Just a Sister di Yumuz (/viewuser.php?uid=305114)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cicale ***
Capitolo 2: *** Brezza ***
Capitolo 3: *** Teatro ***
Capitolo 4: *** Finzione ***
Capitolo 1 *** Cicale ***
just a sister 1
JUST A SISTER
Capitolo 1 - Cicale
<<
Immagino che sia questa quella che tutti chiamano pace, eh?
>>
Jontan disse queste parole con conforto, disteso sul suo amato letto
con
entrambe le braccia dietro la testa, in totale quiete. Nella pianura
fuori casa rieccheggiavano le cicale e il cinguettio degli uccelli,
riposanti nei rami degli alberi.
Proprio così, Jontan era appena ritornato dal suo ultimo
giorno di
scuola. Il professore provò addirittura ad interrogare,
anche
quell'ultimo giorno, cosa che gli alunni non
permisero. Uscirono dalla classe all'unisono e cominciarono a
spruzzarsi acqua a vicenda come se fosse stata una materia valutativa
vera e propria, dove infradiciare completamente i tuoi compagni avrebbe
voluto dire alzare la tua media scolastica. Jontan non
sapeva se questo avrebbe portato a delle ripercussioni -
soprattutto da parte sua, che propose la rivolta - ma dentro di
sé, sapeva che non gli importava e che probabilmente stava
occupando la sua mente con dei pensieri inutili. Jontan era
uscito
vittorioso dalla battaglia acquatica clandestina, riuscendo a bagnarsi
solo i capelli e giusto qualche goccia sulla schiena. I suoi amici,
invece, non ebbero la sua stessa fortuna. Rey, Paulie, Groom... tutti
completamenti fradici, dalla testa ai piedi. Persino Cassandra, la
ragazza per cui Jontan stravede, era stata colpita da un secchio di
acqua congelata in modo brutale. I
vestiti bagnati si conformarono al suo prosperoso corpo, che nascose
timidamente incrociando le braccia per il freddo. Un'immagine che
Jontan
richiamerà per tutta l'estate.
<< Jon...
a tavola. >>
La pace dei sensi di Jontan venne interrotta da un intruso che aveva
messo piede in camera sua. Capì di chi si trattava dal suo
tono
di voce femminile, ma profondo: sua sorella maggiore Valence. Arrivo, disse
Jontan grattandosi i capelli mori e ondulati. Si alzò dal
letto controvoglia, ma Jontan aveva una grande forza di
volontà, che gli tornò utile un paio di volte. Un
mal di testa temporaneo ed una vista appannata lo accompagnarono per
tutto il tragitto verso la sala da pranzo. Come si aspettava
dall'assenza del tipico buon odore della cucina di Sarah, la mamma di
Jontan, quest'ultimo doveva semplicemente aiutare ad apparecchiare. Un
senso di fame irritò il suo stomaco. Jontan
sospirò - lo faceva ogni volta che doveva fare qualcosa che
non voleva - e aprì il cassetto delle posate.
<< Prendi
tre forchette oggi, papà farà di nuovo tardi a
lavoro. >> disse Valence,
mentre spiegava la tovaglia. Jontan grugnì di
tutta risposta.
I due fratelli apparecchiarono velocememente, come erano abituati a
fare. Piatti, bicchieri, bevande vennero disposti con leggerezza e
rapidità. Jontan guardò compiaciuto la tavola.
Valence sollevò leggermente la testa, e fece una smorfia
stupita.
<< Che
odore! >>
Jontan osservò l'espressione raggiante di sua sorella
maggiore. Non era la prima volta - assolutamente - che la vedeva.
Valence aveva un debole per il cibo. Mangiava nei momenti di
confusione, di stress e di tristezza. Bastavano un po' di quelle
tortine al cioccolato per farla tornare positiva. Jontan, da piccolo,
le dava sempre alla sua amata sorella quando teneva il broncio. Ma
erano ormai tempì passati. Per molti, crescendo si diventa
sempre più indifferenti nei confronti
dell'altro fratello. Per altri magari è il contrario. Ma
Jontan e Valence
rientravano nel primo caso. Non è che si odiassero, ma il
loro rapporto era completamente impassibile, e di sicuro non come
qualche anno fa.
<< Zuppa
di cavolfiore. >> affermò Jontan.
La tua
preferita, pensò, ma non lo disse.
Valence si voltò verso il fratello, e sorrise. Un sorriso a
bocca aperta, che ispirava sincera felicità. Jontan non
aveva mai visto sua sorella sorridere così allegramente.
Jontan si sentì sorpreso, quasi spaventato. La mamma
uscì dalla cucina indossando un grembiule rosso.
<< Jon
non si sbaglia. Come sempre. >> disse Sarah,
quasi soddisfatta. << Com'è andato l'ultimo
giorno di scuola? >>
La mamma era appena sopra la mezza età, ma dal viso rotondo
e dai capelli corti e neri si poteva tranquillamente scambiarla per una
universitaria, a primo sguardo. Con sé aveva una pentola
fumante che emanava un forte odore molto gradevole. I tre si sedettero
e gustarono il loro meritato pranzo, tra una parola e l'altra e il
rumore quasi rilassante delle cicale. Jontan, in seguito,
tornò nella sua stanza e ci rimase fino a sera.
<< Maledetto
boss finale >> imprecò.
<< Come
è umanamente possibile batterlo?
>>
Jontan si era chiuso nella sua stanza per tutto il giorno, avvolto
nelle coperte giocando ai videogiochi e divorando le sue amate Crunchys, le
migliori patatine del quartiere. Il fracasso dei bottoni che venivano
schiacciati senza pietà ogni secondo su quel vecchio e
decrepito controller era l'unico suono all'interno della stanza. Sarah
non tollerava il rumore di quei giochi
infernali, perciò il povero Jontan era
costretto a mettere a volume basso ogni volta. O almeno, ogni volta che
Sarah si trovasse in casa.
<< E
anche questo maledetto bastardo è andato
>> sospirò vittorioso, rilassando la presa sul
controller. << The
Bury 2 rimane uno dei giochi più difficili di sempre.
>>
Qualcuno bussò inaspettatamente alla porta. Ma l'ho tenuto a volume basso,
non può venirmi a rompere ancora, pensò ansioso
Jontan immaginando la faccia arrabbiata di sua madre dietro la porta.
<< Jon,
sto entrando. >>
La voce di Valence lo prese alla sprovvista. Cosa diavolo è venuta
a fare nella mia stanza alle 23?, riflettè il
povero fratello. << Entra
pure >> disse esitando un po'. Valence
entrò nella stanza. Era molto più alta degli
ultimi anni, i suoi capelli biondi erano cresciuti parecchio, e il suo
seno era leggermente più appariscente. Ma in faccia era
sempre la stessa. O almeno, suo fratello la vedeva sempre allo stesso
modo.
<< Devo
dirti una... cosa >> tentennò
Valence.
Le cicale avevano smesso improvvisamente di suonare.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Brezza ***
Boh
JUST A SISTER
Capitolo 2 - Brezza
<< Jon, torna a giocare con me!
>>
<< Valence,
sono stanco adesso. Non scassare! >>
Jontan era seduto su una piccola collinetta situata a una decina di
metri da casa loro. Nonostante fosse veramente stanco a causa della
corsa sfrenata con sua sorella, Jontan non poteva resistere alla
tentazione di dondolare le sue corte gambe nel vuoto sotto di lui. Non
era molto
alto, ma per due bambini come loro saltare di lì non gli
avrebbe
sicuramente giovato.
<< Ma io
voglio giocare ancora! Sono più grande di te, decido io!
>> lamentava Valence, tenendo il broncio.
Nonostante Jontan fosse più giovane di lei di due anni, lui
mostrava già un comportamento più o meno maturo.
A volte
sembrava essere lui il fratello maggiore. La risposta di Jontan fu un
ampio sospiro, accompagnato da una
espressione disperata. Tentò di rimettersi in piedi. Si
spinse in su con le braccia e tentò di rientrare le
gambe dal dirupo. Ma Valence si trovava proprio dietro Jontan, come
un'ombra.
Jontan sbattè la schiena contro il petto di sua sorella, e
perse l'equilibrio. Successe tutto molto in fretta.
Jontan stava cadendo dalla collina. Mentre Jontan si lasciava
trasportare dalla gravità che lo stava facendo precipitare
in
avanti, sentì una breve e forte
sensazione di aria nel suo cuore, come provocato da un taglio netto di
una katana, che gli provocò la nausea. Ma la nausea
era l'ultimo dei suoi problemi. Jontan capì di stare
precipitando solo a metà della caduta. Fu anche il
momento
in cui sentì sua sorella gridare il suo nome. Era
obbiettivamente colpa di Valence. Eppure Jontan,
anche in quel momento, pensò che fu colpa sua. Era per lui
geneticamente
impossibile odiare la sua sorellona impacciata. Ma lui non lo dava mai
a vedere. Nè a Valence, né ai suoi genitori, per
un
motivo strano e stupido che solo chi ha un fratello può
capire.
È colpa mia.
Jontan ebbe un forte mal di testa. Così forte
che non
riuscì neanche a muovere i bulbi oculari. Ci
provò, ma
quello che
ottenne era solo un pungente dolore agli occhi. Guidato dal suo senso
di sopravvivenza, tentò lentamente di muovere il braccio
destro.
Con molti stenti, riuscì a
portarlo alla fronte, e con la sua mano tentò di aprire le
sue
palpebre manualmente. Un lampo bianco esplose alla sua vista, che si
trasformò subito dopo in un azzurro chiaro. La vista del
cielo
lo tranquillizzò. Si sentì come se delle piccole
onde
calde stessero piano piano accarezzando le sue guance. Un cielo che
però non si mostrava del tutto, perché occupato
dalla
presenza di una collina a qualche metro sopra di lui.
Jontan tornò cosciente. Si rese conto di essere caduto dal
posto
in cui stava rivolgendo il suo sguardo. Nello stesso istante in cui un
sentimento di
terrore nacque dentro di lui, un dolore lancinante alla schiena lo
colse di sorpresa. Tentò di girare il capo, e con un altro
dolore leggermente più lieve del precedente
realizzò che
ne era impossibilitato. Jontan entrò in panico. Tastando il
terreno con la mano sinistra, alla cieca, sentì nei
polpastelli
una strana melma. Portò la mano davanti ai suoi occhi.
L'indice,
il medio e il pollice erano umidi di un liquido di colore rosso. Jontan
pensò immediatamente che si trattasse di sangue. E Jontan
aveva
la fobia del sangue. Un taglio causato da un foglio affilato era
considerato il suo incubo. Persino nei film, nella scena di una
sparatoria, il piccolo Jontan portava velocemente le mani davanti agli
occhi. Jontan non sopportò la vista, e si ritrovò
nel
buio ancora una volta.
"Che letto scomodo", borbottava Jontan tra se e se. Aveva appena
lasciato a metà un sogno in cui una principessa veniva
rinchiusa in castello, e richiedeva il suo aiuto. Ma lui era
impossibilitato a muoversi. Ci provò con tutte le sue forze.
Non riusciva a spostare le gambe dal terreno, come se qualcuno gliele
stesse tirando da sottoterra. Jontan aprì gli occhi,
infastidito da dei brevi suoni elettronici ripetuti.
Delle piastrelle bianche ricoprivano il soffitto, insieme a diverse
lampande accese che emanavano una debole luce. Jontan si
ricordò improvvisamente di tutto quello che era successo.
<< Jon...
>>
La voce di sua sorella gli fece tornare completamente i sensi. Si
girò immediatamente verso la direzione da cui proveniva la
flebile, innocente e preoccupata voce. Non era per niente arrabbiato.
Le afferrò la mano. Era gelida.
<< Va
tutto bene. >>
Il sorriso della sua sorellona era meglio di qualsiasi medicina. Ma
essendo una medicina, Jontan aveva bisogno della sua dose giornaliera.
Il sorriso di Valence si aprì come una finestra. Una
finestra che portò dentro un po' di brezza estiva in quella
tetra stanza di ospedale.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Teatro ***
just a sister 1
JUST A SISTER
Capitolo 3 - Teatro
Il silenzio sovrastò la stanza.
<< Un
consiglio, più che altro >>
esitò Valence a bassa voce.
Jontan era confuso, ma quello che gli fece incollare gli occhi alla
faccia di sua sorella era la curiosità stampata nel suo
volto. Valence, guardandosi
intorno stranita, si sedette sul letto in cui Jontan a sua volta era
avvolto e lo guardò dritto tra le sopracciglia.
<< Di che
si tratta? >> domandò Jontan,
per rompere l'imbarazzante silenzio.
<< Ora che
ci penso, >> rispose Valence
interrompendo il contatto visivo << Non è niente di
importante >> . Valence fece per
alzarsi dal letto. Ma Jontan la afferrò saldamente per il
braccio. Questo la fece balzare sul posto.
<< Conosco quello sguardo. È quello che fai
sempre quando sei eccitata per qualcosa >>.
Valence restò in silenzio, girando la testa di lato. Un
sorriso
impacciato causato dalla prontezza di suo fratello le si
aprì
nella guancia destra. Agiva sempre in modo autoritario quando erano
piccoli. Non lo faceva da tanto tempo.
<< Che
hai combinato? >>
Ancora silenzio. Valence tornò a guardarlo con una
espressione divertita.
<< Ti
dispiacerebbe... lasciarmi andare il braccio?
>>
Le cicale ripresero a suonare.
<< Ah,
sì, scusa >> rise Jontan.
<< Dai,
sul serio, ho interrotto una partita a The Bury 2 per starti ad
ascoltare. Fa che questo sacrificio non sia stato invano
>>. Valence rise di gusto.
<< Allora,
hai intenzione di dirmelo o posso continuare a giocare? Sì,
è una domanda retorica >>
<< Nel
senso che torni a giocare? >>
Jontan fece una pausa comica. << Sei proprio mia sorella.
>>
Jontan fece uscire quelle parole carismatiche senza pensarci,
accorgendosi solo qualche secondo più tardi della faccia
sorpresa di sua sorella. Seguì un altro silenzio
imbarazzante,
questa volta più lungo del precedente. I due fratelli non si
dicevano parole così affettuose da molti anni, anche se
Jontan
scherzava soltanto. Quella a non scherzare era l'espressione di Valence.
<< Oggi >> cominciò a
farfugliare lei <<
È successa una cosa >>.
<< L'hai
già detto >>.
Valence diede uno schiaffetto al braccio di Jontan, alleggerendo la
tensione.
<< Oggi c'è stato l'ultimo giorno di scuola,
>>
iniziò a raccontare. << E un tizio...
>> Valence volse le pupille verso l'alto con espressione
assorta,
come se ricordare ciò che fosse successo stamattina fosse di
enorme difficoltà. È sempre stata una smemorata.
<<
Mi ha preso a parte e mi ha detto che... >> fece una
piccola
pausa, guardando Jontan per un istante per poi continuare a guardare un
punto fisso nella stanza. Strinse il suo stesso braccio destro.
Improvvisamente ricordò tutto quanto.
<< Ma
professore, mancano 20 minuti! Non può fare un'eccezione?
>>
<< Anche
se è l'ultimo giorno di scuola, non lo rende in alcun modo
speciale rispetto agli altri. Quindi no, non puoi andare in bagno.
>>
<< Professore,
ho davvero un'urgenza. La prego. >>
Ross aveva sempre desiderato fare l'attore. Ne era portato. Fin dalle
recite scolastiche delle elementari, lui faceva sempre la parte del
protagonista. Una vera gioia per i genitori, che una volta usciti, si
sentivano appagati dal fatto che avessero assistito ad un opera
teatrale senza pagarne il biglietto.
Il professore stesso ne era a conoscenza, ma preoccupato per
le sue responsabilità (fingeva davvero realisticamente), lo
mandò comunque.
Ross uscì dalla classe con una mano che stringeva lo stomaco
e con una smorfia dolorante in viso. Ansimando. Uscito dalla
porta, continuò ad ansimare per qualche secondo
allontanandosi nel mentre. E poi, si tolse la maschera. Era di nuovo
sano come un pesce, ma serio in viso. La sua prossima destinazione era
il bagno delle ragazze. Doveva stare lì nei paraggi ed
aspettare che uscisse una persona per creare la "coincidenza". Per poi
recitare ancora.
Ross si appoggiò al muro e tirò fuori il suo
smartphone, per sembrare disinvolto.
La porta del bagno si aprì.
Capelli biondi e lunghi, alta. Sì, era proprio lei.
<< Alexia,
cara. Mi servirebbe un favore. >> disse
Ross, dichiarando con un sorriso confidente l'inizio della sua recita.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Finzione ***
just a sister 1
JUST A SISTER
Capitolo 4 - Finzione
<< È
solo una puttana >>.
Ross concluse l'accordo stipulato con la sua migliore amica, Alexia,
nel peggiore dei modi per definire una ragazza come Valence.
Per Ross gli amici non erano persone. Erano opportunità
che si muovevano, che dovevano essere acciuffate. Per lui, acciuffarle
era la cosa più facile del mondo, quello che lui considerava
un
vero e proprio talento. In ambito lavorativo sarebbe stato sicuramente
un ottimo venditore porta a porta, di quelli che si siedono nella tua
poltrona senza chiedere e cominciano a parlare e parlare, fino a quando
non vedono una firma sul contratto. Sarebbe stato capace di far
sborsare qualche centesimo anche a qualche barbone, se solo lo avesse
voluto. Ed infatti sapeva di farcela perché ci
provò, una volta. Gli servivano dei soldi per delle
caramelle da dare a sua nipote.
Nessuno conosceva questa sua parte nascosta. Per tutti era
semplicemente il ragazzo biondo amichevole seduto sul penultimo banco.
Del resto, nessuno conosce mai la parte nascosta di qualcuno, profonda
o meno che sia. E non si dovrebbe.
<< È
solo una puttana >>, ripetè
Alexia.
Alexia, d'altro canto, era una normalissima ragazza, sorpredentemente
simile a Valence per aspetto fisico. Andava in discoteca due o tre
volte al mese, amava stare con le sue amiche ed aveva un rapporto di
amore ed odio con gli uomini, causato da pene di cuore. Suo padre era
proprietario di un azienda locale, che gli permetteva di vivere una
vita più che dignitosa. Tuttavia non era tanto la tipica
ragazza viziata, perché gli era stato improntato molto bene
dai suoi genitori il valore della fatica per ottenere quello che si
vuole dalla vita, perciò era una ragazza che studiava
regolarmente. Un solo problema la affliggeva: non riusciva bene a
comprendere quello che studiava, perché molto distratta. Per
questo motivo, una volta prese in considerazione di abbandonare il
liceo perché non riusciva a prendere nessun voto superiore
alla mera sufficienza. La sua mente fece tabula rasa quando, in
matematica, riuscì a prende un bel 7 e mezzo al compito,
proprio grazie a Ross.
Ross e Alexia erano diventati buoni amici quando Ross si
offrì volontario a darle ripetizioni gratis. Come si
può intuire, non lo fece come atto di generosità,
ma come un'occasione per avere un rapporto di amicizia indiretto con
suo padre, perché chissà, avrebbe potuto far
comodo un giorno. Come ogni altro suo piano, ovviamente, ci
riuscì. Andò a casa di lei, conobbe suo padre, un
omaccione robusto dalla faccia comparabile ad una scultura di argilla,
e dopo già qualche chiacchera diventarono buoni conoscenti.
<< Bingo
>>, pensava ogni volta che riusciva nei suoi intenti.
<< Adesso
la parte noiosa >>, pensò,
dirigendosi nella stanza di Alexia ripassando mentalmente il programma
di matematica.
<< Siediti
pure qui >>, disse Alexia, sbattendo la mano
sul cuscino posto sulla sedia accanto a lei.
<< Grazie
>>.
Ross le spiegò per più di venti minuti formule su
come calcolare punti, grafici su come disegnare rette, e concetti
matematici di base. Quello che infastidiva più Ross era il
non essere ascoltato, ed aveva come l'impressione che Alexia lo stesse
ignorando.
<< Hai
capito? >>, disse Ross con un tono
più pesante di quanto aveva previsto. Quando si innervosiva
commetteva sempre tanti errori, ma in generale lui non si innervosiva
quasi mai. Alexia non rispose, e lo guardò con una faccia da
volpe ferita.
<< Baciami
>>, sussurrò Alexia, guardandolo nelle pupille.
Ross sussultò. Lo sguardo di Alexia era potente.
Così potente che Ross aveva paura che potesse guardarlo
dentro, dove si nascondevano i suoi demoni. Ebbe sempre più
la sensazione di essere mangiato vivo dai suoi occhi marroni, che si
avvicinavano sempre di più. Ross rimase immobile, ed
eventualmente si fece baciare. Era un bacio a stampo umido, e vuoto.
Non gli provocò nessuna sensazione, per essere stato il suo
primo bacio. Questo riuscì a far pensare
anche un essere calcolistico quale Ross sul perché
di questa cosa. Perché non riusciva a sentire niente?
È davvero così piatto baciare qualcuno? La
passione che si vede nei film è solo finzione?
Alexia, dopo qualche secondo, si staccò, e guardò
Ross con un leggero aggrottamento di sopracciglia.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3283121
|