Bringing her to life

di The_BlackRose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Ringraziamenti ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


In quella soleggiata mattina di Agosto un ragazzo alto, biondo e armato fino ai denti passeggiava per le strade di New York in direzione dell'Istituto facendosi strada tra la gente che, ignara della sua presenza, continuava la propria vita serenamente.
Con lo stilo in mano completò un'ultima runa della precisione e rimise via l'attrezzo nella tasca interna della giacca.
Guardandosi in torno pensò a come tutte quelle persone fossero ignare del lavoro che compiva la gente come lui per salvaguardarle ogni giorno e ogni notte. A volte, quando era di cattivo umore, si chiedeva perché i Cacciatori dovessero rischiare la vita ogni attimo della loro esistenza per delle persone che non gli davano nessun tipo di riconoscimento, né uno straccio di gratitudine. Quando ritornava alla calma poi si rendeva conto che esagerava e che salvaguardare la vita dei mondani era il loro lavoro, affidatogli dall'angelo Raziel quasi mille anni prima. Certo, a lui i mondani non stavano particolarmente simpatici, ma a volte si fermava ad osservarne alcuni, come ad esempio i bambini che correvano al parco o le coppiette che si baciavano all'ombra di un albero e pensava che dopotutto non erano così male.
Abbassò lo sguardo per aggiustarsi un pugnale che gli sfregava contro le costole e quando lo rialzò notò dall'altra parte del marciapiede una ragazza che veniva nella sua direzione. Niente di strano, tranne per il fatto che lo osservava con uno sguardo come di disgusto, facendo scorrere gli occhi dalle rune sul suo collo fino alle armi agganciate alla cintura. Si controllò in fretta il braccio per accertarsi di essersi applicato la runa dell'invisibilità, ma quella era lì al suo posto. "Sarà solo una mondana con la vista," si disse tra sé e sé. "Non serve allarmarsi." Ma allora perché sentiva una strana sensazione allo stomaco?
La ragazza si avvicinò ancora di più e non staccò lo sguardo da lui neppure quando gli passò accanto, quasi sfiorandogli l'elsa del pugnale che portava alla cintura. Lo oltrepassò e continuò la propria strada.
Jace la osservò mentre girava l'angolo e quando fu scomparsa riprese a camminare in direzione dell'Istituto.
Gli era già capitato di scontrarsi con mondani con la vista, ma tutte le volte avevano avuto uno sguardo confuso e terrorizzato dalla quantità di armi con cui se ne andava in giro tranquillamente per la città; a volte avevano persino tentato di chiamare la polizia credendolo un terrorista. Questa volta invece gli era sembrato che la ragazza sapesse perfettamente chi fosse e non approvasse le persone come lui, le disprezzasse.
Scrollò le spalle ed attraversò la strada.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Jace giunse all'entrata dell'Istituto e salì i gradini. Non ebbe nemmeno bisogno di formulare la solita frase per entrare che il portone, avendo percepito il sangue d'angelo che scorreva in lui, si era già spalancato per lasciarlo passare.
Prese l'ascensore traballante e quando ne uscì per dirigersi alla sua camera venne travolto da Isabelle, la quale portava in braccio un'enorme pila di fogli di carta.
"Ehi! Stai attenta," disse ridacchiando. "Cosa sono tutti questi fogli?"
La ragazza alzò la testa per poterlo guardare senza che la vista le fosse intralciata dalla pila di carta. "Volantini," esclamò elettrizzata.
"Volantini di cosa?" chiese Jace prendendone uno in mano dalla cima della pila e dandogli uno sguardo.
"Come per cosa?" sbottò Isabelle sconcertata. "Il ballo, ricordi? Quello che mamma aveva detto che avrebbe voluto organizzare quest'anno."
"Non starai parlando di quella insulsa e stupida idea che ha avuto all'inizio dell'inverno scorso, spero."
Jace si ricordava benissimo di quella conversazione che avevano avuto con Maryse qualche mese prima. Li aveva mandati a chiamare e si erano riuniti tutti in biblioteca. Aveva detto loro che avrebbe voluto organizzare un ballo nel salone dell'Istituto per dare la possibilità ai Cacciatori più giovani che sarebbero stati invitati alla festa di fare conoscenza con i loro coetanei e presentarsi ai membri più anziani del Conclave. A Jace era sembrata un'idea abbastanza stupida e antiquata e aveva messo in chiaro fin da subito che lui non era d'accordo.
Isabelle gli rivolse uno sguardo.
"Oh no, stai parlando proprio di quell'idea." Gettò indietro la testa esasperato. "Una serata a base di chiacchiere insulse con vecchi decrepiti, musica di quarant'anni fa e vanitose ragazzine-killer con abiti pomposi. Una vera meraviglia."
"Ma insomma, Jace, non essere così negativo. Ti divertirai e potresti anche conoscere qualche bella ragazza." Gli rivolse uno sguardo d'intesa e lo pungolò con il gomito.
"Sì certo, come no?" rispose sarcastico e, dopo aver rimesso il volantino che aveva in mano al suo posto, si diresse nella sua camera per impiccarsi ad un cappio prima che Maryse l'avesse potuto costringere con la forza a contribuire all'organizzazione della festa.
Puntualmente una mezz'oretta dopo Maryse venne a bussare alla sua porta per farlo partecipare. Avrebbe dovuto aspettarselo e sarebbe potuto scappare dalla finestra in tempo.
"Lo so che l'idea non ti entusiasma, ma non ti sto chiedendo molto, Jace. Vorrei solo che dedicassi un po' del tuo tempo per aiutare Alec con l'allestimento della sala e Isabelle con la pubblicità. E quando settimana prossima si terrà il ballo sarai libero di fare quello che vorrai," spiegò la donna dai capelli corvini in piedi in mezzo alla stanza.
Jace balzò in piedi dal suo letto. "Stai dicendo che se aiuto potrò non partecipare?" chiese con un sorriso speranzoso da un orecchio all'altro.
Maryse sbuffò. "Non è quello che intendevo."
Il biondino alzò gli occhi al cielo e tornò a sedersi sul materasso.
"Intendevo dire che non sarai obbligato ad interagire con gli anziani del Conclave e potrai passare la serata con quelli della tua età," spiegò la donna incrociando le braccia. "A patto che non combini guai."
"Che guai potrei mai combinare con una combriccola di ragazzetti noiosi ed ubriachi?" chiese alzando le mani in un gesto interrogativo.
"Non lo so e non lo voglio sapere. Tu aiuterai come tutti gli altri a preparare la festa e non discuterai o ti ammanetterò al mio polso in modo da passare tutta la serata in compagnia di 'vecchi decrepiti', come li chiami tu. E sappiamo entrambi che non sto scherzando." Con ciò, uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Il ragazzo si gettò all'indietro sul letto e affondò la testa nel cuscino emettendo un verso di esasperazione.
La sera dopo si trovava insieme ad Isabelle per le strade di Brooklyn ad appiccicare volantini incantati invisibili ai mondani sulle pareti degli edifici e sulle vetrine dei negozi.
"Per fortuna che siamo invisibili," notò Jace. "O la gente ci prenderebbe parecchio in giro se ci vedesse in questo momento."
I due ragazzi se ne andavano in giro con le braccia cariche di volantini e in più avevano delle facce stravolte. Nel pomeriggio si erano dovuti infiltrare in un covo di demoni nascosto nelle profondità della metro e dopo un'intera ora di combattimento erano esausti e doloranti e non si erano neppure potuti prendere una pausa che subito Maryse li aveva spediti a fare pubblicità.
"Non capisco il senso di tutto ciò. Maryse ha già contattato tutti gli Shadowhunters da Idris per questo ballo, perché dobbiamo anche affiggere in giro volantini?" chiese Jace spazientito.
Isabelle alzò le spalle e non rispose.
Passarono di fianco ad un locale attorno al quale serpeggiava una fila di ragazzi e ragazze in attesa per entrare.
Jace conosceva quel posto, ma non ci era mai entrato. Era un bar munito di un'enorme pista da ballo e di un impianto stereo da far tremare i muri, oltre al fatto che era considerato il posto ideale dove fare conquiste o semplicemente trovarsi una ragazza o un ragazzo con cui trascorrere la notte.
Nonostante gli dolesse ogni centimetro del corpo, Jace ebbe l'improvvisa voglia di ballare sentendo la musica che fuoriusciva dal locale. E poi, pensò, un drink l'avrebbe aiutato a risvegliarsi e a rimettersi in moto per finire il giro di volantinaggio.
"Che succede?" domandò Isabelle quando si accorse che il ragazzo si era fermato.
"Ti va di entrare?" chiese lui indicando con il mento l'edificio.
"Sì, ma...e i volantini?" Era titubante. "Se mamma ci scopre? Non ha ricattato solo te."
"Non temere, finiremo il giro più tardi." Prese la sua pila e l'appoggiò accanto alla parete di mattoni di un edificio vicino. "E poi chi mai ruberebbe due torri di volantini invisibili?"
Anche Isabelle, ormai convinta, appoggiò i fogli accanto a quelli di Jace e, cercando di non urtare nessuno, si fecero strada all'interno del locale. Uno dei pregi dell'invisibilità era che potevi saltare tutte le code che volevi e trafugare i drink degli altri senza spendere un centesimo.
Il locale era illuminato solo da qualche luce stroboscopica che lampeggiava ad intermittenza e sulla pista da ballo erano visibili ragazzi mezzi ubriachi e ragazze ben poco vestite.
I due si avvicinarono al bancone del bar e di nascosto acciuffarono i drink di una coppia che pomiciava animatamente sui loro sgabelli.
Nel giro di pochi minuti Isabelle, incentivata dall'alcool, si trovava in pista a scatenarsi e Jace se ne stava con i gomiti appoggiati al bancone del bar ad osservare la folla accalcata che ballava.
Ad un tratto scorse uno strano fruscio rosso che gli parve familiare e si avvicinò per vedere meglio. Oltrepassò una coppia di ragazzi che si muovevano come se fossero in piena crisi epilettica e vide ciò che stava cercando. Davanti a lui, a pochi metri di distanza, una ragazza bassina e dai lunghi capelli rossi si muoveva goffamente tentando di uniformarsi alla folla. Indossava un semplice paio di jeans ed una canotta viola stampata, in evidente contrasto con l'abbigliamento delle persone che le stavano attorno. Quando lei alzò gli occhi e lo vide si bloccò all'istante. Gli rivolse lo stesso sguardo con cui l'aveva guardato il giorno precedente: traboccante di disgusto e disapprovazione, dopodiché si fece largo tra la gente per tentare di allontanarsi.
Jace era confuso e anche vagamente irritato. Prima quella ragazza lo aveva guardato con repellenza quando si erano incrociati per strada e ora tentava di allontanarsi il più in fretta possibile da lui come se fosse stato un animale infetto. Non volle lasciarla andare e così la seguì spintonando e dando gomitate a chi gli bloccava la strada. La vide che si avvicinava ad uno degli angoli in fondo alla stanza e si mise a correre per raggiungerla, la afferrò per un braccio e la fece voltare. Lei lo guardò stupita, infuriata e forse vagamente spaventata, anche se tentava di nasconderlo. Si divincolò dalla sua presa e cercò nuovamente di scappare, ma Jace non le diede scampo e le bloccò le braccia contro il muro.
"Cosa diavolo vuoi?!" sbraitò lei.
"Cosa voglio io? Cosa vuoi tu?! Non ho idea di chi tu sia e già due volte mi hai guardato come se fossi una disgustosa lumaca spappolata sul ciglio della strada. Qual è il tuo problema?" Jace strinse la presa sulle sue braccia.
Lei non sembrò confusa dalle sue parole, anzi, aveva capito tutto. Tentò ancora una volta di divincolarsi, ma i suoi tentativi furono vani.
"Cosa vuoi fare? Uccidermi perché non ti sono saltata addosso come tutte le ragazzette cretine che molto probabilmente ti sbatti ogni sera?" sibilò lei tra i denti serrati.
Questo irritò ancora di più il ragazzo che si sporse verso di lei e le sussurrò contro il viso. "Come riesci a vedermi?"
Lei lo guardò con uno sguardo di sfida come per dire: Io so qualcosa che tu non sai. "Sono esattamente come te, Cacciatore." Sorrise sfrontatamente. "Ma questo non ti riguarda."
Jace, distratto e confuso dalle sue parole, allentò la stretta sulle braccia della rossa e lei ne approfittò per scivolare via e scomparire.
"Jace! Dov'eri finito?" Isabelle comparì dietro di lui. "Andiamo, dobbiamo finire il nostro lavoro."
Ma Jace aveva lo sguardo puntato nel punto in cui la ragazza era appena scomparsa e non prestava attenzione alle parole di Isabelle. A quel punto, resasi conto che il ragazzo non la stava ascoltando, Izzy lo prese per il polso e lo condusse verso l'uscita tirando calci negli stinchi con gli stivali dagli alti tacchi a spillo a chiunque si mettesse tra loro e la porta.
"Sembri aver appena visto un fantasma," gli disse la ragazza guardandolo in viso.
Jace annuì distrattamente e si fece trascinare all'aria fresca e rinvigorente di quella notte di inizio Agosto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


"Jace?"
Una voce che lo chiamava lo risvegliò dalle sue fantasie mentre, concentrato, tirava coltelli al bersaglio sul muro. Quel pomeriggio l'aveva passato rintanato in palestra tentando di sfuggire ai suoi pensieri immergendosi nell'attività fisica, ma ciò non aveva fatto altro che dare ancora più spazio alla sua mente per ritornare alla sera precedente.
Jace non sapeva perché quella ragazza lo ossessionasse tanto. Forse per il fatto che nessuno lo aveva mai guardato in quel modo disgustato. Quello che gli dava più sui nervi era che lei non lo conosceva minimamente e si permetteva di giudicarlo così duramente, perché per meritarti sguardi del genere da una persona devi proprio averne combinata una grossa. Ma cosa c'entrava lui? Cosa aveva fatto di male? Perché ce l'aveva con lui così tanto? Ogni volta che lei lo fissava Jace poteva vedere lo schifo e l'odio fuoriuscire da ogni suo poro. Ma perché? Questo lui si chiedeva. Forse in passato si erano già conosciuti e lui le aveva fatto un qualcosa che non le era piaciuto. Aveva passato tutta la mattina ad immaginarsi ogni genere di scenario possibile, ma niente che potesse andar bene come giustificazione.
"Jace?" La testa corvina di Isabelle sbucò dalla soglia. "Eccoti qua, finalmente. Mamma vuole che sostituiamo questi," Diede un calcio ad una pila di volantini facendoli apparire da dietro la porta. "A quelli che abbiamo messo in giro ieri sera."
A Jace cadde il coltello che aveva in mano conficcandosi nel pavimento e spalancò gli occhi. "Ancora?!"
Isabelle per tutta risposta alzò le spalle. "Mamma ha cambiato idea sulla festa. Ora sarà un ballo in maschera." Cominciò a saltellare eccitata battendo le mani.
"Ballo in maschera? È la cosa più idiota che abbia mai sentito." Jace incrociò le braccia. "Non ho intenzione di aiutarti, mi dispiace. Ho già dato ieri sera."
"Oh, sì che l'aiuterai." Maryse spuntò affianco alla figlia. "Ti ricordi cosa ti ho detto lo scorso giorno? O aiuti o niente libertà."
Il ragazzo puntò l'altro coltello che stringeva in mano contro le due donne agitandolo confusamente. "No, ho già aiutato. Mi sono sentito già abbastanza idiota ieri sera, non ho intenzione di ripetere il tutto un'altra volta." Con questo, prese la giacca che aveva appoggiato in un angolo e uscì in fretta dalla palestra, oltrepassando Izzy e Maryse che lo guardarono andare via ridacchiando.
"Povero Jace," disse Isabelle con un sorriso. "Dovevi vedere la faccia che aveva ieri. Odia davvero il volantinaggio."
"Credo di averlo capito," ridacchiò la donna.

Jace uscì dall'Istituto per sfuggire dagli artigli della sua madre adottiva e si diresse verso il Java Jones: si sarebbe nascosto per un po' in modo da non farsi trovare da quelle due malate di feste ridicole e volantini infernali.
Varcò la soglia e si sistemò su una poltroncina verdognola in un angolino della stanza. Nessuno poteva vederlo e questo gli dava una certa soddisfazione, poteva osservare gli altri clienti del locale senza ricevere in cambio occhiatacce che trasudavano: Cosa guardi, ragazzino?. Dopo qualche minuto, però, la cosa divenne noiosa e perciò chiuse gli occhi appisolandosi.

Si risvegliò un'oretta dopo e, con lo sguardo appannato dal sonno, notò una figura familiare davanti al bancone.
La ragazza rossa.
Era affiancata da un ragazzo moro con gli occhiali e una maglietta con su scritto 'Fascino nerd': il mondano più mondano che avesse mai visto.
Jace si raddrizzò sulla poltrona per guardare meglio. A quanto pare lei non lo aveva notato, perché chiacchierava allegramente con il suo amico sfoggiando un enorme sorriso. Sembrava così amichevole... "Ma che dici?" si disse Jace tra sé e sé. "Quella è il demonio! …Ok, forse sto esagerando un tantino, ma non si può negare che sia irritante al limite della sopportazione."
Senza accorgersi di lui, i due ragazzi uscirono dal locale continuando la loro conversazione. Il biondino scattò in piedi e furtivamente lì seguì da qualche metro di distanza.
Camminarono per una decina di minuti e poi il quattrocchi si diresse verso la strada opposta salutando la rossa che proseguì in avanti.
"Ora sei tutta mia, ragazzina infernale," pensò Jace e, accelerando il passo, le si avvicinò. Lei si chinò per sistemarsi una scarpa che si era slacciata e lui ne approfittò per posizionarsi davanti a lei.
La ragazza alzò lo sguardo e rialzandosi capì chi la stava osservando.
"Tu," esordì lei accusatoria. "Mi stai seguendo," poi, vedendo che non portava armi con sé, i suoi muscoli parvero rilassarsi leggermente.
A Jace scappò una risata. "Io?" Si indicò. "Seguo te?" Indicò lei. "Questa si che è bella. Al massimo sei tu che mi pedini. In ogni posto in cui vado ti trovo sempre. Sarà destino." Sorrise divertito.
Alla ragazza parve non piacere la battuta e si spostò da lui. "Sì sì, molto divertente." Tentò di andarsene, ma Jace la afferrò per il polso e la fece ruotare.
"Non così in fretta, ragazzina. Prima dimmi perché ce l'hai con me e poi ti lascerò andare." Incrociò le braccia attendendo una risposta.
Lei lo guardò irritata e alzò gli occhi al cielo. "Ecco perché vi odio, siete così supponenti. Io non ti devo nessuna spiegazione, Cacciatore."
Jace spalancò le braccia guardando il cielo. "Ed ecco che la ragazzina infernale ricomincia! Come diavolo fai a sapere cosa sono? E non rispondere: 'Sono esattamente come te, Cacciatore'," la
imitò con voce acuta prendendosi gioco di lei. "O giurò che scoppierò a ridere." Lo irritava così tanto...
Lei gli puntò un dito davanti al viso cogliendolo di sorpresa. "Primo," sibilò. "Non osare mai più chiamarmi in quel modo." Gli puntò contro anche un altro dito. "Secondo, prendimi in giro un'altra volta e ti strappo le tonsille." Aggiunse un terzo dito. "E terzo, vaffanculo."
Cominciò a correre via oltrepassandolo.
Jace fece un verso d'esasperazione e si rivolse al cielo. "Perché a me, Raziel?"
In un attimo la raggiunse e se la caricò in spalla. Lei cominciò ad urlare infuriata e a tirargli pugni sulla schiena con tutta la forza che le sue braccine mingherline le consentivano. I passanti si fermarono tutti con facce sbigottite assistendo alla scena. Jace ridacchiò pensando a come dovessero essere sconvolti nel vedere una ragazza urlante fluttuare a un metro e mezzo da terra mentre tirava pugni ad un ragazzo invisibile.
"Mettimi giù!" sbraitava lei mentre si dirigevano in un vicolo più tranquillo dove nessuno l'avrebbe potuta vedere volare e urlare.
Jace vide qualcosa spuntarle dalla tasca posteriore dei jeans e l'afferrò facendosi così arrivare un'altra scarica di pugni sulla schiena. "Non osare toccarmi il sedere!"
"Ma chi ti sta toccando?!"
Con la mano con cui non sosteneva la rossa aprì il portafogli che aveva preso e ne tirò fuori la carta d'identità.
"Clarissa Fray, nome interessante. Posso chiamarti Clary?" Guardò la foto allegata e gli scappò un verso divertito. "Bella foto!"
Clary si agitò ancora di più e cominciò anche a tirare calci. "Avevo tredici anni!" sbraitò per difendersi.
Lui alzò le spalle e le rimise il portafogli in tasca facendola infuriare nuovamente.
La mise giù quando entrarono nel vicolo e lei si allontanò subito da lui puntandogli un dito contro. "Tu! Sei un maniaco. Sei peggio di quello che credevo."
Jace non poté far altro che scoppiare in una risata di fronte alla sua espressione contratta dalla rabbia. Si chinò appoggiando le mani sulle ginocchia.
"Cosa diavolo ridi adesso?!"
Lui si raddrizzò. "Scusa, ma mi fai troppo ridere."
Lei incrociò le braccia e batté il piede aspettando che si calmasse.
Jace fece un respiro profondo e la guardò. "Allora, hai intenzione di dirmi perché mi odi così tanto o hai bisogno di farti un altro giretto sulla mia spalla per deciderti?"
Clary rimase in silenzio.
Lui scrollò le spalle e si avvicinò per caricarsela di nuovo in spalla e a quel punto lei indietreggiò. "No no no! Non toccarmi!"
Lui, per prenderla in giro, si avvicinò ancora un po'.
"No!" ripeté lei.
Fece un altro passo ridendo di lei.
"No!"
Un altro.
"Non ti avvicinare!" Gli puntò un dito contro.
Ne fece un altro. "O se no che mi fai?" chiese sfidandola. Si avvicinò ancora di più.
Lei a quel punto si porto una mano dietro la schiena e ne estrasse un pugnale puntandolo verso Jace. "Te lo ficco nel petto."
Lui, preso di sorpresa, sgranò gli occhi e indietreggiò alzando le mani. "Wo wo wo, calmati. Non ti farei mai del male."
"Beh, io sì invece," rispose Clary continuando a puntare l'arma davanti a sé.
"Perché diavolo hai quel quel pugnale? È una nuova moda delle ragazzine d'oggi andarsene in giro con un coltello nella cintura e minacciare i ragazzi bene intenzionati?"
Lei avanzò facendo arretrare Jace fino a che non sbatté con la schiena contro al muro. Si avvicinò a lui e gli puntò il pugnale alla gola fissandolo negli occhi.
"Di nuovo quello sguardo," pensò Jace irritato.
"Vuoi sapere perché me ne vado in giro con un pugnale?" sibilò tra i denti contro il suo viso.
"Beh, sì. Sai, è quello che ti ho appena chies..." Venne interrotto dal coltello che arrivò a sfiorargli il collo lasciandogli un leggero e sottile segno rosso.
"Smettila di fare così, diamine!" sbottò Clary e sbatté la mano libera contro il muro dietro di lui.
Jace la guardò aspettando che si calmasse.
Lei lo fissò negli occhi. "Porto con me un pugnale perché sono una Cacciatrice, proprio come te."

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


"Tu che cosa?" chiese stupito Jace.
Aveva per caso appena detto che era una Cacciatrice o sentiva le voci?
"Hai sentito bene ragazzo angelo, sono una Cacciatrice come te." Clary non diminuì la presa sul pugnale.
Il ragazzo rimase a guardarla per cercare di individuare eventuali segni di nervosismo che tradissero il fatto che stesse mentendo, ma niente.
"Per primo, il mio nome è Jace, non ragazzo angelo. E secondo, allora dove sono i tuoi marchi?" Jace si allungò, per quanto consentitogli dall'arma puntata alla gola, e scrutò le braccia nude della ragazza. "Io non ne vedo nessuno e nemmeno le cicatrici."
Lei gli si avvicinò ancora di più andando a sovrapporre completamente i loro corpi e Jace sentì la lama del pugnale fredda e tagliente contro la sua pelle.
"Non sono affari tuoi."
In un'altra situazione sarebbe stato estasiato di quella vicinanza tra di loro, ma avendo un'arma puntata addosso difficilmente si poteva trarne un qualche piacere.
"Ok, basta. Sappiamo entrambi che non ti farei mai del male, quindi metti giù questo aggeggio infernale e parliamo da persone civili," aggiunse lui spazientito.
Clary fece una risata sarcastica. "Persone civili? Tu? Sei un assassino!"
Jace era sconvolto. Gli stava per caso facendo la predica per il fatto che ammazzasse demoni e che salvasse in continuazione le vite dei mondani? Questa era bella. "Mi prendi in giro, spero."
Clary con la mano libera si indicò il viso seria. "Questa ti sembra la faccia di una che ha voglia di scherzare?"
"Lo sai vero che non mi intimorisci, ragazzina?" Di certo non si sarebbe lasciato trattare in quel modo da una mingherlina alta un metro e un citofono. Per l'Angelo, lui era Jace Herondale.
"Dovresti invece," ribatté con tono minaccioso.
"Ah, davvero?" A quel punto il ragazzo si spazientì e, con una mossa imparata tanti anni prima, la disarmò in un attimo. Sul viso di Clary si formò un'espressione sgomenta.
"Cara la mia Clarissa," Si rigirò il pugnale tra le mani. "Si vede proprio che non ti hanno insegnato nemmeno le basi. Questa è una delle tecniche di disarmo che ti mostrano i primi giorni di allenamento. E dici di essere una Cacciatrice?" Le rivolse un sorriso vittorioso.
La ragazza parve demoralizzarsi a quelle parole e si spinse dall'altra parte del vicolo per poi appoggiarsi al muro opposto e incrociare le braccia. Tenne il broncio per qualche secondo, ma poi sciolse le braccia davanti a sé e cominciò ad agitarle in aria.
"Hai ragione, ok?" urlò frustrata. "Sono una pessima Cacciatrice. L'unica cosa da Shadowhunter che c'è in me è il sangue." Abbassò il tono della voce, fino a che non diventò solo un sussurro. "E non so se esserne felice o meno."
Jace si avvicinò cautamente a lei dopo essersi infilato il pugnale nella tasca posteriore dei pantaloni. "Cosa intendi?"
Una barriera difensiva parve infrangersi attorno a lei che si accasciò a terra prendendosi la testa tra le mani. A quanto pare aveva colpito il suo punto debole.
Le fece un sorriso di incoraggiamento e qualcosa parve sbloccarsi.
Fece un profondo respiro e cominciò a parlare. "Mio padre era Valentine Morgenstern."
A quel nome Jace sussultò leggermente.
"Lo stesso giorno in cui morì nella battaglia degli Accordi anni fa, mia madre scoprì il cadavere di mio fratello maggiore ridotto in cenere tra le macerie della loro casa a Idris. Sapeva che l'artefice di tutto ciò era mia padre, voleva inscenare la sua morte e coinvolse anche suo figlio appena nato Jonathan. Certo, poi nella battaglia morì sul serio." Si fermò un attimo per scrutare l'espressione di Jace che, coinvolto, ascoltava il suo discorso appoggiato al muro opposto del vicolo. "Mia madre era devastata. Non solo aveva perso il marito, anche se era stato un mostro, ma aveva anche dovuto sopportare la morte di suo figlio. Così scappò qui a New York fingendosi una mondana e coltivando sempre di più l'odio che provava verso i Cacciatori, convinta che fosse tutta loro la colpa di ciò che era successo alla sua famiglia."
"Non penso sia una cosa giusta, non è colpa degli Shadowhunters se tuo padre era un pazzo," intervenne Jace.
La ragazza lo ignorò. "Fin da quando sono nata, mia madre mi ha sempre inculcato in testa strane idee su di voi, come il fatto che uccidiate Nascosti innocenti solo per il piacere che vi procura vedere le vite che scivolano via dalle loro mani. O che vi piaccia dare fastidio alle giovani ragazze del mondo mondano come, in teoria, me. E perciò fin da bambina ho sempre provato anche io un certo odio verso la vostra specie." Sbuffò esasperata riprendendo a gesticolare. "Ma ora arrivi tu con i tuoi capelli dannatamente biondi che mi tratti in modi relativamente normali e umani, insomma non mi hai ancora attaccata, e io non so più a cosa credere." Sollevò la testa per guardarlo "Mi capisci?"
Jace si sollevò dal muro. "Sì, ti capisco. Insomma," ridacchiò. "Lo so che la mia bellezza è disarmante e che ti manda in confusione, però..."
Un sorriso sfuggì dalle labbra di Clary che si allungò per afferrare una lattina accartocciata di birra accanto a lei e gliela lanciò contro. "Oh, ma smettila!"
Il ragazzo si fece scudo con le braccia e rise ancora di più. "Ragazza, hai dei seri problemi di sdoppiamento della personalità. Un attimo prima mi punti un pugnale alla gola e un attimo dopo ridi ad una mia battuta."
Clary sollevò le spalle a mo' di scuse. "Lo so, sono fatta così. All'inizio sto sempre un po' sulle difensive, ma quando capisco che una persona è sincera mi addolcisco. E poi, sai, ridere aiuta."
Jace sgranò gli occhi. "Un po' sulle difensive? Sembravi volermi staccare la testa a morsi!"
Clary rise gettando la testa all'indietro e andò a sbattere violentemente contro il muro. Un gemito di dolore le uscì dalla bocca e si prese la testa dolorante tra le mani. Il ragazzo non poté fare a meno di scoppiare a ridere piegandosi in due.
"Bravo, ridi del mio dolore," ma anche lei stava ridendo di sé stessa.
Quando entrambi si furono calmati Jace la aiutò a rialzarsi e le esaminò la testa. "Hai un brutto bernoccolo, sarebbe meglio che ti portassi all'Istituto. Hodge ha delle pomate contro i bernoccoli che sono meravigliose, ti sentirai subito meglio."
Clary si irrigidì. "Vacci piano, è già tanto che ho cominciato a darti un briciolo di fiducia. Non ho intenzione di entrare nella tana del lupo."
Lui sbuffò. "La tana del lupo, ma la sentite? Manco fossimo un clan di dannatissimi vampiri," disse rivolto ad un pubblico immaginario. "Ok, allora dammi almeno la possibilità di riaccompagnarti a casa."
Clary si diresse verso l'uscita del vicolo "Non serve, so la strada. E se mia madre ti vedesse insieme a me... Non oso immaginare cosa succederebbe. Probabilmente uscirebbe di casa con un piccone tra le mani e tenterebbe di frantumarti il cranio."
Il viso del ragazzo si contrasse in un'espressione di orrore all'immagine della sua testa spappolata da una furiosa donna di mezza età. "Ok, penso che starò lontano da casa tua allora." Un ricordo gli balenò in mente. "Ah, ti ricordi cosa mi hai detto la scorsa sera al club?"
La ragazza continuò a camminare per le vie di New York mentre il sole cominciava a calare. "Ho detto tante cose quella sera."
"Ok, ti rinfresco la memoria." Si fermò in mezzo alla strada e mise le mani sui fianchi assumendo una posa ben poco maschile. "Cosa vuoi fare? Uccidermi perché non ti sono saltata addosso come tutte le ragazzette cretine che molto probabilmente ti sbatti ogni sera?" imitò la sua voce esagerando apposta il tono acuto.
Clary guardandolo in quella posizione scoppiò a ridere nuovamente.
Jace ritornò a vestire i suoi panni da uomo e si ricompose. "Lasciami dire, ragazza mia, che io sono un vero gentleman e le donne le tratto come fossero principesse." Alzò una mano al cielo gongolando scherzosamente e riprese a camminare. Clary lo seguì continuando a ridere.

Camminarono ancora per una ventina di minuti mentre il cielo sfumava in un color blu scuro. Svoltarono ad un angolo chiacchierando. Ad un tratto Jace parve vedere con la coda dell'occhio un'ombra muoversi. Si mise davanti a Clary con fare protettivo.
"Cosa c'è?" chiese lei confusa guardandosi intorno.
Lui le fece cenno di abbassare la voce e lentamente estrasse il pugnale che aveva requisito alla ragazza dalla tasca posteriore, l'unica arma di cui era in possesso.
"Jace, che sta succedendo?" chiese nuovamente Clary, questa volta a voce bassa.
L'ombra passò nuovamente, ma questa volta era più vicina. Il ragazzo poté sentire il tanfo immondo di demone che cominciava a propagarsi per la strada. "Quando te lo dico comincia a correre e non fermarti, ok? Sei disarmata e non potresti fare granché. Raggiungi l'Istituto e non muoverti da lì, non è molto lontano da qua. Poi ti raggiungerò." Si guardò intorno attento a captare ogni suono possibile che potesse indicargli la posizione del demone. I due ragazzi sentirono un rumore strisciante e disgustoso e in un attimo un enorme demone Drevak sbucò fuori da un angolo emettendo versi gorgoglianti e striduli.
Jace levò il pugnale davanti a sé. "Ora!"

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


"Ora!"
Jace urlò appena in tempo prima che l'enorme demone gli si lanciasse addosso con le fauci spalancate. Lui prontamente gli conficcò il pugnale che teneva in mano nella carne viscida, ma, non essendo un'arma angelica, ebbe ben poco effetto.
Clary era paralizzata dalla paura. Non aveva mai visto un demone dal vivo, solo in alcuni disegni sul Codice che sua madre teneva ben nascosto in cantina, ma che lei era riuscita a trovare.
"Clary, ho detto di scappare!" Jace sbraitò nuovamente. Era arrabbiato e spaventato allo stesso momento. Perché diamine non era corsa via come le aveva detto di fare? Si sarebbe potuta fare ammazzare rimanendo lì come uno stoccafisso davanti al demone.
Come previsto da Jace, il demone spostò la sua attenzione sulla ragazza e in un attimo le fu addosso. Clary cacciò un urlo quando il Drevak le si gettò sopra e la fece finire per terra. Un brivido di terrore le corse giù per la schiena e una fitta lancinante le trafisse la gamba sinistra, ma ben presto Jace venne in suo soccorso trascinandole via la bestia di dosso e prendendola a pugnalate ripetutamente. A quel punto lei, divorata viva dalla paura, cominciò a correre come le aveva detto di fare Jace.
Lui le aveva detto di rifugiarsi all'Istituto, ma di certo l'ultima cosa che voleva in quel momento era ritrovarsi rinchiusa nella tana dei Cacciatori. Però sapeva che lì il demone non l'avrebbe mai potuta prendere, sarebbe stata al sicuro. "Di certo non verrà a cercarti," pensò tra sé e sé mentre continuava a correre furiosamente. "Jace se ne sta occupando e a quest'ora l'avrà già sicuramente eliminato." Ma il terrore le attanagliava la mente e le annebbiava i pensieri, voleva solo essere al sicuro. Così, nel giro di pochi minuti, si ritrovò sui gradini che conducevano all'enorme chiesa che era l'Istituto di New York.
A qualunque mondano sarebbe apparso come un rudere che aspettava solo di essere demolito, ma qualunque altro essere dotato della Vista avrebbe visto una bellissima e maestosa cattedrale gotica le cui guglie svettavano taglienti e affilate contro il cielo.
Quando arrivò al portone però tutto quello che sua madre le aveva ripetuto per i sedici anni della sua vita le tornarono in mente. "Non fidarti dei Cacciatori. Sono esseri affascinanti ma letali. Come le piante carnivore ti ingannano attirandoti tra le loro fauci e quando ti accorgi della trappola è ormai troppo tardi."
Ma lei aveva conosciuto Jace e le era sembrato così...così...umano. In base a quello che le aveva raccontato sua madre l'avrebbe già dovuta assalire più e più volte. Poteva un ragazzo del genere essere in realtà una pianta carnivora? E se sua madre avesse sempre esagerato parlandole dei Cacciatori? D'altronde, come Jace aveva fatto notare, non era colpa degli Shadowhunters se suo padre e suo fratello erano morti; era stato Valentine l'artefice di tutto. Forse le perdite che aveva subito le avevano offuscato i pensieri confondendole le idee e portandola a credere cose terribili sui suoi stessi simili. E se invece avesse avuto ragione? Clary voleva realmente finire nelle fauci della pianta carnivora?
Decise, per sicurezza, di sedersi sui gradini in attesa che Jace ritornasse. Sarebbe stata al sicuro dai demoni ma anche dai Cacciatori. Si passò una mano tra i riccioli bagnati dal sudore e notò un taglio non molto profondo sull'avambraccio: doveva essere stato il demone. Si ispezionò il corpo per trovare altre eventuali ferite e, quando si alzò la gamba sinistra dei jeans, vide una specie di strana ferita infetta e giallognola sul polpaccio che trasudava sangue. La cosa che la fece realmente rabbrividire fu però il fatto che dalla ferita fuoriuscivano decine di lunghe e sottili spine nere. Dava l'aria di essere particolarmente dolorosa, ma l'adrenalina che aveva ancora in circolo le attutiva i sensi.
Pochi minuti dopo vide Jace che, correndo, svoltava l'angolo e si dirigeva verso di lei. Non aveva più la giacca e la maglietta era strappata sulla spalla sinistra, inoltre aveva tanti piccoli tagli come il suo su entrambe le braccia.
"Clary, per l'Angelo! Stai bene?"
Sembrava sinceramente preoccupato. I capelli erano appiccicati alla fronte per il sudore e aveva il fiato corto per la lunga corsa.
"Sì, sto bene. Solo qualche graffio qua e là."
Lui si accucciò davanti a lei e le osservò meglio il taglio sul braccio. "Nulla di grave, andrà a posto da solo." Si rialzò e le tese la mano. "Vieni dentro, devi essere esausta. Hodge ti darà una delle sue tisane. E poi io ho davvero bisogno di qualche iratze."
Clary era parecchio riluttante. "Non è necessario, anzi, preferirei tornare a casa. È tardi e mia madre si starà chiedendo dove mi sono cacciata." Si alzò dal gradino su cui era seduta e una potente ondata di vertigini la investì come se fosse stata colpita a tutta velocità da un'auto in corsa. Si sentì vacillare. Poco prima di cadere Jace riuscì ad afferrarla e la adagiò di nuovo sugli scalini facendola sdraiare.
"Clary? Stai bene? Che succede?"
Ma lei non riusciva a parlare: la gola era gonfia e le impediva di formulare qualsiasi parola o suono comprensibile. Respirare era complicato. Aveva così sonno. La vista le si annebbiò e l'ultima cosa che riuscì a sentire fu Jace che chiamava il suo nome.

"Cazzo! Alec! Isabelle!"
Jace varcò la soglia tenendo tra le braccia il corpo senza sensi di Clary. Le era svenuta tra le braccia e si era preoccupato a morte; forse la corsa le aveva tolto troppe energie.
"Jace, che succede?" Alec corse giù per le scale seguito da Isabelle. Non appena videro il corpo tra le sue braccia si immobilizzarono entrambi.
"Jace..." Izzy era sbiancata tutta d'un tratto.
"Non è morta, diamine! Aiutatemi a portarla in infermeria." La scaricò tra le braccia di Alec che risalì nuovamente le scale.
"È una mondana," disse Isabelle con tono preoccupato. "Cos'è successo? Cosa le dirai al suo risveglio?"
"Non è una mondana, è una Cacciatrice anche lei." Si passò una mano tra i capelli biondi appiccicosi. "Ci siamo imbattuti in un Drevak e l'ha attaccata. Fortunatamente gliel'ho tolto di dosso in tempo e lei è riuscita a scappare fino a qui. Probabilmente è svenuta per lo shock e la fatica della corsa."
"Ok ok." Isabelle sembrava a sua volta in ansia. Lo osservò meglio. "Hai bisogno di qualche iratze, andiamo anche noi in infermeria."

Quando arrivarono al piano di sopra trovarono Alec tutto indaffarato a sistemare Clary tra le lenzuola e ad ispezionarla per scoprire la causa dello svenimento. Jace si sedette sul lettino di fianco al suo e, preso lo stilo, cominciò a marchiarsi le braccia. Isabelle gli rimase accanto.
Quando Alec sollevò la gamba sinistra dei jeans di Clary la sua espressione mutò completamente. "Ragazzi, c'è un problema."
Jace si alzò e si avvicinò per osservare la gamba della ragazza. Gli crollò lo stilo dalla mano.
"No no no!" Si inginocchiò e strappò la stoffa dei pantaloni fino al ginocchio.
"Che succede?" Isabelle si avvicinò allarmata.
"Morso di Drevak," annunciò Alec mentre apriva un mobiletto e ne tirava fuori alcune boccette. "Dobbiamo estrarre le spine."
Tornò al lettino con in mano un coltello e del disinfettante.
"Ci penso io, tu vai a chiamare Hodge," disse Jace prendendo in mano il coltello e il disinfettante.
Izzy si precipitò verso di lui. - Cos'hai intenzione di fare con quello?" chiese indicando il coltello che il ragazzo teneva in mano.
Lui si inginocchiò davanti a Clary. "È l'unico modo per togliere le spine senza spezzarle."
Cercando di fare più attenzione possibile cominciò ad estrarre le spine. Per fortuna Clary aveva perso i sensi o avrebbe cacciato urli assordanti. Quando ebbe finito con le spine le iniettò un antidoto contro il veleno demoniaco che tenevano lì apposta in caso di incidenti, dopodiché le fasciò accuratamente il polpaccio facendo attenzione a non fare su la benda troppo stretta.
Alec tornò poco dopo con una tazza piena di un liquido fumante e la poggiò sul comodino affianco al lettino. "Hodge dice che quando si sveglierà la dovrà bere, gliela lascio qui."
"Jace, cos'è sta storia che te ne vai in giro con Cacciatrici non marchiate ad attirare demoni?" chiese Izzy che nel frattempo si era appollaiata vicino alla testiera del letto.
Il ragazzo scosse la testa e raccontò ai due amici di come si fossero incontrati e del perché lei odiasse così tanto gli Shadowhunters.
Alla fine del racconto Izzy si sistemò tornando in piedi e assunse una posa scocciata. "Tutto ciò è assurdo! Come può una donna mettere in testa certe idee ad una ragazza? Capisco che ha dovuto subire delle grandi perdite, ma noi non abbiamo fatto nulla e non è giusto darci la colpa." Incrociò le braccia arrabbiata.
Alec si passò una mano tra i capelli corvini. "Il problema ora è: cosa farà sua madre non vedendola tornare a casa? Di certo non possiamo andare da lei a dirle che sua figlia è stata morsa da un Drevak e che al momento si trova svenuta nell'infermeria di un Istituto."
Jace sbuffò rassegnato. "Non mi importa niente di sua madre. Potrà infuriarsi e lanciarci oggetti addosso quanto le pare, ma di certo non lascerò Clary tornare a casa finché non si sarà sentita meglio."
Sul viso di Isabelle apparve l'ombra di un sorriso. "Jace che fa il premuroso? Da quando?"
Il Nephilim la guardò male e lei scoppiò in una risatina, dopodiché lui si alzò e prese Clary tra le braccia sollevandola dal lettino.
Alec si alzò in piedi. "Ehi ehi! Che fai?"
"Non la lascerò dormire una notte intera su questo lettino scassato. Sappiamo tutti bene quanto sia tremendamente scomodo e non voglio che domani mattina oltre al dolore che le invaderà la gamba per il morso debba anche sopportare un mal di schiena lancinante."
Così uscì dall'infermeria con Clary tra le braccia e scomparì per il corridoio.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Il sole era già alto nel cielo splendente di New York quando Clary si svegliò. La prima cosa di cui si accorse fu il pungente dolore che le attraversò la gamba sinistra facendola piegare in due sul materasso candido. Quando la fitta si calmò, realizzò inoltre di non trovarsi nella sua camera: le sue lenzuola erano a pois verdi, non bianco neve. Si alzò piano sui gomiti e si guardò intorno. La prima cosa che notò fu il perfetto ordine che regnava indiscusso nella stanza: sulla parete di fronte al letto erano allineate decine di strane armi diverse in ordine di grandezza e nemmeno un oggetto era fuori posto. La seconda cosa che notò furono sul comodino di fianco al letto una tazza di liquido ormai freddo e un vassoio pieno di brioche, biscotti e marmellate varie. Accanto alla tazza campeggiava un bigliettino con su scritto 'Bevimi' e affianco al vassoio un altro: 'Mangiami'.
Clary tornò indietro con la mente alla serata precedente e l'ultima cosa che riuscì a ricordarsi fu Jace che la adagiava sui gradini dell'Istituto, poi fu il buio.
"Ma certo," pensò. "Sono all'Istituto." Doveva essere svenuta ed era stata trasportata dentro. Poi ripensandoci...
"Sono all'Istituto!" esclamò sollevandosi di scatto e un'altra fitta dolorosamente acuta le invase nuovamente la gamba. Si rimise sdraiata strizzando gli occhi dal male e scostò il lenzuolo per vedere cosa le provocava tutto quel dolore.
Il suo polpaccio sinistro era avvolto da una benda bianca. La srotolò e, dove la notte prima si trovava una ferita piena di spine nere e acuminate, ora c'era una sottile linea cicatriziale circondata da sangue secco. Ma com'era possibile? La sera prima la sua gamba era stata dilaniata da una strana ferita trasudante e infetta e ora era tutto scomparso? Non fece in tempo a cercare di rispondere alle sue domande che sentì la porta aprirsi lievemente e vide la testa bionda di Jace fare capolino nella stanza. Quando lui si accorse che era sveglia si infilò nella camera e chiuse la porta dietro di sé. "Buon giorno!"
"Cos'è questa?" chiese Clary indicandosi il polpaccio.
Lui la guardò confuso. "Ehm...la tua gamba, forse?"
Lei si sollevò sui gomiti. "Non sono in vena di scherzi, intendo questa cicatrice. Da dove viene? Ieri c'era una ferita qui," disse con fare scontroso.
"Vedo che ti sei alzata con il piede sbagliato," notò il ragazzo.
"Succede se ti svegli la mattina nella camera di qualcun altro con un dolore atroce alla gamba."
"Ok, ok. Capisco." Si avvicinò al comodino e prese in mano la tazza porgendogliela. "Bevi. Ti farà passare il dolore. E mangia qualcosa, ieri non hai cenato e devi essere affamata."
Clary guardò sospettosa la tazza.
"Oh, andiamo. Credevo che la parte 'I Cacciatori mi vogliono uccidere' fosse finita. Non è avvelenata." La guardò con un sopracciglio alzato.
Lei sbuffò e prese la tazza tra le mani portandosela alle labbra. Sebbene fosse freddo il liquido, qualsiasi cosa fosse, era dolce e delizioso. Davvero rigenerante. Jace si sedette di fianco a lei e si allungò per posarle una mano sulla fronte. "Niente febbre fortunatamente. Stai reagendo bene."
"Reagendo bene a cosa?" chiese Clary sollevando il viso dalla tazza.
Lui si portò una mano dietro alla testa e si grattò la nuca. "Alla runa," disse a voce molto bassa.
Nonostante il sussurro che era la sua voce Clary riuscì a sentire perfettamente. "Tu mi hai marchiata?!" sbraitò scattando a sedersi e guardando il ragazzo con occhi fiammeggianti dalla rabbia.
"Non avevo scelta, sei stata morsa da un demone. Le spine di Drevak sono velenose e la ferita aveva già cominciato ad infettarsi, se non agivamo subito l'infezione si sarebbe estesa. Quando ti ho portato qua in camera mia ho dovuto farti un iratze di nascosto, Isabelle e Alec non me l'avrebbero mai permesso."
Clary alzò le mani agitandole. "Aspetta. Primo, chi sono Isabelle e Alec? Secondo, non ti dovevi azzardare a marchiarmi senza il mio consenso. E terzo, se questa è la tua stanza, tu dove hai dormito?"
"Ti piacciono gli elenchi numerati a quanto vedo," notò Jace con un sorriso.
Lei abbandonò le braccia lungo i fianchi rassegnata. "Che diavolo stai dicendo?"
"Beh, anche ieri quando ci siamo incontrati. Sai, quando mi hai puntato il dito contro e..."
Clary lo interruppe bruscamente. "Vuoi rispondere alle mie domande o no?"
Jace si allungò sul comodino per prendere il vassoio in mano. "Non se prima non ti sarai calmata un po'. Ti devi rilassare, pensavo avessi capito che di me ti puoi fidare." Le allungò il vassoio. "Petit déjeuner à l'européenne, mademoiselle." Le rivolse un sorriso mozzafiato ma, vedendo che non aveva nessun effetto su di lei, riprese a parlare nella loro lingua. "Su, prendi un biscotto." Si chinò per sussurrarle all'orecchio. "Erano gli ultimi ma li ho tenuti da parte solo per te. Sono i miei preferiti."
Lei allungò una mano e afferrò un biscotto. Lo addentò. Era buonissimo.
"E ora, per rispondere alle tue domande," Prese anche lui un biscotto e se lo mise in bocca. "Isabelle e Alec sono i miei migliori amici, Alec è anche il mio parabatai. Li adorerai. E io ho dormito in una delle stanze per gli ospiti, tranquilla. Non sono un maniaco che approfitta di una ragazza svenuta, al contrario di come forse ti avrà raccontato tua madre," spiegò con la bocca piena.
"Mia madre non è cattiva, non è come la immagini," chiarì Clary portandosi una brioche alla bocca. "Fa quello che fa e dice quello che dice solo perché mi vuole bene e mi vuole proteggere."
Anche Jace afferrò una brioche e la addentò. La crema al cioccolato gli si riversò in bocca ed emise un suono di apprezzamento. "Non ne dubito."
Clary si allungò per afferrare il suo cellulare che era stato depositato sul comodino. 17 chiamate perse: 6 da Simon, 11 da Mamma.
"Diavolo, devono essere preoccupatissimi."
Jace si allungò per guardare lo schermo del telefono. "Non c'è da stupirsi, sei scomparsa da due giorni."
Clary sgranò gli occhi e lo guardò. "Due giorni?!"
Lui alzò le spalle. "Ti abbiamo tenuta a dormire in modo che l'iratze potesse funzionare al meglio. Non sei mai stata marchiata prima d'ora, le rune non funzionano così efficacemente."
Clary si portò una mano alla fronte preoccupata.
Chissà come dovevano essere in ansia sua madre e Simon, per due giorni non era tornata a casa e non aveva risposto al cellulare.
"Non preoccuparti, ci penseremo noi. Ovviamente inventeremo qualche scusa," la rassicurò Jace notando la sua agitazione.
Lei si gettò all'indietro sul materasso.
"Non sapevo che Jocelyn vivesse qui a New York. In effetti, non credevo nemmeno che fosse ancora viva," esordì Maryse seduta alla scrivania della biblioteca.
Alec e Isabelle erano seduti l'uno affianco all'altra su un divanetto rosso davanti alla scrivania e discutevano con la madre della nuova ospite dell'Istituto. Era saltato fuori che Clary era la figlia di Valentine e Jocelyn e subito Maryse aveva espresso i suoi dubbi sul fatto che la ragazza dovesse rimanere lì con loro.
"So quanto Jocelyn abbia sofferto dopo la morte della sua famiglia e so anche dell'odio che ha cominciato a provare verso la nostra specie, per questo non penso che sia una buona idea che sua figlia rimanga qui a stare all'Istituto. D'altronde Clary è sua figlia e non possiamo tenerla qua contro la volontà di sua madre." La donna incrociò la mani davanti a sé.
La mattina precedente avevano suonato alla porta e quando Alec era andato ad aprire si era trovato davanti una Jocelyn furiosa che chiedeva a gran voce di riavere sua figlia indietro. Aveva subito sospettato che dietro alla 'sparizione' di Clary ci fosse lo zampino dei Cacciatori e si era diretta immediatamente verso l'Istituto.
Le sue grida erano state interrotte dall'arrivo di Jace. "Clary è al sicuro qui con noi, non si preoccupi. Si sta riprendendo da un morso di Drevak e in questo momento è ancora a letto."
Nonostante le sue parole rassicuranti, la donna non aveva abbandonato quello sguardo inceneritore che le fiammeggiava negli occhi fin da quando aveva varcato le porte dell'Istituto.
"Mi prenderò cura di lei," aveva aggiunto il ragazzo, ma senza nessun risultato.
Alla fine erano dovuti intervenire Alec e Isabelle per cacciarla via dietro ordine di Maryse.
"Sì che possiamo tenerla qui," esordì Jace entrando nella biblioteca con passo svelto. "Abbiamo l'ordine di offrire protezione ai feriti e non ho intenzione di lasciar tornare a casa Clary fino a quando non si sarà ristabilita del tutto." Incrociò le braccia impuntandosi.
Maryse gli gettò un'occhiata di disapprovazione e il ragazzo si affrettò ad aggiungere: "È solo questione di un giorno o due."
La donna si guardò intorno pensando. "Ok, ma solo per due giorni al massimo, poi dovrà tornarsene a casa."
Jace sorrise felice. "Contaci." Fece per voltarsi e andarsene ma Maryse lo interruppe.
"Jace?"
Lui si girò.
"Prenditi cura di lei, mi raccomando. Vedi magari di insegnarle qualcosa."
Lui la guardò confuso. "Insegnarle cosa?"
Maryse scrollò le spalle. "Qualcosa sul Mondo delle Ombre. Sua madre di certo non le avrà raccontato tutto. Tocca a te istruirla in modo che non si cacci nei guai e se puoi..." Lo guardò con uno sguardo d'intesa. "Tenta di convincerla a diventare finalmente una Cacciatrice a tutti gli effetti. È la cosa migliore che potrebbe fare per proteggere lei e sua madre."
Jace sgranò gli occhi a quelle parole. "Tentare di convincerla a diventare Cacciatrice? Maryse, fino a due giorni fa mi voleva pugnalare! Perché mai pensi che potrebbe fidarsi di me a tal punto da ascoltarmi?"
Maryse si alzò dalla scrivania e si avvicinò a lui appoggiandogli una mano sulla spalla. "Jace, se conosco qualcuno che riesce a guadagnarsi la fiducia di una persona in poco tempo quello sei tu." Gli sorrise. "E basterà rivolgerle uno di quei tuoi sorrisetti per farla cadere ai tuoi piedi."
"Farla cadere ai miei piedi? Cosa stai dicendo?"
Maryse si chinò per sussurrargli all'orecchio e non farsi così sentire da Alec e Isabelle. "Ho notato stamattina come le hai preparato la colazione, non l'avevi mai fatto prima per nessuno. E Izzy mi ha riferito come la guardavi ieri sera e di come l'hai portata nella tua stanza per farla stare comoda. Ora vai."
E con questo Jace si allontanò dalla donna facendo un timido sorriso e uscì dalla biblioteca.
"Cosa gli sta succedendo?" chiese Alec ad Isabelle chinandosi per sussurrarle all'orecchio.
Izzy guardò il punto da cui era appena scomparso il ragazzo e sorrise. "Qualcosa di bello."


Note dell'autrice:
Ciao a tutti! Eccomi come sempre con un capitolo nuovo di zecca che spero di cuore vi sia piaciuto. Da qui cominciamo a notare che Jace non è totalmente indifferente a Clary... Chissà cosa succederà?
Vi ringrazio per il tempo che spendete nel leggere la storia e nel recensire (nonostante abbia notato che le recensioni sono un po' diminuite. Se c'è qualcosa che non vi soddisfa vi prego di farmelo sapere).
Se lasciaste un commento anche a questo capitolo ve ne sarei grata. Un bacio a tutti e alla prossima settimana!

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Clary uscì dalla sua camera e si diresse in corridoio. Era affamata. Realizzò poi che non aveva idea di dove si trovasse la cucina. Sbuffò e ad un tratto vide una palla di pelo trotterellante che veniva nella sua direzione: Church. Il gatto le si fermò davanti e la fissò con i suoi grandi occhi felini.
Clary si guardò intorno e si accovacciò davanti al gatto. "Mi puoi portare in cucina?" sussurrò.
Il giorno precedente aveva visto Alec fare la stessa cosa per raggiungere la propria madre e lo aveva trovato alquanto strano. Si sentiva un po' stupida: stava seriamente parlando con un gatto?
Lui rimase nella stessa posizione a guardarla e per un attimo Clary credette che in realtà Alec l'avesse solamente presa in giro con la storia del gatto che capisce gli umani. Poi lui si girò facendo un miagolio e si mise a zampettare per il corridoio invitandola a seguirlo. Clary a quel punto si sollevò e gli camminò dietro.
Pochi minuti dopo si trovavano davanti alla cucina. Incredibile, il gatto capiva realmente se gli parlavi. Per ringraziarlo Clary si piegò e gli diede una carezza sul dorso, dopodiché entrò nella stanza.
Dalla cucina proveniva un buon odore di bacon e uova appena cotte. In piedi davanti ai fornelli c'era Isabelle con un grembiulino rosso su cui era stampata la scritta 'Basia coquum'. Armeggiava con una padella contenente della pancetta che sfrigolava nell'olio.
"Guarda un po' chi si è svegliata."
Clary si girò per vedere Alec seduto a tavola che la guardava. Lei si strinse nelle spalle timida. Non era ancora a suo agio a parlare con i fratelli Lightwood, li aveva appena conosciuti e un po' la mettevano in soggezione con tutte quelle rune. Questo ovviamente non l'avrebbe mai ammesso. In realtà, sebbene Clary tentasse di nasconderlo a tutti i costi, era intimidita dai Cacciatori. Le davano l'idea di essere così forti e solidi, mentre lei era piccola e gracile e in confronto a loro sembrava un ramoscello sul punto di spezzarsi da un momento all'altro. Sua madre le aveva sempre raccontato tutte quelle cose su di loro: erano spietati e senza cuore, assetati di vendetta e si divertivano ad uccidere poveri Nascosti innocenti. Questo le aveva fatto provare un certo odio verso di loro, ma più che altro quello che sentiva era paura. Si era sempre fatta passare per la ragazzina piccola ma coraggiosa. In realtà lo era solo al di fuori, dentro tremava come una foglia alla vista di un Cacciatore.
Poi tutto sembrava essere cambiato da quando aveva conosciuto Jace e i suoi amici. Erano stati così gentili e premurosi con lei ad ospitarla all'Istituto e non sembravano minimamente come sua madre li aveva sempre descritti. Il giorno prima Jace le aveva suggerito che probabilmente Jocelyn si comportava così perché era ancora accecata dal dolore per la perdita della sua famiglia, forse aveva ragione. Clary non lo sapeva.
Isabelle, sentendo il fratello parlare, si voltò e rivolse un grande sorriso a Clary. "Ciao Clary! Sto preparando la colazione, spero tu sia affamata."
La prima volta che aveva visto Isabelle il giorno prima le era sembrata la classica snob dei telefilm che si crede chissà chi solo per la sua bellezza, ma si era rivelata in realtà molto più gentile e simpatica di quello che pensava. Le aveva persino fatto fare il giro dell'Istituto. Inutile dire che a Clary non era servito a niente, quel posto era enorme e non aveva di idea di come avrebbe fatto poi a ritornare nella sua camera.
La ragazza si portò le mani allo stomaco brontolante e sorrise. "Lo sono eccome."
Isabelle tornò sui fornelli. "Allora siediti a tavola, fra pochi secondi è pronto."
Clary si andò a sedere accanto ad Alec e si versò un po' di spremuta d'arancia in un bicchiere.
"Non vedo l'ora che tu assaggi il mio famoso bacon, è spettacolare," esclamò Isabelle spegnendo il fuoco.
Alec accanto a lei fece una smorfia di orrore e con le labbra mimò: "Fa schifo."
Clary soffocò un risolino portandosi una mano alla bocca e Izzy li raggiunse pochi secondi dopo con i piatti che posò davanti a loro. Si sedette dalla parte opposta del tavolo e la guardò attendendo. Clary prese in mano la forchetta, ma prima di fare qualsiasi movimento rivolse uno sguardo ad Alec che era intento a guardare con disgusto il piatto. Aveva un bell'aspetto, tutto sommato. Prese una forchettata di bacon e se la portò alla bocca.
Isabelle si sporse sulla sedia. "Allora? Com'è?"
Com'era? Era terribile.
"Buonissimo," mentì Clary e quando Izzy distolse lo sguardo raggiunse in fretta il pane cacciandosene in bocca un grosso pezzo.
Alec la guardava divertito.
Isabelle ai complimenti di Clary si era rivolta al fratello. "Visto Alec? Qualcuno qui apprezza la buona cucina."
"Sta mentendo, ovviamente. Lo sappiamo tutti qua che sei una pessima cuoca." Lui allontanò da sé il piatto e si dedicò alle uova che, evidentemente, non era stata Isabelle a cucinare.
Izzy rivolse uno sguardo a Clary e lei si affrettò a sorridere, poi si rivolse nuovamente ad Alec. "Tutta invidia."
Quando ebbero finito di mangiare, Clary si rivolse ai fratelli. "Che fine ha fatto Jace? Non mangia con voi di solito?"
Izzy si alzò per sparecchiare la tavola. "Oh, sì. Di solito facciamo sempre colazione insieme, ma stamattina è dovuto uscire presto. Cose del Conclave, immagino," spiegò lei posando i piatti nel lavandino e facendo partire l'acqua. "Perché lo chiedi?"
Clary afferrò l'ultimo pezzo di pane che era rimasto sul tavolo e prese a spiluccarlo. "Oh, nulla. Volevo solo avvisarlo che oggi torno a casa. Ormai mi sono ripresa e mia madre deve essere molto in pensiero."
Isabelle si girò a guardarla. "Non penso che a Jace farà piacere la notizia."
"E perché?"
Questa volta fu Alec a risponderle. "Beh, io e Izzy abbiamo notato che da quando sei arrivata qua all'Istituto Jace..."
"Sbaglio o ho sentito qualcuno dire il mio nome?" Jace irruppe nella stanza scuotendosi i capelli appiccicati alla fronte dal sudore e andandosi a sedere al tavolo dove poco prima si trovava Isabelle. "Di che parlate?" chiese con tono allegro.
"Oh no no no. Non hai osato veramente entrare nella mia cucina con quegli stivali disgustosi?" Isabelle si avvicinò furiosa al ragazzo tirandogli con forza una spugnetta insaponata per i piatti. In effetti la ragazza non aveva tutti i torti: gli stivali di Jace erano insudiciati di fango come se avesse camminato in un campo appena arato per tutta la durata della mattina.
Il ragazzo tentò di proteggersi con le braccia. "Ehi, calma. Sono affamato. Dov'è la colazione?"
A quelle parole la faccia di Isabelle divenne di un acceso color rosso. Alec, notando l'espressione della sorella, si alzò da tavola. "Ok, penso sia ora di levare le tende." Passando accanto a Jace gli diede una pacca sulla spalla. "Buona fortuna." Con ciò, se ne andò dalla cucina.
"Dov'è la colazione? Dov'è la colazione?!" La ragazza prese ad agitare convulsamente in aria una padella bagnata, facendo così schizzare goccioline d'acqua ovunque. Sembrava parecchio minacciosa. "Senti coso: te ne sparisci la mattina senza di dire nulla, torni insudiciandomi la cucina con i tuoi stivalacci infangati e hai anche il coraggio di chiedermi dov'è la colazione?"
Jace parve pensarci un attimo, ma poi rispose scrollando le spalle. "Sì."
A quel punto Isabelle si bloccò. Dopodiché, urlando, prese a battere violentemente la padella sulla schiena di Jace. "Via dalla mia cucina!"
Il ragazzo si alzò in piedi urlando a sua volta. "Tu sei una pazza! Stammi lontano!" e correndo fuggì dalla cucina.
Clary non riuscì a trattenere una risata che le uscì genuinamente dalla bocca. Rimase seduta a guardare Izzy che, ricomponendosi, ritornava ai suoi piatti e si ricordò di quello che doveva dire a Jace. Così si alzò salutando la ragazza e uscì in corridoio seguendo il ragazzo e chiamandolo. Lui si fermò a metà del corridoio e rimase ad aspettarla mentre lei lo raggiungeva correndo. "Ti devo parlare di una cosa."
Lui incrociò le braccia. "Dimmi."
"Oggi torno a casa. Ho già preparato le poche cose che ho qui e mi chiedevo se nel pomeriggio mi potresti riaccompagnare. Non sono esattamente sicura di sapere in che parte della città ci troviamo, non vorrei rischiare di perdermi." Finì la frase grattandosi la nuca.
Jace la guardò senza espressione. Clary rimase ad aspettare una sua risposta, che però non arrivò.
"Beh, se non puoi o non hai voglia non fa niente. Posso tranquillamente tornare da sola con la metropolitana, chiederò informazioni se dovessi perdermi."
Il ragazzo parve riscuotersi dai suoi pensieri. "Cosa? No. Non è... Aspetta, perché vuoi tornare a casa?"
Clary spostò il peso da un piede all'altro incrociando le mani davanti a sé. "Beh, mi sento decisamente meglio e gli iratze hanno fatto effetto, quindi non vedo perché dovrei rimanere qui. Siete stati molto gentili ad ospitarmi, ma penso che sia ora di tornare da mia madre."
Jace rimase con la bocca leggermente socchiusa, poi la aprì come se dovesse dire qualcosa ma la richiuse subito dopo. "No..."
Sul viso della rossa si fece largo un'espressione confusa. "Come no? Perché non dovrei tornare a casa mia?"
Lui parve riflettere su come rispondere. Alzò le spalle. "Niente," sospirò. "Non preoccuparti, ti riaccompagnerò io." Dopodiché girò sui tacchi e se ne andò. Clary lo guardò confusa mentre camminava via e a quel punto se ne andò anche lei con una scrollata di spalle. Si diresse dalla parte opposta del corridoio e non si accorse di Jace che si voltava a guardarla per poi rigirarsi e riprendere il suo percorso passandosi una mano tra i capelli oro.


Note dell'autrice:
Ed eccoci arrivati al sesto capitolo. Spero che vi sia piaciuto e siate pazienti, la Clace si sta lentamente avvicinando...
Come ogni volta ringrazio le persone che recensiscono e che leggono la storia. Non sapete quanto apprezzi i vostri commenti o anche solo le visualizzazioni che aumentano sempre di più.
Detto ciò vi lascio e ci risentiamo la prossima settimana. <3 Un bacio.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Jace entrò in camera sua sbattendosi la porta dietro alle spalle. Si levò gli stivali sporchi di fango e li gettò in un angolo della stanza per poi lasciarsi cadere sul letto perfettamente rifatto. Si portò le mani tra i capelli e rimase in quella posizione a guardare il soffitto.
Ma che gli stava succedendo? Perché si comportava in quel modo? Clary gli aveva solamente detto che tornava a casa, non sarebbe mica sparita. Ma era sicuro di ciò? Ecco qual era il vero problema: aveva paura che una volta tornata a casa Clary si sarebbe dimenticata di lui e non l'avrebbe più rivista. Jace era stato per lei solo una scocciatura, un Cacciatore che si era messo in mezzo e che era stato utile solo a farla mordere da un demone.
Perché si preoccupava così tanto? In fondo era solo una ragazzina isterica dal brutto temperamento che conosceva appena da qualche giorno. Ma allora perché non riusciva a smettere di pensare a lei? Tutta colpa di quei suoi stupidi boccoli rossi e quelle insulse lentiggini. "Ma che dico?" pensò. "Adoro i suoi capelli e le sue lentiggini."
Jace Herondale che si lasciava ipnotizzare da una qualunque ragazzina di passaggio? Roba da matti. Ma c'era qualcosa in lei che lo attraeva: sembrava così forte e risoluta, determinata a non farsi mettere i piedi in testa da nessuno, soprattutto non da un Cacciatore. E poi c'era il fatto che per tutta la sua vita avesse vissuto in una menzogna. Sua madre, quanto odiava sua madre, le aveva trasmesso chissà quali idee e...
Jace si sollevò dal letto con un verso di frustrazione continuando a tenersi la testa tra le mani. Non riusciva neanche a pensare a quella donna senza farsi venire il nervoso. Si alzò in piedi, si levò in fretta e con rabbia la maglietta e si slacciò i pantaloni. Dopodiché si infilò in bagno e aprì il rubinetto della doccia. Un bel bagno caldo era quello di cui aveva bisogno, era il suo modo preferito di schiarirsi le idee oltre che alla palestra.
Mentre aspettava che l'acqua diventasse calda si appoggiò al bordo del lavandino e fissò il proprio riflesso nello specchio davanti a lui. Posò lo sguardo sul suo viso apparentemente perfetto, sui capelli biondi che scendevano spettinati sulla nuca, sul petto liscio ricoperto di cicatrici di vecchie rune, sull'addome piatto e definito. Infine si fissò negli occhi dorati, da sempre motivo di curiosità nella gente che non lo conosceva, che si chiedeva come fosse possibile per una persona avere occhi di un colore così improbabile. Si chinò sullo specchio guardandosi più a fondo quando fu interrotto dal rumore della porta che si apriva. Sulla soglia del bagno si trovava Clary che, appena si accorse del fatto che Jace fosse praticamente mezzo nudo, arrossì completamente.
"Oh mio Dio, scusa!" Si affrettò a voltarsi dandogli le spalle. "Ti dovevo parlare ma mi sono completamente scordata di bussare, non so che mi è passato per la mente. Scusa, me ne vado." Fece per chiudersi la porta alle spalle quando Jace la bloccò.
"Ehi, tranquilla, non fa niente." La fece girare. "Cosa mi dovevi dire?"
Clary fece di tutto per tenere gli occhi puntati sul suo viso, ma inevitabilmente lo sguardo le scese sul suo corpo coperto solo da un paio di boxer neri elasticizzati. Jace se ne accorse e nascose un sorrisetto.
"Ehm..." Si portò una mano dietro al collo. "Volevo dirti che Isabelle si è offerta di accompagnarmi adesso a casa, quindi tra qualche minuto vado. Volevo solo salutarti, ma forse non è il momento adatto. Passo più tardi." Si girò per uscire dal bagno, ma ancora una volta Jace la afferrò per il polso e le fece compiere un giro cosicché ora dava le spalle allo specchio.
"Quanta fretta. Perché vai ora?"
"Non lo so, ho solo voglia di tornare a casa." Sembrava stanca. In effetti, anche se aveva dormito per due giorni, il fatto di trovarsi in un posto totalmente sconosciuto con persone che non aveva mai visto in vita sua non doveva essere stato il massimo del relax. Per non parlare dello shock dell'essere attaccata e ferita da un demone.
"Capisco..." Jace si annotò mentalmente il fatto che più tardi avrebbe dovuto uccidere Isabelle per essersi offerta di portarla a casa così presto e al posto suo. "Beh, allora ci vediamo." 'Ci vediamo', lo sperava davvero.
Clary sorrise timida. Timida? Clary che sorrideva timida? "Certo."
Certo, aveva appena detto certo. Jace si meravigliò dei suoi stessi pensieri. Sembrava un adolescentello pieno di ormoni. "Oh andiamo, calmati," pensò tra sé e sé.
"Beh, allora io vado." Si diresse verso la porta, ma all'ultimò tornò sui suoi passi e si gettò su Jace abbracciandolo. Il ragazzo fu colto dalla sorpresa, ma quando si rese conto di ciò che stava succedendo la strinse a sua volta.
"Grazie per avermi salvata da quel demone," gli sussurrò col viso affondato nel suo collo.
Sul volto di Jace apparve un sorriso. "Lo farei altre mille volte, se servisse." La strinse forte tra le braccia e sollevò la testa per guardare i loro riflessi allo specchio. Clary sembrava quasi fragile in quel momento, abbandonata in quel modo tra le sue braccia. Rimase a fissare quell'immagine: un biondino mezzo nudo che stringeva a sé uno scricciolo rossiccio.
Appena Clary uscì dalla stanza di Jace si diresse nella sua per impacchettare le ultime cose che erano rimaste. Durante quei pochi giorni di permanenza all'Istituto, Isabelle si era offerta di prestarle alcuni dei suoi vestiti, ma quando Clary aveva bussato alla sua porta per restituirglieli lei si era rifiutata di accettarli e glieli aveva fatti tenere. Sebbene Clary avesse insistito perché Izzy si riprendesse la sua roba, in realtà era felice di poterla tenere: Isabelle aveva un certo gusto per la moda.
Ora si ritrovava ad infilare in una borsa di tela prestatale da Alec i restanti vestiti di Izzy e ciò che le rimaneva. Mentre impacchettava tutto ripensò per la millesima volta a cosa le aveva sempre ripetuto sua madre per tutta la vita e ora cominciava ad essere tutto così insensato. I Nephilim non uccidevano i Nascosti, bastava guardare la relazione di Alec con quello stregone di cui aveva tanto sentito parlare in quei giorni, Magnus Bane. Certo, alcuni provavano un senso di superiorità verso di loro, ma i Cacciatori che aveva conosciuto facevano il possibile per proteggerli. Loro non erano malvagi e spietati, erano semplici esseri umani (ok, forse un po' meno umani del normale...) e in quanto tali provano gli stessi sentimenti di Clary e di qualsiasi mondano.
Mentre Clary chiudeva la zip della borsa si ritrovò a pensare a cosa avrebbe fatto sua madre una volta tornata a casa. L'avrebbe accolta a braccia aperte e sollevata che non le fosse successo niente? Sarebbe stata furiosa e l'avrebbe punita per averle disubbidito e non essere stata prudente? Si sarebbe precipitata all'Istituto per inveire contro tutti coloro che erano stati coinvolti nel suo 'rapimento' (perché era sicura che sua madre non avrebbe creduto neanche per un momento alla storia del morso di Drevak)?
Mentre si preoccupava per tutto ciò, bussarono alla porta e Isabelle comparve sulla soglia.
"Pronta?"
"Sì," Prese la borsa e se la caricò in spalla. "Sono pronta."
La strada dall'Istituto alla metropolitana era abbastanza lunga perché Clary e Isabelle potessero intrattenere una conversazione come si deve. Le due svoltarono un angolo e Clary chiese all'altra ciò che l'aveva assillata tutta la mattina.
"Jace si comporta sempre in modo così strano?"
Izzy aggrottò le sopracciglia. "Strano? Strano come?"
"Beh, fino a qualche giorno fa mi sibilava contro immobilizzandomi e ora mi abbraccia talmente tanto stretta da non lasciarmi quasi respirare."
"Neanche tu puoi dire di essere meno strana: Jace mi ha raccontato del tuo tentativo di accoltellarlo," spiegò Isabelle.
Clary incrociò le braccia. "Non l'avrei mai fatto per davvero, volevo solo che mi lasciasse in pace."
Izzy si voltò a guardarla. "Stai dicendo che il modo in cui ti sei comportata con Jace prima che ti portasse all'Istituto era una copertura?"
Clary abbassò lo sguardo a terra. "Può darsi. Non lo so, ma voi mi intimorite. Volevo sembrare dura quanto voi."
Isabelle sorrise e la mise un braccio intorno alle spalle. "Ma tu sei una dura. Nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di minacciare Jace con un pugnale, tanto meno uno scricciolo di ragazza come te."
Anche Clary sorrise e la ringraziò. "E comunque non hai risposto alla mia domanda."
Le due ragazze continuarono a camminare con in sottofondo il rumore dei tacchi di Isabelle che picchiettavano contro il marciapiede.
"Jace è sempre così strano? In realtà io e Alec abbiamo notato che si comporta così da quando sei arrivata tu."
Clary sgranò gli occhi ridacchiando. "Me? E perché mai?"
Izzy sorrise sotto i baffi. "Noi pensiamo che abbia una cotta per te." Le diede una lieve gomitata d'intesa. "E che tu ricambi."
"Io una cotta per Jace?" La cosa era assurda. "Jace una cotta per me?" Questa era ancora più assurda.
"Non vorrai negare l'evidenza? Secondo te perché, come hai detto tu, ti abbraccia talmente tanto stretta da non lasciarti quasi respirare? E poi ho visto come ti guarda..." La osservò con la coda dell'occhio. "E come tu guardi lui..."
Clary assunse un'espressione confusa. "No no no, devi avere frainteso. A me non piace Jace. Certo, devo ammettere che è davvero un bel ragazzo, ma non è il mio tipo."
"Il tipo di ragazzo bello? Andiamo, Clary. "Izzy ridacchiò della ragazza.
Clary senza capire il perché avvampò. Non le piaceva Jace. 'Amici' era la parola che più si avvicinava a descrivere il loro rapporto. Non aveva mai pensato a lui in quel modo.
"Guardati, sei diventata rossa come i tuoi capelli." Alzò le mani in aria come per proteggersi. "Ma, ehi, se tu dici che non ti piace allora ti crederò." Non le credeva minimamente.
Clary alzò la testa per guardarla e Izzy scoppiò di nuovo a ridere. La sua risata era talmente contagiosa che anche la rossa prese a ridere per nessuna ragione apparente.
Continuarono a ridere anche quando scesero i gradini della metropolitana


Note dell'autrice:
Ed eccomi qui, dopo la settimana più stancante della mia vita, con il settimo capitolo. Finalmente.
Come al solito ringrazio tutti quelli che commentano, che aggiungono la storia ai preferiti/ricordati/seguiti, ma anche chi semplicemente legge e basta. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto (i Clace non sono pucciosissimi *_*?) e che commenterete in tanti, lo sapete quando adoro leggere le vostre opinioni. Sarei curiosa anche di sapere cosa vi aspettate dai prossimi capitoli, quindi se alla vostra recensione poteste aggiungere anche un paio di queste righe ne sarei felice.
Grazie e alla prossima settimana!

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Clary imboccò il vialetto d'ingresso della casetta color miele che apparteneva a lei e a sua madre. Si sistemò la borsa sulla spalla e prese un profondo respiro prima di afferrare la maniglia e aprire la porta. Entrò nell'ingresso e si chiuse la porta alla spalle.
"Mamma? Sono a casa!" esclamò a voce alta.
La casa sembrava essere vuota.
Posò la borsa di fianco ad un tavolino e percorse il corridoio fino alla cucina. Si sporse e notò che la finestra era aperta e lasciava entrare un leggero venticello che muoveva le tendine bianche decorate con un motivo di fiori. Ma non fu la finestra ad attirare la sua attenzione, bensì una donna dai lunghi capelli rossi che sedeva al tavolo di legno al centro della stanza.
Sua mamma.
Clary era così felice di rivederla, ma cambiò idea non appena si accorse dell'espressione sul suo viso. Non era sorridente né imbronciata, semplicemente non esprimeva niente. E questo era terrificante.
"Mamma!" Clary, nonostante lo sguardo impassibile di sua madre, le si avvicinò e la strinse in un abbraccio. "È così bello rivederti, mi sei mancata."
Ma Jocelyn non stava ricambiando l'abbraccio, anzi, sollevò le braccia e si scostò Clary di dosso per poi alzarsi in piedi. Era pochi centimetri più alta della figlia, ma in quel momento a Clary parve un titano pronto a divorarla.
"Dove sei stata?" La sua voce era composta, ma Clary riusciva a percepire la rabbia che tentava di reprimere.
"Lo sai dove sono stata, mi hanno detto che sei venuta all'Istituto per cercarmi."
"E perché mai ti sei avvicinata all'Istituto? Perché mai sei rimasta 3 giorni lì?" Con l'ultima domanda aveva alzato la voce e Clary cominciava a spaventarsi. Non le piaceva quando sua madre si arrabbiava.
"Lo sai mamma, lo sai. Perché mi chiedi cose che sai già?"
"Perché voglio sapere la verità, non credo di certo alle bugie che quegli sporchi Cacciatori hanno tentato di rifilarmi!" Ed ecco che aveva perso le staffe.
Ebbene sì, l'ipotesi di Clary si era confermata. Non aveva creduto ad una singola parola di quello che Maryse le aveva detto.
Clary sbuffò stanca e frustrata. "Mamma, non sono bugie. Secondo te sarei rimasta lì se non fosse stata una cosa seria? Un demone mi ha ferita. Sono svenuta e mi hanno accolta e curata. Non potevo tornare a casa, era per il mio bene." Si sedette su una sedia.
"Tu non dovevi restare lì! Appena ti sei svegliata saresti dovuta tornare subito a casa, avremmo chiamato qualche stregone per curarti!"
"Beh, ma sono qua e sto bene. Non serve che ti arrabbi. Non mi è successo niente." Clary era arrabbiata. Sentiva che sua madre non le stava dando fiducia, era ovvio che se le avessero fatto del male se ne sarebbe andata il prima possibile. Nonostante la rabbia che provava, stava facendo il possibile per mantenere un tono di voce calmo e controllato. L'ultima cosa che voleva era far infuriare ancora di più sua madre. "Mamma, loro non sono come tu credi. Mi hanno aiutata, mi hanno soccorsa quando ne avevo bisogno."
Intanto che Clary parlava, il viso di Jocelyn assumeva un'espressione di pura rabbia. Immaginava cosa le stava per dire.
"Non avrei mai detto una cosa del genere prima, ma ora posso: loro sono buoni. O almeno, quelli che ho conosciuto lo sono. Isabelle e Alec sono così gentili, mi hanno prestato le loro cose mentre ero lì e mi hanno trattata come se fossi loro amica. Anche Maryse è buona, ha accettato di offrirmi riparo fino a quando non mi sarei sentita meglio. E poi c'è Jace..." Clary si stupì di quando il suo cuore accelerò il suo ritmo quando pronunciò quel nome. Espirò profondamente e chiuse gli occhi per un attimo ricordando il loro abbraccio nel bagno, la sua pelle nuda a contatto con il cotone leggero della sua maglietta. "Mamma, lui è così gentile. Mi ha portata all'interno dell'Istituto quando sono svenuta, si è preso cura di me per tutto il tempo che sono rimasta lì. Guardandolo non lo diresti mai: sembra la classica pianta carnivora, ma non lo è. Lui è puro e buono. Lo sono tutti, mamma!" Non si era accorta che mentre parlava si era sporta in avanti sul tavolo e aveva afferrato con entrambe le mani il bordo. Lasciò la presa e si ricompose.
"Clary, non hai idea di cosa stai dicendo. Tu non conosci Maryse Lightwood come la conosco io." Si indicò. "E sicuramente i figli suoi e di Robert saranno esattamente come loro. E quel Jace..." Pronunciò il suo nome come se fosse stato veleno nella sua bocca. "Non oso immaginare cosa ti avrebbe potuto mentre eri sven..."
Clary non lasciò che sua madre finisse la frase e si alzò in piedi in fretta sbattendo con forza le mani sul tavolo e facendo sobbalzare la donna. Ora aveva perso la pazienza. Cominciò a sbraitare come non aveva mai fatto in vita sua. "Non osare! Non osare insinuare una cosa del genere! Chi sei tu per giudicarli? Tutto quello che è successo a papà e a Jonathan non è colpa né di Jace né degli altri. Loro non hanno fatto niente, sei solo accecata dalla rabbia per la nostra famiglia che si è sgretolata prima ancora che la tua secondogenita venisse alla luce!"
"Basta così!" sbottò Jocelyn. "Non ti permetto di venirmi a dire cosa devo o non devo fare. Vai dritta in camera tua e non uscirci fino a quando non te lo dirò io! Sei confinata in casa per un mese. Così la prossima volta ci penserai due volte prima di rischiare di metterti in pericolo."
"Stai scherzando?" Clary era incredula. L'aveva appena punita? La sua ipotesi numero due si era avverata.
"No, non sto scherzando. Non ti permetto di avvicinarti a quei ragazzi mai più!"
"Mamma!"
Jocelyn sembrava stanca e disperata mentre sbraitava alla figlia "Loro sono la pianta carnivora, Clary! Ti attraggono con la loro bellezza e tu, piccola e insignificante mosca ingenua, credi che siano così magnifici e innocui. Ma quando ti posi su di loro ormai è troppo tardi per accorgerti di cosa sono in realtà, perché sei già stata divorata dalle loro fauci affamate." Prese una pausa e si passò una mano sulla fronte. "Vai in camera tua," concluse con tono decisamente più calmo.
Clary non stette nemmeno a controbattere, sarebbe stato inutile. Percorse il corridoio in fretta e si sbatté rumorosamente la porta alle spalle.
La notte era scesa su New York e Jace dormiva profondamente avvolto nelle coperte immacolate. Lo svegliò il rumore della porta che si apriva con un cigolio; avrebbe dovuto metterci un po' di olio l'indomani. Si sollevò sul materasso e notò, strofinandosi gli occhi, che Alec era appena entrato in camera sua.
"Alec? Che ci fai qui?" chiese con voce impastata dal sonno e guardò l'orologio sul suo comodino. "Sono le tre e mezza, per l'Angelo."
"Scusami, non riuscivo a prendere sonno." Si sedette sul letto e poso gli avambracci sulle cosce. "Sai, prima di andare a dormire ho avuto una discussione con Magnus."
Jace a quelle parole si raddrizzò e accese la lampada sul comodino. "Mi dispiace. Cos'è successo?"
Alec si torturava nervosamente le mani. "Nulla di importante. In questo periodo è pieno di lavoro e tutto ciò lo rende nervoso. Non dorme molto e basta una sciocchezza perché scatti la scintilla." Fece una pausa. "Oggi pomeriggio mi ha visto parlare con quel ragazzo dell'Istituto di Parigi che si è trasferito qui una settimana fa: Sebastian. Si è ingelosito e abbiamo litigato." Gli scappò una risata amara. "Lui non è nemmeno gay. Non ho idea del perché l'abbia presa così, ora non posso più nemmeno parlare con persone del mio stesso sesso?" Si prese la testa tra le mani e si scosse i capelli. "Ora basta parlarne, mi rende solo nervoso. Piuttosto, tu con Clary? L'hai sentita?"
Jace si appoggiò alla testiera del letto e prese a giocare con un filo che fuoriusciva dalla cucitura del lenzuolo. "No, non ho nemmeno il suo numero."
"Izzy ce l'ha. Chiedilo a lei domani," gli suggerì.
"Lo farò. Ma aspetta, perché mi chiedi se l'ho sentita?"
Alec si raddrizzò e guardò l'amico sorridendo. "Io e Isabelle abbiamo capito un po' di cose, non siamo stupidi. Si vede lontano un miglio che provi qualcosa."
Jace sbuffò. "Non lo so, Alec. Non so neanche io cosa provo. Sono passato dal non sopportarla a non riuscire a starle lontano nel giro di pochi giorni. E oggi quando ci siamo abbracciati..." Chiuse gli occhi al ricordo. "Mi sono sentito così bene. Poterla stringere tra le mie braccia era così..." Ritornò alla realtà e riaprì gli occhi. Alec lo stava guardando con un ghigno. "Cos'è quella faccia?"
"Ti sei innamorato, eh?" lo prese in giro il moro.
Jace scattò su. "Che cosa? Innamorato? Non esageriamo, Alec!"
"Jace, ma guardati. Sembra che ti sei appena fatto un allegro giretto sull'arcobaleno a cavallo di un unicorno sputa-zucchero filato. Non ti ho mai visto così."
"Ok ok," si arrese. "Potrà piacermi Clary, ma innamorato proprio no. Non la conosco quasi."
"Beh, quando avrai il suo numero la potrai conoscere meglio. La dovrai invitare ad uscire però, o sarà tutto inutile."
Jace sospirò. Gli sarebbe tanto piaciuto passare un intero pomeriggio da solo con lei ad un vero appuntamento. "Hai ragione. Domani mi farò dare il numero da Izzy e la chiamerò."
Alec batté le mani soddisfatto. "Perfetto!" Si alzò dal letto. "E quando l'avrai fatta cadere ai tuoi piedi potrete approfondire la conoscenza sotto alle coperte," disse con un ghigno.
Jace spalancò gli occhi. "Che cosa?!"
Alec ridacchiò e si affrettò ad avviarsi alla porta. Ma Jace fu più veloce e, afferrato un cuscino, glielo scaraventò contro più forte che poteva. Alec venne colpito in pieno e, continuando a ridere, afferrò la maniglia e scappò verso la sua camera. "Ci si vede!"
Jace fece un sorriso e si rialzò per recuperare il cuscino dal pavimento, nel frattempo passò davanti allo specchio appeso al muro. Rilanciò il cuscino sul letto e si fermò ad osservarsi allo specchio. Cosa aveva detto Alec? Approfondire la conoscenza sotto alle coperte? L'idea solleticò la mente di Jace e per un attimo sorrise. Dopodiché, realizzato cosa stava facendo, sollevò una mano e si tirò un ceffone in pieno viso.
"Ma a che diavolo pensi, Jace?!"
Ritornò a letto e si rinfilò sotto alle coperte mentre la guancia sinistra cominciava a diventare rossa e calda.


Note dell'autrice:
Ed ecco qui l'atteso capitolo 8.
Sono rimasta particolarmente contenta questa settimana per le recensioni dello lo scorso capitolo e spero di riprovare lo stesso anche per questo.
Sarò ripetitiva, ma ringrazio come al solito tutti i lettori, tutti coloro che recensiscono e chi mette la storia tra i preferiti/seguiti/ricordati.
Cosa succederà secondo voi nel prossimo capitolo? Fatemelo sapere in un commento (sono molto curiosa di sapere cosa vi aspettate).
Grazie e alla prossima settimana. Tanti baci!

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


I raggi di sole filtravano attraverso la fessura tra le tendine della finestra illuminando la stanza della pallida luce mattutina quando Clary fu svegliata da un rumore.
Si sollevò intontita a sedere e si guardò in giro. Era un rumore costante che proveniva dalla finestra, come se qualcuno stesse battendo qualcosa sul vetro. Buttò le gambe giù dal letto e si alzò dirigendosi alla finestra. Spalancò le tendine inondando la stanza di luce, tanto che dovette strizzare gli occhi per abituarli al sole. Al di là del vetro c'era una figura alta e snella, probabilmente un ragazzo, che non appena vide Clary smise di battere il pugno sulla finestra. La ragazza sgranò gli occhi dalla sorpresa.
"Simon!" Aprì la finestra e si sporse all'infuori. "Che ci fai qui? Se mia madre ti vede ti uccide. Sono in punizione, non posso vedere nessuno."
Il ragazzo si sistemò gli occhiali sul naso ignorando l'avvertimento di Clary. "Sono giorni che non ho tue notizie! Non rispondevi al telefono, a casa non c'eri. Dove sei stata tutto questo tempo? Tua madre mi ha detto che sei dovuta scappare da una certa zia Gwen perché stava male, ma, dato che subito dopo mi ha sbattuto la porta in faccia, dubito che fosse molto sincera."
"Mia madre ti ha detto questo? Wow, pensavo fosse più brava a mentire."
Simon si passò una mano tra le ciocche castane. "Lo sapevo," sussurrò a se stesso. "Vuoi dirmi dove sei stata?"
"Sì, ok, hai ragione, ma ora non posso. È una storia lunga e complicata da raccontare e se nel frattempo mia madre dovesse sentirci ammazzerebbe me e te." Tentò di spingere via il ragazzo dalla finestra.
"No, Clary, no!" si ribellò Simon. "Mi hai già fatto preoccupare fin troppo e ora voglio sapere cosa ti è successo. Non mi importa di Jocelyn.
"Ma a me sì! Vattene, Simon, ti spiegherò tutto al telefono. Prometto di risponderti, ma adesso vai."
Il ragazzo si allontanò un po' dalla finestra. "Ok ok, ma non tentare di evitarmi di nuovo."
"Non lo farò, lo giuro."
Simon si girò per andarsene.
"Aspetta!"
Si rigirò.
"Prometti che qualunque cosa ti racconterò, per quanto strana e insensata possa essere, mi crederai?"
Lui sembrò confuso. "Sì, lo prometto. Perché? Sei entrata in qualche setta, per caso?"
"No, Simon, nessuna setta." Richiuse la finestra e tirò le tende.
Ad un tratto sentì dei passi provenienti dal corridoio che si avvicinavano alla sua camera e fece appena in tempo a gettarsi sul letto e a tirarsi le coperte fin sopra al mento che sua madre aprì la porta. Si avvicinò al suo letto e, chinandosi, le diede un bacio sulla guancia.
"È per il tuo bene, ricordalo."
E con ciò tornò sui suoi passi ed uscì dalla stanza.
"Ecco fatto, ora puoi chiamarla."
Isabelle aveva appena finito di salvare il numero di Clary sul cellulare di Jace.
I fratelli Lightwood + Herondale erano seduti attorno al tavolo della cucina e aspettavano che Jace premesse la cornetta verde.
"Izzy, come sei impaziente," disse Jace posando il telefono sul tavolo. Appoggiò i gomiti sul tavolo e si prese il viso tra le mani.
Isabelle spostò lo sguardo da lui al telefono, poi di nuovo su di lui e ancora sul cellulare. "Stai scherzando, spero."
"Cosa intendi con questo?"
Isabelle si tirò su dritta e scoccò a Jace uno sguardo fulminante.
Alec, accanto alla sorella si prese il viso tra le mani e guardò serafico i due. "Comincia lo spettacolo."
"Tu," cominciò la ragazza. "Sei piombato nella mia stanza alle sei del mattino." Il suo tono di voce si alzò. "Mi hai svegliata per tempestarmi di: 'Ce l'hai il numero di Clary? Me lo dai? Eh? Me lo dai? Eh? Eh? Eh?'. E ora che te l'ho finalmente dato tu neanche la chiami?"
Jace parve pensarci un attimo. "Sì."
Isabelle rimase impassibile per qualche secondo, dopodiché si alzò e in un men che non si dica aveva afferrato un grosso mestolo impugnandolo saldamente con entrambe le mani. Il ragazzo si spostò indietro sulla sedia sgranando gli occhi.
Izzy avrebbe probabilmente fracassato l'oggetto sul cranio di Jace se Alec non si fosse messo in mezzo bloccandola.
"Ehi ehi ehi, frena i tuoi istinti omicidi!" Cautamente le sfilò il mestolo di mano e lo spostò su una mensola in alto dove lei non sarebbe riuscita a raggiungerlo.
Jace intanto era ancora sconvolto. "Te l'ho già detto che sei una pazza e che devi starmi lontano?" Si alzò in piedi alzando la voce. "Prima la padella e ora il mestolo! Ti piace pestare a sangue le tue vittime con utensili da cucina? La prossima volta cosa mi tirerai contro? Un tagliere con tanto di coltello e salame da affettare?"
Alec, ancora una volta, si mise in mezzo tra i due fratelli. "Ragazzi, per favore. Non avete più dieci anni. Siate maturi."
Izzy incrociò le braccia e sbuffò. "Odio quando hai ragione. Ok, mi calmerò, a patto che quella sottospecie di dugongo biondo prenda in mano il cellulare e chiami Clary."
Jace fece una smorfia. "Dugongo biondo?"
"Esatto, Jace. Dugongo. Ora chiama Clary così posso tornare a farmi gli affaracci miei senza dover pensare che i miei fratelli rischiano di ammazzarsi a vicenda," si intromise impaziente Alec.
Jace guardò entrambi. "Non capisco perché siete così impazienti." Si alzò e andò al frigorifero per versarsi un bicchiere d'acqua.
"E io non capisco perché tu non prendi in mano quel cavolo di telefono." Izzy fece un sorriso. "Aspetta un attimo." Osservò il fratello continuando a sorridere.
Alec la guardò. "Cosa?"
Isabelle tornò a guardare Jace e assunse un'aria di superiorità. "Jace, sei nervoso per caso?"
Lui per poco non soffocò nel bicchiere. Cominciò a tossire e Alec dovette tirargli numerose pacche sulla schiena. "Lo vuoi fare annegare, adesso?" si rivolse alla sorella.
"Non ci credo! Jace Herondale nervoso di chiamare una ragazza. Cos'altro succederà oggi? Pioveranno dugonghi dal cielo?" Si portò le mano dietro alla testa e guardò i fratelli.
"Io non ho ancora capito cosa sia un dugongo," precisò Jace dopo essersi calmato. "E non sono nervoso. È solo che non vorrei disturbarla nel caso stesse ancora dormendo."
"Seriamente, Jace. Con tutte le scuse proprio questa dovevi usare? Sono le quattro del pomeriggio," gli fece notare Alec.
Jace guardò l'orologio. "Le quattro? Caspita, come vola il tempo quando ci si diverte. Beh, io andrei." Si diresse svelto alla porta.
Izzy a quel punto afferrò il cellulare che il ragazzo aveva lasciato sul tavolo e premette la cornetta verde sul contatto di Clary. "Jace?"
Lui si girò e Isabelle gli tirò il telefono facendogli l'occhiolino. "Buona fortuna!"
Il ragazzo lo afferrò al volo per non farlo cadere e guardò con orrore lo schermo. Fece per chiudere la chiamata quando dall'altro capo del telefono si sentì una voce.
"Pronto?"
Jace sgranò gli occhi e guardò con odio i due ragazzi che sghignazzavano soddisfatti. "Io vi odio," sussurrò.
"Pronto? Chi è?"
Si portò il telefono all'orecchio. "Pronto Clary, sono io. Jace." Mimò il gesto di tagliare la gola ad entrambi e poi scomparì nel corridoio.
I due ragazzi rimasti in cucina si guardarono e scoppiarono in una risata fragorosa.
"Ti disturbo?"
Jace entrò in camera sua e si chiuse la porta alle spalle.
"No, anzi, mi fa piacere sentirti."
Si sedette sul bordo del letto.
"Anche a me fa piacere sentirti." Sorrise. "Come ha reagito tua madre quando sei tornata a casa?"
Dall'altro capo del telefono Clary sospirò. "Non parliamone. Non l'ho mai vista tanto arrabbiata in vita mia. Ha cominciato a sbraitare cose insensate sui Lightwood, su di te, su chiunque e al termine di ciò mi ha messa in punizione."
"In punizione? Che genere di punizione?"
"Confinata in casa per un mese. Non posso vedere nessuno, nemmeno il mio migliore amico Simon." Fece una pausa. "Ti ho già parlato di Simon, vero?"
Jace se lo ricordava. La mattina dopo che si era risvegliata dal suo lungo sonno l'avevano passata insieme a parlare del più e del meno. Lei gli aveva parlato del suo amico Simon, il ragazzo che aveva visto con lei quel giorno al Java Jones, il quattrocchi. Dal modo in cui ne aveva parlato, anche adesso attraverso la cornetta, si capiva perfettamente quanto ci tenesse a lui. Ma Jace non era geloso, capiva che erano solo amici. Niente di più.
"Sì, me ne hai parlato."
Confinata in casa per un mese. Ed ecco che il suo piano di invitarla ad uscire si sfracellava in mille pezzi.
"C'è qualcosa che non va?"
"No, perché?"
"Non so, il tuo tono è diventato strano."
Jace afferrò il bordo del copriletto e cominciò a giocarci. "No, è solo che...ecco..." Si guardò intorno. Era il caso di dirglielo o faceva meglio a scordarsene? "Avevo intenzione di chiederti di uscire."
Non appena pronunciò quelle parole si tappò la bocca con una mano. Erano uscite così, di botto.
Dall'altra parte Clary rimase in silenzio per qualche attimo.
"Ah. Beh, mi dispiace, ma da come ti ho detto sono rinchiusa qua dentro."
Jace si morse il pugno. Non avrebbe dovuto dirlo. È ovvio che non avrebbe mai accettato, neanche se fosse stata libera di vederlo. Loro due erano troppo diversi.
Clary sembrò capire il motivo del suo silenzio. "Ma se non fossi in punizione, uscirei con te. Volentieri."
Jace smise di mordersi il pugno. L'aveva detto veramente? "Davvero?"
"Sì, certo."
Dall'altra parte si sentì il rumore di una porta che si apriva. "Mamma!"
Una voce le chiese con chi stesse parlando.
"È solo Simon. Scusa Simon, ti richiamo più tardi."
E la conversazione si interruppe.
Jace posò il cellulare sul materasso e si alzò in piedi. Aveva detto che sarebbe uscita con lui.
Sorrise. Avrebbe escogitato qualcosa.

 

Nota dell'autrice:
您好! [Ni hao (ciao)]
Il capitolo tanto atteso da alcuni di voi è finalmente arrivato!
Ringrazio sempre chiunque legga la storia, la commenti, la aggiunga alle preferite/ricordate/seguite e bla bla bla... Lo so, sono parecchio ripetitiva, ma ci tengo a ringraziarvi della vostra attenzione. Per me vale tanto.
Lasciate una recensione facendomi sapere le vostre opinioni, previsioni, consigli ecc...
谢谢和再见 [Xièxie hé zàijiàn (grazie e arrivederci)]
(Mi sono fissata col mandarino, non fatemene una colpa)

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


“Aspetta un attimo. Quindi, ricapitolando, esistono demoni, vampiri e fate?"
"E anche angeli, lupi mannari, stregoni."
"Ok, questo è assurdo. Figo, ma assurdo."
Clary era al telefono con Simon ormai da un'ora. Era stata costretta a spiegargli tutto ciò che era accaduto nell'ultima settimana e, con ciò, anche l'esistenza del Mondo delle Ombre. Fortunatamente, il ragazzo non aveva reagito come si era aspettata. Era convinta che una volta spiegata la situazione Simon le avrebbe riattaccato prendendola per una pazza e mettendo fine così alla loro lunga amicizia. Invece aveva creduto ad ogni sua parola e in più credeva fosse una, sue testuali parole, figata.
Clary era sdraiata sul suo letto e giocherellava con l'orlo della maglietta di cotone. "Lo so bene."
"Questa cosa dei cacciatori di demoni poi è ancora più una figata. Devono essere così...fighi!"
"Ok, Simon. Ho capito, per te è tutto figo. Ora basta ripetere quella parola all'infinito." Ridacchiò.
"Hai ragione, è solo che non mi sarei mai aspettato che...oh o," si interruppe Simon.
"Oh oh cosa?"
"Il cellulare è al'1 % di batteria. Ti richiamo domani così..."
E la linea cadde.
"Simon? Pronto?" Allontanò il telefono dall'orecchio e lo guardò una volta prima di posarlo sul comodino. Avrebbero ripreso la conversazione l'indomani.
Si alzò dal letto e si diresse all'armadio per indossare il pigiama. Ormai era quasi mezzanotte e Clary cominciava a sentire la stanchezza che sopraggiungeva.
Mentre apriva le ante si ritrovò a pensare alla telefonata che aveva avuto con Jace il giorno prima. Era stata così felice di sentirlo, anche solo per qualche minuto. Non si sarebbe mai aspettata di essere così contenta per una sua chiamata, si era stupita del sorriso che le aveva illuminato il viso quando aveva sentito la sua voce dall'altro capo del telefono. E poi lui le aveva chiesto di uscire. Quanto avrebbe voluto poter passare un pomeriggio con lui, da soli, lontani da qualsiasi altro pensiero. Ma tutto ciò non era possibile per almeno un altro mese, e anche allora avrebbe dovuto fare tutto di nascosto. Ci era rimasta male, certo, quando aveva realizzato che non avrebbe potuto accettare il suo invito, ma appena aveva sentito il suo tono incredulo quando lei gli aveva risposto che sarebbe uscita volentieri con lui, il sorriso era tornato a splenderle sul viso lentigginoso.
Fece per slacciarsi i jeans quando sentì di nuovo quel rumore che l'aveva svegliata la mattina precedente. Che fosse Simon che aveva corso fino a casa sua per finire la conversazione? Impossibile. Le loro case non erano così vicine, per arrivare fino a lì ci avrebbe messo decisamente più tempo. Si diresse alla finestra e sgranò gli occhi quando si accorse di chi stava dall'altra parte della finestra.
Con il suo solito abbigliamento total black, ecco Jace che le sorrideva attraverso il vetro.
"Parli del diavolo e spuntano le corna," pensò.
Clary aprì la finestra. "Jace? Che ci fai qui? È quasi mezzanotte," sussurrò per non farsi sentire da sua madre.
Lui si sporse verso di lei sorridendo. "Non accetto mai un no come risposta."
Clary per poco non si sciolse alla vista del suo sorriso, ma si ricompose in fretta. "Di cosa stai parlando?"
Lui appoggiò la mani sul davanzale. Fece leva con le braccia e Clary ebbe appena il tempo di spostarsi dalla finestra che il ragazzo entrò con un balzo nella sua stanza.
"No, Jace. Non puoi stare qui."
Lui la ignorò e si guardò in giro. "Bella stanza." Dopodiché si diresse all'armadio aperto e ci frugò dentro tirandone fuori una giacca leggera di pelle rossa.
"Cosa stai facendo?" Clary era nervosa. Non solo un ragazzo era appena saltato nella sua stanza nel bel mezzo della notte, ma sua madre avrebbe anche rischiato di scoprirli.
Jace si avvicinò e le posò la giacca sulle spalle. "Avrai bisogno di questa. La temperatura scende di sera." Le fece l'occhiolino.
"Non capisco di che stai parlando. Non puoi entrare nella mia stanza in questo modo."
"Andiamo, rilassati. Stasera ci divertiamo." Si diresse alla porta e, tirando fuori lo stilo, disegnò una runa di chiusura.
Clary lo guardò ancora più confusa. Lui si accorse del suo sguardo. "Avevi detto che eri rinchiusa e che non potevi uscire con me. Beh, è ora di farti evadere."
La ragazza sorrise. Avrebbe avuto un appuntamento con Jace? In quel momento? "Aspetta. Adesso? Nel bel mezzo della notte?"
"E in quale altro momento? Tua madre sta dormendo probabilmente, non se ne accorgerà se ti porto fuori per un paio d'ore." Tornò verso la finestra e con una sola mossa si calò fuori. "Su, vieni." Le porse la mano attraverso la finestra.
Clary si guardò alle spalle, verso la porta. Quella runa sarebbe probabilmente riuscita a tenere fuori Jocelyn, avrebbe pensato che la figlia aveva bisogno di riposo e perciò aveva chiuso la porta a chiave. Si rigirò verso il ragazzo e sorridendo gli afferrò la mano, scavalcò il davanzale e si sedette su di esso.
"Permetti?" Jace la prese tra le braccia e, sollevandola, la aiutò a scendere. Entrambi sorrisero.
"Dove andiamo?"
"È una sorpresa."
Si avviarono.
Pochi minuti dopo si ritrovarono in un parco. Clary lo riconobbe all'istante: quando era piccola sua madre la portava sempre lì a giocare con Simon. Solo che questa volta non si diressero all'area giochi, l'unico pezzo del parco che avesse mai visto, bensì imboccarono un sentiero laterale e si ritrovarono in uno spiazzo d'erba. Jace la guidò sotto un enorme albero frondoso, davanti ad un laghetto artificiale che scintillava alla luce della luna.
"Siediti."
Clary si sedette sull'erba morbida e fresca, mentre Jace frugava tra le radici sporgenti dell'albero. Ritornò con in mano un cesto da pic-nic.
"Pic-nic? A mezzanotte?" domandò sorpresa Clary mentre Jace le si sedeva accanto. Cominciò a tirare fuori il contenuto del cesto.
"Sono un ragazzo alternativo, io. Perché, non ti piace l'idea?"
"Sì, certo che mi piace. Inoltre, stasera non ho mangiato molto, quindi..." Afferrò una mela. "Abbuffiamoci," ridacchiò addentando il frutto.
Passarono l'intero pasto a chiacchierare e a ridere e quando ebbero finito si misero in riva al laghetto a guardare l'acqua.
"Ti va di fare un bagno?" chiese Jace girandosi verso di lei.
"Ma si gela! E abbiamo appena finito di mangiare, potrebbe venirci un crampo."
"Oh, andiamo. Non fare come mia madre. E poi, se ti viene un crampo, ci sono io a prenderti." La guardò speranzoso.
Lei ci pensò per qualche secondo. "Non ho il costume."
"Nemmeno io, se per questo. Ma la biancheria sì." Si alzò in piedi e si sfilò la maglietta, rivelando il petto muscoloso e l'addome liscio ricoperto di sottili cicatrici bianche. Le porse la mano invitandola ad alzarsi.
Clary lo guardò per un attimo. Nonostante l'avesse già visto mezzo nudo quella volta nel suo bagno, l'idea di stare con lui in acqua con solo la biancheria a dividerli la rendeva nervosa. Afferrò la sua mano tesa e si alzò.
Si spogliarono rimanendo in biancheria e si tuffarono nel laghetto. Se Clary avesse saputo che sarebbero finiti con fare un bagno, probabilmente avrebbe scelto della biancheria più carina.
Jace nuotò verso il centro fino a che l'acqua non gli arrivò al petto e Clary lo seguì. Essendo di una spanna e mezzo più bassa, era immersa fino al collo.
"Sei bassa," notò Jace ridacchiando.
Clary gli afferrò le spalle spingendolo in basso e lui, preso alla sprovvista, sprofondò.
"Ora non più," rise a sua volta Clary, ma lui non rimase sott'acqua a lungo e ben presto la ragazza si ritrovò a scappare dalla parte opposta per proteggersi dagli schizzi che Jace le riversava contro. Più che schizzi erano un vero e proprio tsunami, ma questi sono solo dettagli.
Jace la raggiunse in un attimo e afferrandola da dietro la sollevò e la scagliò di nuovo nel laghetto. Mentre Clary veniva gettata in acqua urlò e questo bastò per far piegare in due dalle risate il ragazzo.
"Tu!" urlò Clary puntando un dito verso Jace quando riemerse.
"Prendimi se ci riesci," la sfidò lui e prese a nuotare in fretta.
Lei, ovviamente, non riuscì a stargli dietro e ben presto si arrese lasciandosi galleggiare a pancia in su nel laghetto. Sollevò lo sguardo verso il cielo stellato e si sentì in pace come non mai a guardare quella distesa di cupo nero illuminato di puntini scintillanti. Chiuse gli occhi e rimase a galleggiare sul pelo dell'acqua ascoltando il proprio respiro regolare.
Dopo poco sentì dietro di sé un paio di braccia che la stringevano e la facevano aderire ad un corpo forte. "Che fai, dormi?" le sussurrò una voce calda all'orecchio.
Lei mugolò qualcosa continuando a tenere gli occhi chiusi. Il ragazzo sorrise e le affondò il viso nell'incavo del collo depositandole un leggero e soffice bacio sulla gola. A quel gesto Clary si bloccò e deglutì. Riusciva a sentire il respiro di Jace sul suo collo e questo le procurò un brivido che l'attraversò per tutta la lunghezza della schiena.
Il ragazzo sollevò di poco la testa e le diede un altro bacio, questa volta appena sotto la mascella. Clary tentò di rimanere calma, ma la testa si spostò automaticamente di lato lasciando scoperta la parte destra del viso. Jace prese quel gesto come un incoraggiamento a continuare e così le depositò un altro bacio sulla guancia e poi sullo zigomo. Clary aprì piano gli occhi senza però muovere di un centimetro la testa e guardò in basso, dove le mani di Jace le accarezzavano dolcemente lo stomaco.
Una delle sue mani si spostò e le afferrò la nuca girandola verso il suo viso. Le diede un bacio lieve sulla punta del naso e un altro appena sopra il labbro superiore. Il battito di entrambi andava accelerando e il ritmo dei loro respiri diventava sempre più irregolare.
La mano che le reggeva la nuca ritornò sulla sua pancia mentre l'altra si spostava verso la guancia. Con il pollice le accarezzò teneramente il viso mentre l'avvicinava a sé. Clary spostò lo sguardo sulle labbra di Jace e si ritrovò a chiedersi se era veramente questo ciò che voleva. Lui la guardò negli occhi cercando di scorgere un qualche segno di ripensamento. Lei ricambiò lo sguardo e, perdendosi in quel color ambra, capì.
"Sì," pensò. "È esattamente questo che voglio."
Lui si avvicinò lentamente e le posò un semplice bacio sulle labbra. Indietreggiò leggermente e tornò a fissarla negli occhi, ma lo sguardo durò poco perché tornò a dedicarsi alle sue labbra aprendole con le proprie. Clary sentì il suo sapore esploderle in bocca e si ritrovò ad affondargli le mani tra le ciocche dorate. Lui la fece voltare e la circondò nuovamente con le braccia in modo che i loro petti ansanti si scontrassero, potendo così percepire il respiro dell'altro a contatto col proprio. La lingua di Jace le sgusciò attraverso le labbra socchiuse e si unì alla sua mentre la sollevava leggermente dall'acqua stringendola ancora di più a sé.
Si baciarono ancora e ancora fino a che non cominciarono a tremare per la bassa temperatura. Si guardarono negli occhi sorridendo ed uscirono dal laghetto ormai congelati tenendosi per mano.


Note dell'autrice:
Ok, prima di cominciare a tirarmi addosso i pomodori vorrei dire che sono davvero in imbarazzo per il ritardo. La fissa che mi sono presa per Teen Wolf (in una settimana ho guardato due stagioni) e per The Selection (ho cominciato sei giorni fa e sto per finire il secondo libro), i pomeriggi che ho dovuto passare a studiare biologia per evitare il debito e le amiche che mi hanno trascinata fuori di casa mi hanno impedito di scrivere. Ma ora che la scuola è finita e che sono iniziate le vacanze (YEEEEEE) sarà tutto molto più facile.
Come sempre ringrazio tutti i lettori e i recensori e mi scuso di nuovo per il ritardo. Spero che questo tanto atteso primo bacio Clace mi faccia perdonare.
Vorrei anche ringraziarvi perché finalmente il prologo di Bringing her to life ha raggiunto le 700 visualizzazioni e io sono veramente felice e grata a tutti coloro che hanno sostenuto la storia fin dall'inizio. Siete davvero fantastici! Al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Si scoprì che l'idea del bagno nel laghetto era stata programmata in precedenza da Jace e perciò si era portato dietro un paio di teli per asciugarsi. Aprì la cesta da pic-nic e li tirò fuori. Ne aprì uno scuotendolo per far segno a Clary di avvicinarsi e glielo avvolse attorno alle spalle stringendola da dietro per coprirla.
"Grazie," disse lei. Lui le sorrise e la tenne stretta tra le braccia dandole un dolce bacio sulla tempia, dopodiché si staccò per avvolgersi a sua volta nell'altro telo.
Si sedettero sull'erba l'uno accanto all'altra aspettando che i loro corpi si asciugassero. L'aria fresca della sera, ora che Clary era bagnata fradicia, era diventata ancora più pungente e perciò cominciò a tremare. Jace se ne accorse e l'accolse tra le sue braccia stringendola nel tentativo di scaldarla. Lei spostò la testa indietro appoggiandola alla sua spalla e lo guardò, ricevendo in cambio un sorriso sghembo.
"Perché sorridi in quel modo?" Clary non riuscì a trattenere una risatina, era tenerissimo con quell'espressione sognante in viso.
"Perché sei bellissima."
A quelle parole Clary arrossì violentemente e si nascose nel suo petto.
"Ehi." Jace avvicinò il viso al suo. "È vero." Le diede un bacio sulla guancia. "Sei stra maledettamente bella." Strinse le gambe in modo da imprigionarla nella sua stretta e le tempestò il viso di baci. Clary scoppiò a ridere. Jace si fermò e le sussurrò: "Non dubitarlo mai."
Clary si chiese come aveva potuto pensare all'inizio che quel ragazzo che ora si dimostrava così dolce e premuroso le avrebbe mai fatto del male. Solo ora si rendeva veramente conto di aver passato la sua vita in una bugia, sempre all'erta su qualunque Cacciatore le passasse accanto.
Si ricordò di una volta, da piccola, in cui aveva curiosato tra i libri di Luke, il compagno di sua madre. Lui possedeva una libreria e lei adorava passarci il suo tempo libero a leggere i libi con le copertine più sgargianti, ma quel giorno si era addentrata nel suo ufficio e in uno scatolone nascosto sotto alla scrivania aveva trovato dei libri mai visti prima. Ne aveva aperto uno a caso e un paragrafo l'aveva colpita particolarmente, sebbene allora non avesse capito il suo significato. Parlava di come i sentimenti dei Cacciatori fossero amplificati rispetto a quelli dei mondani: quando soffrivano, soffrivano per davvero; quando amavano, lo facevano con tutto il cuore.

Siamo più umani di molti esseri umani. Quando il nostro cuore si spezza, si creano dei frammenti che non è facile rimettere insieme.

I Cacciatori erano capaci di amare come nessun mondano sarebbe mai riuscito a fare, quella caratteristica l'aveva scorta soprattutto nei Lightwood. Vedeva come Alec si donasse anima e cuore a Magnus, sebbene si rendesse conto che per tutta la vita sarebbero stati perseguitati dalle mal dicerie per la loro diversità. Vedeva Isabelle che, nonostante non avesse ancora trovato la persona adatta a lei, aveva tanto amore da dare, soprattutto ai suoi fratelli. Vedeva Maryse, il modo in cui faceva di tutto per i suoi figli, come l'aveva accolta all'Istituto. Vedeva sua madre che, sebbene tutto, era ancora una Cacciatrice. Poteva essere severa e tutto, ma la amava incondizionatamente, come una brava madre avrebbe sempre dovuto fare con i propri figli. E poi c'era Jace. Sebbene nascosto sempre da capi neri e armi, vedeva in lui un grande cuore, forse più grande ancora di qualsiasi altro Shadowhunter che le sarebbe mai capitato di conoscere. In quel momento, avvinghiati in mezzo all'erba gelata, da lui traspariva tutto l'affetto e la dedizione che tentava con tanto impegno di nascondere sotto al sarcasmo e alla facciata di bad boy.
Clary si riscosse dai suoi pensieri e si ritrovò a fissare il viso di Jace che la guardava confuso.
"Perché mi stai fissando in quel modo?" le chiese lui. "Lo so che sono incredibilmente affascinante," aggiunse con un sorriso malizioso. "Ma non serve che mi guardi con quella faccia da pesce lesso." Scoppiò in una risata mentre Clary cominciava a prenderlo a pugni sul braccio.
"Ma stai zitto!" Rise anche lei. Era ovvio che non avrebbe portato a nulla picchiarlo, i suoi pugnetti sembravano delle molliche di pane.
Jace non riusciva a togliersi quel sorriso dalla faccia, nemmeno quando prese il viso di Clary tra le mani e si avvicinò per baciarla. Lo stomaco di entrambi sembrava essere diventato il nido di mille farfalle che svolazzavano da una parte all'altra. Clary si appoggiò alla sue braccia e sotto alle sue mani sentì che Jace aveva la pelle d'oca. Non aveva mai visto in vita sua un Cacciatore avere freddo ed era persino arrivata a pensare che il sangue in parte d'angelo che scorreva nelle loro vene li riscaldasse sempre in qualche modo. Si sbagliava.
"Ok," mugugnò Jace con ancora le labbra appiccicate a quelle di Clary. "Penso sia ora di andare. Tu stai gelando, io sto gelando, non vorrei che ci prendessimo un malanno."
A malincuore i due si staccarono e si alzarono. In effetti, oltre al freddo, Clary sentiva un'enorme stanchezza. Saranno state ormai le due di notte e aveva assolutamente bisogno di dormire. Si rivestirono il più in fretta possibile per ripararsi dal gelo, anche se i capelli fradici di entrambi gli impedivano di riscaldarsi.
Clary si stava rimettendo la giacca quando venne sollevata all'improvviso in aria e si ritrovò tra le braccia di Jace.
"Vieni, ti porto in braccio. Si vede lontano un miglio che sei esausta."
Lei lo ringraziò e si strinse a lui avvolgendogli le braccia intorno al collo. Uscirono dal parco così e si diressero verso casa.
Nonostante i muscoli che imploravano pietà, Clary riuscì a scavalcare il davanzale della finestra e a rientrare sana e salva in camera sua. Jace era rimasto fuori e la guardava sistemarsi i vestiti sgualciti con i gomiti appoggiati al davanzale. Clary ritornò da lui.
"Allora io vado," annunciò lui.
Clary fece una smorfia, non voleva che se ne andasse, ma di certo non poteva rimanere lì. Lui sembrò capire la sua espressione. "Ti chiamo, ok? Organizzeremo un modo per vederci, te lo prometto."
A quelle parole un enorme sorriso illuminò il viso di Clary che annuì con enfasi. Jace si sporse verso di lei e le diede un lungo e tenero bacio. Quando si voltò per andarsene, lei rimase lì alla finestra a guardarlo mentre lui continuava a girarsi e a sorriderle. Quando scomparì dietro l'angolo chiuse la finestra e si lasciò cadere sul letto. In quel momento si portò le mani al viso e si concesse un piccolo gridolino di felicità.
"Mr. Herondale, si svegli!"
Una voce eccitata lo smosse dal suo sonno.
"Jace!"
Un cuscino lo colpì violentemente in faccia. Capì chi fosse stato ancora prima di aprire gli occhi.
"Isabelle, lasciami dormire," mugugnò assonnato voltandosi dall'altra parte.
"No! Devi raccontarmi com'è andata ieri."
A quel punto Jace aprì finalmente gli occhi e si ricordò. La sera precedente era stato con Clary, l'aveva baciata. Allora non era stato un sogno.
Si sollevò sui gomiti con un enorme sorriso stampato in faccia e guardò la sorella che lo fissava seduta sul bordo del letto.
"Dalla tua faccia capisco che è andata bene, ma voglio i dettagli." Sempre seduta, prese a rimbalzare sul materasso.
Jace si mise seduto e la guardò. "È stato wow!"
"È stato wow?" chiese lei con un sorriso a trentadue denti.
"È stato wow!" ripeté lui alzando la voce.
A quel punto Izzy si arrampicò sul letto per alzarsi in piedi e cominciò a saltare sul materasso. "È STATO WOW!" Si lanciò addosso a Jace abbracciandolo e ridendo. "L'hai baciata?" gli chiese guardandolo.
Lui fece un sorriso sghembo ricordando la notte precedente.
"Oddio, l'hai baciata!" Si buttò all'indietro sul letto.
Jace non disse niente e continuò a guardare un punto fisso sorridendo come un ebete mentre Izzy continuava a farfugliare cose come: "Lo sapevo. Oh sì che lo sapevo! Io l'avevo detto, l'avevo detto! Isabelle Lightwood colpisce ancora! Sono perfetta ad organizzare gli appuntamenti, veramente perfetta. Jace, al vostro matrimonio sarò la damigella d'onore. Dovrai ringraziarmi per l'eternità per questo."
E avrebbe continuato così per ore se Alec non fosse entrato nella stanza. "Ma che succede? Vi si sente fino al piano di sotto."
Isabelle scattò in piedi e corse dal fratello. "L'ha baciata!"
Lui si rivolse a Jace guardandolo con le sopracciglia alzate. "Veramente?"
Lui in risposta sorrise nuovamente. A quel punto Alec gli si lanciò addosso e prese a scompigliargli i capelli. "E bravo il mio parabatai!"
Izzy si unì a loro saltando di nuovo sul letto e lanciandosi addosso ai ragazzi. Si vedeva proprio che Isabelle e Alec erano fratelli.
"Devi raccontare tutto. Tutto!" A momenti Izzy era ancora più eccitata di Jace.
"Beh, non c'è molto da raccontare. Ho fatto come hai detto: sono andata a prenderla, l'ho portata al parco, abbiamo mangiato e abbiamo fatto un bagno."
"Ok, ma quando vi siete scambiati il fatidico bacio?" chiese Alec interessato.
Jace sorrise ancora. Sembrava proprio un pollo in quel momento. "Nel laghetto. L'ho abbracciata da dietro e ho cominciato a baciarle il collo e il viso. Poi mi sono avvicinato alle labbra e..."
"E...," lo intimò di continuare Isabelle.
"E nulla, ci siamo baciati."
"Oh, Jace. Sono così felice! Allora state insieme adesso?"
Ecco, a questo non aveva pensato. Cos'erano adesso? Amici? Più che amici? Insomma, gli amici non si baciano più e più volte.
"Ehm..."
"Non ci credo. Non avete DTR? " Isabelle sembrava delusa.
Jace e Alec fecero una smorfia. "DTR?" chiesero all'unisono.
Izzy passò lo sguardo dall'uno all'altro. "DTR: definire il tipo di relazione." Li guardò aspettando una loro reazione, ma si limitarono a fissarla senza espressione. "Siete proprio dei maschi."
"Sì, beh, non abbiamo pensato a fare DTM, DTL o come cavolo l'hai chiamato. Avrei dovuto pensarci."
"Non importa." Isabelle gli posò una mano sulla spalla. "Avrete tempo la prossima volta che vi vedrete."
"Hai ragione." Jace si mise di nuovo a guardare un punto indistinto. Pensò a Clary, a quanto fosse stata bella la sera prima con le goccioline d'acqua che le scorrevano giù per il corpo, con i capelli bagnati che le ricadevano sulle spalle esili. Ebbe un brivido.
Ad un tratto, con uno scatto, prese Isabelle in braccio e, alzandosi dal letto, cominciò a saltare per la stanza urlando: "L'ho baciata!"
A lui si aggiunse anche la ragazza e insieme continuarono a urlare e a ridere mentre Alec li guardava sorridente scuotendo la testa.


Note dell'autrice:
E sono riuscita a postarlo in orario!
Ok, mi ricompongo.
Salve salve!! Come state? Io bene, perché la scuola è finitaaaa!! E con ciò ho molto più tempo per scrivere e prometto di non fare più ritardi.
Spero che il capitolo 11 vi sia piaciuto, io personalmente mi sono divertita tantissimo a scrivere di Izzy versione Clace shipper.
Grazie sempre per seguire la storia, non riuscite ad immaginare quanto conti per me leggere le vostre recensioni sempre piene di complimenti e belle parole. Grazie, davvero, mi migliorate le giornate e mi spronate a scrivere ancora.
Dopo tutto questo discorso sentimentale, vi lascio. Alla prossima settimana! <3

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Clary stava pacificamente dormendo avvolta nelle coperte. La mattina si era fatta strada nella sua stanza che ora era inondata dalla luce del sole. Si svegliò lentamente rigirandosi nel letto e si trovò davanti sua madre.
"Ciao mamma," la salutò con voce impastata.
Ma lei non le rispose e quando la ragazza si sfregò gli occhi notò che in mano aveva qualcosa. Un telefono. Il suo telefono.
"Mamma, perché hai il mio cellulare?" Avevano sempre chiarito che tra loro due c'era abbastanza fiducia, quindi Jocelyn non avrebbe mai avuto una ragione per toccare il telefono della figlia. Glielo aveva promesso.
Clary si mise seduta e si sporse per tentare di acciuffare il cellulare, ma la donna fece un passo indietro.
"Metti giù il mio telefono! Cosa stai guardando?"
Lei alzò lo sguardo e nei suoi occhi vide rabbia. "Ti avevo detto di non vederli più, di non sentirli più." Agitava il cellulare e Clary temeva che l'avrebbe fatto cadere da un momento all'altro mandandolo in frantumi.
"Ma che stai dicendo? Ridammi il telefono, lo farai cadere così!" Tese la mano in avanti.
"Ah sì, non sai di cosa sto parlando? Bene, qui leggo un bel po' di chiamate negli ultimi giorni." Scorse il registro delle chiamate. "Simon, Simon, Simon, Isabelle, Jace, Jace, Jace, Simon, Jace, Jace, Isabelle, Jace, Alec, Jace, Jace." Mise giù il telefono. "Ti avevo dato fiducia, Clary. Ti ho lasciato il telefono, ma così non mi dai scelta." Si affrettò alla porta.
Clary si alzò di scatto dal letto e corse dietro sua mamma, ma lei fu più veloce ed uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle e portandosi dietro il suo cellulare.
Si scagliò sulla porta chiusa. "Mamma! Ridammelo!"
Sentì la serratura della porta che scattava e guardò sconvolta la toppa della chiave.
"Stai scherzando? Ora mi chiudi a chiave in camera mia? Mamma! Ridammi il telefono e fammi uscire! Per l'Angelo, mamma!" Si tappò la bocca in fretta e spalancò gli occhi incredula. Aveva appena detto 'per l'Angelo'?
Dall'altra parte della porta non si sentiva niente, ma Clary avvertì la presenza di sua madre. Si immaginò che avesse gli occhi spalancati e una furia cieca dipinta in volto per avere appena sentito la propria figlia usare quel linguaggio. Ad un tratto sentì dei passi svelti che si allontanavano e una porta che sbatteva.
Clary non si immaginava che sua madre, rifugiatasi in camera sua, stesse piangendo.
La biblioteca dell'Istituto di New York, con le sue pareti tappezzate di volumi rilegati, ad un primo impatto sembrava deserta. Isabelle si addentrò tra le teche contenenti vari cimeli della storia degli Shadowhunters e si diresse verso la grossa scrivania in fondo alla stanza. I soliti angeli in marmo sostenevano il peso del mobile con i visi sofferenti. La ragazza si chinò. Non aveva mai prestato particolare attenzione a quelle statue, ma ora, passando delicatamente un dito sulle loro superfici, si chiese quanta manodopera e duro lavoro avessero richiesto.
Un colpo di tosse la fece sobbalzare e si girò spostando la mano sul polso per afferrare la sua frusta dorata. A pochi metri da lei, seppellito in una poltrona rossa, c'era Jace.
Isabelle spostò la mano dal polso e se la portò al cuore. "Jace! Mi hai spaventata."
"Scusa, non era mia intenzione."
"Che ci fai qui tutto solo?" chiese una volta che il battito del suo cuore fu tornato al solito ritmo regolare.
Lui alzò una mano e agitò il suo cellulare. "Stavo tentando di chiamare Clary, ma non risponde." Sembrava un po' scoraggiato.
Isabelle, notando lo stato del fratello, si avvicinò a lui e si inginocchiò appoggiando il mento al bracciolo della poltrona. "Tranquillo, probabilmente è sotto la doccia o è fuori e ha lasciato il telefono a casa."
Lui si passò una mano tra i capelli biondi spettinandoli. "Non può essere uscita, è costretta in casa."
Izzy alzò le spalle. "Allora sua madre l'ha trascinata fuori di casa. Non so, per fare la spesa? Jace, non ti preoccupare, prova a richiamare tra qualche ora."
Lui si raddrizzò un po' sulla poltrona. "Hai ragione. È solo che dopo quella sera ci siamo sentiti tutti i giorni ed ora sembra strano non riuscire a parlarci."
"Sai cosa devi fare? Distrarti." Allungò una mano e gli prese il cellulare, che infilò nella tasca posteriore dei pantaloni di pelle attillati.
"Distrarmi? E in che modo?"
Prima che lei potesse spiegargli, Maryse entrò nella stanza.
"Oh, Isabelle! Per fortuna sei qui. E ci sei anche tu, Jace, ancora meglio. Ho bisogno che facciate una cosa per me."
"Certo, che cosa?" chiese Izzy raddrizzandosi e sedendosi sul bracciolo della poltrona.
"Sapete che il ballo in maschera sarà tra qualche giorno." A quelle parole, Jace gettò la testa all'indietro. Povero ragazzo, Maryse l'aveva costretto a venire alla festa e si sarebbe dovuto sorbire un'intera serata di noia. Non che Izzy trovasse la cosa noiosa, anzi, era eccitatissima all'idea. Sarebbe stata inoltre un'ottima occasione per sfoggiare il suo nuovo vestito fatto realizzare su misura.
"Beh," continuò la donna. "È ora di cominciare ad allestire la sala. Abbiamo già tutto l'occorrente nel seminterrato, ma quello che manca è la musica. Vorrei che oggi andaste a comprare qualche CD."
"Vuoi dire che possiamo scegliere noi la musica?" chiese Izzy eccitata.
"Sicuro, voi ragazzi avete certamente più gusto in fatto di musica."
A quel punto nella biblioteca entrarono Alec, seguito a ruota da Max.
"Io scelgo le patatine! Io scelgo le patatine!" esclamò il bambino correndo verso la madre.
"Max, calmati."
"Avevi detto che potevo dare una mano. Beh, io voglio scegliere le patatine."
Maryse gli rivolse un'occhiata divertita e sorrise. "Va bene, ma non quelle al formaggio."
Il viso del bambino si rabbuiò. "Ma come? Sono le mie preferite."
"Sì, ma lo sai che a tuo padre fanno venire i bruciori di stomaco. Niente patatine al formaggio."
Max fece il broncio per un attimo, ma ben presto ricominciò a sorridere. "Ok!" e così com'era arrivato, correndo, se ne andò. "Scelgo le patatine!"
Tutti i presenti ridacchiarono. Alec si avvicinò alla madre. "Mamma, lo so che è una festa per Cacciatori, ma può venire anche Magnus?"
"Pensavo aveste litigato," intervenì Jace dalla sua poltrona.
Alec lo guardò con un grande sorriso stampato in faccia. "Ha capito di aver sbagliato e si è scusato per come si è comportato. Abbiamo chiarito."
"Con 'abbiamo chiarito' intendi dire che avete passato tutta la mattina a..."
Maryse si portò le mani alle orecchie. "Non voglio saperlo!"
Isabelle scoppiò a ridere e Alec divenne rosso come un pomodoro. "Jace!"
"Oh, adesso fai tutto il timidone. Non oso immaginare cosa fate quando...," ma non fece in tempo a finire la frase che Alec gli si era già scagliato contro tappandogli la bocca con la mano. Isabelle crollò dal bracciolo nel pieno di una crisi di risate.
"Allora?" chiese Alec a Maryse ancora addosso a Jace.
"Sì, Alec, sì. Basta che la smettiate di parlare di cosa fate o non fate voi due," rispose liquidando il figlio con un cenno della mano.
Alec si alzò e baciò la madre sulla guancia. "Grazie mamma," e si lanciò fuori dalla stanza, probabilmente per dare al suo ragazzo la bella notizia.
"E se incenerisce uno solo dei miei invitati lo sbatto fuori a calci!" gli urlò Maryse prima che scomparisse nel corridoio.
"Mamma, penso di avere un'idea migliore dei CD," annunciò Izzy quando si fu tirata su dal pavimento. "Conosco un DJ eccezionale, potremmo chiamarlo per la festa."
"Intendi Bat il lupo mannaro?" chiese Jace.
Izzy annuì e si alzò in piedi. "Vieni, andiamo all'Hunter's Moon. Sarà sicuramente lì." Lo fece alzare e se lo trascinò dietro.
"Jace, aspetta!" lo chiamò Maryse. Il ragazzo si girò.
"Pensi di invitare quella ragazza che ti piace? Clary?"
Isabelle subito intervenne. "Sì sì sì! Devi invitarla assolutamente! Scommetto che si divertirebbe un mondo."
"Ma se non riesco neanche a chiamarla come faccio a chiederglielo?"
"Tranquillo, ti ho detto che ti risponderà." Gli poggiò una mano sulla spalla.
"Ma se anche rispondesse come farebbe a venire? Sua madre preferirebbe morire che lasciarla andare ad una festa piena di Cacciatori." Jace sembrava rassegnato.
Isabelle rifletté per un attimo con tanto di mano al mento, poi il suo viso si illuminò e guardò la madre. Lei le restituì uno sguardo confuso.
"Non ti devi preoccupare per questo, mi sta già venendo un'idea." Incrociò le braccia e un sorrisetto diabolico le si dipinse in faccia.
Dopo che i due ragazzi tornarono dall'Hunter's Moon, Isabelle corse a cercare sua madre. Durante la mattina avevano fatto visita a Bat per chiedergli di fare da DJ alla loro festa e, sebbene lui non fosse entusiasta all'idea di starsene tutta una sera in una stanza piena di Shadowhunters, accettò. Non avrebbe mai potuto dire di no con tutti i soldi che gli avevano offerto (Isabelle aveva 'leggermente' sforato il budget che le era stato concesso, ma quei soldi erano stati ben spesi).
Isabelle trovò sua mamma in cucina. Tutta la mattina l'aveva passata ad articolare il piano che le era venuto in mente ed era ora di parlarne con Maryse se voleva avere il suo aiuto. Lei, ovviamente, accettò di aiutarla e prese subito in mano il telefono per fare una chiamata a Luke, il compagno di Jocelyn.
Isabelle, dopodiché, sfrecciò come un razzo fino alla casa di Clary e bussò alla sua finestra. Sentì dei passi che si avvicinavano e una voce che sbottava: "Ma siete fissati con 'sta finestra!" Clary si affacciò e si stupì a vedere Izzy. "Isabelle! Devi dire a Jace che mia madre mi ha preso il telefono. Ho sentito che squillava parecchie volte oggi e non vorrei che..."
"Vuoi venire ad una festa?" la interruppe.
Clary la guardò dispiaciuta, sul viso dipinte le parole che voleva dire: "Sono rinchiusa qua dentro."
Isabelle la prese per il polso. "Ho un piano." Abbassò la voce. "Ci sarà anche Jace," le sussurrò all'orecchio.
A sentire il suo nome, Clary sorrise e annuì con vigore. Izzy le spiegò il piano.


Note dell'autrice:
Ehi! Eccoci qui ancora. Nuovo capitolo, il dodicesimo, scritto apposta per voi: i miei lettori preferiti. In questo capitolo il punto di vista di Isabelle regna, dovevo darle un po' di spazio per architettare il suo piano diabolico (che tanto diabolico non è). I prossimi capitoli, anche se non sono ancora scritti, penso saranno i più interessanti e i più belli (non che abbia qualcosa di particolarmente speciale in serbo, ma di certo saranno meglio dei precedenti).
Un'altra cosa: la storia sta volgendo alla fine, ancora un paio di capitoli e sarà completata. Spero che, anche una volta terminata, continuerete a seguirmi lo stesso.
Recensite come al solito e restate sintonizzati!
Alla prossima settimana!

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


"Allora, come sto?" chiese facendo una giravolta su se stessa.
"Sei splendida." Luke era incantato. Erano anni che non vedeva Jocelyn con un vestito, specialmente non uno così bello. Indossava un lungo abito verde acqua con spalline sottili e una discreta scollatura. Sul fondo era impreziosito da alcune perline di una tonalità più chiara rispetto alla stoffa. Era bellissima.
Si avvicinò a lei e le diede un dolce bacio sulla fronte, lei in risposta sorrise raggiante. "Non mi vuoi proprio dire dove mi porterai stasera?"
"Assolutamente no, è una sorpresa." L'afferrò delicatamente per le spalle e la condusse verso la porta di casa. Prima di uscire, si diresse verso la stanza di Clary. Bussò e aprì lievemente la porta. "Noi andiamo."
"Divertitevi!" urlò la ragazza per farsi sentire anche da Jocelyn.
Luke le fece l'occhiolino e si richiuse la porta alle spalle. "Pronta?" chiese offrendo il braccio alla sua compagna.
"Prontissima," rispose lei stringendosi a lui. Uscirono di casa e si diressero verso il giardino sul retro.
"Ma dove andiamo?" chiese Jocelyn confusa. Luke in tutta risposta le sorrise e arrivarono nel giardino. In piedi, davanti al muro posteriore della casa, si trovava Magnus Bane, il Sommo Stregone di Brooklyn. Quando Jocelyn lo vide strabuzzò gli occhi, ma ciò che le fece definitivamente spalancare la bocca fu il Portale che risplendeva dietro alle sue spalle.
"Buona sera," esordì lo stregone con un sorriso affascinante. Risplendeva nel suo completo blu notte ricoperto di lustrini da capo a piedi. "Prego." Li invitò ad avvicinarsi al portale.
Jocelyn guardò Luke con fare interrogativo.
"Non preoccuparti. Ci divertiremo." Si rivolse a Magnus. "Grazie Magnus." Tenne stretta la sua compagna e, dopo aver visualizzato bene la destinazione prescelta, insieme attraversarono il Portale.
Poco prima di scomparire però, Luke sentì Magnus sussurrargli qualcosa. "Ringrazia Isabelle per questo."
La porta si aprì lievemente. "Noi andiamo," annunciò Luke sorridendo alle due ragazze.
Clary era davanti allo specchio e si teneva i capelli sollevati intanto che Isabelle finiva di allacciarle il vestito. "Divertitevi!" urlò per farsi sentire dalla madre.
Luke fece l'occhiolino ad entrambe e si richiuse la porta alle spalle.
"Diamine Isabelle, questo vestito è così strano!"
Lei le rivolse uno sguardo accigliato attraverso lo specchio. "Definisci strano."
"Non lo so," Passò le mani sul corpino aderente. "È che non sono abituata a indossare un abito."
"Oh, Clary. Sei stupenda!" esclamò Izzy dopo aver finito di allacciarle il vestito.
In effetti, anche Clary in quel momento si vedeva bellissima. Il lungo abito era composto da un corpino aderente nero senza spalline ed una gonna svolazzante. Sulla stoffa della gonna si mescolava un insieme di sfumature di blu, viola e bianco. Era probabilmente il vestito più bello che avesse mai visto. Isabelle le aveva raccolto i capelli in una morbida acconciatura e sigillato il tutto con un fermaglio ricoperto di pietre scintillanti. Inoltre, l'aveva truccata richiamando i colori dell'abito. Sembrava una principessa.
"Bene, è ora che ti mostri le tue scarpe." Izzy si diresse verso una scatola che aveva appoggiato sul letto. Quella sera si era intrufolata nella sua stanza dalla finestra (che novità) portando con sé un borsone pieno di tutto ciò che le sarebbe servito per prepararla alla festa in maschera all'Istituto. Si era messa al lavoro facendo il massimo silenzio per non farsi beccare da Jocelyn. Intanto che le acconciava i capelli le aveva spiegato il suo piano in ogni suo punto e aveva specificato che solo Luke, Magnus, Maryse e Alec ne erano a conoscenza.
Indossava un lungo abito rosso fuoco con le spalline sottili e un profondo scollo che metteva in risalto le rune sul petto. Ai piedi portava dei veri e propri trampoli: un paio di décolleté nere con plateau e ricoperte di borchie. I capelli neri come la pece erano stati lasciati lunghi e lisci sulla schiena.
Dalla scatola tirò fuori un paio di scarpe identiche alle sue, ma blu. Le mostrò a Clary sorridendo e agitandole. "Allora, che ne pensi?"
"Oh...wow!" Non erano esattamente il suo stile, ma doveva ammettere che erano magnifiche. Si chiese se le sarebbero state bene come lo stavano a Izzy.
"Le ho prese coordinate, pensavo sarebbe stata una cosa carina." Le fece cenno di avvicinarsi.
"Lo credo anche io." Si sedette sul letto e si fece infilare le scarpe. Provò ad alzarsi in piedi e barcollò. "Wooo! Cado!"
Isabelle scoppiò a ridere. "Non cadi, tranquilla. Prova a camminare."
Con incertezza Clary mosse qualche passo e, nonostante traballasse un po', non se la cavò poi così male.
Izzy si mise una mano sotto il mento. "Avrei dovuto farti esercitare un po' durante gli altri giorni, ma vai abbastanza bene. Ti abituerai." Batté le mani. "Bene, è ora di andare." Si diresse verso la finestra da cui era entrata, ma fu fermata dal colpo di tosse di Clary.
"Usciamo dalla porta, ok?"
Izzy si portò una mano alla fronte. "Hai ragione." Puntò un braccio avanti e indicò l'uscita. "Alla porta!" e, come un generale militare, si diresse all'ingresso.
Clary la seguì sorridendo e barcollando sui suoi trampoli.
"Nera o rossa?"
Alec osservò pensieroso le cravatte che Jace gli stava facendo penzolare davanti. "Blu."
"Hai ragione." Si buttò le cravatte alle spalle e tirò fuori quella blu. Gliela porse e Alec la afferrò. "Allora, Magnus è già arrivato?"
"No, non ancora. Aveva una faccenda da sbrigare, ma arriverà a momenti," rispose Alec tentando di allacciarsi la cravatta, ma con scarsi risultati.
Jace guardò l'amico con un sopracciglio alzato. "Lascia fare a me." Lo aiutò con il nodo. "È incredibile che in diciotto anni tu non abbia mai indossato una cravatta."
"Allora," cambiò argomento. "Clary verrà stasera?"
L'espressione di Jace si rabbuiò. "No, insomma, non la sento da giorni e non ho potuto invitarla. Ma non importa, di sicuro non sarebbe riuscita a venire." Finì di allacciargli la cravatta. "Ecco fatto." Si spostò davanti allo specchio e si allacciò la camicia bianca.
Alec lo guardò da dietro le ciglia e sorrise. Adesso era deluso, e ciò lo dispiaceva, ma più tardi...
"Non oso immaginare cosa avrà deciso di indossare il tuo sbrilluccicante fidanzato questa sera." Scrollò le spalle. "Staremo a vedere."
"Non ha voluto parlarmene, ha detto che era una sorpresa. Ora ho paura che si presenti indossando una maglietta con una freccia che punta verso il basso e la scritta: 'Un nephilim è stato qui'."
Jace scoppiò a ridere. "Ne sarebbe capace, probabilmente."
Alec rise con lui e gli porse una maschera. "Questa è tua."
Jace se la rigirò tra le mani. Era una semplice mascherina nera di velluto, fortunatamente. Si era già immaginato Maryse che gliene comprava una ricoperta di piume di pavone rosa fluorescente. Pensandoci, era più probabile che Magnus ne avrebbe indossata una di quel genere quella sera. Alec ne indossava una uguale, solo che, invece che nera, era della stessa tonalità della sua cravatta. Aveva avuto ragione, decisamente meglio la cravatta blu.
Si sedette sul bordo del letto e si infilò le scarpe. Aveva combattuto a lungo con Maryse perché gli lasciasse portare le sneakers, ma quella donna era più cocciuta di tutta la famiglia messa insieme e così aveva ceduto ad indossare delle scarpe eleganti. Si alzò in piedi, infilò la camicia nei pantaloni lasciandola morbida e si allacciò la cintura. Si guardò allo specchio e si passò una mano tra i capelli biondi dandogli quel solito aspetto spettinato che faceva impazzire le ragazze.
"Andiamo?" Si girò a guardare Alec. Era vestito similmente a lui, ma ciò che li differenziava era la cravatta.
"Non metti la cravatta?"
"No," Si toccò il collo. "Non riuscirei a stare tutta la sera accollato." Rabbrividì per finta. "Che incubo."
Ridacchiarono e, indossate le maschere, scesero al piano di sotto. Maryse li aspettava vicino alle scale e, appena li vide, si avvicinò. "Ragazzi, state benissimo." Accarezzò le guance ad entrambi. "Su, la festa è iniziata!"
A quel punto spuntò Max con un mini smoking e una maschera di Spider man. "Ho scelto le patatine, andiamo! Dovete assaggiarle!" Li prese per i polsi e li trascinò verso la sala dove si teneva il ricevimento. Maryse seguì i due uomini e mezzo fino ad una svolta. "Se avete bisogno di me, sarò all'ingresso ad accogliere gli ospiti. Divertitevi!" Scomparì dietro l'angolo.
I ragazzi arrivarono davanti alla porta della sala e Max la spalancò. Lungo il corridoio avevano già incontrato delle persone e dal vociare che proveniva dal piano di sotto capivano che ce n'erano di altre, ma non si aspettavano che la sala fosse così piena. C'erano Cacciatori ovunque, vecchi e giovani. Le ragazze avevano sostituto la tenuta nera con vestiti sgargianti e tacchi da brivido; i ragazzi erano tutti molto eleganti, chi con la cravatta e la giacca, chi senza.
Jace aveva pensato per tutte quelle settimane che alla festa ci sarebbe stata un'aria di noia, con persone annoiate che se ne stavano sedute annoiate a mangiare cibo noioso con in sottofondo musica noiosa. E invece, con sua grande sorpresa, sembrava che tutti si stessero divertendo. Lungo una parete erano allineati tavoli stracolmi di cibo dall'aria deliziosa (non poteva di certo mancare la ciotola con le amate patatine di Max) e la musica che si diffondeva per la stanza era moderna e orecchiabile. Tutti i presenti sorridevano; c'era chi ballava, chi chiacchierava, chi si avventava sul buffet. E, ovviamente, non mancavano le maschere. Di mille colori e sfumature, adornate di piume, lustrini, perle, pietre preziose, inserti luminosi.
Forse, dopotutto, quella festa non sarebbe stata poi così noiosa come si era aspettato.
Jocelyn e Luke sbucarono in un vialetto secondario e il Portale si richiuse immediatamente alle loro spalle. Jocelyn si sistemò il vestito lisciando le pieghe con le mani. Luke le porse di nuovo il braccio. "Mi voglia seguire, signora."
Lei sorrise e si incamminarono verso la strada più trafficata. Luke le posò le mani sugli occhi. "È una sorpresa," le sussurrò all'orecchio.
Camminarono per circa cinque minuti e cominciarono a sentire in lontananza della musica. L'aveva portata in una discoteca? In un locale? Non erano un po' troppo 'vecchi' per quelle cose? Salirono dei gradini e si fermarono.
"Pronta?" le chiese. Lei annuì. A quel punto i suoi occhi tornarono a vedere, ma forse, in fondo in fondo, avrebbe preferito che rimanessero coperti dalle mani di Luke.
Davanti a lei si stagliava l'imponente struttura dell'Istituto di New York, con le sue alte guglie che perforavano il cielo buio e senza fine della città che non dorme mai e, proprio di fronte al portone, si trovava Maryse in un elegante abito blu scuro. La donna porse la mano alla coppia in un gesto di benvenuto e fece un profondo sorriso.
"Benvenuti, vi stavamo aspettando."


Note dell'autrice:
Buon giorno! Felici che sia arrivato il giovedì? Spero di sì. Come al solito, ecco il nuovo capitolo. Devo ammettere che mi sono davvero divertita a scriverlo, sarà perché l'ho progettato nella mia testa per mesi.
Grazie come sempre a tutti i lettori e a chi commenta e segue la storia. Ora che ci stiamo avvicinando alla conclusione (penso che manchino ancora uno o due capitoli, devo ancora decidere) comincio a rendermi conto che mi mancherà il fatto di postare un capitolo ogni settimana e anche tutti questi bei lettori che mi rendono tanto felice. Ovviamente continuerò a scrivere, pubblicherò OS ogni tanto, ma per ora non ho in mente ancora nessuna idea per delle storie a capitoli.
Alla prossima!

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Clary e Isabelle uscirono di casa e si diressero verso il giardino sul retro, avrebbero usato un Portale per raggiungere l'Istituto. Clary si aspettava di trovare Magnus ad attenderle e in effetti era proprio così. Se ne stava lì in piedi avvolto nel suo scintillante completo blu e alle sue spalle si apriva il Portale, ciò che non si aspettava era che al suo fianco ci sarebbe stato Simon.
Smise di camminare e si bloccò a metà strada, Isabelle se ne accorse e si girò. "Sorpresa!" esclamò aprendo le braccia in direzione di Simon. Lui indossava un paio di jeans blu ed una camicia bianca e se ne stava con le braccia conserte chiaramente messo in soggezione dall'imponente stregone alla sua sinistra.
"Che ci fai qui?" chiese Clary stupita.
Fu Isabelle a rispondere al posto suo. "Pensavo che ti avrebbe fatto piacere portarlo alla festa. È il tuo migliore amico, no? Così ho fatto un po' di ricerche e ho trovato dove abitava." Abbassò il tono della voce per non farsi sentire dagli altri. "E poi è carino," concluse con un sorrisetto malizioso.
In effetti, ora che Clary lo guardava meglio, quella sera era proprio bello. Non portava gli occhiali, probabilmente sostituiti da un paio di lenti a contatto o sarebbe già andato a finire contro una cabina telefonica, e i capelli erano tirati indietro lasciando scoperto il viso dai lineamenti delicati.
Magnus in quel momento si schiarì la voce. "Non vorrei interrompere questo momento di contemplazione del mondano, ma si sta facendo tardi e io non ho ancora visto il mio splendido fiorellino. Che ne dite se ce ne andiamo alla festa?"
"Hai assolutamente ragione, Magnus. Alec ti aspetta con ansia." Prese sottobraccio Simon che prontamente arrossì. "E la nostra amica Clary deve vedere il suo principe dorato." Si avvicinò al Portale e lo attraversò portandosi dietro Simon. Clary si domandò quante volte avrebbe ripetuto 'figata' quella sera, a partire dal momento in cui sarebbe uscito dal Portale. Se lo immaginava già: "Quel Portale è una figata, ti catapulta da un posto all'altro in nemmeno due secondi." Clary sorrise al pensiero.
Magnus le si avvicinò e le offrì il braccio. "Vogliamo andare?" Clary lo afferrò e si strinse a lui un po' in ansia per il suo primo viaggio con un Portale. Lui parve leggerle nel pensiero. "Non preoccuparti, ci metteremo un attimo."
Si avvicinarono ed attraversarono la superficie traballante. Effettivamente, vennero catapultati da un posto all'altro in nemmeno due secondi.
Jocelyn indietreggiò di scatto e finì per scontrarsi con Luke che, tentando di rassicurarla, le poggiò le mani sulle spalle. "Tranquilla, adesso ti spiego tutto."
La donna si girò velocemente e gli rivolse uno sguardo di fuoco. "Come hai potuto farmi una cosa del genere?" Il suo tono di voce era basso ma tagliente quanto una lama del Paradiso. "Tu sei il mio compagno, Luke! Il mio migliore amico, la persona che meglio mi conosce al mondo. Come hai potuto portarmi qui, in mezzo a tutti questi Cacciatori?" Pronunciò quella parola come se fosse veleno nella sua bocca.
A quel punto Maryse intervenne nella discussione. "Jocelyn, non è stata un'idea di Luke. Ti ha portata qui per il tuo bene, per farti capire che non siamo come tu pensi. Ricordi che una volta eri come noi?"
Prima che Jocelyn potesse aprir bocca, Luke parlò. "Hai passato tutti questi anni a ribollire nella tua stessa rabbia e non hai mai dato la possibilità a nessuno di farti vedere la realtà. Hai subito una tragica perdita, la peggiore che si possa immaginare, e ne sei rimasta talmente sconvolta da chiudere completamente la tua mente." Lo sguardo di Jocelyn si fece cupo a ricordare la sua famiglia scomparsa. "Fino ad oggi non ho mai tentato di dissuaderti, ma è arrivato il momento che qualcuno intervenga." Le diede un bacio sulla fronte e i suoi muscoli contratti parvero rilassarsi per un momento. Aveva colpito un tasto dolente. "Noi vogliamo solo il meglio per te, dacci la possibilità di mostrarti com'è in realtà questo mondo."
Nessuno aveva la capacità di calmare Jocelyn quanto Luke. Anche nei momenti più stressanti e difficili, lui era come un bicchiere d'acqua fresca dopo una lunga camminata. Le infondeva calma e sicurezza, riusciva a rilassarle i nervi come nessuno, nemmeno il suo precedente marito, era mai riuscito a fare. Se avesse ascoltato quelle parole da una persona diversa, sarebbe già corsa via diretta verso casa, il suo luogo sicuro. Ma a sentirle fuoriuscire dalla bocca da Luke assumevano un significato diverso. Lui era la sua ancora, la sua sicurezza, la sua casa, voleva solo il meglio per lei. Si chiese se fosse veramente quello di cui aveva bisogno, cambiare idea. Metà della sua vita aveva covato rabbia su rabbia e ciò non le aveva di certo facilitato la vita, e se tutto ciò fosse finito? Guardò il suo Luke nei brillanti occhi azzurri.
"Io...non lo so, Luke. Non so ciò che è giusto fare."
"Dai a me e a Maryse una possibilità." Jocelyn si voltò a guardare l'altra donna che le rivolse un sorriso amichevole. Sembrava cambiata in tutti quegli anni. "Se vorrai andartene, torneremo a casa immediatamente. Ma almeno lasciaci provare." Sentì la mano di Luke che stringeva la sua e chiuse gli occhi. Ripensò a quando era giovane, come aveva fatto a non accorgersi che era lui la persona giusta per lei? Aveva impiegato troppi anni per rendersene conto.
Jocelyn era una donna molto testarda, ma non era stupida, capiva quando era il momento giusto di allentare la presa.
Strinse la mano di Luke e si lasciò guidare verso l'entrata dell'Istituto mentre il cuore le sprofondava.
Clary venne scagliata sul marciapiede e, se non ci fosse stato Magnus a sorreggerla, molto probabilmente sarebbe finita a terra. Si sistemò il vestito e guardò intorno a sé. Erano davanti all'Istituto, da cui proveniva della musica e un intenso vociare. Sulle scalinate sostavano un gran numero di Cacciatori e immaginò che all'interno ce ne fossero ancora di più. Sembravano tutti molto allegri, con sorrisi scintillanti stampati in faccia. Proprio davanti a lei c'erano Isabelle e Simon, si staccò da Magnus e li raggiunse. Simon era parecchio frastornato e continuava a guardarsi in giro, probabilmente per cercare di capire che fine avesse fatto il portale. Avrebbe fatto così tutta la serata, continuando a ripetere la parola 'figata' in continuazione mentre accanto a lui passavano Shadowhunters e i pochi Nascosti presenti alla festa.
Isabelle aprì la borsetta rossa e ne estrasse tre maschere. "Non dimentichiamoci di queste," ricordò mentre ne tendeva una ad ognuno. La sua era nera e in stile veneziano, decorata da lunghe piume rosse e bianche e brillantini color oro. Quella di Simon era molto semplice, nera e lucida. La maschera di Clary invece era di un color blu brillante che si intonava perfettamente al suo vestito; non aveva piume o applicazioni complicate, era semplicemente decorata da ghirigori bianchi e neri che si intrecciavano sul tessuto. Era davvero bellissima.
Clary si girò e vide Magnus che tirava fuori dalla tasca posteriore una maschera tale e quale al suo completo blu scintillante, era stranamente semplice rispetto al suo solito abbigliamento. Si infilarono tutti le maschere e si diressero verso l'entrata dell'Istituto.
Appena varcata la soglia videro una sagoma nera e bianca che si avvicinava in fretta verso di loro e si scagliava su Magnus. Alec gli buttò le braccia al collo e lo strinse in un profondo abbraccio che lo stregone ricambiò. "Mi sei mancato, fiorellino."
"Ci siamo visti due giorni fa," mormorò Alec con il viso affondato nell'incavo del collo del suo ragazzo.
"Mi sei mancato lo stesso."
Isabelle aveva letteralmente gli occhi a cuoricino. Quando i due si staccarono, Alec rivolse a tutti un gran sorriso. "Ciao, comunque," ridacchiò. "Ragazze siete bellissime." Poi si accorse di Simon e ai avvicinò per stringergli la mano. "Io sono Alec, piacere." Simon sembrava abbastanza sconvolto. D'altronde, vedere un Cacciatore di demoni ed uno stregone che si stringevano in quel modo non era roba da tutti i giorni.
Isabelle prese Simon sottobraccio. "Beh, noi due ce ne andiamo. Devo mostrare a Simon l'Istituto," e con ciò scomparì su per le scale con un sorriso malizioso e un Simon tutto rosso al braccio.
Alec li guardò sorridendo e si chinò verso Clary. "Jace è nella sala delle feste." Dopodiché prese Magnus per mano e anche loro scomparvero. Mentre si allontanavano, sentì Magnus commentare l'abbigliamento di Alec. "Ti sei deciso a mettere una cravatta finalmente, e niente buchi nei vestiti. Sono sorpreso."
Clary rimase ferma per qualche secondo dondolandosi sui tacchi, poi decise di salire le scale. Arrivata al piano superiore si ricordò di non sapersi orientare in quel posto enorme, ma le bastò seguire la fiumana di gente e la musica per trovare la sala. Era una stanza molto grande e affollata, nell'aria era diffusa un'atmosfera di gioia generale. Decine, se non centinaia di persone erano ammassate all'interno: c'era chi ballava, chi chiacchierava, chi mangiava. Clary sorrise all'idea di passare una così bella serata in compagnia di Jace. Beh, prima doveva trovarlo. Si addentrò nella folla alla ricerca del suo principe dorato.
Jace si era avventato sul buffet dopo aver finito di parlare con un paio di ragazzi. Era tutto troppo squisito per riuscire a fermarsi, il giorno dopo avrebbe dovuto fare un doppio allenamento per bruciare tutte quelle calorie.
Si guardò in giro. Fino a quel momento la serata stava procedendo bene, lui si stava abbastanza divertendo e le persone con cui aveva parlato erano tutte molto gentili e simpatiche. Per non parlare poi di quanto erano buoni quei pasticcini alla crema. Si avventò nuovamente sul vassoio e ne afferrò uno, lo addentò e il sapore dolce e fresco della crema gli esplose in bocca. Gettò la testa all'indietro e fece un verso di apprezzamento. Fece per dare un secondo morso al pasticcino quando un fruscio rosso catturò la sua attenzione, lo stesso fruscio della prima notte in quel locale. Jace rimase a bocca aperta e il pasticcino gli cadde di mano andandosi a spiattellare sul pavimento di marmo e schizzando crema da tutte le parti.
Indossava una maschera, ma la riconobbe subito. A pochi metri da lui, avvolta in un meraviglioso vestito blu e nero, c'era Clary.
Clary? Che cosa ci faceva lì? La osservò per qualche secondo, sembrava così diversa. Era meravigliosa, tanto da sembrare irreale. Si risvegliò dalle sue fantasie e, scavalcato il povero pasticcino spiattellato, si diresse verso di lei.
Clary parve accorgersi di lui pochi secondi dopo e, con un enorme sorriso abbagliante stampato in faccia, gli si scagliò addosso abbracciandolo forte.
"Che ci fai qui?" le chiese sorpreso continuando a stringerla.
"Ringrazia Isabelle per questo." Si staccò da lui e si tolse la maschera che gettò a terra. Anche Jace se la tolse per poterla guardare meglio. Il viso era truccato in modo da far risaltare i suoi bellissimi occhi verdi e i capelli fiammeggianti erano stati chiaramente acconciati dalle mani esperte di Isabelle. Era ancora più bella di quanto avesse immaginato. Le posò una mano sulla guancia e gliela accarezzò lievemente con il pollice mentre la guardava negli occhi sorridendo. Lei arrossì e nascose il viso nell'incavo del suo collo.
"Sai, il primo giorno che ti ho incontrata non avrei mai detto che saresti stata capace di arrossire," annunciò Jace ridacchiando.
Clary sollevò la testa e gli avvolse le braccia attorno alla vita. "E io non avrei mai detto che saresti stato capace di baciarmi senza avere un secondo fine."
"E chi te lo dice che non ho un secondo fine?" Risero entrambi. "Vieni, andiamo a ballare,"
e, prendendosi per mano, si addentrarono nella folla.


Note dell'autrice:
Anche se con un giorno di ritardo (sì, ci sono cascata di nuovo), ecco il quattordicesimo e penultimo episodio. Già, il prossimo sarà l'ultimo *lacrime*, quindi assicuratevi di non perdervelo.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito la storia, senza di voi non sarei mai riuscita a continuare fino al capitolo 14.
Vi saluto e alla prossima settimana! <3

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


"Questa è la biblioteca."
Maryse spalancò le porte dell'enorme stanza e Jocelyn rimase senza fiato.
Le alte pareti erano ricoperte da scaffali di libri di qualsiasi forma e dimensione e un intenso profumo di carta avvolgeva il locale. Qua e là erano sparse per la stanza teche contenenti ogni tipo di oggetto riguardante il Mondo delle Ombre. In fondo alla stanza era situata una grande scrivania e alla sua base due angeli in marmo, con le loro realistiche espressioni sofferenti, sostenevano il peso del piano da lavoro.
"Meravigliosa, non credi?"
Jocelyn riuscì solo ad annuire, intenta com'era a guardarsi intorno incantata. Non era mai stata all'interno dell'Istituto di New York, perciò non aveva mai potuto vedere l'imponente biblioteca di cui tutti parlavano.
"Bene, ora che abbiamo visitato l'Istituto che ne dite di unirci agli altri nella sala dei ricevimenti?"
Luke avvolse un braccio attorno alla vita della compagna. "Sarebbe fantastico," rispose guardando Jocelyn che, sebbene riluttante, annuì.
Zigzagarono tra i corridoi chilometrici dell'edificio e arrivarono all'ingresso di un'enorme stanza gremita di gente. Una forte musica era sparata a tutto volume dalle casse allineate ai muri e la maggior parte delle persone era intenta a ballare al ritmo delle canzoni.
Jocelyn per un attimo si impanicò. L'idea di essere circondata da così tanti Cacciatori la rendeva più che nervosa, terrorizzata. Aveva ascoltato le parole di Luke e Maryse, certo, concedendo così una seconda opportunità agli Shadowhunters, ma tutto il rancore e l'odio che aveva provato per diciassette lunghi anni non poteva dissolversi così facilmente nel giro di un'ora. Sentì la stretta del braccio di Luke farsi più forte; "Sono qui" erano le parole silenziose che quel gesto voleva comunicare. E Jocelyn d'un tratto di sentì più tranquilla: Luke era lì con lei, era al sicuro.
Fecero qualche passo all'interno della stanza e un ragazzo alto dai capelli corvini si avvicinò a loro di corsa.
"Mamma, c'è un problema," si rivolse a Maryse.
Con la maschera a coprirgli il viso era difficile capire se l'avesse già incontrato o no.
"Ho perso Max," continuò il ragazzo.
Maryse proruppe in una risata. "Alec, non preoccuparti. Si sarà imboscato da qualche parte in compagnia di una ciotola di patatine."
Il ragazzo, Alec, fece un sospiro di sollievo. "Menomale, Isabelle stava già progettando il mio funerale."
"Questa è casa sua, come è possibile che si perda?" In quel momento si ricordò dei suoi due ospiti. "Ah, Jocelyn e Luke, lui è mio figlio Alexander," annunciò indicando il ragazzo.
Lui allungò una mano e strinse quella di Luke, ma quando arrivo a quella di Jocelyn si fermò con un'espressione confusa e vagamente scioccata. Si tolse la maschera. "Lei è la madre di Clary?"
Jocelyn lo riconobbe subito. "E tu sei il ragazzo che mi ha trascinata fuori dall'Istituto quella volta che ero venuta a reclamare mia figlia."
Alec si passò una mano trai capelli. "Esattamente. Cosa ci fa qui? Pensavo che odiasse tutti noi," disse indicando tutte le persone attorno a loro.
Fu Maryse a rispondere al posto suo con un sorriso. "Jocelyn ha deciso di darci una seconda opportunità per dimostrare che non siamo come lei crede."
Alec fece a sua volta un sorriso e prima che potesse aggiungere qualsiasi altra cosa un'alta figura giunse alle sue spalle. "Fiorellino, andiamo a ballare!"
Jocelyn riconobbe Magnus Bane nel suo scintillante completo blu trascinare via il ragazzo e dallo sguardo che si scambiarono capì subito che erano innamorati. Si rivolse a Maryse indicando i due ragazzi che addentravano nella folla. "Lo accetti?"
Non era usanza dei Nephilim essere omosessuali, perciò era curioso che proprio il figlio dei capi dell'Istituto di New York avesse una relazione con un altro uomo, un Nascosto per di più.
Maryse guardò la coppia e un sorriso orgoglioso le illuminò il viso. "Magnus lo rende felice, lo si può vedere da miglia e miglia di distanza. Non riescono più a vivere l'uno senza l'altro. Se mio figlio è felice, lo sono anche io."
Jocelyn non poté che essere d'accordo.
La musica cambiò e, da un ritmo veloce ed energico, si passò ad uno più lento e romantico. I presenti si divisero in coppie e, stringendosi l'uno all'altro, cominciarono a dondolare dolcemente sulla pista da ballo.
Prima ancora che Luke potesse chiedere a Jocelyn un ballo, una ragazza avvolta in un vestito rosso fiammeggiante venne incontro a loro con un enorme sorriso stampato in faccia. Era la stessa ragazza che insieme ad Alec l'aveva 'accompagnata' fuori dall'Istituto quel giorno. Si gettò verso Jocelyn e le strinse la mano. "Piacere, sono Isabelle Lightwood, un'amica di Clary." Passò a stringere la mano di Luke. "Vedo che avete appena conosciuto mio fratello Alec e il suo spumeggiante fidanzato." Guardò la madre e le due si scambiarono un sorriso complice. Afferrarono una Jocelyn confusa per le braccia e la condussero sulla pista da ballo, Luke seguiva a poca distanza sghignazzando. Si addentrarono tra le coppiette danzanti e arrivarono al centro della sala. Isabelle le indicò un angolo e si girò verso di lei per guardare la sua reazione.
A qualche metro di distanza da loro, una coppia era intenta a stringersi e a dondolare sulle note della canzone. I capelli dorati del ragazzo facevano a contrasto contro quelli fiammeggianti della sua compagna, ma i loro corpi si adattavano perfettamente l'uno all'altro, come se fossero stati costruiti su misura. Intanto che ballavano continuavano a scambiarsi sorrisetti e qualche dolce parola, isolandosi nella propria cupola infrangibile. Lui si piegò verso la sua ragazza e le diede un delicato bacio sulle labbra.
Sentì Luke farsi più vicino a lei e stringerla.
I corpi avvinghiati dei due sembravano sprizzare felicità e affetto da ogni poro. Sua figlia appoggiò il viso nell'incavo del collo del Cacciatore e lui le baciò teneramente il capo accarezzandole la schiena.
L'universo sembrava essersi fatto ad un tratto silenzioso di fronte a quel sentimento che piano piano stava sbocciando.
Una strana sensazione si diffuse nel corpo di Jocelyn, l'istinto di madre che si liberava per proteggere la figlia. Poi ripensò a tutto ciò che aveva visto durante quella sera, alle persone con cui aveva parlato. Erano sembrati tutti gentili, bene intenzionati. Non erano come ricordava.
Riguardò il ragazzo che stringeva Clary e si ricordò di averlo già visto. Lui le aveva promesso che si sarebbe preso cura di sua figlia.
E l'aveva fatto. Lo faceva tutt'ora.
Il modo in cui le sue braccia l'avvolgevano, in cui la sua mano le accarezzava i capelli, in cui teneva chiusi gli occhi per godersi ogni singolo attimo di quel ballo, in cui le sue labbra si piegavano in un sorriso genuino; e sebbene ancora acerbo e innocente, qualcuno lo chiamò amore.
Le tornarono a mente le parole di poco prima di Maryse: "Magnus lo rende felice, lo si può vedere da miglia e miglia di distanza. Non riescono più a vivere l'uno senza l'altro. Se mio figlio è felice, lo sono anche io."
E in quel momento comprese. Quel ragazzo rendeva felice sua figlia, lo si poteva capire anche solo osservandoli da quella distanza. E se la sua bambina era felice, lo era anche lei. Non importava chi fosse a farla sentire in quel modo, se un umano o un Nephilim, tutto ciò era irrilevante.
Le labbra di lui si piegarono a pronunciare una domanda. "Dove sei stata per tutta la mia vita?"
In risposta lei alzò le spalle e sorrise. "Qui. Protetta e nascosta da delle mura, ma sono sempre stata qui. Ora quelle mura sono crollate."
Jocelyn strinse la mano di Luke e si appoggiò a lui continuando a guardare i due ragazzi.
E sorrise.

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Capitolo 17
*** Ringraziamenti ***


Non si può concludere una storia, per quanto semplice, discreta e poco conosciuta, senza ringraziare tutti coloro che hanno speso il loro prezioso tempo per leggerla. E quindi vi dico grazie, grazie di cuore per avere sostenuto questa storia. Ogni volta che ricevo una recensione, non potete capire la gioia immensa che provo, perché significa che qualcuno riconosce il sentimento che metto dentro a tutto ciò.
Questa è stata la mia primissima storia a capitoli e, ovviamente, c'è margine di miglioramento, perciò aspettatevi di meglio in futuro. Nonostante ciò, ad ogni nuovo capitolo voi mi sommergevate di belle parole; a volte ho perfino dovuto chiudere EFP perché non riuscivo a smettere di sorridere come un'imbecille. La mia autostima come scrittrice è salita un sacco negli ultimi mesi e quando il tuo prof d'italiano ti dice che sei un'egregia scrittrice e che devi continuare a coltivare la tua passione, beh, non sono parole che si dimenticano tanto facilmente.
Aspettatevi altro da me: più avanti comincerò a postare altre OS e ho già in mente un'idea per un'altra storia a capitoli...
Prima di lasciarvi vorrei però fare il ringraziamento più grande di tutti: a Cassandra. Grazie Cassie, senza di te non avrei mai iniziato a scrivere e ora non saremmo qui a leggere queste parole.
 

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