!!!”


Sazi, gli zombi iniziarono ad alzarsi da terra, racchiudendo in cerchio i resti del loro spuntino. Lentamente, nelle gambe scarnificate prese a fluire una nuova forza che rimise in piedi il corpo di un nuovo zombi appena nato.

Da quel cerchio, Arthur si alzò e risorse, lui e non più lui, e con una fame sacrilega e incontrollabile.

Digrignò i denti e ringhiò come fosse poco più che una bestia!

“Uh, che alito! Hai di nuovo mangiato scones per colazione?”

“......”

Zombi-Francia sospirando premuroso frugò nella tasca: la sua boccetta di profumo era sopravvissuta intatta a quell'ecatombe!

“Su, apri la bocca, una spruzzata o due ti faranno bene.”

“......”

Zombi-Inghilterra lo azzannò al collo!

“AAAAAAAARGH! MA CHE FAI?! Non dovresti invitarmi prima a cena?”

Lo morse ancora più forte!

“UAAAAAARGH! AIUTO! MA CHE TI PRENDE?! GLI ZOMBI NON MANGIANO ALTRI ZOMBI! EHI! MOLLAMI! AAAAAAAAAARGH!”

“GRRRRRRRRRR!”




Un'altra tragedia... La mente razionale del gruppo sprofonda nel cieco, mostruoso oblio della non-morte... Anche se Francia poteva evitare di istigarlo XD
Ma quei due, vivi o non-morti, sono sempre i soliti, vero? ^__°

Ad un passo avanti del gruppo fa da contrappeso questa nuova perdita... Tuttavia l'apparecchio di Giappone è stato ritrovato e perfettamente modificato: riuscirà America a guidare i compagni rimasti fino al tetto e porre fine a questo massacro di nazioni innocenti?

Continuate a seguirmi! E buon inizio d'estate! ^__°


PS: Ecco a voi qualche informazione sul “Bartitsu”, lo stile di lotta che ha adoperato Arthur! >>> https://it.wikipedia.org/wiki/Bartitsu

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Capitolo 7
*** L'attesa dell'orrore, l'orrore in attesa ***


Ehilà, cari lettori! Eccoci ritrovati ancora una volta al nostro appuntamento col brivido, la violenza, l'avventura e le grasse risate! XD

Mi auguro che questa fanfic vi stia donando tutto ciò e vi stia accompagnando alla grande mentre inizia la più grandiosa delle stagioni! *__*

Godetevela almeno voi che potete, io devo riservarne una bella fetta allo studio T__T Infatti come avete notato questo capitolo si è fatto attendere un po' di più e mi sa sarà così d'ora in poi...

Ma bando alla tristezza e alle ciance! È ora di mostrarvi cosa ha sfornato la mia vena horror, in particolare sono particolarmente contento del finale, ma poi mi direte voi... Uh uh uh!

Buona lettura a tutti!




Dopo una corsa forsennata, e ribaltata una scrivania contro le porte appena superate, le loro membra stanche non avevano potuto trovare altra accoglienza che il freddo pavimento, lì dove si erano fermati.

I loro cuori bussavano violentemente sui loro petti, come a implorare di uscire per darsela a gambe.

Era troppo, dovevano riposare, dovevano, se volevano digerire quei due bocconi amari l'uno dietro l'altro.

Anche nella disperazione del suo folle ed eroico gesto, Inghilterra aveva avuto la lucidità di pensare a loro: mentre si lanciava tra le fauci degli zombi aveva lanciato il tubo di Russia, distintosi anche nelle sue mani seppur per poco tempo, nella direzione in cui sarebbero fuggiti, dando modo così a Germania di raccoglierlo al volo mentre si allontanavano. Ma nessuno di loro non lo avrebbe scambiato volentieri per rivedere il loro amico...

Russia era scomparso e Inghilterra si era sacrificato per loro: le reazioni di ognuno rispettavano i diversi caratteri del gruppo eterogeneo e ormai in formato ridotto che erano.

“Al diavolo!” -sbatté a terra il pugno America- “Che razza di eroe sono se permetto che i membri del mio team vengano divorati uno ad uno?!”

“N-n-noi non saremo divorati... v-vero?” -tremò Italia stringendosi al forcone.
“No, Italia!” -si rialzò Alfred, sbraitando come non avesse il fiatone- “Adesso mettiamo fine a questa storia una volta per tutte!”
“Ma tu non eri quello che si stava divertendo?” -lo rintuzzò Germania.

“Si, ma... Sigh! Che senso ha se non c'è Inghilterra a guardarmi e rimproverarmi? Sigh! Non è più divertente così! Inghilterra... mi manchi già!”

<< Che tenero! >> -pensarono gli altri con gli occhioni luccicanti!

“Perciò alzate quelle chiappe e saliamo su quel dannato tetto!”

La voce di Germania arrivò come ad acchiapparlo per la collottola, prima si lanciasse nuovamente all'assalto: “Aspetta, America, capisco la tua rabbia, ma dobbiamo prima riprenderci! Siamo tutti esausti e soprattutto scossi per proseguire...”

“E sia...” -si risedette e addentò una barretta. Non aveva appetito, pensò che masticare qualcosa avrebbe contenuto il suo nervosismo.

Ancora più preoccupante del suo nervosismo però era il fatto che nemmeno Italia avesse appetito... Giappone dovette pregarlo di dare almeno un morso di lasagna, giusto per tenere alto il morale della truppa!

Kiku come sempre dava a vedere le sue emozioni meno di tutti, ma dopo le prime vittime, l'entusiasmo che lo aveva riscosso dal torpore della colpa era ormai scemato; aveva lasciato il posto alla paura di poter vedere qualcun altro dei suoi amici sparire e unirsi alle fila di coloro che volevano affondare le zanne su di lui. Non voleva che succedesse, ma stava facendo le mosse giuste affinché fosse così?

“Mi dispiace... Se solo vi avessi dato retta anziché cercare di terminare il lavoro a tutti i costi... Se fossimo fuggiti dalla sala... La colpa è tutta...”

Una gru che rispondeva al nome di Alfred Jones lo sollevò fino a non fargli sentire la terra sotto i piedi: “Non ricominciare tu! L'organico qui si è ridotto e non mi serve un un altro pappamoscia!”

“Ehi!”
“Non farci caso, Italia...”
“Quello di cui ho bisogno è di un Giappone che spacca culi zombi a suon di bastonate e karate! Puoi darmi quello di cui ho bisogno o no?”
“...... SI!”

Il grugno di America si addolcì in un fiero sorriso, col quale rimise a terra un Giappone di nuovo determinato! Soddisfatto della fighissima figura appena fatta, il leader aveva altre parole d'incoraggiamento da elargire ai suoi uomini!

“Ah, Italia, scusa se ti ho dato di nuovo del pappamoscia: ti ho visto sai mentre tagliuzzavi le chiappe di Polonia, è stato...”
Ad Italia si illuminò il volto: “Coraggioso?”

“No, spassoso! Ah ah ah! Se solo ci ripenso mi viene da ridere, ottimo per il morale in questo bel casino! Ti promuovo da pappamoscia a comico del gruppo! Contento?”

“Veee...” -mugugnò oscurandosi dalla contentezza...

“Non farci caso, Italia...” -si ripeté Germania, fissando poi il vuoto immerso nei suoi pensieri.

Metà del piano in fondo era andata, anche se a caro prezzo... Bisognava sperare che l'altra metà non richiedesse un prezzo ancora più alto...

Anche se un gran bietolone, America era forte e affidabile, e lo aveva dimostrato nel saper gestire Giappone e i suoi cali di fiducia. Quanto ad Italia, sapeva che nel profondo stava soffrendo più di tutti in quella situazione, e per motivi che non centravano direttamente con gli zombi... Non aveva nulla da dimostrare, avrebbe voluto dirgli, ma Italia, per quel che potessero pensare gli altri aveva anche lui il suo orgoglio: senza dir nulla, avrebbe continuato a proteggerlo e ad essere per lui quello che America era per Giappone.

Questi intanto dava una ricontrollatina al congegno: era robusto, ma con tutti quegli sballottolamenti a cui sarebbe andato incontro in loro compagnia, meglio assicurarsi restasse perfettamente funzionante.

“Siamo nell'ala ovest: qualcuno ricorda dove si trovano le scale?” -chiese finito il check-up.

“Io si.” -annuì Germania.

Già durante la marcia verso la sala riunioni avevano deciso di evitare l'ascensore per raggiungere i piani superiori: come tutti ben sanno, non bisogna mai prenderlo durante incendi, terremoti o altre situazioni d'emergenza... Figurarsi in una apocalisse zombi coi controfiocchi come quella!

“Ottimo, facci strada! Forza, muoviamoci, e mi raccomando, occhi aperti!”
“Si!”

Il gruppo si rischierò, pronto ad affrontare qualsiasi cosa sulla loro strada, o quasi: perché certe cose è davvero difficile aspettarsele... Non furono però gli occhi, bensì le orecchie a metterli sull'attenti, qualche passo dopo nella direzione indicata da Germania...

“Questa...”

“È musica?”

La voce di un pianoforte per la precisione.

Scale e arpeggi rientravano a pieno diritto tra le cose che non ti aspetteresti in una pandemia zombi, ma quelle note non sarebbero state piacevoli da ascoltare nemmeno in una situazione normale: al di là della perplessità che suscitavano con il loro apparire improvviso, il tono era lento, teso, carico d'angoscia, e riecheggiava nel silenzio venutosi ai creare nella desolazione a cui si era ridotto il loro bel palazzo.

“Sarà un'allucinazione...” -azzardò Alfred.

“Veramente la stiamo sentendo tutti...” -deglutì Giappone.

“Allora è un allucinazione collettiva! Voglio dire, quale tipo sano di mente in questo casino allucinante si metterebbe a suonare il piano?”

“Q-questa musica mi fa paura!”

Nessuna battutina, a voce alta o sottesa, si levò in risposta ad Italia, perché nessuno poteva smentirlo! Quell'inquietante apparizione sonora non era certo un toccasana per il loro morale appena risollevato e mai così precario.

“Ehm, Germania, sei sicurissimo che sia proprio questa la strada, vero? Sicuro sicuro?”
“Si...”

“... Bene... Allora... proseguiamo no?” -America però non sembrava più così ansioso di procedere come a un attimo prima! Chi meglio di lui sapeva che quella cosa faceva tanto film horror e sicuro non preannunciava nulla di buono?

Guardinghi più che mai, ascoltarono la triste melodia proseguire e farsi sempre più vicina. Era come se ad ogni colpetto sui tasti dello strumento corrispondesse un pizzico sui loro nervi tesissimi, come il brulichio di piccoli, pestiferi insetti sulla loro pelle d'oca. Quei suoni acuti presero a ricordar loro delle piccole grida, grida di terrore, come quelle che quei muri attorno a loro avevano strozzato da quando era iniziato il lungo giorno delle nazioni morte-viventi.

“S-s-sembra venga d-da lì...” -si esibì America in una imitazione di Italia, indicando di fronte a loro la porta della ludoteca.

“L-la porta è socchiusa...” -fece notare Giappone.

Da essa vi fuoriusciva quella musica misteriosa e una fosca penombra, interrotta dall'intermittente, sinistro bagliore di una lampada mezza fulminata.

Quella melodia era come un canto di sirene e loro i naufraghi con un appuntamento con l'ignoto.

“Ehm, gente, non è che dobbiamo andare a controllare per forza, sapete?” -sorrise America, paonazzo come un fantasma.

“Però...” -osò Italia, ben coperto dalle spalle di Germania- “P-potrebbe anche essere qualche sopravvissuto.”

Per quanto anche lui desiderasse allontanarsi da lì il prima possibile, la coscienza di Giappone gli impedì di non essere d'accordo: “In effetti... E se fosse qualche disperato in cerca di aiuto?”
“E non poteva mandare un sms, accidenti?! Con questo concerto mi ha fatto venire una fifa del cavolo!” -si sfogò America!

“Potrebbe essere Austria: l'ho fatto mettere lui il pianoforte in sala ludica.” -suggerì Germania, mentre quel sottile spiraglio continuava a chiamarli con la sua soave e macabra cantilena.

“Si, ma... Che “tipo” di Austria sarà?”

“V-volete davvero andare a controllare?”

“C-chi va avanti?”

“Decidiamo alla morra?”
“Ve, America, tu sei il più coraggioso di noi, non dovresti...”
“CHIUDI IL BECCO! Come comico non fai ridere affatto con certe battute!”

Il primo a scrollarsi il piombo dai piedi fu Giappone, che accettò di andare primo a patto di avere le spalle ben coperte: America, Italia e Germania gliele stavano coprendo così bene, rintanati dietro di lui, che di fatto lo stavano spingendo avanti nell'antro della bestia!

Giappone aprì lentamente la porta con la punta del suo bastone e la sua testa fece capolino insieme a quelle di tutti gli altri dietro di lui.

La ludoteca era stata messa su, col contributo di ciascuno, come luogo di relax tra i loro mille impegni di nazioni: nessuno avrebbe mai creduto sarebbe potuto diventare così ansiogena! Era una stanza rettangolare, solitamente luminosa, ma con le veneziane tirate giù era poca la luce che vi filtrava, e la penombra era rotta dal lampeggiare di una delle lampade, ronzante sopra le loro teste. Una delle comode poltroncine era ribaltata, ma per il resto era tutto in perfetto ordine.

Il piano, a coda, si trovava nell'angolo di sinistra, proprio accanto a uno dei finestroni chiusi e oscurati. Il pianista, che proseguiva imperterrito nella sua esibizione, dava loro le spalle ma dalla sagoma, la giacca blu e la capigliatura era abbastanza riconoscibile.

Il gruppetto, serrato come una testuggine, avanzò in punta di piedi e si arrestò a metà strada tra la porta e il pianoforte. La melodia raggiunse il suo apice, la sua massima tensione, e America non poté che ammettere che come colonna sonora era tremendamente azzeccata.

“Saprà che siamo qui?” -domandò sottovoce Giappone.

“Ho l'impressione di si...” -preparò il tubo Germania.

“Perché non si gira?” -chiese Italia, sollevando le punte tremolanti del suo forcone contro l'ostinato musicista.

Il ritmo prese gradualmente a rallentare...

America deglutì.
“Austria?” -lo chiamò.

Le dita si fermarono su un ultima acuta, cristallina nota.

Tutto parve congelarsi; poi l'austera figura iniziò a girare il capo...


“AH AH!”


“UAAAAAAAAAAAAAAAARGH!” -il cacofonico urlo di terrore dei quattro fece sobbalzare lo stesso Austria!

Giappone ebbe un riflesso e mollò un colpo di bastone sulla zucca di Alfred, e a Germania non andò meglio, punto inavvertitamente sul sedere da Italia!

E intanto zombi-Prussia continuava a ridersela!

“Allocchi! Siete caduti nella nostra trappola! Preparatevi a finire male!”

Austria, rivelatosi zombi a sua volta, si riaggiustò gli occhiali che avevano rischiato di cadergli dal naso quando era sobbalzato: “Prussia...” -cercò di tenersi posato per quanto possibile- “Quando si organizza una trappola di solito non ci si preannuncia in questo modo, si attacca e basta...”

“Tsk, si vede che non ci sai proprio fare tu! Che senso ha se non sanno che a coglierli di sorpresa e a divorarli è stato il magnifico me?”

“Tanto per cominciare non è nemmeno più una sorpresa se te ne esci in quel modo...”

“Fratello...” -mormorò Germania trovandosi davanti Gilbert coi vestiti laceri e due scie di sangue colanti dalle orbite lunghe le guance.

A dispetto del suo sgomento però, Prussia sembrava un po' occupato per corrispondere all'attenzione che gli stava dando...

“Il piano è mio, no? Quindi lo conduco come piace a me!”
“E io che ti do pure retta... Il mio diversivo era da manuale, e tu hai rovinato tutto! Dovevi saltare fuori alle loro spalle e morderli, e basta! Semplice, no?”

“Non sono mica uno zombi vigliacco come te! Io non ho mica paura di loro, sono loro che avranno troppa paura di me per reagire! Infatti guarda come sono terrorizzati! Specialmente Italia!”
“Oh, per favore! Non ci vuole niente a terrorizzare Italia...”

“EHI! LA VOGLIAMO FINIRE?!?” -sbraitò il poveretto, mentre Germania si allontanava da un passo da lui e dal forcone...

“La prossima volta fallo tu quello che assale allora!”
“Come se tu sapessi orchestrare un esca altrettanto efficace e inquietante a un tempo!”

“Inquietante? Ma chi diavolo ha paura di un po' di musica inspiegabile in un palazzo devastato dagli zombi?”

America alzò la mano.

“Se mi avessi spiegato che intendevi questo non avrei mai accettato di prestarmi a questo tuo ennesimo spettacolino per metterti in mostra!”

“Se tu facessi meno storie staremo già banchettando con le loro carni!”

Austria si alzò furioso dallo sgabello: “E se tu fossi meno megalomane ora non sarebbero in guardia pronti a difendersi!”

“Credi che avranno qualche chance contro il magnifico sottoscritto potenziato in zombi?”

“Avresti bisogno di un potenziamento al cervello piuttosto!”
“Saccente di un damerino rompiballe!”
“Colossale testa di cavolo!”

“......”

I quattro avevano assistito all'intera discussione come si assiste a una partita di tennis.

L'imbarazzante silenzio che ne era conseguito venne infine rotto dal suono della mano di Germania che batteva sulla sua fronte: “Voi due siete cane e gatto pure da zombi...”

“ADDOSSO!”

Al segnale di America, i due vennero pestati, immobilizzati, rinchiusi dentro il pianoforte e per finire, sollevato a forza di braccia il flipper, ce lo piazzarono sopra in modo non potessero tirarsi fuori!

<< Fratello, fammi uscire! Te lo assicuro, essere zombi è fighissimo, fidati! >>
“Ehi! Io sono una vera autorità in ciò che è figo ed essere zombi NON è figo!” -ribatté piccato America.

“Ti farò uscire... Quando ti avremo reso nuovamente normale, insieme a tutti gli altri nostri amici.”

Puoi giurarci che ci riusciremo, aggiunse nella sua mente.

“Credete possa esserci qualcosa di utile in questa stanza?” -si guardò intorno Giappone.

“Non saprei...” -Germania fissò il bersaglio appeso alla parete- “Dubito che le freccette farebbero loro un danno apprezzabile.”

“Qui c'è una tracolla!” -la raccolse Italia dallo scaffale dei giochi di carte e di società- “Possiamo usarla per trasportarci qualcosa e alleggerirci le tasche.”

La voce squillante di Alfred li fece girare: “Oh oh! Guardate che c'è qui, ragazzi! Questa è la corda che abbiamo usato per il tiro alla fune all'ultimo picnic dell'estate scorsa! Quella tracolla capita a fagiolo, possiamo portarcela lì dentro!”

“Ma a che ci serve una corda?” -chiese Italia porgendogliela.

“Ma come? Non lo sapete che in tutte le avventure che si rispettino serve una corda?”

“No...” -echeggiarono i tre.
“Fidatevi, se ci troviamo come un film, e così è stato finora, ci tornerà utile prima o poi! Ah ah ah!”

Scrollarono le spalle: meglio seguire i consigli dell'”esperto”, si dissero, che già che c'era stava mettendo in saccoccia pure dei dadi, i bastoncini dello shangai, un mazzo di carte e un pupazzetto con la testa molleggiata...

Il gruppetto uscì così dalla sala, con Italia per ultimo a socchiudere la porta, lasciando il pianoforte solo soletto coi suoi due ospiti.

<< Direi che ci è andata in maniera oserei dire... magnifica! >>

<< Ah, sta zitto! >>


“Bene, le scale sono lì in fondo.”
“Yeah!”

Giappone tastò il borsello preso ad Australia dove conservava il congegno modificato, come a rassicurarsi, e, sorridendo, seguì gli altri.

Italia si avvicinò a Germania: “Tutto a posto?” -chiese dopo qualche attimo di indecisione.
“Se ti riferisci al fatto che ho appena visto mio fratello zombificato attentare alle nostre vite, si, sto più o meno bene.”

Italia sospirò: “Come ci riesci? Al tuo posto io...”
“Sciocchezze, è ovvio che mi ha fatto male, solo... Ammetterai che in quello stato non è sia stato chissà che visione scioccante... Credo con altri intorno avrei fatto finta di non conoscerlo...”

Italia ridacchiò e Germania lo imitò quasi subito.

“Germania, sappi che farò del mio meglio anche per Prussia!”

Non sapendo cosa dire, il biondo lo ricompensò semplicemente con una pacca alla spalla.

“Umpf, ci conto, Italia.”

“C-certo! Assolutamente!”

America non perse l'occasione di salire per primo il primo gradino: “Un piccolo passo per una nazione, un grande passo per la salvezza dell'umanità!”

Giappone gli regalò un modesto applauso.

“Coraggio, gente!” -alzò il dito- “La strada adesso è tutta in discesa, o dovrei dire in salita? Ah ah ah!”

“......”
“... Andiamo!”

Freddure allucinanti a parte, America aveva ragione: non era detto che non avrebbero fatto spiacevoli incontri su quei gradini, ma quella era la via più breve per il terzo piano: una volta lì, trovato l'accesso al tetto, tutto sarebbe finito. Con un po' di fortuna, la scalata sarebbe stata la loro ultima prova.

Gradino dopo gradino pregarono silenziosamente che tutto andasse liscio, peccando forse di eccessiva sicurezza o ottimismo: non immaginavano che nel loro lungo e aspro percorso avevano commesso peccati ben peggiori che si sarebbero trovati a dover espiare.

Due rampe dopo, i quattro raggiunsero il pianerottolo del primo piano.
America, che procedeva in testa, sollevò la mano libera per fermare gli altri, che subito seguirono il suo sguardo sollevato.


Le scale per il secondo piano erano appena di fronte a loro: in cima alla prima rampa una sagoma, immobile, ad attenderli.

Il sole aveva iniziato a calare e la sua luce d'arancio brillava dalle finestre alle sue spalle, adombrandola e abbagliandoli.

“Quella è...”

“Ma come ci è arrivata qui?"
La Lily che avevano lasciato tramortita in una stanza del piano di sotto in qualche modo ora si parava dinanzi a loro, sovrastandoli col suo sguardo fisso e vitreo, ancora graziosa quanto temibile, consunta nei vestiti e nel corpo, che essi stessi avevano contribuito a sfregiare con i segni delle percosse sulla piccola fronte su cui ricadevano, disordinati, i suoi capelli paglierini.

Pur guardinghi, i sopravvissuti erano più che altro immobilizzati dalla sorpresa, confusi dal silenzio e dall'impassibilità della ragazzina zombi: non faceva altro che guardarli, inespressiva, le piccole labbra cianotiche appena un po' dischiuse, come in una trance che faceva della sua un'apparizione quasi angosciante.

Venne naturale pensare li stesse aspettando, e, ancora una volta a malincuore, erano pronti a farsi strada con qualsiasi mezzo attraverso qualunque ostacolo.

Non sapevano però che non era lei, che avevano trovato lì ad accoglierli, ad essere in attesa.

Un rumore di passi fece aguzzare loro le orecchie, un istante dopo tutti alzarono ancora un po' lo sguardo: stava arrivando qualcuno, scendendo le scale con passo misurato.

“......”
L'apparizione fu così tremenda che America non riuscì nemmeno ad imprecare, per quanto lo desiderasse. Sarebbe stata un imprecazione di quelle da manuale, di quelle della scena in cui tutto stava andando a meraviglia e poi i protagonisti si ritrovano nel fango fino al collo (per non dire di peggio...)!

Germania sgranò gli occhi e prese a sudare freddo.

Apparvero lì in alto dapprima i suoi stivali neri, poi la sua giubba verde, mancante di tutti i bottoni e tormentata da segni di morsi, poi capelli dell'identico colore di quelli di lei.

Giappone arrossì, rammentando il suo comportamento con la piccola Liechtenstein, alquanto duro anche se dettato dall'emergenza...

Italia si sentì svenire: non era solo Svizzera inferocito; non era solo Svizzera in versione zombi inferocito...

Era uno zombi-Svizzera inferocito al quale avevano pestato la sorellina!

“Grrrrrr....”

La trasformazione gli dava un aspetto decisamente meno altezzoso, curvandogli le spalle, piegandogli le ginocchia e lasciandolo con le braccia penzoloni.

Peccato al termine di quelle braccia, in apparenza flaccide come prive di vita, impugnasse due pistole mitragliatrici Uzi!

Lo sguardo della piccola zombi continuava a fissarli senza espressione né emozioni; quel che aveva per loro era giusto una domanda.

“GRRRRRRRRRR!!!”

Davanti al ringhio digrignato e gli occhi strabuzzati di suo fratello, più indemoniato che zombificato...


Chi erano i veri morti lì?


America prese fiato: “OH, PORC...”


Un urlo, e le cataratte dei suoi mitra iniziarono a rovesciar loro addosso un diluvio universale di piombo.




Ora ditemi, non è un finale di capitolo terrificante? MUAHAHAHAHAH!

Quanto sognavo di scrivere finalmente questa scena *__* Quando l'ho immaginata la prima volta mi sono sentito gasatissimo, spero abbia gasato tanto anche voi!

L'ottimismo è bandito nel mezzo di una apocalisse zombi: la via non è affatto in discesa, anzi, sembra più in salita che mai ora! Potranno i nostri eroi superare anche questo ostacolo armato fino ai denti? Continuate a seguirmi! E buon proseguimento d'estate! ^___^


PS - Ecco le Uzi di Svizzera XD: https://it.wikipedia.org/wiki/IMI_Uzi

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Capitolo 8
*** Un'insperata riunione ***


E rieccomi, cari lettori estivi! Vi state godendo il caldo e la spensieratezza della bella stagione? Fatelo anche per me allora! XD

Ma tra esami incombenti e libri che non si trovano ho comunque tempo per pensare anche a voi, contenti? ^__°

La comparsa del più spaventoso Svizzera di tutti i tempi avrà fatto saltare dalla sedia molti di voi: come potranno i nostri affrontare un ostacolo simile? La vetta è tutt'altro che a portata di mano, e questa tragica avventura riserverà ancora molte sorprese! Buona lettura a tutti!




I loro riflessi avrebbero meritato una medaglia d'oro quel giorno.

Forse era stato solo il fatto che la zombificazione gli avesse rallentato i movimenti se non erano già ridotti a poltiglie bucherellate. Quale che fosse la ragione del miracolo, erano tutti e quattro ancora illesi, nascosti come topi da stanare alcuni gradini più in basso nella tromba delle scale, acquattati al riparo dietro l'angolo della parete, che li celava alla vista dalla sua posizione.

Più che acquattati schiacciati, poiché come solo America provò a sollevarsi di un po' sulle ginocchia per valutare la situazione, una sventagliata gli ronzò a pochi centimetri dall'orecchio, scolpendo un altra decina di buchi sul muro opposto.

“CAZZO!” -quando ci voleva ci voleva.

I quattro strisciarono giù di qualche altro gradino, mentre le raffiche sopra le loro teste non conoscevano riposo e imbrattavano i loro capelli e vestiti con polvere e calcinacci. Ancor più spaventose erano le urla di Svizzera stesso, che riuscivano addirittura a coprire il frastuono delle sue armi arroventate, ansiose di darsi alla pittura facendo schizzare le loro cervella come solo avessero accennato a mostrare un mignolo.

“Italia, ricordi quando non sei riuscito a reagire contro Lily?” -fece Giappone, che ancora stringeva tra le mani, ora non senza imbarazzo, la mazza con cui le aveva tumefatto la povera testolina- “Ecco, col senno di poi inizio a pensare non fosse una mossa tanto sbagliata...”

“Svizzera se solo ti vede parlarle ti riempie di occhiatacce, e noi l'abbiamo addirittura... Sigh! Ci distruggerà! Ci annienterà!” -piagnucolò Italia con la testa tra le mani.

Non vale, pensò America, a loro le mazze da baseball e le forchette e a lui le mitragliatrici! Certi zombi non avevano il senso della sportività, e nemmeno della misura considerato il volume di piombo che pioveva loro addosso! Indispettito, gli tirò contro i dadi che aveva raccolto in ludoteca e una bottiglietta d'acqua mezza vuota (non proprio granché come munizioni...), ma naturalmente non si sporse a controllare i risultati del gesto, mentre già sibilava sopra la sua testa una nuova raffica.

“Che demonio! Ma prima o poi li finirà i proiettili, no?”
Germania strinse i denti: “Stiamo parlando di Svizzera: per quanto ne sappiamo potrebbe avere addosso un intero arsenale!”

“Maledizione, non possiamo salire un gradino di più!”

“Ci tiene completamente bloccati qui, come facciamo ad salire ai piani superiori?”

“Bel problema...”

“Q-q-questo non è l'unico problema!” -balbettò Italia tirando un paio di loro per i vestiti, spingendoli a guardare in basso.

Ai piedi delle scale su cui si trovavano era appena apparsa una figura avvolta in un mantello nero con una bombetta sulla testa. Con le proprie sembianze così celate, la misteriosa figura si arrestò ai piedi del primo gradino, e, senza svelarsi, fece udire la sua profonda, malvagia risata, da pelle d'oca.

“Uh uh uh, tremate, o misere creature del giorno! Tremate dinanzi a un orrore come non l'avete mai visto! Una creatura due volte più tenebrosa e maligna di quanto non già fosse! Dall'unione di due delle più grandi paure dell'uomo, giunge ecco a voi...”

Con drammaticità, aprì il mantello con una gesto ampio e teatrale quanto il suo modo di parlare!
Ed eccolo in tutta la sua nobiltà e il suo potenziato pallore: “Il conte Romania! Lo zombi-vampiro! Rabbrividite, mortali! MUAHAHAHAHAHAHAH!

“......”

Dall'alto una scarica di mitraglietta fu l'unica risposta che gli giunse.

“... EHI! Ma perché non rabbrividite?!” -gemette deluso il povero conte.
America scrollò le spalle: “Oh, sai com'è, abbiamo a che fare con cose peggiori al momento...” -indicò col pollice alle sue spalle.

“E abbiamo già visto altre cose peggiori, suppongo...” -accennò Germania alla zombi-Bielorussia, e tutti annuirono.

“Ma-ma-ma... Sono uno zombi-vampiro, credevo...”

“Dai, Romania, non te la prendere, per me resti sempre spaventoso.” -gli sorrise gentilmente Italia... Cosa che gli fece ancora più male! Altro che farli morire di terrore!

“Sigh!” -Romania si accasciò in una depressione cupa come il letto-bara dove dormiva la notte- “Il mio povero orgoglio di creatura delle tenebre...”

“Su su, la concorrenza è spietata da queste parti.” -lo tirò su anche America.

“Ah, si?” -ebbe allora un moto di reazione il conte- “Beh, lo vedremo! Anzi, lo vedrete! Adesso vi faccio vedere cosa è in grado di fare un vampiro-zombi di prima classe! Imparerete che vuol dire doppia razione di spaventi e di morsi! Eccomi che arrivo!”

Facendo echeggiare la sua terribile risata e aprendo il mantello come le ali di un pipistrello, lo zombi-vampiro-Romania prese a saltellare su per i gradini verso di loro!

In quel frangente, i quattro un po' di paura la ebbero... Ma ne bastò uno solo di loro, Giappone, che coordinatosi coi movimenti della creatura delle tenebre che saliva, scese due gradini per venirgli incontro, e mollò un calcio laterale con perfetto tempismo che lo prese all'addome scagliandolo prima in aria e poi giù per le scale, sui cui freddi e durissimi gradini di marmo rotolò giù con rumore d'ossa rotte, presentandosi infine al pavimento come una poltiglia dolente avvolta in un mantello nero.

“Oh oh, tostissimo, Giappone!” -esultò America.

Germania però non riusciva ad essere altrettanto allegro: “Potrebbero... Anzi, di sicuro ne arriveranno altri.”

Aveva ragione: se non riuscivano a sentire i loro gemiti e i loro passi pesanti avvicinarsi era per i proiettili che continuavano a piovere sopra di loro!
“Veee, ma allora che facciamo?!”

Scappare finché erano in tempo? Ma ci erano andati così vicini. Il loro leader si mordeva le labbra al pensiero che sarebbe bastato aprirsi un varco davanti a sé in quale modo, qualunque modo, per mettere la parola fine a quel massacro. Cosa non avrebbe dato pur di sapere come fare.

“Forse se provassimo a far ragionare Svi...”

America si morse la lingua e si turò le orecchie all'arrivo di un'altra raffica, seguita da un urlo d'ira mostruoso e ancora più forte!
“Scusate, lo so, era una cavolata...”

Parlamentare con una belva inferocita dal desiderio di vendetta... Per chiedere cosa poi? Che posasse i mitra e provasse ad azzannarli da bravo, classico zombi? Non aveva niente a che vedere con i pesci piccoli pestati a ripetizione fino a quel momento: Svizzera, nella sua “Classificazione Alfred Jones degli zombi” era decisamente un “boss di fine livello”, di quelli grossi, brutti e cattivi che ti tengono inchiodato giorni a perdere vite su vite maledicendo la console; sfortunatamente nella vita reale ne bastava perderne una per essere fuori dai giochi... definitivamente...

“Ragazzi!”

Il grido di Italia lo ridestò: gli zombi erano arrivati e stavano iniziando ad assembrarsi ai piedi delle scale, tagliando loro la via della fuga: di certo era stato proprio il frastuono che proveniva da lì a farli accorrere.

“Aru...” -lo zombi-Cina, preoccupato, diede una scossetta all'indolenzita marmellata di conte-zombi-vampiro lì per terra, il cui mantello sembrava più un pietoso sudario per coprire il suo stato indecente- “Tutto a posto?”

La cadaverica mano di zombi-Romania, tremante, uscì dal mantello e indicò i quattro: “Mangiateli crudi!”

“Aru!”

Il che veniva anche senza dirlo...

“Se non possiamo vendicarci di Russia, allora ci vendicheremo di coloro che se lo sono perso e ci hanno impedito di vendicarci di lui!” -proclamò zombi-Lettonia

“Si!”

“All'attacco!”
“Fate attenzione!” -incitò gli altri Germania mettendosi in guardia e piantando i piedi sui gradini- “Dobbiamo resistere!”

Alfred e Feli gli si affiancarono per formare come una falange. Per fortuna avevano a disposizione un arma a più ampio raggio con cui rallentarli: mulinando e spingendo minacciosamente avanti le punte del suo forcone, anche se con fare incerto, Italia riusciva a rallentare l'impeto degli zombi in arrivo, rendendoli meno famelici e più guardinghi. Potevano anche essere morti ambulanti adesso ma essere pestati o infilzati faceva lo stesso un male cane, e alcuni di loro già lo avevano provato sulla propria fredda, marcia pelle!

“I-indietro!” -intimò Italia non riuscendo per poco a graffiare il naso di zombi-Spagna che indietreggiò.

Provò ad approfittarne zombi-Thailandia per lanciarsi avanti con più slancio, ma venne rispedito al mittente con parecchi denti di meno e un paio di occhiali ormai da buttare da una tubata di Germania in pieno volto. Ma per tenersi pronto ad un nuovo assalto, il biondo indietreggiò cautamente salendo due gradini, ma ciò che l'adrenalina gli aveva fatto dimenticare glielo fecero ricordare il frastuono degli spari, e dei calcinacci che gli schizzarono nell'occhio destro, accecandolo.

“Fate attenzione! Non salite di un passo!” -gridò Giappone.

America volle provare ad imitare l'amico asiatico, menando un calcio frontale allo stomaco di zombi-Lituania: molta meno perfezione tecnica nel gesto, ma decisamente altrettanta violenza ed efficacia. Lo zombi appena colpito infatti si trascinò dietro i fratelli e gli altri che sopraggiungevano per attaccare, innescando una rovinosa caduta a catena (di cui fece le spese il povero zombi-Romania che si era appena rialzato...).

“Germania, stai bene?”

“Si, Italia... Sto bene...” -si rialzò con gran sollievo, pulendosi l'occhio.

Così non sarebbero andati da nessuna parte, e restare lì voleva dire essere spacciati. Giappone, miracolosamente ancora lucido, rifletteva con sconfortante realismo sulla loro situazione disperata. Piuttosto che aprirsi con le unghie e con i denti un varco in quel muro di zombi, per giunta nello stresso passaggio della scala, ragion voleva che dovessero fuggire per la via meno affollata, che, sfortunatamente, era anche la più pericolosa. Ma se nessuno faceva qualcosa, e subito, la loro gloriosa avventura al salvataggio della terra, tanto cara ad America, sarebbe finita lì, miseramente, su quei gradini.

E chi se non lui, che aveva sostituito al fastidioso quanto innocente odore di salsa barbecue, spaghetti e profumi quello dell'aria mortifera dell'alba dei morti viventi? Già Inghilterra aveva indicato la strada da seguire nella disperazione: doveva seguire il suo esempio.

“So io come fare...”
Il volto di America, si illuminò: “Davvero, Giappone?”

Si spense altrettanto velocemente quando si sfilò il borsello che conteneva il congegno, porgendoglielo.

“Italia, per favore, facciamo a cambio: prendi tu il bastone.”

“V-va bene...” -perplesso, come era stato America a prendere il borsello, Feli gli passò il forcone.

“Ascoltatemi, vi creerò un diversivo in modo che possiate proseguire sulle scale fino al tetto. Non appena Svizzera mi sarà venuto dietro, non pensateci due volte e correte, intesi?”
America mostrò un imperioso gesto del time-out: “Frena! Che cavolo ti sei messo in testa?! Vuoi farti rincorrere da Svizzera? Ti ridurrà un colabrodo!”

“Ho un piano, e poi è l'unico modo.”
“Ma-ma Giappone...”

“Italia” -lo interruppe- “Germania, America... fidatevi di me e andate.”

Germania non riusciva a crederci: con la coda dell'occhio vedeva gli zombi che avevano ricominciato a trascinarsi verso di loro, chi sulle gambe morte malferme, chi strisciando sui gradini; e davanti a sé, il suo amico che voleva fare da agnello sacrificale. Strinse i pugni: come si fa a non fidarsi di qualcuno che ti ha appena chiesto di salvare il mondo al posto suo, e che continua a guardarti con uno sguardo simile. Deciso, senza il minimo dubbio, votato al sacrificio per gli altri.
Guardò America, anche se non era da lui, sperando che nella sua candida ingenuità continuasse a cercare di farlo desistere.

“......”

Quando lo vide imbracciare la borsa con la loro salvezza, ebbe chiaro che persino lui aveva compreso, e che avrebbero dovuto fare altrettanto anche lui ed Italia, che girava anch'egli lo sguardo da uno all'altro, sperando che qualcuno si decidesse ad uscirsene che era tutto un bruttissimo scherzo.

America guardò Giappone e sollevò il pollice: “Ehi, guarda che quando hai finito di giocare a zombi e ladri poi devi tornare da noi!”

L'amico gli sorrise di rimando ed annuì.

“Fai attenzione...” -si rassegnò Italia con voce rotta.

“Fate attenzione anche voi!”

Un gemito affamato li ridestò.

Alzarono gli occhi e videro zombi-Cina pronto a scagliarsi su di loro approfittando della loro distrazione. Non aveva però fatto i conti con i fulminei riflessi di un Giappone in modalità eroica!

<< ZAC! >>

“ARGH!”

Stringendo i denti e facendo forza sulle ginocchia, Giappone, infilzato lo zombi-Cina lo issò per aria come un oliva su uno stuzzicadenti!

“Spostatevi!”

Italia, Germania ed America, increduli, si appiattirono alle pareti, cercando di distanziarsi il più possibile dalle mandibole del millenario non-morto dal codino, il quale però aveva più voglia di capire cosa diamine gli stesse accadendo piuttosto che di mordere alcunché!

“E-ehi! Ahi! Aru! M-ma che stai facendo? D-dove mi porti?”

Giappone si voltò verso il team e alzò a sua volta il pollice.

Terminati i saluti, entrò in scena.

“EHI!” -gridò a pieni polmoni, provando a immedesimarsi nel suo amico occhialuto- “EHI, TU! CIOCCOLATTAIO DA DUE SOLDI COL GRILLETTO FACILE!”

“UH?!”

Tra violenze all'amata sorellina e insulti di cattivo gusto, zombi-Svizzera era talmente disgustato e incavolato che abbassò le armi per lo shock!

Giappone (con zombi-Cina impalato sul forcone...), con terrificante sprezzo del pericolo come quello del domatore nella gabbia delle tigri, o quello di chi porta la fidanzata al centro commerciale per i saldi, uscì dal riparo offerto dal muro, mostrandosi a lui a petto fiero e scoperto.

“Sai chi sono io?” -continuò a schernirlo- “Sono quello che ti ha pestato la sorellina! Si, esatto! L'ho picchiata io, in quattro stili marziali diversi! Che vuoi farmi adesso, eh? Fammi vedere!”

Zombi-Lily abbassò lo sguardo, e tanto bastò perché la molla scattasse!

“GRRRRRRRRRRRRRRR! AAAAAAAAAAAAAAARGH!”

Questo non era un piano, era pazzia, pensarono gli altri!

Lo zombi puntò le sue armi, ma nella sua pazzia, Giappone si era ricordato di portarsi dietro un scudo...

“ARU?!”

Quando arrivò la pioggia di pallottole, Giappone fece di nuovo leva sull'asta del forcone, e, benedicendo una volta tanto la sua piccola statura, si piazzò al riparo dietro il corpo di zombi-Cina.

AHIO! AHIO! AHIO! Oh... Ora ho capito...” -fece quest'ultimo digerendo come nulla fosse tanto di quel piombo da far restare stecchito un esercito!- “Bella pensata davvero! AHIO! Tsk! Dì la verità ce l'hai ancora con me per quella faccende delle isole contese? O è per quell'action-figure che ho fatto cadere? Ti avevo chiesto scusa!”

“Non è il momento, va bene? Non rinvangare!”

La rabbia per quell'episodio cascava a fagiolo: avrebbe accresciuto la sua forza e determinazione nel portare a termine il suo diversivo! Le braccia erano già tutte indolenzite, non solo per lo sforzo di tenere sollevato lo “scudo”, ma anche per il contraccolpo che subivano quando i proiettili andavano a segno. Era probabile che l'asta del forcone si spezzasse da un momento all'altro, quindi doveva fare in fretta.

Giappone si sporse appena dal fianco di zombi-Cina: “Beh, tutto qui? Che devo fare per farti fare sul serio, prendere a bastonate anche te?”

“GRRRR!”
“AHIAHIAHI!” -gemette di nuovo zombi-Cina, con la schiena ridotta a groviera svizzera. Una vera fortuna per lui che fosse un non-morto, e per Giappone che, lagne e rischio di morsi ad avvicinarsi troppo a parte, fosse un eccellente riparo.

“Avanti, fatti sotto! Avanti!” -continuò ad aizzarlo mentre scivolava prima piano verso il grande androne che si apriva a destra, per poi cominciare a correre, tenendo la schiena ben “coperta”...

“Aru! Infilzato, sparato, sballottato... Che dolore! Giappone me la pagherai! Mettimi giù!”

“Grrrr! Grargh!”

Cieco adesso a qualsiasi altra cosa si muovesse non fosse quel maledetto occhi a mandorla, zombi-Svizzera innestò altri due caricatori (gli ennesimi...) e si lanciò giù per le scale, imitato dalla sorellina tenendosi lievemente alzata la gonna del vestitino per non inciampare.

<< Bravo, vienimi dietro! >>

I due fratelli sparirono così all'inseguimento nel corridoio, e America, alzando lo sguardo vide la via nuovamente sgombra.

Avevano avuto un bel da fare i tre rimasti a mantenere la posizione, tra Germania che ancora non vedeva bene dall'occhio destro, e Italia che per la foga rischiava di tirare bastonate a vanvera anche ai suoi compagni!

<< Ce l'hai fatta Giappone... Sei un grande, l'ho sempre saputo! >>

Affidò la sua ammirazione per l'eroismo dell'amico e la sua preghiera di rivederlo presto sano e salvo alla sua mazza, con la quale segnò un fuori campo con la testa di zombi-Portogallo.

Appena in tempo, erano sul punto di esaurire le forze, e quelle che rimanevano sarebbero state ora bene impiegate!
“Bene, ragazzi, dobbiamo andare, ora!”

I tre voltate le spalle agli zombi scattarono ad ampie falcate, bruciando gradini, fino al pianerottolo del primo piano e poi dritti filati ancora più su: con le ali ai piedi fino al tetto!

“ANDIAMO! CORRETE! CORRETE! CORRETE! CORRE......te...”

Girato l'angolo, l'adrenalina li aveva subito lanciati su per la rampa, prima di accorgersi del comitato di benvenuto ad attenderli in cima.

Le gambe si rammollirono, a stento riuscirono a evitare crollassero.

Un'altra, numerosa schiera di minacciosi zombi si ergeva sul ciglio del pianerottolo del secondo piano, ad occludere completamente la via allo sguardo e alle speranze.

Tante facce nuove, tra cui zombi-Corea, la memoria del cui grido disperato al cellulare di Kiku riecheggiò nelle loro menti accapponando loro la pelle.

Aveva cercato di nascondersi, ma lo avevano trovato, e ignorate le lacrime gli avevano strappato la palpebra sinistra e la carne della spalla, ed ora eccolo ergersi lì con l'impulso incontrollabile di divenire carnefice a sua volta.

Il più inquietante di tutti però era il ben più robusto zombi-Cuba, che laddove gli altri morti viventi li puntavano con gelida inespressività, egli invece li scrutava sornione dall'alto in basso.

La guancia destra mancante gli metteva allo scoperto tutti i denti di quel lato, tra cui mordicchiava uno dei suoi prelibati sigari.

“Uh uh uh, bene bene... Guardate che bel gruppo di gringos che abbiamo qui!”

America deglutì quando soffermò il suo sguardo proprio su di lui.

Gli sputò il sigaro addosso.

Si sgranchì le nocche: “Hola, pendejo...”

“VIAAAAAAAAA!”

Non sarebbero rimasti lì ad aspettare altri insulti o che si decidessero ad attaccarli. Piombarono giù per le scale, di nuovo sui loro passi, al doppio della velocità con cui erano saliti. Troppo spaventati per girarsi e ammirare l'orrendo spettacolo che dietro le loro spalle si preannunciava con urla e ringhi inumani, troppo sconfortati per affrontare anche una zombi-mosca: Giappone si era sacrificato per loro, e non era servito a nulla.

“Di qua!”

D'istinto America si lanciò nella stessa direzione in cui Giappone aveva condotto via zombi-Svizzera, e gli altri due lo seguirono con prontezza, poco prima di restare nuovamente chiusi in una tenaglia zombi.
Quelli che infatti provenivano dal piano terra stavano intanto sopraggiungendo al primo piano proprio in quell'istante. Il piccolo e idrofobo Zombi-Lettonia si era lanciato su di loro dall'ultimo gradino come un coccodrillo sulla riva di un fiume, provando a chiudere i denti sulle caviglie di qualcuno di loro...

“EEEK!” -Italia riuscì a scansarlo per miracolo con un buffo saltello, rischiando però d'inciampare subito dopo.

“Italia!”

Allungò la mano e Germania gli afferrò il polso, tirandolo con sé in un ennesima disperata fuga.

Ma quanto ancora potevano correre? Le ore trascorse a fuggire e combattere iniziavano a farsi sentire, e il più stanco di tutti era Italia, che malgrado gli incoraggiamenti di Germania continuava a perdere terreno. Stanchi fisicamente e mentalmente, scossi nel morale, il decimato gruppo dell'Apocalisse era decisamente al limite. Nessuno di loro osava voltarsi indietro, per paura di scoprire quei mostri ben più vicini di quanto credessero.
Percorsero allo stremo delle forze tutto il corridoio fino a trovarsi di fronte a un bivio a “T”.

“Da che parte?” -chiese Germania quando furono in vista della scelta.

America non ne aveva la minima idea, ma un capo non l'avrebbe ammesso mai e poi e mai: “A sinistra!” -si buttò a caso.

Passarono l'angolo ritrovandosi davanti l'ennesimo corridoio, da percorrere con le ali piedi ormai spennate dalla fatica.


Una porta alla loro sinistra si spalancò: “Forza, qui dentro!”


Fu una reazione automatica la loro: quasi senza nemmeno controllare quanto colore avesse la carnagione del loro inaspettato aiuto, i tre si lanciarono attraverso la porta che teneva loro aperta come dei giocatori di rugby sulla meta.

Crollarono sul pavimento di mattonelle a scacchi rosse e bianche, avvolti da un intenso, pesante odore di spezie e olio da frittura: ma a loro interessava solo riprendere fiato, non importava che qualità avesse l'aria, lì nella caffetteria.

Un rumore di metallo scosso fece rialzare loro il capo.

“Al diavolo!” -sbottò la figura di spalle dai corti capelli castano scuro, chiudendo con un lucchetto il catenaccio con cui aveva sbarrato la porta- “E io che mi ero trovato questo bel nascondiglio tranquillo! Siete riusciti a portarmi i guai fin qui.”

Prese poi uno dei tavoli da pranzo e lo trascinò a forza davanti la porta a rinforzarne la difesa.

I tre, scampati al destino, seguivano le sue mosse a bocca aperta.

Ma il più felice di tutti di trovarsi di fronte ad un altro sopravvissuto era Feliciano.

“Romano... Romano!”

Suo fratello era vivo, vegeto e con l'aria da duro di chi come loro aveva dovuto e ancora stava affrontando l'inferno in terra. Due strisce nere fatte col nero di seppia sotto gli occhi gli incattivivano il volto su cui ricadevano i capelli sudaticci; la camicia color cachi era risvoltata ai gomiti, e su di essa spiccavano due bandoliere incrociate, munite, anziché di proiettili, di un set completo di posate; quattro tipi diversi di coltelli, tre di forchette, due di cucchiai, un apriscatole, oltre ad alcuni tubetti di salse; dietro le spalle spiccava il manico di quello che in un film d'azione sarebbe stato di certo un machete, ma che in realtà era solo un lungo coltello tagliapane.

“Umpf!”

“Sei vivo...” -sbalordì Germania, trovandoselo davanti come mai l'aveva visto.

“FIGHISSIMO!” -esternò America con gli occhi sbrilluccicanti- “Sembra di essere stati salvati da Rambo in persona!”

“CHIUDI IL BECCO! Scommetto che è tutta colpa tua questa cosa!”

A Germania scese un gocciolone: << È così intuibile? >>

Feli, che d'improvviso non sentiva più alcuna fatica, si rimise in piedi per stringerlo a sé, ma in quell'istante tutti alzarono il capo all'udire un rumore lontano di spari.

“Uh?” -fece Romano interrogativo.

“Giappone...” -mormorò Italia con un nodo alla gola.


Kiku era riuscito a condurre zombi-Svizzera ben lontano dalle scale per essere il più sicuro possibile che i suoi amici potessero salire indisturbati ai piani superiori, ed era stato tanto abile da allontanarsi parecchio anche dalla caffetteria in cui avevano poi in seguito trovato rifugio. La stanchezza però era tanta anche per lui...

Incapace di tenere la distanza o di trovare nascondigli efficaci, e con ben tre ferite di striscio alle gambe, si ritrovo il “boss zombi” e la sua sorellina a pochi metri da sé.

Ormai non ce la faceva nemmeno a tenere alzato lo scudo... Non gli restava che voltarsi a guardare la fine arrivare.

<< Click! Click click! >>

“Uh?”

Lo zombi si tastò addosso, ma invano.

“Umpf!” -capì subito Giappone- “Finiti i caricatori, eh?”

“Grrr!”

Giappone non aveva mai dubitato dell'arsenale vivente che era, per questo non si lasciò sorprendere nel momento in cui lo vide portarsi una mano alla cintola. Nello spazio di un istante, raccolte le forze, scagliò per terra il forcone con zombi-Cina e gli si lanciò addosso. Zombi-Svizzera gli puntò contro una pistola, ma con una tecnica di karate riuscì a torcergli il polso, disarmarlo e infine stenderlo con un colpo alla nuca.

Un ottimo upgrade, pensò guardando la pistola e tirandone il caricatore.

Si sollevò e si trovò di fronte Lily.

Sollevò il braccio. La piccola zombi non mosse un muscolo: restò ferma a guardarlo con gli stessi occhietti insensibili con cui li aveva scrutati dalla cima delle scale: un bersaglio fin troppo facile. Sembrava non avvertire minimamente la sua minaccia, anzi, era Giappone a sentirsi con le spalle al muro: la mano gli tremava, il confronto con tanta deturpata innocenza lo lasciava prostrato e, in men che non si dicesse, sconfitto.

“Tsk!” -scosse il capo e corse via, superando zombi-Cina sul pavimento che, gemendo, cercava di sfilarsi dalla pancia il forcone.

Messa un po' di distanza provò ad orientarsi: doveva fare il giro e ritornare verso le scale, o cercare altri accessi per salire di sopra? Le scale anti-incendio magari. Era così stanco da non riuscire a decidersi. In tasca gli erano rimasti una barretta regalatagli da America e una metà di panino di Italia.

Voleva rivederli. Voleva rassicurarli di stare bene. Voleva salvare il mondo insieme a loro.

Si accasciò alla parete e provò a scartare il panino quando sentì rumore di passi. Una scarica di adrenalina lo riattivò e ricominciò, cautamente ad allontanarsi.

Poco dopo si fermò: verso di lui alcune figure dal ben riconoscibile passo pesante stavano avanzando nella sua direzione. A qualche passo da lui, sulla sinistra, si apriva un altra strada.

Superò l'angolo, per trovarsi di fronte tanti di quegli zombi da ostruire completamente il corridoio. Come se non bastasse non erano zombi da due soldi, ma gente del calibro di Turchia e Ungheria, armati fino ai denti di sciabole e padelle, tra gli altri...

“Inghilterra...”

C'era anche lui, ma non si sarebbe certo trattenuto per dei saluti. Tornò sui suoi passi e capì infine che la tenaglia si era infine stretta intorno a lui: gli zombi che aveva visto prima lontani adesso erano vicinissimi, ancora pochi passi e avrebbe potuto distinguerne anche il bianco degli occhi. Non gli restava che la via da cui era venuto, e anche da lì stava sopraggiungendo qualcuno.

Uno zombi biondo vestito di verde, che si faceva beffe del polso che gli aveva rotto sbavandogli contro come un mastino rabbioso.

Un'impassibile, spaventosa bambina-zombi, da lui stesso traumatizzata, il rosso dei cui vestiti era andato mischiandosi al sangue suo e delle sue vittime in una nuova, più macabra tonalità.

E per finire, il suo vecchio mentore e amico, che grazie a lui ora era addirittura più spaventoso e infuriato di zombi-Svizzera!

Zombi-Cina, a passo tutt'altro che zombi, gli arrivò a qualche passo e aprì il pugno, rovesciando per terra, con suono da xilofono, decine di proiettili che avevano fatto la conoscenza con la sua spina dorsale...

“GRRRRRRR!”

Una pistola, proiettili limitati, e tre vie occupate.

Prese un respiro profondo. Isolò la mente, rallentando lo scorrere del tempo che si assimilò a quello dei suoi pensieri.

Non serviva a nulla sparare: come esperienza dimostrava, li avrebbe fermati per un tempo limitato, e avrebbe arrecato ulteriori sofferenze a quelli che, dopotutto, erano persone a lui care. E contro così tanti avversari, un maestro d'arti marziali allo stremo delle forze non può nulla se non combattere con onore fino alla fine, e questo avrebbe giovato al più al suo orgoglio e alla sua reputazione, ma non certo a coloro che desiderava salvare, e a cui era stanco di arrecare violenza. Non lo avevano chiesto loro di essere lì a circondarlo, trasfigurati in orrende e mortali creature. Chissà se anche loro in fondo non soffrissero...

Quanto era stanco.

Rivolse la pistola al soffitto e scaricò l'intero caricatore.

Nessuno zombi avrebbe più rivolto un'arma da fuoco contro i suoi amici se mai li avesse incontrati.

Tra lo stupore generale dei non-morti suscitato da quel gesto, il samurai si sedette sulle ginocchia al centro delle tre schiere che lo circondavano, immobile, indifeso.

“Il resto sta a voi... Buona fortuna.”

In pace chiuse gli occhi, e, piano, da ogni parte, furono su di lui.




Forse quelli di voi che avevano fatto caso al titolo avranno sperato che si riferisse proprio a Giappone... Invece alla gioia di aver scoperto un altro sopravvissuto si sovrappone il dramma della scomparsa del geniale cervello del team. Rimanere soli non è per nulla consigliabile in questo putiferio... La situazione è disperata o c'è ancora un barlume di speranza?

Con i fratelli Italia finalmente riuniti questa fanfic promette tanto divertimento in più! Tra una risata e una sbafata, ci sarà tempo per de-zombificare il resto delle nazioni? XD

Continuate a seguirmi, e grazie a tutti voi che l'avete fatto finora, e grazie due volte a coloro che hanno anche lasciato commenti! ^__^
Alla prossima, buon proseguimento con l'estate più zombi che ci sia! XD

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Capitolo 9
*** Il reduce solitario ***


Lettrici e lettori, l'attesa è giunta al termine! Eccovi finalmente il nuovo atteso capitolo della storia che ha trasformato i vostri beniamini in fetidi zombi! XD

Non è un capitolo veloce e dall'azione trascinante come gli altri questo che ho scritto a spizzichi e bocconcelli tra un capitolo e l'altro del libro per l'esame, ma spero comunque risulti di vostro gradimento ^__^ Beati quelli di voi che invece sono già stati al mare o ci andranno presto... T__T
Dedicato a tutti voi che avete esultato per l'apparizione di Romano nello scorso capitolo! XD

Buona lettura a tutti!




Sentendosi adesso più leggero di una piuma, Feliciano corse, o per meglio dire volò, verso Romano a braccia spalancate.

“VEEEEE! FRATELLONEEEEEE!”

“MA QUALE FRATELLONE E FRATELLONE?!?!”

Quest'ultimo però non sembrava corrispondere poi molto alla sua gioia nell'essersi rincontrati: infatti, scansato l'abbraccio, lo afferrò con un braccio intorno al collo e prese a grattargli le nocche sulla zucca!

“Si può sapere che diavolo ci fai là fuori in mezzo a quei mostri con questi sfigati schizzati? Degli “sfizzati”, ecco cosa sono! E poi che razza di figure ci fai fare? Guarda che ti ho visto sai! Stai sempre a piagnucolare e a farti salvare come una mammoletta! Datti una svegliata, tonto!”

“VEEE! AHI! Fratellone... I-io... Ouch! Mi fai male! Ahia! Ma perchééééé? SIGH!”

“Come sarebbe che figure?” -provò a spezzare una lancia in suo favore il leader del gruppo- “Guarda che ha già ricevuto la promozione da pappamoscia a comico, e non è stato neanche il primo a morire!”

Germania era però interessato ad altro: “Lo hai visto?”

“Tsk! Stai sempre a darmi pensieri, tu!” -si decise a mollarlo il fratellone.

“Veee... Scusa...”

“Bah, intanto, visto che siete qui, gradite qualcosa?”

Romano, come niente fosse, con fare da padrone di casa, raggiunse il bancone della caffetteria, prendendo ad armeggiare lì dietro tra bottiglie, barattoli e stoviglie varie.

“Romano, come sarebbe a dire che lo avresti visto? Come?”
“Cretino di un crucco!” -rispose subito- “Vi tengo d'occhio da un pezzo, sai?”

Gli occhi di America brillarono come le stelle della sua bandiera: “Quell'atteggiamento burbero e sprezzante, l'aria di chi sa il fatto suo e che fa passare i protagonisti per delle pere cotte, quella frase... È proprio quel genere di personaggio che vorresti incrociare nel bel mezzo di una apocalisse zombi! Quello che soccorre i buoni nel momento più oscuro! Grande!”
Romano arrossì di rabbia: “Non guardarmi con quegli occhi mentre dici certe scemenze, americano fissato del cavolo!” -sbuffò- “Piuttosto, immagino vogliate approfittare delle mi scorte da bravi scrocconi, eh? Cosa volete? Caffè, tè, chinotto, gassosa... O volete qualche stuzzichino? Olive, arachidi... I pistacchi li ho già finiti io...”

La caffetteria del palazzo delle nazioni era uno spazioso e luminoso punto di ritrovo durante pause pranzo o break occasionali, specie per nazioni ed impiegati costretti a trattenersi con del lavoro d'ufficio da sbrigare (o semplicemente un po' pigri...). Per chi non si era portato da mangiare da casa, per chi non si accontentava del caffè e delle bevante dei distributori automatici, per quelli che desideravano una chiacchierata in santa pace, quello era il posto giusto per rilassarsi ed evadere un po'; ma ora, all'infuori di loro quattro, era deserto e silenzioso, se si escludeva il rumore della friggitrice accesa, che dava ragione all'odore che sentivano da quando erano piombati lì. L'aria ne era un po' appesantita, ma i quattro ventilatori da soffitto smuovevano la cappa rendendo l'ambiente più respirabile. La sala era rettangolare, occupata da tanti tavoli, un paio dei quali sbarravano gli accessi insieme a delle catene; c'erano due grandi porte sulla parete da cui erano entrati e una fila di finestroni su quella opposta, dove stava anche il bancone.

Qui si trovavano la cassa, una lunga vetrina dove erano esposti i cibi del giorno, e una macchina per il pop-corn, di quelle grandi che si trovano nei cinema, fatta installare sotto la pressione di un certo qualcuno... Sulla parete alle spalle del bancone si trovava la porta con oblò che portava alla cucina, dove si preparavano ottimi primi, secondi, contorni e dessert, un tavolo da lavoro per la preparazione di sandwich e altro, frigoriferi per l'acqua e le bibite e altri prodotti freschi, e, naturalmente, una macchina per gli espressi.

Il primo pensiero che sfiorò la mente di tutti era che l'italiano di certo non avrebbe potuto trovare un rifugio migliore! Il secondo era di carpire le sue parole.

“Gliene avete date di santa ragione a quei cretini di zombi, credevo ce l'avreste fatta e invece vi siete pure ridotti a tre... E io che speravo ci pensaste voi!”

“Frena, ci spieghi come avresti fatto a tenerci d'occhio, scusa?” -insistette America.

Romano alzò l'indice, indicando, sul fondo della sala alla loro sinistra, la bocca metallica dell'impianto d'areazione, curiosamente sigillata con del nastro adesivo e altri mezzi di fortuna.

“Da lì dentro: un po' stretto ma modestamente ho una linea impeccabile.” -sghignazzò lui, gonfiando l'orgoglio da dieta mediterranea- “Percorrendo i tubi sono riuscito a starvi dietro: non ho assistito a tutto, ma c'ero quando quel bietolone di America stava per essere pestato da Australia!”
America arrossì: “Ehi! Non potevi spiare una scena più figa per il sottoscritto?”
“Ringraziami invece di sparare boiate, tonto! Ricordi che Australia a un certo punto si è fermato? Per fortuna ero proprio sopra di voi: gli ho sputato in un occhio una pallina di carta usando questa biro vuota!”

America si allargò il colletto della camicia: “Wow! Allora mi hai proprio salvato la pellaccia! Grazie, amico!”

Germania trasalì: “Allora quando avevamo sentito quei rumori sopra di noi non ce lo eravamo immaginato! Credevamo fossero gli zombi...”

Italia sorrise: “E invece era Romano! Bravo, fratellone!”

“Mica come te che ti sei fatto soffiare la forchetta da Belgio... Sigh! Belgio... La mia bellissima Belgio...”

Mentre si disperava al ricordo di quel triste spettacolo, America gli poggiò una mano sulla spalla e lo guardò con sguardo ammirante: “Amico, permettimi di ringraziarti con una tessera sconto a vita nella mia catena di minimarket preferita! Non è molto, ma in questa situazione d'emergenza è tutto quello che ho!”

“Te lo puoi anche tenere...”

America si commosse: “Coraggioso e anche generoso! Che uomo! Permettimi almeno di prepararti del pop-corn caldo, oh prode sopravvissuto!”

Romano fece spallucce: “Intanto non è servito a niente se voi siete qui e tutti stanno ancora “zombati” là fuori... Ho anche schizzato il corridoio di olio quando stavano per venirvi addosso in sala riunioni, che altro dovevo fare di più?”
Germania e Italia subito si rividero nel tirare un sospiro di sollievo quando, sbirciando dalla porta, da che si erano visti perduti un attimo prima, avevano visto la massa di zombi intralciarsi a vicenda nel tentativo di avanzare lungo il corridoio: finalmente si spiegava anche quello, non era stata la ressa, ma l'olio che Romano si era procurato lì, schizzato da una provvidenziale grata lì piazzata, a farli scivolare! Gli erano molto più debitori di quanto credessero...

Questi però scuoteva il capo: “Tsk, che squadra di riscossa penosa! Facevate tanto i gradassi e poi...”
America, seccato inarcò un sopracciglia, “Ma scusa, tu piuttosto, visto che ci stavi osservando, non potevi farti vedere e darci una ma...”

“MA CHE SEI MATTO?!?!” -inorridì l'italiano facendoli sobbalzare!

“Eh?”

“Io venire là fuori?! A fare cosa?! A rischiare di farmi rosicchiare da quelli là insieme a voialtri?! Ma tu sei tutto scemo! Sono riuscito a scamparla per un soffio, mi sono trovato un bel nascondiglio sicuro e con un sacco di roba da mangiare, e avrei dovuto uscire a combattere quegli orribili mangiucchioni?! Hai idea di che fifa matta che ho da quando è iniziata questa storia? Me la sto facendo sotto! Ma tu guarda questo...”

<< Ora si che si vede che è fratello di Italia... >>

“Ve, tranquillo, fratellone, ti siamo grati per tutto quello che hai fatto per noi!”

“Umpf, vorrei vedere...” -gli tirò una spinta, che sapevo però più di una carezza...

Germania si procurò una sedia, con vivo ringraziamento delle sue stanche gambe; intanto Feli si univa ad Alfred nell'osservazione famelica dello scoppiettare del pop-corn dietro il vetro della macchina, già pronti col sacchetto di carta!

“Avete intenzione di trattenervi per molto?” -portò le mani ai fianchi Romano, scrutando i suoi “ospiti”.

“Non quanto vorremmo credo!” -ridacchiò Alfred, riempiendo con una paletta il suo sacchetto e quello di Italia, e lanciando poi una lattina di aranciata fredda allo sfatto Ludwig- “Abbiamo una missione da compiere!”
“Ah si, ho ascoltato un po' dei vostri discorsi: a quanto ho capito dovete raggiungere il tetto e fare qualcosa con un certo qualcosa.”
Alfred poggiò il de-zombificatore sul bancone: “Ecco il qualcosa!”

“Sembra uno di quei deodoranti spray automatici...”
“Lasciamo perdere...”

“Come raggiungiamo il tetto adesso?” -si domandò ad alta voce Germania, passandosi la lattina gelata sulla fronte- “Le scale sono precluse, è probabile che le controllino, così come è probabile che ora su questo piano ci sia una marea di zombi ad attenderci appena metteremo il naso fuori di qui...”

“Grazie tante!” -sbuffò Romano!

“E allora come facciamo?” -domandò suo fratello.

“Uh uh uh, credete forse che all'eroe non sia venuta un'idea geniale? Se non possiamo raggiungere il tetto per la via classica lo faremo in stile “Fuga da Alcatraz”!” -ridacchiò America per nulla preoccupato- “Ci basterà usare lo stesso sistema di Romano, no? I condotti dell'aria! Qualcuna delle tubature condurrà di certo verso l'alto! Ci basterà trovarla!”

“Si, può essere una buona idea!”

“Oh, non direi proprio...” -li interruppe il sopravvissuto, il quale, giunto dietro il bancone, si era servito un piatto di polpettine al sugo, che aveva subito preso a piluccare con appetito e nervosismo.

“Cosa?”

Romano aprì uno dei frigoriferi e ci tirò fuori una gelida ma poco appetibile mano mozzata...

“Ugh...” -fece una smorfia America- “A chi appartiene?”

“A Taiwan, che è pure il motivo per cui avevo sbarrato la bocca dell'impianto.”

“Veee, poverina!”

“Spiegati...”

Romano raccontò di come, durante il deflagrare dell'Apocalisse, fosse riuscito a scamparla per miracolo: disperato, circondato grida, sangue, mostri famelici e amici che ne andavano pian piano ad ingrossare le fila, si era visto perduto. Ma tra la fuga e il pianto aveva trovato una via di mezzo: di puro istinto, salito su una sedia, aveva divelto uno dei bocchettoni dell'impianto d'areazione e ci si era rintanato dentro. Lì, tremante, avrebbe atteso che l'incubo cessasse e si risvegliasse sul pavimento accanto al suo letto, al termine di una notte movimentata, magari il semplice frutto di un indigestione di impepata di cozze. Ma il tempo passava, gli zombi conquistavano il palazzo e lui, lì dentro, al sicuro, sarebbe rimasto ad aspettare la fine o dei salvatori. Quello era il piano, prima di avvertire rumore di respiri farsi sempre più vicini, e poi comparire la zombi-Taiwan, alle sue spalle, già con la bava alla bocca: la cucina italiana dopotutto è la migliore dicono...

In seguito Romano avrebbe intuito che era stato il suo odore a condurla fino a lui, ma in quel momento aveva pensato solo a strisciare, gattonare, trascinarsi il più in fretta possibile in quell'angusto dedalo. Aveva imboccato un condotto verticale, a rischio di scivolare e cadere dritto tra le sue fauci, ma lei non aveva rinunciato all'inseguimento. Romano, trovatosi di colpo dinanzi alla luce proveniente da un altro bocchettone, con lo stesso istinto con cui era entrato in quei condotti, lo sfondò con un calcio, trovandosi così nella caffetteria. Terrorizzato, aveva spostato uno dei tavoli per salirci e bloccare così l'apertura, ma proprio in quell'istante, zombi-Taiwan lo aveva raggiunto: riuscito a bloccarle il braccio tra le griglie metalliche, Romano aveva subito fatto buon uso del tesoro rappresentato da quel suo fortunoso, rocambolesco arrivo lì nella caffetteria; afferrato al bancone uno coltellaccio da bistecca, aveva tranciato di netto il polso della zombi, facendola fuggire da dove era arrivata. Dopodiché aveva provveduto a bloccare, coi mezzi a disposizione raccolti lì, quell'ingresso, così come a sigillare tutti gli altri.

“Il mio cuore stava impazzendo, mi sembrava di morire... Ho avuto così tanta paura che mi sono rinchiuso qui, ho acceso la friggitrice in modo che l'odore di fritto gli impedisse di scovarmi e ho giurato che col cavolo che ne sarei uscito ancora!”

“Allora come mai hai deciso di venire ad aiutarci?” -chiese il fratello, che aveva ascoltato la sua storia come un racconto dell'orrore, stretto al sacchetto del pop-corn come ad un orsacchiotto.

Germania corrugò la fronte: “E poi, ora che ci penso, come hai fatto a sapere che c'eravamo?”

“Siete stati fortunati.” -rispose semplicemente mentre faceva la scarpetta nel sugo delle polpette (di cui aveva fatto il bis durante il racconto)- “Le finestre di qui affacciano sull'ingresso e vi ho visti mentre arrivavate. Ho provato ad avvertirvi ma un attimo dopo eravate già dentro, così ho provato a raggiungervi per la via tutto sommato più sicura... Insomma, mica potevo lasciare Feliciano in mezzo agli zombi!”

Feli corse ad abbracciarlo: “Grazie fratellone, sei stato coraggiosissimo a provare ad aiutarci lasciando il tuo rifugio!”
“Macché, ho solo preso le mie precauzioni: prima di infilarmi di nuovo nel condotto mi sono cosparso di olio di semi, condimento per arrosti, e un pizzico di noce moscata per non far percepire il mio odore agli zombi... Occhio che sono ancora un po' appiccicoso...”

Feliciano gli annusò il collo: “Mmm, ecco perché hai un profumo così appetitoso!”

Il complimento gli valse una sberla: “Ma ti pare il caso di fare certe battute in una situazione del genere?!”

“Ahia!”

“Dov'è il pepe? Il peperoncino, la paprika... Mi renderò così piccante che anche se mi mordono se ne pentiranno a vita, quei maledetti bastardi non-morti! Tsk!” -cominciò a cercare le spezie adatte allo scopo, tra le risate di America e Germania.

“Beh...” -sospirò Ludwig- “In ogni caso ti siamo debitori, grazie per averci aiutato.”
“Chiudi il becco, crucco! A me fregava solo di Feliciano! Tu sei quello che ha picchiato la mia povera, dolce Belgio! Spero sarai tu il prossimo manicaretto che si gusteranno!”

Sincero e diretto come sempre, pensò rassegnato il tedesco...


Tutti convennero che usare l'impianto d'areazione non era affatto una scelta esente da rischi: al di là della possibilità di trovarvi già in agguato qualche zombi, e di conseguenza essere colti di sorpresa in uno spazio angusto, in cui sarebbe stato difficilissimo difendersi, non conoscevano nulla delle caratteristiche e del percorso dell'impianto. Sarebbe stato come vagare alla cieca in un contorto e stretto labirinto, per giunta in salita. Quella che tutti sembravano voler spacciare per un banale e meritato momento di riposo, era in realtà una seduta per trovare dunque la loro mossa successiva, e non era che stesse andando troppo bene... Scale, ascensore e condotti erano stati scartati, ma allora cosa rimaneva per poter accedere ai piani superiori? Per lunghi, silenziosi minuti, ciascuno arrovellò le proprie meningi, poi il primo a irrompere in quel vuoto d'idee fu America.

“Ma certo, che sciocco! Ho di nuovo io la soluzione pronta! Oh oh oh, che gran capo che vi siete trovati, più in una botte di ferro di così!”
“E siamo a due...” -sbuffò Romano- “Avanti, facci sentire la seconda boiata di oggi...”

Germania pensò che in quel momento qualcun altro con un più crudele senso dell'ironia gli avrebbe a menadito risposto << In realtà saremmo a molte di più >> (lui non era il tipo...); anche America però pensò lo stesso, e a un tratto capì quanto gli mancavano persone del calibro di Inghilterra o anche Russia.

Il team leader, trattenendo un sospiro da mancata stangata, proseguì quindi con la sua intuizione: si sfilò la tracolla e mostrò come un trofeo la corda che aveva recuperato in ludoteca.

“Semplice, no? Ve l'ho detto che in ogni avventura di questo genere serve una corda prima o poi! La useremo per arrampicarci!”

“E dove?” -chiese Italia.

“E a cosa la fisseresti poi?” -domandò Germania.

“Eeee due!” -alzò le mani Romano allontanandosi.

“Oh, quante sottigliezze! Abbiamo la chiave, basterà trovare la serratura! Su, ringraziatemi!”

Germania riservò le energie del ringraziamento per raggiungere nuovamente la sua sedia e tornare a rifletterci: “Come fare a salire? Non possiamo certo sfondare il soffitto.”

Qualche istante dopo, raccolse il filo dei suoi pensieri che lui aveva lasciato cadere a terra sconfortato: “Il soffitto... C'è un posto in cui non c'è alcun soffitto!”

Balzò in piedi: “Ricordate dove Norvegia e Islanda ci hanno attaccato e dove abbiamo perso Russia? Da lì si vedeva la cupola che c'è sul tetto. Lì non c'è un soffitto e ciascuno dei tre piani si affaccia su quello spazio!”

“Vero!” -si entusiasmò, anche se di poco, Italia- “Però come facciamo a...”

America lo interruppe bruscamente col suo allegro vocione: “Con la mia corda, no? Ah ah ah! Con lei ci isseremo su fino al piano di sopra, ve l'ho detto!”

“America, se non sappiamo come assicurarla la corda resta comunque del tutto inutile.”

“Con un lazo! Ho una certa esperienza, eh eh! YI-HA!” -esultò da vero cowboy!

“Un semplice lazo non è detto che tenga e in ogni caso le ringhiere non offrono alcun appiglio per lanciarlo.” -contestò Germania.
“... Beh, allora qualcuno di noi sale prima al piano di sopra, la assicura e gli altri salgono! Ah ah!”

“......”

“...... Era una battuta, eh...”

Germania si passò le mani sulla faccia e tra i capelli.

“E tre...” -fece la voce di Romano che si stiracchiava su uno dei tavoli.

Del resto non era lui il comico del gruppo, si disse America. A proposito, si disse cercandolo con lo sguardo, cosa stava guardando così incantato?

Germania lo notò a sua volta: “Italia, hai qualche idea?”
“E se... usassimo il tubo di Russia?”
“Come?”

“Per creare un rampino!” -chiuse i pugni, folgorato dalla sua idea- “Il tubo termina con un rubinetto, che è ricurvo, e può agganciarsi alle sbarre orizzontali delle ringhiere! Se leghiamo l'altra estremità con la corda e lo lanciamo in alto avremo l'appiglio con cui salire!”

Il volto di Germania si illuminò: “Può essere una buona idea!”

“Un comico-cervellone! Complimenti Italia, mi stupisci!”

“Umpf!” -saltò giù dal tavolo Romano- “Non sapete che genio fa rima con Italia?”

Feli arrossì: “C-ci sono arrivato solo perché Germania prima ha parlato di quel punto, quindi è più merito suo e...”

“Ma che fai, dai il merito al crucco?! Zitto e vantati, idiota!”
“Ve!?”

America sorrise sottecchi vedendo Feli annaspare e Germania rassicurarlo, ridendo, di non tenerci troppo al merito. L'intelligenza pragmatica del secondo e quella fantasiosa e creativa del primo avevano cavato il team dal vicolo cieco in cui si erano cacciati! Che fortuna, per la sua prima, e tutto sommato sperava unica, esperienza da film di zombi, aver trovato una squadra ben amalgamata, pensò!

Emozionato, si strofinò le mani: “Fantastico! Abbiamo di nuovo un piano! Abbiamo subito qualche perdita, ma ora con il prode Romano che si è unito al gruppo niente ci...”

Il prode lo interruppe tirandogli il testa il macinapepe: “IO MI SAREI UNITO A COSA?! NON SCHERZIAMO! Credete che solo perché vi abbia aiutato una volta significhi in automatico che continuerò a farlo?”

“Ma come...” -si rabbuiò il fratellino- “Romano, non vuoi venire insieme a noi?”

“Ma manco per idea!” -incrociò le braccia come si sbarra un ponte levatoio- “Il gigante pazzoide, l'impiegato del catasto e mister tè delle cinque pure se ne gironzolavano insieme a voi e guarda che fine hanno fatto! No, grazie!”

“Mi complimento per la bella trafila d'insulti estemporanei...” -disse innanzitutto Alfred- “Però mi trovo costretto ad insistere! We need you!”

La citazione e la posa da manifesto dello Zio Sam non sortirono alcun effetto: “Se a voi piace farvi le scampagnate in mezzo ai morti viventi fate pure! Ma io me ne resterò qui, punto!”

“Ma fratellone, non pensi agli altri? Dobbiamo salvarli!”
“E chi ci salverà da loro?”

“Siamo un gruppo, ci proteggiamo a vicenda.” -si aggiunse Germania- “Se resti qui e ti scoprono invece sarai da solo...”
Romano deglutì.

“Per favore...” -proseguì il biondo- “Ti chiediamo molto, ma ci serve anche il tuo aiuto.”

“C'è un pezzo di gloria anche per te amico, sai?” -lo tentò America con una gomitatina amichevole.

Feli ci aggiunse una gomitatina un po' più invitante: “Pensa come sarà contenta Belgio di sapere che hai contribuito a salvare lei e tutto il mondo!”

Germania imitò l'espressione di Italia: “Le donne vanno matte per il salvatori del mondo, vero America?”
“Verissimo! Cadono ai loro piedi! E dimmi, Italia, che altro trattamento riservano ai salvatori del mondo?”

Italia prese ad elencare sulle dita: “Cibo a volontà, parate in loro onore, la possibilità di far rodere d'invidia Spagna...”

“Lui subito zombificato e tu membro onorario del Team dell'Apocalisse, un team molto esclusivo! Pensaci...” -rincarò America.

“Come faremmo noi poveracci senza di te, dico bene?”
“Dici bene, Germania, come possiamo senza il grande Romano che già ci ha salvati più di una volta?”

“Pensaci, fratellone!”
“Pensaci, Romano!”
“Pensaci, nostro prode!”
“VA BENE!” -alzò i pugni al cielo con gli occhi che fiammeggiavano come peperoncini calabresi!

“SE PROPRIO AVETE BISOGNO DI ME FORSE POTREI ANCHE ACCETTARE! SI, QUASI QUASI LO FACCIO! LO SALVO IO IL MONDO!”

America e Germania si batterono nascostamente il cinque, mentre Feli gli faceva già le feste!

“Romano, sapevo non avresti mai potuto abbandonarci!”
“Umpf! Mica ho paura io!”

Se solo l'altro avesse abbassato un po' gli occhi dallo sguardo all'insù e dal suo petto fieramente in fuori si sarebbe reso conto dell'imbarazzante tremolio delle sue gambe: la metà inferiore del corpo parlava realmente per lui!

Fortunatamente, dopo le tante perdite subite, la loro squadra si rimpolpava di un nuovo, si sperava valido, elemento! La loro combattività risaliva, e il morale era salito alle stelle, quello di Romano un po' più sotto... Meglio risollevarlo sfottendo un po' quel maledetto tedesco!

“Umpf, allora crucco, felice di avermi con voi, vero?”

“Vero: ci hai salvati e ora sappiamo di poter contare anche su di te. Hai tutta la mia stima, Romano.”
L'italiano arrossì e mise il broncio: era felice, ma così non gli dava la minima soddisfazione!

“Stupido crucco, uffa!”

Si fermò le ginocchia, che ancora traballavano, stringendosele tra le mani: sapeva già che se ne sarebbe pentito, ma ora era tardi per tornare indietro!

Per contro, America era come al solito il più elettrizzato: “Molla il tubo, Germania! Costruisco il rampino e dritti filati alla meta! Ci ritroveremo sul tetto prima di poter dire << eroi >>!”

“Aspetta, America, forse è il caso di trattenerci qui ancora un po': è stata una dura giornata...”
“Vero, sta facendo buio!”

America guardò dalle finestre il cielo tintosi ormai di un blu pallido. Dubitava che gli zombi avessero bisogno di riposo, ma loro di sicuro si dopo le tante prove di quell'interminabile pomeriggio.

“Mmm, in effetti la notte è il regno delle creature dell'orrore, per loro sarebbe come giocare in casa...”

“A me pare giochino in casa da quando siamo arrivati...”

“Gente, dopo un attenta riflessione il vostro leader ha appurato che la notte è troppo buia e piena di terrori, quindi ci accamperemo qui per stanotte!”
“Accampati a casa tua!” -Romano ormai era arrivato ad avvertire sul serio un senso di proprietà per la caffetteria!

“Qui abbiamo spazio, cibo, qualche giochino che mi sono portato dietro e accessi sprangati, quindi è perfetto! Non possiamo perdere troppo tempo, quindi riprenderemo la marcia domattina all'alba.”

“Ma se venissimo attaccati di notte mentre dormiamo?”
“Per questo ora organizzeremo dei turni di guardia, Italia! Qualcuno si offre volontario per il primo? O vogliamo deciderlo a janken?”

“Jan-che?” -esclamò Romano.

“È il modo in cui Giappone chiama carta-forbici-sasso... Sigh! Come mi manca!”

Superata la tristezza nostalgica, il giochetto decretò che a cominciare sarebbe stato America, seguito da Romano, poi Germania e per ultimo Italia.

Prima di dormire il gruppo cercò di distrarsi giocando a shangai, e poi al Gioco dell'Asino con le carte di America. Il gioco servì a dimenticarsi un po' di tutte le cose orribili che erano successe loro, ma i versi lugubri degli zombi vaganti, di tanto in tanto, come richiami di creature notturne, si udivano attraverso le pareti della loro fortezza odorosa di fritto. Oltre di esse, sotto la luce diafana delle lampade o in angoli oscuri, gli zombi erano in agguato, ancora alla loro ricerca, senza trovare pace.

Quanto alla pace, nemmeno lì dentro essa era sempre presente: America contestò Romano perché usava i bastoncini raccolti come stuzzicadenti per i suoi tramezzini, e quest'ultimo si arrabbiò a morte con la indecifrabile faccia “da patata lessa” di Germania per la bruciante sconfitta ad Asino. Fu poi il turno di Germania di arrabbiarsi quando America e Romano, per scherzo, gli infilarono la mano di Taiwan nel suo panino ai wurstel, cosa di cui si accorse appena in tempo!

Del resto in una situazione come la loro vincere il nervosismo non era impresa facile, così si decisero ad andare presto a letto; per modo di dire, visto che non avevano alcunché su cui stendersi se non i tavoli o il pavimento stesso, e nulla di morbido a fare da guanciale se non delle buste di marshmallow, e fu pure dura convincere America a non accendere lì in mezzo un bel falò per arrostirli...

Della serata il più tranquillo, se non remissivo, era stato Feliciano. Aveva parlato poco e mangiato poco, segni inequivocabili insomma.

Si era seduto per terra, usando una parete per schienale; pensieroso, osservava America prepararsi a vegliare sul loro sonno, seduto sul bancone con una tazza formato gigante di cappuccino in una mano e la sua mazza da baseball nell'altra.

Il suo turno sarebbe stato l'ultimo, quindi almeno avrebbe potuto riposare senza interruzioni. Un ennesimo favore all'elemento debole del gruppo, si domandò? Quello buono e tranquillo che non combina mai niente aveva detto America, e Romano sembrava essersi trovato d'accordo con tale definizione...

Se fosse stato lui al suo posto, all'interno di quell'infestato palazzo da ancora più tempo di lui, e pure da solo, se la sarebbe cavata allo stesso modo?

“Ecco qua.”

Suo fratello maggiore si assunse il dovere di parlargli visto quanto era palese ne avesse bisogno; ovviamente facendo sembrare si trattasse di altro.

“Ti ho migliorato un po' quel tuo bastone: ci ho fissato a un estremità col nastro adesivo un bel coltello da cucina affilato. Una lancia è decisamente meglio di un pezzo di legno.”

“Grazie, Romano.” -rispose senza mostrare il minimo entusiasmo per il potenziamento. Poggiò l'arma per terra.

“Così saprai fargliela vedere anche tu a quei bavosi là fuori.”
Feliciano annuì.

Romano roteò gli occhi: “Allora? Se è perché ho detto che hai fatto una magra figura... Beh, l'hai fatta davvero, ma da quel poco che ho visto! Cavoli, non posso credere che tu non abbia davvero combinato nulla di buono, nemmeno se mi paghi in lasagne!”

“Beh...”


Si fece avanti con un sorrisetto e aprì la sua ventiquattrore: “Qui posso essere utile io!” -ne venne fuori un rumore metallico di posate e poi panini incartati, contenitori di plastica salva-freschezza, e i bento colorati che Giappone gli aveva regalato pieni di spaghetti e paste di vario tipo!


AHIO!” -si ridestò zombi-Polonia sentendo un tipo di denti diverso affondargli nelle chiappe!
“Scu-scusami tanto!”

Preso però ciò che gli serviva, gattonò nuovamente a velocità supersonica fino a Giappone.

Ve! Ecco qua!”

Perfetto!” -esultò Giappone, mettendo il pezzetto di sedere di Polonia dentro la macchina e richiudendola.


E non doveva neanche poi tornare così indietro.


Il tubo termina con un rubinetto, che è ricurvo, e può agganciarsi alle sbarre orizzontali delle ringhiere! Se leghiamo l'altra estremità con la corda e lo lanciamo in alto avremo l'appiglio con cui salire!”


“Qualcosa... Forse...”

Romano gli mollò un pugno in testa: “Piantala coi “forse”! Hai fatto qualcosa di buono, punto e basta! E ne farai ancora, o te la vedrai con me, chiaro?”

Feli si massaggiò il capo: “Il fatto è... che vorrei fare di più... Vorrei combattere come loro, ma la paura... mi blocca ogni volta... Vederli così spaventosi, che provano a sbranarmi, vederli prendere i miei compagni uno dopo l'altro... Mi fanno troppa paura!”
“E allora? È naturale, deficiente! Credi che io non ce l'abbia? Che questi altri due non ce l'abbiano? Mi preoccuperei di più se non ce l'avessi la paura, stupido!”

“E allora perché sono l'unico che...” -si interruppe amareggiato.

“Ma che ne so io? Non sono uno psicologo, non farla così difficile! Senti, per la miseria, l'ho capito, hai una paura matta del cavolo, ma non vuol dire la paura debba essere una cosa negativa per forza! È stata la paura a farmi trovare la forza di sopravvivere a tutti i costi, e così sono riuscito anche a darvi una mano. Feli, la paura è... Come una scatola di caramelle: finché non la apri non puoi sapere di che gusto la troverai, cosa ti farà trovare dentro di te... Capisci cosa intendo più o meno?”

“Più o meno si... Posso avere una caramella?”

“Tieni.” -Romano ne tirò fuori all'istante una dalla tasca, come fosse impossibile uscire di casa senza.

Gli si sedette accanto e gli scompigliò amorevolmente i capelli.

Si guardò intorno, per assicurarsi che nessuno l'avesse sentito finora né soprattutto lo facesse adesso.

“Ascoltami, Feli... Tu sei molto più forte di quanto credi e di quanto credono. E lo dimostrerai un giorno.”

“...”
“Uh, ma che robe mi fai dire? Basta, me ne vado a letto, buonanotte.”

“Buonanotte.” -disse il fratellino, e anche di spalle, avvertì il suo ritrovato sorriso.

Romano si accoccolò ai piedi del bancone, sul lato opposto al suo.

Feli scartò la caramella e la succhiò piano, rilassandosi.

Provare a vedere la paura come una scatola di caramelle, aveva detto lui... Chissà cosa ci avrebbe trovato nella sua.

Al limone, pensò rigirandola in bocca.




Dai dolcetti “filosofici” ai dolcetti veri e propri, si conclude questo capitolo alquanto incentrato sui fratelli Italia. Il nostro bel paese continuerà a brillare in questa storia? Con il giusto aiuto, chissà...

La notte è ormai calata sull'infausto giorno in cui la macchina deodorante di Giappone ha scatenato il pandemonio in terra. Sarà una notte tranquilla? E cosa vedrà il sole del giorno nuovo, il trionfo o la catastrofe?
Continuate a seguirmi e saprete! E buon proseguimento d'estate! ^__^

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Capitolo 10
*** L'alba degli Italia viventi ***


Ehilà a tutti! Eccomi di nuovo qui, anche col caldo soffocante a proseguire con la mia “pseudo-horror”! E questo capitolo sarà davvero molto pseudo... XD

In effetti nelle note dello scorso capitolo ho dimenticato di avvisarvi, ma questo capitolo è in effetti un intermezzo, una sorta di pausa per far riprendere fiato all'autore, ai lettori e ai personaggi ^__° Durante l'ideazione di questa storia ho pensato a diverse “versioni” di invasione zombi (modalità, dettagli, tipo di zombi, tono più o meno crudo della storia...) prima di scegliere la definitiva: sono contento della mia scelta finale, ma per rendere omaggio alle varie idee scartate, che pure un po' mi sarebbe piaciuto buttar giù, ho pensato di presentarvene una...

Buona lettura, gente!




Germania aprì gli occhi e trovò ad attenderlo una bella giornata: il sole splendeva, l'aria era fresca, e aveva avuto un buon sonno ristoratore. Spense la sveglia e si buttò con uno slancio giù dal letto, motivato e pieno di energie.

Il puntualissimo e scrupoloso Germania completò la sua scaletta mattutina nei tempi previsti: fece una sana colazione, si rinfrescò, si sbarbò e prese a prepararsi a puntino davanti lo specchio dell'armadio della camera da letto.

Abbottonò i polsini della camicia, annuendo compiaciuto al suo riflesso, scelse con cura una giacca e vi pose nel taschino i suoi occhiali da lettura. Eccolo infine pronto ad uscire di casa, con la sua elegante valigetta bruna, per andare al lavoro, sicuro di arrivarvi con quel leggero anticipo che fa il perfetto orario. Non c'era dubbio che si sentisse di buon umore: era nello spirito giusto per mettersi all'opera, ancor più del solito, e quel giorno aveva pure portato con sé un paio di guantoni da boxe nel caso la sua ormai quotidiana discussione con Grecia si animasse più del solito... E un po' ci contava fosse così...

Col suo passo svelto, ma non precipitoso, accompagnato dal continuo cinguettio che giungeva dagli alberi, la nazione il cui nome è garanzia di precisione, sicurezza e rigar dritto, al limite e qualche volta oltre della colossale rottura di scatole, avanzava canticchiando un brano di un gruppo rock di quelli che il cantante si da fuoco sul palco in una tuta ignifuga. Probabile fosse quella una reazione, appena visibile, della sua psiche a cotale immagine di perfezione che talvolta gli stampavano addosso e lui stesso finiva per provare ad essere.

Non era affatto perfetto e lo sapeva, ma non gli dispiaceva affatto essere lui, pensava Ludwig: il suo stile “teutonico” era per lui un motivo d'orgoglio e rispetto per sé stesso, a prescindere dal rispetto che anche gli altri avevano per lui. Certo aveva di tanto in tanto il bisogno di slacciarsi un po' il colletto, allentare un po' le sue redini, come tutti, ma non quel mattino, in cui il più classico Germania avrebbe fatto ancora una volta il suo figurone alla riunione delle nazioni, guidando, disciplinando, rimproverando, e subendo le peggiori sbuffate e pernacchie appena si fosse girato dall'altra parte.

Lungo la strada, incrociò il primo incontro della giornata. Smise di canticchiare, si schiarì la voce tossendo sommessamente, ed attraversò la strada per raggiungere Giappone, fermo sul marciapiede opposto al suo.

“Buongiorno, Giappone. Come stai?”

Sentitosi chiamare, il ragazzo dal caschetto nero si girò...

“Veee! Ciao!”
“Uh?”

“Buongiorno, Germania! Non è una bellissima giornata?” -disse il solitamente serafico Kiku, con un sorrisone, gli occhietti socchiusi, e un'aura di luccichini e fiorellini.

Sulle prime restò interdetto, ma subito lo colse una sensazione di dejà-vu e sospirò.

“Oh, no, cos'è successo? Italia ti ha di nuovo portato in giro con sé dalle sue parti? Accidenti, quel tipo è incorreggibile!”

“Eh eh eh, già già!” -canticchiò lo stralunatissimo Giappone in versione “italianizzata”.

“Tutto a posto?”
“Pastaaa!” -alzò le mani al cielo in risposta.

“Devo fare due chiacchiere con Italia appena lo vedo...” -eppure lo sapeva quanto Giappone potesse essere suggestionabile, accidenti a lui!- “Giappone ascolta, io mi avvio alla riunione, tu resta pure qui a riprenderti, avviserò io gli altri del tuo ritardo. Non appena ti sei rimesso in sesto raggiungici, a dopo!”

“Va bene!” -scattò ridendo sull'attenti per poi salutarlo affettuosamente- “Ciao ciao!”

Germania scosse il capo: Italia era una nazione grandiosa sotto moltissimi aspetti, ma se da un lato gli tollerava di avere difetti come tutti (orde di difetti...), dall'altro non sopportava l'idea che addirittura provasse a spandere quella sua improponibile spensieratezza e scanzonata gioia di vivere! Un bel discorsetto sulla serietà e sul senso di responsabilità che una brava nazione dovrebbe avere non glielo toglieva nessuno!

Mentre preparava in mente tale discorsetto, arrivò a destinazione, senza che la breve sosta col povero Giappone avesse fatto sforare di un minimo il suo programma.

Si specchiò un attimo nelle porte di vetro, controllando un'ultima volta di essere a posto, e poi entrò, dirigendosi subito verso la sala riunioni.

Lungo la strada si imbatté in Svezia e Danimarca, che sembravano discutere tra loro, dandogli le spalle.

“Buongiorno.” -li salutò- “Gli altri sono già in sala?”

I due si girarono per rispondere al saluto, e Germania ne ebbe paura come davanti a due mostri! Nella fattispecie, due mostri con i corpi di Svezia e Danimarca...

“Ve!”

E la faccia di Italia!

“Argh!” -sobbalzò- “M-ma che... che...”

“Ve! Buongiorno!” -salutò raggiante Danimarca.

“Ve! Ciao! Come stai?” -salutò allo stesso modo Svezia, rendendolo ancora più spaventoso! Che fine aveva fatto il suo sguardo accigliato che ti schiaccia al suolo e il suo mutismo?

“Che c'è Germania?” -dondolò la testa lo stranissimo Danimarca, con gli occhi socchiusi e il sorrisone- “Mi sembri un po' spaesato! Tutto a posto?”
“I-io si, m-ma voi?! Sembrate...”

“Sembriamo cosa, Germania?”

“Strani, molto strani! A dirla tutta, somigliate a un certo qualcuno...”

Ci somigliavano terribilmente, era il caso di dirlo, vista la sua pelle d'oca!

Lo Svezia con la faccia d'Italia rise: “Oh oh, Germania ha tutta l'aria di essere un po' stressato stamattina! Secondo me gli ci vuole una bella porzione grande di lasagne! Ti vanno?”
“Veramente ho appena fatto colazione e siamo ben lontani dall'ora di pranzo...”

“Che importa?” -saltellò Danimarca- “Per le lasagne è sempre il momento giusto, a qualsiasi ora del giorno! Viva le lasagne!”
“Evviva!” -esultò a sua volta l'enorme e per nulla inquietante biondo.

“D-d-devo andare!”

Più che andar via, Ludwig se la diede letteralmente a gambe. Ancora confuso, prima di potersi chiedere cosa accidente stesse succedendo a tutti, andò ad urtare contro qualcuno, che nello scusarsi riconobbe dai suoi vestiti e i capelli albini.

“Oh, Prussia! Meno male, mi fa piacere vederti! Svezia e Danimarca hanno qualcosa di strAAAAAAAARGH!”

Il suo sollievo si tramutò in uno spavento ancora più grande: anche Prussia aveva la faccia di Italia!

“Veee, ciao fratellone!”

“F-fratellone?!” -balbettò Ludwig indietreggiando cautamente...

“Anche io sono tanto tanto contento di vederti!”
“O-ora non lo sono più di tanto a dirla tutta...”

“Vieni qui, voglio dare un bell'abbraccio al mio adorato fratellone!”

Il Prussia italianizzato, tutto sprizzante luccichini, gli venne incontro a braccia aperte, ma lui indietreggiò di nuovo.

Che stava succedendo? Era forse tutto uno scherzo? O aveva preso a soffrire di allucinazioni? Aveva letto che la carenza di certe vitamine poteva produrre vari e gravi effetti deleteri sul corpo: forse aveva lavorato troppo, forse aveva bisogno di prendere qualche integratore se ci teneva tanto a fare il tipo instancabile...

“Veee!”

Prussia proiettò la sua ombra su di lui e si preparò a stringerlo a sé, quando qualcuno di più rapido afferrò la spalla del paralizzato Germania e lo trasse via. Intontito, col cuore in gola, Germania si lasciò condurre come una bestia impaurita fino a dietro una grossa pianta in vaso in un angolo, dietro la quale il suo misterioso salvatore lo costrinse a nascondersi spingendolo ad acquattarsi.

“C'è mancato poco!”
“I-Inghilterra?”

Il cuore gli si colmò di gioia: niente ebeti sorrisi, sguardo allampanato o docili dimostrazioni d'affetto, bensì un cipiglio scuro da manuale. Mai una faccia corrucciata gli era parsa tanto meravigliosa!

“S-sei davvero tu?”

“Io si per fortuna, ma molti altri no... Molti altri sono già diventati... lui!”

Germania seguì il suo sguardo oltre le foglie della pianta, verso Prussia, Danimarca e Svezia che, a dispetto dell'inizio ormai imminente della riunione, se ne stavano lì beatamente a ridere, scherzare e chiacchierare di calcio.

“Ma che cosa è successo?! Che cosa sta accedendo?!”
Inghilterra chinò il capo: “Lo puoi vedere tu stesso: tuo fratello, Svezia, Danimarca, e non solo loro si sono trasformati copie di Italia! Esteriormente hanno assunto le sue stesse espressioni, e la loro personalità è stata completamente rimpiazzata da quella di Italia! Sono tutti diventati dei nullafacenti, romantici, mangioni, svagati, casanova che non pensano ad altro che a scansare il lavoro è godersi la vita!”
“Q-QUESTO È ORRIBILE!”

“SSSSSSH! Ci sentiranno!”

Germania, terrorizzato all'idea di poter aver a che fare di nuovo con qualcuno di quegli “esseri” si nascose ancora di più.

“M-ma come è possibile tutto questo?”
“Non ne ho idea, ma è da stamattina che è cominciata questa catastrofe. Ho visto scene atroci: Svizzera dividere la cioccolata con tutti, Lituania cantare la serenata col mandolino a Polonia, Francia brindare a spumante anziché a Champagne... Per fortuna sono riuscito a salvarti appena in tempo o saresti stato italianizzato anche tu! Chiunque venga abbracciato da uno di loro si trasforma a sua volta!”
“Q-quindi se non fossi intervenuto Prussia mi avrebbe...”
“Guarda tu stesso!”
Si voltò di scatto e vide Spagna, occhi all'orologio, arrivare di corsa dal corridoio.

“Speriamo non abbiano iniziato proprio puntuali! Mi ci è voluto un po' per alzarmi stamattina!”

“Veee, ciao Spagna, amico mio!”

“EH?! Prussia, ma che ti è successo? Sembri diverso...”

“Eh eh eh, ti voglio tanto bene! Vieni qui!”
Spagna provò a ribattere qualcosa, ma in men che non si dicesse, eccolo venire avvinghiato da un fraterno abbraccio.
“Ehi, che ti prende, Prussia? Dai, lasciami!”

Prussia lo accontentò e...

“Veee! Stamattina proprio non ho voglia di sorbirmi un'altra riunione barbosa, sai?” -sprizzò bandierine tricolori il povero Antonio!

“Ottimo! Allora visto che siamo in quattro, andiamo tutti in cortile a giocare a pallone!”
“Io sto in attacco!” -gridò Danimarca, unendosi con l'altro nordico al gruppetto di bigia-riunioni!

Germania stava strappandosi i capelli: era stata un vista troppo orribile da mandar giù!

“Visto? Comunque vada, non lasciarti abbracciare!”
“Questa è una catastrofe! Chi altro è stato preso?”

“Un po' tutti...”

“M-ma America? Lui in una situazione del genere mi sembra il tipo che si metterebbe alla testa di un gruppo di riscossa, stile film di zombi, o roba del genere!”
Inghilterra si batté una mano in fronte: “Quell'idiota è stato uno dei primi a farsi trasformare in Italia! Russia ha provato ad abbracciarlo e lui come un idiota ha creduto fosse diventato buono e volesse fare pace... RUSSIA DICO IO! MA COME SI FA A NON SOSPETTARE NIENTE?!”

L'epocale gocciolone che uscì a Germania avrebbe potuto innaffiare la pianta che faceva loro da scudo per un decennio...

“Ma in tutto questo che ne è di Italia? Il vero Italia intendo... Possibile che sia opera sua?”

“No, non credo, era sgomento quanto lo siamo noi, sebbene a un certo punto si sia messo a suonare la chitarra e ballare insieme a quegli altri scemi... Se anche è lui la causa, non l'ha fatto apposto.”
Germania annuì: Italia era un bravo ragazzo, perché mai avrebbe dovuto concepire un disegno così abominevole? E poi la sua allegria e spensieratezza erano contagiosi, in misura benigna, anche normalmente (se si escludeva il caso particolare di Giappone...).

“E in questo momento dov'è? Lo hai lasciato da solo?” -chiese, in evidente apprensione per l'amico, malgrado i troppi fac-simile che gironzolavano mangiando, cantando, giocando e seducendo lì intorno.

“Tranquillo, ci ho pensato io: in questo momento è al sicuro.”

Rinchiuso in una stanza dentro una scatola con su scritto << Fuck! >>, evitò di aggiungere...

Germania e Inghilterra allungarono il collo per esaminare nuovamente la situazione.

Passarono di lì Austria e Ungheria (entrambi con la faccia di Italia), mano nella mano, con lui che le declamava poesie classiche, poi Bielorussia (con la faccia di Italia), che a suon di “Veee!”, carezzava in testa un coccoloso gattino.

Il rumore di una finestra rotta li fece sobbalzare, mentre un pallone di cuoio rotolava loro accanto.

“Palla!” -gridò la voce di Spagna da fuori.

Germania guardò l'orologio: la riunione doveva essere iniziata già da un pezzo... CHE DISASTRO!

“Che cosa possiamo fare, Inghilterra?”
“L'unica cosa che mi viene in mente è provare con la mia bacchetta magica. Non per vantarmi ma è alquanto potente, potrebbe riuscire a far tornare tutti normali! In questo momento si trova a casa mia, ma è dura muoversi con questo posto che pullula di Italia: basta un abbraccio e sei finito, e sono parecchio espansivi!”

“Come l'originale insomma... Conta su di me Inghilterra, insieme ce la faremo!”
“Umpf, certo, di chi puoi fidarti se non di Germania, lo sanno tutti!”

Malgrado la situazione non lasciasse troppo adito alla gioia, a Ludwig fece piacere sentirlo.

“Andiamo!”

Il pericolo però era già in agguato!

“Veee, fratellino adorato!” -balzò loro davanti Scozia, che aveva sostituito la pipa con il bastoncino di un lecca-lecca- “Fatti strapazzare un po' come quando eri piccolo!”

“NEIN!”

E quando è un tedesco a dirlo fa ancora più effetto, forse anche più del destro sui denti che gli aveva rifilato d'istinto!

“Veeeee!” -pianse lo Scozia-Italia coprendosi le guance- “Perché mi hai colpito? Sei cattivo! Ho paura! Sigh!”

I due lo superarono di corsa: per fortuna che, abbracci a parte, come avversari erano tutt'altro che temibili.

“Ci sei andato giù pesante con lui...”
Germania arrossì: “Scusami, è che tutta questa situazione mi ha reso nervoso... Così tanti perditempo, così tante regole e orari infranti... Ho i nervi a fior di pelle, dovevo sfogarmi un po'...”
Inghilterra gli diede una pacca: “Tranquillo, ti perdono, dopotutto era Scozia! Ah ah ah!”

I due però poco dopo si trovarono di fronte un più nutrito gruppetto di nemici, e non potevano certo prenderli tutti a pugni in faccia...

“Ve, Germania, vieni a giocare a briscola?” -propose Turchia.

“Ve, Inghilterra, vuoi sapere tipo che dolce serenata mi ha dedicato Toris?” -gongolò Polonia sospirando un cuoricino.

“Ve, c'è qualche bel ragazzo che mi porta a fare un giro in vespa?” -fece l'occhiolino Ucraina.

Si fece avanti anche Cina con una teglia fumante: “Ve! Ho fatto le tagliatelle al sugo! Chi ne vuole un po'?”

“Non abbassare la guardia, Germania!”

“Come facciamo, ci sbarrano la strada!”

“Tranquillo! Per fortuna ho in tasca qualcosa contro cui sono deboli!”

Germania esultò silenziosamente, chiedendosi cosa potesse mai essere il tallone di Achille per le copie di Italia.

“Uh uh uh, tremate, voi mediterranei amanti della buona tavola, ho con me una delizia britannica che vi farà rabbrividire più di una Torre di Pisa dritta... I MIEI SCONES!”

Aprì la giacca e dal taschino interno prese i suoi famigerati dolcetti, allungandoli verso di loro, che si ritrassero come vampiri colpiti dall'acqua santa!
“AAAAARGH!”
“Noooo!”

“Veee! Che orrore!”

“Non preferiresti le mie tagliatelle?”

“HO DETTO SCONES!”
“IIIIIH! AIUTOOOOO!”

“Vienimi dietro Germania!”

A piccoli passi i due si aprirono un varco: bastava puntare gli scones verso uno di loro perché indietreggiasse lasciando loro aperta la strada. Tenevano però ben aperti gli occhi, perché non sembravano del tutto persuasi a desistere, e continuavano a tentare di avvicinarsi.

“Indietro! Indietro ho detto!”

“Germania, sei cattivo, te ne vai senza salutare?” -Turchia aprì le braccia, e Germania si ritrasse contro la schiena di Arthur.

“Vai avanti Germania, li tengo a bada io, altrimenti potrebbero attaccarci alle spalle!”

“Va bene!”

Mentre Ludwig si allontanava, Inghilterra continuava a procedere a piccoli passi, superando gli italiani, per poi voltarsi e continuare muovendosi all'indietro per non perderli d'occhio.
“Uh uh uh, non potete niente contro di loro!”

“INGHILTERRA, ATTENTO!”

Stava passando accanto ad un angolo, quando da dietro di questo sbucò rapidissima un ombra, che l'attaccò da un suo punto cieco.

“Veee! Dov'eri finito Inghilterra? Vieni a vederti l'ultimo cinepanettone con me?” -domandò America strusciandoglisi addosso con la guancia.

“ARGH!” -il gentleman ebbe un sussulto e lasciò cadere a terra i portentosi scones.

Senza la loro protezione, gli altri Italia sciamarono su di lui in un coccoloso abbraccio di gruppo.

“Urgh!”

“Inghilterra!”
“Scappa Germania, sei... l'unica... speranza...”

Gli Italia lo nascosero alla vista qualche secondo, poi si aprirono.

Arthur era in piedi, in apparenza incolume. Germania, paralizzato, non riuscì a distogliere lo sguardo mentre si voltava nuovamente verso di lui...

“Pastaaaaaaaaa!”

Le sue sopracciglia erano sempre lì, ma tutto il resto di lui era scomparso: i té delle cinque sostituite dal té ghiacciato alla pesca, e il gentiluomo rispettoso e galante sostituito dallo sguardo da mattatore latino con cui si affrettò a provarci con Ucraina.

Germania gridò e si impose un ordine come solo lui sapeva imporne di tanto categorici: correre!

“Non può essere vero!”

Sentiva dappertutto i loro “Ve!”, ripetuti di continuo, come un'allegra nenia che si stava spandendosi a macchia d'olio, inglobando il mondo intero! Avrebbe voluto strapparsi le orecchie!

Ecco finalmente stagliarsi l'uscita davanti a sé, la salvezza era a portata di mano!

Ma rapidissimi comparvero gli Italia, sbarrandogli la strada con le loro risate e proposte di divertirsi insieme!

Frenò bruscamente e si guardò attorno in modo forsennato, scoprendo che altre orde di Italia stavano arrivando dai corridoi alla sua destra e a sinistra, e altri ancora sopraggiungevano alle sue spalle dopo averlo inseguito! Era completamente circondato!

Guardò in tutte le direzioni, capace solo di sperare più che di pensare a un piano per salvarsi, mentre loro si avvicinavano sempre di più!

“Veee!”
“Ve!”
“Ve! Ve!”

Sentì le gambe appesantite dalla disperazione: “Urgh! Che cosa faccio? Vogliono abbracciarmi! Vogliono farmi diventare come loro! Q-quindi anch'io diventerò un sosia di Italia? Io?”

Provò ad immaginarsi...


Veee! Lavorare? Troppo noioso! Butterò tutti i documenti nella spazzatura e mi cercherò un posticino fresco per un sonnellino di qualche ora! Poi voglio mangiare tantissima pasta, il gelato, e perdere tempo davanti la tv, danno la mia fiction preferita! Ah ah ah!”


“NOOOOOOOOOOOO!!!”

L'urlo generò un onda d'urto tale da rallentare gli Italia che gli si stringevano attorno.

“Non voglio! Non voglio diventare così! Io sono Germania, quello rompiscatole, fissato con le regole e col fare le cose nel modo giusto, l'addestratore cattivo, quello con la lingua che suona scazzata qualsiasi cosa si dica! Non posso finire così! Non posso trasformarmi in un simile mostro!”

“Veee! Germaniaaa!”
“Abbraccioneee!”

Gli erano addosso, oscuravano la luce e la speranza!

“No! State lontani!”

“Veee!” -fecero tutti in coro.

“No! No! Non abbracciatemi! NOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!”




Germania riemerse dal sonno come qualcuno in procinto di annegare raggiunge l'agognata superficie. I suoi respiri pensati e affamati d'aria spezzarono la quiete della notte.

Non era stato abbracciato dagli Italia: si trovava nella caffetteria, immersa nella penombra, vegliata dall'occhio vigile di Romano, nel corso di un epocale invasione di semplici, classici zombi mangiatori di uomini.

“Che ti prende, crucco?” -gli domandò quando si fu calmato- “Ti senti male?”

“Ho... Ho avuto un incubo...”

Romano se la rise: “Incubo? Peggio di quello in cui siamo adesso?”

“......”

Germania abbassò gli occhi e vide Feliciano addormentato sulle sue gambe che lo stringeva per la vita come un grosso, caldo, muscoloso peluche.

“Veee...” -sospirò nel suo dolce sonno.
Guardò Romano negli occhi: “Decisamente si!”

Stranito dalla risposta, l'altro italiano si grattò la testa: davvero esisteva qualcosa di peggio?

Germania, passata la pelle d'oca, cercò di scrollarsi di dosso Feli, ma questo, senza svegliarsi, emise un mugolio di protesta e lo abbracciò più forte.

“......”

Alzò bandiera bianca, carezzandogli la testolina, per poi rimettersi a dormire.




Lo so, lo so, vi aspettavate il nuovo capitolo e invece mi presento con un autentico sclero: sono imperdonabile! XD

Spero non ci siate rimasti troppo male e che vi siate divertiti con questo piccolo intermezzo ^__°

Non trovate curioso che l'abbia scritto proprio in un periodo in cui, nella realtà, la Germania stia appunto un tantino esagerando con questa storia del “tenere in riga”? Sarà stata una coincidenza, ma diciamo pure che ultimamente ha fatto di tutto per meritarsi una lezioncina, e il bello spavento che ho fatto prendere a Ludwig è cascato a fagiolo (da come potete intuire sono molto solidale alla causa della Grecia per quanto riguarda gli ultimi avvenimenti d'attualità).

Considerazioni politiche a parte, spero di poter aggiornare di nuovo presto, prima di partire per le mie vacanze ^__^ Quindi dovessi sparire per parecchio tempo non vi spaventate per l'assenza di zombi... XD

Alla prossima, buone vacanze e buon proseguimento d'estate a tutti!

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Capitolo 11
*** Saluti dal precipizio ***


Sorpresa, gente! Avendo trovato il modo di connettermi ad internet anche qui da Pescara, posso presentarvi il nuovo capitolo di questa storia fresco sfornato tra un tuffo e l'altro ^__° Contenti?

Mi ha aiutato anche un po' il tempo che ogni tanto si guasta costringendomi a disertare la spiaggia, quindi per una volta ringraziate la pioggia XD

Dopo la parentesi dell'ultima volta la storia principale riprende le mosse, e lo farà in modo dirompente, vedrete! Un capitolo denso di azione si spalanca davanti a voi! Solita raccomandazione, occhio ai morsi...

Buona lettura e buon proseguimento d'estate a tutti!


PS: Nel capitolo inserirò, come comparse, due nuovi personaggi recentemente apparsi nelle strisce di Himaruya, Repubblica Ceca (una lei) e Slovacchia (un lui); per consentirvi di visualizzarli vi allego il link di una striscia in cui compaiono ^__°

http://www.mangareader.net/hetalia-world-stars/88/2




Nel sogno di Feliciano ogni cosa prese a tremare.

Quel terremoto proseguì finché non riaffiorò del tutto alla coscienza, aprendo gli occhi sul viso di Germania che lo stava scuotendo.

“Italia, svegliati: dobbiamo andare.”

Un sussurro tanto imperativo che non perse tempo neanche a sbadigliare, rimettendosi subito in piedi.

Guardò la luce fuori dai finestroni della caffetteria, ancora pallida: doveva essere parecchio presto. Intorno a lui fervevano i preparativi per quello che si prometteva di essere il giorno della resa dei conti, la loro ultima alba o la prima del nuovo, terribile regno dei non-morti. America, Germania e Romano controllavano il loro equipaggiamento, passando velocemente in rassegna ciò che vi era che potesse in qualche modo tornar utile, da semplici razioni di cibo e acqua ai coltelli, dall'oliera che Alfred scrutava pensieroso alla cartucciera di tubetti di salse e condimenti che suo fratello stava rimettendosi addosso.

Feliciano raccolse da terra la sua “lancia” come un soldato che, colto di sorpresa dai superiori a poltrire, scatta bellamente sull'attenti: “Che succede? Ci hanno trovato?”

“No, non ancora, ma probabilmente è questione di poco.” -lo rassicurò a metà Germania.

“Non abbiamo più olio da mettere nella friggitrice, si è esaurito stanotte.” -la indicò col pollice America, ancora un po' fumante dei residui- “Questo posto puzza ancora tremendamente, ma non ci coprirà ancora per molto, anche considerando che non sono degli zombi sempliciotti.”

Nella peggiore delle ipotesi potevano anche aver già approntato una trappola non appena si sarebbero decisi a mettere il naso fuori di lì, ma nemmeno potevano rimanere nascosti in eterno: c'erano tante vite per cui combattere, oltre alle loro, e il Team dell'Apocalisse non si sarebbe mai tirato indietro!

Di sicuro la loro copertura non avrebbe retto ancora a lungo, e l'unica era giocare il più possibile d'anticipo: mattinieri e rapidi, fino all'ambita meta di salvezza!

“Corda presente, tubo presente...” -fece l'appello il loro autoproclamato leader- “Ragazzi?”
“Presenti!” -rispose Germania.

“Umpf!” -si grattò la testa Romano.
“Pronto!” -si unì Feliciano con energia, chiudendo il cerchio.

“Questa storia è durata anche troppo, oggi, vada come vada, finirà.”
“Eh, no, deve andare nel modo giusto e basta!” -lo rintuzzò Romano, aggiungendoci eloquenti gesti scaramantici...

“Mi piace il nuovo acquisto!” -esclamò Alfred con un amichevole pugno sulla sua spalla (che lui, non essendo granché robusto, si massaggiò subito dopo mormorandogli tra i denti un insulto da manuale)- “Ha un gran bello spirito: deciso e ottimista!”

“Ma chi?! Se ripenso che davvero ho accettato di aiutarvi mi prenderei a schiaffi! Voglio solo tornarmene a casa sano e salvo e non rivedere più voialtri matti per un anno intero!”
“Nemmeno me?” -domandò Feli col musetto triste.

“E va bene, tu si...”

“Abbiamo un piano, ma non ci lasceranno certo metterlo in pratica come se niente fosse. Ieri è stata una lunga giornata, ne abbiamo passate di veramente brutte e non posso garantirvi non ne passeremo anche di peggiori...” -gli altri tre chinarono il capo- “Ma come uniti siamo riusciti ad arrivare fin qui, uniti riusciremo a sistemare le cose una volta per tutte, fidatevi... Non di me, fidatevi di voi stessi, di noi!” -America, fece una pausa, sentendosi ispirato- “Vedete l'alba? È il sipario che si alza sul nostro show: non deludiamo il pubblico e mostriamo loro che eroi siamo!”

Prima che qualcuno potesse complimentarsi per il bel discorso, Feliciano, con spaventato stupore, indicò uno dei due ingressi della sala.

“Sono qui fuori! Ci hanno trovato!”

Tutti si girarono, pronti e in guardia: udirono subito dei flebili rumori dietro le porte chiuse, e poi ancora l'inconfondibile, lugubre lamento gutturale degli zombi. Un fruscio, e i quattro immaginarono nitidamente mani ruvide e unghie spezzate e taglienti grattare contro le porte, poi la maniglia ebbe una scossa; malgrado il tentativo infruttuoso, visto il catenaccio e il pesante tavolo piazzato a sbarrare l'accesso, ciò che c'era dietro la porta non accennò a desistere dal ritentare ancora e ancora.

“Tranquilli, ci penso io.” -fece con un'inaspettata sicurezza Romano.

L'italiano raggiunse la friggitrice, la aprì, raccolse una pentola e vi svuotò dentro il contenuto del serbatoio, maleolente e sfrigolante. Poi raccolse una sedia, la piazzò sopra il tavolo davanti le porte, vi salì in punte di piedi e fu così abbastanza in alto da raggiungere le finestrelle scorrevoli in vetro smerigliato al di sopra delle doppie porte...

“UAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!”
Ne aprì una quel che bastava perché potesse colare la pentola sugli sciagurati aggressori dall'altro lato della parete: una tecnica d'assedio basilare , dopo tanti secoli, in fin dei conti ancora utile.

“BRUCIAAAAAAAAAA!”

“SIGH! PERCHÈ SEMPRE A NOIIIIII?!”

Chiuse la finestrella e le urla sparirono come d'incanto: “Ecco fatto.”

<< NESSUNA PIETÀ ! >> -i tre compagni si erano stretti gli uni gli altri davanti a una simile, sfacciata, fredda volontà di sopravvivenza.

Feliciano fu il primo a sciogliersi, con un sommesso sorriso: non era grande, né forte, né coraggioso, ma in un modo tutto suo sapeva sempre cosa fare; in momenti come quello si rendeva conto di quanto lo ammirasse e invidiasse dopotutto...

Romano, come niente fosse successo, passò nuovamente la parola al loquace capobranco: “Allora, bietolone, stavi dicendo?”

Se non altro adesso non esistevano più dubbi sull'essere stati scoperti e di doversi dare una mossa al più presto!

“Ehm, si...” -ripensò ai suoi divi del cinema preferiti per ritrovare il filo e il giusto spirito- “Facciamo in modo che questa sia l'alba degli eroi, non quella dei morti viventi! Troviamo la cupola, raggiungiamo il tetto, e saremo al banchetto in nostro onore per l'ora di pranzo!”
Germania si voltò verso i due italiani: non ebbe dubbi, dopo una frase del genere, nel vederli con gli occhioni sbrilluccicanti e un rivolo di bavetta alla bocca!

“Coraggio ragazzi, mani al centro e poi si parte!” -attese che gli altri tre poggiassero il pugno sul proprio, e rinfrancato a sua volta dalla loro prontezza e dal calore di quel tocco fraterno, alzò la voce- “Team dell'Apocalisse! Uno, due...”
<< CRASH! >>

“?!?!?”

Il tre era stato sostituito dal rumore della grata d'areazione sul fondo della sala che veniva fatta volare con forza.

Una, due, forse tre paia di mani, accompagnate da urla fameliche, emersero, dal buio condotto, all'interno sala, fendendo l'aria satura d'olio per frittura come artigli bramosi di croccanti e saporiti viventi!

“Ce lo rimanderemo a un altra volta, America!” -spezzò il cerchiò Germania aprendo la strada- “Ora andiamo!”

La porta più vicina al bancone e a loro era già stata liberata del tavolo, trovandosi nella direzione del loro obiettivo, inoltre il fatto che l'altra porta ora desse su un lago di olio bollente la rendeva una scelta obbligata.

Alfred aprì la porta con una spallata e subito i compagni si lanciarono dietro di lui. Fu una corsa breve perché la strada fu presto sbarrata dai primi, affamati zombi del nuovo giorno.

“Ci pensiamo noi ad aprire un varco!” -gridò Germania senza rallentare- “Voi tenete d'occhio le nostre spalle!”

Ludwig si avventò col tubo di Russia contro il redivivo zombi-Olanda, mettendogli prima fuori uso il braccio destro per avere poi gioco facile con lui, mentre Alfred lasciava invece che fosse il ringhiante zombi-Corea a caricarlo, salvo poi mettergli lo sgambetto e finirlo con una mazzata mentre era per terra. Purtroppo per lui in quel punto si apriva un piccolo corridoio laterale, nella cui ombra se ne stava appostato il possente zombi-Cuba, con una gran voglia di mettere la parola fine ai loro risaputi dissapori aggredendolo mentre dava il colpo di grazia all'altro zombi.

“Occhio alle spalle!” -gridò Romano.

America trasecolò e girandosi ebbe un primo piano delle fauci dello zombi caraibico, ma queste non si erano aperte per mordere, bensì per prorompere in una mezza imprecazione in spagnolo quando si era ritrovato con tutta la faccia imbrattata di rosso. Vista l'occasione, America non ci pensò due volte a metterlo a tappeto con una sonora mazzata nel fianco; si girò verso Romano, e lo trovò armato di tubetto di ketchup, estratto dalla cartucciera.

“Bel colpo!”
“Tsk! Quello è niente.”

Detto questo estrasse, più rapido dei pistoleri dei suoi film, pure la maionese, e puntò le sue “armi”, in apparenza contro America stesso, in realtà contro zombi-Ceca e zombi-Slovacchia che stavano arrivando in corsa dalla stessa via da cui era comparso Grecia, beccando con precisione ciascuno in entrambi gli occhi appena furono a portata, lasciandoli brancolare nel giallo e nel rosso fino a che non beccarono una parete contro il naso.

Romano roteò i tubetti di salsa tra le dita e ci soffiò... per poi dare un assaggino alla maionese...

Ad America brillarono gli occhi: “Vuoi essere il mio nuovo eroe?”
“No.”

Poco male, America trovava nuovi eroi a cui votarsi un giorno si e uno no.

“Zombi-baltici a ore sei!” -gridò Germania, in quel momento impegnato con zombi-Portogallo, per avvertirli dell'arrivo dei tre fratelli non-morti, preannunciati da un appetitoso odore di frittura...

“Chi ci ha tirato addosso l'olio bollente la pagherà cara!” -gridò il rabbioso zombi-Lettonia, reso, come anche gli altri due, ancora più orrendo e spaventoso dalle ustioni!

“Veeee!” -trasecolò Feliciano a trovarseli di fronte. Provò a minacciarli, con ben poca veemenza con la sua lancia improvvisata

“Non avere paura di quei tre fessi!” -lo incoraggiò il fratello che prendeva a calci gli zombi a terra tanto per assicurarsi ci rimanessero...- “Combattili!”

America, che non aveva bisogno di incoraggiamenti, aveva preso subito per sé il piccolo ma mordace Lettonia: l'aveva sempre pensato che quel tipo avesse bisogno di sfogarsi un po', e quale occasione migliore di una trasformazione zombi?

Feli, spintonato dalle grida del fratello, provò a vibrare un pretenzioso colpo ad occhi chiusi. Sfortunatamente quell'arma, nata da un semplice manico di scopettone, aveva già conosciuto troppi sballottamenti da quando Giappone aveva iniziato ad impugnarla, e il legno, dopo i tanti colpi vibrati, era al limite della sopportazione: il suo colpo a vuoto, finito contro il muro, lo fece cedere definitivamente, e la punta della lancia penzolò ancora parzialmente attaccata ma inoffensiva.

“Oh, no!”

“Prendi questa!” -gridò Romando facendo scivolare sul pavimento una piccola mannaia da cucina, che Feli sollevò con fretta e incertezza.

“M-ma sono due... E io non...” -balbettò scansando unghiate e morsi!
“Tu immagina che siano dei salami da affettare!”

<< SLASH! >>

“LE MIE INTERIORAAAAAAA!”

“Veeee! Non l'ho fatto apposta!” -pianse Feliciano, saltellando spaventato lontano dalle frattaglie che fuoriuscivano e cadevano a terra dalla pancia tranciata di zombi-Lituania, che, poveretto, cercava di trattenerle e rimetterle dentro!

“P-però ha funzionato!” -si gasò l'italiano vedendo il terzo zombi recedere intimorito!

<< È bastato pensasse fossero cibo? >> -non riuscì a crederci Germania, sempre più senza parole dinanzi alle prodezze inaspettate e alle abilità nascoste dell'italica stirpe... Li ammirava a tal punto... da fargli cascare le braccia...

“Bravo il mio fratellino!” -si complimentò infilzando con un forchettone da cucina il piede di zombi-Olanda che aveva commesso l'errore madornale di provare a rialzarsi.

“Forza, andiamo! Prima ne arrivino altri!”

“Maldidos...” -imprecò il malridotto zombi-Cuba, trascinandosi- “Prendiamoli!”

Italia tenne i nemici a distanza mentre America si riuniva al gruppo, per poi dar prova della sua magistrale abilità nella fuga nel raggiungerli con poche, lunghe falcate.

Lasciatosi ben dietro quel primo sbarramento, il gruppo iniziò a rallentare, anche per potersi riorganizzare e darsi un ordine di movimento, come avevano fatto nell'attraversare il piano inferiore; Germania, che li precedeva di qualche passo cominciò però ad avere una brutta sensazione, che trovò confermata nel volgere lo sguardo a destra e a sinistra.

“Non vi fermate! Andiamo!”

L'ampio androne che stavano percorrendo aveva molti accessi laterali, e da tutti, più o meno distanti che fossero, provenivano degli zombi.

“Non rallentate!” -gridò di nuovo.

Era una tenaglia, che loro dovevano anticipare, a costo di farsi scoppiare i polmoni. Ma anche superato quell'androne e imboccato l'ultimo corridoio, e già si apriva in lontananza lo spazio circolare della cupola, riuscivano a percepirli, una sepolta sensazione di pericolo che sentivano intorno, e sempre più vicina. Bastava girare appena il capo perché con la coda dell'occhio li intravedessero arrivare da ogni incrocio, numerosissimi, come se tutti gli zombi dell'edificio si fossero concentrati su quel piano, decisi a braccare gli ultimi sopravvissuti.

“Prendetelo! Mi deve una mano!” -gridò zombi-Taiwan balzando fuori da un corridoio appena superato, e indicandoli, con la mano rimastale, all'orda che la seguiva e che si lanciò urlando all'inseguimento.

“Resistete ragazzi, ci siamo!” -esultò America.

Poche falcate ancora ed ecco che il corridoio affluiva in un grande spazio circolare su cui andavano ad affacciarsi i vari piani, delimitato da una balconata di sbarre orizzontali in ferro; affacciandosi, avrebbero visto il crocevia con il piedistallo rovesciato dove Russia se l'era data a gambe dinanzi l'apparizione della sorella. Il sole era già un po' più alto e dalla vetrata della cupola si diffondeva una piacevole luce d'oro, uno splendore che contrastava atrocemente con l'oscurità dilagante.

Un po' l'entusiasmo suo marchio di fabbrica, un po' il fatto che fosse lanciato a tutta velocità, Alfred non riuscì a perdere abbastanza velocità per non schiantarsi sulla balconata con tale foga da rischiare di capitombolarvi oltre!

“WHOA! AAAAH!””

“Acchiappatelo!”

Germania, Feli e Romano riuscirono ad afferrarlo per il giaccone appena in tempo.
“Ehi, piano! Non vorrete strapparmelo! Ci tengo, eh!”

“Dai ragazzi, lasciamolo, è la volta buona!” -suggerì malignamente Romano, irritato da tale mancanza di gratitudine!

“Veee, ma quanto pesi?” -domandò Feli cercando di tirarlo su per una gamba- “Non eri a dieta?”

“Si, qualcosa come cinque mesi fa...”
“Chiudi il becco e muoviti!” -si spazientì Germania, riuscendo finalmente a riportarlo sul pavimento.

“Eh eh, paura, eh? Tranquilli, un vero eroe non casca mai di sotto, per principio! E ora che sono ancora distanti prepariamoci a...”

Sentirono un fruscio provenire dal basso, ma il tempo di affacciarsi ed ecco che la causa, o meglio, le cause, si erano già issate su per la ringhiera e con un agile balzo, quasi un volo, in stile film di kung-fu, erano atterrati sulla balconata del primo piano dove si trovavano, in perfetta posa plastica prima di rimettersi in piedi e girarsi lentamente verso di loro.

Zombi-Hong Kong e zombi-Cina, non aprivano bocca, ma lasciavano trasparire un irrefrenabile voglia di chiacchierare a suon di arti marziali.

“Li trattengo io!” -roteò la mazza il prode America- “Voi preparate il rampino, muovetevi!” -gridò lanciando velocemente la tracolla con dentro la corda da legare al tubo.
“Va bene!” -l'agguantò al volo Ludwig- “Allontaniamoci!”

America strizzò gli occhi alla film western: “Occhio a quello che fate... Teppistelli...”

I due zombi, del tutto apatici dinanzi alle sue minacce, lo attaccarono insieme, ed America ripiegò subito sulla difensiva, comprendendo in fretta di essere in netto svantaggio da solo: se non fossero stati rallentati nei movimenti dalla zombificazione, probabilmente lo avrebbero velocemente sopraffatto con le loro tecniche e una simile aggressività.

Più volte America sentì calci sibilare a pochi centimetri dalle sue tempie, evitò per un pelo un colpo di taglio della mano diretto al collo, di quelli che ti stendono, e si beccò infine una raffica di pugni al busto che lo lasciò senza fiato per qualche attimo. Senza perdersi d'animo, mulinò con un gesto ampio la mazza da baseball sperando, con la sua portata maggiore, di indurli a distanziarsi. Ma quel movimento grossolano fu facilmente evitato da zombi-Hong Kong abbassandosi; nel rialzarsi poi roteò completamente su sé stesso, estendendo la gamba, e il suo tallone descrisse una falce che si abbatté sul polso di America. La forza del colpo fu tale che questi mollò la presa e la sua fida compagna di tante battaglie volò oltre la balaustra, gemendo nell'urto col pavimento del piano di sotto.

Per quanto poco eroico, batté in ritirata verso gli amici: “Un aiutino?”

Con Germania chino a terra, impegnato ad assicurare bene la corda attorno al tubo, e Italia a guardare tutto intorno per ogni evenienza, Romano seppe che toccava a lui e, mano alla cartucciera, si gettò in quella situazione disperata: “Ciccione, abbassati!”
“Ciccione a chi?!”

“GIÙ!”

Buttatosi a terra, Romano rivelò ciò che aveva nascosto nella mano destra: un contenitore in vetro pieno di polvere di peperoncino rosso. Una nube piccante si spanse in faccia a quei due, che in men che non si dica rimpiansero di essere non-vivi: la gola, il naso e gli occhi erano tutti un incendio, e lacrime, tosse e starnuti rendevano impossibile guardare e muoversi. Zombi-Cina si appoggiò sfinito alla ringhiera e America ne approfitto per rovesciarlo di sotto con una spinta, per poi afferrare di peso zombi-Hong Kong e riservargli lo stesso impietoso trattamento.

Il tempo di un sospiro di sollievo però, ed eccolo rendersi conto di quel rumore che si avvicinava come un onda su loro povere zattere nella tempesta, il rumore di orda zombi che geme, ringhia, sbava e si trascina pesante verso di te. Dal corridoio da cui erano venuti era intanto già sbucato il primo, braccia ciondolanti e fauci digrignate, uno zombi dalle inconfondibili sopracciglia spesse...

“Inghilterra!” -trasalì America- “Sono io, America, non mi riconosci?”
“GROARRRRR!”

“Si, ti riconosce...” -commentò Feliciano.

“Muoviamoci! Di là!” -intimò allora America, rinunciando seduta stante alla commovente riunione.

I quattro si allontanarono in fretta da quel punto, puntando al lato opposto della balconata circolare. L'orrore però inchiodò nuovamente i loro piedi a terra: proprio da lì ne stavano sopraggiungendo altri, numerosissimi quanto quelli che stavano comparendo alle spalle di zombi-Inghilterra.

Non potevano andare oltre né tornare indietro, dovevano scalare in quel punto: una volta raggiunto il secondo piano, avrebbero potuto rapidamente tirar su il rampino e fare lo stesso col terzo, e con due piani di vantaggio e praticamente tutti i non-morti radunati lì avrebbero potuto procedere con sicurezza per l'ultimo tratto. Almeno in teoria.

“Allontanatevi!” -intimò Germania.

Fece roteare alcune volte il rampino e lo scagliò verso l'alto: la curva del rubinetto si adattò perfettamente alla terza sbarra della ringhiera del piano superiore. Diede un tiro, confermando la sicurezza dell'appiglio.

“America, vai per primo!”

“Giammai! Io sono l'eroe, il capitano del gruppo, il capitano che non scende dalla nave se prima tutti i passeggeri non si sono messi in salvo!”

“Disarmato come sei ci affonderai pure con la nave! Muoviti!”

Sospirando pensando alla fida mazza perduta e ai tanti bei momenti trascorsi assieme, America diede un pizzico al proprio orgoglio e si rassegnò a scalare, accontentandosi di un veloce ma caloroso saluto al caro, zombificato Arthur, scivolandogli alle spalle, abbracciandolo per il collo e infine spezzandoglielo con la tecnica appresa nell'addestramento da marines. Forte di quello stesso addestramento, America si issò per i circa cinque metri di dislivello tra i piani in un attimo, con l'agilità di una pantera, mentre sotto di lui la corda veniva raggiunta e avvolta dalle ondate; Germania respinse con un calcio Zombi-Polonia e poi corse ad aiutare Romano che provava a difendere sé stesso e il fratello a colpi di coltello da pane.

“Sotto a chi tocca!”

“Italia, vai tu!” -fece Germania, fracassando di gancio la mandibola di zombi-Danimarca, che per niente colpito dalla cosa, continuò a provare ad artigliarlo anche con la bocca penzoloni.

“I-io però non sono tanto bravo con la corda...”

Germania si morse la lingua: durante gli allenamenti in palestra c'erano tante cose in cui il suo poco atletico amico non se la cavasse, e la scalata sulla corda rientrava tra queste, i suoi tempi erano disastrosi; si sarebbe preso a schiaffi da solo per aver dimenticato un simile dettaglio.

“Feli se non sali subito quella cavolo di corda ti cucinerò spaghetti scotti per un mese!”
“Ma io...”
“SALI!”

“Veee!”

Con i dovuti “incoraggiamenti” però, si disse Germania, era anche vero che Feliciano riusciva, seppur con fatica, nelle imprese a lui più invise. Iniziò a così a trascinare il proprio peso con le sue braccine sottili su per la fune bianca, mulinando le gambe ogniqualvolta perdeva un po' d'appiglio, rischiando di calciare i suoi stessi amici di sotto, impegnati a coprire la sua arrampicata.

“Anf! Anf! Le braccia... Non ce la faccio...”

Dall'alto, America osservava preoccupato: “E va bene, è il momento di dimostrare ancora una volta la potenza dei film...” -respirò profondamente ed assunse un espressione scura come la notte e folle come il miglior sergente istruttore dell'universo noto- “SOLDATO PALLA DI PASTA! HAI INTENZIONE DI MORIRMI SULLA MIA CORDA? IO NON TE LO PERMETTERÒ! TU QUI NON SCIVOLERAI, TU QUI NON CADRAI, QUI SI SCALA DRITTO E BASTA!”

Germania, cogliendo la citazione, scosse tristemente il capo... Perlomeno parve funzionare: con Romano ad aiutarlo offrendogli appiglio con la propria spalla, e America dall'alto a issarselo, con le sue inconsuete tecniche motivazionali prima, e con le sue forti braccia poi, Feli riuscì ad arrivare al pianerottolo superiore sano e salvo. La situazione in basso però era ormai disperata, con gli ultimi due rimasti praticamente circondati.

“Vai, Romano! Mettiti in salvo!”

“Ehi!” -ribatté lui piccato- “Credi abbia bisogno che un crucco si preoccupi per me? Muoviti tu piuttosto!”

“Ma poi tu rimarresti solo!”
“Uno deve pur rimarci, no? E poi per chi mi hai preso, so badare a me!”

Probabilmente, non fosse stato Germania ma chiunque altro, Romano sarebbe già arrivato di sopra con la rapidità di uno scoiattolo, ma in quel caso particolare non se ne parlava di ritirarsi prima di quel pompato, sotto gli occhi di suo fratello poi. Così pensava la parte di lui che non stava silenziosamente sacramentando per la paura!

Germania si voltò per convincerlo, ma Romano neanche più gli prestava attenzione e non era il caso di perdere altro tempo. Tenendo gli zombi alla larga con il coltello raccolto nella caffetteria, Germania prese a scalare la corda con facilità.

“Romano, sbrigati! Saliamo insieme!”

L'enorme quantità di fauci bavose e denti aguzzi che aveva di fronte lo indussero ad accettare l'offerta, e di corsa!

“Ma chi me l'ha fatto fare?!” - imprecò salendo e scalciando, riuscendone a beccare ben tre col tacco degli stivali.

“Forza, ragazzi!” -li incoraggiò America.

“Attenti!” -gridò invece Feliciano, indicando sotto di loro.

Non ebbero bisogno di abbassare lo sguardo: gli strattoni che scuotevano la corda stretta nei loro pugni fecero subito presente ai due che gli zombi avevano preso ad arrampicarsi a loro volta.

Zombi-Svizzera, disarmato ma non meno spaventoso, con uno sforzo, cercò di raggiungere col proprio morso la caviglia di Romano, ma per fortuna le sue mandibole schioccarono, come tenaglie, minacciose ma a vuoto.

“Argh! Sciò!” -la tallonata sul naso lo fece cadere, rovesciando a terra gli zombi sulla sua caduta; ma ecco subito il loro ex-compagno, raddrizzatosi sommariamente la testa sul collo, tentare la scalata dopo di lui. Il panorama era sconfortante, ormai una torma ondeggiante di morti viventi aveva occupato tutto il pianerottolo intorno la corda, e non c'era centimetro calpestabile che non fosse occupato da facce familiari in decomposizione che bramavano le loro carni. Quei visi, altrimenti così cari, deformati dalla fame, resi ferini, animaleschi, dalle smorfie, le piaghe e le espressioni truci, quasi folli, con cui puntavano le loro prede: ogni sguardo incrociato era una pugnalata al cuore. Ma ora c'era da preoccuparsi di quello più vicino di tutti, quello di Arthur, algido e spietato come ghiaccio, e di quello di Francis, (più morsicato di quanto ricordassero) che lo seguita a ruota.

Romano scalciò di nuovo, ma stavolta lo zombi, per niente sprovveduto, gli afferrò il piede e morse: fortunatamente lo scarpone di Romano era spesso e a lui riuscì di divincolare il piede rimettendoci unicamente la calzatura, che un attimo dopo Arthur buttò schifato di sotto.

“Porca miseria!” -gemette rabbrividendo- “Muoviti, stupido crucco! Muoviti!”

Germania era già arrivato, in apparenza senza sforzi, fino alle sbarre della ringhiera, che scavalcò con l'aiuto degli altri.

A quel punto Feli si sporse, quasi a voler tornare di sotto: “Ce l'abbiamo fatta, forza Romano!”

La fai facile tu, avrebbe voluto dirgli. Romano dopotutto non era affatto più atletico di suo fratello, e anche lui saliva lentamente con gran sforzo. Guardò in alto e poi in basso, scoprendosi poco più che a metà, con le braccia già intorpidite.

“Dai, presto!”
“Anf... Anf...”

Senza contare quella insistente miriade di mostri a qualche centimetro dai suoi piedi: loro non ci avrebbero messo niente a raggiungerli usando il loro stesso sistema, e a quel punto addio vantaggio e buon appetito per quelli là.

“Oh, beh...” -non gli restò che dire.

Tenendosi alla corda con una mano sola frugò in tasca e tirò fuori un coltellino.

Nessuno capì.

O forse nessuno osò capire. Men che tutti suo fratello.

“Ma... Romano...”

Ma chi glielo aveva fatto fare, rise di sé iniziando a recidere: benedisse la sua indole a prenderla con filosofia quando le cose si facevano nere come la notte, almeno non se ne sarebbe andato urlando e piangendo, alla faccia di quei mostri.

“NO! ROMANO! CHE FAI?!”
America si sporse, lasciando a Germania il compito di tenere bloccato Feli: “Non fare pazzie! Ce la puoi fare, raggiungici!”

“Ehi, Feli...”

Alzò gli occhi e gli sorrise: “Sta solo a te adesso... Ce la farai di sicuro: fagliela vedere a tutti chi sei!”

“......”

Inghilterra gli afferrò la caviglia, nello stesso istante la corda tesa cedette con un piccolo schiocco.

Il mostruoso mare sotto di lui parve spalancarsi, come delle fauci: precipitò in quella bocca, senza distogliere lo sguardo, poi quelle fauci gli si richiusero sopra, sottraendolo alla vista.

L'urlo di Italia non giunse alle sorde orecchie dei mostri impegnati in un nuovo banchetto, di cui nessuno di loro voleva cedere la propria parte. La sua disperazione esplose con una forza tale che pure Germania ebbe il suo da fare per trattenerlo e impedirgli di gettarsi di sotto, incluso subire una gomitata in viso. Riuscito chissà come ad allontanarlo dal parapetto, urlò qualcosa all'indirizzo di America, le cui orecchie erano altresì momentaneamente chiuse.

Fissava in basso, quel gorgo di poveracci trasfigurati che aveva inghiottito il loro coraggioso amico, quell'insopportabile e scostante ragazzo che avrebbe potuto restarsene al sicuro nei suoi nascondigli, che non aveva alcun motivo per venire a fare l'eroe insieme a loro e che in meno tempo di quanto ci stessero mettessero loro aveva meritato appieno quel titolo.

Rimpianse di non avere un cappello da alzare, soltanto uno sguardo carico di rispetto, e la promessa di non rendere vano il suo gesto.

“AMERICA!”

Le voci straziate di Feliciano e Ludwig finalmente lo raggiunsero e corse via con loro, mentre dalla risacca emergeva ruggendo, sfigurato dai morsi, un nuovo innocente abominio.


La via fu loro sgombera e sicura ma non corsero molto.
America, dettando il passo, fu il primo a rallentare, seguito Germania, due volte stanco per aver dovuto letteralmente tirarsi dietro Feliciano, il quale, non appena lo lasciò, senza lui a tenerlo venne giù come uno straccio, accasciandosi seduto contro una parete a piangere a denti stretti.

Gli passavano davanti agli occhi le tante occasioni in cui il fratello, controvoglia e contro ogni suo istinto di buon codardo, aveva aiutato lui o i suoi compagni, e le altrettante in cui lui invece si era bloccato ed era stato incapace di rendersi utile, da ultima la sua scalata sulla corda, con un ritmo la lumaca, che nella sua mente ansiosa di colpevolezza era diventata la principale causa per cui i mostri li avevano raggiunti e circondati. Se solo si fosse allenato di più, se solo non fosse stato per Romano la palla al piede da proteggere facendolo andare prima di lui, se solo non fosse stato così tragicomicamente incapace suo fratello non avrebbe dovuto sacrificarsi per un elemento tanto inutile. Frustrato, se la prese col pavimento, prendendolo a pugni come avrebbe fatto con uno specchio.

Gli altri due lo lasciarono sfogarsi un po' prima di aprir bocca.

“Era una grande...” -sospirò America- “Un grande davvero. È solo grazie a lui che ce la faremo.”

Gli elogi al fratello gli scaturirono solo un gemito furioso.

“Ehi, dai... Non hai motivo di crucciarti: tuo fratello ha deciso spontaneamente di farlo, non avresti potuto fare nulla...
“È proprio questo il punto!” -ritrovò la parola, Italia, facendoli tremare- “Non faccio mai nulla, dannazione!”

Colpì il pavimento altre due volte, forte da volerlo crepare.

America riaprì bocca solo per richiuderla; le sue intenzione erano buone, ma ormai Italia era troppo stufo di sentirsi compatire, della comprensione riservata all'ultimo del team, quello da cui ci si aspetta sempre meno di tutti gli altri.

Germania lo aveva capito, e sapeva che la durezza di cui sentiva il bisogno non poteva dargliela nessuno se non lui.

“Beh...” -si schiarì la voce guardandolo di sbieco- “Non mi pare tu stia facendo qualcosa nemmeno adesso.”

“Ehi!” -ribatté America, che liquidò con un cenno della mano.

“Se ti fa tanto rodere quello che è successo piangerti addosso dovrebbe essere l'ultima cosa da fare!”

Italia tremò dalla testa ai piedi, alzò il capo e sostenne coi suoi occhi lucidi il duro sguardo di Germania. Vi vide attraverso e, in silenzio, lo ringraziò di cuore.

Si affondò le unghie nel braccio sinistro per ridestarsi: “Non mi sto piangendo addosso, sto piangendo e basta!”

Si rimise in piedi: “Ne ho davvero abbastanza adesso!”
America ghignò: “Non sei il solo, amico!”

“E allora finiamola una volta per tutte!”

Fregandosene dei “ruoli” di America, lo scavalcò e, approntata la piccola mannaia lasciatagli dal fratello, si avviò da solo in cerca delle scale come a voler affrontare da solo qualsiasi zombi gli si fosse parato davanti.

A Germania scappò un sorriso. Non dubitava delle sue intenzioni, ma sapeva avrebbe avuto bisogno di qualche altro paio di robuste braccia per farcela.

Fece un cenno ad America che alzò il pollice e gli lanciò il tubo di metallo che era riuscito a recuperare prima di filarsela da quella maledetta balconata.

Sotto di loro il mare zombi ribolliva in tempesta: le acque salivano sempre più, costringendo i naufraghi a rifugiarsi sempre più in alto, inseguiti dalle fameliche onde, braccati in uno spazio sempre più stretto.

Avrebbero raggiunto la salvezza per tempo, o prima l'abisso li avrebbe raggiunti e inghiottiti?




Sono certo che molti di voi si stiano disperando in questo preciso momento, dico bene? Scusate tanto, ma la scena drammatica sul precipizio, malgrado sia un classico, volevo proprio inserircela XD

Romano ne ha fatto eroicamente le spese da bravo fratellone, ma si può dire che la sua permanenza nel gruppo, per quanto breve, sia stata densa e fruttuosa. Solo tre sopravvissuti sono ai blocchi di partenza per lo sprint finale di questa fic! Ce la faranno o altro sangue e altra carne saranno richiesti? Preparatevi ad altre emozioni, altri brividi e altri colpi di scena!
Alla prossima! ^__^


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Capitolo 12
*** In frantumi - Parte prima ***


Ciao a tutti, sono tornato! Fatto buone vacanze? ^__^

Un po' mi mancava la cara vecchia routine... X3 Nel caso però a voi invece manchino il mare e le spiagge, permettetevi di consolarvi (si fa dire visto il genere... MUAHAHAH!) con un nuovo capitolo! Il precedente vi ha alquanto scioccato, ma vi assicuro che i prossimi... non saranno da meno...

Ci avviamo alle fasi finali di questa storia, e da questo momento l'azione sarà molto concitata... Quindi reggetevi forte alle vostre armi e radunate il coraggio: è l'ora del rush finale! La posta in gioco è la sopravvivenza del mondo: avranno la meglio i vivi o i non-morti?

Buona lettura!

PS: Un grazie a tutti gli affezionati lettori che mi hanno seguito finora, in particolare quelli che commentano ^__^




I sopravvissuti proseguivano alla stregua di come avevano fatto al pianterreno: perlustravano accuratamente ogni angolo, ogni svolta prima di passare, occhi e orecchi attenti al minimo sospetto segnale di pericolo. Troppo pochi ora per non fare ciascuno la propria parte: nessuno si tirava indietro, nessuno indugiava nelle retrovie, nessuno poteva permettersi di lasciare ci pensasse qualcun altro. Né, d'altra parte, nessuno voleva.

Chiusi in un silenzio assorto, zittiti dalla concentrazione e dal tanto dolore subito, proseguivano attenti ma anche più rapidi possibile. L'eventualità di trovarsi nuovamente innanzi una quantità di zombi inimmaginabile da affrontare metteva loro le ali ai piedi: neanche dieci minuti prima tutti gli zombi dell'edificio erano stati loro addosso, vicini da vederne il pallore vacuo della loro pelle e dei loro sguardi, a intrappolarli come un muro di bocche pronte a divorare qualsiasi cosa di vivo sul loro cammino. Sarebbe stato così d'ora in avanti: l'esercito di morti viventi avrebbe dato loro la caccia compatto e unito.

Dunque dovevano muoversi, ignorare la stanchezza che minacciava di schiacciarli al suolo da un momento all'altro e la rabbia e la frustrazione che attanagliavano i loro cuori; dovevano sbrigarsi, finché li avevano tutti o quasi alle spalle; lasciarseli dietro fino a trovare una delle porte tagliafuoco che davano sulle scale d'emergenza, con le quali raggiungere il sospirato tetto del palazzo. Se anche ne avessero trovati dinanzi a sé, si era deciso avrebbero cercato di evitarli: sia per evitare di dar tempo alla moltitudine di raggiungerli, sia perché ormai non erano rimaste loro armi all'infuori del tubo di Russia e della piccola mannaia che Romano aveva affidato al fratello.

L'inquietudine di Germania era rivolta a lui soprattutto, e gli rivolgeva di continuo rapide occhiate. Il cambiamento in Italia dopo l'accaduto sulla balconata era fin troppo avvertibile: non un sospiro o un lamento, non una parola, non un'esitazione a scrutare dietro un angolo o nella stretta delle dita intorno la sua improvvisata arma. Un guscio aspro e in apparenza minaccioso, ma in fondo fragile, come una cicatrice ancora rossa su una ferita apertasi da poco.

Quel bravo ragazzo era stato il primo a venirgli accanto a sincerarsi di lui quando si era trovato di fronte suo fratello zombificato, e Germania era combattuto tra il rispetto del suo impegno a non essere più la zavorra di cui preoccuparsi, e il desiderio di confortare il suo dolore. Alla fine fu quest'ultimo ad avere la meglio.

“Italia, stai bene?” -chiese a bassa voce, lasciando ad America il compito di perlustrare i loro passi.

Italia tirò su un malconcio sorriso, che resse anche quando rispose: “No.”

Tornò a guardare davanti a sé: “Io non sono te, non sono capace di reggere qualsiasi cosa e fare come niente fosse successo.”

“Nemmeno io.” -lo redarguì- “Non si tratta di reggere, ma di reagire, e tu lo stai facendo.”

“Ti dissi che avrei fatto del mio meglio per tuo fratello... E mi sono pure fatto portare via il mio... ” -proseguì sordo ai suoi tentativi di incoraggiarlo.

“Stupido.” -scosse il capo- “Salvare Prussia non è un fardello che ricade solo sulle tue spalle. Né lo è salvare Romano e tutti gli altri.”

“Lo so, so che mi aiuterai. Che mi aiuterete.” -sorrise di nuovo, stavolta di sincera gratitudine- “È solo che ne ho abbastanza di persone che si sacrificano. Ne ho viste troppe. Non dipende da me quello che ci accadrà, è vero, ma io farò tutto il possibile almeno perché nessuno debba più sacrificarsi per me. Ho finito di farmi salvare.”

Germania abbozzò un sorriso a sua volta: “Ti fa onore, Feli, davvero. Nel sacrificarsi per una giusta causa, come proteggere gli amici, non c'è niente di sbagliato ad ogni modo. È triste, ma a volte bisogna essere disposti ad accettare che succeda.”

“Sappi che se osi provare a sacrificarti per me non lo accetterò per niente!”

Germania restò sbalordito un attimo, sgomento dal suo tono, per poi sciogliersi in una risata: “Sai che ti dico? Che vale lo stesso per te!”

“Ma io...”
“Che c'è? Ora vuoi essere proprio tu quello che si sacrifica dopo aver detto che non vuoi altri sacrifici?” -scherzò il biondo.

Italia arrossì e poi sbuffò: “Io... voglio solo non veder perdere più nessun altro. Voglio solo che riusciamo a farcela tutti insieme.”

L'altro gli strinse una spalla: “Vorrei lo stesso anch'io, Italia...”

A quel punto America si girò: “Trovatevi una stanza voi due!”

“Che intendi?” -inclinò il capo Feliciano, che non conosceva l'espressione.

Germania che invece la conosceva aveva palesemente risentito della frecciata: “Di tutte le frasi fatte da film non ne potevi scegliere una più inopportuna!!!”

“Perché, che intendeva?”
“N-niente...” -nascose sbrigativo il proprio imbarazzo.

America, nel vederlo così, prese a ridacchiare, ma si spense in un attimo.

Allungò il braccio, sbarrando la strada agli altri due.

“Ragazzi, temo che abbiamo compagnia. E temo di quelle peggiori.”

Italia e Germania si fermarono ciascuno a un suo fianco e scrutarono la semioscurità dell'ampio corridoio che si apriva dinanzi: le veneziane delle finestre erano tutte tirate giù e la poca della luce del mattino riusciva a filtrare, ma abbastanza perché si scorgesse una figura avvicinarsi. Reggeva qualcosa di lungo tra le mani.

Deglutirono nel riuscire infine a riconoscerlo: la camicia bianca con le maniche tirate su ai gomiti era strappata e inzaccherata di sangue, suo e degli zombi che aveva abbattuto combattendo coraggiosamente insieme a loro. Il sudore lasciava ricadere sulla sua fronte una scompigliata frangia di capelli corvini. Nella mano destra brandiva, a nostalgia dei suoi trascorsi dalla loro parte, un robusto bastone di legno ricavato dal manico di uno spazzolone.

Due righe di luce dalle finestre sulla destra solcarono il volto cupo di zombi-Giappone quando questi si arrestò a poco più di una decina di passi da loro.

Scese un silenzio carico di tensione, mentre i tre si davano il tempo di ingoiare il rospo, sotto gli occhi inespressivi del morto vivente.

“Beh, dopotutto si era detto ci saremmo rincontrati, Giappone...” -esordì America- “Ma stavolta da due parti diverse della barricata.”

“Anch'io avrei preferito ci rivedessimo in circostanze diverse.” -rispose con voce roca e piatta.

In quell'atmosfera quasi surreale proruppe nuovamente Italia: “Hai intenzione di impedirci di arrivare al tetto?”
“No, Italia, in quanto zombi non sono interessato a quella che prima era anche la mia missione. Tutto ciò che uno zombi desidera è mangiare, è quella la sua principale direttiva: che vogliate o meno tentare di farmi ritornare normale non è per me di alcun peso.”

America si sfregò le mani: “Oh, bene, ci fa piacere sentirlo! Quindi non ci ostacolerai, dico bene?”

“Lo farà solo per mangiarci.” -chiarì Germania.

“Esattamente. Ma penso vi farà piacere sapere che ho intenzione di accanirmi per primo su uno di voi in particolare...”
America assunse una posa speranzosa: “Io, vero?”
“Si...”
“WHO-HOOO! Sono io! Sono sempre il più richiesto! Eh eh eh!”

“Ma lo hai capito o no che ha detto?!” -restarono sgomenti i compagni!

“America...” -a un tratto nella voce atona dello zombi era apparsa una colorazione di celato, latente risentimento...- “È solo il fatto che io sia trasformato se ora posso dirti queste parole, che altrimenti la mia calma zen mi impedirebbe di proferire, e voglio proprio farlo fintanto che posso... QUESTA STORIA È TUTTA COLPA TUA! SEI STATO TU E QUELLA STUPIDISSIMA MARATONA ZOMBI A TRASFORMARE IL MIO BEL DEODORANTE IN UNA MACCHINA DEGLI ORRORI! TI DETESTO PER QUESTO!”

“EHI!!!!!” -si risentì profondamente Alfred.

Che onore poter assistere a un evento raro come Giappone che si sfoga, si dissero Germania e Italia: raro quanto impressionante!

“Andiamo, Giappone, non puoi dire non ci siamo divertiti!”

“All'inizio forse si...” -ammise il morto vivente, continuando a lasciar fuoriuscire liberi i suoi più profondi pensieri- “Ma dopo la ventesima puntata non ero esattamente divertito, America... Solo psicologicamente scosso... E a quel punto... TU HAI AVVIATO LA VENTUNESIMA!!! LA DEVI PAGARE! È TUTTA COLPA TUA!” -urlò più indemoniato di un oni.

“Ma... Amico, io volevo solo...”

“Ehm, America...” -lo chiamò Feli- “Già che anch'io sono psicologicamente scosso vorrei approfittarne a mia volta: anch'io penso che sia un po' colpa tua.”
“ANCHE TU, ITALIA?! SIGH! Da te non me lo sarei mai aspettato!”
“Scusami, ho appena visto mio fratello mangiato vivo da un'orda di zombi...” -chinò lui il capo- “Dammi un po' per riprendermi...”

“Tu? E chi mi riprende a me? Sigh!”

“Fa male, eh?” -chiese ironicamente Germania: arrivare a farsi dire certe cosa da tipi come Giappone e Italia la diceva proprio lunga.

America incrociò stizzito le braccia davanti al petto: “Sapete che vi dico? Ve ne pentirete! Tornerete da me prodighi di scuse e ringraziamenti quando avrò rimesso ogni cosa a posto, e io me la godrò proprio! Tsk!”

“E io mi godrò te nel frattempo, divorandoti per primo!”

Dichiarate le sue intenzioni, Giappone roteò battagliero il bastone, compiendo complicati giochi di polso, a sottolineare quanto terribile potesse rivelarsi in mani così abili.

Istintivamente gli altri tre si misero in guardia, ma America, per niente pago del centro del palcoscenico avuto finora, fece la sua mossa.

Frugò nel suo marsupio e tirò fuori il congegno de-zombificatore: “A lui ci penserò io, voi andate avanti! Tieni, Germania.”

Lo tirò dietro le spalle e Ludwig lo agguantò al volo: “Non vorrai mica...”

“Vuoi affrontare Giappone tutto da solo?!” -esclamò Italia.

“Non ce la faresti mai! Non è uno zombi qualsiasi!”

“Eccome: è decisamente uno di quelli della classe più tosta! Per questo devo vedermela io con lui, che sono il capo! E mentre io lo trattengo, voi raggiungerete il tetto!”
“No!” - protestò Italia- “Non dobbiamo separarci!”

“Ascoltate: prendete questo accesso che si apre qui a sinistra alle nostre spalle, girate a destra e percorrete tutto il corridoio fino a trovare un'altra svolta a destra, a quel punto non vi resterà che trovare una delle uscite d'emergenza.”

“America, no! Siamo rimasti solo in tre, se poi restiamo in due non ce la faremo mai! Restiamo uniti!”

“Italia, come avete detto quello non è uno zombi qualsiasi: se restiamo uniti e ci batte tutti, chi rimarrebbe a portare il congegno sul tetto?”

Guardò Italia mordersi le labbra: non si erano nemmeno ancora separati e già Italia dava l'impressione di soffrirne. Anche lui aveva ascoltato il suo discorso sul sacrificio prima, e gli dispiaceva dargli un'ennesima delusione, ma era più che convinto sul da farsi.

“Ascolta, Italia...” -disse con voce calma e un sorriso rassicurante- “Io penso che in fondo questo sia anche ciò che Giappone ha cercato di suggerirci col suo discorso. Se vuole me, non penserà a voi, permettendovi di scavalcarlo. Ve la caverete, ne sono certo! E poi mica vado allo sbaraglio: io ho un piano!”

“Stai dicendo sul serio, oppure...” -gli domandò Germania, dubbioso: America era decisamente il tipo da dire una cosa del genere solo per tranquillizzarli e convincerli a lasciarlo lì in mezzo al pericolo pur di salvarli. Un gesto da eroe, e quindi per lui.

“Sono serio, fidati! Ora andate!”

Giappone cominciò ad avanzare e a Germania non restò altro tempo per ribattere: “D'accordo! Vieni, Italia!”
Feli si morse le labbra e gli andò dietro: “Coraggio, America! Fagli vedere chi sei!”

America levò alto il pollice in risposta, mentre le ultime speranze del suo gruppo sparivano oltre un angolo.

Tornò a guardare dinanzi a sé lo zombi suo amico che correva verso di lui.

“Spiacente...” -mormorò.

Zombi-Giappone urlò selvaggiamente mentre lo caricava, gli occhi piccoli e iniettati di sangue.

“.... ma un piano ce l'ho davvero!”

Frugò la tasca interna della giacca: “Seguirò le orme di uno dei più grandi esperti di sopravvivenza in corso di zombi che abbia mai avuto l'onore di incontrare: questa è dedicata a te, amico!”

Come fosse stata una colt, estrasse un flaconcino contenente un detersivo per piatti che aveva recuperato in caffetteria prima di fuggire, e non appena lo zombi fu a portata di schizzo, puntò al pavimento davanti ai suoi piedi e strizzò più forte che poté.

Un lungo fiotto verde tracciò un arco nell'aria e terminò in una pozza che si trovò esattamente sulla falcata dell'invasato zombi-Giappone.

“EEEEH?!?!”

Non si era accorto di cosa America stesse tentando di fare finché non si sentì mancare l'appiglio sotto le scarpe, iniziando un rovinoso scivolone in avanti.

Un lampo bianco brillò negli occhiali di America che ruggendo si scagliò in avanti, gridando la frase ad effetto che ovviamente si era preparato in precedenza.
“QUESTO È PER ROMANO!”

America avanzò strisciando i piedi a terra, si coordinò con zombi-Giappone che nello scivolone gli piombava addosso a tutta velocità, roteò le anche e le spalle rendendo tecnicamente perfetto e bestialmente potente il proprio montante destro, e lo scagliò nel punto esatto in cui si sarebbe trovato il suo zigomo un secondo dopo.


<< SBAAAAAM! >>


Un colpo epico! La forza di America, unita all'involontaria accelerazione offerta a zombi-Giappone dal suo trucchetto rese l'urto tanto potente che il poveretto roteò completamente tre volte in aria prima di schiantarsi al suolo faccia a terra.

“......”

Il bastone cadde con rumore di legno accanto a lui e poi regnò il silenzio.

America guardò il proprio pugno, come in estasi, mentre tranquillizzava il proprio respiro.

“......”

E poi...
“WHO-HOOOOOOOO! MA HAI VISTO CHE COLPO?!?!?! DING DING DING! KO! WHOAH! AH AH AH AH!”

“......” -fece il corpo ancora più straziato di zombi-Giappone, i cui propositi di vendetta erano stati bruscamente disattesi...

America, rimasto padrone del campo, si lanciò in un'allegra danza di vittoria: “Yeah! Don't mess with me! Don't mess with THE HEROOOOOO! WHOOOOO! Che colpo da maestro! Se solo ci fosse stato qualcuno a vederlo! Se solo... Se solo...”

Fu allora che si accorse finalmente di avere un pubblico.

L'orda zombi, direttamente dal piano inferiore, che aveva tappato completamente il corridoio alle sue spalle...

Tra i tanti volti macilenti e rabbiosi non mancò di notare quello di zombi-Inghilterra che, emblematico, scuoteva la testa con aria di sufficienza, mentre l'eroe rimaneva bloccato nella posa scomposta in cui avevano bloccato la sua danza.

“...... Figo il mio colpo, vero?”
“Groar!” -gli giunse in risposta...

“Capisco...”

Con perfetta naturalezza sparse un'altra spruzzata di detersivo davanti i loro piedi, prima di partire in corsa. Dietro di lui gli giungevano i rumori di una catena di rovinose cadute, ringhi e imprecazioni varie. Scansò con un saltello il corpo straziato di zombi-Giappone, si girò e continuò a spruzzare per terra anche mentre correva, spargendo lo scivoloso detersivo per tutta l'ampiezza del corridoio, fino a vuotare il flacone; se lo tirò infine dietro le spalle, andando a colpire in testa zombi-Austria, tra le risate di zombi-Prussia prima che questi sbattesse i denti a terra scivolando a sua volta.

“Fregati!”

Anche America, dandosela a gambe, se la rideva di gusto: aveva dato loro una lezione in perfetto stile Romano, e ce ne avrebbero messo di tempo prima di smettere di scivolare, o perlomeno per reggersi in piedi e cercare un'altra via per inseguirlo.

Tuttavia anche lui doveva far perdere le proprie tracce, quindi fece una deviazione, poi svoltò di nuovo, e infine si fermò a riprendere fiato in un angolino riparato in penombra. Era sfatto dalla corsa, ma la soddisfazione per le sue gesta teneva su le sue membra e il suo morale. Un attimo per prendere fiato, e si sarebbe dato da fare per cercare gli altri e raggiungerli; di sicuro avrebbero avuto ancora bisogno di lui, il grande America!

Il rumore del suo fiatone andò scemando, e, mentre tornava a rilassarsi, pian piano affiorò ai suoi sensi.

Dannazione.

Da quando era lì?
Come aveva fatto a non accorgersene?

Al diavolo.

Non ci si accorgeva mai di lui.

Al diavolo.

Era lì, alla sua destra, gli era addosso.

Si girò piano, e i suoi occhiali si specchiarono in altri uguali.

La poca luce guizzò un attimo su quei vetri, prima di venire oscurata dall'accendersi di un ampio, deforme sorriso sotto di essi. Una smorfia quasi, perfetta per quegli occhi spiritati con cui lo stava fissando.

Non si mosse, e lui neanche, per il momento.

“Ciao, fratellone!”




Io adoro i finali di capitolo ad effetto... Voi no?

Non saprei proprio dire con chi sono stato più cattivo stavolta, secondo voi? XD

Mentre trattengo una risata malvagia, mi accingo a chiudere questo emozionante capitolo, credo breve ma ricco, dandovi appuntamento al prossimo. L'esame imminente potrebbe farlo slittare di un po', ma non potete proprio perderlo!

A presto!

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Capitolo 13
*** In frantumi - Parte seconda ***


Salve a tutti, voi che siete rimasti esterrefatti col finale dello scorso capitolo...

Quanto adoro quando i miei obiettivi nello scrivere una scena vengono centrati, e quanto adoro quando i lettori mi fanno i complimenti proprio su tali scene, che sono quelle che più mi hanno impegnato e più mi sono divertito a scrivere! *__* Grazie a tutti voi che commentate e mi fate sentire ancora più felice di essere uno scrittore! ^__^

Ma bando alla smancerie: questa è una storia truculenta, ed è tempo che prosegua sulla sua scia, e che vi immergiate di nuovo nella sua oscurità!
Buona lettura... E attenti a non tagliarvi con i cocci...




Italia stringeva i pugni così forte che le unghie affondavano nei palmi tracciando dolorosi solchi.

Maledizione, stava succedendo di nuovo: nuovamente costretti a dividersi per andare avanti, ma per quanto ancora? Che ne era stato del loro gruppo ora che quasi non c'era più nessun altro da lasciare indietro? E che ne sarebbe stato della loro missione allora?

Tormentato da quei pensieri, proseguiva al fianco di Germania, accollatosi il fardello del congegno che rappresentava la loro salvezza, nascosto nella tasca della giacca che teneva legata per le maniche alla cintola: aveva l'aria di voler raggiungere il tetto direttamente di corsa e senza altre soste, nonostante fosse prossimo allo sfinimento, come anche lui.

Italia però non riusciva a guardare fisso dinanzi a sé, a puntare la meta con ogni residua energia mentale e fisica rimastagli: i suoi piedi erano pesanti, non per la stanchezza, ma per il pensiero di America, l'ultimo di una lunga serie di eroici quanto dolorosi saluti... Era come se meno spalle rimanessero al Team dell'Apocalisse, più i membri residui soffrissero del peso immane che dal giorno prima avevano dovuto trasportare. Germania stringeva i denti e si ripeteva “avanti”, lui non riusciva a non guardarsi indietro, a non sentirsi rallentare e tirare indietro dai chi era rimasto alle loro spalle, roso dal rimorso di non aver fatto abbastanza perché potessero essere ancora lì a lottare con loro.

“Non ti preoccupare, America sa il fatto suo, no?”

“Speriamo non ci raggiunga alla stessa maniera di come ci ha raggiunti Giappone...” -ribatté caustico...

“Che ti succede?” -si accigliò Germania.

“Cosa?”

Germania rallentò fino a fermarsi, dando modo a entrambi di riprendere fiato.

“Non è da te...”

Non riuscì a formulare il resto della frase, interrompendosi per drizzare le orecchie a un suono forte e sordo, simile a un rombo, a una mandria di belve che caricano, si scontrano, rovinano al suolo.

“Cos'è stato?” -chiese Italia.

“Non lo so... E neanche ci cambierebbe nulla saperlo: dobbiamo andare avanti.”

“Poteva essere America!”
“Probabilmente...”

“Dobbiamo andare ad aiutarlo!”

“No! Lui se la caverà! Il modo migliore per aiutarlo è cavarcela anche noi!” -sbraitò al pensiero che l'orda potesse già esser loro alle costole, alla faccia, ancora una volta, della proverbiale lentezza degli zombi- “Non devono raggiungerci, sbrigati!”

“Che razza di team va avanti abbandonando i propri compagni?!” -gli gridò in risposta.
“Se non arrivi a capirlo allora puoi pure restartene qui!”

“......”

Ludwid, non appena resosi conto delle sue parole, ruppe il silenzio venuto a calare con un sospiro.

“Scusami... Sei quel che rimane del mio team, Italia, e ho ancora bisogno di te per farcela.”

Dopo lo sfogo, Italia si sentì rinsavire a sua volta: “Scusami tu, sto solo facendo perdere altro tempo... Andiamo!”

Benedissero entrambi di essersi ripresi prima di darsi da soli il colpo di grazia. America aveva un piano, lo aveva detto, e anche loro erano parte di quel piano, e se si fossero pure messi a bisticciare, senza dubbio presto non ci sarebbe stato più nessuno a portarlo a compimento.

Ripresero a correre, tra i lontani e sinistri rumori che proseguivano intorno a loro: lugubri versi e grida smorzate dalle dure e fredde mura, giungevano alle loro orecchie, senza potervi leggere ciò che accadeva, senza portar notizia di alcunché, con l'unico scopo di indurre paura e fretta ai loro cuori.

Ansanti, rivolgevano i loro occhi alle pareti insensibili che li circondavano, come a pregarle di mostrar loro la via il più presto possibile.

“Germania! Lo senti?”
“Italia, non pensarci! Dobbiamo...”
“No, fermati!”

Con uno scatto lo afferrò per la stoffa della camicia al braccio, costringendolo a fermarsi. Germania fece per parlare, ma il compagno, imperterrito, lo zittì con un gesto.

“Ascolta...”

Fu allora che Germania si rese conto di quello strano rumore. Sulle prime non seppe identificarlo, era come un fruscio, uno sfregare... Quel che di certo si capiva, era che qualunque cosa facesse quel rumore si stava avvicinando.

I due infine indirizzarono la loro attenzione alla loro sinistra. Il rumore era più chiaro, per quanto ancora indecifrabile: sembrava che qualcuno stesse camminando dall'altra parte sfregando un qualche oggetto, probabilmente metallico proprio contro quella stessa parete.

La seguirono con gli occhi e videro il punto in cui, ad alcuni passi dinanzi a loro, si apriva nel muro un accesso. Germania sollevò il tubo, preparandosi.

Il rumore cessò e l'istante dopo, da oltre l'angolo, sbucò infine una padella.

Anticipati da una risatina minacciosa, due stivali di cuoio e una giacca verde scuro la seguirono. Zombi-Ungheria sbarrò loro il passo, posando su di essi uno sguardo folle e passandosi la lingua sulle labbra di un cadaverico color violaceo; la sua temibile arma dondolava lenta e minacciosa dal suo penzolante braccio destro, di sicuro solo in apparenza rachitico e privo di forze.

A Germania, ancora terrorizzato dall'idea che la marea potesse raggiungerli da un momento all'altro, premeva, più di ogni altra cosa, non perdere dell'altro tempo e indietreggiò di un passo, meditando di ritirarsi dallo scontro e cercare un'altra via. Fu allora che Italia lo scosse con uno strattone, costringendolo a guardarsi alle loro spalle.

La via di fuga era anch'essa bloccata. Zombi-Turchia, sbucato da qualche porta, esibiva, sullo sfondo della classica pelle macilenta da morto vivente, un volto viceversa livido e sfatto, con il naso gonfio e visibilmente rotto. Al di là dell'aspetto indecente, che per nulla faceva onore all'elegante e affascinante nazione orientale, ciò di cui più dovevano aver timore era senz'altro la ricurva scimitarra che brandiva nella mano destra, chiusa in un guanto strappato.

Germania deglutì: erano entrambi nemici temibili, e tutto quello che era rimasto loro per difendersi era un tubo di ferro, valente si, ma la spada tra le mani di Sadiq, tra l'altro abilissimo spadaccino, sembrava farsi beffe di lui. Ad Elizaveta poi la trasformazione aveva decisamente fatto un brutto effetto, e sprizzava cattiveria e ferocia da ogni poro, senza contare i tanti aneddoti che suo fratello Prussia gli aveva raccontato riguardo le imprese da lei compiute con la sua padella...

Germania non sapeva verso chi dei due rivolgersi, cercando al contempo di fare da scudo ad Italia col proprio corpo.

“Sta indietro, Feli... Cercherò di...”

Ma Italia lo stupì quando, con una spintarella, lo mise faccia a faccia con zombi-Turchia, per poi non cercare rifugio dietro la sua schiena, come avrebbe voluto Germania, ma poggiandovi la propria contro di essa, rivolgendosi battagliero contro zombi-Ungheria.

Non credeva avrebbe mai visto il momento in cui lui e Italia, alleati e amici di lunga data, si sarebbero ritrovati, nel momento più disperato, a combattere spalla a spalla, e si diede dello stupido per averne dubitato.

“Non ti preoccupare Germania, penso io a Ungheria!”
“Come?”
“Mi inventerò qualcosa!”

“Molto alla America...”
Il suono della risatina di Italia parve rinvigorirlo. Germania guardò le proprie due mani strette intorno al tubo di Russia: forse poteva farcela, forse ce l'avrebbero fatta davvero! Si ricordò del coltello che aveva raccolto dalla caffetteria e che aveva usato per difendersi mentre stavano usando il tubo a mò di rampino, e, con un rapido gesto, glielo porse: poco, ma sempre meglio di niente.

Feliciano aveva il cuore in gola quando Ungheria iniziò a fare dei lenti passi verso di lui. Sapeva bene che se avesse finito per soccombere, come poteva sembrar scontato, Germania non avrebbe avuto speranza contro entrambi; se d'altro canto il suo amico fosse stato sconfitto, sarebbe finito in un lampo a fettine a sua volta.

Non potevano fare altro che contare l'uno sull'altro, e battersi come prede in trappola contro i leoni affamati.

Turchia fece due ampi passi in avanti, guardando il suo avversario con lo scherno di chi si sente superiore, per poi partire improvviso, senza alcun grido battagliero, silenzioso e letale come il sibilo della sua spada che fendette l'aria. Fu allora Ludwig a darsi coraggio con un grido mentre balzava in avanti contro di lui, facendo cozzare rumorosamente metallo e metallo.

Ungheria attaccò più o meno nello stesso istante, mulinando la pesante padella nell'aria dinanzi il naso di Feliciano, che intuì tutta la forza e la pericolosità di quell'insolita arma solo dallo spostamento d'aria. Dinanzi alla sua ferocia, il ragazzo si limitò a scansare, non senza incertezza.

“Oh, Italia, sei sempre così carino!” -lo schernì lei- “Mi ricorda quando giocavamo ad acchiapparello, ricordi? Fatti acchiappare, su!”

Di riflesso strinse le dita attorno al coltello: gli dava coraggio, ma il suo raggio d'azione era limitato, e non aveva modo di avvicinarsi a lei senza rischiare di farsi prendere in pieno... Se né la sua forza né le sue armi potevano competere con lei, la sua unica possibilità era davvero quella di farsi venire un'idea, una buona idea... Altrimenti...

Intanto il possente Germania faticava non poco con l'agilità e la fluidità dei movimenti di zombi-Turchia, più abile e veloce: era già riuscito a ferirlo ben due volte di striscio alle braccia, lì dove la camicia si era tinta di rosso.

Lo zombi, incoraggiato dai risultati, proseguì a menar fendenti, che Germania riusciva sempre a deviare col suo tubo quel che bastava per salvarsi. Quando però la scimitarra tracciò un arco verso l'alto per poi discendere veloce su di lui, non riuscì ad essere abbastanza rapido da riuscire a non opporsi direttamente al filo della lama: Germania ebbe come l'impressione che tutto si congelasse per un attimo, e l'attimo dopo, il suo tubo era dimezzato, e l'estremità a rubinetto cadeva sonoramente sul pavimento davanti i suoi piedi. Guardò sconsolato il taglio netto sul corto pezzo di metallo rimastogli, dimenticandosi di dover esser grato che per terra non ci fossero anche le sue mani... Alzò gli occhi su zombi-Turchia, fermatosi apposta per schernirlo silenziosamente con uno di quegli eloquenti sogghigni.

<< E adesso? >> -gli domandava senza parlare.

Lungi dall'essersi arreso o dal mostrarsi demoralizzato, Germania riuscì a rendere onore alla sua fama, conservando la sua razionalità e realizzando l'unica cosa rimastagli da fare.

Tirare a tradimento il tubo rimastogli tra le mani dritto sulla sua faccia.

All'urlo sofferente fecero seguito un imprecazione in turco e alcune biascicate parole: “Perché sempre il naso?!”

Germania non le ascoltò neanche, si era già dato lo slancio per gettarglisi addosso mentre si copriva la faccia con ambo le mani: il dolore immane e improvviso gli aveva fatto cadere a terra la spada, era il momento migliore per contrattaccare.

Gli piombò addosso a tutta velocità, cercando di stordirlo già solo con la forza dell'impatto, rovesciandolo a terra e afferrandogli le braccia per iniziare una furiosa lotta.

Italia intanto aveva realizzato con piacere di avere degli ottimi riflessi: non era molto portato a darle, ma la sua paura di prenderle e farsi male, oltre che il suo fisico leggero, lo rendevano un avversario agile e sgusciante. Non voleva più essere una palla al piede per gli altri, e la sua determinazione era più forte che mai, nonostante ciò non sperava certo di vincere continuando a schivare fino ad esaurire le energie, e allo stesso modo aveva rimesso in tasca il coltello, al momento inutile. Non doveva lasciarsi paralizzare dall'ansia e doveva ragionare su ciò che aveva intorno a sé: una pericolosissima zombi, un corridoio, un amico alle spalle che gli impediva di indietreggiare troppo, e, a ridosso del muro, un cesto per le cartacce ancora non svuotato e un vaso di terra con una bella pianta di gerani.

Aspettò che zombi-Ungheria gli scagliasse un'altra padellata per abbassarsi e allontanarsi da lei con una capriola (uno dei tanti esercizi che Germania aveva insistito a fargli imparare a suon di rimproveri e tirate di orecchie...). Afferrò di colpo il cesto dei rifiuti e, sollevatolo senza sforzo, lo capovolse sulla sua testa, imprigionandola fino ai gomiti! Come colto da un improvvisa ispirazione, Italia non si fermò lì, ma rifilò al cesto, in contemporanea, due schiaffoni, producendo un sordo rimbombo.

Zombi-Ungheria gemette e barcollò, dando prova di aver accusato, ma il suo stordimento non sarebbe durato tanto con così poco. Senza neanche pensarci, Italia si avventò sulla padella, cercando di strappargliela ora che non poteva né vedere, né soprattutto mordere. Tuttavia l'avversario era una vera dura: non mollò affatto la presa, malgrado quanta forza ci mettesse, anzi, provò comunque a difendersi scuotendo il corpo e menando calci alla cieca sulle povere ginocchia di Feliciano.

Il dolore lo abbagliò per un attimo, ma poi si impose di riscuotersi: distrarsi un attimo poteva essere fatale. Era più forte di lei per disarmarla in quel modo, ma ce n'era un altro per cui avrebbe sicuro mollato la presa: morderle il polso. Il sapore di carne marcia era orribile, eppure, aiutandosi immaginando un filetto, un po' come aveva fatto con i baltici, serrò le mandibole fino a sentire le fragili ossa del polso rompersi e la presa cedere. Si stupì di sé stesso: più che la ragione, era in realtà l'istinto a fare da padrone, il suo istinto di preda “facile” ma pronta a tutto pur di sopravvivere che finalmente si destava.

Posseduta dall'ira, zombi-Ungheria lo scagliò via con una spallata e poi si tolse dalla testa il cesto, gridando e digrignando i denti più spaventosa di una gorgone, con cartacce tra i capelli al posto dei serpenti. Feliciano era mezzo inginocchiato dal dolore quando se la vide piombare addosso: era il momento della seconda buona idea. Allungò il braccio fino al vaso, ne trasse una manciata di terra e, memore delle tecniche di suo fratello, glielo tirò negli occhi strabuzzati dall'istinto omicida.

Zombi-Ungheria gemette, coprendosi il volto con ambo le mani per pulirsi. Ancora più arrabbiata, con gli occhi arrossati accecati dalle lacrime, si lanciò verso la sagoma sfocata di Feliciano. Quest'ultimo si abbassò temendo fosse giunta la fine, ma il suo corpo si mosse di fatto da solo quando si rese conto che sarebbe bastato allungare un po' la caviglia per farle lo sgambetto.

Cadde di faccia sul pavimento e Italia sentì che doveva muoversi, non ci sarebbero state occasioni migliori! La zombi dolorante stava cercando di trascinarsi a fatica verso la fida padella rimasta a terra: atterrito dalla sola idea, tirò fuori il coltello e con una fredda crudeltà che mai gli sarebbe uscita in altro frangente, lo pianto nel dorso della sua mano protesa, inchiodandola letteralmente a terra.

Ungheria gemette e urlò ancora, per nulla disposta a cedere nemmeno a quello, anzi, scalciava, si dibatteva, e cercava con l'altra mano di afferrargli il pantalone, in modo da tirarlo giù per terra ed averlo a portata di morso. Italia si irrigidì tutto, facendo resistenza nel mentre che riusciva a raggiungere con le punte delle dita il manico della sua padella.

Piantò i piedi, la sollevò e la abbatté con forza sulla sua testa.

Aveva smesso di sbraitare e si udiva solo il suo minaccioso gemere, ma non aveva cessato del tutto di muoversi. Feli la colpì di nuovo, e poi ancora, e poi ancora, con violenza, finché sul metallo ormai ammaccato non rimasero tracce del sangue schizzato fuori dal suo cranio fracassato.

“Anf... Anf... Anf...”

Ce l'aveva fatta! L'aveva battuta! Un avversario di quelli che America avrebbe definito “belli tosti”, e lui l'aveva sconfitta tutta da solo! Il “sensibile” del gruppo, la palla al piede, non era più tale!

Si spensero così gli ultimi rumori di scontro in quel corridoio.

Italia era pervaso da uno strano senso di eccitazione che pareva aver cancellato ogni traccia di fatica all'infuori del suo fiato grosso. Dimenticò persino di dispiacersi per la povera Ungheria, impegnato com'era a gioire della sua vittoria: ecco cosa voleva dire combattere e battere il tuo avversario, rendersi utili, essere un vincente, un ammazza-zombi!

“Stai bene?” -si sentì chiedere.
Si girò di scatto: lo zombi-Turchia era a terra privo di sensi, riverso contro il muro.

“Si! Ce l'ho fatta, Germania, hai visto? Ce l'ho fatta!”
“Sei stato bravissimo, Italia... Bravissimo...” -fece l'altro con voce stanca.

Quando lo vide meglio, il suo rumoroso affanno divenne una sgomenta apnea.

Le sue palpebre cadevano stanche come le sue membra senza forza, il suo respiro era irregolare, la sua mano destra si teneva tra la spalla sinistra e il collo, dove si allargava una macchia di sangue sulla stoffa lacerata.

Capì, senza che dovesse dir nulla, e mai un sorriso rivoltogli fece più male.

“Complimenti, Italia, ti sei dimostrato per quel che vali.”

“No... No...” -balbettò.

Con passo pesante gli si avvicinò, e quando lo ebbe dinanzi, tirò fuori dalla tasca della giacca il macchinario di Giappone.

“Prendi, ora sta a te.”

“No... No, aspetta, Germania, tu puoi resistere... Possiamo...” -trasecolò lui, per nulla desideroso di raccogliere il testimone.
Germania ebbe un tremito, come una fitta di dolore: “Lascia stare, Italia, ormai è andata così... Ma tu puoi ancora farci qualcosa.”

“A-aspetta...”

Ebbe un'altra fitta e qualcosa di diverso balenò attraverso i suoi occhi, venendo subito rispedito indietro dalla sua volontà: “Ascoltami, Italia, devi essere tu... Devi farcela! E ce la farai... Ne sono sicuro!”

Le sue mani tremanti si mossero da sole, mentre il resto di lui restava come inchiodato immobile in quel punto del pavimento in cui, incoraggiante fino all'ultimo, Germania stava mettendo il suo destino e i destini di tutti nelle mani dell'ultimo, in tutti i sensi, del loro gruppetto.

“Io... Sono da solo...” - gemette.

“Da solo hai sconfitto Ungheria, no? Tranquillo, io... Mi fido di te... E del tuo coraggio.”

“Perché... Perché proprio ora che... Proprio ora che...”

“Non ha importanza, Italia...”

Un forte rumore provenne dalla direzione da cui erano venuti. Italia si guardò intorno confuso, mentre Germania intuì subito.

Strinse la ferita, mentre i suoi occhi aveva già un che di infossato: “Arrivano... Devi andare... Io li tratterrò ancora un po', sbrigati.”

“... Germania...”
“Va...”

“......”
“VA VIA, ITALIA!” -urlò lui, spaventoso quanto una supplica.

Non fu facile, con le gambe che tremavano, ma alla fine, si rassegnò a voltarsi, mentre Germania faceva lo stesso, pronto a fronteggiare ciò che sarebbe stato.
Di nuovo spalla contro spalla.

Per la seconda e già ultima volta.

I suoi piedi si schiodarono di colpo, e Italia schizzò via, rapido come un fulmine, sparendo ben presto lontano nel corridoio.

“Vai...”

L'ansante Germania si sentiva il corpo a pezzi e la mente attanagliata da malsani propositi che era sempre più difficile mettere a tacere ogni secondo che passava...

Gli sembrò l'edificio tremasse, come un terremoto, una calamità che aspettava solo di passare l'angolo a qualche decina di metri da lui.

Ed eccoli, una torma confusa, spintonante, brulicante come uno sciame di locuste, e lui si sentì la penultima spiga di grano nel campo.

C'erano suo fratello Prussia, l'aristocratico Austria, la gentile Ucraina, e tanti altri, e tutti erano mostruosi, e si stavano lanciando su di lui come un onda che non lascia alcuna via di scampo.

Tolse la mano dalla ferita e li attese sul posto, raccogliendo le ultime forze nelle punte dei piedi. Aspettò che fossero abbastanza vicini.

Poi riempì un'ultima volta i suoi polmoni finché avrebbe avuto bisogno di respirare, e si svuotò in un urlo da rivaleggiare, coprire e zittire tutti i loro, mentre si lanciava in avanti per combatterli. Si lanciò su di loro come una mosca su un incendio, come un pazzo contro un muro, un muro che nell'urto gli crollò addosso, seppellendolo in un istante.


Cosa, o chi, ancora concedeva forze a quelle gambe per correre?

Italia non si guardò indietro nemmeno una volta, ripetendosi come un mantra che ora stava a lui. Glielo aveva detto Romano. Glielo aveva ripetuto Germania. Adesso se lo sarebbe ripetuto anche lui ogni istante.

Adesso stava a lui.
Solo a lui.

Smise di ripeterselo solo quando vide la sagoma squadrata della porta d'emergenza stagliarsi grigia sulla destra, sotto il cartello verde luminoso ad indicarla. Diede una brusca spinta al maniglione e ci si infilò dentro, trovandosi in una profonda oscurità che lo accecò finché i suoi occhi non si abituarono; solo allora vide la rampa di scale alla sua sinistra.

Salì una rampa saltando i gradini a due a due, e quello fu il suo ultimo sforzo prima di crollare: non ne aveva veramente più. Arrivato su un piccolissimo pianerottolo quadrato le ginocchia ripresero a tremare, e quando alzò gli occhi sulla nuova rampa, alta e buia, che si stagliava davanti a sé, cedettero del tutto.

Italia si sedette a ridosso del muro, e decise che adesso poteva concedersi il lusso di piangere copiosamente. I suoi singhiozzi si perdevano senza riecheggiare in quell'oscurità. Con la mano destra si copriva il volto contrito dai lamenti, la mano sinistra stringeva, disperata più che ostinata, il congegno, ritrovatosi nelle mani di una quantomai improbabile ultima speranza. Chi l'avrebbe mai detto sarebbe stata lui?


Tutto era andato in frantumi.

Il loro gruppo, i loro piani, le loro speranze i loro eroici propositi, la voglia con cui si erano messi in gioco per il bene di tutti.

Ogni cosa.

Il tanto decantato team non era stato altro che una fragile scultura che, un colpo di maglio dopo l'altro, si era lasciata dietro sé stessa pezzo per pezzo.

Nulla era servito: non la loro forza né il forte legame che li aveva uniti, non il loro ardore né il loro ingegno, non il desiderio di riabbracciare i loro cari né la rabbia che cresceva a ogni vittima.

E, da ultimo, non era servito lui.

Proprio quando era riuscito a sbloccarsi, ridestarsi dal torpore e sentirsi realmente partecipe, quando aveva assaporato la battaglia e la vittoria, tutto della sua piccola grande gloria sembrava divenuto vano; nemmeno essere riuscito a non essere il solito Italia era bastato, e Germania, il suo migliore amico, era stato portato via, come l'ennesima vela della loro nave, in balia di quella tempesta sovrannaturale che non faceva altro che inghiottire nel suo gorgo tutto ciò che amavano, senza accennare a placarsi. Ripensava alle energie e all'abilità che era stato capace di tirar fuori, e neppure quella aveva fatto la differenza; e ora, intorno a sé, ora che finalmente c'era riuscito, non aveva più nessuno a cui dimostrare chi era il piccolo, spaventato Italia.

Non c'era più nessuno. Nessuno da stupire, nessuno da salvare, nessuno per cui sacrificarsi.

Volle rivederli tutti uno per uno, malgrado il dolore.

Russia, la cui rassicurante invincibilità, solo apparente, era crollata come un castello di carte dinanzi un avversario che non aveva avuto nemmeno il bisogno di sfiorarlo; Inghilterra, colto di sorpresa nel pieno della gioia di quando è tutto finito, un modo oltremodo crudele di cadere; Giappone, salutato come amico leale e ritrovato ostile e sfigurato, insulto a tutto ciò che era stato; America, quel buffo leader che neanche una volta aveva mancato nell'indicar loro la giusta via da seguire; Germania, mille volte più grande, forte e affidabile di quanto lui avrebbe mai potuto essere, e che eppure non ce l'aveva fatta a salvarsi, e lui invece si.

E poi Romano. Trascinato suo malgrado in quella disperata missione, eppure per loro, e per il suo fratellino, aveva dato tutto e ci aveva rimesso ogni cosa.

Riascoltò le parole che gli aveva rivolto, guardandolo negli occhi, un attimo prima di lasciarsi cadere.

Tra un singhiozzo e l'altro, cominciò a sbattere forte il pugno per terra.

Non voleva finisse così! Con lui rannicchiato al buio, solo e vinto, a mormorarsi frasi del tipo “Mi spiace fratellone, ho fatto del mio meglio ma non è bastato”, senza opporsi al finale già scritto a una pagina da quel triste angolino.

Il congegno di Giappone era ancora in mano sua, e, a giudicare dalla luce verde accesa, perfettamente funzionante; e finché c'era, con qualcuno disposto a portarselo dietro, allora voleva dire che tutto poteva ancora aggiustarsi, che non era già finita!

Si passò la manica sugli occhi.

Glielo aveva detto Romano, e glielo aveva ripetuto Germania: adesso stava a lui! Se ci ripensava adesso gli veniva voglia di prendersi a schiaffi per i suoi pensieri di poco prima!

Gli avevano detto di far vedere a tutti chi era, ebbene, se pure non c'era più un pubblico intorno, quello spettacolo lo doveva almeno a sé stesso.

Ricacciò altre lacrime, dicendosi che poteva finire in quel momento solo se lo voleva lui, e lui non voleva.


Sentì un rumore provenire dal basso.

Era la porta d'emergenza da cui era entrato che finiva di spalancarsi, dopo che incautamente aveva dimenticato di chiuderla dietro di sé. La luce dipinse per un attimo il muro di fronte, finché su di essa non si stagliò una grossa ombra.

L'ombra restò ferma il tempo di un'occhiata, poi la porta si richiuse piano, ed essa scomparve, fondendosi nell'oscurità.

Feli tremava fino alla punta dei capelli, mentre seguiva, senza muovere un muscolo, il rumore di passi che risalivano i gradini. Questione di secondi, e sarebbe apparsa oltre l'angolo e l'avrebbe trovato.

Stanco, abbandonato e terrorizzato.

Così finiva dunque?

Tutte le lotte, tutte le corse, tutti gli inseguimenti, tutte le paure, tutte le emozioni, tutti i suoi cari...

Tutto finito?




Solo due paroline: per via di motivi familiari, l'aggiornamento di questa fic potrebbe (non è sicuro) rallentarsi, ma non vi spaventate (più di quanto non lo siate già ora...)...

Continua...

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Capitolo 14
*** La morte che cammina ***


Ciao a tutti, cari lettori! Non c'è proprio tregua per voi come avete visto... Gli ultimi due capitoli sono stati a dir poco tragici: toccato il fondo dell'abisso, si potrà essere in grado di risalire. Ormai c'è un solo superstite a reggere le sorti del mondo in un deodorante mancato... Che ne sarà mai di lui? Siamo al capolinea?

Quasi, visto che mancano ormai pochi capitoli alla conclusione: quindi cercate di non perderli, vi prometto ancora tantissima azione e colpi di scena! La fanfic su Hetalia più zombi che ci sia è al suo momento clou!

Buona lettura a tutti!




Feliciano scattò come i due capi di una molla troppo tesa che ha finito con lo spezzarsi, di quelli che fanno un gran male cane alle incaute dita che hanno tirato oltremisura: alla fine, ne avrebbero pagato le conseguenze.

La figura ammantata d'ombra non era ancora sbucata tutta sul pianerottolo, quando, con tutte le sue forze e un grido furioso, gli si era lanciato addosso.

Se davvero era finita, allora non aveva più senso andarci cauti: quei maledetti zombi avevano divorato uno per uno tutti i suoi amici e suo fratello, ma, se ora era stato scritto toccasse a lui, avrebbe fatto di tutto per risultare indigesto! Si strinse al nemico invisibile, colpendo, graffiando, affondando le unghie nelle sue carni, cercando di fargli perdere l'equilibrio: questi era però un colosso in confronto a lui, più alto e più pesante, e riuscì a reggere il suo attacco a sorpresa senza inciampare e rovinare insieme al suo aggressore giù per tutta la rampa di scale, a rischio delle loro ossa del collo.

Sgomento però dalla foga della sua ultima disperata resistenza, si lasciò cadere e schienare sul piccolo pianerottolo, prima di riuscire infine ad afferrargli le braccia. Pur sentendosi stritolare i polsi da una forza ben superiore alla sua, Italia non smise di opporre resistenza, scalpitare e gridare, cercando di colpirlo ugualmente con ciò che poteva, testate incluse: avrebbe continuato a combattere fino al morso fatale che avrebbe decretato la sua fine e quella di tutti.

“Ehi! Time-out! Calma! Sono io!”

I suoi sbraiti nel tentativo di liberarsi dalla presa coprirono però le sue parole; dovette insistere un altro po'.

“Calmati! Sono io! Sono America!”

Solo al nome dell'amico, come per magia, la belva indemoniata si ritrasformò in cucciolo smarrito.

Alfred gli mollò le braccia e lui gli scese di dosso, appiattendosi circospetto contro la parete.

“Sei America?” -gli domandò incredulo.

“Si!”

“E sei...”
Il suo team-leader accese lo schermo del cellulare e si illuminò il viso: “Vivo e stra-vegeto, come puoi vedere!”

Per la verità non aveva una cera delle migliori: i suoi occhiali erano visibilmente storti e si poggiavano in maniera asimmetrica sul suo naso, il vetro destro addirittura aveva una piccola crepa; l'altro suo marchio di fabbria, il suo giubbotto da aviatore, recava invece, sulla spalla destra, segni di sfilacciature, come se le mostrine lì presenti fossero state strappate via in malo modo. Al di là di ciò però, lo schermo luminoso mostrava il bel colorito roseo del suo volto, su cui ancora ardevano i suoi ispirati occhi azzurri, tutt'altro che domati! Non meno importante, mostrava anche un livido violaceo sullo zigomo sinistro...

“Hai un bel gancio, sai? Ah, non preoccuparti di questo sangue che ho addosso: non è mio.”
“America!” -singhiozzò improvvisamente, gettandosi di nuovo su di lui, stavolta per abbracciarlo!

“Sono felice di rivederti tutto intero, Italia!”
“Anch'io, sono felice! Sono felice che ce l'hai fatta, America!”
“E Germania?”

La sua assenza e il volto del compagno chiarirono subito che il poveretto non si sarebbe unito alla loro struggente e movimentata riunione...

“Mi dispiace, Italia... Tranquillo, ci siamo ancora noi! Insieme, lo faremo tornare! Faremo tornare tutti!”

Italia strinse i pugni: “Si! Non li deluderemo!”

America sorrise: lo spirito di quel piccoletto non era affatto crollato anche dopo la perdita del suo migliore amico, come tra l'altro aveva avuto modo di sperimentare lui stesso col suo zigomo... Se anche in quella che credeva fosse la sua ultima ora aveva conservato una tale voglia di battersi, significava che nulla avrebbe più potuto bloccarlo, come era successo più volte in passato, e che avrebbe potuto contare su di lui fino alla fine. Aveva sbagliato a sottovalutarlo tanto: Italia si era rivelato un'autentica sorpresa!

“Coraggio, amico!” -lo esortò a prendergli la mano.

Tiratolo su con sé, guardò verso l'alto, esaminando con attenzione lo spazio sopra e sotto di loro: “Ci resta solo un altro piano, e poi arriveremo al tetto, ci siamo quasi. Sembra tutto tranquillo qui, ottimo. Il congegno ce l'hai ancora, vero?”

“Certo!”

“Perfetto! Dai qua, ci penso io!”

“Posso continuare a portarlo io, nessun problema.” -ribatté lui, cortese e inamovibile a un tempo, lasciandolo senza parole. Era stato Giappone ad affidarglielo, e in quanto capo sentiva sua la responsabilità di portare la chiave della salvezza del mondo... Ma a quanto pareva Italia era restio a cederla dopo essersela dolorosamente guadagnata e dopo averla faticosamente difesa.

America sorrise: non si sentiva affatto sminuito, anzi, gli piaceva quel nuovo Feliciano, con tutto da dimostrare e tanta voglia di farlo: “Benone allora, è tutto tuo! Certo però...”
“Cosa?”

America rise: “Piccoletto come sei, e con un fardello del genere... Credo che il tuo soprannome nel gruppo dovrebbe passare da “Comico” a “Hobbit”! Eh eh eh!”

“......”
“... No... Cioè, non dirmi che non l'hai capita...”

“Spiacente...” -si scusò lui abbassando il capo.
“Appena finisce questa storia organizziamo una bella maratona fantasy!” -decise lì su due piedi.

“Un'altra maratona?! Dopo quello che è successo con l'ultima?!” -gemette Italia al pensiero!

“Non posso permettere che i miei amici sguazzino nell'ignoranza!”

L'ignoranza è una brutta cosa, ma soprattutto quando si conosce gente tanto nerd quanto America! Forse avrebbe dovuto allargare la sua collezione di dvd, pensò, per precauzione...

“Forza! Non facciamo attendere oltre il banchetto in nostro onore, Italia!”
“Ve! Banchetto!” -ritrovò in un lampo la motivazione!

“Faccio strada, seguimi!”

Fino in capo al mondo, se fosse stato necessario... Ma per fortuna in quel caso sarebbero bastate giusto qualche altra rampa di scale!
Con la tenue luce del telefonino davanti sé, America prese a macinar gradini, con Italia, un po' arrancante dietro di lui, rassicurato dal suo entusiasmo e dalla sua forza, pronta a farsi valere contro qualsiasi cosa avesse sbarrato loro la strada; ma nulla apparve, nessuna nuova insidia o pericolo, e le ultime scale di quel loro lungo patire, anziché interminabili, scorsero veloci e senza fatica.

La vista della porta e della luce del giorno che filtrava da essa scatenarono l'esultanza di America.

“Ci siamo! Stiamo per diventare degli eroi!”

“Ve!”

Afferrò il maniglione e si tuffò, via dall'ombra, nella rinfrescante arietta del tetto del palazzo delle nazioni.

Italia chiuse la porta alle sue spalle e si fermò accanto ad America a rinfrancarsi col tenue vento che spirava. Il cielo era azzurro intenso, macchiato di qualche bianco batuffolo che scorreva placido sopra le loro teste. L'ora di pranzo era prossima, come denotava il sole alto e caldo, ma gentile. Respirarono profondamente, ascoltando gli uccelli nei parchi d'intorno, come in trance. Come se nulla fosse mai accaduto. Come poteva essere accaduto, con una tale tranquillità nel mondo di fuori?

Si sentirono come se la lunga e buia notte fosse già terminata, e quel grande spazio che si apriva loro dinanzi non fosse in realtà solo l'anticamera del risveglio, o il corridoio d'uscita dall'incubo.

“Sembra incredibile, eh?” -fece per primo America- “Una giornata così splendida...”

“Eppure... è lo stesso giorno in cui ci sono capitate tutte quelle cose orrende...”

Anche il giorno prima, quando tutto era cominciato, era stato limpido e chiaro, così discordante da ciò che era avvenuto dentro quell'edificio, divorato dall'innaturale distruzione dell'invasione zombi. Ormai avevano come perso la concezione del tempo: quell'inizio sembrava così lontano da ricordarlo a malapena, o forse erano solo i troppi ricordi che si accavallavano.

Si riscossero da quell'incanto: il loro lavoro non era affatto finito. Dovevano trovare una delle bocche di risucchio dell'impianto d'areazione in cui gettare l'apparecchio di Giappone attivato, e, a quel punto, pregare che il loro buon vecchio zombificato amico avesse svolto bene il suo lavoro e ci avesse visto giusto... Altrimenti sarebbe stata la più epocale delle fregature per la più epocale delle imprese...

La porta da cui erano emersi usciva da un torrino quadrato, alto poco meno di un paio di metri, ed immetteva su uno spiazzo lungo una decina di metri, che, di fronte a loro terminava contro un muretto, sormontabile in un punto grazie a una scala scavata dentro di esso: saliti quei pochi gradini, si estendeva la gran parte del tetto di quell'ala dell'edificio.

Per prima trovarono, alla loro destra, l'ampia piazza d'atterraggio elicotteri, dove, in caso di eventuali incendi, o altre catastrofi “classiche”, il piano d'evacuazione prevedeva di radunarsi là in attesa di soccorsi. Guardando alla loro sinistra, la monotonia del tetto era interrotta qui e là da rialzi di muratura, antenne, comignoli metallici, grate, cavi, quadri elettrici e altre cabine di vario genere, e qualche altro torrino dai quali emergevano le altre scale che normalmente conducevano lì tecnici e altro personale.

Il piano di Giappone li indirizzava verso uno dei curvi sfiatatoi metallici di grosse dimensioni, le bocche che permettevano al palazzo di “respirare” attraverso le condutture che lo attraversavano come bronchi. Parve loro di scorgerne qualcuno in lontananza, oltre un torrino; in quella stessa direzione si intravedeva anche lo scheletro metallico della cupola di vetrata, nel baratro sotto la quale avevano tentato la scalata nella quale avevano perso il prode Romano.

“Su, America, ci siamo quasi!” -lo incoraggiò con un sorriso Feliciano, passato a camminargli davanti.

L'occhialuto però anziché affrettarsi, sembrò rallentare ancora. Notando la cosa, Italia tornò sui suoi passi: “Che c'è, America? Ce l'abbiamo quasi fatta ormai!”

“Tu dici?” -mormorò scuro in volto.

“Uh? Cosa c'è?” -vedendolo così rabbuiato, Italia si guardò nervosamente intorno, come se avesse notato qualcosa che a lui era sfuggito, ma a lui sembrava davvero tutto tranquillo.
“C'è qualcosa che non va...”
“Cosa?”
“Questo è... troppo semplice! Troppo! È decisamente sospetto!”

Le braccia di Italia cascarono: era solo una sua impressione dunque?

“America, non potremmo semplicemente essere contenti che non ci siano guai in vista e sbrigarci ad attivare il congegno?”
“Ma Italia, non ti rendi conto che se finisse così sarebbe... insomma, noioso! Il finale è la parte più emozionante della storia! Dov'è l'azione? Una storia horror che si rispetti non può finire così!”

Ad Italia oltre che le braccia cascò la testa e pure il morale: “Sigh! Ma perché no?”
“Fidati di me, Italia, e stai in guardia! Il mio sesto senso non si sbaglia: è tutto troppo semplice perché non capiti qualcosa!”

“Per una volta non potrebbe essere che è tutto tranquillo e basta? Senza che capiti qualcos'altro di spaventoso?” -gemette Feliciano, sbracciandosi esasperato.

“Ma che dici, Italia! Ti rendi conto della gravità della cosa? Chi ascolterà la nostra storia sai quanto rimarrà deluso con un finale così fiacco?”

“E se ce lo inventassimo dopo con calma cosa raccontare agli altri? Andrebbe bene anche in quel caso?”
America si grattò la testa: “Dici tu, un po' di licenza poetica per rendere il finale più emozionante? Suppongo, se ci si debba arrangiare...” -fece lui, poco convinto.


“Uh uh uh uh!”


La risata malvagia proveniente da chissà dove dissolse in un lampo le innocenti speranze del pauroso Feliciano e fece brillare gli occhi dell'avventuroso America.

“Tranquillo, America... Te lo do io il tuo gran finale...” -fece una profonda e sinistra voce proveniente dal torrino dinanzi a loro.

“Lo sapevo!” -alzò le braccia all'aria America!
“Oh, no!” -si mise le mani tra i capelli Italia, molto meno contento che il sesto senso da film di America non si sbagliasse mai... Figurarsi se poteva essere così, che sciocco: persino lui lo sapeva che in un horror non fila mai niente liscio, e men che mai nel finale!

I due tennero il naso all'insù, finché qualcuno, qualcuno di molto grosso e molto cattivo, fece il suo ingresso scenico, apparendo lentamente sulla cima del torrino, sovrastandoli, e del resto, data la sua mole, li avrebbe sovrastati anche tenendoli di fronte a sé...

Una loro vecchia conoscenza si era tramutata nell'orrore degli orrori.

Lo zombi finale.

Lo zombi che tutti, per tutto il tempo, avevano avuto troppa paura anche solo ad immaginare.

Lo zombi dal sorriso gentile di chi pregusta di strapparti la faccia e usare le tue dita come stuzzicadenti una volta finito.

Lo zombi-Russia era giunto.

“Ciao!”

Feliciano provò a rispondere, ma era troppo difficile con i denti che battevano come una macchina da scrivere.

Il buon umore del suo saluto venne invece corrisposto dall'eccitazione salita a mille del suo grande vecchio rivale: “Mitico! Non potevi che essere tu! Sei fighissimo come boss finale! E che ingresso in scena! Non trovi anche tu che sia perfetto per la parte, Italia?”

“Mitico?! << Boss finale >>?! Non è mica un videogioco!” -gli sbraitò contro sfondandogli un timpano- “Ti rendi conto di cosa sia QUELLO?!”

America batté pugno su palmo: “Il finale più degno che potessimo trovare da raccontare al nostro banchetto, caro mio!”
A quel punto Italia ci rinunciò del tutto con lui e si nascose la faccia tra le mani!

Uno zombi-Russia emanava certo un'aura doppiamente terrorizzante, ma a guardarlo bene in fondo non era affatto così diverso dal Russia classico, anzi, sembrava che piuttosto che qualcosa in più avesse dei pezzi in meno. A cominciare dal tubo, di cui si era inutilmente liberato per alleggerirsi la fuga dalla mostruosa e maniacale sorellina; non aveva poi la sua solita sciarpa, sicché il collo muscoloso, ora scoperto, mostrava una gola squarciata e sanguinolenta, con la trachea parzialmente visibile.

Non faticarono ad immaginare si trattassero dei segni di un bacio fin troppo passionale...

“Così Bielorussia ti ha acchiappato, eh? Non è che è qui attorno pronta a sbucare fuori, vero?” -chiese America, mettendo all'istante sul chi vive anche il compagno: se era davvero così si sarebbero trovati di fronte due avversari di altissimo livello!

“Oh, no, tranquillo!” -li rassicurò il mega-zombi- “In un certo senso è qui, ma non sbucherà.”

“In un certo senso?” -ripeté stranito America.

“Beh, ogni tanto rigurgito ancora qualche brandello del suo fiocchetto...”

Si portò una mano sulla pancia: “Sai, anche se non sembra ho lo stomaco delicato...”

“......”

America e Italia erano diventati del colore e dell'immobilità del marmo... E nel vederli così, il sorriso di zombi-Russia si trasfigurò, non riuscendo più a contenere la smorfia pazzoide che scalpitava per fuoriuscire

“Uh uh uh uh!”

“Che razza di mostro...”

Non avevano mai visto finora zombi avventarsi sui propri simili: quel gigante aveva fatto pagare cara alla sorella la sua brama di renderlo tutt'uno con lei! Se in quello stato era riuscito a fare quello a quel diavolo di ghiaccio in gonnella, quanto era pericolo in realtà?

“Oh, America, sapevo che non mi avresti deluso!”
“Ci stavi aspettando?” -inarcò un sopracciglio.

“Sei tronfio e spaccone ma hai delle capacità, e non dubitavo ti saresti trascinato fin qui con le unghie e con i denti per riuscire a diventare l'eroe che tanto ti illudi di essere! E ora finalmente sei qui, pronto a diventare la mia portata principale! E non solo: mi hai pure portato uno squisito contorno!”

“Veeee!” -indietreggiò Italia vedendosi puntare in maniera tanto famelica.

Zombi-Russia si leccò i baffi: “La cucina italiana è la migliore dicono, quindi devi avere un sapore niente male, dico bene, Italia?”

“Umpf!” -scrollò le spalle America, lanciandogli un sorriso beffardo- “Così io sarei la portata principale? Che onore, davvero, sei proprio un buongustaio... Peccato io non abbia alcuna voglia di finire nel tuo piatto oggi, caro Russia!” -concluse sgranchendosi le nocche.

Lo zombi scosse il capo ridacchiando: “Oh, America, quanto mi piaci quando ti atteggi... Vedere il tuo viso sfigurato dall'agonia e il tuo corpo spappolato sarà ancora più delizioso!”

“Italia, non lasciarti intimorire! Siamo arrivati fin qui, e non ci lasceremo fermare da nessuno, chiaro? Nessuno!”
“S-si!”

Era l'ultimo gradino: bello alto, ma l'ultima cosa che dovevano fare era darsi per spacciati in partenza, si disse. Come aveva dimostrato zombi-Bielorussia, non era affatto invincibile... Certo adesso il suo unico punto debole conosciuto era venuto meno...

“S-signor Russia, salveremo il mondo e salveremo anche lei, che le piaccia o no!”

“Oh, che carino...” -lo sentì sminuirlo allo stesso modo di come aveva fatto Ungheria poco prima- “Ma da me chi vi salva a voi?”

“Tsk! Basta chiacchiere, bruttone! Avanti! Fatti so... tto?”

Zombi-Russia si era chinato un attimo a raccogliere qualcosa, ed America si era bloccato vedendo spuntare sulla cima del torrino un lungo e robusto fusto nero dotato di sei canne da fuoco di grosso calibro. L'altra estremità del fusto recava un maniglione che quel mostro riusciva a tenere con una sola mano, con la leggerezza e l'innocenza con cui si tiene una qualsiasi valigia...

Non era però una valigia: era un mitragliatore contraereo Gatling!


NDA - Per farvi capire: http://www.tuttomclaren.it/public/m134.jpg


“......”

“Eh eh eh!” -sorrise, facendo rumore con le lunghissime bandoliere di proiettili grossi quanto dita che pendevano come strascichi dal corpo della bestiale arma automatica a canne rotanti!

L'indice tremante di Alfred si sollevò: “M-ma-ma... DA DOVE CAVOLO ESCE FUORI QUELLO?!?!”

Italia aveva iniziato a pregare a fior di labbra...

“No, sul serio! Tu ti porti qui alle riunioni una roba del genere?! E poi prima non ce l'avevi!”

Russia inclinò il capo da un lato: ad ogni singulto di risata la carne e gli organi scoperti del collo sussultavano in maniera disgustosa.

“America, ti ricordi di quando volesti a tutti i costi installare quelle tue “cabine dell'eroe”?” -domandò riferendosi a quella da cui America, vista l'emergenza, si era prontamente procurato giubbotto e mazza da baseball- “Beh, tutti ti dissero che era una delle tue solite scemenze, una roba inutile, anche se alla fine la spuntasti tu... Beh, io lì per lì mi astenni, ma... Dopotutto, non la trovavo un idea così malvagia... Ecco perché l'ho migliorata!”

Aveva costruito di nascosto una sua personale cabina, con mitra Gatling e centinaia di proiettili in canna!

“Oh, cavolo...”

Russia morto-vivente con in mano un mitragliatore a canne rotanti calibro 50... Non era un boss finale di livello arduo... Era un brutto scherzo dei programmatori!

“MUAHAHAHAHAHAHAHAHAH!”

“A TERRA!”

Il rumore che produceva quell'arma era fortissimo: più che uno sparo, ogni singolo colpo sembrava un'esplosione in piena regola, un rombo basso, assordante, portatrice di sana, incondizionata distruzione! Non produceva fori, letteralmente trivellava qualsiasi cosa capitasse sulla sua traiettoria di tiro!

America e Italia si erano lanciati in corsa via da lì, avvertendo il frastuono e le schegge di cemento farsi sempre più vicine: lo zombi-Svizzera non era stato niente al confronto! Come in quel caso, riuscirono a trovare un rifugio dietro un rialzo, ma questo era troppo piccolo per coprirli se non da accucciati; e neanche poterono dirsi al sicuro senza essersi accucciati per terra, mentre le raffiche piovevano sul bordo del loro nascondiglio, facendo volare polvere e frammenti dappertutto. Erano di fatto schiacciati, faccia al suolo, da quella potenza così assurda e soverchiante.

“È inutile!” -Alfred doveva urlare per riuscire a farsi sentire dal compagno, malgrado fossero a qualche centimetro l'uno dall'altro- “Quel coso è così potente che sbriciolerà il cemento fino a scoprirci!”

“Veee! Che cosa facciamo?!”

“KOLKOLKOLKOLKOL!”

In piena frenesia omicida non smetteva un attimo di sparare in qualunque direzione gli aggradasse, facendo a pezzi in pochi istanti le cassette elettriche, le antenne, i tubi e le bocchette dell'aria per puro divertimento; poi dopo aver concesso loro modo di illudersi e provare così ad alzare un po' la testa, tornava a sparare sul punto dietro cui si erano nascosti, in modo da somministrargli una nuova dose di paura e disperazione, sadico allo stato puro!

“Questo è giocare sporco... Voglio anch'io un'arma come quella! Quel bastardo deve dirmi dove l'ha comprata! È troppo figa perché non ce l'abbia anch'io!”

America era un ben noto appassionato anche di armi da fuoco...

“Non è il momento, America!” -gli menò uno schiaffo in testa, per poi schiacciarsi di nuovo al suolo un istante prima che una ventata di frammenti e pietruzze gli sferzasse il viso.

“Russia, vuoi darti una calmata?” -si sgolò per riuscire a farsi sentire dall'ex-psicopatico del suo team e ora psicopatico e basta- “Se mi becchi con quel coso mi disintegri! Come speri di mangiarmi poi?”

Russia abbassò l'arma- “Ovvio, no? Macinato! Raccoglierò la tua poltiglia, l'appiattirò e ti metterò in un panino pieno di senape!”

America rabbrividì: “Vuoi farmi... diventare il tuo hamburger?! Io?! America?!”

“Che contrappasso...” -fu il mirabile commento del paese di Dante.

“Mai! Non riuscirai a fare di un eroe come me un articolo da fast-food!” -si sporse agitando il braccio.

“Si che posso! Se stai fermo così ancora un po'...”

La sventagliata di proiettili trapassò il vuoto nel punto dove America si era trovato il microsecondo precedente, abbattendosi su delle lamiere dietro di lui, le quali furono all'istante trasformate, più che in groviere, in buchi con giusto un pochino di metallo intorno...

“Cavolo! Cavolo! Cavolo! Stracavolo!” -si sfogò America, per poi prendere un bel respiro- “Ok, direi che è arrivato il momento di farci venire un piano!”

“P-prima o poi finirà le munizioni, no?”

“Di questo passo è probabile finirà prima questo muretto...” -ribatté il grande eroe, col mento che toccava terra...

“Direi di optare più per il classico << Uno lo distrae, l'altro gli sgattaiola dietro >>.”

Italia ci rifletté e capì immediatamente a chi sarebbero stati assegnati i due ruoli: “Beh... se non c'è alternativa...”

“Temo di no, caro il mio “contorno”...”

Italia sospirò: “Mi affido a te, America...”
“Umpf, e fai proprio bene!”

Italia, tenendosi sempre ben basso, iniziò a girarsi, quando sentì il tocco dell'amico sulla sua spalla: gli stava porgendo il palmo della mano. Italia strinse i denti e glielo strinse, assicurandogli con uno sguardo che avrebbe fatto la sua parte, e l'altro, in cambio, che sarebbe sopravvissuto a tutti i costi!

Aspettò che Italia sgusciasse via, si rassettò, per quanto poteva, gli occhiali storti, e diede il via alla sua manovra distraente.

“Russia, io sono uno che adora sparare quanto te, però che sfizio ci trovi a vincere così? O mi dai un'arma come la tua (e mi piacerebbe moltissimo!), o mi affronti da uomo a uomo.”

Le canne rotanti, che ormai fumavano, compirono un altro paio di giri dopo che ebbe tolto la mano dal grilletto. Alla fine per venirne fuori si giocava la carta “uomo a uomo” quindi. Intuendo, con la coda dell'occhio destro riuscì ad individuare la piccola sagoma di Feliciano cercare di sgusciare, con le ali ai piedi e la fifa per vento dietro di esse, di nascondiglio in nascondiglio, per cercare di superarlo. Com'erano banali, rise sottecchi.

“Andiamo, Russia, se sei così grande, brutto e cattivo come dici di essere avrai certo il fegato di vedertela ad armi pari col tuo rivale preferito, no? Avanti!” -continuava intanto a punzecchiarlo, badando però di restare comunque ben nascosto.

Avrebbe potuto spappolare Feli facilmente non appena fosse risbucato, ma in fondo non rappresentava un pericolo, dato che più che attaccarlo avrebbe di sicuro cercato di portare a termine il piano di Giappone, e in ogni caso poteva benissimo gustarselo dopo con calma: d'altra parte, gli si presentava l'occasione di fare a pezzi America alla sana vecchia maniera, e non gli dispiaceva affatto come idea!

“Umpf, e così vuoi vedertela con me, eh?”

Poteva vederla come un gioco: avrebbe fatto prima Feliciano a de-zombificare tutti, o lui a divorarsi America finché, in quanto zombi, poteva farlo in maniera giustificata e ancora più gratificante?

“Molto bene!” -gli sorrise.

“Umpf! Lo sapevo: il mio grande rivale è un vero uomo!”

Lusingato dall'attestato di stima, Russia poggiò via il Gatling e con un balzo scese dal torrino, mentre America era già saltato fuori dal suo nascondiglio: pochi metri li separavano, e le due grandi superpotenze si guardavano come pugili sul ring in attesa della campanella! Erano stati i due colossi del Team dell'Apocalisse, ma ora, di nuovo in due squadre opposte, erano pronti a rinnovare il loro scontro tra titani!

America iniziò a camminare verso di lui, Russia invece non sembrava volersi muovere dal suo posto: allargò le braccia, quasi come ad aspettarsi un abbraccio più che un attacco.

“Avanti, “capo”, mi faccia vedere che sa fare.”

“Umpf, ricordi quando eri un membro del mio team? Perderti in quel modo mi ha lasciato di stucco, quindi ora... ti ripago con la stessa moneta!”

All'ultimo istante colmò la distanza, gli arrivò sotto e gli sferrò un preciso e fortissimo montante alla bocca del suo delicato stomaco.

“......”
A rimanere di stucco fu però lui, tirandosi via la mano dalle nocche doloranti: “Urgh! Ma che diavolo...?!”

L'aveva centrato di piena forza in un punto sensibile, ma non aveva fatto una piega! Altro che più grossi sono più rumore fanno quando cadono! Non se lo spiegava: era più alto di lui, vero, ma in fondo non era tanto più robusto.

“Uh uh uh uh...”

Così aveva creduto America almeno... Poi dovette subire lo scherno di uno spogliarello: Russia si tolse da dosso il pesante cappotto color crema e poi la maglia nera che portava di sotto, rivelando un fisico da fare invidia a una statua greca: dopotutto la cara vecchia Unione Sovietica era stata famosa per la sua industria pesante e lui la omaggiava esibendo un fisico appunto d'acciaio, oltre che con tatuaggio della falce e martello sul pettorale sinistro, ampio quanto la Piazza Rossa... Nella sua mente subito passò un impietoso confronto tra la sua pancia da hamburger e birra e quegli addominali tanto definiti e solidi che ci avrebbe potuto grattugiare sopra il formaggio con cui se lo sarebbe pappato... Di tutte le cose che avrebbe potuto tenere nascoste sotto quel suo enorme giaccone, quella era decisamente la più bruciante!

“Sei un finto grasso!” -esclamò sventolando la mano destra indolenzita...

“Eh eh eh!”

“Il Gatling, questo fisico da dopato... Continui a giocare sporco!”

Zombi-Russia si sgranchì le nocche, eco premonitore delle ossa che avrebbe spezzato: “Da! Problemi?”

Ora si che arrivava a comprendere cosa significava aver contro uno zombi-Russia...

Il suo inquietante sorriso si allargò all'inverosimile: “Ti piace fare citazioni, vero America? Ne ho io una per te, e mi sembra proprio adatta in questo frangente...”


“<< TI SPIEZZO IN DUE! >>”

“...... Fa presto, Italia...”


“Veeee!”

Italia, preoccupato per lui, si era fermato ad osservare la scena da dietro un angolo del torrino su cui il mostro era apparso. Il diversivo di America sembrava aver funzionato, ma ora era veramente nei guai: sentiva la sua pancia brontolare anche da lì!

Davanti a sé, a una corsa di distanza, stava la bocca dell'areazione, ma dietro, a molto meno, c'era una tavola imbandita con America come portata principale!

“C-che faccio adesso?!”




Che fare davvero in una situazione così disperata?
Dal canto mio, suggerisco, in barba al povero Alfred, di dare ad Ivan il premio di miglior citazione di questa storia... XD ^__° Le trovate estemporanee sono sempre le migliori, vero?

Lo zombi-Russia è davvero il non-plus-ultra di questa incredibile invasione! Basteranno i nostri ultimi due eroi ad affrontarlo e salvare la situazione?
Spero siate contenti di vedere che America è ancora vivo e pimpante: stavo facendo troppo il cattivo, quindi credo questo riscatterà un po' la mia immagine con voi lettori! XD

Spero di aggiornare presto, alla prossima!

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Capitolo 15
*** Cucina italiana e football americano ***


Ed eccoci qui, cari lettori! Siamo al cuore della suspance, all'apice dell'azione! Nello scorso capitolo i nostri ultimi due sopravvissuti, più combattivi che mai, si sono ritrovati di fronte uno scoglio in apparenza insormontabile quale il terribile Russia, tornato dalla tomba cento volte più minaccioso del solito! Riusciranno ad aggirare quest'ultimo ostacolo o ne appariranno degli altri?
L'Apocalisse ha quasi vinto, il mondo è appeso a un filo, e voi scommetto non vedete l'ora di scoprire come andrà a finire, vero? ^__°

In tal caso, buona lettura a tutti, vi auguro tanto divertimento e tanti brividi mozzafiato!




Italia buttò di nuovo l'occhietto oltre l'angolino.

Era America ad essere fuori forma o era tutto merito della trasformazione in zombi? Non riusciva a credere che uno scontro diretto tra quei due potesse rivelarsi così a senso unico.

Si rialzò con sforzo sopra un gomito; allungò la mano verso quel poco che rimaneva dei suoi occhiali, volati poco più in là. Maledetto bestione: tra lui e il fratello adesso aveva bisogno di un nuovo paio. Nonostante ciò, inforcò lo stesso sulle orecchie le stanghette tutte piegazzate, come gli occhiali fossero una parte importantissima, irrinunciabile, dell'equipaggiamento dell'eroico Alfred Jones. Quel suo brutto sorrisaccio con cui lo scrutava per terra dall'alto gli donò la forza di rimettersi in piedi.

Vedendolo farsi sotto, sussultò e indietreggiò di un passo.

“Che c'è, America? Non avevi detto di voler risolvere la faccenda << da uomo a uomo >>?”

“Infatti l'ho detto!” -ribatté punto nell'orgoglio- “Da uomini... civili... Uomini civili qual siamo, giusto? Quindi suggerirei di sfidarci come si conviene a noialtri, con le parole, no?” -continuò ad improvvisare, indietreggiando pian pianino- “Che ne dici di una gara di insulti? O a chi racconta la barzelletta più divertente?”
“Uh uh uh!” -rideva già Russia- “Se preferisci vado a riprendere il Gatling.” -suggerì, continuando a venirgli addosso- “Così la tua sarà una fine rapida! E siccome oggi mi sento di buon umore ti lascerò anche scegliere la compagnia che vorrai quando finirai nel mio panino: insalata o formaggio?”

Insalata, pensò Alfred, un po' di verdura in più fa sempre bene, specie in un pasto molto proteico quale rischiava di diventare...

Italia deglutì e guardò il de-zombificatore nella sua mano, che aspettava solo di essere attivato.

<< Cosa faccio adesso? America è nei guai, non posso abbandonarlo! Però cosa posso fare per aiutarlo io contro un mostro simile? Non ho più neanche il coltello che mi aveva lasciato Germania... Tutto quello che mi è rimasto addosso sono il congegno, delle posate di plastica e l'ultimo bento di Giappone con dentro gli spaghetti che mi sono cucinato a casa...... >>

Era un'idea assurda, ma magari avrebbe funzionato...


Lo stomaco di zombi-Russia brontolò aggressivo e America si tenne in guardia.

“Abbiamo giocato abbastanza...” -disse lo zombi rabbuiandosi.

Proprio allora...

“EHI! HAI FAME, NON È VERO?”

“Uh?”

America alzò lo sguardo oltre la sua testa e vide Italia, il generoso, sciocco Italia, incapace di lasciare dietro un compagno, in piedi in cima al torrino.

“Prima hai detto ti piace la cucina italiana: allora, eccoti servito!”

Saltò giù di lì e gli tirò contro qualcosa. Zombi-Russia non riuscì a reagire in tempo, ma ricevette alcun colpo come si era aspettato però: ciò che Italia gli aveva lanciato, mirando per bene alla sua bocca mezza spalancata, era solo forchettina di plastica con degli spaghetti arrotolati che, d'istinto, serrò tra le labbra!

“Italia!” -il suo leader corse da lui ed entrambi fissarono il mostro finale.

“......”

Questo restò immobile come una statua, per poi mettersi a masticare (anche la forchetta...); poi, quando ebbe mandato giù, gli si accese intorno un'aura luminosa di luccichini e fiori, mentre il viso cadaverico assumeva un aria di beatitudine, con sguardo ad occhi socchiusi e sorriso estatico.

“Wow... La carne umana non è male, però questa roba è favolosa! Yum! Squisita!”

“Ha funzionato!” -esclamò incredulo Feliciano: quanto era potente in realtà la sua abilità culinaria allora?”

“Eh eh eh, bel colpo! Grazie, Italia, mi hai proprio salvato la pellaccia!”

“Ve, però non so per quanto tempo resterà così imbambolato!”
“Mhmmm... Yum! Però anche la carne umana...”

“Hai ragione! Tira fuori il congegno e sbrighiamoci!” -lasciò sprizzar fuori l'entusiasmo- “Ormai niente più può ostacol...”


<< CRASH! >>


“?!?!?”


Si voltarono all'unisono verso quel forte rumore, simile a un esplosione. In effetti, la porta del torrino era venuta giù a terra di botto, scardinata del tutto, come spazzata via da un'onda d'urto.

Si erano attardati troppo.

Mani contratte ad artiglio, versi inumani e occhi fiammeggianti di furia sovrannaturale emersero dall'ombra della scala: era l'onda di piena delle marea zombi innalzatasi fin lassù che stava per abbattersi su di loro. Ostacolandosi a vicenda, spinti a forza dalla massa ribollente dietro di loro, gli zombi Francia, Spagna, Australia e Belgio, piombarono sul tetto come un tappo fatto saltare, e sapevano bene non essere che i primi.

“Veee!” -trasalì Feliciano.
“Ho idea che la nostra parata sia arrivata troppo presto!” -stemperò America, con la solita verve.

Un altro scoppio annunciò che anche la porta del torrino alle loro spalle, quello da cui erano sbucati loro, era venuta giù: in pochissimo, il tetto sarebbe pullulato di zombi!

“Sbucano dappertutto!”

“Dobbiamo sbrigarci! Corri Italia, corri!”

Gli zombi li avevano subito puntati e presero a trascinarsi nella loro stessa direzione, mentre alle loro spalle ne sopraggiungevano altri senza sosta.

“Ho fame.. Più del solito!.” -mugugnò nello sbucare lo zombi-Romano, indicando Alfred- “Ed è tutta colpa sua! Prenditi le tue responsabilità e fatti addentare, americano bastardo!”

Non dovevano pensare all'immane zombi-Russia, si fosse questi ripreso o meno dall'attacco culinario di Italia, né a guardarsi indietro, col rischio di incrociare e lasciarsi rallentare da qualche sguardo o voce familiare: distanti o già alle loro spalle, doveva esistere solo la loro meta, lo scintillio metallico dello sfiato d'areazione.

Italia precedeva America di qualche falcata, il de-zombificatore era già pronto nella mano destra: non c'era più tempo, non c'era speranza di aiuti miracolosi, c'erano solo loro e la loro determinazione.

Credevano entrambi a quel punto nulla avrebbe potuto farli cedere.

Italia sentì uno scoppio venire dal basso alla sua sinistra: una grata era stata divelta da una forza brutale proprio nel momento in cui ci stava passando accanto. Percepì qualcosa che balzava da lì sotto, dritto su di lui.

Gli fu fatale il momento in cui si girò e incrociò i suoi occhi azzurri.

L'urlo dello zombi-Germania che gli piombava addosso sembrava il ruggito di un biondo leone: i suoi occhi erano vitrei, la sua bocca, spalancata all'inverosimile, sembrava poter essere in grado di inghiottirlo intero.

Italia, sconvolto, sentì il suo corpo urlare di scansarsi, saltare, gettarsi di lato, togliersi di lì, ma l'emozione lo aveva rallentato ed ora era troppo vicino: non avrebbe fatto mai in tempo.

Tuttavia il bello di un team è che se una determinazione vacilla, un'altra è pronta a puntellare.
Feli sbatté le palpebre convinto di non riaprirle mai più, invece zombi-Germania era sparito. America, che sopraggiungeva da dietro, con prontezza felina e istinto brutale, lo aveva buttato giù con una spallata, un vero e proprio placcaggio da serie A di football. Riverso a terra quel bestione zombificato di Ludwig con una spalla slogata, Alfred si sentì gasato come l'ultimo difensore che all'estremo istante impedisce al runner avversario di giungere alla meta ormai sicura!

Le gambe di Italia avevano continuato a muoversi da sole, trascinandolo alcuni passi più in là. Si voltò: “America!”

Questi però si era già rialzato: mai restare a portata di morso, anche dopo un simile colpo, erano dei bastardi resistenti quegli zombi!

“Muoviti! Continua a correre, ti proteggo io!” -urlò con tono che non ammetteva repliche.

Italia, fedele al suo ordine, riprese a correre come avesse dei paraocchi, quasi senza accorgersi della zombi-Ucraina che stava per gettarglisi addosso da destra: quando hai compagni tanto incredibili, sai bene che puoi fidarti di loro.

Il blocker America, ormai calatosi del tutto in una partita del suo sport preferito, si abbatté sulla ragazza non-morta allo stesso modo: l'impatto sul petto di lei fu ammortizzato, ma badò bene di affondarle il gomito nella pancia per essere sicura non si rialzasse così presto. Non molto sportivo né da galantuomini, senza contare quel che ne avrebbe detto in proposito il fratellino... Ma d'altro canto, già aveva minacciato di fare di lui un hamburger, quanto di più poteva minacciarlo dopo aver schiantato sua sorella?

Si rialzò, pronto a raggiungere di nuovo il compagno di squadra e liberare ancora una volta il terreno per la sua avanzata trionfale, ma stavolta, prima ci riuscisse, si trovò la strada sbarrata.

Tra lui e Italia si frapposero lesti gli zombi Svezia, Corea ed Egitto. Sentì muoversi tutto intorno e guardò alle sue spalle la marea di zombi avvolgerlo ai lati, spargersi da ogni parte, come un fiume che ha rotto ormai ogni argine. Non gli restò che assistere, tenendo d'occhio ogni direzione, mentre diventava un naufrago su un cerchio di tetto via via più piccolo, ultimo isolotto in mezzo al mare nero che lo circondava.

“Tsk!” -li sfidò con un sorriso, perché il bravo eroe ride sempre davanti le avversità- “Andiamo bene! Fai presto, Italia...”


“Ci sono...” -trovò la forza di dirsi con un filo di voce tra gli affanni, stringendo i denti al dolore delle sue gambe: se le sentiva come avvolte da fil di ferro. Era insopportabile, ma ormai non c'erano che pochi passi.

“Ci sono...” -ansimò di nuovo.


Come in gabbia, America si girava continuamente, cercando di non dare a nessuno di loro le spalle più di un secondo. I ringhiati minacciosi degli zombi lo richiamavano da un lato e poi dall'altro, mentre la morsa si stringeva piano. Gli zombi rimasti dietro spingevano per farsi avanti, cercavano varchi, allungavano i colli per cercare di osservarlo, tutti volevano la loro parte.

Si morse le labbra. Più volte lui e gli altri se lo erano dovuti ripetere: di non farsi troppe illusioni, di accettare il fatto di essere gli ultimi rimasti, che erano stati tutti presi... Ma era in quel momento che arrivava a cogliere il peso reale di quella consapevolezza, tutta l'angoscia che causava. Si sentì disperatamente solo.

“Tutti voi...”

C'era Inghilterra in prima fila, e Romano che scalpitava dietro di lui; c'era Germania, già in piedi anche con un braccio penzolante, e Giappone al suo fianco; c'erano i fratelli baltici e tutti i nordici; c'erano quella bella coppia di Austria e Ungheria, e Finlandia a coccolare la sua cagnolina zombi tra le braccia; c'era Prussia che sghignazzava e Vietnam che sbavava come non avrebbe saputo resistere un altro attimo.

“Siete stati tutti...”
C'erano proprio tutti, tutti colpiti dalla piaga, tutti contro di lui, e anche per un eroe era durissima così.

Chiese nella sua mente scusa a compagni perduti lungo la via: avrebbe dovuto condurli alla gloria e ora erano stati trasformati nei mostri contro cui avrebbe opposto la sua ultima difesa. Si scusò di nuovo con tutti quelli intorno... ma non si sarebbe tirato indietro dal fargli molto, molto male!

Avvertì un movimento alle spalle e scansò con un passetto le mandibole di Grecia, protesosi in avanti: pagò la sua insolita impazienza con uno sganassone in piena faccia.

Si girò e vide zombi-Prussia osare avvicinarsi, e d'istinto lo tenne lontano con un calcio laterale. Si girò ancora e vide toccava a quel peso massimo di suo fratello: il pur cadaverico Ludwig conservava intatto il suo fisico palestrato e America schivò tre bei sinistri che sapeva si sarebbero rivelati letali se fossero andati a segno. Per fortuna, con un braccio fuori uso era più facile da gestire: parò un altro colpo col braccio destro e gli mollò un sinistro al corpo che lo fece indietreggiare barcollante fino al muro di zombi che lo riassorbì, presentandone in cambio altri freschi.

“Umpf!”
Quei bei colpi gli tenevano su il morale ma lo spazio era ormai pochissimo...

Quand'ecco che tra i versacci si alzò un grido potente come un profondo squillo di corno. Come il richiamo di un capobranco.

Gli zombi smisero di avvicinarsi e guardarono tutti in una stessa direzione, dove vedevano i loro compagni venire spintonati e fatti volare via in malo modo, come travolti da una carica. Un altro urlo mostruoso e questi, compresa la sua forza, si scansarono per lasciarlo passare.

Eccolo riapparire, lo zombi finale, un pilastro vivente di muscoli e mandibole: l'antipasto all'italiana era stato gradito ma aveva la faccia scura di chi era parecchio arrabbiato che la sua portata principale rischiasse di essergli sottratta. Qualche zombi provò a rivolgersi contro di lui in maniera minacciosa, ma lo zombi-Russia riusciva immancabilmente a zittirli: vuoi con un altro ruggito più forte dei loro, vuoi con un manrovescio...

America deglutì: sembrava davvero un capobranco che mantiene l'ordine e la gerarchia di cui è vertice, e guai a metterla in discussione. Lui era la sua preda più agognata e nessuno gliela avrebbe portata via.

Una fortuna in un certo senso, si disse America, pensando che se non altro quell'esercito di bestie fameliche tutto intorno si era fermato. Cambiò subito idea quando infine il loro signore tornò a rivolgersi a lui.

“Grrrrr!”

America deglutì. Zombi-Giappone, alla sua sinistra fece un passo, ma lo zombi Russia, ancora una volta, lo rimise al suo posto, mollando un pestone a terra. Raggelati i suoi simili con un'occhiataccia, avanzò nell'isolotto, verso di lui.

“Al diavolo! Se devo crepare, crepo combattendo, lo sai!”

America si sgranchì le nocche, fece due ampi passi per colmare la distanza e gli mollò un gancio destro in volto. La testa del titanico zombi sbatté con violenza nella direzione opposta e le sue ginocchia vacillarono.

“Umpf, questo l'hai sentito, eh?”

Per tutta risposta, raddrizzò il capo e, dall'alto dei suoi quasi due metri gli mostrò gli occhi piccolissimi, come punte di coltelli pronti a squartarlo.

“Si!” -sibilò tra i denti stretti, da cui uscì un rivoletto di sangue.

“......”

Peccato che non si guadagnassero punti per la grandezza dei lividi inferti, o per quanto si riusciva a far incazzare di brutto l'avversario...

Ma che diavolo stava pensando, si disse.

Quello non era un gioco! Per niente!

Il colosso riprese a venirgli contro...

“... Sbrigati, Italia...”


Si appoggiò con la mano libera alla bocca metallica, quasi dubitasse del suo essere reale: ma era lì, fredda e liscia sotto le sue dita, che non aspettava altro che l'ultimo degli eroi, la nazione scelta dal fato, colui che avrebbe dovuto mettere fine a tutto.

Italia percepì il cuore palpitargli nel petto: ce l'avevano fatta!

“Italia, muoviti con quel coso! Sono un po' alle strette qui!” -gli arrivarono da dietro le urla di America.

“Si!”

Appoggiò il pollice al pulsante: una volta gettatolo, come aveva detto Giappone, il suo potere de-zombificante si sarebbe sprigionato, diffondendosi in fretta per l'intero edificio pullulante di...


“No...”


Che stupidi.

Dimenticare una cosa tanto ovvia.

Feliciano si voltò, verso la folla non-morta che racchiudeva, quasi a sottrarlo alla vista, il povero America, impegnato ad arrancare come poteva contro lo zombi-Russia. Continuava a chiamarlo, a supplicarlo di muoversi, e gli si strinse il petto al pensiero che, ancora una volta, lui, Italia, non poteva essergli d'aiuto in nessun modo.

Il loro piano, eretto a speranza di salvezza nel momento più cupo, a cui si erano tanto fanaticamente attenuti al punto di non metterlo mai in discussione, avrebbe avuto senso se fossero stati abbastanza furtivi e rapidi da giungere lì da soli, prima di tutti gli zombi, guarendoli mentre ancora vagabondavano per il dedalo di corridoi e sale. Invece si erano lasciati inseguire e infine raggiungere, ed ora eccoli tutti lì, dal primo all'ultimo, riuniti lì per far loro la festa, e non certo alla maniera che aveva sognato Alfred...

Ormai, accendere quel coso e gettarlo nell'impianto dell'aria non sarebbe servito ad alcunché.

Avevano fallito.

Doveva attivarlo lì, pensò, ma pensò anche di non avere poi molta idea di come funzionasse in effetti il congegno di Giappone, e che sarebbe successo una volta attivato, e certo non poteva chiederlo al suo creatore... Se doveva sprigionare una specie di gas anti-zombi, avrebbe funzionato lo stesso lì sulla cima dell'edificio, all'aria aperta e per giunta con un leggero vento? Chi gli assicurava che attivandolo lì poi sarebbe riuscito ad agguantarli tutti? Se qualche zombi fosse scampato alla guarigione e fosse tornato a mordere a destra e a manca sarebbe stato un nulla di fatto, e a quel punto non avrebbero più avuto un altro colpo in canna per rimettere le cose a posto.

E mentre lui indugiava, incredulo, in quelle riflessioni, alcuni degli zombi si erano già voltati verso di lui, chiedendosi se all'abbondante America non fosse il caso di preferire una preda più piccola ma più abbordabile...

Che fare?

Cosa se non disperare?
Cosa se non lasciarsi sopraffare di nuovo dalla paura e dal dolore?

Al buio di una scala o alla piena luce del sole, ancora una volta, sentiva che era tutto finito.

“Italia che ti prende?” -urlò il suo ultimo compagno prima che una morsa gli si serrasse al collo.

Russia rise del suo soffocare: si sarebbe goduto il primo piano di lui che perdeva lentamente le forze prima di addentarlo.

“I... Italia...” -biascicò.


Tutto per niente.

Il piccolo Italia non avrebbe salvato il mondo nell'incredulità generale, i sei eroi del Team dell'Apocalisse non sarebbero mai stati celebrati e ricordati, e lui, a momenti, avrebbe abbandonato gli spaghetti tanto cari per le cervella e le budella ancora fresche e sanguinanti...

Era davvero difficile accettarlo, straziante, ma che altro poteva fare ormai? Le gambe avevano ripreso a tremare, il sudore freddo a raggelargli la fronte e cadergli sulle ciglia, come mosso a pietà volesse oscurargli la vista dal mondo spaventoso che stava per avventarglisi addosso. Non aveva un piano, non aveva rinforzi, non sarebbe sbucato in suo soccorso suo fratello, né uno spaccone dal rincuorante sorriso: girandosi non avrebbe visto altro che brandelli di carne marcia e penzolante, ferite e squarci, vestiti insanguinati, denti affilati... Lui era un codardo, come potevano chiedergli di affrontare ancora una volta tutto ciò? Non aveva sofferto abbastanza?

Perché non lo lasciavano in pace?

Perché quei mostri dovevano tormentarlo fino a quel punto, lui, così impotente, così innocuo, dopo essersi presi tra le loro fila tutti i suoi cari?

Che rabbia!

Gli stava anche tornando una fame boia tanto era nervoso!


<< Senti, per la miseria, l'ho capito, hai una paura matta del cavolo, ma non vuol dire la paura debba essere una cosa negativa per forza! >>


Ne aveva fin sopra i capelli di morsi, graffi, corse, scalate, capi idioti e mostri spaventosi che banchettavano di continuo mentre lui gli si chiudeva lo stomaco mentre se la faceva addosso dalla paura!

Ma non vedevano che non ce la faceva più?
Che rabbia!


<< Feli, la paura è... Come una scatola di caramelle: finché non la apri non puoi sapere di che gusto la troverai, cosa ti farà trovare dentro di te... >>


Basta!

Basta!


America, cercando di opporsi al braccio che lo strangolava con entrambe le mani, mollò al bestione un bel calcio allo stinco. Questi imprecando tra i denti sopportò il colpo, strinse più forte e decise che avrebbe cominciato a mangiarlo dalle labbra, così avrebbe fatto sparire sia quel ghigno sicuro di sé, sia quei suoi insopportabili, sconnessi discorsi pieni di sé!

“EHI, TU!!! PSICOPATICO DEL CAVOLO!!!”

“Uh?”

America approfittò della sua distrazione per sfuggire alla presa; poi ne approfittò una seconda volta per assecondare la sua curiosità e voltarsi verso Italia, ad una ventina di metri da loro, leggermente più in alto e quindi visibile. Insieme a lui si erano girati tutti gli zombi.

Sicuro infatti che non hai bisogno di essere vivo per restare affascinato dallo spettacolo di un Italia che ti guarda come se ti volesse spiaccicare con un mattarello e ficcarti in un forno a legna fino a carbonizzarti! Il suo respiro era così pesante che sembrava di vedere fumo uscire dalle sue narici, come un toro scatenato!

“SI, TU, PANZONE, TI PIACE MANGIARE, EH?”
“Non sono un panzone...” -ribatté seccato Russia, a cui si gonfiò una vena sulla fronte!

“No, proprio no...” -commentò America arrossendo...

“E ALLORA PERCHÈ NON VIENI QUI E MI MANGI, EH? AVANTI, CHE ASPETTI?” -sbatté il tallone a terra- “VIENI QUI E TI FACCIO VEDERE QUANTO È BUONA LA CUCINA ITALIANA, BRUTTO BASTARDO!”

America si sbatté una mano sulla fronte: che lo spirito del fratello Romano lo avesse posseduto? No, a giudicare dalla bocca apertissima dello zombi-Romano, sconvolto quanto lui!

“Uh uh uh uh!” -zombi-Russia scosse il capo cercando di darsi un contegno- “Oh, cielo...” -si asciugò una lacrimuccia- “Cioè... Fai sul serio? Mi stai sfidando davvero? Mi hai visto? Ti sei visto?”

“ME NE SBATTO! MI HAI PROPRIO ROTTO TU, INSOPPORTABILE BULLO PSICOLABILE TRACANNAVODKA MANGIASORELLE! E MI HANNO ROTTO I TUOI SORRISI FINTI, I TUOI SGUARDI DA PAZZO... NON TI SOPPORTO PIÙ... NON TI SOPPORTO PROPRIO PIÙ!”

Romano, si rivolse a lui nella mente, ecco che cosa gli aveva fatto trovare la sua paura matta dentro di sé: una micidiale, fottuta rabbia!

Rabbia contro sé stesso per essere così debole, pavido e inutile, rabbia contro i suoi compagni per averlo tanto sottovalutato, rabbia contro quegli schifosi esseri un tempo suoi amici per cui stava passando tutto questo! Ora basta! Ora il coperchio della pentola saltava!

“AFFRONTAMI! NON MI DIRE CHE NON HAI IL CORAGGIO DI VENIRE QUI A MANGIARMI! SERVITI! OPPURE HAI PAURA DI ME, BRUTTO SCHIZZATO?” -continuò a sgolarsi l'impazzito Feliciano.

Dapprima il volto del mega-zombi si corrugò. Poi si sciolse in una risata carica di cattiveria: “Oh, Italia, se proprio un tipo divertente... Ti promuovo da contorno ad antipasto...”
“NON VIENI, EH? MOLTO BENE! ALLORA VENGO IO DA TE!”

Russia gli si fece incontro, buttando all'aria un paio di altri zombi colpevoli di trovarsi sul suo cammino: “Kolkolkol! Ti fai sotto o te la fai sotto, nanerottolo?”
“VAI AL DIAVOLO!”

“Italia!” -gridò Alfred, che istintivamente, per proteggere l'amico a cui aveva senza ombra di dubbio dato di volta il cervello, cercò di lanciarsi sullo zombi-Russia. Ma immediatamente, tutte le vie gli si chiusero nuovamente dinanzi: ora che il loro tremendo signore era stato distratto, tutti gli altri zombi erano tornati a guardarlo famelici! Evitò con un balzo il morso dell'insidioso zombi-Lettonia e chiuse con un manrovescio la bocca alla zombi-Vietnam. Si girò ed ecco farsi sotto l'altissimo zombi-Svezia, si girò ancora ed ecco i rancorosi zombi-Romano e zombi-Giappone con gli artigli protesi.

“Oh oh...”

Nel frattempo, Italia si era lanciato con entusiasmo innaturale verso la sua tragica fine.

Benedetta paura, sorrise, che mi fai correre dritto tra le braccia aperte dello zombi più spaventoso e colossale di tutti pur di mettere fine a tutto, e così facendo, liberarti di te che mi affliggi. Ogni passo che faceva verso di lui la paura cresceva e con essa crescevano i battiti del suo cuore e la sua determinazione: non è così male una volta che ti sei deciso ad abbracciarla e abbracciare il potere che può darti.

Al diavolo non sapesse niente del congegno, e al diavolo se poi non funzionava: finché questo terrore mi smuove, si disse, è l'unica cosa che posso tentare e devo tentarla!

Il mega-zombi esplose in una fragorosa risata che parve far tremare la terra sotto i loro piedi e l'aria stessa intorno a loro: si fermò e spalancò le braccia come un in un mortale abbraccio nel quale non vedeva l'ora di stritolarlo, mentre fiamme viola si innalzavano e prendevano forme sinistre sopra di lui, che da tempo non si divertiva tanto!

Feliciano non abbassò il capo, ma affrontò quegli occhi fiammeggianti e quella bocca distorta che pareva la porta stessa dell'inferno.

Mi vuoi divorare non è vero? Bene...

Vedrai quanto riuscirò ad esserti indigesto!

Pochi metri li seperavano.

Poi appena la distanza di un salto.

Vide quelle enormi braccia cingerlo senza lasciargli via di scampo.

La porta oscura si spalanco e si protese, grondante di bava e lame.

Solo allora, mano destra in avanti, saltò.


“GRRR! MANGIATI QUESTAAAAAAAA!!!”

<< CHOMP! >>

“?!?!?!?!?!”


Lo zombi, dopo una simile esplosione, sapeva avrebbe potuto aspettarsi di tutto...

Ma che Italia gli ficcasse in bocca il dispositivo de-zombificante lo lasciava davvero allibito!

Radunò tutte le forze che poté: quelle che aveva messo nel salto, quelle del suo braccio che continuava a spingere dentro le sue fauci, tutta la potenza della paura a cui aveva attinto per non rallentare fino al momento del violentissimo impatto, e per non mollare la presa proprio ora. Complice anche un po' la fortuna che lo zombi, protesosi su di lui, si fosse sbilanciato, l'incredibile avvenne, e il gigante vacillò all'indietro, ruzzolando fino a perdere l'equilibrio e, infine, crollare.

Il rumore dello schianto della sua nuca contro la durezza del tetto fu tremendo, Feli doveva aver spinto davvero fino all'ultimo, ma la violenza del colpo e il suo sbilanciarsi tanto per un attacco così ardito si risentirono anche sul povero fifone: il contraccolpo lo fece ribaltare in aria e rotolare un paio di volte sul cemento, nello spazio creatosi in mezzo agli zombi, scansatisi per non venire anch'essi travolti.

“......”
Scese un silenzio immobile, una stasi che però non sarebbe durata ancora a lungo.

America fissò il dispositivo che tappava la bocca di zombi-Russia, stordito dal colpo e dall'incredulità: la lucetta verde intorno al pulsante lampeggiava invitante.

“A... merica...”

Non ci stette a pensare un secondo di più.

“Urgh!”

Prima che gli altri zombi facessero una mossa, Alfred, senza rincorsa, si lanciò in avanti allungandosi più che poté, come un giocatore di football che non vuol perdere a nessun costo la meta ormai vicinissima e i suoi punti decisivi.

Ancora in volo, allungò il braccio, quasi a volerselo slogare pur di raggiungergli la bocca.

Le sue dita atterrarono sul pulsante.

<< Bip! >>


<< POFFFF!!! >>>


Dalla più spaventosa delle bocche, resa inoffensiva, si sprigionò all'istante un fittissima nube verde che coprì al suo sguardo ogni cosa: Russia, Italia, il cielo, tutto.

Italia gemeva ancora per la botta subita, ma si consolò con quel bel profumo di fiori che aveva preso ad aleggiare d'improvviso.

Poi si ricordò di tutto e si scosse, mettendosi subito in piedi! Che era successo? Ce l'avevano fatta? America era riuscito a premere il pulsante? Aveva funzionato?

Alfred si tirò su e diradò il fumo con una mano, e, per primo, vide Russia che si rimetteva seduto. Scambiò con lui uno sguardo confuso, poi si guardò le mani e infine si tastò il collo: la ferita era sparita.

“Uffa...” -sospirò come deluso dopo essersi tolto di bocca il poco gustoso de-zombificatore- “Adesso non ho più la scusa per farti a pezzi, America... Oh, beh, sarà per un'altra volta.”

“... Eh eh! Puoi scommetterci che sarà un'altra volta!”

Contentissimo per l'oggi, gli porse una mano e lo aiutò.

La nube sparì del tutto, e andandosene restituì loro il mondo e le nazioni che conoscevano e amavano.
“Ehi, non ho più fame!” -gioì Francia.

“Davvero? Io ce l'ho ancora!” -scrollò le spalle Romano, che però era un caso a parte.

“Hanatamago, sei tornata normale anche tu!” -la strinse fortissimo Finlandia rivendo leccate festose in cambio.

“Mh!” -fu l'incontenibile esultanza di Svezia.

“Russia! Stai bene? È stato terribile!” -chiese Ucraina correndo dal fratello che subito la rassicurò abbracciandola- “Dov'è Bielorussia?”
“Ehm...”

Anche gli ex-signori degli zombi arrossiscono talvolta...

Finalmente il bellissimo cielo azzurro non appariva più fuori luogo e ipocrita: la luce tornava a splendere su sorrisi e volti rilassati, pieni di vita e ansiosi di festeggiare, che rilucevano a loro volta!

“Umpf, ottimo lavoro, Giappone.” -fece Germania stringendogli una spalla- “Ha funzionato!”

Giappone lasciò sfogare le sue emozioni in un sospiro epocale: “Grazie al cielo...”

“Grazie ad Italia, vorrai dire! Eh eh eh!” -ribatté America indicandolo lì per terra dove era rimasto seduto.

“Ve...”

Era tutto quello che riusciva a dire guardandosi intorno: era come si fosse talmente abituato alla mostruosità da aver dimenticato quanto è bella la normalità quando ti soffermi a farci caso. Anche lui, senza saperlo, era diventato lo spettacolo stupendo di coloro che gli stavano attorno e che di nuovo presero a circondarlo: un magnifico monumento di normalità, senza nessuna delle qualità richieste ad un eroe, né super-forza, né super-intelligenza, né super-coraggio, mosso da nessun orgoglio o pretesa se non quella di riabbracciare in pace le persone a cui voleva bene.

“Umpf, ottimo lavoro!” -si congratulò il redivivo gentleman Inghilterra.

“Ma dove lo trovi un fratellino così? Dove lo trovi?” -sentì la voce fiera di suo fratello dietro i volti sorridenti dei suoi compagni.

“Quindi... è finita?”

“Si, Italia, è tutto finito, grazie a te!” -rispose Germania.

“Ve...”

Inghilterra guardò America con un sorrisetto beffardo, più che certo che stesse per reclamare anche per sé i suoi giusti meriti: dopotutto era stato lui ad avere la prontezza di lanciarsi sul bottone.
Invece, in barba a quanto a fondo lo conoscesse, questi si fece avanti e lo guardò, a braccia conserte, come un capo-squadra guarda il suo miglior elemento.

“Italia, lasciamelo dire: io ne so qualcosa in quanto ad eroi, e tu, caro mio, sei un eroe!”
“... Eh eh... Un eroe...”

America gli sparò una ganza posa col pollice in su, aspettando trovasse le parole, o la forza di tirarsi su e saltare gridando al mondo la sua contentezza.

Sorrise: “Veee...”

Poi andò giù come un pezza.

“.......”
“... Ma è...
“Svenuto.” -confermò Germania.

Russia si sporse a guardarlo oltre le loro spalle: “Che tipo strano...” -disse proprio lui...

“Non ci fa una gran bella figura...” -si grattò la nuca America.

Fissarono tutti il suo dolce sorriso incosciente.
“Oh, beh...” -lo difese Germania- “Ci può anche stare...”
“Eh eh, ma si dai...”




Orbene, cari lettori, concediamoglielo anche noi al nostro grandioso Feli questa piccola “caduta di stile”, dopo essersi tanto impegnato! ^__^

Finalmente potete darvi ai sospiri di sollievo anche voi! Stappate lo spumante e scolate la pasta (che ha avuto il suo ruolo di rilievo per la buona riuscita dell'operazione!)! XD

Spero davvero questo capitolo, in quanto quello “clou” della storia, vi sia piaciuto molto: lo tenevo in serbo davvero da tanto e per me è una grande soddisfazione. Spero sia stato all'altezza delle vostre previsioni ^__°

Questa scanzonata avventura horror sta così giungendo alla fine dopo averci tanto allietati... si fa per dire, a tratti è bella ansiogena, vero? XD

Il prossimo sarà il capitolo finale e mi auguro di trovarvi lì numerosi per i ringraziamenti e i saluti ^__^
A presto!

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Capitolo 16
*** Tutto è bene quel che finisce... ***


Ciao a tutti, cari lettori! E dunque rieccomi qua, ancora una volta a salutarvi alla conclusione di una long-fic, dopo avervi a lungo intrattenuto, divertito, emozionato, e, stavolta, anche un po' spaventato ^__°

Un progetto originale, ho provato non poco sfizio nel realizzarlo: è stato il mio primo tentativo di “horror”, anche se so di doverlo scrivere tra virgolette in quanto comunque molto contaminato da altri generi, molto influenzato dal mio solito stile diciamo, ma che è stato comunque in grado di piacere, e ne sono felice. Le mie soluzioni narrative non sono state sempre graditissime (in certi commenti eravate proprio sconvolti... ^_° XD) ma tante altre hanno entusiasmato me nello scriverle e voi nel leggerle (l'immagine di Zombi-Russia non ce la toglieremo dalla mente per un po' mi sa... XD), e grazie a tutte loro sono riuscito a comporre il quadro di questa storia struggente e spassosa insieme di cui ora leggerete il finale.

Non è singolare il fatto che ora questa storia finisca e a breve ci sia Halloween? XD

Prima di lasciarvi all'ultimo capitolo, lasciatemi fare un po' di saluti!

Un grazie in particolare a Nordwestwinde, Framboise, Claireroxy, Immatura e Frostylily, fedelissime nel leggere e nel farsi sentire nei commenti, commenti talvolta anche belli e approfonditi, fin dall'inizio ^_^

Molte grazie anche a Summerstar, anche lei tra i primi lettori, a Wendiie, Classicboy e Darkshin, e per finire a tutti voi che avete letto sin qui ma non avete mai commentato, grazie anche a voi! ^__^

Buona lettura, e alla prossima storia!


TonyCocchi




Le labbra di Feli si arricciarono, come stesse assaporando qualcosa di delizioso. Poi gli occhi iniziarono pian pianino ad aprirsi. Riconobbe i visi familiari di suo fratello maggiore e del suo migliore amico e si raddrizzò sullo schienale della sedia.

“Veee, buongiorno... Non potete immaginare: ho sognato che tutti erano stati trasformati in zombi spaventosi che volevano mangiarci, e poi eravate diventati zombi anche voi... Eh eh eh!”

“Infatti è successo davvero.” -annuì Romano.
“AAAAAAAAAAAAH!!!”

“Però ora sono di nuovo tutti normali. È tutto finito, Italia.” -lo rassicurò Germania.

“Ah...”

Rise e gli mollò una pacca.

Italia, complice il colpo presogli un attimo prima, non ebbe bisogno di stropicciarsi gli occhi e, sveglio del tutto, si guardò intorno. Si trovava nella sala riunioni e c'erano proprio tutti, una folla di nazioni, normalissime e viventissime nazioni, riempiva ora quello spazio. Anche per loro doveva essere stato come destarsi da un brutto sogno, un'esperienza tanto tragica e irreale che faticavano ancora a crederci, e solo il sollievo che fosse finita riusciva a diluire quel senso di assurdo che tutti provavano ripensandoci. Tutti loro avevano infatti conservato ogni ricordo di ciò che era accaduto, ogni istante della loro esperienza da zombi si era conservato nitido, ed era una bella fonte di imbarazzo per molti... Un po' come quando ci si è ubriacati e il mattino dopo si fa i conti con quello che l'alcol non è riuscito, purtroppo, a cancellare, e non restava che mettersi le mani nei capelli e promettere di non bere più un goccio per il resto della vita, o, in quel caso, non assaggiare più carne umana fresca...

Molti stavano come lui riposandosi, ma c'era anche molto movimento; alcuni, come Inghilterra e Giappone, apparivano ancora in forze e si dedicavano a dare una prima sommaria risistemata alla loro carissima sala semi-distrutta, raddrizzando sedie, spazzando sporcizia, pulendo macchie; la maggior parte però era divisa tra quelli in cui prevaleva il conforto di averla ormai sfangata, come Danimarca, che dimenticandosi di tutto l'accaduto faceva salti di gioia e abbracciava i suoi fratelli uno per uno, e quelli che invece, colti dal rimorso, erano impegnati a scusarsi più e più volte per le loro azioni. Molti di loro ne avevano commesse di spiacevoli, ma nessuno di loro era in sé, e nessuna delle vittime avrebbe mai potuto prendersela davvero.

“Ehi, Francia... Scusa se ti ho morso...”

“Oh, ma figurati, Spagna! Un po' me lo sono meritato, sarei dovuto stare più attento! Eh eh!” -ci passò su Francis, ricordando, senza però il minimo pentimento (e con un accenno di sangue al naso...), quando era riuscito a mordere il suo carissimo Arthur...

“Scusamiscusamiscusamiscusami!” -ripeteva nervosa Ungheria nel suo prendersi cura di Turchia.

“Ehi, calmati!”

“Sigh! Il tuo povero naso! Mi spiace tanto! Quando ho la padella in mano sono un pericolo pubblico, lo sai! Se c'è qualcosa che posso fare per te...”

“Una cosa ci sarebbe: potresti smetterla di fasciarmelo? Credo basti!”

Ungheria batté le palpebre, rendendosi conto che, nel suo premuroso tentativo di fare ammenda per la padellata in piena faccia con cui l'aveva steso, aveva usato tanta di quella garza per fissare la stecca da avvolgergli quasi del tutto la testa, rendendo Sadiq simile a una delle mummie di Egitto.

“Ops... Eh eh eh!”

Tanto per restare in tema di mostri... In ogni caso non sarebbe stato nemmeno necessario: quando la maledizione del deodorante-zombificante era stata spazzata via da quella nebbia verde, in poco tempo tutte le loro ferite, piaghe, cancrene e quant'altro si erano rimarginate e curate completamente da sé. Persino gli arti e le membra amputate erano magicamente tornate al loro posto: così Svezia aveva riavuto le sue dita, e la testa di Olanda era tornata al suo solito posto. Erano tornati tutti come nuovi!

“Come mai a noi quasi nessuno chiede scusa?” -si chiese Prussia.

“Perché abbiamo passato la gran parte del tempo chiusi in un pianoforte?” -suggerì Austria.

“... Tutto come dal mio magnifico piano, certo! Ah ah ah!”

Austria gemette disperato.

“Ehm, s-signor Russia, p-posso disturbarla?” -gli si avvicinò Lettonia mentre stava rimettendosi al collo l'amata sciarpa bianca.

“Dimmi.”

“Ecco, io, anche a nome dei miei fratelli certo, vorrei scusarmi con lei per il mio increscioso atteggiamento mentre ero uno zombi: penso sia stato molto scortese cercare di farla a brandelli e mangiarla.”
Russia sorrise: “Oh, suvvia, non serve ti scusi, non sei il solo che ha cercato di mangiarmi nelle ultime ventiquattro ore!”

“Ad ogni modo... tutto perdonato?” -chiese il dolce piccoletto dei baltici.
“Ma certo, Lettonia! Perdonatissimo! In fondo, non sei nemmeno riuscito a farmi granché del male, anzi, a pensarci non mi hai fatto neanche un graffio!”

“Eh eh eh... Eh, già...”
Si girò... e la sua faccia si trasformò!

“Peccato...”

“Uh? Hai detto qualcosa, Lettonia?”
Si girò col viso di nuovo illuminato: “Oh, niente di che, signor Russia! Grazie mille!”

Tornò ad allontanarsi e a mordersi una mano di nascosto: “Sigh! Sigh! Maledetto!”

Tra una scusa e l'altra, erano d'obbligo anche i ringraziamenti agli eroi di quell'avventura, i Sei dell'Apocalisse. Ritrovatisi per puro caso, spauriti e tanto diversi tra loro, sulla cresta dell'onda a cercare di non farsi trascinare, erano stati in grado di riuscire nell'impresa! In fondo avevano compiuto il loro dovere, fatto ciò che chiunque al loro posto avrebbe fatto... Ma questo ovviamente non avrebbe mai e poi mai fermato il loro esuberante leader dal godersi la gloria saltando su una sedia e narrando le loro, e soprattutto, sue, audaci gesta!

“Zombi alla mia destra! Zombi alla mia sinistra! So che l'unico modo per uscirne è aprirmi un varco, e, per Giove, è proprio quello che faccio! Io e la mia fedele mazza abbattiamo un morto vivente dopo l'altro! Avreste dovuto vedere come volavano quando li colpivo! E come volavano i loro denti!”

“Lo sappiamo... -lo interruppe Norvegia dal pubblico massaggiandosi una guancia- “C'eravamo anche noi...”

“Da quanto va avanti?” -chiese Giappone.

Inghilterra scosse il capo: “Il mio orologio si è rotto, ma senza dubbio da troppo.”

Giappone sospirò e sorrise: “Oh, beh, è il suo momento, se lo è guadagnato: lasciamo che vada avanti finché non si stanca.”
“Sei un ingenuo Giappone: America, di questo, non si stancherà MAI!”

Intorno la sua sedia si era radunato un nutrito gruppetto: la narrazione di America era a tratti un po' faziosa, ma di sicuro appassionante, ed erano molti quelli che volevano conoscere altri dettagli della loro avventura. C'era chi lo ascoltava a braccia conserte e con aria critica, come Cina e Australia, chi a bocca aperta, rapito, come la nuovamente dolcissima Lily, e chi come la piccola Wy, seduta sul pavimento con gli occhioni enormi che brillavano, vibrava tutta per l'emozione!

“Così, dopo aver condotto i miei uomini fino alla sala riunioni dove ora ci troviamo, mentre Giappone e Italia facevano il loro dovere col congegno, io mi tenevo pronto di guardia, perché sapevo bene i guai ci avrebbero presto raggiunti! E infatti << BAM! >>, le porte vengono giù, e una decina di zombi irrompe! A quel punto mi sono messo alla testa dell'attacco per scacciarli! Oh, la mia fida mazza da baseball, quante ve ne potrebbe raccontare se fosse ancora qui!”
“Ehi, America, perché non racconti di quando contro di me ti è servita una mano?” -lo canzonò Australia.

Cina sorrise in modo malvagio: “O di quando ti ho disarmato semplicemente con un calcio... ben due volte?”

“Questa non è una conferenza stampa!” -li zittì arrossendo il grande eroe- “Le domande alla fine! Allora... Dicevo? Ah, si! Ovviamente potevo contare su un valido e a me fedele gruppo di compagni, salvo qualche piccola eccezione ogni tanto... Inghilterra naturalmente era più pessimista delle previsioni del tempo la domenica!”

La battuta riuscì ad accattivargli il pubblico e gli valse una corale risata.

“Per fortuna io sono un concentrato di ottimismo fin nel midollo! Così mentre lui piagnucolava che non ce l'avremmo fatta gli ho detto...”

Gli spettatori non ebbero modo di saperlo in quanto Inghilterra in persona gli aveva appena tolto in malo modo da sotto i piedi la sedia, facendogli prendere una fragorosa caduta sul pavimento.

“Scusa, America, devo rimetterla a posto.” -disse col suo calmo e brevettato aplomb britannico, mentre il pubblico rideva ancora di più!

“Inghilterra!” -urlò rialzandosi- “Come hai potuto interrompermi?! Stavo per arrivare alle parti migliori! Non hai proprio un briciolo di tatto!”

“Tu invece hai qualche briciola di attinenza nei tuoi resoconti: mi aspettavo di peggio.” -si allontanò dopo averlo trafitto con una seconda frecciata.

“Urgh! Suvvia! Al pubblico la storia piace di più se la infiocchetti un po' nei punti giusti!”

“Non prendertela, America.”

“Uh? Chi mi chiama?”

“Sono Canada.” -che per la verità era stato tra il pubblico, ora dispersosi, fin dall'inizio.

America sentì il gelo lungo la schiena: proprio col suo fratellino aveva vissuto il suo momento peggiore, quello doveva aveva sul serio pensato di lasciarci le penne.

“Tutto a posto?” -gli domandò, ricordando la loro aspra battaglia in cui ce l'aveva fatta per un pelo: se avesse reagito solo un istante più tardi non sarebbe stato lì, a non raccontare a nessun altro del suo momentaccio...

“Si, per fortuna sto bene come tutti gli altri. Piuttosto America, scusami per...”
“Non dirlo nemmeno! Sei stato strepitoso: sgusciarmi così vicino a quel modo, quello sguardo che avevi... A momenti mi veniva un colpo! Sei stato strepitoso, forse non mi ricorderò spesso di te, ma di sicuro non mi dimenticherò mai dello zombi-Canada!”

“... Ehm... Grazie?” -domandò lui, confuso sul doversi sentire lusingato o meno dalla cosa!

“Di nulla!”

Nel suo modo strano di pensare, doveva avergli regalato delle emozioni belle forti, qualcosa che gli valeva decisamente la sua stima! Provò a dire altro, ma in quel momento suo fratello fu distratto.

Si era infatti visto passare davanti, come se nulla fosse, nientemeno che Bielorussia! Tutta intera in carne ed ossa!

La rincorse: “Ehi! Sei proprio tu?”

“Chi dovrei essere, scusa?” -gli rimandò con tono gelido.

“No, cioè...” -sorrise- “Sono solo sorpreso di rivederti tutta d'un pezzo, mi fa piacere! Voglio dire... Russia ti aveva divorata, dico bene?”

“Esatto, ma mi sono rigenerata a partire dal mio fiocco.”

“......”

“......”

“... Sul serio?” -balbettò America fissando il candido nastro che le ornava i capelli biondo platino.

“Si.”

Dopotutto lei era sorella di Russia: era tutto fuorché incredibile in fondo!

“Oh, beh... Ottimo! E... stai bene? Voglio dire, il fatto che tuo fratello, anche se in preda allo zombismo, ti abbia mangiata... Suppongo tu ci sia rimasta parecchio male, eh?”
Bielorussia roteò al cielo gli occhi, visibilmente annoiata: “Tsk, ne parli come se fosse accaduto qualcosa di male! Si vede proprio che non capisci niente!”
“Eh?”

Il tempo di un battito di ciglia e Bielorussia gli sparì da sotto il naso per riapparire seduta accanto a Russia! Come c'era da aspettarsi lo spazio vitale della superpotenza era stato brutalmente azzerato dall'abbraccio in cui la sorellina, sprizzante gioia da ogni poro, l'aveva rinchiuso.

“Mio fratello mi ha divorata... È come se avesse voluto rendermi tutt'uno con sé! Sono stata dentro di lui, parte di lui, uniti come non mai prima!” -sospirò, sfregando la guancia al suo braccio- “Ah, non potrei esserne più felice!”
Russia invece non poteva essere più paralizzato dall'orrore! Aveva lo sguardo fisso davanti a sé e stava addirittura iperventilando.

“Ah, fratello mio... Puoi mangiarmi tutte le volte che vuoi!”

Veloce come un razzo, ecco Ucraina piombare e stringersi alla sorella allo stesso modo di lei con Russia, piangendo commossa: “Ueeeh! Bielorussia! Sei tutta intera!”
“Fratello... Non hai fame?”
“SIGH!”
Quando si diceva “famiglia disfunzionale”, pensò America...

Quella scenetta tanto familiare però servì anche a rincuorarli, come fosse un segno che tutto era tornato alla normalità.

“Dal canto mio” -disse Giappone, tornato del suo solito pacato distacco- “Posso dire di aver imparato delle valide lezioni da tutto questo. In primo luogo, a non lavorare oltre orario dopo essere stato mentalmente condizionato.”

Fra le altre cose c'era il serrare porte e finestre ogniqualvolta impegnato in un progetto, e dotarsi di un efficace sistema anti-intrusione di America... D'ora in avanti avrebbe fatto in modo di tenere il suo lato otaku, che condivideva con piacere con quello nerd dell'amico, ben separato dall'ambito lavorativo!

“Come si suol dire, non tutto il male vien per nuocere allora. Che ne farai adesso?” -gli domandò Inghilterra riferendosi al congegno tra le sue mani, che li aveva rovinati e poi salvati- “Hai intenzione di farlo diventare un deodorante come l'avevi pensato in origine?”
“Sai, Inghilterra, questa brutta esperienza mi ha fatto capire che in fondo apprezzo i caratteristici e innocenti odori delle nostri riunioni: in fondo i profumi di Francia o l'odore dei tuoi scones non hanno mai fatto male a nessuno.”

“Su quest'ultimo punto avrei delle riserve...” -tossicchiò Francia.

“Penso lo ricaricherò e lo lascerò così com'è. Dopotutto un apparecchio che de-zombifica è un invenzione comunque notevole, e soprattutto utile: non si può mai sapere, vuoi che ricapiti qualcosa del genere...”

“Il cielo ce ne scampi!”

Giappone aveva quindi deciso di custodirla con cura a casa propria, come monito, ricordo, e assicurazione per il futuro: nell'eventualità remota che si riscatenasse un putiferio di morti viventi (un Halloween finito male magari...), si sarebbero fatti trovare pronti!

D'altro canto, come era stato appena dimostrato, in un mondo con un America così appassionato, un Giappone tanto geniale suo malgrado, un inglese che possedeva una bacchetta magica, un Finlandia che la notte di Natale era in grado di fare il giro del mondo portando doni, e tanto altro, chissà cosa non poteva accadere!

“Anche Italia ha imparato molto da questa esperienza!” -continuò Arthur- “Ancora non riesco a credere a quello che mi hanno raccontato Germania ed America. Forse d'ora in avanti potremo vedere un Italia diver...”

Ad interromperlo fu il solito, emotivo Italia, che agguantò lui e Giappone, uno per braccio, in un fortissimo abbraccio!

“Veeee! Ragazzi! Siete di nuovo normali! Come sono contento! Siamo tutti sani e salvi!”

“Dicevi?”

“Oh, beh... Se non altro ora sappiamo per certo che ha superato il momentaccio.” -ammiccò il biondo.

“Sono felicissimo di rivedervi, tutti quanti!”
“Anche Russia?” -lo punzecchiò Germania, raggiungendoli.

“Ve, si, anche lui è uno di noi dopotutto: ci ha dato una mano, no?”

Non poco sorpreso di venire ancora ricordato per i suoi sforzi dalla parte del bene, oltre che per essere il più tremendo e terrificante di tutti gli zombi, Russia, senza nascondere la contentezza sul suo viso, si alzò dalla sedia per unirsi a loro.

“Ce l'abbiamo fatta!” -continuava esagitato Feliciano- “Ce l'abbiamo fatta davvero! Abbiamo salvato il mondo!”

E naturalmente America, che non sia mai potesse mancare, sopraggiunse di gran carriera: “Signori, lasciatemi dire che siamo stati tutti semplicemente grandiosi! Abbiamo riportato la luce dove le tenebre regnavano sovrane! Siamo i più grandi sterminatori di zombi della storia!” -oltre che probabilmente gli unici- “Ma questo vuole anche dire che il nostro compito è terminato.” -continuò aggiungendo un pizzico di drammaticità “cinematografica” al tono e alle espressioni- “Il nostro team qui si scioglie, ma vivrà per sempre nel ricordo e nella gratitudine dei posteri! Potrei quasi commuovermi! È stato un onore combattere al vostro fianco! Avanti, ora che ci siamo tutti, mettiamoci in cerchio e uniamo un'ultima volta le mani al centro a suggellare la nostra... EEEEHI!?!?!”

Non poteva dire da quanto avessero smesso di ascoltarlo, ma di sicuro avevano smesso di farlo! Si erano spostati a qualche passo più in là, continuando a parlare e scherzare, raccontare e complimentarsi, al sicuro dal suo blaterio!

“Ragazzi, ma perché rovinare un momento così?”

“Tsk, che pena!” -gli fece Romano alle sue spalle.

“Romano! Grande amico mio! Il fighissimo sopravvissuto che ci ha tratto d'impiccio! A cui mi sono ispirato per il mio attacco intralciante al detersivo! Tu almeno me lo concederai un bel cinque, dico bene?”
“Oh, se proprio ci tieni.”

Forse non lo avrebbe fatto se avesse saputo che per America battere il cinque è una cosa seria e schiaccia davvero forte! Ad ogni modo con quel poco era riuscito a riaggiustargli l'umore e, mentre si teneva la mano che bruciava, lo vide saltellare euforico verso i compagni.

Il solito esagerato, pensò imbronciandosi, che c'entrava lui da chiedergli il cinque? Mica era uno di loro, il grande team di salvatori del mondo. Lui era quello che, fosse dipeso solo da lui, se ne sarebbe rimasto rinchiuso nella caffetteria tutto il tempo, e quanto era contento che alla fine, grazie a loro, non fosse stato davvero così.

“......”
“Romano!”

Rialzò gli occhi e vide Belgio e Spagna sorridergli.

Quei begli occhi verdi che lo mandavano in visibilio erano ancora più splendenti del solito: “È vero quello che ha detto America? È vero che li hai salvati più volte dal pericolo? E ti sei persino sacrificato pur di salvare il tuo fratellino!”

“I ragazzi e Italia ci hanno raccontato tutto!” -si unì Spagna- “Senza di te loro non ce l'avrebbero fatta!”

“Che? Andiamo, io...”
“Sei stato grandioso! Un vero eroe!”
“Eroe?! Io?!” -Ma che diavolo stavano dicendo?! Lui era il più codardo di tutti, tutti lo sapevano!- “Io non sono...”
Belgio nemmeno lo ascoltava: “Voglio abbracciare un vero eroe!”

Lo agguantò per i fianchi e lo strinse a sé. Un calore immenso e dolcissimo parve sprigionarsi dalla sua guancia, appoggiata sul suo petto, e tramite esso, diffondersi a tutto il corpo. Davvero gli altri avevano parlato così di lui? In fondo non aveva fatto altro che offrire loro cibo e riparo, aiutarli di nascosto rallentando gli zombi che li attaccavano, ridare fiducia in sé a suo fratello minore, coprire la loro avanzata a costo della vita...

Per essere un codardo che voleva solo restarsene rannicchiato in disparte era un bel curriculum, pensò sentendo gli occhi inumidirsi. No, non era il caso, si disse: non poteva mica sfigurare davanti a Belgio! Si ispirò ad America ed esibì un baldanzoso sorriso: “Umpf! Io...”

Aveva riaperto gli occhi e a stringerlo al posto di Belgio ci aveva trovato Spagna!

“AAAAAAAAAAAAAARGH!!!”
Anche lui aveva voluto provare l'emozione di abbracciare un vero eroe!

America salì sul podio del portavoce, si schiarì la voce e batté qualche volta la mano sul microfono acceso per richiamare l'attenzione.

“Bene, direi che la nostra ultima assemblea è stata alquanto stressante! Anche troppo... Perciò gente, penso sia il caso che ci prendiamo il resto della giornata e anche domani. Dopo questo abbiamo bisogno tutti di un po' di riposo.”

Nessuno infatti ebbe da ridire al riguardo. America era stato quello che aveva più volte parlato di parate e banchetti, ma sentiva di potersi già accontentare così, e di sicuro nei giorni seguenti non si sarebbe parlato altro che della loro avventura; per ora, lo stanco guerriero non aveva altro desiderio che tornare un po' a casa e rilassarsi.

Alzò la mano destra in modo solenne: “E già che ci sono, prometto niente horror per almeno sei mesi, e che non costringerò mai più nessuno a fare le ore piccole davanti film, telefilm, videogiochi e simili senza previo consenso.”

“Il che è molto apprezzato.” -gli fece eco Giappone.

“Anche se...”

“Anche se cosa?” -chiese Austria.

America si sciolse in una grassa risata: “Oh, niente! Pensavo solo, che se questo dovesse essere un finale horror che si rispetti, questo sarebbe proprio il momento in cui, quando tutto sembra ormai finito, capita qualcosa di spaventosissimo prima che si chiuda il tutto! Eh eh eh eh! Eh eh... Eh... Eh...”

Nessuno l'aveva trovata divertente...

E Russia stava facendo una brutta faccia... Una faccia da Gatling...

“Ah ah ah! Scherzavo! Scherzavo!” -si asciugò la fronte- “Non succederà proprio niente, tranquilli!”

Approvando all'unanimità la mozione, le tante nazioni, stanche ma col morale di nuovo alto, iniziarono ad avviarsi all'uscita. America con un agile salto scese giù dal podio e si sfregò le mani: “A dopodomani, gente! Su, andiamo a casa a farci uno spuntino!”

Germania storse il naso: “Visto quel che è successo, penso sarebbe meglio un pisolino piuttosto!”

“Eh eh, hai ragione!”

“Ve!”

“Parla per te!” -ribatté l'affamatissimo Romano facendo ridere Belgio accanto a sé.



In quel momento, appena fuori l'ingresso, c'era qualcuno che, naso all'insù, scrutava immobile e silenzioso il palazzo.

Qualcuno di bassino, i cui capelli biondi, il cappello e la divisa da marinaretto identificavano subito come il piccolo Sealand.

C'erano però anche altre cose non tanto usuali in lui, che certo sarebbero subito saltate all'occhio a chiunque: come lo strano sorrisetto con cui fissava l'edificio di fronte a sé, quasi fosse una succulenta torta, o il visino di solito vispo adesso alquanto scolorito, anche se aveva conservato un raggiante, ma pure inquietante sorriso...

E così le altre nazioni più grandi non volevano riconoscerlo come una di loro?

Si leccò i baffi.

Allora forse poteva rendere le altre nazioni più simili a lui!

“Eh eh eh!”

Le porte automatiche lo accolsero aprendosi e si richiusero, leste, come i battenti di una gabbia.



FINE?

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