Just a Sister

di Yumuz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cicale ***
Capitolo 2: *** Brezza ***
Capitolo 3: *** Teatro ***
Capitolo 4: *** Finzione ***



Capitolo 1
*** Cicale ***


just a sister 1

JUST A SISTER

Capitolo 1 - Cicale


<< Immagino che sia questa quella che tutti chiamano pace, eh? >>
Jontan disse queste parole con conforto, disteso sul suo amato letto con entrambe le braccia dietro la testa, in totale quiete. Nella pianura fuori casa rieccheggiavano le cicale e il cinguettio degli uccelli, riposanti nei rami degli alberi.
Proprio così, Jontan era appena ritornato dal suo ultimo giorno di scuola. Il professore provò addirittura ad interrogare, anche quell'ultimo giorno, cosa che gli alunni non permisero. Uscirono dalla classe all'unisono e cominciarono a spruzzarsi acqua a vicenda come se fosse stata una materia valutativa vera e propria, dove infradiciare completamente i tuoi compagni avrebbe voluto dire alzare la tua media scolastica. Jontan non sapeva se questo avrebbe portato a delle ripercussioni - soprattutto da parte sua, che propose la rivolta - ma dentro di sé, sapeva che non gli importava e che probabilmente stava occupando la sua mente con dei pensieri inutili. Jontan era uscito vittorioso dalla battaglia acquatica clandestina, riuscendo a bagnarsi solo i capelli e giusto qualche goccia sulla schiena. I suoi amici, invece, non ebbero la sua stessa fortuna. Rey, Paulie, Groom... tutti completamenti fradici, dalla testa ai piedi. Persino Cassandra, la ragazza per cui Jontan stravede, era stata colpita da un secchio di acqua congelata in modo brutale. I vestiti bagnati si conformarono al suo prosperoso corpo, che nascose timidamente incrociando le braccia per il freddo. Un'immagine che Jontan richiamerà per tutta l'estate.
<< Jon... a tavola. >>
La pace dei sensi di Jontan venne interrotta da un intruso che aveva messo piede in camera sua. Capì di chi si trattava dal suo tono di voce femminile, ma profondo: sua sorella maggiore Valence. Arrivo, disse Jontan grattandosi i capelli mori e ondulati. Si alzò dal letto controvoglia, ma Jontan aveva una grande forza di volontà, che gli tornò utile un paio di volte. Un mal di testa temporaneo ed una vista appannata lo accompagnarono per tutto il tragitto verso la sala da pranzo. Come si aspettava dall'assenza del tipico buon odore della cucina di Sarah, la mamma di Jontan, quest'ultimo doveva semplicemente aiutare ad apparecchiare. Un senso di fame irritò il suo stomaco. Jontan sospirò - lo faceva ogni volta che doveva fare qualcosa che non voleva - e aprì il cassetto delle posate.
<< Prendi tre forchette oggi, papà farà di nuovo tardi a lavoro. >>  disse Valence,  mentre spiegava la tovaglia. Jontan grugnì di tutta risposta.
I due fratelli apparecchiarono velocememente, come erano abituati a fare. Piatti, bicchieri, bevande vennero disposti con leggerezza e rapidità. Jontan guardò compiaciuto la tavola. Valence sollevò leggermente la testa, e fece una smorfia stupita.
<< Che odore! >>
Jontan osservò l'espressione raggiante di sua sorella maggiore. Non era la prima volta - assolutamente - che la vedeva. Valence aveva un debole per il cibo. Mangiava nei momenti di confusione, di stress e di tristezza. Bastavano un po' di quelle tortine al cioccolato per farla tornare positiva. Jontan, da piccolo, le dava sempre alla sua amata sorella quando teneva il broncio. Ma erano ormai tempì passati. Per molti, crescendo si diventa sempre più indifferenti nei confronti dell'altro fratello. Per altri magari è il contrario. Ma Jontan e Valence rientravano nel primo caso. Non è che si odiassero, ma il loro rapporto era completamente impassibile, e di sicuro non come qualche anno fa.
<< Zuppa di cavolfiore. >> affermò Jontan. La tua preferita, pensò, ma non lo disse. Valence si voltò verso il fratello, e sorrise. Un sorriso a bocca aperta, che ispirava sincera felicità. Jontan non aveva mai visto sua sorella sorridere così allegramente. Jontan si sentì sorpreso, quasi spaventato. La mamma uscì dalla cucina indossando un grembiule rosso.
<< Jon non si sbaglia. Come sempre. >> disse Sarah, quasi soddisfatta. << Com'è andato l'ultimo giorno di scuola? >>
La mamma era appena sopra la mezza età, ma dal viso rotondo e dai capelli corti e neri si poteva tranquillamente scambiarla per una universitaria, a primo sguardo. Con sé aveva una pentola fumante che emanava un forte odore molto gradevole. I tre si sedettero e gustarono il loro meritato pranzo, tra una parola e l'altra e il rumore quasi rilassante delle cicale. Jontan, in seguito, tornò nella sua stanza e ci rimase fino a sera.

<< Maledetto boss finale >> imprecò. << Come è umanamente possibile batterlo? >>
Jontan si era chiuso nella sua stanza per tutto il giorno, avvolto nelle coperte giocando ai videogiochi e divorando le sue amate Crunchys, le migliori patatine del quartiere. Il fracasso dei bottoni che venivano schiacciati senza pietà ogni secondo su quel vecchio e decrepito controller era l'unico suono all'interno della stanza. Sarah non tollerava il rumore di quei giochi infernali, perciò il povero Jontan era costretto a mettere a volume basso ogni volta. O almeno, ogni volta che Sarah si trovasse in casa.
<< E anche questo maledetto bastardo è andato >> sospirò vittorioso, rilassando la presa sul controller. << The Bury 2 rimane uno dei giochi più difficili di sempre. >>
Qualcuno bussò inaspettatamente alla porta. Ma l'ho tenuto a volume basso, non può venirmi a rompere ancora, pensò ansioso Jontan immaginando la faccia arrabbiata di sua madre dietro la porta.
<< Jon, sto entrando. >>
La voce di Valence lo prese alla sprovvista. Cosa diavolo è venuta a fare nella mia stanza alle 23?, riflettè il povero fratello. << Entra pure >> disse esitando un po'. Valence entrò nella stanza. Era molto più alta degli ultimi anni, i suoi capelli biondi erano cresciuti parecchio, e il suo seno era leggermente più appariscente. Ma in faccia era sempre la stessa. O almeno, suo fratello la vedeva sempre allo stesso modo.
<< Devo dirti una... cosa >> tentennò Valence.
Le cicale avevano smesso improvvisamente di suonare.

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Capitolo 2
*** Brezza ***


Boh

JUST A SISTER

Capitolo 2 - Brezza


<< Jon, torna a giocare con me! >>
<< Valence, sono stanco adesso. Non scassare! >>
Jontan era seduto su una piccola collinetta situata a una decina di metri da casa loro. Nonostante fosse veramente stanco a causa della corsa sfrenata con sua sorella, Jontan non poteva resistere alla tentazione di dondolare le sue corte gambe nel vuoto sotto di lui. Non era molto alto, ma per due bambini come loro saltare di lì non gli avrebbe sicuramente giovato.
<< Ma io voglio giocare ancora! Sono più grande di te, decido io! >> lamentava Valence, tenendo il broncio.
Nonostante Jontan fosse più giovane di lei di due anni, lui mostrava già un comportamento più o meno maturo. A volte sembrava essere lui il fratello maggiore. La risposta di Jontan fu un ampio sospiro, accompagnato da una espressione disperata. Tentò di rimettersi in piedi. Si spinse in su con le braccia e tentò di rientrare le gambe dal dirupo. Ma Valence si trovava proprio dietro Jontan, come un'ombra. Jontan sbattè la schiena contro il petto di sua sorella, e perse l'equilibrio. Successe tutto molto in fretta.
Jontan stava cadendo dalla collina. Mentre Jontan si lasciava trasportare dalla gravità che lo stava facendo precipitare in avanti, sentì una breve e forte sensazione di aria nel suo cuore, come provocato da un taglio netto di una katana, che gli provocò la nausea. Ma la nausea era l'ultimo dei suoi problemi. Jontan capì di stare precipitando solo a metà della caduta. Fu anche il momento in cui sentì sua sorella gridare il suo nome. Era obbiettivamente colpa di Valence. Eppure Jontan, anche in quel momento, pensò che fu colpa sua. Era per lui geneticamente impossibile odiare la sua sorellona impacciata. Ma lui non lo dava mai a vedere. Nè a Valence, né ai suoi genitori, per un motivo strano e stupido che solo chi ha un fratello può capire.
È colpa mia.

Jontan ebbe un forte mal di testa. Così forte che non riuscì neanche a muovere i bulbi oculari. Ci provò, ma quello che ottenne era solo un pungente dolore agli occhi. Guidato dal suo senso di sopravvivenza, tentò lentamente di muovere il braccio destro. Con molti stenti, riuscì a portarlo alla fronte, e con la sua mano tentò di aprire le sue palpebre manualmente. Un lampo bianco esplose alla sua vista, che si trasformò subito dopo in un azzurro chiaro. La vista del cielo lo tranquillizzò. Si sentì come se delle piccole onde calde stessero piano piano accarezzando le sue guance. Un cielo che però non si mostrava del tutto, perché occupato dalla presenza di una collina a qualche metro sopra di lui. 
Jontan tornò cosciente. Si rese conto di essere caduto dal posto in cui stava rivolgendo il suo sguardo. Nello stesso istante in cui un sentimento di terrore nacque dentro di lui, un dolore lancinante alla schiena lo colse di sorpresa. Tentò di girare il capo, e con un altro dolore leggermente più lieve del precedente realizzò che ne era impossibilitato. Jontan entrò in panico. Tastando il terreno con la mano sinistra, alla cieca, sentì nei polpastelli una strana melma. Portò la mano davanti ai suoi occhi. L'indice, il medio e il pollice erano umidi di un liquido di colore rosso. Jontan pensò immediatamente che si trattasse di sangue. E Jontan aveva la fobia del sangue. Un taglio causato da un foglio affilato era considerato il suo incubo. Persino nei film, nella scena di una sparatoria, il piccolo Jontan portava velocemente le mani davanti agli occhi. Jontan non sopportò la vista, e si ritrovò nel buio ancora una volta.

"Che letto scomodo", borbottava Jontan tra se e se. Aveva appena lasciato a metà un sogno in cui una principessa veniva rinchiusa in castello, e richiedeva il suo aiuto. Ma lui era impossibilitato a muoversi. Ci provò con tutte le sue forze. Non riusciva a spostare le gambe dal terreno, come se qualcuno gliele stesse tirando da sottoterra. Jontan aprì gli occhi, infastidito da dei brevi suoni elettronici ripetuti.
Delle piastrelle bianche ricoprivano il soffitto, insieme a diverse lampande accese che emanavano una debole luce. Jontan si ricordò improvvisamente di tutto quello che era successo.
<< Jon... >>
La voce di sua sorella gli fece tornare completamente i sensi. Si girò immediatamente verso la direzione da cui proveniva la flebile, innocente e preoccupata voce. Non era per niente arrabbiato. Le afferrò la mano. Era gelida.
<< Va tutto bene. >>
Il sorriso della sua sorellona era meglio di qualsiasi medicina. Ma essendo una medicina, Jontan aveva bisogno della sua dose giornaliera.
Il sorriso di Valence si aprì come una finestra. Una finestra che portò dentro un po' di brezza estiva in quella tetra stanza di ospedale.

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Capitolo 3
*** Teatro ***


just a sister 1

JUST A SISTER

Capitolo 3 - Teatro


Il silenzio sovrastò la stanza.
<< Un consiglio, più che altro >> esitò Valence a bassa voce.
Jontan era confuso, ma quello che gli fece incollare gli occhi alla faccia di sua sorella era la curiosità stampata nel suo volto. Valence, guardandosi intorno stranita, si sedette sul letto in cui Jontan a sua volta era avvolto e lo guardò dritto tra le sopracciglia.
<< Di che si tratta? >> domandò Jontan, per rompere l'imbarazzante silenzio.
<< Ora che ci penso, >> rispose Valence interrompendo il contatto visivo << Non è niente di importante >>. Valence fece per alzarsi dal letto. Ma Jontan la afferrò saldamente per il braccio. Questo la fece balzare sul posto.
<< Conosco quello sguardo. È quello che fai sempre quando sei eccitata per qualcosa >>.
Valence restò in silenzio, girando la testa di lato. Un sorriso impacciato causato dalla prontezza di suo fratello le si aprì nella guancia destra. Agiva sempre in modo autoritario quando erano piccoli. Non lo faceva da tanto tempo.
<< Che hai combinato? >>
Ancora silenzio. Valence tornò a guardarlo con una espressione divertita.
<< Ti dispiacerebbe... lasciarmi andare il braccio? >>  
Le cicale ripresero a suonare.
<< Ah, sì, scusa >> rise Jontan. << Dai, sul serio, ho interrotto una partita a The Bury 2 per starti ad ascoltare. Fa che questo sacrificio non sia stato invano >>. Valence rise di gusto.
<< Allora, hai intenzione di dirmelo o posso continuare a giocare? Sì, è una domanda retorica >>
<< Nel senso che torni a giocare? >>
Jontan fece una pausa comica. << Sei proprio mia sorella. >>
Jontan fece uscire quelle parole carismatiche senza pensarci, accorgendosi solo qualche secondo più tardi della faccia sorpresa di sua sorella. Seguì un altro silenzio imbarazzante, questa volta più lungo del precedente. I due fratelli non si dicevano parole così affettuose da molti anni, anche se Jontan scherzava soltanto. Quella a non scherzare era l'espressione di Valence.
<< Oggi >> cominciò a farfugliare lei << È successa una cosa >>.
<< L'hai già detto >>.
Valence diede uno schiaffetto al braccio di Jontan, alleggerendo la tensione.
<< Oggi c'è stato l'ultimo giorno di scuola, >> iniziò a raccontare. << E un tizio... >> Valence volse le pupille verso l'alto con espressione assorta, come se ricordare ciò che fosse successo stamattina fosse di enorme difficoltà. È sempre stata una smemorata. << Mi ha preso a parte e mi ha detto che... >> fece una piccola pausa, guardando Jontan per un istante per poi continuare a guardare un punto fisso nella stanza. Strinse il suo stesso braccio destro. Improvvisamente ricordò tutto quanto.

<< Ma professore, mancano 20 minuti! Non può fare un'eccezione? >>
<< Anche se è l'ultimo giorno di scuola, non lo rende in alcun modo speciale rispetto agli altri. Quindi no, non puoi andare in bagno. >>
<< Professore, ho davvero un'urgenza. La prego. >>

Ross aveva sempre desiderato fare l'attore. Ne era portato. Fin dalle recite scolastiche delle elementari, lui faceva sempre la parte del protagonista. Una vera gioia per i genitori, che una volta usciti, si sentivano appagati dal fatto che avessero assistito ad un opera teatrale senza pagarne il biglietto.
 Il professore stesso ne era a conoscenza, ma preoccupato per le sue responsabilità (fingeva davvero realisticamente), lo mandò comunque.
Ross uscì dalla classe con una mano che stringeva lo stomaco e con una smorfia dolorante in viso. Ansimando.  Uscito dalla porta, continuò ad ansimare per qualche secondo allontanandosi nel mentre. E poi, si tolse la maschera. Era di nuovo sano come un pesce, ma serio in viso. La sua prossima destinazione era il bagno delle ragazze. Doveva stare lì nei paraggi ed aspettare che uscisse una persona per creare la "coincidenza". Per poi recitare ancora.
Ross si appoggiò al muro e tirò fuori il suo smartphone, per sembrare disinvolto.
La porta del bagno si aprì.
Capelli biondi e lunghi, alta. Sì, era proprio lei.

<< Alexia, cara. Mi servirebbe un favore. >> disse Ross, dichiarando con un sorriso confidente l'inizio della sua recita.







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Capitolo 4
*** Finzione ***


just a sister 1

JUST A SISTER

Capitolo 4 - Finzione


<< È solo una puttana >>.
Ross concluse l'accordo stipulato con la sua migliore amica, Alexia, nel peggiore dei modi per definire una ragazza come Valence.
Per Ross gli amici non erano persone. Erano opportunità che si muovevano, che dovevano essere acciuffate. Per lui, acciuffarle era la cosa più facile del mondo, quello che lui considerava un vero e proprio talento. In ambito lavorativo sarebbe stato sicuramente un ottimo venditore porta a porta, di quelli che si siedono nella tua poltrona senza chiedere e cominciano a parlare e parlare, fino a quando non vedono una firma sul contratto. Sarebbe stato capace di far sborsare qualche centesimo anche a qualche barbone, se solo lo avesse voluto. Ed infatti sapeva di farcela perché ci provò, una volta. Gli servivano dei soldi per delle caramelle da dare a sua nipote.
Nessuno conosceva questa sua parte nascosta. Per tutti era semplicemente il ragazzo biondo amichevole seduto sul penultimo banco. Del resto, nessuno conosce mai la parte nascosta di qualcuno, profonda o meno che sia. E non si dovrebbe.

<< È solo una puttana >>, ripetè Alexia.
Alexia, d'altro canto, era una normalissima ragazza, sorpredentemente simile a Valence per aspetto fisico. Andava in discoteca due o tre volte al mese, amava stare con le sue amiche ed aveva un rapporto di amore ed odio con gli uomini, causato da pene di cuore. Suo padre era proprietario di un azienda locale, che gli permetteva di vivere una vita più che dignitosa. Tuttavia non era tanto la tipica ragazza viziata, perché gli era stato improntato molto bene dai suoi genitori il valore della fatica per ottenere quello che si vuole dalla vita, perciò era una ragazza che studiava regolarmente. Un solo problema la affliggeva: non riusciva bene a comprendere quello che studiava, perché molto distratta. Per questo motivo, una volta prese in considerazione di abbandonare il liceo perché non riusciva a prendere nessun voto superiore alla mera sufficienza. La sua mente fece tabula rasa quando, in matematica, riuscì a prende un bel 7 e mezzo al compito, proprio grazie a Ross.

Ross e Alexia erano diventati buoni amici quando Ross si offrì volontario a darle ripetizioni gratis. Come si può intuire, non lo fece come atto di generosità, ma come un'occasione per avere un rapporto di amicizia indiretto con suo padre, perché chissà, avrebbe potuto far comodo un giorno. Come ogni altro suo piano, ovviamente, ci riuscì. Andò a casa di lei, conobbe suo padre, un omaccione robusto dalla faccia comparabile ad una scultura di argilla, e dopo già qualche chiacchera diventarono buoni conoscenti. << Bingo >>, pensava ogni volta che riusciva nei suoi intenti. << Adesso la parte noiosa >>, pensò, dirigendosi nella stanza di Alexia ripassando mentalmente il programma di matematica.
<< Siediti pure qui >>, disse Alexia, sbattendo la mano sul cuscino posto sulla sedia accanto a lei.
<< Grazie >>.
Ross le spiegò per più di venti minuti formule su come calcolare punti, grafici su come disegnare rette, e concetti matematici di base. Quello che infastidiva più Ross era il non essere ascoltato, ed aveva come l'impressione che Alexia lo stesse ignorando.
<< Hai capito? >>, disse Ross con un tono più pesante di quanto aveva previsto. Quando si innervosiva commetteva sempre tanti errori, ma in generale lui non si innervosiva quasi mai. Alexia non rispose, e lo guardò con una faccia da volpe ferita.
<< Baciami >>, sussurrò Alexia, guardandolo nelle pupille.
Ross sussultò. Lo sguardo di Alexia era potente. Così potente che Ross aveva paura che potesse guardarlo dentro, dove si nascondevano i suoi demoni. Ebbe sempre più la sensazione di essere mangiato vivo dai suoi occhi marroni, che si avvicinavano sempre di più. Ross rimase immobile, ed eventualmente si fece baciare. Era un bacio a stampo umido, e vuoto. Non gli provocò nessuna sensazione, per essere stato il suo primo bacio. Questo riuscì a far pensare anche  un essere calcolistico quale Ross sul perché di questa cosa. Perché non riusciva a sentire niente? È davvero così piatto baciare qualcuno? La passione che si vede nei film è solo finzione?
Alexia, dopo qualche secondo, si staccò, e guardò Ross con un leggero aggrottamento di sopracciglia.













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