Le mille e una notte

di kay33
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


La carovana procedeva lenta e compatta attraverso le dune del deserto; il viaggio di ritorno dall’Oriente era lungo e faticoso, il Sole batteva forte dall’alba al tramonto rendendo pesante ogni passo ed il prezioso carico di spezie, sete e gioielli rendeva i mercanti ghiotta preda per i banditi.
Ned aveva la scorta dei più fidati e preparati tra i propri uomini, ma ciò non bastava a renderlo tranquillo; dalla fronte corrucciata e dalle furtive occhiate che lanciava al retro della fila si capiva che temeva soprattutto per l’incolumità della famiglia che quest’anno per la prima volta aveva deciso di accompagnarlo.
A lungo Cat e i bambini avevano pregato per questa opportunità, così tanto che alla fine il padre aveva acconsentito. Nonostante la bellezza dei luoghi visitati e la moltitudine di persone nuove che avevano incontrato, Sansa cominciava a pentirsi un po’ di aver insistito tanto. Nessuno le aveva detto che avrebbe dovuto cavalcare così a lungo da non sentire più le gambe, mangiare seduta per terra e dormire e lavarsi alla bell’e meglio. Questa è una parte che le canzoni non raccontano mai pensò con un sospiro amaro.
Le mancavano la propria camera, un letto morbido e la possibilità di farsi un bel bagno caldo e profumato ogni qualvolta ne avesse avuto voglia.
Era talmente assorta nei propri pensieri che si accorse con un attimo di ritardo che la carovana si era fermata.
“Cos’è successo?” chiese, voltandosi verso la madre.
“Arya non si trova! Dovrebbe averci già raggiunto!” Il tono preoccupato e leggermente stridulo di Cat fu sostituito da un nuovo sospiro da parte di Sansa.
Voleva bene ad Arya, davvero, ma lei e la sorella non avrebbero potuto essere più diverse. Arya aveva preso l’abitudine di staccarsi dalla carovana per galoppare libera con Nymeria, la sua cavalla, e poi ricongiungersi agli altri prima di cena. Spesso però perdeva la cognizione del tempo e tornava in ritardo. Doveva essere lo stesso anche questa volta.
“Non agitarti mamma, Arya fa sempre così. Vedrai che tra poco sarà qui”. Sansa cercò di calmare la madre, ma non le riuscì molto bene. Cat era fin troppo ansiosa con i figli.
 
Nel frattempo vide il padre organizzare un piccolo gruppo di ricerca; a gruppi di due uomini si sarebbero messi a cercare Arya. Vide Jory, il capo delle guardie, insistere per andare insieme agli altri, ma Ned fu irremovibile: voleva qualcuno di fidato a vegliare sulla famiglia finché non sarebbe tornato con Arya e gli altri.
I pochi rimasti organizzarono in silenzio la cena e le tende per la notte. A nessuno piaceva l’idea di essere così esposti, con poche armi ed ancora meno uomini in grado di usarle, i pericoli del buio.
Sansa mangiava tranquilla la propria razione di pane nero e formaggio duro appoggiata a dei cuscini; ancora non credeva di essere scesa da cavallo e di potersi riposare.
Ovviamente la pace non durò a lungo; Bran e Rickon vennero da lei, confusi e spaventati per la strana situazione.
“Sansa, perché papà è andato via?” chiese con voce leggera il fratellino più grande, subito interrotto da quella più forte del piccolo Rickon “e perché Arya non è ancora tornata da noi? Si è fatta male?”
Le domande diventavano sempre di più e Sansa non sapeva più cosa dire. Nemmeno lei sapeva cosa stesse succedendo...Sperava solo di vedere il più presto possibile i volti familiari del padre e di quella peste di Arya. Spero che almeno stavolta le daranno una lezione, pensò Sansa con una punta di malizia. Arya sembrava cavarsela sempre.
 
I bambini si calmarono grazie a una storia e si addormentarono in fretta, facendo vincere la stanchezza sulla preoccupazione. Sansa li capiva, in fin dei conti avevano solo sette e tre anni ed il loro si stava rivelando un viaggio molto faticoso. Viaggiare nel carro insieme alla madre non li riparava dal caldo, dalla sete e dalla spossatezza. Ancora una volta Sansa non vide l’ora di essere di nuovo a Grande Inverno.
Approfittando dell’imprevista tranquillità decise di trovare dell’acqua e di lavarsi un po’. Quando il campo era al completo c’era troppa gente in giro, tutti che correvano di qua e di là per sbrigare qualche faccenda, e lei era costretta a togliersi la polvere di dosso con un panno, in fretta  e chiusa nella tenda che divideva con Arya, lontana da occhi indiscreti. Tutte le volte però la sorellina faceva apposta ad andare a disturbarla, ben sapendo quanto ciò desse fastidio a Sansa.
Bene, stasera non c’è neanche lei in giro, un nuovo pensiero poco fraterno le attraversò la mente ma Sansa non ci fece caso. La voglia di trovare acqua pulita e di lavarsi in modo consono era troppo alta.
Gli otri con l’acqua di riserva erano accanto alla tenda in cui veniva custodito il cibo; Sansa aveva intenzione di riempire un piccolo contenitore e di portarselo via senza che nessuno la vedesse. Temeva che qualcuno le avrebbe rimproverato un uso così inutile dell’acqua...Inutile per loro, si intende.
 
Era quasi arrivata a destinazione quando sentì un rumore di passi. All’inizio non ci fece caso e pensò che di sicuro era qualcuno della compagnia. Poi i passi si fecero più ravvicinati, e Sansa cominciò a sentire una presenza dietro di sé. Un brivido le corse lungo la schiena. Non fece in tempo a voltarsi, né a urlare, né a correre.
Ebbe solo la possibilità di realizzare ciò che stava succedendo; una mano forte e callosa le aveva tappato la bocca, mentre l’altro braccio era andato a cingerle la vita.
Sansa cercò di lottare, scalciò nel vuoto quando venne sollevata di peso, ma non servì a niente. L’uomo era molto più grande di lei e non era solo; vide davanti a sé altri gli due compari che facevano razzia di qualunque cosa capitasse loro sottomano.
Le preziose stoffe colorate che suo padre aveva scelto con tanta cura, le spezie profumate, gli argenti cesellati, tutto finiva nelle loro sacche.
Com’è possibile che nessuno se ne accorga? Poi si ricordò di Arya, e della spedizione, e del fatto che quasi nessuno era rimasto al campo.
 
Le venne da piangere. Sono completamente sola si disse.

Un grazie a chi è riuscito ad arrivare alla fine ;) Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto, dal prossimo la storia entrerà nel vivo ed incontreremo gli altri personaggi principali. Mi farebbe molto piacere sentire le vostre opinioni, i suggerimenti e le critiche costruttive. Lasciatemi una recensione, anche di due righe :D Al prossimo capitolo, conto di postarlo in un paio di giorni. A presto! Kay

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Venne sbattuta a terra rudemente e sentì le ginocchia ed i palmi delle mani bruciare. Il bel completo per andare a cavallo che indossava al momento del rapimento si era macchiato e impolverato, e lo stesso triste destino era occorso ai suoi capelli; se solitamente erano lucidi e lisci ora si erano trasformati in un groviglio di sabbia e nodi.
Sansa non sapeva da quanto tempo fossero in marcia. Aveva perso ormai il conto dei giorni, troppo stanca ed abbattuta per curarsene. Lei e i suoi carcerieri viaggiavano senza sosta, fermandosi solo per le tappe indispensabili della notte; loro avevano una precisa meta in mente e desideravano raggiungerla il prima possibile.
Il capo si chiamava Bronn, e gli altri due scagnozzi sembravano aver timore di lui; aveva l’aspetto di un uomo pronto a fare qualsiasi cosa per guadagnare un po’ di soldi.
Era alto, muscoloso e dall’aspetto forte. Portava sempre la spada al fianco ed i capelli neri gli ricadevano a ciocche sugli occhi scuri.
Sansa aveva paura di lui e non aveva mai provato a rivolgergli la parola. Parlava poco e solo con uno degli altri due, quello più grasso e basso incaricato di tenerla d’occhio e di darle da mangiare.
“Ehi, Mord, mi dici dove stiamo andando?” Sansa provò a scucigli qualche informazione. Mord era il suo personale guardiano e sembrava il più facile da raggirare.
“Lo scoprirai tra poco zuccherino. Ti piacerà, vedrai…” Il tono con cui pronunciò quell’ultima frase non le piacque proprio per niente.
Che ne sarà di me? Vogliono chiedere un riscatto alla mia famiglia? Finirò a fare la serva? O peggio…?
Sansa si impose la calma. Non sarebbe servito a nulla far vagare la mente in certe direzioni.
Finalmente, dopo altri giorni di viaggio, Sansa vide i tetti di una città e le cupole di un edificio sacro. Non sapeva se sentirsi sollevata di essere di nuovo in mezzo ad altre persone che non fossero i tre banditi o se cominciare a temere seriamente per la propria sorte.
Appena varcate le porte della città straniera Bronn diede ordini agli altri due con voce sicura e loro si avviarono per obbedire; Sansa rimase per la prima volta sola con lui, ed il groppo che sentiva in gola aumentò.
Non le piaceva nemmeno la via che avevano iniziato a percorrere: ben presto la folla e le voci della strada si facevano più rade e i banchetti del mercato lasciavano il posto a botteghe malfamate ed equivoche. Non si vedevano più i volti indaffarati ma sereni della gente comune ma quelli corrucciati e all’erta dei malfattori. L’orrore di Sansa toccò il punto massimo quando realizzò che Bronn si era fermato davanti a quello che sembrava un bordello.
“No! No! No! Lasciami andare!” Sansa provò ad urlare con tutte le proprie forze, ma Bronn non ci mise molto a spingerla dentro ed a chiamare una delle ragazze del locale.
“Ehi Shae, ti sono mancato tesoro?” Chiese lui dando una palpatina al fianco di lei, coperto solo da una leggera veste.
“Lasciami stare Bronn, che vuoi? Non lavoriamo a quest’ora, lo sai”.
“Tranquilla, non mi servi in quel modo” tagliò corto lui. “La voglio pulita e ben vestita. Vengo a prenderla tra un’ora.”
Vedendo il volto perplesso della prostituta le allungò alcune monetine.
“Non farmi fare brutta figura, altrimenti la pagherai cara” minacciò, prima di infilare la porta e sparire nella stradina deserta.

Sansa e la ragazza di nome Shae si trovarono sole nella stanza vuota. Sansa non aveva mai visto dei bordelli, ma quello era proprio come se li era immaginati: buio nonostante fosse giorno, sporco e pieno di panche su cui i clienti avrebbero consumato birra quella sera. In fondo alla sala una scala conduceva al piano superiore.
È lì che le donne conducono gli uomini per…Sansa scacciò il pensiero. Devo rimanere calma se voglio trovare un modo per andarmene da qui.
Dallo sguardo interrogativo di Shae Sansa realizzò di essersi persa di nuovo a rimuginare. Docilmente seguì la donna in una delle camere.
Qui gli ambienti erano leggermente migliori, perlomeno c’era un minimo di mobilio in più e delle tende alle finestre, anche se dubitava che ai frequentatori del locale questo interessasse. Probabilmente era tutta opera delle ragazze per rendere confortevole il luogo in cui erano costrette a stare.
Shae non disse niente mentre andava e veniva per riempire la tinozza del bagno. Conoscendo Bronn penserà che è meglio non far domande si disse mestamente Sansa.
Sansa ebbe così l’opportunità di osservarla meglio: Shae era bassa e magrolina, con dei lunghi capelli ricci a coprirle quasi interamente la schiena. Era più vecchia di Sansa di parecchi anni, ma l’aspetto minuto la faceva apparire giovane. Si muoveva con passi veloci e sicuri, conosceva bene quel posto. Sansa si chiese da quanti anni fosse lì.

Una volta nella vasca Sansa provò a prendere la spugna dalle mani della mora, ma questa non glielo permise e cominciò a strofinarla con vigore. “So lavarmi da sola” mugugnò Sansa.
“Lo so cara, ma lo hai sentito il nostro amico” Sansa non si aspettava una risposta “non possiamo farti fare brutta figura”.
Dopo il bagno Shae la aiutò ad intrecciarsi i capelli, di nuovo splendenti, e a cospargersi il corpo con un olio profumato. Chiudendo gli occhi Sansa poteva quasi dimenticare dove fosse ed a cosa sarebbero serviti tutti quei preparativi.
Una leggera pelle d’oca le comparve sulle braccia al pensiero; se Shae se ne accorse non disse nulla.

Bronn venne a prelevarla come stabilito. Sansa aveva indossato un abito verde smeraldo, un po’ logoro e piuttosto semplice, senza fronzoli o decori. Perlomeno non è trasparente come il vestito di Shae si rincuorò tra sé la rossa.
I due si avviarono a cavallo verso la parte nobile della città; il cambiamento era evidente negli edifici, nelle strade più ampie e pulite e nell’abbigliamento delle altre persone nella folla. Sansa osservava meglio possibile tutto ciò che la circondava, anche se il velo che le copriva il volto rendeva questo compito difficoltoso.
Non era abituata a portare il velo, durante il viaggio con la famiglia le era capitato di farlo poche volte e solo se indispensabile. La stoffa leggera le lambiva le tempie, provocandole un leggero solletico e limitandole la visuale. Dopo un po’ rinunciò a controllare le stradine laterali e si concentrò solo sul viale davanti a sé.

Stavano ora percorrendo un lungo tratto di strada pavimentata con due file di alte palme ai lati e, alla fine di esso, il più bel palazzo che Sansa avesse mai visto. Imponente, costruito in quello che sembrava marmo bianco, si ergeva fiero e regale. Sansa si chiese chi potesse abitare lì. Sicuramente un uomo molto importante, forse potrei chiedergli di riportarmi da mio padre.

Bronn la aiutò a smontare da cavallo, stavolta gentilmente forse per non insospettire le guardie all’ingresso e la scortò dentro. Nessuno li bloccò o fece loro domande; Bronn doveva essere una faccia nota. Un paio di uomini le lanciarono occhiate lascive mentre camminavano e Bronn accelerò il passo.
Giunsero infine in una stanzetta riservata e lì aspettarono fino a quando non furono chiamati. L’uomo importante o uno dei suoi collaboratori doveva essere finalmente pronto a riceverli. Sansa era quasi curiosa di vedere con chi avrebbero parlato.
Vennero condotti in una sala riccamente decorata, con tende vaporose alle ampie finestre e comodi divani color porpora sui lati. Sansa non aveva mai visto così tanti cuscini diversi in vita propria, ce n’erano di ogni dimensione e fantasia. Nello spazio ricavato tra i divani era posto un basso tavolino imbandito con frutta e dolci. Sansa era così affamata che avrebbe rubato volentieri una tortina al limone, ma si impose di stare ferma e di non guardare.
Seduti di fronte a loro c’erano due persone, presumibilmente padre e figlio. Anche se molto diversi nell’aspetto avevano gli stessi occhi color ghiaccio, così inusuali da quelle parti.
Il padre parlò per primo e Sansa dovette sforzarsi per capire da quanto parlava piano; la sua voce era un sussurro, ma non appariva debole. Era come se l’uomo facesse apposta a bisbigliare per farsi ascoltare meglio.
“Bene, bene, cosa ci hai portato oggi Bronn? Una nuova ragazza? Ramsay ne stava giusto cercando una…”
Gli occhi del giovane scintillarono di malizioso divertimento “sì padre, e speriamo che questa sia meglio dell’ultima” rispose con ghigno.

Sansa non volle chiedersi perché l’ultima donna non fosse andata bene, né che fine avesse fatto. Trattenne il respiro quando l’uomo di nome Ramsay le si avvicinò. Era alto e ben piazzato, ma il suo viso era tra i più brutti che Sansa avesse mai visto: lo sguardo era cattivo, i lineamenti troppo marcati e le labbra troppo carnose. Sembrano due vermi pensò schifata Sansa.
“Posso?” chiese provocatoriamente a Bronn, quasi a sfidarlo a dire no. Nessun lamento si levò dal bandito, e Ramsay procedette a sfilarle il velo. La stoffa cadde a terra con un fruscio e lui rimase affascinato ad ammirarle la particolare sfumatura di rosso dei capelli.
Durò solo un attimo; con un gesto impaziente provò ad abbassarle le spalline dell’abito e Sansa temette che volesse spogliarla lì davanti a tutti, ma Bronn lo bloccò con la mano. “Prima si paga e poi puoi farle ciò che ti pare.”
Ramsay sbuffò ma fece come gli era stato detto e Sansa ebbe il tempo di riaggiustarsi il corpetto.

Stavano giusto cominciando a parlare del prezzo quando entrò un’altra persona nella stanza. Sansa riconobbe anche lui come figlio dell’uomo che bisbiglia, data la grandissima somiglianza fisica. In questo caso gli occhi erano di colore differente, grigio scuro, ma il ragazzo era alto e slanciato come il padre. Di viso era piacevole, anche se un po’ malinconico. Aveva lo stesso naso aquilino dell’uomo più vecchio e la bocca sottile.

“Oh fratellino, finalmente ti unisci a noi!” lo prese in giro Ramsay “pensavo che non ti piacessero queste cose.”
“Infatti è così, non approvo certi passatempi” sputò l’ultima parola come la peggiore delle bestemmie. Il suo sguardo era duro e di rimprovero, ma si ammorbidì non appena incrociò quello di Sansa.
“Jon, figliolo, capiti proprio al momento giusto” si intromise allora il padre. Il ragazzo di nome Jon distolse lo sguardo da lei e si concentrò su di lui.
“Cosa ne dici di questa fanciulla? Ti sembra carina? Permettimi di farti un regalo” continuò, cambiando leggermente posizione sul divano ed aggiustandosi un piccolo cuscino con ricami dorati dietro la schiena.
Ramsay si agitò subito. “Padre! L’ho vista prima io!” Sembrava un bambino capriccioso a cui avessero tolto un giocattolo. Solo che il gioco sono io.
L’uomo non si scompose. Fissò il figlio con sguardo glaciale.
“Non cominciare nemmeno Ramsay. È il caso che tu ti dia una regolata con i tuoi passatempi” disse, riprendendo le parole dell’altro figlio.
“E poi, ora è il turno di tuo fratello di divertirsi un po’.”

“Allora, affare fatto?” Bronn era nervoso e Sansa immaginò che non vedesse l’ora di uscire da quella sala. Il padrone di casa metteva soggezione e Ramsay sembrava imprevedibile. Chissà cosa avrebbe potuto fare per vendicarsi di una frase sbagliata.
Attendevano tutti la risposta di Jon. Il ragazzo era indeciso, e probabilmente stava pensando ad un modo per liberarsi della gentile offerta. Alla fine si decise, raddrizzò appena le spalle e parlò con voce sicura.
“Sì, voglio lei.”




Eccoci alla fine del secondo capitolo! Come promesso è decisamente più lungo del primo :)
Un grazie immenso alle persone che hanno recensito e a chi ha messo la storia tra le seguite/preferite. Un grazie anche ai lettori silenziosi :)
Pubblicherò il prossimo capitolo mercoledì.

Kay

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


D’accordo Sansa, tranquilla. Meglio lui di quell’altro.
Erano ore che provava a convincersene, ma davvero non c’era verso. La sua mente non poteva distrarsi che per pochi attimi prima di tornare a rimuginare su ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.
Si trovava in una spaziosa camera da letto, molto più grande di quella che aveva a Grande Inverno, ed era seduta sul letto a baldacchino. Sentiva sotto di sé le morbide lenzuola di seta viola, coordinate con le tende alle finestre e con quelle che ornavano il letto.
La stanza era confortevole e profumata grazie all’aroma delle candele, c’erano abiti nuovi nell’armadio e prodotti di bellezza sulla specchiera. La Sansa di qualche settimana fa avrebbe pagato oro – o venduto Arya quando la faceva arrabbiare – pur di possedere tutte quelle belle cose. La Sansa di ora avrebbe fatto qualunque cosa pur di tornare a casa.
Casa, oh quanto mi mancano tutti…Chissà se stanno bene, chissà se Arya è tornata, chissà se mi stanno cercando…Erano domande destinate a rimanere senza risposta.  
Sansa si asciugò con rabbia le lacrime che le erano scappate dagli occhi. Non poteva rischiare di farsi trovare triste e piagnucolosa da quel ragazzo, lui avrebbe potuto arrabbiarsi e scacciarla, o peggio! Non voleva nemmeno pensare all’idea di finire nelle grinfie di Ramsay.
 
Jon sembrava molto meno pericoloso, forse sarebbe riuscita a cavarsela senza botte e senza troppo dolore…Ma lei non lo conosceva, poteva essere una persona totalmente diversa da come appariva.
Agitata cominciò a camminare su e giù per la stanza; il prezioso tappeto di Myr attutiva il rumore dei suoi passi.
E non solo dei suoi a quanto pare, visto che quando si girò per ripetere il percorso si trovò davanti il viso dubbioso di Jon.
Si era cambiato rispetto a prima, ed ora indossava solo una leggera tunica bianca di lino e dei pantaloni larghi. Aveva rinunciato agli altri stivali che indossavano gli uomini solitamente e aveva ai piedi delle morbide scarpe di camoscio. Sembra pronto per andare a dormire pensò Sansa, e sentì che il momento era arrivato.
Anche lei aveva scelto solo una camicia da notte e una vestaglia, le sembrava sciocco togliersi un abito per mettersene un altro. E poi non voleva apparire ancora più ingenua di quanto non fosse. So benissimo cosa sta per succedere.
 
Ora il dubbio: avrebbe dovuto aspettare un segnale dal ragazzo o improvvisare per prima? Nessuno le aveva mai spiegato queste cose perché era considerata ancora troppo giovane e quel poco che sapeva lo aveva origliato dalle cameriere di Grande Inverno.
Il lato positivo era che Jon sembrava titubante quanto lei. Si limitava a fissarla e basta, così Sansa provo ad avvinarsi. Jon si spostò con un movimento brusco e pose le mani in avanti.
“No, aspetta, aspetta” disse con voce agitata ma gentile “non hai capito, io non voglio questo.”
Sansa si sentì morire dentro. Non gli era piaciuta? Cosa ne sarebbe stato di lei adesso?
 
Jon probabilmente notò la preoccupazione sul suo viso, perché si affrettò ad aggiungere “non è colpa tua, sei molto bella, davvero” arrossendo un po’ “ma è sbagliato. Non sei costretta a fare niente.”
Oh, questo era inaspettato. Sansa credeva di avere già il destino segnato, invece forse poteva esserci una via d’uscita.
“Perché sei venuto qui allora?” indagò.
“Mio padre e mio fratello se lo aspettavano. Non mi avrebbero permesso di fare altrimenti. Noi dobbiamo solo…fingere e saranno contenti. Mi prenderanno in giro domani, ma almeno non faranno del male a te.”
“Mmh, d’accordo” acconsentì Sansa, non del tutto convinta. Per quanto tempo potremo andare avanti a fingere?
 
La situazione si stava facendo imbarazzante, con loro due in piedi uno di fronte all’altro a fissarsi…Sansa decise di agire.
“Vuoi sentire una storia?” chiese con un sorriso incerto.
Jon la fissava come se fosse diventata matta. “Guarda che le storie non sono solo per i bambini, eh!” Lo rimbeccò lei. “Ne conosco molte, me le ha insegnate mia madre”. Sansa cercò di non soffermarsi sul ricordo del dolce sorriso di Cat, o del modo gentile in cui le spazzolava i capelli la sera…
“Io non ho una madre” Jon si era notevolmente rabbuiato. Aveva abbassato lo sguardo e fissava il tappeto. “Cioè…L’avevo, ma è morta”.
“Mi dispiace” La voce di Sansa era quasi un sussurro. Inconsapevolmente aveva fatto un mezzo passo verso di lui e appena se ne accorse si ritrasse.
 
“Allora…Questa storia?” Stavolta era stato Jon a interrompere il silenzio. Sansa pensò a cosa raccontare. Se prima aveva avuto una mezza idea di raccontare la leggenda di Alyssa Arryn ora non le sembrava più la cosa giusta da fare; cercò tra le memorie qualcosa che potesse catturare il suo interesse…Gli argomenti prediletti da Sansa erano l’amore tra Lady e cavalieri, ma dubitava che Jon potesse esserne ugualmente affascinato.
Alla fine trovò l’argomento giusto, e si diede della sciocca per non averci pensato prima.
“Hai mai sentito parlare della Barriera?”
Lo sguardo interessato del ragazzo le disse che forse aveva fatto centro.
 
 
 
Piccolo capitolo di transizione. I legami familiari tra Jon, Ramsay e Roose verranno spiegati più avanti, così come “il mistero” della madre di Jon.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, il prossimo lo pubblicherò venerdi.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
 
Kay

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