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di Rhoda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** -Uno- Red ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Come si racconta una storia d'amore senza renderla estremamente banale? Di certo non cominciando con un "c'era una volta".
Purtroppo non c'é modo di impostare la mia in modo diverso visto che non é altro che la storia di un principe e della principessa che lo salvò.

Incontrai per la prima volta il padre di Andrea per caso, nel caos di Torino. Stava ultimando i lavori nel suo nuovo studio fotografico e mio zio si occupava della direzione del cantiere. Quel giorno era cominciato troppo presto, nel cuore della notte, dopo l'ennesimo incubo e avevo deciso di deliziare mio padre della mia presenza nel corso di quella mattinata.
Sospetto avessero fatto amicizia dal principio, perché mentre ci dirigevamo sul luogo, mi misero in guardia sul fatto che il proprietario del locale aveva un figlio più grande di me che suonava la chitarra.
Si erano trasferiti dall'Umbria da una settimana scarsa e, a quanto pare, questo fantomatico ragazzo avrebbe cominciato l'ultimo anno di liceo classico nella scuola del mio quartiere.
Quando entrai nello studio imbrattato di polvere bianca, ci venne incontro un uomo sulla cinquantina, con un paio di occhiali dalla montatura curiosa. Aveva dei brillanti occhi verdi, un'accenno di barba sul mento e dei fili candidi tra i capelli scuri.
"Ciao Beppe" salutò con una pacca vigorosa il fratello di mio padre e poi si rivolse a noi con un sorriso.
"Mio fratello Gianni e sua figlia Marzia."
L'uomo guardò mio padre con un'espressione benevola, come se capisse come ci si sente ad avere una figlia come me.
Eccentrica é esattamente come mi definirei.
Appena entrò nella stanza lo notai. Sapevo che era lui nonostante stesse trasportando dei pannelli delle dimensioni di un quadro. Quel ragazzo stonava incredibilmente con l'ambiente circostante, indaffarato e frenetico, con la sua impressionante tranquillitá. Aveva una massa informe di capelli ricci sulla testa, che scendevano a coprirgli parzialmente gli occhi castani, riconobbi in lui alcuni tratti del padre come il mento o la mascella ma a giudicare dall'espressione mi sembrava fortemente a disagio.
"Eccolo lì, il mio ragazzo." l'uomo gli fece cenno di avvicinarsi e il ragazzo ubbidì senza batter ciglio. Avrei fatto il doppio delle storie al posto suo.
"Lui é Andrea, tenevo a farlo conoscere soprattutto a te, magari puoi mostrargli un po' la città" continuò zio Beppe.
Mi impressionò il suo sguardo. Nessuno mi aveva mai guardata in quel modo . Era innocente, nessuna malizia, nessuna curiosità, nessun disappunto. Sapevo cosa pensava di me solo guardandolo negli occhi.
Quel contatto visivo fu infimo, così breve che ebbi a malapena la possibilità di apprezzarlo e presto il suo sguardo era nuovamente sul pavimento.
"Ciao" mugugnò a bassa voce.
"Ciao" gli risposi, altrettanto delicatamente.
"Hai una bella maglia" aggiunsi velocemente, riferendomi alla t-shirt del mio gruppo pop punk preferito che stava indossando. Improvvisamente ritornò a guardarmi, con gli occhi che brillavano, e un piccolo sorriso si formò sulle labbra piene.
"Ti piacciono i Paramore?" chiese, ansiosamente.
"Dire che mi piacciono é decisamente riduttivo. Li adoro" sorrisi a mia volta.
Quel fragile contatto emotivo bastò a farmi guadagnare qualcosa che avrei rimpianto e apprezzato per tutta la vita. La sua fiducia mi diede la possibilità di evitare una catastrofe. Ma quella é un'altra storia.

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Capitolo 2
*** -Uno- Red ***


Mi incamminai verso scuola con lo zaino in spalla e le cuffie nelle orecchie, quel giorno avevo dormito stranamente bene, perciò ero più propensa ad ascoltare le stronzate della Fioravanti di italiano. Ripensai per un secondo ad Andrea, il ragazzo che mi avevano presentato la domenica precedente. Durante tutta la settimana avevo solo sperato di incontrarlo, mi attraeva in un modo incredibile. Non parlo del suo fisico slanciato, o dei riccioli color cioccolato, ma dell'aura cupa che emanava. Perché Andrea era bello come il sole ma oscuro come le tenebre. Ed io lo sapevo benissimo.
Lo scorsi, nella folla del primo giorno, i ragazzini di primo tentavano di farsi strada tra gli uomini e le donne del quinto anno.
Ancora una volta, mi sembrò inadeguato alla situazione. Aveva una maglietta sgualcita dei Nirvana e stava fumando, in disparte, la sua sigaretta, senza curarsi minimamente di chiedere a qualcuno quale fosse il gruppo della sua classe. Gli feci un minuscolo sorriso incoraggiante, come a dire "Hey, siamo parte della stessa cosa, ora. Che mai potrebbe andare storto?" a cui lui rispose con un cenno del capo. La campanella suonò, impeccabile e puntuale, e tutti defluimmo nelle nostre aule, consci del fatto che ci saremmo liberati della scuola solo per le vacanze di Natale, e poi nuovamente a Giugno, chi più e chi meno pronto psicologicamente.
Le prime ore trascorsero velocemente, più di quanto mi aspettassi, e il quarto d'ora di intervallo che ci concedevano arrivò finalmente.
«Oi, ma chi stai cercando così freneticamente?» mi mormorò Vale, la mia migliore amica, prevenendo l'eventualità che qualcuno potesse sentirci.
«Il ragazzo dello studio fotografico, il figlio dell'amico di mio padre.» le risposi, mantenendo lo stesso tono basso.
Improvvisamente, nella calca dei corridoi, gli finii addosso. Non ho ancora idea della dinamica, ma fù così, ed io finii addosso a Vale, che mi sorresse prontamente.
«Scusami tanto, non volevo farti male» il ragazzo si precipitò a scusarsi, arrossendo violentemente
«Tranquillo, sono abituata ad essere scaraventata a destra e a manca, essendo anche alta solo un metro e mezzo» feci una risatina, e lui rise di seguito. Fù strano perché per quell'attimo in cui non mi sembrò sul punto di piangere o urlare, mi sentii piacevolmente sollevata dal peso dell'ansia che infondeva.
«Beh, ci vediamo in giro» lasciai la frase in sospeso, quasi fosse una domanda e aspettai una risposta, che arrivò prontamente con un suo cenno del capo. Mi salutò velocemente con la mano e, letteralmente, scappò via da noi.
«E quello chi era?» mi chiese Valentina, che era ovviamente sotto shock. Ecco cosa faceva Andrea. Ti spiazzava con il suo aspetto perfetto e con la sua timidezza disarmante.
«Lui é  il ragazzo dello studio fotografico.»

Al ritorno a casa, mio padre ci illustrò il programma di pulizie della casa che avremmo dovuto attuare in onore degli ospiti importantissimi che avremmo avuto quella sera. Il dettaglio é che non capii davvero chi fossero, fino al momento in cui aprii la porta d'ingresso e mi ritrovai davanti ad Andrea, in tutto il suo splendore, e a suo padre.
Aveva i riccioli scompigliati che gli ricadevano sulla fronte, ed indossava una camicia bianca e un paio di jeans scoloriti. I braccialetti di cuoio erano comunque onnipresenti sui suoi polsi e il dilatatore all'orecchio sinistro era stato sostituito da un plug nero.
Era meraviglioso, e lo ammisi velocemente a me stessa, evitando tutta una serie di litigi tra coscienza e cervello che ero sicura si sarebbero susseguiti a quella visione celestiale.
«E-ehi» balbettai, incerta su cosa dire.
«Ciao» mi sorrise leggermente lui.
Mio padre e suo padre si diedero una vigorosa pacca sulla spalla e, dopo aver presentato loro mia madre, li feci accomodare a tavola. Mi sedetti tra Andrea e mia madre e aiutai comunque a portare le pietanze in tavola. La cena trascorreva tranquillamente quando notai nell'interno del braccio del ragazzo accanto a me, un paio di cicatrici sottili e frastagliate, e una linea scura di sangue coagulato che spariva dietro il braccialetto di cuoio. Rimasi pietrificata per un istante, cercando disperatamente di non fissarlo, in modo che lui non si accorgesse che li avevo visti, e continuai imperterrita a mangiare la mia insalata, lanciando ogni tanto occhiate al viso teso di Andrea.

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