Presa al potere

di lToothlessl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il destino è crudele. Lo è sempre stato e sempre lo sarà. Un uomo farebbe di tutto per poter scoprire il proprio fato, l'uomo è avido. Ma se Eragon avesse potuto tornar indietro non lo avrebbe mai fatto. Il destino per lui era stato come una sanguisuga, una cosa fastidiosa, una cosa che non ti fa dormire la notte, che ti opprime. Forse se non avesse seguito la sua curiosità, non sarebbe mai entrato in quell'erboristeria, ma come si suol dire, la curiosità uccise il gatto.

E' come se nel cuore di Eragon si fossero depositati dei massi, così pesanti da essere impossibili da togliere. Ad Eragon mancava la sua terra misteriosa e si, alcune volte, così inospitale, mancavano i suoi amici, la sua famiglia, ma soprattutto gli mancava la sua Arya. Proprio lei, la bellissima regina degli elfi che lo aveva fatto soffrire come nessun'altra persona. Si continuava a dire che doveva guardare avanti, il passato era passato, doveva guardare al futuro. Ma la realtà è che lui non voleva abbandonare il suo passato, era quel che lo rendeva lui, Eragon.

In quel momento guardando avanti, vedeva solo un'infinita distesa di acqua grigiastra, come lo era anche il cielo, così cupo e minaccioso. Sicuramente non il massimo per il morale suo e dei suoi compagni di "avventura" che in quel momento guardavano l'oceano privi di interesse presso di esso. Gli elfi erano diventati pigri, erano ormai dieci giorni che navigavano su quelle acque e sembrava che non avrebbero raggiunto mai la nuova terra. Era come essere intrappolati in un limbo.

Saphira non aveva scambiato molte parole con il suo Cavaliere dalla loro partenza. Erano diventati come due sconosciuti, distaccati gli uni dagli altri da un profondo disinteresse e una grande malinconia che invece di unirli, li aveva allontanati sempre di più. La dragonessa sorvolava pigramente l'oceano a pochi piedi dalla Talita fermandosi agni tanto nelle fredde acque per poter riposare.

Alalea non poteva sembrare più lontana.

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Ma poi finalmente la vide, la terra misteriosa, la casa originale degli elfi.

Era sembrato un giorno come un altro quando improvvisamente la ciurma della Talita si era ritrovata nel bel mezzo di un banco di nebbia. La prima a vederla fu
Saphira che lanciò un ruggito di gioia nel veder la terra. Inizialmente poteva sembrare una qualsiasi costa di Alagaesia, ma poi nessuna terra che Eragon avesse visto fino a quel momento era come quella. Il territorio era ricoperto da numerose piante, alcune anche sconosciute all'ammazzaspettri, e molti fiumi sfociavano davanti a loro, poco più in là si potevano scorgere delle montagne scoscese con i picchi innevati da cui ricadevano alcune piccole cascate. Il tutto era così estraneo al Cavaliere e alla sua dragonessa che, per un istante, furono presi da una voglia irrefrenabile di esplorare quelle terre sconosciute, di sorvolare i loro doveri e tuffarsi all'avventura.

Ci siamo, Eragon gli sussurrò Saphira.

Si, il nostro destino ci attende rispose il Cavaliere.

Mai furono state pronunciate parole più esatte...


Ehi, ho deciso di scrivere una storia, così, mi annoiavo. E' un'idea che mi ronza da tre o quattro anni in testa. Premessa: non ho mai scritto storie, quindi siate gentili, ma non astenetevi da critiche, le accetto volentieri se sono fondate. Spero vi piaccia, non so quando l'aggiornerò, studio in un liceo scentifico che mi occupa molto tempo, quindi, alla prossima. :)
lToothlessl

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Era successo in un attimo, un forte dolore alla nuca e poi nulla, solo il più profondo buio. 

La mattina era iniziata bene, Eragon e gli elfi avevano deciso di passare la notte sulla spiaggia per poi partire in esplorazione la mattina dopo. L'ammazzaspettri si era appena svegliato, era sgusciato da sotto l'ala della sua compagna di mente e cuore ed era rimasto a fissare per alcuni minuti il mare blu, prima così sconosciuto ed invece ora così familiare. Il sole si era appena levato e alcuni elfi erano già svegli e preparavano i bagagli, dopo aver fatto una colazione a base di bacche decise di dedicarsi al Rimgar. Fu così che si addentrò nella giungla cercando un luogo appartato dove potesse concentrarsi. 

All'inizio gli era sembrata una buona idea, ma ora bendato e legato, steso nel mezzo del bosco, solo e senza sapere dove fosse, non ne era più certo. Aveva cercato di usare la magia, ma era come se ogni qual volta la provasse ad usare essa gli sfuggisse. Più tentava, più gli era difficile. Inizialmente aveva pensato di essere stato drogato, ma ricordava alla perfezione ogni singolo incantesimo, l'unico problema era che non riusciva ad eseguirlo. Era come se l'antica lingua avesse perso il suo potere. 

Anche la sua mente sembrava bloccata, gli era così estranea questa sensazione a lui, un Cavaliere dei Draghi. Era come sentirsi intrappolati, era come... ritornare normali. Dopo un po' si rese conto che era la stessa sensazione che aveva provato prima di diventare quel che era ora. Non riusciva a sentire il suo legame con Saphira, si sentiva perso, solo. Aveva paura di quel che gli sarebbe successo, ma soprattutto aveva paura per Saphira, anche lei non riusciva più a percepirlo? 

Si disse di smetterla di far vagare la mente a ruota libera o di crearsi nuovi problemi, erano già troppo complicati quelli che possedeva. Doveva concentrarsi sulla soluzione e non sul problema. 

Intorno a se poteva sentire solo il canto degli uccelli, nient'altro. Chi lo aveva portato li? All'improvviso sentì dei soffici tonfi che identificò come passi così decise di fare la cosa più stupida che gli venne in mente: cercò di comunicare con il suo rapitore. 

"C'è qualcuno?" Chiese. I passi si arrestarono "Chi sei? Cosa vuoi?" 

Lo sconosciuto si avvicino e lo sentì inginocchiarsi affianco a lui. Eragon girò lievemente la testa verso dove credeva si trovasse. Si sentiva vulnerabile, era come essere cechi nel mezzo di un combattimento. Sobbalzò quando sentì una mano tirargli i capelli verso l'alto, non poté far altro che assecondare i movimenti dello sconosciuto ed alzarsi in piedi. Appena si fu alzato senti qualcun altro posizionarsi al lato opposto del suo rapitore. Entrambi lo presero per le braccia e iniziarono a trascinarlo in modo brusco.  

Durante il tragitto, Eragon, inciampò diverse volte in rocce e radici sporgenti, rischiando numerose volte di caracollare al suolo, cosa che non successe mai per via della stretta ferrea dei due sconosciuti. Non dissero mai una parola tanto che Eragon si chiese diverse volte se sapessero parlare. 

Dopo circa un'ora di tragitto, o almeno Eragon credeva che fosse un'ora, il Cavaliere iniziò a percepire altre presenze intorno a lui, passi, voci, risa di bambini, lo scoppiettare di alcuni fuochi. Erano arrivati in un villaggio? Camminarono ancora per alcuni minuti finché non arrivarono ad un punto di arresto. Il cuore di Eragon iniziò a battere più velocemente. Fu spinto in ginocchio, i due sconosciuti si allontanarono. Sul luogo scese un silenzio quasi irreale interrotto solo dal rumore di un torrente nelle vicinanze.  

Sentì un rumore di fruscii e poi un rumore di passi, improvvisamente la benda gli fu strappata dagli occhi e il Cavaliere dovette chiuderli per la troppa luce. Li aprì e si trovò a fissare un prato incolto per le numerose volte che, Eragon ne era sicuro, era stato calpestato. Le sue mani erano legate con due anelli di pelle su cui erano incise delle rune nell'antica lingua. Con una traduzione veloce, Eragon capì che erano loro a bloccare i suoi poteri e la sua mente. Pian piano alzò lo sguardo e si ritrovò ad osservare i profondi occhi blu di un uomo, o almeno credeva che fosse un uomo. 

La creatura davanti a se aveva un corpo più slanciato di un comune umano, più... elfico, ma allo stesso tempo umano. La sua pelle era scura ma non troppo, aveva sicuramente passato molto tempo sotto il sole. I suoi capelli neri erano rasati ai lati ed una lunga treccia gli scendeva giù per la schiena. Indossava abiti semplici, un paio di pantaloni di pelle, degli stivali di cuoio ed aveva la schiena e il petto coperti da una pelliccia che portava come un mantello. Intorno al collo portava una collana dove era appeso una zanna. Il cuore di Eragon fece un balzo: era la zanna di un drago. Al fianco portava un lungo pugnale e in una mano aveva un bastone decorato con alcune incisioni in antica lingua e con in cima una lama affilata. Il viso dell'uomo era severo, ma non malvagio, aveva alcune rughe che delineavano la sua mezza età, i suoi occhi, due pietre blu ghiaccio.  

Eragon lo guardò intimorito ma cercò di non mostrarlo, cercò anche di sembrare il meno minaccioso possibile. Non voleva dare all'uomo un motivo per ucciderlo all'istante. Lanciò uno fugace sguardo intorno a lui, aveva avuto ragione, si trovava in un villaggio. Attorno a lui poteva scorgere numerose tende fatte con pelli, legna ed ossa di animali. Alcuni fuochi erano accesi vicino ad essi, poteva scorgere delle postazioni dove si poteva cuocere l'argilla. Oltre a questo non riuscì a notare più nulla per via delle numerose persone-elfo che lo osservavano con paura e, Eragon credette, disgusto. C'erano uomini vestiti con pantaloni, stivali e a petto nudo, alcuni di essi erano armati con archi e faretra e altri con delle lance. Poi c'erano le donne, oltre a quel che indossavano gli uomini esse avevano una fascia sui seni. C'erano anche dei bambini nascosti dietro agli adulti, guardavano Eragon con paura. Cosa era successo a queste persone? 

Fu riportato all'attenzione da una lama sotto il mento. L'uomo davanti a se, che Eragon aveva identificato come il capo per via del mantello, lo guardò attentamente per poi girarsi verso la folla senza però togliere la lama dal suo collo. 

"Miei cari fratelli, oggi gli dei hanno voluto donarci la nostra vendetta. Ci hanno donato un uomo del cielo. La morte di mio figlio sarà finalmente vendicata." Esordì "La nostra vendetta su Rakonang è giunta, uccideremo uno dei suoi" La folla esplose un urla di gioia, alcuni iniziarono a sbattere le lance e i piedi a terra. Il capo si girò nuovamente verso di lui e lo guardò con uno sguardo di sfida, gli afferrò i capelli e lo sollevò in piedi, alzò la lama pronto a colpire. 

Eragon  cercò disperatamente di spezzare i due anelli, ma era come se fossero del più duro dei metalli. Si guardò attorno cercando qualcosa che potesse aiutarlo, qualsiasi cosa. Ma era inutile.  

Il suo destino sembrava segnato.


Ciao! Lo so è passato molto tempo, ma tra scuola e problemi vari sono stata impegnata. Spero comunque che appreziate il primo capitolo, non è il massimo, lo so.
Spero di aggiornare presto,
lToothlessl

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Mentre aspettava il colpo che sapeva sarebbe arrivato, Eragon, ripensò a tutti i momenti della sua vita. La sua infanzia a Carvahall con suo cugino Roran e i suoi zii Garrow e Marian, la nascita di Saphira, suo fratello Murtagh, suo padre Brom, la guerra, Arya, l'amore per lei, la morte di Galbatorix, la fine della guerra, la sua partenza. Fu proprio in questo modo che si accorse che per quanto qualcuno potesse essere potente, c'era sempre qualcuno più potente di lui che in un modo o nell'altro lo avrebbe alla fine preso. Quel qualcuno era la morte. Addirittura Galbatorix, il più grande tiranno di tutti i tempi si era arreso ad essa. Eragon sapeva che stava per morire, solo che non lo accettava, tutti quei sacrifici, tutto quel sangue versato e poi... nulla. A cosa era servito? 

A cosa serve combattere per la libertà se poi quella ti può essere strappata così facilmente in un battito di ciglia? Era ingiusto, dopo tutto quello che aveva passato meritava di poter almeno vivere la sua vita, ma questo la morte non sembrava accettarlo.  

Pensò a Saphira, la sua dragonessa, erano stati così distanti negli ultimi giorni, comportandosi come degli sconosciuti che annegano nel proprio dolore. Sapeva che se sarebbe morto, molto probabilmente Saphira lo avrebbe seguito nel vuoto. Avrebbe tanto voluto salutarla, passare una mano sulle sue squame splendenti come gemme, dirle addio. Ma questo non sarebbe mai successo. 

L'uomo alzò il pugnale puntandolo al cuore di Eragon, tese i muscoli.... Un ruggito risuonò nell'aria del mattino, l'uomo si girò di scatto verso il suono. Una dragonessa color zaffiro stava scendendo in picchiata verso il villaggio. Alcuni abitanti iniziarono a gridare in prede al terrore, altre presero archi e lance e iniziarono a lanciare urla di guerra. Alcuni di essi lanciarono dei fischi acuti. Saphira atterrò nel centro del villaggio in tutto il suo magnifico e terrificante splendore. I raggi del sole si riflessero sulle sue squame creando giochi di luce multicolori. Dalle narici della dragonesse uscivano rivoletti di fumo, Saphira cominciò ad avanzare verso il suo Cavaliere ringhiando contro il suo carceriere, l'uomo fece un passo indietro puntando la lancia contro la dragonessa.  

Improvvisamente si sentirono dei fischi nell'aria come di qualcosa che cadeva ad alta velocità, Eragon alzò lo sguardo e si stupì nel vedere delle creature molto simili a draghi che sorvolavano il villaggio. Era poco più grandi di un cavallo, più snelle di un drago, non possedevano le loro dure squame ma erano ricoperte da una pelle simile a quella di un serpente. Avevano un solo paio di zampe posteriori, le ali venivano utilizzate come zampe anteriori. I colori andavano dal rosso ruggine al giallo oro, dal color terra al verde chiaro. Non sembravano sputare fuoco ma come i draghi erano magnifici e pur avendo delle dimensioni ridotte sapevano come intimorire qualcuno.  

Alcune di quelle creature atterrarono in varie parti del villaggio ed Eragon poté notare che possedevano della selle di cuoio, alcuni abitanti gli saltarono in groppa con grande agilità per poi prendere il volo. 

Eragon riconoscendo il pericolo che potevano rappresentare per lui e Saphira, si spinse in avanti e usò questa spinta per dare forza alla gomitata che diete al capo tribù. L'uomo per la forza del colpo finì a terra, approfittando di questo, Eragon, con le mani ancora avvolte nei due anelli, corse da Saphira. La dragonessa vedendolo arrivare si abbassò quel tanto che bastava per farlo salire in groppa. Con non poche difficoltà, il Cavaliere, riuscì ad issarsi in sella e Saphira senza perdere altro tempo, con un balzo poderoso e potente e spinta delle sue potenti ali si innalzò verso il cielo. Fin da subito furono circondati dalle creature e i loro fantini, Saphira iniziò a ruggire infastidita. 

"Dobbiano scappare!" Gridò Eragon non potendole ancora parlare con la mente per via dei bracciali. "Sono troppi, non possiamo combatterli tutti" 

La dragonessa gli mandò uno sguardo di assenso, con un potente ruggito iniziò a sputare fuoco contro gli avversari, questi sia per il calore di quell'inferno blu, sia per la forte luce si dispersero, Saphira usando questo diversivo cercò di allontanarsi il più velocemente possibile. Eragon si piegò sul dorso della dragonessa per permetterle di andare più veloce. Non sapeva dove si stessero dirigendo, ma qualunque posto era meglio di quello e poi si fidava della sua compagna di mente e cuore.  

Non passò molto tempo che Eragon riuscì ad avvistare nuovamente la spiaggia dove lui e i suoi compagni di viaggio avevano passato la notte. Sembrava deserta. Dove erano finiti tutti? Il Cavaliere si guardò indietro e vide che le creature stavano guadagnando pian piano strada, entro pochi minuti gli sarebbero stati addosso.  

Eragon si guardò attorno, la foresta si estendeva per miglia e miglia a perdita d'occhio verso est, ad ovest invece si interrompeva in una vallata tagliata in due da un ampio fiume che sfociava nel mare, nel mezzo di quell'immensa valle si trovava una montagna dalle cime innevate ed alcune cascate che si lasciavano cadere nel vuoto creando nuvole di vapore che, attraversate dai raggi del sole, davano vita a variopinti arcobaleni.  

"Dirigiti verso quella montagna" Urlò il Cavaliere cercando di contrastare il rumore del vento. Se dovevano combattere era meglio farlo dove ci fosse più spazio di manovra. La dragonessa senza replicare virò a sinistra dirigendosi verso la fine dei boschi per poi arrivare alla vallata.  

La montagna era immensa e ricordava ad Eragon i monti Beor e il suo tempo passato con i nani. Le creature dietro di loro iniziarono a rallentare fino a fermarsi ai margine della valle. Il perché Eragon non lo conosceva ma era come se avessero paura di qualcosa. Forse hanno solo paura degli spazi aperti, si disse. 

Saphira rallentò il suo volo permettendosi di riprendere fiato ma senza fermarsi per paura che le creature riprendessero coraggio. Ma così non fu, infatti alcune di esse lanciando dei ruggiti delusi si addentrarono nella foresta, scomparendo alla vista senza lasciare traccia del loro passaggio. 

Lo sguardo di Eragon si concentrò sulle manette di pelle. Provò ad usare la sua forza elfica ma fu tutto inutile, forse avendo una lama, le avrebbe potute tagliare. Fu in quel momento che notò la mancanza di Brisingr. Fu come ricevere un colpo in pieno volto. Non si ricordò se quando era stato catturato la aveva con se oppure l'avesse rimasta al campo, per quanto ne sapeva poteva averla benissimo persa durante la fuga.  

 Rhunön lo avrebbe strozzato con le sue stesse mani. 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Volarono ancora per alcuni minuti fino a quando Saphira decise di atterrare vicino ad un'ansa del fiume. Eragon scese dalla sua groppa facendo attenzione a non inciampare nei sassi scivolosi. L'acqua era limpida e fresca quando infilò le mani dentro, ne bevve qualche sorso che rinfrescò la sua gola riarsa. Poi tornò ad osservare le manette. 

Sembrava che avessero deciso di non lasciarsi togliere, aveva provato di tutto, ma era come cercare di rompere un diamante. Si voltò verso Saphira che nel frattempo anche lei si era dissetata, la dragonessa aveva i fianchi che le tremavano per lo sforzo di sfuggire da quelle strane creature. In un qualsiasi altro momento sarebbe stato molto meno faticoso per Saphira, ma lo sforzo del viaggio l'aveva sfiancata. Eragon le posò le mani legate sul fianco attirando così la sua attenzione. La dragonessa lo guardò con quei suoi bellissimi occhi di zaffiro, poi gli avvicino il muso al viso e lo leccò sulla guancia. Eragon, per quanto le manette gli potevano permettere, le abbraccio il muso e appoggiò la testa sulla sua fronte chiudendo gli occhi. Il Cavaliere e la sua dragonessa con quel gesto vollero chiedere scusa a vicenda per essere stati così distanti tra di loro negli ultimi giorni. 

Dopo alcuni minuti in quella posizione Saphira si scostò e toccò con il muso le manette del suo Cavaliere, da quel gesto Eragon capì cosa gli stava chiedendo. 

"Non le riesco a togliere" le disse, la dragonessa inclinò la testa così Eragon continuò "Credo siano incantate, ma non posso capirlo finché non riuscirò a toglierle, la mia mente e la mia magia sono bloccate." 

Saphira annusò i due strani aggeggi e agitò la coda frustata, provò a romperle con le sue zanne, ma quelle rimasero intatte, senza nemmeno un graffio. La dragonessa emise un ringhio, non si sarebbe fatta sopraffare da un oggetto. Lei era un drago, una figlia del cielo, il primo drago da essere nato da oltre un secolo, l'unica dragonessa esistente, lei era Saphira Squamediluce. 

Quella mattina quando si era svegliata e non aveva visto il suo piccolo era andata in panico, gli elfi erano subito partiti in cerca del Cavaliere, ma non era servito a niente, chi lo aveva rapito sapeva come cancellare le proprie tracce. C'erano volute ben due ore, non senza una grande dose di fortuna, per ritrovarlo. In un villaggio pieno di strani bipedi con strani draghi, bipedi, legato con strane manette. Ed ora eccoli li, nel mezzo del nulla, senza sapere dove fossero, con un intero popolo alle calcagna. Non che avesse paura di loro, se avessero solo provato a far del male a lei, o ancor peggio al suo Eragon li avrebbe inceneriti. 

Non passò molto tempo prima che sentissero nuovamente dei battiti d'ali, con un solo sguardo Saphira fece montare il suo Cavaliere e con un potente balzo partì verso il cielo. Eragon cercò di aggrapparsi il più possibile su uno degli aculei della sua dragonessa e strinse le gambe attorno alla sella, purtroppo non avendo molta manualità al momento non aveva legato le cinghia attorno alle gambe, così ad ogni virata della dragonessa era difficile rimanere ancorato al suo dorso. 

Eragon guardò il cielo per individuare le creature, in lontanaza vide delle forme che assomigliava a degli uccelli, ma lui sapeva che non lo erano. Erano ancora distanti quindi i colori non erano ancora riconoscibili, il Cavaliere ne individuò ben tre di dimensioni differenti. Si avvicinavano velocemente  ma non provenivano della foresta, la loro provenienza era la grossa montagna che si trovava nel mezzo della pianura. 

Improvvisamente un'ombra passò su di loro, Eragon alzò lo sguardo, ma in quel momento era già troppo tardi. Una massa enorme cadeva in picchiata sulla dragonessa, Saphira riuscì a spostarsi solo quel tanto che bastava per non essere presa in pieno, ma non era lei il bersaglio. Delle potenti zampe afferrarono il busto del cavaliere scaraventandolo verso il terreno. Proprio prima di toccare terra un'altra di quelle creature lo catturò al volo. Fu in quel momento che Eragon vide quattro zampe, non due come le altre creature. Quelle creature erano draghi. 

Saphira si buttò in picchiata riuscendo a sfuggire al drago, grande due volte lei, per poi virare velocemente a destra. Il drago potrà anche essere più forte di lei, ma lei era più veloce. Si diresse verso il drago che teneva tra le zampe anteriori Eragon. Questo gli ruggì contro cercando di intimidirla, ma non aveva contato che la dragonessa era presa da una furia cieca. Qualcuno aveva osato nuocere al suo cavaliere, e quel qualcuno stava per pagare questo con la vita. 

Nel frattempo Eragon scalciava cercando di sfuggire dalle grinfie della bestia, ma era come un topo negli artigli di un gatto. Fu in quel momento che Saphira piombò contro il drago che lo aveva intrappolato, sbilanciandolo a facendo in modo che allentasse la presa. Eragon colse l'occasione al volo e diede un calcio al ventre mollo della creatura, quella con un ruggito di dolore lo mollò. Eragon atterrò sulla groppa della sua dragonessa che velocemente si diresse verso l'altro sfruttando il suo peso minore e virò verso la montagna 

Non avrebbe potuto scegliere meta peggiore. 

 

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