Someone like you

di Reo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dear Federico, ***
Capitolo 2: *** Happy Ending ***
Capitolo 3: *** D-love ***
Capitolo 4: *** Last party ***



Capitolo 1
*** Dear Federico, ***


Federico,

Ho cercato il modo per iniziare al meglio questa lettera. Ho provato con il solito "Caro Federico" ma era formale, distaccato. Come ti può essere cara una persona e salutarla come saluteresti chiunque? Tu mi sei stato caro come il sole al mattino presto, il sorriso di una persona che non vedi da tempo, le coperte sfatte, suonare al pianoforte quando è notte fonda, come se tutta la città fosse sospesa e l'unico suono sono le tue dita su i tasti. 
Ti scrivo perché ho saputo la notizia: finalmente ti sposi, avrei voluto tanto scriverti semplicemente "congratulazioni", ma ho il cestino pieno di bigliettini cancellati a metà: scritti con parole che non sembrano neanche le mie. Una sola cosa che ho continuato a scrivere in tutti quei biglietti falsi era vera: che ero felice per te. Perché è vero, sono incondizionatamente, devotamente, appassionatamente felice per te. Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato prima o poi. Sono ormai due anni che non ci sentiamo. Due anni che i miei occhi non incontrano i tuoi. Due anni che non abbasso lo sguardo perché non posso reggere il confronto. Vorrei sempre poterti guardare di nascosto, come attraverso ad una tenda, mentre sorridi al mondo, mentre qualcuno ti ruba una risata, quando i tuoi occhi si perdono nel vuoto, ed io mi perdo con te. 
Sono due anni che ci siamo lasciati quella mattina di ottobre. Non dimentico come per ripararci dalla pioggia improvvisa siamo andati sotto la galleria, vicino allo stesso ponte dove mi dicesti tempo prima che la mia voce non era bella solo quando cantavo, ma sempre, anche quando litigavamo, per te la mia voce era come la musica. A volte non riesco ad ascoltarmi mentre parlo: mi vieni in mente tu, e assumo quell'espressione che le persone che mi conoscono da poco pensano sia "assorta", ma chi mi conosce da un po' sa a cosa, o meglio a chi, penso. 
Ricordo le parole che ci rivolgemmo, il saluto un po' frettoloso, sapevo che avevi fretta di andare via, dovevi tornare da lei. Mentre tornavo a casa quella mattina, incontrai anche Alessandro, quel tuo amico un po' stravagante, pizzetto e strani cappelli, mi ha dato una pacca sulla spalla, e mi ha detto che quella sera facevano una festa da un amico, mi ha chiesto se mi andava di venire, ci saresti stato anche tu e Giulia, e lì presi la decisione di andare via. Capì che se restavo ci sarebbero stati tanti di quei momenti, ed io volevo chiudere una volta per tutte con te. Mi dispiace di averti fatto parlare tanto quella mattina e di non averti detto nulla in cambio, ero devastato, sapevo che non poteva esserci futuro tra di noi, e comunque prima di quella mattina non ci eravamo visti per ben due mesi. Era naturale, comprensibile, ma ti ho amato con il mio cuore, la mia mente, e la mia anima, e nessuno dei tre era disposto a perdonarti. 
Le ragioni logiche per cui tornavi con lei, gli anni che avevi passato con lei, e che non potevi cancellare. Io seguo le ragioni del sentimento, quei mesi passati con te, una manciata appena rispetto alle esperienze fatte con lei, io li porto come un marchio sulla mia pelle. Altri hanno provato a toccare i punti che in cui hai tracciato il tuo percorso, altri volevano baciare lì dove ancora ci sono i fantasmi dei tuoi baci. Non gliel'ho mai permesso a nessuno, sono diventato avaro con l'amore. Ho imparato a rivolgere tutto quello che potevo su di me, sugli amici, ma ho chiuso per molto tempo le porte all'amore. Io che canto d'amore, che scrivo d'amore, ho lasciato l'amore in un angolo, e ho pensato a me per un po'. 
So che hai chiamato quasi un anno fa quella mia vecchia amica per avere notizie di me, me l'ha detto qualche giorno fa, perché pensava fosse acqua passata. E perciò sono qui a scriverti una lettera. Non perché voglia rinfacciarti qualcosa, sono stanco di farlo, ma per spiegarmi. 
Sono andato via senza dirlo a nessuno, di nascosto, perché io non potevo restare in una città di fantasmi, dove tutto mi urlava di te e nessuno era te. Così ho preso quel che potevo e sono venuto qui, in questo paesino dimenticato dalla civiltà vicino a dove sono cresciuto. Ed ho principalmente scritto e cantato la maggior parte del tempo. 
Descrivono bene questi due verbi questi due anni, ho scritto di te, ed ho cantato per te, anche se tu non c'eri. 
Mai ho dato l'illusione a qualcuno di esserti indifferente, tu sarai sempre nel mio cuore, lontano, o vicino, una parte di te, vive, respira, e si nutre di me. E' la parte che allarga ogni giorno di più la ferita, ma è la parte che mi fa andare avanti, che dona bellezza al mondo. 
Sono stato fortunato ad averti per quei mesi nella mia vita, anche se adesso essa ne è sconvolta, ma va bene così. 
Ti starai chiedendo se ho intenzione dopo tutto questo discorso di arrivare al dunque, o se ci sia un filo logico in tutte queste parole. La verità è che sono stanco, immensamente, consumato dai ricordi, e da te. 
Voglio svegliarmi una mattina e sorridere del tuo ricordo, non piangere.
Ho sognato tante volte di svengliarmi con il tuo sorriso come buongiorno, invece mi svegliavo cercando il tuo corpo tra le coperte, e l'unica cosa che trovavo erano lenzuola e la tua mancanza. 
Ho creduto per un po' con il nostro amore non sarebbe mai davvero finito, che ogni tanto guardando la tua ragazza avresti pensato a me, ho quasi sperato, e pregato, che i suoi baci toccassero quei punti in cui ero stato io ma non potessero sostituire le mie labbra. 
Ma dopo un po' il pensare, sperare, pregare mi ha divorato completamente, finchè non ho realizzato piano piano che io non mi appartenevo più. Sono appartenuto a te, e poi al tuo fantasma. E dovevo rimettermi a nuovo, reinventarmi, ritrovarmi. E' stato difficile, lo è ancora. Ma come si può dimenticare qualcuno che ti ha fatto sentire completo per la prima volta? Io non capisco come facciano le persone a cercare conforto nelle braccia altrui, quando le uniche braccia che vogliono sono ben altre. 
E' passato tanto tempo, tu probabilmente sarai un'altra persona, ma io sono ancora, senza la mia volontà, innamorato di me. 
Ma sta volta non scapperò. 

Sinceramente tuo,
Michael. 











A chi magari si starà chiedendo il perchè abbia scelto un modo così inusuale di iniziare una fanfiction, posso dire solo che sto sperimentando. Sì, forse mi pentirò della scelta, ma onestamente questa storia era partita con l'essere un'ennesima oneshot, per poi sul finire trasformarsi in una long. Ne sono rimasta io in primis sorpresa, perché onestamente io non sono molto dentro il tema "matrimonio in corso", però stavo ascoltando "Someone like you" di Adele e mi è partito il tutto, anche un po' per sfogo. Volevo la rivincita dei cuori infranti, il confronto tra chi è stato lasciato e tenta di andare avanti e chi avanti ci è andato ma mai del tutto, e così non mi sono fermata. 
Spero possa piacere quasi quanto a me piacerà scriverla, e non ho la più minuta idea di quando finirà, forse durerà cinque capitoli, forse di più, l'importante come sempre è che sia un buon lavoro, e dare da mangiare alla bestia (Aka la mia innaturale pigrizia). 
Grazie a chi è riusciuto a seguire fino a qui, soprattutto perché sono una persona che trascina tutto quel che tocca nel no sense. 

Grazie a tutti quelli che leggeranno, seguiranno, in ogni caso resteranno qui per il seguito. 
Un bacio forte.

 

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Capitolo 2
*** Happy Ending ***


Someone like you 

Capitolo I 

Happy ending



Federico si accese l'ennesima sigaretta della giornata. Era appoggiato contro la ringhiera del minuscolo balcone che dava sul cortile interno della casa di Alessandro, per gli amici e quando voleva considerarsi "artista", J-Ax. Casa di Alessandro era un porcile, sempre caotica, sempre piena di gente, rumorosa, sporca, piena di strumenti, e vecchi cd: praticamente il paradiso di Federico, il quale ormai passava più tempo a casa dell'amico, che a casa propria. Sarà perché ormai con Giulia era un litigio continuo anche sulle questioni più banali, sarà perché questa storia del matrimonio lo stava stressando nonostante mancassero ben sette mesi alla data scelta. E che si sentiva sempre più incastrato tra inviti, bomboniere, primi, dessert, locali, chiese, tutte cose che ai suoi occhi erano superflue, ma che parevano per la sua ragazza di vitale importanza. Certo, anche per lui doveva essere un giorno speciale, ma davvero dei centrini del tavolo non poteva importarsene di meno.
Allora aveva iniziato ad usare come scusa il dover lavorare con Alessandro, di dover comporre qualche pezzo, problemi con il locale, e via dicendo. Giulia così presa dalle nozze non gli dava neanche più retta prendendo le decisioni per entrambi liquidando la volontà del fidanzato con un semplice "tanto a te non interessa comunque", e a Federico non poteva calzare più a pennello quella frase. 
L'unico che scuoteva la testa ogni volta che ne sentiva di più di questa storia era Alessandro in persona, che sì, offriva all'amico la sua casa ogni volta che si presentava alla porta, ma ripeteva come un mantra "ma allora perché ti sposi?", Federico aveva cambiato più volte risposta finché non aveva raggiunto un compromesso con se stesso: "Perché con lei ho raggiunto la serenità". Ed era vero, Giulia era la sicurezza, un futuro certo, il resto per lui era solo fumo. 
Ma Alessandro non era convinto, e ogni volta tentava di aprire il discorso con l'amico, sentiva solo una marea di scuse e invenzioni fantasiose, e alla fine per quieto vivere lasciava cadere l'argomento, tanto era sicuro che non sarebbe durata. Forse era il peggiore tra gli amici a dirlo, ma lui aveva visto come Federico si comportava quando teneva a qualcosa, e non era quello il caso. Con tutto il bene che Federico voleva a Giulia, il loro era più un rapporto abitudinario, che uno carico di passione, ma a loro sembrava andasse bene così. 
In quei due anni in ogni caso, Federico aveva preso ben altre decisioni, aveva aperto un locale insieme ad Alessandro, un po' discoteca un po' sala concerti, un po' luogo di ritrovo. Era il suo mondo, il suo regno, le sue fatiche erano concentrate in quel locale, e gestire quelle quattro mura, vedere cantanti esibirsi sui palchi, le feste, le serate, il divertimento, gli davano una gran soddisfazione. Era come se tutte quelle emozioni lui avesse contribuito a renderle possibili, e questo lo spingeva a voler ampliarsi e migliorarsi sempre di più. 
Ma mai aveva rinunciato al suo vero sogno, scrivere testi, rappare, erano sempre state cose che gli altri avevano preso in giro, un po' perché lo ritenevano più un hobby, un po' perché Federico stesso non aveva mai avuto il coraggio di buttarsi in quel mondo. Però qualcosa era cambiato in quei mesi: aveva buttato giù qualche strofa, parecchie anzi. Aveva aperto il suo locale ai giovani rapper emergenti, per fare in modo di consacrare un circolo da cui iniziare, e piano piano stava costruendo qualcosa. Per lui non era troppo tardi. Di conseguenza la scelta di sposare la sua ormai eterna ragazza gli era parsa logica, era la ciliegina sulla torta, era il suo processo di maturazione, e crescita. Ora che aveva introiti sicuri con il locale poteva crearsi una famiglia, ed inoltre Giulia approvava la sua scelta di fare rap, perché comunque sapeva quanto ci teneva e che lavoratore sapeva essere al momento necessario. Perciò tutto sommato quello era un periodo "buono" della sua vita, in cui le cose sembravano andare a loro posto,  e tutto filava liscio. 
Anche se qualcosa nel suo piccolo, gli faceva capire che non tutte le cose stavano andando al verso giusto. In cuor suo sapeva di aver rimandato un qualcosa per tanto tempo, ma ora non aveva forza per affrontarla, e si era ormai rassegnato ad andare così, senza risposte. 
Perché a giornata finita, ma anche quando passeggiava da solo, oppure quando in una particolarmente allegra con gli amici, gli veniva da chiedersi dove fosse lui, cosa stesse facendo, con cui stesse, come stesse. 
Queste domande lo avevano spinto un anno prima a chiamare una sua vecchia conoscenza, anche se erano mesi che non la sentiva per chiedere notizie di lui, di Michael. Ma a quanto pareva non avrebbe avuto nessun genere di informazione, Michael era sparito. Certo, lui era la persona che meno di tutti poteva avere il diritto di sapere qualcosa sul suo conto, ma sparire così? Non era l'unico che si chiedeva dove fosse, ma sicuramente era uno di quelli che ci pensava di più. Le persone che prima conoscevano Michael erano rimaste sorprese se non offese di come lui aveva preso tutto ed era andato via senza salutare ne avvertire nessuno, da una parte incolpavano Federico, ma dall'altra erano straniti di non avere mai avute notizie su di lui in due anni. 
I pochi che gli erano vicini o si erano trasferiti in paesi lontani, o avevano quasi tagliato i ponti con Federico, e nonostante diverse discussioni in cui avevano giurato di non avere niente contro di lui, non avevano mai più ripreso i rapporti. Come in una sorte di punizione, una totale chiusura di quella parte della sua vita,  di quei sette mesi con Michael. 
Tornando al tempo presente, mentre Federico spegneva la sigaretta contro una crepa sul muro, e rispondeva sarcasticamente al commento scocciato di Alessandro su quanto fumasse, si chiese ancora una volta che fine avesse fatto Michael, e se lo avrebbe mai rivisto. 
 
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Victoria storse il naso guardando fuori dal finestrino del pullman. Mal sopportava quel mezzo affollato e perennemente in ritardo quando doveva tornare a casa dopo il lavoro. Eppure da un paio di mesi con la macchina ormai deceduta, e impossibilitata a comprarne una nuova si stava lentamente abituando a vivere tramite i trasporti pubblici. Tanto alla fine se si arrabbiava e sbatteva i piedi la situazione non cambiava, le ristrettezze economiche c'erano sempre. Amava il suo lavoro, il giornalismo era la sua passione e da quando aveva iniziato a lavorare per un giornale online ed era stata notata dal giornale locale, e si occupava di servizi sulla cronaca cittadina e gli eventi mondani e culturali. Doveva essere sempre informata sulle nuove iniziative, e il suo cellulare squillava in continuazione, ma tutto sommato era felice, stava seguendo una strada, e piano piano con la determinazione che la caratterizzava, avrebbe raggiunto i suoi obiettivi. 
Proprio in quel momento il suo cellulare vibrò, presa alla sprovvista Victoria sussultò e lo prese convinta di un qualche solito messaggio sugli orari di qualche mostra, o forse un amico, o disse tra se se sperandoci sul serio fosse qualche messaggio da Alessandro. 
Ciao Vicky,so  non ci sentiamo da qualche giorno, scusa sono stato molto, come dire, impegnato. Vengo a trovarvi in settimana, passo per risolvere delle questioni, sono ospite da Elio. Non vedo l'ora di rivedere te e Morgan! 
Victoria guardò qualche secondo stranita lo schermo del cellulare, alternando le parole che vedeva scritte al mittente. 
Conosceva quel numero e sapeva esattamente di chi si trattava, ma comunque si prese qualche secondo prima di rispondere semplicemente: 
Michael Holbrook Penniman Junior, sei il peggior pezzo di merda del mondo. 
Ma mentre scriveva Victoria non poteva fare a meno di sorridere, e le vecchiette che la guardavano impazzita perché sorrideva a vuoto potevano farsi tutti i film mentali che volevano. 
 
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Michael stava prendendo le ultime cose: da quando aveva firmato e spedito la lettera erano passati un paio di giorni. Era stato deciso tutto di fretta e furia quando Skin l'aveva chiamato per sapere come se la passava e parlando del più del meno gli aveva detto dell'imminente matrimonio di Federico. Michael aveva sentito farsi le spalle pesanti ed era rimasto qualche secondo immobile fermo in mezzo alla strada mentre tornava a casa totalmente in silenzio. Skin come suo solito aveva continuato a parlargli offrendogli dettagli, e altre notizie. Michael era rimasto bloccato sul fatto che Federico, lo stesso Federico che lo tormentava nei sogni e lo aveva seguito come un'ombra per due anni, si sposava. Non sapeva come sentirsi, da una parte aveva accettato il fatto che tra lui e Federico la storia era ormai finita da un pezzo, e che poteva solo andare avanti, come l'altro aveva fatto. Ma la prova tangibile che Federico era andato davvero avanti, ora era lì davanti a lui. 
E mentre si perdeva nei suoi pensieri, Skin gli aveva chiesto con voce stranamente timida di non arrabbiarsi se lei solo in quel momento gli diceva una cosa. 
Michael aveva sussurrato un lieve "certo, non ti preoccupare", e Skin aveva ammesso che un anno prima Federico l'aveva chiamata, e senza troppi giri di parole aveva chiesto di lui. 
Michael non sapeva ora davvero cosa pensare: le due notizie combattevano tra di loro provocandogli sentimenti contrastanti. Se da una parte il desiderio di chiedere perché non glielo avesse detto nonostante tutte le chiamate, e le volte in cui si era sfogato con lei sull'argomento un po' lo infastidiva. Dall'altra pensava sempre che era giunto il momento di chiedere una volta per tutte con questa storia, ed immaginava fosse questo il motivo per cui Federico volesse chiamarlo, alla fine lui non aveva fatto altro che scappare da tutto e tutti, ed era giunto il momento di affrontare la vita faccia a faccia. 
Aveva liquidato velocemente Skin che si stava prodigando in scuse e implorava il suo perdono ed era corso a casa sua, finalmente consapevole di cosa doveva fare. 
Adesso invece Micheal non poteva far altro che pensare che non poteva tirarsi più indietro, non che volesse ma era tutto così strano, ora che stava per vedere lui e parlargli si ritrovava come a dover parlare ad uno sconosciuto. Perché lui non sapeva ora come ora lui fosse, e stesse, se i suoi tatuaggi fossero aumentati, se si fosse tolto i piercing, se anche una microscopica parte della sua personalità fosse cambiata, magari era diventato più scostante, o almeno nei suoi confronti, più freddo. Eppure nonostante tutte quelle domande lui voleva vederlo, e gli voleva parlare, anzi doveva farlo. 
Così chiuse la minuscola valigia che aveva deciso di portare, giusto per una settimana o anche meno, spense le luci, e chiuse la porta. Trattenendo il respiro mentre scendeva le scale per arrivare all'ingresso. Mentre apriva il cancello non poteva far a meno di pensare che nel bene o nel male dopo quel viaggio niente sarebbe stato più come prima. Anzi se lo promise. 







NOTE FINALI: 
Devo ringraziare tantissimo chiunque abbia recensito ll prologo di questa storia, e spero che questo capitolo vi piaccia. 
Insomma questo è un capitolo un po' di passaggio, e non ne sono soddisfatta a pieni voti. Il perché è molto semplice: non vedo l'ora di avere un'ora o due di tempo libero per scrivere decentemente i prossimi capitoli. Spero tanto che passata la bufera di compiti ed interrogazioni riesca a trovare un po' di pace. 
Per quanto riguarda noi invece, ci vediamo al prossimo capitolo a data da destinarsi! 

Un bacio fortissimo. 

P.s: Colgo l'occasione per diffondere come se fosse il verbo di una religione: 
http://slashfactor.altervista.org/website/index.php 
Praticamente tutto ciò che vi serve per partire definitivamente per l'inferno Midez, ma con biglietti di prima classe. 
 

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Capitolo 3
*** D-love ***


Someone like you. 

Capitolo 2 

D-love
 

Due anni e otto mesi prima


Federico spingendo la porta per poco non cadde addosso ad una coppietta che avevano ben pensato di stare a baciarsi in corridoio: leggermente infastidito tentò di individuare nella folla il suo gruppo di amici. Sperava che il pizzetto e la testa calva di Alessandro spiccassero tra la calca di persone, ma per fortuna fu la testa per metà corvina e metà lasciata grigia di Morgan a venirgli in aiuto. Si fece largo fino a raggiungerli ed una volta arrivato Victoria gli fece spazio. 
- Ma insomma due ore di ritardo! Stai migliorando, Fede. - Alessandro, berretto in testa a dispetto del bon ton, gli rivolse quel tipo di sorriso che Federico sapeva interpretare con "Ho grandi notizie da riferirti". 
- Ho finito tardi di lavorare, scusatemi. - 
- Dici sempre così, tanto lo sappiamo che ti sei addormentato di nuovo. - Victoria conosceva più che bene le abitudini del suo amico e non aveva peli sulla lingua. 
Morgan come sempre stava in un angolo con il suo solito drink in mano, solo che invece di avere la solita espressione assorta, era impegnato in una conversazione con Elio e un'altra ragazza. Federico fece un cenno di saluto ad entrambi e tese la mano per stringere quella della sconosciuta, solo che non riuscì a sentire il nome perché distratto dal fiume di parole di Victoria: la ragazza era appena arrivata in italia e non parlava benissimo la lingua, lavorava in un locale come Dj e si erano conosciute perché l'inquilino di Elio aveva lavorato con lei. Così Victoria la presentò ad alta voce, ma tirando Federico vicino a se gli sussurrò che era una tipa pazzesca e senza freni inibitori, oltre ad essere una cantante straordinaria, quanto pazza. 
- Beh almeno lei non si nasconde la testa rasata, o sbaglio Ale? - 
Per risposta Alessandro gli diede una pacca ben assestata sulla spalla, proprio dove sapeva che aveva il nuovo tatuaggio. Federico sputò fuori una parolaccia, mentre tentava di sfilare il cappello ad Alessandro, e Victoria tentava di fermare entrambi perché al centro della contesa. 
Senonché Morgan si schiarì la voce pronunciando le parole che Federico sperava di evitare per tutta la sera: 
- Ma allora è vero che la Giulia ti ha mollato? - 
Calò il silenzio nella cerchia di amici: Federico si gelò sul posto, e si guardò attorno come se cercasse le parole adatte e giocherellò con il bordo del tavolo imbarazzato. 
- Sì, ci siamo lasciati. - 
- Io so che ti ha lasciato lei. - Non che Morgan fosse cattivo ma gli piaceva mettere un po' il dito nella piaga, ma solo un pochino. 
- Beh sì, mi ha lasciato. Ha detto che voleva provare esperienze diverse, ed io non ho potuto dire niente in contrario. - 
Victoria gli strinse un braccio e gli disse che le dispiaceva sul serio, ma che doveva guardare avanti, perché come lei anche lui doveva e poteva fare nuove esperienze. 
Alessandro sbuffò e dopo aver preso un sorso di birra, disse: 
- La migliore notizia che ho sentito da giorni. - 
Tutti sembravano un po' sconvolti dall'affermazione, ma Federico aveva già sentito molte volte quel discorso: 
- Insomma siete stati insieme dal secondo anno di liceo, magari i primi tempi c'era anche un non so che cosa tra di voi, ma già dalla fine delle superiori dovevate lasciarvi: siete rimasti assieme per anni solo per abitudine, e sono contento che almeno uno dei due abbia avuto il cervello e le palle di capirlo. - 
Federico fulminò con lo sguardo Alessandro, ma era inutile a stare a discuterci, aveva ragione in un certo senso. 
- Sicuro non dovrò più preoccuparmene ora, sta già uscendo con un altro. - 
- Ha fatto presto. - notò Victoria. 
- Si capisce che per lei non contava un cazzo sta storia. - aumentò la dose Elio. 
Federico si limitò ad alzare le spalle ed ordinare una birra anche per se, mentre tentava di trovare un altro argomento di conversazione. Per fortuna gli venne in aiuto la ragazza anonima. 
- Elio, ma Michael non doveva venire anche lui due ore fa? - parlò con un forte accento inglese. 
- Mah come il signorino qua, anche lui aveva da "lavorare". - 
- Guarda che Michael ha davvero la scuola serale, mica dorme. - venne in difesa Victoria, e Federico finse di prendersela platealmente. 
- Boh, poi arriverà, magari gli faccio uno squillo dopo. - 
Ma dopo un paio di birre il sopracitato Michael era stato dimenticato, e tutti discretamente alticci. 
Federico alternava momenti di malinconia, a momenti di estasi. Le parole di Victoria avevano fatto breccia nel suo cuore: era vero, ora senza Giulia si sentiva in un certo senso libero. E la vita si apriva davanti a lui in un modo diverso. Era vero anche che aveva perso una persona importantissima per lui: Giulia era stata la sua migliore amica, la sua roccia. Ma calcolando che nell'ultimo periodo avevano principalmente litigato ed erano stati il problema uno dell'altro, forse tutto ciò era inevitabile. Pensava anche al fatto che la decisione di Giulia di lasciarlo, e chiedergli di lasciare casa sua, era stata così repentina perché, come aveva intuito da solo, era da un po' che voleva provarci con il ragazzo con cui stava ora. E forse solo il fatto che era totalmente contraria al tradire l'aveva fermata dal farlo prima. Ora senza Federico era totalmente libera. E così anche lui, che si era scoperto, dopo aver realizzato di essere scaricato per un altro, di non essere per niente geloso. 
Risero tranquillamente per un altro po', poi vide Victoria alzarsi di scatto e saltare addosso ad un ragazzo, seguita dopo dalla ex-ragazza anonima (finalmente aveva capito il suo nome, o meglio soprannome) Skin. Il ragazzo barcollò nonostante l'altezza considerevole sotto il peso delle due ragazze. Ed Elio rise insieme a Morgan prendendoli in giro. 
- Pensa che ci sono uomini che pagherebbero per avere due ragazze a saltargli addosso in questo modo, e tu invece non devi nemmeno chiedere! - scherzò Elio. 
Il ragazzo fu finalmente lasciato libero dalle due, e si sedette tra Elio e Skin esattamente di fronte a Federico, che si mise ad osservarlo: una massa disordinata di riccioli castani, magro con gli zigomi pronunciati, occhi castani, riusciva a sembrare elegante anche se vestito semplicemente. Lo vide ridere ad una battuta di Alessandro che lui non riuscì a cogliere, e vide che rideva in un modo un po' strano, mostrando tutti i denti davanti, e arricciando il naso. Una risata un po' da bambino, e lo pensò anche quando preso in giro da Morgan perché in ritardo mise su un broncio degno del cuginetto più piccolo di Federico. 
Era così preso dalle sue considerazioni che non si accorse che Victoria lo stava presentando. 
Si morse il labbro imbarazzato, e strinse la mano dell'altro ragazzo: 
- Piacere, Federico. - disse sintetico. 
- Piacere, Michael! Elio e Victoria mi hanno raccontato qualcosa di te, dicono che rappi, giusto? - parlava con un accento leggermente straniero ma non forzato. Gesticolava quando parlava, e lo guardava negli occhi tutto il tempo. Federico sentiva il suo spazio personale un po' invaso, ma stranamente la cosa non gli dispiaceva. 
- E' più un passatempo. -
- La musica non lo è mai. - rise Michael, trascinando con se un po' tutto il tavolo. 
- Dovresti cantarci qualcosa a cappella*. - propose Skin entusiasta battendo le mani. 
I madrelingua italiani risero al commento della ragazza, ma Michael sembrava entusiasta quanto lei. 
- Sì! Mi piace un sacco a cappella. - 
Lì scoppiarono a ridere un po' tutti, compresa Skin contagiata più che altro da Elio che era con le lacrime agli occhi. 
- Sì, lo sappiamo che ti piace quella, Michael. - disse Morgan tentando di riprendere fiato tra le risate. 
Michael sembrò molto confuso, e chiese innocentemente: 
- Cosa ho detto di male? Volevo solo che lui facesse un pezzo a cappella. - 
Federico nonostante stesse ridendo come gli altri si sentì un po' in pena per lui. 
- Non ti preoccupare, siamo tra amici, solo non dirlo troppo in giro. Poi ti spiego, magari ti faccio un disegno. - 
Michael un po' imbarazzato si mise le mani sul viso perché un non troppo elegante Alessandro gli aveva spiegato in breve il doppio senso, e la serata continuò piacevolmente con altre battute sull'episodio o in generale. Nonostante ogni tanto Michael chiedesse a Federico di cantargli qualcosa, lui tirava fuori sempre una scusa diversa, e alla fine Michael dovette arrendersi, ma riuscendo a strappare la promessa che prima o poi l'avrebbe fatto.

I giorni seguenti a quella sera proseguirono con lentezza inesorabile per Federico, scanditi dalle lezioni all'università, il lavoro, e qualche bevuta con gli amici. Una processione di vecchi e nuovi amici che si professavano guru dell'amore e pretendevano di sparare a raffica consigli utili per superare la rottura aveva iniziato a girare intorno a Federico che non aveva nessuna voglia di ascoltare, o seguire. Perciò aveva preso la tendenza a interrompere chiunque tentasse di riaprire il discorso utilizzando anche scuse indecorose, tipo con sua madre che ogni volta le diceva di dover finire di studiare, o doveva cucinare, o lavarsi, o era in ritardo, o doveva dormire, o la linea non prendeva bene. Insomma era un figlio orribile, ma tutto era meglio rispetto del dover spiegare a sua madre che a lui la "rottura" non aveva fatto l'effetto che tutti si aspettavano: la verità è che lui si sentiva finalmente indipendente. In tutti i sensi, anche se adesso il suo letto era vuoto, ma la sua vita era completamente mutata, si sentiva come se non dovesse più niente a nessuno, senza litigi, senza giustificazioni. Si godeva la vita come veniva nelle sue piccole cose, come in quel momento: una birra ghiacciata e due amici, sicuramente non i più normali, ma certamente i più sinceri. 
- Ragazzi, devo dirvi una cosa più o meno seria. - disse Lorenzo, l'aveva conosciuto quando lui ormai era al terzo anno d'università e Lorenzo una semplice matricola spaesata, e anche se inizialmente l'aveva bollato come enorme fesso, si era dovuto ricredere. Era sempre un bravo ragazzo, ma forte sia nel carattere sia negli ideali, e gli piaceva la sua onestà e schiettezza. 
Alessandro e lui aveva legato molto bene nonostante la notevole differenza d'età, anche se Alessandro lo riteneva ancora un enorme fesso. 
- Per piacere "più o meno" seria, che hai combinato adesso? - chiese Alessandro schiaffeggiandogli la nuca. 
Lorenzo si grattò la testa facendo delle smorfie mentre cercava di trovare le parole giuste. 
- Ho incontrato una tipa lo scorso mese al raduno dell'uni, mi sono avvicinato, le ho parlato e mi è sembrata una grande stronza. - 
- Era da sola? - domandò Alessandro. 
- Beh, sì, ma che significa... - 
- Era sobria? - 
- Ale, mi stai spaventando. - disse Federico 
- Certo, che era sobria, che intendi dire? - 
- Intendo che qualsiasi cosa tu abbia fatto hai infranto la regola della "S". - rispose Alessandro che sembrava vivamente preoccupato. 
- Ho paura di sapere cosa sia. - Federico per esperienza conosceva molte delle regole dell'amico, e in genere avevano sempre ragione per quanto fossero assurde. 
- Le peggiori in assoluto, quelle con cui la tua vita sarà un vero e proprio campo di battaglia sono quelle che seguono la regola delle "S": Sola, Sobria, Stronza. - affermò Alessandro come se stesse proclamando il principio di non contraddizione di Aristotele. - matematicamente testato. - 
- Ah giusto, tu così hai conosciuto Vicky! - urlò Federico desideroso di far rivivere la figuraccia ad Alessandro. 
- Va bene, non so di cosa voi stiate parlando, ma comunque... mi sa che l'ho infranta di grosso. Dopo che mi ha praticamente umiliato davanti a tutti per il mio modo di provarci con lei, si è scusata, ed ha accettato di venire a prendere un caffè con me, poi ne è seguito un altro, poi una cena, poi cinema, e poi mi ha chiesto di stare insieme.-
- Te l'ha chiesto lei? Beh è intraprendente. - chiese sorpreso Alessandro. 
- Lei è fantastica, matura, intelligente, colta. Insomma parlarci, discuterci per fino mi piace. Poi è schietta, divertente, e bellissima. Ed ha una voce quando canta, che non avete idea. - 
- Qualcuno qui si è preso una cotta schifosa per qualcuno, per favore Ale alziamoci subito. - 
- Lo dici perché sei invidioso, Fede. L'amore giovanile è così puro. - 
- Beh, però c'è un leggero problema, ma nemmeno, è solo una nota stonata. - 
I due si girarono in sincrono verso l'altro intimandogli di parlare. 
- Lei era lì con il gruppo che suonava, e mai avrei pensato che sì, beh, non fosse dell'università, ecco. - 
- E' fuori corso? - 
- No no, niente del genere. - 
- Sta all'ultimo anno di liceo? - 
- Nemmeno. - 
- Lorenzo scusa, ma quanti anni ha questa? - 
Lorenzo rimase un secondo immobile, passando da un volto all'altro dei due amici. 
- Sedici. - 
Alessandro e Federico erano rimasti letteralmente a bocca aperta. 
- Lorenzo, senti sarà anche una bravissima ragazza, e quel che vuoi tu. Ma a sedici anni stare con uno di venti, beh, non so se possa funzionare. - 
Lorenzo si arrossò in viso, preso da un'ira incontrollabile. 
- Ma cosa potete saperne? Io ho ottime intenzioni, e anche voi se la conosceste meglio non direste così. - 
- Non stiamo dicendo che tu abbia cattive intenzioni, ma ammetti che ci sono differenze tra di voi. - 
- Ce ne sono vero, ma sapete cosa vi dico? Fanculo, io ci sto bene con lei, e lei con me, e finché  la cosa dura, per me va bene, non voglio farmi tanti problemi come sempre. - 
Federico aprì la bocca come per dire qualcosa ma Alessandro lo bloccò prima.
- Si capisce che ci tieni. - 
Lorenzo trattenne il respiro per poi sospirare come se si fosse arreso all'evidenza. 
- Non ne avete nemmeno idea. Con lei tutto è semplice, parlare, ridere, pensare, perfino litigare! Non mi sono mai sentito così prima d'ora. - 
Federico guardò l'amico e si chiese se lui si fosse mai sentito in questo modo con Giulia, purtroppo la risposta era che anche nei primi tempi della loro relazioni Giulia l'aveva spinto a migliorarsi, ma mai niente era stato facile tra di loro. 
- Se è così allora fanculo i quattro anni di differenza, come dici tu finché dura, dura. - ammise Federico, alzando le spalle. 
- Beh basta che non dici quelle cazzate alla "non ti preoccupare ti cresco io". - scherzò Alessandro ed i tre risero sollevati. 
- Figurati, lei mi lascerebbe all'istante. - 
- Già mi piace. - rise Federico. 





*Doppio senso scontato ma volevo metterci qualche citazione del nostro malizioso giudice di x-factor ed il suo braccio destro che ama evidenziare ogni bella figura dell'altro (o che ama l'altro, e basta.) 


NOTE FINALI: sarò breve, grazie per tutto e a tutti, spero il capitolo vi piaccia, e scusate il ritardo con l'aggiornamento!

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Capitolo 4
*** Last party ***


Someone like you

CAPITOLO 3:
LAST PARTY

 

Due anni e otto mesi prima, qualche settimana dopo la serata al bar

Alessandro sapeva cosa poteva significare una chiamata urgente da Victoria. L'aveva sperimentato sulla sua pelle, e si era ripromesso che non si sarebbe fatto più fregare. Ma quando lei l'aveva chiamato supplicandolo prima con le cattive poi quasi disperatamente aveva rotto malvolentieri la promessa.
E così si trovava con due buste piene di alcolici, patatine, stuzzichini, alcolici più pesanti, e tovaglioli a salire per la terza volta le scale per casa di Victoria e Morgan, e aveva ancora da salire una decina di buste. Victoria quando doveva organizzare qualcosa lo faceva sempre in grande, perciò Alessandro aveva capito che ci sarebbero stati seri guai quando Victoria annoiata dalla routine dei loro venerdì sera, aveva preso la brillante decisione di dare una festicciola tra amici in casa, traduzione per quanti non la conoscevano: invitare un centinaio di persone schiavizzando il povero Alessandro.
Di norma Victoria faceva tutto da sola, odiava chiedere aiuto, e credeva come alla legge di gravità al detto "chi fa da sé fra per tre", però sapeva di essersi ridotta troppo all'ultimo per l'organizzazione, e ormai tutti sapevano della festa e lei aveva una reputazione da mantenere.
Poi usare Alessandro era diverso, lui si lamentava, ma lavorava, alla fine commetteva anche tantissimi errori che le facevano saltare i nervi, ma chiedeva sempre scusa, e ammetteva le sue colpe. E questa era una delle cose che a lei piacevano di più dell'altro. Anche se avrebbe preferito farsi trafiggere da uno stuzzicadenti da cocktail piuttosto che dirlo ad alta voce.
- Dove devo mettere queste buste? -
- Mmh, lasciale sul divano poi le sistema Morgan. -
- Ma ci stai mettendo sotto fatica tutti, tu cosa fai? -
Victoria lo guardò sinceramente offesa, seduta sul divano con il cellulare che le fumava quasi in mano, lei aveva la parte peggiore in tutto. La parte della comunicazione con gli invitati.
Alla base della riuscita di una festa erano ovviamente quelli che declinavano.
- Alessandro, te l'ho già spiegato. - disse chiudendo gli occhi massaggiandosi le tempie. - Un organizzatore è uno psicologo, un sociologo, un maestro, un filosofo, un matematico, un animatore, ma soprattutto è stressato. In tutto questo io ho a che fare con persone che declinano all'ultimo, altre che vogliono portare decine di persone, parenti compresi. Altre che se viene una persona, non vogliono venire, ma se loro non vengono, altre dieci non vengono insieme a lei. Capisci la confusione a cui io devo dare un ordine? E tu ti lamenti per dover sistemare un paio di bottiglie? -
Alessandro era semplicemente spaventato, e si limitò a sbuffare per poi chiederle:
- Allora perché organizzi sempre eventi, e feste se ti stressa tanto? -
Victoria si alzò dal divano, e poggiò le mani sulle sue spalle, sorridendo amabilmente anche se i suoi occhi volevano incenerirlo.
- Perché questa è la mia droga, il mio mondo, dove posso esprimermi, e condurre il gioco come voglio io senza che nessuno apra bocca. E adesso, potresti passare per il supermercato, ho dimenticato di prendere prima i bicchieri. - gli sussurrò vicino all'orecchio, e Alessandro si volatilizzò per correre al supermercato prima della chiusura, nonostante si volesse picchiare da solo per essersi fatto fregare ancora, anche se doveva ammettere che a lei non poteva negare niente.
Victoria si sedette sul divano, riprendendo il cellulare che non aveva smesso per un secondo di squillare. Stese le gambe sul tavolino, e si aprì una birra già che c'era, pensando tra sé e sé che quando era in forma, a lei non si poteva negare niente.
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Michael non aveva tanta voglia di andare a quella festa, il che suonava strano a tutti quanti lo conoscessero. Una combinazione letale di una settimana piena di impegni, l’ennesima delusione a lavoro, e una litigata con sua sorella a telefono aveva consumato ogni sua voglia di alzarsi e prepararsi, l’unico ostacolo al suo piano di strisciare fino al suo letto e dormire fino a nuovo ordine era l’idea di dover affrontare una Victoria il giorno dopo. Adorava quella ragazza e normalmente era sempre disposto ad assecondare qualsiasi sua proposta, indifferentemente dal grado alcolico in circolazione nel suo corpo, infatti appena saputo della festa era stato il più entusiasta tra tutti. Ma in quel momento non aveva per niente l’umore adatto per darsi alla pazza gioia.

- Michael, sono le nove e mezza, va bene essere elegantemente in ritardo ma così saremo elegantemente picchiati da Victoria. –

- Non è proprio serata, scusa Elio, ma mi sa che sta sera resto a casa. – Elio si portò teatralmente la mano alla bocca:
 
- Oh. Mio. Dio. Tu che non vuoi andare ad una festa, dove potresti divertirti, bere, e duettare fino alle due del mattino con la tazza del cesso? Chi sei tu e cosa ne hai fatto di Michael? – esclamò enfatizzando i “tu”.
Michael ridacchiò scompigliandosi i capelli.

- Anche le regine dei party devono avere una tregua. –

- Sì, ma Victoria te lo lascerà fare tranquillamente, non fermerà la festa, e verrà a sgozzarti se non vieni. Sai che metà dell’intrattenimento della serata sei tu. –

- Come la fai tragica, vado sempre a tutte le feste, ad ogni singola serata, battesimo, e comunione. Sono il primo ad arrivare, e l’ultimo ad andare via. Per una volta voglio restare a casa a riposarmi. –

- E’ successo qualcosa? – chiese improvvisamente serio Elio.

- No, niente di particolare. –

- Senti, non ti voglio forzare ad andare, ma se resti qui, sarà solo peggio. Anche io ho bisogno dei miei momenti da piccolo Leopardi con la luna e le rimembranze, ma so che è molto peggio dopo una settimana di merda restare chiusi in casa a lamentarsi con il cuscino, soprattutto quando ci sono una decina di amici che non vedono l’ora di lasciarti sfogare appena fuori da quella porta. Perciò se ritieni giusto restare qui a limonarti il materasso e cantare i pezzi dei Queen fingendo di essere Freddy Mercury, non ridere ti conosco benissimo, allora fai pure, non ti costringerò a fare nulla. Ma se invece quella parte di te che sa che l’unico modo per migliorare una situazione di merda è semplicemente non compiangersi addosso e anzi agire, per quanto tu possa sbagliare o che ne so io, allora metti a tutto volume “Don’t stop me now “perché ti voglio pronto in cinque minuti. –
Michael guardò per qualche secondo Elio perplesso.

- Qualsiasi cosa tu faccia nella vita, sei sprecato. Dovevi fare il personal trainer. – disse mentre cercava qualcosa da mettere e correva in bagno a prepararsi. 

- Sicuramente mi rivedrei i piedi. –
Michael rise dandogli dell’esagerato, e Elio gli lanciò le scarpe dietro, mentre avvisava Victoria di preparare fiumi di sangria perché qualcuno ne avrebbe avuto un disperato bisogno.
 
 
“Don’t stop me now”? Beh mi pare un ottimo modo di iniziare questa serata. – disse Federico ad Alessandro, mentre quello aveva appena finito di pregarlo affinché lo portasse via da quell'infernale festa.

- Vicky le sceglie le canzoni dopo arriva anche un po’ di roba più commerciale, per quanto preferisco molto di più questo genere. –

- Non capisci la profondità di una canzone come “Turn down for what”. –

- E spero di non capirlo mai. –
Federico si sentiva rilassato quella sera: l’atmosfera era ottima, c’era la gente giusta, i suoi amici, era al suo secondo bicchiere di birra e alla quarta fetta di pizza. Eppure sembrava come se tutti stessero aspettando qualcosa per dare l’inizio alla vera baldoria.

- Il ghiaccio! Il ghiaccio! Avevo detto a Morgan di prendere i cubetti più grandi in modo da risparmiare, invece no, lui voleva prendere quelli triangolari perché in fissa con i Pink Floyd ed adesso mi ritrovo quasi senza ghiaccio a nemmeno metà serata. –
Federico e Alessandro si fissarono, ben lieti di non esser al posto di Morgan in quel momento.
Victoria passò davanti a loro come una furia, strappando il bicchiere di Federico dalle sue mani, e mandandolo giù tutto di un fiato.

- Almeno la birra è decente. –

- Ma era la mia birra. –
Victoria si girò a guardare malissimo Federico, il quale senza nessun motivo apparente se no la paura di essere linciato le chiese scusa.
Per fortuna l’ingresso di Skin salvò la situazione, che lanciandosi tra le braccia di Victoria la coinvolse in una strana danza e la portò direttamente in pista per ballare e cantare il finale della canzone.

- Non contraddirla mai più. –

- Ricevuto. –

- Ciao ragazzi! – Lorenzo Fragola, sorridente e mano a mano con una ragazza mai vista prima, gli apparse davanti.

 - Ma buonasera, finalmente la persona che più volevamo vedere sta sera è arrivata. Ah ma ci sei anche tu, Lorenzo. - disse Alessandro beccandosi una gomitata dal diretto interessato, mentre la ragazza rideva.

- Già mi piace lui. –

- Beh carissimi e gentili amici, lei è Francesca, la mia ragazza. – esclamò Lorenzo.

- Aspetta lei chi è? Forse non avevamo capito che tu avessi una ragazza. –

- Giusto, dopo la trentacinquesima volta che l’ha ripetuto, non ne ero ancora sicuro. –

- Ah. Ah. Ah, che simpatia, non l’ho ripetuto trentacinque volte. –

- Probabilmente trentasei. – disse Francesca battendo un poderoso cinque con Federico e Alessandro.

- Ma da che parte stai? – chiese fingendosi offeso Lorenzo.

- Sto facendo amicizia. – rispose stando al gioco Francesca.

- Mi fa piacere sapere che la mia ragazza preferisce voi a me. -

- E sono trentasette. – dissero i tre in coro.
E stavolta anche Lorenzo fu costretto a ridere con loro.
 
La solita sensazione. La musica che ti investe quando apri la porta, un paio di persone ai lati che chiacchierano tranquillamente, un altro paio che si baciano in un angolo. Le luci soffuse, la musica che sovrasta le voci, l’odore di alcol.
Michael adorava tutto quello, adorava era dire poco. Fin da giovanissimo aveva capito quanto quei momenti in cui non pensi assolutamente a nulla se non alla canzone e al tuo corpo che balla fossero per lui un’autentica medicina.
Guardò Elio come per ringraziarlo per averlo convinto ad uscire quella sera, già si sentiva meglio, sentiva che le energie che tornavano, e l’unica cosa di cui aveva davvero voglia, era farsi un drink e iniziare a ballare.
Andò diritto verso la cucina dove sapeva per esperienza che avrebbe trovato tutti gli alcolici più pesanti e che Victoria teneva nascosti fino a che non erano arrivati più o meno tutti. O meglio finché lui non arrivava. Ma a metà strada qualcuno gli si gettò letteralmente addosso bloccando la sua trionfale marcia verso l’alcol.
Qualcuno, o meglio due esseri ridacchianti che presero ad abbracciarlo e coccolarlo.

- TI ASPETTAVAMO DUE ORE FA! – Victoria urlò per manifestare nella sua pienezza il suo disappunto, mentre Skin annuiva convintissima.

- Scusa Vicky, ho fatto tardi per il lavoro. – tentò di giustificarsi inutilmente il povero Michael.

- E te la vuoi cavare così facilmente? No, no signore non ci siamo proprio. – disse ridendo Victoria.

- Ora tu per farti perdonare fai grandissima gara di chupito!!! – gridò Skin , per poi iniziare in coro con Victoria ad urlare “CHUPITO. CHUPITO. CHUPITO”.
Michael rise di gusto, e si stava per lasciar trascinare, quando una voce di un’altra ragazza si unì al coro.
Era graziosa ma molto più giovane rispetto agli altri invitati. Michael aveva sempre avuto un enorme talento nell'indovinare l’età delle persone, e sì, l’eyeliner, i capelli corti, il modo in cui vestiva potevano anche ingannare un non attento osservatore facendola passare per una ventenne o giù di lì, ma il modo in cui sorrideva gli faceva capire che era molto più giovane, sedici, o diciassette anni a colpo d’occhio.
Victoria abbracciò la ragazza poggiando il mento sulla sua testa e coccolandola.

- Lei è la ragazza di Lorenzo! – disse indicando un ragazzo poco distante che Michael aveva conosciuto qualche tempo prima.

- E’ così piccola ma è una meraviglia. – aggiunse dopo.  – E’ diventata la nostra mascotte. –
Michael le sorrise in modo fraterno, le ricordava sua sorella in un certo senso. Le si presentò, e avrebbe voluto intrattenere una conversazione con lei ma fu praticamente portato di peso da un Morgan quanto mai esaltato verso un tavolo dove erano magicamente apparsi degli alcolici.
Era nel bel mezzo del suo secondo shot di Sambuca, quando Alessandro gli si parò davanti, e mettendogli un braccio intorno al collo.

- Michael, carissimo, lo sai che sta sera sei particolarmente raggiante? –
Michael gli rise apertamente in faccia. Sapeva benissimo che un complimento così da uno come lui significava solo una cosa, guai in vista.

- Non so se sono raggiante, ma sicuramente tu hai combinato qualche casino e vuoi che io distragga Victoria mentre tu tenti, inutilmente, di aggiustare le cose. –
Alessandro strabuzzò gli occhi per la sorpresa, poi gli sorrise stranamente fiero.

- Il ragazzo impara davvero in fretta. –
Gli alzò un braccio facendogli finire il suo bicchiere, e poi gliene diede un altro. E un altro ancora.

- Okay, questo è per Victoria, ora fai del tuo meglio. – disse lanciandolo in pista, dove Victoria stava improvvisando una coreografia con Skin e altre due sconosciute.

- POI MI RACCONTI. – tentò di urlargli Michael, ma un po’ per l’alcol, per l’eccitazione del momento, e la folla, Alessandro non gli spiegò mai cosa era accaduto.
 
Dall'altra parte della sala, invece qualcuno sapeva esattamente cosa stava succedendo, e stava pregando con tutto il cuore che quella festa potesse finire prima e possibile.
Federico non era cattivo, insomma a volte era bastardo, permaloso, orgoglioso, facilmente irritabile, aveva la brutta abitudine di non saperci andare piano con gli insulti, anche se meritati talvolta, e aveva in generale una tendenza a risultare antipatico dopo pochi minuti in sua compagnia. O almeno così era nella maggior parte dei casi.
Ma quella volta si era ripromesso di fare il bravo, anche perché lui lo sapeva che Giulia ci sarebbe stata quella sera, glielo avevano detto qualche settimana prima, anzi era stato lui a proporlo. O meglio non lo aveva proposto ma quando il problema era sopraggiunto lui aveva risposto tranquillamente che non gliene fregava di meno. In fondo il suo nuovo ragazzo, un certo Antonio di cui lui conosceva il nome per sentito dire e l’aspetto grazie a quella sera, aveva in comune molti amici che erano colleghi di lavoro di Morgan. E che erano sempre stati invitati alle feste di Victoria. Adesso probabilmente Morgan era la causa per cui Giulia e Antonio si erano conosciuti, ma a lungo andare Federico si era ritrovato quasi a dirgli grazie.
Il perché in quel momento lui si stava tendendo il naso con impacco di ghiaccio a forma di triangolo, era semplicemente per la sua boccaccia.
Un momento prima era lì a ridere e scherzare con i suoi amici, il secondo dopo Giulia gli si era avvicinata per salutarlo cordialmente, lui la saluta, l’abbraccia, si trova davanti un tipo incazzato nero, per tentare di sbollire la situazione tenta di fare una battuta tipo “Ehi c’ero già da dieci anni, tu ora sei arrivato”, e poi il buio. Un pugno in pieno viso, diritto verso il naso, neanche fosse la dannatissima seconda stella a destra e il pugno del tipo fosse Peter Pan e altri quattro maledetti bimbi sperduti.
Giulia si era poi allontanata con il ragazzo e lui aveva smesso di connettere per qualche minuto, aveva tentato di dire mentre il sangue gli scendeva dalle narici che era una semplice battuta, ma era stato poi sbattuto in un angolo della cucina vicino al balcone con del ghiaccio in mano mentre Alessandro lo malediva:

- Che cazzo, Fede, e chi la sente Vicky, ti ha detto pure: non è che ti da’ fastidio se la invito? E Tu: no, siamo persone mature. – si era preso poi il tempo per respirare - rumorosamente ridacchiando. – PERSONE MATURE UN PAIO DI PALLE. – si era messo ad urlare poi fuori dalla finestra. –

- Non urlare, che mi sento come sul carosello. –

- Non urlare? A scusami principessa non volevo disturbarla. MA CHE CAZZO TI PASSA PER QUEL CERVELLO DI MERDA? Sarà il piercing, no sicuro è il piercing, quello ti blocca il sangue tra una parte e l’altra dei due emisferi e tu ragioni con l’unica altra testa che ti ritrovi. –

- Ti rendi conto della marea di stronzate che tu stai dicendo? –

- Non sono io quello che ho appena detto al nuovo ragazzo della mia ex che me la sono fatta per dieci anni. –
Federico si era tolto il ghiaccio dal naso in modo da poter guardare male il suo amico, ma poi non era riuscito a trattenersi e si era messo a ridere, trascinando Alessandro con lui.

- Sei davvero un coglione lasciatelo dire, va fanculo, vado a cercare un modo per distogliere l’attenzione di Victoria mentre tu ti levi questo sangue dalla faccia. Zio, sembri uno dei personaggi di The Walking Dead. –

- Daryl? –

- lo zombie della bambina del primo episodio. –

- Va fanculo. –
Alessandro aveva riso ancora poi era riuscito ad individuare qualcuno tra la folla e mentre ripeteva in un modo inquietante “che fortuna che fortuna” si era allontanato a passo spedito verso la sala gremita di persone.
E così Federico era rimasto solo sul pavimento della cucina mentre cercava di far aderire senza iniziare a piangere dal dolore i pezzetti di ghiaccio ormai quasi disciolti al suo naso gonfio.
Un rumore di passi distolse i suoi pensieri dal dolore, e pensando fosse Alessandro alzò lo sguardo verso la figura che si stava avvicinando.
Ed anche se non era Alessandro quello che si stava avvicinando conosceva comunque molto bene la persona che gli porse un altro impacco di ghiaccio sta volta fatto molto meglio e con pezzi di ghiaccio finalmente a cubetti.  

- Ehi.  –  lo salutò Giulia portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

- Ciao. – rispose facendo una smorfia mentre si portava l’impacco verso la parte lesa.

- Deve fare un male assurdo, mi sono arrabbiata un casino con lui. A volte è troppo impulsivo. –

- Impulsivo? Mmh, ma cosa dici quel ragazzo è una pace. –

- Stronzo. – eppure non lo disse con cattiveria ma con semplice rassegnazione e sincero divertimento. Alla fine nonostante tutto loro erano amici, e gli anni passati insieme non cambiavano il fatto che si rispettavano profondamente, ne avevano passate troppe assieme e forse una delle poche cose di cui Federico si pentiva da quando si erano lasciati, era stata perdere lei come persona, come sua amica, come colonna portante della sua vita.
Si sorrisero senza bisogno di parole, Federico le aveva perdonato quei ultimi mesi, e le accarezzò la spalla per farle capire che erano pronti per andare avanti, l’amore tra loro era finita da un po’, e ora potevano aprire un nuovo capitolo della loro vita, anche con persone diverse.
-          Certo che quella battuta potevi proprio risparmiartela! – esclamò all'improvviso lei dandogli un pugno  in pieno petto.
Federico si massaggiò il punto colpito: - Siete proprio una bella coppia tu e lui, avete una passione per prendermi a pugni. –
Giulia rise roteando gli occhi.
Ma quella scenetta idilliaca fu rotta dall'arrivo di Antonio, ancora più incazzato di prima.

- Allora non hai ancora imparato la lezione? –

- Antonio, basta, io e lui stavamo solo parlando, la tua gelosia è senza fondamento, e anche ridicola. –

- Ridicola? Siete stati insieme per anni, non mi posso fidare di lui. –

- Quindi non ti fidi nemmeno di me? –

- Di te mi fido, ma di lui nemmeno un po’. – disse indicando l’altro che stava tentando di alzarsi senza risultare troppo goffo e senza far muovere troppo il naso.

- Senti, tra me e Giulia ora come ora non c’è proprio nulla. –
Antonio rise, una risata secca, senza nessun vero divertimento, ma con il solo scopo di far capire a Federico che lui non avrebbe mai creduto a lui.

- Sai, mi hanno parlato di te, di come hai trattato lei, e della vostra relazione. Ma voglio farti capire che adesso ci sono io con lei. –

- Capisco che forse la battuta di prima era esagerata, ma davvero io sono felice se voi siete felici, e tra me e lei è finita, e davvero, amico, stai esagerando tu ora. –
Antonio stava per ribattere quando nella cucina entrò qualcuno. I tre si voltarono di scatto per vedere Michael aprire a tempo di musica uno dei cassetti in cerca di qualcosa, e appena notò che c’era qualcun altro nella stessa stanza, esclamò sorpreso ridacchiando:

- Ops scusatemi! -  ma appena vide la situazione ma soprattutto Federico grondante di sangue, si fece improvvisamente serio.

- Anzi no, che succede qui? –

- Niente che siano affari tuoi. –

- Ah, non penso proprio, è un mio amico quello a cui ti stai rivolgendo, in un modo così. – Michael squadrò da capo a piedi l’altro. – Minaccioso. – concluse.

- Minaccioso? Senti il tuo “amico” è stato con la mia ragazza per diversi anni, e ora voglio mettere le cose in chiaro, per non creare fraintendimenti. D’accordo? –
Michael li guardò per qualche secondo, poi capita la situazione, fissò Federico che lo stava implorando con lo sguardo di andare via. Non voleva coinvolgere qualcun altro, alla fine quel casino era suo.
Ma Michael sorrise sicuro di sé, e scivolò al fianco di Federico, gettandogli un braccio dietro al collo.

- Guarda penso che la situazione sia abbastanza chiara, anche perché Fede non ha intenzione di rovinare la vostra bellissima relazione. –

- E perché dici così? –
Federico guardò anche lui perplesso l’altro, domandandosi che genere di suicidio stesse premeditando, e da quanto.

- Beh, ecco. – rise imbarazzato Michael. – Perché, scusami Fede è un’emergenza devo dirglielo per forza. –  
Michael si prese anche qualche secondo di tempo, consapevole di essere al centro dell’attenzione e che tutti pendevano dalle sue labbra. E aiutato dall'alcol continuò:

- Io e lui stiamo insieme. Sì, lo so ti starai chiedendo come fa a passare un ragazzo fortemente eterosessuale da una relazione durata anni a stare insieme ad un altro essere del suo stesso sesso, per quanto questo sia incredibilmente attraente, e intelligente, e perfetto. Ma la verità è che nella vita si cambia, si fa esperienze, e si cresce. –
Poi guardandolo dall'alto mentre lo teneva abbracciato, e notando il fatto che lo sovrastava, affermò:

- Certo non in altezza, tesoro. –
Antonio era senza paura, e così Giulia, e lo stesso Federico, che non sapeva come doveva sentirsi, o comportarsi.
Antonio si riprese, e ridacchiò meno sicuro di prima, ma non ancora convinto.

-Tu pensi me la beva. –
Michael sospirò frustato.

- Ah sei proprio un miscredente, e va bene. –
E appena finito di parlare, si girò e prese delicatamente il viso di Federico baciandolo senza troppi preamboli.
Il contatto durò pochi secondi, e lo shock fu tale che Federico non seppe nemmeno se le loro labbra si erano davvero toccate, o era stata tutta scena.
Michael si staccò, e guardò diritto negli occhi l’altro.

- Spero di averti convinto. –
E visto che nessuno parlava, si limitò ad alzare le spalle e a prendere per mano Federico mentre se lo trascinava verso un’altra stanza.

Beh ci vediamo, è stata una bella serata, alla prossima! –
Federico ancora troppo scioccato per parlare non sapeva se ringraziare, odiare, o semplicemente continuare a guardarlo come l’idiota che era.  








Posso solo dire che sono una merda, di quelle grosse però. Potrei dirvi un casino di scuse, e giustificazioni più o meno valide, ma la verità è che se vi piace questa storia armatevi di una pazienza da monaco tibetano.
Posso dire che tra vent'anni piangerò rileggendo questa storia per la totale assenza d'introspezione accurata dei personaggi. Spero di migliorare, ed anche con la tempistica. 
Chiedo perdono ancora. 

P.s: il secondo nome per questo titolo doveva essere "Fedez Pan e il capitolo con non c'è"
 

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