Open your heart, I'm coming home

di Clytie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di baby-sitting e primi voli ***
Capitolo 2: *** Addio, Hogwarts ***
Capitolo 3: *** Febbre da Quidditch ***
Capitolo 4: *** Baci rubati ***
Capitolo 5: *** Attesa ***



Capitolo 1
*** Di baby-sitting e primi voli ***


Di baby-sitting e primi voli





   
«Sei sicuro non sia troppo presto?»  

    La voce di James lasciava trapelare una nota di preoccupazione.
    «Ma no, che dici! Io ho cavalcato a mia prima scopa che ero poco più grande di lui» assicurò Sirius con un sorriso baldanzoso stampato sul volto «E poi, prima impara, prima diverrà un piccolo campione».
    «Sarà» disse James con fare incerto «ma non mi sembra una buona idea e, probabilmente, nemmeno a Lily piacerà».
    «Ma non c’è motivo per cui debba saperlo» constatò l’amico, facendogli l’occhiolino.
    James tentennò per qualche secondo, assorto nei suoi pensieri, ma, alla fine, parve convincersi.
    Pochi minuti dopo, Harry sfrecciava lungo i corridoi di casa Potter con due affaticati James e Sirius alle calcagna. Il piccolo era indiscutibilmente entusiasta della nuova affascinante scoperta, tanto che prese quota ed accelerò lasciandosi gli inesperti baby-sitter alle spalle in pochi minuti.
    «Che ti avevo detto?» constatò Sirius, fermatosi per riprendere fiato «Ce l’ha nel sangue!»
    Sorrideva compiaciuto, mentre il volto dell’amico si contraeva in una smorfia di rimprovero sempre più marcata. «Spero per te che non combini nulla, altrimenti saranno guai».
    Black ghignò. «Cosa vuoi che combini! È solo -».
    Eccolo, il rumore che nessuno avrebbe voluto udire, ma che non si poteva ignorare. A quel suono, James si portò le mani ai capelli.
    «Quelle erano…?»
    «Temo di sì».
    Si catapultarono entrambi in cucina e la vista del luogo del delitto fece accapponare loro la pelle.
    L’avevano perso di vista pochi attimi – quelli occorrenti per riprendere a mala pena fiato – e il piccolo aveva deciso di sorvolare o, per meglio dire, abbattere brutalmente le stoviglie lasciate ad asciugare nel lavello della cucina.
    «Lily mi ucciderà» mormorò James tra sé e sé, immaginando l’ira della moglie al suo ritorno.
    «Fermiamolo. Ora!» fu il grido di battaglia di Sirius.
    I due si lanciarono all’inseguimento, senza però riscuotere molto successo; si sarebbe detta una scena spassosa, James e Sirius che saltavano qua e là e, bacchetta alla mano, tentavano di arrestare il pericoloso volo del pargolo di casa Potter.
    Quando Harry si trovò ad una distanza accettabile, Sirius balzò in alto senza remore e lo acchiappò con una stretta salda. Badando a tenerlo ben in alto, si lasciò cadere impattando rumorosamente con il pavimento. Mentre l’amico si rialzava, massaggiando la schiena dolorante, James afferrò il figlio e gli sottrasse la scopa dalla manine paffute.
    Con l’ausilio della magia – quanto doveva essere dura la vita per i babbani! – ripulirono la cucina in quattro e quattr’otto, come se nulla fosse accaduto. Poi con un sospiro di sollievo, si lasciarono cadere mollemente sul divano.
    «La prossima volta che avrai una delle tue geniali idee, Pad, ricordami di non darti retta» bofonchiò James.
    «Sai bene anche tu che lo farai sempre, amico» Sirius sfoggiò il suo sorriso malandrino e a James non restò che ridere.
    Accesero la tv e cercarono di placare i battiti dei loro cuori, duramente provati da quell’esperienza estrema. James Potter valutò seriamente l’opportunità di offrirsi di fare egli stesso la spesa in futuro.
    «Sono a casa!»
    La voce limpida di Lily risuonò, poco dopo, dall’atrio. James e Sirius tentarono di ricomporsi e apparire sereni, perciò, appena apparve in salotto, la accolsero con enormi, smaglianti sorrisi. Lily li guardò con sospetto e si precipitò a controllare che il figlio fosse sopravvissuto a quelle due ore di baby-sitting o che non fosse stato trasfigurato in un folletto della Cornovaglia.
    «Allora, vi siete divertiti voi tre assieme?» chiese lei, mentre riponeva la spesa nella dispensa.
    «Assolutamente» rispose Sirius «Harry, in particolare».
    «Dovrei lasciarlo con voi più spesso, allora» propose Lily, rivolgendo loro un sorriso riconoscente.
    I due Malandrini si scambiarono un’occhiata complice, ma inquieta. Per quella volta era andata bene.








Et voilà, se siete arrivati fin qui, sappiate che si tratterà di una raccolta di momenti Jily non necessariamente legati gli uni agli altri e in ordine cronologico sparso. Amo questa coppia e mi piace immaginare quale percorso li abbia portati a legarsi l’uno all’altra.

Ci tengo a ringraziare sin da subito chi seguirà questa raccolta senza pretese e parteciperà attivamente con commenti e consigli.
Baci.

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Capitolo 2
*** Addio, Hogwarts ***


Addio, Hogwarts





Il sole stava facendo la sua giornaliera comparsa; pallido ed incerto, riemergeva dalle acque del lago, nel quale s’era tuffato la sera precedente. Il cielo si era tinto di una tenue sfumatura rosa, che si faceva via via più intensa, fino a sfociare nelle vibranti patine rosso-arancio; le nuvolette rosa pallido rassomigliavano a piccoli batuffoli di zucchero filato, quello che si vendeva nelle fiere babbane di paese.

    L’alba, per Lily Evans, incarnava uno dei momenti più magici della giornata, segnava l’inizio di un nuovo giorno – di una nuova era, a volte – costellato di nuove esperienze, scelte, speranze, ma anche di vecchie presenze che brillavano, però, di luce nuova.
    La foresta pareva estendersi senza confini, la casetta di legno di Hagrid sembrava un minuscolo puntino nell’immensità del perimetro boscoso e il Lago Nero scintillava, come fosse incastonato di tanti microscopici diamanti. La brezza, ancora fresca, portava con sé il sapore di una primavera che ormai esalava i suoi ultimi respiri.
    «Non so se mi sento pronta ad abbandonare questo posto» bisbigliò Lily.
    Si trovava con James sulla Torre di Astronomia ad ammirare i confini di Hogwarts per l’ultima volta, coronando il sogno di ragazzina e concedendosi un piccolo rituale di addio alla sua adolescenza.
    James si limitò ad avvicinarsi a lei e ad allacciare le dita alle sue.
    «Ci aspetterà la guerra là fuori, vero?» chiese lei, tenendo lo sguardo fisso sull’orizzonte.
    «Temo di sì» rispose James.
    «Mi mancherà tutto questo» sospirò Lily «È stata la mia casa per così tanto tempo, al riparo dalle occhiate di disprezzo di mia sorella e agli interminabili silenzi tra di noi. Il posto dove ho scoperto la mia identità, dove ho trovato te».
    James le cinse la vita con un braccio e la costrinse a guardarlo con i suoi grandi occhi verdi.
    «Qualunque cosa accada, non sarai sola. Se ci sarà da combattere, combatteremo. Usciremo di qui, insieme».
    «È una promessa?»
    «È l’unica certezza della mia vita».
    Le iridi smeraldo scintillarono, schiarite dalla luce solare, un bacio sigillò tacitamente una promessa d’amore e di sostegno incondizionati.


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Capitolo 3
*** Febbre da Quidditch ***


Febbre da Quidditch





   
«Sono certa che quest’anno vinceremo!» squittì Alice, deliziata.

    «Con Potter come Cercatore, di sicuro».
    «Poi ci saranno dei festeggiamenti in Sala Comune. Ci sarete?»
    «Sicuro! Quest’anno non me li perdo».
    Lily Evans prestava poca attenzione alle chiacchiere delle amiche, intenta com’era a scrutare la squadra di Quidditch diretta al campo. La giornata primaverile era fresca e soleggiata, le tribune si stavano riempiendo di personaggi eccitati per uno degli eventi più attesi dell’anno: la finale di Quidditch.
    Non che a lei piacesse il Quidditch, beninteso, anzi poteva dire di detestarlo e nemmeno nel volo trovava particolare fascino, preferiva di certo starsene coi piedi ben piantati per terra, eppure puntualmente le sue amiche, non che fastidiose compagne di stanza, la trascinavano con la solita scusante: “passi tutto il tempo a studiare, vedrai, uscire ti farà bene” oppure “niente niente che fai qualche conquista, ci ringrazierai”. In realtà aveva nascosto un libro in borsa – Lily Evans aveva elaborato la teoria secondo cui fosse meglio avere sempre con sé un libro, per ogni evenienza – e non vedeva l’ora di poter salire in camera o in biblioteca per poterselo gustare in santa pace, lontana dagli occhi indiscreti delle compagne. E pensare che c’era qualcuno che s’inebriava delle mille sensazioni che regalava quello sport e lo preferiva alla compagnia di una buon lettura. James Potter, per esempio.
    E proprio di Potter, in quel momento, non c’era traccia, non l’aveva notato a colazione quella mattina e nemmeno si individuava ora in mezzo agli altri giocatori, tra i quali tendenzialmente spiccava, con la sua camminata fiera e il suo portamento altero. Ma probabilmente si era trattenuto più del dovuto negli spogliatoi per aggiustarsi – o, meglio, spettinarsi – i capelli.
    «Lils, tu verrai, vero?» la riscosse Mary e le scoccò un’occhiata interrogativa.
    «Oh, ma certo» si sbrigò a rispondere, abbozzando un sorriso. Se mai riuscirete a trovarmi nella bolgia infernale che si scatenerà dopo questa partita.
    Mentre seguiva le amiche, dirette agli spalti, rivolgendo di nuovo sguardi a destra e a manca, sentì una mano sfiorarle il braccio. Era un tocco gentile, per nulla importuno, rifletté lì per lì, ma poi si rammaricò di averlo solo pensato, quando vide a chi apparteneva.
    «Un bacio portafortuna, Evans?» domandò James, con il solito sorriso sghembo. Era smagliante nella sua divisa rosso e oro e non perdeva occasione per scarmigliare la chioma corvina.
    Lily inarcò un sopracciglio e rise divertita. Impertinente, come sempre. Insopportabile, come sempre.
    «Occhio a non cadere dalla scopa, Potter» rispose ammiccando e lo lasciò di stucco diritta agli spalti.
    Marlene poi le avrebbe raccontato di come James fosse rimasto a contemplare la sua figura allontanarsi dietro le compagne e avesse sospirato qualcosa come: “Ah, quella donna è pazza di me”.



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Capitolo 4
*** Baci rubati ***


Baci rubati





    «James Potter afferra il Boccino d’Oro e Grifondoro vince!»

    Una vera e propria ovazione si innalzò dalle tribune tinte di rosso e oro al suono dell’annuncio del cronista. Lily fu travolta dagli abbracci e dalle urla eccitate delle amiche e si sentì anch’ella, per una volta, incredibilmente orgogliosa della vincita della squadra di Quidditch della sua casa.
     I giocatori di Grifondoro si erano riuniti al centro del campo e avevano sollevato Potter con tanto di scopa, che esibiva soddisfatto il Boccino stretto nella mano destra. Non si poteva dire che a James Potter non piacesse gongolarsi degli applausi del suo pubblico. Un insormontabile sorriso smagliante campeggiava sul suo viso lievemente arrossato dal fermento, un sorriso che sembrava essere rivolto in direzione di Lily Evans. Era pieno inverno e la giovane, raffreddata com'era, era avvolta da una grossa sciarpa cremisi, che le copriva i capelli, e aveva il berretto calcato sulla fronte, perciò non poteva averla riconosciuta. Decisamente no. La ragazza diede le spalle al campo per individuare qualche altro probabile destinatario, un Malandrino magari, ma quelli parlottavano tra di loro animatamente. (Pareva che Peter, nella frenesia del momento, fosse inciampato sui lacci delle scarpe di Remus e fosse piombato addosso a Sirius, facendogli rovesciare tutta la Burrrobirra sulla nuova T-shirt).
    Forse doveva esserselo immaginato, ma le era parso che le avesse fatto anche l’occhiolino. Impossibile, non lo si poteva certo definire un falco, perciò individuarla non dovrebbe essere stato facile per lui. Sì, di certo lo aveva immaginato. O forse no.
    Il secondo successivo, Potter stava planando sul campo in direzione degli spalti, lo spalto sul quale lei si trovava, per l’esattezza. Si fermò ad un palmo da lei, mentre la folla attorno urlava estasiata ed incredula. Gli occhi di Lily si spalancarono ed uno stato di incredulità immobilizzò il suo corpo e, prima ancora che potesse reagire, la bocca di James fu sulla sua. Dapprima il bacio fu dolce e lento, ma poi si fece via via più impetuoso e appassionato; le mani di James, dopo averle scostato la sciarpa dal viso, le sfiorarono le guance e poi i boccoli morbidi, la punta del naso le solleticava gli zigomi. Quei brevi istanti si espansero all’infinito, mentre la folla tratteneva il respiro e la giovane sentiva la fronte scottare, come fosse in preda ad un attacco di febbre.
    Poche file più in là, si sentì distintamente Sirius battere le mani ed ululare, accanto ad un Remus visibilmente imbarazzato.
    James staccò le labbra ancora ardenti da quelle di Lily e portò la mano destra a scompigliare i capelli corvini. Quando finalmente riaprì gli occhi, Lily sentì un tuffo al cuore ed un incontenibile rossore invaderle le guance.
    «Ho rivendicato il bacio che mi hai negato l’anno scorso, futura signora Potter» disse James con nonchalance.
    Lily Evans si sentiva ancora in una dimensione aliena, inspiegabilmente incapace di muovere un solo muscolo, mentre osservava James ricongiungersi alla squadra.
    «È stata la febbre, non farti troppe illusioni, POTTER!» il grido di Lily risuonò dalle tribune e James seppe che era rinsavita. Si voltò solo per mandarle un bacio di rimando in lontananza.


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Capitolo 5
*** Attesa ***


Attesa





    «Lily, tesoro, sono a casa!» annunciò James sulla porta d’entrata, scrollandosi i fiocchi di neve dal cappotto. Quell’anno l’inverno era arrivato con largo anticipo e Godric’s Hollow era ricoperta da una spessa coltre di neve candida. Il lavoro all’Ordine della Fenice non accennava ad allentare e richiedeva la loro presenza costante, perciò i due avevano optato per turnarsi e potersi concedere qualche attimo di riposo nei periodi meno critici.

    «Sono in cucina, James» sentì gridare la moglie in tutta risposta.
    L’uomo abbandonò il capotto sull’appendiabiti in entrata e si avviò a gran passi verso il salotto. Si compiacque di trovare sul tavolo un’edizione appena sfornata della Gazzetta del Profeta – da quando era scoppiata la guerra, James aveva preso l’abitudine di consultare giornalmente le notizie e Lily lo accontentava, comprandogliela ogniqualvolta si trovasse al lavoro.
    James era già seduto al tavolo, sfogliando il giornale, quando Lily attraversò la stanza e lo salutò con un bacio.
    «Com’è andata questa mattina?» domandò Lily, sedendosi sul divano e coccolando il gatto che gli si era acciambellata prontamente sul ventre.
    «Oh, bene bene. Tu?» rispose lui distrattamente, senza neanche alzare lo sguardo sulla sua interlocutrice.
    «Ho una notizia importante da darti, James» annunciò Lily, con un sorriso luminoso aperto in volto.
    James mugugnò, in cenno d’assenso, tutto intento a divorare con avidità le notizie dell’ultima ora.
    Lei tentennò, indecisa sul fatto che quello fosse il momento più appropriato. Per tutta la mattina – per non dire, per interi giorni – aveva provato allo specchio le parole e l’espressione giusta da usare per non causare al marito un trauma maggiore del previsto. Aveva cercato di immaginare la sua reazione e la gamma di possibilità spaziava dalla gioia incontenibile alla preoccupazione morbosa o, addirittura, alla perdita di coscienza.
    Poi si era decisa: certe cose si dicono e basta, non possono essere tenute nascoste a lungo.
    «Sono in dolce attesa» rivelò infine.
    Tutto si sarebbe aspettata tranne d’essere ignorata.
    «No, incredibile! Ancora lavora al Ministero! Sanno tutti che un Mang−» urlò invece James indignato, contro la Gazzetta.
    La moglie era altrettanto indignata e lo fissava con gli occhi ridotti a due fessure.
    «James! Ma mi stai ascoltando?»
    «Di chi sei in attesa, cara?» chiese lui, sorseggiando beatamente il caffè.
    «Di un bambino, razza di idiota!»
    James sputò con un getto tutto il caffè, inondando il giornale, ed iniziò a tossicchiare. Era talmente sconcertato, da non aver neppure colto l’appellativo amorevole che la moglie gli aveva rivolto. Lily, dal canto suo, cercò di restare seria ed impassibile, ma poi non seppe trattenersi dal ridere di fronte a quella scena.
    Quando il colpo di tosse si placò, un sorriso raggiante riempì il viso ovale di James. «Il nostro bambino? Ma, Lily, è meraviglioso!»
    Balzò giù dalla sedia e la sollevò, facendola girare vorticosamente e canticchiando in tono eccitato un motivetto inventato su due piedi.
    D’un tratto, si catapultò fuori dalla porta d’entrata e corse nel giardino imperlato di neve, seguito da una Lily incredula.
    «Diventerò padre!» gridò all’improvviso e poi lo ripeté non appena vide il vicino varcare la soglia di casa.
    «Le mie congratulazioni!» urlò quello di rimando, poi scosse la testa e sparì, avvolto dal tepore domestico.
    James si voltò verso sua moglie, le baciò le labbra e poi il ventre ancora piatto, coperto dal cappotto invernale. La donna rise, gli occhi le si riempirono di lacrime commosse e, per un attimo, il pensiero della guerra sembrò scomparire dai loro cuori.


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