«Hodor!» Disse Hodor

di Encha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'unico vero dio ***
Capitolo 2: *** I giorni da lupo sono finiti ***
Capitolo 3: *** Quattro suoni di corno ***
Capitolo 4: *** Letale quanto seducente ***
Capitolo 5: *** Insonnia ***
Capitolo 6: *** Perdonami! ***
Capitolo 7: *** Uccelletti ***
Capitolo 8: *** Aspettando una Nuova Vita ***



Capitolo 1
*** L'unico vero dio ***


Note: Dopo la scorsa nonsense, ritorno alla carica (?) con una comica What If?, dove Robb è sopravvissuto ed ha ottenuto il riconoscimento del suo titolo di Re del Nord da Renly un re oppure da un altro, non ha importanza. Theon ha deciso di schierarsi dalla sua parte e ha ereditato i domini e i titoli di suo padre, la contesa del Trono è finita e... Be’, i prigionieri di guerra ne pagano le conseguenze.

Buona lettura!

 

 

L’unico vero dio

 

 

 

 

“Ciò che è morto non muoia mai...”

“Perché la notte è oscura e...”

“...Ma rinasca più duro e più forte”

“...Piena di terrori” concluse stizzita la Donna Rossa, appollaiata avanti al caminetto acceso.

“Solo gli stolti disturbano gli inni al Signore della Luce” asserì, cercando di mantenere il contegno che l’aveva sempre caratterizzata.

Alle sue spalle, seduto a gambe incrociate quanto più lontano quella piccola camera gli consentiva, Capelli Bagnati era costretto ad arrangiarsi usando una caraffa piena d’acqua dolce per compiere i suoi riti.

“Il Dio Abissale non deve rispetto a niente e nessuno, soprattutto non ad un idolo da donnicciole” sentenziò lui con il suo solito tono solenne.

Melisandre scattò in piedi in un fruscio di sete. “Come osi! R'hllor è il Signore della Luce, l’unico vero dio, colui che ha inviato Azor Ahai per sconfiggere il Dio Estraneo. Non tollero che il suo nome venga bestemmiato da un folle che venera un essere che si annida nelle tenebre marine!”

“Bada a come parli, donna!” Il prete s’alzò in piedi e le si avvicinò, impetuoso e deciso come la risacca delle onde. ”Il Dio che sorge dall’Abisso guida noi uomini di ferro sull’Antica Via e i suoi poteri sono tali da sconfiggere la stessa morte!”

I due si scrutarono in cagnesco, entrambi forti delle loro ferree convinzioni.

“R'hllor invia visioni tra le fiamme a coloro che gli sono più fedeli”

Capelli bagnti ebbe un attimo di esitazione. La sacerdotessa di Asshai aveva toccato un tasto dolente: l’utilità della sua fede sul piano pratico.

“Tutte allucinazioni. Gli effluvi di zolfo di Roccia del Drago devono averti dato alla testa” bofonchiò.

La Donna Rossa era sempre più irritata. Di solito, quando giocava la carta delle sue abilità oracolari, anche i sostenitori di falsi dèi più accaniti ammutolivano. Non aveva mai incontrato qualcuno di così ostinato come Aeron Greyjoy, non lo sopportava.

“Ho dato a re Stannis la Portatrice di Luce, la leggendaria spada di Azor Ahai forgiata con il sangue di Nissa Nissa, o avevi gli occhi troppo incrostati di cirripedi per vedere il suo splendore?” lo derise, sfoggiando il suo mezzo sorriso carico di superiorità.

In fondo, provava uno strano senso di piacere nell’inveire contro quell’abbraccia-delfini. “Tu invece cosa puoi fare, vecchio? Sai ricamare perizomi d’alghe?”

“Io ascolto le onde ed interpreto il volere del Dio, non ho bisogni di trucchetti da piromane!” ribatté Aeron. Le sopracciglia punteggiate dal sale marino si unirono in un cipiglio furioso.

La donna emise una risata di scherno. “E’ ridicolo il modo in cui ti nascondi dietro le tue scuse, così com’è ridicolo pregare pozze d’acqua e circuire uomini smarriti con il tuo culto corrotto per poi provare ad ammazzarli”

“Da che pulpito viene la predica!” La voce di Aeron Capelli Bagnati era forte come il rombo del tuono. “Quale dio giusto predica l’incendiare ogni cosa capiti a tiro, l’aprire le gambe a uomini sposati e lo scodellare fuori dal grembo bastardi d’ombra?!?”

Melisandre di Asshai  era sconvolta. Nessuno –nessuno!- si era mai permesso di rivolgersi in questo modo a lei. “Come osi!”

“Non c’è nulla che gli uomini di ferro non osino fare! E ora annega, strega!” urlò il prete, rovesciandole contro l’acqua della brocca.

Dopo tre settimane di convivenza forzata, le maniere ortodosse erano ormai andate a farsi benedire assieme ai nervi saltati.

Il liquido evaporò prima di toccare la pelle pallida della donna.

“La mia fede mi protegge” affermò Melisandre con un ghigno di trionfo. “La tua, invece?”

Il tizzone ardente che scagliò colpì in pieno petto l’uomo ritto di fronte a lei, ma ricadde sul pavimento senza causare alcun danno, eccezion fatta per la bruciacchiatura sul prezioso tappeto di Myr.

Questa volta fu il turno di Capelli Bagnati di sogghignare. Evidentemente, era troppo unticcio e impregnato di salsedine per prendere fuoco.

 

 

***

 

 

Theon Greyjoy, un orecchio appoggiato alla sottile porta della cella dei prigionieri d’onore, stava quasi per soffocare a furia di cercare di trattenere le risate.

“Non dovresti origliare le conversazioni dei nostri ospiti” borbottò Robb. Una parte di lui, quella inflessibile e ligia al dovere di re del Nord, premeva affinché richiamasse il suo alfiere alla decenza, mentre l’altra, quella troppo spesso repressa di ragazzo, gli urlava di fregarsene e di divertirsi assieme al suo amico. Così, combattuto, rimaneva fermo lì, mormorando ogni tanto mezzi ammonimenti che venivano prontamente ignorati.

“Sua Maestà ha ragione, è veramente disdicevole!” lo canzonò l’altro, mordendosi la lingua quando un rumore di cocci infranti lo fece sobbalzare.

Robb roteò gli occhi. “Non capisco cosa speri di ottenere rinchiudendo quei due folli nella stessa cella”

“Innanzitutto vendetta, mio zio mi ha rovinato un sacco di ottimi farsetti rovesciandomi addosso le sue benedizioni” Spiegò il nuovo lord delle Isole di Ferro, sorridendo malizioso. “E poi lui viene chiamato “Capelli Bagnati”, lei “Donna Rossa”... Che so, magari s’innamorano e ne viene fuori una bella Donna Bagnata dai Capelli Rossi”

 

 

 

 

 

 

Spelonca dell’autore: Salute a voi, anime pie che siete giunte fin qui (?)
Non c’è giustificazione per ciò che ho appena pubblicato –è un modo carino per dire che non so cosa scrivere in queste note, ma ci tengo a farlo lo stesso.

Io odio Melissandre -oh!-, per questo ho provato ad immaginare come avrebbe reagito alla convivenza forzata con un uomo di un’altra fede altrettanto fanatico e altezzoso.

Non posso dire la stessa cosa per Capelli Bagnati (leggasi: non ha ucciso nessuno dei miei personaggi preferiti), e trovo ingiusto che lui non abbia nessun potere figo, tipo evocare un tornado di squali assassini per devastare le terre degli infedeli (?).

Va bene, ho capito, la smetto. Spero di essere riuscito a strapparvi un sorriso, alla prossima!

Sono ben gradite fanatiche piromani, perizomi d’alghe e ancor più recensioni! ^^

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Capitolo 2
*** I giorni da lupo sono finiti ***


“Coraggio, Arya” La mano di Lord Eddard si posò sulla sua schiena e le diede una gentile spinta in avanti.
 
La giovane Stark cercò invano un po’ di conforto nel volto impassibile di suo padre, rigorosamente puntato avanti a sé.
 
Schierati in una linea perfetta, i membri della sua famiglia stavano tutti ritti in una posa fiera e austera.
 
“Io non mi piegherò!” protestò, incrociando le braccia; ciononostante non osò spezzare la solennità del momento scostandosi dalla sua posizione.
 
“Non essere sciocca, ne va dell’onore della nostra casa” le sibilò contro acida Sansa, scoccandole uno sguardo truce. Quando si fu assicurata che no –questa volta quell’impiastro non avrebbe rovinato tutto!-, ripassò mentalmente tutti i passaggi che aveva provato e riprovato fino alla nausea con la sua septa, quindi prese un silenzioso respiro, inclinò lievemente il collo affusolato, si genuflesse con grazia e, con uno scatto repentino, tuffò il capo nella neve fresca.
 
Arya vide le teste dei suoi fratelli, di sua madre e di suo padre scomparire una dopo l’altra in quel morbido candore.
 
Non aveva scelta.
 
Sospirò.
 
“Io sono uno struzzo di Grande Inverno” ripeté a sé stessa per darsi forza, prima di cacciare il cranio sotto il manto di neve con tutta la forza che aveva in corpo.
 
 
 
 
Spelonca dell’autore: Cominciamo bene. Ora che sto acquistano consapevolezza della cavolata che ho appena pubblicato mi viene voglia di nascondere anch’io la testa nella neve.
L’idea di questo pastrocchio è nata vedendo l’episodio, nel telefilm, in cui Robert urla a Ned di tornare a nascondere la testa nella neve dopo essersi dimesso dalla carica di Primo Cavaliere.
Non mi picchiate, vi prego, datemi il tempo di raccogliere le mie cose e sparisco da fandom, giurin giurello.
Be’... A voi l’ardua sentenza (?)
Sono ben graditi enormi pennuti dalle strane abitudini, mucchi di neve e ancor più recensioni! ^^

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Capitolo 3
*** Quattro suoni di corno ***


Stavano arrivando.

“Uno per il ritorno di un ranger...” enumerò Samwel Tarly, salendo di una buona ottava nel pronunciare la parola finale.

Il Lord Comandante, sulla cima della Barriera, osservava l’orda avvicinarsi sempre di più, inaspettata, instancabile, inarrestabile.

“...Due per i bruti...”

L’ultima “u” vibrò nell’aria per più tempo del dovuto.

Jon avrebbe dovuto ordinare a Sam di fare i fretta a suonare quel maledettissimo corno, perché ogni secondo perso per loro era un vantaggio per gli assalitori, ma la sua mente era troppo occupata a cercare disperatamente un modo per arrestare la loro avanzata.

“...Tre per gli E-estranei...” La voce del ragazzo della Collina del Corno, fino a poco prima metodica e cadenzata, si incrinò.

Dovette grattare con lo stiletto la patina di ghiaccio che s’era formata sull’indicazione dell’ultimo segnale per proseguire.

“...E quattro per...” Il suo faccione tondo di contrasse per lo stupore.

Fece scivolare lo sguardo più e più volte sulla scritta, domandandosi addirittura se avesse dimenticato come leggere correttamente.

“Coraggio, Sam” lo incalzò Lord Snow.

“...Quattro per le ragazze in bikini” completò in un sussurro.

E quattro richiami risuonarono per il Castel Nero.

“Deve essere già capitato un... Assalto del genere, se c’è un segnale apposito” asserì pratico Jon, mentre si calavano giù tramite l’argano.

Anche Edd Tollett era con loro, ma era rimasto stranamente in disparte a borbottare tra sé e sé.

“Oh, sì!” Sam si affrettò ad annuire energicamente. “Negli annali delle cripte ho letto che circa tre secoli fa sulla Barriera si abbatté la stessa... Ehm... Calamità, ma credevo fosse un falso documento, scritto solo per diffamare il Lord Comandate allora in carica, un certo Balthier il Casto...”

“Va avanti,come hanno affrontato questa... Situazione?”

“Oh, sì, giusto. Il Lord Comandante ha fatto forgiare delle cinture di castità per tutti i confratelli, gliele ha fatte indossare, poi ha appeso tutte le chiavi a dei chiodi conficcati sulla Barriera e per sicurezza vi ha gettato sopra dell’acqua. In questo modo non c’è stato modo di riprenderle finché la Barriera non ha lacrimato di nuovo, e allora il pericolo era passato” Spiegò, mentre la gabbia di ferro toccava il suolo con un sussulto.

“Dicono che nel ghiaccio vicino alla Torre di Hardin ci puoi vedere ancora le dita mozzate di quelli che hanno provato inutilmente ad arraffare le chiavi” aggiunse Edd l’Addolorato, ma il Lord Comandante s’era già precipitato verso i Guardiani della Notte ammassati attorno al cancello principale.

Jon aveva sperato che i confratelli fossero ignari di ciò che stava marciando verso di loro da Nord, ma dall’insolito buonumore generale capì che non era così.

“Fratelli” esordì, passando lo sguardo uno ad uno su quegli uomini che quasi saltellavano sul posto per la gioia.

“Certo ricorderete il nostro giuramento: io non avrò moglie, non possiederò terra, non sarò padre di figli” recitò. “Ebbene, oggi siamo chiamati a mettere alla prova il nostro onore”

“Siccome non c’è tempo per prendere altri provvedimenti” continuò, ammutolendo con uno sguardo truce chiunque sembrava stare per interromperlo. “Vi disporrete attorno ai tavoli della Sala Comune, dove verranno posti mucchi di cipolle che pelerete fino a quando questa emergenza non sarà passata. Se qualcuno proverà ad alzare gli occhi da quello che sta facendo, i due confratelli ai suoi lati dovranno riportarlo all’ordine con una sberla. Sono stato chiaro?”

A quel punto scoppiò il caos.

Sfilze di imprecazioni, proteste e maledizioni si accavallarono una sull’altra in una cacofonia di urla molto, molto contrariate.

“Solo i codardi si nascondono, gli uomini coraggiosi scendono in campo e affrontano il pericolo sguainando le spade!” contestò Pyp.

“Meglio così. Con la mia fortuna, in mezzo alla foga mi sarei ritrovato tra le mani di Grenn” commentò Edd l’Addolorato.

“E tu invece che farai, Lord Snow, andrai in missione diplomatica per trattare con l’aggressore?” lo schernì Ser Alliser Thorne.

Fu necessario che Spettro snudasse le zanne per mettere a tacere i confratelli.

Nell’innaturale silenzio che ne seguì, la domanda dell’ex maestro d’armi sembrò riecheggiare nell’aria.

“Io... Mi farò incatenare alle sbarre di ferro del passaggio sotto la Barriera per poter... Studiare il nemico” fu costretto a rispondere.

Inutile dire che quando la masnada di donne in bikini se ne fu andata, i Guardiani della Notte avevano pianto tutte le loro lacrime e molti avevano perso qualche dente. In più, il menù forzato a base di cipolle adottato nei mesi seguenti non contribuì di certo a migliorare né l’alito né l’umore generale.

 

 

 

 

 

Spelonca dell’autore: ... E cinque per una tempesta di lettori armati di torce e forconi che inseguono un povero autore che sperava di essere divertente (?)

Va bene, va bene. Questa fic è una sorta di “parodia” degli sproloqui dei Guardiani della Notte su questo o su quel nemico, le discussioni infinite su come combatterli e le citazioni di palate di Lord comandanti diversi e le loro gesta.

E’ presumibilmente ambientata dopo un’ipotetica fine della Guerra dei Cinque Re e il ritorno di Sam come maestro della Cittadella, ma diciamo che me la sono presa molto comoda su ll’ambientazione temporale.

“Basch il Casto” è ovviamente una mia invenzione, dato che non volevo appioppare questo infame ruolo ad uno dei comandanti citati nei libri. Il suo nome viene direttamente da Final Fantasy –XII, per la precisione -, saga di videogiuochi che adoro con tutto me stesso *w*

Non ho altro da aggiungere, spero come al solito di essere riuscito a strapparvi almeno un piccolo sorriso >.>

Sono bene gradite orde di... Recensioni, sì, recensioni! ^^”

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Capitolo 4
*** Letale quanto seducente ***


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Note: Questa volta vi propongo (Oh, ma quanto è figo dire “vi propongo?” lol) una What if? Dove Ned è ancora tutto un pezzo e ha dovuto giurare fedeltà a Joffrey, che quindi gli dà il tormento giusto per divertirsi. Buona lettura!

 

 

 

 

C’erano delle volte in cui Ned quasi rimpiangeva di avere la testa ancora attaccata al collo.

E questa era una di quelle volte.

“Lord Eddard dalla casa Stark, protettore del Nord e la sua consorte Lady Catelyn della casa Tully” la voce tonante dell’araldo rimbombò contro le solide pareti rosse.

Joffrey Baratheon, seduto sul Trono di Spade, le gambe pigramente accavallate e la testa appoggiata ad una mano, si esibì nel suo caratteristico ghigno viscido.  “Lord Stark! Che piacere riaverti tra noi!”

Dall’ultima volta che Ned era stato convocato a corte unicamente per essere umiliato e deriso, sul volto dai tratti ancora vagamente infantili del Re ragazzo era apparsa una sottile peluria adolescenziale.

“Immagino che tu voglia rendere omaggio alla mia splendida sposa” asserì, indicando con un gesto aggraziato il trono riccamente intarsiato accanto al suo.

Almeno quelle nozze gli erano state risparmiate. Si trovava nel suo solarium a Grande Inverno, tutto impegnato ad esaminare rapporti sulle riserve di granaglie e altre questione del genere, quando maestro Luwin gli aveva recapitato il messaggio che annunciava il repentino matrimonio del Re.

“E’ veramente incantevole, Maestà”  affermò Cat, chinando amabilmente il capo verso la novella sposa.

Sua moglie non sembrava essere affatto a disagio. “La cortesia è l’armatura di una Lady” ricordava di aver sentito dire da Septa Mordane.

Ned, al contrario, con l’orgoglio che si dimenava dentro di lui, si sentiva maledettamente fuori posto.

“Mia madre dice che è una follia” commentò Joffrey, facendo trasparire per un attimo il ragazzino che in realtà era.

“Ma dopo aver rifiutato centinaia di fanciulle da ogni angolo dei miei Sette Regni – e qui ghignò di nuovo, come se le suddette donzelle fossero attratta dai suoi boccoli d’oro e non dalla corona che vi era sopra – ho capito che il mio vero amore era sempre stato accanto a me”

“Aye” borbottò Ned, giusto per dire qualcosa.

“Adoro il modo in cui si tende e geme sotto il mio tocco” proseguì Sua Grazia con un sorriso perverso. “Scommetto che vorresti provarla anche tu, non è vero? Oh, ma lei è solo mia.” Fece una lunga pausa per far scorrere lo sguardo smanioso  sulle curve morbide della sua sposa.

“Però potresti possedere una delle sue sorelle, se lo desideri tanto... Oh, che re generoso che sono, vero?” chiese con enfasi alzando la voce per rivolgersi all’intera sala del trono.

I cortigiani, come bravi cagnolini ammaestrati, esplosero in una serie di complimenti, ovazioni, elogi, ringraziamenti e moine varie per compiacerlo. Una servetta si inginocchio fino a toccare il pavimento con la fronte;  un signorotto dall’emblema sconosciuto asserì che avrebbe chiamato “Joffrey”  tutti i suoi discendenti in suo onore, maschi o femmine che fossero; un rubicondo septon prese a rendere lode a tutti, ma proprio tutti gli dèi per aver concesso loro quel sovrano “pio e giusto”.

Quando il Re fece un cenno d’approvazione con il capo e quella farsa da guitti si fu placata, l’unico rumore che parve sentirsi per tutto il Fortino di Megoar fu l’incerto schioccare della lingua del Lord di Grande Inverno, il quale stava disperatamente cercando una risposta che non desse al ragazzo sul trono alcun pretesto per fingersi aditato.

Catelyn venne in suo aiuto. “Il Lord mio marito probabilmente non...”

“Mia Lady!” la interruppe il Re sghignazzando “Non credevo che anche le nobildonne si concedessero a certe pratiche”

Tutta la corte venne scossa da un improvviso attacco di ilarità palesemente fasulla.

Joffrey rise un po’, poi d’un tratto decise che fosse abbastanza e ordinò di fare silenzio.

“Non hai ancora detto nulla, Lord Stark. Coraggio, esprimi liberamente la tua opinione sulla mia adorata Lady” Sua Grazia allargò le braccia in un malevolo gesto rassicurante. “Ma fa attenzione, è letale quanto seducente”

A quel punto, Ned capì di non avre più scampo. “Io... Vostra moglie...”

“Antichi dèi, aiutatemi” pregò in silenzio mentre prendeva un profondo respiro.

“...E’ proprio una bella balestra, Maestà”

 

 

 

 

 

Spelonca dell’autore: Ehm, questa idea mi è venuta in mente guardando il telefilm e riflettendo su come Joffrey fosse poco interessato alle... Ehm... Grazie femminili (No, non intendevo la Grazia Verde e.e). La mia conclusione è stata appunto che fosse un balestrofilo.

Spero si siano capite le allusioni e che alla fine la sposa era proprio la balestra; certe volte temo di essere l’unico che riesce a comprendere quello che scrivo e la mia cara e dolce beta (che ringrazio molto u.u) non c’è arrivata subito, quindi fatemi sapere cosa ne pensate, anche con insulti o minacce di morte (?)

Alla prossima, allora :3

Sono ben gradite balestre sensuali, cortigiani ammaestrati e ancor più recensioni! ^^

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Capitolo 5
*** Insonnia ***


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Dany bussò piano alla porta di legno, vecchia ma ancora robusta come il proprietario delle stanze che racchiudeva.

“Ser Barristan?” sussurrò, pur consapevole che in quel modo nessuno l’avrebbe udita.

Si era precipitata giù per gli innumerevoli gradini della piramide di Meereen dopo che, nel cuore della notte, aveva avuto un’inaspettata intuizione sui possibili artefici delle congiure che ogni giorno affliggevano l’ex città schiavista.

La sua intenzione era quella di confrontarsi con l’anziano cavaliere senza perdere altro tempo –era inoltre convinta che, altrimenti, non sarebbe riuscita a chiudere occhio-, ma gli scrupoli l’avevano assalita non appena si era ritrovata lì davanti.

L’ex comandante della Guardia Reale non era più uomo nel pieno delle forze e, memore del suo sguardo stanco seppur ancora fiero, la Madre dei Draghi non aveva il cuore per interrompere così bruscamente il suo riposo.

La sua esitazione, comunque, non durò molto; si convinse che la sua guardia giurata avrebbe volentieri sacrificato delle ore di sonno, essendovi in gioco la vite dei suoi figli, quindi batté con decisione le nocche contro il legno massiccio.

“Chi è?” La domanda del cavaliere non tardò ad arrivare.

Nonostante tutto, Daenerys si sentì sollevata nell’apprendere che fosse già sveglio. “Sono io, Ser”

“Vostra grazia! Entra pure” annunciò immediatamente l’uomo, quasi come se fosse stato un riflesso condizionato acquisito dopo anni di servizio.

Entrando nella stanza, alla Distruttrice di Catene sembrò di udire un frettoloso sferragliare metallico mescolarsi al cigolio dei cardini mal oliati.

“Disturbo?” domandò sospettosa.

“Assolutamente no, mia regina, sono qui per servirti in ogni momento” asserì l’altro, l’espressione stoica sul suo viso in netto contrasto con il guizzo di colpevolezza nei suoi occhi.

“C’è forse qualcosa che dovrei sapere, Ser?” investigò ancora Dany, dimenticandosi completamente delle congetture notturne che l’avevano portata in quel posto. Sarebbe stato difficile per chiunque non accorgersi che il cavaliere, seduto su un’umile sgabello, stava nascondendo qualcosa dietro la schiena.

La Non-Bruciata fece per indagare ancora, quando notò che la candela posta su un mobile lì vicino l’aveva tradito: sulla parete alle sue spalle, infatti, nitide e sospette, si stendevano due ombre sottili, lunghe ed affilate.

“Ser?” Nonostante gli intrighi che in ogni istante avvertiva tendersi attorno a lei, Daenerys non aveva mai dubitato della fedeltà dell’ex capitano della Guardia Reale, che aveva attraversato il Mare Stretto per mettere la sua spada al suo servizio, che le aveva sempre offerto i suoi saggi consigli, che l’aveva aiutata al limite delle sue capacità ed oltre. Eppure, lei stessa si stupì di udire una nota di preoccupazione nella propria voce.

Seguendo i l suo sguardo, Ser Barristan sospirò. “Mia Regina, sai che non sono più giovane come un tempo. Quando ero uno scudiero solevo dormire fino al mattino, se ne avevo la possibilità...” Parlò piano, soppesando le parole. Sotto l’espressione imperiosa di quegli occhi violetti, però, sembrò intuire che fosse meglio andare subito al sodo.

“Spero perdonerai i vacui bisogni di un povero vecchio, ma avevo bisogno di uno scopo utile che mi tenesse occupato” spiegò, rivelando una grossa matassa di tessuto e dispiegandola con un poderoso scatto dei bicipiti. “Avevo intenzione di regalartelo non appena gli altri due fossero stati finiti”

Dany non si accorse del tintinnio dei ferri da maglia che urtavano il pavimento di pietra, troppo sbigottita nell’osservare l’arazzo –o almeno quello che credeva essere tale- che la sua spada giurata le stava mostrando.

Sullo sfondo azzurro del cielo sereno, la Madre dei Draghi poté riconoscersi nella fanciulla sulla groppa di Drogon, seguita da uno spensierato Viserion, un Rhaegal alquanto giulivo e Ser Barristan stesso, che, sfidando ogni legge della natura, sembrava volare grazie alla sola forza della sua cappa candida e del suo cipiglio guardingo.

“Ti piace?” domandò speranzoso Ser Nonno, sporgendosi oltre il bordo decorato per esibire un sorriso orgoglioso.

“Ehm” commentò Dany annuendo, ancora sotto shock per l’immagine idilliaca ricamata su quello che aveva appena compreso essere un enorme bavaglino per draghi.

 

 

 

Spelonca dell’autore: Lo so, lo so! Ser Barristan è dolorosamente OOC, ma l’ho sacrificato a favore di questo siparietto. Sono una persona cattiva, orribile e spregevole: sentitevi liberissimi di inseguirmi con torce e forconi >.<

Spero comunque che questa bazzecola vi abbia strappato una risata e che i vostri forconi almeno non siano arrugginiti.

Sono ovviamente graditi draghetti giulivi, improbabili bavaglini e ancor più recensioni!

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Capitolo 6
*** Perdonami! ***


Gesti pacati ma decisi, sorriso carismatico ma non sfrontato, gergo moderno ma professionale, Renly aveva programmato alla perfezione ogni aspetto del suo colloquio con gli investitori stranieri, venuti a concludere un affare su cui si era discusso per mesi con la Baratheon Society.

Il giovane Responsabile dei Rapporti con gli investitori aveva lavorato senza riserve a quella delicata occasione per tantissimo tempo, così da poter dimostrare una volta per tutte le proprie capacità ai suoi due fratelli. Persino i suoi abiti -un completo spezzato di blaze blu e pantaloni di flanella grigio chiaro- indicavano apertura a nuove idee di mercato, pur mantenendo una certa distinta eleganza.

Mentre i delegati stranieri discutevano con concitazione tra di loro, Renly si stava concedendo una beve pausa per compiacersi del suo ottimo lavoro, quando, sistemandosi il polsino della giacca più per abitudine che per necessità, gli tornò in mente il panico che l'aveva assalito la sera prima, nel momento in cui aveva creduto che tutto sarebbe andato a rotoli.

Dopo aver ripassato il suo discorso fino a tarda notte, infatti, come avvertito da una sorta di sesto senso, aveva fatto una capatina nella sua cabina-armadio per controllare i vestiti che avrebbe indossato il giorno seguente. Sventura aveva voluto che proprio in quel momento Loras l’avesse raggiunto per convincerlo ad andare a dormire, i capelli arruffati e le palpebre pesanti, e si beccasse una bella occhiataccia. “Quante volte devo ripeterti di non buttare tutto in lavatrice assieme alle tue tute da ginnastica?!?!” lo aveva rimbrottato, additando una cravatta –la sua preferita, del blu navy che metteva il risalto il colore dei suoi occhi- irreparabilmente rovinata da delle minuscole macchie verdi e gialle.

Certo, non che al giovane Baratheon mancassero abiti formali, ma lo stress per i preparativi e la carenza di sonno gli avevano fatto venire i nervi a fior di pelle. Con il senno di poi, si era dispiaciuto di aver alzato la voce con l’altro ragazzo, che molto probabilmente non ci aveva nemmeno fatto caso, altrimenti non avrebbe riposto nell’armadio come se nulla fosse la cravatta incriminata. Avendo accantonato la questione per la necessità di andare a letto, tuttavia, non aveva ancora avuto il tempo di parlargli, se non per un fugace e meccanico “Buona giornata” durante la rapida colazione.

Un garbato tossicchiare lo distolse dai suoi pensieri, dopodiché uno degli investitori, un certo Illyrio Mopatis, prese la parola. Ne seguì un leggero dialogare, più simile a uno scambio di canonici convenevoli piuttosto che a una vera e propria discussione: l’affare stava per andare in porto.

“Molto bene, signori. - annunciò infine Renly con un sorriso cordiale – Vogliamo procedere?”

Così dicendo, fece scivolare una serie di fogli sull’ampio tavolo di mogano attorno al quale erano seduti tutti, poi estrasse la sua Mont Blanc e la porse con un gesto elegante al primo firmatario, un uomo calvo con un nome lungo e praticamente impronunciabile.

Un tonfo sordo riverberò per la vetrata panoramica alle sue spalle, ma il giovane manager non si prese la briga di girarsi, avendo subito pensato che quel rumore fosse stato provocato dall’ennesimo mattone lanciato dai Targaryen, proprietari di un’azienda che ormai da decenni era stata soppiantata nel mercato dai Baratheon. I superati rivali economici, infatti, avevano l’abitudine di cimentatsi in vendette infantili come quella, oppure, soprattutto da quando avevano istallato vetri rinforzati in piombo, di imbrattare le pareti del loro immenso edificio con la vernice rossa. Prese mentalmente nota di chiedere a Brienne, la sua segretaria personale, di contattare gli addetti alla pulizia, nel caso quegli esaltati avessero scarabocchiato da qualche parte il solito graffito “Fuoco e sangue!”.

I presenti, però, fissarono tutti lo sguardo dietro di lui, chi inarcando le sopracciglia, chi soffocando le risate, chi borbottando qualcosa in qualche lingua straniera.

Deglutendo, Renly si volto lentamente.

La penna gli sfuggì di mano. Sbatté più volte le palpebre, sperando che quella che si trovava su un’impalcatura per il lavaggio delle vetrate fosse solo un’allucinazione causata dalla stanchezza. Purtroppo, l’immagine del suo ragazzo all’interno di un ridicolo quanto imbottito costume da cervo, i riccioli dai riflessi dorati in risalto sul nero pelo sintetico, rimase ancora lì a sventolare il suo cartello con su scritto “Perdonami, ti amo!”

Cercando di mantenere la calma e al tempo stesso di nascondere l’imbarazzo, si rigirò nuovamente, ma evitò di incrociare gli sguardi degli investitori.

Sollevò la cornetta per le comunicazioni interne dell’azienda.

Alla fine di quella giornata, pensò, sarebbe stato lui a dover chiedere scusa all’altro ragazzo.

“Sicurezza…”

 

 

 

 

 

Spelonca dell’autore: Devo dire che questa raccolta mi era proprio mancata. Okay, questa one-shot è un concentrato di cliché sulle AU di Game of Thrones, ma spero lo steso che vi sia piaciuta almeno un pochettino c.c

L’uomo calvo dal nome impronunciabile dovrebbe essere Xaro Xhoan Daxos, che però nella serie TV ha un po’ di capelli, ma, ehm, le immagini mentali di un personaggio sono difficili da modificare.

Ah, la descrizione dei vestiti di Renly viene tutta da Google, anche se ho cucito insieme informazioni prese qua è la, giacché la mia conoscenza il quanto a moda si limita al distinguere una felpa dal maglione (?)

La smetto di tediarvi: alla prossima!

Sono ben graditi graffiti da Targaryen, costumi tenerosi e ancor più recenssioni!

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Capitolo 7
*** Uccelletti ***


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Tra le tenebre, quell'unica, pallida luce era appena sufficiente ad illuminare il sorriso soddisfatto che si allargava tra le guance lisce, ma a lui tanto bastava.

Di giorno, non era altro che Varys, l'uomo dalla testa pelata e il viso glabro, ma, quando il sole calava, non erano le ricchezze o la forza del braccio le sue armi, ma l'arguzia e l'ingegno, doti che impiegava per far ciò che nessuno sapeva far meglio.

Lui solo sapeva come tendere i fili al punto giusto.

Aveva a disposizione un assortimento quanto mai disparato di uccelletti, eppure era abilissimo nel scegliere i più adatti per ogni situazione, ed era altrettanto accurato nell'indirizzarli verso la traiettoria migliore.

Per Varys, nulla poteva essere più appagante.

Non c'era tesoro che non potesse scovare, né ostacolo che non potesse superare, né segreto che potesse rimanere celato alla sua conoscenza.

Sorrise ancora: a quanto pareva, i suoi uccelletti avevano fatto nuovamente centro, ed era certo che quello sarebbe stato solo uno dei tanti piccoli successi di quella serata.

Il familiare jingle risuonò per la stanza buia, mentre altre tre stelline sgargianti apparivano in rapida sequenza.

Ad Angry Birds, era decisamente insuperabile.

 

 

 

Spelonca dell’autore: Okay, questa era decisamente demenziale. Ma dovete capirmi: l’ho scritta qualche sera fa, quando il caldo e la musica a tutto volume di un locale non-poi-così-vicino mi impedivano di dormire. Non ho nulla da dire per discolparmi, alla prossima!

 

Sono graditi uccelletti colorati, Ragni Tessitori dalla scarsa autostima e ancor più recensioni!

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Capitolo 8
*** Aspettando una Nuova Vita ***


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Aspettando una Nuova Vita

 

 

Rinchiusa tra le mura della sua torre di pietra, ritta come un fuso nel gelo del Nord, l’adolescenza di Sansa procedeva con immutabile monotonia. Nonostante questo, la giovane dai lunghi capelli rossi si svegliava ogni mattino con rinnovato entusiasmo e guardava fuori dalla sua unica finestra, nella speranza di scorgere tra le nevi la figura maestosa del suo principe, colui che, come nelle favole che tanto amava leggere, l’avrebbe liberata e l’avrebbe condotta attraverso luoghi incantati nel suo splendido palazzo.

Eppure, ogni giorno si ritrovava a sospirare tristemente al bianco sconfinato, finché i freddi venti non cominciavano a spirare così forte da costringerla a chiudere le imposte e a rimandare il suo sogno all’indomani. Facendosi forza da sola, cominciava allora a spazzolare con vigore la sua smisurata chioma ramata, della quale, trovandosi nello sperduto e gelido settentrione, si serviva come sciarpa, mantella, coperta, piumone e materasso.

La sua tipica giornata, tuttavia, non poteva dirsi così conclusa: finché il Sole non calava tra gli alti monti ad Occidente, la fanciulla impiegava tutto il tempo che le rimaneva per diventare la Lady perfetta per il suo Lord ideale. Ecco come trascorreva ore e ore a ricamare, a tessere, a cantare, ad esercitarsi con l’arpa e nella danza, a cucinare, a camminare con degli enormi volumi in equilibrio sulla testa, a studiare dagli stessi l’araldica delle nobili famiglie di tutti e Sette i Regni e, soprattutto, a dipingere su tela, sulle pareti e su ogni superficie disponibile.

Il soggetto delle sue opere era sempre lo stesso: lui, il suo principe.

Del resto, in un luogo isolato come il Nord, nemmeno si aveva idea di cosa fosse un disturbo ossessivo-compulsivo.

Tutto ciò si ripeteva giorno dopo giorno, con la stessa lentezza dei fiocchi di neve che si librano a mezz’aria, almeno finché non giunse il diciottesimo compleanno della povera Sansa.

 

***

 

Quella mattinata fu più limpida delle altre, e anche le correnti d’aria sembrarono farsi più miti mentre accarezzavano il volto della giovine affacciata alla finestra. Nel dolce silenzio dell’alba nascente si fece presto strada il rumore attutito degli zoccoli che galoppavano sulla neve fresca.

All’inizio, la fanciulla credette di star ancora sognando: del resto, la sera precedente, era letteralmente crollata a terra dalla stanchezza mentre tentava di dar più morbidezza ai boccoli dorati dell’uomo che stava raffigurando in un affresco.

Ben presto, però, la sagoma di un cavaliere che montava uno stallone candido come il paesaggio in cui era immerso si delineò avanti ai suoi occhi increduli. Ella non ebbe nemmeno il tempo di emettere il suo acutissimo strillo di eccitazione che il fascinoso giovane era già ai piedi della torre.

“Il mio nome…” provò a presentarsi lui, sfoggiando un sorriso così caldo che avrebbe sciolto la neve che gli era intorno, ma venne subito interrotto dalla pulzella che si trovava venti metri più in alto.

“Tu sei un Tyrell di Altogiardino!” esclamò ella, riconoscendo la rosa dorata sul mantello verde che si gonfiava al vento alle sue spalle.

“Sì, ecco…”

“Sei venuto per salvarmi, e a portarmi via da qui, e a condurmi nel tuo castello, e a far di me la tua sposa!” continuò incurante Sansa, tremante per l’esaltazione.

Il bel cavaliere aveva gli stessi capelli ricci che aveva sempre sognato: quella non poteva certo essere una coincidenza!

“Be’, in realtà…”

E i suo occhi! Oh, i suoi occhi!

“E sarò l’invidia di tutte le dame di corte, e ti darò una prole forte e numerosa, e alleverò i nostri figli con affetto e dedizione!”

“Aspetta, fammi almeno…” Tentò ancora lui, ma la fanciulla, fermandosi solo per qualche sporadico urletto d’eccitazione, continuò a parlare così velocemente che il giovane ebbe difficoltà a distinguere le parole.

“E tu mi amerai per sempre come in questo primo giorno, e mi regalerai degli splendidi gioielli, e vivremo insieme fino alla vecchia, finché la morte non sopraggiungerà per portarci via uniti come sia vissuti!”

A quel punto, nemmeno tutto il tempo passato ad esercitarsi in acuti e gorgheggi riuscì più a sostenere la ragazza, che dovette fermarsi per recuperare il fiato dopo la lunga apnea.

Stordito e con i timpani doloranti, il povero cavaliere riuscì a riprendersi appena in tempo per approfittare di quella tregua momentanea.

“Be’, in realtà credo di aver sbagliato torre remota, non è che sapresti dirmi dov’è quella del più giovane dei Baratheon?”

Per poco la misera Sansa non svenne al sentir pronunciare quelle parole, rischiando di cadere da un’altezza tale che ci sarebbe sicuramente rimasta secca.

 

***

 

Dopo aver ottenuto delle indicazioni per le Terre della Tempesta, il giovane cavaliere - Ser Loras era il suo nome – era partito nuovamente al galoppo, lasciando la sventurata Sansa sola con la sua disperazione.

La fanciulla rimase a fissare il nulla sotto di lei finché le impronte degli zoccoli del cavallo sulla neve non furono de tutto scomparse.

Solo allora riuscì a riscuotersi e a ritrovare la forza dentro di sé per riprendere la sua instancabile attesa.

Prima di cominciare tutto daccapo, però, imbracciò con decisione un secchio di vernice.

Lisci, pensò, mentre rimetteva mano a tutti i suoi dipinti con pennellate furibonde.

Il suo principe ideale aveva i capelli lisci.

 

 

 

 

 

 

Spelonca dell’autore: Quanto mi mancava questa raccolta! Scrivere questa breve one-shot è stato sicuramente un ottimo modo per impiegare il tempo di questo freddo pomeriggio. Diciamo che io, a differenza di qualcuno, non ho tutta questa energia per fare attività costruttive… Ma è tutto sempre meglio del Greco.

Che dire, questa scemenza è ispirata alla versione Disney della favola di Rapunzel, per questo il titolo è lo stesso della prima canzone del film –quella che in pratica fa vedere come la principessa si alzi dal letto ogni mattina e abbia un’irrefrenabile voglia di cucinare, spazzare, pulire, fare il bucato et simila, quando per è già uno sforzo eroico l’alzarsi dal letto.

Come al solito, mi rimetto nelle vostre mani, sperando di avervi strappato almeno un piccolo sorriso, e soprattutto di non aver fatto una figuraccia. A presto!

 

Sono ben graditi dipinti prodotti in serie, fulgide chiome plurifunzionali e ancor più recensioni!

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