Cuore Cieco

di Anita Rebelle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Cuore cieco - Cap.1

 
Occhio di drago


«Ah no, non di nuovo!» Kuhn raccolse il lembo di seta rimasto impigliato nella roccia e lo strinse nel pugno. Avanzò nella penombra della grotta, calcando i suoi passi nei pesanti stivali con rabbia, come era solito fare quando qualcosa lo disturbava.
Si soffermò nel punto in cui l'antro della montagna si faceva così ampio che si sarebbe detto di poter scorgere un cielo stalattitico, punteggiato da spade traslucide, anziché da stelle luminose. Lì, gettò a terra il pezzetto di stoffa bianca che recava una minuscola macchia scarlatta.
«Lo sai come mi chiamano al villaggio?» Dinnanzi al silenzio assoluto, increspò le folte sopracciglia. «“Re morte” è questo il nome che mi hanno dato.»
Ciò che a primo colpo d'occhio pareva un ammasso roccioso si animò ed esalò un sospiro, scompigliando la folta criniera di Kuhn.
«E lo sai come chiamano te, invece?» Si fece più avanti, giungendo a pochi passi dalle squame che ricoprivano quasi per intero la creatura. «Ti chiamano “Divoratore di fanciulle”
Un occhio grande come tutto il capo di Kuhn si aprì, rivelando una pupilla verticale. Iridi e sclera erano una cosa sola, composta da striature di tutte le gradazioni di colore dal bruno al miele, che si irradiavano dal centro. Qualunque fosse l'umore della bestia, la forma degli occhi che cadeva a goccia verso il naso gli conferiva sempre un'aria cattiva, come se fosse perennemente intenzionato a far un sol boccone di chiunque incontrasse.
In quel momento, però, Cicocka non era arrabbiato, ma scocciato semmai. Padrone dei cieli, Sfacelo della notte, Terrore dei nemici, quelli sì che erano epiteti che aveva apprezzato.
«Ti ho portato le più belle fanciulle, istruite nelle arti, allevate per compiacerci; i loro padri innalzano pire nella piazza del castello e piangono la loro morte. Pire vuote, perché tu, ingordo come sei, non hai lasciato di loro nemmeno un osso. Francamente non capisco cosa tu voglia. Ma ti dico cosa voglio io: io voglio una moglie e un erede!»
Un altro sospiro e il lungo collo della creatura si mosse, le quattro zampe puntarono a terra e il corpo si levò dal suo riposo. Dall'alto, guardò Kuhn con supponenza.
Io ti ho reso re, piccolo uomo.
Un uomo senza un drago era uguale a tutti gli altri, ma Cicocka aveva scelto Kuhn e sempre a lui spettava scegliere la sua sposa. Kuhn non capiva: la sposa di un re doveva essere in grado di vedere ciò che a un re poteva sfuggire, doveva avere la vista acuta di un drago. Quelle femmine che gli aveva portato procedevano quasi a tentoni e non sapevano nemmeno distinguere dove Cicocka finiva e dove iniziava la montagna. Cieche. Però gustose: la miglior carne che avesse mai assaggiato e, almeno di questo, gli era riconoscente.
Non esistevano fanciulle che soddisfacevano quel requisito? Pazienza, l'era di Kuhn sarebbe passata e un giorno, tra cento anni, forse tra mille, Cicocka avrebbe trovato un altro uomo degno di essere re.
«Le candidate stanno per esaurirsi, devi darmi una sposa.» Kuhn si sfregò il volto con le mani e si incamminò verso l'uscita. Il tono della sua voce si fece triste: «Danzica mi piaceva, immaginavo di già i nostri figli con ricci biondi, color del grano, come i suoi e gli occhi azzurri come i miei. Era di nobile famiglia, dai modi aggraziati, così coraggiosa da entrare nella tua grotta a testa alta. Come hai potuto rifiutarla? Tu mi farai perdere il senno e il trono!»
Ignorando le sue lamentele, Cicocka lo seguì a lenti passi, standogli dietro di proposito, fiero di aver scelto il più indomito tra i cavalieri; l'unico che fin dal loro primo incontro gli aveva dato le spalle senza morire di paura.
«Vuoi mangiarmi?» Gli aveva detto, ansimando, dopo aver abilmente ferito Cicocka con spada e frecce ed essere stato scaraventato a terra dal dorso del suo collo. «Se vuoi mangiarmi devi farlo in fretta perché adesso me ne vado a casa.» Aveva una mezza idea di divorarlo davvero, quando lo vide dargli le spalle come nulla fosse, proprio come ora.
Sbucarono nella radura sulla parte più alta della montagna e fu lì che Cicocka stirò le sue ali smisurate, stendendo il collo al cielo e sgranchendo le zampe. Alla luce del sole le sue squame erano colore della terra bruciata, un colore cangiante con riflessi verdi e gialli, ripresi nella pelle coriacea delle ali e della cresta. I suoi artigli erano neri, lunghi quanto la metà di un braccio, mentre la coda si estendeva per la lunghezza di un fusto d'albero. Era una creatura snella, sebbene con la sua mole dovesse essere di un peso mostruoso. Il muso, con il suo lungo naso e gli occhi vigili, coronava la linea minacciosa e superba di una creatura mistica: un grande drago alato.
Il cavallo di Kuhn nitrì, inquieto, come accadeva ogni volta in cui si trovava troppo vicino a Cicocka. Kuhn montò in sella.
«Cosa devo dire ai suoi genitori? Me lo spieghi? Il popolo sta cominciando a odiarti... e a ragione: sei un carnefice.»
Il lungo collo si protese verso il Re e, da sotto le palpebre socchiuse, gli occhi del drago gli lanciarono uno sguardo nel quale Kuhn aveva ormai imparato a leggere. Per quanto fosse un'idea folle, gli sembrava quasi di poter entrare nei suoi pensieri.
Sei proprio sicuro che ti chiamino “Re morte” a causa mia? Io sarei il carnefice? Gli stava dicendo. Parli tu, che con la tua armata hai sottomesso una moltitudine di uomini, uccidendone con la tua stessa spada più di quanti io ne potrei mangiare.
«Ma mai fanciulle…» mormorò Kuhn, a denti stretti.
Gli occhi scintillarono, divertiti. Lo sappiamo, è un'altra la spada di cui ti servi con loro.

Continua...

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Cuore cieco - Cap.2

 
Drago alato


Tirando le redini per sottrarsi allo sguardo accusatorio del drago, Kuhn partì al galoppo, scendendo il crinale.
Cicocka spiegò le sue grandi ali, alzò turbini di vento e si levò da terra volteggiando sul suo piccolo, grande, Re e custodendo il suo percorso.
Attraversando il bosco sacro, giunsero alle mura del villaggio e da lì al castello. Il ponte levatoio venne calato e Kuhn fece il suo ingresso sul destriero bianco, creando una breccia nella folla riunita in piazza che si zittì all'istante.
Non appena constatarono che aveva fatto ritorno ancora una volta solo, sguardi diffidenti e brusii sommessi si diffusero da ogni parte. Un grido di angustia si levò dal fondo, dove la madre di Danzica si reggeva al marito con la fronte solcata dal dispiacere.
Kuhn non lasciò trapelare il suo rammarico: avevano scelto loro di mandare la figlia nelle fauci del drago, ben sapendo quante fossero perite prima di lei. Il Re non poteva mostrare compassione né pentimento, altrimenti quanti ora provavano astio verso di lui avrebbero cominciato a dubitare e lo avrebbero creduto debole.
La donna si sciolse dall'abbraccio del marito, animata dal dolore. «Non è stato il drago, siete stato voi! L'avete uccisa voi perché non volete una regina!»
Il Re agitò le redini, indirizzando il cavallo verso di lei. «Vostra figlia non era degna, ecco la verità.»
«Bugiardo!» gridò la donna a squarciagola, gettandosi d'impeto contro di lui e afferrandogli una gamba.
Ma Kuhn non guardò quella madre, osservò piuttosto la folla in attesa alla sua reazione.
«Guardie!» chiamò. «Questa donna diffama il Re. Chiudetela nelle prigioni dove nessuno possa udire le sue offese.»
I soldati della guardia intervennero per trascinarla via ma, a quel punto, fu il padre di Danzica a farsi avanti, estraendo la spada. «Portarmi via una figlia non vi basta? Dimostrate di essere uomo e scendete da quel cavallo se avete il coraggio!»
Kuhn scese con un balzo. Il pettorale di cuoio lasciava nude le spalle e le braccia i cui muscoli erano tracciati da vene in rilievo; le gambe, invece, erano fasciate da pantaloni scuri, infilati nei pesanti stivali. Pur essendo il viso di un giovane, il suo volto era marcato da lineamenti decisi, con zigomi pronunciati e grandi occhi celesti che sapevano essere autoritari.
«Combattete contro di me, se ciò può rinfrancare il vostro cuore» propose comprensivo, serrando per un momento gli occhi. «Ma rammentate che vi rimane ancora la vostra di vita da perdere.»
Di fronte a Kuhn, l'uomo smarrì il coraggio e si ritirò. La verità era che il Re non doveva la sua potenza soltanto al drago. Era un guerriero fin da quando aveva lottato contro il cordone che lo strangolava, venendo al mondo.
In quel momento, l'ombra che penetrò nella piazza, volteggiando, catturò l’attenzione dei presenti e centinaia di sguardi si volsero al cielo intimoriti; il drago del Re non si faceva vedere spesso da quelle parti.
Cicocka planò sulla cima di una torre.
«Fate spazio al mio drago!» gridò Kuhn.
Ciascuno corse ai ripari sotto i porticati e il drago scese a terra, sbattendo la sua coda contro una colonna sulla quale rimase impressa la sferzata. Allungò il muso verso Kuhn e lasciò che questi gli desse una pacca sul naso come se non fosse altro che un animaletto da compagnia e non l'essere che avrebbe arrostito, o smembrato o inghiottito chiunque avesse fatto del male al suo Re.
Con movenze lente, Cicocka guardò tutt'intorno. Le venature dei suoi occhi sfavillarono dando l'impressione che lingue di fuoco vi ardessero dentro. Uno sguardo così antico e profondo da saper mettere a nudo l'animo di un uomo. Insoddisfatto, emise uno sbuffo bollente.
Ciechi. Tutti ciechi.
«Il drago vede. Il drago giudica. Il drago sceglie.» Proclamò Kuhn. «Quale tra le presenti è degna di offrirsi in sposa al vostro sovrano?»
Una ragazza incespicò spinta fuori a forza da una colonna per mano di dita ingioiellate e tutti gli occhi si appuntarono su di lei, compresi quelli del drago.
La povera fanciulla balbettò tremando sulle gambe. «Io… io…»
Non serviva un drago per capire che il suo timore e la sua ingenuità l'avrebbero uccisa prima ancora che potesse dargli un erede.
Cicocka fece scattare un artiglio e un sasso schizzò verso di lei, attraversò la piazza e finì col colpirla alla tempia.
Il drago fu veloce, ma Kuhn lo fu di più; si precipitò a protezione della ragazza e sguainò la spada dinnanzi alle terribili fauci spalancate.
Kuhn, non osare porti contro di me. Chiarì il suo sguardo.
«Sai ciò che voglio.»
Ti darà figli ciechi.
«Ti ho attaccato una volta, non farmelo ripetere perché questa volta sono pronto a morire.»
E io a divorarti, stupido Re.
Cicocka ruggì, protendendo il collo al cielo e spiegando le ali, dalla sua gola scaturì una lingua di fuoco che lambì le guglie del castello. Fu una visione così spaventosa che il popolo si mise a strillare e scappare in preda al panico, accalcandosi ovunque trovasse una porta che non fosse sprangata.
Solo Kuhn rimase inflessibile mentre dietro di lui la ragazza in lacrime tentava di gattonare via, ma il drago la intercettò con la coda e le diede una nerbata che la fece volare all'ombra del porticato. Entrambi gli occhi si fermarono su Kuhn, esprimendo tutta la loro reale collera, avvicinandosi tanto che il Re poteva sentire il fiato ancora ardente.
Non avrai mai una sposa. Scordatelo.
Cicocka scosse le ali, levitando e allontanandosi in volo mentre Kuhn cadeva in ginocchio sulla polvere.
«Dragooo!» gridò ripetutamente.
Fin dal cielo, lo sguardo acuto di Cicocka riconobbe una lacrima bagnargli gli occhi, lacrime di impotenza che il Re non aveva mai versato prima. Ma ora il drago era troppo arrabbiato a causa della sua arroganza, il suo piccolo Re doveva aver fiducia ed essere paziente. Che tornasse in cima alla montagna e si ponesse in ginocchio: imparare a chiedergli perdono gli avrebbe giovato.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Cuore cieco - Cap.3

 
Drago e fanciulla


Cicocka giunse al mare, scese accarezzando la spuma delle onde e quando il cielo si fece cupo, ricoperto da nubi minacciose, rientrò nella sua tana e si acciambellò nella parte che aveva le giuste depressioni.
L'acquazzone cominciò con il suo piacevole scrosciare, portando Cicocka ad appisolarsi, senonché un cane di grossa stazza si azzardò a disturbarlo.
L'animale si era inoltrato nella grotta e, giuntogli vicino, si era messo ad abbaiare digrignando le zanne.
Quelle sarebbero zanne? Che ne dici di queste…
Il drago fece quello che, secondo il gergo umano, doveva essere “un bel sorriso” e la coda del cane svanì tra le gambe.
«Zipser!» chiamò una voce femminile. «Zipser vieni qui!»
Nemmeno quel testardo di Kuhn poteva avergli portato un'altra femmina così presto. D'altro canto, la foresta era vietata agli umani; loro sapevano che le croci rosse sulle cortecce, al limitare del bosco, significavano che la tana del drago si trovava da quelle parti e che solo il Re avrebbe potuto varcare quella soglia. Quindi cosa ci faceva un'umana lassù?
Il cane abbaiò per avvisare la padrona e cominciò a indietreggiare, trascinando la corda che gli pendeva dal collo. Sentendo la femmina vicina, Cicocka restò immobile e socchiuse gli occhi, sapendo che non appena si fosse accorta di lui avrebbe gridato e sarebbe stato allora, infastidito dalla sua stridula voce, che lui l'avrebbe divorata.
A piccoli passi, tastando il muro di roccia, la giovane arrivò al cospetto del drago. Era bagnata da cima a piedi, aveva lunghi capelli castani, arti sottili e batteva i denti dal freddo.
Vicino, ancora un po' più vicino...
Il drago attese, poi di colpo aprì gli occhi pronto al grido.
Nulla. Lei non fiatò, non ebbe la benché minima reazione.
«Zipser…» cantilenò. «Su bello, vieni qui.» Si batté la gamba e il cane, uggiolando, le andò contro gli stinchi, cercando di spingerla con il muso verso l'uscita.
«Quando avrà smesso di piovere andremo a cercare la strada di casa. Abbi pazienza ora, da bravo.» Per niente contento, ma molto ubbidiente, il cane si accucciò.
Lei invece procedette a tentoni, si soffermò dubbiosa, sembrò rabbrividire, ma alla fine si decise a protendere una mano, incontrando la coda del drago. Passò i palmi più volte sulle scaglie coriacee e poi vi salì sopra. Seguì il percorso del busto e si acquattò ricavando uno spazio tra la sua zampa e il suo stomaco, mettendosi comoda.
«Questa roccia è calda, Zipser» disse, mettendo le mani a conca e soffiandoci dentro per scaldarle. «Sembra quasi che all'interno batta un cuore.»
Questo è troppo.
Oltraggiato, il drago si alzò e la ragazza cadde a terra, battendo il sedere. Subito, la giovane si immobilizzò tendendo le orecchie.
Cicocka rimase stranito quando allungò il collo, studiandola da vicino, e lei lo guardò come se vi vedesse attraverso. Poi, a un tratto, comprese.
È cieca, la più cieca di tutte le femmine, non vede assolutamente nulla.
Ciò bastava a far di lei un delizioso spuntino.
Eppure la ragazza allungò una mano fino a toccargli il muso, come se avesse saputo precisamente dove Cicocka si trovava.
Mentre accarezzava la punta morbida e umida di quel grosso naso, Gutilla chiuse gli occhi e vide, una grande grotta, una giovane minuta e un cane bianco. Vide la roccia e le gocce d'acqua che la bagnavano, ogni fenditura, ogni più piccolo insetto che vi si nascondeva come se gli fosse stato portato a un palmo di naso. Vide tutto ciò nello stesso modo nel quale le visioni si manifestavano a lei, senza preavviso, osservando la scena dall'alto. Vide anche entrare nella grotta un uomo dai muscoli contratti e dal viso scuro di rabbia.
«Mio Re» mormorò.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Cuore cieco - Cap.4

 
Cavalliere e fanciulla


Kuhn aveva cavalcato sotto la tempesta per giungere alla cima della montagna prima che scendesse la notte. Era lì per dire al suo drago che gli avrebbe portato ogni femmina sulla Terra a costo di fargliele inghiottire tutte se non si fosse deciso ad accettarne una. Quando vide la giovane figlia cieca del cuoco di palazzo protendersi verso Cichoka pensò che il senno lo avesse davvero abbandonato.
«Che ci fai tu qui?»
Il cane di Gutilla gli corse incontro, scodinzolando come se fosse felice che qualcuno ragionasse.
Lei si voltò, inchinandosi. «Mio Re, Zipser si è confuso per la pioggia e non abbiamo più trovato la strada di casa. Perdonatemi.»
Kuhn non l'aveva mai guardata così bene e così da vicino, non vi erano mai stati meno di venti passi tra loro. Inspirò il profumo delicato della sua pelle bagnata, seguì la curva che facevano i suoi capelli aderendo al petto, ma soprattutto si fissò sul viso fresco, di una limpida bellezza, quanto non immaginava. A quel punto avvertì un problema al cuore, come se battesse a sproposito, pesantemente. Si sentì strano, lontano da ogni fatto che gli potesse riguardare, incapace di volgere lo sguardo altrove.
«Che non accada più» disse in tono burbero, domandandosi se la cavalcata sotto l'acqua lo avesse in qualche modo indebolito. «Lo sai adesso dove ti trovi?»
«Sì, Signore, credo di averlo capito» rispose lei, giungendo una mano nell'altra e portandole sullo stomaco. «Nella tana del vostro drago.»
«Lui ti sta alle spalle ed è pronto a divorarti.»
Lei ebbe un tremito; aveva percepito la presenza dell'enorme creatura, ma sentirglielo dire aveva reso più reale quel pericolo. Eppure rimase sul posto e non si voltò.
«Non lo temi?» la incalzò lui, come se volesse vederla correre.
«Sì certo, non meno di quanto temo voi. Penso però che se avesse voluto mangiarmi, lo avrebbe già fatto.»
Cicocka mosse una zampa, facendo sbalzare un pezzetto di roccia verso la ragazza, ma lei si chinò appena in tempo e la roccia colpì Kuhn in fronte.
«Ma che cosa…?» grugnì lui, sfregandosi dov'era stato colpito. «Come diavolo hai fatto?»
Cicocka lo sapeva come aveva fatto: lei aveva gli occhi del drago, in sogno o alla sua presenza, vedeva attraverso di lui. Questo però doveva rimanere il loro piccolo segreto, pensò soddisfatto.
Kuhn sovrastò la ragazza, sentendo il desiderio di toccarla. Era arrabbiato per la sua sconsideratezza, voleva proteggerla, e voleva anche posare la sua mano su di lei. «Bada che se questo è uno scherzo io…»
Il drago avvolse la fanciulla con il lungo collo e la coda, tirandola a sé e lanciando un'occhiata imperiosa a Kuhn.
Trattala bene.
Il Re rimase incantato, scorse qualcosa di diverso negli occhi di Cicocka, come se accanto all'antica saggezza vi si fosse aggiunto il brio primaverile di un fiore in sboccio. Possibile che il drago fosse eccitato e avesse lo sguardo di quella giovane che custodiva gelosamente? Possibile che… che…
È la nostra Regina e la proteggerò perfino da te se sarà necessario. Esprimevano gli occhi scuri e dorati della bestia.
Kuhn stentava a crederci. Sapeva che come Re non avrebbe mai accettato l'umile figlia di un suddito, né una ragazza menomata o cieca, ma guardando ora quella femmina non gli importava nessuna di queste cose perché sentiva, sapeva, di volere lei.
«Che succede?» domandò Gutilla, smarrita, con gli occhi ciechi fattisi lucidi. «Sta per mangiarmi?»
«No. Solo non credo che voglia lasciarti andare ora che ti ha trovata. Dovremo passare la notte qui.»
«Resterete anche voi, mio Re?» Quanta speranza e quanto desiderio nella sua voce. Avvolta da spire forti e gentili, Gutilla cominciava a sentirsi al sicuro, ma non voleva che lui se ne andasse, avrebbe dato qualunque cosa per poter continuare a vedere quel valoroso guerriero.
«Sarò qui, mia Regina.»
Lei rise in modo così solare e genuino che fece battere più forte il cuore del drago e del Re. «Vi burlate di me, ma questo è comunque un bel sogno.»
«Pensi sia un sogno?»
«Mi trovo tra il Padrone dei cieli e il Padrone della terra. Deve esserlo.»
Era così piccola e fragile al loro cospetto, ma così temeraria.
Kuhn risalì la coda di Cicocka arrivando ad accarezzarle una guancia. Una gioia mai provata si impossessò di lui. «È un sogno dal quale non ti desterai mai.»
La ragazza si addormentò poco dopo in quel potente abbraccio, stanca per aver scalato la montagna e camminato in cerca di casa, oltre che per la forte emozione.
Il Re posò la schiena contro la parete di roccia.
«Così, alla fine l'hai trovata» sussurrò per non destarla, ma il drago non diede segno di averlo udito. «Lo so che non stai dormendo. Ebbene, avevi ragione, valeva la pena di aspettare e io ti devo le mie scuse.»
Cicocka sollevò le palpebre, a mezza via, con uno sguardo sornione.
Sì, l'ho trovata.
Poi spalancò gli occhi per intero, le sue pupille erano un pozzo di sapienza, ma anche un baratro nel quale smarrirsi e parlavano di vecchie storie.
Ho visto re e regine. Ho visto regni sorgere e tramontare e ti ho visto tramite i suoi occhi ciechi. Lei sarà la pace quando tu sarai la guerra. Nelle avversità sarà il tuo rifugio sicuro. Vedrà in ciò che per te è oscurità.
«E tu?» domandò il Re.
Io mi ricorderò ancora una volta di ciò che significa essere giovane. Chiudi gli occhi, mio piccolo Re, avrai tutta la vita per consumarli sulla tua fanciulla.
Cicocka vegliò sul loro sonno, pensando che sarebbe venuto un tempo in cui i draghi si sarebbero estinti e non ci sarebbe più stata una guida saggia a condurre un re. Ma questo domani. Per oggi il “divoratore di fanciulle” guardava di nuovo il mondo con gli occhi di una giovane e con la stessa viva speranza.


Fine.

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