La Compagnia Dell'Anello.

di BELIEBER_G
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


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Tanti anni fa, nell’immensa Terra di Mezzo, vennero creati 19 anelli del potere: sette vennero dati ai nani,grandi costruttori e circondati dall’oro. Tre agli elfi, dalla vita eterna e bellezza incommensurabile. Infine, nove agli uomini che come ogni altri, ne bramano il potere. Ma tutti furono ingannati, poiché venne creato un altro anello. Dalla lava del Monte Fato, Sauron, l’oscuro signore, forgiò un anello che li avrebbe domati sopra ogni dove. Per colpa di esso la Terra di Mezzo cadde in un lungo buio, dove orchi e altre creature malvagie presero il sopravvento, comandati dall’orribile occhio di Sauron presente sulla torre di Mordor. Ma vi erano alcuni che avrebbe combattuto per sconfiggere questa minaccia, uno di questi era Isildur, erede al trono di Gondor, la più grande dinastia della Terra di Mezzo. Nell’immensa battaglia, riuscì a contrastare Sauron e a togliergli l’anello. Ma una voce da esso veniva, una voce che lo faceva impazzire e fu in quel momento che apparve una scritta sul suo dorso:“ Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli.” E fu così, perché la mente del re venne stregata da quell’anello, fin che non gli causò la morte e l’oggetto venne perso per 2.000 anni. Venne ritrovato dalla più strana creatura che la Terra di Mezzo possedeva, un hobbit della Contea: Bilbo Beggins. Strani esseri gli hobbit, caratterizzati dai loro anni lunghi come gli elfi, dal loro corpo simile a quello degli uomini e la loro statura bassa come i nani. Stregò anche la mente dell’hobbit che lo possedette lunghi anni, non volendosi più separare da esso. Ma presto, tutto sarebbe cambiato.
 
Era una giornata come tante alla Contea, Bilbo Beggins avrebbe compiuto più di 100 anni e gli abitanti stavano allestendo le ultime cose per la festa. Intanto, suo nipote, Frodo Beggins, se ne stava sotto un albero di mele a leggere qualche libro che narrasse una storia d’avventura come di quelle che scriveva suo zio. Con i suoi occhi azzurro cielo e i ricciolini neri che gli cadevano sulla fronte, si godeva quel racconto, fin che dall’albero non sbucò a testa in giù la sua migliore amica Rose. Rose sta per Rosalina Gamgee, sorella del migliore amico Samvise Gamgee. Viso ampio, occhi verdi e bel sorriso. “Quindi ne sta scrivendo un altro?” domandò lei a lui, restando aggrappata con le gambe ad un ramo. “Già. Andata e Ritorno,un racconto hobbit di Bilbo Beggins.” Rispose Frodo con una risata sarcastica. Era entusiasta quel giorno, perché un vecchio amico di famiglia sarebbe venuto alla festa. Si trattava di Gandalf, il potente stregone grigio che con Bilbo aveva vissuto qualche avventura. Non molto silenziosamente, per via dei bambini che lo rincorrevano per i suoi bei fuochi d’artificio, Gandalf entrò nella Contea con il suo carro. Rose e Frodo gli vennero incontro, felice di vederlo.
 
Tutti gli abitanti della Contea erano stati invitati, poiché i parenti di Bilbo erano tanti. Uno di questi, erano i Tuck, i figli più grandi, Merry e Pipino, non vedevano l’ora di assistere ai fuochi di Gandalf e non avrebbero aspettato la torta per accenderne uno. Frodo si era finalmente messo qualcosa di elegante, invece che i soliti pantaloni verdi. Rose anche, indossava un vestito di colore pastello e Frodo non ci mise troppo a notarla. Si sa che presto  due amici del sesso opposto iniziano a provare interesse l’uno dell’altro e per loro era così.
Rose vedeva negli occhi di Frodo qualcosa che nessun altro aveva. Attendendo il discorso di Bilbo, i due si erano messi a ballare, quasi umiliandosi a vicenda per via delle strane mosse di ballo. Poco dopo, Bilbo giunse sul palco per salutare i suoi parenti e amici, ma tenendo sempre con se il suo amato anello. “Vi ringrazio per esser venuti alla mia festa cari amici! Più di 100 anni di età, chi se lo sarebbe aspettato?” disse a tutti, rimuginando le mani nella tasca con il gioiello. “Ma sapete.. Io..Credo di dover andare via.” sussurrò. Tutti erano straniti, perché avrebbe dovuto andarsene? “Credo sia il momento..Addio a tutti.” Disse infine, si mise l’anello al dito ed improvvisamente scomparve.
 
-Salve a tutti! Non mi sento assolutamente all’altezza di presentare questo racconto, anche se cambiando qualche personaggio e quindi parti piccole della trama. Ma ho voluto provare per sapere se vi piaceva. Buona lettura e commentate!-

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


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Bilbo sembrava essersi divertito delle facce sorprese che avevano ascoltato il suo discorso. Se ne andò silenziosamente a casa per prendere i bagagli, ma trovò Gandalf ad aspettarlo con aria cupa. “Quell’anello non è adatto per giocarci in quel modo.” Commentò lo stregone. “Andiamo Gandalf, è stato solo un piccolo scherzo.” Esclamò Bilbo ridacchiando. “Lo lascerai a Frodo?” chiese lo stregone con voce dura, stringendo a se il suo bastone. “Certo, gliel’ho messo in una busta sopra il camino.” Rispose Bilbo, indossando la sua giacca da viaggio. Ma sul camino non vi era alcuna busta. “O forse ce l’ho ancora qui..” sussurrò fra se e se, estraendo l’anello dalla tasca. Per lui era assai duro separarsene, perché la magia dell’anello aveva stregato la sua mente, ma alla fine fu coraggioso e lo depositò nella busta prima di andarsene. Gandalf sapeva il passato di quel tesoro, aveva letto antichi manoscritti in cui vi era raccontato tutto. Doveva esserci un modo per distruggerlo, così rimase lì, a pensare, a mettersi le mani nei lunghi capelli grigi.
Intanto, Frodo e Rose si erano salutati con un imbarazzante stretta di mano e tornavano nelle loro case: erano vicini. Frodo rincasava ancora confuso: tra la sparizione dello zio e i sentimenti per Rose, notò che Bilbo non c’era. “Se ne è andato davvero? Parlava molte volte di volerlo fare.” Chiese a Gandalf, sentiva già la sua mancanza, dopotutto si era occupato di lui per tanto. “Si Frodo, se ne è andato. Ti ha lasciato una cosa.” Rispose Gandalf, aspirando dalla propria pipa. Frodo conosceva benissimo l’anello di suo zio, ma lo stregone sembrava contrariato alla sua vista e lo gettò nelle fiamme del camino. “Prendilo Frodo,è freddo.” Sussurrò, consegnandolo poi nelle sue piccole mani. Lo hobbit non conosceva niente di quel gioiello, ma riuscì a vedere l’iscrizione che vi era sul dorso, apparso per via del fuoco. “Sta apparendo una scritta…Credo sia elfico, cosa dice?” domandò. “E’ una lingua antica, dice: Uno anello per trovarli, un anello per domarli, un anello per ghermirli e nel buio incatenarli.” Spiegò Gandalf abbastanza teso, il ragazzo doveva sapere tutto. “L’unico Anello, l’anello di Sauron. C’è stato un altro che lo ha avuto prima di Bilbo, una creatura errante la cui mente era stata distrutta. Fu catturato dai soldati di Mordor e negli stridii senza senso, hanno udito due parole: “Contea. Baggins.” “ continuò lo stregone. Frodo sgranò gli occhi e il suo cuore accelerò per la paura, qualcuno stava venendo da lui per riprendersi l’anello. “Ma questo li condurrà qui! Chi sono?!” domandò lo hobbit impaurito. “Sono i Nazgûl, servi dell’Oscuro Signore. Devi andare via da qui.” Esclamò Gandalf, preparando frettolosamente i bagagli per Frodo, ma non sapevano che qualcuno li stava ascoltando. Improvvisamente, si udirono dei rumori fuori la finestra, tra le foglie. Gandalf afferrò qualcuno tra l’erbaccia e lo scaraventò sul tavolo con fare minaccioso: era Rose. “Rosalina Gamgee, cosa hai sentito?!” domandò lo stregone, guardandola negli occhi con il suo sguardo nero. “Quasi nulla, ve lo assicuro! Solo di un anello e di Sauron!” esclamò Rose balbettando, mentre Frodo se la rideva divertito. “Non trasformatemi in qualche strana creatura..” supplicò la hobbit. “No, anzi, ho un compito più importante per te.” Disse Gandalf.
 
 
L’alba del giorno dopo, lo stregone procurò ai due hobbit un cavallo, disse a Rose di condurre Frodo e l’anello a Granburrone, patria degli elfi più antichi. Di solito non si manda una femmina in certe avventure, ma Gandalf si fidava di lei. Suo fratello Sam le aveva insegnato qualsiasi strada o scorciatoia della Terra di Mezzo e così lei si sarebbe occupata del suo migliore amico, anche se non aveva mai lasciato la Contea per questi scopi. Lo stregone li avrebbe aspettati alla locanda del Puledro Impennato, a Brea,  poiché prima aveva un’altra tappa da raggiungere.
Gli hobbit passarono attraverso i folti campi e i grandi giardini d’erba fino a giungere al confine. “Ci siamo, se faccio un altro passo non sarò mai stata così lontana da casa.” Commentò Rose. Frodo fece un sorriso incoraggiante e le tese la mano per scacciarle via la paura. Lei ricambiò il sorriso, prese la sua mano e continuò il cammino, armata di cavallo, sacca con dentro delle provviste e lo hobbit di cui si era innamorata.
Poco dopo, arrivarono in un campo coltivato da un famoso hobbit che procurava sempre il cibo migliore. Fu lì che incontrarono Merry e Pipino Tuc rubare carote e cavoli. Loro erano fatti così, i ricciolini biondi e gli occhi chiari non gli facevano giustizia: erano buffi, ma sotto sotto anche coraggiosi. “Ciao tesoro.” Salutò Merry, facendo un occhiolino a Rose. L’altra fece una smorfia disgustata. “Intanto non sono il tuo tesoro e poi quelle le state rubando!” esclamò Rose. Poco dopo, iniziarono ad udirsi le grida del giardiniere che gli andava contro con in mano un forcone. I quattro scapparono via tra i campi e alla fine rotolarono giù per la collina. Rose spinse via Marry che le era finito sopra durante la caduta, fece rialzare Frodo e lo pulì dalle foglie. “Rose, sto bene.” Assicurò Frodo con un sorriso stranito. “Si, scusa. E’ una cosa che ha detto Gandalf…” balbettò lei. “…Non devi perderlo Rosalina Gamgee, per nessun motivo.” Frodo rimase con il suo sorriso ed infine l’abbracciò, contento che fosse venuto con lui.
Improvvisamente, si udirono zoccoli di cavallo che venivano velocemente verso di loro. I quattro si nascosero in un fossato e sfuggirono agli occhi di quello che era un Cavaliere Nero, un servo di Sauron in cerca dell’anello: lui sentiva il suo potere, lo percepiva. Egli non avevano ne corpo, ne anima, ne voce, niente. Era solo uno spirito coperto da un vestito nero che cavalcava un cavallo nero, che non vedendo nessuno, se ne andò. Gli hobbit poterono tornare allo scoperto, ma i due gemelli vollero spiegazioni. “Chi diamine era? Cosa cercava Frodo?” domandò Merry, accigliato. “Cercava noi, cercava questo.” Rispose Frodo, mostrandogli l’anello che aveva legato al collo come una catenina. Era abbastanza preoccupato, perché i Cavalieri erano sulle loro tracce e dovevano sbrigarsi a tornare da Gandalf.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


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Intanto, lo Stregone Grigio cavalcava verso Isengard, dimora di un altro potente mago, suo caro amico: Saruman. In breve, la sua visita non era finita bene, perché scoprì che Saruman si era alleato con Sauron e aveva con se un Palantir, un potente oggetto ovale che consultava per sapere i piani dell’Oscuro Signore. Gandalf, ovviamente, cercò di fermarlo pur essendo suo amico, ma venne intrappolato e rinchiuso.
 
Si fece sera e gli hobbit erano finalmente giunti a Brea, una piccola cittadina. Sotto la pioggia, si erano fatti strada verso la locanda del Puledro Impennato, dove però non avrebbero trovato Gandalf ad aspettarlo. “Salve piccoli signori, cosa posso fare per voi?” gli chiese il proprietario. “Siamo qui per Gandalf.” Rispose Frodo, da molto più in basso di quell’uomo. “Gandalf? Ah si, un uomo vecchio, con il bastone. Non lo vedo da sei mesi.” Continuò egli, mentre puliva una tazza. Frodo e Rose erano straniti, eppure gli aveva detto di aspettarlo lì: così i quattro si misero ad un tavolo e ordinarono da bere. Merry giunse con un bicchiere enorme di birra, con gli occhi che non vedevano l’ora di assaggiarla. “Quella cos’è?!” domandò suo fratello stupito.
“Questo amico mio, è una pinta.” Rispose l’altro entusiasta. “Si vende a pinte? Ne prendo una!” esclamò Pipino, correndo verso il bancone. Rose scosse la testa e sbuffò, notando poi che poco più in là, un uomo incappucciato fumava e fissava Frodo. “Quello lì non ha fatto altro che fissarti da quando siamo arrivati.” Sussurrò Rose a Frodo, che poi incrociò gli occhi schivi di quel misterioso uomo e fermò il proprietario per chiedergli di lui. “Chi è quello lì?” chiese Frodo, indicandoglielo con gli occhi azzurri. “Nessuno di importante, un ramingo, qui lo chiamano Granpasso.” Rispose egli. Un ramingo era un uomo che viaggiava per tanto tempo, senza mai fermarsi in un posto. “Baggins?! Ma si che conosco un Baggins!” esclamò poi Pipino, indicando Frodo. Con i Cavalieri che li inseguivano, non era bene rivelare la propria identità a sconosciuti. Rose si alzò furiosa e con stesso temperamento del fratello afferrò Pipino e lo fece sedere con forza, mentre Frodo sembrava essere piuttosto preso dall’anello che aveva al collo. Si alzò, ma inciampò e il gioiello gli volò in aria e per puro caso, gli finì al dito. Improvvisamente scomparve come era successo con Bilbo e attorno a se vide solo sagome. Nervoso e confuso di quello che stava accadendo, si guardò intorno e fu in quel momento che lo vide: il padrone dell’anello che lo fissava, il grande occhio di Sauron percepiva quando qualcuno indossava l’anello al posto suo e presto i suoi Cavalieri sarebbero venuti a prenderlo. Impaurito, si tolse l’anello e finalmente rivide i suoi amici e la sua Rose, fin che Granpasso non intervenne e lo portò via con se in una stanza,seguito dagli altri hobbit. “State attento con quello, non è un oggetto qualsiasi quello che portate con voi.” Gli sussurrò, come per avvertirlo. Gli offrì il suo aiuto e un letto caldo per riposare bene quella notte. Anche se fu dura addormentarsi, perché lo stridio del Nazgûl arrabbiati nel non trovare Frodo, simile ad urla di donne addolorate, era molto fastidioso.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


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Granpasso aveva deciso di aiutare i piccoli hobbit ad arrivare a GranBurrone: le giornate si facevano più corte, l’inverno stava arrivando, i Cavalieri gli erano alle calcagna e Pelegrino Tuc continuava a chiedere del mangiare. “Quand’è che facciamo colazione?” domandò affaticato. “L’avete appena fatta.” Rispose l’uomo dai capelli neri di lunghezza media, gli occhi azzurri e il temperamento da guerriero. “Si, ma la seconda colazione?” continuò Pipino, pretendendo altro. “Non credo conosca la seconda colazione Pipino.” Commentò Merry, prima di ricevere una mela tirata dall’uomo. Sorrise e l’addentò.
Quando si fece buio, si accamparono a Colle Vento, un rifugio fatto di vecchie pietre, ma che almeno riparava. Granpasso si allontanò lentamente per andare a scoprire cosa ci fosse più in là, dopo aver consegnato delle ottime spade di difesa agli hobbit, mentre i Tuc decisero di preparare un ottimo banchetto per cena. Era molto pericoloso, poiché potevano essere avvistati da qualcuno. “Spegnete questo maledetto fuoco! Ma siete impazziti?!” esclamò Rose, spegnendo il piccolo fuoco con piedate su piedate. Fu poco dopo che improvvisamente, si udirono gli urli fastidiosi dei Cavalieri Neri. Gli hobbit, istintivamente, scapparono via con i mano le loro armi, fino a giungere ad un vicolo ceco: un cerchio di colonne di pietra su un burrone. Erano circondati da nove Cavalieri Neri che volevano solamente l’anello e avrebbero ucciso per ottenerlo. Uno di loro, si avventò contro Frodo e lo trafisse con il suo pugnale Morgul. Il buio si avventò su Frodo, poiché di buio e buio soltanto sono fatti i Cavalieri: in passato erano re, ma dopo esser stati stregati dall’anello, non lo erano più.
Fu in quel momento che intervenne Grampasso, che li scacciò via con la sua spada e una torcia, fonte di luce. Rose raccolse Frodo da terra e sapeva benissimo che non poteva fare niente e nemmeno Grampasso. “L’hanno pugnalato con un pugnale Morgul, presto diventerà uno di loro. Non posso guarirlo, mi servono delle erbe elfiche.” Spiegò Granpasso. Non appena furono dette queste parole, una luce abbagliò i presenti: una luce buona.

Era Tauriel, un elfo di GranBurrone e grande amica di Grampasso. Abbagliò gli hobbit con i suoi capelli rossi luminosi e la magia che la circondava. “Devo portarlo da tuo padre.” Gli disse l’uomo. “Tu devi proteggere gli hobbit Aragorn, vado io.” Ribatté lei, rivelando poi il suo vero nome: Aragorn. “I Cavalieri Neri ti staranno alle calcagna.” Esclamò Aragorn, in pena per lei. “So cavarmela da sola, non appena sarò entrata nel regno di mio padre, esso lo proteggerà.” Continuò Tauriel, salendo a cavallo e portando con se Frodo ormai tra l’oscurità e la luce. “Frodo, im Tauriel. Telin le thaed. Lasto beth nîn, tolo dan nan galad.” Gli sussurrò. (Frodo, sono Tauriel. Sono venuta ad aiutarti. Ascolta la mia voce, torna alla luce.) Infine, batté le redini e cavalcò verso GranBurrone, mentre Rose temeva per la vita di Frodo.
Tauriel aveva cavalcato tutta la notte verso il grande regno degli elfi, dove vi era suo padre Elrond. Fu il grande elfo a guarire Frodo appena in tempo e Aragorn a portare gli hobbit a GranBurrone sani e salvi. Lì, giunse anche Gandalf che magicamente era riuscito a liberarsi dalle prigioni di Sauron, ma così dichiarando anche guerra. Lo stregone grigio e Rose non si erano mai allontanati da Frodo che aveva dormito per due giorni interi e finalmente si era svegliato in un letto caldo, tra la luce e i profumi dei grandi fiori della cittadina. Accanto a se, vide Rose che dormiva beatamente: sorrise e le accarezzò la guancia, per poi accorgersi di Gandalf. “Non si è mai staccata da te.” Commentò Gandalf con un leggero sorriso. “Credo di amarla Gandalf.” Sussurrò Frodo, guardandola ancora. “Alla fine le anime gemelle si incontrano poiché hanno lo stesso nascondiglio.” Continuò lo stregone, per poi lasciarli soli. Non appena anche Rose fu sveglia, i due si poterono riabbracciare e Frodo poté notare che ella aveva già fatto i bagagli. “Siamo arrivati fin qua, abbiamo portato l’anello agli elfi, quindi pensavo che potevamo tornare a casa.” Spiegò Rose, notando lo sguardo stranito dell’altro nel vedere gli zaini pronti. Ma prima che potesse acconsentire, Frodo fu chiamato ad una riunione segreta dove gli elfi, i nani e gli uomini avrebbero trattato su cosa fare con l’anello. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


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A rappresentare i nani, vi era il nano Gimli: folta barba marrone, occhietti sfuggenti e molto competitivo, come ogni altro nano d’altronde. A rappresentare gli elfi, c’era Legolas Verdefoglia, figlio del grande re Thranduil: lunghi capelli biondi, occhi azzurri che vedevano tutto, arco e freccia sempre a portata di mano e una grande passione per Tauriel. A rappresentare gli uomini, infine, era presente Boromir, figlio di Denethor, sovraintendente di Gondor, visto che un re Gondor non aveva,poiché la stirpe di Isindur era stata macchiata dal fatto che era morto per via dell’anello. Ma un erede c’era ed era anche presente, Aragorn era sì un ramingo del nord, ma era anche pronipote  di Isindur. Solo che egli non si sentiva all’altezza e aveva paura che la malattia della mente verso quel gioiello cadesse su di lui. Chi era amico si abbracciava, chi era alleato si stringeva la mano ed infine tutti si sedettero in cerchio e al suo centro, Frodo posò l’anello del potere su di una pietra innalzatosi dal terreno. Ci fu un brusio di commenti e chiacchiere, fin che non giunse Elrond, con sua figlia Tauriel, per dare inizio alla riunione: con le sue sopracciglia sempre corrucciate, osservava l’anello e ne ripugnava il potere. Fu Gimli, il nano, il primo ad afferrare la sua ascia e a tentare di distruggere l’anello, ma esso era troppo potente e lo respinse con la sua magia. “L'anello non può essere distrutto qui, Gimli figlio di Glòin, qualunque sia l'arte che noi possediamo.. L'anello fu forgiato tra le fiamme del Monte Fato, solo lì può essere annientato.” Commentò Elrond, prima di notare che Boromir, l’umano biondo e barbuto, lo osservava troppo da vicino. “Come può un gioiello così piccolo creare tanto scompiglio?” si domandò. “Potremmo usarlo contro il nemico!” esclamò poi, con gli occhi che gli brillavano. “Si impossesserà di noi, dobbiamo portarlo a Mordor e distruggerlo.” Continuò Tauriel. “Ha ragione.” Commentò Aragorn. “Che diritto ha un ramingo del nord di dire questo?” chiese Boromir ridacchiando. Legolas si alzò dal posto per difendere l’amico. “Lui è Aragorn, figlio di Arathorn di Gondor.” Esclamò. Boromir fu sorpreso: “Aragorn? Questo è l’erede di Isindur?” commentò, sempre con un sorriso divertito. Frodo era solo un piccolo mezz’uomo che non aveva voce in capitolo, ma che decise di intervenire coraggiosamente e dire la sua. “Porterò io l’anello a Mordor!” esclamò frettolosamente. Ormai lo hobbit si sentiva legato all’anello, tanto che si offrì volontario per andare fino a Mordor per distruggerlo.

Tutti furono d’accordo, ma ovviamente non vollero lasciarlo da solo. “Hai la mia spada.” Disse Aragorn. “E la mia ascia.” Continuò Gimli. “Il mio arco.” Ribatté Legolas. “E i miei pugnali.” Continuò Tauriel, mentre Boromir si infiltrava tra la fila in silenzio. Ovviamente anche Gandalf si unì. Rose stava guardando tutto dietro un cespuglio e corse fra la fila, con il suo passo svelto. “Frodo non si muove senza di me.” Esclamò balbettando, credendo di fare una brutta figura. Frodo sorrise ampiamente, anche quando intervennero i due fratelli Tuc. “Bene, 10 compagni ti porteranno a Mordor. Voi sarete La Compagnia dell’Anello.” 

E fu così che iniziò il loro viaggio, due elfi, due uomini, un nano, un mago e quattro hobbit viaggiavano per la Terra di Mezzo tra la neve e il freddo. Boromir continuava a osservare l’anello che Frodo aveva al collo e pian piano il gioiello si stava prendendo la sua mente. I pipistrelli neri di Saruman, alleato con Sauron, li spiavano continuamente e ogni volta la Compagnia doveva nascondersi. La compagnia formata da nuovi amori, in cui Legolas ammirava Tauriel. Formata da persone che temevano il trono, come Boromir e Aragorn. E quattro hobbit coraggiosi, ma fino a quale punto?

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


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Fu in quella notte che la Compagnia attraversò un’alta montagna innevata. Legolas, elfo così leggero, nemmeno sprofondava nella neve, ma sentiva una strana voce che recitava un incantesimo. “Ci sono voci nell’aria! Un incantesimo!” avvertì Legolas. “E’ Saruman!” esclamò Gandalf, prima che un enorme pezzo di ghiaccio si staccasse dalla montagna, dritto verso di loro. La Compagnia corse via il più fretta possibile, ritrovandosi poi davanti alle miniere di Moria, regno nanico. Gandalf non voleva optare per quella buia strada, perché i nani erano scopritori di tesori sotto la roccia e scavando e scavando, chissà cosa potevano aver risvegliato. Ma Saruman aveva bloccato il passo con i suoi incantesimi e dovevano per forza passare di lì.

Davanti ad un lago sospetto e sporco vi era una porta illuminata di scritte in celeste. “Dite amici ed entrate.” Lesse Gandalf. “Che cosa vuol dire?” chiese Frodo. “E’ semplice, chi è amico recita l’incantesimo ed entra.” Rispose lo stregone, che poco dopo fece un incantesimo dalle parole incomprensibili, ma la porta non si aprì. La Compagnia allora si sedette sulle nude rocce, in attesa che il mago si inventasse qualcosa. Gli elfi e i nani erano sempre stati in grande conflitto, per questo Gimli aveva un certo fastidio nel viaggiare con Legolas, ma dopotutto erano amici da tanto e avevano messo via l’ascia di guerra. Ma gli elfi vivevano di luce, mentre i nani stavano tutto il tempo sotto terra e questo stava facendo indebolire Tauriel, che sentiva la pesantezza del male che stava arrivando da Mordor pian piano. Si sedette a terra con gli occhi spenti e le mani tremanti, mentre Legolas la raggiunse. “Stai bene?” domandò inginocchiandosi davanti a lei e prendendole le mani, così lui le trasferiva un pò di luce. “Questi maledetti nani vivono nell’oscurità, non credo di potercela fare.” Rispose lei con il fiatone, osservando gli occhi azzurri di lui. Ú i vethed nâ i onnad. Boe bedich go Frodo. Han bâd lîn.” (Questa non è la fine, è il principio. Tu devi andare con Frodo,questa è la tua strada.) “Ae ú-esteliach nad, estelio han, estelio ammen.” (Se tu non confidi in null’altro, confida in questo, confida in noi.) continuò lui. Tauriel aggrottò le sopracciglia, si vedeva che quel Noi per lui era importante. “Noi? Qual è la ragione di questo?” chiese lei. Legolas e Tauriel avevano molto in comune, erano elfi coraggiosi e abili in battaglia, figli entrambi di re e soprattutto la loro anima combaciava alla perfezione, solo non sapevano dei sentimenti che provavano l’uno per l’altro. “Io sono qui grazie a te. Tu sei la ragione per cui io esisto. Tu sei tutte le mie ragioni.” Rispose lui, accarezzandole le mani come fossero un tesoro. Tauriel non sapeva più cosa dire, quando a Rose venne un lampo di genio. “Qual è la parole in elfico per Amici?” domandò. “Mellon.” Esclamò Gandalf, facendo aprire le due alte porte di pietra che sembravano non esser state usate da tempo. I viaggiatori entrarono dentro, prima che qualcosa dentro quell’acqua spuntasse davvero. Come Tauriel aveva percepito, vi era solo buio lì dentro, così lo stregone usò il proprio bastone magico per fare luce, scoprendo centinaia di corpi nanici a terra. Gimli sgranò gli occhi incredulo, mentre Legolas prese da  terra una lama. “E’ una spada degli orchi, li hanno colti di sorpresa.” Commentò.

Giunsero ad un bivio in cui vi erano due strade da prendere: o a destra o a sinistra. I nostri eroi si fidavano della scelta di Gandalf, ma egli non si ricordava quel posto e si mise a pensare, mentre tutti gli altri si sedettero per mangiare qualcosa. Rose e Frodo però, notarono una presenza a non pochi passi da loro: una creatura errante a quattro zampe che li seguiva.

“C’è qualcosa che ci segue.” Sussurrò Frodo a Gandalf che fumava. “E’ Gollum. Sono tre giorni che ci segue, era lui l’antico portatore dell’anello. Lo cerca disperatamente.” Disse lo stregone.

“E’ scappato da Mordor! Che peccato che Bilbo non l’abbia ucciso quando poteva.” Commentò Rose, con un cenno di disprezzo. “Ucciso? No, è stata la pietà che ha bloccato la mano di Bilbo. Gollum ama e odia l’anello, come ama e odia se stesso. Non smetterà di cercarlo.” Spiegò Gandalf, che poi balzò in piedi. “Credo che dovremmo andare a destra. E’ l’unico vicolo dove non c’è puzza di orco.” Esclamò poi.

Proseguirono verso un enorme sala, non si riusciva nemmeno a vedere la fine ed era questa la specialità dei nani. Altri di essi erano a terra morti ed uno di questi stringeva un diario che Tauriel raccolse. “Siamo circondati, boati di ruggiti e passi lenti si sentono tra le pareti. Non possiamo uscire…Arrivano..” lesse l’elfo, immaginando il terrore negli occhi dei nani. Fu subito dopo, che i rumorini dei passi degli orchi si fecero sentire nella sala: tutti si misero a correre, ma era troppi, centinaia, forse di più. Rose si strinse a Frodo, sapendo che con lui si sentiva al sicuro. Ma a bloccare le mani sulle armi degli orchi  fu un potente ruggito che veniva dietro di loro: si vide una scia di fuoco provenire da lì. “Che cosa è questa nuova diavoleria?” chiese Boromir a voce bassa. “Un Balrog di Mordor. Scappate!” esclamò lo stregone. I nemici si dileguarono e Gandalf suggerì di scappare verso una plausibile uscita, prima che il mostro li seguisse. Attraversarono delle scale, sotto cui vi era un pericoloso vuoto, in cui piccoli goblin gli lanciavano frecce per non consentirgli di scappare, ma Legolas aveva una buona mira e li contrastava. Ma il Balrog sembrava essere più veloce di loro: si trattava di enorme mostro di fuoco con un paio di corna, coda lunga come quella di uno scorpione, occhi rossi come il sangue e l’unico che poteva affrontarlo era Gandalf. Strinse bene il proprio bastone ed estrasse la spada. “Tu non puoi passare! Torna nell’ombra!” esclamò, combattendo contro di lui, mentre gli altri stavano a guardare pensando se ce l’avrebbe fatta o no. La luce dello stregone sembrava accecare il Balrog che cadde giù. La missione pareva riuscita, ma la coda lunga del mostro afferrò Gandalf alla caviglia, pronto a portarlo via con se. Lo stregone riuscì ad aggrapparsi per un primo momento, solo per guardare negli occhi Frodo Baggins prima che venisse la sua ora. “Fuggite, sciocchi.” Disse infine, volando giù insieme al mostro. Fu un agghiacciante urlo di Frodo, disperato per l’amico, a far crollare le scale rimaste. Infine, fuggirono via fuori dalle miniere, tra la neve e le lacrime.

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