L'undicesimo comandamento

di MandyCri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***



grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner

e il bellissimoTRAILER

Ciao,
oggi avevo deciso di appendere la penna al chiodo e invece mi è venuta in mente questa storia!
Spero vi possa piacere.

____________


CAPITOLO 1
 
Ultimo anno del liceo – Il ballo di fine anno.
 
Tom si guardò nuovamente allo specchio.
Stava bene con quel completo blu scuro, la camicia bianca e la cravatta giallina.
Per l’occasione era anche andato dall’estetista a farsi la pulizia del viso, per cercare di rimediare agli ultimi rimasugli dell’acne che l’aveva colpito qualche anno prima.
Non poteva certo nascondere i suoi, almeno trenta, chili in eccesso, ma quel vestito lo smagriva.
Si era pettinato con cura i capelli ribelli e aveva indossato anche gli occhiali della festa, quelli che sua madre gli consentiva di usare solo ed esclusivamente la domenica per andare a messa e per il pranzo con i parenti.
I suoi erano molto devoti e sua madre, in particolare, era una bigotta di prima categoria, ma alla fine era una brava donna.
Gli aveva insegnato il rispetto per gli altri e, soprattutto, a seguire le regole, tutto con una devozione tipica di chi si affida tenacemente alla religione.
Aprì la bocca e osservò i suoi denti.
Mancava poco più di un mese e finalmente avrebbe tolto quell’odioso apparecchio.
Si vedeva già comunque, dietro quei ferretti che gli avevano fatto compagnia per due anni abbondanti, che la sua dentatura era già perfetta. Tra l’altro poteva vantare un sorriso bianchissimo.
Dono di natura quello! Almeno un lato positivo del suo aspetto.
Stava proprio bene.
Ok! Non era certo Apollo, però non era nemmeno brutto.
Se avesse saputo che la pulizia del viso dava certi risultati, ci sarebbe andato ogni settimana dall’estetista!
Invece si era subito per cinque anni le offese e le prese in giro di quasi tutto il liceo.
A parte i suoi amici e i nerds come lui, il resto dei giovani dell’istituto non gli aveva risparmiato nulla.
Soprattutto Ellen Mayer, la più bella ragazza di tutta la scuola.
La biondissima e stupenda Ellen, con gli occhi più azzurri del cielo e il corpo più bello di quello di una modella.
Ellen che lo ridicolizzava sempre, che gli faceva portare i suoi libri, che lo chiamava ciccione, boom (riferendosi allo scoppio di un vulcano per via della sua acne), che gli rovesciava sempre il cappuccino in testa (per colorargli il viso a mo’ di fondotinta, così diceva lei), che gli aveva fatto quasi credere di voler star con lui in quel senso e che invece quando si era calato i pantaloni era stato fotografato e, ovviamente, il giorno dopo aveva trovato i volantini del suo coso attaccati ovunque.
Quello forse era stato lo scherzo peggiore di tutti.
Era stato malissimo, nonostante sui foglietti che tappezzavano tutte le pareti del liceo ci fosse la foto solo del coso in piena erezione e non della sua faccia e nessuno sapeva che era lui.
Tuttavia era stata una crudeltà gratuita che aveva fatto un po’ oscillare l’amore per la ragazza bionda, per qualche giorno.
Insomma Ellen gli aveva fatto di tutto e di più, ma lui, alla fine, l’aveva continuata ad amare lo stesso alla follia.
Lei probabilmente non sapeva nemmeno come si chiamasse, ma non gliene importava.
Gli bastava essere al centro della sua attenzione anche se era solo per quegli stupidi scherzi.
Aveva deciso di andare al ballo solo per vederla un’ultima volta.
Sapeva che avrebbe fatto da tappezzeria tutto il tempo, ma avrebbe dedicato quelle ore a spiarla di nascosto, come aveva fatto negli ultimi cinque anni.
Poi sarebbe partito per il college e, sicuramente, non avrebbe più avuto occasione di vederla per anni.
Avrebbe dovuto aspettare che qualcuno organizzasse, a distanza di anni, uno di quei ritrovi tristissimi, proprio come facevano vedere nei film, dove uno sfigato come lui restava sempre il brutto anatroccolo, ma faceva carriera e un sacco di soldi, mentre il bello e la bella della scuola, diventavano, chissà come mai, dei falliti allucinanti. Il primo il più delle volte finiva per essere un alcolizzato e la seconda che si sposava con il primo, finito il liceo, diventava una grassa, brutta e frustrata madre di famiglia.
In un certo senso a Tom, quel futuro, stava bene
Insomma fare carriera e soldi non gli sarebbe dispiaciuto, però avrebbe voluto essere anche un figo allucinante.
Uno di quelli che quando passava, le ragazze si voltavano per guardarlo.
Si rimirò nuovamente allo specchio, tirando la pancia indietro.
Doveva assolutamente mettersi a dieta.
 

***

 
Ai giorni nostri.
 
Tom girò il foglio tra le mani, poi lo depositò sulla scrivania.
Non era possibile!
Riprese il curriculum nuovamente e rilesse il nome.
Ellen Mayer.
Magari si trattava solo di omonimia. Non era possibile fosse lei.
La immaginava in qualche serie tv, oppure come valletta in qualche trasmissione televisiva, oppure sposata felicemente con l’uomo più ricco del mondo.
Perché la sua Ellen Mayer avrebbe dovuto rispondere al misero annuncio che aveva messo sul giornale, nel quale cercava una segretaria?
Tom scosse la testa.
Era stato ben chiaro. Voleva una persona anche senza esperienza che però avesse buoni doti organizzative.
Le mansioni erano piuttosto semplici. Rispondere al telefono, portare il caffè agli impiegati, smistare la posta.
Gli sembrava un lavoro sprecato per una come Ellen Mayer, sempre se si trattava proprio di lei.
Rilesse per la milionesima volta il curriculum, ma tutto coincideva.
Nome, cognome, liceo frequentato, nubile, anno del diploma, e da quello che gli risultava, non c’era nessun’altra Ellen Mayer nella scuola a quel tempo.
Lui lo sapeva bene, le aveva sbavato dietro per cinque anni di fila!
Ellen non aveva messo una foto.
Sorrise tra sé e sé. La ragazza che conosceva lui era la più vanitosa ed egocentrica persona sulla faccia della terra. Possibile che fosse cambiata così tanto e in meglio?
Probabilmente era maturata o forse si sentiva così tanto sicura di sé da quel punto di vista che non ci aveva nemmeno pensato.
Nell’annuncio non aveva specificato “bella presenza”, ma la cosa era sottointesa.
In fin dei conti chiunque entrasse negli uffici, clienti, fornitori, corrieri la prima persona che avrebbero visto sarebbe stata proprio la nuova assunta, che a dirla tutta sarebbe stata l’immagine d’impatto dell’azienda e visto di cosa trattava, era a dir poco fondamentale!
Già, la sua adorata agenzia pubblicitaria che gli stava dando enormi soddisfazioni.
Finito il college aveva investito così, la somma ricevuta in eredità dalla nonna.
Aveva aperto un’agenzia pubblicitaria facendo enormi sacrifici.
Nel giro di due anni era arrivato il successo.
Aveva assunto cinque grafici, aveva due impiegate in contabilità e altrettante che seguivano il settore commerciale.
E aveva una stupenda ragazza che faceva da segretaria tutto fare a lui e ai suoi dipendenti.
Sfortunatamente per lui quest’ultima era rimasta incinta e aveva deciso di sposarsi con il cretino che, oltre ad inseminarla rovinandole la vita, l’aveva pure costretta a lasciare il lavoro per trasferirsi in un altro stato, perché lui aveva finalmente trovato un lavoro.
Insomma senza Ariel, questo era il nome della sua ex segretaria, tutti i componenti della ditta erano entrati in crisi e le impiegate minacciavano di licenziarsi ogni tre per due se non avesse posto subito rimedio, visto che il lavoro di segreteria era, ovviamente, andato a sommarsi al loro.
Non poteva certo rischiare il fallimento, perché erano senza una persona che rispondesse al telefono!
Riguardò il curriculum e prese in mano il telefono.
Aveva già fatto molti colloqui, ma non aveva ancora deciso.
C’era una bella morettina che lo ispirava particolarmente, ma non perché gli aveva fatto una buona impressione lavorativa.
A dirla tutta non era riuscito a togliere gli occhi dal decolté della tizia, per non parlare poi di quando lei aveva accavallato le gambe!
Santi numi! C’era molto da guardare in quel contesto, ma doveva fare gli interessi dell’azienda e non quelli della sua prolunga naturale che, ogni tanto, in occasioni non consone si faceva sentire.
Tra l’altro, le donne nel suo letto non mancavano, perché cazzo doveva svegliarsi mentre era a lavoro?
Erano finiti i tempi del nerd sfigato.
L’acne se ne era andata completamente al primo anno di college. Era cresciuto parecchio in altezza, anche se il suo sviluppo tardivo gli aveva rovinato completamente gli anni del liceo, aveva sostituito gli occhiali con le lenti a contatto, che a detta di sua madre era peccato di vanità, aveva tolto l’apparecchio ai denti e cosa più importante, non vivendo più a stretto contatto con i suoi genitori, era dimagrito tantissimo.
Insomma in poche parole era diventato un bel fustacchione.
Gli sarebbe piaciuto rivedere Ellen, lei probabilmente non l’avrebbe mai riconosciuto, ma a lui poco importava.
Era stato il suo primo amore.
Adesso sorrideva pensando al suo vecchio se stesso. La cotta ovviamente era completamente svanita nel nulla.
Era bastato entrare tra le gambe calde della prima Ellen di turno che gli era capitata, per capire che alla fine era stato solo un amore infantile il suo.
Però… sì bè! Non sarebbe stato male coronare finalmente il suo sogno e danzare nelle lenzuola con colei che gli aveva rubato il cuore per cinque anni.
Insomma una piccola rivincita per il suo ego.
Digitò il numero con il sorriso tra le labbra.
- Pronto.
- Buona sera, parlo con Ellen Mayer? Sono Tom Gore titolare della Gore Spot & Publicity. Ho esaminato il suo curriculum e mi chiedevo se era ancora interessata per un colloquio.
Non ricevette nessuna risposta.
Sentì come un lamento soffocato – Ellen? C’è ancora? – chiese perplesso.
- Sì, sì. Cioè sì, ci sono e sì, sono interessata. Mi dica dove e quando.
Tom non riuscì a trattenere una risata.
La Ellen che aveva conosciuto lui non sarebbe mai stata così impulsiva.
Solo da quelle quattro parole aveva capito che la ragazza aveva assoluto bisogno di lavorare.
Magari si stava sbagliando, ma il suo intuito non falliva quasi mai.
Concordarono per il giorno dopo e si salutarono.
Era eccitato.
Avrebbe rivisto la sua cotta adolescenziale, non poteva che essere lei, troppe coincidenze e chissà, forse, sarebbe riuscito a coronare anche il suo sogno.
In fin dei conti Ellen era stata famosa a suo tempo per una toccata e via.
Si era fatta tutti i membri (non solo nel senso lato del termine, ma anche quello metaforico) della squadra di football alla faccia del suo fidanzato ufficiale, l’arrogante e super cornuto capitano della squadra.
Voleva una piccola rivincita, ma solo se ne avesse avuto l’occasione.
In fin dei conti, il lavoro l’avrebbe dato alla più meritevole, non ragionava mica con la terza gamba lui!
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***



grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner

e il bellissimoTRAILER

https://www.youtube.com/watch?v=tBh8WH-4eIc


GRAZIE!
Per aver accolto così numerosi la mia nuova storia, non me lo aspettavo sinceramente.
Grazie a chi solo sulla fiducia ha recensito, mi ha messo nelle seguite, ricordate e preferite.
Spero di non deludervi.

Un ringraziamento particolare va ad Alessandra che mi ha creato il banner stupendo, meraviglioso e straordinario che vedete e che si è fatta carico delle mie paranoie per i vari trailer che mi ha fatto per "Un sacco di patate". Sono veramente stressante se mi ci metto!!!

 

Questo banner vi posso assicurare che racconta con un'immagine tutta questa storia.
E' bravissima.

Adesso andiamo a conoscere Ellen.
Buona lettura.

Quasi dimenticavo... Se vi va di iscrivervi al gruppo della storia il link è lo stesso dell'altra romantica in corso


Ho chiesto alle ragazze che ne fanno parte se potevo tenere lo stesso anche per questa storia e me l'hanno concesso.
 




CAPITOLO 2
 
Ellen chiuse la telefonata e cominciò a saltellare tutta allegra – Sophie! Sophie! – urlò tutta agitata – Mi è appena successa una cosa incredibile!
Sophie Rousseau, una francesina tutto pepe che si era trasferita negli Stati Uniti per studiare, la raggiunse in camera sua.
- Cos’è successo adesso? – chiese scocciata portandosi la mani sui fianchi.
Ellen sbuffò – Ho trovato un lavoro serio! – rispose ritornando subito di buon umore.
Sophie roteò gli occhi – E sarebbe?
La guardò con un grande sorriso.
Sophie era il diavoletto sulla sua spalla. La voce della verità.
Riusciva sempre a riportarla alla cruda e dura realtà in un battibaleno con i suoi modi diretti e sarcastici.
Se il bicchiere era mezzo pieno per Ellen, risultava mezzo vuoto per Sophie.
Mentre lei viveva nella speranza in un domani migliore alla Rossella O’Hara, l’amica, nonché coinquilina, viveva nella concretezza.
Erano totalmente diverse, ma come spesso accadeva in tanti casi, si completavano a vicenda.
- Domani andrò alla Gore Spot & Publicity – disse trionfante.
- Un altro ufficio dove pulire cessi? – domandò Sophie con tranquillità.
Ellen alzò gli occhi al cielo. Perché era così cinica? – No! – rispose secca – Vado a lavorare come segretaria!
Vide chiaramente l’amica sollevare entrambe le sopracciglia e fissarla perplessa – Ah si? Non mi avevi detto che avevi fatto un colloquio così importante! – affermò scettica.
- Infatti lo faccio domani, il colloquio! – ricominciò a saltellare tutta contenta, trascinando con sé anche Sophie.
Quando si fermarono si accasciarono sul letto, stremate.
- Ellen, non voglio essere sempre l’uccellaccio del malaugurio… ma è solo un colloquio, non è detto che ti prendano – mormorò dopo qualche secondo Sophie, abbandonando per un momento la sua solita durezza.
Alzò le spalle – Sento che quel Tom Gore mi assumerà. Dai! Mi ha chiamata lui personalmente. È un segno del destino. Lui è il titolare, capisci? Se non gli interessasse il mio curriculum, perché prendersi la briga di telefonare, personalmente?
Sophie la guardò dubbiosa – Magari perché è senza segretaria, testa! Chi te lo dice che non abbia fatto lo stesso anche con le altre ragazze in lizza per il colloquio?
Già! Poteva essere, non ci aveva pensato.
Il suo solito ottimismo l’aveva fatta da padrone – In verità non lo so, ma sento che sceglierà me! – disse seria.
- Non hai nessuna esperienza nel settore, non sai nulla di come si gestisce un lavoro di segreteria, devo proprio ricordarti quali sono stati i tuoi precedenti lavori? – chiese con la sua solita franchezza.
Ellen sospirò – Uffa perché mi devi sempre buttare giù? Che male c’è ad essere ottimisti? Magari per una volta mi andrà bene!
- Ellen, non vorrei insistere e sembrarti una stronza, ma diciamolo chiaramente come stanno le cose. Pulisci gli uffici e lavi i cessi degli uffici, tu! Quando il personale se ne va, arrivi armata di spazzettone e indossi il tuo grembiulino bianco a strisce azzurre, quegli orribili calzerotti rosa e gli zoccoloni in plastica! Lavi dove hanno pisciato e non aggiungo il resto… altre persone! Spolveri… riordini… passi il mocio e la tua busta paga è una miseria, tanto che, per arrivare a fine mese, sei costretta ad un secondo lavoro e fine settimana, ti proponi come barista in quel circolo di anziani, dove la cosa più difficile da servire è un cappuccino! Che ne sai tu di cosa fa una segretaria? – le domandò con enfasi Sophie.
Era vero – Fare la donna delle pulizie è un lavoro onesto…
- Non sto dicendo questo, anzi! Volevo solo precisare che dovresti lasciarlo a chi ha più ha più bisogno di te.
Ma che discorsi faceva? Lei ne aveva assoluto bisogno per pagare le bollette!
Purtroppo la vita era stata ingiusta con lei.
Dopo il liceo aveva deciso di non iscriversi al college.
Perché studiare, quando la natura era stata così buona con lei tanto da donarle un viso stupendo e un corpo perfetto?
Era partita con tanti buoni propositi, convinta che le bastasse quello per diventare famosa.
Il suo sogno? Fare l’attrice, la presentatrice, la ragazza immagine in qualche trasmissione tv, insomma qualsiasi cosa in cui bastasse mettere in mostra la sua meravigliosa silhouette.
Era brava a recitare, così aveva creduto fino a qualche tempo prima.
Al liceo aveva seguito con entusiasmo il corso di teatro e di recitazione e, neanche a dirlo, aveva sempre ottenuto il ruolo di protagonista.
I suoi non l’avevano fermata.
Suo padre se ne era sempre fregato, tanto male che andava, sarebbe ritornata per lavorare nella ditta di famiglia e sua madre l’aveva perfino incoraggiata, perché era narcisista, arrogante e stupida proprio come lo era lei un tempo.
Era così orgogliosa della sua bellezza, che dava per scontato che avrebbe sfondato.
Invece aveva ottenuto solo qualche particcina come comparsa e niente di più.
Molte delle ragazze che aveva conosciuto e con cui divideva questi sogni di gloria, erano convinte che per avere successo, bisognava darla.
Niente di più sbagliato!
Lei l’aveva data eccome a biondi e bruni, alti bassi e bassi, giovani e vecchi. Non si era risparmiata nulla, ma l’unica cosa che era riuscita ad ottenere era stata, appunto, qualche piccola parte.
La sua più grande interpretazione era durata due minuti vicino al protagonista che impersonificava un dottore salva-vite. Peccato che con lei avesse fallito, visto che era morta praticamente subito e il tizio ne aveva dichiarato subito il decesso, senza tentare il tutto per tutto.
Così, dopo tre anni di fallimenti vari, aveva rinunciato ai suoi sogni di gloria.
Inutile darla a destra e manca se poi i risultati erano quelli!
Per orgoglio aveva deciso di non tornare nella sua città natale e non aveva più chiesto un centesimo alla sua famiglia, voleva andare avanti con le sue sole forze.
Aveva, quindi, risposto all’annuncio di Sophie nel quale la ragazza cercava una coinquilina con cui dividere le spese d’affitto di un piccolo appartamento. Ormai per lei, era diventato improponibile l’affitto dell’attico che aveva preso con i soldi di papà.
Non era più ritornata a casa, nemmeno per le feste.
Erano passati quattro anni dall’ultima volta.
I suoi li sentiva per telefono e li vedeva in video chat. Erano loro, in genere, che l’andavano a trovare.
A Pasqua, a Natale e per il Ringraziamento.
Prendevano una suite nel miglior albergo della città, perché lei non poteva, certamente, ospitarli nel minuscolo appartamento che divideva con Sophie.
La casa d’altronde era troppo piccola. Due camerette, un bagno munito di doccia e un salotto con angolo cottura. Stop!
E poi c’era quell’altro particolare, particolare non da poco, per cui non voleva ritornare a casa.
Mai e poi mai avrebbe fatto vedere com’era diventata a chi l’aveva sempre conosciuta come la splendida ed eterea Ellen Mayer.
Aveva il suo orgoglio lei!
- Senti Ellen, anche se mi dispiacerebbe perderti, il mio consiglio resta sempre lo stesso. Fa armi e bagagli e tornate da paparino che sarà lieto di darti un bel lavoro di dirigenza nella sua miliardaria ditta e pagarti la retta in una clinica estetica dove ti rimetteranno in sesto! – sbottò Sophie incoraggiata dal suo lungo silenzio.
Ellen la guardò stupefatta – Mai! – affermò convinta – E poi, te l’ho detto il mio sesto senso mi dice che sarò assunta da Gore!
Sophie alzò gli occhi al cielo – Uhm… ok! Non è che tra poco dovrò venirti a recuperare dentro qualche armadio dove ti nasconderai, perché alcune anime che hanno ancora un conto in sospeso con la vita terrena ti cercano, dato che sei una delle poche persone sulla terra che riesce a vederle e sentirle? (*)
- Mio Dio Sophie cosa hai mangiato pane e simpatia questa mattina per colazione? – sbuffò.
Possibile che nemmeno la sua migliore e unica amica in quella grande città non fosse dalla sua parte?
- Senti Ellen. Parliamoci chiaro una volta per tutte… ci conosciamo da quattro anni ormai e conviviamo da altrettanti. Cosa hai fatto per migliorare la tua vita in questo tempo? Niente! Ti prego non guardarmi così e non fare l’offesa, perché non ti è permesso! Adesso ascoltami! Prima di venire ad abitare qui, facevi la mantenuta da paparino e vivevi in un bellissimo attico. Provini, feste e bella vita. A un certo punto ti sei svegliata e hai deciso che eri diventata grande. Io non so il motivo che ti ha fatto rinsavire, ma da quel momento hai rinunciato ai soldi di papà, al tuo bellissimo appartamento in cima al grattacielo e soprattutto ai tuoi sogni e ti sei accontentata di lavorare in un’impresa di pulizie con una paga minima, senza contare che al vederdì e al sabato sei impegnata in quel circolo per arrotondare, altrimenti non potresti nemmeno contribuire a pagare le bollette. Non hai più visto un uomo. Ti sei fossilizzata tra casa e lavoro e che lavoro! Santo cielo Ellen! Ricevi proposte da vecchietti flaccidi, la cui parte più dura del corpo è l’unghia dell’alluce!! E non sto pensando affatto a quella cosa che ormai non sai più nemmeno come è fatta, ma semplicemente ad un misero muscoletto maschile!
Ellen ascoltò tutta la predica di Sophie ad occhi spalancati.
Ok! Era vero che non si ricordava nemmeno più com’era fatto un uomo, ma tutto sommato alla sua passerina un po’ di pausa forzata non faceva male – Cavoli! Certo che tu le mezze misure non sai nemmeno dove stiano di casa. Di uomini ne ho avuti talmente tanti che anche se per qualche tempo mi riposo non succede nulla! – disse esasperata.
- Ah! Se lo dici tu… si può sapere da quanto non esci con qualcuno? – la sfidò l’amica.
- Non credo sia importante adesso fare i conti! – rispose piccata.
- No? Da quando abitiamo qui non ti ho mai sentire nominare, nemmeno per sbaglio, un appuntamento! Quattro anni Ellen… QUATTRO LUNGHISSIMI ANNI!!!
- Vorrei precisare che stavamo parlando del mio colloquio di lavoro, colloquio importantissimo, Sophie. Devo ancora decidere cosa mettere – disse eludendo la domanda con rimprovero annesso.
- Ellen hai due stracci dentro quel cavolo di armadio, di cui tre quarti sono tute da ginnastica per il tuo sofisticato lavoro di donna delle pulizie e calzerotti di lana, più comunemente chiamati “scaccia piselli”…
- Ah! Ah! Ah! Dì al tuo dietologo di toglierti pane e simpatia dalla dieta. Ha degli effetti collaterali e non da alcun risultato! – affermò alzandosi dal letto e aprendo le ante dell’armadio.
- Invece tu dovresti dire al tuo di levarti pane, salsette varie, cioccolata, gelato e tutte le porcherie che ingoi… hanno degli effetti collaterali e sembrano dare notevoli risultati, tipo: chiudiamo le porte agli uomini duri. Dove l’aggettivo duro non è riferito al carattere, ma alla pelle… non so se mi spiego.
Ellen fece finta di non sentire, continuò imperterrita ad ispezionare gli abiti.
Effettivamente Sophie non aveva tutti i torti.
Era davvero tanto che un uomo non la corteggiava e ancora di più che un uomo non la faceva felice in quel senso, ma non gliene importava nulla.
Insomma! Ne aveva fatte di cotte e di crude, non occorreva per forza scopare per essere felici, giusto?
No! Non era giusto un corno!
Erano passati più di quattro anni, ma come aveva fatto a ridursi così?
Lei, la regina indiscussa del liceo, lei che non aveva mai pregato nessuno, lei che aveva sempre selezionato tutti dall’alto!
Se Sophie avesse saputo che si era iscritta anche ad un sito per cuori solitari l’avrebbe cacciata di casa a calci in culo, fregandosene completamente della metà dei soldi per l’affitto e le bollette.
Ma si sentiva così sola…
- Tra l’altro il nome Tom Gore non mi è per niente nuovo! Mi dice qualcosa, qualcosa che mi sfugge, lo sento. Forse è quel mio sesto senso che mi fa essere così sicura che sarà la mia occasione – disse cambiando completamente argomento.
Sophie si stese sul suo letto e arricciò il naso – Speriamo che sia giovane almeno, questo Gore! Ultimamente la tua tacca è dai settantacinque in su!
Ellen sospirò – Ma la vuoi smettere? Mica ci devo andare a letto, devo solo fare un colloquio di lavoro e se non mi aiuti a trovare un abito decente non l’otterrò e sarà solo colpa tua!
L’amica sbuffò e si alzò raggiungendola – Vediamo se troviamo qualcosa in mezzo a quest’immondizia. Ti consiglierei la camicetta azzurra che ti illumina gli occhi e i pantaloni grigio scuro – disse infine, dando una rapida occhiata.
- I pantaloni grigio scuro sono da vecchia! – protestò Ellen.
Sophie si girò a fissarla, poi le puntò un indice sul naso – Ok! Allora vediamo pantaloni a pence di varie tonalità di marrone cacca, cacca morbida, cacca dura, cacca secca. Ah no aspetta! Ci sono anche quelli beige vomito. Quali preferisci Ellen?
- I grigio scuro andranno benissimo… - rispose seccata.
- Fatto! Ti ho aiutata, hai visto? Come già ti avevo accennato è stato semplice e, in ogni caso, ripeto: ti stai solo illudendo. Anche se nell’articolo non c’è scritto, sono sicura che sia richiesta la bella presenza, ovvero curve mozzafiato, non che tu non le abbia, oh no… è che le tue mozzano il fiato in un altro senso. Au revoir ma chère…
Ellen grugnì.
Non sarebbe andata così. Tom Gore l’avrebbe assunta, ne era più che certa e finalmente lei avrebbe potuto abbandonare il lavoro come donna delle pulizie e tenere solo quello al circolo anziani per arrotondare un pochino.
Sarebbe ritornata trionfante questa volta, alla faccia di Sophie!
Tom Gore era un nome familiare.
Non riusciva a collocarlo in una definita linea temporale, ma sapeva che in qualche modo lei ci era legata.
Che fosse un suo ex compagno di scuola?
Cacciò un insetto inesistente dal viso. Se li ricordava tutti, o quasi, i nomi dei ragazzi con cui aveva avuto a che fare e Gore non le risultava.
Non poteva aver frequentato il suo stesso liceo e nemmeno lo desiderava pensandoci bene.
Se l’avesse riconosciuta non avrebbe fatto certo bella figura.
La Ellen Mayer del liceo non c’era più.
Si guardò sconsolata allo specchio.
Ah no! Non c’era proprio più era stata inglobata da quella persona grassa che la stava guardando al di là del vetro e che era almeno tre volte la vecchia Ellen.
Come aveva fatto a ridursi così?
 
 
 
 
 
 
(*) È un chiaro riferimento al film “Il sesto senso”, quando la madre trova il piccolo Cole nell’armadio.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***





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Mi sono dilungata un po' troppo sul pensiero di Ellen, per cui ho dovuto spezzare il capitolo in due...
Pardon!

Come sempre grazie di cuore a tutti coloro che hanno aggiunto la storia nelle ricordate, nelle seguite o preferite.
Grazie a chi ha solo letto e grazie a chi ha recensito.

Ricordo come sempre il gruppo face
L'amore non è bello se non è litigarello


Buona lettura
:* MandyCri



_________


CAPITOLO 3
 
Ellen si guardò un’ultima volta allo specchio.
Si era pettinata con cura i lunghi capelli biondi lasciandoli sciolti.
Fortunatamente quelli erano rimasti belli proprio come quando era magra e perfetta e lei ne andava ancora fiera.
Si era messa la camicetta azzurra e i pantaloni grigio scuro. Sorrise al ricordo di come l’aveva convinta Sophie.
Indossò le decolté che le aveva consigliato Sophie che, tra l’altro, erano l’unico paio di scarpe con il tacco che aveva e uscì di casa tutta pimpante.
Tra poco la sua vita sarebbe cambiata, in meglio, ne era sicura al cento per cento.
Niente sarebbe andato storto e quella sarebbe stata una giornata memorabile.
Settembre era appena cominciato.
L’aria era ancora calda, ma decisamente meno pesante rispetto al mese precedente.
Ellen fece un lungo respiro e si avviò verso la sua automobile parcheggiata al lato della strada.
Era scesa con grande anticipo, perché non voleva fare le corse. Così si sentiva più sicura.
Ultimamente aveva quella fissa del ritardo che non le dava pace.
Una volta era diverso… quando era giovane…
Con le sue amiche faceva a gara a chi arrivava più tardi. Era troppo “figo” entrare ad una festa dopo tutti gli altri che si aprivano al suo passaggio, come il mar Rosso con Mosè, adesso invece aveva paura che non essere puntuale, le sarebbe costato il suo misero lavoro.
Spesso arrivava che gli uffici erano ancora aperti e i vari dipendenti dovevano ancora uscire, talmente era in anticipo, così, ovunque si trovasse, si sedeva su una panchina qualsiasi e leggeva gli annunci economici.
Era così che aveva trovato quello della Gore Spot & Publicity.
Aprì tutti i finestrini per rinfrescare l’abitacolo e andò a prendersi il giornale. L’edicola distava pochi metri dalla macchina, quindi non correva nessun pericolo di furto.
La macchina era il bene più prezioso che avesse, regalo di paparino, come lo chiamava Sophie.
Sospirò di nuovo. Era stranamente emozionata e continuava a ripetersi che quella sarebbe stata una giornata speciale, non aveva dubbi!
Nulla poteva andare storto.
Fece due chiacchiere con il suo amico giornalaio e poi ritornò pimpante alla macchina.
Posò la borsa e la cartellina con il suo sedicente curriculum, ideato apposta per rispondere agli annunci in cui cercavano impiegate o segretarie e infilò la chiave nell’accensione.
Alla prima girata il motore emise un rumore sinistro, simile al gracchiare di una rana balbuziente.
Fece un lungo sospiro e riprovò.
Niente!
Non poteva succederle questo, proprio quel giorno e proprio in quel momento!
Ellen cominciò a girare come un’ossessa la chiave, quando il motore smise di fare anche quel rumore sinistro, si disperò.
E adesso? Come avrebbe fatto?
Vide il suo amico giornalaio venirle in contro – Qualche problema Lelly? – chiese gentile.
- Henry … non funziona più… – si lagnò come una bambinetta.
- Dai spostati e fammi vedere, vedrai che troviamo sicuramente una soluzione – la consolò lui.
Ellen scese dalla macchina e fece posto ad Henry, tenendo le dita incrociate.
L’uomo provò a far girare un paio di volte la chiave, poi scese dalla macchina e aprì il cofano.
Diede una rapida occhiata – Lelly mi dispiace, ma credo sia la batteria… bisogna cambiarla… te lo posso fare anch’io, ma ovviamente bisogna andare a comprare il pezzo. Se vuoi questa sera vado e poi domani te la monto io – si propose.
Ellen spalancò gli occhi. Oh no! E adesso come avrebbe fatto?
Ringraziò Henry che, come al solito, era stato gentilissimo con lei, chiuse la macchina e si incamminò verso casa sua.
Non poteva permettersi un taxi e con i mezzi pubblici ci avrebbe messo un’eternità.
Guardò sconsolata la vespa rosa con il disegno bianco di Hello Kitty sul davanti. (*)
Era la sua unica salvezza.
L’aveva comprata l’anno prima in comunità con Sophie, perché l’amica aveva insistito tanto - Ci serve un motorino, metti che ci capiti un’emergenza oppure che dobbiamo andare in qualche posto in cui sappiamo che le strade sono sempre intasate... è necessario avere un mezzo a due ruote – le aveva detto con sguardo torvo, come per convincerla che non potevano farsi sfuggire l’occasione della vita e che la vespa usata rosa e per di più con la faccia sorridente di Hello Kitty era questione di vita o di morte.
Alla fine aveva accettato, sganciando la sua parte e mettendo mano ai suoi, già esegui, risparmi.
Ovviamente la vespa l’aveva usata, praticamente, solo Sophie, in qualche rada occasione lei ci era montata su e spesso dietro all’amica, visto che Ellen lavorava la sera, quando tutti erano a casa e quindi non aveva certo problemi con il traffico.
Adesso si ritrovava a benedire Sophie e le sue idee geniali.
Corse a casa, prese le chiavi del mezzo di trasporto e poi si diresse a tutta velocità verso l’obbrobrio rosa, mise borsa e cartellina dentro il bauletto e pregò.
La vespa si accese al primo colpo. Ellen tirò un sospiro di sollievo e ringraziò mentalmente Sophie, ancora una volta.
Arrivò alla sua meta sana e salva, nonostante non fosse molto pratica dell’attrezzo.
Trovò un buchetto dove parcheggiare e si infilò tutta felice.
I problemi arrivarono nel momento in cui cercò di mettere sul cavalletto la vespa.
Nonostante Sophie le avesse spiegato un migliaio di volte la tecnica, dopo dieci minuti Ellen si ritrovò tutta sudata e paonazza in volto per lo sforzo.
Si lasciò sfuggire un gemito e fu tentata più volte di fermare un passante e chiedere aiuto.
Santo cielo, non poteva arrendersi proprio adesso!
Posizionò il piede sulla levetta del cavalletto e strattonò con tutte le sue forze.
Finalmente ce l’aveva fatta!
Restò ferma nella sua posizione e respirò a fondo per calmare il fiatone che le era venuto.
Quando si sentì meglio, controllò l’ora.
Era, nonostante tutti gli imprevisti, arrivata con qualche minuto di anticipo.
Si congratulò con se stessa e fece un passo verso il bauletto per recuperare borsa e cartellina.
Fu in quel momento che avvertì un crack funesto.
Guardò verso i suoi piedi e tutto le sembrò in regola.
Prese le sue cose e si avviò decisa verso il portone del palazzo di vetri che ospitava la Gore Spot & Publicity e fu allora che si accorse del tremendo inconveniente.
Tutto ciò era un incubo!
Si tolse la scarpa e guardò con orrore il tacco che si era scollato per metà dalla suola, probabilmente in seguito al movimento brusco che aveva appena compiuto.
E adesso?
Le veniva da piangere. Perché era così sfortunata?
Maledetta vespa rosa di Hello Kitty!
Maledetto cavalletto e maledetta lei che non aveva ancora capito la tecnica corretta!
Non doveva scoraggiarsi proprio in quel momento, se avesse camminato piano fino dal portiere che intravedeva, era già a metà dell’opera, poi, si sarebbe tolta la scarpa in ascensore e sarebbe arrivata scalza fino all’ufficio indicatole dal tizio. Sempre sperando che non si trovasse al primo piano, altrimenti avrebbe dovuto prendere le scale.
Va bè! Avrebbe fatto anche quelle scalza, non le importava niente.
Doveva fare quel colloquio, a tutti i costi!
Si rimise la scarpa incriminata, tirandole un’ultima maledizione e si diresse a passo lentissimo verso la reception, dove l’uomo leggeva il giornale.
Fortunatamente non era un tipo attento, altrimenti si sarebbe accorto della sua strana camminata.
Ma cosa le era saltato in mente di ascoltare Sophie e mettersi i tacchi?
La camminata risultò ovviamente più difficile del previsto.
Il tacco semi staccato le donava un’andatura dinoccolata, simile a quella di un budino in bilico su un vassoio.
Arrivò comunque sana e salva al punto previsto.
- Buon giorno, saprebbe indicarmi gli uffici della Gore Spot & Publicity? – chiese gentilmente al signore sulla cinquantina che nel frattempo aveva distolto lo sguardo dal giornale e la stava fissando stranito.
Ellen fece finta di nulla, si spostò, civettuola, una ciocca bionda di capelli dietro l’orecchio e ammiccò, proprio come ai bei vecchi tempi.
Il tipo scosse impercettibilmente la testa in senso di diniego – Quinto pianto – rispose sbrigativo, prima di riportare la sua attenzione al giornale.
Approfittando della distrazione del portiere, Ellen scalciò ambedue le scarpe e le raccolse furtiva.
Così il tacco dura di più!, pensò felice.
Corse verso l’ascensore e lo chiamò, sperando che non arrivasse nessuno nel frattempo.
Fortunatamente lo trovò già al piano. Entrò come una scheggia vedendo ad una decina di metri un ragazzo, un simil Dio greco, alto e moro che le gridava di aspettarlo.
Premette il bottone numero cinque d’istinto, senza pensarci due volte.
No! Non poteva aspettare quel meraviglioso ragazzo che stava imprecando contro la maleducazione della gente, mentre era scalza in un ascensore e con le scarpe in mano!
Respirò a fondo.
Il peggio era passato.
Arrivata davanti alla porta della Gore Spot & Publicity, si rimise le scarpe e suonò il campanello.
L’accolse una signora di mezza età – Buon giorno, sono Ellen Mayer, ho un appuntamento con Mr. Gore – si presentò.
La donna la guardò dall’alto al basso, socchiuse lentamente gli occhi, fissandola stranamente – Mi segua, Tom deve ancora arrivare. Ha chiamato dicendo di farla accomodare nel suo ufficio che sarà qui a momenti. Si scusa per il ritardo.
L’accompagnò quindi verso una stanza a passo spedito.
Ellen cercò di stare al passo senza compromettere la dannata scarpa.
Non si sarebbe mai perdonata una figura di merda simile.
Maledetta sfortuna!
- Si accomodi pure. Il signor Gore arriverà subito – detto questo la donna si dileguò.
Ellen si sedette su una delle due poltroncine davanti alla scrivania e curiosò in giro.
Quel Tom Gore era proprio una persona disordinata.
La scrivania brulicava di documenti, di cartacce, di bicchieri del caffè vuoti e altre cose non ben indentificate.
C’erano almeno due giacche, una camicia e circa sei cravatte appese su un attaccapanni, segno che era anche distratto.
Come ci si poteva dimenticare la giacca con cui si era andati in ufficio la mattina?
Ellen prese nota che, se le cose non fossero andate bene al colloquio, poteva passare il nominativo della Gore Spot & Publicity all’agenzia per cui lavorava come donna delle pulizie.
Chissà, magari le davano anche un piccolo aumento per la segnalazione di un potenziale nuovo cliente!
Era immersa in questi suoi pensieri e sogni ad occhi aperti, quando avvertì dei passi dietro di lei.
- Mi scusi il ritardo, ma una cretina maleducata non mi ha fermato l’ascensore! – una voce estremamente profonda la fece trasalire, soprattutto per le parole pronunciate.
Ellen spalancò gli occhi. No! Ma perché?
Perché era così sfortunata?
Non poteva essere Tom Gore il Dio greco a cui lei aveva chiuso le porte dell’ascensore in faccia!
- Non si preoccupi, io per questo faccio sempre le scale – mentì spudoratamente, con una faccia tosta incredibile – Oltre che per tenermi in forma… ovviamente.
Si alzò lentamente e si girò verso l’uomo.
Quando i loro sguardi si incrociarono per la prima volta, Ellen fu certa che l’espressione di Tom Gore fosse esattamente identica alla sua.
Occhi spalancati e mandibola raso terra.
Quello era veramente un Dio greco, per la miseriaccia! E cosa ancora più incredibile anche lui sembrava davvero sorpreso nel vederla.
L’aveva detto lei che era la sua giornata fortunata!
- Mi scusi, ci deve essere stato un errore. Avevo un colloquio con Miss Mayer – disse l’uomo non appena si riprese.
Ellen lo guardò perplessa. Che diavolo significava questo? – Allora si trova nel posto giusto. Io sono Miss Mayer. Ellen Mayer, piacere – sorrise, cercando di non mandarlo a quel paese e gli tese la mano.
Tom gliela strinse educatamente – Piacere Tom Gore – mormorò prima di lasciare la presa e portasi la mano dietro la nuca, grattandosi imbarazzato.
- Prego, prego si accomodi. Mi scusi per prima, ma… ecco… me la immaginavo completamente diversa… - balbettò lo scemo.
Se il resto del colloquio procedeva così, le cose non sarebbero andate per niente bene, povera lei!
Aveva sbattuto le porte dell’ascensore in faccia al suo nuovo capo che, a quanto pareva era un tipo che provava risentimento e in più era anche un imbecille ambulante, oltre che Dio greco.
Ellen, Ellen! Non giudicare… l’importante è che ti assuma e ti dia uno stipendio! E soprattutto ritieniti fortunata che non ti ha ancora identificato come la cretina che non gli ha tenuto aperte le porte dell’ascensore!, si rimproverò subito, sfoderando un sorriso degno di Miss Universo.
Rimasero in silenzio a contemplarsi per almeno due minuti.
Tom Gore sfogliava nervoso il suo curriculum.
Guardava i fogli e poi lei, per poi ritornare ai fogli, dopo qualche secondo, sembrava agitato.
- Quindi lei è Ellen Mayer – disse ad un certo punto Mr. Gore, calcando sul suo nome.
- Già, così dicono… - affermò in risposta.
- Già… - ma cosa c’era che non andava nel suo nome?
- Già! – squittì acida.
- Mi scusi… veramente è che mi aspettavo un’altra persona – sbottò ad un certo punto l’imbecille.
Ellen socchiuse gli occhi e lo guardò di sbieco – Un caso di omonimia, allora – cercò di essere più tranquilla e gentile possibile, anche se la voglia di alzarsi e penetrare il cervello del Dio greco con il tacco rotto era davvero grande.
- Già… omonimia – ripeté l’idiota.
- Già! – acconsentì lei.
- Ma lei per caso è parente di Gordon Mayer? – le chiese lo stordito.
Bè per fortuna la saga dei “già” era finita – Conosce mio padre? – rispose giuliva.
Un punto a suo favore.
La fama dei Mayer era molto potente, solo sapendo che era la figlia di suo padre, Tom Gore aveva la garanzia che lei era una persona seria.
Tom le sorrise – Non di persona purtroppo, ma ho sentito parlare molto di lui e so che ha costruito il suo impero finanziario dal niente. Lo conosco di fama. Quindi lei è Ellen Mayer figlia di Gordon Mayer – constatò nuovamente.
- Già – sospirò.
- Perfetto è un buon punto di partenza. Ora le spiego cosa cerchiamo e poi confrontiamo le nostre esigenze con le sue attitudini ed esperienze in modo tale da poter capire se lei, Ellen Mayer, è la persona che fa per noi!
Ellen spalancò gli occhi sorpresa.
Dov’era finito l’impacciato ragazzo che era lì di fronte a lei pochi secondi prima?
Chi era questo Dio greco sicuro di sé, dalla fisicità esplosiva e dagli occhi tremendamente passionali?
Prese quasi paura, poi si ridestò subito dal suo improvviso coma vegetativo e sorrise, sempre come Miss Universo, ovviamente.
Non voleva più fare la sguattera. Voleva un lavoro come tutte le sue amiche, quelle che ormai sentiva solo ed esclusivamente per chat, visto che nascondeva le sue forme burrose al mondo intero.
- Quindi – continuò il nuovo Tom, quello sveglio – Vedo che non è andata al college. Posso sapere il motivo?
Ellen si schiarì la voce – Certamente, nessun problema. Non mi mancavano ovviamente le possibilità economiche, ma all’epoca ero giovane e volevo dimostrare ai miei ricchi genitori che potevo farcela anche senza di loro. Ho inseguito il mio sogno, quello di realizzarmi come persona, senza dover appoggiarmi al prestigioso cognome che porto -  disse con la faccia paralizzata in quel sorriso idiota, frutto di anni e anni di prove davanti allo specchio.
Tom annuì – Lodevole da parte sua, però qui cerchiamo solo una semplice segretaria e sarei un ipocrita a dirle che ci sono possibilità di carriera.
- Non sono così ambiziosa Mr. Gore. Il mio obiettivo è lavorare al meglio qualunque sia la mia mansione. Non sono certo una persona che guarda le apparenze. Qualunque lavoro, se svolto con passione, ti gratifica.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio.
Dio! aveva detto qualcosa di sbagliato?
- Le mansioni sono semplici, tuttavia non le nascondo che cerchiamo una persona che sappia scrivere velocemente al computer e sappia gestire e riordinare le scartoffie, giusto per non avere le scrivanie inondate di carte, come è in questo momento la mia – disse scrutandola a fondo.
- Ah! Nessun problema. Nessuno è più veloce di me. Lettere, mail, missive, messaggi, comunicazioni urgenti sono il mio pane quotidiano e se vuole può mettermi anche alla prova per constatare che sto dicendo la verità. Per quanto riguarda il riordino delle pratiche… bè! Nessuno mi batte su quel fronte! – rispose sicura.
Quattro lunghi anni di chat in “Cuori solitari” erano pur serviti a qualcosa!
La sua vita sociale si riduceva alla tastiera del computer!
Riordinare poi le scrivanie era il suo lavoro, purtroppo. Ok non era proprio ciò che intendeva lo squilibrato, però era stato Tom Gore ad usare parole facilmente fraintendibili… se ne sarebbe ricordata se, una volta assunta, il suo nuovo capo o chi per esso, avesse avuto qualcosa da ridire!
- Molto bene… qualche sera, molte sere a dire il vero, finiamo molto tardi qui e spesso ci sarà bisogno della sua presenza. Lei sarebbe disponibile a fermarsi dopo l’orario di lavoro?
- In tutti gli uffici in cui ho lavorato, sono sempre uscita per ultima e ho sempre chiuso io le porte! E ovviamente sono sempre la prima ad arrivare.
Bè! Non era una bugia.
Arrivava sempre con almeno una mezzora abbondante di anticipo e effettivamente era lei che chiudeva le porte, quando aveva finito di pulire!
- Perfetto direi… - mormorò Mr. Gore. Ad Ellen sembrò quasi sorpreso – La ragazza che assumeremo dovrà anche coccolare il resto del personale, che so… portare loro il caffè o il cappuccino, non si sentirebbe sminuita da questo? – chiese ancora fissandola con uno strano sorriso.
- Ma cosa dice? Quando assaggerete il mio cappuccino, vi chiederete cosa avete bevuto finora. Sono la regina del cappuccino, io!
Tom si dondolò sulla sua poltrona, ma perché le sorrideva in quello strano modo? – Capisco… bene Ellen, dovrò vedere altre ragazze e poi valutare. Le farò sapere in settimana. C’è qualcosa che non le è chiaro? Ha qualche domanda? – domandò con quel maledetto ghigno stampato in faccia.
- No, mi sembra tutto chiaro – si alzò d’impeto dimenticando completamente il tacco rotto.
Non appena vi posò il suo dolce peso, avvertì nitidamente l’ennesimo rumore sinistro della giornata.
Ripiombò sulla sedia di colpo.
E adesso?
- Mr. Gore, veramente avrei una richiesta. Mi vergogno un po’, però non so proprio come fare… mi potrebbe dare un po’ di attak? Mi si è scollato un tacco… ho avuto un piccolo incidente di percorso venendo qui… - si sentiva le guance in fiamme.
Bella figura di merda che aveva appena fatto, ma d’altronde non poteva andare via zoppicando, perché il tacco era ceduto definitivamente.
Tom Gore scoppiò a ridere. Una sana risata che le diede i nervi.
Cretino di un imbecille, sexy e affascinante che non era altro!
Probabilmente non l’avrebbe mai assunta dopo quell’episodio, ma forse sarebbe stato meglio così.
Ellen non era del tutto convinta che sarebbe andata d’accordo con quel tizio.
Le sembrava, come dire… troppo pieno di sé, arrogante, consapevole delle proprie possibilità, insomma uno stronzo sciupafemmine e anche gasato!
- Mi attenda un attimo Ellen – disse pronunciando sempre in quello strano modo il suo nome - Vediamo se trovo qualcosa per sistemarle la scarpetta di Cenerentola – e scoppiò nuovamente a ridere uscendo dall’ufficio.
Stronzo, cretino, bellissimo Tom Gore…
Come aveva potuto chiedergli la colla per le scarpe?
Ma come si era ridotta… che figura di merda!
Maledetta vespa di Hello Kitty!
 
 
 
 
 
 
(*) L’ho vista nel film “Vent’anni di meno” e mi sono fatta una grassa risata


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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***




grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner

e il bellissimoTRAILER




Ciao!
Eccomi qui con un nuovo capitolo che spero vi possa piacere.
Grazie a tutti per i meravigliosi commenti che mi lasciate.
In questo capitolo conoscerete Wenda l'intransigente capo-ufficio e George, l'amico del cuore di Tom.
Il soprannome di George ha un suo perché.
Infatti buona parte di quello che dice l'ho estrapolato dalle recensioni e dalle mail che ci scambiamo su questo racconto io e Gaccia e non volevo prendremi il merito delle sue parole.
Quindi...
Buona lettura besos
MandyCri


Ricordo come sempre il gruppo face
L'amore non è bello se non è litigarello



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CAPITOLO 4
 
Tom uscì dall’ufficio cercando di ricomporsi.
Cazzo! Ellen Mayer era proprio cambiata in quei sette anni!
Se l’avesse vista per strada non l’avrebbe mai riconosciuta.
A dire la verità, non aveva creduto fosse proprio lei, nemmeno davanti all’evidenza, fino alla fine infatti, aveva sperato fosse un caso di omonimia.
Eppure tutto corrispondeva: era proprio lei la ragazza di cui si era innamorato al liceo.
Quindi la leggenda dei nerds non era una favola che gli sfigati si erano tramandati di padre in figlio. Gli sfigati davvero diventavano dei geni e facevano soldi e i ragazzi e le ragazze più popolari diventavano, per contro, dei falliti.
Anche se nel suo caso e in quello di Ellen c’era stata una piccola eccezione. Un’eccezione inversamente proporzionale.
Lui non solo aveva avuto successo e aveva fatto i soldi, ma era cambiato radicalmente, in meglio, fisicamente parlando.
Non si poteva dire lo stesso di Ellen. Non solo lei era diventata una cicciona, ma era ancora nubile e senza figli, non l’aveva voluta nessuno!
Tom spalancò leggermente gli occhi.
Non poteva credere alla fortuna che aveva appena avuto nell’incontrare la nuova Ellen Mayer.
Durante quei venti minuti di colloquio, la balenottera che ora soggiornava nel suo ufficio in attesa di sistemare il tacco della scarpa, aveva cancellato per sempre il ricordo che aveva del suo primo grande amore.
Vederla era significato chiudere definitivamente un capitolo della sua vita, mettere il punto finale a qualcosa che non sarebbe più ritornato.
Insomma proprio come i mafiosi facevano sparire le persone che non erano più utili, che non servivano più o semplicemente erano scomode, lui aveva eliminato per sempre il ricordo di Ellen Mayer, la ragazza più bella e più ambita del liceo, ma mentre i succitati mafiosi cancellavano ogni traccia, con acido o blocchi di cemento armato a lui era bastato rincontrarla e “puff” Ellen Mayer era scomparsa per sempre dalla sua mente.
Chi se lo sarebbe mai aspettato che la bellissima Ellen sarebbe diventata così?
Nemmeno nei suoi sogni più oscuri, si sarebbe immaginato una fortuna del genere, quando, dopo aver superato almeno un pochino il suo innamoramento, progettava vendette stellari.
Sorrise tra sé e sé.
Appena la cicciona fosse uscita, avrebbe chiamato George, il suo migliore amico!
Non vedeva l’ora di metterlo al corrente della novità.
Si diresse fischiettando da Wenda – Hai per caso dell’attak? – chiese con la sua solita gentilezza.
La donna alzò un sopracciglio e lo fissò stupita – E a cosa ti serve? – chiese guardinga.
Wenda il capoufficio, era una cinquantenne alta circa un metro e cinquanta, con i fianchi rotondi e il seno prosperoso, ma non era grassa, anzi, era una bellissima donna.
Aveva i capelli cortissimi a spazzola, tinti di un'assurda gradazione di mogano, nonostante quel colore non andasse più di moda dagli anni ottanta - novanta e ne andava fierissima, guai a farglielo presente!
Era sempre impeccabile nei suoi vestiti colorati, ma dal taglio elegante.
- Miss Mayer ha avuto un incidente e si è rotta un tacco della scarpa – rispose facendole l’occhiolino.
Wenda borbottò qualcosa e gli passò la colla, prima che potesse ritornare sui suoi passi lo bloccò afferrandolo per un braccio – Cos’hai deciso? – domandò abbassando gli occhiali, di un delicato lilla che usava per vedere da vicino, sulla punto del naso e alzando gli occhi per guardarlo meglio.
- A cosa ti riferisci? – chiese a sua volta, facendo finta di non aver capito.
- Chi vuoi assumere e non prendermi in giro giovanotto! – esclamò lei piccata.
Tom le sorrise. Quanto amava quella donna! – Sono indeciso tra la morettina e la biondina della scorsa settimana – mentì facendo finta di essere sincero.
Wenda si mise la matita in bocca e assunse un’espressione pensierosa – Quindi la scelta è tra tette grosse e gambe chilometriche… sono tutte e due delle oche giulive che ti porterai a letto, le ribalterai come un calzino e, alla fine, sono sicura, ti stancherai e noi ci troveremo nella merda più di prima, perché quelle non sono capaci di fare un cazzo e ci lasceranno più casino di quello che abbiamo. Devi sceglierti una che non ti faresti mai… la Mayer ad esempio, andrebbe benissimo! – concluse con il suo solito modo diretto. Fortuna che con i clienti non parlava in quel modo!
Tom sgranò gli occhi – Ellen Mayer?
- Sì, lei! La balenottera che sta aspettando che tu le aggiusti la scarpetta di Cenerentola!
Tom alzò le spalle – Non lo so… non mi sembra adatta – sospirò – Ma tu hai avuto sempre più fiuto di me con le persone. Terrò conto del tuo consiglio – disse infine regalando a Wenda un largo e falsissimo sorriso.
Quando si girò per dirigersi verso il suo ufficio, arricciò il naso divertito.
Adesso poteva assumere tranquillamente Ellen Mayer, l’aveva scelta Wenda in fin dei conti!
Avrebbero pensato tutti male se l’idea fosse partita da lui, soprattutto perché in quell’ufficio nessuno si faceva i fattacci propri.
Era meglio evitare certe situazioni imbarazzanti.
La sua vendetta stava per cominciare.
Entrò nell’ufficio facendo sussultare la ragazza – Miss Mayer le dispiace se le faccio una foto? Il suo curriculum è l’unico che non ne è provvisto e io purtroppo ho poca memoria fotografica.
Ellen annuì con la testa, visibilmente imbarazzata.
Tom prese il cellulare e scattò l’istantanea – Mi guardi… ecco fatto grazie! Adesso la faccio stampare dai miei ragazzi e l’allego al suo fascicolo – disse soddisfatto poi porse ad Ellen la colla – Vuole che l’aiuti? – chiese più per gentilezza che per altro, non aveva nessuna voglia di sporcarsi le mani con quella schifezza appiccicosa che poi restava per giorni e giorni sui polpastrelli, sempre se per toglierla, non si optasse per le azioni forti, ovvero grattarla con una pietra pomice con il risultata che potevano sparire anche le impronte digitali.
Ellen negò con il viso. Spalmò un po’ di quella colla miracolosa sul tacco e poi lo attaccò alla suola della scarpa.
Premette qualche secondo – Dovrebbe essere apposto così, spero regga finché non arrivo a casa – disse pensierosa – Mi scusi ancora Mr. Gore, so di non aver fatto proprio bella figura con lei, ma mi creda… è stato un caso isolato… sa… non vorrei precludesse il mio colloquio – balbettò tutta rossa in viso e quasi in lacrime.
Tom ebbe quasi un moto di tenerezza nei confronti di quella ragazza.
Si capiva che ci teneva molto a quel lavoro, nonostante non fosse niente di che sia per le mansioni che per la paga.
Probabilmente era vero che stesse cercando in tutti i modi di essere indipendente e avesse davvero bisogno di lavorare, il che gli risultava molto strano visto le condizioni economiche della sua famiglia.
- Mi dica la verità Miss Mayer suo padre non l’aiuta proprio in niente? – cercò di mantenere un tono di voce freddo e professionale.
Ellen Mayer alzò orgogliosa il viso e lo guardò fiera – Mio padre non esiterebbe a darmi una mano, ma io voglio essere autonoma in tutto e per tutto – la voce tradiva però tutta la sua agitazione e insicurezza.
Tom sperò con tutto il cuore che non scoppiasse a piangere davanti a lui, che almeno aspettasse di uscire fuori dal suo ufficio.
Non avrebbe proprio retto una crisi emotiva.
Fece quindi ciò che gli sembrava più giusto: la liquidò in quattro e quattr’otto – Bene Ellen, è stato un piacere conoscerla, mi farò sentire la settimana prossima non appena prenderò una decisione. Arrivederci – disse bruscamente facendole un cenno verso la porta.
La ragazza ritrasse la mano che gli aveva porto per stringere la sua e salutò con un sussurro, abbassando lo sguardo ancora più imbarazzata di prima.
Quando vide la porta chiedersi Tom si sentì un verme.
Cazzo, non gli aveva stretto nemmeno la mano.
Scacciò quello strano senso di colpa subito e digitò il numero di George con il telefono dell’ufficio.
- Ciao scemo! – lo salutò pimpante l’amico.
- Ciao Gaccio! – rispose riacquistando subito il suo buon umore.
- Tom! Quante volte ti ho detto di non chiamarmi così? È veramente infantile che tu insista ancora- sbraitò l’altro.
- Uff, come sei pesante vecchio mio. Quando ho smesso di chiamarti così per due mesi ti sei quasi offeso – brontolò – Comunque adesso bando alle ciance. Ho una notizia straordinaria da darti!
Sentì uno sbuffo dall’altra parte del filo – Tom non ho voglia di ascoltare le tue prestazioni sessuali di ieri sera e ho solo quelle in arretrato se non sbaglio…
- Guarda che non è che l’unico argomento di cui so parlare è il sesso! – rispose infastidito.
Non ricevette nessuna risposta.
Alzò gli occhi al cielo e imprecò mentalmente.
Gaccio era il suo migliore amico fin da quando andavano all’asilo, sapeva vita, morte e miracoli di lui e probabilmente era la persona che, in assoluto, lo conosceva meglio.
Nonostante adesso abitassero in città diverse, non c’era giorno in cui non si sentivano.
George aveva visto la sua trasformazione da nerd sfigatissimo ad affascinante uomo d’affari.
L’amico non era un gran bellezza, ma aveva qualcosa che attraeva le donne come api con il miele e lui, ovviamente, non disdegnava la loro compagnia.
Aveva i capelli riccissimi, ispidi e indomabili, la barba incolta, due occhi neri che incutevano quasi paura da quanto intelligenti erano e un’aria veramente trasandata.
George Morris era uno scrittore stralunato, ma il suo primo romanzo aveva fatto un successo senza precedenti, dopo un anno era ancora in cima a tutte le classifiche.
Tom l’aveva letto di nascosto, perché Gaccio gli aveva fatto giurare solennemente di non acquistarlo – Perché non vuoi che lo legga? – gli aveva chiesto irritato.
- Sei diventato uno stronzo insensibile, non capiresti mai! – gli aveva risposto l’amico con una tranquillità che l’aveva disarmato.
Così l’aveva comprato e letto in silenzio.
Tutte le critiche stupende ricevute e i premi che aveva vinto erano più che meritati.
Mai in vita sua, Tom aveva riso così di gusto e pianto così amaramente per una storia d’amore.
Certi passaggi di quel libro gli avevano procurato degli insidiosi blocchi allo stomaco tanto l’emozione era alta.
Tom non poteva dire di aver letto il romanzo, lui l’aveva visto.
George aveva descritto paesaggi e personaggi talmente bene che a lui era sembrato di viverla quella storia.
Ovviamente non gliel’aveva mai detto.
Uno, perché aveva giurato a George di non comprare il suo romanzo e due, perché non voleva sapesse che lui lo stronzo insensibile aveva pianto come un bambino, soprattutto alla fine.
- Ohhhh ci sei ancora?
Tom sorrise – Sì, sono qui… indovina chi ho visto oggi? – chiese cercando di essere più misterioso possibile, ma non riuscì ad aspettare nemmeno un secondo e aggiunse – Ellen Mayer!
Dall’altra parte udì un fischio lunghissimo – Quella Ellen Mayer?
Quando confermò tutto felice, George cominciò il suo monologo – No… fammi capire, la famosa cheerleader che ti ha preso il cuore e te l’ha spappolato tra le mani? Quella che ti chiamava Boom per via dell’eruzioni cutanee che sfoggiavi al liceo? Quella che ti ha preso in giro come poche persone hanno mai fatto in vita tua? Quella che ti ha visto il pisello che poi è stato anche fotografato e affisso per la scuola? Quella che ha ferito i tuoi sentimenti in tutte i modi possibili e immaginabili? Quella per cui hai sabotato l’annuario della scuola, ritagliando la sua fotografia che poi è stata messa imperiosa nella cornice d’argento sul tuo comodino con tanto di fiori colorati tipo altarino che ti faceva sembrare tanto un vero e proprio serial killer, quella….
- SÌ! QUELLA! ADESSO FINISCILA! – sbraitò.
Non gli piaceva affatto ricordare quanto sfigato fosse un tempo.
Quello era il suo punto debole e a Gaccio piaceva infierire, appena ne aveva l’occasione, su quel punto.
Cristo Santo, aveva davvero ritagliato di nascosto la foto di Ellen, incorniciata e messa sul suo comodino? La cosa peggiore, però, era purtroppo un’altra.
Ogni giorno, raccoglieva le margheritine sui prati, perché la foto avesse sempre fiori freschi, mentre d’inverno metteva quelli finti e li cambiava ogni settimana, perché aveva paura diventassero brutti.
Mamma quanto era sfigato!
Che vergogna…
- Tom… non volevo ricordarti delle brutte cose, mi dispiace… – stranamente Gaccio sembrava davvero dispiaciuto.
Sbuffò – No! Hai fatto bene invece… non ci crederai mai, ma ho l’occasione per prendermi una piccola rivincita. È venuta qui per un colloquio di lavoro – disse soddisfatto.
- E tu hai intenzione di assumerla?
- Certo che sì! Quale migliore occasione? Ah, i cinesi ne sanno una più del diavolo. Come faceva il detto? Siediti sulla riva del fiume e vedrai il cadavere del tuo nemico passare, oppure c’è anche l’altro… tutto ritorna, oppure chi semina vento, raccoglie tempesta… ah come mi sento vivo e soddisfatto in questo momento!
George sembrò pensarci un attimo – Credo tu abbia ragione! Cavoli è proprio il destino. Ah! Mi dovrai telefonare ogni giorno, lo sai questo, vero? Non voglio perdermi nemmeno una puntata di questa telenovela – acconsentì tutto allegro.
- Ma la parte migliore deve ancora arrivare Gaccio…
- Smettila di chiamarmi così! – brontolò subito.
Tom trattenne una risatina – Dovessi vedere come è diventata… - sussurrò per tenere in tensione l’amico.
- Eh no cazzo! adesso me lo dici – esclamò subito il curiosone.
- Farò di meglio vecchio mio, le ho fatto una foto, solo per potertela mostrare! Adesso te la mando – prese il cellulare e inviò l’immagine a quello dell’amico.
- Come hai fatto a scattarle una foto senza farti scoprire? – chiese l’altro esterrefatto.
- Ah! Le ho detto che mi serviva per allegarla al suo curriculum, perché non ho una buona memoria fotografica e volevo ricordarmi tutto di lei, ovvio no! – rispose un po’ sorpreso.
Certe volte Gaccio non aveva il minimo senso pratico, era proprio uno scrittore nato.
Chiunque avrebbe adottato quella scusa, era una cosa troppo logica per non pensarla.
- Ehi… l’hai ricevuta? – domandò impaziente.
- PORCA PUTTANA, TOM! Questa è la Ellen Mayer che un tempo era la reginetta della scuola? Non l’avrei mai riconosciuta, giuro! – la reazione di George lo fece scoppiare a ridere.
- Sì, Gaccio è proprio lei! – disse scoppiando a ridere – Hai visto che razza di cetaceo è diventata?
Sentì chiaramente l’amico sospirare profondamente.
Tom alzò lo sguardo al soffitto.
Quando George faceva così, significava solo una cosa: il suo lato “buono” stava per prendere il sopravvento su tutto il resto.
- Tom… - cominciò pronunciando lentamente il suo nome – Non voglio essere, come sempre, il predicatore folle, però… cazzo… sarebbe proprio una cattiveria bella e buona prendersi gioco di una ragazza in quelle condizioni.
Tom sbuffò. Lo sapeva! Ormai lo conosceva troppo bene – George… ti sei dimenticato, per caso, cosa ho subito IO? – puntualizzò seccato – Forse la tua memoria ha delle lacune, ma mi ha messo in imbarazzo attaccando per tutta la scuola locandine con il mio gioiellino in piena erezione! Ti ricordi o no? L’hai ribadito poco fa tu stesso!
- E come potrei dimenticare? – gli chiese l’altro dispiaciuto – Però, Cristo Santo, Tom… è come se ti dessi il benestare per sparare sulla croce rossa… è… è… una sfigata cicciona di prima categoria e, sinceramente, all’epoca eravamo giovani, adesso siamo adulti… non è la stessa cosa – balbettò quasi dispiaciuto perché gli stava dando contro.
- Non me ne sbatte un fico secco! – ringhiò al culmine della rabbia - Dimmi subito se sei con me o contro di me! Perché io andrò a fondo in questa cosa e ti posso assicurare che Ellen Mayer pagherà tutto ciò che mi ha fatto.
George tacque. Sembrava stesse riflettendo – Facciamo così… tu ti prenderai una piccola rivincita sulla ex reginetta della scuola, ma tutto sarà all’insegna del gioco e non farai nulla per farla soffrire o far vergognare di ciò che è diventata.
Tom ascoltò le parole dell’amico – Posso illuderla di venire a letto con me e poi lasciarla in bianco? È lecito questo? – chiese già pregustandosi l’immagine ridicola di Ellen in biancheria di cotone bianco, formata da reggiseno per taglie forti super rinforzato e le classiche mutandone della nonna a vita alta.
- Bè… sarebbe meglio non arrivare a tanto… – sospirò l’altro.
Tom grugnì – Esponi la tua idea per la mia vendetta e se mi piacerà eviterò di attaccare locandine di Ellen nuda con le gambe aperte per tutto l’ufficio – acconsentì.
- Potresti… ecco potresti trattarla come una donna delle pulizie, chiederle commissioni impossibili e fuori dal suo ruolo, che ne so… pulirti la casa perché la signora che viene da te è in ferie… cose di questo genere.
Gli occhi di Tom si illuminarono – Credo di aver appena avuto una folgorazione – disse ritrovando l’allegria – Gaccio sei un genio!
- Non chiamarmi così! – protestò subito George.
- Ti voglio bene amico mio, non so cosa farei senza di te.
- Spero solo che non siano state le mie parole a dare il colpo di grazia a quella povera ragazza – gli rispose mestamente George – Perché ha proprio un bel sorriso…
Tom schiarì lo schermo del cellulare e fissò l’immagine della nuova Ellen che gli sorrideva speranzosa.
George aveva ragione.
Aveva proprio un bel sorriso.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***



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che potrete vedere nella pagina face
L'amore non è bello se non è litigarello
se ne volete uno bello quanto questo:

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Ciao a tutti e grazie mille a chi legge questa mia storiella.
Grazie alle ragazze che hanno recensito, mi rendete FELICISSIMA e grazie a coloro che hanno aggiunto la storia tra le seguite, ricordate e preferite.
Ne approfitto per dirvi per coloro che hanno seguito "Un sacco di patate. L'amore non è bello se non è litigarello" che ho postato il primo capitolo del sequel lo travate qui

Vi ricordo che il gruppo di fb è sempre valido
L'amore non è bello se non è litigarello

Ho finito.
Spero che il capitolo vi piaccia.
Buona lettura
MandyCri


 
CAPITOLO 5
 
Ellen entrò in casa tutta eccitata.
Lanciò le scarpe che aveva in mano, senza preoccuparsi se si potessero rovinare o meno, visto che il tacco era durato giusto il tempo di uscire dall’ufficio della Gore Spot & Publicity.
Sbuffò seccata.
Togliere dal cavalletto la vespa, era stata un’impresa alquanto ardua e costosa, grazie a quelle maledette scarpacce!
Senza il tacco, che si era scollato non appena era entrata in ascensore, non era riuscita a trovare l’equilibrio giusto per spingere lo scooter con la dovuta forza.
Alla fine, sudata e senza fiato, aveva chiesto aiuto ad un barbone che passava di lì.
Il tizio si era fermato poco distante da lei e l’aveva osservata per almeno dieci minuti, ridendo, brontolando e dandole consigli, decisamente sgraditi e non richiesti e, cosa ancora più fastidiosa, le faceva anche i coretti da stadio, quando lei dava il colpo di reni per far in modo che la vespa scendesse da quel maledetto cavalletto.
- Ooooooohhhhhhhh… niente bambina, è andata male anche questa volta! – le diceva divertito.
Ad un certo punto non aveva più retto quella presa in giro ed era sbottata – Senta, Mr. Sapientino, invece di elargire le sue perle di saggezza, perché non mi dà una spintina? – aveva detto seccata.
Il barbone, dall’odore decisamente acuto, le aveva sorriso, mostrando i radi denti dal color marroncino – Ti costerà bambina! – si era messo dietro lo scooter e aveva posato le manacce sul suo sedere, per spingerla.
Ellen aveva sbarrato gli occhi – Deve dare un colpo alla vespa, non palparmi il deretano! – aveva protestato scocciata e infuriata.
Il barbone aveva riso sguaiatamente – Scusa bambina, ma era così invitante! Non avevo mai toccato tutta quella carne. Hai proprio un ben di Dio là dietro!
Ellen si era quasi disperata per quell’affermazione. Alla sua esigua lista di ammiratori ultra settantenni, adesso poteva aggiungere anche un barbone! Ma si poteva essere più sfigate di così?
- La vespa! Spinga la vespa! – aveva quasi urlato contrariata.
Una volta che, finalmente, era riuscita a togliere il cavalletto, aveva messo mano al portafoglio per pagare l’uomo, perché lui stesso gliel’aveva ricordato senza mezze parole.
Aveva tirato fuori una banconota da cinque dollari e, immusonita, l’aveva fatta sventolare sotto il naso del tizio.
Lui, per contro, aveva inarcato le sopracciglia e aveva tossito di proposito, per attirare la sua attenzione – Sei un po’ tirchietta, ragazza mia – aveva detto candidamente – Non mi compro niente con cinque dollari, nemmeno il whisky più economico che ci sia al mondo!
Ellen l’aveva guardato infastidito – Ma che scherza? Ha sprecato un minuto del suo tempo e in più, mi ha palpato il culo! – aveva replicato, sgomenta.
L'uomo era rimasto con la mano tesa, schiarendosi ulteriormente la gola.
Così, aveva tirato fuori un’altro pezzo da dieci dollari – Ecco, crepi l’avarizia. Mi ridia quella da cinque.
Il barbone aveva preso anche l’altro foglietto di carta – Grazie tesoro, è un piacere fare affari con te! Se avessi bisogno altre volte, sono sempre qui nei paraggi – e si era messo a raccogliere le sue cose, non restituendole i soldi.
- Ma come… - Ellen aveva provato a dire qualcos’altro, per avere indietro i cinque dollari, ma poi aveva lasciato perdere.
Tra non molto, avrebbe avuto un lavoro serio, non aveva bisogno di quei maledettissimi cinque dollari.
Doveva essere altruista e una buona azione, sicuramente, le avrebbe dato delle chances in più, questa era la sua teoria di vita. Dai e ti sarà dato. Aveva scosso la testa e avviato lo scooter.
Si lanciò sul divano, sognante.
Tom Gore avrebbe assunto lei, ne era più che certa.
Nonostante quella fosse stata una delle peggiori giornate della sua vita, sapeva che era il momento della svolta.
Era ancora in quello stato di catalessi, dovuto ai sogni ad occhi aperti che stava facendo, dopo aver incontrato Mr. Gore, quando Sophie rientrò a casa.
Guardò l’amica e non riuscì a trattenere un sorriso gigantesco.
- Com’è andato il colloquio? – esordì l’amica, andando subito al sodo e senza preoccuparsi nemmeno di salutarla.
Ellen emise un grugnito.
Certe volte Sophie era proprio maleducata – Benissimo direi! Sono sicura che Mr. Gore sceglierà me. Credo di aver fatto un’ottima impressione – disse con aria sognante.
- Ah! Hai fatto colpo sul vecchio!
Ellen guardò la coinquilina un po’ stordita – Che vecchio? – chiese stralunata.
L’amica non poteva certamente sapere del barbone che le aveva palpato il sedere!
- Mr. Gore! Testa, ci sei?
- Tom Gore non è vecchio! Anzi… è un Dio greco sceso sulla terra! – disse con fin troppa enfasi.
Sophie assottigliò lo sguardo e la fissò – Mi stai dicendo che il tuo forse possible futuro titolare è un ragazzo? Intendo ragazzo. R.A.G.A.Z.Z.O. e non uomo ultra sessantenne?
- Eh sì… e non solo… è uno degli uomini più belli che abbia mai visto ed avrà circa la mia età! – confermò lei, entusiasta.
- Ma dai… - Sophie spostò una ciocca dei lunghi capelli rossi che le era caduta sulla fronte – Interessante – affermò, aprendo impercettibilmente i grandi occhi verde acqua.
Ellen inclinò la testa – In ogni caso. Giovane o vecchio, aitante o brutto che sia, l’unica cosa che mi interessa è che mi assuma. Mi ha chiesto anche di mio padre e questo credo andrà a mio vantaggio, rispetto alle altre candidate. La fama di Gordon Mayer, magari, mi darà una mano, questa volta.
Sophie fece una smorfia – Non sarei così orgogliosa io, se il posto me lo dessero solo perché ho un paparino importante!
Ellen deglutì.
Sophie era famosa per quelle uscite prive di sensibilità. Aveva fatto fatica ad abituarcisi, ma certe volte, per quanto avesse costruito attorno a sé una corazza anti-Sophie, le facevano ancora male.
L’amica era bellissima, con quei suoi lunghi e ondulati capelli rosso fuoco naturali, i chiarissimi occhi verde acqua e un fisico decisamente tonico e sportivo, per non parlare poi del fatto che i suoi studi procedevano benissimo e quindi era anche intelligente. Perché allora, tante volte, le sembrava che fosse Sophie ad invidiare lei?
Ellen si era ricostruita una vita da quando si era trasferita nel piccolo appartamento che condivideva con la ragazza.
Aveva conosciuto molte persone nel quartiere, anche se l’unica che potesse considerare veramente un’amica era proprio Sophie, però sapeva che molti le volevano bene ed erano sempre pronti ad aiutarla, come aveva fatto proprio quello stesso giorno, Henry il giornalaio.
In definitiva, tirando le somme della sua nuova vita, le uniche due cose che le mancavano erano un lavoro decente e un uomo con cui uscire.
Ma, al momento, lei con gli uomini aveva chiuso, almeno finché non tornava in forma fisicamente, cosa alquanto difficile, dato che non seguiva nessuna dieta. Era meglio chattare nel sito dei cuori solitari, in completo anonimato e, quando i suoi interlocutori diventavano insistenti e le chiedevano di incontrarsi, chiudeva l’amicizia.
Sophie, al contrario, usciva ogni week-end con un uomo diverso, quello che era durato di più, l’aveva visto per un mese di fila, non aveva amiche o amici, ma solo conoscenti.
L’unica che sopportava quel suo carattere, particolarmente schietto e qualche volta arrogante, era, giusto appunto, lei.
- Sei acida Sophie – rispose per mettere fine al discorso.
La ragazza, come se avesse recepito il messaggio, non commentò ulteriormente. Si tolse le scarpe e poi lanciò un’occhiata alle sue che troneggiavano in mezzo alla stanza – E queste? – chiese prendendo in mano quella con il tacco rotto.
Ellen alzò le spalle – Ho avuto un piccolo incidente di percorso e sappi che se non vengo assunta alla Gore Spot & Publicity, la colpevole sarà solo lei! – disse, indicando la carcassa che aveva in mano la coinquilina, con disprezzo.
- Scusa? – le chiese Sophie perplessa.
Ellen si lanciò in un lungo e dettagliato resoconto della giornata, senza tralasciare nulla.
Ogni tanto si interrompeva, un po’ scocciata dalle risate di Sophie ch,e però, svanirono completamente, non appena cominciò a descriverle l’avvenenza e la gentilezza di Tom Gore.
Sophie divenne d’un tratto serissima.
Quando finì il suo lungo racconto, la coinquilina aveva un’espressione da pesce lesso – Se ti assumerà, ti verrò sicuramente a trovare, per vedere di persona questo fantomatico Tom. Mi ha proprio incuriosita – disse, facendole l’occhiolino.
Ellen rabbrividì.
Le si drizzarono i peli sulla nuca come ai gatti. Il suo sesto senso le urlava, a gran voce, di non fare mai incontrare quei due.
- Ti dispiace? – le chiese Sophie, come se avesse intuito i suoi pensieri.
Ellen la fissò, poi scacciò una mosca inesistente e fece un grosso sorriso – Ma figurati! E perché mai dovrebbe dispiacermi? Mr. Gore non è assolutamente il mio tipo o, per lo meno, non della Ellen di adesso – rispose a malincuore.
Perché un Dio greco come Tom non si sarebbe mai interessato ad una come lei, ma questo non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura, anche se Mr. Gore non le aveva dato proprio questa impressione, anzi al contrario, le sembrava proprio una persona seria e intelligente.
Sophie fece spallucce – Secondo me ti sottovaluti – disse con tono piatto, come se stesse recitando una litania – In fondo, l’hai appena descritto come un uomo di altri tempi…
- Oh sì… bè… non mi sembra affatto il tipo che va con le donne, solo perché sono belle. Penso che lui cerchi qualcosa in più, tipo il cervello, poi credo che sia ovvio che si ci sono entrambe le cose, non si tirerebbe indietro e chi lo farebbe?  – affermò con aria saccente.
Sophie scoppiò a riderle in faccia per l’ennesima volta – Ellen, ma in che mondo vivi? Lo sappiamo bene che gli uomini non vanno oltre un paio di gambe, due tette perfette e un culo sodo!
Ellen la guardò truce – Non è vero! Ci sono quelli che non guardano l’aspetto fisico!
- Ah sì? E dimmi quanti ne hai avuti da quando la tua taglia è passata da una trent’otto ad una quarant’otto? – domandò sprezzante.
Ellen rimase a bocca aperta – Grazie Sophie! Sei proprio un’amica sai… - disse offesa.
- Uff Lelly, quanto sei permalosa… non avevo intenzione di darti della grassona!
- Già… però l’hai fatto…
Sophie le si avvicinò cauta – Scusa… dai perdonami! Nonostante il tuo grasso, davvero eccessivo, io ti considero una delle ragazze più belle che abbia mai conosciuto. Hai dei capelli lisci, lucidi e perfetti, senza una doppia punta. Due occhi favolosi, una pelle liscia come la seta e un sorriso invidiabile. Giuro non ti volevo dire che sei in sovrappeso… e poi c’è sempre un rimedio per quello: mangiare meno e fare un po’ di sport!
Ellen sorrise sforzatamente. Chissà perché, ma l’ultima frase dell’amica, non le suonava proprio come un complimento!
- Ok, perdonata, per questa volta! Adesso vado a riposare un pochino che sono stanca e tra qualche ora devo andare a lavoro.
Si avviò quindi verso la sua camera, salutando l’amica.
Non appena si sdraiò sul letto, cominciò a pensare a tutto quello che era successo e si addormentò a fatica e, una volta appisolata, fece strani sogni.
Tom Gore e Sophie che ci davano dentro nella stanza accanto. Si svegliò di pessimo umore e con cattivi pensieri.
Aveva sempre creduto nei sogni e, quello che aveva appena fatto, l’avvertiva chiaramente di non far conoscere quei due: era un ammonimento! Un sogno premonitore.
Andò in bagno per farsi una bella doccia.
Perché si dava tanta pena se, per caso, il destino avesse messo insieme la sua amica e il suo datore (perché sicuramente l’avrebbe assunta) di lavoro?
Non doveva nemmeno sperare che uno come Tom si accorgesse che anche lei era una donna, ok, le era parso diverso dagli altri, però…
L'aveva giudicato una persona tanto a modo e gentile.
Non le sembrava proprio il tipo che si fermava all’aspetto fisico.
Se tutto andava bene, lui al liceo e al college era stato il classico figo che si era innamorato della nerd occhialuta di turno. Ce lo vedeva proprio, con quei suoi modi aristocratici e quel sorriso da mille e una notte.
Quindi, magari, non avrebbe nemmeno guardato in faccia una tipa avvenente come Sophie e anzi… magari… avrebbe optato per lei.
Si diede uno scappellotto da sola.
Tom Gore sarebbe stato il suo titolare e lei non avrebbe, mai e poi mai, mischiato il lavoro con il piacere! Sarebbe stata la professionalità fatta a persona e non avrebbe sgarrato.
Perdere un posto di segretaria per degli stupidi ormoni ballerini? Nemmeno per sognoi!
Rinunciare ad andare in ufficio alla mattina e non ritornare a fare la sguattera di sera, per sollazzare i piani bassi ormai arrugginiti? Non esisteva proprio!
Tornare a casa da paparino con la coda tra le gambe, perché Tom Gore aveva risvegliato la sua chitarrina, ormai ricoperta di ragnatele? Ah, ah, ah! Nemmeno per tutto l’oro del mondo!
Aprì l’acqua ghiacciata per stemperare la pelle che si era surriscaldata eccessivamente al pensiero di Mr. Gore nudo.
Oh Dio! Chissà cosa avrebbe provato a toccare quei muscoli che aveva intravvisto sotto la camicia fatta su misura… e se fosse stato un super dotato?
Ellen scosse la testa vigorosamente, per far uscire quei pensieri scabrosi.
Afferrò lo shampoo con rabbia e, in quel momento, prese una decisione ferrea: avrebbe fatto di tutto per evitare che Sophie Rousseau e Tom Gore si conoscessero! Era meglio non sfidare la natura, anche se, lei era certa che Tom non fosse quel tipo di uomo.
Era sicuramente così! Ma, soprattutto, non si sarebbe fatta abbagliare da quell’individuo.
Sapeva come finivano queste cose e lei non voleva ritrovarsi con il cuore a pezzi.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***



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Ciao a tutti e grazie.
Grazie a chi mi ha inserito tra le seguite, ricordate e preferite.
Grazie a chi legge e a chi mi lascia un commento.
Vi ricordo il gruppo di face, basta cliccare qui - L'amore non è bello se non è litigarello - se volete unirvi a noi.
Vi ricordo inoltre che ho cominciato il sequel di "Un sacco di patate..." lo trovate qui Il teorema a due incognite e il buco nero (ovvero il cervello di Jack)

Buona lettura
Besos MandyCri


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CAPITOLO 6
 
- Cosa aspetti a decidere? – Wenda gli si parò davanti all’improvviso.
Tom sussultò – Wenda… mi hai fatto prendere un colpo! – disse portandosi una mano sul cuore.
La donna sbuffò – Dettagli! – affermò sbrigativa – Piuttosto dimmi quando arriverà la ragazza che hai scelto, perché qui stiamo impazzendo! Se non vuoi un ammutinamento e relativo sciopero generale, sarà il caso che tu metta il dito sul telefono e chiami una qualsiasi ragazza che scaldi quella sedia in reception, entro domani! – minacciò.
Tom alzò gli occhi al cielo – Adesso chiamo la Mayer, va bene?
Wenda sorrise – Vedo che hai accettato il mio consiglio! – disse raggiante – Credo sia la scelta più giusta e poi, mi sembra una ragazza volenterosa e che non si risparmia – tacque un attimo, fissandolo intensamente – E io non sbaglio mai con le persone. Tra l’altro, ho una strana sensazione su quella ragazza… strana, ma buona.
- Che sensazione? – chiese curioso.
Wenda era famosa per quelle sue “percezioni”, perché, effettivamente, non sbagliava mai.
Capiva a pelle se qualcuno era valido o no oppure se ci si poteva fidare o meno.
Tom credeva ciecamente nel suo giudizio – Quindi? – insistette.
Wenda gli regalò un sorriso gigantesco, fece spallucce e agitando la mano, uscì dal suo ufficio – Lo capirai a tempo debito – affermò con un tono di voce di chi la sapeva lunga.
Storse il naso.
Quella donna faceva sempre così, prima formulava mezze frasi e poi ti lasciava a bocca asciutta, soprattutto quando la curiosità saliva alle stelle.
Prese il plico dei curricula ed estrasse quello di Ellen.
Nel vedere il foglio con i suoi scarabocchi, sorrise.
Ellen Mayer!
L’aveva colpito come un fulmine a ciel sereno ai tempi del liceo e dopo sette anni l’aveva, ancora una volta, impressionato, per una ragione completamente opposta.
Era proprio cambiata.
Era passata più di una settimana dal loro incontro.
Non le aveva ancora telefonato di proposito. Voleva tenerla sulle spine.
Effettivamente, si era comportato un po’ da stronzo. Aveva capito benissimo che Ellen aveva bisogno di quel lavoro, tuttavia non si era fatto problemi. In fin dei conti suo padre era un ricchissimo e famoso uomo d’affari, se proprio la ragazza si trovava così “in bolletta”, Gordon Mayer sarebbe intervenuto.
Gaggio, neanche a dirlo, l’aveva rimproverato per questo suo atteggiamento crudele.
L’amico l’aveva chiamato più volte al giorno e gli aveva fatto un milione di domande, tante volte le stesse.
Chissà perché si aspettava di vederlo arrivare da un momento all’altro!
Invece, fortunatamente, si era limitato alle telefonate.
Compose il numero di Ellen con un sorriso diabolico stampato in faccia.
Il telefono squillò fino a che non scattò la segreteria.
Tom sbuffò con un certo disappunto.
Schiacciò il tasto per ripetere il numero che, ancora una volta squillò libero, finché, ancora una volta, rispose la voce metallica della segreteria.
Grugnì e con il nervoso che cominciava a montare ricompose, nuovamente, il numero.
La voce di Ellen gli arrivò stanca e insonnolita dopo il quinto squillo – Pronto… - mugugnò dall’altro capo del filo.
Tom fece un lungo sospiro.
Quella cicciona stava dormendo? Allora non aveva così tanto bisogno di lavorare! Erano già le dieci del mattino.
Soffocò un moto di rabbia – Buon giorno Miss Mayer, sono Tom Gore – disse seccato.
- Buon giorno Mr. Gore – rispose subito lei, ridestandosi dal suo stato di catalessi.
Tom storse la bocca, ma preferì sorvolare – La chiamavo per sapere quando può passare da noi, vorrei rivederla – si bloccò un attimo, quasi pentendosi di aver scelto lei, sbuffò e continuò - Magari se riesce a trovare il modo, anche oggi stesso, gliene sarei grato, tenendo conto dei suoi impegni lavorativi… – aggiunse sarcastico.
Sentì chiaramente un urletto soffocato e la cosa lo fece sorridere, per un breve attimo – Certo Mr. Gore. Ho la mattinata libera, potrei essere da lei tra un’oretta, se le può andare bene.
- Per me andrebbe benissimo, ma non vorrei, però, metterla in imbarazzo con il suo attuale datore di lavoro – era proprio curioso di sapere cosa avrebbe risposto quella fannullona.
Certo che si era proposta proprio bene al colloquio! E invece?
- Sciocchezze! Arrivo tra un’ora. Ehm… sa… io lavoro solo al… pomeriggio. Le mattine le ho tutte libere, se per caso volesse farmi fare una prova…
Tom spalancò gli occhi e si sentì lievemente in colpa. Aveva subito pensato male – Allora ci vediamo tra un’ora Miss Mayer, ok?
- Sarò puntualissima! – squittì lei gaia.
Quando mise giù Tom chiamò subito George.
- Ciao Gaccio – disse al pronto dell’amico.
- Ciao scemo e non chiamarmi così! – rispose prontamente l’altro.
- Volevo solo tenerti informato sulla “Ellen story”, visto che so che ci tieni a sapere tutto nei minimi dettagli. L’ho appena chiamata e tra un’ora sarà qui per un secondo colloquio – gli raccontò pacato.
George fischiò – Ma bene! – esclamò soddisfatto – Le darai la buona notizia, giusto? – chiese sghignazzando.
- Puoi scommetterci!
- Perfetto, dopo richiamami subito, così mi racconti come ha reagito, sono molto curioso.
Tom alzò gli occhi al cielo: proprio non capiva perché Gaccio fosse così interessato alla Mayer, sembrava quasi avesse uno scopo, mah!
Chiacchierarono un altro po’ e poi lo salutò.
Uscì dall’ufficio e si avviò verso quello di Wenda. La porta, come sempre, era aperta. Bussò delicatamente sullo stipite e si affacciò dentro la stanza, solo con la testa – Volevo informarti che tra un’ora arriva la Mayer. Da quello che ho capito lavora solo il pomeriggio, per cui finché non è disponibile per il tempo pieno, potrei chiederle se può venire mezza giornata. Che ne dici? – chiese.
Wenda gli sorrise – Direi che è un’ottima idea, almeno comincia a rispondere a quel maledetto telefono. Ti rendi conto che sono arrivata al punto che a casa rispondo “Gore Spot & Publicity, buona sera”? – rispose l’altra facendogli l’occhiolino.
Tom scoppiò a ridere – Sei un’amabile bugiarda – la prese in giro.
Ritornò quindi nel suo ufficio.
Era arrivato il momento che aveva atteso da tanto tempo: finalmente si sarebbe potuto vendicare.
- Ellen Mayer, a noi due, la guerra sta per iniziare! – mormorò tra sé e sé con un sorriso diabolico.
Si stravaccò sulla sua poltrona, allungando le gambe sotto la scrivania e cominciò a fissare il soffitto, tenendosi la testa con le mani incrociate dietro la nuca.
Non avrebbe mai pensato che la certezza di vendicarsi lo rendesse così estremamente soddisfatto della vita!
Era per quello che si associava la parola “vendetta” all’aggettivo “dolce”?
- Dolce è la vendetta! Puoi giurarci amico!– disse parlando a se stesso.
 
***
 
Quando chiuse la comunicazione Ellen cominciò a saltellare sul posto felicissima e poi prese a planare per la casa, imitando, con le braccia, un aeroplano.
Le teneva tese come se fossero delle ali e correva per il piccolo appartamento non riuscendo a smettere di ridere eccitata e sproloquiare con se stessa – Signori e Signore buon giorno! Qui è il vostro comandante che vi parla, vi do il benvenuto a bordo della compagnia Ellen Mayer. Atterreremo tra circa un’ora nell’oasi dorata della Gore Spot & Publicity. Vi comunico che il cielo è sereno e le condizioni di volo sono ottime, quindi non troveremo nessuno ostacolo durante il nostro viaggio. Una volta atterrati potrete constatare con i vostri stessi occhi che entrerete a far parte del paese dei balocchi. Auguro a tutti buon viaggio.
Ellen scoppiò a ridere.
Ce l’aveva fatta!
Tiè! A tutte le anoressiche che erano andate a fare il colloquio!
Tom Gore aveva scelto lei!
Ok, non ne era ancora certa al cento per cento, ma il suo sesto senso non falliva mai e non riusciva a contenere proprio, la gioia.
Si lanciò sotto la doccia felice come non lo era da tempo. Si lavò canticchiando e poi, una volta uscita, si asciugò e pettinò con cura.
Scelse una camicetta a fiorellini rosa e un paio di pantaloni kaki. Colore che, sicuramente, Sophie avrebbe definito in modo diverso e poi infilò le ballerine beige, onde evitare altre figuracce.
Si avviò decisa verso la porta.
Finalmente la sua vita stava per cambiare. Questa sarebbe stata certamente la svolta decisiva: ne era sicura.
Si accostò alla vespa, visto che la macchina era ancora ferma poiché stava aspettando di prendere lo stipendio per cambiare la batteria e la fissò decisa – A noi due! – la sfidò.
Montò su e diede un colpo di reni e miracolosamente riuscì a sbloccarla dal cavalletto al primo tentativo.
Diede una lieve carezza alle bandinelle anteriori, proprio come se la vespa fosse un essere vivente – Brava bella! – disse coccolandola e poi partì come un razzo verso il suo futuro.
Quando arrivò a destinazione, parcheggiò nello stesso punto della volta prima.
Issò Hello Kitty con grazia e precisione (si sera allenata per tutta la settimana a metterla e toglierla dal cavalletto e, finalmente, aveva capito il meccanismo) si lisciò camicetta e pantaloni, fece un lungo sospiro e raddrizzò le spalle.
Entrò nel grattacielo, sfoggiando il suo famosissimo sorriso.
Il portiere, che non era lo stesso della volta precedente, distolse subito gli occhi dall’I-phone che stava guardando – Posso esserle utile, signorina? – chiese con estrema gentilezza.
Ellen si impettì ancora di più: era proprio la sua giornata fortunata!
- Salve, Ellen Mayer. Ho un appuntamento con Mr. Gore della Gore Spot & Publicity – rispose trionfante.
Il ragazzo le sorrise – Jordan Smith, piacere. Prego mi segua, l’accompagno all’ascensore – disse indicandole la strada con le mani.
Ellen esultò.
Questo ragazzo sembrava volesse flirtare con lei. Ma che bello!
Da quanto tempo non le capitava che un uomo giovane le mostrasse delle attenzioni?
Ok, non era proprio il meglio che offriva il mercato, però insomma non era nemmeno brutto.
Magrolino, biondo e con l’occhio verde scuro.
Sì, descritto così sembrava Mr. Stati Uniti, tuttavia…
Oh! Dio… era l’astinenza che parlava per lei!
Da quando ogni essere umano a “tre gambe” destava il suo interesse?
Ellen si fece aria con le mani e cercò di restare impassibile.
Arrivati all’ascensore Jordan le augurò buona giornata.
Ma che ragazzo gentile! Peccato quei due incisivi accavallati in modo morboso uno sull’altro.
Ellen si destò dai suoi pensieri e pigiò il pulsante per arrivare agli studi della Spot & Gore.
Non appena arrivò al piano desiderato, uscì e si diresse quindi verso la sua occasione di una vita migliore. Suonò. Sospirò nuovamente e si ammonì – Calmati!
Ma a chi la voleva a dare a bere?
Nei prossimi minuti Tom Gore avrebbe deciso il suo futuro.
Tutto questo era ingiusto!
Un uomo, per quanto Dio greco fosse, non poteva decidere così, in quatto e quattr’otto, della sua vita.
Ellen ringhiò e Tom Gore la trovò proprio in quello stato, quando aprì la porta.
Il grugno in faccia, l’occhio arrabbiato, mentre diceva ad alta voce – Te farò vedere io Apollo!
- Buon giorno Miss Mayer, con chi ce l’ha? – le chiese Tom cercando e, fallendo miseramente, di nascondere il sorriso che gli era spuntato sulle labbra.
Ma perché doveva venire proprio lui ad aprire la porta?
- Buon giorno Mr. Gore. Ah! Niente… stavo pensando ad un film che ho visto, niente di che… è un modo di dire che usava il protagonista per augurare a se stesso buona fortuna – si giustificò sentendosi avvampare.
- Film interessante? Dovrà darmi il titolo così lo vedrò anch’io – disse facendole l’occhiolino e sorridendo a trentadue denti.
Ellen avvertì ogni sua cellula disintegrarsi. Quello sì che era un sorriso!
Denti perfettamente dritti e bianchi – Ha portato l’apparecchio da piccolo Mr. Gore? – si informò soprappensiero.
Il ragazzo sussultò, poi divenne improvvisamente rosso – Perché me lo chiede? – domandò timidamente.
Ellen fece spallucce – Stavo valutando la sua dentatura: è perfetta! – rispose con sincerità.
Tom sembrò rilassarsi a quelle parole – Mi segua, prego – disse eludendo un’altra volta la domanda.
Ellen si morse la lingua. Cosa le era saltato in mente di chiedere?
Tom Gore alias Apollo, Dio greco per eccellenza, non poteva aver avuto bisogno di un apparecchio, in passato.
Era la perfezione fatta a persona.
Lo seguì mogia, mogia.
Entrarono nello suo studio in silenzio. Si era praticamente azzoppata da sola! Imbecille!
Maledetta lei e la sua linguaccia!
Una volta seduti, Tom appoggiò entrambi i gomiti sulla scrivania e unì le mani, incrociando le dita.
Indossava una camicia bianca a maniche lunge arrotolate di qualche giro che metteva in evidenza il colorito caldo di una recente abbronzatura.
Soffiò sui ricci che gli cadevano davanti agli occhi e poi le sorrise nuovamente.
Ok, forse non era la soluzione migliore, per la sua sanità mentale, lavorare con Tom Gore, dato che ogni volta che la guardava in quel modo, il suo cuore perdeva un battito e poi cominciava a pompare imbestialito.
Se continuava in quel modo, oltre ad impazzire, avrebbe rischiato l’infarto e lei era troppo giovane per morire!
- Ellen, posso chiamarti così? – al suo cenno di assenso, Tom continuò – Dopo aver vagliato attentamente tutte le candidate, ritengo che tu sia quella più adatta a questo lavoro, data la tua esperienza. Sempre che tu sia ancora disponibile…
- Oh sì, sì! Ci mancherebbe – lo interruppe subito, prima di maledirsi mentalmente.
Che cavolo, gli faceva vedere che era ansiosa, che non desiderava altro dalla vita? Non era il modo giusto per contrattare, quello!
- Intendevo dire che sono ancora disponibile, ovviamente devo prima capire le condizioni, perché sa io ho già un lavoro e quindi devo vagliare attentamente tutto – si affrettò a dire, lanciandogli il suo famoso sorriso da Miss Universo.
Tom lo ricambiò con uno molto simile al suo, altrettanto degno di nota. Cos’era una stellina quella che era apparsa luminosa sulla perfetta e bianchissima dentatura di Mr. Gore?
Ellen deglutì.
C’era qualcosa che le sfuggiva.
Era nato qualcosa tra loro, in quel preciso momento e non aveva nulla a che fare con i suoi ormoni impazziti.
Sembrava quasi una sfida… anche senza il quasi. Come se si fossero appena dichiarati guerra.
Ellen fissò di traverso Tom e lui la ricambiò con la stessa moneta.
Il primo a distogliere lo sguardo, fu proprio il ragazzo – Bene Ellen, quando potresti cominciare a lavorare da noi? Al telefono prima mi hai detto che lavori al pomeriggio, quindi ho pensato che potresti venire solo la mattina, finché non hai finito il preavviso.
Parlarono di tutto ciò che concerneva il suo contratto di lavoro, lo stipendio, gli orari, gli straordinari, l’assicurazione e si misero d’accordo sul suo primo giorno.
Avrebbe cominciato direttamente la settimana dopo.
- Ci vediamo lunedì allora Ellen, ben venuta a bordo – concluse Tom porgendole la mano.
L’afferrò e gliela strinse – Grazie Mr. Gore, sono sicura che non la deluderò – disse lei di rimando.
- Ne sono certo Ellen. Sono sicuro di aver appena assunto un purosangue.
Ellen sorrise sinceramente, questa volta. Stava per ribattere, quando qualcuno bussò alla porta.
- Avanti.
- Tom scusa se ti disturbo, ma devi assolutamente andare a prendere i fogli di carta lucidi per il progetto, non sono ancora arrivati, nonostante sia più di una settimana che continuo a sbraitare al telefono e non ti dico oggi… – disse Wenda entrando, come un tornado, in ufficio.
Tom inarcò un sopracciglio – Non hanno fatto la consegna? Dovevano portarli ancora ieri! – Ellen si sorprese per il tono seccato, era la prima volta che lo sentiva così alterato.
- Cosa vuoi che ti dica! Me l’avevano assicurato, ma non è ancora arrivato e, entro domani mattina, dobbiamo fare la stampa definitiva, visto che poi, nel pomeriggio, abbiamo la presentazione, non sta certo a me ricordarti quanto prezioso sia quel cliente! – sbuffò Wenda.
- E come faccio? Lo sai che ho l’auto a fare il tagliando! – ribatté l’altro sempre più scocciato, sbattendo i pugni sulla scrivania.
Ad Ellen sembrò di essere una pallina da ping-pong. Continuava a muovere la testa da una parte all’altra per seguire la conversazione colorita dei due.
- Cazzo! – imprecò Wenda – Come facciamo adesso? Chiudono tra mezz’ora e anche se chiamassimo un taxi, non ce la faresti mai!
- E’ l’ora di punta Wenda! Anche se il taxi è qui fuori, non ce la farò mai! – rispose l’altro – Non potevi avvisarmi prima?
- Senti Tom! Non farmi incazzare, mi avevano assicurato che arrivava oggi in mattinata!
Fu in quel momento che parlò lei – Se vuole Mr. Gore la posso accompagnare io da questo fornitore se non è molto distante e non c’è molta merce da ritirare, possiamo provare ad arrivare in tempo, io ho una… - si maledì subito per aver pronunciato quelle parole, ma dopo aver dato una rapida occhiata agli occhi di Wenda che la guardavano come se fosse la Madonna e al viso illuminato di gioia di Tom, capì di aver fatto la scelta giusta.
- Davvero Ellen? Saresti molto gentile e salveresti la baracca! – le disse Tom speranzoso.
- Certo che problema c’è! Lo faccio volentieri, in fin dei conti le devo dare solo un passaggio – confermò lei.
- Bene allora muoviamoci… dove hai parcheggiato la macchina? – domandò tutto felice il suo nuovo capo.
- Bè… ecco… - e adesso cosa gli avrebbe detto?
 
 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***




Grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner

e il bellissimo TRAILER

che potrete vedere nella pagina face
L'amore non è bello se non è litigarello


Eccomi e buona domenica a tutti!
Grazie come sempre a chi mi segue, devo dire che scrivere questa storia mi piace sempre di più.
Allora prima di iniziare volevo ringraziare Gaccia che mi ha dato molte dritte per il giro in vespa di E&T, infatti l'idea della gomma bucata e dalla pioggia è sua.
Ormai l'ho nominata socia di questo racconto.
GRAZIE GACCIA
Spero che anche per voi il racconto sia divertente e bello da leggere.
Vi ricordo il gruppo di face, basta cliccare qui - L'amore non è bello se non è litigarello - se volete unirvi a noi.

Buona lettura e grazie a tutti coloro che hanno recensito fino ad ora e che lo faranno anche in questo capitolo.
Besos MandyCri

CAPITOLO 7
 
Salirono in ascensore.
Tom era al settimo cielo – Sei stata davvero gentile Ellen, non so come avremmo fatto senza di te – esclamò felice.
Forse, avrebbe potuto riconsiderare l’idea di vendicarsi. Magari, Ellen Mayer sarebbe stata davvero utile alla sua azienda.
- Si figuri, Mr. Gore, è un piacere poterla aiutare. In fin dei conti adesso sono a bordo, giusto? – gli rispose la ragazza, abbassando la testa – Senta, Mr. Gore dovrei dirle…
- Ellen, chiamami pure Tom. Nella nostra azienda, le forme di cortesia tra noi, non si usano – la interruppe.
Lei alzò il viso e gli sorrise – Ah! Grazie… Tom – gli rispose quasi intimidita.
Sì, aveva fatto un affarone ad assumerla. Altroché!
Basta desiderio di vendetta.
Ellen aveva già espiato le sue colpe con quel gesto altruista e che, ovviamente, accese immediatamente i suoi sensi di colpa.
Era stato proprio un vero stronzo a pensare tutte quelle cose che le avrebbe voluto far fare.
Già, proprio uno stronzo!
Fortuna che questa cosa era arrivatam prima che lui potesse rovinare questa collaborazione.
Tirò un lungo respiro di sollievo.
- Tom… ascolta, volevo dirti… - Ellen gli sembrò particolarmente tesa.
- Dopo, dopo. Adesso dobbiamo andare a salvare la ditta. Non saprò mai come ringraziarti, dico davvero. Chiedimi tutto quello che vuoi. Non farti problemi, sai! Sono in debito con te.
Sul viso di Ellen si dipinse una strana espressione.
La rincuorò con un’energica pacca sulla spalla – Andiamo! – esclamò, quando le porte dell’ascensore si aprirono.
Salutò Jordan il portiere in velocità.
- Buon giorno Mr. Gore, Miss Mayer... – Jordan pronunciò il nome della ragazza con un tono leggermente malizioso, tanto che Tom si girò a guardare Ellen, la quale arrossì e salutò con la mano e un sorriso il ragazzo.
Appena si allontanarono, si abbassò alla sua altezza – Com’è che conosci Jordan? – chiese tra il curioso e lo scocciato.
Ellen diventò ancora più rossa – Ah no... niente, l’ho conosciuto prima, quando sono arrivata e ci siamo presentati – mormorò.
Tom socchiuse l’occhio sinistro – Ok! – disse semplicemente.
- Allora Ellen dove hai parcheggiato? – domandò ansioso, non appena furono fuori dallo stabile.
Sul viso della ragazza si stampò un sorriso imbarazzatissimo – Proprio qui – bisbigliò.
Tom si guardò in giro, ma a parte un’oscenità rosa con quella cazzo di faccia di Hello Kitty che lui, tra l’altro, odiava a morte, non vide nessuna macchina.
La fissò con aria interrogativa.
- Qui! – esclamò lei, indicando quella vespa.
Tom cercò ancora una macchina, un qualsiasi maledetto rottame a quattro ruote, si girò a destra e a sinistra, ma non vide nulla.
Poi ritornò a fissare Ellen che stava armeggiando con il bauletto (rosa) dell’oscenità.
- È uno scherzo, vero? – chiese sgomento.
- No! – la risposta gli arrivò talmente tranquilla da far schifo.
- Ellen... tu scherzi... – riprovò.
- Senti, vogliamo andarlo a prendere questo benedetto foglio “salva ditta”, o no? – sbuffò lei e gli tese un casco (rosa) con la faccia di quella dannatissima gatta.
Tom scoppiò a ridere sadicamente e le puntò il dito contro – Mi stai prendendo per il culo, vero? Io non indosserò mai quella cosa! Ma tu sei fuori! – urlò, alterato.
Ellen lo guardò e gli sorrise in uno strano modo, socchiuse gli occhi – Certo che ti stavo prendendo in giro, questo è il mio! – armeggiò sotto la sella e ne estrasse uno uguale identico e glielo lanciò – Questo è il tuo – disse, beffarda.
Tom sgranò gli occhi – Ellen è uguale! – sbraitò, fregandosene della gente che camminava per strada.
- Non è uguale – rispose cupa – Quello è di Sophie, la mia coinquilina – disse, indicando il casco rosa che lui teneva tra le mani, poi si infilò l’altro – Questo invece è il mio! – continuò, come se la cosa fosse ovvia – Quello di Sophie ha un gadget in più – terminò, facendogli l’occhiolino.
Tom rigirò tra le mani quel confettone rosa e per poco non svenne, quando vide l’adesivo gigante sulla parte sinistra raffigurante un enorme cuore fucsia glitterato – Facciamo cambio, dammi il tuo! – ordinò alla ragazza, indispettito.
Va bene la vespa e il casco entrambi rosa e con la faccia della gattaccia stampata, ma il cuore glitterato no! Non ci stava!
- Ma nemmeno per sogno. Ci tengo ai miei capelli – protestò lei – Non voglio prendermi i pidocchi.
Tom la fissò esterrefatto – Sophie ha i pidocchi?
- Non che io sappia, ma non posso dirlo con certezza e io non voglio rischiare. I miei capelli sono l’unica cosa bella che mi rimane. Allora monti o no? Vuoi arrivare in tempo e tenerti il cliente o continuiamo a disquisire del nulla e addio fatturato? – chiese impaziente.
Tom sbuffò. Non aveva altra scelta e si infilò il casco vergognandosi come un ladro.
Ellen andò più avanti sulla sella per fargli posto e lui salì dietro di lei – Almeno la sai guidare “sta” cosa? Hai mai portato qualcuno? – domandò stizzito.
- Non ti preoccupare! È una settimana che la uso. Pensa riesco a metterla anche sul cavalletto adesso! – rispose orgogliosa.
Tom si fece il segno della croce.
Pensò a sua madre, fervente cattolica e sperò che anche quella domenica fosse andata a messa e avesse pregato per lui.
Cominciò a pensare che assumere Ellen Mayer fosse stato un gravissimo errore.
Forse era ancor in tempo per ritornare su suoi passi.
Chi gliel’aveva fatto fare?
Cristo Santo! Si trovava su una vespa "rosa", con un casco "rosa" addosso e, come se questo non fosse sufficiente, dietro ad una balena.
Non doveva tenersi a lei, non sarebbe riuscito nemmeno a toccarsi le mani, una con l’altra, visto la circonferenza vita della ragazza.
Questi pensieri gli morirono nel nascere, non appena Ellen partì.
Si ritrovò schiantato sulla schiena della sua nuova dipendente con le braccia che, prese da un riflesso inconsulto, si erano strette addosso a lei.
Mio Dio!, ma quanta ciccia aveva?
Gli venne in mente il budino.
Mamma che schifo… Ellen era fatta come un budino… tutta quella gelatina tremolante.
Poteva perfino immaginarsi lo splash, splash del cucchiaino, mentre affondava in quella cosa orribile.
Lui odiava il budino. Non c’era alimento peggiore e più viscido di quello.
Dopo poche centinaia di metri, capì alcune cose fondamentali: Ellen non sapeva guidare lo scooter, non era in grado di fare le curve, non aveva l’equilibrio necessario per portare anche lui e, soprattutto, non sapeva schivare le buche e Tom tremò dalla paura.
- Tutto bene, Tom? – gli chiese la pazza, come se nulla fosse.
TUTTO BENE? Aveva la schiena a pezzi, una paura fottuta e stava sudando freddo.
- Per te sono ritornato, Mr. Gore! Ellen accosta subito che guido io, altrimenti ci andremo ad ammazzare! – rispose, incazzato.
Ellen grugnì. La sentì chiaramente – Sei un ingrato, Mr. Gore! E anche per te, da adesso sono ritornata Miss Mayer.
Brutta cicciona! – Accosta subito, Miss Mayer! È un ordine! – gridò.
Ellen rise e continuò per la sua strada.
Non appena fosse sceso da quell’aggeggio infernale, poco ma sicuro, gliel’avrebbe fatta pagare.
Non disse più niente.
Si aggrappò ancora di più alle “maniglie dell’amore” di Ellen e appoggiò la testa sulla schiena della ragazza. Chiuse gli occhi e pregò.
Se fosse sopravvissuto, avrebbe raccontato tutto a Gaccio.
Nemmeno l’amico avrebbe più avuto nulla in contrario sulla sua vendetta e, finalmente, avrebbe messo a disposizione la sua fantasia sfrenata per architettare con lui, un piano diabolico contro Ellen Mayer.
Era immerso in questi pensieri poco gentili, quando avvertì le prime gocce di pioggia.
Tom imprecò e si strinse ancora di più ad Ellen.
Aveva una paura fottuta – Miss Mayer, rallenta! – urlò con tutte le sue forze.
- Non posso, Mr. Gore! Se tu non avessi perso tempo a fare i capricci per il casco a quest’ora saremmo già arrivati! – protestò lei – Mancano dieci minuti alla chiusura, se rallento, non arriveremo mai in tempo!
La strada si bagnò completamente in pochi minuti, pioveva a dirotto, adesso. Ellen non era capace di guidare nemmeno con l’asciutto e da sola, figurarsi con quelle condizioni metereologiche e con un passeggero “a bordo”.
Tom si ritrovò a pregare ancora più intensamente.
Preghiere che non servirono a nulla, quando quella balenottera prese l’ennesima buca, che a Tom sembrò il Gran Canyon.
Spalancò di colpo gli occhi ed ebbe la netta sensazione di volare. Guardò giù e vide la vespa staccata dal suolo di almeno venti centimetri e, allora, non pregò più.
Implorò Dio di avere pietà di lui.
La supplica ebbe il suo effetto, almeno in parte, perché lo scooter ripiombò a terra, miracolosamente, sulle due ruote, ma cominciò a sbandare pericolosamente a destra e a sinistra.
Riuscirono a fermarsi solo per intervento divino, Tom ne era certo, sul ciglio della strada.
Smontò dalla vespa ansimante.
- Tu sei pazza! Io ti licenzio! – abbaiò, senza ritegno.
Ellen si tolse il casco e lo guardò minacciosa – IO? Adesso sarei a casa e la mia vespa sarebbe intatta. Per colpa tua, ho bucato e adesso mi spieghi come faccio ad andare a lavoro? Dovrò prendere i mezzi pubblici, grazie a te! Manca meno di un chilometro al traguardo. Avanti andiamo! – disse, indicandogli il rottame – Tu spingila!
Tom scoppiò a ridere – E perché dovrei farlo io? – domandò incattivito – Quella schifezza è tua, Miss Mayer!
- Tu sei quello che porta i pantaloni, Mr. Gore! Sei l’uomo! Spingi quella cazzo di vespa e muoviti!
Tom alzò le braccia al cielo – Ok, ok… basta che non ti arrabbi! – prese la vespa e s’incamminò.
Arrivarono alla meta dopo un quarto d’ora abbondante.
Non pioveva più, anche se entrambi erano fradici dalla testa ai piedi e lui era stanco morto, perché aveva trascinato il rottame per tutta quella strada.
Tom vide le saracinesche abbassate e un omino pelato con dei grossi baffoni scuri chiuderle a doppia mandata.
Mollò la vespa e corse verso il tizio.
No! Non poteva essere così sfortunato. Doveva assolutamente prendere ciò per cui aveva subìto tutto quello!
 
***
 
Ellen imprecò.
Maledetto Mr. Gore! Come si permetteva a trattare il suo gioiellino in quel modo?
E poi, chi l’avrebbe sentita Sophie se la portava a casa strisciata e con una gomma a terra?
Bastardo!
Prese con delicatezza il suo unico mezzo di trasporto e gli fece una carezzina – Non ti preoccupare piccola, dopo ti rimetto in sesto – sussurrò e si avvicinò al suo bisbetico titolare che stava discutendo animatamente con un buffissimo omino senza capelli.
Ellen rimase in disparte ad assistere alla scena.
- Io ti denuncio, brutto stupido! Dovevi portarmi l’ordine ancora la settimana scorsa. Vedrai, quando perderò il cliente… ti giro tutti i danni per il mancato guadagno. Ci sono dei termini nel contratto che tu non hai rispettato. È inutile che mi guardi così! Oggi stesso, telefono all’avvocato. Ah ridi? Brutto stronzo. Vedremo quanto ti divertirai, quando dovrai chiudere questo cesso, per rimborsarmi tutti i soldi che mi devi!
Ellen scosse la testa.
- Faccia quel che deve Mr. Gore. L’ho aspettata fino ad ora. È arrivato venti minuti in ritardo e io, per colpa sua, mi sono mangiato buona parte della mia pausa pranzo – gli rispose l’altro, alzando le spalle.
Ellen trattenne un sorriso.
Quell’uomo era l’emblema della pace.
Peace & love!
Ovviamente Tom Gore stava solo peggiorando le cose con quel suo atteggiamento indisponente.
Del resto era un uomo, già la parola diceva tutto e come tutta quella categoria, Mr. Gore credeva che con la forza si potesse ottenere tutto eppure, i tempi della clava erano passati da un bel pezzo!
Niente da fare. Era proprio la giornata “salviamo Tom Gore”!
Mise sul cavalletto la vespa e si avvicinò ai due che stavano ancora discutendo animatamente, o meglio, il suo nuovo titolare gridava come un ossesso, paonazzo in volto, l’altro ascoltava e faceva spallucce, tranquillamente.
Si fermo a fianco a Tom e cominciò a pensare a tutte le cose tristi che la potessero far piangere.
Già, oltre al sorriso da Miss Universo, Ellen era specializzata anche nel far uscire le lacrime dal nulla, anche per quelle si era allenata per anni e anni davanti allo specchio.
Ancora non riusciva a capire, perché non avesse sfondato nel cinema.
Era davvero brava a recitare!
Focalizzò i suoi pensieri sui bei tempi in cui aveva una linea invidiabile e uomini disposti a tutto per andare a letto con lei.
Ah tempi andati!
Le lacrime cominciarono a scendere e il suo viso assunse, in un attimo, l’espressione più triste mai vista.
Cominciò a singhiozzare disperata.
L’omino le si avvicinò subito preoccupato – Signorina, si sente bene?
Ellen tirò su con il naso e lo guardò sconsolata – Perderò il lavoro – disse, coprendosi il viso con entrambe le mani – Come farò a comprare le medicine a mia sorella Sophie? È malata… le rimane così poco da vivere – tirò ancora su – Sa… le avevo promesso che l’avrei portata a cena fuori questo week end. Lo so… sembra una cosa da niente, ma faccio fatica ad arrivare a fine mese e i soldi mi bastano appena per comprarle le medicine e guardi… - indicò la vespa, scoppiando a piangere ancora di più – Adesso devo anche riparare quella. Come farò senza lavoro?
L’uomo l’abbracciò forte – Su cara, non faccia così, perché dovrebbe perdere il lavoro? Non succederà.
Ellen si scostò dall’abbraccio – Magari… vede è colpa mia se siamo arrivati in ritardo… o meglio la vespa è mia e con il peso di quello – indicò con disgusto Tom – Si è bucata e lui dà la colpa a me… ha visto come tratta le persone… e io che lo volevo solo aiutare e ora mi licenzierà, me l’ha già promesso… come farò…
L’omino deglutì vistosamente – Non può essere così senza cuore… - borbottò, lanciando a Mr. Gore un’occhiata agghiacciante.
- Può. Purtroppo! – ribadì lei – Pensi, non mi paga nemmeno i contributi…
L’omino sibilò una bestemmia – Lo faccio solo per lei, cara – disse, avvicinandosi alla saracinesca e cominciando a riaprirla – Certe persone non meritano queste fortune. Una ragazza pura come lei dovrebbe lavorare per gente seria. Arrivo subito – borbottò, risentito.
Non appena l’uomo entrò nel negozio, Ellen esultò – Impara da me, sciocco! – apostrofò il suo titolare che la guardava con la bocca aperta.
L’uomo tornò con uno scatolone gigantesco e lo posò ai piedi di Tom.
- Come cazzo facciamo a portare questa cosa con la vespa! – urlò risentito.
- Ti ricordo che la vespa è fuori uso, perché è bucata – rispose acida, poi si fece tornare le lacrime agli occhi e si girò verso l’omino – Lo vede come mi tratta?
- Santo cielo, lei è proprio un despota! – disse quest’ultimo rivolgendosi a Mr. Gore.
- Ah io! Mi ha quasi ucciso questa… questa… ah meglio lasciar stare. Adesso dobbiamo trovare una soluzione è inutile star qui per niente – borbottò Tom.
Ellen lo guardò e poi gli si avvicinò, gli tese il palmo aperto e glielo mise davanti alla faccia – Mi devi cento dollari, Mr. Gore.
Lui alzò un sopracciglio stranito – Perché?
- Devo far riparare la gomma! – gli rispose indispettita.
- E io cosa c’entro? Perché dovrei pagartela io la riparazione! Arrangiati. Adesso chiamo un taxi e vado in ufficio.
- COSAAA? Io ti porto fin qui, rischio la vita per te, buco una gomma e, adesso, tu mi lasci qui che non so nemmeno come tornare a casa? – sbottò lei incattivita.
Poi si girò verso l’omino simpatico e con nuove lacrime lo abbracciò – Lo vede? Mi tratta come una schiava… come farò a portare fuori Sophie… dovrò rinunciare a mangiare per riparare quella gomma.
Sentì nitido lo sbuffo di Tom e per non scoppiare a ridere, affondò il viso sulla spalla dell’uomo che continuava ad imprecare nei confronti di Mr. Gore.
- Ok hai vinto Miss Mayer, tieni questi cento dollari e sparisci!
Ellen si divincolò veloce dall’abbraccio dell’ometto e prese svelta la banconota, senza nemmeno ringraziare.
- Miss Mayer l’accompagno io dal meccanico, non si preoccupi. Metto lo scooter dentro al furgone, va bene? – si propose subito l’uomo che, fino a quel momento, era stato gentilissimo con lei.
- Sarebbe molto cortese da parte sua, Mr… - sospese la frase come per incitarlo a dire il suo nome.
- Matthew, solo Matthew per lei – rispose lui.
Ellen sorrise – Io sono Ellen, solo Ellen per lei – si presentò civettuola.
- E io? – li interruppe Tom.
- Tu prendi il taxi Mr. Gore, l’hai detto tu, appena adesso! – l’apostrofò lei, ghignando.
- Miss Mayer me la pagherai! – la minacciò lui.
- Sto tremando dalla paura. A domani, Mr. Gore.
 
***
 
Tom trattenne l’ennesima bestemmia.
Ellen gliel’avrebbe pagata cara. Maledetta bastarda!
L’aveva quasi ucciso, oltre ad averlo descritto come la persona più bieca e sporca sulla faccia della terra.
- Io sono Ellen, solo Ellen per lei – la scimmiottò ad alta voce, facendole il verso.
Come cazzo faceva a piangere a comando?
Maledetta e maledetta ancora!
Prese il cellulare e chiamò un taxi, poi compose un altro numero.
- Gaccio? Ho bisogno del tuo aiuto… vieni da me prima che puoi e chiamami, quando senti questo messaggio – piagnucolò, quando partì la segreteria telefonica.
 
 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***



grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner

e il bellissimoTRAILER

Ciao e buona domenica,
finalmente sono riuscita a finire il capitolo.
Ringrazio come sempre tutti per il vostro incoraggiamento.
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Spero vi piaccia, buona lettura
Besos MandyCri



CAPITOLO 8
 
Ellen arrivò a casa soddisfatta.
Con i cento dollari che Tom le aveva dato, aveva fatto riparare la gomma dello scooter e, mettendo una piccola differenza, dato i soldi ad Henry il giornalaio per comprare la batteria della macchina che le avrebbe montato quel pomeriggio stesso.
Si lanciò sul divano e fece volare le ballerine in aria.
Aveva mangiato con Matthew che le aveva offerto, gentilmente, il pranzo e quindi, adesso, poteva riposarsi qualche oretta prima di andare a lavoro.
Si sentiva proprio bene!
Ripensò a Mr. Gore con il casco di Hello Kitty e scoppiò in una risata tonante.
Ce l’aveva fatta!
Aveva un vero lavoro. Non poteva crederci!
Stava ancora sorridendo tra sé e sé, quando entrò Sophie – Che faccia felice! Cos’è ti successo di bello? – chiese, sedendosi a fianco a lei.
- Sono stata assunta alla Gore Spot & Publicity! – rispose trionfante.
Sophie la guardò accigliata – Ma dai… proprio un bel colpo di fortuna. Chi l’avrebbe mai detto! – esclamò sorpresa.
Ellen alzò le spalle – Macché colpo di fortuna e fortuna! Te l’avevo detto che avevo fatto una bella impressione. Mi ha assunta per la mia bravura.
L’amica le fece un sorriso sarcastico – Sì, certo, come no! Non c’entra niente un certo paparino, vero?
Ellen elevò il busto e fissò la ragazza con astio – L’ho fatto io il colloquio, non mio padre. Il merito è solo mio! – rispose alterata.
- Bè… dai Lelly, l’hai detto tu stessa che Tom è stato piacevolmente sorpreso, quando ha scoperto che tuo padre è Gordon Mayer! – l’apostrofò Sophie con sufficienza.
Ellen socchiuse gli occhi e la guardò storta.
Tom? Sophie non l’aveva nemmeno mai visto il suo nuovo titolare e già lo chiamava per nome, proprio come se fossero amici di vecchia data?
Nemmeno lei aveva l’autorizzazione per pronunciare quel nome invano e lo chiamava Mr. Gore!
Tralasciò questo piccolo particolare, meglio non pensare a certe cose, visto che la sua mente stava già facendosi dei film allucinanti in cui vedeva Sophie e Tom stretti in un abbraccio fin troppo intimo – Mr. Gore – sottolineò bene il cognome - Mi ha assunta per le mie capacità! Non per mio padre… e poi basta con questa storia. Mi sembra di aver dimostrato ampiamente in questi quattro anni di sapermela cavare senza i suoi soldi, facendo i lavori più umili per arrivare a fine mese. Non mi pare di aver mai pagato in ritardo la mia parte d’affitto o non aver contribuito alle spese per la casa, anzi, sono sempre stata puntuale. Non capisco questo tuo accanimento nei miei confronti – rispose seccata.
Sophie assunse un’espressione sarcastica e alzò le braccia al cielo – Ah! Come siamo permalose oggi. È un dato di fatto Ellen che tu sia la figlia di Gordon Mayer, uno degli uomini più ricchi del paese e, sinceramente, non capisco perché tu debba vivere in questo modo, quando hai i soldi! – replicò l’altra acida.
Ellen avvertì la rabbia salire.
Era davvero difficile che qualcuno riuscisse a farla arrabbiare, ma Sophie aveva questa capacità, sembrava fosse innata in lei.
Per quattro lunghi anni aveva subìto senza fiatare, ma quel giorno si sentiva diversa, più sicura.
Andare a lavorare da Tom Gore e aver “salvato” la ditta dalla perdita di un importante cliente, solo grazie alle sue capacità, aveva contribuito, enormemente, alla crescita della sua autostima.
Si sentiva quasi come una volta.
Le sembrava di essere nuovamente la cara vecchia Ellen super fascinosa: apprezzata e sicura di sé.
In fin dei conti, Mr. Gore non pensava veramente quello che le aveva detto, soprattutto riguardo al fatto del licenziamento.
Non era possibile, infatti, che una persona sana di mente si sbarazzasse proprio della persona che gli aveva appena salvato il sedere!
- Sophie… - iniziò con voce gelida – Mettiamo una volta per tutte i puntini sulle “i”. Ho portato pazienza fino ad ora, ma adesso dico basta. Parli tanto del mio paparino, ma non mi sembra che tu viva una situazione tanto diversa dalla mia. Mi sembra che sia il tuo “petit papa” a pagare questo appartamento, il college e il tuo sostentamento qui… non mi sembra che tu abbia un lavoro fisso e, tanto meno, uno saltuario, quindi spiegami: perché ti accanisci tanto con me su questo punto? È come se l’asino dicesse cornuto al bue… non so se rendo l’idea. Quindi sei pregata di non nominare mai più mio padre.
Detto questo si alzò dal divano, lasciando un’esterrefatta Sophie che la fissava a bocca aperta.
Si avviò verso la sua stanza e avvertì, chiaramente, l’amica seguirla – Certo che questo Tom ha degli effetti stupefacenti su di te – disse allusiva.
E continuava a chiamarlo per nome! Ma perché?
Si girò seccatissima – Mr. Gore, non c’entra nulla. Abbiamo solo passato una mattinata diversa insieme. Mi sono solo resa conto che anch’io valgo qualcosa – rispose stizzita.
Sophie le sorrise, non un vero e proprio sorriso, l’amica non ne era capace, era più un sollevamento obliquo delle labbra che dava forma ad un disegno strano che poteva essere considerato, ad occhi inesperti, un sorriso. Una punta, in genere la sinistra, tendeva verso l’alto. Ellen l’aveva studiato bene il ghigno di Sophie.
- Sono proprio contenta che, finalmente, hai preso coscienza delle tue capacità. Non tolleravo proprio che ti buttassi giù così, per questo, ogni tanto, sono stata un po’ dura con te! – mentì spudoratamente la ragazza.
Ma a chi la voleva dare a bere?
Ellen cominciò a pensare che Sophie non era proprio l’amica che credeva.
Aveva sopportato per tutti quegli anni il carattere duro della ragazza e accettato tutte le cattiverie, perché si sentiva sola, ma forse era proprio Sophie che aveva bisogno di lei e non il contrario.
- Mi vuoi raccontare della tua splendida giornata? – le chiese, strappandola bruscamente da quei pensieri strani che le affollavano la mente.
- Sono arrivata e Jordan mi ha accompagnata all’ascensore – cominciò. Non vedeva l’ora di parlarne con qualcuno e chi se ne fregava se Sophie era quello che era. Aveva troppa voglia di confidarsi.
- Jordan? – chiese sorpresa la ragazza.
- Sì, il portiere. Non è lo stesso dell’altra volta, credo facciano i turni. Un ragazzo simpatico e carino, sai… biondo, occhi verdi…
Sophie sbarrò gli occhi – Biondo, occhi verdi? Ma che fortuna Lelly…
Sospirò, bè… non era proprio tutta sta gran bellezza, però… - Ah sì! Un ragazzo gentilissimo. Mi sa che gli sono simpatica – si vantò – Comunque… dicevo, Jordan mi ha accompagnata all’ascensore. Poi ho fatto il colloquio con Mr. Gore il quale mi ha confermato che il posto è mio. In seguito è arrivata Wenda che credo sia la sua mano destra, dicendogli che un certo ordine non era ancora arrivato. Insomma una questione di vita o di morte, sai… e non sapevano come andare a prendere questo materiale, poiché Mr. Gore non aveva la macchina e, soprattutto, il fornitore stava per chiudere per la pausa pranzo, ma la merce serviva entro una certa ora, perché dovevano fare delle stampe. Insomma un discorso complicatissimo. Allora mi sono offerta di accompagnare io Mr. Gore da questo fantomatico fornitore e lui mi ha detto che, con quel mio gesto altruista, avrei salvato la baracca! Pensa ha detto proprio così!
- Pazzesco! – la interruppe Sophie.
- Già! – confermò Ellen tutta eccitata – Puoi dirlo. Poi siamo arrivati alla vespa…
- Scusa? Hai accompagnato Tom con lo scooter? Ma se non sei nemmeno in grado di guidarlo da sola! – la fermò nuovamente la ragazza.
Ellen grugnì.
Punto uno, le dava parecchio fastidio quella confidenza che Sophie si era arrogata, chiamando Mr. Gore per nome.
Punto due, lei sapeva guidare Hello Kitty!
Sorvolò quindi su quella nuova interruzione e continuò – Insomma, siamo partiti…
- Davvero? E Tom non ha protestato? È salito così, senza dire niente? Non si è lamentato della tua guida? – domandò incredula.
- Bè… solo un pochino… - rispose lei – Mi ha minacciata di licenziamento… però stava scherzando sicuramente…
Sophie spalancò gli occhi – Devi ancora iniziare e ti ha già detto che ti licenzia?
- Ehmm… scherzava! Credo... anche perché se non fosse stato per me, Matthew non avrebbe mai riaperto l’azienda e non ci avrebbe consegnato il pacco, dato che siamo arrivati in ritardo, per colpa di Mr. Gore, ovviamente!
- Matthew? Oh Dio Sophie… procedi con calma, perché mi stai sparando nomi di uomini a raffica, quando sono quattro anni che ti conosco e non me ne hai mai nominato uno! – esclamò la ragazza concitata.
- Matthew è il titolare dell’azienda da cui Mr. Gore si rifornisce – spiegò calma – Credo abbia un debole per me, sai… – aggiunse poi orgogliosa.
Sophie era rimasta senza parole. Aveva un’espressione talmente sbigottita che ad Ellen venne da ridere – E poi Matth è stato gentilissimo, mi ha offerto il pranzo e mi ha anche portata in un’officina a riparare la vespa, visto che abbiamo bucato per colpa di Mr. Gore! Fortunatamente, ho spillato cento dollari al capo, così adesso è tutto a posto e in più ho potuto dare i soldi a Henry per comprarmi la batteria della mia macchina. Oggi me la monta! – esclamò soddisfatta.
- Henry? Non ci sto capendo un fico secco… – la mandibola di Sophie era ormai rasoterra.
Ellen piegò la testa di lato – Sì, Henry il giornalaio, ma in che mondo vivi? – chiese basita – Ora comunque smettila di interrompermi che ti spiego tutto bene.
Raccontò quindi, per filo e per segno, all’amica tutto ciò che era successo, ripartendo dall’inizio. Dal casco (tralasciando la parte “pidocchi-Sophie”), alla ruota bucata, a Mr. Gore che spingeva lo scooter e alla successiva litigata con il fornitore, per finire con l’abbandono del suo nuovo titolare, con tanto di pacco sul ciglio della strada e alla sua uscita trionfale con Matthew.
Sophie agitò le mani in aria – Non ti devi fare licenziare subito da Tom! Devo ancora vederlo e constatare, personalmente, se è davvero un bel ragazzo, come dici! Chiama subito in ditta e chiedigli scusa! – ordinò Sophie, cambiando completamente discorso.
- Cosa? – sbraitò – A parte che credo che la cosa non ti riguardi, ma nemmeno per tutto l’oro del mondo, chiederò scusa a Mr. Gore! E per cosa, poi?
- Bè Lelly, l’hai detto tu stessa che ti vuole licenziare, gli hai fatto spingere lo scooter per un chilometro! L’hai deriso davanti ad un suo fornitore, gli hai fatto indossare un casco rosa e se come tutto questo non bastasse… l’hai pure mollato da solo per andare via con questo Matthew! Vedi un po’ te… - rispose l’altra concitata.
Ellen soffiò poi alzò le spalle – Vado a farmi una doccia e poi mi faccio un bel pisolino – disse candidamente, voltandosi e lasciando l’amica impalata.
 
***
 
Quella lunga giornata, finalmente, era finita!
Aveva porcheggiato per varie ore contro Ellen Mayer.
Era sicuro che quella ragazza gli avrebbe procurato solo guai e, come se tutto ciò non fosse sufficiente, Gaccio non l’aveva ancora richiamato. Era disperato!
Si spogliò e si diresse verso il bagno piccolo per farsi una bella doccia, quando vide il casino che vi regnava, fece dietro front e si avviò verso quello grande.
Aprì l’acqua calda per riempire la Jacuzzi. Se lo meritava proprio un po’ di relax e in più, se per caso Gaccio l’avesse chiamato, poteva rispondere tranquillamente.
Parlare con George era questione di vita o di morte, solo l’amico lo poteva aiutare e, soprattutto, consolare.
Quando la vasca fu piena entrò e attivò l’idromassaggio.
Maledetta Ellen Mayer e maledetta quel cesso di vespa che si ritrovava!
Tra la paura che aveva avuto di morire per colpa di quella pazza di Miss Mayer, la pioggia e il fatto che non era potuto tornare a casa a cambiarsi, perché Wenda l’aveva messo in reception a rispondere a quelle maledette telefonate, come se fosse stato lui il garzone di bottega, aveva le ossa a pezzi.
Era lui che pagava gli stipendi là dentro, porca di una miseriaccia! Non era giusto che prendesse ordini dai suoi dipendenti.
Cominciò ad insaponarsi i capelli, quando il telefono squillò.
Non poteva essere diversamente, da quando Ellen Mayer era entrata nella sua vita, la sfiga lo perseguitava.
Si alzò di scatto dalla vasca per chiudere l’idromassaggio. Nel fare quel movimento scivolò e per poco non si ruppe tutti i denti. Si salvò solo grazie al suo spirito di sopravvivenza che gli fece mettere il braccio destro davanti alla bocca, cosa che, ovviamente, gli procurò una botta non indifferente.
Arrivò a tentoni al telefono, visto che lo shampoo che non aveva ancora sciacquato dai capelli, gli era andato negli occhi.
Dio che bruciore!
Afferrò un asciugamano e se lo passò sul viso, cercò di asciugarsi in qualche modo le mani e finalmente riuscì a rispondere.
- George! – esclamò, senza nemmeno guardare chi fosse il mittente della telefonata.
- Ehi scemo! Tutto bene? – chiese l’altro tutto allegro.
- Aiutami ti prego! – rispose lui con voce supplichevole – Devo liberarmi assolutamente di Ellen Mayer.
Il silenzio che seguì quella frase fu davvero angosciante.
Gli sembrò di essere il protagonista di uno di quei tanti film dell’orrore di terz’ordine, in cui il protagonista si stava facendo i fatti suoi a casa e d’un tratto, nel silenzio assoluto, arrivava il mostro o il pazzo che l’avrebbe ridotto a brandelli.
Deglutì spaventato – Gaccio? – lo chiamò con un filo di voce.
- Sì, ci sono, stavo solo pensando. Cosa ti ha fatto adesso quella povera ragazza? Mi sembra tanto tranquilla dalla foto.
- TRANQUILLA? – sbraitò fuori di sé – Ellen Mayer è posseduta. Ellen Mayer è Satana in persona!
La risata di George lo demoralizzò – Tom, andiamo! Stiamo parlando della ragazza di cui una volta eri innamorato perso. Ti ricordi quella che ti faceva qualsiasi tipo di angheria e tu definivi “angelo”? Adesso la chiami “satana” solo perché non è più in forma? È simpatica questa cosa. Dovrò ricordarla. Quando era veramente un diavolo, sorvolavi su tutto, adesso che è solo una tranquilla ragazza in carne, la definisci satana.
- Ma quanto siamo spiritosi! È cambiata Gaccio! Quella è posseduta, dobbiamo assolutamente chiamare un esorcista.
La risposta dell’amico fu la stessa di poco prima: una fragorosa risata.
Tom sbuffò – Non sai nemmeno come sono andate le cose e la difendi?
- Sì, hai ragione scemo. Raccontami tutto! – disse l’altro ironico.
- Devi assolutamente venire qui, così potrai constatare di persona a cosa mi sto riferendo. Promettimelo! – lo supplicò.
- Tom lo sai che adesso non posso. Sto facendo delle conferenze per il mio libro e un tour nelle librerie. È già tutto programmato, non posso rimandarle solo perché tu hai dei problemi con Ellen Mayer! Te ne sei dimenticato, per caso?
Tom alzò gli occhi al cielo disperato.
Cazzo! Era vero! Gli era completamente passato di mente – Vengo io da te! – disse risoluto – Ti prego Gaccio non abbandonarmi nelle mani di Satana! – implorò.
- A parte che lo sai che non mi piace che mi rifili quel nomignolo, comunque sorvolo per questa volta, ma solo perché sono troppo curioso di vedere come sei ridotto. Vieni quando vuoi, almeno ci beviamo una birra insieme, quando stacco. Adesso raccontami.
Tom raccontò tutto ciò che gli era successo quel giorno.
Non tralasciò nessun particolare.
Non fu facile ricordare tutti gli eventi con George che lo interrompeva ogni tre secondi con i suoi – Ma davvero? Stai scherzando. Tu mi prendi in giro.
Tom che già era agitato di suo, inveiva contro l’amico e, ovviamente, contro Miss Mayer.
Senza contare che l’amico non prendeva seriamente la cosa, visto che rideva come un pazzo.
- Gaccio smettila! – l’ammonì per l’ennesima volta.
- Cristo Santo Tom! Scusami, ma non ce la faccio a restare serio. Aspetta che mi asciugo le lacrime.
- Senti, per poco non mi sono ammazzato per rispondere al telefono! – sbottò – Quando mai mi è successo? È colpa di Miss Mayer! È stata lei… lo so per certo. Mi ha lanciato qualche maledizione, mi ha fatto una bambolina voodoo… è Satana, credimi Gaccio! Mi ha fatto tornare lo sfigato del liceo, cazzo! – imprecò.
- Ascoltami bene Tom. Non sei più il nerd di una volta. L’apparecchio per i denti non c’è più, gli occhiali da sfigato sono spariti e i brufoli, fortunatamente, si sono asciugati. Tu sei Tom Gore, imprenditore di successo che è circondato da talmente tanta gnocca che nemmeno una star del cinema può immaginare. Cosa ti fa paura una balenottera? Stai parlando della Ellen Mayer di adesso, quella che ti ha praticamente supplicato di assumerla, quella con trenta chili in eccesso. Ok, diciamo che una che ha la vespa di Hello Kitty non si può ritenere “normale”, ma dai andiamo… non ti riconosco nemmeno più – lo consolò l’amico.
Tom rifletté sulle ultime parole di George.
Merda, aveva ragione!
La presenza di Miss Mayer l’aveva, per l’ennesima volta, nerdizzato.
Lui era Tom Gore, accidenti!
- Hai ragione. Fortuna che ci sei tu… avevo quasi perso di vista la cosa fondamentale. Sapevo che mi avresti aiutato – disse passandosi una mano su capelli, dimenticando completamente che erano ancora pieni di schiuma.
Sbatté la mano per levare la schiuma, schifato.
- Vedi? Come al soluto hai costruito un castello da una piccolezza – affermò l’amico compiaciuto – Dai, domani ci vediamo e risolviamo tutto.
- Oh sì! Parto subito e ti raggiungo così organizziamo meglio il piano – confabulò tutto compiaciuto.
- Che piano? – gli chiese sorpreso.
Tom spalancò gli occhi.
Certo che Gaccio, certe volte, cadeva proprio dal mondo delle nuvole – La mia vendetta! – borbottò – Te ne sei già dimenticato? Me l’hai detto tu, appena adesso, che avevo perso di vista la cosa principale – asserì soddisfatto.
- Tom… io non intendevo questo… io…
- Gaccio ci vediamo domani. Ora devo sciacquarmi i capelli che sono diventati una poltiglia di lana. Senti che schifo! Non ho più tempo. Ne parliamo con calma, quando ci vediamo a quattr’occhi! Ciao – tagliò corto e mise giù, senza nemmeno aspettare la risposta dell’amico.
Appoggiò il telefono sulla ceramica e poi sprofondò nell’acqua per rilassarsi.
Riemerse sentendo qualche brivido.
Allungò il piede verso il rubinetto dell’acqua calda e lo attivò, poi riaccese l’idromassaggio.
Miss Mayer l’avrebbe pagata cara e non solo per tutti quegli anni schifosi che gli aveva fatto passare al liceo. Ah no! A tutto, doveva sommare anche quella gran giornata di merda.
L’aveva fatto passare come un dittatore, dopo che lui le aveva anche trascinato quella schifezza rosa per più di un chilometro.
Ripensò a Jordan il portiere che era arrossito salutandola, a Matthew Ford che si era proposto di aiutarla. Possibile che quella ragazza nonostante fosse, decisamente, poco attraente, facesse così colpo sugli uomini?
Cosa ci trovavano in quell’ammasso di ciccia?
Ok, aveva un sorriso a dir poco spiazzante e allora?
Aveva solo quello di bello…
Miss Mayer era Satana e lui l’avrebbe svelato all’intero universo maschile.
Poveri imbecilli!
Risprofondò nell’acqua mentre il suo viso assumeva un’espressione maligna.
 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


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e il bellissimoTRAILER


Ciao e come sempre grazie a chi mi segue, ricorda e preferisce.
Grazie a chi commenta e anche a chi legge.
Se volete iscrivervi al gruppo di face cliccate qui L'amore non è bello se non è litigarello qui troverete anche il bellissimo trailer della storia a cura di Alessandra.
Ringrazio Gaccia per avermi acconsentito a nominare il suo racconto per scopo personale.
Ciao a tutti e buona lettura.



CAPITOLO 9
 
Quel lunedì, Ellen si sedette sulla sua poltroncina soddisfatta.
Accarezzò la sua scrivania, poi si protese con il busto e allungò le braccia simulando un abbraccio – Ti amo – le sussurrò – Io e te andremo molto d’accordo. Già lo so!
Era arrivata per prima in ufficio.
Wenda, domenica sera, l’aveva chiamata per avvisarla di passare a prendere il pass in portineria per il parcheggio sotterraneo, perché Mr. Gore si era completamente dimenticato di darglielo.
Ellen era troppo felice per prendersela con Tom. Aveva un posto auto riservato, non ci poteva credere!
Per non fare tardi si era svegliata all’alba, perché non conosceva le condizioni del traffico e non voleva arrivare in ritardo, proprio il suo primo giorno di lavoro.
Tra l’altro, era in prova e non voleva che Tom Gore avesse qualche pretesto per lasciarla a casa e siccome non si fidava per niente di quel pazzo, non aveva ancora dato le dimissioni dalla società per cui, la sera, svolgeva le pulizie.
Innanzi tutto, quella settimana avrebbe lavorato solo la mattina e quindi non avrebbe avuto problemi a mantenere entrambi gli impegni e poi… bè, si sarebbe inventata qualcosa e avrebbe trovato una soluzione.
Finché il periodo di prova non fosse finito, non voleva rischiare di ritrovarsi disoccupata. In più, qualche entrata extra, non le avrebbe certo fatto male.
Era andata a prendersi il pass, purtroppo non c’era Jordan, ma l’altro portiere scorbutico, aveva parcheggiato in corrispondenza del suo numero e, una volta salita, aveva aspettato tranquillamente davanti alla porta della Gore Spot & Publicity, fino a che non era arrivata Wenda che aveva aperto gli uffici.
La donna era stata molto gentile, anche se con i suoi modi decisamente spartani.
Ellen aveva capito subito che Wenda era una persona diretta, pratica e di poche parole.
Le aveva mostrato tutti gli uffici e spiegato i suoi compiti che non erano un granché, al momento.
Rispondere al telefono, smistare la posta e scrivere eventuali lettere o mail che gli altri le avrebbero dato da fare.
Quando erano arrivati tutti i dipendenti, glieli aveva presentati uno per uno.
I grafici, tutti uomini, erano stati particolarmente carini con lei come, del resto, le altre tre impiegate della ditta.
Anzi, incredibile, ma vero, le tre donne l’avevano accolta come se fosse stata una regina, lo stesso trattamento che aveva ricevuto, in precedenza, da Wenda. Sembrava quasi che la stessero aspettando con ansia.
Ellen si era sentita davvero apprezzata e aveva ringraziato il cielo a più riprese, per averle dato quell’opportunità e, soprattutto, averle dato il coraggio di rispondere a quell’annuncio.
Tom Gore era proprio fortunato ad avere quelle persone come dipendenti e, sinceramente, Ellen non riusciva proprio a capire come mai un uomo scorbutico come Mr. Gore fosse circondato da gente così speciale.
Certo, poteva capire che le donne fossero attratte da lui, in quanto reincarnazione di un Dio greco, ma gli uomini?
Mah! Quello era un mistero.
Si staccò dalla sua nuova scrivania e si guardò in giro.
Lei era proprio alla reception, mentre gli altri colleghi avevano degli uffici separati.
Albert, Conrad e Danny lavoravano insieme.
Erick e Freddy occupavano la stanza accanto.
Estella, Loraine e Maddison erano in quella di fronte, poi c’era l’ufficio di Wenda ed infine quello di Mr. Gore.
C’era un piccolo stanzino comune, dove si prendeva il caffè, arredato con un piccolo frigo un tavolino, delle sedie e alcuni armadietti e, infine, c’erano i bagni: donne, uomini e Mr. Gore.
Megalomane! Aveva anche il bagno privato… puah!
Prese lo zainetto che si era portata, si alzò e si diresse verso la cameretta “svago” per preparare il caffè agli altri.
Appoggiò sul tavolo lo zaino, estrasse il vassoio che vi era contenuto e tolse la carta che aveva usato per proteggere i dolci.
Il pomeriggio precedente aveva preparato dei muffin al lampone e al cioccolato per i suoi nuovi colleghi.
Ne aveva portati dieci, perché durante il secondo colloquio Tom Gore le aveva parlato anche degli altri dipendenti.
La sua parte se l’era già mangiata a colazione. Uno al lampone e uno al cioccolato, ovviamente.
Preparò il caffè e poi chiamò i ragazzi, bussando a tutte le porte.
I suoi nuovi colleghi non appena sentirono la parola caffè, si precipitarono nella stanza ricreazione e quando videro i muffin, i complimenti e le esclamazioni di felicità si sprecarono.
Parlarono del più e del meno, perlopiù, facendole domande per conoscerla meglio.
- E quello? – chiese con la bocca piena Freddy, adocchiando il muffin al cioccolato avanzato.
Ellen fece spallucce – È per Mr. Gore. Ne avevo preparato uno a testa.
- E tu non lo mangi? – le chiese il grafico, continuando a guardare il dolcetto con bramosia.
Ellen sorrise – Ah no… io ho già dato questa mattina! – rispose, facendogli l’occhiolino e pizzicandosi i fianchi in modo allusivo.
Tutti scoppiarono a ridere.
- Mr. Gore non ci sarà per due giorni – intervenne Wenda – Aveva bisogno di un po’ di riposo ed è andato a trovare il suo amico Gaccio.
- Ah bè… in questo caso, allora… - Freddy si lanciò sul muffin avanzato e lo afferrò in velocità, sbaragliando la concorrenza.
Quando finirono la colazione, ognuno rientrò alla sua postazione.
Ellen si risedette e cominciò a controllare tutto ciò che era depositato sulla sua scrivania.
Fu allora che vide una cartellina rossa sulla quale era pinzato un foglio piegato in due con scritto: Ellen Mayer.
Lo aprì e cominciò a leggere.
 
Miss Mayer,
starò fuori per due giorni.
Le tue mansioni sono semplici ed elementari. Cerca di non fare pasticci.
Rispondi al telefono.
Segui tutto ciò che ti dice Wenda.
Questo è il tuo lavoro.
Ti lascio anche altri due compiti da eseguire entro il mio ritorno.
Fa un ordine di cancelleria allo “stronzo” e mettigli in nota altri duemila fogli (gli stessi che siamo andati a prendere insieme, chiedi ad Erick o Freddy il codice dell’articolo). Deve arrivare tutto entro venerdì.
Nei momenti liberi, pulisci il mio ufficio.
Quando torno dev’essere uno specchio!
T.
PS: nella cartellina rossa (colore del diavolo) troverai il contratto di lavoro (con contributi regolarmente pagati, come da accordi iniziali), firmalo. Una copia è per me e una è la tua.
Ti ho già creato un account di posta elettronica, utilizzalo per l’ordine allo “stronzo”.
ellen.S@gore.com.
PSS: in caso d’urgenza, solo in caso di MASSIMA URGENZA, chiedi a Wenda il numero del mio cellulare. Mi raccomando non abusarne!
 
Ellen sollevò un sopracciglio e fissò la “S” accanto al suo nome.
Mr. Gore era proprio idiota. Sapeva benissimo che il suo cognome era Mayer, perché mai aveva messo una “S” e non una “M”?
Grugnì. Per cosa stava quella “S”?
Aprì la cartellina e lesse il contratto.
Ok, Tom Gore era un uomo di parola. Non mancava una virgola di ciò che le aveva promesso.
Firmò entrambe le copie e poi si recò nell’ufficio di Mr. Gore per mettere sulla scrivania la copia del contratto della ditta e per dare una sbirciatina in giro, giusto per rendersi conto in che condizioni versava la stanza.
Quando aprì la porta e vide la scrivania, rimase senza parole.
Non le era sembrata così disordinata la prima volta!
Una miriade di cartacce e fogliettini volanti, la imbrattava completamente.
Ci girò intorno e fissò inorridita l’ammasso di cartelline di cartoncino, ormai a brandelli, di un tristissimo grigio e una vecchia rubrica con la copertina scollata. Non badò nemmeno alla povere.
Quella era l’ultimo dei suoi pensieri.
Maledetto Mr. Gore! Ci voleva “Maciste Sgomberi” (*) per rimettere in ordine quell’ufficio e quel pazzo pretendeva che lei lo pulisse in due mezze giornate e per giunta come lavoro di ripiego?
Ah, questa gliel’avrebbe fatta pagare. Poco, ma sicuro!
Ellen ringhiò.
Non si sarebbe arresa. Era chiaramente una sfida e lei non si sarebbe certo tirata indietro.
Probabilmente Mr. Gore l’aveva fatto apposta per trovare una scusa qualsiasi per poterla licenziare.
Non sapeva con chi aveva a che fare!
Si sarebbe tenuta quel lavoro con le unghie e con i denti.
Non sarebbe stato certo un Mr. Gore qualsiasi a farla demordere.
- A noi due! – disse, battendosi entrambi i pugni sul petto, come se fosse un urlo di battaglia.
Si diresse a grandi falcate da Wenda, mentre il suo cervello stava già elaborando un piano.
Bussò sullo stipite – Scusa Wenda, Mr. Gore mi ha lasciato un biglietto in cui mi dice di comprare della cancelleria e ordinare altri fogli “speciali”, saresti così gentile da darmi il numero di telefono Matthew e se puoi anche qualche fattura vecchia? Giusto per capire qual è il vostro budget usuale. A te serve qualcosa in particolare? – chiese.
La donna alzò gli occhi e la fissò stupefatta – Lo sapevo io che tu eri la scelta giusta! – esclamò soddisfatta. Si alzò, prese da uno scaffale un box, lo aprì ed estrasse una cartellina trasparente che conteneva dei documenti – Ecco tieni. Queste sono le fatture di quest’anno, trovi anche il numero da chiamare. A me serve, praticamente, tutto. La vecchia ragazza non ci ha mai chiesto se avevamo bisogno di qualcosa in particolare e quindi, quando arrivava la cancelleria, praticamente, c’era una gara interna a chi arrivava per primo ai pacchi per saccheggiarli! Vigeva la regola “chi prima arriva meglio alloggia” e tante volte sono arrivata per ultima io… una disperazione! Sai… qui c’è pericolo di furto e ognuno di noi tiene sotto chiave i propri tesori. Adesso ti faccio un elenco e poi te lo porto. Fa un giro anche dagli altri. Sei eccezionale Ellen! – concluse, facendole l’occhiolino.
Ellen bussò a tutti gli uffici e, come in precedenza Wenda, anche gli altri rimasero favorevolmente colpiti dalla sua idea di chiedere singolarmente di cosa avessero bisogno.
Le portarono quindi le loro richieste scritte e Ellen si sentì estremamente soddisfatta.
Mentre rispondeva al telefono e si pavoneggiava con se stessa per aver imparato in fretta a passare le telefonate ai colleghi, sfogliava anche le fatture.
La Gore Spot & Publicity spendeva un sacco di soldi in cancelleria.
Gli ordini erano sempre sostanziosi, soprattutto perché la ditta di Matthew era quella a cui si rivolgevano di più.
Dopo essersi fatta uno schemino con le varie richieste, giusto per non dimenticare nulla, Ellen chiamò Matthew.
- Ford, buon giorno – una voce cristallina le rispose al secondo squillo.
Ellen deglutì. Era il suo primo incarico ufficiale. Era emozionata – Buon giorno, sono Ellen Mayer della Gore Spot & Publicity, potrei gentilmente parlare con Matthew Ford?
La ragazza al telefono tentennò – Un attimo solo Miss Mayer, vedo se Mr. Ford è libero.
Ellen cominciò a disegnare, nervosa, mille cerchi su un foglio – Ellen cara! – la voce tonante di Matth la fece sobbalzare.
- Matth! Ciao – rispose allegra.
Quell’ometto la faceva sentire, stranamente, a suo agio.
- Sono felice di sentirti, vuol dire che il tiranno ha capito che non doveva licenziarti!
Ellen sorrise – Ah certo! Dopo quello che ho fatto per lui, avrei fatto un casino se solo ci avesse provato! – rispose allegra – Matth ho bisogno del tuo aiuto. Il tiranno mi ha detto di fare un ordine di cancelleria, ma, ovviamente, non mi ha spiegato niente! Come al solito… - assunse un tono da vittima – Sta cercando in ogni modo di trovare un pretesto per licenziarmi, ma non gli darò mai questa soddisfazione. Scusa se ti disturbo personalmente… - incrinò ancora di più il tono.
- Ma cara! Non lo dire nemmeno. Sono qui al tuo servizio. Tu dimmi di cosa hai bisogno e io te lo porto oggi stesso!
- Davvero? – domandò tutta felice. In realtà a lei serviva tutto entro venerdì, però, in quel momento, le venne un’idea incredibile – Matth sei un angelo! È che non saprei proprio come ordinare ciò che mi serve… sai… di punto in bianco mi ha dato anche questo nuovo incarico, come se non fossero sufficienti quelli che ho già! Pensa… devo anche pulirgli l’ufficio! Ti rendi conto? Non so come farò ad andare avanti così, ma come faccio a licenziarmi? Sophie… ieri ha avuto una ricaduta, le ha preso la testa. Non so come fare…
- No Ellen ti prego non piangere che poi sto male anch’io. Non ti preoccupare, queste sono solo sciocchezze. Entra nel mio sito e scarica il catalogo. Lì ci sono tutti gli articoli che vendo, poi mi mandi una mail e io evado l’ordine, personalmente. Dai, prova a vedere se c’è qualcosa che ti piace e poi appena hai deciso mi scrivi tutto e mi chiami, così cerco subito in magazzino ciò che hai scelto.
- Oh Matth tu sei troppo buono! Non so come farei senza di te! – esclamò felice – Purtroppo però, ho bisogno anche di quei fogli speciali… La Gore ha preso quel lavoro e quel pazzo ne vuole duemila entro venerdì… come farò? – aggiunse, rattristandosi subito.
- Nessun problema mia cara, ormai lo stampo l’abbiamo e basta metterli in produzione! Non posso farteli recapitare entro domani, ma sicuramente entro fine settimana saranno da te, te li porto! Vedrai che Mr. Gore non crederà ai suoi occhi! Dai Ellen, coraggio, ci sentiamo dopo, ok?
Ellen lo ringraziò, aprì il sito e scaricò il catalogo.
Si perse in tutti quegli articoli davvero molto affascinanti. Controllò gli sconti, le offerte e, dopo una buona mezz’ora, fece il punto della situazione.
Aveva imparato a far quadrare bene i conti per arrivare a fine mese negli ultimi quattro anni!
Tom Gore, grazie a lei, avrebbe risparmiato una quantità di denaro incredibile!
Aprì la posta e cominciò a scrivere l’ordine.
Non ne aveva mai fatto uno prima, per cui non sapeva nemmeno da dove partire, per cui fece come le sembrò più giusto, non poteva certo chiedere a Wenda, perché altrimenti la donna avrebbe capito che la sua esperienza lavorativa, come segretaria, era pari a zero!
 
From: ellen.S@gore.com
A: m.ford@ford.com
Oggetto: ordine cancelleria più duemila fogli “speciali”.
Ciao Matth,
innanzi tutto grazie per avermi aiutata prima per telefono, non so come avrei fatto senza di te, questo lavoro è importante per me, come purtroppo ti ho già accennato, mia sorella Sophie è molto malata, per cui il misero stipendio che il tiranno mi paga è indispensabile per comprare le medicine, anche se, tante volte, non basta nemmeno a quello, ma non ti voglio rattristare e angosciare con i miei problemi personali, quindi è meglio se passo direttamente alle questioni lavorative.
Ho visto che tantissimi tuoi articoli sono in offerta e non capiscono come mai, dato che sono, in assoluto, i più belli, quindi ho fatto qualche piccolo calcolo e credo che mi convenga prendere proprio quelli in promozione.
A tal proposito volevo chiederti se anche su questi pezzi, posso poi applicare lo sconto del 30% che ho notato che ci hai sempre riservato come cliente di rilievo.
Quindi, ti chiedo la cortesia, di mettere in nota i seguenti articoli in offerta:
- nr. 11 confezioni da 100 pz. cadauna di cartelline colorate (per favore fa undici colori diversi, così i miei colleghi non litigano tra loro, uno deve assolutamente essere rosa).
- nr. 1 confezione da 100 pz. di post-it a forma di cuoricino in varie tonalità di colori fluorescenti.
- nr. 1 confezione da 100 pz. di post-it a forma di stellina in varie tonalità di colori pastello.
- nr. 1 confezione da 50 pz. di post-it di Hello Kitty.
- nr. 1 penna stilografica Hello Kitty (quella bianca e rosa con la stellina gialla sul tappo che ho visto sul catalogo, la prima di pagina 12).
- nr. 1 confezione di ricariche da 50 pz. per la penna stilografica di Hello Kitty (quella che ti ho messo in nota appena adesso) colore nero.
- nr. 1 scatola di matite da 100 pz. (quelle morbide, per favore) dall’aspetto colorato (sono molto carine quelle con le margherite stampate, se ce l’hai di vari colori, sarebbe davvero il top).
- nr. 1 scatola di penne glitter da 10 pz. colore nero (le ho provate tempo fa e sono davvero scorrevoli). Se mi trovo bene, la prossima volta ordinerò altri colori.
- nr. 50 blocchi di Hello Kitty
- nr. 2 rubriche di Hello Kitty (se ne hai una azzurra e una rosa, sarebbe fantastico)
- nr. 1 temperamatite a forma di casetta (quello che ho qui sulla scrivania è veramente deplorevole)
- nr. 2 tappetini per il mouse. Uno di “cars” e uno con Candy Candy (se fosse possibile avere quello in cui c’è anche Terence, l’ho visto a pagina 25, sarebbe veramente la cosa più bella del mondo!)
- nr. 20 gomme da cancellare.
- nr. 1 gomma di Hello Kitty profumata.
Ecco penso di aver terminato.
Oggi finisco di lavorare all’una e, se mi fai trovare tutto pronto, passerei da te a prendere il pacco (sono in macchina) così domani lo porto in ufficio e sistemo tutto, ma soprattutto non ti faccio venire fino a qui, solo per portarmi l’ordine.
Se ti va possiamo pranzare insieme, sono in debito!
Attendo una tua risposta.
Ciao e grazie mille per la tua disponibilità.
Ellen
PS: quasi dimenticavo! Mi servono anche nr. 2000 fogli di quelli che sai, gli “speciali” per intenderci e che mi porterai tu venerdì.
Ri-ciao Ellen
 
Rilesse la mail per vedere se c’erano delle correzioni da fare e poi premette invio, soddisfatta del suo lavoro.
Chiamò Matth e lo avvisò che gli aveva appena spedito l’ordine.
Guardò verso l’ufficio di Mr. Gore.
Un po’, ci era rimasta male che non fosse stato presente al suo primo giorno di lavoro, ma del resto, aveva capito di non stargli proprio simpatica.
Magari, aveva ragione Sophie e Tom aveva scelto lei, solo ed esclusivamente, per il cognome che portava.
Un senso di vuoto le strinse lo stomaco. Avrebbe dimostrato a tutti che quel posto se lo meritava. A quel limone della sua amica e a quello zoticone di Tom Gore.
Si avviò decisa verso l’ufficio del suo capo.
Al suo ritorno avrebbe trovato tutto in ordine!
Prese due sacchetti dell’immondizia e due fogli bianchi. In uno scrisse “buttare” e nell’altro “rinnovare” e li applicò sulla plastica nera con il nastro adesivo. Passò quindi in rassegna a tutto ciò che era sulla scrivania, scegliendo il sacchetto a seconda delle cose che trovava.
Quando vide la penna stilografica del capo, quasi ormai distrutta e tutta scolorita, appoggiata come un trofeo sulla scrivania di Tom, ci pensò un attimo. Inarcò un sopracciglio, valutò bene lo stato in cui si trovava, provò a scrivere e vedendo che graffiava il foglio, la lanciò decisa nel primo sacchetto.
Nonostante quella penna fosse un cimelio, Ellen fu felice di constatare che aveva appena trovato un piccolo punto in comune con Mr. Gore, anche lei adorava le stilografiche!
Una volta finito lo sgombero della scrivania, si accorse che quest’ultima era di vetro nero.
- Uomini! – sospirò ad alta voce – Possibile che non abbiamo il minimo senso pratico? Chi cavolo si prenderebbe una scrivania in vetro nero che raccoglie la polvere e bisogna pulire ogni cinque minuti dalle ditate?
Si precipitò quindi alla sua scrivania e aprì la posta.
 
From: ellen.S@gore.com
A: m.ford@ford.com
Oggetto: aggiunta ordine.
Ciao Matth,
scusa sono ancora io.
Da un rapido controllo mi sono accorta che manca una cosa fondamentale all’ordine che ti ho appena inviato.
Ho visto, nel tuo bellissimo e fornitissimo catalogo, (sei veramente un genio) che ci sono delle fantastiche ceratine con varie fantasie. Hai presente quelle adesive che si incollano ai tavoli?
Ecco, proprio quelle! Vorrei prendere quella blu con il disegno delle costellazioni, perché il piano della scrivania di Mr. Gore è inaccettabile. Credo che due metri per uno siano sufficienti. In caso la regolo io con le forbici, anzi, aggiungi anche un paio di quelle, se possibile con i manici di plastica rosa (ma che tagli bene, mi raccomando. Mi fido di te).
Visto che ci sono, ti chiedo la gentilezza di aggiungere un’altra stilografica di Hello Kitty.
Grazie mille, sei veramente un tesoro.
Ci vediamo dopo per il pranzo.
Un bacione Ellen.
PS: cosa farei senza di te?
 
Chiamò nuovamente Matthew e lo avvisò che gli aveva appena inviato un’altra mail.
Soddisfatta, ritornò nell’ufficio del capo.
Sistemata la scrivania, sarebbe stato sufficiente riordinare i numerosi documenti appoggiati in maniera casuale sui vari mobili, sostituendo le vecchie cartelline che li contenevano con quelle nuove appena comprate, dare una spolveratina e la stanza avrebbe assunto una parvenza decorosa.
Fu passando in rassegna al resto del mobilio che Ellen si accorse di una foto che era stata ormai sepolta dalle cartacce.
Avvertì, chiaramente, un tuffo al cuore.
Era un primo piano di due uomini. Mr. Gore rideva felice, ma era l’altro che l’aveva emozionata: George Morris.
Ellen prese la foto e la strinse al petto con fare possessivo.
Non poteva credere ai suoi occhi.
Corse da Wenda, bussò con enfasi e poi stese le braccia per far vedere meglio la cornice alla donna – Mr. Gore conosce George Morris, lo scrittore? Quello che ha scritto il romanzo ambientato in Italia di Mattia e Lily? – chiese eccitata.
Al cenno di assenso di Wenda, continuò sempre più agitata – Jake, Consuelo, Lele e l’altro gemello? Oh Dio! non ricordo nemmeno il nome da quanto sono emozionata! Giancarlo. Giusto… Non ci posso credere… ma proprio quello che ha scritto A.A.A. OFFRESI VERGINELLO… (*)
Wenda scoppiò a ridere – Eh sì! Proprio lui. Sono amici d’infanzia. Sono nati e cresciuti nella stessa città! Tom si è assentato due giorni, proprio per andare a trovarlo.
Ellen la fissò – Scherzi? George Morris è un mio concittadino! E adesso Mr. Gore è da lui! – esclamò incredula – Quindi anche Mr. Gore… - lasciò la frase in sospeso. Non poteva crederci.
Che coincidenza! Era cresciuta nella stessa città di Tom.
Magari avevano fatto anche le stesse scuole. Strano che non si ricordasse di lui.
Ok, che aveva tanto a cui pensare, quando era la reginetta della scuola e della città, però cavoli uno come Mr. Gore non le sarebbe sfuggito.
Probabilmente non avevano frequentato lo stesso liceo.
Anzi sicuro!
Doveva subito chiamarlo. Quella era un’urgenza bella e buona!
- Wenda, ti prego, mi puoi dare il cellulare di Mr. Gore? Devo assolutamente parlare con George Morris – la implorò con le mani giunte.
La donna le sorrise – Certo Ellen che te lo dò, non vedo l’ora di sentire la sua reazione, quando lo chiamerai e gli chiederai di Gaccio! – acconsentì tutta allegra – Certi eventi non si possono perdere.
Ragazzi venite! Pausa per tutti – urlò poi, compiaciuta.
Quando anche gli altri uscirono dai loro uffici, Wenda spiegò a tutti della telefonata.
- Davvero vuoi chiamare Tom, quando è con George? Solo Wenda, finora, ha affrontato questa prova… - le chiese Erick sorpreso.
Ellen lo fissò, poi guardò anche gli altri. Avevano tutti un’espressione sbalordita, tranne Wenda, la sua sembrava più soddisfatta che incredula.
Bè, cosa c’era di così pericoloso a fare una telefonata?
Ellen arricciò il naso e poi storse la bocca in atteggiamento diabolico – Ci puoi scommettere Erick! Guarda e impara come “schiaccio” Mr. Gore!
 
 
 
 
 
(*) Maciste Sgomberi è una famosa azienda della mia città e zona (non so se anche da altre parti si chiama così) specializzata in traslochi e sgombero degli immobili da tutto (anche cose non recuperabili).
 
(*) Ho chiesto all’autrice Gaccia (da cui deriva, tra l’altro, Gaccio) il permesso per poter citare il suo racconto e lei ha acconsentito.
Se lo volete leggere questo è il link A.A.A. OFFRESI DICIOTTENNE VERGINELLO – NO TARDONE di gaccia. Io ve lo consiglio, perché è un racconto ben costruito, divertente e anche molto dolce.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


 
grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner

e il bellissimoTRAILER



Eccomi qui con un nuovo capitolo di Ellen & Tom che spero vi possa piacere.
Sto cominciando seriamente ad amare questi due, mi fanno una gran tenerezza e io li adoro quando interagiscono tra di loro.
Sono riuscita a scrivere un intero capitolo solo su una telefonata e spero che non vi risulti noiosa!
Come sempre ringrazio tutti coloro che seguono la storia e anche chi mi ha scelta come autrice preferita.
Non l'aveva mai fatto prima, ma la cosa mi riempie di gioia.
Se vi va di iscrivervi al gruppo di facebook il link è sempre quello condiviso con l'altra mia storia
Il teorema a due incognite e il buco nero (ovvero il cervello di Jack) di MandyCri dove troverete i trailer di Alessandra (il link è sotto il banner) e del suo meraviglioso sito e anche i due racconti "rossi" di "Un sacco di patate..." e dove noi ci facciamo qualche chiacchiera durante la settimana.
L'amore non è bello se non è litigarello
Ora vi lascio alla storia.
Grazie ancora di cuore a tutti.
Besos

 
***

CAPITOLO 10
 
- Davvero le hai creato un account di posta elettronica con la “S” di satana? – gli chiese George stupito.
Al suo cenno di assenso, l’amico scosse la testa – E le hai anche scritto “colore del diavolo”? E soprattutto, le hai ordinato di pulire il tuo ufficio?
- Sì, Gaccio l’ho fatto DAVVERO! – rispose scocciato – Te l’ho detto che mi sarei vendicato e questo è solo l’inizio. Ellen Mayer si pentirà amaramente di aver risposto a quell’annuncio.
- Io non capisco perché ce l’hai così tanto con lei. Ok! È vero che te ne ha fatte passare di tutti i colori al liceo, ma dai Tom, sono passati sette lunghi anni, non posso credere che ancora ci pensi. In fin dei conti è stata anche gentile e ti ha salvato il culo con quel cliente, poteva fregarsene – lo riprese.
- Scusa? Vorrei ricordarti che mi ha fatto indossare un casco rosa confetto, con tanto di optional di cuore glitterato e faccia della gattaccia! Forse tu non ti rendi conto! Ho volato con una vespa. Ci siamo alzati da terra… Dio, se ci penso… e poi come se non bastasse, mi ha fatto trascinare quel rottame per più di un chilometro, sotto una pioggia torrenziale. E vogliamo parlare del fatto che mi ha dipinto come un essere immondo di fronte ad un mio fornitore? – disse tutto concitato.
Gaccio lo fissò e appuntò qualcosa sul taccuino che si portava sempre dietro – Si può sapere che cazzo stai scrivendo? – sbraitò seccatissimo.
- Uhm? No niente… comunque… Tom non mi sembra una cosa così grave. In fin dei conti, se non ci fosse stata lei, avresti perso il cliente. Questo è poco, ma sicuro.
Tom sbuffò – Questa è una cosa irrilevante! Dai andiamo George. Quella ragazza è una sciagura, porta iella! Non ho mai bucato in vita mia e, guarda un po’, salgo su quel trabiccolo a due ruote e puff… buchiamo! Ahhhhhhhh… e dimenticavo anche la cosa fondamentale, mi ha pure spillato cento dollari!
- A me invece piace da come la descrivi. Sono sicuro che non ti annoierai con lei. È buffa e solo per questo, mi è simpatica – insistette George.
- Come no, simpaticissima, come un cactus sui cog….
- TOM! – lo riprese subito l’amico, interrompendolo.
- Sì, ok! Quando la conoscerai, cambierai idea – sentenziò per chiudere l’argomento “Ellen”.
Possibile che da quando quella ragazza era entrata nella sua vita, tutti i suoi discorsi erano improntati su di lei?
Basta! Ellen Mayer, almeno per quei due giorni, doveva sparire dai suoi pensieri.
Adesso si era sfogato con Gaccio, gli aveva raccontato tutto e si sentiva meglio.
- Stai scrivendo un nuovo libro? – chiese per cambiare argomento.
George gli sorrise – Eh già! Qualche settimana fa, mi è venuta un’idea grandiosa e ho deciso di provare a buttare giù qualche frase.
- Fantastico! E di cosa parlerà? Dammi qualche anticipazione.
George arricciò il naso – Non posso… al momento è tutto campato in aria, ho scritto solo qualche capitolo e non voglio svelare niente. È un segreto!
- Certo che sei proprio il peggior miglior amico che si possa avere – borbottò – Almeno dimmi se è una storia d’amore.
Il ragazzo si stese sul divanetto – Sì, è una storia d’amore… – disse sognante – Una storia d’amore che spero farà stare tutti con il fiato sospeso.
Si girò e lo fissò – Te lo farò leggere, prima di pubblicarlo. Darò a te la prima copia, vuoi? – gli chiese con gli occhi lucidi.
Tom si sentì pervadere da un senso di calore unico – Sarebbe un onore George. Un grande onore.
Stava per andare dal suo amico per abbracciarlo forte, quando il telefono squillò.
Fissò lo schermo – Che palle! Il lavoro mi chiama. Ho detto mille volte a Wenda che non deve telefonarmi, quando sono con te. Lo concedo solo a lei, solo perché, se si incazza, mi fa paura.
George rise – Dai rispondi a quel cavolo di telefono. Hai una suoneria irritante!
- Pronto!
- Mr. Gore? Sono Miss Mayer.
Tom spalancò gli occhi. L’avrebbe uccisa – Miss Mayer! Spero per la tua vita che sia una cosa veramente urgente! – abbaiò.
Dall’altra parte sentì chiaramente degli schiamazzi.
Che Dio gli infondesse la calma necessaria per non fare il finimondo, quando sarebbe rientrato in ufficio.
Ispirò. Espirò.
Non ancora calmo, rifece l’esercizio.
- Mr. Gore? – la voce di Ellen gli parve titubante, quasi emozionata.
Bè, cavoli! Era giustissima quella sua reazione. Tutti sapevano che, quando si prendeva due giorni di relax, tra l’altro meritatissimi e andava da Gaccio, nessuno, nemmeno il Padre Eterno, doveva disturbarlo.
Cominciò a preoccuparsi.
Che Ellen gli avesse distrutto la ditta, visto che era la donna più maldestra che avesse mai conosciuto? Che avesse combinato qualche guaio irreparabile?
Ok, era vero che aveva solo due esempi, ovvero il tacco della scarpa scollato e il giretto in vespa, ma due su due erano quasi una prova.
Era Agatha Christie che diceva “una coincidenza, è una coincidenza. Due coincidenze, sono due coincidenze. Tre coincidenze sono una prova”, non lui!
Le prime goccioline di sudore freddo, cominciarono a scendere.
- Miss Mayer… dimmi.
- È con te George Morris, in questo momento? – chiese lei agitatissima.
Tom spalancò gli occhi e fissò Gaccio.
Cosa voleva Ellen dal suo amico – Sì, è qui – rispose.
Il ragazzo alzò gli occhi su di lui e lo guardò interrogativo.
- Me lo passi per favore?
Dio, quanto lo infastidiva quella voce lagnosa e supplichevole, ma cosa credeva che lui sarebbe caduto nella sua trappola delle false lacrimucce, come il resto della popolazione maschile?
Mai e poi mai! – Cosa vuoi da Gaccio? – domandò.
L’amico continuava a fissarlo stranito, sentendosi preso in causa.
- Mr. Gore passamelo! Io amo quell’uomo. È il mio idolo e voglio parlarci! – Ellen era passata dal tono compassionevole a quello di un nazista, nel giro di tre secondi.
- Ma nemmeno per sogno! Miss Mayer, ti avevo avvertita che dovevi chiamarmi solo per questioni urgenti. Parlare al telefono con George non è affatto un “caso di massima urgenza”! Ma un capriccio di una ragazzina viziata. Mi hai deluso molto Ellen.
- Miss Mayer per te – la sentì sibilare dall’altra parte del filo.
Tom si irritò ancora di più – Stai rischiando grosso Miss Mayer. Io ti avverto! – sputò fuori incattivito.
Gaccio, nel frattempo, si era alzato e seduto di fianco a lui – Dai passamela Tom – bisbigliò – Sono curioso di sentire la sua voce.
- Non ti ci mettere anche tu – disse stizzito, mettendo una mano sul cellulare per impedire ad Ellen di ascoltare.
- Che palloso sei! – borbottò l’altro offeso.
- Mr. Gore mi passi o no, George Morris? – chiese ancora Ellen e Tom ebbe la netta sensazione che si stesse arrabbiando.
Ah dolce vendetta!
Ecco trovato un punto debole della balenottera: il suo amico Gaccio.
- Mi dispiace Miss Mayer, ma non meriti di parlare con il grande scrittore George Morris, nonché mio migliore amico da sempre – rispose ridacchiando.
- Se non me lo passi, mi licenzio. Prendere o lasciare! – adesso era proprio una belva inferocita.
Quanto si sentiva bene in quel momento!
- Fa pure, c’è la fila fuori dalla porta di gente che vuole prendere il tuo posto – dichiarò rilassato.
George scosse la testa – Sei uno stupido, Tom – disse a voce bassa.
- Ok, allora! Vorrei dire che è stato un piacere lavorare per te Mr. Gore, ma non è così. Adesso vado nel tuo ufficio e strappo il contratto che ho firmato, ciao!
Ellen era stata fredda.
Stranamente, aveva pensato che facesse la parte della povera e indifesa dipendente sottomessa al rude e cattivo titolare, proprio come l’aveva vista recitare con Matthew Ford, detto lo stronzo.
Invece no.
Tom si scoprì sorpreso – Tanto non lo farai mai, Miss Mayer.
- Sogna Mr. Gore… io però ti consiglio di prenderti di più di due giorni di ferie. Non vorrei essere al tuo posto, quando entrerai in quest’ufficio – a Tom sembrò una minaccia bella e buona.
Avvertì qualche strillo lontano e la voce incazzatissima di Wenda che diceva – Io l’ammazzo quello!
Non esisteva al mondo che l’avrebbe data vinta a quella pazza – Sei libera di andartene quando vuoi. Io, Gaccio, non te lo passo. È una questione di principio. Ti sembra una cosa talmente urgente da disturbarmi? – l’aggredì.
- Arrivederci Mr. Gore e buona fortuna.
Click.
Gli aveva pure sbattuto il telefono in faccia?
Cristo Santo, quando sarebbe tornato in ufficio gliel’avrebbe fatta pagare anche per quello.
Tanto Ellen aveva bisogno di quello stipendio e aveva già lasciato l’altro lavoro.
Ghignò soddisfatto, mentre George lo riempiva di insulti.
- Sei proprio un bambino! – disse l’amico, mettendo il broncio.
- Ma dai Gaccio, cos’è quel muso? Non hai perso una fan! E poi figurati se si licenzia. Scommetto che entro trenta secondi mi richiama per dirmi che ha cambiato idea. Bisogna avere polso con certa gente, altrimenti persone così credono di poter fare e dire ciò che vogliono! – esclamò soddisfatto.
- Non capisco proprio perché ti dia fastidio, se mi parla. Sei forse geloso, perché voleva sentire me e non te? – gli chiese l’amico.
Tom inarcò un sopracciglio – Geloso io di quella balena ambulante? Ah, ah, ah, ma che simpatico sei!
George stava per rispondere, quando il suo telefono cominciò a squillare – Cosa ti avevo detto io? – disse trionfante, allargando le mani e portando i palmi in su, per enfatizzare le sue parole.
- Pronto? – rispose e non riuscì a trattenere un risolino.
- Brutto somaro che non sei altro. Ellen se ne sta andando. Cosa le hai detto, coglione? – l’ululato di Wenda gli forò un timpano.
Allontanò il telefono infastidito – Wenda, io…
- Wenda un cazzo! Adesso tu passi quel cavolo di telefono a Gaccio e lo fai parlare con Ellen. Se ne sta andando! Non lo capisci, pirla? Così ci ritroviamo di nuovo nella merda. Ci ha portato i muffin questa mattina, ha preparato il caffè per tutti, senza che nessuno le chiedesse niente. Ha risposto al telefono e, finalmente, dopo tanto tempo, ognuno di noi ha fatto il proprio lavoro in santa pace, ha ordinato la cancelleria e l’unica cosa che ha chiesto è stata di cos’avevamo bisogno. Ha fatto tutto da sola! Io voglio i muffin ogni lunedì. Ne aveva portato uno anche per te, brutto stronzo. Adesso ti passo questo cazzo di telefono e tu le chiedi scusa e poi le passi lo scrittore e la rendi felice, altrimenti domani non ci sarà nessuno in ufficio!
Tom ascoltò la sfuriata di Wenda con gli occhi allucinati. Si sentiva tutto di fuoco.
Ellen Mayer era Satana in persona.
Questo era un ammutinamento bello e buono. No! Lui non sarebbe caduto in quello stupido tranello di quel diavolo in gonnella – Wenda, cerca di ragionare. C’è la fila fuori. Vorrà dire che rinuncio al mio giorno di ferie e, domani stesso, chiamo una delle altre ragazze che hanno fatto il colloquio.
- Forse non ci siamo capiti, stupido! Io voglio Ellen Mayer. Decidi o lei resta o noi ce ne andiamo. Tutti insieme.
Tom tirò un lungo respiro.
Maledetta Ellen Mayer – PASSAMELA! – sbottò, seccatissimo.
- Mr. Gore? – la vocina di Ellen gli diede i nervi.
- Vincere una battaglia, non significa vincere la guerra! – sentenziò – Adesso ti passo George, ma ricordati che non finisce qui. Me la pagherai Ellen. Te lo giuro.
- Sono sempre Miss Mayer per te – brutta stronza che non era altro.
Passò il cellulare a George, senza nemmeno replicare.
Vide l’amico arrossire e poi rispondere con voce languida – Pronto? Miss Mayer è un piacere conoscerla, ho sentito tanto parlare di lei… ah certo! Grazie… - Gaccio era viola in quel momento. Continuava a balbettare come un imbecille e a torcersi le mani in modo sgraziato. Ma che cazzo stava succedendo?
Tom si avvicinò all’amico per cercare di ascoltare anche le parole di Ellen.
- Metti in vivavoce – bisbigliò.
Per contro, l’amico si alzò e prese il suo fidato blocco per gli appunti che aveva lasciato sul tavolino.
Mentre parlava con Ellen, arrossendo sempre di più, scriveva come un pazzo.
Chissà cosa gli stava passando per la testa!
Tom si scoprì veramente curioso.
- Certo Ellen, anzi Lelly… che bel soprannome…
Ma che cazzo di discorsi!
Tom fissò George preoccupato.
Cosa aveva Ellen Mayer che riusciva a far capitolare gli uomini anche per telefono?
Non era possibile! Eppure Gaccio aveva visto la sua foto, sapeva com’era.
Insomma era grassa!
Non era niente di che.
George non era certo Mr. Universo, ma poteva avere tutte le donne del mondo, perché aveva fascino e si perdeva così, solo per una telefonata?
E poi Lelly?
Che cazzo di discorsi erano questi? Lui doveva chiamarla Miss Mayer e l’amico poteva usare un nomignolo?
- Certo che verrò a trovarti. La prossima settimana, quando avrò terminato con i giri per le librerie, passo sicuramente. Ma certo che te lo autografo… ci mancherebbe… ah sono proprio contento che il mio libro ti sia piaciuto… sì, sì, ne sto scrivendo un altro. Anzi ho appena promesso a Tom che glielo faccio leggere prima della pubblicazione… sai cosa facciamo? Regalo a te e a Tom la prima copia, così lo potrete leggere insieme! Sono sicuro che sarà molto divertente.
Tom spalancò gli occhi.
Eh no! Questo era veramente troppo!
Era lui il suo migliore amico e adesso doveva condividere la sua sudatissima prima copia del romanzo di Gaccio con Satana in persona?
Mai e poi mai!
Si alzò e si diresse minaccioso verso l’amico – Senti tu… non promettere cose che non puoi mantenere!
George si allontanò, ancora una volta, con il suo prezioso taccuino.
- No… Lelly non ti preoccupare, è Tom. È geloso perché sono al telefono con te…
Tom sbiancò. Porco cazzo! Che cavolo stava dicendo?
- Adesso basta, piccioncini! Avete finito di parlare. Passami Ellen – ululò.
Se continuava così Gaccio gli avrebbe rovinato la reputazione.
- Ok, Lelly ci vediamo la settimana prossima. Ti passo Tom, stammi bene e grazie. Ciao a presto – disse l’amico sempre con la voce morbida da “rimorchio”.
A Tom vennero i conati.
Brutto traditore che non era altro.
Afferrò il cellulare – Ellen adesso torna a lavoro, mi sembra tu abbia perso già abbastanza tempo, te lo scalerò dalla busta paga!
- Sempre Miss Mayer per te… devo ricordartelo ogni volta?
Tom alzò gli occhi al cielo – Hai messo in ordine il mio ufficio? – domandò cambiando argomento.
- Non ti preoccupare ci sto lavorando. Vedrai che, quando tornerai, non crederai ai tuoi occhi. Non voglio vantarmi, ma io sono la regina dell’ordine e delle pulizie e sono sicura che non la riconoscerai nemmeno quella stanza e, una volta entrato, ti chiederai se hai, per caso, sbagliato ufficio!
Tom storse il naso – Staremo a vedere, Miss Mayer – esitò un attimo – Davvero hai portato i muffin a lavoro? E ne avevi preparato uno anche per me? – chiese, sorprendendosi lui stesso per il tono dolce e quasi ammirato che aveva utilizzato.
Ellen emise un risolino gioioso – Certo Mr. Gore. Sono brava in cucina.
Bè, su questo non aveva dubbi, ma tenne per sé quella considerazione – Quali erano i gusti?
- Cioccolato e lampone – rispose lei, stranamente gentile.
- Senti, ti dispiacerebbe portarli ogni lunedì? Wenda è stata favorevolmente colpita da questa cosa. Io preferisco quello al lampone, non ho un buon rapporto con il cacao… – sussurrò.
Merda, quanto gli costava chiedere un favore a Satana.
- Nessun problema Mr. Gore. Lampone sia! Lo faccio volentieri. È un piacere per me rendere tutti voi felici – incredibile! Ellen era davvero disponibile.
Forse aveva esagerato con lei.
Si sentì, per la seconda volta, in colpa nei confronti della ragazza.
Doveva imparare a pensare un pochino prima di rendere ufficiali i suoi pensieri e poi fare la figura dello stronzo.
- Dovremo rivedere il mio stipendio, però. In fin dei conti devo perdere almeno un’ora per la preparazione dei muffin e dovrò farli di domenica, senza contare gli ingredienti che costano, ovviamente. Credo quindi che dovrai rimborsarmi circa una cinquantina di dollari alla settimana per questo servizio extra – disse cristallina.
Cinquanta dollari alla settimana per dieci miseri muffin?
Ritirò tutte le scuse che le aveva fatto mentalmente.
Quella era Satana, non aveva più dubbi – Cinquanta dollari sono un’esagerazione, Miss Mayer spenderai in tutto, nemmeno dieci dollari per gli ingredienti! – sbottò infastidito.
- E il tempo che perdo, dove lo metti? Mica si creano da soli, quando compri gli ingredienti e poi se devo anche pensare che tu hai pure scelto il gusto… non mi sembra una richiesta eccessiva.
Maledetta Miss Mayer!
Tom rifletté.
Adesso Wenda si aspettava che Ellen le portasse i muffin, quando aveva tempo di prepararglieli e lui sarebbe passato da pidocchioso se non avesse contribuito alla cosa, mentre Miss Mayer sarebbe apparsa come la collega modello e la vittima incompresa. No! Piuttosto le avrebbe dato il denaro che aveva chiesto.
Ma come cazzo faceva quella ragazza a spillargli i soldi in quel modo?
Aveva lavorato solo due ore e già le stava per dare un aumento!
Satana. Lei era Satana.
Non c’era altra spiegazione!
- Senti Lelly, facciamo trenta dollari alla settimana che ti do di tasca mia ogni venerdì, ok? – chiese, pronunciando ironicamente il nomignolo che aveva sentito usare da Gaccio.
Alzò lo sguardo per guardare l’amico e lo vide completamente immerso nel suo mondo che scriveva come un forsennato.
Chissà da dove veniva l’ispirazione, mah!
- Affare fatto Mr. Gore… ah… una gentilezza, non chiamarmi Lelly, solo le persone con cui sono in confidenza mi chiamano così. Venerdì prossimo, allora, mi devi sessanta dollari, così saldiamo il debito di questa settimana. A mercoledì.
Click.
Tom rimase con il cellulare attaccato all’orecchio.
Fece finta di niente e controllò se Gaccio si fosse accorto di qualcosa, quando vide che continuava a scrivere infervorato, continuò a parlare come se Ellen fosse ancora in ascolto.
- Uhm… ehmm… sì, certo, adesso devo proprio riattaccare e mi raccomando che non succeda mai più che mi disturbi quando sono con Gaccio, intesi? Ok, ok… per questa volta faccio finta di niente, ma la prossima ti licenzio, ok? Adesso basta Miss Mayer, devo proprio andare.
Chiuse la telefonata.
- Questa ragazza è una piaga. È proprio come una cozza ti si attacca e poi non ti molla più – affermò con enfasi, rivolgendosi all’amico.
Gaccio alzò brevemente lo sguardo su di lui, scosse la testa e continuò a scrivere.
Ma che cazzo aveva di così importante da riportare su quel blocchetto?
 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***



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Ciao e scusate il ritardo.
Avverto subito che il capitolo è incompleto, ci sarà il seguito, ma stava diventando troppo lungo e ho preferito dividerlo in due.
Come sempre ringrazio davvero tutti per l'affetto che mi dimostrate e spero che anche questo capitolo vi soddisfi.
Me lo farete sapere voi se vi va.
Grazie a chi mi ricorda, segue e preferisce,
Grazie a coloro che mi hanno messa come autrice preferita.
E' una grande soddisfazione!
E grazie anche a chi mi dedica il suo tempo e mi lascia sempre un ricordo con una recensione.
Grazie davvero.
Il gruppo è sempre quello se volete L'amore non è bello se non è litigarello
Ed ora buona lettura.
Besos MandyCri

 
***

CAPITOLO 11
 
Si era svegliato proprio di buon umore quella mattina.
Quei due giorni passati con Gaccio lo avevano proprio rigenerato.
A parte il piccolo inconveniente “Ellen Mayer”, il resto era filato per il meglio.
Niente era in grado di farlo sentire bene, come il suo fidato amico George Morris.
Ok, anche lo scrittore sembrava avesse un debole per Ellen, ma nessuno era perfetto, giusto?
Tom si era fatto una bella doccia, si era rasato con cura ed era andato a far colazione nel suo bar preferito, dove lavorava la sua cameriera preferita.
Aveva pasturato con la ragazza e le aveva promesso di tornare la sera a prenderla, così avrebbero mangiato un boccone insieme.
Ah! Una bella scopata era quello che ci voleva per concludere degnamente quella giornata che si prospettava entusiasmante.
Cosa poteva andare storto? Niente!
Nemmeno Satana in gonnella gli avrebbe rovinato quel giorno. Era troppo di buon umore.
Si diresse verso la “Gore” anche se era, incredibilmente, in anticipo.
Wenda apriva l’ufficio alle nove e mancavano ancora quaranta minuti suonati.
Poco male, avrebbe ispezionato per bene il suo ufficio e il lavoro di Miss Mayer, tanto era certo che non avesse svolto nemmeno la metà dei compiti che le aveva assegnato.
Sogghignò maligno: un bel motivo per far fuori Satana!
Salutò il portiere e salì in ascensore, fischiettando.
Si stiracchiò, felice di cominciare una nuova giornata lavorativa, o meglio, una giornata lavorativa in cui avrebbe fatto fuori quella palla di lardo.
Ormai la guerra era cominciata e non era stato di certo lui ad accendere la miccia.
Chi se ne fregava dei muffin e di quella brontolona del suo braccio destro!
Wenda non avrebbe certo negato l’evidenza, quando le avrebbe portato le prove inconfutabili che Ellen non era in grado di svolgere quel semplice lavoro di segreteria.
Non appena uscì dall’ascensore, il sorriso gli morì dalle labbra.
Spalancò gli occhi, stupefatto – Miss Mayer… cosa ci fa qui? – balbettò, guardando ripetutamente l’orologio da polso.
Ellen lo accolse con un gran sorriso – Mr. Gore, buon giorno! – lo salutò con gioia – Wenda mi aveva detto che, dopo i tuoi incontri con il magnifico, strabiliante, unico e solo George Morris, saresti arrivato in anticipo in ufficio, così ne ho approfittato e sono venuta su, di solito aspetto Wenda al parco, ma sai, comincia a far freddo adesso, per sedersi su una panchina e attendere che qualcuno mi venga ad aprire. Sarebbe il caso mi dessi un mio paio di chiavi.
Tom guardò di sottecchi la ragazza.
Che cazzo ci faceva in ufficio a quell’ora?
Ok, arrivare in anticipo, non significava certo che fosse meritevole di restare, magari soffriva, semplicemente, di insonnia.
Ecco quella era l’unica soluzione! Non poteva essere così dedita ai suoi compiti, in fin dei conti era solo due giorni che lavorava per lui.
- Miss Mayer non è necessario arrivare all’alba in ufficio – protestò, cercando le chiavi.
- Lo so, ma non mi piace essere in ritardo, perché non si sa mai. Se trovassi un incidente per strada? Mi seccherebbe parecchio, darti delle scuse per lasciarmi a casa.
Tom arricciò il naso – Ah, se è per questo non mi servono delle scuse Ellen per licenziarti, avrei già tutti i presupposti. Mi hai chiamato per conoscere Gaccio, ma ti rendi conto? E poi… devo ancora vedere cosa hai combinato in ufficio, sei hai fatto quello che dovevi e, soprattutto, se hai messo in ordine, come ti avevo richiesto. Comunque, un motivo valido per dirti addio, sarà quando i duemila fogli speciali non arriveranno, come ho specificamente richiesto, entro venerdì, sai com’è… saresti fuori, esclusa dal gioco. Ti sto aspettando al varco – esclamò sicuro.
Ellen gli sorrise a trentadue denti – Sai Tom, vorrei proprio sapere quanto tempo prima li avete ordinati voi i fogli speciali che siamo andati a prendere io e te, giusto per capire se stai facendo il possibile per renderti odioso… - si fermò un attimo, lo scrutò a fondo – Ma, fortunatamente, non ne ho bisogno. Non vedo l’ora di vedere la tua faccia, quando entro venerdì, avrai tutto ciò che mi hai chiesto.
Tom sospirò.
Povera illusa, con lo stronzo non era mai detta l’ultima parola.
Lei non lo sapeva, ma Mattew Ford era il fornitore più inaffidabile che potesse esistere sulla faccia della terra, purtroppo era anche il più bravo in quel campo, quindi, nonostante tutto, ogni volta si rivolgevano a lui.
- Se lo dici tu… - disse assottigliando gli occhi, poi si girò e aprì la porta.
La prima cosa che notò, non appena entrò in ufficio, fu un leggero odore di caramella o meglio, quel profumo dolciastro che emanavano le gommine da cancellare (che ovviamente non cancellavano una sega) che, ai suoi tempi, si trovavano come regalo nelle confezioni di merendine.
Avanzò annusando l’aria come un cane da tartufo.
L’olfatto lo portò stranamente alla scrivania di Ellen.
Non appena vide come era stata trasformata, Tom si portò le mani davanti agli occhi – Miss Mayer… - gemette – Questa è un’agenzia seria – protestò, indicando la marea di rosa che la sovrastava.
- La scrivania è mia e ci faccio quel che voglio, se permetti!
Tom avrebbe voluto replicare per le rime, ma evitò.
In fin dei conti Ellen gli stava servendo su un piatto d’argento la sua lettera di licenziamento.
Alzò le mani in segno di resa – Hai ragione! A me interessa solo che tu faccia il tuo dovere, se poi ti piace guardare la faccia della gattaccia tutte le ore che passi qui dentro, non sono certo affari miei. Piuttosto hai fatto tutto quello che ti avevo dato in carico?
Ellen lo fissò imbronciata – Certo, per chi mi hai presa? Erano compiti molto semplici – rispose sostenuta – Ho fatto l’ordine di cancelleria, che tra parentesi sono andata a prendere io il giorno stesso, comprando il triplo del materiale che ordinate di solito, risparmiando un bel venti per cento, quindi siamo a posto per un bel po’ di mesi. Ho risposto al telefono e ho anche messo in ordine il tuo ufficio. Adesso finalmente lì dentro si respira!
- Non fare troppo la spiritosa Miss Mayer. Devi ancora superare il periodo di prova – l’ammonì.
Ellen abbassò lo sguardo e si morse il labbro inferiore – Dovrebbe andare bene come ho sistemato. Ho messo tutte le pratiche in ordine e le ho suddivise in cartelline, rigorosamente dello stesso colore, per te ho scelto l’azzurro. Ognuna ha un etichetta con il nome del cliente e le ho messe in ordine alfabetico, così si fa prima a trovarle. Ti ho trascritto tutti i numeri di telefono su una rubrica nuova, perché quella vecchia ormai perdeva fogli e poi era oscena, come si fa mi chiedo io, ad usare mille colori di penna diversi? Ti ho anche segnalato tutte le telefonate che hai ricevuto in questi giorni, in ordine di importanza, sarà facile capire, ti ho fatto un indice da seguire e infine, ho anche spolverato. Vedrai Mr. Gore non lo riconoscerai il tuo ufficio. Quando entrerai non crederai ai tuoi occhi – disse orgogliosa.
Tom assottigliò lo sguardo.
Possibile che avesse fatto davvero tutte quelle cose in due miseri giorni? – E dimmi Miss Mayer, quando hai trovato il tempo per trascrivere addirittura un’intera rubrica? – chiese sospettoso.
- L’ho portata a casa e l’ho fatta nel pomeriggio e di sera – rispose seria.
Tom avvertì nitida una stretta al cuore.
Si era portata il lavoro a casa per fargli vedere che era all’altezza di quel posto?
Ancora una volta si sentì, letteralmente, una merda.
Si voltò e si diresse verso il suo ufficio, giusto per non farle vedere che si sentiva in colpa.
Era già tanto che la cancelleria fosse arrivata.
Ok, per se stessa se l’era scelta un po’ colorata e fuori dalla norma, ma poteva soprassedere.
A dire la verità, a parte la gommina fetida, la scrivania di Ellen gli era sembrata ordinata e piena di vita.
Ariel, la vecchia segretaria, doveva sollecitare almeno cinque volte gli ordini di cancelleria, prima che lo stronzo si decidesse ad spedirli. Ellen, invece, era riuscita ad averli il giorno stesso ed era pure andata a prenderseli.
Forse, forse…  FORSE si era sbagliato sul suo conto.
Entrò nel suo ufficio e rimase di stucco.
Tutto era perfettamente in ordine, tutto era pulito.
Tom spalancò gli occhi sorpreso e chiuse subito la porta dietro di sé, per non dare nessuna soddisfazione a Miss Mayer.
Non era possibile!
L’aria era pulita e non sapeva più di polvere. Si guardò intorno.
Proprio come Ellen gli aveva accennato, non c’erano più mille fogli svolazzanti. Sulla cassettiera c’erano centinaia di cartelline, tutte rigorosamente azzurre, divise in varie pile. Si avvicinò guardingo e ne prese una a caso. Sul davanti, in bella calligrafia, era segnalato il nome del cliente in alto e poi tutti i documenti contenuti all’interno.
Ci teneva ai suoi fogli perché, nonostante fosse tutto registrato e archiviato in files al computer, se per caso, succedeva qualcosa, almeno avevano tutte le copie cartacee.
Spostò lo sguardo dalla parte opposta e vide un’altra pila di cartelline.
Si avvicinò curioso e ne aprì una.
Ellen aveva diviso i clienti che avevano regolarmente firmato un contratto da quelli che avevano solo una proposta e dovevano ancora dare una risposta.
Non sarebbe più impazzito per sollecitare o magari migliorare la sua offerta.
Incredibile! Miss Mayer aveva davvero un potenziale per quel lavoro.
Guardò distrattamente la cornice in cui c’era la sua foto con Gaccio.
Stava per andare verso la sua scrivania per continuare a controllore, quando si fermò di colpo e ritornò sui suoi passi.
La sua faccia era completamente coperta da un vasetto di vetro con dentro una rosa fatta con le perline, mentre quella di Gaccio risplendeva sovrana.
Tirò un’eresia e spostò il fiore.
Era lui che le pagava lo stipendio, non George Morris!
Si avviò quindi a grandi falcate verso il suo tavolo e fu in quel momento che le sue gambe cedettero.
Tom spalancò gli occhi incredulo, si portò le mani alla gola ed emise un lamento soffocato.
La sua preziosa scrivania di vetro nero era sparita, al suo posto c’era una cosa dal gusto a dir poco pacchiano.
Sentì il respiro abbandonarlo.
Non poteva essere vero.
Fissò lo scempio senza riuscire a far nient’altro.
Lo toccò.
Sembrava carta adesiva.
Si piegò sulle ginocchia e guardò sotto.
Quella disgraziata aveva attaccato della carta adesiva sul suo prezioso tavolo di vetro nero, quel tavolo che gli era costato un occhio della testa.
Era inebetito.
Guardò la fantasia e scosse la testa, sconvolto.
Che cazzo le era venuto in mente di attaccare ad un sobrio ed elegante tavolo di vetro nero, una cartaccia adesiva con il firmamento?
Cos’era una presa per il culo.
L’avrebbe cacciata a calci in culo, altro che tagliata per quest’impiego!
Era deciso ad uscire e mettere in atto quell’ultimo pensiero, quando vide il resto.
Una miriade di stelline colorate, cuoricini fosforescenti e post-it della gattaccia troneggiavano attaccati al suo monitor.
Sotto il suo mouse c’era un orrendo tappetino di “cars”.
Tom scrollò la testa sconcertato, prima che gli occhi si adagiassero su una rubrica celeste con la faccia gigantesca di quella schifosa gattaccia che gli sorrideva.
Era un incubo.
Si sedette sulla sua poltrona e cominciò a fare gli esercizi di respirazione.
Non poteva uscire in quel momento, altrimenti l’avrebbe ammazzata.
Ispirò, espirò, ispirò ed espirò circa un centinaio di volte, finché non si ritenne definitivamente calmo e fu allora che, ancora una volta, l’occhio gli cadde dove non doveva.
Nel suo portapenne di vetro trasparente troneggiava una penna strana, non la sua. Era bianca con il muso della bestiaccia e una ridicola stella gialla sul tappo.
L’aprì e vide con orrore che era una stilografica.
Aprì il cassetto, ma trovò solo un foglio plastificato con la scrittura di Ellen: DISDACALIA TELEFONATE IMPORTANTI.
Lesse le prime tre righe e rimase sbigottito.
Cuore fucsia = telefonata molto importante da richiamare subito.
Cuore giallo = telefonata molto importante, ma richiama il cliente.
Stellina azzurra = telefonata che forse potrebbe essere importante. Credo sia il caso di richiamare.
Tom non proseguì oltre.
Tutto ciò era uno scherzo. Non poteva essere altro.
Lasciò stare quella stupida cosa e continuò la sua ricerca.
Dov’era finita?
Aprì tutti i cassetti, ma niente.
Cercò in tutte le cartelline, magari era stata dimenticata dentro una di quelle, aprì la vetrina.
Settacciò ovunque, ma niente.
La sua preziosa stilografica non c’era.
Con le dita tremanti fece l’interno di Ellen – Puoi venire subito qui? – disse non appena la ragazza rispose.
Quando bussò alla porta, Tom riuscì a dire a malapena un “avanti”.
- Posso fare qualcosa per te, Mr. Gore? – gli chiese pimpante.
- ELLEN! – sbraitò con tutta la forza che aveva in corpo – Dove cazzo è la mia stilo?
Miss Mayer gli si avvicinò perplessa, poi sorrise e indicò la schifezza – Eccola qua! Avevo paura di averla rubata io, ne ho comprata una uguale per me – affermò felice.
Tom spalancò gli occhi inorridito – Mi stai prendendo in giro? Dove cazzo è la mia Montblanc?
Ellen lo guardò corrucciata – Quale Montblanc?
Tom non riuscì a trattenere un moto di stizza – La mia cazzo di penna stilografica MONTBLANC! Hai presente quelle penne di valore riconoscibili dalla stellina bianca? Eh? Hai presente? È il ricordo del mio diploma! Me l’hanno regalata i miei genitori! Hanno speso un sacco di soldi. Dove l’hai messa?
Ellen si passò una mano sulla fronte e scostò una ciocca ribelle – Davvero ti hanno regalato una misera penna per il diploma? – domandò esterrefatta.
Tom avvertì nitidamente la vena del collo gonfiarsi, il viso diventare incandescente e il sangue affluirgli al cervello – Tu… tu… tu… - alzò l’indice tremante verso Miss Mayer – Dove. Cazzo. Hai. Messo. La. Mia. Preziosa. Penna.
Lo fissò perplessa – Ma intendi quel rudere che era sopra la tua scrivania e che graffiava anche la carta? Bè… se è quella che intendi… ecco… ehm… l’ho buttata. Non credevo fosse così preziosa per te – il tono di Ellen era diventato quasi un sussurro.
Tom sentì un tamburo indefinito nel cuore – Hai buttato la mia Montblanc? Dimmi che è uno scherzo Ellen, ti prego, dimmi che è uno scherzo.
- Ecco… Mr. Gore scusami, davvero, io… - aprì la bocca in una smorfia, poi d’un tratto si illuminò – Dai, il sacchetto nero è ancora qui, l’ho visto anche ieri! La recuperiamo in un attimo.
Tom sospirò – Muoviamoci! – ordinò perentorio.
Mentre la seguiva, cercò di sedare lo spirito omicida che si era fatto strada dentro di lui.
Quella ragazza gli portava solo disgrazie!
Come l’avrebbe giustificato alla madre che non aveva più quella preziosa penna? Erano ben otto anni che gli rinfacciava il costo sostenuto.
Arrivarono allo stanzino dove le ditte depositavano i sacchi neri e lo trovarono vuoto.
- Ti giuro Mr. Gore. Fino a ieri sera c’era tutto… - si giustificò Ellen.
Tom si mise le mani nei capelli e li tirò forte – Io ti uccido Ellen. Tu sei un difetto sociale. Ecco cosa sei! – sbraitò.
- Magari il mezzo della nettezza urbana deve ancora passare. Forse ce la facciamo – balbettò un’affranta Miss Mayer.
Che Dio lo aiutasse.
Ora capiva bene le persone prese da raptus omicidi.
Anche lui in quel momento se avesse avuto una pistola, avrebbe fatto una strage.
Perché aveva assunto Miss Mayer? Perché?
- Dai, forza Tom non scoraggiarti. Te la recupero io! – Ellen si batté un pugno sul petto e gli sorrise, proprio con quel sorriso che gli dava ai nervi.
Tom alzò gli occhi al cielo disperato – Vediamo se riusciamo ad evitare il disastro.
Ellen allargò leggermente gli occhi e sospirò – Scusa se te lo dico Mr. Gore, ma mi sembra tutto un po’ esagerato. Stiamo parlando di una misera penna che, tra l’altro, scriveva anche decisamente male. Te ne ho presa una nuova, ha il tratto perfetto ed è decisamente graziosa.
- È una stilo della gattaccia, Miss Mayer! Sono un uomo, non un’adolescente isterica, forse la cosa ti è sfuggita, ma detto tra me e te: ho le palle e non solo!  – sbuffò – E poi non è per il valore monetario della penna in sé. È per quello affettivo! – precisò.
Era meglio non spiegare ad Ellen che se, la sua cara mammina super bigotta e decisamente tirchia, a Natale non l’avesse visto con quella penna nel taschino della giacca, sarebbe andata fuori di testa.
Una tragedia familiare!
Arrivarono dietro il palazzo, nel vicolo scuro, dove c’erano i contenitori delle immondizie.
- Ecco, vedi non ci sono più i sacchetti! – si disperò.
- Uff! come la fai lunga… da un’occhiata dentro – replicò lei stizzita.
- Io ti licenzio Miss Mayer. Ti ho avvisata! – brontolò lui, mentre saltellava per vedere all’interno del grosso bidone della spazzatura.
- Allora c’è qualcosa? – gli chiese alzando la voce.
Tom ebbe un capogiro – A parte una puzza infernale, è pieno di sacchi neri, tutti identici, se lo vuoi sapere – disse indignato.
Si mise le mani sui fianchi e la guardò – E adesso? Si può sapere perché sorridi? Non c’è niente di cui essere felici in questo momento – bofonchiò acido.
- Scherzi? Invece sì! Il mezzo della nettezza urbana non è ancora passato. Ciò significa che la tua amata Montblanc è ancora qui! Adesso tu cerchi il nostro sacchetto nero, è facile trovarlo, perché c’è attaccato un foglio bianco con scritto “cose da buttare”, lo togli dal bidone e il gioco è fatto! – disse lei battendo le mani tutta contenta.
Tom la guardò di traverso – Scusa… non ho capito una cosa. Una cosuccia, niente di che sai… mi spieghi come cazzo faccio a trovare il nostro sacco? – ululò inviperito.
Ellen fece spallucce – Semplice, facciamo una scaletta momentanea con qualche cassetta. Tu ci vai sopra e ti sporgi dentro il bidone – rispose ovvia.
Tom la fissò incredulo – Tu stai scherzando, vero?
- La rivuoi la tua penna? Io ti sto solo aiutando a trovare una soluzione.
- Io… io… io… ti uccido Miss Mayer. Tu vai dentro a quel bidone della spazzatura puzzolente e nauseabondo, non io! Questo è poco, ma sicuro! – sbraitò.
- Senti Mr. Gore rispondi a queste semplici domande. Di chi è la preziosa Montblanc?
- Mia…
Ellen annuì contenta – Chi rivuole a tutti i costi quel rottame di penna?
- Io…
Ellen batté le mani – Bravo Mr. Gore! Risposta esatta. Ed ora… chi si calerà dentro quel bidone per recuperare il sacco nero in cui si trova quel preziosissimo rottame di Montblanc?
Tom assottigliò gli occhi – Ti odio Ellen.
- Non si può avere tutto dalla vita, ma credo che riuscirò a sopravvivere lo stesso anche senza il tuo amore – dichiarò lei con quel fastidiosissimo sorriso da “star hollywoodiana”.
Prepararono quindi una scaletta con delle cassette di legno che qualche imbecille incivile non aveva messo all’interno del bidone e vi salì – Tienimi almeno, mentre faccio perno per non cascare dentro a questo schifo – l’ammonì lui.
- Ehi! Per chi mi hai presa, certo che ti tengo! Giuro che non ti mollo per nessuna ragione al mondo.
Tom sbuffò.
Entrò con il busto dentro il bidone della spazzatura e cominciò a cercare il sacco nero incriminato.
Ogni tanto ritornava su e prendeva un po’ di aria.
Gliel’avrebbe pagata.
Dannata Miss Mayer.
Dopo circa dieci minuti di ricerche, vari conati di vomito, imprecazioni e bestemmie varie, finalmente trovò il sacco che cercava.
Nemmeno a dirlo era quello più in fondo.
Cercò di sollevarsi sulle punte facendo attenzione di non essere catapulto dentro.
Era un vero schifo! E tutto per una penna che graffiava anche la carta.
Maledetta Montblanc e maledetta Ellen Mayer.
- Tienimi, mi raccomando – l’avvertì, quando cercò di allungarsi per afferrare il sacco.
Fu in quel preciso momento che sentì una voce maschile chiamare la ragazza, poi tutto avvenne in una frazione di secondo.
Non avvertì più il calore della stretta di Ellen sulle gambe e, strano a dirsi, nemmeno lo sguardo compiaciuto (almeno così gli sembrava) della ragazza sul suo sedere.
- Jordan! – chiamò la ragazza tutta eccitata.
Ellen lo lasciò all’improvviso e lui si ritrovò, con tutto il corpo, catapultato dentro al bidone della spazzatura.
- ELLEN IO NON TI LICENZIO, IO TI UCCIDO – abbaiò incazzattissimo, con l’ultimo barlume di ragione che gli era rimasto.
 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Grazie a PinkyCCh per avermi aiutata a sistemare il banner

Ehm... ciao!
Lo so, sono in ritardo spaventoso: è più di un mese che non pubblico questa storia, ma ho avuto davvero un sacco di problemi a lavoro e credo che continuerò ad averli per un bel po', quindi le pubblicazioni non saranno frequenti come lo sono state fin'ora.
Purtroppo la sera torno a casa tardi e dopo 11 ore e passa certe volte, non ho voglia di scrivere.
Tra l'altro ho anche scritto un'altra mini storia che mi ha assorbito completamente le poche volte che avevo voglia di buttare giù qualcosa.
Quindi perdonatemi.
Eravamo rimasti a Tom finito dentro al bidone della spazzatura, vediamo cosa è successo dopo.
Spero continuerete ad apprezzare la storia, perché sta entrando nel vivo.
Se volete il gruppo è sempre quello L'amore non è bello se non è litigarello
Buona lettura...
Besos MandyCri

PS: il motivo di questo banner, lo capirete alla fine. L'obrobrio l'ho fatto io :D e PinkyCCh me l'ha sistemato.

***

CAPITOLO 12

- Sei licenziata!
- Non puoi licenziarmi. Non ho fatto nulla per meritarlo!
Tom si fermò e si girò adirato verso Ellen, si mise le mani sui fianchi e la guardò spazientito – Non. Hai. Fatto. Nulla. Per. Meritarlo? – urlò fuori di sé – Ellen, Cristo Santo, sono finito dentro un cassonetto dell’immondizia, hai buttato via un mio effetto personale che, tra l’altro adoravo, senza chiedermi nemmeno il permesso e volgiamo parlare del fatto che l’altro giorno, mi hai quasi ammazzato con il giretto in vespa? E tu… tu… - disse con l’indice tremante dalla rabbia puntato verso la ragazza – Hai anche il coraggio di dire che non hai fatto nulla per meritarlo?
Si girò e avanzò verso lo stabile a grandi passi.
- Tom… - supplicò Ellen alle sue spalle – La penna l’abbiamo recuperata. È vero ho sbagliato, ma io non credevo fosse così importante per te. Ti prego…
- No Ellen! Ti ho già dato tante possibilità e non me ne frega un emerito cazzo se sei simpatica a tutti e ti sai arruffianare la gente. No, ti prego non metterti a piangere. Le lacrime a comando con me non funzionano! – disse adirato.
Non poteva perdonarla.
Il cassonetto era stata l’ultima goccia, quella che aveva fatto traboccare un vaso già straripante, secondo il suo personale punto di vista.
Non gliene fregava niente, se Wenda si sarebbe scagliata contro di lui e, tanto meno, se Ellen, effettivamente, si era dimostrata capace nel lavoro.
Ce ne erano tante di ragazze che potevano svolgere quei compiti bene quanto lei, ma erano praticamente nulle le possibilità di trovarne un’altra che lo faceva cadere dentro un bidone della spazzatura!
- Prendi tutte le tue cose e sparisci dalla mia vita.
Ellen scoppiò a piangere.
Tom si fermò un’altra volta e la fissò sgomento.
Quelle non erano lacrime a comando, Miss Mayer stava davvero singhiozzando disperata.
Si pentì subito di essere stato così duro, ma l’orgoglio gli impedì di dire o fare qualcosa.
Forse aveva esagerato, magari se le diceva che non l’avrebbe più licenziata, avrebbe fermato tutta quella disperazione.
Si avvicinò cauto – Ellen… - sussurrò dispiaciuto.
Ellen soffocò un altro singhiozzo e stizzita si asciugò gli occhi – Lasciami stare Mr. Gore. Ho capito benissimo. Appena arrivo in ufficio, prendo tutte le mie cose e vedrai che nel giro di cinque minuti, vi sarete dimenticati di me – detto questo lo superò astiosa e si avviò decisa verso la porta di servizio che dava sul retro dello stabile.
Tom rimase basito a guardarla mentre camminava a passo veloce.
Poi realizzò che le chiavi le aveva lei e si mise a correre per non essere sbattuto fuori.
No! Non poteva fargli anche questo.
Non voleva entrare dalla porta principale, tutto sporco e, soprattutto, con quell’odore addosso.
- Ellen! – gridò con il fiatone – Aspettami.
La ragazza si voltò un attimo, giusto per fargli vedere il dito medio alzato e poi aprì la porta e la lasciò andare dietro di sé con furia.
Tom corse a tutta velocità con uno sprint degno di un velocista, ma quando arrivò la porta si chiuse, inesorabilmente, davanti alla sua faccia.
- ELLEN APRI! – sbraitò, dando dei vigorosi pugni sul ferro.
- ARRANGIATI! Non sono più una tua dipendente, mi hai licenziata! – la voce della ragazza gli arrivò stridula e indispettita.
Maledetta Ellen Mayer!
Questa gliel’avrebbe pagata, altroché!
Avvertì una stretta allo stomaco.
Come avrebbe potuto vendicarsi, se non l’avrebbe più vista?
Sospirò e si avviò verso l’entrata principale.
Entrò incazzato nero. Jordan gli corse in contro – Tutto bene, Mr. Gore? – chiese apprensivo.
- Sarebbe andata meglio se non avessi distratto Ellen! – non riuscì a frenarsi.
Jordan, dopo la sua caduta rovinosa, l’aveva aiutato ad uscire dal bidone della spazzatura e poi gli aveva chiesto mille volte scusa, finché lui, arrabbiatissimo, l’aveva cacciato, ordinandogli di ritornare al suo posto di lavoro, se non voleva incorrere in grane.
- Mi dispiace davvero tanto Mr. Gore, non avrei mai creduto che sarebbe successa una cosa del genere… – mormorò afflitto il ragazzo.
Tom sentì la bile salirgli al cervello – Senti Jordan, preferirei che tu non facessi il cascamorto con Ellen. Non mi va che le fai gli occhi dolci. Intesi?
Jordan lo fissò deluso – Ho capito, Mr. Gore. Non mi farò avanti con Ellen, anche se mi piace un sacco… non credevo che voi due, sì… insomma… - alzò le braccia sconsolato e abbassò lo sguardo – Come non detto, Mr. Gore.
Tom spalancò gli occhi sorpreso.
Non era quello che intendeva!
Stava per replicare, ma si zittì subito, che pensasse quello che voleva, anzi meglio!
Se credeva che tra lui ed Ellen ci fosse del tenero, non avrebbe fatto il pesce lesso con lei.
Si avviò verso l’ascensore soddisfatto.
Fuori uno!
Adesso si doveva occupare di Miss Mayer.
Non capiva perché, nonostante Ellen non fosse più la bellissima ragazza di un tempo, tutti gli uomini cadevano lo stesso ai suoi piedi.
Ok, aveva ancora un viso stupendo anche se paffuto e quel sorriso che ti arrivava dritto, dritto al cuore e te lo feriva peggio di un pugnale.
Gli dava fastidio questa cosa.
Gli rodeva proprio che gli uomini la guardassero.
In fin dei conti, lei era stata pur sempre il suo primo grande amore. Ci aveva perso anni ed anni ad ammirarla ed amarla, per Dio!
Aveva qualche piccolo diritto solo per questo.
Bloccò un attimo il corso dei suoi pensieri e si rimproverò: era geloso di Ellen Mayer.
Non era possibile!
Dovevano esser state le esalazioni moleste del cassonetto della spazzatura che gli erano arrivate al cervello e gliel’avevano in qualche modo danneggiato.
Non c’era altra spiegazione.
Lui, Tom Gore, non poteva trovare interessante quella Ellen Mayer!
Entrò in ufficio con il piede di guerra.
Ellen stava discutendo in lacrime con una rossa niente male, almeno vista di spalle.
Aveva lunghi capelli rossi naturali e un corpo decisamente da purosangue.
Tom si schiarì la voce per attirare l’attenzione.
La rossa si girò e Tom ne fu abbagliato.
Era incredibilmente bella!
- Tom! – squittì giuliva la ragazza, come se lo conoscesse – Ho sentito parlare tantissimo di te dalla nostra Ellen. Ciao! Io sono Sophie Rousseau. La coinquilina di Ellen, piacere! – allungò la mano verso di lui e Tom indietreggiò titubante.
Sophie? La finta sorella malata di Ellen?
Quella con i pidocchi?
Si portò inconsapevolmente la mano sui capelli e indietreggiò di un altro passo per paura di essere contagiato, poi si diede dello stupido.
Rimaledetta Miss Mayer che gli inculcava certe cose nella mente!
Si avvicinò alla ragazza e le diede la mano – Tom Gore. È un piacere conoscerti – disse ammaliato.
Sophie sorrise fascinosa.
Tom intravvide sul canino destro una luce abbagliante.
Sophie aveva un brillantino incastonato sul dente.
Intrigante!
Per carità il sorriso di Sophie non poteva essere minimamente paragonato a quello di Miss Mayer, però doveva ammettere che quella piccola luce era sessualmente stimolante.
- Sono venuta per chiedere ad Ellen di prestarmi la macchina. La mia ha deciso di morire all’improvviso e sono qui in vespa… - Sophie cominciò il suo discorso con voce lamentosa, portandosi la mano al fianco, facendola scorrere casualmente prima sul seno – Non posso andare in giro con quel trabiccolo! Oggi ho un importante colloquio di lavoro. Cosa penserebbe il mio futuro titolare se mi vedesse arrivare con quella cosa rosa? Non è professionale, non trovi?
Tom ebbe uno spasmo agli occhi.
Li aprì per poi richiuderli dopo qualche secondo. Assottigliò lo sguardo e lo fece scorrere sul corpo di Sophie.
- Certo… certo… sono completamente d’accordo – balbettò, non capendo esattamente cosa gli stava dicendo.
- Non posso prestarti la macchina! – sbuffò proprio in quel momento Ellen – Devo liberare la scrivania e mi serve per portare via le mie cose. Se non vuoi andare in giro con la vespa che, per inciso, hai deciso tu di comprare, chiama un taxi! – sibilò inviperita tra le lacrime.
Sophie si girò di scatto verso l’amica, come se si fosse ricordata solo in quel momento che c’era anche lei. Mise le mani sulla vita in una posizione alquanto autoritaria – Lo fai apposta! Perché non vuoi che mi vada bene! Sei solo invidiosa!
- Invidiosa? – sbraitò l’altra – Devo raccogliere tutte le mie cose, come faccio a portarle in vespa?
- Cosa potrai mai avere qui? Ci lavori solo da pochi giorni. Tu vuoi farmi un dispetto. Questa è la verità.
Tom osservò la scenetta tra l’incuriosito e l’affranto.
Perché le donne dovevano mettere tutto sul piano personale?
Perché c’era quella sorta di amicizia-rivalità?
Se ci fossero stati lui a Gaccio al posto di Ellen e Sophie, era sicuro al cento per cento che non solo entrambi avrebbero fatto lo scambio senza battere ciglio, ma più probabilmente, avrebbero anche fatto in modo di sgomberare insieme la scrivania e poi, sempre uniti come una squadra, recarsi al colloquio. Chiunque dei due fosse stato il licenziato o il probabile assunto.
Ma le donne no!
Certo che no!
Il sistema femminile pensava diversamente.
Era un mondo sconosciuto e imprevedibile che ragionava a seconda della vicinanza o meno del ciclo, del piede con cui si scendeva dal letto la mattina o dalla colazione fatta.
Un esempio lampante erano i biscotti.
Se un qualsiasi uomo trovava le ciambelle, i croissant, un uovo sbattuto, una frittata o anche un pollo arrosto per colazione, non batteva ciglio. Mangiava, faceva un bel rutto e poi andava a lavoro contento.
Una donna? Mai!
Se il giorno prima avesse finito i biscotti (la maggior parte dietetici e senza gusto) e, pe caso, si fosse dimenticata di comprarli e non avesse avuto quindi, quei determinati biscotti per colazione, sarebbe stato un disastro colossale.
Il mondo ce l’aveva con lei.
La sfortuna la perseguitava.
Perché succedevano tutte a lei?
Cosa aveva fatto di male per meritarsi tutto questo?
Quando bastava che si mangiasse un altro cazzo di biscotto che quel giorno passava il convento e si fosse ricordata, al ritorno a casa, di comprare quegli altri cazzo di frollini per la colazione successiva.
Tom sbatacchiò la testa per eliminare quegli insani pensieri sull’universo femminile – Ragazze… calma. Risolvo io il problema – disse, ricordandosi all’improvviso che aveva una donna da urlo davanti e lui puzzava come un cassonetto della spazzatura – Ellen tu rimani qui! Prima ero arrabbiato e non pensavo a quello che stavo dicendo e tu Sophie non ti preoccupare. Per forza di cose devo andare a casa – si fermò un istante e lanciò un’occhiataccia sulla sua rediviva impiegata, che, prontamente, abbassò la testa avvilita – Se hai un po’ di pazienza, ti accompagno io a questo colloquio. Vieni a casa con me, mi faccio una doccia, prendiamo un aperitivo e poi ti porto dove devi andare – disse rivolgendosi direttamente a Sophie e sfoderando uno dei suoi sorrisi più scintillanti.
La ragazza lo guardò estasiata, sbattendo ripetutamente le ciglia. – Davvero faresti questo per me?
Annuì – Certo che sì! Dammi solo un attimo. Ellen vieni in ufficio. Ti devo parlare.
Si avviò quindi felice verso la sua stanza.
Ellen lo seguì sbuffando.
- Chiudi la porta – ordinò non appena la ragazza entrò.
Ellen ubbidì e vi si appoggiò con le braccia conserte – Cosa vuoi? – chiese con un tono alquanto duro.
- Ho una proposta da farti – dichiarò con un largo sorriso.
Ellen inarcò il sopracciglio dubbiosa – Sentiamo – disse scocciata.
- Allora, tu potrai continuare a lavorare qui, nonostante tutti i danni che hai provocato - diede un rapido sguardo alla stanza e ammiccò eloquente.
Ellen grugnì – Ma? – chiese, intuendo che c’erano delle condizioni.
- In cambio voglio due o tre cosucce…
- Non faccio favori sessuali! – disse indignata.
Tom spalancò gli occhi sorpreso e poi scoppiò a ridere – Scusa Miss Mayer, senza offesa, ma non ho bisogno di comprare una donna per avere certe cose e, sinceramente, se un giorno fossi costretto a farlo, potrei permettermi qualcosina di più di te…
Gli occhi di Ellen divennero lucidi all’improvviso.
Ok, non era stato un gentiluomo, però cavoli, gliel’aveva proprio tirate fuori dalla bocca quelle parole!
Insomma, questa Ellen Mayer non era certo una fotomodella!
Aveva una ventina (e anche, anche) di chili in più dall’Ellen dei suoi ricordi e, per giunta, distribuiti malamente e bè…
Scrollò nuovamente la testa per riprendere il punto della situazione – Dicevo… io non ti licenzio, ma tu potresti spianarmi la strada con la tua amica…
Ellen lo fissò sgomenta, poi sibilò qualcosa di astioso tra le labbra che lui non capì, cosa di cui fu immensamente grato a Dio – Mr. Gore non hai bisogno di me. Basta solo che tu le dica: apri le gambe e lei lo farà! – soffiò acida – L’hai appena invitata a casa tua perché ti devi fare una doccia e lei non ha minimamente protestato, più chiaro di così…
- Uhm... amiche per la pelle… - borbottò.
- Senti Mr. Gore… vuoi scoparti Sophie? Ok, ti aiuterò. Spenderò qualche buona parola per te – si portò una mano alla fronte e assunse un’aria estasiata e riconoscente - Oh Sophie sapessi! Tu non hai nemmeno idea di quanto Mr. Gore sia un uomo caritatevole e altruista. Nonostante abbia buttato nella spazzatura la sua adorata, vecchia e inutilizzabile Mont Blanc, mi ha perdonato, solo perché vuole mettere il suo coso al caldo dentro di te!
Tom riuscì a trattenere a stento un sorriso – Magari evita l’ultima frase, per il resto mi sembra che ci siamo – la prese in giro.
- Ok, tutto qui? – chiese Ellen ansiosa.
- Certo che no, Miss Mayer. Dovrai far sparire tutta questa roba colorata da questa stanza e poi con il tempo ti chiederò altre cose a cui non potrai dire di no, altrimenti… - aprì la mano compatta e la puntò verso la porta, alzandola ritmicamente su e giù – Raus! (*). Ahn… e soprattutto, rivoglio il mio adorato tavolo di vetro nero, entro oggi!
Ellen si staccò dalla porta confusa e si avvicinò a lui – Non ti piace così? Guarda quanto belle sono le stelle. Hai mai giocato da piccolo al gioco dei puntini? – chiese stupefatta.
Tom la fissò senza capire – Gioco dei puntini? – domandò sorpreso.
- Sì, “unisci i puntini”. Questo è il firmamento – disse decisa – Con la fantasia puoi vedere tutto ciò che vuoi. Io lo facevo sempre da piccola. Me l’ha insegnato la mia tata. Vedi, qui ci siamo io e te.
Tom scrutò il tavolo blu, ma non vide assolutamente nulla, se non un ammasso di puntini che magari, a chi faceva del romanticismo il suo scopo di vita, sarebbero anche potuti piacere. A lui sembravano solo una gran seccatura e un probabile mal di testa se li avesse fissati per più di un minuto – Miss Mayer apprezzo tutto, ma non vedo assolutamente niente e se devo essere sincero, questa carta mi irrita parecchio.
Ellen, come al suo solito, non l’ascoltò, prese un uniposca bianco, anche quello nuovo acquisto di cancelleria e cominciò a disegnare sul tavolo.
- Vedi – disse, mentre faceva scorrere il pennarello tutta impegnata – Questo sei tu…
Tom osservò la mano candida e affusolata che si muoveva rapidamente.
Ellen non portava anelli o alcun tipo di gioielli. Aveva notato che indossava solo due piccoli brillantini alle orecchie, che risaltavano i lobi carnosi e perfetti.
Aveva delle orecchie perfette. Proporzionate e all’apparenza morbide. Sembravano fatte su misura per essere mordicchiate.
Quando finì il suo capolavoro, Ellen scrisse “Tom” sopra il disegno che poteva essere paragonato, tranquillamente, a quello fatto da un bambino di cinque anni.
- È un orso! – protestò contrariato.
- Tu sei un orso, Mr. Gore! – ribadì lei convinta.
- Ah sì? E tu dove sei in questo firmamento? – chiese curioso.
- Eccomi! – annuì lei e riprese a disegnare.
Quando terminò, scrisse sopra le forme di una principessa “paffutella” con tanto di corona il nome “Ellen”.
Poi sorrise compiaciuta.
- Quindi io sarei un orso e tu una principessa? – domandò ironico.
Per un attimo il sorriso svanì sul volto di Ellen – Una volta lo ero… - bisbigliò a voce bassissima, ma lui captò le parole come un grido implorante.
Lo sapeva, certo.
Lei era stata la reginetta del liceo per cinque anni consecutivi, lei era stata la regina del suo cuore per un’eternità.
- Vai Ellen e mi raccomando non fare più casini e intrattieni Sophie… arrivo tra cinque minuti.
Miss Mayer uscì dal suo ufficio in silenzio.
Tom fissò il disegno e poi avvicinò l’indice al colore, ormai asciutto.
Seguì i tratti con il polpastrello e ridisegnò astrattamente prima la principessa Ellen e poi seguì i contorni dell’orso Tom e uno strano nodo gli si formò sulla bocca dello stomaco.


(*) Raus in tedesco significa “fuori”.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


grazie a PinkyCCh per il meraviglioso trailer



Ciao e buone feste a tutti.
Ecco qui un altro capitolo di Ellen e Tom che spero vi piaccia.
Ringrazio
_ F i r e per avermi fatto questo bellissimo banner di fantasia, come lei vede Tom ed Ellen.
Grazie a chi mi segue, ricorda, preferisce e a chi mi lascia sempre il suo commento, sempre molto gradito.
Grazie a tutti e buona lettura



CAPITOLO 13
 
- Certo che hai proprio una faccia di merda!
Ellen alzò stancamente gli occhi su Wenda e le lanciò un’occhiataccia truce – Tu non ci vai proprio piano con le parole, eh! – disse, portandosi alla bocca la tazza di caffè.
- Bè Ellen, cosa vuoi che ti dica. Hai proprio una brutta cera, sei pallida, truccata male. Non è piacevole guardarti oggi! Di solito sei sempre così curata, ma…
Non la lasciò terminare – Ok! Ho recepito il messaggio forte e chiaro! – si lagnò.
Wenda fece spallucce e le girò le spalle, afferrò un muffin e cominciò a mangiarlo voracemente – Cosa ti è successo questo fine settimana? – chiese con la bocca piena.
- Lascia stare, se te lo dicessi, non ci crederesti e sinceramente? È meglio che certi particolari non siano divulgati. Lo dico per il tuo bene – proferì solenne – Meglio che vada al posto di combattimento, tra poco arriva l’orso! – disse e si avviò decisa verso la sua scrivania, lasciando la collega, visibilmente, sorpresa.
Quel lunedì sarebbe stata la prova del nove con Mr. Gore.
Da quando Tom aveva conosciuto Sophie era diventato un agnellino, non che l’avesse visto molto a lavoro.
L’amica, nonché sua coinquilina, aveva monopolizzato il suo bel titolare, tant’è che si era presentato di rado in ufficio, nelle ultime settimane. Non si sapeva come Sophie fosse riuscita a farsi accompagnare in ogni dove e, soprattutto, era diventata la ragazza di Tom Gore nel giro di pochi giorni. Almeno questo si presumeva in ufficio dalle voce di corridoio che circolavano.
Erano state aperte diverse discussioni su quest’argomento, quando il capo non c’era e, ovviamente, erano fioccate le prime scommesse.
Lei si era astenuta.
Molti, la maggior parte, erano pro-Sophie e affermavano sicuri che la sua amica si sarebbe accalappiata lo scapolone d’oro in men che non si dica. Lei, conoscendola, non poteva che essere d’accordo.
Sophie era una donna forte e sapeva sempre quello che voleva e, soprattutto, era molto bella, era un dato di fatto e quindi aveva tutte le carte in regola per far breccia su Tom.
C’era anche chi credeva che anche la sua coinquilina sarebbe stata una delle tante e che non aveva i requisiti necessari per dominare, una volta per tutte, il cuore di Mr. Gore.
A capeggiare questo piccolo gruppo c’era Wenda che sembrava più agguerrita che mai.
Sinceramente non capiva come mai la donna non vedesse di buon occhio l’aitante francesina.
Fin da quando era entrata in ufficio la prima volta, infatti, Wenda aveva dimostrato subito un’antipatia nei confronti della rossa tutto pepe e non si era certo risparmiata per nasconderla.
Ellen aprì di malavoglia la posta elettronica.
Visionò le mail una per una e poi si soffermò su quella di Matthew che voleva solo darle il buon giorno e sapere come era stata la faccia di Mr. Gore, quando era arrivato l’ordine dei fogli speciali entro il giorno pattuito.
Matthew faceva congetture sulle varie espressioni che il tiranno poteva aver avuto.
Per vari motivi avevano sempre rinviato quell’argomento, nonostante si sentissero quasi ogni giorno anche per un semplice saluto.
Ellen sbuffò.
Tom Gore nemmeno si era reso conto che quei dannati fogli erano arrivati.
Quel venerdì era andato a far shopping con Sophie. La ragazza si era vantata praticamente tutta la serata di quante volte Tom avesse strisciato la carta per lei, poi, quando Ellen le aveva detto che doveva uscire per andare al centro anziani si era precipitata in bagno, maledicendola per averle fatto perdere tutto quel tempo, visto che a momenti Mr. Gore sarebbe andato a prenderla per portarla a cena fuori.
Ellen era uscita di casa tirando un sospiro di sollievo, mai come in quel momento aveva adorato il suo lavoro di cameriera al banco e aveva sperato che quello fosse stato solo un momento, il peggiore, prima che le cose si sistemassero tra Sophie e il suo titolare e la loro storia non fosse più una novità da dover essere spiattellata ai quattro venti o, meglio ancora, finisse.
Non che fosse gelosa, questo no! Però pregava ogni sera perché i due si lasciassero. Insomma era il suo capo… bè! Le dava fastidio. Ecco tutto!
Quanto si era sbagliata!
Sophie quel venerdì notte non era ritornata a casa a dormire, la cosa l’aveva enormemente infastidita, poi però, si era rimproverata da sola: in fondo Sophie era maggiorenne e vaccinata e poteva frequentare chi voleva.
Ma doveva proprio uscire con il suo capo?
Il peggio, comunque, l’aveva subito il sabato sera al suo rientro dal centro anziani.
Tom era a casa sua, seduto comodamente sul suo divano con una Sophie troppo avvinghiata a lui.
Li aveva guardati diffidente, quando aveva chiuso dietro di sé la porta e al cenno di saluto del tiranno, aveva risposto agitando la mano.
La prima domanda che si era posta era stata: non si fermerà qui a dormire?
Poi aveva riso di se stessa.
E che cavolo, no! Impossibile!
Tom Gore non era uno stupido, non avrebbe mai dormito a casa di una sua dipendente, solo perché frequentava la sua amica, nonché coinquilina.
C’era un limite a tutto e Mr. Gore sapeva qual era, lui aveva un’etica professionale, era dedito al lavoro.
Mr. Gore era uno stupido, imbecille e bieco essere umano che purtroppo era comparso sulla faccia della terra ventisette anni prima e purtroppo (ancora) era comparso sul suo percorso di vita!
Maledetto e dannato stronzo che non era altro!
Non solo si era fermato la notte, ma aveva scopato con Sophie nella stanza accanto alla sua, mentre lei cercava invano di dormire, dopo una lunga e stenuante serata lavorativa!
Ancora non ci credeva, non le sembrava vero.
Quando aveva sentito i primi sospiri, aveva spalancato gli occhi nel buio e si era rigirata nel letto per cambiare posizione. Si era data della scema e si era messa a posto il cuscino con un risolino isterico.
La seconda ondata di sospiri e schiamazzi, alquanto dubbi, l’avevano fatta rizzare seduta sul letto e aguzzare, vigile, le orecchie.
Aveva smesso di respirare per qualche secondo per non fare rumore e avere un silenzio perfetto.
Era rimasta immobile per capire, non aveva mosso un solo muscolo e poi era accaduto.
Il cigolio del letto di Sophie, gli urletti di incoraggiamento dell’amica, gli affannosi grugniti di Mr. Gore, gli ansiti e tutto quel particolare rumore riconducibile solo ad un unico atto, l’avevano fatta dapprima arrossire, poi arrabbiare.
Era stata un’escalation.
Una partenza in sordina per poi esplodere in un concerto impetuoso.
Ellen non ci aveva più visto dalla rabbia.
Lei aveva bisogno di riposare e quei due stavano facendo la terza guerra mondiale nella stanza a fianco alla sua!
All’ennesimo “Tom così, più forte… sì, sì, sììììììì, più forte, non ti fermare!” era saltata sul letto e, presa da un raptus di demenza cronica e pazzia, aveva cominciato a saltare ripetendo (urlando) tutto ciò che Sophie aveva detto, molto probabilmente, l’aveva sentita tutto il palazzo.
Aveva simulato un orgasmo in piena regola, tenendosi abbracciato il cuscino mentre demoliva le molle del letto con il suo dolce peso, poi si era zittita di colpo e, soddisfatta dal silenzio di tomba che regnava, finalmente, in casa, era scesa come un siluro dal letto e si era attaccata alla porta della stanza dell’amica come un lupo.
Aveva battuto il legno finché non aveva sentito dolore alle mani e infine aveva sbraitato – Mr. Gore esci immediatamente da questa casa! Non osare mai più venire qui a fare i tuoi porci comodi. Non ce l’hai una casa tu? Ti rendi conto? Tu sei il mio capo. Sei uno svergognato!
Aveva usato proprio quella parola, che figura di merda!
“Svergognato…” un vocabolo da bigotta, proprio lei…
Ancora non ci poteva credere.
Lei che quando era in piena forma (alcuni anni fa) faceva la conta di tutti gli “uccelletti” che aveva visto e provato, lei che con le sue amiche aveva riso di molti ragazzi, lei che ne aveva provati di tutti i generi.
“Svergognato…”
Si prese la testa tra le mani e poi si accasciò sulla scrivania.
Con che coraggio avrebbe guardato Tom Gore in faccia, adesso?
Mancava poco e sarebbe arrivato.
Ellen tremò. Cosa le era passato per la testa?
Forse era meglio che si licenziasse. Un attimo di follia le avrebbe compromesso il futuro.
Come aveva potuto dire quella parola proprio a Mr. Gore? Già la prendeva in giro abbastanza e la riteneva una sfigata colossale, ci mancava solo questo…
Sicuramente Tom, dopo aver sentito quella parola uscire dalla sua bocca, pensava che lei fosse una verginella cicciona che non aveva mai visto un “pene” in vita sua.
Non che la cosa le avrebbe dato fastidio in tempi normali, ma quelli non lo erano proprio per niente.
Insomma cicciona e sfigata proprio no! Non voleva essere etichettata così, nemmeno per sogno!
Perché non era rimasta la Ellen di un tempo? Bella, magra e senza pietà per nessuno.
Dov’erano finite le gare con le sue amiche per chi lo aveva visto più grande?
Ellen tornò con la memoria ai tempi del liceo.
Chi era il più dotato?
Un ricordo sfuocato si fece largo in lei.
Si ricordava vagamente di un nerd occhialuto e brufoloso che non era messo per niente male.
Aveva visto la foto del suo coso in molte occasioni, il volantino era attaccato ovunque a scuola.
Era stata una cattiveria bella e buona, tuttavia, ancora oggi ricordava le espressioni invidiose dei suoi amichetti.
Com’è che si chiamava?
Mah! Quella sera stessa avrebbe contattato le sue amiche e gliel’avrebbe chiesto, magari loro se lo ricordavano, adesso però, doveva pensare a questioni più spinose.
Per l’amore del cielo, aveva sentito il suo capo scopare!
A chi mai era capitata un’esperienza così orribile?
Dannato Mr. Gore!
E poi c’era quello “svergognato” che le era uscito dalla bocca. Dio! Sembrava che fosse appena uscita dal confessionale di una chiesa, quando aveva pronunciato quell’offesa.
Dica due Padre Nostro e cinque Ave Maria e non dica mai più parolacce!
Si sarebbe licenziata. Era l’unica soluzione, non poteva certo vivere in ufficio in quelle condizioni, con quel fardello che le pesava nel cuore.
Tutta colpa di Tom Gore e di quella gallina di Sophie. Come le era potuto venire in mente di scoparsi il suo capo in sua presenza?
L’avrebbe fatta pagare anche a lei, poco ma sicuro.
Per colpa sua adesso era senza lavoro.
Che vita infame!
 
***
 
- Davvero ti ha detto “svergognato”? – Gaccio scoppiò a ridere, pronunciando l’ultima parola.
Tom fece un gesto infastidito con la mano e bevve un altro sorso di caffè – Ti sembra che sia la cosa fondamentale quella? Forse non hai ben capito ciò che ti ho detto! – rispose, imbronciandosi subito dopo.
- Oh… come la fai lunga! Non vedo l’ora di conoscere Ellen. È veramente uno spasso – continuò a ridere.
Tom scosse la testa preoccupato – Sei proprio un idiota! Forse non ti è tutto chiaro. Ellen mi ha fatto il verso, mentre ero in atteggiamento intimo con una donna! Ma ti rendi conto? Ho fatto una figura di merda senza precedenti… altro che locandine del pistolino attaccate a scuola. In fin dei conti, all’epoca ero un nerd, adesso insomma… ho una certa fama…
George lo fissò, cercando di mascherare l’ilarità che non riusciva ad abbandonarlo – Tom… parliamoci sinceramente… che cazzo sei andato a casa di Sophie a scopare sapendo che c’era anche Ellen? Potevate andare nel tuo appartamento, così Ellen non ti avrebbe mai sentito sfogare i tuoi più bassi istinti… dì la verità al tuo vecchio e caro amico… l’hai fatto di proposito…
Tom alzò gli occhi per poi riabbassarli subito, colpevole – Volevo solo metterla in imbarazzo… uno scherzettino, una piccola vendetta… ma dimentico sempre la cosa fondamentale: miss Mayer è satana in gonnella. Adesso… sinceramente, ti sembra una cosa normale che una si metta a sbraitare in piena notte in quel modo? L’avrà sentita l’intero l’isolato. Mi sono vergognato da morire…
George scoppiò nuovamente a ridere – Quanto avrei dato per essere presente… Oh Dio! non ci posso credere ti ha mimato un orgasmo in piena regola, pronunciando il tuo nome. Dai Tom! Guarda il lato positivo: hai realizzato il tuo sogno più grande. Finalmente Ellen Mayer è capitolata sotto i duri colpi del tuo pistolino!
- Ah, ah, ah! Ma come siamo spiritosi…
- Dai Tom non essere sempre così antipatico. La cosa è veramente divertente. Oh… cos’è quel muso lungo? Dai, ti ha solo preso un po’ in giro. Lei non si starà facendo tutti questi problemi che invece ti stai facendo tu. Secondo me, nemmeno ci pensa. Poi la cosa veramente strana è che abbia usato quel vocabolo. Cristo Santo! Se l’avesse sentita tua madre…
Gaccio scoppiò nuovamente a ridere.
Tom lo fissò e arricciò il naso disgustato – Sei proprio uno stronzo, George! Cosa c’entra mia madre in tutto questo?
- Stai scherzando, vero? Dio! Me la immagino mentre si mette le mani davanti alla bocca e poi si fa il segno della croce, inneggiando allo Spirito Santo: grazie buon Dio, questa ragazza è la prova vivente che esistono ancora donne degne di questo nome. A proposito di tua madre… quest’anno cosa inventerai per non portare a Natale…
Tom spalancò gli occhi e con un gesto repentino gli tappò la bocca – Ma sei matto? Non devi tirare in ballo quest’argomento! Questa è proprio “chiamarla”… farò come al solito: inventerò una scusa. Cosa vuoi che faccia!
Gaccio ridacchiò – Oppure, a Natale, potresti portare a casa dei tuoi la tua fidanzata… - lo provocò.
Tom sbuffò per l’ennesima volta – Lo sai che non mi fa per niente piacere che tu sia venuto qui? Mi stai proprio rompendo le palle. Lo sai benissimo che non posso portare Sophie da mia madre… a parte che inneggerebbe al Diavolo! E poi… sì, insomma, c’è anche l’altra questione. Non occorre che aggiunga altro! – ringhiò.
- Per questo secondo me dovresti portare la tua vera fidanzata! – insistette l’amico.
- Ah, ah, ah… cambiamo argomento. La mia “vera” fidanzata non esiste e io e Sophie ci frequentiamo e basta. Non c’è nulla tra noi. Insomma… noi ci divertiamo e basta, comunque se vogliamo proprio parlare di fidanzate ufficiali, Sophie è quella che ci si avvicina di più.
- Sì? Non mi sembrava… insomma dai, è da quando sono arrivato che parli solo di Ellen e Sophie è una specie di comparsa, solo perché c’era lei sotto di te… o era sopra? – domandò ridendo.
Tom si alzò, estrasse una banconota da dieci dollari dal portafogli, la posò sul tavolo e indossò il cappotto – Andiamo dai. Ho ingerito abbastanza caffeina per poter affrontare Miss Mayer.
- Io se fossi in te glielo chiederei, così una volta per tutta faresti felice tua madre e ti toglieresti un peso dallo stomaco – bisbigliò George, riprendendo l’argomento che lui credeva, ormai, morto e sepolto.
- Nemmeno in fin di vita, chiederei a quella un favore! – gli rispose, alzando un po’ troppo la voce.
Qualcuno nel bar si girò, Tom arrossì – Dai muoviti! Sono già in ritardo.
Quando arrivarono alla Gore Spot & Publicity, Tom si fece il segno della croce.
- Non ti sembra di esagerare? – gli chiese Gaccio che sembrava divertirsi un mondo-
- Smettila! – lo ammonì – Ancora non capisco che cazzo ci fai qui? – lo aggredì.
George gli diede una pacca sulla spalla – Amico, ho promesso a Miss Mayer che sarei venuto a trovarla dopo il tour promozionale ed eccomi qui! – allargò le braccia felice e poi si indicò il torace con ambedue le mani.
Gli fece un sorrisone e si avviò a grandi falcati verso gli uffici.
Tom scattò e lo raggiunse – Sono cose che tutte le star promettono e poi non mantengono, potevi farlo anche tu! – insistette.
Lo scrittore sbuffò – Se non ti conoscessi bene, direi quasi che sei geloso… - sussurrò con una voce particolarmente irritante che gli diede subito ai nervi.
- Non dire cazzate! Geloso io? E di chi? Di Miss Mayer? Ah, ah, ah. Ucciditi Gaccio!
- Sarà… - l’amico alzò le braccia e mise le mani dietro la nuca, iniziando a fischiettare un motivetto stupido.
- Smettila, lo sai che quel suono mi irrita! – ringhiò.
La risposta di Gaccio fu una sana e cristallina risata.
Tom alzò gli occhi al cielo.
Lo faceva di proposito, lo stronzo. Faceva di tutto per farlo arrabbiare. Già era nervoso per conto suo, ci voleva anche l’amico rompi palle alle costole.
E poi… perché tutta questa smania di conoscere Ellen?
Gliel’aveva descritta come una schifezza, una feccia della società, eppure, ogni volta che gli parlava di Ellen, vedeva gli occhi di George illuminarsi di una luce sconosciuta.
La cosa lo mandava in bestia.
Ispirò ed espirò lentamente.
Adesso non doveva pensare a questo, ma alla figura di merda che aveva fatto con Ellen.
Cristo Santo, conoscendola non gliel’avrebbe fatta passare liscia.
Era già pronto ad una giornata frustrante. Sperava solo che Miss Mayer non lo ricattasse.
Infilò le chiavi nella toppa ed aprì la porta.
La prima cosa che vide fu Ellen che, non appena lo riconobbe, spalancò la bocca ed arrossì in un lampo.
Entrò titubante, seguito da Gaccio e cercò di mascherare il suo imbarazzo: si sentiva le guance andare a fuoco.
Quando la vide alzarsi e correre verso di lui a passo di carica, pregò per la sua vita: aveva solo fatto sesso! Non si meritava l’inferno per questo futile motivo!
Ok, sua madre gli aveva detto che era peccato farlo al di fuori del matrimonio e che se non si seguivano le regole, prima o poi, il peccatore doveva aspettarsi l’ira di Dio, ma perdincibacco… non aveva ucciso nessuno!
Sgranò gli occhi preoccupato, sembrava quasi una scena al rallentatore.
Ellen avanzava.
Ellen era vicina.
Ellen lo dribblava.
Ellen saltava addosso a Gaccio che l’afferrava con un gesto fluido e la issava con leggiadria e l’abbracciava.
Che cazzo stava succedendo?
Ellen Mayer non l’aveva calcolato nemmeno di striscio!
- George! Non mi sembra vero… Oh Dio! Sto sognando. Sei venuto veramente…
Tom si girò e contemplò la scena.
Ellen Mayer, la ragazza che gli aveva fatto perdere la testa e che aveva sognato per anni e anni vicino a lui, stava abbracciando e baciando (sulla guancia, per fortuna) il suo amico Gaccio.
Ton sbatté le palpebre a più riprese.
Ma non doveva dirgli su per come si era comportato sabato sera, non doveva recriminargli la figura di merda?
Aprì e chiese gli occhi, ancora interdetto.
I due stavano chiacchierando fittamente.
Ellen gli era ancora attaccata, era scesa dalla presa “polipo” e, per fortuna, aveva i piedi per terra, ma lo teneva stretto per un braccio, come per paura che andasse via.
- Ma certo Ellen! Andiamo fuori a cena questa sera…
Un momento!
Chi andava a cena con chi?
No, no, no! C’era qualcosa che gli stava sfuggendo.
Si schiarì la voce e, finalmente, la ragazza si girò verso di lui.
- Mr. Gore… posso avere il pomeriggio libero? – gli chiese, sfoderando quel sorriso da Miss Universo che lui detestava.
- Perché? – chiese burbero.
- Georgy… – Georgy? Oh Cristo Santo! – Mi ha invitata fuori a cena… - Ellen aggrottò la fronte e con le labbra disegnò un cuoricino.
Tom spalancò gli occhi sorpreso. Aveva delle belle labbra carnose che quel lucidalabbra trasparente metteva in risalto in modo indiscutibile.
- No! – sparò astioso.
Ellen spalancò gli occhi decisa, poi gli si avvicinò – Senti, mio caro Tom… non vorrai mica che tutto l’ufficio sappia cosa hai fatto a casa mia sabato sera… - gli sussurrò ad un orecchio.
- Ok! Prenditi mezza giornata, ma adesso fila e lavora. Gaccio seguimi nel mio ufficio! – dichiarò secco.
Quando chiusero la porta della stanza, Tom si girò di scatto verso lo scrittore – Bel migliore amico che sei! Lei è Ellen Mayer, se per caso non te ne fossi accorto! – sbraitò.
- Abbassa la voce Tom, altrimenti ti sentono tutti – disse l’altro, adagiandosi elegantemente su una delle poltroncine di fronte alla scrivania – Bell’ufficio… - aggiunse poi, prima di scoppiare a ridere – Il cielo stellato dona a quest’ufficio.
- Che cazzo ti salta in mente di provarci con Ellen? – Tom eluse la presa in giro. Miss Mayer ovviamente non aveva ripristinato il suo ufficio come era un tempo.
- Io non ci provo con nessuno – asserì George seriamente – Anche se la ragazza è davvero molto graziosa, sai com’è, per noi scrittori belli e dannati, è solo materia di studio.
- Tu non sei bello! – ringhiò – E ci stavi provando!
Gaccio scacciò una mosca inesistente – Non ci sto provando, ma anche se fosse? Sono settimane che dici peste e corna di lei! La chiami cicciona, balenottera, satana in gonnella… disprezzi tutto ciò che fa. Qual è il tuo problema, Tom?
- Mi dà fastidio che tu… lei.. lei…
- Tu stai con Sophie, adesso! La bellissima, calda e magra Sophie! Cosa te ne frega con chi esce Ellen?
- Lei sarà sempre il mio primo grande amore, George! Non voglio che tu ci esca insieme – sbottò incollerito.
- Sai una cosa Tom? Adesso come allora, Ellen Mayer non ti degna di uno solo sguardo. Non è cambiato poi tanto dal liceo. Ti preoccupavi tanto per ciò che era successo sabato sera, eppure lei non ti ha nemmeno salutato ed è venuta subito da me. Non che la cosa mi interessi sai, dal punto di vista uomo-donna. Nonostante te lo meriteresti e, nonostante uscire e provarci con Ellen, non mi dispiacerebbe, non ti farei mai una cosa del genere. So cosa rappresenta per te…
- Uff… fa quello che vuoi e non fare lo sdolcinato con me. Hai ragione. A me non importa nulla di lei. Escici pure! Adesso fila che devo lavorare. Ci vediamo a pranzo.
Quando George uscì, Tom si dondolò sulla sua poltrona di pelle nera e fissò la costellazione che ricopriva la sua scrivania.
Sorrise nel vedere l’orso e la reginetta.
Perché gli dava così tanto fastidio che Gaccio uscisse con Ellen?
Lui aveva Sophie…
 
 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner

e il bellissimoTRAILER



Ciao a tutte.
Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia, forse qualcuna sarà delusa (il motivo lo capirete solo leggendo), ma avevo troppo cose da dire, per cui una certa cosa è rinviata.
Detto questo ringrazio come sempre chi mi segue, ricorda e preferisce.
Ringrazio chi legge e chi recensisce.
Vi ricordo il gruppo
L'amore non è bello se non è litigarello
Vi elenco le mie storie in corso
J&J: Jenna & Jack
Fratelli di sangue
Se vi va di andare a leggere soprattutto quest'ultima, perché l'ho appena cominciata, ma ci sono particolarmente legata.
Grazie!
Besos MandyCri

PS: avendo due banner che mi piacciono da morire entrambi, ho deciso che li pubblicherò a capitoli alterni.


 
***

CAPITOLO 14
 
Ellen sgattaiolò fuori dall’ufficio alle dodici e trenta precise, uno svizzero le avrebbe fatto un baffo.
Incrociò sulla porta Gaccio che era ritornato a prendere Tom Gore per il pranzo e lo salutò con un ampio e naturale sorriso che non aveva nulla a che fare con quello da Miss Universo, provato e riprovato davanti allo specchio.
Gaccio l’afferrò e le diede un dolcissimo bacio sulla guancia – Ci vediamo questa sera Ellen, questo è il mio numero di cellulare – sussurrò, porgendole un bigliettino da visita azzurro chiarissimo.
Ellen lo afferrò con mani tremanti e annuì, senza emettere alcun suono.
La gola le si era seccata all’improvviso.
Non poteva credere alla fortuna che le era capitata.
Uscire con George Morris era come aver vinto una lotteria milionaria.
Restò imbambolata a guardare i folti ricci scuri dello scrittore: lei adorava quell’uomo!
Fu solo grazie al mormorio scocciato che emise qualcuno alle sue spalle che Ellen si destò dai suoi sogni ad occhi aperti.
Si girò e non appena vide Tom Gore, a braccia conserte, attaccato allo stipite della porta del suo ufficio, assottigliò gli occhi e cambiò completamente espressione e umore.
- Fila Ellen, prima che cambi idea sul tuo permesso pomeridiano – ordinò il suo capo con uno sguardo da squalo.
Ellen scappò letteralmente.
Aveva bisogno di quel pomeriggio libero: doveva fare un sacco di cose.
Shopping, estetista, doccia, parrucchiera e, soprattutto, chiamare la sua migliore amica, Cindy Perez.
Non sentiva Cindy da tre anni, da quando cioè il suo metabolismo era stato corrotto da patatine fritte, snacks di ogni genere hamburger e tutto quel cibo poco sano che aveva ingurgitato, presa dalla depressione e dalle continue delusioni di non riuscire a sfondare come attrice.
Cindy restava la sua migliore amica a tutti gli effetti, ma come tutte le sue vecchie conoscenze, il loro rapporto, negli ultimi anni, era stato solo ed esclusivamente via chat.
Raggiunse il parcheggio e salì in macchina.
Attivò il bluetooth e la chiamò.
- ELLEN MAYER! Ormai dubitavo che tu fossi ancora una donna in carne ed ossa! – rispose l’amica al primo squillo.
- Ciao Cindy, fa poco la spiritosa… me ne sono capitate di tutti i colori in questi ultimi anni. Tu non hai nemmeno idea… - si difese subito.
Cindy era una ragazza particolarmente esuberante e senza peli sulla lingua, oltre che bella da far paura.
Ellen ricordava chiaramente che l’amica non sapeva cosa fosse la parola vergogna e, più di una volta, le aveva fatto fare certe figuracce da guinness dei primati.
- Davvero? Hai per caso tre figli, sfornati in tre anni consecutivi? Un marito che ancora pensa di essere al liceo e non fa niente dalla mattina alla sera, se non trastullarsi il “bigolo” sul divano, un mutuo da pagare e un lavoro di commessa che ti tiene in piedi per otto ore e passa al giorno e che ti fa le caviglie gonfie come due tronchi secolari di quercia?
Ellen sorrise, forse non era proprio così sfortunata – No, effettivamente, tu sei sempre nel podio più alto degli sfigati! – ammise.
- Dai, non rinvanghiamo le disgrazie. Raccontami un po’ di te – le disse in tono dolce.
- Sono grassa Cindy – confessò tutto di colpo, come per togliersi un peso dalla coscienza – Non ti ho più chiamata e non mi sono più fatta viva a casa, per quello. Mi vergognavo per come ero diventata e non volevo essere considerata una perdente a tutti gli effetti. Sono andata a letto con tutti quelli che mi promettevano una carriera e che poi, invece, mi hanno sbattuto la porta in faccia. Sono caduta in depressione e ho mangiato, mangiato tanto! – precisò.
La risata cristallina di Cindy le riscaldò il cuore – Oh Lelly! Quando andavamo al liceo eri praticamente un chiodo ambulante. Se hai preso qualche chilo è solo un bene! Avevi la taglia zero di tette e il mio sport preferito era contarti le costole, quando andavamo in piscina. Era un allenamento mentale non indifferente! – scherzò – Vuoi far cambio con me? Sono fatta a piramide adesso, dove la base, cioè la parte più larga, se non avessi capito, sono le mie caviglie, ho la pelle che una cinquantenne spera di avere tra almeno vent’anni e un marito fancazzista che penso, spesso, di lasciare, ma che poi mi tengo, perché mi fanno comodo i soldi che i suoi genitori mi passano ogni tanto. Lelly le cose cambiano, non si vive la favola del liceo per l’eternità.
Ellen si morse il labbro inferiore – Scusa… - mormorò.
Era stata profondamente egoista. Essere in carne non era un problema reale.
Tutto sommato lei stava bene. Era riuscita a pagare le bollette, anche se con fatica, fino a qualche mese prima, grazie ai suoi due lavori e adesso, finalmente, respirava un po’ da quando lavorava per Mr. Gore.
- Ok, adesso basta piangerci addosso, dimmi tutto Lelly.
- Cindy, ho bisogno della tua memoria. Ti ricordi che al liceo facevamo quello stupido scherzo del “pene duro”? Non mi ricordo più il nome del super dotato.
L’amica scoppiò a ridere – Mio Dio! Tutto pensavo tranne che mi chiamassi per questo! – esplose – Comunque il nome è Gustav Laroche. Tra l’altro è diventato un attore famosissimo e uno dei due uomini più popolari in città.
- Attore famosissimo? – chiese incredula – Ma stiamo parlando della stessa persona? Intendo quello con i capelli rossi, tutto pelle e ossa e con quel naso grande come una patata americana! Non può essere diventato una celebrità! – precisò sbigottita.
- Proprio lui, Lelly! Qui lo conoscono tutti. È un attore “porno” molto famoso.
- Ah! Porno! – esclamò, controllando la sua espressione nello specchietto retrovisore: la mandibola le arrivava, praticamente, sulla pancia.
- Esattamente, lo inquadrano dal petto in giù, intero solo se indossa il passamontagna. Adesso ha preso qualche chiletto e ha un corpo da urlo. Ho visto qualche suo film, devo dire che il ragazzo ci sa fare… oh… non ho mai visto una cosa del genere in vita mia, giuro! – disse l’amica infervorata.
- Cindy! Mi vergogno per te. Guardi quella robaccia? – la rimproverò Ellen arrossendo.
- Te l’ho detto che la mia vita non è rose e fiori. Tu non mi credi. Comunque… lui e Tom Gore sono gli uomini più famosi qui in città, quelli che hanno frequentato il nostro liceo ed hanno avuto successo nella vita. Ti rendi conto Lelly? Due sf…
- TOM GORE? – Ellen interruppe l’amica.
Si sentì avvampare tutto di colpo e ricontrollò il suo aspetto nello specchietto.
Era diventata rossa come un peperone – Cindy… io lavoro per Mr. Gore. Sapevo che eravamo della stessa città, ma… ma credevo fosse andato in un’altra scuola, non mi ricordo per niente di Tom… - balbettò confusa.
- Ellen! Come fai a non ricordarti di lui? Impossibile! Lui è uno dei tanti a cui abbiamo…
- Parleremo di Tom Gore un’altra volta! Non ho voglia di parlare di quello stronzo di un Dio greco che scopa con la mia coinquilina. Brutto bastardo che non è altro! Si crede chissà chi, solo perché ha un corpo mozzafiato e un viso spettacolare, ma in realtà è un pezzo di cacca ambulante! Mi tratta sempre come una serva, guarda potessi friggerlo in questo istante, lo farei!
- Cribbio Ellen! Ce l’hai proprio a morte con lui, però io posso capirlo, in fin dei conti lui era cotto di…
- Cindy! Abbandoniamo per favore l’argomento “Tom Gore”? Ti devo dire un’altra cosa importantissima e ho il tempo contato – la interruppe nuovamente.
- Lelly… sarebbe importante che tu ti ricordassi di Tom… - al suo grugnito l’amica si arrese - Spara!
- Questa sera esco con George Morris! – dichiarò solenne.
- LO SCRITTORE?
- Ehi! Abbassa la voce, mi hai sfondato un timpano! Proprio lui, sì. Sono così eccitata. Adesso sta scrivendo un nuovo romanzo e mi ha assicurato che la prima copia la darà a me! Ti rendi conto? Non sto più nella pelle, non vedo l’ora di leggerlo – disse entusiasta.
- Non dirmi più che sei depressa per qualche chilo di troppo, perché giuro, ti raggiungo, ti prelevo e per punizione ti farò fare per una settimana la vita che faccio io. Santo cielo, esci con George Morris! Non ci posso credere – Cindy parlava concitata in preda all’euforia pura ed Ellen sapeva che non c’era invidia nelle sue parole, ma solo felicità per lei.
Quanto le era mancata.
Cindy era un’amica, non Sophie che la riprendeva sempre perché era grassa.
Si stava per commuovere, scacciò una lacrima, represse un singhiozzo e mandò giù a vuoto per reprimere il nodo alla gola che le si era formato all’improvviso.
- Domani mi devi chiamare e raccontarmi tutto. È un ordine! – sentenziò la ragazza dall’altra parte del filo ed Ellen se la immaginò, mentre picchiettava nervosamente il piede destro, come era sua abitudine fare, quando era eccitata o nervosa – Senti Lelly, a proposito di Tom Gore…
- Scusa Cindy, ma ora non posso. Sono arrivata alla boutique dove ho visto il vestito che mi voglio comprare per questa sera – disse, interrompendola per l’ennesima volta – Domani ti chiamo, promesso. Ah… non guardare troppi film di Gustav, mi raccomando!
Cindy scoppiò nuovamente a ridere – Tu non hai idea di quanto è messo bene quel nerd sfigato di un tempo! A domani Lelly e spacca tutto, come ai bei vecchi tempi!
Ellen rise e chiuse la telefonata.
Si sentiva decisamente meglio!
Parcheggiò e si diresse risoluta davanti al negozio.
Ammirò il vestito celeste che le era rimasto tanto impresso ed entrò decisa.
Erano tre anni che non usava più quella carta di credito, non sapeva nemmeno quanti soldi ci fossero dentro a quel conto, sapeva solo che erano davvero tanti e che suo adorato papi glieli amministrava.
Suo padre le versava mensilmente uno stipendio in quanto socia della Mayer corporation.
In quel conto c’era anche il suo fondo fiduciario. Non aveva più toccato un dollaro da quando aveva deciso di andare avanti con le sue forze, nemmeno quando si era trovata senza soldi e doveva decidere se mangiare o pagare la bolletta.
Aveva scelto sempre la, ovviamente, visto che aveva le scorte di ciccia per vivere.
Questa volta però, avrebbe fatto un’eccezione per George Morris. Voleva essere bella per lui e anche per se stessa.
La commessa arrivò come uno segugio – Posso esserle utile? – chiese gentilmente.
Ellen si imbarazzò.
Era da tanto che non entrava in un negozio come quello, da tre anni a quella parte comprava i vestiti solo nei grandi centri commerciali, deglutì e arrossì – Vorrei provare il vestito azzurro che è esposto in vetrina, sempre se c’è la mia taglia.
La donna la squadrò attenta – Una quarantasei dovrebbe andarle – disse con occhio critico, senza far caso al numero elevato che aveva appena pronunciato, come si sarebbe aspettata.
Ellen abbassò lo sguardo, l’ultima volta che era entrata in un negozio così aveva indossato una trentotto che forse le era anche larga.
- Si accomodi, prego – la commessa le indicò il camerino ed Ellen entrò senza dire una parola.
La commessa arrivò con il vestito e glielo porse gentile.
Toccò la stoffa estasiata: cashmere, soffice e caldo.
Si spogliò velocemente e indossò l’abito, pregando che non le fosse stretto.
Arrivava pochi centimetri sopra le ginocchia, era morbido sui fianchi e le tasche intagliate ai lati sulle due cuciture, all’altezza del sedere allargavano in modo perfetto quel punto, non fasciandolo e rendendo l’effetto “largo” un particolare del vestito, non un difetto del suo corpo.
Valutò l’ampia scollatura a barchetta che forse era un po’ esagerata, adesso non aveva più una taglia zero!
Quel colore era perfetto per lei, si intonava magicamente al colore dei suoi occhi e illuminava i suoi capelli biondi.
Si ammirò allo specchio e uscì quasi incredula.
La commessa si mise la mani sulla bocca – Sembra fatto su misura per lei, le sta davvero benissimo – esclamò soddisfatta.
- Non è un po’ troppo… - Ellen indicò il seno in bella vista.
- Quando si ha qualcosa di bello da mostrare, non bisogna certo nasconderlo! In ogni caso ho la soluzione giusta per lei. Che ne dice di questo foulard? – si avviò decisa in un altro punto del negozio e prese una scatoletta, l’aprì e prese delicatamente un pezzo di stoffa madre perla con degli intarsi argentati.
Ellen lo fissò affascinata e annuì, incapace di togliere lo sguardo da quella meraviglia.
- Abbiamo anche le scarpe in completo e un fantastico cappottino in cashmere azzurro con il collo in pelliccia grigio e argento – continuò la commessa infervorata.
Ellen spalancò gli occhi sorpresa. Ok, aveva deciso di usare la carta di credito proibita, ma forse era meglio darsi una controllata – La ringrazio, ma sono un’animalista convinta e non indosserei mai una pelliccia vera – disse per frenare subito la donna.
- Signorina! Noi abbiamo solo pellicce ecologiche. Non vanno più di moda quelle vere e, in ogni caso, la nostra catena è contraria a queste forme di crudeltà. I nostri capi sono tutti sintetici, anche se morbidi e preziosi come quelli veri. Ci differenziamo dai nostri concorrenti proprio per questo. Inseriamo in ogni pelliccia dei fili di colori eccentrici, come l’argento, l’oro, il bronzo e, spesso, anche fosforescenti, verdi, rosa, gialli, in modo che si capisca perfettamente cosa sta indossando la nostra cliente e da che parte siamo! – si difese energicamente la signora.
Sorrise, bè se erano ecologici che male c’era a darci una sbirciatina?
Ellen uscì dal negozio con cinque sacchettoni e ringraziò Dio di essere andata a lavoro con la macchina quel giorno.
Dovevano promuovere quella donna! Era una venditrice nata, le aveva fatto comprare perfino le calze per quel vestito!
Aveva speso un capitale, ma stranamente, non si sentiva per niente in colpa, in fondo era per una buona causa: George Morris sarebbe stato strabiliato dal suo aspetto!
Prese il bigliettino azzurro che lo scrittore le aveva dato e, emozionata, compose il numero.
- Pronto?
- Georgy? Ciao sono Ellen – disse tutto d’un fiato.
- Lelly, tesoro! Stavo aspettando trepidante la tua telefonata. Avevo quasi paura avessi cambiato idea! – la voce di George le arrivò entusiasta ed Ellen si sentì subito meglio.
- Io? No, no! Anzi… sono proprio felice di andare a cena con te. Volevo sapere come ci mettevamo d’accordo – precisò subito, con il cuore che andava a mille all’ora.
- Ti passo a prendere io alle nove precise, ok? L’indirizzo me lo faccio dare da Tom.
- Ok, allora a dopo. Grazie George.
- Grazie a te. Non vedo l’ora di passare un po’ di tempo in tua compagnia.
Ellen chiuse la telefonata tremando, poi fischiettando allegramente, si diresse nel centro d’estetica che non la vedeva ormai da troppo tempo.
 
***
 
Tom era nervoso.
George andava avanti e indietro agitato.
Se ne stava appallottolato sul divano guardingo, cercando di non farsi scappare nulla.
- Chi era al telefono? – domandò, cercando di apparire il più indifferente possibile.
- Lelly – rispose lapidario l’amico.
- Cosa voleva?
- Nulla. Ci siamo solo messi d’accordo per questa sera. Mi dai la tua macchina, vero?
- Mi dispiace, ma mi serve. Devo andare da Sophie! – grugnì.
Col cavolo che gli avrebbe prestato la macchina. Stava uscendo con Ellen Mayer, non voleva certo rendergli le cose facili.
- Tom! Ne hai due di auto. Una me la puoi dare! – lo riprese Gaccio.
Grugnì – Una è senza benzina, non voglio certo fare la figura del pidocchioso con te, se te la presto.
George gli si parò davanti con la camicia fuori dai pantaloni eleganti e una cravatta aperta sul collo – Allora prestami l’altra! – disse stizzito.
- Non posso! Sai che odio fare il pieno al self service, mi puzzano le mani dopo – rispose con non calanche.
- Prenderò un taxi allora. Dammi l’indirizzo di Ellen – ordinò.
- Siete diventati tanto amici, chiediglielo! – per nulla al mondo sarebbe stato complice di una cosa tanto disgustosa.
Gaccio scrollò la testa e l’abbandonò per recarsi nel reparto notte.
Tom si alzò repentino e lo seguì. Arrivò fino al bagno e fu investito da una nuvola di profumo maschile: bottiglietta almeno da cento dollari.
- Non ti sembra di esagerare un po’? – chiese, cercando di allontanare con le mani tutto quell’olezzo nauseabondo.
Gaccio alzò le spalle – Voglio essere al massimo questa sera!
Tom grugnì – Pensi di far tardi? – domandò, usando di proposito un tono annoiato.
- Credo proprio di sì! – rispose l’altro divertito – Ti troverò a casa sul divano ad aspettarmi per il reso conto della serata, per caso?
- Certo che no! Te l’ho detto che vado da Sophie! Volevo solo sapere in modo che mi possa sentire libero con la mia donna. Visto che l’orangotango Ellen non c’è, ci daremo alla pazza gioia.
Gaccio lo studiò a fondo e una strana luce scintillò nel suo sguardo – Benissimo allora! Credo che tornerai più tardi me – ghignò, palesemente soddisfatto.
Tom socchiuse gli occhi e lo fissò in modo truce.
Cosa aveva in mente quello scrittore pazzo?
Perché era tanto felice che andasse da Sophie?
Si mise le mani in tasca e si avviò verso la sua tana. Sprofondò nel divano e cominciò a pensare di tutto su Ellen e Gaccio.
George non ci avrebbe fatto niente, gliel’aveva promesso!
Non gli avrebbe mai mentito su una questione così importante e se invece…
Tom si diede due colpi in testa e, come se una lampadina gli avesse illuminato all’improvviso la mente e schiarito le idee, si alzò di scatto dal divano.
Si mise a sedere rigido con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e le mani che reggevano il viso.
Ah no, no, no!
Non gli avrebbe mai lasciato la casa libera.
Brutto porco di un scrittore maledetto, se la voleva portare a casa sua e magari farci anche chissà cosa!
Non gliel’avrebbe mai permesso: parola di Tom Gore.
Cercò di mantenere la calma e fece finta di nulla per tutto il resto del tempo, quando Gaccio si infilò il cappotto nero, prese un giornale e cominciò a leggere distrattamente, per fargli intendere che la sua uscita gli era completamente indifferente.
- Allora ci vediamo domani mattina – lo salutò l’amico.
- Divertiti – disse non alzando il viso dal giornale.
- Puoi contarci – rispose l’altro allegro.
Non appena la porta si chiuse, Tom si precipitò a prendere il telefono e compose freneticamente il numero – Sophie?
- Ciao tesoro…
- Ehm.. ciao Sophie. Senti volevo dirti che oggi non mi sento tanto bene. Mi è venuto un mal di stomaco impressionante ed è meglio che mi beva una tisana e vada a letto. Domani avrò una giornata pesantissima a lavoro – mentì spudoratamente.
Sophie si offrì di andare da lui a curarlo, ma Tom fu irremovibile e le disse di non preoccuparsi.
Quando mise giù si diresse nuovamente sul divano.
Sarebbe stata una lunga serata, ma avrebbe aspettato in piedi Gaccio, per comprovare la sua teoria.
 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


grazie a PinkyCCh per il meraviglioso

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Grazie a _ F i r e per il meraviglioso banner


Ciao e grazie mille a tutte per lo scorso capitolo.
Spero che anche questo vi piaccia nello stesso modo.
Questo capitolo sancisce la fine di un momento, ma l'inizio di un altro.
Detto questo vi ricordo sempre il gruppo  L'amore non è bello se non è litigarello
Vi elenco le mie storie in corso
J&J: Jenna & Jack
Fratelli di sangue
Ciao e grazie ancora.
Buona lettura MandyCri

 
***

CAPITOLO 15
 
Gaccio si allungò con il corpo verso il taxista – Mi aspetti qui, per favore – disse con il suo solito modo gentile.
L’uomo annuì.
Prese il mazzo di rose rosse distese sul sedile proprio accanto a lui e scese dalla macchina.
Salì sul marciapiede, si diresse verso il palazzone in cui abitava Ellen, cercò il cognome e suonò.
Non voleva farle uno squillo o mandarle un messaggio, voleva farla sentire, in tutto e per tutto, una vera principessa quella sera, a lui piaceva lo stile “vecchia maniera”.
Un classico che, però, si dimostrava sempre il più azzeccato.
- Sì? – una voce sconosciuta arrivò dall’altra parte del citofono. Sophie! Non c’erano dubbi.
Era curioso di vedere la gatta morta di Tom, voleva capire se era veramente questa bellezza selvaggia che tanto decantava l’amico – George Morris, ciao. Ho un appuntamento con Ellen – specificò.
- Oh Gaccio! Sali, ti prego! Ti stavamo aspettando. Ultimo piano – disse concitata la ragazza.
George storse il naso, sentendo il soprannome che usava solitamente Tom, alzò il pollice verso il taxista che annuì ulteriormente dietro al vetro del finestrino.
Chiamò l’ascensore e non appena arrivò, entrò.
Quando, finalmente, raggiunse l’appartamento di Ellen, trovò Sophie ad accoglierlo.
Era proprio come se l’era immaginata: bella, intrigante, selvaggia e vuota… non capiva da dove gli arrivasse questa convinzione, visto che non ci aveva mai parlato, ma sentiva che era così.
Non fece in tempo a riflettere su altro che arrivò Ellen.
George la fissò ad occhi aperti: era una visione con quel vestito azzurro.
Cominciava a capire cosa, a suo tempo, avesse catturato Tom e il motivo per cui, per tanti anni, lui fosse stato innamorato di lei.
Ellen era il sole con quel sorriso stupendo, con quella pelle luminosa, con quei capelli scintillanti.
La foto della ragazza bella e magrissima che aveva visto per anni non le rendeva giustizia, anche se quel sorriso era proprio lo stesso.
Una magia da cui si poteva solo restare incantati.
George deglutì una, due, tre volte, poi perse il conto. Ritornò alla realtà, solo quando sentì squittire Sophie che gracchiava come una cornacchia eccitata, allora, come un automa porse le rose ad Ellen – Sei bellissima… - mormorò, non riuscendo a distogliere lo sguardo da quel viso liscio e perfetto.
Ellen scoppiò a ridere. Una risata genuina che contagiò anche lui – I miracoli dei bei vestiti, di un’estetista e di una parrucchiera in gamba! – gli disse.
George le si avvicinò – E di una base perfetta su cui lavorare – le sussurrò ad un orecchio.
- George! – la voce tonante di Sophie gli procurò acidità allo stomaco – Dai vieni qui, mentre Ellen mette via quelle stupende rose, io ti offro qualcosa da bere.
Si girò verso la guastafeste – Il taxi ci aspetta giù! Non abbiamo molto tempo – si giustificò, declinando l’invito
Ellen si trasformò, nel giro di pochi secondi, in un ciclone – Sei impazzito Georgy? Oh Dio del Cielo! Ti sto facendo spendere un sacco di soldi.
Corse a destra e a sinistra, riempì un vaso d’acqua e vi mise le rose, le portò nella sua camera e poi arrivò con le guance rosse e gli tese la mano – Andiamo?
Gaccio gliel’afferrò e si sentì improvvisamente un sedicenne – Andiamo! – confermò, annuendo felice come un bambino.
Tom era proprio uno stupido a non capire che non era stato il corpo della Ellen magra ad attrarlo, ma il sorriso che irradiava quel bel viso, non erano state le gambe snelle e affusolate ad averlo fatto innamorare, ma la carica di vita che Ellen emanava anche solo con gli occhi.
Scesero di corsa le scale, con il fiatone, senza preoccuparsi di prendere l’ascensore e George si rese conto, solo in quel momento, di non aver degnato di uno sguardo la bellissima Sophie e, tantomeno, di averla salutata.
 
***
 
All’ennesimo squillo del cellulare di George, Ellen grugnì spazientita – Che diavolo vuole ancora? – sbottò livida di rabbia – Ci sta rovinando la serata!
Lo scrittore divenne rosso all’improvviso – Scusa Lelly, davvero… non credevo che fosse così petulante e insistente – affermò dispiaciuto.
- Dovresti spegnerlo, perché a quanto pare “non rispondere” non serve a molto, visto che insiste!
Proprio non riusciva a comprendere Tom Gore.
Erano, da circa un’ora, al ristorante e la prima telefonata era arrivata, quando si trovavano ancora in taxi, nemmeno dieci minuti dopo che George era andato a prenderla.
Tom Gore aveva chiamato il suo grande amico, solo per chiedergli come procedeva la serata.
Come procedeva la serata? Ma stava scherzando? La serata non era ancora cominciata!
All’inizio, comunque, Ellen aveva preso la cosa con il sorriso sulle labbra.
Probabilmente, Mr. Gore era preoccupato per George Morris che era, come diceva lui, in mani nemiche o, forse, era solo curioso.
Sapeva che il suo capo non aveva molta stima di lei e quindi, voleva solo tastare il terreno e, magari, aiutare il povero scrittore ad uscire dalla situazione imbarazzante in cui lui stesso si era cacciato, invitandola a cena, per questo Ellen l’aveva presa sul ridere.
Quando Georgy aveva messo giù, avevano preso in giro il povero Tom ed Ellen aveva apprezzato il senso dell’umorismo sottile dello scrittore.
Del resto, l’aveva capito già dal suo meraviglioso libro che era uno che aveva la risposta pronta e la battuta facile, non poteva che non essere così anche dal vivo.
Quelle parole stupende che l’avevano fatta ridere e anche piangere non potevano che essere il frutto di quello che lo scrittore era veramente.
Solo che Tom Gore, il rompipalle, non si era limitato a quella telefonata. Ah no… certo!
Aveva spaccato gli zebedei per tutta l’ora successiva.
Era, addirittura, arrivato a telefonare solo per chiedere cosa avevano scelto da mangiare.
Ellen aveva un diavolo per capello.
All’ultimo squillo del telefono aveva dichiarato solenne che da quel momento avrebbe odiato per sempre “We are the champions” la canzone dei Queen che aveva George per suoneria.
Non appena aveva sentito le prime notte, aveva sbattuto la testa, sul tavolino, sconfitta.
Odiava “We are the champions”, odiava Tom Gore e stava cominciando ad odiare anche George Morris che non aveva ancora spento quel cazzo di telefono!
L’unica cosa che le avrebbe tirato su il morale sarebbe stato il profitterol che aveva tutte le intenzioni di prendere a fine serata e al diavolo la dieta e i buoni propositi.
- Scusa Lelly, adesso lo spengo – si giustificò Georgy, veramente dispiaciuto – Non capisco cos’abbia. Ti giuro che non si era mai comportato così. Non so che dire – detto questo, spense, definitivamente, il cellulare.
- Non capisco nemmeno io! – mormorò lei – In fin dei conti è da Sophie e quando è con lei, il resto del mondo non esiste. Non credevo fosse così geloso di te.
- Credo che non sia geloso di me, ma di te… - affermò l’altro convinto.
Ellen scoppiò a ridere – Di me? Oh misericordia, questa è la battuta più esilarante che abbia mai sentito. Ma sei fuori? Lui mi odia, ti dirò la verità: non ho ancora capito perché mi abbia assunto. Si vede lontano un miglio che non mi sopporta e che l’unica cosa che lo renderebbe felice, sarebbe sbarazzarsi di me!
- Io non credo sia proprio così. Senti Ellen… non so da dove cominciare, ma sarai a conoscenza che tu e Tom siete della stessa città – George si avvicinò e si schiarì la voce.
Ellen trattenne a stento una risata: era così serio e imbarazzato.
Sembrava dovesse rivelarle un segreto di stato.
Si morse le labbra e lo guardò con aria interrogativa, pregando che non si vedesse che faceva fatica a non ridere – Sì, certo – disse sbattendo le palpebre.
- Ecco vedi… in realtà lui sapeva chi eri… sai frequentavate la stessa scuola e…
George si fermò di colpo al suono del suo cellulare.
Ellen trafugò nella sua borsetta e prese lo smart-phone. Guardò il numero sconosciuto incuriosita – Scusa – brontolò, accettando la chiamata.
- Miss Mayer?
Ellen spalancò gli occhi esterrefatta: non era possibile!
Si rivolse a George – Scusa un attimo, è una questione urgente, arrivo subito – disse, alzandosi dal suo posto e dirigendosi verso l’uscita del ristorante super chic in cui l’aveva portata lo scrittore.
- Mr. Gore! Comincia a scrivere il testamento, perché io ti uccido – urlò, non appena fu fuori dal locale.
- Uhm… non volevo disturbarti Ellen! Ero solo preoccupato, perché Gaccio non mi rispondeva più al telefono e adesso è spento! Pensavo vi fosse successo qualcosa! – si giustificò.
- E che cosa vuoi che ci sia successo? Siamo ad un ristorante, mica in una zona di guerra! – sbraitò incattivita – Ci devi lasciare in pace, hai capito? Mi trovo in un bellissimo locale con il mio idolo, non mi puoi rovinare anche questa serata con le tue continue interruzioni. Non capisco proprio cosa ti stia prendendo! Cosa ti ho fatto di male? Non ci posso credere che tu sia così egoista! Adesso spengo anch’io il telefono e non voglio sentire più la tua voce e il tuo nome, fino a domani mattina. Intesi?
Chiuse la chiamata soddisfatta, senza dargli la possibilità di replicare.
Spense il telefono e si fece un po’ di aria con le mani per smaltire la rabbia, poi rientrò con passo sicuro nel locale.
- Chi era? – le chiese George apprensivo – Spero non sia successo nulla di grave.
Ellen roteò gli occhi in aria – Era quel rompi palle di Mr. Gore. Comunque ho risolto il problema e non credo ci disturberà oltre – affermò convinta.
- A proposito di Tom… Ellen credo che sia giusto che tu sappia una cosa… - cominciò lo scrittore agitato.
Ellen lo bloccò di colpo – No, basta! Non voglio più sentirlo nominare. Questa è la nostra serata. Per favore Georgy, non parliamo di Mr. Gore – lo supplicò.
- Lelly… voglio spiegarti il motivo per cui lui…
- Ho detto basta! Ne parleremo un’altra volta – lo pregò ulteriormente.
- Ok, però…
Ellen gli lanciò un’occhiataccia e George abbassò lo sguardo – Come vuoi tu…
Il resto della serata trascorse piacevolmente.
George le raccontò tantissimi aneddoti sulla sua professione e sulle sue fans. Ellen rise di cuore e, a sua volta, gli parlò di tutto ciò che aveva fatto dopo il liceo.
Tralasciò deliberatamente il discorso “uomini”, non le sembrava opportuno mettere a conoscenza George Morris delle numerose avventure avute e, soprattutto, dello stato “ragnatelificato” in cui vergeva la sua patatina da diversi anni.
Ellen ordinò il suo amato profitterol e lo scrittore non disse nulla, nessuna critica, nessun commentino ironico, anzi, ogni tanto, affondava la sua forchettina da dolce per rubargliene un pezzo.
Si sentiva rispettata, bella, importante, insomma, in poche parole, felice.
Stavano bevendo l’ultimo bicchiere di vino dolce, quando quel momento magico fu rotto dall’arrivo del cameriere – Mr. Morris c’è una chiamata per lei – disse, porgendogli un telefono portatile.
Ellen guardò George annichilita.
Chi poteva mai essere?
Era, forse, successo qualcosa di grave?
- Pronto? – George sbiancò completamente, quando udì la voce dall’altra parte del filo.
Sospirò e poi scosse la testa – Sì, Tom! Abbiamo appena finito. Tra poco prendiamo un taxi e ritorniamo a casa, sei ancora da Sophie? Uhm… ok! – disse scocciato.
Mise giù e poi alzò la mano per richiamare il cameriere che si era allontanato per non essere invadente – Mi può portare il conto, per favore? Grazie – gli porse il telefono e poi si girò verso di lei.
- Era ancora Mr. Gore? Ma si può sapere che cavolo vuole? Non è da Sophie e fare i doppi salti mortali sul letto? – sbottò, esasperata Ellen.
George alzò le spalle – Cosa vuoi che ti dica Lelly… è geloso!
- Non credevo foste così tanto uniti – replicò lei, non considerando assolutamente ciò che le aveva detto il ragazzo ad inizio serata.
Ok, si consideravano praticamente fratelli, ma insomma, George non rompeva le palle ogni secondo a Tom quando era con Sophie e lei questo lo sapeva per certo!
Questo aspetto del suo capo era, a dir poco, morboso.
Ellen cominciò a pensare che Tom fosse troppo attaccato all’amico, per carità, la cosa non le faceva né caldo e né freddo, ma forse, a questo punto, il suo capo si doveva dichiarare con lo scrittore.
- Oh lo siamo, ma non in quel senso – le rispose soprappensiero lo scrittore – Non è geloso di me. Te l’ho già detto.
- Ma smettila Georgy! Vorresti insinuare che è geloso di me? – non lo lasciò nemmeno replicare, perché l’ilarità prese il sopravvento e scoppiò a ridere.
Si asciugò con cura le lacrime per non far colare il trucco – Oh mio Dio! Sei veramente la persona più spiritosa che abbia mai conosciuto. Lui mi odia ed è l’uomo più stronzo ed insensibile che abbia mai conosciuto – disse.
- Sai, Tom non è sempre stato così. Anzi… lui era veramente un sognatore, un ragazzo gentile e buono. Ellen tu non ti ricordi davvero di lui?
Scosse il capo, negando.
Il conto arrivò proprio in quel momento e Ellen si sentì triste. La sua serata magica stava per finire.
Presto sarebbe ritornata “Cenerentola” e tutto sarebbe finito in un puff.
Si avviarono fuori dal ristorante silenziosi, mano nella mano.
Ellen appoggiò il viso sulla spalla di George e fu presa da un’improvvisa e urgente voglia di baciarlo.
Non riusciva a capire nemmeno lei quello che le stava passando per la mente, si fermò tutto di colpo e trattenne lo scrittore, poi chiuse gli occhi e si avvicinò con il viso a quello del ragazzo.
Avvertì subito le labbra calde di George, ma quel contatto durò meno di un secondo, perché lui la scostò velocemente.
Imbarazzata, Ellen aprì gli occhi e incrociò quelli tristi dello scrittore.
- Mi dispiace Lelly, ma non posso. Non sai quanto lo desideri, ma… io… non posso… – sussurrò.
Ellen sentì un vuoto incolmabile allo stomaco e le guance scaldarsi.
Dio! Cosa le era saltato in mente?
Avrebbe pagato oro per essere spazzata via da un uragano, proprio in quel momento!
Arrossì ancora di più dalla vergogna e poi abbassò lo sguardo – Scusa, sono stata una stupida a pensare che potessi piacerti. Dimentico sempre di essere una balena e che non posso far colpo in questo stato… – sussurrò, cercando di scacciare le lacrime che premevano per uscire.
- Oh Ellen… tu sei bellissima, come puoi dire una cosa del genere? Sei la donna più bella, intelligente e spiritosa con cui sia mai uscito e darei chissà cosa per poterlo fare ancora, ma davvero… non posso. Tom non me lo perdonerebbe mai… - mormorò, attirandola a sé in un caldo abbraccio.
- Tom? Credo ci abbia rovinato abbastanza la serata. È come se fosse stata una presenza invisibile, ma palpabile, tra di noi per tutta la cena con quelle sue continue telefonate. Non vuoi provare a frequentarmi, perché sono una sua dipendente? – chiese, staccandosi da lui e sentendo la rabbia esploderle dentro.
In quel preciso istante, Ellen ritrovò tutta la sua forza, si mise in posizione d’attacco, mani sui fianchi e gambe divaricate e urlò a squarcia gola – Lui si scopa la mia coinquilina e io non posso baciare il suo migliore amico? Vuoi dirmi che lui può mischiare la vita privata con quella lavorativa e io no? Io mi licenzio, allora!
George scoppiò a ridere – Cristo Ellen tu sei una macchietta – disse, prendendola sottobraccio – Io ti adoro, veramente. Non intendevo dire questo, ma facciamo andare bene questa tua conclusione al momento, almeno, finché non parleremo seriamente del caso “Tom” e magari dopo, quando avremo chiarito, io e te potremmo cominciare ad uscire insieme. Però, non voglio più sentirti dire che sei grassa, ok? Lelly, davvero, tu sei bellissima in tutto e per tutto – l’ammonì.
- Cavoli! Potevo vendere ai giornali il racconto del nostro bacio e tu mi hai bloccata – affermò più tranquilla, facendogli l’occhiolino.
Lo scrittore scoppiò a ridere nuovamente – Che ne dici se facciamo uno scherzettino a Mr. Gore? – le chiese sornione.
Ellen si morse il labbro e annuì – Per me va bene. Cosa dobbiamo fare?
 
***
 
Tom si alzò per la miliardesima volta dal divano.
Andò avanti e indietro per il soggiorno, si sedette nuovamente, provò a chiamare prima il numero di George e poi quello di Ellen, ma il risultato fu lo stesso delle volte precedenti.
Entrambi ce l’avevano ancora spento.
Non chiamò il ristorante, perché quel tentativo, l’aveva già fatto e chi aveva risposto, gli aveva detto che Mr. Morris aveva già lasciato il locale.
Dove si erano cacciati? E perché Gaccio ci metteva tanto a tornare a casa?
Si passò una mano sul viso stanco e fissò il telefono bramoso.
Passò così un altro quarto d’ora e, ovviamente, la sua agitazione crebbe a dismisura.
I pensieri più oscuri gli annebbiarono la mente.
Cribbio! Ma perché pensava a certe cose?
La figura tonda di Ellen mischiata a quella di Gaccio che si rotolavano tra le lenzuola di uno squallido motel o, peggio, di un lussuoso hotel a cinque stelle.
Come poteva il suo grande amico stare con una cosa del genere?
Proprio lui che era abituato al meglio del meglio!
Assurdo, pazzesco!
Tom non ci voleva credere eppure Ellen aveva fascino con gli uomini, li manovrava come burattini e lui non riusciva a capire quel suo potere strano.
Che cavolo, era una balena e nessuno se ne accorgeva?
Non era la Ellen di cui lui si era innamorato, era… era.. era Miss Mayer, cazzo!
E soprattutto lui non era geloso, assolutamente!
Non gliene fregava proprio nulla che Gaccio fosse andato a cena fuori con la sua segretaria, l’orangotango e, magari, si erano anche divertiti.
Non gli interessava se adesso stessero riscaldando qualche materasso, lui era solo preoccupato per la sua ditta. Ecco! Questa era l’unica cosa di cui gli importava.
Non poteva Ellen Mayer andare a letto con il suo amico, perché avrebbe rovinato i rapporti lavorativi.
Cazzo!
Come faceva a non rendersene conto quella specie di Satana in gonnella?
Che poi… che cacchio ci trovava Gaccio in lei?
Non era geloso!
No! Non lo era! E poi perché questo dubbio gli doveva sfiorare il cervello?
Si vestiva con quei colori smorti e da “nonna”, mai che l’avesse vista con colori allegri e femminili.
Quando lui era innamorato di Ellen, ovviamente era tutto un altro discorso.
Ricordava perfettamente la prima volta che l’aveva vista in vita sua.
Indossava un maglioncino azzurro che le donava particolarmente.
Tom ne era rimasto folgorato e tutto era iniziato così, non era più riuscito a staccarle gli occhi di dosso, perché era veramente un raggio di sole, ma mai una volta che l’avesse degnato di uno sguardo, tranne, ovviamente, quella in cui l’aveva preso in giro e si era trovato con i pantaloni calati.
Tom stava rimuginando sui suoi ricordi, quando avvertì la chiave girare nella toppa della porta d’entrata.
Prese in un battibaleno il giornale e fece finta di essere impegnato a leggerlo.
- Ehi Tom, già qui? – Gaccio lo aggredì con uno strano tono di voce.
- Bè! È casa mia, sarò libero di tornarci quando voglio! – rispose, senza distogliere gli occhi dal giornale, imponendosi di stare calmo, anche se il desiderio di alzarsi e tirare un pugno in faccia all’amico era davvero pressante.
- Uhm… che delusione… pensavo fossi ancora da Sophie. Ellen ci è andata male! – disse l’amico.
Tom alzò di scatto lo sguardo e vide Miss Mayer dietro le spalle di George – Ciao Mr. Gore – salutò la ragazza, sgattaiolando dentro.
Tom deglutì – Che ci fai qui? – disse, sentendosi all’improvviso spaesato.
- Georgy mi ha invitato a bere un bicchiere di vino, aspettavamo che tu avessi finito con Sophie e poi mi avrebbe accompagnata a casa – si giustificò.
- Georgy, Georgy, Georgy un cazzo! Ma vi siete rincitrulliti, per caso? Questa è casa mia! Cosa volevate fare qui? Ah, ah, ah! Bere un bicchiere di vino? Ah, ah, ah! Bravo Georgy! Bella scusa! – sbraitò fuori di sé.
- Ehi sta calmo amico! Non è come pensi tu – si difese l’amico – Ellen togliti il cappotto, il bicchiere di vino lo beviamo lo stesso con Tom, ne approfitto per andare in bagno. Falle compagnia tu!
Tom si girò verso Miss Mayer e la guardò per la prima volta da quando era entrata.
Si era tolta il cappotto grigio perla che indossava e lo teneva appoggiato sul braccio.
Spalancò gli occhi sorpreso, poi si sentì arrossire.
Ellen lo fissava in cagnesco, splendida nel suo abito azzurro.
Doveva ammetterlo, era proprio bellissima.
Ma era dimagrita e lui non se ne era accorto?
Sbatacchiò la testa per riprendersi, cercò di guardare altrove, ma non resistette e riposò gli occhi sulla morbida figura di Miss Mayer e uno strano groviglio gli si formò sullo stomaco.
Deglutì e si morse il labbro inferiore.
- Perché sei venuta qui? – domandò curioso e angosciato, allo stesso tempo per la risposta che poteva dargli.
- Te l’ha detto Georgy: non volevamo disturbarti – gli rispose.
Tom fissò la figura di Ellen. Non era dimagrita, ma era diversa, sembrava felice, sembrava la ragazza che gli aveva rubato il cuore tanti anni prima e, con sgomento, capì che era stato Gaccio a renderla così.
Era stato il suo amico a donarle quel sorriso sul viso e la vivacità negli occhi e la rabbia lo accecò.
Risentimento, gelosia ed invidia prevalsero.
- Sei una poco di buono, Miss Mayer – ringhiò incattivito – Sei venuta qua per scoparti il grande scrittore. Alla fine è vero che il lupo perde il pelo, ma non il vizio.
Ellen spalancò la bocca, come per dire qualcosa, poi la richiuse.
Si rivestì e poi si diresse verso la porta, si girò, lo fissò – Ci vediamo domani in ufficio Mr. Gore! – ringhiò e se ne andò.
Tom rimase a bocca aperta, poi come un ciclone si diresse nel reparto notte per prendere a pugni il suo migliore amico.
 
***
 
Ellen arrivò a casa e si lanciò sul letto in un mare di lacrime.
Non ci voleva più tornare alla “Gore”. Tom era uno stupido, meschino, stronzo e imbecille.
Non voleva più sentire i suoi insulti.
Si preparò per la notte tra mille singhiozzi, poi si ricordò di George Morris. Non l’aveva nemmeno salutato. Accese il telefono che cominciò a notificarle le chiamate perse e i messaggi.
Le chiamate erano tutte del suo capo, lo capiva dal numero non memorizzato, poi c’erano due messaggi.
Uno era di George.
Cos’è successo in mia assenza? Chiamami, sono preoccupato. Ho appena finito di litigare con Tom.
L’altro era di Mr. Gore.
Mi dispiace Ellen. Non volevo. Sono un idiota patentato. Questa sera eri davvero bellissima. Ci tenevo a dirtelo, se per caso domani non sarai al tuo posto. Avresti tutte le ragioni del mondo.
Ellen si toccò il cuore che batteva impazzito.
Rilesse il secondo messaggio per un milione di volte.
Tom Gore le aveva appena detto che era bella, anzi bellissima?
Insomma l’aveva guardata in modo diverso…
Si riprese subito da quei sogni ad occhi aperti.
Brutto bastardo di un lecchino!
A cosa non si arrivava pur di salvare la pellaccia da Wenda!

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***



grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner

e il bellissimoTRAILER



Ciao!
Come sempre grazie a chi segue, ricorda, preferisce e recensisce questa mia storiella.
Mi fa molto piacere e mi stimola a continuare, per cui GRAZIE.
In questo mio angoliono, voglio fare una premessa su questo capitolo.
Probabilmente sarà un po' confuso, ma le cose saranno spiegate molto bene nel prossimo, dal punto di vista di Tom.
Ho deciso di staccare i due pensieri, altrimenti veniva un polpettone micidiale.
Quindi se non capirete, abbiate fede che le cose, nonostante in qualche capitolo precedente ho messo degli indizi, saranno spiegate bene, appunto, nel prossimo.
Ricordo il gruppo L'amore non è bello se non è litigarello
Ricordo le mie storie in corso se per caso qualcuno ha voglia di leggerle.
J&J: Jenna & Jack
Fratelli di sangue
Besos MandyCri

 
°*°*°
 
Questo capitolo è dedicato a Valyna_  (Valeria) che so che apprezza molto questa mio racconto e lo consiglia alle sue amiche. Sei un tesoro.

GRAZIE VALERIA

°*°*°


CAPITOLO 16
 
Ellen si stese bene sul divano di Tom e cambiò canale.
Ah, come stava bene!
Dolce far nulla.
La mattina, era andata a lavoro con mille pensieri e piena di ansia.
Per paura di far tardi, era arrivata in anticipo di un’ora. Non poteva permettersi di essere ripresa da Mr. Gore, proprio quel giorno, non dopo la serata precedente e, soprattutto, non dopo che Tom le aveva detto certe cose e, specialmente, inviato quel messaggio di pseudo scuse.
Sapeva che gliel’aveva mandato, solo ed esclusivamente, per non turbare il già tremolante equilibrio mentale di Wenda che, fortunatamente, l’aveva presa sotto la sua ala protettiva.
Ellen ringraziava Dio ogni giorno per aver creato quella donna.
Per carità, all’inizio c’era cascata come una polla e aveva letto tra le righe un’ammirazione quasi estasiata di Mr. Gore per lei, poi ci aveva riflettuto bene e aveva capito che un Dio greco come lui non poteva certo dire ad una come lei (in carne) che era bella (bellissima).
Non era ammissibile.
Tom Gore usciva con Sophie, la stupenda, magra, sofisticata e intelligente (acida) Sophie.
Non che le desse fastidio la cosa, a parte il piccolo particolare che l’aveva sentito trombare con la sua coinquilina, disturbando il suo sonno, ovviamente.
Ellen aveva accettato i suoi limiti, sapeva di non essere più la reginetta della festa.
Sapeva che non sarebbe più ritornata come una volta.
Si stiracchiò come un orsetto lavatore e si sistemò i cuscini sotto la testa.
Dolce far nulla.
Quanto tempo era passato da quando non si riposava così?
Un’eternità!
Avrebbe voluto baciare Tom Gore ripetutamente per averle dato quella possibilità.
Arrivando così in anticipo, comunque, sapeva che avrebbe dovuto aspettare Wenda e, quindi, si era premunita di due bicchieroni da esporto di un buon caffè ed era entrata nel palazzo dove risiedevano gli uffici, sperando che ci fosse Jordan, il portinaio.
Era stata fortunata.
Quel detto “il buon giorno si vede dal mattino” era sacro.
Aveva offerto uno dei due  bicchieri a Jordan che l’aveva accettato con un gran sorriso.
Dopo un primo momento di imbarazzo, Jordan aveva cominciato a chiacchierare allegramente ed Ellen ne era stata felice.
Dopo l’incidente del bidone della spazzatura, il ragazzo non l’aveva più degnata di uno sguardo.
All’inizio c’era rimasta male, poi aveva capito che era successo qualcosa e non aveva più insistito.
Probabilmente, quell’orso di Tom Gore l’aveva in qualche modo sgridato o minacciato di licenziamento, come aveva fatto con lei, perché lo riteneva responsabile della sua accidentale caduta dentro al cassonetto.
In ogni caso. non era stata l’unica persona a giungere con un anticipo madornale quella mattina.
Stava ancora parlottando con Jordan, quando era arrivato proprio il suo capo.
Ad una prima occhiata, si era accorta subito della luna cosmica che ruotava sopra la testa di Mr. Gore.
Aveva fissato Jordan con uno sguardo omicida, poi senza degnarsi di salutare nessuno dei due, le aveva ordinato di seguirla in ufficio.
Siccome non voleva tirare troppo la corda e rischiare un licenziamento immediato, Ellen non aveva protestato.
Si era quindi accodata al suo capo con la testa bassa, salutando silenziosamente il povero Jordan che aveva cambiato colore dopo l’arrivo di Tom.
Il momento più duro erano stati i pochi minuti in ascensore.
L’aria era diventata gelida e il silenzio urlante.
Ellen aveva sentito i brividi percorrerle la schiena e si era chiesta cosa fosse mai successo la sera precedente tra i due amici.
Non aveva più richiamato George, rimandando la cosa al giorno dopo.
Non che si sentisse in colpa per la loro litigata, del resto lei non aveva fatto proprio nulla di male, ma c’era qualcosa che non le era chiaro e che, sospettava, fosse un pezzo assente del puzzle.
Era convinta che le mancasse il tassello fondamentale per capire, una volta per tutte, la situazione che si era creata.
In ogni caso, l’angoscia aveva preso il sopravvento, soprattutto quando Tom, una volta arrivati in ufficio, le aveva proibito di accendere il computer e di seguirla immediatamente nella sua tana.
Aveva perso il lavoro, questo era stato il suo primo e unico pensiero.
- Devi farmi un favore – aveva esordito tranquillo, appoggiando i gomiti sulla scrivania e congiungendo, davanti al bel viso, le mani solo tramite i polpastrelli, lasciando libero il palmo, in quella tipica posa da saputello che la irritava terribilmente.
- Cosa devo fare? – aveva chiesto titubante.
- Ho intenzione di invitare Sophie a casa mia questa sera, per una cenetta intima e vorrei che si fermasse anche a dormire – aveva risposto eloquente.
Ellen aveva alzato un sopracciglio e storto leggermente il naso.
Non aveva replicato nulla, soprattutto perché l’espressione che aveva dipinta in viso parlava da sé: e a lei che cosa gliene fregava?
Dubitava che Tom Gore avesse ancora bisogno del suo aiuto per portarsi a letto la sua coinquilina.
Sophie, da quello che sapeva e sentito lei, gliel’aveva data e ridata.
Poteva mettersi un cartello giallo fosforescente all’altezza della patatina con scritto “paghi uno, prendi due” oppure “due per uno” o meglio ancora “usato garantito”, da quante volte l’aveva usata con lui in quelle poche settimane, lo sapeva tutto il vicinato, ormai.
Aveva aspettato paziente, finché Mr. Gore non le aveva fatto chiarezza – Quando viene Gaccio, Maria, la signora che viene a riordinarmi la casa, si mette in ferie. Dopo la prima esperienza, si è sempre rifiutata di pulire e quindi, sono sempre stato costretto a rivolgermi ad un’agenzia per sistemare il mio appartamento, in modo che sia tutto a posto, quando torna Maria. Ora, siccome George doveva restare fino a venerdì, ma, per ovvi motivi, se ne è andato questa mattina, sono senza qualcuno che mi pulisca la casa, visto che l’agenzia che ho ingaggiato, mi manderà qualcuno solo sabato e Maria rientra dalle ferie solo lunedì. Adesso, poiché penso che sia tu l’unica responsabile di tutto, credo che oggi lo dedicherai alla pulizia del mio appartamento – aveva concluso con un sorriso beffardo.
Ellen l’aveva fissato con la bocca aperta, stava per sbraitargli in faccia, quando aveva capito che quella era davvero la sua giornata fortunata.
Cosa gliene fregava a lei di andare nel bellissimo appartamento di Tom Gore e mettere a posto? Niente, anzi!
Era davvero la cosa migliore, se lo sarebbe cavato dai piedi per tutto il giorno e poi avrebbe tirato le cose per lunghe in modo da non dover ritornare in ufficio.
Era stato Tom stesso a dirle che avrebbe avuto molto da fare e che, comunque, sperava che non fosse più da lui, quando sarebbe rientrato in casa, così aveva accettato la proposta.
Per questo, adesso, se stava spaparanzata sul divano di Tom a non fare nulla.
Ci aveva messo esattamente un’ora a fare tutto: formulare un piano, capire che quello non era il lavoro per cui era pagata e che quindi non doveva svolgerlo puntigliosamente e, infine, pulire.
Si era fermata in un supermercato, aveva comprato due confezioni da un dollaro di salviettine igienizzanti per pulire i bagni e il resto e poi era andata da Tom.
Aveva passato i bagni e cucina in una mezz’ora, grazie a quell’invenzione stratosferica, aveva rifatto il letto di Tom e quello della camera degli ospiti, tirando su solo il piumone, non soffermandosi nemmeno a guardare in che stato erano le lenzuola, poi aveva preso tutti i vestiti che giacevano sulla poltrona da Tom e li aveva cacciati dentro l’armadio, facendone una pallottolona e, infine, aveva svuotato il cesto della roba sporca direttamente dentro la lavatrice senza separare i colori.
Ora si stava godendo il meritato riposo.
Tanto Tom, sicuramente, non si sarebbe accorto dell’ordine apparente e, al massimo, Maria avrebbe dato la colpa a lui al suo ritorno. Tra l’altro se la signora delle pulizie lo rimprovera, ben gli stava a quell’orso caprone. Voleva punirla? Bene questa sarebbe stata la sua vendetta.
Stava oziando nei suoi pensieri, quando all’improvviso suonò il telefono.
Ellen si alzò di scatto dal divano e corse verso l’apparecchio.
Lo fissò per alcuni istanti, indecisa se rispondere o meno.
Poteva essere Mr. Gore che voleva controllarla, oppure qualche scocciatore che gli voleva propinare qualche offerta.
Allungò la mano e poi la ritrasse subito.
Doveva rispondere?
Alla fine decise che era la cosa migliore, se fosse stato Mr. Gore o qualche collega dell’ufficio che la chiamava per bisogno, era meglio farsi trovare.
- Casa Gore – disse con fare professionale, accettando la chiamata.
- Maria? – una voce femminile la colse di sorpresa.
- No, sono Ellen – rispose senza pensarci due volte.
- Ellen? – chiese perplessa la donna dall’altro capo del filo.
- Sì, Ellen Mayer! – precisò.
- Ellen? Ellen Mayer?
Chissà perché, ma le sembrava di aver già vissuto quella scena. La situazione che si stava creando, le ricordava vagamente il primo incontro con Mr. Gore.
- Esattamente – disse stizzita – Ellen Mayer in persona. Con chi ho il piacere di parlare? – domandò scocciata.
- Oh, Ellen! Che piacere conoscerti. Non sai da quanto tempo sento parlare di te. Mi chiedevo quando mio figlio si sarebbe degnato a presentarci. È destino questo! Pensa… credevo di aver chiamato in ufficio, invece ho chiamato a casa del mio piccolo. Che sciocca sono! Ah, scusa cara… non mi sono ancora presentata, sono Eleanor, la mamma di Tom.
Ellen fissò la cornetta e poi socchiuse gli occhi.
Ok, era un’impiegata perfetta e strabiliante, però tutto questo onore di conoscerla non capiva da dove venisse fuori.
E poi… tanto tempo. Era stata assunta da poco… ok, aveva fatto la differenza con la cartoleria e tutto il resto, ma si stava parlando di qualche settimana, un mese al massimo, non anni!
Certo che quella famiglia era proprio strana – Il piacere è mio, signora – disse, giusto per ricambiare quell’affetto esagerato in qualche modo.
- Ma Tom è lì con te?
- No, signora. Tom è in ufficio. Sono qui da sola. Se vuole parlare con lui deve chiamare in ditta – rispose con il massimo della cortesia.
- Dopo lo chiamo. Sai cara, non sono molto afferrata con questa tecnologia moderna. Tom mi ha regalato un cellulare, ma non sono ancora capace ad usarlo, sebbene mi abbia spiegato un milione di volte come si fa e devo aver sbagliato a digitare il contatto. Oh, Ellen sono così felice di aver sentito, finalmente, la tua voce. Non sai nemmeno quante volte ho chiesto a Tom di portarti qui da me, ma lui niente. Dice che è troppo presto. Capisco che gli uomini abbiano una concezione del tempo diversa da noi donne, ma ti sembra ammissibile una cosa del genere?
Ellen staccò la cornetta dall’orecchio e la fissò sconvolta, sgranò gli occhi e scosse la testa.
La pazzia era una tara ereditaria di famiglia, a quanto pareva.
Non sapendo cosa dire, rispose a caso – Cosa vuole farci, sono fatti tutti con lo stesso stampo.
Poi fece un risolino, giusto per assecondare la donna.
La madre di Tom si mise a ridere a sua volta.
- Hai ragione cara. Pensare che glielo chiedo da anni, ma lui niente. È irremovibile. Pensa che mi ha detto che ti porterà a casa, solo quando sarà certo al cento per cento, perché non vuole metterti in imbarazzo.
Ellen fissò nuovamente la cornetta.
C’era qualcosa che non le tornava.
A parte che lavorava da poco alla Gore e non da anni e che forse lo sproloquiare di quella donna era dovuto alla demenza senile che, purtroppo, a quanto sembrava, aveva preso piuttosto in anticipo la mente della mamma di Tom, lei non aveva mai sentito in vita sua che un titolare di un’azienda di successo portasse a casa la segretaria per farla conoscere ai suoi genitori.
Avrebbe potuto capire se stessero parlando di Wenda che era il suo braccio destro, ma lei era una semplice impiegata, proprio l’ultima ruota del carro, nonostante fosse veramente brava nel suo lavoro e lo avesse dimostrato in tutto e per tutto.
Sospirò presa un po’ alla sprovvista – Vorrà dire che rimedieremo quest’anno, allora! – disse con falso entusiasmo, appoggiando la pazza e recitando una parte degna da premio oscar – Ho proprio voglia di tornare a casa, sono anni ormai che manco, anche se i miei genitori, a Natale, partiranno per una crociera,
- Ellen, mia cara, non ti preoccupare per questo. Sarai nostra ospite. In realtà ci dobbiamo assentare anche noi qualche giorno…
La donna tacque un attimo pensierosa, poi sospirò – Senti Ellen… come mai ti trovi a casa di Tom? È mattina e… non è che per caso hai dormito… sì, insomma… hai capito…
Lasciò la frase in sospeso, probabilmente imbarazzata da ciò che voleva dire.
Ellen si sentì pervadere da mille brividi.
Un attimino solo! Quella… pensava che lei e Mr. Gore… ah no, no! Doveva subito mettere in chiaro le cose e checcazzo!
- Signora… - cominciò un po’ spazientita.
- Cara! Non osare chiamarmi “signora”, sono come una mamma per te, dopo tutti questi anni, chiamami pure Eleanor, per favore! – ordinò.
- Eleanor… io e Tom non siamo sposati, non mi fermo a dormire a casa sua! Sono qui per fargli un piacere. Mi ha chiesto se potevo aiutarlo a mettere in ordine la casa, perché questa sera, ha una cena… ehmm… di lavoro, dato che Maria è in ferie! – sbottò sconcertata.
- Oh Santi del Cielo, Misericordia Divina, Signore Benedetto! Sapevo che tu eri la ragazza giusta, ormai nessuna aspetta più il matrimonio per certe cose così importanti. Non è più come ai miei tempi che si arrivava illibate alla prima notte di nozze. Tu sei un angelo caduto dal cielo. Quanto è fortunato il mio Tom! Ellen, tesoro mio, avrai tutto il mio appoggio. So quanto può essere dura resistere e so anche quante pressioni ti possa fare Tom, dopo tutti questi anni insieme, ma tu devi resistere, mi raccomando. Devo subito chiamare mio figlio e dirgli che a Natale sarai nostra ospite. Che gioia mi hai dato! Ancora non ci credo di averti parlato. Sai, piccola mia, non riesco proprio a capire, perché non ti volesse portare da me. Pensa che diceva che non eri pronta a conoscere la sua famiglia.
Credevo fosse perché sono un po’ rigida e alla vecchia maniera su certi argomenti e invece il Buon Dio ci ha fatto incontrare. Siamo proprio la nuora e la suocera perfetta io e te.
Stesse idee, stessi credo, stessi principi.
Ellen sei caduta dal cielo! Grazie Dio!
Adesso gli telefono in ufficio e gli tiro le orecchie. È stato un bellissimo regalo conoscerti. Grazie Ellen.
Dopo aver parlato con Tom, vado subito in chiesa e accendo una cero gigante alla Madonna.
Ti mando tanti baci, ci vediamo a Natale.
Eleanor chiuse la chiamata, senza darle nemmeno il tempo di replicare.
Ellen si ritrovò pensierosa a fissare il telefono nero.
Forse… aveva combinato un piccolo pasticcio, cioè… quella donna credeva che fosse la fidanzata di Tom Gore? Magari il suo capo aveva raccontato alla madre di avere una ragazza di nome Ellen, giusto per tenerla buona. Ma porca paletta! Con tutti i nomi che c’erano sulla faccia della terra, perché aveva usato proprio il suo?
In tutta sincerità, non aveva capito molto bene la gran parte dei discorsi della donna, a parte la devozione a Dio, alla Madonna e ai vari Santi del Paradiso. D’altra parte non si doveva preoccupare più di tanto, visto che era affetta da demenza senile avanzata e si sarebbe dimenticata nel giro di qualche minuto quella strana chiacchierata.
Alzò le spalle e si diresse nuovamente verso il divano.
Ah che meraviglia! Si sarebbe potuta, finalmente, godere la miliardesima puntata di Beautiful in santa pace.
Era parecchio tempo che non vedeva la soap, ma non aveva importanza, bastava capire con chi trombava, in quel momento, Brooke e avrebbe compreso anche tutto il resto!
 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


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Ciao a tutti.
Come sempre grazie a chi segue, ricorda, preferisce e recensisce questa storia.
Eravamo rimaste alla strana telefonata di Ellen con Eleanor, la madre di Tom.
In questo capitolo capiremo il perché Eleanor ha reagito così, nel momento in cui Ellen si è presentata.
Spero che il capitolo vi piaccia.
Vi comunico che siamo entrati nel vivo della storia, dal prossimo succederà di tutto, fino all'epilogo che, sinceramente, non so ancora che strada prenderà.
In verità avevo le idee molto chiare fino a due giorni fa, poi... bè ho cambiato un po' idea.
Detto questo vi auguro buona lettura e spero mi scriverete il vostro commento.
Ricordo come sempre il gruppo, se volete unirvi cliccate qui  L'amore non è bello se non è litigarello
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J&J: Jenna & Jack
Fratelli di sangue
Ciao e grazie ancora MandyCri

 
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CAPITOLO 17
 
Tom aspettò il decimo squillo e imprecò.
Sbatté i pugni sulla scrivania e richiamò l’ultimo numero.
Perché non rispondeva?
Attese il primo, poi il secondo, il terzo squillo, prima di sibilare una sequela di insulti irripetibili.
Quella scenetta si protraeva da un’ora abbondante, ormai.
Ma perché non gli rispondeva?
Aveva quasi abbandonato tutte le speranze, quando al ventesimo squillo, gli arrivò una specie di pronto gracchiato.
- Si può sapere che cazzo stavi facendo? – urlò incavolato.
- Ehi calma! – brontolò Gaccio, dall’altra parte del filo.
- Calma un accidenti! Ti avrò lasciato almeno cinquanta messaggi in segreteria e chiamato un miliardo di volte. È più di un’ora che provo a rintracciarti! – sbuffò, infastidito.
George rispose con un grugnito.
- Stavi dormendo, per caso? – guardò l’orologio da polso e spalancò gli occhi sorpreso – Sono le dieci e mezza del mattino, non è possibile che tu stia ancora dormendo! – lo aggredì – Io ho bisogno di te, del consiglio del mio migliore amico e tu pisoli? È questione di vita e di morte e tu… tu dormi? – chiese incredulo.
- Ah! Sono tornato il tuo migliore amico? – domandò sarcastico lo scrittore, sbadigliando sonoramente.
- Uff! Dai Gaccio, adesso non incominciare… il discorso non è quello, ma che tu a quest’ora stia ancora poltrendo! – Tom si mordicchiò il labbro inferiore e alzò gli occhi al cielo: non gliel’avrebbe data vinta! Neanche morto!
Conosceva George come le sue tasche. Sicuramente, avrebbe fatto l’offeso per un po’ e poi, avrebbe fatto la parte della prima donna. Classico!
- Scusa? Ti ricordo che mi hai cacciato da casa tua alle tre di notte. Ho preso un taxi che mi è costato l’ira di Dio e sono stato seduto per quattro ore di fila per arrivare a casa. Mi sono messo a dormire solo due ore fa! Perdonami, “mio Signore”, se ho sonno e se non ho risposto subito al primo squillo. Non succederà mai più. Ogni tuo desiderio è un ordine! – ringhiò l’altro.
Tom fissò la costellazione sulla sua scrivania e cercò di placare un’ondata di rabbia – Sei uscito con Ellen Mayer e hai fatto il cascamorto con lei! Senza contare che i soldi ce li hai!– replicò piccato – E non voglio nemmeno pensare a chissà cos’altro ci avresti fatto se non mi fossi trovato, per caso, a casa! Ellen Mayer! Capisci? Secondo te come avrei dovuto reagire? Scusa tu se ero, a dir poco, infuriato!
- Tom! Non voglio più parlare di lei con te. Ellen Mayer è un discorso tabù tra te e me. Comunque per la cronaca, ci sono uscito, perché gliel’avevo promesso e perché mi è simpatica, ok? Ellen non è una tua proprietà, cerca di capirlo! Non è perché al liceo eri innamorato di lei che adesso, ad ogni essere umano con il pisello è proibito uscirci insieme. E poi che cazzo vuoi tu? La offendi sempre, la chiami balenottera, la odi quasi… se a me piace, perché non posso provarci?
Tom picchiò, con violenza, il pugno sulla scrivania.
Tutto tremò e il portapenne rimbalzò con l’urto e cadde, rovesciando rovinosamente tutto il contenuto per terra.
Guardò la scena come se fosse stata al rallentatore, prima di intuire che, dentro a quel dannato portapenne, c’era anche la sua amata Montblanc che, ovviamente, stava facendo, proprio in quel momento, un volo suicida sul pavimento.
Non riuscì a bloccarla in tempo. Il cappuccio si sfilò e la penna continuò a rimbalzare, una, due, tre volte.
Chiuse gli occhi disperato.
Perché era caduta proprio di punta?
Si strofinò la faccia, abbattuto.
Era morta. La sua fidata penna era deceduta, definitivamente.
Se prima graffiava la carta, non osò immaginare cosa avrebbe fatto adesso, dopo quel triplo salto della morte, senza contare le macchie d’inchiostro sul pavimento.
- Ellen Mayer può stare con chi cazzo vuole, l’importante è che non stia con te, intesi? Per quanto riguarda il resto, te lo sei meritato. Tu ci volevi andare a letto. Guarda che non sono scemo e come ti ho spiegato per te, lei è off-limits! – disse stancamente.
- Tom sei geloso? – gli chiese Gaccio, dopo un lungo silenzio.
- Scusa?
- Sei geloso di Ellen? Non è che per caso ti piaccia? – l’amico rincarò la dose.
Tom avrebbe tanto voluto scoppiare a ridergli in faccia, ma non ci riuscì. Non trovava quell’uscita divertente – Non sono geloso della balenottera! – borbottò, non del tutto convinto.
- Sicuro? Perché a me sembra proprio di sì! Ti comporti come un marito o un fidanzato geloso – ribadì Gaccio.
- Adesso smettila. Se ti dico che non lo sono: non lo sono! – rispose con enfasi.
- Sarà… ma…
- Basta, ok? – Dio! Perché solo sentire nominare Satana in gonnella gli faceva quell’effetto?
Non un effetto buono.
Tom avvertì il nervoso crescere sempre più in lui, fino a che non sfociò in un istinto omicida.
Se ce l’avesse avuta tra le mani, l’avrebbe picchiata a sangue.
Quella ragazza era la fonte dei suoi guai!
Era tutta colpa di Ellen Mayer.
Il suo ufficio era stato ridotto ad una stanza da luna park.
La sua amata Montblanc era spirata.
Aveva rinunciato ad una serata di sesso spinto con Sophie.
Il suo migliore amico si era infatuato di lei.
E adesso sua madre!
Tom si nascose il viso tra le mani. Anni e anni a tessere una storia immaginaria per fare felice la sua dolce e fervente cattolica madre e quella… quella balenottera spiaggiata gli aveva rovinato tutto in cinque minuti.
Era disperato – George Morris possiamo parlare del mio problema, adesso?
- Che è successo? Cosa ha combinato Ellen?– chiese quasi divertito Gaccio – Deve essere una vera e propria catastrofe, se ti ha fatto ritornare subito da me, con la coda tra le gambe – puntualizzò divertito – Mmm… fammi pensare un attimo. Accetterò le tue scuse formali, ORA, sai a cosa mi riferisco, vero Tom? Le voglio abbastanza forbite, quelle che ti fanno stare bene da quanto sono umilianti per la persona che le fa… altrimenti non ti ascolto, riattacco e spengo il telefonino, ovviamente!
- Sei un lurido verme…
- Riattacco?
- Bastardo infame…
- Ok! L’hai voluto tu…
- No, no, no! Aspetta… - si arrese – Ok… ti chiedo umilmente scusa. Mi sono comportato in maniera deplorevole con te, non so perché, ma mi ha dato fastidio che uscissi con Ellen e, soprattutto, che te la fossi portata a casa, perché ci tengo a te e lei è una manipolatrice.
- Ah sì? E poi?
- E poi, cosa? Ho già detto tutto! – protestò.
- Ok, ci sentiamo bello…
- No, no, no! Ti odio lo sai? Fammi le domande tu e io risponderò con sincerità, ok? – supplicò.
- Ci sto! Vediamo… ti ha dato fastidio che io uscissi con Lelly per il motivo che mi hai appena detto o perché, diciamocelo, la consideri una tua proprietà?
Tom storse la bocca. Maledetto! Prima o poi avrebbe trovato il modo per vendicarsi – Non lo so perché, per un insieme di cose. Ammetto che è la donna più irritante che mi sia mai capitato di conoscere, ma forse hai ragione anche tu. Ho sempre il ricordo di com’era una volta… e bè, ecco…
- Mmm… sei geloso Tom?
- Bè tu sei il mio migliore amico. Per quanto mi secchi ammetterlo, ci tengo a te e voglio sempre avere il primo posto nel tuo cuore… - si fece l’occhiolino da solo per quella risposta da oscar.
Era un genio!
- Sei geloso di E.L.L.E.N.? – chiese stizzito l’altro.
Tom sbuffò – Sono geloso del suo ricordo – ammise.
George rimase in silenzio per un bel po’- Cos’è successo? Racconta.
Glielo chiese con uno strano tono di voce, quasi rassegnato.
Cambiò argomento così, senza fare altre domande e la cosa gli risultò strana.
Tutte le scuse umilianti che voleva da parte sua erano queste? Forse, stava solo giocando e lui non se ne era accorto.
Tom sospirò – C’è qualcosa che non va Gaccio? – domandò, premuroso.
- Assolutamente… stavo solo riflettendo. Sai, secondo me, il detto “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”, credo non si riferisca solo all’udito in specifico… ah! Sto divagando. Dimmi cosa è successo.
Tom era curioso di sapere cosa intendesse dire il suo migliore amico con quella frase un po’ laconica, ma accantonò il discorso.
In fin dei conti, non parlare degli strani sentimenti che nutriva per Ellen, andava solo a suo favore
- Mia madre ha chiamato a casa mia e quella stupida ha risposto! – proruppe stizzito – Ti rendi conto? Ha risposto! Non ci posso ancora credere e, quando la mamma ha cominciato a farle un milione di domande, l’ha pure assecondata. Morale della favola: devo passare il Natale con la mia cara fidanzatina Ellen Mayer, se non voglio svelare a chi mi ha creato, la bugia mostruosa che le propino da anni, ormai. Cristo Santo! Adesso come faccio? Cosa dico a Sophie? Sono nella merda Gaccio: nella M.E.R.D.A.! Senza contare che dovrò anche abbracciare Ellen, baciarla e tutte quelle cose che fanno i fidanzati veri! Altrimenti mia mamma mangerà la foglia.
Parlò senza nemmeno respirare, tutto d’un fiato.
Ad un certo punto si fermò e respirò profondamente.
- Ehi Gaccio ci sei? – chiese, non sentendo nemmeno un piccolo rumore dall’altra parte del filo.
- Ehmm… non ho capito una cosa… che ci fa Ellen a casa tua questa mattina? – chiese perplesso e diffidente.
- Ma ti sembra questa la cosa importante? Forse non hai capito! Mia madre l’ha invitata a passare il Natale da noi! – puntualizzò arrabbiato – Ti rendi conto? Adesso ho solo due possibilità: dire ad Eleanor la verità, ovvero che Ellen Mayer non è mai stata la mia ragazza, oppure chiedere a Satana di far finta di esserlo. E Sophie? Cazzo! Sono nella merda!
- Che ci faceva Ellen a casa tua questa mattina? – chiese l’amico, alzando la voce, stizzito.
- Uff! l’ho mandata a fare le pulizie per punizione! Adesso che lo sai, puoi aiutarmi a risolvere questa situazione bruttissima?
- A fare le pulizie? Sono esterrefatto! Se fossi stato in lei, ti avrei sputato in faccia… ma come puoi essere così stronzo? Io…
- La smetti? Risolviamo il mio problema e poi mi fai la paternale? – domandò sempre più infastidito.
Dio! gli sembrava di avere mille chiodi sotto il culo.
Forse George non si rendeva conto dell’enorme complicazione che Ellen gli aveva causato.
Ok, aveva sbagliato a mandarla a casa sua a pulire, ma in quel momento gli era sembrata la vendetta migliore, invece quella era riuscita, come sempre, a ribaltare la situazione a suo favore!
Doveva aver fatto un patto con il Diavolo, non c’erano altre spiegazioni.
Non era possibile che ogni cosa si ritorcesse a suo vantaggio.
- Senti Tom… il discorso è sempre lo stesso: le bugie hanno le gambe corte. Ti è andata bene per anni, ma era ovvio che prima o poi sarebbe saltato fuori. Ti avevo detto di finirla? Te l’avevo detto o no? – gli chiese, eludendo ancora una volta la risoluzione del problema.
- Gaggio, per favore, aiutami! – implorò.
- Te l’avevo detto o no? Rispondi! – insistette l’altro.
Tom ringhiò un “sì”, malvolentieri.
Oh certo! Gliel’aveva detto almeno un milione di volte. Gli aveva consigliato, in svariate occasioni, di dire ad Eleanor che lui ed Ellen si erano lasciati, ma lui non l’aveva mai fatto.
Gli piaceva pensare che sua madre fosse orgogliosa di lui, gli piaceva pensare che almeno nei suoi sogni, Ellen, la reginetta della scuola, stesse proprio con lui.
Guardò il disegnò bambinesco che Miss Mayer aveva fatto, unendo i puntini delle stelle e una fitta gli lacerò lo stomaco.
Gli aveva portato via anche il suo sogno proibito, quella cicciona!
Era cominciato tutto l’ultimo anno del liceo, in occasione della festa di fine anno, mentre si preparava per andarci con i suoi amici nerds.
Gaccio non frequentava il suo stesso liceo, purtroppo e quindi non poteva contare sulla sua compagnia.
Eleanor era già da un po’ di tempo che si preoccupava del fatto che a casa loro non circolassero femminucce, ma solo maschietti.
Aveva cominciato a fargli mille domande sui suoi gusti sessuali, finché non gli aveva esposto la fatidica domanda – Tom caro… sei attratto dalle ragazze o dai ragazzi? – nel dirlo, era diventata rossa come un peperone e si era fatta circa venti volte il segno della croce.
L’idea gli era venuta proprio in quello stesso momento.
Aveva quindi raccontato ad Eleanor che si vedeva da qualche settimana con la bellissima Ellen Mayer e che l’avrebbe accompagnata alla festa.
Da lì, era stato un susseguirsi di bugie, tanto che dopo tutti quegli anni, sua madre era ancora convinta che lui ed Ellen non si fossero mai lasciati e stessero ancora insieme.
Era riuscito, in qualche modo, ad eludere e parare le insistenti richieste di Eleanor per conoscere questa fantomatica bellezza, anche grazie all’aiuto di George.
Adesso, però, era arrivato al capolinea.
- Cosa faccio, Gaccio? – supplicò, rendendosi conto che non aveva tante vie d’uscita.
- Eh! – sospirò lo scrittore – Bella situazione di merda! Non vorrei essere al tuo posto…
- Grazie per l’aiuto! So benissimo di essere nei guai! Non occorre che ti ci metti anche tu – puntualizzò.
- Potresti dire ad Eleanor che vi siete lasciati… - azzardò George.
- Pessima idea! Chissà cosa le ha raccontato quella. Dovevi sentirla: era così entusiasta… - mormorò.
- Potresti chiedere a Sophie di fingersi Ellen… - propose Gaccio, sghignazzando – Non so se potrà esserne all’altezza… sai dovrebbe far finta di essere una ragazza pura di cuore e la vedo dura, considerando…
- Smettila! – lo interruppe – Non esiste che chieda a Sophie di farsi chiamare Ellen. Come potrei giustificare la cosa, poi? Cara Sophie, in realtà io conoscevo già la tua coinquilina, anzi se proprio devo essere sincero, ero innamorato perso di lei e ho detto a mia madre, quando ero un ragazzino ciccione, con l’apparecchio, due binocoli al posto degli occhiali, ah… dimenticavo… ero contaminato dall’acne, insomma le ho detto che stavamo insieme. Ora, saresti così carina da far finta di essere lei e ossigenarti i capelli, perché non ho il coraggio di raccontare la verità?
- Naaa… non si tingerebbe mai i capelli per te!
- Ma smettila! Non è questo il punto!
- Il punto è che Sophie non sarebbe mai in grado di fingersi Ellen e, anche se ci provasse, a tua madre non andrebbe mai a genio! – disse George con fare saputello.
- Per forza! Elle è una pazza. Nessuno sarebbe in grado di imitarla – soffiò, inviperito.
Proprio non gli andava giù che Gaccio avesse una così grande considerazione di          quella combina guai!
- Lelly è stupenda!
- È grassa!
- Intelligente…
- È satana in gonnella!
- Fantasiosa…
- Piange a comando, George!
- Fantastico! Pensaci bene Tom: dove la trovi un’altra così? – gli domandò.
- Andiamo, amico! Adesso non tessere troppo le sue lodi e soprattutto: aiutami! Come faccio ad uscire indenne da questo guaio?
L’amico sbuffò – Allora sei tordo! – lo redarguì – Te l’ho già spiegato hai solo due soluzioni, una è accettabile, l’altra… bè… bisogna avere fegato, ecco…
- Sentiamo. Quale sarebbe la migliore secondo te? – Tom appoggiò la schiena sulla poltrona e chiuse gli occhi. Questa volta si era cacciato proprio nei casini e la colpa era, solo ed esclusivamente, di Miss Mayer.
Perché aveva risposto a quel cavolo di telefono?
- Secondo me, dovresti spiegare ad Ellen la tua piccola bugia e sperare che lei abbia voglia di aiutarti, per l’ennesima volta. Ultimamente, mi sembra, ti sta togliendo dai guai in parecchie occasioni. Sai, sinceramente non so se verrà in tuo soccorso. Adesso è a casa tua a fare le pulizie… ah no, non vorrei proprio essere al tuo posto, detto tra me e te!
Tom assottigliò gli occhi.
Era una sua impressione o Gaccio si stava divertendo come non mai?
Bell’amico!
- E l’altra soluzione quale sarebbe? – chiese, cercando di restare impassibile alla provocazione.
- Scartando a priori che Sophie interpreti Ellen, non sarebbe proprio in grado di farlo, ti resta solo: raccontare alla tua dolce e bigotta madre la verità – sibilò.
Tom trattenne un’imprecazione. Lo stronzo si stava vendicando a suo modo.
Deglutì – Ok, adesso vado a casa e spiego ad Ellen la situazione, forse mi aiuterà e in cambio vorrà l’ennesimo aumento di stipendio.
- Scelta corretta – replicò con voce divertita.
- Ti odio. Lo sai, vero?
- Tu non mi odi affatto. Tu mi ami! – controbatté l’altro.
- Invece sì! Ti odio– insistette.
- Chiamami quando hai parlato con Ellen, sono curioso di sapere come va a finire questa storia. A dopo – lo salutò l’amico, scoppiando a ridere di gusto.
Tom chiuse la telefonata.
Avrebbe dovuto chiedere un favore ad Ellen… piuttosto si sarebbe sparato nelle palle, ma…
Cristo Santo! Non aveva coraggio di raccontare a sua madre la verità.
Gli avrebbe fatto la paternale sulle bugie e poi l’avrebbe obbligato ad andare in chiesa tutti i santi giorni, nelle feste natalizie.
Tom roteò gli occhi e poi fissò la scrivania stellata.
Un lieve sorriso comparve sulle sue labbra.
Forse Ellen l’avrebbe potuto salvare dal solito e noioso Natale.
Forse… non avrebbe dovuto passare tanto tempo in chiesa, quell’anno.
Lui credeva in Dio, non era possibile il contrario con una madre così devota, però svegliarsi presto tutti i giorni per andare alla messa delle sette del mattino e poi ritornare a quelle delle sette di sera, lo stesso giorno, non era proprio il massimo.
Nemmeno il papa aveva nel suo curriculum vitae tutte le messe a cui aveva presenziato Eleanor.
Sì, in fin dei conti, convincere Ellen a ritornare nella loro città natia in veste di sua fidanzata, non era proprio un’idea così malvagia, ma cosa avrebbe detto a Sophie per giustificarsi?
Scosse la testa: ci avrebbe pensato in un secondo momento.
Si alzò di scatto e si diresse verso la porta per raggiungere Ellen a casa sua.
Lungo il tragitto si sarebbe fermato in una fioreria e le avrebbe comprato un bel mazzo di rose per farsi perdonare, sia per come si era comportato la sera prima, sia per averle chiesto di fare le pulizie e, sicuramente, Miss Mayer non gli avrebbe rifiutato un favore.
Le labbra di Tom di allargarono in un sorriso trionfante: sarebbe riuscito, perfino, a corteggiarla pur di ottenere quello che voleva!
 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner

e il bellissimoTRAILER


Ciao a tutti,
manco da molto, ma spero non vi siate dimenticati di questa mia storiella.
Il capitolo sarà lunghetto, preparatevi.
Se vi va di lasciarmi le vostre opinioni, sappiate che sono sempre ben accette, anzi mi fa davvero piacere.
Ringrazio come sempre chi mi segue, ricorda,  preferisce legge e recensisce.
Grazie alle mie "litigarelle", loro sono sempre nel mio cuore.

Un super bacio Cri


Chiunque voglia diventare "litigarella/o" clicchi qui L'amore non è bello se non è litigarello

Ricordo le mie storie in corso per chi volesse leggerle
J&J: Jenna & Jack
Fratelli di sangue

 
***


CAPITOLO 18
 
Aveva guardato tutte le puntate di Beautiful, altre telenovela e un vecchio film in bianco e nero che le aveva attorcigliato le budella da quanto romantico era.
Ellen volava per l’appartamento di Tom ed era, stranamente, felice.
Non capiva il motivo di quello stato “nuvoloso”, ma si sentiva davvero contenta.
Ogni tanto, durante la visione, si era stretta il cuscino del divano al petto e aveva sospirato.
Quanto desiderava anche lei una di quelle storie d’amore vecchio stile, con mille equivoci e battibecchi che poi finiva con il trionfo dei sentimenti!
Sapeva che lei non avrebbe mai avuto niente di tutto questo, ma quel filo di malinconia che minacciava quel momento di appagamento dovuto al film, non riusciva ancora a scalfire il suo stato d’animo gioioso.
Girovagò per l’appartamento di Tom, guardando le cose sotto un altro punto di vista, sotto una nuova luce.
Era il tipico covo di un uomo.
Mobili scuri dal design moderno, regolari, minimalisti, decisamente costosi.
Sui muri pochi quadri astratti dai colori decisi e marcati.
Non c’era alcun segno della presenza femminile di Sophie, nessuna foto della ragazza e, tanto meno, di loro due insieme.
Se ci fosse stata lei al posto della sua coinquilina, sicuramente, avrebbe lasciato traccia di sé, magari solo con una piantina, una tazza colorata per la colazione, qualcosa che potesse ricordare il suo passaggio.
In fin dei conti, quei due passavano ogni momento libero insieme.
Studiò la camera da letto e una stretta al cuore la lasciò momentaneamente paralizzata.
Toccò le federe lisce dei cuscini: una bella sensazione di morbido le attanagliò i polpastrelli.
Chissà cosa si provava ad affondare il viso in un cuscino così…
Presa da un sentimento oscuro, Ellen si stese sopra il letto e sprofondò la testa nel guanciale, inspirò profondamente e l’odore di Tom l’avvolse.
Strofinò il viso sul cuscino, godendo di quella meraviglia soffice e facendosi cullare, a lungo, da quel profumo conosciuto.
Le piaceva l’effluvio di Mr. Gore, sapeva di buono e pulito.
Chiuse gli occhi, concentrandosi solo su quello e, senza rendersene conto, si appisolò.
Quando li riaprì, Ellen si ritrovò a combattere con un brutto sentimento: l’invidia.
Si rese conto con orrore che al posto di Sophie, ci sarebbe voluta essere lei a fianco di Tom e questo cancellò, definitivamente, la sensazione leggera di gioia che l’aveva accompagnata per tutto il giorno.
Si alzò, cercando di scacciare quel sentimento e provò di eliminarlo con la ragione.
Tom Gore non la riteneva nemmeno una donna, figurarsi se poteva solo pensare a lei in quel senso.
Tom Gore la odiava profondamente.
Tom Gore la vedeva solo come una massa informe di ciccia.
Ellen era solo la sua segretaria e nemmeno troppo considerata.
Nella vita reale, se facevi il tuo dovere ed eri migliore degli altri, non succedeva mai che il capo ti desse una promozione e, soprattutto, scegliesse te al posto della ragazza con il corpo da fotomodella.
Non valeva nemmeno la pena mettersi in competizione con Sophie per attirare le attenzioni di Mr. Gore, non aveva nessuna speranza.
E poi… da dove le venivano certe idee?
Lei era la prima ad odiare Mr. Gore!
Si avviò in cucina, decisa a cancellare, con un bel caffè, tutta quella tristezza non desiderata.
Cercò nei vari mobiletti la polverina scura, finché non buttò l’occhio sul frigo.
Come al solito Tom Gore era esagerato.
L’elettrodomestico era enorme, stile anni cinquanta, ma moderno, bombato e laccato argento, avrebbe potuto contenere cibo per una famiglia di sei persone.
Tuttavia, non fu la sua maestosità ad attirare l’attenzione di Ellen, ma un piccolo post-it dal colore rosa pastello che faceva a pugni con il resto dell’arredamento.
Come aveva potuto non accorgersene prima?
Si avvicinò tremante e guardò il musino simpatico di Hello Kitti.
La grafia chiara e lineare di Tom diceva: ogni lunedì ricordati di Ellen e dei suoi squisiti muffin.
Ellen si portò le mani al cuore emozionata.
Quel piccolo bigliettino rosa era l’unica cosa femminile in tutto l’appartamento asettico di Mr. Gore.
Avvicinò la mano e toccò sorpresa il bigliettino.
Un sorriso enorme le colorò il viso.
Era una sciocchezza, lo sapeva, ma il buon umore era ritornato in un lampo.
Aprì il frigo e dentro vi trovò il caffè, gongolò di felicità, quindi prese il barattolo e si avviò al fornello.
Mr. Gore aveva una caffettiera italiana, decisamente usata che stonava terribilmente con tutto il resto.
Ellen sapeva come usarla, l’aveva imparato dai vecchietti originari della penisola, nel suo lavoretto serale del week-end.
Preparò la bevanda, canticchiando felice e, quando sentì i primi borbottii del piccolo rudere, un aroma inconfondibile impregnò la stanza.
Lo bevve in piedi, amaro, come nella migliore tradizione italiana, assaporando goccia dopo goccia. Una volta terminato, sciacquò la tazza per riporla nella lavastoviglie.
Fu in quel momento che avvertì dei rumori alla porta.
Si girò di scatto e, con quel movimento brusco, la tazzina che aveva in mano, prese il volo.
Impacciata cercò di prenderla. Ribalzò sulle sue dita circa tre, quattro volte, prima di toccare, definitivamente il pavimento, rompendosi in mille pezzi.
- ELLEN! – berciò Tom Gore, fissandola allucinato – Sei proprio una combina guai! Accidenti…
Tom fissò prima lei con astio e poi la tazzina con dolore.
Si chinò a raccogliere i cocci e si paralizzò all’istante, prendendo tra l’indice e il pollice il pezzo più grande – Dove diavolo hai preso questa tazzina? – chiese contrariato.
Ellen era ancora immobile che lo fissava.
Si era sempre resa conto del fatto che il suo capo fosse un bel ragazzo, non a caso lo definiva un Dio Greco, ma ricordando il letto e le lenzuola di seta, adesso lo vedeva sotto un altro aspetto.
Arrossì violentemente, non riuscendo a spiaccicare una sola parola.
- Cristo Ellen, sei proprio una sciagura. Questa tazzina non l’hai presa dalla vetrina, vero? – domandò lui.
Oh Signore, aveva dei ricci stupendi che gli cadevano sulla fronte…
- Ellen!
Deglutì e poi lo guardò smarrita.
Uffa! Perché pensava al suo corpo adesso?
Scrollò il viso per riprendersi – L’ho presa dalla vetrina, sì – rispose, infine.
- Cazzo Ellen! Era da collezione. Le avevo fatte arrivare direttamente dal Giappone, mi sono costate un occhio della testa. Sei un disastro! – la sgridò.
Ellen sgranò gli occhi perplessa – Davvero le hai fatte arrivare dal Giappone? Tom lasciatelo dire, ma sono davvero bruttissime! E quanto hai speso?
- Non sono affari tuoi, quanto le ho pagate. Mi hai rovinato il servizio. Adesso ho cinque tazzine e sei piattini! – sbuffò lui, indignato – Come pensi di rimborsarmi, ora?
Ellen si mise le mani sui fianchi ed espirò lentamente – Rimborsarti? Ma cosa stai scherzando, per caso? Io non ti pago proprio nulla. È stata solo colpa tua! Se tu non mi avessi spaventata, la tazzina sarebbe intera! – protestò.
Come le era solo potuto balenare per il cervello l’idea di stare con un rozzo del genere?
Puah!
- Colpa mia! Ellen tu… tu… Dio! Adesso ho cinque tazzine e sei piattini! Lasciamo stare che è meglio. Piuttosto, hai fatto tutto qui?
Ellen lo guardò con un sorriso beffardo – C’è qualcosa fuori posto, secondo te?
Poi, senza aspettare una risposta, si avviò verso la vetrina ed estrasse il piattino orfano.
Lo prese tra l’indice e il pollice, alzò il braccio e guardò Mr. Gore con aria di sfida.
- Non ci provare nemmeno Ellen! – sbraitò lui – Giuro che se osi farlo io ti uccido! – continuò, avvicinandosi a lei minaccioso.
Ellen indietreggiò ridendo – Risolvo il problema così – disse, cercando di assumere un atteggiamento più ingenuo possibile, ma non riuscendo a frenare la risata che le solleticava la gola.
- Ellen… ridammi subito quel piattino!
Tom le arrivò a dieci centimetri in un attimo, allungò la mano in alto per cercare di rubarle il tesoro, mentre lei cercava di difenderlo, alzandosi sulle punte, estendendo il braccio il più possibile.
Fu quando lui si avvicinò quel centimetro in più che lei si rese conto della vicinanza del ragazzo e il suo profumo la inondò.
Ellen si sentì stordita e, senza nemmeno rendersene conto, il piattino incriminato le scivolò dalle mani e si schiantò rovinosamente per terra.
Tom spalancò gli occhi incredulo, non allontanandosi però dal suo corpo.
Abbassò lo sguardo – Ti odio Ellen Mayer. Tu sei la persona più maldestra che abbia mai conosciuto. Sei la mia rovina, mi porterai al cimitero – le sibilò all’orecchio.
Ellen fissò i cocci del defunto piattino sconsolata – Io… io…
Non voleva romperlo!
Lo giurò a se stessa e a Dio.
Voleva fargli solo uno scherzetto, ma la sua vicinanza, il suo odore… ok! C’era qualcosa che non andava in lei.
Si stava prendendo una cotta per Mr. Gore, per caso?
No, non era possibile!
C’erano vari punti per cui questa teoria non poteva essere valida: era un uomo impegnato (con la sua coinquilina, tra l’altro), era il suo capo, era un orso, era bisbetico ed era antipatico.
Insomma! Era Mr. Gore!
Già questo la diceva lunga…
Tom inarcò un sopracciglio scettico e alzò le spalle, dirigendosi verso il divano – Vorrei poterti uccidere Miss Mayer, però purtroppo mi servi viva, anche se, pensandoci bene, anche la tua morte potrebbe aiutarmi… ci rifletterò.
Si sedette e poi batté la mano sul cuscino del sofà –Avanti siediti, devo parlarti di una cosa importante. – la invitò.
Ellen gli si avvicinò titubante.
Tom Gore la stava perdonando?
Evitò accuratamente di posizionarsi proprio accanto a lui e lasciò uno spazio di un cuscino tra di loro, prima di accomodarsi sul divano.
- Senti Ellen, ho bisogno del tuo aiuto – disse, guardandola direttamente negli occhi.
Ellen trasalì.
Porcaccia la miseriaccia, aveva proprio uno sguardo intenso!
Due bellissimi occhi scuri, dolci come un bignè al cioccolato…
Scosse la testa per riprendersi. Era un incubo! – Senti mi dispiace per il piattino, io veramente… cioè… non era mia intenzione… ecco io… Cosa posso fare per te? – tagliò corto.
- Lascia stare quello stupido servizio. Ho la soluzione su come mi puoi ripagare per quel danno.
Ellen lo fissò sconsolata – E sarebbe?
- Oggi ti ha chiamata mia madre – cominciò lui, distogliendo lo sguardo – Ti sembrerà stata un po’ strana…
Ellen sorrise al ricordo della vecchietta – Effettivamente, non so per chi mi abbia scambiata, ma era convinta che io fossi la tua fidanzata – disse allegramente.
Il viso di Tom si colorò di un rosso fuoco. Vagò con gli occhi per tutta la stanza, prima di incontrare i suoi per qualche attimo, quindi li abbassò diventando, se possibile, ancora più paonazzo.
- Ecco, Ellen… vedi mia madre è una fervida credente, al limite del fanatismo… - cominciò, adombrandosi – Siccome tempo fa, si era fatta delle strane idee, sai com’è… per lei tutto è peccato se non sei sposato in chiesa, le ho raccontato una palla… - sputò velocemente.
Ellen lo guardò basita, non capendo praticamente nulla di quello che le stava dicendo.
Ma, misericordia divina… era la prima volta che lo guardava così da vicino! Ed era proprio bello, bellissimo!
- Quindi? – gli chiese, sentendosi sempre più scombussolata.
- Quindi… le ho detto che avevo una ragazza… da parecchio tempo – precisò lui.
- Da quanto precisamente? – balbettò lei.
- Uhm… - Tom fece un vago segno con le mani – Non è importante questo… da un tot, diciamo.
- E?
- Le ho detto che eri tu…
- IO? – Ellen si alzò dal divano come una molla. Accorciò le distanze e si sedette proprio di fianco a Tom – Perché io?
Altro gesto vago con la mano – Bè… ecco… non proprio tu Ellen Mayer… nel senso sì, tu, ma non le raccontavo proprio di te… insomma, stavo guidando e ho visto un poster gigante di una pubblicità di tuo padre e mi è venuto in mente il tuo nome. Non è stata una cosa mirata. L’ho fatto senza malizia. In definitiva, all’epoca eri famosa. Non so come dirlo, ma in breve, tutti conoscevano la figlia di Gordon Mayer…
Tom giocava nervosamente con la stoffa del divano. Alzò gli occhi verso di lei e poi li abbassò subito – Non ti conoscevo ancora e ho pensato che eri una ragazza perfetta, visto che non ti frequentavo. Mia madre sarebbe stata contenta e non mi avrebbe più assillato. E infatti è andata proprio così. Poi sei venuta a lavorare da me e sai… chi ci pensava più a quell’unica e innocente bugia… oggi quando ha chiamato e tu hai risposto… bè… lei ha fatto due più due…
Ellen sentiva che i suoi occhi erano talmente tanto spalancati per lo stupore che nemmeno un uovo di dinosauro sbattuto avrebbe avuto la stessa circonferenza.
Restò a fissare Mr. Gore senza osare proferire parola.
Confabulò con se stessa per cercare di capirci qualcosa.
Uno. Tom aveva mentito a sua madre, dicendole che aveva una ragazza.
Due. Quella ragazza era lei.
Tre. Quindi?
Accidenti a lui, ma proprio il suo nome doveva dire alla madre bigottona?
Ora capiva tutti quei discorsi…
Oh Dio! Quello del “solo dopo il matrimonio”… oh… ecco cosa intendeva Eleanor…
Oh accidenti!
- Quindi? – gli chiese, assottigliando lo sguardo.
- Ecco… tu hai accettato il suo invito Ellen…
- Dille che ci siamo lasciati! – esclamò d’impeto.
- Non posso farlo Ellen! Tu mi hai cacciato in questo guaio e tu mi togli dagli impicci. Quindi preparati che a Natale andiamo a casa e tu sarai Ellen Mayer: la mia fidanzata.
- Non se ne parla nemmeno! – esclamò con foga, indignata.
- Ellen… mi hai rotto un servizio da diecimila dollari! – la ricattò.
Ellen grugnì – Ho rotto solo un sesto di diecimila dollari! – protestò – E poi non è stata colpa mia!
- Per favore Ellen…
Tutta questa faccenda le risultava alquanto strana, tuttavia Ellen incominciò a pensare ad altre cose.
Si era chiesta, praticamente tutto il giorno, cosa avrebbe provato ad essere la ragazza di Mr. Gore e adesso, miracolosamente, poteva esserlo anche se per finta.
Era la sua occasione e faceva la schizzinosa?
Ma cosa aveva al posto del cervello? Segatura?
- Ellen è questione di vita o di morte. Tu non la conosci mia madre… è… è… pesante... so che ti sto chiedendo tanto e che non ti competerebbe, ma…
- Ok, ci sto!
- …ma per me è importante, faremo solo finta, ci faremo qualche carezza in sua presenza…
- Va bene!
- …lo so… dovremmo darci qualche bacio…
- Ho detto, ok!
- …solo se non ti pesa tanto… qualche bacetto, magari nemmeno con la lingua, sai mia mamma è molto credente…
- Ti ho detto di sì: ci sto!
- …dovrò anche decidere cosa dire a Sophie…
- A Sophie non diremo niente. Tutti i Natali lei va in Francia. Non ci sono problemi…
- …Dio mi ucciderà, ma lei non è il tipo che piacerebbe a mia mamma e…
- HO DETTO VA BENE. SEI SORDO?
Tom arrestò il suo soliloquio e la fissò – Come scusa?
- HO. DETTO.   V.A.   B.E.N.E.!
 
***
 
- Davvero mi aiuteresti? – le chiese, scettico.
Tom la fissò storto.
Ellen era stata troppo rapida nel rispondergli.
Sicuramente aveva qualcosa in mente.
- Sì! – rispose decisa – Adesso facciamo un corso accelerato su di noi, ok? – disse, indicando prima lui e poi se stessa, portando l’indice avanti e indietro velocemente.
- E non mi chiedi nulla in cambio? – domandò, sempre più dubbioso.
- Uff, Mr. Gore! Non è che abbia sempre un secondo fine! – esclamò, mettendo il muso.
Parlarono per una mezz’ora abbondante del loro “rapporto” e si accordarono su cosa dire in caso di domande inopportune da parte dei suoi genitori, soprattutto da parte di sua madre.
Ellen era, stranamente, eccitata.
Le aveva chiesto il motivo e lei gli aveva risposto candidamente che, finalmente, poteva mettere in pratica le lezioni di recitazioni che aveva preso.
Suggeriva avvenimenti simpatici da dire, sempre in caso di quesiti pericolosi e Tom era incredulo e sospettoso, soprattutto sospettoso.
Miss Mayer non gli aveva chiesto nulla in cambio!
Aveva abilmente eluso le domande di Ellen, perché non era ancora pronto a dirle la pura e semplice verità sul suo passato. Sul loro passato!
Probabilmente lei lo avrebbe scoperto entrando a casa sua.
Avrebbe visto il santuario che sua madre aveva costruito con le sue foto nerdissime e avrebbe fatto uno più uno, ma non gli sarebbe importato più di tanto, in fondo, Ellen sarebbe stata già troppo coinvolta e non si sarebbe tirata certo indietro.
Ellen era troppo onesta!
Non correva certo pericoli in quel senso, dopo l’avrebbe preso in giro per il resto della vita, ma anche quella, non era una cosa che gli poteva causare alcun tipo di problema.
Aveva passato cinque anni della sua vita a parare i suoi colpi e a scansare le sue prese in gire.
Ci era abituato… e poi adesso, bè… le cose erano un po’ cambiate!
Lui era come dire… figo! E lei? Lei no!
Perso in questi pensieri, non si rese nemmeno conto che Ellen gli stava parlando, finché lei non lo colpì con una piccola sberletta sulla testa – Oh! Ci sei? – lo riprese.
- Sì, scusa… mi ero distratto.
- Allora adesso che sei ritornato sulla terra, passiamo al piano più avanzato.
Tom le lanciò un’occhiataccia – Cosa intendi? – brontolò.
- Dobbiamo imparare a conoscersi fisicamente! – gli rispose, distogliendo lo sguardo.
- Eh? – Tom sgranò gli occhi sorpreso.
- Abbracciami, baciami: fa qualcosa, insomma!
Tom indietreggiò come uno stupido sul divano.
Abbracciare Miss Mayer? Baciarla?
Scoppiò a ridere come uno stupido – Cristo Ellen! Sei proprio comica, certe volte!
- Non sto scherzando! – gli rispose seriamente – Avanti abbracciami!
Tom deglutì più volte.
Il cuore cominciò a picchiargli dentro il petto come un tamburo impazzito.
Cercò di frenare quell’esplosione di emozioni, ma non ci riuscì.
No, non ci riuscì affatto!
Si chinò verso Ellen e l’abbracciò goffamente.
Si vergognava come un ladro.
E se avesse sentito che era emozionato?
Cristo, sarebbe giunta a conclusioni sbagliate.
La sua emozione era dovuta ad un sogno che stava per essere realizzato. Era solo quello il motivo per cui il suo cuore batteva! Lui lo sapeva, ma Ellen no!
- Mr. Gore, impegnati! – lo apostrofò lei.
Timoroso, si avvicinò ancora e abbracciò Ellen circondandole la schiena, inspirò vicino ai suoi capelli e, d’istinto, vi appoggiò la guancia.
Profumava.
Si doveva essere lavata i capelli quella mattina stessa, perché quel buon odore era ancora vivido.
Timoroso allungò la mano e le accarezzò la chioma bionda.
Liscia, morbida e setosa, come si era sempre immaginato.
Sarebbe voluto rimanere così per sempre: con il cuore che batteva forte e la mente inebriata dal quel profumo meraviglioso.
- Ok… adesso prova a baciarmi – mormorò Miss Mayer con una voce, stranamente, bassa e roca.
Tom si staccò a malincuore, ma felice.
Oh… le avrebbe dato il bacio più bello di tutta la sua vita.
Quel bacio che aspettava di uscire da lui da ormai dodici anni abbondanti.
Quel bacio che aveva desiderato in tutti i modi possibili ed immaginabili ed Ellen avrebbe capito, prima o poi, cosa si era persa.
Quella sarebbe stata la migliore delle vendette.
Quando Miss Mayer avrebbe compreso chi era in realtà lui, si sarebbe pentita amaramente di tutto ciò che gli aveva fatto in quei lunghi cinque anni di liceo e si sarebbe mangiata tutte e cinque quelle ditina fonfe che aveva!
Al diavolo tutto!
Al diavolo, il suo cuore che era un treno in corsa.
Al diavolo, le mani che tremavano.
Al diavolo, quelle stupide emozioni che non riusciva a capire da dove saltassero fuori.
Finalmente, era arrivato il grande momento, la guerra stava per finire e ci sarebbe stato solo un unico ed incontrastato vincitore: lui!
Prese delicatamente il viso di Miss Mayer tra le mani e la guardò, poi avvicinò le sue labbra a quelle rosee della ragazza e la baciò, con veemenza, con forza, con dolcezza, con tutto l’amore che aveva provato per quella bisbetica e antipatica reginetta del liceo.
Avvertì la potenza del battito, sentì il suo cuore frantumarsi per poi ricomporsi e ritornare a pompare, per poi distruggersi ancora e ancora in mille pezzi e risorgere.
Mai in vita sua aveva provato una cosa del genere, mai…
Ed Ellen era stata all’altezza anche di quello.
Quel loro primo bacio non aveva nulla a che fare con quello che si era immaginato per tutti quegli anni.
Le emozioni che pensava di poter provare erano misere in confronto a ciò che sentiva in quel momento.
Si staccò lentamente da lei, con ancora gli occhi chiusi.
- Ah!
Quell’esclamazione inaspettata fu come uno schiaffo in faccia.
- Ah! Cosa? – si informò, fissando Ellen spaesato.
- Ah! Come dire: tutto qui? Ecco… credevo fosse diverso. Sophie ti dipinge come il baciatore del secolo… invece, bè… non era niente di che… un bacetto… niente di più… - rispose lei con una certa indifferenza.
- Scusa? – non poteva crederci, si era impegnato così tanto!
Come era possibile? Per lui era stato il bacio più bello di tutta la sua vita.
Si rese conto di essere triste: ancora una volta, Ellen Mayer l’aveva messo da parte, escluso, ignorato.
- Aspetta, riproviamo! Non mi sono impegnato più di tanto, perché credevo ti desse fastidio… - mentì spudoratamente.
- Bè… Mr. Gore… io sono un’attrice e mi devo calare nel ruolo, quindi da vera professionista non mi dà fastidio, impegnati pure… - specificò.
Tom non se lo fece ripetere due volte e la baciò ancora, con più foga, più passione, più calore.
Immerse le dita negli splendidi capelli di Ellen e poi con una mano, abbandonò la chioma per accarezzarle le guance morbide.
Succhiò e mordicchiò le labbra fino a perdere il contatto con la realtà.
Ellen si allontanò di colpo.
- Uhm… - mormorò.
- Uhm… cosa? – le chiese, speranzoso.
Lei lo fissò stranita e si alzò di scatto – Ok, così va un po’ meglio – sentenziò – Abbiamo un discreto margine di miglioramento. Adesso devo andare – non aveva ancora terminato la frase che si era già infilata il cappotto ed aveva aperto la porta – Ci vediamo domani in ufficio, Mr. Gore.
E sparì.
Lasciandolo indifeso e sbigottito sul divano.
Tom ci mise qualche minuto a riprendersi, poi come un automa si recò in camera.
Si tuffò sul suo letto a pancia in giù e sprofondò il viso nel cuscino, inebetito.
Si rigirò per cinque minuti e poi imprecò.
Cazzo! Sentiva il profumo di Miss Mayer ovunque, sembrava che la federa ne fosse impregnata.
Sibilò una bestemmia tra le labbra, quando si mise una mano sull’inguine e toccò il rigonfiamento.
C’era qualcosa che non stava andando per il verso giusto.
Decisamente, no!
 
***
 
Ellen barcollò fuori dall’edificio e non appena l’aria pungente le punse il viso, cercò di riprendere fiato a pieni polmoni.
Era stato il bacio più bello che avesse mai ricevuto.
Si appoggiò ansimando al portone e scosse la testa incredula.
Tom Gore era sesso allo stato puro, ma non era solo quello il punto.
Lo sapeva bene e un’ombra di tristezza le avvolse il cuore.
Tom Gore era l’uomo di Sophie e l’aveva appena ingaggiata come sua fidanzata momentanea.
A lui non interessava altro che togliersi dai guai con sua madre e lei… lei si stava innamorando perdutamente di Mr. Gore.
 
 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***



grazie a PinkyCCh per il meraviglioso banner

e il bellissimoTRAILER


Come sempre sono in ritardo...
Comunque GRAZIE di cuore per aver accolto l'ultimo capitolo con un sacco di recensioni.
Mi sono sentita veramente amata.
Grazie ragazze.
Grazie a chi mi segue, ricorda, preferisce.
Grazie a chi legge.
Un grosso bacio a tutte e spero che questo capitolo sia altrettanto bello per voi.
Io l'ho amato in modo particolare.
Besos MandyCri


Chiunque voglia diventare "litigarella/o" clicchi qui L'amore non è bello se non è litigarello

Ricordo le mie storie in corso per chi volesse leggerle
J&J: Jenna & Jack
Fratelli di sangue

 
§§§


CAPITOLO 19
 
- Oh Cindy… - Ellen sospirò – Non so davvero cosa mettere in valigia.
- Senti, calma e sangue freddo. Dimmi cosa ci hai ficcato fino ad ora. – esclamò l’amica al telefono, con tono combattivo.
Ellen guardò dentro la borsa e le vennero le lacrime agli occhi – Il vestito azzurro che ho comprato per George… - mormorò.
- E poi?
- E poi basta! – urlò quasi.
- Eh? Come basta…
- Oh Cindy, non ho niente di decente. Il mio guardaroba è come dire… povero, poverissimo! Ho solo degli orribili pantaloni marroni, beige e grigi. Non mi sono più comprata niente di colorato, per via delle mie dimensioni e adesso mi servirebbe qualcosa di carino per uscire con Mr. Gore. Dio! Come faccio? Arriverà tra un quarto d’ora e io non sono ancora pronta. – piagnucolò.
- Ce l’hai dei jeans? – le chiese l’amica.
- Sì… - rispose incerta.
Non le piacevano i jeans, non da quando era ingrassata, ne aveva comprati giusto due paia per le sue serate dai vecchietti. Li abbinava a dei maglioncini di lana leggera dai colori pastello che usava solo al venerdì e al sabato sera, perché gli anziani non la facevano sentire una massa di lardo e non la giudicavano dal suo sedere gigante.
- Quanti? E maglioncini decenti?
- Due paia e due o tre maglioni leggeri, sai quelli del mercato…
- Allora, ascoltami bene. Adesso infilati un paio di jeans e mettiti un maglioncino per il viaggio. L’altro paio lo cacci in valigia insieme agli altri maglioni. Porta il vestito azzurro e chiudi quella cazzo di valigia. Domani andiamo insieme a fare shopping, così finalmente passiamo una giornata io e te, come ai bei vecchi tempi.
- Io… - cercò di protestare, ma Cindy la interruppe subito.
- Non portarti tanta roba intima, perché immagino che userai quella di mia nonna. Compriamo tutto domani. Preparati, perché dovrai strisciare parecchie volte la tua “Golden Card”. Sia ringraziato Dio che mi ha concesso un’amica ricca!
Ellen scoppiò a ridere.
Cindy l’aveva massacrata di parole, quando le aveva spiegato che negli ultimi quattro anni, aveva strisciato la carta di credito del conto legato alla ditta di suo padre, solo in occasione dell’uscita con George Morris. Non aveva apprezzato per niente il fatto che avesse cercato di mantenersi solo con le sue forze e l’aveva insultata, quando le aveva detto che aveva lavorato in un’impresa di pulizie e, il fine settimana, dai vecchietti per poter pagare l’affitto del minuscolo appartamento che condivideva con Sophie.
Non che Cindy fosse una ragazza arida e viziata. Semplicemente, aveva una visione della vita diversa.
L’amica non concepiva il fatto che, se una persona aveva i soldi, dovesse vivere di stenti. Oppure, come nel suo caso, lavorasse come sguattera, quando poteva dirigere la Mayer Corporation, visto che ne era socia a tutti gli effetti e, ancora di meno, non le andava giù che lei, Ellen Mayer, con uno stipendio a quattro zeri e un conto in banca con sette zeri, non utilizzasse quel ben di Dio.
Lo trovava squallido e offensivo per chi non ne aveva, come lei.
Questo le aveva detto ed Ellen ci aveva riflettuto un po’ su e, forse, era d’accordo con l’amica.
Gran parte dello stipendio che percepiva dalla Gordon Corporation, però, andava, mensilmente e in forma anonima, al fondo della parrocchia che si occupava dei senza tetto e offriva loro un riparo e un pasto caldo.
Ellen non era una fervida credente.
Credeva in Dio, ma in forma più privata. Ogni tanto si recava in chiesa per assistere alla funzione, ma spesso non ci pensava nemmeno, più per una forma di pigrizia che altro.
Nessuno sapeva della beneficienza, nemmeno Sophie con cui condivideva l’appartamento da ben quattro anni.
A Cindy non aveva detto nulla, nonostante, da quando si erano risentite, il loro rapporto fosse ritornato esattamente come quello di un tempo.
Per Ellen, la beneficienza era una cosa solo sua. Una parte di lei che non voleva condividere con nessuno. Un discorso riservato tra lei e Dio.
- Ehi Ellen, hai capito? – le domandò Cindy dall’altra parte del filo.
- Certo! Ho quasi più o meno – esclamò soddisfatta nel vedere la valigia quasi pronta. Si rabbuiò subito – Non ho veramente un solo capo di biancheria intima decente! – mormorò.
- Bè a cosa ti serve? Se non sbaglio sei solo una fidanzata in prestito! – ironizzò l’amica.
Ellen si morse il labbro inferiore – Non ho mai pensato il contrario! – si giustificò subito – Oh Dio, Cindy… Mr. Gore è così bello… sono una stupida. Ecco cosa sono! Solo perché mi ha dato un bacio, sto già costruendo i castelli in aria e penso alla biancheria intima sexy! Sarà già tanto se non scoppia a ridermi in faccia, davanti a sua madre!
- Senti Ellen… a proposito di Tom Gore… non ci siamo più ritornate sull’argomento, se non per i tuoi insulti e per la descrizione dettagliata che mi hai dato delle sue doti da baciatore, però mi sento in dovere di metterti in guardia. Non so come tu faccia a non ricordarti di lui, ma Mr. Gore è…
- CINDY! – la interruppe – Devo chiudere adesso. È arrivato. Oh Signore… speriamo bene… augurami buona fortuna. Ci vediamo domani, così mi spieghi da cosa mi devi mettere in guardia.
Chiuse la telefonata di getto, fece in tempo solo ad udire le ultime parole dell’amica.
- No! Aspetta Lelly, Mr. Gore è… - ma ormai il suo dito aveva già premuto il tasto rosso.
Ellen alzò le spalle e si fiondò ad aprire la porta.
Indossò il suo piumino. Prese la sciarpa e il cappello e trascinò la valigia leggerissima.
Controllò che tutto fosse ben chiuso, diede tutti i giri possibili di chiave e poi si fermò un attimo.
Sospirò profondamente e un sorriso le illuminò il bel viso: era pronta per una nuova avventura con Mr. Gore!
Tom l’aspettava sul ciglio della strada, in piedi davanti al taxi.
Nonostante sapesse benissimo che Sophie era partita per ritornare in Francia per le festività natalizie, Tom non aveva sentito ragioni per salire su, ne avevano discusso tutto il giorno prima. Lui aveva messo le mani avanti, quando lei gli aveva ventilato l’ipotesi di aiutarla a portare giù la valigia, insomma quando credeva ancora che sarebbe stata colma di vestiti, cosa che ovviamente, con il senno di poi, non si era avverata.
Tom aveva paura, o meglio, era terrorizzato che qualcuno potesse vederlo e poi riferirlo alla sua fidanzata.
Ellen arricciò il naso, che lei sapesse, nessuno conosceva così bene Sophie nel quartiere!
Uscì dal portone allegra, salutò Henry il giornalaio con la mano.
- Ellen sei in partenza? – le urlò.
- Sì Henry, vado a trovare i miei genitori, ci vediamo tra due settimane – gli rispose felice.
- Mi raccomando, fa buon viaggio e guarda che ti aspetto!
Lei annuì e lo risalutò.
Si sentiva così bene.
Tom Gore era in piedi girato di spalle, davanti al taxi.
Ellen deglutì nervosa, quando lo vide avvolto in un bellissimo cappotto che, sicuramente, gli era costato un occhio della testa. Ammirò la stazza imponente e le spalle larghe e si sentì fortunata: per quindici giorni, quel Dio Greco sarebbe stato solo suo, anche se per finta.
Non poteva credere alla fortuna che le era capitata.
- Ehi Tom! – esclamò su di tono.
Il ragazzo si voltò lentamente ed Ellen si bloccò di colpo.
Sgranò gli occhi sorpresa e, infine, scoppiò in una sonora risata.
- Smettila! – l’ammonì a denti stretti lui.
- Oh Dio… Tom… come ti sei conciato… - disse a stento, non riuscendo a fermare l’ilarità che la stava divorando.
- Miss Mayer… smettila! – ribadì lui con il muso.
- Da dove… da dove escono quei fondi di bottiglia? – gli chiese, riprendendo a ridere come una matta.
- Entra nel taxi! – ordinò lui che sembrava alquanto inviperito e imbarazzato nello stesso tempo.
Ellen si accomodò, lui si sedette di fianco e fece segno al taxista che aveva appena finito di sistemare la sua valigia nel bagagliaio della macchina, di procedere.
- Dio Tom… non ti avrei mai riconosciuto… - continuò lei – Mi ricordi le vignette comiche…
- La vuoi smettere Ellen? Non sei per niente spiritosa!
- Quante sono queste? – domandò, piazzandogli davanti cinque dita ad un centimetro dal naso.
- Ah! Ah! Ah! Ma come ci stiamo divertendo! – rispose lui con sarcasmo.
- Hai presente i disegnini degli occhiali con i cerchi concentrici… stai veramente malissimo, Tom!
- Finiscila, Ellen. Guarda che la mia pazienza ha un limite. – l’ammonì ancora lui.
Cercò di darsi una calmata, senza riuscirci troppo. Lo fissò di sottecchi e poi scoppiò nuovamente a ridere – Che hai fatto ai capelli? – gli chiese, accorgendosi solo in quel momento che i bei ricci alla Tom Gore erano completamente spariti per dar spazio a delle ondine terribili, schiacciate da una marea di gel e con una riga in parte di dubbio gusto.
- A mia madre piacciono così! – disse a denti stretti il ragazzo – E ho messo gli occhiali, perché la mia cara mamma afferma che le lenti a contatto sono oggetti del diavolo. Se Dio mi ha dato il fardello degli occhiali, io lo devo portare con orgoglio per essere premiato nel Regno dei Cieli. Le lenti a contatto servono solo per sembrare più carino e quindi portano al peccato. – spiegò infine, sfilandosi il cappotto.
Ellen sbarrò gli occhi sconcertata – Davvero tua madre è a questi livelli? – domandò stupefatta.
Mr. Gore grugnì – Senti Ellen, parliamoci chiaro: tu sei qui per aiutarmi con la mamma. Lei vuole una fidanzata onesta e senza peccato? Ce l’avrà. Lei vuole che porti gli occhiali? Lo faccio. Così non mi rompe le palle e io posso fare quel cazzo che voglio. Per due settimane all’anno le dò quello che desidera. Lei è felice e io altrettanto. Chiaro?
Non era riuscita a togliersi dal viso, l’espressione sconcertata che sapeva di avere.
Sorrise, perché proprio non ce la faceva a restare seria con un Mr. Gore conciato in quel modo e poi sospirò – Nessun problema per me! Sarò una Santa, proprio come Eleanor desidera! – affermò convinta.
Poi si accorse della penna stilografica che spuntava dal taschino della giacca del bellissimo abito, sicuramente anche quello su misura, che sfoggiava Tom e scoppiò a ridere per l’ennesima volta – Cristo Santo Tom! Ancora quel catorcio ti porti dietro!
Mr. Gore grugnì per l’ennesima volta – Me l’ha regalata lei. Ci tiene! – sibilò.
- Graffia! – lo stuzzicò.
- Non è vero. Scrive da Dio. – brontolò lui.
- Scrive di merda e puzza di pattumiera! – aumentò la dose.
Tom si girò verso di lei e si tolse gli occhiali con un gesto stanco.
Ellen deglutì. Ok! Aveva quella pettinatura da Clark Kent, ma era bellissimo lo stesso.
- Funziona bene Miss Mayer con dei piccoli accorgimenti. – sfilò la stilo dal taschino e le fece l’occhiolino.
Ellen sorrise radiosa nel vedere la penna di Hello Kitty con il cappuccio della Mont Blanc.
L’aveva detto lei che quelle stilografiche scrivevano da Dio!
Il tempo volò e Ellen si ritrovò a fare il check-in, senza nemmeno rendersene conto.
Si sentiva emozionata come non lo era da tanto e si rese conto che tutta quella felicità era dovuta alla vicinanza di Mr. Gore.
Da quando era entrato nella sua vita, molte cose erano cambiate.
Si sentiva di nuovo la Ellen piena di gioia di un tempo, quella che non aveva paura di niente.
Non le importava quasi più della sua enorme stazza.
Tom Gore le aveva dato una possibilità e lei era stata all’altezza.
Era una brava impiegata e il suo lavoro e i suoi colleghi le piacevano.
Wenda la trattava con rispetto. Erik e Freddy la adoravano. Estella, Loraine e Maddison la trattavano come una di loro, anche se era l’ultima arrivata e poi c’era Mr. Gore.
Il suo bellissimo capo che, in quel momento, occupava il posto accanto a lei in aereo e lei era la sua fidanzata…
Fidanzata per finta, ma pur sempre fidanzata a tutti gli effetti, per ben due settimane!
Ellen cominciò a pensare che, tutto sommato, quella era la sua occasione.
Gli avrebbe dimostrato che valeva e che non sarebbe stato poi così male stare con lei, per davvero.
Si ritrovò fiduciosa e piena d’aspettative, proprio come quando era partita da casa con tanti sogni nel cassetto.
Adesso, invece, stava tornando a casa con mille speranze: coincidenze della vita!
Si girò verso Mr. Gore che, nonostante gli occhiali dalle lenti spesse e la dubbia pettinatura, continuava ad emanare un fascino straordinario, probabilmente era il vestito di Armani.
- Noi siamo nati e cresciuti nella stessa cittadina. – disse – Adesso che ti osservo bene, mi ricordi qualcuno…
Mr. Gore si agitò sulla poltrona – Davvero? E chi? – chiese, deglutendo vistosamente.
- Mmm… non ti ho ancora inquadrato bene… - si grattò il mento pensierosa – Sono sicura di averti già visto da qualche parte, frequentavamo lo stesso liceo per caso? Mi sembra strano di non riuscire a collocarti in un periodo specifico… voglio dire, mi sarei sicuramente ricordata di te se ci fossimo conosciuti eppure so di averti già incontrato. Ce l’ho qui sulla punta della lingua…
Tom storse la bocca, poi la fissò stranamente – Davvero? Vediamo… - si tolse gli occhiali e le si avvicinò, le sfiorò la bocca con le labbra e poi gliela leccò con la punta della lingua, delicatamete, come se niente fosse, lasciandola senza parole e un po’ tremante.
- Adesso non hai più niente! Ho pulito tutto. – la sbeffeggiò, rimettendosi quei maledetti e bruttissimi occhiali.
Ellen lo fissò con il grugno – Spiritoso! – grugnì, mentre dentro di lei, c’era la banda che suonava l’inno nazionale.
- Tom, scusa se te lo chiedo, ma te le sei portate le lenti a contatto in valigia? – gli chiese, con il suo sorriso da Miss Universo, per sdrammatizzare la situazione che per lei era diventata insostenibile.
Si rendeva conto quello scemo che stava giocando con il fuoco?
Se continuava così, Ellen non aveva dubbi che gli sarebbe caduta ai piedi, in men che non si dica.
Non poteva, doveva trovare una soluzione! E cosa c’era di meglio, se non una battuta per riportare su un piano di parità le cose?
Quello era Mr. Gore, il suo capo, nonché fidanzato della sua coinquilina che, per molto tempo, aveva considerato sua migliore amica, anche se sapeva bene che Sophie non lo era mai stata e che quest’ultima l’aveva solo sfruttata, quando aveva bisogno.
- Sì, sono in valigia. Perché? – chiese, guardandola ancora con aria soddisfatta, come se avesse capito il potere che aveva su di lei.
- Così, quando siamo soli, le puoi indossare, non ti porto in giro conciato in quella maniera. – rispose, alzando le spalle – Mi faresti fare brutta figura… - lo scrutò, socchiudendo leggermente gli occhi e arricciando le labbra – Ecco! – esplose all’improvviso – Adesso mi è venuto in mente chi sei! Sei il fratello bruttino di Clark Kent! – scoppiò a ridere sodisfatta.
Tom divenne serio di colpo – E tu ti sei portata la pozione magica? Così, quando siamo soli, puoi usarla per trasformarti da palla di lardo in Sophie! Almeno saresti scopabile! E non mi farebbe ribrezzo avvicinarmi a te, visto che sono costretto. – soffiò acido.
Ellen lo fissò inebetita.
Non riuscì a soffocare un singhiozzo.
Si girò di colpo verso il piccolo finestrino dell’aereo per nascondergli le lacrime che non riusciva a trattenere.
Il suo voleva essere solo uno scherzo…
Non voleva offenderlo.
Tom Gore era uno degli uomini più belli che avesse mai visto e conosciuto, non lo sapeva forse anche lui di non essere uno qualunque?
Trattenne un altro singhiozzo e si rese conto che quelle due settimane non sarebbero state un viaggio di piacere.
Mr. Gore non era felice di stare con lei. Era stato obbligato ad invitarla, solo perché, purtroppo, aveva parlato con sua madre… tutto per un banalissimo equivoco.
Lui era innamorato di Sophie, della bella, magra e prorompente Sophie.
Come aveva solo potuto credere che uno come Mr. Gore potesse pensare ad una come lei?
Alzò una mano per asciugarsi quelle maledette lacrime che non ne volevano sapere di non uscire e si accorse che stava tremando.
Come poteva esser stata così stupida, cretina e credulona?
Che sciocca…
Tom le prese la mano, inaspettatamente – Scusa Ellen, non volevo…
Ellen la ritrasse subito, come scottata. Non si girò e continuò a fissare ostinatamente il finestrino.
Non gli avrebbe mai dato alcuna soddisfazione.
Tom Gore non avrebbe mai visto quanto quelle parole l’avevano ferita e scossa.
Ingoiò l’ennesimo singhiozzo e si immerse in un mutismo assoluto.
- Ellen… - la chiamò Tom – Ti prego, scusami. Ho esagerato. Davvero non volevo ferirti…
Non gli diede retta.
Avrebbe fatto la sua parte. Avrebbe recitato come lui si aspettava.
Strana la vita, finalmente aveva il ruolo da prima donna che aveva sempre sognato, ma non era felice.
Quello non era un film da oscar, nessuno l’avrebbe premiata con la statuetta. Quella era la sua vita e, per la prima volta, Ellen si rese conto di averla gettata via giorno dopo giorno, senza assaporarla veramente.
Al liceo si era mostrata frivola e senza cervello, solo per essere popolare e amata.
Quando aveva deciso di rincorrere il successo, aveva dato via il suo corpo per un nonnulla e si era trovata sola.
Poi, si era lasciata andare, abbuffandosi con tutto ciò che le capitava e si era nascosta dietro al suo vittimismo e la sua voglia di riuscire, senza chiedere niente a nessuno e adesso?
Adesso si era umiliata, facendo finta di essere la fidanzata di Tom Gore, per poter assaporare la gioia di stare con l’uomo di cui era innamorata.
Lui le prese nuovamente la mano, ma lei la ritrasse nuovamente, stringendosi ancora di più verso il finestrino.
- Ellen… scusa… non volevo, davvero… - le disse, avvicinandosi a lei e sovrastandola con il suo corpo.
La circondò, per quel che era possibile, abbracciandola e appoggiando il viso sulla sua spalla.
Le asciugò le lacrime che continuavano a scendere inesorabili e le baciò delicatamente la guancia.
- Ellen – sussurrò vicinissimo – Mi perdoni?
Lei negò con il viso, ma il suo stupido cuore galoppava forte, verso un mondo fatto di sogni e castelli in aria che Ellen conosceva bene.
La sua mente sapeva perfettamente che i primi non si sarebbero mai avverati e i secondi si sarebbero infranti, demoliti dalle sue lacrime, goccia dopo goccia.
 
 
 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***



 
grazie a PinkyCCh per il meraviglioso

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Ciao a tutti!
Eccomi qui con un nuovo capitolo tutto per Ryo13 te l'avevo promesso Rita ed eccolo qui,
Fai buon viaggio e in bocca al lupo per il tuo viaggio, hai tutta la mia ammirazione.
Grazie a chi recensisce, ricorda, segue e preferisce.
Grazie a chi mi ha inserita tra gli autori preferiti: siete tantissime! E chi se lo immaginava, quando ho cominciato quest'avventura se EFP...
Oh grazie! perché senza la vostra presenza non sarei ancora qui, ma continuerei a tenere privati i miei racconti.
Mi avete come dire... dato la forza di far leggere anche ad altri, perché un po' mi vergognavo.
Comunque.... visto che il racconto non è finito, lascio queste sdolcinerie all'epilogo!
Allora il gruppo è sempre lo stesso L'amore non è bello se non è litigarello.
Le storie idem
J&J: Jenna & Jack
Fratelli di sangue

Vi avviso che terminate queste storie ho in mente un altro racconto che si intitolerà SOGNI, FAVOLE E BUGIE.
Adesso buona lettura.
Besos MandyCri

 
Un grazie particolare a _ F i r e  per il BELLISSIMO BANNER che mi ha dedicato. Grazie, grazie e grazie!
 



CAPITOLO 20
 
Tom recuperò le valigie e si affiancò ad Ellen che lo stava aspettando in disparte.
Non aveva più detto una sola parola per tutto il viaggio e, quando lui si era offerto di aspettare e prelevare i bagagli, aveva semplicemente annuito, tirando su con il naso.
Aveva pianto tutto il volo.
Si sentiva un verme.
Aveva esagerato, lo sapeva, ma aveva tentato in tutti i modi di chiederle scusa.
Miss Mayer, al contrario di quello che si sarebbe aspettato, non si era infervorata ad insultarlo, non l’aveva seccato con una delle sue battutine piene di sarcasmo, non aveva rivoltato la sua infelice uscita a suo favore, chiedendogli, magari, l’ennesimo aumento.
Ellen era stata zitta e questo l’aveva non solo sorpreso, ma messo anche in una posizione di svantaggio.
Era pronto a tutto con Ellen, ma non a questo e si sentiva uno schifo.
Sarebbe stato tutto più facile, se lei avesse tirato fuori la sua solita grinta e gli avesse risposto a tono, ma Miss Mayer era diventata stranamente silenziosa.
L’aveva ferita. Ferita alla grande e Tom si maledisse per l’ennesima volta.
Se da un certo punto di vista, poteva godere della situazione, dall’altro si trovava stranamente preoccupato.
In un certo qual modo, si era finalmente vendicato eppure non aveva provato un solo grammo di felicità in tutto ciò, anzi, aveva quasi il timore di averla persa per sempre, il che era veramente assurdo: lei non era niente per lui, se non uno stupido amore adolescenziale e un’impiegata impicciona e maldestra.
Non sapeva esattamente cosa gli stava succedendo, ma avrebbe pagato un milione di dollari, pur di rivedere quel sorriso da Miss Universo sulle labbra di Ellen, quel sorriso così comandato che faceva capitolare qualsiasi persona, uomo o donna che fosse. Quello stesso sorriso che, più di una volta, si era chiesto come facesse una persona, con un minimo di quoziente intellettivo, a non capire che era falso come il peccato.
Lo stesso sorriso che adesso, però, mancava anche a lui.
- Ellen… - mormorò.
Quando fu certo della sua attenzione, Tom cominciò il suo discorso – Mia madre e mio padre sono venuti a prenderci all’aeroporto. – tacque un attimo e quando la vide annuire, senza distogliere lo sguardo dal pavimento, continuò – So di essermi comportato come un cretino e ti chiedo, ancora una volta, scusa. Non so nemmeno io, cosa mi sia preso… sono stato uno stronzo e fai bene a non volermi più parlare. Se vuoi dico che, all’ultimo momento, non sei più potuta venire e ti chiamo un taxi, prima che ci vedano insieme, in modo tale che tu possa raggiungere in tutta tranquillità casa tua…
Ellen distolse, solo per un attimo, gli occhi da terra e lo guardò sfuggente. Poi alzò le spalle, senza proferire parola.
Tom strinse forte la mano sul manico della valigia che trascinava e con l’altra si strofinò l’occhio sinistro sotto le pesanti lenti – Sappi che non ti biasimo. Sono stato un imbecille…
La ragazza alzò, nuovamente, le spalle, come per confermare le sue parole.
- Lo capirei Ellen, sai… - provò un’altra volta, ma nemmeno questo la distolse dalla catalessi che si era impossessata di lei.
- Cristo Ellen, mi stai ascoltando? – sbottò spazientito.
Lei si fermò di colpo e posò gli occhi arrossati dal pianto su di lui – Continui ad essere prepotente Mr. Gore! – gli disse truce – Il taxi va benissimo.
Quelle parole lo lasciarono annichilito.
Davvero Ellen non voleva più far finta di essere la sua ragazza?
Un brivido di terrore lo scosse. Cosa avrebbe detto a sua madre?
La fissò angosciato – Ellen… io… dicevo così… tanto per… non volevo veramente… non puoi abbandonarmi! – balbettò, confuso.
Ellen gli sorrise per la prima volta, dopo la sua infelice uscita – Stavo scherzando Mr. Gore. Farò la tua finta fidanzata, finché non ritorneremo a casa e non ti preoccupare, saprò come vendicarmi per tutto il resto. Lo sai che ho una memoria da elefante? Eh sì! Non solo le mie dimensioni sono grandi… purtroppo per te, non dimentico niente. Ci puoi scommettere! – gli regalò quel fastidiosissimo e attesissimo sorriso che tanto gli era mancato e si diresse galvanizzata, verso il bar vicino – Prima di incontrare i tuoi genitori, voglio sapere qualcosa di loro. Vedrai ti stupirò con le mie doti interpretative.
Tom inarcò un sopracciglio – Non vorrai mica un altro aumento, vero? – le chiese dubbioso, seguendola.
Ellen scosse la testa – Posso avere molto di più. Posso avere tutto ciò che voglio, visto che so come posso ricattarti… - insinuò, tranquilla.
Avvertì il suo corpo irrigidirsi, poi osservò i lineamenti dolci del viso di Ellen, scrutò gli occhi arrossati e l’espressione gentile con cui l’aveva minacciato e sorrise anche lui.
Si mise una mano sul cuore – Tremo… - sussurrò, stando al gioco – Temo di aver commesso l’errore più grande della mia vita, chiedendoti aiuto, ora sai tutti i miei segreti.
Ellen scoppiò a ridere e Tom si tranquillizzò.
Trascorsero qualche minuto al bancone, sorseggiando un caffè e le raccontò a grandi linee il carattere dei suoi genitori, li descrisse fisicamente, finché non fu lei stessa ad interromperlo.
- Ok! Mi può bastare. Guarda ed impara! – gli disse agguerrita, alzandosi dallo sgabello.
Tom la seguì come un cagnolino.
Avere Miss Mayer a dirigere i giochi non gli incuteva molta fiducia, ma doveva, per forza, fidarsi di lei.
Tutto sommato, Tom aveva capito una cosa fondamentale: non aveva più voglia di vendicarsi del passato.
La compagnia di Ellen gli piaceva.
Lei era… era imprevedibile.
Il suo sorriso, falso e non, gli era penetrato nelle ossa e il ricordo dei baci che si erano scambiati, bè… gli faceva ancora battere forte il cuore.
Quando era con Miss Mayer, non pensava mai a Sophie.
Forse Gaccio aveva ragione, quando sosteneva che quella ragazza era una delle tante che sarebbero passate nel suo letto, senza lasciare traccia nel suo cuore.
Eppure Sophie gli piaceva… ne era certo! Era bella, magra, aveva due gambe incredibili…
Forse quella piccola vacanza forzata gli avrebbe dato delle risposte anche sulla sua vera fidanzata.
Gaccio, tra meno di una settimana, li avrebbe raggiunti e, magari, Tom si sarebbe potuto prendere una piccola pausa da Ellen, anche se, in fondo, gli dispiaceva un pochino e, in tutta sincerità, non voleva che quei due stessero troppo tempo insieme, visto la devozione che Miss Mayer provava per il grande scrittore George Morris.
Accidenti a lui!
- Eleanor! Jimmy! Siamo qui!
Tom si riscosse dai suoi pensieri, sentendo Ellen chiamare a gran voce i suoi genitori.
Sgranò gli occhi sorpreso, vedendola procedere, quasi correndo, proprio verso sua madre e suo padre.
Come diavolo aveva fatto a riconoscerli?
La descrizione che aveva dato di loro era, a dir poco, sommaria.
Sveltì il passo per non lasciarla, nemmeno un secondo, sola in loro compagnia.
- Mamma, papà… ciao… questa è Ellen… - disse, facendosi mentalmente il segno della croce e prendendole la mano con affetto.
 
***
 
Eleanor non era affatto vecchia come se l’era immaginata, quando le aveva parlato al telefono, anzi, era proprio il contrario di ciò che si aspettava!
Era sulla cinquantina, probabilmente aveva avuto Tom a poco più di vent’anni.
Era una donna paffuta e piuttosto bassa, con corti capelli ricci e gli occhi scuri.
Aveva un volto gioviale e le gote rosse le conferivano un’aria simpatica.
Insomma non era vecchia e non sembrava affatto malata!
Da quanto tempo Tom continuava quella farsa della finta fidanzata?
Jimmy, invece, era un uomo piuttosto alto con i capelli brizzolati, una pancia pronunciata e dei buffi occhiali rotondi e rossi con le lenti spesse come fondi di bottiglia: ecco da chi aveva preso la miopia il suo caro Mr. Gore!
Li aveva riconosciuti subito.
Erano gli unici che si guardavano intorno come se da un momento all’altro dovesse comparire il Messia.
Tom era stato un po’ avido nelle sue descrizioni, ma le era bastato vedere le espressioni sognanti di quei due per capire chi fossero!
Chissà perché aveva pensato ad Eleanor come ad una donna rigida e rinsecchita…
La donna l’abbracciò – Ellen che piacere conoscerti, dopo tutti questi anni! Oh Signore Benedetto… fatti guardare! Sei bellissima. Ti immaginavo scheletrica e deperita come nelle foto che mi mostrava Tom. Devo essere sincera, ho dato la colpa a te, quando ho visto Tom dimagrire in quel modo. Invece tu sei la salute in persona… meravigliosa!
Ellen quasi soffocò in quell’abbraccio, finché Tom non la salvò – Ehi mamma! Guarda che così me la consumi e io la vorrei tenere ancora un altro paio di anni! – scherzò, allontanandola dalla donna e attirandola a sé con fare possessivo, per poi circondarle la vita affettuosamente.
Jimmy le diede la mano con cordialità – È un piacere conoscerti Ellen.
Lei sfoderò il suo sorriso da Miss Universo – Il piacere è tutto mio.
- Figliolo che hai fatto a questa ragazza? Perché ha gli occhi rossi? – indagò subito Eleanor preoccupata, dimostrandosi un’attenta osservatrice.
Avvertì Tom irrigidirsi al suo fianco.
- Abbiamo avuto una discussione sul peso. – rispose lei e Tom le strinse forte la vita– Sa Eleanor, suo figlio vorrebbe che dimagrissi un po’. È ancora ossessionato dal mio fisico ai tempi del liceo, vero amore? – si girò verso il ragazzo che la stava guardando in cagnesco.
- Me la pagherai… - le sibilò all’orecchio, avvicinandosi e facendo finta di darle un bacio sulla guancia.
- Non capisco come mai gli uomini siano così tormentati dall’aspetto fisico di una donna. Non è d’accordo con me?
Eleanor la fissò annuendo – Tom non capisce niente! – proruppe decisa – Eri uno stecchino, tutta ossi. Terribile! Ma se sta ancora con te, significa che non è proprio così stupido come può sembrare, vero tesoro?
Tom sorrise a denti stretti.
- Non si preoccupi Eleanor, Tom mi ha già chiesto scusa un milione di volte. In verità devo ancora decidere se perdonarlo oppure no. Sa cosa mi manda fuori di testa?
La madre di Tom la guardò con gli occhi spalancati e negò con il viso tondo, non riuscendo a nascondere la sua curiosità.
Ellen si divincolò dalla stretta di Tom e prese a braccetto la sua finta suocera - Andiamo alla macchina, intanto. Dicevo… mi manda in bestia e non sopporto proprio che faccia il cascamorto con la mia coinquilina.
Eleanor la fissò stupefatta, arricciò il naso e si girò verso il figlio, facendosi il segno della croce – Domani vai subito dal parroco a confessarti. Brutto screanzato che non sei altro! Non ti abbiamo insegnato niente io e tuo padre? Oh buon Dio! Ellen mi dispiace tanto… che vergogna…
Ellen le sorrise e le batté affettuosamente la spalla – Non mi ha tradito, almeno lo spero… però quella Sophie… sa… con tutti quei capelli rossi, le gambe sempre in mostra, quelle scollature del diavolo… lei è una donna e sa cosa intendo…
- TOM! Domani dopo la confessione, devi subito assistere alla Santa Messa!
Tom si avvicinò e la staccò dalla madre, la prese di forza e poi la baciò con impeto, lasciandola interdetta.
- Mamma ti posso assicurare che non me ne frega un fico secco di Sophie, perché dovrebbe interessarmi un’altra, quando ho la donna più bella del mondo tra le braccia?
Eleanor sorrise, lo stronzo l’aveva già convinta.
Ellen invece doveva ancora capire se i suoi piedi erano ancora ancorati a terra.
Tom Gore l’aveva baciata un’altra volta!
- Ellen se continui così… io ti uccido! – bisbigliò, staccandosi da lei e facendola precipitare dolorosamente sul pianeta terra nel giro di pochi secondi – Dai, ragazzi, andiamo! Ho una fame da lupi e, tra l’altro, devo accompagnare a casa la mia futura dolce metà. – aggiunse poi ad alta voce.
Jimmy che fino a quel momento era rimasto zitto e in disparte, si avvicinò – Credevo dormissi da noi, Ellen cara. Ti avevamo già preparato la stanza degli ospiti. – le disse, lasciandola interdetta.
Guardò Tom in cerca di appoggiò e lui le sorrise malignamente.
Ellen arricciò il naso.
Voleva metterla in difficoltà, per caso? Bene, avrebbe trovato pane per i suoi denti!
- Jimmy, Eleanor siete davvero molto gentili, ma la mia famiglia non vede l’ora di abbracciarmi. Ho detto loro che sarei arrivata oggi, ma che prima sarei stata un po’ da voi, per conoscervi, visto che non abbiamo mai avuto questa possibilità. Ci sono rimasti un po’ male, ma hanno capito… e poi… - Ellen si zittì di colpo, abbassò il viso imbarazzata, dondolò il piede, si aggiustò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, infine alzò gli occhi già lucidi di vergogna verso Eleanor – È così difficile resistere alle tentazioni… io… io… ecco io… preferirei non dormire nella stessa casa con Tom. Lui ha le mani lunghe e devo dar fondo a tutta la mia fede per non accontentarlo.
La signora Gore sgranò gli occhi incredula, si fece il segno della croce per l’ennesima volta e poi mollò un sonoro schiaffone al figlio – Buon Dio, Tom! Mi stai facendo proprio fare brutta figura con questa santa ragazza! Non ti ho proprio insegnato nulla, allora! Ellen ti chiedo scusa per lui. Ti giuro, io e Jimmy abbiamo cercato di inculcargli tutti i buoni principi di un bravo cristiano. Che razza di figuraccia… devi credermi, cara… in cosa abbiamo sbagliato tesoro? – chiese, lamentandosi con il marito.
Ellen trattenne a stento una risata. Guardò di sottecchi Tom che spostava gli occhi da lei alla madre, toccandosi la guancia ferita.
- Dai muoviamoci! – borbottò Mr. Gore.
Arrivarono alla macchina e, una volta sistemate le valigie, partirono.
- Lo sai vero che sto segnando tutto? – le sussurrò all’orecchio.
Ellen chiuse gli occhi un secondo ed inspirò a pieni polmoni.
Tom Gore nonostante quell’aspetto particolare, aveva il profumo più buono di tutto il pianeta.
Si girò verso di lui e gli sorrise – Segna, segna Mr. Gore, ma credo non potrai far nulla per farmela pagare, visto che potrei sempre spifferare tutto a tua madre o a Sophie. – mormorò per non farsi sentire dai genitori del ragazzo che sedevano davanti.
- Vuoi la guerra? Hai trovato pane per i tuoi denti. Se stai cercando di mettermi in imbarazzo, ricorda solo che io lo farò mille volte meglio di te… - la minacciò.
Lasciò la frase in sospeso e la sua bella bocca carnosa assunse un ghigno malefico da ragazzaccio che poco si addiceva a quella pettinatura sciatta.
Doveva trovare il sistema per farlo tornare ai riccioli ribelli, non avrebbe sopportato di avere un Mr. Gore nerd, proprio quando era suo… suo
Era così bella quella piccola parolina rivolta a lei e a Tom.
Suo
- Ma che paura… non sarai mai più bravo di me in certe cose! – replicò, sfidandolo.
- Ne sei sicura? – le chiese e il suo viso assunse, se possibile, un’espressione ancora più demoniaca.
- Se fossi in te, non mi imbarcherei mai in una cosa in cui so per certo che perderei in partenza. Non sei alla mia altezza! – sussurrò, mantenendo però la voce calma e decisa.
- Proviamo?
- Sono proprio curiosa di vedere cosa farai…
Tom si protrasse verso di lei – Ricordati Ellen… in amore e in guerra tutto è lecito…
- Io…
Non fece in tempo a finire la frase che le labbra di Tom si posarono, ancora una volta, sulle sue.
Il bacio divenne sempre più caldo ed Ellen si godette il momento.
Ok! Poteva anche perdonarlo per quello che aveva detto in aereo.
Tanto lei sapeva che uno come Tom Gore non sarebbe mai stato attratto da una come lei, non a caso era solo una finta fidanzata, quella vera adesso era in Francia e, quando sarebbero ritornati a casa, tutto sarebbe tornato come prima.
Lui: il capo antipatico e arrogante.
Lei: l’impiegata super efficiente, ma grassa.
L’altra: la fidanzata fisicamente perfetta, ma sempre insoddisfatta della vita.
In fondo, che male c’era a farsi dare qualche bacetto gratuitamente?
Perché non godersi la vita per qualche giorno?
Era o no il sogno di ogni ragazza romantica poter vivere una favola?
Mr. Gore, il bellissimo Mr. Gore, aveva chiesto a lei, Ellen Mayer, la grassissima Ellen Mayer (e non a Sophie) di farle da fidanzata, perché non mettere da parte i loro dissapori e assaporare quel momento unico che non sarebbe più tornato?
Ci avrebbe pensato in un secondo momento a tenere il muso allo stronzo del suo capo… e poi era troppo divertente metterlo in difficoltà davanti ad una donna così puritana come Eleanor… bastava così poco per scandalizzarla…
Si sarebbe proprio divertita e sarebbe stata anche la principessa di quella favola che aveva sempre desiderato per se stessa che, però, non aveva però mai avuto la fortuna di vivere, nemmeno quando era bellissima e magrissima.
Ellen era immersa nei suoi sogni ad occhi aperti su Mr. Gore, avvolta dal calore di quel bacio da mille e una notte, quando avvertì qualcuno schiarirsi la voce rumorosamente.
Aprì gli occhi di scatto e vide Eleanor squadrarli con un’aria truce e piena di disapprovazione.
- Siete sicuri voi due di non aver fatto mai nulla di illecito? – chiese, puntando ritmicamente l’indice a destra e a sinistra.
Ellen avvertì il suo viso prendere fuoco.
Fissò prima la donna e poi Mr. Gore che, invece, la stava osservando con un sorriso tronfio, un’aria vittoriosa e un sopracciglio alzato come per dirle “Ehi Ellen hai visto? Io conosco il nemico e anche l’alleato, sono in estremo vantaggio, non potrai mai battermi!”
Si mise una mano sul cuore e negò decisa con il volto, poi si fece il segno della croce – Buon Dio, no! non abbiamo mai peccato… - si sporse verso Eleanor – Ha capito adesso perché non posso dormire da voi? È stata dura tenerlo a bada tutti questi anni, ma finalmente ho qualcuno che mi capisce e mi comprende… lei mi aiuterà, vero?
Eleanor la guardò come se fosse la Madonna, il viso teso si allargò in uno splendido sorriso, poi spostò gli occhi verso il figlio e il disappunto riprese forma sul volto tondo della donna – Razza di screanzato!
E gli mollò un altro sonoro ceffone.
 
 

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***



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Ciao e grazie a tutti come sempre.
Grazie per il tempo che dedicate a questa storia.
Buona lettura, besos MandyCri

Il gruppo è sempre lo stesso L'amore non è bello se non è litigarello.
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Fratelli di sangue




CAPITOLO 21
 
- E anche quest’anno, la reginetta della scuola è… Ellen Mayer!
Ellen si mise le mani sul petto e alzò gli occhi al cielo, recitando la parte della modestia in persona.
Ce l’aveva fatta ancora una volta.
Cinque anni di fila: un record!
Finalmente il liceo era finito. Adesso cominciava la vera e propria avventura della sua vita.
Non si era iscritta al college, aveva preferito un corso di recitazione, avrebbe lasciato la cittadina in cui era nata e, sicuramente, avrebbe sfondato nel cinema.
Si vedeva già, mentre camminava sul tappeto rosso a passo lento, con un’espressione incredula, per raggiungere Robert De Niro che le avrebbe consegnato l’oscar, come migliore attrice protagonista.
Si fece largo tra la folla di studenti che l’acclamavano e raggiunse il preside.
- Ellen cara, questa è l’ultima volta che ci vediamo, ma come sempre ti meriti questa corona. – le disse, poggiandola delicatamente sopra i suoi magnifici capelli biondi.
Ellen sfoggiò il suo miglior sorriso da Miss Universo e lo ringraziò, cercando di apparire timidamente sconvolta da quell’ennesima incoronazione, anche se dentro ghignava maleficamente a tutte le ragazze che la osservavano con invidia.
Se solo avesse avuto modo di piazzare davanti a quei nasini il suo dito medio… quella sì che sarebbe stata una grande soddisfazione!
Ma ovviamente non lo fece.
Prese lo scettro e lo elevò esultando.
Si avvicinò al microfono per fare il suo ultimo discorso.
Picchiettò con le dita, con gesti esperti, per capire se era in funzione e poteva cominciare a parlare.
Quando udì l’eco del battito prodotto, sospirò gravemente.
- Grazie! – un tripudio di applausi e un coro di urla festose l’accolsero – Per molti di noi, la vita sta per cambiare, ma non è la fine di qualcosa, è solo un nuovo inizio… siamo giovani e forti. Non dobbiamo temere nulla, perché noi cambieremo il mondo. Quindi io vi dico: non mettete da parte i vostri sogni di gloria. Lottate con tutte le vostre forze per realizzarli, perché il futuro è nelle nostre mani.
Uno scroscio di applausi la interruppe.
Ellen sorrise a tutti, spostò lo sguardo in ogni direzione, finché i suoi occhi non si posarono su Boom.
Scrutò il ragazzo e gli sorrise.
Si era comportata molto male in quegli anni con lui.
Era solo, appoggiato al muro della scuola e indossava un completo blu, un po’ troppo grande per lui.
C’era qualcosa di diverso nei suoi occhi.
Ellen inclinò lievemente il viso, pensierosa: sembrava più carino.
Si era ripromessa di concedergli un ballo. Era il minimo che potesse fare per ringraziarlo e per cercare di minimizzare tutti gli scherzi che lei e la sua compagnia gli avevano fatto.
Voleva chiedergli come si chiamava.
Era da un po’ che ci pensava. Negli ultimi tempi Boom era comparso perfino nei suoi sogni e si sentiva in colpa.
Glielo doveva. Riprese il microfono – E adesso: divertitevi! – proclamò, fiera.
Scese dal palco e si diresse a grandi falcate verso il ragazzo.
Ted Rottow la fermò – Ehi principessa! Vieni qui che ti spupazzo un pochino, prima di farti fare un bel giretto nella mia macchina.
Ellen lo scansò infastidita – Ted! – brontolò – Le nostre strade si sono divise ieri. Te ne sei già dimenticato? – gli chiese, arcigna.
Ted fece spallucce – E dai Ellen! È l’ultima volta che possiamo farci una bella galoppata io e te, dopo te ne vai a studiare recitazione a mille miglia da qui! – protestò il quarterback.
- E va bene… va a prendermi qualcosa da bere, io arrivo subito, ok?
Lo scimmione annuì entusiasta, Ellen si girò velocemente e si diresse verso Boom.
Lo cercò ovunque, ma del ragazzo non c’era più nessuna traccia.
Ellen cercò di individuare il gruppo degli sfigati e, quando lo trovò nell’angolo più remoto della palestra, quasi corse per raggiungerli.
Boom non c’era.
Forse poteva chiedere loro dove fosse finito…
Poi ci pensò su. Non sapeva nemmeno il suo nome!
Avvilita fece retromarcia. Si diede della stupida un milione di volte: perché ci stava tanto male per un nerd sfigato come Boom?
Poi si ritrovò a fissare il bellissimo quarterback, immaginò l’ennesima scopata in macchina, la birra a cascate, i suoi rutti così volgari e si bloccò di colpo.
Boom l’aveva tanto colpita, perché era gentile…
 
 
- Non era carino il mio bambino? Guarda adesso com’è secco…
Le parole di Eleanor la catapultarono in un secondo alla realtà.
Sorrise forzatamente, fissando la foto di Tom con il cappello e la tonaca del diploma. La bocca spalancata che metteva in risalto dei denti perfetti ancora imprigionati dietro ai ferretti dell’apparecchio. Gli occhiali rotondi di tartaruga, talmente spessi che offuscavano completamente i suoi profondi occhi scuri e i ricci ribelli imbalsamati dal gel e dal pileo.
- Era gentile, più che bello… - sussurrò, spostando lo sguardo sulla foto vicina che ritraeva Tom alla laurea.
Mr. Gore lanciava il cappello in aria con aria divertita, il corpo asciutto, il viso magro, gli occhi sorridenti. I denti bianchissimi esposti dell’enorme allegria. I riccioli ribelli e spettinati – Qui era bello. – proferì con aria sognante.
Eleanor la squadrò perplessa – Ellen cara, non puoi paragonare le due foto. In quella della laurea sembra malato. Non vedi quanto è magro? E poi è senza gli occhiali. Dio gli ha dato quel fardello e non è giusto che lui non li porti per sembrare più bello. E poi perché? Ha te! Non deve certo conquistare nessuno… e poi i capelli… è tutto spettinato! Ci sono stata così tanto male nel vederlo così, in quel giorno tanto importante.
Ellen cercò di trattenere un sorriso.
Tom era andato di corsa in camera sua, alludendo ad un terribile mal di testa.
Si era quasi preoccupata, prima di entrare dentro la casa dei suoi genitori.
Ora però aveva capito tutto. L’aveva fatto solo perché non voleva vedere la sua reazione, non appena si fosse accorta di tutte le sue foto da ragazzino.
In fin dei conti Mr. Gore non era cambiato poi tanto.
- Eleanor… - cominciò titubante e cercando di assumere un’espressione triste e combattuta – Tom usa le lenti a contatto non per apparire più bello, ma solo perché gli occhiali, se li porta a lungo, gli fanno venire mal di testa. Purtroppo la sua è una grave forma di miopia e quindi le lenti sono molto spesse, questo gli provoca quelle fitte allucinanti. Sono stata io a consigliargli di provarle, perché qui capogiri incidevano sui suoi studi e, sinceramente, non mi sembrava il caso di farvi buttare via i soldi in quel modo, visto quanto costa andare all’università. Per quanto riguarda i capelli, Dio ha deciso di crearlo con quei ricci ribelli e trovo molto più peccaminoso comprimerli in quel modo, ma Tom è così rispettoso di ciò che gli ha insegnato che non vuole assolutamente darle dei dispiaceri…
Eleanor si portò la mano alla bocca per sopprimere un gemito.
La guardò quasi con le lacrime agli occhi e poi si prese il viso tra le mani, singhiozzando – Cos’ho combinato… - sussurrò.
Ellen le batté qualche colpetto sulle spalle -  Su, su, non faccia così. Lei era in buona fede. Lui.. – alzò gli occhi al cielo – Lo sa… non si preoccupi!
La donna annuì grata – Per fortuna mi hai fatto ritrovare la strada giusta Ellen cara, sei stata mandata da Dio in persona in questa famiglia per farci capire i nostri errori…
Ellen annuì gravemente – Io e Lui… bè… noi abbiamo un rapporto molto stretto! È come se mi parlasse. – proferì – Eleanor mi può scusare solo un istante? Devo fare una telefonata urgente… sa devo avvisare del mio arrivo… - disse vaga.
La madre di Tom annuì – Oh Signore Benedetto, che sciocca! Sono stata un’imperdonabile egoista, ti ho monopolizzata tutto il tempo.
Ellen minimizzò la cosa con un gesto di mano – Mi scusi solo un attimo. Arrivo subito.
Si diresse verso la porta d’ingresso ed uscì, accostandola.
Un brivido di freddo la percosse.
Fuori faceva un freddo cane, il vento soffiava lieve, ma sembrava che l’aria fosse ricoperta di minuscoli aghi di ghiaccio.
Inspirò ed espirò profondamente e una nuvoletta di vapore uscì dalla bocca come un palloncino pieno di elio.
Prese il cellulare e chiamò l’ultimo numero eseguito.
Attese la risposta, saltellando per riscaldarsi un po’.
Non appena sentì l’amica rispondere, tutta l’ansia che aveva accumulato entrando nel mausoleo dei Gore uscì fuori come un fiume in piena – CINDY! Perché cazzo non mi hai detto che Mr. Gore è Boom? – l’aggredì.
Avvertì la ragazza emettere un lungo sospiro – Ehi stellina! Io ho cercato di avvisarti un milione di volte! – rispose Cindy agguerrita quanto lei – Sei tu che mi hai sempre interrotta! E poi… sei l’unica che non lo sa. Qui il tuo caro Mr. Gore è una celebrità. Le sue foto sono ovunque. Il liceo gli ha dedicato perfino un’aula. Si vedono foto di Tom, prima e dopo la trasformazione, ovunque in città. Ci sono poster del suo bel faccino, insieme a quello di George Morris, con scritto: loro ce l’hanno fatta! Sei tu che hai vissuto sette anni in Tibet, non io! Sei l’unica persona al mondo che non sa chi è Tom Gore!
- Potevi mandarmi un messaggio! – disse lei stizzita.
- Bè sai… non è che ci sei sempre tu nei miei pensieri Lelly! Ho una casa da mandare avanti, u marito bastardo e devo tirare la cinghia per arrivare a fine mese. Non mi è venuto in mente di scriverti un messaggio per informarti che Boom e Mr. Gore sono la stessa persona. Mi dicevo sempre, glielo dico la prossima volta, ma tu trovavi sempre il modo per zittirmi!
Ellen storse la bocca – Ok… e adesso che faccio? – frignò, passando dalla modalità aggressiva a quella da vittima incompresa in pochi secondi.
Cindy non rispose.
- Cindy? Non ho tutta l’eternità. Aiutami ti prego! Cosa faccio? – piagnucolò nuovamente.
- Ehi! Calma… sto riflettendo! Non puoi dire che devi scappare a casa, perché è successa una qualche disgrazia? – suggerì.
- Sii seria Cindy! Lo capirebbe subito. – rispose scocciata, bocciando subito la proposta dell’amica.
- Ho trovato! – esultò l’altra.
- Dai, dimmi! Mi sto congelando le chiappe qui fuori!
- Fa finta di nulla! – esclamò l’amica con una soddisfazione tale che sembrava avesse appena scoperto la soluzione per far finire la fame nel mondo.
Ellen aprì la bocca esterrefatta – Cindy…
- Fa finta di nulla. È la soluzione migliore! Così non dovrai giustificarti per essere stata una stronza bastarda al liceo e di conseguenza non lo dovrò fare nemmeno io, quando usciremo insieme, perché io lo devo vedere dal vivo Tom Gore. È un figo pazzesco, Lelly! E poi magari verrà anche George Morris… oh Dio! Non vedo l’ora di conoscerli.
Ellen storse il naso, non riuscendo a celare il suo disappunto – Bè… un figo pazzesco… non esagerare adesso Cindy… in quanto a George…
- Ah! Non me lo vuoi presentare? – la interruppe – Guarda che se non lo fai, dico a Mr. Gore che ti eri presa una mezza cotta per lui e che non avevi il coraggio di prenderlo in considerazione, perché tutti ti avrebbero presa in giro se te la facevi con un nerd…
- TU… TU… razza di un’ingrata che se non sei altro… non mi ero presa una cotta per lui! – sbraitò indignata.
- Oh sì invece… Cindy non trovi che Boom sia sempre così gentile con meSe alla festa di fine anno gli chiedo di ballare dici che mi dica di sì… - la scimmiottò, scoppiando a ridere.
- BASTARDA! – ululò, mentre l’amica continuava a ridere sguaiatamente.
- Ellen cara, tutto bene?
Ellen si girò con gli occhi colmi di terrore.
Eleanor la fissava preoccupata – No… cioè sì! Tutto bene. Mio padre mi ha messa in viva voce per il mio cane Poldo che mi adora, però ormai è vecchio e devo urlare per fargli capire che sono io… arrivo subito, lei entri che qui fa un freddo ca… sì, insomma, fa freddo. – balbettò, incespicandosi sulle parole e sentendo il suo viso andare a fuoco.
Non appena Eleanor si dileguò dentro casa, Ellen riprese la conversazione – Sei proprio una stronza Cindy. Tu non hai idea con chi ho a che fare. Quella è più Santa di Madre Teresa di Calcutta!
L’amica non riuscì a trattenere l’ennesima risata – Però è cieca! Come può solo pensare che tu sia immacolata? Cioè l’hai data a cani e porci, praticamente!
- Bell’amica che sei! Ci crede, perché sono un’ottima attrice! – ribatté, trattenendo un sorriso.
- Comunque Lelly fidati di me. Fa finta di niente e procedi dritta per la tua strada. Noi due ci vediamo domani, così stiamo un po’ insieme, finalmente, mi sento di aggiungere!
Si salutarono velocemente.
Ellen rientrò in casa proprio mentre Tom scendeva le scale per raggiungere il resto della famiglia.
I loro occhi si incrociarono ed Ellen decise di dar retta all’amica e sfoderò il sorriso più falso che fosse mai riuscita a fare.
Tom sussultò e aggrottò le sopracciglia, stringendo forte i pugni irritato.
 
***
 
Calmo! Devi stare calmo!
Si ripeté per l’ennesima volta.
Serrò la mascella duramente, tanto che sentì i denti cozzare gli uni con gli altri.
Come poteva far finta di nulla, adesso che sapeva che Miss Mayer l’aveva riconosciuto?
Si era fiondato in camera sua, non appena aveva messo piede in casa.
Si era buttato sul letto angosciato e aveva chiamato subito George.
Solo l’amico poteva aiutarlo in quel momento.
Gaccio, come al solito, l’aveva preso in giro, ma poi, capendo che era davvero in difficoltà, era entrato in modalità migliore amico comprensivo e l’aveva ascoltato in silenzio.
Gli aveva esposto tutti i suoi timori, parlandogli a cuore aperto dell’angoscia che provava.
Sebbene adesso non era più il nerd di un tempo e Miss Mayer non era più la reginetta della scuola, c’era qualcosa nell’atteggiamento della ragazza che lo faceva, in ogni caso, sentire inferiore.
George gli aveva consigliato di far finta di niente.
- Ellen è una persona speciale, Tom. Sono sicuro che capirà e credo anche si sia pentita di come si è comportata con te o magari non si ricorda nemmeno chi sei. Forse siamo noi che abbiamo ingigantito la cosa. Sono passati sette anni e chi di noi è lo stesso di prima? Nessuno! Adesso sei un imprenditore di successo, sarebbe stupido da parte sua, trattarti come un tempo. – l’aveva incoraggiato.
Tom aveva storto il naso – Ellen mi tratta sempre come uno zerbino, anche adesso che i ruoli si sono rovesciati. Tra l’altro sono io il suo capo! – aveva risposto, indignato.
Figurarsi se quel diavolo in gonnella si sarebbe fatta scappare un’occasione del genere.
L’avrebbe ricattato.
A quel pensiero, avvertì le guance prendere fuoco e gli antichi timori tornarono come se non si fossero mai dissipati nel nulla, ma solo nascosti in un angolo remoto del suo cuore e della sua mente.
Si ritrovò a sudare come il ragazzino grasso e impacciato di un tempo.
Meccanicamente, si portò la mano a scostare il ciuffo ribelle, ma le sue dita non trovarono nulla di morbido da spostare, ma solo un ammasso duro che lui detestava con tutto se stesso.
Porcheggiò contro sua madre che pretendeva che fosse sempre in ordine.
Quanto avrebbe voluto avere il suo aspetto di sempre in quel momento!
Si sarebbe sentito forte, sicuro di sé, invece era la fotocopia, mal riuscita, del ragazzo introverso di una volta, quello che si faceva prendere continuamente in giro da tutti, soprattutto dalla bellissima e sofisticata Ellen Mayer.
Perché quella ragazza l’aveva preso così di mira?
Perché non era stato uno di quei tanti sfigati che le erano passati davanti ogni giorno di cui lei non si era mai nemmeno accorta?
Alzò gli occhi a disagio e la guardò.
Miss Mayer sorrideva, come se niente fosse, come se non avesse capito chi era lui per davvero.
Cercò di darsi un contegno e raggiunse le due donne.
Forse Gaccio aveva ragione: doveva far finta di nulla. Ellen non si ricordava di lui a quanto pareva.
Sua madre sembrava quasi provata – Mangiamo mamma? Vado a chiamare papà? – le chiese.
Eleanor gli corse incontro e lo abbracciò d’impeto – Tom, amore mio, è quasi pronto. Devo solo riscaldare, va a farti una doccia, togliti quello stupido gel dai capelli e mettiti le lenti a contatto che poi devi accompagnare a casa Ellen e non voglio le succeda nulla per strada.
Tom guardò stupefatto sua madre, poi sbirciò in direzione di Miss Mayer.
Ellen gli fece l’occhiolino e gli sorrise nuovamente, questa volta però c’era qualcosa di diverso in lei, sembrava un sorriso sincero, le si avvicinò guardingo – L’hai drogata? – le soffiò su un orecchio, accostandosi a lei.
Miss Mayer alzò le spalle non curante – Io non ho fatto niente. Dai muoviti che ho una fame da lupi! – disse, scostandolo e raggiungendo Eleanor che nel frattempo si era diretta in cucina.
Tom non se lo fece ripetere due volte, corse su per le scale, saltando i gradini di quattro in quattro.
Entrò nella sua stanza e chiuse la porta con forza, afferrò il cellullare e chiamò nuovamente George.
Gli raccontò filo per segno il breve incontro con sua madre e poi risero insieme.
Gaccio si vantò di essere sempre più avanti e concluse la telefonata con il fatidico “te l’avevo detto io che non si ricordava nemmeno chi fossi!”.
Si fece una doccia veloce, si mise un paio di jeans e un maglione e si avviò felice in sala da pranzo.
Mangiarono chiacchierando allegramente. Ellen si confermò la regina della faccia tosta.
Era incredibile come quella ragazza riuscisse a rivoltare la frittata sempre in suo favore.
Miss Mayer narrò, questo era il termine giusto, visto che sembrava una favola, del loro primo incontro, inventandosi una storia di sana pianta.
Sua madre la fissava come se fosse la Madonna, con gli occhi luccicanti e un sorriso ebete stampato sul viso.
Ellen raccontò che era stata colpita dalla sua gentilezza, che un giorno, l’aveva inseguito per tutta la scuola, perché voleva sapere il suo nome e voleva ringraziarlo, spiegò che andare al ballo con lui era stato il sogno della sua vita e che era stato difficile per lei capire i suoi sentimenti, ma che dopo tanti anni, ci era, finalmente, riuscita.
Se Tom non avesse saputo per certo che quelle erano delle balle galattiche, ci avrebbe creduto anche lui!
Doveva ammettere che era proprio brava a recitare. Chi era quello stupido che le aveva negato la possibilità di provare?
Si ritrovò quasi incazzato per quella cosa.
Finito il pranzo che, doveva ammettere, era stato davvero piacevole, accompagnò Ellen a casa.
Il tragitto in macchina fu abbastanza silenzioso.
Nessuno dei due accenò al passato se non per ridere di qualche aneddoto che Miss Mayer aveva inventato.
Tom si convinse che George avesse ragione: Ellen non si ricordava nulla di lui e, in tutta sincerità, Tom non sapeva se gioirne o no.
Quando arrivarono alla villa dei Mayer, rimase senza parole.
Grazie al successo della sua attività, Tom si considerava un uomo ricco, non nella media, non benestante, ma proprio ricco, adesso, però, osservando quella reggia, cominciò a riformulare quella parola e si chiese, ancora una volta, perché Ellen si ostinava a lavorare per lui, ricevendo uno stipendio poco più alto del minimo sindacale.
- Che ne dici se andiamo in città? – gli chiese, dopo che ebbero sistemato la valigia leggera nella camera.
Tom alzò le spalle per dirle che per lui poteva andare bene e continuò ad osservare la stanza.
Era un salotto!
Bianca e rosa con un letto matrimoniale a baldacchino.
Le foto di Ellen tappezzavano due intere pareti, un enorme armadio ne sovrastava un’altra e l’ultima era coperta da un’immensa libreria.
Sorrise guardando la scrivania bombata stile Luigi XV, con le gambe curve e il ripiano dipinto con graziosi rami di pesco. Era proprio adatta ad Ellen, così sobria…
- Ehi! Allora?
- Perché no! Dove vuoi andare? – le chiese, non riuscendo a togliere lo sguardo da quel mobile così… roccocò.
- Mi piacerebbe fare un giretto per i mercatini di Natale. Ci andavo sempre una volta. Mi piaceva la sensazione natalizia che mi lasciavano. Adoro sbirciare tra le cianfrusaglie e trovare il regalo perfetto per le persone che mi sono vicine. Se non vai al mercatino, non è Natale. La gente è sempre allegra e ti rende felice e poi, dopo aver guardato ogni bancarella, bisogna assolutamente predere una ciambella enorme piena di zucchero e divorarla in mezzo minuto e sai cos’è la cosa meravigliosa? Che non ti senti nemmeno in colpa dopo aver ingurgitato una schifezza fritta, oleosa e dall’alto tasso di glicemia e solo perché sei felice.
Tom adorò Ellen in quell’istante. Il viso radioso, gli occhi scintillanti, le gote arrossate dal fervore di condividere qualcosa di bello con qualcuno.
Si avvicinò e la sovrastò con il suo corpo – Come mai mia madre ha cambiato idea sui capelli e sugli occhiali? – le chiese con un sorrisetto.
Miss Mayer abbassò gli occhi, imbarazzata – Cosa vuoi che ti dica… le strade del Signore sono infinite. Lasciatelo dire: tua madre non ha tutte le rotelle a posto. – si giustificò.
- Tu non c’entri niente? – insistette.
- Io? Figurati! La conosco solo da qualche ora.
Tom le si avvinò un altro po’. Premette la fronte su quella della ragazza che lo stava fissando stupita - Ok, andiamo al mercatino dei sogni, allora.
Annuì, impacciata.
Tom si sentiva bene.
Il profumo di Ellen era delicato e non riuscì a non paragonarlo a quello pesante di Sophie.
Ellen voleva andare alle bancarelle a comprare regali per gli altri, Sophie non faceva che parlare di boutique d’alta moda per se stessa, ma con la carta di credito di Tom.
Ellen si sarebbe potuta comprare gli interi Stati Uniti, ma lavorava come segretaria nella sua ditta.
Una forte sensazione di dolcezza lo invase.
Miss Mayer aveva un milione di difetti, ma aveva quei pochi pregi che la rendevano praticamente irresistibile.
Si avvicinò ancora un altro po’ – Sei bella Lelly e grazie… - disse d’un fiato, prima di appoggiare le labbra su quelle della ragazza che era stata dei suoi sogni e che forse lo era ancora…

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***



grazie a  _ F i r e  per il meraviglioso banner



grazie a PinkyCCh per il meraviglioso

TRAILER



Ciao a tutti!
Sono consapevole del fatto che manco da mesi e non vogliateme per questo, ma davvero gli impegni personali non mi danno tregua, considerate poi una stravolgente pigrizia caratteriale , ecco il risultato!
Ci eravamo lasciati con Tom ed Ellen rientrati nella cittadina natia.
Dopo varie incomprensioni, sembra che Tom cominci a nutrire qualcosa per la nostra coraggiosa Miss Mayer che, probabilmente, è più cosciente di lui dei sentimenti che nutre verso il suo datore di lavoro.
Ma non dimentichiamo che Ellen è furba e cercherà di deviare ogni prova che la possa incriminare su questo fatto!
Detto questo, ringrazio come sempre chi mi segue, ricorda, preferisce e recensisce.
Per me è davvero tutto molto importante, quindi: GRAZIE!
Ricordo le mie storie per chi volesse provare a leggerle.
J&J: Jenna & Jack
Fratelli di sangue
Il gruppo è sempre lo stesso L'amore non è bello se non è litigarello.

Buona lettura e se volete gratificarmi con qualche commento, sappiate che ne sarei veramente felice.

Ciao MandyCri

PS: mi sono accorta che i banner dei capitoli già pubblicati sono spariti, non so se sia il mio computer, oppure è successo qualcosa. Non saprei, perché non ho toccato nulla. Chiedo comunque scusa alle splendide ragazze che me li hanno fatti.

 
§§§

 
CAPITOLO 22
 
- Ehi scemo! Sei ancora tutto intero?
Tom sbuffò, si era già pentito di aver chiamato George.
- Sì, perché mai dovrei essere a pezzi! – rispose.
- Mah… così. Sai com’è… Un giorno intero con Satana in gonnella… - lo sbeffeggiò.
Tom trattenne un grugnito – Me la so cavare benissimo con Ellen, non ti preoccupare. Piuttosto. quando arrivi in città Gaccio?
- Domani a mezzogiorno ho l’aereo. Ci possiamo vedere la sera, se vuoi. Ho anticipato di una settimana il rientro per non lasciarti da solo!
Tom evitò di sottolineare il fatto che secondo la sua modesta opinione, rientrare a casa con una settimana d’anticipo non era certo per essere il buon sammaritano di turno, piuttosto, supponeva che l’amico non vedesse l’ora di rivedere Miss Mayer e la cosa gli diede parecchio fastidio.
Sorvolò e sorrise a denti stretti – Ti vengo a prendere in aeroporto, mandami l’orario d’arrivo. Ellen va a fare shopping con Cindy. Non so se ti ricordi…
- E come potrei dimenticare? Cindy era l’arpia, amica di Ellen. Rammento perfettamente che eri certo che fosse lei la causa principale per cui tu e la reginetta del liceo non stavate insieme. Mi sembra che una volta tu l’abbia accusata…
- Smettila! – lo interruppe subito – Ero un ragazzino innamorato e dicevo un sacco di fesserie. Non è necessario che tu mi ricorda, attimo per attimo, la mia vita da sfigato!
George scoppiò a ridere – In ogni caso, sarà divertente rivederti con la pettinatura alla Clark Kent e gli occhialoni dalle lenti concentriche! Senza contare i completi eleganti e la cravatta! – continuò.
- Mi dispiace deluderti, ma i miei capelli sono ritornati alla normalità e gli occhiali li porto solo alla sera, quando sono a casa! – rispose, gustandosi la piccola vittoria ottenuta con l’amico.
Fu nitido lo stupore dello scrittore che non riuscì a sopprimere un “ohhh” meravigliato.
- Davvero? Come hai fatto a convincere tua madre che le lenti a contatto non sono marchingegni del diavolo? – gli chiese.
- Ad onor del vero credo sia merito di Ellen, anche se continua a giurare che lei non c’entra nulla. Eppure sono convinto che sia stata lei a far cambiare idea alla mamma. Comunque l’importante è che, finalmente, mia madre abbia capito! Non vedo l’ora che tu ci raggiunga.
Era veramente contento di poter passare quelle feste anche con George.
Purtroppo i loro impegni li portavano a non vedersi per mesi e le lunghe telefonate, le mail e anche le varie chat non erano la stessa cosa.
Il suo amico gli mancava fisicamente.
- Hai comprato il regalo per…
- Certo che l’ho preso! Cosa credi sia uno scimmione? Appena l’ho visto so che era quello giusto! – rispose, senza lasciarlo finire la frase.
- Spero che la pietra sia abbastanza grande… sai conoscendola… e non dimentichiamoci i carati. Un milioneeeee di carati!
Tom aggrottò la fronte perplesso – Ad Ellen non piacerebbe una pietra appariscente. Se le avessi preso un brillante, avrei comprato una pietra di dimensioni normali. Ha le mani troppo delicate per sfoggiare un pietrone da chilo e poi, sono sicuro, non si troverebbe a suo agio…
- Ma io…
- Zitto! Non interrompermi. Fammi finire che tra poco arriva e non posso più parlare! – lo ammonì – Ho acquistato un’acquamarina. Sì! Proprio un’acquamarina, perché l’azzurro le dona da matti. La pietra è a forma di cuore ed è circondata da una miriade di brillantini, veri. Ci tengo a precisarlo e poi le ho preso… Uhm… questo non te lo dico, perché sarà una sorpresa! Ah! Non vedo l’ora di vedere la sua faccia quando aprirà il pacchetto. Avrete tutti delle espressioni stralunate. Me lo sento! – terminò, soddisfatto.
- Ehmm… io intendevo a Sophie, veramente… - gli rispose l’amico, con uno strano timbro di voce.
- Ah! – mormorò a disagio.
- Sai Tom, è strano che non appena ti ho posto quella domanda, tu abbia pensato subito ad Ellen e non alla tua vera fidanzata. E a Sophie cosa regali a Natale? – gli chiese.
Tom sbuffò.
Lo conosceva bene, Gaccio sapeva benissimo che nemmeno ci aveva pensato.
Cosa avrebbe regalato a Sophie? Boh!
Non lo sapeva proprio, magari Ellen lo avrebbe consigliato.
- Sei uno stronzo George! Sono domande retoriche, se conosci già la risposta. Non lo so e non ho alcuna idea.
- Ma guarda un po’! Con Ellen sei andato sul sicuro. Le hai comprato un anello di fidanzamento…
- Solo per far felice mia madre! – lo bloccò.
- Mmmm… mmmm… Ovvio! Hai anche pensato ad un modo originale per darglielo e per Sophie… niente! Non ti sembra strano?
- E cosa c’è di strano? Ellen è qui ed una ragazza semplice, qualunque cosa le piacerebbe e quindi è facile sorprenderla e poi, sia ben chiaro, l’anello lo renderò alla gioielleria e ne comprerò uno per Sophie. Ce ne sarà uno abbastanza grande e costoso che le piacerà!
- Questo sì che è amore! – lo prese in giro l’amico.
- Ahia! Brutta bastarda… - Tom rimase a bocca aperta.
Ellen lo stava bombardarlo con palle di neve.
Era ridicola con i paraorecchie rosso fuoco, la sciarpa multicolore di lana grossa con i guanti intonati e un assurdo piumino giallo canarino.
- Scusa Gaccio, ti saluto adesso. Mandami un messaggio per l’orario d’arrivo. Ellen mi ha appena colpito con una palla di neve. Vuole la guerra e io le darò tutto ciò che desidera.
- Ehi! Aspetta un attimo…
Tom lo bloccò – Ci sentiamo dopo! Adesso ho un’operazione omicida in corso!
Chiuse la chiamata e si diresse verso la ragazza a passo di carica.
- Tu! – disse, puntando l’indice contro quell’arlecchino stravagante – Vuoi la guerra? E guerra sia!
Si mise il prezioso sacchetto con i regali sul braccio, in modo da non perderlo e raccolse una quantità abnorme di neve, poi corse in direzione di Ellen che, prontamente, si era data alla fuga.
- Non potrai sfuggire alla giustizia! – gridò, fregandosene degli sguardi curiosi della gente.
La risata cristallina di Miss Mayer gli arrivò nitida nel chiacchiericcio confuso del mercatino e, Tom, suo malgrado, si ritrovò a sorridere come un idiota.
Quando la raggiunse, Ellen aveva le lacrime agli occhi causate dal freddo e dal divertimento.
Due gemme azzurre che navigavano in un’acqua cristallina e Tom la trovò più bella di sempre.
Con i capelli arruffati, il naso rosso e spelacchiato dalla bassa temperatura e quei colori che la adornavano come un albero di Natale.
Si chiese perché quella ragazza si ostinasse ad indossare quei toni tetri in ufficio, quando quelle nuance vivaci ed eccentriche rispecchiavano in pieno il carattere stravagante di Miss Mayer.
- Lo sai che adesso la pagherai cara. – la minacciò con un ghigno malefico.
- Non puoi farlo! – protestò lei con il sorriso sulle labbra.
- Ah sì? Io invece sono sicuro che lo farò!
- Non puoi! Altrimenti…
- Altrimenti, cosa?
- Altrimenti spiffero tutti i tuoi segreti! – gli disse solenne, portandosi la mano sul cuore.
Tom scoppiò a ridere soddisfatto – Ma che paura… tremo! Sai una cosa Ellen? Credo correrò questo rischio, perché qualcosa mi dice che, in fin dei conti, questa situazione va bene anche a te.
Non aspettò la risposta della ragazza e spiaccicò tutto il suo malloppo di neve in testa alla ragazza.
Miss Mayer lo fissò inorridita, spalancò gli occhi, aprì la bocca e poi la richiuse – Come hai potuto? – annaspò, sputacchiando.
- Occhio per occhio e dente per dente, Ellen! Ecco come ho potuto! – le disse con sufficienza, gustandosi l’espressione sconvolta di Miss Mayer.
- Me la pagherai, Mr. Gore! – sbiascicò, cercando di pulirsi alla meglio – Guardami! Sono tutta bagnata. Dovevi proprio ficcarmela sui capelli? – piagnucolò.
- Oh! Quanto la fai lunga. Se tu non avessi iniziato, io non avrei finito! Ellen dovresti sapere che ogni azione ha una conseguenza e tu, ultimamente, stai giocando con il fuoco. Non puoi averla sempre vinta.
Le sorrise e la prese sotto braccio come se niente fosse – Adesso il quadro è completo. Sembri un pulcino spelacchiato! – la canzonò, lanciando una lunga occhiata al piumino giallo.
Miss Mayer grugnì – Lo sai che questa cosa avrà delle ripercussioni, vero? – ringhiò.
- Ah! Ne sono sicuro. Ma cos’altro mi potresti fare ancora? Hai trasformato il mio ufficio in un circo, mi hai fatto passare per un tiranno, mi hai messo contro tutti i dipendenti, hai attentato alla mia vita in almeno due occasioni… sono preparato a tutto! – la sbeffeggiò.
- Però non ci sono mai riuscita! – esclamò lei – Magari la prossima volta ci riesco!
- Non potresti mai farlo, resteresti vedova ancora prima di sposarti. – la guardò con superiorità – Non ti capiterà mai più uno come me nella tua vita!
Ellen fece spallucce – A te non capiterà mai più, una come me! – gli rispose, altezzosa.
Tom rise di gusto – Questo è poco, ma sicuro! Non ne esiste un’altra come te… e per fortuna! Ti giuro che sei tutto quello che non vorrei!
- Ah! Ah! Ah! Ma come siamo spiritosi! Lo stesso vale per me, sai!
- Certo! Dovresti baciarti le mani, perché ti ho dato la possibilità di essere la mia fidanzata per ben due settimane!
Ellen si staccò dal suo braccio. Si riavviò i capelli a cordelle e spiaccicati sulla testa, li fece volare con un gesto presuntuoso e lo fissò con aria attonita – Mio Dio! – dichiarò, solenne – Un vero colpo di fortuna! Pensati dovrò passare il Natale con dei maniaci della religione, far finta di essere una verginella immacolata e sorbirmi un orso come te per tutto questo tempo, senza contare che dovrò amoreggiare con un tizio, tu, che è un “birra e rutto” e non in questo preciso ordine, ma che si atteggia a “mi lord” dei miei stivali!
Tom la guardò stravolto e arricciò il naso – “Birra e rutto”? Ma come ti può venir in mente questa cosa. Io non sono affatto così! – grugnì.
- Oh sì che lo sei! Io ti vedo con George in qualche bettola che sbatti sul tavolo la tua pinta finita e poi con un suono poco gradevole ne chiedi un’altra alla sventurata cameriera di turno!
Tom le sorrise
Non era un “birra e rutto”!
Oh Dio! qualche volta era capitato che lui e George facessero la gara a chi emetteva più rumore in quel senso, ma era una cosa segretissima e non si svolgeva mai in pubblico!
Diavolo di una Miss Mayer!
- Ti sbagli! – disse serafico, trattenendo un ulteriore sorriso.
La riprese sotto braccio – Andiamo a pulirci, Ellen cara. – disse, scimmiottando l’assurdo modo in cui i genitori chiamavano Lelly.
- Credi che andrà avanti tutto il tempo questa cosa? – chiese lei all’improvviso.
Tom la fissò – Cosa esattamente?
- Questa solfa di “Ellen cara”. È odiosa!
Per l’ennesima volta, Tom scoppiò a ridere.
Aveva perso il conto di tutte le volte che l’aveva fatto in quelle ore.
Doveva ammettere che la compagnia di Ellen era davvero piacevole e, sì, era decisamente felice con lei.
Si sentiva a suo agio, ma la cosa che lo faceva stare ancora meglio, era rendersi conto che non doveva fingere con lei.
Era se stesso.
Nessuna frase impostata, nessun atteggiamento da fricchettone, nessuna regola da rispettare.
Ellen era impulsività pura.
All’epoca del liceo, aveva tutt’altra immagine di lei.
La credeva diversa, bellissima come un angelo, ma al tempo stesso eterea e distaccata.
Non era mai riuscito ad essere veramente se stesso, perché lei era così perfetta ai suoi occhi che lo faceva sentire un inutile ragazzino innamorato.
Questa Ellen era un ciclone con i suoi modi di fare poco razionali, le sue idee colorate e strampalate, il suo sorriso “organizzato” e quello sincero che gli spezzava il cuore in mille frammenti.
Di chi era stato innamorato al liceo?
Ellen Mayer non poteva essere cambiata così drasticamente.
C’era solo una spiegazione a questo pensiero: non aveva capito un emerito cazzo della donna che, in quel momento, gli era a fianco.
- Ehi! Cosa c’è qui dentro?
Ellen gli rubò il sacchetto con i regali e sbirciò all’interno, catapultandolo alla realtà e frenando in un attimo i suoi pensieri scuri.
- Miss Mayer! Non sono affari tuoi! – disse, riprendendosi il malloppo.
- Hai acquistato anche tu! – lo accusò con il sorriso – Te l’avevo detto che i mercatini di Natale sono irresistibili. Sei andato anche in gioielleria… - disse, mostrandosi indifferente – Hai comprato un anellone da chilo per Sophie? Spero avrai preso anche a me un regalino! – aggiunse poi, immusonendosi di colpo.
Tom alzò gli occhi al cielo – Non ho ancora pensato al tuo regalo. – dissimulò.
- Che cosa? – sbraitò lei.
- Uff! Non saprei cosa comprare! – mentì, ulteriormente.
- Sei proprio uno stronzo, Mr. Gore! – piagnucolò – Spero solo che l’anello di Sophie sia abbastanza grande, brillante e sofisticato, altrimenti la deluderai.
- Certo che tu e Gaccio siete fatti proprio l’una per l’altro! – si lasciò sfuggire.
Gli occhi di Ellen si accesero – Davvero? Senti Tom… tu pensi che avrei una possibilità con George? Sai se frequenta qualcuna? – gli chiese quasi sottovoce, diventando paonazza.
Tom sentì il suo cuore sgretolarsi come cenere.
Avvertì una nausea incredibile salirgli alla gola e per un attimo gli mancò il respiro.
Strinse forte il sacchetto con i regali per sfogare una rabbia nata dal niente.
Non le rispose.
Avrebbe potuto mentire, dirle che George Morris non era interessato ad una balenottera come lei, che lui poteva avere migliaia di donne belle, magre e intelligenti. Avrebbe potuto smontarla con qualsiasi cattiveria gli fosse venuta in mente, urlarle che lei era solo una grassona, ma non lo fece.
Alzò semplicemente le spalle.
La strinse più forte a sé e la guardò di sottecchi.
Ellen si adagiò sul suo corpo e poggio il viso sul suo braccio e lui vide solo un ammasso di capelli biondi che si perdevano, con una perfezione assoluta, sul nero del suo cappotto.
- Siete troppo simili. – disse infine.
- Io non ci credo alla teoria “gli opposti si attraggono”. Due persone per stare bene insieme devono avere dei punti in comuni. Altrimenti ci sarebbe solo una grande passione, ma poi tutto morirebbe in qualche mese. – mormorò lei.
Tom non rispose.
George ed Ellen sarebbero stati perfetti insieme, lo sapeva.
Sarebbero stati felici.
L’amico era indubbiamente attratto dalla sua dipendente, ma c’era un ostacolo tra loro: lui.
Si rendeva conto di essere uno stronzo egoista, ma Ellen era sua.
Lo era sempre stata e non avrebbe mai permesso un avvicinamento tra loro.
- Sophie non è la persona giusta per te.
Tom rimase sbigottito, cercò di dar voce ai suoi pensieri.
Voleva risponderle che non erano fatti suoi.
Voleva urlarle che l’avrebbe licenziata, perché era un’impicciona e pasticciona, cosa che non c’entrava nulla, ma che faceva effetto.
Avrebbe voluto, invece, stringerla a sé e possederla in mezzo a quella strada, davanti a tutti, perché questo gli suggeriva il cuore, ma non fece nemmeno quello.
- Lo so. – sussurrò, semplicemente, mentre l’ultimo pensiero di lui che si impossessava del corpo di Miss Mayer, gli aveva fatto galoppare il cuore in una corsa sfrenata e tremare il corpo.
 
 
 

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


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CAPITOLO 23

 

- Un giorno regalerò ad Ellen una serata fantastica, vedrai Gaccio! – disse, alzando lo sguardo sull’amico.

George gli lanciò un’occhiataccia – Questa storia la sento ripetere da cinque anni, ormai! – gli rispose, issandosi a sedere e facendo penzolare i piedi sullo scendiletto.

Tom sbuffò – Sei il solito pessimista!

- Non sono pessimista! Guardo solo in faccia la realtà. Ellen Mayer non uscirà mai con te, Tom. Fattene una ragione. Perché mai dovrebbe farlo? Dai, andiamo, non sa nemmeno come ti chiami!

Tom spalancò leggermente gli occhi sorpreso dal fervore dell’amico – Non è vero… lei… lei... lei lo sa.- si difese.

- Ti chiama Boom, accidenti! – lo accusò l’altro.

- Si può sapere, perché la odi così tanto? – domandò, spazientito.

Ogni volta che trattava l’argomento “Ellen Mayer”, George diventava cupo e intrattabile.

- Io non la odio affatto. – sostenne, fissandolo dritto negli occhi – Solo che non è la persona adatta a te. È una smorfiosa da quattro soldi, ha la voce decisamente troppo acuta e poi è brutta! – sputò, inviperito.

- Ellen Mayer brutta? – gli chiese, sgomento.

George si prese i folti ricci tra i capelli e se li strofinò con energia – Brutta no… ok, lo ammetto: è bella, decisamente bella, ma è troppo magra, secondo me, con qualche chilo in più, starebbe meglio.

Tom si alzò di scatto dalla poltrona sgangherata posizionata sotto la finestra della sua camera e si diresse lanciato sulla fotografia di Ellen, rubata dall'annuario scolastico che teneva sopra il comodino.

La prese, le diede un bacio, se l’abbracciò e poi la girò verso l’amico – Questo angelo è brutto? Tu sei pazzo! – esclamò – No, guardala bene! Ellen è bellissima così. Non deve cambiare, assolutamente. Non un grammo in più, non uno in meno. Come puoi dire una cosa del genere? – gli chiese, stizzito.

- Questione di gusti, scemo. – rispose il ragazzo, alzando le spalle con un certo menefreghismo – Per me è secca.

Tom ripose con cura la cornice d'argento sul comodino, poi ritornò alla poltrona – Meglio così. - disse, serafico.

George gli lanciò un’occhiata scettica – Ovvero?

- Meglio, se non abbiamo gli stessi gusti, non dovremo mai contendercela. – gli spiegò.

- Non ci sarà mai questo problema! – proferì l’amico, ributtandosi steso sul letto e incrociando le braccia sotto la testa.

Tom sbuffò, ancora – Comunque ti sbagli! Un giorno io uscirò con Ellen Mayer. Ho già programmato tutto…

- Ci credo, hai avuto molto tempo per pensarci, sono ormai cinque anni che perfezioni il tuo piano diabolico. – lo interruppe.

- Smettila e fammi finire!

- No, Tom ti prego… non vorrai ancora propinarmi la storia di cosa faresti se… - si lamentò.

Tom grugnì – Shhhh! - lo ammonì – Le farò passare una serata bellissima. Prima la porterò a prendere l'aperitivo da “Vive la France”, là fanno il piano bar ed Ellen potrà gustarsi il suo champagne e fragole. Lo servono in flut di cristallo e contornano il bordo di zucchero. Me l'ha detto la mamma. Papà l'ha portata lì quest’anno, per l'anniversario di matrimonio. Era al settimo cielo, mio padre meno, perché l'hanno pelato... comunque non è importante questo. Dicevo... finito l'aperitivo andremo a mangiare da “Antonio”...

George gli scoppiò a ridere in faccia . Da “Antonio”? - domandò euforico – Dai Tom! È un posto troppo casalingo per la reginetta della scuola!

Tom si indispettì ancora di più – Da “Antonio” è perfetto per Ellen! - si difese.

- Certo, come no! Quella ha la puzza sotto il naso. In quel posto si mangia bene, ma non è adatto a lei. È troppo semplice. - sostenne l'amico.

- Ho deciso di farle fare il giro del mondo “culinario”! La porterò in Francia a prendere l'aperitivo e in Italia a cenare! - protestò.

Gaccio gli sorrise – Tom l'idea è bellissima ed è davvero romantica e aggiungerei anche simpatica ed originale, ma da “Antonio” si mangia! - esclamò divertito.

- Ovvio che si mangia. La porto a cena, scemo!

- Tom... SI MANGIA, davvero! Quella è una capra. Mangerà solo insalata per mantenersi in forma! Non è il posto adatto a lei. Da “Antonio” esci con la pancia piena e due chili in più. Te la vedi la tua Ellen che spizzica solo le carotine dell'insalatona, mentre tu hai le mani tutte sporche di grigliata mista? Da “Vive la France” è perfetto per Ellen... la scelta del ristorante, no! - sentenziò.

Tom non rispose.

Erano anni che ci pensava ed era sicuro che Ellen avrebbe apprezzato la sua idea.

Probabilmente era vero che “Antonio” non era il posto adatto ad una reginetta della festa, ma c'era una vocina dentro di lui che gli sussurrava in continuazione che, quando avrebbe avuto la sua occasione con Ellen, avrebbe dovuta portarla proprio lì.

Sapeva che l'avrebbe resa felice.

- Sono anni che risparmio per questa serata. - disse infine.

Si alzò nuovamente e si diresse verso il suo nascondiglio segreto. Spostò qualche libro e tirò fuori un portafoglio blu con la stampa di Goldrake, ormai sbiadita – Guarda. - disse all'amico.

George prese al volto il portamonete e lo aprì – Cazzo Tom! Ci sono cinquecentosessanta dollari! - esclamò, sbirciandoci dentro.

Tom annuì soddisfatto – Ho messo da parte tutto ciò che potevo. Le regalerò una serata con i fiochi! - esultò.

- Ellen Mayer non uscirà mai con te. Perché invece non ti dai da fare con Brooklyn Logan?

Tom spalancò la bocca sorpreso – Non uscirò mai con quella! - protestò, indignato.

- E perché? Mi sembra molto disponibile nei tuoi confronti. - gli spiegò George – È magra come Ellen, però è alla tua portata...

- È brutta!

- Troppo secca sì, però non è proprio così brutta... - lo incoraggiò l'amico.

- Ha il nome di un ponte! - replicò, sempre più accigliato.

- Bè... un nome esotico e pieno di promesse. Lo sai vero che c'è una legenda metropolitana che ci gira intorno.

- Ma fammi il piacere! È lei che fa circolare certe voci infondate, solo perché si vergogna di come l'hanno chiamata quegli svitati dei suoi genitori! - ribatté.

- In giro si dice che l'abbiano chiamata così, perché l'hanno concepita proprio sul ponte di Brooklyn. -lo prese in giro.

- Eh certo! Infatti è normale che due scopino su un ponte, sai... in quel posto, non c'è mai nessuno che ti possa vedere! Ma ti può sembrare vero?

- Ok, forse hai ragione, sarà per questo che si fa chiamare Brooke...

- Meglio mi sento! Brooke Logan... mio Dio è terribile!

George scoppiò a ridere – Un nome, una promessa! - sentenziò, non riuscendo a frenare l'ilarità-

- Eh come no! - ribatté – C'è solo un piccolo particolare di cui non hai tenuto conto: se uscissi con Brooke, poi dovresti fartela anche tu. Un nome: una promessa! Giusto?

Gaccio storse il naso – Niente da fare! - rispose infine – È troppo secca anche lei! A me piace toccare, Tom! Torniamo ad Ellen... chissà magari mette su qualche chilo e potrebbe entrare nel cerchio delle mie preferenze!

Tom lo guardò in cagnesco – Ah! Ah! Ah! Fortunatamente non sarà mai così!

 

***

 

- Allora, quando arrivano? - George era sulle spine.

Non vedeva l'ora di vedere Ellen, ma soprattutto, capire come era cambiata la dinamica delle cose.

Quando Tom gli aveva detto che Miss Mayer aveva accettato di fargli da finta fidanzata, era rimasto sorpreso.

In verità, non avrebbe mai creduto che una tipa come lei, assecondasse Tom nella sua bugia.

Gli sembrava una persona anche fin troppo sincera.

Tuttavia, ne era rimasto felice: avrebbe avuto un sacco di materiale per il nuovo romanzo.

Già se li immaginava quei due che leggevano insieme la sua opera e ridevano dei fatti raccontati, ricordando insieme la loro avventura, fin dai tempi del liceo.

Sarebbero venuti a conoscenza degli eventi dal punto di vista dell'altro e George era sicuro che sarebbe stato divertente per entrambi.

Immaginava un lieto fine.

Tom si stava, un po' alla volta, sgrettizzando nei confronti di Ellen.

L'immagine di lei, magra ed eterea, stava sbiadendo poco a poco e, ne era sicuro, l'amico si stava accorgendo di quanto fosse speciale la nuova Ellen Mayer, in confronto a quella che aveva osannato per anni.

George storse un po' il naso. Era felice, ma al tempo stesso, anche scontento di come stavano andando le cose.

Saltellò impaziente .

Anche a lui Ellen non era del tutto indifferente.

La serata che avevano trascorso insieme era stata davvero speciale e ricordava ancora il bacio che la ragazza gli aveva appena accennato.

Nei mesi successivi si era pentito amaramente di essersi scostato, poi però, subentrava la lealtà nei confronti di Tom.

Non avrebbe mai potuto fargli una cosa del genere.

Ellen era l'amore della sua vita e per quanto a George piacesse quella ragazza un po' svitata, non si sarebbe mai messo in mezzo tra i due, a meno che, Tom non decidesse, definitivamente, di mettersi con Sophie e dichiarasse con la mano destra sul cuore che Ellen Mayer non fosse più importante per lui.

Solo in quel caso, George si sarebbe concesso il lusso di corteggiare la ragazza.

- Quando arrivano? - chiese all'amico, cercando di nascondere, alla meglio, l'agitazione.

Tom gli lanciò una lunga occhiata -Sei emozionato Gaccio? - chiese un po' astioso.

Gli sorrise – Sei geloso Tom? - gli rispose, malizioso.

L'amico alzò le spalle – Nemmeno un po'! - replicò – Tra due settimane questa storia finirà e, finalmente, io potrò rotolarmi tra le lenzuola con una vera donna!

- Quindi posso farmi avanti con lei? Sembra che a te non interessi più come una volta.- azzardò.

Tom si incupì – Ti piace Miss Mayer? - gli chiese a bruciapelo.

Avrebbe voluto negare, ma Tom era il suo migliore amico e non se la sentì – Mi piace. - affermò.

- Già... grazie per la sincerità! - borbottò l'altro a disagio.

- Mi piace, ma non ne sono innamorato. Ellen è bella, simpatica, divertente, esuberante. È difficile non notarla e poi mi fa ridere. Credo che sia una cosa molto importante in una donna.

Tom non replicò, alzò le spalle e mise le mani nelle tasche del cappotto nero.

- E a te piace? - domandò a sua volta.

L'amico alzò la testa di scatto. Non gli rispose.

Sospirò profondamente e poi aprì i primi due bottoni del cappotto, infilò la mano sinistra nella tasca della giacca e ne estrasse un affarino quadrato.

George non riuscì a celare la sua sorpresa e comprese.

Quello era il modo dell'amico di rispondergli: solo lui poteva capire il significato di quell'oggetto.

Il portafoglio blu con la stampa di Goldrake era ancora più sbiadito e consumato di quanto si ricordasse.

Un tuffo al cuore lo riportò a svariati anni prima, quando Tom gli aveva mostrato, in gran segreto, il suo tesoro e tutto gli fu chiaro – Quanto c'è dentro? - chiese, accennando al portamonete.

- Non ho toccato un centesimo.

- Al contrario di tanto tempo fa, credo che il tuo piano funzionerà ed Ellen resterà strabiliata. - lo rincuorò.

Tom ripose il tesoro dove l'aveva preso, decisamente imbarazzato – Non mi interessa Miss Mayer. Solo che trovavo giusto realizzare i sogni di un piccolo nerd grassottello. Me ne sarebbe grato. Non trovi?

George sorrise – Assolutamente! - proclamò.

Tom non l'avrebbe mai ammesso con nessuno, nemmeno con se stesso, ma Ellen Mayer era tornata di prepotenza a far parte del suo cuore ed aveva un posto ben preciso.

La parte centrale, quella che, nemmeno volendo, si sarebbe potuta esportare.

Era stato così a suo tempo, lo era in quel preciso istante e lo sarebbe stato in futuro.

Miss Mayer, come la chiamava Tom, era la colonna portante del cuore dell'amico. Nemmeno volendo si poteva abbattere. Adesso non rimaneva che aspettare che anche Tom se ne rendesse conto. O lo ammettesse.

- Quando arrivano? - chiese, cambiando repentinamente discorso.

Un po', doveva ammetterlo gli dispiaceva sapere che Tom e Lelly stessero così bene insieme.

Si era fatto i suoi film mentali su Ellen da quando ci era uscito insieme.

Più di una volta, l'aveva chiamata all'insaputa di Tom ed era stato gradevole e divertente parlare con lei al telefono.

Il suo nuovo libro procedeva che era una meraviglia.

Ellen gli aveva dato talmente tanto materiale che ne avrebbe avuto per mesi e mesi e, ovviamente, Tom non era stato da meno, anche se era convito che quei due gli nascondessero qualcosa, ma questo l'avrebbe scoperto proprio quella sera, uscendo con loro due e Cindy.

Era, praticamente, la prima volta che li vedeva interagire uno con l'altra, dopo quella famosa serata ed era curioso di sapere come erano progredite le cose, anche se aveva già un piccolo sospetto che andava a suo sfavore.

Tuttavia, sapere che l'amico stava per realizzare il sogno della sua vita, lo rendeva felice.

Si sarebbe messo da parte, anche perché, nonostante Ellen continuasse a ripetergli che odiava Mr. Gore, George aveva letto tra le righe ciò che invece la ragazza provava veramente.

Era proprio curioso di vedere come si sarebbe svolta quella serata.

Ellen e Cindy di nuovo insieme. Il duetto più temuto del liceo, stava per essere riunito, ma adesso le cose erano cambiate parecchio.

A portarle fuori sarebbero stati proprio i due nerds che, anni prima, quelle ragazze non avrebbero nemmeno preso in considerazione.

Bè due nerds... uno... lui non si era mai ritenuto tale e aveva sempre avuto un discreto successo con le ragazze, se proprio doveva essere sincero, la sua aria da poeta folle gli aveva sempre garantito la meta sicura...

Tom si sfregò le mani – Spero si metta il vestito azzurro che aveva quando è uscita con te. - mormorò, quasi a disagio.

Un taxi si fermò proprio in quell'istante.

Gaccio alzò gli occhi e vide scendere due ragazze.

Ellen Mayer indossava lo stesso cappotto che aveva al loro primo appuntamento, ma sotto si intravvedevano un paio di pantaloni grigio perla e un dolce vita rosa pallido.

I capelli erano freschi di parrucchiera e il trucco molto leggero le conferiva un'aria talmente eterea che sembrava quasi finta.

Possibile che delle semplici cose indossate da quella ragazza, sembrassero uniche?

Guardò di sottecchi Tom che come lui era rimasto abbagliato da Ellen, ma l'amico non riuscì a non storcere impercettibilmente il naso – Pantaloni! - brontolò.

In quel momento, Ellen si accorse di loro e il suo viso si rischiarò nel sorriso più bello che George avesse mai visto.

Proprio come nel loro incontro, Ellen corse verso di loro, schivò un Tom sorridente che si rannuvolò subito e si precipitò verso di lui a braccia alzate.

- Georgy! - gridò la ragazza, euforica.

George lasciò fare al suo istinto primordiale, l'afferrò al volo e la strinse forte a sé, respirando a pieni polmoni il profumo delicato di Lelly.

Le baciò i capelli e le guance calde, poi colpevole, alzò gli occhi verso l'amico che fissava la scena con uno sguardo torrido.

Sciolse l'abbraccio, imbarazzato.

- Dove ci porti di bello? - gli chiese lei eccitata.

- Io... io... - balbettò come uno stupido.

Un grugnito femminile e uno schiarimento di gola maschile e scocciato li interruppe.

- Lelly non mi presenti i tuoi amici? - domandò Cindy.

Ellen fece le dovute presentazioni e poi tornò alla carica – Allora Georgy, dove ci porti? - domandò.

- Ha fatto tutto Tom. - rispose.

Ellen si girò verso il suo titolare e fece qualche passo e lo raggiunse – Quindi? Spero solo che non farai il taccagno anche questa volta. Stai portando a cena un famoso scrittore. - quasi lo rimproverò.

Tom le sorrise ironico – Vi porto a prendere l'aperitivo da “Vive la France”...

La ragazza cominciò a saltellare felice – Davvero? Oh Tom! È sempre stato il mio sogno andare in quel posto, ma non mi ci ha portato mai nessuno! - esultò.

Tom la prese sotto braccio e la strinse a sé – Guarda lì. - ordinò.

La limousine nera catturò l'attenzione di tutti. Ellen aprì la bocca sorpresa, la richiuse e l'aprì di nuovo. Si aggrappò al braccio di Tom sbalordita – Mi sento quasi una principessa. - disse con un filo di voce.

Tom spostò il suo braccio da quello di Ellen per poterle circondare le spalle, lei in automatico gli cinse la vita e posò il viso sul corpo dell'amico.

Il cuore di George perse un battito.

- Poi ti porto da “Antonio”. - sentì sussurrare Tom.

Erano rimasti solo loro due, come se lui e Cindy fossero in un'altra dimensione.

Il cuore di George perse due battiti.

- Da “Antonio”? - ululò lei – Mio Dio! Mi hanno detto che si mangia veramente bene. - saltellò, staccandosi un attimo da Tom e poi gli si avvinghiò nuovamente – Posso mangiare la fiorentina con tante patate arrosto? E poi vorrei il profitterol... è il mio dolce preferito... - sussurrò.

Tom la strinse ancora di più – Puoi mangiare tutto quello che vuoi, tesoro.

Il cuore di George perse tre battiti.

- Ehi Georgy... - la voce simpatica di Cindy gli regalò un attimo di distrazione – Ma quei due lo sanno che la storia del fidanzamento è solo una bugia, una farsa? Perché a me sembra... - lasciò la frase in sospeso, perché non era necessario continuarla: era tutto così evidente.

George scoppiò a ridere – Non ne sono più tanto sicuro.

Il destino era curioso.

Tom Gore aveva progettato il suo strano giro del mondo insieme ad Ellen dal primo anno di liceo, ma non aveva mai avuto occasione di metterlo in pratica.

Se l'avesse fatto prima non avrebbe mai fatto così colpo sull'unica e inavvicinabile reginetta della scuola.

Il destino era stato benevolo e Tom lungimirante.

Ciò che aveva progettato con tanto ardore, quando era uno sfigato grassone e sognatore, adesso gli serviva su un piatto d'argento la felicità.

Mr. Gore si chinò a baciare Miss Mayer sui capelli.

Il cuore di George smise di battere.

 

§§§

 

Ciao a tutti,
questa volta sono stata più veloce e spero di avervi fatto una gradita sorpresa.
Voglio precisare che "il viaggio del mondo culinario" non è una mia idea, ma è come mi ha conquistato mio marito.
Un giorno mi ha detto: ti farò farò fare il giro del mondo... culinario.
Così mi ha protato in diversi ristoranti e abbiamo continuato a vederci ed è finita con un bel vestito bianco ecc. ecc.
Mi sembrava giusto rendere merito a chi di dovere.
Volevo ringraziare pubblicamente le ragazze del gruppo  L'amore non è bello se non è litigarello. che mi fanno sempre tanta compagnia, Ashwini per la recensione bellissima che mi ha lasciato nello scorso capitolo e
gaccia per tantissime ragioni che non sto qui ad elencarvele.
Ovviamente un grazie a tutti coloro che seguono, ricordano, preferiscono e recensiscono questa storia.
Mi aiutate tantissimo a proseguire, ve l'assicuro.

Ora, BUON COMPLEANNO a Lachiaretta questo capitolo è per te.
 

CIao e grazie a chi vorrà lasciarmi il suo commento.
Besos MandyCri

Le mie storie in corso.
J&J: Jenna & Jack
Fratelli di sangue

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


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CAPITOLO 24

 

Ellen si sentiva al settimo cielo.

“Vive la France” era davvero un locale chic.

Si era un po' pentita per l'abbigliamento scelto, tuttavia non voleva far credere a Tom che si era messa in ghingheri per lui. Mai e poi mai! E poi si sentiva a suo agio così: non troppo elegante, non troppo sportiva.

Stranamente, rivedere George non le aveva fatto lo stesso effetto della prima volta, ma Ellen non era stupida ed aveva capito perfettamente il motivo.

Tom Gore era entrato come un fulmine a ciel sereno nel suo cuore e, per quanto lo scrittore fosse ai suoi occhi l'uomo perfetto, Mr. Gore era... Mr. Gore!

Tom era un mix giusto di elementi negativi e positivi che lo rendevano l'uomo perfetto agli occhi di qualsiasi donna.

Era felice di aver rivisto George, non poteva certo negarlo ed averlo seduto di fianco, le dava una sicurezza che non credeva nemmeno di possedere.

Nonostante l'avesse visto solo tre volte in vita sua, considerando anche il breve momento in cui l'aveva conosciuto e comprendendo anche quella serata, Ellen poteva affermare con certezza che George sarebbe diventato un suo grande amico, ma Tom, a dispetto, le faceva battere forte il cuore.

Ellen continuò a sfogliare il menù, incapace di scegliere.

I prezzi erano esorbitanti per quei semplici spuntini e drinks.

Era come gettare il denaro nel cesso e tirare lo sciacquone e, in tutta onestà, non se la sentiva proprio.

In quei tre anni che si era mantenuta da sola, come una comune mortale, Ellen aveva imparato molto bene a dar valore al denaro.

Sapeva cosa significava far sacrifici e rinunciare a qualcosa che, con l'altra carta di credito, avrebbe potuto comprare senza battere ciglio.

Il giorno prima si era regalata un pomeriggio con Cindy, proprio come ai bei vecchi tempi.

Aveva pagato tutto lei, perché l'amica non poteva permettersi tutto il fasto e i capricci che si erano concesse, dalla beauty farm ai jeans firmati. Dalla parrucchiera allo splendente abito che la sua migliore amica indossava in quel momento.

Cindy aveva protestato sonoramente, perché non era certo il tipo che accettava, ma poi Ellen l'aveva ricattata e convinta.

Le aveva giurato che, se non avesse preso i suoi regali, non le avrebbe mai presentato il famoso scrittore George Morris e l'aitante uomo di successo Mr. Gore.

Cindy aveva brontolato parecchio, ma alla fine, aveva capitolato.

Ellen credeva che, quel piccolo cedimento dell'amica fosse stato più per evadere dalla quotidianità della sua infelice esistenza che per possedere capi firmati.

Le aveva raccontato del marito ed Ellen era sbiancata, sentendo le parole poco lusinghiere che aveva usato Cindy per descriverlo.

Un fallito di prima categoria, senza un lavoro e sulla buona strada per diventare un alcolista.

Cindy aveva anche tre bambini piccoli e cercava di dare loro, tutto ciò di cui avevano bisogno, rinunciando a tutto per sé, pur di accontentarli.

Che male c'era se aveva usato la sua carta di credito speciale per rendere felice una sua cara amica?

In fin dei conti, aveva utilizzato il suo conto corrente “oro” solo per beneficenza negli ultimi anni ed era disgustoso non attingerci per rendere felice Cindy.

Quello che, però, le era rimasto più impresso, era stato il sorriso scintillante che aveva incorniciato il volto di Cindy, quando avevano fatto un po' di shopping per i suoi bimbi.

Aveva fatto decisamente bene a spendere e spandere!

Ne era, oltremodo, convinta.

Che senso aveva far beneficenza anonima, se poi non aiutava le persone a cui voleva bene?

- Ellen hai scelto? Sei l'unica che manca! Non abbiamo tutta la serata. Ti dai una mossa? - la redarguì Tom.

Lei sbuffò.

Cindy aveva preso un bicchiere di vino bianco, Tom un drink molto mascolino dal nome impronunciabile, George un bicchiere di vino rosso dal costo esorbitante. Mancava solo lei.

Guardò il suo titolare o finto fidanzato che fosse, imbarazzata. Gli si avvicinò, mentre il cameriere non lasciava intravvedere il benché minimo segno di impazienza.

- Posso prendere un bicchiere di tonica? Costa tutto tantissimo! - sussurrò, cercando di non farsi sentire dagli altri.

Tom alzò gli occhi al cielo – Prendi quello che vuoi, Ellen. Offro io! - borbottò, divertito.

- Costa tanto! - ripeté – Troppo!

- Ti ho detto di non preoccuparti, Ellen! Pago io. Non capisco, perché sei sempre così pidocchiosa. Varrai almeno cento milioni di dollari per gamba! - insistette,

- Valgo quello che mi paghi! - protestò lei – È difficile credere che tu, Mr. Gore, sia così generoso. Sono sicura che ci sia un trucco sotto, sotto...

Tom sfoggiò un sorrisetto birichino – Te li scalo dall'extra che ti devo per queste due settimane.

Ellen gli sorrise – Non se ne parla nemmeno! - protestò.

- Prendi lo champagne con le fragole, Ellen. Deve essere buonissimo. - le suggerì.

Ellen guardò il listino e quasi svenne, fissando il prezzo – Te lo servono in calici di platino? Lo zucchero è fatto di cristalli di diamante?- chiese, strabuzzando gli occhi.

Tom scoppiò a ridere – Ellen siamo a dicembre. Le fragole sono fuori stagione, per quello costa tanto. - le spiegò, poi senza aspettare, si rivolse al cameriere – Per la signorina una coppa di champagne e fragole.

Ellen accettò e per la prima volta non protestò per la prepotenza dimostrata da Mr. Gore.

Le scappava la pipì per l'agitazione – Vado un attimo in bagno. - disse, lanciando un'occhiatina supplicante a Cindy.

L'amica storse il naso, cogliendo il senso delle sue parole e si alzò anche se, decisamente, riluttante.

Sembrava che George le piacesse in modo particolare.

- Vengo con te! - blaterò, restia.

Quando varcarono la soglia della toilette, Ellen si precipitò – Mi scappa da morire! - brontolò.

- Ah, l'amour! - la prese in giro Cindy.

- Macché amore e amore! Fa un freddo cane fuori! - protestò.

Cindy rise.

Ellen chiuse gli occhi in un'espressione estasiata, nascosta dalla porta chiusa.

Tom Gore le faceva battere forte il cuore, doveva stare attenta a non far trapelare i suoi sentimenti.

Era meglio per tutti.

- Senti Lelly... ma tu e Tom... avete uno strano rapporto...

- Che intendi dire? - chiese, cominciando ad agitarsi.

Si vedeva così tanto?

- Uhm... mi sembrate tanto intimi... non è che...

La porta d'ingresso del bagno si aprì. Cindy ammutolì di colpo.

Ellen tirò lo sciacquone.

- Cindy Perez! Ma che sorpresa vederti in un posto così chic! Hai vinto alla lotteria per caso? Non è chiaramente il luogo adatto alle tue finanze. Il tuo maritino fannullone dov'è? Sei sicura che sia in grado di tenere i pupi, anche solo per il tempo di un aperitivo?

Ellen si bloccò di colpo.

Quella voce odiosa l'avrebbe riconosciuta anche in capo al mondo.

Uscì e sbatté la porta con un colpo secco.

Brooklyn Logan si voltò di scatto – Ellen Mayer? - la fissò stupita – Cavoli! Ti trovo veramente in forma! - disse, calcando di proposito sulle ultime parole.

- Brooklyn... - la salutò - Già ho smesso di brucare! Adesso mangio. Non posso dire lo stesso di te, a quanto pare. - rispose, non nascondendo l'occhiata, fin troppo eloquente, al corpo incredibilmente magro e precocemente invecchiato della ragazza.

Brooke accusò il colpo – Ecco perché la nostra Cindy è qui. Paga la sua amichetta del cuore plurimiliardaria! - sputò, acida.

Ellen alzò le spalle – A dirla tutta, io non tirerò fuori un dollaro. Ci penserà Tom a pagare per tutti! Tom Gore... se tu non l'avessi capito.

Tirò fuori dal cilindro il suo famosissimo sorriso da Miss Universo e lo spiattellò in faccia alla vecchia direttrice del giornalino del liceo.

Quanto l'aveva odiata!

Cindy sghignazzò alle sue spalle.

- Tom Gore? - chiese la donna, non riuscendo a nascondere la sorpresa – Intendi il mio amico Tom che ha sfondato nel mondo della pubblicità?

Ellen accentuò il sorriso – Proprio lui: Mr. Gore in persona! Ahn... ovviamente c'è anche Georgy... oh! George Morris, intendo...

Gli occhi di Brooke divennero rotondi dallo stupore – Lo scrittore? - quasi urlò.

- Sì... Georgy, proprio lui! Ora scusaci Logan, ma dobbiamo andare. - rispose Ellen con noncuranza.

- Ehi aspetta un attimo! - Brooke la prese per un braccio e la bloccò – Io lavoro per il giornale della città, sarebbe un colpaccio per me se mi concedessero un'intervista. Mi posso unire al vostro tavolo? Una volta io e Tom eravamo amici, più o meno. A me piaceva molto, ma lui sembrava non accorgersi di me.

Cindy la fissò terrorizzata ed Ellen sgranò gli occhi sorpresa.

- Io... non credo sia possibile. - balbettò, colta alla sprovvista.

Non voleva che Brooke ficcanasasse ancora nella sua vita, come aveva fatto ai tempi del liceo.

L'aveva fotografata con tutti quelli che si era fatta! Una vera rottura di scatole.

Brooke era antipatica, sleale, acida, arrogante e cattiva, ma non si poteva certo dire che non sapesse fare il suo lavoro: Ellen non era ancora riuscita a capire come facesse quella dannata ragazza a trovarsi sempre al posto giusto e nel momento giusto.

Tutto il liceo sapeva del suo svolazzare di fiore in fiore, niente era sfuggito all'obiettivo della perfida Brooklyn Logan!

- Questo è da vedere! - la sfidò l'altra.

Ellen strattonò il braccio e si liberò dalla presa, poi fece un cenno a Cindy di seguirla – Andiamo! - ordinò, si girò verso la giornalista – È una serata privata, Brooke! Non azzardarti ad avvicinarti, soprattutto se hai una macchinetta fotografica con te! - l'ammonì.

La ragazza arricciò il naso di rimando – Ellen Mayer le tue forme saranno anche cambiate, ma sei sempre la solita egocentrica. La mia “Cannon” non sprecherebbe nemmeno uno scatto per te, cala le arie!

Ellen alzò le spalle, indifferente – Non avvicinarti al nostro tavolo.

Non aggiunse altro, afferrò la mano di Cindy e la trascinò fuori dal bagno.

- Lo sai vero che arriverà! - esclamò l'amica divertita e preoccupata nello stesso tempo.

- Immagino di sì. - rispose laconica.

- Che facciamo?

- Noi? Niente! Saranno Tom e George a decidere. Magari a loro fa piacere. Sai è sempre pubblicità gratuita. - Ellen sperò vivamente che i due uomini prendessero quella vipera a calci in culo.

Perché, tra tutte le persone del mondo, dovevano incontrare Brooklyn Logan?

Quella era la sua serata, eccheccazzo!

Quando ritornarono al tavolo i cocktails erano già arrivati.

Ellen fissò il suo calice estasiata.

Il bordo della coppa era cosparso di zucchero. Una fragola interrompeva l'irregolarità della fascetta dolce e il liquido era di un rosa pallido, dovuto al mix dello champagne con il frutto rosso.

George si alzò e le fece accomodare entrambe, accompagnando la loro sedia.

Gli sorrise grata per quel gesto gentile, poi si girò verso Tom, sentendosi quasi in colpa.

Il ragazzo la stava fissando in un modo strano.

I suoi occhi viaggiavano da George a lei e le parve quasi di intravvedere un certo risentimento.

Se fosse stata ancora la ragazza magra e sicura di sé, sicuramente avrebbe pensato che quella luce negli occhi di Mr. Gore fosse gelosia, ma così non poteva essere.

Tom Gore era felicemente fidanzato con la sua coinquilina e lei, al contrario, stava solo recitando una parte per fare un favore al suo titolare e toglierlo dai guai con la madre bigotta.

Eppure...

Ellen scacciò quel pensiero con la stessa forza e velocità con cui le era palesato nel cervello.

- Tom ti ricordi di Br...

Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che la voce della sua ex compagna di liceo la interruppe.

- Tom Gore! - squittì la stronza – Ma che sorpresa!

Il ragazzo alzò lo sguardo e, quando riconobbe a chi apparteneva la voce, quasi si strozzò con la bibita – Brooke! - esclamò, sorpreso – Anche tu da queste parti! Che coincidenza... - borbottò, incupendosi.

- Posso? - replicò lei e senza nemmeno aspettare il consenso di nessuno di loro, si frappose tra lei e Tom, sedendosi sul divanetto accanto al ragazzo.

- A dirla tutta, vengo spesso qui, perché incontro le celebrità. Lavoro sai... niente è più appetibile di un bel pettegolezzo per i nostri lettori.

Tom le sorrise a denti stretti.

- Non mi presenti il tuo amico? Anche se non ci sarebbe bisogno... - continuò la vipera con voce melensa.

George le si allontanò impercettibilmente, quando lei allungò la mano per stringerla.

Ellen voleva morire.

Brooklyn Logan le avrebbe rovinato la serata se non se ne fosse andata immediatamente.

Già il fatto che si fosse messa tra lei e Mr. Gore la irritava in modo esponenziale.

Tuttavia non poteva dire niente, non voleva fare la figura dell'asociale o dell'antipatica, non quella sera, almeno!

- Come mai qui? - chiese ancora Brooke, cantilenando come un'oca giuliva – Resti molto in città? Spero troverai un po' di tempo per una vecchia amica e mi concederai un'intervista. Anche tu Georgy...

- George! - precisò lo scrittore, seccato.

Cindy non riuscì a nascondere un sorriso soddisfatto ed Ellen le fece l'occhiolino.

Brooke sembrò non accusare il colpo – Certo, George... allora? Vogliamo farla adesso l'intervista?

Ellen spalancò gli occhi preoccupata e buttò giù lo champagne in un sorso solo, demoralizzata.

Guardò la sua coppa vuota, delusa.

Aveva appena fatto fuori quaranta dollari in un secondo.

Cindy la imitò e George seguì i loro gesti dopo due secondi.

Tom era l'unico che aveva il cocktail, pressoché, intonso.

Mr. Gore cercò lo sguardo di Ellen e le sorrise. Giocò con il bicchiere e poi bevve una lunga sorsata.

Scrollò i ricci e scoppiò a ridere.

- Cosa vuoi sapere Brooke, esattamente? - chiese.

La ragazza arricciò il naso – Raccontami del tuo successo, come ci sei arrivato, cosa hai provato... se è stata dura.

- Ho studiato e avuto idee decenti per andare avanti.

- Più che decenti, a quanto pare! - lo osannò lei.

- Brillanti, sì! - le lanciò un lungo sorriso ammaliatore.

Ellen avrebbe voluto avere l'intera bottiglia di champagne in quel momento per scolarsela tutta in un secondo e, soprattutto, per reprimere quella gelosia che le stava attanagliando la gola.

Da quando provava quel certo sentimento per Mr. Gore?

Lo guardò di sottecchi e si rese conto che non le era mai capitato di interagire con lui e un'altra donna.

Ogni volta che erano insieme il mondo ruotava intorno a loro due.

Ok, l'aveva visto con Sophie, ma quella era un'altra storia.

Se c'era qualcun altro con loro, Ellen si rese conto che era un uomo oppure donne che tutto sommato erano dalla sua parte e non provavano sentimenti pericolosi per Tom.

Era sempre stata al centro dell'attenzione di Mr. Gore, forse anche quando lui era con Sophie.

Ellen deglutì, incapace di riprendersi da quel pensiero.

Era gelosa di Mr. Gore.

I sentimenti che provava per il suo datore di lavoro non erano sani e l'avrebbero portata alla sofferenza certa.

Cosa pretendeva? Tom Gore era felicemente fidanzato con Sophie. Non l'avrebbe mai lasciata per una come lei.

Ma cosa stava pensando?

Scosse la testa incredula.

Lo fissò a bocca aperta, incapace perfino di respirare.

Si stava innamorando di Mr. Gore.

- Come mai con queste due? - gli chiese Brooklyn Logan con voce acida.

Tom Gore si alzò. Prese il bicchiere e lo svuotò. Fece cenno alla giornalista di fargli spazio.

La donna lo guardò stralunata.

Lui le sorrise arrogante e si accomodò vicino ad Ellen.

Avvertì il calore del corpo di Tom, quando lui l'abbracciò.

Poi si chinò e la baciò.

Così dal nulla, davanti a tutti.

Un bacio vero, come quelli che si erano scambiati in privato, un po' per gioco.

Ad Ellen mancò il fiato.

Quando si staccò da lei, le fece cenno di alzarsi ed Ellen lo fece come un automa.

Occhieggiò verso Cindy che li stava fissando con la bocca spalancata e guardò con timore George che aveva gli occhi serrati in due minuscole fessure e la mascella tesa.

- Sono qui con la mia ragazza e miei amici Brooke e tu sei di troppo. - esclamò Tom – Andiamo ragazzi!

Si alzarono tutti, lasciando sola la giornalista che ancora non si era ripresa.

Ellen non fiatò.

Non era vero che si stava innamorando di Mr. Gore.

Lo era già.

Pericolosamente, indissolubilmente innamorata di un uomo che non sarebbe mai stato suo.

Il ragazzo della sua coinquilina.

L'uomo che la disprezzava.

L'uomo che l'aveva solo ingaggiata e che si prendeva gioco di lei in qualsiasi occasione.

Come era potuta essere tanto stupida da cacciarsi in un guaio simile?

Tom l'aiutò a mettersi il cappotto, non si rese nemmeno conto che aveva già pagato il conto e solo l'aria fredda e innevata la riportò alla realtà.

Tom la strinse a sé quasi con ingordigia.

- Andiamo da “Antonio”? - chiese.

Risposero tutti con un cenno, senza proferire parola.

Qualcosa si era strappato ed Ellen non riusciva a capire se quello squarcio fosse nella serata che sembrava partita con tanta allegria oppure fosse dentro di lei.

Si aggrappò con tutte le forze al corpo di Tom – Andiamo da “Antonio”! - esclamò con finta allegria, sfoderando il suo famoso sorriso da Miss Universo, ma dentro il suo cuore sanguinava di lacrime rosse.

 

 

****

 

Ciao a tutti!
Non mi giustifico per il tempo che è passato dall'ultimo capitolo, perché quando aggiornerò le altre storie (ed è mia intenzione farlo il prima possibile) altrimenti dovrò indossare un cilicio!
Grazie per essere ancora tutti qua, nonostante sia passato più di un mese e per questo non saprò mai come ringraziarvi.
In realtà questo capitolo doveva comprendere anche la cena da "Antonio", ma mi sono dilungata un po' troppo come spesso mi accade quando scrivo, quindi ci rivedremo qui per la vera e propria cena.
Le cose stanno progressivamente cambiando e tra un po' ne vedremo delle belle.
Vi ringrazio come avete colto lo scorso capitolo, per le belle cose che mi avete scritto, perché quando leggo le vostre recensioni, ho il cuore che batte forte.
Non so se questa storia sia davvero bellA come la descrivete voi in ciò che mi scrivete, certe volte penso che siano più belli i vostri commenti della storia in sé.
Mi fa piacere comunque sapere che abbiate colto ciò che tante volte scrivo tra le righe.
E' vero è una commedia, ma vorrei anche trasmettere un messaggio e molti l'hanno colto.
Grazie di cuore.

Grazie a chi mi segue, ricorda, preferisce e recensice.
Grazie alle tante ragazze che mi hanno scelto come autrice preferita.
Al mio ingresso qui su EFP mai avrei immaginato, anzi non ci credo ancora adesso!
Grazie alle "litigarelle", se volete farne parte questo è il link  L'amore non è bello se non è litigarello.

Besos MandyCri

Le mie storie in corso.
J&J: Jenna & Jack
Fratelli di sangue

 

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


 
 
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Ciao a tutti!
Scusate il ritardo.
Spero che questo capitolo vi piaccia e che vi emozioni tanto, come ha emozionato me scriverlo.
Se volete commentate,  mi fa davvero piacere sapere se vi è piaciuto o no.
Io sono qui!
Grazie a chi mi segue, ricorda, preferisce e recensice.
Grazie alle tante ragazze che mi hanno scelto come autrice preferita.
Grazie alle "litigarelle", se volete farne parte questo è il link  L'amore non è bello se non è litigarello.

 

L'altra mia storia in corso che prima o poi aggiornerò
Fratelli di sangue

Buona lettura.
MandyCri

 

§§§



CAPITOLO 25

 

Era stata una bellissima serata.

Tom quasi si era preoccupato dopo l'arrivo di Brooke.

Quella ragazza aveva portato un po' di scompiglio nel gruppo.

Gaccio si era inacidito.

Cindy aveva perso la voglia di parlare.

Ed Ellen... bè... Ellen sembrava fosse volata via.

Era come stata catapultata in un altro pianeta.

Tom aveva fatto tutto ciò che era in suo potere, per attirare la sua attenzione, ma la sua impiegata grassottella non l'aveva, minimamente, considerato.

Davvero! Era stato creativo, sensibile, simpatico, allegro, ma niente.

Era stata, per gran parte della serata, persa nei suoi pensieri.

Allora era passato alla modalità stronzo supremo. Le aveva fatto pesare tutto il suo operato a lavoro.

Sapeva che Miss Mayer ci teneva tantissimo a quella mansione, anche se non era niente di che.

Nessuna reazione.

Allora l'aveva attaccata sul peso.

Miss Mayer era rimasta pressoché una mummia!

Era stato in quel preciso momento che Tom aveva capito di rivolere indietro la sua Ellen, quella pazza scatenata che gli aveva rovinato la sua preziosissima scrivania e gli aveva riempito l'ufficio di post-it colorati, così si era deciso a rompere quel silenzio imbarazzante – Ero innamorato di te al liceo! - era sbottato.

La frase gli era uscita dal nulla. L'aveva pronunciata con veemenza, a voce troppo alta, tanto che, anche altri clienti del locale si erano girati verso di loro.

Ancora non capiva da dove gli fosse uscito il coraggio per pronunciare quelle parole.

Tre paia di occhi increduli l'avevano puntato incuriositi.

Gaccio l'aveva guardato sgomento.

Ellen si era quasi soffocata con il vino.

Cindy l'aveva salvato. Era scoppiata a ridere – Ah! Se per questo anche Lelly aveva una mezza cotta per te!

A quel punto Ellen era diventata paonazza – CINDY! - aveva berciato, indignata.

L'amica, però, aveva ritrovato la parlantina perduta e, in men che non si dica, aveva cominciato a raccontare tantissimi aneddoti carini, sulla ex reginetta della scuola.

Ellen aveva cercato in tutti i modi di porre fine al ciarlare di Cindy, ma invano.

George che, nel frattempo aveva cominciato a rilassarsi, si era unito al gruppo, descrivendo minuziosamente ogni cazzata che Tom aveva fatto per la bellissima Ellen.

Avrebbe dovuto sentirsi a disagio, invece, quelle vecchie storie l'avevano reso solo più allegro.

Forse era stato il vino ad aiutarlo, forse la luce che aveva scorto negli occhi di Ellen, mentre ascoltava lo scrittore, come se le parole dell'amico fossero state oro colato, ma vederla così interessata e felice, l'aveva fatto desistere dall'interrompere George da quei racconti, a dir poco, imbarazzanti.

E aveva fatto bene, perché si era divertito e aveva salvato la serata!

Gli aveva fatto piacere sapere che, dopo tanto tempo, il vecchio Tom, quello bruttino e fuori forma, non era stato del tutto indifferente alla ragazzina spietata che era una volta Ellen.

Adesso se ne stava lì, con le mani in tasca, ad ascoltare Cindy e Gaccio che sparlottavano su tutto e tutti.

Ellen, nonostante si fosse ripresa nel corso della serata, era ancora abbastanza silenziosa: cosa decisamente non usuale per lei.

Tom, però, aveva voglia di terminare quella serata a quattro, perché desiderava stare da solo con Miss Mayer.

- Ragazzi che ne dite se vi lascio la limousine? - domandò quindi, a bruciapelo, rivolgendosi a Gaccio e Cindy.

Prima che uno dei due potesse replicare, aggiunse – Ellen abita abbastanza vicino, solo qualche isolato. L'accompagno a casa e poi, al ritorno, prendo un taxi.

George lo guardò di sbieco. Borbottò qualcosa di incomprensibile ed abbassò la testa, corrucciato.

Cindy, invece, accolse la notizia con gioia – Ah! Sarebbe magnifico! Chissà come mi invidierà la mia vicina, la vecchia delle tendine, quando mi vedrà arrivare con questa macchina! - esclamò, felice.

- Ehi! Un attimo solo! - si intromise Ellen con la voce stridula – Perché dovrei fare io una passeggiata? Ho mangiato come un bue e sto, praticamente, rotolando per terra. L'unica cosa che voglio è arrivare, comodamente, a casa e planare sul mio letto, facendo meno fatica possibile! - protestò.

Tom le sorrise sornione – Proprio per questo Miss Mayer hai bisogno di camminare. Devi eliminare il milione di carboidrati e calorie che hai ingurgitato! - le spiegò.

Ellen mise su il broncio – Ma io non voglio... perché devo andare io a piedi?

- Shhhh! - l'azzittì – Facciamo come dico io!

Ellen abbassò lo testa sconfitta, sbuffò, lo guardò con un'espressione torva, poi acconsentì riluttante e non troppo convinta.

- Posso parlarti un secondo? - gli chiese Gaccio, scuro in volto.

Tom gli si avvicinò e, insieme, si spostarono di qualche metro – Dimmi. - gli chiese, nonostante sapesse già cosa gli avrebbe domandato l'amico.

George lo fissò serio – È stata una bella serata. Era da tanto che non mi divertivo così. Se togliamo il piccolo inconveniente “Brooke”, direi che è stata impeccabile. Hai organizzato tutto alla perfezione e la scelta dei locali è stata azzeccata. Se volevi fare colpo su Lelly, credo tu ci sia riuscito in pieno. Mi sono quasi commosso quando hai tirato fuori il portafoglio di Goldrake. Hai avuto un'idea brillante. Credo che sarei caduto anch'io ai tuoi piedi con un corteggiamento del genere.

Tom gli sorrise – Grazie! Sono davvero felice che sia stato tutto di tuo gradimento. Lo sai che ci tengo alla tua opinione. Per quanto riguarda il resto, io non volevo far colpo su Ellen. Lo sai che è una cosa solo mia. L'ho fatto per me, non per lei.

Gaccio lo guardò nervoso. Arricciò il naso e quel gesto fece capire a Tom che l'amico non credeva ad una sola parola. Mise le mani nelle tasche del cappotto e calciò un sassolino con il piede – È stato talmente perfetto che sarebbe meglio che tu non rovinassi tutto.

Tom sussultò – Cosa vuoi dire? - chiese, sospettoso.

- Sarebbe meglio che accompagnassimo insieme le ragazze a casa e finissimo la serata così.

Tom negò con il viso – Ma non mi dire? - esclamò, non riuscendo a nascondere una velata ironia ed un certo disappunto.

- Invece te lo dico! - insistette l'altro.

- Senti Gaccio, io ti voglio bene, però questa è la mia occasione e non me la lascerò scappare.

- Le farai solo del male. - protestò, ancora l'amico.

- Ehi, per chi mi hai preso? Non ho nessuna cattiva intenzione. Voglio solo stare un po' da solo con lei. Credo di meritarlo, dopo tutto questo tempo!

- Da solo? Ci sei stato un sacco di volte da solo con lei! - puntualizzò George, risoluto – Ellen è una brava ragazza! - continuò, testardo.

Tom cominciò ad innervosirsi – Si può sapere da che parte stai, tu? Posso capire che tu abbia un debole per Miss Mayer, ma penso che io e lei abbiamo qualcosa da dirci. O sbaglio? Le cose sono cambiate dai tempi del liceo, George! Non le sbavo più dietro e poi siamo due adulti... non ho nessuna cattiva intenzione e... e... non devo nemmeno giustificarmi con te! Non farò niente, cazzo!

- Ti ricordo che la tua intenzione con Ellen era quella di vendicarti... - bisbigliò lo scrittore un po' affranto, ricordandogli quel famoso giorno in cui Miss Mayer si era presentata in ufficio per il colloquio.

Tom avvertì nitida una fitta allo stomaco.

Sbuffò, un po' perché infastidito dall'atteggiamento di George, un po' per nascondere quella strana emozione che si era fatta largo dentro di lui.

Roteò la testa e lanciò una lunga occhiata alle due ragazze che stavano parlottando tra loro, non degnandoli nemmeno uno sguardo – Mi è passata, sai. Non voglio più farla pagare ad Ellen, ma trovo sia giusto che io e lei, adesso che è venuto fuori tutto del passato, facciamo una lunga chiacchierata chiarificatrice. Non pensi sia corretto?

- Giuralo!

Gaccio lo stava fissando con astio, anche se i suoi occhi tradivano una piccola luce di speranza: stava ritrovando la fiducia in lui.

Tom gli sorrise – Ti ho mai mentito? - chiese, senza però sbilanciarsi nel promettere nulla.

George scrollò la testa, negando e Tom ne approfittò per dargli una pacca sulla spalla – Voglio solo parlare. Avevi ragione tu: Miss Mayer non è niente male. Intendo come segretaria e persona. Sto da Dio con Sophie, ma Ellen, presumo, sarebbe una valida amica. Questo non significa che tu puoi farti avanti con lei, almeno per il momento! - precisò.

Lo scrittore scoppiò a ridere – Accidenti! E io che pensavo, fosse arrivato il mio turno. - giocò.

Tom lo guardò serio, non stava affatto scherzando e questo voleva fosse chiaro, ma l'amico continuava a mantenere un'espressione allegra – In verità, Cindy non è per niente male... - gli sussurrò George, improvvisamente a disagio.

- Cindy è sposata e ha tre marmocchi a casa: lascia stare! E non farti venire strade idee nemmeno su Ellen. Lei è out per te. - lo sgridò.

Lo scrittore sbuffò – Sono proprio sfortunato con le donne!

- Dai andiamo, Casanova! Le nostre dame ci aspettano.

Non fecero in tempo a raggiungerle che Ellen partì subito all'attacco – Se pensi che io vada a casa a piedi, puoi scordartelo, Mr. Gore! Non esiste al mondo.

Tom la prese a braccetto e la trascinò per qualche metro, usando la forza per sovrastare la resistenza di Ellen – Ragazzi, la limousine è tutta vostra. Grazie per la splendida serata e non vi preoccupate per noi: torneremo a casa, sani e salvi! - disse, rivolgendosi a George e Cindy che fissavano la scena divertiti.

- Non puoi costringermi a camminare, se non è ho voglia! - protestò per l'ennesima volta Ellen, dopo un isolato.

- Quante storie! Lo sai che sei proprio una lagna? - sbuffò Tom – Possibile che non sai far altro che lamentarti?

- Non mi sarei lamentata se adesso il mio sedere fosse comodamente seduto sul sedile di una macchina! - rimbeccò lei.

- A quel sedere, in particolare, camminare fa solo bene! - polemizzò lui.

- Sei uno stronzo!

- Culona.

- Maschilista!

- Lamentona.

- Ti odio!

- Mi ami!

Ellen scoppiò a ridere. Sistemò meglio il braccio intorno alla sua vita e appoggiò il viso sulla sua spalla, cercando di sopprimere un brivido di freddo.

Tom la strinse a sé per infonderle più calore e per averla il più possibile vicina.

Percorsero il resto degli isolati, uno vicino all'altra, in quell'abbraccio intimo.

Ogni tanto, Ellen si fermava, attratta dalle vetrine illuminate a festa, da un chicco di neve che si depositava da qualche parte, dagli alberi di natale scintillanti che coloravano le strade e le piazze e rompeva quell'unione.

Ciarlava felice, ma poi si sistemava nuovamente stretta a lui, come un gattino nella cuccia, con la copertina preferita.

Tom avvertiva un senso di vuoto, ogni volta che Ellen lo abbandonava, anche se solo per qualche istante, ma, doveva ammettere, vedere l'espressione meravigliata di Miss Mayer era una delle cose più belle del mondo.

In un certo senso, quella strana sensazione di abbandono era compensata dal volto gioioso di Lelly.

Quella ragazza era così diversa dall'idea che si era fatto di lei, a suo tempo.

Ellen era la semplicità in persona.

Riusciva a vedere e godere di quelle piccole cose che tutti davano per scontate: lui per primo.

Stare con Ellen lo rendeva allegro, anzi la parola giusta era: felice.

Era da tanto che non si sentiva così.

Ripensò a come la sua vita fosse cambiata da quando quella ragazza aveva fatto irruzione nella sua monotona vita.

Miss Mayer l'aveva catapultato in un mondo parallelo, dove lui era ancora il vecchio Tom, insicuro e timido, nel corpo aitante di quello nuovo.

Stranamente, in pochi mesi, avevano avuto tantissime avventure e, doveva ammetterlo, non si era annoiato per niente.

Dalla gita in vespa al ruzzolone dentro il bidone della spazzatura.

Per non parlare poi dei baci che si erano scambiati e del Natale stupendo che gli stava regalando.

Forse Miss Mayer non era più avvenente come una volta, ma perbacco, ci sapeva fare, eccome!

Ellen, tutto di colpo, aveva ritrovato la sua solita parlantina e, infatti, lo stava bombardando con aneddoti su ogni cosa, ma, questa volta era Tom non che riusciva a seguirla, a non essere attento.

Non riusciva ad ascoltare ciò che la ragazza diceva, perché era perso nel suo mondo, anche se il suono della voce di Miss Mayer gli faceva compagnia.

Voleva Ellen.

La voleva ad ogni costo.

La bramava.

Probabilmente era solo per soddisfare la sua vanità o, forse, per curiosità, ma il risultato non cambiava.

Aveva mentito a George per la prima volta in vita sua.

Tom non desiderava affatto fare chiarezza.

Quello che agognava era la fisicità, la carne, il possesso.

Non gli interessava per niente, sapere per quale motivo la reginetta della scuola, avesse provato, a suo tempo, simpatia per uno sfigato.

Si sentiva un verme, ma ormai i giochi erano fatti e non si sarebbe certo ritirato dalla gara.

Mai più e non con Miss Mayer.

Era già successo, ma non sarebbe accaduto una seconda volta.

Ellen è una brava ragazza... le parole di George si insinuarono nella sua mente, come spilli.

Certo, lo sapeva!

Ma non le avrebbe mai fatto un torto. L'avrebbe rispettata, questa era la sua sola certezza.

Erano due adulti, se Ellen non fosse stata sicura, lui si sarebbe fermato.

- Ehi Tom? Siamo arrivati! Pianeta terra chiama Mr. Gore, l'odioso! - cantilenò per attirare la sua attenzione.

La guardò, sorrise e poi le mise l'indice sulla punta dell'elegante nasino all'insù – Guarda che sono sempre io a pagarti lo stipendio! - la provocò.

Ellen lo fissò divertita – Sono in ferie, mio caro e dalla mia, ho sempre il ricatto! - lo provocò lei.

- Interessante! Non hai mai pensato che, magari, non mi interessa molto stare insieme a Sophie? Forse il nostro rapporto è solo di convenienza, per l'uno e per l'altra.

Il sorriso si spense sulle labbra di Ellen – Ah! - esclamò, asciutta – Io, veramente, mi riferivo al fare la spia con tua mamma.

Si scambiarono una lunga occhiata, senza dire una parola, fu Miss Mayer a rompere il silenzio, cercando di cambiare, repentinamente, discorso – Così, avevi una cotta per me? - chiese, sbarazzina.

- Posso entrare? - rispose lui, eludendo la domanda e facendola arrossire di colpo.

Ellen sgranò impercettibilmente gli occhi, poi aprì il cancello e si fece da parte – Prego. - sussurrò.

Il cuore di Tom cominciò a battergli forte in petto.

Non riuscì a spiegare l'emozione che, in quel momento, lo stava completamente divorando.

Non riuscì più a dire nulla, finché non entrarono nella maestosa villa dei Mayer, poi si lasciò andare.

Prese il viso di Ellen tra le mani, le accarezzò la pelle, le baciò la fronte, il naso, le guance, fino ad arrivare alla bocca.

Fu gentile; assaporò le labbra della ragazza con dolcezza, finché la passione lo travolse e la gentilezza sparì.

Non si rese nemmeno conto di come fossero arrivati sul letto di Ellen, dei vestiti seminati un po' ovunque, abbagliato e intontito dal concerto di tamburi dei loro cuori.

Guardò il viso di Miss Mayer con gli occhi lucidi, l'anima agitata, le mani sudate e capì di essere felice.

Ellen lo fissava, più bella che mai, con quell'espressione talmente trasparente che qualsiasi parola sarebbe stata superflua e lui fece l'unica cosa che desiderava davvero da tutta una vita: si unì a lei, senza timore.

Le speranze e i ricordi del ragazzino si mescolarono inesorabilmente con il desiderio e la volontà dell'adulto, mentre i loro corpi si fusero in un unico essere e Tom, per la prima volta in vita sua, fece l'amore, abbandonando il mero piacere fisico per qualcosa di più grande ed ignoto che cancellò ogni memoria ed ogni sofferenza, ma gli lasciò la consapevolezza che mai nessun'altra donna avrebbe avuto tanto potere su di lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


 

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https://www.youtube.com/watch?v=tBh8WH-4eIc



Ciao!
Incredibile, ma vero, questa volta non devo scusarmi per alcun ritardo!
Grazie a tutti coloro che seguono e commentano la mia storia.
Eleanor direbbe: Dio ve ne renda merito!
Mi fa un po' strano aver scritto la vigilia di Pasqua della vigilia di Natale, ma è stata una coincindenza!
Grazie a tutti coloro che leggeranno!
Un grande bacio a tutti e auguri di Buona Pasqua.
Besos MandyCri

 

§§§



CAPITOLO 26

 

Tom mugugnò.

Un ronzio fastidioso gli stava rovinando il sonno.

Strinse un po' gli occhi, tirò su con il naso, poi strofinò il viso su qualcosa di morbido.

Quel rumore continuava a dargli noia.

Sempre la solita storia!

Quando dormiva beatamente, c'era sempre qualcosa che interrompeva il suo sonno!

Era sicuro al cento per cento di aver tolto la sveglia nel cellulare!

Non doveva pensare a nulla e sarebbe ricaduto nei suoi sogni. Ecco cosa doveva fare! Poteva continuare a cullarsi in quel dolce profumo di borotalco e, ne era certo, si sarebbe svegliato tra almeno due ore!

Inspirò profondamente: ah! Fragranza di pulito mista a qualcos'altro... un misto di sesso e lenzuola di seta...

SESSO?

Tom si svegliò di colpo.

- Cazzo! - esclamò, portandosi a sedere sul letto, tutto impettito.

Ellen cacciò un urlo disumano e, in un secondo netto, gli fu accanto, nella stessa posizione.

Si guardarono sconcertati, increduli e un po' spaventati.

Le loro bocche erano una perfetta sintonia di ovali.

Il ronzio riprese, sembrava più forte, più insistente, più fastidioso che mai.

In sincronia i loro visi si voltarono verso il comodino e guardarono allibiti il telefonino di Tom ondeggiare sopra il legno.

Una danza macabra e roteante che divenne disgustosa, quando, strizzando un po' gli occhi, Tom si rese conto che era sua madre a chiamarlo.

- Cazzo! - porcheggiò ancora.

- Ma la vuoi smettere di dire parolacce? - lo riprese Ellen.

Tom si girò a guardarla, un sorriso dispettoso gli dipinse il viso – Certo che ti sei calata bene nella parte della santarellina, Miss Mayer! - la prese in giro.

Ellen gli diede una sberletta sul braccio – Zitto! È tua madre! - lo ammonì, preoccupata, come se Eleanor li potesse sentire anche se non aveva ancora risposto.

- Cosa faccio? - le chiese – Se non prendo la chiamata, andrà avanti per ore e ore... io rispondo!

- NOOOOO! Sei impazzito? Capirà che sei qui! - gli disse, spaventata a morte.

- Ellen! Abbiamo quasi trent'anni, non siamo più dei ragazzini!

- Non possiamo farle questo. Ci starebbe male. - piagnucolò lei.

Tom la fissò – Sei proprio scema, sai! Sei talmente presa dal tuo ruolo che non ti accorgi di quante stronzate stai dicendo!

Con uno scatto degno di un atleta olimpico, Tom prese il telefonino e si alzò di colpo.

- Ehi mamma! - disse, facendo partire la chiamata e fissando Ellen, in contemporanea, per godersi la sua espressione.

- Dove sei? - Tom dovette scostare il cellulare di parecchie decine di centimetri dall'orecchio, perché l'urlo di sua madre fu davvero dirompente.

Ellen lo stava fissando in modo strano.

Il suo viso era di un rosso, particolarmente, acceso e le labbra dischiuse in modo molto strano.

- Sono a casa di George. Ieri ha bevuto un po' troppo e non me la sentivo di lasciarlo da solo, tutta la notte. Scusa se non ti ho avvertito.

Fece l'occhiolino ad Ellen, allontanò il telefonino dalla bocca e ci mise un palmo sopra – Hai visto? Anch'io so recitare! - le sussurrò.

Lei rimase stranamente zitta, ma continuò a fissarlo sempre in quel modo, a dir poco, sospetto.

- Sì, mamma! Arrivo presto. Non ti preoccupare. Mi faccio una doccia, poi vado a prendere Ellen. George arriverà da solo, perché ha bisogno di riprendersi.

- Dopo gliene dico io quattro! Ho capito che gli artisti sono gente particolare e la maggior parte non segue le leggi di Dio, ma non gli permetterò mai di diventare un drogato alcolista! - protestò Eleanor.

- Ben detto, mamma! Fagli ritrovare la strada del Signore a quel bell'imbusto! Pensa che voleva anche andare a letto con Cindy. Lo dice anche il comandamento: non desiderare la donna degli altri...

Il singhiozzo di sua madre gli fece capire di aver scampato il pericolo.

La salutò soddisfatto e si risolve ad Ellen – Si può sapere che hai? - le chiese, curioso.

- Sei uno stronzo! - gridò lei, poi il tono di voce si abbasso vistosamente – Uno stronzo, nudo... - mormorò.

Tom abbassò la testa e si guardò. Sorrise – Bè... capita di essere nudi, dopo aver fatto sesso sfrenato con la propria fidanzata e comunque... anche tu sei una Miss Mayer nudissima! - esclamò, allegro.

Ellen divenne ancora più rossa, cercò il piumino per coprirsi, ma lui fu più veloce.

Saltò sul letto e si mise a cavalcioni su di lei.

- Sai, Miss Mayer ti facevo più grassottella. Non sto dicendo che tu sia magra, non lo sei proprio per niente, ma ti sto rivalutando. Non sei proprio cicciona, molto in forma, sì, insomma, un bel po', ma non grassa.

Ellen sgranò gli occhi – È il sogno di ogni donna sentirsi dire queste parole, dopo aver fatto l'amore con un uomo! - borbottò, indispettita – E non sono la tua fidanzata! - aggiunse, battagliera.

Tom non riuscì a non sorridere.

Si alzò, barcollando sul letto, sovrastandola e sventolandogli le sue grazie sotto il naso.

- Ti puoi coprire? Sei nudo come un verme. - grugnì lei.

Lui sorrise ancora di più.

Ellen roteò gli occhi al cielo.

- Mi piacciono le tue unghie dei piedi. - disse, ammirando lo smalto rosa confetto che le coloravano.

- È già qualcosa, ma credo tu possa fare di meglio! - protestò lei, inarcando un sopracciglio.

- I tuoi capelli sono luminosi.

Lei arricciò il naso – Continua... magari viene fuori qualcosa di buono da quella boccaccia!

- Hai due tette incredibili! Mi piace tuffarmici dentro con il viso...

Ellen arrossì e non fiatò.

- La tua pelle è liscia come la seta. Non ne ho mai toccata una così morbida prima di questa notte.

Anche l'altro sopracciglio di Ellen si alzò, questa volta per la sorpresa – Stai migliorando... - cercò di essere spavalda, ma Tom avvertì chiaramente la trepidazione con cui Miss Mayer aspettava un altro piccolo complimento da parte sua.

Quello strano potere su di lei, lo rese temerario.

Era una cosa che gli piaceva che lo appagava e sembrava che lei apprezzasse sia la giocosità che la serietà di quelle parole.

- Ma sai qual è la cosa che adoro particolarmente di te? Che mi ispira sesso spinto? Mooolto spinto... - le chiese, ritornando a sedersi su di lei, pericolosamente vicino all'inguine della ragazza, stando attento a non schiacciarla.

- Non saprei... - mormorò lei.

- La tua bocca. Vedi Ellen... ha una forma perfetta. Un colore decisamente sensuale. Il tuo labbro superiore è ben delineato e gonfio al punto giusto, ma quello inferiore è pieno. È fatto per essere mordicchiato di continuo... ti mostro come, se vuoi...

Non aspettò la risposta, Tom si stese su di lei e cominciò la sua lezione con piccoli baci agli angoli della bocca, per proseguire, torturando quelle labbra rosee con piccoli morsi.

Continuò per diversi minuti, respingendo gli attacchi di Ellen che volevano qualcosa di più, poi, sazio di quel gioco, approfondì il bacio e si perse nella sua bocca.

Era felice.

Felice come non lo era mai stato.

Ellen era davvero una donna eccezionale e, in quel momento, era solo sua.

Si alzò di scatto – Ehi! Dobbiamo prepararci!

Miss Mayer lo guardò confusa – Proprio adesso? Non possiamo rimandare di una mezz'oretta? - mugugnò, tristemente.

Tom scoppiò a ridere – Per essere la vergine tutta di un pezzo che mia mamma crede, sei un po' troppo sgualdrinella! - la prese in giro – Vado a farmi una doccia! Vieni con me?

La lasciò sorpresa e confusa.

- Scordatelo! Potresti almeno coprirti e non andare in giro tutto nudo? - gli urlò lei, inviperita.

- Dai Lelly! Siamo soli, soletti in questa casa enorme. Non mi vede nessuno e tu hai toccato ogni singolo centimetro del mio corpo e non solo con le mani! - giocò lui, entrando nella cabina doccia.

Che meraviglia avere il bagno in camera!

Roba da super ricchi!

- Non dire più neanche una parola! - rimbeccò lei.

Faceva la preziosa, ma Tom sapeva con certezza che sarebbe arrivata da un momento all'altro.

Era bastato un solo bacio come si deve, a scaldarla al punto giusto.

- Ma come? Sei stata così brava questa notte. Non credevo che una vergine potesse avere tanta fantasia... però fai tanto rumore Ellen, questo te lo devo dire. Dovresti contenerti un po'. Lo dico per te, sai... adesso siamo in una villa e i vicini non possono sentire, ma quando saremo a casa mia, ti ricordo che vivo in un appartamento...

- Finiscila! - la voce di Ellen gli sembrava più vicina.

Bene, si era finalmente alzata dal letto.

Aprì la doccia – Dovresti brevettare quella cosa con le mani e la bocca, Miss Mayer. Diventeresti ricca, senza l'aiuto di papà...

- Stai superando il limite!

Era dietro la porta.

Tom si sgranchì la schiena, soddisfatto e mise una mano sotto l'acqua per sentire la temperatura.

- L'urlo di Tarzan mi è piaciuto un bel po', quando hai raggiunto l'orgasmo. Credevo fosse dovuto al fatto che era da tanto che non ti ruzzolavi tra le lenzuola, ma poi la seconda volta, è stato ancora più forte...

- Stai mentendo!

Eccola, era proprio dietro la porta che lui aveva socchiuso di proposito.

- Se vuoi, prima di andare a casa mia a mangiare, passiamo per la chiesa, così confessi i tuoi peccati e fai pace con Dio. Ellen, parliamoci chiaramente. Mia madre si renderà conto appena varcherai la soglia che hai fatto sesso sfrenato. Ti si legge in faccia e per quanto tu sia brava a recitare, bè... non riuscirai a farla franca.

Tom entrò dentro e si lasciò massaggiare dal getto d'acqua calda.

Si girò verso le piastrelle, in modo da dare la schiena alla porta.

- Ehi, guarda che c'eri anche tu!

Il sussurro di Ellen gli fece capire che lei era dentro la stanza.

- Sì, ma sai com'è... l'uomo appare sempre vincente in queste cose, mentre la donna...

- L'umanità è una stronza sessista! - protestò lei, divertita, adagiandosi lungo il suo corpo e abbracciandolo da dietro.

- Dovremo conviverci... - annuì lui, girandosi e appiattendola contro le piastrelle – Credo che al momento siamo troppo pochi per iniziare questa rivoluzione...

Strusciò l'erezione sulla pelle di Ellen – Sei pronta per un altro round, Miss Mayer?

- Ti farò vedere le stelle, Mr. Gore...

- Si dice: toccare il cielo con un dito... Ellen mi fai paura, se usi certi termini.

- Zitto, stupido! E baciami.

- Farò di meglio...

 

***

 

- Si può sapere cos'ha oggi Eleanor? - gli chiese George in un sussurro.

Ellen si grattò la nuca, guardò un po' in giro – Che hai detto? - gli chiese.

- Parla piano che ci sentono! - protestò l'altro – Voglio sapere cos'ha la mamma di Tom!

- Niente! - rispose lei, non capendo.

- E tu cos'hai? Sembri tra le nuvole! Ti chiedo il sale e mi passi l'insalata. Ti chiedo l'acqua e mi passi il pepe. Si può sapere cos'è successo?

- Scusa? Dicevi?

George sbuffò.

Cercò di prendere la bottiglia del vino per versarsene un po', ma Eleanor gliela allontanò di scatto – Tu non bevi, signorino! - lo redarguì.

Lo scrittore si guardò in giro per avere un po' di sostegno.

Lei guardò Tom e lui le sorrise.

- Meglio se non bevi oggi, Gaccio! Ieri sera hai esagerato un po'! - disse Mr. Gore, facendole l'occhiolino di nascosto.

Ellen arrossì, suo malgrado.

- Ma che caz... volo stai dicendo? - lo scrittore alzò la voce, irritato – Avrò bevuto sì e no, due bicchieri...

- George Morris non essere arrogante! - lo sgridò Eleanor – Oggi non bevi e mi aspetto che dopo fili subito in chiesa e ti confessi prima della Santa Messa!

George grugnì – Ellen aiutami tu... non capisco cosa stia succedendo! - bisbigliò.

Ma Ellen era in un altro mondo.

Alzò le spalle, impotente.

Non si rendeva nemmeno conto di ciò che stava succedendo intorno a lei.

Sentiva le discussioni, senza ascoltarle veramente.

Rideva, quando gli altri lo facevano.

Rispondeva alle domande dirette con monosillabi, spesso lanciati a caso.

Avvertiva solo lo sguardo di Tom su di lei.

Sentiva la sua pelle bruciare sotto quegli occhi scuri ed inquisitori e l'unica cosa che desiderava era poter stare ancora sola con lui.

Come era stato possibile che si fosse innamorata così di Mr. Gore?

La faccenda era seria.

Ellen sapeva che era tutta una farsa, ma nel suo cuore, era nata quella dannata speranza che la stava facendo allontanare sempre di più dal mondo reale.

Non era lei la sua vera fidanzata.

Lei era il prototipo di donna perfetta per Eleanor, non per Tom.

A Tom piacevano le ragazze come Sophie e, non a caso, era proprio la sua coinquilina, la sua vera fidanzata, però era stato con lei e non si era volatilizzato non appena finito di fare l'amore.

Anzi, sembrava che Tom stesse bene con lei.

Si erano fatti la doccia insieme, una doccia condita di sesso, amore e allegria.

Era stata la cosa più bella della sua vita.

Anche quei complimenti un po' contorti che le aveva fatto, le avevano fatto toccare il cielo con un dito.

Avrebbe voluto sbattere la testa sulla tavola e scacciare quei pensieri, ma non poteva cancellarli.

Tutto ciò che le era successo era vero.

Tom aveva fatto l'amore con lei con la dolcezza di un uomo... innamorato...

Quella parola le attraversò la mente come una sciabola.

Scrollò il viso per frantumarla, non doveva, non poteva... non era giusto!

Innamorato...

Innamorato...

Innamorato...

- Tutto bene, tesoro? - le chiese l'oggetto dei suoi pensieri, premuroso.

Ellen grugnì.

Perché doveva essere sempre così mieloso in presenza di Eleanor?

- Sì, già! Tutto bene? - sbottò George, inacidito – No, perché mi sembrate tutti pazzi, oggi! Non sono riuscito a bere nemmeno un goccio del sangue di Cristo che ho portato io! - aggiunse, contrariato.

- George Morris non essere blasfemo! - lo redarguì subito Eleanor.

- Io voglio solo bere un bicchiere di vino! - protestò lui.

- Tu devi solo fare pace con Dio. L'onnipotente ti ha dato un dono e tu non devi sprecarlo così! Vuoi diventare anche tu un artista maledetto? Cosa sarà il prossimo passo: la droga? Avete fatto la vostra serata brava e sei stato fortunato che c'era Ellen che è un angelo caduto dal cielo e ha vegliato su di voi, facendo da cane da guardia a mio figlio, ma tu non avevi nessuno! Ringrazio il Signore che Tom non abbia bevuto, altrimenti non so cosa sarebbe potuto succedere. - continuò lei.

Gaccio strabuzzò gli occhi, poi fissò Tom con rancore.

Probabilmente aveva cominciato a fare due più due – Dopo questa me la spieghi! - disse a denti stretti – Scommetto che c'è il tuo zampino!

Tom si grattò la testa – Non so di cosa tu stia parlando, credimi!

Ellen si tappò le orecchie, forse Mr. Gore aveva esagerato, raccontando a sua madre quella piccola bugia...

- Ellen cara, vuoi qualcos'altro? - Eleanor la fissava con un'espressione estasiata.

Tom le diede un pizzicotto sul fianco – Se sapesse come urli, quando...

Si alzò di colpo.

Congiunse le mani a preghiera – Dio ti ringrazio per questo giorno bellissimo. Grazie per avermi fatto conoscere queste persone stupende che hanno reso questa vigilia di Natale la più bella della mia vita. Stammi sempre vicino in modo che possa resistere alle tentazioni carnali a cui ogni giorno il mio fidanzato mi sottopone. Rendi il mio caro amico George forte in modo che possa allontanarsi dalla cattiva strada. Sostieni Eleanor nel suo cammino fatto di amore e il Signor Gore che è sempre così gentile e dolce con me. Apriamo i regali?

Aprì gli occhi per dare una sbirciatina.

Il padre di Tom la stava fissando con il sorriso.

La madre si asciugava le lacrime continuando a ripetere: grazie Dio per avercela donata.

Gaccio la stava guardava schifato e inorridito.

Tom le stava palpando il sedere di nascosto.

- Apriamo i regali! - disse il signor Gore felice.

Sembrava quasi un bambino.

Eleanor sorrise al marito – Adora questo momento. - lo giustificò.

Ellen, suo malgrado, ringraziò il cielo.

Si alzarono tutti per andare a prendere i pensierini che avevano comprato e poi si riunirono, nuovamente, a tavola.

Le carte colorate rallegrarono l'atmosfera, perfino George che, fino a quel momento, si era espresso con mugugni e ragliati, sprizzava gioia da tutti i pori.

Guardò i due amici che si scambiavano i loro regali, abbracciandosi e baciandosi come due bambini, anche lei avrebbe fatto lo stesso con Cindy tra poche ore.

Non le sfuggì la sibillina promessa di vendetta che Gaccio fece a Tom: questa me la pagherai!

Ellen si sentiva al settimo cielo.

Da quanto tempo non era così felice?

Incontrare Tom le aveva aperto nuove porte.

Il lavoro che svolgeva per lui, per quanto semplice, le piaceva tanto.

Si sentiva realizzata a spedire ordini, interloquire con i fornitori, parlare con i clienti, gestire l'ufficio e far impazzire Mr. Gore!

Le piaceva il rapporto che aveva instaurato con i suoi colleghi.

L'avevano accolta come se lei fosse indispensabile per loro e questo aumentava il suo ego.

Solo dopo aver deposto i panni della vittima sacrificale che si era imposta per anni, in seguito al fallimento della sua carriera di attrice, si era resa conto delle persone che l'avevano sempre aiutata e amata.

Per contro, capì che l'unica persona che aveva sempre considerato era stata Sophie, ma era stata proprio quella che non le aveva dato assolutamente nulla, anzi, alla prima occasione, le aveva sparato alle spalle.

Era rinata e il merito era di Tom.

E adesso se lo voleva godere.

Sarebbe stato solo per pochi giorni, prima del ritorno a casa o per una vita intera, voleva viverlo e stare con lui il più possibile.

Si avvicinò ai due ragazzi con il sorriso e porse il suo pacchetto a Tom.

Lui le lanciò una lunga occhiata lussuriosa – Aspetta un attimo. - le disse.

Tornò dopo qualche secondo con un regalo delle stesse dimensioni del suo e se li scambiarono.

Ellen sentiva gli sguardi curiosi di tutti su di lei.

Aprì la carta rosa con mani tremanti.

Ogni tanto controllava a che punto fosse Tom con il suo.

Tirarono fuori il regalo nello stesso attimo, ma piuttosto di guardare il contenuto del suo, Ellen era ansiosa di studiare la sua reazione.

Sapeva che era solo un pensierino, però...

Tom fissò la sciarpa rossa con il disegno di un orso stampato che lei aveva comprato ai mercatini di Natale, proprio con lui.

Alzò lo sguardo su di lei e strinse al petto la lana morbida.

Ellen non avrebbe mai sperato in una reazione migliore di quella, poi guardò il contenuto del suo pacchetto.

Scrutò la sciarpa bianca con la stampa di Hello Kitty e alzò gli occhi su Tom.

Anche la sua espressione era piena di aspettative.

Era bellissima.

Ellen si chiese quando Tom avesse imparata a conoscerla così bene.

- Oh. Mio. Dio! Cos'è quella cosa che luccica? - l'urletto di Eleanor la distolse dai suoi sogni ad occhi aperti.

- Lì, Ellen cara, guarda l'orecchio del micino! - la madre di Tom aveva le mani che le coprivano la bocca per l'incredulità.

Ellen seguì la traiettoria degli occhi della donna e fissò l'anello che era stato cucito come un orecchino, proprio in corrispondenza dell'orecchio di Hello Kitty.

Un cuore azzurro contornato da una miriade di brillantini.

Un'acquamarina: la sua pietra preferita.

- È per me? - chiese, emozionata come una bambina.

- Sei tu la mia ragazza o no? - rispose lui – Mamma, posso?

Quando la donna annuì, lui staccò l'anello dalla sciarpa e glielo mise all'anulare sinistro, l'abbracciò e la baciò delicatamente, poi disunì le loro labbra, ma non si staccò dall'abbraccio – Dopo me lo devi rendere, ovviamente! - le bisbigliò ad un orecchio.

- Scordatelo! - sussurrò lei – Sono io la tua fidanzata e l'anello resta al mio dito!

Tom scoppiò a ridere e lei lo seguì a ruota.

Dio, quanto era felice!

 

 

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***



Ciao!
Sono molto contenta di poter pubblicare un nuovo capitolo.
Grazie a tutti a chi segue da tanto tempo le vicende di Ellen e Tom e ai nuovi arrivati.
Grazie per le recensioni che mi avete lasciato, non so come dirlo, ma mi fanno davvero piacere e mi riempiono di gioia.
Siete tutti carinissimi, io non so se merito delle parole così belle, ma le accetto molto volentieri.
Grazie a chi segue, ricorda e preferisce la mia storiella.
Grazie alle mie adorate Litigarelle, mi date sempre la carica: siete fantastiche!
Se volete iscrivervi cliccate qui  L'amore non è bello se non è litigarello.
Ho ancora una storia in sospeso Fratelli di sangue che riprenderò, non appena finirò questa, perché mi voglio dedicare interamente ad Ellen e Tom, visto che mancano pochi capitoli.
Che dire... Aspetto le vostre impressioni.
Buona lettura, besos MandyCri




 

CAPITOLO 27

 

Ellen guardò fuori dal finestrino dell'aereo.

Avevano dovuto fare “testa o croce” e giocarselo quel posto e lei aveva vinto!

Era felice, come non lo era mai stata in vita sua.

I giorni si erano susseguiti, uno dopo l'altro, ad una velocità incredibile ed Ellen li aveva vissuti in pieno.

Si era divertita e rilassata. Si sentiva realizzata in tutto e per tutto.

Si era innamorata.

Avrebbe voluto gridarlo lì, davanti a tutti, se solo fosse stato possibile, senza ricorrere in una colossale figura di merda, o peggio, senza rischiare il ricovero coatto in un ospedale di igiene mentale, non appena fosse scesa dall'aereo.

Tom Gore aveva conquistato il suo cuore con dolcezza, allegria e un pizzico di sale.

Avevano imparato a conoscersi e si erano mischiati l'uno all'altra, creando un essere solo.

Nessuno li avrebbe più divisi, perché Ellen, ormai, ne era convinta: Mr. Gore l'amava.

Ogni giorno era stato una prova inconfutabile di questo suo pensiero che, comunque, non era mai stato smentito.

Se, in primo momento, aveva creduto che Tom l'avesse ingaggiata solo per dare un contentino ad Eleanor, in seguito, mettendo insieme mattoncino dopo mattoncino, aveva capito che c'era qualcosa di più e da quella piccola costruzione ne era saltato fuori un castello con fondamenta solide.

Il destino li aveva fatti rincontrare e, questa volta, nessuno dei due si era tirato indietro.

L'anello che portava al dito ne era la prova inconfutabile.

Avevano fatto l'amore ogni istante in cui ce n'era stata la possibilità, Tom l'aveva cullata, vezzeggiata, coccolata. L'aveva fatta sentire donna in tutto e per tutto.

Il loro non era solo un rapporto fisico, anche se, doveva ammetterlo, si intendevano alla perfezione, anche da quel punto di vista.

Tom non perdeva mai l'occasione per prenderla in giro per il suo fisico non propriamente longilineo, ma Ellen non se la prendeva.

Era una cosa tra loro due: sapeva che era una sorta di complimento, sapeva che Tom adorava toccarla.

Forse non era magra come un tempo, ma Mr. Gore sembrava apprezzasse le sue forme generose e, dopo tanto tempo, anche lei non si vedeva più così male allo specchio.

Non faceva più confronti con la vecchia e la nuova se stessa.

Probabilmente, Tom Gore era stato la sua medicina.

Ormai, non contava nemmeno più le volte in cui si erano capiti, senza il bisogno di parlare, ma solo guardandosi negli occhi.

Si poteva essere più felici di così?

Ellen sapeva rispondere a quella domanda: no! Un “no” secco e imperioso.

Stavano ritornando a casa, ma il pensiero di Sophie non la toccava più di tanto.

Non avevano mai parlato di lei, non avevano affrontato quel discorso, ma sapeva che Tom avrebbe trovato le parole giuste per chiarire la situazione.

Del resto, era così evidente il loro amore che non aveva dubbi al riguardo.

Tom non sarebbe mai andato a letto con lei, se non avesse provato qualcosa, o, per lo meno, non tutti i santi giorni!

La scappatella ci stava, magari l'alcool della loro prima notte era stato galeotto, ma poi? Perché insistere a stare con lei, se non c'era di mezzo un sentimento?

Non aveva senso.

Tom Gore avrebbe potuto avere tutte le donne del mondo ai suoi piedi e, se avesse voluto solo sesso, si sarebbe scelto un'altra ragazza, una più in linea con la sua bellezza.

Cindy l'aveva presa in giro per tutte le tre settimane che avevano trascorso a casa, sostenendo che, secondo lei, le stavano nascondendo qualcosa e che la farsa era diventata ormai una verità, sempre se fosse mai stata una farsa!

Tom aveva sempre negato, quando l'amica insinuava che tra loro era nato davvero qualcosa di importante ed Ellen l'aveva sostenuto, poi però lui le sorrideva e le faceva l'occhiolino di nascosto e lei si scioglieva davanti a tutti.

Non era un'illusa! Gli occhi del suo capo erano sinceri e le parlavano d'amore.

Un amore genuino, vero.

Ellen non si era mai sbagliata sulle persone, anche se, tante volte, aveva preferito credere a ciò che più le conveniva. Sapeva distinguere la sincerità dalla falsità. Era sempre stata brava in questo.

Perfino George, sebbene fosse più riservato di Cindy, le aveva fatto capire che credeva nel rapporto che si era instaurato tra lei e Tom.

Troppe cose l'avevano convinta.

Un po', si sentiva in colpa nei confronti della sua coinquilina, però, per una volta nella vita, aveva messo da parte quel sentimento, per pensare solo a se stessa, nonostante comprendesse bene di essere una sporca egoista, ma, come diceva il proverbio, in guerra e in amore tutto era lecito!

Sorrise tra sé e sé.

Una piccola dose di individualismo, non poteva certo farla diventare una persona cattiva, giusto?

Si girò verso Tom che le sonnecchiava vicino.

D'istinto gli prese la mano.

Tom aprì gli occhi e la guardò – È stata una bella vacanza, non trovi Lelly? - le chiese, accennando un lieve sorriso.

Ellen annuì ed appoggiò il viso sulla spalla di Tom. Quel gesto fu talmente tanto naturale che, quando se ne rese conto, si spaventò.

Mr. Gore si era preso una grande parte di lei in così poco tempo che Ellen si dimenticò di respirare.

Dipendeva totalmente da lui.

Come era potuto accadere?

Proprio lei che si era data così da fare per staccarsi dall'ala paterna, per conquistare la sua indipendenza, lottando con le unghie e con i denti, adesso reagiva in quel modo?

Lei che, abituata al lusso sfrenato e alle cose facili, aveva rinunciato a tutto, pur di poter raccontare agli altri che ce l'aveva fatta da sola.

Essere legata ad una persona non era un bene, non per lei!

Lottò contro se stessa e contro i suoi pensieri.

Doveva solo alzare la testa, staccarsi dal corpo di Tom, sputare una delle sue battutine velenose e poi sfoggiare il suo famoso sorriso da Miss Universo e sarebbe tornata in un lampo la Ellen di sempre, quella impertinente, giocosa e, talvolta, un tantino irritante.

Invece rimase ancorata a quella spalla con tutte le sue forze.

Perché Tom Gore era suo e le apparteneva dalla notte dei tempi.

Non voleva ritornare quella di prima.

Né la Ellen viziata e magrissima, né quella frustata e grassa.

Era rinata per la terza volta e adesso doveva ricominciare, ma in questo suo nuovo cammino, non sarebbe stata sola. C'era Tom al suo fianco.

Si stava rimettendo in gioco ed era questa la cosa più bella di tutte.

Era ciò che la faceva sentire viva.

L'amore per qualcuno che credeva in lei e che, ne era sicura, le sarebbe stato sempre vicino, nel bene e nel male.

Questa nuova consapevolezza, la rese ancora più straordinariamente felice.

- Mangiamo cinese? - gli chiese, farfugliando contro il morbido maglione di lana.

Tom emise una risata bassa e roca che le fece venire la pelle d'oca – Possibile che tu pensa sempre al mangiare? - la riprese bonariamente, abbracciandola.

Ellen sbuffò, stropicciò il viso sulla manica ed emise un mugolio che voleva essere sensuale, ma risultò più un brontolio fastidioso.

Tom le scompigliò i capelli – Vada per il cinese. Mi fermo da te a dormire, va bene?

Non riuscì a trattenere un gridolino di gioia.

- Immagino sia un sì! - disse lui, non nascondendo nella voce un'inflessione vittoriosa.

- Non ti gonfiare troppo! - lo riprese.

Tom fece spallucce, ridacchiò e la strinse a sé – Non so proprio cosa faccio alle donne! - si vantò.

Ellen si staccò dalla sua spalle e lo guardò in modo truce – Qualcuno ti insegnerà prima o poi a volare basso! - lo sgridò.

Lui le sorrise impertinente – Forse un giorno succederà, ma non è questo il momento!

Avrebbe voluto rispondergli per le rime, se solo lui gliene avesse dato la possibilità, ma la baciò, così all'improvviso che Ellen non riuscì più a concentrarsi, persa in quelle labbra morbide e nei suoi pensieri, fatti di bambini rumorosi e castelli dalle fondamenta saldissime.

Passarono così il resto del viaggio, chiacchierando, battibeccando e facendo l'amore con gli occhi in un susseguirsi di sguardi che solo loro potevano comprendere, perfino nel taxi Ellen non riuscì a staccarsi fisicamente da Tom.

Si sentiva come una quindicenne alle prese con il primo grande amore ed era una cosa fantastica.

Perché la gente sottovalutava sempre l'amore degli adolescenti?

Quello era il sentimento più bello in assoluto.

Avvertire il proprio cuore battere forte.

Non riuscire a pensare ad altro.

Costruire un milione di situazioni con i “se”, i “ma” e i “forse” era l'amore. Quello vero.

E lei era una quasi trentenne, regredita alla metà dei suoi anni, che impazziva per i riccioli ribelli del suo capo, che cercava i suoi occhi scuri e che sentiva freddo, quando lui si staccava impercettibilmente da lei.

Avrebbe riconosciuto Tom Gore anche ad occhi chiusi, le sarebbe bastato annusare il suo profumo.

Lo amava, come mai le era successo prima con qualsiasi altro uomo.

Quando arrivarono davanti alla palazzina in cui c'era l'appartamento che divideva con Sophie, Ellen era al settimo cielo.

Non vedeva il ritorno alla vita normale come un limite o una fine, ma come un nuovo inizio.

Mr. Gore non le aveva accennato a nulla, quindi, perché preoccuparsi?

Quel pensiero funesto, ogni tanto, faceva capolino nella sua mente, ma lei lo scacciava con tutte le forze.

Se Tom avesse voluto darle il benservito, l'avrebbe fatto non appena avevano messo piede in aereo.

Invece non le aveva detto nulla, anzi... le aveva chiesto perfino di stare da lei.

Sophie non sarebbe arrivata prima di lunedì, avevano ancora due giorni interi per loro.

Poi lui avrebbe parlato con la sua coinquilina ed Ellen si sarebbe trasferita da Tom, perché non poteva certo vivere ancora con Sophie...

L'amica, certamente, l'avrebbe odiata, Ellen ne era consapevole, nonostante la sua convinzione che Sophie non fosse veramente innamorata di Tom.

A Sophie piacevano i soldi di Mr. Gore, piaceva il suo fisico, ma non era persa per lui.

Come del resto Tom era stato con la ragazza solo per sesso.

Ecco, questa era una cosa che infastidiva parecchio Ellen. Perché Mr. Gore si doveva essere scopato proprio una sua amica?

Maledetta gelosia!

Ora, comunque, capiva il motivo delle urla disumane provenienti dalla stanza accanto... un sorriso compiaciuto le colorò le labbra, facendo scomparire, in un secondo, il nervosismo – Portami tu le valigie, io vado ad aprire! - gli urlò, scendendo dal taxi e correndo verso il portone.

Fece finta di non sentire le maledizioni che Tom le lanciò, aprì e poi gli tenne aperta la porta – Facciamo a gara a chi arriva per primo? - domandò, contenta.

Tom la fissò stralunato – Sei seria? Guarda che non hai dodici anni! - la rimproverò – E poi non mi sembra che le cose siano pari. Tu sei libera da ogni peso e io ho due valigie! La mia e la tua!

- Tu dici sempre che la mia pancia è una zavorra, per cui siamo pari! Anch'io ho i miei pesi da portare! - gli lanciò un sorriso impertinente e si accinse a salire le scale con uno scatto da velocista.

- Ti ho anche detto che non sei poi così grassa, mi pare. - si difese lui.

- Ah, giusto! Il complimento più bastardo che esista sulla faccia della terra! Adesso che mi ci fai pensare... credo che sia al posto numero uno delle cose da NON dire ad una donna! - borbottò.

Tom sorrise sornione – Mi sembrava, avessimo superato questa fase, o mi sbaglio?

- Se, se... la fai facile tu! Mi hai colpito nel mio punto debole, non so se riuscirò a dimenticare...

Tom scoppiò a ridere – È solo una scusa per farti possedere per l'ennesima volta!

Ellen gli fece una linguaccia e scattò in avanti – L'ultimo che arriva paga la cena! - lo sfidò.

- Lelly sei veramente una pidocchiosa! Ogni scusa è buona per non tirare fuori un centesimo, guarda che sei tu quella ricca! - protestò Tom.

Quando arrivò davanti al suo appartamento, Ellen aveva il fiatone, ma sorrideva.

Aprì, contenta di essere ritornata nella sua piccola casa.

Spalancò l'uscio quasi impaziente, da lì a poco, avrebbe fatto nuovamente l'amore con Tom.

- Ciao Ellen, ben tornata.

Il sorriso le morì sulle labbra.

Avvertì una piccola crepa nei mattoni del suo castello.

Alzò gli occhi e il cuore cominciò a bombardarle il petto, quando vide Sophie.

Non riuscì nemmeno a salutarla, la guardò spiazzata, avvilita e confusa.

- Lelly, ma che accidenti ti sei comprata? Nella tua valigia sembra ci sia il cemento! - borbottò Tom dietro di lei.

- Amoreeeee! - Sophie si lanciò verso Mr. Gore.

Uno scossone deciso, fece tremare le mura dei suoi sogni ad occhi aperti.

Ellen si voltò verso Tom, imbarazzata.

Tom alzò gli occhi e divenne cereo, ma aprì lo stesso le braccia per accogliere Sophie, proprio come, fino a qualche secondo prima, aveva fatto per lei.

Le fondamenta del suo castello cedettero.

La strinse forte a sé.

Ellen vide crollare le pareti.

- Tesoro cosa ci fai qui? - la voce di Mr. Gore era asciutta.

- Non ce la facevo più a stare senza di te, così ho anticipato il volo! Sapevo che tornavi oggi. Non ti ho fatto una bella sorpresa? Non sei felice di vedermi?

- Tesoro, mi sei mancata tantissimo.- sussurrò lui.

Ellen si appoggiò al muro per non cadere.

Avvertì le prime lacrime salire agli occhi, ma cercò di non piangere. Non doveva, non poteva dargli questa soddisfazione.

- Piuttosto tu cosa ci fai qui! - esclamò Sophie, rabbuiandosi – Come mai eravate insieme? - domandò, rivolgendosi direttamente a lei.

Ellen cercò lo sguardo di Tom, ma lui abbassò gli occhi – Ci siamo incontrati in aeroporto, pensa che coincidenza! - mentì lui – Così, ho accompagnato Miss Mayer a casa. Si è data da fare con lo shopping, perché ha una valigia pesantissima. Per ringraziarmi, voleva offrirmi la cena. Ellen è una buona forchetta e sa cucinare molto bene!

Sophie alzò le spalle – Giustamente! È tornata a casa dal paparino che avrà sicuramente foraggiato! - disse, sprezzante.

Tom emise una risatina stridula.

Sophie lo baciò.

Le lacrime bussarono impazienti nei suoi occhi, ma Ellen raddrizzò le spalle e alzò la testa – Vi lascio da soli. Avrete molte cose da raccontarvi. - si avvicinò a Tom e prese la sua valigia – Grazie per l'aiuto Mr. Gore, sei stato molto gentile. Sono molto stanca per il viaggio, credo andrò a fare un sonnellino.

Li guardò entrambi. Abbracciati e falsi come il peccato. Degni uno dell'altra.

- Non fate troppo rumore. - sfoderò il suo migliore sorriso da Miss Universo e si girò, mentre le lacrime, finalmente, sgorgarono dai suoi occhi.

Si rifugiò in camera sua e chiuse la porta a chiave, come se quel gesto la potesse tenere al sicuro da tutti i mali del mondo.

Si accucciò per terra, appoggiando la schiena al legno e pianse in silenzio, vergognandosi, con la testa sulle ginocchia, le braccia intorno alle gambe, rannicchiata in quella posizione per difendersi da chi le aveva rubato il cuore e l'aveva frantumato in mille pezzi.

Non doveva andare così.

Sentì Sophie ridere, avvertì passi pesanti come se si stessero rincorrendo.

Strinse forte gli occhi, gelosa, rabbiosa.

Quelle cose erano sue!

La voce acuta di Sophie le trapanò il cervello, la risata roca di Tom le pugnalò il cuore.

Ellen pianse e si chiese perché, quando nei libri, gli scrittori, per immortalare un momento di estremo dolore, si divertissero ad usare la tipica frase: pianse tutte le sue lacrime.

Era una frase senza senso, perché le sue sembrava non avessero fine.

Passarono forse una manciata di minuti o, forse, troppe ore, da quella spiacevole scenetta a cui aveva assistito, quando sentì un lieve tocco alla porta.

- Ellen...

Il sussurro di Mr. Gore la schifò.

Non rispose.

- Ehi... Ellen? Sophie si sta facendo la doccia. Mi apri un attimo? - chiese, premuroso e preoccupato.

Ellen negò con il viso, come se lui potesse vederla.

Si tappò le orecchie, trattenendo i singhiozzi che avevano preso il posto delle lacrime.

- Vattene. - sibilò con un filo di voce.

- Ellen, per favore...

- Vattene. - e questa volta fu più sicura.

- Dobbiamo parlare... - mormorò, rammaricato.

- È stato un bel gioco. Il mio lavoro è finito. Non abbiamo niente da dirci. - replicò, dura.

- Ellen...

- Tom, ero pagata per farti da finta fidanzata. Quello che è successo tra noi è stato solo una piccola ricompensa, chiamiamolo “premio di produzione”. Adesso vattene.

- Come vuoi...

Poteva immaginarlo, mentre se ne andava con gli occhi scuri abbassati e adombrati da un senso di colpa latente, i ricci ribelli che gli accarezzavano la fronte, lo sguardo sconsolato.

Aveva creduto che Mr. Gore l'amasse, l'aveva creduto davvero.

No! Non doveva dargliela vinta.

Era dalla sua vita che si stava parlando e lei non era più la Ellen Mayer grassa e sconfitta dalla vita.

Si sarebbe reinventata per la terza volta.

Lei era una donna forte.

Aspettò di sentire Sophie uscire dal bagno.

Origliò e, quando avvertì la porta della camera dell'amica chiudersi, uscì silenziosa.

Si guardò allo specchio del piccolo corridoio che separava la zona notte da quella giorno ed ebbe pietà di se stessa.

Fissò per un lungo istante la sua immagine riflessa.

Valutò i suoi occhi gonfi e arrossati, i capelli scompigliati e la linea triste della bocca con una certa distanza.

Io non sono questa persona!, si rimproverò.

Si diresse nella piccola cucina-salotto e prese tutti i sacchi neri per l'immondizia.

Ritornò in camera sua con passo felpato, chiuse la porta dietro di sé e vi si appoggiò.

Respirò a fondo e poi si fece coraggio.

Spalancò le ante dell'armadio e, senza nemmeno valutare o scegliere, cominciò a riempire i sacchi neri con i vestiti di quella Ellen che le sembrava solo una sua vecchia conoscenza.

Buttò via tutto, senza prestare molta attenzione all'ordine e imprecando quando non riusciva a farci stare un vestito in più.

Quando ebbe finito, guardò la valigia ancora intonsa e sorrise amaramente.

Prese il cellulare e chiamò l'unico uomo che l'aveva amata con sincerità.

L'unico uomo che non la valutava a seconda della bellezza e del peso.

L'unico uomo che l'aveva lasciata libera di commettere i suoi errori, ma che l'aveva seguita, passo dopo passo, in caso lei avesse avuto bisogno d'aiuto.

L'unico uomo che aveva pianto con lei per le sconfitte e gioito con lei per le vittorie.

- Papà, ho bisogno di te... - sussurrò, quando quell'uomo le rispose, poi scoppiò a piangere, senza più curarsi o vergognarsi, se qualcuno la potesse sentire o meno.

E il suo castello fatto di sogni di carta crollò miseramente, sotto i suoi piedi.

 

§§§

 

NOTA AUTORE
Mi dispiace...

 

 

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


 


Ciao!
Sono tornata, siamo veramente quasi alla fine, all'appello mancano due capitoli, massimo tre.
Grazie per a tutte coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, siete state davvero molto carine, non me l'aspettavo ed è stata una bellissima sorpresa.
Grazie come sempre a chi segue, ricorda e preferisce questa mia storiella.
Grazie a chi recensisce, perché mi fa ogni volta un grande regalo.
Grazie alle mie "Litigarelle" che adoro sempre di più.
Finita questa storia riprenderò in mano Fratelli di sangue.
Per chi volesse il gruppo è sempre lo stesso L'amore non è bello se non è litigarello.
Adesso vi saluto e vi auguro una buona (lo spero) lettura.
Ciao e grazie ancora.
Besos MandyCri

 
§§§


CAPITOLO 28

 

Gordon Mayer chiuse bruscamente la comunicazione.

La sua adorata Ellen era disperata.

La sua bambina...

Aveva imparato a conoscere tutte le sfaccettature di sua figlia.

Ellen era tutto: caparbia, viziata, sopra le righe, sbruffona spesso, ironica, testarda, ma era anche una ragazza allegra e piena di vita. Sua figlia non si lasciava scoraggiare da nulla, anche nelle situazioni più difficili, nonostante ne uscisse distrutta, raddrizzava le spalle e non si faceva sconfiggere dalle circostanze. Era la sua degna erede, lo sapeva da quando aveva cominciato ad andare all'asilo!

L'aveva vista piangere spesso e sapeva individuare la consistenza delle sue lacrime.

C'erano quelle di coccodrillo, quelle piante sul latte versato, quelle versate per ottenere le sue attenzioni e infine c'erano quelle tristi, ma mai l'aveva sentita in quelle condizioni.

Il dolore non era mai appartenuto alla sua Ellen.

Aveva imparato ad assecondare quella ragazzina viziata, ad amare quella piccola peste caparbia, a ridere dei capricci di una bimba incontentabile, senza rimetterci l'anima.

Sapeva come consolarla quando piangeva, perché non era riuscita ad ottenere ciò che voleva.

L'aveva coccolata, quando Ellen ne aveva avuto bisogno, ma non era preparato a questo.

Sua figlia era stata arrabbiata, addolorata e anche triste tante volte, ma non l'aveva mai fatto preoccupare: era sempre riuscita a trovare il lato positivo in ogni cosa e se quest'ultimo non c'era, Ellen era sempre stata in grado di farsene una ragione.

Aveva incontrato più uomini che l'avevano fatta soffrire, ma era riuscita a scrollarseli di dosso con quel suo famoso e astuto sorriso da Miss Universo.

Sua figlia, nonostante le avesse detto più volte, ne era sicuro, di non volerle sentire certe cose, si era confidata sempre e solo con lui.

Gordon aveva saputo, prima di sua moglie, del primo ragazzino che le aveva fatto battere il cuore.

Ricordava ancora la voglia di prendere quel bimbo di sette anni e sculacciarlo fino a fargli diventare il sederino rosso come un pomodoro...

Aveva dovuto ascoltare pazientemente tutti i dettagli del suo primo bacio e, purtroppo, subire anche qualcos'altro, di ben più profondo.

Nemmeno allora si era divertito poi tanto, se ci pensava bene!

Ellen, però, non aveva mai pianto per un uomo.

Aveva singhiozzato, strillato, tirato su con il naso, si era strofinata gli occhi per arrossarli, giusto per darsi il giusto contegno, ma non aveva mai versato una lacrima, anche quando sarebbe stato il caso di farlo.

Gordon gli aveva passato interi pacchetti di kleenex, nonostante sapesse benissimo che quei lacrimoni fossero falsi come il sorriso da Miss Universo, però a lui piaceva consolare la sua bambina.

Tuttavia, ora, Ellen non stava recitando: era arrivato l'uomo che le aveva fatto per davvero del male.

La sua bambina si era innamorata e, sfortunatamente, del ragazzo sbagliato.

Strinse i pugni e abbandonò i suoi tristi pensieri.

Riprese il cellulare e, nonostante l'ora tarda, chiamò uno dei suoi tanti amici importanti che gli dovevano più di un favore: avrebbe scosso mari e monti pur di togliere la sua adorata principessa dai guai.

In fin dei conti, i soldi servivano a qualcosa.

Ellen gli aveva detto cosa voleva e lui l'avrebbe accontenta.

Parola di Gordon Mayer!

 

***

 

- Cosa sta succedendo qui? - le chiese Sophie, dopo aver sbadigliato sonoramente e fissandola con aria interrogativa.

Ellen represse un'ondata di nausea.

La stronza aveva fatto le ore piccole la notte precedente, a quanto sembrava.

In tutta onestà non aveva sentito nessun rumore particolare, dopo aver parlato al telefono con suo padre, era, letteralmente, crollata sul letto, sfinita dalla rabbia, dalla stanchezza e dal dolore.

Guardò i sacchi neri e gli scatoloni che aveva preparato.

Dopo aver buttato via tutti i vestiti e le scarpe che non la rispecchiavano più, la sera precedente, la mattina, Ellen si era svegliata prestissimo.

Si era lavata come i gatti, si era vestita come il giorno prima ed era scesa a fare una sostanziosa colazione in un locale sotto casa, aperto ventiquattrore su ventiquattro.

Odorava di aereo, polvere, fritto e sofferenza.

Dopo la sosta per riprendere un po' le forze, si era recata nel minimarket in cui andava d'abitudine e aveva chiesto alcuni cartoni vuoti.

Era ritornata a casa, si era rimboccata le maniche e aveva cominciato a riempire le scatole con le poche cose che voleva portare con sé.

Di cinque cartoni, era riuscita a riempirne solo tre, il resto era finito in altri sacchi neri.

Fissò quelle poche cose che racchiudevano la vita dei suoi ultimi tre anni e scosse la testa sconsolata.

- Tom sta ancora dormendo? - chiese a sua volta, eludendo la domanda di Sophie che la stava guardando in attesa di una risposta.

L'amica sbuffò sonoramente – Sì! - esclamò, quasi arrabbiata – Era molto stanco. Pensa che non siamo riusciti a fare niente! Non è riuscito ad avere nemmeno l'erezione! Lascia che riposi, è meglio!

Ellen represse un conato di vomito.

Sarebbe dovuta essere contenta nel sapere che Mr. Gore non aveva fatto nulla con Sophie, ma era consapevole che si trattasse solo di una cosa temporanea. Ci sarebbero state altre occasioni in un futuro molto, troppo immediato, per cui non riusciva proprio a vedere il bicchiere mezzo pieno.

- Rimedierete. - disse con voce afona.

- Sarà... - borbottò Sophie – Però Ellen mettiti nei miei panni! Sono più di due settimane che non ci vediamo, dovrebbe essere a mille da quel punto di vista!

Ellen le lanciò un'occhiata spenta.

- Sto parlando di astinenza da sesso! - sottolineò la sua coinquilina, come se lei non avesse capito.

Ellen alzò le spalle disinteressata – Probabilmente ha trovato qualcuna più brava di te. - rispose piatta.

Sophie spalancò gli occhi oltraggiata – Non è possibile! Sai qualcosa che io non so? - le chiese, assottigliando lo sguardo in cerca di qualche indizio.

Lei rimase impassibile – Me ne vado. - disse, invece.

L'amica spalancò la bocca sorpresa. - Scusa?

Ellen si alzò dalla sedia e si avvicinò alla finestra, spostò la tendina bianca e fissò il vuoto.

Rimase lì qualche secondo, poi si girò verso la ragazza e ritornò vicino al tavolo – Ci ho riflettuto molto e credo sia giunto il momento di lasciarti la giusta privacy...

- Che privacy? Ho avuto altri uomini e sono sempre venuti qui! Tu non puoi andartene. Come farò con l'affitto? Non capisco... io e te siamo una squadra! - protestò Sophie – E poi, dove vai?

Ellen si massaggiò le tempie e ritornò alla finestra, scostò nuovamente la tendina.

Questa volta non si girò neppure – Credevo che tra te e Tom le cose fossero serie, quindi ho cercato un'altra sistemazione. Ti darò l'indirizzo non appena mi sarò sistemata.

La sua voce continuava ad essere completamente spenta, come se la cosa non la riguardasse, come se stesse raccontando una storia barbosa che non aveva nessun senso, proprio come il suo cuore.

Quando vide, finalmente, il furgone nero accostare al marciapiedi, per la prima volta, da quando aveva messo piede nel suo piccolo appartamento, Ellen sentì il suo morale sollevarsi.

Non stava scappando, aveva semplicemente fatto una scelta.

Aveva scelto se stessa.

Si girò e guardò in faccia Sophie per la prima volta.

Si avvicinò al tavolo e si sedete stancamente sulla sedia.

Afferrò il blocchetto degli assegni e cominciò a scrivere, staccò il foglietto e ne compilò un altro.

- Questo è per coprire tre mesi d'affitto, puoi tenere la caparra che abbiamo dato come anticipo e questo è per la vespa. Ti ho dato l'intera somma che abbiamo pagato a suo tempo, così non fai storie. Ti scrivo un messaggio appena posso. Salutami Tom.

Prese il cellulare e chiamò il numero che le aveva inviato suo padre – Salve, sono Ellen Mayer. Può mandare su i suoi uomini, è tutto pronto.

Chiuse la chiamata e si diresse alla porta.

Non si girò.

Fece finta di non vedere lo sguardo attonito di Sophie che non era riuscita a pronunciare nemmeno una parola.

Uscì dalla porta del suo vecchio appartamento e si sentì libera.

 

***

 

Dei rumori sinistri svegliarono Tom.

Si stropicciò gli occhi e un senso di nausea lo percorse, quando inquadrò la stanza in cui era.

Il suo primo pensiero fu per Ellen.

Si prese il viso tra le mani e se lo strofinò forte: quella mattina stessa, avrebbe chiarito tutto con Miss Mayer.

Era stato uno stupido a non dire subito a Sophie come stavano le cose.

Si era sentito una merda colossale nei confronti di entrambe le ragazze, ma alla fine, aveva scelto di far soffrire quella a cui teneva di più.

Non l'aveva fatto di proposito, era stato preso in contropiede!

Ellen era... Ellen era... cazzo! Ellen era importante per lui!

Come aveva potuto trattarla così?

Ellen era sua amica e anche una valida collaboratrice ed era stata gentile a prestarsi ad aiutarlo!

Gliel'avrebbe detto subito, quanto ci tenesse a lei e le cose si sarebbero risolte in un nano secondo.

Sarebbero rimasti amici e avrebbero cancellato in una risata quelle due settimane di sesso...

Il solo pensiero di non poter toccare ancora Ellen, in una certa maniera, lo scosse profondamente.

Perché non riusciva a togliersela dalla testa?

I rumori continuarono fastidiosi.

Con un grugnito, si alzò e si diresse subito in cucina.

- Che sta succedendo, qui? - chiese, fissando di due uomini che prendevano un sacco nero ciascuno.

Sophie alzò le spalle – Ellen la pazza ha deciso di traslocare! - soffiò, acida – Si è ricordata di colpo di essere una ricca ereditiera e ha pensato bene che questo piccolo appartamento non fa più per lei!

Sarà meglio che lunedì a lavoro, tu le chieda spiegazioni!

- Dov'è adesso? - domandò, allarmato.

- Se ne è andata! Sarà giù che dà ordini a questi caproni!

Tom cominciò ad andare avanti e indietro per la piccola stanza.

Cosa doveva fare adesso?

Scendere giù e impedire ad Ellen di fare cazzate o non dar peso ai colpi di testa della ragazza?

Doveva assecondarla in quella pazzia e farle vedere che si interessava a lei oppure aspettare il lunedì e farle pesare questo atteggiamento infantile?

Poi si fermò.

Ellen stava solo traslocando e, pensandoci bene, forse era la cosa migliore.

Gli stava facendo un favore!

Come avrebbe potuto far combaciare le cose, se continuava a vivere insieme a Sophie?

Insomma, qualunque fosse stata la sua scelta.

Stare ancora insieme a Sophie o no.

Era un pensiero alquanto egoista, ma non poteva non prenderlo in considerazione.

Lunedì, a lavoro, le avrebbe fatto una bella predica e le avrebbe spiegato che certe decisioni sarebbe stato meglio prenderle in due!

Alzò gli occhi su Sophie: anche appena alzata era perfettamente truccata, già vestita con la tenuta da casa, con la maglia rigorosamente senza una piega.

Un senso di disgusto gli afferrò la gola.

Ricordò i capelli arruffati di Ellen, la prima volta che si era svegliato vicino a lei, le guance con le righe del cuscino e arrossate per colpa della sua barba.

Ricordò le cosce, ancora calde per il sesso che l'avevano fatto impazzire.

Ricordò il suo sorriso e un'ondata di sentimenti confusi e contrastanti lo invasero.

Fissò la folta chioma rossa di Sophie che, nonostante fosse stata spazzolata a dovere quella mattina, non era minimamente paragonabile a quella lucente di Ellen, quando si alzava la mattina.

Scrutò i piccoli seni della ragazza. Perfetti e turgidi, ma che non avevano nulla a che fare con la morbidezza di quelli di Miss Mayer.

Tom si sentì male – Devo andare. - affermò con un tono che non ammetteva repliche.

Sophie lo guardò di traverso – Siete tutti pazzi oggi! - gridò, alzando le braccia al cielo – Questo Natale ha dato la testa a tutti!

Non si preoccupò nemmeno di salutarlo. Entrò in bagno e chiuse la porta.

Tom non si fece scappare l'occasione, si vestì velocemente, prese le sue cose e uscì da quell'appartamento che era diventato troppo piccolo per lui.

Una volta entrato nel taxi che aveva fermato, provò a chiamare Ellen.

Scattò la segreteria e le lasciò un messaggio.

Fu così per tutto il giorno.

Fu così per tutta la domenica.

Tom era un fascio di nervi la sera.

Sophie, Eleanor, perfino Gaccio l'avevano chiamato senza sosta per tutto il fine settimana: non aveva risposto a nessuno.

Non aveva mangiato nulla per due giorni, l'unica cosa che era riuscito a fare, era stato girovagare per il suo lussuoso appartamento e fissare la vetrina con la tazzina e il piattino giapponesi mancanti.

Ricordare i pochi eventi che avevano legato quel luogo ad Ellen, rannicchiarsi sul divano dove l'aveva baciata per la prima volta, erano le uniche cose che lo facevano stare meglio.

Se si concentrava poteva sentire ancora il suo profumo, o forse, l'essenza di Miss Mayer gli era penetrata nelle ossa, non sapeva darsi alcuna risposta.

Verso le dieci di sera di domenica, gli arrivò finalmente un messaggio di Ellen.

Quando vide il nome impresso nel cellulare, Tom si accorse che gli tremavano le mani.

Lunedì non vengo a lavorare.

La rabbia lo invase come uno tsunami.

Provò a chiamarla per la miliardesima volta, le lasciò milioni di messaggi in segreteria, le scrisse centinaia di sms, ma la risposta fu solo un assoluto silenzio.

Telefonò a Sophie nel momento meno opportuno, quando il rancore era all'apice – Hai sentito Miss Mayer? - proruppe, senza nemmeno salutarla.

- Ehi! Brutto stronzo! Ti sembra il modo di parlarmi, dopo due giorni in cui non ti fai vivo e nemmeno rispondi alle mie chiamate? - lo aggredì lei.

- Voglio sapere dov'è Ellen, cazzo!

- Non so dove sia! Perché ti interessa tanto di lei, adesso? Fino all'altro giorno, vi odiavate!

- Perché sono innamorato di lei...

La risposta gli uscì in un sussurro e non era per Sophie, non era rivolta a lei.

Era per lui.

Chiuse la chiamata bruscamente.

Per la prima volta, dopo mesi, Tom prese coscienza dei suoi sentimenti e si sentì riportato indietro negli anni, ma questa volta non sarebbe scappato. Questa volta si sarebbe preso Ellen Mayer, perché lei era la donna della sua vita.

 

 

Arrivò tardi in ufficio il lunedì mattina.

Dopo due giorni di insonnia e di digiuno, Tom aveva fatto le cose con calma, tanto Miss Mayer si era presa un giorno di ferie!

Quella situazione doveva cambiare, cazzo!

Va bene che era innamorato di lei, ma era lui il titolare dell'azienda!

Le avrebbe preparato un bella lettera di richiamo, certo che sì! Lei aveva il potere sul suo cuore, non sulla sua ditta!

Entrò in ufficio abbastanza rilassato.

Quella presa di coscienza gli aveva giovato nello spirito.

Amava Miss Mayer, incredibile!

Sapeva che sarebbe stata dura per Ellen accettare il comportamento da idiota e senza spina dorsale che aveva avuto venerdì, ma era sicuro che lei avrebbe compreso... prima o poi...

Come era sicuro che anche Ellen lo amava.

La prima sensazione negativa appena varcò l'uscio fu l'assenza di aromi particolari.

Tralasciando il profumo dei muffin, visto che Ellen non c'era in ufficio, Tom non avvertì nemmeno quello delle gommine di Ellen.

Alzò gli occhi spaesato e li puntò subito sulla scrivania di Miss Mayer.

Era perfetta, in ordine come sempre, ma seria.

Dove erano finite le cartine colorate e i post-it impossibili? Dov'era finita la gattaccia infame che piaceva tanto ad Ellen?

Si avvicinò preoccupato.

Wenda uscì dalla sua stanza e si appoggiò allo stipite della porta, gli fece un cenno per salutarlo, con lo sguardo vuoto e rancoroso.

Tom la fissò a disagio.

Wenda era burbera di carattere, ma di solito, dopo le ferie lo accoglieva sempre con qualche battuta velenosa, delle energiche pacche sulla spalla, quel silenzio era decisamente strano.

Passò a salutare anche gli altri.

Nessuno gli mostrò l'affetto di sempre.

Lo accolsero con cordialità dovuta e distaccata.

Tom si rintanò nel suo ufficio e fu lì che ebbe il colpo più duro.

Nessuna cartellina o post-it colorati.

Tutto era stato rimesso in ordine come prima dell'arrivo di Ellen in ditta.

Certo non c'erano più carte volanti e la sua faccia nella foto con Gaccio non era più nascosta dai fiori.

Si avvicinò guardingo alla scrivania e fu allora che ebbe lo shock più grande.

La carta colorata con il firmamento era sparito.

La principessa Ellen e l'orso Tom non esistevano più.

Al loro posto c'era nuovamente il freddo cristallo nero di un tempo, solo che era perfetto, levigato e senza alcuno striscio.

Era stato sostituito.

Nel portapenne non troneggiava più la stilografica ridicola di Hello Kitty, anche perché l'aveva portata camuffata con sé a casa dei suoi, c'era la perfetta copia della Montblanc che Ellen aveva gettato.

Ripensò al giorno in cui era cascato dentro il bidone della spazzatura...

Come aveva potuto non accorgersi che già da allora provava qualcosa per lei?

Subdola gelosia...

E poi la vide...

La busta bianca che troneggiava ai piedi della tastiera del suo computer.

Tom appoggiò la ventiquattr'ore e si sedette, distese la schiena sulla sua poltrona e chiuse gli occhi.

Rimase così svariati minuti tra la voglia di urlare, di mettersi a piangere e farsi coraggio.

La prese con mani tremanti, la studiò prima di aprirla.

Poi lesse.

La sua prima reazione fu di rabbia.

Con un gesto secco, spazzò via tutto ciò che era sopra la sua scrivania, computer compreso.

Wenda fu la prima ad arrivare, seguita dagli altri accorsi da tutto quel baccano.

Lo fissarono terrorizzati.

- FUORI! - urlò e loro non se lo fecero ripetere due volte.

Si prese la testa tra le mani e scoppiò a piangere come un bambino.

Ancora una volta il destino era stato ingiusto.

Ancora una volta i tempi non erano coincisi.

Quando si fu calmato, fissò il cellulare che aveva cominciato a squillare.

Lo prese con forza e accettò la chiamata.

- George... mi ha lasciato... - furono le uniche cose che gli uscirono dalla gola, prima che la lacrime gli bloccassero anche la facoltà di parola.

 

Caro Mister Gore,

non tornerò mai più qui e non lavorerò più per te.

Queste due settimane sono state le più belle della mia vita, ma come tutte le cose stupende, anche queste sono finite.

Credevo, e so che sono stata stupida a pensarlo, che tra me e te fosse nato qualcosa di speciale.

Mi sono innamorata di te, non credevo fosse possibile, visto il tuo carattere di merda.

So che prima o poi sarebbe successo, ma non avrei mai creduto che saresti stato tu l'uomo che per primo avrebbe preso possesso del mio cuore.

Invece, contro ogni aspettativa, è successo.

Ogni volta che mi hai toccata, ogni volta che mi hai sorriso, ogni volta che abbiamo avuto una discussione, ti sei impossessato di una piccola parte di me, fino ad aver il controllo totale del mio corpo e della mia anima, ma venerdì sera, ho capito, senza ombra di dubbio che era una strada a senso unico.

Mi sono ritrovata gelosa di Sophie e distrutta da come hai saputo cancellare tutto ciò che era successo tra noi.

Non voglio questo per me.

Voglio un amore puro e senza vergogna.

Voglio avere accanto una persona che non si faccia remore a starmi vicino e che non si senta a disagio a stare con me.

Voglio la luce del sole e so, purtroppo, che tu non puoi darmela.

So di non essere più la ragazzina di una volta, mi separano svariati chili da quella che ero un tempo, però, non avrei mai creduto di poter mettere in imbarazzo qualcuno per il mio aspetto fisico.

Vederti con Sophie, mi ha fatto soffrire più del dovuto e ho, di conseguenza, preso questa decisione, proprio quando credevo che, finalmente, tutto stesse andando per il verso giusto.

Ho cancellato ogni traccia di me e ho ristabilito le cose come prima del mio arrivo, anche se, forse, non ce n'era bisogno.

In un folle momento ho creduto che anche tu provassi qualcosa per me o, probabilmente, l'ho voluto così tanto da rendere questa mia assurda speranza, quasi reale.

Dovrei ringraziarti, perché finalmente ho aperto gli occhi, ma non riesco a farlo.

Non riesco a concepire il fatto di essermi innamorata di una persona che si vergogna di me.

Non sarò mai bella come Sophie, però avrei potuto renderti felice.

Ho pensato di toglierti dai guai e ho chiamato Eleanor, spiegandole che, purtroppo, al nostro ritorno a casa, le cose tra noi due sono precipitate.

Le ho detto che è stata una mia decisione.

Ha pianto, mi ha implorato, ma ho cercato di essere abbastanza stronza, dicendole che tu non c'entravi nulla in questa mia decisione.

Probabilmente, ti chiamerà per consolarti.

Sappi mi che mi sono addossata ogni colpa, forse mi disprezza e la cosa mi fa stare ancora più male.

Ti ho salvato per l'ennesima volta.

A George ho detto la verità.

Gli ho spiegato che al nostro ritorno, Sophie era già a casa e che, tra la rossa affascinante e la bionda cicciottella, hai scelto quella con le gambe lunghe e sode.

Credo comunque che lui ti starà vicino, perché come me, ti ama profondamente.

Ho lasciato un biglietto a tutti i colleghi e, quando me la sentirò, li chiamerò personalmente per ringraziarli.

Adesso ti starai facendo delle grasse risate, non so perché, ero certa che tu ricambiassi i miei sentimenti, forse perché alla fine sono anch'io una delle tante ragazze romantiche che vivono sul pianeta terra.

Non cercarmi, non tornerò mai più sui miei passi.

Certe volte per prendersi cura di se stessi, occorre ricominciare da capo.

Ho voluto camminare con i miei piedi, farcela con le mie forze e sono stata sconfitta dalla vita.

Credevo di essere una donna forte, ma, per l'ennesima volta, ho sbagliato.

Amare non significa sempre lottare, ma dare spazio anche alla volontà altrui.

Spero che con Sophie la tua vita sia in discesa.

In alcune situazioni, arrendersi è la soluzione migliore.

A casa saprò leccarmi meglio le ferite e magari ritrovare me stessa.

 

Ellen

 

 

 

 

 

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Ciao a tutti.
Siamo giunti quasi alla fine di questa storia, mancano solo due o tre capitoli, escluso questo, prevedo due per l'esattezza.
Vi ringrazio davvero per la vostra pazienza, ormai i miei tempi sono diventati lunghissimi, ma il tempo è quello che è, anche se mi dispiace, perché scrivere mi piace davvero.
Spero che il capitolo vi piaccia.
Un bacio e grazie ancora a chi segue ancora con interesse questa storia.
Per chi volesse il gruppo è sempre lo stesso L'amore non è bello se non è litigarello.
Buona lettura.
MandyCri

 
TRAILER

 



CAPITOLO 29

 

Tre mesi dopo.

 

Ellen si accasciò letteralmente sul divanetto del bar.

- Oh! - esclamò soddisfatta, con il fiatone ancora persistente.

Cindy la imitò dopo qualche secondo – Ti odio, Ellen! - borbottò – Non capisco perché ogni mattina dobbiamo alzarci prestissimo, farci tutte queste miglia di corsa, se poi dobbiamo abbuffarci con briosches e cappuccini con la panna!

Ellen la guardò contrariata, le sembrava impossibile che non ci arrivasse da sola – Per non ingrassare, sciocca! - la redarguì, con l'aria di chi sapeva una pagina più del libro.

Cindy sollevò un sopracciglio e la fissò attonita – Lelly! Non dimagrirai mai se, dopo la corsa, mangi come un bufalo!

- E chi ha parlato di dimagrire? Ho detto che così non ingrassiamo. Lo sport ci serve per mantenere perfetta la nostra linea. - rispose, con la bocca piena.

Il sopracciglio di Cindy si elevò ancora di più. Le si avvicinò con fare cospiratorio – Noi non abbiamo una linea perfetta... - sussurrò, amicando e percorrendo tutto il suo corpo con gli occhi.

Ellen scacciò un insetto immaginario con la mano – Dettagli... - ma la frase le morì sul nascere.

- Ellen cara...

S'immobilizzò all'istante.

Avvertì il sangue defluire precipitosamente sul viso.

Riuscì a malapena a guardare Cindy che, a sua volta, era impallidita.

Prese coraggio e si girò verso la donna – Eleanor... sussurrò.

La madre di Tom le sorrise tristemente.

Era la stessa donna che aveva conosciuto tre mesi prima, ma c'era qualcosa di diverso in lei.

Le curve erano ancora abbondanti, ma il viso era scarno, sciupato.

Lo sguardo teso, gli occhi malinconici.

- Posso sedermi? - le chiese.

Ellen deglutì, le segnò la poltroncina rosa vicina, con la mano – Prego...

- Io vado Lelly, devo farmi una doccia e preparare i tre marmocchi, ci vediamo più tardi in ufficio. - Cindy si alzò repentina dal suo posto e sorrise mestamente – Signora Gore... - fece un cenno del capo ad entrambe e sparì.

Ellen l'avrebbe voluta ammazzare all'istante, ma sapeva che l'amica aveva fatto la scelta giusta.

Da quando era tornata aveva sempre evitato la zona in cui abitava la famiglia Gore.

Qualche volta aveva incrociato i due, moglie e marito, ma vigliaccamente, aveva cambiato strada.

Adesso era stata Eleanor a trovarla e, a quanto pareva, quella donna aveva più coraggio di lei, non che ci volesse molto, ne era consapevole.

- Come stai, Ellen cara? - domandò la donna.

Ellen sorrise forzatamente – Bene... -mormorò sempre più a disagio.

In verità non stava affatto bene, anche se faceva di tutto per nasconderlo a chiunque le stesse vicino, soprattutto ai suoi genitori e a Cindy.

Era stata dura tornare sconfitta a casa, ma ancora più pesante, era stato capire che a Tom non interessava nulla di lei.

Si era aspettata scioccamente che lui sarebbe partito per riprenderla, il giorno stesso, invece dal lunedì in cui era andato a lavoro e, presumibilmente, aveva trovato la sua lettera, non l'aveva più sentito.

Non una chiamata, non un messaggio.

In compenso l'aveva cercata Sophie e lei, da codarda qual era, aveva sempre evitato di rispondere alle telefonate e, così la ragazza l'aveva insultata per giorni, via sms.

Dapprima, Ellen li aveva letti, sbigottita. In seguito, li aveva cancellati, senza nemmeno aprirli, infine, aveva bloccato il numero, perché l'ex coinquilina era diventata accanita e pesante, il suo cellulare squillava ogni minuto.

L'unica cosa che aveva capito, era che Sophie e Mr. Gore si erano lasciati, almeno per qualche tempo, poiché, dopo meno di un mese, erano tornati insieme, infrangendo definitivamente i sogni ad occhi aperti di Ellen.

Così almeno le aveva detto Cindy, cosa riferitole da George con il quale aveva cominciato una specie di relazione.

Al rientro di Ellen in città e dopo l'offerta lavorativa che le aveva fato, l'amica aveva cacciato, a sonori calci in culo, il marito da casa e, dopo nemmeno un mese, aveva cominciato a frequentare proprio lo scrittore.

Al momento, erano immersi in una specie di amicizia intima. Ellen non aveva ancora capito sei quei due si erano o meno rotolati tra le lenzuola.

Cindy non aveva accennato minimamente alla cosa e lei non le aveva fatto domande, anche se aveva qualche sospetto, dato che, dopo la separazione e in concomitanza con l'arrivo dello scrittore, l'amica era rifiorita.

Sembrava la donna d'acciaio. Accudiva i suoi tre figli con un amore senza pari, la sua semplice casa era sempre pulita e dignitosa e lavorava sodo come sua segreteria personale, ma nel contempo, riusciva a trovare anche il tempo per George Morris.

Con lei, George non parlava mai di Tom.

Era un tacito accordo tra loro.

Lei non chiedeva, lui non interferiva, ma era diventato un amico indispensabile per andare avanti e non perdersi nell'enorme casino che era diventato il suo cuore.

Non contava nemmeno più le volte in cui aveva chiamato Tom e poi messo giù, poi, da quando aveva saputo che aveva riallacciato i rapporti con Sophie, si era fatta forza e aveva cancellato il suo numero. Non era stato semplice.

Però, dimenticare Mr. Gore, non era un'impresa tanto facile, visto che, dopo tre mesi, lo pensava ogni secondo e la sera, quando tornava a casa, stanca e sfinita, aveva ancora la forza di piangere per lui.

Ormai era diventata anche quella un'abitudine.

Si coricava a letto, felice della sua giornata e, con una veemenza incredibile, i ricordi prendevano il sopravvento e, tutto ciò che aveva fatto in quella camera con lui, ritornava a vivere.

Sesso, risate e felicità.

Tutto quello che cercava di scordare, si ricomponeva nella sua testa, ogni singolo tassello si ricreava, riportandola a vivere tutti quei momenti che, scioccamente, aveva creduto fossero parte della sua futura vita.

Così, Ellen pagava ogni giorno il prezzo della sua decisione.

Piangeva, si disperava e moriva lentamente nella tristezza più assoluta, ma non si era pentita della sua scelta.

Prima o poi sarebbe tutto finito.

Che vita avrebbe avuto, amando un uomo che non la ricambiava?

Avrebbe dovuto sostituire il mobilio o stanza o, meglio ancora, trovarsi una sistemazione per conto proprio, magari un piccolo appartamento tutto suo.

Non poteva più vivere in quella casa, se ne rese conto, in quell'esatto istante.

E adesso, come se non bastasse, aveva Eleanor, proprio di fronte a lei, più cupa che mai.

- Lei come sta Eleanor? - chiese, quindi a sua volta, per non essere maleducata.

La donna alzò le spalle – Si tira avanti. Tom è a casa...

Ellen la fissò terrorizzata, non riuscì a dire una parola.

- È da una settimana che non ci parliamo. Non riesco a perdonarlo. Perché non mi hai detto subito la verità? - continuò.

Ellen distolse lo sguardo, colpevole.

Ci mancava solo questo. Adesso Eleanor sapeva della stupida recita che avevano intrapreso lei e Tom. Si sentiva meschina e bugiarda. L'unica cosa che poteva dire a sua difesa era che lei era davvero innamorata di Mr. Gore, ma sua madre ci avrebbe mai creduto?

- Eleanor, io...

- Non dire niente Ellen, posso capire. Era una cosa imbarazzante e ammetto che, anch'io al tuo posto, non so se mi sarei fidata di una persona appena conosciuta. Non me la sono presa con te, anzi ti ammiro tanto per la forza d'animo che hai avuto a venire a conoscere i tuoi futuri suoceri in quelle condizioni. Sei stata incredibilmente coraggiosa.

Ellen la fissò stupita: ecco lei era tante cose, ma non coraggiosa...

C'era qualcosa che non quadrava.

- Io...

La donna la bloccò con la mano – Sono qui per chiederti scusa. Non avevo capito... mi sembravate così innamorati, ma sto rimediando. Come ti dicevo, è una settimana che non parlo a Tom. Non posso credere che mio figlio sia una persona così stupida e sbagliata. Non gli ho insegnato ad agire così, te lo giuro Ellen, credimi, ho sempre cercato di insegnargli la strada del Signore e guarda come mi ha ripagato!

Eleanor si prese il viso tra le mani e cominciò a piangere sommessamente.

- Sono imperdonabile... - si lamentò.

Ellen sgranò gli occhi stupefatta.

C'era davvero qualcosa che le sfuggiva – Io non capisco... - riuscì finalmente a dire, timidamente – Cosa avrebbe sbagliato? E perché ha litigato con Tom?

- Ha portato a casa quella Sophie... - singhiozzò – Ma come ha potuto farmi una cosa del genere?

Ellen si irrigidì all'istante.

- Voleva dormire con lui, capisci? Nella stessa stanza, a casa mia!

Eleanor si batté forte le mani sul petto – Una cosa inconcepibile! Quella è venuta a casa mia a dettare legge, senza portare alcun rispetto per le nostre regole, per il nostro credo. Sai cosa mi ha risposto, quando le ho detto che era una cosa inaccettabile? Lo sai?

Ellen arricciò un po' il naso e allargò leggermente gli occhi, in un'espressione che racchiudeva sorpresa e terrore – Cosa? - le chiese, quasi spaventata.

- Che siamo nel 2015 e che sono mesi che fanno tutto quello che una coppia deve fare! Mesi... capisci? È stato lì che ho capito che ti tradiva... mi potrai mai perdonare, Ellen cara?

Ellen si passò una mano tra i capelli, scomposti e umidicci, dopo la corsa e non seppe far altro che tirare un lungo sospiro di sollievo: era salva!

Allungò una mano verso quella di Eleanor e le diede qualche colpetto delicato – Su, su... non faccia così, la carne è debole. - disse, espirando lentamente.

- Sei una grande donna Ellen. L'avevo capito prima, ma adesso ne ho la conferma.

- Grazie, Eleanor, ma non credo di meritare tutta questa fiducia.

Stava morendo dalla curiosità.

Mr. Gore era in città da una settimana e c'era anche Sophie e nessuno le aveva detto nulla: begli amici che aveva! L'unica con cui poteva parlare e carpire informazioni era, fatalità, Eleanor e, guarda caso, ce l'aveva proprio davanti.

Guardò l'orologio un po' preoccupata: avrebbe fatto tardi a lavoro, però... lei era il capo, giusto? Quindi per una volta avrebbe anche potuto non essere puntuale.

- Non sapevo fossero in città. - disse, giocando con il suo cappuccino, poi si girò verso il cameriere e lo chiamò – Vorrei un caffè lungo, per favore. Eleanor vuole qualcosa? - aggiunse poi, rivolgendosi alla donna.

- Anche per me un caffè lungo e anche una fetta di torta alle mele.

Il ragazzo annuì, poi sorrise ad Ellen – Ne vuoi una fetta anche tu Ellen? È fresca e sono sicuro ti piacerà molto.

Ellen arrossì – Grazie Robert, sei sempre così gentile. - mormorò.

Eleanor la fissò stupefatta – Quel ragazzo ha un debole per te, Ellen cara? - le chiese, tradendo nella cadenza una vena di fastidio.

Ellen alzò le spalle – Robert è solo premuroso. - si difese.

- Uhmm... sarà, ma ti guarda in modo strano. - si fece il segno della croce, sussurrò una specie di preghiera incomprensibile, si rifece il segno della croce e alzò gli occhi al cielo - Comunque sono arrivati la settimana scorsa. La peccatrice se ne è già andata. - continuò soddisfatta, tant'è che non riuscì a non trattenere un sorriso trionfante.

Ellen la guardò stupita – Chi, Sophie?

- Sarò anche vecchia, ma a casa mia si fa quello che dico io e certe volte quello che dice mio marito. Voleva dormire con Tom! Ellen cara dovevi vedere che scenata ha fatto, quando le ho risposto che non era possibile. Ha urlato in casa mia! Non potevo certo permettere una cosa del genere... quindi... bè, mi vergogno un po' a dirlo, ma sono sicura che tu mi capirai... almeno lo spero, Ellen cara.

Ellen non riuscì a nasconder la sua preoccupazione – Cosa ha fatto, Eleanor?

- Bè sai, ero proprio infastidita e... e...

- E...?

- Le ho detto che a casa sua può peccare quanto vuole, ma a casa mia, si seguono le mie regole e, visto che non la finiva, le ho ordinato di andarsene e visto che non capiva, ho buttato fuori dalla finestra la sua valigia, ma era pesante, Ellen cara, così mio marito mi ha dato una mano... - alzò gli occhi verso di lei, e la guardò mortificata – Mi sono comportata proprio...

Ellen si portò le mani davanti alla bocca, per coprire il suo sgomento – E Tom? Come ha reagito? - la interruppe.

- Ecco, questo è il punto! Lei, dopo la mia scenata, lo ha insultato in tutti i modi possibili e immaginabili... - sospese la frase, si fece il segno della croce - …e lui si è messo a ridere! Non ha fatto nulla, nemmeno quando lo ha minacciato di andarsene, anzi... lui le ha girato le spalle e l'ha lasciata da sola, ha sbattuto la porta della sua camera dietro di sé e si è rinchiuso lì. Sophie è andata via con un taxi, ho sentito il cellulare di Tom squillare all'impazzata per diversi minuti, poi basta, deve averlo spento. Si è presentato all'ora di cena, come se nulla fosse. Felice e contento come un bambino ed è stato in quel momento che abbiamo litigato... - Eleanor bevve un sorso di caffè, mangiò un bocconcino di torta e si coprì nuovamente gli occhi e riprese a piangere.

- Per via di Sophie? - le chiese con premura, accarezzandole la mano.

- Oh no... Tom non ama quella donnaccia. Abbiamo litigato per te...

- Per me? - Ellen la fissò stupita – Perché?

- Gliel'ho cantate Ellen cara! Non potevo certo soprassedere su come ti ha trattata! Gli ho detto, a muso duro, ciò che pensavo di lui, tradirti con quella sgualdrina, quella è venuta in casa mia a dire che faceva sesso con mio figlio da mesi e mesi! Come ha potuto? Lei l'ho cacciata, ma lui è carne della mia carne, Ellen cara e per quanto io sia dalla tua parte, non posso completamente voltargli le spalle.

- E Mr. Gore?

Eleanor alzò un sopracciglio dubbiosa – Non ho ancora capito perché vi chiamate per cognome voi due, anche se ammetto che è una cosa simpatica...

Ellen si morse la lingua – Ehm... un'abitudine... - si giustificò - Mr. Gore? - insistette, mordendosi subito la lingua, nel momento in cui si rese conto di esserci caduta un'altra volta, nominandolo in quel modo.

Mr. Gore... - Eleanor emise una risatina divertita – Mi ha detto: pensa agli affaracci tuoi, madre!

- Scusi? - Ellen batté i pugni sul tavolino, indispettita – E lei non ha reagito?

La donna le sorrise con dolcezza, piegò leggermente il viso di lato e sospirò, sembrava avesse ritrovato tutta la serenità perduta, in quel quarto d'ora, il suo viso sembrava quasi essere ritornato paffuto come lei ricordava – In un certo senso...

- Cioè? - insistette.

- Gli ho detto che gli sta bene che tu l'abbia mollato!

Ellen sgranò gli occhi sorpresa – Non mi sembra proprio una reazione degna di nota, mi scusi se glielo dico Eleanor, tra l'altro, ho lasciato suo figlio, perché ha scelto un'altra.

La madre di Tom la guardò sbalordita – Ma Ellen cara, dovresti sapere che gli uomini non sono in grado di fare scelte!

Ellen scosse la testa – L'ha presa eccome una decisione e ha preferito Sophie. Eleanor, mi creda, è stato devastante per me, io già mi vedevo moglie e madre e invece sono sola e disperata e non tornerò indietro, se è per questo che è venuta a cercarmi. Io sono innamorata di Mr. Gore, è inutile mentire, però, so quando è il momento di mollare la spugna. Non voglio essere una seconda scelta. Non credo di chiedere tanto. Voglio solo un po' di amore esclusivo, quello che suo figlio non è in grado di darmi.

Ellen trattenne un singhiozzo.

Perché non riusciva ancora a farsene una fottuta ragione? Tom aveva preferito Sophie: la questione era chiusa e lei non avrebbe più sprecato energie per capire il perché e il per come.

Aveva perso, questo era il punto. Il solo e l'unico.

Aveva perso Mr. Gore e faceva molto male, visto che quel nome era legato alla sua felicità.

- È innamorato di te, Ellen cara, come fai a non capirlo?

- Davvero? E perché si è presentato dalla sua famiglia con lei? Non le sembra evidente?

- Voleva farti un dispetto! Non gliene importa nulla di quella!

- Ah sì? Non mi ha mai chiamata!

- È un uomo Ellen cara! Orgoglioso e stupido.

- No, se fosse stato innamorato di me, avrebbe agito in un altro modo. Tra l'altro lei non può capire. Devo dirle la verità, tutta la verità, così potrà comprendere. Penso sia arrivato il momento... è difficile per me, ma...

Eleanor la zittì – La so già la verità, tu e Tom vi amate e questa è l'unica cosa che vedo e voglio vedere. Non sono stupida, Ellen cara, so che mi avete nascosto qualcosa, se è per il sesso...

Ellen divenne rossa fino alle radici dei capelli – No, ecco... io... lui... noi...

- Lascia stare, so che siete giovani e, come si dice? Arrapati?

Ellen si lasciò sfuggire un lamento, Ok, ne aveva passate tante, ma parlare con Eleanor di sesso, sarebbe stata la cosa peggiore che le sarebbe potuta capitare in vita sua.

- Comunque... - continuò la donna – Magari vi siete spinti più in là di quanto mi abbiate detto, ma non voglio venirne a conoscenza. Tutti abbiamo dei piccoli segreti e io rispetto i vostri. Quindi non voglio sapere niente. L'unica cosa che desidero, è vedere mio figlio felice e può esserlo solo con te. Io sono sua madre e so quello che è meglio per lui.

Ellen respirò profondamente – Grazie per la fiducia, Eleanor, però non tornerò indietro. Tom ha fatto la sua scelta ed io la mia. Sono stata bene con lei e suo marito, mi avete fatto sentire una di famiglia, ma non posso basare il mio futuro su questo. Bisogna avere fiducia nel proprio partner ed io, purtroppo, non ne ho in Tom e, in ogni caso, tutto questo discorso è solo un'ipotesi. Tom non ha mai detto di amarmi e non l'ha confidato nemmeno a lei. È solo una sua supposizione. Mi dispiace... davvero...

Ellen si alzò, lanciò un'occhiata sfuggente alla donna – Mi dispiace... - ripeté, ma non aggiunse altro, perché il nodo alla gola, le bloccò la parola.

- È dimagrito tanto, Ellen cara... sono preoccupata...

Le lacrime cominciarono a scendere contro la sua volontà, insieme a quelle di Eleanor il cui sguardo divenne ancora più cupo di quando era entrata in quel bar.

La felicità che aveva scorto negli occhi della madre di Tom, era stato solo un momento, un attimo che era già passato e svanito nel nulla.

E scappò, perché era l'unica cosa che sapeva fare ultimamente e, soprattutto, non poteva reggere ancora quel confronto.

 

***

 

Tom vide sua madre rientrare.

Sembrava ancora più triste del solito.

Si guardò allo specchio e non riconobbe il volto che lo stava fissando di rimando.

Era ora di finirla con tutta quella malinconia e nostalgia.

Quella tristezza infinita che non aveva senso di esistere, visto che era una cosa a cui si poteva rimediare.

Rivoleva la sua Ellen e se la sarebbe andata a riprendere quel giorno stesso.

 

 

 

 

 

 
 
 

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Ciao,

ecco qui il penultimo capitolo di questa storia.
Grazie a tutti per seguirla ancora con interesse, nonostante i tempi biblici a cui vi sottopongo.
Spero che anche questo capitolo possa piacervi.
Se vi va, lasciate un commento, sono sempre lieta di rispondere alle vostre domande o perplessità.
Che dire... il gruppo è sempre lo stesso L'amore non è bello se non è litigarello.

Buona lettura, besos MndyCri


 
TRAILER

 

 

CAPITOLO 30

 

Tom si specchiò sulle vetrate della Gordon Corporation.

Non aveva mai fatto caso che la ditta costruita dal padre di Ellen fosse un inno a quell'uomo.

Chi mai avrebbe chiamato la propria ditta con il proprio nome di battesimo?

O quell'uomo era un narciso di prima categoria o era un genio, perché, effettivamente, quel nome era molto musicale, più di Mayer Corporation, sicuro!

Ellen, le volte che aveva gli parlato dei propri genitori, li aveva dipinti come due persone speciali, forse entrambi un po' snob, ma trapelava, in ogni parola, l'amore che provava per il padre, gran lavoratore e la madre frivola, ma dolce come il miele.

Tom aveva sempre pensato che, vista la ricchezza di quella famiglia, i genitori di Ellen fossero assenti con la figlia.

Le voci correvano, perché “radio scarpa”, al liceo, era sempre aggiornatissima su ogni argomento e i pettegolezzi circolavano alla velocità della luce, quindi lui aveva saputo che la bellissima reginetta del liceo aveva avuto sempre una tata, da questo aveva dedotto che a Miss Mayer fosse mancato l'affetto dei suoi.

Quando era adolescente, l'aveva scusata per i comportamenti, alcune volte, decisamente cattivi, proprio per questo motivo.

Invece, Ellen Mayer era stata viziata dai genitori, non per togliersela dai piedi, ma perché l'amavano sopra ogni cosa e la tata era solo una cosa in più per garantire all'amata figlioletta, il massimo.

Tom inarcò un sopracciglio e si specchio nuovamente.

Così poteva andare.

Era dimagrito parecchio, ma era ancora abbastanza possente.

Cazzo! Ellen l'aveva demolito per l'ennesima volta.

Sospirò e si fece coraggio.

Spalancò il portone ed entrò deciso.

Si mise una mano sulla faccia e strofinò forte: perché Ellen riusciva ad atterrarlo sempre e comunque?

Cristo Santo, che giornataccia!

Alzò lo sguardo incupito e fissò stranito la ragazza che c'era alla reception.

Un piccolo sorriso spuntò sulle sue labbra.

Bè, tutto sommato, le cose stavano per prendere una direzione positiva, finalmente!

Guardò, attentamente, la bionda tutte curve che stava masticando, senza ritegno, una gomma.

Adocchiò l'enorme scollatura che lasciava poco all'immaginazione e valutò cosa potesse nascondere dietro il banco della reception.

Sicuramente una minigonna inguinale.

Arricciò il naso divertito e scosse la testa.

Tutto sommato, Ellen Mayer non era poi tanto diversa da lui e da qualsiasi altro imprenditore.

Poteva blaterare le sue convinzioni femministe fino a perdere la voce, ma poi, quando lei si era ritrovata dall'altra parte della barricata, aveva fatto la scelta più ovvia per la sua ditta.

Aveva optato per la bellezza a discapito dell'intelligenza e aveva messo una stupida bionda dal corpo da favola, in bella vista non appena si entrava nella sua ditta.

Lui sapeva che prima dell'ascesa di Ellen alla “Gordon”, quella barbie non c'era.

Ricordava perfettamente, quando, appena aperta la sua agenzia di pubblicità, era entrato in quello stabile per la prima volta, per elemosinare un appuntamento con Gordon Mayer per offrirgli i suoi servigi.

Al posto della biondona, c'era una vecchia bisbetica rinsecchita che l'aveva rispedito al mittente in quattro e quattr'otto! Gordon Mayer non l'aveva nemmeno incrociato per sbaglio.

L'aveva odiata con tutto se stesso.

Sicuramente, la strega era andata in pensione e guarda un po'? Ellen, al suo posto, aveva scelto una bambola! E che bambola!

Avanzò spavaldo: sarebbe stato un gioco da ragazzi circuire quella ragazza.

Del resto, le bionde stupide erano il suo pane quotidiano.

Si appoggiò al bancone con estrema sicurezza – Ciao. - salutò, ammiccando.

La ragazza alzò a stento il sopracciglio e gli lanciò un'occhiata distratta – Sehn? - biascicò lei, aumentando il ruminare della gomma.

Tom spalancò gli occhi sorpreso.

Ma che razza di maleducata era questa?

Certo che Ellen era veramente pessima a scegliere le ragazze immagine!

Almeno lui aveva evitato di mettere in prima fila le buzzurre.

Bè, meglio ancora: oltre che stupida era anche ignorante! Le cose si facevano sempre più facili.

Sarebbe stato ancora più semplice di quel che credeva, convincerla a farlo salire ai piani superiori, senza un appuntamento!

- Ehm... ciao Sono Tom Gore, vorrei parlare con Ellen.

La ragazza fece una bolla, la scoppiò e poi estrasse la gomma, la allungò per una decina di centimetri e se la rimise in bocca – Ellen, il capo? - gli chiese, guardandolo con curiosità.

- Esattamente! - precisò Tom, schifato da ciò che aveva appena fatto la tizia.

- Ma dai! Veramente? - borbottò lei, cercando di trattenere una risata.

- Esattamente! - ripeté lui, sempre più infastidito.

- Ce l'hai un appuntamento, Tom? Perché qui non mi risulta il tuo nome. - domandò lei, mentre scrutava avidamente un'agendina lercia che, in tempi migliori, doveva essere rosa pallido, non degnandolo più di uno sguardo.

- A dire il vero no, ma non credo sia necessario, io sono il suo fidanzato... - sussurrò, con il cuore che cominciava a battergli forte nel petto.

- Ma dai! Veramente? - la bionda stupida lo guardò incredula – Non sembri il suo tipo. Sei un po'... mmm... come si dice quando uno è... mmm... non mi viene la parola...

Tom la guardò storta.

Ma che razza di personaggio era mai quello?

Ellen aveva superato se stessa a scegliere una svampita del genere.

Tutte quelle storie sul femminismo, sull'aspetto fisico, tutto quel bla, bla, bla su tette e cervello e poi? Anche lei era uguale a tutti gli altri: l'immagine prima di tutto!

Ma questa era veramente scema!

Tom, oltre che stupito, era anche amareggiato, non se lo aspettava proprio dalla sua Ellen!

Che delusione...

Forse, era arrivato il momento di ridimensionare Ellen Mayer.

- Credo non ci sia molto da dire, sono il suo fidanzato e basta, adesso, saresti così cortese da chiamarla e dirle che sono qui?

- Insipido! Ecco la parola che cercavo. Non che tu non sia un bel ragazzo, anzi, sei notevole... però, cavoli, credevo che Ellen si sarebbe messa, minimo, con il principe di Inghilterra! - fece un'altra bolla e la scoppiò con un risolino.

Tom alzò entrambi i sopraccigli, stupefatto – E invece si è messa con me, pensa un po'! - sbottò, irritato.

- Naaaa! Non ci credo! È matematicamente impossibile. Voglio dire, stiamo parlando di Ellen Mayer! - rise la cretina.

- Ah sì, perché? - soffiò lui, sempre più incazzato.

- Ellen non potrebbe stare con uno come te. Sei troppo sempliciotto per lei.

Tom la fissò sempre più sbigottito.

Non stava capitando proprio a lui, era solo un incubo, dei peggiori anche.

- Non sono un sempliciotto! - si difese.

- Mmm... ma non sei il suo ragazzo. Senti un po', bello... è stato divertente parlare con te, ma cosa vedi scritto sulla mia fronte “gioconda”, per caso? Credi che sia così idiota da far passare il primo figaccione che arriva e che si spaccia per il fidanzato del mio capo?

- Non capisco... - mormorò.

- Te lo spiego più semplicemente: niente appuntamento, niente Ellen! Capito? Adesso, io non sarò certo il tenente Colombo, ma non ci vuole chissà cosa per comprendere che se tu fossi il suo ragazzo, piuttosto di venire a far perdere tempo a me, prenderesti il telefono e la chiameresti. Credi che sia una stupida, per caso?

Tom spalancò la bocca sorpreso.

Ok, forse si era sbagliato, la bionda tutte forme, non era proprio così idiota come aveva pensato.

Ancora una volta, si era lasciato ingannare dalle apparenze.

Aveva visto una bella ragazza ed era caduto nel più banale degli stereotipi.

Aveva associato i lunghi capelli biondi, alla stupidità.

Aveva collegato le forme generose, all'equivalente di donna facile.

Aveva guardato la scollatura dall'alto al basso, con superiorità.

Aveva cercato di ottenere ciò che voleva con arroganza, piuttosto che con la gentilezza.

Tom chiuse gli occhi e ripercorse la sua vita.

Fin da quando era grasso e brutto, aveva basato tutto sulla fisicità.

Quando era adolescente, non si era sentito all'altezza dei suoi compagni, perché lui per primo si definiva ciccione.

Non importava se i suoi risultati scolastici facevano invidia a chiunque, non importava se, alla fine, era solo colpa sua, se non aveva amici, dato che si era distanziato lui, volutamente, dai suoi coetanei.

Si era ostinato a pensare alla sua inferiorità fisica e si era isolato dal mondo, solo perché gli altri erano più belli o più magri e avevano successo con le ragazze.

Non si era nemmeno accorto che, anche Gaccio che non era certo un adone, era circondato da un sacco di ragazze, affascinate dal suo modo di fare e dalla sua intelligenza.

Quando, finalmente, si era liberato del fardello del “grasso”, aveva basato tutto sulla sua bellezza.

Si era circondato di splendori mozzafiato per far vedere agli altri che lui, ora, poteva.

Si era preso gioco di Ellen, perché non era più la magrissima reginetta del liceo e non si era accorto, fino a quando non era stato troppo tardi, quanto lei gli riempisse le giornate di gioia, di vita, quanto lei lo rendesse felice.

Aveva preferito stare con Sophie, sapendo benissimo che la cosa irritava Ellen, sapendo che non sarebbe mai stata la donna della sua vita, sapendo che alla fine, la coinquilina di Miss Mayer guardava solo, proprio come lui, le apparenze.

Quando poi, aveva vissuto finalmente Ellen, se l'era fatta scappare, perché non aveva avuto il coraggio di fare una scelta e, probabilmente, perché Sophie era semplicemente più avvenente e insieme facevano proprio una gran bella coppia.

Eppure Ellen arrossiva sempre dopo aver fatto l'amore con lui ed era una cosa che lo faceva impazzire, tanto da desiderala nuovamente, nell'immediato.

Ellen che si prendeva in giro da sola per le sue forme, senza mai, però, offendersi.

Ellen che si era accettata per quella che era, perché aveva capito che anche con qualche chilo in più, faceva breccia nel cuore delle persone in generale e degli uomini in particolare e questo lo ingelosiva da morire.

Chi dei due si era sempre e solo basato sulle apparenze?

La giovane Ellen che prendeva in giro tutti, belli o brutti o il giovane Tom che si era nascosto dietro il suo corpo enorme?

La Ellen matura che aveva accettato il suo cambiamento o lui che aveva sfruttato il suo?

Alzò lo sguardo verso la ragazza – Mi dispiace Clarysse. - disse, leggendo il nome sul cartellino identificativo – Ho fatto tanta strada per vedere Ellen, speravo di riuscire a farle cambiare idea sul mio conto e...

Clarysse lo guardò dolcemente – Avete litigato. - sentenziò.

Lui annuì con la testa, perché non riusciva nemmeno a parlare.

- Mmm.. capisco. Forse non sei così insipido come sembra. Potrei essere licenziata per questo, ma... quindicesimo piano, fatti aiutare da Cindy. È l'unica capace di farti entrare nella roccaforte di Ellen. - scoppiò nuovamente la gomma, gli indicò l'ascensore e gli fece l'occhiolino.

Tom la ringraziò con entusiasmo, mancava poco e l'avrebbe abbracciata se non fosse stato per quella gomma che continuava ad uscire dalla bocca.

Si diresse di gran passo verso l'ascensore.

Sapeva da Gaccio che Cindy aveva lasciato il vecchio lavoro, per andare da Ellen.

Miss Mayer aveva un gran cuore, però, sapeva anche far quadrare i conti e gestire le cose a suo vantaggio.

Questo, Tom l'aveva imparato sulla sua pelle!

Quindi aiutare Cindy non era stata beneficenza per Ellen, anzi!

Aveva preso due piccioni con una fava.

Cindy ci aveva guadagnato, ma sicuramente Ellen non ci aveva perso.

Quella ragazza era peggio di una sanguisuga, quando si trattava di soldi.

Scosse il capo, sorridendo e premette il bottone per il quindicesimo piano.

Tra poco avrebbe rivisto Miss Mayer e il suo cuore cominciò ad agitarsi.

Quando arrivò, rimase senza parole.

Aveva pensato ad un ambiente austero, pieno di gente silenziosa e immusonita, vestita classicamente: gli uomini con giacche e cravatte e le donne con tailleur grigi o dai colori soft e spenti.

Invece il primo impatto fu un brusio e un ciacchiericcio sostenuto.

Gente in jeans, camicie con le maniche arrotolate e magliette colorate, sintomo che la primavera era alle porte.

Scrivanie disordinate e persone che camminavano qua e là per l'ufficio con pile di carte.

I mobili erano moderni, di un candido bianco, ma sopra c'erano cartelline dai bizzarri colori.

Tom sorrise, quando vide vari post-it con la classica forma della gattaccia.

Non c'erano dubbi: quello era proprio il piano di Ellen.

Scorse Cindy in un angolo del grande open space.

La scrivania era isolata dalle altre in legno chiaro, ordinatissima.

Un pugno nell'occhio in quell'immenso caos.

Niente cartelline colorate, post-it dal dubbio gusto, tutto immacolato: avrebbe dovuto assumere lei e non Ellen quella volta!

Si avvicinò, titubante. Nessuno gli diede retta ed arrivò, dall'amica di Miss Mayer, senza alcun impedimento.

- Ciao Cindy.

La ragazza alzò lo sguardo e lo fissò con gli occhi sbarrati – Tom! Che ci fai qui? - gli chiese, allarmata.

- Ciao Cindy! - ripeté, infastidito.

- Ciao Tom! - borbottò lei – Lo sai che non dovevi venire qui. - Se lo sa, Ellen farà una scenata e se la prenderà con la sottoscritta. - precisò.

Tom si morse un labbro.

Maledetta Satana in gonnella! Aveva fatto terrorismo psicologico anche alla sua migliore amica.

Ah! Ma lui non avrebbe desistito.

Avrebbe visto Miss Mayer anche se sarebbe stato necessario entrare a passo di carica dentro il suo ufficio.

Aveva vinto anche contro il nemico più grande: l'orgoglio e non sarebbe stata, certamente, una biondina dalle curve succulente che l'avrebbe fermato, anche se, purtroppo, la sua dolce metà e non era certo una “signorina” modello.

- Sono qua per lei. - disse e non aggiunse altro.

Cindy lo guardò di traverso – Non l'avrei mai immaginato! - rispose ironica – Sicuramente non sei qui per me! Clarysse non ti ha fermato? Eppure le avevo dato precise istruzioni! - borbottò – Quella fa sempre ciò che vuole. Prima o poi le faccio un richiamo. Possibile che agisca sempre di testa sua?

Gli lanciò un'occhiata per avere la sua approvazione e Tom fece spallucce.

Cosa le poteva dire? Clarysse gli aveva fatto un enorme favore, non poteva certo mettersi contro di lei.

- Non essere così tragica... non sapeva chi fossi... - biascicò, tanto per mettersi dalla parte dei bottoni.

- Non sapeva? - Cindy emise una risata satanica – Scherzi? La tua foto segnaletica è passata di mano in mano per almeno due settimane. Ellen è stata chiara con tutti: chiunque ti avesse fatto entrare, avrebbe avuto i giorni contati qui dentro.

Tom sorrise, una foto segnaletica? Accidenti Miss Mayer faceva proprio sul serio!

- Ma c'era scritto anche “wanted”? - domandò, cercando di frenare la risata che gli solleticava la gola.

Cindy scacciò qualcosa, con la mano, infastidita – Ridi, ridi sciocco! Hai mai visto Ellen arrabbiata?

Tom si schiarì la gola – Secondo te? Mi ha messo a soqquadro l'ufficio, mi ha quasi ammazzato in più di un'occasione e...

- Sono state solo sfortune quelle! Non è mai stata arrabbiata con te! - lo interruppe la ragazza.

- Cindy... mi ha abbandonato dalla sera alla mattina e...

- Tom credimi... è meglio che tu non la veda. Ellen è infuriata con te. Io non l'ho mai vista in quello stato. Solo sentire il tuo nome le fa salire il sangue alla testa. Ma perché cazzo Clarysse ti ha fatto entrare? Non è una stupida, anzi! Ellen l'ha scelta proprio perché è intelligente come pochi. Fa questo lavoro, perché ha degli orari fissi e così può organizzarsi con lo studio. Frequente legge. Ripeto: non è una stupida!

Tom alzò gli occhi al cielo – Me ne sono accorto! Ma deve avere dei problemi con i fatti di cuore... credo che si commuova facilmente e penso che non sarà un bravo avvocato, se si fa intenerire così dalla storie d'amore! - esclamò.

- Che cazzate! Clarysse non ha sentimenti! Che fai qui? - tornò all'attacco Cindy.

- Devo parlare con Ellen, per favore...

- Mi dispiace, ma io... non posso...

- Cindy per favore...

- Tom...

- Cindy...

- Ok, ok! Siediti lì, ci penso io. - gli disse, indicando un divanetto a due posti, color panna.

Tom rimase impalato e cominciò a sentire l'agitazione crescere.

Stava per rivedere Ellen.

- Ti ho detto: siediti! - lo redarguì Cindy.

Tom si avviò mesto sul divanetto e si adagiò, restando comunque teso.

Si posò proprio sull'angolo pronto a scattare, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia., teso come una corda di violino.

- Ehi Ellen...

Tom alzò la testa di scatto e si fece attento.

Cindy stava parlando al telefono.

- Hai presente il tizio che hai contattato per la campagna pubblicitaria che vuoi fare l'anno prossimo? Sì, sì lo so, doveva essere qui alle14:30... Sì Ellen è in anticipo... Eh? No, non è niente di che... alto, moro, capelli scuri... insipido...

Tom borbottò una parolaccia, mentre Cindy gli faceva l'occhiolino.

- Dai Ellen ha fatto tanta strada... e poi così abbiamo più pausa pranzo se lo fai entrare adesso, possiamo provare quel nuovo ristorante giapponese all'angolo della strada. Sì, va bene, ok capo!

Cindy mise giù la cornetta – Ce l'abbiamo fatta! Del resto so quali sono i suoi punti deboli. Tom ascolta bene. È la tua ultima occasione con Ellen, se te la fai scappare anche questa volta, sei proprio uno stupido.

Tom fece un salto e si diresse verso la porta, dietro Cindy.

Aveva il cuore che pompava nel petto agitato, le mani sudate, mentre un'emozione incredibile gli scaldava ogni centimetro del corpo.

Avrebbe chiesto scusa ad Ellen e le avrebbe detto quanto l'amava.

Avrebbe sistemato tutto e, finalmente, avrebbero avuto una vita insieme.

Bussò con le mani tremanti, quando sentì la voce di Ellen che gli diceva di entrare, si strofinò energicamente il viso, si sistemò i riccioli ribelli e guardò Cindy che con un sorriso lo incoraggiò ad entrare.

Così fece il primo passo per il suo futuro e varcò la soglia.

Le emozioni forti che stava provando si tramutarono in un tumulto, non appena la vide.

Dopo tre mesi, i capelli biondi e gli occhi azzurri di Ellen gli sembrarono ancora più belli e lui si sentì, finalmente, felice.

Felicità che durò ben poco, non appena, vide lo sguardo di ghiaccio di Miss Mayer.

- Mr. Gore... - esalò.

Tom rimase completamente muto e lei prese forza – Te ne devi andare, immediatamente! Che è passato per la testa a quelle due? - strillò, subito dopo – Le avevo avvisate, avevo avvisato tutti! Le licenzio subito!

- Miss Mayer non arrabbiarti con loro, voglio solo parlare con te. - si riprese.

- Parlare? Hai avuto tre mesi per farti vivo, anzi... in tutta onestà, dovevi farti vivo fin da subito! Cosa credi che adesso che sei tornato, io svenga davanti a te? Troppo facile, caro mio! Sappi che c'è stata solo una persona che ha accettato di tutto e di più e poi ha perdonato ed era il padre del figliol prodigo, giusto per rimanere in un tema a te conosciuto! - sbraitò.

- Ellen voglio solo parlare, per favore... voglio spiegarti!

- Mr. Gore esci immediatamente da qui o chiamo la sicurezza! - gridò lei, ancora più forte.

- Ti prego, ti chiedo solo cinque minuti! Per favore!

Ellen si accasciò sulla sua poltrona nera e gli indicò quella davanti a lei.

Tom non si fece ripetere l'invito e si sedette, invertendo i ruoli tra loro.

La sua ex impiegata, adesso, era a capo di una grande azienda e lui non stava certo implorando un misero lavoro, come aveva fatto a suo tempo Ellen, ma l'avrebbe, a breve, supplicata di tornare con lui.

Che strana la vita!

Proprio quando pensavi che tutto ormai si era sistemato, che la tua esistenza era, finalmente, in discesa, il destino correva a ricordarti che non c'era mai davvero una fine.

Si presentava al tuo cospetto a riscuotere il pedaggio delle tue azioni e ti ritornava tutto con gli interessi.

Cominciò così ad espiare i propri peccati.

Raccontò tutto ad Ellen, dal giorno in cui aveva letto il suo curriculum, pensando già ad un modo per vendicarsi per tutto ciò che gli aveva fatto nel passato, a quello in cui si era presentata, così cambiata.

Parlò di come si era preso gioco di lei e di come George aveva cercato di fargli cambiare idea.

Le espose l'innata antipatia che aveva provato per lei e di come, inconsapevolmente, nutriva un'insana gelosia nei suoi confronti.

Le raccontò di come la sua presenza era diventata, giorno dopo giorno, indispensabile per lui e di come si era innamorato di lei, senza nemmeno rendersene conto.

Tom non dimenticò di dirle nulla, nemmeno che il Natale, passato con lei, era stato il più bello e felice che ricordasse.

Parlò anche di Sophie e le chiese di perdonarlo.

Ellen non disse nulle, rimase in silenzio e lo ascoltò senza mai interromperlo.

Tom avrebbe voluto che lei sbraitasse, che lo offendesse, che lo rimproverasse, ma Ellen non proferì parola e Tom capì che non c'era più nulla da fare.

Non c'era bisogno di parole, gli bastò vedere le espressioni di Ellen.

Rabbia, meraviglia, stupore, disagio, ma ciò che lo ferì di più, fu la delusione che si stampò sul viso di Miss Mayer: valeva più di mille parole.

Quando finì, Ellen lo fissò amareggiata – Mi dispiace. - disse soltanto.

Tom le guardò la mano e sorrise mesto – L'hai tenuto... - mormorò, indicando il cuore di acqua marina che le aveva regalato a Natale.

Ellen non disse nulla, cercò di toglierselo, ma lui la bloccò – È tuo Miss Mayer. Voglio che tu lo tenga.

Lei si fermò.

- Come stai? - le chiese.

Lei alzò le spalle – Va... - disse semplicemente.

- Ti trovo in forma. Sei bellissima.

Un piccolo sorriso illuminò il suo volto – Be sai... vado a correre ogni giorno per non ingrassare.

Lui rise – Il risultato mi sembra sia stupefacente. Non sei ingrassata nemmeno di un grammo.

Ellen batté le mani, come una bimba eccitata – Oh! Finalmente qualcuno che lo capisce! Ho cercato di spiegarlo a Cindy, ma proprio non ci arriva!

- Ho sentito che stai visionando qualche agenzia di pubblicità per la Gordon... io sono a disposizione, in caso non trovassi nessuno. Sai come lavoriamo. È sempre stato il mio sogno poter essere al servizio di questa azienda.

- Ne terrò conto.

- Mi piace il tuo tavolo, quando ho visto che avevi sostituito il vetro del mio, ci sono stato malissimo. Avevo paura l'avessi buttato. Non te l'ho mai detto, ma lo adoravo. - disse, indicando il vecchio vetro ricoperto dalla carta blu con il firmamento. La principessa Ellen e l'orso Tom c'erano ancora.

Ellen lo guardò timidamente e a lui scoppiò il cuore in petto.

- Ti amo Ellen.

Una lacrima le scese sulla guancia – Tom... devi andare adesso.

Lui abbassò gli occhi – Dammi un'altra possibilità, per favore... - sussurrò.

- Non posso... - gli rispose, con un filo di voce.

- Ti prego Miss Mayer...

Sapeva che si stava umiliando, ma era certo che ne valesse la pena.

Ellen si alzò dalla poltrona e gli andò vicino, lui la imitò.

Si trovavano uno di fronte all'altra e Tom non resistette e l'abbracciò.

- Ti amo Miss Mayer. - ripeté.

Lei cominciò a piangere in silenzio, lui la strinse forte a sé.

- Sai cosa ho imparato da quando ti conosco, Mr. Gore? - gli chiese con la voce strozzata.

Lui non riuscì a parlare. Negò con il viso, ma Ellen capì lo stesso e proseguì – Ho imparato ad amare me stessa, più di qualsiasi altra persona. Ho capito che ti amo sopra ogni cosa, ma che devo portarmi rispetto, perché sono una donna forte e mi merito qualcosa in più di te. Non potrei mai essere felice con te, perché tu non mi hai ancora accettata per quella che sono. Non mi guardare così, Tom! Tu ti senti ferito, solo perché alla fine sono stata io ad andarmene, ma se avessi fatto finta di nulla, tu non ti saresti nemmeno posto il problema. Torna da Sophie, siete fatti l'uno per l'altra.

Ellen si sciolse dall'abbraccio e lo lasciò completamente disorientato.

- Ti stai sbagliando. - mormorò.

Lei scosse la testa – Purtroppo no. - e gli indicò la porta.

Tom la fissò incredulo.

Fece per andarsene, ma poi ritornò a passo di carica, la prese tra le braccia e la baciò a tradimento.

Lei non oppose resistenza, ma Tom avvertì la freddezza di quel bacio.

Si staccò reticente – Ti farò cambiare idea sul mio conto, Miss Mayer. Tu sei la donna della mia vita e la madre dei miei figli.

Non si voltò, ma avvertì chiaramente il pianto silenzioso della sua Ellen.

Uscì dall'ufficio, avvilito e triste.

Cindy non disse niente, capì al volo che le cose non erano andate bene e si incupì a sua volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 - Epilogo ***


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CAPITOLO 31 - EPILOGO

 

Due anni dopo.

 

- Non ti dovevo ascoltare! - sbuffò Ellen, guardando Cindy che maneggiava fili elettrici e cavi.

- Ma che dici? È un'idea fantastica! - le rispose l'amica, non degnandola di uno sguardo.

- È un'idea schifosa! - continuò – Ti rendi conto di quello che sto per fare? Oh Dio, Cindy! Come ho potuto darti retta e comunque non dovresti toccare quella roba, tu! Se lo sa, George ti uccide con le sue mani...

- Ieri sera, mentre provavamo, eri entusiasta! Non capisco, perché adesso sei così reticente. - le rispose, eludendo volutamente l'ultimo ammonimento e proseguendo a trafficare con i cavi.

Ellen scostò la tenda blu scuro che la separava dal palco.

Era la millesima volta che lo faceva, ma i suoi occhi fissavano un solo punto.

Tom Gore, vestito di tutto punto, era proprio lì, più bello che mai, nel suo smoking perfetto e la camicia candida.

Ed era solo!

Si girò e fissò l'amica, supplicandola con lo sguardo – Ti prego Cindy, non farmi fare questa cosa!

L'amica la raggiunse e spiò il palco, scrutando nella sua stessa direzione.

Quando capì cosa stava osservando, sospirò, poi la squadrò con aria di rimprovero – Troppo tardi, cara mia! Sono mesi che stiamo prepariamo questa cosa. Tu non mi molli proprio adesso!

- Ma non sapevo che c'era lui! - ribatté, indispettita – Perché l'hai invitato? Sei stata tu ad organizzare questa festa, quindi tu hai spedito gli inviti! - la additò, irritata.

- Lelly! Smettila di fare la bambina! Mi sembra ovvio che ci sia anche Tom all'anniversario del decimo anno dal nostro diploma. Non è possibile che non ci avessi pensato. - rispose, sempre più infastidita.

- Bè, potevi far finta di esserti dimenticata di lui!

- Ah sì? Mi sembra che abbia gli stessi diritti di stare qui, quanti ne hai tu.

- Ma Cindy...

- Ellen, per l'amor del cielo! Sei bellissima, è tutto ok e non farai brutta figura. Te l'assicuro. Vedrai che farai colpo, non ti preoccupare.

Ellen le mise il muso – Non sono contrariata per questo. - si difese.

- Certo... come no! Se non ti fossi accorta di Tom, a quest'ora staresti ripassando il discorso che ti sei preparata. Invece, hai visto il tuo amoruccio e sei andata in tilt. - la prese in giro.

- Non è il mio amoruccio! Ma cosa ti salta in testa! - replicò, acida.

Cindy si mise le mani sui fianchi ed assunse un'espressione ironica – Senti carina, io ti conosco meglio di chiunque altro, so perché sei agitata e, a me, non la dai a bere! Se vuoi mentire a chissà chi e perfino a te stessa, sei libera di farlo, ma non a me, intesi? Sono due anni che mi rompi le palle con Mr. Gore qua, Mr. Gore là, bla, bla e ancora bla, è ora di finirla. Mi sembra che, un anno fa, al mio matrimonio sia andato tutto perfettamente. Siete andati d'amore e d'accordo. Lui ha fatto da testimone a George e tu sei stata la mia damigella d'onore. Non ho visto musi o altro, avete perfino ballato insieme!

- Si è portato quella racchia! - protestò.

Cindy alzò gli occhi al cielo e agitò le braccia – Non era racchia! Era una ragazza carina.

- Era bassa e tondetta!

L'amica aggrottò le sopracciglia – Era bassa, ma non tondetta, insomma non era magra, ma tu, sicuramente, pesi più di lei!

Ellen si girò, dando le spalle a Cindy, oltraggiata – Stai dicendo che sono più grossa di quella racchia?

- Esattamente, sei perspicace! - le rispose, soavemente.

- Ok, non era proprio un rifiuto della società ed ammetto che era più magra di me, ma Cindy... ci è stato quasi un anno con quella e come se non bastasse l'ha portata al tuo matrimonio! Ci si è messo insieme qualche mese dopo che... bè, sai cosa! È inconcepibile! - piagnucolò.

- Anche tu ci hai portato Robert e, se non ricordo male, ti sei messa insieme a lui, molto prima che Tom stesse con Elise.

- Hai sempre una risposta per tutto, a quanto vedo! - replicò, offesa – Ma si può sapere da che parte stai? Non voglio parlare davanti a lui, ok? Non voglio!

- Io non capisco proprio. Le cose tra voi due erano finite. Mi sembrava stessi meglio. Ti avevo detto che al matrimonio, Tom sarebbe venuto con la sua ragazza e tu non hai, minimamente, accusato il colpo. Anzi, mi avevi detto che eri felice per lui che avesse trovato una donna onesta ecc, ecc. si può sapere, perché dal giorno dopo la cerimonia, voi due siete tornati cane e gatto? George ed io siamo costernati dal vostro comportamento. Tom molla Elise, Robert lascia te e noi che siamo nel mezzo e ci ritroviamo a dividerci per stare un po' con i nostri rispettivi migliori amici. Io proprio non vi comprendo. Nemmeno George ha delle spiegazioni, perché Tom diventa, decisamente, ostile, quando ti sente nominare! Ci dovreste dei chiarimenti, a tal proposito! - sbottò Cindy.

- A che punto è il libro di George? - le chiese, cambiando, repentinamente, argomento e sfoggiando il suo famosissimo sorriso da Miss Universo.

Cindy la fissò sul piede di guerra – Sei proprio stronza Lelly! Non mi vuoi dire cosa è successo? Bene! Non lo voglio nemmeno sapere, ma rassegnati, Tom Gore resta qui, perché è anche la sua festa e se tu vuoi fare bella figura, sarà meglio che cominci a ripassare il discorso, perché se non esci fuori, io ti uccido con le mie stesse mani! - concluse l'amica, lasciandola da sola e portando con sé un groviglio di cavi e chissà cos'altro.

Ellen scostò, nuovamente, la tenda e scrutò di nascosto Tom.

Non poteva essere sincera con Cindy.

Il giorno del suo matrimonio sia lei che Tom avevano bevuto più del dovuto.

Erano allegrotti entrambi.

Si erano ritrovati nello stesso tavolo e il tempo era stato cancellato, come se quel famoso giorno, in cui aveva rifiutato l'amore di Mr. Gore, non fosse mai esistito.

Sembrava fossero ritornati al giorno prima del rientro a casa, dopo le feste natalizie, quando tutto tra loro era schifosamente romantico, allegro, pieno d'amore e perfetto.

Prima che lui, tra lei e Sophie, scegliesse la sua ex coinquilina.

Non si erano nemmeno resi conto che avevano tagliato completamente fuori i rispettivi partner, era come se, intorno a loro, il resto del mondo fosse sparito.

C'erano solo loro due.

Ellen ancora non si spiegava come fosse potuto accadere, ma dopo aver ballato insieme, lei e Tom se l'erano svignata per diverse orette, avevano preso una stanza nell'albergo in cui si teneva la festa e ci avevano dato dentro.

Era stato il più bel momento che avesse passato da quel meraviglioso Natale, trascorso insieme a Tom e alla sua famiglia.

Poi, era ritornata in sé ed era praticamente fuggita, come al solito, quando c'era di mezzo lui.

Tom l'aveva chiamata e cercata per diversi mesi, ma lei si era fatta sempre negare, mentre la sua vita sentimentale andava a rotoli, perché per quanto cercasse di dimenticarlo, l'orso di Mr. Gore era sempre presente nella sua testa.

Sapeva che Tom non aveva detto nulla a George e Cindy, perché quei due continuavano a chiederle spiegazioni, senza però riceverne.

Tom aveva mantenuto il segreto e non solo.

Il giorno stesso del matrimonio dei loro amici, aveva lasciato Elise.

Nessuno sapeva il reale motivo, Tom non ne aveva parlato nemmeno con George, ma Ellen poteva immaginarlo.

Mr. Gore le aveva ribadito quanto l'amava e quanto le mancava per i mesi successivi, finché si era stancato, giustamente!

Le aveva chiesto di ricominciare, l'aveva pregata ancora di più di quel giorno in cui si erano visti alla Gordon, ma Ellen non se l'era sentita.

Non riusciva a fidarsi di lui, dopo quello che era accaduto.

Lei non era stata coraggiosa come Tom, non aveva lasciato Robert, ma era stato quest'ultimo a darle il ben servito. Il suo ex ragazzo le aveva semplicemente detto che non poteva stare con una donna che era innamorata di un altro uomo.

Ellen non aveva sofferto, ma non era corsa da Mr. Gore.

Aveva bisogno di stare sola e riflettere, così il tempo era passato e le cose erano andate avanti lo stesso, nel modo sbagliato.

Tom e lei avevano ripreso il loro rapporto fatto di screzi e litigi vari, anche a distanza e tramite i loro amici, poi si erano allontanati per l'ennesima volta che, a quanto sembrava era quella definitiva.

Il fatto era che non si fidava ancora di lui.

Non ci riusciva, aveva cercato di mettere da parte la delusione, la rabbia e qualsiasi altro sentimento negativo che provava per lui, ma non era servito.

La sfiducia regnava sempre sovrana e sovrastava qualsiasi altra emozione positiva.

In queste condizioni, non poteva certo intraprendere un rapporto con lui, perché sarebbe stato un enorme fiasco.

Non se la sentiva di rischiare, aveva paura di soffrire un'altra volta.

Le ferite, nonostante il tempo, erano ancora aperte.

Al contrario di ciò che le aveva consigliato Cindy, Ellen non riuscì a chiudere la tenda blu e continuò a fissare Tom.

Non poteva certo dire che non era bello.

In quel momento, sorrideva a George Morris che l'aveva raggiunto con due bicchieri in mano e gli stava raccontando qualcosa di divertente a quanto sembrava.

Cindy aveva riservato loro posti in prima fila.

Bell'amica!

A malincuore, Ellen chiuse il tendone e, controvoglia, si avviò verso il banchetto su cui erano riposti i suoi appunti.

Aveva scritto un gran bel discorso, l'idea di Cindy era carina, anzi era più di carina, era veramente appropriata e fantasiosa.

Ellen scorse velocemente i punti che si era segnata.

Aveva come l'impressione di essere bloccata in un tempo eterno.

Quei minuti non passavano mai! Maledizione!

Invece arrivò troppo presto il momento di uscire.

Ellen aveva le mani tremanti, mentre nel buio guardava affascinata l'immagine di se stessa piena di gioia, allegria e voglia di vivere.

Quanto le mancava, in quel momento, quella se stessa spensierata ed egoista, ormai andata.

 

***

 

Le luci della grande sala adibita a teatro del suo vecchio liceo si spensero.

Tom posò per terra, vicino ai piedi, il bicchiere con il vino scadente che gli aveva portato Gaccio, in modo che nessuno ci potesse inciampare e si sistemò comodamente, sulla poltroncina in prima fila che gli aveva riservato Cindy.

Non aveva ancora visto Ellen, sapeva per certo che avrebbe partecipato alla festa, dato che i due sposini gli avevano fatto una testa grande come una casa su come si sarebbe dovuto comportare in caso l'avesse incontrata.

Inoltre, non contenti e per rendergli l'idea ancora più chiara, avevano informato anche Eleanor sulla presenza di Ellen.

Sua madre voleva un miracolo, perché quell'angelo di Ellen doveva, secondo lei, far nuovamente parte della loro famiglia, così lo aveva costretto ad andare a confessarsi ogni giorno, per far penitenza e per entrare nelle grazie di Dio, considerando che da quando era ritornato a casa dei genitori era trascorsa una settimana, la sua era stata davvero una penitenza esemplare, anche se si poteva chiamare, tranquillamente, con il nome appropriato ovvero una punizione tosta, alquanto tosta!

Perfino il prete, quando l'aveva visto per il terzo giorno di fila, aveva sospirato, rassegnato.

Il quarto gli aveva quasi riso in faccia – Tom! – gli aveva detto – Devi averne combinata una davvero grossa per essere ancora qui!

Il quinto aveva tirato fuori un mazzo di carte, gli aveva fatto l'occhiolino e aveva esclamato – Sono davvero stufo di sentirti ripetere sempre le stesse cose, passi per tua madre, ormai mi sono arreso, ma che non diventi un vizio di famiglia, adesso!

E si era fatto una briscoletta con il prete, anche il sesto giorno!

E adesso era lì e di Ellen non c'era traccia.

Che cazzo! Non si era certo fatto sei giorni di confessione per niente! Ci doveva essere, per forza!

Appena il proiettore cominciò ad emanare le prime immagini, il brusio della sala si spense.

La voce di una giovane Ellen Mayer, riempì le pareti.

Tom spalancò gli occhi, sorpreso.

Il filmato ritraeva Miss Mayer mentre faceva il suo discorso di commiato.

Lo ricordava bene, era stata appena eletta, per l'ultima volta, reginetta.

La risata della giovane Ellen lo lasciò senza fiato.

Amici e colleghi di studi, questo è un giorno speciale.

Le porte del mondo si aprono a noi. Nulla sarà impossibile, basta crederci fino in fondo.

Noi siamo invincibili, siamo forti, siamo giovani.

Nulla ci potrà fermare.

Porteremo avanti i nostri sogni e, magari, tra qualche anno ci ritroveremo, proprio qui, più agguerriti e felici di quanto lo siamo in questo momento.

La fama e il successo sono, esattamente, dietro il portone di questo liceo e stanno aspettando solo noi.

Io ce la farò! - la giovane Ellen fece una pausa ad effetto, ostentò il suo migliore e falsissimo sorriso di sempre da Miss Universo e continuò – Noi ce la faremo!

Nel video segui l'inquadratura di tutti gli studenti che partecipavano alla festa, il video gracchiò, qualche scia luminosa e puntino stonato comparvero sullo schermo, poi ritornò nuovamente il primo piano della giovane Ellen.

Si tolse la corona da reginetta e l'abbracciò, portandosela al cuore – Grazie ancora per questa. È un onore per me. - una lacrima a comando rigò la guancia della ragazza.

Il video si spense e la sala piombò nel buio.

Un boato di applausi risuonò.

Fischi di incoraggiamento gli forarono le orecchie.

Tom rimase immobile.

Un cerchio di luce illuminò un moderno pulpito in plexiglass, dietro c'era la nuova Ellen.

Un'emozione forte gli percorse ogni centimetro di pelle e il cuore cominciò a battergli forte in petto.

Miss Mayer era vestita con un elegante vestito nero lungo fino al ginocchio, il decoltè era profondo e lasciava poco all'immaginazione, perché coperto solamente da un sottile velo dello stesso colore dell'abito. La stoffa nascondeva a stento un reggiseno di pizzo, poiché il velo la faceva da padrone.

I fischi di ammirazione e frasi colorite arrivarono ben presto e Tom avvertì un forte senso di gelosia.

Avrebbe voluto saltare in piedi e prendere a pugni tutti coloro che stavano esprimendo la loro approvazione, invece rimase a guardarla, inebetito.

Ellen si girò verso lo schermo di proiezione, ormai spento, scrollò le spalle e disse – Vi prego ditemi che non sono stata veramente io a dire certe stronzate, perché, se non l'aveste ancora capito, quella lì, sono io dieci anni e venticinque chili fa... Ahn... e con una grande dose di buon gusto in meno!

Scoppiarono tutti a ridere.

- Comunque... perché nessuno mi ha detto che, vestita con quell'abito, ero così ridicola? - continuò – Capisco che a una come quella, nessuno le guarda il vestito, però...

Dalla sala arrivò una voce maschile – Se per questo nemmeno adesso!

Le risate si fecero più intense.

- Ted Carsol! Sei irriverente! - scherzò lei.

Tom storse il naso schifato.

Ellen proprio non riusciva a non flirtare con qualsiasi elemento dell'universo maschile!

- Bè Ellen, se metti in mostra tutto ciò che a noi uomini interessa, non posso certo non guardare!

Lei mise un cruccio strategico e continuò – Dieci anni fa credevo di possedere il mondo, solo perché ero giovane e bellissima...

- Lo sei ancora! - gridò Ted.

Lei gli sorrise – Ted, posso continuare?

Lui fischiò.

- Dicevo, credevo di possedere il mondo, con gli anni mi sono resa conto che non era affatto così. È il mondo che ci possiede. Siamo schiavi di tutto: della moda, del fisico, del lavoro, del successo.

È per questo che noi dobbiamo essere sempre un gradino più su. È per questo che dobbiamo avere dei sogni veri, in modo da non lasciarci mai abbattere dagli eventi, in modo d'avere sempre qualcosa per cui vivere e per cui pensare, qualcosa in cui credere: ne vale la pena, ve l'assicuro!

Un tempo volevo diventare un'attrice famosa, ma il destino ha deciso diversamente per me.

Solo di una cosa sono orgogliosa: posso dire con certezza che ci ho provato in tutti i modi, ma non era quella la mia strada.

Lavorando duramente ho trovato la mia vocazione: sono un'imprenditrice e sono brava, molto più di quanto lo sarei stata come attrice.

Non mi vergogno ad ammettere che ho fallito, ma sono fiera di dire che sono cresciuta e che i miei sogni sono cambiati.

Un tempo volevo la fama, oggi voglio la serenità.

Volevo far carriera, oggi vorrei una famiglia.

Volevo primeggiare schiacciando gli altri, adesso cerco in tutte le maniere di aiutare.

Volevo soldi e potere, oggi ce li ho, ma garantiscono ad altri, posti di lavoro.

Benedico, però, chi fa l'attore, altrimenti la sera, mi annoierei, senza un bel film!

Nella sala riecheggiarono altre risate.

Questa volta sorrise anche Tom.

C'era qualcosa di puro nel discorso di Miss Mayer e Tom sapeva quanto le era costato mettersi in mostra in quella maniera, non che lei non avesse manie di protagonismo, Ellen non sapeva nemmeno cosa volesse dire, non farsi notare, ma farsi vedere così nuda spiritualmente davanti a tutti era stato, per lei, un grande sacrificio, soprattutto mettersi in mostra davanti a chi l'aveva sempre vista nelle vesti di reginetta del liceo.

Ellen, però, forse non si era ancora resa conto che così come era diventata, faceva ancora più colpo nelle persone.

Non la ammiravano più solo per la sua bellezza, ma anche per il suo modo simpatico di interagire con le persone, per la sua generosità, per la sua dedizione.

Prima era stupenda, adesso era meravigliosa.

Così la vedeva lui, generosa e accogliente come la madre terra.

- Comunque... - continuò – Tra dieci anni, spero di essere ancora qui a parlarvi dei miei sogni, magari lamentandomi di un futuro marito e dei pargoletti che avrò. Al momento, non ho ancora trovato nessun buon cristiano che mi voglia!

- Ehi Ellen, ti sposo io!

Tom si girò e cercò di fulminare Ted Carsol con lo sguardo, ma il cretino, illuminato ora da un altro cerchio di luce, si era alzato e non aveva occhi che per Miss Mayer.

- Non credo che tua moglie ne sarebbe felice! - rispose lei.

- La lascio subito per te, Ellen! -scherzò lui.

- Sei gentile Ted, ma non me la sento proprio di rovinare una famiglia bella come la vostra. - si mise le mani sul cuore e la sala applaudì.

Tom si accovacciò ancora di più nella sua poltroncina e incrociò le braccia.

Sentì gli occhi di Ellen che lo scrutavano fin nel profondo, almeno così gli sembrava, perché non era sicuro che lei lo vedesse realmente, dato che l'occhio di bue continuava ad illuminarla.

Avrebbe voluto gridarle che lui era lì, pronto ad esaudire i suoi sogni di donna adulta, ma non l'avrebbe fatto, per nessuna ragione al mondo.

Aveva già tentato quel percorso, ma con scarsi risultati: Miss Mayer non gli credeva e non si fidava di lui e lui non poteva biasimarla per questo.

Ricordava ancora perfettamente l'espressione di Ellen, quando le aveva raccontato tutto.

Gli sarebbe rimasta impressa tutta la vita, purtroppo.

Ellen riprese a parlare – Quindi ragazzi, qualunque cosa facciate nella vostra vita, alzate sempre la testa e vivete con dignità, per quanto umile possa essere, se è una cosa giusta e fa avverare i vostri sogni. - sorrise – Certe cose cambiano. - disse, facendo passare le mani lungo tutto il corpo e ammiccando spudoratamente al pubblico – Altre no! - e sfoggiò il suo super sorriso da Miss Universo.

Scrosciarono gli applausi e le luci si accesero.

Il pubblico si alzò in piedi ed Ellen scese dal pulpito.

Si immerse tra i suoi ex compagni di classe e Tom cercò di non perderla di vista.

La musica cominciò a riempire le pareti e primi avventurieri cominciarono a ballare.

A questi se ne aggiunsero altri e presto arrivò la gioiosa confusione tipica delle feste.

Tom, travolto da tutte quelle persone, non riuscì più a vedere Ellen e decise di andare verso la zona adibita a bar, dove aveva scorto Gaccio e Cindy.

Li raggiunse quasi a fatica.

Cindy lo guardò entusiasta – Allora, che ti è sembrato? - gli chiese, entusiasta, cercando la sua approvazione.

Tom sorrise – È stato tutto molto bello e ad effetto.

Cindy applaudì eccitata – Ho avuto un'idea straordinaria, anche se, ammetto che senza Ellen, non sarebbe stata la stessa cosa. Non c'è niente da fare: la sua forza è interagire con le persone, vero George?

Lo scrittore annuì.

Tom ripensò a quando Gaccio era uscito con Miss Mayer, a come l'aveva sempre difesa.

Era sicuro che anche lui era caduto, anche se per breve, nella ragnatela di Ellen, ma la lealtà dell'amico era stata più grande dell'interesse che aveva provato nei confronti della ragazza.

Lo scrutò a fondo e, finalmente, trovò il tempo di chiedergli ciò che voleva da quando era iniziata la serata – Si può sapere, perché cazzo sei venuto con quella valigetta ventiquattr'ore?

George lo guardò, indispettito – Tutto a suo tempo! - replicò, asciutto.

- Bè, caro mio, non mi sembra normale partecipare ad una festa con una valigetta losca. Se per caso c'è un fucile di precisione, fammelo sapere, perché ci sarebbe giusto, giusto, una persona che meriterebbe di essere guardata da un mirino di precisione!

- Ellen? - chiese Cindy, stupita – Pensavo fosse finita questa vostra guerra a distanza.

Tom stava per risponderle, ma Gaccio lo precedette – Ted Carsol! Il nostro Tom è ancora troppo geloso di Satana in gonnella.

Tom lo mandò a quel paese e si dileguò, lasciandosi alle spalle le risate canzonatorie dei due sposini.

Cercò tra le persone, finché non scorse la chioma bionda che voleva.

Stava ballando un lento proprio con quell'imbecille di Ted Carsol che la stava stringendo troppo, per i suoi gusti.

Si avvicinò rapidamente e scostò il ragazzo con energia – Ti dispiace, Ted? - gli chiese, prendendo Ellen tra le braccia.

Ted protestò, ma Tom gli diede subito le spalle, ignorandolo.

- Bel discorso. - cominciò – Mi è piaciuto proprio tanto, a parte qualcosa da aggiustare qua e là, te la sei cavata bene.

- Grazie. - biascicò lei.

- Ah, che maleducato. Non mi sono nemmeno presentato. Piacere Tom Gore.

Ellen alzò il viso e lo guardò, stupita.

Tom la incoraggiò con gli occhi, facendole capire che stava attendendo una risposta – Ellen... Ellen Mayer... piacere. - balbettò lei, intuendo subito e assecondandogli il gioco.

- Mi sa che ci siamo visti al liceo, effettivamente, se ci penso bene, tu mi hai fatto più di qualche scherzetto. Non so se ti ricordi di me...

- Vagamente... - disse lei con un tono di voce sospettoso.

- Cose passate. Adesso ho uno studio di pubblicità tutto mio e le cose vanno davvero bene. Sono orgoglioso di ciò che ho costruito.

Ellen appoggiò il viso sulla sua spalla e Tom chiuse gli occhi.

Quella era la strada giusta.

 

 

***

 

Non era certa, dove volesse arrivare Mr. Gore, ma quella cosa la intrigava e aveva deciso, d'istinto di essere condiscendente con lui.

- Ho sentito che sei da sola, o meglio che non hai nessun ragazzo, fidanzato, marito che sia, al momento...

-Infatti, è così. - dove voleva andare a parare?

- Sai, non credo che incontrare l'anima gemella, sia così difficile come si mormora. - continuò lui, suadente.

- Dici? A me non sembra affatto facile, invece. La gente si ferma alle apparenze. Non ha il tempo di approfondire i rapporti. Si limita a catalogarti per ciò che sembra: bella, brutta, magra, grassa, povera o ricca.

- A te non mancheranno certo gli ammiratori allora... - le sussurrò in un orecchio.

Ellen rabbrividì.

Avrebbe voluto mettere fine a quella conversazione e scappare, cosa che, ultimamente, le riusciva alla perfezione, quando c'era Mr. Gore di mezzo, ma si fece coraggio e si obbligò a restare tra le braccia dell'uomo che aveva rapito, tempo fa, il suo cuore e non gliel'aveva più restituito – Bè, grazie del complimento. - bisbigliò.

- Non dico che sia facile.- proseguì – Ma non credo nemmeno sia vero, quando si afferma che pochi incontrano il proprio ideale e nessuno ne incontra due...

Ellen si staccò leggermente dal petto di Tom e le guardò stupita – Eh? - gli chiese, non capendo dove volesse arrivare.

- Io, ad esempio, mi sono innamorato due volte in vita mia. - affermò lui, candidamente.

Ellen si irrigidì all'istante.

Sapeva che una delle due persone era lei, almeno ci sperava, ma chi era l'altra?

Un senso di gelosia, mischiato a delle vertigini, poco rassicuranti, la invase.

- Ah sì? Sei stato fortunato. - disse semplicemente.

- Posso confidarmi con te? - le chiese, dolcemente.

Ellen annuì sulla spalla di Tom, silenziosamente.

Lui prese l'occasione al balzo e cominciò – Mi sono innamorato la prima volta a quattordici anni. Lei era bellissima. Un angelo biondo, la più bella della scuola, ma detto tra noi, era una serpe.

Ad Ellen uscì un risolino, poi però un'ombra scurì la sua anima.

Si era augurata sì, di essere lei una delle due donne che avevano fatto perdere il cuore a Mr. Gore, ma aveva sperato che fosse la Ellen matura, non l'adolescente anoressica. Un senso di delusione le arrivò in gola, ma non proferì parola, rimase in silenzio, in attesa che Tom continuasse.

E lui l'accontentò.

- Adesso è finita. Sai Ellen, sono rimasto invaghito di questa reginetta della scuola per anni e anni, nonostante fossi cresciuto. Ci tessevo su storie su storie. Immaginavo di incontrarla in altre circostanza e che lei si innamorasse di me, ma poi ho conosciuto un'altra donna che me l'ha fatta dimenticare completamente.

Ellen trattenne il fiato.

Il lento era finito e una musica ritmata aveva preso il posto delle note dolci, ma loro due continuavano a dondolare fuori tempo, abbracciati l'uno all'altra, Ellen con il viso abbandonato sulla spalla di Tom e quest'ultimo che l'abbracciava stretta come a proteggerla dal mondo.

- Mi sono innamorato della mia segretaria. Una peste, Ellen! Una dittatrice, confusionaria che ha messo a soqquadro il mio ufficio. Me ne ha fatte di tutti i colori, pensa che ha attentato la mia vita almeno in due occasioni, ma mi ha portato tanta gioia. Purtroppo, me ne sono accorto quando era troppo tardi.

Ellen rise, non riuscì a trattenersi, mentre le lacrime cominciarono a scendere dai suoi occhi, tirò su con il naso per cercare di fermarle.

- Però era brava sia come fidanzata che come impiegata. Mi sono comportato male con lei e l'ho persa. Adesso, magari, sarei tra le sue braccia... invece ho sbagliato tutto, ma si va avanti. Questa è la realtà.

- Già, credo proprio sia così. - disse lei, non riuscendo a fare un discorso più lungo.

Tom la strinse ancora più forte a sé – Comunque, credo sia stato il destino che ci abbia allontanati. Non sarei mai potuto restare con un disastro del genere. Era bella, sai, ma aveva un carattere troppo esuberante per me. Mi offuscava con la sua presenza.

Ellen gli pestò un piede di proposito.

- Cazzo! Ahi... - imprecò lui.

Ellen lo guardò con sufficienza – Scusa, non l'ho fatto a posta. - si difese.

Lui le sorrise – In tutta onestà, credo che a quattordici anni ne capivo di più in fatto di donne.

Lo fissò perplesso – In che senso? - gli chiese, guardandolo di traverso.

Tom l'allontanò e smise di ballare, le poggiò le mani sulle spalle e socchiuse gli occhi.

Le fece una radiografia – Presumo che io starei bene solo con una reginetta del liceo, la più bella di tutte. Sai quelle che vogliono solo la pace nel mondo? Quelle a cui compri un vestito di marca e sono felici come una pasqua?

Ellen sbarrò gli occhi e si mise sul piede di guerra – Tu... - disse, puntandogli l'indice sul petto.

Tom le prese la mano, ridendo e l'abbracciò di nuovo, continuando a ballare il lento che ormai era finito da un bel pezzo.

Ellen cercò di divincolarsi dalla stretta, ma lui la tenne salda.

- Credi che se chiedessi di uscire alla reginetta che è stata eletta questa sera, mi darebbe una possibilità? - le chiese, sorprendendola.

Ellen si quietò – Non saprei... mi sembra sia una buona forchetta, spero che il tuo portafoglio sia bello gonfio.

Tom la fissò – Sai la mia segretaria, quella di cui ti ho parlato prima, era proprio una pidocchiosa come te!

La lasciò così, in mezzo alla pista, da sola.

Ellen si trovò disarmata e vulnerabile.

Rimase impalata, senza trovare il coraggio di muoversi.

Chiuse gli occhi, mentre le lacrime scendevano inesorabili, senza alcun freno.

Qualcuno le cinse la vita da dietro.

Avvertì un calore vicino al collo e alle guance.

Un bacio lieve che le fece venire i brividi.

- Piacere, Mr. Gore. Miss Mayer... vero? Per me sarebbe davvero un onore portarla a cena fuori.

 

***

 

George Morris posò su una sedia, la valigetta ventiquattr'ore che si era portato alla festa.

Aprì le cerniere e ne estrasse la prima copia del suo nuovo libro.

Guardò la moglie Cindy con un sorriso smagliante.

- Finalmente, è arrivato il momento di consegnarlo ai due coglioni. Avevo promesso di dare la prima copia a loro. Ho perso un sacco di soldi ad aspettare che quei due si mettessero in riga. Finalmente potrà uscire in libreria. Per fortuna ho sposato una donna che lavora! - disse, facendole

l'occhiolino.

Cindy lo fissò perplessa – Ma credi che ci arriveranno che sono loro i protagonisti?

George sorrise – Ho cambiato solo i nomi e ne ho cercati due con le loro stesse iniziali. Il resto è chiaro! Va bene che sono due coglioni, ma non credo siano proprio così cretini...

Cindy poggiò le mani sui fianchi, evidenziando il grosso pancione e lo guardò con aria di rimprovero – George Morris non dire parolacce in presenza di tuo figlio, altrimenti faccio la spia con Eleanor!

Lui rise e si inginocchiò davanti alla moglie, per posare un bacio su suo figlio che, tra qualche mese, avrebbe allargato la sua bellissima famiglia.

 

 

Estratto dell'epilogo del best seller di George Morris “L'undicesimo comandamento”.

 

Estelle guadò eccitata il pacchetto che era arrivato per posta. Chiamo il marito Tod a gran voce – Muoviti! È arrivato!

Quando Tod la raggiunse, si stesero sul divano, rannicchiati uno vicino all'altro con la copertina morbida che li coccolava.

Rimasero ore e ore a leggere insieme, litigando per chi doveva leggere il capitolo ad alta voce e chi, invece, doveva ascoltare.

Ridendo per alcune scene descritte che avevano dimenticato, insultandosi per i rispettivi pensieri messi nero su bianco nel libro del loro amico.

Si accusarono a vicenda per i piani loschi di entrambi, gioirono in segreto per la gelosia che provavano di nascosto nei confronti l'una, dell'altro e viceversa.

Qualche lacrima scese sulle guance di Estelle nel leggere i sentimenti di Tod, mentre lui per non sembrare una femminuccia si schiariva la gola e ogni tanto tirava su con il naso, maledicendo un raffreddore inesistente.

Ma il più delle volte risero e si divertirono nel ricordare alcuni frammenti di vita che, visti dall'esterno, sembravano molto più buffi che atroci, com'erano loro sembrati, quando li avevano vissuti davvero.

Quando lessero la parola fine, Tod si puntò sul gomito e accarezzò il ventre di Estelle – Se sarà una femmina, ti proibisco, categoricamente, di comprarle qualcosa con la faccia della gattaccia.

Estelle lo fissò con aria interrogativa.

- Non te l'ho mai detto, cara... ma io odio Hello Kitty!

 

 

***FINE***


NOTE AUTORE

Così siamo arrivati alla fine.
Ringrazio davvero di cuore chi mi ha seguita, ricordata e preferita, chi mi ha aggiunto tra gli autori preferiti.
Ringrazio le mie "Litigarelle" che mi hanno sempre supportato e coccolata e spero continueranno a farlo!
Il gruppo di FB è L'amore non è bello se non è litigarello.
Ringrazio di cuore chi ha recensito questo racconto, perché è un vero incoraggiamento a chi scrive amatorialmente.

Spero che, a parte la storia d'amore, il messaggio sia abbastanza chiaro per tutti.
Non fate agli altri quello che non vorreste fosse fatto a voi.
Non giudicate le apparenze, ma sforzatevi di essere migliori, guardando oltre.
Vi assicuro che ci sono persone che si sentono sole, perché emarginate per il loro aspetto.
Siamo nel 2015, non nel medievo.
Ve lo dice una che pesava quasi 70 chili e la chiamavano ippopotamo ed è arrivata a pesare 45 chili e le dicevano che era anoressica!
Ricordatevi che la gente non si fa mai gli affari suoi!

Quindi... a tutti questi simpaticoni fate una bella linguaccia e continuate per la vostra strada!

Detto questo, spero che qualche risata ve la siete fatta, anche grazie a me.

Un bacione e GRAZIEEEEEEEEEEEEEEEE

MandyCri



 

 

 

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