salvata da un angelo

di Nightingale_00
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1-L'inizio di una nuova vita ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2-Blu come l'oceano ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1-L'inizio di una nuova vita ***


" Molte persone sono entrate e uscite dalla mia vita così come se niente fosse, ma lui... Lui è riuscito a lasciare un'impronta indelebile nel mio cuore. "

Capitolo 1.

Tutto ebbe inizio quel 15 settembre, il giorno in cui sarei ritornata al Liceo, il quinto e ultimo anno, dopo il mio ricovero. Ero stata ricoverata per presunta "depressione". Avevo perso la mia migliore amica, la mia metà, nonché mia cugina Chelsea. Eravamo davvero inseparabili, e dopo la sua morte, causata da un dannato incidente stradale, io me ne restavo rinchiusa in camera mia ad ascoltare tanta musica e a piangere rimuginando sulle cose che io e Cece dovevamo ancora fare insieme. Una di quelle poche volte in cui uscivo di casa, senza pensarci mi ero recata in una tabaccheria e lì feci uno dei più grandi errori dei miei 18 anni di vita: comprai un pacchetto di sigarette. così da quel momento iniziai a fare qualche tiro ogni tanto. Però perché avevo cominciato a fumare? Per il gusto di farlo? Perché forse ero veramente depressa? Per danneggiare i miei polmoni? Per morire? Di certo, per morire non mi bastava solo qualche tiro. Ma non era quello ciò che volevo. Io non volevo morire; non in quel momento. Forse, volevo provare qualcosa di diverso. In realtà, non lo sapevo neanche io il motivo. 
Ma comunque, a mio parere non ero affatto depressa, solo che mi sentivo come qualunque altra persona che ha perso qualcuno con cui era davvero molto legato. Solamente nel momento in cui mi comunicarono che Chelsea aveva perso la vita, io mi resi conto cosa significasse perdere qualcuno di speciale. Non ero pronta per quella notizia. Nessuno lo era. 
I miei genitori e i medici credevano che io avessi bisogno d'aiuto, così mi avevano portata nell' Ottawa's Recovery, e alla fine non era stato poi così male... Avevo conosciuto tante persone. Insieme ci divertivamo molto e quando li avevo dovuti lasciare per ritornare a casa, ero da un lato triste perché sapevo che non li avrei più rivisti, e da un altro lato felice perché avrei rivisto i miei vecchi amici... Peccato che da quando ero tornata, nessuno si era fatto sentire.

La sveglia suonò come sempre puntuale per svegliarmi dal mondo dei sogni, in cui rivedevo Chelsea che mi sorrideva, e riportarmi nel mondo reale che a dirla tutta non mi entusiasmava molto. Allungai il braccio verso il comodino e con un click spensi la sveglia, non volevo alzarmi dal letto ma una frase mi venne in mente in quel preciso istante " Oggi sarà un giorno migliore. " E solo una persona poteva essere così dannatamente ottimista, Chelsea. Ripeteva quella frase ogni giorno e ogni volta che si alzava dal letto; spesso dormivamo insieme perciò la sentivo sempre dire quella frase mentre si preparava per andare da qualche parte. Così decisi di alzarmi, e con gli occhi ancora socchiusi cercai di reggermi in piedi. 
Andai verso il bagno e mi feci una doccia fredda e rinfrescante, poi mi spazzolai i denti, e mi truccai. Una delle poche cose che mi piacevano di più del mio aspetto erano gli occhi, che a volte erano azzurri come il mare o il cielo d'inverno, ed altre volte erano grigi come un cielo tempestoso. Quando ritornai in camera mia, mi vestii.

Scesi di sotto con lo zaino in mano.

- Buongiorno Elisabeth! - esclamò mia madre Grace mentre posava sul tavolo un piatto di pancakes con sciroppo d'acero.

- Giorno mamma! E chiamami solamente Elle.. - non avevo mai sopportato di essere chiamata con il nome completo, non so perché ma mi aveva sempre messa a disagio.

- Ok, Elle. Pronta per cominciare il tuo ultimo anno al Liceo? - domandò lei sedendosi accanto a me.

- Bah, sì dai. -  No invece, per niente.

- Sì dai? - mio padre Alan entrò in cucina in giacca e cravatta e con i capelli scuri tirati indietro e laccati, poi posò la sua valigetta da lavoro per terra.

- Sì, che ho detto di male? - 
Mio padre fece un sospiro. Mia madre mi accarezzò la spalla e mi guardò dritta negli occhi, mentre i suoi, verdi, si fecero lucidi.

- Elis... Elle. - poi si corresse - Io e tuo padre vorremmo vederti più... - fece un lungo sospiro - Più felice. Vorremmo rivedere quella ragazzina di un tempo, che schizzava gioia da tutti i pori... Quella che non se ne stava sempre rinchiusa in camera ad ascoltare musica con il volume a palla... E... - Poi intervenne mio padre, vedendo lei in difficoltà - E sappiamo bene che stai ancora passando un momento difficile, ma... Noi non ce la facciamo più a vederti sempre chiusa in te stessa e con uno sguardo spento. Dov'è la vecchia Elle? - Persa da qualche parte...

- Ok... Ho capito. - risposi semplicemente.

- Davvero? - chiese mio padre con uno sguardo stupito.

- Sì. Ma non so cosa fare durante i pomeriggi... - ed era vero, mi annoiavo sempre.

- A scuola ci sono delle attività extra scolastiche per il pomeriggio, tipo ballo, teatro... Fotografia. Tu ami fare foto... Ricomincia a farle! Di qualsiasi genere... Esci, vai al parco, al mare, in montagna, alle feste, e fai degli scatti, poi magari se vuoi li puoi pubblicare nel tuo blog... Te lo ricordi? - Certo che me lo ricordavo... " Elle's blog " si chiamava così, e lì pubblicavo le più belle foto che facevo perché amavo fotografare di tutto... Dai piccoli oggetti con un grande significato, alle grandi meraviglie come panorami ecc... Io e Chelsea avevamo questa passione in comune, la fotografia. D'aspetto non ci assomigliavamo molto, io avevo i capelli castani scuro, lunghi e mossi, gli occhi chiari e la pelle quasi diafana; mentre lei aveva i capelli castani chiaro, lisci, e gli occhi color nocciola. Era una ragazza dolce, simpatica, tutti la adoravano. Non c'era persona che non la conoscesse per la sua incredibile allegria. Sapeva sempre come tirarti su di morale, e sorrideva sempre. Io ero anche più o meno così, ma dopo la sua perdita ero diventata più fredda e silenziosa.

- Sì ok. Finite le lezioni vado in segreteria e mi iscrivo ai corsi! - controllai il cellulare per vedere l'ora e decisi di partire, così salutai i miei genitori, uscii di casa, salii sulla mia  moto e mi diressi verso la scuola. Ero veramente agitata nel rivedere tutti gli altri e mi chiedevo se sapessero che ero stata in un centro di recupero. Vidi una ragazza in lontananza che mi salutava con la mano e mi correva incontro, misi più a fuoco e capii subito chi era, Phoebe, la ragazza più popolare di tutta la scuola. 
Phoebe era una ragazza particolare di carattere, sapeva essere dolce e buona ma anche cattiva e dispettosa... Bastava solo non contraddire ciò che diceva, ma alla fin fine era una buona amica.

- Elle, tesoroooo! - gridò lei e mi abbracciò talmente forte che quasi mi sentivo strozzare.

- Phoebe... Come stai? - le chiesi io, tirando fuori un pacchetto di sigarette.

- Benissimo. Tu, piuttosto? Ho sentito dire che sei stata in un centro di recupero... Ma è vero? Insomma, ci sono i pazzi lì? -

Mi accesi una sigaretta e me la misi fra le labbra e in un attimo inspirai il fumo poi lo buttai fuori - Ehm, sto bene. Sì. Ma non ci sono i pazzi, come dici tu.  -

- È stato per Chelsea, vero...? - disse lei appoggiando le mani sulle mie spalle. Avrei voluto dirle che stavo bene e che erano i miei genitori e i medici ad insistere, ma le risposi semplicemente con un "Sì", poi suonò la campanella ed entrammo tutti dentro.

Io mi diressi verso il mio vecchio armadietto e lo aprii, la prima cosa che vidi fu il libro " Se tu mi vedessi ora " di Cecelia Ahern. Me lo aveva regalato Chelsea per il mio 16esimo compleanno e ricordo che lo finii nello stesso giorno in cui me lo regalò. Alla prima pagina bianca, c'era scritta una dedica " Che tu possa vivere una storia d'amore mille volte più bella di questa..."

Per un attimo mi sembrò che il cuore avesse smesso di battere; questo succedeva ogni volta che nella mente mi riaffiorava qualche ricordo legato a Chelsea, ma il suono della campanella fece sì che il mio cuore riprese a funzionare. Presi i libri che mi servivano e mi diressi in classe.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2-Blu come l'oceano ***


Capitolo 2. Finite le lezioni, che erano state a dir poco imbarazzanti dato che tutti mi guardavano in modo strano tranne Phoebe ed altre due amiche ovvero Abby e Shirley, mi diressi verso la segreteria. - Oh, ma guarda chi si rivede! Elle, cara Elle! - gridò Marie, la segretaria, appena io entrai nella stanza. Marie era una donna molto gentile e divertente, sui 65 anni o poco più ed era la prima persona con cui avevo fatto amicizia nel mio primo giorno al Liceo. Aveva la corporatura di una donna di 65 anni con quattro figli e tre nipoti. I capelli biondi cenere erano legati da uno chignon ben ordinato con nessuna ciocca di fuori, e i suoi minuscoli occhi grigi mi guardavano curiosi. Mi venne incontro e mi diede un caloroso abbraccio - Mi dispiace così tanto per Chelsea... Era una ragazza meravigliosa! - quasi bisbigliò staccandosi leggermente. - Wow... Marie, sei la prima che non mi ha detto "Oh, ho sentito che sei stata in un centro di recupero , tutto bene?" E questo mi fa piacere. - Le sorrisi timidamente. - Beh, semplicemente penso che siano affari tuoi se ci sei andata o meno, ed è leggermente inopportuno chiederlo! Ma comunque, qual buon vento ti porta qui in segreteria? - - Vorrei iscrivermi ai corsi di fotografia... Come gli anni scorsi... - - Oh sì, ricordo! Eri la più brava, e i tuoi scatti erano molto belli... Fai bene a voler ricominciare! - esclamò lei gesticolando e sorridendo. - L'idea è stata dei miei genitori, ma non ho potuto resistere. - Marie mi sorrise e prese dei fogli giallognoli da uno dei cassetti di un armadio, li posò sul bancone e mi fece segno di firmarli, ed io così feci. Dopodiché salutai Marie e mi recai verso l'uscita ma proprio in quel preciso istante, quando ero sulla soglia della porta e stavo mettendo dentro lo zaino i fogli, qualcuno si scontrò contro di me, e in un secondo io caddi a terra. Aprii gli occhi sconvolta, sentendo un peso sul mio corpo e la prima cosa che vidi furono due occhi blu come l'oceano fissarmi. Erano talmente belli che mi sembrava di essermi incantata da essi. Era come se stessi in una bolla, in quel momento. Non sentivo niente, alcun rumore o voce. Attorno a me, sembrava tutto sfocato, nonostante non mi stessi guardando attorno. Ero ipnotizzata da quegli occhi, da quei due fari di luce e speranza. Ma una voce maschile mi distrasse, riportandomi cosciente. - Scusami tanto non ti avevo vista! - Mi accorsi che a parlare era proprio quella persona dagli occhi magnetici. - Oh, ma insomma sei deficiente? - gridai e lui si alzò di scatto senza distogliere lo sguardo da me, poi mi porse la mano, ma io non la afferrai. Mi tirai su in piedi da sola. Era un bel ragazzo, di quelli che una volta visti ti rimane impressa l'immagine. Distolsi lo sguardo dai suoi occhi, e provai a guardare altrove, invano. I suoi capelli corti erano castani chiaro e molto luminosi. - Scusa, ma anche tu eri distratta! - esclamò lui divertito, sfoggiando un sorriso a trentadue denti. Anche il suo sorriso era bellissimo, così sincero e divertente. Non sapevo cosa dire, così rimasi per qualche secondo con la bocca semi aperta dall'imbarazzo. - Tutto bene? - proseguì il ragazzo sorridendo ed io ritornai in me. - S-sì... - risposi timidamente ma con un certo tono freddo, poi mi inginocchiai per raccogliere i fogli dei corsi di fotografia e sentii una mano appoggiarsi sulla mia spalla, e non so perché provai dei brividi, così mi girai di scatto ed era ancora quel ragazzo dagli occhi oceano. - E per la cronaca, io sono Michael. - disse. Sorrise nuovamente, con le mani in tasca e dondolando sui talloni. - Non ho chiesto il tuo nome. - risposi seccata, poi mi alzai e corsi via senza voltarmi neanche. " Avresti dovuto salutarlo, Elle... Era così tanto dolce! " sentii una vocina buona interiore, una specie di mini me versione angioletto. " Diamine, hai fatto bene a lasciarlo stare, Elle, fidati di me. " disse invece l'opposto. " Non è vero! Elle, dolce Elle, dovevi essere più gentile e... " E non la lasciai neanche finire di parlare che ribattei - Oh basta! Ho fatto quello che mi sentivo di fare. - e dopo le mie parole, non sentii più nessuna voce... Forse era solo frutto della mia fantasia, o forse no. Tornata a casa, decisi di ascoltare della musica e scrivere nel mio diario segreto, non volevo fare nient'altro se non entrare nel mio mondo. Accesi la radio in camera mia a tutto volume, mi buttai sul letto e incominciai a scrivere nel diario, accompagnata dalle meravigliose note di Your song di Elton John. " Caro Diario, non ti scrivo da qualche settimana e ammetto che mi sei mancato, anche se potrebbe sembrare una cosa stupida, tu sei il mio migliore amico. (Dopo Cece) Ci sei sempre stato per me, e con te sento di poter condividere tutto, sento di poterti dire di tutto e di più perché almeno tu non mi giudichi. Oggi, dopo le lezioni, sono andata ad iscrivermi ai corsi di fotografia e ho rincontrato Marie, la segretaria. Sai, lei non è cambiata per niente. Stesso aspetto e stesso carattere! Beh certo, non è che non l'ho rivista da così poi tanto tempo.. Solo tre mesi di vacanza, anche se per me non è stata una vacanza. Stare al centro di recupero, mi ha fatto sentire la mancanza di molte persone.. Sai, lei è stata anche l'unica che non mi ha chiesto del centro, anzi ha detto che le dispiaceva per Chelsea. Quando stavo uscendo mi sono scontrata per sbaglio contro un ragazzo che Dio, aveva degli occhi color oceano... Meravigliosi. Erano...Magnetici... Delle calamite... Mi sono sentita strana quando li ho visto... Non saprei come descrivere quella sensazione. Solo che mi sono comportata male con lui, e da una parte mi dispiace ma solo un po' mentre dall'altra no. Non volevo neanche sapere il suo nome, ma lui me lo ha detto lo stesso; Michael. Beh che dire? Bel nome no? Proprio adatto al suo aspetto. E comunque io non gli ho detto il mio, me ne sono andata subito via... Non voglio creare nuovi legami, mi bastano le conoscenze che ho. " Sentii improvvisamente la porta bussare - Dio! Lasciami in pace! - esclamai io sbuffando, credendo fosse mia madre. - No. Sono solo io! - ed ecco lì il ragazzo dagli occhi oceano, Michael. Mi chiesi cosa ci facesse a casa mia. - Tua madre mi ha fatto entrare... Ti dispiace? - aggiunse lui chiudendo la porta, poi si avvicinò di più. Io chiusi immediatamente il diario e lo rimisi nel cassetto del comodino. Poi abbassai il volume della musica. - Sì, mi dispiace. E come fai a sapere dove abito? - - Ho provato a seguirti, poi mi sono perso... Ma poi ho visto la tua moto qui davanti, quindi... - si mise a ridere. Non era affatto divertente invece. Pareva uno stalker. Un bellissimo stalker.... Oh, ma cosa diavolo sto dicendo?! - Che cosa vuoi? - - Solo restituirti questo. - Mi porse un libricino rosso e lo riconobbi subito, era il mio libro di Biologia, così lo afferrai e per sbaglio sfiorai leggermente la sua mano. Aveva la pelle così liscia e morbida... Di nuovo, mi sentii come in una bolla. Rabbrividii. - Come fai ad averlo? - gli chiesi, cacciando via i miei pensieri sulla sua pelle. A dir poco, bizzarro. - Ti è caduto dallo zaino, prima... Ma non ho fatto in tempo a ridartelo lì visto che sei corsa via. - - Ah ok. - - Grazie? - - Scusami? - - Beh, mi aspettavo un "Grazie Michael, sei stato gentile a venire a casa mia per restituirmi un libro! " - - Ah... B-beh, grazie. - - Va meglio! Va bene, io ora vado a casa... - parlò. - Senti, ti piacerebbe uscire venerdì sera? E non è un appuntamento. Solo un'uscita tra amici! - proseguì lui. Le sue guance si arrossarono lievemente. Ci pensai un attimo, non sapevo proprio cosa dire, poi mi decisi. Dopotutto non eravamo neanche amici. - No scusa. Mi spiace ma ho da fare... - E sinceramente non mi pentii del tutto di averlo detto, perché ripeto, non volevo creare nuovi legami. - Ah, e che devi fare? - chiese Michael alzando un sopracciglio. Probabilmente si era accorto che mentivo. - Devo andare a visitare dei parenti. - affermai io, e pensai di essere stata abbastanza convincente. - Va bene. - esitò un attimo poi riprese - Io devo andare veramente, ora. Ci vediamo! - e uscì dalla stanza senza degnarsi nemmeno di un sorriso. Così mi sdraiai di nuovo sul letto finché non sentii la porta scricchiolare. Per un attimo, credetti fosse di nuovo lui. - Un nuovo amico? - chiese mia madre sedendosi sui bordi del letto. - Uno che ho conosciuto prima. - - Ok... E come mai è venuto? - - Mi ha restituito il libro di biologia... Mi era caduto e non me ne ero accorta. - - Ah, ci ha messo un bel po' per restituire solo un libro! - - Abbiamo anche chiacchierato un po', poi è dovuto andare . - - Ahh. Sai, è un bravo ragazzo! Allora... Restituisce i libri, è stato gentile con me e tuo padre quando è entrato... - - Cosa intendi dire? - cominciai sul serio ad innervosirmi. - Beh, che magari potreste uscire insieme... Senti, non esci con un ragazzo da un bel po'... - - Mamma!- - Elle! Magari potresti fare nuove conoscenze... - - Non voglio. - - Ma... Ti farebbe bene! - - Tu credi che forse mi farebbe bene, ma credimi io sto meglio così. - alzai un poco la voce. - O-ok... Io, io vado a fare la spesa. - disse con un tono di arresa. - Ti serve qualcosa? - aggiunse poi. - No. - risposi seccata, lei annuì e uscì dalla stanza con aria dispiaciuta. Era passata una settimana dal giorno della mia iscrizione ai corsi di fotografia, e quello era il primo. Ero abbastanza agitata. Mi alzai un po' contro voglia e mi preparai velocemente, poi scesi di sotto e trovai attaccato al frigorifero un post-it con un messaggio dai miei genitori : " Elle, abbiamo deciso di visitare zia Caroline, non è in ottime condizioni... E visto che oggi hai il corso, non volevamo disturbarti. Torneremo verso le 5 di pomeriggio. Scusaci tanto. Fai la brava! - mamma e papà " Ottimo! pensai. Almeno sarei potuta uscire senza dover chiedere permesso. Presi uno yogurt al cocco e uscii, stavolta non volevo andare a scuola con la moto così mi incamminai, gustandomi lo yogurt. Dopo una decina di minuti arrivai davanti la scuola, sempre piena di studenti che chiacchieravano, o fumavano, o facevano scherzi ecc... Insomma, tipiche cose del Liceo. Andai a buttare la scatoletta dello yogurt in un cestino. - Ehi Elle! - mi venne incontro Phoebe, seguita da Abby e Shirley. - Ciao! - dissi io e intanto notai che tutti si erano girati a guardare verso il parcheggio - Ma che succede? - chiesi. - C'è un nuovo studente! - disse Shirley con aria eccitata. - Spero solo che sia carino visto che qui la maggior parte dei ragazzi non hanno un bellissimo aspetto... - aggiunse Abby, poi ridacchiò facendo così ridere anche Shirley e Phoebe. Io invece rimasi in silenzio e anche se non c'era niente da ridere, secondo me, sforzai comunque un leggero sorriso... Giusto per non sembrare troppo una statua. Poi mi girai verso il parcheggio anche io, e tra la folla che si era un po' riunita, intravidi un ragazzo dai capelli castani dorato. Vidi solo quello, finché la folla di studenti gli fece spazio per passare, ed io lo vidi meglio. Lo riconobbi subito dagli occhi blu e da quel sorriso allegro e spensierato; Michael. - Quindi è lui il nuovo studente... - dissi tra me e me. Il ragazzo alzò la testa e si guardò un attimo intorno, poi posò lo sguardo su di me. Continuò a guardarmi mentre avanzava, ed io mi sentii anche un po' in imbarazzo, poi mi sorrise dolcemente. Io ricambiai, o almeno ci avevo provato, e poi la campanella suonò, interrompendo quel bel momento, così mi diressi in fretta in classe perché non volevo rivolgergli parola dopo la figura da bastarda che avevo fatto la settimana prima. - SILENZIO! - gridò la professoressa di francese, e così fecero tutti. Da un momento di chiasso, la classe si ritrovò immediatamente in un momento di silenzio tombale. Dopotutto solo così si poteva fare con la prof. di francese, Mrs. Renèe Girard. Tutti dovevamo rispettarla e fare quello che diceva lei, altrimenti ci saremmo beccati una nota sul registro, che lei firmava sempre con la sua penna rossa con il tappo a forma di un fiorellino bianco. Così femminile e da santarellina, che poi santa non era. Ma comunque era così che le piacevano le cose. Fiorellini, gonne a tubino... Tutto dannatamente femminile! Lo sguardo gelido della prof. cercava una nuova vittima, ovvero uno studente da interrogare. La prof. posò lo sguardo sui banchi in fondo, - Wilson? Sei tu..? - chiese lei indicando qualcuno, così mi girai e vidi Michael seduto in uno dei banchi in fondo all'aula. - Sì, sono io. - rispose Michael. - Bene. Vieni qui che ti interrogo. - esclamò lei, così Michael si alzò un po' rigido e raggiunse la cattedra dove c'era seduta la prof. Era strano il fatto che lo interrogasse subito, dopotutto era il suo primo giorno. Chissà se si era già preparato giorni prima, ma se non fosse stato così, avrebbe preso una insufficienza. Così lei cominciò a fargli domande, e lui rispose bene nella maggior parte. Il suo francese era così fluente che sembrava avesse vissuto lì per anni. La prof. Renèe gli chiese di presentarsi, e così lui fece, ma io ero troppo concentrata ad ammirare i suoi occhi da non fare caso a ciò che diceva. Durante l'interrogazione notai che Michael non era per niente agitato, e anzi sembrava contento. Vidi che la maggior parte degli altri alunni si guardavano tra di loro e bisbigliavano qualcosa oppure fissavano Michael a bocca aperta. Che fosse per il suo fascino, o per il modo in cui affrontò l'interrogazione? - Sicuramente non una insufficienza!- disse Mrs. Girard scrivendo sul registro. - Grazie. - rispose Michael, poi si girò verso di me e mi fece l'occhiolino. Ritornò al suo banco. Io arrossii. Come poteva farmi quell'effetto? Dopo le prime lezioni, andai verso la mensa. - Elle! - sentii qualcuno chiamare il mio nome, una voce maschile e molto familiare, così mi girai di scatto e vidi Michael Wilson venirmi incontro tutto sorridente, come sempre d'altronde. - Dimmi. - gli dissi io, prendendomi una ciotola di macedonia. - Non conosco nessuno... E quindi, mi chiedevo se posso pranzare con te... - Lo guardai un attimo. - Vieni. - gli risposi, dopotutto mi faceva pena lasciarlo mangiare da solo, così lo invitai al mio tavolo con Phoebe, Abby e Shirley. - Sei una ragazza popolare, eh? - mi disse lui, mentre mi seguiva accanto. - No, per niente. Perché? - - Frequenti Phoebe Smith! So che lei è una delle ragazze più popolari. Una specie di reginetta...- - E quindi? Sì, lei è popolare... Ma non stiamo in Means Girls, dove reginette del ballo e reginette dei cessi stanno separate! Non stiamo in quel tipo di Liceo... - lo guardai ridacchiando. Era la prima volta che ridevo davanti a lui. Lui annuì - Wow. "reginette dei cessi"! - esclamò. Risi, seguita da lui. - Ehi! Sei quello nuovo! - esclamò Phoebe, facendo cenno a Michael di sedersi accanto a lei, lui esitò un attimo poi si mise a sedere. - Allora, che ci dici di te? - gli chiese Abby, affondando i denti in un tramezzino al tonno. - Ho 18 anni. Il mio secondo nome è Patrick... E vivo con mia zia Janeth. - Lui sorrise con mezza bocca, poi posò gli occhi su di me - E tu? - - Io cosa? - risposi con un tono sorpreso, perché infatti non avevo capito bene il motivo di quella domanda poiché durante la loro conversazione io stavo pensando a cosa fare di pomeriggio dato che i miei genitori erano fuori. - Tu che mi dici di te, Elle? - - Uhm... Non so... - - Maddai! Dimmi il tuo secondo nome, le tue materie preferite, cosa vuoi fare da grande... Roba così. - Phoebe, Abby e Shirley avevano gli occhi puntati dritti su di me e mi sorridevano come per dire "Dai su parla!!". Ed io non potevo non rispondere e rischiare di fare la figura dell'imbranata, così mi decisi a parlare. - Il mio secondo nome è Michelle... Le mie materie preferite sono Letteratura e Arte... E da grande voglio fare la fotografa. - ammisi. - Wow la fotografa! - esclamò Michael. E notai un po' di stupore sul suo volto... Forse pensava che io da grande volessi fare la modella? Beh, no. - Che c'è? Credevi che volessi fare la modella? - gli chiesi piuttosto irritata. - No, affatto. Solo che non pensavo ti piacessero fare le foto! - E nonostante io ero un po' arrabbiata, lui si dimostrò indifferente. Insomma non era né agitato, né nervoso. E questo mi colpì particolarmente visto che di solito nessuno sopportava il mio carattere duro, ma lui... Lui era diverso e sembrava capirmi. - Cioè, sapevo che sei la tipica ragazza d'arte... - aggiunse. - Che intendi dire? - - Intendo dire che... Beh... - Ma la campanella suonò, interrompendo la nostra conversazione. Mi alzai e presi lo zaino. - Nulla. - sentii Michael, e lo guardai interrogativa, lui scosse la testa e si alzò, poi se ne andò via dirigendosi verso la palestra. Anche quella volta, non si girò neanche, e non mi salutò. Forse avevo sbagliato io? Ma cosa avevo fatto di male per farlo arrabbiare? Tutte le volte aveva sempre avuto un gran sorriso stampato in faccia, e vederlo in quel modo... Era stato un po' strano.

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