Merlin.

di BELIEBER_G
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Camelot. ***
Capitolo 2: *** La chiamata del drago: ***
Capitolo 3: *** Il canto: ***



Capitolo 1
*** Camelot. ***


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In una terra di miti e in un’era di magia, il destino di un popolo poggia sulle spalle di un ragazzo, il suo nome: Merlino.
 
Camelot era una potente fortezza che aveva resistito da anni agli attacchi dei nemici. Il suo re aveva il nome di Uther Pendragon: un uomo rispettabile, ma non se si trattava della magia. Sua moglie era morta per mano di uno stregone e da quel momento in poi, chiunque possedeva le atri magiche, sarebbe stato condannato a morte. Suo figlio, Artù Pendragon, non era altro che un ragazzo che al di sotto di suo padre, viveva di tornei, feste, ma non si era mai azzardato a toccare una donna. Infine, c’era la figliastra Morgana: i suoi genitori erano scomparsi misteriosamente, probabilmente per conto della magia, aveva vissuto con Uther e fin da piccola l’aveva accudita come fosse sua.
Fu in quel castello che Merlino si avviò da casa sua. Merlino era un ragazzo vestito di semplici vestiti: dei pantaloni lunghi marroni, una camicia rossa, una giacca e degli stivali dello stesso colore dei pantaloni. Capelli neri, con una leggera frangetta che gli andava sulla fronte e orecchie leggermente a sventola che si notavano subito. Ma Merlino non nascondeva solo il fatto che veniva da un povero villaggio, ma anche che possedeva poteri magici. Sapeva di averli fin da piccolo e doveva capire perché era nato in quel modo: non poteva di certo scoprirlo accanto a sua madre, in una piccola dimora, lontano dal mondo intero. Così, il ragazzo si era diretto a Camelot e non aveva idea di cosa lo aspettava.
 
Giunse in una serena mattinata a Camelot e fu subito abbagliato dalla costruzione in pietra luminosa. Alla propria sinistra e alla propria destra, vi erano due torrette sopra cui delle sentinelle facevano la guardia, immobili chissà da quanto, che indossavano delle armature d’acciaio e un bastone su cui sopra vi era raffigurato un drago, simbolo dei Pendragon. Superò l’arco di pietre, precedentemente chiuso da due porte alte fatte di legno. Che le porte fossero aperte per lui? Merlino vi entrò con la sua borsa da viaggio ed in mano aveva una pergamena: un messaggio da sua madre per un uomo di nome Gaius.  Chiese a qualsiasi persona che incontrava dove si trovasse quest’uomo, ma nessuno seppe dirgli niente: le guardie sembravano impegnate a fare altro. Girava e rigirava il castello, angolo dopo angolo e alla fine andò a scontrarsi con una donna. Aveva i capelli neri ed ondulati, la pelle scura, ma non troppo, indossava un vestito semplice color rosa scuro e portava un vassoio con sopra una brocca vuota.
“Perdonatemi, non guardavo dove andavo.” si scusò Merlino, raccogliendo ciò che aveva fatto cadere nello scontro.
“Non c’è problema.” commentò la donna.
“Per caso voi sapere di un uomo di nome Gaius?” chiese poi.
“Certo! Gaius è il medico di corte, lo trovi in fondo al corridoio.” rispose l’altra, indicandogli una porta in fondo al corridoio.
Merlino la ringraziò con un sorriso e seguì le indicazioni, oltrepassando finestre e antiche armature piene di ragnatele, forse messe lì per bellezza. Bussò alla porta socchiusa, ma nessuno gli aprì. Così decise di aprirla lentamente, scoprendo una grande stanza. A destra vi era un tavolo di legno con sopra decine di fiale e due piatti sporchi.
A sinistra  un letto nascosto da una tenda ed accanto un’enorme libreria alta, dove vi si poteva accedere con una scala e su quella scala si era arrampicato un vecchio uomo. Egli indossava una sopra veste marrone e sotto un abito lungo e rosso, forse era lui il Gaius del messaggio.
“Perdonatemi, siete voi Gaius?” chiese in modo gentile.
Il vecchio non riuscì a rispondere perché perse l’equilibrio sulla scala e se Merlino non avrebbe fatto un incantesimo per bloccarlo e mettere il letto sotto di lui, probabilmente avrebbe fatto un bel tonfo. Udendo un piccolo urlo, da un’altra camera corse in suo aiuto una ragazza. Ella aveva i capelli biondi che le scivolavano su un abito blu scuro, adatto ai suoi occhi. Merlino ne fu abbagliato immediatamente e sorrise come un ebete. La ragazza si affrettò a vedere se l’uomo stesse bene, nonostante fosse caduto su un letto morbido.
“Ma come hai fatto?” domandò poi, con tono stupito.
A Merlino non sembrò bene raccontare dei propri poteri al primo che incontrava. “Io? Non ho fatto niente.” balbettò.
“Certo che si! Ti ho visto!” esclamò il vecchio.
Ogni volta che Merlino recitava un incantesimo, i suoi occhi diventavano di un color oro acceso: quindi si vedeva quando usava la magia se lo si guardava bene.
“Hai usato la magia? Possiedi poteri magici?” domandò la ragazza dal viso angelico e i suoi occhi si illuminarono quando sorrise.
Merlino non sapeva cosa rispondere, ormai lo avevano messo nel sacco e non vi era via d’uscita.
“Io so come hai fatto.” continuò lei, estraendo un sorriso furbo.
Afferrò un libro e lo tirò, i suoi occhi divennero di un giallo luminoso quando fermò il libro prima che cadesse, con la magia, facendolo fermare in aria.
Merlino fu sorpreso: lei era come lui e allora decise di fidarsi.
“Beh, benvenuto a Camelot, giovane mago. Io sono Freya.” si presentò, porgendogli la mano con un sorriso.
L’altro arrossì per chissà quale motivo e si portò la sua mano alla bocca per lasciarci un lieve bacio. “Merlino.”
“E lui è Gaius.” indicò poi il vecchio con entusiasmo, ancora scosso dalla caduta.
“Che ci fate qui a Camelot?” domandò il medico di corte.
Merlino estrasse velocemente la pergamena dalla propria borsa e gliela porse. Sopra vi era scritta una preghiera per Gaius, dove la madre di Merlino, sua vecchia amica, gli chiedeva di accudirlo per quanto poteva e soprattutto di nascondere la sua magia agli occhi degli altri. Il vecchio sorrise leggendo quelle righe, perché era quello che aveva fatto fino a quel momento con Freya. E se era riuscito a cavarsela con lei, probabilmente ci sarebbe riuscito anche con Merlino.
 
Freya si affrettò ad afferrare il braccio di Merlino. “Vieni, ti faccio fare un giro del castello!”
Con entusiasmo Merlino la seguì, superando i corridoi su cui aveva appena camminato, con una veloce corsa per stare al passo della ragazza. Salirono in fretta su una scalinata a chiocciola che portava su un’ampia torre, dove si poteva vedere il paesaggio verde che ricopriva il castello e la piazza di entrata, dove spesso i cittadini si riunivano con i nobili per gli eventi importanti.
“E’ davvero molto bello da quassù.” commentò Merlino.
“E’ il mio posto preferito, ci vengo quando voglio stare sola.” disse Freya.
Improvvisamente, si sentì un brusio provenire dalla piazza. I cittadini si erano riuniti per osservare un uomo che stava per esser legato ad un palo, sopra una massa di legni. Merlino capì subito: stava per esser bruciato vivo. “Chi è quello?” domandò accigliato.
“Probabilmente uno stregone.” sussurrò Freya. “La magia è severamente proibita a Camelot. Se Gaius non mi avesse nascosta nelle sue stanze quando sono venuta qui, probabilmente sarei finita al rogo come lui.”
Ad assistere e a dare la sentenza di morte all’uomo, c’era Uther Pendragon in persona. Si trattava di un uomo sulla maggiore età ormai da tempo, indossava abiti regali e soprattutto mostrava sempre la corona argentata che portava sulla testa. Sopracciglia accigliate e occhi verde chiaro.
“Perché Uther odia tanto la magia?” chiese Merlino, mentre due uomini preparavano le torce per appiccare il fuoco.
“Si dice che sua moglie sia morte per mano di uno stregone. Da quel momento in poi, non ha più tollerato la magi a Camelot e la fine di chi la praticava, era questa.” spiegò Freya, mentre il corpo dello stregone ormai bruciava da un pò.
Fu in quel momento che si udirono delle grida disperate: una vecchia donna stava piangendo per la morte dell’uomo e si trattava di sua madre. Aveva degli occhi neri come la pece, le rughe sul viso e sulle mani, coperta solo da un abito nero. Puntò il dito pelle e ossa contro Uther, giurando che si sarebbe vendicata e poi sparì nel nulla.
“Sento puzza di guai.” commentò Merlino sottovoce, essendo a conoscenza che non avrebbe mai dovuto rivelare i propri poteri a nessuno.

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Capitolo 2
*** La chiamata del drago: ***


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Nel pomeriggio, Gaius diede il primo compito a Merlino: di portare una medicina ad un cavaliere del re. Freya lo accompagnò in un grande giardino, con un vassoio pieno di frutti, dove alcuni uomini si stavano battendo con la spada per allenarsi. In quel momento, vi erano due uomini di cui uno alto, forte stazza, capelli corti e uno un pò meno muscoloso di lui, biondo, con gli occhi azzurri. Il secondo sembrò prevalere sul primo, dato che aveva una fascia sulla spalla: forse una ferita da battaglia. Merlino restava a guardare curioso i due che si battevano.
“Dai Parsifal, hai fatto di più con un braccio rotto!” esclamò quello biondo, in netto vantaggio.
“Ma così non è giusto! Quell’uomo è  ferito!” commentò Merlino, abbastanza contrariato.
Freya rise. “Io terrei a freno la lingua.”
“Perché?”
Prima che la ragazza potesse rispondere, i due vennero verso di loro e Merlino consegnò la medicina in un’ampolla di vetro, a Parsifal. L’altro si avvicinò con uno strano sorrisino alla ragazza. Merlino lo guardò male: si sapeva che le serve venivano sempre trattate in mal modo e addirittura usate sessualmente per compiacere i nobili.
“Scusate, chi vi credete di essere?” intervenne, con tono infastidito.
Freya stava inizialmente ricambiando il sorriso dell’altro, ma poi si coprì il viso imbarazzata.
L’uomo rise divertito. “Chi mi credo di essere?”
“Merlino, lui è Artù, il principe di Camelot..” spiegò Freya, mordicchiandosi il labbro per la brutta figura.
Merlino rimase senza parole, diventando rosso in viso quanto un pomodoro. Deglutì la saliva rimasta in bocca e si scusò.
“Freya, credo dovresti insegnare le buone maniere a questo nuovo servo.” ribatté Artù, mentre Freya si occupava della ferita del cavaliere.
“E’ arrivato solo questa mattina, perdonatelo, mio signore.” continuò lei.
Artù fece una smorfia buffa e guardò bene negli occhi il nuovo arrivato.”Nah, non sono in vena di perdonare oggi. Ho una bella punizione per te.” ridacchiò appena, mordendo una mela presa dal vassoio.
Freya sospirò mentre fasciava la spalla di Parsifal e quest’ultimo le riservò un sorriso.
“Se ti fa piacere, metterò una buona parola per lui.” le disse.
Lei fu sorpresa. “Vi ringrazio, mio signore. Gaius dice che la ferita guarirà presto.” continuò, senza smettere di sorridere.
Riprese il proprio vassoio di frutta e tutta incantata dal sorriso di quel cavaliere, si fece strada verso il castello, scontrandosi più volte con persone che non era riuscita a vedere.
Merlino sbuffò alle occhiatine che si lanciavano, dopotutto Freya era una bellissima ragazza, peccato che la propria bellezza non poteva esser confrontata con quella di un cavaliere di Camelot.
 
Artù era un ragazzo testardo e purtroppo Parsifal non era riuscito a fare molto, perché Merlino venne legato ad un masso, proprio al centro del villaggio, dove i cittadini potevano tirargli frutta e verdura a volontà. Il villaggio era un posto piccolo accanto al castello, fatto di pochi cittadini che si conoscevano a vicenda e riuscivano a stento a sopravvivere. Ma a quanto pare, li divertiva vedere succo di melone che pendeva dalla faccia di qualcuno. Freya non mosse un dito, le sembrò quasi crudele, ma non esitò a farsi due risate.
“Oh si, è davvero divertente eh?!” esclamò Merlino, su tutte le furie.
Ma vedere la ragazza che rideva e dato il suo sorriso contagioso, anche Merlino si mise a ridere quando si fu tranquillizzata la situazione. Freya tornò ad essere dritta e composta, quando nel villaggio entrò una donna vestita di abiti regali di colore verde come i suoi occhi, sorriso ampio e capelli neri ondulati.
“Principessa Morgana.” salutò Freya con un inchino.
“Che cosa è successo qui?” domandò la donna.
“Artù.” A Freya bastò pronunciare il suo nome per far capire a Morgana cosa era successo.
Infatti la donna proseguì la passeggiata e dietro di lei, vi era la donna che Merlino aveva scontrato la mattina che era arrivato a Camelot. Si trattava di Ginevra, la serva di Morgana e sua devota. Era la figlia del fabbro e anche lei abitava nel villaggio.
Freya afferrò un fazzoletto e cercò di pulire il viso di Merlino. “Allora, ti è bastata la lezione?” gli chiese.
“Ah ah, spiritosa. Si, mi è bastata.” rispose Merlino sbuffando.
 
Quando fu libero, Freya tolse il letto di Gaius da dietro la tenda e ci mise una piccola vasca fatta di rame rovinato per far fare a Merlino un caldo bagno. La riempì con tinozze d’acqua tiepida prese dal pozzo fuori il castello. Merlino la ringraziò con un sorriso, si coprì con la tenda ed entrò nella vasca con un sospiro rilassato. Ci fu un grande silenzio tra i due inizialmente.
“Allora, vuoi parlarmi della tua relazione con Artù?” domandò Merlino, mentre si passava un pezzo di sapone sul braccio.
“La mia relazione con Artù? Beh, è il mio signore e devo fare tutto quello che mi dice.” spiegò Freya, confusa dalla sua domanda. “ O finirò come te.” commentò poi, trattenendo una risata.
“E Parsifal?” continuò l’altro, curioso della risposta.
“Beh, Parsifal è un uomo di alto lignaggio e…ecco.. è bello.” balbettò lei.
Merlino alzò un sopracciglio, quasi infastidito. “Quindi ti piace?” chiese.
“A chi non piace? E’ un cavaliere molto bello.” rispose.
A Merlino sembrò che l’acqua fosse diventata bollente, o forse era colpa della sua gelosia. Come poteva aver pensato che a una ragazza come lei interessasse uno come lui? La prima occhiata che si erano dati, l’aveva fatto illudere un pò e si limitò a continuare a lavarsi.
 
Merlino non si sentiva abbastanza al sicuro dopo le minacce di quella donna nella piazza, ma il fatto di possedere poteri magici per contrastarla, lo faceva sentire bene.
La stanza da cui era accorsa Freya quella mattina era in realtà la camera da letto, dove centrava solamente una persona.
 Freya gli acconsentì di poggiare i propri abiti vicino ai suoi, ma non sapeva se sarebbe riuscita a dormire insieme a lui, nonostante trovasse quel ragazzo interessante.
“Posso andare a dormire sul tavolo: qualche vecchia coperta mi farà sentire comoda.” disse Freya, non volendo esser scortese con il nuovo arrivato.
“No,no. Non posso lasciare che tu dorma sul tavolo. Vado io.” balbettò Merlino, arrossendo di nuovo sulle guance.
Quel discorso si trasformò in balbettii e parole senza senso, in cui alla fine, entrambi andarono a dormire.
Dopo poco che Merlino si era addormentato, una voce nella propria testa lo costrinse a svegliarsi. Quel tavolo era fin troppo scomodo per dormire e forse i crampi alla schiena gli avevano dato alla testa, perché sentiva qualcuno che lo chiamava per nome, ma attorno a se tutti stavano dormendo. Ma curioso e ormai sveglio, Merlino si alzò e accese una torcia per farsi strada nel corridoio buio. Girò angoli dopo angoli, come aveva fatto appena giunto a Camelot e raggiunto uno di essi, sobbalzò di nuovo.
“Dove stai andando?” domandò Freya, con una camicia da notte di seta bianca e i capelli biondi ondulati che le scendevano lungo le spalle.
Merlino prese un respiro per riprendersi dallo spavento.” C’è una voce nella mia testa che mi chiama e cercavo di seguirla.” rispose.
“Uhm…Sei sicuro che quei meloni non ti abbiano dato davvero alla testa?” commentò l’altra, arricciando il naso.
“Ne sono pienamente sicuro, seguimi.”
Merlino si sentì quasi più coraggioso quando afferrò la mano di Freya di spontanea volontà e continuò a seguire la voce fino ad arrivare alle prigioni reali. Era un posto sotto terra, dove due guardie che precedentemente sembravano giocare con due dadi, si erano addormentate. Quindi silenziosamente, i due attraversarono un corridoio di pietra fino a giungere ad una grande caverna che a Freya sembrò familiare.
“Conosco questo posto..” sussurrò tra se e se.
E prima che Merlino potesse fare domande, sul picco di pietra davanti a loro si presentò un enorme drago dalla pelle marrone, grandi artigli e occhi chiari, quasi giallo oro.
“Uther tiene un drago nelle segrete?” domandò Merlino stupito, notando una catena sulla zampa dell’animale.
“Molto tempo fa ci fu una guerra con i draghi e Uther prevalse. Non so come e non so perché, lui lo ha risparmiato e legato qui.” raccontò Freya, sorpresa quanto lui.
“Merlino. Un piccolo uomo, ma con un grande destino.” Il drago sapeva parlare e aveva una voce roca e bassa.
Solo in quel momento si accorse che era lui che lo chiamava incessantemente. “Come sai il mio nome?” domandò.
“So il tuo nome come so il tuo futuro. Sei destinato a grandi cose Merlino, soprattutto alla vita di Artù.” spiegò il drago. “E lei ti aiuterà.” si riferì poi a Freya.
Merlino e Freya si scambiarono uno sguardo confuso e prima che potessero chiedere altro, il drago si dileguò in aria con le sue possenti ali, lasciando i due senza alcuna risposta. Merlino sapeva che qualcosa lo aveva condotto a Camelot: che fosse davvero quello stupido di Artù?

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Capitolo 3
*** Il canto: ***


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Il giorno seguente, tutti i servi si erano messi al lavoro per preparare la sala grande dove si sarebbe svolta una cena assieme a tutti i nobili del reame. Vennero uniti i tavoli di legno, sopra cui vi erano delle tovaglie ornate di oro. Posate, calici e piatti d’argento per gli ospiti e d’oro per chi sedeva a capotavola: Artù, Uther e Morgana. Tutti in torno a loro c’erano le famiglie che erano sempre state vicine ad Uther e a sua moglie in passato e forse anche un re di cui figlia sarebbe stata data in sposa ad Artù, un giorno. Ginevra si era presentata con un abito semplice e verde. Freya invece, aveva un vestito del tutto diverso per le belle occasioni, lo aveva cucito lei stessa: le arrivava alle spalle fino alle caviglie, era di colore marrone paglia e senza maniche. E poi Ginevra l’aveva aiutata a farsi una treccia che aveva lasciato cadere lungo la spalla. Merlino ne rimase abbagliato e non solo lui, perché non appena entrò nella sala, Artù e Parsifal la guardarono estasiati, con gli occhi illuminati. I cavalieri erano soliti indossare degli abiti scuri e avere alle spalle un mantello rosso, colore di Camelot. Infine, Morgana aveva messo un abito rosso scuro che veniva legato sul collo per lasciare le spalle scoperte. Merlino era l’unico che non aveva cambiato nulla, anche perché si era portato solo quegli abiti e ciò lo fece sentire alquanto fuori luogo.
Alla cerimonia era stata invitata una donna: si vociferava che la sua voce fosse splendida quanto la sua bellezza e Uther non aveva esitato a farla entrare mentre banchettavano con tacchino, miele e una macedonia di frutta esotica. La cantante era truccata abbastanza bene per apparire davanti al re, aveva legato i capelli in una coda e possedeva un abito semplice di colore viola, con una dorata cintura attorno alla vita. Il re le fece cenno di iniziare a cantare e Merlino e Freya che servivano il cibo l’uno accanto all’altra, stettero ad ascoltare. Non erano nemmeno a conoscenza del suo nome, ma sapevano che la sua voce era lirica e rilassante.
Ma improvvisamente, tutti iniziarono ad avere gli occhi pesanti e pian piano li si vedeva addormentarsi sui piatti. Merlino si guardò attorno, notando che la voce della donna faceva uno strano effetto a chi l’ascoltava. Si tappò immediatamente le orecchie quando vide che tutti erano caduti in un lungo sonno, tanto che vennero riempiti di ragnatele e polvere. Merlino si nascose sotto il tavolo, con le mani strette sulle orecchie, quando notò che la cantante era la vecchia signora che aveva visto suo figlio bruciato vivo sulla piazza ed era venuta a vendicarsi. Merlino vide che la magia aveva funzionato anche su Freya e doveva fare qualcosa. Alzò gli occhi sulla vecchia e vide un lampadario spento, così come tutte le altre candele sui tavoli. Recitò un incantesimo sotto voce e il lampadario le cadde sulla testa, stendendola. Fu in quel momento, non appena il canto cessò, che tutti i presenti si risvegliarono confusi.
“Ma che diamine è successo?” esclamò Artù, rosso di rabbia, mentre si toglieva le ragnatele dal corpo.
Merlino scivolò da sotto il tavolo per spiegare. “Era una strega, mio signore. Ha usato una magia per farvi addormentare con il suo canto.”
Mentre parlava, la donna era riuscita a liberare le mani e il volto, così da mostrarlo, vecchio e pieno di rughe a chi le aveva rovinato la vita e la famiglia. Improvvisamente estrasse un pugnale e lo lanciò dritto ad Artù. Se Merlino non lo avesse scansato dalla mira, Artù sarebbe stato ucciso. Infine, dato il grande peso del lampadario in ferro e la sua vecchiaia, la donna morì.
Artù fu sorpreso che quel servo lo avesse salvato, soprattutto dopo che lo aveva deriso quello stesso pomeriggio.
“Hai salvato la vita di mio figlio, qual è il tuo nome?” domandò Uther, con un sorriso stampato in volto.
“Merlino, mio signore.”
“Allora, per ripagarti di questo debito, ti assegno come servo di mio figlio.” continuò il re.
Né Merlino né Artù furono felici di questa decisione, dal primo momento si erano odiati a vicenda. E quindi fu chiaro, che i primi segni del racconto del drago che aveva conosciuto sotto le segrete, si erano avverati.
 
Merlino e Freya tornarono nelle loro stanze, affaticati dalla giornata.
“Sei stato fantastico! Hai salvato la vita a decine di nobili stasera! Come minimo ti avrei dato oro in quantità!” esclamò Freya, entusiasta.
“E invece sono confinato a esser servo di Artù per sempre. Fantastico.” commentò Merlino, lasciando andare il corpo sulla panca vicino al tavolo.
Freya ridacchiò e poi gli afferrò la mano. “Vieni, ti faccio vedere una cosa.”
Lo condusse nella sua stanza, dove era presente solo un letto e un piccolo armadio. Si abbassò a prendere un grande libro impolverato da sotto il materasso.
“Cos’è?”
“E’ un libro degli incantesimi.” rispose lei, sfogliando le pagine. “Sono anni che lo studio nel tempo libero. E’ così grande che non so quando lo finirò.”
“Credi che con questo potrò diventare un buon mago?” domandò.
“Io credo che tu sia un mago molto potente.” gli rispose, stringendogli le mani. “Devi solo imparare, come ho fatto io.”
Quella stretta da parte sua lo riempì di fiducia nei suoi confronti, finalmente la sua magia poteva servire a qualcosa, ma doveva stare attento a non farsi scoprire.
Andò a dormire presto quella sera, perché la giornata successiva, sarebbe stata piena d’impegni e di richieste da parte di Artù.

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