Indietro nel Passato

di LiquidScience
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Passato nel Futuro ***
Capitolo 2: *** Nel passato ***
Capitolo 3: *** Il Concerto ***



Capitolo 1
*** Il Passato nel Futuro ***


-DATA: settembre 22, 2016
 
“È pronto in tavola!” disse Jennifer , posando in tavola la cena. Marlene McFly scese velocemente da camera sua e Marty McFly junior si alzò dal divano del salotto, mettendosi gli occhiali dalle molteplici funzioni, tra cui guardare la tv ovunque si voglia. Ma solo due canali alla volta, sfortunatamente.
Si sedettero tutti e tre in tavola.
“Papà non è ancora tornato?” chiese Marlene prendendo un po’ di pollo, mentre Marty jr prese quasi tutte le patatine e, forse, anche un po’ di carne.
“Avrà degli impegni importanti” ipotizzò la madre.
Poco dopo, sentirono la porta aprirsi.
“Bentornato a casa, Marty” disse una voce metallica, cominciando ad enunciare vari appellativi da capofamiglia.
Marty McFly senior era di umore nero, tanto era cupo in volto da far sembrare effettivi quei 48 anni portati così bene. Indossava un vestito piuttosto elegante, normalmente si vestiva così per andare in ufficio.
Si sedette a tavola e prese la sua porzione senza dire una parola.
“Tesoro, c’è qualcosa che non va?” chiese Jennifer.
“Mi… hanno licenziato. È un periodo buio per l’azienda e hanno dovuto licenziare alcuni dipendenti disse Marty senior, tutto ad un fiato, come se si fosse liberato di un grosso peso.
La coscetta che fino a prima Marty jr teneva in mano cadde sul piatto con un rumore sordo, la forchetta di Marlene rimase ferma a mezz’aria e Jennifer non finì di masticare il boccone.
Il capofamiglia si passò una mano sulla fronte, messo all’angolo dalla brutta situazione.
“E adesso?” disse la moglie, quasi sussurrando, dopo aver mandato giù il boccone.
“Non ne ho idea, Jen… Avevamo abbastanza per tirare a fine mese… invece adesso…  accidenti, se solo fossi andato a quel concerto…” disse Marty senior, quasi come se gli costasse un gran sforzo.
“Quel concerto della tua band, trent’anni fa, a cui Suvvia, Marty! Tuo fratello aveva appena fatto un incidente!” disse Jennifer. 
“Già, ma la nostra vita sarebbe stata diversa…” aggiunse Marty spostando alcune patate da una parte all’altra del piatto con la forchetta.
Finirono di mangiare in silenzio. Nessuno osò aggiungere altro.
“Frutta!” disse Marty jr ad un certo punto, alzandosi in piedi. Un portafrutta automatizzato scese dal soffitto e il ragazzo prese una mela.
“Rientrare!” disse poi e il portafrutta ubbidì.
Una volta che Jennifer ebbe sparecchiato, Marty senior si mise a guardare la tv, Jennifer fece andare la lavastoviglie e Marlene andò in camera sua.
Marty jr camminò un po’ a vuoto, guardando due dei suoi telefilm preferiti e mordicchiano la mela. Quando del frutto non ne rimase che il torsolo, fece un lancio centrando in pieno il cestino mobile e si avviò verso camera sua, con l’intenzione di fare un po’ di pratica con la sua chitarra. Chitarra elettrica, per l’esattezza.
Mentre saliva le scale, suonarono alla porta. Il ragazzo si girò a guardare chi fosse.
C’erano un uomo alto con i capelli bianchi e un cappello, una donna con un vestito lungo e due bambini. Tutti e quattro sembravano venuti fuori da un film western…
Si fermò sulle scale giusto il tempo per salutare, dopodiché riprese a salire i gradini.
 “Ah Marty portati il volopattino, domani io e la mia amica Sarah andiamo a fare un po’ di shopping dopo la scuola, non posso accompagnarti a casa” disse sua sorella sbucando dalla porta della sua stanza, poco prima che Marty jr premesse la placca per entrare nella sua.
“Ah. D’accordo”
Non aggiunse altro e appoggiò il pollice, entrando nel piccolo spazio tutto suo.
 
-DATA: settembre 23, 2016
 
Marty jr stava percorrendo il marciapiede a lato della strada che attraversava la piazza di Hill Valley a bordo del suo volopattino e ascoltando della musica con gli occhiali multifunzione che, oltre da TV, macchina fotografica, videocamera e auricolare fungevano anche da cuffiette per ascoltare musica MP5.
Ma non avevano molta memoria, normalmente li si sincronizzava con uno smartphone.
Marty stava pensando a cosa ne sarebbe stato di loro, adesso che il padre era senza lavoro. Anche se tutti lo credevano un sempliciotto, non lo era affatto: sapeva il fatto suo, ma era piuttosto timido e quando si trovava in gruppo o in situazioni delicate finiva per fare la figura del perfetto idiota.
Non sapeva, né avrebbe mai saputo, di essere in una sequenza di eventi alternativi. Nella continuum spazio-tempo originale era veramente un “perfetto idiota”…
“Quanto vorrei tornare indietro… nel tempo” disse Marty jr tra sé e sé, alzando lo sguardo alla Torre dell’Orologio.
Quel vecchio tribunale era stato oggetto di molti misteri irrisolti, a partire dal’autunno di 61 anni prima, quando fu colpito da un fulmine. Inspiegabilmente, la mattina dopo la gente trovò una porzione di asfalto annerito, simile a due strisce di pneumatici…
A Marty venne un’idea e girò in una stradina laterale.
 
***
 
Il museo sembrava ancora più grande se visto in orario di chiusura. Marty jr era entrato usando un vecchio trucco che aveva visto in televisione: aveva premuto la placca con il pollice dentro un guanto di plastica, così il lettore lo aveva identificato come l’ultima guardia che aveva lasciato la sua impronta digitale unta di ciambella.
Il ragazzo aveva percorso un po’ di corridoi, con una meta prefissata: il deposito.
Lì c’erano interi scaffali di rottami non archiviati o ancora da ricomporre, ma il più interessante si trovava in fondo, vicino al portone.
Marty jr si avvicinò al suo reperto preferito, davanti al quale veniva spesso a pensare nei momenti più duri.
La vecchia DeLorean aveva un sottile strato di polvere, all’interno c’erano circuiti alla rinfusa come se nessuno sapesse come rimetterli a posto.
Guardò attentamente tutti quei particolari, sulla carrozzeria, che la rendevano unica: Tutti quegli strani pezzi, apparentemente senza una funzione precisa, erano distribuiti in maniera armoniosa ma allo stesso tempo un po’ rozza, come il primo prototipo di un modello mai creato né migliorato.
“Quella macchina porta sulle spalle tutto il lavoro e la storia di chi l’ha costruita” disse una voce maschile alle sue spalle. Marty non si girò, rimase impassibile a guardare la macchina.
Era strano, ma quell’oggetto in qualche modo lo attirava, come se fosse parte di sé.
“Viaggiare nel tempo è sempre stato un sogno dell’umanità” disse ancora la voce, affiancandosi al ragazzo.
“Se fosse possibile, sarebbe tutto diverso… sarebbe migliore” rispose Marty jr, senza voltarsi.
“Tu credi? A volte viaggiare nel tempo comporta dei rischi enormi, sai?”
“A volte, però”
“Ah, Marty! Ci sono cose che tu nemmeno lontanamente immagini… sei sicuro di voler rischiare?”
Il ragazzo si girò lentamente verso il suo interlocutore. Come sapeva il suo nome?
L’altro era un uomo sulla cinquantina inoltrata, con i capelli bianchi. Sembrava lo stesso del giorno prima, ma era vestito in modo più contemporaneo e aveva qualche anno in più.
L’uomo rimase a fissare, come il ragazzo poco prima, un punto lontano.
“Sì. Ma una cosa, prima: chi sei?” chiese Marty jr.
“Io sono Emmett Brown, colui che ha costruito questo gioiellino 31 anni fa. Ma chiamami pure Doc”
Mentre Marty jr era impegnato a rimanere a bocca aperta, Doc di avvicinò alla macchina, liberandola da vari pezzi di imballaggi vari. Aprì la porta ad ala di gabbiano e ci entrò dentro. In un battibaleno mise al loro posto tutti i circuiti e si sedette al posto di guida.
“Che stai aspettando, un invito a cena?” esclamò Doc, vedendo che il ragazzo non aveva mosso un muscolo.
Marty non se lo fece ripetere due volte e salì in macchina.
Emmett girò la chiave e, dopo un paio di tentativi, la macchina si mise in moto.
“Incredibile che quest’aggeggio funzioni ancora” disse Marty osservando gli interni centimetro per centimetro.
“Non funzionava, infatti. Usando termini a te comprensibili, era ridotta peggio di un pancake dopo che il treno ci passò sopra”
“Eh..?”
“Hanno ritrovato i pezzi e hanno provato a ricostruirla, con scarso successo. Ti ricordi di quello strano e misterioso ritrovamento? Era su tutti i giornali… probabilmente no, nel ’97 non eri ancora nato”
“Che…?”
“Provarono e riprovarono, ma nessuno sapeva di preciso cosa doveva ricostruire… Un’astronave aliena? Una macchina di Hollywood? Un progetto segreto della CIA? Nessuno lo sapeva”
“E allora come fa a funzionare, adesso?”
“Lasciami, finire, lasciami finire. Un bel giorno del 2006 un misterioso scienziato si presentò in laboratorio e ricostruì la macchina, ma disattivandola affinché nessuno la utilizzasse. Troppi disastri aveva causato, troppi…”
Marty rimase ancora a bocca aperta. Sembrava troppo incredibile per essere vero.
“Quello scienziato… eri tu?”
“Naturalmente. Che dici, è ora di partire?”
Il ragazzo fece un cenno col capo e Doc mise il piede sull’acceleratore. Sfondò tranquillamente il portone e si fiondò lungo una strada. Quasi come se li stessero aspettando, presto si ritrovarono inseguiti dalla polizia.
“Oh no! La polizia! Non voglio finire in prigione! Non ci sono mai stato, né ci voglio mai andare!”
“Oh io sì che ci sono stato, una volta”
Beh, pareva ovvio dato la sua spericolata guida… ma non era questo il motivo.
“Che?”
“Nel 1930, ma è stato tutto un malinteso”
Ma quanti anni aveva?
Appena giunto fuori città, continuò per la strada asfaltata a tutta velocità.
Era proprio una strada asfaltata, fatta ancora quando le auto non volavano. Doc schiacciò dei tasti in una piccola pulsantiera bianca e qualcosa cambiò nel grosso pannello che c’era affianco al volante.
In particolare, in un antiquato display LCD etichettato come “Destination time” era comparsa una data: Ottobre 15, 1986.
Marty jr si accorse che la macchina stava andando fuori strada.
“Ehi.. Ehi Doc stai andando fuori strada, contro un cartello! È troppo basso, non ci passiamo!”
“Non ti preoccupare. Dove andiamo noi, non ci sarà”
Detto questo, la macchina raggiunse le 88 miglia orarie e sparì in un lampo azzurro lasciandosi dietro due strisce di fuoco.

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Capitolo 2
*** Nel passato ***


-DATA: Novembre 15, 1986
 
Non appena quel lampo azzurro che copriva l’intero parabrezza si fu dileguato, la macchina cominciò a correre su un terreno irregolare, come se fossero finiti in mezzo all’erba. A Marty jr sfuggì un gemito di terrore, mentre Doc armeggiava con il volante per non far sbandare o addirittura rovesciare la DeLorean.
Un tonfo sopra di loro contribuì ad aumentare lo spavento del ragazzo, che d’istinto di coprì la testa con le mani anche se non ce n’era assolutamente bisogno. Con stupore di Doc, le luci all’interno della macchina cominciarono a lampeggiare, fino a che una ad una si spensero.
Il motore della DeLorean si fermò ma  l’auto percorse ancora un po’ di strada prima di arrestarsi.
Aspettarono qualche minuto prima di uscire, il tempo per rimettere in chiaro le idee.
“Accidentaccio” esclamò Doc, aprendo la portiera ad ala di gabbiano della macchina.
Marty lo seguì a ruota, anche se ancora piuttosto confuso.
Il sole era sorto da un po’ e faceva capolino dalle sagome degli edifici di Hill Valley e del paesaggio circostante. Panorama carino, peccato che non era quello che Marty e Doc stavano osservando.
“Avevi detto che il cartello non ci sarebbe stato!” disse infine il ragazzo, osservando l’oggetto in questione e la scia formata dai pezzi che si erano staccati dalla macchina all’impatto con esso.
Doc tirò fuori un blocco note e cominciò a sfogliarlo pagina per pagina, apportando correzioni con una penna tascabile.
“La condensazione del flusso x deve essersi interrotta al termine dell’accelerazione delle particelle gamma nel sistema y, z e T causando uno slittamento della collocazione temporale”  farfugliò Doc.
“Eh, che hai detto?” chiese Marty, non capendo nulla di ciò che lo scienziato ebbe detto.
“Oh, lascia perdere” rispose l’altro mettendo via il blocco note. Fece qualche passo e si chinò per raccogliere il generatore di fusione in frantumi.
“Dannazione. Senza il generatore di fusione si può dire addio ai viaggi nel tempo. È questo che fornisce gli 1,21 gigowatt di elettricità che servono”
“Ma è un Mr. Fusion, possiamo comprarne un altro” disse Marty jr, non rendendosi ancora conto della gravità della situazione.
“Marty! Non stai pensando quadrimensionalmente! Siamo nel 1986, né Mr. Fusion né le componenti su cui la sua tecnologia è basata non sono ancora state inventate!”
“Cioè mi stai dicendo… che siamo negli anni ottanta, senza un modo per tornare indietro?” chiese Marty, moderatamente angosciato dalla situazione.
“Precisamente” rispose Doc, con un tono fermo e pacato.
“Merda!”
Doc rimase un attimo in sospeso, forse si aspettava un qualsiasi riferimento al peso.
“Beh, dovrei riuscire a rimetterla in moto, almeno fino ad arrivare in laboratorio” disse infine, ritornando verso la macchina.
 
***
 
Quello che Doc chiamava ‘laboratorio’ altro non era che un enorme garage, arredato a mo’ di appartamento da un lato e dall’altro da laboratorio vero e proprio. Era tutto in un disordine caotico, c’erano scatoloni pieni di fogli arrotolati, sopra la maggior parte dei mobili c’erano strani macchinari la cui funzione rimaneva chiara soltanto al loro inventore, in un tavolo c’era persino un plastico di Hill Valley, di un bianco un po’ ingiallito dal tempo. Chissà quanti anni aveva…
In uno spiazzo libero di fronte al portone Doc aveva parcheggiato la DeLorean ed ora ci stava lavorando sopra, valutando i danni.
“È buffo” disse, appoggiandosi sul tetto “Il generatore di fusione non era tra i rottami del museo, lo comprai io in seguito”
“Ah si?” disse Marty, fingendosi interessato. In realtà stava cercando di capire dov’era appesa la tv.
“Già. Non avrei mai pensato di aver ancora problemi con quello”
Marty non rispose, si fermò davanti a un amplificatore gigante che non aveva l’aria di essere perfettamente in sesto.
“Ehi Doc, dov’è la televisione?” chiese, senza staccare gli occhi dall’enorme e curioso marchingegno.
“Di fronte al divano, no?” rispose l’altro, prendendo con la mano destra il cacciavite che prima teneva stretto tra le labbra.
Marty jr si avvicinò al punto interessato.
“Accensione!” disse, ma nulla accadde.
“Accensione ho detto!” ripeté il ragazzo, irritato.
Doc lo raggiunse e girò una manovella accanto allo schermo, accendendola.
“Ah, ecco… grazie” disse Marty jr sedendosi sul divano.
Durante l’ora che seguì, Doc cercò invano di trovare un modo per rimettere a posto il generatore di fusione, ma a nulla valsero i suoi tentativi: serviva un pezzo nuovo. Ma a questo avrebbe pensato più tardi, c’era una faccenda più importante da sbrigare.
“Bene Marty, quello che dobbiamo fare adesso…” disse Doc, mettendosi tra il ragazzo e la televisione sperando di avere così la sua attenzione.
“Si…?”
“O meglio, quello che tu devi fare, è prendere il posto di tuo padre al concerto che si terrà fra due giorni” spiegò lo scienziato tutto ad un fiato, gesticolando animatamente.
“Io… cosa?” ribatté Marty jr, sorpreso a tal punto da sembrare spaventato. Beh, forse un po’ lo era…
“Su, calma, sai suonare la chitarra elettrica, no? All’inizio avevo pensato di lasciarti un po’ di tempo per fare pratica, ma per questioni tecniche dovrai improvvisare. Sarà semplice, basterà che ti comporti come un normale ragazzo degli anno ‘80”
“Ma io non ho la pallida idea di che cosa fanno i ragazzi degli anni ’80!” rispose Marty jr.
Doc non rispose e riprese a sistemare dei cavetti scuotendo la testa.
“Doc…!” esclamò Marty, non sapendo più che pesce prendere.
“Basta che ti tieni lontano da quegli aggeggi futuristici… Smartphone… occhiali e altri oggetti accessoriati…  lettori Mp5 o qualsiasi lettore di file, musica, video 2D o 3D che sia”
“Cosa? Ma questo è l’inferno!” rispose il ragazzo, sperando fosse tutto uno scherzo.
“No, è Hill Valley negli anni ottanta. Il paradiso in confronto ad altre sequenze di eventi in realtà alternative” disse Doc, sussurrandolo come se lo stesse dicendo al ragazzo e non a sé stesso.
“Eh?”
“Lascia perdere. Dovrebbe esserci una chitarra in uno scatolone, da qualche parte. Potresti esercitarti un po’”
Marty jr obbedì, cercando tra gli oggetti presenti nel laboratorio quello che più assomigliava a una chitarra.

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Capitolo 3
*** Il Concerto ***


A/N: Ho deciso di prendere una piccola pausa dalla stesura del mio libro per dedicare il poco tempo libero che ho a questa fanfiction, è rimasta sospesa per anni e in occasione del Ritorno al Futuro Day voglio continuarla, come tributo alla serie. Spero sia di vostro gradimento!
 
-DATA:  Novembre 17, 1986
 
Il palco su cui si dovevano esibire i Pinheads, il gruppo con cui suonava il padre di Marty McFly Jr., era un impalcatura di ferro costruita al centro del parcheggio della piazza, munita di qualsivoglia apparecchiatura tecnologica terribilmente preistorica agli occhi del ragazzo del futuro.
Marty Jr. Si guardò attorno. La torre dell’orologio, priva delle grandi vetrate che era abituato a vedere, faceva da sfondo all luogo dell’esibizione. Camminò fino al retro, dove gli altri membri della band stavano facendo gli ultimi controlli agli strumenti.
Una mano lo prese di sorpresa per la spalla obbligandolo a girarsi.
Sua madre Jennifer, incredibilemente giovane, lo strinse in un caldo abbraccio.
Marty era pietrificato, sia per la tensione del momento che per il fatto che sua madre lo aveva sul serio scambiato per suo padre.
Soprattutto la seconda.
Gettò via qualsiasi pensiero non adatto e si concentrò sul suo compito: sostituire suo padre al concerto e migliorare la vita a lui e a tutta la sua futura famiglia.
“Marty! Come sta tuo fratello?”
Marty fece mente locale di tutte le informazioni che gli aveva fornito Doc.
“Sta meglio ma...” si fermò appena in tempo per evitare una terribile gaffe “ma... ma... non ti preoccupare se la cava”
“McFly sei sicuro? Avevi detto che forse non saresti nemmeno venuto per stargli accanto” chiese il bassista, un tipo stravagante con un giubbotto in pelle e i capelli lunghi fino alle spalle. Un paio di Rayban neri completavano lo stile retrò che accomunava tutti gli abitanti di quella Hill Valley del passato.
“Infatti...”
Gli sguardi di Jennifer e del bassista si inchiodarono su di lui, interrogativi.
“Infatti avevo detto forse. Dave sapeva quanto ci tenessi e mi ha minacciato di non rivolgermi più la parola se non avessi partecipato” improvvisò con un sorriso forzato, quasi cercasse di sdrammatizzare.
“Ottimo”
“Dov’è la mia chitarra?” chiese Marty guardandosi in giro. C’erano due custodie ai lati del palco, entrambi della forma dello strumento cercato.
“Al solito posto”
Marty sospirò e tentò la sorte con la custodia alla destra. Incredibilmente ci aveva azzeccato: conteneva una chitarra elettrica uguale a quella che suo padre custodiva gelosemente nel suo studio. Forse era addirittura la stessa.
La provò un po’ e, vedendo che cominciava a radunarsi tutta la folla proveniente da ogni angolo della città, chiamò a raccolta il suo gruppo.
Teoricamente, doveva essere un concerto di beneficienza a cui partecipavano più band locali.
Si guardò attorno e notò persone appartenenti ad altre band, vestite in un modo molto stravagante. O almeno, lui li vedeva in questo modo.
Chitarra in pugno, aspettò nervosemente il turno della ‘sua’ band.
Non era un asso della chitarra e non aveva quasi mai suonato brani più vecchi del 2000. E se gli avessero fischiato contro? Aveva il terrore di questo genere di rifiuti.
Si guardò attorno, più per l’impulso di fare qualcosa che per osservare veramente ciò che lo circondava.
“Allora che suoniamo, McFly?” chiese il batterista, cogliendolo di sorpresa.
“Che...?”
Il pianista propose un paio di titoli che Marty non aveva mai sentito prima.
 
Ricorda, quando la situazione prende una brutta piega di’ che è pesante.
 
Le parole di Doc gli risuonarono in testa come il led dello smartphone che si accendeva ogni volta che aveva una nuova notifica.
“McFly, tutto bene? Guarda che sei tu il leader”
Stava per aprire bocca quando il presentatore fece il loro nome. Dovevano assolutamente salire.
“Facciamo la prima”
“In bocca al lipo Marty!” esclamò Jennifer guardandolo salire, con un dolce sorriso sulle labbra.
Uno ad uno presero posto sul palco. La gente al di sotto aspettava, numerosa, di ascoltare il loro pezzo. Marty era estremamente in ansia, si stavatrattenendo a fatica per non tremare. In compenso, una goccia di sudore gli rigò la fronte.
Fece un cenno al batterista che diede l’attacco. Lo seguirono a ruota bassista e pianista, mentre lui faceva a finta di aspettare battendo il ritmo col piede.
Quel ritmo... gli era familiare. Lo aveva sentito da qualche parte, sì...
Si illuminò e le dita si mossero sui tasti quasi da sole, componendo quegli accordi che aveva sentito anni prima quando suo padre gli aveva insegnato a suonare la chitarra. Sì, si ricordava ancora bene la prima canzone che imparò!
Man mano che muoveva il plettro sulle corde, acquistava sempre più sicurezza. Fece addirittura qualche variazione, aggiungendo qualche power chord per dare più tono alla canzone.
Il risultato fu un successo, tutti applaudirono entusiasti.
Quando scese dal palco, Jennifer lo assalì piena di gioia e gli diede un bacio sulle labbra.
“Ehi ehi!”
Marty jr., inorridito dall’idea di ricevere un bacio in bocca da sua madre ringiovanita, fece un passo indietro evitando qualsiasi ulteriore contatto fisico con un’espressione di puro shock sul volto.
Jennifer lo guardò con un’espressione delusa e rattristata dalla ferita che quella reazione le aveva provocato.
“Marty... che ti succede...?”
“Eh ecco io...”
“Sembri... diverso”
“la situazione si sta facendo pesante...” sussurrò tra sé sperando che le sue parolenon giungessero alle orecchie di nessuno.
“Pesante? Avanti, sputa il rospo” disse Jennifer con un tono di sfida. Incrociò le braccia in attesa di una risposta.
Marty guardò l’ora dall’orologio, digitale con un rozzo display LCD.
“Si sta facendo tardi, devo andare. Scusa Jen, ti spiegherò più tardi...”
Si allontanò, camminando all’indietro per non distogliere lo sguardo da sua madre.
“Molto... più tardi”
Detto questo, prese skateboard e zainoche aveva lasciato appoggiati di fianco a una delle colonne per le luci del palco e si allontanò sparendo nella penombra della sera.
 
***
 
“Doc! Doc! È fatta!” gridò Marty piombando dentro il garage-laboratorio. Doc fece capolino dall’altra parte della DeLorean parcheggiata al centro, osservandolo con uno sguardo curioso e un cacciavite in bocca.
“Il concerto è stato un successo, ho avuto la fortuna di beccare proprio l’unica canzone che conoscevo! Però Jennifer...”
“Jennifer?” chiese Doc, avvicinandosi al ragazzo e appoggiando le mani sulle braccia, come se volesse scuoterlo da uno shock.
“Sì, ecco...”
“Che è successo con Jennifer, Marty?”
Doc si era fatto serio, tanto da mettere inquietudine.
“Niente, ecco... ha tentato di darmi un bacio ma...”
“Ma...?”
“Insomma Doc!” esclamò nervosamente liberandosi dalla presa “È mia madre!”
Doc fissò un punto indistinto in qualche angolo dello stanzone.
“Grande Giove...”
“È grave?”  
Marty era un po’ imbarazzato da quella scomoda situazione.
“No, no, spero” detto questo sistemò un ultimo bullone per fissare uno strano macchinario nero dalla forma circolare laddove prima c’era il Mr Fusion.
“Che cos’è quell’affare?”
“Questo Marty è il prototipo del reattore che montava la macchina del tempo quando la costruii, un anno fa secondo questa linea temporale”
“Un reattore? Forte!”
“Non molto. È un prototipo che generava molta instabilità all’interno del flusso canalizzatore. Potrebbe far collassare il continuum spazio-temporale, o forse semplicemente fondere i circuiti. In ogni caso, abbiamo solo una possibilità per tornare al 2016”
“Far collassare i cont... cosa?” chiese incredulo “Vuoi dire che potrebbe trasformarsi in una bomba mortale?”
“Nah, la possibilità che succeda ciò è molto bassa”
Marty sospirò e scosse la testa.
“La situazione si sta facendo semre più pesante, Doc”
“Forza, torniamo al presente” disse Doc scuotendo la testa e aprì la porta ad ala di gabbiano per salire in macchina.
“Tutto ok ragazzo?” chiese, vedendo che non accennava a muoversi. Marty se ne stava lì impalato, con uno sguardo tipico di qualcuno che aveva appena visto un fantasma.
Marty Jr. alzò la mano destra e la fece vedere a Doc.
La falange del dito medio, il più lungo, era scomparsa.
 
A/N: Appena possibile pubblicherò il finale!

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