Chi non muore si rivede.

di chiaretta78
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° capitolo ***
Capitolo 2: *** Prologo. ***
Capitolo 3: *** 2° capitolo ***
Capitolo 4: *** 3° capitolo ***
Capitolo 5: *** 4° capitolo ***
Capitolo 6: *** 5° capitolo ***
Capitolo 7: *** 6° capitolo ***
Capitolo 8: *** 7° capitolo. ***
Capitolo 9: *** 8° capitolo. ***
Capitolo 10: *** 9° capitolo. ***
Capitolo 11: *** 10° capitolo. ***
Capitolo 12: *** 11° capitolo. ***
Capitolo 13: *** 12° capitolo. ***
Capitolo 14: *** 13° capitolo ***
Capitolo 15: *** 14° capitolo. ***
Capitolo 16: *** 15° capitolo ***
Capitolo 17: *** 16° capitolo. ***
Capitolo 18: *** 17 ° capitolo. ***
Capitolo 19: *** 18° capitolo. ***
Capitolo 20: *** 19° capitolo. ***
Capitolo 21: *** 20° capitolo. ***
Capitolo 22: *** 21° capitolo. ***
Capitolo 23: *** 22° capitolo. ***
Capitolo 24: *** 23° capitolo ***
Capitolo 25: *** 24° capitolo. ***



Capitolo 1
*** 1° capitolo ***


13 Novembre 1985 - LA
Lene si era svegliata già da un quarto d'ora buono, ma non era riuscita a convincersi ad alzarsi da quel letto e non per la sua solita pigrizia, non solo almeno.
La verità era che da più di quindici minuti continuava a fissare Michael che dormiva beato accanto a lei e non riusciva a smettere di farlo.
Era patetico, lo sapeva bene. Patetico e dannatamente sbagliato, ma non poteva farne a meno.
Quella maledetta vocina che spesso e volentieri l'aveva riportata sulla via della ragione in passato, cercava disperatamente di farsi sentire e anche se Lene non riusciva a decifrare bene i suoni che essa emetteva, aveva la netta sensazione che il senso di tutto il discorso fosse "scappa finché sei in tempo".
Ma era davvero ancora in tempo??
Fece un profondo sospiro e scosse il capo, preoccupata per se stessa. Così non andava bene, non andava bene per niente.
Qualche anno prima si era ripromessa che non ci sarebbe più cascata, che con gli uomini avrebbe avuto solo rapporti superficiali, basati sul sesso e il divertimento vero e proprio e fino ad allora era andato tutto alla perfezione. Fino ad allora.
Si concesse di seguire ancora una volta con lo sguardo il profilo del musicista, che in quel momento sembrava in pace col mondo, lontano da tutti i suoi demoni e le sue paure. Amava osservarlo in quei rari momenti in cui Michael si staccava da Duff e tornava al suo essere più genuino e più vero... anche se man mano che i giorni passavano, questo si verificava sempre più di rado.
Aveva conosciuto i ragazzi che erano dei veri e propri sconosciuti che avevano da poco iniziato a suonare assieme in qualche topaia di LA.
Era andata dietro ad un amante del momento, un vero fenomeno a letto, che però aveva il brutto vizio di alzare un po' troppo le mani se esagerava con droga o alcool. Anche quella sera le cose erano decisamente degenerate e se non fosse stato per Duff, che era prontamente accorso in suo aiuto, Lene si sarebbe trovata di nuovo con qualche livido di troppo, se non peggio.
Si erano conosciuti così, come nelle favole, con il prode cavaliere che salva la fanciulla in difficoltà.
Peccato che il prode cavaliere poi tanto prode non fosse e la fanciulla fosse decisamente diversa dalle protagoniste di certe storie, ma a chi importava?
Si erano conosciuti, si erano piaciuti e dopo qualche incontro casuale (o forse no) a qualche festa e a qualche gig, in cui Duff l'aveva corteggiata in ogni modo possibile e immaginabile, Lene aveva deciso di concedersi a quel ragazzo così strano che da una parte le faceva una tenerezza infinita e dall'altra la faceva accendere in pochi secondi come poche volte le era successo nella vita.
Duff si rigirò nel sonno, boffonchiando qualcosa di incomprensibile, e Lene decise che era decisamente ora di smetterla di fissarlo come una cretina.
Si alzò da letto cercando di fare il minimo rumore, si infilò una maglietta che era abbandonata sul tavolino lì accanto e uscì silenziosamente da camera sua, socchiudendo la porta.

Duff si svegliò con un insolito senso di pace, come gli succedeva sempre quando Lene gli concedeva di passare la notte da lei.
Non erano molte le volte che questo accadeva, perché la ragazza era molto gelosa della sua privacy e della sua indipendenza, ma quando succedeva, beh... quelli erano i pochi giorni in cui Duff non sentiva prepotentemente il bisogno di bere prima ancora di mettere i piedi per terra, il che non era da poco.
La cercò nel letto e si rese conto con un certo disappunto che non solo era solo, ma la ragazza doveva essersi alzata anche da un bel po', perché il lenzuolo accanto a lui era freddo.
Si mise seduto a bordo letto e si diede una scompigliata ai capelli, cercando di connettere il cervello.
Non sentiva odore di caffé, quindi Lene non era scesa per preparare la colazione,  il che poteva significare soltanto una cosa: stava dipingendo nel suo studio.
Sorrise tra sé e istintivamente portò lo sguardo ai quadri appesi alle pareti di quella stanza. Li aveva dipinti lei e in un modo o nell'altro rappresentavano momenti importanti della sua vita, anche se non gli aveva mai rivelato quali.
Si passò di nuovo la mano tra i capelli e l'occhio gli cadde sulla tasca della sua giacca, buttata su una sedia lì accanto.
Allungò una mano e tirò fuori una scatolina rettangolare di plastica nera. Quant'era che se la portava dietro ormai? Ma soprattutto, quando avrebbe trovato il coraggio di dargliela?? Era un passo delicato, Lene era così... indipendente, così refrattaria ai legami... un vero spirito libero. Come avrebbe reagito a un regalo simile?
Duff fece scattare la chiusura della scatolina e tirò fuori l'oggetto di tutte quelle elucubrazioni.
Era una fascetta d'argento, con incise delle rune celtiche. Il tipo che gliel'aveva venduto gli aveva detto che quei simboli rappresentavano forza, tenacia e passione e sebbene non fosse del tutto certo che non l'avesse preso per il culo, quei concetti l'avevano fatto immediatamente pensare a Lene e l'aveva comprato subito.
Il ragazzo rigirò l'anello tra le dita per un po', pensieroso. Forse quel giorno sarebbe riuscito finalmente a darglielo... forse.
Duff chiuse di scatto la scatolina, la rimise nella tasca della giacca e decise di andare a cercare Lene.
Uscì dalla stanza e scese al piano di sotto giusto per scrupolo, anche se praticamente già certo che la ragazza non fosse lì.
Tornò al piano di sopra e alzò lo sguardo verso l'abbaino. Sapeva benissimo che quello era territorio proibito e questo, purtroppo, rendeva la voglia di salire a sbirciare ancora più forte.
Lene era stata più che chiara fin dalla prima volta che gli aveva concesso di passare lì la notte: poteva fare come se fosse a casa sua in tutte le stanze tranne che lì. Lì non poteva entrare e nemmeno pensare di farlo. Punto.
Resistere alle tentazioni, però, non era certo una delle virtù di Duff.
Quasi non si accorse di aver posato il piede sul primo scalino e da lì fu solo una questione di secondi metterlo sul secondo e poi sul terzo e così via, fino a giungere quasi in cima alla scala a chiocciola che portava a quel paradiso proibito.
Con la testa spuntò giusto quel tanto che gli permetteva di sbirciare dentro, senza, almeno lo sperava, essere visto.
Lene era intenta a dipingere, i Led Zeppelin di sottofondo e un bastoncino d'incenso a consumarsi sul davanzale, i capelli raccolti in modo disordinato sulla nuca e la sua maglietta dei Black Sabbath a coprirle a malapena il sedere.
Lo sguardo si adagiò per più di qualche secondo su quelle morbide rotondità e il suo amico là sotto si risvegliò immediatamente pensando a quanti bei morsi le avrebbe volentieri dato proprio .
Si sistemò leggermente gli slip che ora stringevano un po' e cercò di spostare la sua attenzione su qualcosa di meno eccitante del sedere della ragazza.
Il suo sguardo fu catturato da un dettaglio che spuntava sulla tela ogni volta che Lene si spostava un po' sulla destra. Ma non era una chitarra quella? Anzi, non era la sua chitarra??
Duff si sporse leggermente per cercare di vedere meglio, ma un crac dispettoso interruppe la sua incursione nel piccolo mondo segreto di Lene.
La ragazza si girò di scatto verso le scale, spaventata da quel rumore improvviso che l'aveva bruscamente riportata alla realtà. Che fosse Duff??
Posò il pennello sul bordo del cavalletto, stando attenta a non sporcare il quadro, e tirò giù il telo che lo copriva, onde celare ciò che vi era raffigurato.
Nessuno doveva vedere i suoi quadri, almeno finché lei non decideva che potevano essere visti, figuriamoci quel quadro... Quello, probabilmente, non l'avrebbe mai visto nessuno, considerato quello che rappresentava.
Per le scale non vi era nessuno e Lene si avvicinò lentamente alla camera da letto, per vedere se il ragazzo fosse ancora a letto. Possibile che si fosse sbagliata? Che quel suono se lo fosse immaginato??
La camera era vuota, di Duff nemmeno l'ombra.Un rumore da sotto richiamò la sua attenzione e Lene scese le scale, il dubbio che Duff avesse trasgredito  la sua regola numero uno ancora nella mente.
Duff era in cucina che trafficava, in mutande, tutto intento a preparare la colazione, a quanto pareva dall'odore. Uova e...? L'occhio le cadde su un bicchiere posato sul tavolino, pieno solo per un terzo di un liquido trasparente. La ragazza si avvicinò silenziosamente e lo tirò su per annusarne il contenuto.
Come immaginava...
"Uova e vodka di prima mattina, Duff?"
Duff si girò e le sorrise, un lampo di malizia negli occhi, per poi tornare subito a cucinare.
"Bisogna ben cominciare col piede giusto la mattina, no? E poi visto che sei stata tanto carina da comprare la mia marca preferita, mi sembrava il minimo dividerlo con te, così ho pensato a un modo perfetto di iniziare la giornata: uova strapazzate e vodka. Un connubio perfetto, credimi."
Duff posò la forchetta con cui stava sbattendo le uova e afferrò la bottiglia di vodka, versandone una gran quantità nelle uova. Poi prese una bella sorsata direttamente da lì, nonostante ne avesse già nel bicchiere.
Si pulì le mani in uno strofinaccio e si girò verso di lei, sorridente.
"Spero che tu abbia fame, piccola."
Lene lo guardò sospettosa. Per quanto Duff fosse dolce e premuroso come pochi uomini che erano passati nel suo letto, anche per lui era alquanto insolito che le preparasse la colazione... anche se quel tipo di colazione.
"Che succede Duff? Devi farti perdonare qualcosa per caso?"
Duff ebbe una frazione di secondo di panico. C'era la possibilità che non fosse riuscito a sgattaiolare in tempo e Lene l'avesse beccato??
Scacciò via velocemente quel pensiero. Se fosse stato così, Lene se lo sarebbe già mangiato vivo e l'avrebbe cacciato a pedate, ne era sicuro.
Si avvicinò a lei e le circondò la vita con le braccia.
"Possibile che un uomo non possa dimostrare una certa gratitudine a una donna preparando una bella e corroborante colazione senza che lei si insospettisca??"
Le sorrise malizioso, gli occhi improvvisamente catturati dalla bocca della ragazza.
"Non devo farmi perdonare niente piccola, voglio solo ringraziarti di avermi lasciato dormire qua... e beh... anche di un paio di cosette che hai fatto stanotte..."
Lene fece giusto in tempo ad arrossire come una scolaretta. Duff si avvicinò alla sua bocca e iniziò a baciarla con lentezza e passione allo stesso tempo.
In una frazione di secondi la ragazza perse ogni capacità di raziocinio. I suoi sospetti, il suo nervosismo incipiente, perfino i suoi dubbi su quella frequentazione così sbagliata per lei, tutto sparito. Le uniche cose che riusciva a percepire erano i sapori di uova e vodka che si mescolavano nella sua bocca e una crescente eccitazione che saliva dentro di lei man mano che quello sfiorarsi di lingue e labbra continuava.
Come diavolo faceva quel ragazzo ad avere tutto quel potere su di lei??
Duff aveva iniziato a baciarla effettivamente solo per distrarla dai suoi sospetti, ma man mano che il bacio andava avanti, sentiva crescere prepotentemente il desiderio di entrare di nuovo in lei e sentirla sua per l'ennesima volta.
Erano quelli, infatti, gli unici momenti in cui aveva la netta sensazione che Lene fosse davvero sua, in carne, anima e ossa, e non quell'ombra sfuggente che a tratti, da circa sei mesi, faceva parte della sua vita.
La sollevò senza staccarsi dalla sua bocca e girando su se stesso la fece sedere sul tavolo, allargandole le gambe per far posto al suo corpo.
Si staccò da lei e la guardò dritto negli occhi, in cerca della sua stessa passione nel suo sguardo.
Afferrò il bicchiere che aveva abbandonato lì quand'era sceso e mentre con una mano se lo portava alla bocca per scolarsi il contenuto, con l'altra fece cenno a Lene di togliersi la maglietta, godendosi lo spettacolo di quel corpo meraviglioso che si denudava per lui.
Dio quant'era bella! E terribilmente eccitante in quel momento, sdraiata sul tavolo di cucina con quello sguardo lussurioso e le guance imporporate dall'eccitazione.
Duff lanciò il bicchiere direttamente nel lavello e noncurante del rumore di vetro infranto, si lanciò con la bocca sulla pelle bollente di Lene, deciso a rendere quella mattinata davvero indimenticabile per tutti e due.


Ecco qui il secondo capitolo, o meglio il primo, se si considera l'altro il prologo.
Cosa ve ne pare di sti due insieme? Sono curiosa... molto curiosa!
Se vi va, lasciatemi due righe!
A presto









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Capitolo 2
*** Prologo. ***


Prologo Eccomi qua con una nuova FF. Mi sento di dovervi promettere che non sarà lunga come Una seconda vita!!! XD
Non aggiungo altro, leggete e fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va.
Buona lettura!


12 Novembre 1985 - LA
La strada era quasi vuota, se si escludeva qualche rara macchina che passava ogni tanto, e il silenzio regnava sovrano in quel quartiere di Los Angeles dalla fama non molto lusinghiera.
In realtà di vita ve n'era fin troppa tra le vie intricate di quella zona e se si passava da quelle parti in pieno giorno o a notte ancor più inoltrata, era facile imbattersi in gruppi di ragazzi schiamazzanti per il troppo alcool in corpo, street bands che si sfidavano a colpi di danza e non solo, o artisti di vario genere che seguivano l'ispirazione del momento, magari dipingendo qualcosa su un muro o su una porzione di marciapiede.
Ma a quell'ora... beh, a quell'ora da quelle parti o non si era ancora usciti oppure si era ben lontani dal rientrare, in una tiepida notte di novembre come quella.
Le squillanti risate di una ragazza ruppero il silenzio assordante di quelle strade, mentre la voce di un uomo decisamente alticcio cercava di zittirla in qualche modo, timoroso forse di poter svegliare qualcuno poco amichevole.
"Ssssh... ehi... ehm... Lene giusto? Ti chiami Lene..."
Lene scoppiò a ridere ancora più forte, scuotendo il capo. Quel tipo era davvero un idiota di prima categoria! Se non fosse stato per quel fisico da urlo che si ritrovava e quella bocca così carnosa... Dio come la faceva impazzire quella bocca!! Peccato che da quel ben di Dio uscissero una marea di cazzate cosmiche!
Meno male che l'alcool la faceva da padrona anche quella sera e quello più l'erba che si era fumata con gusto durante la prima parte della serata, facevano sì che riuscisse a passar sopra all'idiozia di quel bel maschione.
"Sì, mi chiamo Lene genio! Che c'è?!"
"Lene cerca di fare un po' meno casino, cazzo, sono le due di notte e qui finisce che qualcuno esce fuori e ci ammazza in sto cazzo di quartiere di merda dove vivi!"
Lene scoppiò in un'altra risata fragorosa, sta volta facendolo apposta. Quel cagasotto doveva smetterla di parlare male del posto dove abitava oppure alcool o non alcool col cavolo che gliela mollava quella sera!
Aveva voglia di divertirsi, questo era poco ma sicuro, ed era uscita solo con lo scopo di annebbiarsi il cervello con quello che avrebbe trovato in giro e cercare di portarsi a casa qualcuno di decente con cui fare quattro salti in camera da letto, ma se quello si faceva uscire ancora qualche commentaccio su casa sua...
"Smettila di dire cazzate, qui non c'è nessuno, fidati. Sono tutti a fare baldoria da qualche parte, tranquillo. Non c'è nessuno da svegliare e decisamente nessuno da fare incazzare se non la sottoscritta!"
Lene improvvisamente si avvinghiò al ragazzo, il viso a pochi millimetri dal suo, e lo guardò con uno sguardo che avrebbe fatto prendere fuoco a chiunque.
"Smettila di blaterare e usa la tua bocca per qualcosa di decisamente più interessante!"
L'uomo, sebbene un po' frastornato da tutte quelle parole, reagì istintivamente al contatto con il corpo sottile della donna e la baciò con foga, piazzandole entrambe le mani sul sedere e palpandola per bene, mentre le loro lingue si rincorrevano frettolosamente.
Oh, adesso sì che si ragionava! Lene sentì il desiderio che le cresceva dentro mentre il ragazzo infilava le mani sotto l'orlo della sua minigonna e risaliva lungo le sue cosce trascinando la stoffa con sé, alla ricerca di un contatto decisamente più intimo.
Fu Lene a quel punto a staccarsi da lui, un sorriso malizioso sulle labbra.
"Casa mia non è lontana... dai, sbrighiamoci!"
Lo prese per mano, noncurante dello sguardo deluso e un po' confuso del ragazzo, e lo trascinò con sé in direzione di casa sua.
Dopo qualche passo un po' più affrettato, un'idea un po' folle passò per la testa di Lene e la ragazza iniziò letteralmente a correre, sempre tirando il ragazzo dietro di sé.
"Che diavolo stai facendo?! Sei pazza??"
La ragazza scoppiò a ridere, anche se il fiato corto dovuto alla corsa limitava l'ampiezza delle sue risate.
Non riusciva a smettere, né di ridere né di correre. Si sentiva leggera in quel momento e felice e spensierata, quasi come una bambina che gioca e ride e scherza senza un perché, senza un per come.
Il ragazzo tentò di fare un po' di resistenza e frenare quella corsa pazza, ma senza metterci troppa forza per paura di cadere rovinosamente a terra, considerando la poca stabilità delle sue gambe.
"Sul serio, basta! Tu sei tutta matta, lo sai??"
A quelle parole la ragazza si fermò di colpo, rischiando davvero che l'uomo le precipitasse addosso facendo fare ad entrambi un bel ruzzolone per terra.
Cercò di mantenersi seria il più possibile, anche se era davvero difficile davanti allo sguardo perplesso e leggermente preoccupato di quel povero ragazzo.
"Io non sono matta, sono solo diversamente normale, è chiaro?!"
Il ragazzo socchiuse le labbra come per cercare di dire qualcosa, ma le parole gli morirono in bocca, incapace di trovare una risposta giusta che gli permettesse di concludere la serata con quella ragazza sì così fuori di testa, ma che possedeva un fisico da sogno che avrebbe fatto fare pensieri impuri anche a un morto!
Lene non riuscì più a trattenersi e gli scoppiò a ridere in faccia.
"Dio come sei buffo in questo momento!!! Dovresti vedere la tua faccia!!"
"Ma io... io..."
Lene cercò di ricomporsi un pochino e afferrata di nuovo la mano dell'uomo, si incamminò con calma verso casa sua.
"Dai, ci siamo quasi. Casa mia è proprio a pochi passi..."
La ragazza alzò lo sguardo, quasi ad indicare al suo accompagnatore dove fosse la casa, e improvvisamente scorse una figura longilinea proprio vicino alla porta. Il cuore le fece una piccola piroetta nel petto, ma la testa s'intromise subito facendole presente che non poteva essere e che sicuramente si stava sbagliando. 
A quel punto Lene strizzò un po' gli occhi per affinare la sua vista, ancora indecisa dentro di sé se sperare che  avesse ragione il cuore o la mente.
Da una parte sperava con tutta se stessa che fosse davvero lui, ma dall'altra sapeva benissimo cosa significasse per lei, ossia un mare di guai.
Ancora un paio di passi e il cuore le andò letteralmente in gola. Era lui, non c'erano dubbi.
Il ragazzo che era con lei si accorse, nonostante la sbornia, che qualcosa era cambiato nella ragazza e cercò con lo sguardo di capire cosa avesse improvvisamente stravolto l'atmosfera sensuale ed eccitante di poco prima.
Non c'era nulla in giro che spiccasse in particolar modo, ad eccezione di un ragazzo molto alto, coi capelli lunghi e biondi, appoggiato con la schiena al muro di una casa poco più in là, la testa leggermente reclinata all'indietro in modo da poter appoggiare anche quella.
All'improvviso vide il ragazzo animarsi e tirarsi su bello dritto, come se avesse drizzato le antenne, e contemporaneamente sentì il corpo di Lene irrigidirsi e bloccarsi di scatto. Che diavolo stava succedendo?!
Lene si girò verso di lui con uno sguardo che non riuscì a decifrare, ma che non gli diceva niente di buono.
"Aspetta un attimo qui, abbi pazienza... una visita inaspettata..."
Lene non aspettò una risposta. Si rigirò verso casa sua e si avvicinò ai quattro gradini che la separavano da lui.
Un sorrisetto malizioso si dipinse, furtivo, sul volto del ragazzo che la stava fissando con due occhi felini e Lene capì immediatamente che anche quella volta non sarebbe stata in grado di resistergli.
Cercò di darsi un'aria tranquilla e rilassata, anche se con non poca fatica.
"Ehi... che ci fai qui?"
Il ragazzo le sorrise di nuovo e allungò una mano per scostarle alcune ciocche dei suoi lunghi capelli castani dal viso.
"Sai com'è... ero a una festa coi ragazzi... in mezzo ad un sacco di gente... e l'unica cosa cui riuscivo a pensare era quanto tu mi mancassi, piccola... e così eccomi qua."
Le posò delicatamente una mano sul viso e fece una piccola pressione sulla sua pelle liscia e morbida in modo da farla avvicinare a lui e baciarla, proprio come aveva desiderato tanto fare in quelle lunghe settimane in tour.
I suoi amici l'avevano preso per il culo fino alla morte non appena si erano resi conto che tutte quelle che si portava a letto in ogni tappa del tour erano praticamente la fotocopia della sua Lene e la goccia che aveva fatto traboccare il vaso e aveva fatto scatenare lo sfottò più sfrenato era stata quando si era ubriacato più del solito, cosa già di per sé degna di nota, e aveva passato buona parte della serata a strimpellare sulla chitarra e cantare un'orripilante canzone inventata sul momento che più o meno ripeteva alla nausea frasi come "quanto mi manchi piccola" "senza di te sono perso piccola" e "ho bisogno di te Lene".
Il solo ricordo gli fece venire un brivido lungo la schiena e la brutta sensazione non migliorò quando la ragazza, invece che schiudere le labbra e baciarlo come solo lei sapeva fare, si ritrasse velocemente da quel contatto.
"Carino da parte tua... ma non sono sola, come puoi ben notare."
Lene incrociò le braccia sul petto, cercando istintivamente e inconsciamente di difendersi in qualche modo dall'attrazione magnetica che quel ragazzo esercitava su di lei da troppo tempo oramai.
Si era già detta un'infinità di volte che era arrivato il momento di dare un taglio a quella... come definirla?... amicizia con optionals?
Lei era uno spirito libero, una che passava da un uomo all'altro con una certa disinvoltura, una che amava divertirsi e vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo. Ma da quando aveva conosciuto lui, qualcosa dentro di lei era cambiato e quel cambiamento, a lei, non piaceva affatto.
Il musicista spostò immediatamente lo sguardo sull'altro uomo, che li stava osservando con un certo, evidente, nervosismo e gli lanciò un'occhiataccia sprezzante.
"Ho notato... "
Abbassò subito lo sguardo su di lei, mutando espressione rapidamente. Le sorrise accattivante e le si avvicinò ancora, gli occhi fissi sulla sua preda.
"Non puoi proprio mandarlo via, piccola?"
Ormai a pochi millimetri da lei, posò nuovamente una mano sul suo viso, alla ricerca di un contatto fisico che gli permettesse di tenerla vicino a sé e le impedisse di scappare via da lui e raggiungere quel tizio.
"Sono in astinenza da te, Lene, che ci vuoi fare? Sono almeno tre settimane che non ci vediamo, ho bisogno di te..."
Lene alle parole ho bisogno di te sentì letteralmente le ginocchia cederle, ma cercò di mantenersi lucida, in un ultimo disperato tentativo di resistergli.
"Cinque settimane per l'esattezza... ma non puoi chiedermi di mandarlo via, la serata promette bene, lui è molto attraente e divertente... e poi cosa potrei dirgli ormai?"
Lene sentì una vampata di calore pervaderle il corpo nel momento in cui si trovò le labbra dell'uomo a pochi millimetri dalle sue, il viso intrappolato da entrambe le mani del musicista.
"Digli che quando io e te siamo insieme tutto il resto sparisce e niente e nessuno può reggere il confronto con questo."
In un baleno si avventò sulla sua bocca e per entrambi in quel preciso istante effettivamente tutto il resto sparì.
Il bacio fu lungo e appassionato, come se entrambi avessero paura a staccarsi dall'altro. Quando l'ossigeno però venne a mancare, a malincuore Lene si separò da quell'unica bocca che sapeva incatenarle anche il cuore.
Cercò immediatamente gli occhi di lui e trovò due felini occhi verdi che, sebbene annebbiati da alcool e chissà cos'altro, riuscivano nonostante tutto a comunicarle fin troppe emozioni.
Gli sorrise ancora scombussolata da quel bacio, tirò fuori le chiavi dalla borsa e aperta velocemente la porta sgusciò dentro senza nemmeno voltarsi verso il ragazzo con cui in realtà aveva pensato di concludere la serata.
Duff la guardò sparire nel buio dell'ingresso, seguendo le curve sinuose di quel corpo che non vedeva l'ora di assaporare di nuovo.
Si avvicinò alla porta e solo all'ultimo, prima di entrare, si girò verso l'altro uomo e alzò la voce, per farsi sentire da lui.
"Mi spiace amico, niente di personale... ma lei è mia e di nessun altro."
E senza dargli il tempo di rispondere o reagire in qualche modo, Duff varcò la soglia di casa e si chiuse la porta alle spalle.








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Capitolo 3
*** 2° capitolo ***


24 novembre '85
Lene era seduta ai piedi del cavalletto, le gambe raccolte al petto e le ginocchia avvolte dalle sue braccia.
Era pensierosa e decisamente preoccupata. Stava fissando da circa mezz'ora il quadro cui si era dedicata ultimamente, un solo pensiero nella testa: quella storia stava decisamente degenerando e lei doveva darsi una regolata.
La figura di Duff campeggiava sulla tela, prendendone quasi tutto lo spazio disponibile, e anche un cieco si sarebbe reso conto di quale fosse il messaggio che trapelava da quelle macchie di colore.
Se quello non fosse bastato a dare l'allarme alla ragazza, c'era stato quell'increscioso episodio di due giorni prima, quando gli aveva rivelato il suo vero nome, esattamente come si era ripromessa di non fare mai più.
A volte si chiedeva se il problema, con Duff, non fosse in realtà che si stava facendo un po' di più in sua compagnia e decisamente beveva più del solito, il che, forse, la portava ad abbassare le difese più di quanto volesse.
Sì, doveva essere proprio così, altrimenti non gli avrebbe mai rivelato il suo nome, che conoscevano solo i suoi parenti più stretti e... beh, quello stronzo di Jake.
Era un nome lungo, Magdalene, tanto che i suoi stessi genitori lo usavano solo quando era davvero nei guai e dovevano farle il mazzo.
Per il resto del tempo anche in casa lei era Lene, beh... tranne che per zia Angela che la chiamava Magda, ma lei era un po' suonata e quindi non faceva testo.
Inoltre il suo nome aveva un che di ossequioso che l'aveva sempre un po' infastidita, mentre Lene le si addiceva decisamente di più ed era già abbastanza raro e particolare così, senza bisogno di dirlo per esteso. I suoi amici l'avrebbero sicuramente presa in giro se l'avessero saputo e quindi, fin da piccola, lei si era sempre e solo presentata così, onde evitare problemi.
In questo modo, col passare degli anni, il nome Magdalene aveva preso per lei un significato di confidenza e intimità enorme ed era diventato quasi un piccolo segreto di famiglia, che non aveva mai confidato a nessuno e che segnava senza bisogno di altre parole la differenza tra qualcuno di importante per lei e tutti gli altri.
Beh, in realtà una volta le era scappato che il suo nome era in realtà un altro ed era stato con quel gran figlio di puttana di Jake, il quale ovviamente non si era affatto dimostrato degno di quella rivelazione né tantomeno di essere inserito nella cerchia delle persone speciali della sua vita.
Da quella volta aveva giurato a se stessa che non avrebbe mai più commesso un simile errore e quel nome sarebbe rimasto solo tra lei e la sua famiglia.
Tutto era filato liscio fino all'altro giorno, quando davanti a quegli incredibili occhi che le arrivavano fino al cuore dell'anima, se l'era sentito scappare di bocca, come se fosse la cosa più naturale del mondo, per lei, da raccontare.
E lui l'aveva ripetuto subito come affascinato, come se avesse percepito di essere stato fatto dono di un qualcosa di speciale per lei. E Dio se adorava il modo in cui lui lo diceva!
Sì, era decisamente arrivato il momento di rallentare o sarebbe stata costretta a chiudere definitivamente con lui e l'idea non le piaceva per niente.
Lene si alzò e aprì il cassetto di un mobiletto lì vicino. Tirò fuori un'agendina rosso fuoco e iniziò a sfogliarla.
Era un'agendina particolare quella, con dentro solo numeri di uomini.
Accanto ad ogni nome, oltre al numero, Lene si annotava alcuni particolari di ogni singola persona, come ad esempio il loro valore a letto oppure determinate abitudini, positive e non, da ricordare. Così se era in cerca di qualcosa in particolare, sapeva chi chiamare.
Sfogliò ancora qualche pagina e poi sorrise. Robbie: molto passionale, adora ballare e sentire buona musica, alla luce dell'alba sparisce senza farsi notare.
Perfetto! Era proprio quello di cui aveva bisogno per passare almeno una serata senza Duff nella testa.
Prese il telefono che aveva installato anche lì e fece il numero, sperando che Robbie nel frattempo non si fosse fidanzato o accasato.

Duff stava percorrendo a grandi falcate la strada dove abitava Lene.
Erano le 15 e dopo mezz'ora sarebbe dovuto essere alle prove o Axl l'avrebbe ammazzato di sicuro, considerato che aveva già fatto il diavolo a quattro quando aveva scoperto che il bassista stava uscendo.
Voleva chiedere a Lene se quella sera aveva voglia di uscire con loro, visto che andavano al Troubadour a sentire un gruppetto niente male e che secondo lui le sarebbe piaciuto di sicuro.
Era di buon umore Duff quel giorno, anzi lo era da un paio di giorni e più precisamente da quando aveva passato una giornata davvero stupenda con Lene.
Si erano svegliati insieme, due giorni prima, e a differenza del solito Lene non lo aveva gentilmente messo alla porta dopo colazione, il che l'aveva particolarmente stupito.
Lo stupore era aumentato quando la ragazza, dopo che avevano fatto del sesso strepitoso prima nella doccia e poi in camera, gli aveva lasciato intendere che avrebbe potuto fermarsi anche a pranzo, cosa che non era mai successa da quando si erano conosciuti.
Erano usciti a fare la spesa, come una coppietta qualunque, pensando a cosa avrebbero mangiato di lì a poco e poi avevano cucinato e apparecchiato insieme, chiacchierando di varie cose, conoscendosi un po' di più e ridendo per ogni stupidata che lui sparava.
Il pomeriggio, poi, era stato l'apoteosi del relax. Si erano messi davanti a un bel film, Ladyhawk, romantico quanto basta, con una bacinella piena di pop corn e tanta birra nel frigo da dissetare una squadra di football.
Duff aveva preteso la birra con la scusa di dover sopportare il romanticume del film, ma la verità era che, incredibile a dirsi, era da colazione che non toccava una goccia d'alcool e la cosa aveva iniziato a farsi sentire. Non nel senso che avesse sentito il bisogno di stordirsi come al solito, anzi quand'era con lei avrebbe potuto tranquillamente fare a meno dell'alcool, ma il corpo... quello non dimenticava le abitudini poco salutari del ragazzo e ad un certo punto Duff aveva iniziato a tremare leggermente, pur cercando in tutti i modi di non farlo vedere a Lene.
Con la birra la situazione era tornata alla normalità e la serata si era conclusa con una deliziosa pizza ordinata dalla pizzeria Napoli, la migliore della città secondo lei, e ovviamente dell'altro sesso, questa volta sul divano.
E proprio alla fine di quell'amplesso era arrivata la ciliegina sulla torta.
Duff la stava guardando, ancora dentro di lei, il cuore che pompava a mille per il piacere appena raggiunto e una serie di pensieri decisamente troppo romantici gli erano venuti nella testa. Ma che ci poteva fare?? Era così bella Lene sotto di lui, tutta spettinata, con le guance rosse e le labbra ancora un po' gonfie per tutti i baci e i piccoli morsi che lui le aveva dato... e poi lui stava così bene con lei, incontrata per puro caso, ma diventata poco a poco così importante.
E mentre lo stomaco gli si aggrovigliava dietro a questi pensieri, Lene aveva spezzato quel silenzio così denso di parole dicendogli che il suo nome non era Lene, ma Magdalene.
L'aveva fatto con la voce un po' tremolante e le erano passate negli occhi così tante emozioni che lui non ci aveva messo niente a capire quanto fosse importante quel piccolo dettaglio per lei e quanto fosse speciale quella rivelazione fatta proprio a lui e proprio in quel momento.
E così l'aveva ripetuto, sussurrandolo come fosse una parola sacra, e aveva provato un'emozione incredibile nel vederle accendere gli occhi in quel modo a quel suono.
Magdalene. Non si sarebbe stancato mai di ripeterlo, ma sapeva che non andava sprecato e anzi doveva custodirlo gelosamente.
Dopo quella serata, si poteva benissimo dire che Duff camminava a qualche centimetro da terra e ovviamente la cosa non era passata inosservata ai suoi amici, i quali non avevano smesso un secondo di prenderlo in giro.
Duff, perso nei suoi pensieri, arrivò al palazzo di Lene e salì i gradini tutto pimpante. Suonò il citofono.
La voce di Lene non nascondeva il suo stupore. Chi poteva essere a quell'ora?
"Sì??"
"Sono io, Duff."
C'era stato un attimo di silenzio dall'altra parte e Duff non aveva potuto fare a meno di chiedersi se fosse per semplice stupore o perché la ragazza non era da sola e non sapeva come fare.
Sentì il portone aprirsi e un piccolo sospiro di sollievo gli uscì senza volere.
Salì le scale e quando arrivò dalla porta, trovò ad aspettarlo Lene con addosso una tuta piena di macchie di vernice.
"Scusa, stavi dipingendo? Ti ho disturbata?"
"Tranquillo, posso fare una piccola pausa. Che succede?"
Duff le sorrise, si avvicinò e le diede un piccolo bacio a fior di labbra. Lene, però, quasi non rispose al bacio. Era strana quel giorno, c'era qualcosa che non quadrava... ma cosa? E poi perché non lo lasciava entrare e stava ferma, appoggiata allo stipite della porta?
L'umore di Duff iniziò a incrinarsi. Non è che c'era davvero qualcuno??
"Non mi fai entrare?"
"Se non ti spiace, no. Ho tutto sottosopra perché mi sono messa straordinariamente a dipingere qui in sala e lo sai che i miei dipinti sono tabù finché non sono pronta a farli vedere. Allora, che succede?"
Duff si sentì rodere più che mai dal sospetto. Magari era una scusa, magari c'era un tizio in camera sua e lei non voleva farglielo sapere.
Il ragazzo si irrigidì e cercò di non darlo a vedere, ma le sue parole e soprattutto il suo tono lo tradirono.
"Ti rubo pochi minuti, tranquilla. Volevo sapere se stasera uscivi con me e i ragazzi, andiamo a sentire un po' di musica e..."
"No, mi spiace, sono impegnata stasera."
Le parole di Duff gli rimasero in bocca, interrotto bruscamente da Lene.
"Impegnata con chi, scusa??"
La ragazza s'indurì a sua volta.
"E a che titolo me lo chiedi, di grazia?? Esco con un amico e questo è quanto. Possiamo vederci nei prossimi giorni, se vuoi."
Ok, quello era davvero troppo. Possiamo vederci nei prossimi giorni?!? Lui voleva vederla quella sera, non nei prossimi giorni!!
Fece per aprire bocca, ma si fermò in tempo. Cosa poteva dirle?? In fondo che diritti aveva lui nei suoi confronti? Nessuno. Lene era libera di fare quello che voleva e vedere chiunque volesse, proprio come faceva lui del resto.
Fece uno sforzo immane per trattenersi e cercò di sorriderle, ma gli uscì un sorriso tirato.
"Ok, benissimo. Scusa ancora il disturbo. Ciao."
E con la stessa fretta di chi è inseguito dal diavolo, Duff si girò e scese le scale, un diavolo per capello e mille pensieri nella testa.
Con chi cavolo doveva uscire quella sera di così importante da dirgli di no?! Era già successo che Lene avesse altri impegni e ogni volta li aveva disdetti per stare con lui. Sempre. Cosa c'era di diverso questa volta?? Cos'aveva di speciale questo stronzo?? Di più speciale di lui??
Saltò su un autobus, rigorosamente senza pagare il biglietto, e si diresse verso il buco dove facevano le prove, l'umore decisamente diverso da quando era uscito di casa.

Molte ore più tardi e soprattutto molte birre e bicchieri di vodka più tardi, Duff se ne stava stravaccato su uno dei divanetti del Troubadour, un bicchiere pieno per metà in una mano e una sigaretta accesa nell'altra.
Il tavolino davanti a lui testimoniava l'andazzo della sua serata: molti bicchieri vuoti, una bottiglia di vodka praticamente vuota e un posacenere che strabordava di cicche di sigaretta.
Dall'altro lato del tavolino, Steven neanche si rendeva conto del pessimo stato dell'amico, troppo impegnato a darsi da fare con una rossa tutta fuoco che non sembrava avere la minima idea di cosa fosse il senso del pudore.
Qualcuno che lo osservava da tutta la sera c'era, però.
Izzy aveva cercato di non perderlo d'occhio, compatibilmente col fatto di passare anche lui una bella serata in compagnia di Katie... Kitty... Patty, o come cavolo si chiamava quella biondina che gli si era spalmata addosso com'erano entrati nel locale.
Nonostante la notevole distrazione, Izzy aveva notato che l'amico non aveva toccato nemmeno una donna, nonostante in molte ci avessero provato quella sera.
Era evidente che l'umore di Duff era terribile, lo era stato per tutti non appena il bassista aveva messo piede alle prove e nessuno, nemmeno Axl, aveva osato chiedergli spiegazioni o provare un qualsiasi approccio nei suoi confronti.
Se n'erano tenuti a debita distanza e una volta constatato che il biondo aveva la testa da un'altra parte e non riusciva neanche lontanamente a suonare decentemente, avevano deciso di lasciar perdere le prove e provare almeno a divertirsi.
Nella loro testa avevano sperato che con l'aiuto di un po' d'alcool e di un po' di roba buona, oltre che di qualche ragazza accondiscendente, Duff si sarebbe tirato su di morale, ma avevano capito che il loro piano era miseramente fallito dopo che Duff aveva rifiutato perfino la biondona tutta tette che gli aveva mandato Slash, convinto di aver fatto centro. Niente da fare.
Slash si avvicinò non proprio stabile sulle gambe a Izzy, la sigaretta in mano.
"Ehi, mi fai accendere?? Non c'è verso che trovi il mio cazzo di accendino..."
Izzy gli sorrise, porgendogli l'accendino già acceso.
"L'avrai dimenticato nelle mutande di quella pantera di prima... Com'era?"
Slash si mise a ridere.
"Una bomba amico... una vera bomba. E non è poi così improbabile che l'accendino l'abbia lei, ora che mi ci fai pensare. Non nelle mutande, ovvio... anche se sarei felice di andarlo a recuperare in quel caso."
Scoppiò a ridere di nuovo e diede un bel tiro alla sua amata sigaretta.
"Cazzo fai qui in un angolino, tutto solo? Non eri con una bionda prima?"
"E' andata in bagno a darsi una sistemata."
Izzy fece cenno con la testa in direzione di Duff.
"Stavo osservando Duff. Mi sa che tra poco qualcuno dovrà portarlo a casa, è pieno d'alcool fino alle orecchie, finisce che si sente male."
Anche Slash a quel punto guardò l'amico.
"Chissà che cazzo è successo con Lene."
Izzy sgranò leggermente gli occhi.
"Ah, c'entra Lene? Ecco perché è messo così male. Avrei dovuto pensarci."
"Immagino, visto che prima di andare da lei era di ottimo umore e poi è tornato in questo stato. Quella gli ha fottuto il cervello, te lo dico io. Altro che amici con benefits, s'è innamorato come un coglione, te lo dico io."
Izzy sorrise e diede un sorso al suo drink.
"Lo sai com'è Duff... è un romanticone... ogni donna che incontra è quella della sua vita, no?"
"Già, un vero coglione."
Izzy non disse nulla. Non era poi così sicuro che fosse da coglioni innamorarsi facilmente, ma non valeva la pena di iniziare una conversazione simile con Slash quando era ubriaco. Fiato sprecato.
Diede un tiro alla sua sigaretta e buttando fuori il fumo si voltò in direzione dei bagni, chiedendosi che fine avesse fatto... Letty... Betty... insomma, quella lì. Quasi non gli venne un colpo, però, vedendo qualcun altro aggirarsi nel locale.
"Oh cazzo... credo proprio che ne vedremo delle belle tra poco..."
Slash seguì istintivamente lo sguardo di Izzy e vide Lene che ballava con un tizio non lasciando alcun dubbio sulla natura della loro relazione.
"Oh porca troia... se li vede, prima li ammazza e poi si ammazza lui!"
Izzy spense la sigaretta per terra e si alzò in piedi.
"Forse è il caso di andare da lui per cercare di arginarlo, va' "
Il chitarrista non fece in tempo a dirlo che Duff aveva alzato lo sguardo verso la pista e aveva cambiato letteralmente colore in faccia.
Chi cazzo era quello stronzo con la sua Lene?? Come si permetteva di metterle le mani addosso in quel modo?! Lene era solo sua, sua e di nessun altro!! Doveva dargli una lezione a quel figlio di una buona donna!
Il bassista riuscì ad alzarsi, nonostante le gambe non fossero affatto stabili, e si diresse decisamente barcollante verso i due, ignari di tutto.
Diede due colpi poco delicati sulla spalla del tipo, il quale si girò con lo sguardo già incazzato.
Duff non gli diede il tempo di parlare.
"Levale le mani di dosso, brutto bastardo!"
Lene passò in una frazione di secondo dallo stupore alla paura e questo mix di emozioni e la scarica di adrenalina che ne derivò le fecero riacquistare una certa sobrietà.
Non fu abbastanza veloce, però, a reagire. Robbie diede uno spintone a Duff, facendolo cadere per terra.
"Cazzo vuoi?? Levati di qui o ti spacco il culo!"
Fu una questione di secondi e Slash era già addosso a Robbie e gli mollava un pugno, mettendolo a terra a sua volta.
"No!! Slash!! Fermati!"
Lene cercò di tamponare la situazione, ma era troppo tardi. Troppo testosterone e alcool insieme, non c'era niente da fare.
Duff, che si era rialzato grazie a Izzy, si fece largo per raggiungere il rivale.
Robbie si alzò di scatto e se lo trovò davanti in tutta la sua altezza. Duff cercò di mollargli un pugno, ma a causa della sbronza mancò completamente l'obiettivo, rimanendo scoperto ai colpi di Robbie, il quale non si fece alcuno scrupolo di trovarsi di fronte ad un avversario completamente ubriaco e incapace quindi di difendersi a dovere.
Duff finì a terra di nuovo, la bocca e l'occhio sanguinanti e lo stomaco chiuso in una morsa. Gli venne da vomitare e ovviamente non si fece alcun problema a farlo in mezzo al locale, creando in un colpo solo il vuoto intorno a sé per lo schifo.
Izzy tolse immediatamente il sorriso dalla faccia di Robbie con un pugno dritto in piena faccia, rompendogli quasi sicuramente il naso a giudicare dalla quantità di sangue che nel giro di pochi secondi gli coprì la faccia.
Lene non sapeva più da che parte guardare. Da una parte c'era Duff accucciato per terra, una pozza di vomito davanti a lui. Dall'altra Robbie che urlava come un pazzo contro Izzy, trattenuto da un paio di persone, il sangue su tutta la camicia.
Per fortuna ci pensarono i buttafuori del locale a mettere fine a tutto quel casino.
Due presero Robbie e lo portarono fuori prima che continuasse quella rissa, mentre un altro aiutava Duff ad alzarsi e lo trascinava fuori e un altro ancora incoraggiava Slash e Izzy ad uscire sulle loro gambe o lui avrebbe fatto in modo che uscissero comunque, magari orizzontali.
Non venne chiamata né un'ambulanza né la polizia, nessuno voleva casini lì.
Di lì a pochi minuti Robbie si infilò in macchina e sgommò via, non prima di aver mandato Lene a quel paese e Duff, Slash e Izzy in altri lidi ben più volgari.
I buttafuori si sincerarono che la situazione si fosse calmata e poi rientrarono, lasciando i quattro ragazzi da soli.
Lene si avvicinò a Duff, scrollando il capo.
"Duff... ma che diavolo ti è preso?? Guarda come ti sei fatto conciare..."
Lene gli sollevò leggermente il viso per controllare la ferita sul labbro e il taglio sull'arcata sopraccigliare, entrambe sanguinanti non poco.
Sospirò, triste e forse anche un po' delusa.
"Vieni, andiamo a casa... sarà meglio disinfettare per bene."
Si girò verso Izzy e Slash.
"Mi date una mano a portarlo a casa mia, per favore? E' ancora troppo ubriaco per farcela da solo e sinceramente per me pesa troppo."
Izzy le sorrise.
"Certo Lene, non preoccuparti."
Poi si avvicinò al suo amico e lo prese sotto all'ascella con la spalla, mentre Slash faceva la stessa cosa in totale silenzio.
"Andiamo campione. Si va a casa."
Duff, stordito non più solo dall'alcool, non disse nulla e i quattro si avviarono verso casa di Lene, ognuno perso nei suoi pensieri, un silenzio tra loro che pesava quanto un macigno.

Ecco qui il nuovo capitolo. Sto cercando di farvi conoscere un po' meglio questi due fanciulli, spero di riuscirci senza annoiarvi!
Forse vi sembreranno un po' immaturi, ma tenete conto che hanno vent'anni ;)
Se avete voglia, lasciatemi due righe. CIAO





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Capitolo 4
*** 3° capitolo ***


25.11.85 29 novembre '85 - LA

Duff era seduto sul suo letto, la porta della camera chiusa.
Non voleva essere disturbato e l'aveva reso chiaro a tutti chiudendo non proprio delicatamente la porta, una bottiglia nuova di vodka in mano.
Era dalla rissa di qualche giorno prima che Duff faceva la stessa identica cosa tutti i santi giorni: usciva prima di pranzo, tornava nel primo pomeriggio e si chiudeva in camera a ubriacarsi.
Miracolosamente riusciva lo stesso a suonare, quindi le prove procedevano alla grande e Axl non si faceva venire un attacco isterico com'era successo l'ultima volta che Steven era apparso completamente fatto e non era riuscito a tenere un tempo che fosse mezzo. Almeno quello se lo risparmiava.
Duff diede una sorsata più che generosa alla bottiglia e poi riprese a fissare quella maledetta scatoletta.
Continuava a ripensare alla sera al Troubadour, a quello che aveva provato non solo quando lei gli aveva dato buca, ma soprattutto quando l'aveva vista con quel figlio di puttana.
Gli era quasi mancato il fiato quando aveva visto che sorrideva a un altro e lo baciava come baciava lui e si faceva toccare dalle mani di quel bastardo esattamente come si lasciava toccare da lui.
Aveva avuto forse altra scelta che andare a dare una lezione a quel tipo?? Peccato che avesse davvero esagerato con l'alcool quella sera ed era finita com'era finita.
Quando erano arrivati a casa di Lene aveva ripreso già un po' di controllo, forse anche perché aveva vomitato quattro volte nel tragitto, cinque se si contava anche quella del locale.
Non era sicuro però che fosse stata una cosa buona, perché a quel punto un gran senso di vergogna gli era piombato addosso, tanto da non riuscire nemmeno a guardarla negli occhi. Che razza di figura aveva fatto con lei?? Quella del ragazzino innamorato, incapace tra l'altro di fronteggiare il suo rivale in amore. Fantastico. Un gran segnale di maturità e virilità.
Lene però si era dimostrata molto comprensiva e molto dolce.
L'aveva fatto sedere sul divano e gli aveva disinfettato le ferite sul labbro e sul sopracciglio, mettendo su quest'ultimo un bel cerotto e sul primo una bella borsa del ghiaccio.
L'aveva rimbrottato bonariamente, chiedendogli cosa diavolo gli fosse passato per la testa, ma era stata tanto discreta e accorta da non chiedere davvero una spiegazione seria, che l'avrebbe sicuramente messo in difficoltà. In fondo non era molto difficile capire cosa fosse successo.
Anzi, proprio tutto quel casino lo aveva probabilmente costretto ad essere onesto con se stesso e ammettere che si era innamorato per l'ennesima volta.
E dire che questa volta aveva iniziato quella specie di cosa con il migliore dei presupposti, visto che Lene gli aveva detto fin da subito che non cercava assolutamente una relazione e non voleva un fidanzato.Cosa poteva esserci di più innocuo e interessante di così in una donna così bella??
E invece giorno per giorno la presenza della ragazza nella sua vita si era fatta sempre più importante ed era finito innamorato cotto, come suo solito.
Duff diede un'altra sorsata alla bottiglia e fece scattare la chiusura della scatolina, prendendo poi in mano l'anello che avrebbe voluto darle.
Erano quattro maledetti giorni che la mattina lo prendeva, se lo metteva in tasca, si dirigeva verso casa di Lene, convintissimo di darglielo e poi tornava indietro, si chiudeva in camera e si stordiva con la vodka, la birra o qualsiasi altra cosa trovasse in giro o in casa.
Se non fosse stato che ci soffriva come un cane, sarebbe stato fin comico da raccontare.
Si svegliava con i migliori propositi, convinto che quello che voleva era che lei diventasse la sua donna ufficiale.
Lungo il tragitto si caricava pensando a tutte le volte che anche lei gli era sembrata coinvolta quanto lui, in pole postion la rivelazione del nome.
Man mano che arrivava sotto casa della ragazza, però, iniziavano ad affiorare vari dubbi, sempre più grandi e ingombranti, finché già sotto il portone Duff si dava del coglione illuso, si diceva che non aveva speranze con una donna speciale come Lene e imprecando in varie lingue e tonalità, girava sui suoi tacchi e tornava a casa, a quel punto incazzato come una iena con se stesso e con quella situazione di merda.
Duff rimise l'anello nella scatoletta e fece sparire il tutto nella tasca interna della sua giacca.
Dopo di che, si attaccò alla bottiglia buttandone giù quasi un quarto in una volta sola, più che determinato ad annebbiarsi completamente il cervello in modo da non pensare a Lene e a quello che provava per lei.

Slash e Izzy erano fuori dal posto dove provavano nella speranza di veder spuntare Duff.
Erano le 17 meno un quarto e Axl iniziava a dare segni d'impazienza, il che significava che stava diventando insopportabile e di lì a poco avrebbe iniziato a spaccare qualcos'altro, oltre alle palle.
Izzy buttò a terra il mozzicone di sigaretta per spegnerlo.
"Sta volta vuoi vedere che non viene?"
Slash diede un tiro.
"No, figurati... per fortuna la musica viene ancora prima di tutto per lui, anche di lei."
Izzy lanciò un'occhiata all'amico. Era da quattro giorni che moriva dalla voglia di chiedergli cosa si erano detti lui e Lene dopo la rissa, quando il riccio l'aveva seguita in camera e non ne era uscito prima di venti minuti... ma discreto com'era non si sarebbe mai sognato di farlo apertamente.
Sperava che il ragazzo, famoso per non essere molto bravo a tenersi le cose dentro, prima o poi vuotasse il sacco da solo... ma per ora non era ancora successo. Evidentemente Lene doveva avergli chiesto di non parlarne... mannaggia a lei!!
Slash si accorse dello strano silenzio che si era creato e probabilmente percepì anche lo sguardo di Izzy addosso, perché si girò verso di lui.
"Che c'è?"
Izzy distolse subito lo sguardo.
"Niente."
Fu il turno di Slash di guardare l'amico.
"Ti sei ammattito del tutto?? Che cazzo succede che mi guardi di soppiatto?"
Izzy si accese subito un'altra sigaretta.
"Ti ho detto niente, no?? Non rompere!"
"Ok, ok... non ti incazzare!!"
Ci fu un momento di silenzio quasi imbarazzante. Poi Izzy si decise a fare qualche domanda vaga.
"Sai se si è più visto con Lene dopo quella sera?"
Slash spense la sigaretta a terra.
"Non ne ho idea, ma penso di sì. Perché?"
"Non so, pensavo che dopo quella scenata lei non avesse voluto più vederlo... anche considerando come ti sei comportato tu con lei."
Slash si sfregò la testa, imbarazzato.
"Ho esagerato l'altra sera, eh?"
Izzy fece uno di quei suoi sorrisetti appena accennati e decisamente ricolmi di ironia.
"No... sei stato un vero lord."
Slash diede un piccolo calcio a un sasso che c'era per terra, lo sguardo fisso al suolo.
"Eh va beh... mi spiace... mi sono anche scusato con Lene dopo che lei... insomma dopo che abbiamo chiarito."
Izzy lo guardò speranzoso che l'amico continuasse e gli confidasse cosa si erano detti, ma niente, Slash cambiò prontamente discorso.
"Chissà quanta gente verrà a sentirci domani? Iniziamo ad avere un bel po' di seguito, sarebbe anche l'ora che qualche discografico del cazzo si desse una svegliata e si facesse sentire!"
Izzy non disse una parola, troppo deluso di non aver sentito altre parole uscire da quella boccaccia, ma continuò a fissare l'amico.
"Allora, la smetti di guardarmi in quel modo?! O mi dici cosa c'è o ti mollo un pugno, te lo giuro!"
Slash si piazzò davanti a Izzy con fare minaccioso e il chitarrista indietreggiò d'istinto.
"Scusa, scusa... hai ragione! E' solo che... insomma... sto morendo di curiosità, ecco! L'altro giorno da Lene l'hai trattata a pesci in faccia per tutto il tragitto e non solo, poi le sei andato dietro e siete spariti per quasi mezz'ora, per poi uscire da camera sua come se niente fosse. Potrò essere curioso di sapere cos'è successo fra voi?! Già mi basterebbe sapere perché eri tanto incazzato con lei, guarda!"
Slash si accese subito una sigaretta e si nascose nel miglior modo possibile tra i capelli.
"Non ne posso parlare Izzy, lascia perdere, ok?? Gliel'ho promesso, cazzo."
"Come gliel'hai promesso!! Ma si può sapere che cazzo ti ha detto di così pazzesco che non puoi dirlo nemmeno a me??"
"Te l'ho detto, non posso e basta! Posso solo dirti che l'ho seguita perché ero incazzato di brutto con lei per come aveva trattato Duff. Le ho fatto una piazzata pazzesca dicendole che era una stronza e altre cose che preferisco non ripetere e così lei ha sbottato a sua volta e beh... mi ha spiegato un paio di cose, tutto qui. E adesso basta parlare di questa storia, ok?? Se no torno dentro e ti mollo qui ad aspettare come un coglione da solo."
Izzy fece per controbattere, ma la figura dinoccolata e decisamente ubriaca di Duff apparve all'orizzonte e il discorso venne interrotto per forza di cose.
"Guarda come cazzo si è ridotto anche oggi..."
Izzy scosse la testa, preoccupato non solo per l'amico, ma anche per la band. Il giorno dopo avrebbero avuto una serata di prova al Roxy e dovevano spaccare per forza, se volevano davvero farsi notare da qualcuno di importante.
Slash entrò per avvisare gli altri che Duff era arrivato e Izzy aspettò che il biondo barcollasse dentro, controllando che non cadesse e non si facesse male.
Quella cosa non poteva andare avanti ancora per molto o ne avrebbero risentito tutti. A fine prove avrebbe provato a parlarci, sperando che il biondo in quelle ore riuscisse a smaltire un po' dell'alcool che gli circolava in corpo forse più del sangue.
Izzy fece un sospiro e spenta l'ennesima sigaretta per terra si avviò dentro anche lui, le prime note di chitarra che già si diffondevano lì intorno.
Come mise piede dentro, vide Duff con il basso già in mano, Slash che parlottava con Steven cercando di ignorare Axl che lanciava occhiate di fuoco al bassista talmente potenti da poterlo incenerire all'istante.
Il cantante vide Izzy prendere la chitarra e non riuscì a non sbottare.
"Alleluia! Finalmente possiamo iniziare queste cazzo di prove!! Sembra che io sia l'unico che ci tiene a spaccare di brutto domani al Roxy!"
Il chitarrista gli passò accanto, un'altra sigaretta già in bocca, e gli parlò a voce talmente bassa da farsi sentire solo da lui.
"Non rompere i coglioni Will, fammi il piacere."
Axl non gli rispose, come del resto faceva di solito quando si trattava di Izzy. Lanciò un'occhiata a Duff per vedere se era in grado di suonare e poi fece un cenno a Steve perché desse inizio alla canzone.
Le prove bene o male andarono a buon fine e Izzy ringraziò qualunque divinità esistesse davvero, dell'incredibile capacità di Duff di riuscire a suonare in qualunque stato si trovasse. L'ultima cosa di cui aveva voglia era uno degli attacchi isterici di Axl e per fortuna anche quella sera avevano scampato quel pericolo.
Fu proprio il rosso a decretare la fine della gig.
"Ok, direi che ci siamo, nonostante tutto..."
Lanciò un'altra occhiata che era tutta un programma a Duff, il quale però non se ne accorse nemmeno, nonostante il peggio della sbornia gli fosse decisamente passata ormai.
"Domani non voglio cazzate, ok?? Il primo che si buca o si scola tutte le scorte di alcool del McPitt lo uccido con le mie stesse mani, ve lo giuro su Dio!!"
Duff a quel punto alzò lo sguardo sul cantante, punto sul vivo. Ebbe una frazione di secondi in cui valutò l'idea di mandare a fanculo Axl e chiedergli che cazzo volesse da lui, ma poi sentì gli occhi di Izzy addosso e nel guardarlo capì che era meglio lasciar perdere, per il bene della band.
Axl si infilò un giubbino di pelle e diede un'occhiata all'orologio.
"Ho un appuntamento, ci vediamo domani belli freschi e carichi, ok?"
E con un cenno della mano, il cantante uscì piuttosto frettolosamente.
"Uno di questi giorni gli infilo una delle mie bacchette su per il culo, ve lo giuro!!"
Steve si alzò dalla batteria roteando l'oggetto appena menzionato e scoppiò a ridere.
"Anch'io ho un appuntamento con una bella moretta, qualcuno viene a bere qualcosa insieme a noi?"
Slash si controllò in tasca quanti soldi avesse. Non molto a dire il vero, ma contava di incontrare qualche ragazza generosa e desiderosa di compiacerlo pagandogli del whisky.
"Arrivo, dammi un minuto che sistemo la chitarra."
Steve guardò gli altri due.
"Izzy? Duff?"
Duff lo guardò pensieroso. In realtà la sua idea era quella di andarsene a casa e finire le scorte che aveva nascosto per bene in camera.
Stava per rispondere di no, quando sentì la mano di Izzy sulla spalla.
"E dai amico, già che devi bere almeno vieni a farlo in compagnia... "
Lo sguardo di Izzy era così rassicurante e accogliente che Duff non ci pensò su due secondi.
"Ok, arrivo."
Izzy gli sorrise soddisfatto. Se proprio doveva distruggersi per qualsiasi motivo avesse, preferiva averlo sott'occhio per poter controllare che la cosa non degenerasse o finisse male. E poi non era detto che con l'aiuto di qualche bicchiere, non sarebbe riuscito a farsi dire cosa diavolo stava succedendo e cosa lo tormentasse improvvisamente fino a quel punto.
Posarono le chitarre, si misero i giubbotti e tutti insieme uscirono diretti in qualcuno di quei locali dove pian pianino stavano diventando conosciuti e dove forse, prima o poi, sarebbero stati acclamati come delle vere star.

Ecco qui il terzo capitolo! Che ne dite? Non vi fa tenerezza Duffuccio che fa avanti e indietro ogni giorno?? XD
Non succede molto, ma in realtà sarà così ancora per qualche capitolo, perché vorrei che conosceste meglio i miei personaggi ^_^ Se ad un certo punto vi annoiate, ditemelo, ok?
Spero vi sia piaciuto!

Ciao!

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Capitolo 5
*** 4° capitolo ***


5 dicembre 85 5 Dicembre '85 - LA

Lene stava tirando fuori gli scatoloni con le decorazioni natalizie, le note di Jingle Bell Rock che uscivano dallo stereo.
Le piaceva il Natale, era la festa che preferiva più di tutte e questa predilezione aveva non poco a che fare con il fatto che la madre fosse una spagnola di fede cattolica. Ogni anno in casa sua l'8 dicembre, da tradizione, la madre li radunava tutti e insieme decoravano la casa, facevano l'albero e il presepe, canzoni di Natale di sottofondo per tutto il tempo.
Il Natale era talmente importante per la famiglia di sua mamma che spesso, nonostante la spesa, i nonni e altri parenti prendevano l'aereo da Barcellona e arrivavano fino a Los Angeles per festeggiare tutti insieme.
Neanche a dirlo, la passione per quella festa le era rimasta anche da adulta e quindi quando iniziava il mese di dicembre Lene trasformava casa sua in una succursale della casa di Babbo Natale, con decorazioni di ogni tipo in ogni dove.
Quell'anno però il suo spirito natalizio era rovinato da una vena di malinconia che non le permetteva di essere gioiosa come al solito.
Aveva deciso di troncare con Duff e il cuore le faceva male solo a pensarci.
La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stata la serata della rissa al Troubadour. Non per la rissa in sé, ovviamente. Ma vedere quanto anche Duff ci tenesse a lei l'aveva terrorizzata da morire, sebbene una cospicua parte di lei avesse gioito come una pazza nel vederlo così geloso.
Erano arrivati al capolinea. Aveva cercato in tutti i modi di evitare che succedesse, ma ovviamente tutto era andato contro i suoi piani e si erano ritrovati  troppo coinvolti, entrambi.
Se avesse avuto ancora qualche dubbio sui sentimenti del ragazzo, o qualche speranza dal suo punto di vista, la scenata di Slash gliel'aveva spazzati via in un colpo solo.
Le venne da sorridere nel rivedere la scena del ragazzo che la seguiva in camera sua e le urlava di tutto in faccia come un pazzo.
Cioé, lì per lì non aveva riso per niente, anzi... Si era incazzata parecchio anche lei sentendosi così aggredita ed era per quello che non era riuscita a controllarsi e aveva fatto l'errore più grande che potesse fare, ossia spifferargli tutto.
Non avrebbe dovuto ammettere i suoi sentimenti, lo sapeva benissimo, ma allo stesso tempo l'aveva fatta sentire così bene confidarsi con qualcuno, così leggera... Certo, se n'era pentita l'esatto secondo dopo averlo fatto e quindi gli aveva fatto giurare di non dire niente a nessuno, primo fra tutti a Duff.
Slash aveva cercato di rifiutarsi, ma dopo le poco velate minacce che gli aveva fatto, si era arreso e aveva giurato sulla sua chitarra e sul rock che non ne avrebbe fatto parola con nessuno.
L'aveva poi guardata con uno sguardo che nemmeno lei era riuscita ad interpretare, ma non aveva nemmeno voluto indagare oltre.
Lene appese un paio di decorazioni all'albero e fece un forte sospiro.
Peccato che quella storia non potesse avere un lieto fine, peccato davvero. Duff era davvero un ragazzo dolcissimo e molto affettuoso. Era anche piuttosto intelligente e insieme avevano sempre delle conversazioni piuttosto stimolanti, per lo meno quando il ragazzo non era ubriaco. Il sesso poi...
Lene fece un altro sospiro e sentì un certo calore irradiarsi per tutto il corpo. Solo pensarci la faceva accendere di desiderio, era incredibile!
Scosse il capo con forza, cercando di scrollare via quei pensieri poco casti e magari anche il ragazzo dalla sua mente, pur sapendo che era tutto vano.
Ci sarebbe voluto tempo per dimenticarlo, ne era certa, ma ce l'avrebbe fatta. Si sarebbe messa d'impegno e con l'aiuto di qualche ragazzo compiacente e di un po' di roba come si doveva, sarebbe riuscita a cancellarlo dalla sua testa.
Ora la cosa più difficile sarebbe stata trovare una scusa decente e soprattutto trovare la forza per respingerlo quando sicuramente sarebbe tornato alla carica nei giorni successivi.
Lene sbuffò via tutta l'aria che aveva nei polmoni e appese qualche altra pallina.
Non era quello il momento di pensarci, no? Avrebbe affrontato il problema quando si sarebbe presentato davvero.
Fece qualche passo indietro per avere una visione d'insieme e poi spense la luce per vedere l'effetto finale delle luci sull'albero.
Perfetto, almeno quello le era venuto davvero bene.

5 Dicembre '85 - Seattle

Duff si aprì una birra e ne versò il contenuto in un bicchiere. Poi ne prese altre due e le portò con sé dietro alla penisola che divideva la cucina con la sala, sedendosi su uno sgabello per parlare con sua madre mentre lei lavava i piatti.
Era arrivato a Seattle la sera prima per il compleanno di Bruce e sarebbe ripartito quella sera stessa.
Sua mamma ovviamente non aveva mancato di fargli notare che non c'era bisogno di scappare via subito in quel modo e siccome gli aveva chiesto se c'entrava una donna nella sua fretta di tornare a LA, i due erano finiti a parlare di Lene prima ancora che Duff se ne rendesse davvero conto.
O meglio, si erano messi a parlare di "una certa ragazza" che lui vedeva da un po', senza far nomi e senza dare troppi dettagli.
Va da sé che Alice, la mamma di Duff, aveva già intuito, con il fiuto tipico delle madri, che non si trattasse di una delle tante che passavano probabilmente nel letto di suo figlio e quindi aveva iniziato a tastare il terreno.
"Ce la porti a conoscere a Natale?"
"Chi?"
"La ragazza che stai frequentando."
"Guarda che io non sto frequentando proprio nessuna!"
"Ah no? Allora fate solo sesso?"
Duff sputò la birra che si era appena messo in bocca.
"Michael!!! Pulisci!!"
Gli gettò uno straccetto per asciugare la birra che gocciolava ormai dalla penisola.
"Ma che domande mi fai, scusa?!"
"Eh che avrò mai detto?? Guarda che sono stata ragazza anch'io, sai? E se non te ne fossi accorto, ho cresciuto altri maschi prima di te e so bene cos'avete in mente ad una certa età! Solo quello!"
"Ma', non mi va di parlare con te di ste cose!"
"E perché, scusa?"
"Perché... beh, perché mi imbarazza!"
"Toh, non credevo che con la vita che stai conducendo a Los Angeles ti fosse rimasto un po' di senso del pudore... buono a sapersi."
Duff incassò la stoccata e diede una gran sorsata alla sua birra.
Ci fu un momento di silenzio, interrotto solo dal rumore dell'acqua che scorreva nel lavello.
"Gliel'hai già preso?"
"Cosa, ma'?"
"Come cosa! Il regalo di Natale, no? Gliel'hai già preso?"
"Io non... noi... insomma..." Duff fece un sospiro frustrato e si scompigliò i capelli, imbarazzato. "E' complicato, ok? Lei è complicata. Noi due non stiamo insieme, smetti di farti degli strani film in testa."
"Non state insieme."
"No."
"Però fate sesso."
Duff si spostò nervoso sulla sedia.
"Uffa... sì..."
"E spesso."
"Cos'è, vuoi una tabella con segnati i miei amplessi??"
"Non fare lo spiritoso Michael Andrew McKagan, sono sempre tua madre!"
Duff abbassò lo sguardo sul bicchiere ormai quasi vuoto.
"Scusa ma'."
"Allora?"
"Allora cosa?"
"Allora lo fate spesso?"
Duff si aprì un'altra bottiglia, conscio che quella chiacchierata sarebbe stata lunga e faticosa per lui.
"Mamma mi spieghi tutto questo tuo interesse per la mia vita sessuale con Lene??"
"Ah, si chiama Lene! Beh, è bello sapere che almeno ha un nome."
Duff le lanciò un'occhiataccia, sfruttando il fatto che la madre, lavando i piatti, non poteva beccarlo.
"Ancora non mi hai risposto però."
Duff, spazientito, quasi sbatté il bicchiere sulla pensilina.
"Sì mamma, lo facciamo spesso ed è sempre fantastico, contenta?!"
La madre smise per un secondo di lavare i piatti e lo guardò malissimo.
"Rispondimi ancora una volta così e vedi, Michael!"
Duff alzò gli occhi al cielo e riprese a bere.
"E fai sesso solo con lei o anche con altre ragazze?"
Duff si mosse di nuovo sulla sedia, come se scottasse.
"Beh... ecco... io... "
Sua mamma sospirò forte.
"Siete proprio tutti uguali voi uomini! E lei lo sa?"
"Lei... non chiede."
"Non chiede. Vuol dire che sa quale sarebbe la risposta. Ai miei tempi certe cose non succedevano, questo è poco ma sicuro!"
Duff diede un'altra sorsata alla sua birra, un vago senso di colpa crescente dentro di lui nei confronti della ragazza. Che poi perché si sentiva in colpa?? Lene era la prima che voleva essere libera, senza legami e senza obblighi!
"Beh, ma guarda che anche lei... insomma... diciamo che si dà da fare, sai? Non è lì che aspetta me, tranquilla! Giusto l'altro giorno ho preso a pugni uno con cui se la stava spassando proprio sotto i miei occhi."
Solo a pensare a quella scena di Lene tra le braccia di quello stronzo, gli salì un'ondata di rabbia incredibile e un forte desiderio di spaccare qualcosa.
La mamma di Duff scosse il capo.
"Dove andremo a finire..."
Ci fu di nuovo silenzio e Duff per un momento si illuse che sua mamma si fosse arresa.
In fondo era normale che si interessasse alla vita del figlio, lo sapeva. Soprattutto da quando era lontano e lei non poteva più tenerlo d'occhio come avrebbe voluto. Però certi argomenti... insomma, certe cose sono private e devono restare tali, anche con la propria madre!
"Però tu gliel'hai preso?"
"Cosa?"
"Come cosa? Un regalo di Natale!"
"Io... "
Duff rimase un attimo in silenzio. In realtà aveva il regalo perfetto e scottava da un po' nella tasca della sua giacca... ma con Lene non si sapeva mai come poteva reagire.
"Non è proprio un regalo di Natale... in realtà gliel'ho comprato un mesetto fa... solo che non sono ancora riuscito a darglielo."
La donna si girò verso di lui, improvvisamente seria.
"Cosa le hai preso di così difficile da dare?"
Duff alzò lo sguardo e incontrò gli occhi della madre.
"Un anello. Le ho preso un anello. E credo che non glielo darò mai."
Alice posò immediatamente piatto e spugnetta, si sciacquò le mani e le asciugò velocemente, prima di mettersi di fronte al figlio e prendere le sue mani nelle sue.
Lo scrutò negli occhi per qualche istante, pensierosa.
"Ascolta questa donna vecchia che sa bene cosa significhi pentirsi di non aver preso determinate decisioni. Dalle quell'anello. Non importa se temi che lei non lo voglia, che non si senta pronta o voglia vivere la vostra relazione secondo le mode del momento, tu daglielo. Meglio ricevere un rifiuto che vivere chiedendosi cosa sarebbe potuto succedere se gliel'avessi dato. Fidati."
E dette quelle parole, Alice si girò e tornò a lavare i piatti, lasciando Duff un po' scosso da quel discorso così serio e da quello che effettivamente significava.

Ecco qui il nuovo capitolo, in cui vi ho fatto seguire in contemporanea quello che succede e quello che passa nella testa di entrambi i nostri protagonisti. Siamo ancora su un capitolo di passaggio o se volete di introspezione, in cui vi rivelo ancora qualche dettaglio di Lene e vi lascio sbirciare un pochino nell'intimità famigliare di Duff.
Se vi va, lasciatemi due righe! ^_^
CIAO!

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Capitolo 6
*** 5° capitolo ***


16.12.85 16 dicembre '85

Lene, dietro alle urla di incoraggiamento di una ventina di ragazzi lì intorno, buttò giù il sesto bicchiere di whisky in un colpo solo.
Urla festose si diffusero nel locale, mentre la ragazza sbatteva sul bancone il bicchiere ormai vuoto ridendo come una pazza.
Quello spettacolo ormai avveniva quasi ogni giorno da quando Lene aveva trovato il coraggio di dire a Duff che tra loro era tutto finito.
La prima sera si era annebbiata il cervello con l'alcool non solo per la decisione presa, ma anche e forse soprattutto per la reazione che il ragazzo aveva avuto alla notizia.
Non che lei si aspettasse pianti o scenate melodrammatiche, per carità... le avrebbero dato perfino fastidio. Ma il biondo era rimasto apparentemente impassibile, non le aveva chiesto nemmeno spiegazioni e con un laconico e alquanto raggelante peccato, era divertente passare del tempo con te, l'aveva salutata e se n'era andato con una tranquillità impressionante.
Le era apparso quindi evidente che a Duff non gliene fregasse in realtà niente di lei e questo l'aveva da una parte rasserenata per l'aver deciso di smettere di vederlo, dall'altra, inutile nasconderlo, le aveva spezzato il cuore. Sì, perché lei invece si era invaghita eccome e capire all'improvviso che si era sbagliata e aveva frainteso tutto l'aveva ferita come poche volte le era successo nella vita.
Da quella prima sera di terapia anti-Duff a base di whisky e quant'altro poteva ingurgitare, Lene si era recata quasi ogni sera in un pub diverso e aveva replicato la serata, finendo ogni sacrosanta volta nel letto di qualcuno di cui poi non ricordava nemmeno il nome.
Una delle prime volte si era ubriacata talmente tanto da non ricordare nemmeno di essere uscita di casa e quando si era svegliata per vomitare nel cuore della notte, era finita per farlo in uno sgabuzzino perché non c'era verso che trovasse il bagno in quella casa sconosciuta.
Neanche a dirlo, non appena aveva ripreso un minimo di lucidità, aveva preso le sue cose ed era sgattaiolata fuori senza farsi sentire dal malcapitato proprietario, onde evitare di dover dare spiegazioni in merito.
Quella sera Lene ci stava dando particolarmente dentro perché nel pomeriggio le era capitata tra la mani una maglietta che Duff aveva inavvertitamente dimenticato a casa sua e dopo averci girato attorno per circa un'ora, combattuta su se indossarla e sentirne l'odore o buttarla nella spazzatura, aveva ceduto e se l'era messa, piombando dopo poco in uno stato di disperazione profonda.
Aveva subito deciso di uscire ed era andata a cercare Jay, uno degli spacciatori del quartiere, da cui aveva comprato un bel po' di roba.
Erano le 19 quando si era fatta la prima canna e poco dopo era entrata nel liquor store all'angolo e l'aveva letteralmente svaligiato.
Dopo aver portato le scorte in casa, aveva aperto la prima bottiglia e se l'era scolata un bicchiere dopo l'altro, prima di decidere che aveva voglia di uscire e divertirsi, possibilmente in compagnia di qualche bel maschione.
Non si era neanche cambiata e con il solo vestitino addosso e un paio di stivali da motociclista ai piedi, si era diretta al Sunset Strip.
Dopo poche ore era diventata il centro dell'attenzione del club, per lo meno della popolazione maschile. Era bella, piuttosto alticcia e decisamente disponibile, un mix decisamente vincente.
Qualcuno tra i ragazzi che la circondavano speranzosi l'aveva sfidata a bere alla goccia e Lene non se l'era fatto ripetere due volte.
Di certo non era una che si tirava indietro, lei, soprattutto se si trattava di alcool.

Izzy e Slash entrarono di forza in camera di Duff, facendogli fare un salto nel letto degno di questo nome.
Erano giorni che il ragazzo non usciva di lì e passava il tempo solo a bere, bere e ancora bere. E vomitare, ovvio.
"Che cazzo volete da me brutti stronzi?! Fuori di qui!!!"
I due chitarristi non dissero una parola. Lo tirarono su di peso, cosa neanche troppo facile considerando la sua altezza, e sfruttando il fatto che era troppo brillo per reggersi in piedi da solo o reagire in qualche modo, lo buttarono di peso sotto la doccia, ovviamente fredda.
Duff cercò di divincolarsi per un po', urlò insulti ed improperi di ogni genere e tipo e prima di vomitare l'anima giurò a entrambi che si sarebbe vendicato.
Izzy e Slash ridacchiarono nel sentire quelle parole, ma smisero subito quando Duff iniziò a cacciare tutto ciò che aveva ingoiato quel giorno, accasciato contro la parete della doccia.
Erano dei cazzoni con la C maiuscola, ma vedere il loro amico ridotto in quello stato per una donna era davvero troppo anche per loro.
Duff era rientrato ormai una settimana prima già sbronzo. Non che quello fosse una novità o qualcosa che poteva sconvolgerli più di tanto, presi com'erano tutti dai loro demoni personali. Ma quella volta lo avevano visto davvero sconvolto e quando avevano realizzato che non usciva dalla camera da ore si erano anche preoccupati.
In qualche modo Izzy e Axl erano riusciti a farsi dire qualcosa di quello che era successo e non ci avevano messo molto a mettere insieme le parole Lene - mollato - morire, anche se biascicate in quel modo.
Una volta che gli era passata la sbornia, o per lo meno gli si era abbassato il tasso alcolico, Duff aveva spiegato a Izzy che Lene l'aveva lasciato e sebbene sul momento, davanti a lei, fosse riuscito a fare il duro e far finta che non gliene fregasse niente, come aveva girato l'angolo aveva avuto uno dei suoi maledettissimi attacchi di panico in mezzo alla strada, con la gente che lo guardava come se fosse un pazzo o un tossico allo stadio finale.
Se non fosse stato per lo sguardo pieno di dolore di Duff e il suo volto segnato, a Izzy sarebbe venuto anche da ridere nell'immaginarsi la scena.
Invece gli aveva dato una pacca sulla spalla e gli aveva detto di non preoccuparsi perché l'avrebbe dimenticata in quattro e quattr'otto.
Izzy sapeva ovviamente che non era vero affatto e che il suo amico era pazzo di Lene e ci avrebbe messo un casino a superare quel momento, ma di certo non poteva dirglielo, no?
Duff aveva fatto finta di credergli, l'aveva ringraziato e poi si era chiuso di nuovo in camera e non era più uscito.
Questa volta erano saltate anche le prove e Axl subito aveva abbozzato, avendo visto anche lui come stesse male il bassista. Dopo qualche giorno però aveva iniziato a incazzarsi di brutto, anche perché il Roxy aveva fissato un altro concerto per il 18 gennaio e anche se di tempo ce n'era, non potevano certo buttare via quell'occasione arrivando impreparati alla serata.
Izzy era riuscito a tenerlo buono per qualche giorno, complice una ragazza di nome Erin che il rosso aveva conosciuto una sera al Rainbow e che il cantante stava cercando disperatamente di conquistare, ma sapeva che la cosa non poteva durare oltre, non solo per la salute fisica di Duff, ma anche per quella mentale di tutti. Axl se s'incazzava sapeva diventare davvero insopportabile e lui lo sapeva meglio di tutti gli altri.
Duff finalmente smise di vomitare e appoggiò la testa al muro, tirandosi i capelli bagnati all'indietro, in modo che non gli andassero in faccia.
Li guardò e alzò una mano, facendo loro il dito medio.
Slash si mise a ridere, contento di vederlo reagire di nuovo. Era preoccupato sul serio per il suo amico e anche parecchio spiazzato per quello che Izzy gli aveva raccontato, visto e considerato che Lene era stata più che chiara sui suoi sentimenti per Duff. Ma allora perché aveva chiuso con lui?? Davvero non riusciva a capirlo.
"Cazzo avete da guardare?? Mai visto uno con il post sbornia?"
Izzy si accese una sigaretta e ne passò una a Slash.
"Lungi da me giudicare, ovviamente, ma direi che questa potrebbe rientrare tranquillamente nel guinness dei primati dei post sbornia. Fai schifo, amico."
"Ti voglio bene anch'io Izzy. Vaffanculo."
Izzy diede un tiro alla sua sigaretta e gli fece il suo solito sorrisino quasi trattenuto.
"No, grazie. Non fa per me."
Lo guardò in silenzio e diede un altro tiro.
"Allora, come ti senti? Ce la fai a tirarti su?"
Duff scrollò le spalle.
"Non lo so e non me frega un cazzo. Perché dovrei tirarmi su? Si sta benissimo qui, soprattutto se gentilmente mi portate una delle bottiglie che ci sono in camera mia."
Slash si avvicinò leggermente e spense l'acqua.
"Eh no amico, tu ora ti alzi e ti dai una sistemata, tra poco si esce."
Duff scoppiò a ridere.
"Stai scherzando, vero?? Io non vado da nessuna parte."
Slash si accucciò vicino a lui, un sorriso strano.
"Scommetti che ti alzi e esci?"
Duff guardò prima Slash e poi Izzy negli occhi e non ci vide niente di buono.
"Cos'avete in mente voi due?? Perché non mi lasciate qui a morire di dolore in pace e la piantate di rompere??"
Slash si rialzò e spense la sigaretta nel gabinetto.
"Dio mio, quando parli così vien fuori tutto il punk che c'è in te, lo sai? E non lo dico in senso positivo."
"Fanculo anche te."
"Amen."
Slash guardò Izzy.
"Lo tiriamo su?"
Duff fece solo in tempo a vedere il cenno d'assenso di Izzy. Slash lo afferrò poco gentilmente per un braccio e Izzy fu dall'altro lato in pochi secondi.
Lo tirarono su e quando videro che riusciva a stare in piedi si lanciarono un'occhiata d'intesa. Slash gli lanciò in faccia un asciugamano e seguì Izzy fuori dal bagno.
"Muoviti spilungone, hai mezz'ora per darti una sistemata."

Dopo un primo attimo di sbigottimento, seguito da un atteggiamento del tipo col cavolo che vengo, Duff aveva deciso di assecondare i suoi amici.
In fondo era stufo anche lui di fare quella schifo di vita da circa una settimana, solo che non l'avrebbe confessato ai due neanche morto.
Quindi, con un atteggiamento dimesso e rassegnato, si era fatto trovare pronto all'ora X e adesso i tre amici erano all'ingresso del Sunset Strip, pronti ad entrare.
Come misero piede dentro, però, sentirono subito una strana atmosfera e un frastuono eccessivo anche per il locale.
C'era un gruppo piuttosto corposo di ragazzi tutti assiepati dal bancone e stavano facendo un casino pazzesco.
Slash diede una gomitata a Duff.
"Ehi, io vado a vedere che succede... magari regalano da bere!!"
Duff gli fece un cenno d'assenso e si spostò poco più in là con Izzy.
"Non so se è stata una grande idea venire, tutta sta gente mi sta già facendo uscire di testa."
Izzy si accese una sigaretta e lo guardò mentre la luce della fiamma lo illuminava leggermente.
"Non dire stronzate, se proprio ti devi ubriacare è meglio farlo qui con noi."
Duff stava per rispondergli, quando lo sguardo allucinato di Izzy lo bloccò. D'istinto si girò a guardare nella stessa direzione dell'amico e lo spinello gli cadde di mano nel vedere Lene, la sua Lene, salire in piedi sul bancone del bar e iniziare a ballare in modo decisamente provocante.
Slash li raggiunse in pochi passi, la faccia che era un programma.
"Duff... Lene... lei... io..."
Duff non lo stava neanche a sentire però, troppo concentrato a capire cosa diavolo stesse succedendo e a tenere la situazione sotto controllo.
Quanti di quei ragazzi erano potenzialmente pericolosi per lei? Cosa cazzo le passava per la testa?? Non sapeva quanto fosse attraente e quanto sapesse essere sexy quando voleva??
Duff iniziò a innervosirsi davvero quando vide qualcuno che cercava di alzarle letteralmente la gonna per prendersi una bella vista di quel che vi era sotto, mentre lei ballava ignara di tutto e del pericolo che stava correndo.
Quando Lene, in preda a tutte le sostanze che aveva in corpo, urlò "Chi è che vuol fare sesso con me stasera??",  non ci vide più.
Partì in pochi secondi e si fece largo, anche con la forza, tra i ragazzi che fischiavano e urlavano io! io! cercando di afferrarla.
Quando fu esattamente sotto di lei, approfittò della sua statura per afferrarla in vita e tirarla giù di lì a forza, provocando urla e insulti tra i presenti.
"Levatevi dai coglioni, brutte merde! Non vedete che è ubriaca fradicia?? Fate schifo!!"
Slash e Izzy, che nel frattempo si erano avvicinati, si misero tra lui e i ragazzi per evitare qualche rissa e Duff riuscì così a portare Lene in braccio fuori di lì senza avere seccature.
Come furono fuori la posò a terra, pronto a farle una ramanzina coi fiocchi, ma Lene lo precedette nel parlare.
"Ehi!!! Ma guarda!! Tu assomigli da morire al ragazzo di cui mi sono innamorata e che devo levarmi dalla testa!!"
La ragazza gli buttò le braccia al collo e gli sorrise maliziosa.
"Meglio così... almeno sarà più facile scopare con te e non dovrò nemmeno prendere qualcos'altro per riuscirci! Andiamo da te o da me?"
Duff rimase come bloccato. Il ragazzo di cui mi sono innamorata?! Quindi non era perché non provava niente per lui, che l'aveva scaricato... Ma allora perché gli aveva chiesto di chiudere lì la loro... amicizia
Lene lo guardò un po' stranita.
"Che c'è?? Fai il timido adesso??"
Gli si attaccò alle labbra e lo baciò con irruenza, forzando la sua bocca con la lingua.
Duff rimase interdetto qualche secondo, ma poi fu più forte di lui rispondere al bacio e godere ancora una volta di quella bocca che gli era mancata come l'aria.
Lene si staccò da lui, tutta accaldata.
"Wow... sono stata fortunata a quanto pare... Sbrighiamoci, dai, andiamo da me che è qui vicino."
Lene lo afferrò per la mano e cercò di fare qualche passo, tirandoselo dietro, ma la strada sembrava non stare ferma e camminare le risultava più difficile del previsto.
Lasciò le mani di Duff e si sedette per terra, in mezzo alla strada.
"Cazzo, mi sa che ho bevuto un pochino troppo stasera... meglio se mi fermo un attimo qui e aspetto che passi un po', ok?"
Duff sentì una macchina arrivare a tutta velocità e riuscì ad afferrarla giusto in tempo per tirarla via dalla strada.
"Che cazzo combini Lene?? Vuoi farti ammazzare?? Non ti è bastato rischiare lo stupro di gruppo?!"
Lene, ancora tra le sue braccia, lo guardò spalancando gli occhi dallo stupore e poi scoppiò a ridere come una pazza.
"Accidenti!! Non solo gli assomigli da matti, hai pure la voce simile! Non è buffo?? Cerco di scappare da lui e mi trovo davanti il suo sosia!"
La ragazza improvvisamente smise di ridere e lo guardò con uno sguardo strano e una grande malinconia negli occhi.
"Non è che puoi ripetere il mio nome ancora una volta? Mi manca da morire sentirmi chiamare da lui..."
Duff a quelle parole sentì la rabbia e la preoccupazione sparire immediatamente e le sorrise dolcemente.
"Dai Magdalene, andiamo a casa."
E in quel momento, in quel preciso istante, Lene si rese conto che a portarla a casa non era uno sconosciuto qualsiasi abbordato in un club, ma proprio il suo Duff.
Si accoccolò tra le sue braccia, scaldandosi al contatto con il suo corpo, e dondolata dai passi del ragazzo, Lene chiuse gli occhi e si addormentò, un sorriso sereno dipinto sul bel volto.

Eccomi qui, belle fanciulle!! ^_^ Dai... quanto sono carini sti due?? Ammettetelo!!! ;)
Bene... Lene direi che non sta tanto messa bene senza Duff... Duff non è da meno... sti due sono una causa persa.
Ricordo che la storia è divisa in due parti, una ambientata negli anni 85-86 e una ambientata in era Velvet Revolver. Giusto per la cronaca!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
CIAO!! ^_^

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Capitolo 7
*** 6° capitolo ***


171285 17 dicembre '85 - LA

Lene aprì gli occhi e il gusto terribile che aveva in bocca le ricordò che la sera prima ci aveva decisamente dato dentro.
Girò lo sguardo e per poco non le venne un colpo. Cosa ci faceva Duff addormentato sulla sua poltroncina??
Fece per tirarsi su, ma un conato di vomito la costrinse a ripensarci, in combinata con un pulsare dolorosissimo alla testa. Santo Dio, quanto cavolo aveva bevuto la sera prima?!?
"Dove credi di andare con questo post sbornia?"
La voce di Duff le diede un brivido lungo la schiena. Era inutile, le era mancato da morire e l'effetto che aveva su di lei era sconvolgente, a maggior ragione essendo letteralmente in astinenza da lui.
"Duff... cosa ci fai qui? Cos'ho combinato ieri??"
Duff si alzò dalla poltroncina e si sedette sul bordo del letto. Le fece una carezza sul viso e le sorrise dolcemente.
"Te lo racconto non appena ti sei ripresa a tutti gli effetti, ok? Adesso stai buona lì, arrivo con qualcosa che ti aiuterà a rimetterti in piedi."
Duff le diede un bacio dolce sui capelli e se ne andò via dalla camera.
Lene era combattuta tra lo star male, l'essere felice per avere lì Duff e l'essere disperata per lo stesso identico motivo.
Dietro a questi pensieri le venne ancora più nausea e allora decise che era meglio lasciar perdere e per il momento pensare solo a farsi coccolare e riprendersi.
Di lì a poco Duff rientrò con un bicchiere in mano e si sedette di nuovo a bordo letto.
"Ce la fai a metterti seduta?"
"Non lo so... ci provo."
Duff l'aiutò a tirarsi su col busto e appoggiarsi allo schienale del letto. Lene si portò le mani alla testa, che le pulsava da morire.
"Tieni, bevi questo e vedrai che andrà subito meglio."
Lene prese il bicchiere e se lo portò alla bocca, titubante. Non è che era uno di quegli intrugli schifosi che si danno ai reduci da una sbronza per fargli vomitare anche l'anima??
Prese il primo sorso e come l'ebbe buttato giù, iniziò a tossire.
"Duff, ma è vodka!!"
Il ragazzo la guardò con un'espressione stupita.
"Certo che è vodka! Non lo sai che il modo migliore di rimettersi in piedi, in questi casi, è farsi un bicchiere prima di alzarsi?? Ma ti devo insegnare proprio tutto??"
"Tu sei tutto matto, io non ce la faccio a bere sta roba! Solo l'idea mi schifa!!"
"Non mi interessa, butta giù e vedrai che dopo starai un fiore."
Lene fece per controbattere, ma Duff l'anticipò.
"Bevi!"
Forse per l'assenza di forza fisica e mentale di quel momento, forse perché stava talmente male che avrebbe fatto qualsiasi cosa per farlo passare, Lene buttò giù la vodka tutta in un colpo e poi mollò il bicchiere a Duff, tappandosi la bocca di corsa per cercare di non vomitare.
"Brava bambina, così ti voglio. Docile e ubbidiente."
Le fece l'occhiolino, malizioso, e Lene sentì delle vampate infiammarle la faccia.
Duff si mise a ridere.
"Che fai, arrossisci adesso?? Ieri non eri così pudica..."
Lene a quelle parole sgranò gli occhi e arrossì se possibile ancora di più, facendo scoppiare Duff in una fragorosa risata.
"Scusami, è stato più forte di me."
Duff la guardò di nuovo dolcemente.
"Allora, come ti senti?"
Lene si soffermò a pensare, prima di rispondere. Era incredibile, ma effettivamente si sentiva meglio!
Duff lesse sul suo volto questo stupore.
"Visto che non mi credevi? Eppure dovresti saperlo che in materia sono piuttosto afferrato."
Lene sentendosi meglio tornò anche ad essere più razionale.
"Duff sappiamo tutti e due che tu non dovresti essere qui... mi spieghi per favore?"
Duff la guardò un attimo negli occhi e poi decise di raccontarle tutto.
"Ieri io, Slash e Izzy siamo capitati al Sunset Strip e come siamo entrati abbiamo notato subito che c'era elettricità nell'aria e decisamente più casino del solito. Dopo poco abbiamo anche scoperto perché: una bellissima ragazza ballava in modo inequivocabile sul bancone del bar e chiedeva a gran voce chi avesse voglia di fare sesso con lei. Immagino di non doverti dire chi fosse la ragazza in questione..."
Lene era senza parole. Non era certo la prima volta in vita sua che si ubriacava né sarebbe stata l'ultima, ma non aveva mai perso così tanto la cognizione di sé e di ciò che le accadeva attorno.
"La situazione è ovviamente degenerata e così ti ho portata fuori di lì prima che ti succedesse qualcosa. Ti ho accompagnata a casa e sono stato qui perché stavi proprio da cani Lene e non mi sono sentito di mollarti qui da sola. Non preoccuparti, ho dormito sulla poltroncina."
Lene rimase in silenzio, il cervello impegnato a cercare di ricordare anche solo brandelli di quella serata così folle.
Una cosa sola ricordava ed era Duff che la chiamava per nome, il suo vero nome.
Le sue emozioni le trasparirono dagli occhi e Duff d'istinto le si avvicinò di più e le sfiorò il viso con una carezza lieve.
Per qualche frazione di secondi fu come se il tempo si fosse fermato ed esistesse solo il battito del loro cuore a scandire il passare dei secondi.
Duff sentì il prepotente desiderio di baciarla e si avvicinò a un soffio dalla bocca della ragazza, mandandole il cuore in gola.
Lene voleva disperatamente quel bacio, lo desiderava con la parte più profonda di sé, quella più viscerale e istintiva, e così chiuse gli occhi in attesa di quel contatto.
Lo stomaco le si strinse in una morsa quando percepì il movimento sul materasso e il corpo di Duff che si allontanava dal letto.
Spalancò gli occhi e lo seguì con lo sguardo mentre il ragazzo usciva dalla stanza senza dire una parola, ancora più confusa di prima.
Come Duff mise piede al piano di sotto, afferrò con rabbia la bottiglia di vodka, ne versò il contenuto riempiendo fino all'orlo un bicchiere e buttò giù il tutto in un solo colpo.
Sbatté il bicchiere sul tavolo e si appoggiò ad esso con entrambe le mani, serrandole a pugno dal nervoso.
Avrebbe voluto baciarla, lo aveva desiderato con ogni sua più piccola fibra, ma ad un millimetro dalle sue labbra si era reso conto che non era quello il modo giusto per risolvere le cose tra loro e così si era allontanato, grazie all'aiuto di qualche entità superiore che gliene aveva dato la forza.
Lui e Lene dovevano parlare, non fare sesso, di questo era ben consapevole. Ma quant'era stato difficile lasciarla lì, su quel letto, gli occhi chiusi e le labbra protese in attesa di lui??
Slash gli avrebbe dato del coglione se lo avesse saputo e anche lui ci si sentiva, a dirla tutta. Maledizione a lui e alla sua sensibilità del cazzo, che veniva fuori quando meno gli era utile!
Duff sentì dei passi e si girò di scatto verso la scala.
Lene era lì, a un paio di scalini dalla sala, le mani appoggiate alla ringhiera e uno sguardo confuso che insieme ai capelli spettinati e alla maglietta stropicciata con cui aveva dormito la rendevano ancora più sexy del solito.
Maledizione, lui ce la metteva tutta a fare le cose per bene con lei, ma il cosmo intero sembrava andargli contro!!
"Che succede Duff? Io... non capisco..."
Lene scese gli ultimi due scalini e i suoi piedi nudi si affacciarono timidamente in sala, mentre si tormentava le mani nervosamente.
"Fermati lì per favore!!"
La ragazza si bloccò di colpo a quelle parole.
"Ma perché? Sei arrabbiato con me?"
Duff si passò le mani tra i capelli, frustrato.
"Maledizione Lene, resta dove sei, hai capito?? Non fare un passo!"
Lene era decisamente spiazzata e non riusciva a capire cosa diavolo stesse succedendo. Perché Duff tutto ad un tratto era così strano?? Cosa aveva detto o fatto per farlo reagire in quel modo??
"Se ho fatto qualcosa o ho detto qualcosa... io..."
Lene fece per fare un passo verso di lui, ma Duff alzò una mano facendole cenno di fermarsi.
"No, ferma! Senti Lene... noi due dobbiamo parlare, ok?? Ma se ti avvicini ancora io non ce la faccio a non saltarti addosso, è chiaro?! Non so nemmeno come ho fatto a uscire da camera tua poco fa, non mettermi ancora alla prova perché fallirei, fidati."
Lene rimase qualche secondo disorientata e poi scoppiò a ridere.
"Mi fa piacere che tu ti diverta!"
"Scusami, ma... questa cosa è troppo assurda... "
Lene si accorse che per Duff la questione era davvero seria e così smise di ridere.
"Ok, sentiamo... di cosa dobbiamo parlare?"
Duff iniziò a sentire un gran caldo. Ok, era arrivato il momento. Non era poi tanto difficile, no? Doveva solo dirle che si era innamorato di lei e darle l'anello, punto. Aveva fatto di peggio in vita sua, no?? Quella era una passeggiata in confronto, quindi non c'era da avere paura, assolutamente. Un bel respiro e via, tutto fatto.
Duff fece scivolare la mano nella tasca dei jeans, dove aveva infilato l'anello quella mattina presto, e fece per parlare, ma Lene lo anticipò, troppo nervosa per riuscire ad aspettare oltre. Quel silenzio la stava uccidendo!
"Ok, senti... se è per qualcosa che ho detto ieri, è più che evidente che ero completamente fuori di me, quindi non ha nemmeno senso parlarne, no?
Lo sai che in preda all'alcool si dicono e fanno un sacco di cazzate che per fortuna la maggior parte delle volte nemmeno si ricordano. Se invece ha a che fare con il fatto di non vedersi più... beh... effettivamente anch'io avrei da dirti qualcosa..."
Duff mollò la presa sull'anello e lo lasciò ricadere in tasca, una fitta al petto, mentre la ragazza si avvicinava sinuosa, ignara di tutto.
"Ci ho pensato, sai?"
Lene si fermò a pochi millimetri da Duff e posò le mani sul petto del ragazzo, carezzandolo lievemente.
"E mi sono resa conto che in fondo è da sciocchi rinunciare a del sano e appagante sesso con una persona con cui ci si diverte un sacco anche fuori dal letto... "
Lene sfiorò le labbra di Duff con un dito e si passò la lingua sulle sue, seducente.
"Spero non sia troppo tardi per convincerti a riprendere la nostra... amicizia..."
Attese qualche secondo e poi lo baciò lievemente sulle labbra, cercando di decifrare la reazione del ragazzo.
Sperava di poterlo convincere a continuare quella frequentazione con benefits, perché in quei giorni si era resa conto che stare senza di lui le faceva più male di quanto pensasse e trovandoselo davanti, quella mattina, aveva capito che la soluzione più facile era semplicemente quella di tornare sui suoi passi.
In fondo era grande abbastanza per tenere la sua infatuazione sotto controllo e gestire quella situazione nel migliore dei modi, traendone solo dei benefici, no?!  
Doveva solo fare attenzione a staccarsi un po' ogni volta che il cuore prendeva il sopravvento sul cervello, tutto qui, in modo da poter continuare a godere della compagnia di Duff senza dover fare drastiche e fastidiose rinunce.
Un piano perfetto.
Duff nel sentire quelle parole, invece, aveva sentito una fitta all'altezza del petto che gli aveva tolto quasi il respiro.
Dunque era solo quello che voleva, niente di più. Quello che aveva detto la sera prima era stato solo il frutto dei fumi dell'alcool e non la rivelazione inaspettata che avrebbe potuto cambiare il loro rapporto per sempre. Era stato solo uno sciocco e un illuso a credere che una donna bella e indipendente come Lene...
Il contatto con il corpo morbido della ragazza e il profumo della sua pelle gli fecero perdere ogni capacità di pensare.
Le labbra di Lene sulle sue mitigarono immediatamente quel dolore sordo al cuore che aveva sentito fino a pochi secondi prima e quando lei gli bagnò le labbra con la lingua per invogliarlo a lasciarla entrare, il cervello gli si spense completamente.
Si avventò su quella bocca come se da essa traesse l'aria per respirare e nel giro di pochi secondi si dimenticò di ogni cosa, perso nelle inebrianti sensazioni che solo il sesso con Lene sapeva dargli.


Et voilà!! Altro capitolo, altra confusione totale. Questi due ragazzi sono davvero un caso disperato di incapacità comunicativa! ;) Ma in fondo, sono solo due ventenni confusi e spaventati, chi può biasimarli?
Attendo i vostri commenti e vi ringrazio in anticipo per il tempo che mi dedicherete.
CIAO


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Capitolo 8
*** 7° capitolo. ***


Scena post concerto al Rainbow - gelosia 22 Dicembre 1985 - LA

Duff entrò in casa col muso lungo e l'umore sotto le scarpe, ma nessuno in quell'appartamento era abbastanza lucido da rendersene conto, o forse semplicemente erano tutti troppo egoisti per interessarsene.
Slash, accasciato sul divano, un bicchiere in mano e il corpo appena riempito di eroina, il massimo che riuscì a fare fu accorgersi che il biondo era entrato e dar libero sfogo ai suoi pensieri non poco confusi.
"Ehi amico... com'è andata? Sei riuscito ad aspettare o da brava checca hai dato alla tua dolce Lene il tuo regalo di Natale sotto il vischio??"
Slash scoppiò a ridere insieme a Steven, che in realtà neanche aveva sentito cos'avesse detto l'amico.
Izzy, poco più in là, drizzò le antenne nel sentire quelle parole e soprattutto nel sentire lo strano silenzio del bassista.
Lo mise a fuoco e lo seguì con lo sguardo mentre Duff, senza dire nulla, afferrava una bottiglia di vodka abbandonata lì vicino e si chiudeva in camera sua, sbattendo sonoramente la porta.
Slash allargò le braccia, sbigottito.
"Ehi... ma che cazzo ho detto di male??"
Steve scrollò le spalle e appoggiata la testa al cuscino, riprese il suo viaggio personale.
A Izzy venne da ridere, anche se amaramente.
Slash si girò come poteva verso di lui.
"Beh?? Cazzo ridi tu? Ci hai capito qualcosa?"
Izzy provò a mettersi seduto meglio, anche se con non poco sforzo.
"Certo, ho capito che sei il solito coglione... ma non hai visto che faccia aveva?? Cazzo, e pensare che dici che per te è come un fratello!"
Slash si innervosì di sentirsi attaccato. Ma perché non lo lasciavano in pace almeno quando si sparava la roba??
Cercò di alzarsi, ma le gambe non erano proprio stabili e così ricadde seduto sul divano.
"Fanculo!!"
Izzy scoppiò a ridere nel vedere quella scena e Steve si risvegliò dal suo sogno ad occhi aperti e si mise a ridere anche lui, nuovamente ignaro del perché si stesse ridendo.
Ormai solo in camera sua, Duff si lasciò cadere sul letto, aprì la bottiglia e diede un bel sorso, ripensando alla conversazione avuta poco prima con Lene.
Quella ragazza aveva la capacità di farlo ammattire!! Un momento si comportava come se fosse anche lei presa quanto lui, illudendolo che fosse la volta buona di provare a darle quel maledetto anello, ma un attimo dopo gli diceva qualcosa o si comportava in un modo che spazzava via tutti le sue speranze in un colpo solo, facendolo sentire un perfetto idiota depresso.
Anche quel pomeriggio era andata in quel modo.
Si erano visti subito dopo pranzo, a casa di lei. Avevano fatto sesso come lui aveva messo piede nell'appartamento ed era stato fantastico come sempre.
Lene gli si era pure accoccolata addosso, cosa assolutamente mai successa prima, ed era rimasta in quella posizione per una decina di minuti buona, lasciandosi accarezzare dolcemente i capelli da lui.
Neanche a dirlo, Duff si era sentito in paradiso e aveva trovato finalmente il coraggio di invitarla alla festa di Natale che avrebbero dato quella sera nel loro buco di magazzino.
Erano giorni che provava a farlo, ma aveva sempre paura che la prendesse come una cosa troppo "ufficiale" per loro due il fatto di festeggiare il Natale insieme, considerando quanto lei ci tenesse a quella festività. Ma considerando il suo comportamento, si era sentito finalmente legittimato a farlo e le aveva chiesto di andare a quella festa con lui.
La reazione di Lene, però, non era stata affatto quella che lui si era aspettato.
La ragazza si era improvvisamente staccata da lui e si era sollevata per guardarlo in faccia.
"Cosa intendi con con me? Che ci andiamo insieme come se fossimo una coppia?"
Duff l'aveva guardata negli occhi prima di rispondere, cercando di capire quale esattamente fosse la risposta giusta da dare.
Lo sguardo di Lene e il suo tono, secondo lui, non lasciavano dubbi.
"No, no... mi sono espresso male. Se vuoi ti vengo a prendere e andiamo insieme, se no ci vediamo direttamente lì, come vuoi tu."
Lene era rimasta un attimo in silenzio e poi si era spostata per scendere dal letto, dando la schiena a Duff.
"Ah, ok... No, vediamoci pure direttamente lì, così non ho l'assillo di dover essere pronta ad una certa ora."
La ragazza si era alzata dal letto e aveva raccolto la sua maglietta da terra, infilandosela subito dopo. Un dubbio l'aveva assalita e aveva dato voce ai suoi pensieri, senza riflettere troppo.
"Ma non è che è una festa in cui si scambiano regali, eh? Voglio dire... tra noi niente regalo di Natale, giusto? Mica stiamo insieme noi due."
Duff a quel punto era sprofondato nella tristezza più profonda, ma aveva retto bene il colpo davanti a lei, cercando di non dare a vedere la sua delusione.
"Certo che no, scherzi?? Io già ho poco più di un centesimo in tasca, figurati se lo spreco per un regalo di Natale per una ragazza!!"
Duff aveva fatto una risata forzata e Lene aveva incassato il colpo, sempre dandogli le spalle per non far trapelare le sue vere emozioni.
La situazione, a quel punto, era degenerata, nel senso che Lene gli aveva fatto neanche troppo velatamente capire che era meglio che se andasse e lui, decisamente ferito nel suo orgoglio, se n'era andato il più velocemente possibile, dandole appuntamento dopo le 21 a "casa Guns".
E adesso era lì, sul letto di camera sua, a cercare di lenire le ferite con la sua amica vodka, l'unica che non lo tradiva mai.
Diede un'altra sorsata e si asciugò la bocca con la mano.
Davvero non riusciva a capirla quella ragazza e forse era anche per questo che l'intrigava tanto.
Anche qualche giorno prima, quando l'aveva mollato e poi aveva cambiato idea... non era mica normale comportarsi così, no?? Insomma, le donne erano umorali, questo si sapeva, ma così era troppo per chiunque!!
Duff scosse il capo, incapace di capire quello che passava per la testa della ragazza e sdraiatosi a letto, tracannò ancora un po' di vodka, sperando che facesse effetto alla svelta e lo aiutasse a dimenticare tutti quei pensieri.

Intorno alle 21 Slash aprì di botto la porta della stanza di Duff, curioso di capire se fosse ubriaco fradicio come ultimamente succedeva spesso.
Si stupì non poco, invece, di trovarlo in piedi davanti allo specchio, discretamente sobrio, mentre si sistemava la giacca bianca e si guardava con occhio critico.
"Ehi, poi non ti lamentare se ti dico che sei gay!! Cazzo stai facendo davanti a quello specchio?? Muovi il tuo culo e vieni fuori, che c'è già un sacco di gente e soprattutto di donne niente male!!"
Slash gli fece l'occhiolino complice, ma Duff non lo notò nemmeno, un solo pensiero nella testa.
"Lene è già arrivata?"
L'amico alzò gli occhi al cielo.
"Che palle con sta Lene, Duff! No, non c'è ancora e comunque non vedo quale sia il problema, visto che mi hai detto che non state insieme e quindi siete liberi di fare quello che cazzo volete. Vai di là e datti da fare, che ci sono un paio di biondine da urlo molto disponibili e generose!"
Duff non disse nulla, ma lo seguì nell'altra stanza, dove una massa notevole di persone cercava di farsi spazio in quel piccolo magazzino stipato di persone già piuttosto alticce e fuori di sé in vari modi.
Slash gli passò una bottiglia di birra, un sorriso a trentadue denti dipinto sul volto. Era felice come un bambino in un negozio di caramelle in quel momento! Continuava a guardarsi in giro cercando di decidere da quale ragazza cominciare, ma ce n'erano talmente tante da perderne il conto!
Il riccio diede una generosa sorsata alla sua birra e poi diede un colpo sul braccio a Duff.
"Uuuh!! Guarda quella!!! Scusami, devo andare! Ci vediamo dopo."
E in pochi secondi Slash si avvicinò a una rossa decisamente formosa che ridacchiava con delle amiche, lasciando il biondo lì da solo con la sua birra.
In realtà da solo ci rimase davvero poco, perché pochi minuti dopo una biondina deliziosa gli si avvicinò sinuosa e strusciandosi contro di lui in modo più che palese, lo distrasse piuttosto velocemente dai suoi pensieri.
Quando Lene arrivò, mezz'oretta più tardi, rimase subito colpita dal quantitativo di gente che erano riusciti a far stare lì dentro.
Aveva già intuito che la festa doveva essere un successone dal fatto che già fuori vi erano parecchie persone piuttosto allegre che ridevano e chiacchieravano facendo un discreto casino, ma mai avrebbe pensato che là dentro potessero essercene quasi il doppio, altrettanto su di giri.
Diede un'occhiata in giro, sia per capire un po' come muoversi per avere un po' di roba da bere, sia per cercare di individuare Duff.
Non riusciva a vederlo da nessuna parte... possibile che l'avesse fatta andare fin lì per poi non esserci nemmeno?? Sarebbe stato davvero il colmo, considerato che dopo quel che le aveva detto quel pomeriggio, aveva sinceramente valutato l'idea di non presentarsi neanche.
Ci era rimasta talmente male alle parole di Duff che davvero aveva fatto fatica a controllarsi in sua presenza e aspettare che uscisse per dar sfogo alle lacrime che premevano per uscire.
Già ho poco più di un centesimo in tasca, figurati se lo spreco per un regalo di Natale per una ragazza.
E pensare che lei, come una cretina, gli aveva preso un vinile che avevano visto insieme un giorno in una vetrina. Era davvero patetica. Patetica e cretina!
Scosse il capo, cercando di non pensare a quel denaro sprecato e afferrò al volo una birra da un tavolino lì vicino, tracannandone il contenuto.
Aveva bisogno di non pensare, quella sera più che mai, e sperava davvero di trovare anche ben più che una birra lì in giro.
"Ehi ciao!"
Lene si girò e si trovò davanti Steven tutto sorridente, una ragazza piuttosto carina per mano e un paio di spinelli nell'altra.
A Lene cadde subito l'occhio su questi ultimi e Steven se ne accorse immediatamente.
"Ne vuoi uno?"
Lene gli sorrise riconoscente.
"Sì, grazie... sei un amico Steve!! Ne ho proprio bisogno stasera."
Steven gliene porse uno e quando la ragazza se lo mise tra le labbra tirò fuori anche l'accendino per accenderglielo.
Lene diede un bel tiro e iniziò subito a rilassarsi.
"Hai visto mica Duff? Lo sto cercando già da un po' e non lo vedo proprio."
La ragazza che era con lui lo precedette nel rispondere.
"Ci credo, è sparito con una bionda dieci minuti fa, starà... ahia!!! Ma che ho detto?!?"
Steve le aveva appena mollato una gomitata per farla smettere, ma troppo tardi perché Lene non avesse inquadrato la situazione.
"Non preoccuparti Steve, non c'è problema... io e Duff siamo liberi di stare con chi vogliamo, non siamo mica una coppia. Però grazie per la delicatezza..."
Lene gli diede un bacino dolce sulla guancia e poi si allontanò alla svelta da lì, cercando di mandar giù quella notizia nel migliore dei modi.
Era vero quello che aveva detto al batterista, loro erano liberi di vedersi con altre persone e lei stessa lo faceva senza problemi, ma sapere che proprio in quel momento, mentre lei era lì ad un passo, lui stava scopando con un'altra la faceva sentir male!
 Diede un paio di tiri al suo spinello e cercò di calmarsi. Non voleva fare scenate, non poteva fargli capire quanto ci tenesse a lui, visto e considerato che per lui era solo una come tante.
Trovò una bottiglia di whisky aperta su un tavolino e ne bevve finché non sentì il bisogno di respirare.
Ok, così andava molto meglio... decisamente!!
La testa iniziò a farsi leggera leggera e la stanza prese a oscillare leggermente, il che era esattamente quello che Lene voleva.
Era finalmente serena e si godeva la folla chiassosa intorno a lei, guardandosi in giro curiosa.
Fu in quel momento che vide Duff uscire dalla camera da letto. La cosa le fece strano, ma non ebbe modo di pensarci perché quando subito dietro al ragazzo intravide una bionda, il suo cuore iniziò a pompare a una velocità impressionante e la testa prese a pulsarle allo stesso ritmo.
Sentì un gran caldo in volto e cercò di scappare di lì alla svelta, per non doverlo incontrare con quella, ma nella foga non si accorse di avere un ragazzo lì accanto e gli sbatté dentro in pieno.
"Ehi, stai attenta!! Lene?!"
 Slash, nonostante non fosse decisamente in sé, si accorse immediatamente che qualcosa non andava.
"Che succede, piccola? Ti senti male??"
Forse anche per la roba che aveva preso, forse perché ultimamente aveva accumulato un po' troppe emozioni negative, Lene davanti a quella domanda non riuscì più a trattenersi e facendo di no con la testa come una bambina, iniziò piano piano a piangere, prima sommessamente e poi a gran singhiozzi.
Slash per fortuna era davvero fuori, tanto che non andò nel panico come avrebbe fatto di solito davanti a una donna che piangeva, ma afferratala per mano la portò di corsa fuori.
La sferzata di aria fredda che li investì servì a Slash per riprendere un pochino di lucidità e a Lene per calmarsi un po'.
"Allora, si può sapere cos'è successo??"
"Niente... non è successo niente... niente di niente..."
"Eh già, tu sei proprio il tipo di donna che piange così, perché non è successo niente di niente. C'entra Duff, immagino. Cos'ha combinato quel coglione??"
Lene scrollò le spalle, fingendo indifferenza.
"Te l'ho detto, niente. E' liberissimo di scoparsi chi vuole, quando vuole e dove vuole, stupida io che mi sono fatta prendere male da sta cosa. Torniamo dentro? Ho bisogno di bere e magari di farmi anche qualcosa."
Slash la osservò con un'espressione strana, che Lene non riuscì a decifrare.
Le si avvicinò di un passo e le asciugò una lacrima ribelle che ancora le bagnava una guancia.
"Un vero idiota... far piangere una ragazza così bella... davvero un idiota."
Fu solo una frazione di secondi e Lene sentì le labbra di Slash sulle sue e subito dopo la lingua del ragazzo che cercava la sua.
Fu un bacio strano, intensificato dalle sostanze che entrambi avevano in corpo, ma allo stesso tempo rovinato dalla netta consapevolezza di star facendo qualcosa di sbagliato.
I due si staccarono infatti quasi subito e si guardarono per qualche secondo imbarazzati e straniti da quel momento di follia.
Fu Lene a spezzare quella strana atmosfera.
"Andiamo dentro, ok? Ho ancora più bisogno di whisky ora!"
"Giusto, whisky. Seguimi!"
Lene seguì il chitarrista in silenzio e solo dopo aver bevuto un paio di bicchieri iniziò di nuovo a rilassarsi e a riuscire a guardare Slash negli occhi mentre parlavano.
I due, anzi, si misero a parlare come se niente fosse successo e a ridere e a scherzare come se fossero vecchi amici.
E fu in quel momento che Duff li scorse tra la folla che aveva invaso casa loro e ciò che vide non gli piacque per niente.
Li aveva cercati entrambi per motivi, ovviamente, molto diversi e nell'attesa si era intrattenuto con vari alcolici e qualche tiro qua e là di crack.
Quel poco di razionale che c'era ancora in lui sapeva benissimo che Slash non avrebbe mai fatto il cretino con lei... beh, per lo meno da sobrio!
Ma tutto l'alcool e la roba che aveva in corpo in quel momento gli annebbiavano talmente il cervello da fargli venir voglia di alzarsi e tirare un pugno in faccia al suo amico che ci stava provando, o per lo meno così gli sembrava, con la sua Lene.
In fondo tutti i suoi amici la trovavano sexy da morire, nessuno di loro ne aveva fatto mistero... anzi, Axl durante una sbronza colossale gli aveva chiaramente detto che se la sarebbe scopata fino a sfinirla, se avesse potuto... quindi tutta la gelosia che sentiva in quel momento non era poi così assurda e fuori dalla realtà.
In quel preciso istante Lene sentì la musica cambiare e il suo viso si illuminò in un sorriso.
"Oddio, adoro questa canzone!!"
Mollò senza dire una parola il bicchiere a Slash e si spostò poco più in là, uno spinello ancora in mano, e iniziò a ballare da sola, come se tutta quella gente e quel casino intorno a lei non esistessero.
Duff abbassò improvvisamente la bottiglia, la bocca ancora aperta, quando Lene iniziò il suo piccolo inconsapevole show e non fu l'unico in quella stanza affollata a spostare immediatamente l'attenzione sulla ragazza.
Lene si muoveva sinuosamente, ormai quasi al centro della sala, persa in una miriade di sensazioni amplificate dall'erba e dall'alcool.
Con una mano si portò lo spinello alla bocca, mentre con l'altra iniziò a sfiorarsi lentamente il vestito, che corto e leggero svolazzava maliziosamente qua e là, scoprendo ulteriormente le sue belle gambe e non solo.
Ad un certo punto, come in trance per la musica e tutto il resto, Lene si tolse lo spillone che le teneva su i capelli e un'ondata di lunghe ciocche color cioccolata cadde sulle sue spalle e sulla schiena, rendendo la scena ancora più suadente.
Slash, che non le aveva tolto gli occhi di dosso nemmeno un istante, afferrò una bionda che gli era appena apparsa accanto e le cacciò la lingua in bocca, lo sguardo sempre fisso su Lene.
Duff si alzò di scatto e raggiunse Neil lì vicino, in preda a un'eccitazione che non gli permetteva quasi nemmeno di pensare.
"Neil, dammi un po' una striscia per favore."
L'uomo gli sorrise complice e si spostò poco più in là, scoprendo alla vista del bassista una serie di strisce di coca allineate diligentemente sul tavolino, pronte all'uso.
Duff si accucciò lì davanti e tirò su quanta più polverina riusciva in un solo colpo, sedendosi poi subito dopo in attesa che la coca facesse il suo lavoro.
Poco più in là anche Axl e Izzy si godevano la scena, il cantante con particolar gusto.
"Davvero uno spreco... tanto ben di Dio e non poterne approfittare..."
Izzy distolse lo sguardo da Lene e osservò il suo amico, cercando di decifrare la sua espressione. Quanto gli interessava davvero quella ragazza? Quanto poteva essere pericolosa quella situazione per la band?
Axl prese un sorso dal suo bicchiere, gli occhi piantati sulla ragazza e un sorriso malizioso dipinto sul volto.
"Se non ci fosse di mezzo Duff... se non ci fossero di mezzo i Guns... Dio come mi piacerebbe sentirla gemere e gridare sotto di me!"
Izzy scosse il capo e preso il suo bicchiere, si alzò dal divano e si accese una sigaretta.
"E chi ti dice che lei ci starebbe?"
E detto questo si allontanò in direzione di una biondina niente male, lasciando il suo amico con un'espressione corrucciata e il bicchiere a mezz'aria.
Duff nel frattempo aveva iniziato a sentire gli effetti "positivi" della coca e aveva ripreso in parte il controllo.
Aveva scoperto infatti per caso che la cocaina gli permetteva di bere anche più di quanto già non facesse di suo, annullando in un certo senso l'effetto dell'alcool e riportandolo a uno stato di simil sobrietà.
Questo in pratica gli permetteva di incamerare litri e litri di birra, vodka e quant'altro fino a stordirsi per poi ricominciare tutto da capo una volta che la cocaina gli era andata in circolo. Non era fantastica la vita?!
Il bassista si alzò di nuovo fermo sulle gambe e dato un ultimo tiro alla sigaretta, buttò il mozzicone per terra e lo spense con lo stivale.
In pochi passi fu accanto a Lene, che ancora ballava persa nel suo mondo, e afferratala per un braccio la tirò a sé e la baciò con irruenza, come se volesse divorarla.
La ragazza rispose prontamente al bacio e nel giro di qualche secondo si ritrovò con la schiena contro il muro e le gambe attorno ai fianchi del ragazzo, le sue mani a percorrerle il corpo sotto il vestito.
Improvvisamente Duff si staccò da lei, rimanendo però a pochi millimetri dal suo viso.
"Non puoi ballare in quel modo e pensare che io non ti salti addosso, lo sai vero??"
Lene, stordita ora non più solo dalle sostanze introdotte nel suo corpo, ma anche dalle incredibili sensazioni che solo quel ragazzo sapeva darle, non riuscì nemmeno a rispondergli e rimase a fissare quegli occhi come ipnotizzata dal desiderio che vi leggeva dentro.
"Lo sai cosa mi eccita di più in questo momento, piccola?"
Lene riuscì solo a fare un impercettibile no con la testa, incatenata a quegli occhi.
"Che tutti i miei amici in questo momento stanno sognando di sbatterti contro un muro e scoparti fino a farti gridare e io sono l'unico che sta davvero per farlo."
Lene sentì una sferzata di eccitazione percorrerle tutta la spina dorsale a quelle parole. Ma non ebbe modo di soffermarsi su quella sensazione, perché Duff si impossessò di nuovo delle sue labbra e riprese a mangiarsela, famelico.
Il ragazzo sollevò meglio Lene e si spostò verso la camera da letto.
"Vado a scartare il mio regalo di Natale, il primo che entra è un uomo morto."
E gridata quella frase, Duff entrò in camera e sbatté la porta con un calcio, escludendo se stesso e Lene dal resto del mondo.

Scusate il ritardo, mi sono completamente svanita che dovevo postare il nuovo capitolo!! Perdonatemi, ho avuto un po' di giorni davvero assurdi.
Spero che il capitolo vi piaccia abbastanza da perdonarmi ;)
Sti due sono proprio due pazzi, devo ammetterlo! Sembra di essere su una montagna russa, non in una relazione tra due persone!!
Piccola nota per una "licenza poetica": ho scritto che dove i ragazzi provavano c'era una stanza. Sappiamo tutti che non era così, ma mi serviva per "scena" sia che Duff scomparisse in una stanza con la biondina, sia che avesse una porta da chiudere una volta travolto dalla passione con Lene. SORRY! ^_^
Bene, spero di leggere il vostro parere!

A presto


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Capitolo 9
*** 8° capitolo. ***


3 gennaio 86 Chiedo umilmente perdono per il ritardo che ho accumulato nel postare!! Scusatemi, ma ho avuto un sacco di casini, tra cui cito solo due alluvioni in un mese, quindi spero sarete magnanime!!!
Ecco il capitolo nuovo e tra pochi giorni il prossimo, promesso!
CIAO

3 gennaio '86 - LA
Duff percorse a grandi falcate la strada brulicante di gente frenetica, perso nei suoi pensieri.
Stava andando all'appuntamento con Lene, l'ennesimo degli ultimi giorni.
Ne era sorpreso lui per primo, ma ultimamente la ragazza non gli diceva mai di no e si vedevano ogni volta che lui ne aveva voglia. E lui aveva molta voglia di stare con lei, forse troppa.
Il giorno di Natale era arrivato perfino a fare una cosa di un romanticume tale che si era fin vergognato da solo e ovviamente si era guardato bene dal lasciar trapelare qualcosa con i suoi amici.
Si era infatti fatto dare con una scusa ridicola il numero di casa dei genitori di Lene, inventandosi un inesistente amico che voleva passare qualche giorno a Barcellona, guarda caso città natia della madre della ragazza.
Aveva conservato il fogliettino con quel numero sopra come fosse una reliquia e nel pomeriggio del 25 dicembre, giusto per non disturbare una riunione di famiglia, aveva chiamato, con il cuore in gola, solo per farle gli auguri.
Lene gli era sembrata un po' sorpresa di sentirlo, ma doveva essere tanta la gioia di essere con i suoi in quel giorno per loro così speciale, che probabilmente aveva deciso di non far caso alla stranezza della telefonata e aveva chiacchierato con lui amichevolmente per una mezz'oretta buona.
Inutile dirlo, Duff aveva passato il resto della giornata camminando ad un metro da terra e niente era riuscito a rovinargli il buonumore, nemmeno la lontananza dalla sua numerosa famiglia.
Lene era ritornata a LA il 28 dicembre e da allora si erano visti quasi tutti i giorni. Un vero record.
Duff girò l'angolo e la vide, seduta su una panchina, persa in un libro dalla copertina colorata.
Era così bella con i capelli raccolti tutti da una parte e quello sguardo concentrato che Duff rimase bloccato in mezzo al marciapiede a osservarla in silenzio, mentre le persone lo scansavano come potevano, non risparmiandogli delle belle occhiatacce.
Improvvisamente lo colpì la fortissima sensazione di non meritare affatto una donna così speciale come la sua Lene e fu allora che lei alzò gli occhi dal libro e li posò su di lui, accendendo il viso con un bellissimo sorriso che riuscì in un colpo solo a spazzar via quella brutta sensazione.
Duff alzò la mano in un timido cenno di saluto e in pochi passi le fu accanto.
"Cosa facevi lì impalato come un salame? Avevi una faccia strana."
"Niente... mi sono accorto all'improvviso di aver dimenticato le chiavi di casa da qualche parte e stavo cercando di ricordarmi dove potessero essere. Cosa leggi di bello?"
Lene chiuse il libro e scosse il capo.
"Niente di importante. Andiamo? La mostra chiude alle 18 e tu avrai sicuramente le prove."
"Certo."
I due si incamminarono verso la piccola galleria Tenheaum, famosa tra i giovani artisti emergenti di LA perché negli ultimi tempi aveva lanciato un paio di loro nell'olimpo degli artisti che potevano vivere del loro talento, una vera e propria rarità.
"Cosa mi hai detto che fa questo tizio che andiamo a vedere?"
Lene trattenne a stento un sorriso. Era più che evidente che a Duff non interessasse affatto l'arte figurativa e che l'unico motivo per cui aveva accettato di accompagnarla era il semplice desiderio di passare del tempo con lei, il che da una parte le sembrava davvero dolce, ma dall'altra le stava provocando nuovamente la netta sensazione che quello che stavano diventando l'uno per l'altra fosse dannatamente sbagliato e altrettanto pericoloso.
Scacciò via subito quel pensiero, decisa a non rovinarsi anche quel pomeriggio dietro alle sue seghe mentali.
"Il tizio si chiama Jason Senders e fa soprattutto ritratti, anche se con delle tecniche un po' particolari che ora non sto nemmeno a spiegarti. Tu guarda e lasciati trasportare dalle emozioni che ti daranno i suoi dipinti, tutto qui."
I due entrarono nella galleria, stipata di giovani all'inverosimile.
Lene si fermò subito a salutare un paio di ragazze dotate di macchine fotografiche professionali e Duff ne approfittò per guardarsi in giro.
A differenza di Lene, lui non conosceva proprio nessuno e la cosa un po' lo rendeva nervoso.
Si sentì improvvisamente afferrare per la mano e quando si girò, trovò il sorriso di Lene a rilassarlo subito.
"Vieni che la mostra inizia di qui."
Duff si trovò davanti ad un guazzabuglio di colori cui all'inizio non riuscì nemmeno a dare un senso.
Provò a inclinare leggermente la testa a sinistra, ma senza risultato. Spostò allora la testa verso destra e rimase in quella posizione per qualche secondo e ancora non riuscì a dargli una forma.
Sentì improvvisamente una risatina sommessa accanto a lui e si girò con un grosso punto interrogativo sul volto.
Lene stava cercando di trattenere la risata, ma con scarsissimo successo. Anche a Duff spuntò un sorriso sul volto.
"Mi stai prendendo in giro??"
"No no, non sia mai! E' che dovresti vedere la tua faccia!!"
Lene a quel punto scoppiò a ridere e Duff incrociò le braccia sul petto, fingendo di essere offeso.
"Non è carino da parte tua ridere di me in quel modo, lo sai?!"
"Ok, ok... scusami.... "
Lene tornò a guardare il quadro, sempre sorridendo.
"Qual è il problema? Non ci vedi niente?"
"Perché, tu sì???"
"Certo! E' un nudo di donna, non vedi?"
Duff a quel punto strabuzzò letteralmente gli occhi.
"Vuoi dire che quel coso è una donna nuda?? Deve avere dei problemi il tuo amico, fidati... e anche belli grossi!"
Lene scosse il capo, divertita.
"Dai, andiamo avanti... ce ne sono degli altri più lineari da interpretare, vedrai."
I quadri successivi, effettivamente, erano decisamente più normali, per lo meno la maggior parte di essi.
"Queste... queste sono due donne a letto insieme o sbaglio?"
"No, non sbagli. Anche se in realtà c'è molto altro dietro, non una semplice scena di sesso... o almeno lo spero!"
La voce dietro di loro li fece trasecolare. Si girarono e trovarono davanti a loro un uomo con lunghi capelli castani e due occhi di un intenso azzurro che sorrideva verso Lene.
"Lene sono felice che tu sia riuscita a venire... Cosa ne pensi?"
"E' stupenda Jason, davvero. Alcuni mi hanno dato delle sensazioni incredibili."
"Mi fa piacere, lo sai quanto io tenga al tuo giudizio."
Ci fu un istante di silenzio e poi il pittore si scosse dai suoi pensieri.
"C'è una persona che devo assolutamente presentarti, vieni!"
Lene guardò un secondo Duff.
"Ti spiace? Torno subito."
"Ti aspetto qui, tranquilla."
Jason afferrò la mano della ragazza e i due si allontanarono verso una donna di mezza età piuttosto elegante.
Duff osservò l'uomo presentare le due donne e non poté fare a meno di notare il modo in cui lui guardava la sua Lene mentre parlava.
Conosceva bene quello sguardo, quasi incantato, o per lo meno conosceva le emozioni che lo generavano, perché erano le stesse che provava lui quando vedeva Lene infervorarsi per il suo lavoro.
Ovviamente la cosa non gli faceva piacere, ma poteva capire benissimo che altri uomini si rendessero conto di quanto fosse speciale Lene. Poteva farsene una ragione, no?
Dopo un po' l'elegante mecenate si allontanò dai due artisti.
Jason sorrise a Lene.
"Vedrai che appena vedrà i tuoi lavori troverà il modo di aiutarti!"
"Sarebbe fantastico, ma preferisco non metterci il cuore sopra."
"Sei sempre la solita... giochi a fare la distaccata e invece sei piena di passione..."
Jason le scostò alcuni ciuffi di capelli dal viso, alla disperata ricerca di un contatto fisico. 
"E io darei qualunque cosa per poterla immortalare, quella passione, lo sai."
Lene gli sorrise leggermente imbarazzata e gli fece una lieve carezza sul viso che infastidì incredibilmente Duff.
"Jason... tu non demorderai mai, non è vero?"
L'uomo bloccò la mano della ragazza sulla sua guancia posandovi sopra la sua e la trattenne lì alcuni istanti.
"Sai già la risposta a questa domanda."
Duff a quel punto iniziò a sentire una gran voglia di dare un bel pugno in faccia a quell'imbratta tele che ci stava clamorosamente provando con Lene.
Ok che capiva che altri uomini fossero attratti da lei, ma quello stava decisamente esagerando!
Lene evidentemente sentì lo sguardo di Duff addosso, perché si girò improvvisamente verso di lui, che li guardava da lontano e tirò via di forza la mano dalla guancia di Jason.
Il pittore seguì lo sguardo della ragazza fino a Duff e poi si girò di nuovo a guardarla, un sorriso amaro sul volto.
"Ho l'impressione che adesso non sia proprio il momento giusto però... non credo che il tuo amico ne sarebbe felice."
Lene rimase colpita da quelle parole più di quanto Jason avesse immaginato e la voce le uscì decisamente secca e stizzita.
"Lo sai che non mi faccio mai condizionare da un uomo per qualsiasi aspetto della mia vita e la cosa non è diversa con lui. Le mie remore sono dovute a ben altro e tu lo sai bene."
Jason alzò le mani in segno di resa, uno strano sorriso sul volto.
"Ok, ok... non ti arrabbiare, ti prego... non volevo insinuare nulla, te lo giuro."
L'uomo si spostò per andarsene, ma quando aveva ormai quasi oltrepassato la ragazza, si fermò di colpo e le si avvicinò per sussurrarle nel orecchio.
"Però ricordati che la proposta è sempre valida, nel caso in cui dovessi cambiare idea."
Le fece l'occhiolino, un lampo di malizia negli occhi, e poi si allontanò da lei, lasciandola un po' frastornata.
Duff, vedendo che l'uomo se ne andava, si avvicinò a passi veloci.
"Che diavolo voleva quello da te??"
Lene, ancora toccata dalle parole di Jason, si sentì ancora più punta sul vivo da quelle di Duff.
"Quello, come ti ho già detto, ha un nome e quello che vuole da me non è affar tuo, è chiaro??"
E senza dargli il tempo di rispondere, Lene si diresse come una furia fuori da quella galleria che le sembrava improvvisamente soffocante.
Duff ci mise qualche secondo a riprendersi da quella reazione, ma in pochi passi fu fuori anche lui e la vide risalire lungo la avenue, un evidente diavolo per capello.
Quella ragazza lo faceva ammattire, non c'era niente da fare!! Si poteva sapere cosa diavolo aveva detto di male per farla incazzare in quel modo??
Ok, non erano una vera coppia loro due, ma non erano qualcosa di molto simile a quello ultimamente?? Non aveva il diritto, lui, di incazzarsi se uno ci provava con lei davanti alla sua faccia??
La rabbia iniziò a montargli dentro e questa gli diede la carica per raggiungere Lene alla svelta e fermarla in mezzo alla strada, tirandola per un braccio.
"Adesso ti fermi e noi due parliamo, è chiaro?!"
Lene ci mise qualche secondo a reagire, stupita dal fatto che Duff non l'avesse lasciata stare come al solito, ma l'avesse addirittura seguita e presa di petto.
Non ci era abituata, questo era poco ma sicuro, e l'unica reazione che le venne istintiva fu quella di aggredirlo verbalmente.
"Si può sapere a che titolo ti permetti di parlarmi così?? Guarda che tu non puoi dirmi cosa devo fare, chi posso vedere, dove posso andare o qualsiasi altra cosa di questo genere!! Io faccio quello che voglio, quando voglio e con chi voglio!! Non ho padroni io, né legami di alcun tipo, né con te né con nessun altro! Io..."
Lene non riuscì a finire la frase. Duff l'afferrò di colpo e la tirò con forza verso di sé, chiudendole la bocca con un bacio pieno di rabbia e passione e un miliardo di altre emozioni che era incapace di esprimere a voce.
Lene si perse in quel bacio così denso di significato e si abbandonò a quelle braccia che la stringevano forte, dandole un senso di protezione e pace che non aveva mai sentito con nessun altro.
Continuarono a baciarsi e stringersi finché l'aria non gli venne a mancare e furono costretti a staccarsi.
Duff la guardò dritta negli occhi e decise che era arrivato il momento di essere sinceri al cento per cento.
Fece per parlare, ma Lene probabilmente gli lesse negli occhi quello che stava per dirle, o per chiederle, e senza dargli tempo di andare avanti, si mise improvvisamente a correre e sparì alla vista del bassista nel giro di pochi attimi.
Duff non poté far altro che guardarla andare via. Si rigirò tra le dita l'anello che aveva tenuto in tasca per tutto il tempo e poi fece un sospiro, scosse la testa e si incamminò verso le prove.











 


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Capitolo 10
*** 9° capitolo. ***


9° capitolo 100186 17 gennaio '86 - LA

Duff stava cercando di accordare il basso, la testa persa però in ben altri pensieri.
Dopo quella fuga improvvisa di Lene che gli aveva impedito per l'ennesima volta di parlarle a cuore aperto, il ragazzo aveva per un attimo temuto che non avrebbe più rivisto la ragazza.
Lene, infatti, si era resa irreperibile per ben quattro giorni, non rispondendo mai al telefono e non dando segni di vita ogni volta che il ragazzo aveva trovato il coraggio di andare sotto casa sua e bussare con forza alla porta, urlando il suo nome invano. Niente di niente.
Poi, improvvisamente, la ragazza era uscita dalla sua clausura e quando il destino li aveva fatti incontrare per puro caso a un incrocio, lei l'aveva spiazzato per l'ennesima volta comportandosi con lui come se nulla fosse successo.
Duff aveva a quel punto preferito assecondarla e non aveva fatto ulteriori domande, troppo timoroso di vederla scappar via di nuovo come l'ultima volta.
Da quel giorno avevano ripreso a vedersi con una certa frequenza, fino ad arrivare negli ultimi tre giorni a passare ogni pomeriggio insieme, esattamente come poco prima dell'ultima lite.
Izzy lasciò che un sorriso increspasse le sue labbra e posò la chitarra con delicatezza.
Erano dieci minuti buoni che Duff muoveva le meccaniche del suo basso e pizzicava quelle povere corde a partire dal la a scendere, per poi tornare di nuovo al la, in un movimento ritmico quasi ipnotico che rendeva più che evidente che il ragazzo aveva la testa da tutt'altra parte.
Gli si avvicinò silenzioso e si accese una sigaretta a pochi centimetri da lui.
"Sei arrivato molto presto oggi, che succede?"
Duff alzò su di lui uno sguardo un po' perso, come se la voce di Izzy l'avesse improvvisamente destato da un sogno e lui non fosse ancora del tutto sveglio.
"Come dici?"
Il chitarrista sorrise di nuovo, rischiando di far cadere la sigaretta di bocca.
"Sono giorni che arrivi sempre all'ultimo secondo, giusto in tempo per non far schizzare di brutto Axl, mentre oggi sei in largo anticipo... è successo qualcosa con Lene?"
"Cosa ti fa pensare che c'entri Lene, scusa?"
Il sorriso di Izzy si aprì talmente tanto da costringerlo ad afferrare saldamente la sigaretta tra le dita e toglierla di bocca, onde evitare di vederla cadere al suolo.
"Duff, in tutta franchezza... qualunque cosa ti riguardi c'entra con Lene, qualunque."
"Non è vero!"
Izzy non riuscì a trattenere una risata ironica.
"Stai scherzando, vero?? Non dirmi che non sei consapevole di essere completamente e irrimediabilmente innamorato di lei!"
Duff abbassò subito lo sguardo e non provò nemmeno a negare. Era innamorato e lo sapeva da un pezzo ormai.
Izzy sorrise notando quella resa incondizionata e si sedette vicino a lui, dando un bel tiro alla sua sigaretta.
"Allora, cosa succede? Avete litigato di nuovo?"
Duff fece di no con la testa.
"No... non ancora, per lo meno."
"Cosa intendi con non ancora?"
"Esattamente quello che ho detto."
Duff fece un forte sospiro prima di parlare. Quella situazione iniziava a pesargli davvero e non sapeva come uscirne.
"Ogni sacrosanta volta che le cose fra noi vanno a gonfie vele per un po', succede qualcosa che la fa schizzare e improvvisamente si allontana da me neanche fossi lebbroso."
Izzy liberò nell'aria una nuvoletta grigia, pensieroso.
"Vediamo se ho capito cosa ti frulla nella testa... Adesso siete in una di quelle fasi positive e tu stai aspettando che succeda qualche casino e lei scappi di nuovo da te. Ci ho preso?"
"In pieno."
Duff si alzò in piedi nervoso e posò la chitarra, ancora scordata nonostante fosse ormai più di un quarto d'ora che ci provava.
"Ok, forse sono io che sto dando di matto... forse sono sotto pressione per il concerto di domani... o forse sto esagerando un po' troppo con la roba, non lo so! Ma sono quasi dieci giorni adesso che tutto fila liscio e da l'altro ieri non riesco a non pensare che da un momento all'altro farò un palso falso o dirò qualcosa di sbagliato e lei taglierà la corda, di nuovo! Proprio adesso che ho più bisogno di lei..."
Izzy lo osservò in silenzio, mentre l'amico non riusciva a stare fermo e vagava per la sala prove come una bestia in gabbia.
Non sapeva se Duff gli facesse più tenerezza o pena.
Da subito era parso chiaro a tutti nel gruppo che Duff era un animo gentile e sensibile, uno dal cuore buono, capace di fare qualunque cosa per le persone a lui care.
Aveva solo due talloni d'achille, due nervi scoperti che potevano alterare il suo buonumore e il suo buon carattere: la birra e le donne.
La prima la gestiva piuttosto bene, considerato il quantitativo di alcool che era in grado di mandar giù senza battere ciglio.
Le altre... eh, le donne erano davvero il suo punto debole, non c'era niente da fare.
S'innamorava come una pera cotta, lui. Sempre, inevitabilmente, senza eccezioni.
Certo, a volte gli durava di più, a volte di meno. Ma ogni sacrosanta volta che conosceva una ragazza, se ne tornava a casa camminando a dieci metri da terra, un sorriso da ebete dipinto sul volto e la prima cosa che diceva aprendo la porta era "ho trovato la mia anima gemella".
Con Lene però le cose avevano preso una piega particolare, diversa. Duff ci aveva messo di più ad "innamorarsi" o per lo meno ad accorgersene.
Si era illuso, probabilmente, che tra loro ci fosse davvero solo un'amicizia con benefits.
Povero ingenuo.
La verità era che sì, le cose erano andate con più calma del solito, ma in compenso questa volta si era innamorato davvero, con la I maiuscola e ovviamente gli era successo con una ragazza complicata come Lene.
Izzy si rese conto che Duff lo osservava in silenzio, forse ansioso di sentirsi dire qualcosa di confortante o semplicemente qualcosa.
"Beh, il lato positivo però è che poi torna sempre, no?"
Duff rimase qualche istante a riflettere su questo aspetto, che effettivamente non aveva considerato.
Alla fine Lene tornava sempre da lui, in un modo o nell'altro... doveva pur significare qualcosa, no??
Una vocina, subdola, gli sussurrò che non era detto, però, che ad un certo punto non tornasse più.
"Già, finora sì... ma se la prossima volta fosse l'ultima? Se dopo sparisse e non si facesse più vedere??"
Izzy allargò le braccia e poi le lasciò ricadere lungo i fianchi.
"Senza nulla togliere alla bellezza e alla personalità di Lene, sono convinto che con la quantità di ragazze che ti gira intorno ne troveresti presto un'altra e anche abbastanza alla svelta."
"Una come Lene?? Non credo proprio amico... non sai di cosa parli, fidati. Lene è proprio di un'altra categoria. Lei è incredibilmente forte e indipendente, sa sempre cosa fare o cosa dire... e poi è bellissima e intelligente... a volte mi sento proprio un imbecille accanto a lei! E poi è piena di interessi, di sogni, di voglia di fare..."
Izzy trattenne a stento una risata.
"Cazzo amico, sei proprio andato perso per lei, lo sai?! Tieni, fumati una di queste che ti passano tutti i pensieri."
Izzy passò all'amico una canna e il biondo non se lo fece ripetere due volte.
In quel preciso istante entrarono Steve e Slash con un sacchetto di carta pieno di bottiglie di ogni genere, una discussione in corso su chi dei due avesse colpito di più la commessa del liquor store lì all'angolo.
"Sei un illuso Popcorn, quella mi ha mangiato con gli occhi per tutto il tempo!"
Steve scoppiò a ridere.
"Certo, come no... peccato che il numero l'ha dato a me, non a te."
"Che cosa?!? Ti ha dato il numero?? Quella grandissima stronza..."
Steve si sedette su quella specie di divanetto che avevano trovato vicino ai bidoni della spazzatura qualche settimana prima e sparò uno dei suoi famosi sorrisi ai due amici davanti a lui.
"Ehi Duff, che succede che sei già qui??"
A Izzy venne da ridere, ma riuscì a camuffare la cosa.
"Ma che cazzo, possibile che mi dite tutti la stessa cosa?! Nemmeno fossi sempre l'ultimo ad arrivare!"
Anche Slash si buttò sul divanetto e tirò fuori una bottiglia di Jack dal sacchetto, tracannandone un bel po' prima di parlare.
"Ma tu sei sempre l'ultimo ad arrivare da quando le cose con Lene si sono fatte serie."
"Non è vero un cazzo!! E poi le cose con Lene non sono affatto serie, che cazzo dici?"
Duff spense l'ultimo pezzetto della canna per terra e si alzò sbuffando fuori il fumo che gli era rimasto in bocca.
Slash lanciò un'occhiata perplessa a Izzy.
"Che cazzo gli prende oggi? Hanno litigato di nuovo??"
Izzy fece per rispondere, ma Duff lo precedette.
"Ma la volete finire con sta storia?? L'ho già detto a lui e lo ripeto di nuovo, non è che se mi girano i coglioni o sono di pessimo umore è per forza per qualcosa che riguarda Lene!"
Steve lo guardò sorridente.
"Ehi amico... non ti incazzare, dai... non c'è niente di male se ti sei innamorato di Lene! Quella è una ragazza speciale... come ce ne sono poche... ti capisco, sai?"
Steven strappò di mano con poco garbo la bottiglia a Slash e la porse al bassista.
"Tieni, fatti un goccio, così ti sentirai meglio."
"Ehi!! Quella era mia, porca puttana!!"
Steven gli diede una gomitata nel fianco.
"E smettila di essere egoista, non vedi che Duff ne ha più bisogno di te, ora? Deve dimenticare la lite con Lene."
Duff si mise le mani nei capelli, frustrato.
"Ora basta!! Non ho litigato con nessuno, tanto meno con Lene, ok?! Dateci un taglio!"
E afferrata la bottiglia che Steve gli porgeva da qualche minuto, si fece scendere lungo la gola un terzo di quel liquido ambrato dai poteri miracolosi, quando si trattava dei suoi attacchi di panico o del suo cuore spezzato.
Axl entrò improvvisamente sbattendo la porta, non perché fosse incazzato, ma giusto per fare un'entrata delle sue.
"Allora cazzoni, si inizia a suonare o no?!"
Gli altri lo guardarono un po' perplessi per qualche istante, silenziosamente pensando, probabilmente, che in realtà loro erano lì da un pezzo ad aspettare lui.
"Beh?! Che avete oggi?? Vi siete fatti qualcosa di tagliato male??"
Izzy fu il primo ad alzarsi scuotendo leggermente il capo, quel tanto che bastava per essere visto dai ragazzi che lo circondavano ma non dall'amico di sempre.
Duff diede un ultimo sorso alla bottiglia e poi si mise di nuovo ad accordare la chitarra, questa volta con più concentrazione di prima.
Slash e Steve si guardarono per un attimo scambiandosi lo stesso pensiero senza bisogno di parole e poi con una scrollata di spalle si alzarono, raggiungendo i loro strumenti e dando inizio alle prove.

Lene posò la mano sulla porta del magazzino che i ragazzi avevano adibito a sala prove e rimase ferma in silenzio ad ascoltare le note che uscivano da quelle pareti.
Non era la prima volta che li sentiva suonare, ma ogni volta rimaneva stupita dell'incredibile energia che quei cinque scapestrati emanavano quando suonavano insieme e della magia che sprigionava dall'unione dei loro singoli talenti.
Aprì la porta e si andò a sedere vicino a Erin, mentre altre ragazze che non aveva mai visto chiacchieravano allegramente tra di loro poco più in là, facendo anche un discreto casino.
Lene si stupì che Axl non le avesse già apostrofate per bene, visto che giustamente durante le prove di solito esigeva il massimo silenzio.
"Ciao Erin."
"Ciao! Finalmente sei arrivata... avevo paura che aveste litigato come vostro solito e non venissi."
Lene la guardò sorpresa e anche un po' infastidita dalle parole della ragazza.
"Perché dici così, scusa?! Neanche io e Duff litigassimo poi così tanto."
Erin si lasciò andare a una risata di cuore.
"Scherzi?! Siete una delle coppie più litigiose che io conosca e considerando che sto con Axl è tutto dire!"
Lene incassò il colpo e si mise a riflettere sulle parole della ragazza. Possibile che avesse ragione lei? Che lei e Duff litigassero tanto?? Eppure a lei sembrava che le cose fra loro andassero anche fin troppo bene, tanto da crearle tutti i suoi dubbi e le ansie sulla loro frequentazione.
Erin si stupì del suo silenzio e la guardò incuriosita.
"Che c'è? Ho detto qualcosa di male?"
La ragazza sembrò ripercorrere le parole dette poco prima alla ricerca di qualche gaffe e finalmente un sospetto la colse.
"Non ci sarai mica rimasta male per la storia delle liti!"
Lo sguardo di Lene le fece capire di averci preso in pieno.
"Ma dai Lene, sul serio?! Non mi dire che non ti accorgi che ogni due per tre litigate! Da quanto ci conosciamo noi due? Un mese forse? E già vi ho visti litigare almeno due volte. "
"Che c'entra, scusa? E poi tieni conto che io e Duff non siamo una coppia."
Erin la guardò per qualche istante senza dire niente, un impercettibile sorrisino a increspare lievemente le sue labbra.
Axl le aveva accennato al fatto che quei due si divertivano a far finta di non stare insieme, anche se tutti sapevano benissimo che non era così.
Ok, se le piaceva fare quel gioco...
La riccia girò di nuovo la testa verso i ragazzi e decise che era meglio cambiare discorso.
"Domani è il gran giorno, eh?"
Lene si lasciò sfuggire un piccolo sospiro di sollievo. Era contenta che la ragazza avesse lasciato cadere quello stupido discorso.
"Già, il grande giorno. Speriamo che vada tutto bene."
Erin sorrise, guardando Axl che si muoveva sinuoso mentre cantava con tutta la passione che aveva in corpo, e annuì decisa.
"Certo che andrà bene, sono troppo bravi perché non riescano a sfondare. Diventeranno grandi, vedrai."
Lene la osservò per un attimo in silenzio, mentre la ragazza non riusciva a togliere gli occhi di dosso ad Axl, quasi ipnotizzata dai suoi movimenti e dalla sua voce.
Per un attimo sentì un pizzico di invidia per quello che c'era tra quei due. Si erano conosciuti solo un mesetto prima, ma dopo che Erin aveva ceduto al corteggiamento serrato di Axl, i due erano diventati inseparabili ed era stato chiaro a tutti che i due facevano seriamente fin da subito.
Certo, con il caratterino di Axl le liti erano all'ordine del giorno, ma Erin era talmente innamorata da passare sopra a tutto e poi aveva evidentemente il dono della pazienza, dono che a lei, invece, mancava totalmente.
Con uno come Axl, lei, sarebbe durata meno di due ore.
Improvvisamente Lene si rese conto che i ragazzi avevano smesso di suonare.
In pochi secondi Axl si fiondò tra le braccia di Erin e i due iniziarono a baciarsi come se volessero divorarsi l'un l'altro, il tutto proprio lì vicino a lei.
Sentì una mano afferrarla e tirarla con decisione a sé e Lene si ritrovò tra le braccia di Duff che la guardava con uno sguardo strano, che non riuscì a identificare.
"Mi sei mancata, piccola..."
Duff non le diede il tempo di protestare per averla chiamata ancora una volta piccola. Portò velocemente le sue labbra su quelle della ragazza e le impedì di parlare con un bacio lento e morbido che la portò istintivamente a socchiudere le labbra per cercare un contatto più intimo.
Duff ovviamente non se lo fece chiedere due volte e i due si persero per qualche minuto l'uno nell'altro, sotto gli occhi di tutti.
Un colpo di tosse a pochi centimetri da loro li costrinse a staccarsi.
Il sorriso a trentadue denti di Steve apparve davanti alle loro facce e nessuno dei due poté fare a meno di scoppiare a ridere.
"Scusate se vi interrompo, piccioncini, ma prima che vi mettiate a fare sesso qui davanti a tutti, vi dispiace se ci mettiamo d'accordo per domani sera? Pam non è potuta venire e vuol sapere a che ora presentarsi al Roxy e se ci sono anche le altre ragazze."
Il batterista guardò dritto negli occhi Lene.
"Tu vieni Lene?"
Lene fece per rispondere, ma sentì la voce di Duff precederla, non prima di essersi lasciato scappare una risata.
"Che cazzo di domande fai, Steve? Certo che viene, scherzi?! Non c'è neanche da chiederlo! Figurati se non viene in una serata così importante! A volte sei proprio strano, sai?"
Steve, contento di quella risposta, neanche si accorse del corpo di Lene che improvvisamente si irrigidiva. Si girò verso gli altri e ripeté la domanda a tutte le presenti, ottenendo assensi da tutte.
Non fu solo Steven, però, a non rendersi conto di niente. Duff si allontanò un attimo e si accese una canna che aveva lasciato appoggiata al giubbotto di pelle.
Il tempo di accenderla e farsi un paio di tiri in santa pace e sentì improvvisamente la porta del magazzino chiudersi di colpo.
Stupito, si girò verso gli altri che lo guardavano un po' perplessi.
Solo allora si rese conto che Lene era andata via.
"Ma che diavolo..."
Izzy gli passò accanto e gli diede una pacca sulla spalla, un sorrisetto sarcastico sul viso.
"Mettila così... adesso puoi metterti l'anima in pace e smettere di aspettare che litighiate di nuovo."
E con una risata, Izzy prese le sue cose e uscì dal magazzino, seguito da tutti gli altri.
Duff rimase così da solo, incapace di capire cosa diavolo avesse detto o fatto per farla incazzare di nuovo in quel modo e improvvisamente si trovò a chiedersi se l'indomani la ragazza si sarebbe fatta vedere o meno.


Eccomi qua con il nuovo capitolo! Giusto per tranquillizzarvi, vi prometto che tra un paio di capitoli le cose fra i due piccioncini si sbloccheranno! Promesso!! XD
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo con questi due pazzi che proprio non si decidono a lasciarsi andare.
CIAO
















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Capitolo 11
*** 10° capitolo. ***


Qualcosa di troppo forte 18 Gennaio 1986 - LA

Lene camminava a passo spedito lungo la avenue, cercando da una parte di non esagerare e magari prendere una brutta storta su quei trampoli che si era infilata, dall'altra di non andare troppo piano e far tardi forse per la prima volta in vita sua.
Ci aveva messo un secolo a decidere cosa mettersi quella sera, probabilmente perché ancora indecisa se andare o meno a quella gig.
Non le era piaciuto per niente quello che era successo la sera prima a casa dei ragazzi e la parte ribelle di lei, quella allergica ai legami di ogni genere, un po' cocciuta e orgogliosa, si faceva in realtà ancora sentire e tentava di convincerla a girare sui suoi tacchi 12 e tornarsene a casa.
La sentiva ancora nelle orecchie la voce di Duff che comunicava a Steven, come se fosse ovvio, implicito e scontato, che Lene sarebbe andata a sentirli quella sera. C'era da domandarlo?? Era una serata importante per la loro carriera, sarebbero venuti dei discografici, figurarsi se Lene non sarebbe andata!
Peccato che Duff a Lene non avesse neanche pensato di chiederlo, così, anche solo per fare scena, e questo l'aveva letteralmente fatta uscire di testa.
Chi si credeva di essere? Il suo padrone e legittimo proprietario?? Colui che aveva il diritto di decidere a suo piacere quello che lei doveva o non doveva fare?? 
Che ne sapeva lui che lei non aveva altri piani per quella sera, altri impegni, che so... magari con un altro uomo??
L'idea non doveva averlo nemmeno sfiorato e anche questo non le era piaciuto per niente e un po' l'aveva anche spaventata, perché sapeva che ultimamente si era concessa un po' troppo spesso e quella situazione ne era la riprova.
E per forza poi lui si credeva di poter decidere della sua vita. Era lei che ultimamente si era comportata come una stupida e gli aveva dato motivo di pensarlo, era lei l'unica con cui doveva prenderserla, non lui! Stupida, stupida, stupida!
Dietro tutti quei pensieri, Lene neanche si era accorta di essere già davanti al Roxy.
C'era un sacco di gente lì fuori e il solo pensiero che fossero tutti lì per sentire i ragazzi le fece provare un moto di orgoglio nei loro confronti e uno di tenerezza nei confronti di... beh... c'era bisogno di specificarlo??
Fece un sospiro, mentre si avvicinava a Kevin con passo felino. A chi voleva darla a bere?? Aveva ragione Duff, non si sarebbe persa quella serata per niente al mondo perché sapeva quanto fosse importante per tutti loro e in particolar modo per lui. La verità era che la conosceva fin troppo bene e anche questo non era un buon segno.
Cercò di non dar peso alle occhiatacce delle persone in fila, soprattutto delle ragazze, e fece un cenno di saluto all'omaccione che si occupava di far entrare, o meno, la gente.
"Ciao Kevin."
"Ehi Lene... sei in ritardo, lo sai? Duff sarà uscito già dieci volte a vedere se c'eri."
L'uomo le lanciò un'occhiata che somigliava più a una radiografia e poi fece un fischio di approvazione.
"Beh, credo proprio che ti perdonerà, sei uno schianto stasera, un vero spettacolo. Vieni, passa..."
Kevin si spostò leggermente per farla passare e ne approfittò per lanciarle un ultimo sguardo compiaciuto e poi tornò a guardare truce le  persone in fila.
"Beh?? Che avete da guardare voi?? Tra poco tocca anche a voi, tranquilli."
Lene si addentrò nel locale, ancora praticamente vuoto eccezion fatta per lo staff e alcuni amici di amici cui era stato dato il pass per entrare prima.
I ragazzi iniziavano davvero a essere famosi tra i rockettari che bazzicavano i club di LA e ormai riempivano quasi completamente ogni locale dove andavano a suonare, ragion per cui qualcuno iniziava già a cercare di accaparrarsi i posti migliori.
Dalla zona "backstage", che altri non era che una stanza con un bagno che dava accesso da dietro al palco, schizzò fuori ad un certo punto Steven, abbarbicato ad una bella brunetta tutta curve, lo sguardo già annacquato dall'eroina.
Lene sentì un piccolo brivido nel vederlo così. Quella roba le faceva schifo e paura allo stesso tempo e non le piaceva per niente vedere come si era già insinuata tra i ragazzi.
Non era una da eroina lei, proprio per niente. E non per bigotteria o strani moralismi. Semplicemente aveva visto troppe persone nel suo quartiere cadere in quella merda e farsene divorare lentamente, nel disperato tentativo di rivivere quell'incredibile sensazione del primo buco, fino a finire letteralmente sotto terra. No, grazie. Preferiva viaggiare con altre sostanze lei, a suo avviso più sicure e altrettanto divertenti. Mariuana... Lsd... anche qualche striscia di coca occasionale. Quella era roba per lei, non quello schifo da spararsi in vena. Che poi come diavolo facevano a farsi una roba simile, davvero lei non riusciva a capirlo!
Scosse il capo a quei pensieri e poi si concentrò di nuovo su Steven, che le stava parlando, il viso illuminato come al solito da un sorriso velato di tristezza.
"Ciao Lene!! Meno male che sei arrivata, Duff sta andando fuori di testa già di per sé e l'idea che tu potessi non venire lo stava facendo impazzire del tutto! S'è già fatto un sacco di roba e non abbiamo ancora iniziato, figurati. Vai a farti vedere, per favore, o lo sentirai Axl!"
Lene gli fece solo un cenno e si avvicinò all'entrata dell'area privata, il cuore pesante e mille pensieri per la testa.
Non le aveva fatto piacere sentire le parole nè di Kevin né di Steven, anzi le avevano fatto salire l'ansia.
Sapere che Duff aveva così bisogno di lei in quel momento da una parte la rendeva istintivamente felice, non poteva negarlo nemmeno a se stessa, ma dall'altra la terrorizzava letteralmente. Cosa stavano diventando loro due?? Era un bene o un male per entrambi??
La risposta non l'aveva, o forse sì, ma non le piaceva e così Lene scrollò via quei pensieri, si tirò su i capelli in uno chignon improvvisato e dopo aver fatto un bel sospirone girò la maniglia di quella porta ed entrò.
Lo spettacolo che si trovò davanti ormai non le era più nuovo, anche se oggi tutti sembravano più nervosi del solito.
Axl era chiuso in bagno a riscaldare la voce e forse a sniffare qualcosa per essere al top.
Izzy era seduto in un angolo a strimpellare la sua chitarra, la sigaretta pendente tra le labbra e il cappello nero calcato bene in testa in modo da vedere solo il suo strumento e nient'altro intorno a sé.
Slash e Duff... Slash e Duff erano attaccati alle rispettive bottiglie e fumavano come pazzi, entrambi incredibilmente nervosi. Vedere Slash in quello stato prima di un'esibizione era piuttosto normale, mentre Duff... lui non l'aveva mai visto così agitato.
Il ragazzo sembrò sentire lo sguardo di Lene addosso, perché si girò immediatamente verso di lei e sgranò gli occhi, mentre la sua espressione passava dallo stupore al sollievo in un batter d'occhi, per poi tornare immediatamente cupa e preoccupata.
Come i loro occhi si incatenarono, Lene si dimenticò di tutte le sue paranoie e perfino della sua rabbia di prima. Gli occhi di Duff la stavano implorando di sostenerlo e aiutarlo e lei fece l'unica cosa che le era possibile, ossia avvicinarsi quasi di corsa a lui, buttargli le braccia al collo e baciarlo cercando di trasmettergli tutto il suo... amore?!
Slash, già piuttosto alticcio, si scostò immediatamente, onde evitare di venir travolto da quell'irruenza e rischiare di versare del whisky per terra.
"Ok, ok... me ne vado... bastava dirlo, sapete??"
Duff non lo sentì neppure, troppo preso dalle sensazioni che quel bacio gli stava dando. C'era qualcosa di diverso in quel bacio, qualcosa che non era mai venuto fuori prima, ma cosa?
Lasciò cadere la sigaretta a terra e riuscì giusto a posare la bottiglia di vodka su una mensola lì vicino, in modo da avere le mani libere per stringere forte Lene a sé e proseguire quel contatto che sapeva davvero di buono.
Nonostante l'elevata carica sessuale tra loro e l'inevitabile eccitazione che ne stava scaturendo, quel bacio ebbe l'incredibile potere di calmarlo totalmente e riportarlo coi piedi ben ancorati a terra, probabilmente proprio per quel qualcosa di indefinito e indecifrabile che sentiva arrivare dalla ragazza in quel momento.
Una voce li richiamò entrambi alla realtà e i due si staccarono, guardandosi un po' straniti negli occhi per qualche istante. 
"Allora Duff, muovi quel culo o no??"
La voce di Axl, dura e tagliente come sempre, gli diede l'ultima scrollata definitiva e Duff si mosse verso la sua chitarra in silenzio.
La mise a tracolla, controllò velocemente che fosse ancora accordata e a un passo dal palco si girò verso la ragazza, che lo fissava con un'espressione strana.
"Ci vediamo dopo piccola, ok? Ti cercherò tra la folla. Incrocia le dita per noi."
E dopo averle fatto l'occhiolino e aver preso un bel respiro, Duff sparì sul palco insieme agli altri, pronto a fare del sano rock n' roll.
Come Duff uscì dal suo campo visivo, Lene si portò entrambe le mani al volto, in preda all'angoscia.
Si era illusa di riuscire a tenere a bada i suoi sentimenti, di riuscire a non passare da un'infatuazione a qualcosa di più serio e invece non ci era riuscita.
L'aveva riconosciuto immediatamente, mentre si baciavano, quel maledetto sentimento che già una volta le aveva rovinato la vita e aveva solo una persona da biasimare per essere arrivata a tanto: se stessa.
Eppure quando aveva conosciuto Duff le era sembrato così innocuo... Insomma, anche lui era in cerca solo di avventura, divertimento e sesso, senza legami, senza implicazioni di alcun genere, assolutamente perfetto per lei.
Già... forse troppo perfetto per lei.
La situazione le era sfuggita di mano e adesso era davvero nei guai.
Non fece in tempo però a indugiare ulteriormente in quei pensieri catastrofici. La porta si aprì di scatto e la moretta che aveva visto con Steve si affacciò dentro, tutta sorridente.
"Ciao! Tu sei Lene, giusto??"
Lene fece un leggero cenno del capo, ancora presa, in parte, dai suoi pensieri.
"Fantastico! Io sono Pam, la ragazza di Steve... o almeno credo!"
La ragazza fece una risatina e scrollò le spalle, dimostrando a Lene che Steven non aveva cercato un elevato quoziente intellettivo in quella ragazza.
"Che fai, non vieni?? Steve mi ha detto che abbiamo un posto riservato per le ragazze della band e io sono emozionatissima!! Tu no??"
Lene la guardò un po' stranita e Pam pensò che quella ragazza non doveva essere molto intelligente, poverina. Di conseguenza provò a scandire meglio le parole, mentre le si avvicinava e l'afferrava per un polso.
"Andiamo! Abbiamo - un posto - riservato!"
Lene a quel punto sgranò gli occhi, ma rimase talmente stupita da quel comportamento da non riuscire a reagire. Si lasciò trascinare fuori, nella bolgia di fan già scatenati, fino a cinque sedie messe alla ben' e meglio su un piccolo rialzino proprio vicino al bar. Un foglio scritto a mano in una calligrafia quasi illegibile  gridava a gran lettere "ragazze dei Guns", appiccicato in qualche modo allo schienale di una delle due sedie.
Pam vi si gettò sopra come una pazza.
"Guarda!!! L'ha scritto Steven, riconosco la calligrafia!! Che amore che è!!"
Lene continuava a non riuscire a parlare e Pam scosse leggermente il capo, dispiaciuta per quella ragazza che era così bella, ma con qualche problema serio alla testa.
Batté la mano con dolcezza sulla sedia accanto a lei e le sorrise.
"Vieni, siediti. Da qui possiamo goderci il concerto senza finire come delle sardine e abbiamo una splendida visuale dei ragazzi! Speriamo che anche le altre arrivino presto!!"
Lene si sedette come le aveva chiesto Pam e come posò lo sguardo sui ragazzi rimase a bocca aperta, come ogni volta che le era capitato di ascoltarli.
Erano una vera forza della natura quei cinque, era innegabile, e sprigionavano sesso da tutti i pori! Bravi musicisti, animali da palcoscenico, sexy da morire... un bel mix di ingredienti per un gruppo emergente! Non era stupita per niente che dei discografici finalmente iniziassero a interessarsi a loro, anzi... semmai era stupita che ci avessero messo tanto.
Lo sguardo le cadde su Duff e nel giro di pochi secondi dimenticò ogni paura e ogni determinazione a non vederlo mai più.
Il petto sudato che spuntava dalla camicia nera aperta, i capelli spettinati e quelle gambe fasciate nei pantaloni di pelle... Lene perse davvero l'uso della parola e l'unica cosa che riuscì a fare fu spogliarlo letteralmente con gli occhi e mentalmente immaginare tutto quello che gli avrebbe fatto non appena il concerto fosse finito.

Eh... è inutile... Lene si fa mille paranoie, ma poi basta che Duffuccio sudi un po' sul palco e non capisce più niente!! XD E come biasimarla?! Se vi capita di avere il tempo, andate a vedere su Youtube il concerto al Roxy di cui si parla in questo capitolo e avrete un'idea di cosa fa accendere l'ormone alla fanciulla ;)
Comunque sia, ormai ha capito anche lei che di amore si tratta... vedremo come reagirà adesso!
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto ^_^

CIAO

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Capitolo 12
*** 11° capitolo. ***


19.01.85 19 gennaio '86 LA

Lene aprì gli occhi e subito li richiuse, infastidita dalla luce del sole che filtrava, prepotente, dalle tende tirate male.
Un mal di testa atroce la costrinse a cambiare idea quando cercò di tirarsi su per andare a chiuderle e così si lasciò ricadere sul materasso come un peso morto, le mani a coprire gli occhi in un gesto che sapeva di disperazione.
Doveva smetterla di bere così o prima o poi le sarebbe esploso il cervello dal male!
Sentì un corpo muoversi accanto a lei e Lene non poté fare a meno di sorridere sentendo il ragazzo che bofonchiava qualcosa che non aveva minimamente senso.
Tolse la mani dagli occhi e girò leggermente il viso verso di lui, il sorriso ancora presente sul suo viso.
Duff stava dormendo a pancia sotto e aveva la testa completamente nascosta sotto il cuscino, segno che anche lui non apprezzava quel maledetto sole.
La sera prima avevano davvero esagerato, doveva ammetterlo, ma come non festeggiare il loro primo concerto sold out??
Come non stappare le bottiglie di spumante gentilmente offerte loro dal proprietario del Roxy per ringraziarli di aver fatto battere al locale il record di vendite di liquori dopo anni che non succedeva??
Per non parlare dei due manager di una casa discografica che avevano cercato in ogni modo di raggiungerli nel backstage corrompendo Del James con due bottiglie di whisky di una marca prestigiosa. Del li aveva tenuti sulle spine per un bel po' e alla fine aveva lasciato che passassero e Lene ancora non credeva a come quei due tipi vestiti di tutto punto avessero iniziato a leccare il culo dei ragazzi con mille complimenti e mille promesse di gloria se avessero firmato un contratto con loro.
Lene allungò una mano a sfiorare una ciocca di capelli bionda e sorrise, ricordando la sera precedente.
Quanto si era sentita felice per lui, in quel momento? Quanto si era sentita orgogliosa di quanto lui e i ragazzi fossero riusciti a fare in un anno?
E quando lui l'aveva guardata negli occhi, Lene vi aveva letto così tanta emozione e così tanta felicità che si era quasi commossa.
A quel pensiero la ragazza ritrasse prontamente la mano e improvvisamente sentì come una morsa alla bocca dello stomaco.
Doveva chiuderla quella storia, chiuderla per sempre e senza ripensamenti, questa volta.
Era andata troppo oltre, si era innamorata ed era inutile e stupido ormai far finta di niente. Allontanarsi da lui ogni volta che si sentiva più coinvolta, non bastava più. Era arrivato il momento di prendere in mano la cosa e comportarsi come doveva, senza ulteriori tentennamenti.
Gli lanciò un ultimo sguardo veloce e poi si alzò da letto, cercando di non svegliarlo, lo stomaco stretto in una morsa che sembrava non voler passare.

Duff si svegliò e ci mise qualche istante per ricordarsi dove fosse e a quel punto cercare nel letto Lene.
Sentendo che accanto non aveva nessuno, decise di girarsi, ma quando fece per sollevarsi e girare la testa gli venne un conato di vomito e la testa prese a girare come se in quel momento si trovasse su una giostra, invece che in un letto ben piantato per terra.
Rimase pertanto immobile per qualche secondo, speranzoso che non muovendo un muscolo sarebbe riuscito ad evitare di dover correre in bagno e battezzare il gabinetto di Lene.
La sua fiducia nella buona sorte, però, si spense nel momento esatto in cui, solo per aver provato a girare la testa, gli venne talmente tanto da vomitare da non riuscire quasi a trattenersi.
In qualche modo trovò la forza di alzarsi di colpo dal letto e correre in bagno, giusto in tempo per centrare in pieno il water e risparmiare almeno il tappetino giallo che decorava parte del pavimento.
Ok, la sera prima aveva decisamente esagerato, ma ne era valsa la pena! Cazzo, non solo avevano esaurito i biglietti e riempito il Roxy, ma i primi manager si erano finalmente fatti vivi e li avevano trattati coi guanti, come se fossero già delle star!
E poi come dimenticare lo sguardo che si erano scambiati lui e Lene appena finito il concerto?? Lei gli aveva detto così tante cose, senza usare nemmeno una parola, da fargli venire letteralmente i brividi, tanto che l'aveva subito baciata con forza, incapace di gestire tutte quelle emozioni messe insieme.
Pensare a Lene gli fece ricordare che stranamente non l'aveva trovata nel letto accanto a lui.
Si diede una sciacquata alla bocca usando un po' di dentifricio e poi uscì dalla camera in cerca della ragazza.
Lanciò un'occhiata alla mansarda, ma non sentendo nessun rumore provenire da là sopra, decise di scendere di sotto.
Mentre scendeva gli ultimi scalini, la vide seduta sul davanzale della finestra, apparentemente concentrata su qualche particolare che aveva attirato la sua attenzione là fuori oppure semplicemente persa nei suoi pensieri.
Un caratteristico e familiare odore di erba raggiunse le sue narici e Duff non poté fare a meno di tirar leggermente su col naso, pregustandosi il momento in cui le avrebbe chiesto di fare qualche tiro anche lui.
"Buon giorno piccola. Non ti ho sentita scendere dal letto."
Duff si passò una mano tra i capelli spettinati e fece un grosso sbadiglio mentre entrava in cucina, senza notare lo strano silenzio che proveniva dalla ragazza.
Si versò un po' di caffè in una tazza e si guardò in giro, un po' perso.
"Dimmi che hai ancora un po' di vodka avanzata da qualche parte... ieri ho decisamente esagerato e ho bisogno di qualcosa per mettermi in sesto alla svelta."
Questa volta, non ricevendo nuovamente risposta, Duff non poté fare a meno di notare che c'era qualcosa di strano nell'aria, ma non ci diede peso.
"Piccola, mi hai sentito?? C'è ancora da bere da qualche parte?"
Duff si mise ad aprire vari sportelli della cucina, alla ricerca di un qualsiasi tipo di alcolico.
Lo sguardo improvvisamente gli cadde su uno sportello in basso rimasto mezzo aperto a causa di alcune cose bianche che spuntavano e spinto dalla curiosità, lo aprì.
Due tele erano state buttate nella spazzatura, due tele troppo grandi per essere contenute in quel bidone, due tele che gli fecero fermare il cuore per qualche istante.
Duff le prese in mano e non riuscì a togliere gli occhi di lì per qualche minuto, sbalordito da quello che le immagini raffigurate sopra significavano e da quel che significava il fatto che fossero finite nella spazzatura. 
"Cosa significa tutto questo, Lene?? Perché le hai buttate?"
Fu un attimo per Lene capire a cosa si stesse riferendo Duff.
Spense la canna, ancora a metà, e scese al volo dal davanzale, arrivando come una furia in cucina.
"Lasciale stare!! Mollale!"
Lene gliele strappò di mano con forza e lo guardò con uno sguardo pieno di rabbia e paura allo stesso tempo, lo sguardo perso di chi è scappato per tanto tempo e sa di essere stato trovato, senza più possibilità di fuga.
"Voglio sapere perché le hai buttate!!"
"Perché è finita, ok?! E' finita sta stupida cosa tra noi, basta! Prendi le tue cose di sopra e vattene, ora!!"
Lene fece per uscire dalla cucina, ma Duff fu più veloce di lei e l'afferrò per un polso, costringendola a fermarsi e girarsi verso di lui e facendole cadere per terra le tele incriminate.
"Cosa vorrebbe dire è finita?? Cosa esattamente è finito, eh?! Cosa siamo noi due, Lene?? Dimmelo, ti prego, perché io non sono ancora riuscito a capirlo, cazzo!!"
Lene cercò di tirar via il braccio dalla presa di Duff, inutilmente. Il ragazzo la teneva saldamente, con forza, quasi fino a farle male. Non l'avrebbe più lasciata scappare, era stufo ormai e voleva delle risposte questa volta.
"Lasciami!! Lasciami andare! Io non ti devo spiegare proprio niente!! Noi non siamo niente, niente hai capito?!"
Alcune lacrime iniziarono a scivolare lungo le sue guance, silenziose, discrete, ma non di meno cariche di dolore.
Era arrivata al capolinea, non ce la faceva più a tenersi tutto dentro, a soffocare i sentimenti che non riusciva più a negare nemmeno a se stessa.
"Non è vero un cazzo e lo sai bene anche tu!! Io ti amo, cazzo, lo vuoi capire o no?! Ti amo e non ne posso più di far finta che siamo solo amici o che di te non me ne importi niente!! E ora che ho visto quelle so che anche per te è lo stesso, non puoi più negarlo!!"
Lene, con le lacrime agli occhi, riuscì solo a scuotere il capo, in un ultimo disperato tentativo di difendersi.
"No... non è vero... io non... quelle non..."
Duff a quel punto abbassò la voce, allentò la presa sul polso di Lene e fece scivolare l'altra mano sulla nuca della ragazza, avvicinandola al suo viso.
"Io ti amo Magdalene e non c'è più niente che tu possa fare per impedirmelo, mettitelo bene in testa."
E senza aspettare una risposta, Duff azzerò la distanza fra loro due con un bacio talmente denso di significato e pieno di emozioni da togliere il fiato a entrambi come forse mai era successo prima.
Duff portò anche l'altra mano sul viso di Lene, spingendola ancora più verso di sé e lei non fece più alcuna resistenza, anzi... allacciò entrambe le braccia al collo del ragazzo e avvicinò il suo corpo completamente a quello di Duff per sentirlo più vicino ancora.
Aveva detto che l'amava, l'aveva fatto con tanta forza e fermezza da farle credere che fosse possibile e il cuore aveva avuto a quel punto il sopravvento sulle sue paure e non aveva potuto far altro che abbandonarsi a quei sentimenti che tanto la spaventavano.
Il bacio ben presto si trasformò in qualcosa di diverso, di più istintivo e passionale, qualcosa cui loro erano decisamente più abituati in quella strampalata relazione che avevano vissuto fino ad allora.
Anche per questo, Lene si sentì non poco scombussolata quando Duff si staccò di colpo da lei, invece che prenderla su qualche mobile della cucina come avrebbe fatto di solito.
"Non ti muovere! Torno subito!"
Duff schizzò fuori dalla cucina alla velocità della luce, forse terrorizzato che Lene scappasse di nuovo, e si fiondò in camera da letto, alla ricerca del suo giubbotto.
Rovistò freneticamente alla ricerca di quella scatolina che ormai pesava più di un macigno, ne estrasse l'anello e tornò di corsa giù da lei, tirando un sospiro di sollievo quando vide che effettivamente non si era mossa di un millimetro.
Lene lo guardava perplessa e i suoi occhi si spalancarono completamente quando Duff tornò davanti a lei, le prese la mano destra e le mostrò un anello.
Cosa diavolo...
"Non ti far venire mille ansie e paranoie, non voglio sposarti né prometterti amore eterno, stai tranquilla! Quello che voglio è che tutti sappiano che sei la mia donna e che noi due stiamo insieme sul serio, tutto qui. E poi quando l'ho visto in quella bancarella, mi ha fatto subito pensare a te..."
Lene rimase un attimo immobile e in silenzio, forse cercando di elaborare tutto quello che stava succedendo in quel momento.
"Lene?"
La voce di Duff, leggermente tremante per la paura di aver fatto un passo falso, la riportò bruscamente sulla terra.
Lo guardò negli occhi e vi lesse dentro sincerità e amore, oltre a tutte le paure che stavano di nuovo affiorando dentro di lui. Non voleva essere la causa di quelle paure, lei lo amava e lo amava anche più quanto avesse fatto con Jake, cosa che fino a qualche tempo prima avrebbe ritenuto impossibile.
Una parte di lei voleva infilarsi quell'anello e gridare al mondo che lei era sua, ma un'altra, sebbene sempre più debole e fioca, le diceva che sarebbe andato tutto a rotoli  e prima o poi avrebbe sofferto di nuovo.
Forse Duff lesse quei dubbi nei suoi occhi o semplicemente la conosceva talmente bene ormai da entrare direttamente nella sua testa, fatto sta che decise di non lasciarle tempo di pensare.
Le sorrise rassicurante.
"Lo so che hai una paura fottuta di legarti a un'altra persona e in tutta onestà non posso neanche prometterti che non ti deluderò o non ti farò soffrire... però ti amo sul serio Magdalene e quello che posso prometterti è che ce la metterò tutta per farti felice, te lo giuro."
Non aspettò una reazione, infilò l'anello al dito di Lene e per un attimo, solo una frazione di secondo, sentì il corpo della ragazza tendersi, per poi rilassarsi subito dopo.
Alzò lo sguardo su di lei e rimase sbalordito da quanto fosse bella in quel momento, tutta spettinata, con le guance bagnate dalle lacrime e le labbra rosse e un po' gonfie per essersele tormentate tutto il tempo.
"Vieni qui..."
Le afferrò il viso con entrambe le mani e la baciò dolcemente, ma con estrema passione, cercando di trasmetterle con quel bacio tutto quello che provava per lei e tutte le emozioni che lo stavano scombussolando.
In pochi attimi il bacio si trasformò in qualcosa di molto più passionale e fisico e Lene si ritrovò nel giro di pochi minuti con addosso solo quell'anello che così a lungo era rimasto nascosto nel giubbotto di Duff e che ora adornava finalmente il suo dito, a indicare soprattutto a loro due, più che agli altri, che ormai si appartenevano l'un l'altra.

Oh... finalmente ce l'hanno fatta!!! Stappiamo bottiglie di champagne, per favore! Per un attimo ho temuto che anche sta volta Lene sarebbe riuscita a rovinare tutto e invece... Bravo Duffuccio che ha preso in mano la situazione! ;)
Piccola nota: il dettaglio del record di vendite di liquori è preso dal libro di Duff, ho solo fatto una piccola modifica sul locale in cui avvenne, dato che in realtà fu al Troubadour. Licenza poetica ;)
Spero siate contente e vi sia piaciuto!
CIAO

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Capitolo 13
*** 12° capitolo. ***


note 5 febbraio '86 LA

Lene si svegliò per colpa della tenda tirata male per l'ennesima volta.
Prese mentalmente nota del fatto che avrebbe dovuto scambiare due paroline con Duff in merito, perché non poteva essere così difficile tirare una tenda, porca miseria!
A quel pensiero si girò alla sua destra e rimase qualche istante a osservare quelle lunghe ciocche bionde che spesso e volentieri le solleticavano il viso di notte.
Da quando Duff le aveva dato l'anello e lei si era arresa al fatto che ormai si era innamorata talmente tanto da non riuscire più a far finta di niente, il ragazzo aveva iniziato a dormire lì da lei sempre più spesso, proprio da vera coppietta.
La cosa subito l'aveva disturbata parecchio, perché lei era piuttosto gelosa della sua indipendenza e della sua privacy, ma considerando che Duff non aveva una vera casa e il massimo che poteva fare, se lei non l'ospitava, era dormire nel magazzino o a casa di qualche amico, alla fine aveva ceduto anche su quello e ormai erano davvero poche le notti che il ragazzo non si fermava da lei.
La cosa, in realtà, si era rivelata meno fastidiosa del previsto.
A parte i primi giorni in cui si erano dovuti un po' adattare alle abitudini dell'altro, o ad essere più sinceri, Duff si era dovuto adattare a quelle di Lene, le cose erano filate piuttosto lisce.
Certo, le liti erano piuttosto frequenti, ma questo non perché si vedessero più spesso, ma semplicemente perché erano loro, erano fatti così e avevano entrambi due caratterini non da poco.
L'ultima lite in ordine di tempo era avvenuta per via delle chiavi di casa. Lene sorrise lievemente ripensandoci.
Nonostante Lene non fosse una che si tirava indietro quando si trattava di divertirsi, Duff faceva sicuramente una vita più sregolata di lei e visto che da quando era lì a LA non aveva mai dovuto rendere conto a nessuno, si era abituato ad andare ad ogni festa possibile e immaginabile e a tornare a casa ad ore improponibili.
Lene invece, pur essendo festaiola, ad un certo punto sentiva proprio la necessità fisica di tornarsene a casa e possibilmente prima dell'alba.
Questa cosa, di per sé assolutamente di minima importanza, aveva generato una lite furibonda quando Duff, alla festa di compleanno di Del, le aveva detto che non aveva ancora voglia di rientrare.
Lene, piuttosto alticcia a dirla tutta, gli aveva risposto che era nei suoi diritti restare coi suoi amici, ma che in quel caso si doveva trovare una sistemazione per la notte perché lei non aveva nessuna intenzione di alzarsi per aprirgli la porta chissà a che ora.
Duff era rimasto un po' disorientato, complice anche la quantità di alcool che aveva ingerito fino a quel momento, perché non riusciva a capire quale fosse il problema. Bastava che lei gli desse le chiavi, no?
E lì era cascato l'asino.
Lene era scoppiata a ridergli in faccia, cosa che l'aveva già di per sé indispettito non poco, e gli aveva detto che se lo poteva anche scordare, che la casa era sua e le chiavi le teneva lei, senza possibilità di negoziazione.
Ne era scaturita una lite pazzesca, resa probabilmente più accesa dalle sostanze in corpo ad entrambi e finita con Lene che se andava da casa di Del sbattendo la porta e Duff con un intero bicchierone di Jack rovesciato sulla testa.
Ovviamente il ragazzo aveva anche dovuto trovarsi un'altra sistemazione per un paio di notti.
La cosa in realtà avrebbe potuto risolversi più velocemente, ma  Duff aveva avuto la brillante idea di presentarsi ancora ubriaco fradicio alla porta della ragazza e suonare il campanello talmente tanto da svegliare praticamente tutto il condominio.
Lene quel punto aveva semplicemente aperto la finestra e gli aveva gettato un catino pieno d'acqua fredda in testa, tra gli applausi degli altri condomini,  facendogli quasi prendere un colpo.
Una volta ripresosi dalla doccia forzata, Duff si era messo a urlarle di tutto e Lene gli aveva risposto di andarsene... beh, diciamo di andarsene a fare un bel giro e non farsi vedere mai più.
Duff l'aveva apostrofata di nuovo in modo poco galante e se n'era andato con un diavolo fradicio per capello.
Neanche a dirlo, i ragazzi erano scoppiati a ridere non appena il bassista aveva varcato la soglia del magazzino e lui si era attaccato alla prima bottiglia che aveva trovato tenendo il muso per almeno un paio d'ore, se non di più.
Il giorno dopo, ormai lucido, il muso si era tramutato in disperazione vera e propria e forse proprio per non dover più sentire l'ennesimo lamento del biondo che aveva paura di averla persa per sempre, Izzy si era fatto ambasciatore ed era andato a parlare con Lene per tastare il terreno e provare a convincerla a riprenderselo.
Per fortuna di Duff e di tutti gli altri della band, che già dopo un giorno non ne potevano più, Lene era parecchio cotta e così aveva ceduto ben presto alle insistenze di Izzy, ponendo come condizione unica che Duff non si facesse vedere per almeno un altro giorno, perché lei doveva sbollire la rabbia.
Lene sorrise ripensando alla faccia del ragazzo quando si era presentato alla sua porta, il giorno seguente, una torta al cioccolato in una mano e un vinile nell'altra, il tutto condito da una faccia da schiaffi da far paura.
La pace era stata consumata non appena entrambi avevano varcato la soglia di casa, lì in salotto, e poi in cucina qualche ora più tardi e con un ultimo amplesso in camera da letto prima di addormentarsi, le cose erano tornate al loro posto e da qualche giorno tutto filava liscio come l'olio.
Lene lanciò un'occhiata alla sveglia e decise che era ora di alzarsi e preparare qualcosa da mangiare, visto che erano le 12.15 e Duff avrebbe avuto una fame assurda al suo risveglio.
Scosse il capo, pensando che ormai stava quasi diventando una mogliettina se aveva di questi pensieri appena alzata e poi si alzò dal letto cercando di non svegliarlo e scese in cucina.

Duff  si girò nel letto ancora mezzo addormentato e allungò un braccio per stringere a sé il corpo di Lene, una mezza idea su come iniziare al meglio il giorno del suo ventiduesimo compleanno.
Va da sé la delusione che provò nel constatare che un corpo da abbracciare in quel letto non c'era. Duff sbuffò un po' stizzito e si rivolse al suo amichetto più in basso.
"Mi spiace amico, a quanto pare bisogna aspettare per festeggiare."
Si alzò da letto con fatica e ancora seduto si passò una mano tra i capelli cercando di avere un aspetto umano, una volta tanto.
I suoi sensi, ancora un pochino assopiti, si risvegliarono del tutto e Duff improvvisamente si rese conto che c'era un gran buon profumino che aleggiava nell'aria.
Il suo stomaco borbottò abbondantemente e lui decise di assecondarlo alzandosi finalmente da lì e avviandosi al piano di sotto, speranzoso.
Sicuramente Lene gli aveva preparato qualcosa di speciale per il suo compleanno e lui non vedeva l'ora di addentarlo!
Duff mise piede in sala e cercò con lo sguardo la ragazza. Rimase a dir poco di sale, quando la vide seduta sul divano a mangiare un misero sandwich.
Un sandwich?!? Non era possibile!! Possibile che si fosse dimenticata??
"Ciao piccola..."
Lene alzò lo sguardo su di lui per qualche istante e poi tornò a guardare la televisione.
"Buongiorno."
Duff rimase ancora più di sale.
Nessun buon compleanno o tanti auguri, nessun pranzetto delizioso, niente di niente. Se n'era dimenticata!
Ok, doveva mostrarsi maturo e lasciar perdere... in fondo non era mica obbligatorio che lei si ricordasse del suo compleanno... chissà quante volte lui si era dimenticato del compleanno di una ragazza che frequentava??
Già, però a lui di quelle non gliene fregava più di tanto, per quello non si ricordava certe cose! Quindi questo significava che a Lene non importava molto di lui?!
Ovviamente Duff non si accorse che mentre pensava tutte queste cose fermo impalato nel mezzo della sala, il suo viso esprimeva perfettamente tutte le sue emozioni in merito, tanto bene da non permettere a Lene di rimanere seria e dura come si era prefissata.
Voleva fargli uno scherzo, fargli credere che non si era ricordata del suo compleanno, ma vedere tutte quelle facce buffe che lui stava facendo la fece scoppiare a ridere come una matta.
Duff la guardò un po' sbigottito e iniziò ad innervosirsi un pochino. Cazzo aveva da ridere in quel modo??
Lene posò il sandwich sul tavolino, si alzò e andò verso di lui, fermandosi a un millimetro dal suo corpo.
Gli afferrò il viso con entrambe le mani e gli stampò un bacione con lo schiocco sulle labbra.
"Tenero lui, tutto imbronciato perché è il suo compleanno e quella cattivona della sua ragazza non se l'è ricordato!"
Lene si spostò verso la cucina, ancora ridacchiando.
"Ti va bene che sei buffo quando tieni il broncio, la mia idea era di tirarla avanti almeno almeno fino a stasera!"
Duff ci mise qualche istante prima di processare quelle informazioni.
Allora non si era dimenticata!!
"Brutta carognetta... ti pare il caso di farmi rimanere così male proprio il giorno del mio compleanno??"
Duff le si avvicinò mentre lei tirava su il coperchio di una padella e le diede una patta sul sedere, abbracciandola subito dopo da dietro e appoggiando il mento alla sua spalla.
"Cavoli, sembra davvero appetitoso... cosa mi hai preparato di buono?"
Lene sorrise compiaciuta nel sentire quelle parole.
Si girò, ancora racchiusa nello spazio lasciatole dalle braccia di Duff, gli mise le braccia al collo e gli diede un bacio a fior di labbra.
"Per te oggi niente po' po' di meno che Paella, canelons e crema catalana. Tutte ricette di famiglia."
"Ehi... che uomo fortunato che sono..."
Duff le diede un bacio che nelle sue intenzioni doveva essere rapido, ma quando sentì le labbra di Lene contro le sue non riuscì a staccarsene come aveva pianificato e incominciò ad assaporare la bocca della ragazza con baci lenti e appassionati, che alzarono immediatamente la temperatura della stanza.
Fu Lene a forzare quella separazione, sebbene a malincuore. Diamine, aveva cucinato per un'ora buona per fargli trovare tutto pronto, non esisteva che si mettessero a fare sesso proprio in quel momento, facendo venire tutto freddo!
"No no, mio caro, adesso si mangia e poi festeggiamo a modo tuo..."
Duff fece una smorfia contrariata.
"Ehi, ma essendo il festeggiato non dovrei essere io a decidere oggi??"
Lene si girò nuovamente verso i fornelli, brandendo le presine necessarie a spostare la padella e portarla a tavola.
"Scordatelo. Qui dentro comando io, compleanno o non compleanno. Ora spostati se non vuoi bruciarti."
Duff si arrese immediatamente, anche perché lo stomaco continuava a brontolargli e il profumino che veniva da quella padella era davvero troppo invitante.
Si rivolse di nuovo al suo amico là sotto.
"Pazienta, prima riempiamo lo stomaco e poi facciamo contento anche te, ok?"
Lene, già in sala, lo sentì borbottare qualcosa.
"Cos'hai detto? Parlavi con me?"
"Niente, niente... non ho detto niente. Arrivo."
E ridacchiando fra sé e sé, il ragazzo uscì dalla cucina e si mise a tavola, pronto a divorare tutto quanto in un sol boccone.

Il pranzo fu veramente delizioso e dopo aver spazzolato ogni cosa, Duff si sedette sul divano, in panciolle.
"Mamma mia, era un secolo che non mangiavo così tanto! Potrei sentirmi male!"
Lene finì di spostare un paio di cose in cucina e gli lanciò un'occhiataccia. Ok che era il suo compleanno, ma avrebbe potuto anche darle una mano, no?? Mica era la sua schiava!
Contò mentalmente fino a dieci per cercare di calmarsi e non dare voce ai suoi pensieri. Si era ripromessa di rendere quel 5 febbraio una giornata perfetta per Duff e mettersi  a litigare non era decisamente parte di quel piano.
Quando rientrò in sala Duff stava facendo zapping alla ricerca di qualcosa di decente da guardare.
Lene si diresse verso un mobiletto e ne aprì un'anta, tirandone fuori un regalo.
Sulla carta spiccavano renne, pupazzi di neve e babbi natale, segno evidente che il regalo era stato comprato e pensato per un altro momento e poi riposto nel mobiletto in attesa del momento giusto per darlo, o forse per nasconderlo lì dentro per sempre.
Lanciò un'altra occhiata a Duff, forse ancora incerta su se darglielo o meno, e poi prese un bel respiro e chiuse l'anta, avvicinandosi al divano.
Duff notò con la coda dell'occhio che Lene aveva qualcosa in mano, qualcosa di rosso e grande.
Girò la testa verso di lei, ormai seduta sul divano, e abbassò lo sguardo sulle sue mani.
Sbalordito, cercò immediatamente gli occhi della ragazza per leggervi la conferma che quello fosse davvero un regalo per lui.
Sinceramente, non se l'era proprio aspettato. Sperava che Lene gli avrebbe riservato qualche attenzione in più quel giorno, giusto qualcosa di buono da mangiare e magari qualche concessione sotto le lenzuola, ma nemmeno per un istante aveva immaginato che lei potesse prendergli un regalo.
Insomma... un regalo era proprio una cosa da... fidanzatina... e lui non riusciva ancora a vedere Lene in quei panni.
Non perché non lo desiderasse, sia chiaro, ma perché sotto sotto Duff ancora viveva con la paura che da un momento all'altro Lene cambiasse idea e lo sbattesse fuori di casa per sempre.
Invece quel regalo... quel regalo significava più di qualunque altra cosa successa a partire da quel 19 gennaio.
"Beh? Non lo apri?"
Il lieve tremolio nella voce di Lene aumentò ancora di più la strana sensazione che Duff sentiva alla bocca dello stomaco.
Aveva paura... Lene aveva paura che lui non volesse quel regalo o comunque di essersi scoperta troppo con quel piccolo grande gesto.
Duff non disse nulla. Prese il pacchetto dalle mani della ragazza e lo aprì, curioso di sapere di che album si trattasse.
Quando vide la copertina del disco rimase senza parole. Avevano visto quel disco insieme mesi prima, nella vetrina di quel negozietto all'angolo tra Hollywood Boulevard e North McCadden Place, e lui non riusciva a credere che lei se ne fosse ricordata!
Si girò nuovamente verso di lei e le afferrò il viso baciandola con un'urgenza che lasciò stupita perfino Lene. Quante cose c'erano dentro a quel bacio?!
Duff lasciò il viso della ragazza con una mano solo il tempo di spostare il preziosissimo disco sul tavolino, senza mai staccarsi però dalle sue morbide labbra.
Il bacio si fece sempre più intenso e le mani di Duff iniziarono ben presto a percorrere il corpo della ragazza, scivolando lievi sotto i suoi vestiti.
La stanza si riempì nel giro di poco di gemiti, sospiri e pensieri non detti e solo a un passo dal culmine del piacere un sussurro uscì dalle labbra di Duff, un sussurro che risuonò però forte e chiaro alle orecchie di Lene, lasciandola senza fiato:  ti amo da morire Magdalene.

Eccoli qui i due piccioncini innamorati! ;) Allora, siete contente?? Vi piacciono così? Dite la verità, pensavate che Lene avrebbe fatto qualche casino fin da subito... vero?? XD
Bene, vi dico già che il prossimo capitolo non arriverà prima di domenica, sorry =(
A presto!

PS I canelons
sono un piatto tipico di Barcellona (simili ai nostri cannelloni, ma con tre tipi di carne diversa), così come la crema catalana. La Paella, come ben saprete, invece non è di quelle parti, ma ovvio che si mangi comunque un po' ovunque.





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Capitolo 14
*** 13° capitolo ***


altre idee capitolo Ciao a tutte!! Spero che abbiate passato delle belle feste natalizie!
Lo so, sono in ritardo pazzesco con l'aggiornamento... ma davvero non ho potuto fare di meglio!!
Il capitolo, tra l'altro, è molto breve, ma mi piaceva così, perciò... ve lo tenete così!! XD
Buona lettura e ancora tanti auguri!!!


19 marzo '86 LA

Lene si asciugò le lacrime con il dorso della mano, tirando su col naso come una bambina, il freddo del pavimento che iniziava a darle fastidio.
Non riusciva a credere a quello che aveva fatto poco prima al magazzino, se ne vergognava come una ladra e il solo pensiero le faceva contorcere lo stomaco.
Due colpi forti alla porta interruppero i suoi pensieri.
"Lene, aprimi piccola... ti prego! Non ho fatto niente, davvero! Ti giuro che non l'ho toccata nemmeno con un dito!"
Duff rimase in silenzio qualche istante, cercando di capire se Lene fosse lì ad ascoltarlo e se le sue parole avessero sortito qualche effetto.
"Va beh, magari con un dito sì, ma solo perché mi si è buttata addosso con una tale foga che mi ha fatto perdere l'equilibrio e mi sono aggrappato a lei! Dovevo pur tenermi a qualcosa, no?"
Di nuovo silenzio e nessun suono da parte della ragazza.
Duff sbatté nuovamente il pugno sulla porta, appoggiandovisi subito dopo con la fronte.
Maledizione a quella maledetta stronza che gli era saltata in braccio in preda a chissà che trip!
Per una volta che non aveva fatto niente, porca troia...
"Dai Lene, fammi entrare! Non c'entro niente, ha fatto tutto da sola, te lo giuro! Possibile che non mi credi?"
Un moto di rabbia fece alzare Lene di scatto e la portò a spalancare la porta davanti a un Duff sbigottito.
"Ma cosa vuoi che me ne freghi che non l'hai toccata nemmeno con un dito? Possibile che tu non capisca? E' tutta colpa tua e basta! Guarda cosa mi fai fare!!"
Lene a quel punto schizzò via come una pallina impazzita, lasciando Duff senza parole ancora nell'atrio delle scale, il suono di una porta che sbatteva in lontananza.
Ma di cosa diavolo stava parlando? Doveva essersi perso qualche pezzo da qualche parte, perché davvero non ci stava capendo niente!
Ok che aveva bevuto parecchio anche quella sera, ma anche così...
Prese un bel respiro e si decise ad entrare con lo stesso entusiasmo di un condannato a morte.
Non aveva voglia di litigare, era troppo sbronzo per farlo, e l'ultima cosa che desiderasse fare in quel momento era cercare di capire cos'avesse fatto di male, se della bionda sulle sue gambe non si trattava.
Salì al piano di sopra e si fermò davanti alla porta della camera da letto, socchiusa.
Tese l'orecchio, cercando di capire cosa stesse facendo Lene e quale aria tirasse là dentro.
Il rumore di oggetti che sbattevano con forza sul muro e cadevano a terra gli fece desiderare di girare sui suoi tacchi e andarsene, ma una vocina dentro di lui gli disse che non poteva farlo, che sarebbe stato da vigliacchi, e così Duff spinse delicatamente la porta con le dita e fece un passo avanti.
La prima cosa che vide fu un libro arrivare verso di lui ad una velocità pazzesca.
Duff fece giusto in tempo a schivarlo e quando tornò a guardare Lene, la vide cercare come una pazza qualcos'altro da lanciare.
"Si può sapere che cosa ti prende?? Sei impazzita?"
"Sì, sono impazzita! Devo essere impazzita! Altrimenti non avrei mai fatto una cosa simile! Ed è tutta colpa tua, lo capisci?! Tutta colpa tua!"
E con un grido tra l'isterico e il frustrato, Lene lanciò verso il volto del ragazzo un gatto di ceramica che teneva su una mensola, facendolo andare in mille pezzi una volta finito al suolo.
"La vuoi smettere di tirarmi roba?? Ti ho già detto che non ho fatto nulla, che quella stronza mi è saltata addosso senza darmi nemmeno il tempo di rendermene conto! Cosa potevo fare? Non è colpa mia!"
"Ma la vuoi finire di parlarmi di quella cazzata? Non è quello il problema, te l'ho già detto!"
"E allora si può sapere qual è?"
"Ma possibile che non ci arrivi?? Ti sembra normale quello che ho fatto? Ti sembra una cosa da me?? E no che non è da me! Te lo dico io che non lo è! Non sono mai stata gelosa in vita mia, mai! Nemmeno con Jake, cazzo! E poi arrivi tu, mi fai innamorare come una cretina, mi infili un anello al dito e bum, mi trasformi in una fidanzatina del cazzo che perde la testa se vede una che ci prova con il suo uomo tanto da metterle le mani addosso! Fantastico! Grazie, eh? Grazie di cuore! Ma io dico... stavo tanto bene fino a un anno fa... mi facevo i fatti miei, mi divertivo come una pazza, scopavo con chi volevo quando volevo come volevo... Poi ci siamo conosciuti e va beh, all'inizio tutto bene, tutto fantastico, la mia vita di sempre ma con te ogni tanto a rallegrarla... Ma lui no, non poteva starsene così, certo che no! Lui voleva renderlo ufficiale, voleva l'anello, voleva la fidanzata! Ecco lì cos'hai ottenuto! Una pazza che picchia le altre donne! Complimenti! Bella idea, genio!!"
Duff in tutto quel tempo aveva osservato in silenzio Lene che andava avanti e indietro come una pazza, gesticolando e parlando senza sosta e quando la ragazza aveva svelato il vero motivo della sua rabbia, aveva rivisto nella mente tutta la scena che era avvenuta circa un'ora prima al magazzino.
Lene era entrata facendosi strada tra la solita marea di persone che affollavano la loro sala prove e l'aveva individuato dopo pochi minuti seduto su quella specie di divano scassato che tante volte li aveva visti avvinghiarsi come se si nutrissero l'uno dell'altro.
Ma lo spettacolo quella volta era stato ben diverso.
Lene aveva sgranato gli occhi vedendo una ragazza spalmarsi contro di lui e lui piazzarle le mani sotto il culo con un sorriso idiota dipinto sulla faccia e le era andato il sangue al cervello.
Duff l'aveva vista con la coda dell'occhio entrare e in quel preciso istante aveva cercato di togliersi di dosso quella bionda super sexy che gli si era gettata addosso senza tante parole.
Pochi secondi e aveva visto Lene afferrare per i capelli la ragazza e trascinarla per terra, con una furia che non le aveva mai visto in volto.
Lo stupore si era fatto ancora più grande quando Lene si era seduta sulla malcapitata bionda e aveva iniziato a prenderla a schiaffi davanti a tutti, gridandole, tra vari insulti e improperi, di stare lontano dal suo ragazzo.
Il ragazzo sorrise leggermente  ripensando a tutto quello. Davvero non capiva perché Lene la facesse tanto grossa, lui si era divertito un sacco nel vederla marcare il territorio in quel modo, un vero spettacolo!
"Ti vuoi levare quel sorrisetto del cazzo dalla faccia, per favore?? Ma hai capito cosa ti ho appena detto? Per colpa tua sono diventata una specie di pazza, ho stravolto la mia natura, mi sono comportata come una cretina e ho fatto una figura di merda pazzesca davanti a tutti! Ma non potevi lasciarmi stare? Non potevamo continuare a essere solo amici? Sarebbe stato tutto così semplice! Tutto sarebbe rimasto nella norma, io sarei rimasta nella norma!"
Duff scosse il capo ridacchiando e le si avvicinò velocemente.
La strinse a sé e resistette ai primi tentativi della ragazza di divincolarsi dalla sua presa, ormai avvezzo al caratterino che la contraddistingueva e che infondo tanto amava.
"Lasciami... vattene..."
Dopo quel fiacco tentativo di fare resistenza, il ragazzo sentì che il corpo di Lene si rilassava contro il suo e si abbandonava al suo abbraccio.
Un pensiero gli apparve nella testa e non riuscì a resistere alla tentazione di prenderla un po' in giro.
Le diede un bacio tenero sui capelli, sempre tenendola stretta, e le sussurrò quasi ridacchiando la mia adorabile gelosona, sapendo di darle fastidio.
Lene infatti irrigidì di nuovo il corpo e gli mollò una sberla sul petto, anche se non con molta convinzione.
"Stronzo!!"
Duff si mise a ridere.
"Stai buona gattina rabbiosa, ritrai gli artigli e smettila di soffiare, ok? Quello che è successo al magazzino è stato incredibilmente divertente,  molto appagante per me e se devo proprio dirla tutta, estremamente eccitante..."
Lene alzò lo sguardo su di lui, gli occhi ancora rossi per il pianto rabbioso appena fatto.
"Eccitante?"
Duff le sorrise con un lampo di malizia negli occhi che da solo le fece iniziare a sentire un certo caldo.
"Estremamente eccitante."
Fu una questione di secondi e Lene sentì improvvisamente le labbra di Duff giocare con le sue, assaggiandole con languidi morbidi baci che definire sensuali sarebbe stato dir poco.
Le dita del ragazzo iniziarono contemporaneamente a solleticarle la pelle, con lievi carezze che si facevano sempre più audaci ogni secondo che passava.
La vergogna, l'imbarazzo e la rabbia per quello che era successo non molto tempo prima iniziarono a sbiadire nella sua mente, mentre un pressante desiderio di contatto fisico si faceva strada in lei sinuoso e lento, avvolgendola pian pianino completamente.
Duff fece scivolare con maestria le spalline del suo vestito e abbassò lentamente la zip lungo il suo fianco, mentre con la bocca assaporava ogni centimetro del  suo collo, depositandovi anche qualche sapiente morsetto.
L'ultima cosa di cui Lene fu cosciente, fu il fruscio del vestito che cadeva a terra e le mani di Duff che l'afferravano delicatamente per la vita e l'adagiavano sul letto, per poi dedicarsi con passione ad esplorare il suo corpo, facendo scivolare via in un colpo solo tutti i pensieri negativi di prima.

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Capitolo 15
*** 14° capitolo. ***


Idea per un capitolo Ciao!!! Mi è piaciuto un sacco scrivere questo capitolo, quindi spero tanto che piacerà anche a voi leggerlo. Fatemi sapere cosa ne pensate!
Auguro a tutte un bellissimo 2015!! ^_^


22 marzo '86 LA

Lene portò la tazza alle labbra e sorseggiò il suo tè, in un tentativo di posticipare la sua risposta, se non addirittura di evitare di dover rispondere.
Il ragazzo davanti a lei sorrise, consapevole del tentativo della ragazza di eludere la sua domanda e piantò gli occhi su di lei, in silenzio, cercando di farle capire chiaramente che questa volta non avrebbe ceduto.
Lene posò la tazza e lo guardò negli occhi, sempre senza proferire alcun suono, in una tacita sfida tra i due.
Un sorrisetto furbo, appena accennato, sollevò leggermente gli angoli della bocca del ragazzo.
"Posso stare qui a guardarti in silenzio anche tutto il giorno, lo sai. Sarebbe un piacevolissimo trascorrere del tempo per me poter studiare i tuoi lineamenti con calma."
Lene sembrò arrendersi e gli sorrise, sospirando per la frustrazione di non riuscire a tirarsene fuori, per una volta.
"Non riesco a non pensare che dietro a tutto questo ci sia il tuo zampino, Jason, e la cosa non mi piace per niente."
Il pittore appoggiò gli avambracci e le mani al tavolino e si sporse in avanti, portando il suo viso a pochi centimetri da quello di Lene, in un gesto che dal di fuori pareva di grande confidenza e complicità.
La voce del ragazzo uscì intenzionalmente non più forte di un sussurro.
"Te l'ho sempre detto che avrei fatto di tutto per poterti ritrarre, un giorno o l'altro."
Lo sguardo dell'uomo, caldo e sensuale, lasciò trasparire tutta la malizia che le sue parole volevano trasmettere e Lene non poté fare a meno di sentire un lieve solletichio tra le gambe accavallate e una certa agitazione.
Sostenne lo sguardo, però, e anche lei si avvicinò con il busto quel tanto da arrivare con il viso a pochi millimetri da Jason, incapace di non accettare la sfida che lui le aveva appena lanciato.
Anche la sua voce uscì bassa e sussurrata.
"E io ti ho sempre detto che non avrei mai accettato, se non sbaglio, costasse quel che costasse."
Jason studiò lo sguardo di Lene per cercare di capire cosa le passasse veramente per la testa.
Possibile che fosse disposta a rinunciare ad una mostra in pieno centro di LA solo per negargli quello cui lui disperatamente anelava da quando l'aveva conosciuta per la prima volta?
Non gli era mai successo prima che una donna non cedesse alle sue proposte e questo aveva ovviamente alimentato il suo interesse per Lene, se già la sua bellezza e il suo carattere apparentemente indomabile non fossero stati abbastanza.
Le donne normalmente lo imploravano di essere immortalate da lui, complici la sua avvenenza e il fatto che si fosse ben presto sparsa la voce in tutto l'ambiente che parte del suo processo creativo era anche avere con le sue muse dei rapporti sessuali. E che fosse maledettamente bravo a letto, ovvio.
Nonostante quello che potessero pensare la maggior parte degli uomini, però, Jason non lo faceva per avere una scusa per potersi scopare tutte le ragazze che volesse.
Non aveva bisogno di quello, per potersi scaldare la notte. Era bello, colto e aveva quel tocco di fascino dato dal suo essere un artista che gli aveva sempre permesso di avere tutte le donne che aveva voluto.
Beh, tutte tranne Lene.
Era stato definito "il pittore dell'eros" perché tutti i suoi quadri trasudavano sensualità e per la maggior parte rappresentavano scene di sesso, ed era diventato famoso per la sua abilità nel portare alla luce le sfaccettature più profonde e nascoste dell'animo dei suoi soggetti, sfaccettature che riusciva a cogliere proprio durante gli amplessi che precedevano la creazione artistica.
Per questo si portava a letto tutte le donne che decideva di dipingere.
Per questo desiderava disperatamente convincere Lene a fargli da musa.
Bramava con tutto se stesso poter entrare dentro a quella corazza che la ragazza si era costruita attorno, nonostante la giovane età.
Anelava a potersi insinuare tra le pieghe della sua personalità così apparentemente complessa, toccare con mano il suo vero io, piegare con forza la sua indomabilità, accarezzare con delicatezza le sue debolezze e le sue fragilità.
Desiderava sopra ogni cosa arrivare a conoscerla così pienamente e poi trasportare su tela tutta la sua anima, finalmente messa a nudo.
Ma lei sembrava inattaccabile e ostinatamente decisa a non concedergli quello che lui voleva.
Le spostò una ciocca ribelle scappata al nodo che la ragazza aveva fatto sulla nuca e con il dito e lo sguardo seguì il profilo di quel bel volto che sognava di veder stravolto dal piacere.
Non le avrebbe permesso di rinunciare ad un'occasione simile di farsi conoscere al gran pubblico e ai critici che contavano davvero e lei lo sapeva.
Stava per palesare la sua ennesima resa con lei, quando un'ombra scura alla sua sinistra lo distrasse dai suoi pensieri, costringendolo a girarsi in quella direzione.
Un ragazzo con una massa incolta di ricci neri, fasciato in un paio di jeans sdruciti e una camicia a quadri, li stava fissando con un'espressione strana, che Jason non riusciva a decifrare.
Lene seguì lo sguardo di Jason e incontrò due occhi scuri e profondi che la guardavano in un modo strano che la fece subito sentire a disagio.
Si tirò su col busto e ritrasse immediatamente le mani che aveva appoggiato sul tavolino, vicino a quelle di Jason.
"Ciao Slash... tutto ok? Cosa ci fai da queste parti?"
Il chitarrista non rispose subito, combattuto tra l'istinto di spaccare la faccia a quel damerino sbattendogliela con forza sul tavolino e la razionalità che gli sussurrava che non erano affari suoi quello che stava succedendo in quel bar e che in fondo non poteva essere nemmeno certo di cosa stesse succedendo.
Era passato per quella Avenue per puro caso, solo per fare quella commissione a sua nonna dopo settimane che lei glielo chiedeva, e decisamente l'ultima cosa che si sarebbe aspettato di vedere, era Lene con un tizio in atteggiamenti quanto meno ambigui ad un bar.
Si era fermato di colpo per strada, facendosi anche mandare a quel paese da un paio di passanti, e aveva osservato immobile mentre il ragazzo si avvicinava a un soffio dal viso di Lene, un'intensità nello sguardo che decisamente non gli era piaciuta.
Senza nemmeno accorgersene, aveva iniziato ad avvicinarsi a loro, mentre davanti ai suoi occhi Lene si era portata a pochi millimetri da quel tipo e aveva preso le sue mani nelle sue, gli occhi negli occhi, un'elettricità a suo avviso palpabile nell'aria che li circondava.
Fino a un mesetto prima non ci avrebbe fatto più di tanto caso, visto il modo in cui Duff e lei avevano gestito quella loro strampalata relazione.
Ma ora... ora era tutto diverso! Lei portava l'anello del suo amico al dito, era la sua donna, gli aveva promesso l'esclusiva e quello che vedeva davanti a sé non collimava molto con la sua idea di coppia fissa.
"Slash? E' tutto a posto?"
La voce di Lene lo distolse dai suoi pensieri e lo sguardo del ragazzo riprese fuoco e si piantò nuovamente su di lei, mettendola di nuovo a disagio.
"Tutto ok. Passavo per caso. Duff?"
E detto il nome dell'amico, si girò a guardare per qualche istante l'altro ragazzo con uno sguardo che avrebbe incenerito chiunque.
Poi tornò a concentrarsi su Lene.
"Viene alle prove?"
Lene lo guardò un po' perplessa. Che razza di domanda era quella?
"Certo che viene, come ogni sacrosanto giorno Slash."
"Benissimo, allora lo raggiungo lì."
E senza aggiungere altro, nemmeno un cenno di saluto, il chitarrista si allontanò velocemente da lì, lasciando i due ragazzi un po' interdetti.
Il viso di Jason si aprì in un sorriso.
"Il tuo amico era un tantinello minaccioso o è stata solo una mia impressione?"
Lene lo guardò storto.
"Tu ti sei divertito, di' la verità!"
"Da morire! Una volta che ho capito che non mi avrebbe riempito di pugni, mi sono goduto ogni più piccolo attimo. E' stato molto pittoresco, non sei d'accordo?"
Lene si portò una mano alla fronte, sorridendo ma con un velo di preoccupazione.
"Pittoresco non gli rende giustizia, credo. Non vedo l'ora di affrontare le conseguenze di questa bella sorpresa."
Jason fece girare con finta disattenzione il cucchiaino ricolmo di miele immerso nella sua tisana, senza togliere gli occhi dalla tazza.
"Credi che andrà a dire al tuo uomo che ci ha visti insieme?"
Lene lo osservò in silenzio qualche istante, ponderando la questione.
"Ho paura di sì e la cosa, credimi, non mi rende felice per niente."
Jason smise di girare il cucchiaino e alzò nuovamente lo sguardo su di lei, un velo di malizia negli occhi mentre succhiava via il miele rimastovi sopra.
"Oh, sono sicuro che troverai il modo di farti perdonare e far dimenticare a Duff questo piccolo, innocente incontro tra di noi. Non ho dubbi in merito."
E lanciata un'ultima occhiata maliziosa e divertita a Lene, il pittore si portò la tazza alle labbra e si dissetò con la calda bevanda che aveva ordinato poco prima, soddisfatto della piega che stava prendendo quel pomeriggio.

Lungo il tragitto per arrivare al magazzino, Slash non riusciva a smettere di pensare a quello che aveva appena visto e a domandarsi cosa fosse meglio fare.
Da una parte gli sembrava giusto dire a Duff di aver incontrato Lene e quel bellimbusto a fare non sapeva bene nemmeno lui cosa, dall'altra non voleva farlo andare in crisi per qualcosa che magari non era nemmeno importante.
Infondo, cosa gli aveva visto fare? Niente più che parlarsi seduti ad un bar... un po' troppo vicini forse, d'accordo, ma pur sempre solo parlarsi.
Con una certa atmosfera nell'aria, va bene... ma poteva anche essersela immaginata lui, quell'atmosfera, no?
E le mani... beh, non era certo di averli proprio visti tenersi per mano... Era distante, aveva intuito un movimento, ma non avrebbe potuto giurare che le loro dita fossero intrecciate o cose simili.
Ma sì, era molto meglio stare zitto e farsi gli affari suoi, decisamente molto meglio.
Con tutti questi dubbi nella testa, Slash spinse la porta del magazzino ed entrò dentro, silenzioso e pensieroso.
Duff stava parlando allegramente con Steve, una bottiglia di Nightrain e due bicchieri posati accanto a loro, su un tavolino traballante, mentre Izzy era concentrato ad accordare la sua chitarra, poco più in là.
Il suo ingresso silenzioso, così diverso dal suo solito modo di fare, attirò subito l'attenzione degli amici, che smisero immediatamente di fare quello che stavano facendo e si misero a fissarlo.
Slash sentì tutti gli occhi su di lui e si sentì ancora più nervoso.
"Beh? Che cazzo avete da fissare tutti?"
Steve guardò Duff che guardò Izzy, tutti con un grosso punto interrogativo sul volto.
Fu il chitarrista ritmico a parlare.
"E' tutto ok Slash? Ti senti bene?"
"Certo che mi sento bene, perché cazzo me lo chiedi?"
Il riccio si avvicinò ai due biondi, che si scostarono subito per farlo passare, come se temessero di venire inceneriti al suo passaggio. Afferrò la bottiglia di Nightrain e ne buttò giù quasi un terzo in un colpo solo.
Tutta quella situazione lo stava facendo impazzire! Non era bravo a tenere i segreti lui, lo sapevano tutti! E quella cosa gli pesava enormemente sul petto in quel momento, come un vero e proprio macigno.
Posò la bottiglia dove l'aveva presa e si diresse velocemente a prendere la sua chitarra.
"Allora, iniziamo o no?"
I tre amici si guardarono di nuovo, in silenzio. Era più che evidente che ci fosse qualcosa che turbava Slash e tutti loro sapevano che era una questioni di attimi prima che il ragazzo svuotasse il sacco. Perciò rimasero immobili  a fissarlo silenziosi.
Slash controllò nervosamente che la chitarra fosse accordata e poi li guardò perplesso.
"Beh? Cosa state aspettando?"
Izzy posò la sua chitarra e si accese una sigaretta.
"Che tu ci dica cosa succede, così poi possiamo suonare sul serio."
Slash spostò lo sguardo su Izzy, Steve e infine su Duff.
"Ho detto che non c'è niente e non c'è niente, ok?"
Izzy soffiò via una bella nuvoletta di fumo e lo guardò con quel suo sguardo penetrante che lo metteva sempre un po' a disagio, perché gli dava la sensazione che gli stesse leggendo dentro.
Sentì una vampata di calore invaderlo sotto quello sguardo e nel giro di pochi attimi si arrese, sbuffando come un bambino e iniziando a parlare a raffica.
"Oh... e va bene!! Non volevo dire niente per non impicciarmi dei fatti altrui e non creare casini, tutto qui! Poi lo so che appena lo sai ci stai male, ti fai mille seghe mentali e inizi a schizzare di brutto! Che poi non c'è niente di che, insomma... io ho visto e non ho visto... ero lì per caso... e maledizione a me e a quando do retta a mia nonna! Se mi facevo i cazzi miei come al solito... Invece no, ho voluto fare il nipote modello ed ecco qui il risultato! Che poi quello lì non può piacerle di certo con quella faccia da cazzo che si ritrova... Insomma, non è il caso che ti preoccupi, davvero! Stavano solo parlando, lui si è avvicinato e lei pure... ma chissà cosa si stavano dicendo, ecco. Io non ho visto altro, davvero. E questo è tutto."
I tre amici lo guardarono sbigottiti, in silenzio, per qualche istante. Cosa diavolo aveva detto??
Fu Duff a parlare per primo.
"Slash, non te la prendere... ma non s'è capito un cazzo!! Di cosa diavolo stai parlando? Chi hai visto che ti ha fatto andare fuori di testa?"
Slash sospirò, stufo di dover ripetere di nuovo tutto.
"Lene! Con un tipo faccia di cazzo che secondo me ci provava di brutto. A un bar."
Duff rimase in silenzio, cercando di capire bene la situazione.
"Scusa, non ho capito... Hai visto Lene con uno? In un bar?"
Slash allargò le braccia esasperato. Cosa cazzo aveva finito di dire?? Ma che si erano fatti prima che lui arrivasse?
"Sì, te l'ho detto già due volte! Ho visto Lene con uno coi capelli lunghi e la barba, talmente profumato da sembrare una checca se non fosse stato per gli sguardi che le lanciava. Ad un certo punto le si è pure messo a tanto così dalla faccia, come se volesse baciarla per capirci."
Duff sentì improvvisamente un gran caldo. Capelli lunghi e barba... aveva già un'idea di chi potesse essere quel bastardo!
"E lei cos'ha fatto??"
Slash rimase un attimo interdetto. E adesso cosa poteva dirgli?
A Duff sembrò che quel silenzio durasse da ore e si fece incalzante.
"Allora? Cos'ha fatto Lene quando questo ha provato a baciarla?"
"Beh... lei... ecco..."
"Slash se non mi dici cos'è successo alla svelta ti spacco la faccia finché non parli, giuro!"
"Ok, ok... lei... lei si è avvicinata ancora di più... fermandosi ad un soffio da lui."
Duff strinse i pugni abbandonati lungo i fianchi, in un tentativo di trattenere la rabbia che sentiva crescere dentro di lui e nascondere agli amici la tensione che provava in quel momento.
Tenne volutamente il tono della voce basso, cercando di dissimulare una certa calma che in realtà non aveva.
"E...?"
Slash lo guardò senza capire cos'altro volesse sentirsi dire. Non era già abbastanza?
"E niente, poi mi sono avvicinato a loro e si sono allontanati subito. Tutto qua."
I pugni di Duff si riaprirono all'istante e il ragazzo rilassò subito i muscoli della mascella, contratta in una morsa fino a quel momento.
Ok, non era successo niente, per fortuna. Quell'imbrattatele di merda ci aveva provato di nuovo, ma non era successo niente, anche se solo grazie al provvidenziale arrivo di Slash.
Doveva parlare con Lene... doveva decisamente parlare con Lene e magari trovare anche il modo di dire due paroline a quel pittore da strapazzo, magari usando i pugni al posto delle parole.

 

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Capitolo 16
*** 15° capitolo ***


15° capitolo 22.03.86 Eccomi qui!! Non sono morta, ma la sessione di esami è in pieno fermento e io più di questo non sono proprio riuscita a fare, sorry!
Spero comunque che il capitolo vi piaccia e mi faccia perdonare di tanta attesa!
Buona lettura!!


22 marzo '86 LA

Lene non riusciva a smettere di chiedersi quale sarebbe stata la reazione di Duff.
Era sicura che Slash non fosse stato in grado di tenere la cosa per sé, un po' meno di cosa pensasse di aver visto e di conseguenza di cos'avesse raccontato esattamente.
Per quel che ne sapeva lei, poteva aver frainteso tutto e aver detto a Duff una marea di cazzate... e a lei sarebbe toccato, in quel caso, convincere il suo ragazzo che in realtà non era successo proprio niente, anche se, forse, non era vero al cento per cento.
La verità era che per l'ennesima volta da quando aveva conosciuto Jason, aveva giocato col fuoco, aveva risposto alle sue provocazioni e questa volta, forse, ne aveva sottovalutato le possibili conseguenze.
Non era più da sola, non c'era più solo lei nella sua vita, e forse l'aveva capito veramente solo quel giorno.
Era talmente persa nei suoi pensieri che non si rese conto subito che dal magazzino non arrivavano note come al solito.
Spinse la porta ed entrò, ancora sovrappensiero.
Duff le dava la schiena e parlava piuttosto animatamente con Slash, Izzy e Axl, mentre Steve cercava di partecipare alla conversazione nonostante una brunetta dai capelli a caschetto cercasse in tutti i modi di distrarlo con baci e strusciatine piuttosto esplicite.
Come si accorsero di lei, smisero tutti immediatamente di parlare e la stanza piombò nel silenzio più assoluto.
Perfino la ragazza di Steven smise di stuzzicarlo e si mise a fissarla con curiosità. Chi era quella bella ragazza?  E perché si erano tutti zittiti al suo arrivo?
Si girò verso Steven, curiosa di sapere se aveva capito bene.
"E' mica Lene quella?"
Duff nel frattempo si era girato verso di lei e la guardava, in silenzio, una faccia che era tutto un programma.
Steve sorrise alla sua ragazza.
"Oh sì, è proprio lei... e adesso ne vedremo delle belle!"
Izzy posò la chitarra e afferrò il cappello e la giacca, posati proprio tra Slash e Steve.
"Invece non vedremo proprio nulla, perché noi adesso ce ne andiamo alla svelta e li lasciamo soli."
Il volto di Steve si imbronciò come quello di un bambino.
"Ma no! Non vale, dai! Proprio sul più bello!"
Izzy si sistemò il cappello in testa e con un gesto gentile, ma fermo, posò la mano sulla spalla del batterista, stringendo lievemente la presa.
"Andiamo Steve."
Il biondo non se lo fece dire due volte. Quando Izzy usava quel tono era inutile insistere, lo sapeva bene ormai.
La voce di Axl chiuse ogni possibile questione.
"Ma sì, Izzy ha ragione... e poi, per quanto divertente possa essere, ho di meglio da fare che stare qui mentre sti due litigano, Erin mi aspetta al Roxy."
Il cantante prese il suo chiodo e  si avviò verso l'uscita, passando per forza di cose accanto a Lene.
Quando le fu accanto non riuscì a trattenersi. Abbassò la voce in modo che solo lei potesse sentirlo.
"Che piacevole sorpresa scoprire che non riesci proprio a fare la brava fidanzatina... Davvero molto interessante."
Lene non ebbe il tempo di rispondergli per le rime. Izzy fu accanto ad Axl in pochi secondi, gli posò una mano sulla schiena e lo spinse delicatamente fuori prima che combinasse qualche casino dei suoi.
Steve e la brunetta focosa passarono subito dopo. Steve le sparò uno dei suoi sorrisi e le fece l'occhiolino, mentre la sua ragazza le faceva ciao  con la mano.
L'ultimo ad uscire fu Slash.
Quando fu vicino a Lene si fermò un istante come per dirle qualcosa.
Lene lo guardò dritto negli occhi cercando di fargli capire che era tutto ok, che non era in collera con lui, ma lui, probabilmente offuscato dal senso di colpa, vi lesse dell'altro e abbassò subito lo sguardo, uscendo subito dopo senza dire una parola.
La porta del magazzino si chiuse dietro le spalle di Lene con un rumore che mai le era sembrato così forte, amplificato dal silenzio glaciale che si era improvvisamente diffuso in tutta la stanza.
Lene alzò lo sguardo su Duff e lo fissò in silenzio, quasi con sfida, aspettando che facesse la prima mossa.
Era inutile far finta che non fosse successo niente, era evidente dalla fuga frettolosa di tutti che Slash aveva raccontato quel che aveva visto e soprattutto che Duff l'aveva presa piuttosto male.
Tanto valeva che si sfogasse per bene e il prima possibile. Via il dente, via il dolore.
Duff serrò i pugni con forza, cercando di trattenersi dal dar libero sfogo ai suoi pensieri.
Cercava di ripetersi che non era successo chissà cosa, ma l'immagine di Lene e quell'idiota che si sfioravano quasi in un bacio gli mandava il sangue al cervello.
Cercò di controllare la sua voce, ma l'effetto che ottenne fu una nota di aggressività che iniziò a infastidire parecchio Lene.
"Si può sapere cosa ci facevi con quello stronzo?"
Lene incrociò le braccia sul petto, sempre più indispettita e gli lanciò uno sguardo strafottente. 
"Ci stavo parlando, perché? Cos'è, non posso più parlare con un amico adesso?"
Duff in pochi secondi perse ogni buon proposito di mantenere i toni calmi. Ok che non aveva fatto chissà cosa, ma quell'atteggiamento del cazzo poteva anche risparmiarselo visto che si era fatta beccare a flirtare con un altro!!
In pochi passi le fu davanti, la rabbia ormai dipinta a chiare lettere sul suo volto, e non riuscì a trattenersi dall'urlarle letteralmente in faccia, le pupille dilatate e il viso paonazzo.
"No, se quello con cui parli non vede l'ora di scoparti e ci prova ogni fottutissima volta che ti vede!"
Lene, sentendosi aggredire in quel modo, ovviamente non si tirò indietro.
"Guarda che quello non mi vuole scopare e basta, come dici tu, è un po' più complicata e profonda di così la cosa!"
Duff si lasciò scappare una risatina ironica che fece schizzare il sangue al cervello di Lene.
"Ah davvero?! Non ti vuole scopare e basta? Ah, adesso sì che mi sento meglio! Grazie mille! E sentiamo, cosa vuol fare di così profondo e complicato il nostro bell'artista, eh? Illuminami perché probabilmente non sono abbastanza elevato per capirlo!!"
"Esatto, non potresti capirlo perché hai il cervello annebbiato dalla tua stupida gelosia inutile e fastidiosa!! Guarda che io non sono una tua proprietà, hai capito? Mettiti bene in testa che il fatto che stiamo insieme non ti autorizza a dirmi chi posso vedere e chi non posso vedere, neanche se quella persona in particolare mi volesse sbattere in ogni momento e su ogni superficie possibile e immaginabile!!"
Lene sentì la mano di Duff afferrarle la nuca come una morsa e spingerla con forza a un millimetro dal suo viso stravolto da tutte le emozioni che provava in quel momento.
"Tu sei mia, mia è chiaro? Mia e di nessun altro! E nessuno deve osare sfiorarti neanche con un dito, nemmeno nei suoi pensieri!!"
Giusto il tempo di finire di parlare e Duff  si impossessò della bocca di Lene coinvolgendola in un bacio talmente appassionato da farle sentire le gambe molli.
Duff serrò il viso della ragazza tra le sue mani, come se avesse paura che lei potesse scappare via e continuò a baciarla con una foga travolgente, come se volesse divorarla e farla sua definitivamente.
Lene lasciò che il suo istinto e i suoi sensi la trascinassero esattamente dove lui voleva.
Senza lasciarla respirare un secondo, Duff la spinse velocemente verso una parete del magazzino, facendole sbattere la schiena contro e intrappolandola con il suo corpo.
Solo allora si staccò da lei, pur rimanendo a pochi millimetri dalla sua bocca, la voce roca per la passione che gli stava fottendo il cervello.
"Non provare mai più a fare una cosa simile, hai capito? Nessuno deve pensare di poter avere una chance con te, nessuno!"
La baciò di nuovo, mangiandole letteralmente la bocca, succhiandole e mordendole il labbro inferiore prima di lanciarsi sul suo collo.
Lene, rapita da quella furia mista a desiderio, non riusciva a dire alcunché, a fare alcunché.
Sentì le mani di Duff infilarsi sotto la maglietta e abbassarle il reggiseno con forza, tanto che il rumore di uno strappo squarciò il silenzio della stanza.
Duff le afferrò entrambi i polsi e le bloccò le braccia sopra la testa, tenendole ferme con una mano sola.
Con l'altra mano le sollevò la maglietta e le diede un morso su un seno, stringendo i denti quel tanto che bastava da lasciare un segno, ma non da far male sul serio.
"Dimmi che non è successo niente... che quel cazzone non ti interessa e che è solo me che vuoi!"
Lene sentì la gola completamente asciutta e non riuscì a fiatare. Non conosceva quel lato di Duff e quella trasformazione così repentina la stava mandando fuori di testa.
Duff le diede un altro morso sul seno, questa volta un po' più forte.
"Dillo!"
Lene non riuscì a trattenere un grido fatto di piacere e stupore, piacere che diventò ancora più intenso quando Duff le afferrò un capezzolo tra le labbra e iniziò a tormentarla come solo lui sapeva fare.
Le diede un morso anche lì e si fermò.
"Dillo o giuro su Dio che sta volta non rispondo di me Lene!!"
Ci fu un attimo di silenzio in cui l'unico rumore udibile furono i respiri veloci e affannati di entrambi, la stoffa dei pantaloncini di Lene che scivolava a terra e poi lo strappo delle sue mutandine.
Quest'ultimo eccitò talmente tanto Lene da darle una scarica di adrenalina tale da farle ritrovare la capacità di parlare.
"Solo te... voglio solo te... nessun altro..."
Fu solo un sussurro, ma abbastanza forte da arrivare fin nelle viscere di Duff e fargli perdere definitivamente il controllo.
Quello che avvenne dopo fu talmente intenso da togliere il fiato a entrambi e lasciarli come storditi per parecchi minuti, abbandonati a terra incuranti del freddo che il pavimento trasmetteva ai loro corpi nudi, incapaci di parlare e perfino di pensare.
Lene girò il volto verso di lui e osservò con cura il suo viso quasi spossato, un velo di preoccupazione ancora visibile.
"Non è successo niente con Jason... te lo giuro."
Duff aprì gli occhi di colpo, colpito e allo stesso tempo sollevato da quelle parole.
Lene gli scostò delicatamente dei capelli dal volto, lo sguardo come ipnotizzato dal suo stesso gesto.
"E' da quando ci conosciamo che lui cerca di convincermi a lasciarmi ritrarre da lui... è diventata quasi un'ossessione... "
Lene si mise a giocare con alcune ciocche dei capelli di Duff, lo sguardo sempre perso nel vuoto.
"Gli ho sempre detto di no e questo non perché per creare la sua arte lui ha bisogno di andare a letto con le sue muse... prima di conoscere te questo non sarebbe stato un problema, lo sai."
La ragazza arrotolò con un dito una ciocca bionda, lasciandola andare subito dopo, persa nei suoi pensieri.
"Il fatto è che ho paura... paura di lasciarmi andare, di permettergli di conoscermi, di scoprire come sono veramente, con le mie paure e le mie fragilità."
Finalmente Lene spostò lo sguardo su Duff, pronta a fargli la sua confessione.
"Le stesse paure che ho con chiunque, anche con te, Duff. Solo che tu sei l'unico con cui sento di poter provare a vincerle queste mie paure... l'unico e il solo, dopo tanto tempo, con cui sento di poter essere me stessa, liberamente. Perciò non essere geloso di Jason... non essere geloso di nessuno... perché nessun altro uomo potrà mai allontanarmi da te e prendere il tuo posto, non adesso per lo meno."
Una piccola lacrima iniziò a scivolare lungo la guancia di Lene e Duff la raccolse sfiorandole il viso delicatamente.
Poi posò dolcemente le labbra su quelle della ragazza, lasciandole un bacio delicato, rassicurante e pieno d'amore.
"Grazie..."
Lene aprì gli occhi e si trovò quelli di Duff a guardarla con un'intensità che solo in lui era riuscita a trovare.
"Sarà infantile e stupido, ma avevo bisogno di sentirmelo dire. Sei diventata talmente importante per me... talmente necessaria... che ho una paura fottuta che qualcuno ti faccia capire che non valgo un cazzo, per lo meno non abbastanza per te, e ti porti via. Non so come farei se succedesse... davvero... e questo mi spaventa da morire... quello che provo per te mi spaventa da morire."
Lene sentì il cuore farle mille capriole nel petto. Anche lui aveva paura... proprio come lei.
Gli sorrise dolcemente e Duff le diede un altro bacio, come a sigillare le loro parole.
"Mi spiace se sono stato un po'... rude... ero proprio fuori di testa all'idea di quello stronzo con te... scusami."
Lene sorrise divertita.
"Stai scherzando? E' stato terribilmente eccitante e tu ti scusi? Anzi... quasi quasi cercherò di farti ingelosire un po' più spesso, visto come ti trasformi in certe situazioni!"
"Non provarci nemmeno!!"
Duff alzò col busto e si portò su di lei, sovrastandola completamente.
"Ti ammazzo se mi fai passare di nuovo un pomeriggio come quello di oggi, è chiaro?"
Lene si mise a ridere, il cuore finalmente leggero, e Duff rimase incantato a guardarla.
"Dio come sei bella... ci credo che quello stronzo ti vuole ritrarre... e scopare..."
Duff sorrise con un velo di malizia che da solo fece venire subito caldo a Lene.
"Mi spiace Mr sono un artista strafico che si scopa le sue muse, questa fanciulla è di mia proprietà... e solo io ho il diritto e il piacere di scoparmela fino a farla gridare..."
Duff si abbassò fino a un soffio dalle labbra di Lene e si fermò.
"Mmm... e così ti piace che sia un po' più rude, eh? Bene, vediamo se ho capito bene cosa vuoi dire..."
La risata di Lene lasciò spazio ben presto ad altri suoni ormai ben noti alle pareti di quel magazzino e i due si persero nuovamente l'uno nell'altro, nascosti da tutto e da tutti, i tormenti e i brutti pensieri di qualche ora prima ormai scomparsi... almeno per un po'.



 





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Capitolo 17
*** 16° capitolo. ***


26.3.86 Ooook, mi cospargo il capo di cenere e imploro perdono! Scusate se è passato un secolo sia da quando ho postato sia da quando ho letto e recensito qualche vostra storia o ancora da quando ho risposto alle vostre di recensioni, ma ho avuto un periodaccio e più di così non sono riuscita a fare. PERDONO!
Ecco il nuovo capitolo, ahimé solo di passaggio, ma secondo me ci voleva. Adesso di tanto in tanto ci saranno dei salti temporali di qualche mese, come per esempio in questo capitolo (che dista più di un mese dal precedente), per capire come si sta evolvendo il rapporto tra Lene e Duff dopo il fatidico 26 marzo '86 (per quei pochi che non lo sapessero, la data in cui i Guns firmarono il contratto con la Geffen).
Bene, prometto che almeno per un po' sarò più diligente nel pubblicare i capitoli! XD
Buona lettura!

28 aprile '86

Lene stava dando gli ultimi ritocchi al suo quadro, cullata dalla musica dei Led Zeppelin e dal profumo del suo incenso preferito.
Diede un'ultima pennellata rossa e si allontanò leggermente dalla tela per osservare meglio l'effetto finale. Una particolare sensazione alla bocca dello stomaco le fece capire che poteva ritenersi soddisfatta e che anche quella creazione poteva definirsi terminata.
Fece un profondo sospiro, posò il pennello e alzò sguardo sul grande orologio appeso al muro.
L' 1:15. Il suo pensiero volò immediatamente a Duff e non poté fare a meno di chiedersi dove potesse essere in quel preciso momento e soprattutto in che stato fosse.
Quante cose erano cambiate da quel 26 marzo? Il contratto con la Geffen, la mostra con Jason... le loro vite erano state stravolte e sarebbe stato ipocrita da parte sua negare che vi erano stati anche degli effetti negativi che probabilmente nessuno dei due aveva previsto.
Quando Jason aveva capito che lei avrebbe rinunciato piuttosto che cedergli, si era arreso subito e le aveva promesso che avrebbero fatto comunque quella mostra così importante per lei.
In fondo era un bravo ragazzo e le era sinceramente affezionato, così come realmente credeva nel suo talento e quindi le aveva regalato quell'incredibile opportunità senza volere nulla in cambio.
La mostra era stata un successo e Lene era stata improvvisamente proiettata in quell'olimpo che dominava la scena del mondo dell'arte di Los Angeles.
Conseguentemente con il successo erano ovviamente arrivati i soldi, ma anche nuovi progetti, nuove richieste e tante, tantissime scadenze da rispettare, il che l'aveva portata a trascorrere sempre più tempo chiusa nel suo abbaino o in giro per altre mostre o ancora davanti a qualche telecamera per delle interviste.
Ma lei non era stata l'unica ad essere improvvisamente incredibilmente impegnata.
Duff il 26 marzo aveva finalmente firmato il contratto dei suoi sogni con la Geffen.
Il cuore le fece un paio di capriole nel petto al solo ricordo dell'espressione di Duff quel giorno e Lene si ritrovò a sorridere come un'ebete senza nemmeno accorgersene.
Più di un quadro nella sua mansarda riproduceva le emozioni che aveva provato in quei momenti: la felicità, enorme, che aveva sentito nel vedere Duff realizzare il suo più grande sogno; l'orgoglio che aveva provato nell'essere la sua compagna e poter condividere un attimo così unico e speciale.
Anche per Duff il primo grosso cambiamento era stato quello di avere improvvisamente 7.500 $ di assegni da poter incassare e utilizzare come più gli piaceva.
Neanche a dirlo, le prime due cose che vi aveva fatto erano state comprarsi una Fender Jazz Special con tanto di amplificatori e portare Lene a cena fuori per la prima volta da quando si conoscevano.
Per l'occasione si era anche comprato un paio di pantaloni nuovi di zecca e un paio di strepitosi stivali da cowboy che non erano certo passati inosservati nel ristorante chic che aveva scelto per quella serata nonostante le proteste di Lene.
Lene aveva la certezza assoluta che non avrebbe mai potuto dimenticare l'espressione di Duff quando l'aveva portata a casa ed era corso ad aprire il frigo per farle notare quanto fosse pieno per la prima volta per merito suo. Quanta tenerezza le aveva fatto così emozionato per una cosa così piccola?
E poi erano arrivati i tatuaggi nuovi, tutti inerenti ai Guns n' Roses, le nuove serate, la riapertura del Whisky a Go Go e ovviamente la preparazione del primo dei sei dischi che la Geffen voleva da loro.
La verità era che Duff da quel 26 marzo si era praticamente chiuso in sala prove con i ragazzi e quando ne usciva, novantanove volte su cento, si spostava con loro a qualche festa o a casa di qualche amico per far baldoria e Lene lo rivedeva solo la mattina dopo, addormentato nel suo letto in preda a dopo sbornia da guinness dei primati.
Non che non trovassero tempo per stare insieme, per carità. E il sesso era sempre travolgente e appagante. Ma indubbiamente il repentino successo di entrambi aveva fatto sì che il tempo a loro disposizione fosse decisamente meno e questo un po' si sentiva, o per lo meno Lene lo sentiva.
Ma quello non era l'unico aspetto negativo che preoccupava la ragazza.
Era vero che lei non era una bacchettona, tutt'altro. Ed era la prima che amava divertirsi e farlo anche con l'aiuto di varie sostanze stupefacenti.
Ma non poteva negare di aver notato un netto peggioramento delle dipendenze di Duff da quando la disponibilità di liquidi gli aveva permesso di comprare più roba e ogni qualvolta ne avesse voglia.
Lo stesso ovviamente valeva per tutti i ragazzi. Con più soldi e più tempo libero era inevitabilmente arrivata anche più droga, soprattutto eroina, e gli effetti si facevano già vedere parecchio.
Duff per fortuna si limitava all'alcool, soprattutto birra, anche se le quantità erano diventate tali da far sì che perfino Axl avesse iniziato a presentarlo ai concerti come Duff King of Beers McKagan. Ma Slash e Steven erano ormai diventati schiavi di crack e eroina e Lene sospettava che anche Izzy ormai ci fosse dentro fino al collo.
Lene scosse il capo cercando di scrollare anche quei pensieri cupi dalla sua mente. Non voleva perdersi nuovamente in quelle elucubrazioni e lasciare che le preoccupazioni che cercava disperatamente di tenere sopite dentro di lei, venissero a galla e si insinuassero tra lei e Duff. Quei pensieri l'avevano fatta già litigare con lui qualche giorno prima e le scintille che ne erano scaturite le erano bastate per un bel po', questo era poco ma sicuro.
Si decise a scendere e prepararsi per andare a letto. Aveva la netta sensazione che Duff avrebbe fatto tardi anche quella sera e non aveva la minima intenzione di aspettarlo sveglia.

Duff si appoggiò con la testa al portone sperando così di tenerla ferma, visto che tutto gli sembrava che vorticasse intorno a lui come se si trovasse dentro ad una lavatrice.
Cercò di infilare la chiave nella serratura, ma quella notte sembrava non andargliene una giusta e la luce fioca della plafoniera esterna non lo aiutava di certo.
Imprecò in varie tonalità contro la sfiga cosmica che sembrava perseguitarlo da quando aveva messo piede a casa di Del insieme a tutti gli altri.
Prima la bottiglia di birra che aveva sbattuto inavvertitamente contro lo spigolo di un tavolino, mandandola in frantumi sulla moquette. Ancora gli veniva male al pensiero di quello spreco!
Poi la cenere dello spinello che gli aveva passato Izzy che gli era caduta sui jeans nuovi di zecca bucandoli senza pietà, il che gli aveva fatto fare un salto sulla poltrona tale da lanciare lo spinello incriminato addosso a Steve, rovesciare un bicchiere pieno di vodka sul pavimento e beccarsi anche un paio di vaffanculo sia da Del che da Izzy, rispettivamente per la moquette devastata e la marijuana sprecata in quel modo idiota.
Per fortuna le cose erano sembrate migliorare quando erano arrivate un paio di amiche di Erin e una si era gentilmente offerta di distrarlo da quella serata iellata con un pompino da manuale in camera di Del.
Non che lui l'avesse cercata o altro... era innamorato di Lene e non gli era passato neanche per l'anticamera del cervello di provarci con un'altra.
In realtà lui cercava il bagno, ma era talmente sbronzo da non accorgersi di aver preso la porta sbagliata e mentre si tirava giù la zip  per liberare la sua vescica piena di birra, una tipa era entrata dietro di lui e aveva colto l'attimo, se così si può dire, e lui, decisamente troppo fuori per riuscire a tirarsi via, l'aveva lasciata fare. In fondo solo un idiota avrebbe detto di no ad un servizietto senza pretese, no? 
La chiave finalmente entrò nella serratura e un clic gli fece capire di essere riuscito ad aprire il portone. Un bel passo avanti! Forse la serata iniziava a girargli bene.
Raggiunse a fatica la porta di casa, nonostante fosse subito al primo piano e grazie a qualche intervento divino riuscì a entrare nell'appartamento senza troppa fatica.
Cercò di buttare le chiavi sul divano, ma mancò di mezzo metro la mira, facendole cadere a terra con un fracasso notevole.
Dirigendosi verso la scala sbatté contro un tavolino e lanciò un paio di imprecazioni non proprio eleganti, massaggiandosi la coscia dolorante.
Alla base della scala si fermò e alzò lo sguardo. Non gli era mai sembrata così lunga e ripida, che diavolo era successo in quelle ore che era stato fuori di casa?
Duff pensò che era davvero troppo per lui quella notte. Girò sui suoi tacchi e si lasciò cadere a peso morto sul divano, utilizzando le ultime energie giusto per sfilarsi gli stivali e lasciarli cadere a terra con un tonfo.
Il tempo di accomodarsi nel migliore dei modi e il ragazzo piombò in un sonno profondo, sperando con tutto se stesso che la stanza avrebbe smesso di vorticare al suo risveglio.

La sveglia di Lene, implacabile, la costrinse a tirarsi su dal letto all' alba delle 8.30.
Beh, lo sapeva benissimo che per la maggior parte delle persone normali non era affatto presto, anzi... ma santo Dio, lei era andata a letto che erano quasi le 2 e quindi aveva tutti i diritti a sentirsi uno straccio in quel momento!
Ormai seduta sul letto, girò la testa ed ebbe la conferma che Duff aveva avuto un'altra delle sue seratine folli. Non era rientrato a dormire, o per lo meno non era arrivato fino al letto, il che era un pessimo segnale.
Lene si stiracchiò come un gattino e poi raccolse tutte le sue forze per alzarsi e cacciarsi sotto la doccia, l'unica che sarebbe riuscita a svegliarla davvero in una giornata simile.
Sotto l'acqua calda si mise a pensare a cosa avrebbe dovuto fare quella giornata, ossia all'intervista che l'aspettava insieme a Jason per una cavolo di rivista di cui manco ricordava il nome. Non le piacevano per niente quegli aspetti del successo, ma sapeva benissimo che  non poteva lamentarsi e anzi doveva ringraziare tutti i santi del paradiso per l'opportunità che aveva avuto.
Il pensiero dopo pochi attimi si spostò nuovamente su Duff. Si chiese dove avesse passato la notte e una vocina fioca, ma incisiva, le sussurrò che la vera domanda che voleva farsi era in realtà con chi l'avesse passata.
Si diede della stupida e spense l'acqua, rabbrividendo al contatto con l'aria più frizzantina che l'aspettava fuori dal box doccia.
Si avvolse nel suo asciugamano e si guardò distrattamente allo specchio.
Non sapeva perché facesse certi pensieri cretini ultimamente. Sapeva che Duff l'amava, glielo dimostrava con tanti piccoli gesti ogni volta che riuscivano a passare un po' di tempo insieme... eppure una piccola parte di lei iniziava a farsi venire certi dubbi che inevitabilmente la mettevano di pessimo umore e non giovavano al loro rapporto.
Si infilò il più velocemente possibile qualcosa di passabile, si diede una passata di trucco e scese di sotto.
Come mise piede in sala vide il corpo di Duff spuntare dal divano e non riuscì a trattenere un piccolo sospiro di sollievo.
Ecco dove aveva passato la notte, stupida che non era altro!
Gli si avvicinò silenziosamente, anche se probabilmente in quel momento non l'avrebbero svegliato nemmeno delle cannonate, e gli si accucciò accanto, scostandogli delicatamente qualche ciocca dal bel viso.
Si chiese se sarebbero riusciti a vedersi quel giorno, visto che lei quasi sicuramente non sarebbe tornata prima di pranzo.
Le mancava poter stare con lui quando voleva, le giornate passate insieme a ridere, parlare e fare sesso, le chiacchierate nel cuore della notte, quando Duff rientrava tardi e la svegliava con qualche bacio non appena si infilava nel letto.
Alzò lo sguardo sull'orologio sul muro e controvoglia si tirò in piedi.
Doveva andare o avrebbe fatto tardi e Jason non gliel'avrebbe perdonata.
Prese un foglio abbandonato su un mobiletto e gli lasciò un biglietto, in modo che sapesse dov'era e quando sarebbe tornata.
Poi prese le chiavi e uscì di casa, l'umore non proprio al massimo e un velo di tristezza sul cuore.






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Capitolo 18
*** 17 ° capitolo. ***


29.04.86 Ciao!! Capitoletto di passaggio, sorry, ma vorrei che coglieste bene i piccoli cambiamenti che stanno avvenendo tra Lene e Duff. Vi avviso già che anche il prossimo sarà di passaggio.
Buona lettura!

29 aprile '86

Duff si svegliò di soprassalto a causa di un incubo, ma un conato di vomito lo distrasse subito da quei brutti sogni, costringendolo a risdraiarsi immediatamente.
Si portò entrambe le mani sugli occhi, cercando di proteggerli da quella fastidiosissima luce che filtrava prepotente dalle finestre.
Che cazzo di ore erano se c'era tutta quella maledetta luce fuori??
Cercò di captare qualche movimento in casa, ma non udì nulla che facesse pensare che Lene ci fosse.
Bell'inizio di merda di giornata, fantastico!
D'istinto fece comunque un tentativo, anche se decisamente poco convinto.
"Lene? Ci sei??"
Nessuna risposta, come previsto. Ma da un mesetto a quella parte non era più una novità, quindi perché stupirsene?
Ormai lui e Lene si inseguivano, più che stare insieme. Colpa soprattutto dei suoi orari assurdi, questo doveva ammetterlo, anche se gli scocciava.
Lene aveva mantenuto, infatti, una vita più o meno regolare dopo il successo improvviso. Anzi, si poteva dire che si fosse data una bella regolata in fatto di feste, sbronze e quant'altro, a differenza di lui.
Lui invece se possibile faceva anche più tardi di prima, visto che la mattina non doveva più alzarsi per lavorare e questo di certo non aiutava il suo già scarsissimo autocontrollo in fatto di sballi di ogni genere.
Lo schifosissimo risultato era che a fatica riuscivano a incontrarsi col fatto che quando lui si alzava lei era già fuori per lavoro o chiusa in mansarda a dipingere e quando lei tornava a casa o staccava la spina, lui era appena uscito per andare in sala prove e normalmente non tornava prima dell'alba.
Tutti quei pensieri lo misero decisamente di cattivo umore e sbuffando come un bambino, Duff cercò di mettersi lentamente seduto, onde evitare di vomitare in salotto.
Già, in salotto... cosa cazzo ci faceva sul divano? Quella notte doveva proprio aver esagerato se non era riuscito nemmeno a salire e svenire sul letto invece che lì.
Cercò con lo sguardo l'orologio al muro, per capire esattamente che ore fossero.
Le 13.20! Tra solo un paio d'ore avrebbe dovuto essere in sala prove, che palle!
Si passò le mani tra i capelli scompigliandoli ben bene e con uno sforzo che gli sembrò gigantesco si alzò in piedi, rimanendo fermo per qualche secondo per verificare la stabilità delle sue gambe.
Vodka ghiacciata, ecco cosa gli serviva per iniziare bene la giornata.
Si diresse in cucina con passo malfermo, tirò fuori la bottiglia dal frigo e afferrato un bicchiere, lo riempì quasi fino all'orlo.
Diede subito un generoso sorso e lasciò che quel liquido ghiacciato lo scaldasse da dentro come un fuoco, dandogli lo sprint giusto per iniziare la giornata.
Meglio, decisamente molto meglio.
Tornò in sala e l'occhio gli cadde su un foglietto di carta sul tavolino.
Un lieve sorriso gli increspò le labbra mentre si dirigeva a prenderlo, conscio di star per leggere un messaggio della sua Lene.
Il sorriso gli morì però subito in bocca.
"Buongiorno! Sto andando a fare un' intervista con Jason per una rivista del cazzo. Spero non ci vorrà molto, ma con ste menate non si sa mai... Io ce la metterò tutta per tornare per pranzo. Lene"
Inutile dirlo, come lesse con chi fosse Lene, l'umore di Duff passò da grigetto a nero carbone nel giro di pochi secondi.
E ti pareva che non fosse con quello stronzo! Sapeva che Lene non era interessata a quel soggetto, ma allo stesso modo era più che consapevole che Mr Pittore Scopatore lo era eccome e sapeva benissimo che non avrebbe mai smesso di provare a portarsela a letto, nonostante Lene gli avesse detto più volte che ormai si era rassegnato.
Rassegnato un cazzo!
Per la rabbia appallottolò il biglietto e lo lanciò il più lontano possibile da lui, come se fosse una bomba ad orologeria.
Dio come lo faceva incazzare saperli insieme, in quel momento, magari a ridere complici di qualcosa o anche solo seduti vicini, i loro corpi a sfiorarsi inavvertitamente.
Ok, adesso era definitivamente incazzato!
Si attaccò al bicchiere che teneva in mano, sperando che quel liquido freddo lo aiutasse a stordirsi quel che bastava ad attutire il suono di quella vocina che gli sussurrava, fastidiosa, che magari quella sarebbe la stata la volta in cui Lene avrebbe ceduto alle lusinghe di quel viscido figlio di puttana.
Nel giro di pochi minuti prosciugò il contenuto del bicchiere e ritornò in cucina per versarsi dell'altra vodka.
Ne buttò giù un'altra bella sorsata che scese lungo il suo stomaco come lava incandescente.
Alzò lo sguardo verso la parete e controllò l'ora. Le 13.35. Aveva detto che sarebbe tornata a pranzo... quindi ad occhio e croce sarebbe potuta arrivare da un momento all'altro.
Il pensiero che entrasse e lo trovasse in quello stato gli diede uno scossone che lo riportò improvvisamente coi piedi per terra.
Che diavolo stava facendo?! Si era fatto prendere un'altra volta dalla furia della gelosia e aveva perso lucidità, ma sapeva benissimo che Lene non l'avrebbe mai tradito, mai!
Doveva darsi una rinfrescata e alla svelta, non voleva che lei sentisse che aveva bevuto così tanto a quell'ora della giornata. Non avrebbe saputo come spiegarle il perché senza finire con una litigata di quelle epocali e sinceramente non ne aveva proprio voglia.
La doccia, ecco cosa poteva salvarlo.
Posò il bicchiere mezzo vuoto sul tavolo e si diresse velocemente in bagno per gettarsi sotto l'acqua e cercare di incominciare la giornata con un altro piede.

Lene continuava a controllare l'ora che lampeggiava prepotente sul quello strano orologio che Jason aveva sul mobile del salotto.
Quanto cavolo sarebbe durata ancora quella maledetta intervista?! Erano già le 13.15 e quella tipa logorroica non accennava a smettere di parlare!
Ok che si era mangiata con gli occhi Jason per tutto il sacrosanto tempo, ma se proprio voleva scoparselo, bastava che glielo chiedesse senza tanti rigiri di parole e la lasciasse andare a casa da Duff!
Jason lanciò un'altra occhiata di sfuggita a Lene e notò che stava fissando l'ora, di nuovo.
Non c'era bisogno di chiedersi dove avesse tanta fretta di andare, visto che la ragazza continuava a rigirarsi quella sottospecie di anello che le aveva dato quell'alcolizzato del suo compagno, segno evidente che stava pensando a lui in quel momento.
Jason sinceramente faticava a comprendere come una donna interessante come Lene potesse essersi innamorata a tal punto di uno come quel Duff, la cui occupazione principale, a quel che deduceva dai racconti della ragazza stessa e da quello che leggeva ultimamente sui rotocalchi, era bere birra fino a svenire o sentirsi male. Esaltante.
Ma la ragazza era proprio persa, questo era più che evidente, così come lo era anche che il suo obiettivo di ritrarla si faceva sempre più difficile da raggiungere.
Certo, la fama improvvisa del ragazzo aveva provvidenzialmente scombussolato il loro rapporto, ma Jason non era uno sciocco e sapeva che i sentimenti della ragazza erano forti più che mai, anzi forse erano stati resi ancora più forti ora che i due non riuscivano a vedersi molto.
Il pittore si rese conto dal silenzio improvviso che la giornalista, finalmente, forse aveva terminato quella valanga di domande anche piuttosto banali con cui li aveva bombardati per circa... quanto?... due ore?
Le sorrise seducente, sperando con tutte le sue forze di potersi alzare e accompagnare quella donna alla porta, rimanendo da solo con Lene.
"Ma come, è già finita?"
La donna arrossì violentemente a quelle parole e si mise a ridacchiare tutta accaldata.
Jason lo prese come un sì e si alzò prontamente, disorientando la donna non poco e riempendo di gioia Lene, che scattò in piedi in mezzo secondo e strinse con energia la mano della giornalista.
"E' stato un piacere, grazie di tutto."
Jason trattenne a stento un sorriso mentre Lene accompagnava con educazione, ma anche con molta decisione, la donna alla porta, neanche fosse stata lei la padrona di casa.
"E' stata un'intervista davvero interessante, complimenti a lei e al giornale."
La donna, piuttosto disorientata a dire il vero, si ritrovò senza nemmeno accorgersene fuori dalla porta.
"A presto e grazie ancora!"
Lene chiuse la porta e si girò, appoggiandovisi con la schiena, facendo un sospiro di sollievo.
"Finalmente!!"
Jason le sorrise sornione dal divano.
"Un pochino logorroica, eh?"
Lene strabuzzò gli occhi e si avvicinò al ragazzo, esasperata.
"Un pochino?! Dio, non la smetteva più di parlare!! Credevo di impazzire!"
Si lasciò cadere di nuovo sul divano, accanto a Jason e si tirò su i capelli, improvvisando una specie di muccetto morbido sulla nuca.
Jason osservò ogni suo movimento con grande attenzione, soffermandosi in particolare sulle espressioni del suo bel viso.
"Che c'è??"
Lene non aveva potuto fare a meno di accorgersi che Jason la stava fissando e una sensazione di disagio l'aveva subito avvolta.
Jason, colto in flagrante, scosse il capo sorridendo.
"Nulla, studio i tuoi lineamenti... non si sa mai che finalmente possa servirmi un giorno."
Lene sentì le guance prendere calore e fece per aprir bocca e controbattere, ma il ragazzo non gliene diede il tempo. La guardò fisso negli occhi, sapendo di metterla a disagio ogni volta che lo faceva, e le fece una domanda che decisamente lei non si aspettava.
"Cinese o giapponese?"
Lene lo guardò stranita, un grosso punto interrogativo dipinto sul volto.
"Come dici, scusa?"
Jason cercò di trattenere un sorriso, anche se a fatica.
"Preferisci mangiare cinese o giapponese? Io personalmente preferirei giapponese, ma in quanto ospite hai la precedenza nella scelta."
Lene finalmente capì dove stesse andando a parare Jason.
"No... ti ringrazio, ma vado a casa a mangiare... Duff mi starà aspettando."
"A quest'ora??"
Il tono scettico di Jason portò Lene a controllare l'ora sull'orologio di prima.
Le 13.35. Effettivamente si era fatto tardi e le ci voleva almeno mezz'ora per arrivare a casa, se non di più... Duff sarebbe stato ancora a casa alle 14 passate?
Jason colse quel momento di incertezza e decise di rincarare la dose per convincerla. Gli faceva piacere l'idea di poter passare ancora un po' di tempo con lei, finalmente soli.
"Sicuramente si sarà alzato e non trovandoti sarà andato a mangiare con i suoi amici, non credi?"
Lene tentennò. Da una parte aveva voglia di stare un po' con Duff, visto quanto poco si vedevano  ultimamente. Dall'altra l'idea di attraversare la città per raggiungerlo e poi magari non trovarlo nemmeno a casa...
Jason giocò l'ultima carta.
"Prova a chiamare a casa e vedi... se non ti risponde vuol dire che è uscito."
Lene annuì e Jason l'accompagnò dal telefono.
La ragazza fece il numero di casa sua e lasciò squillare a lungo, con un pizzico di agitazione. Voleva davvero stare un po' con Duff e sperava che lui, avendo letto il suo biglietto, avrebbe aspettato il più possibile prima di andare in sala prove.
Il telefono scattò automaticamente sulla segreteria telefonica e Lene a quel punto buttò giù, una piccola fitta alla bocca dello stomaco.
Non l'aveva aspettata. Erano solo le 13.40 e lui non l'aveva aspettata, nonostante lei gli avesse scritto che ce l'avrebbe messa tutta per tornare da lui!
Evidentemente lui non aveva la stessa urgenza di passare un po' di tempo insieme e lei era l'unica dei due a sentire la mancanza dell'altro.
Che idiota che era! Cosa le passava per la testa? Cosa si era aspettata esattamente? Non ci voleva molto a immaginare che Duff King of beers McKagan trovasse più attraente l'idea di scolarsi delle bottiglie con gli amici a un pranzetto a casa con la propria ragazza!
La voce di Jason la distolse dai suoi pensieri.
"Allora, cinese o giapponese?"
Lene lo guardò leggermente disorientata, troppo presa dalla rabbia che iniziava a montarle dentro.
Jason inclinò leggermente la testa di lato, cercando di decifrare cosa le passasse per la testa in quel momento. Sembrava piuttosto incazzata a dirla tutta.
"Ok, scelgo io. Giapponese. Vado a ordinare di là, così ti sfoghi in santa pace, ok?"
E senza aspettare una sua risposta, il ragazzo uscì dal salotto e si diresse in cucina, lasciando Lene alla sua rabbia e alla sua delusione.

Duff uscì dalla doccia e frizionandosi i capelli con un asciugamano, uscì dal bagno guardandosi in giro.
"Lene??"
Aveva sentito un rumore mentre era sotto l'acqua e si era illuso per un momento che fosse la ragazza.
Si mise addosso dei vestiti puliti e scese in cucina, deciso a prepararle un pranzetto coi fiocchi. Altro che quel pittore da strapazzo, le avrebbe ricordato perché era meglio che stesse con lui che con quel damerino!
Si mise a cucinare canticchiando le canzoni che passavano alla radio.
Gli piaceva cucinare, gli era sempre piaciuto, e lavorando aveva acquisito anche una certa esperienza in merito, diventando abbastanza bravo in effetti.
Alzò gli occhi verso l'orologio sulla parete. Erano già le 14, ossia tardi, maledettamente tardi! Dove cavolo era finita Lene?
Ok che doveva probabilmente attraversare mezza città per tornare a casa, ma se tardava ancora un po' non avrebbe potuto più aspettarla o Axl gli avrebbe fatto vedere i sorci verdi.
Apparecchiò la tavola per bene e si sedette sul divano a fare un po' di zapping nell'attesa.
Dopo un paio di telefilm, Duff controllò nuovamente l'ora, anche spinto dal languorino che sentiva sempre di più.
Le 14.30! Cosa diavolo stava facendo Lene?? Possibile che fosse così in ritardo?
Cercò di calmarsi e di lasciarsi distrarre dalla televisione, ma una vocina nella testa iniziò a sussurrargli che Lene non sarebbe venuta.
Cambiò ancora qualche canale, ascoltò un po' di musica su MTV, ma senza successo. Quella maledetta vocina ormai era ben più di un sussurro e lo stava facendo uscire di testa.
Spense di botto e si alzò nervoso, ormai convinto che la ragazza non si sarebbe fatta vedere.
Con lo sguardo individuò il biglietto appallottolato per terra e lo aprì di nuovo.
Ce la metterò tutta per tornare per pranzo. Come no! Sicuramente in quel momento era a mangiare con quello stronzo, altro che mettercela tutta! E lui come un cretino era rimasto lì ad aspettarla e le aveva pure preparato da mangiare!
Si diresse in cucina e afferrò il bicchiere che aveva lasciato lì prima della doccia. Buttò giù l'intero contenuto che vi era rimasto e si versò dell'altra vodka.
Quanto era stato stupido ad aspettarla? E stava pure morendo di fame!
Si diresse come una furia in salotto e si mise a mangiare quello che c'era con una foga data dal nervoso.
Era tutto ormai freddo, maledizione! Tutto freddo e fottutamente schifoso!!
Mollò la roba nel piatto, con rabbia, e afferrate le chiavi di casa, uscì sbattendo la porta.
Erano ormai le 14.45 e doveva ancora mangiare qualcosa di decente e arrivare alla sala prove, anche se non era sicuro di essere dell'umore giusto per suonare.





 




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Capitolo 19
*** 18° capitolo. ***


29.4.86 2a p Eccomi qua con un altro capitoletto di passaggio, che spero vi renda il quadro sempre più chiaro.
Come sempre, se avete voglia lasciatemi due righe per dire cosa ne pensate!
Spero che vi piaccia!
CIAO

29 aprile '86 LA

Il rumore di una brusca frenata fece girare qualche passante, che poi distolse rapidamente lo sguardo per tornare a concentrarsi sul proprio cammino.
Lene scese dalla macchina e chiuse delicatamente la portiera.
"Sicura che non vuoi che ti aspetti?"
"Davvero, ti ringrazio. Sei già stato fin troppo gentile sopportandomi finora e dandomi perfino uno strappo fin qui."
Jason le sorrise dando una luce particolare a quegli occhi azzurri che avevano fatto sciogliere moltissime donne in quel di LA e non solo.
Lene quasi li odiava per quanto la mettevano a disagio ogni volta che lui la guardava. Le sembrava che quegli occhi fossero in grado di leggerle dentro, entrare in profondità nel suo animo e scoprire gli aspetti più intimi che lei cercava con tutte le sue forze di proteggere e nascondere al mondo.
"Lo sai che per me è stato un piacere stare con te e ascoltarti."
Lene cercò di sostenere lo sguardo di Jason, ma dopo qualche secondo spostò lo sguardo sulle proprie mani che ancora teneva sulla portiera della macchina.
"Ti ringrazio... sei davvero un amico."
La voce della ragazza sottolineò l'ultima parola di proposito, gli occhi nuovamente fissi su quelli di Jason.
Il ragazzo sorrise e abbassò momentaneamente lo sguardo, per poi portarlo di nuovo su di lei. Quella ragazza era un osso duro e in fondo era anche per questo che gli piaceva così tanto.
La voce di Lene lo distrasse dai suoi pensieri.
"Ci vediamo presto Jason."
Negli occhi del ragazzo si accese una luce particolare che Lene non riuscì a decifrare.
"Ci puoi giurare Lene."
E calandosi gli occhiali da sole sul naso e lanciandole un ultimo sorriso seduttore dei suoi, Jason ingranò la prima e sfrecciò via a bordo della sua decappottabile nera, lasciando Lene per qualche istante scombussolata e confusa.

Duff posò l'ennesima bottiglietta di birra sul tavolino accanto a lui e poi cercò di raccogliere tutte le sue forze per provare ad alzarsi.
Quel vociare confuso iniziava davvero a dargli fastidio. Possibile che non potessero abbassare un po' tutti la voce? Aveva mal di testa, lui, cazzo!
Gli sembrava che il cervello stesse per esplodergli!
Aveva iniziato a ingoiare birra nel momento in cui si era seduto in quel diner per addentare qualcosa, arrivando in sala prove già piuttosto alticcio.
Si erano accorti subito tutti che qualcosa non andava, ma avevano sperato che, come al solito, l'organismo di Duff avrebbe smaltito l'alcool in eccesso alla svelta e tutto sarebbe andato a posto.
E in realtà quello era successo, Duff era riuscito dopo poco a tornare abbastanza sobrio da suonare e avevano iniziato a provare le ultime canzoni che avevano scritto in quei giorni.
Quello che non avevano previsto era che il bassista non riuscisse a smaltire altrettanto rapidamente la rabbia e la delusione per quel pranzetto di coppia saltato e non riuscisse quindi a concentrarsi a dovere per partecipare come suo solito al processo creativo e non solo.
Duff non aveva spiccicato una parola per tutto il tempo, il suo umore invece che migliorare era peggiorato di minuto in minuto e alla fine aveva iniziato anche a sbagliare le cose più elementari, motivo per cui gli altri quattro avevano deciso che per quel giorno era meglio darci un taglio e andare a fare baldoria da qualche parte.
La presenza di West in sala prove si era rivelata a quel punto provvidenziale, perché il ragazzo li aveva invitati tutti a casa sua improvvisando una festa in pochi minuti.
Duff si diede qualche minuto per capire se le gambe fossero sufficientemente solide da tenerlo in piedi, mentre la gente intorno a lui gli sembrava che si muovesse a rallentatore.
Cercò con la testa la porta del bagno e la individuò non molto lontano da lui, per fortuna. Poteva farcela.
Iniziò a incamminarsi, ma dopo pochi passi una ragazza gli lanciò le braccia al collo con entusiasmo, rischiando di farlo cadere a terra come un sacco di patate.
Sentiva la voce della ragazza arrivargli alle orecchie ovattata e distingueva solo pochi stralci di parole.
Ad un certo puntò sentì che il corpo della ragazza si allungava verso l'alto e subito dopo un paio di labbra entrarono in contatto con le sue.
Erano morbide e soffici e avevano un leggero gusto di fragola che Duff trovò estremamente piacevole.
Ma c'era qualcosa che non andava... una strana sensazione alla bocca dello stomaco...
"Vomitare... devo vomitare!"
Duff riuscì giusto a bofonchiare quelle parole e poi spostò con poca grazia il corpo che lo intralciava e si diresse il più velocemente possibile in bagno, sperando in cuor suo di raggiungerlo in tempo per evitare un disastro in mezzo a tutta quella gente.

Lene si rese conto di essere nel posto giusto non appena si avvicinò al palazzo dove abitava West.
Il suono di musica rock a tutto volume si poteva percepire nettamente anche dalla strada, per la gioia dei vicini, così come il vociare delle persone che si trovavano in quell'appartamento.
Il tizio della sala prove ci aveva visto giusto, meno male, altrimenti chissà come avrebbe fatto a trovarli.
Mentre la ragazza si avvicinava al portone per suonare il citofono, una signora sulla sessantina uscì brontolando contro la gioventù di quel periodo e questo, oltre a far ridere Lene di cuore, le permise di entrare senza bisogno di aspettare che qualcuno si accorgesse di un campanello che suonava.
Arrivata alla porta dell'appartamento, si attaccò al campanello, sperando che qualcuno fosse abbastanza sobrio da sentirlo.
Doveva essere il suo momento fortunato, perché dopo poco le aprì addirittura il padrone di casa, lo sguardo già poco limpido e un forte odore di whisky dalla bocca.
"Oh, ciao!! Che ci fai qui?"
"Cerco Duff. Posso entrare?"
L'uomo si aprì in un mega sorriso e si scostò facendole cenno di entrare.
"Certo che puoi, sei la benvenuta babe!"
Lene gli restituì un sorriso un po' tirato. West era gentile, lo era sempre stato, ma lei era troppo tesa in quel momento per riuscire ad essere socievole.
C'erano tantissime persone in quell'appartamento e, in perfetto stile Guns, la maggior parte erano ragazze.
Lene scorse velocemente tutti quelli che vedeva alla ricerca di Duff, ma senza successo e la cosa le lasciò una certa inquietudine addosso.
Possibile che se ne fosse già andato? C'erano tutti... tutti tranne lui.
Sulla sinistra poteva intravedere i neri ricci di Slash spuntare da sotto a una ragazza bionda che le dava la schiena.
Poco più in là, seduto sul bracciolo di una poltrona, Izzy si dava da fare a sciogliere una qualche sostanza insieme ad un paio di ragazzi che lo guardavano come se tenesse in mano le loro vite.
Poteva anche sentire distintamente la calda e bassa voce di Axl che raccontava ad un gruppetto di persone, tra cui ovviamente la maggior parte era di sesso femminile, l'ultimo scontro che aveva avuto con la polizia dopo una rissa al Troubadour, gli occhi vigili di Erin a controllare che nessuna di quelle oche superasse il limite consentito.
Infine a destra, seduto per terra con altri tre tipi, la testa reclinata in avanti, Steve era nel bel mezzo di uno dei suoi viaggi speciali, viaggi che si faceva sempre più di frequente da quando poteva permetterselo.
Lene si addentrò nell'appartamento, cercando di capire se Duff fosse ancora lì o no. Il dubbio che potesse essere chiuso in bagno o in camera con un'altra iniziò a impossessarsi di lei e man mano che si avvicinava a quelle stanze sentiva crescere dentro di sé un senso di paura misto a rabbia che non le permetteva quasi più di pensare con lucidità.
Arrivò a un passo dalla prima porta e a quel punto si bloccò. Era sicura di voler sapere davvero? Di beccarlo in flagrante? Cos'avrebbe fatto poi?
Un senso di nausea la pervase, scombussolata da quei pensieri. Girò come per andarsene, ma si fermò subito.
Come poteva, però, andarsene con quel dubbio atroce? Uscire da quell'appartamento pensando che lui... No, doveva entrare, doveva vedere.
Si girò di nuovo e guardò la maniglia della porta come se sperasse che prendesse vita e le dicesse cosa fare.
Improvvisamente percepì il clic della serratura e vide la porta aprirsi. Tutti i suoni intorno a lei sparirono, e come al rallentatore, Lene vide Duff uscire dal bagno, solo.
Ci fu una frazione di secondo di sbigottimento da parte di entrambi. Duff che non si aspettava di trovarsela lì davanti, Lene che ormai era praticamente certa che lui fosse lì dentro con un'altra.
Fu solo un attimo però. Tutti i sensi di entrambi si riattivarono subito e con loro tutti i loro meccanismi di difesa e, ahimè, di attacco.
"Che cazzo ci fai qui??"
La domanda di Duff non era in realtà stata pensata con quel tono, ma trovandosela davanti all'improvviso, senza preavviso, con tutto quello che aveva accumulato quel pomeriggio, non era riuscito a controllarsi.
Lene passò in pochi secondi dalla paura di dover affrontare un tradimento, alla rabbia di sentirsi aggredire così dopo come si era comportato quella mattina.
"Scusami tanto se sono venuta a cercarti!! Essendo la tua ragazza, ho lo strano desiderio di stare un po' con te, a differenza tua!! Ma non preoccuparti, me ne vado subito!"
E dette quelle parole, Lene girò sui suoi tacchi e si avviò di gran carriera verso la porta dell'appartamento, uscendo come una furia.
Duff le andò dietro con altrettanta foga, raggiungendola sul pianerottolo e tirandola a sé per un polso.
"Dove cazzo scappi? Adesso ti fermi e mi spieghi questa frase del cazzo!"
Lene lo spinse via con entrambe le mani, con rabbia e con una discreta forza nonostante fosse minuta.
"Io non ti devo spiegare niente, hai capito?! Niente! Se non capisci certe cose, forse è davvero il caso che la chiudiamo qui sta pagliacciata!!"
"Ah!! Ecco dove volevi andare a parare!! Sei stata tutto il giorno con quello stronzo a fare chissà cosa e adesso, guarda caso, vuoi chiudere con me! Ma guarda che strano!!"
Lene spalancò gli occhi dallo stupore. Come osava accusarla di essere stata con Jason quando lui non s'era nemmeno degnato di aspettarla per pranzo e se l' era spassata finora con chissà chi!!
"Lascia Jason fuori da questa cosa! Se volevi che non stessi con lui tutto il giorno, bastava che mi aspettassi per pranzo, brutto idiota che non sei altro! Ma perché mangiare con la propria ragazza quando si può farlo con gli amici, facendosi di tutto di più e magari anche qualche ragazza disponibile? Certo non Duff McKagan dei fottuti Guns n' Roses!!"
"Bastava che ti aspettassi?! Bastava che ti aspettassi?? Bella mia, per tua informazione io sono rimasto a casa fino alle 14.30 e come un coglione ti ho pure preparato il pranzo che poi ho buttato perché tu, che ci tieni così tanto a vedermi, non sei nemmeno rientrata a casa!"
"Oh, per favore!! Almeno non insultare la mia intelligenza, fammi questo piacere! Non è vero che eri a casa, ho chiamato e non c'era nessuno!"
"Tu non insultare la mia intelligenza! Ero a casa e non ha squillato nessun telefono! Perché non ammetti che te la stavi spassando con quello stronzo e non ti ha nemmeno sfiorato l'idea di tornare a casa?"
"Mi stai dando della bugiarda?! Non ti azzardare a darmi della bugiarda!!"
Poco più in là, sullo stipite della porta, due occhi divertiti seguivano tutta la scena dietro a una nuvola di fumo.
Quei due erano davvero uno spasso, non c'era che dire.
Izzy sentì una mano posarsi sulla spalla e sussultò a quell'improvviso contatto.
"Slash... mi hai fatto prendere un colpo!"
"Scusa, non volevo farmi sentire da loro... chi vince là fuori?"
Un sorrisetto si dipinse sul volto di Izzy.
"Ah, è una bella lotta... non so chi sia più testone, è uno spasso vederli litigare."
Slash sporse la testa fuori dalla porta ber dare un'occhiata a quei due che continuavano a gridarsi in faccia di tutto. Strana cosa l'amore... meno male che per ora lui ne era totalmente immune.
"Ma che è successo sta volta?"
Izzy scrollò leggermente le spalle.
"Ma che ne so... A quanto ho capito dovevano vedersi per pranzo, ma lei non si è fatta viva e lui le aveva preparato da mangiare. C'entra anche un certo stronzo che però non so chi sia, né che ruolo abbia in tutto questo."
"Ah... ecco perché era così fuori quando è arrivato! Scommetto che Lene era con quel pittore del cazzo, alias lo stronzo."
Slash rimase pensieroso per qualche istante e si accese una sigaretta, che lo aiutava sempre a schiarirsi le idee. Pochi istanti e diede voce ai suoi pensieri.
"Ma scusa... se è lei che non si è fatta vedere ed era pure con quello lì... perché mi sembra lei quella più incazzata?"
A Izzy scappò una risata, che cercò di spegnere subito per non farsi beccare dai due litiganti.
"Cazzo ridi, scusa? Per come l'ho capita io, lei in questo momento dovrebbe essere lì a implorare perdono, non a urlargli in faccia in quel modo."
Izzy diede un tiro e lasciò che una nuvoletta si perdesse nell'aria.
"Lene dice che ha chiamato a casa e lui non c'era, lui dice che c'era e nessuno ha chiamato. In pratica, non se ne esce vivi."
Slash fece un altro tiro e scosse il capo.
"Quei due sono proprio una causa persa. Sprecano un sacco di energie a litigare e dimostrare chi ha torto e chi ha ragione, invece di usarle per scopare come ricci! Torno da Jenny, va'... è decisamente più interessante di sti due!"
Un sorrisetto malizioso gli apparve sul volto al solo pensiero di quello che aveva intenzione di fare con quello schianto tra poco.
"Quando scopri chi l'ha spuntata sull'altro fammi un fischio!"
Izzy gli fece un cenno del capo e lo seguì con lo sguardo mentre afferrava quella bionda sexy e la trascinava in camera da letto.
Che poi... perché lui, invece, stava lì a perdere tempo con quei due??
Diede un ultimo tiro alla sigaretta, la spense per terra e lanciato un ultimo sguardo a Duff che afferrava Lene e la baciava con rabbia, sbattendola contro il muro del corridoio, tornò dentro in cerca di compagnia per quella notte.

"Dimmi che non è per lui che mi hai dato buca..."
La voce gli uscì poco più di un soffio, i polmoni ancora in debito di ossigeno dopo quel bacio dato con rabbia, ma anche con una maledetta paura di perderla.
Lene si perse nello sguardo di Duff e in quello che i suoi occhi le stavano comunicando in quel momento.
Anche lei aveva paura di perderlo, paura che quello che li legava non bastasse a tenerli insieme ora che c'erano così tanti impegni a dividerli, così tanti interessi in gioco e così tante persone coinvolte.
"Certo che non è per lui... come faccio a farti entrare nella testa che per me lui non è niente? Io ti amo Duff... possibile che tu non l'abbia ancora capito? Che non te ne accorga?"
Duff vide negli occhi di Lene che era sincera e fece per baciarla di nuovo, ma a un millimetro dalla sua bocca si bloccò, gli occhi fissi su quelle labbra che desiderava assaggiare più di ogni altra cosa in quel momento.
"Allora perché non sei venuta? Io ti ho aspettata a lungo..."
Lo sguardo di Duff si spostò immediatamente sugli occhi della sua ragazza, ansioso di sentire cosa fosse successo, mettersi l'anima in pace e poter finalmente assaporare la sua bocca di nuovo.
"Abbiamo fatto tardi con quella stupida giornalista e allora ho provato a chiamare, per vedere se eri ancora lì... Ho lasciato squillare il telefono finché non è scattata la segreteria e poi ho buttato giù, convinta che te ne fossi andato."
"Ma io c'ero... ho fatto una doccia per riprendermi, ho preparato il pranzo e poi ti ho aspettata finché ho potuto."
Il viso di Lene si illuminò improvvisamente grazie a un sorriso pieno di gioia e di sollievo che fece fare una capriola al cuore di Duff da quanto era bello, ma lo lasciò anche disorientato. Perché rideva?
Lene gli rispose, senza che lui le facesse alcuna domanda.
"Hai fatto la doccia... tu hai fatto la doccia..."
Duff ci mise qualche istante a capire dove la ragazza volesse andare a parare, ma poi finalmente colse il vero significato di quelle parole.
"Ho fatto la doccia! Cazzo, ho fatto la doccia!!"
Duff sollevò d'impeto Lene afferrandola per i fianchi e fece un giro su se stesso, tenendola in alto e ridendo di cuore.
Poi la fece scivolare lentamente giù, godendo del contatto del suo corpo che si appoggiava morbidamente al suo, finché Lene non mise nuovamente i piedi per terra.
Non si diedero il tempo di dire altro. Duff afferrò il viso di Lene con entrambe le mani e la baciò con tutto l'amore e la passione che sentiva dentro di sé per quella donna che continuava a destabilizzarlo come nessuna era mai riuscita a fare.
Si baciarono a lungo, ancora e ancora, finché il desiderio di approfondire quel contatto e fare la pace come si deve non li spinse a uscire da quel palazzo di corsa, saltare su un taxi che solo fino a poche settimane prima non avrebbero assolutamente potuto permettersi, e raggiungere casa loro, riempendola di quei sospiri e quei gemiti che ormai erano ben noti a quelle mura.










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Capitolo 20
*** 19° capitolo. ***


10.06.86 Scusateeeeeeeee! Lo so, è passato un secolo, ma ho avuto un sacco di casini e non sono più riuscita a trovare il tempo di scrivere, sorry!
Spero mi perdonerete... so bene che è odioso quando una storia che ci piace non viene pubblicata per tanto, capisco benissimo!
Vi lascio con un capitoletto in casa McKagan, dove non succede nuovamente un accidenti di niente! XD
Ma il drama ahimé arriverà presto, quindi godiamoci questo periodo di tranquillità anche se proprio tutto lisco non è.
Buona lettura!


10 Giugno '86 Seattle

Lene socchiuse piano la porta per non farsi scoprire dagli altri e si lasciò avvolgere dal silenzio che regnava lì fuori, in netto contrasto con il cicaleccio che si sentiva provenire da dentro.
Lasciò che i polmoni si riempissero di quell'aria straordinariamente fresca per essere giugno e si appoggiò con il fianco alla balaustra, osservando il pigro passaggio di qualche macchina, così diverso dalla frenesia di Los Angeles cui ormai era abituata.
Era così serena in quel momento che quasi non le sembrava possibile che solo poche ore prima avrebbe fatto qualunque cosa pur di non essere lì in quel patio.
Duff se n'era uscito con quella storia di andare a Seattle per il compleanno di una delle sue sorelle solo il giorno prima, e non perché l'avesse saputo all'ultimo. Semplicemente la conosceva bene e non aveva voluto darle il tempo di cambiare idea e trovare una scusa plausibile per rifiutarsi di fare quel viaggio.
Lene sorrise scuotendo leggermente la testa a quel pensiero. Dio se la conosceva come le sue tasche oramai!
Aveva fatto bene, effettivamente, perché se ne avesse avuto l'occasione, avrebbe fatto carte false pur di riuscire a rimanere a Los Angeles.
Non che avesse nulla contro la famiglia di Duff, per carità, neanche li conosceva! Ma questa specie di presentazione ufficiale che ci sarebbe stata in occasione della festa di compleanno, ecco, quella l'aveva letteralmente terrorizzata e non era un eufemismo quello.
La parte più selvatica di lei, quella che tanto aveva faticato a far entrare Duff prima nella sua vita e poi in casa sua, quella che ancora si scocciava se trovava il tubetto del dentifricio tutto strizzato o la tavoletta del gabinetto sistematicamente alzata, quella parte di lei le aveva letteralmente urlato nella testa di non andare, scappare il più lontano possibile e magari non farsi mai più trovare da lui.
Insomma, Duff l'avrebbe portata a casa sua, a conoscere sua madre e i suoi settecento fratelli e rispettivi coniugi, e lei sarebbe stata a quel punto ufficialmente la sua ragazza, la sua compagna o peggio ancora la sua fidanzata!
La sola parola le faceva ancora accapponare la pelle, non poteva farci niente, ma alla fine doveva ammettere che forse, ma proprio forse, aveva avuto una reazione un tantinello esagerata all'idea di quei due giorni a Seattle, soprattutto considerando quello che sapeva ora, ossia che i McKagan erano davvero delle persone adorabili, estremamente accoglienti e molto rispettose della sua privacy e dei suoi spazi.
Una forte risata collettiva catturò improvvisamente la sua attenzione e Lene rivolse lo sguardo verso la finestra, spostandosi per cercare di intravedere la causa di quel buonumore.
Le saltò subito agli occhi il viso sorridente e rilassato di Duff che si accendeva una sigaretta mentre ascoltava il racconto di uno dei suoi fratelli.
Allo stesso modo, però, non le sfuggì il lieve tremore delle mani del ragazzo, illuminato dalla fiamma dell'accendino. Erano le sette passate di sera e a quell'ora Duff normalmente aveva già ingollato un enorme quantitativo di birra, a differenza di quel giorno.
A casa di sua madre, ovviamente, con tutta la sua famiglia presente, aveva dovuto contenersi e darsi una regolata e gli effetti, a quanto pareva, iniziavano a farsi vedere purtroppo.
Scrollò il capo per scacciare i brutti pensieri che minacciavano di affollarle la mente.
Non voleva pensare a quelle cose, non in quel momento in cui straordinariamente sembrava andasse tutto una meraviglia.
Duff era sereno come non l'aveva forse mai visto, lei era serena alla faccia di tutte le paure che avevano rischiato di non farla partire e per ventiquattro ore non c'erano discografici o curatori di mostre intorno, non c'erano spacciatori o amici ubriachi, ma solo lei e Duff... e tutta la truppa McKagan ovviamente.
Sorrise nel vedere quanto fossero affiatate tutte quelle persone nonostante fossero davvero tante.
Regina incontrastata era ovviamente Alice, la mamma di Duff, che con delicatezza e silenziosamente tesseva le fila che tenevano uniti tra loro quei ragazzi così diversi tra loro, ma così uniti dall'amore che provavano gli uni per le altre.
Lene sentì per un attimo una fitta di nostalgia per la sua di famiglia, così lontana in quel momento, eppure sempre così presente nei suoi pensieri e nella sua vita di tutti i giorni.
Il rumore della porta che si apriva la riportò bruscamente alla realtà.
Il sorriso luminoso di Duff fece fare al suo cuore una piccola capriola nel petto.
"Ehi... cosa ci fai qui tutta sola? E' tutto a posto?"
Lene gli sorrise di rimando per rassicurarlo e lasciò che il ragazzo le passasse le mani intorno alla vita per stringerla a sé.
"Certo, tutto benissimo. Tu?"
"Alla grande! Se solo avessi una bottiglia di birra in mano sarebbe la serata perfetta."
Lene lo guardò leggermente preoccupata.
"Ti tremano le mani?"
Duff lasciò la presa sulla schiena di Lene e si guardò le mani.
"Un pochino. Ma non è niente, non preoccuparti. E' tutto sotto controllo."
Lene non gli rispose, incapace di mentire, ma allo stesso tempo non intenzionata a rovinare quel momento così bello per Duff.
Il ragazzo si sentì sollevato per quel silenzio, avendo temuto una delle solite reazioni di Lene ogni qualvolta affrontavano il discorso delle sue dipendenze.
Lo sapeva che beveva tanto, più di chiunque conoscesse a dir la verità, ma non aveva un problema come lo definiva lei. Per lo meno non così serio come sembrava quando era lei a parlarne.
Beveva ogni giorno, d'accordo. E beveva tanto, ma avrebbe affrontato il cosiddetto problema prima o poi... non sapeva quando, non sapeva come, ma non sarebbe stato difficile, di questo era sicuro.
"Ehi piccioncini, cosa fate là fuori? Venite dentro che la cena è pronta! Ne avrete di tempo per sbaciucchiarvi, tranquilli."
Duff fece elegantemente il dito medio al fratello che spuntava con la testa dalla finestra e presa Lene per mano, ancora sorridendo, rientrò in casa, pronto a gustare i manicaretti di sua madre.
 
"Michael Andrew McKagan, non ci posso credere che vieni qui per un solo misero giorno e non resti a casa con la tua famiglia per tutto il tempo!"
Lene spostava lo sguardo da Duff a sua mamma in continuazione, affascinata da come improvvisamente i due sembrassero tornati indietro nel tempo e fossero nuovamente un ragazzino a malapena adolescente e una mamma furente, nel pieno degli anni.
"Ma mamma... sono stato qui tutto il pomeriggio, no? E pure a cena! Non ti puoi lamentare!"
"Non mi posso lamentare? Non mi posso lamentare?! Caro mio, io sono tua madre, ne ho da lamentarmi con te da qui ai prossimi vent'anni almeno! Comunque vai, se preferisci stare con i tuoi amici invece che con la tua famiglia io non so che farci."
"Mamma, dai... non è così, lo sai..."
Una risatina malamente soffocata colpì l'orecchio di Lene, la quale si girò incuriosita, beccando i fratelli di Duff che a fatica trattenevano le risa onde evitare di farsi cogliere in flagrante da mamma Alice.
La scena, effettivamente, era più che comica, considerando l'età dei due protagonisti e l'aspetto da rocker bello e maledetto di Duff, che però davanti a sua madre improvvisamente tornava bambino.
"Cerca di capire, voglio presentare Lene ai ragazzi... e anche lei vuole conoscerli..."
Lene si sentì improvvisamente chiamata in causa e sentì una vampata di calore renderle le guance di fuoco. Cosa c'entrava lei in tutto quello?!
Alice non fece che peggiorare le cose lanciandole un'occhiata indagatrice che la fece sentire a disagio quasi come se fosse nuda davanti a tutti in quel momento.
E no, eh? Duff non poteva essere così scorretto!
Fece un paio di passi verso di loro, timidamente.
"Io veramente sarei un po' stanca..."
Duff le lanciò un'occhiata assassina, ma Lene sostenne il suo sguardo con fierezza. Non sarebbe stata il suo capro espiatorio, nossignore!
E poi l'idea di dover essere nuovamente presentata a qualcuno non le piaceva per niente, a dirla tutta. Ok che con la famiglia era filato tutto liscio, ma una volta al giorno era più che sufficiente per i suoi gusti!
"Sentito? E' stanca. E' così che rispetti la tua ragazza e le sue esigenze? Che poi non so perché mi stupisco, visto quanto poco rispetti tua madre."
Duff alzò gli occhi al cielo, stufo di tutta quella storia. Possibile che sua madre non capisse? Quando gli sarebbe capitato di nuovo di poter presentare Lene ai suoi migliori amici? Trascinarla lì non era mica stato facile, cosa si credeva??
"Senti, facciamo così... li faccio venire qui, ok?"
Il tono esasperato di Duff non sfuggì a nessuno, ben che meno a sua madre, la quale ovviamente reagì di conseguenza.
"Assolutamente no! Vai, levati di qui, rinchiuditi in uno dei tuoi amati pub con i tuoi amici e basta."
Alice a quel punto si rintanò in cucina e fu chiaro a tutti che la conversazione era davvero chiusa.
Duff si lasciò scappare un sospiro frustrato e guardò i suoi fratelli in cerca di sostegno.
Fu uno dei più grandi a darglielo, posandogli una mano sulla spalla con fare paterno.
"Lo sai com'è mamma Mike, le passerà. Prendi le chiavi della mia macchina e andate a divertirvi, tranquillo."
Gli altri gli sorrisero, chi più convinto chi meno e Duff a quel punto si sentì più sollevato. Tanto restare sarebbe stato inutile ormai, visto che mamma era inequivocabilmente incazzata con lui.
Fece un cenno di assenso con la testa e un debole sorriso gli spuntò sul volto mentre stringeva le chiavi che il fratello gli aveva appena passato.
"Magari ci vediamo domani, ok? Prima di ripartire per LA."
Fu un altro fratello a parlare.
"Ma certo, sta tranquillo. Ora vai però, se no mamma fa in tempo a cambiare idea e ti chiude in casa!"
Scoppiarono tutti a ridere, più per sdrammatizzare che per vero divertimento e Duff afferrò la mano di Lene, tirandola leggermente verso la porta.
"Allora ci vediamo domani! Notte."
"Notte!"
Lene fece un cenno della mano per salutare a suo modo anche lei tutti quanti e poi si sentì trascinare fuori da Duff.
Fecero pochi passi in silenzio, finché Lene non si decise a parlare.
"Tutto ok? Sei sicuro di voler andare?"
Duff non disse nulla, annuì soltanto, ma poi sembrò ripensarci.
"A meno che tu non sia stanca davvero, ovvio."
Lene tentennò qualche secondo, indecisa su cosa rispondere.
Non aveva voglia di andare, questo era più che sicuro... e la mamma di Duff non era affatto contenta di quell'uscita, fatto altrettanto certo.
Però Duff sembrava davvero tenerci a farle conoscere i suoi amici d'infanzia, gliel'aveva letto negli occhi quando quella mattina le aveva prospettato già l'idea di quel post cena nei pub che frequentava fino a non molto tempo prima.
Cosa doveva fare? Cos'era meglio per lui?
Alzò lo sguardo verso di lui e lo trovò che la guardava speranzoso, un'espressione da cucciolo di Sanbernardo dipinta sul volto.
Gli sorrise. Che altro poteva fare?
"No, sto bene... davvero. E poi non vedo l'ora di conoscere gli altri."
Il sorriso a trentadue denti che illuminò il viso di Duff le confermò quanto fosse importante per lui quella serata e le ricordò quanto fosse perdutamente innamorata di lui. Solo quel sorriso le aveva fatto andare il cuore in gola!
Duff aprì la portiera della macchina e la fece cavallerescamente entrare.
Poi, fischiettando allegro, girò intorno all'auto e si sedette anche lui, l'umore improvvisamente risollevato e una gran sete che non vedeva l'ora di soddisfare come si doveva.
Birra, gelata e schiumosa! Ecco cosa gli ci voleva!
Mise in moto, ingranò la prima e dando un bel po' di gas, si lanciò nelle strade che l'avevano visto crescere, ansioso di incontrare tutti i suoi amici.




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Capitolo 21
*** 20° capitolo. ***


13.08.86 Ciao!! Lo so, ci ho messo più del previsto anche sta volta... ma non tanto come l'altra, dai!! ;)
Ecco qui un altro capitolo, forse di passaggio, ma comunque emblematico riguardo al rapporto tra Lene e Duff.
Il prossimo avrà un salto temporale un po' più lungo e le cose tra loro saranno cambiate ancora. Ah, l'amore...
Spero vi piaccia questo intanto!
Buona lettura!!

14 agosto '86 LA

Un enorme silenzio ricopriva tutto il quartiere quella sera. Era decisamente insolito per quella zona di Los Angeles, forse complice il caldo torrido che stava imperversando in quei giorni di agosto e che portava le persone a starsene ben chiuse in casa in compagnia dell'aria condizionata.
Lene si svegliò tormentata da un brutto incubo, l'ennesimo di quel periodo. Ormai non riusciva a dormire come si deve da davvero molto tempo e la cosa iniziava a darle sul sistema nervoso e sull'umore.
Istintivamente portò una mano verso l'altra metà del letto, pur sapendo in cuor suo che non vi avrebbe trovato nessuno neanche quella notte.
Duff ultimamente dormiva sempre meno a casa sua e non solo, come era solito giustificarsi lui, perché preso contemporaneamente dalla registrazione dell'EP e dalla preparazione dell'album vero e proprio. Quella era la scusa che lui stesso si raccontava.
La verità, ben più amara per Lene, era che durante tutto questo processo creativo tutti loro si riempivano talmente tanto di alcool e droga che spesso e volentieri Duff non era fisicamente in grado di tornare a casa sulle sue gambe e finiva per addormentarsi in studio o a casa di chiunque avesse deciso di dare una festa per loro e con loro da qualche parte.
Lene era sicura che a quelle feste ci fossero anche una quantità impressionante di fan di sesso femminile, più che disponibili a concedersi a uno di loro se non a tutti e cinque nella stessa sera e quello, ultimamente era diventato un tasto dolente.
Non era mai stata  gelosa in vita sua. Era molto indipendente e soffriva lei stessa costrizioni e limitazioni di qualunque genere sulla sua libertà personale, di conseguenza non aveva mai preteso che i suoi ragazzi rinunciassero a chissà cosa per stare con lei o non vedessero qualche amica o qualche amico solo perché lei non poteva controllare cos'avrebbero combinato insieme.
Anche con Duff all'inizio le cose erano andate nello stesso modo. Neanche stavano insieme in fondo, quindi con che diritto pretendere che lui non vedesse altre ragazze quando lei stessa ne vedeva altri?
Poi le cose erano cambiate. C'era stato l'anello, l'ufficializzazione di quella relazione e senza che neanche se ne accorgesse, lei e Duff erano diventati a tutti gli effetti una coppia che conviveva.
Lene si fidava di lui, sapeva benissimo quanto l'amasse e che avesse occhi solo per lei, quindi anche dopo quel passo così importante che era stato andare a vivere insieme, lei non aveva mai temuto, neanche una volta, che Duff  potesse fare qualcosa di scorretto nei suoi confronti.
Ma poi era arrivato il successo e con il successo i soldi e con essi un quantitativo di sballo di ogni genere e tipo e un'orda di fan assatanate che non avrebbe mai potuto immaginare.
Duff aveva iniziato a essere sempre meno presente, fisicamente almeno, e sempre più vago sui dettagli delle serate passate con gli amici senza di lei.
Questa assenza di dettagli aveva iniziato a farla diventare più sospettosa e per la prima volta da quando poteva ricordare anche lei aveva sentito quello strano sentimento della gelosia insinuarsi in lei, lentamente, ma inesorabilmente.
Adesso non passava sera che non si chiedesse con chi fosse lui in quel momento e cosa stesse facendo, complici le droghe e la birra.
Non che improvvisamente Lene dubitasse dei sentimenti di Duff nei suoi confronti, assolutamente. Prova ne era stata la toccata e fuga a Seattle per il compleanno di suo fratello, dove era stata ufficialmente presentata come la sua compagna.
Il problema non era quello che lui provasse per lei o meno, ma lo stato confusionale e quasi incosciente in cui si riduceva il ragazzo ormai ogni sera e che inevitabilmente lo portava ad abbassare le sue difese e il suo autocontrollo.
Lene sospirò, rigirandosi nel letto per cercare di riprendere sonno.
Non doveva lasciarsi andare a quei pensieri o anche quella notte non avrebbe chiuso occhio e questo avrebbe influito sul suo lavoro e anche sulla sua relazione con Duff.
Non riposare come si deve la portava infatti ad essere più nervosa, meno paziente e in quel momento l'ultima cosa che poteva permettersi di perdere con lui, se davvero voleva far funzionare quella storia, era la pazienza.
Lo sguardo le cadde sulla foto che Duff aveva voluto appendere sul muro, proprio accanto alla finestra.
L'avevano scattata a Seattle a giugno quando si erano incontrati con gli amici di sempre di Duff.
Lene sorrise nel ripensare al siparietto tra il ragazzo e sua madre per quell'uscita che la donna non aveva previsto e lui invece tanto agognato.
Lì per lì lei aveva parteggiato per la madre, non avendo voglia lei stessa di uscire ed essere presentata nuovamente.
Poi si era dovuta ricredere. Quella era stata una delle serate più divertenti della sua vita, doveva ammetterlo!
Gli amici di Duff erano uno spasso e decisamente diversi dalle persone che circondavano il ragazzo a Los Angeles.
Non che fossero dei santi, tutt'altro. Ma erano genuinamente  e profondamente affezionati a Duff, si vedeva lontano un miglio che gli volevano bene come a un fratello e che avrebbero fatto qualunque cosa per lui.
Duff l'aveva presentata con un orgoglio negli occhi che le aveva fatto tenerezza e i ragazzi l'avevano accolta immediatamente come una di loro, forse proprio perché consapevoli di quanto lei fosse importante per lui.
Avevano fatto quella foto prima ancora di chiudersi in un pub, il primo di una lunga serie quella notte, e infatti non vi erano segni sui loro volti della serata un po' folle e decisamente alcolica che avevano passato insieme.
Sinceramente si chiedeva ancora come avessero fatto a tornare a casa nello stato in cui erano entrambi e non farsi beccare clamorosamente dalla mamma di Duff completamente ubriachi e anche un po' fatti.
Lene si trovò a sorridere nel ripensare a come avevano salito le scale di casa McKagan, cercando inutilmente di soffocare le risate per non farsi beccare, e al rumore sordo, fortissimo, che aveva fatto la lampada sul comodino di Duff quando lui era crollato miseramente sul letto e l'aveva inavvertitamente colpita con un piede, facendoli scoppiare a ridere come due matti subito dopo.
Si rigirò nuovamente nel letto, cercando una posizione che la invogliasse a tornare a dormire. Era il suo compleanno, per la miseria, almeno quel giorno se lo meritava di riuscire a dormire come si deve e magari alzarsi giusto per il pranzo!
Forse quel pensiero, forse ricordare i bei momenti passati a Seattle la aiutarono a rilassarsi ed effettivamente dopo poco Lene si addormentò di nuovo, cullata da quello strano silenzio notturno e dal dolce ricordo del sorriso sereno di Duff circondato dalla sua famiglia e dai suoi amici.

Duff aprì lentamente gli occhi e fu colpito in pieno viso da un fastidiosissimo fascio di luce che proveniva dalle finestre lasciate aperte la notte precedente.
Si passò entrambe le mani sul viso e cercò di fare mente locale su dove fosse e su che ora del giorno fosse.
Cercò di alzarsi e una fitta atroce alle tempie gli ricordò del perché non si fosse risvegliato a casa di Lene. La sera prima, dopo le prove, erano finiti a casa di qualcuno di cui non ricordava nemmeno il nome e avevano esagerato come al solito tra birra, vodka, Nightrain e tanta bella roba da fumare in compagnia.
Avrebbe dovuto fermarsi dopo le prime dieci bottiglie di birra, lo sapeva benissimo, ma poi West l'aveva sfidato ad una gara di bevute e lui non aveva saputo tirarsi indietro. Aveva pur sempre una reputazione, no?! E poi con l'aiuto di un po' di coca era riuscito a dimezzare gli effetti della birra bevuta prima e aveva potuto darci dentro ancora un bel po'.
Peccato che neanche ricordasse di essersi addormentato e tanto meno di cos'era successo da un certo punto in avanti della serata.
Doveva scoprire che ore erano e quindi non aveva altra scelta che cercare di alzarsi. Con la dovuta calma, però, o sarebbe finito a vomitare in casa di gente sconosciuta e non era una cosa carina da farsi, decisamente no.
Duff provò a puntellarsi coi gomiti e sollevare il busto almeno quel tanto da cercare una cazzo di sveglia o un orologio da qualche parte, ma qualcosa gli bloccò il movimento. Guardò verso il suo bacino e solo allora si accorse di una chioma rossiccia e spettinata che faceva un forte contrasto con il biancore della pelle della sua pancia.
Con il cuore in gola seguì il profilo di un corpo, completamente nudo, raggomitolato vicino a lui e come giunse ai piedi della ragazza chiuse gli occhi, sperando forse che in quel modo tutto sparisse e lui, riaprendoli, si ritrovasse solo in quella stanza.
Purtroppo per lui, però, quella era solo una vana speranza. Aprì gli occhi e ritrovò la figura sinuosa di quella ragazza addormentata su di lui e il cuore gli perse un battito. Erano soli e nudi in una camera da letto, non ci voleva un genio a capire che aveva tradito Lene e il solo pensiero gli fece male.
Si lasciò ricadere con il busto sul letto e si portò le mani tra i capelli, in un gesto di pura disperazione.
Come cazzo aveva potuto fare una cosa simile a Lene?! Come avrebbe fatto a guardarla in faccia e spiegarle quello che era successo??
Un senso di nausea fortissimo lo colse e questa volta non c'entrava il dopo sbornia.
Aveva fatto una cosa orribile e in cuor suo sentiva che quella era davvero la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. Già le cose ultimamente non andavano proprio perfettamente tra loro, complici i ritmi di lavoro e il fatto che ultimamente, doveva ammetterlo, aveva esagerato con alcool e droga e l'aveva decisamente trascurata. Se fosse andato a dirle che l'aveva tradita, sebbene non  fosse assolutamente cosciente...
Cazzo, era nella merda fino al collo!!
Improvvisamente si sentì come soffocare in quel letto, con quel corpo nudo che gli gridava in faccia quanto fosse stato stronzo.
Doveva alzarsi di lì e andarsene al più presto!
Spostò la ragazza neanche con troppa gentilezza, ma questa non si mosse di un millimetro, probabilmente ancora stordita dagli effetti di tutto quello che doveva essersi fatta la notte precedente.
Scese dal letto cercando di contrastare la sensazione, fortissima, che l'intera stanza stesse girando vorticosamente e si guardò in giro alla disperata ricerca dei suoi vestiti.
Nella sfiga della situazione si sentì per un attimo fortunato, perché nella foga obnubilata dall'alcool la sera prima doveva essersi evidentemente tolto tutto in una volta sola, evitandogli in quel momento di fare una vera e propria caccia al tesoro in cerca dei suoi indumenti.
S'infilò tutto il più velocemente possibile, compatibilmente con la nausea e il mal di testa che lo stavano uccidendo, e uscì dalla stanza silenzioso come un ladro.
La scena che gli si presentò davanti ormai non era più nuova ai suoi occhi. C'erano persone addormentate un po' dappertutto, chi per terra, chi sui divani e le poltrone, addirittura un paio sui gradini che portavano al piano di sopra.
Riconobbe Steven per terra, praticamente sepolto da una bionda quasi del tutto nuda e fu tentato di svegliarlo, ma desistette. Non aveva voglia di parlare con Steve, non adesso almeno. Voleva bene al suo amico, ma il batterista aveva l'incredibile capacità di riprendersi da una sbornia alla velocità della luce ed essendo logorroico di natura, Duff sapeva bene che se l'avesse svegliato Steve avrebbe attaccato a parlare a macchinetta e non avrebbe smesso per nessun motivo al mondo. Non poteva farcela.
Scavalcò un paio di persone e quasi inciampò in Slash che dormiva in mutande abbracciato ad una moretta niente male.
Sorrise nel vedere il suo volto così beato e pensò che almeno lui si sarebbe svegliato di buon umore.
Riuscì finalmente a raggiungere la porta di casa e uscì rapidamente, forse preoccupato che la rossa con cui aveva dormito si svegliasse all'improvviso e gli rompesse le palle per quello che era successo tra loro.
L'ultima cosa che si sarebbe aspettato di trovare una volta fuori dal portone, era Izzy seduto sugli scalini con in bocca una canna.
"Ehi... pensavo di essere l'unico ad aver ripreso i sensi."
Izzy si girò verso l'amico con uno sguardo sorpreso e poi si rigirò verso la strada, dando un tiro.
"E io pensavo che tu non li avresti ripresi prima delle quattro, considerato com'eri conciato quando ti ho visto in camera con quella rossa."
Duff sentì una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Cos'era? Senso di colpa? Vergogna? Entrambi?
Izzy si accorse dello strano silenzio del biondo e sorrise, beffardo, soffiando via una nuvoletta di fumo.
"Cos'è, oltre all'uccello quella ti ha succhiato via anche il cervello? Perché te ne stai impalato lì senza dir niente?"
Duff si sedette accanto all'amico e quello gli passò subito lo spinello, più che convinto che l'altro ne avesse decisamente bisogno in quel momento.
Duff non si fece attendere e lo afferrò immediatamente, dando un bel paio di tiri nella speranza, paradossale, che quella canna potesse schiarirgli le idee.
Izzy, sentendo continuare quello strano silenzio, si girò verso il bassista con uno sguardo interrogativo. Cosa diavolo gli stava passando per la testa?
"Che succede Duff?"
Il biondo rimase a guardare fisso nel vuoto, senza nemmeno girarsi verso di lui. Diede ancora un paio di tiri e poi si decise a dar voce ai suoi tormenti. Chi meglio di Izzy, in fondo, poteva consigliarlo?? Era lui il saggio del gruppo, lo sapevano tutti. Probabilmente sarebbe stato in grado di dirgli cosa doveva fare, perché lui davvero non riusciva a decidersi.
"Ho tradito Lene stanotte."
Izzy non riuscì a trattenere una risata delle sue, sarcastica al punto giusto.
"Me ne sono accorto, credimi!"
A quel punto gli occhi di Duff si piantarono su di lui, spalancati dallo stupore.
"Perché dici così?? Che cazzo ho combinato Izzy?"
"Niente di particolarmente strano, non preoccuparti... ma per un po' siamo stati compagni di stanza, anche se tu temo non te ne sia neanche accorto."
"Compagni di stanza nel senso che ci siamo scopati la stessa ragazza o due ragazze diverse contemporaneamente?"
Izzy si riprese lo spinello sfilandolo con decisione dalle mani di Duff, che tanto non lo stava più fumando.
"La seconda che hai detto. Anzi, ad esser precisi ero io che stavo scopando lì dentro e tu sei entrato con poca grazia con quella rossa tutta fuoco ed eri talmente fuori che neanche ti sei accorto di noi. Sarebbe stato anche divertente, se non fosse stato che ero a tanto così dall'arrivare al culmine, ma mi sei piombato addosso e non so perché, ma mi si è ammosciato subito."
Duff si diede una manata sulla fronte.
"Che razza di coglione... Cazzo, mi spiace amico... sul serio!"
Izzy si lasciò andare ad una risata delle sue.
"Tranquillo, ci siamo spostati per terra e abbiamo ripreso a divertirci, anche più di voi forse."
"Me l'immagino... considerato che non mi ricordo minimamente nulla di nulla, non credo proprio di essere stato un granché."
Izzy accennò un mezzo sorriso.
"Non preoccuparti, lei era forse messa peggio di te e se non ti ricordi niente tu, dubito che lo farà lei. La tua fama di latin lover è salva."
Duff gli lanciò un'occhiata di sbieco.
"Tu ti stai divertendo un mondo, non è vero? Io sto di merda e tu ti diverti!"
Izzy lo guardò effettivamente divertito.
"Scusa, ma dovresti vedere la tua faccia in questo momento."
Duff sbuffò esasperato da tutto quel casino e iniziò a tormentarsi le dita, nervoso, rigirando l'anello che Lene gli aveva regalato qualche mese prima.
Izzy lo guardò in silenzio per qualche istante, cercando di capire se Duff avesse semplicemente bisogno di sfogarsi o di sentirsi dire qualcosa di rassicurante.
Optò per la prima opzione.
"Allora, cos'è che ti tormenta esattamente?"
Duff tenne incollato lo sguardo al pavimento, cercando di far chiarezza nei suoi pensieri.
"Sinceramente non so se mi sento più in colpa per averla tradita o se ho più il terrore di perderla non appena verrà a saperlo."
Izzy inarcò leggermente il sopracciglio, dubbioso.
"E come potrebbe mai venirlo a sapere, scusa? Io ho le labbra sigillate e quella tipa sicuramente non si ricorda nulla... sei in una botte di ferro."
Improvvisamente Izzy capì il motivo del tormento interiore del suo amico e spalancò gli occhi dalla sorpresa. Ma cos'era, impazzito?
"Vuoi dirglielo? Tu vuoi davvero andare a casa e dirglielo?? Ma sei matto?!"
Duff lo guardò come un cucciolo di sanbernardo.
"Dici che non dovrei dirle niente? Non è da merde totali fare una cosa del genere e mentire pure spudoratamente?"
"Cazzo Duff, secondo me devi cambiare spacciatore, sai? Ieri devi aver preso della roba tagliata male, perché ti ha bruciato il cervello a quanto pare! Ma non lo sai che la regola numero uno quando si tradisce una donna è non farglielo mai e poi mai scoprire? E tu che fai? Ti fai addirittura delle seghe mentali pazzesche chiedendoti come fare a dirglielo! Beh, amico, te lo dico io come, non facendolo! E' da pazzi suicidi anche solo pensare di farlo! E poi scusa... vuoi davvero darle un dolore simile? Farla stare di merda per una cosa che per te non ha avuto la minima importanza? A me sembra di gran lunga più da merde questo, che tenerle nascosta una cosa stupida come quella che è successa stanotte mentre non eri nemmeno cosciente!"
Duff spostò nuovamente lo sguardo a terra, pensieroso.
Effettivamente Izzy non aveva tutti i torti. Dirle tutto significava quasi sicuramente perderla per sempre e mandare all'aria la storia più importante che avesse avuto finora, con la donna più meravigliosa che avesse mai incontrato.
Lene ne sarebbe uscita distrutta, come lui del resto. Perché soffrire così per una cazzata madornale che aveva fatto in preda all'alcool e alla droga?
Non si ricordava di quella ragazza, non sapeva nemmeno che faccia avesse, né come si chiamasse. Non rammentava il sapore della sua pelle, la consistenza del suo corpo, il piacere che probabilmente lei gli aveva dato e che forse anche lui era riuscito a darle. Non era rimasto nulla di quell'incontro nella sua memoria, perché allora non fare semplicemente finta che non fosse mai successo?
La voce di Izzy lo distolse dai suoi pensieri.
"Fidati di me amico, è molto meglio tacere. Non è che ti sei innamorato e stai tenendo in piedi una storia parallela... in quel caso sarebbe diverso. Ti sei solo scopato la prima che ti è passata davanti in preda a qualche trip strano, tutto qui. Vai da Lene, trattala come una regina e falle passare il compleanno più bello della sua vita, in modo da farti perdonare o per lo meno da far tacere la tua coscienza."
Duff schizzò improvvisamente in piedi come se qualcosa l'avesse punto sul sedere.
"Merda!! E' il suo compleanno oggi!! Me n'ero completamente dimenticato!"
Izzy scrollò il capo e spense l'ultimo pezzetto di spinello nel gradino sotto di lui.
"Come cazzo faresti se non ci fossi io nella tua vita, eh? Me lo dici?? Sei proprio un fidanzato di merda, lascia che te lo dica."
"Grazie amico, mi hai salvato due volte stamattina. Ti devo un favore."
Izzy non fece nemmeno in tempo a rispondergli. Duff con un scatto felino saltò giù dagli ultimi scalini e si allontanò a grandi falcate dal palazzo, deciso a farsi perdonare da Lene per un qualcosa che lei nemmeno avrebbe mai saputo che aveva fatto.
"Sì... stamattina un cazzo... sono le due del pomeriggio coglione!!"
Izzy si accese una sigaretta e ancora sorridendo per quanto fosse fuori il suo amico, si avviò anche lui verso casa, ansioso di buttarsi sul letto, farsi una bella dormita e magari lavorare su quegli accordi che gli ronzavano nella testa da quando si era svegliato.
E pensare che c'era chi diceva che drogarsi fa male... a lui sviluppava la creatività invece, a giudicare dalla canzone che gli stava nascendo in testa dopo quella serata da pazzi. Un altro paio di canne e magari qualche altra robetta e avrebbe avuto dell'altro materiale da far sentire agli altri.
La vita, la sua per lo meno, in quel momento gli sembrava davvero meravigliosa.

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Capitolo 22
*** 21° capitolo. ***


22.10.86 Capitolo lunghetto, vi avviso! Spero che questo mi faccia in parte perdonare per averci messo di nuovo più del dovuto a postare. Scusate!!
Come sempre, le vostre parole sono benvenute! =) Fatemi sapere cosa ne pensate.
CIAO!

23 ottobre '86 LA

Lene era chiusa nella sua mansarda da un paio d'ore ormai e dipingeva freneticamente, come ormai le succedeva da un po' di tempo a questa parte.
Qualcuno avrebbe potuto pensare che fosse una cosa positiva, ma Lene sapeva bene da dove provenivano tutte quelle emozioni che la spingevano a creare nuovi dipinti e sinceramente avrebbe preferito un bel blocco creativo a tutto quello.
Essere un'artista, di qualunque genere, significava avere una viscerale necessità di esprimere non tramite le parole, ma tramite un altro strumento, i propri sentimenti, fossero essi indirizzati a un compagno, alla famiglia, alla politica o al mondo intero.
Questo muoveva chiunque si potesse definire artista e questo aveva sempre mosso Lene a dipingere, fin da quando era piccola.
Per questo ogni singolo quadro che creava aveva un significato ben preciso e rappresentava un momento della sua vita, fosse esso negativo o positivo.
Magari ad occhi superficiali o non avvezzi alla sua arte poteva risultare difficile distinguere quale tipo di emozione fosse alla base di un suo dipinto, ma agli occhi di chi la conosceva bene o di qualche critico che studiava il suo modo di dipingere, sarebbe stato lampante che tutta quella creatività era decisamente generata da un periodo della sua vita non propriamente felice.
Lene diede altre pennellate di una scura sfumatura di blu e poi si allontanò dal quadro, per avere come sempre un'impressione generale del risultato finale.
Si sentiva meglio in quel preciso istante, così come ogni volta che finiva un quadro particolarmente emotivo.
Si sentiva meglio, ma non per questo era meno triste e preoccupata.
Sentì dei movimenti dal piano di sotto e coprì velocemente la tela. Duff non si era mai azzardato a salire fin lì, conscio del fatto che per lei quello fosse un luogo sacro in cui nessuno era autorizzato ad entrare, però non si poteva mai sapere... in fondo non era nemmeno più sicura di conoscere davvero la persona che si stava aggirando di sotto sicuramente in cerca di qualcosa da bere.
Lene fece un profondo sospiro, posò il pennello e dopo essersi pulita grossolanamente le mani, scese di sotto.
Arrivata in salotto, si rese conto che Duff si trovava in cucina e continuava ad aprire e chiudere vari sportelli imprecando in un modo piuttosto colorito.
Splendido, si era svegliato di nuovo di ottimo umore.
Una parte di lei fu tentata di far finta di niente e risalire in mansarda, ma una vocina dentro di lei le ricordò che quello era l'uomo che comunque, nonostante tutto, continuava ad amare ed era la sua compagna. Non poteva fregarsene così.
"Tutto ok Duff?"
Sentì un'anta che veniva sbattuta con forza e sussultò appena per il rumore.
"Tutto ok un cazzo Lene! Dove cazzo sono finite le scorte di birra??"
Duff arrivò in salotto con un diavolo per capello e i segni evidenti della sbornia della sera prima sul viso.
"Non lo so..."
Ok, non era una brava attrice, questo era più che evidente. Duff le lanciò un'occhiata in grado di incenerire chiunque all'istante.
"Non dire cazzate Lene! Dimmi che non l'hai fatto di nuovo!"
Lene cercò di dipingersi in volto l'aria più innocente che riusciva, ma le sue arti recitative erano piuttosto scarse e Duff in quel momento era troppo in crisi d'astinenza per lasciarsi fregare.
"Cristo santo Lene!! Mi spieghi perché sei così stronza a volte?? Lo sai che ho bisogno di bere qualcosa quando mi alzo!! Dimmi dove cazzo hai messo la roba, mi sento male e stasera è una serata importante, dobbiamo aprire per Alice Cooper!"
Lene si morse leggermente il labbro inferiore, indecisa sul da farsi.
Aveva nascosto birra, vodka e qualunque altro alcolico possedessero perché voleva aiutarlo a darci un taglio con tutta quella merda.
Da un paio di mesi le cose erano davvero degenerate, complice il fatto che la Geffen non li facesse più suonare dal vivo e li tenesse chiusi in quel maledetto studio per tirar fuori più materiale possibile.
Questo aveva significato per i ragazzi meno sfogo e più tempo per farsi di ogni cosa possibile e immaginabile, anche solo per ammazzare il tempo che sembrava non passare mai.
Duff era sempre stato un gran bevitore, ma adesso aveva raggiunto delle quantità impressionanti e Lene aveva iniziato seriamente a preoccuparsi per la sua salute. Cazzo, non si poteva pensare di bere così tanto senza averne delle conseguenze sulla salute!
E poi la loro vita di coppia ne era rimasta devastata.
I sentimenti che provavano l'uno per l'altra non erano cambiati, di quello era sicura, ma vivere insieme, essere una coppia come tanto aveva voluto essere Duff, beh... quello ormai era diventato quasi un'impresa titanica.
Come si poteva essere la compagna di uno che si alzava sempre quando era ora di mangiare, se non dopo, e nel primo pomeriggio spariva per tornare solo ventiquattr'ore dopo, costantemente brillo e su di giri? Come si poteva costruire una vita in quel modo, condividere un percorso insieme, quando ormai solo uno dei due partecipava attivamente a quella relazione?
L'ultimo momento veramente sereno che Lene potesse ricordare era stato il giorno del suo compleanno.
Duff era tornato a casa solo nel pomeriggio, quello era vero, ma l'aveva trattata come una regina per l'intera giornata e anche per i giorni seguenti.
Quel giorno in particolare a Lene era sembrato di tornare indietro di mesi e riavere l'uomo che l'aveva fatta innamorare, che era riuscito, contro ogni aspettativa, a vincere le sue resistenze e far crollare il muro di difesa con cui si era protetta per tanto tempo.
Le aveva portato un fiore bianco, l'unico che sapeva piacere a Lene, non molto amante dei fiori.
Aveva fatto l'amore con lei come non succedeva da tempo, ossia con calma e dolcezza, come se avesse paura di farle male anche in quel frangente, senza quella furia data sì dalla passione, ma anche dalle sostanze che di solito gli circolavano in corpo.
L'aveva portata a cena in un posto carino e romantico dov'erano soliti rifugiarsi quando volevano passare una serata speciale e poi l'aveva portata a fare una passeggiata fino ad una nuova Galleria d'arte dove c'era una mostra di cui Lene gli aveva parlato più volte e che sapeva che lei voleva vedere.
Insomma, le aveva fatto passare il compleanno perfetto, con il ragazzo perfetto e lei si era beata di tutta quella tranquillità, senza chiedersi da dove venisse fuori quel repentino cambiamento di rotta o attribuendolo semplicemente al fatto che fosse il suo compleanno.
Anche nei giorni immediatamente successivi Duff era tornato un po' quello di una volta e soprattutto si era limitato non poco nel bere, il che aveva fatto una grande differenza.
Erano riusciti finalmente a passare un po' di tempo insieme, a parlare come erano soliti fare mesi prima, a ridere insieme per ogni scemenza sparata dal bassista.
Dopo tante settimane Duff le aveva nuovamente chiesto come stesse, come andassero le cose con le sue mostre, se ci fossero delle novità da quel punto di vista... Insomma, si era di nuovo interessato alla vita di Lene e aveva distolto per un momento l'attenzione dalla sua di vita, cosa che non faceva più da davvero troppo tempo.
Lene per un attimo si era illusa che le cose fossero finalmente tornate a posto, anche se non riusciva a capire, intuire, cosa esattamente avesse riportato a galla il vecchio Duff.
Ma era stata un'illusione.
Dopo qualche giorno, forse giusto una settimana, Duff aveva lentamente, ma inesorabilmente aumentato il quantitativo di alcool ingurgitato e una sera non era di nuovo tornato a dormire, svenuto da qualche parte a casa di chissà chi.
Lene quella notte non aveva chiuso occhio, raggomitolata su se stessa al centro di quel letto che ormai le sembrava troppo grande per lei sola.
Non gli aveva detto niente. Non aveva fatto una scenata, non gli aveva chiesto spiegazioni, niente di niente. Si era semplicemente rassegnata ad essere piombata di nuovo nella routine di sempre e si era rinchiusa in mansarda a dipingere quadri su quadri.
E ora era lì, a cercare di trovare la scusa giusta o le parole giuste per evitare una scenata da parte di Duff in piena crisi d'astinenza da alcool.
"Cristo santo Lene!! Mi spieghi perché sei così stronza a volte?? Lo sai che ho bisogno di bere qualcosa quando mi alzo!! Dimmi dove cazzo hai messo la roba, mi sento male e stasera è una serata importante, dobbiamo aprire per Alice Cooper!"
"L'ho buttata ok?! Ti fa male quella roba, lo vuoi capire o no??"
Ok, quella non era sicuramente la frase giusta al momento giusto.
Duff spalancò gli occhi in preda ad una rabbia cieca e Lene forse per la prima volta temette davvero che le potesse fare del male.
Se lo trovò ad un centimetro dalla faccia, gli occhi fuori dalle orbite e uno sguardo cattivo che non credeva di avergli visto mai.
"Non sono cazzi tuoi, lo vuoi capire o no?! Se voglio bere fino a morire non sono stramaledetti cazzi tuoi! E' la mia vita, è chiaro? Mia! Non osare mai più fare una cosa simile o giuro che non rispondo di me!!"
Lene rimase senza parole, immobile come una statua e con lo sguardo seguì il ragazzo che usciva come una furia da casa, sbattendo sonoramente la porta.
L'aveva veramente fatto uscire di senno, anche più di quando Slash l'aveva beccata a parlare con Jason e in quel preciso istante, per la prima volta, Lene si chiese chi venisse prima nella vita di Duff in quel momento tra lei e l'alcool e soprattutto per quanto ancora lei avrebbe potuto sopportare quella situazione.

Qualche ora dopo Lene sentì il telefono squillare. Andò a rispondere con un misto di speranza e fastidio all'idea che fosse Duff che voleva scusarsi.
Da una parte era piuttosto incazzata con lui per come aveva reagito, e quindi non aveva molta voglia di sentirlo, dall'altra si aspettava delle scuse fatte come si deve e quindi sperava che fosse lui al telefono, pronto a implorare perdono.
Quando alzò il ricevitore e chiese chi era, fu investita da qualche attimo di delusione profonda nel sentire la voce di Jason.
"Ciao! Hai da fare?"
Lene rimase un attimo in silenzio, disorientata. Se non aveva voglia di sentire Duff in quel momento, figuriamoci vedere Jason.
Stava per dire di sì, che non poteva per un impegno precedente, quando Jason l'anticipò.
"Prima che tu dica di sì, ti do un indizio su chi devo incontrare oggi pomeriggio... è francese e mescola più forme d'arte insieme."
"Stai scherzando?!"
Lene sentì la risata di Jason dall'altra parte della cornetta e si mise, senza accorgersene, a sorridere contagiata.
"Ti pare che potrei scherzare su una cosa simile? Con te, poi?"
Ci fu nuovamente un momento di silenzio, ma questa volta perché Lene era rimasta senza parole.
Adorava Didier Marsenne, era forse uno dei pochi artisti contemporanei che le piaceva davvero e che stimava enormemente. Ne aveva parlato con Jason un milione di volte perché anche lui era appassionato dell'arte del francese, anche se più critico su alcune opere che aveva creato recentemente.
Cristo Santo, desiderava conoscerlo più di ogni altra cosa!
"Ok, dove ci vediamo e a che ora?"
Lene percepì chiaramente il sorriso di Jason dall'altra parte della cornetta, pur non potendolo vedere.
"Ti passo a prendere tra 15 minuti esatti e sappi che non vedo l'ora di vedere la tua espressione estasiata!"
"Stupido! Ci vediamo tra poco."
L'ultima cosa che Lene sentì fu la risata di Jason. Poi attaccò e iniziò a saltellare come una pazza, improvvisamente su di giri come non le accadeva da tempo, la lite con Duff scomparsa completamente dai suoi pensieri.
Si precipitò in camera e trovò qualcosa da mettersi di più decente di quella tuta che aveva addosso.
Una capatina in bagno per darsi un po' di trucco e senza che se ne accorgesse era già l'ora di scendere.
Jason le suonò al citofono e lei scese di corsa le scale con tale foga, che quasi non lo investì quando fu fuori dal portone, finendo tra le sue braccia senza neanche volerlo.
"Ehi, ehi... calma!!"
Jason rise di cuore nel vederla così piena di entusiasmo e con le mani la strinse a sé più che poteva, godendo del contatto con quel corpo che tanto desiderava.
"Scusami, non ti avevo visto!"
Jason sentì che Lene cercava di sganciarsi da quell'abbraccio e la lasciò libera di allontanarsi, seppur contro voglia.
"Me ne sono accorto! Qualcosa mi dice che sei ansiosa di incontrare Didier... "
"La smetti di prendermi in giro? Lo sai quanto lo adori! Ovvio che non vedo l'ora di conoscerlo, no? Anzi, ti muovi? Andiamo?"
Jason rise e scosse il capo, rassegnato.
"Va bene, va bene... andiamo. Ma vedi di comportarti bene, ok? Ho mosso mari e monti per poter avere questo appuntamento per te!"
"Per me? L'hai fatto per me?"
Lene rimase sbigottita da quella notizia. Possibile che Jason avesse organizzato tutto quello solo per lei?
"Certo che l'ho fatto per te, per chi se no?"
"Oddio, grazie!!"
Lene gli gettò le braccia al collo e gli schioccò un enorme bacio sulla guancia, staccandosi poi subito dopo.
Jason le sorrise soddisfatto.
"Vedi? Ne è già valsa la pena..."
Le fece l'occhiolino e registrò, stupito lui per primo, un lieve rossore che colorava le guance di Lene.
Non era il momento di pensare a quelle cose, però.
Jason afferrò la mano di Lene, la condusse alla macchina e poco dopo i due sfrecciarono via verso quell'incontro così speciale per Lene.

Jason fermò la macchina e spense il motore.
"Sei proprio sicura di non voler venire a bere qualcosa con noi? E' ancora presto."
Lene lanciò un'occhiata verso il teatro Arlington e sospirò.
L'incontro con Didier era andato anche meglio di quanto lei avesse mai immaginato ed era stato così avvincente parlare con lui di pittura e di ogni forma d'espressione artistica, che Lene non aveva pensato a Duff neanche per un secondo quel pomeriggio.
Erano andati tutti a cena insieme, inclusi alcuni amici del pittore francese e di Jason e Lene si era divertita talmente tanto e si era sentita così appagata cerebralmente e culturalmente da sentirsi ripagata in un istante di tutti i momenti brutti che ultimamente stava vivendo.
Ma quando Jason aveva invitato tutti a proseguire la serata in qualche locale per bere qualcosa, in quel preciso momento Lene era ritornata sul pianeta Terra e si era ricordata che Duff aveva avuto un concerto importante quella sera e che probabilmente sarebbe dovuta andare da lui.
"Ti ringrazio, ma stasera Duff apriva per Alice Cooper, è stata una serata importante... meglio che vada da lui, soprattutto considerando come stanno andando le cose ultimamente."
Probabilmente se Duff l'avesse saputo si sarebbe incazzato da morire, ma in quei mesi Lene aveva approfondito molto la sua amicizia con Jason e si era confidata più volte con lui sulla sua storia con il bassista e su come le cose stessero prendendo una piega che non le piaceva per niente.
Jason era stato sempre molto discreto e non aveva mai commentato troppo aspramente il modo in cui il musicista la stava trascurando, anche se qualche frecciatina gli era scappata qua e là, e anche quella volta non fu da meno.
"Capisco, fai bene, è la cosa giusta. E poi magari così riuscirete a parlare un po' e sistemare un po' le cose, anche se credo si debba essere in due per farlo e lui non mi sembra altrettanto impegnato nel far funzionare questa storia. Ci sentiamo nei prossimi giorni, ok?"
"Certo. E grazie ancora per questo straordinario pomeriggio, è stato tutto meraviglioso e grazie a te mi sono tirata decisamente su di morale!"
Jason le sorrise senza dirle altro. Aveva notato come Lene aveva preferito non rispondere nemmeno alla sua provocazione e quindi non aveva senso provare a farla ragionare sulla sua storia con Duff. Non in quel momento almeno.
Lene scese dalla macchina e dopo aver salutato Jason, si infilò nel vicolo che portava all'ingresso dei musicisti.
Fuori dalla porticina laterale trovò Izzy con un paio di ragazzi.
Come la videro, i due che non conosceva si irrigidirono, ma Izzy li tranquillizzò subito.
"Tranquilli, è un'amica."
I due si rilassarono immediatamente e ripresero a sciogliere l'eroina, mentre Izzy salutava Lene con uno sguardo strano.
"Che ci fai qui?"
Lene fu sorpresa di sentirgli dire quelle parole.
"Sono venuta per Duff, per vedere se era tutto ok... perché?"
La faccia che fece Izzy la mise subito sul chi va là. C'era qualcosa che non andava, ma cosa?
"Che è successo Izzy?"
"Axl non si è presentato e abbiamo dovuto cantare noi due. Duff era incazzato come una iena... tutti noi lo eravamo. Solo che Duff era già abbastanza carico da prima... Non so cosa sia successo con te, ma è arrivato ubriaco alle prove e con una rabbia che sinceramente non gli avevo mai visto in corpo. Quando è stato chiaro che Axl non avrebbe fatto in tempo, Duff ha dato di matto e ha fatto a pezzi il camerino. Un macello che non è da lui."
Lene sentì il peso di quelle parole e di quello che lasciavano intendere. Izzy pensava fosse colpa sua se Duff aveva schizzato e in un certo senso era anche vero, anche se non come pensava lui.
"Adesso come sta? Dov'è? Posso vederlo?"
"Finito il concerto è schizzato via, non so dove sia andato. Sinceramente pensavo che fosse con te, che fosse venuto a chiarire qualunque cosa sia successa tra voi. Ma tu sei qui e non ne sai nulla, quindi..."
"Cazzo, magari è andato a casa e io non c'ero... ero fuori... Sarà meglio che lo raggiunga prima che faccia qualche altra cazzata."
Izzy annuì in silenzio e Lene gli fece un cenno con la mano, salutandolo frettolosamente. Doveva cercare un taxi e sperare di trovarlo alla svelta.
Neanche mezz'ora dopo, Lene arrivò a casa e salì le scale frettolosamente.
La porta era chiusa a chiave, il che significava che Duff non era ancora arrivato.
Chissà dove si trovava in quel momento? Cosa stava facendo?
Lene provò a sedersi sul divano e accese la TV, per distrarsi nell'attesa che il ragazzo arrivasse, ma dopo poco si alzò di lì come se scottasse.
Non riusciva a stare ferma, era agitata e man mano che il tempo passava la sua preoccupazione aumentava.
Come mai non era ancora arrivato? Possibile che gli fosse successo qualcosa? Non è che aveva bevuto troppo e si era sentito male? E se aveva preso qualcosa di tagliato male?? 
Lene iniziò a camminare freneticamente avanti e indietro in salotto.
Non era da lui sparire in quel modo senza che nessuno ne sapesse niente. Di solito era solo lei a non avere idea di dove fosse finito, ma che non lo sapesse nemmeno Izzy... questo era davvero strano e decisamente preoccupante!
Izzy le era sembrato allarmato. Anche questo era un brutto segno, vero?
Lene a quel punto era davvero preoccupata. Doveva calmarsi o sarebbe impazzita lì ad aspettarlo, chissà per quanto!
Andò in camera sua e pescò dal suo armadio una bottiglia di whisky che aveva nascosto da Duff. Scese di nuovo in sala e si riempì un bicchiere, bevendone finché non iniziò a sentirsi più calma e leggermente intontita.
Si rimise a sedere sul divano e riprovò a distrarsi con la televisione. C'era un film che le piaceva, l'aveva visto un milione di volte in realtà... magari era quello che ci voleva per tranquillizzarsi.
Si mise semi sdraiata per stare comoda, il bicchiere ormai quasi vuoto in mano e la bottiglia appoggiata ai piedi del divano.
Senza accorgersene, Lene si addormentò.
Il suono fastidioso e insistente di un allarme di una macchina la fece quasi saltare sul divano dallo spavento.
Che diavolo di ore erano?!
Guardò l'orologio sul muro con apprensione. Erano le cinque! Il whisky aveva fatto il suo dovere e l'aveva rilassata, ma decisamente troppo visto che aveva dormito tutto quel tempo!
E Duff? Era tornato??
Lene si alzò velocemente dal divano e salì al piano di sopra quasi di corsa, sperando in cuor suo di trovare il ragazzo addormentato nel letto.
Quando vide che non c'era andò letteralmente nel panico.
Duff era praticamente sparito da più di sei ore e lei non aveva la minima idea né di come stesse né di dove fosse.
La paura che gli fosse successo qualcosa si impossessò nuovamente di lei e questa volta in modo ancora più amplificato di prima.
L'immagine di lui a terra, in qualche stradina deserta di Los Angeles, in una pozza di vomito o peggio, la fece rabbrividire e gli occhi le si inumidirono immediatamente.
Era stata una stupida a nascondergli l'alcool, non avrebbe dovuto farlo incazzare in quel modo, era tutta colpa sua se adesso era in qualche casino chissà dove!
La sola idea che magari avesse preso qualcosa di sbagliato o ne avesse preso troppo e ora... in quel momento... magari non ci fosse più...
Lene scoppiò a piangere disperata, il senso di colpa a schiacciarle il petto come una pressa, rendendole difficile respirare.
Doveva fare qualcosa, non poteva starsene lì a piangere mentre magari lui...
Si guardò in giro cercando il portafogli, lo sguardo annebbiato dalle lacrime. Non aveva la macchina, ma poteva prendere un taxi e girare per la città, alla ricerca del ragazzo. Non importava quanto ci avrebbe messo o quanto le sarebbe costato, doveva trovarlo, doveva sapere come stava, doveva...
Il clic della porta che si apriva la fece sobbalzare.
Lene si girò di scatto e vide Duff che entrava in casa, vivo e vegeto e anche piuttosto sobrio a quel che sembrava.
Duff la vide in mezzo al salotto, in lacrime, il viso stravolto... che diavolo stava succedendo?!
Fu un attimo e poi la ragazza gli fu addosso, colpendolo con forza sul petto, mentre piangeva e gli gridava di tutto.
"Sei uno stronzo!! Un maledetto stronzo egoista!! Hai idea di quanto fossi preoccupata, eh?! Ti rendi conto di quello che mi hai fatto passare?? Ti odio!!"
Duff riuscì ad afferrare le mani di Lene e bloccargliele, disorientato dalla reazione della ragazza e confuso dalle sue parole.
"Ti odio!!"
Lene, impossibilitata a colpirlo ancora, si lasciò andare a un pianto liberatorio e disperato, abbandonandosi al suo corpo, distrutta.
Aveva temuto di averlo perso, e invece era lì, sano e salvo, ancora maledettamente suo fino al midollo.
Duff, ancora incapace di comprendere cosa fosse successo, lasciò andare la presa sulle mani della ragazza e iniziò a carezzarle la testa, stringendola forte a sé e cercando di tranquillizzarla.
"Shhh... non piangere più piccola... non piangere... sono qui..."
A quelle parole, paradossalmente, Lene scoppiò a piangere ancora più forte, forti singhiozzi a scuotere il suo petto e un fiume di lacrime a bagnarle il volto.
"Credevo... credevo ti fosse successo qualcosa... io..."
Duff la strinse ancora più a sé e le diede un bacio sui capelli, quasi cullandola con le sue braccia.
"Non mi è successo niente... sono qui... mi dispiace Magdalene... avevo bisogno di schiarirmi le idee... di calmarmi... e siccome sono uno stronzo egoista, non mi è passato per l'anticamera del cervello di avvisarti, scusami."
Lene pian pianino si calmò e alzò il viso verso di lui, ancora rigato dalle lacrime che comunque non accennavano a smettere di uscire.
Duff le sorrise cercando di rasserenarla e di farle capire quanto fosse dispiaciuto.
Le fece una dolce carezza sul viso e le scostò i capelli per vederla meglio.
"Sei stravolta e sono le cinque. Andiamo a dormire, abbiamo tempo domani per parlare."
Lene non disse nulla. Annuì con la testa e lasciò che Duff la portasse in camera prendendola per mano, completamente remissiva.
Non si spogliarono nemmeno e si misero sul letto.
Duff l'abbracciò dolcemente e iniziò a sfiorarle il braccio con delle lente carezze finché non sentì il respiro di Lene farsi più pesante e lento, segno inequivocabile che la ragazza si era addormentata.
Fece un profondo respiro e anche lui si addormentò di lì a poco senza spostarsi di un millimetro, abbracciato alla sua Lene come non succedeva da tempo ormai. Domani avrebbero dovuto parlare, lo sapeva bene, ma adesso era solo il tempo di godersi quell'abbraccio e il contatto con la donna che amava più di quanto avrebbe mai potuto pensare.











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Capitolo 23
*** 22° capitolo. ***


16.01.87 Ciao a tutte quelle che ancora leggono questo delirio!
Scusatemi tantissimo, lo so che è passato un secolo dall'ultimo capitolo, ma è davvero un periodo assurdo!
Adesso dovrei avere un po' più di tempo libero e spero quindi di postare con una frequenza umana.
Vi lascio con un capitolo importante, intenso, in cui le cose prendono una svolta definitiva, penso non inattesa.
Se qualcuna ha tempo, lasciatemi due righe, ok?
Grazie comunque anche a tutte quelle che leggono silenziosamente =)
Buona lettura!

16 marzo '87 LA

Lene chiuse la zip della sacca che le faceva da valigia e si guardò intorno, cercando di controllare di non aver dimenticato nulla.
Ogni volta che doveva partire per qualche viaggio si ripeteva che avrebbe dovuto imparare da sua mamma e fare una bella lista per non dimenticare nulla, e ogni sacrosanta volta non lo faceva, riducendosi a partire con mille dubbi e dimenticando come minimo un paio di cose.
Quella volta non sarebbe stata via a lungo, solo qualche giorno e sinceramente non aveva molto da portarsi dietro, perciò fece un bel sospiro, prese la sacca e uscì di casa, cercando di rasserenarsi pensando che i documenti e il portafogli comunque li aveva e con quelli avrebbe risolto qualunque problema.
Il taxi davanti a casa la stava già aspettando evidentemente da un po', visto che l'autista era addirittura sceso dal veicolo e si stava godendo una bella sigaretta in pace.
Lene gli sorrise e lui spense subito la cicca per terra, prendendo la sacca della ragazza e mettendola nel portabagagli.
"Mi porta all'aeroporto, per favore?"
L'uomo le fece un cenno d'assenso.
"Certo! Salga."
Lungo la strada Lene cercò mentalmente di fare il punto della situazione.
Quella partenza era stata una decisione presa all'ultimo minuto, d'istinto, senza sentire il parere di nessuno e senza farne parola con anima viva.
Duff era in tour sull'altra costa da una decina di giorni, promuovendo l'EP che era uscito a dicembre e dopo l'ennesima telefonata dove a stento era riuscita a decifrare alcune delle parole che il ragazzo le aveva detto, aveva deciso che era il caso di raggiungerlo e cercare di capire quanto fosse brutta la situazione.
Sinceramente, ormai si aspettava il peggio.
I mesi che avevano portato all'uscita dell'Ep erano stati una discesa precipitosa verso l'abisso per loro due, nonostante l'amore che provavano l'uno per l'altro fosse ancora intenso e ben presente.
Dopo lo spavento di qualche mese prima, quando Duff era sparito per ore e ore senza che nessuno sapesse che fine aveva fatto, Lene aveva avuto la riprova che i suoi sentimenti per lui non erano cambiati, nonostante le difficoltà.
Lo amava e lo faceva con tutta se stessa, anima e corpo.
E lui l'amava altrettanto, senza riserve, senza dubbi.
Quel giorno, quand'era finalmente tornato a casa, le aveva chiesto scusa per tutto, per le nottate passate da sola mentre lui si divertiva con gli amici, per le scenate di gelosia fatte sotto gli effetti dell'alcool, per quell'ultima pesantissima crisi d'astinenza che l'aveva portato quasi ad aggredirla come un pazzo.
Le aveva promesso che ci avrebbe dato un taglio con quella roba, che sarebbe migliorato, che l'avrebbe fatto per lei, per loro...
Ma nei mesi successivi gli eccessi del ragazzo erano rimasti invariati se non addirittura peggiorati e da parecchie settimane lei e Duff non si vedevano quasi più, lui perso nella musica, nell'alcool e nella cocaina e lei sempre più stanca, ormai, di inseguirlo ogni giorno per cercare di stare con lui almeno qualche minuto.
Una parte di lei voleva ancora lottare per loro, per quell'amore che sentiva ancora dentro di sé, per quel ragazzo che sapeva essere così diverso dall'uomo che ogni tanto ritrovava svenuto nel suo letto o sul divano.
Un'altra parte, però, le ripeteva sempre più spesso che non poteva lottare da sola, che ormai Duff era precipitato in un baratro da cui non sarebbe riuscita a tirarlo fuori senza la sua collaborazione e da cui sapeva benissimo che non voleva affatto uscire. Non per il momento, per lo meno.
Il taxi si fermò all'aeroporto e Lene scese, il cuore pesante e la mente piena di pensieri.
Non aveva detto a Duff che l'avrebbe raggiunto e sperava davvero che lui sarebbe stato contento di quella sorpresa e che magari passare un po' di giorni insieme li avrebbe aiutati a tornare a quello che erano non molti mesi prima.
Entrò nell'aeroporto e si diresse al check in, la fiammella della speranza ancora accesa nel suo cuore.

Cinque ore più tardi, ormai a  New York, Lene scese dal taxi e ringraziò l'autista che la stava aiutando con la sua sacca.
Guardò l'hotel e non poté fare a meno di pensare che solo un anno prima i ragazzi mai avrebbero potuto permettersi una camera in un qualsiasi hotel, figuriamoci un quattro stelle come quello.
Entrò dentro e si avviò alla reception, attirando l'attenzione del ragazzo che vi lavorava con un colpetto di tosse.
"Mi scusi, la camera di Michael McKagan?"
Il ragazzo riconobbe immediatamente il nome e la persona a cui corrispondeva, Lene lo capì dal lieve incresparsi delle sue sopracciglia.
"Lei è...?"
"Magdalene Garcia Johnson"
Lene lo osservò mentre con sguardo attendo scorreva una lista di nomi alla ricerca del suo, fermandosi più o meno a metà.
"Benvenuta signorina Johnson. Le lascio la chiave di riserva come da indicazioni del Signor McKagan. Stanza 405, quarto piano, corridoio di destra."
Lene gli sorrise e annuì, prese in mano la chiave che l'uomo le stava porgendo e si avviò verso l'ascensore.
Il cuore le batteva incredibilmente veloce, dandole una sensazione strana.
Era agitata, lo era già prima di lasciare Los Angeles, perché non era del tutto certa di cosa avrebbe trovato davanti a sé.
Duff ultimamente era sempre più fuori e alternava momenti di frenesia totale a momenti di depressione che annegava ovviamente nell'alcool e ora che si avvicinava alla camera 405, le chiavi che le tintinnavano in mano, Lene iniziava davvero a chiedersi in quale dei due stati l'avrebbe trovato, incerta su quale fosse la sua risposta preferita.
Si fermò davanti alla porta per qualche secondo, cercando di raccogliere le forze e darsi un po' di coraggio.
Era l'uomo che amava quello che si trovava dall'altra parte della porta, non un estraneo o un pazzo! In qualunque stato l'avesse trovato, si sarebbe presa cura di lui come aveva sempre fatto e una volta sobrio, avrebbe cercato di farlo stare tale il più a lungo possibile, tutto qui.
Lene soffiò via tutta l'aria che aveva nei polmoni, cercando di rilassarsi e poi inserì la chiave nella serratura e girò, spingendo la porta piano in modo da non svegliarlo nel caso fosse a letto.
Il salottino della camera era effettivamente al buio, le tende tirate come se fosse notte, ma Duff doveva essere sveglio perché sentiva dei rumori provenire dalla  camera da letto, anche se non riusciva a capire di che genere fossero.
Quasi sicuramente o stava vomitando o peggio ancora era praticamente incosciente e delirante.
Lene posò delicatamente a terra la sacca e si avviò verso la camera da letto, sospirando all'idea del quadretto che avrebbe trovato davanti ai suoi occhi.
Come mise piede in camera, però, Lene si bloccò di colpo, come se si fosse congelata sul posto, il cuore che pompava a mille e il cervello praticamente paralizzato.
Davanti a lei due ragazze bionde, completamente nude, si davano da fare con Duff come potevano, mentre il ragazzo, passivamente disteso sul letto, borbottava frasi senza senso mescolate a gemiti di piacere.
Una delle ragazze era inginocchiata tra le sue gambe e gli stava regalando un pompino da manuale, mentre l'altra gli era seduta praticamente in faccia e si lasciava esplorare con le mani e con la bocca ovunque lui volesse, producendo dei versi degni di un film porno di bassissima qualità.
All'ennesimo grido di piacere di quest'ultima, Lene sembrò riacquistare un po' di lucidità, sebbene il dolore che sentiva al petto e allo stomaco non le permettesse quasi di respirare.
"Duff..."
La voce le uscì flebile, ma sufficientemente forte da arrivare alle orecchie di una delle ragazze, che si girò per vedere a chi appartenesse quella voce.
L'espressione sul volto della donna passò da curiosa a scocciata non appena questa si rese conto che quell'inatteso ingresso avrebbe probabilmente messo fine al loro divertimento.
Si rigirò verso il ragazzo sotto di lei e con un'impressionante apatia nella voce richiamò la sua attenzione.
"Ehi... c'è una tipa là dietro che ti cerca..."
Duff ci mise un po' a incamerare quell'informazione, la mente troppo annebbiata sia dall'alcool sia dagli ormoni in subbuglio.
Si scostò dalla ragazza, sporse leggermente la testa di lato per vedere di cosa diavolo stesse parlando e subito non riuscì nemmeno a distinguere bene chi fosse quella figura in piedi sull'uscio della camera.
Strizzò gli occhi cercando di metterla a fuoco meglio e solo dopo qualche minuto il suo cervello sembrò risvegliarsi di colpo.
"Merda, Lene!!"
Paradossalmente il fatto che Duff finalmente l'avesse riconosciuta le fece ancora più male, forse perché le fece diventare tutto terribilmente  e tristemente reale.
Non riusciva a credere che fosse arrivato così tanto in basso da farle una cosa del genere, che avesse tradito la sua fiducia, il loro amore, tutto quello che avevano creato in quei lunghi mesi insieme.
Lene scosse il capo quasi incredula e profondamente delusa, le lacrime ormai copiose sul suo volto in un pianto silenzioso che rendeva la scena ancora più triste.
"Addio."
Riuscì a dire solo quello, con un filo di voce, il diaframma completamente schiacciato dal peso di quel dolore che le stava dilaniando l'anima.
Girò sui suoi tacchi, afferrò la sacca che aveva lasciato vicino alla porta e uscì senza dire una parola, ignorando le grida disperate che provenivano dalla camera da letto e la voce di Duff che urlava il suo nome invano.
S'infilò nell'ascensore come un automa, incapace di sentire alcun suono e di vedere alcunché, come anestetizzata da quello che aveva appena visto.
Uscì dall'albergo senza nemmeno notare lo sguardo stupito del ragazzo della reception e appena mise piede fuori, salì sul primo taxi disponibile, sempre in quella specie di stato di trance.
L'autista la guardò sospettoso, temendo probabilmente che fosse drogata o in preda a qualche  allucinazione, ma Lene sembrò ridestarsi per qualche istante e gli chiese di portarla all'aeroporto.
La macchina si mise in moto e Lene tornò in quello stato catatonico che non le permetteva neanche di pensare a quello che era successo, lo sguardo fisso fuori dal finestrino e la mano stretta come una morsa intorno alla tracolla della sacca.
Si accorse ad un certo punto che la macchina si era fermata e si girò verso l'autista che la guardava con un grosso punto interrogativo dipinto sul volto.
Notò la cifra che gli doveva lampeggiare sul display e sempre senza dire una parola, gli allungò i soldi che gli doveva e poi scese dal veicolo.
La mente iniziò a schiarirsi nel momento in cui mise piede nell'aeroporto. Doveva cercare di prendere un biglietto per il primo volo utile e sperare di trovarne uno che partisse di lì a poco, onde evitare di farsi trovare da Duff nella remota possibilità che lui andasse a cercarla.
Per la prima volta da quando lo conosceva, Lene sperò con tutta se stessa che il ragazzo fosse talmente pieno di roba da non avere la forza e la capacità di mettersi in piedi e ragionare a tal punto da intuire dove lei potesse essere.
Si mise in fila per comprare un biglietto e quando l'hostess le disse che forse riusciva ancora a prendere quello che sarebbe partito in meno di un'ora, si lasciò andare a un sospiro di sollievo.
Passò il check in girandosi di tanto in tanto onde verificare che Duff non fosse arrivato, cercò la sua porta d'imbarco e solo una volta sistemata sull'aereo, seduta dal lato del finestrino, si concesse di pensare, per quanto male potesse farle.
Duff l'aveva tradita e chissà quante altre volte l'aveva fatto prima di quella sera. Si sentiva stupida, ingenua e patetica ad aver creduto di poter essere la sua ancora di salvezza, in grado di riportarlo coi piedi per terra ogni volta che si lasciava andare alla deriva, l'unica donna della sua vita.
Chissà quante risate si erano fatti tutti alle sue spalle, quante volte Slash e Izzy e gli altri gli avevano coperto le spalle, quante notti lui aveva passato con delle altre mentre lei era convinta che fosse svenuto a casa di qualche amico.
Delle lacrime di rabbia mista a dolore iniziarono a scivolarle lungo le guance.
Era stata una stupida e un'illusa a credere di essere l'unica che lui desiderasse, l'unica che avesse importanza per lui, l'unica che amava.
Chissà se le era stato mai fedele o se contrariamente a quello che le aveva fatto credere, lui non aveva mai smesso di passare da una ragazza a un'altra, da un letto a un altro, lasciandola illudere di essere speciale.
Le lacrime iniziarono a scendere copiose nel ricordare le belle parole che lui le aveva detto per vincere ogni sua resistenza, i bei momenti passati insieme, la sensazione, bellissima, di non essere più sola e di avere qualcuno su cui poter contare.
Duff aveva preso il suo cuore, l'aveva illusa di volersene prendere cura e poi l'aveva schiacciato senza pietà, facendola soffrire più di quanto Jake avesse fatto e di quanto lei stessa avesse mai pensato fosse possibile.
Lene pianse per tutto il viaggio, incapace perfino di dissimulare le sue emozioni davanti alle hostess e ai suoi vicini di viaggio.
Non le importava più di niente e di nessuno ormai, tutte le sue energie mirate soltanto a continuare a far battere il suo cuore che sembrava essere sul punto di fermarsi da un momento all'altro da quanto le faceva male.

Un vociare confuso e concitato stava animando il corridoio di quell'albergo da ormai una mezz'ora.
Steve era seduto per terra con le bacchette in mano, lo sguardo fisso davanti a sé e un sorriso annacquato dipinto sul volto, e ogni tanto le batteva per terra o l'una contro l'altra, rendendo la scena ancora più surreale.
Slash era appoggiato al muro di fronte a lui, la testa leggermente reclinata all'indietro e una bottiglia di whisky in mano che ogni tanto si portava alla bocca lentamente, lasciando che il liquido ambrato gli scendesse lentamente lungo la gola.
Axl stava dando dei forti colpi alla porta della camera di Duff, un insieme di rabbia e paura a sconvolgergli i bei lineamenti.
"Cazzo Duff, apri sta cazzo di porta!!"
Izzy diede un tiro alla sua sigaretta, nervoso. Era da mezz'oretta che cercavano di entrare in quella stanza e Duff non dava ancora segni di vita.
Il primo ad arrivare alla porta era stato Slash, mandato da Axl a vedere che diavolo stesse facendo il bassista visto che era in ritardo di venti minuti al loro appuntamento nell'atrio.
Avevano un concerto quella sera e una volta tanto che il cantante era puntuale sarebbe stato quasi ironico che a fargli far tardi fosse stato proprio uno di quelli che si incazzavano sempre da matti quando Axl non si faceva vedere o arrivava un'ora dopo del previsto.
Slash però non era proprio al massimo della forma e quando Duff non gli aveva risposto aveva fatto spallucce ed era tornato giù ad avvisare il rosso degli sviluppi della situazione.
Cosa cazzo vuol dire che non risponde?! era stata la reazione di Axl e Slash aveva fatto di nuovo spallucce e non aveva nemmeno replicato. Ehi, lui aveva fatto quello che gli avevano chiesto di fare, per quel che lo riguardava la cosa finiva lì.
A quel punto Axl in persona era salito al quarto piano insieme a Izzy e aveva provato a farsi aprire dal biondo senza risultato però.
Dopo aver dato di matto per dieci minuti buoni, Izzy l'aveva convinto che era sterile e inutile stare lì a urlare come un pazzo e tirare calci e pugni a una porta e i due erano tornati nella hall dell'albergo per parlare con il receptionist.
Il ragazzo li aveva informati che la chiave di riserva non era più lì, essendo stata data alla fidanzata del signor McKagan e che l'unica cosa che potevano fare era andare ad aprire con il passpartout delle pulizie.
Izzy a quel punto aveva chiamato Alan, con cui erano rimasti d'accordo che si sarebbero visti al club e poi tutti e quattro, cinque se si contava il ragazzo dell'hotel, erano saliti di nuovo al quarto piano e ora si trovavano lì di fronte, mentre Axl faceva l'ennesimo tentativo di farsi aprire.
"Cazzo Duff, apri sta cazzo di porta!!"
Il ragazzo dell'albergo decise allora di usare il passpartout e aprì la porta, senza entrare però. Non era sicuro di cos'avrebbe trovato là dentro e sinceramente non aveva nessuna intenzione di entrare per primo.
Axl e Izzy si lanciarono uno sguardo preoccupato. Entrambi stavano pensando la stessa cosa e l'idea di entrare e trovarlo riverso nel letto o morto sul pavimento gli diede i brividi.
Izzy fece un cenno del capo all'amico e il cantante si girò verso la porta e la spinse aprendola ancora di più e varcando la soglia della camera.
C'era un buio fitto nella stanza e un odore di chiuso terribile. Era evidente che Duff non si era alzato da letto quel giorno e se anche l'aveva fatto, non aveva avuto il pensiero di aprire le finestre e far passare un po' d'aria.
Axl si spostò verso la camera e un forte odore di vomito, alcool e sesso lo stordì immediatamente.
Ok, era altrettanto evidente che Duff si era divertito parecchio il che gli fece pensare che se proprio doveva essere morto, almeno si era goduto gli ultimi attimi della sua vita.
Immerso in quei pensieri, Axl non si accorse di essersi fermato e che Izzy lo stava superando per entrare.
Merda fu l'unica cosa che il chitarrista riuscì a dire prima di correre verso l'amico che era riverso in una pozza di vomito sul suo stesso letto, cercando di sollevarlo e metterlo supino per aiutarlo a respirare, se fosse stato ancora vivo.
Axl gli fu accanto in un secondo e lo aiutò a spostare di peso Duff, cercando di non smerdarsi con tutto quello schifo che c'era sul letto.
Fu chiaro immediatamente ad entrambi che per fortuna il loro amico era vivo, per lo meno lo era ancora e che rimetterlo in piedi per il concerto non sarebbe stato affatto facile.
"E' morto?"
La testa piena di ricci di Slash fece capolino nella stanza e Izzy lo guardò scuotendo il capo.
"No, per fortuna no. Però è conciato proprio male."
Il riccio si avvicinò al bordo del letto, Steve subito dietro di lui.
"Che diavolo sta dicendo?"
Solo allora anche Axl e Izzy si resero conto che Duff stava borbottando qualcosa ma con un tono talmente flebile da rendere quasi impossibile udirlo.
Fu Steve, da dietro a tutti, a svelare l'arcano, quello strano sorriso un po' sghembo sempre presente sul suo volto.
"Lene. Sta dicendo Lene."
Izzy e Axl si guardarono per qualche istante e fu Slash a risvegliare un po' tutti dai propri pensieri.
"Se vogliamo che sia sul palco tra due ore sarà il caso di buttarlo sotto la doccia, non credete?"
Axl e Izzy annuirono e preso di peso il ragazzo, con l'aiuto di Slash, portarono il bassista nel bagno e lo cacciarono sotto un getto di acqua gelida, facendolo gridare e annaspare come un bambino appena venuto al mondo.
Dopo un po', quando il suo cervello riuscì a rimettersi a lavorare e la sua bocca smise di imprecare contro di loro e contro la vita che era una merda, Duff li cercò con lo sguardo tutti e tre, uno sguardo disperato che nessuno di loro gli aveva mai visto.
"Lene... dov'è Lene?! L'avete vista?"
I ragazzi lo guardarono stupiti e quando Duff vide che uno alla volta scuotevano il capo in senso di diniego, appoggiò la testa alla parete della doccia, come se improvvisamente tutte le forze lo avessero abbandonato di colpo.
"L'ho persa... l'ho persa per sempre sta volta..."
E sotto lo sguardo impietrito dei suoi amici, Duff si lasciò andare ad un pianto silenzioso con la consapevolezza  di chi sa di aver commesso l'errore più grande della sua vita e la compostezza e la rassegnazione di chi sa che non c'è nulla che possa fare per rimediare a quello sbaglio.

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Capitolo 24
*** 23° capitolo ***


Post tradimento Eccomi qui con un altro capitolo.
Mi scuso immensamente per il ritardo nel postare, ma ho avuto un bel po' di problemi familiari che mi hanno inevitabilmente tenuta lontana dal computer.
Spero di riuscire a migliorare un po' nella frequenza, anche se non posso promettervi niente!
Spero vi piaccia il capitolo!
Buona lettura.

16 marzo '87 LA

Lene uscì dall'aeroporto e una sferzata di vento la investì in pieno, facendole venire la pelle d'oca.
Faceva freddo  e pioveva a dirotto a Los Angeles e Lene non poté fare a meno di pensare che il tempo rispecchiava perfettamente il suo stato d'animo in quel momento.
Fece qualche passo in avanti, finendo sotto la pioggia, per chiamare un taxi che per sua fortuna arrivò subito.
Si sedette tirando dentro il trolley e si strinse con le braccia il busto, cercando di darsi un po' di calore, perché sentiva il freddo e l'umido entrarle nelle ossa e l'ultima cosa che le ci voleva in quel momento era ammalarsi.
"Dove la porto?"
La voce del tassista la scosse dal suo tremore.
Eh già, dove si faceva portare? Non vi aveva pensato, troppo presa dal suo dolore e dal desiderio di strapparsi il cuore dal petto per avere un po' di sollievo.
Di andare a casa non se ne parlava nemmeno... era troppo impregnata di lei e di lui, troppo piena di ricordi e di cose di Duff pronte a tormentarle anima e cuore.
Ma allora dove poteva andare? A chi poteva chiedere rifugio in un momento simile?
"Allora signorina?"
Lene alzò lo sguardo verso l'autista e lo fissò negli occhi in silenzio per qualche attimo ancora.
"Rose Avenue, per favore."
L'uomo annuì e mise in moto in silenzio, lasciando Lene ai suoi cupi pensieri.

New York

Le grida della folla inneggiavano alla band nella speranza di un bis, come si era solito fare ad ogni concerto degno di questo nome.
Slash appena uscito dal palco si asciugò le mani con il foulard blu che teneva sempre nella tasca posteriore dei suoi pantaloni. Gliel'aveva regalato sua nonna quando aveva iniziato a suonare la chitarra e per lui aveva un significato davvero speciale.
Lo infilò nuovamente nella tasca e mentre si portava alla bocca il suo amato Jack Daniels, notò con la coda dell'occhio Duff che gli passava accanto con passo strascicato ma deciso, diretto inequivocabilmente verso i camerini.
Cercò con lo sguardo gli altri e vide che anche Izzy stava seguendo Duff con lo sguardo, immerso in una nuvola di fumo biancastro.
Forse sentendosi osservato, il chitarrista spostò lo sguardo da Duff e incrociò quello di Slash, leggendovi dentro lo stesso interrogativo che rimbombava nella sua testa da qualche secondo: dove cazzo stava andando Duff?
Con la coda dell'occhio Izzy vide Steven che parlava con il suo spacciatore e improvvisamente sentì una gran voglia di farsi un viaggetto anche lui, dimentico all'istante del suo biondo amico e delle grida che venivano dal pubblico.
Rimase come incantato mentre Steven prendeva tra le mani una bustina di plastica con le mani tremanti e fu solo la voce aspra di Axl a risvegliarlo e riportarlo alla realtà.
"Che cazzo, potevate anche aspettare dieci minuti, no? Giusto il tempo di un altro paio di canzoni, che ci voleva?"
Axl infatti era arrivato dal camerino e aveva beccato Steve con una siringa già in mano, Slash con una bottiglia mezza vuota accanto, Izzy in una coltre di marijuana e Duff completamente sparito.
"Dove cazzo è finito Duff?"
Axl guardò Izzy, l'unico che gli sembrava ancora in grado di formulare una risposta sensata.
L'amico, però, non gli rispose nemmeno, molto più interessato all'ago nella vena di Steve che al bassista.
"Qualche stronzo si degna di rispondermi?!"
Axl adesso era davvero incazzato. Se c'era una cosa che non sopportava era essere ignorato!
Izzy si girò verso di lui con un certo scazzo.
"Se n'è andato, Axl, cosa ti aspettavi? E' già tanto che sia riuscito a suonare come si deve, considerato lo stato in cui era poche ore fa. Pretendere che facesse anche i bis mi sembra un po' troppo, non credi? Pure io ho voglia di tornarmene in albergo, se non ti spiace..."
Slash a quelle parole si mise in piedi e afferrò la bottiglia.
"Vengo anch'io amico, ho una gran sete e ho quasi finito questa."
Izzy gli fece un cenno affermativo col capo e si fermò un istante vicino a Steve.
"Ci pensi tu a portarlo nella sua stanza?"
Axl diede un tiro alla sua sigaretta e guardò il batterista con un mal celato disprezzo.
"Non ci penso nemmeno, io ho da fare, Erin mi sta aspettando. Ci penseranno i suoi amici spacciatori."
E senza degnare Steve neanche di uno sguardo, Axl se ne tornò verso il camerino, lasciando Izzy a combattere con quel poco di razionale che c'era ancora in lui e che stava cercando di farlo sentire in colpa in quel preciso istante.
Come potevano lasciarlo lì, sbattuto per terra, e andarsene?
Slash gli posò una mano sulla spalla, usandola anche come sostegno.
"Andiamo amico? Ho una gran voglia di spararmi un po' di roba buona in vena, ne ho presa da un tizio nuovo ed è davvero da sballo! Sei mio ospite se vuoi, te la faccio provare."
Quelle furono le paroline magiche. Roba buona e gratis? I dubbi e i sensi di colpa di Izzy si zittirono in un colpo solo. 
Si avvicinò ad un paio di tizi che ultimamente ronzavano spesso intorno a Steve.
"Portatelo voi in albergo... vivo per favore!"
Slash si lasciò scappare una risatina e senza aspettare una risposta, i due chitarristi si allontanarono insieme, lasciando Steve appoggiato con la schiena al muro, gli occhi chiusi e un sorriso beato stampato sul volto, come se stesse facendo il sogno più bello del mondo.

Los Angeles

Il taxi si fermò e l'autista si girò verso Lene per riscuotere i soldi.
La ragazza non aveva detto una parola per tutto il viaggio, emettendo solo singhiozzi e sospiri, e anche adesso l'unico suono che si sentiva nell'abitacolo era quello della pioggia che batteva sulla macchina con forza.
Lene uscì dal taxi col suo trolley e si ritrovò investita da una cascata d'acqua che la inzuppò definitivamente.
Si affrettò verso il cancello della villetta e suonò il citofono col cuore in gola. E se non ci fosse stato nessuno in casa? O peggio ancora, se ci fosse stata una festa o una serata romantica in atto?
Il cancello si aprì all'improvviso e Lene si avviò a passo spedito verso la casa, l'acqua che le bagnava il viso copiosamente.
Come fu dalla porta, non fece nemmeno in tempo a bussare che il volto preoccupato di Jason le apparve davanti.
"Lene, che succede? Vieni dentro, ti prenderai una polmonite così!"
Vedendo che lei non reagiva, Jason l'afferrò per un braccio e la tirò dentro con forza, in modo da metterla al riparo dalla pioggia.
Non l'aveva mai vista così, mai.
Il volto segnato dal dolore, gli occhi rossi per il pianto e lo sguardo disperato di chi si è visto portar via tutto quello che conta.
Le portò istintivamente una mano al viso per farle una carezza.
Era ghiacciata e tremava sotto il suo tocco, ma non per i motivi che avrebbe tanto desiderato lui.
"Piccola, sei sotto shock... che diavolo è successo?"
Lene nel sentire quel contatto caldo sulla sua pelle e quelle parole, non riuscì più a darsi un contegno e scoppiò in un pianto a dirotto colmo di tutti i sentimenti che la stavano scombussolando ormai da ore.
Jason la strinse a sé con forza, noncurante del fatto che così si sarebbe bagnato anche lui tutti i vestiti.
Cercò di scaldarla un po' col suo corpo, mentre con una mano le carezzava i capelli fradici nel tentativo di calmare quei singhiozzi che le sconquassavano il petto.
"Va tutto bene Lene... ci sono qua io ora... va tutto bene."
Una mano ghiacciata di Lene gli sfiorò inavvertitamente il collo e Jason capì che non poteva più aspettare.
Si staccò leggermente da lei e l'afferrò per una mano, trascinandola con sé al piano di sopra, cercando di ignorare i singhiozzi della ragazza che non riusciva a smettere di piangere.
"Ora ti fai una bella doccia bollente, o la polmonite non te la leva davvero nessuno."
Lene non disse nulla, troppo concentrata nel disperato tentativo di riuscire a calmarsi, invano.
Pensare che se c'era una che odiava piangere davanti agli altri era proprio lei! Ma era come se tutto quello che si era tenuta dentro in quei mesi stesse traboccando fuori dal suo cuore e quel fiume in piena di emozioni era evidentemente più forte del suo orgoglio.
Si lasciò condurre in una camera e di lì in un bagno e si sedette su una cesta del bucato, mentre Jason apriva l'acqua nella doccia.
Sentì gli occhi dell'uomo su di lei e alzò lo sguardo per incontrare il suo, ma fu una pessima idea, perché quello che vi lesse dentro la fece scoppiare nuovamente a piangere a dirotto come una bambina.
Jason si inginocchiò davanti a lei e le prese il viso tra le mani, scostando delle ciocche bagnate.
"Porca puttana Lene, ma che diavolo è successo? E' stato quell'idiota di Duff a ridurti così? Ti ha fatto del male?"
A quelle parole i singhiozzi di Lene si fecero se possibile ancora più forti.
Se le aveva fatto del male? Come nessun altro al mondo prima di allora! Le aveva strappato il cuore dal petto e l'aveva fatto a pezzi!
Jason prese quella reazione come un sì e sentì un'ondata di rabbia investirlo in pieno.
Fece per parlare, ma un dubbio orribile lo colse vedendo Lene incapace di riprendersi.
"Ti ha messo forse le mani addosso? Ti ha picchiata??"
Lene fece di no con la testa e Jason tirò un sospiro di sollievo.
Quel musicista da strapazzo almeno non si era abbassato a tanto, per fortuna.
Vedendo che Lene aveva diminuito leggermente il pianto, Jason decise di non insistere nell'avere una spiegazione in quel momento.
Le fece un'altra dolce carezza sul viso e le sorrise rassicurante.
"Dai, fatti una doccia e poi parliamo, ok? Intanto ti preparo qualcosa per tirarti un po' su... e dei vestiti asciutti, ovvio."
L'uomo si rimise in piedi e l'aiutò a fare lo stesso. Poi uscì dal bagno e chiuse la porta dietro di sé, il volto pensieroso.
Se non l'aveva picchiata, doveva averla ferita nell'animo, quindi o l'aveva lasciata o l'aveva tradita.
Un lieve sorriso gli comparve sul volto. Tutto sommato questa cosa poteva trasformarsi in qualcosa di positivo... almeno per lui.
Scrollò via quei pensieri decisamente egoistici e si diresse verso un armadio dove sapeva di avere degli indumenti femminili lasciati lì da varie muse ed amanti.
C'erano varie cosette decisamente sexy e nello spostarle per scegliere, Jason si concesse di immaginarsi Lene con addosso ognuno di essi.
Sollevò con un dito un baby doll di pizzo nero con una profonda scollatura e sentì un'improvvisa ondata di caldo.
"Se fosse un altro momento..."
Jason sospirò lasciando cadere la lingerie e afferrò l'unica cosa vagamente decente che poteva darle, ossia una sua lunga camicia a scacchi, in stile grunge, che non sapeva nemmeno bene come fosse finita lì.
Poi uscì dalla camera e scese al piano di sotto, pronto a preparare qualcosa di forte per tirare su la sua amica.
Lene lasciò che il calore dell'acqua le penetrasse nelle ossa e le portasse un po' di calma e un attimo di pace.
Non riusciva a togliersi dalla testa l'immagine di Duff sotto a quelle ragazze e la sua faccia colpevole una volta che aveva compreso chi lei fosse.
Lene si lasciò scappare una specie di risatina sarcastica.
Il suo ragazzo... ex ragazzo... ci aveva messo ben più di un minuto per riconoscere quella che doveva essere l'amore della sua vita. Quant'era ironico tutto quello??
Un vago senso di rabbia iniziò ad alimentarsi dentro di lei, ma subito il dolore per quell'amore perduto e il senso di umiliazione che aveva letto riflesso negli occhi di quelle due donne sommersero tutto il resto.
Lene spense l'acqua di colpo e uscì velocemente dalla doccia. Stare lì sotto l'aveva sì calmata, ma le schiariva fin troppo i pensieri, costringendola a ricordare e pensare esattamente a ciò che voleva disperatamente dimenticare.
Si infilò la camicia di flanella, si asciugò velocemente i capelli, raccogliendoli sulla nuca con una matita trovata sul comodino, e scese lentamente di sotto.
La musica dei Led Zeppelin la guidò fino in un salotto dove Jason stava accendendo dell'incenso.
Il ragazzo si sentì osservato e si girò verso di lei, sorridendole calorosamente.
Dio quant'era bella con quell'aria dimessa e quel velo di tristezza negli occhi! Avrebbe dato qualunque cosa per poterla immortalare in quel preciso istante e imprigionare per sempre tutte quelle emozioni su una tela!
Le andò incontro e le sfiorò il viso stravolto.
"Ehi... ti senti un pochino meglio?"
Lene annuì leggermente, intimidita da quella situazione.
"Grazie per avermi accolta senza batter ciglio, io..."
Jason non la fece finire.
"Scherzi? Hai fatto benissimo a venire qui da me. A cosa servono gli amici? E poi ho tutto quello che può servire a distrarti dai brutti pensieri."
Il ragazzo le fece l'occhiolino, complice, e si spostò verso un mobiletto per prendere due bicchieri belli colmi di un liquido ambrato.
"Iniziamo con un classico. Un bel whisky liscio per riscaldarti ancora un po' e rilassarti."
Lene prese il bicchiere  e buttò giù una lunga sorsata, lasciando che il liquido le scivolasse velocemente giù per la gola.
Si fermò per riprendere fiato, mentre Jason la studiava silenzioso.
"Meglio?"
Per tutta risposta Lene si attaccò nuovamente al bicchiere e bevve fino all'ultima goccia.
"Ok, piano B..."
Il ragazzo aprì un cassetto e tirò fuori due spinelli pronti all'uso. Ne accese uno e lo passò a Lene, che fece subito un tiro profondo.
L'effetto di tutto quel whisky a stomaco vuoto iniziò a farsi sentire e quello più l'effetto dell'erba di altissima qualità che stava fumando, iniziarono a farle sentire la testa più leggera, in tutti i sensi.
Si lasciò cadere seduta su una poltrona e portò le ginocchia al petto, come a proteggersi da tutta quella storia e coccolarsi un po'.
Jason si sedette sul bordo del tavolino di fronte a lei e sorseggiò il suo drink, lo sguardo penetrante puntato sui suoi occhi tristi.
"Adesso posso chiederti cos'è successo?"
Lene diede un altro tiro e poi si lasciò andare ad un sorriso amaro.
"Certo che puoi chiedermelo... e non credo sarai sorpreso dalla risposta... nessuno lo sarà... probabilmente tutti sapevano come stavano realmente le cose tranne la sottoscritta, troppo stupida per rendersi conto dell'ovvio!"
Delle lacrime silenziose ricominciarono a rigarle il viso e Jason posò allora il suo bicchiere per terra, portandosi di nuovo in ginocchio davanti a lei.
Le tolse la sigaretta di mano, appoggiandola su un posacenere lì vicino, e la strinse in un abbraccio che fece sciogliere Lene di nuovo in un pianto liberatorio.
Jason prese a carezzarle la schiena lentamente e avvicinò la bocca all'orecchio di Lene.
"E' tutto ok Lene... sfogati per bene... sono mesi che ti porti sulle spalle paure e tensioni varie, lascia che scivolino via."
Lene si sentì crollare dentro a quelle parole. Era vero, erano molti mesi ormai che quella storia le dava quasi solo preoccupazioni, che soffriva e cercava di tener duro per entrambi, che si dannava l'anima per riuscire a mantenere intatto quel piccolo frammento che ormai li teneva uniti... e per cosa??
"Sono stata una scema... una vera scema! Io qui a farmi mille seghe mentali e lui lì a scoparsi tutte le ragazze possibili e immaginabili!"
Lene sentì la mano di Jason fermarsi per qualche istante  e si staccò leggermente da quell'abbraccio per guardarlo negli occhi, qualche lacrima che ancora le scivolava malandrina lungo il viso.
"L'ho beccato con due ragazze, Jason, capisci? Con due ragazze! Non una di cui si è innamorato follemente e per cui poteva valere la pena mandare tutto a puttane, ma due maledettissime sconosciute di cui a quest'ora non si ricorderà né il volto né il nome!! Valevamo così poco noi due per lui? Così poco??"
Lene a quel pensiero scoppiò a piangere a dirotto e si lanciò tra le braccia di Jason per cercare conforto.
L'uomo la strinse forte a sé, senza dire nulla. Capiva benissimo cosa intendesse dire Lene e non osava immaginare come fosse cocente la delusione della ragazza nell'aver scoperto che l'uomo cui aveva dato tutta se stessa, aveva dato così poco valore al loro rapporto da buttarlo nel cesso per una stupida scopata.
Si staccò da lei giusto quel tanto da poterla guardare negli occhi mentre le parlava.
"Quell'imbecille non ha davvero capito un cazzo della vita se si è lasciato scappare dalle mani una donna speciale come te, Lene, niente di niente! Tu sei così... viva, così piena di emozioni, di passione e di amore... Hai un fuoco che arde dentro di te, che ti porta a vivere sempre intensamente qualunque cosa ti accada, senza mezze misure e senza compromessi. Sei come un oceano in tempesta, travolgente e incontenibile, che poco dopo, al calare dei venti, si quieta placido e sereno. E poi sei così bella, Lene... così irresistibilmente sensuale..."
Come trascinato dalle sue parole, Jason non riuscì a controllarsi e portò le labbra su quelle di Lene in un bacio morbido, ma tremendamente erotico.
Si fermò all'istante, sorpreso lui stesso dal suo gesto avventato e la guardò dritta negli occhi per capire la sua reazione, pronto a scusarsi immediatamente, ma Lene non gli diede nemmeno il tempo di parlare e si attaccò di nuovo alle sue labbra, baciandolo con trasporto.
Non sapeva nemmeno lei cosa le stesse passando per la testa, ma non voleva pensarci, non in quel momento in cui l'unica cosa che desiderava era spegnere la testa e trovare un po' di pace.
I loro baci si fecero sempre più sensuali, le lingue a inseguirsi in una danza frenetica, il respiro sempre più affannato.
Jason sentì chiaramente gli effetti di quei baci sul suo corpo e fece uno sforzo immane per staccarsi da lei prima di perdere completamente il controllo, il fiato ancora corto.
"Tu sei sconvolta... noi non dovremmo... non è giusto... non sei in te..."
Lene gli sfiorò leggermente le labbra con le dita, come se temesse di perdere il contatto con lui.
"Ne ho bisogno Jason... ho bisogno di perdermi completamente, almeno per un po'... aiutami, ti prego..."
Quelle parole cancellarono in un colpo solo tutte le remore del ragazzo.
Jason si avventò nuovamente su di lei e su quella bocca che aveva sognato di baciare dal primo giorno che l'aveva incontrata.
Lentamente iniziò a sbottonarle la camicia e a baciare ogni lembo di pelle che la stoffa di flanella rivelava al passaggio delle sue dita.
Lene chiuse gli occhi assaporando il piacere che quei baci le provocavano, piacere amplificato dalle sostanze che le circolavano ormai in corpo da un po'.
Sentì il fruscio della sua camicia che scivolava a terra e poi due braccia forti che la sollevavano e la trasportavano via da quel salottino, posandola dopo poco su un morbido e ampio letto.
La luce divenne soffusa, il profumo di incenso si diffuse per tutta la stanza insieme alle note di una musica che non conosceva e l'ultima cosa che percepì prima di abbandonarsi ad un piacere intenso, fu la voce di Jason che le sussurrava piano all'orecchio.
"Tranquilla piccola, ci penso io a te ora."



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Capitolo 25
*** 24° capitolo. ***


Ultimo capitolo Ok, mi prostro in tutti i modi possibili e immaginabili per averci messo così tanto a postare! Sono imperdonabile, lo so, scusate.
Questo è l'ultimo capitolo della prima parte, quella ambientata in piena era Guns. E' un po' lunghino, ma essendo quello di chiusura, ci stava, o almeno lo spero!
In questo preciso istante non so ancora se chiudere questa storia e poi riaprirne un'altra con la seconda parte, oppure continuare a postare qui, con un salto temporale. Lo scoprirete solo vivendo ^_^
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!
Buona lettura!
CIAO

23 giugno '87 LA

Lene si rigirò nel letto per l'ennesima volta e alla fine si arrese all'evidenza di non riuscire a prendere sonno in nessun modo.
Nervosa e frustrata, sbuffò come una bambina e si alzò cercando di non fare rumore.
Si infilò una maglietta, scese al piano di sotto e si lasciò cadere sul divano, accendendo subito dopo la TV nella speranza di trovare almeno qualcosa di decente da vedere.
Ovviamente non doveva essere la sua giornata fortunata, perché nulla sembrava andarle a genio e distrarla da quello che le frullava nella testa e non le permetteva di prendere sonno.
Spense l'apparecchio, ancora più frustrata di prima, e aprì la grande finestra che dava sul giardino, facendo qualche profondo respiro.
Il silenzio della notte era spezzato da qualche auto che passava e Lene si chiese se anche nel suo quartiere quella notte le strade fossero così deserte e silenziose.
Il rumore, sebbene impercettibile, di alcuni passi la distolse dai suoi pensieri e poco dopo sentì una mano sfiorarle la spalla in una carezza.
"Non riesci a dormire?"
Lene fece cenno di no con la testa, rimanendo in silenzio.
Jason le scostò i capelli da un lato e le lasciò un morbido bacio sul collo, proprio alla base della nuca, per poi avvolgerla con le sue braccia da dietro e stringerla forte a sé.
Erano passati più o meno tre mesi da quando Lene era apparsa sulla soglia di casa sua completamente fradicia, in un mare di lacrime, e da allora non se n'era più andata.
Non che convivere fosse stata una scelta sentimentale, per carità. Lene aveva il cuore a brandelli per com'era finita la storia con Duff e Jason non era tipo da legami impegnativi, neanche con una donna speciale ai suoi occhi come Lene.
Semplicemente la ragazza non si era sentita di tornare a casa sua, terrorizzata di trovarci Duff, e a Jason era sembrata la soluzione più naturale ospitarla lì da lui, da bravo amico.
Certo, il fatto che ora il loro rapporto si fosse arricchito di una componente erotica aveva reso quella scelta molto allettante, ma Jason l'avrebbe ospitata a prescindere, di questo Lene era più che sicura.
"Sei sicura che vuoi farla domani sta cosa? Lo sai che per me non c'è problema, puoi stare qui quanto vuoi, mi fa solo che piacere la tua compagnia."
Lene lasciò scivolare le mani su quelle di Jason, che la tenevano stretta sotto il seno e sorrise.
"Lo so e ti ringrazio. Ma è inutile che continui a rimandare. E' una cosa che devo fare e se non mi do una scadenza finirò per tirarla avanti all'infinito e non voglio. E poi martedì devo andare a New York per la mostra, lo sai. Tanto vale farlo subito."
Jason appoggiò la bocca sul collo di Lene e fece un mugolio di assenso, provocandole dei piccoli brividi lungo la spina dorsale che non passarono inosservati al pittore.
Un sorrisetto malizioso, infatti, gli si dipinse sul volto e il ragazzo mollò immediatamente la stretta che esercitava sul corpo di Lene con le mani, spostandole lentamente e delicatamente verso il basso, alla ricerca del bordo della maglietta che la ragazza aveva addosso.
"Capisco... chissà se c'è qualcosa che posso fare, allora, per aiutarti a rilassarti e favorirti il sonno..."
Anche sul volto di Lene si dipinse un sorriso carico di aspettative.
Non era innamorata di Jason, questo era chiaro ad entrambi per fortuna, ma non poteva negare che la loro alchimia a letto era a dir poco esplosiva e lei non era certo una che disdegnava certe sensazioni, che tra l'altro l'avevano aiutata non poco ad andare avanti in quei mesi.
Le mani di Jason scivolarono sotto la maglietta e risalirono lentamente, carezzando la pelle sensibile di Lene, fino ad arrivare a quei meravigliosi seni che tanto lo avevano intrigato prima di potervi avere finalmente accesso.
Le dita del ragazzo iniziarono a muoversi sapientemente, accendendo immediatamente il desiderio di Lene, facendola sospirare di piacere.
"Mmm... ho come l'impressione di avere un certo margine di successo..."
Sentendo fremere la ragazza, Jason le diede un lieve morso sul collo, consapevole dell'effetto che aveva su di lei e quando Lene fece  per girarsi e liberarsi da quella meravigliosa tortura, lui la costrinse a rimanere dov'era.
"Dove scappi? Non osare muoverti di qui..."
Il tono volutamente basso dell'uomo e la fermezza con cui la stava tenendo ferma eccitarono Lene da morire, acuendo all'istante tutti i suoi sensi.
"Ho voglia di toccarti... lasciami girare per favore..."
Jason sorrise compiaciuto sentendola già così arrendevole e poggiata una mano sulla sua schiena, la spinse leggermente in avanti col busto, portandola istintivamente ad allargare leggermente le gambe e appoggiarsi con le mani al davanzale.
"Mi spiace, ma stanotte comando io."
L'uomo le sollevò leggermente la maglietta, scoprendo così il suo delizioso fondoschiena e poi le sfilò lentamente le mutandine, lasciandole cadere a terra.
Poi si chinò su di lei, arrivando a sussurrarle nell'orecchio.
"Che ne dici se ti scopo davanti a questo bel cielo stellato? Guai a te se fai rumore, però... i vicini stanno dormendo."
Lene non ebbe nemmeno il tempo di rispondere. Sentì il fruscio dei pantaloni del pigiama di Jason che cadevano a terra e un istante dopo la punta del suo membro duro che la sfiorava nel suo punto più sensibile.
"Vediamo se riesci a non gridare."
E con una spinta decisa, Jason entrò dentro di lei, costringendola a mordersi il labbro per trattenere la voce.
"Brava bambina, mi piace quando sei così obbediente."
Lene strinse con forza la presa sul davanzale della finestra e si lasciò scappare solo un gemito sommesso quando Jason riportò le sue mani sui suoi seni, riprendendo a stuzzicarla con esperienza.
"Sssh... ricordati dei vicini..."
Il ragazzo aumentò pian pianino il ritmo, beandosi del rumore che i loro corpi producevano ad ogni spinta e dei sospiri di Lene che fremeva sotto di lui.
La frequenza e la forza dei suoi movimenti aumentarono sempre di più e quando Lene sentì un dito di Jason sfiorarle il clitoride, un'ondata di piacere partì dalla punta dei piedi per arrivarle fino alla testa, portando via con sé tutte le paure e le tensioni che l'avevano tenuta sveglia fino a quel momento.
L'ultima cosa che percepì, prima di cadere finalmente addormentata, furono le braccia di Jason che la sollevavano con delicatezza e la trasportavano fino in camera, posandola piano su quel letto che l'aveva accolta e protetta quando pensava di non poter più andare avanti e che pian pianino si era trasformato in un'isola di pace che però prima o poi avrebbe dovuto lasciare.

Le luci del giorno si infiltrarono prepotentemente tra le pesanti tende che adornavano la finestra della camera svegliando Lene, la quale reagì girandosi immediatamente dalla parte opposta, per proteggersi da quella intrusione così fastidiosa.
Così facendo si trovò davanti il viso di Jason che dormiva tranquillo e si concesse qualche minuto per osservarlo bene.
Era davvero bello, non c'era altro da dire. I lineamenti delicati, quasi femminili, il naso perfetto, le labbra piene, ogni elemento perfettamente proporzionato con l'altro in un'armonia che era davvero rara da trovare, specialmente in un uomo.
Lene allungò istintivamente un dito per seguire il contorno di quell'ovale così perfetto, ma si fermò a pochi millimetri dalla pelle, onde evitare di svegliarlo.
Non voleva disturbarlo, considerato tutto quello che il ragazzo aveva fatto per lei in quei tre mesi.
Quand'era tornata da New York, sotto shock, l'unica persona che le era venuta in mente per rifugiarsi era stata proprio lui, che già da molti mesi le stava accanto come un buon amico.
Non aveva però osato sperare che lui arrivasse a ospitarla per così tanto tempo, aiutandola a rimettersi in piedi nonostante le sembrasse che tutto il mondo le stesse crollando addosso.
E ci era riuscito, contro ogni suo pronostico negativo.
All'inizio, certo, era stata dura anche solo alzarsi la mattina. Ma pian pianino, grazie proprio alle cure di Jason, alle sue coccole e premure, era riuscita a farsi forza e da qualche settimana poteva dire di stare davvero meglio, sebbene un piccolo pezzo del suo cuore fosse andato irrimediabilmente perduto per sempre.
Duff era stato l'uomo più importante della sua vita e lo sarebbe sempre stato, di questo era più che sicura.
Sapeva che non avrebbe mai più potuto amare qualcun altro come aveva amato lui, ma sapeva anche che non aveva altra scelta che allontanarsi da lui per sempre, perché mai sarebbe stata in grado di far tornare le cose come prima.
Ovviamente non era stato il solo tradimento di per sé a farle prendere quella decisione così drastica. Era un pensiero che, si era resa conto nei giorni successivi a quel terribile viaggio a New York, le strisciava dentro da un bel po', sebbene lei non avesse mai voluto dargli ascolto.
Tanti elementi avevano pian pianino logorato quel sentimento così bello e così intenso che Lene provava per Duff, tante piccole delusioni, tante piccole sofferenze mandate giù per il bene di quell'amore che fino all'ultimo si era illusa di poter tenere in vita, nonostante tutto.
Ma quell'orribile sera di marzo le aveva aperto decisamente gli occhi sul fatto che purtroppo il suo Duff ormai non c'era più e che non aveva senso tentare di tenere uniti i brandelli della loro storia d'amore se era l'unica a farlo dei due.
Era stata dura prendere quella decisione, accettare quella consapevolezza, così come dura sarebbe stata affrontare quello che voleva, e doveva fare quel pomeriggio.
Scossa da quel pensiero, Lene si rigirò nuovamente nel letto il più delicatamente possibile e si alzò, incapace ormai di continuare a dormire.

Qualche ora dopo, Jason accostò la macchina e spense il motore in quella stradina che non bazzicava più ormai da tre mesi.
Si girò leggermente verso Lene e l'osservò attentamente, cercando di capire cosa le passasse per la testa.
"Lo sai che puoi cambiare idea quando vuoi, vero? Basta che me lo dici e torniamo a casa."
Lene scosse il capo in segno di diniego, silenziosa e pallida.
Se la stava facendo addosso, non poteva negarlo nemmeno a se stessa, ma sapeva anche che doveva assolutamente fare quel passo o non sarebbe riuscita a mettere la parola fine a quella storia.
"No, posso farcela, davvero. Solo ti prego, puoi entrare prima te, giusto per controllare che lui non ci sia? Non ce la farei ad affrontarlo."
Jason le sorrise comprensivo.
"Certo piccola, ci mancherebbe. Basta che però non ti incazzi se, nell'eventualità che ci sia, finisce che gli metto le mani addosso. Almeno questo concedimelo, per favore."
Lene gli sorrise quasi commossa da quel senso di protezione che Jason aveva sviluppato già da molto tempo ormai nei suoi confronti.
E si sorprese nel rendersi conto di quanto era cambiata dall'anno prima, quando una frase del genere l'avrebbe infastidita, insofferente com'era, allora, ad ogni forma di possesso di qualunque uomo nei suoi confronti.
La storia con Duff aveva avuto un impatto enorme sulla sua vita e per fortuna, per molti versi, in senso positivo.
Jason si alzò dalla macchina e si diresse verso il portone, entrando nel palazzo poco dopo.
Lene si rese conto che stava trattenendo il fiato dall'ansia. Sperava con tutta se stessa che Duff non fosse in casa, non avrebbe avuto la forza di affrontarlo faccia a faccia, di questo era sicura.
Grazie a Dio, pochi minuti dopo, Jason uscì nuovamente dal portone facendole cenno di raggiungerlo.
Lene scese dalla macchina e con le gambe poco salde, raggiunse casa sua dopo tutto quel tempo.
Davanti alla porta di casa, Jason la trattenne per un secondo afferrandole il polso delicatamente.
"C'è un gran macello dentro, preparati."
Lene annuì silenziosamente e, preso un bel respiro, aprì la porta ed entrò.
Lo spettacolo che le si parò davanti la lasciò di sale.
Sembrava che fosse passato un tifone o fosse esplosa una bomba in salotto, visto che per terra c'erano cocci dappertutto, mobili rovesciati e quadri capovolti.
Era più che evidente che Duff era passato di lì e altrettanto evidente era che non aveva preso bene la sua assenza.
Ancor più tremante di prima, Lene si avventurò dentro casa, salendo al piano di sopra.
Lo spettacolo non era molto differente, anche se forse vi erano meno cose rotte in giro, semplicemente perché meno c'era da rompere in camera da letto o in bagno.
Un pensiero fulmineo le percorse la mente e in preda al panico, Lene salì di corsa nella sua mansarda, il cuore in gola.
La sola idea che, in preda a quella furia cieca, Duff avesse profanato i suoi quadri, le fece venire i brividi, ma quando Lene mise piede in mansarda, notò immediatamente che non vi era nulla di danneggiato.
In realtà il passaggio di Duff si notava comunque, perché tutti gli ultimi quadri che Lene aveva dipinto si trovavano accatastati uno sopra l'altro accanto al cavalletto, su cui capeggiava un quadro che non aveva bisogno di parole.
Evidentemente anche per Duff era stato sufficiente vedere quelle immagini per capire. Ed altrettanto evidentemente, i dipinti di Lene avevano spiegato a Duff tutto quello che c'era da sapere e l'impatto era stato tale da calmare la sua rabbia all'istante e portarlo ad andarsene senza causare ulteriori danni.
Lene carezzò lievemente il volto del vecchio Duff che si rifletteva in uno specchio, sulla tela, mentre il nuovo Duff, ormai grottesco, si guardava con orrore.
Sospirò, posò l'ultimo quadro assieme agli altri e preso un telo lì vicino, ve lo posò sopra e scese di sotto.
Dopo qualche ora, Jason rientrò in casa dopo l'ennesimo viaggio fino alla macchina, per caricare gli ultimi scatoloni.
Lene aveva ormai riordinato e ripulito quasi tutto e in sala rimanevano solo un paio di scatoloni ancora aperti, in cui Lene stava mettendo le ultime cose.
La osservò mentre studiava con attenzione una cornice con dentro una foto e non fece molta fatica a immaginare chi vi fosse ritratto.
Le si avvicinò lentamente e notò con dispiacere le lacrime che le rigavano copiosamente il viso.
Le scostò alcune ciocche di capelli dalla guancia e le portò un braccio intorno alle spalle, stringendo leggermente.
"Tutto bene?"
Lene fece cenno di sì con la testa e si asciugò prontamente le guance, cercando di riguadagnare il controllo di se stessa.
"Ho finito, manca solo questa."
Posò la foto in uno scatolone e lo chiuse con il nastro adesivo, per poi chiudere anche quello accanto.
"Ti spiace portarli in macchina? Ho bisogno di un paio di minuti da sola. Arrivo subito."
Jason le fece un cenno d'assenso e, impilati i due scatoloni, li sollevò e uscì di casa, lasciandola ai suoi pensieri.
Lene diede una lunga occhiata in giro, come se in ogni angolo rivedesse scene della vita che aveva vissuto tra quelle mura con Duff.
Era stata felice da morire in quella casa, ma anche triste come non le era mai capitato in vita sua.
Vi era entrata con il cuore indurito e pian pianino proprio Duff gliel'aveva ammorbidito, riscaldandolo con il suo amore, finché non era arrivato quel maledetto contratto discografico e tutta la loro vita ne era stata sconvolta.
Lene spense la luce per l'ultima volta e con il cuore colmo di tristezza, si tirò dietro la porta con la consapevolezza che non avrebbe mai più messo piede tra quelle mura che aveva chiamato casa e dove, anche se solo per un breve periodo, aveva provato una felicità vera, talmente intensa che il solo pensiero le scaldava ancora il cuore.

Jason guardò con aria preoccupata il palazzo davanti a loro.
"Te l'ho già detto che sta cosa non mi piace per niente, vero?"
Lene gli carezzò lievemente braccio e gli sorrise, cercando di rassicurarlo, per quanto potesse.
"Credo un centinaio di volte, ma credo anche di averti spiegato altrettante volte che è una cosa che devo fare assolutamente se voglio davvero voltare pagina."
"Almeno permettimi di venire con te! Non mi va che tu entri là dentro da sola. E se lo becchi lì e non c'è nessuno con te? Ti accompagno e stiamo tutti più tranquilli."
Lene fece di no con la testa e gli diede un lieve bacio sulle labbra.
"Lo so che vuoi proteggermi, ma preferisco non coinvolgerti in questa cosa. Per il tuo bene, ovvio. Non c'è rischio che lo incontri, tranquillo. A quest'ora è sicuramente in sala prove e se le cose non sono cambiate improvvisamente, è già bello che andato, quindi non corro nessun pericolo. Fidati di me."
Jason la guardò negli occhi e la baciò dolcemente.
"Sei un'incredibile testona, lo sai?"
"Lo so e mi vuoi bene anche per questo, credo."
"Mmm... non ne sono mica tanto sicuro..."
Lene prese i due scatoloni, per fortuna non troppo pesanti, e si avviò dentro allo studio di registrazione, il cuore a mille.
Con Jason aveva fatto la dura perché non voleva davvero coinvolgerlo e aveva bisogno di suonare convincente, ma dentro di sé era terrorizzata all'idea di beccare Duff, anche se la sua parte razionale cercava di ripeterle che davvero a quell'ora era probabile che il ragazzo fosse in stato incosciente.
Arrivata davanti all'usciere, chiese di poter parlare con Izzy Stradlin, l'unico che le sembrava adatto a gestire quella situazione nel migliore dei modi.
L'uomo sollevò la cornetta del telefono e disse che la Signorina Garcia Johnson desiderava parlare con il Signor Stradlin. Pochi istanti dopo abbassò la cornetta e le chiese di attendere un attimo.
Lene si spostò lì a fianco, l'ansia che saliva man mano che passavano i minuti. E se Izzy avesse detto a Duff che lei era lì e lui fosse sceso per affrontarla?
Sarebbe riuscita a dargli le sue cose e uscire di lì come si era prefissata di fare?
Il rumore delle porte dell'ascensore che si aprivano la riportò alla realtà e come fosse al rallentatore, Lene girò la testa per controllare chi le stesse venendo incontro.
Lo stupore che la colse si dipinse nitidamente sul suo volto, tanto che il ragazzo che si stava avvicinando scoppiò a ridere.
"E' una sorpresa bella o brutta?"
Lene si ritrovò a pensare che non lo sapeva bene neanche lei, ma si guardò bene dal dar voce ai suoi pensieri.
"Dov'è Izzy?"
"In bagno occupato a scaldare quella merda. Il solito, insomma."
Axl la guardò improvvisamente serio, il suo solito sorrisetto sarcastico momentaneamente assente dal suo volto.
"Cosa ci fai qui? Eravamo ormai certi che fossi sparita dalla città."
"Non vedo perché avrei dovuto. Non sono io quella che dovrebbe vergognarsi di farsi vedere in giro."
Axl le sorrise con un'espressione tale da far venire voglia a Lene di prenderlo a schiaffi lì, davanti a tutti, ma per fortuna si trattenne e continuò a parlare.
"Sono passata solo per ridare a Duff le sue cose, visto che le ha lasciate in quella che fino a poco fa era casa mia."
Lene fece un cenno con il capo verso i due scatoloni, che aveva precedentemente lasciato a terra, visto che poi tanto leggeri non erano.
"Ti dispiace portargliele?"
Axl inclinò leggermente la testa di lato, guardandola a lungo come se cercasse di decifrare quella donna che a lui risultava così ostica da capire.
"E se non ne avessi voglia?"
Lene sentì a quel punto prudere le mani e strinse leggermente i pugni, cercando di trattenersi dal togliergli quell'espressione strafottente dalla faccia con un bel pugno.
"Troverei il modo di fargliele avere comunque, mi faresti solo sprecare del tempo."
Axl le sorrise di nuovo e poi si accucciò ad afferrare i due scatoloni.
"E va bene. Oggi mi sento in buona e ti accontenterò. In fondo ti sono grato di averlo lasciato, adesso Duff può concentrarsi al cento per cento sui Guns e questa è l'unica cosa che conta davvero per me. Quindi grazie Lene. Chissà che non ci si incontri di nuovo prima o poi e non si possa approfondire la nostra conoscenza... mi piacerebbe farti provare cosa vuol dire davvero soddisfare una donna."
Lene cercò con tutte le sue forze di non dargli la soddisfazione di vedere la miriade di emozioni negative che la stavano scombussolando in quel preciso istante.
Fottiti Rose fu l'unica cosa che non riuscì a trattenere. Girò sui suoi tacchi e uscì come una furia, determinata a non vedere mai più la faccia da schiaffi di quel grandissimo pezzo di merda.
Axl scoppiò a ridere compiaciuto di se stesso e come Lene fu fuori dal palazzo, si infilò nell'ascensore e salì dai ragazzi, pronto a ricominciare le prove.
Poco prima di entrare, però, posò i due scatoloni per terra, proprio accanto alla porta.
Non aveva la minima intenzione di portarli a Duff, per lo meno non in quel momento. C'era voluto un secolo a trascinarlo lì dentro completamente ubriaco e ancor di più per rimetterlo in sesto e permettergli di suonare in modo decente, non ci pensava nemmeno a buttare tutta quella fatica nel cesso per un paio di stronzate che aveva lasciato a casa di quella lì.
Entrò dentro e si sincerò che Izzy fosse in grado di suonare, senza dire una parola a Duff che era seduto in un angolo a strimpellare un motivetto, perso nei suoi pensieri.

A fine giornata, Duff decretò che non ne poteva più di suonare e dopo aver bevuto l'ultima goccia dell'ennesima bottiglia di vodka, si alzò e salutò tutti i presenti, dandogli appuntamento al pomeriggio del giorno successivo.
Barcollando vistosamente, il ragazzo uscì dalla porta e quasi non finì per terra a causa di qualcosa che gli aveva intralciato il cammino, o almeno così gli era sembrato.
Abbassò lo sguardo, imprecando, e vide un paio di scatoloni per terra con sopra scritto qualcosa.
Si accucciò per leggere, ma il suo senso dell'equilibrio, annacquato dall'alcool, non funzionò a dovere e Duff cadde seduto a terra con un bel tonfo.
Grazie alla vodka, la sua reazione fu per fortuna solo quella di scoppiare a ridere come un ebete.
Quando si fu ripreso, approfittò della posizione per afferrare il primo scatolone e saziare la sua curiosità.
Quello che vide, però, non gli piacque per niente.
C'era il suo nome su quello scatolone e lui conosceva benissimo quella calligrafia.
Con un tuffo al cuore, Duff strappò in malo modo la scatola, troppo impaziente per trovare il modo di togliere delicatamente lo scotch e quando vide quegli oggetti per poco non scoppiò a piangere come un bambino.
Erano le sue cose, quelle che aveva lasciato appositamente a casa di Lene nella speranza di usarle come scusa per rivederla.
Erano brandelli di quella che era stata la storia d'amore più importante della sua vita e vederli tutti racchiusi in quei due scatoloni gli diede il colpo finale.
Era finita, per sempre, adesso non c'erano più dubbi.
Sollevò il disco che lei gli aveva regalato ormai parecchio tempo prima, all'inizio della loro storia, quando ancora lui faceva fatica a farle entrare nella zucca quanto l'amasse.
Tirò fuori con mani tremanti la maglietta dei Black Sabbath che Lene tanto adorava, rivedendo nella sua mente tutte le volte che gliel'aveva sfilata di dosso per godere di quel corpo così perfetto e risentendo nella sua testa i gemiti di entrambi in quegli amplessi così incredibilmente intensi in cui si fondevano l'uno nell'altro.
Le sue dita quasi per caso sfiorarono la scatoletta che a lungo aveva contenuto l'anello che aveva sancito l'inizio ufficiale della loro storia e come se scottasse,  Duff allontanò immediatamente la mano da lì, sentendo delle lacrime inumidirgli gli occhi.
Si alzò di scatto, un profondo senso di angoscia a tormentargli l'anima e un prepotente bisogno di stordirsi e cancellare ogni possibile pensiero e ricordo di lei.
Lasciò lì gli scatoloni, consapevole che non sarebbe comunque riuscito a toccare mai più quelle cose e uscì da quel palazzo come una furia, in preda ad una profonda disperazione.
Nella sua testa vi era una confusione totale, dettata dalle sostanze che aveva in corpo e da quel dolore che sembrava non volergli lasciare un attimo di pace.
Saltò su un taxi e quando il tassista gli chiese dove volesse andare, l'unica destinazione che gli venne in mente fu una e una sola: Seattle, casa.
"All'aeroporto, per favore."
L'autista annuì e in totale silenzio, come se avesse compreso all'istante lo stato d'animo del suo cliente, partì a tutto gas in direzione del LAX, lasciando Duff al suo dolore e a quel senso di vuoto che, ne era certo, lo avrebbe accompagnato per tutta la vita.
Lene non era più sua, non c'era più, e mai un'altra donna avrebbe potuto prendere il suo posto nel suo cuore, neanche tra un milione di anni.

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