Immortals.

di _Alexis_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima volta. ***
Capitolo 2: *** Paura del buio. ***
Capitolo 3: *** Controllo. ***
Capitolo 4: *** Intimità. ***
Capitolo 5: *** Profumo. ***
Capitolo 6: *** Sollievo. ***
Capitolo 7: *** Confessioni. ***
Capitolo 8: *** Cose preziose. ***
Capitolo 9: *** Desiderio. ***
Capitolo 10: *** Muro. ***
Capitolo 11: *** Musica. ***



Capitolo 1
*** Prima volta. ***


Prima volta.
-Levi, segui gli ordini!
Era stata una voce lontana e, via via, sempre più lontana, fino a quando aveva smesso di sentirla completamente.
Non era bravo ad ascoltare gli ordini, i primi tempi, spesso e volentieri considerava migliore la possibilità di fare da solo, stare per conto suo.
Non era per presunzione, non si sentiva migliore degli altri, anzi era proprio il fatto di non sentirsi all’altezza del lavoro di squadra. Almeno non con persone nei cui volti non riusciva a vedere che ostilità.
 
Sfrecciò tra i rami alti degli alberi, il vento che attraversava tutto il suo corpo e, finalmente, il totale silenzio se non i suoi pensieri sull’esatta combinazione di movimenti che avrebbe messo in atto contro il titano di classe dieci che stava poco più in basso di lui. Tra il rimbombo dei passi nel terreno, il rumore dei cavi del dispositivo per la manovra tridimensionale che tagliavano l’aria, le lame che tagliavano sulla carne, in lui restava soltanto un’immensa tranquillità che si fondeva in maniera assai insolita con la tensione dei suoi muscoli.
Restare focalizzato su un bersaglio e concentrare tutta la sua attenzione su quello, lo facevano sentire meglio con sé stesso.
Poi un colpo sul tronco dell’albero, non lontano dalla sua testa, il suo corpo che reagiva quasi senza che se ne accorgesse, il battito cardiaco che accelerava.
Il titano di classe quindici che gli era letteralmente corso incontro ad una velocità che stentava a credere, agitava le braccia in maniera incoerente e sembrava averlo preso di mira, ma non ebbe tutto questo tempo per analizzare oltre la situazione.
C’era che si era distratto, che forse avrebbe fatto meglio a perlustrare la zona intorno a lui prima di concentrarsi su di un solo bersaglio, che c’erano tante altre cose.
Mentre il titano, finalmente e nonostante i suoi tentativi di trovare un varco in mezzo ai rami degli alberi, riuscì a colpirlo sulla schiena, tutto ciò che gli attraversò la mente fu l’immagine di Farlan e Izzy.
Dopodiché, perse completamente il controllo del suo corpo e tutto ciò che vide furono i rami degli alberi che si spezzavano sotto il suo peso, cadde a terra e continuò a rotolare giù per una collina abbastanza ripida, fino a quando non urtò un grosso masso e perse i sensi sulla riva di un torrente.
 
Sentiva dei rumori sommessi, soffusi, un respiro irregolare, un ondeggiare continuo, fino a quando tutto il suo corpo non sobbalzò. Aprì gli occhi lentamente, realizzò altrettanto lentamente di trovarsi in groppa ad un cavallo, realizzò di non essere solo. Sobbalzò ancora, cercò di alzarsi e simultaneamente di respirare, ma non incontrò che un’incredibile resistenza da parte del suo corpo, dolorante in ogni centimetro.
-Shh.
Quasi come un ordine impartito con gentilezza, accompagnato da una stretta della mano sulla sua spalla, costringendolo ad appoggiarsi ancora al suo petto.
Erwin perdeva sangue dalla testa e il suo occhio sinistro stentava a restare aperto, gli arti gli tremavano, sicuramente non era conciato meglio di lui, ma la sua espressione non era quella di un uomo ferito e i suoi occhi puntavano vigili e sicuri verso una direzione.
Con l’orecchio poggiato sul suo petto prese ad ascoltare inavvertitamente il suono del battito del suo cuore: netto, irregolare, vivo.  Improvvisamente allora sembrava insopportabile persino il peso delle sue palpebre.

 
beneeeee iniziamo questa raccolta sulla quale sono molto fiduciosa (strano), ne ho già scritte quattro e ne scriverò altre due stasera!
Niente, non sono portata per le trame lunghe, ma le flashfic, e meglio ancora gli "slice of life", affollano la mia immaginazione, mettiamola così.
Inoltre l'eruri sta rivelando il mio lato schifosamente mieloso, bleh.
Inizio con una serie di tre fic incentrate sul "battito del cuore"
Hope you enjoy, 
_Alexis_
 

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Capitolo 2
*** Paura del buio. ***


Paura del buio.
Al minimo movimento appena più violento di Levi accanto a lui, Erwin si svegliò immediatamente dal suo sonno di per sé già molto leggero.
Focalizzò tutta la sua attenzione sul corpo dell’altro, immerso nelle tenebre e appena illuminato dalla poca luce lunare. Qualsiasi cosa stesse sognando, lo faceva soffrire intensamente.
Passò qualche secondo di apparente calma ed Erwin fu pronto ad avvicinarglisi per dargli almeno un minimo conforto, quando ebbe un improvviso spasmo e iniziò ad urlare frasi incoerenti.
Doveva ammetterlo, sulle prime si prese un bello spavento, ma reagì immediatamente afferrandolo per le spalle,
-Levi! Calmati, calma..
Stringeva il piccolo corpo che a scatti cercava di divincolarsi dalla sua presa,
-è tutto apposto, era solo un-
Sgranò gli occhi quando nell’arco di pochi secondi vide lo sguardo dell’altro su di lui, come probabilmente non l’avesse riconosciuto nel buio, come in un velocissimo scatto afferrasse il coltello – che sapeva tenesse sotto il cuscino – e lo ferisse ad un braccio, per fuggire da quelle coperte che doveva aver percepito più come delle corde che lo tenevano immobile.
Restò in posizione di difesa con il coltello sporco del suo sangue come fosse pronto ad attaccare ancora.
Erwin si avvicinò al bordo del letto con una mano tesa in avanti, nella maniera in cui cercava di dimostrargli che non avesse intenzione di fargli del male.
-Levi, calmati…
Vedeva ancora il suo petto gonfiarsi velocemente e i suoi occhi terrorizzati nel buio della stanza.
-Sono Erwin, stai tranquillo.
E mentre diceva questo si alzava lentamente, tastava il comodino fino a trovare l’interruttore che avrebbe acceso la lampada, senza togliere gli occhi da Levi che in quello stato era quanto ci fosse di più vicino ad un’arma vivente.
Quando riuscì nel suo intento la stanza fu immediatamente invasa da una luce arancione, normalmente appena sufficiente a consentirgli di leggere sdraiato sul letto, adesso come un faro nel bel mezzo dell’oceano. Strinse gli occhi, appena infastidito dalla luce, mentre sentiva il rumore del coltello che cadeva dalle mani di Levi, osservava con sguardo offuscato il suo corpo che abbandonava la tensione e le sue difese.
Gli si fece vicino, senza fretta.
-Erwin, scusami io-
-Non fa nulla, hai fatto un brutto incubo…
-Non so come avessi quel-
-Stai tranquillo, so che tieni un coltello sotto il cuscino.
Levi aprì e chiuse la bocca per qualche altro secondo, prima di rilassarsi tra le mani di Erwin, poggiate sulle sue spalle, sfiorando il collo.
Fece poi qualcosa che lo stupì alquanto, tastò il suo petto da sopra la canotta e si appese alle sue braccia con entrambe le mani, guardandolo con occhi grandi, persi, innocenti, disarmati.
Restò così, con le labbra leggermente socchiuse e lo sguardo puntato su di lui, quasi speranzoso.
Erwin non capì immediatamente cosa volesse da lui, né tantomeno capì che, in verità, l’altro non si fosse ancora del tutto svegliato dal sonno, ma rimase pietrificato nel tentativo di non spaventarlo oltre.
Levi poi chiuse gli occhi e gli si appoggiò con la testa sul petto, l’orecchio pressato sul pettorale sinistro, le mani che erano scivolate sulla sua schiena.
Il suo battito aveva ripreso il suo ritmo normale, il suo respiro si era calmato, le sue membra nuovamente sotto il suo controllo.
Lasciò adagiare lentamente la testa su quella dell’altro mentre avvolgeva le braccia intorno al suo corpo e gli accarezzava i capelli.

 
Sì, niente, questa è per ora la mia preferita e volevo postarla subito.
Mi sono ispirata, specialmente per l'ultima parte, ad un fatto che mi è stato raccontato a lezione: una paziente di Freud, durante una seduta nella quale utilizzò anche l'ipnosi, in un momento di intenso legame con l'analista gli poggiò entrambe le mani sulle braccia, in un gesto che Freud ha etichettato in senso negativo come un atto sessuale, in realtà secondo molti studiosi fu semplicemente un gesto di tenerezza in cui la paziente aveva visto in Freud una figura genitoriale (cosa moooolto comune) e questo atto di appendersi alle sue braccia era come quello del bambino che chiede di essere preso in braccio. 
¯\_(ツ)_/¯
 

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Capitolo 3
*** Controllo. ***


Controllo.
-Ah! Sì-
Avevano ormai impostato un ritmo serrato, sempre più disperato e sempre più irregolare, con Levi che gli stava sopra e gli graffiava il petto, Erwin che con una mano lo stringeva ad un fianco, con l’altra lo spingeva pericolosamente sempre più vicino al suo culmine.
Si muovevano in tandem, ognuno prestando attenzione al corpo dell’altro, gli ansiti e i gemiti presto sovrastati dallo scricchiolio del letto e dai loro corpi che si incontravano violentemente.
Levi percepiva la stretta sul suo fianco farsi sempre più serrata, il pollice che pressava sull’osso quasi dolorosamente, eppure inspiegabilmente non era che la ciliegina sulla torta, un dettaglio su cui si perdeva con molto piacere.
Non cercava di darsi spiegazioni, su quello come su qualsiasi insolito desiderio avesse avuto o anche espresso in quel campo, tanto non riusciva comunque a spiegarsi il fervore con cui cavalcava un uomo il doppio della sua stazza. E in ogni caso, non sarebbe riuscito a provare piacere con nessun altro.
Osservava Erwin nei suoi occhi blu ormai persi, le palpebre socchiuse, le lunghe ciglia dello stesso biondo dei suoi capelli che ricadevano sul suo viso e si attaccavano alla fronte sudata.
-Erwin, no… non-
Guardava dritto in quegli occhi che erano un luogo sicuro in cui volentieri si lasciava andare, totalmente. Perdeva ogni controllo, delle sue sensazioni, della sua voce, delle sue membra e un po’ alla volta, in quegli occhi, vedeva le stelle. Si rendeva sordo a qualsiasi altra sensazione, a qualsiasi altro ricordo.
Quasi sorrideva, mentre raggiungeva l’orgasmo.
-Ah! Levi—
Inarcava la schiena, gettava la testa all’indietro, artigliava le unghie sul petto sudato dell’altro che con entrambe le mani sui suoi fianchi, ora, si dava le ultime spinte mentre usciva fuori a ondate dal suo culmine.
 
Mentre tornava indietro al qui ed ora, rimase ad ascoltare i loro respiri affannosi, il suo corpo che un po’ alla volta tornava indietro insieme a lui e si rilassava, mentre Erwin gli accarezzava i fianchi, lì dove probabilmente avrebbe lasciato dei lividi.
Si liberò piano e ad occhi chiusi dal corpo dell’altro, per adagiarsi poi lentamente su di lui, la testa sul petto, l’orecchio sul pettorale sinistro.
Aveva ormai preso quest’abitudine, ogni volta che facevano l’amore, di ascoltare il suo battito nell’istante dopo, il battito accelerato, il respiro irregolare, il leggero tremore dei suoi arti, mentre lo accarezzava sulla schiena o sulla spalla.
Adorava che Erwin, del quale apprezzava la fermezza e la solidità della sua figura, si concedesse di perdere il controllo in quei momenti, come se non potesse evitarsi in alcun modo di essere umano. Almeno con lui.

 
¯\_(ツ)_/¯
 

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Capitolo 4
*** Intimità. ***


Intimità.
Armin era stato in agitazione per tutto il giorno, non che normalmente non lo fosse già, ma allora lo era particolarmente. Continuava a rigirarsi tra le mani quel foglio di carta, ponderando se scomodare il comandante nel bel mezzo della notte, specialmente dopo lo stato in cui era tornato dopo la spedizione, fosse o meno una buona idea.
In fin dei conti aveva deciso che, con tutta probabilità, lo stesso Comandante gli avrebbe rimproverato quella sua esitazione, e che non era il caso di porsi certe questioni in certe situazioni.
Percorse i corridoi bui e silenziosi, facendo attenzione al rumore dei suoi passi, andava spedito ma con una sua naturale insicurezza che non riusciva ad impedirsi.
Quando raggiunse la porta della camera del comandante questa era appena socchiusa e, soprattutto, sentiva chiaramente provenire delle voci da dentro.
Voci che riconobbe immediatamente come quelle del comandante Erwin e del capitano Levi, ma pensò, tra sé e sé, che avrebbe potuto esserci qualcun altro dentro, possibilmente anche il capitano Hanji e qualche altro di grado più basso.
Si chiese se sarebbe stato il caso di ascoltare, forse carpire qualche informazione in più che avrebbe fatto chiarezza su quello che, chiaramente, stavano pianificando ai piani alti. In ogni caso ebbe la sua risposta prima ancora che potesse sforzarsi troppo per riconoscere le voci.
-Sei disgustoso…
-ha… immagino sia per questo che sei qui con me… come farei—
-Non finire la frase, stai zitto…
Sentì il comandante ridere a bassa voce, per tutto quel tempo avevano entrambi sussurrato ma non era stato difficile distinguere le parole in mezzo a tutta quella tranquillità.
Mentre tentava di dare un’immagine a quella scena sporgendosi appena, si chiese allora davvero se non sarebbe stato meglio entrare in quel momento. Irrompere, interrompere qualcosa di… frivolo, di poco conto.
Sentì il rumore di qualcosa che veniva agitato in acqua, in una bacinella, forse, poi vide le dita sottili del capitano strette su di un rasoio, la cui lama passava pericolosamente sulla gola del comandante.
Armin non riuscì a negarlo a se stesso, ebbe i brividi in quel momento, ma non riuscì a capirne il motivo.
Il comandante stava, esattamente come lo aveva visto quella stessa mattina, sul letto con le coperte fin sotto la vita, una mano sul grembo, il moncone non visibile dall’angolazione da cui stava osservando… al suo fianco il capitano, con la stessa giacca nera sulle spalle con cui l’aveva visto quella mattina, gli stava rasando la barba ispida.
Restò con il foglio di carta tra le mani, pensando che forse avrebbe dovuto andarsene, mentre Erwin continuava ad osservare assorto Levi che si affaccendava a renderlo presentabile.
Da una parte lo spaventava l’idea di aver rivelato una cosa così intima e scoperta, così spontanea che, senza dubbio, avrebbe rappresentato un punto debole cruciale per entrambi.
Il silenzio rimase assoluto per qualche lungo momento.
-C--e far-  sen- di te?
Erwin sussurrò talmente piano che stentò a distinguere le parole. Levi, che aveva ormai quasi concluso il suo lavoro e stava di nuovo sciacquando il rasoio nell’acqua, si voltò per guardarlo quasi con tono di rimprovero, ma il suo sguardo era troppo stanco e forse troppo addolorato perché, in fin dei conti, si potesse capire cosa stesse provando. O forse Armin era diventato incapace di cogliere l’espressione assorta di un amico, un compagno, un amante.
Si chiese come fosse possibile, come, che mentre il comandante solo poche settimane fa avesse perso un braccio per portare a termine una missione, eppure quello che accadeva davanti ai suoi occhi andava al di là del perdere un arto. Come fosse possibile concedersi l’errore di affezionarsi tanto ad una persona pur sapendo di perderla. All’unisono nel suo cuore battevano le immagini delle persone a cui teneva di più, e quasi gli venne da piangere quando il capitano si sporse in avanti per baciare il comandante sulle labbra.
Come era possibile vivere ancora qualcosa come l’amore o l’amicizia e, al contempo, essere disposti ad uccidere, a sacrificare chiunque, qualunque cosa… sacrificare persone e ricordi legati a lunghi anni della sua adolescenza.
Forse era veramente possibile far convivere questi due aspetti, senza tuttavia impazzire?
 
ok, forse questa è un po' troppo mielosa, ma mi andava di scrivere un qualcosa di opposto al "una recluta scopre accidentalmente erwin e levi a fare sesso selvaggio" che in realtà potrei anche scrivere più avanti se mi viene un'idea decente (nah, non fa per me)
Comunque mi andava di inserire Armin, che è sempre uno dei miei personaggi preferiti.

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Capitolo 5
*** Profumo. ***


Sembra che questa raccolta abbia un discreto numero di lettori... e due recensori, che ringrazio migliaia di volte xD
Questa sarà una Omegaverse, non mi fa impazzire questa AU ma ho voluto tentare (e infatti non è chissà che)
Buona lettura C:
Profumo.
Scivolava nell’aria, tra un ramo di un albero e un altro, sfrecciava velocemente, incapace di ascoltare qualsiasi cosa all’infuori delle urla del soldato tra le mani di un gigante, urla di terrore miste a dolore.
Poteva ancora salvarlo, ne era sicuro, da solo poteva riuscirci.
Non era lontano, non era veloce, non sembrava un titano particolarmente forte, ma in mezzo al gruppo di tre quali si erano presentati poco tempo prima, era tutt’altra storia.
Da solo poteva riuscirci.
 
-Mike, Nanaba, recuperate Levi e abbattete il classe sette metri.
-Sì, signore!
Risposero all’unisono e altrettanto coordinati si librarono in mezzo agli alberi. Mike ordinò a Nanaba di abbattere il titano, perfettamente consapevole che rientrasse nelle sue capacità e senza troppi problemi, probabilmente, avrebbe anche recuperato il soldato, altra storia era, invece, riprendere Levi.
Gli era già successo più di una volta e tutto quello – recuperarlo con la forza e trascinarlo via quando faceva qualcosa che non avrebbe dovuto – stava iniziando a diventare frustrante.
Aveva localizzato la sua posizione già mentre era a cavallo, senza vederlo. Il suo odore, per quanto sopito, era sempre e comunque troppo forte.
Poco dopo apparve anche nel suo campo visivo e si fiondò verso di lui, afferrandolo per la vita e portandolo lontano.
Levi cercò, inutilmente, di divincolarsi, riusciva a sentire dal suo odore quanto fosse irritato e innervosito, e poi…
Entrambi si scaraventarono contro un albero e Levi colse l’occasione per staccarsi da lui con violenza. Lo vide cadere a terra, bofonchiare qualcosa di incomprensibile, tentare ancora di alzarsi ma senza successo, le gambe che gli tremavano vistosamente.
Mike tentò di avvicinarsi prima che Levi gli rivolgesse uno sguardo affilato, repulsivo, il viso contratto in un’espressione di palese attacco nei suoi confronti.
-Non ti avvicinare
Gli sentì sibilare. Mike non proferì parola, buttò un altro sguardo su di lui per verificare che non fosse ferito in modo grave, poi si avviò verso Erwin. Sapeva perfettamente a cosa fosse dovuto il suo atteggiamento, aveva percepito l’improvviso cambiamento nel suo odore.
 
-Siete destituiti, andatevi a riposare è stata una giornata intensa.
Uno alla volta i suoi capitani e i più bassi in grado uscirono dall’ufficio del comandante. Erwin rimase immobile seduto alla scrivania, prima di fermare Levi, che stava sempre in fondo alla fila.
-Non tu, Levi. Dobbiamo parlare.
Hanji si voltò per buttare un occhio incuriosito nella stanza e sui due che stavano ora uno di fronte all’altro, Levi davanti ed Erwin dietro la grande scrivania, poi si chiuse la porta alle spalle.
Erwin si alzò dalla poltrona e si avvicinò al capitano con cautela, mantenendo comunque una certa distanza per non invadere quello spazio che sapeva Levi volesse mantenere un po’ con tutti.
-Ci sarei riuscito anche da solo, non era necessario che-
-Non è di questo che voglio parlarti.
Erwin si appoggiò con un fianco al lato del tavolo, guardando distrattamente sulle carte che erano lì riposte.
Fece passare qualche attimo di silenzio.
-Allora?
-Cos’è successo stamattina, con Mike? Non voglio essere invasivo, ti prego di cogliere quello che ti sto chiedendo.
Levi tentò solo per una frazione di secondo, di trovare un altro significato a quella frase, ma la verità era che si aspettava quella discussione. Nonostante il suo atteggiamento, nonostante i soppressanti, non poteva nascondere con facilità di essere un Omega, specialmente a degli Alpha come Mike… o Erwin.
Batté le palpebre, si mise a braccia conserte.
-Prendo soppressanti, non succederà più… è solo… se quel bestione evitasse di venirmi addosso in quel modo!
Erwin annuì con convinzione senza fare troppo caso all’osservazione del soldato, ponderando tra sé e sé, e senza lasciar trasparire nulla.
-Non succederà più.
Ribadì ancora Levi.
-Non lo metto in dubbio… da quanto tempo ne prendi?
Levi alzò un sopracciglio.
-Non ne ho idea. Anni.
-Quand’è stata l’ultima volta in cui ti è successo?
Levi arrossì, sospirò e si chiese perché toccasse proprio a lui un terzo grado su quell’argomento, neanche avesse dodici anni.
-Non lo so. Anni fa. Quattro, cinque… non ne sono sicuro.
Erwin annuì di nuovo, come un momento prima, e Levi iniziava ad irritarsi al punto che sarebbe esploso.
-Voglio che ne parli con Hanji e che ti faccia consigliare da lei.
-Shina! So perfettamente come prendere dei so-
-Non è per questo, Levi, trattenerti per così tanto tempo è dannoso per il tuo sistema, quello che è successo oggi ne è la prova.
Non è un suggerimento, è un ordine.
Levi contrasse il viso in un’espressione seccata, ma non si sottrasse all’ordine. Annuì, fece il saluto ed uscì dalla stanza.
 
Aveva già scalciato via le coperte, aperto la finestra, e comunque sentiva un caldo tale che era sicuro la sua pelle fosse incandescente.
Continuava a sudare, continuava a sentirsi come se non potesse stare fermo un attimo, gli occhi che gli bruciavano.
Sapeva che tutti quei sintomi non potevano che essere un bene, e che era ormai quasi finita, ma era comunque una tortura che non avrebbe voluto più ripetere nella vita. L’ultima volta che era andato in calore era molto piccolo e, diversamente da come aveva detto ad Erwin, se lo ricordava fin troppo bene. In qualche modo aveva sempre pensato di non essere normale, perché non era mai riuscito a formare un legame con nessun Alpha, al contrario considerava molto più importanti i legami con i Beta, quali erano Farlan ed Izzy. E di grazia, Hanji.
In quel senso non reputava neanche utile, ormai, andare in calore se tutto quello che provava era fastidio e agitazione.
Sapeva che Erwin e Mike –quell’inquietantissimo bastardo – lo avessero scoperto, ma non se ne era mai fatto un problema. Sapeva come comportarsi con un Alpha, ma Erwin rendeva le cose difficili con il suo atteggiamento noncurante.
Si alzò dal letto nonostante la promessa tacita di non uscire dalla sua camera per tutto il periodo di malattia che si era preso, specialmente da quando più di un soldato si aggirava di fronte alla porta della sua stanza casualmente. Stava comunque morendo di sete e, per qualche motivo, sentiva il bisogno di camminare, scaricare.
Si chiuse la porta alle spalle, lo sguardo leggermente offuscato e gli arti molli come gelatina. Non si aspettava di trovare nessuno nella cucina comune e infatti fu così, solo lui, le travi di legno e la luce lunare che entrava dalle immense finestre. Stappò una bottiglia d’acqua ghiacciata, cercò di versarne un po’ in un bicchiere ma la rovesciò ovunque, tranne che nel bicchiere.
Imprecò, sospirò, poi i cortissimi capelli sulla nuca gli si rizzarono improvvisamente, percepì l’inconfondibile odore di Erwin e, potesse essere dannato, si sentì così debole che quasi perdeva i sensi.
Sospirò rumorosamente, mentre Erwin gli versava l’acqua nel bicchiere e glielo porgeva.
Sorseggiò non senza una certa soddisfazione, mentre si sentì rinfrescato almeno per qualche secondo, senza minimamente riuscire a guardare il comandante in viso.
-è per questo che ti sei preso il periodo di malattia, allora.
Perspicace, pensò sarcasticamente tra sé e sé. Eppure non c’era una frase di senso logico che gli venisse in mente in quel momento. Annuì mentre poggiava il bicchiere sul tavolo.
-è stata un’idea di Hanji. Che merda.
Forse Erwin sorrise, forse non fece assolutamente nulla o, come al solito, finse di non aver fatto caso al suo vocabolario raffinato.
Erwin gli si fece vicino e lui indietreggiò di tre passi. Probabilmente li separavano metri, chilometri, ma ai suoi occhi era comunque troppo vicino.
-Devi fare attenzione, mormorò con voce grave, Riuscivo a sentirti dalla mia stanza e di sicuro non sono stato l’unico, ma non tutti hanno lo stesso autocontrollo.
Gli si sarebbe dovuta attivare quella lucina rossa che gli segnalava pericolo, proprio come quella mattina con Mike, avrebbe dovuto reagire ma si limitò a deglutire rumorosamente.
Incrociò le braccia, mentre non si accorgeva di aver preso a tremare più forte.
-Scusami, è stato scortese da parte mia.
Continuò, con tono più chiaro e sollevato.
Levi sospirò, scosse la testa, fece schioccare la lingua sul palato.
-Accompagnami alla mia stanza, non sono sicuro di non svenire per strada.
Erwin annuì senza dire una parola e lo segui silenziosamente, dietro di lui come un’ombra. Per quanto non si facesse sentire, per quando non dicesse o facesse nulla, la sua presenza dietro di lui era diventata un’incombenza simile ad un titano di classe venti, i suoi passi rimbombavano nella sua testa, il suo odore gli attanagliava lo stomaco.
Quando vide la porta della sua stanza in lontananza accelerò, con occhi sempre più offuscati e la mente messa anche peggio. Inciampò sui suoi stessi piedi e credette di battere la testa sul pavimento, ma si ritrovò con la fronte premuta  sulla spalla di Erwin e improvvisamente gli stava stringendo la schiena con una forza che stentava a credere possedesse ancora. Ansimò leggermente mentre il suo odore gli aveva quasi completamente fatto perdere il controllo, mentre Erwin si inebriava dell’odore che aveva iniziato ad emettere, ma era rigido e quasi stentava a toccarlo. No, no, continuava a pensare, digrignava i denti mentre si imponeva di non desiderare quello che già desiderava da tempo.
Poi riuscì a staccarsi da lui e si appiattì contro la porta, di nuovo in piedi, mentre l’altro lo guardava con occhi vigili e intenti, respirando affannosamente, ma non si muoveva e non pronunciava una parola.
Levi strinse le gambe mentre percepiva chiaramente ciò che il suo corpo gli stava suggerendo, ma lui non era pronto a fare.
Erwin fece un lungo respiro, inalò l’aria circostante, chiuse gli occhi.
-Levi-
-Buonanotte.
Aprì la porta, scivolò dentro la sua camera.
Erwin rimase a fissare la porta chiusa per qualche momento mentre si mordeva l’interno del labbro inferiore e si rilassava una volta per tutte.


 

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Capitolo 6
*** Sollievo. ***


Sollievo.
Levi fece un ultimo stretto nodo alle bende sulla caviglia, dopo aver medicato la ferita ancora una volta – almeno una volta al giorno, gli aveva raccomandato Hanji.
Era sera, fuori il tempo era pressoché sereno, la piccola finestra della sala sanitaria era leggermente aperta e lasciava trapelare un venticello che trovava tutto sommato gradevole.
Decise che sarebbe rimasto qualche altro minuto seduto sul lettino a fissare il vuoto, perché proprio non gli andava di tornare con i piedi per terra e arrancare fino alla sua stanza e sentirsi ancora totalmente inutile. In quello stato di attesa poteva fingere di essere impegnato a fare qualcosa, anche se in realtà stava solo aspettando una specie di miracolo.
La porta si aprì e spostò lo sguardo pigramente verso di essa, in qualche modo aveva immaginato che Erwin lo avrebbe trovato anche quando diventava invisibile come allora – o forse lo aveva sperato.
-Come va?
Fece chiudendo la porta e facendo cenno alla sua caviglia.
Si limitò a sorseggiare dal bicchiere d’acqua che si era versato prima, a guardarlo mentre gli si avvicinava al lettino e a non rispondere.
Erwin rise debolmente e gli poggiò entrambe le mani sulle ginocchia, appostandosi di fronte a lui.
-Vorrei che domani fossi presente durante l’incontro in cui parleremo del dafarsi ad Eren.
-Non sono di alcuna utilità.
Le proferì come parole vuote, senza in realtà dargli alcun peso. Erwin lasciò scorrere le mani sulle sue cosce, percepiva il tepore piuttosto piacevole attraverso il tessuto.
-Come se fossi utile solo per la tua forza fisica, ho bisogno – abbiamo bisogno che ci sia anche tu, Eren si fida di te.
Levi sorrise, quasi divertito. In fondo aveva trovato davvero qualcosa che lo impegnasse in quell’inutile periodo di tempo.
-il Comandante e i suoi discorsi motivazionali che fanno sentire utile qualsiasi soldato.
Erwin sorrise e forse era sul punto di ribattere in qualche modo, prima che sentisse le mani dell’altro sulle sue braccia e decidesse che, qualsiasi cosa fosse, non importava più.
Si piegò per baciarlo, Levi fece scorrere le mani sulle spalle, poi sul collo, poi sul suo viso per approfondire il loro bacio. Erwin gli accarezzava la schiena con una mano, con l’altra voleva sentire la pelle fresca dei suoi fianchi, sollevando la maglietta nera.
Era tutto iniziato come un gioco, perché effettivamente si resero conto entrambi che di momenti di quiete simile ne avevano ben pochi e molto, molto rari. Perciò perché non giocare, quando potevano alleviare la mente dai pesi costanti che gravavano su entrambi?
Levi con un colpo di tallone sul fondoschiena lo costrinse ad annullare quei pochi centimetri che li separavano e ad accomodarsi in mezzo alle sue gambe.
In breve tempo iniziarono a strusciarsi l’uno contro l’altro, a sentirsi reciprocamente, la stanza riempita degli schiocchi dei loro baci e dei loro sospiri, e Levi avrebbe voluto ridere di quanto sembrassero due adolescenti alle prime volte, quando basta un tocco o una carezza per sentirsi sessualmente frustrati.
Iniziò a slacciargli la cintura e, proprio come si aspettava, Erwin cercò di fermarlo, senza neanche troppa convinzione. Giusto la solita prassi del Non possiamo qui, ci scopriranno.
Levi nel frattempo gli aveva infilato una mano sotto l’intimo e aveva ricevuto una risposta tutt’altro che dubbia.
Erwin non ci credeva davvero, doveva soltanto fingere che gli importasse qualcosa, se li scoprivano.
Si spostò, nel frattempo, nel suo collo sottile, baciando, mordendo, inebriandosi della sua pelle e del suo odore.
Levi dovette scostarsi un attimo per sospirare, quando strinse Erwin ancora più a sé con l’aiuto delle sue gambe, per fare toccare i loro membri. Si dava aiuto con la propria mano per farli scorrere l’uno sull’altro, ascoltava gli ansiti compiaciuti dell’altro sulla propria pelle, le sue dita che gli si erano infilate sotto la maglietta per stringergli un capezzolo, e poteva giurare di impazzire semplicemente così.
Adorava sentirlo da per tutto, dargli piacere e provare piacere per mano sua, sentirsi irrimediabilmente suo e di nessun altro.
Erwin lo guardò negli occhi, le gote arrossate, le labbra leggermente divaricate.
-Ah- si lasciò scappare un gemito e ne soppresse eventuali altri appropriandosi ancora della sua bocca, baciandolo con foga, fino a quando la sensazione si fece insopportabile per entrambi e Levi dovette separarsi da lui per riprendere il fiato che gli veniva tolto dal suo orgasmo.
Rimase con la fronte pressata sulla spalla dell’altro mentre respiravano pesantemente entrambi, mentre l’altro, cercando di non fare movimenti troppo bruschi, li puliva dal casino che avevano combinato.
 
Levi protestò giusto il dovuto mentre Erwin lo riportava nella sua camera da letto portandolo in braccio.

Cose a caso, insomma!!
In realtà avevo un po' bisogno di staccare, ed ecco qua 

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Capitolo 7
*** Confessioni. ***


Pa rtecipa al terzo giorno della Eruri week indetta su tumblr, il prompt è "Confessions" :D 
Qui (http://archiveofourown.org/works/4489902) ho pubblicato la versione in inglese (non che sia importante ma vbb) e se vi interessa (no? non ci interessa?) nel mio blog su tumblr ho postato e posterò fan art relative agli altri giorni della eruri week (http://shingeki-no-wallflower.tumblr.com/) 
Enjoyyyy u.u


Confessioni.
Levi gli attanagliò la schiena, le unghia che si aggrappavano alle scapole delineandone i contorni, lì dove avrebbero lasciato dei segni profondi. Erano gli ultimi gemiti, gli ultimi sospiri, Erwin si aggrappò alla testiera del letto, soffiavano entrambi a denti stretti, le ultime spinte tanto intense da spostare il materasso.
E ancora lo scricchiolio del letto ma di più il suono dei loro corpi congiunti, le gocce di sudore che scivolavano dal viso di Erwin in mezzo alle clavicole e verso il suo petto.
Entrambi i loro corpi si tesero, Levi inarcò la schiena, incontrando il petto dell’altro, l’attrito creato dalla leggera peluria.
Entrambi smaltirono i loro culmini ad ondate, Levi lasciò cadere indietro la testa, finalmente riprendendo a respirare, socchiudendo gli occhi.
Erano sempre più lunghi i tempi che passavano tra un incontro sotto le coperte ed un altro, erano diventati sempre più preziosi e più intensi e più importanti.

Levi prese un lungo respiro, prima di voltarsi verso l’altro che, uscito dal suo corpo, gli si era sdraiato accanto, poggiato su di un fianco mentre lo osservava assorto.
Tra i respiri pesanti, gli odori dei loro corpi e la sensazione di euforia, troppo tardi aveva fatto caso agli occhi umidi del suo amante, le labbra serrate come se stesse cercando di trattenersi dal piangere.
Levi corrugò la fronte.
-Non mi merito questo. Non merito-
Gli sentì sussurrare prima di bloccarsi, serrando le labbra come un momento prima, abbassando lo sguardo.
-Ma che cazzo- che stai dicendo?
A posteriori ammise a se stesso che avrebbe potuto essere un attimo più gentile, ma si sentì colto alla sprovvista dall’improvvisa manifestazione di insicurezza da parte del suo comandante.
Erwin scosse la testa, allontanandosi da lui  in un attimo Levi rimpianse l’esser stato tanto impulsivo.

L’improvviso vento freddo al suo fianco e la vista della schiena ricurva di Erwin che si era messo a sedere al lato del letto.
-Scusa, è stato molto intenso e io sono molto- sono molto stanco. Dovrei andare.
Gli afferrò il braccio prima che potesse alzarsi dal letto, strattonandolo. Si chiese perché quella timidezza, perché tutto quel mistero quando nella loro vita sentimentale non c’erano mai stati segreti.
-Cosa c’è? Parlamene.
Non c’era urgenza nel suo tono di voce.
Passarono lunghi minuti di silenzio prima che Erwin poggiasse la propria mano su quella di Levi che ancora gli stringeva il braccio e dicesse con voce flebile:
-Non ti merito. Non dovresti stare con una persona che non può concederti le attenzioni che meriteresti. E io non merito amore, tantomeno il tuo.
A volte credo di aver sbagliato tutto, che forse se non fosse stato per me, la vita di molte persone-
Erwin rimase sconvolto lì per lì dall’improvvisa interruzione del suo flusso di pensieri: Levi lo colpì sulla spalla. Poi lo fece di nuovo.

Erwin semplicemente lasciò che quei pugni scuotessero il suo corpo mollemente abbandonato al bordo del letto.
Si guardarono per qualche minuto e levi non seppe cosa dire. Cosa doveva farci con quelle parole? Cosa si aspettava che ne facesse di quella confessione?
Levi si era sempre considerato un pessimo essere umano, ma Erwin gli aveva dimostrato che poteva essere utile, che valeva qualcosa. Levi lo aveva elevato a qualcosa al di sopra dell’umano.
Ed Erwin adesso era lì, davanti a lui, nudo e spoglio di qualsiasi maschera, quanto più umano avesse potuto vederlo prima.
Levi poggiò la testa sulla sua spalla, lasciando scivolare la mano sulla sua gamba, solo le punte delle dita.
-Ti amo.
Disse a bassa voce.
-Ti amo, ti amo, ripeté ancora come un mantra, lascia decidere me, se ne sei meritevole o meno.
Erwin gli accarezzò la spalla e poggiò la testa sulla sua. Non rispose ma qualsiasi gesto per Levi era abbastanza

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Capitolo 8
*** Cose preziose. ***


Cose Preziose:
1. Mattina

Erwin si svegliò, quella mattina, come tutte le altre con il solito peso che gli gravava sulla testa.
Raggiunse la cucina del suo –o forse doveva dire “loro”- appartamento, guidato da una scia di profumo: Levi, quando aveva tempo libero, si dilettava spesso e silenziosamente a preparare pancake per colazione.
Sorrise debolmente mentre prendeva posto al tavolo e apriva il giornale lì riposto.
-Che piani hai, per oggi?
Disse Levi con tono casuale. Un giorno libero era un giorno come un altro, per un Comandante.
-Ho delle cose da rivedere, che mi sono lasciato indietro da un po’. Penso andrò al quartier generale.
-Ah.
Erwin alzò lo sguardo, davanti ai suoi occhi solo la piccola schiena muscolosa dell’altro, le sue spalle incurvate e rigide. Chiedere se ci fosse qualcos’altro, se si stesse tenendo per sé qualcosa che lo infastidiva, era veramente inutile. Erwin capiva.
-Ora che ci penso… sono stanco. Forse dovrei riposarmi, avevi qualcosa in mente per questa mattina?
Si sentì rincuorato a vedere le sue spalle rilassarsi, l’entusiasmo nei suoi occhi quando si voltò verso di lui.
-In realtà sì.

2. Sera
-Dovrei comprare dell’altra candeggina per pavimenti, questa sta finendo e comunque fa parecchio schifo e tutta la casa puzza di limone.
Levi continuava ad arricciare il naso all’odore pungente della candeggina, era fastidioso e si chiedeva come avesse potuto pensare che fosse buono la prima volta che l’aveva comprato.
Erwin era seduto sul divano in cucina, nell’appartamento che ormai usavano per il loro tempo libero. Un libro sulle gambe, una mano a reggergli e la testa e Levi iniziò a pensare si fosse addormentato in quella posizione.
Si fermò, con lo spazzolone tra le mani, e prese a fissarlo. Sospirò.
-Erwin, Nessuna risposta, un leggero movimento degli occhi, come se stesse pensando ad altro e il libro non lo avesse nemmeno degnato di un minimo interesse, Erwin, disse con un tono più seccato. L’uomo sospirò ma sembrò ancora essere assorto nei suoi pensieri. Levi gli diede un colpo al ginocchio con lo spazzolone.
-Che c’è? Fece l’altro con tono quasi seccato, una volta tornato con i piedi per terra, in quel momento e in quella stanza, -Che hai? Gli chiese, Erwin chiuse il libro tra le sue mani e si alzò, con la stessa espressione seccata, Niente, era una cosa stupida. Vado a farmi una doccia.
Levi lo osservò allontanarsi, senza dire o fare nulla, senza insistere o replicare. Poteva fare di meglio.

Entrò nella camera di Erwin, ormai tardo pomeriggio, mentre finiva di abbottonarsi la camicia, uscito dalla doccia. Una breve occhiata al petto muscoloso del suo amante.
-Vestiti bene, stasera usciamo.
-Ah sì?
-Sì. Pensavo ad un ristorante o qualche posto chic del genere.

La scelta di parole da parte di Levi lo fece sorridere.
-Un appuntamento?
-Chiamalo come ti pare, disse facendo roteare gli occhi ed Erwin sorrise di nuovo.

3. Notte
Levi non dormiva molto, tre ore erano già abbastanza. Capitavano giorni in cui riusciva anche per tutta la notte e si risvegliava con un mal di testa atroce. La norma, comunque, era che lui si svegliasse nel bel mezzo della notte, vagando per le stanze.
Essendo una notte estiva, una di quelle particolarmente calde e afose, si risvegliò con una sete incredibile.
Si appostò al lavandino, accanto ad una finestra, riempiendosi il bicchiere di acqua e ghiaccio, osservando fuori il cielo blu, terso, il leggero colore arancione delle luci della città.
Sentì i passi di Erwin, poco dopo, che entrava anche lui in cucina e gli si avvicinava, non si girò per guardare verso di lui. Percepì semplicemente il calore delle sue braccia che gli si avvolgevano intorno alle spalle e al petto, il suo viso che si accostava al suo orecchio, sentiva le sue labbra e un leggero odore pungente di alcool.
Fece passare qualche secondo prima di cedere all’imbarazzo.
-Che cosa c’è?
Chiese per rompere il silenzio.
-Sono ubriaco, mormorò con voce impastata, e ti adoro… tanto.
La sincera e spontanea ammissione gli causò un violento e improvviso calore e che lo fece arrossire dalle gote alle punte delle sue orecchie.

Ho avuto in mente questi tre momenti per un sacco di tempo, prima di decidere che potevo inserirli tutti insieme!
 

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Capitolo 9
*** Desiderio. ***


Desiderio.
Levi era esploso. Da quando lo aveva visto per la prima volta nella città sotterranea, aveva capito che fosse solo questione di tempo.
No, non la sua forza fisica, le sue qualità in quanto membro della legione esplorativa, non la sua utilità per la razza umana. Non era qualcosa di direttamente visibile.
Capì cosa fosse, quella sensazione allo stomaco che riusciva a trattenere sempre più a stento, solo quando Levi gli afferrò il mento con le sue dita sottili, per spingerlo verso di lui in un bacio quasi violento.
Levi era esploso. E così anche lui.
Era iniziato tutto con tanta fretta, tanta impazienza, che quando restarono nudi, l’uno di fronte all’altro, vulnerabili e senza fiato per il desiderio, improvvisamente si diffuse una certa e insolita timidezza.
Le sue dita si muovevano con incertezza, si chiese se forse non fosse passato così tanto anche per lui da aver dimenticato come dare piacere ad un amante e ricevere altrettanto.
Erwin faceva scorrere le punte delle sue dita tra i capelli cortissimi sulla nuca dell’altro, mentre questo scendeva sul suo petto, il corpo rigido come fosse la prima volta in cui lo faceva.
Non domandò, non esitò: lo lasciò semplicemente muovere sul suo corpo con libertà, affascinato dal suo sguardo perso e concentrato allo stesso tempo.
Il leggero soffio e poi la carezza a fior di pelle delle sue labbra intorno a un capezzolo, le dita che gli accarezzavano i fianchi, toccando le costole, appostandosi sulle anche. Erwin sospirava, lo sguardo basso e le palpebre semichiuse.
Levi scese più in basso,  la punta del naso che sfiorava l’inguine, il respiro regolare e controllato, caldo, che iniziava a stimolare un certo languore.
Per la prima volta durante quel processo Levi alzò gli occhi su di lui come per chiedere il permesso. Erwin si sentì un po’ colto alla sprovvista e per quanto gli sembrò un gesto sciocco e impacciato, gli strinse una spalla leggermente.
Il tocco delle sue dita lo imbarazzò sulle prime, forse fece altrettanto per Levi. Levi che prese comunque a perlustrare, carezzare e sfiorare, cercando quei punti e quella certa pressione che lo avrebbero eccitato un po’ alla volta, aggiungendo casualmente dei baci delicati, seguendo il contorno di alcune vene in rilievo.
Erwin iniziava ad avere la bocca asciutta, iniziava a restare senza respiro, il suo cuore iniziava a martellare. Guardava ancora con interesse l’espressione di Levi, le palpebre chiuse a metà, le pupille dilatate, le ciglia nere e fitte. Iniziava a trattenere i gemiti quando Levi lo afferrò con una mano per potersi prendere cura di lui anche con la lingua, il rumore umido che riempiva la stanza insieme ai loro respiri.
-Ah
Si lasciò andare e strattonò i suoi capelli per fermarlo, per catturare la sua attenzione e spingerlo in un altro bacio, percependo il proprio sapore nella lingua dell’altro. Levi fece scorrere le sue dita dietro la sua schiena, pressando affinché Erwin gli si avvicinasse, volendo far aderire tutto il suo corpo a quello dell’altro e assumerne l’odore e percepirne l’attrito.
Erwin si sentì bloccato tra il desiderio di afferrarlo e spingerlo sul letto e affondare in lui fino a sentirgli urlare il suo nome, oppure perdersi per tutta la notte nelle contrazioni dei suoi muscoli, nelle sue espressioni compiaciute e i sospiri soddisfatti, oppure ancora... abbandonarlo lì, andarsene e abbandonare per sempre quell’idea, quel desiderio, quel qualcosa in cui avrebbe potuto perdersi e da cui non avrebbe potuto tornare indietro.
-Erwin?
Incontrò il suo sguardo perplesso e comprese di essersi tanto lasciato trasportare da aver completamente perso le redini dei propri pensieri. Forse era per questo che non faceva sesso, forse era anche per questo che Levi era entrato nella sua vita.
Non rispose, gli accarezzò i capelli mentre chiudeva gli occhi, si avvicinava per sfiorare la punta del suo naso col suo.
 

momenti di ispirazione random post-ferragosto!!
un po' un tentativo di immaginare questi due tonni alla loro prima volta

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Capitolo 10
*** Muro. ***


Muro.
Sentì le mani sottili e fresche dell’altro circondargli il viso per approfondire il loro bacio, il loro primo contatto fisico da quando si erano visti la prima volta nella città sotterranea. La prima volta in cui Levi gli concedeva libero accesso al suo corpo e, almeno così pensava, al suo cuore.
Non era stato possibile trattenersi oltre, non credeva di avergli mai messo pressione, evitava di farsi notare quando lo osservava durante gli allenamenti. Era diventato un qualcosa di più, quell’osservare, che non era solo legato alle strabilianti capacità di combattimento del soldato, al modo con cui si rapportava con gli altri o con l’attrezzatura.
Gli mise una mano dietro la testa, mentre accompagnava i movimenti della sua bocca, a volte uno schiocco dei denti quando Levi sembrava voler azzerare i centimetri che li separavano.
Erwin avrebbe voluto smettere di pensare, almeno per quei pochi secondi, mentre si accorgeva di stare fissando la faccia perplessa dell’altro, le ciglia folte, i capelli corvini, e lui non aveva più quindici anni e aveva completamente dimenticato anche come fingere di essere preso da una relazione.
Il cuore gli batteva velocemente, ma per una serie di agitazioni dovute ad altre questioni.
Levi gli strinse il colletto della camicia ma poi si separò da lui, cercò istintivamente di seguirlo e riprenderlo allora, ma non fece che abbassare ulteriormente la testa per poi appoggiarla sul suo petto.
-Cosa c’è che non va?
Deglutì rumorosamente mentre cercava di mettere su un discorso, nella sua mente, per spiegare il suo impacciato tentativo di baciarlo.
-Non ce la faccio, non ci riesco.
Gli sentì dire, la voce attutita dalla stoffa dei suoi vestiti. In qualche modo non gli sembrò necessario chiedere spiegazioni, capiva perfettamente.
-Va bene, disse semplicemente.
il loro ruolo, la loro posizione, la guerra che combattevano, non erano che mattoni che si accumulavano nel muro che imprigionava i loro cuori e nonostante il loro genuino desiderio di amarsi, le cose non erano mai così semplici.
Non aggiornavo da secoli, ma mi sono accorta di questa cosina che avevo quasi finito e di cui mi ero completamente dimenticata!

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Capitolo 11
*** Musica. ***


Musica.
Erwin sfogliò un’altra pagina di un libro a cui iniziava a prestare sempre meno attenzione. Era un po’ l’afa di quei giorni, un po’ la stanchezza che lo travolgeva ogni qualvolta si prendeva un attimo di riposo e si accorgeva di avere meno forze di quante se ne attribuisse.
Alzò gli occhi dal libro in un punto non ben precisato, sentiva il rumore dell’acqua mentre Levi stava lavando le stoviglie, poco dopo pranzo.
Era una situazione talmente comune, quotidiana, che desiderava quasi potesse non finire mai.
E improvvisamente si accorse di cosa lo avesse distratto dai suoi pensieri e incuriosito tanto: Levi stava cantando. Non stava esattamente cantando, più che altro mugugnava un qualche motivetto a bassa voce. Sentiva il suono grave della sua voce articolarsi intorno alle note di una canzone che non riconosceva, non sapeva neanche dire se fosse intonato, non aveva mai avuto tanto tempo da dedicare alla musica.
Sorrise sinceramente, apertamente, per una cosa che sembrava così piccola e stupida.
Ah, avrebbe voluto passare così l’intera giornata, ascoltando Levi canticchiare qualsiasi cosa volesse, sdraiato sul divano, sinceramente felice e senza neanche capirne il motivo. 
Ecco un'altra cosina che avevo pronta da tempo e che ho sistemato un po', nel frattempo ho scritto altro e ho altre idee per la testa uoah come sono produttiva quando dovrei studiare per gli esami!

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