Open your heart, I'm coming home di Clytie (/viewuser.php?uid=756102)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di baby-sitting e primi voli ***
Capitolo 2: *** Addio, Hogwarts ***
Capitolo 3: *** Febbre da Quidditch ***
Capitolo 4: *** Baci rubati ***
Capitolo 5: *** Attesa ***
Capitolo 1 *** Di baby-sitting e primi voli ***
Di baby-sitting e primi voli
«Sei sicuro non sia troppo presto?»
La voce di James lasciava trapelare una nota di preoccupazione.
«Ma no, che dici! Io ho cavalcato a mia prima scopa che ero
poco più grande di lui» assicurò Sirius
con un sorriso baldanzoso stampato sul volto «E poi, prima
impara, prima diverrà un piccolo campione».
«Sarà» disse James con fare incerto
«ma non mi sembra una buona idea e, probabilmente, nemmeno a
Lily piacerà».
«Ma non c’è motivo per cui debba
saperlo» constatò l’amico, facendogli
l’occhiolino.
James tentennò per qualche secondo, assorto nei suoi
pensieri, ma, alla fine, parve convincersi.
Pochi minuti dopo, Harry sfrecciava lungo i corridoi di casa Potter con
due affaticati James e Sirius alle calcagna. Il piccolo era
indiscutibilmente entusiasta della nuova affascinante scoperta, tanto
che prese quota ed accelerò lasciandosi gli inesperti
baby-sitter alle spalle in pochi minuti.
«Che ti avevo detto?» constatò Sirius,
fermatosi per riprendere fiato «Ce l’ha nel
sangue!»
Sorrideva compiaciuto, mentre il volto dell’amico si
contraeva in una smorfia di rimprovero sempre più marcata.
«Spero per te che non combini nulla, altrimenti saranno
guai».
Black ghignò. «Cosa vuoi che combini! È
solo -».
Eccolo, il rumore che nessuno avrebbe voluto udire, ma che non si
poteva ignorare. A quel suono, James si portò le mani ai
capelli.
«Quelle erano…?»
«Temo di sì».
Si catapultarono entrambi in cucina e la vista del luogo del delitto fece accapponare loro la pelle.
L’avevano perso di vista pochi attimi – quelli
occorrenti per riprendere a mala pena fiato – e il piccolo
aveva deciso di sorvolare o, per meglio dire, abbattere brutalmente le
stoviglie lasciate ad asciugare nel lavello della cucina.
«Lily mi ucciderà» mormorò
James tra sé e sé, immaginando l’ira
della moglie al suo ritorno.
«Fermiamolo. Ora!» fu il grido di battaglia di
Sirius.
I due si lanciarono all’inseguimento, senza però
riscuotere molto successo; si sarebbe detta una scena spassosa, James e
Sirius che saltavano qua e là e, bacchetta alla mano,
tentavano di arrestare il pericoloso volo del pargolo di casa Potter.
Quando Harry si trovò ad una distanza accettabile, Sirius
balzò in alto senza remore e lo acchiappò con una
stretta salda. Badando a tenerlo ben in alto, si lasciò
cadere impattando rumorosamente con il pavimento. Mentre
l’amico si rialzava, massaggiando la schiena dolorante, James
afferrò il figlio e gli sottrasse la scopa dalla manine
paffute.
Con l’ausilio della magia – quanto doveva essere dura la
vita per i babbani! – ripulirono la cucina in
quattro e quattr’otto, come se nulla fosse accaduto. Poi con
un sospiro di sollievo, si lasciarono cadere mollemente sul divano.
«La prossima volta che avrai una delle tue geniali idee, Pad,
ricordami di non darti retta» bofonchiò James.
«Sai bene anche tu che lo farai sempre, amico»
Sirius sfoggiò il suo sorriso malandrino e a James non
restò che ridere.
Accesero la tv e cercarono di placare i battiti dei loro cuori,
duramente provati da quell’esperienza estrema. James Potter
valutò seriamente l’opportunità di
offrirsi di fare egli stesso la spesa in futuro.
«Sono a casa!»
La voce limpida di Lily risuonò, poco dopo,
dall’atrio. James e Sirius tentarono di ricomporsi e apparire
sereni, perciò, appena apparve in salotto, la accolsero con
enormi, smaglianti sorrisi. Lily li guardò con sospetto e si
precipitò a controllare che il figlio fosse sopravvissuto a
quelle due ore di baby-sitting o che non fosse stato trasfigurato in un
folletto della Cornovaglia.
«Allora, vi siete divertiti voi tre assieme?»
chiese lei, mentre riponeva la spesa nella dispensa.
«Assolutamente» rispose Sirius «Harry, in
particolare».
«Dovrei lasciarlo con voi più spesso,
allora» propose Lily, rivolgendo loro un sorriso riconoscente.
I due Malandrini si scambiarono un’occhiata complice, ma
inquieta. Per quella
volta era andata bene.
Et voilà, se siete arrivati fin qui, sappiate che si
tratterà di una raccolta di momenti Jily non necessariamente
legati gli uni agli altri e in ordine cronologico sparso. Amo questa
coppia e mi piace immaginare quale percorso li abbia portati a legarsi
l’uno all’altra.
Ci tengo a ringraziare
sin da subito chi seguirà questa raccolta senza pretese e
parteciperà attivamente con commenti e consigli.
Baci.
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Capitolo 2 *** Addio, Hogwarts ***
Addio, Hogwarts
Il sole stava facendo la sua giornaliera comparsa; pallido ed incerto,
riemergeva dalle acque del lago, nel quale s’era tuffato la
sera precedente. Il cielo si era tinto di una tenue sfumatura rosa, che
si faceva via via più intensa, fino a sfociare nelle
vibranti patine rosso-arancio; le nuvolette rosa pallido
rassomigliavano a piccoli batuffoli di zucchero filato, quello che si
vendeva nelle fiere babbane di paese.
L’alba, per Lily Evans, incarnava uno dei momenti
più magici della giornata, segnava l’inizio di un
nuovo giorno – di una nuova era, a volte –
costellato di nuove esperienze, scelte, speranze, ma anche di vecchie
presenze che brillavano, però, di luce nuova.
La foresta pareva estendersi senza confini, la casetta di legno di
Hagrid sembrava un minuscolo puntino
nell’immensità del perimetro boscoso e il Lago
Nero scintillava, come fosse incastonato di tanti microscopici
diamanti. La brezza, ancora fresca, portava con sé il sapore
di una primavera che ormai esalava i suoi ultimi respiri.
«Non so se mi sento pronta ad abbandonare questo
posto» bisbigliò Lily.
Si trovava con James sulla Torre di Astronomia ad ammirare i confini di
Hogwarts per l’ultima volta, coronando il sogno di ragazzina
e concedendosi un piccolo rituale di addio alla sua adolescenza.
James si limitò ad avvicinarsi a lei e ad allacciare le dita
alle sue.
«Ci aspetterà la guerra là fuori,
vero?» chiese lei, tenendo lo sguardo fisso
sull’orizzonte.
«Temo di sì» rispose James.
«Mi mancherà tutto questo»
sospirò Lily «È stata la mia casa per
così tanto tempo, al riparo dalle occhiate di disprezzo di
mia sorella e agli interminabili silenzi tra di noi. Il posto dove ho
scoperto la mia identità, dove ho trovato te».
James le cinse la vita con un braccio e la costrinse a guardarlo con i
suoi grandi occhi verdi.
«Qualunque cosa accada, non sarai sola. Se ci sarà
da combattere, combatteremo. Usciremo di qui, insieme».
«È una promessa?»
«È l’unica certezza della mia
vita».
Le iridi smeraldo scintillarono, schiarite dalla luce solare, un bacio
sigillò tacitamente una promessa d’amore e di
sostegno incondizionati.
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Capitolo 3 *** Febbre da Quidditch ***
Febbre da Quidditch
«Sono certa che quest’anno vinceremo!»
squittì Alice, deliziata.
«Con Potter come Cercatore, di sicuro».
«Poi ci saranno dei festeggiamenti in Sala Comune. Ci
sarete?»
«Sicuro! Quest’anno non me li perdo».
Lily Evans prestava poca attenzione alle chiacchiere delle amiche,
intenta com’era a scrutare la squadra di Quidditch diretta al
campo. La giornata primaverile era fresca e soleggiata, le tribune si
stavano riempiendo di personaggi eccitati per uno degli eventi
più attesi dell’anno: la finale di Quidditch.
Non che a lei piacesse il Quidditch, beninteso, anzi poteva dire di
detestarlo e nemmeno nel volo trovava particolare fascino, preferiva di
certo starsene coi piedi ben piantati per terra, eppure puntualmente le
sue amiche, non che fastidiose compagne di stanza, la trascinavano con
la solita scusante: “passi tutto il tempo a studiare, vedrai,
uscire ti farà bene” oppure “niente
niente che fai qualche conquista, ci ringrazierai”. In
realtà aveva nascosto un libro in borsa – Lily
Evans aveva elaborato la teoria secondo cui fosse meglio avere sempre
con sé un libro, per ogni evenienza – e non vedeva
l’ora di poter salire in camera o in biblioteca per poterselo
gustare in santa pace, lontana dagli occhi indiscreti delle compagne. E
pensare che c’era qualcuno che s’inebriava delle mille sensazioni che
regalava quello sport e lo preferiva alla compagnia di una buon
lettura. James Potter, per esempio.
E proprio di Potter, in quel momento, non c’era traccia, non
l’aveva notato a colazione quella mattina e nemmeno si
individuava ora in mezzo agli altri giocatori, tra i quali
tendenzialmente spiccava, con la sua camminata fiera e il suo
portamento altero. Ma probabilmente si era trattenuto più
del dovuto negli spogliatoi per aggiustarsi – o, meglio,
spettinarsi – i capelli.
«Lils, tu verrai, vero?» la riscosse Mary e le
scoccò un’occhiata interrogativa.
«Oh, ma certo» si sbrigò a rispondere,
abbozzando un sorriso. Se
mai riuscirete a trovarmi nella bolgia infernale che si
scatenerà dopo questa partita.
Mentre seguiva le amiche, dirette agli spalti, rivolgendo di nuovo
sguardi a destra e a manca, sentì una mano sfiorarle il
braccio. Era un tocco gentile, per nulla importuno, rifletté
lì per lì, ma poi si rammaricò di
averlo solo pensato, quando vide a chi apparteneva.
«Un bacio portafortuna, Evans?» domandò
James, con il solito sorriso sghembo. Era smagliante nella sua divisa
rosso e oro e non perdeva occasione per scarmigliare la chioma corvina.
Lily inarcò un sopracciglio e rise divertita. Impertinente, come
sempre. Insopportabile,
come sempre.
«Occhio a non cadere dalla scopa, Potter»
rispose ammiccando e lo lasciò di stucco diritta agli spalti.
Marlene poi le avrebbe raccontato di come James fosse rimasto a
contemplare la sua figura allontanarsi dietro le compagne e avesse
sospirato qualcosa come: “Ah, quella donna è pazza
di me”.
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Capitolo 4 *** Baci rubati ***
Baci rubati
«James Potter afferra il
Boccino d’Oro e Grifondoro vince!»
Una vera e propria ovazione si innalzò dalle tribune tinte
di rosso e oro al suono dell’annuncio del cronista. Lily fu
travolta dagli abbracci e dalle urla eccitate delle amiche e si
sentì anch’ella, per una volta, incredibilmente
orgogliosa della vincita della squadra di Quidditch della sua casa.
I giocatori di Grifondoro si erano riuniti al centro del campo e
avevano sollevato Potter con tanto di scopa, che esibiva soddisfatto il
Boccino stretto nella mano destra. Non si poteva dire che a James
Potter non piacesse gongolarsi degli applausi del suo pubblico. Un
insormontabile sorriso smagliante campeggiava sul suo viso lievemente
arrossato dal fermento, un sorriso che sembrava essere rivolto in
direzione di Lily Evans. Era pieno inverno e la giovane, raffreddata
com'era, era avvolta da una grossa sciarpa cremisi, che le copriva i
capelli, e aveva il berretto calcato sulla fronte,
perciò non
poteva averla riconosciuta. Decisamente no. La
ragazza diede le spalle al campo per individuare qualche altro
probabile destinatario, un Malandrino magari, ma quelli parlottavano
tra di loro animatamente. (Pareva che Peter, nella frenesia del
momento, fosse inciampato sui lacci delle scarpe di Remus e fosse
piombato addosso a Sirius, facendogli rovesciare tutta la Burrrobirra
sulla nuova T-shirt).
Forse doveva esserselo immaginato, ma le era parso che le avesse fatto
anche l’occhiolino. Impossibile,
non lo si poteva certo definire un falco, perciò
individuarla non dovrebbe essere stato facile per lui. Sì, di certo lo aveva
immaginato. O forse no.
Il secondo successivo, Potter stava planando sul campo in direzione
degli spalti, lo spalto sul quale lei si trovava, per
l’esattezza. Si fermò ad un palmo da lei, mentre
la folla attorno urlava estasiata ed incredula. Gli occhi di Lily si
spalancarono ed uno stato di incredulità
immobilizzò il suo corpo e, prima ancora che potesse
reagire, la bocca di James fu sulla sua. Dapprima il bacio fu dolce e
lento, ma poi si fece via via più impetuoso e appassionato;
le mani di James, dopo averle scostato la sciarpa dal viso, le
sfiorarono le guance e poi i boccoli morbidi, la punta del naso le
solleticava gli zigomi. Quei brevi istanti si espansero
all’infinito, mentre la folla tratteneva il respiro e la
giovane sentiva la fronte scottare, come fosse in preda ad un attacco
di febbre.
Poche file più in là, si sentì
distintamente Sirius battere le mani ed ululare, accanto ad un Remus
visibilmente imbarazzato.
James staccò le labbra ancora ardenti da quelle di Lily e
portò la mano destra a scompigliare i capelli corvini.
Quando finalmente riaprì gli occhi, Lily sentì un
tuffo al cuore ed un incontenibile rossore invaderle le guance.
«Ho rivendicato il bacio che mi hai negato l’anno
scorso, futura signora Potter» disse James con nonchalance.
Lily Evans si sentiva ancora in una dimensione aliena, inspiegabilmente
incapace di muovere un solo muscolo, mentre osservava James
ricongiungersi alla squadra.
«È stata la febbre, non farti troppe illusioni, POTTER!»
il grido di Lily risuonò dalle tribune e James seppe che era
rinsavita. Si voltò solo per mandarle un bacio di rimando in
lontananza.
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Capitolo 5 *** Attesa ***
Attesa
«Lily, tesoro, sono a
casa!» annunciò James sulla porta
d’entrata, scrollandosi i fiocchi di neve dal cappotto.
Quell’anno l’inverno era arrivato con largo
anticipo e Godric’s Hollow era ricoperta da una spessa coltre
di neve candida. Il lavoro all’Ordine della Fenice non
accennava ad allentare e richiedeva la loro presenza costante,
perciò i due avevano optato per turnarsi e potersi concedere
qualche attimo di riposo nei periodi meno critici.
«Sono in cucina, James» sentì gridare la
moglie in tutta risposta.
L’uomo abbandonò il capotto
sull’appendiabiti in entrata e si avviò a gran
passi verso il salotto. Si compiacque di trovare sul tavolo
un’edizione appena sfornata della Gazzetta del Profeta
– da quando era scoppiata la guerra, James aveva preso
l’abitudine di consultare giornalmente le notizie e Lily lo
accontentava, comprandogliela ogniqualvolta si trovasse al lavoro.
James era già seduto al tavolo, sfogliando il giornale,
quando Lily attraversò la stanza e lo salutò con
un bacio.
«Com’è andata questa mattina?»
domandò Lily, sedendosi sul divano e coccolando il gatto che
gli si era acciambellata prontamente sul ventre.
«Oh, bene bene. Tu?» rispose lui distrattamente,
senza neanche alzare lo sguardo sulla sua interlocutrice.
«Ho una notizia importante da darti, James»
annunciò Lily, con un sorriso luminoso aperto in volto.
James mugugnò, in cenno d’assenso, tutto intento a
divorare con avidità le notizie dell’ultima ora.
Lei tentennò, indecisa sul fatto che quello fosse il momento
più appropriato. Per tutta la mattina – per non
dire, per interi giorni – aveva provato allo specchio le
parole e l’espressione giusta da usare per non causare al
marito un trauma maggiore del previsto. Aveva cercato di immaginare la
sua reazione e la gamma di possibilità spaziava dalla gioia
incontenibile alla preoccupazione morbosa o, addirittura, alla perdita
di coscienza.
Poi si era decisa: certe cose si dicono e basta, non possono essere
tenute nascoste a lungo.
«Sono in dolce attesa» rivelò infine.
Tutto si sarebbe aspettata tranne d’essere ignorata.
«No, incredibile! Ancora lavora al Ministero! Sanno tutti che
un Mang−» urlò invece James indignato,
contro la Gazzetta.
La moglie era altrettanto indignata e lo fissava con gli occhi ridotti
a due fessure.
«James! Ma mi stai ascoltando?»
«Di chi sei in attesa, cara?» chiese lui,
sorseggiando beatamente il caffè.
«Di un bambino, razza di idiota!»
James sputò con un getto tutto il caffè,
inondando il giornale, ed iniziò a tossicchiare. Era
talmente sconcertato, da non aver neppure colto l’appellativo amorevole
che la moglie gli aveva rivolto. Lily, dal canto suo, cercò
di restare seria ed impassibile, ma poi non seppe trattenersi dal
ridere di fronte a quella scena.
Quando il colpo di tosse si placò, un sorriso raggiante
riempì il viso ovale di James. «Il nostro bambino?
Ma, Lily, è meraviglioso!»
Balzò giù dalla sedia e la sollevò,
facendola girare vorticosamente e canticchiando in tono eccitato un
motivetto inventato su due piedi.
D’un tratto, si catapultò fuori dalla porta
d’entrata e corse nel giardino imperlato di neve, seguito da
una Lily incredula.
«Diventerò padre!» gridò
all’improvviso e poi lo ripeté non appena vide il
vicino varcare la soglia di casa.
«Le mie congratulazioni!» urlò quello di
rimando, poi scosse la testa e sparì, avvolto dal tepore
domestico.
James si voltò verso sua moglie, le baciò le
labbra e poi il ventre ancora piatto, coperto dal cappotto invernale.
La donna rise, gli occhi le si riempirono di lacrime commosse e, per un
attimo, il pensiero della guerra sembrò scomparire dai loro
cuori.
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