DEMON & WITCH III di SamuelRoth93 (/viewuser.php?uid=244355)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 3x01-Il secondo avvento ***
Capitolo 2: *** 3x02-Il dolore del suo cuore ***
Capitolo 3: *** 3x03-Lungo il cammino della morte ***
Capitolo 4: *** 3x04-Un posto dove sentirmi al sicuro ***
Capitolo 5: *** 3x05-Lei mi ha incastrata ***
Capitolo 6: *** 3x07-Non ho più paura di te ***
Capitolo 7: *** 3x06-Sulla strada del pericolo ***
Capitolo 8: *** 3x08-Quello che lei prova tutti i giorni ***
Capitolo 9: *** 3x09-Libero dal suo incubo ***
Capitolo 10: *** 3x10-Dio dei fantasmi ***
Capitolo 11: *** 3x11-L'alba di un nuovo mondo ***
Capitolo 12: *** 3x12-La scatola mistica ***
Capitolo 13: *** 3x13-Racchiuso al suo interno ***
Capitolo 14: *** 3x14-E rimase solo la speranza ***
Capitolo 15: *** 3x15-La notte della luna cattiva ***
Capitolo 16: *** 3x16-L'espiazione dell'anima ***
Capitolo 17: *** 3x17-Prigionieri del sottosuolo ***
Capitolo 18: *** 3x18-Le storie del narratore ***
Capitolo 19: *** 3x19-Riemerge l'oscurità ***
Capitolo 20: *** 3x20-Una corsa verso il passato ***
Capitolo 21: *** 3x21-I sogni di Harmony: L'inizio dell'incubo (Parte I) ***
Capitolo 22: *** 3x22-I sogni di Harmony: La fine dell'incubo (Parte II) ***
Capitolo 1 *** 3x01-Il secondo avvento ***
VOLUME TRE
“Equilibrio”
~
Capitolo Uno
"Starting
Over"
Due
mesi dopo - Morney Hill,
Maine
Era quasi mezzanotte
nella tranquilla cittadina e,
all’interno di un raffinato ristorante, c’era una
giovane coppia che attendeva
con ansia, da una vita, quel primo appuntamento. A lei, soprattutto,
tutto sembrava
quasi e solo un sogno, tanto che guardava il suo Samuel, seduto di
fronte e
impegnato a versarle da bere, come se ci fossero stati soltanto loro
nel
locale.
“Non posso
credere che sia tutto finito e che siamo
finalmente qui, insieme” gli disse lei, con dolcezza,
ricevendo in risposta un
sorriso.
“Sapevamo
che prima o poi sarebbe arrivato questo
momento. Io e te, qui a Morney Hill, a condurre una vita
normale...”
“Niente
cattivi, né buoni, niente magia… solo noi due
e il futuro.”
“Allora
facciamo un brindisi al nostro futuro –
propose lui, alzando il calice e guardandola intensamente - Non ti ho
mai amata
tanto come ora, Jade...”
“Vorrei che
questo momento non finisse mai…” gli
rispose lei, facendo tintinnare i bicchieri uno contro
l’altro.
“I momenti
della vita sono come il flash di uno scatto,
Jade: durano talmente poco e in un attimo è già
tutto finito…”
E, infatti,
l’attimo dopo finì tutto perché Jade
aprì
gli occhi e si rese conto che era stato soltanto un sogno: si era
addormentata
sulla tomba del suo amato. Gli aveva portato dei fiori ed era rimasta a
parlare
con quella lastra di pietra fredda con inciso sopra il suo nome per
quasi tutto
un giorno, prima di crollare, e ora sul cimitero era calata la notte,
esattamente come nel suo sogno. Cadeva anche una pioggia leggera,
creando
un’atmosfera triste e inquieta, nella quale non stonava Jade,
in lacrime e
scossa dai singhiozzi, che avrebbe tanto voluto che quel sogno fosse
reale,
esattamente come aveva sperato per tutti gli altri fatti durante
l’estate, appena
conclusa.
Improvvisamente,
dietro di lei arrivò qualcuno, che le
mise una mano sulla sua spalla; lei si girò e, quando vide
di chi si trattava,
si alzò e la abbracciò.
“Nonna, mi
manca così tanto... Non so come accettarlo,
non riesco ad andare avanti. Io… io non respiro, non riesco
a respirare…”
Dana strinse a
sè la nipote, cercando di riparare
entrambe sotto il suo ombrello: “Riuscirai ad andare avanti,
devi solo avere
pazienza, perchè, man mano che passeranno i giorni, sentirai
sempre meno il
dolore.”
“Mi sento
così vuota, nonna. Non ero nemmeno con lui
quando se n’è andato... E’ morto da
solo, senza nessuno accanto. E’ orribile!”
L’anziana
signora le accarezzò con dolcezza la testa,
cercando di consolarla: “Sapeva di essere amato, Jade, per
questo ha
sacrificato la sua vita pur di salvarti. Eravamo tutti con lui, anche
se non
fisicamente. Ora andiamo a casa e domani… beh,
sarà un altro giorno e tornerai
a respirare, bambina mia. Ok?”
Jade si
asciugò le lacrime, annuendo:
“D’accordo…”
Intanto, la vita
continuava e il giorno dopo, seduta
in una caffetteria del centro, c’era invece una ragazza
davvero felice, che
aveva avuto la fortuna di non perdere colui che amava con tutta se
stessa.
L’estate era ormai alla fine e Brenda si preparava al
college; peccato, però,
che non sapesse dove andare. Sistemando i suoi opuscoletti sul
tavolino, si
rivolse a Terence, seduto di fronte a lei, in cerca di aiuto.
“Secondo
te, dove dovrei andare?”
Lui rise:
“E lo chiedi a me? Sto ancora cercando di
abituarmi al fatto che ho un lavoro e vivo in un appartamento con un
gatto che
mi hai costretto TU a prendere!”
Esasperata, la
ragazza sbuffò, sbattendo frustrata la
testa sul tavolino: “Uffa, non so cosa scegliere! Il mio
clone è stato
accettato in ben nove college, ti rendi conto?!?”
“Vedi di
non sceglierne uno lontano, perché è
già dura
per me vivere qui senza di te, ok?” replicò lui,
triste.
“Beh,
potresti trasferirti anche tu con me. Insomma,
Morney Hill non è l’unico posto in cui puoi
insegnare autodifesa, no?”
“Insegno
arti marziali in una palestra, Brenda, non
autodifesa” la corresse lui, provocando un altro sospiro da
parte di lei.
“E’
uguale, c’è sempre qualcuno da prendere a calci.
Il punto è che potresti insegnare anche da qualche altra
parte e precisamente a
– alzò uno degli opuscoletti – Boston,
no? Cosa ne pensi?”
Terence
sgranò gli occhi: “Boston? Un po’
lontano, non
credi? Senti, sai che ti amo alla follia, ma… a malapena
sono riuscito ad
ambientarmi qui, figuriamoci se dovessi cambiare città di
punto in bianco. Ci
sono dei college anche qui a Morney Hill, sai?”
“Ma
è da sfigati frequentare il college della propria
città! Tutti non vediamo l’ora di finire il liceo
proprio per fuggire ad almeno
mille chilometri di distanza!”
“Hai ancora
un po’ di tempo per decidere, ma sappi che
comunque farò il sacrificio di seguirti ovunque tu decida di
andare, okay? Però
prima pensaci bene. A proposito, sai niente di Jade? Dove
andrà?”
Brenda
roteò gli occhi: “Jade? E chi è?
– ma subito
tornò seria e sulle labbra le si dipinse un sorriso triste
– Sto scherzando, il
fatto è che non mi parla più, o, meglio, non
parla più con il resto del mondo.
Si è completamente isolata e… non la biasimo per
questo.”
“Perché
non vai a trovarla? Se non ti parla, non vuol
dire che non ti voglia vedere. Devi farle capire che tu ci sei ancora e
che non
la abbandonerai mai.”
La ragazza
sospirò, lanciandogli un’occhiata: “Come
invece hanno fatto Samuel e Zack, le due persone più
importanti della sua vita?
Non credo di essere all’altezza delle sue perdite, mi
dispiace...”
Vedendola triste, lui
le prese le mani fra le sue e la
guardò negli occhi, prima di rispondere: “Hey, tu
sei importante per lei almeno
quanto loro. Sei la sua migliore amica e questo non cambierà
mai. Lei sta
soffrendo molto, in questo momento, perciò non
può rendersi conto anche della
tua, di sofferenza.”
Brenda, nel sentirlo,
scoppiò in lacrime: “Terminata
la battaglia, pensavo che sarebbe stato fantastico tornare a casa.
Avrei
ripreso la mia vita, le mie amicizie, la mia solita routine, ma mi
è bastato un
giorno per capire che tutto questo non c’era più,
che il resto della gente, nel
frattempo, era andata avanti con la propria vita. E ora sono sola,
completamente sola... Samuel, Zack e Jade erano i miei amici, la mia
famiglia e
ora è tutto finito...”
“Hai ancora
me; Brenda. So perfettamente che non potrò
mai colmare il vuoto lasciato da loro, ma io ci sono e non ti
lascerò mai
sola…” e con queste parole riuscì
almeno a strapparle un mezzo sorriso.
Nel frattempo, la
città era in fermento per le
elezioni del nuovo sindaco e tutti i cittadini si apprestavano a
dirigersi
davanti al Municipio per il primo discorso del neoeletto.
Anche la signora
Ferguson si stava preparando per
andare, mentre Jade giaceva sdraiata sul divano con il telecomando in
mano, a
passare continuamente da un canale all’altro. Mentre si
metteva un foulard
intorno al collo, la donna non riuscì a nascondere la sua
irritazione per quel
comportamento.
“Cosa stai
aspettando a prepararti?”
“Non voglio
andare da nessuna parte. – le rispose
l’altra, totalmente indifferente - Sto bene dove
sono.”
“Oggi
è un giorno importante per la nostra città,
c’è
il discorso del nuovo sindaco.”
“Per me
è una cosa banale, invece. E non ci verrò. Credi
che farmi uscire mi farà stare bene? Sono adulta, ormai, e
so io cosa è meglio
per me!”
“Sai, Jade,
– replicò Dana, severa, lanciandole
un’occhiataccia - credo che ti farebbe proprio bene una
boccata d’aria!”
E, improvvisamente,
Jade iniziò a sentirsi soffocare e
a toccarsi il collo, incapace di respirare, tant’è
che corse subito verso la
porta, buttandosi letteralmente fuori casa. Non appena mise piede fuori
dalla
porta, i polmoni ripresero a funzionare e come per magia si
ritrovò vestita e
pronta per uscire. Pochi secondi dopo, l’anziana signora la
raggiunse,
chiudendo la porta dietro di sè e proseguendo dritta verso
il centro della
cittadina.
“Visto? Te
l’avevo detto che una boccata d’aria ti
avrebbe fatto bene. Si rischia di soffocare, stando sempre dentro
casa!” disse
alla nipote, sorridendo.
Jade si
limitò a guardarla male e a seguirla, senza
dire nulla.
Arrivate in
città, nel punto in cui tutti i cittadini
si stavano radunando, Dana intravide Brenda e Terence in mezzo alla
folla e
decise subito di raggiungerli.
“Ma guarda
chi si vede... Ciao, ragazzi!”
La ragazza
l’abbracciò subito, felice di vederla:
“Salve, signora Ferguson! Come sta?”
“Non mi
lamento, cara. – si rivolse poi a Terence –
Salve anche a te, giovanotto!”
“Non direi,
signora, – le sorrise l’uomo - abbiamo
quasi la stessa età!”
“E allora?
– replicò lei - Sono giovane anche io!”
ed
entrambi scoppiarono a ridere.
“Jade
è con lei?” le chiese poi Brenda, quando si
calmarono.
“Sì,
era dietro di me – si girò, la cercò
con gli
occhi e la individuò – Oh, eccola! E’
laggiù!” ma quella, benché poco
distante
da loro, finse di non vederli, rimanendo in disparte con le braccia
conserte a
guardare la folla.
Subito il sorriso di
Brenda si spense: “Sì, ora la
vedo. Sono contenta che sia riuscita a farla uscire di casa, visto che
lo
faceva solo per andare al cimitero.”
“Tesoro,
– le rispose l’anziana signora, mettendole
una mano sul braccio, comprensiva - dalle tempo. Vedrai che tornerete a
parlarvi… E’ solo un momento passeggero, poi tutto
tornerà come prima, o
quasi.”
Terence, intanto,
stava osservando con curiosità il
movimento intorno al palco e ne approfittò per chiedere
spiegazioni: “Chi è
questo nuovo sindaco?”
“Bradley
Scott. – rispose Dana, eccitata – E, per la
cronaca, io ho votato per lui alle elezioni. E’ un tipo molto
affascinante!”
La ragazza la
guardò, in imbarazzo: “Signora Ferguson!
– esclamò, sorpresa - Oddio, pensa ancora a certe
cose?!”
“Non sono
mica morta dentro! E poi senti chi parla: la
vecchia Brenda avrebbe tifato per me!”
L’altra
dovette ammettere che aveva ragione e scoppiò
a ridere: “Vero!”
Improvvisamente, di
fronte al microfono si presentò
l’uomo che avrebbe governato la città da quel
momento in poi. Tuttavia, non si
trattava del sindaco appena eletto e Dana, Brenda, Terence e Jade, che
lo
avevano riconosciuto, non potevano credere ai loro occhi: si trattava
di John.
L’uomo, prima di parlare, guardò le sue vecchie
conoscenze con un sorriso compiaciuto.
“Salve a
tutti, cittadini di Morney Hill. Sono davvero
molto contento che siate accorsi in così tanti
oggi...”
L’anziana
strega era semplicemente incredula: “John?
Non può essere…”
Brenda lo era
altrettanto: “Cos’è, uno scherzo?!?
Perché nessuno contesta la sua presenza?”
“Controllo
mentale? Persuasione?” propose Terence,
facendola agitare.
“Ok, forse
con voi non funziona perchè siete esseri
soprannaturali, ma io sono umana!”
“Forse ne
sei immune…”
In
quell’istante, si avvicinò ai tre Jade, allarmata:
“Nonna, cosa sta succedendo? Perché John
è su quel palco?”
“Calmati
tesoro, – le rispose Dana – prima stiamo a
sentire cosa dice, ok? Sapevamo che non era morto, quindi ci saremmo
dovute
aspettare un suo ritorno...”
Intanto,
l’uomo stava continuando il suo discorso:
“Ringrazio tutti per avermi eletto come nuovo sindaco di
Morney Hill – e fece
una piccola risata – del resto non me l’aspettavo
proprio... Farò in modo che
la nostra città diventi sempre più sicura, la
trasformerò in un modello da
imitare e mi occuperò personalmente del benessere di ognuno
di voi. Spero tanto
di fare un buon lavoro e, quando avrò finito, – e
lanciò uno sguardo al
gruppetto – state pur certi che non vi scorderete di me tanto
facilmente!”
Il pubblico accolse
la fine del discorso con un lungo
applauso, sempre più entusiasta.
Approfittando del
rumore, Brenda sussurrò qualche
parola all’orecchio di Dana, in piedi accanto a lei:
“Senza offesa, ma dobbiamo
trovare il modo di eliminare la sua vecchia fiamma!”
“Nessuna
offesa, cara, – replicò quella, lo sguardo
determinato fisso sull’uomo - lo voglio morto quanto
te!”
Casa Ferguson
Avevano passato quasi
tutto il resto della giornata a
pensare ad un piano per liberarsi di John, ma l’impresa
sembrava essere
alquanto ardua e il gruppo si era rassegnato ormai a consultare alcuni
libri di
magia dell’anziana strega, sparpagliati per il soggiorno.
Jade, però, era
seduta in disparte, indifferente.
“Potremmo
usare un incantesimo di prigionia. – propose
Brenda a Dana – Che ne dice?”
“No, ci
vuole molto potere per fare una cosa simile.
Da sola non ce la farei.”
Terence, intanto,
cercava di riflettere su quanto era
accaduto: “Come può essere vivo?
D’accordo, è un demone, ma ha vissuto
abbastanza a lungo nel castello dei Servitori del Caos da diventarlo
per metà,
perciò avrebbe dovuto morire subito dopo la scomparsa dei
disordini, no?”
“Mi sono
posta la stessa domanda, – rispose l’anziana
signora - tuttavia, come hai detto tu, è un servitore del
Caos soltanto per
metà. Probabilmente non gli resta molto tempo, anche se ha
resistito finito ad
oggi.”
Ma Brenda, nel
sentire la sua ipotesi, scosse
energicamente la testa: “Non aveva la faccia di uno che ha i
giorni contati,
però. Perciò, cosa sta succedendo? Magari ha
trovato un modo per salvarsi, come
abbiamo fatto noi per Terence.”
“E chi
sarebbe stato disposto a collegare la propria
vita con la sua? Tutti conoscono John, comprese le streghe, nessuno si
sarebbe
mai offerto di aiutarlo.”
“A meno
che…” iniziò Terence e subito la
ragazza colse
al volo la sua allusione.
“Aspetta,
credi che abbia trattenuto i disordini in
qualche modo? Ma è impossibile!”
In quel momento,
Jade, seccata, si intromise di colpo
nella conversazione: “Non credo di aver capito bene, Terence.
Mi stai dicendo
che Samuel ha sacrificato la SUA VITA invano? E’ questo che
vorresti dire?”
“Tesoro,
sta calma!” provò a tranquillizzarla la
donna, ma ottenne solo di farla gridare ancora di più.
“No, non
sto calma per niente! Mi RIFIUTO di credere
che quel viscido bastardo abbia trovato un modo per trattenere qui quel
dannato
Male che ci perseguita dall’inizio dei tempi! Sono STANCA...
Non ho più forze,
non posso affrontare di nuovo tutto quanto, non dopo aver perso Samuel.
Vi
prego, ditemi che non sta accadendo davvero....”
Dana, allora, decise
di essere sincera con lei e dirle
la verità: “Abbiamo perso il Libro del Bene e del
Male nell’ultima battaglia e
anche i tuoi poteri, visto che non sei più la prescelta. Una
cosa, però, ce
l’abbiamo ancora: la bussola dei disordini. Se si
attiverà, beh… sapete cosa
significa...”
“Allora
vada a prenderla, così lo sapremo, no?” le
chiese Terence, che non voleva perdere altro tempo.
Subito la donna
lasciò la stanza e Brenda ne
approfittò per parlare da sola con l’amica.
“Senti,
Jade, ci tenevo a dirti che non sei sola in
tutto questo e che io sono accanto a te…”
Ma l’altra
non le lasciò nemmeno finire la frase:
“Brenda, scusami, ma in questo momento non ho voglia di
parlare con nessuno.
Sto praticamente vivendo un incubo e ho la sensazione che le cose
potranno solo
peggiorare da ora in poi.”
Brenda
abbassò lo sguardo e si fece da parte, delusa:
“Ehm, va bene, come vuoi tu…” le
sussurrò, mentre Dana tornava nella stanza con
la bussola fra le mani.
Scambiò
uno sguardo veloce con i presenti e poi la
poggiò sul tavolo, aprendone lo sportello. Per qualche
secondo, tutti rimasero
a fissarla, in attesa, poi, improvvisamente, essa si
illuminò di colpo e tutti
sospirarono.
Brenda fu la prima a
ritrovare la parola: “Allora è
tutto vero! Non ci posso credere…”
“I
disordini ci sono ancora!” aggiunse Terence, anche
lui sotto shock.
L’anziana
signora, invece, si mise subito a esaminare
l’oggetto con aria critica: “Sì, ma
c’è qualcosa di diverso: la luce è
molto
debole.”
Ma Jade, critica,
intervenne subito: “E allora? Debole
o non debole, i disordini ci sono! – poi si nascose il volto
fra le mani,
disperata – Oh mio Dio, non ci posso credere... Non
finirà mai…”
Brenda le
lanciò un’occhiata triste, ma non osò
avvicinarsi ancora: “Cosa significa tutto questo? Forse i
disordini ci sono, ma
non sono abbastanza forti da riguadagnare terreno?”
“Può essere… Se troviamo la
fonte, magari riusciamo ad estirparli, prima che John faccia qualcosa
di
drastico.”
La giovane strega,
sentendo quelle parole, alzò di
nuovo la voce: “E come dovremmo fare, secondo te? Cerchiamo
un altro amuleto?
Un’altra spada? Nonna, le profezie sono finite!”
A quel punto, Terence
capì di dover intervenire per
allentare la tensione che si era creata fra le tre donne:
“Sentite, prima
pensiamo a trovare la fonte di questo nuovo disordine, poi penseremo a
cosa
fare per eliminarla, ok?”
Nel sentire quella
proposta, gli occhi di Brenda
subito si illuminarono e lo sguardo saettò
sull’amica: “Andiamo noi, vero?”
Ma quella fu
tutt’altro che amichevole: “Scordatelo!
Ho chiuso con questa storia. John può fare quello che vuole,
per me non cambia
niente, ormai...”
“Non
preoccuparti, – la rassicurò l’uomo,
vedendo la
sua espressione delusa - vengo io con te.”
Dana,
però, frenò subito il suo entusiasmo:
“No, mio
caro, tu verrai con me. Ho sentito che questa sera ci sarà
un raduno di
streghe, perciò andremo a parlare con loro. Avremo bisogno
di tutto l’aiuto
possibile e probabilmente presto ci contatterà anche il
Consiglio.”
Sul volto della
nipote, nel sentire le sue ultime parole,
si dipinse un mezzo sorrisino: “Non aiuterò
nemmeno loro, dal momento che
avevano già deciso che Samuel doveva morire.
Perciò sarà meglio per il
consiglio non presentarsi alla nostra porta, o se ne pentiranno
amaramente!”
“Tesoro,
– la avvertì, però, la Nonna -
ricordati che
non possiedi più i poteri della prescelta. Non sei
più invincibile.”
“Sì,
ma mi hai anche detto che tutte le streghe hanno
un potere dentro di loro, che, con la dovuta pratica, può
emergere.”
“Ma tu non
hai mai praticato, per questo ti sono stati
donati quei poteri…”
“Ho tanta
di quella rabbia dentro di me, che la
pratica non sarà necessaria!”
Dana la
guardò, ma non rispose nulla, anzi, si congedò
da loro: “Beh, allora voi restate qui, io e Terence andiamo,
ok?” e, poco dopo,
i due lasciarono la casa alle ragazze.
Subito, Jade ricadde
nella sua apatia e si perse a
guardare fuori dalla finestra, mentre alle sue spalle Brenda prendeva
in mano
la bussola per osservarla meglio.
“Ho deciso
di andare da sola…” disse, rigirandosela
fra le mani.
L’altra non
si voltò nemmeno: “Bene, salutami Samuel,
quando verrai uccisa!”
L’amica si
bloccò, incredula: “Non ci credo, davvero
mi lasceresti andare da sola? So che stai soffrendo per la morte di
Samuel, ma
questo non ti da il diritto di tagliarmi fuori in questo modo! Ti rendi
conto
che c’è un muro fra di noi? NOI, che abbiamo
giurato di restare migliori amiche
per sempre! Io voglio starti accanto, consolarti nel momento
più orribile della
tua vita e dirti che andrà bene, anche se questo non
è vero. Jade, forse tu non
lo crederai mai, ma sono sola anche io. Tremendamente sola. Okay,
c’è Terence
con me, ma lui... non è te, non può rimpiazzarti.
Tu hai perso Samuel e dentro
di te ti senti devastata e vuota. Per me è la stessa cosa
– sul suo volto iniziarono
a scendere copiose le lacrime – è come se ti
avessi persa, perciò immagina come
mi sento: esattamente come te. E non è per niente
bello.....”
Jade restò
immobile, per non farle vedere che stava
piangendo anche lei, così l’altra, esasperata, si
arrese.
“D’accordo,
va bene… Allora io vado, perché non ho
altro da dirti, a questo punto” e si voltò verso
la porta per uscire, ma, prima
che potesse raggiungerla, fu fermata da Jade.
“Aspetta!
Forse… forse dovrei accompagnarti. Ho appena
realizzato che ho perso fin troppo per lasciare che mi portino via
anche quel
poco che mi rimane. E hai ragione, non è per niente bello
sentirsi così...”
Brenda la
guardò e accennò un piccolo sorriso:
“Andrà
tutto bene, anche se ti ho detto che non è vero, non
preoccuparti” e, insieme,
si avviarono.
Zona est della
città, in
un tunnel fognario nel sottosuolo
John stava
percorrendo i tunnel sotto alla città, ma
non era solo, perchè un’altra persona stava
camminando nell’ombra al suo
fianco.
L’uomo,
eccitato da ciò che aveva in mente, non riuscì
a rimanere in silenzio: “Mi dispiace che Luis non ce
l’abbia fatta a realizzare
il suo piano. Ma, dopotutto, era il SUO piano, no? Fortunatamente, sono
un uomo
dalle mille risorse e ora che i Servitori del Caos sono spariti, il
potere sarà
soltanto mio. Perciò, considera questo giorno come
l’inizio di una nuova era,
anzi, come un secondo avvento. Il MIO avvento. Non hai niente da dire,
mio caro
Zack?”
“Congratulazioni!
– rispose quello, facendo un passo
avanti - Non saprei cos’altro aggiungere.”
“Oh,
andiamo! Ancora con quel broncio? Sorridi, il tuo
padrone sta per prendere il controllo di questo mondo e, stavolta, non
ci sarà
nessuna profezia a fermarlo!”
Circa due
mesi prima, sulla
spiaggia dell’isola sconosciuta
John,
dopo essersi aggrappato a Terence durante il teletrasporto, si era
ritrovato in mare. Alcune ore dopo, era riuscito a raggiungere di nuovo
a nuoto
l’isola e, con le ultime forze rimaste, si era disteso sulla
spiaggia, quando,
all’improvvisamente, qualcuno dietro di lui gli aveva parlato.
“Ma
guarda un po’ chi è sopravvissuto... Non vedo
l’ora di finire il lavoro
che hanno cominciato i miei amici e ucciderti!”
John,
benché debole, si alzò di scatto:
“Aspetta!”
Ma Zack
aveva già una sfera di energia fra le mani: “Non
ti sembra vero,
eh? Tu che hai paura di morire. Suppongo che per te sia una sensazione
strana,
ora che hai scambiato la tua esistenza con Luis e non puoi
più andare nel nuovo
mondo, dopo la morte. Sai, adoro essere colui che ti
toglierà la vita....”
Prima che
potesse fare qualsiasi cosa, però, l’altro
scoppiò in una risata
malvagia, quasi malata, lasciandolo perplesso.
“Cos’hai
da ridere?”
“Credi
davvero di avermi in pugno, solo perché i disordini non ci
sono più
e io sono debole? Sappi che posso ancora controllarti… Del
resto, sono io che
ti ho trasformato in demone con il graffio di Anvolea e, nel caso lo
avessi
dimenticato, colui che ti graffia, ti possiede. Perciò tu
sei mio, in questo
momento!”
Poi
strinse il pugno e il ragazzo sentì un forte dolore nel
petto, proprio
dove c’era il marchio del demone. Straziato dal dolore, si
inginocchiò a terra.
“Ti
prego, basta! BASTA!”
“Accidenti,
la tua soglia del dolore non è molto invidiabile...
– gli disse
l’altro, divertito, guardando la sua reazione - Tuttavia, ho
intenzione di
essere clemente con te, forse per il semplice motivo che non ho seguaci
al
momento, perciò sarebbe fantastico se tu collaborassi senza
opporre resistenza.
Sai, non ho nessuna voglia di uccidere il mio unico
seguace...”
Subito il
dolore cessò e Zack, ancora per terra, gli lanciò
uno sguardo
sprezzante, senza dire nulla.
Felice di
capire che non si sarebbe opposto, John annuì soddisfatto:
“Bene,
hai fatto la scelta giusta. Adesso alzati, abbiamo molto lavoro da
fare. Ho
bisogno di una casa, tanto per cominciare: cosa ne pensi di trasferirci
a
Morney Hill?”
Presente –
Morney Hill
Appena usciti di
casa, Dana e Terence si erano diretti
in uno dei parchi della città, dove era in corso una disputa
tra un gruppo di
streghe e di demoni, uno dei quali teneva in ostaggio una giovane
ragazza.
Appena giunti sul posto, la donna si fece subito sentire.
“Che cosa
sta succedendo qui?” chiese.
“Hanno
rapito una strega della nostra congrega e ci
hanno dato appuntamento qui” le rispose un’altra
strega accanto a lei e, subito
dopo, uno dei demoni si fece avanti.
“Vogliamo
gli amuleti che abbiamo chiesto, altrimenti
la ragazza muore!”
L’anziana
strega, allora, decise di rivolgersi a
quella che sembrava il capo: “Di quali amuleti sta
parlando?”
Fu sempre lo stesso
demone a rispondere: “La profezia
si è compiuta e questo vuol dire che presto tutto
tornerà come prima. Il
Consiglio non ha mai avuto riguardo per noi demoni, ma prima non
potevano farci
nulla. Ora, però, niente impedirà loro di mandare
i cacciatori a farci fuori.
Gli amuleti ci servono per non farci localizzare e, se non gli avremo,
sappiate
che uccideremo ogni strega di ogni congrega, a partire da
questa!” e scosse con
violenza la ragazza tenuta in ostaggio.
A quel punto, Dana,
affiancata da Terence, decise di
prendere in mano la situazione: “Sentite, credo che questa
non sia la giornata
ideale per tornare ad essere nemici: la minaccia dei Servitori del
Caos,
infatti, non è stata del tutto sventata, perché i
disordini fanno ancora parte
di questo mondo. E anche John è vivo e sapete benissimo chi
sia!”
Il capo dei demoni,
però, la squadrò diffidente: “Stai
mentendo, non c’è nessuna nuova profezia! Ora
dateci gli amuleti, o uccidiamo
la strega!”
Dopo di lui,
però, prese la parola quello che sembrava
il suo vice, che aveva passato tutto il tempo a scrutare con attenzione
Terence: “Forse dicono il vero, l’uomo accanto alla
donna è un Servitore del
Caos e loro non possono sopravvivere, se i disordini non fanno parte di
questo
mondo.”
Terence si
voltò verso di lui, perplesso: “Come fai a
conoscermi?”
“Non ti
conosco, in realtà, ma so che sei un Servitore
del Caos. O, almeno, che lo eri.”
Dana, nel sentire le
sue parole, annuì, soddisfatta
della piega che stava prendendo la situazione: “Messo in
chiaro che diciamo la
verità, ho bisogno di tutto l’aiuto possibile da
entrambe le parti. – poi si
rivolse ai demoni – Lasciate andare la strega e aiutateci a
liberarci di John,
prima che sia troppo tardi. In cambio, avete la mia parola che
parlerò al Consiglio
del vostro clan e che sarete lasciati in pace, o che, in
alternativa, vi
procurerò io stessa quegli amuleti.
D’accordo?”
Il capo dei demoni di
fronte alla sua proposta si
convinse, facendo subito in modo che rilasciassero subito la strega.
“Mi chiamo
Barnès e questo è il mio clan, perciò
si
ricordi di fare il mio nome al Consiglio, quando avremo finito di
aiutarvi con
John.”
“Sarà
fatto. Ora diamoci da fare!”
A quel punto,
intervenne Tamara, la donna che guidava
le streghe: “Almeno sappiamo dove si trova John?”
“E’
appena diventato sindaco di questa città, quindi
suppongo che sia nel suo ufficio” le rispose Terence e
l’intero gruppo decise
immediatamente di dirigersi proprio lì.
Intanto, sotto la
città, John, ignaro di ciò che stava
accadendo in superficie, stava percorrendo insieme a Zack i tunnel,
diretto
verso un luogo ben preciso.
Mentre camminavano,
però, l’uomo non riusciva a
tacere: “Sai che voglio uccidere tutti, vero? Nessuno
escluso. Anche se,
magari, potrei risparmiare solo te, ok?”
“Puoi fare
quello che vuoi…” rispose l’altro,
infastidito, sentendosi impotente e ricevendo in cambio un sorriso.
“Su, non
essere triste! Io ti considero quasi come un
figlio, non come una marionetta che posso muovere a mio piacimento
perché è
stata così stupida da farsi trasformare in demone, ignorando
che un marchio
demoniaco ha sempre un padrone!”
Nel sentire quelle
parole, però, il ragazzo si
arrabbiò: “Non sono né tuo figlio,
né la tua marionetta! Uccidimi se vuoi, a me
non importa nulla, perchè preferisco morire piuttosto che
stare al fianco di un
lurido verme come te!”
“Santo
cielo, non volevo ferire i tuoi sentimenti!
Zack, io non ho intenzione di ucciderti. E come potrei, del resto?
Samuel è
morto da eroe, mentre tu lo faresti da vigliacco. Davvero credi che io
possa
farti fare una fine così poco dignitosa? No, non ci penso
proprio: ho ancora
molto lavoro in serbo per te.”
L’altro non
rispose, limitandosi a guardarlo in modo
truce per tutto il resto del viaggio.
A un certo punto,
John si fermò davanti ad una parete:
erano arrivati alla fine del tunnel.
“Dietro
questa parete, risiede ormai il Male
primordiale. Sono passati due mesi da quando abbiamo nascosto qui sotto
il suo
seme e ora è cresciuto ed è pronto ad
uscire...”
Due mesi
prima – Tempio del Cigno,
sull’isola sconosciuta
Non
avendo altra scelta, Zack era stato costretto a seguire John
all’interno del Tempio, anche se non capiva cosa
l’altro avesse in mente.
“Cosa
ci facciamo di nuovo qui? Che cosa vuoi fare?”
L’uomo,
intanto, stava osservando indifferente la spada conficcata nel
Cigno e il corpo di Samuel, privo di vita, disteso sul pavimento poco
lontano.
“Non
è finita. Non finchè non lo dico io, perlomeno.
Non finchè respiro”
poi si avvicinò al corpo e vi mise sopra la mano, sotto lo
sguardo confuso del
ragazzo.
“Lascialo
stare! E’ morto! Cos’altro vuoi ancora da
lui?”
“Senza
disordini, non posso sopravvivere , perchè per
metà sono un
servitore del Caos, perciò non mi resta molto tempo, ormai.
Magari un po’ di
più rispetto a Terence e a quelli come lui che lo sono
interamente per natura,
ma morirò comunque anche io, presto o tardi.”
“E
che cosa vorresti fare, allora? Ormai è finita, accetta la
sconfitta e
lasciami andare!”
Ma John
sorrise: “Nemmeno per sogno! Nessuno potrà mai
sconfiggermi. I
disordini sono passati attraverso Samuel, prima di scomparire per
sempre. Ogni
magia lascia i suoi residui e, se ti concentri su quelli, allora la
magia
rimane e puoi ridarle vita.”
In quel
momento, il corpo di Samuel emise uno strano bagliore e una
misteriosa energia passò nel palmo della mano di John, che
si chiuse in un
pugno.
Zack
aveva assistito incredulo a tutto quel rapido susseguirsi di eventi:
“Cos’era quello? Cos’hai fatto?”
Aprendo
la mano, quello mostrò un seme scuro: “Ho appena
estratto i residui
di quello che rimane dei disordini. Metteremo questo seme in un posto
sicuro,
ma prima darò ad esso come nutrimento parte della mia magia.
Sì, sarò debole
per parecchie settimane dopo, ma non del tutto. E comunque, quando il
seme si
sarà nutrito, sarà pronto a germogliare nel Male
più puro, permettendo quindi
ai disordini di tornare. Solo che questa volta sarà diverso,
perché, essendo
rinati, saranno forti come la prima volta che sono stati scagliati su
questa
terra. E... indovina? Io ne sarò l’unico
padrone.”
“Tu
sei pazzo! – gli urlò contro il ragazzo,
disgustato - Non hai limiti!
Sei... sei ormai consumato dal potere, ne vuoi sempre di
più... sei malato!”
L’uomo
scoppiò in una grande risata: “Il potere non
è una malattia, ma una
forma di terrore che ti permette di avere il controllo su tutti e
tutto. Chi
diavolo non vorrebbe tutto questo, se potesse? Beh, io
posso… e poi, adoro
essere potente!”
In quel
momento, notò qualcosa che brillava per terra alle spalle
del
ragazzo e si avvicinò per prenderlo.
“Ma
tu guarda, ecco dov’era l’altro anello! Gli altri
si sono stupidamente
dimenticati di togliere anche il mio, oltre a quello di Luis.”
“Non
servono più a nulla, ormai, hai cambiato la tua esistenza
con quella
di Luis, perciò non finirai in quel mondo senza magia, se
morirai.”
Il demone
sbuffò: “So perfettamente che quel piano
è andato in fumo, genio!
Ma lascia che ti insegni la regola numero uno del manuale di John: mai
lasciare
oggetti potenzialmente magici in giro. Prima o poi ti potrebbero
tornare
utili.”
“Utili
per cosa?”
“E
io che diavolo ne so! – rispose l’altro, seccato -
Sei noioso, sai? Gli
anelli ce li prendiamo e basta. Fine della conversazione!”
Presente –
Morney Hill
Brenda e Jade stavano
provando a seguire il segnale
emanato dalla bussola dei disordini, benché debole, e questo
le condusse
proprio davanti ad uno degli ingressi alle fogne della città.
Brenda, allora, si
voltò verso l’amica, angosciata:
“No, ti prego, non dirmi che…?”
“Che
dobbiamo scendere nelle fogne? Sì, la bussola ci
ha portate qui.”
L’altra
continuò, disgustata: “L’ultima volta
che sono
entrata nelle fogne, stavamo combattendo contro lo Shatux.
Finirà mai tutto
questo?”
“No, non
finirà!” ribatté la strega, seria, per
nulla
in vena di scherzare e la ragazza capì di avere esagerato.
“Ehm,
scusa, non volevo essere ironica. Comunque
sia, - si tolse lo zaino che aveva sulle spalle e lo
appoggiò a terra –
usiamo un piede di porco per forzare l’ingresso, o
cosa?”
“Vedo che
hai portato delle armi, tra cui la balestra,
ovviamente” commentò Jade, sbirciando il contenuto
della sacca.
“Sì,
visto che al momento non hai poteri. Ho pensato
che delle armi ci sarebbero state utili per difenderci. O per entrare
nelle
fogne, a seconda delle esigenze...”
“Senti,
facciamo in fretta, ok?”
“D’accordo,
sto zitta e mi metto al lavoro” rispose,
dandosi subito da fare.
Poco minuti dopo, la
porta davanti a loro era aperta e
le due si prepararono a scendere lungo la stretta scala che si apriva
subito
dopo, malgrado l’odore maleodorante che proveniva dal
sottosuolo.
“Fogna
diversa, stesso odore, eh?” commentò subito
Brenda.
Intanto, Jade,
indifferente, tenendo ben stretta la
torcia, aveva iniziato a camminare lungo il tunnel: “Ah
sì? Io non sento
niente!”
L’altra si
tappò il naso, prima di seguirla: “Davvero?
Sei raffreddata, per caso?” ma quella non rispose,
continuando a puntare la
luce verso la direzione in cui stavano camminando.
Diversi minuti dopo,
Brenda, incapace di tacere, cercò
ancora di avere un dialogo con l’amica.
“Sai, manca
anche a me... – e sorrise – Ricordi che
usciva sempre dal bagno con l’asciugamano intorno alla vita e
tu lo sgridavi? E
che io mettevo le mani davanti agli occhi, dopo le tue occhiatacce?
Beh, sai,
davo anche delle sbirciatine, ogni tanto...”
Ancora nessuna
risposta, così proseguì.
“Una volta
mi ha detto che ero una persona fantastica
e che, se Terence mi avesse fatta soffrire, l’avrebbe pagata
cara. E ricordo
anche che è stato proprio in quel momento che ho iniziato a
considerarlo un
amico, perchè, fino ad allora, l’avevo sempre
visto come il tuo fidanzato
demone che ti affiancava nella lotta contro il Male. Consideravo
addirittura
Zack un amico, mentre con Samuel non riuscivo proprio a trovare un
punto di
incontro, qualcosa in comune…”
Ma non
riuscì a dire altro perchè, irritata, Jade si
girò verso di lei e iniziò a gridarle contro:
“La vuoi smettere con queste
storie su Samuel?!? Me ne stai parlando quasi come se non lo
conoscessi, perciò
smettila! Cosa stai cercando di fare? Farmi soffrire ancora di
più?”
Colta di sorpresa,
l’amica abbassò gli occhi e
rispose, con un filo di voce: “No, non era mia intenzione.
Scusami...”
“Allora sta
zitta e non parlarmi più né di Samuel,
né
di Zack!”
Ma, non appena
girarono l’angolo, si ritrovarono
davanti a loro proprio quest’ultimo, in compagnia di John.
Nell’istante di
silenzio che seguì, la strega e il ragazzo si scambiarono un
lungo sguardo,
prima che il demone lo rompesse prendendo la parola.
“Ma guarda
che sorpresa! La mia nipotina preferita e…
la sua inseparabile amica amante del rischio...”
Jade gli rivolse
un’occhiataccia, sentendo la rabbia
montare dentro di sé: “Mi fai schifo, sei malato,
un mostro senza coscienza.
Giuro che ti pentirai amaramente di tutto ciò che hai fatto,
non la passerai
liscia!”
Brenda, invece,
mantenne la calma e rispose,
sprezzante: “Beh? Cosa sta succedendo? Sappiamo che i
disordini sono ancora
qui...”
John si
voltò verso la nipote e sorrise: “Sembra quasi
che non vogliano lasciarci, eh, Jade?”
“Lasciala
stare, altrimenti…” lo minacciò Brenda,
scatenandogli una risata.
“Altrimenti
cosa? Mi lanci addosso il piede di porco
che hai in mano? Perché non tornate a casa vostra e ci
lasciate fare il nostro
lavoro in pace, invece? Dubito che due mocciose senza alcun potere come
voi
possano fermarci.”
Ma la ragazza lo
ignorò, perchè era concentrata su
Zack: “Il nostro lavoro? – gli disse, guardandolo
storto – Quindi adesso lavori
con lui? Sbaglio, o dovresti essere tornato in te da quando il cigno
è stato
disattivato?”
“Io…”
iniziò quello, ma John non gli diede possibilità
la proseguire.
“Sì,
ora è più lucido che mai e… a quanto
pare ha
scelto di nuovo me!”
In
quell’istante, Jade guardò il ragazzo come mai
prima, facendolo sentire una persona orribile e subito dopo la terra
iniziò a
tremare.
“Cosa
diavolo sta succedendo?” gridò Brenda,
spaventata.
John rise:
“Sono pronti ad uscire, no?”
“Di che
cosa stai parlando?” gli chiese allora Jade,
confusa.
“I
disordini, tesoro!”
La parete
iniziò a riempirsi di crepe, finchè queste
non si allargarono sempre di più e la distrussero, liberando
un’ondata di fumo
nero. Le ragazze si buttarono a terra appena in tempo, mentre i
disordini
passavano sopra di loro per evadere dal tunnel e uscire in superficie.
Non appena furono
oltre, Brenda si rialzò,
accorgendosi subito che erano sole.
“Forza,
andiamo!” incitò l’amica, aiutandola a
mettersi in piedi.
“Andare
dove?”
“Dobbiamo
correre da tua nonna e fermare tutto questo!
Non possiamo permettere che i disordini si propaghino di nuovo. Se non
facciamo
qualcosa, i due anni passati a cacciare il Male non saranno serviti a
nulla e
Samuel sarà morto invano!”
L’altra
annuì, prendendole la mano: “Allora facciamo
presto, non può accadere!” e le due si misero a
correre, per uscire dalle fogne
e risalire in superficie.
Quando arrivarono
all’aperto, i disordini si stavano
muovendo verso l’alto, pronti a lasciare la città
e a diffondersi nuovamente
nel mondo.
In
quell’esatto momento, però, successe qualcosa di
inspiegabile: dal centro della città partirono dei
misteriosi fasci di luce
bianca e viola. Erano tre e salivano verso l’alto a spirale,
come se fossero
stati tre serpenti che strisciavano l’uno intorno
all’altro.
Le due ragazze li
notarono subito: “Cosa diavolo sono
quelli?” chiese Brenda, confusa, ma l’altra lo era
quanto lei.
“Non ne ho
idea, forse sono le streghe, guidate da mia
nonna…”
Dall’altra
parte della città, però, anche il gruppo
riunito al parco stava osservando stupito il fenomeno.
Terence, accanto a
Dana, le chiese spiegazioni: “Cosa
sono quelle luci?”
Ben presto, anche i
demoni e le streghe fecero
altrettanto, ma la donna non aveva risposte per nessuno e
limitò a guardare il
cielo, sempre più perplessa.
Una volta arrivati in
alto, però, i tre fasci di luce
si divisero in tanti filamenti luminosi, che avvolsero
l’intera città, quasi
come una cupola. La luce, in quel momento, era talmente forte da far
sembrare
il cielo bianco, ma, in pochi secondi, tutto finì.
Il gruppo, allora,
cominciò ad agitarsi e a stento
Dana riuscì di mantenere l’ordine.
“Fate
silenzio! Non so ancora cosa sia successo, ma
qualunque cosa sia, è nato tutto nel punto in cui sono
partiti i fasci di luce.
Perciò adesso seguitemi e andiamo a vedere di cosa si
tratta, ok?” e così
fecero.
Raggiunto il centro
della città, si trovarono davanti
tre uomini e, in quel momento, furono raggiunti Brenda e Jade.
Tutti erano confusi e
Jade fu la prima a riuscire a
parlare.
“Nonna,
cosa sta succedendo?”
“Ora ce lo
diranno loro!” le rispose lei, avanzando
verso i tre.
Improvvisamente,
però, uno dei demoni gridò, attirando
l’attenzione di tutti: “Hey, ma quelli sono gli
uomini del Consiglio!”
Ovviamente, anche
l’anziana signora li aveva
riconosciuti e per questo si affrettò subito a
tranquillizzare il gruppo dietro
di lei: “State tutti fermi, non c’è
bisogno di allarmarsi. Se sono venuti fin
qui, vuol dire che ci spiegheranno loro cosa è successo.
D’accordo?”
Poi si rivolse a
loro: “I fasci di luce sono opera
vostra, vero? A cosa servivano?”
Uno dei tre,
però, si fece avanti scuotendo la testa:
“No, non sono opera nostra, qualcuno ci ha evocati poco prima
che
comparissero.”
Sentendo la sua voce,
Jade lo riconobbe: “Alaris?”
Subito lui si
voltò, sorridente: “Salve, Jade. E’ un
piacere rivederti.”
Perplessa, Brenda si
voltò subito verso l’amica: “Lo
conosci?”
Fu l’uomo,
però, a rispondere: “Sì, io e la
prescelta
ci siamo incontrati in occasione della prima profezia. A proposito,
Jade, ne
approfitto per portarti le mie umili condoglianze per
Samuel...”
“Umili
condoglianze? – replicò lei, alterandosi -
Sapevate
che sarebbe morto, perché non ci avete detto
nulla?”
“Una
persona non vale tutte quelle di questo mondo,
Jade. Sapevamo che saresti stata la prima ad impedirlo,
perciò abbiamo
preferito non dirvelo.”
La ragazza
scoppiò a piangere e fu solo grazie all’amica,
che la trattenne con forza per un braccio, se non si scagliò
contro di lui:
“Siete degli egoisti, bastardi!”
Intanto,
però, la discussione avevano attirato anche
l’attenzione del vice di Barnès, che
iniziò a osservare Jade con particolare
riguardo, mentre il suo capo prendeva parola.
“Vogliamo
delle risposte, adesso! Che cos’erano quei
fasci di luce?”
“E’
una magia usata per intrappolare qualcosa o
qualcuno, ma non è opera nostra!”
Allora fu Tamara, il
capo della congrega di streghe, a
farsi avanti ed esporre le sue perplessità:
“Intendete dire che la magia
scagliata ci tiene tutti prigionieri qui?”
“Tiene
prigioniera tutta la città, in realtà.”
Le sue parole
scatenerono il caos.
“Sono state
le streghe!” iniziò a urlare un gruppo di
demoni.
“Eravamo
con voi, brutti idioti, come potevamo?”
replicarono quelle, infuriate.
Jade, allora, si fece
avanti, cinica come sempre da
quando era finita la battaglia: “Mi sembra chiaro: sono
quelli del Consiglio i
responsabili. Stranamente erano qui e li abbiamo trovati esattamente
nel punto
in cui sono partiti i fasci. John ha da poco rilasciato i disordini e
sono
sicura che loro lo sanno, visto che, del resto, sanno sempre tutto. Ci
hanno
rinchiusi qui dentro semplicemente perché dovevano
intrappolare i disordini
affinché non si diffondessero. E’ nel loro
interesse preservare l’umanità, no?”
La folla le diede
subito ragione, trovando la sua
spiegazione molto plausibile: “Ha ragione la
prescelta!” urlarono, ma Alaris
intervenne immediatamente.
“Non
è assolutamente vero, non abbiamo lanciato noi
l’incantesimo!”
Dana, invece,
lanciò alla nipote una lunga occhiata,
non nascondendo la sua delusione: “Jade!” la
rimproverò e quella si avvicinò a
lei con aria arrogante.
“Nonna, non
difenderli. Sappiamo entrambe che sono colpevoli,
perciò propongo di ucciderli tutti e tre!”
Tutti non poterono
che essere d’accordo con lei,
apparte Brenda, che si limitò a guardarla, incredula.
“Jade, non
dirai sul serio....”
“Mai stata
così seria!” rispose quella, con un sorriso
compiaciuto.
In quel momento,
però, Dana notò qualcosa che pose
subito fine al tumulto.
“Fermi
tutti! Qui c’è qualcosa!” e
indicò una busta
che c’era a terra.
Subito, si
chinò per recuperarla, rinvenendo al suo
interno una lettera e un cristallo bianco, che mostrò a
tutti.
“E’
una lettera!”
Alaris, curioso, le
si avvicinò: “Che cosa c’è
scritto?”
“Trovate i
contenitori! ” lesse lei, ad alta voce e facendo
in modo che potessero
sentirla tutti.
Improvvisamente,
Tamara si fece avanti con aria
sorpresa e incuriosita al tempo stesso: “Aspettate, ma quella
è la stessa carta
da lettere che abbiamo noi!”
Poco dopo,
Barnès fece la stessa cosa: “Anche noi!”
L’anziana
signora guardò entrambi confusa: “Di che
cosa state parlando?”
“Dovevamo
incontrarci con i demoni per lo scambio della
nostra sorella strega in cambio degli amuleti e loro ci hanno mandato
una
lettera con scritta l’ora e il luogo
dell’incontro” spiegò la strega, subito
smentita, però.
“Noi non vi
abbiamo mandato nessuna lettera, siete
state voi!”
“Quindi
nessuno ha mandato alcuna lettera a nessuno? –
cercò di riepilogare Dana, sempre più perplessa -
Allora è stato qualcun
altro!”
“Io avrei
un’idea! – intervenne Brenda - Che ne dite
di un certo John, alias il malvagio sindaco di Morney Hill?”
Alaris,
però, scosse subito la testa: “Non avrebbe
senso, lui vuole che i disordini si diffondano, non che restino
bloccati qui!”
“Infatti!
Gli unici a volere questo siete voi!” lo
attaccò Barnès, ma l’anziana strega lo
interruppe subito.
“Secondo
me, non è stato nessuno dei presenti a
lanciare l’incantesimo. Chi ha lasciato questa lettera qui
è la stessa persona
che ha scritto le vostre e che ha evocato il Consiglio.”
“Sì,
ma perché?” le domandò Tamara, curiosa.
“Per
attirarvi tutti qui, sotto la cupola magica,
probabilmente. Perciò, finchè non scopriremo chi
è l’artefice di tutto questo e
non decifreremo il messaggio, nessuno ucciderà nessuno,
siamo intesi?”
“E che cosa
dovremmo fare, allora? – le chiesero i
demoni, i più irrequieti di tutti - Quanto tempo resteremo
bloccati qui?”
“Non lo so,
datemi del tempo per organizzarmi. Intanto
cercate di ambientarvi qui e collaborare,
d’accordo?”
Tutti annuirono,
all’apparenza d’accordo con lei,
perciò, soddisfatta, la donna si voltò verso la
nipote, ripetendole quanto
appena detto.
“Hai capito
anche tu?”
“Certo,
nonna. Hai vinto!” rispose lei, ancora
arrabbiata per la vendetta sfumata, per poi voltarsi e andarsene.
Brenda, intanto, si
era avvicinata a Terence: “Con
John cosa faremo, invece? Quando si renderà conto che i suoi
disordini non andranno
da nessuna parte, se la prenderà con tutti noi.”
“Per il
momento dobbiamo tenere d’occhio il Clan, la
Congrega e il Consiglio. Non si fidano l’uno
dell’altro e potrebbero farsi la
guerra usando la città come campo di battaglia e puoi solo
immaginare il bagno
di sangue che scatenerebbero!”
Lei
sospirò, angosciata: “Ci mancava solo di rimanere
intrappolati in città assieme a tutti loro. Addio, vita
tranquilla!”
L’uomo,
però, non le rispose, troppo impegnato a
osservare pensieroso i presenti: “Mi chiedo quale sia il
motivo per cui siamo
stati rinchiusi tutti sotto questa cupola, però. Che scopo
ha la persona che ha
dato origine a tutto questo? Vorrei tanto saperlo...”
CONTINUA NEL SECONDO
EPISODIO
Testo a cura di Lady Viviana.
ANGOLO AUTORE: Parte
ufficialmente la terza stagione di Demon & Witch, che vi
terrà compagnia ogni settimana con un nuovo episodio.
Ricordate di lasciare un commento ai fini della continuazione della
storia. Inoltre, vi faccio notare che è stata aggiornata la
scheda dei personaggi, che si trova nel capitolo 1x00 della prima
stagione, dove potrete vedere che volto hanno i personaggi. Non mi
resta che darvi appuntamento al prossimo episodio, la 3x02 "Il dolore
del suo cuore", online Venerdì prossimo. Buona settimana
stregata!
|
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Capitolo 2 *** 3x02-Il dolore del suo cuore ***
CAPITOLO DUE
"The
Sad Girl"
Presso la zona Est
della
cupola – Morney Hill
In quella domenica
assolata prima dell’inizio della
scuola, Brenda e Terence vollero concedersi un pic-nic sul prato vicino
a casa.
L’uomo,
steso accanto a lei, la osservava con
attenzione: “Allora, alla fine frequenterai il college qui,
eh?”
“Non ho
altra scelta, – replicò lei, amareggiata
– per
colpa di questa cupola magica. Non è certo a Morney Hill che
mi vedevo nel
futuro, ma a quanto pare rimarrò incastrata qui ancora per
molto tempo!”
Lui si
alzò e la scrutò meglio, perplesso:
“Davvero?
Non mi sei mai sembrata una che pensa al futuro...”
“Prima,
forse. Ma ora sono cambiata e sono abbastanza
matura da volerci pensare. – il suo tono si fece triste
– E’ stato bello
seguire Jade nel suo viaggio, scoprire la magia, il mondo del
sovrannaturale e
affrontare mille avventure, ma… sinceramente pensavo fosse
finita. Ora, però,
mi sembra che tutto questo stia invadendo la mia vita e la cosa non mi
sembra
più così divertente, non quando la gente
muore!”
Lui le
accarezzò il viso, dolce: “Tranquilla, non mi
perderai, se è questo che stai cercando di dirmi. Le nostre
vite sono
collegate, ormai, grazie alla soluzione trovata da Dana. Se tu vivi,
vivrò
anche io, ricordi?”
Brenda sorrise e
subito cercò di cambiare discorso:
“Come faremo con tutti quei demoni, quelle streghe e John,
piuttosto? Per non
parlare del mistero della cupola: la gente prima o poi se ne
accorgerà, anzi,
mi meraviglio che nessuno si sia accorto di non poter più
lasciare la città!”
Improvvisamente, un
bambino, che stava giocando con un
pallone poco distante da loro, lo calciò molto lontano e
subito si mise a
correre per andare a riprenderlo. Terence, ovviamente, lo
notò subito.
“Sbaglio o
siamo accanto al punto in cui inizia la
cupola?”
Lei, però,
lo ascoltò a malapena, impegnata a dare un
morso alla sua mela: “Nel nostro cestino
c’è anche la cartina della città e la
signora Ferguson ha disegnato un cerchio con un pennarello per
delimitare la
zona interna da quella esterna.”
L’uomo
annuì, per poi prenderla e consultarla con
attenzione, lanciando un’altra occhiata al bambino poco
lontano: “Credo che
quel bambino sia appena uscito dalla cupola...”
“Sul
serio?!?” chiese la ragazza, girandosi a
guardare.
“Secondo la
delimitazione della signora Ferguson, il
ragazzino è fuori. Per caso si è mai
sbagliata?”
Brenda si mise a
correre in quella direzione: “No,
mai!”
Quando
arrivò nel punto giusto, iniziò a gridare per
la gioia: “Sono fuoriiii! Oh mio Dio, sono fuori!”
Terence, allora, le
sorrise e si affrettò a
raggiungerla, ma fu bloccato prima.
Notando che era in
difficoltà, lei lo incalzò:
“Allora? Vieni o no? Cosa sta succedendo?”
“Non posso,
qualcosa mi ferma. La cupola, forse?”
Intanto il bambino
era tornato indietro da sua madre,
come se nulla fosse.
“Quel
bambino, però, sembra essere entrato e uscito
senza problemi.”
“Sembra
quasi che questa cupola segua le stesse regole
del pentagono: gli esseri soprannaturali non possono varcarne il
confine.”
La ragazza, allora,
provò a tornare indietro: “Sono
rientrata senza essere respinta. Questa cupola non è uguale
al pentagono,
quindi, perchè qui gli umani possono entrare e uscire
più volte.”
“A quanto
pare puoi di nuovo pensare al tuo futuro!”
Ma lei, sorpresa, non
badò alla battuta dell’uomo:
“Non c’è tempo per parlare di questo,
dobbiamo dirlo subito alla signora
Ferguson!”
Intanto, a casa, Jade
stava facendo un po’ di zapping
in tv, mentre sua nonna era impegnata in cantina con Alaris, nel
tentativo di
decifrare il messaggio della misteriosa lettera. Qualcuno, nel
frattempo, era
appena entrato in casa e subito la ragazza se ne accorse e
recuperò un
coltello, proprio mentre alle sue spalle compariva un ragazzo,
spaventandola.
“Oh mio
Dio! – esclamò – Sei uno di
quelli?”
“Dei
demoni, dici? Sì!”
Lei, allora, rimise
il coltello al suo posto: “Cosa
vuoi?”
“Sono il
secondino di Barnès, mi chiamo Jackson” si
presentò, ma lei tornò subito sul divano,
indifferente come sempre.
“Ah
sì? E cosa sarebbe?”
“Un
successore, no? Il capo di un clan ne nomina
sempre uno, perchè prenda il suo posto quando…
beh, hai capito!”
“Sì,
okay, ma tu cosa vuoi?”
L’altro
capì subito dal tono di essere di troppo,
perciò si affrettò a rispondere:
“Cercavo tua nonna, perchè Barnès vuole
sapere
a che punto è con la faccenda della cupola. Sai, vorremmo
andarcene da Morney
Hill e qualcosa mi dice che non siamo i benvenuti...”
“Ti
riferisci a me, forse? Non sono stata ospitale,
per caso? Beh, mi dispiace, ma non lo sono con nessuno, al
momento!”
“Per via
della morte di questo Samuel, per caso? Ti ho
ascoltata ieri, quando parlavi di lui a quelli del
Consiglio…”
Percependo la sua
invadenza, Jade lo interruppe
bruscamente, iniziando a gridare: “Senti, mia nonna
è giù in cantina, perciò se
devi andare a parlarle, vai, ok? Grazie!”
Il demone, vedendola
troppo tesa e scontrosa, si
congedò all’istante: “Va
bene…” e cercò di trovare da solo la
strada verso la
cantina.
Ufficio del Sindaco
–
Municipio di Morney Hill
John era fermo
davanti alla finestra, per nulla di
buon umore, quando all’improvviso Zack entrò,
portando delle notizie che
annunciò con un sorriso compiaciuto.
“Il tuo
piano è fallito, John, la cupola ha
completamente chiuso la città e i disordini sono rimasti
qui.”
L’uomo
rimase pensiero per qualche istante, prima di
rispondere: “Dev’essere stata Dana, nessuno
è potente quanto lei in questa
città, perciò, se sarà necessario, la
ucciderò, pur di annullare questa
maledetta cupola e diffondere i miei disordini!”
“Non
è stata lei, perciò calma il tuo istinto omicida,
Dexter Morgan!”
“E tu cosa
ne sai? – si voltò l’uomo, curioso - Non
vorrai mica proteggerla! Guarda che non ci casco, eh!”
“Li ho
spiati ieri, proprio come mi avevi chiesto:
c’era Dana con un gruppo di demoni e streghe e ti assicuro
che non avevano la
più pallida idea di quello che stava succedendo!”
“Allora
devono essere state Jade e la sua amichetta
con la balestra! Devo uccidere loro, forse?”
Ma Zack scosse
nuovamente la testa: “No, neanche,
perchè erano insieme agli altri.”
L’uomo,
allora, sbatté con violenza le mani sulla
scrivania, urlando ancora più forte: “Allora chi
diavolo è stato ad intralciare
i miei piani?!?”
“Non lo so,
è quello che stanno cercando di capire
tutti. Se vuoi, posso cercare di indagare, ma… devi
promettermi di non torcere
nemmeno un capello a Jade e agli altri.”
Più calmo,
John si sedette al suo posto dietro la
scrivania: “D’accordo, non farò loro del
male, per ora. Tu, però, scopri chi è
stato a dare origine a questa cupola e, se riesci, portamelo
vivo.”
Il ragazzo
annuì e se andò dall’ufficio.
Cantina di Casa
Ferguson
Finalmente Jackson
riuscì a trovare la cantina e,
scendendo per le scricchiolanti assi di legno che costituivano la
scala, attirò
gli sguardi di coloro erano di sotto. Dei due, Dana fu la prima a
rivolgersi a
lui, distogliendosi dal tavolo carico di oggetti su cui stavano
lavorando.
“Sei uno
dei demoni di Barnès, giusto?”
“Vedo che
lei e sua nipote avete un’ottima memoria!”
replicò l’altro, sarcastico, e la donna fece un
passo avanti, preoccupata.
“Cosa sta
succedendo? Perché sei qui?”
“Barnès
vuole sapere a che punto siete con il mistero
della cupola. Dice che vuole lasciare Morney Hill al più
presto con gli amuleti
che ci avevi promesso.”
Fu, però,
Alaris a rispondere: “Riferisci al tuo capo
che, purtroppo, non lo farà tanto presto. Siamo stati
rinchiusi tutti qui
grazie ad una magia molto potente e antica per un motivo, a noi ancora
sconosciuto.”
Jackson, incredulo,
scoppiò a ridere, prima di
replicare: “State dicendo sul serio? E quanto tempo ci
vorrà? Barnès non ne
sarà per niente felice!”
“Beh,
dovrà adattarsi, – gli rispose Dana, sprezzante
- perché al momento la situazione è questa. Siamo
tutti intrappolati qui e
sappiate che nemmeno noi stiamo facendo i salti di gioia!”
“D’accordo,
ma una stima del tempo può farla? Insomma,
due giorni, una settimana, quanto?”
Seccata, la donna
scosse energicamente la testa: “No,
non posso. E’ una cupola magica, non un forno a microonde con
il timer! – poi
sospirò – Senti, potrebbero volerci giorni,
settimane, addirittura mesi per
capire come tirarcene fuori, perciò per adesso sistematevi
da qualche parte,
ok? A proposito, dove eravate la scorsa notte?”
“Abbiamo
trovato la casa di una confraternita
abbandonata con parecchie stanze.”
“E le
streghe? – chiese Alaris, preoccupato – Dove
sono andate?”
“E io che
diavolo ne so?!? Insomma, saranno affari
loro! Noi demoni pensiamo solo al nostro clan, non ci importa degli
altri.”
Dana, allora,
vedendolo sempre più inquieto, si
affrettò a tranquillizzare l’uomo:
“Alaris, stai tranquillo, sono streghe.
Sanno cavarsela da sole e, rispetto ai demoni, possiamo fidarci di
loro: non
saranno un problema.”
“Grazie per
le belle parole!” commentò Jackson,
sarcastico, ricevendo in cambio un’occhiataccia.
“Oh
andiamo, sappiamo entrambi che voi demoni non
siete dei santi! Guarda caso, uno di voi sta cercando di conquistare il
mondo!”
“Ok, ha
vinto, siamo dei mostri assetati di potere!”
Nel frattempo, al
piano di sopra, Jade sentì la porta
aprirsi nuovamente e, quando vide entrare Terence e Brenda di fretta,
ne fu
molto irritata.
“Accidenti,
– esclamò, seccata - non c’è
un attimo di
pace in questa casa!”
Brenda
ignorò le sue parole, arrivando subito al
dunque: “Dov’è tua nonna? Dobbiamo
parlare subito con lei!”
“Mia nonna?
E’ nel suo antro oscuro… ehm, la cantina.
Ora posso vedere in pace l’ultimo episodio di Pretty Little
Liars?”
“Tesoro,
– replicò l’amica, dolce - lascia
perdere, è
un telefilm tremendamente complicato per il tuo attuale stato
mentale!”
In quel momento, la
porta si aprì nuovamente e Jade,
stanca del continuo via vai, si alzò, infuriata.
“Okay,
adesso basta, questa casa non è Hogwarts!”
gridò e, quando entrò nel corridoio che portava
all’ingresso, si trovò davanti
una persona che non avrebbe mai immaginato di vedere in casa sua: Zack.
La ragazza rimase
pietrificata e altrettanto lui, che
rimase impalato a guardarla, serio, senza saper cosa dire. Subito,
però, furono
raggiunti dagli altri due, che di parole, invece, ne avevano tante,
soprattutto
Brenda.
“Zack? Che
cosa ci fai qui? Dovremmo prenderti a calci
per quello che hai fatto con John, tradendoci!!”
Terence, invece, si
mise subito davanti a Jade,
scrutando il nuovo ospite con aria minacciosa: “Cosa sei
venuto a fare qui?”
Il ragazzo sorrise
arrogante, prima di rispondere: “La
situazione si è ribaltata, vero Terence? Ora tu sei quello
buono e io il
cattivo!”
“Perché,
non è la verità? –
s’intromise Brenda -
Guardiamo in faccia alla realtà: non sei né sotto
l’incantesimo di Heith, né
tantomeno sotto l’influsso del cigno. Sei passato dalla parte
di John
volontariamente!”
Ma lui non la
ascoltò, anzi, la ignorò proprio: “Sto
cercando Dana, devo parlare con lei a proposito della
cupola...”
“Come,
scusa? Okay, sappiamo che non siete stati voi
per ovvi motivi, ma, se sei venuto qui per costringerci ad abbassare la
cupola
affinché i vostri amati disordini sguazzino di nuovo nel
mondo, beh, sei fuori
strada! Abbiamo fatto i salti mortali per farli scomparire per sempre,
Samuel
ha perso addirittura la vita, perciò, se pensi che lo
faremo…”
Ma non
riuscì a concludere, perché Jade le
urlò
contro: “Adesso smettila! – subito,
però, tornò calma – Lasciatelo
passare…” e,
dopo aver scambiato un rapido sguardo con il ragazzo, si
congedò, salendo al
piano di sopra.
Agitata, corse su per
le scale e, pochi secondi dopo,
quelli rimasti di sotto udirono il rumore della porta della sua camera
che si
chiudeva con un tonfo. Zack tentennò, a quel suono, ma
rimase composto rispetto
agli altri due.
Brenda, infatti, era
semplicemente furiosa e si voltò subito
verso il ragazzo, lanciandogli un’occhiataccia:
“L’hai sentita? Quella porta
sbattuta è Jade che soffre per la morte di Samuel e per te
che lavori con
l’uomo che le ha distrutto la vita. Perché ci stai
facendo questo? Perché LE
STAI facendo questo?”
Zack, mantenendosi
impassibile e limitandosi a
guardarli freddamente, rispose, dopo alcuni secondi: “Non
sono affari vostri
quello che faccio e perché. Adesso lasciatemi passare, devo
parlare con Dana” e
gli altri due, senza dire altro, si scansarono, limitandosi a guardarlo
male.
Naturalmente, Brenda
non riuscì a non ignorare i
pianti di Jade provenienti dal piano di sopra.
“Come
può comportarsi così? – chiese a
Terence,
sconvolta - Lui e Jade avevano un rapporto speciale, forse
più del mio con lei,
perché le sta spezzando il cuore?”
“Magari ha
il cuore spezzato anche lui…” rispose
l’uomo.
Zack, intanto, era
sceso in cantina e la donna fu
molto sorpresa di vederlo.
“Zack,
figliolo, che cosa ci fai qui?” chiese, gentile
e l’altro fu subito molto schietto con lei e gli altri
presenti nella stanza.
“Non vengo
come nemico, ma nemmeno come amico. Mi
manda John.”
Immediatamente
Jackson, mettendosi sulla difensiva,
evocò una sfera di energia tra le mani: “Allora tu
lavori con John, dico bene?”
Dana,
però, provò subito a calmarlo: “Fermo!
Non
fargli del male, era uno dei nostri! E ha detto di non essere venuto
qui come
nemico, perciò ascoltiamolo, ok?”
Il demone
abbassò le mani e Zack si sentì libero di
continuare a parlare.
“Sarò
diretto: John vuole uccidervi tutti perché pensa
siate stati voi a creare la cupola che tiene intrappolati qui i suoi
disordini.
Gli ho detto che vi ho spiati e che non c’entrate niente con
tutto questo, ma
lo farà comunque se non scoprirete chi è
l’artefice. Perciò, avete già qualche
idea, per caso,di chi sia stato?”
Fu Alaris a prendere
la parola e rispondere: “Stiamo
ancora cercando di capire, ma riferisci pure a John, da parte mia, che
dovrà
calmare la sua sete di sangue, perché, se ci uccide,
rimarrà per sempre
bloccato in questa città e… non puoi essere
sovrano del mondo se rimani chiuso
dentro una scatola, no?”
“Credo che
questa minaccia potrebbe convincerlo...”
commentò il ragazzo e si girò, pronto ad
andarsene.
L’anziana
signora, però, lo fermò: “Zack, come ti
sta
costringendo a stare al suo fianco? Perché mi rifiuto di
credere che lo stai
facendo volontariamente…”
Quando lui si
voltò, però, il suo volto era una
maschera di indifferenza: “Fate del vostro meglio per
togliere questa cupola,
perché non sarà divertente restare a Morney Hill
nei prossimi tempi. I
disordini sono rimasti bloccati in questa città, ma non si
tratta di quelli
vecchi, perchè John li ha fatti come… rinascere
nella loro forma primordiale.
Il mondo che c’è fuori è salvo, in
questo momento, ma non qui dentro. Questa
città è condannata a morte, se proprio devo
essere realista...” e se ne andò,
lasciando sotto shock tutti i presenti.
Poco dopo che
lasciò la casa, Brenda e Terence,
impazienti di conoscere la ragione della sua visita, si affacciarono in
cantina.
“Allora,
cosa era venuto a fare Zack?”
“A
spaventarci, a quanto pare. – rispose Jackson,
stranamente serio - Ma suppongo che si sia capito il doppio gioco, non
so se mi
spiego...”
“Quale
doppio gioco?” chiese lei, confusa.
“Zack
sarà anche dalla parte di John, al momento, ma
ci ha fatto capire che la cupola non deve essere rimossa, anche se
è questo che
vuole il suo capo” le spiegò Dana, gentile come
sempre, lasciandola, però,
ancora più perplessa.
“Cosa
significa?”
Fu Terence,
però, a risponderle: “Che dovremo
sacrificare Morney Hill per salvare il resto del pianeta,
perchè i disordini
sono una minaccia ben peggiore, stavolta.”
Poi Alaris aggiunse:
“Ho sentito parlare dei disordini
allo stato primordiale, quelli che sono stati scagliati sulla terra la
prima
volta. Erano un male inarrestabile. Con il tempo i disordini sono
diventati
sempre più innocui, per quanto minacciosi per
l’umanità. Ma questo è tutta
un’altra cosa e perciò noi non potremo abbassare
la cupola. Chi l’ha messa, in
realtà, sta salvando il mondo e noi non dovremo cercare di
ostacolarlo.”
“Mi state
dicendo che non faremo niente? – chiese
Jackson, preoccupato - Che resteremo tutti bloccati qui con quel mostro
e i
suoi disordini? Sappiate che Barnès non ne sarà
per niente contento e scatenerà
una guerra pur di uscire da questa città!”
Dana, allora, si
avvicinò a lui, guardandolo negli
occhi mentre parlava: “Ed è per questo che non
devono sapere nulla né lui, né
la congrega delle streghe. Diremo che ci stiamo ancora lavorando, ma in
realtà
non la abbasseremo. Se i disordini dovessero lasciare questa
città, infatti,
non ci sarà nessuno a salvare il mondo, perché
non ci sono più profezie. – poi
lo sguardo si spostò su tutti gli altri – Sia
chiaro che quello che ci siamo
detti in questa cantina, dovrà rimanere un segreto, se non
vogliamo che la
situazione degeneri. Dobbiamo mantenere tutti la calma, sperando di
trovare nel
frattempo un modo per eliminare i disordini
dall’interno.”
L’altro
annuì, capendo la situazione:
“D’accordo,
manterrò il segreto, ma sappiamo tutti che questa commedia
non reggerà a
lungo...”
Fu allora che Brenda
decise di rivelare loro il motivo
per cui li aveva raggiunti lì sotto: “A proposito,
io e Terence dobbiamo dirvi
una cosa riguardo la cupola: gli esseri umani posso entrare e uscire
liberamente dalla città, non sono reclusi qui. Gli unici
intrappolati siete
voi, gli esseri soprannaturali.”
L’anziana
strega abbozzò un sorriso, soddisfatta:
“Bene. E’ una buona notizia. Questo vuol dire che,
se la situazione dovesse
sfuggirci di mano, potremo mandare via tutti gli abitanti della
città.”
Ma la ragazza non
sembrava del tutto soddisfatta: “E
cosa ne sarà di voi? Insomma, io faccio parte di quelli che
non sono in
trappola, ma non posso comunque abbandonarvi qui…”
“Tranquilla,
non arriveremo a quel punto, se
giocheremo bene le nostre carte. Ce la caveremo anche questa volta, ma
ci serve
tempo.”
“Beh,
allora io torno dal mio clan per far sapere loro
ciò che abbiamo concordato, ok?” si intromise
Jackson, congedandosi.
Alaris,
però, lo fermò per dirgli un’ultima
cosa:
“Fate arrivare l’informazione anche alle streghe,
d’accordo? Non amano essere
escluse, perciò non creiamo conflitti inutili.”
“Sarà
fatto!” esclamò l’altro, uscendo e
quelli
rimasti poterono finalmente rimettersi al lavoro.
Qualche giorno dopo
Con il passare dei
giorni, Jade continuava ad evitare
tutti e a chiudersi sempre più in se stessa. Per quanto
fosse impegnata con la
faccenda della cupola, Dana continuava a preoccuparsi per la condizione
di sua
nipote, così decise di coinvolgerla in qualcosa che potesse
distrarla e che le
facesse ricordare la sua natura di strega: con l’aiuto di
Brenda, la portò in
un negozio di magia della città.
Dopo aver trovato il
posto, nascosto da un
incantesimo, le tre donne vi entrarono subito e Brenda, ovviamente,
iniziò
subito a commentare ciò che vedeva.
“Come mai
tutti i negozi di stregoneria sono sempre
protetti da un incantesimo? Le proprietarie temono che la polizia
anti-streghe
le arresti per traffico di magia illegale, per caso?”
La donna, nel sentire
le sue parole, sorrise: “No,
Brenda. Semplicemente, quello che contengono può diventare
potenzialmente
pericoloso, nelle mani sbagliate.”
Poco dopo, mentre
Dana parlava con la commessa del
negozio, la ragazza si avvicinò a Jade, che stava osservando
dei fiori chiusi
all’interno di una cornice.
“Ti stai
appassionando di nuovo alla stregoneria?” le
chiese e l’altra rispose con un sorriso triste.
“Quel fiore
sulla destra, è il fiore dell’eternità.
Cresce solo in un posto, un campo. Samuel mi portò
lì quando non avevo i
ricordi e me lo donò, ma devo averlo perso da qualche parte.
– e scoppiò a
piangere disperata, per poi arrabbiarsi – Che razza di
imbecille perderebbe una
cosa così importante?”
L’amica le
lanciò una lunga occhiata e poi
l’abbracciò
stretta: “Tesoro, la cosa più importante che devi
conservare di Samuel è il suo
ricordo, non un fiore.”
“Sì,
forse hai ragione. – le rispose l’altra,
asciugandosi le lacrime e cambiando subito discorso, cercando di
sorridere
mentre lo faceva – Allora, sai già dove andrai al
college? Ora che sappiamo che
la cupola non tiene bloccati qui gli esseri umani, avrai grandi
progetti. Io, a
quanto pare, dovrò rimanere qui, invece, ma sono molto
contenta per te!”
Brenda
ricambiò il sorriso: “Gli unici grandi progetti
che ho sono le persone che amo, Jade. Sono stata accettata in molti
college, ma
in realtà non ero io, perché non ero qui. Non
prenderò i meriti guadagnati da
una persona che fingeva di essere me, quando io ero altrove. Forse un
tempo avrei
fatto i salti di gioia, ma ora le cose voglio guadagnarmele con la MIA
fatica e
il MIO cervello, per questo ho deciso di restare qui e frequentare il
college
di Morney Hill.”
Jade rimase
letteralmente a bocca aperta: “Ti prego,
dimmi che non stai rinunciando a quello che c’è
fuori per restare qui con me.
Brenda, non posso farti questo, non posso permetterti di restare qui
per farmi
da supporto!”
L’amica
scoppiò a ridere: “E chi ha detto che rimango
qui solo per te? Guarda che ho anche un ragazzo da tenere
d’occhio, con tutte
quelle streghe sexy che girano per la città!”
“Tu sei
pazza!”
“Beh,
è l’unica qualità che non ho
perso!”
Poi, però,
tornarono entrambe serie: “Brenda... scusa
se ti ho ignorata fino ad oggi, ma ti chiedo di avere pazienza. Sei una
delle
persone più importanti della mia vita, ma in questo orribile
momento che sto
passando, avrò più bisogno di restare da sola che
in compagnia, perciò, se
alcune volte ti ignorerò, non pensare che io non ti voglia
bene, perchè non è
così…”
“Tranquilla,
hai tutto il tempo del mondo per tornare
ad essere la mia amica a tempo pieno. Non ti preoccupare...”
In quel momento,
Dana, che aveva concluso i suoi
acquisti, le interruppe: “Ragazze, possiamo andare? Ho preso
alcune cose
interessanti che vi piaceranno!” e le due annuirono,
incuriosite, seguendola
fuori.
Ufficio del Sindaco
–
Municipio di Morney Hill
Quel pomeriggio, John
era completamente solo nel suo
ufficio. Seduto davanti alla scrivania, continuava a fissare la
libreria sulla
sua destra, finchè, ad un certo punto, si alzò e
si avvicinò, per poi spostare
indietro uno dei libri. Improvvisamente, si sentì un click,
la libreria si
mosse verso l’interno della parete e lui la spinse, aprendo
un passaggio che,
nel giro di pochi secondi, lo condusse in un sotterraneo.
Lì, vi
erano due gabbie che ospitavano due persone:
Xao e Zeta.
L’uomo
prese una vecchia sedia e si sedette davanti a
loro, che, naturalmente, lo guardavano storto. Subito dopo,
iniziò a parlare.
“Cosa
dovrei fare ora con voi, ragazzi?”
“Liberarci,
magari.” rispose la donna, cinica,
scatenando in lui una risatina.
“E
perché mai dovrei? In questa città ho
già fin
troppi nemici. E poi, sappiamo benissimo tutti e tre del
perché vi ho
catturati. Voi siete dei guaritori, gli unici, ora che siamo isolati.
Potete
curare i prescelti, in questo caso solo mia nipote, è vero,
ma, se il Consiglio
lo consentisse, potreste farlo con chiunque. Se siete qui, in questa
gabbia, è
perché voglio uccidere tutti coloro che sono sotto questa
cupola e non voglio
che i vostri poteri salvino qualcuno...”
Ma Xao intervenne,
sicuro: “Prima o poi ci
troveranno!”
John scosse la testa,
il suo solito sorriso sulle
labbra: “Mi dispiace, ma hanno problemi più
importanti a cui pensare, al
momento, come ad esempio rintracciare la persona che ci ha rinchiusi
qui, a
Morney hill. Sapete, i vostri poteri non sono l’unica cosa
per cui siete in
questa gabbia anti-magia, visto che, casualmente, vi ho rapiti
nell’esatto
punto in cui sono partiti quei fasci di luce. Perciò, o
siete stati voi a
creare la cupola o avete visto chi è stato.”
I due, tuttavia, non
lo temevano e replicarono,
sicuri: “Anche se sapessimo qualcosa, non lo diremmo certo a
te! Ma,
soprattutto, sappi che non ti aiuterò, dopo quello che mi
hai fatto con il
cigno!”
John si
alzò, congedandosi: “Troverò il modo di
farvi
parlare, non temete. Ho tutto il tempo del mondo...” e se ne
andò, lasciandoli
soli.
Sede dei demoni
presso
la confraternita abbandonata ΛΣΩ
Jackson era appena
rientrato alla sede dei demoni,
dove si stava tenendo una sorta di riunione cui erano presenti anche le
streghe. Quando entrò, Barnès e Tamara, i due
capi, erano circondati dal resto
dei loro seguaci e il ragazzo rimase spiazzato nel vederli.
“Cosa sta
succedendo?!?”
“Succede
che – gli rispose il demone, per poi
sorridere alla sua collega – avevo sottovalutato le nostre
amiche streghe...”
“Non
capisco.. Spiegati.”
“Grazie ad
alcuni loro libri di stregoneria, le
streghe hanno scoperto qualcosa sulla cupola. A quanto pare questa...
cosa che
ci tiene intrappolati, è una sorta di incantesimo chiamato Cupola
sanguinea…”
“E chi lo
avrebbe lanciato, una strega?”
“Forse,
– gli rispose Tamara - ma non una di noi. Non
potremmo neanche, viste le regole cui è
sottoposto.”
“Quali
sono?”
“Credo sia
meglio che a rispondere sia la strega che
ha scoperto tutto. Fatti avanti, Klen!” chiamò la
donna e subito una ragazza si
fece avanti e prese la parola.
“L’incantesimo
può essere eseguito solo da fratelli o
sorelle, tra persone che hanno un legame di sangue di questo tipo. E
nella
nostra congrega non ce ne sono.”
“Quindi
questo significato che sappiamo con certezza
che è stata più di una persona a fare questo,
giusto?”
“Sì,
anzi, dal numero di fasci visti partire dal
centro della città, erano in tre. Ma non è questa
la nostra maggior
preoccupazione al momento, dato che nei libri che ho letto, libri
davvero molto
antichi, la cupola sanguinea rappresenta
una sorta di
rito sacrificale…” ma si interruppe.
“Un rito
per sacrificare cosa?” chiese Jackson,
perplesso, e Barnès si affrettò subito a prendere
la parola e spiegargli la
situazione.
“Non cosa,
chi! La strega, quella anziana, ha detto
che le lettere spedite al nostro clan e alla congrega sono state usate
per
attirarci a Morney Hill, perciò… saremo noi ad
essere sacrificati. E mi gioco
tutto quello che volete che a volerci morti sono quelli del Consiglio!
Ora che
non esiste più una profezia che mette in riga sia i demoni
che le streghe,
sicuramente ci temono a tal punto da volerci eliminare. Probabilmente,
la stessa
cosa sta accadendo anche ad altri in altre città...non
sappiamo se la stessa
cosa stia succedendo anche fuori!”
“Aspettate
un secondo! Ci sono solo tre membri del
Consiglio, qui, e dubito che abbiano un legame di
sangue…”
“Posso
sempre aver incaricato qualcuno in grado di
farlo, persone che hanno un legame di sangue.”
A quel punto, il
demone decise che era arrivato il
momento di riferire le informazioni avute a casa Ferguson.
“Sentite,
io direi di non fare nulla, loro mi hanno
detto che stanno lavorando su come fare per abbassare la cupola.
Aspettiamo e
non creiamo conflitti inutilmente, ok?”
Quando
finì, Barnès si avvicinò a lui e gli
mise una
mano sulla spalla: “Jackson, ti ho scelto come mio secondino.
Non farmene
pentire... Il Consiglio e quella strega stanno solo temporeggiando con
noi.
Probabilmente stanno, anzi, STANNO GIA’ attuando questo rito
sacrificale,
mentre parliamo, perciò ora il nostro clan e –
guardò le streghe – la loro
congrega uniranno le forze per uscire da questa dannata
città. E chiunque oserà
mettersi sulla nostra strada… beh, soccomberà,
molto semplicemente…”
Subito, con un grido,
ebbe l’appoggio di tutti i
presenti e Jackson non poté opporsi.
Qualche metro
più lontano, Brenda e Terence, che lo
avevano seguito per assicurarsi che la situazione fosse stabile,
osservavano la
casa della confraternita nascosti dietro un albero.
La ragazza, con in
mano il binocolo, sospirò, seccata:
“Non posso credere che tu mi abbia aspettata fuori dalla casa
di Jade per
trascinarmi qui! E non posso credere nemmeno che la signora Ferguson
abbia
acconsentito. Avevamo appena comprato degli oggetti magici, volevo
scartare i
pacchi insieme a loro…”
Lui, seduto sulla
panchina vicina, la osservò,
perplesso: “Da quando non ti piacciono gli appostamenti? E
per di più con me?”
“Da quando
ho scoperto che la mia vita sociale è pari
a quella di Lisa Simpson! L’estate sta per finire e io dovrei
essere a qualche
festa o, perlomeno, da qualche parte a mostrare al mondo che esisto. Di
questo
passo, quando inizierà il college, dovrò
camminare per il campus con un post-it
attaccato sulla faccia con su scritto il mio nome per essere
riconosciuta!”
“Ma non hai
detto che il tuo clone se la stava cavando
meglio di te, al posto tuo?” le rispose lui, aprendosi una
lattina di birra.
In cambio,
però, ricevette solo un’occhiataccia:
“Sì,
fino ai primi di maggio forse, ma poi il consiglio l’ha fatta
sparire, perché
tutti sapevano che Jade era una criminale e molto probabilmente le
avrebbero
fatto un sacco di domande sulla sua amichetta fuorilegge.
Perciò questo vuol
dire che non esisto in questa città da ben sei mesi, apparte
il giorno del
diploma, dove le mie ex amiche del liceo a malapena mi hanno degnato di
uno
sguardo! Il mondo è andato avanti e anche gli altri non
stavano di certo lì ad
aspettare me. Una volta che sei fuori dal giro, sei fuori e
basta!”
“Beh, al
college ti farai dei nuovi amici, però…”
Stavolta lei lo
guardò perplessa: “Aspetta, ma da
quando ti sei messo a bere? Mi hanno per caso drogata e tenuta
prigioniera da qualche
parte, mentre prendevi questa abitudine?”
“E’
solo una birra, Brenda. – le rispose lui,
tranquillo - E poi, a guardare bene, nemmeno la mia vita può
definirsi
strabiliante, al momento. Sono passato da braccio destro del male a
insegnante
di arti marziali per adolescenti con problemi di peso e figli di
papà!”
Lei
sollevò le sopracciglia: “Beh, almeno ti pagano
bene!”
Terence la
guardò storto da sopra la lattina: “Sì,
ma
resta il fatto che devo abituarmi alla mia nuova vita. E speravo lo
notassi, sinceramente.
Invece hai passato tutta l’estate a cercare
l’attenzione della tua migliore
amica, che ti ignorava, e a tornare alla tua cosiddetta vita sociale.
Non ti
sei certo preoccupata di chiedermi come stavo...”
Brenda, preoccupata,
si sedette di fianco a lui: “Non
pensavo avessimo dei problemi... Tu mi ami ancora, vero?”
“Certo che
ti amo ancora! E’ solo che, da quando siamo
venuti qui, non sempre le cose sono andate come mi
aspettavo...”
“Hai
ragione… e questa cosa mi fa paura, francamente.
Insomma, io ti amo con tutta me stessa, ma… non è
come prima, ora che me lo fai
notare. E dobbiamo assolutamente recuperare, non voglio che tra noi
finisca
solo perché viviamo in un posto diverso.”
Improvvisamente,
però, si udì il rumore di una porta
che si apriva proveniente dalla casa della confraternita e subito
Brenda si
alzò in piedi.
“Riprenderemo
il discorso più tardi, c’è
movimento!” e
i due si spostarono dietro un albero vicino per osservare
ciò che stava
accadendo.
Fecero appena in
tempo a nascondersi, che i demoni e
le streghe uscirono, lasciando i due confusi e perplessi.
“Cosa ci
fanno le streghe con i demoni?” chiese
Terence.
“Fantastico,
ci mancavano solo le alleanze! E ora cosa
facciamo?”
“Fare cosa?
Non sappiamo nemmeno che intenzioni
hanno!”
“Ti sei
rammollito, per caso?”
La faccia offesa
dell’altro, però, fece pentire la
ragazza per quello che aveva appena detto: “Ehm, scusa, non
volevo dirlo...”
Allora
l’uomo, orgoglioso come sempre, decise di
uscire allo scoperto per dimostrarle che aveva torto e subito lei
cercò di
fermarlo.
“Terence,
aspetta! Cosa stai facendo?”
Lui, però,
la ignorò, rivolgendosi direttamente ai due
gruppi che stavano lasciando la casa della confraternita:
“Ehi, voi!” urlò e,
ovviamente, tutti si fermarono e si girarono. Barnès fu il
primo a farsi
avanti: “Qualche problema, servitore del caos?”
Ma non
riuscì a intimidire Terence: “Sì, a
dire il
vero: dove state andando?”
Il demone
scoppiò a ridere: “Dobbiamo davvero rendere
conto a te di quello che facciamo?”
Irritata, Brenda si
fece avanti, rivelando la sua
presenza: “Nella scala sociale del Male, direi che sei
decisamente sotto di
molti gradini rispetto ad un servitore del caos, non credi?”
A quel punto, Tamara
si intromise, mettendosi accanto
a Barnès: “Sappiamo che sono stati Dana e il
Consiglio a rinchiuderci qui
dentro, ma non rimarremo fermi a guardare, mentre ci sacrificano
tutti!”
“Sacrificarvi?
– replicò la ragazza, perplessa – Di
che cosa stai parlando? Siamo tutti nella stessa barca e ti assicuro
che loro
non hanno niente a che fare con la cupola!”
Improvvisamente,
però, al centro della strada comparve
John, lasciando tutti spiazzati: “Cucù,
– esclamò - vi ho spaventati?”
Casa Ferguson
Dana scese in cantina
con i suoi acquisti e Jade la
seguì, curiosa.
“Cos’hai
comprato esattamente, nonna?”
“Qualcosa
che ci aiuterà a scoprire l’identità
della
persona che ha creato la cupola.”
L’altra le
rivolse un’occhiata scettica: “Beh, ma
anche se la troviamo, non credo sarà disposta a disfare
questa trappola magica,
no?”
L’anziana
signora, però, le sorrise, mentre sistemava
i suoi acquisti sul tavolo: “Sei troppo pessimista, mia
cara.”
“Chissà
come mai...”
Ovviamente, a Dana
non sfuggì il suo umore grigio:
“Tesoro, la morte di una persona a te cara non significa
necessariamente che
tutto continuerà ad andare male nella vita. Sì,
adesso ci sono solo giorni
brutti, perché si tratta di una cosa recente, ma…
passerà, prima o poi, e avrai
di nuovo giorni belli, come prima. La vita non finisce qui,
Jade...”
L’altra
cercò di farsi forza: “Non puoi sapere se quei
giorni belli ci saranno o no. Non posso crederci…”
In silenzio,
l’anziana strega tornò al tavolo e prese
dal cassetto le lettere ricevute dai demoni e dalle streghe e quella
trovata
nel punto da cui erano partiti i fasci di luce.
Subito Jade,
incuriosita, si avvicinò: “Cosa vorresti
fare con quelle?”
“Cercare di
capire se ho ragione.”
“Ragione su
cosa?” chiese l’altra, perplessa.
“Sono
convinta che ci sia un messaggio nascosto, oltre
a quello che ci è stato lasciato.”
Poi,
sistemò delle candele viola intorno alle tre
lettere e iniziò ad accenderle una ad una usando i suoi
poteri.
Dato che la nipote la
stava osservando, decise di
lasciare l’ultima a lei: “Vuoi finire
tu?” In cambio, però, ricevette solo
un’occhiataccia: “Non ho più alcun
potere, da quando la profezia si è compiuta,
te lo sei dimenticata?”
“Sei stata
dotata di grandi poteri che ora non hai
più, è vero, ma il potere fa comunque parte di
noi streghe. Devi solo farlo
maturare di nuovo, come ha fatto ogni altra.”
Allora Jade,
concentrandosi sulla candela spenta,
provò ad accenderla, ma ad un certo punto, sbuffando, ci
rinunciò: “Senti,
fallo tu, a me non interessa!” e si allontanò.
Dana,
però, insistette: “Ascolta,
Jade…”
Ma lei fu categorica:
“No, nonna, ascolta TU: io non
mi rimetterò a praticare magia ricominciando da zero. Non
voglio! Non c’è
motivo! Se vuoi fare le tue stregonerie, falle pure, ma non mi
coinvolgere, ok?
Ho chiuso con tutto questo!” e si andò a sedere,
nervosa. La donna, invece, non
aggiunse altro, andando ad accendere anche l’ultima candela.
Poi, da un sacchetto
tirò fuori una polvere grigia e
iniziò a spargerla sopra le tre lettere. Successivamente,
fece altrettanto
anche con il liquido nero contenuto in una boccetta. Infine,
iniziò a recitare
una formula: “Mostrami
ciò che è nascosto, il vero messaggio che vi
risiede.
L’inchiostro segue i passi della scrittura e ne rimuove la
falsa copertura...”
Improvvisamente, le
fiamme delle candele si fecero più
alte e le tre lettere si fusero letteralmente tra di loro, diventando
un unico
foglio su cui, grazie al liquido nero che vi fluiva sopra,
iniziò a scriversi
il messaggio segreto.
A quel punto, le
candele si spensero di colpo e, dopo
uno sguardo veloce tra le due streghe, Dana lo sollevò, per
vedere il risultato,
ma, nonostante la grande curiosità della nipote, non lo
lesse ad alta voce.
“Cosa
c’è scritto?
Cos’è?” la incalzò la ragazza.
“Sono
istruzioni.”
“Istruzioni?
Per cosa?”
“Per
trovare qualcosa…”
Sede dei demoni,
presso
la confraternita abbandonata ΛΣΩ
Nella strada
all’esterno della confraternita erano
schierati i demoni e le streghe da un lato, Brenda e Terence
dall’altro e, al
centro, appena comparso con grande sorpresa di tutti, John.
La ragazza,
disgustata, prese parola per prima: “Vedo
che ha qualche capello bianco, signor sindaco. Per caso durante
l’assenza dei
disordini è invecchiato di qualche decennio?”
L’altro le
sorrise, indifferente: “Beh, ti piacciono
gli uomini maturi, viste le tue scelte, o sbaglio? – e
puntò gli occhi su
Terence - Chi lo sa, magari ora avrai un debole anche per me!”
Lei, ricambiando il
sorriso, chiaramente beffardo,
esclamò: “Preferirei bere dell’acido,
che fare strani pensieri sullo
psicopatico nonnetto della mia migliore amica!”
“Attenta a
quello che dici, Brenda, certe cose
potrebbero anche realizzarsi!”
Terence, allora, si
intromise nella conversazione,
guardandolo minaccioso: “Sta lontano da lei! Non devi
torcerle nemmeno un
capello, altrimenti...”
Seccato, John
roteò gli occhi: “Sai, Terence, prenderei
più sul serio le minacce di un gatto parlante, che le
tue…” poi si voltò verso
gli altri: “Ecco, voi, ad esempio, siete più
minacciosi di lui. Ma che
simpatico gruppetto... demoni e streghe che collaborano insieme anche
dopo la
profezia…”
Subito
Barnès si fece avanti e disse: “Senti, noi non
vogliamo problemi, vogliamo solo andarcene da questa
città.”
“Tranquillo,
nemmeno io ne voglio, anche se è stato un
po’ codardo da parte tua dirlo, visto che sei il capo di un
clan. Insomma, –
scoppiò a ridere – abbi più spina
dorsale!”
“Non
è da codardi voler proteggere il mio clan!
Soprattutto se mi trovo davanti ad uno come te. Insomma, non sei una
persona
qualunque, hai la tua reputazione…”
“Ma
davvero? – replicò l’altro, quasi
colpito – Sono
così famoso? Beh, mi sento lusingato… Comunque
sta tranquillo, ho un certo
riguardo nei confronti dei miei simili, visto che anche io sono un
demone per
metà!”
In quel momento,
alzò un braccio verso il gruppo delle
streghe e una di loro venne letteralmente trascinata verso di lui da
una forza
sovrannaturale. Tamara, il capo della loro congrega, iniziò
a gridare: “Noo,
Klen! Lasciala stare!”
Ma John, con la
fronte della ragazza incollata al
palmo della sua mano, continuò: “Al contrario, non
ho molto riguardo verso le
streghe, ma cercherò comunque di essere gentile con loro.
Ora, però, vediamo un
po’ cosa sapete sulla cupola...” e chiuse gli
occhi, come se si stesse
concentrando per leggere nella sua mente ed estrapolarne informazioni.
Tutti, intanto, lo
stavano osservando con il fiato
sospeso.
Pochi secondi dopo,
John riaprì nuovamente gli occhi,
gettando a terra la ragazza che, terrorizzata, si allontanò
gattonando per poi
alzarsi e scappare accanto al suo gruppo. Intanto l’uomo, con
lo sguardo perso
nel vuoto, rifletteva: “Cupola sanguinea.
Interessante…”
Brenda
scambiò con Terence un’occhiata perplessa,
chiedendosi di cosa parlasse, ma poi spostò subito di nuovo
la sua attenzione
sul demone, per non perdersi nemmeno una sua parola.
“Credo
– continuò quello - che sia arrivato il momento
di richiamare i disordini in città. A quanto pare, non
riusciranno a trovare
una via d’uscita.”
Poi, puntando gli
occhi al cielo, aggiunse: “E’
arrivato il momento di combinare qualcosa di
malvagio…”
A quel punto, anche
gli altri alzarono gli occhi,
domandandosi cosa stesse per succedere. L’aria si fece subito
pesante e il
cielo, che sembrava calmo, fu subito scosso: dal punto più
alto della cupola,
infatti, scese rapidamente verso di loro un’enorme nube nera.
In poco tempo
essa investì tutti i presenti, in particolare i demoni e le
streghe.
Intuendo cosa stava
per accadere, Terence abbracciò
Brenda e le abbassò la testa, nel tentativo di proteggerla.
La ragazza,
spaventata, iniziò a gridare: “Cosa sta
succedendo?!?”
“Non lo so,
– rispose lui - non vedo niente…”
Intanto, udirono
intorno a loro le urla degli altri,
colti dal panico. Subito dopo, però, queste cessarono di
colpo e la nube
cominciò a diradarsi.
Brenda, dopo aver
alzato la testa dal petto del suo
amato, riaprì gli occhi, rimanendo spiazzata da
ciò che vide: “Ma… – chiese,
confusa - dove sono finiti tutti?”
Anche
l’uomo si guardò attorno: “John gli ha
presi!”
Incredula, lei si
mosse lungo la strada, spostando lo
sguardo da ogni parte: “Come sarebbe a dire? Presi per
cosa?”
“I demoni e
le streghe devono aver scoperto qualcosa e
ora anche John ne è a conoscenza.”
“Ha parlato
di cupola
sanguinea, l’hai sentito anche tu, vero? Sai di che
cosa si tratta?”
Lui, però,
scosse la testa: “No, ma Dana potrebbe
saperlo. Dobbiamo dirglielo subito!”
“Sì,
sono d’accordo. Facciamo in fretta!” e i due si
affrettarono a raggiungere l’abitazione della donna.
Cimitero di Morney
Hill
Jade era di nuovo
lì, in piedi davanti alla lapide di
Samuel, come tutte le notti, del resto. Le dava un po’ di
pace parlare con lui,
pur sapendo di non poter ricevere alcuna risposta. Farlo,
però, non le impediva
di non piangere ad ogni parola che tentava di pronunciare.
“Non
è cambiato nulla, da quando non ci sei più. Siamo
di nuovo al punto di partenza e tutti gli altri si stanno affannando
nuovamente
per cercare una soluzione ai nuovi problemi che tormentano le nostre
vite. Io,
però, sono così stanca, Samuel... Sono tanto,
tanto stanca. E’ triste, perché
non sei qui con me. Mi stai guardando? Riesci a vedere quanto sono
distrutta?
Se ci riesci, cerca di capirmi. Non sto gettando la spugna, voglio solo
trovare
la stessa pace che hai trovato tu, la voglio, disperatamente. Voglio
TE,
disperatamente.”
Improvvisamente,
però, smise di parlare, perchè
percepì una presenza alle sue spalle, pur decidendo di non
girarsi. Infatti,
sapeva perfettamente di chi si trattava.
“Sai, mi
chiedevo se mai ti avrei visto qui. Forse
Samuel aveva veramente ragione su di te…”
L’altro,
uscendo dall’ombra, le si avvicinò ancora di
più: era Zack.
“In
realtà, sono stato parecchie volte, qui, ma,
evidentemente, non nei tuoi stessi orari.”
La ragazza
continuò a parlargli con tono rilassato e
senza voltarsi: “Non mi hai domandato su cosa avesse ragione
Samuel, però.”
“Dimmelo
ora.”
“Quando
sono tornata a Morney Hill, dopo che lui…
insomma, dopo che la battaglia è finita, Terence mi ha dato
una lettera scritta
da lui, e alcune righe parlavano di te. Diceva che non dovevo odiarti
per
quello che hai fatto, perché alla fine… beh,
tutti commettono degli errori. In
più, ne avevi passate tante e in qualche modo volevi evadere
dalla persona che
eri. Diceva anche che dovevo perdonarti, perché è
così che si fa con le persone
più importanti della tua vita…”
Il ragazzo, nel
sentire le sue parole, si commosse, ma
cercò di non darlo a vedere: “Vuoi perdonarmi
perché te lo scrive Samuel o
perché lo vuoi tu? Per me è importante
saperlo...”
“Se non
avessi letto quella lettera, probabilmente ti
avrei cacciato da casa mia, questo pomeriggio. Sarei stata arrabbiata
con te,
perché ci hai abbandonati nel momento in cui ci servivi di
più, perché ti sei
fatto sopraffare dalle tue emozioni, dalla tua gelosia per me.
Tuttavia, penso
ti avrei comunque perdonato, prima o poi, perché –
e finalmente si voltò, in
lacrime - sei una delle persone più importanti della mia
vita, fin dal primo
momento. Anche se non riesco ancora a capire perché non ci
sei più, perché
continui a stare con mio nonno. Non riesco a capire perché
non eri qui ad
abbracciarmi, mentre stavo morendo dentro…
Perché, Zack?”
Il ragazzo,
straziato, non rispose e lei si voltò
nuovamente verso la lapide.
“D’accordo,
non me lo vuoi dire, va bene. Non lo
comprendo, ma va bene. Ma sappi che non avrai molto tempo per darmi una
spiegazione…”
“Cosa
vorresti dire?” le chiese lui, perplesso.
“Sto
mollando, Zack. Ogni giorno che passa è un agonia
e la situazione in cui ci troviamo, per me, è insostenibile.
Sei la prima
persona a cui lo dico e ti prego di non farne parola con nessuno. Non
voglio
che qualcuno mi salvi, stavolta, perché… ho
deciso che voglio morire.”
Sotto shock, Zack
sgranò gli occhi per la sorpresa:
“Che cosa significa questo?”
“Significa
che non voglio più lottare. Samuel è morto
e, in qualunque posto sia, non deve più farlo. Io, invece,
vorrei tanto
smettere e ormai non manca molto. Ricordi quando sono morta in quel
lago per
salvare tutti dalla guardiana e mia nonna, poi, mi ha ceduto un anno
della sua
vita? Beh, tra due settimane finirà, ma lei,
all’epoca, era tranquilla perché,
allo scadere del tempo, Zeta sarebbe tornata ad essere il mio
angelo-guida e mi
avrebbe resuscitata…”
“Ma,
sbaglio o Zeta non è a Morney Hill?”
“Esatto,
non è qui. Ora ti starai chiedendo perché mia
nonna non stia impazzendo e facendo i salti mortali per questo. Beh,
tempo fa
sono entrata nella sua cantina e ho rubato una boccetta da uno dei
ripiani: si
trattava di una pozione che fa dimenticare alle persone cose importanti
a cui
pensano continuamente. Ne ho versata un po’ nel suo
caffè, una mattina, e, come
pensavo, ha scordato il mio problema. Poi, ho fatto la stessa cosa con
Brenda e
Terence.”
Zack rimase ancora
più sconvolto da quella rivelazione
e, anzi, si arrabbiò molto: “Non puoi farle
questo, non puoi essere così
egoista da lasciare le persone che hanno tenuto a te,
all’improvviso, mentre
cercano di capirci qualcosa! Non puoi pensare che adesso non
andrò a dire loro
tutto per salvarti!”
Jade,
però, si mostrò serena e, anzi, gli sorrise
anche: “Sapevo che tenevi ancora a me. Tuttavia, è
troppo tardi, ormai. Se
c’era qualcosa da fare, andava fatto prima che calasse la
cupola. Zeta non è
qui, non c’è altro modo per evitare la mia morte e
io non vedo l’ora di essere
libera da questo incubo.”
“Tu sei
pazza e anche Samuel te lo direbbe, se fosse
qui!” poi si voltò, pronto ad andare da Dana per
fermare quella follia, ma la
ragazza riuscì a gridargli contro alcune parole, prima che
si allontanasse.
“Sarò
anche pazza, ma stare ancora al fianco di mio
nonno, nonostante tutto, lo è altrettanto!”
“Tu non sai
niente!”
“Allora
dimmi perché continui a stare con lui! Come fa
a tenerti in pugno?”
“Eravamo
solo noi tre, all’inizio di quel viaggio per
salvare il mondo. Alla fine, ho perso un amico e l’ho
guardato negli occhi,
mentre moriva. Non ripeterò la stessa esperienza anche con
te, perché almeno
uno tra noi merita di essere salvato…”
“Per me
è troppo tardi, non c’è niente da fare,
è
inutile. E a me sta bene così, credimi. Ma non me
andrò senza aver salvato
prima te. Non ti abbandonerò, qualsiasi cosa ti stia facendo
quel mostro.”
“SMETTILA!
– scoppiò lui, in lacrime - Tu non puoi
morire solo perché qualcuno che amavi non
c’è più! Questa non è la
soluzione e
Samuel sarebbe d’accordo con me. Tu non ti rendi conto di
quello che dici...”
“E invece
sì! – replicò lei, distrutta - Questo
mondo
è talmente pieno di sofferenza… siamo circondati
da persone, eppure in realtà
siamo così tremendamente soli... Nessuno ti capisce e
nessuno ha idea del tuo
dolore. Chi vorrebbe vivere qui? Chi vorrebbe vivere la mia
vita?”
Ma Zack, senza
aggiungere altro, si voltò e se ne
andò, mentre lo guardava allontanarsi, il cuore a pezzi.
Due settimane dopo
–
Morney Hill
L’anno
scolastico era ufficialmente iniziato e il
primo giorno di college si era appena concluso, ma, per due studentesse
in
particolare, pensare al proprio futuro non era così
semplice. Soprattutto
quando una di loro non intendeva giungervi.
Brenda stava
attraversando il campus, con in mano i
suoi libri e la borsa, quando alle sue spalle un ragazzo
cercò di attirare la
sua attenzione.
“Ehi,
aspetta! Tu sei Brenda, giusto?”
“Sì.
E tu devi essere?” rispose, voltandosi.
L’altro
ridacchiò: “Mi chiamo Wesley, per gli amici
Wes, sono seduto due file dietro di te. Purtroppo, però, ho
iniziato il college
con il piede sbagliato e non sono riuscito a prendere tutti gli appunti
della
lezione di oggi. Solo io ho notato che il professor Walsh parla
più veloce
della luce?”
“No, non
credo, la ragazza vicino a me ha quasi fatto
prendere fuoco alla sua penna cercando di stargli dietro!”
“Sì,
l’ho vista, si chiama Corinne ed è una mia amica.
Sfortunatamente non mi sono potuto sedere accanto a lei,
perché ho fatto tardi
e ho praticamente travolto metà del campus per arrivare in
tempo. Comunque è
stata lei a dirmi che i tuoi appunti sono praticamente scritti parola
per
parola. Come hai fatto?”
Lei sorrise:
“Diciamo che sono diventata molto abile e
attenta, dopo il liceo. Comunque, puoi passare da casa mia, se vuoi, te
li darò
volentieri. Ora, però, devo raggiungere la mia di amica, -
la cercò con lo
sguardo – che è seduta su quella panca
laggiù!”
“Ah,
intendi dire la ragazza triste?” chiese lui,
guardando il punto che lei gli stava indicando.
“Ragazza
triste?” chiese lei, perplessa.
“L’ho
vista parecchie volte, oggi, e non fa altro che
tenere in mano una lettera e avere il volto triste. Credo di averla
vista anche
piangere, sta bene?”
“Ha perso
il suo ragazzo, circa tre mesi fa.”
“Accidenti,
mi dispiace. Non volevo chiamarla ragazza triste,
è solo che ho questo strano vizio di dare nomignoli alle
persone...”
Improvvisamente, alle
spalle della ragazza arrivò
Terence, che la prese per un braccio. “Ehi, finalmente sei
uscita, dobbiamo
parlare…”
“Ehm,
ciao… – lo salutò, colta di sorpresa,
poi si
rivolse a Wes – Lui, invece, è il mio ragazzo e
ora devo proprio andare. Puoi
passare da casa mia più tardi, per quegli appunti. Tieni,
abito qui!” e gli
porse il foglietto su cui aveva scarabocchiato in fretta
l’indirizzo.
“Ok,
grazie. – si rivolse poi a Terence – Piacere di
averti conosciuto!” e se ne andò.
Brenda, allora,
iniziò a camminare con lui verso Jade:
“Non c’è mai un attimo di pace, eh? Per
caso c’è qualche novità sui demoni e le
streghe? Ormai sto per arrendermi, sono due settimane che sono
scomparsi nel
nulla e non abbiamo idea di dove siano finiti!”
“Purtroppo
no, si tratta dei disordini. Hanno iniziato
a colpire. Fino a quando cercavano una via d’uscita nella
parte più alta della
cupola, Morney Hill era al sicuro, ma ora aleggiano quaggiù
e Alaris è
preoccupato.”
“Se i
disordini inizieranno a colpire i cittadini,
come diavolo li salveremo?” chiese allora lei, perplessa.
“Non li
salveremo: il Consiglio ha già un piano per
coloro che saranno infettati.”
CONTINUA NEL TERZO
EPISODIO
Testo
a cura di Lady Viviana.
ANGOLO
AUTORE: Come promesso, il secondo episodio della terza stagione. Non
perdete il prossimo appuntamento per saperne di più sui
misteri presenti a Morney hill, che sarà per
Mercoledì 6 Maggio con la 3x03 "Lungo il cammino della
morte", dove scoprirete se Jade deciderà di continuare a
lottare per vivere. Buona settimana stregata!
|
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Capitolo 3 *** 3x03-Lungo il cammino della morte ***
CAPITOLO
TRE
"You
Only Live
Once"
Due settimane prima
–
Casa Ferguson
Zack suonò
incessantemente il campanello
dell’abitazione, poi, non ricevendo risposta,
iniziò a bussare ripetutamente.
Finalmente, Dana gli aprì, sorpresa.
“Oh mio
Dio, Zack!”
Il ragazzo, agitato e
con il respiro affannato per la
corsa, riuscì appena a sussurrare poche parole:
“Stiamo per perderla, dobbiamo
fare qualcosa!”
Lei lo
guardò confusa: “Prima calmati! Di chi stai
parlando? Chi stiamo perdendo?”
“Jade! Il
suo tempo, l’anno che le ha ceduto quando è
morta, sta per scadere e Zeta non è all’interno
della cupola per resuscitarla.
Deve trovare una soluzione!”
Nel sentire le sue
parole, la donna, finalmente,
ricordò: “Oh mio Dio… oh mio Dio, come
ho potuto dimenticarlo, l’avevo perfino
appuntato…”
“Jade non
vuole essere salvata, perciò ha fatto bere a
tutti voi una pozione che fa dimenticare le cose importanti.”
“Ora ho
capito. Va bene, cercherò qualcosa, ma…”
“Ma
cosa...?”
Dana rimase in
silenzio per qualche secondo.
“Zack?
– chiese poi – Cosa ci fai qui a
quest’ora?”
Lui la
guardò perplesso: “Co-cosa significa?”
Ma la donna era
confusa quanto lui: “Figliolo, di che
cosa stai parlando?”
Allora Zack,
rendendosi conto che si era dimenticata
tutto a causa della pozione di Jade, cercò di congedarsi:
“Io-io devo andare
adesso…” e, agitato, indietreggiò e se
andò, lasciando alquanto perplessa la
donna.
Casa di Brenda
Brenda
uscì da casa con un borsone e una pala,
salutando la madre dietro di lei.
“Mamma, io
vado. A stasera!” ma dovette bloccarsi
sulla soglia, perché davanti a lei trovò qualcuno
che non vedeva da un po’ di
tempo e, malgrado tutto, ne fu felice.
“Oh mio
Dio, Noa! Cosa ci fai qui?” e, senza dargli
tempo di rispondere, lo abbracciò.
Il ragazzo,
altrettanto contento, ricambiò con
piacere: “Accidenti, –
esclamò, con un sorriso - dove vai con quella
pala?”
“Solita
routine, non chiedere. Piuttosto, si può
sapere cosa ci fai qui? Non che non sia felice di vederti, ma potevi
almeno
inviarmi un messaggio o chiamarmi prima…”
“Ho deciso
di tagliare il cordone ombelicale con mio
padre e frequentare un certo college qui, a Morney Hill, dove abita una
mia cara
amica di nome Brenda.”
Lei rimase molto
sorpresa dalla notizia: “No, non ci
credo, sul serio?!? Oddio, sono così
contenta…”
Lui, però,
notò comunque che era abbastanza
demoralizzata: “Beh, ne sono felice. Direi che sono arrivato
giusto in tempo, o
sbaglio? Cosa sta succedendo di preciso? Monique mi ha detto che
qualcosa non
andava, qui.”
Brenda,
roteò gli occhi: “Che cosa sta succedendo,
dici? Faccio prima a dirti cosa NON sta succedendo. Se iniziassi a
raccontare,
resteremmo davanti a questa porta fino al prossimo inverno!”
Noa annuì,
comprensivo, poi di nuovo spostò lo sguardo
sugli oggetti che aveva in mano la ragazza: “Allora, a cosa
serve la pala? E il
borsone? C’è dentro la tua inseparabile
balestra?”
“No, no,
solo dei libri e un thermos di caffè. Passerò
in biblioteca, dopo aver scavato nel bosco. La pala, invece, serve
appunto a
scavare nel terreno, perchè stiamo cercando una
cosa…” poco lontano, intanto,
stava arrivando Wes, che notò subito che aveva compagnia.
D’istinto,
si fermò e indietreggiò, osservando i due.
Brenda,
però, sembrò non averlo notato, poiché
continuò a parlare con Noa: “Senti, vuoi venire
con me? Tanto non ci vorrà
molto, perchè tutti i giorni facciamo sempre un buco
nell’acqua.”
“Ma
sì, perché no? Insomma, tanto non ho bisogno di
trovare un alloggio e sistemare le mie cose...”
replicò l’altro, sarcastico e
ricevendo in cambio un’occhiataccia.
“Puoi
lasciare i tuoi bagagli qui a casa mia, se vuoi.
E, come ti ho detto, non ci vorrà molto.”
Il ragazzo le
sorrise: “Va bene” e, dopo aver portato
le valigie dall’auto all’ingresso della casa,
andò via con lei.
Intanto, Wes non
aveva smesso nemmeno per un secondo
di osservarli.
Casa Ferguson
Jade si era appena
svegliata, perchè quella mattina
non era andata in università. Era distesa sul letto con gli
occhi sbarrati e
fissi rivolti verso il soffitto: era il suo ultimo giorno sulla terra e
nessuno
lo sapevo, eccetto lei.
Alla fine, si
alzò e scese al piano di sotto. La
musica di una radio proveniva dal garage e la ragazza, a passi lenti,
si
diresse lì: c’era la macchina di Samuel e anche
lui che, canticchiando, la
stava lucidando, approfittando del momento libero per fare anche alcune
riparazioni.
Sentendola arrivare,
si girò e le sorrise: “Vedo che
l’avete tenuta…”
Lei, ovviamente,
sapeva che lui non era reale: “Certo
che l’ho tenuta! E’ una delle poche cose che mi
sono rimaste di te, non avrei
mai potuto darla via.”
“Tenerla
è un conto, prendersene cura è un altro.
L’avete parecchio trascurata, sai?”
Sentendo le sue
parole, gli occhi di Jade si
riempirono di lacrime: “Come posso prendermi cura di
un’auto, se non lo faccio
più nemmeno di me stessa?”
L’altro si
voltò e la scrutò con attenzione:
“Tanto
vale morire, giusto? Insomma, non curarsi più di se stessi
equivale alla morte,
no?”
La ragazza si
sentì incompresa, non capita: “Tu non
sai come ci si sente, non sai quello che sto passando. Voglio solo che
tutto
finisca…”
“E non
pensi a come si sentiranno tua nonna, Brenda o
Zack, quando non ci sarai più? Davvero vuoi essere
così egoista, solo perché
non riesci a vivere senza di me? Tu non hai bisogno di me per avere una
ragione
di vita. Hai bisogno di circondarti dell’amore delle persone
che ti vogliono
bene, di ricordarmi guardando quest’auto o qualche fotografia
tratta da un
giorno felice e, alla fine, andare avanti, come fa tutto il resto del
mondo.”
“Io...io
non ci riesco…” sussurrò la ragazza,
scoppiando a piangere.
In cambio,
però, ricevette soltanto uno sguardo
deluso: “Non riesco a credere tu sia diventata
così insensibile. Non puoi
nemmeno immaginare la mia delusione, nel sapere che morirai senza che
gli altri
se ne rendano conto, o che lo capiscano prima che sia troppo
tardi.”
Jade,
però, si arrabbiò: “Perché?
Non è forse quello
che hai fatto tu? Sapevi che stavi morendo, eppure te ne sei andato in
silenzio
senza nemmeno dirmi addio!”
“Ti ho
detto addio più volte di quanto immagini,
minuto per minuto, ma c’era un mondo intero a
distrarti!”
All’improvviso,
la porta d’ingresso sbatté e Samuel di
colpo scomparve: ovviamente, si trattava soltanto di
un’allucinazione.
Poco dopo,
sentì la voce di sua nonna chiamarla:
“C’è
qualcuno in casa?”
Subito si
affacciò, rivelando la sua presenza:
“Eccomi, ci sono io!”
Vedendola comparire,
Dana la scrutò con attenzione:
“Sei ancora a casa? Non dovresti essere al college? E
poi… hai una faccia,
tesoro, ti senti bene? Non hai un
bell’aspetto…”
Jade sorrise a
malapena: “Un po’ di influenza, tutto
qui.”
L’anziana
signora annuì, decidendo di non indagare
oltre: “Ok, riposati allora. Io sono giù in
cantina, tra poco arriverà Alaris,
ok?”
“Qualche
novità sui demoni e le streghe? O su quella
lettera di istruzioni che hai rinchiuso in una cassaforte a prova di
magia?”
“I seguaci
di Alaris hanno perlustrato Morney Hill da
capo a piedi, ma non sono riusciti a trovarli, purtroppo. John li sta
nascondendo bene, a quanto pare. Terence e Brenda, invece, si stanno
occupando
di trovare una cosa che la lettera ha richiesto. Per quanto riguarda il
resto
del contenuto, è preferibile tenerla al sicuro, meglio non
rischiare di farla
finire nelle mani sbagliate. Non so se mi sono spiegata...”
“Sì,
sì, ti sei spiegata perfettamente. – rispose la
nipote,
distratta e indifferente come sempre - Io torno a letto,
allora.”
Dana non
mancò di esternare la sua preoccupazione:
“Tesoro, riposati, ma… vorrei tanto che ci
aiutassi, non appena starai meglio.
Servirà almeno a distrarti e ad alleviare il
dolore.”
“Nonna, ti
prego, ne abbiamo già parlato. –
replicò,
però, quella, seccata - Non voglio più avere
niente a che fare con la magia e
nemmeno con quello che sta succedendo. Lasciatemi vivere serenamente il
resto
della vita che mi rimane, ok?”
“D’accordo,
rispetterò la tua scelta, ma sappi che non
ci saranno più giorni sereni, se è questo che ti
aspetti. Alaris sta venendo
qui per discutere dei disordini, che ormai girano ovunque in
città. Presto ci
sarà un vero inferno, lì fuori, e ci saranno
scelte molto difficili da
prendere.”
La ragazza
sfoggiò un sorriso sforzato: “Non credo che
sarà un mio problema…” e si
voltò per tornare in camera, ma la nonna la fermò
prima che potesse farlo.
“Aspetta!
Per caso ti ho chiesto di ricordarmi
qualcosa per oggi?”
“No, non
credo. Perchè?”
“Ho questa
strana sensazione di aver dimenticato
qualcosa, qualcosa che dovevo fare oggi. Ho controllato anche
l’agenda, ma
niente.”
“Rilassati,
nonna, – provò a tranquillizzarla - è
solo
un giorno come tutti gli altri” e se ne andò,
lasciando la donna perplessa, ma
non abbastanza da ricordare che sua nipote sarebbe morta nel giro di
poche ore.
Sotto la
città, nel
tunnel fognario presso la zona Est
John era seduto al
centro di un corridoio, ai cui lati
erano ospitate una serie di celle in cui erano rinchiusi i demoni e le
streghe.
Zack, invece, stava distribuendo ad ogni cella un vassoio con del cibo.
Barnès,
debole e stanco, si lamentò con l’uomo:
“Per
quanto ancora ci terrai chiusi qui dentro?”
“Fino a
quando non capirò a cosa servite esattamente.
La cupola sanguinea può essere disfatta solo dopo aver
compiuto un sacrificio e
io voglio sapere a che cosa serve.”
“Cosa ti fa
credere che siamo noi il sacrificio?”
“Andiamo,
Barnès, non prendermi in giro! Ho letto la
mente della vostra streghetta cervellona e so le stesse cose vostre,
perciò non
ci provare. Voi servite a qualcosa, altrimenti perché
attirarvi qui a Morney
Hill?”
Tamara, dalla sua
cella, si intromise nella
conversazione: “Lo sai che ci troveranno, vero?”
“E invece
no, perché ho occultato personalmente questa
zona. Inoltre, le celle sono ricoperte da polvere di Aramantio per
indebolire i
poteri delle streghe, mentre quelle dei demoni… beh, sono a
prova di fuga.
Rassegnatevi, siete miei, adesso, e nessuno verrà a
salvarvi…”
Intanto, Zack stava
passando proprio dalla cella in
cui era rinchiuso Jackson, che gli disse a bassa voce:
“Dovresti aiutarci, cosa
ci fai qui? Devi avvertire Dana e il Consiglio e dire loro che siamo
bloccati
qui sotto!”
“Cosa ti fa
credere che io sia dalla tua parte?” gli
sussurrò l’altro, in risposta.
“Oh,
andiamo, amico, il tuo capo vuole abbattere
questa cupola, mentre tu sei venuto in quella cantina per dirci di fare
l’esatto opposto, cioè di non trovare il modo di
farla sparire. Sei decisamente
dalla mia parte!”
Il tono del ragazzo,
però, si fece ad un tratto
minaccioso: “Senti, vuoi abbassare la voce? Al momento ho ben
altro a cui
pensare, perciò chiudi il becco! Se dovessi attirare
l’attenzione di John, lui
verrebbe qui a leggerti la mente e scoprirebbe della conversazione
avvenuta in
quella cantina.”
“Allora
vuoi aiutarci, giusto?” continuò il demone,
insistendo.
“Ho bisogno
di tempo, devo risolvere una cosa, prima.
Finchè John vi tiene in queste celle, siete al sicuro,
perciò pazientate, ok?”
“D’accordo,
amico!”
“Senti,
piuttosto, per caso sai dove le streghe
tengono i loro libri?”
“Credo che
John se ne sia appropriato per provare ad
annullare la cupola per conto suo. Aspetta, ma tu non sei sempre con
lui? Non
dovresti saperlo?”
“E’
molto scaltro e non si fida di nessuno. Io sono
solo il suo burattino, che usa quando gli serve. Comunque, credo sia
meglio che
vada o si accorgerà che stiamo parlando. Tornerò
a liberarvi in qualche modo,
ma non fate passi falsi, intesi?”
Subito Jackson,
tornò in un angolo della cella: “Va
bene, ma non metterci troppo. John è
imprevedibile.”
Foresta di Morney
Hill,
presso la zona Ovest della cupola
Brenda e Noa si
trovavano nei pressi di una foresta,
ignari di essere seguiti da Wes. Mentre camminavano, il ragazzo ne
approfittava
per farle qualche domanda.
“Quanto
è grande questa cupola, esattamente? Insomma,
siamo a mezzo chilometro dalla città, ormai.”
“Non
abbastanza, tra qualche passo dovrebbe esserci la
parete, ma noi possiamo uscire. Gli esseri umani non sono soggetti alla
magia
della cupola.”
“Ecco
perché sono riuscito ad entrare a Morney Hill!
Vedi? Sto già iniziando a fare ragionamenti
soprannaturali!”
Brenda gli sorrise:
“Meglio di no, o ti verrà il mal
di testa!” poi tirò fuori un cristallo bianco
dalla borsa, attirando la
curiosità dell’amico.
“Cos’è?”
chiese subito lui.
“Questo? Un
cristallo. Dana l’ha trovato insieme ad
una lettera, il giorno in cui è calata la cupola. Serve per
trovare una cassa
sepolta ai piedi di un albero.”
Noa la
guardò, perplesso: “Sbaglio, o prima mi hai
raccontato che sono due settimane che cercate di prendere questa cassa?
Ne
parlavi come se fosse potesse spostarsi! Ha le gambe per
caso?”
Lei lo
ascoltò distrattamente, impegnando a guardare
l’orologio, come in attesa di qualcosa: “La cassa
ha sopra un immagine con i
tasselli scombinati. Ogni volta che la troviamo, abbiamo trenta secondi
per
metterli al posto giusto e completare l’immagine. Purtroppo,
però, il tempo è
troppo poco e non riusciamo mai a riordinarla, così la cassa
svanisce per poi
ricomparire sotto ad un altro albero, che dobbiamo rintracciare sempre
con il cristallo.
A proposito, ricompare solo dopo dodici ore, quindi, se adesso la
perdiamo di
nuovo, ricomparirà soltanto verso mezzanotte.”
L’amico
rimase letteralmente senza parola: “Una
missione complicata, eh? Fortuna che hai davanti a te un campione dei
puzzle!
Posso aiutarvi io, se vuoi.”
Lei, però,
non era altrettanto speranzosa: “Sono solo
trenta secondi, dubito tu possa farcela. Lascia fare me, visto che mi
sono
allenata parecchio nelle ultime due settimane!”
“Ma per
favore, faccio puzzle da quando tu hai
iniziato a buttare le barbie dal tetto della loro casetta delle
bambole!
Fidati, è un sacco di tempo per uno come me!”
“Va bene,
ma io non giocavo con le Barbie, ero più una
tipa da Bratz: molte più curve e labbra più
grosse!” poi osservò l’orologio per
un’ultima volta.
“Bene!
E’ mezzogiorno, il cristallo si sta agitando!”
Noa vide il
cristallo, appeso ad un filo, fluttuare
verso una direzione precisa: “Cosa vorresti dire?”
“Come un
cane che tira il guinzaglio, quando sente
l’odore di un osso molto vicino” rispose lei,
iniziando a camminare.
Casa Ferguson
Alaris e gli altri
due membri del Consiglio che lo
accompagnavano raggiunsero la cantina di Dana, che diede subito loro il
benvenuto.
“Bene,
finalmente siete qui. Abbiamo molto di cui
parlare, immagino.”
A prendere la parola
fu Marcus, uno dei fedeli di
Alaris: “Stiamo tenendo sotto controllo la città,
ma manca davvero poco. E’
pronta la pozione immunitaria?”
“Sì,
basta solo aprirla e si disperderà nell’aria,
così tutti potranno respirarla ed essere meno soggetti ai
disordini. Questo
diminuirà i problemi che ci aspettano, ma cosa faremo con
tutta la gente che,
invece, verrà infettata? Insomma, avete detto che non
potranno tornare alla
normalità nemmeno con un incatesimo, perciò cosa
faremo? Avete un piano?”
“Certo che
abbiamo un piano. – le spiegò Alaris –
Innalzeremo un enorme edificio sulla collina, una sorta di prigione in
cui
portare i soggetti infetti e pericolosi. Diventerà
ufficialmente la nostra sede
e la gestiremo scrupolosamente.”
La donna,
però, era riluttante: “Quindi quella povere
persone verranno messe in gabbia come animali?”
“Non
abbiamo altra scelta. – le rispose Foxi, il terzo
uomo - E poi, meglio in una cella che qui fuori a seminare morte, non
crede?
Voi ci vedete sempre come i mostri della situazione, ma in
realtà siamo solo
quelli che cercano di preservare gli essere umani nel modo
più giusto
possibile.”
“E chi
porterà gli infettati alle prigioni? Dubito che
ci faranno il favore di rinchiudersi da soli.”
“Ci
penseranno Terence, Brenda e Jade. Direi che sono
perfettamente in grado di farlo e anche gli unici, fra
l’altro!”
“Mi
dispiace, ma non credo che mia nipote sia in vena
di collaborare, al momento. Abbiate almeno la decenza di rispettare i
suoi
tempi, prima di buttarla di nuovo in questa follia!”
“Purtroppo
Jade non ha tempo di piangere le sue
perdite. Siamo in una situazione particolarmente delicata, Dana.
Stanotte
creeremo la sede e chiunque sarà infettato dai disordini
finirà dietro le
sbarre, come si fa con i criminali pericolosi. Questo è
quanto.”
Non poté
opporsi, l’anziana strega si limitò a
ribattere con tono irritato: “D’accordo,
andrò a preparare mia nipote, come
volete voi.”
Intanto, indisturbata
e senza fare rumore, Jade stava
uscendo di casa. Sapeva che le restava poco tempo e non voleva essere
trovata
da nessuno.
Foresta di Morney
Hill,
presso la zona Ovest della cupola
Il cristallo smise di
fluttuare non appena i ragazzi
sorpassarono uno dei tanti alberi presenti nel bosco. Subito Brenda,
appoggiando il borsone al suolo, prese la pala.
“Bene,
l’abbiamo trovato. E’ qui sotto! Inizio a
scavare, perciò tieniti pronto, Re dei puzzle,
perché avrai solo trenta secondi
di tempo non appena muoverai il primo tassello.”
Noa
sbuffò, roteando gli occhi: “Quanto la
fai
difficile, scava e basta che al resto ci penso io!”
Nel frattempo, non
tanto distante, Wes osservava
attentamente i due e, pur non riuscendo a capire nulla dei loro
discorsi,
sgranò gli occhi alla vista della pala. Improvvisamente,
però, calpestò un
ramoscello e il suono arrivò subito anche alle orecchie dei
due ragazzi.
Noa, fu il primo a
voltarsi, allarmato: “Hai sentito?
Cos’era?”
Brenda smise di
scavare e fece altrettanto:
“Probabilmente è uno scoiattolo!”
Quando si voltarono
di nuovo verso i piedi
dell’albero, però, presero un tale spavento, che
Noa cadde a terra seduto: si
trattava di Terence, che suscitò subito la furia di Brenda.
“Sei
impazzito?!? Stavo per smettere di respirare per
sempre!”
Subito, Noa si
riprese e lo scrutò attentamente: “Da
dove sbuchi fuori?”
“Hai usato
i tuoi poteri di Abracadabra, ora
faccio prendere un colpo alla mia ragazza?”
Mortificato,
l’uomo abbassò lo sguardo: “Non sono
comparso all’improvviso con i miei poteri. Ho parcheggiato la
macchina
all’inizio della foresta e sono venuto a piedi fino a
qui.”
“Passi
silenziosi, eh? Potevi almeno camminare facendo
rumore, così ti avremmo notato!”
commentò Brenda, mentre il ragazzo lo
osservava con gli occhi sgranati.
“Hai una
macchina?”
“Se per
questo, ha anche un lavoro, un appartamento… e
un gatto!” rispose la sua ragazza per lui.
“Sai, mi
tengo al passo con i tempi, ora che vivo in
mezzo agli esseri umani! – poi si rivolse a Brenda,
accorgendosi di punto in
bianco dell’insolita presenza di Noa – A proposito,
lui che cosa ci fa qui?”
“E’
arrivato stamattina, l’ho trovato davanti alla
porta di casa. Frequenterà il college qui, a Morney
Hill!” poi, senza aspettare
una risposta, riprese a scavare.
Invece Terence,
sempre sarcastico, si rivolse al
ragazzo: “Certo che hai scelto un posto tranquillo,
eh?”
“Non mi
è mai piaciuta la vita noiosa!” rispose il
giovane,
sarcastico.
“Beh, qui
non ti annoierai di sicuro!” aggiunse
Brenda, prima di trovare finalmente la cassa.
Intanto, Wes,
indietreggiando lentamente, fuggì via
con mille strani pensieri per la testa.
Una volta ripulita la
cassa dalla terra, divennero ben
visibili i tasselli, inseriti nell’ordine sbagliato. Brenda,
allora, si fece da
parte, facendo un cenno all’amico.
“Bene,
vediamo cosa sai fare, allora!”
Terence rimase
spiazzato dai suoi gesti: “Aspetta, lo
farà lui?”
Noa, sentendosi
sottovalutato, replicò, secco: “Ma per
favore, risparmiati quel tono! Cercate invano di risolvere un misero
puzzle da
dodici tessere da ben due settimane, lasciate fare a me,
adesso!”
“Ma noi
siamo più allenati, l’ultima volta ci eravamo
vicini!”
Il ragazzo,
però, non rispose, troppo impegnato a
studiare l’immagine. A un certo punto, iniziò a
spostare alcuni tasselli,
mentre Brenda teneva per lui il conto del tempo.
“Hai trenta
secondi da adesso.”
Concentrato, il
ragazzo iniziò a spostare tessere a
gran velocità, lasciando sbalorditi gli altri due.
Ad un certo punto,
Brenda esclamò: “Oh mio Dio,
l’immagine è quasi completa! – poi
guardò l’orologio – Noa, mancano solo 11
secondi!”
“Mi
bastano…”
Ma, quando mancavano
poche mosse alla risoluzione
dell’immagine, in tutto il bosco si udì un urlo
che distrasse tutti i presenti.
“Cos’è
stato?” chiese Noa, ma subito Terence lo
sgridò.
“Non
distrarti!”
Brenda,
però, guardò con orrore la cassa: “Oh
no! Sta
svanendo, il tempo è scaduto!”
Allora il ragazzo,
intuendo che non c’era più niente
da fare, prese il telefono e scattò una foto
all’immagine quasi completa.
“Le fai una
foto?” gli chiese l’uomo, cinico.
“L’urlo
mi ha distratto, ok? Non sarei riuscito a
completarlo con i pochi secondi rimanenti e la foto mi
servirà per memorizzare
meglio l’immagine finale. – si rivolse poi a Brenda
– A quando il prossimo
tentativo?”
“La cassa
ricomparirà sotto un altro albero tra dodici
ore esatte, perciò a mezzanotte dobbiamo tornare nella
foresta.”
Il ragazzo
annuì e Terence, più calmo, si intromise
subito: “Adesso andiamo a vedere chi è che ha
urlato, però. Potrebbe essere
qualcuno in pericolo!” e i tre iniziarono subito a correre
verso la persona
che, nel frattempo, aveva continuato ad urlare.
Sotto la
città, nel
tunnel fognario presso la zona Est
John continuava a
fare la guardia alle celle, al
centro fra la fila di destra e quella di sinistra, seduto davanti ad un
tavolo
a leggere. Ma non si trattava di libri qualunque, bensì di
quelli di
stregoneria sequestrati nella casa occupata dalle streghe. Cercava da
solo una
soluzione per abbattere la cupola.
Intanto, dalla cella
in fondo, Jackson lo osservava,
sperando che Zack li aiutasse al più presto. Ad un certo
punto, però, la strega
che era rinchiusa nella cella vicino alla sua iniziò a
fissarlo e, notandola,
iniziò ad irritarsi.
“Beh?
Cos’hai da guardare?”
“Dato che
mi annoio, stavo pensando che John ci ha
distribuiti male: tu hai uno dei tuoi amici demoni sulla destra e una
strega,
me, sulla sinistra, mentre io mi trovo in mezzo a due demoni e non ho
una
strega con cui parlare per passare il tempo. Afferrato il
punto?”
“Beh, non
abbiamo nulla di cui parlare, ok? Non abbiamo
praticamente nulla in comune!”
L’altra,
però, continuò, avvicinandosi alle sbarre
laterali della sua cella: “E invece sì: il tuo
piccolo, sporco segreto!
Comunque, piacere, io sono Harmony e tu ora parlerai con me, che tu lo
voglia,
o no. Non resisto più di due settimane senza parlare con
qualcuno e l’altro mio
vicino demone non mi parla più dal secondo giorno che siamo
qui: dice che sono
logorroica e insistente.”
Jackson le
lanciò una strana occhiata: “E infatti lo
sei! Poi, scusami, di quale sporco segreto stai parlando?”
La ragazza sorrise:
“Parlo del fatto che la prescelta
non ti conosce, non ancora ovviamente, ma tu conosci lei. Puoi anche
smettere
di fingere con me, ho il potere di vedere cose molto interessanti nella
mia
mente, magari ne so anche più di te!”
“Se vedi
molte cose come dici, perché non ci
tiri fuori di qui, miss opportunista?” ribatté
lui, innervosito.
Lei, muovendo una
delle sbarre, evidentemente rotta,
disse beffarda: “Ma guarda: qui ci sono delle sbarre un
po’ troppo arrugginite!”
Jackson
sgranò gli occhi sorpreso, avvicinandosi poi
per guardare meglio: “Ehi, fai piano! John potrebbe sentire
il rumore!”
Harmony
sospirò seccata: “Rilassati, demone, è
troppo
impegnato a leggere i libri di quella cervellona di Klen per
ascoltarlo! E poi,
ci sarà il suono dei soffitti che gocciolano a coprire i
rumori che faremo.”
L’altro
rimase confuso e preoccupato di fronte
all’avventatezza di lei: “Che faremo? E dove
sarebbe la nostra via d’uscita? Se
stacchi quelle sbarre poco stabili, puoi solo entrare nella mia cella,
non
uscire da questo maledetto posto!”
La strega lo
guardò, allibita: “Hai appena confermato
la mia teoria - finora mai dimostrata – secondo cui voi
demoni siete tanto
affascinanti, quanto inspiegabilmente stupidi. La mia cella
è stata trattata
con l’Amarantio, mentre la tua no, ergo lì posso
usare certi miei poteri per
chiedere aiuto e farci uscire di qui.”
Finalmente il demone
comprese e, da quel momento,
iniziò a guardare con occhi diversi la ragazza:
“Ma tu sei un genio! Inizia a
staccare quelle sbarre, intanto che io faccio qualche colpo di tosse,
ok?”
“Io sarei
un genio? – replicò lei, cinica - Vallo a
dire alla mia Congrega, che considera Klen il genio del gruppo e la
povera
Harmony una pazza visionaria!”
“Ok ok, ora
però vuoi darti una mossa? Ti lamenterai
dopo del pessimo metodo di gestione della tua Congrega.”
Finalmente, la
ragazza si zittì e cominciò a darsi da
fare, mentre Jackson cercava di coprire il rumore.
Cimitero di Morney
Hill
Per concludere la sua
vita, Jade scelse l’unico luogo
possibile: la lapide del suo amato Samuel.
Quando vi
arrivò, si sdraiò accanto ad essa e, con le
lacrime agli occhi, prese dalla borsa un foglio, una fiala e un ago.
Poi iniziò
a parlare, mentre Samuel sedeva dall’altro lato della lapide
a guardarla in
silenzio.
“Non
guardarmi così, non dovresti giudicarmi. E’ colpa
tua, del resto, no? Se sono arrivata a questo punto, è
perchè non sono in grado
di sopportare la tua assenza.”
Intinse
l’ago nel liquido all’interno della fiala:
“Non è umanamente possibile vivere con questo
dolore nel cuore. – fece una
pausa, quasi volesse rifletterci ancora - No, non ci riesco, non riesco
a
vivere così, lo devo fare. Mi dispiace, Samuel...”
Punse un punto
qualsiasi del suo braccio con l’ago,
per poi prendere il foglio e guardare di nuovo il ragazzo.
“Sai, prima
che cancellassi questo evento importante
dalla mente di mia nonna e degli altri, lei mi aveva detto che avrei
provato le
stesse sensazioni di quando sono morta l’ultima volta:
soffocamento, paura,
acqua nei polmoni. Una morte orribile, vero? Per questo
preparò questo veleno,
affinché avessi una morte meno dolorosa, fino al ritorno di
Zeta, almeno. –
sorrise, pensando a lei - Mia nonna pensa sempre a tutto, mi vuole
davvero
molto bene. Pensa sempre a come tenermi al sicuro o ad evitare che io
soffra.
Ma stavolta… no, stavolta non c’è
rimedio per il mio dolore. Purtroppo, non può
aiutarmi in questo caso.” e strinse ancora il foglio,
prendendo tempo, per
quanto convinta della sua decisione.
“Non
capisco come faccia la gente a continuare a
vivere quando una persona a loro cara muore. Insomma, come si
può pensare di
non rivedere mai più quella persona con cui una volta stavi
tutti i giorni?
Voglio dire, è finita. Inizi a dimenticare la sua voce, il
suo viso, le sue
abitudini e, dopo un po’ di tempo, si dimentica tutto e io
non voglio farlo. Ho
paura di dimenticare, non riuscire a sopportare tutto questo. Ci ho
provato con
i miei genitori, ma non ho la forza di ripetere di nuovo questa
esperienza.
Perciò sono pronta ad andarmene alle mie condizioni e spero
che gli altri
capiranno.”
Poi lesse quello che
c’era scritto sul foglio: “La
mia anima è trasparente, come le
lacrime versate. Che il mio corpo resti in questo posto, trascurato
dagli occhi
di chi vuole salvarmi ad ogni costo...”
Quando
finì, lo lasciò cadere con il volto sereno,
guardando di nuovo il ragazzo.
“E’
fatta! – esclamò - Nessuno riuscirà a
vedermi,
adesso. Sto per raggiungerti, ovunque tu sia. E,
nell’aldilà, staremo insieme
per sempre…. – sorrise – Sembra tutto
così romantico... Un amore oltre la
morte.”
Samuel scomparve e
Jade si sdraiò sull’erba accanto
alla lapide, aspettando che finisse tutto. Non sapeva, però,
che il veleno
avrebbe fatto effetto abbastanza in fretta e infatti, dopo pochi
minuti, morì.
Quasi subito,
però, riaprì gli occhi, ritrovandosi
nello stesso luogo. Era strano, però, perchè una
fitta nebbia copriva tutto.
Improvvisamente, una
sagoma si fece avanti e lei la
scrutò con attenzione.
“Samuel?”
chiamò, ma, quando si fece più vicina, vide
se stessa con un lungo abito nero. Subito l’altra prese la
parola: “Sono la
Morte e ti terrò compagnia” e le porse la mano.
Stranamente, Jade non sembrò
avere paura e ricambiò immediatamente la stretta:
“La Morte? Dove vuoi
portarmi? Sono già morta?”
“Troppe
domande, Jade. I morti non ne fanno.”
Foresta di Morney
Hill,
presso la zona Ovest della cupola
Brenda, Noa e
Terence, dopo una lunga corsa, si
trovarono davanti una ragazza alquanto agitata e spaventata.
Brenda fu la prima a
parlarle: “Ehi, eri che tu che
gridavi, poco fa?”
“Sì!
– gridò quella – Dovete aiutarmi, la mia
amica
Megan…”
“Cosa
è successo alla tua amica?” le chiese Terence.
“Non lo so,
stavamo facendo campeggio e io ero entrata
un attimo in tenda. Lei, invece, è rimasta fuori ad
accendere il fornellino,
quando una strana nebbia oscura ha invaso la nostra zona. Quando sono
uscita
dalla tenda, era immobile, poi si è voltata e aveva gli
occhi completamente
verdi. Sembrava un mostro, uno di quelli che si vedono in televisione,
poi..
poi è fuggita e io ho fatto la stessa cosa
e…”
Subito Brenda
cercò di farla tranquillizzare: “Ok,
smetti di parlare per un secondo e cerca di calmarti. Dicci da che
parte è la
vostra tenda e ce ne occuperemo noi, d’accordo?”
“Da quella
parte, ma…” indicò quella, ma fu
fermata
prima che potesse aggiungere altro.
“Ok,
quest’uomo qui – e spintonò Terence
verso di lei
– ti accompagnerà fuori dalla foresta, mentre noi
cercheremo Megan-il mostro.”
L’uomo le
lanciò una lunga occhiata perplessa:
“Perché
devo accompagnarla io fuori dalla foresta? C’è
anche Noa, no?”
Ma la ragazza, nel
sentire le sue parole, si infuriò:
“Non mando una pecorella indifesa con un’altra
pecorella indifesa! – poi guardò
rapidamente Noa – Senza offesa, eh!”
“Nessuna
offesa, tanto non riuscirei a difenderla!”
replicò il ragazzo.
I loro discorsi
lasciarono alquanto confusa la
sconosciuta, che li osservò perplessa:
“Difendermi? Da cosa?”
Brenda
spintonò via bruscamente lei e Terence: “Ooook,
è ora di andare, adesso!” e l’uomo, dopo
mille occhiatacce, si allontanò con la
ragazza.
Appena si
allontanarono, Noa si rivolse subito a
Brenda: “Cosa dobbiamo aspettarci da Megan-il mostro,
allora?”
Ma, prima che
l’altra potesse rispondere, una lunga
radice si sollevò dal terreno la afferrò per una
caviglia, trascinandola via.
Preso dal panico, il ragazzo iniziò a gridare.
“BRENDAAAAAAA!
Oh no, adesso che cosa faccio?!?”
Intanto Brenda stava
cercando, inutilmente, di levarsi
con le mani la radice dalla gamba.
“Accidenti,
che cosa mi invento adesso?” esclamò,
mentre la radice continuava a trascinarla per terra, per poi sollevarla
sopra
un albero. Ben presto, si ritrovò a testa in giù
e intravide in cima
all’albero, nascosta fra i rami, Megan, ma un’altra
cosa la sconvolse ancora di
più: la lunga radice era il suo braccio.
Noa la raggiunse,
immediatamente, senza mai smettere
di lanciarle occhiate preoccupate: “Brenda, stai
bene?”
Ma lei non rispose,
anzi, iniziò a gridare: “Vattene,
Noa! Trova Terence e fallo tornare qui!”
Prima che il ragazzo
potesse fare qualcosa, però,
un’altra radice – cioè l’altro
braccio di Megan – si avvolse intorno al busto
del ragazzo e iniziò a stritolarlo, facendolo urlare per il
dolore.
Brenda
iniziò a preoccuparsi per la sua incolumità:
“Noaaaa! – chiamò - Megan, ti prego,
fermati!” ma quella era sorda alle sue
suppliche, anzi, iniziò ad avvolgerla completamente con
altre radici, per poi
fare lo stesso con il ragazzo e presto i due furono completamente
inglobati in
un grande bozzolo.
Municipio di Morney
Hill
– Ufficio del sindaco
Zack aveva setacciato
inutilmente ogni angolo della
sede delle streghe, in cerca di un libro che lo aiutasse a salvare Jade
dalla
morte, visto che era l’unico a ricordare l’evento.
Infatti, sfortunatamente,
John sembrava averli presi e nascosti tutti da qualche parte,
così pensò, come
ultima risorsa, di provare a guardare nel suo ufficio.
Iniziò ad aprire
cassetti e a guardare sugli scaffali, ma non trovò nulla,
poi notò qualcosa
alle spalle della scrivania.
“Ma certo:
la libreria!” e corse a guardare anche lì.
Tirò fuori
tantissimi libri, ma non trovò nulla che
riguardasse la stregoneria e, alla fine, si arrese, tirando un calcio
contro il
mobile, furioso.
“Maledizione!”
e si chinò a terra con le mani tra i
capelli, non sapendo cos’altro fare.
Nel silenzio,
però, gli parve di sentire un rumore di
catene provenire da dietro la parete. Si rialzò subito in
piedi, iniziando ad
estrarre libri e a buttarli a terra dietro di sé,
finchè l’ultimo non azionò il
meccanismo di apertura della porta.
“Un
passaggio segreto…” esclamò, incredulo,
prima di
addentrarsi e scendere le scale al suo interno. Ma rimase ancora
più sconvolto
quando, sceso l’ultimo gradino, vide davanti a sé
due gabbie con Xao e Zeta
rinchiusi al loro interno.
“Ditemi che
siete reali, vi prego…” esclamò.
“Zack!”
lo chiamò l’uomo.
Mentre Zeta, felice
di vederlo, esclamò: “Sì, siamo
reali. Lo siamo.”
Subito, il ragazzo
corse verso di loro: “Tranquilli,
vi libero immediatamente!”
Ma, malgrado i suoi
sforzi, non riuscì a fare nulla,
perchè le serrature delle gabbie erano sigillate con dei
lucchetti.
“Spostatevi
indietro, le distruggo con delle sfere di
energia, ok? Copritevi gli occhi!” e così fece,
riuscendo nell’intento.
Disperato, li
liberò immediatamente e la sua
agitazione non sfuggì agli altri due.
“Zack, stai
bene?” chiese Xao, ma fu Zeta, che aveva
intuito cosa stava accadendo, a rispondere.
“Credo sia
preoccupato per Jade, – poi si rivolse al
ragazzo – Vero, Zack?”
Quello, preoccupato e
quasi in lacrime, rispose:
“Manca poco, Zeta. Io... io non so davvero a chi
rivolgermi... Jade vuole
morire e ha fatto in modo che tutti si dimenticassero di questo giorno.
Lei...
lei non vuole essere salvata.”
La donna
annuì, comprensiva: “Allora dobbiamo trovarla
immediatamente. L’anno di vita ceduto da Dana deve essersi
ormai esaurito e io
posso farla tornare di nuovo in vita. Tutto dipende dal tempo:
più ne passa,
più mi sarà difficile recuperarla.”
Xao, però,
si intromise bruscamente nella
conversazione, non dando tempo a Zack di replicare: “Come ci
hai trovati?”
L’altro
abbassò lo sguardo, quasi si vergognasse di se
stesso: “Lavoro con John, ora, ma vi giuro che non sapevo vi
tenesse rinchiusi
qui sotto.”
L’uomo gli
lanciò una lunga occhiata perplessa:
“Strano, siamo qui dal giorno in cui è calata la
cupola... Comunque, perché
lavori con lui? Pensavamo fossi fuggito, dopo la morte di
Samuel.”
Ma Zeta lo
interruppe: “Xao, ora non è il momento,
dobbiamo trovare subito Jade! – poi si rivolse a Zack
– Hai idea di dove possa
essere? Dubito che sia rimasta a casa sua, se vuole davvero farla
finita.”
“Forse lo
so…”
“Bene,
allora fammi strada e andiamo a salvarla.” e se
ne andarono, finalmente liberi.
Foresta di Morney
Hill,
presso la zona Ovest della cupola
Dopo aver messo in
salvo la ragazza, Terence aveva
pensato saggiamente di teletrasportarsi a casa Ferguson e tornare alla
foresta
con l’anziana strega. Una volta giunti lì, la
donna si guardò subito intorno,
cercandoli.
“Dove
sono?” chiese, dubbiosa, mentre l’uomo iniziava
a correre.
“Eccoli
laggiù!”
Dana, più
lentamente, lo raggiunse e, dopo aver
osservato attentamente la scena, esclamò: “Santo
cielo, hai fatto bene a
chiamarmi come rinforzo!”
“Io salgo
in cima all’albero a catturare quella
ragazza, lei cerchi di liberare Brenda e il suo amico dalle radici, ok?
Faccia
presto, staranno soffocando!”
E, grazie ai suoi
poteri da servitore del caos, riuscì
a saltare agilmente di ramo in ramo, fino in cima.
Intanto, Dana
cercò di fare qualcosa usando i suoi
poteri: “Sume
ignes” disse e le radici presero
subito fuoco, trasformandosi in cenere e liberando
Brenda e Noa, che caddero subito al suolo. Dall’alto, invece,
si udirono le
grida strazianti della ragazza, che era stata ferita
dall’incantesimo.
Immediatamente la
donna si avvicinò alla ragazza per
controllare le sue condizioni: “Cara, stai bene?”
“Si, solo
qualche livido. – rispose subito quella,
cercando di alzarsi in piedi - Terence
dov’è?”
“E’
salito in cima a quell’albero e sta combattendo
contro la ragazza.”
In quel momento, un
corpo cadde al suolo con un tonfo:
era Megan. Subito Terence la seguì e, non appena i suoi
piedi toccarono terra,
legò le braccia-radici della ragazza dietro la schiena per
tenerla bloccata.
Brenda
andò immediatamente ad abbracciarlo: “Mi hai
fatto spaventare! Megan-il mostro era un osso troppo duro per
me.”
“Anche tu
mi hai fatto preoccupare. Parecchio.”
Quando si staccarono,
la ragazza notò dei lividi sul
collo di lui e glieli indicò: “Ehi, hai dei
lividi, qui, sul collo…”
“Gli stessi
che hai tu, a quanto pare.”
Subito, si girarono
entrambi verso Dana in cerca di
spiegazioni: “Signora Ferguson, cosa significa?”
“Le vostre
vite sono collegate e, ogni giorno che
passa, lo sarete sempre di più. Se uno di voi si
ferirà, anche l’altro subirà
le stesse ferite e se…”
Brenda, angosciata,
completò la frase per lei: “… se
uno di noi due morirà, lo farà anche
l’altro.”
Sul gruppo cadde il
silenzio.
Improvvisamente,
però, esso fu spezzato da qualcosa
che accadde direttamente alla signora Ferguson: i suoi occhi si
velarono di
blu.
Terence fu il primo a
notare il cambiamento: “Dana,
tutto bene?”
Noa, alquanto
impressionato, si rivolse, invece, a
Brenda: “Cos’ha? Cosa sta succedendo
adesso?”
“Sto
vedendo attraverso gli occhi di qualcun altro”
rispose l’anziana donna, con un filo di voce.
“Cosa
vede?” le domandò Brenda.
“Un luogo
buio. Questa persona sta guardando
attraverso delle sbarre, è in una cella. Credo sia una delle
streghe scomparse
che cerca di chiederci aiuto…”
“Quindi le
sta mostrando dove si trovano lei e gli
altri?” le chiese Terence, ma gli occhi di lei erano
già tornati normali.
“La sua
magia è molto debole, devono trovarsi
sottoterra.”
In quel momento,
Brenda ebbe un’illuminazione: “Ma
certo, sotto la città! Nelle fogne! Forse so in che zona si
trovano, potrebbero
essere dove io e Jade abbiamo seguito John quando ha liberato i
disordini!”
Ma la strega non fu
altrettanto ottimista: “Non essere
avventata, non andremo a liberarli subito. Ci serve prima un piano,
dobbiamo
essere pronti, perché John non ce li lascerà
portare via così facilmente.”
Tutti annuirono e
Terence spostò l’attenzione su
Megan, priva di sensi qualche metro di fianco a loro. “E di
lei cosa ne
facciamo?” chiese.
“Portala a
casa mia. – rispose Dana - Fortunatamente
il Consiglio ha già un piano per quelli come lei.”
Gli altri la
guardarono, perplessi: “Cioè?”
“Un
edificio in cui rinchiuderli momentaneamente.”
“Una
prigione, quindi” commentò Noa e la donna gli
fece un cenno d’assenso.
“Esatto.”
Intanto, nelle celle
sotterranee, Harmony e Jackson
erano riusciti a scambiarsi di posto senza farsi scoprire da John. Dopo
qualche
minuto in cui la ragazza si era assentata mentalmente, il ragazzo,
curioso, la
incalzò.
“Allora? Ci
sei riuscita?”
L’altra
tornò in sé: “Fatto! Ho trasmesso
quello che
vedevo con i miei occhi alla vecchia.”
“La
vecchia? – replicò lui, perplesso - Intendi la
signora Ferguson?”
“Sì,
la vecchia strega. Chi, altrimenti? Piuttosto,
spero vivamente che ci trovi e che ci tiri fuori da queste stupide
celle!”
Cimitero di Morney
Hill
Zack aveva portato i
due angeli nel cimitero della città.
Aveva il volto pallido ed il fiato corto ed era particolarmente
agitato, mentre
osservava ogni centimetro del camposanto senza riuscire, tuttavia, a
scorgere
nessuno.
“Non
è a casa sua, quindi dev’essere per forza venuta
qui!”
“Sì,
ma sembra non esserci” gli fece notare Zeta,
gentilmente.
“Invece
è QUI! – urlò il ragazzo, nervoso - Ne
sono
sicuro. Deve essere assolutamente qui… – poi si
guardò attorno preoccupato
– Non saprei dove altro
cercare…”
In un’altra
dimensione...
La Morte e Jade
stavano camminando lungo il corridoio
di un ospedale: una donna, consolata dai suoi cari, piangeva seduta
accanto al
letto di una persona appena deceduta. Jade, confusa e straziata dalle
sue
lacrime, cercò di rimanere indifferente e di pensare ad
altro.
“Possibile
che ad ogni viaggio spirituale mi portiate
sempre in un ospedale?”
L’altra,
però, ignorò le sue parole, fermandosi
davanti alla stanza del ragazzo appena morto: “15 Agosto
1985: Lincoln James,
un giovane ragazzo di 23 anni esce a fare una banale passeggiata in
bicicletta.
Ma, subito dopo, viene investito da una macchina, riportando diverse
ferite ed
emorragie interne, che lo portano alla morte.”
Ma la ragazza la
ignorò, guardando i famigliari del
ragazzo piangere per lui, cercando di trattenere le lacrime e finendo
per
arrabbiarsi: “Perché mi stai facendo questo?!?
Perché mi stai trattenendo? Sono
morta, voglio andarmene in pace, basta sofferenze!”
La Morte,
però, continuò a non badare a lei:
“Lincoln
è figlio unico, sua madre aveva solo lui, perchè
il padre è morto tredici anni
prima. Triste, vero? Nonostante il suo dolore, sua madre ha
acconsentito
all’espianto degli organi, che saranno dati ad altre persone
che ne hanno
urgente bisogno.”
Jade, ora, era
semplicemente furiosa: “Basta,
smettila! Lasciami andare via!”
“Il cuore:
un organo vitale, considerato anche come la
sede dei sentimenti, il punto da cui parte l’amore, il dolore
e molto altro.
Beh, sappi che non è così: è soltanto
un organo. L’uomo ha voluto che sia
quello dei sentimenti, perchè la verità
è che noi soffriamo e proviamo amore e altre
emozioni con la mente e con l’anima. Il cuore, quindi
è soltanto un organo, uno
che è stato vitale per Tom Shelby, un uomo di 41
anni…” e subito lo scenario
cambiò di nuovo: stavolta si trattava di un tunnel
autostradale. Poco più
avanti di dove si trovavano loro, si era appena verificato un incidente.
Jade, asciugandosi le
lacrime senza farsi vedere dalla
Morte, chiese: “Dove siamo adesso?”
“22 Gennaio
1986, Oregon, un camion si ribalta in un
tunnel autostradale: 11 morti e 24 feriti.”
“Cosa
dovrei capire da tutto questo?” le chiese allora
la ragazza, confusa.
“Aspetta…”
le rispose la Morte, osservando un uomo
fermo in coda con la propria macchina.
Improvvisamente, si
sentirono le urla di una donna
provenire dal luogo del disastro e l’uomo scese
dall’auto, precipitandosi verso
di lei.
Jade notò
che la Morte non aveva mai smesso di
osservarlo e si incuriosì: “Lui
morirà?”
Quella si
voltò e le sorrise, senza dire nulla, poi le
fece cenno di avvicinarsi ai due.
“Sta
bene? – stava
chiedendo lui alla donna ferita - Perché sta
urlando?”
“Mia
figlia è rimasta
intrappolata nell’auto e non riesco a liberarla! I soccorsi
non sono ancora
arrivati, la prego mi aiuti... Sta uscendo della benzina e io ho paura
che la
macchina esploda. La prego!”
Senza
pensarci due
volte, l’uomo entrò nella vettura capovolta per
cercare di liberare la bambina,
intrappolata dalla cintura di sicurezza, sorridendole, mentre con un
coltellino
svizzero cercava di tagliarla.
“Andrà
tutto bene,
d’accordo? – le disse, gentile - Come ti
chiami?”
“Mi..
mi chiamo Julie…”
balbettò lei, spaventata.
“Bene,
Julie, vieni che
adesso ti porto dalla mamma, ok?” e, con un ultimo sforzo,
l’uomo la prese in
braccio e la portò in salvo, mentre alle loro spalle
l’auto esplodeva.
Tra le lacrime di
gioia della donna per aver potuto
riabbracciare la sua bambina e il sorriso dell’uomo che
l’aveva salvata, la
Morte tornò a parlare a Jade, commossa dalla scena.
“Cinque
mesi prima Tom Shelby aveva ricevuto il cuore
di Lincoln James. Vive da solo: non ha genitori in vita, né
fratelli, nessuno.
E’ sempre stata una persona insicura e triste a causa dei
suoi problemi di
cuore e, nonostante ne avesse ricevuto finalmente uno buono, non
riteneva per
nulla importante la sua vita, per lui non aveva alcun senso. Fino ad
oggi.
Salvare quella bambina gli cambiò completamente la vita,
dandogli una ragione
per continuare a vivere senza disprezzare la vita. In seguito, ha
sposato la
madre di Julie, che anni dopo è diventata una splendida
donna e una brillante e
famosa ricercatrice in campo medico. Nel 2009, infatti,
contribuì a creare un
vaccino che ha salvato molte persone nelle zone più povere
del mondo, mentre
Tom, morto nel 2011 per un attacco di cuore, ha avuto i sedici anni
migliori
della sua vita, anni che il suo vecchio cuore non gli avrebbero mai
regalato.”
Intanto, la ragazza
notò che erano ritornate nel
cimitero in cui si trovavano prima e in cui aveva incontrato la Morte.
“Perché
mi hai mostrato tutto questo?” le chiese,
ancora in lacrime per ciò a cui aveva appena assistito.
“Per farti
capire che la morte ha un senso. Lincoln ha
salvato Tom, che a sua volta ha salvato la vita di Julie, che ha
salvato tante
altre vite. La morte di Samuel per te è ingiusta, ma in
realtà non lo è, Jade.
Era destino che perdesse la vita in quella circostanza,
perché così ha cambiato
il destino di molti altri. Jade, devi accettare che tutti moriremo, un
giorno,
seguire il destino e accettare la scomparsa di Samuel una volta per
tutte…”
“Non ci
riesco, non riesco ad accettarlo.”
“Devi
farcela, Jade. Io non ero tenuta a mostrarti
tutto questo, ma l’ho fatto lo stesso, perchè
volevo far capire almeno ad un
essere umano di voi, che vedo arrabbiarsi tutti i giorni con me, che la
morte è
un inizio e non una fine. Io non posso cessare di esistere e
continuerò a
generare nuovi destini, perché senza di me la vita
è solo un orologio fermo,
che non va più avanti.”
Improvvisamente, un
suono assordante fece chiudere per
un attimo gli occhi di Jade, che, confusa, chiese: “Le mie
orecchie, ma cos’è?”
Non ricevendo
risposta, li riaprì, accorgendosi di
essere sola e in quel momento fu colpita da una luce talmente forte che
divenne
tutto bianco.
Quando
ritornò in sè, era distesa
sull’asfalto. Vedeva
il cielo sopra di lei e intorno sentiva dei suoni famigliari. Si
alzò
bruscamente, confusa: si trovava nel parcheggio di un supermercato e
davanti a
lei c’era una macchina con il bagagliaio aperto e delle buste
piene a terra lì
accanto. Attorno, un via vai di gente che faceva sembrare tutto
normale, ma
che, invece, la lasciò alquanto perplessa. In quel momento
le si avvicinò un
signore, che la guardò gentile.
“Signorina,
le sono cadute le buste della spesa.
Aspetti che la aiuto” e subito si mise a raccogliere i
sacchetti da terra e a
stivarli nel bagagliaio dell’auto.
“Ma... ma
dove siamo?” chiese lei, sbigottita, mentre
lui la aiutava a rialzarsi.
Lui rise:
“Deve averla battuta proprio forte la testa,
eh? Siamo a Brooklyn, davanti al supermercato.”
Ma, appena lo disse,
la ragazza si allontanò
bruscamente da lui e corse dentro il supermercato, dove c’era
altra gente che
faceva tranquillamente la spesa. Jade non capiva, le sembrava tutto
così
strano...
Improvvisamente,
sentì nuovamente quello strano suono
e fu investita dalla luce bianca di prima.
Si
risvegliò ancora una volta, ma stavolta era distesa sull’erba
del cimitero. Intorno a lei, Xao, Zeta e
Zack. Li guardò stordita, cercando di capire qualcosa.
“Cosa sta
succedendo?”
Il ragazzo,
sollevato, la strinse forte a sé, mentre
la donna le sorrideva, gentile.
“Ti ho
appena riportata in vita, anche se ci è voluto
un po’ di tempo. Per fortuna Zack ha insistito per cercarti
qui ed è inciampato
su di te, trovandoti, o sarebbe stato troppo tardi.”
Sconvolta, la strega
si staccò bruscamente da lui:
“No. No, no, no! Che cosa avete fatto?!? No, non doveva
andare così, non
dovevate salvarmi! Era giusto che io morissi e generassi un nuovo
destino per
tutti gli altri! – poi aggiunse sottovoce – Avete
appena fermato l’orologio.
Avete appena tolto un senso alla morte…”
CONTINUA NEL QUARTO
EPISODIO
Testo
a cura di Lady Viviana.
ANGOLO AUTORE:
Se questo episodio vi è piaciuto, fatemelo sapere
con un commento: vi ricordo che è utile ai fini della
continuazione della storia. Non perdete il prossimo appuntamento con la
3x04 "Un posto dove sentirmi al sicuro" Mercoledì 13 Maggio,
in cui scoprirete come il gruppo cercherà di liberare i
demoni e le streghe dalle mani di John e su come reagirà
Jade sull'essere tornata in vita. Infine, passate dalla scheda
personaggi, presente nella prima stagione, per vedere il volto di tutti
i personaggi della serie. Buona settimana stregata!
|
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Capitolo 4 *** 3x04-Un posto dove sentirmi al sicuro ***
CAPITOLO
QUATTRO
"Take
Shelter"
Cimitero di Morney
Hill
Jade
indietreggiò, sconvolta, perché non voleva
parlare, né essere toccata, ma Zack non mollava comunque,
anzi cercava di
calmarla.
“Jade,
aspetta, lascia che ti riporti a casa!”
“No,
non voglio che mi porti a casa, né che
qualcuno mi sfiori, anche solo con un dito. Voi non vi rendete conto di
quello
che avete fatto: io non volevo essere riportata in vita!”
Vedendo la
situazione, anche Zeta si unì a
lui: “Jade, anche se non sei
più la prescelta, io rimango comunque
il tuo angelo-guida. Ero tenuta a salvarti!”
La ragazza la
guardò storto: “Tenuta a salvarmi? E
cosa farai, continuerai in eterno, ogni volta che
morirò?”
“No, Jade,
ci sono delle regole ovviamente. – si intromise
Xao, finora rimasto in silenzio in disparte - Quando la carica di
prescelto
giunge al termine, non siamo più tenuti a resuscitarvi.
Solamente a curarvi
dalle ferite.”
Zack lo
guardò, confuso: “Ma l’avete appena
resuscitata o sbaglio?”
“Jade
è morta nel periodo in cui era ancora una
prescelta, perciò ero tenuta a farlo. Tuttavia, le
circostanze erano cambiate e
non avevo potuto rimediarvi. Diciamo che, in poche parole, ho saldato
quel
conto rimasto in sospeso.”
“Non
avresti dovuto farlo, nessuno te lo aveva
chiesto!” ribatté l’altra, furiosa, per
poi iniziare a scappare.
Subito,
l’amico si gettò preoccupato al suo
inseguimento: “Jade, per favore, aspetta!”
Lei, arrabbiata, si
voltò, continuando a correre: “Sta
lontano da me, state TUTTI lontani da me!” e se ne
andò, lasciando di stucco i
tre, che smisero di inseguirla.
Zeta fu la prima di
loro a ritrovare la parola: “Ha
perso totalmente la ragione, è incontrollabile. Dovremmo
avvertire Dana, prima
che faccia qualcosa di stupido.”
“E
se qualcosa fosse andato storto? – pensò Zack
ad alta voce - Mi sembrava alquanto sconvolta, come se avesse visto
qualcosa.
Insomma, cosa accade quando si muore? Io sono morto una volta, ma non
ricordo
di aver visto qualcosa.”
“Per
i prescelti funziona diversamente…” le
rispose lei.
Il ragazzo li
guardò entrambi: “Quindi sapete anche
voi di… di quel mondo, giusto?” e i due rimasero
in silenzio.
“Quindi
credete che Jade sia finita lì, quando…”
“Non
lo sappiamo con certezza, ma potrebbe
esserci rimasta per poco, abbastanza da uscirne totalmente
confusa.”
Sulla collina di Morney Hill che domina la città
Era notte, ormai, e
Alaris e i suoi adepti avevano
condotto Dana, Brenda, Terence e Noa sulla collina per un avvenimento
importante: la creazione dell’edificio che avrebbe tenuto
prigionieri gli infettati.
Brenda fu la prima a parlare, con il suo solito tono sarcastico:
“Quindi è qui
che avverrà la magia?” quelli del Consiglio,
però, le lanciarono subito
un’occhiataccia, mettendola in soggezione.
“Scusate…”
sussurrò, mentre l’anziana strega faceva
loro un cenno.
“Procedete,
allora.”
Alaris la
guardò sorpreso: “Vedo che non sei più
così riluttante come questa mattina. Ci hai accusati di
essere disumani nel mettere
degli esseri umani nelle celle, come animali.”
“Invece ora
penso sia la soluzione migliore. Oggi ho
visto con i miei occhi quella povera ragazza, Megan, infettata dai
disordini.
Aveva perso completamente se stessa ed era diventata molto pericolosa.
Fortunatamente abbiamo isolato il caso, perché ci trovavamo
in una foresta, ma,
fosse stata in città… Beh, non voglio neanche
immaginarlo. Procedete!”
Senza indugiare
oltre, i membri del Consiglio alzarono
le braccia e dal terreno iniziò ad emergere un gigantesco
edificio color grigio
metallico. Ci vollero diversi minuti, perchè emergesse del
tutto e, a
operazione completata, erano tutti a bocca aperta, forse Noa
più di tutti gli
altri.
Brenda, non perse
l’occasione di fare un commento:
“Abbiamo un grosso elefante in salotto…”
la reazione fu la medesima di qualche
minuto prima, ma stavolta sostenne lo sguardo.
“Cosa
c’è? Pensate davvero che in città non
noteranno la grande fortezza della solitudine?”
Foxi, allora, prese
parola per tutti: “Non siamo degli
sprovveduti, abbiamo pensato anche a questo: l’edificio
sarà visibile solo ai
nostri occhi, mentre per tutto il resto della città
sarà la solita collina di
sempre.”
“E
John? – chiese Terence - La vedrà?”
“Ovviamente
no” replicò Marcus, accanto a lui.
Noa, allora, si
intromise, chiedendo innocentemente:
“Ma questo posto non ha un nome?” e quelli del
Consiglio lanciarono
un’occhiataccia anche a lui.
“Che c’è? – aggiunse - Abbiamo
pur bisogno di un punto di riferimento, no? Non
vorrete mica chiamarlo edificio e basta!”
Foxi lo
squadrò con attenzione: “Scusa, puoi
ricordarmi chi sei? Non credo di averti mai visto.”
Il ragazzo
sbuffò, irritato: “Sono il figlio del
viaggiatore, quello che ha aiutato Brenda a trovare la spada e a
portarla al
prescelto per vincere la battaglia!” e il Consiglio,
ammutolito, non aggiunse
altro.
“Visto
quanto sono antipatici? – bisbigliò
Brenda all’amico poco dopo – Lanciano occhiatacce
perfino a me che ho
recuperato la spada!”
Dana li
ignorò, per poi rivolgersi direttamente a
lui: “Ha ragione Noa, questo posto ha
bisogno di un nome…”
Tutti iniziarono a
rifletterci, ma nessuno dei membri
del Consiglio aveva idee valide.
Noa, allora, si
intromise nuovamente: “Che ne dite di
Azkaban? Insomma, è una prigione per esseri soprannaturali,
no?”
“Come
in Harry Potter?” chiese Alaris,
tranquillamente, scatenando un’altra delle frecciatine di
Brenda.
“Mh, vedo
che hanno il cinema ai piani alti!”
L’anziana
strega scosse la testa, per poi rivolgersi a
tutti gli altri: “Quindi siamo d’accordo per
Azkaban? – rise – Oddio, non posso
credere di averlo detto…”
“Beh,
- obiettò Brenda - alla fine gli infettati
sono pur sempre essere umani, quindi io direi sia meglio Alcatraz,
no?”
“Allora,
Azkaban o Alcatraz?” sbottò Alaris,
infastidito dalla sua indecisione.
Brenda e Noa, allora,
ebbero un’illuminazione e
contemporaneamente esclamarono: “Alkaban!”
Dana rise, mentre
Terence trattenne a stento la sua
irritazione nel vederli così in sintonia.
“Direi
che Alkaban è aggiudicato, allora!” e,
mentre i due se la ridevano ancora, l’uomo, con Megan svenuta
sulla spalla,
gridò: “Possiamo sbrigarci, adesso? Questa ragazza
pesa!”
Alaris si fece subito
avanti per aiutarlo: “Vieni, ti
facciamo strada, così la rinchiudiamo.”
Dana, invece, si
rivolse ai ragazzi: “Noi torniamo a
casa, invece. A proposito, – si rivolse a Brenda –
Noa ha una casa?”
La ragazza si
voltò verso l’amico e girò la domanda.
“Noa,
ho una casa? – chiese lui, con voce buffa,
per poi tornare subito serio – Francamente non ci ho pensato;
da quando sono
arrivato in città, Brenda mi ha trascinato praticamente
ovunque. Credo sia un
po’ tardi per andare in un motel per poi cercare domani una
casa in affitto.
Inoltre, le camere del campus sono tutte occupate, perché ho
fatto loro una
chiamata nel pomeriggio, prima di soffocare tra le braccia vegetali di
Megan-il
mostro…”
Brenda gli
tirò affettuosamente una pacca sulla
spalla: “Tranquillo, puoi trasferirti a casa mia!”
Intanto, dall’entrata di Alkaban, Terence aveva ascoltato la
conversazione e, a
quell’ultima affermazione, si era voltato a guardarli, quasi
ingelosito dalla
presenza del ragazzo.
Il giorno dopo
Dana aveva invitato
tutto il gruppo a passare la notte
a casa sua, visto che c’era ancora la questione della cassa
in sospeso. Ormai
era quasi l’alba e Brenda era in salotto, sdraiata sul divano
davanti al camino
con una copertina addosso. Un raggio di sole la svegliò e,
quando si guardò
attorno e non vide nessuno, subito si preoccupò.
“Ma
dove sono tutti?”
In quel momento, Dana
scese di corsa le scale e si
precipitò in salotto, agitata: “Jade non
è in camera sua!”
La ragazza si
alzò di scatto: “Come sarebbe a dire?
Pensavo fosse lì, quando siamo rientrati a casa
ieri.”
L’altro,
però, scosse la testa: “Cuscino sotto la
coperta.”
Improvvisamente,
qualcuno bussò nervosamente alla
porta e le due si guardarono allarmate, prima che la signora Ferguson
andasse
ad aprire. Era Zack.
Brenda era confusa:
“Zack? Che cosa ci fai qui?”
Lui entrò,
senza aspettare di essere invitato a farlo:
“Devo parlare con voi. Di Jade.”
Dana lo
guardò preoccupata, mentre chiudeva la porta
dietro di lui: “Le è successo qualcosa?”
“No, ma
dobbiamo andare subito nella sua cantina,
signora Ferguson” e le due lo seguirono immediatamente.
Giunti in cantina, Zack iniziò a muoversi tra gli scaffali,
come se fosse stato
in cerca di
qualcosa e Brenda perse subito la pazienza.
“Si
può sapere cosa devi dirci su Jade? Che cosa stai
facendo?”
Ma quello la
ignorò, rivolgendosi direttamente a Dana:
“Signora Ferguson, c’è qualcosa che
manca, qui? Una pozione, magari?”
L’altra si
avvicinò agli scaffali, guardandoli tutti
attentamente: “Non ho controllato di recente,
ma…”
Il ragazzo, allora,
le indicò alcuni punti vuoti nelle
mensole di fronte a loro: “Qui mancano la pozione numero 42,
53 e 38, mentre
qui sotto mancano la 21, la 19 e la 26.”
Da dietro, sentirono
Brenda sbuffare: “Zack, puoi
essere più specifico? Ne mancano parecchie, direi.”
“Jade
ne ha presa una e ve l’ha fatta bere. Si
tratta di una pozione che fa dimenticare degli eventi
importanti.”
“Ah,
quella, è la numero 62. Infatti manca!”
“Grazie
ad essa, vi ha fatto dimenticare un
evento importante che la riguardava. Io, però, no,
perché non mi ha preso in
considerazione, visto che sto quasi sempre con John. Ho cercato in
tutti i modi
di avvertirvi, ma voi, sistematicamente, scordavate tutto quello che vi
avevo
detto dopo un minuto. In più, Brenda era diffidente nei miei
confronti e quindi
non sono riuscito a farmi aiutare da voi.”
Le due donne
annuirono, poi Dana gli chiese: “Questo
evento importante è già passato?”
“Sì.”
“Ok,
se ce lo racconti adesso, noi non lo
dimenticheremo, allora, dato che è già passato.
Tuttavia, acquisiremo le
informazioni come se le sentissimo per la prima volta,
perciò, per ricordare
veramente, dovremmo usare un antidoto – tutti spostarono lo
sguardo sulla
nicchia numero 62 – che Jade ha preso, a quanto pare, e mi
serviranno trenta
minuti per crearne un altro.”
A Zack,
però, sembrò un’infinità,
così nervoso,
esclamò: “Io ve lo dico ugualmente, non posso
aspettare così tanto, John mi sta
addosso come un falco! In pratica, Jade l’anno scorso ha
perso la vita, ma Zeta
non ha potuto riportarla in vita, perché era diventata
l’angelo-guida di
Brenda. Così, - e guardò Dana – lei le
ha donato un anno della sua vita, che è
scaduto ieri, ovvero il giorno in cui Zeta è ritornata di
Jade.”
Brenda si
voltò incredula verso l’anziana strega:
“Abbiamo davvero dimenticato una cosa del genere? Quindi ora
Jade è morta? Zeta
non è sotto la cupola!”
Zack continuò: “Jade voleva morire e sapeva che
Zeta non era sotto la cupola,
così vi ha fatto dimenticare in modo che non avreste trovato
una soluzione per
salvarla. Credetemi, mi sono dannato per settimane nel tentativo di
trovare un
modo per non perderla, ma niente. Fortunatamente ieri, mentre cercavo
dei libri
nell’ufficio di John, ho scoperto che Zeta e Xao li teneva
prigionieri in una
sorta di passaggio segreto dietro alla sua libreria.”
Gli occhi di Dana,
nel sentire le sue ultime parole,
si illuminarono: “Quindi Jade è salva?
E’ viva?”
“L’ho
trovata appena in tempo e Zeta è riuscita
a riportarla indietro, ma lei è fuggita. Era come
impazzita!”
La signora Ferguson
annuì, poi, stupendo tutti, si
girò verso Brenda: “Cara, puoi andare di sopra e
portarmi un po’ di acqua pura
dal rubinetto? Mi serve per creare l’antidoto.”
“Direi
che a questo punto non serve. – obiettò,
però, quella - Insomma, l’evento è
passato e stavolta non dimenticheremo quello
che ci ha riferito Zack.”
“Brenda,
per favore…” insistette e la ragazza,
benché ancora perplessa, eseguì.
“D’accordo.”
Rimasti da soli, Dana
si avvicinò al ragazzo,
bisbigliando per sicurezza.
“Lei
l’ha scoperto?”
“Parla
di Jade?”
“Sì,
di lei. Ha scoperto di quel mondo?”
Il ragazzo la
guardò, perplesso: “Pensavo che io e John
fossimo gli unici a saperlo.”
“Guarda
che ero anche io una prescelta... E
comunque anche Terence lo sa, ma gli ho detto di mantenere la bocca
chiusa,
soprattutto con Brenda.”
“No,
Jade non l’ha scoperto. Ma io, Xao e Zeta
pensiamo che ci sia stata, quando è morta, anche se per poco
tempo. Quando è
tornata in sé, era parecchio confusa e spaventata, ma non
penso abbia capito da
sola di cosa si trattasse.”
Dana tirò
un sospiro di sollievo: “Bene. Jade non deve
assolutamente sapere del mondo senza magia dove si trova Samuel,
perché
sappiamo entrambi che scatenerebbe l’inferno pur di
raggiungerlo o, peggio
ancora, si toglierebbe la vita senza pensarci due volte. E invece lei
deve
continuare la sua vita qui fino a quando non arriverà il suo
vero momento.
Piuttosto, perché Xao e Zeta non sono con te?”
“Ho
dovuto rinchiuderli di nuovo, altrimenti
John me l’avrebbe fatta pagare. Sono venuto qui, infatti,
anche per chiederle
un favore: non può creare dei cloni da mettere al loro
posto, così da liberare
gli originali senza che se ne accorga o qualcosa di simile? Loro si
sono fidati
di me e sono tornati nelle gabbie, perciò non posso
deluderli. La prego...”
La donna
sospirò: “Cercherò Jade, poi
troverò una
soluzione per salvare anche Xao e Zeta,
ok? Avvertili di tenere
duro.”
Zack, allora, si
preparò ad andarsene, ma fu fermata
dalla donna, che voleva dirgli un’ultima cosa: “Ah,
Zack, aspetta, un’ultima
cosa… Ho notato che ti sei dato molto da fare per Jade, Xao
e Zeta, tutte
azioni che mi fanno convincere sempre di più che tu non sia
malvagio come vuoi
farci credere, perciò ti ripeterò la stessa
domanda che ti ho fatto la scorsa
volta: come ti tiene in pugno John?”
Lui evitò
il suo sguardo, ma alla fine si arrese e si
sbottonò la camicia, rivelando il marchio inciso sul suo
petto. In quel
momento, però, Brenda ritornò nella stanza,
costringendolo a spiegare la
situazione a entrambe.
“Wow,
quello cos’è?” esclamò la
ragazza e allora
Zack iniziò a raccontare.
“Fin dal
primo momento, dopo che l’influsso del cigno
è svanito da tutti noi, mi sono sentito una persona. Ho
assistito alla morte di
Samuel, al suo sacrificio. Ero con lui, nei suoi ultimi istanti e non
potete
nemmeno immaginare cosa stavo provando: lui stava salvando il mondo e
io avevo
fatto di tutto per ostacolarvi. Ho addirittura pensato che, se non
avessi
provato quelle emozioni che mi hanno portato sempre di più a
favore del male, –
le lacrime iniziarono a scendergli lungo le guance - forse le cose
sarebbero
andate diversamente…”
Ma Dana, che
comprendeva il suo dolore, lo fermò
subito: “Zack, non torturarti così, Samuel sarebbe
morto comunque e tu… Beh,
non è colpa tua se le cose sono andate così.
Tutti nella vita abbiamo fatto
qualcosa di cui non andiamo fieri.”
Anche se provato, il
ragazzo continuò il suo racconto:
“Dopo aver lasciato il Tempio, ho incontrato John sulla
spiaggia dell’isola e
lui mi ha subito fatto suo, non avevo scampo. Aveva usato il graffio di
Anvolea
per trasformarmi in un demone e subito dopo era comparso questo
marchio. Quando
ci ritrovammo, mi spiegò che grazie ad esso poteva
controllarmi e che, se mi
fossi opposto in qualche modo, avrebbe fatto del male a tutti voi. E
io… io –
ormai piangeva a dirotto – non volevo vi facesse del male.
Pensavo che, stando
con lui, vi avrei salvati e, d’altronde, era
l’unico modo per riparare ai miei
errori. Tutto qui.”
Commossa, la signora
Ferguson si fece avanti e lo
abbracciò, commossa, mentre Brenda, con una mano sulla
bocca, sconvolta dal
racconto era rimasta pietrificata.
“Oh mio
Dio… mi dispiace così tanto, Zack.”
“Non
devi preoccuparti di niente, - lo rassicurò
subito Dana - io ti aiuterò. Studierò il marchio
e troverò una soluzione per
non permettere più a John di controllarti, ok? A prima
vista, sembra che sia
stato modificato, ma ti prometto che farò tutto il
possibile. Tieni duro.”
Zack si
asciugò le lacrime e accenno un sorriso a
entrambe: “D’accordo, io torno da John. Tiene
ancora prigionieri i demoni e le
streghe, perciò dovrete occuparvi anche di quel
problema.”
“Tranquillo,
lo sappiamo. Una delle streghe è
riuscita a mostrarci dove si trova grazie alla sua magia.”
“Sono nella
zona est e l’ingresso Brenda lo conosce.
Ora vado davvero, però, spero abbiate un
piano…”
“Ci
stiamo lavorando con il Consiglio. Vai
tranquillo!”
“Va
bene. Mi raccomando, trovate Jade, ok?”
Brenda, finora
silenziosa, gli sorrise: “Contaci,
Zack. Ma tu non mollare, resisti!”
E il ragazzo,
risalendo lentamente le scale, si
allontanò, mentre Dana, sconvolta, sussurrava:
“Povero ragazzo…”
“E
io che l’ho trattato così male ingiustamente,
mentre in realtà si stava lasciando schiavizzare da John per
salvarci. Mi sento
uno schifo…”
La donna,
comprensiva, le posò una mano sulla spalla:
“Tesoro, non potevi saperlo. Sei una ragazza istintiva e
giudichi in base a ciò
che vedi a primo impatto. Purtroppo, molte volte, la verità
non si vede
subito...”
College di Morney Hill
Nonostante nel campus
ci fossero molti studenti, Wes
era riuscito comunque a scorgere la sua amica Corinne che camminava e
subito
l’aveva raggiunta, facendola quasi spaventare, dato che le
era arrivato alle
spalle.
“Ehi,
non farlo mai più, non ho ancora preso la
mia quadrupla dose di caffè. Potrei essere isterica nelle
prossime otto ore!”
Lui, però,
la ignorò, chiedendole subito, a
bruciapelo: “Credi che Brenda Jenkins sia un
assassina?”
Lei lo
guardò, alquanto
perplessa: “Brenda-appunti-perfetti,
intendi? Quella che si siede
vicino a me al corso del professor Walsh?”
“Sì,
lei.”
La ragazza ci
pensò su un attimo, prima di rispondere:
“Credo che opterò per il caffè della
macchinetta, sai?”
Wes
sbuffò, non sentendosi preso sul serio: “Avanti,
Corinne, è importante! Ieri sono andato a casa sua per
prendere i suoi appunti,
visto che mi aveva scritto il suo indirizzo, ma era in compagnia di un
ragazzo,
così mi sono detto Ok, passo
più tardi, ma poi, però, ho intravisto
una pala tra le sue mani, perciò l’ho seguita
e… indovina dove è andata con il
suo amico? In un bosco!”
“Accipicchia,
qui si fa interessante…” commentò
quella, sarcastica, guadagnandosi subito un’occhiataccia
dall’amico.
“Ok,
puoi anche non credermi, ma stavano
scavando davanti ad un albero, solo che ero troppo lontano per vedere
bene. Poi
è arrivata una terza persona…”
Corinne,
però, rimase indifferente: “Magari
seppellivano un gattino, come ho fatto io con mia zia Bridget
l’estate scorsa.
Si chiamava Kent. Come Clarke Kent, se non l’avevi capito.
Era un gatto
speciale, pace all’anima sua…”
Spazientito, Wes la
prese per le spalle e la scosse:
“Corinne, non stavano seppellendo un gattino di nome Kent,
credimi.”
“Beh,
certo che no, Kent era il mio gatto!”
Lui scosse la testa,
poi dalla tasca tirò fuori il
telefono e le disse: “Ok, forse adesso mi crederai...
– aprì la galleria, trovò
le foto e gliele mostrò – Queste le ho scattate
ieri. Allora?”
La ragazza le
osservò per qualche istante, stringendo
gli occhi per vedere meglio: “Beh, in effetti, sembra proprio
una pala…”
“Alleluia!”
commentò l’amico, alzando gli occhi
al cielo, ma l’altra ancora non era convinta.
“Sì,
ok, è una pala, ma questo non vuol dire che
stavano seppellendo un cadavere, che, tra l’altro, non vedo
steso accanto a
loro in attesa della sepoltura.”
“Magari
lo stavano tirando fuori, invece…”
Corinne, vedendolo
arrampicarsi sugli specchi, gli
lanciò una lunga occhiata perplessa: “Davvero?
Tirare fuori un cadavere? E per
quale motivo, per trovargli una buca migliore? –
sospirò – Senti, Wes, sono già
in ritardo e oggi sono già abbastanza distratta di mio.
Anche se questa
fantomatica Brenda ha sepolto o riesumato un cadavere nel tempo libero,
cosa
assolutamente assurda, perché complicarci la vita, che lo
è già abbastanza
così? Insomma, i film non ti hanno insegnato nulla? Quelli
che fanno i
ficcanaso non fanno mai una bella fine, perciò…
Ti saluto!” ma Wes non sembrò
comunque intenzionato a mollare.
Intanto, in un’altra zona della città, Jade stava
vagando solitaria per la
strada di un normale quartiere. Si stringeva nella giacca,
infreddolita, aveva
con sé un borsone e continuava a guardarsi intorno, nella
speranza di trovare
un luogo in cui rifugiarsi, anche se ancora non sapeva bene dove stava
andando.
Improvvisamente, notò una vecchia casa, a prima vista
abbandonata: il portico
era sommerso da giornali non ritirati, dei corvi svolazzavano sul tetto
e i
vetri delle finestre erano opachi e pieni di polvere. Jade non ci
pensò due
volte, aprì il cancello e si diresse verso la porta
d’ingresso. Provo a
aprirla, ma ovviamente, era chiusa. Si stava quasi arrendendo, quando
posò lo
sguardo su una pietra poco lontano e subito capì che poteva
usarla per rompere
una delle finestre. Quando la prese tra le mani, pronta a lanciarla
contro il
vetro, però, una faccia apparve dall’altro lato
della finestra e la ragazza si
spaventò, cadendo all’indietro. Subito si
rialzò e iniziò a indietreggiare,
pronta a fuggire, ma, prima che potesse farlo, la porta si
aprì e ne uscì un
giovane uomo, che la squadrò.
“Che cosa
stavi cercando di fare? Di entrare in casa
mia, forse?”
Jade, ancora a terra,
alzò lo sguardo, nervosa: “Ehm,
mi scusi, pensavo fosse disabitata e…”
“E
cosa? Lo sai che è violazione di domicilio
questa, vero?”
La ragazza si rimise
in piedi e, a sguardo basso, gli
voltò le spalle dirigendosi nuovamente verso il cancello:
“Scusi tanto, me ne
vado…”
Ma lui si mise in
mezzo per fermarla: “Aspetta! Non
sembri molto in forma. Stai tremando e i tuoi vestiti sono sporchi di
terra.”
Lei, allora,
alzò lo sguardo, ma, quando vide delle strani
cicatrici ramificarsi lungo il lato destro del collo
dell’uomo fino ad arrivare
alla parte inferiore del viso, si spaventò.
“Sto bene,
mi lasci andare, la prego.”
Quello,
però, insistette: “Lascia che ti aiuti. Si
vede chiaramente che sei in difficoltà. – poi
assunse un tono gentile – Sai,
dentro ho il camino e qualcosa da darti da mangiare, se vuoi. Resta
solo un
attimo per rifocillarti, poi ti lascerò libera di andare.
Così, nello stato in
cui ti trovi ora, non posso non offrirti il mio aiuto...”
Benché
affamata e infreddolita, la ragazza non sapeva
cosa fare e l’uomo, intuendo la sua indecisione, si
avvicinò alla porta di
casa, intimandole di seguirlo.
“Avanti,
entra. Cosa stai aspettando?” e lei,
convinta, lo seguì.
Dentro, l’atmosfera era ben diversa da quella che si poteva
immaginare
dall’esterno. Ad accoglierla, infatti, ci fu un grande
camino, che scaldava
l’intero salone, una sedia a dondolo di legno molto antica,
teste di animali
appese alle pareti e svariate armi. Tappeti e tende, invece, sembravano
usciti
direttamente dagli anni ‘50.
L’uomo inizio a versarsi dello scotch, mentre Jade lo
fissava, ferma in piedi
in mezzo alla stanza.
“Tranquilla,
- iniziò lui - questo è per me.
Posso farti un toast – rise – visto che
è veloce da preparare, poi, se vuoi
fermarti di più, posso preparare…” ma
Jade non gli diede il tempo di finire la
frase.
“Vada
per il toast!”
Lui, allora, si
alzò, diretto verso la cucina: “Ah, io
mi chiamo Richard Weather, ma puoi chiamarmi Rick…”
“Il
mio nome è Jade, invece” rispose lei, ancora
diffidente e l’altro, accennando un sorriso, finalmente se ne
andò.
Ufficio del Sindaco – Municipio di Morney Hill
John era seduto
dietro la sua scrivania, abbastanza
indaffarato e seccato, quando nell’ufficio entrò
Zack.
“Ah,
eccoti. – esclamò – Non ti vedo da un
po’,
che fine hai fatto?”
“Ehm,
niente, sorveglio costantemente la casa di
Jade, come al solito. Poi questa mattina sono tornato alla celle. Tu,
invece?”
L’uomo
sbuffò: “Firmo carte, leggo carte… un
sindaco
deve fare davvero tutte queste cose? Tanto questa città
cadrà presto nel caos,
quindi cosa mi importa di – lesse uno dei fogli che aveva
davanti – far
costruire delle panchine nel parco?”
“Non
lo so, sei tu a comandare. Puoi fare quello
che vuoi…”
“Hai
ragione – rise l’altro, buttando in aria i
fogli che aveva in mano – comando io! A volte la mia stupida
parte umana
riemerge e divento un totale imbecille, non è vero,
Zack?”
Lui, però,
non la stava ascoltando, troppo impegnando
a lanciare occhiate alla libreria: “Ehm, vero cosa?”
“Che
sono un imbecille, no? – poi tornò serio,
notando il suo sguardo distratto – Per caso ti interessa
leggere uno dei miei
libri?”
Teso, Zack distolse
rapidamente gli occhi dai volumi:
“No no, assolutamente. E’ solo che ce ne
è uno fuori posto e… insomma, salta
all’occhio.”
“Sì,
da fastidio anche a me, ora che me lo fai
notare. Sistemalo bene.” ordinò e subito
l’altro eseguì.
“Hai
trovato con i libri delle streghe una
soluzione per abbattere la cupola?” gli chiese poi, quando
finì.
John alzò
lo sguardo dai fogli che era tornato a
sfogliare distrattamente: “No. In verità, non ho
capito molto di quello che ho
letto e poi sono troppi libri. Alla decima pagina mi ero già
annoiato...”
Zack rimase perplesso
di fronte all’indifferenza
dell’uomo: “Quindi non farai niente? Ma
così i tuoi disordini resteranno
bloccati qui!”
“Esattamente:
non farò assolutamente niente. Quando la
situazione degenererà, perché accadrà
sicuramente, Dana e il Consiglio saranno
costretti a ricorrere a qualsiasi espediente per annullare quella
cupola e non
soccombere insieme a questa città, perciò io
posso anche rilassarmi e godermi
lo spettacolo.”
“Bene,
allora io torno a sorvegliare i demoni e
le streghe, ok? Dana e il Consiglio potrebbero trovarli e
liberarli.”
“Trovarli?
– John rise - Non ci sono riusciti in
due settimane, perché dovrebbero farlo oggi? Prenditi una
giornata libera,
Zack, perché, quando lasceremo Morney Hill, avrai molto da
fare, al mio
fianco.”
Ma il ragazzo,
perplesso, non si mosse: “Quindi
sorveglierai tu le celle?”
“No,
perché dovrei? Loro non possono uscire e
poi ho lanciato su quella zona una sorta di depistamento magico grazie
ad una
di quelle streghe. Klen, credo si chiami.”
“In
che cosa consiste?”
“Il
Consiglio e Dana hanno sicuramente
setacciato l’intera città per trovare i demoni e
le streghe. L’incantesimo di
occultamento serve per non permettere loro di rintracciare la zona in
cui si
trovano con la loro stupida antennina soprannaturale. Per questo non li
hanno
ancora trovati. Inoltre, gli unici a sapere di quel posto, siamo io e
te. E
credo che nessuno dei due glielo andrà a spifferare, quindi
siamo dentro una
botte di ferro, non trovi?”
Zack
accennò a un sorriso per compiacerlo:
“Già…
allora io vado, ok?”
“Goditi
la tua giornata libera, mi raccomando!”
Casa Ferguson
Brenda era rimasta da
sola nella cantina e fissava la
sua balestra, conservata dalla signora Ferguson in un angolo.
Pensò che doveva
riprenderne possesso al più presto, perché era
l’unica cosa che poteva
difendere lei e il suo uomo, ma fu dai passi frettolosi di Dana sulle
scale che
i suoi pensieri furono interrotti.
“Jade è passata qui a casa, ha lasciato un
biglietto in cui dice di non voler
essere trovata!”
La ragazza
annuì, prendendo in mano l’arma:
“E’
entrata in casa, mentre eravamo qui in cantina con Zack? Ne
è sicura?”
“Sì,
ha preso alcune cose dalla sua camera, fra
cui i libri di scuola.”
“La
cercherà?”
La donna ci
rifletté su qualche istante, prima di
rispondere: “Ha detto che non vuole essere trovata,
perciò rispetteremo il suo
volere. Del resto, dove potrebbe andare se è confinata qui
in città come noi?
Abbiamo cose più delicate di cui occuparci, al momento, e
lei ha bisogno dei
suoi spazi. Sta passando un momento difficile ed è confusa.
Diamole tempo e
tornerà da sola, d’accordo?”
Brenda
accennò un sorriso
triste: “Beh, non
è l’unica che sta passando un brutto momento,
però. Dovevo stare attenta in
quel bosco, per poco non morivo e trascinavo Terence con me. Ho voluto
fingere
di avere tutto sotto controllo, ma non sono mai stata una leader. Non
come lo
erano Jade e Samuel, perlomeno.”
Solo allora Dana
notò cosa aveva in mano: “Per questo
l’hai ripresa?”
“Sono
solo un umana, non ho dei poteri per
difendermi come voi. Perciò, se
voglio salvaguardare la mia vita e quella
di Terence, che è collegata alla mia, devo essere
più cauta e responsabile, ma,
soprattutto, armata di qualcosa!”
L’altra le
sorrise, sincera: “Non sarai come Jade e
Samuel, ma ragioni senza dubbio come una vera leader, o, perlomeno,
come una
che è sulla buona strada per diventarlo. Non sottovalutarti,
mia cara, mi
raccomando...”
In quel momento,
furono raggiunti da Noa e Terence,
che avevano una cassa con loro. Quando scesero in cantina,
suscitarono
subito la furia di Brenda: “Era ora! Dove siete stati per
tutto questo tempo?
Non vi vedo dall’inaugurazione di Alkaban!”
I due,
però, prima di rispondere appoggiarono la cassa
sul tavolo al centro della stanza.
“Siamo
stati impegnati a trovare la cassa. –
ripose Noa - Da mezzanotte in poi, ha continuato a spostarsi.”
“Beh,
sì, - commentò lei - di notte è sempre
più
sfuggevole. Io e Terence ne sappiamo qualcosa…”
Tutti intanto, si
erano avvicinati per osservarla
meglio, fra cui Dana, che commentò: “Avete risolto
l’immagine…”
“IO
ho risolto l’immagine. – replicò il
ragazzo,
guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Terence - Ve
l’avevo detto che ero
bravo!”
“E’
una donna! – esclamò Brenda, per poi
rivolgersi a Dana – Signora Ferguson, lei l’ha mai
vista?”
“No, non
credo…” rispose quella, perplessa, prima che
Terence interrompesse i loro discorsi.
“Non
perdiamo tempo, vediamo cosa c’è
dentro!” e
subito scoperchiò la minuscola cassa. L’anziana
strega, allora, vi mise dentro
la mano ne tirò fuori uno strano oggetto.
Brenda, la
più impressionata, domandò:
“Cosa diavolo è?”
Noa, invece, lo stava
osservando a occhi sgranati,
terrorizzato: “Quei grossi aghi non mi ispirano niente di
buono. Io odio gli
aghi!”
L’uomo,
infatti, fu l’unico a notare che
Dana non si era scomposta come loro
e subito si affrettò a indagarne il motivo.
“Per caso
– le chiese - questa sorta di arma è citata
nel foglio di istruzioni che hai ricavato dalle lettere?”
“Sì.”
“E
sa anche come usarla?” chiese, allora, il
ragazzo.
“Non
sono ancora arrivata a quella parte, Noa.”
Brenda, intanto,
stava osservando con curiosità la
parte centrale dell’arma: “Datemi il cristallo che
avete usato per trovare la
cassa” chiese a Terence e l’uomo glielo
passò senza fare domande. Lei, allora,
lo incastrò nello spazio vuoto che c’era al centro
dell’oggetto e vide che vi
entrava perfettamente.
“Guardate:
il cristallo combacia con la fessura.
Credo faccia parte di questo strumento, che ora è
completo.”
Tutti annuirono,
apparte Noa che aveva notato che la
cassa non era vuota: “Ehi, - esclamò - ma qui
c’è dell’altro!” e
tirò fuori dei
fogli: erano disegni.
Terence, dopo averli
visti, ne rimase affascinato:
“Accidenti, sono così… perfetti.
Sembrano quasi dei dipinti.”
Improvvisamente,
però, Brenda ne riconobbe uno e lo
strappò letteralmente dalle mani dell’amico:
“Ma questi sono Jade e Samuel!”
“Davanti
alla statua di Demois, dopo aver messo
l’amuleto al suo collo. – aggiunge Terence -
E’ la prima profezia!”
Dana, allora, ne prese in mano un altro: “Questo è
Samuel che incastra la
spada, invece.” Poi fu di nuovo il turno di Brenda:
“Questo sembra ritrarre la
notte della cupola. Ci sono tre sagome viste di spalle, mentre davanti
a loro
partono i fasci di luce. – poi assunse
un’espressione confusa – Ma cosa
significa? Che cosa rappresentano questi disegni?”
L’anziana
strega provò a rispondere: “Credo che siano
eventi del futuro.”
Gli altri,
però, rimasero perplessi dalla sua
risposta, soprattutto Terence: “Ma questi eventi sono
già accaduti! Forse
intendeva dire del passato.”
“Non
dal nostro punto di vista, Terence. I fogli
sono rovinati dal tempo e i disegni sembrano assai vecchi.”
“Quindi, -
concluse Noa per tutti - l’autore dei
dipinti ha vissuto nel passato e queste sarebbero…”
“Predizioni
del futuro!” concluse la ragazza per
lui, mentre Terence ne tirava fuori altri.
“Questi
non mi sembrano molto famigliari. Sono
ritratti di persone prese nella quotidianità. Ecco, qui
c’è una bambina che
gioca nel suo giardino, poi c’è un uomo che lava i
piatti in cucina e, infine,
una donna, forse un medico, che visita un paziente in una stanza di
ospedale.”
Il volto di Dana, nel
sentire le sue parole, si
illuminò: “Sono loro!”
esclamò.
“Loro
chi?”
“I
contenitori!” rispose lei, eccitata.
“Cosa?
– esclamò Terence, perplesso – I
contenitori
sono esseri umani?”
“Un
secondo, - chiese Brenda, confusa - Ma che
collegamento c’è tra i disegni, lo strumento, i
contenitori, i demoni e le
streghe e la cupola?”
“Fanno
parte di un progetto che capiremo solo dopo
aver liberato le streghe e i demoni e aver trovato le tre persone che
ci sono
nei dipinti.”
Casa di Rick Weather
Jade si era messa
comoda, in mano il toast che le
aveva preparato Rick. Lui, invece, era seduto sulla poltrona accanto al
camino
e sorseggiava il suo scotch molto lentamente, osservandola sorridendo.
Ad un
certo punto, la ragazza ruppe il silenzio, diventato quasi imbarazzante
per
lei.
“Hai molte
armi, eh?”
Lui
scoppiò a ridere: “Ok, non riesco a tenerlo
segreto: so chi sei! O almeno, ho sentito parlare di te. Sei la
prescelta,
vero?”
Jade, colta di
sorpresa, sgranò gli occhi: “E tu cosa
ne sai?”
“Sono
un cacciatore di demoni. Credo di averti
incrociata ai piani alti, una volta.”
Turbata dalle sue
parole, la ragazza si alzò
bruscamente e lui, d’impulso, fece altrettanto:
“No, no, aspetta! Calmati!”
Ma lei sembrava
determinata: “Mi stai prendendo in
giro, per caso? Perché mi hai fatta entrare in casa
tua?”
“Perché
sembravi completamente persa, lì fuori.
Volevo solo darti una mano…”
“Non
ne ho bisogno, grazie. – replicò, seccata,
mettendo giù con violenza il piatto che aveva in mano -
Anzi, ora me ne vado!”
e si voltò, ma quello che le disse l’uomo la fece
fermare.
"Mi dispiace per la
tua perdita…”
“Cosa
importa ad un cacciatore come te? Tu
uccidi i demoni!”
“Non tutti, Jade. Non quelli come Samuel. Noi uccidiamo solo
quelli come tutto
nonno.”
“Beh,
grazie per le condoglianze, allora.”
“Sai,
ho perso anche io una persona cara diversi
mesi fa…”
Finalmente, la
ragazza si voltò, fissando i suoi occhi
in quelli di lui: “Non cercare di
comprendere il mio dolore confrontandolo con il tuo.”
“Beh,
sono punti di vista. Per me condividere il
proprio dolore con altre persone che hanno passato la stessa cosa,
rimargina le
ferite dell’anima. O alcune, almeno. Insomma, si sta
leggermente meglio, dopo.”
Fu soltanto
ascoltando quelle parole che Jade si rese
conto che, nella casa, l’uomo era abbastanza
solo: “Beh, non mi
sembra che tu stia meglio, però. Sei solo e abbandonato
quanto me e il cumulo
di giornali che non hai ritirato dal portico lo dimostra.”
Rick
accennò un sorriso malinconico: “Mi sembra ovvio,
non me la passo bene perché non ho trovato nessuno con cui
condividere il mio
dolore…”
“Chi
hai perso? Se posso chiedere.”
“Probabilmente
l’unica ragazza che io abbia mai amato
davvero. Si chiamava Sophia ed era una strega. L’ho salvata
dalla minaccia di
un disordine, durante la seconda profezia. Lei era una delle tante
prescelte
nominate quell’anno.”
“Sì,
erano molte. Anche io ne ho conosciuta una
che mi ha affiancata nella battaglia, ma… non ce
l’ha fatta…”
Sentendosi debole,
con gli occhi lucidi, l’uomo si
risedette sulla poltrona: “Beh, voi streghe siete sempre
state note per il
vostro coraggio. Non vi fermate nemmeno davanti al peggior pericolo e
quasi vi
dimenticate che anche voi potete morire.”
Colpita, Jade si
rimise seduta al posto di prima:
“Credimi, molte volte proviamo più paura che
coraggio, ma abbiamo imparato a
nasconderlo bene. – poi iniziò a scrutare con
attenzione l’uomo – Come ti sei
fatto quelle cicatrici, piuttosto?”
“Sono
ustioni che mi sono procurato durante un
incendio. – si sbottonò la camicia e le
mostrò il petto – Le ho praticamente su
tutta la metà destra del corpo. Ho cercato di salvare
Sophia, ma non ci sono
riuscito.”
Grosse lacrime
iniziarono a cadere lungo il volto
dell’uomo e anche la ragazza non poté non
commuoversi a sua volta: “Mi dispiace
così tanto... Io non ho avuto nemmeno la
possibilità di salvare Samuel o di
dirgli addio come avrei voluto. Tu sei riuscito a farlo?”
Negli occhi di Rick,
per un attimo, passò un lampo di
rabbia: “No, purtroppo no.”
Poi su di loro cadde
il silenzio, rotto solo diversi
minuti dopo da Jade.
“Avevi
ragione: condividere il proprio dolore lo
rende meno… doloroso.”
“Visto?
– le rispose lui, accennando un sorriso - Fa
bene all’anima avere qualcuno con cui sfogarsi.”
“Già!”
Casa Ferguson
Era ormai tramontato
il sole su Morney Hill ed erano
passate già diverse ore da quando Noa si recato a casa
dell’amica per sistemare
i suoi bagagli e poi al college per raccogliere le ultime informazioni
che gli
servivano. Brenda e Terence, invece, erano rimasti quasi tutto il
giorno con
Dana, a studiare un modo per liberare i demoni e le streghe.
In quel momento, la ragazza scese in cantina per l’ennesima
volta, agitando un
foglio: “Bene, ho scaricato una piantina della zona
sotterranea a est.”
La donna
annuì, impegnata a mettere al sicuro tutte le
nuove scoperte: “Ok, appoggia il foglio sul tavolo,
così la possiamo studiare.
A proposito, Foxi e Marcus ci accompagneranno.”
“Non
immaginavo fossero dei tipi che partono
all’azione!” commentò l’uomo,
in piedi accanto a lei.
Brenda,
però, era di tutt’altra idea:
“Però sono
carini. Insomma, ho sempre pensato che il Consiglio fosse un gruppo di
vecchi
con le tuniche! – poi fece una pausa – Tranne
Alaris, ovviamente, che è più
attraente per la signora Ferguson che per me.”
“Beh,
- commentò sarcasticamente la diretta
interessata - non è niente male, ma dopo John ho deciso di
rimanere single per
sempre, mi dispiace. Lui mi ha già traumatizzata
abbastanza!”
“Sa,
conosco un sito di incontri che…”
Ma Terence, irritato,
mise fine alla conversazione:
“Possiamo concentrarci sulla missione? Grazie!”
Sentendosi attacca,
Brenda si zittì all’istante: “Ok,
ok, non c’è bisogno di prendersela tanto! Volevo
solo fare il cupido per gente
di una certa età!”
“Anche fare
commenti sui ragazzi carini nel Consiglio
fa parte del pacchetto?” replicò lui, isterico.
“No,
tesoro. – chiarì lei, offesa – Dalle tue
parti non so, ma questo a casa mia si chiama spettegolare!”
Dana capì
che era arrivato il momento di intervenire e
di chiudere la discussione: “Ooook, possiamo visionare la
piantina, ora? Non è
il momento per le crisi di coppia! – ottenuta la loro
attenzione, proseguì –
Allora, Brenda, sarai tu a guidarci, visto che ci sei già
stata, ok?”
L’altra
annuì, muovendo il dito sul foglio
perché capissero meglio: “Qui è dove
siamo scese io e Jade, quindi useremo
quest’ingresso per entrare. Abbiamo camminato per quasi
trenta metri, quando,
nel corridoio interno, abbiamo incrociato John e Zack. Subito dopo, la
parete
dietro di loro ha iniziato a cedere e da lì sono fuoriusciti
i disordini.”
“Quindi
dobbiamo proseguire oltre quella parete,
giusto?” chiese Terence, ma fu Dana a rispondere.
“John
deve aver fatto crescere i disordini oltre
quel muro, perciò deve avere una sorta di posto segreto in
cui ci sono anche le
prigioni. – e improvvisamente alzò lo sguardo
verso l’ingresso della cantina,
allarmata – Stanno per suonare!” e i due la
guardarono perplessi, finchè il
campanello non suonò per davvero.
Brenda, ovviamente,
non perse occasione e fece un
commento: “Inquietante… chi può essere
a quest’ora?”
“Magari il
tuo nuovo amichetto!” commentò Terence,
facendola sbuffare.
“Rilassati,
è gay!”
“E’
Zack. Andate ad aprire! Ma non fate parola con lui
della cassa e tutto il resto, va bene?” prevedè
ancora, Dana.
“Se
non si fida, perchè gli apriamo la porta e
lo coinvolgiamo?” chiese l’uomo, perplesso.
“Io mi fido
di Zack. – precisò Dana – Ma non di
John,
potrebbe leggergli la mente e scoprire quello che sappiamo.”
Poi Brenda
tirò una pacca violenta sulla spalla di
Terence, esclamando: “Zack è buono ed è
dalla nostra parte, ok? Smettila di
trattarlo come faceva con te in passato, perché stavolta
è diverso!” e, in
questo caso, Terence non ebbe la possibilità di replicare.
Dopo aver fatto entrare Zack, finalmente il gruppo riuscì a
concentrarsi sulle
informazioni che aveva.
“Ragazzi
c’è qualcosa che non quadra…”
disse il
ragazzo a un certo punto.
“Spiegati.”
“John
era troppo calmo, questa mattina, non
sorveglia nemmeno le prigioni.”
“Beh, ha
anche la sua carica di sindaco da ricorprire”
commentò Brenda, sicura.
“Mi
ha dato una giornata libera! – esclamò
l’altro, alzando leggermente la voce - Credetemi, sta
tramando qualcosa.
Probabilmente sa che libererete i demoni e le streghe.”
“E
adesso dov’è?” gli chiese allora Terence.
“Non
lo so! Sono ripassato in ufficio e non
c’era, allora sono andato a dare un’occhiata alle
prigioni, ma non era nemmeno
lì.”
“Qualsiasi
cosa stia tramando, però, dobbiamo
assolutamente liberare stasera i demoni e le streghe. –
spiegò Dana, per poi
rivolgersi direttamente al ragazzo - Sei con noi?”
L’altro
abbassò lo sguardo: “No, mi dispiace, non
posso rischiare di farmi vedere con voi.”
Ma Terence non era
della stessa idea: “E’ estremamente
subdolo e perspicace. Probabilmente ha già capito che stai
facendo il doppio
gioco, sai?”
“Lo
so, ma voglio dargli il beneficio del
dubbio” poi tirò fuori un foglietto dalla tasca.
“Brenda
vi porterà fino al punto da cui sono
usciti i disordini, poi da lì seguite queste indicazioni e
raggiungerete le
prigioni. Più di così non posso aiutarvi, mi
dispiace.”
Dana,
però, gli sorrise, comprensiva: “Hai fatto
più
di quanto dovevi, caro. Sappiamo di cosa è capace John e di
come ti tiene in
pugno, ma tu ci hai aiutati lo stesso. Ti prometto che non appena i
demoni e le
streghe saranno liberi, troverò il modo di raggirare il
controllo del marchio.”
Lui annuì,
fiducioso, ricambiando il sorriso: “Grazie,
ma avete altre cose più importanti a cui pensare prima di
me: Xao, Zeta e
Jade.”
Ingresso delle fogne presso la zona Est della città
Qualche ora dopo, il
gruppo era sul posto e a loro,
all’ultimo istante, si era aggiunto anche Noa. Ovviamente,
Brenda fu felice di
quell’inattesa novità.
“Ehi,
ti ho lasciato un messaggio, ma non
pensavo saresti venuto!”
Lui, affannato, a
malapena si prese del tempo per
respirare: “E perdermi la grande liberazione? No, di certo. E
poi, mi sono già
sistemato con la scuola e anche a casa tua. A proposito, tua madre
è stata
davvero gentilissima, mentre tuo padre è stato molto serio:
ha capito che sono
gay e che non ci proverò con te, o cosa? Ok, avrà
decisamente tempo per
capirlo, se non l’ha capito. Comunque, il punto è
che ora posso essere
finalmente dei vostri… – solo allora
notò subito anche la presenza di Foxi e
Marcus, intenti ad aprire la grata con l’aiuto di Terence
– Vedo che siamo
aumentati, qui!”
“Si,
Alaris ci ha mandato i suoi inseparabili
amichetti. Molto carini, tra l’altro. Lo credevi
possibile?”
“Quando mi
raccontasti del fantomatico Consiglio,
immaginai dei tipi abbastanza vecchi con indosso lunghe tuniche bianche
e
dorate. Felice di scoprire che non è
così!”
“Oh
mio Dio, - esclamò lei, ridendo e
spintonandolo scherzosamente - Anche io ho pensato la stessa cosa,
quando me ne
parlò Jade!”
In quel momento, Dana
si voltò verso di loro, facendo
dei cenni: “Forza ragazzi, dobbiamo andare!” mentre
Terence, sentendosi
ignorato, osservava seccato i due amici.
Pochi secondi dopo
erano tutti nel tunnel: Brenda e
Noa in testa, seguiti da Foxi e Marcus e più indietro Dana e
Terence.
“Ok, tra qualche metro dobbiamo girare, quindi tenetevi
pronti” disse loro la
ragazza, che li guidava.
“Vedo
che hai ripreso la balestra!” commentò
l’amico,
che avanzava al suo fianco.
“Già,
a quanto pare non vuole separarsi da me.”
Poi si
voltò indietro, rivolgendosi ai due del
Consiglio: “A proposito, noi avremmo una
curiosità: ai piani alti vestite
sempre così casual o indossate delle tuniche,
abitualmente?”
Foxi
guardò spiazzato il suo collega accanto a lui,
prima di rispondere: “Ehm, no, non indossiamo
tuniche.”
“Ah,
ok” rispose lei, tornando a guardare
davanti a sé, cercando, assieme a Noa, di trattenere le
risate.
Più
indietro, Dana notò lo sguardo irritato di Terence
e cercò di tranquillizzarlo: “Rilassati, caro.
Brenda sta solo ritrovando
qualcosa che le è mancato per molto tempo, ultimamente:
Un’amicizia. Credimi,
anche se ora la senti distante, lei ti ama più di quanto
immagini.”
Lui si
voltò verso di lei e accennò un sorriso:
“Forse
ha ragione. E’ solo che non sono mai stato amato
così a lungo da una persona e,
se per un attimo non la sento vicina, mi sembra di averla
persa.”
“Non
preoccuparti, non succederà, perché nemmeno lei
vuole perderti. Sai, Terence, ti confesso una cosa: Brenda non voleva
riprendere in mano quella balestra, ma l’ha fatto per
proteggerti. Perché sa
che, se le dovesse accadere qualcosa, lo stesso accadrà a te
e questo le fa
molta, molta paura.”
Terence, allora,
finalmente comprese e dal quel
momento iniziò a guardare Brenda con occhi diversi.
Nel giro di qualche minuto, grazie alle indicazioni di Zack, il gruppo
era
riuscito a superare il muro distrutto ed ad entrare nel corridoio che
conduceva
alle prigioni. Intravedendo una luce, i ragazzi spensero le torce e
scorsero
distintamente le mani delle streghe e dei demoni uscire attraverso le
sbarre.
Brenda
sussurrò agli altri: “Ci siamo, eccoli!”
“Mi sembra
che John non ci sia, perciò avviciniamoci
con cautela e tenendo gli occhi aperti, ok?”
raccomandò Foxi al gruppo e subito
la ragazza puntò la balestra davanti a sé
e, affiancata da Dana, si
introdusse nel blocco, subito scorta dai prigionieri.
Jackson fu il primo a
parlare: “Era ora! Ce ne avete
messo di tempo!”
Ma Terence
ignorò i suoi commenti, andando subito al
punto: “E John?”
A rispondere,
però, fu Barnès:
“Non
l’abbiamo visto. E ora liberateci!”
Subito Foxi e Marcus
iniziarono ad aprire le prime
celle, suscitando, però, la perplessità di Noa.
“Scusate,
ma non è stato tutto troppo facile? Insomma,
basta aprire le celle e sono tutti liberi?”
Dana si
girò verso di lui e rispose: “Le celle sono
state trattate con l’Amarantio, che indebolisce le streghe e
i loro poteri. Per
i demoni, invece, ha usato invece una magia che ritorce i poteri contro
loro
stessi. Se non fosse per questo, si sarebbero già liberati
da soli.”
Sentendo le sue
parole, il capo dei demoni commentò,
arrogante: “Ci puoi giurare che avrei buttato giù
queste sbarre, strega!”
E, nel giro di pochi
minuti, senza perdere altro
tempo, il gruppo iniziò ad aprire anche il resto delle celle.
Casa di Rick Weather
Jade aveva passato
praticamente quasi tutta la
giornata a casa di Rick. Nel frattempo, però, stranamente
l’atmosfera era
cambiata e la ragazza era ormai molto a suo agio: i due, infatti,
stavano
ridendo, ubriachi a causa dello scotch.
La ragazza, in particolare, era impegnata a raccontare un suo aneddoto
del
passato, bevendo e ridendo tra una frase e l’altra:
“… E poi il letto iniziò a
tremare e si distrusse completamente un secondo dopo. Samuel mi
guardò allibito
e io non potevo credere che la nostra prima volta avesse avuto un
inizio così
disastroso!”
“Quindi
l’amuleto che ti ha regalato per il tuo
compleanno era maledetto?” rispose lui, ridendo a crepapelle.
“Sì,
era un amuleto del karma che aveva comprato
da uno stregone infettato da un disordine. Dopo il letto mi cadde
addosso un
lampadario, che per poco non mi schiacciò sopra quella
orrenda moquette del
motel!” e i due continuarono a ridere ancora per un bel
po’ di tempo, finchè le
risate non si tramutare in un sorriso.
Jade
approfittò di quel momento di calma per esternare
i suoi pensieri: “Sai, Rick, per la prima volta dopo tanto
tempo, mi trovo in
un posto dove mi sento finalmente al sicuro. Fuori da quella
porta ho
lasciato i problemi, i drammi e le persone che fanno e che hanno fatto
parte
della mia vita. Qui, invece, non ne ho più, non ho
più nulla a cui pensare. Mi
sento semplicemente una… ragazza. Una qualunque. Per quasi
un giorno intero,
non mi sono sentita come Jade ed è stato come respirare di
nuovo dopo essere
stata sott’acqua per un’eternità.
E’ stato bello non essere me per un
giorno...” concluse, guardando persa il fuoco nel camino.
L’uomo
annuì, comprensivo: “Anche io, dopo tanto
tempo, non mi sono sentito più come Rick. Sono solo un
ragazzo, ora che ci sei
tu.”
Lei alzò
il bicchiere, per fare un brindisi: “A queste
quattro mura, che ci separano dal resto del mondo!”
Rick li fece
tintinnare: “Niente pensieri, niente
preoccupazioni, niente dolore!”
“Già!”
sorrise lei.
“E
sappi, - aggiunse lui - che, con
me, puoi sentirti solo una ragazza per tutto il tempo che
vorrai.”
Jade,
allettata dall’invito, si limitò solo a
sorridere e ad annuire.
Sotto la città, presso la zona Est della
città
Le prigioni erano
state tutte svuotate, ormai, e i due
del Consiglio erano pronti a scortare tutti fuori. Tamara,
però, continuava a
contare ripetutamente le sue streghe, perplessa.
“Non
possiamo andarcene, non siamo ventidue. Ne
manca una!”
“Chi
manca di voi?” chiese Dana e l’altro
osservò attentamente il suo gruppo, prima di rispondere.
“Klen!
Manca Klen! – poi si rivolse alle altre –
Qualcuna di voi l’ha vista?” ma tutte scossero la
testa.
Brenda, allora,
intervenì: “Sentite, da quella parte
ho visto un altro passaggio, magari Klen è lì.
Vado a controllare, ok?”
Ma Dana la
richiamò subito: “Brenda!”
“Stia
tranquilla, - la rassicurò lei - controllo
e torno subito!”
La ragazza, allora,
si addentrò dentro nella parte
delle prigioni che non avevano controllato con la balestra pronta,
quando sentì
delle voci.
“Lasciami! Lasciami andare!” gridava qualcuno e ben
presto scoprì che si
trattava di Klen, stretta con violenza da John.
Subito, lo prese
sotto tiro: “Lasciala andare!” urlò e
l’uomo si voltò, sorridendole con arroganza.
“Ma tu
guarda chi mi sta minacciando! Ben trovata,
Brenda. E hai anche la tua balestra, vedo.”
Brenda,
però, insistette: “HO DETTO: lasciala
andare!”
John, allora,
tornò serio e la lasciò andare: “Ok,
tieniti pure questa stupida strega!”
Non appena la strega
fu abbastanza lontana da lui,
Brenda le gridò: “Klen, a TERRAAAAAAAA!”
e subito scoccò una freccia verso il
demone, causando un’esplosione e sollevando un enorme
polverone.
Tossendo, Klen si
avvicinò a lei, che le intimò:
“Raggiungi le altre, arrivo subito!” e subito
quella eseguì, mentre lei si
assicurava che John fosse morto.
Improvvisamente,
però, lui le comparve alle spalle,
sorprendendola.
“Mi credevi
realmente morto, forse?”
Brenda
iniziò a indietreggiare, continuando a puntarlo
con la balestra: “Meglio per te se ti togli dalla mia strada.
– poi sorrise,
sicura di sé - Sai, mi sto lentamente riabituando a fare
centro al primo colpo
e, credimi, non commetterò due volte lo stesso
errore...”
Ma John, velocemente,
gliela fece volare via con un
gesto delle mani, lasciandola vulnerabile e spiazzata. Poi, la
guardò dritta
negli occhi.
“Non devi
giocare con me, tesoro. Io sono pericoloso
ed è arrivato il momento che tu te ne renda conto e smetta
di prenderti gioco
di me. Cosa avevi detto l’ultima volta? Oh, certo, ora
ricordo… avevi detto, e
cito testuali parole Preferirei bere
dell’acido, che avere strani
pensieri sullo psicopatico nonnetto della mia migliore amica.
Ecco, sì, hai
detto proprio così, vero Brenda?” e nei suoi occhi
spuntò una strano luccichio
malvagio.
Lei, allora,
iniziò a stringersi la gola con le mani,
provando una sensazione strana. John, intanto, le spiegò
cosa stava accadendo,
incurante del fatto che lei stesse tossendo, in cerca di aria, per poi
accasciarsi al suolo.
“Se
ti stai chiedendo cosa sia quella sensazione
di fuoco nella gola che si sta propagando velocemente anche nel resto
del tuo corpo,
beh, si tratta di acido. Insomma, avevi detto che lo avresti preferito
a me, no?
Parole tue!”
In uno stato pietoso,
a terra, Brenda iniziò a tossire
sangue.
Intanto, dall’altra parte, Klen era arrivata urlando dagli
altri.
“John
è qui!”
Terence, preoccupato,
le andò subito incontro: “E
Brenda?”
“E’
con lui!”
Dana,
vedendo che stava già partendo all’azione,
si affrettò a rassicurarlo: “Sta attento,
Terence!” ma, dopo pochi passi, lui
iniziò ad avere una fitta al petto, facendola preoccupare
subito.
“Cosa
ti sta succedendo?”
“Una
strana sensazione al petto. Un bruciore, ma
non è niente, porta tutti fuori. Vado a prendere
Brenda.” e andò.
Nello stesso momento,
dall'altra parte, la ragazza era
ai limiti della sopportazione, mentre John la guardava gongolando.
“Ok, può bastare” e, improvvisamente
com’era finito, quell’atroce dolore ebbe
fine. La ragazza, allora, riuscì a risollevarsi in piedi,
mentre l’uomo la
osservava soddisfatto.
“Spero che
tu abbia imparato la lezione, Brenda. Con
me non puoi scherzare.” e svanì, lasciandola
ancora traumatizzata.
Subito dopo,
arrivò Terence che, vedendo il sangue
sulla bocca e sugli indumenti di lei, subito si preoccupò.
“Stai
bene?” le chiese, mentre lei correva fra le sue
braccia, quasi in lacrime.
“Ti
prego, andiamocene via di qui…” lui, pur
sentendola tremare, cercò di mantenere di calma.
“D’accordo, ti porto fuori subito.”
Il gruppo aveva passato una notte abbastanza movimentata, ma intanto
era
riuscito a portare i demoni e le streghe in salvo, condotti ad Alkaban,
dove
quelli del Consiglio pensarono fosse più opportuno condurli
per tenerli al
sicuro da John. Alcune streghe, però, si erano fermate a
casa di Dana, per
guarire dalle ferite riportate durante la prigionia.
In particolare, nel salotto di casa Ferguson, Brenda e altre tre erano
sedute
sulle poltrone, avvolte in una copertina, mentre l’anziana
strega, in cantina,
aiutava le altre.
La ragazza, però, era talmente pensierosa, con lo sguardo
perso nel vuoto, che
Klen, di fronte a lei, si preoccupò.
“Stai
bene?” le chiese.
Stordita, lei ritornò alla realtà con un sorriso
forzato: “Ehm, sì, sto bene.
Tu, invece?”
“Anche
io, grazie a te. Se non mi avessi
trovata, chissà cosa mi avrebbe fatto John.”
“A
proposito, perché ti aveva presa?”
“Non lo so,
è un folle, forse voleva farmi del male
perché sono una strega abbastanza in gamba.”
Brenda le sorrise:
“Già, ho sentito che sei molto
intelligente.”
L’altra
ricambiò, alzandosi in piedi: “Scusami, adesso
devo andare un attimo in bagno. Potresti dirmi
dov’è?”
“Certo,
sali al piano di sopra, seconda porta a
destra.”
Dopo averla
ringraziata, Klen si spostò al piano di
sopra. Chiusa in bagno, rimase ferma a fissarsi allo specchio con
sguardo
assente, finchè una voce, quella di John, non la
chiamò.
“Klen, puoi
sentirmi? Sono nella tua mente.”
“Si, la
ascolto” rispose lei, in trance.
“Bene,
perché da questo momento farai tutto ciò
che ti chiederò.”
Succube,
lei iniziò a ripetere: “Tutto ciò che
mi
chiederai di fare. Tutto ciò che mi chiederai di fare. Tutto
ciò che mi
chiederai di fare…”
CONTINUA NEL QUINTO EPISODIO
Testo
a cura di Lady Viviana
ANGOLO AUTORE: Scusate il
ritardo, il capitolo doveva essere postato ieri. Anche questo capitolo
ci lascia con un pizzico di suspence con John che sembra poter
controllare Klen, una delle streghe. Inoltre è stato
introdotto un nuovo personaggio, Rick: cosa accadrà tra lui
e Jade? Cosa farà John, ora che ha infiltrato la sua spia
nel gruppo? Scopritelo nel prossimo episodio, la 3x05 "Lei mi ha
incastrata" Mercoledì 20 Maggio. Buona settimana stregata!
|
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Capitolo 5 *** 3x05-Lei mi ha incastrata ***
CAPITOLO
CINQUE
"I'm Falling Ever Lower"
College di Morney Hill
Brenda e Noa erano
appena usciti da un’estenuante
lezione di storia americana e lei appariva particolarmente
sovrappensiero, come
negli ultimi giorni, del resto; tuttavia, l’amico non ci fece
caso, impegnato
com’era a frugare nella borsa che portava a tracolla.
“Accidenti,
credo di aver dimenticato un libro
in aula! – esclamò – Ah, no,
eccolo!”
Lei, distratta, si
voltò verso di lui: “Hai detto
qualcosa, per caso?”
“Sì,
pensavo di aver dimenticato un libro, ma
invece mi sbagliavo. A proposito, ho passato tutta la lezione a
chiedermi: ma,
secondo te, la gente si accorgerà prima o poi delle
sparizioni improvvise dei
loro cari? Insomma, Megan è ad Alkaban da un bel
po’, ormai. Nessuno si domanda
dove sia? Non ci sono nemmeno quei volantini delle persone scomparse
appese ai
pali della luce, tipici dei film!”
“Il
Consiglio ha fatto uno dei suoi abracadabra,
come sempre. Quelli che conoscono Megan ovviamente non si sono
dimenticati di
lei, semplicemente non trovano strana la sua assenza. Tutto regolare,
insomma.”
“Inquietante…
voglio vedere cosa si inventeranno
quando in città rimarremo quattro gatti! Se scompare il
panettiere, faranno un
incantesimo anche al pane per consegnarsi da solo e farlo sembrare
normale al
resto degli abitanti rimasti?”
“Probabilmente…
- rispose l’amica, annoiata - purché
loro continuino ad avere tutto sotto controllo…”
Fu allora che Noa si
accorse del suo strano
comportamento: “Ti vedo strana. Sei forse triste per aver
perso la tua
inseparabile balestra nelle fogne?”
Prima di rispondere,
Brenda riprese a camminare,
improvvisamente nervosa: “Può essere!”
Lui subito la
inseguì: “Ok, mi sono perso qualcosa,
forse?” chiese e improvvisamente, poco lontano da loro,
videro Jade, che
attraversava il campus diretta verso la strada.
Brenda si
bloccò e rimase a fissarla, immobile.
“Ehi,
quella non è Jade?” chiese Noa, stupito.
“Almeno
frequenta ancora la scuola! Pensavo che
l’avesse totalmente ignorata, come ha fatto con tutto il
resto della sua vita.”
Nel frattempo una
macchina aveva parcheggiato vicino
al marciapiedi e la ragazza, sorridendo, vi era salita, lasciando i due
spiazzati.
“Ma
quella è la macchina di Samuel!”
esclamò
Brenda.
“E
quello alla guida non sembra per niente
Samuel…” commentò invece Noa,
guadagnandosi un’occhiataccia.
“Chissà
chi diavolo è quel ragazzo…”
“Voglio
morire…” le disse l’amico, abbastanza
serio, e lei lo guardò storto.
“Che
c’è? La morte sembra averla resa più
felice, oltre al fatto che ora è in compagnia di un bel
fusto come quello!”
rispose lui.
Brenda scosse la
testa, prima di mettersi in marcia,
determinata a scoprire tutto: “Dobbiamo seguirli, prendi la
macchina!”
Noa, però,
la fermò, prendendola per un braccio:
“Frena, frena, frena! – poi tirò fuori
dalla tracolla i dipinti delle tre
persone trovati nella cassa – Ti ricordo che la signora
Ferguson ci ha dato il
compito di trovare queste persone, che, molto probabilmente, vivono qui
a
Morney Hill.”
“Sì,
ma…” tentò di replicare
l’amica.
“Ma
niente, Brenda! Jade ha detto molto
chiaramente di non voler essere cercata da nessuno di voi. Inoltre
sembra stare
bene e sta anche frequentando il college. – le mise una mano
sulla spalla – So
che ti manca e che sei preoccupata per lei, ma ora Jade riesce a
sentirsi
meglio solo in questo modo e ha il diritto di avere i suoi spazi e di
combattere a suo modo il dolore. Ha bisogno di respirare, di cambiare
aria. E,
cosa più importante, di non indossare per un altro
fottutissimo giorno i panni
di se stessa.”
Brenda rimase colpita
dalle sue parole al punto che si
arrese: “Hai ragione… Alla fine, era da molto
tempo che non la vedevo sorridere
come poco fa. E se la sua nuova vita e il suo nuovo amico le permettono
di
sorridere ancora e di dimenticarsi tutto quello che ha passato, allora
la
lascerò in pace, perché sono la sua migliore
amica e le voglio bene.”
Noa annuì,
sorridendole: “Forza, andiamo a svolgere il
nostro compito pomeridiano di ricerca dei contenitori umani, anche se,
detta
così, è parecchio inquietante...”
Lei, sollevata, fece
altrettanto: “Sì, ma per te tutto
è inquietante. Comunque, vorrei prima passare dalla signora
Ferguson per farle
sapere che Jade sta bene, ok? Anche se ha deciso di rispettare il suo
volere e
di non cercarla, è comunque in pensiero.”
Casa Ferguson
Mentre tutti i demoni
e le streghe erano tenuti al
sicuro ad Alkaban, Tamara e Klen erano rimaste in città e,
più precisamente, a
casa di Dana, dove la stavano aiutando a risolvere il problema del
marchio di
Zack. Il ragazzo, ovviamente, era molto riconoscente nei loro confronti.
“Grazie per
essere rimaste, non eravate tenute a
farlo, visto che ora avete un posto sicuro ad Alkaban.”
“Dana
ci ha salvate da John, perciò le stiamo
solo restituendo il favore” le rispose Tamara, voltandosi
verso di lui.
L’altra, invece, si muoveva per la cantina, guardando e
toccando ogni cosa.
“Lei
ha una collezione di pozioni davvero molto
interessante, signora Ferguson. Le ha create tutte lei?”
“La
maggior parte” rispose Dana.
Intanto, Tamara si
era avvicinata a Zack e gli aveva
messo due bulloni fra le mani.
“A
proposito, Klen ha fatto questi come
richiesto. Serviranno a salvare i vostri Xao e Zeta.”
Lui la
guardò perplesso: “Due bulloni?”
“Sì,
esattamente. Sono incantati, ovviamente. Dopo
che avrai liberato i due angeli, buttali nella gabbia e loro
simuleranno degli
ologrammi intelligenti. John non si accorgerà nemmeno di
parlare con dei falsi.
A questo punto, però, un grazie sarebbe
gradito...” gli rispose Klen.
“Beh,
grazie allora. – rispose il ragazzo, per
poi voltarsi verso Dana – Chi l’avrebbe detto che
la soluzione sarebbero stati
due bulloni!”
“Sapete,
- confidò loro Tamara - è la mia strega
migliore, riesce a fare gradi cose con poco. Per questo non sono andata
ad
Alkaban, perché devo proteggerla.”
“Posso
immaginare… - replicò l’anziana strega,
per poi proseguire - Bene, ora direi di passare alla
faccenda del
marchio, invece.”
Zack, allora, si
spogliò per mostrarlo e subito la
strega più giovane lo riconobbe.
“Il
marchio di Anvolea. Sei stato graffiato?”
“Sì,
ma la signora Ferguson dice che è stato
modificato, perché un demone non può controllarne
un altro con il marchio, come
mi ha confermato anche Terence.”
“Sì
che può, in un certo senso. John ti ha
graffiato con l’artiglio di Anvolea e tu ti sei trasformato
in un demone, ma ha
approfittato della tua ingenuità facendoti credere che
così ti avrebbe
controllato, affinché tu non potessi cercare una soluzione
per liberartene.
Posso sapere chi è la strega che ha evocato il
l’artiglio, piuttosto?”
Fu Dana,
però, a risponderle: “Una strega di nome
Heith.”
“Questa
strega deve aver modificato l’artiglio
sotto ordine di John. Ora dove si trova? Lei è
l’unica che può annullare la
modifica fatta, anche se comunque non potrà farlo tornare
umano.”
“Sfortunatamente,
non sappiamo più nulla di lei. –
rispose il ragazzo, amareggiato - E’ fuggita dopo
l’ultima profezia.”
“E,
anche se lo sapessimo, non potremmo nemmeno
portarla qui per via della cupola, quindi…”
aggiunge Dana, facendo arrabbiare
Zack.
“Quindi
sono stato fregato da quel pazzo.
Fantastico!”
Perfino Tamara parve
dispiaciuta per lui.
“Klen,
non si può proprio fare nulla? Hai sempre
trovato rimedio a tutto, da quando ti ho accolta nella mia
congrega.”
“Sì,
effettivamente una soluzione c’è, o almeno
credo: se Zack tornasse umano, il marchio scomparirebbe e, quindi, John
non
avrebbe più alcun controllo su di lui.”
“Ma
io non ho mai sentito di un demone tornato
umano!” esclamò l’anziana strega.
“Nemmeno
io, infatti. Il punto è: chi diventa
demone, ama rimanerlo, o invertire il processo è talmente
tanto atroce e
pericoloso da non tentare nemmeno?”
“Quindi
potrei tornare umano?” chiese il
ragazzo, speranzoso.
“Devo
fare una ricerca più approfondita, non mi
intendo molto di demonologia, se devo essere sincera. Ho fatto solo una
supposizione in base alle mie conoscenze, tutto qui.”
E Tamara
aggiunse: “Sì, ma le serviranno alcuni
dei nostri libri per farla e li ha John, al momento.”
Zack, però, era determinato: “Klen, quali libri ti
servono? Fammi una lista e
te li porterò, ok?”
Ma Dana, preoccupata,
lo fermò mettendogli una mano
sulla spalla: “Zack, potrebbe sorprenderti, mentre rubi quei
libri. Per di più,
non sappiamo nemmeno che tipo di controllo ha su di te, visto che per
il momento
sei sempre stato al suo fianco senza disubbidire mai ad un suo ordine.
Potrebbe
torturarti con uno schiocco di dita, per quanto ne sappiamo.”
Lui, però,
scosse la testa, esasperato: “Correrò il
rischio, non posso continuare a vivere così. Magari lui non
sospetta ancora
nulla, altrimenti me l’avrebbe già fatta pagare,
non credete? E, se anche
fosse, non ha nemmeno più alleati: chi potrebbe fare la spia
su di me?”
Sul gruppo cadde il
silenzio, rotto solo qualche
secondo dopo da Klen.
“Nessuno.
Tutti odiamo John.”
“Esatto!
Quindi, se starò attento, non verrà a sapere
che faccio il doppiogioco. Ora fate quella lista e io vi
porterò i libri che
servono.”
Le sue parole
convinsero finalmente tutti e Tamara si
spostò per prendere carta e penna, mentre Klen si avviava
verso le scale.
“Io
vado un attimo in bagno, torno subito. – li
avvisò – Tamara, inizia a fare la lista,
più o meno sai quali mi serviranno.”
L’altra si
fermò e la osservò, perplesso: “Vai un
po’
troppo spesso in bagno, ultimamente, o sbaglio?”
La strega le sorrise:
“Bevo molta acqua, ultimamente.
Fortuna che non ho scelto la strada dell’alcolismo per
dimenticarmi della
prigionia!"
“Ok,
- la congedò - ma non metterci troppo. Non
li conosco proprio tutti.”
Pochi secondi dopo,
si chiuse in bagno e, sentendosi
al sicuro, iniziò a parlare.
“Ho
alcuni aggiornamenti…”
“Finalmente, - rispose la voce di John nella sua mente - ero
impaziente…
Racconta!”
Intanto, Brenda e Noa erano giunti a casa Ferguson e subito si erano
diretti in
cantina, dove la ragazza era rimasta sorpresa di trovare Zack.
“Ehi,
sei qui!”
“Ciao,
Brenda. Sì, sono qui per la storia del
marchio.”
Lei annuì,
per poi rivolgersi a Dana, accanto a lui:
“Novità?” chiese.
“Le
streghe ci stanno lavorando, non è molto
facile salvare il nostro ragazzo. Ma non ci daremo per vinte, non
preoccuparti.”
Preoccupata, la
ragazza disse alla strega-capo della
Congrega: “Tamara, so che volete aiutarci e io sono la prima
a ringraziarvi per
questo, ma cercate di non fermarvi troppo qui, ok? Appena
possibile,
dovete raggiungere Alkaban, dove sarete al sicuro.”
Mentre parlava, Klen
le raggiunse e subito si rivolse
a lei con tono d’accusa: “E poi cosa
succederà? Resteremo ad Alkaban per
sempre? Noi abbiamo scoperto della cupola sanguinea e di un sacrificio
che
potrebbe riguardare la nostra congrega e il clan dei demoni,
ma… non sappiamo
cosa invece avete scoperto voi su questa faccenda, ora che ci
penso...”
Brenda si
bloccò, non sapendo cosa rispondere, ma per
fortuna Dana prese la parola al posto suo: “Credimi, cara, ne
sappiamo quanto
voi, perciò seguite il suo consiglio. Appena ci avrete
aiutate, correrete ad
Alkaban, perché la priorità è tenervi
al sicuro da John, adesso.”
Intanto, Brenda si
era ripresa e, notando il suo
sguardo cinico, non riuscì a nasconderlo: “Mi
sembri un po’ troppo sospettosa
verso le persone che ti hanno salvata da quel mostro… - le
disse, irritata -
Insomma, quando ti ho trovata avevi praticamente la sua mano sulla
gola!”
Tamara, allora,
capì di dover prendere da parte la
giovane strega e mettere fine alle occhiatacce che si stavano
scambiando le
due.
“Ehm,
forse è meglio se ci spostiamo da un'altra
parte per stilare quella lista… Perdonatela, quelle due
settimane dentro una
cella l’hanno stressata molto” e subito dopo le due
si allontanarono.
“Vado
con loro, così appena finiscono corro a
prendere quei libri dall’ufficio di John, ok?”
disse Zack, salutandoli.
Quando rimasero in
tre, Dana si avvicinò a Brenda e le
accarezzò con dolcezza il braccio.
“Tesoro,
cosa ti sta succedendo? Ti vedo tesa,
ultimamente…”
Noa, avendo la stessa
impressione, decise di
intromettersi: “Già, te la sei quasi mangiata a
colazione per delle
perplessità, peraltro giuste, che chiunque avrebbe potuto
avere. – poi abbassò
il tono – Fra l’altro, non ha tutti i torti ad
essere sospettosa, perché noi ne
sappiamo davvero molto più di loro…”
“Sì,
ma loro non devono saperle. – replicò Dana,
sempre sussurrando - Quello che scopriamo, deve rimanere solo tra noi e
il
Consiglio o rischieremo davvero di dare vita ad una guerra dentro la
guerra.”
Sbuffando, la ragazza
si convinse: “D’accordo.
Cambiando discorso, questa mattina abbiamo visto Jade al college. Pare
frequenti ancora le lezioni e sembra stare
magnificamente…”
“Già,
- aggiunse Noa, notando la perplessità della
donna – era sorridente come non mai e in compagnia di un
ragazzo, che è venuto
a prenderla in macchina.”
“Con
la macchina di Samuel, per la precisione!
Piuttosto, non la tenevate in garage?”
Dana
annuì: “Sì, sì,
ma… siete sicuri di aver visto
bene? E chi è questo ragazzo?”
“Sì, era lei. Comunque non sappiamo chi sia lui,
non l’ho mai visto. Ad occhio
e croce sembrava avere quasi una trentina di anni, forse un paio di
meno, ma
sicuramente molti più di lei.”
La preoccupazione sul
volto della donna, ormai, era
evidente e Noa, notandolo, si affrettò a tranquillizzarla.
“Senta,
come ho detto a Brenda, credo che Jade
stia molto meglio, adesso, e che in qualche modo si stia distraendo. Il
ragazzo
mi sembrava un tipo apposto, oltre che carino, e poi lei è
adulta, ormai,
quindi lasciatela vivere come meglio desidera. Insomma, se avessi
passato
quello che ha passato lei, sarei stato disposto a dare
l’anima al diavolo per
non essere più la persona che ero!”
Brenda,
però, rimase alquanto infastidita dalle sue
parole: “Sì, ma prima o poi dovrà
tornare a darci una mano, no? Questa è la sua
vita e la sua natura, che le piaccia o no! Comprendo il suo dolore,
ovviamente,
sono la sua migliore amica, ma nemmeno noi ce la stiamo passando bene,
visto
che da quando sono tornata a Morney Hill non faccio che correre da una
parte
all’altra come una pazza, rischiando di morire. Lei questo lo
sa, mentre si
gode i suoi giorni da non sono Jade?”
Di fronte al suo
sfogo inaspettato, i due rimasero
pietrificati e per questo non fecero in tempo a dirle nulla, dato che
qualcosa
iniziò a brillare sopra una delle mensole: era la bussola
dei disordini. Mentre
Dana la andava a prendere, Brenda cercò di ricomporsi,
osservata a vista da
Noa.
“A
quanto pare, qualcuno è stato infettato. –
commentò la donna –Doveste andare a
controllare.”
Benché
ancora provata, la ragazza prese in mano la
bussola: “D’accordo.”
“E
la ricerca dei contenitori umani? – chiese
Noa, perplesso, guadagnandosi una strana occhiata da parte della
signora
Ferguson che lo mise in imbarazzo – Beh, li chiamo
così!”
“Rimandate
la ricerca ad un altro giorno, tenere la
città al sicuro è più importante,
ora!” rispose lei, congedandoli.
Mentre stavano per
andare via, però, Brenda, seccata,
sussurrò tra sé e sé:
“Sì, certo. Brenda è sempre
pronta!”
Tuttavia, i suoi
bisbigli non sfuggirono all’amico:
“Parli da sola adesso?”
“No,
non ancora. – rispose lei, ironica - Sto
aspettando di perdere totalmente il senno per farlo.”
“Ooook,
ora sbrighiamoci, però, amica che oggi
ha deciso di fare l’attaccabrighe!”
“Noa,
- replicò lei, seria - non mi va di
scherzare, oggi!”
Alkaban
I demoni e le streghe
soggiornavano ormai da diversi
giorni ad Alkaban e la loro permanenza, stranamente, sembrava procedere
al
meglio. Jackson stava uscendo dalla sua stanza, pronto a raggiungere
Barnès e
gli altri demoni nella sala di ritrovo a loro riservata dal Consiglio,
quando,
percorrendo un corridoio, sentì qualcuno camminargli dietro,
finchè, seccato,
non decise di fermarsi.
“Hai
intenzione di lasciarmi in pace, o no? Ora
non siamo più dentro delle celle, quindi perché
non vai dalle tue amichette
streghe?”
Si trattava, infatti,
di Harmony, che ironicamente
rispose: “Volevo solo vedere quanto era grande questo
posto…”
“Beh,
non abbastanza, a quanto pare…”
“Non
ti sembra buffo che da una gabbia piccola
siamo passati ad una più grande? Io non amo restare chiusa
nei posti, mi piace
essere libera. Chissà per quanto tempo non
assaporerò la mia libertà
perduta…”
concluse, melodrammatica.
“Sei
sempre così teatrale? E poi, non è vero,
ora siamo semplicemente in un posto sicuro con grandi stanze e letti
comodi. –
rispose, seccato - Dio, quanto sono lunghi questi corridoi?”
La ragazza,
però, sembrò determinata a non lasciarlo
andare: “Sì, sono stanze grandi con letti comodi
– che, detto tra noi, per voi
demoni è il massimo del lusso – ma ben presto ti
sembrerà solo una grande
prigione da cui vorrai evadere!”
Irritato, Jackson si
bloccò e si voltò verso di lei:
“Senti, non ci casco, ok? Vuoi farmi credere che hai visto
qualcosa nella tua
folle testolina per dirmi queste cose, per caso? Va bene, grazie a te
ci siamo
tirati fuori da quel postaccio, ma adesso qui siamo protetti e quei
cancelli
tengono lontani quelli come John. Perciò, date le
circostanze, sono contento di
essere qui!”
“Sei
davvero convinto che quei cancelli ti
proteggano da John… oppure da Jade?”
Jackson divenne
improvvisamente teso: “Jade può
entrare ad Alkaban quando le pare e piace e poi, perché
dovrei avere paura di
lei?”
“Beh,
non c’è alcun motivo per cui Jade dovrebbe
venire qui, ma se ci fosse…”
Esasperato, il
ragazzo le si avvicinò, minaccioso:
“Senti, smettila di fare insinuazioni basate dal nulla, ok?
Si può sapere cosa
vuoi da me, poi?”
L’altra
ridacchiò, divertita: “Insinuazioni basate dal
nulla? Avanti, sappiamo entrambi che sono ben fondate, ma tranquillo...
– si
avvicinò al suo orecchio e continuò sussurrando
– … so mantenere un segreto.” e
poi indietreggiò per allontanarsi,
compiaciuta, ma lui la fermò subito.
“Harmony,
cosa vuoi? Mi stai ricattando, per
caso?”
“Senti,
quando mi annoio, mi piace giocare e tu e i
tuoi amici demoni siete dei soggetti molto interessanti, per quanto ne
so. In
genere, però, sappi che sono più una spettatrice
che una giocatrice, perché di
solito mi diverto a provocare gli altri, in attesa di vedere come
andrà a
finire il gioco.”
“Tu
sei pazza!” gridò lui, per poi girarsi per
andarsene.
“Io
voglio esserti solo amica, Jackson!”
Il ragazzo si
bloccò, per poi voltarsi lentamente: “Mi
prendi in giro, per caso? Mi hai appena paragonato ad un gioco con cui
passare
il tempo! Inoltre, cosa vuol dire che ti diverti a provocare? Per caso
vuoi
metterci la pulce nell’orecchio riguardo a Jade per poi
metterla contro di
noi?”
“Io non
metto proprio nessuna pulce, Jackson. Le pulci
hanno le zampe e ci arrivano benissimo da sole nell’orecchio
delle gente. –
improvvisamente, però, parve sentirsi in
colpa – Ok, forse ho
esagerato… del resto, sbaglio sempre tutto, ecco
perché nessuno mi sopporta e
non ho amici. Tuttavia, sappi che hai un’amica con cui
parlare. Sono convinta
che tu, rispetto ai tuoi compagni, sia l’unico ad avere una
coscienza e che ti
dispiace per certi errori del passato...”
A quel punto Jackson
capì di non poter più negare il
suo segreto: “Grazie per la tua amicizia, allora. E per la
cronaca, so
perfettamente che Jade, prima o poi, scoprirà tutto. Nella
notte della cupola
era dalla nostra parte e voleva uccidere il Consiglio, ma, se si fosse
resa
conto di chi siamo veramente, avrebbe ammazzato noi. Ecco
perché ho fatto di
tutto per dare una mano a sua nonna e i suoi amici: volevo solo
rimediare...”
“Lo so,
Jackson. Spero solo che l’instabilità di
quella ragazza non ci porti tutti alla rovina. Potrebbe diventare
seriamente
pericolosa...”
“Per
questo il mio clan è al sicuro qui dentro, più
stiamo lontani da lei e meno si interesserà a noi.”
“Sfortunatamente,
però, questa città non è
abbastanza grande per tenervi lontani…”
Nel frattempo, in un’altra zona di Morney Hill, Rick era alla
guida dell’auto,
accanto a una Jade molto più serena. Improvvisamente,
parcheggiò all’interno di
una stradina senza uscita e lei, perplessa, si voltò verso
di lui.
“Perché
ci hai portati qui? – sorrise – Guarda che ho
molto da studiare, non possiamo passare tutti i giorni a divertirci!
Anche se
non ci vedo nulla di divertente in un vicolo
cieco…”
Lui, però,
continuò a fissarla, mettendola in
imbarazzo: “Ti va di andare al mare, oggi?”
Lei rimase seria per
un secondo, poi, alla fine,
scoppiò a ridere: “Al mare? Sul serio?”
“Credimi,
mai stato serio come ora.”
“Avanti,
Rick, lo sai che non possiamo lasciare la
città!”
“Ma
non ho mai detto che lo faremo! Non
fisicamente, almeno.”
Quelle parole
incuriosirono molto la ragazza: “Cosa
vorresti dire? Spiegati!”
L’uomo,
allora, pescò dalla tasca una sfera colorata
grande quanto un uovo e gliela mostrò: “Questa me
l’ha regalata Sophia tanto
tempo fa. E’ una sfera magica con una storia davvero
meravigliosa dietro.”
“Racconta…”
rispose lei, interessata.
“Quando
Sophia era piccola, lei e la sua
famiglia vivevano in una baita in montagna. Mi ha raccontato tante
volte delle
giornate passate con la sorella minore a giocare nei prati pieni di
fiori ad
inseguire farfalle colorate, o vicino al ruscello, dove
l’acqua era limpida e
le rane salvano sulle pietre. Insomma, un vero paradiso per due
bambine. Un
giorno, però, dovettero trasferirsi in città e,
beh, capirono presto che non
sarebbe stata la stessa cosa. Allora una loro cara zia, che le andava a
trovare
una volta al mese, portò loro in dono questa sfera, capace
di portarti con la
mente ovunque tu voglia. Naturalmente loro ne furono felici,
perché grazie ad
essa riuscirono a tornare alla loro montagna stando semplicemente
sedute ad
occhi chiusi nella loro stanza. Andavano lì con la mente, ma
non con il corpo,
però era un paradiso lo stesso.”
Jade sorrise:
“E’ davvero una bellissima storia. Come
si chiama questa sfera, piuttosto?”
“La sfera
dell’immaginazione! ” esclamò
lui, ridendo.
“Ok,
allora dammela! Come funziona?”
Rick gliela
passò, mettendola nel suo palmo
aperto: “Devi semplicemente chiudere gli
occhi e immaginare il luogo
in cui vorresti essere. Ehi, tieni conto del luogo che ho scelto, mi
raccomando!”
Divertita, la ragazza
chiuse gli occhi: “Si si, ora
lasciami concentrare!”
Dopo pochi secondi,
li aveva ancora chiusi e l’uomo la
scosse.
“Jade?
– chiamò – Guarda che puoi aprirli,
adesso!”
“Davvero
posso? Ci sono già riuscita?”
E, quando lo fece,
smise di parlare, rimanendo
letteralmente senza fiato: l’auto si trovava in mezzo ad un
autostrada, accanto
a cui si stendeva il mare su cui il sole stava tramontando.
“I
miei complimenti… - commentò Rick, sorridendo
- vedo che hai tenuto conto anche del mare…”
“Wow,
incredibile, ho semplicemente immaginato
di voler sfrecciare su un’autostrada lunga e deserta accanto
al mare, per poi
mettermi in piedi e allargare le braccia, mentre il vento mi colpisce
il viso!”
“Beh,
allora ti manca ancora qualcosa!” commentò
lui, mettendo in moto.
Poco dopo, stavano
sfrecciando lungo l’autostrada e Jade si sentì
totalmente libera, mentre ad occhi chiusi e braccia spalancate,
lasciava che il
vento le scompigliasse i capelli. E un sorriso sereno le dipinse il
viso, come
non succedeva da tanto tempo.
Liceo di Morney Hill
Brenda e Noa erano
alle prese con la ricerca del nuovo
abitante della città infettato dai disordini e la bussola
gli aveva portati
verso il vecchio liceo della ragazza che, ovviamente, non fu per niente
contenta.
“Non
ci credo...” esclamò.
“Non
credi a cosa?”
Lei
osservò per qualche minuto delle ragazze poco
lontane che le ricordavano come era stata un tempo: “Il mio
vecchio liceo. Non
pensavo che sarei tornata di nuovo qui, un giorno.”
Il ragazzo annuì, muovendo la bussola in tutte le direzioni
per cercare il
disordine: “Tranquilla, nemmeno a me manca la scuola,
soprattutto le docce
negli spogliatoi maschili, dove tutti mi evitavano come la peste.
Tranne
qualcuno, ovviamente.”
“E’
incredibile che tutti sapessero che sei gay,
tranne tuo padre, comunque.”
“Beh,
nemmeno tu l’avevi capito, all’inizio, se
per questo!”
Brenda gli
lanciò un’occhiataccia: “Non
è colpa mia se
sei troppo virile!”
Noa rise:
“Ma per favore, smettetela di stereotiparci,
paragonandoci al classico gay effeminato! Voi ragazze non avete ancora
imparato
nulla dopo Ricky Martin?”
Improvvisamente,
però, alle loro spalle arrivò un urlo
isterico: “Siete davanti allo sportello della mia
macchina!”
Girandosi, videro a
pochi passi da loro una ragazzina
bionda e appariscente.
“Oh,
scusami tanto, - replicò Brenda, beffarda -
la prossima volta mi farò crescere gli occhi dietro la
testa, così, se dovessi
passare di nuovo di qui e mettermi davanti allo sportello della tua
auto, mi
sposterò al volo vedendoti arrivare…”
L’altra la
guardò in modo strano: “Ok, però sei
ancora
lì davanti.”
Intuendo che la
situazione stava per precipitare, Noa
prese l’amica, visibilmente alterata, e la
trascinò via: “Ooook,
eccoti il campo libero!”
“Grazie
tante, era ora!” replicò la ragazza,
salendo in macchina.
Vedendola andare via,
Brenda sussurrò, isterica: “Se
solo avessi una delle pozioni della signora Ferguson, le farei venire
tanti di
quei brufoli da farla rinchiudere in casa per sempre!”
Subito dopo,
un’altra voce alle loro spalle interruppe
i due amici: “Brenda?” chiamò qualcuno e
velocemente Noa infilò la bussola in
tasca, prima di voltarsi.
“Wes?
– esclamò lei sorpresa, per poi squadrarlo
- Mi stai seguendo, per caso? Insomma, se è per gli appunti,
sono qui nella
borsa, non c’è bisogno di stalkerarmi!”
e iniziò subito a frugarvi dentro per
cercarli, ma lui la fermò prima.
“No,
non voglio i tuoi appunti, non più. Ho già
risolto. Sono solo qui per prendere mia sorella a scuola, non ti
sto stalkerando.”
Lei rimase spiazzata
dalla risposta di
lui: “Ah. Capisco…”
In quel momento il
ragazzo notò che la tasca di Noa si
era illuminata.
“Ehm,
che cos’è quella luce?” chiese,
indicandola.
“La
tecnologia dei nuovi telefoni, eh?” rispose
Noa, preso alla sprovvista, con un sorrisino.
Wes, però,
si limitò a lanciargli una strana occhiata,
perché subito dopo fu richiamato da una ragazza che si
trovava alle sue spalle.
“Uffa,
Wes, vogliamo andare? Se fossi andata con
la macchina di Stacy e il suo fratello fico, sarei già
arrivata a casa da un
pezzo!”
“D’accordo
andiamo!” le rispose il fratello,
lanciando uno strano sguardo ai due e allontanandosi.
Subito, Noa si
voltò incuriosito verso l’amica.
“Chi
era quello?” chiese.
“Uno del
mio corso a cui dovevo degli appunti, ma che
non è più venuto a casa mia a prenderli. Non
capisco perché si sia offeso
tanto, visto che gli avevo scritto anche il mio indirizzo ed ero stata
gentile…”
“Credo
si sia offeso per essere stato chiamato
stalker. Oggi sei parecchio acida, sai?”
Ma Brenda non ebbe il
tempo di replicare, perché la
loro attenzione fu catturata da un incidente appena successo a pochi
metri di
distanza: un’auto era andata a sbattere contro un albero.
Subito la folla di
studenti si assiepò intorno e i due, facendosi largo
attraverso essa,
riuscirono ad arrivare in prima fila e ad osservare la scena
più da vicino.
Il ragazzo fu il
primo a parlare: “Toh, guarda,
proprio la ragazza che volevi ricoprire di brufoli!”
Lei, però,
non disse nulla, impegnata a osservare un’altra
ragazza, in piedi, lontano dal gruppo: “Ehi, guarda quella!
– la indicò - Sono
tutti qui a guardare l’incidente, mentre lei… ok,
aspetta, ora sta scappando
via. Seguiamola!” e iniziò a correre, mentre Wes,
poco lontano, li osservava,
sempre più sospettoso.
Municipio – Ufficio del Sindaco
Dopo aver ricevuto la
lista di libri dalle streghe,
Zack era corso nell’ufficio di John e, fortunatamente, non
aveva trovato
nessuno, così era corso subito nel passaggio segreto per
liberare i due angeli.
Una volta tirati i
due fuori dalla gabbia, mise dentro
al loro posto i bulloni incantati da Klen: “Ok, la ragazza ha
detto che dovete
battere le mani tre volte, perché proiettino i vostri
ologrammi, ok?”
Xao, però,
gli rivolse un’occhiata perplessa: “Sei
sicuro che John non si accorgerà
dell’inganno?”
“Gli
sembrerà di vedere voi, come se foste
davvero dentro quella gabbia. Inoltre, sono ologrammi intelligenti,
quindi,
ogni volta che parlerà con loro, saranno in grado di
rispondere e dialogare.”
Senza più
dubbi, i due batterono le mani e i bulloni
fecero il loro lavoro.
Zack, allora, decise
che era arrivato il momento di
occuparsi dei libri, così si rivolse a Zeta:
“Avete visto dove ha messo i libri
delle streghe, per caso? Dall’ufficio sono scomparsi, quindi
devono essere
senz’altro qui.”
La donna glieli
indicò subito: “Sì, sono sotto quel
lenzuolo bianco, dietro quelle cianfrusaglie.”
Lui
eseguì, tirandoli fuori uno alla volta, per poi
controllare la lista. Velocemente, mise quelli che gli servivano in un
sacco,
che poi diede in mano ai due angeli: “Bene, questi sono i
libri che servono
alle streghe. Teletrasportatevi a casa di Dana, poi correte ad Alkaban
il più
presto possibile, lei vi spiegherà meglio, ok? Sarete al
sicuro in quel posto,
nel caso John scoprisse l’inganno!” e i due,
annuendo, svanirono.
Il ragazzo, allora,
uscì dal passaggio segreto e, dopo
aver richiuso la libreria, si ritrovò davanti proprio John.
“Oh
Dio, sei tu, - esclamò - mi hai fatto
prendere un colpo!”
“Non
sei un vero demone, allora! – ribatté
quello, sarcastico - Noi non proviamo paura, né tantomeno
prendiamo colpi!
Piuttosto, cosa ci fai nel mio ufficio?”
“Ehm,
ti stavo cercando! Dov’eri?”
“Ho
incontrato un agente immobiliare e ho comprato una
casa. Mi sembrava una cosa giusta da fare, – rise –
quale sindaco non ne ha
una? Insomma, non posso vivere nel mio ufficio o in quel posto
sottoterra!
Comunque, perché mi cercavi?”
“Per
conoscere la tua prossima mossa, no? Mi
sembra che stai prendendo piuttosto alla leggera la fuga dei demoni e
le
streghe, o sbaglio?”
John lo
fissò per qualche secondo, mettendolo quasi in
soggezione, poi rispose: “Non l’ho presa tanto alla
leggera, credimi, solo
esteriormente non lo do a vedere. Tuttavia, non preoccuparti, non mi do
per
vinto e mi inventerò qualcosa, se ho tempo. A proposito,
quando avrò finito di
arredare casa, darò un piccola festa e inviterò
alcuni miei dipendenti e altra
gente. Vorrei che ci fossi anche tu. Verrai?”
Zack,
benché perplesso dal suo comportamento
apparentemente così calmo, annuì: “Ma
certo, perché non dovrei esserci?”
L’uomo
sorrise, compiaciuto ed entusiasta: “Bene.
Ottimo. Ciao, allora.” ed entrò nel suo ufficio,
lasciando il ragazzo in mezzo
al corridoio in preda alla confusione.
Intanto, la ricerca di Brenda e Noa si era conclusa in un quartiere
residenziale, davanti ad una abitazione come le altre. Per questo, il
ragazzo
aveva controllato per l’ennesima volta la bussola, che ancora
lampeggiava con
discreta intensità.
“Non
c’è dubbio, quella ragazza che abbiamo visto
fuggire è stata infettata. La bussola non ha mai smesso di
lampeggiare da
quando abbiamo iniziata a seguirla. Ora come ci comportiamo,
però? Insomma,
suoniamo alla sua porta e le diamo un colpo in testa, sperando che la
madre non
chiami la polizia, o cosa?”
L’amica
scosse la testa: “Senti, avviciniamoci e
teniamo d’occhio la situazione, ok? Dopo vedremo come
comportarci” e così
fecero.
Mentre si
avvicinavano alla casa, però, Noa,
sconvolto, sussurrò: “Dio, è solo un
adolescente…”
“Un adolescente pericolosa, però, che, non so
come, ha mandato fuori strada una
sua coetanea!” replicò l’amica, subito
interrotta da una voce alle loro spalle.
“Se fossi in voi, non lo farei!”
Noa
sobbalzò all’istante, per poi girarsi, sotto
shock: “Oddiooo! – poi si ricompose, vedendo che
l’amica non aveva avuto la sua
stessa reazione – Cioè, ragazzina, non lo sai che
non si sorprendono i grandi
alle spalle?”
Infatti si trattava
di una normale ragazzina in
bicicletta.
“Scusami,
cosa non dovremmo fare, esattamente?”
le chiese Brenda.
“Entrare
in quella casa” rispose lei, suscitando
la loro curiosità.
“Come
mai questo avvertimento? Conosci per caso
la ragazza che ci vive?”
“Sì,
certo. Jenna è la mia migliore amica. O
almeno, lo era...”
“In
che senso? Cosa è successo?”
“Ha
iniziato a diventare strana e a fare
cose strane. Sapete,
c’è un gruppetto di ragazze a scuola che ci
tratta sempre da sfigate, ma noi ce ne siamo sempre fregate, sedendoci
insieme
in un angolo della mensa a parlare di loro e a prenderle in giro. Poi,
però, le
cose sono cambiate e Jenna ha iniziato a parlare di loro con odio, non
più
scherzosamente, come eravamo abituate a fare. Quella ragazza che oggi
ha avuto
l’incidente si chiama Beth. Lei faceva parte di quel gruppo e
ha fatto la
stessa fine di tutte le altre.”
Brenda la
guardò, confusa, pensando di avere capito
male: “Le altre? Vorresti dire che non è la
prima?”
“No,
la cosa va avanti da settimane. Una di
loro, Carol, si è buttata in piscina con addosso delle
catene, martedì scorso.
Un’altra, Melissa, si è addirittura messa una
corda intorno al busto e l’ha
fissata al retro dello scuolabus, poco prima che partisse. Insomma, a
quel
gruppo di ragazze sono successi numerosi incidenti. Jenna, quindi, ha
ottenuto
quello che voleva e vi posso assicurare che è stata lei a
fare tutto questo!”
“Non preoccuparti, ti crediamo, ma a cosa ti riferivi quando
hai detto che fa
cose strane?”
“Rubava
loro delle cose, tipo capelli o pezzi di
indumenti, ma non ho mai capito cosa ci facesse poi. Mi ha totalmente
ignorata,
dopo essere diventata strana e non sono mai più entrata in
casa sua da allora.”
“E
i genitori di Jenna?”
“Non
lo so, non li vedo da giorni. Ma, scusate,
chi siete voi, esattamente?”
Brenda le sorrise:
“Senti, noi aiuteremo la tua amica.
Siamo qui per lei, ok? Tu torna a casa e resta il più
lontano possibile da qui.
Se non ti ha ancora fatto del male, vuol dire che ti vuole ancora
bene.”
L’altra,
benché perplessa, annuì, girando la bici:
“Sono certa che Jenna mi voglia ancora bene, anche se al
momento non riesce a
dimostrarmelo. Le amiche non posso ignorarti così, dal
giorno alla notte, no?”
Brenda ci
pensò su, poi annuì: “Faremo in modo
che le
cose tornino come prima, d’accordo? Ora vai!”
Subito dopo, i due tornarono a camminare verso la casa e Noa non
resistette
alla tentazione di commentare la storia: “Non so se stai
pensando alla stessa
cosa, ma io credo che Jenna abbia iniziato a sperimentare il
voodoo.”
“Beh,
se lo sta praticando, faremo in modo che
smetta! Ignorare la sua amica per degli stupidi problemi personali con
delle
oche ossigenate è inammissibile!”
replicò l’amica, varcando il cancello.
“Quindi cosa facciamo adesso? Suoniamo il campanello e ci
facciamo strappare
via un capello per poi ritrovarci a camminare sul cornicione di un
edificio? Magari
su quello di John, mentre ci ride in faccia gridando: Avanti
cadi,
avanti cadi! Cosa stai aspettando a cadere?”
Brenda gli rispose
con un’occhiataccia: “No, genio!
Indaghiamo un po’ per capire meglio la situazione!”
“Cosa
c’è da capire? – chiese lui,
avvicinandosi
alla cassetta della posta - Un’adolescente sfigata vuole
distruggere le sue
compagne di scuola super popolari. La vendetta che ogni teenager
vorrebbe, se
sapesse che il soprannaturale esiste! Io qualche abra-voodoo a qualcuno
l’avrei
fatto molto volentieri, quando ero al liceo. Tu no?”
“Io
ero la super popolare, a dire il vero.
Fortunatamente, nessuno mi odiava a quei tempi. – poi
guardò perplessa l’amico,
che stava cercando di forzare la cassetta delle lettere – Si
può sapere cosa
stai facendo? Con indagare, non intendevo frugare nella cassetta delle
lettere!
E poi a quattordici anni non ricevi posta!”
Noa, però,
era di tutt’altra
opinione: “Bingo! Jenna ha ricevuto un
catalogo chiamato… – lo girò
per poter leggere – Dolls Magazine.
Inquietante…”
“Che
fantasia! Beh, almeno abbiamo confermato la
teoria del voodoo!”
“Sai,
Jenna sembra molto fissata con questa
roba, questo è il numero 234 che riceve
quest’anno.”
“MOLTO
fissata, considerando che potrebbe aver
iniziato ad abbonarsi a questa roba da anni! Potrebbe avere milioni
di Dolls
Magazine nella sua camera.”
“Se
ne avesse davvero così tanti, sarebbe
automaticamente un’accumulatrice compulsiva, tipo quelle che
vedi in
televisione e che riempiono la casa di gatti, mobili o scatole per cibi
d’asporto usate!”
Brenda si
fermò e lo guardò in modo strano: “Ehm,
diventi un accumulatore compulsivo con qualsiasi cosa accumuli. Non
solo gatti,
mobili o scatole per cibi d’asporto, sai? E comunque,
perché stiamo continuando
a parlare di cose stupide? Torniamo a casa della signora Ferguson e
vediamo
come agire, no?”
Lui la
squadrò, perplesso: “Tutto qui?
L’indagine è già
finita?”
“Non
possiamo fare nulla, per adesso. Non
sappiamo di cosa sia capace e non possiamo usare le maniere forti,
perché è pur
sempre una ragazzina. La signora Ferguson, invece, ci darà
una mano per
portarla ad Alkaban senza che nessuno si faccia male.”
Capendo
la situazione, Noa acconsentì, allontanandosi con lei.
Sfortunatamente, però, Jenna gli aveva osservati per tutto
il tempo da dietro
la finestra della sua camera, ben nascosta dalle tende.
Casa
Ferguson
Subito
dopo aver lasciato il municipio, Zack era
tornato da Dana portando con sé i libri per le streghe e la
sua agitazione fu
più che evidente all’anziana strega.
“E’
stato davvero inquietante incrociare John.”
I
due, nel frattempo, si erano spostati dalla cantina
al soggiorno: “Almeno sei riuscito a recuperare i libri e a
liberare Xao e
Zeta.”
Il
ragazzo, però, non parve tranquillizzato, anzi,
iniziò a fare avanti e indietro, nervoso: “Sento
che sa che sto mentendo e
collaborando con voi. Inoltre, sembra essere totalmente tranquillo,
nonostante abbia
perso i suoi prigionieri. Sta tramando qualcosa e io ho paura ad essere
ancora
nelle sue mani…”
“In
effetti, salvare i demoni e le streghe è
stato fin troppo facile, come se ce gli avesse serviti su un piatto
d’argento,
ma, sinceramente, non vedo cosa ci possa guadagnare da tutto
questo…”
“Inoltre,
non mi coinvolge più in niente. Non mi
consulta da parecchio tempo, ormai, e questo mi fa capire ancora di
più che non
si fida di me!”
La
donna si avvicinò a lui e gli mise una mano sul
braccio nel tentativo di tranquillizzarlo: “Zack, calmati! Ti
libereremo da
quel marchio, ok?”
Nello
stesso momento, in cantina, le streghe stavano
consultando i libri proprio per risolvere il problema di Zack. In
particolare,
Tamara continuava a girare le pagine in cerca di una soluzione, mentre
Klen,
alquanto distratta, girovagava per la stanza, finchè non fu
richiamata dalla
più anziana.
“Klen,
che cosa stai facendo? Non possiamo
perdere tempo, dobbiamo aiutare Dana e poi raggiungere gli altri ad
Alkaban.
Non voglio essere di nuovo rapita da John, perciò sbrigati!
Mi servi qui ora!”
L’altra,
però, parve non ascoltarla, impegnata com’era
a scrutare dei tappeti ammassati uno sopra l’altro in un
angolo: “Qui sotto
sembra esserci qualcosa…”
La
donna sbuffò: “Klen, non toccare nulla!”
Ma
l’altra disubbidì, scoprendo una piccola
cassaforte. “Chissà cosa c’è
dentro…” si chiese. Tamara controllò
l’ingresso
della cantina, per paura che Dana tornasse, poi si girò
verso di lei: “Klen,
rimetti giù quei tappeti e vieni qui! Sono cose che non ci
riguardano!”
Ancora
una volta la giovane strega la ignorò, toccando
la cassaforte e ricevendo una piccola scossa, che la fece
indietreggiare:
“Accidenti, una protezione magica!”
“Ben
ti sta a ficcanasare!”
“Chissà
cosa c’è lì dentro da doverlo
proteggere
così. Magari informazioni sulla cupola, non credi?”
Per
un attimo, l’altra parve cedere alla curiosità, ma
poi, per fortuna, tornò in sé: “Klen,
non sono affari nostri, qualsiasi cosa
sia! Dana e i suoi compagni ci hanno salvati, perciò vieni
subito qui a sederti
e a consultare questi libri, ok? Sono il capo della tua congrega, non
disubbidirmi!”
Le
sue parole convinsero finalmente Klen che,
sbuffando, la raggiunse al tavolo: “Va bene, va
bene!”
Tuttavia,
non riuscì a non continuare a lanciare, di
tanto in tanto, qualche occhiata alla cassaforte.
Nel frattempo, Brenda e Noa erano rientrati a casa e subito Dana aveva
voluto
sapere com’era andata la ricerca: “Avete trovato il
disordine?” chiese.
“Sì, sottoforma di una ragazzina di quattordici
anni.”
Sentendo la risposta di Noa, Zack si intromise: “Qual
è la frequenza dei
disordini, nelle ultime settimane?”
“Due
o tre a settimana. – rispose la ragazza - Per il
momento la situazione è stabile, grazie alla pozione
immunitaria che la signora
Ferguson ha diffuso qualche settimana fa.”
La
donna, però, non parve altrettanto fiduciosa:
“Sì,
ma l’effetto della pozione non farà la differenza.
Presto o tardi, i disordini
infetteranno sempre più persone: questa è
soltanto la quiete prima della
tempesta!”
“Confortante…”
rispose il ragazzo.
L’amica,
allora, decise di tornare a focalizzarsi sul
loro problema: “Ok, comunque noi adesso abbiamo il problema
della ragazzina
infettata, perciò, come ci comportiamo? Non possiamo starle
dietro tutto il
giorno, vorrei anche studiare e riposare per almeno un’ora,
se possibile.”
Dana, percependo
una nota isterica nella
sua voce, si voltò immediatamente verso di lei:
“Stai bene, cara?”
“E’
così da tutto il giorno!” rispose Noa per
l’amica, ricevendo in cambio un’occhiataccia.
“Noa!”
“Davvero
tesoro, qualcosa non va?”
“Niente,
va tutto a meraviglia, ora possiamo
sbrigarci?”
Ma
Zack, altrettanto preoccupato, insistette:
“Brenda!”
“Ok,
volete sapere cosa mi prende? Sono stanca!
Stanca di correre a liberare demoni e streghe, di salvaguardarli da
chissà
cosa, di cercare i disordini, di trovare persone disegnate in un foglio
da
qualcuno morto secoli fa e di non ricordare l’ultima volta
che ho dormito per
almeno due ore di fila! Voi ve ne state qui a consultare libri, Terence
è ad
Alkaban con il Consiglio a controllare gli altri e puntualmente siamo
sempre io
e Noa ad andare a destra e a manca a rischiare la vita. Per non parlare
del
fatto che lui è ancora inesperto, il che vuol dire che
è come essere da sola. –
poi parve accorgersi di cosa aveva detto e si voltò verso
l’amico – Senza
offesa, eh! E, in tutto questo, Jade frequenta regolarmente le lezioni
e si fa
venire a prendere da un ragazzo che non sappiamo nemmeno quando ha
conosciuto,
fregandosene totalmente di cosa stiamo passando noi!”
Zack,
quando finì, la guardò piuttosto confuso:
“Cercate persone disegnate in un foglio? E Jade ha conosciuto
un ragazzo? – poi
si infuriò – Sono l’ultima ruota del
carro, forse? Perché io non sono a
conoscenza di queste informazioni?”
A
rispondergli fu Dana, che prima non risparmiò alla
ragazza un’occhiata severa per ciò che si era
lasciata sfuggire: “Abbiamo
scoperto alcune cose, recentemente. Se non te le abbiamo dette,
è solo perché
sei ancora sotto il controllo di John e potrebbe leggerti la mente. Per
quanto
riguarda il ragazzo misterioso, Brenda me l’ha raccontato
solo questa mattina.”
“E
chi è? Possiamo fidarci?” chiese subito,
preoccupato, ma ricevendo in cambio solo una risposta scocciata da
parte di
Brenda.
“Senti,
Zack, lei sta bene. Sta più che bene.
Preoccupiamoci di noi stessi, per adesso, ok?”
E
subito la signora Ferguson ne approfittò per
cambiare discorso: “Noa, cosa sapete dirmi di questa
ragazza?”
“Usa
delle bambole per torturare le compagne di
scuola. E’ fissata!”
“Vorremmo
portarla ad Alkaban senza doverle fare
del male. – aggiunse Brenda – Anche
perchè non potrei fargliene in ogni caso,
visto che ho perso la mia balestra nelle fogne!”
L’anziana
strega annuì leggermente, poi ci rifletté su
per qualche secondo, prima di parlare: “Seguitemi, forse ho
qualcosa che fa al
caso nostro!” e, dopo essere saliti velocemente in soffitta,
li portò davanti a
qualcosa nascosto sotto ad un lenzuolo. Subito lo tolse, mostrando cosa
c’era
sotto.
Noa
fu il primo a commentare, perplesso: “Una casa
delle bambole? Ci… mettiamo a giocare anche noi,
adesso?”
Dopo
un’occhiataccia generale, Dana spiegò loro di
cosa si trattava: “Ho regalato questa casa a mia figlia,
quando era piccola. Ci
ha giocato anche Jade, da bambina. Voi, invece, la userete per
intrappolare la
ragazzina. E’ un’appassionata di bambole, no?
Sarà contenta di avere anche una
casa tutta per loro!”
“Farà
un incantesimo alla casa?” le chiese Noa,
curioso.
“C’è
già. L’ho fatto molto tempo fa, quando John
sparì
dalle nostre vite per qualche tempo. Temevo che sarebbe tornato e che
avrebbe
fatto del male a noi, ma soprattutto alla sua piccola nipotina,
così ho fatto
in modo che, aprendo la finestrella della soffitta, si venga
risucchiati
all’interno della casa. Quando la porterete alla ragazzina,
dovrete fare in
modo che la finestrella sia aperta e che lei ci passi davanti,
ok?”
“D’accordo,
ma come la portiamo in casa sua
senza destare sospetti?”
“Sono
sicura che vi verrà in mente qualcosa!”
Poi,
prima che andassero via, diede loro un ultimo
avvertimento: “Ah, dimenticavo, non aprite la finestrella
mentre siete davanti
alla casa, o verrete risucchiati anche voi!” e, dopo che i
due annuirono, li
lasciò andare via con la casetta.
Da
un’altra parte, nella dimensione che Jade aveva
creato grazie alla sfera dell’immaginazione, lei e Rick si
stavano rilassando,
seduti sulla spiaggia a guardare il mare.
Lei,
in particolare, stava guardando con curiosità il
sole: “Ma non tramonta mai? Siamo qui da molto,
ormai…”
“Hai
immaginato una spiaggia con il tramonto e
così resterà fino a quando non torneremo alla
realtà.”
Jade
annuì, sorridendo: “E’ come fermare il
tempo, in
un certo senso. Un sole che non tramonta mai. Incredibile!”
“Già,
- le rispose lui, sdraiandosi - sarebbe
bello poter fermare il tempo per sempre, bloccare questi momenti,
impedirgli di
tornare a scorrere.”
Per
qualche minuto, su di loro calò il silenzio,
perché la ragazza era troppo impegnata a riflettere.
“Rick,
- esordì dopo un po’ - secondo te dove si
va quando si muore?”
L’uomo
rise: “Non sono mai morto, non lo
so. In paradiso, forse?”
“No,
seriamente. Non ho mai creduto a queste
storie sul paradiso o l’inferno, quindi secondo te dove si
va?”
“Spero in un bel posto, dove rivedi tutte le persone a te
care…”
Lei
rise, dandogli una forte pacca sulla spalla: “Stai
descrivendo il paradiso, cretino! – poi tornò
subito seria e riflessiva – E se
la morte fosse l’inizio di una nuova vita? Morire e poi
ricominciare a vivere
altrove…”
Lui,
incuriosito, si voltò a guardarlo: “Ne sembri
così sicura…”
“Prima
di incontrarti, sono morta. Per davvero.
Per questo mi hai trovata sconvolta quel giorno, davanti a casa tua.
Ero stata
resuscitata, strappata da quel luogo a cui ero destinata ad
appartenere.”
“Di
che luogo si trattava?”
Jade
chiuse gli occhi, cercando di ricordare ogni
dettaglio: “Ti sembrerà assurdo, ma ero a
Brooklyn. Sì, ero proprio lì. Ero nel
parcheggio di un supermercato, stesa sull’asfalto con attorno
delle buste della
spesa e il bagagliaio della macchina aperto. Sembrava quasi che
l’avessi fatta
io e che la stessi sistemando in auto, come se mi fossi svegliata in
una vita
già in corso. Poi mi si avvicina questo signore che mi
chiede se sto bene e io,
confusa, mi guardo attorno e vedo anche altra gente.”
“Quindi
l’aldilà non esiste, semplicemente si
muore e si finisce qualche chilometro più in
là?”
“Non
lo so, sembrava un posto assai lontano… ma,
probabilmente, non lo scoprirò tanto presto ora che sono di
nuovo viva.”
E,
senza aggiungere altro, i due continuarono a
godersi la spiaggia.
Casa di Jenna – Morney Hill
Brenda
e Noa stavano trasportando la casa delle
bambole di fronte alla porta della casa della ragazza. Durante il
tragitto Noa
aveva pensato ad una strategia efficace, che continuò a
ripetere all’infinito
all’amica.
“…
e, dopo essere entrati, tu la intrattieni, mentre
io porto di sopra la casa delle bambole e apro la finestrella. Poi, la
fai
salire, le dai uno spintone e BOOM, risucchiata!”
Brenda, suonando il campanello, disse seccata: “Si si, ho
capito” mormorò
l’altra, seccata, suonando il campanello.
“No,
lo devi capire bene, invece, visto che a
casa della signora Ferguson hai detto che sei praticamente sola
nell’azione!
Perciò voglio un grazie, quando Jenna sarà
rinchiusa ad Alkaban!”
“Bene,
allora suoniamo. Ti chiedo scusa per quel
commento...”
“Tranquilla,
accetto le scuse, anche se non mi
sono offeso più di tanto. Del resto, non hai tutti i torti:
con Megan-il mostro
non sono riuscito ad aiutarti molto, stavamo quasi per
soffocare…”
Con
un accenno di sorriso sulle labbra, la ragazza
attese con lui l’arriva di Jenna che non si fece aspettare,
dato che li stava
attendendo dietro la porta.
“Sì?”
chiese e Noa diede inizio alla recita.
“Salve, lei è Jenna… - si
bloccò, ricordando di non sapere il cognome –
quella
abbonata alla nostra rivista Dolls Magazine?”
Mentre
Brenda sudava freddo, la ragazza rispose,
seccata: “Sì, allora?”
“Complimenti,
lei è stata selezionata tra tutti
gli abbonati della rivista e ha vinto questa graziosa casetta delle
bambole!” e
gliela mostrò, non lasciandosi sfuggire la reazione
entusiasta dell’altra.
“Oh,
ma davvero? Io non ho mai vinto niente!”
Il
ragazzo le sorrise: “Bene, sono contento per te,
allora. Puoi indicarmi la tua camera, così te la lascio? Mi
sa che è troppo
pesante per te…”
“Ok,
devi salire le scale, la terza stanza che
incontri lungo il corridoio.”
Ma,
prima che potesse seguirlo, Brenda le parlò,
distraendola: “Allora, non ti sei persa nemmeno un numero di
questa rivista,
eh? Posso farti alcune domande, allora? Sai, in caso dovessimo fare
altre
estrazioni per regali-omaggio! – poi notò qualcosa
nella sua tasca – Vedo che
hai una delle tue bambole con te. Carina!”
“Ha
anche una pistola, come accessorio. Da
grande vuole essere una poliziotta” rispose quella, una nota
diabolica nella
voce.
Noa, intanto, era entrato nella sua camera, una stanza del tutto
normale, a
prima vista. Poi, però, notò sulle mensole le sue
bambole, insieme ad altri
oggetti curiosi: una macchina giocattolo, uno scuolabus giocattolo
assieme ad
una corda e una finta mini-piscina assieme a delle mini-catene.
Subito esclamò,
sbalordito: “Pazzesco…e
inquietante!” e, non perdendo altro tempo,
posizionò la casa sul ripiano di un
mobiletto, aprendo la finestrella della soffitta e tenendosi dietro ad
essa per
non finire risucchiato.
Improvvisamente,
sotto i colpi delle due ragazze, la
porta cadde a terra e le due finirono a terra, una sopra
l’altra.
Brenda,
cercando di tenere ferma Jenna, gli gridò:
“Punta la casa verso di noi, non riuscirò a
tenerla inchiodata al pavimento per
molto!”
“Ma…
ma risucchierà anche te!” replicò lui,
combattuto.
“Portaci
ad Alkaban, lì mi tireranno fuori!
Muoviti!”
E
lui fece come richiesto. Pochi secondi dopo, erano
state entrambe letteralmente risucchiate al suo interno, lasciandolo
letteralmente senza parole.
“Wooow!
– esclamò, per poi tornare subito serio
– Ok, adesso devo portare la casa ad Alkaban,
però!”
Tuttavia,
non fece nemmeno in tempo a prenderla in
mano, che sulla porta della stanza comparve una ragazza con la pistola:
la
migliore amica di Jenna.
Noa,
immobile e teso, alzò le mani: “Tu sei la ragazza
con cui abbiamo parlato prima, l’amica di Jenna!”
Quella
iniziò ad avanzare all’interno: “Vi
avevo detto
di andarvene. – poi la sua voce iniziò a tremare
– Non voglio spararti, ma lei
mi sussurra delle cose…”
Il
ragazzo non la perse di vista un istante, mentre
cercava di avvicinarsi sempre di più all’uscita:
“Ok, suppongo che la sentirai
comunque anche se ti tappi le orecchie, vero?”
Quando
lei sembrò in procinto di sparare, riuscì a
gettarsi velocemente
fuori, così, quando partì il colpo, il proiettile
finì nella parete del
corridoio. Tuttavia, si rialzò talmente in fretta che cadde
nuovamente vicino
alle scale, rotolando giù e perdendo i sensi.
Nel
frattempo,
all’interno della casa delle bambole
Qualche
secondo dopo, Brenda si
risvegliò.
Era nel soggiorno e subito iniziò a guardarsi intorno,
stupita.
“Accidenti,
dentro è identica alla casa della signora
Ferguson!”
Poi notò che Jenna non era nei paraggi, così
decise di chiamarla: “Jenna? Dove
sei? Lo so che sei qui da qualche parte, non puoi sfuggirmi!”
Non
ricevendo risposta, si avvicinò alla finestra,
cercando di guardare fuori: “Noaaaa?? Noa! Accidenti,
dov’è?” gridò.
Improvvisamente,
dei passi fecero tremare la casa e,
davanti a sé, vide l’amica di Jenna che vi puntava
contro la pistola.
Brenda,
sgranò gli occhi, sotto shock: “Oh mio
Dio…” e
subito si buttò per terra, mentre i proiettili colpivano la
casa.
Jenna,
intanto, si era nascosta in una delle stanze,
per parlare alla bambola con cui comandava la sua amica.
Alcune ore dopo, Brenda era ancora nascosta dietro ad uno dei divani
del
salotto e con cautela si stava trascinando verso le scale,
perché aveva
compreso che la finestrella della soffitta si era richiusa e che doveva
salire
al piano superiore ad aprirla per risucchiare dentro anche
l’altra ragazza, in
modo da non ferire nessuno.
Arrivata in soffitta e una volta aperta, notò preoccupata
che fuori non c’era
più nessuno.
“Ma
dove diavolo…”
In
quel momento, si sentirono nuovamente dei passi
all’esterno: qualcuno stava salendo le scale. Tuttavia, ad
entrare in camera,
qualche secondo dopo, fu Terence, che non vedendo nessuno,
iniziò ad avanzare
all’interno.
Brenda,
naturalmente, cercò di gridare nel tentativo
di farsi sentire: “Nooo, non entrare! Terence, non
entrareee!”
Ma,
inevitabilmente, fu risucchiato anche lui, mentre
la ragazza, invano, cercava di richiudere la finestrella, che si era
bloccata.
Quando capì che era ormai troppo tardi, scese di corsa le
scale, raggiungendo
il suo amato al piano inferiore: Terence era in piedi nel soggiorno e,
quando
Brenda entrò nella stanza, vide attraverso la finestra che
l’amica di Jenna era
tornata, pronta a sparare nuovamente. Gridando, si buttò
contro di lui, mentre
i proiettili distruggevano tutto, sollevando polvere e schegge di legno
ovunque.
Non
appena i colpi cessarono, Terence riuscì a
parlarle: “Stai bene? – poi notò del
sangue sul braccio di lei – Brenda, ma tu
sei ferita!”
Solo
in quel momento lei se ne accorse: “Eh già!
Sanguina anche un bel po’…”
Lui,
allora, si risollevò e la prese in braccio: “Ok,
ora ti porto in un’altra stanza e cerco di fermare il
sangue.”
Qualche secondo dopo erano rinchiusi nel bagno del piano superiore.
Terence
aveva messo Brenda nella vasca, per poi iniziare ad aprire i cassetti
in cerca
di qualcosa che potesse essergli utile. Fortunatamente,
riuscì a trovare delle
bende, una boccetta di disinfettante e dei medicinali.
La
ragazza, vedendo quelle cose in mano, ne rimase
molto sorpresa: “Ci sono davvero? In una casa delle
bambole?”
Lui
si occupò della ferita, mentre le rispondeva: “La
casa è stata fatta da Dana, cosa ti aspettavi? Che non
avesse bende,
disinfettanti e medicinali? Scommetto anche che scorrerebbe acqua dai
rubinetti, se li aprissi!”
Brenda,
allora, accennò un sorriso poco felice: “Come
ci hai trovato, piuttosto?”
“Dana
si è preoccupata, visto che eravate
spariti da ore, così mi ha chiamato. Avete lasciato la
bussola, quindi l’ho
usata per trovarvi. Anzi, per trovare il disordine, che poi mi ha
portato da
voi.”
Improvvisamente,
Brenda iniziò ad agitarsi: “Oh mio
Dio, Noa! Come sta? L’hai visto?”
“Stai
tranquilla, era sulle scale, quando l’ho
trovato. Deve essere caduto, ma non preoccuparti: respirava.”
Lei,
più sollevata, iniziò a stringere i denti per il
dolore, perché Terence le stava estraendo dalla spalla una
scheggia di legno.
“Sei
stata fortunata” le disse, mentre
disinfettava la ferita.
La
ragazza scoppiò in una risata sarcastica:
“Fortunata! Bella questa! Ho a malapena schivato un
proiettile grande quanto
un’auto e sarei fortunata!”
L’uomo
la osservò a lungo, mentre le fasciava la
spalla: “Dana mi ha raccontato del tuo strano comportamento.
In effetti, sei intrattabile
da giorni, sai?”
Brenda
rivolse lo sguardo dall’altra parte, cinica: “E
cosa ne sai tu? Tanto sei sempre ad Alkaban, o a fare altro!”
“Beh,
- replicò lui, togliendo un oggetto da
dietro la schiena - oggi non sono stato tutto il giorno ad Alkaban.
Sono anche
tornato a cercare la tua balestra nei tunnel!” e gliela porse.
“Puoi
tenertela, non c’era bisogno di andare a
prenderla!”
Stufo,
Terence sbuffò: “Ok, si può sapere cosa
ti
prende?”
Finalmente,
la ragazza si voltò e lo guardò negli
occhi: “Mi prende che questa situazione rispecchia
perfettamente quello che sto
vivendo da quando siamo tornati a Morney Hill: mi sento
intrappolata!”
“Che
cosa vorresti dire?”
“Jade
mi ha incastrata nella sua vecchia vita!
Santo cielo, ho passato un’intera estate ad essere
completamente ignorata da
lei, poi torna a parlarmi, ma subito dopo sparisce dalle nostre vite
come se
nulla fosse. Un’amica non si comporta così! Ok,
Samuel è morto, ma non possiede
il monopolio del dolore. Anche noi soffriamo! –
scoppiò a piangere – Quella
notte, quando abbiamo salvato i demoni e le streghe, ho incontrato
John: per
circa cinque minuti mi ha fatto provare la sensazione di avere
dell’acido a
scorrermi nel corpo e mi sono sentita morire… Poi ho
pensato: ho preso il suo
posto. Ho preso il posto di Jade. Sto vivendo la sua vita, mentre lei
è lontana
da tutto questo. Capisci? Mi ha incastrata, Terence! Lei mi ha
incastrata e non
le importa niente di quello che mi sta succedendo, delle conseguenze
del suo
allontanamento. Questa è la sua vita, non la mia! Io sono
solo l’amica che la
affiancava, non la prescelta! Non ho nemmeno dei poteri con cui
difendermi! Io…
io sto crollando, giorno dopo giorno e lei non lo sa, non ne ha nemmeno
idea e
questo mi fa rabbia…”
Colpito
dalle sue parole, Terence la abbracciò,
asciugando le sue lacrime.
“Non
voglio più avere paura… - continuò -
temo per la
mia vita ed anche per la tua. Jade non sa tutto questo, è
solo un’egoista e io
la odio per questo!”
“Brenda,
- iniziò lui, gentile, cercando di
farla calmare - non sei sola in tutto questo. Hai me, hai Noa e anche
la
signora Ferguson. Io, poi, non permetterò che ti accada
nulla, ok?”
Ma
lei, poco fiduciosa, scosse la testa: “Non puoi
saperlo… E poi, non so se voglio riprendere quella balestra
in mano. Non sono
più sicura di volermi mettere contro John, o di affrontarlo
di nuovo. Credimi,
è stato orribile!”
Lui,
però, era determinato: “E invece la riprenderai,
perché è l’unica cosa che
può difenderti, chiaro? E di John non devi più
avere
paura, perché non gli permetterò di farti di
nuovo del male. Adesso usciamo da
qui, ok?” e la tirò su, prendendola per un braccio.
“A
proposito, sai come uscire da qui?” le
chiese, mentre iniziavano a percorrere il corridoio.
“Dana
ha detto che l’uscita è nella stanza di Jade,
dove non c’è magia sulle finestre.”
Poco dopo, i due giunsero nella camera e Terence, voltandosi verso
Brenda, le
porse la balestra, con un sorriso di incoraggiamento.
“Forza,
ce la puoi fare! Scocca una delle tue
frecce e usciamo.”
Lei,
però, parve ancora troppo intimorita.
“Avanti,
non avere paura… sei la ragazza più
forte che abbia mai conosciuto. Non smontarmi questo mito, Brenda
Jenkins! – e
rise, per poi guardarla con tenerezza – Non sai quanto ti
amo…”
Finalmente
convinta, la ragazza prese in mano la
balestra, ma, prima di scoccare la freccia, sentì di
dovergli dire ancora una
cosa: “E tu sei l’uomo più persuasivo
che abbia mai conosciuto, sai?” poi, la
fece partire e quella fece un buco nella parete, cui seguì
subito dopo
un’esplosione.
Terence
le prese la mano, sorridendo: “Forza,
andiamo!”
Lei
ricambiò il sorriso, pronta a saltare fuori,
quando, improvvisamente, fu presa alle spalle da Jenna. Le due caddero
a terra,
lottando e sbattendo ovunque, finchè Brenda non prese tra le
mani una lampada e
non gliela spaccò in testa, facendole perdere i sensi.
“Accidenti,
- esclamò l’uomo, stupito – che
botta!”
“Non
l’ho uccisa, vero…?” chiese invece lei,
quasi in colpa e subito Terence si affrettò a controllare.
“No,
respira, ma… a chi stavi pensando, mentre
ti preparavi al lancio?”
“A
Jade e a suo nonno. Direi che mi sono
sfogata, adesso. Possiamo tornare indietro.”
Lui,
però, prima mise una mano nella tasca di Jenna,
estraendone la bambola: “Prima prendo questa,
però. Tanto per evitare che quell’altra
ragazza fuori ci spari!”
“Giusto!”
rispose lei, annuendo e mano nella mano, finalmente
uscirono, concludendo la loro lunga giornata.
Casa
Ferguson
In
casa Ferguson era ormai sera. Tamara si era presa
una pausa dai libri e Dana le stava preparando un tè. Klen,
invece, era rimasta
da sola in cantina, a lavorare ancora sul marchio. Solo che non era
particolarmente concentrata, perché continuava ad osservare
la cassaforte, ora
nascosta sotto il cumulo di tappeti.
Improvvisamente,
iniziò a parlare: “Sono sicura che lì
dentro c’è custodito qualcosa di molto importante
e che Dana ci nasconde
qualcosa…”
Nella
sua mente, John rispose: “E tu troverai il modo
di aprirla per scoprirlo…”
CONTINUA
NEL SESTO
EPISODIO
Testo
a cura di Lady Viviana.
ANGOLO AUTORE: Non perdete
l'appuntamento con il prossimo episodio, la 3x06 "Sulla via del
pericolo", dove gli intrecci a Morney hill si faranno sempre
più seri e pericolosi. Alcuni segreti saranno svelati,
perciò non mancate per Mercoledì 27 Maggio.
Ricordo a tutti, come sempre, di lasciare un commento ai fini delle
continuazione della storia e di passare nella sezione "scheda
personaggi" presente nella prima stagione al capitolo 1x00 per vedere
il volto dei vostri personaggi preferiti. Buona settimana stregata!
|
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Capitolo 6 *** 3x07-Non ho più paura di te ***
CAPITOLO SETTE
"Goosebums
Town"
Halloween’s
Eve – Casa
di John
John aveva il foglio
di istruzioni tra le mani e stava
facendo avanti e indietro per la stanza con i quattro ragazzi bloccati
contro
la parete a guardarlo. Terence fu il primo a parlare, senza timore:
“Allora sei
stato tu ad entrare nella cantina di Dana! Non ti hanno nemmeno visto
arrivare:
uno dei tuoi tanti poteri, suppongo. Quello
dell’invisibilità, magari?”
“Sì,
sì, uno dei tanti. Come quello di duplicare le
cose, come puoi vedere” spiegò, mentendo, ma Zack
intuì subito l’inganno.
“E
c’era bisogno di rapire Klen e ferirla a morte?
Oppure l’hai solo manipolata affinché prendesse
quel foglio per poi ridurla in
quello stato e farci credere che non c’entrasse nulla?
Avanti, sappiamo
entrambi che ti piace far fare il lavoro sporco agli altri,
John!”
L’uomo lo
guardò e sorrise: “Per questo sei qui
stasera, Zack. Ho sempre saputo che eri dalla loro parte. Credevi forse
che non
lo sapessi?”
“E tu
credevi che non lo sospettassi? Klen era sempre
con noi e ti riferiva tutto quello che accadeva, non è
così?”
Di fianco a lui, Wes,
confuso e spaventato, continuava
ad agitarsi: “Che cosa sta succedendo? Chi diavolo siete, in
realtà? E di cosa
state parlando?”
Noa, però,
cercò subito di farlo calmare: “Zitto, non
ti agitare!” gli bisbigliò, ma era troppo tardi:
ormai avevano attirato
l’attenzione di John.
“Ma non
è amico vostro, questo?” chiese ai tre,
indicandolo.
“No!
– esclamò immediatamente Noa - E’ solo
un ragazzo
innocente che non ha nulla a che fare con tutto questo,
perciò lascialo
andare!”
“Sì...
sì, ha ragione lui! – balbettò Wes,
tremando -
Io non c’entro nulla!”
“Sapete
perché siete qui, vero? – continuò il
demone,
ignorandoli - Beh, se non lo sapete, ve lo dico io adesso: ci sono
alcune cose
che non sono riuscito a scoprire per conto mio e scommetto che voi ne
sapete
molto più di me su quello che sta accadendo. Seconda cosa,
sono molto
arrabbiato. Alcuni dei presenti mi hanno tradito, voltandomi le spalle,
mentre
alcuni dei vostri amici mi hanno profondamente umiliato, dimenticando
chi
sono!”
Terence, furibondo,
non riuscì a stare zitto: “Se ti
riferisci a Brenda, beh, direi che ti sei già vendicato
abbastanza su di lei.
L’hai spaventata a morte!”
“Quello era
solo un gioco, Terence. Se avessi voluto,
avrei fatto molto di peggio! Voi ancora non conoscete il significato di
vendetta per John Rockwell. Ma lo saprete presto, perchè
state pur certi che da
questa casa almeno uno di voi non uscirà vivo!”
Sentendo le sue
parole, Wes iniziò ad agitarsi ancora
di più: “Voglio andarmene! Voglio andarmene!
Aiutoooo, aiutatemi, sono quiii!”
John rise di gusto
nel vederlo: “Non ti sentirà
nessuno, risparmia il fiato. Non ti hanno detto che questa
città è praticamente
mia?”
Noa, allora,
bisbigliò di nuovo al ragazzo: “Vuoi
darti una calmata? Guarda che quello non scherza, perciò
chiudi quella bocca se
non vuoi fare una brutta fine!”
Sul gruppo cadde il
silenzio e il demone poté tornare
a studiare il foglio che aveva in mano.
“Domanda
numero uno: a cosa servono questi
contenitori? – li osservò per decidere chi doveva
rispondere – Zack!”
“Non ne ho
idea!” rispose quello e John scosse la
testa, insoddisfatto.
“Risposta
sbagliata!” e, stringendo il pugno, fece
sorgere un dolore nel petto del ragazzo, esattamente dove si trovava il
marchio, che sembrava quasi bruciare sotto la maglietta.
Zack, straziato dal
dolore, con gli altri totalmente
impotenti attorno a lui, iniziò a gridare: “Ho
detto che non lo soooo! Non me
l’avrebbero mai detto, ero un tuo seguace e avresti potuto
leggermi nella
mente!”
Il dolore
cessò. “Quindi loro lo sanno? E’ questo
che
stai cercando di dirmi?”
Troppo tardi
l’altro si rese conto di essersi tradito:
“Io... io non intendevo questo…”
“E invece
sì! – poi spostò lo sguardo su Terence
– Tu
saprai sicuramente qualcosa, sei praticamente parte del gruppo,
ormai.”
Ma l’'uomo
rimase impassibile: “Puoi torturarmi quanto
vuoi, ma dalla mia bocca non uscirà niente.”
“Perché
lui non sa DAVVERO niente! – aggiunse Zack -
Insomma, nemmeno a noi è chiara questa storia della cupola,
dei contenitori di
cui parla quel foglio e di molto altro.”
Di fronte a lui, John
scoppiò a ridere: “Ma a chi vuoi
darla a bere? Ci sono diciannove streghe in questa città.
Esclusa la mia cara
nipotina, ovviamente, che, tra l’altro, ha avuto la geniale
idea di farsi da
parte. Davvero ammirevole da parte sua... Comunque, hanno sicuramente
scoperto
qualcosa e poi l’hanno condiviso con voi” poi dalle
sue dita iniziarono a
uscire piccole scariche, con cui giocherellò per un
po’.
“1992: ho
assorbito da uno stregone il potere di
creare energia elettrica con il corpo. Sapete, non l’ho mai
usato, a dir la
verità, ma mi sono sempre chiesto a che temperatura
carbonizzi la carne...”
Tutti lo fissarono
con occhi sgranati, mentre si spostava
davanti a Terence, che, nel frattempo, si rifiutava di reagire e di
avere
paura.
“Non
rispondi? – attese ancora una manciata di secondi
– Ok, come vuoi...”
Ma, poco prima che si
scagliasse contro di lui, Noa,
consapevole che anche Brenda ne avrebbe risentito, iniziò a
gridare: “Fermoo,
aspetta! Io so qualcosa, ok? Posso dirtelo, ma tu lascialo
stare!”
Immediatamente,
l’uomo spostò lo sguardo su di lui:
“Interessante, non mi aspettavo che qualcuno tenesse a
Terence a tal punto da
prendere il suo posto... Spero che tu non mi abbia appena detto una
bugia,
perchè sarebbe stato davvero molto stupido da parte
tua...”
“Chiedimi
quello che vuoi!” replicò il ragazzo,
convinto.
Terence,
però, intervenne: “Sta zitto, non dire
niente! – gli urlò, per poi rivolgersi
direttamente a John – Sta mentendo, lui
non sa nulla!”
“Sta zitto
tu, faccio quello che voglio!” rispose il
ragazzo, lasciando senza parole per lo stupore il demone.
“Accidenti,
sono davvero impressionato... Mi piaci,
sai? Userò solo scariche a basso voltaggio con te, ma devi
dirmi cose che
abbiano un senso se non vuoi farmi arrabbiare sul serio,
perciò… rispondi alla
domanda di Terence, tanto per cominciare.”
Per qualche istante
ci fu soltanto silenzio, poi,
finalmente, Noa iniziò a parlare.
“A cosa
servono i contenitori? Beh, per contenere
qualcosa, no? Ad esempio, le scatole contengono le scarpe, le provette
il
sangue, le Matrioske altre piccole matrioske e così via.
Sono stato abbastanza
esauriente? Avrei qualche altro esempio, se non ti bastano
questi!”
John rimase
esterrefatto dalla sua risposta: “E’ una
specie di presa in giro, per caso?”
“Avevi
detto che la risposta doveva avere un senso e
la mia lo aveva. Insomma, le hai fatte tu le regole di questo gioco,
ricordi?”
L’uomo
rise: “Domanda numero due: chi sta per
prendersi una scarica?”
L’altro,
però, calmissimo e serio, lo guardò
addirittura negli occhi: “Io, forse?”
“Sbagliato!
In fondo, tu hai risposto bene, no?” e
subito la lanciò su Wes, che gridò per il dolore,
mentre tutti guardavano
sconvolti.
Noa, però,
si ribellò: “Smettila, lascialo stare!!!
Dico a te, stronzoo! Sei solo un patetico vecchio e figlio di puttana
e…” e,
finalmente, riuscì ad attirare la sua attenzione, facendo
cessare le scariche
contro Wes che, nel frattempo, era svenuto.
“…
e io sai cosa ti dico? – replicò - Che hai appena
detto una cosa senza senso, perché io non sembro affatto
vecchio!” e iniziò a
colpire lui, mentre Zack e Terence gli urlavano di fermarsi.
Improvvisamente,
però, un telefono iniziò a squillare:
era quello di Terence, caduto sul pavimento quando era stato
catapultato
dentro. John allora si fermò e andò a recuperarlo.
Intanto Zack, che era
accanto al ragazzo, lo chiamò,
cercando di non farsi sentire: “Ehi, stai bene?”
“No,
– rispose l’altro con un filo di voce - ma devo
resistere. Per Brenda.”
Questo
colpì molto Terence, che li stava ascoltando.
John, intanto, era
tornato e stava fissando lo schermo
del cellulare: “Ma guarda un pò: è
Brenda! – poi si voltò verso Terence –
Chissà, forse vuole sapere come stai. Ora facciamo un altro
gioco divertente in
cui le mando un messaggio, fingendomi te e dicendo che stai bene e che
non deve
preoccuparsi, che ne dici? Inviato!” poi sorrise, guardando
tutti.
“Visto? Ho
mandato un sms! Non sono poi così tanto
vecchio, no? Ora, però, voglio un altro telefono con cui
giocare, perché oltre
a mandare messaggi so anche imitare le voci!”
I tre rimasero a
guardarlo con il fiato sospeso.
Nessuno di loro sapeva come liberarsi da quella situazione folle, ma
una cosa
era certa: il gioco era soltanto all’inizio.
Presente –
Halloween
Era ormai Halloween a
Morney Hill: la festa del
brivido più attesa di tutto l’anno era arrivata.
Brenda, rimasta a corto di
compagni di ronda, fu affiancata da Marcus, uno dei fedeli di Alaris.
Infatti,
dopo essere stata ad Alkaban, la sera prima, i due avevano stretto
amicizia e
in quel momento stavano camminavano attraverso quartieri pieni di
bambini e
adolescenti mascherati.
“Grazie per
avermi permesso di fare una visita alla
stanza di Klen, ieri. – esordì lei - Certo, non
era molto lucida per poter
rispondere alle mie domande, ma ho apprezzato che tu abbia infranto una
piccola
regola per me. Sai, Alaris non voleva farmi entrare...”
“Sì,
Alaris è molto categorico. Ci tiene davvero
all’incolumità di coloro che sono dentro Alkaban.
Potrai sicuramente tornare
domani da Klen. Quando sarà sveglia e lucida,
ovviamente!”
“Lo spero,
devo assolutamente scoprire se è stata
aggredita da John o da un disordinato, mentre il mio ragazzo e Noa
tengono
d’occhio il malvagio Re del male, tenendomi
lontana!”
L’altro si
fermò e la guardò, perplesso: “Non
avevi
detto che era scomparso?”
“Sì
si, poi, però mi ha chiamata e mi ha detto che
stava bene. Mi ha detto che dopo la festa alla confraternita, ha visto
questo
ragazzo, Wes, che a quanto pare era stato infettato. Noa l’ha
inseguito,
lasciando la sua auto e arrivando fino a casa di John, dove poi ha
incontrato
Terence e Zack. Ora tutti e tre stanno cercando di capire cosa sappia
John e in
più cercheranno di catturare quel ragazzo disordinato da
portare ad Alkaban.
Due piccioni con una fava, no?”
“Appostamento
lungo, però, come mai ci stanno mettendo
così tanto?”
A quel punto, anche
la ragazza mostrò una certa
perplessità: “Non lo so, ma… hanno
detto di stare bene, quindi continuiamo il
giro, sperando che sia una serata tranquilla, ok? – poi
scoppiò a ridere –
Forse sono troppo ottimista, non esistono giorni tranquilli a Morney
Hill.
Figuriamoci ad Halloween!”
Non molto lontano da
loro, anche Jade e Rick
passeggiavano in mezzo alla gente. Il rapporto, però, non
era più quello dei
primi giorni, dopo la loro chiacchierata in palestra. Tuttavia,
l’uomo sembrava
non essersi accorto del cambiamento.
“Hai di
nuovo fatto degli incubi, stanotte?” le chiese
e lei, confusa, si voltò verso di lui.
“Incubi? Di
che cosa stai parlando?”
“Fai spesso
degli incubi e ti sento anche parlare nel
sonno. Ecco, usi spesso una frase, ora che ci faccio caso. Parli sempre
di
morte e di un orologio che è stato
fermato…”
“Ah si?
Beh, quando sono morta, la Morte mi è comparsa
davanti e mi ha spiegato delle cose. Dei meccanismi. Mi ha detto che la
morte
senza la vita è come un orologio fermo che non va
più avanti. Che la morte
genera nuovi destini. Ma io non sono morta e la mia presenza qui
potrebbe
cambiare il destino di tutti voi. Sai, forse faccio questi incubi
semplicemente
perché quelle parole mi sono state impresse e ho
paura.”
Rick le sorrise:
“Di certo hai cambiato il mio destino
e anche in positivo. Era da molto tempo che non uscivo a fare una
passeggiata
così lunga e in mezzo a tanta gente, di solito è
solo per quei cinque minuti in
cui vengo a prenderti con la macchina. Sono decisamente rinato e sono
contento
che tu non sia morta...”
Sul volto della
ragazza si dipinse un sorriso sincero:
“Ehi, ma… – infatti, aveva notato
qualcosa sotto la sua giacca – hai portato la
tua strana pistola da cacciatore?”
Lui gliela
mostrò: “Sì, proprio quella! Ho pensato
che
nessuno l’avrebbe presa come una vera pistola, visto che
è Halloween!”
Lei, però,
non si sentiva a suo agio, ora che sapeva:
“Sì, ma potrebbe essere pericolosa. Chi lo sa,
magari un bambino potrebbe
sfilartela dalla tasca o che so io…”
L’uomo la
fissò per un attimo, poi scoppiò a ridere:
“Un bambino potrebbe sfilarmela dalla tasca? Non sarai un
po’ paranoica? Jade,
non sono uno sprovveduto, non metto in pericolo nessuno portando questa
pistola
con me! E poi non capisco cosa ti prende da ieri, ti comporti in
maniera
strana…”
Dopo averci pensato
su un attimo, Jade decise di
essere sincera con lui: “E’ che mi spaventa quella
faccenda del raptus.
Insomma, non posso essere certa che tu stia veramente bene. E se un
demone
camminasse da queste parti, ad esempio? Potresti diventare
incontrollabile e
qui ci sono molti bambini, Rick.”
“Quindi
è per questo che sei distante... Hai paura di
me?”
“Ho paura
per gli altri e per te. Potresti fare cose
di cui potresti pentirti con quell’arma…”
“Ma non
c’è pericolo! – minimizzò lui
- Non c’è alcun
demone nei dintorni e io sto bene, ora. Sono guarito!”
“D’accordo,
ma potresti avere una ricaduta” replicò
lei, cercando di calmarsi e lui, per convincerla, le
consegnò la sua pistola.
“Ecco! Ora
non potrò fare del male a nessuno, ok?”
“Non
guardarmi in quel modo, sto solo cercando di
essere previdente! Ci dev’essere un motivo se non sei uscito
dalla tua casa per
parecchio tempo, no? La verità è che avevi paura
di te stesso, di quello che
avresti potuto fare. Di ricascare in quel baratro.”
“Sì,
hai ragione. Grazie…” e i due si guardarono,
sorridendo e continuando il giro.
Alkaban
Qualcuno stava
bussando incessantemente alla stanza di
Jackson e il ragazzo, allarmato dal modo di bussare, corse subito a
vedere chi
era.
“Harmony?
Perché bussavi in quel…” ma non
riuscì a
finire la frase, perche lei si catapultò nella stanza,
chiudendo la porta
dietro di sé.
“Ho avuto
una strana sensazione, ieri, dopo che
abbiamo portato Klen in infermeria.”
“Aspetta,
cosa intendi? Dici che ci ha sentiti mentre
parlavamo di Jade?”
“No, non
intendevo quello e poi era svenuta, come
avrebbe potuto? Volevo dire che, quando l’ho toccata, ho
avuto come un
brivido…”
“E...? Puoi
essere più chiara?”
“Purtroppo,
no. Ho solo la sensazione che Klen causerà
qualcosa di brutto, stando ad Alkaban. Sento qualcosa di oscuro attorno
a lei.
Forse eravamo al sicuro quando lei non era qui, ma
ora…”
“Aspetta,
ma con il tuo potere hai fatto molto di più,
hai intuito molte cose, tra cui che Samuel faceva parte del nostro
clan, un
tempo. Non puoi avere le stesse intuizioni anche con Klen e scoprire
cosa
nasconde?”
Per una volta la
ragazza, mortificata, abbassò lo
sguardo: “Non più, il mio potere è
molto più limitato dal giorno della cupola.
La verità è che ho un problema, qualcosa che mi
perseguita da quando ero
piccola…”
“Che cosa
vuoi dire?” le chiese lui, curioso e perplesso
e lei gli mostrò il polso destro.
“Vedi
questo braccialetto? Tiene sotto controllo il
mio problema, ma allo stesso tempo trattiene parte del mio potere.
Quando siamo
arrivate a Morney Hill, non ce l’avevo perché si
era rotto, ma Sasha, la nostra
creatrice di oggetti magici, me ne ha fatto subito un altro. Ecco
perché al
nostro primo incontro sono riuscita a raccogliere tutte quelle
informazioni su
di voi: potevo sfruttare il mio potere di preveggenza al massimo. Ora,
però, ho
di nuovo il bracciale e riesco solo a percepire sensazioni.”
“Allora
togli il bracciale, no?” propose lui,
tranquillo.
Ma la ragazza, con
sua grande sorpresa, scosse
energicamente la testa: “No, non posso! Possibile che tu non
abbia capito
niente di quello che ti ho appena detto?”
“Sì,
che hai un problema, ma presto lo avremo tutti se
non scopri cosa sta succedendo. O cosa potrebbe succedere.”
“Mi
dispiace, ma non posso togliere il bracciale. E’
estremamente pericoloso.”
“Senti, ma
di che problema si tratta? Cosa tieni sotto
controllo?”
Stranamente,
però, Harmony rimase vaga: “Preferisco
non parlarne. Però sono contenta di portare questo
braccialetto, perché, fino a
prima di far parte di questa congrega, ho avuto molti problemi e vivevo
continuamente nella paura. E’ qualcosa di cui non voglio
parlare con nessuno,
davvero, mi rievoca cose che sto cercando di dimenticare…
– e subito si
precipitò alla porta – Scusa, ma ora devo
andare!”
Jackson
provò a rincorrerla, ma invano: “Harmony,
aspetta!” la chiamò, ma era già
scappata via, lasciandolo davvero perplesso.
Casa di John
Dopo le torture della
notte, John era uscito per
parecchie ore, ma i quattro ragazzi erano rimasti appesi alla parete,
incapaci
di liberarsi. Erano feriti e stremati, ma non perdevano le speranze. In
particolare,
Noa e Wes erano svenuti, mente Terence, quello più
resistente, ideava piani e
li condivideva con Zack, che riusciva a malapena a tenere gli occhi
aperti.
“Dobbiamo
trovare il modo di arrivare al telefono che
c’è su quel ripiano laggiù.”
“E come
facciamo? – bisbigliò l’altro, con un
filo di
voce - Non possiamo nemmeno usare i nostri poteri per lasciare questa
casa e io
sono allo stremo delle forze.”
A quel punto, Terence
capì di essere impotente e si
infuriò, iniziando a gridare: “Accidenti,
perché nessuno si accorge che c’è
qualcosa che non quadra?!? Brenda, di solito, non si fa ingannare
così
facilmente!”
“Beh, usa
pur sempre la tua voce. Anche io ci
cascherei. Non temere, però, perché prima o poi
Dana e Brenda capiranno che c’è
qualcosa che non va. Insomma, non possono credere per sempre alle bugie
di
John!”
“Spero solo
che facciano presto…”
“Aspetta! A
meno che… tu non ti faccia torturare
ancora di più. Voglio dire, grazie a Noa sei quello che ha
subito meno degli
altri. Ma, se tu facessi davvero arrabbiare John, lui ti ferirebbe di
più…”
“O mi
UCCIDEREBBE! Sei impazzito, per caso?!?”
“Quello che
sto cercando di ricordati è che tu e
Brenda siete collegati.”
“Sì,
ma quel collegamento non è maturato a tal punto
da provocare le stesse ferite nell’altro. Quando Brenda si
è ferita nella casa
delle bambole, a me è comparso solo un livido.”
“Per questo
devi fare in modo che John ti provochi
ferite più gravi. Quando Brenda inizierà a
sentirlo, capirà che ti sta
succedendo qualcosa e correrà a cercarti con la signora
Ferguson. Dobbiamo
tentare o questo incubo non finirà! – poi con
cenno della testa gli indicò gli
altri due – Guardali: non sopravvivranno ad altre
torture!”
Combattuto,
l’uomo si arrese: “D’accordo, hai
ragione…”
In quel momento,
sentirono la porta d’ingresso
aprirsi.
“E’
arrivato, buona fortuna!” gli sussurrò Zack.
Pochi istanti dopo,
John era nella stanza, che
appoggiava in un angolo la sua ventiquattrore.
“Scusatemi,
ho avuto del lavoro da fare. Sapete, torno
proprio adesso dall’inaugurazione di un ristorante. Gli
esseri umani si
eccitano così tanto per un misero taglio del nastro! Ma
eccomi di nuovo qui, vi
sono mancato?”
Terence lo
scrutò, arrogante: “Si, ci sei tanto
mancato, faccia da culo!”
“Come
scusa?” chiese l’uomo, confuso, mentre Zack si
preparava al peggio.
“Ho detto
FACCIA-DA-CULO!”
John, allora, prese
l’accetta che c’era di fianco al
camino e iniziò a scaldarla con la fiamma che gli spuntava
dalle dita: “Sai,
pensavo di farti qualche domanda, prima di torturarti. Ma vedo che vuoi
passare
subito alla parte dolorosa...”
“Esatto,
John, – replicò l’uomo, con un sorriso
beffardo sul volto - perché tanto non risponderei comunque a
nessuna delle tue
stupide domande.”
“Ooook,
come vuoi!” replicò il demone, avvicinandosi
con l’oggetto arroventato fra le mani.
Intanto, Brenda e
Marcus stavano continuando la ronda,
quando la ragazza notò una sua compagna di college, intenta
ad attaccare ai
pali, agli alberi e agli steccati dei piccoli manifesti.
“Hey, ma
quella è Corinne!”
“Una tua
amica?” le chiese lui, vedendo che stava
iniziando a correre per raggiungerla.
“Non
esattamente!”
“Corinne!”
la chiamò, quando fu più vicina.
La ragazza si
girò e la squadrò, soffermandosi in
particolare sull’arma che aveva tra le mani: “Bella
balestra!” commentò, per
poi tornare ad attaccare i manifesti.
“Ah,
questa? Beh, dovevo pur confondermi in questa
macabra serata, no?”
Corinne si
voltò, torva, cinica e di pessimo umore:
“Non hai un costume, ma hai una balestra? Sei parecchio
strana, sai?”
L’altra
rise: “Beh, sì. Parecchio. Comunque, cosa..
cosa stai facendo?”
“Sto
appendendo dei manifesti con la faccia di Wes,
che è scomparso da ieri! Quegli idioti del distretto non
muoveranno un dito per
cercarlo, visto che devono passare almeno ventiquattro dannatissime ore
prima
di poter dichiarare la scomparsa. Chi può essere
l’idiota che ha fissato questa
regola? Comunque sia, io non resterò con le mani in mano e
intendo tempestare i
quartieri di manifesti, anche l’intera città, se
necessario. Qualcuno deve
averlo pur visto!”
“Mi
dispiace, spero che non gli sia successo nulla di
grave. Se vuoi, ti posso aiutare ad appendere gli altri.”
Stava per
rispondergli, quando la ragazza notò Marcus
poco lontano: “Un altro ragazzo, eh?”
“Come? Oh
no, lui è solo un amico.”
“Certo,
certo, – replicò l’altra, ironica - hai
sempre
tanti amici intorno, tu!”
Brenda si
irritò, sentendosi presa in giro: “Corinne,
c’è qualcosa che non va, per caso?”
“No, sto
solo dicendo che attiri la gente come una
calamita, finchè non scompare!”
“Senti, sei
ubriaca o cosa? – rise - Credi forse che
Wes sia scomparso a causa mia? Ma è un’idea
completamente folle!”
“Anche il
tuo amico Noa mi sembra scomparso, come Wes.
E stranamente ti conoscevano entrambi! – poi si rivolse
direttamente a Marcus –
Fossi in te starei attento, potresti essere il prossimo!” e
si fece strada tra
i due, andandosene.
Prima che potesse
farlo, però, l’altra la afferrò
bruscamente per un braccio: “Non so che idea ti sei fatta di
me, ma mi sembra
che tu stia esagerando, ora!”
Corinne le
lanciò un’occhiataccia, ritirando il
braccio: “Wes era fissato con te, diceva che nascondevi
qualcosa di strano e io
lo prendevo in giro per questo. Ma forse sto iniziando a credergli,
anche se è
troppo tardi. E ora, se non ti dispiace, vorrei finire il
giro!” e stavolta se
ne andò davvero, lasciando l’altra ragazza senza
parole.
“Non ci
credo... è matta!” esclamò.
“Se il suo
amico è stato veramente infettato, ci
penseremo noi, non preoccuparti.”
Brenda
annuì, poi sui due calò il silenzio, rotto
proprio
da lei una mancia di secondi dopo, il volto illuminato per
l’idea che aveva
avuto nel frattempo.
“I
manifesti! Oh mio Dio, i manifesti!”
Marcus la
guardò alquanto perplesso: “Non capisco...
di che cosa stai parlando?”
“Potremmo
trovare i contenitori, facendo dei manifesti
con sopra le loro facce! – poi sorrise, sempre più
euforica – Quella stronza mi
ha appena dato un’idea facile e veloce!”
“Ehm,
scusami, ma... noi del Consiglio non amiamo
molto le parolacce...”
“Oh,
scusa!” replicò lei, mortificata, abbassando lo
sguardo.
Lui
scoppiò a ridere: “Scherzo, ti stavo prendendo in
giro!”
Brenda, in risposta,
ridacchiò: “Che stronzo, ci sono
cascata in pieno!”
Improvvisamente,
delle urla riempirono l’aria,
attirando la loro attenzione e, dopo essersi scambiati un breve
sguardo, i due
corsero a vedere. In un vicolo tra due abitazioni, una donna stava
urlando,
indicando per qualcosa nascosto dietro ai cassonetti.
“Signora,
cosa sta succedendo? Sta bene?”
Quella, spaventata e
tremante, appena li vide, iniziò
a urlare: “C’è un corpo qui! Un
uomo!”
Marcus,
però, notò subito delle strisce di sangue
sull’asfalto: “Non è stato ucciso qui,
dev’essere stato trascinato. Ha visto
qualcuno, per caso, aggirarsi intorno a casa sua?”
“Sì,
ho visto una persona dalla mia cucina, ma non
immaginavo stesse trascinando un corpo. Credo sia entrato dai miei
vicini.”
“Va bene,
signora. – la tranquillizzò la ragazza -
Adesso lei torni in casa, che noi andiamo a controllare, ok?”
e, senza
aspettare una risposta, i due corsero verso l’abitazione
vicina.
“Fortuna
che ho portato la bussola dei disordini!”
esclamò Brenda, salendo i gradini.
“La porta
è aperta” le fece notare Marcus e lei
rallentò.
“Facciamo
attenzione, allora, anche se la bussola non
rileva un disordine, qui dentro. Che strano...”
Entrarono. Le luci
erano spente e sembrava non esserci
nessuno, quando, improvvisamente, Marcus notò qualcuno
nell’ombra, seduto su
una poltrona.
“Credo sia
il tizio. Guarda!” e glielo indicò, mentre
lei alzava la balestra con una mano e accendeva la luce con
l’altra.
“Non
muoverti, ti abbiamo preso!”
Ma la sorpresa per
entrambi fu grande quando si
accorse che si trattava di un pupazzo.
“Slappy?”
chiamò la ragazza, perplessa.
Marcus le
lanciò una lunga occhiata: “Slappy? Chi
è
Slappy?”
Lei roteò
gli occhi: “Davvero non sai chi è Slappy?
Dai, quel pupazzo della serie horror Piccoli Brividi.
Lo vedevo sempre
quando ero piccola e…” ma fu il pupazzo a
completare la frase per lei.
“…
ti sono mancato?”
Brenda rimase
pietrificata per qualche istante, poi
iniziò a urlare e, spaventata, scoccò per sbaglio
una freccia contro la
poltrona, facendola esplodere e scaraventando entrambi a terra.
Quando si
diradò il fumo, Marcus si tirò su e la
aiutò
a risollevarsi.
“Credo sia
meglio uscire di qui, ora, Slappy è ormai
in mille pezzi.”
“Volentieri!
Posso sopportare tutto, ma non Slappy-il
pupazzo. Mi terrorizzava!”
Quando furono fuori,
però, notarono subito qualcosa di
strano.
“Puoi
sopportare altri tizi strambi, invece?” le
chiese Marcus, perplesso. Lei, allora, seguì la direzione
del suo sguardo e
rimase letteralmente allibita da ciò che vide.
“Ti prego,
dimmi che quell’uomo laggiù con la motosega
ha soltanto un costume!”
Lui, però,
scosse la testa: “Credo che qualcuno stia
rievocando i personaggi dei film horror. Se troviamo questa persona,
però,
dovrebbero sparire tutti e nessuno si farà male.”
Poi, provarono a
raggiungere l’uomo con la
motosega, ma un altro li precedette, buttandosi letteralmente contro di
lui.
“Ma che
diavolo?!?” gridò Brenda, facendo un salto
indietro per la sorpresa.
Marcus,
però, era ancora più sotto shock di lei:
“Richard?” chiamò, scrutandone il volto
e lasciandola perplessa.
“Lo
conosci?” chiese.
Ma non ricevette mai
risposta, perchè,
improvvisamente, si udì uno sparo: la notte di Halloween si
era ormai
trasformata nel caos più assoluto, con gente che correva
ovunque, spaventata.
Sotto i loro occhi, l’uomo con la motosega, preso dalla
pallottola, si sciolse
letteralmente. Poco dopo, con in mano una pistola, li raggiunse Jade.
“Rick, stai
bene? Dall’altra parte ce ne sono…” ma
si
bloccò non appena vide Brenda.
Marcus, invece,
rialzò la testa, sorpreso: “Jade?”
“Ah,
– replicò lei, indifferente - quindi ci siete
anche voi... Avete già localizzato la fonte del
disordine?”
La ragazza,
però, era troppo impegnata a guardarla con
aria truce, senza dire una parola, e non si accorse che la bussola
stava
lampeggiando.
“Pare che
sia qui vicino” disse al ragazzo, ignorando
completamente l’amica.
Intanto,
l’altra stava aiutando l’uomo a rialzarsi,
senza fare caso al fatto che quest’ultimo e Marcus si stavano
scambiando
sguardi poco amichevoli.
Le urla di un gruppo
di bambini, però, attirarono
l’attenzione di Brenda, distogliendola dalle sue
rimuginazioni: “Oh no, uno di
quei mostri sta trascinando quei bambini dentro una delle case!
– poi tirò
subito fuori una freccia dall’astuccio che portava sulla
schiena – Ci penso io!
E’ ora di sperimentare i nuovi effetti delle mie
frecce!” e corse verso uno che
sembrava essere Freddie Kruger.
Intanto Marcus
notò in mezzo alla strada un ragazzo
con l’impermeabile nero che rideva, beandosi di tutto il caos
che aveva
intorno.
“E’
lui quello infettato!” esclamò.
Subito Rick non perse
tempo e corse dritto verso di
lui, sotto gli occhi preoccupati dell’amica.
“Rick, sta
attento!” gli urlò lei.
Nel frattempo, Brenda
era riuscita a scoccare una
delle sue frecce contro Freddie Kruger e questi si era rivelata avere
un
effetto congelante, permettendo così alle vittime di fuggire.
“Bambini,
scappate, tornate a casa!” urlò loro, per
poi staccare la freccia dalla statua di ghiaccio e frantumarla con un
calcio.
Voltandosi, vide Rick
che, dopo aver sbattuto a terra
il disordinato, lo prendeva ripetutamente a pugni e subito gli si
avvicinò.
“Ehi,
fermati, dobbiamo rinchiuderlo! Così lo
ucciderai!” ma quello non si fermava: ormai era senza
controllo.
Anche Jade e Marcus
li raggiunsero e la ragazza provò
a fermare l’uomo.
“Rick,
fermati!” gli urlò, mentre il ragazzo cercava
l’appoggio di Brenda.
“Dobbiamo
fermarlo o lo ucciderà!”
Lei, allora, senza
perdere tempo, gli puntò alla testa
la balestra: “Ok, adesso fermati, altrimenti ti faccio
fuori!”
Ma la strega non era
d’accordo e cercò di fermarla:
“Non farlo!” le gridò, prima di farle
volare via la balestra dalle mani con i
suoi poteri.
Brenda si
bloccò, sorpresa: “Vedo che hai ripreso a
praticare magia...”
“Non ti
illudere troppo, non vuol dire niente!”
ribatté l’altra, cinica.
“Tranquilla,
non lo farò. La situazione mi è
perfettamente chiara.”
A quel punto Marcus,
persa ormai la pazienza, cercò
prepotentemente di attirare nuovamente la loro attenzione:
“Dobbiamo
fermarloooo!”
Jade, allora,
annuì e si avvicinò all’uomo:
“Rick,
fermati, altrimenti…” ma quello non la stava
ascoltando. Lei, allora, con gli
occhi improvvisamente accesi da una luce violacea, alzò un
braccio e lo
scaraventò a terra, lontano dal ragazzo. A quel punto, Rick
parve tornare in
sè, mentre l’amica completava l’opera,
legando magicamente i polsi del
disordinato. Ora non poteva più nuocere a nessuno.
“Portatelo
dove dovete, noi ce ne andiamo!” esclamò,
per poi aiutare l’amico, ancora stordito, a rialzarsi
nuovamente e andandosene
con lui.
Brenda e Marcus,
però, rimasero immobili ad osservarli
per qualche secondo, prima di portar via il ragazzo.
Alkaban
Jackson aveva
raggiunto la Sala Comune, in cerca di
Harmony. Voleva scoprire quale fosse il suo problema e convincerla a
scoprire
cosa nascondeva Klen di così tanto oscuro. Improvvisamente,
però, incrociò una
delle altre streghe della congrega, Sasha, e decise di avvicinarsi
amichevolmente a lei.
“Ciao! Tu
devi essere Sasha, giusto?”
“Ehm,
sì, perché?” rispose lei, leggermente
nervosa.
“So che ti
occupi di costruire oggetti magici per la
tua Congrega e vorrei farti delle domande riguardo Harmony.”
Sasha lo
guardò perplessa per qualche istante, prima
di rispondere: “Perché vuoi farmi delle domande su
Harmony? Non dovresti farle
direttamente a lei?”
Lui, però,
ignorò le sue domande, continuando per la
sua strada: “Riguarda il braccialetto che le hai progettato.
Cosa tiene sotto
controllo esattamente?”
“Mi
dispiace, ma non sono tenuta a dirtelo. Riguarda
soltanto la nostra Congrega e Tamara è molto severa su
questo.”
“Sì,
ma ora lei non è qui e io ti prometto che non ne
farò parola con nessuno.”
“No, mi
dispiace. Se Harmony vuole raccontartelo, ben
venga, ma non sarò io a rispondere a queste domande. Noi
streghe della Congrega
di Tamara abbiamo un codice e dei segreti, che devono rimanere fra noi.
Ora
devo andare, ma, se fossi in te, non indagherei ulteriormente. Il suo
problema
è davvero complicato e non so cosa avrebbe potuto fare, se
non avesse
incontrato noi. L’abbiamo praticamente salvata da se
stessa…”
Il ragazzo
annuì: “D’accordo, grazie lo
stesso.”
“So che qui
dentro ci si annoia a tal punto da volersi
interessare alle vite degli altri, ma è solo una soluzione
temporanea. Prima o
poi saremo fuori di qui, il più presto possibile, si spera.
Comunque, piacere
di averti conosciuto… come ti chiami, scusa?”
“Jackson!
Mi chiamo Jackson!”
Sasha sorrise:
“Ok, Jackson, ci vediamo in giro,
allora!”
Casa di Rick Weather
Rick entrò
nervosamente in casa, seguito da Jade che,
nel farlo, sbatté la porta dietro di sé.
“Si
può sapere cosa ti è preso?!?”
Lo seguì
in cucina e lo vide prendere una borsa del
ghiaccio dal freezer.
“Ho perso
il controllo, ok?”
Lei non gli nascose
la sua rabbia: “L’ho notato,
infatti! Pensavo che certi scatti d’ira ti venissero solo in
presenza di
qualche demone, o sbaglio?”
L’uomo mise
prima il ghiaccio sulla mano piena di
lividi, prima di rispondere: “Quel ragazzo, quello che hanno
chiamato
disordinato, aveva un impermeabile simile a quello che aveva il demone
di cui
ti ho raccontato. Quello che ha ucciso la mia Sophia, incendiando il
granaio...”
“E basta?
Mi è sembrato che anche la presenza di
Marcus ti infastidisse, poco prima che ti buttassi su un essere umano,
Rick!
Umano che stavi quasi per uccidere, fra l’altro...”
Per qualche secondo
sui due cadde il silenzio.
“E’
stato lui a raccontare al Consiglio il mio
problema, perciò è stato per colpa sua
se sono stato estromesso
dall’Ordine dei Cacciatori.”
Anche questa volta
Jade non gli nascose la sua
disapprovazione: “E lo biasimi per questo? Anche io ti avrei
fatto
estromettere. Sei... sei totalmente fuori controllo quando non te ne
rendi
conto! Avresti potuto ucciderlo!”
Vedendo la sua
reazione, anche lui alzò la voce: “Ho
sbagliato, ok? Non c’è bisogno di
ricordarmelo!”
“Non avevi
mai alzato la voce con me…” sussurrò
lei,
sbigottita, facendo un passo indietro.
“Scusa,
scusa, non volevo. E’ che… Anzi, sai
cosa ti dico? Me ne vado nella mia stanza. Preferisco non parlarne
più.”
Lei lo
guardò andare via senza aggiungere altro,
capendo che la situazione era troppo tesa per farlo.
Intanto, Marcus e
Brenda si stavano recando ad Alkaban
per rinchiudere il nuovo disordinato. Tuttavia, durante il tragitto, la
ragazza
non riuscì a non esternare alcune sue perplessità.
“Come
facevi a conoscere il ragazzo che stava con
Jade? Per caso la spiate, voi del Consiglio?”
Lui, intanto, stava
spintonando davanti a sè il
ragazzo disordinato, che canticchiava fra sé e
sé: “E’ un cacciatori di
demoni.”
“Cosa?!?
Ma... ma come avrebbero fatto a conoscersi?”
“Non lo so,
– le rispose il ragazzo, preoccupato - ma
Richard è una persona pericolosa. Sia per se stesso che per
lei.”
“Aspetta,
cosa vorresti dire?” gli chiese lei, sempre
più allarmata.
“Richard
faceva parte del nostro Ordine dei
Cacciatori, ma siamo stati costretti ad estrometterlo dopo alcune sue
azioni.
Purtroppo ha perso una persona a lui cara, tempo fa, e a causa di quel
dolore
ha perso il controllo a causa di un gene presente nei
cacciatori.”
“Un gene di
che tipo?”
“I
cacciatori, un tempo, erano programmati per
uccidere a sangue freddo ogni demone che incontravano sulla loro
strada. Da
quando il Consiglio li ha reclutati e messi sotto la sua ala,
però, catturano
ed eventualmente uccidono solo quelli che indichiamo loro. Tuttavia,
possono
sviluppare un odio profondo verso i demoni, un fenomeno
chiamato raptus che
rende un cacciatore totalmente incontrollabile. Un assassino a sangue
freddo,
insomma.”
“Fammi
indovinare, ad uccidere la persona a lui cara è
stato un demone?”
“Indovinato,
ma non sappiamo chi, però. Non abbiamo
avuto il tempo di farcelo dire da Richard, perchè se ne
è semplicemente andato,
dopo.”
“Non
c’è un modo per prevenire tutto ciò,
piuttosto?
Insomma, Jade non è in pericolo con lui?”
“I
cacciatori vengono muniti di uno speciale corno,
che, se suonato simultaneamente da più cacciatori, inibisce
il raptus in
corso. In genere ne serve solo uno, ma, quando è a livelli
altissimi, occorre
l’intervento di più cacciatori.”
“Ma la
città è PIENA di demoni, ora. Cosa
succederà
se…”
Ma Marcus
finì la frase per lei: “Non credo che Jade
gli abbia raccontato della presenza del Clan a Morney Hill. Infatti, se
Richard
ne fosse venuto a conoscenza, credimi, avremmo un problema, in questo
momento.
Spero almeno che Jade lo tenga sotto controllo, dato che sospetto
conosca la
sua situazione...”
“Ma non
sappiamo per quanto ancora rimarremo bloccati
qui! Come possiamo evitare che si incontrino, prima o poi?”
“I demoni
rimarranno ad Alkaban fino all’ultimo giorno
finché ci sarà la cupola. Tranquilla, non
permetteremo che lascino prima la
struttura.”
La ragazza, tuttavia,
non era altrettanto fiduciosa:
“Sono demoni, Marcus. Prima o poi si stancheranno di rimanere
chiusi fra
quattro mura.”
Prima che lui potesse
ribattere, però, Brenda si piegò
in due, in preda a un dolore terribile.
Subito il ragazzo si
preoccupò: “Stai bene?
Cos’hai?”
Lei, confusa, si
alzò la maglietta, mostrando qualcosa
che fece sgranare gli occhi ad entrambi: “Santo cielo, ma
quella è una brutta
ustione!” esclamò lui.
Intanto Brenda,
straziata dal dolore e la fronte che
grondava sudore, cercava di stringere i denti:
“Dev’essere accaduto qualcosa a
Terence. Forse John l’ha scoperto e l’ha catturato.
– prese il telefono – Sì,
dev’essere senz’altro così!”
Lui, intanto, non
aveva mai smesso di tenere fermo il
ragazzo disordinato: “Cosa stai facendo?” le chiese.
“Lo chiamo
per controllare.”
In pochi secondi
compose il numero e, dopo pochi
squilli, l’uomo rispose.
“Sì?”
“Terence,
sei tu?”
“Certo che
sono io, qualcosa non va?”
Lei, però,
decise di non far capire che era tramortita
dal dolore: “No, ma mi stavo chiedendo dove fossi. Ormai tu e
gli altri siete
appostati davanti a casa di John da ore...”
Lui
tentennò qualche secondo, prima di rispondere:
“Ehm, stiamo ancora cercando di catturare quel Wes e di
capire cosa sa John.
Tesoro, non possiamo tornare senza aver scoperto nulla. E’
troppo importante!”
“D’accordo,
ma sta attento, ok? Anche qui siamo
parecchio incasinati, figurati che devo anche andare al campus a
prendere la
mia balestra dalla stanza di Noa!”
“Va bene,
ma stai attenta anche tu!” la salutò lui,
chiudendo in fretta la chiamata.
“Allora?”
la incalzò subito Marcus, curioso.
“Non era
lui. Era sicuramente John, ma con la sua
voce.”
“Come hai
fatto a capirlo?”
“Noa abita
a casa mia, non al campus. E questo Terence
lo sa perfettamente.”
“Capisco,
ma... che intenzioni hai con quella brutta
ustione? Devi assolutamente venire ad Alkaban a farti curare.”
“No, non
posso. Devo correre a salvare Terence e gli
altri, ma prima andrò dalla signora Ferguson per localizzare
l’abitazione di
John. Tu porta il disordinato ad Alkaban e cancella questa orribile
serata
dalla mente delle persone, ok?”
“Vuoi che
faccia qualcosa anche con Corinne? Vuoi che
le facciamo dimenticare?”
“No, per il
momento no. Voglio prima accertarmi che
Wes sia stato veramente infettato. In caso contrario, lo riporteremo
qui e gli faremo
mantenere il segreto. Va bene?”
“Ehm,
d’accordo…” rispose lui, non troppo
convinto e
ancora preoccupatissimo per lei.
Soddisfatta, la
ragazza si preparò allora ad
andarsene.
“Stai
attenta, per favore…” le sussurrò,
strappandole
un sorriso.
“Grazie,
anche tu” e, da quel momento, le loro strade
si divisero.
Alkaban
Klen riprese
nuovamente conoscenza e Tamara, che si
trovava accanto al suo letto, le rivolse un grosso sorriso.
“Ben
tornata tra noi!”
“Cosa
è successo?” chiese la ragazza, confusa,
guardandosi
intorno.
“Non
affaticarti troppo. Sei stata gravemente ferita
da John e ti hanno portata qui, poi ti sei alzata e sei svenuta. Ora ti
senti
meglio?”
“Mi gira la
testa…”
“Vuoi che
ti porti qualcosa? Un bicchiere d’acqua,
magari?”
“Si,
grazie.”
La donna si
alzò: “Torno subito!” e
lasciò la stanza.
Klen rimase a
contemplare il soffitto della stanza con
sguardo assente, quasi vuoto per qualche secondo, poi,
all’improvviso, un
sorriso malvagio le si dipinse sul volto.
“John,
– chiamò - mi senti? Ho qualcosa di
interessante per te…”
Dall’altra
parte, però, l’uomo era impegnato a
torturare Terence, che, benché avesse un’intera
parte del corpo ustionata,
cercava di resistere. Nel frattempo, Noa e Wes avevano ripreso
conoscenza e
John non perse l’occasione per prendersi gioco di loro.
“Guarda
guarda: i due belli addormentati... Le favole
sono decisamente cambiate!”
Ma riuscì
ad aggiungere altro, perchè nella sua testa
si fece largo la voce di Klen.
“John mi
senti?” la
chiamò e lui,
seccato, si interruppe per darle ascolto.
“Ah, sei
tu! Cosa vuoi?”
Gli altri, intanto,
lo guardavano straniti, non
potendo sentire la voce della strega.
“Sono
nella struttura in
cui sono tenuti i demoni e le streghe, quella di cui ti avevo parlato.
Ho
scoperto qualcosa di interessante...”
Indifferente, lui ne
approfittò per aprire sul tavolo
vicino il suo arsenale di strumenti di
tortura: “Ah si? Beh,
sbrigati a parlare perché ho molto da fare, qui!”
“Ho
scoperto una storia che riguarda Jade e il Clan
dei demoni. Qualcosa che potrebbe far coincidere i tuoi interessi con i
suoi…”
Lui, colpito, si
bloccò: “Complimenti, hai appena
attirato la mia attenzione. Racconta!”
Zack e Terence , nel
frattempo, continuavano ad
osservarlo, cercando di capire cosa stesse succedendo.
Casa Ferguson
Brenda
iniziò a bussare come una matta alla porta di
Dana, che corse subito ad aprire. Non appena si affacciò, la
ragazza scivolò
dentro, chiudendosi subito la porta alle spalle e affrettandosi a
spiegarle la
situazione.
“Ho bisogno
di aiuto: Terence è in pericolo. Deve
localizzarlo!”
L’anziana
strega la seguì in cantina, confusa: “Cosa
sta succedendo?”
In risposta lei
alzò la maglietta, mostrandole e
lasciandola sconvolta.
“Oh, santo
cielo…”
“Credo che
John lo stia torturando e che con lui ci
siano anche Noa e Zack. Si trovano nella sua abitazione, ma... non so
dove sia
e ho paura per loro...”
“Tesoro,
calmati. Ora dammi il braccio, ok?”
Brenda le
lanciò un’occhiata perplessa: “Come? Il
braccio?”
La donna
annuì, prendendo dallo scaffale la cartina
della città e un pugnale: “Mi serve il tuo sangue.
Tu e Terence siete
collegati, perciò esso segnerà il percorso sulla
cartina, conducendoci da lui.”
Senza pensarci due
volte, lei eseguì.
Dana le fece subito
un piccolo taglio, facendo poi
colare alcune gocce di sangue sulla cartina. Poi, la donna,
pronunciò: “Sanguis
sanguinem” e il sangue
iniziò a muoversi come un piccolo verme lungo la carta. Poi,
dopo pochi secondi, si fermò: l’incantesimo aveva
funzionato.
“Non
è molto lontano dal campus, possiamo arrivarci in
fretta con la sua auto” commentò la ragazza,
studiando attentamente il
percorso.
“D’accordo,
prendo le chiavi!” le rispose l’altra,
avviandosi verso le scale.
Casa di John
John era ormai a
conoscenza delle informazioni avute
da Klen e l’ultima ottenuta sembrò divertirlo
particolarmente, tanto che tornò
dai quattro ragazzi ridendo.
“Che
giornata piena di emozioni, non trovate?”
Zack lo
guardò storto: “No!”
Sbuffando,
l’uomo tornò serio, pur continuando ad
avere un accenno di sorriso sulle labbra: “Ok, non avete
risposto a nessuna
delle mie domande. Anzi, per la maggior parte del tempo mi avete preso
in giro
e perciò io vi ho torturati a dovere. Tuttavia, siete
più resistenti di quanto
pensavo, soprattutto, il rammollito che non ho mai visto con voi. Ora,
però, ho
dell’altro da fare ed è quindi il momento che io
onori la mia promessa: quella
di uccidere uno di voi e, forse, di lasciare liberi gli
altri.”
Poi, prese a fare
avanti e indietro per la stanza con
l’accetta fra le mani: “Adesso, però,
devo decidere CHI uccidere di voi. Se
scelgo il ricciolino, sarà come non aver ucciso nessuno,
perché... beh – rise –
lo è. Perciò dev’essere qualcuno che
potrebbe intralciarmi nella mia prossima
mossa. Terence cosa ne dici?” concluse, fermandosi davanti a
lui.
L’altro,
però, si limitò a guardarlo male, senza
rispondere.
Fu Zack, invece, ad
avere il coraggio di
intromettersi: “Fai fuori me! – urlò -
Anche io potrei intralciarti e stai pur
certo che lo farò!”
John
scoppiò in una risata beffarda: “Ucciderti? E
perché? Per farti un favore? Ammettiamolo, sei disgustato da
quello che sei ora
e dalle azioni che hai compiuto, perché sai che gli altri ne
sono a conoscenza.
E sei solo a metà della sofferenza che ti spetta patire, per
quanto mi
riguarda. – poi spostò lo sguardo verso Terence
– Lui, invece, ha qualcosa da
perdere ed è fiero di se stesso, della persona che
è diventato. Sarà una
goduria per me strapparglielo via...”
Alzò il
braccio che reggeva l’accetta, pronto a
trafiggerlo sotto le urla degli altri e per Terence il tempo
iniziò a scorrere
al rallentatore. Quando, però, le speranze sembravano ormai
perdute, una
freccia passò attraverso la finestra, trapassando la mano di
John e
infilzandola al muro. L’uomo, fissando il sangue scorrere
copioso dalla ferita,
sgranò gli occhi, rimanendo bloccato per qualche secondo,
per poi liberarsi in
un grido furioso. L’effetto della forza sovrannaturale che
manteneva i quattro
incollati al muro si annullò, facendoli scivolare a terra.
Allora da fuori si
udì la voce di Brenda, maestosa e autoritaria.
“Uscite,
presto!” gridò loro e quelli non persero
tempo. Zack e Noa aiutarono Wes, sostenendolo, mentre Terence correva
dalla sua
ragazza. Arrivato davanti a lei, la baciò come se avesse
appena sentito la vita
scivolargli via.
“Grazie…”
le sussurrò, quando si staccarono.
A quel punto, lei lo
squadrò da capo a piedi,
osservando ogni livido e ogni ferita, distrutta dentro per non aver
capito
prima che stava accadendo qualcosa di strano. Poi Dana, che stava
aiutando gli
altri ad entrare in macchina, lo chiamò.
“Vai!”
lo incitò lei, lasciandolo perplesso.
“Come? Non
vieni?”
“Vai!”
insistette lei e lui si allontanò.
“Vieni,
caro” lo invitò la signora Ferguson.
Intanto, Brenda stava
osservando con sguardo cattivo
l’abitazione di John, ora tranquilla e silenziosa.
“Vuoi che
ti aiuti, cara?” le chiese.
Ma Brenda scosse la
testa, senza nemmeno voltarsi:
“No, grazie, me ne occupo da sola. - poi mormorò
tra sé e sé – Avanti, verme.
Devi solo sfilare via la freccia e…”
Improvvisamente, all’interno
dell’abitazione si udì un esplosione e il fumo
iniziò a filtrare fuori
attraverso le finestre. La ragazza, però,
continuò a rimanere immobile davanti
ad essa. Pochi istanti dopo, dalla porta d’ingresso
uscì John: era ridotto
male, sporco e con metà del braccio in meno. Zoppicando e
tentennando, si
avvicinò a lei, lanciandole occhiate di puro odio, quasi
volesse strangolarla,
lo sguardo da assassino e il respiro affannoso. Brenda,
però, continuava a
guardarlo beffarda, senza timore. Gli altri, invece, erano in piedi
vicino alla
macchina ad osservarli. Poi, improvvisamente, alzò la
balestra e infilò una
delle sue frecce nell’altro braccio di John, con precisione,
facendolo gridare
di dolore quando esplose.
“Piccola
puttana stronzaaaaaa!”
Sul volto di lei
comparve l’accenno di un sorriso,
consapevole di aver avuto la sua vendetta: “Ma guardati:
senza braccia e
quell’aria di superiorità che ti porti sempre
dietro. Non mi fai neanche pena,
sai? Nulla. Hai la pelle d’oca, vero? Ti aspettavi che
vivessi nella paura, che
non avrei più avuto il coraggio di affrontarti? E invece no!
Perché, più ti
guardo e più mi rendo conto che non c’è
niente di cui aver paura. Tu
soccomberai, presto o tardi, perché è
così che va a finire per quelli come voi:
seminate un po’ di terrore, un po’ di morte, poi,
alla fine… svanite,
semplicemente. E così farai anche tu...”
Per tutto il tempo
lui rimase a fissarla, quasi
intimorito dalle sue parole, ma, alla fine, non poté
aggiungere nulla, perché
Brenda scoccò la sua ultima freccia, dritto nella sua
fronte. Solo che quella
non ebbe effetti, a parte trafiggerli il cranio. Subito
l’uomo cadde a terra,
mentre lei rimaneva impassibile.
A quel punto,
tentennando, Terence le si avvicinò,
quasi impressionato: “Stai bene?” le chiese,
preoccupato.
“Mai stata
meglio. Non avrò mai più paura di lui,
ormai.”
Anche Dana la
guardò impressionata, ma non disse
nulla, preceduta da Noa: “Ma è
morto?” domandò il ragazzo, perplesso,
attirando gli sguardi di tutti.
Fu allora
che Terence notò che le braccia di
John stavano ricrescendo lentamente, strato dopo strato.
“Rigenerazione
dei tessuti: dev’essere un altro dei
suoi tanti altri poteri nascosti. – commentò -
Presto potrà estrarsi quella
freccia dal cranio e verrà a cercarci. Anzi, a cercarti...”
e, nel
dire l’ultima parola, si voltò verso Brenda, che,
in risposta, scoppiò a
ridere.
“Che venga,
io non lo temo più!”
“No, tu non
capisci. – insistette lui, preoccupato –
Forse è per colpa dell’adrenalina, ma tu non ti
rendi conto della situazione!”
e la prese in braccio, scatenando una brusca reazione in lei.
“Cosa stai
facendo?”
“Ti porto
ad Alkaban. Hai appena aperto una guerra
senza precedenti! – poi si rivolse alla signora Ferguson
– Raggiungeteci lì. E
porti anche il ragazzo!” poi si teletrasportò,
lasciando Wes ancora più
sbigottito.
“Ma chi
diavolo siete?” chiese in sussurro subito
dopo.
A quel punto Dana si
ricordò della sua presenza e si
avvicinò a lui: “Come ti chiami, caro?”
“Wes,
perché?”
“Vedi, Wes,
la tua vita ora è nelle mie mani. L’uomo
che è steso laggiù sta per rimettersi in piedi e
non sarà affatto piacevole.
Quindi ora entra in macchina e sta zitto!” e quello, senza
aggiungere altro,
eseguì, mentre Noa sorrideva alla donna, guardandola
ammirato.
Il gruppo, quindi,
poté avviarsi, senza perdere altro
tempo.
Qualche ora dopo, le
braccia di John terminarono di
rigenerarsi e diversi minuti dopo iniziarono a muoversi verso la testa,
sfilando lentamente la freccia. Non molto dopo, anche la ferita alla
testa si
rimarginò e l’uomo si rimise in piedi. Subito si
guardò attorno e, di punto in
bianco, scoppiò a ridere come un pazzo.
“Che serata
pazzesca! E che giorni infernali, attendono
tutti voi. Non potete nemmeno immaginare... – poi si rivolse
a Klen – Mi
senti?” la chiamò, ricevendo subito una risposta.
“Sì,
ti ascolto.”
“Sapresti
indicarmi come arrivare a questo posto
chiamato Alkaban?”
“Certo, ma
ti avverto: l’edificio è invisibile
all’esterno.”
Anche se lei non
poteva vederlo, lui sorrise,
compiaciuto: “Non sarà un problema per me.
Sarò presto da te, allora. E da
loro, ovviamente...”
CONTINUA
NELL’OTTAVO EPISODIO
Testo
a cura di Lady Viviana
ANGOLO AUTORE:
Siamo sempre più vicini al finale di
metà stagione, a cui seguirà una pausa prima
della seconda parte. Se questo episodio vi è piaciuto, non
perdetevi il prossimo appuntamento con la 3x08 "Quello che le prova
tutti i giorni", Giovedì 18 Giugno; sarà una
puntata molto movimentata. Ricordate di lasciare un commento ai fini
della continuazione della storia e di passare dalla scheda personaggi
presente nella 1x00 della prima stagione, per osservare i volti dei
vostri personaggi preferiti. Buona settimana stregata!
|
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Capitolo 7 *** 3x06-Sulla strada del pericolo ***
CAPITOLO
SEI
"The
Most Dangerous"
(Episodio 50)
Casa Ferguson
La sera era ormai
calata su Morney Hill e Dana stava
scendendo in cantina, perchè aveva sentito degli strani
rumori provenire da lì.
Guardandosi intorno, si chiese dove fossero finite le streghe, che
aveva
lasciato lì a lavorare sul marchio.
“Tamara?
Klen? – chiamò - Siete qui?”
Poi fece caso a
diversi oggetti rovesciati a terra e
quando raggiunse il tavolo, intravide dietro anche un corpo disteso sul
pavimento dietro di esso.
“Oh mio
Dio, Tamara!” esclamò e subito corse
verso di lei, accorgendosi che la donna era chiaramente svenuta.
A quel punto, corse
verso la cassaforte, nervosa, per
controllare se era stato rubato qualcosa. Passò la mano su
di essa, annullò la
protezione magica e subito dopo inserì la combinazione. Dopo
aver aperto lo
sportello, ci guardò dentro, assicurandosi che ci fosse
tutto e tirò un sospiro
di sollievo, rendendosi conto che non era stato rubato nulla.
In quel momento,
però, ricevette un forte colpo in
testa e cadde a terra, svenuta. Nella stanza, però, sembrava
non esserci nessuno,
ma improvvisamente qualcuno, non visibile, parlò:“Visibilium!” e comparve Klen.
Allora, nella sua
mente, John tornò a parlare: “Bene,
ottimo lavoro. La mia ex fiamma è sistemata! Ora guarda cosa
nasconde.”
Avvicinandosi, la
ragazza prese in mano un foglio,
notando, nel contempo, che Tamara si stava per risvegliare. Subito,
pose la
mano su quel foglio, e disse: “Effigies” e magicamente
diventarono due, identici. Poi, rimise immediatamente il foglio
originale nella
cassaforte, dando anche una rapida occhiata alle altre cose che
c’erano dentro
e fuggì via.
Casa Jenkins
Intanto, a casa di
Brenda, era in corso una cena tra
lei, Terence e i suoi genitori e l’atmosfera, mentre
mangiavano, era ovviamente
carica di tensioni e silenzi imbarazzanti. L’uomo, allora,
capì di dover essere
lui a rompere il ghiaccio.
“Rose,
è davvero buono questo polpettone!”
Lei
accennò un sorriso, rimanendo però sempre
diffidente: “Grazie, Terence.”
Poi, il padre lo
guardò e gli chiese: “Quindi
fammi capire, non sei più un servitore del Caos?”
Ma Brenda, trovandolo
fuori luogo, lo richiamò:
“Papà!”
“Cosa
c’è? Scusa se voglio capire
cos’è, adesso, il
tuo ragazzo, eh! – poi si voltò verso la moglie
– Ancora non ci sto credo!”
Più calmo,
Terence si voltò verso di lui per rispondergli:
“Capisco le vostre perplessità, ma io amo vostra
figlia e non sono più quello
di una volta.”
“Già!
Confermo!” aggiunse la diretta interessata.
Ma Jim non parve
ascoltarlo, continuando a insistere
sulla domanda precedente: “Quindi sei o non sei un servitore
del Caos, adesso?
Insomma, prima che John facesse tornare i disordini, come sei
sopravvissuto?”
“La signora
Ferguson ha trovato un modo…” rispose la
figlia, vaga.
“Che tipo
di modo? Di certo non può aver cambiato la
sua natura!” ma Brenda non rispose. Ci fu, invece, uno
scambio di sguardi tra i
presenti, da cui l’uomo, però, fu escluso.
A quel punto, il
padre di Brenda pretese una risposta
immediata: “Si può sapere cosa sta succedendo?
Brenda, rispondi alla mia
domanda!”
Fu Terence,
però, a rispondere: “Dana ha collegato la
mia vita a quella di sua figlia. E’ in questo modo che sono
sopravvissuto.”
“Ok, un
tempo io e Rose eravamo una famiglia della
Luce, ma questo non vuol dire che io capisca il vostro gergo
soprannaturale,
perciò... spiegati!”
Ma fu Rose,
però, a prendere parola: “Significa che,
se nostra figlia vive, vive anche lui. E se muore, muore anche
lui…”
“Sì,
ma questo vuol dire anche che, se lui vive, io
vivo e che, se muore, io muoio con lui” chiarì
meglio la ragazza e Jim sembrò
rimanere piuttosto deluso dalle loro risposte.
“Tu lo
sapevi?” chiese come prima cosa alla moglie,
che lo guardò, mortificata.
“Ero a casa
di Dana e lei mi ha chiesto il permesso.
Non ho potuto dire di no, Brenda era in lacrime e ci avrebbe odiati, se
le
avessimo impedito di salvare la persona che ama. Nonostante io ancora
non mi
fidi di lui, ho creduto in nostra figlia.”
Costernato,
l’uomo si alzò in piedi: “Io... non so
cosa dire! – esclamò, per poi rivolgersi
direttamente a Brenda – Sono molto
deluso da te, come hai potuto tenermi all’oscuro di questa
cosa ed essere stata
così imprudente? Insomma, è la tua vita! Non te
ne importa proprio nulla? Sei
almeno consapevole di quello che hai fatto?”
Irritata, la figlia
fece altrettanto: “Non sono una
bambina, papà! – gli urlò,
dall’altra parte del tavolo - Sono perfettamente
consapevole di quello che ho scelto di fare e non sono
pentita!”
Terence, allora,
provò a intromettersi: “Signor
Jenkins, io…” ma Jim non gli diede il tempo di
finire.
“Stai
zitto! E stai bene attento, perché se ti azzardi
a morire e a trascinare mia figlia con te, stai pur certo che ti
riporterò in
vita solo per ucciderti di nuovo con le mie mani!”
La figlia rimase
allibita di fronte alle sue parole:
“Papà!” esclamò.
In quel momento, Noa
fece rumore scendendo le scale e
tutti si girarono, suscitando il suo imbarazzo: “Ehm,
scusate, non volevo
interrompere la vostra cena. Ho appena finito di aiutare Lizzie con i
compiti e
ora sto uscendo per… andare alla festa di una…
confraternita. Scusate il disturbo...”
Brenda si
voltò verso di lui, allontanandosi dal
tavolo: “Tranquillo, non stai disturbando niente. La cena
è finita.”
Subito Terence la
raggiunse, lasciando il
ragazzo da solo con i signori Jenkins: “Ooook, io devo
proprio andare. Ciao!”
li salutò, per poi sgattaiolare via.
Intanto, Terence
stava rincorrendo la sua ragazza,
nervosa, lungo il vialetto, cercando di aiutarla: “Brenda,
aspetta! Va tutto
bene, la reazione di tuo padre è comprensibile!”
Lei si
fermò, per poi voltarsi sbuffando: “No, non va
bene per niente! Sta cadendo tutto a pezzi: la mia vita, il rapporto
con i miei
genitori e quello con Jade, anzi, a dire il vero quello è
già caduto a pezzi da
tempo... e io non voglio dover rinunciare anche a te. Sei
l’unica persona che
riesce ancora a farmi stare in piedi in questo grande casino!”
Lui, allora,
capì e non aggiunse altro, limitandosi a
guardarla teneramente e ad accarezzarle con dolcezza il viso, mentre
lei
chiudeva gli occhi.
Improvvisamente,
però, le squillo il telefono: “E’ la
signora
Ferguson. Dio, non c’è un attimo di
pace!” esclamò, guardando il display.
“Rispondi,
vedi cosa vuole.” le disse lui e lei
eseguì.
La ragazza
ascoltò per un po’ il suo interlocutore,
poi chiese: “E state bene?”
“D’accordo,
arriviamo” aggiunse dopo qualche secondo
e poi chiuse la chiamata, mentre Terence la guardava curioso.
“Allora?
Cosa è successo?”
“La signora
Ferguson e Tamara sono state aggredite e
Klen è sparita!” e i due, senza dirsi altro,
corsero verso casa di Dana per
saperne di più.
Casa di Rick Weather
Jade entrò
in cucina, dove si trovava Rick, perchè
aveva sentito un profumo invitante provenire da lì fin dalla
sua camera. Non
appena la vide, l’uomo le sorrise, sorpreso.
“Ehi, ma
guarda chi è uscita dalla sua camera!”
Lei fece altrettanto,
sedendosi su uno sgabello per
vedere cosa stava cucinando: “Avevo molto da studiare, ma
sapevo che prima o
poi sarei uscita. A proposito, cos’è questo buon
profumo?”
Lui, allora, tolse
una teglia dal forno e la appoggiò
delicatamente sul tavolo davanti a lei: “Pizza!”
La ragazza rise:
“Devo aver proprio studiato troppo
per non aver capito che si trattava di una pizza!”
“O magari
non ne mangi una da talmente tanto tempo,
che ti sei dimenticata che profumo abbia!”
“Beh, sai,
di solito la mangi quando sei felice e hai
una vita normale come tutto il resto del mondo. Nel mio caso, quindi,
direi che
sì, è passato un sacco di tempo...”
L’uomo,
allora, annuì, porgendole una fetta ancora
fumante: “Allora ecco a te la tua pizza fatta di
felicità e normalità!”
Felice, Jade ne prese
subito un morso: “E’ la pizza
più felice e normale che abbia mai assaggiato. Ma,
soprattutto, è buonissima!”
“Anche a
Sophia piaceva molto...” poi, i due rimasero
in silenzio, a sorridere e mangiare quel che restava della teglia.
Quando finirono, Rick
ruppe all’improvviso il
silenzio: “Non ti manca la tua vecchia vita? –
chiese - I tuoi amici o tua
nonna?”
Di colpo, la ragazza
tornò seria: “Sì, mi mancano,
ma…
cerco di non pensarci. Insomma, se vuoi evadere dalla tua vecchia vita,
non
puoi portare via con te anche le fondamenta di essa. E andarmene
è stata la
scelta migliore. Sia per me, che per loro. ”
“Questo non
puoi saperlo.”
Jade, nel sentire la
sua risposta, si alterò
leggermente: “Ognuno di loro mi ricordava il suo viso, mi
ricordava chi sono e
cosa avevo perso. Invece, separandomi da mia nonna, dai miei amici e
dalla mia
vita, lo ricordo solo rare volte. – improvvisamente si
calmò – Non è
molto, ma… soffrire è meno doloroso di prima.
Spero che capiscano.”
“Associ
sempre tutto a Samuel, eh? Persino il modo in
cui sei e vivi la tua vita. Io ho perso Sophia, ma… non ho
dimenticato chi sono
e in che mondo viviamo. Sono un cacciatore e vivo in un mondo
soprannaturale,
questa è la realtà. Tu ti sei allontanata dalla
tua vita e dai tuoi amici, ma
sei pur sempre una strega. Non puoi fingere di non esserlo e far finta
che il
mondo esterno sia normale. Una morte non può condizionarti
fino a questo
punto.”
“Se non
fossi stata una strega, non avrei mai
conosciuto Samuel e mi sarei risparmiata tutto questo dolore. Fingere
di non
esserlo è un po’ come non averlo mai conosciuto e
questo mi aiuta ad andare
avanti.”
“Beh, mi
dispiace, ma io vedo le cose in un’altra
prospettiva. Quella in cui c’è un guadagno e non
una perdita. Se non fossi
stato un cacciatore, non avrei mai conosciuto Sophia. E, se non
l’avessi
conosciuta, mi sarei perso un pezzo di vita a dir poco straordinario.
Tu no?”
Jade sentì
una lacrima scenderle lungo il viso: “Ogni
giorno passato con Samuel è stato un pezzo di vita
più che straordinario…”
rispose, guardando nel vuoto.
In quel momento, Rick
si accorse che i vetri delle
finestre si erano tutti appannati, e lo fece notare anche a lei:
“Complimenti,
ti sei appena ricordata chi sei ed è l’unica cosa
che devi sapere!”
“Già.
Una strega che ha amato il suo demone…”
Casa Ferguson
Tamara stava tenendo
una sacca del ghiaccio sul collo
di Dana, mentre spiegava a Brenda e Terence, riuniti in soggiorno, cosa
era
successo: “Eravamo sole in cantina a lavorare sul marchio.
Poi Klen è salita di
sopra a prendere da bere e pochi minuti dopo qualcuno mi ha colpita
alle
spalle.”
“Poi,
quando sono scesa e ho trovato Tamara distesa a
terra, – aggiunse l’altra strega - qualcuno ha
colpito anche me.”
Brenda le
guardò entrambe, perplessa: “Quindi pensate
che Klen sia stata rapita?”
Le due si scambiarono
un’occhiata: “Mi sembra ovvio!”
La ragazza le
osservò, poi si rivolse verso la più
giovane: “Ascolta, Tamara, a questo punto credo che tu debba
andare ad Alkaban.
Non sei al sicuro, qui! – poi si voltò verso
Terence – La accompagni tu?”
“Ma
certo!” rispose lui, prima di essere fermato dalla
diretta interessata.
“Aspetta,
cosa facciamo con il marchio, allora? Non
dobbiamo più aiutare il vostro amico?”
“Quante
possibilità hai di venirne a capo senza
l’aiuto di Klen?” le chiese Brenda, schietta.
“Ehm,
beh… non molte, a dir la verità. Sono rimasta
con lei solo per supervisionarla e per la parte pratica della magia, di
cui mi
intendo di più.”
“Allora
l’operazione marchio è ufficialmente sospesa
finchè
non troviamo Klen. Fino a quel momento, resterai ad Alkaban!”
replicò l’altra.
“E se
l’ha presa John?” chiese la donna, preoccupata,
e subito Dana cercò di tranquillizzarla.
“Vai, cara.
Ci pensiamo noi, non preoccuparti, vedrai
che sta bene!”
Convinta, Tamara
andò via con Terence.
Appena rimasero sole,
Brenda si avvicinò preoccupata a
Dana per chiederle qualcosa di cui non potevano parlare davanti agli
altri.
“Hanno
rubato qualcosa dalla cassaforte, per caso?”
“Sono stata
colpita subito dopo aver tolto la
protezione e aperto lo sportello, ma a quanto pare no.”
“Non serve
rubare, se puoi limitarti a leggere e
rimettere apposto, però. Di Klen cosa mi dici, invece?
L’hai vista al piano di
sopra, quando è salita?”
“A dir la
verità, no.”
La ragazza ci
pensò su un attimo, prima di parlare
nuovamente: “Sai, inizio a pensare che sia stata lei a
colpirvi in testa, ma
per quale motivo avrebbe dovuto farlo?”
“Forse
è stata infettata da un disordine…”
“Sì,
ma avevi detto che questi disordini non erano
ancora abbastanza potenti da riuscire ad infettare anche gli esseri
soprannaturali, ma solo gli umani perché sono più
deboli e vulnerabili.”
“Lo so, ma
direi che ora dobbiamo affrontare la realtà
della situazione: i disordini si sono ormai stabilizzati in questa zona
e più
persone infettano, più si rafforzano.”
“Ok, allora
– suggerì Brenda, preoccupata - propongo
di preparare una pozione immunitaria speciale per i demoni, le streghe
e
qualunque altro essere soprannaturale sotto la cupola. Gli esseri umani
infetti
li possiamo gestire, ma loro…”
Mentre ascoltava la
sua proposta, la donna annuì,
soddisfatta: “Hai ragione. Mi metto subito al
lavoro!”
“Bene,
– replicò la ragazza, prendendo la balestra
–
allora io mi occupo di ritrovare Klen.”
Ma, poco prima che
lasciasse la stanza, Dana si voltò
verso di lei: “A proposito, cara, come è andata la
cena?”
“Quella
rovinata da mio padre intende? Una
meraviglia!”
“E’
tuo padre, tesoro. E tu sei la sua bambina. Era
ovvio che non l’avrebbe presa bene.”
“Ma io non
sono più la sua bambina, non lo sono mai
stata!” replicò la ragazza, uscendo dalla stanza.
Alkaban
Alcuni demoni, ormai
ad Alkaban da diverse settimane,
passavano alcune ore della sera nella loro sala di ritrovo,
costantemente
sorvegliata dal Consiglio. Jackson era appena entrato, quando
notò che il suo
gruppo si era ammassato in un angolo particolare, quasi stesse
tramandando
qualcosa.
Quando lo vide,
subito Barnès lo chiamò: “Presto,
vieni. Ti stavamo aspettando!”
“Aspettando?”
chiese lui, perplesso, avvicinandosi.
“Per
parlare della nostra evasione da questo posto,
no?”
Il demone, allora, si
bloccò, contrariato e confuso:
“Cosa? Perché? Siamo al sicuro, qui!”
“Questo
è quello che vogliono farci credere. La verità
è che non eravamo sicuri né in quei tunnel,
né ora qui!” gli altri, ovviamente,
mostrarono subito la loro approvazione.
Jackson,
però, cercò di frenarli: “Io, invece,
credo
che la cosa migliore sia restare ad Alkaban e non fare passi falsi.
Insomma,
avete visto che cosa abbiamo dovuto patire con John e, se usciamo di
qui,
verremo sicuramente catturati di nuovo.”
“Perché?
Forse siamo importanti per qualcosa per
entrambe le parti. Le streghe hanno parlato di un sacrificio, ma non mi
sembrano più così tanto coinvolte nella faccenda,
visto che due di loro collaborano
con l’anziana strega e con il Consiglio. Perciò,
rimaniamo solo noi e io non
rimarrò certo qui a scoprire cosa ci accadrà.
Devo difendere il mio clan!”
“E dove
pensate di andare? Non c’è via d’uscita
da
questa città! Per non parlare di Alkaban, che è
scrupolosamente controllata in
ogni angolo!”
“Per ora.
Comunque, una volta trovato il modo di
uscire da qui – e, fidati, lo troveremo - andremo a cercare
coloro che hanno
creato la cupola. E poi, sappiamo per certo che sono state delle
sorelle streghe.
Quindi, trovate loro, avremo la nostra libertà!”
Poi uno dei demoni di
fianco a lui si rivolse
direttamente al ragazzo: “Allora? Sei dei nostri,
Jackson?” ma quello lo guardò
storto.
Allora,
Barnès lo incalzò: “Jackson, rispondi
alla
domanda di Raul!”
L’altro,
allora, cercò di respirare profondamente e di
calmarsi, prima di rispondere: “Farò quello che
deciderai di fare, Barnès.”
L’uomo
sorrise, compiaciuto: “Bravo il mio ragazzo!
Sai, ci sono molti altri demoni, come Raul ad esempio, che ambiscono ad
essere
il mio vice, perciò non vorrei cambiare idea su di
te...”
Jackson
annuì, lasciando la stanza:
“D’accordo.
Quando avrete un piano, allora, sarò felice di essere dei
vostri.”
Intanto, fuori dai
cancelli di Alkaban, Terence stava
scortando Tamara all’interno dell’edificio, ma ad
aspettarlo trovò Zack,
intento a fare avanti e indietro lì davanti.
L’uomo lo
osservò, perplesso: “Zack? Che cosa ci fai
qui?”
“Ti stavo
cercando. Arrivo da casa della signora
Ferguson. Mi ha raccontato cosa è successo.”
E Tamara aggiunse,
mortificata: “Zack, mi
dispiace tanto per il tuo marchio...”
“Tranquilla,
– la rassicurò lui - sapevo che non
sarebbe stato tanto facile liberarmene. Inoltre, senza Klen,
c’è poco da fare,
no?”
L’altra
annui: “Già! E’ lei che se ne intende di
incantesimi, maledizioni e tutto il resto. Spero tanto che la
ritrovino...”
Gentilmente, Terence
la richiamò alla realtà: “Tamara,
vai pure. Davanti ai cancelli verrai riconosciuta e fatta
entrare.”
Lei, allora, fece un
passo avanti: “Vi prego,
trovatela!” disse, poco prima di andarsene.
“Faremo del
nostro meglio, te lo prometto!” le disse
Zack, guardandola sparire.
Quando rimasero soli,
Terence non riuscì più a celare
la sua curiosità.
“Come mai
mi stavi cercando?” gli chiese subito,
secco.
“Ho bisogno
di un favore. Domani sera John darà una
sorta di cena per inaugurare l’acquisto della sua nuova casa
e ha richiesto la
mia presenza. Ha detto che ci saranno anche alcune delle persone che
lavorano
in Comune e io temo che quell’inaugurazione possa
trasformarsi in una pozza di
sangue. Ho bisogno che tu ci tenga d’occhio. John
è imprevedibile e strano e
questo mi spaventa...”
“E cosa ti
fa credere che accetterò di aiutarti?”
“Andiamo,
amico, credo di aver già dimostrato di
essere dalla vostra parte e che John mi detiene con il
marchio!”
L’uomo
sospirò: “D’accordo, ma venendo con te
rischio
la mia vita e anche quella di Brenda, perciò, se vuoi
davvero un favore da me,
dovrai ricambiare, ok?”
“Va bene,
tutto quello che vuoi. Di che cosa si
tratta?”
“Brenda sta
passando un brutto periodo da quando Jade
se n’è andata. Sta crollando e sente il peso di
una responsabilità che non è
sua, ma di Jade. L’ha anche accusata di essere un egoista e
di averla
incastrata nella sua vecchia vita.”
“E cosa
dovrei dire a Jade? Dubito che voglia vedermi,
figuriamoci parlarmi!”
“Non mi
interessa, devi parlarle e farla tornare! Le
abbiamo dato tutto il tempo che le serviva per metabolizzare la morte
di
Samuel, ma è arrivato il momento che torni ai suoi doveri di
strega e alla sua vita.
Brenda sta ricoprendo un ruolo che non è suo, per non
parlare del fatto che
rischia di morire ogni giorno, visto che è solo un essere
umano con la
balestra, perciò parlale, o non ti
aiuterò!”
“D’accordo,
ma non ti aspettare chissà cosa. Lei ora
sta bene e dubito che muoia dalla voglia di tornare in questo
inferno.”
“Questo
è il SUO inferno, non quello di Brenda!”
replicò Terence e se ne andò, lasciando Zack
pensieroso in mezzo alla strada.
Intanto, Klen correva
nervosa per le strade di Morney
Hill con il foglio rubato tra le mani. Girando l’angolo, fu
presa
all’improvviso da John, che le tappò la bocca per
non farla gridare.
“Sono
io!” le sussurrò, per poi lasciarla andare.
“Mi hai
fatto paura, – rispose lei - non dovevamo
incontrarci nel tuo ufficio?”
Lui le
lanciò una lunga occhiata perplessa: “Sei
impazzita, per caso?!? Non devono capire che stai lavorando per me!
Allora, hai
preso quello che Dana custodiva?”
Lei gli
consegnò il foglio: “Sì, ecco,
tieni!”
L’uomo
gettò su di esso una rapida occhiata: “Bene,
c’era dell’altro?”
“Ehm, uno
strano oggetto con due aghi alle estremità,
un cristallo e dei disegni… di persone, credo. Senti, non ho
potuto prendere
tutto, perchè Tamara si stava risvegliando!”
esclamò lei, agitata.
John,
però, rimase impassibile: “D’accordo,
non
tremare, non sono arrabbiato. Credo che tu abbia preso il foglio
giusto. Però…”
“Però
cosa? Non vuoi uccidermi, vero?”
“Però
non devono credere che tu c’entri qualcosa o che
collabori con me. Per questo ti troveranno stesa in questo vicolo,
piena di
ferite e… sembrerà che tu sia stata rapita e
abbia lottato per scappare.”
Spaventata, la strega
iniziò a indietreggiare:
“Ferite? In che senso? John, ti prego, non farmi del
male...”
“Tranquilla,
farò piano…” rispose lui, avanzando con
un leggero ghigno sul volto.
Improvvisamente, si
sentirono soltanto le urla di lei.
Poi, solo il silenzio.
Nel frattempo, Noa
era alla festa di una
confraternita: musica soft e, intorno a lui, studenti impegnati a
scambiarsi
effusioni sui divani, che bevevano o fumavano. Mentre scendeva dalla
scale,
dopo essere stato in bagno, notò che qualcuno lo stava
fissando e, quando se ne
accorse, ricambiò con piacere. In quel momento, da
un’altra stanza, molto
annoiato, comparve Wes che, non appena lo vide, indietreggiò
subito,
nascondendosi dietro una colonna. L’altro, però,
ovviamente, non lo notò,
troppo impegnato ad avvicinarsi al ragazzo che lo aveva ammaliato.
Improvvisamente, però, gli squillò il telefono e
dovette fermarsi a rispondere,
facendo cenno a quel ragazzo di aspettarlo.
“Sì,
pronto?”
Dall’altra
parte sentì la voce squillante di Brenda:
“Muovi il tuo bel sederino e raggiungimi in centro, qualcuno
ha aggredito Dana
e Tamara, mentre Klen è sparita!”
Lui
sbuffò: “Hai veramente bisogno di me? E’
mezzanotte passata!”
“Sì,
davvero! – replicò lei, irritata - E poi,
un’ora
fa, non mi hai scritto dicendo che la festa era noiosa?”
Anche se sapeva che
l’amica non poteva vederlo, Noa
sorrise al ragazzo che lo stava aspettando: “Beh,
un’ora fa! Sai quante cose
posso cambiare in un’ora? Dai, lasciami libero, per stasera!
E poi, non eri tu
quella che diceva che andare in missione con me equivaleva ad essere
soli? Ti
do il permesso di essere sola, quindi. Non mi offenderò,
stavolta, giuro!”
Per una manciata di
secondi, dall’altra parte ci fu
silenzio, poi la ragazza parlò di nuovo: “Sei a
caccia, vero?? Noa, non dirmi
che mi stai facendo un bidone per un ragazzo che probabilmente
è a qualche
passo da te!”
“Ehm
sì, ti sto bidonando per un ragazzo carino che è
ad un passo da me. Ti prego, me lo dovete un giorno di
libertà dopo
Megan-il mostro, Alkaban, John e la collezionista di bambole!”
Brenda ci penso su
qualche istante, poi, sbuffando,
acconsentì: “E va bene, goditi la tua seratina,
che senz’altro sarà migliore
della mia!”
All’amico,
ovviamente, non sfuggì il tono stanco di
lei: “Ehi, stai bene? Com’è andata a
finire la cena?”
“Beh, eri
presente al gran finale, no? Deducilo da
solo! Comunque io vado, a domani!”
“Ok, a
domani!” poi tornò a guardare verso il ragazzo
di prima che, però, era sparito.
“Ma
dove...?” si chiese, guardandosi intorno con
attenzione, finchè, girandosi a guardare da
un’altra parte, non lo ritrovò in
compagnia di un altro.
“Accidenti,
me lo sono perso! – sospirò – Bene, a
questo punto non mi resta che trovare un modo alternativo per
completare la
serata. Andrò da Brenda!” e subito andò
a prendere la sua macchina e lasciò la
villa, immediatamente seguito da Wes che, nel frattempo, si chiese cosa
nascondessero veramente lui e Brenda..
Qualche settimana
prima
Wes e Corinne erano
nel bosco e si stavano facendo
luce con delle torce. La ragazza sembrava alquanto seccata e stanca ed
era
evidente che lo stava seguendo malvolentieri.
“Ricordami
il motivo per cui ho deciso di seguirti a
quest’ora della notte in un bosco buio e lugubre, per
favore.”
L’altro le
rispose senza mai distogliere lo sguardo
dal sentiero che stavano percorrendo: “I biglietti per il
concerto dei Maroon
5, a cui io non andrò perché avrò
altro da fare, sfortunatamente.”
“Ah,
già! Mi posso sacrificare, allora!”
“Bene.
– replicò lui, fermandosi ai piedi di un albero
- E’ qui! Vedrai che ho ragione!”
“Possibile
che, quando ti metti in testa una cosa,
nessuno possa smuoverti?”
“Brenda e
quell’altro ragazzo nascondono qualcosa,
probabilmente un omicidio. – le rispose, iniziando a scavare
- Sarebbe un bel
trampolino di lancio per me e la mia futura carriera da giornalista,
scriverci
su una storia per il giornale del college, non credi?”
“Sai,
conosco un film in cui i veri assassini
fotografavano le due persone che volevano incastrarli a tutti i costi
proprio
sulla scena del crimine. E , alla fine, questi ultimi finirono in
carcere,
anche se innocenti, mentre i veri assassini la fecero franca.”
Lui si
fermò e si voltò a guardarla:
“Non ho mai
visto un film del genere. Me lo sono perso, forse?”
“No,
– ribatté lei, isterica - ma potrai farlo
prossimamente dal cinema del carcere, quando ci chiederanno i diritti
per il
film!”
Wes, allora, la
guardò storto, per poi riprendere a
scavare: “Invece, ne usciremo
da…” ma si fermò a
metà frase, lasciando
l’amica terrorizzata.
“Che
c’è? Hai trovato il corpo?”
“No no,
anzi, qui non c’è niente! Insomma, non avevano
scavato poi così tanto!”
Corinne, allora,
sospirò di sollievo, tirandogli una
forte pacca sulla spalla: “Visto? E’
stata una perdita di tempo!
Probabilmente hanno riesumato una di quelle scatole del tempo, dove
metti tutti
i tuoi giocattoli dell’infanzia, per poi riaprirle dieci anni
dopo.”
Ma l’altro
si alzò in piedi e rimase a fissare la buca
con aria perplessa, scuotendo la testa: “Non è
possibile, io li ho visti. Non
avevano nulla in mano!”
“Senti,
sono persone normali. Quelli non normali siamo
noi, che alle tre del mattino vaghiamo nel bosco con una pala in mano,
facendo
buchi nel terreno. Andiamocene, forza!” lo incitò
lei, stanca di quella
situazione e così fecero, nonostante il ragazzo non
riuscisse a capacitarsi del
suo buco nell’acqua.
Presente
Wes tornò
alla realtà, consapevole del fatto che non
si sarebbe mai arreso e che avrebbe dimostrato a Corinne che aveva
ragione, che
quei ragazzi nascondevano davvero qualcosa, un segreto.
Improvvisamente,
però, successe qualcosa di strano,
che interruppe i suoi pensieri: vide una seconda ombra dentro
l’auto di Noa,
che iniziò bruscamente a scuotersi, come se
all’interno stesse avvenendo una
colluttazione. Subito, scese dalla sua per avvicinarsi a vedere meglio.
L’altra
macchina, però, tornò immobile poco dopo e Wes
continuò ad avanzare lentamente,
fino ad arrivare al finestrino, attraverso il quale vide Noa, svenuto.
Lo
guardò per quasi dieci secondi confuso e con gli occhi
sgranati, prima di
accorgersi del riflesso di qualcuno alle sue spalle.
Wes si
girò, spaventato a morte: “Ma... ma da dove
sei...?” e quello che si rivelò essere John,
rispose:
“Spuntato
fuori? Beh, è la mia specialità! – poi
fece
un cenno con la testa verso Noa – E’ amico
tuo?”
“Ehm,
diciamo, al college, ma…” rispose lui, con voce
tremante, scatenando uno strano sorrisino nell’altro.
“Ma ti
piace ficcanasare, eh?”
Wes, spaventato,
iniziò a indietreggiare: “No,
cioè…
io... io devo proprio andare...”
“E lasciare
qui questo povero ragazzo svenuto? Che
razza di comportamento è mai questo?” rispose
l’uomo, facendo altrettanto, per
poi apparire alle sue spalle e prenderlo per il collo.
“Non sei
molto coraggioso, sai?” e glielo strinse
talmente forte, da fargli perdere i sensi.
Poi, John
fissò i due corpi, uno sull’asfalto e
l’altro nell’auto e disse: “Possibile che
non ci sia qualcuno che sappia
resistere più di un minuto, con me? Non è
divertente, così!”
Intanto,
dall’altra parte della città, Brenda aveva
trovato il corpo di Klen con le braccia e le gambe insanguinate.
Subito, aveva
chiamato Terence per aiutarla e l’uomo l’aveva
raggiunta immediatamente con la
sua auto.
Quando scese, vide
Brenda che cercava di tamponare le
ferite con pezzi strappati dalla propria maglietta:
“E’ viva?”
“Non mi
metto di certo a bloccare il sangue ad un
morto, certo che è viva! – replicò lei,
instabile - Però ha il polso debole,
dobbiamo portarla in ospedale!”
“No,
– ribatté lui, prendendola in braccio - la
porteremo ad Alkaban!”
Per un attimo la
ragazza rimase bloccata, gli occhi
sgranati, poi parve riprendersi e lo inseguì fino alla
macchina: “Ad... ad
Alkaban? Ma l’hai vista bene? La sua vita è appesa
ad un filo e tu vuoi
portarla ad Alkaban? Dubito che Alaris abbia studiato chirurgia, mentre
Xao e
Zeta curano solo i prescelti! Regola ridicola, tra
l’altro!”
Ma Terence scosse la
testa, mentre adagiava
delicatamente Klen sul sedile posteriore: “Tu non sai
com’è dentro. Fidati di
me, potresti rimanere stupita!”
“Sì,
certo! – replicò lei, sedendosi vicino a lui -
Rimarrò molto stupita quando Alaris ci guarderà
dicendo: ora del
decesso… avete un orologio, per caso? ”
ma Terence, senza rispondere,
partì a tavoletta.
Arrivati ad Alkaban e
oltrepassato il cancello, i due
percorsero il corridoio d’entrata. Terence continuava a
tenere in braccio Klen,
mentre Brenda gli era accanto, a fare pressione sugli stracci che
tappavano le
ferite. L’atmosfera, però, costrinse la ragazza a
parlare: “Non ero ancora mai
entrata ad Alkaban… – era atterrita – Ma
dove siamo, sul set di American
Horror Story: Asylum?”
“Rilassati:
l’altra ala dell’edificio è meno
inquietante!”
In risposta, lei gli
lanciò un’occhiataccia: “Ehi,
guarda che sono calmissima!”
Finalmente, giunsero
nella parte migliore della
struttura, dove le luci erano più forti e
l’ambiente pulito. Terence entrò
subito in una sala, dove ad accoglierli c’erano un uomo e
altre tre persone,
tutti muniti di camici e mascherine con una barella pronta accanto a
loro,
sulla quale venne adagiata la ragazza. Brenda si guardò
intorno piuttosto
confusa: “Ma da dove...? Sono dottori?”
Quelli,
però, la ignorarono, rivolgendosi direttamente
a Terence: “Cosa è successo?” gli
chiesero.
“La mia
ragazza l’ha trovata piena di ferite, distesa
sul marciapiede. Accanto mi sembra ci fosse un coltello da
cucina.”
L’altro
annuì, allontanandosi con il resto
dell’équipe: “D’accordo,
adesso ce ne occupiamo noi!”
Appena se ne
andarono, Brenda guardò l’uomo piuttosto
perplessa: “Terence? Mi puoi gentilmente spiegare cosa
è appena successo?”
“Il
Consiglio ha soggiogato alcuni cittadini di Morney
Hill, affinché la struttura goda di ogni
necessità: cuochi alle mense, dottori
e addetti alle pulizie. Ci sono, inoltre, delle guardie, dei poliziotti
per la
precisione, che controllano costantemente l’esterno
dell’edificio attraverso
una stanza fornita di videocamere di sorveglianza. Insomma, hanno
pensato
proprio a tutto!”
“Wow!
– esclamò lei - Sono senza parole.
Letteralmente.”
Sul volto di Terence
si dipinse un sorriso: “Benvenuta
ad Alkaban!”
Lei rise:
“Oh, tranquillo, non ci rimarrò a lungo. Me
ne sto già andando. Chiamatemi quando Klen sarà
fuori pericolo, così potrò
farle delle domande su chi l’ha ridotta così, ok?
Un coltello da cucina non è
certo il modus operandi di John!” e se ne andò,
continuando ad incantarsi ad
ogni angolo mentre si incamminava verso l’uscita.
Il giorno dopo
– Casa
Jenkins
Brenda si era appena
svegliata, dopo aver passato la
notte a cercare Klen e poi a portarla ad Alkaban. Quando scese, sua
madre era
in cucina che preparava la colazione e lei si sedette a tavola,
frastornata.
“Le mie
aspirine sono finite, mamma, tu ne hai
qualcuna nel tuo bagno?”
Rose la
guardò preoccupata, mentre le riempiva
il piatto: “Ne prendi un po’ troppe, ultimamente.
Non starai esagerando?”
In risposta, la
figlia le lanciò un’occhiataccia:
“Mamma, ma hai idea di che razza di vita faccio?!? Di giorno
sono una
studentessa strafatta di caffè e di
notte…”
In
quell’esatto istante, entrò sua sorella a prendere
del cibo e concluse per lei, sarcastica: “… fai la
spogliarellista in un
locale? Lo sapevo!”
Se avesse potuto,
Brenda l’avrebbe incenerita
all’istante: “Lizzie, non hai il pullman
dell’asilo da prendere?”
“Sono una
studentessa liceale, ora. – replicò
l’altra,
offesa - Non montarti la testa, ora che vai al college e hai un ragazzo
che a
papino non piace! Tra l’altro, quanti anni ha più
di te? E’ uno dei tuoi
professori, per caso? Se sì, ci avrei giurato!”
“Maaaammaa!
– urlò la ragazza, incredula - Vuoi farla
smettere?”
Allora, gentilmente,
Rose si voltò verso Lizzie:
“Tesoro, credo sia meglio che tu vada, o perderai il pullman
per davvero.”
“D’accordo
vado, – replicò quella, avviandosi verso la
porta - ma ricordate a Noa che domani ho il test di fisica e lui se ne
intende
di fisici, non so se mi spiego... Ciao!”
Mentre la porta si
chiudeva alle spalle, la sorella
sbuffò: “Mamma, se fino a due anni fa
ero una Lizzie 2.0, ti chiedo
umilmente scusa. A volte non ti rendi conto di cosa sia
l’adolescenza, finchè
non sei abbastanza matura da vederla con i tuoi stessi occhi su tua
sorella
minore!”
Rose rise:
“Altroché se lo eri, forse anche peggio!
Per fortuna diventate grandi, prima o poi. – le
accarezzò il mento – Come te,
tesoro.”
“Che fai,
indori la pillola e poi fai la carina? Non
attacca! – e le sorrise - A proposito, Noa è
già uscito, per caso?”
“A dir la
verità, non è nemmeno rientrato. Festa
lunga, eh!”
Ma Brenda non parve
altrettanto tranquilla: “Strano,
Noa non è un tipo da dodici birre di fila...”
“Perché,
tu lo sei?”
La figlia,
però, le rispose con un sorrisino: “Devo
andare!” e nell’uscire dalla cucina, con il
telefono in mano per contattare
Noa, incrociò suo padre. Tra i due ci fu solo un breve
sguardo e nessuna
parola.
Quando
l’uomo entrò in cucina, la moglie gli
lanciò
un’occhiata: “Andrà avanti per
molto?” chiese.
“Andrà
avanti finchè non capirà che le voglio troppo
bene per perderla” rispose, pensando che la figlia fosse in
uscita.
In realtà,
però, Brenda era rimasta dietro la porta
d’ingresso socchiusa ad ascoltare e sulle labbra si dipinse
un leggero sorriso,
quando comprese che suo padre voleva solo saperla viva e al sicuro.
Poi, più
tranquilla, se ne andò.
Casa Weather
In un’altra
parte della città, nella dimora di Rick,
anche Jade si era appena svegliata, però lei era rimasta
distesa sul letto a
fissare il soffitto, senza muoversi. I raggi di sole che entravano
dalla
finestra, il cinguettio degli uccellini e la quiete circostante la
rilassarono
a tal punto da non farle sentire il desiderio di alzarsi.
Improvvisamente,
però, sentì bussare alla porta:
“Avanti!”
Rick
entrò, portando in mano un vassoio con sopra la
colazione e il suo solito sorriso stampato sul volto:
“Buongiorno, Jade.”
Lei lo
guardò, sorpresa: “Ora mi stai decisamente
viziando troppo!”
Lui, allora,
appoggiò il vassoio sul comodino e si
sedette sulla sedia accanto al letto: “Oggi è un
giorno importante e hai
bisogno di una super colazione per prepararti a ciò che ho
in serbo per te.”
“Cosa? Di
che cosa stai parlando? – poi notò che sul
vassoio c’era anche una benda, che gli indicò
– E questa?”
“Finisci la
tua colazione e poi mettitela sugli occhi.
Ieri ti sei ricordata di essere una strega, perciò oggi
SARAI una strega! – le
sorrise, mentre lei lo guardava perplessa – Forza, mangia,
ora!” e subito lei
eseguì.
Qualche minuto dopo,
i due stavano scendendo le scale.
Rick era dietro di lei, che la direzionava, dato che aveva gli occhi
coperti
dalla benda.
Jade non nascose la
sua impazienza: “Allora? Siamo
arrivati?”
Intanto, erano dentro
un ascensore: “Ancora un
attimo!” e, dopo aver premuto un bottone, quello
iniziò a scendere, lasciandola
perplessa.
“Ma…
ma stiamo scendendo? – gli chiese, confusa - Non
capisco, ci stiamo muovendo?”
“Non hai
proprio pazienza, eh? Ancora qualche
secondo!”
Finalmente,
l’ascensore si fermò e Rick la aiutò ad
avanzare. Poi, le tolse la benda, esclamando: “Eccoci
arrivati!”
Jade, allora,
iniziò sempre più stupita a guardarsi
intorno, accorgendosi di trovarsi in una sorta di stanza per gli
allenamenti
molto ampia: c’erano armi di ogni tipo, fra cui alcune mai
viste in vita sua.
C’era anche un sacco da pugilato e alcuni attrezzi da
palestra.
“Come puoi
vedere, – le spiegò l’uomo - questa
è una
tipica stanza per l’allenamento dei cacciatori. Tutti ne
abbiamo una così.”
“Siamo
scesi con un ascensore, vero? – replicò,
però,
lei, voltandosi verso di lui - Non avevo notato l’entrata di
un ascensore nella
tua casa!”
Rick sorrise:
“Davvero? Sei nel mio seminterrato da
cacciatore e mi stai domandando dell’ascensore? –
ma subito ricevette
un’occhiataccia in risposta e tornò serio
– Beh, era nascosto dietro ad una
parete. Passaggio segreto, in un certo senso!”
Lei annuì,
per poi iniziare a vagare per la stanza
sfiorando ogni cosa con le dita: “Perché mi hai
portata qui?”
“Mi hai
raccontato che un tempo avevi grandi poteri
per via del fatto che eri una prescelta. Ora non ci sono
più, ma non vuol dire
che tu non li abbia mai avuti dentro di te. Ti sono stati donati,
perché non
c’era tempo di far maturare quel potere che già
possedevi inconsapevolmente.
Beh, ora ce l’hai ed è arrivato il momento di
tirarli fuori. Sei pronta?”
“Sì,
sì… credo di esserlo. Sì, sono
pronta!” esclamò
la strega, in risposta.
“Non voglio
forzarti, ma è per il tuo bene. Tuo nonno
è di nuovo in città e potrebbe farti del male,
perciò dovrai essere in grado di
difenderti da sola.”
“Hai
ragione. Cominciamo!”
“Bene, ma
ti avverto: ci vogliono molta pazienza e
forza di volontà”
Ma la ragazza ne era
perfettamente consapevole e non
voleva più perdere altro tempo, così i due
cominciarono subito.
Alkaban
Durante la notte, i
medici di Alkaban si erano
occupati di Klen e la ragazza era ormai fuori pericolo, nonostante
avesse perso
molto sangue, e si trovava in una stanza privata con una flebo
attaccata al
braccio. Improvvisamente, aprì gli occhi e si
guardò attorno, confusa e debole.
Subito, staccò ciò che le avevano attaccato e,
trascinandosi a stento, lasciò
la stanza, percorrendo i corridoi dell’edificio.
Intanto, in
un’altra ala, Jackson stava percorrendo
molto di fretta un corridoio, quando alle sue spalle Harmony
uscì da una stanza
e lo vide.
“Jackson!”
chiamò e lui si fermò e si voltò a
guardarla.
“Che
c’è?”
“Dove stai
andando così nervoso?”
“Barnès
e gli altri vogliono fuggire da Azkaban e io
sto andando dal Consiglio per avvertirli.”
“Ma
così tradisci il capo del tuo clan! –
esclamò lei,
preoccupata - Non avrai dei problemi, poi?”
“No, anzi,
mi ringrazieranno, quando capiranno che il
vero pericolo è fuori di qui”
“Beh,
sembri averlo compreso solo tu però, no? Grazie
alla paura che ti hanno messo le mie parole. Ma gli altri…
beh, gli altri no,
perché ancora non si rendono conto e seguono il loro capo,
che è un
incosciente! D’altronde, le vie sono pericolose soltanto
quando ormai le si sta
già percorrendo. Lascia che commettano questo errore, lascia
che si pentano di
non averti ascoltato! Se andrai a raccontare tutto al Consiglio, loro
non
lasceranno mai questo posto e tu sarai quello che gli ha traditi, senza
sapere
che in realtà li stavi salvando.”
Sul volto di Jackson
era ben evidente il conflitto che
gli stava agitando dentro: “Io... io non posso lasciarglielo
fare! Sono pur
sempre la mia famiglia, anche se non sempre si sono comportati bene. Se
permetto che fuggano da qui, nessuno sopravvivrà alla furia
di Jade, se dovesse
scoprire che siamo il clan di cui Samuel faceva parte un tempo e che
l’abbiamo
dato a Wolf per non avere problemi. E’ colpa nostra, se
Samuel ha dovuto subire
l’esilio e convivere con quei sensi di colpa e quella strega
non avrebbe nulla
da perdere nel farci fuori tutti, perciò io devo impedire
questo bagno di
sangue!”
Quando
finì di parlare, improvvisamente si sentì un
rumore dietro l’angolo più vicino e i due si
voltarono, spaventati.
“Hai
sentito?” chiese la strega e subito il demone
corse a vedere, rimanendo sorpreso da ciò che
trovò.
“Ma
è Klen!” esclamò.
La ragazza era
distesa a terra, svenuta, con una delle
ferite di nuovo aperta. I due allora la sollevarono, cercando di
portarla via.
“Quando
è arrivata ad Alkaban?” chiese lui.
“Probabilmente
stanotte! Forza, perde sangue!” rispose
lei, iniziando a correre.
College di Morney Hill
Brenda, camminando
per il campus con il telefono
attaccato all’orecchio, continuava a lasciare messaggi nella
segreteria di Noa,
sperando che il ragazzo le rispondesse.
“Ok, questa
sarà la milionesima volta che ti chiamo da
quando sono uscita di casa. Sono al campus, dove diavolo sei finito?
Sono
seriamente preoccupata, appena senti il messaggio
richiamami!” e chiuse
nuovamente la comunicazione, notando, poco lontano da lei, Corinne che
litigava
con un ragazzo. Si avvicinò, ascoltando ciò che,
furiosa, gli stava urlando
contro.
“Come
sarebbe a dire che se n’è andato con la mia
macchina?”
“Non ne ho
idea, siamo andati alla festa insieme e poi
è sparito con la macchina. L’ho aspettato
un’ora e dopo mi sono fatto dare un
passaggio.”
Brenda, allora,
decise di intromettersi: “Scusami,
Corinne, stai bene? Cosa è successo?”
“Succede
che ho prestato la mia auto a Wes, perché la
sua era a secco. E’ andato alla festa di una confraternita
con questo imbecille
e poi è andato via con la mia auto verso chissà
dove!”
“Quindi Wes
è scomparso?” le chiese allora la ragazza,
perplessa, guadagnandosi un’occhiataccia.
“Sì,
te l’ho appena detto!”
L’altra,
allora, si rivolse direttamente al ragazzo:
“Mi puoi dare l’indirizzo di questa confraternita,
perfavore? Anche il mio
amico Noa non è tornato.”
E, mentre quello
iniziava a scriverglielo su un
foglietto, Corinne la guardava perplessa.
“Noa era a
quella festa? Ok, Wes è ufficialmente
morto, la deve smettere con questa fissa!”
“Perché?
Di che cosa stai parlando?”
Ma l’altra
fu vaga: “Ehm, no, niente!”
Brenda,
però, intuì che era il caso di insistere:
“No,
ora me lo devi dire!”
La ragazza
sospirò, poi si decise finalmente a
rispondere: “Ha questa assurda convinzione che tu e il tuo
amico siate degli
assassini. Un giorno è venuto a casa tua per quei famosi
appunti, ma eri in
compagnia di Noa, così vi ha seguiti nel bosco e vi ha
guardati scavare.”
Brenda
ascoltò impassibile: “Ah,
capisco…” poi il
ragazzo le porse il foglietto, mentre Corinne la guardava, in attesa di
una
risposta più soddisfacente.
“Insomma,
non sei un’ assassina, vero?” chiese.
L’altra si
voltò e le sorrise: “No! Ma adoro le
frecce!” e se ne andò.
Appena si
allontanò, il ragazzo si voltò verso
l’amica: “E’ proprio carina,
eh!”
Lei, in risposta, lo
guardò disgustata: “Ti prego,
sparisci!”
Casa di Rick Weather
Intanto, nel
seminterrato di Rick, era in corso
l’allenamento riservato a Jade per far maturare i suoi
poteri. Per prima cosa,
l’uomo la mise di fronte a delle mensole con sistemati sopra
dei barattoli di
vetro vuoti. La distanza era notevole e questo rese Jade ancora
più perplessa.
“Forse
dovrei avvicinarmi di più al bersaglio. Così
è
troppo lontano!”
Lui, però,
tirò fuori una pistola particolare e sparò
ad uno dei barattoli, centrandolo: “Come vedi, non
è la distanza dal bersaglio
il problema. Forza, concentrazione!”
Intanto, i frammenti
di vetro si sciolsero sotto gli
occhi attoniti della ragazza.
“Wow, che
strano effetto! E che pistola… pittoresca!”
“E’
un’arma che abbiamo tutti noi cacciatori, ce ne
sono molte e con effetti diversi. Ad esempio, i proiettili di questa
vengono
strofinati in delle magifoglie.”
Jade
ridacchiò: “E cosa sarebbero?”
Rick si
voltò verso di lei e la guardò a bocca aperta,
incredulo: “Santo cielo, farò finta di non aver
sentito. Sei una strega,
dovresti saperle certe cose!”
“Mi
dispiace, ma sono più portata per l’azione che per
i libri di stregoneria...”
L’uomo
sospirò, poi rispose: “Le magifoglie sono
foglie particolari che crescono nutrendosi di magia. Sono le streghe a
crearle
nelle loro serre. Hanno diversi effetti magici e, in particolare,
strofinandole
sui proiettili, si ha quell’effetto corrosivo. Se spari a un
demone, invece,
provoca un fastidioso fischio alle orecchie.”
“Atroce!
– replicò lei, per poi tornare a concentrarsi
sui barattoli – Ok, ora tocca a me, giusto? Devo solo
concentrarmi…” e puntò il
suo braccio verso di essi.
Passò
qualche minuto, ma non accadde nulla.
Vedendola in
difficoltà, Rick cercò di spronarla:
“Jade, sono solo barattoli di vetro, non stai sollevando un
auto a mani nude!”
In risposta, gli
arrivò un’occhiataccia. “Non
è così
semplice, visto che non so nemmeno cosa devo fare di preciso per far
funzionare
questo potere che ho dentro. Comunque senti, lasciamo perdere, ok? A
quanto
pare non sono niente senza i poteri della prescelta!”
Ma l’uomo
non si arrese, anzi, si avvicinò e la prese
per le spalle: “Tu sei la prescelta anche senza quei
superpoteri, chiaro? E’
come se prima avessi camminato grazie a qualcuno che ti teneva la mano.
Ora,
però, non c’è più e tu ti
senti come se non riuscissi a camminare da sola, ma
invece puoi! Ci devi credere di nuovo! Devi farcela da sola, stavolta,
e ce la
farai. E sarai più forte che mai!”
Jade, allora,
tornò davanti al bersaglio e chiuse gli
occhi, cercando di concentrarsi.
Prima che iniziasse,
però, Rick si abbassò e le
sussurrò poche parole all’orecchio: “A
volte c’è bisogno di un po’ di
ispirazione, di una spinta. Pensa a quel barattolo come alla persona
che odi di
più al mondo, d’accordo?”
Pochi secondi dopo,
sul volto della ragazza passarono
rapidamente numerosi sentimenti: prima repulsione, poi rabbia,
finchè uno dei
barattoli non scoppiò in mille pezzi. Pochi secondi dopo,
gli altri lo
seguirono, fino all’ultimo.
Quando
tornò il silenzio, Rick rise, sbalordito e lei
lo seguì.
“Oh mio
Dio, forse ha funzionato un po’ troppo!”
esclamò, abbracciandolo.
Subito,
però, si staccò per l’imbarazzo,
cogliendolo
di sorpresa: “Ehm, direi che ci possiamo lavorare con calma,
non trovi?
Piuttosto, ti va di fare un allenamento fisico, adesso? Bisogna sapersi
difendere anche con il corpo, non solo con la magia!”
Lei annuì,
sentendosi carica ed entusiasta: “Sono
pronta a tutto, insegnami!” e l’uomo non
poté non sorridere, vedendo che Jade
aveva finalmente trovato se stessa.
Dall’altra
parte della città, intanto, Brenda era in
auto con Dana e Terence, che stava guidando, diretti verso la casa
della
confraternita. Ovviamente gli aveva subito messi al corrente della
scomparsa di
Noa e dell’altro ragazzo, Wes.
“Finchè
non ho sentito quella Corinne dire a quel
ragazzo che anche il suo amico era scomparso e che era stato anche lui
alla
stessa festa di Noa, non ero preoccupata, ma ora… Insomma,
non può essere una
coincidenza!”
Dana si
voltò verso di lei e lanciò una breve
occhiata: “Non lo è mai, a Morney Hill, Brenda.
Sicuramente dev’essere successo
qualcosa alla confraternita. Magari sono scomparsi anche altri ragazzi,
ma
ancora non lo sappiamo.”
Ma Terence scosse la
testa: “Brenda ha detto che
entrambi si sono allontanati dalla festa con le proprie auto, forse la
cosa non
riguarda anche altri. Magari sia Noa che questo Wes sono stati
attaccati da
qualcuno, più tardi. Ormai Morney Hill non è
più sicura come all’inizio. Gli
infettati stanno diventando sempre di più!”
“Possiamo
smetterla di chiamarli infettati? – replicò
la ragazza con una smorfia disgustata sul volto - Mi vengono i brividi,
chiamiamoli… disordinati, no?
Sì, persone disordinate!”
Gli altri due,
però, la ignorarono.
“Piuttosto
– rifletté l’anziana signora ad alta
voce -
come hanno fatto a trovarsi nello stesso posto questo Wes e
Noa?”
“E’
un loro compagno di college” le rispose l’uomo
accanto a lei, suscitando una risposta sarcastica da parte della sua
fidanzata.
“E ci crede
assassini perché ci ha visti scavare una
buca!”
Dana
sussultò leggermente a quelle parole, ma, quando
parlò, sembrava la solita di sempre: “Non attirate
l’attenzione, cara.”
“Non
è mica colpa mia, pensavamo di essere soli, quel
giorno!”
In quel momento,
l’auto fu costretta a fermarsi
perché davanti a loro c’era un carro attrezzi che
stava facendo manovra. Quando
vide cosa stava prelevando, però, Brenda si
lasciò scappare un urlo e sobbalzò
sul sedile.
“Oh mio
Dio, ma quella è la macchina di Noa!”
“Ne sei
sicura?” le chiese la signora Ferguson con
gentilezza.
“Sì,
un pick-up grigio con un adesivo di Norman Redus
attaccato sopra lo sportello del serbatoio!”
replicò l’altra, saltando giù.
“Norman
Redus?” la donna sembrava perplessa e Terence
si affrettò a rispondere, prima di scendere giù
dall’auto anche lui.
“Quell’attore
di The Walking Dead che piace a tutti!”
“Ah…”
replicò lei, ancora confusa, raggiungendoli.
Come un fulmine,
Brenda corse verso l’uomo che stava
lavorando presso il carro attrezzi.
“Ehi, mi
scusi?!? – urlò, cercando di farsi sentire -
Può fermarsi un attimo?”
Benché
seccato, quello decise di darle attenzione:
“Sì?”
“Perché
sta prelevando quest’auto? Dov’è il suo
proprietario?”
“E’
quello che vorrei sapere anch’io! Mi hanno
chiamato questa mattina presto, segnalando due auto vuote in mezzo alla
strada.
Che imbecilli, eh?”
“Già!”
esclamò lei, prima di tornare dagli altri,
fermi lontano, per spiegare loro la situazione.
“A quanto
pare hanno chiamato quel tizio dicendo che
c’erano due auto vuote parcheggiate in mezzo alla strada.
– la preoccupazione
era ormai evidente sul suo volto – Vi giuro che non so cosa
pensare...”
“Come io
dell’aggressione di ieri sera... –
replicò
Dana, altrettanto confusa – Piuttosto, sapete se Klen si
è già
risvegliata? Dobbiamo interrogarla il prima possibile!”
Brenda, indispettita,
le lanciò un’occhiataccia:
“Francamente, sto pensando a Noa in questo momento!”
“Scusa,
cara, non volevo far passare la sparizione del
tuo amico in secondo piano, ma è anche importante sapere se
John c’entra con
tutto questo. Se avesse letto le istruzioni di quel foglio, avremmo
sicuramente
un problema!”
“Allora
– concluse Terence - dobbiamo trovare subito
quei contenitori, quelle persone nei dipinti. Insomma, dovremmo
approfittarne
visto che abbiamo i demoni e le streghe ad Alkaban e anche lo strumento
nelle
nostre mani. Servono tutti e tre gli elementi, no?”
“Sìsì,
– rispose l’anziana strega - ognuno di questi
rappresenta un pezzo del puzzle, ma…”
“Ma
cosa?”
“La lettera
di istruzioni è come una lista della
spesa, solo in versione soprannaturale: compare un nuovo punto solo
quando
completi quello precedente. E, al momento, non è ancora del
tutto completa.”
“Ed
è una buona notizia, giusto? John non scoprirà
più
di quello che già sappiamo!”
“No, al
contrario. Dopo le istruzioni riguardo al come
trovare lo strumento, è comparsa quella del cercare i
contenitori umani tramite
i dipinti. Questo vuol dire che, se John ha visto i dipinti e trova i
contenitori, sarà lui a scoprire quale sarà la
prossima istruzione. E, quindi,
a fare la prossima mossa!”
Brenda la
guardò confusa: “Pensavo che sapesse
perfettamente quello che dovevamo fare, invece brancoliamo nel
buio…”
Fu allora che Terence
propose una soluzione che
potesse andare bene a tutti: “Ok, allora voi impegnatevi
nella ricerca dei
contenitori e lasciate perdere Klen. Io andrò con Zack da
John. Ok?”
Ma la ragazza,
sconvolta, sgranò gli occhi: “COSA?!?
Cos’è questa storia? Hai deciso che dobbiamo
morire, per caso? Perché ti
ricordo che siamo insieme in questa cosa della vita e della
morte!”
Lui, allora,
provò a spiegarsi meglio: “Zack ha
chiesto il mio aiuto: pare che John stia organizzando una sorta di
inaugurazione per la nuova casa che ha acquistato e ha invitato lui e
alcuni
funzionari del municipio. Zack, però, non si fida e
pensa ci sia sotto
qualcosa.”
Dana, nel sentire
quella novità, non poté esimersi dal
commentare sottovoce: “Diventa sindaco, compra
case… Bastardo!”
Brenda, ovviamente,
era ancora più furiosa: “Quindi?
Che ruolo hai in tutto questo? Vuoi fare un remake del film Indovina
chi viene a cena, per caso? No,
scordatelo, non ti
lascio andare da solo!”
Terence,
però, scosse energicamente la testa: “No, io
rimarrò solo appostato fuori a controllare la situazione,
mentre Zack tenterà
di scoprire cosa sa esattamente John, o, meglio, cosa ha capito. E,
sinceramente, spero vivamente abbia prestato più attenzione
al foglio di
istruzioni e allo strumento, che ai dipinti...”
Ma la signora
Ferguson non era della stessa idea:
“Quel figlio di puttana è furbo, dubito che li
abbia ignorati, sai? Insomma,
non li metti in una cassaforte se non sono importanti! Avrà
fatto sicuramente
questo ragionamento...”
“Lo sapremo
questa sera!” concluse lui, ma la sua
ragazza non resistette dal fargli un’ultima raccomandazione.
“Ti prego,
stai attento! E, se si mette male,
chiamaci! Intanto noi proveremo a cercare ancora Noa e ad occuparci dei
contenitori, ok?”
Pochi secondi dopo si
rimisero in macchina,
consapevoli di cosa ognuno doveva fare.
Casa di Rick Weather
Jade si era appena
buttata a terra, sudata, dopo aver
dato qualche pugno e qualche calcio al sacco da box. Rick, altrettanto
affaticato, era sdraiato al suo fianco.
“Giuro che
non ho mai faticato così tanto in vita
mia!” esclamò lei, cercando di riprendere fiato.
“E questo
è niente, rispetto ai soliti allenamenti di
un cacciatore! Noi dobbiamo tenerci in forma, sai?”
“Sai, anche
mio nonno era un cacciatore. Anzi, il
mio falso nonno. Si chiamava
David.”
L’uomo la
guardò perplesso: “Non sapevo esistessero
anche i falsi nonni. Spiegati!”
Jade, allora, si mise
più comoda e iniziò a
raccontare: “E’ l’uomo con cui mia nonna
ha rimpiazzato John nei miei ricordi e
in quelli di mia madre. Quando si era rivoltato contro il Consiglio ed
è
passato dalla parte dei servitori del Caos, infatti, mia madre aveva
poco più
di dieci anni, così nella sua mente lo sostituì
con David, fingendo che fosse
tutto normale. Quando John riuscì poi ad evadere dalla
cripta e si ripresentò
davanti a lei, anni dopo, David perse la vita nel tentativo di
catturarlo assieme
agli altri cacciatori, mentre mia nonna aveva astutamente regalato a me
e ai
miei genitori una vacanza, in modo da tenerci il più lontano
possibile da quel
mostro. Non dimenticherò mai il giorno in cui
mandò fuori strada la nostra
auto... – le scese una lacrima solitaria, che le
rigò la guancia – Utilizzò il
volto di David, fingendosi lui, quando comparve
all’improvviso in mezzo
alla strada. La cosa più triste è che io ora so
la verità, mentre mia madre è
morta pensando di essere stata uccisa dall’unico uomo che
l’aveva amata
davvero, trattandola come una figlia.”
“Quindi tua
madre…?”
“No no, lei
non era una strega. Non aveva idea del
mondo che la circondava.”
Rick parve molto
colpito dalle sue parole: “Sai,
conoscevo la reputazione di John, ma non sapevo fosse così
codardo da non usare
il suo volto, mentre uccideva sua figlia.”
“E’
nel suo stile, a quanto pare. Alla fine, voleva
solo vendicarsi di mia nonna, che aveva provato ad esiliarlo per sempre
in
quella cripta.”
L’uomo
rimase pensieroso per qualche minuto, poi ruppe
il silenzio che si era creato e iniziò a parlare:
“Sophia si trovava in un
granaio, quando è morta. E’ successo nel periodo
della seconda profezia, ormai
ce l’avevate quasi fatta e il mondo demoniaco era in allarme,
perché
sicuramente le cose sarebbero cambiate dato che, dopo, nulla avrebbe
più
impedito al Consiglio di dare la caccia ai demoni più
irrequieti. C’era questo
clan che aveva preso di mira la sua Congrega…”
Lei, però,
parve ascoltarlo solo distrattamente,
troppo impegnata a muoversi nella stanza e a toccare gli oggetti
presenti,
finchè non raggiunse una specie di corno: “Questo
a cosa serve?”
“Ehm, non
toccarlo, serve solo da richiamo. Se ci
soffi dentro, i cacciatori più vicini accorreranno in tuo
aiuto. Noi
comunichiamo così!”
La ragazza
annuì, rimettendosi a sedere vicino a lui:
“Continua, cosa è successo poi?”
“Questo
clan cercava degli amuleti per non permettere
ai cacciatori e al Consiglio di localizzarli. Ovviamente fallirono nel
loro
intento, perché non li ottennero, e probabilmente dopo hanno
tentato anche con
altre congreghe, non lo so. Quel che importa è che, in quel
granaio, ci fu uno
scontro e tutto si incendiò. Quando arrivai sul posto, era
troppo tardi: Sophia
era rimasta intrappolata sotto una trave e... e io non potei fare nulla
per
salvarla dalle fiamme. Da allora sono stato consumato dalla rabbia e ho
tentato
invano di cercare quel clan per vendicarmi. Per colpa di questa dannata
cupola,
però, non sono più potuto ripartire,
perciò... eccomi qui!”
“Scusa se
te lo chiedo, ma come mai non sembri essere
più in servizio? Insomma, dici di essere stato quasi sempre
qui anche prima
della cupola, in più il Consiglio ti avrebbe contattato, ora
che sei bloccato
qui, perché sicuramente avranno bisogno di tutto
l’aiuto possibile per tenere
sotto controllo il casino che c’è lì
fuori, o sbaglio?”
“Ascolta,
non voglio spaventarti, ma.... Premetto che,
però, ora sto bene, eh!”
“Non
preoccuparti. Vai avanti.”
“Il
Consiglio mi ha... diciamo sospeso, a
tempo indeterminato. Ho avuto quello che nel gergo dei cacciatori si
chiama raptus...”
“Di che
cosa si tratta?”
“Vedi, noi
cacciatori esistiamo per uccidere i demoni
e la sete di sangue ci alletta molto, ma comunque non ci lasciamo mai
sopraffare da essa. Fortunatamente, infatti, il Raptus non
è
molto comune fra di noi, ma ci colpisce lo stesso quando proviamo un
forte
sentimento di odio profondo verso coloro che dobbiamo uccidere che
supera
perfino la sete di sangue.”
“E... e in
che cosa consiste?”
“Diventi
totalmente incontrollabile, oltre ad avere un
notevole aumento di forza nel corpo. Sei completamente assente, non
ascolti
niente e nessuno. Quando inizi ad odiare profondamente un demone, il
tuo unico
obbiettivo è ucciderlo. Non ti importa di altro, hai in
mente solo quello. E
chiunque osi mettersi tra te e la tua preda, beh... è
morto.”
Jade non
potè impedirsi di rabbrividire nell’ascoltare
il racconto dell’uomo: “E come sei tornato normale?
Come hai fatto a guarire?”
Sorprendendola, Rick
le indicò proprio il corno che
aveva preso in mano poco prima: “Grazie a quello! Il corno,
infatti, è in grado
di emettere due suoni: uno è il richiamo dei cacciatori,
l’altro serve ad
inibire il Raptus. Uno solo, però, può anche non
bastare. Per tornare alla
normalità, infatti, gli altri cacciatori hanno dovuto
suonarlo in otto, perché
ero completamente andato. Per questo cerco di non uscire spesso di
casa, potrei
incrociare qualche demone rimasto bloccato qui come noi, se
c’è, e non vorrei
avere una ricaduta se decide di farmi saltare i nervi.”
La ragazza, sapendo
perfettamente che la città era
piena di demoni, cercò di non farglielo capire,
né di farsi prendere dal
panico: “Sai per caso di che Clan si trattava? Quello che ha
attaccato la
congrega di Sophia, dico.”
“Non ne
sono sicuro, ma tra le fiamme sentivo delle
urla. Mi è parso di sentire il nome di un certo
Barnès, ma, come ti ho detto,
non ne sono sicuro. Alcuni volti, però, riesco ancora
ricordarli!”
In quel momento, Jade
lanciò un’occhiata all’orologio
che portava al polso e si alzò di scatto: “Oh mio
Dio, si sono fatte le quattro
e io credo di avere una lezione fra poco!”
Lui la
guardò perplesso: “Davvero? Non mi hai
detto niente!”
Ridacchiando
nervosamente, la ragazza si avvicinò in
fretta all’ascensore: “Sì, davvero. Mi
hai talmente distratta con la tua cucina
e questa stanza, che l’ho completamente dimenticato! Ci
vediamo stasera, ok?” e
le porte si chiusero davanti a lei, lasciando l’uomo a
chiedersi cosa avesse
detto di sbagliato per farla fuggire in quel modo.
In pochi minuti Jade
risalì in casa e, dopo aver preso
la sua borsa, corse fuori dall’abitazione, guardandosi
continuamente indietro.
Improvvisamente, andò a sbattere contro qualcuno e,
girandosi, vide che era
Zack.
“Oh mio
Dio, – esclamò - che cosa ci fai qui?”
Lui le
lanciò un’occhiata strana, prima di
risponderle: “Ero venuto a parlarti e comunque,
perché stavi scappando in
quel modo?”
Lei, agitata, si
guardò intorno furtiva: “Senti non
possiamo restare qui a parlare, TU non puoi restare qui! Se devi dirmi
qualcosa, dimmela da un’altra parte, ok?”
Senza farsi problemi,
il ragazzo la prese per un
braccio e la teletrasportò in una strada poco affollata
accanto alla biblioteca
pubblica e Jade subito si tranquillizzò.
“Va bene,
di cosa devi parlarmi? Sai perfettamente che
non voglio più avvicinarmi a nessuno di voi!”
“Sono
venuto a parlarti di Brenda per conto di
Terence, ma al momento mi preoccupano di più il tuo
comportamento e l’uomo con
cui vivi adesso. Si può sapere chi diavolo
è?”
Ma lei
ignorò la sua domanda, preoccupata dalle sue
parole: “Aspetta, hai detto Brenda? Le è successo
qualcosa?”
“No, ma non
sta passando un bel periodo. Sai, le cose
si stanno mettendo male tra John, il Consiglio, Alkaban e tutto il
resto...”
“Alkaban?
– chiese Jade, perplessa -
Cos’è?”
“E’
un edificio sulla collina in cui il Consiglio
tiene i demoni e le streghe al sicuro da John. Pare che abbiano un
ruolo
fondamentale in qualcosa, ma tua nonna e gli altri continuano a tenermi
all’oscuro, visto che potrebbe leggermi nella
mente.”
“Quindi sei
tornato dalla nost... cioè, dalla loro
parte, eh?”
“Grazie
alla lettera di Samuel non hai mai dubitato di
me. Ma la verità che ti ho sempre tenuto nascosta
è che John mi tiene in pugno
grazie ad un marchio demoniaco che ho sul petto e che mi ha minacciato
di farvi
del male se non l’avessi aiutato. Ora lo sanno anche tutti
gli altri. Jade...
la situazione è molto critica, là fuori, Brenda
sta crollando e, in questo
momento, ha sulle sue spalle gran parte delle tue
responsabilità. Ti ha
accusata addirittura di… averla incastrata nella tua vita!
Devi assolutamente
tornare! Capisci?”
Ma la ragazza fece un
passo indietro e scosse
energicamente la testa: “No, non posso tornare! Non
chiedermelo, ti prego!”
“Cos’è,
per caso devi stare con il tuo nuovo amico?
Jade, NOI siamo la tua famiglia, non puoi voltarci le spalle! Chi
è questa
persona, piuttosto?”
“Senti, tu
pensa a tenere quei demoni al sicuro dove
sono e non venire più a cercarmi in quella casa, ok? Non
farlo mai più!”
rispose lei, per poi iniziare ad allontanarsi.
Zack,
però, subito le corse dietro: “Aspetta,
Jade!”
ma in quel momento gli squillò il telefono: era Terence. E,
quando rialzò lo
sguardo, la ragazza ormai se ne era andata.
Si era ormai fatta
sera, a Morney Hill e Zack e
Terence erano appostati dietro ad un cespuglio davanti alla casa di
John.
Prima di
incamminarsi, il ragazzo controllò un’ultima
volta la situazione.
“Luci
accese, ma non vedo ombre dietro alle tende.
Dici che ha davvero invitato qualcuno?”
L’altro
scrutò per qualche secondo le finestre con il
binocolo, prima di rispondere: “Qualcuna
c’è, perciò credo ci sia gente
dentro.”
“D’accordo,
allora vado. Se succede qualcosa, salva
più gente possibile, ok? Non deve morire più
nessuno a causa di quel mostro” e
iniziò ad incamminarsi verso la casa, ma fu fermato dopo
pochi passi.
“Aspetta!
Hai parlato con Jade?”
Mortificato, si
girò e abbassò lo sguardo:
“Sì, ma non
ne vuole sapere niente. Non vuole nemmeno tornare, ma sembrava tesa
quando l’ho
incontrata.”
Per pochi secondi su
di loro cadde il silenzio, poi
Terence si decise a parlare: “Ehm, va bene, allora stai...
stai attento e cerca
di capire cosa ha scoperto John, ok?”
Zack parve
imbarazzato nel vederlo preoccupato per
lui: “Ehm, grazie, starò
attento…” e si allontanò, attraversando
la strada.
Nel frattempo,
Terence lo seguì per tutto il tragitto
con il binocolo, restando concentrato. Finalmente, il ragazzo giunse
davanti
alla porta e suonò. Subito, qualcuno dall’interno
la aprì e lui potè entrare.
Per qualche minuto fu
tutto tranquillo, poi, improvvisamente,
qualcosa allarmò l’uomo: tutte le luci della casa,
infatti, si spensero di
colpo. Trovandolo strano, decise di avvicinarsi per scoprirne di
più. Passo
dopo passo, silenziosamente, riuscì ad arrivare fino a una
delle finestre, ma,
in quel momento, di colpo fu catapultato da una forza sovrannaturale
nel giro
di pochi istanti all’interno dell’abitazione,
sfondando il vetro e atterrando
violentemente sul pavimento. Dopo un battito di mani, le luci si
riaccesero di
colpo e John, davanti a lui, gli rivolse un caloroso benvenuto.
“Salve
Terence, mancava giusto l’ospite d’onore.
Pensavi forse che non ti avrei invitato alla mia festa?”
In quel momento,
guardandosi attorno, Terence vide che
la casa era vuota e senza mobili, ma, in realtà, fu un altro
dettaglio assai
peggiore a colpirlo profondamente: Zack, Noa e Wes erano attaccati alla
parete
con gambe e braccia divaricate, tenuti inchiodati ad essa dalla forza
sovrannaturale esercitata da John.
“Come vedi,
– aggiunse l’uomo, seguendo il suo sguardo
- non ci sei solo tu. Abbiamo anche altri ospiti con cui
divertirci!” e scoppiò
nella sua malvagia risata, mentre i quattro lo guardavano intimoriti,
ignari di
cosa avesse in serbo per loro…
CONTINUA NEL SETTIMO
EPISODIO
Testo
a cura di Lady Viviana
ANGOLO AUTORE: Scusate
per questa assenza di due settimane, vi prometto che non
accadrà più fino al finale di metà
stagione. Dopo il 50° episodio della mia storia, un traguardo
molto importante per me, vi do appuntamento a Giovedì 11
Giugno con la 5x07 "Non ho più paura di te". Buona settimana!
|
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Capitolo 8 *** 3x08-Quello che lei prova tutti i giorni ***
CAPITOLO OTTO
"She's Crushed in the Deep"
Chiesa di St. Brigitte
Stava quasi per
calare la notte su Morney
Hill e, ovviamente, la cattedrale della città era
completamente vuota e
silenziosa, illuminata soltanto dalla luce della luna che filtrava
attraverso
le finestre. All’interno solo un uomo, inginocchiato a
pregare: si trattava di
padre Murray, il prete responsabile. Si sentiva in colpa, piangeva e
implorava
il perdono di Dio per qualcosa che aveva fatto.
Diverse ore prima, infatti, si trovava in ospedale, dove aveva fatto
visita ad
una ragazzina, Beth, che conosceva da quando aveva sette anni. Era una
sua
parrocchiana e teneva a lei come a una figlia. Purtroppo,
però, un giorno, le è
stato diagnosticata la nevralgia
al
trigemino, conosciuta anche come la malattia
del suicidio.
Ogni volta che andava a trovarla, per lui era una sofferenza
vederla in
quel letto e guardarla provare un dolore che nessuno poteva immaginare.
Ma quel
giorno, si era trattato dell’ultima, perchè la
ragazza, piangendo, gli aveva
chiesto di aiutarla a morire, di porre fine al suo dolore. Non aveva
avuto il
coraggio di dire una cosa del genere davanti ai suoi genitori, che
continuavano
a perseguitare i dottori in cerca di una soluzione, perciò
si era rivolta
all’unico uomo di cui si fidava e che le voleva
così bene, da aiutarla. E così
era stato: fra le lacrime, Padre Murray le aveva adagiato un cuscino
sopra la
faccia, senza che nessuno potesse impedirglielo. Quando lo tolse, gli
sembrò di
scorgere un sorriso sul volto della ragazza, come se per lei fosse
stato un
sollievo. Al contrario, però, l’uomo si era
sentito in colpa ed era fuggito
dall’ospedale, rifugiandosi
nell’unico luogo in cui sapeva che sarebbe stato perdonato:
la sua chiesa.
Era
ormai sera e l’uomo continuava a pregare, fra le
lacrime, sperando di ottenere il perdono che cercava. La sua anima
doveva
essere puruficata, ma dal Signore non gli era arrivata nessuna risposta.
Improvvisamente, alzò lo sguardo e smise di pregare. Sentiva
la terra tremare e
le immense porte della chiesa vibrare. Poi, quelle si spalancarono di
colpo e
una grossa nube nera entrò, allarmando Padre Murray e
facendolo scappare
urlando, nonostante non ci fosse una via d’uscita.
4
ore prima – Alkaban
Terence, con Brenda
in braccio, si
teletrasportò ad Alkaban e, non appena entrato,
iniziò a sgridarla ferocemente,
attirando l’attenzione di tutti.
“Sei impazzita, per caso?!? Hai idea di quello che John
farà a tutti noi,
quando si sarà rimesso in piedi?”
Lei
abbassò lo sguardo: “Ho solo perso un
pò il controllo, ok?”
“UN
PO’? Questo non è uno show, Brenda,
dove puoi fare quello che vuoi e pensare che non ci saranno delle
conseguenze!”
“Oh mio
Dio, sarebbe questo il
ringraziamento per averti salvato la vita? O meglio, quella di
entrambi?”
replicò la ragazza, irritata.
“Eravamo fuori, Brenda! Non c’era bisogno di
aspettare che uscisse per ferirlo
in quella maniera. Non hai idea di come si vendicherà di noi
tutti, adesso!”
In quel momento
sopraggiunse Marcus, che
si rivolse all’uomo in tono poco amichevole: “Ehi,
cosa sta succedendo qui?”
“Tu non ti
intromettere!” rispose l’altro.
“Mi
intrometto eccome, dal momento che sei
qui ad Alkaban, dove comandiamo io, Alaris e Foxi.”
Terence, allora,
capì e si ricompose:
“Dove tenete Klen?”
“In una
stanza privata in infermeria.
Perché?” ma non ricevette risposta,
perché Terence si era già diretto lì.
A quel punto Marcus,
scuotendo la testa,
si avvicinò alla ragazza.
“Ma cosa
sta succedendo?”
“Credo che
John stia arrivando qui…”
rispose lei, mortificata, scatenando il panico tra i presenti.
Il ragazzo, però, cercò di riportare
l’ordine: “State tutti calmi, questo
edificio ha difese potenti che nemmeno John può abbattere!
Perciò siete pregati
di ritornare nelle vostre stanze, fino a nuovo ordine.”
Un demone,
però, si fece avanti per
esprimere il suo dissenso: “Io non vado da nessuna parte,
voglio sapere cosa
succede con i miei occhi! Non restare chiuso in una stanza, mentre voi
architettate chissà cosa!”
Anche altri demoni e
streghe lo
appoggiarono. “Sì, ha ragione!” urlarono.
“Vi
assicuro che non stiamo architettando
nulla. Voi siete qui per essere protetti, pensavo che questo punto
fosse stato
chiarito.”
Poco dopo, anche Dana
e gli altri giunsero
ad Alkaban. Noa e Zack portavano Wes sulle spalle e Brenda subito si
avvicinò a
loro.
“E’
infettato?” domandò, preoccupata.
“No, solo
ferito” la rassicurò Noa.
“Presto, da
questa parte! – si intromise
Marcus, facendo loro cenno – Vi conduco verso
l’infermeria!” e i due ragazzi lo
seguirono subito.
La signora Feruson,
invece, si fermò a
parlare con Brenda.
“Tesoro, tu
stai bene?” le chiese.
Lei
abbassò lo sguardo, mostrando di
essere pentita delle sue azioni: “No, ho creato un enorme
casino...”
“Hai fatto
bene a dare una lezione a quel
mostro. L’avrei fatto anche io, al posto tuo. – la
tranquillizzò la donna -
Credimi se ti dico che ho visto un barlume di terrore nei suoi occhi,
anche se
per una frazione di secondo. Deve capire che non abbiamo paura di
lui!”
Purtroppo,
però, la ragazza non era
convinta: “Sì, ma… adesso cosa
accadrà? Sta arrivando qui per colpa mia, perchè
mi sono fatta trascinare troppo dall’odio che provavo per
lui.”
Dana le mise una mano
sulla spalla,
gentile: “Ci difenderemo, non preoccuparti. Ad Alkaban
abbiamo demoni, streghe
e tanti altri validi guerrieri come te. Non può buttarci
giù tutti!”
“Forse. Ma
può buttare giù alcuni di noi.
Demoni e streghe che ci servono vivi, per esempio.”
“Non lo
permetteremo!”
Intanto, Terence era
giunto in infermeria,
dove si trovavano già Klen e Tamara. L’uomo
entrò di soppiatto, gridando alla
ragazzina: “Alzati!”
La donna, accanto, lo
guardò perplessa:
“Cosa sta succedendo?”
Quello,
però, la ignorò, ripetendo il suo
comando.
La giovane strega,
però, continuava a
guardarli perplessa, finchè la sua leader non intervenne.
“Sei uscito
fuori di senno, forse? –
gridò, alzandosi in piedi - Non può alzarsi.
E’ ancora debole!”
Lui, però,
andò avanti, deciso,
avvicinandosi al letto: “E’ debole? Allora la
aiuterò io!” e la prese in
braccio, suscitando la rabbia di Tamara.
“Rimettila
subito a letto, o te ne
pentirai” sibilò, proprio mentre arrivavano Marcus
e gli altri e lei, subito,
ne approfittò.
“Qualcuno
può dire a quest’uomo di
rimettere la mia strega a letto? – chiese, rivolgendosi
direttamente al
consigliere - Pensavo che fossimo le benvenute, qui!”
Marcus, allora, si
girò furioso verso
Terence: “Sei impazzito, per caso?!? Stai solo creando
scompiglio, da quando
sei arrivato qui!”
“E invece
vi sto salvando! Klen è
manovrata da John e io non lascerò che rimanga qui ad
aiutarlo ad entrare per
ucciderci tutti!”
Tamara lì
guardo, confusa: “Di che cosa
sta parlando?”
“E’
la verità!” rispose Zack, sicuro e
Noa, che teneva ancora Wes, annuì.
“Confermo!”
Sentendosi accusata
ingiustamente, Klen,
fra le braccia di Terence, iniziò a agitarsi: “Non
è vero, state mentendo! –
poi si rivolse alla sua leader – Tamara, ti prego,
aiutami!” ma lei non
rispose, non sapendo cosa dire.
Marcus
capì di dover intervenire al suo
posto: “Se quello che dite è vero, Terence, non mi
sembra una buona idea
buttare Klen fuori da Alkaban. Aiuterebbe solo John ad arrivare
qui.”
“Cosa ti fa
credere che non l’abbia già
fatto? – s’intromise Zack - Credimi, lui lo sa
già, non ha bisogno che qualcuno
gli indichi la strada. Alkaban può anche essere in grado di
tenere fuori quel
mostro, ma se qualcuno lo aiuta da dentro, allora le difese di questo
edificio
saranno inutili!”
L’altro si
prese qualche secondo per
riflettere, prima di prendere la sua decisione.
“Ok,
portatela fuori. Io avverto Alaris e
Foxi di tenersi pronti.”
Ma Tamara, contraria,
si oppose: “Non
potete farlo! E’ soltanto una ragazzina!”
“Mi
dispiace, ma non possiamo rischiare.”
Klen, allora,
peggiorò la situazione,
iniziando a gridare: “Lasciami! Lasciatemiii! Tamara,
aiutamiiii!” ma la donna
non potè che restare a guardare, voltando loro le spalle e
andandosene via
indignata.
Chiesa
di St. Brigette
Tornato a casa dopo
la movimentata notte
di Halloween, Rick volle prendersi un momento per sé,
così uscì fuori per
riflettere. Si diresse in chiesa, sperando che una preghiera e il
silenzio lo
aiutassero. Anche lui conosceva Padre Murray e sapeva che non
l’avrebbe trovato
lì a quell’ora. Tuttavia, quando vi giunse,
scoprì che le porte erano
spalancate e diversi oggetti, fra cui alcune sedie, erano caduti a
terra.
Perplesso,
iniziò subito a guardarsi
intorno.
“Padre
Murray? – chiamò - E’ qui?” e,
non
ricevendo risposta, si diresse in sacrestia.
Anche lì
era aperto e, arrivato, la trovò
vuota.
Non più
dell’umore per rimanere solo a
riflettere, Rick lasciò preoccupato la chiesa, con
l’intenzione di dirigersi a
casa di Padre Murray per accertarsi che fosse tutto a posto. Infatti,
teneva
molto a lui, fin da quando era ragazzo.
Mentre stava percorrendo un vicolo per cercare di fare la strada
più breve,
però, fu attirato da alcuni lamenti. Avvicinandosi sempre di
più all’origine,
entrò in un'altra stradina, dove notò due uomini
stesi a terra che si
dimenavano e deliravano, mormorando frasi senza senso. Subito
andò da uno per
soccorrerlo.
“Sta bene?
– gli chiese - Che cosa le
prende?”
“Lui
– rispose quello, gli occhi sgranati,
indicando l’altro uomo a terra – non merita una
figlia così! Lui... lui l’ha
tagliata fuori dalla sua vita. E’ un pessimo padre! Ma si
sente tremendamente
solo e pentito, nessuno gli è rimasto più
accanto...” intanto, le lacrime
avevano iniziato a solcargli le guance.
Rick, confuso,
continuò a spostare
rapidamente lo sguardo fra i due: “Mi scusi, ma non riesco a
capire. Come posso
aiutarla?”
Tuttavia fu
l’altro a parlare, stavolta:
“E’ una punizione, questa! L’uomo vestito
da prete, mandato da Dio, ha voluto
punirci per i peccati che abbiamo commesso. – si
alzò in piedi, nonostante
sembrasse straziato da un dolore che sembrava provenire direttamente
dalla sua
anima – E... e io non riesco più a sopportare
tutto quello che sentooo!” e
iniziò a correre via, arrivando fino alla strada.
Non appena
uscì dal vicolo, però, una
macchina lo investì. Rick, allora, si risollevò
in piedi, sconcertato e iniziò
a indietreggiare. L’uomo rimasto a terra, però, lo
vide e, in lacrime, iniziò
quasi a supplicarlo.
“Ti prego,
non lasciarmi. Trova quell’uomo
e digli di togliermi questo dolore che non riesco più a
sopportare...”
Senza aggiungere
altro, Rick scappò via,
traumatizzato.
Casa
di Rick Weather
Jade era rimasta sola
in casa a riflettere
sulla situazione in cui si trovava. Temeva di non poter più
gestire Rick, se
questo fosse venuto a sapere della presenza di Barnès e
degli altri demoni a
Morney Hill. Improvvisamente, però, i suoi pensieri si
interruppero per la
comparsa di John al centro del salotto. Subito, prese la pistola di
Rick,
puntandola contro di lui che, però, scoppiò
subito in una risata incontrollata.
“Accidenti,
non vorrai mica spararmi?”
”Non
è una banale pistola. Può ferire
anche quelli come te!”
“Ah
si?” rispose e, con un gesto della
mano, la avvicinò a sé.
“Beh, ora
non più. E nemmeno tu!”
Ma Jade non parve per
nulla intimorita:
“Sono tornata a praticare la magia, perciò non
sottovalutarmi!”
“Non
preoccuparti, non sono venuto qui per
combattere. Perché dovrei farlo contro mia nipote?”
La ragazza non
nascose una smorfia
disgustata: “Ah, adesso sarei tua nipote? Devo ricordarti
tutti i mille modi in
cui mi hai rovinato la vita, per caso?”
“Acqua
passata, tesoro. – replicò lui,
sedendosi comodamente su una delle poltrone - Se vuoi, posso
rimediare...”
Poi si
fermò ad osservare la pistola che
aveva in mano: “Piuttosto, sbaglio, o è di un
cacciatore, questa?”
“Senti,
– lo interruppe lei, senza mezzi
termini - noi due non abbiamo nulla da spartire. Perciò
adesso alzati e
vattene!”
John chiuse gli occhi
e, stringendo
l’arma, rimase così per qualche minuto. Poi,
tornò in sé: “Sapevo che era
l’arma di un cacciatore! Quindi vivi con uno di loro, adesso?
Interessante...
come anche la sua storia....”
Lei
sbuffò, irritata e seccata: “Si può
sapere che cosa vuoi? Che cosa sei venuto a fare qui?”
“Volevo
fare una piccola tappa qui, prima
di andare in quell’edificio creato dal Consiglio dove
probabilmente sono
scappati tutti a rifugiarsi.”
“Rifugiarsi?
– Jade era confusa, ora -
Perché?”
“Perché
voglio ucciderli. Tutti. La tua
amica Brenda mi ha fatto molto arrabbiare, sai?”
Preoccupata, la
ragazza cercò di
dissuaderlo: “Ucciderli? E poi? Rimarresti bloccato in questa
città per
sempre!”
John ci
pensò su un attimo, poi accennò un
sorriso: “Hai ragione, credo che tu mi abbia appena
restituito il buon senso,
sai? Tuttavia, possiamo sempre ucciderne qualcuno, non credi?”
Ora Jade era
decisamente perplessa:
“Possiamo? Al momento non sono dalla loro parte, è
vero, ma nemmeno dalla tua.”
“Aspetta!
Lascia prima che ti confessi un
segreto, poi potrai anche decidere da che parte stare.
D’accordo? Ultimamente,
infatti, sono venuto a conoscenza di qualcosa che riguarda il clan di
demoni di
un tale chiamato Barnès... sapevi che è lo stesso
di cui faceva parte Samuel?
Quello che lo ha tradito e venduto a Wolf, voltandogli le spalle e
facendogli
vivere una vita piena di sensi di colpa e di esilio ingiusto?”
“Stai
mentendo! – gli urlò lei, la voce
tremante - Non è vero!”
“Se non ci
credi, perché non vai a
verificare tu stessa? Non hai nulla da perdere, no? Io, invece,
prometto di
restare qui buono buono...”
Jade esitò
un attimo, poi decise di
ascoltarlo e prese la sua giacca, pronta per uscire: “Hai
vinto, andrò a
controllare se quello che dici è vero. Ma tu non ti muoverai
di qui e,
soprattutto, non farai del male a nessuno, intesi?”
“Non vado
da nessuna parte, promesso.
Resterò qui a leggermi qualche rivista sportiva. –
replicò lui, una finta aria
da innocente - Spero tanto di riuscire a iscrivermi ad un corso di
canottaggio,
un giorno...”
La ragazza fece una
faccia disgustata, ma
non aggiunse altro, dirigendosi verso la porta.
“Ah,
un’ultima cosa: stai attenta ai
cacciatori, Jade! Stare accanto a loro, potrebbe influenzarti
negativamente…”
Lei rispose con
un’occhiataccia.
“Che
c’è? Un nonno non può dare dei
consigli a sua nipote?”
“Tu non sei
mio nonno, sei il diavolo!”
concluse, sbattendosi la porta alle spalle.
John, allora,
tornò a leggere la rivista
che aveva in mano: “Beh, lo prendo come un
complimento...”
Alkaban
Terence aveva
scortato Klen fuori, fino ai
cancelli. Quando si aprirono, la accompagnò fuori, malgrado
lei lo stesse
guardando storto.
“Vai per la
tua strada o come ti pare,
ora. John non ti farà di certo del male, dal momento che sei
diventata la sua
tirapiedi” le disse lui.
“Non sono
la sua tirapiedi, state
commettendo un grosso errore!”
Ma l’uomo
scosse la testa: “Il grosso
errore è lasciarti dentro ad Alkaban insieme a noi. Non
permetteremo a John un
facile accesso tramite te. Mi dispiace...” tornò
indietro e i cancelli si
chiusero dietro di lui.
Klen lo
guardò rientrare, poi si voltò e
osservò ciò che la circondava, spaventata e sola.
All’interno,
Brenda stava ancora discutendo con Dana.
“Signora
Ferguson, si è ricordata della
cassaforte mentre veniva qui, vero?”
“L’ho
appena sistemata qui da qualche
parte. Non appena abbiamo lasciato la casa di John, sono corsa a
prenderla.”
La ragazza ne fu
sollevata, ma subito il
suo viso si oscurò, perchè notò della
preoccupazione su quello della donna:
“Lei... lei sta bene, invece?”
L’altra
scosse la testa: “Sono preoccupata
per Jade. Noi siamo tutti qui, mentre lei è fuori da sola
con quel…”
“Rick! Si
chiama Rick.”
“Forse
dovremo farli venire qui…” propose
la signora Ferguson.
“Non credo
che verranno, sembrano
abbastanza uniti e solitari. Si interessano solo di loro stessi,
perciò ora
pensiamo a noi. Perché siamo noi quelli in pericolo,
adesso.”
Quella,
però, non ebbe tempo di replicare,
perchè subito dopo furono raggiunti da Alaris.
“Scusatemi,
ero in archivio, questa
settimana mi avete portato molti disordinati e stavo riguardando le
disposizioni. Dovremo anche aprire un nuovo blocco per gli altri che
arriveranno.”
Brenda si
voltò verso di lui: “Credo che
Marcus te ne abbia portato uno nuovo, direttamente dalla notte di
Halloween.”
“Sì,
l’abbiamo già rinchiuso. Piuttosto...
cambiando argomento, ho saputo che John sta arrivando qui. E’
vero?”
Fu Dana,
però, a rispondere, mortificata:
“Sì, probabilmente sarà presto qui.
Come ci comportiamo? Sei tu il padrone di
questo posto, perciò avrai un piano, immagino...”
“Marcus mi
ha detto di Klen…” mormorò
l’altro, proprio mentre Terence si avvicinava a loro.
“L’ho
portata fuori io, perciò non
dobbiamo preoccuparcene.”
“Però fa comunque parte della Congrega di streghe
che è stata attirata qui a
Morney Hill. La ragazza è un pezzo importante del puzzle,
perciò quando avremo
superato il problema con John dovrà essere recuperata di
nuovo e portata qui,
ok?”
Tutti annuirono, poi,
l’uomo si intromise
nuovamente.
“Allora,
qual è il piano?”
“Quando
arriverà John, non ci servirà
nessun piano, inizialmente. La recinzione che circonda Alkaban e il
cancello
principale sono dotati di un potente campo di forze. Superato quello,
ne dovrà
neutralizzare altri due.”
“E se
dovesse superarli tutti e tre?”
chiese Brenda.
“Darò
il via al codice A: tutti verranno
rinchiusi nelle rispettive stanze e isolati in un aerea
dell’edificio, mentre
John verrà condotto, tramite un’esca,
nell’area zero.”
“Cos’è?”
domandò Dana, curiosa, dando voce
anche ai dubbi degli altri.
“Se devo
essere sincero, avremmo potuto
avere una serena permanenza qui a Morney Hill se avessimo condotto
subito lì
John, ma non volevo rischiare. Ora, però, potremmo non avere
altra scelta che
attuare quel piano: l’area zero, infatti, è una
zona priva di magia di
qualsiasi tipo. L’ho progettata affinchè chiunque
venga rinchiuso lì dentro,
diventi innocuo quanto qualunque altro essere umano. E questo vale
anche per
John.”
Terence parve subito
eccitato all’idea:
“Allora facciamolo entrare e attiriamolo lì,
no?”
“No. Come
ho già detto, non voglio
rischiare. Abbiamo tre campi di forze molto potenti a proteggerci.
Sarà usata
solo come ultima spiaggia, intesi?”
Nel frattempo,
però, Dana aveva notato che
molti erano sopraggiunti per ascoltarli e capire cosa stesse succedendo.
“Scusami,
ma bisogna aspettare il codice A
per mandare tutti nelle proprie stanze?”
Alaris, allora, si
girò verso i demoni e
le streghe che occupavano i corridoi, severo: “Ordine! Vi
prego di tornare
nelle vostre stanze o nelle vostre sale di ritrovo. Qui siete al sicuro
e non
c’è nulla di cui allarmarsi!” quelli,
senza obiettare, iniziarono ad andarsene.
Intanto,
proprio in quei corridoi, Harmony aveva
fermato Jackson, che le stava passando davanti.
“Ehi, hai
sentito cosa sta succedendo?”
“Sì.
Motivo per cui sto andando da Barnès
per chiedergli di smettere di architettare la fuga. Sai, lui e alcuni
dei miei
compagni si sono appartati da qualche parte....”
“Klen
è stata cacciata!” esclamò lei,
incapace di trattenersi oltre e lasciandolo sconvolto.
“COSA?
Perché?”
“Pare che
comunicasse con John e facesse
anche alcune cose per lui. Gli passava informazioni!”
“Quindi
credi che ieri sera…” sussurò lui,
preoccupato.
“…
ci abbia sentiti parlare della
prescelta e del vostro clan, prima di svenire? Potrebbe...”
“A John
farebbe comodo un’informazione
simile, perchè porterebbe Jade automaticamente dalla sua
parte!”
La ragazza
annuì, cercando di essere
fiduciosa: “Magari il mio presentimento di ieri, quando ho
toccato Klen, era riferito
al fatto che è manipolata da lui…”
Lui, però,
non era convinto: “O che, per
colpa sua, Jade ha scoperto tutto e sta venendo qui assieme a John per
farci a
pezzi. Ora, però, devo assolutamente avvisare
Barnès e gli altri, prima che
trovino il modo di evadere da qui! Nessuno potrà proteggerli
fuori!”
“Aspetta,
vengo con te!” replicò lei,
seguendolo.
Casa
di Rick Weather
Rick era appena
rientrato a casa,
abbastanza teso, e aveva iniziato a parlare a Jade già
dall’ingresso.
“Credo che
il mio parroco, Padre Murray,
sia stato infettato da uno di quei disordini. Dobbiamo
trovarlo!”
Ma, entrando in
soggiorno, ebbe la
spiacevole sorpresa di trovare John seduto su una poltrona a leggere.
L’uomo,
ironicamente, subito lo accolse.
“Oh, Jade
non è in casa, al momento. Ci
sono io, però!”
Allora Rick, prese
un’altra arma,
che teneva nascosta in un mobiletto, e, urlando, la puntò
contro John: “Esci
fuori da qui, o potrei seriamente uscire di testa!”
L’altro,
però, era calmissimo e scoppiò
addirittura a ridere, senza muoversi di un millimetro:
“Rilassati, cacciatore.
Sarò anche un demone, ma non quello che vorresti
uccidere!”
“Che cosa
vorresti dire?”
Lentamente,
l’uomo prese tempo, poggiando
la rivista sul tavolo di fronte a sé: “Diciamo che
con i miei poteri sono riuscito
a conoscere parte del tuo passato. Un passato in cui un gruppo di
demoni,
capitanato da un certo Barnès, ha ucciso la tua
Sophia.”
“Non osare
nominarla!” urò Rick, sempre
più agitato, la mano che gli tremava.
“D’accordo,
come desideri, non la nominerò
più. Però posso dirti comunque una cosa senza
ricevere una pallottola dritta in
fronte?”
“Dipende…”
“Barnès
e il suo Clan sono qui a Morney
Hill. Sono nelle mani del Consiglio, in una sorta di enorme prigione
sulla
collina. Loro li proteggono, sai?”
“STAI
MENTENDO! Perché dovrebbero essere
qui?”
“Loro SONO
qui, credimi. Ancora non so
perché, ma il Consiglio protegge lui, il suo Clan e un
gruppo di streghe. Jade
è diretta proprio lì, perché non la
raggiungi? So che voi due avete molte cose
in comune, tra cui la vendetta....”
Sconvolto,
l’altro iniziò a indietreggiare,
senza mai smettere di fissarlo negli occhi: “Se quello che mi
hai detto non è
vero, io…”
John sorrise:
“Oh, tu mi ringrazierai. Mi
ringrazierai molto, quando avrai ucciso quel demone. E tutti i suoi
seguaci...”
E, con queste ultime
parole nelle orecchie, il
cacciatore uscì, pronto a raggiungere la nuova sede del
Consiglio.
Alkaban
Dopo essere stato
medicato, Noa aveva
scortato Wes in una delle stanze libere. Il ragazzo era ancora confuso
per tutto
quello cui aveva assistito, ma Noa era più impegnato a fare
in modo che fosse
al sicuro che a dargli risposte.
“Bene,
resterai qui fino a quando la
situazione non si risolverà, ok? Come puoi vedere, hai anche
la tv. – gliela
indicò - Wow, non pensavo nemmeno ci fosse!”
L’altro,
però, lo fissò, perso: “Scusami,
ma ancora non ho capito bene cosa sta succedendo. Puoi
spiegarmi?”
Noa si
voltò verso di lui, notando che la
benda sulla gamba non era messa bene: “Oh, la benda! Lascia
che te la sistemi!”
Ma quello lo
respinse: “Non mi interessa
della benda! Voglio sapere che cos’è questo posto,
cosa ci faccio e cosa
diavolo sta succedendo!”
“Ascolta,
non c’è tempo per spiegarti,
Wes. Sappi solo che a Morney Hill c’è un male
oscuro, ci sono demoni e le
streghe e che tutto questo mondo che non credevi esistesse,
esiste.”
Sbalordito e senza
parole, quello
sussurrò: “E tu? Cosa sei?”
“Io sono
come te. – sorrise - Un semplice
e ordinario essere umano. Bella fregatura, considerando che valiamo
meno di
zero in questa realtà soprannaturale!”
Wes
accennò anche lui un sorriso e, non
aggiungendo altro, lasciò che gli aggiustasse la benda.
Intanto
Brenda, aveva un nuovo problema: la bussola
dei disordini, che ormai si portava sempre dietro, si era illuminata.
“Oh
no!” esclamò, attirando l’attenzione
di Terence.
“Cosa
succede?”
“C’è
un nuovo disordinato in città, anche
se il segnale sembra essere molto forte. Potrebbe essere qui fuori,
magari l’ha
mandato John!” e si diresse verso l’ingresso, ma fu
fermata prima.
“E quindi?
Dove stai andando?”
“Esco a
controllare, no?”
“Non ci
credo! – esclamò, Terence,
allibito - John sta venendo qui ad ucciderci tutti, con te in cima alla
lista,
e tu vuoi uscire da Alkaban a catturare un disordinato? Sei impazzita,
per
caso?!?”
“Sarò
appena fuori dal cancello, non andrò
lontano. Alkaban è invisibile agli occhi di John e la magia
si estende ancora
per qualche metro al di fuori. Non mi accadrà
nulla!”
Purtroppo,
però, proprio mentre si stava
dirigendo a gran velocità verso l’ingresso con
Terence alle calcagna, arrivò la
signora Ferguson, molto agitata.
“Eccovi,
c’è una cosa che dovete
assolutamente vedere!”
Brenda si
voltò subito verso di lei,
preoccupata: “Sta bene?”
In risposta, quella
sollevò la manica del
maglione, mostrando qualcosa che aveva inciso sulla pelle:
“E’ comparso mentre
ero con Alaris!”
Terence lesse ad alta voce per tutti: “Trovate i
contenitori, state perdendo
troppo tempo.”
“Ancora
loro? – esclamò la ragazza, sbuffando - Non
capisco perché continuino a nascondersi!”
“Probabilmente
temono John quanto noi e si
stanno rendendo conto che l’oscurità sta invadendo
questa città. Chiunque abbia
creato la cupola, ha ragione: con tutta questa storia, stiamo perdendo
di vista
l’obiettivo.”
“Però
ora siamo bloccati qui, come topi!”
commentò l’uomo.
Brenda, allora, si
intromise: “Sentite, il
foglio di istruzioni che aveva John, probabilmente è
bruciato nell’esplosione
della sua casa. Questo dovrebbe portarci in vantaggio,
perché ora noi
possediamo l’unica copia. Tuttavia, siamo anche bloccati qui,
non possiamo
procedere con la missione e trovare tutti e tre i contenitori,
perciò....
qualcuno dovrà andare fuori e quel qualcuno sarò
io!”
“No, non te
lo permetterò!” urlò il suo
amato, per nulla d’accordo.
“E’
colpa mia se siamo in questa situazione,
dato che IO ho fatto arrabbiare John! E poi, non posso rimanere chiusa
qui per
sempre, sperando che tre campi di forze mi tengano al sicuro. Ho i miei
genitori, mia sorella e la scuola, lì fuori!”
Allora Dana si
intromise per sostenerla:
“Ha ragione, qualcuno deve uscire e portare avanti la
missione – e subito
ricevette un’occhiataccia da parte di Terence – e
io posso fare in modo che
Brenda non rischi la sua vita.”
“Come?”
“Camuffandoti
con un nuovo volto. Sarai
sempre tu, agli occhi di tutti, ma, se dovesse incontrarti, a quelli di
John
sembrerai un’altra.”
Brenda sorrise,
entuasiasta: “Davvero
potrebbe farlo? Sarebbe fantastico!”
“Allora
voglio un nuovo volto anche io,
perchè non la lascerò andare da sola!”
si intromise Terence, deciso.
“Fatemi
parlare con una delle streghe,
Sasha. Costruisce oggetti magici e potrebbe aiutarci a creare questa
illusione.
D’accordo?”
“D’accordo,
la aspettiamo qui, signora
Ferguson.”
Tamara,
intanto, stava cercando tutte le sue streghe
per riunirle e proteggerle: dopo Klen, non voleva perdere
nessun’altra.
Frugando ogni stanza, giunse fino a quella in cui si erano segretamente
riuniti
Barnès e alcuni dei suoi demoni. La donna
tentennò, rimanendo impalata davanti
alla porta per qualche secondo, prima di decidersi.
“Barnès?
Cosa ci fate qui dentro?”
“Chiudi
quella porta e vattene!” rispose
lui, brusco, ma l’altra non lo ascoltò.
“Hanno
cacciato via Klen, una delle mie
streghe, perché comunicava con John. Ora lui sta arrivando
qui e quelli del
Consiglio sono in allarme.”
Compiaciuto,
l’uomo si voltò verso il suo
gruppo: “Bene, ecco il diversivo che ci serviva! Mentre
quegli idioti sono
impegnati con John, allora, noi evaderemo indisturbati.”
Ovviamente, lei aveva
ascoltato tutto:
“Evadere?” chiese, confusa, e subito
l’altro la mise in guardia.
“Già!
Ma guai a te se ne fai parola con
qualcuno: sono un tipo vendicativo!”
Tamara
annuì, avvicinandosi a loro:
“Quindi andrete fuori, giusto? E avete già un
piano?”
Quello
annuì, indicandole uno dei demoni
vicino a lui: “Dex è uno dei migliori.
E’ molto intelligente e un ottimo
stratega.”
Dex, allora, le
mostrò la piantina
dell’edificio, aperta davanti a lui: “Sono giorni
che studio Alkaban in ogni
minimo dettaglio. Ho un piano di fuga, ma…”
La donna,
però, non gli lasciò il tempo di
finire la frase: “Devo venire con voi!”
Barnès,
contrario, scosse energicamente la
testa: “Due leader scomparsi? Potrebbero scoprirci prima
ancora di mettere
piede fuori da qui e io non ho nessuna intenzione di rimanere un minuto
di più
in questo dannatissimo posto.”
“No, no,
no. Io DEVO venire con voi. Devo
trovare Klen e portarla al sicuro. Sono la loro leader e ho il compito
di
proteggerle tutte. E poi, non riuscireste nemmeno a mettere piede fuori
da questa
stanza, se io spifferassi tutto!”
L’uomo,
allora, le si avvicinò ancora di
più, minaccioso, finchè i loro volti non furono a
pochi centrimetri l’uno
dall’altro: “Tu non dirai proprio niente a nessuno,
è chiaro? O potrei
tagliarti la gola, qui e subito!”
A quel punto Dex,
intuendo il pericolo, si
intromise: “Però ci farebbe comodo, se venisse con
noi. Abbiamo bisogno di una
bomba per distruggere una parete e io con le bombe me la cavo, ma non
sono
abbastanza veloce. Una strega, invece, può progettarne una
molto velocemente e
silenziosa, per di più...”
“Cercherò
Sasha, se volete, lei se ne
intende di queste cose.” propose lei, ma ebbe soltanto
l’effetto di irritare
ancora di più il demone.
“Un’altra
strega con noi? E’ una fuga o
una gita scolastica, questa?”
“Rilassati,
– replicò lei, tranquilla -
lei non verrà. Le mie streghe non fanno domande, se chiedo
loro di costruire
una bomba, oltre al fatto che sanno mantenere un segreto. Loro si
fidano di me
ed è per questo che tengo ad ognuna di loro e che farei di
tutto per
proteggerle. Piuttosto, non si potrebbe dire lo stesso di
te...”
“I miei
uomini sanno perfettamente chi
sono. E anche che metto sempre me stesso al primo posto, prima di tutti
gli
altri. Inoltre, non sto fuggendo da solo, ci saranno anche alcuni dei
miei con
me.”
Tamara sorrise,
beffarda: “Alcuni dei
tuoi… che ti servono, non che vuoi salvare!”
Sulla stanza cadde un
silenzio glaciale,
che fece provare vergogna a Barnès, al punto che non
aggiunse altro.
“Bene.
– aggiunse lei - Vado a cercare
Sasha, allora, torno subito. Voi tenetevi pronti!” e
lasciò la stanza, mentre i
demoni tornavano ad esaminare il loro piano di fuga.
Jade,
ormai, era arrivata sulla collina.
Sfortunatamente, però, non poteva vedere Alkaban a causa
dell’incantesimo,
anche se era consapevole della sua presenza. Allora, alzò le
braccia davanti a
sé e i suoi occhi si illuminarono nuovamente di una luce
violacea. Pochi
secondi dopo, grazie ai suoi poteri, riuscì a renderlo
visibile ai suoi occhi:
Alkaban era enorme e maestoso, ma anche molto vicino. Jade
avanzò ancora di
più, determinata, arrivando davanti ai cancelli. Non appena
cercò di toccarli,
però, fu respinta al suolo.
“Ah,
l’hanno protetta! Era ovvio!”
esclamò, seccata, per poi risollevarsi, indietreggiando.
Allora,
alzò nuovamente le braccia:
“Vediamo quanto sono potente, adesso!”
Dalle mani emise
delle potenti onde d’urto
che colpirono i cancelli e, quindi, il primo campo di forze, che subito
tentò
di opporre resistenza. L’azione della strega, ovviamente,
fece tremare
Alakaban. Ovviamente, all’interno lo sentirono tutti e si
allarmarono.
“Oh no,
è arrivato!” esclamò Brenda,
voltandosi terrorizzata verso Terence.
Subito sopraggiunsero
anche Zack e alcuni
dei demoni e delle streghe, che immediatamente si avvicinò a
loro.
“Dov’è
Dana? E quelli del Consiglio?”
Terence
tentò di tranquillizzarlo: “Non
perdiamo la calma, ci sono i campi di forze! Comunque Dana è
andata a fare una
cosa per noi...”
Improvvisamente, li
raggiunse anche
Alaris, gridando: “Tornate tutti nelle vostre stanze! Non
sono stato abbastanza
chiaro, prima?”
Poi si rivolse ai
tre: “Non è John, ma
Jade!”
“Jade?!?
– esclamò Brenda, sorpresa - Non
pensavo che i suoi poteri fossero così forti da far tremare
un edificio!”
“Cosa
vuole?” aggiunse Terence.
“Se non lo
sapete voi…” rispose il
consigliere, perplesso.
“Beh, allora io esco a vedere cosa vuole...”
propose la ragazza e Zack la
seguì.
“Vengo con
te!”
Ma Terence la
fermò: “Brenda, no!”
“Terence,
non è John! – replicò lei,
seccata - E’ Jade! Posso gestirla, non mi farà del
male!” e se ne andò, seguita
da entrambi.
Giunta
accanto al cancello, Brenda fissò l’amica.
“Puoi anche
smetterla, Jade. Ti abbiamo
sentita!”
“Non
c’era un campanello da suonare,
perciò… l’ho fatto a modo
mio!”
“Vedo che
Rick ti ha aiutata a maturare i
tuoi poteri... per poco non ci cadeva il soffitto in testa!”
Al quel punto Zack si
intromise nella
discussione, curiosa: “Piuttosto, Jade, che cosa ci fai
qui?”
“Voglio
parlare con Barnès e i suoi
demoni. Ora. Potete farli uscire?”
L’altra la
scrutò, confusa: “Perché?
Cos’è, una specie di gioco? Non ti diverti
più con il tuo cacciatore?”
“Non sono
qui per discutere con te. Voglio
soltanto parlare con loro. Tutto qui.”
Quando Brenda fece un
passo avanti per
aprire il cancello, pronta al faccia a faccia con l’amica,
però, Terence la
ammonì: “Brenda!”
“Restate
qui! Non dobbiamo mica prenderci
a capelli! Voglio solo capire cosa vuole esattamente...” e
uscì, guardandola
finalmente negli occhi dopo tanto tempo.
“Voglio
solo parlare con loro…” chiarì la
strega, ma l’altra fu categorica.
“Perché?”
“Non sono
affari tuoi, Brenda.”
Brenda rise:
“SONO affari miei, Jade! Non
sei tu quella che si è sbattuta a destra e a manca per
salvare i demoni e le
streghe dalle prigioni sotterranee di tuo nonno. E sono sempre affari
miei,
perché sono IO che li ho portati in salvo qui e che nelle
ultime settimane ha
ripulito la città dai disordinati, mentre tu giocavi
a Jade e il suo
amico cacciatore nel paese delle meraviglie!”
Jade sorrise:
“Come se non ti piacesse
stare sempre al centro dell’attenzione!”
Le sue parole
lasciarono incredula la
ragazza, che si bloccò, sconvolta: “Non posso
credere alle mie orecchie! Sei
diventata proprio una stronza!”
Le due, allora,
iniziarono a urlarsi
addosso, alzando sempre di più il tono di voce.
“Portami i
demoni, o entrerò a prendermeli
da sola!”
“Accomodati,
Jade” replicò l’amica,
alzando la balestra.
Da
dietro il cancello Zack le osservava, preoccupato:
“Ragazze, per favore, non c’è bisogno di
arrivare a tanto!”
Immediatamente, Jade
spostò lo sguardo su
di lui: “Non arriveremo a tanto, se mi fate parlare con quei
demoni!”
“Perché?
Cosa vuoi da loro?” ribadì
Terence.
“Non sono
affari vostri!” urlò la strega.
“Allora i demoni restano dove sono. E anche io!”
replicando Brenda, ma l’altra
non la ascoltò, anzi, iniziò ad avanzare.
“Io no,
però!”
La ragazza, allora,
scoccò una freccia
verso l’amica, che la fermò a mezz’aria,
lasciandola poi cadere. Poi si mise
davanti al cancello.
“La
prossima volta sarò talmente veloce,
che non potrai bloccarla!”
Jade, subito,
alzò il braccio: “Non ci
sarà una prossima volta!” e la fece volare
lontano, buttandola per terra.
Rabbiosa, Brenda si
voltò verso i suoi
amici: “CHIUDETE!” urlò e subito quelli
eseguirono.
“Non
sarà un campo di forze a fermarmi!”
ribadì Jade, decisa.
“Ma
perché ti comporti così? – le chiese
Zack, perplesso - Vuoi spiegarci? Siamo tuoi amici,
accidenti!”
“Vuoi
DAVVERO sapere perché mi comporto
così? Perché lì dentro
c’è il vecchio clan di Samuel, quelli che
l’hanno
venduto a Wolf!”
“E chi te
lo ha messo in testa? Quel Rick,
forse?”
“No!
John!”
“E tu credi
a quel folle? Magari l’ha
detto solo per manovrarti e farti fare quello che vuole lui!”
“NO! Ho
abbastanza elementi per
credergli!”
Poi, Jade
iniziò a scagliare onde d’urto
contro il cancello, senza interruzioni, al punto che Zack e Terence
fecero un
passo indietro, preoccupati.
Alla
fine, riuscì ad abbattere il primo campo di
forze, spalancando completamente i cancelli e scatenando un grande
boato. I tre
erano completamente senza parole.
“Ci
è riuscita... Come è possibile?”
chiese Terence.
In quel momento
Brenda, che era ancora a
terra, alzò la balestra e scagliò una freccia
verso l’amica. La mira, però, non
fu molto precisa ed essa colpì il terreno, esplodendo e
alzando un grande
polverone. Jade si girò, furiosa, e la lanciò
ancora più lontano.
“Jade,
bastaa!” urlò l’uomo.
“NO! Non la
smetterò finchè non farete
uscire quei demoni a parlare con me!”
“Jade,
– provò Zack, più gentilmente
– sai
perfettamente che non possiamo. Il Consiglio non ce lo
permetterà mai!”
“Per questo
sto entrando io!”
Poi,
scagliò dalle mani un’altra onda
d’urto contro il secondo campo di forze.
All’interno
di Alkaban, intanto, regnava il panico,
mentre Alaris cercava di chiudere tutti nelle proprie stanze. Tamara,
intanto,
aveva portato Sasha da Barnès per il passo successivo.
Subito, la strega spiegò
le caratteristiche della sua bomba.
“L’ho
costruita circa sei mesi fa, ma l’ho
sempre tenuta da parte senza usarla. Dentro ci ho messo un particolare
liquido
altamente esplosivo, che ha caratteristiche magiche. Più
resta inutilizzata,
più devastanti saranno i danni che
produrrà.”
Uno dei demoni di
Barnès, Raul, però, era
dubbioso: “Sei mesi sono tanti, siamo sicuri che non
farà crollare questo
posto?”
Sasha lo
squadrò, irritata: “Mi credi così
folle da darvi in mano una bomba capace di far crollare tutto con me e
le mie
sorelle streghe dentro?”
Tamara, allora,
intervenne, cercando di
placarla: “Ok, adesso però spiegaci come la
dobbiamo usare, ok?”
“Le pareti
di questo posto sono davvero
spesse, sinceramente non so se riuscirete a fare un buco abbastanza
grande da
poter vedere l’uscita. Comunque sia, non posizionate la bomba
presso le colonne
portanti. Suppongo sappiate cos’è un
baricentro… – li vide confusi e riprovò
–
Ok, mettetela a terra accanto ad una parete, il più centrale
possibile. Dopo di
che, c’è un tasto rosso che dovete premere, per
poi allontanarvi, dato che
avrete circa venti secondi.”
“Tutto qui?
C’è altro?” chiese Barnès.
“Sì,
tutto qui. E’ una bomba, non il
lancio di uno shattle nello spazio!” replicò lei,
sarcastica.
Improvvisamente, si
sentì qualcuno
chiamarla dal corridoio e subito Raul si allarmò.
“Chi è? Avete sentito?”
“Sembra la
voce della signora Ferguson, –
rispose Tamara, per poi rivolgersi alla strega – Sta cercando
te!”
“Restate
qui, io esco fuori e cerco di
allontanarla, ok? Tu, Tamara, sta attenta!”
“Ok, anche
tu!”
Quando
uscì, Tamara si rivolse agli altri
demoni nella stanza.
“Aspettiamo
un pò, fuori c’è il caos e
probabilmente il Consiglio è troppo impegnato ad impedire
che John entri qui
dentro, perciò potremo approfittarne per fuggire senza che
ci ostacolino.”
“Meglio non
aspettare molto, però. –
replicò Dex - C’è molta strada da fare,
dobbiamo raggiungere l’altra ala
dell’edificio.”
“Tranquillo,
ce la faremo. – lo rassicurò
Barnès – Sono molto fiducioso, quando si tratta di
assaporare la libertà!”
Intanto, fuori da
Alkaban, Jade aveva
appena abbattuto anche il terzo e ultimo campo di forze. Era piegata in
due per
la fatica, perchè aveva usato più magia di quanta
potesse sosterne, anche se
l’edificio non aveva più difese, ormai.
In quel momento Zack e Terence erano a pochi metri da lei, ignari e
preoccupati
riguardo la sua mossa successiva. L’amico, naturalmente, era
preoccupato per
lei.
“Hey, Jade,
stai bene? Ti cola del sangue
dal naso…”
“Sto
benissimo, – rispose lei - devo solo
entrare.”
“Credimi,
ci sono Alaris e gli altri,
pronti a fermarti. Non entrare, lascia perdere!”
“Non mi
interessa, ok? Io DEVO entrare!”
Improvvisamente, dal
polverone che si era
creato, spuntò fuori Brenda, che si buttò contro
di lei, facendo finire
entrambe a terra.
“Allora,
Jade, vediamo quanto sei brava a
combattere senza usare la magia!”
Ovviamente, subito
l’altra provò a
difendersi: “Sai, nelle ultime settimane non mi sono
esercitata solo a
recuperare i miei poteri... Sta a vedere, ora!” e
salì sopra l’amica, mentre i
due ragazzi le osservavano, disperati, non sapendo come intromettersi.
La lotta,
però, fu fermata da un nuovo
arrivo: Rick, che teneva davanti a sé Klen, tenendola per il
collo.
Jade, subito, si voltò: “Rick?”
chiamò, ignorando le grida di aiuto della
ragazzina.
“Jade, non
cercare di fermarmi, userò lei
per entrare. Loro sono qui. LUI è qui!”
“Tranquillo,
non lo farò, perchè anche io
voglio entrare. Ho appena abbattuto i campi di forza!” e
subitò spinse via
Brenda.
A quel punto, Zack
decise di evocare una
sfera di energia: “Mi dispiace, ma da qui non passa nessuno.
– poi si rivolse a
Rick – E tu farai meglio a lasciare quella strega, o ti farai
parecchio male!”
L’uomo
sorrise, arrogante: “Un demone...
Meglio che non mi stai intorno, dal momento che voglio uccidere
soltanto uno di
voi!”
“Senti, Rick, – si intromise Terence,
più calmo - non possiamo provare a
ragionare? Sai perfettamente che dentro c’è anche
il Consiglio. Vuoi davvero
entrare e farti ammazzare?”
“No, per
questo ho portato come ostaggio
una strega che, fra l’altro, ho incontrato mentre venivo qui.
E ora fatevi da
parte!”
“Bene, se
hai deciso, allora, prova a
passare!” replicò l’altro.
“Stai
tranquillo che non me lo farò
ripetere due volte!”
In quel momento,
però, Jade notò qualcuno
alle spalle di Rick.
“E quello
chi è?” chiese.
Tutti, allora,
seguirono il suo
sguardo: mentre avanzava nel polverone, la sagoma si fece
sempre più
visibile. Si trattava di un uomo, che sembrava stare farneticando
qualcosa.
“Le vostre
anime stanno soffrendo, sono
sporche. Nessuno può capire...”
Rick lo
guardò e sgranò gli occhi per la
sorpresa: “Padre Murray!”
chiamò, ma quello non lo riconobbe e iniziò a
fissare le due ragazze.
“Le vostre anime sono in pena e nessuno lo sa. Nessuno sa
come ci si sente,
vero?” e poi puntò le braccia verso di loro, i
suoi occhi divennero neri come
la pece e dai corpi delle due uscirono delle aure bianche e
trasparenti, che si
scambiarono: quella di Jade entrò in Brenda e viceversa.
Subito, le due
ragazze iniziarono a
sentirsi strane, percependo un dolore immenso al petto. Si misero anche
a
piangere, accasciandosi al suolo.
Terence, preoccupato, si precipitò immediatamente verso la
sua ragazza:
“Brenda, cosa ti sta succedendo?”
Straziata, lei
iniziò a farneticare:
“Aiutami, ti prego.... Non riesco a respire, non ce la faccio
più… non...
sopporto… questa... cosa… –
scoppiò a piangere, disperata – Aiutami, ti
prego....”
Sconcertato,
l’uomo guardò Zack, che era
andato da Jade: “Ma cosa ha fatto?”
“Non lo so,
anche Jade sta delirando…”
In quel momento,
Padre Murray iniziò a
fissare loro: “Anche le vostre anime sono
sporche…” sussurò, ma Zack, prima che
potesse alzare le braccia e fare la stessa cosa a loro,
evocò una sfera di
energia e la lanciò contro di lui, prendendolo in pieno
petto e facendolo
accasciare al suolo.
Rick, sconvolto,
lasciò la presa su Klen e
corse verso il prete, gridando: “NOOOOO!”
Zack e Terence ne
approfittarono per
prendere in braccio le ragazze e rientrare in fretta ad Alkaban.
Rick
guardò Padre Murray negli occhi,
piangendo: “La prego, non muoia. Non
lei…”
L’altro,
con il poco fiato che gli
rimaneva, mormorò: “Noi... noi siamo
già il male… non c’è bisogno
di crearne un
altro... La mia anima ora è pronta per essere purificata da
tutto il Male che
l’ha sporcata... Anche la tua sarà ripulita, un
giorno. A tutti noi, presto o
tardi” e chiuse gli occhi.
“No, Padre
Murray! Non muoia, la prego...”
In quel momento, Klen
si avvicinò a loro:
“E’... è morto?” chiese, ma
l’uomo non rispose.
Improvvisamente, Rick
alzò la testa dal
petto di Padre Murray e si voltò: aveva gli occhi gialli e
le vene ingrossate
sul collo e sulle braccia. La strega si spaventò e
iniziò ad urlare, per poi
scappare via alla velocità della luce.
Il cacciatore,
però, non era interessato a
lei, bensì a Barnès e, ora, anche a Zack.
Perciò, si diresse verso le enormi
porte d’ingresso di Alkaban, iniziando a spingerle con forza.
Intanto,
Zack e Terence stavano correndo attraverso i
corridoi deserti con in braccio le due ragazze, ancora tormentate da
qualcosa
che le stava facendo impazzire. Ad un certo punto, incrociarono Dana,
Alaris e
Sasha e subito, nel vederli, l’anziana donna si
allarmò.
“Ma che
diavolo...? Jade!”
“E’
stato un disordinato a ridurle così. –
spiegò il ragazzo – Ma non riesco a capire cosa le
abbia fatto!”
La donna, allora, si avvicinò e toccò la fronte
della nipote: “Tesoro,
cos’hai?” chiese e quella, in preda ad una crisi di
pianto, iniziò a gridare.
“Non riesco
a parlare, non riesco a
pensare. Toglietemelo, vi prego... Fa male, fa tanto
male…”
“L’uomo
che le ha attaccate, ha fatto
fuoriuscire da loro delle strane aure bianche e le ha
scambiate…” aggiunse
Terence.
Improvvisamente,
Brenda iniziò a ridere
fino alle lacrime e Alaris, dopo averla guardata per qualche secondo,
sentenziò: “Deve aver scambiato le loro anime.
Credo che le due ragazze stiano
sperimetando tutto quello che l’altra ha provato nella
propria vita: gioie,
dolori, perdite, azioni compiute…”
Intanto, la ragazza era tornata a piangere, straziata: “Sto
provando quello che
lei sente tutti i giorni…”
Allora Sasha si
accorse che le pareti
avevano iniziato a vibrare: “Avete sentito? Sembra provenire
dall’ingresso…”
Zack, allora, si
intromise: “A proposito,
abbiamo un cacciatore di demoni, qui fuori, l’amico di
Jade.”
“D’accordo.
– gli rispose Alaris - Faremo
in modo che non entri. Dev’essere in preda ad un raptus se si
sta scatenando
contro l’edificio. Ora chiudetevi in una stanza, non deve
esserci nessuno nei
corridoi, visto che Alkaban è senza difese esterne. Devo
ripristinarle al più
presto!”
Subito, Dana
mostrò la via ai due ragazzi,
mentre il Consigliere andava nella direzione opposta.
Sfortunatamente,
Rick era riuscito a sfondare le porte
con la sua forza sovraumana e Alaris fu proprio la prima persona che si
trovò
davanti.
“Salve,
Alaris! – lo salutò - Suppongo si
ricordi di me, il cacciatore che ha estromesso...”
“Che cosa
vuoi Richard?” chiese quello,
cauto.
L’altro sorrise: “Ho saputo che proteggete un
demone che ha fatto del male ad
una persona a me cara. Suppongo si ricordi anche di Sophia...”
“Certo! Era
una così cara ragazza…
Tuttavia, non posso permetterti di proseguire. Questi demoni e streghe
che
custodiamo, avranno un ruolo fondamentale in qualcosa che è
ancora a noi
sconosciuto.”
Rick, seccato,
sbuffò, iniziando ad
avanzare: “Credo di aver agito con le buone, fino ad ora. Non
mi costringa a
passare alle maniere forti…”
“D’accordo,
d’accordo. Allora facciamo
così: io ti porto dove teniamo i demoni e tu resti calmo,
senza fare
sciocchezze. Ok?”
Soddisfatto, il
cacciatore annuì: “Portami
da questi demoni e basta. Fammi strada!”
“Ci
vorrà un pò per arrivare, si trovano
nell’altra ala dell’edificio.”
“Ho
pazientato per mesi, cosa sarà mai
un’altra manciata di minuti? Finalmente avrò la
mia vendetta....” e i due si
allontanarono insieme lungo un corridoio.
Dall’altra
parte dell’edificio, intanto, Barnès e gli
altri erano giunti nel punto indicato da Dex: “Ok, dobbiamo
entrare qui,
adesso!”
“Come mai
siamo dovuti arrivare fino a
qui?” gli chiese Tamara, poco lontana.
“I corridoi
di questo posto sono stati
incantati, affinchè non potessimo fuggire.”
“Cosa
vorresti dire?”
“Ah, non lo
sapevi? Il Consiglio ha
progettato questo posto prendendo delle precauzioni: se qualcuno di noi
tenta
la fuga, i corridoi tendono a riportarlo di nuovo al punto di
partenza.”
“Tuttavia,
ho studiato questi corridoi fin
dal primo giorno e non tutti sono stati incantati. – aggiunse
Dex – Perciò,
sono riuscito a tracciare un percorso che non ci avrebbe portati
indietro e ora
eccoci qui!”
Raul, intanto, stava
osservando la
targhetta vicino a loro con il nome dell’ala nord
del’edificio: “Area zero.
Che cosa significa?”
“Non
c’è tempo per le domande! – gli
intimò il suo leader - Entriamo!” e i quattro lo
seguirono.
Nello
stesso momento, fuori da Alkaban, ormai scoperta
da ogni protezione magica, non c’era più nessuno.
Fino a quando, da lontano,
non arrivò qualcun altro: John, che stava osservando il
maestoso edificio con
un sorriso compiaciuto.
“E
così è questa Alkaban… Finalmente la
vedo con i miei occhi... Ce lo fatta!” e, accarezzando il
cancello aperto, si
preparò ad oltrepassarlo.
“Adoro
avere l’ingresso facile e libero,
dove non sono invitato… – poi rise –
Beh, sarà comunque divertente!” ed si
avviò verso l’entrata, pronto a rendere le cose
molto più movimentate…
CONTINUA NEL NONO EPISODIO
Testo a cura di Lady Viviana
ANGOLO AUTORE: Se
siete rimasti affascinati e sconvolti da questo episodio, non perdetevi
ciò che accadrà nel prossimo con la 3x09 "Libero dal suo incubo", Giovedì 25 Giugno. Mancano
ormai due settimane al finale di metà stagione e molte cose
inaspettate stanno per accadere. Ricordate di lasciare un commento ai
fini della continuazione della storia e di visionare il volto dei
vostri personaggi preferiti della scheda personaggi presente nella
prima stagione alla 1x00. Buona settimana stregata!!!
|
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Capitolo 9 *** 3x09-Libero dal suo incubo ***
CAPITOLO NOVE
"You're an Evil Too Lucky"
Alkaban
Brenda e Jade erano
in condizioni sempre più critiche:
lo scambio di anime procurato da Padre Murray era, per loro, davvero
insostenibile. In quel momento, si trovavano in una delle tante stanze
dell’edificio,
mentre Zack e Terence cercavano di tenerle ferme nei loro letti. Di
fronte, la
signora Ferguson dava loro istruzioni su cosa fare.
“Trovate
qualcosa e legatele, non devono muoversi.
Soprattutto Jade, potrebbe usare i suoi poteri!”
Ma le due, oltre ad
agitarsi, urlavano, perciò
aggiunse: “E cercate qualcosa per tappare loro la bocca, o
John scoprirà che
siamo qui!”
Subito, eseguirono.
“Bene!
Tenetele bene ferme, adesso. Con la magia
possiamo anche non essere in grado di aiutare i disordinati, ma
possiamo
riparare ai loro disastri.”
Fu allora,
però, che Zack notò che le ragazze erano
particolarmente sofferenti e subito le indicò
all’anziana donna: “Come può uno
scambio di anime provocare tutto questo?”
“Finchè
combattiamo i nostri demoni interiori,
riusciamo a tenerli sotto controllo e a conviverci, ma, quando hai
dentro di te
quelli di qualcun altro, allora è un inferno di dolore senza
fine! – poi le
guardò, in pena per loro – Provi talmente tante di
quelle emozioni, tutte
insieme, che... che quasi ti sembra di impazzire...”
Terence, a quel
punto, era completamente in preda alla
preoccupazione per la sua ragazza: “La prego, faccia
qualcosa... Non lo
sopporto perfino io!”
“Va bene.
Tenetele, così posso pronunciare un
incantesimo per riscambiare le loro anime. Vi avverto però,
sarà doloroso!” e i
ragazzi, pronti, eseguirono, mentre lei pronunciava
l’incantesimo.
“Virtus
animae extra vade in loco”
Poi, la
ripeté numerose volte, mentre le ragazze
urlavano, le fronti sudate, nonostante avessero le bocche chiuse. Le
loro anime
si stavano lentamente staccando dai loro corpi, benché
sembrassero quasi
incollate, sollevandosi dal loro addome. La donna insistette ancora e,
finalmente, esse uscirono dai loro corpi e tornarono al loro posto.
Le due ragazze, però, nel frattempo erano svenute per la
fatica e il dolore. I
ragazzi, invece, erano pietrificati, sotto shock. Dopo qualche minuto,
Zack fu
il primo a parlare.
“Ma... ha
funzionato, giusto?” chiese, esitante.
“Sì.
– confermò Dana – Ora però
lasciamole riposare,
noi dobbiamo aiutare Alaris a portare nell’area zero chiunque
sia entrato
nell’edificio, ok?” e i due annuirono, seguendola.
Intanto, in un altro
settore di Alkaban, Noa e Wes
erano ancora nella stanza di quest’ultimo, quando il suono di
un click,
proveniente dalla porta, attirò l’attenzione del
secondo.
“Cos’era?
Hai sentito?” e si alzò, subito ammonito
dall’altro.
“Ehi, devi
stare seduto! Ti ho appena sistemato la
benda sul ginocchio!”
Ma quello lo
ignorò, affacciandosi e osservando dal vetro
della porta il corridoio esterno, per poi tentare di uscire a vedere
meglio.
“Non si
apre!!!” esclamò, sentendo crescere
l’inquietudine dentro di sé, ma Noa,
più rilassato, si affrettò a
tranquillizzarlo.
“Evidentemente
il click che abbiamo sentito prima era
la chiusura automatica delle porte. Torna a sedere!”
“Perché
dovrebbero chiuderci qui dentro?”
“E’
solo una precauzione, Wes. Dev’esserci una
situazione di emergenza, ma questo non ci riguarda. Siamo al sicuro,
qui,
perciò torna a sedere!”
Ancora una volta,
però, Wes lo ignorò, affacciandosi
di nuovo e intravedendo qualcuno.
“Oh mio
Dio, c’è quell’uomo che ci ha
torturati!”
urlò, terrorizzato.
D’istinto,
Noa si lanciò verso di lui, tirandolo a
terra: “Giù! Sta giù!”
Erano così
vicini che non potevano spostare lo sguardo
da nessun’altra parte oltre la porta a pochi passi da loro.
Erano fermi, che si
guardavano negli occhi.
“Non
fiatare…” bisbigliò Noa, mentre John
attraversava
il corridoio.
Pochi secondi dopo,
scampato il pericolo, però, si sentirono
talmente in imbarazzo, che subito si allontanarono l’uno
dall’altro.
Alzatosi dal
pavimento, Wes tornò subito a guardare
fuori.
“Chissà
dov’è andato!” mormorò, ma fu
subito
rimproverato.
“Non stare
più vicino al vetro, o ti vedrà! Cerchiamo
di restare vivi, ok?”
“Io voglio
solo tornare a casa!”
“Ci
tornerai presto, se non ti farai uccidere prima!”
e, finalmente, l’altro seguì il suo consiglio,
tornando a sedersi.
In un’altra stanza, più grande delle altre,
Jackson, rimasto bloccato con
Harmony, tentava invano di aprire la porta, mentre la ragazza
cercò di
calmarlo.
“E’
inutile: quelli del Consiglio hanno attivato la
chiusura automatica!”
Quello, in risposta,
tirò un calcio alla porta,
arreso: “Accidenti, siamo entrati solo per un
attimo!”
“Fortuna
che non ho seguito il tuo consiglio di
restare fuori… John dev’essere entrato, se sono
ricorsi alla chiusura delle
porte!”
Jackson
sbuffò: “Se solo sapessimo cosa sta
accadendo…”
“Guarda il
lato positivo: forse il tuo capo non è
riuscito a fuggire…”
A
quell’insinuazione, il ragazzo si preoccupò ancora
di più: “Magari non è riuscito a
fuggire, magari è rimasto bloccato nel
corridoio dov’è c’è John, che
è pericoloso!”
“Spero che
stiano tutti bene…” mormorò lei,
pensierosa,
e lui, sedendosi per terra, si aggregò.
“Già,
speriamo!”
Nel frattempo, Alaris
stava conducendo Rick nell’area
zero, facendogli credere che là avrebbe trovato i demoni, ma
l’altro, ormai
alterato dal raptus, stava esaurendo la sua pazienza.
“Allora?
Quanto ci vuole ancora?”
L’altro
continuò a camminare davanti a lui: “Un
po’ di
pazienza, Richard, siamo quasi arrivati…” ma, dopo
qualche altro passo, si
fermò, lasciando l’uomo perplesso.
“Beh,
perché ti sei fermato?”
L’uomo si
voltò verso di lui, serio: “Mi è
dispiaciuto
molto per Sophia, davvero. E mi è dispiaciuto anche doverti
estromettere
dall’Ordine dei Cacciatori…”
“E questo
cosa c’entra, adesso?”
“Niente.
Volevo solo che lo sapessi…”
Rick lo
guardò confuso per qualche secondo, poi,
all’improvviso l’uomo batté le mani. Il
suono rimbombò per tutto il corridoio e
il pavimento sotto i piedi del cacciatore si spalancò,
facendolo cadere nel
vuoto. Mentre precipitava, continuò a urlare, poi
più nulla e Alaris richiuse
il pavimento con un secondo battito di mani. L’uomo,
però, sapeva che non era
finita e che Alkaban era ancora minacciata, così
iniziò ad incamminarsi, ma,
alle sue spalle, qualcuno iniziò ad applaudire: era John.
Alaris si
voltò di colpo, trovandoselo proprio
davanti. Era parecchio compiaciuto e sorrideva, sprezzante.
“Quanto
tempo, Alaris... Un’eternità! Non sei
più
giovane come ricordavo, sai?”
“Beh, non
sono un servitore del caos. Io invecchio.”
Poi il demone, dopo
un ultimo sorriso, tornò serio e
indicò il pavimento fra di loro: “Hai intenzione
di fare la stessa cosa anche con
me, per caso? Quell’abracadabra del pavimento che si spalanca
sotto ai miei
piedi? Effetto scenico molto carino, tra l’altro.”
L’altro
sorrise, beffardo: “Sappiamo entrambi che
questi giochetti non funzionano con te e che ci vuole ben altro, o
sbaglio? Tu
sei un manipolatore, uno che pensa sempre. Se non fosse
così, non saresti qui
dentro, del resto...”
“Grazie per
i complimenti, Alaris. Mi hai descritto
alla perfezione!”
“Sei anche
scaltro! Non so come tu sia riuscito a
farti strada qui tramite Jade e Richard, ma ce l’hai fatta!
Senza il minimo
sforzo, per altro…”
“Beh, lo
ammetto – rispose John, lusingato – è
stato
merito anche di qualche segreto scoperto per caso. Sai, mio caro amico,
i
segreti sono molto importanti... sono in grado di farti manovrare
chiunque.
Sono anche più potenti della magia, a quanto
pare...”
“Non
ucciderai nessuno, qui dentro! – replicò Alaris,
arrogante - Non te lo permetterò! Non abbatterai
la cupola, non
diffonderai i tuoi disordini, non raggiungerai nessuno dei tuoi
obbiettivi!”
In risposta,
l’altro scoppiò a ridere: “Come sei
sicuro di te, Alaris! Sembra quasi che tu abbia dimenticato chi hai di
fronte.
Io posso fare tutto quello che voglio, lo sai...” e, alzando
un braccio, lo
sollevò da terra, soffocandolo.
Improvvisamente, alle spalle di John arrivarono, Zack, Terence e Dana.
“Alaris!” gridò la donna e il demone si
sorprese talmente tanto che si voltò e
lasciò cadere l’uomo a terra.
“Bene!
– poi guardò Zack e Terence – Due dei
miei
ex-prigionieri... Non è stato carino lasciare casa mia in
quel modo, lo
sapete?” e subito li sollevò, lanciandoli contro
due pareti diverse.
Subito
cercò di fare la stessa cosa con Dana, ma
quella bloccò il suo potere semplicemente con un cenno della
mano.
“Spiacente,
John. Con me non funziona, lo sai!”
“Vero, sei
sempre stata un osso duro...”
La donna lo
guardò con disprezzo, prima di rispondere:
“Già, parecchio…”
Poi chiuse gli occhi
e pronunciò: “Mutatio
Orarum” e subito lei, John e
Alaris si ritrovarono in un altro settore
dell’edificio.
John si guardò attorno, perplesso: “Che cosa hai
fatto? – le chiese
immediatamente - Dove siamo?”
Intanto Alaris,
dietro di lui, stava aprendo
l’ingresso dell’area zero.
“Divertiti
nell’area zero, – rispose lei, beffarda -
sarà una nuova esperienza per te!”
L’uomo la
guardò, confuso, notando poi l’ingresso
aperto alle sue spalle: “Ma di che cosa state
blaterando?” domandò, ma quella
continuò a sorridere.
“Zleziae”
mormorò
e un vento fortissimo si scatenò
dall’interno dell’area zero.
Subito John
cercò di tenere i piedi incollati a terra,
mentre il vortice aumentava sempre di più. Da un angolo,
Alaris si accorse che
non stava funzionando, così si gettò contro John,
sbucando alle sue spalle. I
due uomini ora erano a terra, avvinghiati e Dana iniziò a
gridare.
“No,
Alaris! Cosa stai cercando di fare?”
“Chiudi
l’ingresso, quando saremo dentro! Aumenta il
ventooo!”
Dopo aver scambiato
con lui uno sguardo triste, a
malincuore, eseguì e il vento risucchiò via i due
uomini, trascinati dentro
l’area zero. La donna, però, non perse tempo e
subito la sigillò, richiudendo
le porte.
Jade e Brenda, intanto, si erano risvegliate, ma erano rimaste stese
sui loro
letti a guardare il soffitto, esauste. Ad un certo punto,
però, la strega
decise di spezzare il silenzio.
“Ho sentito
l’odio che hai provato verso di me, anche
se è stato solo per un attimo.”
L’altra
voltò la testa, dispiaciuta: “Se avessi
sentito prima ciò stavi provando veramente, non ti avrei
odiata nemmeno per un
secondo. Ho sentito ogni tua emozione invadermi e… non
riuscivo più a
respirare…”
“Nemmeno io
riuscivo a respirare, non pensavo che una
persona sola potesse avere così tanta paura… Come
ho potuto essere così
egoista?”
“Stavi
soffrendo in una maniera che non è umanamente
sopportabile. E sono stata egoista anche io a non pensare a quanto
stavi male
realmente!”
Ma Jade non era
d’accordo con lei: “Non è vero che sei
stata egoista! Ti ho lasciata qui da sola ad affrontare tutto questo,
mentre tu
cercavi non solo di sopravvivere per te stessa, ma anche per Terence.
Ti ho
lasciata qui a subire le manie di grandezza di mio nonno e a trascurare
la tua
vita per far fronte a responsabilità che in
realtà appartengono soltanto a me!”
In lacrime, Brenda,
si sollevò lentamente e si andò a
sedere vicino all’amica.
“Sono
crollata per due sole settimane nei tuoi panni,
mentre tu vivi questo inferno da molto più tempo. Hai perso
la persona che più
amavi e non la rivedrai mai più. Ma io non ho tenuto conto
di tutto questo e mi
sono lamentata e arrabbiata con te. Che razza di amica sono stata?!?
Avrei
dovuto capirti e capire quanto fossi confusa, terrorizzata e sola.
Volevi solo
respirare di nuovo…”
Piangendo, Jade la
abbracciò: “Mi manca così tanto,
Brenda...”
“Lo so,
Jade. Non hai idea di quanto lo sappia. Ci
siamo scambiate i corpi e ora anche le anime… nessuno
può conoscere fino in
fondo la propria migliore amica, meglio di noi due!”
L’altra si
staccò e la osservò in silenzio per qualche
secondo: “Sento così tanta rabbia dentro, tanta
confusione. Vorrei solo urlare
e piangere…”
“Lo so, lo
so, ma lascia stare la vendetta, Jade. Ho
sentito il tuo odio verso quei demoni, ma lascia stare. Ti
prego...”
La strega si
asciugò le lacrime, prima di rispondere:
“Pensavo che la vendetta potesse distrarmi, alleviare il
dolore, ma in realtà
non cambierà niente. Nulla potrà riportare
indietro Samuel ed è ora che cominci
ad accettarlo…”
Allora, Brenda le
accarezzò una spalla, mentre il
suono di un click proveniva dalla porta. Subito Jade si
alzò, andando verso di
essa.
“Devono
aver riaperto la porta…”
Ma l’altra
la fermò: “Jade, aspetta! – era
perplessa –
Mentre avevo la tua anima dentro di me, ho provato confusione e
smarrimento.
Sono tutte sensazioni di quando sei morta, vero?”
“Sì,
ma mi sono sentita anche strana. Pensa che sono
morta e mi sono risvegliata a Brooklyn!”
“Brooklyn?
Quindi fuori dalla cupola...?”
“Ero a
Brooklyn, ma… non lo so, sembrava un posto
molto più lontano. Non credo di essermi risvegliata fuori
dalla cupola, però, perché
ero morta e l’uomo con cui ho interagito non avrebbe potuto
parlare con un
fantasma. Ero sicuramente in un altro luogo.”
“Ne hai
parlato con qualcuno?”
“Solo con
Rick, una volta. Ero così…”
Ma fu
l’amica a completare la frase per lei:
“… in
pace, vero? Sì, l’ho sentito. Come mai,
però?”
Jade
accennò un sorriso: “Beh, penso proprio che
dovrei morire di nuovo per scoprirlo… Adesso andiamo,
però!” e si diresse
ancora una volta verso la porta, ma l’altra la
fermò nuovamente.
“Jade,
aspetta! Volevo dirti anche che… che mi
dispiace di averti quasi colpita con la balestra...”
L’amica si
girò e le sorrise: “E a me dispiace di
averti buttata a terra.”
E le due, ora che
avevano chiarito, finalmente
poterono lasciare la stanza insieme.
Subito fuori, nel corridoio, incrociarono Jackson e Harmony, che
stavano
uscendo in quel momento dalla stanza in cui si trovavano. Jade
guardò il demone
in modo strano, ora che sapeva la verità su lui e il suo
gruppo e l’altro rimase
pietrificato nel vederla, intuendolo.
“Jade, io…” iniziò,
ma fu subito ammonito.
“Non voglio
ascoltarti, non mi interessa quello che
hai da dire. John mi ha raccontato tutto sul vostro clan, probabilmente
con
l’obbiettivo di trasformarmi in una furia cieca che si
sarebbe abbattuta contro
di voi. Fortunatamente, quella rabbia e quella voglia di vendetta sono
sfumati.
Ora l’unica cosa che vi chiedo è di starmi
lontano, perchè quello che avete
fatto nei confronti di Samuel è imperdonabile.”
Jackson, ammutolito, abbassò lo sguardo, mortificato.
Harmony, però, lo
conosceva e pensava che meritasse di essere ascoltato, così
si rivolse decisa
alla strega.
“Non puoi
non ascoltare quello che ha da dire! Lui non
è come tutti gli altri, credimi. E’ buono e merita
una possibilità, ok?”
Voltandosi verso
l’amica con un sorriso di
ringraziamento, il demone si fece coraggio e si rivolse nuovamente alla
prescelta con il cuore in gola: “Samuel era una persona
meravigliosa. Non era
solo un amico, per me, ma anche il fratello che non avevo mai avuto.
Quando
Wolf venne da noi, pretese di averlo a tutti i costi. Fu minaccioso e
avrebbe
ucciso fino all’ultimo di noi pur di catturarlo e usarlo per
i suoi scopi, dato
che era un prescelto. Nessuno avrebbe potuto opporsi al suo volere e
Barnès non
ebbe altra scelta che consegnarglielo. – le lacrime
iniziarono a scendergli
lungo il viso – Lo portò via svenuto e io, TUTTI
guardammo la scena senza
muovere un dito. Ricordo di aver pianto tutta la notte,
perché mi sentii un
codardo, ma non fui l’unico, perchè vidi anche
Barnès farlo, in solitudine.
Sai, lui non è cattivo e tiene a tutti noi. Per questo non
ce l’ho avuta con
lui: non aveva altra scelta, quando ha accettato di dar via Samuel.
E’ stato
lui ad accoglierci nel suo Clan e farci sentire parte di qualcosa. Non
è un
santo, ovviamente, e ha dei brutti trascorsi che l’hanno reso
duro e avido, ma
tiene ai suoi simili e teneva anche a Samuel.”
Jade,
benché avesse ascoltato commossa le sue parole,
rispose senza scomporsi minimamente: “D’accordo.
Grazie per avermelo detto.”
“No, non
ringraziarmi. – replicò lui, avvicinandosi a
lei – In tutti questi anni sapevo che Samuel era con te.
Avrei potuto
incontrarlo e chiedergli perdono, perché, se fosse toccato a
qualcun altro, lui
si sarebbe opposto. Ora non c’è più,
perciò… - si inginocchiò, le prese una
mano e la poggiò sopra la sua fronte, piangendo –
Ti prego, ho bisogno che mi
perdoni. Che ci perdoni. Per favore, a nome di tutti, chiedo il tuo
perdono…”
Spiazzata e commossa,
come tutti i presenti, la
ragazza rimase in silenzio per qualche attimo, poi disse:
“Io… io ti perdono.
VI perdono. Perché è quello che avrebbe detto
Samuel, se avesse sentito le tue
parole.”
“Grazie…
Ti ringrazio” rispose lui, fra le lacrime,
per poi tornare accanto ad Harmony, che gli accarezzò una
spalla, comprensiva.
Improvvisamente, alle
loro spalle arrivò Dana,
trafelata.
“State
tutti bene?” chiese.
Subito Jade si
voltò: “Nonna!” esclamò e sul
volto
dell’altra si allargò un sorriso.
“Ti sei
svegliata, vedo.”
Ma Brenda non diede
loro il tempo di dirsi altro,
intromettendosi subito: “Che cosa è successo?
Dov’è Terence?”
“John
è riuscito ad entrare ad Alkaban, ma
fortunatamente non è più una minaccia,
ormai.”
“L’avete...
ucciso?” le chiese la nipote, confusa.
“E’
impossibile, – aggiunse Brenda, altrettanto
perplessa - gli ho fatto praticamente fatto un buco in testa, ma non
è morto!”
“Infatti
non è morto, – chiarì Dana –
l’abbiamo
soltanto isolato nell’area zero. O meglio, Alaris
l’ha isolato…”
“L’area
zero? E che cos’è?” chiese Jade, ma fu
l’amica
a risponderle.
“E’
un settore dell’edificio privo di magia.”
“Esatto,
– aggiunse la signora Ferguson - si trattava
del piano B di Alaris, se John fosse riuscito ad abbattere i campi di
forze
all’esterno.”
Subito, la ragazza
capì e si sentì in colpa: “Nonna,
mi dispiace di averlo fatto entrare...”
“E’
tutto a posto, tesoro. Non preoccuparti.”
“Quindi
John non ha più alcun potere, giusto? E’
completamente innocuo?” chiese allora Harmony,
intromettendosi nella
conversazione.
“Esatto!
Completamente.”
“Non
sarebbe meglio ucciderlo, ora che è vulnerabile?
– propose Jackson - Insomma, sappiamo di cosa è
capace…”
Ma la donna scosse la
testa: “L’area zero è
completamente sigillata, non potrà mai più uscire
da lì.”
“Per ora...
– replicò la strega - Vi ricordo che Klen
potrebbe provare a liberarlo.”
“Sai,
– le rispose Brenda, dopo averci riflettuto su
qualche secondo - credo che Klen non sia più sotto
l’influsso di John. Insomma,
John non ha più il potere di controllarla, quindi
è libera, no?”
“Sì,
è libera!” confermò Dana.
In quel momento
furono raggiunti anche da Zack e
Terence e quest’ultimo corse subito a baciare la sua amata.
“Che bello vederti in piedi, era una tortura vederti soffrire
in quel modo...”
Zack, invece, si
rivolse subito alla signora Ferguson
per avere gli ultimi aggiornamenti: “John?” chiese,
semplicemente.
“Chiuso
nell’area zero.”
Improvvisamente,
però, il ragazzo sentì un bruciore al
petto e subito tutti se ne accorsero, anche se quella che si
allarmò di più fu
Jade.
“Zack,
cos’hai?” domandò, avvicinandosi a lui
che, in
risposta, si sbottonò la camicia.
“Il
marchio. Sta succedendo qualcosa...”
Tutti lo videro
cambiare colore e forma, ma solo
l’anziana strega capì davvero cosa stava
succedendo.
“Ora John
non più controllarti e il marchio sta
assumendo il suo reale aspetto, come quello che hanno tutti gli altri
demoni.”
Ma Brenda era ancora
perplessa: “Non capisco. Se è
stata Heith a modificare l’artiglio di Anvolea
affinché John potesse
controllare Zack attraverso il nuovo marchio, perché questa
si è annullata quando
John è entrato nell’area zero? Pensavo che solo
Heith potesse farlo, o
sbaglio?”
“Sì,
ma Heith ha anche fatto in modo che il marchio di
Zack avesse un padrone, collegandolo a John. Ora, però, lui
non è più un essere
soprannaturale e tale rimarrà finchè
sarà lì.”
“Fantastico!
– esclamò Zack, seccato – Quindi, se
John
dovesse evadere da quel posto, avrebbe di nuovo il controllo su di me,
giusto?”
“No, non
è così. – lo rassicurò la
signora Ferguson -
Una volta separati marchio e padrone, non è più
possibile ripetere il processo.
Per farlo, dovresti tornare umano ed essere graffiato di nuovo. In
più, ci
vuole sempre l’aiuto di una strega e John non ne ha
più sotto il suo
controllo.”
E fu proprio allora
che Zack divenne consapevole di
essere finalmente libero per davvero e, dopo tanto tempo,
riuscì a sorridere
assieme ai suoi amici.
Poche manciate di
secondi dopo, a raggiungere il
gruppetto furono Foxi e Marcus e quest’ultimo rimase spaesato
per qualche
attimo nel vedere Brenda e Terence vicini, sentendo dentro di
sé anche un
pizzico di gelosia. Scrollando le spalle, la scacciò via,
per poi esclamare,
deciso: “Dobbiamo parlare!”
Dana capì
che era il momento di aggiornare loro sulla
situazione: “Aspettate! Prima dovete sapere una cosa...
Alaris si è sacrificato
e ha trascinato John con sé nell’area
zero.”
Ma l’altro
non parve stupito, anzi: “Lo sappiamo! –
rispose - Per questo dobbiamo riunirci, per discutere su cosa fare
adesso. John
è stato neutralizzato, ma i disordini ci sono ancora e anche
la cupola. Non è
finita!”
In quel momento,
Harmony ne approfittò per tirare, non
vista, una piccola gomitata a Jackson, a cui bisbigliò:
“Digli di…”, ma lui non
la lasciò finire, facendosi avanti.
“Aspettate,
devo dire una cosa! In verità avrei dovuto
farvene parola prima, ma ormai è troppo tardi...
Barnès aveva pianificato di
fuggire con alcuni dei miei compagni. Ora, però, non so se
ci siano riusciti,
perciò...qualcuno li ha visti?”
“Abbiamo
chiuso tutte le stanze dell’edificio. –
rispose Foxi - Se non erano dentro, potrebbero essere scappati
dall’ingresso.
Controlleremo!”
“Adesso
seguiteci!” aggiunse Marcus.
Area zero
John e Alaris erano
entrambi a terra e, lentamente,
stavano cercando di alzarsi, guardandosi intorno nel frattempo.
“Che razza
di posto è mai questo?!? Perché mi sento
strano?”
L’altro,
sedendosi in un angolo, ridacchiò: “Benvenuto
nell’area zero, John, dove gli esseri soprannaturali... non
sono più esseri
soprannaturali!”
Il demone si
voltò verso di lui, fissandolo alquanto
confuso: “Di che cosa stai parlando?”
“Non
c’è magia, qui. Non hai più poteri, non
hai
niente. Una vera trappola, vero?”
L’altro,
però, non gli credette e, anzi, provò ad
usare uno dei suoi tanti poteri, fallendo. Fu allora che,
letteralmente,
impazzì.
“No, mi
rifiuto. Non può essere!”
“E invece
sì! Ho dovuto sacrificarmi anche io, ma ne è
valsa la pena se significa vedere quella vena che hai in fronte,
gonfiarsi a
dismisura per la rabbia. Sei stato sconfitto, John! – poi
rise ancora –
Passeremo un bel po’ di tempo insieme, sai? Più o
meno... l’eternità!”
Allora John, pallido
e nervoso, scrutando ancora una
volta la stanza, intravide un tubo metallico per terra, poco distante
da
Alaris. Subito, colmo di rabbia, corse verso quella direzione e, di
scatto, lo
prese, avvicinandosi all’uomo e trafiggendo il suo petto
senza avergli dato
nemmeno il tempo di reagire. Spingendolo sempre più in
profondità, lo guardò
agonizzare, gli occhi iniettati di sangue e un leggero rivolo di bava
che gli
colava dalla bocca.
“Io. Non.
Perdo. MAAAAI!” urlò, tirando via il tubo
insanguinato.
Poi, si sedette a
terra, sudato e affannato, mentre
Alaris si stendeva sul pavimento, vomitando sangue. John lo
guardò, scoppiando
in una risata malata.
“Pensavi
davvero che avrei passato l’eternità con te?
– si alzò in piedi, lo guardò con odio
e poi gli sputò addosso – Hai fatto male
i tuoi calcoli, Alaris!” e, con in mano il tubo insanguinato,
si voltò e iniziò
a camminare lungo il corridoio alle sue spalle.
“E adesso
esploriamo questo posto!”
Intanto, Alaris, con
gli occhi spalancati e immerso in
una pozza di sangue, esalò l’ultimo respiro.
Qualche blocco più avanti, sempre nell’area zero,
Barnès e il suo gruppo erano
pronti a fuggire da Alkaban. Tamara, arrivati alla fine
dell’edificio, esclamò:
“Bene, l’area zero finisce qui, a quanto pare.
Possiamo posizionare la bomba,
allora.”
Intanto
l’altro leader, abbastanza accaldato, si era
sbottonato la camicia, lanciando uno sguardo beffardo alla strega:
“Non ti
dispiace, vero?”
“Ma per
favore, i demoni non mi eccitano affatto.
Specialmente tu!” poi guardò Dex posizionare
l’ordigno.
Tuttavia, anche altri
si erano accorti del cambio di
temperatura e lo fecero notare.
“Perché
fa così caldo qui?” chiese Raul alla donna.
“Credo che
qui accanto ci sia una sala caldaie, non
lamentatevi!”
L’altro,
però, non la stava ascoltando, troppo
impegnato a fissare il petto scoperto del suo capo, che non
apprezzò le sue
attenzione: “Cosa c’è? Perché
mi guardi? Speravo di attirare le attenzioni di
una strega, non di un demone!”
Disgustato,
l’altro distolse lo sguardo: “Noooo!
Cos’hai capito?!? Ti sto fissando perché non hai
più il marchio! Dov’è finito?”
Abbassando lo
sguardo, Barnès si rese conto che aveva
ragione e si tolse completamente la camicia per controllare meglio:
“Ma che
diavolo...?” esclamò, mentre gli altri due
facevano altrettanto.
“Nemmeno io
ho più il marchio” rivelò Dex, subito
seguito da Raul.
“Stessa
cosa, ma cosa significa? Non siamo più
demoni?”
Tamara, sentendosi
anche lei strana, mormorò: “Non
sento più la mia magia, credo che questo posto
l’abbia... cancellata.”
“Area
zero… – rifletté Dex ad alta voce -
Dev’essere
una zona priva di magia soprannaturale, che ci ha resi
normali.”
“Allora
usciamo in fretta da qui, prima che si
accorgano che siamo scomparsi e ci riportino indietro! –
replicò la donna, per
poi voltarsi verso di lui – La bomba è in
posizione?”
“Sì,
ma prima dovrete allontanarvi parecchio…”
Stanza del Consiglio
Dopo aver controllato
tutto l’edificio e conteggiato i
presenti, Marcus e Foxi condussero il gruppo nella sala privata del
Consiglio.
Al centro della stanza si trovava un enorme tavolo, illuminato dalla
luce
lunare proveniente dal lucernario sopra di esso, mentre tutto il resto
era
immerso nell’oscurità. Appena entrò,
Brenda non riuscì a trattenere uno dei
suoi soliti commenti.
“Ehm…
stanno per raggiungerci i cavalieri della tavola
rotonda, per caso?”
Marcus,
però, non era in vena di scherzare e le
rispose con un’occhiataccia: “Decisamente no. Qui
ci siederemo noi per
discutere su cosa fare.”
“E noi cosa
c’entriamo qui con voi?” chiese allora
Jackson, che, confuso, si era rifugiato in un angolo insieme ad Harmony.
“Dal
momento che Barnès e Tamara sono spariti, adesso
voi siete i portavoce delle vostre fazioni. –
spiegò Foxi, accanto a loro - E
poi, Jackson, tu sai già gran parte di quello di cui abbiamo
discusso nella
cantina di Dana, nelle prime settimane della cupola.”
La giovane strega, a
quel punto, parve ancora più
perplessa: “Sai gran parte di cosa?” chiese
all’amico, che si affrettò a spiegarle
la situazione.
“Loro non
rimuoveranno la cupola. A noi hanno detto
che ci avrebbero lavorato, ma non è così. In
realtà si stanno occupando
soltanto di come neutralizzare i disordini, – poi
guardò per un attimo Dana e i
due Consiglieri – ma non so cosa abbiano concluso da allora,
perché poi sono
stato rapito assieme agli altri da John.”
Lei, però,
non ebbe tempo di replicare nulla, perchè,
proprio allora, entrarono nella stanza Terence e Zack, trasportando con
loro la
cassaforte di Dana. Subito, la appoggiarono sul tavolo, facendo poi
cenno
all’anziana donna di avvicinarsi.
“Adesso ti
aggiorniamo: ora che John è rinchiuso
nell’area zero, non può più
controllare, né leggere la mente di nessuno,
perciò
non dovrò più tenere nessuno di voi allo
scuro” spiegò lei.
Poi, tutti si
sedettero intorno al tavolo, con la
cassa aperta davanti a loro.
Foxi, il più anziano fra i due Consiglieri rimasti, si
alzò in piedi e aprì la
discussione, guardandoli negli occhi uno a uno: “Noi nove, da
questa notte,
formeremo il nuovo consiglio di Alkaban, ora che Alaris non
è più al comando.
Qui, in questa sala, discuteremo di tutti gli sviluppi della vicenda
della
cupola e niente di quello che diremo qui dentro dovrà essere
riferito a tutti
gli altri. – e il suo sguardo si soffermò a lungo
su Jackson e Harmony –
Intesi?”
Lei, però,
gli rivolse un’occhiata alquanto perplessa:
“Cosa c’è di così tanto
misterioso da nascondere alle mie sorelle streghe?”
Fu però
Dana a rispondere: “Vedi, Harmony, diverse
settimane fa ho scoperto che le lettere ricevute dalla vostra Congrega
e dal
Can dei demoni formavano un messaggio segreto. Una lettera di
istruzioni, per
la precisione. Attraverso di essa, chi ha creato la cupola ci ha
chiesto di
fare delle cose. Come trovare questa, ad esempio. – prese
l’oggetto con i due
aghi alle estremità, trovato nella cassa tempo prima, lo
mostrò e poi passò ai
dipinti, che sparse sul tavolo fra di loro – E
questi. Tutti
rappresentano pezzi del puzzle che dobbiamo comporre. Anche voi demoni
e
streghe siete dei pezzi, o non sareste stati attirati qui. Se Tamara e
Barnès
sono fuggiti, è perché hanno avuto paura di
quello che già sospettavano da
tempo e che hanno scoperto da soli, grazie alla vostra strega
Klen.”
E, allora, finalmente
Harmony ricordò: “La cupola
sanguinea! Il sacrificio!”
“Esatto.
Ora, se tutto quello che ci stanno chiedendo
di fare, è abbattere la cupola, non avrebbe avuto senso
crearla. Quindi, tutti
i pezzi del puzzle che stiamo raccogliendo, devono servire senza dubbio
a
neutralizzare per sempre i disordini. Non c’è
altra spiegazione...”
“Quindi…
– si intromise Jackson, esitante -
neutralizzare i disordini richiederà il sacrificio di tutti
noi?”
“Purtroppo
ancora non sappiamo in quali modalità
avverrà tutto ciò, né sappiamo se
sarete sacrificati tutti oppure no. Chiunque
sia l’artefice della cupola, infatti, non ci sta dando le
informazioni per
intero, ma a piccole dosi. Ora, quello che dovete fare tu ed Harmony
è tenere a
bada le vostre fazioni, dicendo loro che qui saranno al sicuro, ora che
John è
fuori dalle nostre vite e che vi dovranno restare fino a che non avremo
tolto
la cupola.”
Ma la strega non era
molto d’accordo con lei e subito
glielo fece notare: “Quindi mi state dicendo che dobbiamo
mentire? Avete appena
detto che non toglierete la cupola, mentre noi dovremo dire agli altri
il
contrario, giusto?”
“Esatto,
– confermò Marcus – dovrete fare proprio
così. Sappiamo che non è giusto, ma è
necessario.”
Harmony
sentì l’irritazione dentro di sé
crescere
sempre di più: “E’ necessario
trattenere qui i nostri amici
fino alla morte? Già, non è per niente
giusto!”
Allora, Jade
sentì il bisogno di intervenire e dire la
sua: “Hai ragione, Harmony, non è giusto. Come non
lo è il fatto che Samuel, il
mio ragazzo, sia morto per salvare il mondo. Sapeva che sarebbe andata
a finire
così, eppure si è sacrificato lo stesso per
l’intera umanità. Se oggi siete
qui, a Morney Hill, è perché siete dei
predestinati, per qualche misterioso e
sconosciuto motivo, siete stati scelti. E, se c’è
qualcosa che ho imparato a
caro prezzo, è che i predestinati non hanno mai scelta. Se
quei disordini
usciranno da questa città, sarà la fine per
tutti. Davvero volete tirarvi
indietro così, sapendo che potreste impedire il diffondersi
del male? Io non ci
penserei due volte e non lo dico perché non ho nulla da
perdere, ma perché ho
un dovere morale a cui adempiere.”
Jackson
annuì, comprensivo: “No, hai ragione. Anzi, io
sono pronto a quello che verrà!”
La ragazza,
però, non era altrettanto convinta:
“Allora perché non possono esserlo anche gli
altri? Perché dobbiamo
nasconderglielo?”
“Perché
non tutti sono disposti a sacrificarsi per un
bene più grande, mia cara. – le spiegò
Dana, gentilmente - Tu lo sei?”
Lei esitò
qualche secondo, prima di rispondere: “No.
Ma lo sarò!”
“D’accordo,
tu sì, ma non puoi garantire che per gli
altri sarà lo stesso. Fra un po’, magari, potremo
raccontare tutto anche a loro
e sperare che capiscano, ma adesso è ancora troppo presto
per allarmarli, dato
che non sappiamo cosa ci attende, ok?” ed entrambi i ragazzi
annuirono.
A quel punto, Foxi si
intromise, rivolgendosi
direttamente all’anziana strega: “Allora, quale
sarà prossima mossa?”
“Cercare i
tre contenitori, grazie ai dipinti che
abbiamo trovato nella cassa. Jade e Brenda torneranno in
città per occuparsi di
questa missione, mentre Zack, Terence e Jackson si preoccuperanno di
catturare
i disordinati e portarli ad Alkaban, mentre Harmony starà
all’archivio. Io,
Foxi e Marcus, invece, ripristineremo le difese di Alkaban e terremo
l’edificio
sotto controllo. La prossima riunione avverrà in occasione
della comparsa del
prossimo punto sulla lettera di istruzioni, cosa che avverrà
quando avremo
trovato tutti e tre i contenitori. Tutto chiaro?”
L’intero
tavolo annuì, per poi alzarsi ed eseguire gli
ordini ricevuti.
Area zero
Dopo aver ucciso
Alaris, John aveva deciso di
addentrarsi nell’area zero, in cerca di una via
d’uscita. Cercava di restare
calmo, ma in realtà era terrorizzato e temeva di aver
realmente perso, a tal
punto, da aver iniziato a parlare da solo.
“John
Rockland, non può finire così. No, non
può!
Troverò il modo di uscire da questo incubo, anche senza i
miei poteri. Non
riusciranno a liberarsi di me e non resterò certo qui a
vagare come un
fantasma! – improvvisamente si buttò a terra,
urlando – Non posso essere stato
sconfitto! NOOOO! Voglio uscireeeeee!”
Poi la crisi isterica
sfumò in un pianto quasi
impercettibile e l’uomo si rannicchiò su quel
pavimento freddo. Poco dopo,
però, un rumore proveniente dal blocco successivo, che
attirò la sua attenzione
e subito lo rimise in piedi, cauto e con il tubo metallico tra le mani.
Lentamente, arrivò dove il rumore era sempre più
forte e trovò altre stanze,
anche se non riuscì a capire dove fosse esattamente la
fonte. Entrato, trovò
davanti a sé una serie di teche di vetro e, rinchiuso dentro
ad una di esse,
Rick, che batteva contro la spessa parete cercando di uscire.
“Ma guarda
chi c’è! – mormorò - Rick!
Allora è qui
dentro che sei caduto, eh? Sei anche tornato normale: niente
più muscoli super
pompati, né occhi gialli, a quanto vedo.”
“Fammi
uscire di qui!” gridò quello.
“Conoscendo
Alaris, quel vetro sarà indistruttibile,
ma posso provarci lo stesso. – poi iniziò a
guardarsi intorno – Vediamo cosa
posso usare…”
“Non puoi
usare i tuoi poteri, scusa?” replicò
l’altro, irritato, sentendosi preso in giro.
“Non qui,
mio amico. Siamo in una zona priva di magia,
qui siamo come normali esseri umani.”
Finalmente
trovò qualcosa: un piede di porco. A quel
punto, si mise davanti alla teca, tenendolo in mano come se fosse stata
una mazza
da golf.
“Ok, ora
stai indietro, va bene? Provo a lanciarlo da
qui, magari da questa distanza riuscirà a frantumare il
vetro...”
Quando
l’altro si preparò, circa tre secondi dopo,
John fu pronto al lancio: il piede di porco, seguendo una traiettoria
quasi
perfetta, raggiunse la teca e riuscì a creparla, mandandola
poi in frantumi.
Rick, finalmente, riuscì a uscire e subito si
avvicinò a John.
“Puoi
stringermi la mano, se vuoi!” gli disse l’uomo,
amichevole, ma l’altro, di scatto, gli mise una mano sul
collo e lo sbatté
contro il muro.
“Qui siamo
ad armi pari, no? Potrei ammazzare te,
prima di occuparmi del demone che ha ucciso la mia Sophia!”
L’uomo, che
stava quasi soffocando, dovette sussurrare
e la sua voce si sentì a malapena:
“Perché dovresti farlo? E’ grazie a me
se
hai scoperto che lui era qui.”
Ma il cacciatore,
sempre più aggressivo, non lasciò la
presa: “Sì, ma sei comunque una minaccia e,
nonostante voglia uccidere quel
demone ad ogni costo, sono uno dei buoni. Inoltre, hai fatto del male a
Jade,
che è mia amica.”
“Se mi
uccidi, non potrai mai entrare nell’edificio
per vendicarti di lui. Quelli del Consiglio e Dana non te lo
permetteranno!
Fuori da questo posto, invece, io ho il potere, mentre tu sei solo un
cacciatore con un po’ di forza nelle braccia!”
Rick ci
pensò su un attimo, poi allentò gradualmente
la presa: “Guai a te se fai qualche scherzo, fuori da qui! Le
mie armi possono
nuocerti, sai? Sei sempre un demone per metà!”
L’altro si
prese qualche secondo per riprendere fiato,
prima di rispondere: “Rilassati, tanto non usciremo da qui
tanto presto...”
L’uomo gli
lanciò una lunga occhiata perplessa: “Che
cosa vorresti dire?”
“Questo
posto è stato progettato per tipi irrequieti e
pericolosi come noi, o non saremmo stati attirati qui. Non credo ci sia
una via
d’uscita, sai?”
“Tu
pessimista? – ridacchiò - Sei davvero penoso in
versione innocua... – poi si affacciò fuori dalla
stanza, fin nel corridoio –
C’è sempre una via d’uscita!”
e, insieme, iniziarono a cercarla.
Intanto, Dana stava accompagnando le ragazze, pronte per tornare in
città,
fuori da Alkaban. Jade, improvvisamente, però, si
ricordò di qualcosa, o,
meglio, di qualcuno e si bloccò.
“Oh mio
Dio!” esclamò, allarmando subito la donna.
“Cosa ti
succede, tesoro?”
“Rick! Mi
sono dimenticata di Rick, anche lui era
qui!”
“Non
preoccuparti, Alaris l’ha rinchiuso nell’area
zero, perchè era diventato troppo pericoloso.”
Le sue parole,
però, non fecero che aumentare la
preoccupazione dell’altra: “Ma è con
John!”
“Tesoro,
John non può più nuocere a nessuno, ormai.
Figuriamoci ad un cacciatore di demoni! – poi le
accarezzò una spalla – So che
è tuo amico, ma ricorda cosa c’è in
ballo. Quando sarà tutto finito, forse
potrai rivederlo…”
Lei
abbassò lo sguardo, triste: “E’ una
brava persona,
anche se è consumato dalla vendetta. Non merita di rimanere
imprigionato…”
Allora Brenda, che
era accanto a lei, decise di
intromettersi: “Lo sappiamo, ma la situazione è
questa. Avrebbe potuto fare
cose di cui poi si sarebbe pentito, per rincorrere la sua vendetta
personale.
Stando nell’area zero, invece, non farà del male a
nessuno e noi non saremo
costretti ad eliminarlo. Sai benissimo che il suo raptus lo rendere
incontrollabile...”
Jade ci
pensò su ancora qualche secondo, poi,
lentamente, annuì: “Hai ragione, deve rimanere
lì dentro, anche se non è una
persona malvagia. So che è per il suo bene, ma...
è come perdere di nuovo una
persona speciale...”
“Puoi
superare anche questa, tesoro. – le disse Dana,
gentilmente – Ora, però, devo ripristinare i campi
di forze intorno ad Alkaban,
perciò è meglio se cominciate ad avviarvi. Buona
fortuna con la ricerca dei
contenitori, ragazze!” e se ne andò.
Subito dopo, arrivarono anche Terence e Zack, sorridenti, e Brenda
corse
immediatamente ad abbracciare il suo amato, mentre Zack si avvicinava a
Jade.
“Non ho avuto occasione di dirtelo, ma… bentornata
tra noi!” le disse,
facendole spuntare un sorriso.
“Potrei
dirti la stessa cosa, ora che non sei più
controllato da John attraverso il marchio. Adesso è
ufficiale, no?”
“A dir la
verità, ero con voi già da molto tempo,
anche se John avrebbe potuto farmela pagare in qualunque momento. Sai,
essere
diventato un demone, ha reso la mia pelle dura…”
“Ti manca
l’essere umano?”
L’altro ci
rifletté su un attimo, prima di rispondere
ridendo: “Beh, non ero male nemmeno da essere
umano...”
“Sì,
direi di sì…” confermò lei e
l’amico, nel vederla
ridere, la osservò, sollevato.
“Non ti
vedevo ridere da tanto tempo... Spero davvero
che le cose migliorino per tutti noi e che questo incubo finisca una
volta per
tutte. Odio senza ombra di dubbio la mia vecchia vita, quella che avevo
prima
di tutto questo viaggio, ma, al tempo stesso, mi manca terribilmente.
La voglio
disperatamente.”
“Anche io.
Poter di nuovo vivere in pace e non perdere
più nessuna delle persone che amo...”
Improvvisamente,
però, la conversazione fu interrotta
dall’intromissione di Brenda, ancora attaccata al braccio di
Terence.
“Allora,
Jade, sei pronta a tornare a casa?”
“Prontissima!”
E, nello stesso
istante, furono raggiunti da Noa, che
stava aiutando Wes a rimanere in piedi.
“Ehi,
– urlò loro - aspettate, ci siamo anche
noi!”
Brenda si
voltò subito, felice di vederlo: “Ecco il
mio ragazzo preferito! Dov’eri finito?” e corse ad
aiutarlo a sorreggere Wes.
“Rinchiuso
in una delle stanze anti-panico, no?”
rispose lui, sarcastico, prima che Terence si intromettesse.
“E’
ora che andiate, ragazzi, Dana sta per
ripristinare i campi di forze.”
Così, il
gruppo che doveva tornare in città salutò
quello rimasto ad Alkaban, per poi uscire dai cancelli e allontanarsi
sempre
più.
Una parte dell’incubo sembrava essere finita, ma,
nell’area zero, qualcuno
stava per coronare il proprio piano di fuga. Tamara e gli altri,
infatti, si
erano messi al riparo, mentre Dex attivava la bomba.
“Ho
schiacciato il pulsante, copritevi le orecchie!”
gridò quest’ultimo, per poi correre subito a
ripararsi con loro.
Venti secondi dopo,
una gigantesca esplosione investì
il settore dove si trovavano e tutti si ritrovarono sotto le macerie.
Barnès fu il primo a rialzarsi, incontrando subito dopo lo
sguardo di Tamara e
Dex: “Ma... ma... – sussurrò, sotto
shock - non doveva essere una piccola
esplosione?”
“Evidentemente
Sasha si è sbagliata sulla sua potenza”
replicò la donna, tranquilla.
“Potevamo
morire!” urlò il demone, isterico.
Dietro di loro, Dex
finalmente vide l’uscita e gliela
indicò: “Ce l’abbiamo fatta! Forza,
usciamo!”
Ma, mentre i due si
avviavano in fretta e furia verso
la voragine che si era aperta, Barnès si accorse che mancava
qualcuno:
“Aspettate, dov’è Raul?”
Tutti si fermarono,
confusi, guardandosi intorno.
Improvvisamente, sentirono dei colpi di tosse e, poco dopo, Tamara
riuscì a
individuarlo.
“Eccolo,
l’ho trovato!” urlò, prima di tirarlo
fuori
dalle macerie, aiutata dagli altri. Era leggermente ferito e il suo
leader si
preoccupò immediatamente per lui.
“Stai bene,
amico?”
“Sì,
tranquillo, ma la gamba è ferita.”
“Dai, ti
aiuto io! – rispose l’altro, sostenendolo,
per poi rivolgersi agli altri due – Forza, usciamo!”
Poco dopo, mentre le
prime luci dell’alba coloravano
l’orizzonte, i quattro, finalmente riuscirono a uscire.
L’esplosione, ovviamente, fu avvertita anche da John e Rick,
che erano lontani
soltanto qualche metro da quel blocco. Il cacciatore, ovviamente,
subito si
allarmò.
“Ma... ma
cosa è successo?”
“Ora lo
scopriremo!” rispose l’altro, iniziando a
camminare.
Dopo aver percorso il
corridoio successivo, invaso dal
fumo e dalla polvere, riuscirono ad aprire l’ingresso
dell’altro blocco,
trovandosi davanti cumuli di macerie e la grande voragine che si
affacciava
verso l’esterno. Mentre Rick osservava il sole a bocca
aperta, John si metteva
le mani in testa, scoppiando in una risata quasi liberatoria, se non
addirittura vittoriosa.
“SAPEVO che
non poteva finire così, che non mi
avrebbero sconfitto così facilmente, che sarei uscito da
quest’incubo!”
Il cacciatore gli
lanciò una lunga occhiata: “Sei un
malvagio fin troppo fortunato, John. Mi chiedo chi abbia fatto
esplodere questo
blocco, piuttosto...”
“Non mi
interessa, so soltanto che ora sono libero dal
mio incubo peggiore: un luogo in cui non ho poteri e sono rinchiuso
senza via
d’uscita” e uscì.
Stava finalmente
respirando l’aria limpida del mondo
esterno, quando l’altro gli arrivò alle spalle:
“Ehi, – esordì - hai promesso
di aiutarmi ad uccidere i demoni che hanno ucciso Sophia e Padre
Murray, perciò
ora mantieni la parola, invece di perdere tempo a respirare!”
“Sai,
– iniziò il demone, voltandosi - ti confesso che
ho avuto davvero paura, questa volta. Quella vera intendo, quella che
provano
tutti quando io sono davanti a loro. E non voglio succeda mai
più! Per questo
ho deciso di non sottovalutare più gli altri, credendomi
onnipotente. A quanto
pare, non sono solo i malvagi a spaventare e per questo
respirerò quest’aria di
libertà quanto mi pare, ok? Bisogna imparare dai propri
errori!”
“Certo che
sei un tipo strano!” replicò Rick,
guardandolo in modo strano.
Finalmente, pochi
secondi dopo, John si decise a
muoversi.
“Bene,
adesso ho respirato abbastanza. – poi gli mise
una mano sulla spalla – E’ ora di
contrattaccare!” e, insieme, si
teletrasportarono via insieme.
Chi era all’interno di Alkaban, però, aveva
avvertito l’esplosione in modo
totalmente diverso: l’area zero, infatti, era talmente
distante da loro, che
sentirono solo un capogiro. Subito Dana raggiunse Terence e Zack in uno
dei
corridoi.
“Foxi e
Marcus hanno appena ripristinato le difese!
Nessuno potrà entrare o uscire, senza il loro
permesso.”
Zack, leggermente
stordito, però, la ascoltò a stento:
“Avete sentito anche voi questa strana sensazione?”
“Sì,
ma spiegati!” gli rispose Terence, accanto a lui
e altrettanto confuso.
“Non lo so,
è stato come… avete presente quando siete
in ascensore e si blocca di colpo? Ecco, quella sensazione!”
“Non lo so,
non ho mai usato ascensori…” rispose
l’altro, guadagnandosi una strana occhiata da parte dei
presenti.
Improvvisamente,
però, Marcus li raggiunse, correndo e
gridando.
“C’è
stata un’esplosione nell’area zero!”
“COSA?!?”
gridò Terence, mentre Dana, invece, era
semplicemente incredula.
“No, mi
rifiuto!” esclamò.
Zack, invece,
spostò nervosamente lo sguardo da uno
all’altro: “Aspettate, come si è creata
questa esplosione? Insomma, è un’area
priva di magia, come può John…?”
L’anziana
strega, invece, fu più pratica e si rivolse
direttamente al Consigliere: “Avete delle telecamere
nell’area zero, per caso?”
“No, le
abbiamo all’esterno dell’edificio. Possiamo
vedere se è uscito.”
Subito i quattro
corsero a controllare.
Casa Ferguson
Dopo essersi divise
da Noa, che aveva il compito di
riaccompagnare Wes a casa, le ragazze tornarono in quella della strega.
Subito,
Brenda poggiò in un angolo la sua balestra e lo zaino con
dentro alcune cose
messe da Dana, mentre Jade si sedeva sulla soffice poltrona di sua
nonna,
sospirando ad occhi chiusi:
“Finalmente…” mormorò.
L’amica la
guardò, felice di vederla rilassata e a suo
agio: “E’ bello tornare a casa, vero?”
“Strano,
più che altro, visto con quali brutti
pensieri me ne sono andata...”
“Pensieri
di morte?”
“Esatto!
Poi, ho incontrato Rick e mi sono abituata
alla sua casa e al suo clima tranquillo. Mi sentivo così al
sicuro, così...
bene, che quei pensieri sono semplicemente
svaniti…”
“E ora sono
tornati?”
Jade
sospirò. “No, non credo. Una parte
dell’incubo è
finita, ora che mio nonno è rinchiuso ad Alkaban e adesso
dobbiamo solo darci
da fare per mandare via una volta per tutte la sua oscura creatura da
questo
mondo. Desidero quella vita normale ora più che mai e poi...
in questo modo
Samuel potrà riposare in pace, sapendoci al sicuro, mentre
io potrò finalmente
andare avanti, sperando di incontrarlo di nuovo, un giorno.”
Brenda
annuì, poi si sedette di fronte a lei: “Sai,
prima di scoprire tutto questo mondo, non ho mai creduto alla faccenda
del
poter rivedere le persone morte nell’aldilà.
Adesso, però, sono sicura che possa
accadere e che tu, un giorno, potrai riabbracciare di nuovo il tuo
Samuel.”
L’amica le
sorrise: “Forse adesso ci credo anche
io...”
Per un attimo,
rimasero entrambe tranquille, poi,
Brenda tornò seria: “Piuttosto, credi davvero che
riusciremo a neutralizzare
per sempre i disordini?”
“Sì, ce la faremo. Per forza. Basta solo trovare
quei tre contenitori. In
fondo, quanto può essere grande Morney Hill?”
Morney Hill Hospital
Noa aveva
accompagnato Wes in ospedale in modo che
fosse curato meglio. In quel momento si trovavano al Pronto Soccorso ad
aspettare il loro turno e Noa, ovviamente, ne stava approfittando per
fargli le
ultime, importanti raccomandazioni.
“Ricorda:
non dovrai mai dire a nessuno quello che hai
visto, ok? Nemmeno alla tua amica Corinne!”
“Ti pare?!?
– replicò l’altro, ironico - Non saprei
neanche da dove iniziare! Piuttosto, come spiegherò le
ventiquattro ore in cui
sono scomparso e le ferite?”
Il ragazzo, allora,
tirò fuori dalla tasca una
boccetta e gliela allungò: “Fa bere questa ai tuoi
genitori e alla tua amica,
così dimenticheranno della tua scomparsa e non faranno
domande. Me l’ha data
Dana, l’anziana donna che hai conosciuto. E’ una
strega!”
“Accidenti,
che mondo facile, il vostro! Bevi un
intruglio magico e PUFF... tutto si risolve!”
“Beh, in
realtà non è proprio così... Io non ne
faccio
parte quanto gli altri, ma ho visto abbastanza da rendermi conto che
non lo è
per niente...”
“Ehm,
scusa, non volevo parlarne con così tanta
leggerezza...”
Noa
abbassò lo sguardo, triste: “Sì, ho
quasi perso
mio padre tempo fa. Era, diciamo, in collaborazione con i miei amici in
un’altra battaglia e non vorrei rivivere quel momento per
nulla al mondo! E’
stato orribile pensare di averlo perso, ma fortunatamente poi non
è stato
così...”
Wes si mise
più comodo sulla sedia: “Aspetti qui con
me?”
“Ma certo,
ti ho portato al Pronto Soccorso e ci
resterò finchè non ti avranno lasciato
andare!”
“Oh,
grazie…” replicò quello, colpito e, per
diversi
minuti, i due rimasero in silenzio a guardarsi intorno.
“E grazie
per avermi difeso a casa di John, quando ha
voluto farmi del male…” aggiunse Wes, dopo un
po’.
“Non l’avrei potuto permettere. E’ per
colpa mia che sei finito lì, visto che
mi stavi seguendo con la macchina. Non ti avrebbe preso, se non fosse
stato per
me.”
“Beh, in
realtà non è stata proprio colpa tua. Avrei
dovuto farmi gli affari miei, invece di provare a scoprire cosa
nascondevate tu
e Brenda.”
“Vero anche
questo!” e si sorrisero, per poi
continuare ad aspettare in silenzio.
Cimitero di Morney
Hill
John e Rick erano
ricomparsi nel cimitero della città
e il ragazzo, confuso, aveva iniziato subito a guardarsi intorno,
perplesso.
“Ma...
ma.... cosa diavolo ci facciamo qui?!? Dobbiamo
tornare ad Alkaban e tu devi farmi entrare!” per un istante,
i suoi occhi
divennero gialli, mentre l’uomo scoppiava a ridere.
“Bene, vedo
che stai tornando come prima. Spero non
sia io la causa del tuo raptus, però. Sai, sono un demone
anche io...”
Subito, il cacciatore
perse la pazienza e iniziò a
urlare ancora più forte: “Ho detto. Di.
Riportarmi. Ad. Alkaban. Subito!”
L’altro
alzò le mani e fece un passo indietro: “Calmo,
calmo, ci ritornerai. Non avere fretta però... Non vorrai
mica cadere
nuovamente in una trappola!”
Rick, allora, si
calmò: “Quindi?”
“Quindi…
– replicò il demone, guardando il cielo -
lascia fare a me!” e, in poco tempo, una nube di disordini li
raggiunse e
investì letteralmente Rick, che era rimasto fermo a
lasciarsi avvolgere da
quell’oscurità. Essa ruotò per un
po’ attorno a lui come un turbine, poi si
dissolse. Quando se ne andò, Rick era sempre lo stesso di
sempre, con
un’eccezione: la sua pelle era cambiata, diventando sporca e
decomposta.
Subito il ragazzo se ne accorse e abbassò lo sguardo,
inorridito: “Che... che
cosa mi hai fatto?!? La mia pelle! Cos’ha la mia
pelle?”
John lo
squadrò, compiaciuto: “Tranquillo, te ne ho
data una nuova. Per la precisione, quella dei morti, altrimenti
perché ti avrei
portato in un cimitero? Infatti, i miei disordini te l’hanno
donata, affinché
diventassi il Dio dei fantasmi!”
“COSA?!?
– replicò l’altro, sconvolto - Voglio
tornare
come prima! Ora!”
“Ah, si?
– rispose il demone, serio, voltandosi verso
di lui – Grazie del ringraziamento! Sbaglio, o volevi che ti
aiutassi ad
entrare ad Alkaban e ad avere la tua vendetta?”
“Tu non mi
hai aiutato, mi hai trasformato in un
mostro!”
“Invece
sì, ora puoi controllare i fantasmi e loro
possono possedere i corpi: basterà solo farli entrare in
quelli dei Consiglieri
rimasti e saranno tuoi. Entrare ad Alkaban sarà un gioco da
ragazzi, se saranno
proprio i suoi padroni a farti entrare! E sai qual è la cosa
più entusiasmante?
Che nessuno potrà mai scacciare i tuoi fantasmi, se hai la
loro pelle morta
addosso.”
Quello lo
fissò senza parlare, così il demone
continuò
a parlare.
“Avrai la
tua vendetta, no? Ora puoi ringraziarmi!”
CONTINUA NEL DECIMO
EPISODIO
Testo a cura di Lady
Viviana.
ANGOLO
AUTORE: Se siete rimasti con il fiato sospeso, non perdetevi l'ultimo
appuntamento con la prima parte di stagione, Giovedì 2
Luglio con l'episodio 3x10 "Dio dei Fantasmi" e Venerdì 3
Luglio con l'episodio 3x11 "L'alba di un nuovo mondo". Dopo,
seguirà una pausa di tre settimane e Demon & Witch
riprenderà dal 23 Luglio con la seconda parte della terza
stagione. Ricordate sempre di lasciare un commento ai fini della
continuazione della storia e di visionare la scheda personaggi presente
nella 1x00 della prima stagione per vedere i volti dei vostri
personaggi preferiti. Buona settimana stregata!
|
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Capitolo 10 *** 3x10-Dio dei fantasmi ***
CAPITOLO DIECI
"God-Skinned
Ghost
Casa Ferguson
Dopo aver riposato
per qualche ora, le ragazze si
erano ritrovate in cucina per la colazione e Brenda, chiaramente
esausta, si
era accasciata su una sedia ad osservare l’amica che
trafficava con i fornelli.
“Ehm, stai
preparando la colazione, per caso? E’ la
prima volta che ti vedo farlo… – poi
sgranò gli occhi, nel vedere Jade far
saltare abilmente l’omelette dalla padella – Oh mio
Dio, cos’hai appena
fatto?!?”
“Un’omelette,
del succo d’arancia, del…” rispose
l’altra, riempiendole il piatto, ma fu subito interrotta.
“No,
intendo quella cosa con la padella e... e tu che
cucini!”
Jade si
bloccò, alzò lo sguardo e le sorrise:
“Beh,
preparavo spesso la colazione insieme a Rick. Poi, non mi hai mai vista
cucinare,
perché è sempre stata mia nonna a farlo. E
comunque, ho scoperto di essere
anche abbastanza brava!”
Brenda
sbuffò, prendendo il bicchiere di succo: “Non
posso credere che abbiamo dormito solo due ore e che tra una dovremo
essere a
lezione!”
“Dobbiamo
pur riprendere la nostra vecchia vita, no? –
le rispose l’amica, sedendosi - Anche se non ce ne siamo
allontanate per
molto…”
“Sai,
vorrei tanto che queste persone misteriose che
hanno creato la cupola, spuntassero fuori e ci dicessero tutto quello
che dobbiamo
fare per porre fine a questa storia! Sono stanca di frequentare le
lezioni di
giorno e combattere il Male… beh, per tutto il resto della
giornata! – sospirò
– Insomma, ora che John è recluso, potrebbero
anche degnarsi di venirci a
parlare, no?”
“Magari lo
faranno... Avranno senz’altro i loro
motivi, non credi? Quello che dobbiamo fare noi, adesso, è
andare in università
e poi trovare i contenitori.”
“A
proposito di questo, ho pensato che potremmo usare
dei manifesti, come quelli delle persone scomparse: mettiamo la loro
foto e
aspettiamo che qualcuno ci chiami.”
L’altra,
però, non sembrava molto d’accordo: “In
realtà, avevo pensato ad un’altra tattica: la
bambina e la dottoressa sono più
facili da trovare, rispetto all’uomo che lava i piatti in
casa sua. La prima,
infatti, frequenta sicuramente le scuole elementari e a Morney Hill ce
ne sono
solo tre. Per quanto riguarda la donna, invece, ci sono cinque ospedali
qui.
Basterà portare con noi i dipinti e guardare un
po’ in giro.”
“Ehm,
sì, mi sembra una buona idea anche questa... –
minimizzò Brenda, sentendosi a disagio – Io direi
di sfruttarle entrambe, però,
così avremo maggiori possibilità, no?”
“D’accordo!”
acconsentì l’amica, strappandole un
sorriso.
“Bene.
Allora vado a farmi una doccia veloce e poi di
corsa a lezione!” e uscì, mentre Jade finiva di
fare colazione.
Alkaban
Marcus e Foxi avevano
appena condotto il resto del
nuovo Consiglio, eccetto Jackson e Harmony, nella Sala di Controllo.
Qui si
trovavano una serie di schermi collegati alle telecamere di
sorveglianza
distribuite in tutto l’edificio. Il gruppo iniziò
subito ad esaminarle con
Marcus che rimandava indietro la sequenza, fino a fermarsi nel punto
esatto.
“Ecco!
– indicò – Queste sono le immagini
dell’esplosione.”
“Bene,
vediamo chi esce, allora…” replicò
Zack,
avvicinandosi.
Nel video si videro
Tamara e gli altri uscire, con
grande stupore di Terence.
“Cosa?!?
– esclamò - Erano nell’area zero?
Pensavo
fossero scappati dall’ingresso principale o da
un’altra via!”
Dana, accanto a lui,
annuì: “Anche io lo pensavo… E
questo è un bel problema. Suppongo non sapessero che John
era lì con loro!”
Foxi, invece, era
semplicemente allibito: “Come
abbiamo fatto a non renderci conto di tutto questo? Avevano addirittura
una
bomba, lo stavano progettando da giorni, probabilmente!”
Tuttavia, nessuno
rispose, perchè la loro attenzione
richiamata da Zack, li invitò a tornare sullo schermo:
“Ragazzi! Guardate chi è
uscito dopo…”
E videro John
emergere dalla voragine in compagnia di
Rick, per poi teletrasportare via entrambi subito dopo.
Per qualche secondo
sul gruppo cadde il silenzio, che
solo Terence ebbe il coraggio di interrompere.
“A quanto
pare non era finita come pensavamo… – poi,
però, venne colto dal panico – Ora sarà
in città, dove c’è Brenda, che vuole
uccidere!”
“Sta calmo,
– lo tranquillizzò Dana - le
avvertiremo!”
Foxi, invece, era
semplicemente furioso: “Basta,
questa cosa si è spinta troppo oltre! La bomba deve averla
costruita qualcuno
che è ancora qui dentro e altri potrebbero seguire il loro
esempio e tentare la
fuga. Ma noi non possiamo permettere che la storia si ripeta e cadere
nel
baratro. Non dopo il sacrificio di Alaris!”
A quel punto la
signora Ferguson intervenne
nuovamente, indicando loro lo schermo: “A proposito,
perché Alaris non esce?
Dov’è?”
Tutti, allora, si
guardarono, pensando probabilmente
la stessa cosa. I colleghi dell’uomo, però, non
volevano dare voce a quel
pensiero, perciò Marcus decise di prendere in mano la
situazione.
“Apriremo
l’area zero e andremo a cercarlo. Voi dite a
tutti di dirigersi nelle proprie stanze.”
Zack,
però, gli lanciò un’occhiata perplessa:
“Ma la
minaccia è fuori, ormai. Per quale motivo dobbiamo perdere
tempo a farli
tornare nelle loro stanze?”
“Perché
vanno rinchiusi! Dal primo giorno in cui hanno
messo piede ad Alkaban, sono sempre stati diffidenti e hanno guardato
questo
posto come all’ennesima prigione, invece che ad un luogo
sicuro. Bene, e
prigione sia, allora!”
Intanto, Jackson e
Harmony avevano riunito le loro
fazioni nella Sala Grande, per riportare loro ciò che era
stato detto durante
la riunione.
In quel momento, era
la ragazza a parlare: “… e John è
stato rinchiuso nell’area zero, quindi possiamo stare qui
tranquilli, mentre il
resto del nuovo Consiglio cerca un modo per rimuovere la
cupola.”
Ma uno demone, per
nulla d’accordo, intervenì:
“E’
sempre la stessa frase! Sto iniziando seriamente a pensare che ci
stiano
prendendo in giro...”
Una strega,
altrettanto diffidente, si unì a lui:
“Aspetta, quindi ora tu stai con loro? E ti stai spacciando
per Tamara, la
nostra leader?”
Irritata, Harmony
sbottò: “Beh, sì, dal momento che la
nostra leader è fuggita assieme al LORO leader! Un
po’ egoista, non credete?”
Allora, Sasha, che
aveva fino a quel momento seguito
la discussione in disparte, intervenne in difesa della sua leader:
“Io non credo!
Tu cosa ne sai? Come ti permetti di infangarla dopo tutto quello che ha
fatto
per te?”
Jackson, allora,
cercò di difendere l’amica: “Come mai
pensi di sapere d’un tratto le ragione che ha portato la tua
leader a scappare
da qui? Ti ha consultata, forse? O magari l’hai
aiutata!”
“Non ho
detto questo! – replicò l’altra - Dico
solo
che conosco bene Tamara e non ci lascerebbe mai per fuggire con quelli
come
Loro!”
Sentendosi offesi, i
demoni, iniziarono a gridare
contro di lei, mentre Jackson, a sua volta, alzava la voce per cercare
di
calmare gli animi: “Ehi, adesso basta! I nostri capi sono
fuggiti e noi
dobbiamo farcene una ragione per continuare a convivere qui dentro
civilmente!
Almeno, finchè tutto questo non finirà!”
Le sue parole
sembravano aver avuto effetto, quando
Foxi fece il suo ingresso nella stanza.
“Scusate
l’interruzione, ma dobbiamo pregarvi di
tornare subito nelle vostre stanze. Dobbiamo fare… dei
controlli.”
Subito tutti, senza
obiettare, si incamminarono,
mentre il consigliere prendeva da parte i due nuovi leader.
“E’
esplosa una bomba nell’area zero. –
spiegò loro -
John, il cacciatore e i vostri leader sono evasi.”
“Oh mio
Dio, com’è potuto succedere?!?”
esclamò il
ragazzo, allarmato.
“Quindi
John è fuggito?” chiese invece lei.
“Purtroppo
sì! I vostri leader hanno avuto un pessimo
tempismo. Evidentemente, non si sono accorti che John era
nell’area zero con
loro. Piuttosto, sapete se possedevano delle competenze su come
costruire una
bomba?”
“Sì,
Dex, – rispose subito il demone – ma non
l’ha
costruita, sono sempre stato con loro e l’avrei sicuramente
visto.”
Poi fu il turno della
strega: “Tamara non ha quel tipo
di competenze, ma Sasha sì! Potrebbe aver chiesto a lei,
perché è quella nella
nostra Congrega abile nel costruire praticamente tutto.”
“Bene,
– concluse Foxi - allora dovremmo fare una
chiacchierata con lei!”
La ragazza,
però, lo fermò, perplessa: “Aspetta,
non è
nei guai, vero? Non vorrete mica farle qualcosa...”
“Se
è stata lei a fornire quella bomba ai vostri
leader, allora è pericolosa per Alkaban e dovremo isolarla.
Nessuno dovrà più
evadere da qui!” e i due annuirono, mentre lo seguivano fuori.
Qualche ora prima
–
Cimitero di Morney Hill
Grazie ai disordini, John
aveva
trasformato Rick in un Dio dei fantasmi perchè potesse
realizzare la sua
opera di vendetta. L’uomo, però, non
sembrava intenzionato ad andare con lui e si voltò, ma Rick
gli impedì di
muoversi.
“Dove stai
andando?”
“Pensavo
fosse chiaro: puoi possedere i corpi dei
Consiglieri con i tuoi fantasmi e così farti
strada fino ad Alkaban.
Ucciderai quei demoni, giusto? Tu avrai quello che vuoi e anche, o
almeno
spero. Qualunque cosa vogliano fare contro di me o i disordini,
infatti, non
potranno mai realizzarla senza di loro.”
“Quindi
è come se ti stessi aiutando…”
“Sì,
ma a te non importa nulla, no? Vuoi uccidere
disperatamente quegli assassini e non ti interessa il fatto che,
così facendo,
aiuterai me.”
“Allora
dove andrai?”
“A cercare
la persona che ho usato prima di te, una
strega di nome Klen. E poi… devo sbrigare alcune
faccende... Sono stanco
di questa cupola!” concluse, prima che le loro strade si
dividessero.
Foresta nella zona
Est
della città, presso la cupola
A qualche ora di
distanza dalla fuga, alle prime luci
dell’alba, il gruppo con cui era evasa
Tamara aveva
svaligiato un piccolo negozietto, prima
di rifugiarsi nella foresta. In particolare, avevano rubato alcune
attrezzature
da campeggio, fra cui delle tende in cui passare la notte.
Mentre Dex aveva
aiutato il suo compagno ferito Raul a
sistemarsi nella sua, Barnès si era seduto accanto a Tamara,
sovrappensiero.
“Bene,
resteremo accampati qui. Mi chiedevo, visto che
sei una strega, se potessi fare un incantesimo di occultamento. Sai, in
modo
che non ci trovino...”
“Certo,
nessun problema! – replicò lei, distaccata
–
Piuttosto, qual è la tua prossima mossa? Perché,
dopo averti aiutato con questo
incantesimo, ho intenzione di tornare in città per cercare
Klen, visto che è il
motivo per cui sono evasa da Alkaban insieme a voi. Devo proteggerla,
non sono
certo scappata per me stessa come hai fatto tu!”
L’altro,
sentendosi giudicato, si irritò: “Beh, direi
che ti sei fatta un’opinione completamente sbagliata di me!
Non ho abbandonato
il mio gruppo per pensare solo a me stesso, sai?”
La strega
scoppiò a ridere: “Ah no? Sei come un
assassino che dice di essere innocente quando lo trovano con
l’arma del delitto
in mano! Davvero, sei incredibile!”
“Non mi
credi? Bene, non farlo! Ma sappi che sono evaso
con l’intenzione di trovare una via d’uscita e,
quando accadrà, tornerò a
riprendere i miei compagni, dovessi buttare giù quel posto
con le mie stesse
mani!”
Lei scosse la testa,
credendolo un illuso: “Cosa ti fa
credere che tu possa farcela, quando Dana e il Consiglio ci sta
provando da
settimane?”
“E tu come
fai a essere così sicura che ci stiano
provando davvero? E’ da quanto è iniziato tutto
questo che li sento dire che
cercheranno di abbassare questa cupola, ma lo avranno fatto davvero? Ci
hanno solo
tenuto rinchiusi in quell’edificio, nascondendoci segreti e
raccontandoci
favole! Persino tu sei diffidente, lo vedo nei tuoi occhi!”
“D’accordo,
lo ero, ma prima che venissimo rapiti da
John. Poi siamo stati salvati e non ci ho pensato più,
contenta che il mio
gruppo fosse al sicuro. Dopo che Klen è stata buttata fuori,
però, sono tornata
ad essere nuovamente diffidente e ho iniziato a pensare che le cose non
sarebbero mai cambiate. Loro ci nascondono qualcosa!”
“Già!
Per questo dobbiamo unire le forze!. Siamo qui
fuori, a pochi passi dal mondo esterno. Trovato il modo di uscire,
torneremo a
riprendere tutti gli altri e finalmente questo incubo
finirà. Saremo fuori da
questa prigione sovrannaturale...”
Alzandosi, Tamara
annuì: “Bene, allora io vado a cercare
Klen e, quando tornerò, uniremo le nostre forze per trovare
il modo di lasciare
questa città insieme a tutti gli altri, ok?”
Barnès
sfoggiò un sorriso compiaciuto: “Ti
aspetterò
con ansia, allora. Non abbiamo un minuto da perdere!” e la
ragazza andò, pronta
a ritrovare la sua strega e portarla al sicuro con lei.
Intanto, Jade e
Brenda, dopo aver trascorso la
mattinata a lezione, erano pronte a cominciare la ricerca dei
contenitori.
Uscite dal campus, decisero di dividersi e Jade rimase sorpresa vedendo
l’amica
tirare fuori dalla borsa svariati volantini.
“Quante
copie hai fatto?”
“Ehm…
150, credo... Ho intenzione di tempestare la
città!”
Allungandosi,
l’amica lesse, sempre più perplessa:
“... Numero da
contattare… Ma è quello di
casa mia! E c’è anche
il mio indirizzo!”
“Beh,
dovranno pur venire da qualche parte a chiedere
perché c’è un volantino con la loro
faccia sopra, no? Anche se spero, però, che
prima ci chiamino...”
“D’accordo,
spero che funzionino, allora! Io, intanto,
userò i dipinti originali per cercarli nei luoghi in cui
potrebbero essere, ok?
Google Maps dice che la prima scuola elementare è a dieci
minuti da qui, perciò
vado!”
“Okay,
buona fortuna!”
“Anche a
te!”
Ingresso del Municipio
John si era separato
da Rick e aveva deciso di tornare
in città. Passando dal municipio, dove lavorava come
sindaco, notò che qualcosa
non andava e rimase distante, senza avvicinarsi.
All’ingresso, infatti, c’era
la polizia, in compagnia di alcuni funzionari e dell’uomo che
era stato
realmente eletto come sindaco, Bradley Scott, prima che John
modificasse tutto
attraverso il controllo mentale. In quel momento, però,
sembrava quasi che
tutti si fossero svegliati di colpo, chiedendosi cosa fosse accaduto
durante le
ultime settimane.
John, osservando la
scena e la furia del reale sindaco
verso tutti quelli che lo circondavano, rimase piuttosto perplesso:
“Ma che
diavolo...? Cosa ci fa quell’uomo qui?” e,
brevemente, si allontanò, pronto a
cercare Klen nell’unico luogo in cui pensava di trovarla: la
vecchia confraternita
abbandonata.
Durante il tragitto,
passò per un parco, ancora
confuso per la scena a cui aveva assistito e, mentre di fianco a lui
camminavano uomini che portavano a spasso i cane e donne che
passeggiavano con
le loro carrozzine, improvvisamente un pallone rotolò vicino
ai suoi piedi.
John si abbassò, prendendolo tra le mani e nel frattempo
davanti a lui si
presentò una piccola bambina bionda con dei meravigliosi
occhi azzurri. Lei lo
guardò, sorridendo innocentemente: “Potrei
riaverlo?” chiese.
Lui la
fissò per qualche secondo, poi, senza dire
nulla, gliela mise tra le mani. Subito la bambina lo
ringraziò e poco dopo una
voce la richiamò: era suo nonno.
John rimase ad
osservarla, mentre tornava dall’uomo
poco lontano, tanto che gli sentì dire: “Forza,
proviamo lo scivolo. Ti va?”
Lei rise, felice:
“Sì, nonno. Voglio andarci! – e
salì
sugli scalini di plastica – Prendimi, okay? Non lasciarmi
cadere!”
Pronto, il nonno si
mise davanti allo scivolo, in vena
di giochi: “No, piccola mia, non ti lascerò
cadere! Non voglio che la mia
nipotina preferita si faccia la bua, non lo
permetterò!”
Sorridente, la
bambina si lasciò scivolare, finendo
tra le sua braccia e lui, ridendo, la sollevò in aria,
facendola divertire
ancora di più, per poi abbracciarla.
“Nonno, ti
voglio bene!” sussurrò.
“Anche io
te ne voglio, bambina mia!” rispose lui,
sincero.
John era rimasto
fermo a osservare l’intera scena,
dimenticando addirittura dove si stava dirigendo. Rimase talmente
colpito dal
loro piccolo momento di felicità, che sul suo volto si
dipinse un sorriso.
Tuttavia, esso durò un attimo, il tempo di accorgersi di
essere invidioso di
quell’uomo e dell’affetto che sua nipote provava
per lui: qualcosa che non
aveva mai ricevuto da Jade e che non avrebbe mai avuto.
Allora, riprese a
camminare e tornò quello di sempre,
anche se ormai quell’immagine gli era rimasta impressa nella
mente.
Improvvisamente, si imbatté in Brenda, poco distante da lui
e subito si nascose
dietro ad un albero, osservandola mentre affiggeva dei volantini.
“Allora
sono già usciti da Alkaban! Pensavano di
essere al sicuro, dopo avermi chiuso nell’area zero. Bene,
avranno una grossa
sorpresa quando scopriranno che sono ancora qui!”
La ragazza, intanto,
se ne era andata, ignara della
sua presenza a pochi passi di distanza, e l’uomo
poté uscire dal nascondiglio,
decidendo di avvicinarsi a un volantino per vederlo meglio.
“E queste
persone chi sono?” si chiese, poi, senza
esitare, li strappò via, pronto a scoprirlo.
Alkaban
Nel frattempo, Rick
si trovava proprio davanti ai
cancelli di Alkaban. Il suo sguardo era freddo, colmo di vendetta e di
rabbia.
Durante il tragitto, infatti, aveva perso gran parte della sua
personalità e
umanità a causa del raptus e del disordine che lo
infettavano. In quel momento,
sopra la sua testa fluttuavano centinaia di scie trasparenti: i suoi
fantasmi.
Finalmente, dopo aver contemplato l’edificio per un
po’, si mosse.
“Andate!
– ordinò – Ma solo i demoni e i
Consiglieri,
mi raccomando! Alle streghe non torcete un capello, a meno che non vi
intralcino!” e subito quelle si fiondarono dentro, mentre a
Rick non rimaneva
che attendere che facessero il loro lavoro.
All’interno,
ignari del pericolo imminente, Marcus e
Dana avevano aperto l’area zero e trascinato fuori il corpo
ormai senza vita di
Alaris. L’uomo scuoteva il capo, triste per quello che era
accaduto al suo
superiore, mentre la donna era completamente sconvolta, incapace di
fare altro
apparte tenere una mano davanti alla bocca.
“Povero
Alaris… non meritava questa fine...”
sussurrò.
“Si
è sacrificato invano. – replicò
l’altro, un
pizzico di rabbia nella voce - Quel mostro è di nuovo fuori
e lui si è
sacrificato invano!”
“Ti
prometto che la pagherà cara, Marcus. Questa sarà
la sua ultima vittima, non permetterò più che
faccia del male a qualcuno!
Adesso basta!” aggiunse lei, decisa.
“Cosa
vorresti fare?”
“Imprigionarlo
per sempre, no? Stavolta, però, senza
via d’uscita!”
Intanto, in
un’altra stanza, Sasha veniva interrogata
da Foxi alla presenza di Harmony, Jackson, Zack e Terence.
L’uomo le stava
facendo numerose domande, comportandosi abbastanza severamente nei
confronti
della ragazza, mentre gli altri si mantenevano in disparte e in
silenzio.
“Allora,
sei stata tu a costruire la bomba per Tamara
e Barnès? Sì o no?”
L’altra,
con braccia incrociate, continuò a tenere lo
sguardo fisso sul tavolo, facendo alzare ancora di più la
voce del Consigliere:
“RISPONDI!” urlò, prima che Harmony
intervenisse.
“Aspetta,
forse è meglio andarci piano: non è una
criminale!”
Dalla strega,
però, le arrivò in risposta
un’occhiataccia: “Sei stata tu a spifferare tutto a
loro, vero? A dire che io
sono quella che costruisce oggetti magici per la Congrega e che quindi
potrebbe
aver fornito loro la bomba. – poi la guardò
disgustata – Mi fai schifo, sei una
di noi, non una di loro! Cosa direbbe Tamara di te, se fosse
qui?”
Mortificata e ferita,
l’altra abbassò lo sguardo:
“Io... io cerco solo di aiutare…”
In quel momento, Foxi
si intromise fra loro,
continuando l’interrogatorio: “Allora, sei stata
tu, o no?”
La strega lo
guardò negli occhi, prima di rispondere,
cinica: “Avevano ragione i nostri capi ad essere diffidenti
nei vostri
confronti e a fuggire! Più passa il tempo, più vi
mostrate per quello che siete
in realtà: dei dittatori, non persone che vogliono tenerci
veramente al sicuro.
Arriverà il giorno in cui ci userete tutti per i vostri
scopi, qualunque essi
siano, e non vi farete alcuno scrupolo a farlo. Per quanto mi riguarda,
non
dirò una parola! Non ho paura di voi, perché so
che non mi farete nulla, dal
momento che vi servo!”
L’altro non
tollerò la sua arroganza e le rispose col
medesimo tono: “Non ti faremo del male, ma ti
metterò in un posto dove potrai
riflettere un po’ su quello che mi risponderai tra quattro
ore!” e la prese per
un braccio, mentre lei lo guardava perplessa.
“Aspetta,
dove vuoi portarmi?”
Vedendo che la
situazione era a una svolta, Harmony si
intromise nuovamente: “Già, dove la vuoi
portare?”
“In
isolamento!” replicò lui, ma la strega si
ribellò,
cercando di sfuggirgli.
“Aspetta,
non potete farlo!”
Quello,
però, subito le mise le braccia dietro le
spalle, facendo comparire magicamente ai suoi polsi dei cerchi luminosi
simili
a manette.
La nuova leader,
però, mentre i ragazzi non muovevano
dito, continuò ad intromettersi: “Ma è
necessario?”
“E’
giusto che capisca la gravità dei danni che ha
causato quella bomba! Avevamo John in pugno, un‘occasione
irripetibile, e ora
lui è di nuovo libero!”
Nel sentire le sue
parole, Sasha sgranò gli occhi,
sorpresa: “Cosa?!? La bomba è esplosa nel settore
in cui si trovava John?”
“Esatto!
Ora capisci perché dobbiamo impedire che
accadano altri incidenti simili?” e la portò via,
mentre quella, dentro di sé,
iniziava a essere profondamente in pensiero per Tamara.
Gli altri,
però, erano rimasti nella stanza e subito
Jackson, vedendo la sua amica in preda ai sensi di colpa, le si
avvicinò,
portandola lontano dagli altri due.
“Non
preoccuparti, hai fatto la cosa giusta, anche se
ora ti odia. Potrebbe utilizzare altre bombe e questo posto potrebbe
non essere
più sicuro!”
“Lo
sarà ancora, però? Io non sono più
sicura di
niente e le mie sorelle streghe ora mi odiano!”
In quel momento,
però, la bussola dei disordini iniziò
a brillare nella tasca di Terence e subito Zack glielo fece notare.
“Ehi, la
tua tasca!” indicò e quello subito la
tirò
fuori.
“Me
l’ha lasciata Brenda per aiutarci a svolgere il
nostro compito di acchiappa-disordini” esclamò
l’uomo, entusiasta, ma il demone
non pareva esserlo altrettanto.
“Il lavoro
chiama, a quanto pare!” mormorò.
Allora, Jackson, che
aveva ascoltato tutto, si
intromise: “Devo venire con voi, giusto?”
“Beh,
secondo gli ordini della signora Ferguson, sì,
perciò muoviamoci! – rispose Terence, prima di
rivolgersi soltanto a Zack – E
dobbiamo anche avvertire le ragazze della fuga di John!”
“Sperando
che siano ancora vive!” replicò l’altro,
prima che lasciassero la stanza.
“Tornerò
presto, ok?” disse il ragazzo all’amica,
vedendola preoccupata.
“Fantastico,
adesso sono rimasta qui da sola!”
“Dai, ce la
puoi fare! Si sistemerà tutto, vedrai!”
concluse lui, prima di andarsene e lei rispose semplicemente con un
sospiro.
I fantasmi di Rick,
nel frattempo, iniziarono a
girovagare per l’edificio, finchè non trovarono
finalmente un corpo-ospite: uno
penetrò nel corpo di Marcus, che era con Dana, e un altro in
quello di Foxi,
che stava scortando Sasha nella stanza di isolamento.
I cambiamenti furono
subito evidenti nei due
Consiglieri, al punto che Marcus si alzò di colpo, pronto ad
incamminarsi, se
non fosse che Dana, perplessa dal suo fulmineo comportamento, lo
fermò.
“Marcus,
dove stai andando?” gli chiese, ma l’altro si
comportò in modo strano, voltandosi verso di lei e ridendole
in faccia.
Lei rimase
semplicemente di ghiaccio, mentre lui,
alzando una mano, la fece sollevare da terra, strangolandola a distanza
e
lasciandola senza parole. Poi, mentre con un braccio la teneva sospesa,
con
l’altro recuperò un oggetto contundente trovato
vicino all’ingresso dell’area
zero, poi si avvicinò a lei e la colpì in testa,
facendola cadere a terra
svenuta.
Ormai posseduto dal
fantasma, rise diabolicamente:
“Sogni d’oro!” esclamò, per
poi incamminarsi per completare l’opera ordinata da
Rick, il suo padrone.
Da un’altra
parte, Foxi stava strangolando Sasha, che,
per via dei polsi bloccati, non poteva reagire.
“Non sono
tenuto a farti del male, ma tanto il mio
padrone non lo verrà mai a sapere. Sai, sento un discreto
odio verso di te, in
questo corpo....”
Cercando di
liberarsi, l’altra iniziò a dimenarsi con
le gambe: “Ma… ma... di cosa… stai
parlando? Lasciamiii! Aiutoooo!”
“Taci,
strega!” le urlò lui, le mani sul collo.
Fortunatamente,
Harmony udì le urla di Sasha e subito
corse in suo aiuto, buttandosi sulle spalle di Foxi.
“Ehi, ma
cosa ti prende?!? Lasciala stare!” gridò e
lui, stranamente, lo fece, cercando poi di staccarsela di dosso.
“Scendi,
dannata strega! Lasciami!”
In quel momento,
Sasha notò qualcosa di strano negli
occhi del Consigliere e lo fece subito notare all’altra:
“Aspetta, credo sia
posseduto!” ma quella ormai era a terra e Foxi stava
scappando via.
Subito le si
avvicinò per sincerarsi delle sue
condizioni: “Stai bene?” chiese.
L’altra,
benché stordita, annuì: “Sì,
più o meno. Tu?”
“Viva,
grazie a te!”
Harmony
abbassò lo sguardo, profondamente in colpa:
“No, non è vero. Se non avessi detto di te al
Consiglio, non ti saresti trovata
qui con Foxi nel corridoio. Avrebbe potuto ucciderti...”
“Ma non
è successo! – la tranquillizzò
l’altra, per
poi mostrarle le manette luminose – Ora levami questi
così e cerchiamo gli altri,
ok? Sta succedendo qualcosa!”
La ragazza, allora,
ci provò, ma, dopo diversi
tentativi, fu costretta a cedere.
“Ma come si
fa? Non ci riesco!”
“Allora
aiutami ad alzarmi, non mi servono le braccia
per correre!”
Harmony
annuì, sollevandola: “Sbrighiamoci, prima che
torni!” poi le due iniziarono a correre lungo il corridoio,
dalla parte opposta
rispetto a Foxi.
Confraternita
abbandonata delle streghe
Dopo essere stata
esclusa da Alkaban ed essere
fuggita, Klen, si era rifugiata nell’unico luogo in cui era
stata con la sua
congrega: la confraternita abbandonata. Sola, si era seduta alla grande
tavola,
mangiando con un piatto accanto al libro. Improvvisamente,
alzò lo sguardo e
davanti a sé vide John, in piedi all’altro capo
del tavolo che le sorrideva.
Colta di sorpresa, si
sollevò dalla sedia, spaventata
e quasi cadde a terra: “T-tu... che cosa ci fai
qui?”
“Non
riuscivo a contattarti, così ho pensato al luogo
in cui sei stata l’ultima volta, dove ci siamo incontrati la
prima volta, fra
l’altro.”
Lei iniziò
a indietreggiare: “Sta lontano da me! –
gridò - Ricordo tutto quello che mi hai fatto fare, OGNI
COSA! Mi hai manovrata
come un burattino!”
Perplesso, lui si
bloccò, lanciandole una lunga
occhiata: “Strano, il mio controllo mentale su di te sembra
non funzionare
più... Cos’hai fatto?”
Klen si
spaventò ancora di più, vedendolo
innervosirsi: “Io non ho fatto proprio niente! Lasciami
stare, vattene!”
Ma lui non la
ascoltò, anzi, le comparve davanti,
prendendola per il collo e sbattendola contro il muro: “Sono
sicuro che non è
vero, perché c’è qualcosa che non va
con i miei poteri, ma ora non importa. –
poi tirò fuori dalla tasca della giacca i volantini presi
dal parco e glieli
mostrò – Vedi questi volti? Dal momento che
ricordi tutto quello che ti ho chiesto
di fare, ricorderai anche cosa c’era nella cassaforte! Hai
detto di aver visto
dei disegni, di sfuggita, con raffigurate delle persone. Riconosci uno
di
loro?” e glieli mise davanti agli occhi.
La strega li
guardò a malapena, iniziando a piagnucolare
e scatenò la furia del demone:
“Rispondi!” le intimò lui.
Lei, terrorizzata e
quasi senza respiro per la presa
intorno al collo, si decise a parlare: “Va bene, va bene, ma
così mi fai male!
Credo di... di riconoscere la bambina! Sì, sì, la
bambina era in uno dei
disegni che c’erano nella cassaforte!”
“Quindi
Brenda stava cercando quella bambina. Forse è
uno dei contenitori di cui parlava quella strana
lettera…”
Klen,
però, lo richiamò alla realtà pochi
secondi
dopo: “Ora sai tutto quello che so, quindi lasciami
stare!” gli intimò, ma lui,
in risposta, la fissò negli occhi, perfido.
“Non ho
più alcun controllo su di te e tu sei una
delle streghe che loro proteggono. Sei sicuramente utile per qualcosa,
ma non
per me.” e iniziò a stringere il suo collo ancora
più forte, tanto che quasi la
ragazza non riusciva più a parlare.
Lei, però,
sprecò il poco fiato che le rimaneva per
pronunciare qualcosa: “Cutem ardens!
”
e John, sentendo le sue mani scottare, le tolse velocemente dal suo
collo, sentendo dolore.
“Ma che
diavolo...?” e la strega ne approfittò per
scappare via, mentre lui sentiva ancora le mani bruciare dal dolore,
come se
avesse toccato un ferro rovente.
Arrivata fuori,
iniziò a correre senza sosta,
guardandosi continuamente indietro. Improvvisamente, andò a
sbattere contro
qualcuno e pensando si trattasse di John, iniziò a gridare.
“Ti prego,
non uccidermi!” ma, per sua fortuna, si
trattava di Tamara.
“Sta calma,
sono io! – la tranquillizzò con un sorriso
– Ti ho trovata, finalmente! Sapevo che ti avrei trovata
qui.”
Klen, felice di
vederla, la abbracciò forte, quasi in
lacrime: “Oddio, sono così contenta di
vederti...”
“Anche io,
ma… è vero che sei controllata da John?”
“Sì,
lo ero, ma adesso non più. Aveva una sorta di
controllo mentale su di me. Ora, però, sembra abbia perso il
suo potere, era
abbastanza perplesso.”
“Era con
te?” chiese la strega più anziana, con gli
occhi sgranati.
“E’
dentro la confraternita. Ha cercato di uccidermi!”
Quando si
voltò, la leader lo vide uscire, perciò
prese la giovane per un braccio ed entrambe si nascosero dietro ad un
albero.
Mentre lo osservavano guardarsi intorno, Tamara bisbigliò a
Klen: “Dentro ci
sono ancora alcuni dei nostri libri?”
“Sì,
perché?”
“Ci
servono! Appena John se ne va, entriamo a
prenderli, ok?”
Ma l’altra,
terrorizzata, scosse energicamente la
testa: “Ha tentato di uccidermi, non posso tornare
lì!”
“No. Lui sa
perfettamente che non ci ritorneresti.
Ecco perché non lo farà nemmeno lui. Ascolta,
sono accampata nel bosco con
Barnès e alcuni dei suoi demoni, ci serve una soluzione per
uscire da questa
città e quei libri possono esserci utili.”
La ragazza
osservò per qualche minuto in silenzio
l’edificio vuoto, poi si decise a parlare: “Okay,
John se ne sta andando.
Aspettiamo ancora qualche minuto e andiamo, va bene?”
“Bene. Sono
stanca di Morney Hill, perciò vi porterò
tutte in salvo il prima possibile. Te lo prometto!”
Alkaban
Terence, Zack e
Jackson stavano uscendo da Alkaban per
occuparsi del nuovo disordinato, quando davanti ai cancelli si
accorsero della
presenza di Rick, chiaramente cambiato dall’ultima volta che
l’avevano visto.
Come sempre, l’uomo fu il primo a farsi avanti.
“Rick? Non
eri fuggito con John...?”
Zack, alle sue
spalle, gli bisbigliò: “Sembra
diverso…”
Ma l’altro
non gli rispose, perchè il cacciatore lo
precedette: “Ho dei conti in sospeso qui.”
“Vattene!
– gli urlò Jackson, spavaldo - Ormai non
puoi più entrare qui, le difese dell’edificio sono
state ripristinate!”
Ma l’altro
reagì sorridendo compiaciuto: “Io non ne
sarei così tanto sicuro, sai?”
All’improvviso,
accadde qualcosa di strano: i campi di
forze iniziarono ad annullarsi, uno dopo l’altro. Terence
osservò, spiazzato
come i suoi compagni, la scena: “Non può
essere!” esclamò.
“Ma
come....?” aggiunse Jackson, altrettanto
incredulo.
Alkaban era ormai
nuovamente senza più difese e
perciò, pochi secondi dopo, Rick riuscì ad aprire
il cancello senza essere
respinto.
“A quanto
pare, il vostro Consiglio mi ha permesso di
entrare...”
Subito, allora, i due
demoni evocarono delle sfere di
energia, decisi a non rimanere fermi di fronte alla situazione.
“Beh, noi
non te lo permetteremo, invece!”
“E invece
no! – replicò il cacciatore, per poi
rivolgersi ai fantasmi, che fluttuavano alle sue spalle –
Prendete anche loro!”
quelli si diressero immediatamente verso i tre.
“Cosa sono
quelli?” gridò Jackson, ma non ebbe il
tempo di ricevere una risposta, che essi entrarono nei loro corpi.
Qualche secondo dopo,
però, sembrava non essere
cambiato nulla e Zack guardò i suoi compagni, confusi quanto
lui.
“Cosa ci ha
fatto? Non sento niente!”
Improvvisamente, le
loro gambe iniziarono a muoversi
da sole e a fare marcia indietro verso l’interno
dell’edificio.
“Ragazzi,
il mio corpo si è mosso da solo!”
commentò
Jackson, fra il divertito e il preoccupato.
“Anche il
mio. – aggiunse Terence - Non riesco più a
controllarlo!”
“Idem!”
confermò il terzo e subito Rick spiegò loro
cosa stava succedendo, avvicinandosi a loro.
“Adesso
sono i miei fantasmi a controllarvi e vi
porteranno ovunque io voglia. Alcuni di voi, però, hanno un
conto in sospeso
con me ed è ora di sistemare la questione una volta per
tutte!” poi iniziò a
camminare verso l’ingresso di Alkaban con loro che lo
seguivano come burattini,
agghiacciati e impotenti, ignari del loro destino.
All’interno,
Harmony e Sasha percorsero, correndo, i
corridoi, fino a quando non si imbatterono in Dana. Dopo un piccolo
grido di
spavento, riuscirono a riprendere fiato e a parlare.
“Oh mio
Dio, signora Ferguson, è lei!”
Quella la
guardò, toccandosi la testa a causa
del dolore per il colpo ricevuto poco prima: “State
bene?”
“No!
– urlò Sasha, alquanto provata - Foxi ha tentato
di uccidermi, era come se fosse…”
“…posseduto?
– completò l’anziana strega per lei -
Beh, lo è anche Marcus, dato che mi ha colpita in testa e se
ne è andato
lasciandomi qui.”
Harmony si mise una
mano davanti alla bocca,
spaventata: “Ma cosa sta succedendo...?”
“Dev’essere
John che si sta vendicando di noi per
averlo rinchiuso. Dovevamo aspettarcelo…
– rispose, per poi affacciarsi in
un altro corridoio per controllare la situazione – State
dietro di me, Alkaban
ormai non è più un posto sicuro e dobbiamo
portare tutti fuori, ok?”
Ma Harmony le
fermò prima che potessero muoversi:
“Aspettate, sento dei passi. Sta arrivando
qualcuno!”
Le tre, allora, si
nascosero dietro un angolo e da lì
videro passare i demoni, in fila indiana e con lo sguardo stranamente
assente.
Sasha, però, non si accorse del cambiamento e per poco non
si fece scoprire.
“Sono gli
altri, avvertiamoli!” sussurrò, ma subito
Dana la bloccò prendendola per un braccio.
“Non credo
sia una buona idea. C’è qualcosa di strano
in loro, probabilmente sono posseduti.”
“Stanno
andando verso la Sala Grande, per caso?”
chiese l’altra, di fianco a lei.
“Sì,
ma noi adesso ci occuperemo delle altre streghe.
Se John è entrato nuovamente nell’edificio,
significa che le difese sono state
annullate, perciò dobbiamo uscire tutte il prima
possibile.”
“E i
demoni?”
“Me ne
occuperò dopo, prima voi!” e le due ragazze,
finalmente convinte, la seguirono, passando in punta di piedi al
corridoio
successivo.
Scuola
elementare St. Adams, Morney Hill
Jade stava portando
avanti le sue ricerche ed arrivata
ormai alla terza scuola elementare della lista. Girando
l’angolo, si imbatté in
Brenda e Noa, sorprendendo l’amica.
“Ehi, Jade!
Quant’è piccolo il mondo, eh? – disse
quella, ironica, per poi tornare seria un attimo dopo – Come
va con la ricerca
dei contenitori?”
“Sono alla
terza scuola e non c’è traccia di questa
bambina.”
Poi sul gruppo cadde
il silenzio e subito Brenda ne
approfittò per fare, finalmente, le presentazioni.
“Ehm, a
proposito, lui è Noa. Noa, lei è Jade!
L’ho
chiamato per farmi aiutare con i milioni di volantini che ho
stampato.”
“Già!
– rispose l’altro, ironico - Il mio numero
è
attivo 24 su 24 da quando ho conosciuto Brenda e poi mi sono trasferito
in
questa città infernale!”
Jade, intanto, lo
stava scrutando alquanto perplessa:
“Scusami, ma non ci conosciamo già noi due, per
caso?”
“Sì,
ma l’ultima volta che ci siamo visti non eri molto
in te per via di quel parassita che divorava i tuoi ricordi. Quindi non
abbiamo
mai avuto occasione di conoscerci come si deve...”
La strega gli
sorrise: “Beh, ne avremo modo in futuro,
spero. Mi hanno raccontato di come ci hai aiutati con la seconda
profezia e non
te l’ho mai detto, ma... grazie!”
Improvvisamente,
però, il suono della campanella
proveniente dalla scuola elementare interruppe la conversazione.
“I bambini
stanno uscendo in cortile a fare
ginnastica. Io mi avvicino per vedere se la bambina è in
mezzo a loro” disse la
ragazza agli altri due.
“Oh,
d’accordo. Noi andiamo ad appendere altri
volantini, ci rivediamo qui!” e si separarono.
Brenda, allora, si
avvicinò ad un albero lì vicino,
pronta ad attaccare l’ennesimo volantino e Noa le disse,
sarcastico: “Non ne
hai attaccati abbastanza per la città? Mentre ti
raggiungevo, ne avrò visti
almeno quattrocento lungo il tragitto!”
“Beh, no,
non sono abbastanza!” replicò lei, decisa,
senza voltarsi.
“Non sarai
mica in competizione con Jade! Ammetto che
la sua idea di esplorare i luoghi dove potrebbero essere i contenitori
è
geniale, ma anche quella dei volantini non è male!”
Brenda
sospirò: “Lo so, ma non è una mia idea!
L’ho
copiata da Corinne, durante la notte di Halloween, quando cercava il
suo amico
scomparso.”
“E allora?
Ti sei lamentata fino a ieri di quanto
fosse irresponsabile Jade e adesso che è tornata ti metti in
competizione con
lei? Sai, chi ti capisce, è bravo!”
In risposta,
l’amica gli lanciò un’occhiataccia:
“Beh,
forse mi stavo quasi abituando ad essere una leader, anche se lei
è decisamente
molto più brava... E adesso sbrigati e vieni qui ad
aiutarmi! Tieni il
volantino, mentre taglio il nastro adesivo, ok?”
Sbuffando, Noa si
avvicinò: “Agli ordini, vostra
maestà!”
Mentre erano
impegnati, però, il ragazzo si accorse
della pozzanghera di fango che avevano sotto ai piedi.
“Ma
che....? – esclamò - Da dove arriva tutto questo
fango? Prima non c’era…”
Ma Brenda, distratta
da ciò che stava facendo, a
stento lo ascoltò: “Che
c’è?”
In risposta, lui
indicò verso il basso: “Il fango.
Guarda! Ci hai fatti sporcare!”
Perplessa, la ragazza
iniziò a guardarsi intorno: “Ma
non ha piovuto… e poi, dove sono le altre? Perché
ci sono solo qui?”
“Non ti sei
resa conto che fino a poco fa non c’era?
Da dove spunterà fuori? – poi provò ad
alzare un piede, ma era come incollato –
Ma che diavolo?!? Non riesco a muovere i piedi!”
Anche
l’amica tentò, ma invano: “Nemmeno io,
ma che
cavolo è?!?”
Poi,
all’improvviso, sprofondarono fino alle ginocchia
e, quando se ne resero conto, iniziarono ad urlare. “Okay,
– disse Noa,
completamente nel panico - se questo è fango,
perché riesce a farci sprofondare
come se fossero sabbie mobili? Insomma, c’era solo erba e
terra fino a cinque
minuti fa. E’ assurdo!”
“Non
è assurdo, siamo a Morney Hill! E io sto
sprofondando ancora di più!” replicò
lei.
“Anche io!
Cosa facciamo, adesso? Brenda, cosa
facciamo?!?”
L’altra
riuscì solo a lanciare un’occhiata verso la
scuola poco lontana: “Spero che Jade si sbrighi a tornare
o…”
“No, non
dirlo nemmeno!” la fermò lui, terrorizzato.
Intanto
l’amica, ormai dentro la scuola, si era subito
imbattuto in una collaboratrice scolastica, cui pensò di
chiedere informazioni.
“Mi, scusi!
– le chiese, avvicinandosi a lei - Ehm, le
sembrerà strano, ma stavo cercando una bambina
che…”
Ma, improvvisamente,
attraverso il vetro che c’era
dietro la signora, vide meglio i bambini nel cortile e si accorse che
una di
loro era incredibilmente somigliante a quella del dipinto,
perciò si avvicinò
meglio per sincerarsene, dimenticandosi della presenza
dell’altra.
“Sì,
signorina? Cosa doveva dirmi?”
Jade,
però, si limitò ad accennare un sorriso:
“E’lei!
L’ho trovata!”
“Ha detto
qualcosa? – continuò quella - Mi scusi, ma
chi è lei?”
Allora, la ragazza si
voltò e la guardò per la prima
volta: “Ehm... mi scusi, mia sorella mi ha detto che sarei
dovuta venire a
prendere mia nipote, perché la sua classe usciva adesso.
Stranamente, però, non
c’è alcuna classe che sta uscendo adesso, giusto?
Quindi si sarà sbagliata,
perciò tornerò dopo! Arrivederci!” e se
ne andò alla velocità della luce,
lasciando la donna inebetita a guardarla allontanarsi.
Alkaban
Con l’aiuto
di Harmony e Sasha, Dana era finalmente
riuscita a recuperare tutte le streghe e le tre, insieme, le scortarono
poi
fuori da Alkaban, verso i cancelli. L’anziana signora non
aveva mai smesso di
incoraggiarle.
“Forza,
– gridò loro - siamo quasi fuori!” e
quelle,
spaventate, la seguirono senza fiatare.
Nel momento in cui la
donna mise le mani sul cancello,
però, quello la respinse.
“Accidenti,
le difese dell’edificio sono state
annullate, ma non il campo di forze sul cancello!”
Harmony, allora, le
si avvicinò, manifestando sul
volto la stessa preoccupazione delle altre: “Cosa facciamo
adesso?”
Dana ci
pensò su un attimo, combattuta: “Avevo in
mente di portarvi fuori e tornare qui a salvare gli altri,
ma…”
“Allora
vada, non si preoccupi per noi. E’ chiaro che
Rick ce l’ha solo con i demoni, perciò non ci
farà del male.”
“Per ora,
ma non sappiamo se è ancora in sé.”
“Ci
penseremo noi a proteggere il gruppo. Vada! Non si
preoccupi per noi” aggiunse Sasha per tranquillizzarla.
“D’accordo,
state qui e non muovetevi, okay?” e le due
annuirono.
Non appena si
allontanò, Sasha si rivolse al gruppo
intorno a lei.
“Bene,
ragazze, statemi a sentire: possiamo andarcene
per conto nostro, adesso! C’è solo un campo di
forze, quello del cancello, ed è
sicuramente più debole dopo che la prescelta l’ha
abbattuto la prima volta. Se
uniamo le nostre energie, possiamo annullarlo e uscire da questo posto
infernale, ok?” e tutte le altre, tranne Harmony, annuirono.
Proprio
quest’ultima protestò per la decisione.
“Aspetta,
la signora Ferguson ha detto che dobbiamo
stare qui!”
“Quel Rick
è un folle e probabilmente non la farà
tornare da noi. E poi, sono problemi loro, non nostri. Ora, invece, noi
possiamo finalmente fuggire e raggiungere Tamara e Klen. Non avremo mai
più
un’occasione simile!”
“E’
pericoloso fuori, credimi!”
“Anche qui
lo è, per questo io scelgo di uscire!”
Allora, Harmony si
avvicinò a lei, perchè le altre non
sentissero: “Sai perfettamente che c’è
John. E loro no!”
“Noi
usciremo da qui! Fine della storia! – replicò
l’altra, decisa, per poi spintonarla via - E adesso togliti
di mezzo! Forza,
ragazze, uniamo le mani e concentriamoci, così la nostra
energia psichica
colpirà il cancello fino ad abbatterlo. Forza!” e
tutte si presero per mano.
Harmony, allora, si
rialzò velocemente e iniziò a
gridare: “Fuori c’è John! Se usciamo
senza Dana, moriremo!” e quella frase
bastò a fermare tutti.
Sasha, allora,
cercò subito di riconquistare la loro
attenzione: “Sta mentendo, sbrighiamoci!”
“Il
cacciatore era con John nell’area zero, ma
c’è
stata un esplosione, causata dalla fuga di Tamara e Barnès,
ed è riuscito ad
uscire. Credetemi, vi prego!”
Vide che le altre
tentennavano, lasciandosi le mani,
perciò continuò: “Tamara ci avrebbe
portate con sé, se fuori fosse stato
sicuro, perciò fermatevi e aspettiamo la signora
Ferguson… Non prendiamo
decisione avventate senza un leader che possa difenderci!”
Ormai aveva
completamente catturato la loro attenzione
e Sasha dovette ammettere di aver perso.
Dentro, Rick aveva
riunito Terence, Zack, Jackson e
gli altri demoni, tutti posseduti dai fantasmi, nella Sala Grande.
Erano in
piedi contro il muro, mentre l’uomo faceva avanti e indietro
e riempiendo il
tavolo al centro di oggetti, tra cui coltelli e attrezzi, recuperati in
giro
per l’edificio.
“Ora sono
curioso: chi di voi si chiama Barnès?” ma
nessuno rispose.
“Ragazzi, i
miei fantasmi inibiscono i movimenti del
vostro corpo, ma siete totalmente liberi di parlare. Avanti, chi
è Barnès?”
Finalmente, qualcuno
parlò: era Zack. “Non c’è!
E’
evaso da qui ieri notte!”
Il cacciatore
scoppiò a ridere: “Stai mentendo, i
demoni mentono sempre!”
“Sto
mentendo? Allora come sei uscito dall’area zero,
se l’esplosione l’ha causata lui per
scappare?”
Allora Rick, con il
volto livido dalla rabbia, iniziò
a gridare: “Stai dicendo che è scappato?
Che è fuori da qui?”
“Si!”
replicò, per nulla intimorito.
L’altro,
allora, si avvicinò al tavolo, prese uno dei
coltelli e poi tornò verso di lui e gli sussurrò
nell’orecchio: “Allora
inizierò con il divertirmi con te! Hai commesso un grosso
sbaglio ad uccidere
Padre Murray, sai? Non ti aveva fatto nulla, era un uomo buono e
innocente!”
“Stava per
fare del male alle persone che amo, fra cui
Jade. E’ anche tua amica, no?”
“Credi di
impietosirmi, così, per caso? – parve
aspettare qualche attimo una risposta, poi lo pugnalò alla
pancia – Perché hai
fallito miseramente!”
Intanto, per tutto il
tempo, Terence e gli altri non
avevano potuto fare altro che osservare la scena, impotenti.
Dana stava
raggiungendo la Sala Grande, quando
incrociò Xao e Zeta e perciò si fermò
per chiedere loro informazioni.
“Sono
andati verso la Sala Grande, vero? I demoni,
dico.”
“Sì,
li abbiamo visti dalle nostre stanze e siamo
venuti subito a cercarti” rispose l’uomo.
“Zack e
Terence erano con loro e sembrava che non
potessero opporsi. – aggiunse la donna – Cosa sta
succedendo?”
“Rick
è rientrato e sembra essere stato infettato,
oltre che in preda al raptus. E’ pericoloso e devo
fermarlo!”
In quel momento Xao
fu colto da una strana sensazione:
“Sta succedendo qualcosa… riesco a sentirlo, visto
che sono rimasto il suo
angelo-guida dopo la morte di Samuel...”
Dana lo
guardò preoccupata: “Allora andiamo, prima che
faccia una strage!” e i tre corsero via come fulmini.
Nei pressi della
scuola
elementare
Jade era tornata dove
aveva lasciato i ragazzi, ma non
riusciva a trovarli. Fu in quel momento che notò i volantini
sparsi sull’erba e
una pozzanghera di fango che sembrava muoversi poco lontano. Quando si
avvicinò
per osservare meglio, però, il fango cominciò a
sollevarsi come una montagna,
fino ad assumere una forma umana, più precisamente quella di
un ragazzo, così
iniziò a indietreggiare, spaventata.
“Ma... ma
come...? Dove sono i miei amici?”
Quello,
però, si limitò a guardarla in modo malvagio
e, dopo qualche secondo, finalmente lei capì.
“Sono
dentro di te, vero? Li hai assorbiti!”
Allora,
concentrandosi, poco prima che la attaccasse,
alzò un braccio e gridò: “Esplodi!
”
E quello esplose in
una pioggia di fango e a terra
caddero anche Brenda e Noa, completamente sporchi. Subito si
avvicinò a loro e
li aiutò a rialzarsi.
“State
bene?”
“Ho
respirato del fango! Come dovrei stare secondo te,
prescelta?” replicò Noa, sarcastico e isterico.
Percependo il suo
disagio, l’amica si affrettò a
intervenire: “Prende confidenza facilmente con le persone,
quindi immagina come
sgrida me!”
“E’
tutta colpa tua! – replicò lui - Continui ad
attaccare volantini ovunque! Non credi che siano abbastanza? Se
continuerai
così, presto rinomineranno Morney Hill come La
città dei volantini di
carta! ”
Jade,
però, stranamente la difese: “Ehi, non accanirti
così contro di lei! E, per la cronaca, prendo confidenza
facilmente anche io,
caro figlio del Viaggiatore....”
“Che onore,
sai chi sono.... Pensavo che ancora non
l’avessi capito, sai?”
“Non ho
più il parassita mangia ricordi, o l’hai
dimenticato?”
Brenda, allora,
sbuffando, si intromise fra i due:
“Scusate, invece di stare qui a fare amicizia attraverso le
frecciatine, perché
non torniamo a casa? Ho bisogno di almeno quattordici docce per
togliermi
questo schifo di dosso! – aggiunse, disgustata, per
poi ricordarsi
improvvisamente di qualcosa e infuriarsi –
Piuttosto, dove sono Terence e
Zack? Non dovevano occuparsi loro dei disordinati?”
“Già!
– confermò Noa, d’accordo con lei -
Spero non
abbiano bisogno di un Bat-segnale per
correre qui!”
In quel momento,
però, Jade si ricordò della sua
scoperta e decise di comunicargli immediatamente le novità:
“Niente casa e
niente docce, ragazzi, ho trovato la bambina ed è dentro
questa scuola!”
I due la guardarono,
sorpresi e felici.
“Davvero?!?
Ma è fantastico, uno su tre!”
“Sì,
ma dobbiamo rapirla. Cioè... portarla amichevolmente con
noi a casa nostra. Dite che il trucchetto delle caramelle date da uno
sconosciuto funziona ancora...?”
L’amica
scosse la testa: “No, le madri ti mettono in
guardia fin da piccoli. Pensa che la mia disse a Lizzie che quelle
caramelle
sono veleno e lei urlò per quasi quattro ore quando un uomo
cercò di
offrirgliele. Alla fine, poi, però, si rivelò
essere un nostro zio, ma noi
eravamo state adottate da poco e non lo conoscevamo.”
L’altra
sospirò, esasperata: “Beh, allora dovremo
inventarci qualcosa, perché stanno per uscire!”
E in quel momento
sentirono la campanella suonare poco
lontano.
“TU dovrai
inventarti qualcosa! – le disse Noa, deciso
- Ma ci hai visti? Quella bambina inizierà ad urlare, non
appena ci vedrà,
altro che caramelle! – poi prese Brenda per un braccio
– Ti aspettiamo in
macchina!” e i due corsero via.
“Grazie
tante, eh!” replicò lei, seccata, anche se non
potevano più sentirla.
Fu allora che,
abbassando lo sguardo, vide che a terra
i pezzi di fango si stavano ricomponendo, anche se lentamente e questo
la
indispettì ancora di più.
“Odio i
disordinati! E odio anche rapire i bambini! –
esclamò, per poi farsi subito coraggio – Forza,
Jade!” e si incamminò verso
l’ingresso della scuola, ad aspettare la bambina.
Nella foresta
Tamara e Klen erano
dirette all’accampamento con in
mano alcuni libri di stregoneria, recuperati nella confraternita
abbandonata e,
durante il tragitto, ne approfittarono per parlare. Klen rimase molto
sorpresa
quello che le raccontò la sua leader.
“Quindi sei
evasa solo per trovarmi e proteggermi?”
“Non avrei
mai permesso che ti accadesse qualcosa e
stavo letteralmente impazzendo al pensiero che tu fossi qui fuori da
sola.
Tengo ad ognuna di voi, Klen. Sacrificherei me stessa pur di
salvarvi.”
La più
giovane sorrise, riconoscente: “Grazie, Tamara.
Grazie per essere evasa, nonostante sapessi che ero manovrata da
John.”
“Sai,
quello mi ha incentivata ancora di più a venirti
a cercare. Come avrei potuto dormire serena sapendo che eri nelle mani
di quel
mostro? IO, la leader!”
“Quindi
quale sarà la prossima mossa, ora che mi hai
salvata? Vuoi davvero collaborare con Barnès?”
“Anche lui
tiene ai suoi demoni. Abbiamo molti
obbiettivi in comune e primo fra tutti quello di uscire da questa
maledetta
cupola che ci tiene intrappolati. Quando avremo trovato il modo, poi,
ci
servirà anche il loro aiuto per tornare a prendere gli
altri.”
“Perciò
ora abbiamo un’alleanza?”
E l’altra,
in risposta, annuì.
Pochi minuti dopo,
arrivarono all’accampamento e
Barnès le accolse con un sorriso.
“Bene, ce
l’hai fatta, Tamara!”
L’altra
leader gli sorrise, porgendogli i libri: “Sì,
ce l’ho fatta! E ho anche portato qualcosa per
aiutarci!”
“Ottimo!
– replicò lui, soddisfatto – Iniziamo
subito
a lavorare sulla nostra libertà, allora!”
Alkaban
Dana, seguita da Xao
e Zeta, fece irruzione nella Sala
Grande, trovandosi davanti ad uno scenario sconcertante: una chiazza di
sangue
ai piedi del povero Zack, ferito. Ovviamente, intervenne immediatamente
appena
si rese conto della situazione.
“Fermati,
– urlò - SUBITO!”
Lentamente, Rick si
voltò verso di lei: “Non voglio
farle del male, ma se sarò costretto…”
Prima che potesse
finire la frase, però, lei, seria,
alzò un braccio e lo buttò a terra:
“Beh, pensala come vuoi, ma non ti
permetterò di uccidere nessuno!”
Subito,
l’uomo si rialzò, furibondo: “Aspetto da
tanto
tempo questo giorno, quello in cui mi sarei vendicato. Purtroppo,
l’uomo che
cerco non è qui, ma almeno avrò una parte della
mia vendetta con alcuni dei
demoni che invece sono qui e non permetterò certo ad una
vecchia strega di
impedirmi di averla!”
Stranamente, Dana gli
lanciò un’occhiata dispiaciuta:
“Cosa ti ha fatto quel mostro? Cosa ti ha fatto
diventare?”
“Ero
così ancora prima di conoscerlo! –
replicò lui
- Solo che ora l’'ho accettato e la vendetta
è più forte della mia
umanità!” e le mandò contro alcuni dei
suoi fantasmi, ma quella subito si
difese.
“Trapassa! ”
esclamò, rimandandoli
al mittente. Sfortunatamente, però, non era quello il suo
obiettivo.
“Volevo
scacciare i tuoi fantasmi, ma li ho solo
respinti. Suppongo che la tua pelle sia costituita da quella dei morti,
perciò
è impossibile farli trapassare!”
commentò, scatenando nell’altro una risata.
“Già!
Questo è il piccolo vantaggio che offrono i disordini
di John!”
In risposta ricevette
soltanto un’occhiata.
“Mi
dispiace dover arrivare a tanto, ma... sono
costretta... La tua pelle dovrà bruciare, ragazzo!”
“Non
sarà necessario. – replicò lui con un
sorriso -
Tu hai potuto respingere i fantasmi, ma i tuoi amici alle tue spalle,
no!”
Allora, Dana si
voltò e con orrore si accorse che
anche Xao e Zeta erano posseduti. Tuttavia, non fece in tempo a
reagire, perchè
fu pugnalata da uno di loro e cadde al suolo sotto gli occhi atterriti
di
Terence.
Con
l’anziana strega fuori dai giochi, Rick poté
tornare finalmente da Zack.
“Bene, dove
eravamo rimasti?” iniziò, ma subito
Terence si intromise per cercare di farlo ragionare.
“Ti prego,
fermati! Non vedi che stai perdendo di
vista te stesso? Volevi vendicarti solo dei demoni, ma hai appena fatto
pugnalare una strega che non c’entrava nulla. Sei sicuro di
essere tu questa
persona? Tu non sei malvagio, sei solo condizionato! Puoi combattere
quello che
hai dentro!”
Per un attimo,
ascoltando quelle parole, Rick tentennò,
ma poi si riprese: “Non mi interessa più chi sono.
Non ho più nulla da perdere
e nulla per cui vivere. – rispose, prima che i suoi occhi
diventassero quelli
di un folle – Io devo uccidere chi mi ha portato
fino a questo punto,
capisci? Io DEVO!” concluse, per poi pugnalare ancora Zack
che, straziato dal
dolore e sotto gli occhi increduli di tutti, continuava a urlare.
Nei pressi della
scuola
elementare
Nel frattempo, Jade
era davanti all’uscita della
scuola circondata da uno sciame di bambini. Tra la folla, riconobbe
nuovamente
la bambina e subito le si avvicinò con cautela e gentilezza.
“Scusami,
piccola!” la chiamò, facendola voltare.
“Sì?”
“Sono
venuta a prenderti. Mi ha detto tua madre di
venire. Lei... – improvvisò - lei mi ha assunta
come babysitter e mi ha mandato
qui a prenderti… Mona!” fortunatamente
riuscì a leggere il suo nome dalla
collana che portava al collo.
L’altra,
però, era diffidente e continuava a scrutare
la folla in cerca della madre: “Non è vero, viene
sempre mia madre a prendermi!”
In
difficoltà, la strega decise di provare tirando
fuori il dipinto: “Ehi, aspetta, guarda! – glielo
mostrò – Io disegno molto nel
tempo libero e, quando sono stata a casa tua a parlare con tua madre,
ho fatto
questo dipinto su di te, ispirandomi alle foto che c’erano in
giro. Se non
fosse vero, come avrei potuto ritrarti senza conoscere il tuo
volto?”
Mona prese in mano il
foglio e, dopo averlo guardato
attentamente per qualche secondo, esclamò, affascinata:
“Woow! Ma è identico a
me!”
Jade le sorrise:
“Ora mi credi?” le chiese e lei
annui.
“D’accordo,
andiamo. Lo farò vedere a mio padre, sei
davvero brava!”
La ragazza, allora,
la prese per mano e insieme
iniziarono ad allontanarsi.
“Certamente!
A proposito, io mi chiamo Jade...”
“Piacere di
conoscerti, Jade!”
Velocemente, la
condusse verso la macchina, dove
c’erano Noa e Brenda ad aspettarla.
“Chi
sono?” le chiese la bambina quando li vide e
subito la ragazza la tranquillizzò.
“Sono miei
amici. Ci daranno un passaggio. – le
sorrise – Se ti stai chiedendo perché sono
conciati così, è perché sono caduti
nel fango.”
“Siete
buffi!” commentò Mona, accomodandosi di fianco
a Brenda sul sedile posteriore.
“Già!”
commentò seccata quella e, un attimo dopo, Noa
mise in moto.
Alcuni minuti dopo, i
tre arrivarono a casa di Jade e,
una volta accomodatasi in salotto su una poltrona, Mona si
guardò intorno,
perplessa.
“Perché
non mi avete riportata a casa mia?” chiese.
Brenda e Noa
fissarono entrambi Jade, in cerca di una
risposta.
“Già,
Jade: perché non l’abbiamo portata a casa
sua?”
“Ehm…
– improvvisò quella - tua madre mi ha
chiamato poco fa, ha molto lavoro da fare e anche tuo padre suppongo,
perciò...
resterai un po’ qui a casa mia,
d’accordo?”
Mona, improvvisamente
triste, abbassò lo sguardo:
“Già, lavorano sempre e perciò mi
lasciano dai nonni!”
Jade, nervosa,
ridacchiò: “Ecco perché hanno assunto
me!”
Incredulo, Noa, senza
farsi sentire, le sussurrò:
“Complimenti, hai appena vinto il premio di chiaroveggente
dell’anno!”
Brenda, stanca della
sporcizia che aveva addosso, ne
approfittò per dileguarsi: “Beh, io vado a farmi
una doccia, allora, prima che
questo fango rimanga attaccato alla mia pelle per sempre!” e
salì al piano di
sopra, lasciandoli soli.
Jade e Noa si
spostarono verso la porta, tendendo però
sempre d’occhio la bambina.
“Come
diavolo hai fatto a inventarti quella storia
assurda? – le bisbigliò lui - Insomma, poteva
avere i genitori divorziati o un
genitore morto, oppure sua madre poteva essere una casalinga e non
lavorare!”
Lei, però,
era incredula quanto lui: “Credimi, ho
sudato ad ogni minima cosa che è uscita dalla mia bocca. Non
pensavo che avrei
azzeccato questi piccoli dettagli. In pratica, è solo la
classica bambina
trascurata dai genitori, perché lavorano troppo. A quanto
pare esistono
ancora!”
“Ora cosa
faremo, però?”
In quel momento, si
guardarono entrambi.
“C’è
uno dei contenitori nel tuo salotto!” esclamò lui
per entrambi e Jade rimase incantata a guardare la bambina.
“Sembra una
bambina così normale, eppure serve ad uno
scopo ben preciso…”
“Bisogna
solo capire quale. E come spiegarle che non
potrà tornare a casa tanto presto!”
“Già,
non ricordarmelo…” commentò lei,
sospirando
pensierosa.
Brenda, intanto, era
sotto la doccia. L’acqua le
scorreva addosso e, finalmente, era completamente rilassata. Quando
finì, si
girò per uscire e si avvolse nell’asciugamano, ma,
quando si voltò verso il
muro, fece una scoperta così raccapricciante, che
iniziò a gridare. Subito i
suoi amici salirono a controllare e a Jade, che fu la prima ad entrare,
indicò
terrorizzata la parete di fronte a lei.
“Brenda,
cosa sta succedendo? Stai bene?” chiese,
prima di voltarsi.
C’era una
scritta con il sangue: Sono
ancora qui!
Nel frattempo,
però, Noa era fuori dal bagno con la
bambina, ma Jade gli negò l’entrata:
“Tieni fuori Mona, portala di sotto!” e
quello eseguì, mentre la bambina gli chiedeva cosa stesse
succedendo.
Brenda, una volta
scesi i due, riuscì di nuovo a
parlare.
“Chi
diavolo può averlo fatto? Ho i peli delle braccia
dritti come aghi!”
“Magari
è un disordinato!” commentò
l’amica, cercando
di nascondere la preoccupazione.
“Non mi
sembra il loro modus operandi,
sai?”
“C’è
solo una persona che potrebbe trarre vantaggio
nel farci sapere che è ancora qui, allora. Qualcuno che
magari è stato
rinchiuso....”
“John!
– esclamò Brenda, allibita – No, non
può
essere! E’ impossibile! Non c’è magia
nell’area zero, come avrebbe fatto?”
“Non lo so,
per questo andrò subito ad Alkaban per
scoprirlo!” esclamò Jade, sicura.
Intanto, fuori
dall’abitazione, nascosto dall’altro
lato della strada, John osservava la casa, per poi concentrarsi su due
anelli
che aveva deciso di recuperare e che in quel momento aveva al dito: gli anelli della
congiunzione
dimensionale.
“Sapevo che
prima o poi mi sareste tornati utili… –
mormorò, contemplandoli – Per questo vi ho tenuti
da parte….” e se ne andò,
pronto per compiere qualcosa di veramente importante.
Alkaban
Per andare in fondo
alla questione, Jade fu costretta
a dirigersi nuovamente ad Alkaban. Da sola. Quando fu nei pressi del
cancello,
però, non poté non notare le streghe sedute a
terra dall’altra parte.
Altrettanto rapidamente, Harmony la riconobbe e, ovviamente, subito le
si
avvicinò.
“Jade!”
la chiamò, ma l’altra non perse tempo a
salutarla.
“Cosa sta
succedendo? Cosa ci fate fuori?”
“John e
Rick sono riusciti a fuggire dall’area zero e
quel cacciatore ora è ritornato. Sembra essere stato
infettato e ha usato dei
fantasmi per possedere tutti e prendere il controllo
dell’edificio. Ha portato
anche i demoni da qualche parte, forse per ucciderli!”
“Lui VUOLE
ucciderli! – replicò la strega, angosciata
- Accidenti! E mia nonna? Dov’è?”
“Ha cercato
di farci uscire, ma il campo di forze sul
cancello è ancora attivo, così è
tornata dentro.”
Jade, allora,
indietreggiò leggermente: “Okay, fatevi
indietro, allora! – poi sollevò le braccia contro
il cancello – Ho già
abbattuto il campo di forze una volta, ce la posso fare di
nuovo…”
Le onde
d’urto che scatenò furono così potenti,
che
crearono anche delle scintille. Tuttavia, ci vollero diversi minuti
perchè
riuscisse finalmente a farlo cedere, mentre per tutto il tempo le altre
streghe
la incitavano.
Non appena lo fece
cadere, però, si piegò in due,
esausta, mentre Harmony la raggiungeva, preoccupata: “Stai
bene? – le chiese -
Lascia che ti aiuti!”
Allora, Jade,
sostenuta dalla strega, entrò dentro:
“L’hanno reso più forte, o sbaglio?
– commentò, affannata – Mi sento
morire…”
“Qualcuna
mi aiuti!” urlò Harmony alle altre,
vedendola in difficoltà, ma Jade si staccò da lei
barcollando.
“Sto... sto
bene!”
“Sicura?
– replicò l’altra, preoccupata - Ce la
fai?”
“Sì,
ho detto di sì. – confermò, subito
interrotta da
due colpi di tosse – Voi restate qui, io vado dentro! Mi
raccomando, non far
uscire nessuna da qui a meno che non siate in pericolo,
okay?” e Harmony annuì.
Jade, allora, corse
dentro Alkaban, cercando di
raggiungere tutti gli altri il più in fretta possibile.
Nonostante si sentisse
sfinita, non si fermò, finchè, improvvisamente,
non sentì delle voci: era
vicina. Poco dopo, giunse finalmente nella Sala Grande e le prime cose
che
videro furono sua nonna, stesa a terra in un lago di sangue, Zack
ferito
gravemente e Rick che teneva un coltello alla gola di un demone,
irriconoscibile e totalmente fuori controllo. Gli occhi le si
riempirono in fretta
di lacrime, sconvolta dalla scena che aveva di fronte. Subito, corse
verso sua
nonna, buttandosi a terra accanto a lei.
“Nonna?
– la chiamò - Nonna, NO!” e la scosse,
accorgendosi che respirava a fatica.
Ovviamente Rick,
notando la sua presenza, distolse
l’attenzione dalla sua vittima e Jade, sofferente,
alzò finalmente lo sguardo
su di lui.
“Perché?
Rick, perché mi stai facendo questo? Loro
sono le persone che amo, le uniche che mi sono rimaste!”
Quello,
però, la scrutò, cinico: “Uno ha ucciso
un
uomo innocente e l’altra ha cercato di fermarmi dal compiere
la mia vendetta,
cioè uccidere tutti questi demoni!”
“Uno
è il mio migliore amico, l’altra è mia
nonna! –
ribatté lei - Invece tu… tu... non so
più chi sei! Sei completamente diverso
dalla persona che ho conosciuto e mi si spezza il cuore nel vedere come
la
vendetta ti abbia ridotto... Io, invece, l’ho abbandonata,
perchè ho capito che
è inutile: non riporterà in vita Samuel e nemmeno
Sophia! E sono state le
persone che sono ancora qui a farmelo capire, a farmi comprendere che
ci
ameranno a tal punto da alleviare quel dolore che abbiamo dentro ogni
giorno,
impetuoso ed incessante…”
Ma il cacciatore non
parve per nulla scalfito da
quelle parole, per quanto sentite: “Io non ho più
nessuno che mi ami a tal
punto da farmi rinunciare…”
“Non
è vero! Ci sono io, Rick. Abbandona questa
persona orribile che non ti appartiene e torna come eri prima. Io...
io... ti prego! Non posso perdere ancora qualcuno…
Torna come eri…” lo
supplicò lei, in un ultimo tentativo.
Flashback
Erano i
primi giorni che Jade passava con Rick e lui
l’aveva portata a fare un giro in macchina per insegnarle a
guidare. Lei,
seduta sul sedile del guidatore con l’amico accanto
continuava a ridere,
lasciandolo sempre più perplesso.
“Che
c’è? Perché ridi?”
“Perché
è assurdo! Uno che ho appena conosciuto mi
vuole insegnare a guidare la macchina del mio ragazzo morto!”
Rick,
allora, capì e le sorrise: “Oh, beh, almeno ti
ho fatto ridere!”
Subito la
ragazza tornò seria, anche se sulle labbra
rimase l’accenno di un sorriso: “Sai... mi manca la
normalità, avere qualcuno
che ti fa ridere, fare cose ordinarie. E’ qualcosa che ho
perso molto tempo fa,
ma tu in pochi giorni sei riuscito a restituirmele...”
“Sono
contento di aver fatto qualcosa di buono per
qualcun’altro. Non accadeva da tempo, sai? Da quando mi sono
chiuso in me
stesso in quella grande casa triste e vuota. Sapere che ti ho fatta
sentire
bene, fa stare meglio anche me. E’ una bella
sensazione!”
“Sei
un uomo buono, Rick. Non cambiare mai, perché le
persone tristi avranno sempre bisogno di qualcuno come te che le faccia
sentire
bene. E sai perché lo sei? Perché, nonostante
anche tu sia triste, riesci
comunque a far sorridere una come me, una persona a pezzi che
, fino a
qualche giorno fa, voleva solo morire. Perciò ti prego, non
cambiare
mai…” concluse con un sorriso.
“Non
lo farò, te lo prometto. E, se accadrà,
vorrà
dire che per me non c’è più niente per
cui valga la pena vivere. Se dovesse
arrivare quel momento, però, penso che preferirei morire,
piuttosto che essere
diverso da ciò sono…”
Finalmente, Rick
rispose alle suppliche di Jade,
cinico più che mai: “Io non ho mai avuto nessuno,
in verità. Ho perso la
persona che ero molto tempo fa e quella che hai conosciuto era soltanto
una
maschera! I disordini però, l’hanno fatta cadere
ed ecco chi sono in realtà: un
egoista assetato di vendetta, che si è abbandonato a questi
sentimenti alla
prima occasione utile. Solo questo.” e tornò dai
suoi demoni.
Prima,
però, ordinò ai due angeli: “Tenetela
ferma, non
la voglio tra i piedi!” e, ovviamente, quelli obbedirono
subito.
Jade, intanto,
sembrava essersi arresa dopo aver
capito che razza di mostro era diventato il suo amico. Intanto, sua
nonna,
ancora stesa sul pavimento, le mormorò qualcosa con voce
così flebile, che
quasi non la udì.
“Il
fuoco… la sua pelle… deve
bruciare…”
Ascoltando quei
piccoli gemiti, la ragazza smise di
piangere e guardò Rick, seria, un’ultima volta:
“Extermino! ”
esclamò.
L’uomo,
improvvisamente, prese fuoco davanti a tutti,
gridando e inginocchiandosi davanti a lei per il dolore. Grosse lacrime
solcavano il viso di lei, mentre il suo sguardo rimaneva fisso negli
occhi di
lui. Poi, man mano che la pelle bruciava, i fantasmi abbandonarono i
corpi che
avevano posseduto. Quando vide che stava per cadere, Jade disse addio
al suo
amico.
“Mi
dispiace…” sussurrò, addolorata, pochi
secondi
prima che Rick cadesse al suolo carbonizzato, ormai libero da
quella
vendetta che l’aveva consumato per tantissimo tempo. La
ragazza, invece, poté
soltanto rimanere ferma in piedi a guardare l’ennesima vita
che si spezzava
davanti ai suoi occhi. Un’altra vita che per lei contava
qualcosa. Di nuovo…
CONTINUA
NELL’UNDICESIMO EPISODIO
Testo
a cura di Lady Viviana
ANGOLO AUTORE: Siamo
arrivati al penultimo episodio, prima della pausa di tre settimane.
Domani, non mancate all'appuntamento con la 3x11 "L'alba di un nuovo
mondo", il finale di metà stagione, dove non mancheranno i
colpi di scena. Vi ricordo di lasciare un commento ai fini della
continuazione della storia e di visionare la scheda personaggi presente
nella 1x00 della prima stagione per vedere il volto dei vostri
personaggi preferiti. Buona giornata stregata!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** 3x11-L'alba di un nuovo mondo ***
CAPITOLO
UNDICI
"Do
You Believe in Magic?"
Alkaban
Jade non riusciva a
smettere di fissare il corpo
carbonizzato e senza vita di Rick. Non poteva credere di averlo ucciso
e il
senso di colpa la stava schiacciando. Zeta, allora, le si
avvicinò lentamente
per consolarla, mettendole una mano sulla spalla.
“Stai bene,
Jade?”
L’altra
all’inizio non rispose, spostando lo sguardo
prima su Zack e poi su sua nonna, entrambi in gravi condizioni, poi,
fra le
lacrime, sussurrò: “Ditemi che potete fare
qualcosa, vi prego. Non posso
perdere anche loro....”
“Sono
rimasto l’angelo-guida di Zack, dopo che Samuel
è morto, – spiegò Xao - quindi posso
curare le sue ferite” e si affrettò a
raggiungerlo.
“E mia
nonna?” chiese allora la strega alla donna e
l’altra tentennò per qualche secondo, prima di
parlare.
“Fa parte
della tua discendenza, quindi in teoria
dovrei poterla curare. Non mi è mai capitata una situazione
simile, ma... – e
mise le sue mani sopra il corpo di Dana – ci provo!”
Dopo pochi istanti, i
suoi occhi divennero rossi.
“Okay, sta funzionando, ma ci vorrà un
pò di tempo!” Rincuorata, Jade si alzò,
asciugandosi le lacrime: “D’accordo, quindi poi
staranno bene?”
“Sì,
ma ora scusami, non posso parlare con te, se
voglio guarirla completamente.”
L’altra
parve disorientata dalla sua risposta, ma poi,
lentamente, annuì: “Okay, io però devo
andarmene da qui. Non voglio rimanere
dentro questo posto un minuto di più!” e si
apprestò a lasciare la Sala Grande.
Intanto,
però, arrivarono Foxi e Marcus, che rimasero
molto sorpresi dalla situazione che si trovarono davanti.
“Cosa
è successo?” le chiese Marcus, non notando che
era di fretta.
“Sentite,
chiedete agli altri, ok? Io me ne sto
andando, perciò fatemi passare!”
In quel momento,
furono raggiunti da Harmony, che
apparve piuttosto agitata: “Le streghe sono fuggite!
– esclamò e tutti i
Consiglieri si voltarono a fissarla, sgranando gli occhi – Ho
provato a
fermarle, ma non ce l’ho fatta!”
Poi, mentre Marcus e
Foxi metabolizzavano la notizia,
Jade si fece strada fra loro e se ne andò, lasciando che si
occupassero da soli
di quel nuovo problema. Non riusciva più a stare in
quell’edificio e al solo
pensarci, stava male.
Accampamenti nella
Foresta – Zona Est
Klen era appena
uscita dalla tenda dove si trovava Raul,
che aveva appena cercato di curare con uno dei suoi rimedi. Subito, si
avvicinò
agli altri, che intanto discutevano su come uscire dalla cupola.
Appena la vide,
Barnès, seccato, la chiamò: “Strega
cervellona, vuoi darti una mossa? Ti sono grato per aver aiutato uno
dei miei
uomini, ma, se sapevo che ci avresti messo così tanto per
disinfettare delle
ferite, avrei svaligiato una farmacia!”
La strega gli rispose
con un’occhiataccia: “Era messo
male e comunque smettila di chiamarmi strega cervellona, ho
semplicemente una
grande conoscenza della stregoneria!”
“Allora
usala per farci uscire da questa palla di
vetro!”
A quel punto Tamara,
più gentile del suo collega, la
mise al corrente dei loro discorsi: “Stavamo pensando alla
proiezione astrale…
cioè, io ci stavo pensando, ma loro sono abbastanza
diffidenti....”
“Perché
la proiezione, che io sappia, – spiegò Dex -
è
uno spostamento soprannaturale del proprio corpo astrale. E quindi non
passerà mai
attraverso la cupola.”
Klen roteò
gli occhi, sospirando: “Fino a spostamento
del proprio corpo astrale, sono d’accordo con te,
la definizione è più o
meno quella. Tuttavia, potrebbe funzionare e vi spiego subito
perché: il nostro
corpo, non quello fisico, ma quello astratto, si materializza prima nel
piano
astrale e infine nel luogo in cui decidi di volerlo spedire, senza
dover
attraversare alcuna cupola magica. Ergo, svanirà prima da
qui e quindi le leggi
della cupola non varranno.”
“D’accordo,
ma… le proiezioni? Che fuga
sarebbe? Il nostro corpo fisico rimarrebbe sempre qui e comunque non
durano
molto a lungo, per quello che ne so...” continuò
il demone, trovando subito
l’appoggio del suo leader.
Tamara
sospirò per i loro commenti stupidi e decise di
intervenire: “Non siamo delle sprovvedute, sappiamo che le
proiezioni
svaniscono in fretta e che non sono una via d’uscita! Quello
che stavo cercando
di dirvi prima, però, è che possiamo fare diverse
cose con una proiezione, per
esempio provare a concretizzarla e restare più a lungo
all’esterno.”
Barnès,
però, continuava a essere perplesso: “E a fare
cosa? – chiese, sarcastico - Un viaggio spirituale? Voglio
uscire da qui con
tutto il mio corpo, astratto e fisico, se permetti!”
Klen, allora, si
affrettò a spiegare meglio la loro
idea: “Se concretizziamo il nostro corpo, avremo modo di
restare più a lungo
fuori. Questo vuol dire che avremo più tempo per trovare una
soluzione.
All’esterno ci sono altre streghe e libri molto
più approfonditi sulla magia
antica che possono aiutarci ad annullare la cupola. Quando si tratta di
incantesimi
di imprigionamento, infatti, annullare qualcosa dal solo interno non
basta.
Bisogna agire da entrambe le parti: noi qui e qualcuno che
dall’esterno ci aiuti.”
“Tipo un
rito?” chiese Dex.
“Si, ma non
ne sono sicura. Ripeto, la cupola
sanguinea è una magia davvero antica. Io posso solo fare
ipotesi e provare a
rimuoverla facendo dei tentativi in base alle mie conoscenze sugli
imprigionamenti magici.”
Di fronte a quelle
nuove informazioni, Barnès
finalmente cedette e acconsentì: “Bene, iniziamo
subito, allora!” e i quattro
si misero immediatamente in moto.
“The Golden
Bridge” –
Morney Hill
Si era ormai fatta
sera, perciò Jade, che aveva
camminato per ore, decise di entrare in un locale e sedersi al bar.
Subito le
si avvicinò il barman per prendere l’ordinazione.
“Un
gin-tonic!” chiese, triste.
“Può
mostrarmi un documento, per favore?”
Lei
sbuffò, sapendo di non avere ventun’anni e,
quindi, di non poter ordinare alcolici. Improvvisamente,
però, alle sue spalle
una voce esclamò: “Ce ne porti due! Non credo che
ci sarà bisogno del documento
con me, però...”
Voltandosi, la
ragazza vide che si trattava di suo
nonno e subito si alzò, ma John la ammonì con un
braccio, invitandola a
rimettersi al suo posto: “Seduta, seduta! Non vorrai fare
qualcosa di avventato
in un locale pieno di gente, vero?”
In risposta, lei si
limitò a guardarlo male: “Cosa
vuoi? Non mi hai già rovinato abbastanza la vita? Rick non
meritava quella
fine, ma io l’ho dovuto uccidere, perchè TU
l’avevi reso un mostro!”
L’uomo la
guardò e sorrise: “Mostri non si diventa,
tesoro. Lo siamo già, tutti quanti. Anche tu lo sei, sai?
Hai sicuramente fatto
cose di cui non vai fiera…”
“Ti sbagli,
io non sono come te! Se siamo entrambi dei
mostri, tu sei di gran lunga peggio!”
Lui, allora, prese
tempo, accomodandosi sullo sgabello
di fianco a lei, prima di parlare nuovamente: “Noto
dell’ostilità da parte tua,
ma non ti biasimo per questo. Del resto, non merito di certo il premio
come
miglior nonno dell’anno, ma ti assicuro che stavolta non sono
qui per rovinarti
la vita, cara nipotina. Anzi, sono qui per farti un
regalo…”
La ragazza lo
guardò, perplessa: “Di cosa stai
parlando?”
“Voglio
permetterti di rivedere Samuel.”
John fece appena in
tempo a finire la frase, che Jade
scoppiò a ridere, divertita dalla proposta assurda, poi
tornò seria e lo
squadrò severamente.
“Okay, non
è divertente, perchè Samuel è morto,
perciò
non osare mai più prenderti gioco di me!”
In quel momento il
barman portò le ordinazioni e
l’uomo ne approfittò per bere un sorso dal suo
bicchiere: “Da come hai reagito,
deduco che tua nonna non ti abbia raccontato nulla. Prevedibile, la mia
Dana!”
“Che
c’entra mia nonna? – gli chiese Jade, sempre
più
confusa - Cosa non mi avrebbe detto?”
“Che Samuel
è vivo e si trova in un mondo opposto al
nostro a godersi la sua pensione da prescelto.”
La ragazza
provò a rimanere indifferente, ma le tremò
comunque la voce quando parlò di nuovo: “Non osare
prenderti gioco di me,
illudendomi in questo modo!”
“Ma
è la verità! Ora ti spiego: il fatto che
è voi
prescelti ricevete una ricompensa, quando morite. Siete destinati ad
una vita
di battaglie e qualcuno ha ben pensato dopo di spedirvi in un mondo
dove
godervi la vita che non avete potuto avere qui. Suppongo Samuel non
sapesse di
questo piccolo segreto, mentre stava per morire. Non riesco nemmeno ad
immaginare la sua sorpresa, quando si è risvegliato in quel
bizzarro mondo.”
Comunque, nonostante
le spiegazioni, la nipote non gli
credette, anzi, si alzò dal suo sgabello, minacciosa, e si
mise proprio di
fronte a lui: “Questa è solo un’altra
invenzione della tua mente malata! Giuro
su Dio che, se non esci subito da questo locale e mi lasci in pace, me
ne
fregherò altamente della gente che c’è
qui dentro!”
L’altro,
però, rimase immobile, incurante delle sue
minacce: “Se non mi credi, perché non chiedi a tua
nonna? Non mi sarei di certo
disturbato così tanto a venire qui a dirtelo, se non fosse
vero, non credi?”
Jade sorrise, cinica:
“Ma certo! Ora ho capito tutto:
sei venuto qui a raccontarmi che Samuel è vivo per
devastarmi ancora di più,
non è vero? Saperlo morto è struggente e con il
tempo passa, ma saperlo vivo e
irraggiungibile da qualche parte è una sofferenza incessante
e tu vuoi
procurarmi questo, perchè speri io soffra o magari mi
suicidi per poterti
liberare di me!”
L’uomo,
però, scosse la testa: “No, Jade, non è
assolutamente vero. Se solo mi avessi lasciato finire...”
Benché
ancora diffidente, la ragazza decise di sedersi
nuovamente e ascoltarlo: “Bene, sentiamo, allora!”
Quello gli
mostrò un anello che aveva al dito, con cui
giocò per tutta la conversazione: “Questo
è un anello della
congiunzione dimensionale. Faceva parte del vecchio
piano di Luis per
rendere permanenti i disordini in questo mondo. Piani che tu non puoi
conoscere,
visto che tua nonna ti ha sicuramente fatto il lavaggio del cervello
pur di non
accennarti di questo mondo in cui si trova Samuel. Ce ne sono due e
servono per
congiungere questo mondo a quello. Uno ce l’ho io, mentre
l’altro… beh, credo
che farò prima a mostrartelo!” e, dopo averle
preso un braccio, entrambi
svanirono, senza che nessuno se ne accorgesse. Anzi, quando il barman
tornò da
loro, non poté fare altro che guardarsi intorno perplesso.
Pochi secondi dopo i
due riapparvero in una sorta di
sotterraneo poco illuminato e umido. Subito, Jade iniziò a
guardarsi intorno,
sospettosa.
“Dove mi
hai portata?”
“E’
il vecchio sotterraneo di una tenuta qui vicino.
Abbandonata, ovviamente!”
Allora lei, notando
poco lontano una teca di vetro con
dentro qualcosa, si avvicinò per osservare meglio il
contenuto: “Cos’è questo?”
All’interno,
infatti, si trovava uno scheletro.
“E’
Samuel! – rispose John, tranquillo - Ho passato
metà pomeriggio, oggi, per riesumarlo e portarlo qui.
– poi le si avvicinò alle
spalle – Come avrai notato, il secondo anello è al
suo dito.”
Jade
annuì, guardando nostalgica ciò che
c’era al di
là del vetro: “Davvero puoi farmi andare da
lui?”
“L’anello
che ho messo al dito del suo scheletro è
collegato al suo spirito, che si trova in quel mondo. Se
l’altro lo indosserai
tu, si formerà un collegamento abbastanza solido fra questo
mondo e il suo,
perciò basterà pronunciare
l’incantesimo inciso sulla sua superficie per aprire
un varco che ti conduca in quel mondo.”
La nipote, allora,
lasciò andare la mano che toccava
la teca e si voltò lentamente verso di lui: “Cosa
ci guadagni tu? Non fai mai
qualcosa senza ricevere altro in cambio.”
L’altro
giocò con il suo per qualche secondo, come se
stesse riflettendo, prima di rispondere: “Hai ragione, ho una
richiesta in
cambio: devi portare con te la bambina.”
Jade si finse
perplessa: “Di quale bambina stai
parlando?”
Ovviamente,
però, non funzionò: “Oh, andiamo, sai
perfettamente chi è! Quella che avete preso a scuola e
portato a casa tua. Il
contenitore, insomma.”
“Cosa ne
sai tu?” replicò lei, nascondendo la
curiosità.
“Erano
citati in quella lettera di istruzioni che ho
perso grazie alla tua amica Brenda, poi, però, sempre grazie
a lei, ho notato
tutti quei volantini in giro con la sua foto e ho semplicemente fatto
due più
due.”
“Accidenti,
non ti smentisci mai, eh? E io che per un
secondo pensavo volessi farmi un favore!”
“Tu mi odi
più di ogni altra cosa, non ti aspetti
nulla da parte mia e devo ammettere che questo mi dispiace. Mi dispiace
che il nostro
rapporto sia così, sai… ? – per un
attimo sembrò triste, ma subito tornò serio
– Tuttavia, l’artefice della cupola è
contro di me, perciò quella bambina è una
minaccia ai miei piani. Con questo accordo, tu riabbraccerai il tuo
Samuel e io
salverò i miei disordini.”
“E cosa ti
fa credere che accetterò? Voglio cancellare
i tuoi disordini dalla faccia di questa terra più
di chiunque altro!”
chiese lei, sempre cinica, ma questo non scalfì la sicurezza
di suo nonno
riguardo la riuscita del suo piano.
“Oh, ma tu
accetterai eccome! Ti conosco abbastanza
bene, tutto sommato, e so che sei talmente disperata che lo farai.
Anzi, non
vedi l’ora e in questo momento riesci soltanto ad immaginare
di essere con
lui!”
Jade, nervosa,
distolse lo sguardo: “Beh, non cantare
vittoria. Devo ancora verificare la tua storia, perciò ora
rimandami subito
dov’ero prima!”
“Fai pure
con comodo, mi troverai al parco fra… –
consultò un attimo l’orologio - diciamo
un’oretta. Mi sembra un tempo
sufficiente. Io porterò l’anello e tu non
dimenticare la bambina!”
Poi la
toccò e svanirono insieme. Poco dopo, Jade si
ritrovò all’ingresso del locale.
Sala del Consiglio
–
Alkaban
Alcuni membri del
Nuovo Consiglio - Foxi, Marcus,
Dana, Terence e Zack - si riunirono per la seconda volta, dopo la
terribile
vicenda di Rick. Quello più fuori di sé era Foxi:
“Abbiamo completamente perso
le redini di questo posto, dopo la morte di Alaris. Troppi errori e
decisamente
troppe intrusioni. Le streghe sono tutte fuggite e sicuramente i demoni
non vorranno
più stare qui, quando lo scopriranno, perciò noi
ci ritroveremo a gestire
l’ennesimo tumulto!”
Allora Dana, ormai
completamente guarita, decise di
prendere la parola: “Non dovranno necessariamente saperlo.
Potremmo dire che,
per questioni di sicurezza, abbiamo spedito le streghe in un altro
settore
dell’edificio, preferendo dividerli in quanto insieme erano
un bersaglio troppo
facile e la presenza di Harmony reggerà la nostra
bugia.”
Tutti annuirono, ma
Marcus sollevò un altro problema.
“Bene,
abbiamo risolto i problemi dentro Alkaban, ma
fuori? Le streghe sono senza una protezione e John circola libero in
città.
Inoltre, mancano all’appello altri tre demoni, oltre a Tamara
e Klen. Come
facciamo?”
Ancora una volta fu
l’anziana strega a proporre una
soluzione: “In realtà il problema è
solo uno: John. Tolto di mezzo lui, poco
importa se i demoni e le streghe sono fuori o dentro questo edificio.
Noi,
infatti, li teniamo solo per proteggerli da lui, finchè non
ne sapremo di più
sui piani di coloro che hanno creato la cupola.”
“A
proposito, – continuò l’uomo –
prima che arrivasse
Rick, Dana mi aveva accennato al fatto di poter imprigionare John per
sempre…”
“Cioè?”
le chiese Foxi, che non era al corrente della
discussione.
“Rinchiuderlo
nella mia mente! – rispose lei, sicura,
facendo calare il silenzio sul gruppo - L’area zero sembrava
un posto senza via
d’uscita, avremmo dovuto aspettarci una conclusione simile,
visto che ogni
luogo ne ha una. Apparte la mente, da lì nessuno
può evadere. E’ una prigione
infinita, dove le vie d’uscita non esistono, se tu non
permetti loro di farlo.”
Terence e Zack erano
sicuramente i più spiazzati e fu
l’uomo a parlare per primo, esprimendo i dubbi di entrambi.
“Dana, non
vorrà farlo veramente.... Potrebbe
impazzire! John sarà sempre con lei, ovunque
andrà.”
“Già,
le procurerà solo una tortura mentale!” aggiunse
il ragazzo, altrettanto preoccupato.
Ma la donna sembrava
sicura della sua scelta: “Ne sono
consapevole, ma è necessario. Comunque lo terrò
bloccato nella mia mente solo
finché non avremo portato a termine tutte le istruzioni sul
come neutralizzare
i disordini.”
“Ha
già una formula per realizzare questa prigionia
temporanea?” le chiese allora Foxi.
“Sì,
era da un po’ che stavo prendendo in
considerazione questa opzione. Ormai, però, la situazione
è diventata
insostenibile, perciò non abbiamo altra scelta.”
Zack,
però, non era ancora sicuro della buona riuscita
del suo piano e lo disse anche agli altri: “Okay, lei ha
deciso, ma come
attireremo John nella trappola? Dubito che dopo l’area zero
ci verrà incontro!”
Capendo tutti che
aveva ragione, sul gruppo calò il
silenzio, mentre ognuno rifletteva su una possibile soluzione.
Alla fine, Marcus
dovette interromperli, perchè aveva
una novità da comunicare loro:
“C’è qualcuno al cancello...
E’ Jade!”
“Fatela
entrare, spero abbia buone notizie sui
contenitori...” ordinò subito Dana.
Intanto, Harmony era
tornata nel corridoio in cui
aveva lottato con Foxi per salvare Sasha. Era parecchio agitata e
perciò aveva
anche chiesto l’aiuto del suo amico Jackson.
“Devo
averlo perso qui, quando Foxi mi ha buttata a
terra...” gli stava dicendo, ma l’altro appariva
alquanto perplesso.
“Il
braccialetto, intendi? Quello che ti ha costruito
Sasha per tenere sotto controllo quella cosa brutta di cui non mi hai
voluto
parlare?”
“Sì,
mi sembra di avertelo detto poco fa!” rispose
lei, isterica, mentre ispezionava ogni centimetro del pavimento.
“No, a dire
il vero mi hai detto solo l’ho
perso, aiutami a cercarlo! E io ti ho seguito come
un imbecille senza
sapere di cosa stessi parlando!”
“Ah, okay.
Beh, aiutami a trovarlo, allora! E guarda
bene ovunque!”
Il ragazzo, allora,
si mise a cercare, lo sguardo ben
fisso a terra.
“Visto che
siamo in argomento… – esordì dopo pochi
secondi - ora mi puoi dire qual è il tuo problema? Insomma,
cosa succederà se
non troviamo quel braccialetto?”
Lei, però,
si limitò ad alzare la testa e lanciargli
uno sguardo serio: “Dovrò andarmene parecchio
lontano da voi.”
Il ragazzo, allora,
si infuriò: “Si può sapere di cosa
si tratta? – urlò - Perché non vuoi
dirmelo?”
“Perché
è spaventoso, credimi. Se ne parlo, potrei agitarmi
e non voglio che accada. Quello che devi sapere è che non
è una cosa piacevole
e che non la controllo, perciò ora aiutami a trovare quel
dannato bracciale!”
Allora Jackson,
seriamente spaventato da quelle
parole, si limitò ad annuire:
“D’accordo, cerchiamolo…” e i
due si misero a
scrutare scrupolosamente tutto intorno.
Jade, nel frattempo,
era entrata ad Alkaban e con lei
anche Noa, Brenda e la bambina. Durante il tragitto, aveva messo i due
al
corrente di ciò che aveva scoperto, lasciandoli senza parole.
“Quindi,
– esordì l’amica, accanto a lei - mi
stai
dicendo che Samuel è davvero vivo e si trova in questo
fantomatico mondo?”
“A quanto
pare, sì!” rispose lei, camminando
velocemente verso la Sala del Consiglio.
“Oh mio
Dio… è... è assurdo, completamente
assurdo!
Ma.. ma... tu come diavolo stai?”
“Felice,
confusa, arrabbiata, nervosa… Insomma, tante
cose!”
“E tua
nonna lo sa, invece?”
“A quanto
pare sì, John ha detto che è un segreto che
solo i prescelti conoscono, o almeno credo. Lei, però, non
ha voluto dirmelo e
puoi ben immaginare il perché!”
“Beh,
suppongo ti abbia immaginata con un cappio al
collo, mentre rotei gli occhi, seccata, perché non stai
soffocando abbastanza
velocemente!” replicò l’altra,
sarcastica, ma in risposta ricevette soltanto
un’occhiataccia indignata.
Intanto, Mona,
accanto a loro, si guardava intorno
confusa, piena di domande.
“Ma...
ma... dove siamo?”
A risponderle fu Noa,
che si stava occupando di lei
come una sorta di babysitter: “Ehm… hai presente
il castello di Biancaneve e il
principe azzurro?”
La bambina lo
fissò, seria e interessata: “Sì,
allora?”
Il ragazzo,
però, si accorse subito di quanto era
sciocco ciò che aveva appena detto e se ne pentì:
“Okay, non c’entra niente.
Siamo... siamo... in una specie di Hogwarts! Solo che qui ci sono delle
streghe
al posto dei maghi!”
Mona
spalancò la bocca, sorpresa: “Davvero?”
Brenda, che aveva
sentito tutto il discorso, si girò e
lo guardò male, senza farsi scorgere da lei:
“Noa!” esclamò.
“Che
c’è? Come diavolo dovevo fare?” rispose
lui,
guardandola perplesso.
Jade, allora, decise
di intromettersi per calmare
l’amica: “Lascialo stare, tanto dopo incontreremo
John e sarà molto più bizzarro
di una Hogwarts piena di streghe… Ah, già, scusa,
dimenticavo: le streghe non
ci sono più, sono fuggite!”
“COSA?!?”
gridò l’altra, sconvolta, ma era troppo
tardi per le spiegazioni perchè erano arrivati davanti alla
Sala del Consiglio
e Foxi stava aprendo loro la porta.
Prima di entrare,
però, la strega si girò verso Noa:
“Resta qui con la bambina, ci aggiorniamo dopo,
ok?” e le due entrarono, senza
aspettare una risposta.
“Fantastico,
faccio il babysitter ad un contenitore,
mentre dentro a quella sala c’è la vera azione! Si
sono forse dimenticati che
ho contribuito a salvare il mondo la scorsa volta?”
mormorò lui alla porta
chiusa, ma non abbastanza piano da non farsi udire dalla bambina.
“Hai
salvato il mondo? Da cosa? E le streghe dove
sono?” chiese lei, impaziente, tirandolo per mano.
“Okay,
– le rispose il ragazzo, alquanto seccato –
adesso ti va di sederti e di non fare domande?”
“No, voglio
che mi rispondi. Subito!” ribatté la
bambina, capricciosa, e allora lui la fece accomodare poco lontano.
“D’accordo,
ti racconterò alcune cose, ma prima
prometti di non farne parola con nessuno? E’ un segreto
segretissimo che solo
in pochi hanno la fortuna di sapere!”
Mona
annuì, curiosa, mettendosi comoda: “Non lo dico a
nessuno, prometto!”
“Tanto per
cominciare, la magia esiste!”
La bambina,
però, gli lanciò subito un’occhiataccia
di
rimprovero: “Non è un segreto segretissimo questo!
Se esistono le streghe,
esiste anche la magia, idiota!”
“Accidenti,
non ti fai scrupoli ad insultare uno più
grande di te, eh? Beh, so anche altre cose, quindi adesso chiudi il tuo
piccolo
becco e ascolta!” ordinò lui in risposta.
Intanto, nella sala,
Jade stava spiegando agli altri
il perchè della sua presenza.
“Ho
incontrato John, in un locale…”
Dana, perplessa, la
fermò subito: “Cosa ci facevi in
un locale?”
“Ho dato
fuoco ad una persona a cui tenevo molto,
Nonna! Scusa tanto se volevo bere un bicchierino per
dimenticare!” replicò la
nipote, sarcastica.
“Ma non hai
21 anni!” intervenne Zack, ricevendo
un’occhiataccia dalle due ragazze presenti.
“Beh, non
c’è stato bisogno di averli, visto che ha
ordinato John!”
Allora, Foxi,
impaziente, cercò di tornare al discorso
precedente: “Cosa voleva da te?”
Ma quella lo
ignorò, voltandosi verso sua nonna: “E’
vero che Samuel è vivo in un altro mondo?” le
chiese, schietta.
Il volto di Dana si
deformò per la rabbia, mentre si
alzava talmente in fretta, da far traballare il tavolo: “Quel
bastardo! Sapevo
che avrebbe usato quella carta prima o poi!”
Non avendo
più dubbi, la ragazza si voltò verso i suoi
amici, ma si accorse immediatamente che la loro reazione alla notizia
era stata
alquanto strana.
“Non
sembrate sorpresi… – Terence e Zack abbassarono
subito lo sguardo – Lo sapevate?”
Zack, mortificato,
non osò guardarla, mentre rispondeva:
“Io l’ho scoperto perché ero con John e
Luis ed essendo sotto il loro
controllo… beh, conoscevo tutti i loro piani! Jade, mi
dispiace avertelo tenuto
nascosto...”
Brenda,
però, si accorse che anche Terence sembrava
mortificato: “Oddio, anche tu lo sapevi?” gli
chiese, sorpresa.
“Avevo
scoperto i piani di mio padre e di John
attraverso la magia di due pietre che una mia amica strega mi aveva
fornito e
ovviamente ne parlai con Samuel subito dopo. – vide lo
sguardo deluso della sua
ragazza – Brenda, lo sai che non potevo dirtelo, sei la
migliore amica di Jade
e non volevo fossi costretta a mentirle. Ti avrebbe fatta
soffrire!”
Ma Jade sorprese
ancora una volta tutti con un’altra
domanda schietta: “Samuel lo sapeva, quindi? Prima di morire
in questo mondo?”
“Sì,
lo sapeva perfettamente!” confermò
l’uomo e
allora Dana si avvicinò a lei e la abbracciò.
“Jade, mi
dispiace avertelo tenuto nascosto, ma sai
già perché l’ho fatto...”
Sul volto della
ragazza scivolò una lacrima, mentre la
stringeva a sua volta: “Non essere dispiaciuta, nessuno di
voi deve esserlo.
Avete fatto bene, perché, nello stato in cui mi ritrovavo
fino a diverse
settimane fa, mi sarei buttata sotto ad un autobus, sapendo di potermi
risvegliare accanto a lui in quel mondo.”
Pochi secondi dopo,
Zack non riuscì più a nascondere
la sua irritazione per la faccenda e lo fece notare anche gli altri:
“Cosa
spera di ottenere John dopo averti rivelato tutto questo? Di portarti
dalla sua
parte? O di toglierti di mezzo?”
Jade, allora, si
staccò da sua nonna e gli spiegò le
novità: “Abbiamo trovato uno dei contenitori, la
bambina. John, però, in un
modo o nell’altro, ha capito cos’è e che
è una minaccia per i suoi disordini.
Conserva certi anelli chiamati…”
Ma l’amico
non la lasciò finire la frase, completandola
per lei: “Anelli della congiunzione
dimensionale! Quando eravamo
sull’isola, gli ha recuperati e ha detto che gli sarebbero
tornati utili, prima
o poi.”
“Beh,
sì, utili per farmi andare in quel mondo assieme
alla bambina. Infatti, mi concederà di rivedere Samuel solo
a patto che la
porti con me. Ha anche riesumato il suo corpo e messo uno dei due al
suo dito,
in modo da creare un collegamento non appena io indosserò
l’altro, che mi darà
fra un’ora al parco, quando mi presenterò davanti
a lui con la bambina.”
Marcus
lanciò un’occhiata a Dana, prima di parlare:
“Potremo approfittare di questo incontro per creare la
trappola a cui stavamo
pensando. E’ perfetto, direi!”
Le sue ragazze,
ovviamente, non capirono e subito
Brenda parlò per entrambe: “Di che trappola state
parlando?”
Tuttavia, fu Terence
a rispondere: “Dana vuole fare un
incantesimo per imprigionare John nella sua mente.”
Contrariata, Jade si
voltò di scatto verso la donna:
“Nonna, no! Non puoi farlo, ti distruggerà
psicologicamente pur di vendicarsi
di te!”
“Tesoro,
non abbiamo altra scelta. – replicò
l’altra,
decisa - Devo farlo!”
“Ci
dev’essere un altro modo!”
“No, non
c’è e comunque non abbiamo tempo per
trovarlo.”
E, di fronte a queste
ultime parole, la giovane strega
si arrese.
“Quindi in
cosa consiste la trappola? Come ci
muoveremo?” indagò ancora una volta Brenda e la
signora Ferguson, allora,
spiegò loro il piano.
“Jade
andrà all’appuntamento con la bambina, fingendo
di stare al gioco per distrarlo. Prenderà l’anello
e aprirà il varco, poi, a
quel punto, sbucheremo alle spalle di quel bastardo e io
userò la mia formula
contro di lui. Tutto chiaro? – poi si rivolse a Terence,
Brenda e Zack – Voi
verrete insieme a me, in caso qualcosa andasse storto. Quando John
sarà
finalmente intrappolato, potremo continuare la ricerca degli altri
contenitori
e sperare di concludere questa storia una volta per tutte. Va
bene?”
Tutti annuirono alle
sue indicazioni, apparte Jade,
che si era girata verso il muro, attirando subito le preoccupazioni di
sua nonna.
“Cara, cosa
c’è?” le chiese la donna, gentile, e
l’altra si voltò e la guardò, triste.
“Per me
sarà dura essere a pochi metri dal varco che
collega il nostro mondo a quello di Samuel senza buttarmici dentro con
tutte le
scarpe...”
Comprensiva, Dana le
accarezzò dolcemente una spalla:
“Lo so, tesoro, ma non devi entrarci. Quello non è
il tuo posto. Il tuo posto è
qui, finchè vivrai quanto devi vivere. Okay?”
L’altra
accennò un sorriso: “Okay! Ora andiamo a fare
questa cosa e chiudiamola una volta per tutte!”
Foxi e Marcus,
allora, chiusero l’incontro e
congedarono tutti.
“Buona
fortuna! E speriamo anche noi di riuscire a
rintracciare le streghe!”
Uscita dalla sala,
Jade si diresse subito verso la
bambina e, quando la raggiunse, si inginocchiò davanti a lei.
“Ehi, ti va
di venire con me in un posto?”
Quella la
guardò sorridendo: “Noa mi ha detto che sei
una strega. Una molto potente, la più potente di tutte, che
riesce sempre a
salvare il mondo… E’ la
verità?”
La ragazza, non
volendo lanciare un’occhiataccia a Noa
davanti a lei, si limitò ad uno sguardo, per poi girarsi
nuovamente verso la
bambina: “Sì, sono io! E sono chiamata di nuovo a
salvare il mondo, Mona. Da un
uomo molto cattivo. Ti va di aiutarmi?”
“SI’!
– strillò quella, eccitata - Mi piacerebbe tanto
essere un’eroina come te!”
“E lo
sarai!” e, prendendola per mano, la fece alzare,
pronta a lasciare Alkaban per raggiungere il luogo
dell’incontro.
Parco Comunale di
Morney
Hill
John stava
consultando per l’ennesima volta il suo
orologio da polso, quando finalmente vide arrivare Jade e la bambina e
subito
le accolse con un sorriso compiaciuto sulle labbra.
“Puntuale,
eh?”
“Non voglio
perdere altro tempo qui a Morney Hill. –
rispose la nipote, fredda – Dov’è
l’anello?”
“Calma, non
avere fretta! – e subito spostò lo sguardo
sulla bambina – Così sarebbe lei il
contenitore… mi chiedo cos’abbia di tanto
speciale da costituire una minaccia per me...”
La ragazza,
però, lo ignorò, spazientita, incalzandolo
nuovamente: “Dov’è
l’anello?”
Lui
sbuffò, estraendolo dalla tasca: “Eccolo!
Contenta? Mi chiedo come farai a convincerla a buttarsi in un varco,
piuttosto....”
e Jade
ripeté: “Tu pensa a darmi l’anello che
del
resto me ne occupo io!”
“Già,
– confermò Mona, guardandolo storto - ci pensa
lei!”
Tuttavia, la reazione
della piccola scatenò nel demone
soltanto una risata: “Che caratterino questa bambina!
– poi si abbassò per
parlare con lei – Lo sai che dovrai fare presto un viaggetto,
vero?”
L’altra
parve intimorita dal tono che aveva usato: “Un
viaggetto dove?” chiese.
“Molto
molto lontano da qui. Hai paura, vero? Beh, non
devi, perché nel luogo in cui andrai ci saranno anche i tuoi
genitori...”
La bambina
sgranò gli occhi per la sorpresa, mentre
Jade, rendendosi conto che la situazione le stava sfuggendo di mano.
“Stai
dicendo davvero?” domandò.
“Ma certo,
piccolina! – replicò l’uomo, teatrale
– Li
ho appena salutati e mandati lì, così potrete
stare sempre insieme. Non è vero,
Mona? Loro lavorano tanto tanto e non hanno mai tempo per te. Che cosa
triste....”
La nipote, a quel
punto, fu certa che suo nonno stesse
confondendo di proposito la bambina, perciò, nervosa, decise
di interromperlo.
“Okay,
adesso dammi quel dannato anello così ce ne
andiamo! Avevamo un accordo e io l’ho rispettato.”
John
annuì, per poi alzarsi e consegnarglielo: “Quante
storie.... Tieni! Ora devi leggere l’incisione che
c’è sopra e BOOM... Bon
voyage!”
Disgustata, Jade se
lo mise al dito e lesse la scritta
che le aveva indicato: “Dimensiva nexu,
transitus futuri saeculi...”
Subito, a pochi passi
da loro, si aprì un varco color
azzurro intenso che girava come un vortice. Incantata, la ragazza non
riusciva
a smettere di fissarlo, dimenticandosi di tutto il resto, come se
volesse solo
correrci dentro senza pensare più a niente.
L’attimo seguente, però, tornò in
sé, girandosi subito verso Mona e prendendola per mano.
“Resta
accanto a me, okay? - poi si rivolse a John –
Noi andiamo, allora. Ti auguro di godertela!”
Lui sorrise,
beffardo: “Oooh, me la godrò
senz’altro!”
Le due, allora,
iniziarono ad avanzare lentamente, in
attesa. Improvvisamente, infatti, alle spalle di John spuntò
Dana che non perse
tempo e pronunciò subito la formula che aveva preparato.
“Nella mia mente ti
libero un posto – John si
voltò verso di lei, confuso
– per farti entrare ad
ogni costo. Che di bello tu nulla possa trovare, in
questa prigione in cui devi restare...”
“Ma cosa diavolo
significa?!?”
riuscì soltanto a dire l’uomo, prima di venire
risucchiato nella mente
della donna, aspirato come un fumo sottile.
Per la bambina,
però, tutto quello a cui stava
assistendo, era decisamente troppo e in quel momento
desiderò soltanto tornare
dai suoi genitori, perciò, spaventata, sfuggì
dalle mani di Jade e corse verso
il varco ancora aperto.
“No, Mona,
fermati!” urlò la strega, correndole
dietro. Troppo tardi, però: davanti ai suoi occhi la bambina
si era appena
buttata nel vortice.
Sconvolta, la ragazza
si girò verso sua nonna e i suoi
amici con uno sguardo inequivocabile: l’avrebbe raggiunta.
Intuendo le sue
intenzioni, Zack provò a fermarla.
“No, Jade,
non farlo!”
“Jade,
No!” aggiunse Dana, ma fu tutto invano.
“Mi
dispiace, ma devo farlo...” disse loro dispiaciuta
e arresa, prima di buttarsi.
Subito, Zack e Brenda
corsero per raggiungerla, ma il
varco si richiuse non appena si avvicinarono: “Oddio, si
è richiuso!” esclamò
lei, affannata, cercando di riprendere fiato.
L’amico, al
suo fianco, era sconvolto quanto lei:
“Questa è una catastrofe! –
esclamò, per poi voltarsi subito verso la signora
Ferguson - L’abbiamo persa, vero?”
Ma la donna era senza
parole, incapace di parlare,
perciò non rispose, sotto shock quanto loro per come erano
andate le cose.
Improvvisamente, una
voce alle spalle interruppe i
suoi pensieri: era quella di John, che si stava guardando attorno
perplesso.
“Ma sono
ancora qui! Non è successo niente!”
Lei lo
guardò, fredda, con un leggero sorrisino sulle
labbra: “Ti sbagli!” esclamò, suscitando
un’occhiata perplessa da parte di
Brenda.
“Con chi
sta parlando?” le chiese, infatti, la ragazza
poco dopo.
“Con John,
no?” suggerì Zack e l’uomo li
ascoltò
sempre più confuso.
“Cosa
significa con chi sta parlando?”
“Non hai
ancora capito? – gli chiese l’anziana strega,
sorpresa - Non ti vede più nessuno, a parte la sottoscritta.
Sei imprigionato
nella mia mente. Sei come un fantasma, ora. E lo sarai per
sempre!”
Nel sentire le sue
parole, John scosse la testa,
incapace di crederle: “No. No no no –
gridò, la voce sempre più alta man mano
che la rabbia dentro di lui cresceva - NOOOOOOOO!”
Dana
accennò un sorriso: “E invece sì, mio
caro!”
In quel momento gli
altri due, che ovviamente non
percepivano più il demone, riportarono
l’attenzione della donna sul loro
problema: Jade.
“Adesso
cosa facciamo? Come riportiamo qui Jade?”
“Non
possiamo. Io... io non so davvero come risolvere
questo problema. Mi dispiace...”
Allora i due ragazzi
si guardarono, increduli e
sconvolti, realizzando di aver perso la loro amica.
Nel mondo senza magia
Pochi secondi dopo
esservi entrata, Jade venne espulsa
dal varco e finalmente arrivò nel nuovo mondo di Samuel.
Subito dopo la sua
chiusura, si guardò attorno, riconoscendo il posto in cui si
trovava.
“Ma questo
è il parcheggio dove sono finita quando
sono morta! – esclamò - Sono a Brooklyn!”
Tuttavia, si accorse
immediatamente di avere un
problema più urgente: la bambina non era lì con
lei, così subito iniziò a
chiamarla.
“Mona! Mona
dove sei?” e corse a cercarla, mentre la
sera calava sulla città.
Qualche ora dopo, la
ragazza stava ancora vagando per
le strade di Brooklyn, arresa: Mona sembrava sparita e in giro non
trovò
nemmeno tracce di lei. Tuttavia, benché in pensiero, si
lasciò subito distrarre
dalle bellezze della città di notte, che pian piano
riuscirono a distrarla.
Mentre passeggiava tra la gente, un volantino le volò
addosso. Subito lo
raccolse e lo lesse: parlava di un locale chiamato Rouge e
di
una splendida serata in compagnia di un duo musicale che aveva il
compito di
intrattenere i clienti.
Subito si
sentì attratta da quel posto e, quando alzò
lo sguardo, si accorse sorpresa, che si trovava proprio
dall’altra parte della
strada. Attraversò, avvicinandosi curiosa, attratta da una
voce melodiosa che
si udiva fin dal marciapiede. Quando entrò,
un’atmosfera calda e piacevole la
accolse. Sembrava di essere in un vecchio cabaret: gente elegante
seduta ai
tavoli e, in fondo alla sala, un palco su cui c’era una
giovane cantante,
illuminata da un unico riflettore e accompagnata da un chitarrista che
si
nascondeva nell’ombra alle sue spalle.
Affascinata dalla sua
voce, si sedette ad un tavolo
vuoto in un angolo della stanza. In quel momento, nell’aria
risuonavano le note
di “Brooklyn baby” di
Lana del Rey e tutte le coppie del locale si
stavano guardando negli occhi, innamorati, le mani che si sfioravano
attraverso
il tavolo. Jade fissò quelle coppie con tenerezza e una
punta di invidia,
perché avrebbe tanto voluto essere al loro posto.
Improvvisamente, il
chitarrista si fece avanti, fin sotto il riflettore. Nello stesso
momento, la
ragazza si voltò finalmente verso il palco, rimanendo
letteralmente a bocca
aperta per ciò che vide: il chitarrista era Samuel.
Lui, però,
non si era accorto di lei, che non riusciva
a smettere di guardarlo, emozionata e con gli occhi pieni di lacrime,
incredula.
Stava ancora suonando, quando finalmente incrociò lo sguardo
dell’unica ragazza
sola del locale, seduta a un tavolo nell’ultima fila e la sua
reazione fu molto
simile: incredulità, sorpresa, felicità.
Tuttavia, continuò a suonare,
pietrificato, vedendola sorridergli dal suo tavolo. Poi, ad un certo
punto, si
riscosse e ricambiò il sorriso.
Poco dopo, lo
spettacolo si concluse con l’inchino dei
due artisti e l’applauso di tutto il pubblico. Prima che
chiudessero il
sipario, però, Samuel fece cenno a Jade di uscire fuori dal
locale. Sperando di
non aver frainteso, la ragazza eseguì, rimanendo qualche
minuto ad aspettare
fuori dalla porta, senza mai smettere di guardarsi intorno.
Improvvisamente, alle
sue spalle, qualcuno la chiamò:
“Jade?”
Lei si
voltò subito, emozionata: “Io…
io… – rise, imbarazzata
– Santo cielo, non riesco nemmeno a trovare le
parole…”
Lui, invece, non
aveva mai smesso di guardarla: “Sei
davvero tu? Sei reale?”
“Non sono
mai stata così reale…”
sussurrò Jade, prima
di correre verso di lui e abbracciarlo.
Anche Samuel la
strinse forte, commosso: “Io... io
sono senza parole. Come...?”
Dopo diversi secondi,
finalmente i due di staccarono e
poterono guardarsi negli occhi, toccandosi la faccia per essere sicuri
di non
stare sognando, senza sapere se ridere o piangere.
“Credi
nella magia? Perché è quella che mi ha portato
qui da te. Che mi ha permesso di trovarti, come la prima volta. Non mi
sembra
vero…”
Lui le sorrise,
comprensivo: “Sì, adesso ci credo. Di
nuovo. E nemmeno a me sembra vero, mi sembra un sogno... Pensavo che
non ti
avrei mai più rivista, perché qui non esiste
magia e… – poi sembrò ricordarsi
di qualcosa e divenne immediatamente serio, bloccandosi –
Aspetta, ma... sei
morta?”
Con suo grande
sollievo, la ragazza scosse la testa:
“No, non lo sono. Sono arrivata qui attraverso un varco,
aperto da anelli
magici” spiegò, per poi mostrargli quello che
aveva al dito.
Ovviamente, Samuel lo
riconobbe subito: “Conosco
quell’anello: ce l’avevano John e Luis! Come fai ad
averlo tu?”
“Me
l’ha dato John. Lunga storia...”
Lui capì e
rimase in silenzio, continuando a guardarla
con un sorriso sulle labbra e facendola arrossire.
“Cosa
c’è?” chiese lei, preoccupata.
“Non ti ho
mai vista così bella in tutta la mia… Beh,
– rise - in tutte le vite che ho vissuto...”
Sulle guance di lei
iniziarono a scorrere le lacrime:
“Posso fare una cosa che non pensavo avrei mai più
fatto?” chiese.
“Cosa?”
ma lei, invece di rispondere, gli saltò al
collo e lo baciò con passione.
Il mondo intorno a
loro svanì completamente: in quel
momento c’erano soltanto loro e nessun’altro.
Improvvisamente,
però, una voce femminile proveniente
dal retro del locale li interruppe.
“Derek?
– chiamava - Derek sei qui fuori?”
Samuel, allora, si
staccò da Jade, la prese per mano e
la portò dietro l’angolo da dove era arrivato lui
poco prima. La ragazza era
parecchio perplessa, mentre lui rispondeva alla donna che,
scoprì presto, altri
non era che la cantante.
“Eccomi,
– le stava dicendo - scusa se mi sono
allontanato!”
L’altra,
intanto, chiuse la porta da dove era uscita,
per poi voltarsi di nuovo verso di lui: “Siamo già
in ritardo, Derek. Dio, ci
ho messo venti minuti a sfilarmi quel vestito anni cinquanta!”
“Lo so che
siamo in ritardo, ma… – e finalmente le
indicò Jade – Vedi, mia cugina è venuta
a trovarmi dall’Oregon all’improvviso
e…”
“…
e non puoi venire. Ho capito! – la donna sospirò -
Vorrà dire che prenderò un taxi, visto che
dovevamo andare con la tua moto.”
Samuel parve
sinceramente mortificato, mentre lei gli
passava a fianco per andarsene: “Scusami,
Kat…”
“Tranquillo…
– poi sorrise a Jade – Piacere di averti
conosciuta!”
Jade le diede appena
il tempo di allontanarsi, prima
di riempire il ragazzo di domande.
“Una tua
cugina dall’Oregon? Derek? Una moto?”
Samuel, allora, le
prese nuovamente la mano e, ridendo,
la portò accanto alla fantomatica moto: “Beh, ci
sono stati molti cambiamenti
da quando ho iniziato questa nuova vita... Ma, prima di raccontarti
tutto,
voglio che mi dici TU cosa sta succedendo nella tua!” e le
porse un casco,
facendole cenno di infilarlo.
“Spero che
casa tua non sia molto vicina, perché sono
tante le cose di cui devo parlarti...”
Dopo essere saliti,
partirono e Jade ebbe tutto il
tragitto per raccontargli ogni cosa.
Appartamento di Samuel
Durante la lunga
corsa Samuel scoprì quasi tutto e
rimase fortemente colpito dalla forza di Jade e da tutto quello che
aveva
passato negli ultimi mesi. Quando arrivarono al palazzo, presero
l’ascensore, e
si diressero verso la porta dell’appartamento di lui
continuando a parlare.
“E ora
dov’è questa bambina che vi serve?”
“E’
entrata nel varco prima di me, ma, quando sono
arrivata qui, non c’era. Completamente svanita!”
“Beh, tu
sei arrivata dopo. Sicuramente si è
spaventata ed è scappata da qualche altra parte. Posso
aiutarti a cercarla, se
vuoi...”
“Oppure
è finita in qualche altra dimensione! Non
sarebbe la prima volta che John manipola le cose, come ha fatto con il
marchio
di Zack. Accidenti, mi ha imbrogliata di nuovo...” concluse,
sentendosi in
colpa.
“Non
preoccuparti, ti prometto che la troveremo. Non
credo sia in un’altra dimensione. Nel bene e nel male abbiamo
sempre portato a
termine le nostre missioni, no? Sì, c’è
sempre stato qualche ostacolo, ma ce
l’abbiamo sempre fatta, alla fine. E così
sarà anche questa volta!” la incitò
lui, più ottimista.
La ragazza,
però, sospirò, stanca: “Non so nemmeno
come ritornare nel mio mondo… o se voglio veramente
ritornarci...”
“Non puoi
restare qui, Jade! – esclamò lui, una punta
di irritazione nella voce - Non metterti in testa queste cose. Tu hai
un
compito da portare a termine!”
“L’ho
pensato soltanto per un secondo.... so
perfettamente che devo tornare in quell’inferno!”
“Non
pensare che io non ti voglia qui, perchè,
credimi, desidero stare con te per sempre più di ogni altra
cosa. Quando ti ho
vista nel locale, giuro che stavo per gettarmi giù dal
palco. Ho pensato che
fosse un’allucinazione, che il mio continuo pensarti ti
avesse resa reale per
poi svanire e lasciarmi un vuoto ancora più grande. Dirti
che non puoi restare,
mi fa male da morire, ma, dopo quello che mi hai raccontato su
ciò che state
passando, non posso essere così egoista da volerti tenere
qui. Capisci, vero?”
Gli occhi di lei si
riempirono di lacrime nel sentire
quelle parole: “Sì, hai ragione. Scusami....
– poi si asciugò gli occhi,
guardandosi intorno stupita – Wow, questo appartamento
è bellissimo!”
“Beh, un
piccolo regalo di questo bizzarro mondo!”
Allora Jade, curiosa,
si sedette sul suo letto e si
mise comoda: “Io ho detto qualcosa sul mio mondo. Raccontami
del tuo, adesso.”
“Non
c’è molto da raccontare, a dire il vero. Dopo che
sono morto, mi sono risvegliato proprio in quel letto e…
beh, sapevo che sarei
finito qui, ma una cosa è saperlo e un’altra
è viverlo. Ho fatto un giro della
casa e c’erano delle mie fotografie, poi sono uscito nel
pianerottolo e la mia
vicina mi ha salutato chiamandomi Derek e ho realizzato che ora mi
chiamavo
così...”
“Quindi ti
sei appropriato della vita di
qualcun’altro?”
“Non credo.
Penso, invece, che questo Derek abbia
iniziato ad esistere quando sono arrivato qui, anche se non so come
funziona
esattamente. So soltanto che dopo, confuso, sono rientrato nel mio
appartamento
e ho scoperto un diario che raccontava pagina dopo pagina la mia vita:
come
avevo conosciuto la mia vicina, come avevo trasformato la mia passione
per la
chitarra in una professione e tutta la vita che avevo vissuto prima.
Sono
praticamente piombato in una vita già in corso e ne ho preso
possesso...”
La ragazza, fino a
quel momento seria, improvvisamente
scoppiò a ridere: “Scusami, ma non riesco a
credere tu sia diventato una sorta
di chitarrista!”
Subito lui si
unì a lei: “Io SONO un chitarrista. Ed
anche molto bravo!”
“Quindi Kat
è la tua partner nel lavoro e basta,
giusto?” chiese allora lei, maliziosa, guadagnandosi
un’occhiataccia in
risposta.
“Non
c’è niente tra me e lei, smettila di guardarmi
così!”
“E allora
la tua cara cuginetta dall’Oregon, quale
vostro impegno ha mandato in fumo esattamente?”
“Dopo la
serata al locale avevamo in programma di andare
fuori a cena con alcuni amici. Tutto qui.”
Per qualche secondo,
dopo la sua risposta, cadde il
silenzio, poi Jade riprese a fare domande.
“E’
stato difficile ambientarsi qui?”
Lui
sospirò, triste, sedendosi accanto a lei sul
letto: “Come puoi farmi questa domanda? Certo che
è stato difficile! Molto.
Dopo aver salvato il vostro mondo, o almeno dopo aver pensato di averlo
salvato, sono stato catapultato in questa realtà dove non
conoscevo nessuno, ma
tutti sapevano chi ero. La prima notte è stata la
più dura: ero solo e lontano
da tutti voi, da tutto ciò che era fino a quel momento la
mia vita. Lontano da
te, soprattutto. Mi sembrava di essere finito in una grande prigione,
non in un
altro mondo. Avevo il terrore di dimenticare le vostre voci e i vostri
volti.
E’ stato orribile, ma il passare del tempo ha alleviato il
mio dolore e questa
vita mi ha tenuto distratto, tutto sommato. Non è male, alla
fin fine...”
Ancora una volta, la
ragazza si commosse ascoltando la
sua storia: “Mi dispiace, non immaginavo di essere quella
più fortunata. Di
essere quella che ha perso la persona che amava, ma che ha ancora i
suoi amici
e la sua vita. – poi gli accarezzò dolcemente il
volto con una mano – Mi far
star male sapere che eri qui tutto solo, mentre ti credevo morto. Ma,
d’altra
parte, se l’avessi saputo prima, non l’avrei
sopportato e avrei fatto di tutto
per venire qui da te.”
“Quindi te
l’hanno tenuto nascosto, ma John ora te
l’ha spifferato, non è vero?”
“Esatto!
Per un attimo ho pensato che volesse riparare
a tutti i suoi errori, invece mi ha solo usata. – a quel
punto la voce iniziò a
tremarle e le lacrime a rigarle le guance – La cosa
più brutta è che io avevo
promesso a mia nonna e a tutti gli altri di attenermi al piano e non
entrare
nel varco. Poi, però, la bambina è scappata e io
ho sperato che entrasse nel
varco con tutte le mie forze, così avrei avuto un pretesto
per andarle dietro.
Volevo solo rivederti e non pensavo ad altro. Ero talmente sollevata e
per un
breve istante sono stata grata a John, perché, se non
l’avesse fatto.... beh,
io non sarei qui a parlare con te, adesso...”
Lui, allora, le prese
la mano e la baciò: “Anche io
sono grato a quel bastardo, ma le nostre vite non seguono
più lo stesso
cammino. Non siamo più destinati a stare insieme, eppure...
eccoci qua a
guardarci negli occhi e parlare. Nessuno avrà mai questa
fortuna. Tuttavia, non
può durare e possiamo solo ringraziare gli eventi per aver
avuto l’opportunità
di avere il nostro vero addio…”
“Ma io non
voglio dirti addio…”
“Nemmeno
io, ma tu hai un destino da seguire e io
anche. Sfortunatamente, però, in due mondi diversi. Vorrei
tanto poter cambiare
le cose, ma non ho il potere di farlo. Di stare con la persona che
amo…”
Triste, lei
voltò il viso dall’altra parte: “Non
sono
più una persona, non mi ritengo più tale... Ho
fatto cose di cui non vado
fiera. Dopo la tua morte, ho completamente tagliato fuori tutti. Mi
sono
isolata, poi sono scappata e sono arrivata ad aggredire i miei amici.
Ero fuori
controllo e ho ucciso una persona che ormai lo era più di
me…”
Samuel, allora, le
mise una mano sul braccio per
consolarla: “Mi hai detto che era stato infettato dai
disordini e che stava
facendo del male a Zack e a quei demoni che stavate
proteggendo...”
“Sì,
ma era mio AMICO! Non lo avrei mai ucciso, se non
fossi diventata così fredda. Non avrei mai aggredito Brenda,
ignorandola
completamente, mentre stava passando l’inferno. E la
verità è che la tua morte
mi ha resa un mostro insensibile e cieco!”
Comprensivo, lui la
abbracciò: “Sei sempre la mia Jade,
io non ti vedrò mai come un mostro. MAI! Se la situazione
fosse stata
all’opposto, non so davvero cosa avrei fatto senza di te,
perciò non sei un
mostro. I veri mostri non ammettono mai di esserlo e non hanno
rimorsi.”
L’altra lo
guardò per qualche secondo in silenzio, poi
gli accarezzò ancora una volta il volto con dolcezza:
“Grazie di farmi sentire
bene, ne avevo bisogno. La tua assenza nella mia vita è
devastante…”
Vedendo la tristezza
nei suoi occhi, il ragazzo la
bacio e continuò a farlo a lungo. Poi, lentamente, si
sdraiarono e, spiati
soltanto dalla luna che filtrava attraverso le tende, passarono una
magica
notte insieme.
Alle prime luci
dell’alba, quando Jade si svegliò,
Samuel non era più nel letto e, quando si
sollevò, coprendosi con le lenzuola,
lo vide fuori sul balcone. Era a torso nudo e osservava
l’alba, quando gli
arrivò alle spalle, abbracciandolo da dietro e appoggiando
le mani sul suo
petto.
“Ti piace
l’alba, qui?” le chiese.
“Sì,
se ci sei tu a guardarla con me. Le altre che ho
visto sono tutte insignificanti, anche se meravigliose e non credo che
capiterà
ancora…”
“E invece
dovresti guardarle tutte così! Sarà il
nostro modo per ricordarci. Quando guarderai l’alba, infatti,
saprai che, da
qualche altra parte, lo starò facendo anche
io…”
“Questa
è l’alba di un nuovo mondo, non del mio. Non
potranno mai essere identiche, né potrà mai farmi
sentire bene come ora,
però... almeno saprò che sei vivo e che pensi a
me in questo momento della
giornata. E mi basterà.”
“Basterà
anche a me…” aggiunse lui e i due rimasero in
silenzio a guardare quell’alba, forse l’ultima
assieme.
Quando il sole fu
abbastanza alto, la ragazza parlò di
nuovo: “Facciamo colazione? Voglio preparartela io!”
Lui si
voltò a guardarla, incredulo: “Che razza di
stregoneria è mai questa?!? TU sai cucinare?”
“Qui non
c’è magia, ricordi?” replicò
lei, correndo
via divertita, ma subito Samuel la inseguì.
“Ora ti
prendo e mi spieghi chi diavolo ha avuta la
pazienza di insegnarti!”
E i due continuarono
a stuzzicarsi, preparando la
colazione tra risate, sorrisi e spensieratezza.
Più tardi,
quando erano ormai vestiti e sazi, qualcuno
suonò alla porta.
“Chissà
chi è! – chiese lei, sarcastica - Forse la
vicina innamorata del ragazzo della porta accanto?”
“Ci hai
preso, sai? – rispose lui, andando ad aprire -
Credo sia veramente innamorata di me e il numero di torte che mi ha
portato
finora lo dimostra...”
Lei lo
guardò, improvvisamente seria: “Quante
torte?”
Ma ormai era tardi e
lui aveva già aperto la porta:
era Kat, la sua collega.
Subito la donna
notò che era ancora in compagnia: “Oh,
– esclamò, entrando - avevo dimenticato che
c’era la cugina dall’Oregon! Non
volevo piombare così presto, ma… Samuel, ho le
bozze di qualche canzone per le
prossime esibizioni. Sono stanca di travestirmi da cantanti celebri e
fare
cover, voglio essere me stessa e magari avere successo!”
“Giusto!
– commentò Jade, alzandosi e avvicinandosi a
lei – Comunque, io sono… Avril! E tu devi essere
Kat... Ieri non ci siamo
presentate, andavi abbastanza di fretta, o sbaglio?”
Il ragazzo le
lanciò un’occhiataccia, sentendo il
nome, ma non fiatò.
“Sì,
scusami, – rispose la donna - ma ero già in
ritardo. Spero che la tua permanenza a Brooklyn sia gradevole, ma ti
avverto:
questo tizio qui – e indicò Samuel –
parla continuamente della sua precedente
ragazza. Ho praticamente rivalutato l’utilità dei
tappi per le orecchie!”
Jade rimase colpita
da quella rivelazione, ma cercò di
rimanere indifferente e continuò a parlare: “Oh,
ma certo... QUELLA ragazza! Sì
sì, Samuel ne parla sempre anche a me! – subito si
rese conto dell’errore e
cercò di ignorare l’occhiata perplessa di Kat
– Cioè... Derek! Samuel è il mio
ragazzo. Anche lui ascolta sempre i suoi racconti.”
“Già,
racconta di lei a tutti. Mi ha riempito la testa
a tal punto da raccontarlo anche al mio gatto! Insomma, cosa vuoi che
interessi
ad un animale? – scoppiò a ridere - Vedi? Mi fa
sentire una stupida, così!”
Jade si
unì a lei: “No, tranquilla!”
Kat, allora,
tornò verso la porta: “Avril, è stato
un
piacere conoscerti e parlare con te, ma ora devo andare ad uno dei miei
tre
lavori e nella classifica dei lavori umilianti di Kat Gordon
è quello che odio
di più! – poi puntò un dito verso
Samuel – Tu non dimenticarti di guardare
quelle bozze, chiaro?”
Lui annuì,
intimorito, mentre la ragazza la salutava.
“Ciao,
anche per me è stato un piacere!” e, con un
sorriso, Kat si congedò.
Appena la porta si
chiuse alle sue spalle, Samuel si
girò verso Jade e la guardò in modo strano, in
attesa di spiegazioni.
“Avril?”
“Che
c’è? Tu ti chiami Derek, qui, perciò
anche io
volevo un nuovo nome. Devo pur attenermi alle regole di questo nuovo
mondo,
no?”
Lui
sbuffò, roteando gli occhi e prendendo i caschi:
“Allora andiamo a cercare la bambina, Avril!”
E uscirono.
“Comunque,
– aggiunse lei, mentre chiudevano la porta
- la tua amica mi piace, mi sembra una tipa forte!”
“Lo
è! Mi ricorda un po’ Brenda!”
“A
proposito, non mi hai detto quante torte ti ha
fatto quella!”
“19 in un
mese è il suo record!”
“Okay,
è sicuro: è ossessionata da te!”
Pochi minuti dopo, i
due erano in moto e stavano
girando la città.
“Dove
potremmo cercarla?” chiese la ragazza.
“Non lo so,
non la conosco così bene da poter capire
dove possa essere andata...”
“Nemmeno
io, l’ho rapita ieri pomeriggio da scuola!”
“Guarda che
Brooklyn è grande, perciò pensaci bene!”
“Mmmmh…
– rifletté attentamente lei - Mona voleva solo
stare con i suoi genitori e John le ha detto che erano
dall’altra parte del
varco. Se è ricomparsa come me in quel parcheggio, forse ha
cercato… un parco,
simile a quello dove ci trovavamo prima di arrivare qui!”
“Allora
dimmi dov’è questo parcheggio così
rintracciamo il parco più vicino!”
esclamò lui, accelerando e allora lei,
tramite gesti, gli indicò passo passo la strada.
Dopo qualche minuto,
finalmente giunsero al parco e
poterono iniziare a cercare Mona.
Jade era molto
preoccupata: “Se non la troviamo qui,
non saprei dove altro cercarla...”
“Non
è detta l’ultima parola, dai!”
provò a
tranquillizzarla lui, ricevendo in cambio un sospiro.
Intanto, la ragazza
aveva iniziato a guardarsi intorno
ammirata, catturata dalla bellezza del parco e delle sue piante, che
iniziò a
sfiorare con le dita.
“Certo che
questo mondo è davvero simile al nostro,
ora che ci faccio caso, sai?”
“Ma questo
mondo E’ simile al nostro, anzi identico!
Non siamo su Second life, Jade: i fiori
profumano, le foglie sono
vere e l’acqua è fredda se la tocchi.
L’unica differenza è che non esiste la
magia, né i demoni, le streghe e qualunque altra creatura
soprannaturale. Io,
infatti, sono semplicemente un essere umano e in parte è
meraviglioso, perché
la mia natura demoniaca è completamente svanita e anche la
sua tragica storia,
in un certo senso.”
Lei, però,
rimase molto perplessa ascoltando le sue
parole: “Se questo mondo è identico al nostro,
significa che ci sono anche io?
Insomma, non riesco a capire!”
“Circa due
settimane dopo il mio arrivo qui, sono
partito per cercarti. Sono andato a Morney Hill con la speranza di
ritrovarti
in qualche modo. Purtroppo, però, non è andata
come speravo: la tua casa non
esisteva e nemmeno tu o tua nonna. Credo che chi sia sovrannaturale nel
nostro
mondo, qui non esista, perchè Brenda, invece,
c’era...”
Negli occhi della
ragazza si dipinsero sorpresa e
incredulità: “Cosa?!? Davvero?”
“Sì,
davvero. Peccato, però, che non avesse la minima
idea di chi diavolo fossi, così me ne sono andato. Era
totalmente diversa dalla
Brenda che ho conosciuto.”
Jade, alquanto
dubbiosa, rifletté in silenzio per
qualche secondo, prima di parlare nuovamente.
“E’
come se il mondo autentico fosse questo, mentre
quello dove ci siamo tutti noi ne fosse la brutta copia. Forse questo
mondo
rispecchia tutto ciò che doveva essere fin
dall’inizio: un mondo normale!”
“Non lo
so... Credimi, Jade, questo mondo sarà anche
normale e privo di magia, ma nasconde tantissimi misteri che ancora non
riesco
a comprendere.”
“Sai, mi fa
sentire come se non fossi reale,
dall’altra parte. Come se fosse tutto un mondo inventato,
mentre questa è la
realtà.”
“In
effetti, vivere nel nostro mondo e poi venire qui
ti fa davvero riflettere. E se fosse realmente così che
doveva andare? E se
fosse proprio il mondo soprannaturale che in principio non doveva
esistere?
Insomma, mi sono posto parecchie domande da quando sono
qui...”
“Suppongo
che non sapremo mai la verità su questi
mondi…” commentò lei, sospirando.
“Suppongo
proprio di no... – disse lui, d’accordo con
lei, per poi ridacchiare – a malapena sappiamo chi
siamo…”
“Quello che
non capisco, però, è: perché Brooklyn?
Cosa c’è di particolare qui?”
Samuel
accennò un sorriso: “Me lo sono chiesto anche
io, poi mi sono ricordato che la risposta è abbastanza
ovvia: qui è dove ho
incontrato per la prima volta un mio caro amico. Si chiamava Jackson
– Jade
sgranò gli occhi nel riconoscere il nome, ma tacque
– ed era un demone come me.
Facemmo amicizia e legammo a tal punto da considerarci fratelli. Fummo
accolti
insieme nel Clan di un certo Barnès e poi… beh,
la storia la conosci, no?”
“Certo!
Quindi Brooklyn è un simbolo, ma cosa c’entra
io? Perché sono finita qui e non in un luogo che
simboleggiasse qualcosa per
me?”
“Credo che
il tuo amore sia stato più forte dei
simboli. Volevi disperatamente rivedermi e perciò sei
piombata qui, perché IO
sono qui!”
“Forse... o
forse c’è un’altra
spiegazione…”
Lui
continuò a sorridere: “Piuttosto... –
esordì dopo
qualche secondo di silenzio - ma la mia macchina? Ti prego, dimmi che
non l’hai
regalata a Terence o Zack!”
“Beh,
l’ho guidata io, o almeno ci ho provato. L’ho
sempre tenuta con me da quando non ci sei più, nel garage di
casa mia” gli
spiegò, mentre si lanciavano uno sguardo romantico.
In quel momento,
Samuel si accorse subito di una
bambina sdraiata su una panchina poco lontano e subito
avvertì Jade.
“Guarda!
Forse l’abbiamo trovata!”
Subito
l’altra si girò a vedere, per poi esultare,
incredula: “Oh mio Dio, è lei!”
esclamò, prima di correre verso di lei.
“Monaa!”
e, una volta vicino a lei, cercò di scuoterla
per svegliarla, ma Samuel la fermò subito.
“No, no,
lasciala dormire. Poverina... dev’essere
stanca e impaurita, non la convincerai mai a tornare con te in queste
condizioni.” e, delicatamente, la prese in braccio.
“E’
arrivato il momento per voi di ritornare a casa. –
aggiunse - Per ogni minuto che resti qui, non sai quanto tempo passa
nel vostro
mondo e stiamo parliamo di viaggi dimensionali, durante i quali
c’è sempre una
variazione del tempo...”
Lei, preoccupata,
iniziò subito ad agitarsi: “Aspetta,
tu da quanto tempo sei qui?”
“Un anno,
ormai.”
“COSA?!?
Non è possibile, da noi sono passati a
malapena cinque mesi!”
“Stai
calma, sei in questo mondo solo da poche ore,
quindi stiamo parlando di qualche giorno nel tuo, massimo due
settimane.”
Jade
sospirò, per nulla tranquilla: “Non mi sembra
tanto…”
“Sì,
ma se continui a rimanere qui ne passerà sempre
di più, quindi dovete andarvene subito!”
“Torniamo
in quel parcheggio, allora!” esclamò lei
dopo un po’, per nulla contenta di tornare indietro.
Parcheggio del
supermercato, Brooklyn
Il momento era ormai
giunto: Jade e Samuel dovevano
dirsi addio per sempre, stavolta, consapevoli che le loro strade si
sarebbero
divise e mai più incrociate. Benché riluttante,
la ragazza tentò di riaprire il
varco leggendo l’incisione sul suo anello, mentre Samuel
teneva in braccio la
bambina.
“Dimensiva nexu,
transitus futuri saeculi...”
Entrambi rimasero in
attesa, ma invano: non accade
nulla.
“Allora?
Niente?” chiese lui, vedendola perplessa.
“Non lo so,
non funziona. Forse dipende dal mondo in
cui mi trovo, qui la magia non…”
Improvvisamente,
mentre parlava, il varco si aprì,
generando un lieve venticello.
Il ragazzo la
guardò, non sapendo cosa fare: “Ehm…
credo sia arrivato il momento, sai?”
Lei gli si
avvicinò, triste:
“Già!”
Lui, allora, era
pronto a passarle la bambina, ma fu
fermato prima che potesse farlo: “No, aspetta, Samuel! Non
posso andarmene
senza averti raccontato tutta la verità!”
“La
verità su cosa?”
L’altra si
tormentò le mani, nervosa: “Sul perché
sono
cambiata e sono arrivata ad aggredire i miei amici. Sul
perché ho ucciso Rick,
la persona con cui ho condiviso una fantastica amicizia, anche se
breve.”
“Ti
ascolto…”
“Prima mi
hai parlato di Jackson. Ecco… io... non ti
ho detto di averlo conosciuto. – Samuel sgranò gli
occhi – I demoni che il
Consiglio protegge, sono quelli del Clan di
Barnès.”
Lui abbassando lo
sguardo, incredulo e senza parole:
“Santo cielo…”
Lei, però,
non gli lasciò il tempo di dire altro e
continuò: “Sapevo come ti avevano trattato e,
quando ho scoperto chi erano, non
ci ho visto più. Solo che... a dirmelo è stato
John e io ho fatto esattamente
quello che voleva lui: farmi consumare dalla vendetta. Subito dopo
è stato
coinvolto anche Rick, che aveva dei conti in sospeso con questo
Barnès: il
demone, infatti, ha ucciso una persona a lui molto cara. –
ricordando tutta la
storia, la ragazza scoppiò a piangere – Anche lui
si è fatto prendere dalla
vendetta e si è trasformato in un mostro che non riusciva a
combattere.
Fortunatamente, io ne sono uscita, abbandonando quel desiderio di
vendetta
grazie a Brenda e… Jackson. Quando mi ha vista, si
è praticamente buttato in
ginocchio per supplicare il mio perdono, pentito di non aver fatto
nulla per te
e di essere stato fermo a guardare mentre Wolf ti portava
via…”
Nel sentire la sua
confessione, anche le guance di
Samuel si rigarono di lacrime: “Ti prego, –
sussurrò - fagli sapere che lo
perdono per tutto e che sarà sempre nei miei pensieri e nel
mio cuore, che
rimarrà sempre il fratello che non ho mai avuto...”
Jade
annuì: “Lo farò, ma vorrei tanto aver
salvato
Rick. Non sono riuscita a placare la sua vendetta, come è
successo a me. Mi
sento responsabile della sua morte e non riuscirò mai a
togliermi questo peso
dalla coscienza...”
“Ma non
è colpa tua, Jade! Sono le circostanze a
determinare il nostro destino, non le persone! Se non
l’avessi conosciuto, lui
avrebbe scoperto comunque della presenza di Barnès a Morney
Hill. L’unica
differenza è che l’avresti ucciso senza conoscere
la sua storia e la persona
che era. Capito? – lei annuì – Ora,
però, devi andare!”
“Ma...
ma... io non voglio andarmene!” urlò lei, in
preda a una crisi di pianto.
“E invece
devi!” continuò a insistere lui, passandole
la bambina.
“D’accordo,
ma non dimenticarmi, ti prego!”
Lui sorrise fra le
lacrime: “Porterò questa tua ultima
visita nel cuore, sperando che la tua vita sia lunga e
felice… –
improvvisamente prese il telefono – Ah, aspetta!”
“Cosa stai
facendo?”
“Ti scatto
una foto, no? Sai, io non ne ho di tue,
qui, mentre tu ne hai molte di me a casa tua e voglio conservare questo
ricordo.”
Commossa, Jade si
avvicinò e, dopo essergli saltata al
collo, gli stampò sulle labbra un bacio con tutto
l’amore che provava per lui.
Poi, senza aggiungere altro, si incamminò verso il varco con
la bambina in
braccio, in lacrime.
“Devi
essere forte, Jade! – le urlò lui - Devi amare
le persone che ti circondano e apprezzare la vita in tutto e per tutto,
anche
se ti ha portato via qualcosa a cui tenevi profondamente. Devi
combattere,
essere la ragazza determinata che ho conosciuto. Sono sicuro che
porterai a
termine la tua ultima battaglia, salvando tutti! Perciò non
deludermi, ok? E
saluta tutti da parte mia!”
A quel punto, lei
arrivò davanti al portale e, dopo
essersi voltata verso di lui soltanto per un attimo per vederlo
salutarla con
la mano, in lacrime, sussurrò: “Ti
amerò per sempre…”
Lui le sorrise:
“Ti amerò per sempre anche io. Addio,
Jade!”
“Non
smettere mai di credere nella magia, Samuel. Chissà,
magari questo non è un vero un addio, magari ci rivedremo
ancora…”
“Lo
spero… Io non smetterò mai di crederci, te lo
prometto!”
Poi, finalmente Jade
entrò nel varco, lasciandolo
nuovamente solo.
Mondo soprannaturale
–
Morney Hill
Jade venne espulsa
nuovamente dal varco e si ritrovò a
Morney Hill. Mona dormiva ancora, placidamente addormentata tra le sue
braccia
e la ragazza la osservò per assicurarsi che stesse bene.
Distogliendo lo
sguardo da lei, però, si accorse dello scenario che aveva
davanti: la città
sembrava deserta e completamente devastata. Si trovava in un quartiere
residenziale e intorno a lei le macchine erano in fiamme e le case
distrutte da
atti vandalici.
Mentre camminava per
quelle strade, si guardò intorno
sconcertata, incapace di capire cosa era successo e dove erano finiti
tutti.
Improvvisamente, decise di avvicinarsi ad una delle abitazioni per
cercare
qualche sopravvissuto. Entrò nella veranda di quella
più vicina e adagiò Mona
sulla panchina di legno che c’era accanto alla porta. Poi,
bussò.
“C’è
qualcuno? – chiamò - Se c’è
qualcuno, mi apra,
per favore! Mi sentite?”
Ma non ricevette
risposta e dovette fare i conti con
il fatto che l’abitazione era vuota, come il resto della
città. In quel
momento, il giornale sul portico attirò la sua attenzione e
perciò subito lo
raccolse, curiosa.
“Data
odierna: 24 Gennaio 2016? Ma è tra
circa tre mesi! Sono finita nel futuro, come può
essere...?”
Con la
consapevolezza, ora, di essere tornata nel
posto giusto, ma nel momento sbagliato, Jade si chiese cosa mai potesse
essere
accaduto in quei tre mesi per arrivare a tanta distruzione. Ma,
soprattutto, si
chiese come avrebbe fatto a tornare indietro per porvi rimedio.
Inspiegabilmente,
però, non ebbe il tempo di chiedersi
altro, perché all’interno del giornale
c’era anche qualcos’altro: un biglietto
con su scritto“Per Jade, se vuoi tornare a
casa.“
Dopo averlo letto la
ragazza rimase perplessa e subito
si guardò attorno, preoccupata. Qualcuno le aveva lasciato
quel biglietto, come
se avesse saputo della sua presenza, come se avesse saputo che sarebbe
stata lì
in quell’esatto istante. Poi, dopo un’ultima
occhiata, aprì il biglietto per
conoscerne il misterioso contenuto…
(Fine della prima
parte
di stagione)
CONTINUA NEL
DODICESIMO
EPISODIO
Testo
a cura di Lady Viviana.
ANGOLO AUTORE: La prima parte
della terza stagione si è ufficialmente conclusa e con
questo finale di metà stagione ci lascia con un grande
mistero: Cosa sarà successo a Morney hill nel futuro? Jade
riuscirà mai a tornare indietro? E cosa conterà
il misterioso messaggio? Demon & Witch andrà in
pausa per tre settimane e tornerà Giovedì 23
Luglio con il primo episodio della seconda parte di stagione, dove
finalmente potrete scoprire come continua la storia e avviarvi verso la
trama finale. ATTENZIONE: SABATO 18 LUGLIO, VERRA' PUBBLICATA UNA
ONE-SHORT DEDICATA A SAMUEL E AL SUO ARRIVO NEL MONDO SENZA MAGIA. Non
farà parte dei capitoli della terza stagione, ma
verrà pubblicato come una storia a parte, perciò
dovrete entrare nel mio profilo e trovarla in elenco. La one-short si
intitolerà "Samuel in the Land Without Magic" e
sarà disponibile in quella data. Detto questo, ricordate di
lasciare un commento se questo episodio vi è piaciuto, ci
rivediamo qui tra tre settimane esatte, non mancate. Buon mese stregato!
|
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Capitolo 12 *** 3x12-La scatola mistica ***
CAPITOLO DODICI
"What's in the Box Instill Mysticism?"
Morney Hill - 24 gennaio
2016
Dopo aver abbandonato
il mondo senza magia, Jade si
era ritrovata nel futuro in uno scenario apocalittico, con Morney Hill
devastata e in fiamme. Perplessa, si era subito guardata attorno
attentamente,
scoprendo che qualcuno le aveva lasciato quel biglietto, quasi avesse
saputo
della sua presenza lì in quel preciso istante. Ovviamente,
lo aveva aperto
subito per conoscere il suo misterioso contenuto.
“Non
restare qui un minuto di più, rischi di modificare il corso
degli
eventi. Non appena vedrai una scia alle tue spalle, prendi Mona e corri
verso
il nuovo varco che si aprirà. Tornerai nel presente,
esattamente nel punto in
cui ti trovavi prima di andare nel mondo senza magia. Fidati di
me.”
Jade era sempre più confusa e rimase a lungo, immobile, con
il biglietto fra le
mani. Poi, ad un certo punto, si alzò una potente brezza,
che fece voltare la
ragazza verso la strada: una scia velocissima e luminosa come un
fulmine passò
attraverso il quartiere, talmente veloce da rompere la barriera del
suono e
aprire un varco. Jade non sprecò neanche un secondo a
chiedersi cosa o chi
fosse: subito prese Mona in braccio e corse verso il varco,
abbandonando
finalmente la Morney Hill del futuro.
Morney Hill
– Presente
Jade fu nuovamente
espulsa dal varco un attimo prima
che si richiudesse, ritrovandosi nel parco in cui aveva incontrato
John. Era
notte e, stranamente, non c’era nessuno nei dintorni.
Dov’erano finiti i suoi
amici?
Non conoscendo la
risposta, subito si voltò per
andarsene, quando notò che dietro di sé, a terra,
c’era una scatola di legno
dipinto molto antica. Perplessa, si guardò intorno, non
capendo da dove
provenisse: c’era anche prima del suo arrivo? Nel dubbio, la
prese e corse via,
diretta verso casa sua. Durante il tragitto, notò, con
sollievo, che la città
era tornata normale.
Finalmente, qualche
minuto, arrivò davanti al suo
cancello e, dopo essere rimasta in piedi a fissarla per qualche attimo,
si era
diretta verso la porta. Quando bussò, però, non
le rispose nessuno. Allora,
posò la bambina e la scatole su una delle sedie in veranda e
poi provò
nuovamente.
“C’è
nessuno? – chiamò - Nonna? Brenda?”
Improvvisamente, alle
sue spalle, qualcuno esclamò: “Jade!”
Voltandosi, vide che
si trattava di Zack e, dopo aver
scambiato con lui un lungo sguardo, gli corse incontro, abbracciandolo
emozionata.
“L’ho
visto! – urlò - L’ho visto, Zack! Ho
incontrato
Samuel e sta bene!”
Lui la strinse forte
a sé: “Sono felice che tu sia
qui… Pensavo che non saresti più ritornata e ho
fatto di tutto perchè tu
potessi farlo...”
Sentendo quelle
parole, Jade si staccò, perplessa:
“Cosa vorresti dire?”
“Ho trovato
il sotterraneo in cui John teneva le ossa
di Samuel e, dato che so come funziona la procedura degli anelli, ho
recitato
la formula incisa su quello che aveva al dito.”
Lei lo
guardò, sempre più confusa: “Aspetta,
quindi
hai aperto tu il varco che mi ha riportata indietro? Pensavo di essere
stata
io, anche se non è successo subito dopo che ho pronunciato
la formula.”
“No, eri in
un mondo privo di magia, non avrebbe mai
potuto funzionare.”
Jade
annuì, capendo finalmente come era andata, poi si
guardò intorno ancora una volta.
“Quanto
sono stata via?” chiese.
“Una
settimana circa.”
“Sono
rimasta soltanto poche ore in quel mondo! Cos’è
successo qui nel frattempo?”
Per qualche secondo,
sui due cadde il silenzio, mentre
il volto del ragazzo si incupiva.
“Jade,
purtroppo non ci sono buone notizie... Mentre
eri via, io ho passato tutto il tempo a cercare il luogo in cui John
aveva
portato le ossa di Samuel. Ero a conoscenza di alcuni luoghi
frequentati da
lui, ma non erano lì; poi, mi sono ricordato della tenuta.
Brenda, Terence e
Noa, invece, hanno cercato le streghe scomparse... le hanno trovate, ma
hanno
avuto una specie di scontro con loro nella foresta e quelle sono
riuscite a
fuggire, perchè hanno usato la magia contro di
loro.”
La ragazza si mise le
mani davanti alla bocca,
preoccupata e sotto shock: “Oh Dio, stanno bene?”
“Non
preoccuparti. Brenda ha una piccola parte del
braccio ustionato, ma non è nulla di grave.”
“E mia
nonna? Hai saltato mia nonna: dov’è? Pensavo
fosse a casa, devo parlarvi di un sacco di cose!”
A quel punto, a lui
mancarono le parole per
proseguire: “Ehm, Jade, non so come dirtelo, ma... tua nonna
non... non sta
molto bene...”
“Perché?
Cosa le è successo?” chiese subito lei,
allarmata.
“Sembra che
la faccenda di John rinchiuso nella sua
mente, le sia sfuggita di mano, perlomeno le sue
conseguenze...”
“Cioè?”
“La sta
facendo impazzire, Jade. Non so che percezione
abbia lei di tutto questo, ma in pratica lui c’è
sempre, anche se per noi è
semplicemente svanito. Non dev’essere divertente avere una
voce nella tua testa
che non smette mai di parlare... Soprattutto se quella voce
è John Rockland!”
“Oh, mio
Dio.... Voglio vederla, portami subito da
lei! Dov’è adesso?”
“Ad
Alkaban, ma ha chiesto di farsi isolare in una
stanza per non fare del male a nessuno. Sai, a volte non capisce quale
è la realtà
e quale no...”
Lei annuì,
tornando in veranda: “Okay, allora prendo
la bambina e andiamo!”
Subito, lui la
seguì: “Dalla a me, la tengo in braccio
io. D’accordo?” e prese la bambina in braccio,
lasciando che la ragazza si
allungasse per recuperare la scatola.
Ovviamente, Zack lo
notò immediatamente: “E quella
cos’è?” le chiese.
“Un
souvenir del viaggio! – rispose sarcastica, per
poi tornare subito seria – In realtà, non ne ho
idea, l’ho trovata per terra
accanto a me quando sono uscita dal varco.”
“L’hai
aperta?”
“No, non mi
sono neanche azzardata. Francamente non mi
ispira molto, anzi, mi mette angoscia, perciò preferisco
sentire l’opinione di
Marcus e Foxi, prima di fare qualcosa.”
“D’accordo.
Dai, attaccati a me, allora, così ci
teletrasportiamo ad Alkaban!” e, pochi secondi dopo, i tre
svanirono.
Fast food “Astroburger”
Noa era al bancone,
pronto a pagare il cibo che aveva
preso, mentre la cameriera metteva tutto quello che aveva ordinato in
una
busta.
“Sono 14
dollari e 99 centesimi.”
Lui tirò
fuori due banconote dal portafoglio:
“Accidenti, ho preso troppa roba per una persona sola.
– commentò, sorridendole
- Tenga il resto!” e si voltò per andarsene.
Quando si
girò, però, con sua grande sorpresa si
imbatté in Wes.
“Ehi,
– esclamò il ragazzo, notandolo -
com’è piccolo
il mondo! Guarda chi si rivede...”
Noa sorrise:
“Ehi, ciao! E io che pensavo di essere
l’unico studente a mangiare all’Astroburger! Sai,
vanno tutti al FastBurger
visto che… – e conclusero insieme la frase
– ... dopo il secondo hamburger, la
bibita è gratis!”
“.... dopo
il secondo hamburger, la bibita è gratis!”
I due scoppiarono a ridere.
“Sei da
solo?” gli chiese poi Wes.
“A dir la
verità, sì. Sono entrato solo per comprare
due cosette da mangiare in auto, visto che mi sentirei ridicolo a
sedermi ad un
tavolo da solo!”
“Beh,
– commentò l’altro, avvicinandosi al
bancone –
se vuoi prenderne uno, ti faccio compagnia io. In due non è
più così tanto
ridicolo, giusto?”
“Suppongo
di no!” replicò Noa, sorridendo.
Qualche minuto più tardi, erano finalmente seduti a un
tavolo a mangiare,
aggiornandosi sulle ultime novità fra un boccone e
l’altro.
“Come mai
non sei con la tua amica Brenda, stasera? –
chiese Wes ad un certo punto - Pensavo foste sempre insieme, visto che
saltate
anche le stesse lezioni!”
“Siamo
stati impegnati a combattere con un gruppo di
streghe ribelli. Per poco non mi ustionavano la pelle con un getto di
calore,
perchè sono parecchio pericolose, quando ci si mettono.
Brenda, però, non è
stata altrettanto fortunata, perchè l’hanno presa
ad un braccio, anche se non è
niente di grave. Adesso, infatti, è già in
appostamento con il suo ragazzo nel
bosco a cercarle.”
“La solita
routine, insomma” commentò Wes,
comprendendo la situazione, ma l’altro sospirò,
esausto.
“Non direi,
sono successe molte cose e ogni giorno è
sempre più dura, perchè c’è
sempre qualche nuovo problema. Non è come quando
sono arrivato…”
“Mi
dispiace... Dev’essere una bella fregatura non
poter lasciare la città, eh?”
“Parli di
me, per caso? Oh, no, no, io non sono
bloccato qui! Solo gli esseri soprannaturali non posso lasciare la
città e io
non lo sono.”
L’altro,
nel sentire le sue parole, rimase ancora più
perplesso: “E perché continui a rimanere, allora?
Sei costantemente in
pericolo, qui! E poi, se fossi stato in te, dopo quello che abbiamo
passato con
quel folle che ci ha rapiti, sarei scappato subito da qui a gambe
levate!”
“Sai, Wes,
non sono uno che scappa... Forse ho
ereditato il gene del rischio da mio padre, ma non sono uno che scappa.
Potrei
farlo, certo, ma come mi sentirei dopo aver abbandonato la mia amica e
tutti
gli altri? Anche Brenda è umana, eppure non si tira indietro
davanti a nulla.
Io non sono fatto per stare dietro le quinte e tu non hai alcun impegno
rispetto a me: puoi andartene, finchè sei in tempo, visto
che sei l’unico a
sapere che questa città non è sicura.”
“Non lo so,
non sento il bisogno di voler andarmene da
qui, anche se adesso so che è pericolosa...”
Noa sorrise,
sentendosi molto stupido: “Francamente,
pensavo che essere rapito e torturato ti avrebbe traumatizzato. Invece,
sembri
stare meglio di quanto pensassi!”
L’altro gli
lanciò un’occhiata strana:
“Chissà...
magari c’è qualcosa che riesce a distrarmi da
quell’esperienza… qualcosa di
affascinante, che non ho mai visto prima. Qualcosa di
ignoto...”
Il ragazzo, confuso e
a disagio, distolse lo sguardo:
“Già, scoprire che esiste un mondo soprannaturale
può affascinare parecchio...”
“Ehm... non
mi riferivo a quello, a dire il vero…
Comunque, anche la magia mi affascina! Quando mi avete salvato e sono
tornato
in città, i miei genitori e Corinne erano preoccupatissimi
per la mia
scomparsa. Poi, però, quando ho dato loro quella pozione,
sono cambiati: non
ricordavano più nulla, come se non fossi mai andato via.
E’ stato
indescrivibile!”
Noa non
poté non notare la passione e l’entusiasmo con
il quale il ragazzo aveva detto quelle ultime parole: “Non
vorrai mica
interessarti alla magia!” esclamò.
“Perché
no? Gli apprendisti esistono per imparare e
qui ci sono parecchie persone che posso insegnarci. Saresti
più d’aiuto, se
imparassi qualcosa, non credi?”
“Io sono
più per l’azione che per la teoria, a dire il
vero” replicò l’altro.
“Ma la
teoria è azione, quando la metti in pratica. Ed
è molto più pericolosa!”
I due, allora, si
scambiarono un sorriso e, insieme,
continuarono a mangiare.
Foresta presso la Zona Est della cupola
Terence e Brenda
stavano facendo un giro notturno in
cerca delle streghe, anche se la ragazza accusava un dolore al braccio
e
continuava a toccarsi il punto in cui era coperto dal bendaggio.
Vedendo i suoi
gesti, l’uomo si preoccupò subito per lei.
“Ti fa
male?”
“E’
solo un po’ di fastidio, fortunatamente non mi
hanno ustionato tutto il braccio. Il tuo, invece, come sta?”
Lui tirò
su la manica e glielo mostrò: “Ho sopportato
di peggio!” rispose, ma la preoccupazione negli occhi di lei
c’era ancora.
“La nostra
connessione è sempre più forte... La tua
ferita non sarà grave quanto la mia, ma ci è
vicina...”
“Non
preoccuparti, la prossima volta staremo più
attenti, ok?”
“Se rivedo
la stronza che ci ha fatto questo, giuro
che la trascino ad Alkaban per i capelli!” replicò
lei, ancora furiosa per
quanto successo.
L’altro
cercò di cambiare discorsi, guardandosi
intorno attentamente: “Si saranno accampate qui da qualche
parte, quindi
teniamo gli occhi aperti!”
Brenda
sbuffò: “Spero che Zack sia riuscito a far
tornare Jade, almeno potrà aiutarci. Non voglio rimanere
sfigurata o correre
come una pazza con i capelli in fiamme!”
“Già,
ci farebbero comodo i suoi mostruosi poteri!”
concordò lui, per poi continuare la ronda.
Intanto, poco lontano
da loro, nell’accampamento di
Barnès era in corso un esperimento. Tamara,
Barnès, Raul e Dex, infatti, erano
accanto al corpo disteso al suolo di Klen.
Poco fiducioso, il
capo dei demoni si rivolse alla sua
collega: “Siamo sicuri che questa cosa
funzionerà?”
“DEVE
funzionare! E poi, io mi fido di Klen.”
Improvvisamente, Klen
li chiamò: era finalmente al di
fuori della cupola grazie alla proiezione astrale. Subito,
spiegò loro cosa
dovevano fare.
“Ora dovete
concretizzare la mia proiezione, affinché
possa restare da questa parte più a lungo. Procedete come vi
ho chiesto di
fare, ok?”
Allora, Tamara prese
fra le mani un foglio, pronta a
recitare una formula, mentre il demone metteva le mani sul corpo della
ragazza:
con una le tappo il naso, con l’altra la bocca. Dex, invece,
si avvicinò,
prendendole il polso per monitorare i battiti.
“Non appena sarò vicina alla morte, leggi
l’incantesimo, Tamara!”
Pochi secondi dopo,
Dex li avvisò: “Okay, sta morendo!
Il suo cuore sta per fermarsi.”
La strega lesse
immediatamente l’incantesimo: “Nel
momento della morte, io blocco la
tua sorte. Tenuta in sospeso nella trappola astrale, rendo il tuo corpo
concreto e reale...”
Nello stesso momento, fuori dalla cupola, Klen passò da un
corpo che sembrava
essere astratto e trasparente ad uno concreto, lasciando il gruppo
sotto di lei
incredulo e sconvolto.
“Ha
funzionato!” esclamò Dex e tutti corsero verso la
parete della cupola a parlare con lei.
Barnès fu
il primo ad arrivare: “E adesso? – le chiese
- Cosa farai?”
“Ora che posso restare qui fuori più a lungo,
andrò a consultare altre streghe
e altri libri per trovare una soluzione per annullare la cupola
sanguinea.
Tenete al sicuro il mio corpo, nel frattempo,
d’accordo?”
“Non lo
chiedere neanche, sta tranquilla!” le rispose
Tamara.
Klen
sospirò: “Bene! Allora vado, auguratemi buona
fortuna!” e se ne andò, scomparendo tra le piante.
Gli altri
all’interno, allora, tornarono subito verso
le tende.
“Spero non
ci metta troppo!” commentò il demone.
“Ci
metterà il tempo che ci vuole!” replicò
la strega,
accanto a lui.
Alkaban
Quando Jade e Zack
entrarono nella sala del Consiglio,
erano presenti soltanto i due consiglieri e Marcus fu il primo ad
alzare lo
sguardo sulla ragazza, sorridendole.
“Bentornata!”
esclamò.
“Grazie,
– rispose lei, sbrigativa - ma non c’è
tempo
per i convenevoli. Dobbiamo parlare!”
Ovviamente, Foxi
pensò di capire a cosa si riferiva e
provò a fermarla: “Jade, se sei qui per tua nonna,
ti avverto subito che è
stata lei a voler…”
Ma lei non lo
lasciò nemmeno finire la frase: “Lo so,
infatti non è di questo che sono venuta a parlarvi. Sono
stata nel mondo senza
magia e per fortuna sono riuscita a ritrovare Mona e a riportarla qui.
Purtroppo, durante il viaggio di ritorno, qualcosa è andato
storto e sono
finita qui, ma nel periodo sbagliato!”
“Cosa
vorresti dire?”
“Sono
finita nel futuro. Più precisamente nel gennaio
del 2016.”
Zack la
guardò a bocca aperta, perplesso: “Non mi
avevi detto che eri finita nel futuro!” esclamò.
“Beh, non
volevo allarmarti!” rispose lei, angosciata.
Subito,
però, Marcus riprese il discorso precedente:
“Che cos’hai visto?”
“Devastazione,
fiamme… Insomma, nulla di buono! Forse
non ce l’abbiamo fatta, non tutti, almeno...”
“Hai
incontrato me, o qualcun altro di noi, per caso?”
le chiese Zack, interrompendola nuovamente.
“No,
nessuno. La città era completamente deserta, però
qualcuno c’era sicuramente...”
“Chi?”
In risposta, la
ragazza appoggiò sul tavolo il
biglietto che aveva ricevuto: “Qualcuno sapeva che sarei
arrivata in quel
preciso istante e mi ha aiutata a tornare. Il problema è
che... sono io! La
scrittura è la mia, non c’è dubbio!
Tuttavia, credo di essere stata aiutata non
solo da me stessa, ma anche da qualcun altro: un tizio che correva
talmente
veloce da sembrare una scia.”
“Un
disordinato, forse?” propose Marcus, confuso, ma
la ragazza lo era quanto lei.
“Forse,
sinceramente non ne ho idea. So solo che tra
tre mesi qui succederà qualcosa di brutto. Vi giuro, avevo i
brividi...”
Nel sentire le sue
parole rimasero tutti senza parole.
“Quindi non
ce l’abbiamo fatta a neutralizzare i
disordini? Ma com’è possibile, se John non
è più una minaccia?”
“Possono
succedere tantissime cose da qui a tre mesi!
– gli rispose Jade, angosciata – Magari i disordini
si erano rafforzati, mentre
noi combattevamo contro il tempo per recuperare gli altri
contenitori...”
Subito, Marcus
cercò di mantenere la calma e di
tranquillizzare gli altri.
“Okay,
– esclamò - per adesso abbiamo uno dei
contenitori, la lettera, lo strumento e i disegni. I demoni, invece,
sono sotto
controllo, mentre Brenda,Terence e Noa si stanno occupando di cercare
le
streghe fuggite. Abbiamo ancora tre mesi, prima che avvenga
ciò che è accaduto.
Possiamo ribaltare la situazione!”
Jade
annuì, comprensiva, poi decise che era il momento
di mostrare loro la misteriosa scatola.
“Ah,
dimenticavo, c’è anche questa!” disse,
mentre la
posava sul tavolo, suscitando la perplessità di Foxi.
“Cos’è?”
chiese l’uomo, lasciandola delusa, dato che
la ragazza sperava in una spiegazione.
“Bene,
fantastico, io pensavo che me l’avreste detto
voi! Comunque, l’ho trovata per terra dopo che sono uscita
dal varco.
Francamente non so se c’era già o se è
arrivata con me.”
“Adesso,
però, il dubbio è: la apriamo o no?”
chiese
loro Zack, indeciso.
“Probabilmente
arriva da un’altra dimensione. – spiegò
Marcus - Quando si fanno viaggi di questo tipo attraverso i mondi, non
sai mai
cosa puoi portarti dietro...”
Lei annuì:
“Deduco che la scatola non si aprirà,
allora! – commentò - E io che pensavo fosse un
paio di scarpe!”
Dopo qualche secondo
di silenzio, Foxi si alzò,
rivolgendosi direttamente a Zack, poco lontano.
“Bene,
allora tu prendi la bambina e seguimi!”
Jade,
però, lo fermò subito: “Aspetta, cosa
ne sarà di
Mona, adesso? Dove la volete portare?”
“La
isoleremo, come abbiamo fatto con tua nonna” le
spiegò Marcus, ma lei si oppose.
“E’
soltanto una bambina, non può rimanere chiusa fra
quattro mura!” protestò.
Foxi, allora,
cercò subito di tranquillizzarla: “Non
preoccuparti, Jade, la terremo addormentata fino al momento in cui
servirà al
suo scopo.”
“D’accordo.
– annuì lei, più calma –
Adesso però
voglio vedere mia nonna, dov’è
esattamente?”
“Ti
accompagno io!” le disse Marcus e i quattro
finalmente lasciarono la sala.
Foresta presso la zona Est della cupola
Brenda e Terence
stavano continuando il giro nel
bosco, quando qualcosa attirò l’attenzione della
ragazza.
“Ehi,
guarda qui! – indicò il terreno, per poi
abbassarsi per vedere meglio - E’ sangue!”
“Di chi
sarà?”
“Ho ferito
una delle streghe, ricordi? Magari, se
seguiamo la scia…”
Terence
annuì, iniziando a camminare nella direzione
indicata: “Guarda, la traccia non è molto
estesa!” e, poco dopo, i due si
trovarono nei pressi di una radura.
Subito, Brenda
notò qualcosa nascosto dietro ad una
parete di piante e foglie e subito corse a spostarle.
“Qui dietro
c’è qualcosa, aiutami!”
Dietro, i due
trovarono una parete rocciosa
rettangolare con inciso sopra un simbolo. “Sembra un
ingresso!” esclamò lui,
notando la sua occhiata perplessa.
“Ho
già visto quel simbolo, da qualche parte…
– poi
ebbe un’illuminazione e, dopo aver frugato qualche secondo
nella borsa, tirò
fuori i dipinti – Ma certo! Nei dipinti!” e glieli
mostrò.
“Guarda,
– gli spiegò - il simbolo sulla parete
rocciosa è identico alla firma che c’è
sui disegni!”
L’altro
annuì, confuso: “D’accordo,
ma... cosa vorrà
dire?”
“E se
avessimo trovato il covo di chi ha creato la
cupola? Magari le streghe sono qui dietro!” Allora, Terence
cercò di forzare la
parete, spingendola, ma invano.
“Sì,
ma come entriamo per controllare? Non si apre!”
A quel punto, anche
lei iniziò a toccarla, decisa:
“Dev’esserci una sorta di meccanismo per aprirla o
qualcosa, aiutami a
trovarlo!”
Insieme, misero le
mani ovunque, setacciando ogni
centimetro, finchè la ragazza non trovò una
fessura. Premendola, la parete
rocciosa iniziò a sollevarsi, scoprendo
l’ingresso. Per qualche secondo rimase
fermi immobile a guardare quell’interno buio e oscuro, come
sotto shock, poi,
finalmente Terence decise di rompere il silenzio.
“Allora,
cosa facciamo? – chiese - Entriamo o no? Se
sono veramente qui dietro, potremmo rimanere intrappolati come
loro!”
Brenda
rifletté qualche secondo, tenendo sempre gli
occhi fissi sull’antro, prima di rispondere:
“Allora entrerà soltanto uno di
noi e, se rimarrà intrappolato, l’altro lo
libererà.
Dobbiamo assolutamente entrare a vedere!”
“Bene,
– replicò lui, facendosi avanti - se
c’è
qualcuno che entrerà qui dentro, sono io! Tu resta qui,
ok?”
Ma la ragazza non era
d’accordo: “Non essere
precipitoso! Io, invece, pensavo che potremmo trovare un sistema
imparziale per
decidere chi deve andare, tipo sasso, carta, forbice...”
“Non
c’è tempo per fare un gioco e poi io sono un
essere soprannaturale, perciò posso difendermi!”
ribatté lui, serio e deciso,
ricevendo in cambio un’occhiataccia.
“E io sono
un essere umano con una balestra molto
pericolosa e una mira fatale, invece!”
“Dubito che
tu abbia la vista ad infrarossi, però!”
“E io
dubito che tu possa prendere a calci qualcuno
muovendoti come un cieco!”
Con un sorriso
beffardo, l’uomo la guardò e tirò fuori
un accendino dalla tasca: “Fortuna che ho ripreso a fumare!
Ora vado, non
muoverti, ok?” e iniziò ad addentrarsi nel buio.
Brenda, alle sue
spalle, lo guardò irritata, le
braccia incrociate: “Hai preso parecchi vizi da quando siamo
a Morney Hill, o
sbaglio? Come le manie di protagonismo, ad esempio!”
“Non ti
sento
piùùùùùùù,
la tua voce è debole!”
rispose lui, sarcastico.
“Ah, si? E ADESSOO?!? – replicò lei, per
poi sussurrare l’ultima parola –
Idiota!”
Improvvisamente, la
parete rocciosa venne giù e la
caverna si richiuse. Brenda, colta dal panico, iniziò a
bussare contro la
porta.
“Terence?
– chiamò - Terence, mi senti? Terence?!?
–
non ricevendo risposta, iniziò a scrutare ogni centimetro
della porta - Okay,
dov’era la fessura?”
Qualche secondo dopo,
finalmente la trovò, ma, dopo
averla toccata, non successe niente.
“Ma
che…? Era qui!” e continuò a tastare
ovunque.
Intanto,
all’interno, anche Terence stava gridando, la
fiamma dell’accendino che illuminava debolmente
l’ambiente.
“Brenda?!?
Brenda, mi senti?” ma non ricevette
risposta.
“Okay,
adesso non la sento più per davvero!”
sussurrò
per sdrammatizzare, per poi voltarsi e continuare a camminare.
Alkaban
In una stanza isolata
dell’edificio era rinchiusa
Dana, seduta su un letto con lo sguardo fisso verso la porta: aveva un
aspetto
trascurato, con i capelli arruffati, il viso stanco e gli occhi gonfi
per la
stanchezza, come i pazienti di un manicomio. Davanti a lei, appoggiato
alla
porta, John continuava a canticchiare.
“I
go out
walking after midnight, out in the moonlight just like we used to do...”
La donna, stremata e
con lo sguardo basso, sussurrava,
alzando sempre di più il volume: “Basta, smettila!
Basta, smettila! Basta,
chiudi la bocca! BASTA, SMETTILAAAA!”
Ma quello, divertito,
continuò ridendo: “I’m always
walking after midnight searching for you…”
Improvvisamente, si
aprì la porta e Jade entrò per la
prima volta nella stanza.
“Nonna…”
sussurrò la ragazza, ma non fece in tempo a
continuare che uno dei bicchieri che Dana aveva accanto a sé
volò verso di lei
attraverso la stanza, rompendosi contro la parete di fronte.
John, ovviamente,
rise, ma nessuno poteva vederlo o
sentirlo oltre Dana.
Vedendo lo sconcerto
di Jade nel vedere sua nonna in
quello stato, Marcus, alle sue spalle, le sussurrò:
“Te l’avevamo detto che non
sta bene...”
Quella,
però, scosse la testa, avvicinandosi
lentamente all’anziana signora: “Sta calma, sono
io, sono Jade... Sono tornata,
okay?”
L’altra,
con lo sguardo in basso e il corpo tremante,
mormorò: “Chiudi la bocca, smettila! Taci, per
favore!”
Perplessa, la ragazza
si voltò verso Marcus: “Non si
riferisce a me, vero?”
L’uomo
scosse la testa.
Intanto, Jade si
guardò intorno, per poi parlare
rivolgendosi in ogni punto della stanza: “Ti pentirai di
quello che stai
facendo a mia nonna, è chiaro? Il tuo piano è
fallito, sono di nuovo qui e
anche Mona! Te la farò pagare e troverò una
prigione da cui non potrai nuocere
più a nessuno. E’ una promessa! – poi si
voltò verso sua nonna, più tenera – Tu
resisti, invece, non permetterò che ti faccia arrivare
all’autodistruzione,
ok?” e l’altra, sorprendentemente,
annuì, benché provata.
La ragazza, allora,
tornò accanto a Marcus,
continuando a scrutare la stanza: “Andiamo!” e i
due uscirono, chiudendo la
porta dietro di loro.
John, allora,
tornò a parlare, per niente intimidito:
“Bene! Sapevo che farti impazzire li avrebbe portati a
trovare una soluzione
per salvarti da me e farmi uscire dalla tua testa. E, ovviamente, io ne
approfitterò per trovare il modo di tornare ad avere un
corpo, stanne certa!”
La donna rimase in silenzio a guardarlo con ripugnanza.
Jackson e Harmony, intanto, stavano percorrendo uno dei corridoi,
diretti verso
la Sala del Consiglio. Dopo la settimana passata insieme, la ragazza
era assai
riconoscente nei confronti dell’altro.
“Ancora non
ti ho ringraziato per avermi aiutata a
ritrovare quel braccialetto, non sai quanto mi senta
sollevata!”
“Di nulla,
anche se non mi hai ancora detto cosa ti
succede se non lo indossi...”
L’altra
sospirò: “Non ne voglio parlare, te l’ho
detto!”
“D’accordo,
non insisto più. Comunque, se un giorno
vorrai dirmelo di tua spontanea volontà, io sono
qui!”
“Grazie…”
sussurrò lei, intenerita, poi insieme
entrarono nella Sala.
Una volta dentro,
però, scoprirono con sorpresa che
era vuota.
“Che
strano, non c’è nessuno... Di solito Marcus e
Foxi sono sempre qui...” disse lui, lo stesso sguardo
preoccupato di lei sul
volto.
“Dici che
è successo qualcosa? Magari hanno avuto
problemi con la signora Ferguson...” ipotizzò la
ragazza.
Fu allora che Jackson
notò una strana scatola sul
tavolo e subito si avvicinò per osservarla meglio.
“Ehi, qui
hanno lasciato qualcosa!”
In un attimo, Harmony
gli fu accanto:
“Cos’è?”
chiese
“Non lo so,
è una scatola!” rispose lui, allungando
una mano per aprirla.
Lei, però,
era più diffidente e lo fermò:
“Aspetta!
Forse non dovremmo aprirla, magari non vogliono...”
“E’
solo una scatola, non ci metteranno di certo al
rogo! E poi, facciamo parte del Consiglio anche noi, adesso,
perciò…” e
lentamente scoperchiò la scatola, rivelandone il contenuto.
Quello che videro non li lasciò indifferenti, confondendoli
più di quanto non
fossero già prima.
“Ma non
c’è niente!” esclamò la
strega, mentre lui
metteva dentro la testa per esaminarla meglio.
“E’
una scatola senza fondo! – disse Jackson,
incredulo – Si vede solo oscurità!”
Preoccupata, Harmony
lo tirò accanto a sè:
“Richiudiamola, non mi piace!”
Ma Jackson parve non
sentirla e continuò ad osservare
l’interno della scatola, assente, rapito da
quell’oscurità. Allora, lei lo
scosse, sperando in una reazione.
“Jackson?
Jackson!” chiamò.
Poi, inevitabilmente,
spostò anche lei per un secondo
lo sguardo verso la scatola ed entrambi rimasero fermi in piedi a
contemplare
il fondo, fatto di un’oscurità che ipnotizzava.
Improvvisamente, nella stanza fecero ritorno Jade e Marcus e, non
appena la
ragazza si trovò davanti alla scena e notò la
scatola aperta sul tavolo e lo
strano comportamento dei due, li spinse via, richiudendola
immediatamente.
“Ehi, state
bene?” gridò ai due.
Loro, allora, dopo
aver sbattuto gli occhi per qualche
secondo, finalmente tornarono coscienti.
“Ma cosa
è successo?” chiese Harmony, confusa.
Fu Marcus a
rispondere: “Succede che avete toccato una
scatola che noi avevamo deciso di non aprire!”
I due abbassarono lo
sguardo, mentre Jackson faceva
caso alla presenza di Jade.
“Ohh, la
prescelta è tornata!” esclamò.
“Sì,
sono tornata, – rispose lei - ma voi state più
attenti! Mai aprire qualcosa di potenzialmente misterioso,
ok?”
L’altra
ragazza annuì: “Già, sembrava parecchio
misteriosa, quella scatola...”
Intanto, Marcus li
scrutò, preoccupato: “Sicuri di
stare bene?” chiese.
“Sì
sì, – rispose il ragazzo - ci siamo solo
incantati.”
Jade, curiosa, si
intromise: “Incantati in che senso?”
“Incantati
come… come quando guardi dei fuochi
d’artificio molto intensamente” rispose Harmony per
entrambi.
“E cosa
c’era nella scatola?”
“Niente,
fondamentalmente. Solo oscurità, tanta
oscurità senza fine.”
A sentire quelle
ultime parole, Jade e Marcus si
scambiarono un’occhiata.
“Beh,
almeno non è successo nulla di strano...
Comunque, Marcus, propongo di mettere questa scatola assieme alla
cassaforte di
mia nonna, in modo che nessuno sia tentato ad aprirla
nuovamente.”
L’uomo
annuì, prendendola per portarla via:
“Sì, sono
d’accordo. Sembra innocua, ma meglio non
rischiare...” e uscì.
Jade, allora,
restò nella sala, fermando il demone
prima che uscisse.
“Jackson,
– lo chiamò - puoi rimanere un attimo? Devo
parlarti! – si rivolse poi ad Harmony e Marcus, che erano
sulla porta – Vi
raggiungiamo subito!”
“Certo!”
rispose lui, non capendo cosa volesse.
La ragazza, allora,
si sedette, facendogli cenno di
fare altrettanto.
“Non so se
gli altri ti hanno detto dove sono
stata, ma suppongo di sì…”
Il demone sembrava
confuso: “Me l’hanno accennato, ma
non sono sicuro di aver capito bene. Ho sentito che ne discutevano,
però…”
Jade, allora, decise
di essere sincera e di
raccontargli la verità: “Sono stata in un mondo
senza magia, dove finiscono i
prescelti quando muoiono in questo. Si tratta di una sorta di
ricompensa finale
per il lavoro svolto qui, una nuova vita senza battaglie, né
pensieri, né morti
sulla coscienza. Insomma, una vita vera!”
Lentamente, Jackson
iniziò finalmente a capire:
“Aspetta, ma, se è un mondo destinato ai
prescelti, questo vuol dire che…”
La ragazza
annuì, sorridendo: “Sì, ho incontrato
Samuel. In carne ed ossa.”
Emozionato, il
ragazzo ricambiò il suo sorriso: “Santo
cielo... – sussurrò - Come sta?”
“Sta bene, ha una vita meravigliosa e non è
più un demone, ovviamente. Pensa
che suona la chitarra in un duo, ha degli amici e anche una
moto!”
Risero entrambi.
“Sono
contento per lui, merita una vita vera più di
chiunque altro” le disse lui, quando si calmò.
Poi, Jade
tornò seria: “Senti, non ti ho fermato
soltanto per raccontarti di come Samuel sta vivendo la sua nuova vita.
Infatti,
c’è una cosa che mi ha chiesto di
dirti...”
L’altro
parve sorprese: “Davvero? Non pensavo mi
avrebbe mai più nominato!”
“Lui vive a Brooklyn, adesso. Pare che, in questa nuova vita,
ci si ritrovi in
un posto che abbia avuto un significato importante nella propria vita
passata.”
Gli occhi di Jackson
si riempirono di lacrime nel
sentire le sue parole: “E’ la città in
cui ci siamo incontrati per la prima volta.
Non ci posso credere...”
“Abbiamo
parlato parecchio della situazione qui a
Morney Hill. Gli ho anche raccontato di averti incontrato e di cosa ho
quasi
fatto contro il vostro clan per quello che è successo. Gli
ho raccontato anche
di come hai supplicato il mio perdono e di quanto fossi dispiaciuto per
non
aver fatto nulla per aiutarlo, all’epoca.”
“Ed
è ancora arrabbiato con me?” chiese il ragazzo,
triste, perchè quei ricordi erano ancora troppo dolorosi per
lui.
Con suo grande
sollievo, però, lei scosse la testa:
“No, Jackson. Anzi, forse non lo è mai stato. Mi
ha detto di dirti che ti
perdona, che sarai per sempre il fratello che non ha mai avuto e che
rimarrai
per sempre nel suo cuore e nei suoi pensieri. Non devi più
sentirti in colpa,
il passato è passato!”
Ormai il demone stava
praticamente piangendo,
sollevato: “Mi ha perdonato davvero?”
Jade gli prese una
mano, affettuosa: “Sì, Jackson, ti
ha perdonato davvero.”
D’impeto,
lui la abbracciò, riconoscente: “Grazie! Ti
ringrazio per avermelo fatto sapere...”
Intanto, Brenda era entrata ad Alkaban, gridando in cerca di aiuto.
Fortunatamente, subito, in un corridoio incontrò Zack e gli
altri e, ancora
agitata, si rivolse a loro.
“Menomale
che vi ho trovati, ho bisogno del vostro
aiuto!”
“Cosa ti
è successo? – le chiese il ragazzo,
preoccupato – Dov’è Terence?”
“E’
per lui che sono qui! Eravamo a fare un giro di
perlustrazione nella zona est della cupola per cercare le streghe,
quando ci
siamo imbattuti in una sorta di caverna. Credo appartenga a chi ha
creato la
cupola!”
“Come fai
ad esserne così sicura?” domandò Foxi,
curioso, accanto a lei.
“Il simbolo
che c’è sui dipinti, è identico a
quello
che c’era sull’ingresso.”
“D’accordo,
ma cosa è successo a Terence?”
“E’
entrato in questo posto, ma poi l’ingresso si è
richiuso. Inizialmente c’era una fessura nella parete e,
toccandola, ho aperto
il passaggio: dopo che si è richiusa con dentro Terence,
però, è sparita e io non
sono riuscita a liberarlo.”
“Tranquilla,
lo salveremo!” la rassicurò subito
Marcus.
Improvvisamente, a loro si unirono Jade e Jackson, attirati dalle loro
voci,
che si udivano fin dentro la Sala del Consiglio.
“Cosa sta
succedendo qui?” chiese la ragazza, confusa.
Non appena Brenda la
vide, la fissò incredula, per poi
correre ad abbracciarla.
“Oh, mio
Dio! Sei tornata!” urlò, mentre l’altra
ricambiava la stretta.
“Sì,
grazie a Zack!”
“Già,
– replicò la ragazza, ridacchiando per la gioia
- quel testone non ha mai perso le speranze! Pensavamo di averti
persa...”
“Non
succederà mai, non mi perderete mai
più!” promise
Jade, staccandosi dall’amica.
Quella, a quel punto,
si ricordò perchè era lì e si
fece nuovamente prendere dalla paura: “Jade, devi aiutarmi
con Terence, ho
paura per lui!”
“Cosa
è successo? Tranquilla, me ne occupo io!”
Ma Brenda, proprio
mentre stava per spiegarle la
situazione, fu vittima di uno strano fenomeno: improvvisamente, il suo
corpo si
trasformò in pietra, sotto gli occhi atterriti dei presenti.
Jade, spiazzata e con gli occhi sgranati per la sorpresa, si
voltò subito verso
gli altri: “Ma... ma... cosa diavolo è
successo?!?”
“Io credo
che a Terence sia successo qualcosa” suggerì
Zack, accanto a lei.
“Dove si
trova adesso?”
“Ha detto
che si trovava nella zona est della cupola.
Terence è entrato in una caverna nella foresta” le
rispose Harmony.
La ragazza, allora,
iniziò ad agitarsi, nervosa: “Ma
la foresta è enorme, non la troveremo mai!”
“Ehm…
– si intromise allora Jackson - potrebbe
aiutarvi Harmony! Lei ha delle sensazioni...”
“Non so
cosa voglia dire, ma, se ci aiuta, va bene!”
rispose l’altra, non notando l’occhiataccia che,
nel frattempo, l’altra strega
aveva lanciato all’amico.
“Beh,
– disse Harmony, rivolgendosi direttamente alla
prescelta - non so se riuscirò ad essere d’aiuto,
i miei poteri sono molto
limitati, al momento...”
“Non
importa, poco è sempre meglio di niente! Vieni
con me, ok?”
Zack si fece avanti e
si unì a loro: “Vengo
anche io!”
“Bene!
– replicò l’amica, per poi rivolgersi ai
Consiglieri – State attenti alla statua di Brenda, mi
raccomando!”
Ma Jackson, invece,
corse veloce verso di loro:
“Aspettate, vengo con voi! Potrebbe servirvi una mano in
più!” e, insieme, il
gruppo uscì dalla stanza.
Foresta nella zona Est della cupola
Barnès e
Tamara avevano appena lasciato il loro
accampamento, diretti in città e la strega gli stava
illustrando cosa avrebbero
dovuto fare.
“Ci servono
proteine e carboidrati. E acqua, molta
acqua. Ma non romperemo nessuna vetrina per procurarceli, non siamo dei
selvaggi. Dentro e fuori in poco tempo, perchè non possiamo
rischiare di essere
localizzati e catturati, okay?”
L’altro,
annoiato, le diede a malapena ascolto: “Sì
sì, come vuoi! – poi mormorò fra
sé e sé - Voglio proprio vedere come entreremo
in un negozio senza rompere niente!”
All’altra,
però, non sfuggirono i suoi bisbigli: “Hai
detto qualcosa?” chiese.
“No, no,
niente! Pensavo solo a quanto non vedo l’ora
di andarmene da questa odiosa città piena di odiose
personcine!” rispose lui,
cinico e sarcastico come sempre.
Ovviamente, la
replica fu di toni altrettanto
fintamente amichevoli: “Spero che tu non ti stia riferendo a
me...”
“No, certo
che no! Non sia mai!”
Improvvisamente, udirono delle voci provenire da un punto non molto
lontano.
“Non capisco cosa le sia successo...
Stava bene e poi è diventata di colpo una statua di pietra.
E’ assurdo!”
sentirono dire a Jade.
“Troviamo Terence e scopriamo cosa
è
successo, no?” le aveva risposto Zack poco dopo.
Barnès,
ovviamente, le riconobbe subito: “Sono la
prescelta e i suoi amici!”
Tamara, allarmandosi, esclamò: “Oh no! Se trovano
il nostro accampamento…”
Ma lui non le
lasciò nemmeno finire la frase: “Non
accadrà!” chiuse, secco, per poi afferrarla per i
fianchi e trascinarla dietro
un albero.
“Shhhh,
– le sussurrò - non aprire bocca, ok?” e
lei,
un po’ imbarazzata, annuì.
Intanto, gli altri
stavano passando proprio a pochi
passi da loro.
“Da che parte dobbiamo andare
adesso?”
stava chiedendo Jade.
“Credo… okay, andiamo da
questa parte!”
le rispose dopo pochi secondi Harmony.
Il gruppo, allora, si allontanò e, pochi secondi dopo,
Barnès e Tamara uscirono
fuori. La strega era incredula: “Harmony? Cosa ci fa con
loro?”
“C’era
anche uno dei miei con loro. Pensavo che i
demoni e le streghe non potessero lasciare Alkaban...”
“Già,
anche io! – rispose lei, perplessa quanto lui –
Comunque, senti, forse è meglio tornare indietro, per
stanotte lasciamo
perdere. Klen è fuori dalla cupola e io non voglio rischiare
che qualcosa vada
storto, se ci scoprono.”
Ma lui non era della
stessa idea e la prese per un
braccio per fermarla: “E invece no! Andremo in
città e prenderemo quello che ci
serve per sopravvivere nella foresta. Hai appena detto che abbiamo
bisogno di
proteine, carboidrati e acqua, no? Beh, prenderemo quelle dannate cose
stanotte!”
L’altra
rimase qualche secondo spiazzata e leggermente
imbarazzata per l’insolito contatto fisico, prima di
rispondere: “Ehm,
d’accordo! Sai... sai essere molto convincente quando usi il
tono determinato e
non quello malvagio, sai?”
Adesso, dopo quelle
parole, anche Barnès era in
imbarazzo: “Ah, sì? Beh, grazie! Ora andiamo,
però!” e i due, cauti,
sgattaiolarono via.
Intanto gli altri, grazie alla guida di Harmony, erano riusciti a
raggiungere
la fantomatica caverna segnalata da Brenda.
Perplessa, Jade
chiese conferma agli altri: “Siamo
sicuri che sia questo il posto?”
Zack, allora, si
avvicinò per osservare meglio: “Ci
sono delle piante a coprire l’ingresso e il simbolo sembra
identico a quello
che c’è sui dipinti. Siamo decisamente nel posto
giusto!”
“Come ci
entriamo, però? chiese Jackson, guardandosi
intorno - Non c’è di certo una maniglia!”
La ragazza, allora,
iniziò a toccare la parete
rocciosa, esaminandone ogni centimetro: “No, ma Brenda ha
parlato di una
fessura che funge da apri-porta.”
Subito
l’amico si unì a lei nella ricerca:
“Sì, ma ha
anche detto che, quando ha riprovato a premerla, non c’era
più.”
Sbuffando,
l’altra si arrese, indietreggiando: “Okay,
mi sono scocciata, adesso provo ad aprire questo ingresso a modo
mio!”
“Aspetta,
aspetta! – la fermò lui - Non vorrai mica
farlo esplodere...”
“No,
tranquillo, voglio solo provare ad aprirla con la
forza della mente.”
Più
sereno, Zack fece un passo indietro, lasciando che
si concentrasse. Jade, allora, chiuse gli occhi e, sollevando le
braccia in
direzione della caverna, provò ad aprirla. Qualche minuto
dopo, ancora non
aveva ottenuto risultati e delle gocce di sangue iniziarono a colare
dal suo
naso, facendo preoccupare l’amico.
“Jade,
forse dovresti fermarti. E’ troppo faticoso per
te!” ma l’altra non rispose, troppo concentrata.
Finalmente, dopo
diverse manciate di secondi, accade
qualcosa: la parete iniziò a sollevarsi lentamente.
Harmony se ne accorse per prima: “Ce la sta
facendo!” esclamò, mentre il
passaggio si apriva del tutto.
A quel punto, Zack
non volle perdere altro tempo:
“Forza Jade, entriamo!” la incitò, ma
lei si rifiutò, scuotendo la testa.
“Non posso,
sento che il passaggio è pronto a
richiudersi, se smetto di esercitare la mia influenza psichica. Non
possiamo
rimanere bloccati lì dentro anche noi, perciò
andate e trovate Terence! – si
fermò, affaticata - Resisterò il più a
lungo che posso, ok?”
Il ragazzo,
preoccupato, le lanciò una lunga occhiata:
“Sei sicura?”
“Muoviti,
Zack!” gli urlò lei, in risposta, mentre
Jackson lo spintonava all’interno.
“Forza,
amico, entriamo!” disse, mentre Harmony li
seguiva in silenzio.
Una volta dentro, il passaggio era completamente buio.
“Non si
vede niente, qui dentro!” si lamentò subito
Zack.
In quel momento, la
strega richiamò la loro
attenzione: “Ho trovato una sorta di torcia da
parete!” esclamò.
Il ragazzo, allora,
evocò una sfera di energia, che
diffuse un debole chiarore.
“Okay,
alzala e allontanala il più possibile dalla tua
faccia. – le ordinò - Provo ad
incendiarla!”
Quando
l’altra chiuse gli altri, allora, lanciò la
sfera verso la torcia e questa prese subito fuoco, rivelando che si
trovavano
in uno stretto corridoio.
Harmony, riaprendo
gli occhi, sollevata: “Evviva, sono
tutta intera! Mi sono sentita come l’assistente di un
prestigiatore, quando
inizia a lanciarle i coltelli addosso!”
“Ho una
buona mira, come vedi. – replicò
l’altro,
deciso – E adesso sbrighiamoci!” e tutti insieme si
avviarono.
Non appena girarono l’angolo, però, fecero subito
una scioccante scoperta: il
corridoio era pieno di statue di pietra.
Harmony era la
più sconvolta del gruppo: “Oh, mio Dio!
– esclamò - Sono le mie sorelle streghe!”
“Ecco
Terence! – indicò, invece, Jackson, avanzando -
Prendiamolo e andiamocene!”
Ma Zack subito lo
fermò: “Aspetta!”
“Cosa
c’è?”
“Questa
è una trappola, se chiunque è passato per
questo corridoio, è diventato di pietra!”
“Ha ragione, – esclamò Harmony,
indicando un disegno sul muro – guardate
lì!”
Jackson, allora, si avvicinò per vedere meglio:
“Cos’è?” domandò,
mentre Zack
recuperava dalla tasca il cellulare.
“Non lo so,
ma è meglio fotografarlo!”
“E con
Terence come facciamo?” chiese allora il
demone.
L’altro,
allora, scattò la fotografia, poi scrutò con
attenzione la scena, prima di rispondere: “Sono stati tutti
pietrificati non
appena oltrepassato questo disegno sul muro. Dobbiamo tirare la statua
di
Terence più indietro, in modo da non rischiare di cadere
nella trappola anche
noi.”
“Ehi, qui
c’è una corda! – fece notare loro la
ragazza
- Può andare bene?”
“Passamela!”
le ordinò, annuendo.
Dopo aver fatto un cappio con la corda, Zack la gettò sulla
statua di Terence,
facendola scivolare fino al collo.
“Dobbiamo
farla cadere fino alla vita, – gli consigliò
Jackson - non possiamo trascinarlo per il collo, rischiamo di farlo
cadere!”
L’altro
sbuffò: “E’ quello che sto cercando di
fare,
ma non è facile!”
Finalmente, dopo
diversi tentativi, riuscì
nell’intento.
“Bene,
adesso aiutatemi a tirare, ma facendo piano,
ok?” e subito i due lo aiutarono.
Lentamente, riuscirono finalmente a recuperare la statua di Terence
senza
romperla.
Zack, allora,
poté dare loro altre istruzioni:
“Harmony, tu rimani davanti a noi con la torcia per fare
luce, mentre Jackson
mi aiuterà a trasportarla, ok?” e i due, in
risposta, annuirono.
Quando uscirono, Jade
era ancora lì fuori che
manteneva il passaggio aperto, allo stremo delle forze.
“Finalmente,
– esclamò, vedendoli - non ce la facevo
più!” e smise di esercitare la sua influenza
psichica, lasciandolo richiudersi.
Allora Zack, senza
perdere altro tempo, esclamò:
“Attaccatevi a me, vi teletrasporto ad Alkaban, ok?”
Ma, a quel punto,
Harmony, che si era persa a fissare
un punto nel bosco, si intromise: “Aspettate,
c’è qualcuno che ci spia!” e
tutti si voltarono a guardare, accorgendosi che aveva ragione.
“Chi
è?” domandò Jackson.
Zack, allora, decise
di intervenire: “Tieni la statua!”
ordinò all’altro ragazzo e subito corse
verso quella persona, pensando di coglierla di sorpresa. Chi spiava il
gruppo,
però, vedendolo arrivare, scappò, ma Zack
riuscì a raggiungerlo e gli saltò letteralmente
addosso. Quando guardò meglio, però, rimase
spiazzato.
“Ma sei una
ragazza!” esclamò, mentre l’altra si
dimenava sotto di lui.
“Levati di
dosso, lasciami!” gridò e lui, confuso,
subito si spostò.
“Chi
diavolo sei e perché ci stavi spiando?”
Ma quella, dopo
averlo fissato per un attimo, scappò
di nuovo.
Improvvisamente,
però, davanti a lei comparve Jade:
“Vai da qualche parte?” le chiese.
“Io... io
non voglio avere niente a che fare con voi,
ok? Lasciatemi andare!” urlò la ragazza, capendo
di essere accerchiata.
La strega,
però, era risoluta: “Perché stavi
spiando
la caverna? – chiese - Hai per caso creato tu questa cupola
che ci imprigiona?”
“Ho
contribuito a crearla, ma non vi devo alcune
spiegazione. Vi abbiamo dato tutte le indicazioni che servivano, sono
affari
vostri, adesso!”
“Come ti
chiami?” le chiese Zack, gentilmente.
“Mi chiamo
Nina.”
“Bene,
Nina, – disse allora Jade - ora verrai con
noi!”
Ma quella si
rifiutò ancora una volta: “Ho detto che
non voglio avere nulla a che fare con voi!”
“Sfortunatamente,
– replicò l’altra, meno amichevole
- non hai molta scelta, perciò verrai con noi con
le buone… o con le
cattive. E’ chiaro?” e Nina rimase a guardarla,
senza riuscire ad aggiungere
altro.
Alkaban
Qualche ora dopo,
Nina si trovava nella stanza degli
interrogatori, dove era stata portata Sasha qualche giorno prima. Erano
presenti sia i Consiglieri, che quelli che l’avevano trovata,
esclusa Harmony.
La strega, desiderosa
di risposte più di tutti gli
altri, era disposta a tutto pur di ottenerle e non si fece scrupoli nel
rivolgersi minacciosa alla ragazza.
“Cos’è
quella caverna? – chiese, ancora una volta -
Perché avete trasformato le streghe in pietra?”
L’altra,
seria e imbronciata, alzò lo sguardo su di
lei: “Almeno noi siamo riuscite a tenerle ferme in un posto,
al contrario di
voi!” esclamò.
“Beh,
avremmo di sicuro velocizzato i tempi, se voi
non foste state così criptiche, invece di venire qui e
spiegarci di persona
cosa dovevamo fare esattamente!”
“Avevate solo un compito: recuperare i contenitori! Non ci
vedo nulla di
complicato, vi abbiamo fornito ogni aiuto possibile!”
Man mano che la
conversazione proseguiva, i toni si
fecero sempre più alti.
“Beh,
abbiamo avuto parecchie complicazioni!”
“Non sei
molto amichevole, anche se noi vi abbiamo
offerto una soluzione per porre fine a tutto questo, sai?”
Zack, allora, decise
di intromettersi: “In quante
siete, esattamente? Ma, soprattutto, CHI siete?” e la ragazza
si voltò verso di
lui, pronta a rispondere.
Harmony, nel frattempo, li stava raggiungendo, quando un alito di vento
la fece
rabbrividire. Improvvisamente, un sussurro lieve arrivò al
suo orecchio e la
ragazza sembrò cadere in una sorta di trance, lo sguardo
fisso nel vuoto.
Camminando, arrivò davanti ad una porta, che
trovò aperta. Una volta entrata,
trovò le statue di Brenda e Terence, la cassaforte e la
misteriosa scatola.
Subito, si avvicinò a quest’ultima e delle voci,
dei lamenti, le riempirono la
testa. Ormai succube, la ragazza non esitò a scoperchiarla
nuovamente, tornando
a fissare l’oscurità senza fine che
c’era sul fondo. Un’oscurità
molto
misteriosa…
CONTINUA NEL TREDICESIMO EPISODIO
Testo a cura di Lady Viviana
ANGOLO AUTORE: La
seconda parte della terza stagione, riparte ufficialmente da oggi con
un episodio a settimana fino al finale di stagione, scusate il ritardo.
Non perdete il prossimo appuntamento con la 3x13 "Racchiuso al suo
interno" Lunedì 31 Agosto. Buona settimana stregata!
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Capitolo 13 *** 3x13-Racchiuso al suo interno ***
CAPITOLO TREDICI
"Something Bad in Town"
Milwaukee,
Wisconsin (Fuori dalla
cupola)
Klen era fuori dalla cupola ormai
da diverse ore, ma solo durante la notte
era riuscita a trovare un passaggio e a raggiungere la cittadina
più vicina.
Allora, si mise a girare per Milwaukee, stringendo tra le mani una
cartina,
quando, improvvisamente, si fermò e si sedette su una
panchina. Appoggiò la
mappa accanto a sé e tirò fuori un pennarello
nero, segnando delle linee e
pensando ad alta voce.
“Allora…
– mormorò fra sé e sé - i
quattro elementi: acqua, il lago
Michigan. Fuoco, la fabbrica e Aria, ehm…
l’aeroporto. Terra, invece, la
montagna. – alla fine, si formò la figura di un
rombo – Bene, se esce un rombo,
è giusto! Ora, devo segnare il centro e contare quaranta
passi verso la
direzione del sole o della luna. Beh, è giorno, quindi in
direzione del sole!”
e si alzò con la cartina in mano.
Seguite le istruzioni, si
ritrovò all’ingresso di un vicolo, per poi
entrarvi e camminare ancora per un tratto, finchè,
magicamente, non si ritrovò
all’interno di una bottega. C’era una donna dietro
il bancone, che subito le
rivolse un sorriso gentile.
“Salve, – la
salutò - cosa posso fare per te?”
“Ero proprio in cerca di
una strega, perchè ho bisogno di aiuto!” le
rispose la ragazza.
“Di che cos’hai
bisogno?”
“Mi servirebbero alcuni
volumi riguardanti le maledizioni e le trappole
magiche. In verità, cerco qualcosa a proposito della cupola
sanguinea...”
Nel sentire di cosa si trattava
esattamente, la donna sobbalzò: “Oh, quelli
di Morney Hill!”
La ragazza la squadrò,
alquanto perplessa: “Sapete della cupola?”
“Beh, noi streghe delle
città circostanti lo sappiamo, le altre non lo so.
Tu da dove vieni, piuttosto? Per caso una persona a te cara
è rimasta bloccata
sotto la cupola?”
“In verità,
provengo proprio da lì! Sono rimasta lì insieme
alla mia
congrega.”
L’altra rimase
impressionata da quella rivelazione: “Proiezione astrale
concretizzata, giusto?”
“Esatto! Con la semplice
proiezione astrale, non sarei mai arrivata fino a qui.”
Quella, in risposta,
annuì, per poi avvicinarsi ad alcuni scaffali pieni di
libri alle sue spalle: “Sono colpita: sei davvero in gamba e
coraggiosa. Sai,
si può morire nel tentativo di concretizzare la propria
proiezione... Per
quanto riguarda i libri sulle maledizioni e le trappole magiche che mi
hai
chiesto, avevo il primo volume di Magie del mondo antico e
il quarto de L’arte
Shomia, ma non credo qui in bottega ci sia qualcosa che possa
aiutarti.
Suppongo tu sappia che la magia della cupola sanguinea è
davvero molto antica
ed è difficile trovare libri che ne parlino ancora e
spieghino come
scioglierla.”
Klen sospirò, delusa:
“Sì, lo immaginavo. Anche se il termine Shomia
mi
è nuovo...”
“Beh, le streghe della
tua generazione non possono di certo conoscere
quest’arte, perché risale a
secoli fa. Sono in pochi a praticarla
ancora, ma in principio erano solo una famiglia e i suoi discendenti.
Più
avanti, si è diffusa, ma non tutti la capivano e si
sentivano realmente potenti
come molti avidi avrebbero voluto, perciò lentamente si
è estinta quasi
ovunque.”
“E in che cosa consiste,
esattamente?”
“Beh, noi comuni streghe
utilizziamo incantesimi, maturando interiormente i
nostri poteri e rafforzandoci. L’arte Shomia, invece, va
contro tutto questo e
viene praticata soltanto da donne che fanno uso della magia attraverso
disegni
di simboli e altri mezzi simili. Chi segue l’arte Shomia,
infatti, è convinto
che la magia sia oscura, tossica e pericolosa se si insidia dentro di
noi,
quindi la creano in altri modi, andando contro natura.”
“Quindi non stiamo
parlando di streghe?”
“Non esattamente: stiamo
parlando di streghe che hanno rifiutato la loro
natura e utilizzano la magia soltanto in caso di necessità e
in stile Shomia.”
“Cosa
c’è nei libri Shomia, invece?”
“Numerosi simboli che,
disegnati su una qualsiasi superficie, danno origine
ad un incantesimo diverso ogni volta. Oltre ai simboli, esistono anche
altre
tecniche per creare magia senza passare da se stessi e queste donne,
nel corso
dei secoli, si sono mantenute pure, usando la magia solo in caso di
necessità,
senza inquinare il proprio essere.”
“Quando hai capito della
cupola, hai subito cercato un volume su
quest’arte. Vuol dire che la cupola sanguinea è
una magia Shomia, di quelle
praticate da queste donne?”
“Esatto.”
La ragazza roteò gli
occhi, demoralizzata: “Questo vuol dire che non ho
possibilità di salvare la mia congrega. Da quello che mi hai
raccontato,
infatti, quest’arte è molto antica e dubito che ci
siano ancora molti libri in
circolazione su di essa...”
La donna rimase per qualche attimo
in silenzio, improvvisamente triste per
la ragazza, per poi convincersi ad aiutarla.
“Senti, forse questa
magia può essere aggirata in un altro modo. Conosco un
posto dove possono aiutarti. Dove c’è una strega
che può aiutarti.”
Klen rialzò lo sguardo:
“Di quale posto stai parlando?”
“Si trova in Georgia ed
è la sede di una congrega nata di recente che,
però, si è presto fatta conoscere per la strega
che ne è a capo. Si chiama
WitchHouse.”
L’altra sorrise,
più speranzosa: “Come ti chiami?” chiese
alla donna.
“Mi chiamo
Roma.”
“Bene, Roma, allora
portami subito alla WitchHouse!”
Alkaban
Jade e Zack si trovavano fuori
dalla stanza degli interrogatori e la
ragazza, nervosa, continuava a camminare avanti e indietro, sotto lo
sguardo
preoccupato dell’amico.
“Jade? –
chiamò, senza ricevere risposta – JADE!”
Dopo diverse volte, finalmente lei
si fermò, voltandosi a guardarlo
perplessa: “Cosa c’è?”
“La smetti di fare avanti
e indietro? Così farai innervosire anche me! E
poi, si può sapere cosa ti è preso? Sei stata
troppo severa con quella
ragazza!”
L’altra gli
lanciò un’occhiataccia, irritata: “E
cosa avrei dovuto fare,
trattarla con i guanti? Finalmente incontriamo uno di quelli che hanno
creato
la cupola e lei come ci aiuta? Dicendoci di cavarcela da soli,
perchè abbiamo
tutti i mezzi necessari per compiere
non-sappiamo-nemmeno-cosa!”
Zack, più calmo, si
avvicinò a lei: “Almeno sappiamo che, qualsiasi
cosa
faremo, sarà per neutralizzare i disordini, dato che Nina ce
l’ha confermato.”
“Ah, –
esclamò lei, cinica - Adesso la chiami anche per nome?
Perchè non
uscite anche a prendere un caffè insieme, già che
ci sei?”
“Okay, –
replicò lui, irritato - prima di tutto si chiama
così e, poi,
calmati! Lo so che sei preoccupata per tua nonna e per Brenda e che il
tempo
stringe, come so che avresti tanto voluto rimanere con Samuel in quel
mondo e
non tornare mai più in questo postaccio pieno di problemi e
di decisioni da
prendere. Credimi, so perfettamente cosa stai passando e che guerra
alberga
nella tua mente, ma ora devi calmarti, o non otterrai nulla da quella
ragazza.
OK?”
Jade, allora, si convinse e si
fermò, prendendo un respiro profondo: “Va
bene, hai ragione, ma forse è meglio se entri tu a parlare
con quella ragazza.
Io non ho ottenuto niente, due ore fa e dubito che, cambiando
atteggiamento,
andrà diversamente, perchè ormai si è
fatta una certa idea di me. Tu, invece,
sei uno che ispira fiducia, perciò potrebbe fidarsi e dirti
quello che vogliamo
sapere.”
Lui rimase in silenzio a pensarci
per qualche secondo, poi annuì:
“D’accordo, parlerò con lei e
farò del mio meglio!” ed entrò.
Zack, sotto gli occhi increduli di
Nina, prese una sedia e la mise di
fronte a lei, per poi sedersi poco dopo.
Prima di parlare, però,
la guardò negli occhi per qualche secondo: “A
quanto pare, ora è il mio turno. La mia amica, infatti, mi
considera il
poliziotto buono, anche se di buono in me non è rimasto
molto, visto che
diverso tempo fa ho fatto cose di cui non vado fiero. Spero comunque di
riuscire a conquistare la tua fiducia, per sapere quello che ci serve
per
neutralizzare i disordini e lasciarti quindi tornare a casa senza
nemmeno un
graffio. In ogni caso, hai la mia parola che nessuno, in nessun caso,
ti
torcerà un capello, anche se deciderai di non parlare.
D’accordo?”
Quella lo fissò in
silenzio per lunghi attimi, fissandolo senza rivelare i
suoi pensieri, decidendo alla fine di parlare: “Anche se la
tua amica mi ha
minacciato, so perfettamente che non mi farete mai del male. Comunque,
non
serve tenermi qui, perché quello che dovete sapere
è nella lettera di
istruzioni.”
“Ma non è
completa!” esclamò il ragazzo.
“Lo sarà man
mano che porterete a termine tutti i punti della lista.
Trovati i contenitori, saprete cosa dovrete fare dopo. Abbiamo pensato
a tutto
pur di aiutarvi, non potete chiederci di più!”
“Ma... potremmo non avere
abbastanza tempo, perciò sapere in anticipo
quello che dovremmo fare, ci farebbe stare più
tranquilli.”
La ragazza, però, non
rispose e, dopo qualche minuto, sul suo volto si
dipinse una maschera di sofferenza: “Ti prego, lasciami
andare via. Non voglio
rimanere qui...”
L’altro la
guardò perplesso: “Perchè fai
così? Sembra che tu abbia paura di
noi... Ma non devi farlo...”
“Non ho paura di voi,
infatti. Ho paura di quello che c’è DENTRO di
voi!”
Zack parve confuso da quella
risposta: “Dentro di noi? A cosa ti riferisci,
esattamente?”
“All’oscurità
che risiede in voi e che corrompe il vostro essere. La magia
che scorre in ogni fibra del vostro corpo, infatti, è impura
e io non voglio
averci a che fare, non voglio macchiarmi della vostra scelta di
accettarla.”
Il ragazzo rimase molto colpito dal
suo racconto: “Suppongo tu non sia una
strega, se pensi questo, quindi… sei un essere
umano?”
“Non esattamente....
Diciamo che, semplicemente, non sono macchiata da
quell’oscurità come voi.”
“Parli della magia come
di un male che sta consumando tutti noi esseri
soprannaturali…” commentò lui.
“Ed è
così!” replicò lei, secca, facendogli
sfuggire un sospiro.
“Sai, io ero un essere
umano, prima di diventare un demone e… hai
perfettamente ragione! La magia è un male oscuro che ci
consuma e rovina le
nostre vite per sempre, ma… almeno ci dà una
ragione di vita e un senso. In
poche parole, mi ha dato quello che mi ha tolto e mai
desidererò tornare alla
persona che ero all’inizio.”
Nina ci pensò su un
po’ e, finalmente, parve iniziare lentamente a fidarsi:
“Perché, com’eri
all’inizio?” chiese.
Ricordare dipinse sulle labbra di
Zack un sorriso: “Ero un ragazzo che
amava l’informatica e passava ore davanti allo schermo di un
computer. Un
solitario, insomma, anche un po’ sfigato. Un puntino nel
mondo che non aveva un
senso e che esisteva perché tanto non faceva differenza se
c’era o meno. Non
ero nessuno e non facevo nulla per cambiare la situazione, nonostante
avessi
dei sogni. E, in un mondo come questo, questo equivale a non
esistere.”
“E adesso chi sei,
invece?”
Finalmente, lui alzò lo
sguardo, notando che c’era anche pietà negli occhi
di lei: “La persona che volevo essere in realtà,
ma che detesto per come è
arrivata ad essere come desiderava. Non immaginavo, infatti, che
bisognasse
attraversare un abisso di dolore… –
all’improvviso, però, parve accorgersi
della reazione della ragazza e tornò subito serio e meno
vulnerabile – Piuttosto,
quel disegno che c’era nella caverna è opera
tua?”
“Sì, ho
disegnato io quel simbolo. Si tratta di un incantesimo chiamato La
traversata di Medusa.”
“E basta sorpassare il
simbolo perchè si attivi, giusto? Nel nostro caso,
ha pietrificato tutti coloro che sono passati per quel corridoio.
– dalla sua
voce si capiva che era curioso e affascinato allo stesso tempo
– Piuttosto, non
ho mai sentito nulla a proposito di incantesimi fatti con i simboli, di
che
cosa si tratta?”
“Di Arte
Shomia!” esclamò lei, decisa, in
risposta.
Qualche ora dopo, quando ormai il
sole era sorto, Jade aveva deciso di
prendersi un bicchiere d’acqua e riposarsi qualche minuto
appoggiata alla
parete. Tuttavia, quasi subito incrociò Jackson, alquanto
preoccupato.
“Hai visto
Harmony?” le chiese lui senza nemmeno salutarla.
Stanca, la ragazza
staccò la testa dal muro e lentamente alzando lo
sguardo: “No, per tutto il tempo sono stata davanti alla
stanza degli
interrogatori, apparte qualche minuto in cui sono andata a prendere un
po’
d’acqua. Perché?”
“Non la vedo da parecchie
ore e sento che c’è qualcosa che non
va!” rispose
lui in preda all’agitazione.
Come previsto, Jade rimase colpita
dalle sue parole e subito si alzò dal
pavimento: “Okay, allora ti aiuto a cercarla!”
esclamò, quando da un corridoio
vicino arrivò un grido di Marcus.
“L’ho
trovata!” urlò.
Subito, il demone si
affrettò a spiegarle la situazione: “Anche Marcus
mi
ha aiutato a cercarla.”
L’altra annuì,
perplessa: “Ma ci chiama dal corridoio, dove
c’è la stanza
in cui… – disse, confusa, per poi capire - Oh, mio
Dio!” riuscì a dire, prima
che entrambi corressero a vedere.
Jade si precipitò nella
stanza preoccupata e agitata, andando subito verso
Marcus.
“Ti prego, dimmi che non
è scomparso nulla e che le statue…”
iniziò, prima
di venire interrotta dall’uomo.
“No, dalla cassaforte non
manca nulla e sia Brenda e che Terence stanno
bene, ma…”
Tuttavia, non finì la
frase, preferendo che capissero da soli la
situazione. Infatti, si spostò e mostrò loro cosa
era nascosto alle sue spalle:
Harmony, distesa per terra addormentata.
Subito, Jackson corse a tastarle il
collo per sincerarsi delle sue
condizioni: “E’ viva!”
esclamò, sotto lo sguardo perplesso del consigliere.
“Ehm…
– esordì l’altro, spostando lo sguardo -
sì, l’avevamo capito perchè
sta russando, anche se non rumorosamente…”
Imbarazzato, il ragazzo si
tirò su: “Scusate, volevo solo esserne
sicuro...”
Tutti i presenti annuirono,
comprensivi.
“Piuttosto, –
si intromise Jade qualche secondo dopo - cosa le è successo?
Perché si è addormentata proprio qui?”
Il demone, confuso quanto lei, non
rispose, mentre Marcus si guardava
intorno con attenzione.
“Aspettate un
secondo…” mormorò, inquieto.
“Cosa
c’è? Hai detto che non mancava nulla!”
gli disse la ragazza,
guardandolo perplessa.
“La scatola! –
rispose lui - L’avevo messa in questa stanza e ora non
c’è
più!”
La strega sbuffò,
esasperata: “Okay, svegliatela, dobbiamo scoprire
dov’è
finita! – ordinò, decisa - Non sappiamo ancora che
mistero nasconda al suo
interno e non abbiamo bisogno di nuovi problemi, al momento!”
Jackson, allora, si
chinò e iniziò a scuoterla, senza successo. Nel
far
ciò, però, notò qualcosa di strano che
subito condivise con gli altri.
“Guardate qui,
– indicò - ha le mani sporche di terra!”
Jade, confusa, si voltò
verso Marcus in cerca di spiegazioni: “L’ha
sepolta? Perché avrebbe dovuto farlo?”
Tuttavia non ricevette risposta,
perchè, nel frattempo, il ragazzo era
riuscito a svegliarla. Sollevandosi lentamente, Harmony
osservò stordita i
presenti: “Co-cosa sta succedendo? Che cosa ci facciamo
qui?”
La strega, però, non le
lasciò il tempo di riprendersi, sommergendola di
domande: “Hai preso tu la scatola? Dove l’hai
messa?”
L’altra, però,
parve ancora più confusa: “Di che cosa stai
parlando...? Io
non ho preso niente!”
“Che cosa ci fai qui,
allora? – si intromise Jackson - E perché hai le
mani
sporche di terra?”
“Io-io non mi ricordo...
– rispose l’amica, guardandosi sconvolta le mani
–
Ma come....? Che cosa è successo?”
Anche Marcus, come gli altri, era
senza parole: “Non ti ricordi proprio
nulla? – le chiese - Nemmeno di come sei arrivata qui? Sei
sparita per ore!”
In preda all’ansia,
Harmony iniziò a respirare male, riuscendo solo dopo
diversi secondi a prendere abbastanza fiato per parlare:
“Io.... io ricordo
solo che vi stavo raggiungendo nella stanza degli interrogatori, dove
stavate
parlando con quella ragazza. Ad un certo punto, ho sentito freddo e una
strana
sensazione e poi… niente, non ricordo più niente.
Davvero!”
Jackson annuì, per poi
voltarsi verso gli altri due, in piedi alle sue
spalle: “Io le credo, sta senz’altro dicendo la
verità!” esclamò.
“Allora accompagnala
nella sua stanza e resta con lei, mentre noi
cercheremo di capire cosa è successo” gli
ordinò Marcus e subito lui eseguì.
Intanto, Jade e Marcus si chiusero
nella stanza per discutere.
La ragazza era alquanto seccata
dalla situazione: “Questa porta non avrebbe
dovuto essere chiusa ermeticamente con almeno cento
serrature?”
“Ti assicuro che lo era,
me ne sono occupato personalmente. Non avremmo mai
lasciato cose così importanti incustodite in una stanza con
la porta aperta!”
“Okay, –
replicò lei innervosita – intanto,
però, la scatola è sparita e
Harmony ha un bel buco di parecchie ore. Se non ricorda davvero come
dice,
resta però una domanda: che cosa ha fatto in quel tempo? Le
mani sporche di
terra dimostrano che ha preso sicuramente lei la scatola e che
l’ha sepolta da
qualche parte.”
Intanto, mentre parlavano, erano
usciti dalla stanza, diretti verso la Sala
del Consiglio.
“Magari è la
scatola ad averla attirata. – ipotizzò
l’uomo - Ricordi quando
abbiamo trovato lei e Jackson che guardavano l’interno, come
in trance?”
“Mi stai dicendo che la
scatola le è entrata in testa e le ha ordinato di
cercarla in quella stanza e seppellirla da qualche parte come se fosse
un
burattino? E’ talmente assurdo che… che potrebbe
essere vero, in effetti...”
“Conserviamo ancora
qualche libro, lasciato dalle streghe nella loro sala
di ritrovo. Magari troviamo qualcosa!” propose lui,
incontrando subito la sua
approvazione.
“Va bene, avverti Foxi e
diamo un’occhiata a qualche illustrazione che
parli di strane scatole che danno ordini, mentre io vado a vedere cosa
ha
concluso Zack con quella ragazza, ok?”
Lui annuì.
“D’accordo, ci vediamo tra poco!” e si
divisero.
Morney
Hill College
Qualche ora più tardi,
le lezioni stavano ormai per cominciare e Noa stava
attraversando il campus con il telefono in mano in attesa di un
messaggio da
parte di Brenda. Era in pensiero, deciso a chiamarla per sincerarsi
fosse tutto
a posto, quando alle sue spalle arrivò Wes a distrarlo.
“Hey, Noa!” lo
chiamò, facendolo voltare.
“Ciao!”
rispose lui, rallentando il passo per aspettarlo.
“Vedo che sei riuscito a
svegliarti... Ieri abbiamo davvero fatto tardi,
eh? E’ incredibile come vola il tempo tra due chiacchiere e
un hamburger!”
Noa gli sorrise, felice di vederlo:
“Concordo, il tempo è davvero volato!
Abbiamo continuato a parlare anche mentre sollevavano le sedie sui
tavoli
perché era ora di chiusura. Credo che, se fossimo rimasti un
minuto di più, ci
avrebbero cacciati fuori a calci, ma, per quanto mi riguarda, io sono
stato
davvero bene con te...”
“Rifacciamolo,
allora!” esclamò Wes, deciso, ricevendo in
risposta
un’occhiata perplessa.
“Mangiare
hamburger?”
“No, uscire e parlare
come abbiamo fatto ieri. Anche io sono stato bene e..
e sai, non mi succedeva da tanto tempo di passare una serata
così piacevole con
qualcuno…”
“Ti capisco…
Comunque, per me non ci sono problemi, possiamo vederci tutte
le volte che vuoi, ma… c’è una cosa che
devi sapere prima, ovvero che.. che...
io sono gay...”
Contrariamente a quanto si
aspettava, però, l’altro non parve affatto
sorpreso da quella rivelazione: “Ti passo a prendere alle
nove, okay? – Noa
annuì, confuso, mentre si voltava per entrare
nell’edificio alle sue spalle –
Okay, a stasera, allora! Ah! Comunque, l’avevo
capito...”
Il ragazzo, ora, era decisamente
spiazzato e rimase pietrificato in mezzo
alla strada, incapace di fare qualunque cosa. Poi, qualche manciata di
secondi
dopo, alzò la mano e guardò il telefono,
accorgendosi con sorpresa di non avere
ancora ricevuto nulla. A quel punto, decise di andare a lezione e di
lasciar
perdere per quella mattina.
Alkaban
Jade aveva raggiunto la sala degli
interrogatori, ma, con sua grande
sorpresa, non aveva trovato nessuno al suo interno. Preoccupata, si era
messa a
cercare Zack e la ragazza, invano. Quando giunse davanti alle porte
d’ingresso
di Alkaban, però, vide l’amico rientrare
nell’edificio e subito gli corse
incontro, confusa.
“Come mai sei uscito?
– gli chiese – Dov’è la
ragazza?”
L’altro
continuò a camminare spedito, lasciando che lei lo
rincorresse:
“L’ho lasciata andare.”
Allibita, la ragazza lo
afferrò per un braccio per farlo fermare:
“COSA?!?”
riuscì a urlare, prima che lui si divincolasse.
“Sì, hai
capito bene: l’ho lasciata andare!”
“Perchè lo hai
fatto? Lei ci serve, sa parecchie cose!”
“Perchè voglio
guadagnarmi la sua piena fiducia. Abbiamo parlato di molte
cose e, da quello che ho capito, Nina e le sue sorelle non vogliono
avere
niente a che fare con noi perché siamo esseri soprannaturali
corrotti dalla
magia.”
Jade lo guardò,
perplessa: “Corrotti dalla magia?”
“Pensano che la magia sia
un male da cui bisogna stare alla larga. E, in
effetti, non hanno tutti i torti! Guarda solo quante cose succedono per
via di
essa...”
“Ma non ha senso!
Insomma, hanno creato la cupola con la magia e messo
quella trappola pietrificante nella caverna... Che fine hanno fatto i
loro
principi in quelle occasioni?”
“Loro non usano la magia
come fate voi altre streghe. La creano in un altro
modo, che non implichi passare attraverso se stesse. Infatti, usano
simboli,
pozioni e tutto quello che non permette alla magia di intaccarle, in
nessun
modo.”
“Razzismo magico,
insomma! Piuttosto, Brenda e Terence? L’hai davvero
lasciata andare via senza chiederle come possiamo farli tornare
normali?”
Lanciandole
un’occhiataccia, Zack tirò fuori un foglietto
dalla tasca: “Mi
credi così stupido? Anzi, no, non rispondere nemmeno che
è meglio... Comunque,
questo me lo ha dato lei, dopo che le ho parlato di loro.”
Stringendole fra le mani, Jade
osservò i disegni che c’erano sopra:
“Che
diavolo è questa roba?!? – esclamò -
Non ho mai visto nulla del genere…”
“Si tratta di Arte
Shomia, quella che praticano Nina e le sue sorelle. Ha
detto che dobbiamo disegnare quei simboli sulle statue di Brenda e
Terence per
annullare il maleficio.”
“Ha delle
sorelle?” chiese allora la ragazza, alzando lo sguardo
sorpresa.
“Si, due. Ma non ha
aggiunto altro.”
“E le streghe nella
caverna? Cos’hanno intenzione di fare con loro?”
“Ha detto che devono
rimanere dove sono e che non annulleranno il maleficio
fino a quando non saremo pronti.”
“Pronti per
cosa?”
In risposta, lui scosse la testa:
“Non lo so. Non fa che ripetere che ci
arriveremo. Comunque, non ha tutti i torti, forse è meglio
lasciarle lì. Dopo
quello che è successo due settimane fa con le fughe e le
ribellioni, non
abbiamo tempo di fare anche gli acchiappa-streghe!”
La ragazza annuì,
allungando il passo: “Okay, allora riferiamo ai
consiglieri quello che Nina ti ha detto e…”
iniziò, prima di essere interrotta
dall’amico.
“Jade, aspetta! Prima
c’è una cosa che devi sapere su tuo nonno... Da
quando Dana l’ha intrappolato nella sua mente, il potere di
persuasione che gli
ha permesso di far credere ai cittadini di Morney Hill di essere il
sindaco, si
è annullato. La gente ora è confusa,
perchè il vero sindaco si è subito
presentato in municipio per prendere il suo posto. Noi abbiamo pensato
che
fosse cessato tutto nel momento in cui è stato intrappolato,
ma, dopo aver
chiacchierato con Nina, ho scoperto che la sua persuasione è
svanita prima
ancora di finire nella mente di tua nonna...”
“E come fa lei ad esserne
così sicura?”
“Perché
l’ha visto in città e sapeva cosa stava succedendo
in municipio.”
“Quindi dici
che…” esordì lei, senza tuttavia avere
il coraggio di
continuare e lasciando che fosse lui a farlo.
“Sì, credo che
John abbia perso i suoi poteri dopo essere stato nell’area
zero. Pensaci, ha perfettamente senso: lui è un emulatore
permanente e ha
raccolto un’infinità di poteri nel corso degli
anni. Entrando nell’area zero,
li ha sicuramente persi tutti, perciò, quando è
uscito, la sua entità
soprannaturale dev’essersi ritrovata completamente azzerata.
Probabilmente non
se n’è nemmeno accorto e non ha avuto il tempo di
raccogliere altri poteri da
noi o da i demoni e le streghe, quindi…”
“…è
quasi innocuo!”
“Beh, hai detto bene: quasi.
Ha ancora dalla sua parte i disordini
che controlla, ma, per il resto, non è più tanto
potente come prima, perciò
possiamo tirarlo fuori dalla mente di tua nonna prima che la distrugga
completamente.”
Tuttavia, nonostante le sue
rassicurazioni, l’amica aveva ancora qualche
perplessità: “Si, ma, se lo tiriamo fuori dalla
mente di mia nonna, dobbiamo
avere un altro posto in cui intrappolarlo per sempre, no? E... e non mi
viene
in mente praticamente nulla, al momento!”
“Beh, io
un’idea ce l’avrei! – ammise lui, tirando
fuori il telefono e
mostrandole una foto – L’ho scattata nella
caverna... Vedi quel simbolo sulla
parete? E’ un incatesimo chiamato La
traversata di Medusa grazie
al quale le streghe sono state pietrificate.”
“Come funziona?”
“Viene disegnato su una
parete e, se qualcuno lo oltrepassa, diventa di
pietra.”
Jade rimase senza parole:
“Tutto qui? – chiese, dubbiosa – Credi
davvero
possa funzionare con John?”
Zack sfoggiò un sorriso,
sicuro: “Certo! Basterà riprodurre lo stesso
simbolo nella stanza in cui si trova Dana e, quando avremo liberato
John dalla
sua mente, farlo avanzare verso di noi affinché lo
oltrepassi.”
La ragazza ancora non era sicura
fosse la scelta giusta, ma decise di
prendere tempo: “Okay, ma dovremmo parlarne prima con Marcus
e Foxi. Dobbiamo
metterti al corrente di cosa è successo questa notte: la
scatola è scomparsa!”
L’amico si
bloccò e sgranò gli occhi per la sorpresa.
Tuttavia, non disse
nulla, dirigendosi con lei verso la Sala del Consiglio.
Stazione
della metropolitana di
Milwaukee, Wisconsin
Il viaggio di Klen era appena
cominciato, ma, fortunatamente, Roma, la
strega appena conosciuta, la stava accompagnando. In quel momento, le
due si
trovavano in una stazione della metropolitana della città,
deserta a quell’ora.
La giovane ragazza era perplessa.
“Perché siamo
qui? La metropolitana non ci porterà mai fino in Georgia,
pensavo avremmo usato un’auto o preso un treno!”
Ma l’altra
continuò a camminare: “Fai sempre così
tante domande quando
qualcosa non ti sembra logico? Fidati di me, arriveremo in Georgia in
uno
schiocco di dita!”
Poco dopo, si fermò
davanti ad un muretto, illuminato scarsamente da
qualche lampione. Klen continuava a guardarla senza capire, ma,
stavolta, non
disse nulla. Improvvisamente, Roma fece un passo e lo
attraversò, scomparendo
nel nulla sotto gli occhi sconvolti della sua compagna di viaggio.
“Ma dove diavolo
è andata?” mormorò la ragazza e subito
sentì la voce della
donna provenire dall’altra parte.
“Dai, vieni!”
la chiamò.
Benché diffidente, la
ragazza decise di attraversare. Quando la raggiunse,
vide davanti a sé un lungo corridoio illuminato di bianco da
una luce proveniente
da sotto il pavimento. Ai lati non c’erano pareti, solo il
buio, talmente nero
da perdercisi dentro. Roma, qualche metro più avanti, le
fece cenno di
avanzare.
“Forza,
andiamo!”
Quando la raggiunse, vide che alla
fine del corridoio c’era una specie di
sportello, simile a quello di una banca o di una edicola di strada, con
una
donna affacciata alla finestrella. Nonostante fosse molto confusa, Klen
non
fece domande, guardando Roma rivolgersi tranquillamente a lei.
“Due biglietti per
Brunswick. Grazie!”
Annoiata, l’altra glieli
allungò guardandola a malapena: “State andando
alla WitchHouse, per caso?” chiese.
“Esatto!
– rispose Roma, tirando
fuori alcuni articoli magici dalla borsa e passando tutto sotto il
vetro –
Ecco, a te!”
Poi, si girò verso
destra, proprio dove c’era il buio assoluto. Nel
frattempo, Klen la seguì in ogni mossa, non capendo nulla di
quanto stava
accadendo. Qualche secondo dopo, la donna dietro allo sportello
premette un
tasto e, improvvisamente, davanti alle due streghe si aprì
un varco al cui
interno si trovava un vortice impetuoso, pronto ad accoglierle. Roma,
senza
perdere altro tempo, prese la mano della ragazza.
“Avanti,
andiamo!” esclamò, trascinandola dentro senza
nemmeno darle il
tempo di reagire.
Subito dopo, le due piombarono
fuori dal muretto di un’altra stazione della
metropolitana.
“Cosa diavolo
è successo?!?” gridò Klen.
“Ci siamo
teletrasportate, no?” rispose l’altra,
ricomponendosi e
confondendola ancora di più.
“Sbaglio, o hai pagato
quella donna in talismani e fialette di pozioni?”
“Oh, ma che stupida!
– esclamò, ridendo - Per te è tutto
nuovo, scusami,
dimentico sempre che provieni dalla cupola. Diciamo che quello a cui
hai appena
assistito è un nuovo tipo di business creato per permettere
alle streghe di
spostarsi più velocemente. E’ davvero ingegnoso e
ti dirò: questa novità
proviene proprio dalla WitchHouse!”
La ragazza annuì,
guardandosi attorno: “Quindi siamo davvero in
Georgia?”
“Proprio così!
Siamo a Brunswick, la sede della WitchHouse.”
“Non vedo l’ora
di conoscere questa strega, allora, perciò portamici
subito!”
“Anche io sono impaziente
di conoscerla e di visitare la fantomatica
WitchHouse... Sai, parte della ragione per cui ti ho accompagnata,
è perchè ero
curiosa!” poi, senza aggiungere altro, le due risalirono la
metropolitana.
Alkaban
Jade e Zack entrarono nella Sala
del Consiglio, trovando Marcus che
consultava dei libri. Subito, l’uomo alzò lo
sguardo su di loro.
“Bene, meno male che
siete qui! – esclamò - Ci sono diversi libri da
consultare, perciò prendetene uno e datevi da fare,
ok?”
I due, però, non si
mossero.
“Devo dirti una cosa....
– iniziò Zack - Ho lasciato andare Nina!”
L’uomo, per la sorpresa,
si alzò di scatto: “COSA?!?”
Jade, allora, decise di
intromettersi: “E’ solo una strategia,
perchè la
ragazza non si sentiva a suo agio, qui. Zack, però,
è riuscito a conquistare
parte della sua fiducia, perciò continuerà ad
incontrarla fuori da qui.”
L’altro annuì:
“Almeno siete riusciti a chiederle qualcosa sulla cupola o
su chi è lei in realtà?”
“Discende dalle streghe,
ma non lo è, in un certo senso. Pratica l’Arte
Shomia, non so se ne hai sentito parlare…”
spiegò il ragazzo, facendosi avanti.
“Sì, la
conosco, ma ero convinto si fosse estinta. Non immaginavo si
praticasse ancora. Ora, però, capisco il disagio della
ragazza nello stare qui
con noi e nel rimare in disparte fino ad oggi. Tuttavia, non dobbiamo
comunque
perderla di vista. D’accordo?”
“Tranquillo, mi
occuperò io di lei. Non la perderò
d’occhio!”
Improvvisamente, furono raggiunti
da Foxi, che entrò nella stanza con un
libro in mano. “Ho trovato quello che cercavamo! –
esclamò, posandolo sul
tavolo e aspettando che tutti si avvicinassero per guardare –
Si chiama La
scatola delle tentazioni.”
“Già,
– commentò Zack - dall’immagine
sembrerebbe proprio la stessa!”
“Di che cosa si tratta
esattamente?” chiese Jade, curiosa.
L’uomo, che aveva letto
tutto poco prima, si affrettò a spiegare cosa aveva
scoperto: “La scatola delle tentazioni è un
oggetto mistico che viaggia nel Domus…”
“Aspetta! – lo
bloccò la strega – Cosa diavolo sarebbe?”
“E’ il luogo da
cui passi prima di finire in un’altra dimensione.
E’ una
sorta di corridoio con tante porte: il Domus è rappresentato
dal corridoio,
mentre le dimensioni dalle porte.”
“Quindi, prima di
arrivare nel mondo in cui si trova Samuel, sono passata
dal Domus?”
“Esatto! E questo spiega
anche come la scatola sia riuscita ad arrivare nel
nostro mondo con te: i viaggi dimensionali sono rari, ma, grazie a te,
ha
trovato il modo di abbandonare il Domus in cui era stata
confinata.”
“Allora che
cos’è questa scatola delle tentazioni in
realtà?” chiese Zack,
impaziente.
“La scatola racchiude al
suo interno tutte le cose che vengono scartate
dagli altri mondi. Se, ad esempio, decidessimo di spedire un sasso in
un’altra
dimensione, potrebbe arrivarci, ma, se prima incontra questa scatola
nel Domus,
viene risucchiato automaticamente al suo interno.”
“Questo però
non spiega come Harmony sia riuscita a dimenticare una notte
intera, però...”
“Il libro dice anche che
questa non è la prima volta che la scatola lascia
il Domus. Essa, infatti, viene soprannominata delle tentazioni,
perché
suscita talmente tanta curiosità da indurre quasi tutti a
volerla aprire. Una
volta aperta, però, chi ne osserva il fondo viene connesso
ad essa al punto che
prende possesso della tua mente ed è in grado di farti fare
qualsiasi cosa,
senza che tu te accorga.”
“In questo caso,
Harmony!” aggiunse Marcus, concludendo la spiegazione.
“Sbaglio o mi avete detto
che c’era anche Jackson? Lui, però, non
l’abbiamo
trovato svenuto assieme a lei...”
Fu Jade, stranamente, a proporre
una soluzione: “Credo di averlo distratto
in qualche modo, raccontandogli di Samuel. Magari ho liberato la sua
mente
dalla connessione con la scatola...”
Zack annuì:
“D’accordo, ma rimane comunque una domanda
importante: cosa ha
fatto fare ad Harmony?”
“Non è
difficile arrivarci, se ci fate caso…”
replicò Foxi, vago.
“Ha liberato qualcosa che
era racchiuso al suo interno, uno scarto!”
propose la ragazza, facendo sospirare l’amico.
“Fantastico, altri
problemi da altre dimensioni!” esclamò
quest’ultimo.
Subito, però, Foxi lo
corresse: “Non esattamente. In realtà, infatti, la
scatola ci restituisce soltanto qualcosa che è stato escluso
dalla nostra
dimensione, non dalle altre.”
Jade annuì:
“Bene, sapete di che cosa si tratta esattamente,
allora?”
I due consiglieri si scambiarono
una lunga occhiata, poi Marcus prese la parola.
“Parliamo di un tempo
lungo secoli, sono molte le cose che potrebbero
essere state escluse da questo mondo...”
“Okay, ma... –
provò allora il ragazzo, preoccupato - se si arriva ad
escludere qualcosa da un mondo, significa che è pericolosa,
no? Perciò, qual è
la cosa più pericolosa che sia mai esistita in questo
mondo?”
“Davvero non saprei. Sono
troppe le possibilità. Fossimo stati ai piani
alti, avremmo potuto consultare gli archivi, ma da qui… beh,
c’è poco da fare!”
replicò Foxi, deciso.
“Allora che cosa
facciamo, aspettiamo che qualcosa o qualcuno di
potenzialmente pericoloso uscito da una scatola ci attacchi?
– sbottò la
ragazza, esausta - Dio, non abbiamo davvero un attimo di
tregua...”
“Per questo dovete uscire
a controllare!”
Lei sbuffò, seccata:
“Suppongo sia fuori luogo parlare di John, a questo
punto...”
“Di John? A proposito di
cosa, scusa?”
Ma fu Zack a rispondere per lei:
“Vuole liberarlo dalla mente di Dana per
intrappolarlo nella pietra.”
I due sgranarono gli occhi per la
sorpresa.
“COSA?!? –
urlò Marcus - E’ pericoloso, potrebbe fuggire!
Siamo già stati
fortunati la prima volta...”
Anche Jade, allora, alzò
la voce: “Ma lei sta soffrendo! John la sta
torturando e io non posso permettere che la distrugga
completamente!”
Ancora una volta, l’amico
la sostenne, spiegando meglio agli altri la
situazione: “Si tratta di un incantesimo Shomia che ho
fotografato nella
caverna. Dobbiamo solo disegnare il simbolo sulla parete e, appena John
farà un
passo, si pietrificherà come è accaduto con le
streghe. Potremo liberarci di
lui per sempre, per non parlare del fatto che ho scoperto anche che ha
perso
tutti i suoi poteri dopo l’area zero...”
Foxi sospirò:
“Lo sappiamo già, ma rimane comunque una minaccia.
E’ lui che
ha creato i nuovi disordini e che li controlla, non
dimenticatelo!”
“Ne sono consapevole
più di chiunque altro, ma vi prego, fate
qualcosa...”
la ragazza continuava a insistere, nella speranza di convincerli.
I due consiglieri, allora, rimase
in silenzio qualche manciata di secondi,
lo sguardo basso in segno di riflessione. Alla fine, fu Foxi a parlare
per
entrambi.
“Ne riparleremo dopo il
vostro giro di perlustrazione, ok?”
Scuotendo la testa indignata, la
ragazza si diresse verso la porta, ma,
prima di varcarla, volle dire ancora qualcosa.
“Lei è
l’unica che mi è rimasta. Tenete conto almeno di
questo, quando ne
riparleremo...” e uscì.
Zack si preparò a
raggiungerla, ma prima consegnò ai due consiglieri un
foglietto e una fiala di inchiostro blu.
“Ah, dimenticavo!
– esclamò – Nina mi ha dato questi!
Servono per annullare
il maleficio su Terence e Brenda. Usate questo inchiostro per disegnare
sulle
loro statue il simbolo che c’è sul foglio e
torneranno normali.”
Marcus li prese dalle sue mani:
“D’accordo. Adesso andate, ci penserò io
personalmente!”
“D’accordo,
grazie!” rispose il ragazzo, prima di raggiungere
l’amica fuori
dalla stanza.
Foresta
presso la zona Est della
cupola
Diverse ore dopo, la giornata era
ormai trascorsa e su Morney Hill era
calata la notte. Tamara e Barnès stavano tornando al loro
accampamento e tra le
mani stringevano delle buste di carta con dentro del cibo. Sembravano
alquanto
divertiti dall’esperienza in città, al punto che
risero per tutto il tragitto.
“Sai.... –
esordì lei - è stato eccitante rubare da un
supermercato senza
usare la magia per entrare...”
“Perché usare
la magia, quando puoi spaccare il vetro della porta sul retro
con una pietra?”
“Già! Fortuna
che era piccolo e siamo riusciti a uscire prima dell’arrivo
della polizia!”
A quel punto, però,
l’uomo notò qualcosa muoversi nella foresta poco
lontano da loro, perciò prese Tamara per i fianchi e la
trascinò dietro un
albero.
Lei, confusa, iniziò a
gridare: “Cosa diavolo ti prende?!?” ma subito lui
le tappò la bocca con una mano.
“Shhhhhh! – le
sussurrò – Guarda laggiù!”
Quando spostò lo
sguardo, la strega vide quattro loschi tizi vestiti
completamente di nero che camminavano tra gli alberi e si
spaventò.
“E quelli chi
sono?” mormorò, prima che se andassero.
“Non lo so, –
le rispose l’altro - ma non sembravano far parte del gruppo
della prescelta...”
Tamara, allora, iniziò
ad agitarsi: “Senti, forse dovremmo spostare il
nostro accampamento... Chiunque siano, non voglio che si avvicinino a
noi!”
Barnès, vigile,
annuì: “Sì, sono d’accordo.
Da queste parti c’è troppo
movimento, ultimamente... – poi iniziò a camminare
– Muoviamoci!” e lei lo
seguì, in allerta.
Ristorante
“Pleasure” – Morney Hill
Noa era appena sceso
dall’auto di Wes e stava osservando, senza parole, il
posto in cui l’aveva portato.
“Davvero?”
In quel momento, l’altro
lo raggiunse per avviarsi insieme verso l’entrata:
“Davvero cosa?”
“Davvero questo! Un
ristorante? Non passeremo inosservati… Insomma, hai mai
visto due della nostra età fare una cena a lume di candela
in un posto del
genere?”
Wes, però, era
calmissimo: “E chi ha detto che ci saranno delle candele?
E’
solo una cena, Noa! E poi, tu sei dichiaratamente gay, quindi cosa ti
importa
se la gente pensa qualcosa di strano?”
“Beh, a me nulla, ma non
so te... Quando cercavo a tutti i costi di
nascondermi, finire a cena con un ragazzo in un ristorante del genere
era
l’ultimo posto in cui sarei voluto andare!”
L’altro
sospirò: “Senti, per quanto mi riguarda, siamo
solo due amici che
condividono una cena, okay?” e accelerò il passo,
lasciandolo dietro.
Noa rimase confuso dalla sua
reazione: “Ecco, ora non ti seguo più!”
Poco dopo, i due presero posto al
tavolo che avevano prenotato e iniziarono
a consultare il menù. O meglio, Wes consultò il
menù, dato che Noa passò tutto
il tempo a sbirciarlo da dietro il suo, per poi arrendersi e gettarlo
sul
tavolo con decisione.
“Okay, non riesco a
capirti! Prima sei lì che flirti con me e dopo siamo
solo due amici che condividono una cena? Insomma, giochiamo nella
stessa
squadra o stai davvero cercando di fare amicizia con me?”
Sospirando, anche Wes
lasciò perdere il suo: “E va bene, se vuoi farmi
quella domanda, falla. Ma cerca di non gridarla, va bene?”
Noa, allora, si guardò
intorno, per poi allungare il collo verso di lui in
modo da poter sussurrare: “Lo sei? Gay,
intendo…”
Titubante, il ragazzo si ritratte
leggermente: “No, non credo. Oppure,
forse. Cioè... non... non ho mai provato attrazione verso un
ragazzo, prima di
te...”
L’altro era perplesso:
“Intendi dire che… che ti ho fatto diventare gay o
qualcosa del genere?”
Wes roteò gli occhi:
“Beh, non esageriamo, anche le ragazze mi piacciono,
ma… non nello stesso modo in cui mi piaci tu,
ora...”
Sentendosi sollevato, Noa
finalmente si rilassò, appoggiandosi con la
schiena alla sedia e mettendosi più comodo.
“Caspita, mi sento come
Jack Harkness in Torchwood! “ esclamò,
stupendosi quando l’altro non lo capì.
“Aspetta, non hai mai
visto Torchwood?!?” chiese, sbigottito.
“E’ una... cosa
gay?” chiese quello, insicuro.
“Una cosa gay, dici? Beh,
no… Anzi, forse... In verità, tutti i personaggi
sembrano tendere alla bisessualità, ma non è
questo il punto! La serie parla di
quest’uomo affascinante - gay, ovviamente - a capo di una
squadra che combatte
le minacce aliene. Nel corso degli episodi intraprende una sorta di
relazione
con Ianto Jones, una specie di assistente tuttofare della loro base
segreta e
più avanti si scopre che, per lui, Jack era
l’unico uomo da cui si sentisse
attratto, anche se non capiva perchè.”
Wes parve sbalordito dalla sua
situazione: “Wow! Ricordami di vedere questa
serie, un giorno. Anche se, a differenza di Ianto Jones, io so
perfettamente
perché sono attratto da te!”
Imbarazzato, Noa quasi non riusciva
più a stare seduto bene sulla sedia:
“Ah, sì...?” riuscì a dire,
mentre il cameriere portava sul tavolo le loro
ordinazioni.
“Sì. Tu mi
piaci perché in quella casa, mentre quel mostro stava per
farmi
del male, hai voluto prendere il mio posto. Hai tirato fuori il
coraggio e hai
rischiato la tua vita per salvare un estraneo. Cosa
c’è di più attraente di
questo?” concluse, guardandolo negli occhi.
“Forse tu mi vedi come
una specie di eroe e non come…” iniziò
l’altro, ma
subito Wes si arrabbiò e lo interruppe.
“Ma per favore, non
essere ridicolo! Tu mi piaci e basta, gli eroi non
c’entrano nulla! Piuttosto... tu provi lo stesso per
me?”
Noa, colto di sorpresa e senza
parole, provò a prendere tempo giocando con
la forchetta che aveva nel piatto: “Ehm… io penso
che… come posso spiegartelo?
Tu sei un bravo ragazzo e il fatto è
che…”
Deluso, Wes girò la
testa verso la finestra, immaginando cosa stava per
dire.
Improvvisamente, però,
fu attirato da un uomo che, in piedi nell’ombra
dall’altra parte della strada, fissava il ristorante.
Strizzò gli occhi,
cercando di vedere meglio e dimenticandosi totalmente del ragazzo
dall’altra
parte del tavolo.
“Ma che
diavolo…?” esclamò, attirando
l’attenzione dell’amico, che smise
immediatamente di parlare.
“Che
c’è? Che cosa stai guardando?”
Ma non fecero in tempo a dirsi
altro, che un forte bagliore di luce investì
il ristorante dall’esterno: un enorme furgone
attraversò la vetrina e finì
all’interno, ribaltandosi più volte. Poi, si
udirono solo le urla della gente
ferita all’interno del ristorante, che era in condizioni
disastrose: la
facciata era distrutta, i tavoli e le sedie per terra assieme ai piatti
rotti,
alle posate e ai frammenti di vetro delle finestre. Ovunque, regnava il
caos.
Pochi secondi dopo, Wes si
rialzò tossendo, un rivolo di sangue che gli
colava dalla fronte, chiamando il nome dell’amico:
“Noa? Noa, stai bene?”
Quello, però, non
rispose, steso a terra privo di coscienza dall’altra
parte del tavolo, la faccia piena di sangue. Subito, allarmato, si
avvicinò a
lui e iniziò a scuoterlo.
“Noa? Noa, ti prego!
Svegliati!” chiamò.
Poi, tra le grida della gente che
cercava di soccorrere i propri cari e
capire cosa fosse successo, buttò di nuovo uno sguardo
fuori, attraverso la
voragine creata dal furgone, cercando di scorgere nuovamente
l’uomo che aveva
visto pochi attimi prima. Sfortunatamente, però, sembrava
sparito, perciò Wes
tornò a rivolgere la sua attenzione all’amico e a
cercare aiuto.
Nei
pressi di Alkaban
Jade e Zack avevano passato
l’intera giornata a controllare Morney Hill, ma
tutto sembrava essere normale, eccetto la solita presenza dei
disordini.
Essendosi ormai fatta notte, pensarono di tornare ad Alkaban per
riferire che
nulla di malvagio aveva lasciato l’edificio. Nel tragitto,
continuarono a
chiacchierare.
“Non posso ancora credere
che ci siamo davvero fermati a casa tua a
mangiare un boccone cucinato da te!” esclamò Zack,
sorpreso.
“Beh, perchè
no? Avevo una gran fame e abbiamo passato l’intero pomeriggio
a passeggiare come dei barboncini in cerca di un osso che non
c’era. E poi… –
gli sorrise – è stato bello poter mangiare
qualcosa assieme al mio migliore
amico. Un quarto d’ora di normalità! Davvero,
quand’è stata l’ultima volta che
abbiamo fatto una cosa del genere?”
“Ehm…
mai?” rispose lui, ironico, scatenando in entrambi una risata.
“Già, non
l’abbiamo mai fatto, in effetti!”
“Pensavo che Samuel ti
avesse rimpinzato per bene, prima di farti tornare
qui da noi. Invece stavi letteralmente per mangiare il
piatto!”
“Sai, credo che viaggiare
attraverso il Domus abbia bruciato le calorie che
avevo accumulato...”
E i due continuarono a ridere
ancora per un po’. Alla fine, comunque, la
risata si spense e tornarono seri.
“Non mi hai ancora
raccontato com’è. Essere stata lì,
dico” continuò Zack,
curioso.
Jade sospirò,
ricordando: “E’ identico a qui, anche se non
esattamente.
Cioè... non saprei come spiegarlo, ma… provi
quella sensazione come se nulla
potesse farti del male, come se non dovessi preoccuparti più
di nulla e di
nessuno. C’era... pace, tanta pace. Una vera pace, non quella
che sembra ci sia
adesso mentre camminiamo. Pace, capisci? Di quella
che ti dice che non
accadranno più cose brutte e che non dovrai mai
più vivere ogni giorno con la
paura di perdere le persone a te care tanto presto o di correre contro
il tempo
nel tentativo di fermare qualcosa…”
Un accenno di sorriso si
formò sulle labbra di Zack: “Sarebbe bello poter
provare quello che hai descritto, sai? Scoprire un mondo che non sapevi
esistesse ed esserne affascinato. Combattere contro il male non
è più
divertente come una volta... – poi vennero la tristezza e i
rimpianti – Non
dopo quello che abbiamo passato…”
L’amica era altrettanto
demoralizzata: “Purtroppo finchè vivremo in questo
mondo, non credo avremo mai un lieto fine...”
Sospirando, l’altro
continuò a camminare con lei, finchè,
improvvisamente,
notò uno strano oggetto per terra, vicino ad un albero.
Subito scosse il
braccio dell’amica, indicandoglielo.
“Guarda,
c’è qualcosa laggiù! Lo
vedi?” e si avvicinò velocemente per
osservarlo meglio.
“Che
cos’è?”
“Sembra un
vaso...”
La ragazza si guardò
intorno circospetta: “Dov’è il
coperchio?”
Subito, lui fece altrettanto:
“Non lo so, non lo vedo in giro...”
Lei, allora, lo prese in mano e vi
guardò dentro, sgranando poi gli occhi
per la sorpresa: “Accidenti, questo vaso non ha il fondo!
Come la scatola!”
Subito, Zack si allarmò:
“Forse è meglio non guardarci dentro molto a
lungo, allora. Ricordi cosa è successo ad Harmony e
Jackson?”
“Aspetta! E se Harmony
avesse tirato fuori questo vaso dalla scatola?”
L’amico parve confuso da
quella strana ipotesi: “Sì, ma cosa
c’era dentro?”
Jade, allora, guardò
dentro ancora una volta, notando qualcos’altro:
“Sembra che, qualunque cosa ci fosse, sia uscito,
ma… è rimasto qualcosa, una
piccola luce che brilla nell’oscurità...”
Trovando l’oggetto
pericoloso, Zack glielo tolse immediatamente di mano: “Credo
sia meglio portarlo ad Alkaban e non guardarci più dentro,
ok?” e si tolse
anche la giacca per avvolgerlo dentro.
“Ecco, così
dovrebbe andare. – esclamò, soddisfatto
– Adesso portiamolo ai
consiglieri e speriamo non si tratti di qualcosa di malvagio!”
La ragazza, allora, si
guardò ancora intorno, circospetta:“Sai, ho la
sensazione che qualcosa stia arrivando, anzi… che sia
già arrivato, per colpa
mia...”
“Aspettiamo prima di
sapere cos’è, d’accordo?” e,
insieme, i due corsero
via più veloci della luce, ignari di cosa avevano tra le
mani.
CONTINUA NEL QUATTORDICESIMO
CAPITOLO
Testo
a cura di Lady Viviana.
ANGOLO AUTORE: Se il capitolo
vi è piaciuto, ricordate di lasciare un commento ai fini
della continuazione della storia. Non perdetevi il prossimo
appuntamento con la 3x14 "E rimase solo la speranza" Lunedì
7 Settembre. Buona settimana stregata!
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Capitolo 14 *** 3x14-E rimase solo la speranza ***
CAPITOLO QUATTORDICI
"Everybody Wants to Rule the World"
Alkaban
Come gli aveva suggerito Zack,
Marcus aveva disegnato i simboli Shomia
sulle statue di Brenda e Terence, seguendo esattamente le sue
istruzioni.
Completata l’operazione, indietreggiò,
aspettandone gli effetti e, pochi
secondi dopo, notò che la pietra stava iniziando a svanire,
liberando
lentamente i due intrappolati. Brenda fu la prima a tornare normale, ma
per
qualche istante rimase comunque bloccata nella posizione in cui era,
per via
del troppo tempo passato nella pietra; alla fine, comunque, si
riscosse,
toccandosi le braccia e il volto, per poi sorridere, abbracciando il
suo
salvatore.
“Oh, santo cielo, ti
ringrazio! Non ne potevo più di stare richiusa lì
dentro!”
Colto di sorpresa, l’uomo
arrossì, imbarazzato: “Ma figurati, non ho fatto
nulla!” rispose con un sussurro.
Intanto, anche Terence era tornato
normale e aveva assistito, alquanto
infastidito, alla scena; tuttavia, non reagì, limitandosi
solo a lanciargli
un’occhiataccia.
Mentre si staccava da Marcus,
subito Brenda lo sommerse di domande: “Per
quanto tempo sono rimasta pietrificata?”
“Da ieri notte,
perciò quasi un giorno.”
A quel punto, Terence
tossì, deciso a rivelarle la sua presenza.
“Oh, mio Dio! –
esclamò lei, vedendolo - Terence, ci sei anche
tu!” e corse
ad abbracciarlo.
Marcus, tuttavia, dovette
interrompere quel momento: “Ehm... ora dovreste
venire con me, però, perchè dovrei aggiornarvi su
quello che è successo...”
La ragazza si voltò di
scatto verso di lui, allarmata: “Ah sì? Quante
cose
sono successe esattamente mentre non c’eravamo?”
“E’ tornata
Jade, tanto per cominciare!” e sul volto dell’altra
si dipinse
un sorriso di gioia, mentre tutti insieme lasciavano la stanza.
Appena fuori, nel corridoio,
incrociarono Jade e Zack, appena tornati. Tra
le due amiche, sorprese di vedersi, ci fu un lungo sguardo, seguito da
un
sorriso e un lungo abbraccio stritolante, come quelli tra due vere
amiche.
Quando si staccarono, Brenda fu la
prima a ritrovare l’uso della parola:
“Stai bene? – chiese - L’hai
visto?”
L’altra, con gli occhi
lucidi, si limitò ad annuire: “Sì,
l’ho visto e sta
bene, ma… – si girò verso tutti gli
altri, immobili a guardarle – Ne parleremo
in un altro momento, d’accordo?”
A quel punto, Zack, il vaso ancora
avvolto nella giacca, si fece avanti,
avvicinandosi a Marcus: “Abbiamo trovato una cosa, mentre
rientravamo dal giro
in città…” iniziò.
“Raggiungiamo la sala,
così puoi mostrarcela, ok?” gli rispose quello,
avviandosi.
Intanto, Brenda aveva osservato
perplessa il dialogo fra i due: “Cosa
mi sono persa, esattamente?” domandò, confusa.
Subito, Jade si affrettò
a rassicurarla: “Tranquilla, ti aggiorno mentre ci
dirigiamo in sala!”
“Caspita, tu finisci in
un altro mondo per quasi una settimana e sono io
quella a dover essere aggiornata!” replicò,
sarcastica, strappando all’amica un
sorriso.
“Guarda che sono tornata
da un giorno, eh!”
Il gruppo, allora, si mosse
lentamente verso la Sala del Consiglio.
Trauma
Center – Morney Hill Hospital
Dopo che le ambulanze erano giunte
al Pleasure,
tutti i feriti e le vittime più gravi erano state
trasportate con urgenza al
Morney Hill Hospital. Wes, che era entrato nella stessa ambulanza di
Noa,
l’aveva inseguito fin dentro l’ospedale, mentre i
medici lo trasportavano
velocemente in sala operatoria.
Percorrendo il corridoio, la
dottoressa descrisse il paziente ai colleghi:
“Uomo bianco, 20 anni, ferita alla testa, possibile
trauma cranico,
pressione 70/80. Prenotate una sala, ORA! – poi si
girò verso due dei suoi
specializzandi – Aiutatemi a metterlo sull’altra
barella, forza!” e insieme lo
sollevarono.
Intanto, Wes, dietro di loro,
assisteva sotto shock alla scena, trovando
appena le parole per chiedere alla donna notizie sull’amico.
“Mi scusi, ma... non sta
morendo, vero? Starà bene, giusto?”
“Dobbiamo operarlo e le
sue condizioni sono critiche, al momento. Aspetti
qui in sala e… – a quel punto si accorse che anche
lui era ferito – Un
momento! Anche lei era nel ristorante, perciò deve farsi
vedere da qualcuno!
SUBITO!” e poi corse via con la barella, lasciando Wes,
preoccupato per Noa, da
solo in mezzo alla confusione.
Alkaban
Dopo essere stati raggiunti anche
da Harmony e Jackson, finalmente si
riunirono intorno al tavolo. Brenda era stata aggiornata, come anche
Terence,
ed era rimasta sbigottita dal racconto di ciò che le era
accaduto.
“Sapevo che un giorno mi
avrebbero fatto una statua, ma... – commentò,
ironica - così hanno decisamente esagerato!” e
tutti la guardarono con un
accenno di sorriso, per poi tornare subito seri.
Zack, infatti, non aveva perso
tempo e aveva tirato fuori il vaso dalla sua
giacca, per poi guardarvi dentro: “Qualsiasi cosa ci fosse
all’interno, ora non
c’è più. Quando io e Jade
l’abbiamo trovata non molto lontano da qui, però,
c’era una piccola luce sul fondo...” e lo
appoggiò al centro del tavolo, mentre
tutti si stupivano per la tranquillità con cui i Consiglieri
avevano accolto la
notizia.
“Avete idea di cosa
sia?” chiese Jade a nome di tutti.
Foxi sospirò:
“Sì, si tratta del Vaso di
Pandora...”
Zack, incredulo, scoppiò
a ridere: “Quello che racchiude tutti i mali, per
caso?”
Brenda, cercando di sembrare colta
quanto l’amico, ripeté la domanda:
“Già,
quello che racchiude i mali...?”
“Dai, Brenda, non fingere
di non saperlo! – esclamò l’amica,
voltandosi e
lanciandole un’occhiataccia - L’abbiamo studiato in
terza liceo!”
“Sinceramente, non
ricordo nemmeno dov’ero una settimana fa! Cosa ne dite,
concludiamo questa scena pietosa e andiamo avanti?”
A Marcus, con grande disappunto di
Terence, sfuggì una risatina.
Ignorando quella scenetta, Foxi si
affrettò a dare una spiegazione
esauriente: “Alcune volte i miti raccontati sui libri non
rispecchiano la
verità. In questo caso, infatti, la vera storia è
un po’ diversa da quella che
alcuni di voi conoscono: gli Dei riuscirono a progettare questa sorta
di vaso
che liberasse la terra dal male più grande che potesse
minacciarlo. Essendo
Dei, lo affidarono ad una giovane ragazza mortale di nome Pandora
e…”
Ma Zack, pignolo, si intromise:
“Quindi Pandora non era la figlia di Zeus
e... – ma non riuscì ad aggiungere altro,
perchè Brenda gli lanciò
un’occhiataccia – Cosa
c’è?” le chiese.
“Foxi ha appena detto che
quella storia è inventata, perciò non fare il
saputello
con delle dicerie!”
L’uomo, però,
si intromise per correggerla: “A dire il vero, Brenda, non ho
detto questo: semplicemente, alcune cose sono vere, altre no. Con il
passare
dei secoli, la storia è stata modificata più
volte, ma qualcosa di veritiero
rimane sempre.”
Il ragazzo fece una smorfia, ma non
disse nulla, così l’altro poté
proseguire con la spiegazione.
“Come stavo dicendo, gli
Dei affidarono a Pandora il compito di salvare la
terra e garantire la serenità. Fu così
che il vaso fu tramandato di madre
in figlia con l’obiettivo di custodirlo e usarlo solo quando
se ne fosse
presentata l’occasione.”
“Capisco, ma... quale
male è stato rinchiuso per ultimo?” chiese Jade,
quando finì.
“A dire il vero, non lo
sappiamo. – ammise Marcus - L’ultima informazione
che abbiamo sul vaso è che, parecchi anni fa, è
stato rubato e da allora
nessuno ne ha mai più sentito parlare. Ora sappiamo che si
trovava all’interno
della scatola, ma… non vedo il coperchio!”
“Non c’era,
abbiamo trovato il vaso così e della scatola neanche
l’ombra. –
spiegò Zack - Anzi, siamo proprio sicuri che il vaso sia
uscito da lì?”
Terence, allora, si intromise:
“Aspettate! L’avete trovato poco lontano da
Alkaban, no? E avete detto che Harmony ha lasciato Alkaban con la
scatola ed è
tornata senza. Quella strada io l’ho fatta parecchie volte e
non ho mai visto
un vaso per terra, perciò direi che proviene sicuramente da
lì.”
Tutti annuirono, convinti.
Brenda, allora, decise di
rivolgersi direttamente ad Harmony: “Tu non
ricordi davvero niente? Dico, niente niente niente?”
Irritata, l’altra
sbuffò: “Niente! Altrimenti ve l’avrei
detto, non credi?”
“Ok, era solo una
domanda!”
“Se il coperchio non
c’era, significa che Harmony l’ha nascosto, oppure
che
l’ha preso chi è uscito dal vaso per non esservi
intrappolato di nuovo...”
propose allora Jackson.
“Quindi pensi che sia una
persona?” gli chiese Zack curioso.
Tuttavia, la conversazione
finì lì, perchè, improvvisamente, il
vaso iniziò
a tremare e subito dopo si rovesciò su un lato, iniziando a
volteggiare su se
stesso, mentre tutti facevano un balzo all’indietro,
preoccupati.
“Che cavolo sta
succedendo?!?” esclamò Brenda, preoccupata, ma non
ricevette risposta perché il vaso si bloccò di
colpo in direzione della porta.
In quell’istante, tutti si guardarono l’un
l’altro, mentre una luce abbagliante
usciva fuori da esso; i presenti fecero appena in tempo a coprirsi gli
occhi e
fu talmente intensa che li riaprirono soltanto quando cessò.
Quando guardarono
nuovamente verso il punto in cui puntava il vaso poco prima, videro
qualcuno in
piedi di spalle: una giovane ragazzina dai capelli lunghi e biondi,
vestita di
bianco come una dea e ricoperta di ricami dorati ed accessori, tra cui
una
collana, un anello e un fermacapelli di colore verde.
Restando ognuno al proprio posto,
in guardia, la osservarono voltarsi e
sorridere loro, apparentemente innocua.
“Mi chiamo
Elpìn e… e ho bisogno del vostro
aiuto...”
Il gruppo si lanciò una
lunga occhiata perplessa.
Brunswick,
Georgia
Klen e Roma si trovavano
all’interno di un negozio di stregoneria, gestito
da una strega della città, che avevano trovato proprio nello
stesso modo in cui
la giovane aveva conosciuto Roma. Non appena entrate, non avevano
tempo,
chiedendo subito indicazioni.
“Salve, veniamo da
lontano e vorremmo sapere come raggiungere la
WitchHouse.”
“Posso chiedervi il
motivo?” chiese l’altra, cordiale.
“Per un aiuto
magico” le spiegò Klen e quella subito prese una
scatola da
sotto il bancone.
“La WitchHouse si sposta
continuamente intorno alla città per non essere
localizzata. La strega leader non vuole che nessuno tenti di violare la
sua
casa, ma in questo caso voi vi siete annunciate,
perciò… – e tirò fuori un
nastro viola – Ecco, prendete questo piccolo souvenir della
WitchHouse! Una di voi
deve legarlo al polso e, quando sarete fuori dal mio negozio, soffiarci
sopra,
d’accordo?”
La ragazza lo prese subito e
seguì le sue istruzioni, perplessa: “Tutto
qui? – chiese - E poi?”
Ma la donna rispose soltanto con un
sorriso enigmatico: “E poi nulla, verrà
tutto da sé! Grazie di essere venute!” le
congedò e le due, anche se poco
convinte, si girarono per uscire.
Tuttavia, la simpatica strega
riuscì a dare anche un particolare consiglio
a Klen: “Cerca di non urlare troppo, mi raccomando!”
Un attimo e le due si ritrovarono
magicamente di nuovo in strada.
“Cosa avrà
voluto dire?” chiese Klen a Roma, ma l’altra, che
ne sapeva
quanto lei, scosse la testa.
“Non ne ho idea,
perciò fa come ti ha detto, ok?”
La giovane strega, allora,
annuì, per poi soffiare sul nastro che aveva al
polso. Pochi secondi dopo, esso si tramutò in un serpente,
che la fece urlare e
agitare il braccio nel tentativo di scacciarlo.
Mentre l’animale
scivolava per terra, per nulla intenzionato a farle del
male, Roma scoppiò in una risata incontrollata. Non appena
smise di ridere, si
preoccupò nuovamente della sua nuova amica.
“Stai bene?” le
chiese, ricevendo in cambio un’occhiataccia.
“NO, per niente! Io ODIO
i serpenti, di tutti i tipi!”
“Ma non voleva farti del
male... – mormorò l’altra, osservandolo
–
Piuttosto, pare che dobbiamo seguirlo...”
“Già, ma
almeno poteva avvertirci, quella strega, così lo mettevi TU
al
polso! Se questo è un souvenir della WitchHouse,
chissà che razza di strega vi
sarà mai a capo...” commentò la
ragazza, mentre si avviavano.
Roma rise: “Beh, una a
cui piace spaventare la gente con i serpenti,
immagino!”
“Spero non dovremo avere
a che fare con altri serpenti, allora…”
E, insieme, continuarono a
seguirlo, in attesa di trovare la fantomatica
WitchHouse.
Alkaban
Erano rimasti tutti immobili, in
piedi, mentre la giovane ragazza apparsa
davanti a loro chiedeva aiuto. Pochi secondi dopo, però,
Foxi, meno perplesso
degli altri, fece un passo avanti verso di lei:
“Elpìn, hai detto? – quella
annuì – Quindi tu saresti…”
“… la
speranza!” completò Zack, incredulo.
Brenda guardò entrambi,
confusa: “Che vuol dire?” e ricevette in cambio
l’ennesima occhiataccia da parte di Jade.
“Sul serio non lo sai?!?
Eravamo vicine di banco ed eri attentissima, me lo
ricordo!” esclamò, sorpresa quella.
“Sembravo
attenta. In realtà ero da tutt’altra parte. Mai
sentito
parlare di sogni ad occhi aperti?”
Roteando gli occhi, Zack si
intromise per dare una spiegazione: “Secondo il
mito, o almeno quello che conosco io, Elpìn in
greco vuol dire speranza.
E, sempre secondo il mito, si dice che, quando Pandora
liberò per sbaglio tutti
i mali custoditi all’interno del vaso, rimase sul fondo
soltanto la speranza. –
poi guardò i Consiglieri in cerca di conferma –
Dico bene?”
Tuttavia, fu proprio la ragazza in
questione a rispondere: “Esatto! Ma nei
libri non viene raccontato che ruolo ha di preciso la speranza,
all’interno del
vaso. Questo perché le storie vengono cambiate di continuo,
dall’inizio dei
tempi, dato che i mortali non possono capire certi meccanismi. Infatti,
vengo
dipinta in modo astratto, quando in realtà sono
più che reale.”
Stavolta fu il turno di Jade di
farsi avanti: “E quale sarebbe il tuo
ruolo, allora?”
“Ogni Pandora ha il
compito di custodire il vaso e rinchiudervi dentro un
male da lei ritenuto pericoloso. Il mio, invece, è
trattenere quel male
all’interno, quando il coperchio lo tiene chiuso, per
impedirgli di uscire. Ma,
se il vaso viene aperto, non sono più in grado di farlo ed
esso riesce ad
uscire.”
Jackson parve perplesso dalla sua
spiegazione: “Cosa cambierebbe se non ci
fossi tu?”
“Il male potrebbe uscire
anche se il vaso è chiuso. La sua potenza,
infatti, sarebbe in grado di spingere via il coperchio ed uscire, ma
io, con la
mia presenza, sono capace impedirlo.”
Tutti, a quel punto, avevano in
mente la stessa domanda, ma fu Marcus a
condividerla per primo.
“Cosa era custodito
esattamente nel vaso?”
“All’interno
del vaso erano custoditi un gruppo di servitori del caos...”
I presenti rimasero letteralmente
senza parole.
Qualche secondo dopo, Harmony si
riscosse e si voltò verso Terence poco
lontano.
“Aspetta, ma tu non sei
un servitore del caos?”
Brenda si aggiunse a lei,
perplessa: “Già, tu ne sapevi nulla?”
Jade, invece, iniziò a
ragionare a voce alta: “Aspetta! Ora che ci penso,
abbiamo sempre sentito parlare di un gruppo numeroso di servitori del
caos nel
vostro famoso castello, ma… non ne abbiamo incontrati molti,
eccetto Wolf, Luis
e te, ovviamente....”
L’uomo, intanto, aveva
abbassato lo sguardo, imbarazzato, riportando alla
mente ricordi dimenticati: “Io… io credo di aver
intrappolato i servitori del
caos, quando ero piccolo...”
“Cosa?!? –
esclamò Brenda - Come sarebbe che credi?”
“Era il 1982 e io avevo
all’incirca dodici o tredici anni. Tutti credevano
morto mio padre ormai da due anni e John era svanito subito dopo, dato
che,
all’epoca, come già sapete, erano uno nascosto
all’interno del cigno e l’altro
sull’isola…”
Zack, confuso, non lo
lasciò nemmeno finire: “Perché non ce
l’hai detto
subito, quando abbiamo tirato fuori il vaso?” chiese.
“Perché non
aveva quell’aspetto, quando l’ho usato! –
rispose l’altro,
esasperato - E poi ero piccolo, come potevo sapere che si trattava del
vaso di
Pandora?”
“Ok, ma come è
successo? – riprovò Jade, più calma
dell’amico - Perché hai
intrappolato i servitori del caos al suo interno?”
Terence non parlò per
diversi secondi, oppresso da tutte quelle domande e
sulla stanza cadde il silenzio.
“Non volevo
intrappolarli... – riprese - Ve l’ho appena detto:
non sapevo
fosse il vaso di Pandora! Comunque, una sera Wolf aveva dato una festa
nella
sala grande del castello, quella in cui si riunivano tutti i servitori
del
caos. Mentre li stavo raggiungendo, però, nel corridoio
trovai una sorta di
pacco regalo sul pavimento che, quando raggiunsi gli altri, poggiai su
un
tavolo. Mentre loro erano impegnati a godersi la festa e a
intrattenersi con
combattimenti magici, io ero sempre più incuriosito da quel
pacco, così mi misi
in un angolo e, da solo, lo aprii. Improvvisamente, però,
accadde qualcosa che
non mi sarei mai aspettato: tutti furono risucchiati al suo interno.
Rimasi
solo io. Anzi, pensavo di essere rimasto solo io, finchè non
arrivò Wolf,
dicendomi che si era dovuto assentare e che era stato fortunato a non
trovarsi
in sala con tutti gli altri. Poi, mi prese la scatola dalle mani e mi
disse che
era stato un incidente e che non era colpa mia,
ma…” e si bloccò.
Tuttavia, Zack completò
la frase per lui: “… ora non sei più
convinto che
lo fosse, vero?”
“Già! Non
conoscevo la storia del vaso di Pandora e, fino a che non sono
diventato adulto, non mi sono mai più posto domande su
quell’evento del
passato…”
“Beh, –
commentò Jade, acida - non c’è da
meravigliarsi se Wolf voleva a
tutti i costi governare il mondo, allora! Con Luis fuori dai piedi, non
avrebbe
mai raggiunto la vetta con gli altri servitori del caos intorno a lui.
Tutto ci
riporta sempre a quel viscido, a quanto pare...”
Brenda fu d’accordo con
lei: “E’ vero, esce molto spesso nei nostri
discorsi!”
“Quindi –
riassunse Marcus per tutti - è stato Wolf a rubare il vaso
di
Pandora dato che stava progettando di rinchiudervi i suoi
simili…”
Foxi sospirò:
“E noi non ne sapevamo niente... Avrà fatto tutto
in gran
segreto, all’epoca. Magari l’avrà fatto
rubare a qualcun altro per suo conto!”
Harmony, però, era
perplessa e si girò subito verso i due consiglieri per
dirglielo: “Come avete fatto a non accorgervi della scomparsa
di tutti quei
servitori del caos, piuttosto?”
“Non eravamo grandi amici
e di certo non andavano nel loro castello per
controllare cosa facevano. – rispose Marcus per entrambi -
Non sapevamo nemmeno
della loro scomparsa, perchè Wolf ha sempre coperto bene le
tracce stando a
capo di tutto e continuando a diffondere disordini, come se fosse
l’intero
gruppo a farlo. Non ce ne saremmo mai accorti, se, due anni fa, Dana
non fosse
stata liberata da Jade e Samuel...”
“E da me!” si
intromise Zack, indignato per quella dimenticanza.
Senza commentare, l’uomo
continuò: “… insomma, grazie a voi
abbiamo
scoperto poi che nel castello erano presenti solo Terence e Wolf. A
quel punto,
abbiamo pensato che fosse successo qualcosa nel corso degli anni, ma
non
sapevamo esattamente cosa. Ovviamente, però, non ci siamo
posti il problema,
visto che parte di quel male che combattevamo da secoli era svanito nel
nulla...”
A quel punto Elpìn, che
fino a quel momento era rimasta in silenzio,
ricordò loro la sua presenza: “Per questo dovete
aiutarmi a rimettere quel male
nel vaso. Ormai i servitori del caos sono di sua proprietà,
perciò devono
tornare al suo interno.”
I presenti reagirono in modo
diverso: chi con dei grossi sospiri, chi
mettendosi le mani nei capelli, ma tutti disperati di fronte a quello
che li
aspettava.
La prima a riscuotersi fu Brenda.
“Quanti sono,
esattamente?” chiese a Terence.
“Più di una
dozzina.”
“Fantastico! –
esclamò Jade, demoralizzata e furiosa - E adesso cosa
facciamo? Se si sono appropriati del coperchio, significa che non hanno
nessuna
intenzione di tornare nell’oblio e che sanno che, senza
quello, non potranno
mai farlo...”
“Già!
– confermò Zack – E, se sono furbi, si
saranno anche sparpagliati per
la città!”
Improvvisamente, un allarme ruppe
il silenzio, facendoli sobbalzare.
“Che cosa sta
succedendo?” chiese Jade, allarmata, guardando i due
Consiglieri.
“C’è
qualcuno all’ingresso di Alkaban!”
spiegò Marcus, attivando la
schermata virtuale al centro del tavolo.
Brenda riconobbe subito la persona
che mostrò loro: “E’ mio
padre!” esclamò
e l’amica si voltò verso di lei, confusa.
“Tuo padre sa come si
arriva qui?”
L’altra
sbuffò: “E’ venuto qui mentre non
c’eri. Devi vedere com’è
diventato iperprotettivo dopo aver scoperto la bruciatura che ho sul
braccio!”
e iniziò a raccogliere le sue cose, sotto lo sguardo
perplesso di Terence.
“Quindi te ne
vai?” le chiese lui.
“Non ho altra scelta...
Non se ne andrà via dal cancello finchè non
sarò
uscita e poi… domani devo andare a lezione. Sono assente da
così tanto tempo
che non ricordo nemmeno più la faccia dei miei
professori!”
Jade sospirò,
comprensiva: “Già, non sei l’unica....
Io credo di essere
stata anche più assente di te. Comunque io non posso
tornare, per adesso, ma tu
vai pure. Almeno una di noi deve frequentare, no?” e quella
annuì, dispiaciuta.
Improvvisamente, si
sentì un urlo e il padre di Brenda scomparve dalla
visuale della telecamera. Subito, la ragazza si allarmò.
“Ehi, cosa è
successo?!?”
Marcus, che aveva visto tutto, si
affrettò a spiegarle la situazione: “Tuo
padre è stato trascinato via da qualcosa e non riesco
più a vederlo…”
“Cos’è
quella fitta nebbia?” indicò Jackson.
“Sembra appena spuntata
fuori!” commentò Zack, accanto a lui.
Harmony, intanto, iniziò
a rabbrividire: “Ho una brutta sensazione...”
mormorò e Jackson si voltò verso gli altri.
“Se lo dice lei,
è vero!” esclamò e Brenda subito prese
la sua balestra.
“Vero o no, io esco fuori
a cercare mio padre!” e si incamminò, senza
aspettare nessuno.
Terence la rincorse immediatamente,
mentre Jade metteva in guardia Zack e
Jackson.
“Andiamo con loro, ma
tenete gli occhi aperti, ok?” e i due annuirono,
mentre Harmony si avvicinava ad Elpìn.
“Tu resta qui con me e i
Consiglieri e noi faremo in modo di aiutarti. Va
bene?”
Con la testa, quella fece cenno di
aver capito, mentre gli altri, in
corridoio, si preparavano ad uscire a vedere cosa stava accadendo.
Brunswick,
Georgia
Era passata ormai più di
un’ora, ma il serpente continuava a strisciare
davanti a loro. Le due, intanto, continuarono a parlare,
finchè quello non
scomparve nel nulla.
A quel punto Klen passò
davanti alla donna, scrutando meglio il terreno su
cui stavano camminando: “Ehi, hai visto? –
esclamò – Era davanti a noi fino a
due secondi fa!”
“Certo che qui non
c’è proprio nulla... –
commentò Roma, accanto a lei - E’
solo un campo d’erba!”
La ragazza si voltò
verso di lei: “Beh, siamo in periferia… Comunque,
credo
ci sia una sorta di velo invisibile, qui davanti a noi...”
L’altra rise, le braccia
incrociate davanti a sé: “Ci sei arrivata, eh?
Pensavo non l’avessi capito!” esclamò,
ricevendo in cambio un’occhiata
perplessa.
“Pensavo che TU non
l’avessi capito!”
“Sono più
anziana di te, perché toglierti il privilegio di arrivarci
da
sola? Io ho già fatto le mie esperienze, perciò
ora vediamo se riesci a
riconoscere il tipo di velo che è stato usato!”
Klen annuì. Poi, dopo
aver preso un sasso da terra, lo lanciò davanti a
sé
e quello passò oltre. Ne prese un secondo e lo
lanciò molto a destra, ma fallì.
Infine, ne raccolse un terzo, lo lanciò molto a sinistra e
fallì nuovamente. A
quel punto, tornò accanto a Roma.
“Il velo deve avere il
diametro di due porte messe insieme, quindi si tratta
di un velo mobile a tempo determinato.”
L’altra rispose con un
piccolo applauso: “Sei davvero
in
gamba, Klen. Tuttavia, questo tipo di velo ha una durata di sessanta
minuti e
dopo si sposta. Chissà da quanto tempo è
qui...”
“Allora facciamo presto a
passare, non possiamo rischiare di farcelo
scappare!” esclamò allora la ragazza, prendendola
per un braccio e, insieme,
passarono.
Dall’altra parte, le due
si trovarono davanti ad una piattaforma di pietra
sospesa sopra una cascata, che si distendeva come un ponte fin dentro
di essa.
Roma, a disagio e intimorita, indietreggiò, ma
l’altra subito la fermò.
”Ehi, cosa stai facendo?
Dove stai andando?” chiese, guardando il suo
sguardo terrorizzato.
“Io.. io ho paura delle
altezze, perciò non attraverserò mai questo pezzo
di pietra...”
Klen era incredula: “Dai,
Roma, non puoi abbandonarmi proprio adesso! – la
pregò - Non cadremo, te lo prometto!”
Ma quella scosse la testa, per
nulla convinta: “Non... non c’è nemmeno
un
appoggio! E se una folata di vento ci spingesse giù? No, mi
dispiace, non
posso...”
“Non
c’è alcun vento e poi staremo insieme. Dobbiamo
solo fare un passo
dopo l’altro, lentamente, d’accordo?” e
le tese la mano.
Allora la donna, finalmente
convinta, la prese.
“Sì, ma non
cammineremo lentamente. Non riuscirei a resistere così a
lungo.
Meglio una cosa veloce, così ci togliamo il pensiero,
ok?”
“D’accordo,
l’importante è che arriviamo.”
E, insieme, iniziarono la
traversata.
Arrivate oltre la metà,
però, Roma spostò lo sguardo verso il basso per
un
secondo ed ebbe le vertigini, mentre Klen, al suo fianco, la teneva
stretta.
“Non guardare
giù, ok? – le intimò - Siamo quasi
arrivate.”
Quella allora annuì,
tornando a guardare davanti a sé.
Finalmente, giunsero
all’altro capo della piattaforma e attraversarono
l’acqua che sgorgava dall’alto.
Dall’altra parte, trovarono una caverna, dove
si trovava un enorme portone: ormai dovevano essere vicine.
“Bene,
dev’essere questa l’entrata della
WitchHouse...” disse la ragazza,
indicandola.
A quel punto si avvicinarono e
bussarono alle enormi porte.
Improvvisamente, esse si aprirono di colpo verso l’interno e
le due
indietreggiarono, udendo uno strano rumore come di ingranaggi in
funzione.
Quando il meccanismo si bloccò, le porte erano completamente
spalancate e loro
poterono finalmente avanzare. L’ingresso era enorme e
c’erano una maestosa
scalinata e numerosi corridoi sia a destra che a sinistra. Tuttavia, un
rumore
di passi interruppe la loro esplorazione, attirando subito la loro
attenzione;
poco dopo, una ragazza entrò nella sala.
“Benvenute alla
WitchHouse! – le salutò, cordiale –
Stendete i polsi,
prego.”
Klen, perplessa, si
voltò verso Roma in cerca di spiegazioni.
“Facciamo come
dice!” le disse quella e subito entrambe eseguirono quanto
era stato chiesto: la ragazza ci passò sopra una mano e
immediatamente su di
essi comparve il tatuaggio di un occhio dentro ad un cerchio.
“Bene, – disse
quella, una volta finito - ora seguitemi. Siete venute per
conoscere la nostra leader, giusto?”
Roma si limitò ad
annuire, ma Klen, più curiosa, non si trattenne dal fare
domande: “Sì, ma… cosa ci hai fatto?
– chiese - Perché questo tatuaggio?”
L’altra rispose senza
nemmeno smettere di camminare davanti a loro: “E’
una
precauzione adottata dalla WitchHouse: se assumerete
all’interno di questa
struttura un comportamento violento, sarete immediatamente catapultate
fuori in
un battito di ciglia.”
Ma la giovane strega, non
soddisfatta, continuò a parlare: “Ho bisogno
dell’aiuto della strega che è a capo di questo
posto. Devo salvare le mie
sorelle streghe da Morney Hill, una città del
Wisconsin!” spiegò, ma quella
parve indifferente alla sua richiesta.
“Non è a me
che devi dire queste cose. Quando ti avrò condotto da lei,
potrai spiegarle i tuoi problemi.”
Quell’ultima frase fece
ammutolire Klen, che si limitò a scambiare uno
sguardo con Roma e sul gruppo cadde il silenzio.
Durante il tragitto,
però, le due streghe poterono scrutare all’interno
di
alcune stanze aperte: in una vi erano delle streghe che combattevano
tra loro
usando i loro poteri, in altre meditavano, seguivano delle lezioni o
creavano
pozioni. Impressionata, Klen riuscì più a tacere.
“Ma che posto
è esattamente questo?”
“Un rifugio per streghe,
dove poter imparare tutto ed essere tutto. Una
vera e propria accademia, creata dalla più potente strega
rimasta in
circolazione.”
Sentendo le sue parole, le due
furono ancora più impazienti di conoscerla.
All’esterno
di Alkaban
Il gruppo era uscito fuori e Jade
stava mettendo in guardia Zack e Jackson,
in piedi accanto a lei.
“Ok,
c’è una nebbia fittissima. Da dentro sembrava meno
fitta, perciò io
guardo avanti e voi ai lati, ok? Non perdiamoci di vista!”
Jackson scrutò nella
nebbia davanti a sé: “E Terence e
Brenda?”
“Sono più
avanti, devono essere arrivati al cancello!”
spiegò Zack, mentre
l’amica sospirava.
“Sono insieme,
perciò non allarmiamoci!”
Più avanti, infatti,
Brenda stava aprendo il cancello per uscire fuori,
mentre Terence, con una piccola corsa, la raggiungeva.
“Ehi, vuoi rallentare?
Non ti hanno mai detto che correre in mezzo ad una
nebbia fitta non è una buona idea?”
Ma quella non rispose, aprendo il
cancello e fiondandosi fuori senza paura
di essere seguita.
“Te lo sei inventato, non
ho mai sentito una cosa del genere!” gli urlò,
prima che la fermasse prendendola per un braccio.
“Brenda, ti prego... Lo
so che sei preoccupata per tuo padre, ma non lo
salveremo agendo impulsivamente e senza pensare!”
Con un sospiro, finalmente la
ragazza si lasciò andare, rivelando il
terrore che aveva dentro: “Ok, hai ragione, –
esclamò - sto impazzendo! Ho
paura che gli sia successo qualcosa e questo mi sta facendo impazzire!
Oddio,
mi stanno passando per la mente pensieri spaventosi...”
Allora lui la prese per le spalle e
la scosse energicamente: “Calmati,
adesso! Lo troveremo, ok?”
Ma lei scosse la testa, facendogli
cenno di guardare intorno a loro: “E
dove? Qui non si vede niente!”
Tuttavia, non riuscirono a dirsi
altro perchè, in quell’istante, furono
raggiunti dagli altri e subito Jade si preoccupò per lei.
“Ehi, state
bene?” chiese, notando quanto era tesa.
“Sì,
ma… Jade, non c’è modo di togliere
questa maledetta nebbia di torno?”
Mentre quella rifletteva sulla sua
richiesta, Jackson spostò allarmato gli
occhi intorno a sé.
“Ragazzi, qualcosa si
muove intorno a noi…” mormorò e
Terence, avvertendo
la stessa sensazione, annuì, comprensivo.
“Già, ho
sentito…” ma non finì la frase e
Brenda, nervosa, perse la
pazienza.
“Cosa? Cosa avete
sentito?” domandò, agitata e subito
l’amica provò a
spiegarle la situazione.
“I demoni hanno i
riflessi più sviluppati dei nostri, ma riesco a percepire
anche io delle presenze intorno a noi...”
“Se solo potessimo mandar
via questa nebbia... - disse ancora una volta la
ragazza - Davvero non puoi fare qualcosa?”
“La nebbia è
soltanto una massa di goccioline d’acqua e cristalli sospesi
in aria. – commentò Zack - Basterebbe un forte
vento per farla spostare.”
Jade si voltò verso di
lui e gli lanciò una lunga occhiata perplessa:
“Non
crederai mica che io possa creare una folata di vento, spero.
E’ ridicolo!”
Ma Brenda non era
d’accordo con lei: “Hai creato delle onde
d’urto per
abbattere dei potenti campi di forza. Non dovrebbe essere
più facile per una
strega creare un po’ di vento?”
“Ero arrabbiata, non
controllavo quello che mi usciva dalle mani!”
replicò
lei, sentendosi sotto pressione.
“Beh, –
insistette l’altra - quella arrabbiata sarò io se
succede qualcosa
a mio padre, perciò fa del tuo meglio!”
Allora, Jade si convinse e, mentre
tutti rimanevano di guardia intorno a
lei, chiuse gli occhi e si concentrò. Brenda,
però, guardava, bisbigliando a
bassa voce: “Dai, ce puoi fare…”
Improvvisamente, si alzò
una brezza gelida, che divenne sempre più forte.
“Forza, Jade, ce la stai
facendo!” la incitò Zack e, poco a poco, la nebbia
cominciò a diradarsi fino a sparire.
Allora, la strega riaprì
gli occhi, affannata e quasi perse l’equilibrio,
se Terence non l’avesse afferrata in tempo.
“Tutto bene?”
le chiese.
“Prova tu ad evocare il
vento…” ribatté lei, rialzandosi.
Intanto, Brenda alzò in
alto la sua balestra e i due demoni evocarono una
sfera di energia nel palmo della loro mano, in guardia, ma sembrava non
esserci
nessuno nei dintorni.
Terence, però,
avvertì gli altri: “La nebbia non si è
creata qui per caso,
si tratta di un potere. Loro sono qui!” esclamò.
“Loro? – chiese
Jackson, voltandosi verso di lui - Cioè… i
servitori del
caos usciti dal vaso di Pandora?” e quello annuì,
serio.
Improvvisamente, l’uomo
riuscì anche a scorgere qualcosa sopra uno degli
alberi vicini.
“C’è
qualcuno l’ha sopra!” esclamò.
Poi, grazie ai suoi poteri, fece un
salto balzò verso l’alto, scomparendo
tra le foglie.
Jackson rimase letteralmente a
bocca aperta: “Non avevo mai visto nulla del
genere!” esclamò.
“Ora sai qual
è il potere da servitore del caos di Terence!”
replicò Zack,
mentre Brenda, avendo visto l’albero tremare, li zittiva.
“Zitti, sta succedendo
qualcosa!”
Improvvisamente, Terence
tornò giù insieme a uno dei fantomatici servitori
del caos usciti dal vaso, che teneva il padre di Brenda, Jim, in
ostaggio.
Subito, la ragazza alzò
la balestra, pronta a sparare: “Lascialo andare
subito o te ne pentirai!” gridò.
Ma il padre intervenì:
“Brenda, non ti preoccupare per me. Andate via!” le
ordinò, prima che il suo rapitore lo scuotesse con violenza.
“Sta zitto, stupido
umano!” gli intimò, rude.
“Giuro che se non lo
lasci…” lo minacciò Brenda, ma quello
non si mosse di
un millimetro.
“Non fate un altro passo
o sarete voi a pentirvene. Dove ci troviamo?”
Zack, allora, si fece avanti,
cercando di essere gentile: “Siamo a Morney
Hill, una cittadina nel Wisconsin.”
“Perché non
posso lasciare la città?”
“Una magia tiene bloccati
qui gli esseri soprannaturali. Una cupola, per la
precisione. – spiegò Jade - Ora,
però, lascia andare quell’uomo, ok?”
Ma quello scosse la testa, per
nulla intenzionato a collaborare: “Come
annullo questa magia?”
“Non-non si
può, al momento...”
Improvvisamente, però,
si udì il rumore di un ramoscello spezzarsi.
“Dietro di
voi!” urlò Terence agli amici e, quando questi si
voltarono,
videro altri cinque servitori del caos usciti da dietro gli alberi.
Subito
Brenda scoccò una freccia contro di loro, ma questa e la
balestra furono
immediatamente deviata con un semplice cenno. Zack e Jackson, invece,
erano
pronti a lanciare una sfera di energia, quando un altro le
annullò, mentre un
terzo creava sotto i piedi di Zack una pozzanghera di melma nera in cui
iniziò
presto a sprofondare. Jackson provò subito ad aiutarlo, ma
l’ennesimo servitore
del caos con una mano riuscì a trattenere il suo respiro e a
farlo soffocare a
distanza. Jade, vedendo i suoi amici in difficoltà,
tentò allora di lanciare un
incantesimo contro di loro: “Molto resistente, rotonda
e trasparente. Imprigiona questo male,
finchè le mie parole non li lasceranno andare...”
e subito
una bolla si creò intorno al gruppo di servitori del caos,
mentre lei esultava,
vittoriosa.
“Ancora non sapete con
chi avete a che fare!” esclamò, mentre quelli
prendevano una scossa nel tentativo di liberarsi.
Intanto, però, le magie
su Zack e Jackson si erano annullate, mentre
Terence faceva un passo avanti verso il servitore che teneva ancora in
ostaggio
Jim.
“Dacci indietro
l’uomo e lasceremo andare i tuoi amici!”
intimò, ma quello
parve essere troppo impegnato a fissarlo.
“Quegli occhi, io li
conosco…” mormorò, facendo rabbrividire
Terence, che
iniziò a sudare freddo.
“Forza, lascia andare
l’uomo!”
“Io ti conosco, vero?
Sembri uno di noi, lo percepisco…”
In quel momento, però,
approfittando della sua distrazione, Jim gli diede
una gomitata nello stomaco e si liberò, tentando di scappare
e, non appena Jade
vide che il servitore stava per riacchiapparlo, con la telecinesi lo
respinse,
buttandolo a terra. Dall’abito del malvagio, allora, cadde
qualcosa, che rotolò
non molto lontano da Terence: il coperchio del vaso di Pandora.
Brenda glielo indicò
subito: “Terence, prendilo!” urlò e
quello, rapido,
eseguì.
Risollevatosi proprio in quel
momento, il servitore del caos lo fissò,
incredulo: “Terence?” sussurrò e
l’altro, dopo aver recuperato il coperchio, lo
guardò negli occhi senza proferire parola.
I due si guardarono ancora per
qualche istante, poi il servitore svanì in
una nuvola di fumo.
Capendo di essere salvi, Brenda,
tirando un sospiro di sollievo, corse a
riabbracciare il padre: “Sono felice che tu stia bene! Mi
sono spaventata
talmente tanto... – ancora tremante, quasi scoppiò
a piangere – Non so cosa
farei se ti accadesse qualcosa...”
Jim la strinse, per poi staccarla
gentilmente da sé: “Io sto bene, non mi
è
successo niente, ok? Ma…” e non finì la
frase, facendo spaventare nuovamente la
figlia.
“Ma cosa?
Perché quella faccia seria?”
“Ho provato a chiamarti
diverse volte, ma il tuo cellulare non prendeva,
così sono dovuto venire fin qui… Noa ha avuto un
incidente e in questo momento
è al Morney Hill Hospital...”
Sconvolta, la ragazza si
voltò verso gli altri, indecisa su cosa fare:
“Io... io devo andare da lui, ha bisogno di me... –
mormorò, con la voce che le
tremava e gli occhi lucidi – Qualcuno mi porti da lui, io
devo…”
Ma non riuscì a finire
la frase, perchè subito Zack le si avvicinò e le
circondò le spalle con un braccio: “Stai calma,
rimani calma. Ti porto io, ok?”
e in un attimo i due svanirono.
A quel punto, Terence si
avvicinò al padre di Brenda: “Jim, lasci che la
accompagni a casa sua...” gli propose gentile, ma
l’altro, restio, si
scansò leggermente.
“Forse non è
il caso che…”
“Invece sì!
Non ha visto cosa è appena successo? Cosa LE è
appena successo?
Per un essere umano non è sicuro rimanere qui,
perciò si farà accompagnare da
me. Brenda ha già abbastanza preoccupazioni, non
trova?”
Jim, ammutolito, non aggiunse
altro, perciò Terence poté rivolgersi di
nuovo agli altri.
“Ce la fai con loro?
– chiese a Jade, riferendosi ai servitori intrappolati
nella bolla – O ti serve una mano?”
“Riaccompagna pure il
signor Jenkins, qui me la caverò perfettamente. E
poi, c’è Jackson con me, perciò vai
senza problemi. Torna presto, però, perchè
avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile per risolvere
questa storia,
d’accordo?”
L’altro annuì,
lanciandole il coperchio. Poi, rivolse di nuovo lo sguardo
verso Jim.
“Appoggi la sua mano
sulla mia spalla o sul braccio, ok?”
Quello gli lanciò
un’occhiataccia: “So come funziona!”
esclamò, prima che,
insieme, svanissero in una nuvola di fumo nero.
Una volta rimasti soli, Jade e
Jackson si voltarono verso la bolla, dalla
quale i servitori del caos li scrutavano, truci. Il demone fu il primo
dei due
a parlare.
“Come portiamo questi
tizi dentro Alkaban?” chiese.
“Con un incantesimo!
– replicò lei, sospirando – E, se non
funziona, ci
faremo aiutare da Foxi e Marcus. Tu rimani in guardia,
perchè il loro capo, o
quello che è potrebbe tornare, ok?” e quello
eseguì, guardandosi intorno,
mentre lei tentava di fare quanto detto.
WitchHouse
- Brunswick, Georgia
La strega che stava conducendo Klen
e Roma dalla leader dell’accademia,
finalmente si fermò davanti a due grandi porte.
“Siamo arrivate,
ricordate di comportarvi bene!” esclamò e Klen
roteò gli
occhi, richiamata subito sottovoce dall’amica.
“Klen!”
“Ok ok, scusa!”
e la strega finalmente aprì le porte, facendosi poi da
parte.
Le due entrarono in un enorme
stanza con un grande scrivania, scaffali
pieni di libri, un camino acceso e un piccolo salottino lussuoso con
una
possente clessidra riempita con piccoli granelli di sabbia o cenere
gialla, non
si capiva bene cosa fosse. Distratte da ciò che vedevano,
non si accorsero
subito che la strega che le aveva accompagnate aveva chiuso la porta
dietro di
loro.
“Beh?
Dov’è?” chiese Roma a un certo punto,
scrutando attentamente la
stanza.
“Forse dobbiamo
aspettarla...” suggerì Klen e le due si sedettero,
distraendosi con due chiacchiere.
Poco dopo, improvvisamente,
sentirono dei rumori nella stanza e Roma si
chiese se fosse l’unica a sentirli.
“Hai...
hai…” iniziò, senza nemmeno riuscire a
finire.
“Sentito? Ehm,
sì, sono qui con te! – e le fece cenno verso una
porta
vicino agli scaffali – Proviene da lì
dietro!”
Sentendo dei passi, le due rimasero
con il fiato sospeso. Poi, cessarono e
la maniglia iniziò a girarsi. Qualche secondo dopo,
però, la porta non si aprì
e le due streghe si guardarono confuse, quando una voce alle loro
spalle le
salutò.
“Salve, benvenute nella
WitchHouse! – esclamò, facendole sussultare per lo
spavento - Mi chiamo Heith e, se cercavate la strega a capo di questa
accademia, beh... sono io!”
Klen si voltò
lentamente, la mano ancora sul petto per il grosso spavento:
“Bene, sono contenta di incontrarti!”
“Non si direbbe dal tuo
colorito...” replicò quella, ironica.
“Beh, –
mormorò Roma, ad alta voce - ci sei spuntata alle spalle
come un
serial killer!”
“Oh, mi dispiace, non
volevo farvi paura... – si scusò subito Heith -
E’
solo una mia tecnica preventiva che uso quando un estraneo entra alla
WitchHouse. La forza dell’abitudine, eh?”
“In che senso, tecnica
preventiva, scusa?” le chiese allora Klen, curiosa
come sempre.
“Faccio credere agli
estranei di uscire da quella porta e invece spunto
loro alle spalle e spezzo loro il collo.”
Le due si impietrirono,
agghiacciate, mentre la donna scoppiava a ridere.
“Scherzavo, non sono
un’assassina!” e quelle risero assieme a lei.
Dopo, Heith si diresse alla sua
scrivania: “Sedetevi, così parliamo!” le
invitò, curiosa di conoscere il motivo della loro visita.
“Allora, cosa vi porta
qui alla WitchHouse?” chiese e subito Klen decise di
essere diretta con lei.
“Provengo da Morney Hill,
dove le streghe della mia congrega sono bloccate
da una cupola magica. Purtroppo, però, in quella
città è ora in corso una lotta
fra bene e male e noi streghe rischiamo di essere
sacrificate.”
“Presumo che quella
davanti a me allora sia solo la tua proiezione astrale
concretizzata… Davvero affascinante, devi essere una molto
brava! E’ di persone
come te che è costituita l’accademia,
sai?”
La ragazza, destabilizzata da quel
commento, cercò di non distrarsi e
tornare al suo problema: “La ringrazio molto, ma, come stavo
dicendo…”
“Sì,
sì, ho capito e non preoccuparti: avrai l’aiuto
che stavi cercando.”
“Davvero?”
rispose l’altra, sorpresa e gioiosa per avercela fatta
così in
fretta.
“Sì, davvero.
E aggiungo anche che sei molto fortunata, perché io sono
già
stata a Morney Hill. Si parla di parecchio tempo fa, ovviamente, ma
conosco la
città e, soprattutto, chi ci vive...”
“Bene, quindi come ci
muoviamo?”
“Hai detto che
c’è una cupola che intrappola chiunque sia
all’interno della
città, giusto?”
“Sì, nessuno
di noi è in grado di uscire da quella città
infernale e
nessuno ci ha voluti aiutare. Ci vogliono usare!”
“Chi?”
“La prescelta! La famosa
prescelta assieme al suo gruppo. Ci hanno tenuti
rinchiusi in una sorta di prigione e raccontato favole su come ci
avrebbero
restituito la nostra libertà, ma noi,
però, abbiamo scoperto della cupola
sanguinea e sappiamo che viene usata per contenere un sacrificio, che
siamo io
e le mie sorelle streghe, insieme ad un gruppo di demoni. Anzi, forse
sono
stati proprio loro ad averci attirato a Morney Hill, prima che tutto
questo
accadesse!”
Heith annuì,
comprensiva, avvicinandosi a uno scaffale alle sue spalle:
“La
prescelta… Sì, ne ho sentito parlare, ma pensavo
fosse buona...”
“Lo è, ma non
quando si tratta di scegliere chi salvare. E, a quanto pare,
vengono prima tutti i suoi affetti e poi tutti gli
altri…”
La donna, che stava dando loro le
spalle, sorrise: “Che egoista! –
esclamò,
prima di girarsi con un libro aperto in mano – Fortuna allora
che io sono una
strega altruista e che aiuto il prossimo, perché ho deciso
di volervi salvare e
so come tirarvi fuori da quella città!”
Klen sorrise, osservando il nome
sulla targhetta posta sulla scrivania, entusiasta:
“Grazie, Heith, non so davvero come ringraziarti!”
“Sono potente, dirigo
questo grande posto e sono abbastanza conosciuta e
temuta. Potrei governare il mondo come farebbe chiunque altro al mio
posto, ma
ho deciso di voler aiutare il prossimo e di non essere egoista, come la
prescelta che dici di aver conosciuto. Perciò,
aiuterò tutte voi come lei non
ha saputo fare!”
“E questo ti fa onore,
Heith!”
Heith annuì ancora una
volta: “Bene, ora, seguitemi. E’ arrivato il
momento
di spiegarvi come agiremo!” e le due streghe, decise, la
seguirono, pronte ad
ascoltare il suo piano.
Trauma
Center – Morney Hill Hospital
Zack e Brenda arrivarono in pochi
secondi in ospedale e subito la ragazza
si diresse al banco informazioni, in ansia per l’amico.
“Mi scusi, avete
ricoverato qui un ragazzo di nome Noa Quill, per caso?”
La donna di fronte a lei
digitò per qualche secondo qualcosa sul computer,
prima di risponderle: “Sì, un Noa Quill
è arrivato qui circa tre ore fa e ha
subito un intervento. Ora è nella stanza 207, corridoio B,
quarto piano.”
“Grazie!”
esclamò la ragazza di sfuggita, prima di precipitarsi con
l’amico
verso le scale.
Quando giunsero al quarto piano,
iniziarono a scrutare i numeri delle
stanze per trovare quella corretta, ma rinunciò subito
perchè riconobbe il
ragazzo fermo in mezzo al corridoio.
“Wes?”
chiamò e quello, che era impegnato a fare una chiamata, mise
giù
immediatamente il telefono e le andò incontro.
“Ho cercato in tutti i
modi di contattarti…”
Lei vide subito quanto era
distrutto e provato e si preoccupò:
“Noa?”
chiese, agitata.
“E’ uscito da
poco dalla sala operatoria. Hanno detto che l’intervento
è
andato bene, ma la dottoressa non ha aggiunto altro.”
Brenda rimase letteralmente sotto
shock, perciò fu Zack a chiedere
informazioni per entrambi.
“Ma... cosa è
successo?”
Wes, leggermente imbarazzato,
distolse lo sguardo: “Ehm… noi siamo usciti
insieme... Credetemi, non mi sarei mai immaginato che potesse accadere
una cosa
del genere, ma… un furgone è letteralmente
piombato dentro al ristorante in cui
eravamo. Mi sono sollevato dal pavimento ed di fronte a me avevo una
scena
assurda.. Insomma questo cose succedono solo nei film!”
“Wow!”
esclamò la ragazza, allibita, ma l’amico era
ancora perplesso.
“Ed è successo
così? Senza un motivo? Che fine a fatto il conducente del
furgone, invece?”
Brenda, spazientita,
incrociò le braccia, tesa perchè la stanza di Noa
era
chiusa e non poteva entrare: “Le cose brutte accadono, Zack,
senza motivo! E
non sempre derivano dal mondo soprannaturale!”
“Aspetta,
però! – esclamò Wes, ricordandosi
improvvisamente di una cosa e
attirando subito la loro attenzione - Una cosa strana
c’è stata, in effetti...
Prima che il furgone si schiantasse contro il ristorante, mi
è sembra di
vedere, anzi, HO VISTO un tizio vestito di nero dall’altra
parte della strada
che guardava fisso verso di noi. Era nell’ombra e sembrava
così… oscuro, che
quasi avevo i brividi. Pochi secondi dopo, è successo
tutto...”
Brenda e Zack si lanciarono una
lunga occhiata.
“Credi
sia…” sussurrò la ragazza
all’amico.
“Uno dei servitori del
caos? Sì!”
“Sono proprio ovunque e
questo potrebbe non essere l’ultimo incidente in
città!”
Wes, allora, sentendosi escluso, si
intromise tra di loro: “Servitori di
cosa? – chiese, confuso - Di che cosa state
parlando?”
“E’ una lunga
storia.. Ti dico solo che è sicuramente stato
quell’uomo a
provocare l’incidente che ha ferito Noa e le altre
persone.”
L’altro, allora,
annuì e per qualche secondo sul gruppo cadde il silenzio.
Tuttavia, poco dopo, Brenda,
irritata, non riuscì più a tacere.
“Ma perché la
porta è ancora chiusa? – esclamò,
spazientita - Voglio vedere
Noa, accidenti!”
“E’
l’ora del giro delle visite e solo i dottori posso stare
dentro. E’ la
prassi. – le spiegò Wes, calmo - Noa non
è solo nella stanza, ci sono altri due
pazienti assieme a lui.”
In quel momento, finalmente la
porta si aprì e tutti, dottori e infermieri,
uscirono. Immediatamente, Brenda si fiondò nella stanza e
per un attimo si
bloccò poco dopo la soglia, quando vide Noa steso sul letto
con dei tubi
attaccati al corpo e una grossa benda intorno alla testa. Resistendo
all’impulso di andarsene, prese una sedia e si sedette
accanto a lui,
prendendogli la mano.
“Co-come ti sei ridotto,
eh? – sussurrò, indecisa se ridere o piangere
– Ti
lascio da solo per qualche ora e guarda dove ti
trovo…”
Vedendola tremare, Zack si
avvicinò a lei: “Brenda, stai bene?” le
chiese.
Quella gli rispose senza nemmeno
voltarsi, la voce rotta e il volto
ricoperto di lacrime: “Ehm, puoi andare a casa mia e
prendermi alcune cose? Ho
intenzione di restare qui finchè non si sveglia. Ti prego,
avverti anche mio
padre e, soprattutto, gli altri, chiedendo loro scusa da parte mia. Ora
non
posso pensare alla faccenda dei servitori del caos, non ci
riuscirei…”
Quello, comprensivo,
annuì: “Ma certo, tutto quello che vuoi. Ti
farò avere
qualsiasi cosa ti serva e ci occuperemo noi di tutto il resto, va
bene?”
“Va bene.”
Mentre se ne andava,
però, Zack fu affiancato da Wes.
“Ehm, potresti
accompagnarmi? – gli chiese quest’ultimo, ancora
imbarazzato
- La mia macchina è ancora parcheggiata vicino al ristorante
e ho anche io
intenzione di passare da casa per prendere alcune cose e poi tornare
qui ad
aspettare che Noa si svegli.”
“D’accordo, ma
c’è già Brenda, perché non
torni domani? Devi riposarti!”
Ma l’altro, ancora
provato, scosse la testa: “Credimi, non riuscirei a
dormire dopo quello che abbiamo appena passato. E’ stato un
incubo:
l’incidente, il tragitto fino a qui, vedere Noa in quello
stato… e soprattutto
il sangue, tutto quel sangue...”
Zack gli mise una mano sulla
spalla, gentile: “Va bene, stai calmo. Vieni
con me, ok?” e insieme se ne andarono.
Brenda stringeva ancora la mano
dell’amico, fissandolo come se si
aspettasse che potesse aprire gli occhi da un momento
all’altro, quando
improvvisamente sentì una voce femminile alle sue spalle:
era la dottoressa.
“Oh,
c’è qualcun altro per questo ragazzo,
allora!” esclamò, entrando nella
stanza.
Quando la ragazza si
voltò, però, non riuscì a vederla
bene, perchè era
immersa nella cartella clinica di Noa.
“Allora, non so chi sia
lei, ma, se è qui ,vuol dire che è una parente.
Anche se non lo è, comunque, va bene lo stesso.
Innanzitutto, l’intervento è
andato bene e siamo riusciti a stabilizzarlo, ma ne dovrà
subire presto un
altro. Le prossime ventiquattrore saranno critiche. Ora, comunque, per
sicurezza lo teniamo in coma farmacologico.”
La ragazza annuì
leggermente, senza mai distogliere lo sguardo dal corpo
inerme dell’amico: “Grazie per le notizie.
Comunque… sono un’amica. – poi
scoppiò nuovamente a piangere – E... e... la
prego... non lo lasci morire...” e
si girò verso di lei, guardandola negli occhi.
La donna rimase commossa dalla sua
reazione: “Sono sicura che ce la farà,
ci vuole solo un pizzico di speranza. Alla fine, è quella
che ci rimane assieme
alle preghiere, no?”
Ma Brenda non rispose, troppo
incredula per quello che aveva di fronte.
“Lei è
l’altro contenitore, quella nel dipinto...”
sussurrò, ma non
abbastanza piano da non essere udita.
“Scusa, cos’hai
detto? – chiese la dottoressa, mentre lei la fissava senza
parlare - Stai bene?”
“Voglio provare ad avere
speranza, come dice lei. E starò bene solo quando
vedrò che anche Noa starà bene...”
La donna le sorrise,
tranquillizzandola: “Lui starà bene, te lo
prometto.
La speranza è l’ultima a morire, no?
Perciò facciamo in modo che non sia
così!”
esclamò, guardando la ragazza osservarla fiduciosa.
Brenda seppe, dentro di lei, che
quella dottoressa era più speciale di
quanto non pensasse o immaginasse…
CONTINUA NEL QUINDICESIMO EPISODIO
Testo
a cura di Lady Viviana.
ANGOLO AUTORE: Scusate per il
ritardo del capitolo, non mi è stato possibile postarlo
Lunedì, come di solito. Non perdete il prossimo appuntamento
con la 3x15 "La notte della luna cattiva" Lunedì 14
Settembre. Buona settimana stregata!
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Capitolo 15 *** 3x15-La notte della luna cattiva ***
CAPITOLO QUINDICI
"Dangerous Wicca's Night"
Morney Hill
Hospital
Brenda era scesa al primo piano per
prendere un caffè, ma soprattutto per
chiamare l’amica e metterla al corrente di ciò che
aveva appena scoperto.
Soltanto dopo diversi squilli,
però, Jade finalmente rispose: “Pronto?
Brenda?”
L’altra iniziò
a parlare a raffica, senza fare pause: “Ho trovato il secondo
contenitore, la dottoressa, e il suo nome è Anne Marie
Straus. E’ lei, è
identica al dipinto e ha operato Noa, ci credi?”
“Ok, adesso fai un
respiro profondo e raccontami! Per prima cosa, come sta
lui?”
Brenda sospirò, stanca e
tesa: “Per il momento è stabile, ma deve fare un
secondo intervento domani pomeriggio e dopo sapranno se si
riprenderà o meno.”
“Va bene, allora faccio
sapere ai Consiglieri che abbiamo trovato anche il
secondo contenitore, se hai bisogno di qualcosa, chiamami,
ok?” e si preparò a
chiudere la chiamata.
“No, aspetta!”
urlò per fermarla.
“Sì?”
“Puoi non dire niente?
– la supplicò Brenda - Se glielo dici,
pretenderanno
che la portiate lì come Mona. Lei, però, si sta
ancora occupando di Noa, perciò
voglio rimanga qui finchè lui non sarà fuori
pericolo, ok? Ti prego...”
Jade fu subito comprensiva:
“Certo, hai ragione. Non dirò niente, ma
avvertimi se ci sono novità, ok? E’ importante che
riuniamo quei contenitori al
più presto!”
“Ah, già! E
con i servitori del caos?”
“Ora che abbiamo il
coperchio, possiamo rinchiudere nel vaso quelli che
abbiamo catturato, poi ci occuperemo di quelli ancora in giro.
E’ tutto sotto
controllo, non preoccuparti, tu pensa a Noa, ok?”
“Ehm,
d’accordo, grazie…” rispose Brenda,
triste, prima che chiudessero la
chiamata.
Casa
Jenkins
Terence ricomparve davanti a casa
Jenkins con Jim, come promesso. Subito,
l’uomo si allontanò da lui.
“Grazie per il passaggio,
ora vado a preparare la borsa di Brenda.
Sicuramente vorrà restare in ospedale con Noa” lo
ringraziò, gentilmente.
“Se vuole, entro con lei.
Così mi da la borsa e gliela porto io!” propose
Terence, gentile come sempre, ma l’altro fu categorico.
“Non devi più
fare niente, da qui in poi me ne posso occupare io. Voi
avrete sicuramente altro a cui pensare e, rendendoti utile tu ai
Consiglieri,
mia figlia potrà restarne fuori almeno per una volta e
riposare un po’!”
L’astio nella sua voce
era palese.
“Senta, Signor Jenkins
io…” iniziò Terence, ma fu subito
interrotto.
“So cosa vuoi dirmi e non
lo accetterò mai! Non accetterò mai che mia
figlia rischi doppiamente la sua vita per salvare la tua e,
francamente, non
capisco… Se i disordini dilagano in questa città,
a cosa ti serve lei? I
disordini permettono ai servitori del caos di sopravvivere e qui ce ne
sono in
abbondanza, perciò non capisco davvero il motivo della
vostra connessione!”
“Ha ragione, non ci avevo
mai pensato... Ci siamo connessi prima del
ritorno dei disordini, ma sono successe talmente tante cose, nel
frattempo, che
non ci ho più pensato. Comunque, le prometto che
troverò il modo di annullare
questa connessione, così non dovrà più
preoccuparsi per Brenda.... D’accordo?”
Jim annuì, soddisfatto:
“Bene, sono contento che tu abbia preso questa
decisione. Sono sicuro che, se la ami veramente, la porterai fino in
fondo!” e,
senza aggiungere altro, entrò in casa, lasciando solo
Terence a riflettere su
quelle parole.
*
Intanto, nel bosco, i servitori del
Caos si erano riuniti per discutere sul
luogo in cui si trovavano, dopo aver perlustrato attentamente la zona.
Il più
anziano, che sembrava anche quello che comandava, parlò per
primo.
“Hanno catturato quattro
dei nostri.”
“Chi?” chiese
una voce.
“Erano una strega, due
demoni e una ragazza con le frecce, ma… non erano
soli, perché con loro c’era Terence!”
Un altro servitore si fece avanti:
“Aspetta un secondo, Lance, intendi il
piccolo Terence? Il figlio di Luis?”
“Sì, ma ora
è molto più grande rispetto a come lo
ricordavamo. Non so
esattamente quanto tempo siamo rimasti intrappolati, ma di certo non
è poco!”
“Io ho fatto un giro
della città – venne avanti uno - e ho scoperto che
l’anno corrente è il 2015!”
Lance sgranò gli occhi
per la sorpresa: “Quindi sono passati 33 anni!”
Il giovane servitore più
vicino a lui mormorò: “Dobbiamo lasciare questa
città! Sono riusciti a rubarci il coperchio di quel vaso e
io non ho intenzione
di ritornarci dentro per sempre! Tuttavia…
c’è anche questa cupola che non ci
permette di andarcene!”
“No! –
replicò un ragazzo - Non ce ne andremo senza aver preso a
calci quel
piccolo verme!”
Subito, però, il capo
intervenì: “Bastian, placa la tua rabbia,
perchè non
possiamo permetterci la vendetta, loro voglio farci sparire e hanno
anche i
mezzi per farlo!”
“Ma noi abbiamo i
disordini e anche molto forti, qui!”
“Già , me ne
sono accorto... Sono diversi e anche più potenti e ci
serviranno per abbattere tutti insieme questa cupola e
uscire.”
Gli altri sembrarono essere
d’accordo con lui, ma Bastian non demorse.
“Oppure per farla pagare
a quel traditore e prendere il controllo di questa
città!”
“No! –
esclamò Lance, irremovibile – Non ti
permetterò di comportarti in
modo irresponsabile e immaturo! E poi, quale vendetta vuoi avere da
qualcuno
che era poco più di un bambino? Probabilmente è
stato manovrato da qualcuno che
si è approfittato della sua ingenuità!”
“Chi è stato,
allora? Magari suo padre che ha finto la sua morte? – poi si
rivolse al gruppo – Ricordate quanto era distaccato Luis,
prima di scomparire?
Poi abbiamo scoperto che aveva dei loschi progetti in cantiere e magari
quei
piani erano ancora in corso e non comprendevano noi tutti!”
A quel punto, stranamente, gli
altri iniziarono a dargli ragione.
“Per quanto ne sappiamo,
solo Terence sembra essere sopravvissuto tra noi
servitori...” fece notare loro Lance, lasciandoli perplessi.
“E, secondo voi, da solo
sarebbe riuscito a rendere così forti i disordini?
Sappiamo perfettamente che il loro potere aumenta in base al numero di
creature
soprannaturali che infettiamo e ai disordini che diffondiamo,
perciò una
persona sola non può aver fatto tutto questo!”
“I disordini sono molto
diversi da quelli con cui avevamo a che fare noi.
Inoltre, Terence sembra essere dalla parte dei buoni, adesso,
perciò deve
sicuramente essere stato qualcun altro… - si rivolse poi ad
un altro servitore
di fiducia, che si trovava in mezzo al gruppo – Quanti di noi
mancano ancora
all’appello, piuttosto?”
“Kent, Jasper e Wolf.
– rispose quello - Eccetto quelli catturati dalla
strega e i demoni di cui avete parlato, ovviamente.”
Lance, allora, prese una decisione:
“Troviamo quelli che mancano, dopo di
che proveremo ad andarcene, ok?” e convinse tutti, apparte
Bastian.
“Ma…”
iniziò quello, ma fu subito interrotto.
“Ma niente! I miei ordini
non si discutono, sono il più anziano e la mia
parola è legge. Non è cambiato nulla da che
eravamo nel nostro castello, perciò
riabituati in fretta e obbedisci!”
L’altro tacque e, con il
volto deformato dalla rabbia, si allontanò, mentre
il gruppo eseguiva ciò che era stato stabilito.
Alkaban
Jade stava uscendo da una delle
stanze, quando incrociò Zack nel corridoio.
“Ah, eccoti! –
esclamò - Ci hai messo tanto a tornare!”
“Sono passato a casa di
Brenda, perchè mi ha chiesto di prenderle un cambio
di abiti per poter restare in ospedale con Noa, ma suo padre mi ha
detto che se
ne sarebbe occupato lui. Qui, invece?”
“Abbiamo isolato i
servitori del caos nella stanza da cui sono appena
uscita e Jackson sta facendo loro la guardia. Adesso, invece, sto
andando nella
Sala del Consiglio, così potremo chiedere ad
Elpìn come intrappolarli di nuovo
nel vaso, ora che abbiamo il coperchio.”
Zack le lanciò
un’occhiata perplessa: “Perchè, non
basta puntarlo verso di
loro per intrappolarli? Ci sono delle istruzioni anche per i vasi,
adesso?”
Sulle labbra dell’amica
si dipinse un sorriso: “Già, inizio a stancarmi
anche io, ma è pur sempre un oggetto mistico e sai meglio di
me che non può
essere così facile!”
“E con gli altri, invece?
Cosa facciamo?”
Jade sospirò:
“Non me ne parlare! Ne abbiamo catturati soltanto quattro,
mentre tu sprofondavi in una pozzanghera e Jackson veniva strangolato a
distanza. Per ora, quindi, proviamo il vaso su questi, poi escogiteremo
un
piano per prendere anche gli altri rimasti.” e
aprì la porta della Sala.
Non volendo perdere tempo prezioso,
la ragazza si rivolse subito ad Elpìn,
che era ancora lì in compagnia dei Consiglieri.
“Abbiamo il coperchio del
vaso, – e lo poggiò sul tavolo –
perciò ora
spiegaci come usarlo e noi ti aiuteremo ad intrappolare nuovamente il
male che
conteneva, visto che è quello che vogliamo anche noi.
Abbiamo già abbastanza
problemi senza di loro!”
Quella annuì:
“La leggenda dice che il vaso può essere usato
solo dai
discendenti di Pandora, ma, quando esso è stato rubato, la
catena si è
interrotta.”
“Mentre eravate fuori,
– aggiunse Marcus - abbiamo scoperto che l’ultima
donna che ha custodito il vaso è morta e così la
sua erede. Erano madre e
figlia e sono state assassinate insieme!”
“Beh, –
commentò Jade, seccata - Wolf non faceva mai le cose a
metà!”
Foxi, come tutti i presenti,
concordò con lei: “E’ stata una mossa
astuta
da parte sua, evidentemente sapeva di interrompere la catena e che
quindi
nessuno l’avrebbe più cercato per riprendersi il
vaso.”
“Il punto è...
– si intromise Elpìn, cercando di ritornare al
discorso –
che, una volta interrotta la dinastia, ne va creata un’altra
per restituire al
vaso il potere di intrappolare i mali.”
“D’accordo,
creiamo una nuova dinastia, allora. Cosa dobbiamo fare?”
chiese
Zack, pratico e deciso come sempre.
“Beh, le regole sono
sempre le stesse: se gli Dei hanno affidato il vaso ad
un mortale, esso dovrà essere custodito sempre da un altro
mortale.”
Il ragazzo roteò gli
occhi, sospirando: “Fantastico, io sono un demone!”
Jade, poco lontano, scosse la
testa: “Sai, credo che debba essere donna, la
nuova mortale, non un uomo. Giusto, Elpìn?”
“In verità no,
Pandora fu scelta a caso. Pare che uno degli Dei la prese in
considerazione perché invaghito di lei e per questo la
presentò agli altri suoi
pari come la candidata perfetta a cui consegnare il vaso.
L’unica regola è che
il o la custode del vaso sia un mortale.”
La ragazza, a quel punto, era
combattuta: “Dunque... Noa non mi sembra
nelle condizioni di intrappolare un male e Brenda… beh, non
mi sembra proprio
il caso di chiederglielo. Forse dovremmo scegliere una persona a caso
fra gli
abitanti di Morney Hll....”
Zack la fissò a bocca
aperta: “Avanti, Jade, non dirai sul serio! Vuoi
davvero mettere il vaso nelle mani di una sconosciuta e credere che ci
aiuterà
a rinchiudere i servitori del caos senza impazzire nel giro di un
secondo?”
Subito, Foxi lo
appoggiò: “Ha ragione lui: ci serve una persona
che conosca
già la situazione e gli unici sono Brenda e Noa.”
Jade stava quasi per arrendersi,
quando le venne improvvisamente un’idea:
“Aspettate! – esclamò -
C’è Wes! Possiamo chiederlo a lui, no?
E’ un mortale e
sa cosa sta accadendo.”
L’amico, però,
era perplesso: “Il vaso di Wes? Non suona
molto bene,
sai?”
“Forse suona meglio il vaso
di Wesley, visto che Wes è solo un
diminutivo....”
L’altro rispose con una
smorfia di disgusto: “Come distruggere un mito
conosciuto da secoli con un nome!”
Capendo la situazione, Marcus,
convinto, si intromise fra loro: “D’accordo,
allora portate qui Wes, così possiamo provare il vaso con i
servitori del Caos
che avete catturato, ok?” e i due annuirono, pronti ad
eseguire gli ordini.
Sull’Autostrada
Est, a diversi
chilometri da Morney Hill
Diverse ore dopo, in pieno giorno,
un gruppo numeroso di streghe comparve
dal nulla nel bel mezzo dell’autostrada, che, per fortuna,
era deserta. Era
capitanato da Heith, che aveva abbandonato la WitchHouse per aiutare
Klen,
accanto a lei insieme all’inseparabile Roma.
“Uscendo
dall’autostrada, dobbiamo proseguire nel bosco in direzione
est.
La mia leader è accampata proprio al confine della cupola
all’interno del
bosco” spiegò la ragazza ed Heith
annuì, iniziando a marciare.
“Bene, non perdiamo altro
tempo. Forza ragazze, andiamo!” ordinò e subito
quelle eseguirono.
Dopo alcuni minuti, Klen e Roma,
che camminavano proprio dietro Heith, si
staccarono da tutti e iniziarono a chiacchierare.
“Ehi, hai notato anche
tu?” chiese la più anziana delle due, sussurrando,
ma l’altra non capì la sua allusione.
“Notato cosa?”
“Anche le altre streghe
hanno lo stesso timbro sul polso che ci è stato
fatto all’entrata della WitchHouse.”
“E...?”
“Non era solo una misura
preventiva per gli estranei che si presentano al loro
cospetto?”
Klen non parve, però,
condividere le sue preoccupazioni: “Beh, ci sono
parecchie streghe che non amano rispettare le regole. A volte le misure
preventive non servono solo per chi arriva da fuori, ma anche per chi
si trova
dentro. Credo che Heith non voglia problemi all’interno della
sua struttura e
così può tenere la situazione
sottocontrollo...”
Roma, però, non si
convinse, anzi: “Sarà, ma io lo trovo
strano...”
Improvvisamente, Heith le
chiamò: “Avanti, ragazze, perché non
venite qui
accanto a me così parliamo?” e le due, dopo
essersi lanciate un’occhiata, la
raggiunsero.
Appena la affiancarono, la donna
iniziò a parlare.
“Mentre camminiamo, credo
sia meglio iniziare a discutere del piano.
Immagino vi starete chiedendo quale sia da quando abbiamo lasciato il
mio
ufficio...”
“Sì, in
verità, me lo stavo chiedendo. – le rispose Klen -
Come faremo a
rimuovere la cupola?”
Heith scoppiò a ridere:
“Rimuoverla? Solo coloro che l’hanno creata,
possono farlo!”
Roma era perplessa:
“Allora come aiuterai quelle streghe?”
“Annullandola
temporaneamente, quanto basta per farci entrare e farle
uscire, no?”
“Ma come? Nessuna di noi
ci è riuscita da quando siamo a Morney Hill!”
“Non ci siete riuscite
perché non sapete molte cose. Non fraintendermi, non
sto dicendo che siete streghe ignoranti, perchè fino a poco
tempo fa ero come
voi. Ora, invece, so molte più cose e sono capace
di fare molte più
cose…”
“Ti ascoltiamo,
allora!”
“Compieremo un rito da
entrambe le parti. Le mie streghe con le vostre. –
poi alzò gli occhi al cielo – Bene,
l’eclissi lunare sembra imminente!”
“Eclissi
lunare?”
“Esatto! Lasciate che vi
spieghi: l’eclissi lunare che tutti conoscono è
anche chiamata Ascesa della luna cattiva e ogni
cinque anni un energia
oscura domina questo fenomeno. La leggenda dice che questa misteriosa
energia
sia costituita dalle cattive azioni commesse dalle streghe sulla terra.
Ogni
cinque anni, quindi, quella accumulata negli anni raggiunge il culmine
e si
impossessa della luna quando è in eclissi, facendola
apparire rossa. Noi,
stanotte, prenderemo quell’energia, così saremo in
grado di annullare la cupola
per cento minuti, ovvero l’intera durata
dell’eclissi.”
Le altre due streghe, sbalordite,
si guardarono.
Roma, però, non capiva
ancora una cosa: “Come mai non ho mai sentito
parlare di questa leggenda?”
“Già, nemmeno
io! – aggiunse Klen, d’accordo con lei - Eppure
leggo molti
libri…”
Ma l’altra sorrise loro:
“Perché certe cose non sono scritte in tutti i
libri che conoscete, ma solo in pochi, o forse in uno solo, speciale e
unico.”
Le due la fissarono, confuse,
limitandosi a continuare a camminare.
Morney
Hill College
La ricerca di Wes si era spinta
fino al campus, dove Zack e Jade si
arresero, facendo una rapida telefonata a Brenda, che era ancora in
ospedale.
“Dice di non sapere dove
abita, ma non è sicuramente qui come pensavamo!”
riferì il ragazzo.
“Quindi abita a Morney
Hill? Pensavo provenisse da un’altra città e
avesse preso
una stanza come tutti quelli che vengono da fuori. Comunque
cos’altro ti ha
detto Brenda?”
“Che possiamo chiedere a
Corinne, una sua amica. Dice che anche tu la
conosci...”
Ma Jade era confusa: “Ah
sì? Sono stata praticamente la ragazza più
asociale del campus e dovrei conoscerla?”
“Avanti, fai uno sforzo!
Dubito che tu non abbia mai incrociato Wes con
un’altra ragazza, almeno una volta, quando ancora frequentavi
le lezioni...”
L’amica gli
lanciò un’occhiataccia: “Non ne parlare
come se non andassi a
scuola da un secolo! Sono solo due settimane!”
esclamò.
“Due lunghe
settimane, considerando che sei andata in un altro
mondo, nel futuro e poi di nuovo qui!”
“Beh, peccato che in un
curriculum non si possa inserire la voce ho
attraversato un portale dimensionale per farsi assumere
più velocemente da
chiunque lo trovi sbalorditivo!”
“Hai davvero detto
curriculum? Stai pensando di cercarti un lavoro, per
caso?”
“Sai, credo sia evidente
che la scuola non fa per me... Guardiamo in faccia
la realtà: mi sono diplomata solo grazie ad un aiuto dai
piani alti!”
“Guarda che tu e il tuo
clone eravate collegati e ciò che imparava lei,
imparavi anche tu. Avevate praticamente le stesse conoscenze, con la
sola
differenza che era lei a presentarsi a tutti i test e a rispondere alle
domande. Domande a cui avresti sicuramente risposto correttamente anche
tu!”
Finalmente, sentendo le parole
dell’amico, sulle labbra di lei si dipinse
un sorriso: “Ah, cosa farei senza di te, Zack Hunter!
– sospirò, per poi
tornare seria – Bene, ora smettila e aiutami a cercare questa
Corinne!”
Subito, Zack iniziò a
guardarsi in giro: “Ma se nemmeno la conosco!”
Improvvisamente, una voce maschile
alle loro spalle, la chiamò.
“Signorina Alison,
eccola, finalmente!” esclamò, facendo girare
entrambi.
Si trattava di un uomo vestito
elegantemente in giacca e cravatta e Jade,
colta alla sprovvista, tentennò.
“Oh, mio Dio,
professor… – iniziò, nervosa
– Professore!”
Quello le lanciò
un’occhiataccia, indignato: “Sono più di
due settimane che
aspetto la sua relazione. Si può sapere quanto ancora
dovrò aspettare?”
La ragazza rise istericamente:
“Ah, quella! Lo so, mi scusi, ma mia nonna
non è stata tanto bene e io sono nipote unica... –
fece una pausa, imbarazzata,
rendendosi conto di aver detto una sciocchezza – Insomma, non
ha nessun altro
oltre a me. Comunque, oggi sono tornata e la avrà dopo in
classe, ok?”
“Sarà meglio
per lei!” replicò l’uomo, poco convinto,
prima di andarsene.
Quando fu lontano, finalmente Jade,
con un sospiro, si riprese: “E’
ufficiale, non mi rivedrà mai più al suo
corso!”
“Oh, andiamo, che
esagerata che sei! Te la scrivo io, quella stupida
relazione! Tu non smetterai di frequentare il college solo per
questo!”
L’amica gli diede una
pacca sulla spalla: “E’ una relazione
sull’amore non
corrisposto. Sei sicuro di volermi ancora aiutare?” e
iniziò a camminare,
lasciandolo indietro.
Subito lui la raggiunse, offeso:
“Ehi, non vale usare il nostro passato per
non farti i compiti!”
Ma quella non gli rispose,
bloccandosi di colpo in mezzo alla strada e
facendolo quasi inciampare.
“Oh, mio Dio quella
è Corinne! – esclamò - La mia memoria
si è risvegliata
non appena l’ho vista!”
“Beh, cosa facciamo,
adesso? Restiamo qui a vederla bere un caffè, mentre
svanisce all’interno dell’edificio o
cosa?”
“Sì, hai
ragione, muoviamoci!”
In pochi secondi i due la
raggiunsero, bloccandole la strada. L’altra,
perplessa, smise di bere il caffè, tenendo ancora il
bicchiere sulle labbra e
li guardò perplessa.
“Sì?”
“Ehm, sei
un’amica di Wes, vero?” chiese Jade e quella
annuì.
“Non
c’è un documento ufficiale che lo dimostri, ma
sì. Perché?”
“Ci chiedevamo se sapessi
dove abita. – le spiegò Zack - Un nostro amico
è
con lui e non abbiamo sue notizie da un po’, magari si
è fermato proprio da
Wes!”
Subito, l’altra prese
carta e penna: “Non c’è problema, anche
io sono
sparita a casa sua una volta, ma solo perché ero talmente
ubriaca che sarei
tornata a casa mia guidando con le gambe!”
replicò, ironica, per poi passare
loro un biglietto.
Jade lo prese e sorrise:
“Grazie… E grazie anche per aver condiviso con noi
la tua storia da Notte brava a casa di Wes!”
“Di nulla, anzi, ditegli
anche di portare il suo culo qui a scuola assieme
ai miei appunti, quando lo vedete!” I due annuirono,
dirigendosi verso
l’uscita.
“Wow, dopo Il
vaso di Wesley, non pensavo saremmo arrivati a
cambiare anche i titoli dei film!” esclamò Zack,
prima che corressero a cercare
Wes a casa sua.
Foresta
nella zona Est all’interno
della cupola
Tamara aveva deciso di farsi un
bagno nel fiume da sola, con addosso solo
la biancheria intima. Non sapeva, però, che
Barnès era dietro un albero che la
spiava con occhi rapiti.
Per molto tempo continuò
a muoversi candida tra le acque, con il sole che
faceva risplendere le goccioline d’acqua sulla sua pelle.
Improvvisamente, si
avvicinò ad una sponda del fiume, pronta ad uscirne, quando
notò qualcosa
incastrato tra dei rami secchi. Subito, gettò un urlo.
“Oh mio Dio!”
Senza pensarci due volte, il demone
uscì immediatamente allo scoperto:
“Tamara? – chiamò – Cosa sta
succedendo? Perché hai urlato?” e si
gettò nel
fiume per raggiungerla.
Lei, vedendolo, gli fece cenno di
raggiungerla in fretta.
“Allora?” le
chiese appena la raggiunse e, in risposta, quella allungò la
mano in cui aveva stretto ciò che aveva trovato.
“Guarda cosa ho
trovato!”
Barnès rimase perplesso
da ciò che vide: “Un fermacapelli? Hai urlato per
un fermacapelli?”
Lei gli lanciò
un’occhiataccia di rimprovero: “Appartiene ad una
delle mie
streghe, lo riconoscerei tra mille!”
“Ne sei
sicura?” le chiese lui, poco convinto, ma l’altra
fu irremovibile.
“Sicurissima, non ho
alcun dubbio!”
“Com’è
possibile se le tue streghe sono bloccate ad Alkaban?”
“Forse non lo sono
più, forse sono riuscite a fuggire come abbiamo fatto
noi e sono passate di qui...”
Finalmente, Barnès si
convinse: “Ma certo, hai ragione! Ricordi quando
abbiamo visto la prescelta e i suoi amici passare da queste parti?
Probabilmente stavano cercando le streghe!”
“Harmony,
però, era con loro. Chissà come mai...”
gli fece notare la donna,
pensierosa.
e Barnès, uscendo
dall’acqua e aiutando anche lei, disse: “Beh,
– propose
allora il demone, uscendo dall’acqua e aiutando lei a fare
altrettanto -
torniamo all’accampamento e iniziamo a perlustrare la zona,
no? Magari anche i
miei demoni sono in giro, così, appena tornerà
Klen, potremo andarcene tutti!”
e i due, fiduciosi, corsero subito via.
Casa
di Wes
Jade e Zack raggiunsero
l’indirizzo indicato loro da Corinne e,
fortunatamente, incontrarono proprio Wes che stava uscendo dalla casa.
Aveva in
mano un borsone e sembrava essere abbastanza di fretta. I due, allora,
corsero
verso di lui, spuntandogli proprio davanti.
“Cosa ci fate
qui?” chiese loro appena li vide.
“Ti stavamo cercando,
devi venire subito con noi!” gli disse Jade, concitata
e l’altro si spaventò.
“E’ successo
qualcosa a Noa, per caso?”
“No no! Lui è
ancora in ospedale!” lo tranquillizzò lei, allora
lui si fece
strada in mezzo a loro.
“Bene, allora devo
andare!”
Zack, però, lo
fermò prima che potesse allontanarsi: “Wes,
aspetta!”
Wes si voltò, seccato:
“Si può sapere cosa volete?”
“Siamo qui
perché ci serve il tuo aiuto!” gli
spiegò la ragazza e sul volto
di lui si dipinse la confusione.
“Il mio aiuto? Per
cosa?”
“Ci serve un essere umano
per far funzionare un oggetto soprannaturale.
Credimi, avremmo chiesto a Noa o Brenda, ma, come ben sai, non sono
molto
disponibili, al momento…”
“Lo credo bene, dato che
continuate a trascinarli nei vostri casini! –
replicò quello, poco amichevole – Sapete, trovo
molto egoista da parte di un
demone e una strega mettere a rischio la vita dei loro amici umani...
Avreste
dovuto proteggerli meglio dal male che vi circonda, invece di
coinvolgerli
nelle vostre battaglie!”
La ragazza non sapeva cosa dire, ma
Zack, invece, si sentì attaccato
ingiustamente e non riuscì a tacere:
“Sì, hai ragione. Peccato, però, che
abbiano scelto di loro spontanea volontà di far parte di
questa battaglia. Noi
non costringiamo nessuno!”
“Ah no? Allora cosa ci
fate qui?”
Jade, più gentile
dell’amico, cercò di sistemare la situazione:
“In questo
caso non abbiamo altra scelta, Wes. Abbiamo bisogno del tuo aiuto! Ti
prego...”
Ma Wes scosse la testa:
“Mi dispiace, ma l’unico a cui voglio dare aiuto
è
Noa. Devo stargli vicino, adesso!” e si voltò,
andandosene.
La ragazza, però, non si
arrese: “Sappiamo chi è il responsabile
dell’incidente di Noa!” urlò, facendolo
fermare, permettendole di continuare.
“Si tratta di un
servitore del Caos, un essere malvagio e senza scrupoli.
Ce ne sono molti adesso in città che potrebbero fare del
male a persone come la
tua amica Corinne o i tuoi genitori o chiunque incrocino lungo la loro
strada.
Tuttavia, noi abbiamo un oggetto, un vaso, con cui possiamo
intrappolarli per
sempre, ma solo un essere umano può usarlo. Davvero vuoi
tirarti indietro e
permettere che altre persone vengano ferite o addirittura
uccise?”
Lentamente, il ragazzo si
voltò: “Accetto, ma sia chiaro che non lo faccio
per voi! Le persone che vi sono accanto corrono un enorme rischio e
spero ve lo
ricorderete, quando le riavrete di nuovo accanto...”
“Finchè loro
vorranno starci accanto, noi non le manderemo via. –
spiegò
Zack, sempre risoluto - Sanno di correre un rischio, ma ci aiutano lo
stesso.
Questi si chiamano eroi e gli eroi restano sul campo di battaglia! Che
siano
demoni, streghe o esseri umani.”
A quel punto Wes, meno diffidente,
decise di fidarsi di loro e seguirli.
Da
qualche parte nel bosco
Terence stava vagando disorientato
per il bosco, assillato da un debole
suono simile ad un fischio o un sibilo che, però, si trovava
solo all’interno
della sua mente. Improvvisamente, esso cessò e
l’uomo poté finalmente fermarsi
a riposare. Sfortunatamente, però, non era solo,
perché da uno degli alberi
spuntò fuori uno dei servitori del Caos. Sentendo la sua
presenza, sollevò il
capo e lo riconobbe.
“Lance!” lo
chiamò e quello gli fece cenno, pulendo con un dito la
pietra
dell’anello che portava.
“Ben trovato, Terence.
Sei diventato grande, vedo... Ti ho riconosciuto a
stento, sai? Ma quegli occhi sono inconfondibili!”
L’altro, irritato, si
sforzò di mantenere un tono educato: “Non
perseguitarmi, Lance. Non sono più uno di voi, perdi
tempo!”
“Mi dispiace aver usato
l’anello dei servitori, ma non sapevo come
contattarti. Certo, ho intensificato il suo richiamo
affinché tu non lo
ignorassi, ma era solo per essere sicuro che venissi. E, per la
cronaca, lo so
che non sei più uno di noi, me ne sono fatto una ragione dal
primo istante che
ti ho visto!”
“Allora cosa
vuoi?”
“Chiarimenti, no? Su cosa
è successo in realtà 33 anni fa al castello. Sai,
alcuni di noi non ti vedono di buon occhio, al momento. Ti odiano e
ritengono
te e tuo padre responsabili della loro prigionia…”
“Ero solo un bambino,
come possono ritenermi responsabile?” si difese
subito Terence.
“E’ quello che
ho detto loro anche io. So che non sei stato tu, ma allora
chi altro è stato? Voglio solo sapere la
verità!”
Con un sospiro, Terence
iniziò a raccontare: “Io l’ho scoperto
solo da
poco: la vostra prigionia è stata tutta opera di Wolf, che,
dopo la scomparsa di
mio padre, voleva prendere il controllo del castello. Ha architettato
tutto nei
minimi dettagli, rubando un oggetto che viene chiamato Vaso
di Pandora.
Astutamente, me l’ha fatto trovare in uno dei corridoi del
castello sotto
un’altra forma, ovvero quella di una semplice scatola. Io,
ingenuamente, l’ho
portata alla festa organizzata da lui e poi… beh, sai cosa
è successo dopo.
Poi, fino a qualche anno fa, sono rimasto al suo fianco, convinto che
fosse
stato tutto uno spiacevole incidente causato da me.”
“E tuo padre? Era morto,
quindi?”
“No, era più
che vivo. Si è nascosto nel castello per parecchi anni
all’interno di un cigno mistico. Il suo unico scopo, infatti,
era di
conquistare il mondo e rendere i disordini permanenti, ma ha fallito e
io
stesso l’ho ucciso, rendendo il suo fallimento ancora
più abissale. Lui e Wolf,
infatti, erano uguali: non amavano certo far parte di un gruppo.
Volevano
regnare da soli, incontrastati. In eterno.”
“E ora sei rimasto solo
tu?”
Terence sogghignò:
“No, non avrei mai permesso che i disordini rimassero
ancora qui. Anche a costo della vita, ho fatto di tutto per poterli
distruggere, aiutando chi ne aveva il potere. Purtroppo,
però, c’è ancora John,
uno dei prescelti accolti da mio padre all’interno del
castello. Suppongo te lo
ricordi…”
Lance annuì:
“Certo, ero ancora al castello, quando John è
arrivato. Non
pensavo che alla fine sarebbe diventato un servitore del Caos anche
lui,
però...”
“Beh, questo è
tutto, comunque. Al momento, abbiamo recluso John, ma i
disordini che ha scatenato sono ancora qui e noi faremo di tutto per
neutralizzarli, perciò ti chiedo… quali
intenzioni avete?”
L’altro lo
guardò in silenzio per qualche secondo, prima di parlare di
nuovo: “Andarcene e continuare quello che abbiamo sempre
fatto. Il tempo non ha
cambiato la nostra natura, perciò continueremo a seminare
disordini e
rafforzarci. Troveremo una nuova sede e magari… ci
rincontreremo un giorno in
una nuova battaglia!”
“Lance, sarò
sincero... tu eri la persona a cui tenevo di più, dopo mio
padre. Quando è morto, tu sei stato l’unico che si
è preso cura di me, perciò
voglio ripagarti. Voglio ripagarti per tutto: non lasciare questa
città e non
provare a farlo! Lascia che ti offra un’altra
opzione...”
Le sue parole, ovviamente,
incuriosirono l’uomo: “E quale sarebbe?”
chiese,
attento.
Terence, allora, si accorse di aver
parlato troppo, perciò, titubante, dovette
spiegargli la situazione senza rivelargli tutto: “Sono quasi
certo che, se
sarete d’accordo, troveremo il modo di potervi mandare in
un’altra terra,
un’altra dimensione. Devo discuterne con gli altri,
però. Comunque, qui per voi
non ci sarà niente quando avremo neutralizzato i disordini e
stessa cosa quando
uscirete da questa città.”
L’altro, però,
scosse la testa: “Mi dispiace, ma non possiamo accettare. Ti
ringrazio, ma… non voglio rimanere bloccato in un altro
luogo ignoto. Resteremo
qui, nella terra dove siamo nati e – chi lo sa? –
forse, alla fine, non
riuscirete mai a neutralizzare i disordini e noi vinceremo. In ogni
caso, se
devo morire, sarà sicuramente in questo mondo!”
Terence non riuscì a
nascondere il suo dispiacere per quella scelta:
“D’accordo, ma, se dovessi ripensarci, sai come
contattarmi. Credimi, la mia
via d’uscita è migliore della tua!”
“Beh, direi che le nostre
strade si divideranno, a questo punto. Buona
vita, Terence. Te la auguro sinceramente!”
L’altro
abbassò lo sguardo, sentendo l’amaro in bocca:
“Addio!” e se ne
andò anche lui, ignaro che un altro servitore del caos,
Bastian, aveva
ascoltato tutte la conversazione avuta con Lance.
Alkaban
Intanto, nella stanza in cui erano
reclusi i servitori del Caos catturati,
era in atto la prova del vaso. I Consiglieri, però, rimasero
in disparte
accanto alla porta come semplici osservatori. Elpìn, invece,
era al centro
della stanza e stava dando istruzioni a Wes su come procedere, mentre
Jade e
Zack aspettavano, in piedi al suo fianco.
Tutto era pronto: il ragazzo aveva
in mano il vaso, puntato verso i
servitori del Caos.
“Bene, adesso che
l’hai puntato verso di loro, sfiora la superficie del
vaso con l’indice, seguendo tutta la sua
circonferenza.”
Benché scettico, quello
eseguì, poi attese altre istruzioni.
“E ora?”
chiese, quando, improvvisamente, la superficie che aveva appena
toccato, si illuminò leggermente.
“Ora il vaso ha un
proprietario e potrai controllarlo per potervi
rinchiudere qualunque male. – spiegò la ragazza -
L’hai appena resettato, in un
certo senso.”
Tutti i presenti rimasero
profondamente impressionati.
“Cosa devo fare adesso
per rinchiudere quelli – e indicò i servitori con
gli occhi – all’interno?”
“Ripeti quello che hai
fatto prima e poi dì: Olympus! ”
E l’altro si
posizionò, pronto ad eseguire. Uno dei servitori,
però, cercò
di intimidirlo con una minaccia.
“Se fallisci, spera di
non trovarti sulla mia strada, dopo…”
sibilò, prima
che Jade gli lanciasse un’occhiataccia.
“Non lo troverai mai
sulla tua strada, idiota! Sei in una bolla, dentro un
edificio. Completamente in trappola. Al massimo, sei tu che sei sulla
sua
strada! – a quel punto, quello tacque, limitandosi a
guardarla storto – Forza,
Wes, continua. Ricorda che è per colpa loro se Noa si trova
in ospedale!”
Istigato dalle parole di lei, il
ragazzo si sentì più determinato che mai a
infliggere loro quella prigionia eterna.
Dopo aver eseguito quanto gli era
stato chiesto, esclamò: “Olympus! ”
Improvvisamente, i suoi occhi si
colorarono di giallo. Elpìn, sapendo che
era arrivata la sua ora di tornare nel vaso, salutò i
ragazzi con un sorriso,
poi si tramutò in una immensa luce verde, mentre i servitori
del caos
diventavano una nube oscura. Tutti, però, si sollevarono,
trasformandosi in
serpentelli di luce che si fusero tra loro per poi convogliare
all’interno del
vaso. Una volta entrati al suo interno, Wes puntò il braccio
verso il
coperchio, che si trovava poggiato su un ripiano poco lontano, e lo
sollevò in
aria, per poi attirarlo a sé e chiudere il vaso. Non
sembrava nemmeno lui, in
quel momento e i presenti ne rimasero semplicemente sbalorditi.
Quando la luce nei suoi occhi
svanì, Wes si girò verso Jade e Zack,
frastornato: “Ce l’ho fatta?” chiese,
strappando loro un sorriso.
“Cavoli, sì!
Ce l’hai proprio fatta, ha funzionato!”
esclamò lei, felice.
Pochi minuti dopo, Jade, Zack e
Marcus uscirono in corridoio e iniziarono a
discutere sulla mossa successiva. Per la strega, in particolare, non
c’erano
dubbi.
“Bene, ora che abbiamo
testato il vaso e funziona, non ci resta che
localizzare la posizione dei servitori. Loro si muovono in gruppo,
giusto? Non
sarà difficile prenderli tutti in un colpo solo!”
Il Consigliere, però,
non era altrettanto ottimista: “Dubito che si
lasceranno catturare senza reagire, sai? Avete visto con i vostri occhi
i
poteri che possiedono e i disordini di John li stanno rendendo ancora
più
forti!”
“E se li facessimo cadere
in una trappola? – propose allora Zack - Una
capace di tenerli bloccati abbastanza perchè Wes rinchiuda
tutti loro per
sempre?”
“Stai pensando alla
trappola nella caverna, per caso? – gli chiese la
ragazza, cercando di capire le sue intenzioni – Quella dove
sono le streghe
ora?”
“Qualcosa del genere,
purché non richieda una formula che ci faccia attaccare
da loro, prima poterla completare. Qualcosa di subdolo e nascosto,
insomma!”
“La magia Shomia!
– esclamò Marcus - Non si accorgerebbero mai di
una trappola
magica costituita da simboli nascosti...”
“Ma questo vuol dire che
dovremmo ritrovare Nina!” fece notare lei,
preoccupata, ma subito Zack la tranquillizzò.
“Non preoccuparti: quando
è rimasta con me nella sala interrogatori, mi ha
spiegato come ricontattarla. Credo si sia fidata di me, dopo che
abbiamo
parlato quel giorno.”
Jade annuì,
più calma: “Allora trovala e fai in modo che ci
aiuti con
questa trappola Shomia o come cavolo si chiama, ok? Intanto io e Marcus
ci
occuperemo di localizzare i servitori del caos. Qualcosa mi dice che
non
passeranno inosservati!”
Tutti e tre furono
d’accordo, così Zack si preparò a
lasciare Alkaban.
Foresta
presso la zona Est
all’esterno della cupola
Klen vedeva ormai a pochi passi da
lei l’accampamento che aveva abbandonato
qualche giorno per partire. Scrutando la sua leader da lontano, le si
illuminarono gli occhi e sul suo volto si dipinse un sorriso. Corse
immediatamente verso di lei, urlando il suo nome per annunciarle il suo
ritorno.
“Tamara!
Tamaraaa!”
“Deduco che siamo
arrivate!” disse a quel punto Heith, fredda, voltandosi
indifferente verso Roma.
Intanto Tamara, che si era accorta
di lei, aveva raggiunto la parete e le
due si ritrovarono a pochi centimetri l’una
d’altra, divise solo da quella
cupola invisibile.
Finalmente, la leader, felice di
rivederla, le parlò: “Sei tornata,
finalmente!”
“Sì, sono
tornata. Per liberarvi!”
Quell’ultima esclamazione
attirò l’attenzione di Barnès, che
subito si
avvicinò: “Dici sul serio?”
L’altra annuì:
“Sì, dico sul serio. La strega che vi ho portato
è molto
esperta e potente e dice che riuscirà a farlo!”
Nel sentire la notizia, tutti
esultarono.
“E’ ufficiale:
adoro le streghe! – esclamò il demone - Credo che,
quando
sarò libero, smetterò di darvi la caccia e
importunarvi!”
“Disgustoso...
– commentò Heith, che nel frattempo si era
avvicinata col
suo gruppo di streghe - ma almeno sei affascinante!”
“Suppongo sia tu la
strega che ci salverà. – replicò
quello, scrutando
anche le altre donne alle sue spalle – Bel gruppetto,
comunque!”
La strega sorrise, cinica:
“Oh, siamo molto di più di un semplice
gruppetto, sai...? Comunque, io sono Heith, la strega più
potente che voi
possiate mai avere, perciò non perdiamo tempo e diamo vita
alla vostra libertà,
ok?”
Allora Tamara, ansiosa di sapere
cosa aveva in mente, palesò la sua
presenza: “Come hai intenzione di rimuovere la
cupola?”
In risposta, l’altra
rise: “Calma, non così in fretta! Dovremo
aspettare la
notte per quello. Piuttosto, Klen mi aveva detto che eravate molto
più numerose
rispetto a quelle qui presenti. Dove si trova esattamente questa
Alkaban, di
cui mi ha parlato?”
Tamara distolse lo sguardo,
preoccupata: “Ci sono delle novità recenti,
purtroppo: noi crediamo che le streghe siano riuscite a fuggire da
Alkaban, ma
non sappiamo dove si trovino attualmente…”
“D’accordo,
– rispose Heith, tranquillamente, questo significa che me ne
dovrò occupare io. – poi si rivolse a Klen
– Avanti, torna nel tuo corpo, ora!”
Quella, fidandosi ciecamente di
lei, annuì: “Annullate l’incantesimo che
avete fatto sul mio corpo!” ordinò alla sua leader
e quella si avvicinò ad esso
ed eseguì.
“Giovane
strega, torna al punto in cui ti ho presa. La tua sorte non
è più mia, perciò
dalla trappola astrale vieni via...”
Subito, Klen svanì
dall’esterno della cupola per poi, dopo pochi secondi,
risvegliarsi nel suo corpo a colpi di tosse, con il respiro strozzato.
“Accidenti, mi avete
proprio soffocata per bene!” esclamò.
“Abbiamo solo eseguito le
tue istruzioni!” si difese Dex, accanto a lei.
Heith, intanto, sbadigliava e Roma continuava ad osservarla, trovandola
bizzarra.
Intanto, la giovane ragazza venne
aiutata a rimettersi in piedi e subito
tornò a rivolgersi alla strega dall’altra parte:
“Heith, ci siamo, sono di
nuovo qui…” le disse e quella accennò
un sorriso.
“Bene, sono
contenta…”
Improvvisamente, i suoi occhi si
chiusero di colpo, come se si fosse
addormentata in piedi e tutti la osservarono, straniti.
“Che cosa le
prende?” esclamò Barnès, confuso, senza
accorgersi che
qualcosa si era impossessato di Klen, colorandole gli occhi di un
azzurro
intenso.
Poco dopo, però, la
ragazza si voltò verso di lui, spaventandolo, e
iniziò
a parlare: “Lo sapevo, sei più carino dal vivo.
Fuori sembrava di vederti
attraverso lo schermo di una televisione, anche se tecnicamente questa
cupola è
trasparente come l’acqua! – rise –
Insomma, hai capito cosa intendo...”
“Non tanto... E comunque,
chi diavolo sei?” chiese e Klen scosse la testa,
sbuffando.
“Sono Heith,
idiota!” esclamò.
Accanto a lei, Tamara era
sbalordita: “Sei riuscita ad entrare nel corpo di
Klen da fuori? Com’è possibile?!?”
“Oh cara, credo che tu
non abbia ancora compreso quanto io sia potente...
Ora sono dentro il corpo di Klen per aiutarvi a rintracciare le streghe
e… –
per un attimo si bloccò, sentendo una strana sensazione
– Accidenti!”
“Cosa sta
succedendo?” chiese l’altra, osservandola
preoccupata.
“Voi streghe siete molto
più connesse di quanto pensiate, non me
l’aspettavo!”
“Non capisco... cosa
vorresti dire?”
“Lascia perdere!
– poi si avvicinò alla parete della cupola,
rivolgendosi
alle sue streghe – Voi restate qui e non perdete di vista il
mio corpo, ok?
Tornerò presto a riprendermelo!” poi
voltò loro le spalle, fiondandosi in una direzione
ben precisa.
“Voi, – si
rivolse a Tamara, Barnès e compagnia – state
dietro di me! Le
care streghe smarrite non sono molto lontane da
qui…” tutti, allora, si
incamminarono, mentre il gruppo era ancora frastornato da quel bizzarro
personaggio che era Heith.
Nei
pressi della caverna
Zack, nel frattempo, era tornato
nel luogo in cui aveva incontrato Nina per
la prima volta, ovvero la caverna in cui erano intrappolate le streghe.
Una
volta arrivato, aveva disegnato una sorta di simbolo sulla parete
rocciosa con
il magico inchiostro che lei gli aveva lasciato. Poi, aveva aspettato
seduto su
un sasso per diversi minuti e, finalmente, la sua attesa era finita,
perché
Nina gli arrivò alle spalle.
“Ehi!”
Sentendo la sua voce, quello si
spaventò, alzandosi di scatto: “Oh, eccoti!
Wow, non sono uno che si spaventa facilmente, ma tu sei
davvero… silenziosa nel
camminare!”
Sul volto di lei si dipinse un
piccolissimo accenno di sorriso: “Come mai
mi hai chiamata? Va bene che ti avevo detto che potevi contattarmi,
ma… così
presto?”
“Lo so, ma è
solo un piccolo favore. Non dovrai seguirmi da nessuna parte,
tranquilla. Un piccolissimo e misero favore...”
Quella annuì:
“D’accordo, dimmi pure, ma sappi che sto rischiando
grosso a
stare qui. Le mie sorelle non sono state molto contente di sapere che
ho avuto
contatti con voi…”
Però Zack, perplesso, la
distratte con un’altra domanda: “Come hai fatto a
ricevere la mia chiamata, piuttosto? Ho solo disegnato quel simbolo che
mi
avevi mostrato ad Alkaban e... BOOM... sei spuntata qui dopo pochi
minuti!”
“Dopo che hai disegnato
quel simbolo, la parola caverna ha iniziato a
comparire ovunque mi girassi. La sentivo nominare in televisione, la
vedevo
ripetutamente scritta sul libro che stavo leggendo. Insomma, quel
simbolo è una
sorta di incantesimo di richiamo ossessivo e, notandolo, ho capito che
mi stavi
chiamando per incontrarci proprio qui, davanti a questa
caverna.”
Quello, affascinato, rimase
letteralmente a bocca aperta: “Ingegnosa questa
magia Shomia!” esclamò, per poi essere subito
corretto da lei.
“Arte, non
magia!”
Lui annuì, per poi
tornare al discorso principale: “Ehm… ti ho
chiamata
perché mi serve un simbolo Shomia per creare una
trappola.”
“Tutto qui?”
“Sì, tutto
qui. Ci serve per il semplice motivo che un simbolo passa meno
inosservato di un incantesimo gridato ad alta voce. E poi, non se lo
aspetta
nessuno, perché non sono in molti a conoscere questa
mag-… cioè, arte!”
“Beh, non avete tutti i
torti. – confermò Nina - L’arte Shomia
non delude
mai e io ho qualcosa che fa proprio al caso vostro! Solo
che… ho bisogno di
sapere quante persone volete intrappolare. Il simbolismo cambia a
seconda del
numero, nel caso tu stessi per chiedermelo…”
Zack sorrise:
“Sì, stavo per chiedertelo, infatti!”
Allora, la ragazza tirò
fuori carta e penna dalla borsetta e iniziò a
spiegarli che tipo di simbolo doveva utilizzare e come innescare la
trappola.
Diversi minuti dopo, Zack sapeva
finalmente come agire e la ringraziò,
prima che sparisse.
“Grazie per aver reso
semplice la spiegazione sul come disporre i simboli.”
Lei sorrise e abbassò lo
sguardo, modesta: “Figurati, non è poi
così
difficile. Non ho fatto nulla di speciale!”
“Suppongo tornerai dalle
tue sorelle, ora...”
“E io suppongo tu
tornerai dal tuo gruppo, ora... – scoppiarono a ridere
entrambi – Comunque, sì. Tornerò a
casa, nella speranza che il mio aiuto vi sia
stato utile...”
“Lo sarà!
– replicò lui, deciso - Ti ringrazio per essere
venuta, non eri
tenuta a rispondere alla mia chiamata soprannaturale.”
“Scherzi?!?
Quell’incatesimo mi avrebbe ossessionata per giorni, o non si
chiamerebbe così!”
Entrambi risero nuovamente, quasi
arrossendo per via dei continui sguardi
che si lanciavano.
Improvvisamente, però,
volarono entrambi per terra, investiti da una forza
soprannaturale. Frastornati, si sollevarono un poco, scrutando alle
loro spalle
chi gli aveva attaccati: si trattava di Heith, sempre nel corpo di
Klen, in
compagnia di Tamara e dei demoni.
La donna, seccata,
esclamò riferendosi ai due per terra: “Che
noia!”
Zack, risollevandosi e
riconoscendoli, si infuriò: “Dico, sei
impazzita?!?
– poi notò anche gli altri –
E’ nel bosco che cercavate di nascondervi?”
“Peccato che tu non possa
accorgerti di chi hai di fronte in realtà... Non
so se rideresti per lo shock o per la paura!”
replicò l’altra, mentre lui,
tenendo Nina alle sue spalle, la guardava perplesso.
“Ma di che cosa stai
parlando? E cos’hanno i tuoi occhi?” chiese.
“Tranquillo, non
è nuova moda! Ora, Zack, se vuoi gentilmente sposarti, noi
avremmo delle streghe da salvare!”
Ma subito Nina intervenne:
“Non potete prenderle!” esclamò.
Sentendola, Heith con disappunto si
girò verso di lei: “E tu chi diavolo
saresti? Un nuovo membro del Jade Club?”
A quel punto, finalmente Zack
capì.
“Ma tu non sei
Klen!” esclamò e quella, in risposta, fece un
piccolo
applauso.
“Come sei perspicace,
Zack! Vedo che ora sei diventato un demone buono e
libero dal controllo di certe personcine cattive che un tempo ti
manipolavano a
loro piacimento. Ma tranquillo, anche io sto cercando di riprendermi da
quell’esperienza... Tu lo hai fatto, Zack?”
Il ragazzo la fissò in
modo strano, sempre più perplesso: “Chi diavolo
sei?!? E come sai queste cose?”
“Dai, non è
difficile! Ci puoi benissimo arrivare con quel tuo cervellino
da nerd. Anche se, a quanto vedo, di nerd sembra che tu non abbia
più nulla.
Del resto, quel Zack appartiene al passato, no?”
A quel punto Tamara non
riuscì a stare in silenzio e intervenne: “Li
conosci, per caso?” chiese alla strega.
“Certo che li conosco! E
anche molto bene! Loro sono alcune delle tante
persone che hanno reso la mia vita un incubo. Per la precisione, Jade
ha
reso la mia vita un incubo, non permettendomi mai di arrivare in cima.
E’
bastato che qualcuno la rinchiudesse sotto questa cupola per sei mesi
ed eccomi
più forte che mai e realizzata in tutto e per tutto.
– rise, senza più rabbia
nella voce – Non crederà ai suoi occhi, quando mi
vedrà!”
Zack, sconvolto, non ebbe
più dubbi sulla sua vera identità:
“Heith!”
esclamò e sulle labbra dell’altra si dipinse un
sorriso compiaciuto.
“Mi piacerebbe poterti
dire anche che sono io in carne ed ossa, ma sì.
L’unica e sola!”
Di fianco a lei, si udì
un sospirò di Barnès, stanco di quelle
conversazioni futili: “Ok, vi conoscete, – le
disse, deciso - ora possiamo
salvare le streghe e andarcene per sempre da qui?”
Il ragazzo, poco distante, non
poté fare a meno di ascoltare: “Andarcene?
Andarcene da dove? Di che cosa state parlando?”
Nina, alle sue spalle, gli
sussurrò: “Vogliono prendere le streghe,
dobbiamo impedirglielo!”
Heith, poco dopo, si fece avanti
per spiegargli la situazione: “Non ho
tempo per tirare fuori una lavagna da scuola elementare e farti una
lezione
suoi nostri piani. Presto o tardi, vedrai tutto con i tuoi
occhi!”
Allora quello evocò una
sfera di energia, allarmando i demoni, che fecero
immediatamente altrettanto.
“Mi dispiace, ma non
aspetterò così a lungo!”
Ma la donna, stanca, fece un cenno
con la mano ed esclamò: “Rampicanti !”
Subito dal terreno sbucarono
dozzine di radici che si avvinghiarono alle
braccia e alle gambe di Zack e Nina, bloccandoli completamente. A quel
punto,
Heith poté avanzare liberamente verso la caverna, ma non
prima di avergli
lanciato un ultimo avvertimento.
“Non ti sforzare a
teletrasportati, Zack. – gli disse, vedendo che stava
cercando di liberarsi - Queste radici inibiranno i tuoi poteri
finchè non
avremo fatto ciò che dobbiamo fare!” e con
un’altra cenno delle mani, fece
sollevare con facilità la parete rocciosa che teneva chiusa
la caverna, mentre
Nina, non potendo fare altro, iniziava a gridare.
“Non osare entrare,
lurida strega!”
Irritata, la donna, si
voltò e le tirò uno schiaffo a distanza con un
movimento brusco del braccio, facendola cadere a terra.
“Nina! – la
chiamò Zack, preoccupato - Stai bene?”
“Così impari a
chiamarmi lurida strega!” si sfogò intanto Heith,
prima di
voltarsi ed entrare finalmente nella caverna, seguita dai suoi nuovi
alleati.
Tamara sembrava essere spaventata dalle sua manie di grandezza, mentre
Barnès era
di tutt’altro avviso.
“Io AMO questa
strega!” esclamò, sorridendo, seguendola.
Dopo che anche l’ultimo
sparì all’interno, Nina si riprese dal colpo.
“Quindi conosci quella
stronza?” chiese all’altro, secca.
“Purtroppo,
sì. – rispose lui, amareggiato, abbassando lo
sguardo - Abbiamo
avuto a che fare con lei per anni, ma non siamo mai riusciti a
liberarcene.
Pensavamo che non l’avremmo mai più rivista dopo
l’ultima battaglia e invece
eccola di nuovo qui nelle nostre vite. Mi chiedo che intenzioni
abbia...”
“Non ti è
ovvio? Aiutare le streghe a fuggire!”
Ma Zack non era così
convinto: “Heith che compie gesti di altruismo? Non
è
da lei, c’è sotto qualcosa! Credimi,
l’unico scopo nella sua vita è distruggere
Jade ed è tornata per questo!”
Foresta
presso la zona Ovest della
cupola
Il gruppo dei servitori del caos
era di nuovo riunito e Lance era ritornato
nel luogo in cui avevano programmato di tornare verso sera. Subito,
l’uomo si
avvicinò ad uno dei suoi fedeli.
“Ci siamo tutti?
– chiese - Quelli che mancavano all’appello sono
stati
recuperati?”
“Sì, signore.
Manca solo Wolf.”
“Beh, su questo non avevo
dubbi. Lui non è mai stato con noi, in
realtà!”
commentò allora Lance, attirando su di sé
l’attenzione di tutti gli altri.
“E’ stato Wolf
a intrappolarci, approfittandosi dell’ingenuità di
un
bambino come Terence! – gridò - Come qualunque
grande malvagio ambizioso, ha
voluto liberarsi di noi per poter governare solo e incontrastato. Ma
tranquilli... perché ha fallito miseramente ed è
morto!”
Tutti accolsero con
felicità la notizia e l’uomo poté
continuare.
“Ora, da quello che ci
siamo detti con Terence qualche ora fa, ho intuito
che il suo gruppo vuole liberarsi di noi, mandandoci probabilmente in
qualche
altra dimensione, ma noi non lo permetteremo. Noi torneremo liberi,
come un
tempo! E nessuno ci fermerà dall’abbandonare
questa prigione immonda!”
Gli altri esultarono ancora una
volta, preparandosi a ricevere le
istruzioni finali.
“Bene, miei cari,
mettiamoci in cerchio e distruggiamo questa cupola una volta
per tutte, ok?” e così fecero, dopo aver esultato
ancora una volta.
Una volta per mano e in cerchio,
chiusero gli occhi e abbassarono la testa,
iniziando a pronunciare qualcosa sottovoce in una lingua
incomprensibile. Nel
giro di pochi minuti, però, quelle parole generarono
all’interno del cerchio
una nube di oscurità, che, ruotando su se stessa, si
trasformò in un turbine
che cresceva sempre più man mano che andava verso
l’alto.
Caverna
Shomia all’interno della
Foresta nella zona Est della cupola
Zack e Nina erano ancora
immobilizzati dalle radici, quando uscirono le
streghe dalla caverna. Si sentivano tutte strane e frastornate, come se
avessero dormito per secoli. Dopo di loro, videro Heith.
“Bene, – disse subito
la donna, rivolgendosi beffarda a Nina – è stato
un gioco da ragazzi liberarmi
di quel trucchetto Shomia che spacciate per magia potente! Non vale
più di un
soldo bucato, ora che ci sono io!”
Il ragazzo, curioso e sfacciato,
non riuscì a non intervenire:
“Complimenti, Heith! Quale sarà la tua prossima
mossa? Salvare le streghe? Che
storia a dir poco inverosimile, perfino per te!”
Tranquilla, la donna si
avvicinò a lui e gli diede due pacche su una
spalla: “Ti ringrazio per l’analisi, Zack. Spero ti
sarà utile per affrontare
una fredda notte qui nel bosco!” e se ne andò,
seguita da tutti gli altri e,
infine, da Barnès, che non perse l’occasione di
prendersi gioco del demone.
“Tanti saluti!”
esclamò, prima di voltargli le spalle.
Alkaban
Jade stava raggiungendo la sala del
Consiglio per sapere se erano riusciti
a localizzare i servitori del caos, quando nei corridoi
incrociò un
preoccupatissimo Xao.
“Oh, Jade, finalmente ti
ho trovata!” esclamò l’uomo, agitato.
“Ehi, Xao, cosa sta
succedendo?”
“Ho la sensazione che
Zack sia in pericolo… Sono il suo angelo-guida,
ricordi?”
Lei, rapida, lo prese per un
braccio e lo trascinò nella sala del
Consiglio.
“Zack ha bisogno di me,
– esordì - devo andare! Avete la posizione
dei…” ma
non riuscì a finire la frase perchè
notò, sul tavolo, la bussola dei
disordini ruotare su se stessa, come impazzita.
Marcus, allora, ne
approfittò per parlare: “C’è
una grossa interferenza,
perciò non siamo riusciti a localizzarli. Nemmeno con la
bussola.”
“Ok, ci arrangeremo.
– poi si rivolse a Wes – TU vieni con me! Ho
bisogno
anche di Terence, dov’è?” chiese,
agitata, parlando in fretta e senza fare
pause.
“Non è ancora
rientrato!” le spiegò Foxi, tranquillo.
“E Jackson?”
“E’
andato…” iniziò a dire Marcus, prima di
essere interrotto dall’arrivo
nella stanza del ragazzo in questione.
“Mi cercavate? Ero andato
da Harmony.”
Jade annuì:
“Devi venire con me, ho bisogno dell’appoggio di
qualcuno nel
caso si mettesse male con i servitori, se li troviamo. – poi
si rivolse
nuovamente ai Consiglieri – Appena vedete Terence, mandatelo
da me tramite
Zeta, che saprà dove sono, ok?”
Poi, avendo ricevuto un cenno di
assenso dagli altri, si girò nuovamente
verso Xao: “Bene, portaci da Zack, adesso!”
ordinò e subito quello li
teletrasportò via.
Accampamento
nella Foresta presso la
zona Est della cupola
Heith era appena tornata nel suo
corpo all’esterno della cupola e Klen si
era risvegliata frastornata.
“Cos’è
successo?” chiese subito alla sua leader, in piedi accanto a
lei.
“Heith ti ha posseduta
per un po’ di tempo e così siamo riuscite a
liberare
le altre streghe.”
Felice, la ragazza si
guardò intorno, salutando con entusiasmo le sue
compagne: “Ciao, Sasha. E’ bello
rivederti!”
“Anche per me
è lo stesso!” replicò quella.
Poco dopo, Heith, non volendo
perdere altro tempo, le richiamò: “La luna
è
alta ed è notte fonda. Non esiste momento migliore per agire
e rimuovere
temporaneamente la cupola!” esclamò, ma Tamara
aveva ancora delle perplessità.
“Un secondo,
però! Non faremo uscire i disordini in questo lasso di
tempo?
Insomma, voglio riassaporare la libertà, ma non diffondendo
di nuovo questo
male!” spiegò, calma.
“Rilassati cara, John non
vedrà mai realizzare i suoi sogni di gloria! Nei
cento minuti di annullamento, farò in modo che i disordini
non si accorgano
nemmeno della temporanea via di fuga.”
“Come?”
domandò Klen, curiosa come sempre.
“Un incantesimo
illusorio. Farò semplicemente credere loro che la cupola
è
ancora presente.”
A quel punto, nessuno aveva
più dubbi e poterono andare avanti.
“Procediamo!”
esclamò Tamara alla strega dall’altra parte, che
subito
iniziò a dare loro istruzioni.
“Sollevate le mani verso
la cupola e pronunciate con me: Energia
della
luna cattiva, impossessati di noi streghe e donaci il tuo potere! ”
E così fecero,
più e più volte.
Improvvisamente, intorno alle loro
mani iniziò a fluttuare una strana luce
rossa e anche i loro occhi diventarono di questo colore. Quando
l’energia era
ormai arrivata al culmine, Heith parlò di nuovo, gridando
per farsi sentire.
“Ora colpite la
cupola!”
Allora, dalle mani di tutte le
streghe partirono potenti fasci di luce
rossa che investirono la cupola, sia all’esterno che
all’interno. Sentendosi
attaccata, essa iniziò a emettere dei bagliori ad
intermittenza.
Intanto, Xao aveva teletrasportato
Jade e gli altri dove si trovava Zack,
che fu felice di vederli.
Quest’ultimo, nel
vederli, esultò: “Finalmente! Pensavo che saremmo
rimasti
bloccati qui!” esclamò, mentre l’amica
si avvicinava sconvolta.
“Ma cosa ti è
successo?” chiese, con un sussurro, mentre Xao e Jackson
liberavano lui e Nina.
“E’ stata
Heith!” spiegò, ricevendo in cambio uno sguardo
confuso.
“Heith?! Ma di che cosa
stai parlando?”
“Sì, lei!
E’ tornata ed è nel corpo di Klen. Ha liberato le
streghe dalla
caverna e dice che vuole aiutarle a fuggire!”
L’altra era sempre
più incredula: “Ok, ammesso che sia davvero lei,
non può
rimuovere la cupola. E’ impossibile! – poi si
rivolse a Nina in cerca di
conferma – Giusto?”
Ma quella non rispose, troppo
distratta da qualcosa che stava succedendo
alle sue spalle.
“O forse
sì!” esclamò, facendoli voltare tutti.
Di fronte a loro, la cupola stava
illuminandosi a intermittenza.
Improvvisamente, Jade ricevette una
chiamata sul telefono: era Brenda.
Ovviamente, rispose immediatamente:
“Ehi, tutto bene? – chiese - Qui è un
gran casino!”
“Immaginavo
l’avessi notato!”
“I bagliori della cupola?
Come non notarli!”
“No, non mi riferivo a
quello, ma al tornado oscuro che vedo dalla stanza
di Noa qui in ospedale!”
Jade, confusa, rimase un attimo in
silenzio senza parole: “Di cosa stai
parlando?”
“Te l’ho appena
detto, c’è un tornado di dimensioni apocalittiche
non molto
lontano da dove mi trovo. Credo siano i disordini!” le
spiegò l’altra.
“I servitori del
caos!” rispose Jade, ma l’amica non capì.
“I servitori del caos?
Non capisco...”
Purtroppo, però, la
strega doveva chiudere e non aveva tempo per le
spiegazioni: “Lunga storia... Resta accanto a Noa e non
preoccuparti di niente,
ok? Ce ne stiamo occupando!” e, dopo essersi salutate,
terminarono la chiamata.
A quel punto, Jade si
girò verso i suoi compagni per aggiornarli sulle
ultime novità.
“La buona notizia
è che non ci servirà una trappola per i servitori
del
caos, sono già tutti insieme e abbastanza
indaffarati!”
“E la cattiva?”
chiese Nina.
“Sono parecchie: la
presenza di Heith e il tornado oscuro che Brenda ha
visto dalla stanza d’ospedale di Noa, per esempio.”
Zack la guardò confuso
per qualche istante prima di prendere la parola: “Un
tornado oscuro?” le domandò.
“Sì,
probabilmente stanno tentando di abbattere la cupola nella parte
superiore e questo spiegherebbe i bagliori.”
Jackson, però, non era
sicuro: “Ma siamo sicuri che sia opera dei
servitori? Poco fa avete detto che questa Heith vuole liberare le
streghe e
credo significhi che vuole far lasciare loro la
città...”
“Quindi… o
sono i servitori, o è Heith!”
Jade sospirò, tesa:
“Ok, abbiamo solo un vaso e la nostra priorità ora
è
rinchiuderci dentro i servitori del caos il prima possibile. A quella
pazza ci
penseremo più tardi, ok?”
Tutti annuirono.
“Hai ancora
l’inchiostro che ti ho dato?” chiese allora Nina a
Zack e
quello glielo allungò immediatamente.
La ragazza corse subito verso la
parete rocciosa, iniziando a
scarabocchiare qualcosa e suscitando l’isteria di Jade.
“Ti sembra il momento di
metterti a disegnare?” le gridò e quella,
lanciandole un’occhiataccia, tornò a finire quello
che aveva iniziato.
Un minuto dopo aver finito il
simbolo, improvvisamente dal terreno emerse
un sacchetto. Subito Nina lo prese, sotto lo sguardo perplesso dei
presenti.
“Bene, ora possiamo
andare!”
Ma Zack, curioso, riuscì
a trattenersi: “Cos’è quel
sacchetto?” le chiese.
“Dadi magici, evocati dal
cassetto nella mia camera. Fidati, ci
serviranno!”
Allora Jade, non volendo perdere
altro tempo, li richiamò: “Ok,
attacchiamoci a Xao e sbrighiamoci, ok?”
Poco lontano da loro,
l’impossibile si era finalmente realizzato: Heith e
le altre streghe erano riuscite a far sparire la cupola. Tuttavia,
queste
avevano ancora gli occhi rossi, sotto l’influsso della luna
cattiva.
Barnès, non curandosi di
questo dettaglio, sorrise, trionfante: “Per tutti
i demoni di questo mondo, ce l’avete fatta!”
esclamò, mentre Heith avanzava
compiaciuta senza incontrare alcun ostacolo.
“Avevi qualche dubbio,
forse?”
Poi, si avvicinò a
Tamara, prendendole il polso e facendolo combaciare con
il suo, mentre Dex la osservava perplesso.
“Cosa stai
facendo?” le domandò, ma quella si
limitò a sorridergli.
Entro pochi secondi, sul polso di
Tamara comparve lo stesso tatuaggio che
avevano le streghe di Heith e che anche Klen e Roma si erano fatte fare
alla
WitchHouse.
A quel punto, Barnès
voleva una spiegazione: “Cosa significa quel
tatuaggio? E perchè Tamara e le altre non sono ancora
tornate normali?”
L’altra si
voltò verso di lui, beffarda: “Pensavi davvero che
vi avrei
aiutati a lasciare la città? Che fossi venuta fino a qui per
compiere un atto
di generosità e altruismo? Zack aveva ragione: è
una storia a dir poco
inverosimile perfino per me!” spiegò, con uno
strano ghigno sul volto.
Raul fu il più veloce a
reagire: “Scappiamo!” urlò, ma quella,
non appena
si mossero, con un cenno della mano li pietrificò
all’istante.
Poi, Heith li guardò con
aria annoiata: “Non so a cosa servano i demoni
alla Storia. Diventano importanti solo accanto a noi streghe, ma da
soli...
sono più inutili di uno scarafaggio schiacciato sotto ai
piedi! – poi
finalmente, si rivolse alle sue streghe, influenzate dalla luna cattiva
e
inconsapevoli delle loro azioni – Bene, adesso ho cento
minuti prima che
torniate a ragionare con i vostri cervellini da strega. Ho voglia di
divertirmi, ma prima… facciamo un incantesimo ai disordini.
Ci manca solo che
faccio un favore a John, lasciandoli fuggire da questa
città! Lui è la seconda
persona, assieme a Jade, di cui voglio vendicarmi
atrocemente!” e iniziò ad
incamminarsi, seguita da tutte quante.
“Forza ragazze, abbiamo
del lavoro da fare!” le chiamò.
Foresta
presso la zona Ovest della
cupola
Xao fece riapparire tutti quanti
nei pressi del tornado. Il vento investì
subito il gruppo con una potenza talmente forte, che a stento
riuscirono a
reggersi in piedi. Jade dovette urlare per farsi sentire quando si
rivolse a
Wes.
“Sono tutti per mano e in
cerchio. Sono distratti, perciò, forza, usa il
vaso!” ordinò.
Improvvisamente, l’ultimo
bagliore della cupola rimase permanente per
qualche secondo, per poi svanire di colpo, facendo capire a tutti che
era stata
annullata. In poco tempo, anche il tornado svanì di colpo.
“Ce l’abbiamo
fatta, andiamocene!” urlò Lance, ma la strega non
si diede
per vinta.
Non così in fretta,
ragazzi!” esclamò e quelli, voltandosi, si
accorsero di
lei e iniziarono subito a correre via.
“Forza
aprì!” gridò allora la ragazza a Wes e
quello eseguì, ma non
successe nulla.
“Credo siano troppo
lontani, dobbiamo rincorrerli!” spiegò lei, ma,
prima
che potessero muoversi, Zack li fermò.
“Aspettate un
secondo!”
L’amica si
voltò verso di lui, furiosa: “Cosa?!?
Perché? Stanno scappando!”
“Appunto! Stanno
scappando fuori!” le spiegò, confondendola.
“Zack non ti capisco e
loro si stanno allontanando sempre di più!”
A quel punto intervenne Nina che,
più calma, cercò di spiegarle cosa aveva
intuito: “Credo che Zack voglia dire che fuori non
c’è vita per loro, perché i
disordini sono qui dentro.”
“Già, loro non
sopravvivono senza disordini!”
Avendo intuito di essere stato
capito, il ragazzo sorrise: “E quando si
saranno allontanati abbastanza dalla città e si accorgeranno
della morte
imminente, non riusciranno mai a tornare indietro in tempo.”
Jackson, però, era
ancora perplesso: “Ma se la cupola è stata
rimossa, in
teoria i disordini non dovrebbero diffondersi?”
Una voce alle loro spalle rispose a
quella domanda per gli altri: “In
teoria!” esclamò e, quando tutti si voltarono, si
ritrovarono davanti Heith e
alle sua spalle un enorme gruppo di streghe ai suoi ordini.
Jade non riuscì a
nascondere il suo disgusto nel rivederla, mentre l’altra
continuava a spiegare.
“Ho bloccato i disordini
in questa città con un incantesimo, dal momento
che sono stata io a rimuovere la cupola. Tranquilli, però,
non fraintendermi… è
per una questione di principio: mai aiutare qualcuno che ti ha usata.
Perché
dovrei fare un favore a John? A proposito, dov’è?
Non vedo l’ora di scambiare
due chiacchiere poco tranquille con lui!”
Allora, la ragazza prese finalmente
parola, rispondendo cinica: “Arrivi
troppo tardi: l’abbiamo già sistemato!”
Ma quella parve serena:
“Ah si? – replicò, beffarda - Ma che
bravi, sono
impressionata! Vorrà dire che avrò meno da fare
qui, visto che mi rimane solo
una persona di cui occuparmi... – in quel momento
guardò in particolare Jade –
Suppongo riusciate ad immaginare a chi mi
riferisca…”
Jade, però, non era per
niente intimidita da lei: “Oh, Heith, puoi anche
dire ad alta voce il mio nome. Non sono mica Voldemort!”
“Sei anche peggio di
Voldemort!”
Sospirando, la ragazza scosse la
testa: “Per quanto ancora andrà avanti
questa tua ossessione? Sai, inizio ad essere stanca di te che spunti
fuori nel
momento in cui sono piena di problemi. Non sono più la
prescelta, le profezie
sono finite. Ora sono una strega come tutte le altre, perciò
vattene per la tua
strada, oppure stavolta ti ucciderò per davvero e mi
assicurerò che non esista
alcuna formula magica che possa riportarti in vita per rendere le
nostre vite
una fogna putrida senza via d’uscita!”
“Le profezie saranno
anche finite, ma la storia rimane. E sai cosa non mi
va giù? Che la storia non mi piace per niente...
E’ ora di renderla più mia!”
Jade, però, era
combattiva e per niente intimidita: “Anche a me non piace
questa parte della storia, perciò non vedo l’ora
di eliminarla una volta per
tutte e scrivere un degno finale!”
Mentre parlavano lanciandosi
sguardi fulminei, Nina aveva estratto
indisturbata dalla tasca il sacchetto recuperato poco prima, pronta a
fare
qualcosa di avventato e inaspettato…
CONTINUA NEL SEDICESIMO EPISODIO
Testo
a cura di Lady Viviana.
ANGOLO AUTORE: Se il capitolo
vi è piaciuto, non dimenticate di lasciare un commento ai
fini della continuazione della storia. Non perdetevi il prossimo
appuntamento con la 3x16 "L'espiazione dell'anima" Lunedì 21
Settembre. Buona settimana stregata!
|
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Capitolo 16 *** 3x16-L'espiazione dell'anima ***
CAPITOLO SEDICI
"Get Lonely With Me"
Le due streghe erano
l’una di fronte all’altra con accanto i rispettivi
gruppi. Continuavano a guardarsi con aria di sfida e nessuno sapeva
cosa
aspettarsi.
Alla fine, Jade, determinata,
decise di fare un passo avanti: “Ascolta,
Heith, ci tengo a dirti che non sono più la strega di un
tempo. Ora sono molto
più potente e sono riuscita a sviluppare i miei poteri senza
l’aiuto di alcuna
profezia.”
L’altra, però,
rimase impassibile: “Allora siamo in due, Jade. Credimi, la
Heith che conoscevi non ha nulla a che vedere con quella che hai
davanti. Sono
un vero mostro, adesso!” e, per dimostrarglielo,
alzò un braccio ed evocò sul
palmo della mano una sfera rossa di energia, pronta ad essere scagliata.
Jade rimase ferma al suo posto:
“Allora vediamo cosa sai fare, mostro!”
Quella, senza farselo chiedere due
volte, gliela lanciò contro, mentre la
giovane strega evocava in risposta uno scudo dai toni celesti. Questo
riuscì a
trattenerla per qualche secondo, prima di deviarla verso il cielo.
Benché
affaticata pur avendo fatto poco, Jade cercò di non darlo a
vedere: “E’ tutto
qui quello che sai fare?” si vantò, strappando un
sorriso alla sua avversaria.
“Preparati a nascondere
le gocce di sudore che ti scenderanno dalla fronte,
Jade!” ed evocò una serie di sfere rosse a
mezz’aria, che stavolta non
lasciarono Jade indifferente. Tuttavia, la ragazza non si mosse, pronta
a
difendersi.
Nel frattempo, Zack vide Nina
estrarre dalla tasca il sacchetto.
“Cosa stai
facendo?” chiese.
“Salvo la vita a noi e
alla tua amica” rispose, rivolgendosi poi a Jade.
“Abbassati!”
urlò alla ragazzina, che subito eseguì, mentre le
pietre con
sopra le incisioni volavano addosso a Heith e al suo gruppo.
A quel punto, le sfere rosse
svanirono, dato che Heith era stata distratta
dal grido. Quando la donna guardò a terra, però,
non riuscì a non ridere: “Cosa
sono questi sassolini? Siete ridicoli!”
“No, tu sei ridicola!
– urlò Nina, sicura di sé - E senza via
d’uscita,
aggiungerei!”
Subito, le pietre iniziarono a
muoversi, come formiche in marcia.
Velocemente, si disposero intorno al gruppo di streghe, formando un
cerchio che
iniziò a dare scintille dalle quali partirono poi fasci di
luce dorata. Ben
presto, diedero origina a una gabbia con le sbarre dorate.
Allora Heith, che ancora si
illudeva di poter togliere di mezzo anche
questa magia, si rese conto che non era così facile e si
infuriò.
“Non pensate di averla
fatta franca. Uscirò molto presto da questa trappola
e vi pentirete di avermici messa dentro!” urlò,
mentre Nina intimava agli altri
di andare via.
“Beh, goditi comunque il
tuo soggiorno!” le suggerì.
“Forza,
andiamo!” incitò Zack, rivolgendosi a Jade e poi
tutti si
attaccarono a Xao, per poi svanire sotto gli occhi furiosi della strega.
Lungo
l’autostrada fuori da Morney
Hill
I servitori del caos avevano
lasciato la città ormai da diversi minuti e
stavano percorrendo l’autostrada verso quella successiva.
Stranamente,
all’improvviso tutti iniziarono a sentirsi esausti, senza
comprenderne il motivo.
Lance, però, non ci fece caso e continuò a
portare avanti il gruppo, fino a che
uno di loro non cadde a terra. A quel punto, l’uomo fu
costretto a fermarsi e a
correre a soccorrerlo.
“Lark, cosa ti sta
succedendo?” ma quello non rispose.
Allora, mentre gli altri erano
piegati in due, un altro servitore si
avvicinò a lui: “Che cosa sta succedendo, mio
signore? Mi sento privo di
forze...”
Ma anche il leader era confuso:
“Forse… forse dovremmo tornare a Morney
Hill. E’ come se qui fuori non ci fossero
disordini!”
Improvvisamente, iniziarono a
cadere tutti al suolo, lasciandolo da solo in
piedi. Sconvolto, l’uomo si guardò attorno, sudato
e con le ginocchia
tremolanti; in quel momento, comprese che per lui e tutti i suoi fedeli
era
arrivata la fine e che era stato troppo precipitoso nel rifiutare la
proposta
di Terence. L’aveva avvertito.
E, con quest’ultimo
pensiero, anche Lance si accasciò a terra vicino ai
suoi compagni, esalando il suo ultimo respiro.
Casa
Ferguson
Terence, nel frattempo, si era
intrufolato nella cantina di Dana in cerca
di qualcosa per porre fine al legame con Brenda. Le parole del signor
Jenkins
erano state cruciali per lui ed era arrivato il momento di fare
ciò che era
giusto.
Sei mesi
prima
Terence
era in cantina insieme alla signora Ferguson,
che aveva appena collegato lui e Brenda, in modo da poterlo tenere in
vita dopo
la sparizione dei disordini. Mentre la donna rimetteva a posto le sue
cose,
l’uomo ne approfittò per porle delle domande.
“Una
magia fatta con il nostro sangue e basta? E’
stato facile!” esclamò, strappandole un
sorriso.
“Sei
ancora qui? – gli disse, voltandosi verso di lui
- Non dovresti uscire fuori a goderti il sole, l’aria pura e
la tua nuova vita
con la persona che ami?”
Terence,
però, abbassò lo sguardo, triste: “La
persona
che amo è con i suoi genitori, adesso, che mi odieranno per
quello che ho fatto
alla loro figlia per sopravvivere, quando lo verranno a
sapere.”
“Ma
è stata Brenda a volerlo, dimentichi? Lei ti ama.”
“Sì,
ma i suoi genitori non mi accetteranno mai,
soprattutto suo padre. I padri sono sempre iperprotettivi con le
proprie
figlie, quando ci sono di mezzo dei ragazzacci.”
L’anziana
donna rise: “Ma tu non sei più un
ragazzaccio e per adesso hai qualche speranza con suo padre, dal
momento che
Rose ha promesso di mantenere il vostro segreto. Non lo
verrà mai a sapere e tu
avrai modo di farti accettare. Brenda
farà in modo
di farti accettare, perché quello che tu non sai,
è che i padri sanno anche
arrendersi davanti agli occhi innamorati di una figlia. Non
c’è scampo: l’amore
trionfa sempre e chi si oppone ad esso è destinato alla
resa, che gli piaccia o
no.”
“Quindi
la chiave è l’amore?” chiese
lui, più
sollevato.
“L’amore
è la chiave di tutto, Terence. Apre ogni
porta ed è anche la chiave della vostra unione.
Perciò, se te lo stai
chiedendo… è l’amore che ti sta tenendo
in vita.”
Poi, la
donna mise a posto su un ripiano basso il
libro che avevano usato poco prima e si preparò ad
andarsene: “Adesso vado di sopra,
perchè Jade ha bisogno di me, d’accordo? Purtroppo
lei in amore non è stata
fortunata come voi, ma spero un giorno riesca ad avere di nuovo quello
che
avete tu e Brenda. Perciò, ora tu corri e vivi quello che
metà del mondo
desidererebbe tanto avere, d’accordo?” e
salì al piano di sopra, lasciando
Terence a riflettere sulle sue parole. Per lui era l’inizio
di un nuovo
capitolo della sua vita.
Tornato alla realtà,
Terence si ricordò dove Dana aveva messo il libro che
gli serviva e fu proprio lì che lo ritrovò.
Velocemente, ne sfogliò
le pagine fino a quella evidenziata con un
segnalibro. Leggendo, trovò quello che cercava.
“… pozione
numero 87!” esclamò, passando poi in rassegna i
ripiani fino a
trovare la boccetta giusta.
Poi, tornò sulle pagine
del libro, leggendo ad alta voce.
“Una volta
bevuta l’antica pozione della strega Lilian, la persona da
voi amata perderà completamente la capacità di
amarvi e ogni suo sentimento
d’amore svanirà come se non fosse mai esistito.
Una vera e propria maledizione.”
“Perciò,
– rifletté poi ad alta voce
– mi basterà berla
perchè Brenda smetta di amarmi. Così il nostro
legame si spezzerà e lei
finalmente non dovrà più rischiare la vita se
dovesse succedermi qualcosa…”
Tuttavia, era titubante nel portare
la pozione alla bocca: sapeva che così
avrebbe perso Brenda per sempre e aveva gli occhi lucidi per questo. Ma
lui
l’amava a tal punto e, perciò, anche se a
malincuore, bevve.
Nello stesso tempo, in ospedale,
Brenda rientrò nella stanza di Noa,
quando, all’improvviso, sentì una sorta di fitta
al cuore. Un attimo dopo,
però, passò e lei si toccò il petto,
inquieta. Immobile, fissò il vuoto per
qualche secondo, poi avanzò nuovamente verso il letto
dell’amico, mettendo da
parte la strana sensazione appena provata.
Alkaban
Il gruppo, insieme a Nina, aveva
fatto ritorno ad Alkaban e Jade, a dir
poco fuori di sé, mentre percorrevano il corridoio
d’ingresso, addirittura
gridava.
“Non posso crederci! Da
dove è spuntata fuori quella stronza? Come diavolo
ha fatto ad arrivare a Morney Hill? Come abbiamo potuto non
accorgercene?
COME?!?”
Zack, accanto a lei,
cercò di calmarla: “Jade, calmati adesso. Stiamo
parlando di Heith, lo sai: spunta sempre fuori all’improvviso
come quelle talpe
che devi colpire con il martello di gomma nelle sale giochi!”
Allora la ragazza, più
tranquilla, prese un respiro profondo: “Almeno non
ha permesso che i disordini si diffondessero!”
commentò.
“Sai
com’è: il nemico del mio nemico è anche
mio nemico!” esclamò lui,
sarcastico.
“Accidenti, detta
così è davvero deprimente!”
A quel punto, Nina intervenne:
“Direi che avete parecchi nemici, ma almeno
non sono alleati contro di voi...”
Intanto, Wes camminava dietro di
loro con ancora in mano il vaso: “E io
cosa faccio? Non vi servo più, giusto?”
“Sbagliato! –
rispose Jade - Potresti servirci per rinchiudere Heith e
spedirla nel Domus all’interno di quella dannatissima scatola
delle tentazioni.
Scatola che, per di più, non sappiamo nemmeno dove sia,
anche se sono sicura
che la troveremo.”
Jackson, confuso, si intromise:
“Scusate, quando avremmo deciso questa
cosa? Credo di essermi perso...”
“Non ti sei perso,
– gli spiegò la ragazza - l’ho deciso
adesso. Heith è
malvagia, no? Il vaso di Pandora rinchiude i mali ed Heith è
il male. Insomma,
ora che i servitori hanno lasciato Morney Hill, dovremmo pur
rinchiudere
qualcun altro, no?”
Nina, però, non
sembrò essere d’accordo: “Io non credo
sia una buona idea.
Non avete notato che le altre streghe avevano tutte il suo stesso
marchio sul
polso? Potrebbero essere collegate ad Heith e finire nel vaso con lei.
E vi
servono qui, ricordate?”
“E’ ufficiale,
– esclamò Jade, allibita, in risposta - la odio!
Riesce
sempre a farla franca! Piuttosto, Nina, ne sei davvero
sicura?”
“Dovrei poterlo studiare
più attentamente, ma al 90% sì.”
Zack la guardò
affascinato: “Ti intendi anche di marchi?”
L’altra sorrise:
“So tante cose, se per questo. Sono la più
secchiona tra
le mie sorelle, in fatto di magia, perchè loro non se ne
interessano quanto
me.”
In quel momento, Jade li
guardò con una faccia sconvolta e disgustata:
“Oook, – esclamò - siamo arrivati alla
Sala del Consiglio e io non so da dove
cominciare. Nina, quanto dura esattamente il tuo incantesimo con quelle
pietre?”
“Non molto, solo qualche
ora. Sempre che questa Heith non sia così potente
da evadere prima, ovviamente.”
Pochi passi dopo, erano nella sala,
dove si trovavano Foxi, Marcus e
Harmony. I due erano intorno a lei, come se la stessero esaminando.
Subito,
Jackson si preoccupò per l’amica.
“Ehi, cosa sta
succedendo?”
Lei, allora, si voltò e
gli mostrò il polso: “Mi è comparso
questo, dal
nulla! Credo di aver avuto un altro blackout, ma non ne sono
sicura…”
Era agitata e Jade cercò
subito di tranquillizzarla: “Non preoccuparti, non
è un altro blackout, non te lo sei fatto da sola quel
marchio. – poi si voltò
verso i consiglieri – Heith è in città,
controlla le streghe e ha annullato la
cupola, così i servitori del caos sono fuggiti!”
Nel sentire le sue parole, Foxi si
allarmò: “La cupola è stata rimossa?!?
Questo vuol dire che…”
Ma Zack lo precedette:
“No, no, i disordini sono ancora qui, perchè Heith
li ha bloccati. Non vuole dare soddisfazioni a John, e, allo stesso
tempo, vuole
ucciderci.”
“Quindi i servitori sono
morti, se hanno lasciato Morney Hill…”
commentò
Marcus.
“Sì, ma Heith
è qui. Comunque, grazie a Nina siamo riusciti a
intrappolarla, anche se presto sarà di nuovo
libera.”
L’altro scosse la testa:
“Questo è un problema...”
“Sì, lo so.
Per me è come una spina nel fianco da quando ho scoperto di
essere una strega!”
“No, non mi riferivo ad
Heith, ma ai servitori del caos. Elpìs ci ha
raccontato che dentro al vaso dovrà essere rinchiuso un male
grande quanto
quello precedente. Perciò, solo quando li avremo rinchiusi
tutti, avremo
pareggiato i conti.”
Zack lo fissò,
perplesso: “Ci abbiamo rinchiuso quattro servitori alquanto
malvagi, non è abbastanza?”
Prima che i consiglieri potessero
rispondere, però, Jade volle esprimere il
suo parere: “Se la matematica non è un opinione,
quattro servitori non sono in
grado di riempire più di una dozzina di stampini per
cupcakes. Perciò noi
abbiamo bisogno di più impasto! – tutti la
fissarono perplessi – Oh, avanti,
con stampini intendevo il vaso, non era chiara la metafora?”
Foxi, però, fu
l’unico a pronunciarsi: “Jade non ha tutti i torti,
però:
abbiamo bisogno di più malvagità per compensare i
servitori che non siamo
riusciti a rimettere nel vaso, o Elpìs non avrà
abbastanza potere per
trattenere quelli che abbiamo già rinchiuso e ci troveremo
nuovamente al punto
di partenza!”
“Heith non possiamo
rinchiuderla, però, – fece notare loro
Jackson -
i miei compagni demoni nemmeno, i disordinati neanche perché
sono esseri umani
infettati e quindi persone innocenti… Perciò,
dove diavolo troviamo un male più
grande dei servitori del caos? Ammesso che esista,
ovviamente.”
I presenti si scambiarono sguardi
titubanti, privi di idee. Finchè,
finalmente, Jade sembrò averne una.
“John!”
esclamò, catturando la loro attenzione.
“E’ la persona
più malvagia che conosciamo, no? Ha posseduto numerosi
poteri
nel corso degli anni, è stato un prescelto, ma ha affiancato
anche i servitori
del caos, oltre ad aver compiuto azioni crudeli per tutta la sua vita.
Insomma,
lui è il male di cui ha bisogno il vaso di
Pandora!”
A quel punto, gli altri sembravano
ormai convinti, tranne i consiglieri,
che avevano ancora qualche perplessità.
“Sì,
è vero, ma John non possiede più alcun potere
dopo l’area zero. E’ fin
troppo innocuo per il vaso di Pandora, adesso.”
Stavolta, Nina si sentì
in dovere di intervenire: “Non avrà alcun potere
in
questo momento, ma comunque ha ricreato i disordini dal nulla ed
è l’unico
capace di controllarli. Insomma, detiene tra le sue mani uno dei mali
più
pericolosi al mondo. Credetemi, Jade ha ragione, il vaso di Pandora
sarà ben
felice di contenerlo per sempre!”
Felice di avere il suo appoggio, la
ragazza le sorrise, per poi voltarsi
verso i due consiglieri per ascoltare il loro verdetto. Dei due, fu
Foxi a
parlare.
“E, se una volta tirato
fuori dalla mente di Dana, lui riuscisse a fuggire?
Non possiamo competere con lui ed Heith insieme!”
Zack, allora, cercò di
difendere le due ragazze: “Grazie ai simboli Shomia
di Nina, faremo in modo che John non evada dalla stanza in cui si trova
con
Dana. Sarà facile e, non appena Jade lo tirerà
fuori dalla mente di sua nonna
con un incantesimo, Wes sarà lì, pronto a
rinchiuderlo nel vaso, mentre io e
Jackson staremo fuori dalla porta in caso qualcosa andasse
storto.”
I due ragazzi annuirono e
l’entusiasmo generale sembrò coinvolgere anche i
consiglieri,
finalmente convinti.
“Va bene, –
accettò Marcus - ma studiate il piano in ogni minimo
dettaglio,
perchè non dovranno esserci errori. Non DOVRETE permettervi
errori. E’ chiaro?”
Decisa, Jade si alzò:
“Non ci saranno errori: John finirà in quel vaso e
mia nonna sarà salva. E, dopo, ci occuperemo di cosa rimane
da fare per porre
fine a tutto questo.”
A quel punto, Zack si
voltò verso Nina.
“Cosa ti serve per
esaminare il marchio di Harmony? Vuoi spostarti in
un’altra stanza per stare più
tranquilla?”
“Ehm, in
verità, quello che mi serve non è qui, ma in un
rifugio che si
trova vicino alla caverna. Le mie sorelle non ne vogliono sapere di
magia, di
qualunque tipo, e non vogliono nulla in giro per casa, così
ho trasferito tutto
lì e ogni tanto ci faccio un salto.”
“Allora vi accompagno
subito lì!”
Ma la ragazza non era
d’accordo: “No, tu devi stare a guardia della
porta,
in caso andasse qualcosa storto con John, ricordi?”
“Ma fuori
c’è Heith, che probabilmente è
già libera dalla prigione in cui
l’hai intrappolata! Conoscendola, ti starà
già cercando per vendicarsi!”
rispose lui e Jade subito dopo si intromise per sostenerlo.
“Credo che Jackson sia
più che sufficiente. Zack può venire con te.
L’unico
aiuto che mi serve, prima che andiate, sono le precauzioni garantite
dai
simboli Shomia da disegnare sulle pareti della stanza
affinché John non scappi,
quando Wes lo rinchiuderà nel vaso.”
Nina annuì, convinta:
“D’accordo, andiamoci subito, allora.”
E i tre, oltre a Wes e ai
consiglieri, lasciarono la stanza.
A quel punto Jackson si
avvicinò ad Harmony, che era stata in disparte per
tutta la conversazione.
“Ehi, tutto
bene?” chiese, notando quanto era demoralizzata.
“Non proprio. Sembra che
sia impossibile avere un po’ di pace nella mia
vita, al punto che ora mi ritrovo a fare da cavia magica per scoprire
che cos’è
un marchio strano comparso sul mio polso. Per non parlare dei blackout,
della
fiducia persa delle mie sorelle streghe e di questo…
– guardò il suo
braccialetto, per poi voltarsi dall’altra parte –
Vabbè, lasciamo perdere!”
Preoccupato, il demone
abbassò lo sguardo: “Riuscirai mai a confidarti
con
me? Non ti ho già dimostrato abbastanza che sono tuo amico?
Parlami della tua
vita: cos’è che ti spaventa tanto? Continui ad
evitare le mie domande su quel
braccialetto… Che cosa tiene sottocontrollo esattamente? Di
quale problema
soffri?”
Ma quella non ebbe il tempo di
rispondere, perché Nina e Zack tornarono
dalla stanza di Dana.
Dalla porta, Zack la
chiamò: “Harmony, dobbiamo andare!”
Allora lei, senza guardare in
faccia Jackson, chiaramente deluso per non
aver ricevuto risposta, si diresse verso i due, pronta ad andare,
mentre Zack
si rivolgeva a lui.
“Jade ti sta aspettando,
– gli disse - Nina ha disegnato i simboli sulle
pareti della stanza, perciò John non avrà modo di
scappare quando verrà
liberato. Tu resta comunque di guardia fuori e tieni gli occhi aperti,
ok? Sta
attento!”
Quello annui, lasciandoli
finalmente andare.
Nella
foresta presso la zona Ovest
della cupola
Le streghe, ancora sotto
l’influsso della luna cattiva, tentarono per
diversi minuti di abbattere la prigione magica creata da Nina,
finchè ad un
certo punto Heith, seccata, ordinò loro di smettere di usare
i loro poteri
contro le sbarre di energia.
“Ferme, smettetela! Mi
sta venendo il mal di testa. Maledetta magia Shomia
e maledetti Jade e i suoi amici!” e si mise a braccia
conserte, livida in volto
dalla rabbia.
Pochi secondi dopo,
però, un rumore proveniente dai cespugli attirò
la sua
attenzione: “Che nessuna faccia un fiato! –
esclamò, stringendo gli occhi per
guardare meglio – Non siamo sole, a quanto pare!”
Improvvisamente, spuntò
fuori un ragazzo e subito la donna percepì la sua
vera natura: “Un servitore del caos, eh? – gli
chiese - Vedo che non siete
stati tutti così stupidi da lasciare la
città!”
Subito, quello si
avvicinò, curioso: “E tu chi sei?” le
domandò.
“Mi chiamo Heith e sono
una strega cattiva, MOLTO cattiva e molto potente
che desidera tanto vendicarsi delle persone che l’hanno
rinchiusa qui,
soprattutto di quella che rende la sua esistenza poco piacevole. E
qualcosa mi
dice che sono le stesse con cui avete avuto a che fare anche voi, anche
se ora
sei rimasto soltanto tu...”
Quello non nascose quanto era
alterato per la perdita dei suoi compagni:
“Non sono solo, c’è ancora un altro
servitore del caos in circolazione. Un
traditore, per la precisione! Per colpa sua, siamo rimasti intrappolati
per
molto tempo per poi finire qui a morire in maniera poco dignitosa. Si
chiama
Terence, lo conosci, per caso?”
L’altra sorrise,
malvagia: "Ma tu guarda... fa proprio parte del
gruppo che voglio togliere di mezzo! Ora, però, mi
piacerebbe sapere come ti
chiami tu...”
“Bastian. Io mi chiamo
Bastian.”
“Bene, Bastian, ti va di
allearci e togliere di mezzo i nostri nemici?”
chiese lei, ma quello non si lasciò convincere
così facilmente.
“Non mi sembri tanto
potente, dal momento che sei in una gabbia, però!”
Heith non apprezzò
affatto il commento, ma non lo diede a vedere,
continuando a sorridere come se niente fosse: “Anche i
più potenti hanno i loro
alti e bassi. Credimi, quando sarò uscita da qui, ci saranno
solo alti per noi
due. E ora sposta quelle pietre!” ordinò,
indicandogliele.
Allora, finalmente il ragazzo si
convinse, leggermente ammaliato da lei e
fece quanto gli era stato ordinato, annullando così la
gabbia magica. La strega
tirò subito un sospiro di sollievo.
“Non so davvero come
ringraziarti, ma nel dubbio… – e
sollevò un bracciò,
pietrificandolo all’istante – ti trasformo in una
statua di pietra! Se c’è una
cosa che ho imparato dal mio passato, è che non bisogna mai
stringere alleanze
con un altro malvagio!” esclamò, per poi voltarsi
verso le altre streghe,
ancora sotto l’influsso della luna cattiva.
“Bene, ragazze, adesso
voglio divertirmi un po’ prima di spargere del
sangue o che svanisca l’effetto della luna cattiva e voi
torniate delle streghe
noiose, perciò... ANDIAMO!” e sollevò
un pugno verso l’altro, esultante, e le
altre la seguirono ridendo e saltellando, pronte anche loro a fare
baldoria.
Rifugio
Shomia nella foresta presso
la zona Est della cupola
Nina aveva condotto Zack e Harmony
nel suo rifugio, per esaminare il
marchio della giovane strega grazie all’arte Shomia.
Lì dentro, in una grotta
poco illuminata, trovarono davvero di tutto: dai libri alle pozioni, ai
sacchietti, fino ad armi, polveri, artefatti e altri oggetti
sconosciuti. Zack
non poté non osservare tutto quanto, in silenzio.
Ciò che lo colpì
maggiormente, però, furono le pozioni.
“Ci sono simboli anche
sulle pozioni?” chiese, curioso.
Nina fece sedere Harmony e gli
rispose: “Sì, non le prepariamo noi. Non
saremmo mai in grado di procurarci da sole un Jexo,
ad esempio, perciò disegniamo un simbolo ben preciso sopra
la
fiala e la pozione si crea da sola con tutti gli ingredienti che
servono.”
Lui la guardò perplesso:
“Un Jexo? E cosa sarebbe?”
In risposta, lei prese quello che
le serviva da uno scaffale: “E’ una parte
del corpo di un pesce che vive in una caverna sottomarina nel nord
America. Si
dice che solo le sirene siano in grado di vederli, perché
sono invisibili
grazie alle loro branchie, che vengono chiamate, appunto, Jexo. E,
grazie ai
simboli Shomia, non abbiamo bisogno di trattenere il respiro per
recuperarne
uno!”
Finalmente, il ragazzo
capì: “Straordinario!”
esclamò, sorridendo.
Intanto, poco lontano, Harmony si
massaggiava le tempie, il volto
stranamente pallido.
“E’ normale che
la testa mi faccia così male? – chiese - Mi sembra
di
ballare, ma in realtà sono seduta!”
Nina appoggiò sul tavolo
un astuccio con dentro ciò che le serviva: “Ora
vediamo, Harmony. Lascia che ti esamini il marchio e ne sapremo di
più,
d’accordo?” e tirò fuori un bastoncino
di legno color verdastro.
Zack si materializzò
immediatamente al suo fianco: “Cos’è
quello?”
Vide l’altra strofinarlo
sul polso della ragazza: “E’ uno CherryTrue,
un tipo di legno magico che rivela il significato delle cose che non
sappiamo.
Come questo marchio.”
Arrotolò un foglio di
carta attorno al bastoncino, in seguito, aspettò
qualche secondo e poi lo scartò, sotto lo sguardo curioso e
affascinato
dell’amico: sul foglio era comparso il significato del
marchio, che lasciò
Harmony perplessa.
“Un altro
marchio?” domandò, perplessa.
Il ragazzo, però, lo era
ancora di più: “Io l’ho già
visto da qualche
parte, però…”
Nina, allora, si
affrettò a spiegare la situazione: “Quando compare
un
disegno e non una scritta, lo CherryTrue vuole farci capire che
ciò che gli
abbiamo fatto esaminare è stato falsificato e quello che
vediamo ora è il
marchio autentico, che Heith ha camuffato. Hai idea del
perchè ha voluto farlo,
Zack?”
Lui annuì:
“Sì, questo marchio proviene da un incantesimo
presente nel
Libro del Bene e del Male.”
“Quello dei prescelti?
Dovrebbe essersi diviso dopo la profezia e i due
libri essere conservati a casa di Jade, giusto?”
“A dire il vero no, sono
scomparsi dopo la seconda profezia. Deve averli
presi lei!”
“Questo spiega come abbia
fatto a diventare così potente. Ci sono cose
scritte soltanto lì!”
Zack, però, non era
d’accordo con lei: “Sì, questo
è vero, ma, quando il
Libro si divide, non ha nulla di speciale rispetto agli altri e lei non
può
averli uniti nuovamente. E’ impossibile!”
In quel momento Harmony, che
durante la loro conversazione era rimasta in
silenzio, ebbe una visione. Nina, voltandosi verso di lei e notando i
suoi occhi,
se ne rese subito conto.
“Harmony, stai
bene?” le chiese, scuotendola e riuscendo, finalmente, a
farla tornare in sé.
“Io… io ho
visto delle cose su questa Heith e su come Klen l’ha
raggiunta e
portata qui, ma non so come ho fatto... – agitata,
indicò il braccialetto che
portava ancora al polso – Questo braccialetto limita i miei
poteri, non posso
aver avuto tutte queste visioni insieme, non
capisco…”
“Da quello che ricordo di
aver letto su questo marchio, – spiegò Zack -
pare che chi utilizzi questo incantesimo, sfrutti il potere della
collettività.
Questo vuol dire che più streghe hanno quel marchio,
più Heith diventa potente
senza che le altre collegate a lei possano opporsi.”
Ma Nina era ancora dubbiosa:
“Perché camuffare il marchio, allora?
Perché nasconderlo?”
“Perché Heith
è orgogliosa e non vuole che Jade pensi che sia
così potente
solo per via di un incantesimo.”
Harmony, però, ne sapeva
più di loro: “Aspettate! Io ho visto questa Heith
assorbire il libro di cui parlate. L’ha ridotto in cenere e
una parte poi l’ha
versata all’interno di una pozione che ha bevuto.”
“E il resto che fine ha
fatto?”
“L’ha rinchiusa
in una specie di clessidra, che tiene in piedi la sua
dimora. Credo sia una sorta di accademia dove ci sono tante altre
streghe. Lei
non controlla solo le mie sorelle, infatti, ma anche altre che si
trovano fuori
da Morney Hill.”
Nel sentire le sue parole, Zack si
preoccupò: “Se tutto questo è vero,
significa che è molto più potente di quanto
pensassimo…”
“E’ stata molto
furba – ammise Nina - e solo adesso ho capito cosa ha
fatto: ora che ha il potere del Libro dentro di sé, le serve
qualcuno per
alimentarlo e fortificarsi, come facevano Jade e Samuel con il libro
affinché
non dividesse. Il processo è lo stesso.”
“Perciò, come
faremo a renderla innocua?”
“Quando muore un
prescelto, il Libro non è più alimentato e si
divide, no?
Perciò dobbiamo eliminare ciò che nutre Heith,
cioè le streghe!”
Harmony, però, era
contraria: “NO! Non starete dicendo sul serio!”
Nina, allora, si
affrettò a tranquillizzarla: “No, certo che no.
Intendevo
solo dire che dobbiamo scollegare le streghe da Heith, creando tramite
te un
virus.”
“Lei?!”
esclamò Zack, a bocca aperta e l’altra sorrise,
eccitata per il suo
piano.
“Sì, lei.
Heith non sa della sua esistenza, o sarebbe già con loro.
Inoltre, Harmony riesce a sfruttare parte del grande potere di Heith e
questo
significa che anche le altre streghe possono farlo, se fosse permesso
loro.”
Harmony, a quel punto, si
intromise: “Cosa volete farmi?”
“Non preoccuparti, non ti
accadrà nulla, te lo prometto. Né a te,
né alle
tue sorelle streghe. Voglio solo sfruttare il tuo collegamento con
Heith per
infettarla e annullare questo marchio che vi collega a lei,
d’accordo?”
“Puoi riuscirci
davvero?” le chiese Zack, sorpreso.
“Puoi
giurarci!” esclamò lei e Harmony, pur di salvare
le sue sorelle
streghe, non poté che accettare.
“D’accordo,
facciamolo. Siamo nelle tue mani, Nina!” e quella si mise
subito all’opera.
Alkaban
Jade e Wes stavano entrando nella
stanza di Dana e Jackson si preparò a
chiudere la porta e rimanere di guardia fuori.
“Sta attenta, se hai
bisogno sono qui fuori, ok?” raccomandò alla
ragazza e
quella gli sorrise, nonostante la tensione.
“D’accordo,
grazie.” ed entrò.
Quando entrò, Wes,
guardando la signora Ferguson immersa in una sorta di
stato catatonico, si impressionò molto.
“E’ normale che
stia così?” chiese a Jade.
“E’ bloccata
nella sua mente, in modo da tenere bloccato lì anche lui.
E’
troppo forte per lei o non sarebbe in questo
stato…” abbassò lo sguardo,
triste.
“La salveremo, non
preoccuparti...” provò a rassicurarla Wes,
mettendole
una mano sul braccio e ricevendo in cambio un altro sorriso.
“Grazie per essere
rimasto. So che vorresti essere accanto a Noa in questo
momento.”
Lui ricambiò il sorriso:
“Beh, non ho altra scelta, giusto? Sono il
proprietario del vaso, ora. Perciò rinchiudiamo tuo
nonno il prima
possibile e facciamola finita, ok? Sei pronta?”
Jade sospirò:
“Prontissima!” esclamando, iniziando a pronunciare
l’incantesimo.
“Nella sua mente possiedi
un posto, in cui lei ti ha intrappolato ad
ogni costo. Che la strada della libertà tu possa ritrovare,
ma quella prigionia
dovrai prima abbandonare...”
Improvvisamente, un fumo sottile
iniziò a uscire fuori dalla mente di Dana
e subito la ragazza si affrettò a mettere in guardia Wes da
ciò che stava per
accadere.
“Tieniti pronto,
è un uomo subdolo e dalle mille risorse. Appena
comparirà
davanti a te, apri il vaso e non perdere tempo, ok?”
Ma l’altro era
già in posizione, serio e concentrato:
“Ricevuto!” esclamò e
i due si misero ad aspettare quei pochi secondi che mancavano
affinché fosse
libero del tutto.
Poco dopo, John era davanti a loro,
in carne ed ossa, che si guardava
intorno con aria confusa.
“Mi vedete, vero?
Sbaglio, o mi avete appena liberato?”
“Non ti illudere,
– replicò la nipote, cinica - stai per finire in
una
prigione senza fine e ci resterai per sempre! Avanti, Wes!”
L’uomo sgranò
gli occhi, allarmato, ma un rumore proveniente dall’esterno
della stanza, distrasse il ragazzo.
“Cosa è
stato?” chiese Wes, mentre Jade, vedendo John fare un passo
avanti,
alzò una mano, pronta a sferrare contro di lui il suo potere.
“Non ci provare,
– esclamò - non c’è via
d’uscita! Avanti, Wes!”
Da fuori, però,
arrivarono dei rumori di lotta, oltre a delle voci.
“Prendetelo!”
“E’ andato da
quella parte, non lasciatelo scappare!” dicevano.
Improvvisamente, la stanza
iniziò a distorcersi, simulando delle onde e Wes
si allarmò, dimenticando cosa doveva fare.
“Cosa sta
succedendo?” chiese, spaventato.
Jade furiosa, si girò
invece verso John: “Lo stai facendo tu?”
domandò, ma
quello si limitò a sorridere. Quando la ragazza si
voltò nuovamente verso
l’amico, notò che stava scomparendo insieme a sua
nonna. La stanza, allora,
tornò alla normalità, ma sembrava diversa: cupa e
grigia, quasi triste. E,
soprattutto, c’erano solo Jade e suo nonno.
La ragazza, nervosa, si
guardò intorno, prendendosela con John: “Dove sono
finiti Wes e mia nonna? Dove gli hai fatti sparire?” chiese,
ma quello rimase
calmo, un’espressione beffarda sul volto.
“Non ne ho idea, io non
ho fatto proprio nulla. Non ho più alcun potere,
ricordi?”
Ma lei non gli credette e
affacciandosi fuori dalla stanza, in corridoio,
non trovò nessuno: “Jackson? –
chiamò - Dove sei? C’è
nessuno?” ma non ebbe
risposta e fu costretta a tornare dentro.
“Sembra che siamo rimasti
soli. Io e te” le disse l’uomo, ricevendo in
cambio un’occhiata carica di rabbia.
“Se questo è
un altro dei tuoi piani per…” ma non le diede
nemmeno il tempo
di finire la frase.
“Io non lo chiamerei
piano, ma opportunità!”
Jade si fermò,
perplessa: “Opportunità per cosa?”
“Per parlare. Per
conoscerci veramente in un contesto in cui non siamo più
la prescelta e il malvagio John, ma solo…
– sorrise – nonno e
nipote.”
Lei, però, non era
d’accordo e non smise nemmeno per un secondo di
guardarlo male: “Tu sei malato, non sai quello che dici! Io
non parlerò MAI con
te, né reciterò la parte della nipote affettuosa
dopo quello che hai fatto a
me, ai miei amici e alla mia famiglia! – i suoi occhi si
riempirono di lacrime
– Io ti odio e non proverò mai amore verso uno
come te! MAI!” e lasciò la
stanza, sbattendo la porta.
Nell’uscire,
però, non si accorse che anche John aveva gli occhi lucidi,
come se quelle parole lo avessero ferito profondamente.
“The
Golden Bridge”
Intanto, Heith, approfittando
dell’eccitazione e della foga che dilagava
tra le sue streghe, ancora sotto l’influsso della luna
cattiva, decise di
portarle tutte a bere in uno dei locali più frequentati
della città, dove il
gruppetto conobbe anche alcuni motociclisti. Dopo un po’ di
tempo, alcune erano
sedute con loro, completamente ubriache. Altre, invece, stavano
giocando a
biliardo o ballavano sul bancone per eccitarli. Heith, seduta su uno
sgabello,
le ammirava divertita, assaporando il suo scotch ghiacciato, pensando a
come si
sarebbe vendicata di Jade e di tutti coloro che l’avevano
umiliata negli anni
precedenti. A quel punto, però, il desiderio divenne troppo
forte e la donna si
alzò, capendo che quel divertimento era stato più
che sufficiente e che era
arrivato il momento di agire. Subito, richiamò le sue
streghe.
“Ragazze, forza,
è ora di andare!”
Quelle, benché
costrette, non nascosero il loro malcontento all’idea di
andarsene. In quel momento, un uomo, uno dei motociclisti,
arrivò alle spalle
di Heith, sorprendendola.
“Ti stai annoiando,
forse? – chiese – Non hai un uomo con cui
divertiti?”
Voltandosi, Heith diede
un’intensa occhiata al bel fusto che si ritrovò di
fronte: “Mi stavo annoiando, ma qualcosa mi dice che la mia
serata sta per
cambiare…” sussurrò.
Lui, allora, sorrise, la prese per
i fianchi e la baciò, mormorandole
all’orecchio: “Non avevo mai incontrato una donna
così bella…”
Heith era lusingata: “Oh,
ma io sono molto più di questo…” e i
due
continuarono a baciarsi.
Diversi minuti dopo, i motociclisti
si rimisero sulla strada, le streghe
sedute dietro di loro. Gridavano, alzavano le braccia e ridevano,
mentre il
vento colpiva i loro visi. Anche Heith si divertiva, abbracciata
all’uomo che
aveva appena conosciuto.
Morney
Hill Hospital
Terence stava percorrendo i
corridoi dell’ospedale in cerca della stanza in
cui si trovava Brenda. Quando la trovò, la vide di spalle,
seduta accanto al
letto di Noa. Poco dopo, bussò lievemente alla porta,
rivelando la sua presenza
e la ragazza si voltò, alzandosi e correndo verso di lui. Lo
abbracciò, per
qualche secondo. Tuttavia, fu strano, tanto che, quando si
staccò da lui,
Brenda si sentì a disagio e Terence lo percepì,
pur cercando di ignorarlo.
“Allora, come sta
Noa?” chiese lui.
“La dottoressa dice bene.
L’intervento è andato bene, perciò
dobbiamo solo
aspettare che si svegli.”
Terence annuì:
“Fantastico, sono contento…”
A quel punto cadde il silenzio e i
due iniziarono a guardare da altre
parti, non sapendo più cosa dirsi, finchè
l’uomo non spezzò per primo
quell’imbarazzante silenzio.
“Vuoi che ti faccia
compagnia?” le chiese, gentile.
“No, meglio di no.
Cioè, non che non voglia la tua compagnia, ma…
gli altri
avranno sicuramente bisogno di te e io qui me la cavo anche da
sola.”
“Sì, hai
ragione. Gli altri hanno sicuramente bisogno di me. Chiamaci
appena ci sono novità, ok?”
Brenda annuì:
“Sicuro!” e tornò accanto a Noa,
lasciandolo solo davanti
alla porta.
A quel punto, Terence si
voltò e se ne andò, convinto che la pozione aveva
funzionato e che Brenda non lo amava più come prima. Il
legame si era ormai
spezzato e anche il suo cuore, mentre si lasciava alle spalle
l’ospedale.
Rifugio
Shomia nella foresta presso
la zona Ovest della cupola
Nina aveva appena terminato di
creare il virus e lo aveva riposto in una
provetta. Harmony, invece, continuava ad alternare stati di
lucidità ad altri
di incoscienza, colta da continue visioni. Zack, che le era accanto,
era molto
preoccupato per lei.
“Hai visto
qualcos’altro?” le chiese, cercando di catturare il
suo sguardo
confuso.
“So dove ho messo la
scatola delle tentazioni! Essere collegata ad Heith mi
sta fornendo talmente tanto potere da vedere ciò che la
scatola ha rimosso dai
miei ricordi.”
“E
dov’è?”
“L’ho
seppellita nel giardino della confraternita, la sede in cui ci siamo
sistemate io e le altre, quando siamo arrivate a Morney Hill.”
“Ottimo! Così
quando Jade e Wes rinchiuderanno John nel vaso, noi potremo
gettarlo nella scatola e spedirlo a vagare per sempre nel
Domus.”
In quel momento, Nina con un
siringa prelevò un liquido nero dalla provetta
e si avvicinò a loro.
“Prima dobbiamo occuparci
di Heith, però. Ormai dovrebbe essere già
libera!”
Harmony, vedendo il grosso ago, le
lanciò un’occhiata terrorizzata: “Vuoi
davvero pungermi con quello?”
“Ehm, sì, ma
non preoccuparti: non fa male come quelli veri.
C’è una magia
Shomia anche qui che non permette di sentire il dolore della
puntura.”
L’altra annuì,
convinta, e, fidandosi, le allungò il polso, sotto lo
sguardo perplesso di Zack.
“Dici sul
serio?” le sussurrò e l’altra, senza
farsi vedere dalla ragazza,
chiuse gli occhi e scosse leggermente la testa.
“No!” e lo
affondò nel braccio della strega.
Non appena fu punta, quella
iniziò a urlare: “Stronza, mi ha
mentito!”
Nina spalancò gli occhi,
ma continuò a spingere lo stantuffo: “Ok, accetto
volentieri questi insulti: me li merito!”
Presto, il marchio sul polso di
Harmony divenne color nero, perciò, dopo
aver rimosso l’ago, Nina poté spiegare il
passaggio successivo.
“Ora sei portatrice di un
virus, che va diffuso. Ti basterà toccare la tua
leader per passarlo alle altre e scollegarvi immediatamente tutte da
lei, ok?”
Harmony, però, non
rispose, pallida in volto.
Subito, Zack si
preoccupò per lei: “Hai un’altra
visione, per caso? Che
cos’hai?”
Quella, allora, aprì gli
occhi, diventati stranamente rossi, allarmandolo
ancora di più: “Fa parte della procedura,
giusto?” chiese, ma Nina era confusa
quanto lui.
“Non proprio!”
esclamò, prima che Harmony si alzasse e, come indemoniata,
rovesciasse il tavolo contro di loro, fuggendo via.
Immediatamente, Zack si
avvicinò a Nina, aiutandola ad alzarsi: “Stai
bene?” le chiese, ma quella, che non voleva perdere tempo
prezioso, era già in
piedi.
“Sta fuggendo, dobbiamo
inseguirla e fare in modo che inneschi il virus!” e
insieme corsero fuori, bloccati subito da altre due presenze: le
sorelle di
Nina.
La maggiore, Laurel, la
richiamò subito a sé: “Nina! Sapevamo
di trovarti
qui, cosa stai combinando?”
Ma la ragazza si
infastidì: “Niente, andate via!” le
cacciò, senza tuttavia
ottenere risultati.
Allora si intromise quella di
mezzo, Caroline: “Stiamo lasciando la città,
per questo siamo venute a cercarti.”
Nina sgranò gli occhi
per la sorpresa: “Cosa?!? Perché?”
“La cupola è
temporaneamente scomparsa e questa è l’unica
occasione che
abbiamo per tirarcene fuori. Abbiamo scoperto che una strega, per mezzo
dell’ascesa della luna cattiva, è riuscita a
rimuoverla, anche se non
completamente. Tra qualche minuto, perciò, quando
l’eclissi terminerà, resteremo
bloccate in questo casino.”
Ma l’altra parve
irremovibile: “NO! – esclamò - Non
verrò con voi: ho
deciso di restare!”
Laurel le lanciò una
lunga occhiata: “Credimi, non vorrai essere qui quando
le cose si faranno più serie. Devi venire con noi!”
Invece Caroline, meno impulsiva,
cercò di pregarla: “Ti prego, Nina,
ascoltala... Questa è la loro battaglia, non la nostra. Noi
abbiamo già fatto
il nostro dovere, creando la cupola come da istruzioni e lasciando loro
quella
lettera con tutte le indicazioni.”
Zack, cinico, non riuscì
a non intervenire: “Lettera incompleta,
però!”
Ma la maggiore delle sorelle
replicò quasi subito, altrettanto decisa:
“Incompleta o no, sapete benissimo cosa dovete fare.
Piuttosto, avete trovato
tutti i contenitori? O state continuando a perdere tempo?”
“Ci stiamo lavorando, non
è facile come sembra!” rispose lui, sostenendo il
suo sguardo.
La donna, allora, si
avvicinò, finchè non fu a pochi passi da lui, e
lo
guardò negli occhi: “Beh, non coinvolgerete mia
sorella per rendere il vostro
compito più facile. Non siamo come voi!”
esclamò, prendendo Nina per un
braccio, pronta a trascinarla via.
Quella, però, si oppose,
liberandosi con ferocia dalla sua stretta: “Non
verrò, smettila di costringermi!”
gridò, irritandola ancora di più.
“Ah, è
così? – disse l’altra, con gli occhi
sbarrati - Hai deciso di
correre dei rischi? Di morire, forse? Beh, io sono la sorella maggiore
e ho il
compito di proteggervi qualsiasi cosa accada, ma questo va ben oltre le
mie
possibilità. Ricordati che da fuori non potrò
fare nulla, perché è sicuro che
NOI ce ne andiamo!”
“Se mi accadrà
qualcosa, non sarà di certo colpa tua, tranquilla.”
“D’accordo.
Prenditi cura di te, allora. Spero di rivederti…”
concluse
Laurel, per poi andarsene, senza voltarsi nemmeno una volta. Orgogliosa.
Allora, Caroline
abbracciò Nina, tentando un’ultima volta di
convincerla:
“Sei proprio sicura di quello che stai facendo?” le
chiese e l’altra annuì.
“Andate e non
preoccupatevi. Io sento che il mio posto è qui, adesso. Ad
aiutarli. Voi andate e non pensate a me, starò bene. Ci
vedremo quando sarà
tutto finito!”
La sorella le sorrise, stringendole
forte la mano: “Sei sempre stata
coraggiosa e testarda… Stai attenta, mi
raccomando!” e la salutò di nuovo, per
poi andarsene.
Vedendole allontanarsi, Zack non
riuscì a trovare parole per descrivere la
dura scelta che aveva preso la sua amica.
“Non so come ringraziarti
per essere rimasta. – le disse – Potevi
andartene, eppure sei ancora qui. Sei molto coraggiosa, sai?”
Lei si voltò verso di
lui, ancora scossa per la discussione appena avuta, e
gli lanciò una lunga occhiata: “Se pensi che sia
rimasta solo per aiutarvi,
allora non hai capito tutto…” sussurrò,
per poi avvicinarsi a lui e baciarlo.
Quando si staccò da lui,
aggiunse: “Non sono coraggiosa, sono solo
innamorata! Ora, forza, andiamo a cercare Harmony e assicuriamoci che
il piano
funzioni, ok?”
Zack, sorpreso, rimase fermo,
pietrificato, a cercare di capire cosa era
appena successo; dopo qualche secondo, finalmente si riscosse e la
seguì, senza
proferire parola, dato che ne era stato completamente privato, con quel
bacio.
Alkaban
Jade piombò nella sala
del Consiglio dopo aver cercato ovunque i suoi
amici. Non c’era anima viva da nessuna parte, ma lei
continuava a gridare nella
speranza di trovarli.
“C’è
qualcuno qui? Dove siete finiti?”
Ma fu suo nonno, in piedi alle sue
spalle, a risponderle: “Siamo soli,
Jade. Pensavo che ormai l’avessi capito!”
La ragazza si voltò,
allibita: “Aspetta un secondo, tu non puoi lasciare la
stanza! Abbiamo messo dei simboli Shomia affinché tu non
potessi fuggire! Com’è
possibile?”
Quello camminò tutto
intorno al tavolo, prendendo tempo: “Hai pensato che
forse non siamo più ad Alkaban?”
Lei, allora, fece un passo
indietro, per mantenere la distanza: “E allora
dove siamo?”
“Ho percepito fuori della
stanza in cui ci trovavamo che è stato un
disordine a portarci qui: quelli ad essere scomparsi da Alkaban non
sono i tuoi
amici, ma noi!”
“HO DETTO: dove
siamo?”
John sorrise: “Nel
Purgatorio, direi. L’atmosfera è quella giusta,
no?”
Ma Jade rispose con una risata
cinica: “Vuoi espiare i tuoi peccati per
essere più vicino a Dio, per caso?”
“Perché no?
– replicò lui, sedendosi - Ormai è
evidente che sono stato
sconfitto e forse non ne sono tanto dispiaciuto, sai?”
“Non ti
crederò mai! Probabilmente stai già progettando
come tornare in
cima, quando ci avranno tirati fuori da questo posto.”
Con sua grande sorpresa,
però, l’uomo si arrabbiò, sbattendo le
mani sul
tavolo: “SMETTILA! – urlò -
Perché per te è così impossibile
credere che io
voglia davvero arrendermi e redimermi, prima di sparire per sempre
all’interno
di un vaso?”
La ragazza rimase colpita da quella
reazione violenta e replicò
praticamente in lacrime: “E te lo chiedi pure?!? Hai
dimenticato tutto quello
che hai fatto in questi anni contro mia nonna, i miei amici, contro di me?
Contro i miei genitori, tua figlia? Hai
già dimenticato tutto questo?”
Suo nonno abbassò lo
sguardo, come se si vergognasse, gli occhi lucidi: “Mi
dispiace…” sussurrò, lasciando la
nipote senza parole per la sorpresa.
“Come...? Ti dispiace? Mi
sembra un po’ troppo tardi, non credi?”
“Sì, hai
ragione. Per questo voglio che tu sappia anche altre cose. Non
voglio lasciarti un brutto ricordo di me, perciò ascoltami,
ti prego...”
“La maggior parte saranno
brutti ricordi, non puoi cambiarli.”
“Lo so, lo so. Ma voglio
ugualmente che mi ascolti, visto che non lo farà
più nessuno. Per favore...”
Anche se titubante, Jade si decise
finalmente a sedersi: “Non significa
niente, non farti illusioni, ok?”
Nonostante le sue parole, John si
sentì più sollevato: “Non me ne faccio,
ma grazie per esserti seduta. – sospirò, prima di
parlare – Comunque, quello
che voglio dirti è che sei tu la chiave di questo mio
cambiamento, arrivato
proprio all’ultimo. Infatti, quando mi sono reso conto che
essere quello che
ero, non corrispondeva a quello che avevo sempre voluto, ho capito di
aver
sprecato metà della mia vita ad seguire la strada sbagliata.
Non so perché
nella nostra testa esista quella vocina che ci porta a fare errori e a
scendere
sempre più giù senza poter risalire, ma quello
che conta è che c’è. Per me, era
fatta di poteri illimitati, cattive amicizie e pregiudizi, insomma
tutto ciò
che mi ha portato ad essere quello che sono diventato.” ma
non riuscì ad andare
avanti, perchè Jade lo fermò prima.
“Samuel per il Consiglio
era un assassino di cui non ci si poteva fidare e
per anni ha sofferto per questo, oltre a subire una punizione che non
gli
spettava, ma comunque non ha mai ceduto al male e non si è
mai vendicato di
nessuno.”
“Tutti possono cedere al
male, quando sembra che non vi sia altra
soluzione. La differenza tra me e Samuel è che lui
è stato più forte di me nel
resistere a tale tentazione. Vorrei tanto essere stato forte come lui,
ma la
maggior parte dei demoni purtroppo non ci riesce. Il tuo Samuel
è speciale,
sai?”
Lei annuì, gli occhi
pieni di lacrime: “Lo era, prima di morire e finire
lontano anni luce da me…”
“Sai qual è il
momento esatto in cui sono cambiato? In cui sono tornato
quello che ero, prima di diventare malvagio e cinico? E’
stato dopo che
sono evaso dall’area zero: mi sono ritrovato in un parco, a
pianificare come mi
sarei vendicato di voi. Poi, un pallone mi è rotolato tra le
gambe e una
bambina che ti assomigliava in una maniera impressionante mi chiese di
riaverlo. In quell’istante, dimenticai completamente
ciò a cui stavo pensando e
glielo restituii. A quel punto, la bambina venne chiamata da un uomo,
suo
nonno, che la abbracciò, la sollevò in aria e poi
la fece scendere sullo
scivolo aspettandola alla fine e promettendole che non
l’avrebbe mai fatta
cadere. Lei si fidava completamente di lui, lo amava
ed è stato lì che
mi sono reso conto di ciò che avevo perso. Di ciò
che non avevo e non avrei mai
avuto…”
L’altra non
riuscì a nascondere la sua commozione: “Avrei
tanto voluto
avere io quello che ha la bambina del tuo racconto. E hai ragione
quando dici
che non potrai mai avere quello che hanno loro. Nessuno di noi due
avrà mai
quello che hanno loro...”
“Sai, dopo aver assistito
a quella scena, sono tornato a pensare ai miei
piani di vendetta, ma in cuor mio sapevo di non essere più
lo stesso. Scoperto
che avevo perso anche tutti i miei poteri, iniziai ad arrendermi
lentamente, ma
quella parte malvagia dentro di me continuò a lottare.
C’è una guerra in corso
nella mia anima, che forse non vedrà mai alcun vincitore.
Per questo accetterò
la mia fine, qualunque essa sia. L’importante è
averti fatto conoscere quella
parte di me che valeva la pena mostrarti, ora che ne ho la
possibilità. Ora che
sono più vulnerabile che mai.”
Lei continuò a piangere:
“Vorrei poterti perdonare, davvero, ma hai ucciso
i miei genitori. Tua figlia. Questo non potrò mai
accettarlo, mi dispiace...”
Anche il volto di John era rigato
dalle lacrime, ormai: “Ora provo soltanto
il dolore per la perdita che ho provocato con le mie stesse mani. Sono
pronto
ad avere quello che mi merito per questo, ma ciò che
più conta è che non farò
mai più del male a nessuno…”
Jade abbassò lo sguardo:
“Perché solo noi due, qui, piuttosto? Non credo
sia una coincidenza…”
“Beh, si dice che in
Purgatorio finiscano coloro che sono in punto di
morte, le anime bisognose di espiare i loro peccati. E io ne ho
parecchi. I
tuoi, però, forse sono più sensi di colpa, o
sbaglio?”
“Non riuscirò
mai ad accettare di essere stata la causa della morte di
Rick, ma non potevo fare altro. E poi, noi non siamo morti,
giusto?”
“Perché, tu ti
senti viva?” chiese lui, guardandola.
Quella scosse la testa, triste:
“Per niente. Forse sto solo fingendo di
essere viva e non lo sono più da molto tempo...”
John, allora, iniziò a
camminare per la stanza: “Questo posto riflette
esattamente l’aspetto della nostra anima: grigia e triste.
Non siamo morti
fisicamente: è la nostra anima ad esserlo!”
“Spero che troverai la
pace, dopo che ti avremo rinchiuso nel vaso di
Pandora. Probabilmente, questo viaggio mi è servito
più di quanto pensassi…”
Lui si voltò
immediatamente, quasi felice di sentirlo: “Posso chiederti
una
cosa? – chiese, gentile – E, ti prego, per una
volta accontentami. Diciamo che
è una sorta di mio ultimo desiderio...”
Jade si limitò ad
annuire.
“Posso abbracciarti? Solo
per un secondo.”
Colta di sorpresa, la ragazza
inizialmente si mostrò restia, ma poi si
avvicinò a lui, aspettando che facesse qualcosa. John,
vedendo che aveva il suo
permesso, tese le braccia intorno a lei e la strinse lentamente a
sé. Lei lo
lasciò stringere, senza però ricambiare. Commossa
e con gli occhi chiusi, come
anche lui, anche lei alla fine si arrese e lo strinse forte.
Improvvisamente,
la stanza iniziò a distorcersi, riportandoli nella vera
Alkaban. Intorno a
loro, ricomparvero tutti e, non appena lo notarono, i due si staccarono
all’istante.
Immediatamente, Jackson la
tirò via.
“Jade,
spostati!” le intimò.
Poco dopo, Dana, che era accanto ai
consiglieri, si girò verso Wes: “Forza,
apri il vaso di Pandora!” gli ordinò.
John, allora, sorrise un ultima
volta a Jade, chiuse gli occhi e aprì le
braccia, attendendo il suo destino. La nipote, in piedi dietro a
Jackson, lo
osservava in lacrime, quasi dispiaciuta per lui. Poi, Wes rimosse il
coperchio
e, senza perdere altro tempo, vi risucchiò John
all’interno.
Ancora qualche istante ed era
finito tutto. Per molti di loro, l’incubo
era finito.
Jade, distrutta, si
ritrovò subito tra le braccia di sua nonna, che si
affrettò a consolarla.
“E’ finita,
tesoro. E’ finita…” le
sussurrò, dolce.
“Cosa è
successo?” le chiese la ragazza, quando si staccarono, ma fu
Marcus
a rispondere.
“Uno dei disordinati che
avevate catturato, è stato liberato dai demoni di
Barnès, che iniziano ad essere irrequieti e a non credere
più alle nostre
storie.”
“Comunque, –
aggiunse l’anziana signora - li ho sistemati io e non ci
daranno problemi fino a che ci serviranno.”
Jade annuì:
“John mi ha detto che eravamo nel Purgatorio, è
vero?”
Questa volta, però, fu
il turno di Foxi: “Casualmente, il disordinato è
un
professore di letteratura. Spesso i disordini si associano ad alcuni
aspetti
della vita della persona che infettano, quindi potrebbe essere. In ogni
caso,
vi trovavate in un altro luogo.”
Senza aggiungere altro, la ragazza
lasciò la sala, in cerca di qualche
momento di pace.
All’ingresso
di Morney Hill
Le streghe e i motociclisti
continuavano ancora a correre divertirti lungo
la strada, quando
Heith si rese conto che si stavano
allontanando troppo dalla città. Subito,
tornò seria e chiese al suo uomo di fermarsi.
“Devo scendere, accosta.
E dillo anche agli altri!” ordinò e subito quello
si fermò, facendo bloccare anche i suoi compagni.
Dopo essersi tolto il casco e
averla fatta scendere, la guardò confuso:
“Che c’è? Pensavo ci stessimo
divertendo!”
Intanto gli altri, insistenti,
invitarono le ragazze a risalire sulle loro
moto e, improvvisamente, le streghe sembrarono tornare in sé
e l’effetto della
luna cattiva svanire. Subito si guardarono intorno, confuse, ma fu Klen
a
parlare per tutte.
“TU! Tu mi hai mentito,
dicendoci che ci avresti salvate!”
Heith si voltò
sbuffando: “Bene, sembra che la festa sia finita!”
Poi, si girò verso il
suo motociclista e, con un cenno della mano, gli
spezzò il collo, per poi passare agli altri, sotto lo
sguardo terrorizzato
delle altre streghe.
Fu Tamara, la leader del suo gruppo
e la più coraggiosa, a farsi avanti:
“Cosa diavolo hai fatto?!? Erano delle persone
innocenti!”
Ma l’altra
continuò ad avere il suo solito sorriso sulle labbra:
“Sì,
innocenti che volevano entrare nelle tue mutandine!”
“E meritavano di morire
per questo?” aggiunse Roma.
“No, certo che no. Quello
era solo un avvertimento perchè capiate che
nessuna può opporsi a me, qualunque atrocità io
compia. Chissà, magari, se ne
ho voglia, posso farne commettere qualcuna anche a voi. Grazie al
marchio che
avete sul polso, siete mie, ormai. Perciò iniziate a farci
l’abitudine, perché
resteremo insieme per molto tempo!” e rise malvagiamente,
facendo venire i
brividi ad ogni strega presente.
L’attimo seguente, una
scossa di terremoto investì la città. La
sentirono
Zack e Nina nel bosco. Brenda in ospedale, Jade e tutti gli altri ad
Alkaban. E
anche le streghe insieme ad Heith. Durò davvero pochissimi
minuti, ma furono
sufficienti.
Quando finì, la malvagia
strega si voltò verso le altre, terrorizzate:
“Sembra
che qualcosa sia cambiato!” esclamò, senza sapere
esattamente quanto aveva
ragione...
CONTINUA NEL DICIASETTESIMO EPISODIO
Testo
a cura di Lady Viviana.
ANGOLO AUTORE: Da
oggi, manca ufficialmente un mese al finale della terza stagione, dove
ci sarà la chiusura definitiva di un grosso capitolo. Subito
dopo, seguirà una quarta e ultima stagione. Non mancante al
prossimo appuntamento con la 3x17 "Prigionieri del sottosuolo"
Lunedì 28 Settembre. Buona settimana stregata!
|
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Capitolo 17 *** 3x17-Prigionieri del sottosuolo ***
CAPITOLO
DICIASETTE
"People
Calls
From the Underworld"
Morney Hill Hospital
La mattina seguente
Jade si presentò davanti alla
stanza di Noa. La porta era aperta, ma bussò lo stesso,
rivelando la sua
presenza a chi era all’interno.
“Si
può?” chiese, infilando dentro la testa.
Nel sentire la sua
voce, Brenda, svegliatasi da poco,
si voltò e le sorrise, sorpresa: “Jade! Ma certo,
entra!”
Felice,
l’altra varcò la soglia della stanza e corse
subito ad abbracciarla: “Sembra che non ci vediamo da
un’eternità!”
“Già,
sono successe parecchie cose, nel frattempo.”
Quando si staccarono,
lo sguardo della nuova arrivata
si spostò sul ragazzo steso nel letto di fianco a loro:
“Allora? Come sta?”
Brenda
spostò lo sguardo sull’amico, preoccupata:
“Continuano a dirmi che le sue condizioni sono stabili, ma
allora perché non si
è ancora svegliato?”
“Devi avere
pazienza, – le rispose Jade, gentile,
mettendole una mano sulla spalla - vedrai che si sveglierà
da un momento
all’altro!”
L’altra si
limitò ad accennare un sorriso, per poi
invitarla ad accomodarsi: “Avanti, siediti, noi due abbiamo
molte cose da
dirci, o sbaglio?”
“Parecchie!”
“Ancora non
so nulla del tuo viaggio da Samuel! Sono
così contenta che tu l’abbia rivisto...”
“Grazie, mi
fa piacere, però, prima di parlare di
Samuel, devi sapere che Heith è qui. Non so come abbia
fatto, ma è riuscita a
tornare più potente di prima e tiene tutte le nostre streghe
in pugno.”
Brenda la
guardò, confusa: “Tralasciando il fatto che
sto ancora cercando di metabolizzare che Heith è tornata per
la milionesima
volta nelle nostre vite, non è un essere soprannaturale?
Come ha fatto ad
aggirare la cupola?”
“Beh, ha
trovato il modo, no? E’ di Heith che stiamo
parlando! – sospirò – Comunque sia,
almeno non ha permesso che i disordini si
diffondessero. Mio nonno è riuscito a farsi nemici anche i
suoi stessi
alleati!”
“Ah, ora
è tuo nonno? Da quando?
L’hai
sempre chiamato John!”
Jade
abbassò lo sguardo, triste: “Lui non
c’è più,
ormai…”
La sua reazione,
però, lasciò l’amica ancora
più
perplessa: “Cosa mi sono persa? E chi non
c’è più?”
“John!
L’abbiamo rinchiuso nel vaso di Pandora. Solo
che, poco prima di attuare il piano, un disordinato è
fuggito da una delle
celle e ha spedito me e lui in un altro luogo, in cui siamo rimasti
soli per un
po’ e abbiamo usato il tempo per parlare.”
“E cosa vi
siete detti?”
“Per lo
più ha parlato lui, a dire il vero. Mi ha
spiegato quanto fosse pentito e quanto si fosse reso conto delle cose
che si è
perso inseguendo la strada che ha intrapreso. Insomma, alla fine
l’ho visto
sotto una luce diversa e forse dispiace anche a me di non aver potuto
avere un
rapporto amichevole con lui. Di non averne avuto la
possibilità. – a quel
punto, scoppiò a piangere – E, quando stava per
essere risucchiato all’interno del
vaso, ho desiderato tanto salvarlo, nonostante tutto il male che mi ha
fatto.”
Comprensiva, Brenda
le mise una mano su un braccio:
“Mi dispiace tanto, Jade. Però è giusto
che sia andata così, che paghi per
tutto quello che ha fatto. Riconoscere le sue colpe è stato
già un primo passo,
ma non abbastanza dopo anni e anni di malvagità.
E’ ora di andare avanti e di
lasciarti questa storia alle spalle, conservando questo ultimo ricordo
di lui.
Va bene?”
La ragazza
annuì, asciugandosi le lacrime: “Hai
ragione…”
Per qualche secondo,
sulla stanza cadde il silenzio,
poi Brenda tornò a fare domande all’amica.
“E con
Samuel?” chiese, strappandole finalmente un
sorriso.
“E’
stato indescrivibile incontrarlo, non puoi neanche
immaginare… Anzi, no, puoi farlo benissimo! Immagina se
Terence vivesse ad anni
luce di distanza da te e tu lo rivedessi per la prima volta dopo tanto
tempo.
Ecco, io ho provato qualcosa di simile!”
L’altra
provò a immaginare quanto le aveva detto, ma
non sentì nulla, così decise di rimanere in
silenzio. La sua reazione, però,
non sfuggì all’amica, che tuttavia decise di
andare avanti.
“Ci siamo
incontrarti in un locale notturno stile anni
50’. – rise, prima di continuare – Non ci
crederai mai, ma fa parte di un duo
musicale e suona la chitarra. Ha anche una moto e un appartamento
enorme, tipo
un loft di quelli che vedi nei telefilm. Insomma, una vita
vera!”
Brenda, a disagio, la
interruppe bruscamente: “Io non
sento nulla!” esclamò, lasciando Jade senza parole.
“Come? Che
cosa intendi?”
“Mi hai
chiesto cosa avessi provato nel rivedere
Terence dopo tanto tempo, se fosse stato lui al posto di Samuel,
ma… io non ho
sentito nulla, non ho provato nulla…”
continuò l’altra, concitata.
Jade, preoccupata, si
avvicinò subito a lei: “Sicura
di stare bene? Magari il terremoto di ieri era un disordine che ti ha
infettata
in qualche modo...”
Ma l’amica
scosse la testa, nervosa: “No, non c’entra
niente il terremoto. Terence è venuto a trovarmi ieri, molto
prima che
succedesse. Abbiamo parlato e io l’ho salutato, come sempre,
ma non ho sentito
nulla. Era... era come se fossimo due estranei e io non riesco a
spiegarmi come
sia potuto succedere. Mi sono sentita strana, come mai prima
d’ora.”
Jade, nel sentire le
sue parole, rimase semplicemente
a bocca aperta: “E’ impossibile, tu lo ami! Forse
sei solo stanca e te lo sei
immaginato…”
Negli occhi
dell’altra, però, comparve un lampo di
terrore: “E se non ne fossi più innamorata?
Insomma, abbiamo avuto degli alti e
bassi da quando è venuto qui a Morney Hill, ma ho sempre
continuato ad amarlo.
Dev’essere cambiato qualcosa... Magari è
così che finisce l’amore:
all’improvviso, quando meno te lo aspetti, senza una
ragione.”
L’amica,
per nulla d’accordo, scosse energicamente la
testa: “Non essere sciocca, non smetti di amare la tua anima
gemella dal giorno
alla notte! Forse ti è successo qualcosa, perchè
mi rifiuto di credere che non
lo ami più. Conosco la vostra storia e so per certo che tu
non smetteresti mai
di amarlo, quanto è vero che il sole risorgerà
anche domani.”
“Ho paura.
Ho tanta paura, Jade. – le sussurrò Brenda,
in lacrime, abbracciandola - Provo questo senso di inquietudine nel
cuore e non
riesco a capire da dove provenga…”
“Non
preoccuparti, me ne occuperò io, d’accordo?
Conoscendo Heith, magari ti ha fatto qualcosa per ferirmi...”
Confraternita,
ex sede delle
streghe
Dopo la notte di
follie passata in giro per Morney
Hill, Heith pensò di cercare una dimora adatta a lei e alle
sue seguaci. Una di
loro, allora, le consigliò la casa della confraternita in
cui avevano
alloggiato i primi tempi dopo il loro arrivo in città.
A tavola, mentre
facevano colazione, Heith fu l’unica
a parlare: “Questa marmellata ai mirtilli è una
delizia su questo caldo pane
tostato, non trovate?” commentò, ma le altre, poco
affamate, la osservarono
intimidite e taciturne. Solo la loro leader, Tamara, ebbe il coraggio
di
rivolgerle la parola.
“Hai detto
che volevi vendicarti della prescelta e dei
suoi amici. Hai cambiato idea, forse? O stai solo giocando con
noi?”
Heith
scoppiò a ridere: “Cambiato idea? Non dire
sciocchezze, tesoro! La vendetta è come un incisione sulla
pietra: non svanisce
mai. Se non mi sono ancora mossa, è perché volevo
prima una dimora in cui
tornare dopo la vittoria. Anche se questo posto avrebbe bisogno di
qualche
ristrutturazione…”
Intanto, poco
lontano, Nina e Zack erano rientrati in
città e con una magia Shomia stavano cercando di
rintracciare Harmony,
inseguendo una libellula che avrebbe mostrato loro la strada. Zack,
stanco e
stressato, era impaziente di trovare la ragazza.
“Forse non
funziona, ormai è tutta la notte che la
cerchiamo…”
Ma l’altra
lo ignorò, continuando a guardarsi intorno:
“Eccola, in quel giardino!” indicò, per
poi mettersi a correre.
Subito, lui la
seguì e poco dopo i due trovarono la
ragazza svenuta su un prato, con le mani sporche di terra. Nina
iniziò
immediatamente a scuoterla.
“Stava
scavando, forse è qui che ha sotterrato la
scatola delle tentazioni!”
“Beh, a
quanto pare, però, si è addormentata prima di
riesumarla.”
A quel punto, Zack
alzò lo sguardo sulla casa poco
lontano: “Aspetta! Ma questa è la confraternita
abbandonata in cui alloggiavano
le streghe! Dovevamo immaginarlo che l’avrebbe nascosta
qui...”
In quel momento,
Harmony finalmente si svegliò,
osservandoli subito con aria confusa: “Che cosa sta
succedendo? - chiese - Dove
sono?”
Fu Nina a
risponderle: “Sotto l’influsso della luna
cattiva, sei scappata dal mio rifugio e sei venuta qui a cercare la
scatola
delle tentazioni.”
Lentamente, la
ragazza provò a risollevarsi: “Ah, già!
Ho una tale confusione in testa... Visioni, voci, per non parlare di
questo
collegamento con Heith che mi sta mandando al manicomio!”
Zack la
guardò perplesso: “Voci?”
domandò, dubbioso.
“Sì,
delle voci che invocano aiuto. Sono tante e
dicono di essere intrappolate. Ho iniziato a sentirle stanotte, poi,
però, non
sono più riuscita a distinguere le mie visioni dalla
realtà e sono crollata.”
Improvvisamente, la
porta della casa si aprì.
“Sorpresa,
sorpresa!” esclamò una voce conosciuta: si
trattava di Heith.
Non appena la videro,
i tre iniziarono a
indietreggiare.
“Ma guarda
un po’ chi abbiamo qui! – continuò la
donna
- L’amichetto del cuore di Jade, la stronza che mi ha
intrappolata con dei
sassolini per ore e… chi diavolo è
quest’altra pazza?”
Zack fu il primo a
ritrovare la parola: “Vedo che ti
sei stabilita qui. Lo sai che questo sarà un alloggio
permanente, dal momento
che Morney Hill è tornata sotto la cupola, vero?”
L’altra, in
risposta, scoppiò a ridere: “Per favore,
posso andarmene da qui quando voglio. Non sarà di certo una
cupola ad
ostacolarmi e ve l’ho già dimostrato, dal momento
che sono riuscita ad entrare
in città senza problemi!”
“Dove hai
messo le tue streghe? – le chiese Nina, per
poi sussurrare ad Harmony – Tieniti pronta a diffondere il
virus…”
Heith
sbuffò, infastidita: “Sono stanca di rispondere
alle vostre domande. Credo sia arrivato il momento di scatenare la
tempesta,
dal momento che da ieri vi ho concesso un po’ di pace. Ma la
quiete non dura
mai, perciò…” ed evocò tre
proiettili, che iniziarono a fluttuare per aria
sopra alla sua mano.
“Ora…
Chi togliere di mezzo per primo? La new entry
del gruppo che ha osato intrappolarmi e umiliarmi davanti a quella
nullità di
Jade o il suo amichetto inseparabile? – sogghignò,
indecisa – Ma certo! Cosa
ferirebbe di più quella stronza, se non la perdita del suo
più fedele amico?” e
con un cenno delle dita, i proiettili penetrarono in un istante dentro
Zack.
Avvenne tutto così velocemente, che il ragazzo non ebbe
nemmeno il tempo di
spostarsi. Intanto, in un istante, Nina aveva tirato a terra Harmony,
spostando
poi lo sguardo su Zack, che giaceva a terra ferito a poco distanza.
“NOO!”
urlò, avvicinandosi subito a lui e premendo
tremante una mano sulle ferite per fermare l’emorragia.
Heith, invece, si
godeva la scena, compiaciuta.
Intanto,
l’altra, in lacrime, continuava a cercare di
bloccare il sangue: “Ti prego, resisti... – gridava
- Cosa devo fare?”
“Guardalo
morire, cara!” le sussurrò la donna, ridendo
malvagiamente, mentre arrivavano anche le altre streghe, attirate dalle
urla,
che subito notarono la presenza di Harmony.
Improvvisamente, dal
nulla comparve Xao, che aveva
percepito da Alkaban cosa era accaduto a Zack. Subito, si
avvicinò a lui, sotto
lo sguardo di una incredula Heith.
“Aspettate
un secondo, pensate davvero di guarirlo
davanti ai miei occhi? – esclamò, incredula -
Credete davvero che ve lo
permetterò?” e con un cenno della mano,
disintegrò Xao in tanti frammenti di
luce, lasciando i presenti senza parole.
A quel punto Nina,
furiosa, si alzò e i suoi occhi
divennero gialli come quelli di una tigre.
“Edes
venosa in vises...” pronunciò
e il volto di Heith divenne
rosso, mentre la donna si piegava in due, straziata dal dolore.
“Che cosa
mi hai fatto, brutta stronza!” le urlò, ma
l’altra la ignorò, avvicinandosi invece ad Harmony.
“Presto,
vai dalla tua leader e toccala!” le gridò e
subito quella si voltò verso la porta.
“Tamara,
esci fuori!” le ordinò, ma la donna, in piedi
sulla soglia, scosse la testa.
“Non posso,
se lei non mi da il permesso!”
Allora, la giovane
iniziò a correre verso di lei, ma
Heith, che stava iniziando a riprendersi, la fece volare a terra.
“Dove credi
di andare, tu?” le intimò, infuriata,
prima che Nina intervenisse nuovamente.
“Radiuses
encombe trapes!” e dal terreno
spuntarono fuori dozzine di
radici che si ramificarono intorno ai polsi e alle caviglie della
strega, fino
ad inglobarla completamente.
La donna
provò subito, a fatica, a liberarsi:“Ora. Mi.
Sta. Stancando!” urlò, mentre Nina ancora una
volta spronava Harmony a
muoversi.
“Fa presto,
prima che si liberi!” le gridò e subito
quella corse fino alla porta, verso la sua leader.
“Dammi il
polso, fidati di me!” ordinò a Tamara e
subito quella eseguì. Poi, fecero combaciare i loro marchi e
così il virus
riuscì a trasferirsi dall’una all’altra.
Poi, Harmony si
voltò verso Nina, sorridendo: “E’
fatta!” esclamò e l’altra
annuì, sollevata, proprio mentre Heith faceva
esplodere l’involucro di radici che la conteneva.
Furiosa, togliendosi
i residui rimasti addosso, si
rivolse direttamente a Nina: “Non hai idea di quello che sto
per farti…”
sibilò.
Anche Zack, morente,
avvertì che le cose si stavano
mettendo male, così, dopo aver preso Nina per la caviglia,
la teletrasportò
via.
Heith, nel vedere la
scena, si infuriò ancora di più:
“ACCIDENTI!” urlò, per poi voltarsi
verso il gruppo di streghe e soprattutto
sulla povera Harmony.
Morney Hill Hospital
Jade e Brenda
chiacchierarono a lungo, una poggiata
accanto alla finestra, l’altra seduta come sempre accanto a
Noa.
Jade,
però, continuava a guardare periodicamente la
porta: “La dottoressa è ancora in
ospedale?” chiese.
“Non se ne
è mai andata da quando Noa è arrivato qui.
Non va neanche in bagno, ci credi? Piuttosto, non hai detto a quelli
del
Consiglio che lei è uno dei contenitori, vero? Ho bisogno
che stia qui, finchè
Noa non sarà fuori pericolo.”
“No no, non
ho detto nulla, figurati. – rassicurò
l’amica, senza tuttavia nascondere la sua preoccupazione
– Ma il tempo stringe
e con Heith in città abbiamo ancora meno tempo. Siamo sempre
più vicini al
giorno in cui sono stata quando ho viaggiato nel futuro e noi non
abbiamo
ancora la più pallida idea di cosa dobbiamo fare, a parte
riunire questi
contenitori.”
Brenda
sospirò: “Lo so. Dovete torchiare quella Nina!
Le
nostre vite sono imprevedibili, potremmo riunire
tutti i contenitori e perdere improvvisamente la lettera di istruzioni,
nel
momento stesso. E
noi dobbiamo essere
preparati anche a questo!”
L’altra
annuì, comprensiva: “Sì, hai ragione.
Comunque, ora lei è con Zack nel suo rifugio e stanno
cercando di capire il
marchio sui polsi delle streghe. Dovrà dirci tutto, al
diavolo la faccenda che
lei e le sue sorelle non vogliono essere coinvolte!”
esclamò, decisa, subito
appoggiata dall’amica, che non riuscì a nascondere
la sua vena sarcastica.
“Già,
al diavolo con questo razzismo magico!” urlò.
Per qualche secondo,
ci fu solo silenzio, poi Jade
parlò di nuovo, non nascondendo di essere felice di aver
ritrovato la vecchia
Brenda.
“Mi fa
piacere che riesci ancora a farmi sorridere,
nonostante i tuoi problemi, lo sai?”
In
quell’istante, nella stanza si sentì anche una
terza voce, benché molto debole: “Chi è
che ha un problema?” chiese, piano.
Era Noa, che aveva
appena aperto gli occhi.
Entrambe le ragazze
furono felici di sentirlo,
soprattutto Brenda.
“Ehi,
bentornato tra noi!” lo salutò, osservandolo
guardarsi intorno confuso.
“Wow,
ditemi che siamo delle comparse in Grey’s
Anatomy, altrimenti non voglio sapere perché sono
qui!” esclamò, scatenando
nelle altre una risata.
“Non siamo
comparse, – gli spiegò l’amica - anche
se
non mi dispiacerebbe affatto, visto che i dottori di questo ospedale
lasciano
un po’ a desiderare quanto a fascino!”
“Già!
L’unico ragazzo carino che ho visto è stato il
paramedico che ti ha soccorso... Hai avuto un incidente,
ricordi?”
Noa sgranò
gli occhi, sorpreso: “Oh mio Dio, Wes! –
esclamò - Era con me, dov’è
ora?”
“Non
preoccuparti, sta bene. E’ un ragazzo d’acciaio,
oltre che incredibilmente coraggioso. Si è dato molto da
fare per farti
giustizia e sono sicura che verrà più tardi a
trovarti, d’accordo? – poi si
voltò verso l’amica e le lanciò
un’occhiataccia - Così ti darà il
cambio, visto
che sei qui dentro dall’anno zero! E poi, ci servi ad
Alkaban, dopo che ti
sarai fatta una bella doccia e una dormita.”
L’altra
roteò gli occhi: “Sì, capo, ai suoi
ordini!”
“Già,
meglio per te non disubbidire! – le rispose Jade
con un sorriso, per poi dirigersi verso la porta – Adesso
però torno ad
Alkaban: Zack e Nina dovrebbero essere tornati, ormai!” e se
ne andò.
Brenda, invece, si
alzò, ma non per andarsene.
“Esco a
fare una telefonata, ma non me ne andrò via,
ok? – spiegò - Non finchè non
avrò trovato la dottoressa per dirle che ti sei
svegliato, o arriverà Wes. Quando saprai che cosa ha fatto
nelle ultime
quarant’otto ore, te ne innamorerai perdutamente,
credimi!” concluse,
facendogli l’occhiolino.
Uscita fuori in
corridoio, attese che qualcuno si
accorgesse di lei, troppo impegnata per accorgersi che intorno sembrava
esserci
parecchia confusione, quel giorno.
“Non trovo
il dottor Evan, l’avete visto?”
“Il
paziente della stanza 236 è sparito, qualcuno sa
dove sia?”
“Qualcuno
chiami l’infermiera! Dov’è
finita?”
Casa Jenkins
Dopo una notte di
tormento interiore, Terence decise
di fare una breve visita al signor Jenkins, incontrandolo proprio
mentre usciva
a ritirare la posta. L’uomo non lo vide arrivare, dal momento
che era di
spalle, perciò Terence rivelò la sua presenza
solo dopo qualche secondo.
“Ci sono
riuscito!” esclamò, facendolo voltare
sorpreso.
“Terence!
Che cosa ci fai qui?” esclamò Jim.
“Ci sono
riuscito!”
Ma l’altro
continuava a essere molto confuso:
“Riuscito a fare cosa?”
Terence era pallido,
stanco e sudato, ma l’uomo parve
non accorgersene: “Sua figlia è libera, non
dovrà più preoccuparsi per lei. Non
è più legata a me e non lo sarà mai
più.”
In quel momento, Jim
notò il suo aspetto: “Che
cos’hai? – gli domandò - Non sembri in
gran forma!”
“Beh, non
ho passato una gran nottata…” rispose
l’altro,
con una risatina nervosa.
L’uomo
annuì, avvicinandosi sempre più verso casa sua:
“D’accordo. Grazie per avermi fatto sapere che non
sei più collegato a mia
figlia, comunque. Sei stato di parola!”
Terence
barcollò per qualche secondo, come ubriaco,
prima di rispondere, sarcastico: “Spero che il prossimo
pretendente di sua
figlia sia meglio del sottoscritto!”
Jim, fissandolo con
soggezione, rientrò in casa senza
aggiungere altro. Allora, Terence, in piedi in mezzo al vialetto,
continuò a
parlare da solo, sfogando la frustrazione e la rabbia che aveva dentro.
“Sì,
entra pure in casa. Stronzo!” gli gridò dietro.
Alkaban
Nella Sala del
Consiglio, Dana era finalmente tornata
al comando e insieme a Marcus e Foxi, che non le nascose la sua
preoccupazione,
discuteva degli ultimi eventi.
“Ora che
John non c’è più e non hanno una guida,
i
disordini sono completamente fuori controllo. Cosa dobbiamo aspettarci,
adesso?”
In
quell’esatto istante, però, entrò
Jackson,
trafelato: “Wes è appena andato via e abbiamo
riposto il vaso di Pandora nella
stanza della cassaforte finchè la scatola delle tentazioni
non verrà ritrovata.
– disse, per poi fermarsi a riprendere fiato e notare le loro
facce scure –
Comunque, qualcuno può spiegarmi cosa è successo
ieri? Cos’era quella scossa di
terremoto?”
“Erano i
disordini. – gli spiegò l’anziana strega
-
Prima era John a tenerli sottocontrollo, ma adesso non hanno
più un padrone.”
“Quindi, se
ieri c’è stato un terremoto, vuol dire che
i disordini sono… sottoterra?”
L’altra
annuì: “Sotto l’intera città,
per l’esattezza.
La bussola dei disordini impazzisce ogni volta che viene appoggiata al
suolo.
In questo momento, sono proprio sotto di noi, mentre
parliamo.”
Jackson rimase
letteralmente a bocca aperta: “Cosa
dobbiamo aspettarci, ora che i disordini sono completamente liberi di
fare
quello che vogliono?” chiese, spaventato.
“Non ne ho
la più pallida idea, Jackson. So solo che
dobbiamo batterli sul tempo, prima che agiscano.”
Intanto, poco
lontano, all’interno dello stesso
edificio, in uno dei corridoi, ricomparvero Zack e Nina. Lui era molto
debole e
giaceva sdraiato sul pavimento con lei inginocchiata accanto a
sé.
“Hai usato
la magia, non va contro tutto quello in cui
credi? – le chiese, ridendo, per poi tossire, piegato in due
- Ma che lingua
era quella?!?”
Gli occhi di lei, nel
vederlo, erano pieni di lacrime:
“Ogni strega Shomia possiede una magia
latente dentro di sé. Siamo noi a
decidere di non farla emergere, ma oggi io ho dovuto e mi sono
macchiata.
Quella che ho usato, comunque, è un’antica lingua
Shomia, sfruttata dalle
streghe che come me l’hanno fatta riemergere. – poi
si voltò, iniziando a
gridare - AIUTO! AIUTATEMI, VI PREGO!”
Zack
mugolò, sempre più debole:
“Così mi sfonderai i
timpani…” sussurrò e lei, dispiaciuta,
gli accarezzò la testa.
“Mi
dispiace... se non fosse stato per il mio piano di
usare Harmony come virus, non saremmo mai arrivati davanti a quella
casa… - le
lacrime iniziarono a scorrere a fiumi – Non so che cosa
fare…”
Ma lui le sorrise,
cercando di consolarla: “Non è
colpa tua, non dirlo nemmeno per scherzo, ok? – era
stremato, ma
continuava comunque a premere sulla ferita – Ti prego, fa
sapere agli altri
che…”
Nina, furiosa, lo
fermò prima che potesse continuare:
“NO! – urlò - Non riferirò
nulla perché tu non morirai, mi hai capito?
Troveremo un modo! Se solo qualcuno si decidesse a venire qui ad
aiutarci,
DANNAZIONE!”
Proprio in quel
momento, Jade prese quello stesso
corridoio per rientrare dalla Sala del Consiglio. Ovviamente, non
poté ignorare
le voci dei due e soprattutto Zack, steso a terra davanti a lei.
Subito, la
ragazza corse gridando verso di loro.
“Oh mio
Dio, cosa è successo?!? – urlò, per poi
scivolare a terra accanto all’amico –
Zack!” gridò e lui, benché in fin di
vita, trovò la forza di sorriderle.
“Ehi,
guarda chi c’è!” esclamò e
subito Nina si
affrettò a spiegare la situazione.
“Abbiamo
scoperto che il marchio collega le streghe ad
Heith e che, più ne ha, più è potente.
A quel punto abbiamo creato un virus
tramite Harmony per scollegarle, ma…”
Jade, furiosa e in
lacrime e furiosa, non la lasciò
nemmeno finire: “Non mi interessa! Che cosa è
successo a LUI?”
“E’
stata Heith! Ora alloggia nella vecchia
confraternita delle streghe.”
“Giuro che
stavolta la faccio a pezzi… – sibilò
l’altra, guardando l’amico, per poi iniziare ad
accarezzargli la testa,
premurosa – Ti prego, non mi lasciare, Zack... Non puoi
lasciarmi anche tu, hai
capito? Non posso lasciarti andare... –
alzò gli occhi al soffitto – XAO! Vieni subito
qui, fa presto!”
Nina,
però, le mise una mano sulla spalla,
dispiaciuta: “Non può rispondere alla tua
chiamata. Heith l’ha disintegrato in
mille pezzi.”
Quella rivelazione
lasciò la ragazza completamente
sotto shock. Poco dopo, si alzò in piedi, puntando le mani
sul ragazzo.
“Spostati!”
ordinò all’altra, che, però, la
guardò
perplessa.
“Che cosa
vorresti fare?”
“SPOSTATI,
ho detto!” e questa volta quella eseguì
senza discutere.
Nel frattempo, li
raggiunsero anche gli altri.
Concentrandosi, Jade
circondò Zack con un blocco di ghiaccio,
mentre Dana la osservava sconvolta.
“Ma che
cosa è successo?” chiese, vedendola devastata.
“Che
nessuno lo faccia cadere! – ordinò, ignorando la
domanda – Portatelo nella stanza dove
c’è Mona. Io, intanto, vado ad uccidere
Heith!”
Ma Nina la
fermò: “Aspetta, vengo con te!” e
corsero
via insieme.
“Jade,
aspetta! – la richiamò Dana - Non
andare!”
Ma era troppo tardi:
le due erano già lontane.
Confraternita, ex
sede
delle streghe
Appena tornarono
dentro, Heith esaminò Harmony, che
scoprì possedere lo stesso marchio di tutte le altre.
“Devi far
parte di questo gruppo, se hai anche tu il
marchio. – spiegò, guardando storto le altre
streghe per averle mentito -
Strano che non mi sia accorta prima di te… Ora,
però, spiegami: perché il tuo
marchio è nero?”
“Il tuo
marchio ti permette di controllare le nostre
azioni, non la nostra bocca. Perciò non lo so, scoprilo da
sola, no?” ribatté
l’altra, arrogante, scatenando in lei una risata.
“Piccola e
ingenua streghetta... non posso farti dire
la verità, è vero, ma posso farti ingoiare delle
lamette affilate pur di
obbligarti a farlo!”
“Mmmmh,
ottima idea!”
Allora, Heith si
infuriò e prese Harmony per i
capelli: “Pensi di poterti prendere gioco di me, ochetta
bionda?!?”
Improvvisamente,
tutte le vetrate della casa
scoppiarono in mille pezzi in un sol boato e, quando le streghe si
rimisero in
piedi, una voce dall’esterno della casa, si rivolse
direttamente a loro.
“Heith,
avanti, esci fuori! Ti sto aspettando!”
chiamò.
Ovviamente, la donna
riconobbe subito la voce: “Jade?”
Poi, si
affacciò alla finestra e vide che era proprio
lei, insieme a Nina: “Vedo che qualcuno ha portato i
rinforzi. Peccato che…” ma
fu interrotta all’istante da Jade, che, con la mano puntata
verso di lei, la
stava strangolando, per poi farla uscire dalla finestra e lasciarla
soffocare a
mezz’aria.
“Sono
stanca delle tue battute arroganti! – esclamò -
D’ora in poi dovrai parlare più in fretta,
perché non ti darò nemmeno il tempo
di finire. Sempre se ci sarà una prossima volta per te,
ovviamente..” poi la
lasciò andare e la donna cadde al suolo.
Quando si rimise in
piedi, dolorante, era cieca per la
rabbia: “Giuro che ti ammazzerò e godrò
UN MONDO nel vederti morire
lentamente!” urlò e allora fu il suo turno di
strangolare e sollevare l’altra
in aria.
Nina subito volle
intromettersi, ma con l’altro
braccio Heith la buttò contro uno steccato. Allora Jade, ci
riprovò e la lotta
continuò: nessuna delle due sembrava voler lasciare
l’altra. Alla fine, le due
si arresero insieme dopo diversi minuti e caddero subito al suolo.
Quando si
ripresero, nonostante il respiro affannato, Jade trovò la
forza di parlare.
“Sappi che,
quando ti avrò fatta sparire per sempre,
farò in modo di cancellare la tua storia dalla faccia della
terra! Chi vorrebbe
ricordare una pazza invidiosa come te che per anni ha cercato di
arrivare più
in cima della prescelta senza mai riuscirci?”
Allora Heith, colma
di rabbia, scagliò contro di lei
una potente onda d’urto. L’altra, però,
aveva i riflessi altrettanto pronti e
fu ugualmente rapida nel scagliarne un’altra per
contrattaccare. Nessuna
riusciva a superare l’altra in quello scontro senza
precedenti ed entrambe
continuavano a rafforzare la propria onda d’urto.
Improvvisamente,
però, le streghe, che stavano
osservando la scena con il fiato sospeso, iniziarono ad accorgersi di
non
essere più collegate alla donna. Tamara, guardando il suo
polso, fu la prima ad
accorgersene.
“Il marchio
sta scomparendo!” urlò, attirando
l’attenzione delle altre.
A quel punto, Harmony
spiegò loro la situazione: “Il
virus che ho trasmesso a Tamara si è trasmesso anche a voi e
ora siamo libere.
Perciò presto, usciamo da questa casa, ok?”
Allora, tutte insieme
corsero fuori, tranne una: Roma.
Subito, ovviamente, la sua amica Klen se ne accorse.
“Ehi, cosa
stai aspettando? Usciamo!”
“Il mio
marchio c’è ancora. – spiegò
quella,
amareggiata - Io non faccio parte della vostra congrega!”
Klen la
guardò, sconvolta, ma Tamara la tirò via poco
dopo: “Andiamo, torneremo a salvarla!”
Sentendo le parole
della leader, Roma si tranquillizzò
leggermente, o, almeno, questo fece intuire a Klen.
“Andate,
non mi succederà niente. Trovate un modo e
tornate a salvarmi. Adesso vai, Klen! Forza!” e quella,
benché triste per
l’amica, si lasciò trascinare fuori.
Nel frattempo, il
numero di streghe non più collegate
ad Heith fece la differenza nello scontro in corso. Jade, infatti,
stava
guadagnando terreno ed Heith non riusciva più a reggere;
alla fine, l’onda
d’urto della ragazza ebbe la meglio e la donna fu
letteralmente spazzata contro
l’immensa abitazione, il cui tetto venne completamente
distrutto.
Jade, non ancora
soddisfatta, con il sangue che le
colava dal naso, iniziò a gridare: “Vieni fuori,
Heith! Ti stai nascondendo tra
le macerie, per caso? Non ho ancora finito con te!”
Qualche minuto dopo,
la strega uscì fuori, ferita e
malconcia. Allora Nina, tornata al fianco di Jade, pronunciò
uno dei suoi
incantesimi.
“Radiuses
encombe trapes!” e dal terreno
spuntarono fuori delle
radici che bloccarono i polsi e le caviglie di Heith.
La donna, nonostante
le condizioni in cui versava,
scoppiò a ridere: “Di nuovo questa magia? Come sei
noiosa! Ti piace forse il
sadomaso?”
L’altra le
sorrise, arrogante: “Sì, se si gioca a
torturare te!” esclamò.
Intanto, Jade con il
pensiero era riuscita a staccare
delle assi appuntite dallo steccato, facendone poi fluttuare una
davanti ad
Heith.
“Potrei
decapitarti, ma purtroppo non va più di moda
da qualche secolo... Una pugnalata, invece, va sempre bene e tu sei
un’esperta
nel tirarne. O preferisci i proiettili, come quelli con cui hai colpito
il mio
amico? Insomma, qual è il tuo ultimo desiderio,
stronza?!?”
Per qualche secondo,
quella riuscì solo a sputare
sangue, poi alzò lo sguardo e sorrise, per nulla intimidita:
“Ma guardati,
Jade: sei diventata un’assassina a sangue freddo anche quando
è morto il tuo
Samuel, oppure Zack ha scatenato in te molto di più?
E’ parecchio cambiato
rispetto allo sgorbio nerd che era un tempo. Ora è di gran
lunga molto più
affascinante, non trovi? – poi il suo sguardo si
spostò rapidamente su Nina –
Peccato, però, che ci sia un’altra donna di mezzo,
adesso. Sempre che lui viva
abbastanza per vedere voi stronzette prendervi a capelli per
aggiudicarselo,
ovviamente...”
La strega, ormai, era
letteralmente fuori di sé:
“Adesso, BASTAA!” urlò, per poi
trafiggerla a morte con l’asse.
Poco lontano, le
streghe la guardarono agghiacciate,
prima che si voltasse verso di loro e i loro sguardi si riempissero di
terrore
puro.
“E voi
venite con me adesso. Siamo stanchi di rincorrervi
ovunque, intesi?”
Nessuna
proferì parola. Jade era pronta per riportarle
ad Alkaban, finalmente.
Morney Hill Hospital
Brenda, nel
frattempo, era ancora in ospedale a far
compagnia a Noa, che stava mangiando un budino al cioccolato, cercando
di
convincerla ad andarsene.
“Brenda,
ora ho proprio bisogno che tu te ne vada. Sei
stata qui per giorni…”
“A dire il
vero sono soltanto due!” precisò lei,
facendolo sbuffare.
“Ok, due,
tre, quelli che sono! A me sono parsi mesi.
Davvero, mi sento come Biancaneve, con la sola differenza che lei si
è
risvegliata con un bacio e in una teca di vetro!”
La ragazza
scoppiò a ridere: “Biancaneve ha mangiato
una mela avvelenata, non ha avuto un incidente. E poi, Wes non
è ancora
arrivato per darmi il cambio e nemmeno la Dottoressa è
ancora arrivata…”
continuò sbirciando il corridoio.
Noa, in risposta,
roteò gli occhi: “Sta tranquilla,
non mi succederà nulla. Sono in un ospedale, non in Hunger games! Sopravvivrò fino
all’arrivo di Wes. Tu vai a casa,
fatti una doccia - perché è disgustoso che una
ragazza puzzi in questo modo - e
recupera un pò di studio, ok?”
L’altra lo
guardò, fingendosi confusa: “Studio...?
Cos’è?”
“Già,
non dirlo a me. In che semestre siamo, a
proposito?”
Brenda
sospirò: “Ok, ok, adesso, me ne vado. Il
telefono è sul comodino, perciò chiamami se hai
bisogno, d’accordo?”
Noa annuì,
per poi sporgersi a scrutare il corridoio:
“Va bene. Piuttosto, come mai è così
tranquillo là fuori?”
“Beh,
è ora di pranzo! Staranno sicuramente tutti
mangiando, anche se di solito c’è ugualmente
baccano.”
Sentendo le sue
parole, lui tornò a rilassarsi: “Ok,
io finisco il mio disgustoso budino al cioccolato, allora.
Ciao!”
“Ciao,
stupido!” lo salutò lei, dandogli un bacio
sulla guancia.
Poi, uscì
fuori e subito si accorse che il corridoio
era davvero silenzioso. Non del tutto, ma sicuramente più
del solito.
Scendendo le scale,
però, incrociò la Dottoressa,
alquanto agitata.
“Eccola,
finalmente! – esclamò, vedendola - Ma
dov’era
finita? Il mio amico si è svegliato da ore!”
Lei, però,
ignorò le sue domande. “Sta succedendo
qualcosa di strano. La gente sta scomparendo!”
spiegò, lasciando la ragazza
perplessa.
“Di che
diavolo sta parlando?”
Quella si
guardò attorno, l’aria confusa: “Non ne
ho
idea, non so cosa stia accadendo, ma in ospedale non è
rimasto quasi più
nessuno!”
Brenda, allora,
capì finalmente a cosa era dovuto
tanto silenzio.
“Ok, adesso
dobbiamo tornare subito a prendere il mio
amico e dopo dovrà venire in un posto con me,
d’accordo?”
“Quale
posto?” chiese la donna, ma non ricevette
risposta, perchè la ragazza la prese per un braccio,
risalendo verso il piano
di Noa.
“Non
c’è tempo, le spiegherò strada
facendo!”
Intanto, il ragazzo
si era alzato dal letto e,
trascinandosi dietro la flebo, era uscito in corridoio, rimanendo
stupito di
fronte alle stanze deserte.
“Heilà?
C’è nessuno? – chiamò,
trovando il tutto
sempre più strano - Ma che diavolo...?”
In quel momento alle
sue spalle arrivarono correndo Brenda
e la Dottoressa, e l’amica fu felice di rivederlo sano e
salvo.
“Grazie al
cielo sei ancora qui!” esclamò, facendolo
voltare.
“Cosa sta
succedendo? Dove sono tutti quanti?”
“Non
c’è tempo da perdere, dobbiamo andare subito ad
Alkaban e portare con noi la Dottoressa!” spiegò
Brenda, concitata, lasciandolo
ancora più confuso.
“Portarla
con noi ad Alkaban? Perchè?”
“Ah,
già, non te l’ho detto: lei è un
contenitore!”
spiegò e Noa spostò incredulo lo sguardo sulla
donna.
“Cosa?!?”
Quella più
perplessa, però, era proprio la diretta
interessata: “Sarei cosa? Di che cosa state
parlando?” chiese, ma anche
stavolta Brenda la prese subito per un braccio e la tirò via.
“Ooook, le
spiegherò strada facendo!” le disse,
iniziando a correre.
Ma quella, seccata,
ribatté: “E’ la seconda volta che
me lo dici!”
“Beh,
probabilmente ci sarà anche una terza e una
quarta volta, ma le assicuro che affronteremo l’argomento con
calma.”
Improvvisamente, da
un altro reparto spuntò fuori un
uomo in vestaglia, che la Dottoressa riconobbe immediatamente.
“Signor
Mahoney! – lo chiamò, per poi voltarsi verso
gli altri due – E’ uno dei miei
pazienti!” spiegò.
L’altro, a
pochi passi da loro, si girò, spaventato:
“Qualcosa di oscuro ha preso le persone che erano in stanza
con me. – urlò - Ha
preso le infermiere, TUTTI!”
Subito, la donna
cercò di tranquillizzarlo: “Signor
Mahoney, stia calmo! Non fa bene al suo cuore, agitarsi. Dovrebbe
essere a
letto, lo sa.”
In quel momento, una
nube oscura spuntò sotto ai piedi
dell’uomo e lo inglobò dentro di sé,
mentre questi urlava terrorizzato, per poi
tirarlo verso il basso e scomparire nel nulla. L’attimo dopo
calò il silenzio e
i tre, agghiacciati, si lanciarono sguardi a vicenda.
La Dottoressa era
sicuramente quella messa peggio: “Ma
cosa… cosa è successo? Cos’era quella
cosa?” chiese, mentre Brenda cercava di
far finta di nulla, come una svampita.
“Cos’è
cosa?”
Noa le
lanciò immediatamente un’occhiataccia,
facendola tornare i sè: “Seriamente?”
“Ok, niente
di buono. Dobbiamo andarcene da qui, prima
che prenda anche noi!” spiegò e quella, senza fare
domande, annuì, presa dal
panico.
Allora i tre,
insieme, iniziarono a correre per
cercare di abbandonare l’ospedale.
Alkaban
Jade era riuscita a
riportare sane e salve le streghe
ad Alkaban e in quel momento stavano percorrendo i corridoi
dell’edificio: loro
tutte in gruppo, dietro, lei e Nina, invece, avanti. Le due camminavano
di pari
passo, serie e in silenzio, finchè Nina, quella che Heith
aveva messo
maggiormente a disagio, non si decise di parlare.
“E’
vero quello che ha detto Heith?” chiese e Jade,
che dentro ribolliva ancora di rabbia, non capì cosa volesse
dire.
“Su
cosa?”
“Su Zack.
Sul fatto che provi qualcosa per lui.”
“Heith
direbbe qualunque cosa pur di farmi saltare i
nervi. Ho da poco perso l’amore della mia vita, non avrebbe
mai dovuto osare
scherzarci sopra. E comunque non provo nulla per Zack.”
“Ah, bene,
perché io l’ho baciato!”
rivelò Nina a
bruciapelo e Jade, dopo un attimo di sorpresa, tornò a
riprendere le parole:
“Non mi interessa! Ci conosciamo appena, non
c’è bisogno che ti confidi con
me.”
“Non mi sto
confidando, voglio solo che tu lo sappia e
basta!” ribatté l’altra, facendola
fermare infastidita.
“Non mi
sono spiegata, forse?”
Ma non ottenne
risposta, perchè in quel momento
incontrarono Dana e gli altri, che provenivano dalla direzione opposta.
“Jade!”
chiamò la donna, attirando subito la sua
attenzione.
“Avete
trovato il modo di salvare Zack?” le chiese
subito, ma quella abbassò lo sguardo, triste.
“Mi
dispiace tesoro, ma non c’è molto da fare, se Xao
non può guarirlo. Ibernandolo, hai fermato il suo destino,
ma sappiamo entrambe
che non può durare a lungo...”
Jade prese un respiro
profondo, cercando di mandare
giù quella terribile notizia. Quando si sentì
più calma, si girò verso Nina.
“TU!
– ordinò, arrogante - Adesso vieni con me nella
stanza degli interrogatori e mi spieghi per filo e per segno tutta la
storia,
ok? Prima mandiamo via i disordini da questa fogna di città,
prima potremo
rivolgerci a qualcuno al di fuori di questa fottuta cupola per salvare
il
ragazzo di cui ti sei innamorata!”
Dana, poco lontana,
rimase però colpita dal tono e
dall’atteggiamento scontroso di sua nipote: “Jade?
Che cosa ti prende?” le
chiese.
“Mi prende
che sono stanca, nonna! – ribatté
l’altra,
esausta e molto, molto suscettibile - Sono davvero, davvero stanca. E
seccata.
Sono stanca e seccata di condurre sempre il gioco senza mai arrivare ad
una
fine. Sono stanca di essere umiliata, di soffrire, di lottare, di
tutto. Sono
stanca di vedere i miei sogni distruggersi in mille pezzi, stanca di
non avere
una vita normale e di non aver dato nemmeno un inizio alla mia cavolo
di
esistenza, stanca di perdere ancora e ancora e di non poter essere
amata,
perché la persona che amo si trova in un mondo che non ho la
possibilità di
raggiungere nemmeno quando poso la testa sul cuscino, immaginando come
sarebbe
bello se bastasse chiudere gli occhi per essere lì. Voglio
solo che tutto
questo finisca e LEI – puntò il dito contro Nina -
mi dirà come fare!”
La donna, commossa
per il suo sfogo, non proferì
parola. Poco dopo, furono raggiunti dai Consiglieri e da Jackson, che
si
affrettò a riabbracciare la sua amica.
“Sono
contento di rivederti!” le disse, stringendola a
sé.
“Anche io!
Ho avuto tanta paura, stavolta…”
Intanto Jade si
affrettò ad aggiornare gli altri due.
“Heith
è morta, l’ho uccisa io. Ora, mentre io vado a
parlare con Nina, voi vi assicurerete che le streghe non lascino questo
posto
nemmeno con l’immaginazione, è chiaro?”
“Non
c’è neanche bisogno di dirlo, me ne occupo io!
–
la tranquillizzò Foxi, per poi rivolgersi al gruppo - Forza,
seguitemi tutte
quante!” ordinò ed Harmony fece un cenno alla sua
leader, facendole capire che
nessuno avrebbe fatto loro del male e che erano al sicuro.
Prima,
però, c’era un’ultima cosa che Tamara
doveva
far sapere ai Consiglieri: “Nel bosco, ci sono ancora
Barnès e i suoi demoni. –
spiegò - Heith gli ha pietrificati, perciò, se
qualcuno di voi sarebbe così
gentile da recuperarli...”
Marcus
annuì: “Certo, ci penserò io. Grazie
per
avercelo detto!” e tutti si misero in moto.
A quel punto, Jade
fece segno a Nina: “Seguimi!” e
quella eseguì subito, accomodandosi con lei alla stanza
degli interrogatori.
Quando furono
finalmente faccia a faccia, la strega
parlò di nuovo: “Sono pronta ad ascoltarti. Non
tralasciare nemmeno il più
piccolo dettaglio, mi raccomando!”
Nel frattempo, a
pochi chilometri di distanza, Brenda
e Noa erano nella macchina della Dottoressa, in direzione di Alkaban e
la
ragazza continuava a guardarsi intorno, assai preoccupata.
“Ma
dov’è finita la gente? – chiese - Non
c’è anima
viva in città! Cosa mi sono persa?!?”
L’amico,
dal sedile posteriore, la sgridò: “Io ti
avevo detto di andare a casa, ma tu sei voluta rimanere a tutti i costi
a puzzare
accanto a me!”
Subito, lei si
voltò e gli lanciò un’occhiataccia:
“Ok, basta con questa storia, adesso. Mi sono spruzzata un
chilo di deodorante,
prima di salire in macchina!”
Di fianco a loro, la
Dottoressa, nervosa, cercava di
concentrarsi sulla guida: “Dove devo andare
adesso?” chiese.
“Ehm, giri
a destra e continui finchè non vede un
grosso edificio” rispose Noa, ma fu subito interrotto da
Brenda.
“Lei non
può vederlo!” gli ricordò e la donna,
confusa, si intromise.
“Che cosa
vuol dire che voi potete vederlo e io no?”
La ragazza si morse
il labbro: “Ehm… glielo spiego
strada facendo?” replicò, sarcastica.
“Seriamente,
Brenda? Ancora? – commentò l’amico
– E
poi, perché tu hai avuto il tempo di spruzzarti del
deodorante, ma io non mi
sono potuto cambiare? Conciato così, sembro fuggito da un
manicomio!”
“Perché
spruzzarsi il deodorante richiede solo pochi
secondi!”
“Infatti il
suo effetto dura quanto il tempo che hai
impiegato a spruzzartelo!”
Per gli altri due, fu
abbastanza e la Dottoressa,
esasperata, arrivò a fermare bruscamente la macchina.
“Adesso
basta! – gridò - Mi volete dire che cavolo sta
succedendo, invece di comportarvi come due adolescenti?”
In quel momento,
però, la macchina iniziò ad
arretrare, con le gomme che sgommavano sull’asfalto. Subito,
i tre si voltarono
e intravidero una persona che con un braccio teso la stava attirando a
sé.
Ma Brenda, ancora una
volta, prese in mano la
situazione: “Scendete, presto!” ordinò e
subito gli altri eseguirono.
“Alkaban
è vicina, faremo la strada a piedi!”
spiegò,
iniziando a tirare via la Dottoressa.
La donna,
però, continuava a voltarsi indietro: “Ma
chi diavolo è quello?!? Giurerei di aver visto degli occhi
completamente neri e
poi sta trascinando via la mia auto!”
La ragazza, allora,
capì che era arrivato il momento
di iniziare a confessare la verità: “Quello
è un disordinato, ovvero un essere
umano posseduto da un potente male oscuro che sta gironzolando per la
città”
spiegò, lasciandola però ancora più
confusa.
Tuttavia, non ebbero
il tempo di dirsi altro, perchè
arrivarono ad Alkaban e i cancelli si aprirono davanti a loro. Ad
accoglierli
trovarono Marcus, che stava lasciando l’edificio e Brenda
pensò di avvertirlo
immediatamente di cosa stava accadendo.
“Oh,
Marcus, grazie al cielo ci hai aperto! Non hai
idea di cosa sta accadendo! La gente sta scomparendo da Morney Hill: in
ospedale un uomo è stato afferrato da un disordine, credo,
ed è stato
trascinato verso il basso. Letteralmente.”
“Verso il
basso, hai detto? Perchè noi abbiamo
riscontrato che i disordini, dopo la dipartita di John, si sono
insediati nel
sottosuolo e ora sono completamente fuori controllo.”
In quel momento, la
ragazza si ricordò dei suoi
genitori: “Oh mio Dio, la mia famiglia! –
esclamò, agitata - Devo tornare in
città e portarli qui!”
“Non
preoccuparti, ti accompagno io. Hai dato loro la
pozione immunitaria di Dana tempo fa, no? Vedrai che
l’oscurità non li ha
ancora presi.”
Lei annuì,
per poi voltarsi verso Noa: “Porta la
Dottoressa da Jade e dagli altri e spiega loro cosa sta accadendo in
città,
ok?” e subito quello eseguì, sotto lo sguardo
confuso della donna.
Poco dopo, anche
Brenda e Marcus si avviarono.
Nel frattempo,
all’interno di Alkaban, Harmony non si
sentiva di nuovo bene e ancora una volta stava iniziando a sudare
freddo. Si
trovava nella Sala del Consiglio insieme a Jackson, che notò
subito che
qualcosa non andava.
“Ehi, stai
bene? Non hai un bell’aspetto!” le chiese,
guardandola preoccupato mentre si massaggiava le tempie.
“Sento di
nuovo quelle voci…” sussurrò.
“Quali
voci?”
“Non lo so,
quelle che chiedono aiuto. Continuamente.
Sento che la testa potrebbe scoppiarmi da un momento
all’altro...”
In quel momento,
arrivò Noa e la situazione fu a tutti
più chiara, perchè il ragazzo spiegò
subito loro cosa stava accadendo.
Ebbe appena il tempo
di finire, però, che Harmony si
intromise nella conversazione: “Hai detto che la gente sta
scomparendo, giusto?
Che hai visto un uomo essere risucchiato dal sottosuolo?”
Quello
annuì, così lei andò avanti:
“Da ieri continuo
a sentire delle voci di gente che soffre e chiede aiuto. Devono essere
gli
abitanti di Morney Hill che sono prigionieri del
sottosuolo...”
“Che cosa
sta succedendo? – chiese a quel punto il
ragazzo, preoccupato - Perché i disordini li hanno
presi?”
Fu Foxi a rispondere:
“Forse si stanno preparando ad
abbandonare la città e hanno bisogno di più
potere per abbattere la cupola e
diffondersi. – poi notò finalmente la presenza
della donna, in piedi in un
angolo della stanza – Lei, comunque, chi sarebbe?”
“E’
uno dei contenitori. Ora ce ne manca soltanto
uno!”
Foresta, presso la
zona
Ovest della cupola
Roma vagava per la
foresta, spostando le piante che
trovava davanti a sé per cercare di aprirsi una strada. Non
era sola, però.
“Non
farò la differenza, lasciami andare. Per favore!”
supplicò.
Davanti a lei
c’era Heith, in carne e ossa.
“Meglio una
strega in più che una in meno. Sei rimasta
fregata, mi dispiace… – rispose la donna,
concentrata sulla strada che stavano
percorrendo – Ora che Jade e gli altri mi credono morta,
avrò il tempo per
riorganizzarmi. Per fortuna avevo deciso di sdoppiare il mio corpo,
mentre ero
sotto le macerie. Quella stronza mi ha uccisa davvero!”
L’altra,
esausta, tacque per qualche secondo: “Dove
stiamo andando?” chiese, cercando di riprendere fiato,
notando che stava
scrutando qualcosa in lontananza.
“Eccolo!”
esclamò Heith, per poi avvicinarsi a
qualcuno.
Si trattava di
Bastian, il servitore del caos che
aveva liberato Heith e le altre streghe dalla trappola Shomia e che
subito dopo
lei aveva pietrificato.
“Che cosa
vorresti fare?” le chiese Roma, perplessa.
“Beh, le
mie streghe della WitchHouse sono rimaste
fuori dalla cupola e io sono alquanto disperata, al momento,
perciò…” con un
gesto della mano lo fece ritornare normale.
Poco dopo il ragazzo,
ancora rigido a causa del
maleficio subito, iniziò a guardarsi intorno, confuso.
“Cosa
è successo? – chiese - Dove sono le altre
streghe che erano qui con te fino a poco fa?”
“Beh, sono
successe molte cose, mentre eri assente...”
“Assente?”
“Sei stato
pietrificato da una strega che era con
Terence. Sono spuntati fuori alle tue spalle. E, oltre a trasformarti
in un
blocco di pietra, hanno anche rubato le mie streghe.”
In disparte, Roma,
che conosceva la verità, osservò
Bastian grattarsi il capo, perplesso, ma non intervenì.
Finalmente, dopo
attimi che parvero interminabili, il
ragazzo si decise a parlare: “Non ricordo molto di quello che
è accaduto,
dev’essere successo tutto molto in fretta. Grazie per avermi
salvato e stai pur
certa che quei farabutti me la pagheranno!”
“CE la
pagheranno! – lo corresse la donna – Solo se tu
lo vorrai, ovviamente. A quanto pare, i nostri nemici, fanno parte
dello stesso
gruppo!”
“Mi stai
proponendo un’alleanza, per caso?”
“Perché
no? Immagina cosa potrebbero fare una strega
potente come me e un servitore del caos come te, insieme. Terence e
quella
stronzetta avrebbero i minuti contati...”
Il ragazzo,
all’idea, sorrise, tendendole la mano:
“Che alleanza sia, allora!”
Heith, ricambiando il
sorriso, gliela strinse: i due
erano pronti ad ottenere la loro vendetta.
Casa Jenkins
Brenda irruppe in
casa sua, preoccupata per i suoi
genitori. Entrando in ogni stanza, gridava i loro nomi, invano.
“Mamma?
Papà? Lizzie? Dove siete?” chiamò, ma
nessuno
le rispose: la casa sembrava vuota.
Improvvisamente, dal
salotto udì Marcus fare il suo
nome, così la raggiunse immediatamente.
“Che cosa
sta succedendo?”
In
risposta, lui le mostrò un bicchiere rotto a
terra e la tv accesa in un angolo.
“No, non
può essere…” mormorò Brenda,
in preda allo
shock, incapace di credere a ciò che vedeva.
Subito,
l’uomo si avvicinò a lei e la
abbracciò, nel
tentativo di consolarla: “Non li hai persi del tutto, ok?
L’oscurità li ha
presi, ma sono ancora vivi ed è questo che ti serve sapere.
Jade dovrà solo
vincere questa battaglia e poi finalmente torneranno tutti, compresi i
tuoi
genitori.”
La ragazza
annuì, staccandosi poi da lui:
“Grazie…”
sussurrò.
I due continuarono a
guardarsi, finchè lui non si
avvicinò alla bocca di lei e la baciò,
ricambiato. Quando si divisero
nuovamente, si sentirono strani e a disagio e su di loro cadde per
qualche
secondo il silenzio.
“Devo
compiere una missione, prima di fare ritorno ad
Alkaban. Ti va di accompagnarmi?” propose Marcus, dopo un
po’.
Brenda
accennò un sorriso:
“Volentieri…” e insieme
lasciarono la casa.
Alkaban
Nina, intanto, si era
decisa, finalmente, a raccontare
a Jade tutto quello che c’era bisogno di sapere per risolvere
una volta per
tutte il loro problema e l’altra la ascoltava in silenzio,
attenta, senza
perdersi nemmeno una parola.
“La cassa
che Brenda, Noa e Terence hanno ritrovato
tempo fa rappresenta il fulcro della storia. Hanno dovuto risolvere
un’immagine, che alla fine si è rivelata essere
una donna. Quella donna si
chiamava Arianrhod Brigid ed è morta nell’anno
1000 dopo aver dato alla luce
tre bambini. Grazie a loro, salverete il mondo dai disordini una volta
per
tutte.”
Perplessa, la ragazza
si sollevò leggermente dalla
sedia, avvicinando il volto a lei: “Hai detto anno 1000?
E’ lo stesso in cui è
nato Deimos, il signore del caos, l’ho letto sul libro del
Bene e del Male
tempo fa. Quindi i figli di Arianrhod sono nati nel suo stesso
periodo?”
“Certo!
E’ tutto connesso: la soluzione ha viaggiato
per secoli attraverso la mia stirpe, affinché arrivasse
nelle mie mani e in
quelle delle mie sorelle e fosse consegnata a voi per porre finalmente
fine a
tutto questo, una volta per tutte.”
CONTINUA NEL
DICIOTTESIMO EPISODIO
Testo
a cura di Lady Viviana.
ANGOLO AUTORE: Scusate per
l'immenso ritardo. Se non trovate l'episodio di Lunedì, lo
trovere sicuramente il giorno dopo o al massimo di
Mercoledì. Non perdete il prossimo appuntamento con la 3x18
"Le storie del narratore" Lunedì 5 Ottobre. Manca sempre
meno alla fine della terza stagione, che ricordo, terminerà
il 19 Ottobre. Buona settimana stregata!
|
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Capitolo 18 *** 3x18-Le storie del narratore ***
CAPITOLO
DICIOTTO
"Laughing
Out Loud"
Nina
continuò la sua storia e Jade andò avanti ad
ascoltarla, perchè era davvero interessante.
“All’epoca,
l’anno 1000 era temuto da tutti, come
raccontano i diari delle tre streghe levatrici che aiutarono Arianrhod
a
partorire e che sono stati tramandati fino a noi di generazione in
generazione.
Nessuno sapeva cosa sarebbe successo e tutti pensarono che la fine del
mondo
fosse ormai prossima. Ma la verità era ben diversa: non
sarebbe stata la fine,
ma L’INIZIO della fine. Arianrhod, infatti, diede alla luce i
suoi tre figli,
un secondo dopo la mezzanotte del 1° Gennaio
dell’anno 1000.”
“E’
la stessa data di nascita di Deimos, secondo il
Libro! – commentò Jade, sorpresa - Quindi sono
nati tutti e quattro nello
stesso giorno!”
L’altra
annuì: “Per la precisione, è nato colui
che
avrebbe determinato la fine e coloro che avrebbero determinato la SUA
fine. Per
questo si dice che, per ogni male, c’è sempre un
rimedio.”
“Ma cosa
avevano di speciale questi bambini?”
“Avevano la
capacità di guardare nel futuro e di
rappresentare tutto ciò che vedevano su un foglio bianco. I
dipinti che avete
ricevuto all’interno della cassa sono stati fatti proprio da
loro, solo che non
sono stati inseriti tutti, altrimenti avreste rischiato di alterare il
corso
degli eventi. Erano sufficienti, infatti, solo quelli che riguardavano
le due
precedenti profezie compiute da voi e il volto dei tre contenitori,
affinché la
vostra missione potesse iniziare e voi poteste credere in
essa.”
“Perché
farci cercare la cassa in un bosco, però? Non
potevate lasciarcela davanti alla porta di casa? I miei amici hanno
quasi
rischiato la vita poco dopo averla recuperata!”
“Perchè
non sapevamo nemmeno noi dov’era. E’ stata
seppellita qui a Morney Hill secoli fa dalle sorelle levatrici, dopo
che
avevano compreso che le predizioni era vere e che vi sarebbero servite.
Io e le
mie sorelle, perciò, ci siamo limitate a fornirvi il
cristallo che serviva per
ritrovarla.”
Ma l’altra
era scettica e faticava a crederle: “Come
potevano dei bambini fare dei disegni così
perfetti?”
“Non erano
dei bambini comuni, bensì dei profeti che
hanno predetto il più grande evento di tutti i
tempi.”
“Quindi
cosa dobbiamo fare esattamente dopo aver
trovato tutti i contenitori?”
Nina, mortificata,
distolse lo sguardo: “Purtroppo
solo Laurel, mia sorella maggiore, conosce l’intero contenuto
della lettera di
istruzioni, che è stata incantata, affinché non
avesse tutte le rispose in caso
fosse finita nelle mani sbagliate. L’intero contenuto,
però, può essere visto
una sola volta, nel momento in cui tutto il materiale viene passato al
trio di
streghe successivo. Laurel, perciò, ha potuto vederlo quando
nostra madre
gliela ha consegnata. Successivamente, il contenuto è
svanito, pronto a ricomparire
man mano che vengono risolti i punti sulla lista.”
Jade
sospirò, seccata: “E lei non vi ha accennato
nulla su ciò che ha letto? Ma soprattutto
dov’è, ora?”
“Mi
dispiace, ma ha lasciato la città assieme
all’altra mia sorella, dopo che la cupola è stata
temporaneamente rimossa da
Heith. Io purtroppo conosco solo la storia, non ciò che
dovete fare...”
L’altra si
alzò, furiosa per quello che le era appena
stato rivelato: “Allora perché hai lasciato che ti
portassi qui?!? Certo, è
stata una storia interessante, ma questo come ci aiuta a procedere
più
velocemente?”
“Beh, so
dove Laurel tiene il resto dei dipinti
disegnati dai bambini. Credimi,
è come
avere in mano un fumetto in cui la storia viene raccontata
illustrazione dopo
illustrazione. Piuttosto, sei sicura di voler vedere cosa
accadrà da questo
momento in poi? Alcune cose potrebbero spaventarti e cambiare le tue
azioni
future.”
“Sì,
sono sicura! – rispose la ragazza, determinata -
Non modificherò ciò che è
già scritto, anche se dovesse spaventarmi.”
A quel punto, Nina si
alzò, si avvicinò alla parete
alle sue spalle e dalla borsa tirò fuori una boccetta di
inchiostro. Vi intinse
un dito e iniziò a disegnare: prima un simbolo Shomia, poi,
intorno ad esso, un
rettangolo. Come per magia, quel pezzo di parete si
trasformò in una porta.
Allora, la ragazza si voltò.
“Seguimi…”
disse a Jade, per poi entrare, lasciandola
indietro.
L’altra,
sbalordita e allo stesso tempo curiosa,
camminò lentamente fino alla porta e, sempre vigile, vi
entrò anche lei. In un
solo istante, lo scenario cambiò e si ritrovò in
una soffitta illuminata dal
sole calante, i cui raggi morenti passavano attraverso i vetri colorati
delle
finestre, illuminandola. Dopo qualche secondo, scorse Nina, in piedi
davanti ad
un quadro, che le sorrideva.
“Benvenuta
a casa mia!”
Ma Jade era
impaziente e non voleva perdere altro
tempo prezioso: “Dove sono i dipinti?” chiese, dura.
“Eri molto
più simpatica all’inizio, sai?” rispose
l’altra, di nuovo seria.
“Il mio
umore è parecchio altalenante. Abituati!”
Nina
sbuffò, poi, senza aggiungere altro, rimosse un
quadro dalla parete, rivelando una cassaforte nascosta e lasciando la
strega
letteralmente senza parole.
“Seriamente?
Li ha messi in una cassaforte normale?!?”
“Voi esseri
soprannaturali pensate sempre che le cose
debbano essere messe in chissà quale nascondiglio
super-magicamente-inviolabile. Ma a volte quelli più banali
sono i migliori. Tu
avresti mai pensato ad una cassaforte nel cercare dei dipinti secolari
e
profetici in cui sono raffigurate le sorti del mondo?”
Quella
alzò gli occhi al soffitto e ci pensò su
qualche istante: “In effetti, no! –
esclamò, mentre quella digitava la
combinazione sulla tastiera - Spero almeno che tua sorella non abbia
modificato
la password di recente con una complicatissima serie di cifre e lettere
messe a
casaccio!”
“Oh,
andiamo, – replicò l’altra, senza
nemmeno
voltarsi - potresti staccare lo sportello di questa cassaforte con un
semplice
cenno della mano, se volessi! – poi si sentì un
click e lo sportello si aprì –
E comunque non l’ha cambiata: è sempre Desperate
Housewives, la sua serie tv
preferita.”
Jade, sotto shock,
scosse la testa.
“Forza,
passami quei dipinti! – le intimò, dopo
essersi ripresa - Non posso credere che la riservatezza di tutto
ciò dipendesse
da una serie televisiva... Chi diavolo vi ha messo in mano il destino
del
mondo?”
“Abbiamo
fatto sicuramente un lavoro migliore del
vostro. Guarda quante cose sono successe mentre dovevate soltanto
rintracciare
i contenitori!” rispose quella, passandole i fogli.
La ragazza
iniziò a sfogliargli subito con attenzione:
“Touchè! – esclamò
– Comunque, queste sono immagini di Deimos che dà
origine al
suo esercito di servitori del caos e inizia la sua opera di diffusione
del male
nel mondo.”
“Le sorelle
levatrici rimasero impressionate dai
disegni così perfetti fatti da quei tre bambini, ma non
prestarono attenzione
al contenuto. Solo diversi anni dopo, durante i quali fortunatamente
avevano
conservato tutto, si accorsero che si trattava di
un’anticipazione del futuro.
Più precisamente, accadde quando nacque l’impero
di Deimos e le streghe del
circolo divino e i demoni della triade oscura unirono le forze e
crearono
l’amuleto per consegnarlo alla prima generazione formata da
un demone e una
strega, affinché lo tramandassero fino a te per impedire il
suo ritorno, dopo
che Annabelle lo trasformò in una statua di
pietra.”
Sempre più
sbalordita, l’altra si rese conto, passando
da un foglio all’altro, che le parole di Nina sembravano
descrivere le immagini
che aveva davanti.
“Oh mio
Dio, avevi ragione: è come un fumetto! La
consegna dell’amuleto ad Annabelle, Deimos che viene
trasformato in pietra… qui
ci sono praticamente secoli e secoli di storia. Della Storia!”
Nina
annuì, per poi prendere un altro fascio di
dipinti dalla cassaforte: “Lo so, ma non è il
passato che ci interessa, adesso.
Bensì il futuro, ciò che dobbiamo ancora
vivere…” e glieli passò, con il fiato
sospeso.
*
Nel frattempo, in
città, Heith e il suo nuovo alleato,
seguiti dalla succube Roma, stavano camminando per le strade, sorpresi
dal
silenzio assoluto che li circondava.
Bastian, incuriosito,
cercò nell’altra una
spiegazione: “Che cosa è successo?
Perché non c’è più
nessuno?”
“Quegli
idioti devono aver fatto fuori John da quello
che mi ha fatto intendere Jade e quel bastardo era l’unico a
poterli
controllare. Peggio per loro! Guarda quali sono le conseguenze....
Immagino che
Jade si starà strappando i capelli, nel tentativo di capire
come fermare anche
questo disastro, oltre che un modo per tenere in vita il suo amico
che...
Diamine, che cosa sto dicendo? A quest’ora sarà
già morto!” e scoppiò a ridere.
In quel momento, il
ragazzo si bloccò, notando la
presenza di un uomo che attraversava deciso la strada.
“Ehi,
lì c’è qualcuno!”
esclamò, indicandolo e quello,
sentendolo, si voltò verso di loro con aria minacciosa.
Heith lo
scrutò con attenzione, prima di parlare
nuovamente: “I suoi occhi sono neri, perciò deduco
sia uno dei cittadini
infettato dai disordini. Dato che quelli sono rimasti, suppongo che
l’oscurità
si sia presa coloro che non sono stati ancora infettati.”
Quello, intanto, si
stava avvicinando a loro con una
palla di fuoco tra le mani. La donna, però, era troppo
eccitata per prestargli
attenzione.
“Oh mio
Dio, – esclamò - mi è venuta un
idea!”
Roma,
però, non era altrettanto tranquilla: “Sta per
lanciarcela!” urlò e l’altra, seccata,
schioccò le dita, sempre indifferente.
“Brucia!” e
subito quello prese
fuoco e cadde al suolo.
“Stavo
pensando: perché non controllarle noi, queste
persone infettate? – continuò - Ognuno di loro ha
un particolare potere, sai
quante cose potremmo far fare loro contro le persone che tanto
detestiamo?”
Bastian,
però, era perplesso: “Ma hai detto che solo
John può controllarle... Quello che hai appena infuocato
stava quasi per
aggredirci, perciò come pretendi di poterli
controllare?”
“John ha
fatto rinascere i disordini sotto una nuova
forma, affinché potesse controllarli solo lui, ma ha pur
sempre usato i residui
dei vecchi disordini per farlo e quelli erano controllati dai servitori
del
caos, giusto?”
Quello
annuì: “Quindi?”
“Posso fare
un incantesimo che ci permetterà di
controllare i cittadini rimasti, ma mi serve il tuo sangue.”
Il ragazzo,
però, era ancora scettico: “Ok, ma non so
quanto questa cosa possa funzionare, però...”
La donna, allora,
tirò fuori una lama e gli fece un
taglio sul palmo della mano.
“E’
evidente che non mi conosci abbastanza, o sapresti
che con me tutto funziona! Piuttosto, ora mi serve un oggetto da unire
al tuo
sangue... – si guardò intorno e vide il pendente
che Roma portava al collo –
Quello può andar bene!” ma, quando
provò a prenderlo, l’altra oppose
resistenza.
“No, per
favore... è un regalo che mi è stato fatto,
ha un valore per me!”
Ma Heith, sempre
indifferente, roteò gli occhi e agitò
la mano: “Quante storie! Dammela subito! TE LO
ORDINO!”
Quella,
benché riluttante, se la tolse e gliela
consegnò.
“Evviva,
finalmente!” esultò la donna, per poi
intingere il pendente nel sangue di Bastian e pronunciare finalmente la
formula.
“In
assenza del padrone che le leggi ha modificato, tornino quelle che
Deimos in
principio ha creato. Che il sangue del caos riversato su questo
pendente, possa
controllare l’oscurità qui presente...”
Improvvisamente, il
pendente si illuminò di una luce
bianca e intensissima, agitandosi tra le mani della strega e creando un
sottile
suono così acuto da costringere tutti a coprirsi le orecchie
con le mani.
Quando finì, Heith mise il pendente al collo di Bastian.
“Ora puoi
controllare chi è stato infettato dai disordini
e fargli fare tutto quello che vuoi. E ricordati: quando un disordine
si lega
ad una persona, i poteri che ne derivano sono sempre connessi al suo
stile di
vita. Vediamo chi riusciamo a trovare di interessante!” e i
due, sorridendo
malvagiamente, si rimisero in cammino, con la povera Roma dietro di
loro.
Nei pressi
dell’accampamento nella foresta presso la zona Est della
cupola
Brenda e Marcus,
giunti nella foresta, si tolsero le
mani dalle orecchie in seguito ad un suono assordante, chiedendosi cosa
stesse
succedendo.
“Cosa
diavolo è stato?!? Cos’era quel suono?”
chiese
lei.
“Non ne ho
la minima idea... Troviamo le statue di
pietra di Barnès e degli altri demoni e torniamo
immediatamente ad Alkaban, ok?
Soprattutto tu: devi bere il prima possibile la pozione immunitaria che
ha
preparato Dana. Ne abbiamo già dato una dose a tutti, prima
che arrivassi da
noi.”
Lei, però,
si affrettò a tranquillizzarlo: “Non devi
preoccuparti per me... se sono ancora qui, significa che sono troppo
forte per
l’oscurità che giace sotto ai nostri
piedi.”
Lui le sorrise:
“Già, sei molto forte!”
All’improvviso,
alle loro spalle qualcuno applaudì e,
quando si voltarono, videro che si trattava di Terence.
“Ci puoi
scommettere che la mia Brenda è forte!”
commentò e la ragazza notò le rughe oscure sul
suo volto, la sua pessima cera e
gli occhi vispi.
“Terence
che cosa ci fai qui? – chiese, spaventata - E
cosa ti è successo?”
Ma l’altro
la guardava sorridendo, senza rispondere,
così fu Marcus a farlo.
“Credo che
i disordini lo stiano condizionando.”
“Pensavo
che potessero impossessarsi solo degli esseri
umani...” mormorò lei, sconvolta.
“Beh,
sembra che qualcosa sia cambiato!”
A quel punto,
l’uomo si decise a parlare: “Perché
parlate tra di voi come se non ci fossi? Non sono una dannata opera
d’arte!”
“Forse
è meglio se torni ad Alkaban, Terence. Dana ha
preparato un’altra pozione immunitaria e tu ne hai urgente
bisogno…”
Improvvisamente, gli
occhi dell’altro si riempirono di
lacrime: “La mia vecchia Brenda non si comporterebbe
così con me. In modo
freddo e distaccato e con il terrore negli occhi. Ti ho davvero persa,
allora...” mormorò.
Lei, però,
lo guardò senza capire: “Ma di che cosa
stai parlando? Stai delirando!”
Quello,
però, continuò, la stessa espressione malata
negli occhi: “L’hai baciato, vero? Vi ho visti, a
casa tua…”
Brenda
abbassò lo sguardo, mortificata: “Terence,
io…”
L’uomo,
però, spostò lo sguardo su Marcus, aggressivo:
“Le hai messo gli occhi addosso dal primo momento.
– urlò - Te ne pentirai!” e
corse contro di lui, dando inizio ad una vera e propria lotta.
I due, infatti,
rotolarono a terra, tirandosi pugni e
calci e cercando addirittura di strangolarsi a vicenda.
Poco lontano, Brenda
assisteva incredula alla scena:
“Vi prego, basta! – gridava - Terence, fermati,
lascialo stare! BASTA!”
Poi si
avvicinò nel tentativo di separarli, ma venne
spinta via, inciampò e sbatté la testa su una
grossa pietra. A quel punto, i
due si fermarono e la osservarono distesa a terra, immobile, con il
sangue che
fuoriusciva copioso dalla ferita. Marcus, però, fu
l’unico ad avvicinarsi,
mentre Terence riusciva soltanto a guardarla impietrito.
Sconvolto,
l’uomo si accorse di non sentire il
battito: “CHE COSA HAI FATTO? Che cosa hai fatto?!?
E’ morta! – scoppiò a
piangere, disperato – E’ morta!”
Proprio in quel
momento, l’altro lo raggiunse,
inginocchiandosi a terra: “No. No no no, non può
essere… Brenda, no, ti
prego... NOOOO!”
Casa di Nina,
Caroline e
Laurel
Jade
continuò ad analizzare i dipinti finchè non ne
trovò uno che raffigurava uno strano e oscuro posto.
“Cos’è
questo? – chiese - Ci sono alcuni di noi in
questo luogo fra cui mia nonna, oltre alle streghe e ai
demoni.”
“Dev’essere
quello in cui si compierà tutto. Si trova
all’interno della caverna, ma io non sono mai arrivata fin
lì, perchè Laurel
non ci ha mai fatte entrare. Tramite i racconti trovati nei diari,
infatti, ho
scoperto che è stato progettato dalle sorelle levatrici dopo
aver visto loro
stesse farlo nei dipinti.”
La ragazza, allora,
andrò avanti a scorrere i dipinti,
finché non ne trovò uno che la lasciò
totalmente senza parole. Nina capì e si
avvicinò a lei, mettendole una mano sulla spalla.
“Stai
bene?” chiese con un sussurro, notando i suoi
occhi riempirsi di lacrime.
“Allora
è così che finirà?”
“A quanto
pare sì.”
Jade
continuò a guardare quel dipinto, ma non lo
commentò, limitandosi a fissarlo a lungo e lasciar andare la
mente: raffigurava
un momento drastico e cruciale, di cui forse non avrebbe fatto parola
con
nessuno fino alla fine della battaglia. Per questo, lo
riconsegnò subito alla
sua proprietaria.
“Rimettilo
pure al suo posto, sotto ho trovato quello
che ci serviva.”
“Quale?”
“Il terzo
contenitore! – esclamò l’altra,
sollevandolo
– Ci siamo noi che lo incontriamo e so anche
dov’è questo posto!”
Improvvisamente, i
dipinti iniziarono a diventare
tutti bianchi, allarmando Nina.
“Oh no,
Laurel deve aver… – iniziò, per poi
girare
quello in cima alla pila e notare disegnato dietro un simbolo Shomia
– Ha fatto
un incatesimo! Mi sembrava strano che fosse così
facile....”
Ma Jade la
tranquillizzò subito: “Va bene così,
l’importante è aver scoperto
dov’è il terzo contenitore, no? La lettera di
istruzioni ci porterà avanti e poi… forse
è meglio così: vedere troppo il
futuro potrebbe condizionarci.”
Poco dopo, Nina
ripose tutti i dipinti, ormai bianchi,
nella cassaforte. A quel punto, erano entrambe pronte per andare in
cerca
dell’ultimo contenitore.
“Sei sicura
di stare bene? – chiese ancora una volta
Nina a Jade - Io sarei devastata dopo aver visto una cosa del genere,
perciò…”
Ma quella si
sforzò di fare un sorriso: “Sto bene, non
preoccuparti. Sto ancora cercando di capire cosa ho visto in quel
disegno e
cosa stesse accadendo e preferisco non pensarci finchè quel
momento non
arriverà, ok?”
L’altra
annuì e insieme scesero le scale, lasciando
l’abitazione.
*
Intanto, Heith e il
suo nuovo alleato erano entrati in
una caffetteria, al cui interno c’era solo un uomo, seduto al
bancone e
impegnato a scrivere sul suo portatile. Subito, la strega si
avvicinò a lui e
batté le mani, facendolo tornare bruscamente alla
realtà. Quello, confuso, si
voltò, per poi iniziare a guardarsi intorno.
“Ma-ma chi
siete voi? E dove sono tutti quanti?”
chiese, mentre la donna gli controllava gli occhi.
“Bene,
niente occhi neri. – mormorò quella, rivolta a
Bastian – Il mio incantesimo ha funzionato: ora puoi
controllarli a tuo
piacimento.”
In allarme,
l’uomo si alzò di scatto: “Di che cosa
state parlando?” domandò.
Ancora una volta,
però, Heith eluse la sua domanda:
“Sei uno scrittore, vero?”
L’altro
annuì, facendola esultare.
“SI’,
LO SAPEVO! C’è sempre uno scrittore, negli
internet caffè. Sono come alveari, per voi!”
Proprio in quel
momento, Bastian avanzò, mettendosi
accanto a lei: “Qual è la prossima
mossa?”
La donna sorrise,
malvagia, quasi delusa da quella
domanda: “Davvero? Seriamente non hai idea di cosa possiamo
fare con uno
scrittore posseduto dai disordini? Immagina i suoi poteri…
Potremmo scrivere
una fantastica storia da best-seller!”
Finalmente, il
ragazzo capì, ricambiando il sorriso e
lei poté evocare tra le mani un libro argenteo, che poi
consegnò nelle mani
dell’uomo. Quello lo guardò perplesso.
“Le
storie del narratore? Che cos’è?
– lo aprì,
incuriosito – Ma le pagine sono tutte bianche!”
“Certo,
stiamo per scrivere insieme una storia! Ti
va... – lesse il nome sull’etichetta della tracolla
vicino alla sedia – ...
Rider?”
Ma l’altro
indietreggiò, spaventato: “Statemi lontano,
– urlò - voi siete pazzi!”
Allora, Bastian
toccò nuovamente il suo pendente,
creando quel tipico stridio che, però, stavolta
udì solo l’uomo: “Ma che
diavolo...? Fatelo smettere!”
Heith, accanto a lui,
ghignò: “Visto cosa succede se
non collabori? Evidentemente non ti rendi ancora conto dei poteri che
possiedi,
dal momento che i disordini annebbiavano totalmente la tua mente.
Grazie a noi,
però, sei diventato più… cosciente!
– poi il suo tono si fece crudele – Adesso
siediti e apri quel libro!” ordinò e quello, senza
discutere, eseguì.
Poi, Heith si
avvicinò alle sue spalle e mise le mani
sulle sue tempie, mostrando all’ uomo delle visioni.
“Queste
sono le persone che saranno presenti nel libro
– spiegò – e, dal momento che lo
scrittore è onnisciente, tu ci dirai tutte le
cose che non sappiamo su di loro, affinché ci venga in mente
una trama assai
avvincente, è chiaro?”
Quando tolse le mani,
l’uomo sapeva ormai tutto sulle
persone che aveva visto. Bastian, però, era impaziente.
“Parlami di
Terence e dei suoi segreti. Per lui voglio
creare una storia piena di dolore e sofferenza!” gli
intimò, fra le risate
della donna e lui iniziò subito a raccontare.
Alkaban
Dopo aver consegnato
la Dottoressa, Noa si era
avvicinato a Jackson.
“Scusa, per
caso hai visto Wes? – gli chiese - Brenda
mi aveva detto che era qui, ma mi avrebbe raggiunto in
ospedale.”
“E’
andato via dopo che abbiamo sistemato il vaso di
Pandora in un posto sicuro.”
Il ragazzo
iniziò a preoccuparsi: “Sai dirmi da quanto
tempo, per caso?”
“Da
parecchie ore, a dire il vero.”
“Quindi era
città…” mormorò Noa,
sgranando gli occhi,
proprio mentre li raggiungeva Dana con in mano delle fiale.
“Ragazzi,
– disse loro, appena li vide - sto
distribuendo una versione più forte della pozione
immunitaria. Bevetela, in
modo che i disordini non prendano nessuno di noi, ok?”
Jackson la
guardò perplesso: “Pensavo che i disordini
catturassero solo gli esseri umani…”
“E’
una precauzione, Jackson. Se i disordini hanno
svuotato Morney Hill, probabilmente passeranno a noi se gli esseri
umani non
basteranno a placare la loro sete di potere.”
I due annuirono e
presero una fiala ciascuno, pronti a
berla.
*
Nel frattempo,
all’interno della caffetteria, il piano
dei due malvagi stava per avere inizio. Heith, per una volta, era
soddisfatta
delle informazioni avute.
“Quante ne
hanno passate i nostri cari amici... Mai
quante ne passeranno ora nella loro nuova vita all’interno
della nostra storia,
però. Vero, Bastian?”
L’altro
sorrise malvagiamente: “Ho grandi progetti per
Terence…”
Lei annuì,
per poi rivolgersi severa all’uomo: “Forza!
Inizia a narrare!” gli ordinò e lui, non avendo
altra scelta, sotto gli occhi
impotenti di Roma, abbassò la testa su
quell’enorme libro dalle pagine bianche.
«E
coloro che rimasero in superficie, nella ormai deserta Morney Hll,
eccetto quelli qui presenti, caddero in un improvviso sonno
profondo…»
Mentre le parole
uscivano dalla sua bocca, comparivano
in tempo reale sulla prima pagina del libro, come scritte da una penna
invisibile. L’uomo era sbalordito.
“Wow!”
esclamò.
Al suo fianco,
invece, Heith, vedendo con piacere che
il loro piano aveva avuto finalmente inizio, evocò una sfera
di cristallo,
dirigendosi verso uno dei tavoli in fondo al locale. Subito, Bastian, a
cui non
era sfuggito il suo gesto, la seguì.
“Ehi, cosa
vuoi fare con quella palla di vetro?”
“Vedere
come si sviluppa la storia che stiamo creando,
no?”
Lui sorrise,
sedendosi di fronte a lei pronto per lo
spettacolo.
*
Nello stesso momento,
Jade e Nina stavano camminando
lungo una strada, osservando attorno a loro i negozi deserti.
Quest’ultima,
però, era troppo impaziente e non riusciva a stare zitta.
“E’
ancora molto lontano, questo posto? Non sono mai
venuta in questa zona della città.”
“No, siamo
quasi arrivate.”
Improvvisamente, Nina
si fermò, scrutando qualcuno
all’interno di un locale: “Ehi, –
esclamò, indicandolo – in quella caffetteria
ci sono delle persone!”
A quel punto, anche
Jade si fermò per vedere meglio:
“Hai ragione! Pensavo fossero tutti
spariti…”
In quel momento, una
di loro, una donna, si voltò
verso di loro, guardandole attraversò la vetrina e agitando
la mano per
salutarle. La ragazza aguzzò la vista e rimase letteralmente
senza parole.
“Non
è possibile, è Heith!”
“Ma
l’abbiamo uccisa, l’hai trafitta con
un’asse di
legno!”
La strega
lanciò alla donna uno sguardo di pura rabbia:
“Deve averla scampata in qualche modo. Forse si trattava di
un clone, non
sarebbe la prima volta.”
“E cosa
facciamo adesso, allora?”
Ma l’altra
non rispose, perchè aveva appena notato la
persona accanto a lei: “E quello chi è?”
chiese.
Improvvisamente,
però, Nina cadde al suolo, priva di
sensi, allarmandola.
“Oh mio
Dio, Nina! – si chinò e provò a
scuoterla –
Cosa ti prende?” ma non ebbe il tempo di dire altro che
iniziò a vacillare come
l’amica, fino a crollare accanto a lei.
Lentamente,
l’effetto si diffuse nella città come un
domino: nel bosco, anche Marcus e Terence si addormentarono, accanto al
corpo
senza vita della loro amata Brenda. Subito dopo, fu il turno di
Alkaban, dove
tutti si addormentarono uno dietro l’altro.
«Jade
Alison, una giovane studentessa di 17 anni, si stava preparando come
tutte le mattine per andare a scuola, ma quel giorno, mentre mangiava
in fretta
i suoi pancake, sua Nonna le consegnò un amuleto da mettere
al collo. Dopo la
morte dei suoi genitori, era andata a vivere con lei, Dana Ferguson,
che, senza
problemi, le aveva rivelato di essere una strega, ma Jade non aveva mai
creduto
a tutto questo e quella mattina fece altrettanto, mentre usciva di casa
per
prendere l’autobus. Non avrebbe mai immaginato cosa la
attendeva, quel giorno.
O meglio, chi.
Un incontro che le avrebbe cambiato la vita per
sempre…»
Erano le 17.23 alla
Morney Hill High School
e Jade era stata messa in punizione dal preside fino al tardo
pomeriggio.
Nella scuola c’era un tale silenzio, che si sentiva solo il
rumore dei
rubinetti che gocciolavano, rimbombando nella sua testa. Poi, si
alzò, perché
aveva sentito il cigolio di una porta poco lontano. Quando
arrivò davanti allo
sgabuzzino, non le sfuggì la chiazza di sangue che
fuoriusciva da sotto, così la
aprì, ignorando le mani che le tremavano: dentro
c’era il corpo di un uomo, il
professor Gregory.
La ragazza chiuse la
porta e scappò, gridando, ma, mentre lasciava la scuola, si
scontrò con un
ragazzo.
“Sei
tu!” le disse lui, spaventandola a
morte.
Nonostante fosse un
perfetto estraneo,
però, lei decise di spiegargli cosa le era appena successo.
“Aiutami,
ti prego, qualcuno ha
assassinato il mio professore e oggi… oggi è
stata una giornata davvero
pazzesca. Nessuno si ricordava del professor Gregory tranne me, poi
c’è mia
nonna che dice di essere una strega e che l’amuleto che porto
al collo è capace
di proteggermi e…”
Ma l’altro
la fermò prima che potesse
proseguire: “Forse ti ha davvero protetta, visto che sei
l’unica che non si è
dimenticata del professor Gregory. Il male non è riuscito a
corromperti.”
Le sue parole
lasciarono Jade spiazzata e
confusa: “Davvero? Non mi credi pazza, allora? Ma... ma chi
sei?”
“Mi chiamo
Zack Hunter e sono un demone,
mandato qui da due angeli per cercarti e aiutarti a trovare la
verità. Solo
così potrò trovare anche la mia. Però,
tu devi fidarti di me, adesso. Loro
dicono che dobbiamo andare dove le lapidi sono più calde,
hai idea di che cosa
significhi?”
Jade trovò
assurda ogni parola che
pronunciò, ma poi l’ultima frase la convinse:
“Hai detto dove le lapidi sono
più calde? So dove andare!”
«Fu
così che, dopo un violento scontro con il male, Jade e Zack
raggiunsero
il cimitero di Morney Hill, dove era sepolta la madre della ragazza.
Lì,
scoprirono l’esistenza del Libro del Bene e del Male e anche
del loro destino:
unire le forze per sconfiggere i malvagi servitori del caos.»
“Sconfiggere
i malvagi servitori del caos?
Seriamente?” chiese Bastian ad Heith, guardando la storia
svolgersi all’interno
della palla di vetro.
La donna
roteò gli occhi: “Puoi non
intrometterti nella mia trama? Non sono una tipa creativa, ok? Ho solo
ripreso
la storia originale e cambiato il protagonista maschile!”
Lui, stranito, le
lanciò una lunga
occhiata: “E questa ti sembra una vendetta? Jade e il suo
demone che
sconfiggono la mia specie? Stai dando un lieto fine alle persone
sbagliate, nel
caso non te ne rendessi conto!”
Lei
sbuffò, seccata: “Senti, tu eri
rinchiuso in un vaso, d’accordo? Non sai la storia di quella
ragazza, ma, se la
conoscessi, sapresti che le sto facendo qualcosa di estremamente
crudele:
cancellare per sempre il suo primo amore dalla sua storia e dai suoi
ricordi.
Come ti sentiresti tu, se qualcuno eliminasse dalla tua vita la persona
a cui
tieni di più al mondo?”
Finalmente, Bastian
capì e i suoi occhi si
illuminarono: “Davvero crudele…”
mormorò.
Heith gli sorrise,
eccitata: “Quando avrò
finito con lei, desidererà non essere mai venuta al mondo.
Il suo cuore patirà
di una sofferenza eterna, impossibile da placare…”
Lui guardò
la sfera di cristallo, ispirato
dalla sua crudeltà: “Ora tocca a me far patire
quella sofferenza eterna a
Terence, però...”
«Lei
aveva scoperto tutto su come aveva costretto il
suo cuore a non provare più nulla per lui. Brenda non poteva
più amarlo e questo
distrusse il povero Terence, che stava solo cercando di proteggerla.
Non
sapeva, però, che aveva commesso un terribile errore: non
solo la sua amata non
lo amava più, ma voleva anche ucciderlo, spinta dalle parole
persuasive di
Marcus, l’uomo che ora le stava accanto. Per lui, infatti,
Terence era una
minaccia e temeva che potesse trovare un modo per
riconquistarla.»
Brenda e
Marcus, con addosso degli impermeabili neri, il tipico abito dei
cacciatori di
taglie, entrarono all’interno di una vecchia fabbrica
abbandonata, dove Terence
spesso trovava rifugio. Con in mano la sua inseparabile balestra,
spostandosi
di tanto in tanto un ciuffo viola dagli occhi, la ragazza teneva
sott’occhio
ogni angolo della struttura, in attesa di un movimento.
L’altro,
però,
non era altrettanto sicuro di trovarlo: “Sa che lo stiamo
cercando, non tornerà
mai qui. Perchè non consultiamo una strega per
rintracciarlo, invece?”
Ma quella gli
lanciò un’occhiataccia: “Ti riferisci a
quella stronza di Jade, per caso? No,
grazie. Preferisco trovarlo da sola, tesoro...” e concluse
lanciandogli uno
sguardo pieno di desiderio.
Heith
commentò in tempo reale ciò che
vedeva, ridendo di gusto.
“Quella
stronza di Jade. Bella
questa! Quindi, nella tua realtà, Brenda e quella sciocca si
odiano? – gli
sorrise, quasi tenera – Non potevi farmi omaggio
migliore...”
Lui
ricambiò, iniziando per la prima volta
a provare attrazione per lei e rimanendo fermo a fissarla mentre
guardava
eccitata la sua palla di vetro.
Marcus le
sorrise: “Puoi farmi gli occhi dolci quanto vuoi, ma i
servitori del Caos si
infurieranno con noi, se non porteremo la testa di quel traditore al
cospetto
del grande Bastian, lo sai.”
“Al
cospetto del grande Bastian?
Quindi i membri dei piani alti adesso lavorano per te assieme
all’amica di
Jade? Ti sei creato un bel lieto fine, vedo...”
commentò Heith,
interrompendolo.
“E’
la mia storia, no? Il mio nemico
soffre e io vinco!”
“A
me basta solo che Jade abbia quello che
si merita. Non mi interessa essere la protagonista. Ho sempre puntato
al suo
ruolo per tutto questo tempo e ne sono stata invidiosa, ma mi ha
portata
soltanto a morire più di due volte e ad essere usata
più e più volte da
chiunque. Perciò, ora voglio solo vederla colare a picco,
seduta tra il
pubblico. E’ più divertente!”
Brenda, sicura
di sé, ribadì: “Ti dico che
è nascosto qui, nel suo rifugio, nella sua casa di
ferraglia arrugginita e polvere. Se io fossi una fuggiasca, mi
nasconderei a
casa mia. E’ l’unico luogo dove tutti pensano che
non tornerai mai, perché è il
primo posto in cui ti cercherebbero. Perciò Terence,
convinto che lo cercheremo
altrove, si è rifugiato qui.”
Marcus la
guardò incantato, follemente innamorato di lei:
“Astuta, la mia Brenda!”
esclamò, quando, improvvisamente, udirono un rumore.
Brenda vide
muoversi qualcosa dietro ad un cumulo di scatole e scoccò
una delle sue frecce,
andando a segno. Poi, i due corsero subito a vedere cosa avevano
catturato e,
con loro grande soddisfazione, si accorsero che si trattava di Terence,
la cui giacca
era stata infilzata dalla freccia e appesa alla parete. Lei lo
scrutò,
cinica:“Finalmente ti abbiamo preso, sporco
traditore!”
Sentendo la sua
voce, Terence si voltò verso di lei, stupito di vederla:
“Sei viva! – esclamò,
guardandola confuso - Però... cosa ti è
successo?”
Brenda rise:
“Viva? Perché, dovrei essere morta, forse? Mi
avrai anche tolto la capacità di
amarti, ma non soffrirò mai fino a morirne solo
perché ho un vuoto nel cuore
che per me non ha alcun significato. – poi sorrise per un
attimo a Marcus,
concentrandosi su di lui – E comunque, ora ho lui a riempire
quel vuoto!”
concluse, lasciandolo spiazzato e senza parole.
“C’è
qualcosa
che non va... tu non mi parleresti mai così. Tu non sei
così, VOI non siete
così! E poi… – si
guardò attorno, perplesso – Eravamo nel bosco fino
a
poco fa e tu eri morta!”
Brenda e Marcus
si lanciarono un lungo sguardo confuso: non avevano idea di cosa stesse
dicendo.”
Heith, osservando
quest’ultima scena, si
rivolse urlando all’uomo a pochi tavoli di distanza.
“Ehi, come
mai Terence si ricorda tutto?
Mi sembrava ti avessimo spiegato chiaramente che nessuno doveva
ricordare.”
Rider si
voltò terrorizzato e abbassò lo
sguardo: “Le chiedo scusa, è stata soltanto una
svista. Sto manovrando due
realtà e mi è difficile ricordare tutte le vostre
richieste.”
Anche Bastian
cercò di calmarla: “Dai, che
ti importa? Io VOGLIO che Terence si ricordi tutto. Così
è più divertente, no?”
“Divertente
un corno. – replicò però lei,
seccata - Se scoprono di essere intrappolati in una realtà
che abbiamo creato
noi, cercheranno di uscirne!”
Intanto, Roma, seduta
accanto all’uomo,
cercò di comunicare con lui senza farsi notare dai due,
sussurrandogli poche
parole direttamente nell’orecchio.
“Puoi fare
delle modifiche, allora?”
Ma quello, che era
timido e per nulla
coraggioso, cercò di far finta di nulla: “Cosa?
Dici a me?” chiese, senza
staccare gli occhi dal foglio.
“Sì,
dico a te, ma non farti notare mentre
parli con me. – ribatté lei, decisa –
Comunque, loro non hanno alcuna voce in
capitolo sul libro, giusto? Ti stanno solo costringendo a scrivere
ciò che
vogliono.”
“Sì
ed è quello che farò, o mi
tortureranno con quello strano oggetto che ha il ragazzo al collo. Non
hai idea
di come ti entri in testa quel suono assordante!”
“Allora fai
in modo che non lo faccia più,
no? Sei tu il narratore, non puoi disarmarli o farli entrare nel
libro?”
“Prima,
quando quella donna mi ha mostrato
tramite una visione tutte le persone che dovevo mettere nel libro, deve
avermi
fatto qualcosa. Deve aver preso qualche precauzione, perchè
ho provato a
scrivere qualcosa su di loro o a farli entrare nel libro, ma non ci
sono
riuscito.”
Roma
sospirò, abbassando lo sguardo: “E
immagino che non ti permetterà nemmeno di farli USCIRE dal
libro, vero?”
Lui scosse la testa:
“No, ci ho provato
prima, credimi, ma non ha funzionato.”
La donna,
però, non si arrese e si mise a
riflettere in cerca di un’altra soluzione.
“Però
non ti ha vietato di interagire con
i personaggi della storia, no? Hai dimenticato di cancellare la memoria
di
Terence, quindi vuol dire che hai un certo potere su di loro. Certo,
non puoi
farli uscire dal libro, ma puoi fare in modo che vi escano da soli con
un
piccolo aiutino da parte tua, o sbaglio?”
Anche se,
stranamente, a malincuore,
l’altro era pronto a bocciare anche questa sua idea, rispose:
“Se ne
accorgerebbero... Quello che scrivo qui, loro lo vedono subito
attraverso
quella palla di vetro, perciò verrebbero qui immediatamente
a torturarmi.”
“Non se i
personaggi continuano questa
recita. Cerchiamo di buttare qualche indizio qua e là, in
modo da aiutarli ad
uscire e a salvarci da quei due folli.”
L’uomo,
però, era ancora titubante: “Ma
come?”
“Sei tu lo
scrittore, no? Vediamo quanto
sei bravo a dare a questa storia il vero lieto fine che
merita!”
Lui, allora, diede
una rapida occhiata ai
due malvagi, presi dalla palla di vetro, poi, con un ultimo sospiro, si
convinse e si chinò concentrato sul libro. Era il turno
della realtà in cui si
trovava Jade, stavolta.
«Era
arrivato il momento fatidico, quello in cui, attraverso
il bacio della neutralità, stava finalmente per compiersi
una profezia rivelata
secoli prima, che avrebbe fermato per sempre il ritorno di Deimos. La
giovane
Jade Alison e il suo demone, Zack Hunter, erano pronti a porre
finalmente fine
a quella piaga durata ormai troppo tempo…»
Jade si era mossa e,
finalmente, era
riuscita a toccare la statua, resa invisibile per ordine di
Wolf.
“Eccola!
– gridò, ridendo per la gioia -
L'ho trovata, riesco a sentirla!”
“Bene!
Posiziona l'amuleto, allora. Svelta!”
la incitò Zack.
Ma Wolf, ripresosi
dalla discussione,
iniziò ad avanzare verso di lei, intenzionato a fare di
tutto per fermarli:
“Non ve lo permetterò!” urlò.
Non riuscì
a fare neanche un passo, però,
perchè Jackson, un valoroso guerriero che la coppia aveva
reclutato nel corso
del loro viaggio ed ex-fiamma di una famosa e bellissima attrice di
Hollywood
di nome Heith, si mise di fronte a lui, sbarrandogli la strada:
“Prima di
andare da loro, dovrai passare su di me!”
“Seriamente?”
Bastian non poteva
credere alle proprie
orecchie.
La donna,
però, lo guardò storto: “Che
c’è? Terence è nella tua storia, dovevo
pur sostituirlo con qualcuno, dato che
nella storia originale è lui a mettersi tra Wolf e quella
ochetta bionda, no? E
poi, fare l’attrice è sempre stato il mio sogno,
perché non realizzarlo in una
realtà alternativa?”
Infine,
si voltò verso i ragazzi: “Presto!
Fate quello che dovete fare!” gridò loro.
Mentre
il malvagio servitore del caos e
Jackson si scontravano, decisi a non lasciar vincere l’altro,
Jade posizionò
l’amuleto al collo della statua, per poi, sorridendo,
avvicinarsi a Zack.
“Bene!
Eccoci qua!”
Anche
lui iniziò a ridacchiare come uno
stupido a causa del nervosismo: “Eh, già! Non so
tu, ma io ho aspettato questo
momento, questo bacio, per tanto, troppo tempo...”
Lei
lo guardò intensamente per qualche
secondo, per poi appoggiare le mani sul petto di lui:
“All'inizio ti ho
odiato, ma credimi, se ti dico che ora non posso stare più
senza di te. Io ti
amo, Zack Hunter...”
Lui
le lanciò uno sguardo intenso, carico
di tutti sentimenti che provava per lei, poi, finalmente,
riuscì a pronunciare
le parole che non aveva mai avuto il coraggio di dire.
“Anche
io, ti amo, Jade Alison...”
E,
mentre l’orologio del castello batteva
dodici rintocchi, i due, finalmente, si baciarono.
Fu
in quel punto, che Roma suggerì a Rider
di fare delle modifiche.
“Fai
in modo che quel bacio serva a
riacquisire i ricordi e dopo passa nella realtà di Terence.
Loro hanno una sola
palla di vetro, perciò non possono tenerle
d’occhio entrambe le dimensioni.”
gli sussurrò e subito il narratore eseguì, con
cautela.
«Quel
bacio, però, aveva fatto molto di più che
avverare una profezia. Aveva reso consapevoli i due del fatto che il
loro amore
non era vero e che ciò che stavano vivendo era tutta una
messa in scena
pianificata da Heith e da uno dei servitori del caos, sopravvissuto
perchè
rimasto a Morney Hill. Finalmente avevano recuperato tutti i loro
ricordi,
compresi quelli su Samuel, che Heith aveva cercato di
sostituire...»
Quando i due si
staccarono, trovarono
strano quello che stava accadendo e Jade fu felice di avere il suo
amico
davanti a sé.
“Oh mio
Dio, Zack, sei vivo!” esclamò e lo
abbracciò, mentre lui si toccava il petto.
“Niente
ferite da proiettile!”
In quel momento
Jackson si avvicinò ai
due: “Ma dove siamo?” le chiese.
“E’
il castello dei servitori del caos. –
poi allungò lo sguardo sul corpo di Wolf, privo di vita
– E quello è Wolf! Ok,
è tutta opera di Heith e di un servitore del caos rimasto a
Morney Hill!”
concluse e Zack fece una faccia stranita.
“Sì,
lo so, ma come facciamo a saperlo?”
“Non lo so,
– rispose la ragazza, confusa
– però lo sappiamo. Heith ha cercato di cancellare
i miei momenti con Samuel,
rimpiazzandolo con te!”
I due si guardarono,
a disagio, per
qualche secondo, finché Jackson non ruppe il silenzio.
“D’accordo,
allora questa è una sorta di
realtà alternativa creata da Heith per vendicarsi di te,
giusto? Come ne
usciamo, però?” chiese, ma gli altri continuarono
a guardarsi con disappunto.
In quel momento, un
foglio comparve tra le
mani della strega, attirando la loro attenzione.
“Cos’è?”
chiese Zack, vedendola leggerlo.
Jade, allora,
spiegò loro la situazione,
mentre le parole si scrivevano da sole sul foglio, come scritte da una
mano invisibile.
“Ok, Heith
e quell’altro tizio hanno usato
un disordinato per spedirci qui, sfruttando la sua capacità
di creare storie.
E’ lui che mi sta scrivendo in questo momento ed è
con Roma, una strega che
Heith tiene ancora in pugno.”
“Come fanno
a comunicare con noi, se
Bonnie e Clayde sono con loro, però?” le chiese
l’altro, perplesso.
“Dice che
sono impegnati a guardare le
nostre realtà in una sfera di cristallo come se fossero un
film. Caspita, spero
di vincere un Oscar, a questo punto! Dio, mi sembra di sentirli ridere
ad alta
voce di tutti noi, in questo momento...”
“Già,
anche io. Comunque, davvero ci sono
altre realtà oltre alla nostra?”
“A quanto
pare, sì. Scrive che ce ne è una
dedicata a me e una a Terence, perchè è noi due
che odiano: Heith per…
beh, lo sai! E l’altro perché Terence da bambino
l’ha rinchiuso assieme a tutti
gli altri nel vaso di Pandora e bla bla bla...”
“Ha davvero
scritto bla bla bla ?”
“Certo che
no! Quello l’ho aggiunto io!
Comunque, sta scrivendo ancora. Dice che, quando torneranno a guardare
nella
mia realtà, dovremo fingere di non aver scoperto nulla e
comportarci come
prima. – a quel punto sollevò il capo verso
l’alto - Non puoi farci passare
alla prossima scena? A casa mia, con la presenza di mia Nonna,
magari?” gridò,
senza tuttavia ricevere risposta.
Dopo pochi secondi,
Zack si avvicinò a lei
e richiamò la sua attenzione: “Jade,
perché gridi al soffitto? Non stai mica
parlando con Dio!”
“Beh, devi
sapere che siano in un libro e
sopra c’è la testa del narratore.
Perciò, dove altro dovrei guardare se non in
alto?”
“Non ha
tutti i torti!” commentò Jackson,
mentre sul foglio comparivano altre parole.
“Ok, ora
Dice che, se ci fa passare alla
prossima scena, Heith non dovrebbe accorgersene, perché, del
resto, dopo aver
compiuto la profezia è a casa di mia Nonna che sono
andata.”
“Ma come fa
a sapere tutte queste cose sul
tuo passato?” le chiese l’altro, confuso, e lei e
Zack, stavolta, risposero
nello stesso istante.
“I
narratori sono onniscienti!”
esclamarono, per poi guardarsi e sorridersi, imbarazzati.
Poi, di colpo si
cambiò scenario e Jade si
ritrovò all’interno di casa sua, da sola.
Intanto, Heith e
Bastian erano ancora
impegnati a guardare nella realtà di Terence, dove per lui
le cose si stavano
mettendo male.
“Come ha
detto
che glielo dobbiamo portare, il grande Bastian? Vivo o
morto?” chiese Brenda a
Marcus, mentre premeva con aggressività la freccia che aveva
appena conficcato
nell’addome di Terence. L’uomo era a terra, sudato
e straziato dal dolore.
“Brenda,
perché
mi stai facendo questo?” le chiese, sussurrando.
“Perché
sono
gli ordini, tesoro!” gli rispose lei, tranquilla, continuando
a premere e
facendolo urlare per il dolore.
Subito dopo, i
due lo condussero al castello, dove lo rinchiusero nelle segrete
assieme ad altri
poveri prigionieri, intenzionati a lasciarlo lì a marcire,
ferito. In fin di
vita, stremato, riuscì tuttavia a notare che nelle celle di
fianco alla sua vi
erano alcune presenze famigliari: Harmony, Foxi, e Zeta.
“Ah, siete
voi... – sorrise - Dobbiamo trovare il modo di andarcene da
qui!”
La giovane
strega lo guardò come se fosse impazzito: “Stai
scherzando?!? Nessuno evade dal
castello del grande Bastian, è impossibile! Comunque, tu chi
sei? Spero almeno
tu sia più socievole degli altri. – tutti quelli
nelle altre celle la
guardarono storto – Non mi parlano e se ne stanno sempre
sulle loro con quei
musi lunghi.”
Terence,
però,
non riusciva a credere a ciò che gli stava accadendo:
“Ma che diavolo sta
succedendo?!? Cosa vi sta prendendo? Noi ci conosciamo!”
“Di che
stai
parlando? Ok, forse quella ferita è più seria di
quanto credessi, visto che sta
vaneggiando...”
Allora
l’uomo
chinò la testa e si arrese, rimanendo accasciato a terra a
guardare il soffitto
sopra di sé.
“E’
un incubo…
– mormorò, chiudendo gli occhi – Ti,
prego, svegliati. Svegliati, Terence,
svegliati…”
Heith
sbuffò, seccata: “Ok, mi sto
annoiando, possiamo tornare a guardare cosa sta facendo Jade?”
Bastian,
però, non era d’accordo: “Ma no,
proprio sul più bello? Stiamo per passare alla scena in cui
verrà giustiziato
per il suo tradimento!”
Intanto,
Roma, che stava ascoltando la
conversazione fra i due, si girò allarmata verso il
narratore: “Oh no, stanno
per tornare a guardare Jade. Devi avvertirla, o Heith si
accorgerà che hanno
recuperato la memoria!” e quello annuì, tornando a
concentrarsi sul libro.
Jade, nel frattempo,
girovagava per casa
sua, in cerca di aiuto.
“Nonna?
– chiamava - Sei qui? Nonna?” e,
finalmente, la vide scendere dal piano di sopra.
Subito le corse
incontro e la abbracciò:
“Oh, Nonna, sono così felice di vederti...
– mormorò, staccandosi da lei -
Ricordi tutto, vero?”
L’altra
annuì: “Si, mi ricordo.”
“Ok,
perchè ero con Zack e Jackson e
abbiamo scoperto di…”
Ma sua nonna non la
lasciò continuare:
“... Heith! Sì, lo so. Cioè, non so
come, ma lo so!”
“Lo sai
grazie al narratore, un
disordinato che ha il potere di creare realtà alternative e
che al momento è
manovrato da Heith e da un servitore del caos sopravvissuto.
E’ stato lui a
metterti queste informazioni nella testa.”
La donna
annuì, convinta: “Dove sono ora
Jackson e Zack?”
“Beh, Zack
in questa realtà ha preso il
posto di Samuel, quindi deduco che sia ai piani alti, pronto per essere
giudicato dal Consiglio. Mentre Jackson, che ha preso il posto di
Terence, dovrebbe
essere sull’isola per incontrare John e consegnarli il cigno
d’argento.”
“Quindi ci
troviamo nel periodo che viene
dopo la prima profezia, giusto?”
“Esatto! E
non dobbiamo perdere altro
tempo, perchè potrei saltare alla prossima scena da un
momento all’altro. Il
narratore sta facendo tutto il possibile per darci un minimo di
vantaggio, ma
prima o poi succederà. Piuttosto, tu hai qualche idea su
come uscire da qui?”
Dana
sospirò, riflettendoci su con
attenzione: “Allora, vediamo… Heith deve aver
usato una magia molto potente per
non permettere a questo narratore di farci uscire da qui,
perciò, se tentassimo
un incantesimo, dovremmo essere almeno tre streghe a
pronunciarlo...”
Mentre parlavano,
però, il foglio con cui
il narratore comunicava con Jade scomparve e la ragazza
intuì subito che erano
nuovamente sorvegliati, così continuò con la
recita di poco prima, abbracciando
sua nonna.
“Nonna, mi
manca così tanto! – finse di
piangere – Cosa gli faranno?”
Quella, ovviamente,
capì immediatamente e
stette al gioco: “Non lo so, bambina, mia. Non lo
so...” e la accarezzò,
quando, all’improvviso, lo scenario cambiò di
nuovo.
Poco dopo, Jade si
ritrovò distesa sulla
passerella di un molo, con lo sguardo rivolto verso il cielo stellato.
Il
foglio le comparve nuovamente fra le mani, facendole capire che non era
più
osservata. Subito, si sollevò, ritrovando alle sue spalle
Jackson, Nina e Noa.Li
fissò per qualche secondo, prima di parlare.
“Ok, in
questa realtà Jackson sostituisce
Terence, Nina sostituisce Faith e Noa, presumo, Brenda.”
La ragazza la
guardò, confusa: “Chi è
questa Faith?” chiese.
“Una strega
che era con me su questo molo
insieme a Brenda e Terence nella storia originale. Io ero in una sorta
di stato
catatonico per via del parassita e Samuel era andato
sull’isola per compiere la
profezia.”
“Quindi
Zack è su quest’isola?”
domandò
Jackson, ma non ricevette risposta, perchè improvvisamente
la ragazza ricevette
dal narratore un messaggio che non la lasciò indifferente.
“Oh mio
Dio!” esclamò, attirando la loro
attenzione.
“Che
c’è?”
“Il
narratore mi ha appena scritto che chi
muore nel libro, lo resterà anche quando usciremo da
qui!”
“E chi sta
morendo di noi?”
“Zack! In
questo momento sta per
incastrare la spada nel cigno, esattamente come fece Samuel. A quanto
pare
Heith non solo vuole cancellare Samuel dai miei ricordi, ma vuole anche
farmi
soffrire nuovamente per un amore irreale.”
Nel sentire le sue
parole, Nina si agitò,
preoccupata: “Oh mio Dio, allora è vivo! Dobbiamo
salvarlo. Subito! Ma
come...?”
A quel punto, Jade
iniziò a sentirsi sotto
pressione: “Accidenti, ero con mia Nonna poco fa, ma quella
stronza deve aver
detto al narratore di farci andare più avanti con la
storia!”
“Quindi?”
“Prima di
arrivare qui, mia nonna mi stava
dicendo che dobbiamo essere almeno tre streghe per tentare un
incantesimo di
fuga. In questo momento, lei dovrebbe essere sull’isola,
perciò, se la
raggiungiamo…”
L’altra la
guardò, confusa: “Aspetta, stai
includendo anche me nel gruppo, per caso?”
“Mi
dispiace... So perfettamente che tu e
le tue sorelle fate uso di un altro tipo di magia,
ma…”
Ma Nina, decisa, non
la lasciò nemmeno
finire: “Sì, d’accordo! –
esclamò - Facciamolo!”
La sua reazione
lasciò la strega molto
sorpresa: “Sicura?”
“Mi sono
già macchiata dopo che Heith ha
sparato a Zack. La mia magia latente, quella che io e le mie sorelle
abbiamo
sepolto dentro di noi e giurato di non usare mai, perché
così avevano fatto
tutte le nostre antenate, è venuta fuori,
perciò… d’accordo, sarò io
la terza
strega che pronuncerà con voi
quell’incantesimo!”
“Ok, allora
prendiamo una di queste barche
e facciamo in fretta. Non vedo disordini in cielo a circondare
l’isola, perciò
Zack non ha ancora incastrato la spada.”
E subito i tre
corsero verso una delle
barche, pronti a raggiungere la fatidica isola in una vera e propria
corsa
contro il tempo.
Intanto, Zack era
arrivato alle porte del
santuario e vi era entrato, scorgendo il cigno su un piedistallo di
pietra.
Poi, era rimasto lì impalato per qualche secondo, spostando
infine lo sguardo
sulla lama della spada che aveva in mano. Subito, sentì che
doveva farlo,
doveva incastrarla nel cigno. Era una forza che non riusciva a
contrastare,
forse perché in quella realtà era destino che
dovesse morire. Un destino che
Heith aveva deciso per lui.
*
Contemporaneamente,
nell’altra realtà, Terence si trovava nella Sala
Grande del castello dei
servitori del Caos sopra il patibolo che era stato allestito
appositamente per
lui e, accanto, il boia, pronto a decapitarlo. La stanza era piena di
servitori
e altri fedeli, entusiasti ed eccitati all’idea di assistere
alla sua fine.
Brenda e Marcus erano fra loro, in piedi in prima fila, sorridenti e
cinici.
Piuttosto che guardarli un secondo di più, Terence decise di
chiudere gli occhi
e aspettare così la sua fine. Era la scelta migliore dal
momento che aveva
perso per sempre la sua amata…
CONTINUA NEL
DICIANNOVESIMO EPISODIO
Testo
a cura di Lady Viviana.
ANGOLO AUTORE: Questo era il
terzultimo appuntamento con la terza stagione, sempre più
vicina alla fine. La prossima settimana ci sarà un doppio
appuntamento con la 3x19 "Riemerge l'oscurità"
Lunedì 12 ottobre e la 3x20 Martedì 13
Ottobre. Buona settimana stregata!
|
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Capitolo 19 *** 3x19-Riemerge l'oscurità ***
CAPITOLO
DICIANNOVE
"The
Darkest Hour"
Jade e i suoi
compagni erano appena approdati sull’isola e la strega
continuava ad alzare gli occhi al cielo, sapendo di essere ancora in
tempo.
“I
disordini non sono ancora arrivati, forse ce la possiamo
fare!” esclamò,
mentre spostavano le piante per farsi strada nella foresta.
“Nessun
forse, ce la faremo a salvarlo!” replicò Nina.
Intanto, Jackson
pensò: “Probabilmente anche Terence è
in pericolo, nella
sua realtà...”
Fortunatamente,
riuscirono ad avanzare abbastanza rapidamente.
“Quando
avremo trovato mia nonna e pronunciato l’incantesimo,
sarà salvo
anche lui. Tutti saremo salvi!” commentò Jade,
poco prima di scorgere
l’ingresso del santuario.
Noa
rimase senza parole di fronte alla quantità di gradini che
lo
separavano dalla vetta: “Sono l’unico a pensare che
non arriveremo mai in
tempo?” chiese, ma non ricevette risposta, perché
le due ragazze stavano già
scalandoli a gran velocità.
Heith,
però, si stava annoiando, così decise di vedere
come proseguiva la sua storia.
“Ok, adesso
tocca a me. Zack sta per morire e io non
voglio perdermi la devastazione negli occhi di Jade!”
Bastian, al suo fianco,
sbuffò, impegnato com’era a guardare nella palla
di vetro l’esecuzione di
Terence: “Adesso? – chiese - Proprio sul
più bello?”
“Il boia
farà rotolare la testa di quell’idiota nella
cesta. Dove sarebbe il colpo di scena?”
Lui
si limitò a sfoderare il suo solito ghigno: “Non
ne sarei così sicuro... Sta a vedere!”
«Il
boia aveva ormai sollevato l’ascia, pronto a dare
all’uomo il colpo di
grazia, quando venne fermato…»
“No,
aspetta, fermati!” lo ammonì
qualcuno: era Brenda, che poi si mosse per raggiungere l’uomo
sul patibolo.
Nel vederla, Terence
riaprì gli
occhi, sorpreso.
“Non devi
ucciderlo. – disse la ragazza,
prendendo l’ascia fra le mani – Lo farò
io!” e la folla esultò, sostenendola
nel suo gesto.
Per Terence non
c’erano più
speranze, ormai, così l’uomo si
rassegnò a quel crudele destino. Perché essere
uccisi dalla propria amata ERA un crudele destino. Così
richiuse gli occhi,
declamando le sue ultime volontà.
“Fai in
fretta, ti prego...” chiese.
Quella rispose, fra
le urla dei
presenti: “Ci metterò lo stesso tempo che hai
impiegato tu per spezzarmi il
cuore: un attimo!” ribatté.
“Non so che
cosa ti sia accaduto o
dove diavolo siamo finiti, ma io volevo soltanto proteggerti, non certo
spezzarti il cuore. Credi forse che mi faccia piacere vederti tra le
sue
braccia?”
Brenda,
però, rispose alle sue
parole cinica e piena di rabbia: “Non mi interessa
più quello che credi!” e
alzò l’ascia, pronta a lasciarla andar via.
“Ti
amo…” sussurrò lui.
“Ammettiamolo,
la mia storia è migliore della tua!”
esclamò Bastian, eccitato per l’epilogo, ma
l’altra,nel sentirlo, sbuffò,
seccata.
“A dir la
verità non mi interessa, voglio soltanto
vedere il mio, di epilogo. Spero che quella stronzetta di Brenda faccia
in
fretta, perchè la sta tirando troppo per le lunghe e io
vorrei cambiare
canale!”
Nel frattempo, Jade e
il suo gruppo arrivarono in cima e subito trovarono, nei
pressi dell’entrata del santuario, la signora Ferguson.
Ovviamente, la ragazza
fu felice di vederla.
“Oh mio
Dio, Nonna, che bello rivederti! – esclamò - Sono
contenta che
questo punto della storia sia rimasto uguale…”
Noa, poco lontano, la
guardò confuso: “Che cosa vorresti dire?”
“Terence,
cioè Jackson, in questa realtà, si sarebbe dovuto
trovare dentro
il santuario per porre fine alla vita di suo padre.”
Il diretto
interessato era sempre più perplesso: “Ma io sono
qui, però!”
ribatté, spostando lo sguardo fra i presenti.
“Evidentemente
Heith non ricorda tutti i particolari di quella notte e ha
saltato qualcosa. Per fortuna, però, mia Nonna è
qui, esattamente dove doveva
essere.”
Intanto, mentre
parlavano, Nina si era avvicinata silenziosamente alle porte
del santuario e aveva provato ad aprirle.
“Accidenti,
sono chiuse!” esclamò, attirando
l’attenzione del gruppo.
Jade, allora, si
avvicinò e cercò di forzarle insieme a lei. Poi,
decise di
rivolgersi direttamente a Zack, che immaginava fosse
all’interno.
“Zack, non
incastrare la spada, aspetta!” gli ordinò.
Poco dopo, Dana le
raggiunse: “Dobbiamo fare l’incantesimo.
– spiegò – E’
inutile fermarlo, perchè non può. Le porte chiuse
sono segno che la storia deve
compiersi con il suo sacrificio.”
La ragazza, allora,
si girò verso Nina: “Sei pronta?” le
chiese, decisa.
“Sì,
sono pronta, ma useremo un mio incantesimo. Quando la magia latente di
una strega Shomia viene risvegliata, inizialmente è molto
potente.”
Le altre due
annuirono.
“D’accordo,
ci serve tutto il potere possibile per uscire da qui!” disse
l’anziana donna.
Improvvisamente,
sentirono dei tuoni e, alzando gli occhi al cielo, videro
che l’arrivo dei disordini era imminente. Subito, Jade si
allarmò.
“Oh no,
Zack deve aver incastrato la spada. Quando i disordini lo
attraverseranno, sarà la fine per lui!”
spiegò, concitata.
Nina si
unì a lei in quella corsa contro il tempo:
“Presto, le mani!”
ordinò loro e subito quelle eseguirono.
“Ora
ripetete insieme a me per tre volte:“Uscites das nuestra
realtea tanas
liberos tua” e quelle ripeterono,
ancora e ancora, mentre Zack, dal lucernario,
osservava i disordini volteggiare sopra il santuario, pronti a scendere
verso
di lui. Brenda, invece, stava per decapitare il povero Terence.
Finalmente, dopo aver
ripetuto la formula per l’ultima volta, tutto divenne
bianco.
Heith si
sollevò dallo schienale della sedia,
osservando meglio la sua palla di vetro, che non mostrava
più nulla.
“Ma che
diavolo è successo?” chiese, ma l’altro
era
perplesso quanto lei.
“Che cosa
hai fatto?” le domandò lui, in risposta.
“Niente,
non ho fatto niente! – rispose, per poi
voltarsi verso il narratore e Roma e chiamarli – VOI! Che
cosa avete
combinato?” e si alzò furiosa.
“Noi non
abbiamo fatto proprio niente!” replicò Roma,
mentre nel narratore si faceva largo il terrore puro.
“Già,
niente!” confermò lui, mentre la strega avanzava
a passi lenti attraverso la stanza, cinica e arrogante come sempre,
evocando
una sfera di fuoco fra le mani.
“Pensate
che sia stupida, o cosa?” sibilò, facendoli
indietreggiare lentamente per la paura.
In quel momento,
però, una moto piombò nel locale
rompendo la vetrina, ma fermando la sua avanzata. Quando la donna
guardò fuori,
vide Jade che la salutava dalla strada.
“Ti
è piaciuto il finale? – le chiese la ragazza -
Fortuna che non ho una buona mira con le moto, anche se è
stato abbastanza per
attirare la tua attenzione.”
L’altra
sorrise, cinica: “Bene, Jade, vedo che alla
fine te la sei cavata anche in questa situazione. Peccato che io,
invece, non
mi arrenderò mai e stai pur certa che, se sei sopravvissuta
a questo, non è
detto che sarà così anche con quello che ho
ancora in serbo per te!”
Ma la ragazza non
parve per nulla intimidita dalle sue
parole: “E’ tutto inutile, lo sai, vero? Non mi
batterai mai, soprattutto ora
che hai perso tutte le streghe che controllavi qui a Morney Hill e che
ti rendevano
più forte, anzi… come me!”
Heith divenne rossa
per la rabbia: “Ti pentirai di
aver detto queste parole!” urlò, ritirandosi
proprio nel momento in cui il
narratore usciva dal locale.
Solo che quando si
accorse di non avere Roma alle
spalle, però, si voltò: “Tu non
vieni?” le chiese, ma quella scosse la testa,
dispiaciuta.
“Non
posso…” mormorò.
“Tu vieni
con noi. ADESSO! Pagherai per aver rovinato
la mia storia!”
Poi, con Roma e
Bastian svanì in una nube bianca,
davanti agli occhi attoniti del narratore. Quello, triste per la sua
amica,
lasciò il locale, trovandosi subito faccia a faccia con Jade.
“Tu devi
essere il narratore!” lo chiamò e lui rispose
con un sorriso.
“E tu devi
essere Jade… Scusa ancora per quello che ti
ho fatto.”
“Perché
dovresti scusarti? Mi hai aiutata! E poi, eri
manovrato da quei due, non avevi scelta.”
“Aspettate
un secondo! – li interruppe Nina, alquanto
perplessa - I disordinati non sono in balia dei disordini?
Com’è che tu sembri
normale?”
“Già,
ottima domanda!” confermò Jade, guardandolo in
attesa di una risposta.
“Roma mi ha
spiegato che il servitore del caos porta
al collo un pendente che gli permette di controllare quelli come me.
Glielo ha
fatto quella donna, Heith.”
“E quello
serve a rendervi innocui, mantenendo
ugualmente le vostre abilità, giusto?”
“Fantastico,
ci aizzato contro un narratore, cosa sarà
il prossimo?” commentò Nina, cinica.
“Non
c’è tempo per pensare ai casting soprannaturali
di Heith con i disordinati rimasti in città, dobbiamo
cercare l’ultimo
contenit…” disse Jade, prima di bloccarsi, vedendo
una scia luminosa
attraversare l’incrocio a poca distanza.
“Oh mio
Dio, quello l’ho già visto!”
esclamò, attirando
l’attenzione degli altri due. Quando quelli si voltarono,
però, non videro
nulla.
“Visto
cosa?” chiesero, ma la ragazza si era già messa
a correre.
“Una scia,
come di qualcuno in grado correre molto,
molto veloce. Mi ha aiutata a tornare nel presente, quando sono finita
nel
futuro.”
I due cercarono
subito di raggiungerla.
“Ma
dobbiamo trovare l’ultimo contenitore!” le
urlò
Nina, faticando a starla dietro.
“Forse
sarà quella scia a portarci da lui,
seguiamolo!” replicò l’altra e
così fecero, senza obiettare.
Nei pressi
dell’accampamento nella foresta, nella zona Est della cupola
Brenda si
risvegliò miracolosamente, suscitando
sollievo nei due uomini che si erano alzati prima di lei. Marcus non
poté
contenere la sua gioia, esattamente come Terence, ma, a differenza di
quest’ultimo, riuscì anche a parlare.
“Brenda,
sei viva! – esclamò - Non sai quanto ne sono
felice!”
Ma lei, che non era
altrettanto entusiasta, non
sollevò lo sguardo, alzandosi da terra. Poi, finalmente
riuscì ad alzarlo,
guardando Terence negli occhi.
“Come hai
potuto farmi una cosa del genere? – gli
chiese - Sentivo che qualcosa non andava, in me, ma pensavo fosse stata
Heith a
procurarmi quel vuoto nel cuore che non riuscivo a spiegarmi e che mi
faceva
stare male. Invece… invece sei stato tu! Hai bevuto una
pozione in modo che io
non potessi più amarti e spezzare il tuo legame con me,
vero?”
Lui distolse lo
sguardo, mortificato: “Cercavo solo di
proteggerti. Non volevo che ti accadesse qualcosa per colpa
mia…”
Brenda rimase
sconcertata da quella rivelazione:
“Accidenti, che uomo maturo che sei, Terence! Soprattutto per
aver fatto tutto
questo alle mie spalle. Cosa credi, che non sapessi a cosa andavo
incontro
quando la signora Ferguson ci ha collegati? Sapevo perfettamente quali
erano le
condizioni e MAI mi sarei tirata indietro, qualunque cosa fosse
accaduta. – poi
scosse la testa, delusa e amareggiata – Terence, non sono
più una ragazzina a
cui sta bene tutto quello che gli altri scelgono per lei. Sono un
adulta che fa
delle scelte in cui crede veramente e, soprattutto, che non si tira
indietro di
fronte alle conseguenze. Io ti amo, anzi... ti amavo! Ora,
però, non crollare
pentito per quello che hai scelto per entrambi, perché ormai
non puoi più
tornare indietro e riparare a quello che hai distrutto per
sempre...” concluse,
pronta ad andarsene.
A quel punto Marcus,
rimasto in silenzio, si avvicinò
a lei: “Ti accompagno ad Alkaban” le propose, ma
quella si scansò.
“Se non ti
dispiace, preferisco andarci da sola. Cosa
vuoi che mi accada in una città deserta?”
replicò, per poi andarsene, lasciando
i due uomini da soli.
Terence, in
particolare, rimase seduto con la schiena
contro un albero, in collera con se stesso per aver sbagliato tutto.
Alkaban
Anche ad Alkaban
tutti si erano risvegliati ed erano
finalmente usciti da quella realtà. Subito, Noa decise di
voler abbandonare
l’edificio per andare in cerca di Wes, ma Dana
provò altrettanto rapidamente a
impedirglielo.
“Ehi, dove
credi di andare?” gli urlò, ma quello
continuò ad allontanarsi, rispondendole senza nemmeno
voltarsi.
“Vado a
cercare Wes!” le spiegò.
“Sei appena
uscito dal coma dopo due giorni. Non è
prudente!”
“Beh,
in The Walking Dead Rick Grimes
ha affrontato un esercito di zombie, dopo essersi risvegliato dal coma,
perciò
sopravvivrò!”
In quel momento
furono raggiunti anche da Jackson ed
Harmony.
“Bene,
siamo tornati tutti!” esclamò, ma Dana gli
lasciò a malapena il tempo di finire la frase.
“Fermalo!”
gli ordinò, indicando il ragazzo.
Il demone,
però, la guardò confuso:
“Perché, Signora
Ferguson?” le chiese, mentre eseguiva l’ordine.
“Vuole
andare a cercare Wes!” spiegò la donna,
osservando Noa cercando invano di divincolarsi.
Jackson, intanto,
guardava perplesso il ragazzo,
trattenendolo a stento: “Ehi, amico, sei impazzito?
– gli chiese - Fuori è
pericoloso!”
“Non mi
interessa, io non abbandono Wes! Probabilmente
è intrappolato da qualche parte e non può
raggiungerci...”
“Intrappolato
nel sottosuolo, vorresti dire...”
commentò Dana, ma quello si rifiutò di crederle.
“Ha bevuto
parecchia pozione immunitaria prima di
andarsene da qui. Me l’avete detto voi! Se Brenda, che
è un essere umano, è
sopravvissuta, allora anche Wes, no?”
Con un sospiro, la
donna si arrese di fronte alla sua
ostinazione e si voltò verso Jackson:
“Accompagnalo, con te avrà più
possibilità di tornare qui vivo.”
Quello ebbe appena il
tempo di annuire, che Harmony si
intromise fra loro: “Vado anche io con loro!”
esclamò, attirando l’attenzione
dell’amico.
“Sei
sicura? – chiese - Heith potrebbe catturarti di
nuovo.”
“Sono
sicura, – replicò quella, decisa - quella
stronza non riuscirà a prendermi di nuovo! E poi, se Noa non
abbandona Wes,
allora io non abbandonerò te!”
Allora, finalmente
tutti d’accordo, i tre lasciarono
l’edificio.
Casa di riposo St.
Montgomery House
Jade, Nina e Rider
arrivarono correndo nei pressi di
una casa di riposo e la strega non poté credere ai suoi
occhi, perchè la
conosceva.
“Non
ricordo mai qual è la strada per arrivare qui.
Questa zona di Morney Hill ha un intreccio di strade che sembra un
labirinto…”
“Ma
dov’è finita quella scia? – chiese Nina,
affannata
- E’ velocissima!”
L’altra le
sorrise, osservando l’edificio di fronte a
lei: “Ovunque sia, ci ha fatto arrivare qui. A farmi
ricordare la strada
giusta.”
“Questo
posto ha un significato particolare per te?”
le domandò Raider, incuriosito.
La ragazza
annuì, lo sguardo perso e gli occhi lucidi:
“Quando sono andata a vivere con mia nonna, lei mi ha fatto
fare praticamente
un tour della città. Ma non dei posti più
esclusivi, solo di quelli che
raccontavano la storia dei miei genitori. In particolare, qui
è dove lavorava
mia madre. Era talmente premurosa, disponibile e solare che, quando
è morta,
questo posto ha preso il suo cognome. Nessuno si occupava di quelle
persone
come lei. Era speciale per tutti coloro che l’hanno
conosciuta...”
A quel punto, Nina lo
osservò meglio, rimanendo
letteralmente senza parole: “Oh mio Dio, Jade, è
lo stesso posto in cui siamo
raffigurate nel dipinto! Quello in cui incontravamo il terzo
contenitore.”
“Già,
le coincidenze non finiscono mai” confermò
l’altra, aguzzando la vista.
Improvvisamente, un
uomo uscì dalla casa di riposo e,
quando vide i tre fuori dal cancello, quasi inciampò per la
sorpresa.
“Allora
c’è ancora qualcuno!”
esclamò, correndo verso
di loro.
“Vi prego,
dovete aiutarmi, non riesco a trovare mia
moglie e mio figlio! – continuò – Sono
appena tornato da un viaggio di lavoro e
non erano a casa, così sono venuto qui perché
solitamente vengono a trovare mia
madre, ma non c’erano. Non c’è nessuno.
Che cosa diavolo sta succedendo?!?”
Dopo essersi
scambiata un’occhiata con gli altri, Jade
decise di prendere la parola: “Ok, si calmi adesso,
d’accordo? Prima di tutto,
come si chiama?”
Quello,
benché ancora molto nervoso, cercò di
tranquillizzarsi: “Mi chiamo George. George Wilson.”
“D’accordo
George, mi stia bene a sentire, allora, ok?
So che le sembrerà strano, ma in questo momento la sua
famiglia, come l’intera
città, ha bisogno di aiuto. Un aiuto che... – poi
si ricordò improvvisamente di
una cosa che lui aveva detto poco prima – Aspetti, ha detto
di aver fatto un
viaggio di lavoro? Fuori da Morney Hill?”
“Evidentemente
i contenitori non sono soggetti alla
magia, Jade. – le suggerì Nina, accanto a lei - Mi
sembra di averlo letto nei
diari delle sorelle levatrici.”
L’uomo le
guardò, confuso: “Sì, sono partito il
23
novembre e sono rientrato oggi. Comunque, di che diavolo state
parlando?
Contenitori, magia… non riesco a seguirvi!”
Ma la strega era
perplessa quanto lui: “23 novembre?
Non può essere partito il 23 novembre, se oggi è
il 18. Forse si sta
confondendo...?”
“Oggi
è il 18 gennaio. Siete per caso evasi da un
manicomio?” ribatté George, guardandole stranita.
A quel punto, Jade
prese il telefono e guardò la data
sullo schermo, rimanendo letteralmente sotto shock: “Ok, da
dove cavolo è
saltato fuori questo salto temporale di tre mesi?” chiese,
più a se stessa che
agli altri.
Nina, invece,
cercò subito di trovare una spiegazione:
“E se dipendesse dal fatto che siamo finiti tutti in una
realtà alternativa?
Magari qui il tempo è andato avanti, mentre noi eravamo
rinchiusi lì.”
“Non mi
è parso sia passato tutto questo tempo e io
non ero nel libro, perciò posso confermarlo.” si
intromise Raider.
“Ok, i
disordini hanno sempre degli effetti
collaterali, magari creare una realtà alternativa ha
assorbito il tempo qui a
Morney Hill... – provò ancora Jade, attirando le
occhiate confuse di tutte -
Non so se mi sono spiegata bene...”
Improvvisamente,
però, l’uomo perse la pazienza e uscì
dal cancello, diretto verso la sua macchina: “Voi siete pazzi
e io devo trovare
la mia famiglia!” esclamò, subito inseguito dal
gruppo.
“So che
sembra tutto così assurdo, ma deve fidarsi di
me e seguirmi. La prego... – lo supplicò la
ragazza, invano, prima di decidere
di giocare la sua ultima carta - So
dov’è la sua famiglia!” urlò,
facendolo finalmente fermare accanto alla portiera aperta, con uno
sguardo poco
amichevole.
“Non
prendermi in giro, ragazzina! Non sulla mia
famiglia.”
“La prego,
mi segua e le spiegherò ogni cosa. Le giuro
che non è uno scherzo. Per favore...”
Lui, però,
non ebbe il tempo di rispondere, perchè una
scossa di terremoto investì la città. Fu
così forte che a stento riuscirono a
mantenere l’equilibrio.
George era
semplicemente sconvolto: “Che diavolo sta
succedendo?!?” urlò, prima che cessasse tutto. A
quel punto, calò uno strano
silenzio, finché, in lontananza, non videro qualcosa
avvicinarsi sempre di più.
Rider fu il primo a prendere la parola, mentre tutti gli altri
cercavano di aguzzare
la vista per capire di cosa si trattava.
“Sbaglio, o
quelle sono persone?” chiese, in cerca di
una conferma.
“Un
esercito di persone” aggiunse Nina, ma Jade fu più
precisa.
“Un
esercito di disordinati!”
Mentre quelli
occupavano tutta la strada, la strega
non perse tempo: “Presto, dentro la casa di riposo.
FORZA!” ordinò al gruppo,
ma, se Nina e Rider obbedirono subito, George rimase fermo in mezzo
alla strada
a fissare la scena. La ragazza, allora, lo prese per un braccio.
“La prego,
signor Wilson, venga con noi, se vuole
rivedere la sua famiglia. Qui fuori è pericoloso, mi
creda!” e quello, senza
parole per ciò che stava accadendo, la seguì
senza obiettare.
Nei pressi della casa
di
Wes
Noa camminava davanti
ai suoi compagni attraverso il
quartiere in cui abitava Wes. Era deciso a ritrovarlo.
“Ok, abita
qui” disse, indicando una casa precisa.
Intanto, Harmony si
guardò intorno, chiudendo il
giaccone per la sensazione di freddo che aveva addosso:
“Questo scenario mi
mette i brividi...” sussurrò pochi attimi che la
scossa di terremoto investisse
anche loro.
Quando
finì, Jackson si guardò attorno, vigile.
“Cosa
è stato?” chiese.
Noa si
voltò verso di lui: “Hanno detto che sotto di
noi ci sono i disordini, no? Forse sono irrequie…
– ma si bloccò prima di
finire, vedendo una folla di persone all’ingresso del
quartiere – Oh mio
Dio!” esclamò, attirando l’attenzione
degli altri.
“Cosa? Che
c’è?” chiesero, per poi seguire il suo
sguardo e capire.
Harmony subito si
spaventò: “Ma... ma sono i cittadini
di Morney Hill?!?”
Il demone,
più pronto, li spinse immediatamente verso
la casa: “Sì, ma hanno qualcosa di strano... Avete
notato il fumo nero ai loro
piedi?”
Stranamente, Noa,
trovò la porta aperta: “Come non
notarla, si muove assieme a loro... Presto, entrate!”
esclamò, chiudendo
immediatamente la porta dietro di loro.
Jackson,
però, non si sentiva ancora tranquillo:
“Credo che chiudere la porta non sarà sufficiente.
– disse loro, guardandosi
intorno, per poi chiedere l’aiuto del ragazzo –
Presto, aiutami a trascinare
qui quel mobile, ok? Dobbiamo bloccare la porta!”
Harmony, invece, era
sempre più nervosa: “Ok, ora mi
sto seriamente spaventando...” sussurrò.
*
Intanto, Brenda,
camminava per le strade della città
deserta, diretta ad Alkaban. Quando avvertì la scossa di
terremoto, si fermò,
con il fiato sospeso. Poi guardò davanti a sé e
rimase letteralmente senza
parole per ciò che aveva di fronte.
“Oh mio
Dio…” mormorò, per poi iniziare a
correre
verso la direzione da cui era arrivata, cercando di non essere
raggiunta dai
disordinati riemersi dal sottosuolo.
Improvvisamente, una
scia luminosa le venne incontro,
fermandosi proprio a pochi passi da lei: si trattava di un ragazzo, che
guardò
sorpreso la folla.
“Accidenti,
sono ovunque!” esclamò, mentre la ragazza
lo guardava spiazzata.
“Ehm…
ciao?”
In quel momento, lui
si accorse di lei e le rivolse un
ampio sorriso: “Oh, ciao! Scusa, ma sei decisamente passata
in secondo piano
con quella folla laggiù che avanza minacciosa verso di
noi...”
In risposta, la
ragazza gli lanciò un’occhiata
confusa: “Ma chi diavolo sei?” chiese.
“Sono
Dustin Laughlin. E tu?”
“Brenda
Jenkins. Comunque, non capisco... cosa saresti
tu esattamente?”
“Non ne ho
la più pallida idea, corro solo molto
veloce!” replicò il ragazzo con disappunto, mentre
la folla si avvicinava
sempre di più.
“Dobbiamo
andare!” le intimò, prendendola per un
braccio, senza darle nemmeno il tempo di reagire, e correndo via come
un
fulmine.
Casa della
Confraternita, ex
sede delle streghe
Heith e Bastian erano
davanti alla casa della
confraternita e osservavano dubbiosi i disordinati avvicinarsi sempre
di più a
loro. Bastian aveva in mano il pendente e sembrava alquanto preoccupato.
“Sei sicura
che riuscirò a controllare anche tutti
loro?” chiese.
“Provaci,
l’ho incantato a questo scopo!” ribatté
lei.
Lui, allora, non
perse altro tempo e lo fece vibrare.
Il pendente subito si illuminò di una luce bianca, creando
di nuovo quel suono
assordante che solo i disordinati potevano udire. Stranamente,
però, la folla
non ne risentì, anzi, respinse immediatamente quel potere
che cercava di
controllarli e Bastian fu letteralmente scagliato a terra assieme al
pendente.
Heith si avvicinò subito a lui per aiutarlo a risollevarsi.
“A quanto
pare i nostri amici sembrano più forti di
quanto pensassi...” commentò.
“Ma cosa
è successo? – le chiese l’altro,
spiazzato,
alzandosi da terra - Perché non riesco a controllarli come
con il narratore?”
“Evidentemente,
quella che abbiamo davanti è oscurità
pura, una tale concentrazione di potere che nemmeno il pendente che ho
incantato può scalfire.”
“Allora
come rimontiamo in sella? Voglio vendicarmi di
Terence!” ribatté lui, determinato.
Heith ci
pensò su qualche secondo, prima di
rispondere: “Aspiri solo alla vendetta? Andiamo, ancora non
ti sei reso conto
che quegli idioti la faranno sempre franca, qualunque cosa noi
facciamo?”
“Eri
così anche tu fino a mezz’ora fa, o
sbaglio?”
“Beh, ci ho
riflettuto e ho scoperto che la vendetta
non è poi così gratificante, dal momento che non
sono mai riuscita a metterla
in pratica nemmeno una volta in tutta la mia penosa vita.
Perciò, perché
aspirare alla vendetta, quando puoi ambire al potere? Sono stata dietro
a
quella stronza per anni e per cosa? Per morire due volte, cercando di
vendicarmi di lei? NO! Adesso basta! Che sia lei a venirmi dietro per
fermarmi!” concluse.
“Cos’hai
in mente?”
“Mesi fa ho
assorbito il potere di un potente libro che
apparteneva ai prescelti. E’ così che ho potuto
controllare tutte quelle
streghe e sviluppare grandi poteri. In realtà,
però, si è trattato soltanto di
una parte di esso e quel che rimane ora è chiuso
all’interno di una clessidra
nel mio ufficio a Brunswick, dove si trova la sede della mia
accademia.”
Bastian
sbuffò, seccato: “Sei davvero un genio,
allora. Peccato che Brunswick si trovi fuori dalla cupola! E poi, a che
ti
servirebbe quel potere?”
“A rendere
più potente il pendente e controllare
totalmente i disordini, no?”
“Niente
male come piano, ma, come ti ho già ricordato,
Brunswick si trova fuori dalla cupola.”
La donna gli sorrise,
un leggero ghigno dipinto sulle
labbra: “Come si vede che mi conosci poco, Bastian... Io sono
strega dalle
mille risorse, sai?” e rientrò nella casa,
lasciandolo a crogiolarsi nel
mistero.
Poco dopo,
però, il ragazzo la inseguì dentro,
raggiungendola proprio mentre entrava nell’enorme soggiorno,
il capo rivolto
verso il soffitto: vi era attaccata la povera Roma, con braccia e gambe
divaricate
e numerose ferite dalle quali colava sul pavimento del sangue.
Heith la
guardò ancora per qualche secondo, prima di
parlare con il suo consueto tono arrogante: “Beh, direi che
la mia punizione
può bastare, anche se avrei dovuto ucciderti per aver
aiutato il narratore ad
annullare la mia realtà alternativa, facendomi umiliare
nuovamente da quella
stronzetta.”
Poi, con la forza
della mente la fece lentamente
scendere, mettendola in piedi davanti a sé e sorriderle.
“In questo
momento, però, mi sento magnanime... –
scoppiò a ridere – Ma chi voglio prendere in giro?
Tu mi servi per ottenere
quello che voglio! Heith non risparmia la vita a nessuno, se non le
serve
qualcosa...” e le mise le mani sulle tempie, facendola
agitare e urlare.
“Ti prego,
lasciami stare... – la supplicò - Che cosa
vorresti farmi?”
Anche Bastian,
appoggiato allo stipite della porta,
non riuscì a nascondere la sua curiosità e si
intromise: “Già, che cosa
vorresti fare?”
“Fare un
giro nella sua testa, no? Più precisamente,
in un suo ricordo: quello di quando si trovava nel mio ufficio a
Brunswick. Mi
infiltrerò in quel ricordo e assorbirò tutto il
potere che ho conservato nella
clessidra. – poi si rivolse nuovamente a Roma, cinica
– Sarà molto reale,
tesoro, perciò farà parecchio male...”
Il secondo seguente
era già dentro la sua testa,
mentre la strega gridava per il dolore.
Casa di riposo St.
Montgomery House
Alla casa di riposo,
Jade e gli altri avevano sbarrato
la porta d’ingresso, ma sembrò non essere
sufficiente perchè improvvisamente le
finestre esplosero e le mani dei disordinati cercarono subito di
penetrare
all’interno. Nina, spaventata, iniziò a gridare.
“Che cosa
facciamo adesso? Stanno entrando!”
Jade, allora, decise
di prendere in mano la situazione:
“Presto, saliamo al piano di sopra, forse ho un
piano!” ordinò loro.
In quel momento,
però, due disordinati riuscirono ad
entrare dalla finestra. I loro occhi erano neri, con ramificazioni
oscure lungo
il viso.
“Ma cosa
diavolo sono?” urlò George, in presa al
terrore.
La strega, allora,
riuscì a buttarne fuori uno con la
telecinesi, ma, quando tentò di fare lo stesso con
l’altro, il suo potere parve
indebolito e quello riuscì a resistere, spiazzandola.
“Ok, piano
B! – prese una sedia a rotelle che si
trovava accanto a loro e la tirò verso il disordinato
– Saliamo, correte!” e
gli altri tre non se lo fecero ripete due volte e la seguirono
immediatamente.
Arrivati al primo
piano, spostarono ogni mobile che
trovavano verso l’ingresso delle scale, ma Nina era
perplessa, così come Rider.
“Sarebbe
questo il piano B? Una sedia a rotelle
buttata contro il nemico e noi che ci barrichiamo con qualche mobile
messo uno
sopra l’altro?”
“No. Il
piano B sei tu! Puoi portarci ad Alkaban con
uno dei tuoi simboli Shomia? Insomma, ci hai portate a casa tua da
lì, puoi
fare anche il contrario, no?”
L’altra
aprì la borsetta e controllò qualcosa, prima
di rispondere: “Beh, ho ancora un po’ di
inchiostro, quindi sì!”
“Bene,
allora fa presto prima che quei mostri ci
raggiungano, ok? Il contenitore deve arrivare sano e salvo ad
Alkaban.”
Nina, allora,
annuì, facendo cenno a Rider di
avvicinarsi insieme a lei a una parete. Intanto, mentre teneva
d’occhio
l’ingresso, Jade vide George seduto a terra con le mani tra i
capelli e volle
andare da lui per dirgli qualche parola.
“Ascolta,
George, so che tutto questo ti sembrerà
assurdo e surreale, ma sta accadendo veramente e devi fidarti di me. Ti
spiegherò ogni cosa e ti prometto che presto riabbraccerai
la tua famiglia,
d’accordo?”
Lui alzò
la testa, serio: “Me lo sentivo che sarebbe
accaduto qualcosa di brutto. L’ho sentito dentro di
me…” mormorò, colpendo
profondamente l’altra con le sue parole.
Nella foresta
Marcus e Terence
stavano camminando lungo lo stesso
sentiero, ma su lati opposti, distanti e taciturni. Il consigliere,
però, ad un
certo punto, decise di rivolgergli la parola.
“Grazie per
avermi accompagnato a recuperare le statue
dei demoni... – gli disse, stringendo forte le piccole
statuette che aveva fra
le mani - Fortuna che Dana mi ha dato questa pozione per
rimpicciolirle, o non
sarei mai riuscito a portarle tutte e tre da solo...”
“Volevo
solo assicurarmi che non le rompessi, visto
che servono per dare a Brenda e gli altri la possibilità di
una vita senza
disordini.”
Marcus
annuì, distratto da qualcos’altro.
“Strano,
non riesco a teletrasportarmi... – mormorò,
perplesso - E’ come se i miei poteri si fossero
indeboliti…”
Terence, non notando
alcun cambiamento in se stesso,
lo guardò altrettanto confuso: “I miei poteri sono
a posto.”
“Beh, forse
perché il tuo essere è collegato ai
disordini. Qualcosa mi dice che sono diventati talmente forti da
interferire
con i miei poteri... – a quel punto, però,
notò che l’uomo non lo stava nemmeno
ascoltando – Senti, non è che per caso potresti
portarmi ad Alkaban, dato che i
tuoi funzionano ancora?”
Quello si
voltò, cinico, lanciandogli un’occhiataccia:
“Non ti porto proprio da nessuna parte, non ho tempo da
perdere per farti da
autista! E poi, io devo trovare Brenda, prima che incontri Heith e si
cacci nei
guai.”
“Beh,
allora queste statue, che servono a dare un
lieto fine alla tua Brenda, potrebbero non arrivare sane e salve, se
dovesse
succedermi qualcosa…”
Sbuffando, Terence si
fermò, allunga la mano verso di
lui: “Ok, dalle a me! – ordinò - Le
porto ad Alkaban e poi vado a cercare a
Brenda, ma, come ti ho detto, non farò il tuo
autista!”
Poi i due rimasero a
guardarsi con espressione seria,
finchè un rumore non attirò la loro attenzione:
una serie di alberi stava
cadendo al suolo e in lontananza si scorgevano degli esseri,
accompagnati da un
fumo nero che aleggiava ad un palmo dal suolo. Marcus, perspicace,
capì subito
di cosa si trattava.
“I
disordinati! E sono tanti!!”
Più
istintivo, l’uomo si guardò intorno circospetto:
“C’è un capanno da quella parte,
muoviti!” gli intimò e subito quello lo
seguì,
in fretta e furia. Una volta dentro, Marcus non perse occasione per
commentare
le armi e le teste di animali appese alle pareti.
“Dev’essere
il capanno di un cacciatore!” commentò, mentre
l’altro scrutava all’esterno attraverso una fessura.
“Non mi
interessa!” esclamò, continuando a guardare.
“Cosa
succede fuori?” gli chiese allora Marcus,
avvicinandosi.
“C’è
una forte oscurità qui fuori, riesco a percepirla
con ogni fibra del mio corpo. Credo che i disordini si siano
completamente
impossessati di questa città e ora siano più
potenti che mai. E’ difficile per
me resistere, dal momento che il mio cuore è spezzato.
L’oscurità potrebbe
benissimo impossessarsi di me da un momento
all’altro...” poi si voltò e
l’altro, scrutandolo, capì.
“In
effetti, non hai un bell’aspetto.
L’oscurità si
sta allargando sul tuo volto, ma credo che non si
impossesserà mai di te, sai?”
L’uomo rise
per l’assurdità di quell’affermazione:
“Sei troppo ottimista, per i miei gusti. –
commentò, prima di tornare arrogante
e scontroso – E comunque non mi interessa cosa credi
tu.”
Marcus,
però, rimase pacifico come sempre: “Ok, ce
l’hai con me per aver baciato Brenda e lo capisco, ma sei tu
ad aver deciso di
lasciarla andare. Cosa credevi, che non avrebbe trovato un nuovo amore?
Che non
sarebbe andata avanti con la sua vita? Che sarebbe rimasta sola come
te?”
“No, certo
che no! Ma è davvero seccante se si rifà
una vita proprio con l’uomo con cui vedo tutti i giorni! E
poi, lo so che le
avevi messo gli occhi addosso già da molto prima!”
“E’
vero, ma non ho fatto nulla, perché sono un uomo
d’onore. E’ stata lei a baciarmi e tra di voi era
completamente finita fin da
quando hai pronunciato quell’incantesimo. Io non ho alcuna
colpa, perciò
assumiti la responsabilità delle tue azioni e non giudicare
quelle degli
altri.”
Terence tacque,
così l’altro proseguì.
“Sai, non
siamo tanto diversi... Quelli come noi non
hanno molte occasioni per scoprire cosa sia l’amore. Tu eri
un servitore del
caos e dovevi dare più attenzione alla tua missione e io, ai
piani alti, dovevo
stare attento alla mia. Non avevo mai provato quel sentimento di totale
travolgimento che si legge nei libri, dove si parla dei grandi amori
che
lottano per sopravvivere e trovare il loro lieto fine. Poi ho
conosciuto Brenda
e ho dovuto lottare contro me stesso perché sapevo che stava
con te e che era
sbagliato provare quei sentimenti, ma ad un certo punto ho smesso di
farlo e
sapevo di non stare facendo nulla di sbagliato, perché,
quando scopri l’amore,
capisci che nulla ha più importanza, nemmeno
l’onore. Alla fine, però, il sogno
svanisce, anche solo per uno sguardo, e ti rendi conto che, nonostante
quella
ragazza sia stata privata della capacità di amare, quella
continui a farlo, ad
amare te. Solo… non completamente.”
Ancora una volta
l’uomo non aprì bocca, lasciando che
Marcus concludesse il suo discorso.
“Lei non
ama me, Terence. Mi sono soltanto illuso che
mi amasse. Se pensi che io sia una minaccia, ti sbagli di grosso:
Brenda ti ama
ancora, nonostante la magia glielo stia impedendo con tutte le sue
forze. C’è
qualcosa che ancora non le permette di dimenticarti e di darle sollievo
ed è
sbalorditivo... Come posso competere io con tutto questo?”
Il volto di Terence,
a quel punto, era tornato
normale, senza traccia di arroganza o cinismo, tanto che si
avvicinò al
consigliere, allungandogli una mano.
“Vieni, ti
porto ad Alkaban!” gli disse.
Marcus gli sorrise:
“C’è ancora speranza per te. Devi
solo capire come rientrare di nuovo nel suo
cuore…” e quello annui, speranzoso,
teletrasportandoli via.
Casa di risposo St.
Montgomery House
Mentre Nina era
impegnata a disegnare il
simbolo necessario per tornare ad Alkaban, Jade non
riusciva a
nascondere la sua impazienza, tanto da chiederle numerose volte a che
punto
era.
“Allora? –
riprovò per la terza volta - I
disordinati potrebbero piombare qui dentro da un momento
all’altro e farci a
pezzi!”
“Ho quasi
finito, devo solo disegnare la porta!”
In quel momento, il
telefono della strega iniziò a
squillare e lei, ovviamente, lo afferrò subito per
rispondere alla chiamata:
“Oh mio Dio, Brenda! – esclamò
- Stai bene? Fuori c’è l’inferno, dove
sei?”
La linea,
però, era disturbata, quindi riuscì solo a
capire qualche parola qua e là: “Sto
ben… bloccat… conosciuto un certo
Dustin Laug… mi sta portando ad Alk… tanti di
quei disor… che stan… bloccando
la strada...”
“Brenda,
non ho capito niente, ma tu devi subito
nasconderti da qualche parte, hai capito? Non tornare ad Alkaban da
sola!” dall’altro
lato, però, non arrivò nessuna risposta.
“Pronto?
Brenda?” chiamò, poco prima che la linea
cadesse.
A quel punto, Jade
non ne poteva più e si avvicinò a
Nina più determinata che mai.
“Forza,
Nina, ci siamo?” la incitò, ma quella, in
piedi davanti alla parete, guardava il muro con aria perplessa.
“Non-non
funziona!” mormorò.
“Come
sarebbe a dire che non funziona?”
“Non
funziona, ma non so perchè!”
Nina era ormai
sull’orlo delle lacrime, così Jade si
morse le labbra per non parlare. Solo dopo diversi secondi si
sentì
abbastanza sicura da prendere la parola.
“Probabilmente
sono i disordini, visto che prima hanno
interferito con i miei poteri... – poi guardò i
quattro angoli della stanza e
alzò le mani – Ok, provo ad isolare la stanza, in
modo che nulla possa
interferire.”
Ma l’altra
non era d’accordo e si preoccupò per lei:
“Jade, è pericoloso! Stai mettendo una sorta di
muro tra i disordini e questa
stanza, non è una cosa da niente!”
“Ci
basteranno solo pochi secondi. Posso farcela!”
replicò la strega, poi si concentrò,
innalzando una specie di rete
invisibile lungo le pareti che man mano si alzò
fino a includere anche il
soffitto, isolando completamente la stanza. Nonostante lo sforzo
disumano,
riuscì a mantenerla e, per fortuna, lo stratagemma
sembrò funzionare.
“Si
è aperta! – le gridò Nina, prima di
voltarsi verso
Rider e George – Presto, entrate!”
ordinò loro e subito quelli eseguirono.
A quel punto anche lei si avvicino alla porta.
“Forza,
andiamo!” gridò alla strega
e quella, indietreggiando per poter tenere la rete di
divisione attiva,
finalmente arrivò alla soglia e abbassò
le mani, annullando l’isolamento.
Infatti, in pochi secondi, i disordinati penetrarono
all’interno, abbattendo
tutto ciò che il gruppo aveva usato per
bloccare il passaggio. Jade,
però, ormai era andata via e la porta magica si era richiusa.
Erano salvi.
Scuola elementare di
Morney Hill
Brenda e il suo nuovo
amico era riusciti a nascondersi
all’interno della scuola elementare. La ragazza aveva ancora
il telefono in
mano e tentava di richiamare la sua amica, ma invano.
“Accidenti,
la linea è disturbata, non riesco a
contattare nessuno!” esclamò, irritata, mentre lei
e Dustin percorrevano un
lungo corridoio.
“Magari
è per via di quella mandria di persone
che c’è fuori.”
Ma lei non
apprezzò la metafora e gli lanciò
un’occhiataccia: “Sono esseri umani, non animali! E
anche tu sei come loro,
anche se non ho ben capito perché tu sia…
sobrio.”
“Sobrio?”
chiese allora quello, più divertito
che confuso.
“Beh,
non mi vengono in mente altri termini, ma
vuol dire che tu sei l’unico che non è stato
toccato dall’oscurità. Loro
sembrano degli zombie, mentre tu hai un aspetto normale.”
Lui ci
rifletté su qualche istante, prima di
rispondere: “Sai, credo di essere stato uno di loro, fino a
poco tempo fa. E’
come se avessi dormito per parecchio tempo e ad un certo punto mi fossi
svegliato, scoprendo di essere diventato super veloce.”
“Sei super
veloce solo grazie al disordine che hai
dentro, perciò non eccitarti troppo!”
Dustin
ignorò il suo commento, lo sguardo perso,
tipico di chi è immerso nei ricordi: “Correre
più veloce del vento è sempre
stato il mio sogno. Faccio gare di motocross nel tempo libero e mi
piace
l’ebbrezza dell’alta velocità, ma
questa… questa cosa che mi è accaduta va ben
oltre. E’ come se entrasse in simbiosi con il mio essere, con
i miei sogni e
che in qualche modo li amplificasse, trasformandoli in
realtà. Ed è… è
strepitoso!”
“Ma quello
che hai dentro è pur sempre un male,
Dustin.” gli ricordò Brenda.
Lui, rattristato da
quella affermazione, non si
accorse che davanti a loro stavano sbucando dei disordinati, ma
l’altra per
fortuna lo avvisò in tempo, indicandoglieli.
“Oh mio
Dio, Dustin!”
Il ragazzo, allora,
la spinse via: “Presto, torniamo
indietro!” le urlò, ma anche dall’altro
corridoio stavano arrivando e i due si
ritrovarono così esattamente al centro della mischia, fermi
in mezzo al
corridoio senza sapere cosa fare. A quel punto, però, Dustin
si avvicinò ad una
porta vicino a loro e, dopo averla presa per un braccio, la
tirò all’interno,
chiudendola dietro di sé e bloccandola con tutto quello che
trovavano. Si
trattava di uno sgabuzzino, perciò Brenda decise subito di
rendersi utile.
“Aiutami a
spostare questo scaffale!” gli ordinò e,
insieme, lo misero davanti alla porta.
Solo pochi minuti
dopo, però, i disordinati stavano
già cercando di buttarla giù e i due ragazzi
erano nel panico, fermi in piedi a
fissare la porta.
“Lo
sai che non reggerà, vero?” le chiese
Dustin, sempre più in ansia.
Lei annuì.
“Sì, lo so.”
Ad un certo punto,
però, Brenda notò qualcosa in alto,
che prima era nascosto dallo scaffale e glielo indicò:
“Un condotto di
aerazione!”
Dustin si
lasciò sfuggire un sospiro di sollievo:
“Ottimo!” esclamò e subito dopo, usando
le mani, fece da scaletta a Brenda, che
rimosse la grata e vi entrò. Poi, lei gli tese la mano,
facendolo arrampicare
vicino a sé. Quando ormai erano dentro, muovendosi a fatica,
a gattoni, udirono
la porta cedere: avevano fatto appena in tempo.
Casa di Wes
Il gruppo era seduto
sul pavimento, in attesa che
fuori si calmasse tutto. Harmony, in particolare, guardava i
disordinati
distruggere tutto fuori dalla finestra, al punto che Jackson la
richiamò.
“Harmony,
togliti dalla finestra, o ci
vedranno!” le intimò e quella sbuffò,
seccata.
“Per
quanto tempo dovremo rimanere qui? I tuoi
poteri non sembrano funzionare, perciò, se dovessero
attaccarci, non potremo
nemmeno difenderci.”
Nel sentire le sue
parole, Noa si sentì in colpa:
“Scusate… E’ colpa mia, volevo a tutti i
costi venire a cercare Wes e
invece qui non c’è proprio nessuno. Probabilmente
è in mezzo a quella folla,
con l’oscurità dentro…”
mormorò, lo sguardo basso.
La strega era triste
per lui: “Mi dispiace, Noa…” gli
sussurrò.
“Eppure ha
bevuto la pozione immunitaria, avrebbe
dovuto salvarlo… - continuò quello - E poi, lui
è un tipo forte, l’oscurità non
sarebbe mai riuscita a prenderlo…”
Improvvisamente, si
udì un rumore provenire dal piano
di sopra e i tre si allarmarono, ma rimasero in silenzio. Dopo pochi
secondi,
però, Jackson si alzò lentamente, prese in mano
un coltello che si era
procurato poco prima in cucina e bisbigliò agli altri due:
“State dietro di me,
ok?” e quelli annuirono, facendo le scale dietro di lui con
estrema cautela.
Tutte le stanze erano aperte, tranne una e Noa chiarì subito
di quale si
trattava.
“E’
la stanza di Wes!” spiegò loro.
Il demone, allora,
continuò a camminare, finchè non
arrivò davanti alla porta, mettendo una mano sulla maniglia.
Poi, dopo aver
preso un bel respirò, iniziò a contare.
“Tre…
due… uno…” e, dopo l’ultimo
numero, con un gesto
rapido la aprì.
A quel punto, tutti
tirarono un sospiro di sollievo,
ma soprattutto la persona spaventata che si ritrovarono davanti con una
mazza
da baseball in mano: Wes. Sorridendo di gioia, Noa corse ad
abbracciarlo.
“Sei
salvo!” esclamò, ignorando le occhiate incredule
dell’altro.
“E
tu sei qui in piedi davanti a me, quando io
ti credevo in ospedale!” replicò Wes, mentre si
staccavano.
“Come puoi
ben vedere dalla finestra, Morney Hill non
è più un luogo sicuro, perciò, non
appena sono arrivato ad Alkaban e non ti ho
trovato, sono corso a cercarti. – sorrise – Non sai
quanto sono contento di
vederti…”
I due continuarono a
scambiarsi sorrisi.
“Mi hai
ritrovato, Jack Harkness!”
“Noi due ci
ritroveremo sempre, Ianto Jones!”
A quel punto, Harmony
non riuscì a tacere oltre e si
intromise fra loro: “Oh, che carini! –
sussurrò, per poi tirare una gomitata a
Jackson, mentre quei due si abbracciavano ancora – Non
trovi?”
“Certo,
ora mi unisco anche a loro!” commentò
quello, sarcastico, guadagnandosi un’occhiataccia.
“Mi
dispiace, ma di Jack e Ianto ce ne sono solo due.”
Scuotendo la testa,
Jackson decise di rivolgersi
direttamente a Wes per avere delle spiegazioni: “Da quanto
tempo sei qui?” gli
chiese e quello si staccò da Noa per rispondergli.
“Da
quando ho lasciato Alkaban. Sono venuto qui
per farmi una doccia e andare in ospedale da Noa, quando ho scoperto
che la mia
famiglia era sparita, così come tutto il vicinato. Poi mi
è sembrato di vedere
uno dei disordinati girare da queste parti, così mi sono
rifugiato in casa con
questa mazza, nel tentativo di mettermi al sicuro. Ho provato a
contattarvi, ma
i telefoni non funzionano e la corrente è andata
via.”
“Già,
- commentò Noa - sta accadendo il finimondo a
Morney Hill! L’oscurità è praticamente
ovunque, ormai!”
Il volto del ragazzo
si incupì per la preoccupazione:
“La mia famiglia e la mia amica Corinne non sono in pericolo
di vita, vero?”
“No no,
certo che no. – lo tranquillizzò il ragazzo -
Quando Jade neutralizzerà i disordini, loro torneranno
normali.”
A quel punto, Harmony
si avvicinò ancora una volta
alla finestra: “Dobbiamo trovare il modo di tornare ad
Alkaban. Presto i
disordinati si accorgeranno che siamo qui! E’ come se noi
fossimo la luce che
tiene ancora in piedi questa città… E
l’oscurità ANNIENTA la luce!”
Jackson, allora, la
raggiunse, mettendole una mano su
una spalla: “Aspettiamo che diminuiscano, poi vedremo come
andarcene da qui,
d’accordo?”
Così i
quattro non poterono far altro che aspettare
che la situazione diventasse favorevole per la fuga.
Alkaban
Jade era tornata da
diversi minuti all’interno
dell’edificio e con sua nonna si trovava nella stanza in cui
custodivano la
cassaforte. La strega aveva in mano la lettera di istruzioni, che
finalmente
aveva rivelato loro il punto successivo.
“Purtroppo
non abbiamo avuto modo di vedere tutti i
dipinti, perché Laurel ci ha posto sopra un incantesimo,
perciò ci atterremo
alla lettera e a quello che ci chiede di fare adesso.”
Dana
annuì, tirando fuori l’arma con i due aghi alle
estremità, dalla cassa: “Facciamoli entrare uno
alla volta nella sala del
Consiglio, d’accordo? Purtroppo, però,
c’è un problema: mancano Harmony e
Jackson, che sono andati con Noa in città a cercare Wes.
Devono fare il test
anche loro!”
La ragazza
sospirò: “Ascolta, nonna, prima di fare
questo test che la lettera di istruzioni ci chiede, vorrei parlare in
privato
con i contenitori. E’ giusto che sappiano cosa stia
accadendo. Non possiamo
usarli e spaventarli solo perché dobbiamo portare a termine
a tutti i costi la
missione. E’ giusto che sappiano perché sono qui.
Capisci, vero?”
L’altra le
sorrise, comprensiva, mettendole una mano
sulla spalla: “Hai perfettamente ragione, vuoi che li faccia
condurre subito nella
sala del Consiglio?”
Lei annui:
“Sì, tranne Mona. E’ solo una bambina e
non
capirebbe. George e la Dottoressa, invece, devono sapere.” e
quella eseguì,
lasciando la stanza, lasciandola sola un attimo insieme ai suoi
pensieri.
Casa della
confraternita,
ex sede delle streghe
Heith era nella mente
di Roma e, più precisamente,
all’interno dei suoi ricordi, quasi come se fosse una
proiezione. Si trovava
nel suo ufficio alla WitchHouse, Roma e Klen erano sedute davanti alla
sua
scrivania e attendevano il suo arrivo. Heith, però,
ignorò i loro discorsi e si
diresse subito verso la clessidra, pronta ad assorbire i poteri che vi
aveva
riposto dentro per tenere in piedi la sua magica accademia. Si trattava
di
quelli presi dal Libro del Bene e del Male, un immenso potere che le
sarebbe
stato sufficiente per controllare i disordini attraverso Bastian e il
pendente.
Improvvisamente, però, si fermò, interessandosi a
quello che Klen stava dicendo
a Roma.
“Quindi
Harmony è un po’ la cocca
della vostra leader, non è così?”
chiese Roma.
“Tamara
non ha una sua preferita,
siamo tutte importanti per lei. Diciamo solo che Harmony è
sempre stata quella
solitaria, quella non molto unita al gruppo, ma almeno con noi ha avuto
una
famiglia su cui contare che le ha permesso di non cadere nel baratro.
Tamara,
infatti, l’ha salvata. A dire il vero, tutte noi abbiamo un
passato da cui ci
ha risollevate, ma credo che Harmony ne abbia passate più di
tutte noi messe
assieme.”
“Che
cosa le è successo?” le
domandò allora l’altra, curiosa.
“Non
parliamo mai dei nostri
segreti con gli estranei, ma… mi fido di te,
perciò… Devi sapere che lei ha un
problema che purtroppo non riesce a controllare, legato al sonno, che
noi
teniamo sotto controllo con un braccialetto. Questo le impedisce di
addormentarsi e, quando sembra farlo, in realtà sta solo
chiudendo gli occhi e
fingendo.”
L’atra
era ormai rapita dalla
storia: “E cosa accadrebbe se non avesse quel braccialetto
addosso? Cosa
accadrebbe se si addormentasse?”
Klen, dopo
qualche secondo di
silenzio, alla fine si decise a rivelarglielo.
Heith uscì
sbalordita dalla mente di Roma e subito
Bastian se ne accorse.
“Hai
assorbito il potere dalla clessidra, vero? – le
chiese - Dalla tua faccia sembrerebbe di si!”
La sua eccitazione,
infatti, era palese:“No. No, no,
non ho assorbito alcun potere, non mi serve. Ho qualcosa di gran lunga
migliore
di quello! – poi la prese e la scosse - Ti sei appena resa
utile, mia cara. Non
hai nemmeno la più vaga idea di quello che hai appena
fatto!” le disse, per poi
smettere di controllarla e lasciarla cadere a terra ferita, a tossire e
cercare
di riprendersi.
Bastian la
guardò, ancora confuso: “Si può sapere
cosa
è successo? Come ti avrebbe aiutata questa strega?”
Sulle labbra di Heith
si dipinse un sorriso malvagio:
“Te lo spiego mentre andiamo a catturare una certa Harmony,
ok? E’ una delle
streghe della congrega che Jade e la sua nuova amica mi hanno portato
via. Non
immagini neanche cosa ho scoperto su di lei…” e
continuò a ridere di gioia,
come se sentisse di avere la vittoria in pugno, mentre lasciavano
insieme
l’abitazione…
CONTINUA NEL
VENTESIMO
EPISODIO
Testo
a cura di Lady Viviana.
ANGOLO AUTORE:
Domani verrà pubblicato anche il capitolo 3x20
"Una corsa contro il tempo", mentre il finale di stagione vi aspetta
Mercoledì 21 Ottobre con doppio episodio. Buona settimana
stregata!
|
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Capitolo 20 *** 3x20-Una corsa verso il passato ***
CAPITOLO VENTI
"It's
a Race Against Time"
Alkaban
Jade era seduta davanti al grande
tavolo nella Sala del Consiglio, quando
George e la Dottoressa entrarono. Erano silenziosi, mentre si
guardavano
attorno con attenzione, ma la ragazza sorrise loro, tranquilla.
“Accomodatevi!”
e quelli eseguirono subito, seppur riluttanti.
La donna, la più
coraggiosa dei due, fu la prima a prendere parola:
“Perché
mi hanno rinchiusa in una stanza non appena sono arrivata in questo
edificio?
Cosa sta succedendo là fuori? Stiamo vivendo una sorta di
attacco terroristico,
per caso? Magari qualcosa architettato dal governo?”
Jade scosse la testa:
“No, niente di tutto questo e lei lo sa
perfettamente. Ha visto un uomo venire risucchiato letteralmente dal
pavimento,
come ha ripetuto in continuazione da quando è arrivata qui.
Perciò no, il
governo non c’entra assolutamente niente.”
“Allora
cos’è? – si intromise allora George - E
dov’è la mia famiglia?”
La ragazza, allora, decise di
essere diretta con loro: “Ascoltate, il mondo
che credevate di conoscere è del tutto diverso da
com’è in realtà. Fino a poco
tempo fa, per voi si trattava di qualcosa di normale ed ordinario. Beh,
non è
così, perché esiste molto di più. Come
la magia.”
All’uomo le sue parole
parvero così assurde che scoppiò a ridere,
ricevendo
in risposta un’occhiataccia. “Non sto raccontando
una barzelletta! – replicò
lei – E comunque, ha visto con i suoi stessi occhi quello che
io e l’altra
ragazza abbiamo fatto alla casa di riposo. Se ve lo state chiedendo,
sì, io
sono una vera strega, con veri poteri e là fuori esistono
demoni, altre streghe
e centinaia di creature sovrannaturali che lottano, chi per il Bene,
chi per il
Male. Noi, IO rappresento il Bene e sto lottando con tutte le mie forze
per
vincere questa battaglia che ormai è arrivata al culmine.
Lottare da sola,
però, non è sufficiente ed è per
questo che voi siete qui.”
“E cosa potremmo mai fare
noi, se quello che dici è vero? – le chiese
allora la Dottoressa, perplessa - Ma, soprattutto, perché
noi? Cos’abbiamo di
speciale?”
Jade, però, non rispose,
limitandosi ad appoggiare sul tavolo alcuni
dipinti, affinché loro potessero vederli. Ovviamente,
entrambi sgranarono
subito gli occhi per la sorpresa.
“Questi dipinti sono
stati realizzati da tre bambini intorno all’anno 1000,
quindi molto, molto tempo fa. Si tratta di dipinti profetici che
riguardano il
futuro e mostrano voi e una terza persona, una bambina di nome Mona.
Tutti e
tre servite ad uno scopo ben preciso che ci porterà
probabilmente alla fine di
questo incubo che ha portato l’apocalisse a Morney Hill e che
potrebbe
estendersi al mondo intero, se non ci aiutate.”
I due erano letteralmente senza
parole, mentre sfioravano delicatamente i
fogli che avevano davanti. Improvvisamente, George sembrò
riconoscere la scena
che lo riguardava.
“Io mi ricordo questo
momento!” esclamò, scatenando la
curiosità di Jade.
“Cosa è
successo?”
“Stavo lavando i piatti e
mia moglie continuava a chiamarmi dalla stanza di
mio figlio, perché non si sarebbe mai addormentato senza la
mia favola della
buonanotte. Ad un certo punto, mentre la avvisavo che stavo salendo, mi
sono
tagliato e, come è giusto che sia, del sangue è
fuoriuscito, ma
all’improvviso…” ma non
riuscì a finire la frase, perchè la Dottoressa,
impressionata, la completò per lui.
“E’ ritornato
dentro la ferita!”
A quel punto, gli sguardi si
concentrarono sulla donna: “Quindi è successo
anche a te?” le domandò Jade, sempre
più incuriosita.
“Sì e non
riuscivo a spiegarmelo. Continuavo a ferirmi, ma il sangue
tornava sempre indietro. Feci anche degli esami, ma tutti mi
dichiararono
perfettamente sana, perciò non riuscivo a capire cosa mi
stesse succedendo. Non
riuscivo a capire cos’ero!”
La ragazza le sorrise, comprensiva:
“Non c’è niente da capire, voi due
siete speciali, ecco perchè.”
George, a quel punto, sembrava
essersi convinto e questo lo spinse a farsi
coraggio: “Moriremo?” chiese, a bruciapelo, e
l’altra abbassò lo sguardo.
“Non lo so, George. So
solo che salveremo questa città e il mondo intero,
ma voi dovrete essere con noi. E’ l’unico modo per
salvare la tua famiglia
dall’oscurità che li ha catturati. – a
quel punto si rivolse anche alla
Dottoressa – E’ l’unico modo per salvare
i vostri amici e le persone a voi
care, ma soprattutto delle vite, come fai ogni giorno...”
Quella, però, parve
persa nei propri pensieri: “Le mie amiche e il mio
fidanzato…” mormorò.
“Esatto! Se deciderete di
aiutarci, lo farete per le persone che amate. Per
salvarle.”
George non ebbe più
dubbi: “Ci sto, voglio farlo!” esclamò e
subito dopo la
donna si unì a lui.
“Anche io. Che cosa
dobbiamo fare?”
Jade fu felice di sentire quelle
parole. Poco dopo, Dana bussò alla porta,
per poi affacciarsi all’interno.
“Siamo pronti?”
chiese.
La nipote annuì, pur
avendo ancora un’ultima richiesta da farle: “Prima
però devo parlare con Tamara e Barnès in privato.
Poi siamo pronti. D’accordo?”
“Ok, te li faccio
chiamare!” replicò subito quella.
Intanto, Nina corse a riabbracciare
Zack e, non appena lo incontrò in un
corridoio, gli saltò letteralmente addosso, baciandolo a
lungo e non dandogli
nemmeno il tempo di reagire. Non appena si staccarono, lui, stordito,
le lanciò
una lunga occhiata.
“E questo per che
cos’era?” chiese, con un sorriso.
“Perché sei
vivo!” replicò lei.
“Beh, ammetto che anche
io sono contento di essere vivo. Ed è solo grazie
al narratore se sono resuscitato, anche se tecnicamente non ero ancora
morto.”
“Lo saresti, se Jade non
ti avesse ibernato.” gli ricordò e sulle sue
labbra si dipinse un sorriso.
“Già,
è sempre grazie a quella ragazza che sono ancora
vivo!” commentò.
Lei, allora, gli prese una mano:
“Vieni, dobbiamo tenere d’occhio i demoni
e le streghe. E’ l’ora dello show!” e
insieme si diressero nella Sala Grande,
dove erano riuniti tutti.
Casa
di Wes
Jackson era ancora di guardia alla
finestra quando notò finalmente un
cambiamento all’esterno dell’abitazione.
“Sembra che siano andati
tutti da un’altra parte, non c’è
più nessuno…”
commentò e subito Harmony si avvicinò a lui per
guardare fuori.
“Ne sei
sicuro?” gli chiese.
All’improvviso,
però, Wes ebbe un cedimento, che attirò
l’attenzione di
tutti e in particolar modo di Noa, che lo strinse a sé per
non farlo cadere.
“Ehi, stai
bene?” gli chiese, preoccupato, ma quello cercò di
farsi forte e
di minimizzare.
“Sì,
sì, è stato solo un attimo. Non
preoccuparti...”
In quel momento, Jackson si
girò e si accorse di loro: “Che cosa sta
succedendo?”
chiese.
“Sono i disordini, ha
bisogno di una nuova dose di pozione immunitaria. –
spiegò Noa – Anche per me è
così. Inizio a sentire la testa pesante e il corpo
debole, perciò dobbiamo correre ad Alkaban al più
presto, o ci uniremo anche
noi al gruppo di zombie oscuri là fuori!”
“Io sto bene,
credo.” commentò la strega, poco convinta, ma
l’altro non
parve colpito dalle sue parole.
“Fino a prova contraria,
tu sei un essere soprannaturale, quindi molto più
resistente rispetto a noi due, che siamo esseri umani.”
A quel punto, Jackson
aprì la porta della camera e fece loro un cenno.
“State tutti dietro di me
e non fate rumore, mi raccomando. Ok?”
Lentamente, scesero tutti al piano
di sotto, che parve loro abbastanza
tranquillo, poi uscirono dall’abitazione e arrivarono in
strada. Allora Jackson
scrutò a destra e sinistra, finchè non fu sicuro
che ci fosse campo libero:
“Ok, ora correremo il più velocemente e
silenziosamente possibile. Se vedete
qualc…” ma non riuscì a finire,
perchè fu interrotto dall’apparizione di fronte
a loro di una nube viola.
Tutti iniziarono ad indietreggiare
spaventati e, pochi secondi dopo, si
rivelò essere Bastian ed Heith. La donna, con sorriso
beffardo, iniziò subito
ad avanzare lentamente.
“Oh, ma guarda, Bastian,
c’è qualche superstite, a quanto
pare...” mormorò.
Subito, Harmony cercò di
avvertire il gruppo: “State attenti, è la strega
pazza di cui vi ho parlato, quella che ha piegato me e le mie sorelle
streghe
al suo volere!” esclamò, in ansia.
Noa, però, non parve per
niente intimidito dalle sue parole, anzi, non
perse nemmeno il suo consueto sarcasmo: “Ah, sì,
mi ricordo di lei. Il guanto
usa e getta dei malvagi… – la donna
cambiò espressione, cercando di non dare a
vedere quanto fosse infastidita – Sai, questo è
soltanto uno dei tanti
nomignoli che Jade e Brenda ti hanno dato...”
“E tu devi essere il
figlio del viaggiatore, che in una scala di importanza
conta meno di zero, dal momento che è stato tuo padre
l’eroe della seconda
profezia...”
“Sarò comunque
citato nei libri di storia accanto a lui e avrò molta
più
importanza di te. Dopotutto, chi diavolo metterebbe il tuo nome e la
tua penosa
storia da invidiosa in un libro? – poi fece un secondo di
pausa, soddisfatto di
averla umiliata – Visto? Sono appena tornato in cima alla
scala, mentre tu…
beh, non ci sei neanche salita!”
La donna, a quel punto, parve quasi
ringhiare dalla rabbia e sembrava non
vedere l’ora di fargliela pagare, ma Bastian fermò
prima quello che riteneva un
patetico teatrino: “Ferma! Sbaglio, o siamo venuti qui per la
ragazza? Smettila
di litigare con quel moccioso e sbrighiamoci!” le
ordinò e subito lei si calmò,
ritornando in breve al suo solito ghigno cinico.
“Hai ragione, non
cadrò mai più così in basso!
– commentò, per poi spostare
lo sguardo su Harmony - Ciao, bellezza, non ci siamo già
incontrate noi due? Ah
già, sei quell’odioso cavallo di troia che Jade e
la sua amica hanno mandato
per rubarmi le streghe!”
Protetta da Jackson, la ragazza
iniziò a indietreggiare in preda a una
strana inquietudine: “Che cosa vuoi da me?”
Ma quella, con un cenno della mano,
le strappò il braccialetto e lo ruppe
in mille pezzi, bruciandoli uno ad uno, dal momento che era fatto di
legno: “Un
dono che mi tornerà molto utile, tesoro...”
Disperata, Harmony si
inginocchiò a terra, disperata, con in mano le ceneri
di ciò che rimaneva.
“NOO! –
gridò - No no no, tu non hai idea di quello che hai
fatto!”
“E invece lo so
perfettamente!” replicò Heith, con un sorriso
compiaciuto,
mentre Jackson la aiutava a rialzarsi.
“Harmony, lascia perdere,
ormai il braccialetto è andato” le
sussurrò.
Noa, intanto, osservava confuso la
scena: “Ma che cosa sta succedendo? -
chiese, confuso, ad un certo punto - A che cosa serviva quel
braccialetto?” ma
non ebbe risposta, perché il demone era troppo impegnato a
evocare una sfera di
energia.
“Bene, un po’
di potere mi è tornato! Giusto in tempo per darti una
lezione!” disse, prima di lanciarla verso Heith. La donna,
però, la rimandò
indietro, buttandolo a terra. Fortunatamente, il ragazzo non si fece
nulla e si
rimise subito in piedi, ma subito dopo quella con un cenno della mano
lanciò
contro di loro una potente onda d’urto, che spinse i tre
ragazzi assieme ad
alcune macchine parcheggiate là vicino contro
l’abitazione di Wes, lasciando
illesa Harmony. Ogni vetro di ogni finestra esplose in mille pezzi,
mentre
nell’aria si diffondeva l’eco di un boato
assordante.
Diversi secondi dopo, Harmony,
inginocchiata a terra con le mani sulle
orecchie e gli occhi appena aperti, si rimise in piedi a fatica,
guardando la
devastazione alle sue spalle, ma Heith catturò nuovamente la
sua attenzione.
“Se fossi in te,
– le disse la donna - inizierei a preoccuparmi seriamente
di me stessa, dal momento che i tuoi amici probabilmente non ce
l’hanno
fatta...” poi evocò uno scettro con
all’estremità una piccola palla di vetro e
la ragazza indietreggiò ancora una volta, spaventata.
“Che
cos’è quello?” chiese, osservandola
avanzare sempre più minacciosa,
puntando lo strano oggetto contro di lei.
“La tua nuova
casa!” esclamò e in un attimo la povera strega
venne
letteralmente risucchiata all’interno dello scettro, che si
illuminò per un
attimo.
A quel punto Bastian, impaziente,
la sollecitò: “Bene, ora possiamo
andare?” domandò.
Heith appariva compiaciuta e
soddisfatta: “Assolutamente sì!” gli
rispose e
in un attimo svanirono entrambi in una nube viola.
Intanto, Noa e Wes erano stesi nel
soggiorno di quest’ultimo, dov’erano
stati catapultati, ricoperti di vetri e graffi insanguinati, mentre
Jackson,
nelle stesse condizioni, era finito in giardino.
Alkaban
Barnès e Tamara giunsero
nella Sala del Consiglio, ma Jade parlò con loro
appena fuori dalla porta, visto che all’interno si trovavano
i due contenitori.
I due, però, le parvero insolitamente silenziosi.
“So che non vorreste
essere qui, che avete tentato in tutti i modi di
fuggire da Alkaban e dalla città e salvare i vostri gruppi,
ma è arrivato il
momento di arrendersi alla realtà dei fatti: siete qui e
dovete aiutarci. Sarò
sincera: non avete altra scelta. Per voi, là fuori, non
c’è scampo! I disordini
sono più potenti che mai e adesso sono in grado di infettare
anche le creature
sovrannaturali. L’unica cosa che potete fare,
perciò, è restare con noi e
contribuire a porre fine a tutto questo.”
La donna parve persuasa dalla sua
parola, ma l’altro era ancora molto
scettico: “Il nostro contributo sarebbe la morte?
Perché è di un sacrificio che
si è parlato fin dall’inizio e ci ha portato a
tentare in tutti i modi di
fuggire.”
“Sei un predestinato,
Barnès. – ribadì Jade, sicura - Credi
che il mio
ragazzo si sia tirato indietro quando ha scoperto di dover morire per
salvare
il mondo intero? NO, non l’ha fatto! Perciò, per
una volta nella tua vita,
cerca di fare la cosa giusta! Diventa un eroe!”
A quel punto, Tamara gli prese la
mano, cercando di convincerlo:
“Facciamolo, Barnès... E’ la cosa
giusta, basta fuggire dal nostro destino!”
Lui la guardò e si
arrese, per poi girarsi verso la ragazza e farle un
cenno d’assenso: “Va bene. Che cosa dobbiamo
fare?”
“Un test!”
replicò quella, suscitando la loro curiosità.
“Che tipo di
test?”
“Pare che non tutti
prenderete parte a questo sacrificio... Non tutti sarete
degli eroi…”
Dopo quelle parole, i due si
fissarono preoccupati, ignari del loro
destino, ma decisi ad andare avanti.
Diversi minuti dopo, era tutto
pronto per eseguire il test. Nella Sala del
Consiglio, ormai piena, erano ora presenti Foxi, Dana, Nina, Jade, Zack
e,
naturalmente, i contenitori. A quel punto, due a volte, entrarono i
demoni e le
streghe. Allora, con in mano l’arma con i due aghi alle
estremità, Jade si
avvicinò ai tre, seduti l’uno accanto
all’altro, in particolar modo a Mona.
“Ehi piccola, adesso
dobbiamo fare una cosa, ma mi devi promettere che non
ti agiterai e che farai la brava, ok? – le disse, gentile -
Ricordi che io e te
dobbiamo salvare il mondo insieme, vero?”
Quella le sorrise:
“Certo, Jade. Sarò bravissima!”
La ragazza ricambiò il
sorriso, tornando al suo strumento, mentre Nina, con
in mano il foglio delle istruzioni, si avvicinava a lei per procedere.
“Allora, sotto allo
strumento ci dovrebbe essere un tasto, che…” e lo
cercò. Una volta trovato, lo premette e l’ago
all’estremità destra sparì,
mentre altri tre comparivano al suo posto. Tutti fissarono quella scena
con il
fiato sospeso e, da parte dei contenitori, un pizzico di tensione,
mentre la
ragazza manteneva la calma.
“Quindi i tre aghi sono
per i contenitori, mentre l’unico rimasto è per il
demone o la strega che devono eseguire il test…”
Nina annuì, continuando
a leggere: “Adesso i contenitori devono stendere il
braccio, avvicinarsi allo strumento e…”
Improvvisamente, però,
gli aghi fuoriuscirono dalla punta conica, a cui
erano attaccati da un filo, e si conficcarono all’interno
della vena dei
contenitori, senza preavviso. A quel punto, cercando di nascondere la
sorpresa,
Jade guardò i primi candidati al test, Dex e Klen.
“Forza, Klen, vieni tu!
– la chiamò - Stendi il braccio accanto allo
strumento e lui farà tutto da solo.”
Quella, benché
intimorita, fece ugualmente un passo avanti e l’ago si
sparò
all’interno della sua vena. Una volta collegati tutti e
quattro allo strumento,
erano pronti per il passo successivo.
“E adesso che cosa
succede?” chiese la ragazza.
“C’è
il test vero e proprio: il loro sangue lentamente fluirà
verso il
cristallo al centro dello strumento. Se questo si colorerà
di verde, vorrà dire
che Klen è compatibile, ma se diventa rosso… beh,
avanti il prossimo!”
Tutti, allora, si misero ad
aspettare con ansia il risultato. Qualche
minuto dopo, il cristallo emise il suo verdetto: verde. Era compatibile.
Klen sgranò gli occhi
per la sorpresa: “Oh mio Dio…”
mormorò, sconvolta,
mentre Jade si avvicinava a lei e le metteva una mano sulla spalla,
comprensiva.
“Vieni,
siediti… Ora tocca alle altre!”
Quella, benché ancora
stordita, annuì, prendendo atto del suo destino.
Dana, intanto, si era affacciata
alla porta per chiamare altri due
candidati: “Sasha, Dex, entrate! E’ il vostro
turno!” e quelli eseguirono
subito, pronti al test.
Intanto, nella zona di Alkaban in
cui erano reclusi i disordinati catturati
nel corso dell’anno, Marcus e Terence avevano appena fatto un
sopralluogo e
stavano commentando la situazione.
“Sono sempre
più irrequieti e vogliono unirsi al resto degli altri in
città. Credo che dovremmo rimanere qui, sai?”
“Ma Brenda non
è ancora rientrata, non posso restare qui!”
replicò Terence,
in preda all’agitazione.
“Lo so, ma Jade si
è sentita telefonicamente con lei, che le ha detto che
sta bene e che non è sola, ma, soprattutto, che sta
arrivando ad Alkaban. Tu
adesso mi servi qui, anche perchè tanto non riusciresti mai
a raggiungerla.
Perciò la miglior cosa da fare è
aspettare”
Benché ancora
combattuto, l’uomo comprese di non avere altra scelta:
“Spero
che riesca a tornare, allora...” mormorò.
Marcus gli sorrise, comprensivo:
“Tornerà, vedrai. E’ sempre stata una
ragazza in gamba!”
Intanto,
in città
Una scia correva per le strade di
Morney Hill nel tentativo di seminare i
disordini: era Dustin Laughlin, il ragazzo super veloce appena
conosciuto da
Brenda che la stava aiutando a raggiungere Alkaban per la strada
più facile
possibile. Ad un certo punto, però, la ragazza gli chiese di
fermarsi.
“Smetti di correre,
smetti di correre!” urlò e subito quello
eseguì, seppur
confuso dalla richiesta.
“Che
c’è?”
Lei scese a terra e gli
indicò un’abitazione proprio accanto a loro:
“Prima
cosa: sono senza fiato. E secondo, laggiù
c’è qualcuno. Ed è ferito!” e
corse
in quella direzione, mentre Dustin cercava di fermarla.
“Aspetta, potrebbe essere
uno di quegli esseri!” le urlò lui, invano.
Quando gli fu vicina, Brenda si
accorse che si trattava di qualcuno di
conosciuto: “Oh mio Dio, è Jackson!”
esclamò, inginocchiandosi accanto a lui e
scuotendolo nel tentativo di svegliarlo.
“Jackson? Jackson, mi
senti?!” chiamò.
Intanto, il ragazzo si era
avvicinato alla casa, con l’intenzione di
entrare attraverso una delle tante finestre rotte: “Ehi, ma
qui dentro ci sono
altre persone!” disse, attirando subito
l’attenzione di Brenda, che si
precipitò a vedere, rimanendo sconvolta nel constatare che
si trattava dei suoi
amici.
“Noa! Oh mio Dio...
– si fiondò immediatamente dentro incurante dei
vetri
per tentare di scuotere anche loro - Noa, svegliati! Wes, anche tu!
Svegliatevi!” chiamò e quelli, lentamente,
aprirono gli occhi, facendole tirare
un sospiro di sollievo. Dustin, da fuori, avvertì
la ragazza.
“Anche l’altro
ragazzo si sta svegliando!” esclamò, facendola
voltare verso
di lui.
“Aiutalo ed
entrate!” gli ordinò.
Intanto, Noa aveva ritrovato
finalmente l’uso della parola: “La mia
testa...” mormorò, subito seguito da Wes.
“A chi lo dici, abbiamo
fatto un bel volo!” commentò.
La ragazza, incuriosita, non
aspettò oltre per interrogarli: “Cosa vi
è
successo, ragazzi? Sembra che siate stati investiti da un
uragano!”
L’amico
ridacchiò: “L’uragano Heith!”
disse e Brenda scosse la testa,
seccata.
“Sempre quella stronza!
Dobbiamo trovare il modo per toglierla di mezzo,
perchè io non la sopporto più! – poi
gli accarezzò la testa, sorridendogli –
Soprattutto se fa del male ai miei amici...”
In quel momento, zoppicando Jackson
li raggiunse, mentre Dustin lo seguiva
subito dopo.
“State tutti
bene?” chiese e gli altri annuirono, per poi fare una faccia
stranita per la presenza del nuovo arrivato.
Naturalmente, fu Noa a parlare per
tutti: “E lui chi è?” chiese, lanciando
all’amica una lunga occhiata.
“Dustin, ti presento Noa,
Wes e Jackson. Ragazzi, lui è Dustin!”
Quelli fecero un cenno con la
testa, ma per il ragazzo non era abbastanza:
“Ok, grazie per le presentazioni, ma con chi
è? non intendevo il
nome, Brenda!”
Ma fu Dustin persona a chiarire
tutti i suoi dubbi: “Lei dice che sono un
disordinato. Solo che, rispetto agli altri, riesco a controllare me
stesso,
cioè… sono normale, insomma. Normale, ma con dei
poteri maligni!”
“Già, dei
poteri molto fichi, aggiungerei... – commentò lei
con un
sorrisino - Lui è super veloce!”
“Come Barry
Allen!” commentò Wes, sorridendo.
“Sì,
– proseguì allora Noa, ancora diffidente, cercando
di risollevarsi dal
pavimento - ma qui siamo a Morney Hill, non a Central City! E Barry
Allen non
ha dentro di sé poteri maligni!”
Dustin lo guardò con
disappunto: “Stai per caso dicendo che non ti fidi di
me?”
Brenda, allora, proruppe in una
risatina isterica, cercando di
intromettersi nella conversazione e risolvere così la
situazione: “Non essere
ridicolo, certo che ci fidiamo di te, mi hai salvata! – poi
si rivolse a Noa e
gli lanciò un’occhiataccia – Vero che ci
fidiamo...?”
Quello ricambiò lo
sguardo: “No, che non mi fido! –
replicò, deciso -
Potrebbe essere controllato da Heith!”
La ragazza, però, non
ebbe tempo di replicare, perchè Jackson fu più
veloce
di loro: “Scusate, ragazzi, odio dovervi interrompere, ma
dobbiamo andarcene da
qui. ORA! Dobbiamo assolutamente farci aiutare per riprendere Harmony,
perciò
non c’è tempo da perdere!”
esclamò e subito gli altri furono d’accordo con
lui.
“Si, ha ragione,
è meglio sgombrare. – commentò Wes -
Non voglio fare un
altro volo ad alta velocità. Sarei andato a Disneyland, se
avessi voluto questo
genere di brivido!”
In poco tempo furono tutti di nuovo
in piedi, anche se con qualche
difficoltà. Jackson, in particolare, fu il primo.
“Prima sono riuscito ad
evocare una sfera di energia, quindi suppongo che i
miei poteri siano meno deboli dal momento che i disordinati si sono
spostati da
questa zona. Posso teletrasportarci. Dai, attaccatevi a me che
proviamo!”
Ma, nel sentirlo, Dustin fece un
passo indietro e questo non sfuggì a
Brenda: “Dai, Dustin, non essere ridicolo, vieni con
noi!”
“Il tuo amico
è stato chiaro!” ribatté quello e Noa,
sentendosi chiamato in
causa, rimarcò la sua opinione.
“Molto chiaro!”
Quando la ragazza si
voltò verso di lui, era semplicemente furiosa: “Il
coma ti ha dato alla testa, per caso? Perchè, se Dustin non
viene, allora non
lo farò nemmeno io. Lui mi ha salvata!”
In risposta, l’amico le
lanciò un’occhiata: “Vuoi davvero
portare un
disordinato ad Alkaban?”
“Alkaban è
pieno di disordinati e poi lui non ci darà problemi come gli
altri.”
“Oh, ma certo, lui
è solo super veloce, no? – replicò Noa,
sarcastico, per
poi tornare serio subito dopo - Hai idea di cosa succederebbe
se il tuo
amico Dustin diventasse come loro? No? Beh, te lo dico io: aprirebbe
tutte le
celle in un flash e noi ci troveremmo con l’acqua alla gola,
dopo tutta la
fatica che abbiamo fatto per rinchiuderli. Anzi, che TU hai fatto per
rinchiuderli…”
Brenda rimase in silenzio e questo
portò Dustin a prendere la sua
decisione.
“Ha ragione, è
meglio togliermi dai piedi…” mormorò,
per poi svanire in una
scia, senza dare a nessuno il tempo di reagire.
“NO, Dustin! –
urlò la ragazza, per poi tornare a posare lo sguardo
sull’amico, arrabbiata – Perché hai
detto quelle cose?”
“Guarda che a farlo
scappare via non sono state le mie parole, ma il tuo
silenzio. E, credimi, è meglio così. Andiamo,
ora!”
Lei sospirò e poi,
benché ancora in collera, si attaccò a Jackson e
il
gruppo si teletrasportò.
Alkaban
Barnès era
l’ultimo a dover essere esaminato e, quando entrò,
la bambina
non nascose la sua insofferenza.
“Un’altra
volta? Vi prego, non ce la faccio più...” li
pregò e Jade si
avvicinò a lei, gentile.
“Mona, solo un ultimo
sforzo, ok? Fallo per me!” e quella, benché
esausta,
annui.
A quel punto gli aghi penetrarono
ancora una volta nelle vene di ciascuno
di loro. Barnès chiuse gli occhi, la testa piena di pensieri
e, quando li
riaprì, non seppe se essere sollevato o meno: non era
compatibile. Non appena
alzò lo sguardo dal cristallo, guardò Tamara che,
al contrario, poco prima
aveva ricevuto l’esito opposto. Forse i due non erano ancora
pronti a dirsi
addio, dopo tutto quello che avevano passato e condiviso insieme da
quando si
erano conosciuti e lo sguardo che si lanciarono fu colmo di malinconia.
Nina, intanto, controllò
ancora una volta il foglio di istruzioni,
accorgendosi di alcuni errori.
“Ok,
c’è qualcosa che non va... Le streghe compatibili
dovrebbero essere
cinque e stessa cosa i demoni.”
Jade la guardò,
perplessa: “Non pensavo ci fosse un numero ben preciso per
il sacrificio…”
“Se quello che dici
è vero, allora ci mancano due streghe e un demone,
giusto?” chiese Foxi, pratico come sempre.
“Ma il test
l’hanno fatto tutti, compreso io!”
esclamò Zack, ma fu Sasha,
una delle streghe compatibili, a svelare loro il mistero.
“Harmony non ha ancora
fatto il test.” ricordò loro, subito seguita da
Dex,
uno dei demoni compatibili.
“Nemmeno
Jackson!”
Proprio in quell’esatto
istante, nella stanza si materializzarono Brenda e
tutti gli altri e Jade fu molto felice di rivederli, anche se per prima
cosa
corse ad abbracciare forte l’amica.
“Per fortuna stai
bene...” le sussurrò.
Intanto, Jackson si guardava
intorno stranito: “Ehi, che cosa sta
succedendo qui?” chiese e subito la strega gli
spiegò la situazione.
“Non
c’è tempo per le spiegazioni, devi sottoporti
subito ad un test! Chi è
compatibile fra voi, prenderà parte al sacrificio.”
Quello sgranò gli occhi,
mentre la ragazza lo accompagnava di fronte allo
strumento: “Wow, che bella accoglienza!”
commentò, poco prima che l’ago si
infilasse dentro il suo braccio.
“Ahi!” si
lamentò.
Pochi secondi dopo, il cristallo
divenne verde.
“Sei
compatibile!” annunciò Jade, ma lui parve
indifferente a quella
rivelazione.
“La mia solita fortuna!
– esclamò, per poi ricordarsi del motivo per cui
era lì - Oh, quasi dimenticavo... Heith ha rapito Harmony!
Come possiamo
salvarla?”
Ma, prima che chiunque potesse
rispondergli, ci fu una nuova, violenta
scossa di terremoto in tutta la città, che quasi fece cadere
tutti a terra.
Jade, allarmata, iniziò
a gridare: “Cosa diavolo sta succedendo, adesso?!?”
Subito, con un cenno della mano,
Foxi attivò un ologramma al centro del
tavolo che mostrava delle immagini proveniente dal confine. Tutti
rimasero
letteralmente a bocca aperta per ciò che videro e solo Nina,
dopo diversi
secondi, trovò il coraggio per commentare.
“I disordinati stanno
abbattendo la cupola per uscire!”
“E con il potere che
hanno, potrebbero anche farcela… – aggiunse Jade -
Il
mondo è spacciato!”
Proprio in quel momento, Dana, che
si era assentata per un po’, fece
irruzione nella stanza: “Avete finito?” chiese e la
nipote, mortificata e senza
più idee, abbassò lo sguardo.
“Nonna, mancano ancora
due streghe e l’unica ad essere rimasta per il test
è Harmony, ma l’ha presa Heith e noi non abbiamo
più tempo… Ed, in ogni caso,
ne mancherebbe comunque una.”
A quel punto, Nina decise di farsi
avanti: “Ci provo io!” propose, ma
subito la signora Ferguson la fermò.
“Non servirebbe a nulla,
cara, perchè non discendi dalla stirpe di
Annabelle. – poi guardò Jade – Non
discendi dalla nostra stirpe.”
La ragazza la guardò,
confusa: “Nonna, di che cosa stai parlando?”
“Quando abbiamo iniziato
i test, mi sono chiesta perché quella strega
sì
e quella no, cos’hanno di così tanto diverso nel
loro sangue da poter
neutralizzare i disordini? Poi ho consultato Zeta entrando
nei suoi ricordi
per dare un’occhiata alla pietra delle profezie e ai nomi di
tutti i prescelti
incisi sopra durante la seconda.”
Non ebbe bisogno di dire altro,
perchè Jade ci arrivò da sola: “I
potenziali prescelti dell’anno scorso! –
esclamò - Non sono dei prescelti veri
e propri, ma discendono comunque dalla nostra stirpe e hanno il nostro
stesso
sangue.”
Dana annui: “Esatto!
Quando ho osservato la pietra delle profezie, c’erano
i nomi di Klen, Sasha, Tamara e Dex, Raul, Jackson, Zane e
Kyle.”
A quel punto la ragazza si
voltò verso lo strumento, decisa:
“Perciò la
quinta strega sono io!”
La donna e Zack si mossero per
fermarla, ma era troppo tardi: l’ago era già
in vena. Con grande sorpresa di tutti, però, il cristallo
divenne rosso.
“Ma-ma... non
è possibile! – commentò lei, perplessa
- Se è compatibile un
potenziale, io dovrei esserlo per forza! So di
esserlo…”
La signora Ferguson, allora,
cercò di spiegare la situazione: “Forse il tuo
sangue non è più puro come in principio, Jade.
Sei morta più di una volta,
dopotutto...”
Quella abbassò lo
sguardo: “E allora cosa facciamo? E’ finita, non si
può
compiere il sacrificio se mancano due streghe!”
Ma l’altra non la
ascoltò, anzi, si fece avanti: “Manca solo una
strega in
realtà, perché…” ma non
finì la frase, perchè il cristallo aveva
già dato il
suo responso: positivo.
“Sono
compatibile” esclamò.
Jade, però,
reagì con indifferenza, gli occhi ormai pieni di lacrime:
“Manca comunque una strega e non è detto che sia
Harmony. Forse questa è
davvero la fine...”
All’improvviso,
però, le ritornò alla mente come un flash una sua
vecchia
conversazione con Rick, avvenuta durante il loro primo incontro.
“Sai,
ho perso anche io una persona cara, diversi mesi
fa…”
Finalmente,
la ragazza si voltò, fissando i suoi occhi
in quelli di lui: “Non cercare di comprendere il mio dolore
confrontandolo con
il tuo!”
“Beh,
sono punti di vista. Per me condividere il
proprio dolore con altre persone che hanno passato la stessa cosa,
rimargina le
ferite dell’anima. O alcune, almeno. Insomma, si sta
leggermente meglio, dopo.”
Fu
soltanto ascoltando quelle parole che Jade si rese
conto che, in quella casa, l’uomo era abbastanza
solo: “Non mi sembra che
tu stia meglio, però. Sei solo e abbandonato quanto me e il
cumulo di giornali
che non hai ritirato dal portico lo dimostra.”
Rick
accennò un sorriso malinconico: “Mi sembra ovvio:
non me la passo bene perché non ho trovato nessuno con cui
condividere il mio
dolore…”
“Chi
hai perso? Se posso chiedere.”
“Probabilmente
l’unica ragazza che io abbia mai amato
davvero. Si chiamava Sophia ed era una strega. L’ho salvata
dalla minaccia di
un disordine, durante la seconda profezia. Lei era una delle tante
prescelte
nominate quell’anno.”
“Sì,
erano molte. Anche io ne ho conosciuta una che mi
ha affiancata nella battaglia, ma… non ce l’ha
fatta…”
“Sophia!”
esclamò, tornando in sé
Tutti i presenti la guardarono
perplessi, Dana per prima: “Di che cosa stai
parlando, tesoro?” le chiese, gentile, ma con una punta di
preoccupazione nella
voce.
“Sophia, la ragazza di
Rick, quella morta nell’incendio del granaio!”
Foxi, finalmente, capì
cosa voleva dire: “Sì, era una prescelta, ma
è morta!”
le spiegò, ma quella insistette.
“Questo lo so, ma
potremmo portarla qui dal passato. Ho già viaggiato nel
tempo, no?”
Ma la donna scosse energicamente la
testa: “Serve molto potere per
viaggiare nel tempo, potere che noi in questo momento non abbiamo a
causa
dell’interferenza
dell’oscurità.”
Jade, nel sentire le sue parole, si
infuriò: “Accidenti, eppure nel futuro
avevo incontrato qualcuno capace di aprire dei varchi temporali. A
quest’ora
dovrei già averlo incontrato…”
mormorò e Brenda, non appena la sentì, si
avvicinò a lei.
“Aspetta, ti riferisci
alla scia di cui mi hai raccontato, per caso? Quella
che ti ha permesso di tornare nel presente?”
Quella annuì e la
ragazza e Noa si lanciarono un’occhiata.
“Beh, noi
l’abbiamo conosciuto! Si chiama Dustin Laughlin ed
è un
disordinato.”
L’amica rimase
letteralmente a bocca aperta per la sorpresa: “Non mi stai
prendendo in giro, vero?” chiese, diffidente.
“No, assolutamente no, ma
Noa non si è fidato di lui e così non
l’abbiamo
portato con noi.”
Jade sbuffò:
“Noa!” lo sgridò, subito seguita da
Brenda.
“Già,
Noa!”
Quello, in risposta,
roteò gli occhi: “Oh, avanti, è sempre
colpa mia!”
esclamò, seccato.
La strega, che non aveva tempo da
perdere, lo ignorò, concentrandosi per
cercare di elaborare un piano d’azione: “Ok, non
è un problema, esco a
cercarlo. Di certo non è con gli altri al confine, quindi mi
sarà facile
trovare la scia.”
Zack la guardò, alquanto
preoccupato: “Stiamo parlando di un viaggio nel
tempo, sei sicura che funzionerà? E poi, sei sicura che
riuscirai a tornare?”
“Penso di sì,
o non avrei scritto un messaggio a me stessa nel futuro.”
Il ragazzo parve finalmente
convinto della sua idea, ma Dana aveva ancora
qualche ultima raccomandazione.
“D’accordo, ma,
prima di andare, dobbiamo prendere qualche precauzione,
affinché
finiate nel posto giusto e possiate ritornare nel posto
giusto.”
A quel punto, Sasha si intromise:
“Io ho quello che fa al caso vostro,
nella mia stanza. Sono la strega che costruisce oggetti magici,
ricordate? Ho
proprio un anello che potrebbe essere utile a questo viaggio.”
L’altra, allora, le fece
cenno di accompagnarla a prenderlo.
Intanto, Foxi, ancora titubante, si
rivolse a Jade per esternarle i suoi
dubbi.
“Lo sai che è
come farla tornare in vita, vero? Strapparla dal suo mondo
normale.”
“Morirà
comunque in questa circostanza, il suo destino non cambia. E poi
tornerà nel suo mondo normale, con la sola differenza che ci
avrà aiutati a
fermare un apocalisse qui.”
Anche le streghe e i demoni
presenti era confusi per la situazione che si
era creata e Tamara decise di prendere la parola anche a nome loro.
“Che cosa vorresti dire
con tornerà al suo mondo normale?”
La ragazza si voltò
verso di loro: “Ah già, voi non conoscete questa
faccenda...– commentò, per poi sorridere loro
– Francamente, mi sento così
sollevata ad aver scoperto che siete dei potenziali. Dovete sapere,
infatti,
che quelli come noi, quelli con il nostro sangue, finiscono in un altro
mondo.
In un mondo normale, senza magia ed è la verità
perché io ci sono stata ed è
così. Questa non è la fine per voi, ma un nuovo
inizio da eroi e là avrete
finalmente una vita vera, non terribilmente assurda e pericolosa come
questa.”
Quelli, nel sentire le sue parole,
si guardarono, sorridendo e Barnès
sembrò quasi triste di non essere uno di loro. Quando lo
notò, Tamara smise di
sorridere, triste per lui. Jackson, invece, era più in
pensiero per l’amica che
felice del suo nuovo destino.
“E di Harmony, invece,
cosa ne sarà?”
“Ti prometto che la
salveremo, ma per il momento uccidiamo un drago alla
volta, ok?”
Lui parve stare per aggiungere
qualcosa, ma l’arrivo di Dana e Sasha lo
fermò. Avevano l’anello, così Jade
lasciò la Sala del Consiglio, diretta verso
l’uscita di Alkaban, accompagnata da sua nonna, Zack, Brenda
e Nina. Davanti
alla porta, la strega diede le ultime istruzioni al gruppo.
“Ora che i disordinati
sono ai confini della cupola, sarà più facile
arrivare
alla caverna senza essere attaccati. Perciò portate i
potenziali nel luogo che
Nina mi ha mostrato nei dipinti e aspettatemi lì, ok? Gli
esseri umani, invece,
rimarranno qui. – gettò uno sguardo a Brenda
– Mi sono spiegata?”
L’altra le si
avvicinò: “Perché io non posso
andare?” chiese.
“Perché sei a
rischio, là fuori. Più ti avvicinerai ai
disordinati, più ti
sentirai la testa pesante e il corpo debole, fino a diventare come
loro. Per
quanta pozione immunitaria tu abbia bevuto,
l’oscurità si sta rafforzando,
perciò tu, Noa e Wes non vi muoverete da qui.
Chiaro?”
Zack, allora, fece un passo avanti:
“E con Heith che cosa facciamo?”
domandò.
“Niente, Zack. Siate solo
discreti nel portare i potenziali alla caverna,
perché lei è ancora in giro. Meglio se ci andiate
in pochi, magari solo tu e
Terence, per assicurarvi che mia nonna e gli altri arrivino sani e
salvi in
quel luogo, ok? – sospirò – Bene, questo
è tutto, auguratemi buona fortuna.
Cercherò di fare il più in fretta
possibile!” e se ne andò, correndo fuori.
Prima che le porte si chiudessero,
però, Brenda le urlò un ultima cosa:
“Si
chiama Dustin Laughlin, non dimenticartelo!” e quella,
facendo solo un cenno
con il braccio per farle capire che aveva recepito il messaggio, si
allontanò.
Il gruppo poté
finalmente iniziare a muoversi, ma Brenda aveva ancora un
ultimo dubbio e si avvicinò a Dana per chiarirlo.
“Dov’è
il narratore?” le chiese.
“Marcus gli ha indicato
una stanza poco dopo il suo arrivo. E’ una di
quelle in cui alloggiavano le streghe nei primi tempi.”
Dopo un attimo, la ragazza
annuì: “Oh, certo, ho capito, grazie!” e
iniziò
a correre, suscitando la curiosità della donna.
“Come mai lo volevi
sapere?” le urlò dietro.
“Devo aggiustare una
cosa!” rispose, per poi dileguarsi, lasciando tutti confusi
per quel suo gesto improvviso.
Intanto,
in città...
Dopo una lunga corsa, Jade
arrivò in città e iniziò a camminare
per le
strade deserte, devastate dal passaggio dei disordinati.
Nell’osservare tale
scenario, non poté non commentare quello che aveva davanti.
“Allora è
questo che ho visto nel futuro…”
mormorò, prima di iniziare a
cercare il ragazzo conosciuto da Brenda.
“DUSTIIIIN? –
chiamò - DUSTIN LAUGHLIN, SEI DA QUESTE PARTI?
DUSTIN!” ma
non ricevette risposta, perciò, sbuffando seccata, riprese a
camminare.
Improvvisamente, alle sue spalle,
apparve qualcuno.
“E tu chi diavolo
saresti?” chiese, facendola girare spaventata.
“Oh mio Dio, non ti ho
sentito neanche arrivare!” esclamò Jade,
mettendosi
una mano sul petto.
“Beh, sì, ho
un passo assai silenzioso, comunque chi sei? –
domandò lui,
perplesso - E come sai il mio nome?”
Con un sorriso, la ragazza
allungò la mano: “Mi chiamo Jade Alison, sono
un’amica di Brenda”
Subito lui gliela strinse e il nome
gli parve famigliare: “Ah, certo, Brenda!
Perchè mi stavi cercando?”
“Brenda mi ha detto che
sei super veloce, è vero?”
“Sì, lo sono.
Allora?”
“Ok, non
so cosa lei ti abbia spiegato di questa faccenda, ma
ci
serve il tuo aiuto per una
cosa…” spiegò, suscitando la
sua curiosità.
“Di che tipo?”
“Un viaggio nel
tempo!”
Dustin scoppiò
a ridere: “Un CHE?!? Spiacente, sono solo un
velocista,
non una macchina del tempo umana. Sono sicuro che tra gli altri
disordinati che
ci sono in giro, ne troverai uno che fa al caso vostro!”
concluse, per poi
voltarsi e andarsene.
La ragazza, però, lo
inseguì, tenendo ben alto in mano un anello dalla
pietra blu: “No, aspetta! Lo vedi questo?”
Il ragazzo gli lanciò
una rapida occhiata: “Sì, quindi?”
“Questo anello
è in grado di quadruplicare il tuo potere, rendendo la tua
velocità… beh, una mai raggiunta da niente e
nessuno al mondo!”
Ma quello, diffidente, si
scansò, scuotendo la testa: “No, grazie. Non
aiuto chi non si fida di me, come i tuoi amici.”
“Ma Brenda si fida e
anche io! – replicò lei, continuando a
seguirlo –
L’hai salvata, ricordi? Ti prego, sei la nostra ultima
speranza... C’è qualcosa
di molto importante nel passato, una persona, che ci serve per vincere
questa
battaglia. Dustin, fermati, ti prego… sono sicura che non
eri un solitario
prima di tutto questo e che in mezzo a quella folla da cui sei fuggito,
ci sono
delle persone a te care...”
Colpito dalle sue parole, Dustin
si fermò e, quando si voltò, il suo
volto era solcato dalla tristezza:
“C’è mia sorella. Lei è
l’unica
che mi è rimasta al mondo… L’ho cercata
ovunque!”
Jade era ovviamente dispiaciuta per
lui: “Sai perfettamente dov’è, Dustin.
E l’unico modo per salvarla è aiutarmi
perché io ho i mezzi per far tornare
tutto alla normalità.”
“E se non ne fossi in
grado? Non ho mai concluso nulla di buono nella mia
vita…”
“Di questo non devi
preoccuparti. L’anello ci porterà dove io voglio.
Tu
devi solo correre, niente di più. Ok?”
Alla fine, il ragazzo, fiducioso
delle proprie capacità, si
convinse: “Dammi quell’anello!”
ordinò, allungando la mano e lei,
sorridendo, non se lo fece chiedere due volte.
Quando se lo infilò,
però, non accade nulla.
“Beh, non succede
nulla?”
Jade rise: “Non
è così che funziona! Dai, prendimi in
braccio!” ordinò
lei, sempre con il sorriso sulle labbra, ma quella richiesta mise il
ragazzo in
profondo imbarazzo.
“C-cosa?”
“In braccio. Devi
prendermi in braccio. Non vorrai mica lasciarmi qui!”
“No, certo che no!
– replicò lui, facendo quanto gli era stato
chiesto – E
adesso?”
La ragazza, allora, mise la mano
sopra la sua, dove c’era l’anello:
“Adesso
devo solo pensare al preciso momento del passato in cui vorrei
giungere… – poi
toccò la pietra blu, che recepì il suo volere
– Fatto, ora tocca a te. Vediamo
quanto sai correre!”
Dustin, facendole
l’occhiolino, si mise in posizione: “Tieniti forte,
ragazza!” esclamò e, pochi
secondi dopo, il ragazzo iniziò a
sfrecciare velocissimo. Talmente veloce che la sua scia
cambiava tonalità,
dal rosso al blu, ed era piena di piccole saette. Una volta
abbattuta la barriera
del suono, di fronte a loro si aprì un varco temporale, nel
quale i due ragazzi
scomparvero immediatamente.
Alkaban
Brenda bussò alla stanza
del narratore, chiedendo il permesso per entrare.
“Scusi, posso
entrare?” chiese, gentile, scrutando l’uomo seduto
sul letto
a contemplare il soffitto.
“Certo, entra pure. Sei
una delle persone che ho intrappolato nel libro,
vero? Brenda, giusto...?”
Quella annuì:
“Sì, sono proprio io.”
“Come mai sei qui? Per
caso vi servo per qualcosa?”
“Veramente no, sono qui
per chiederle un favore per me.”
Incuriosito, l’altro la
incitò a continuare: “Ah sì? E di che
cosa si
tratta?” chiese.
Quando rispose, nella voce
c’era una nota di tristezza: “Ehm, ecco,
sarò
breve… Mi è stata privata la capacità
di amare una persona che un tempo amavo
in una maniera che non credevo possibile, ma non posso porvi rimedio.
Perciò mi
rivolgo a lei... la prego, può fare in modo che io torni ad
amare nuovamente
questa persona?”
Lui rimase molto colpito dalla sua
richiesta e acconsentì: “Ehm, ok, ma
avrei bisogno di qualcosa su cui scrivere. Qualcosa di bianco, di
nullo, di
neutro, insomma.”
Brenda abbassò lo
sguardo: “Mi dispiace, ma qui non ci sono libri con
le pagine bianche, ma... – tese il suo braccio
– potrebbe scrivere sulla
mia pelle. Può andare bene lo stesso?”
L’altro
rimase perplesso dalla sua reazione, ma scrollò le
spalle,
cercando di non pensarci: “Posso provarci, perché
no? Cosa vuoi che scriva
esattamente?”
La ragazza chiuse gli occhi:
“Che Brenda Jenkins possa di nuovo tornare ad
amare Terence, il servitore del caos di cui si è
perdutamente innamorata tempo
fa…”
Pochi secondi dopo, quello
eseguì, ripetendo quella frase nella sua
mente. Subito, le parole iniziarono ad incidersi sul braccio della
ragazza,
scomparendo poi lettera dopo lettera, man mano che la frase si
completava.
Quella magia, però, sarebbe rimasta impressa dentro
di lei per sempre,
assieme alla sua capacità di poter amare di nuovo. Di poter
amare la persona di
cui si era innamorata: Terence.
Quando terminò di
scrivere, Brenda riaprì gli occhi: “Ha
funzionato?”
L’uomo le sorrise,
comprensivo: “Beh, stai sorridendo, perciò...
credo
proprio di sì!”
Sorpresa, si voltò verso
lo specchio appeso alla parete di fianco a lei e
vide quello che c’era sul suo volto: un sorriso felice.
Improvvisamente, si
toccò il petto, sorridendo e ridendo allo stesso
tempo, il respiro
affannoso per via delle emozioni che stava recuperando poco alla volta.
Era di
nuovo innamorata del suo uomo e non poté non ringraziare il
narratore con un
abbraccio per quello che aveva fatto per lei.
“Grazie! Grazie
davvero!” mormorò, mentre quello
ricambiava la stretta,
felice di averla aiutata.
“Non perdere tempo a
ringraziarmi e corri subito da lui!”
“Corro!” replicò
quella, accettando subito il consiglio.
“Per me, invece,
è arrivato il momento di aiutare un’altra persona
in
difficoltà, ancora intrappolata tra le grinfie di quella
malvagia strega.”
Brenda intuì
immediatamente di chi stava parlando: “Sì, Roma,
me l’hanno
detto… Buona fortuna, allora!”
“Buona fortuna anche a
te!” e i due si separarono, perchè era tempo per
il
narratore di dare anche a Roma il lieto fine che meritava.
Otto
mesi prima
In mezzo a un campo di grano si
aprì un varco, da cui, poco dopo, uscì
Dustin, che proseguì per diversi metri fino a frenare. Il
vento che aveva
creato muoveva le spighe e Jade si sistemò i capelli finiti
fuori posto, prima
di scendere a terra e scrutare dubbiosa il paesaggio circostante.
Ovviamente questa reazione non
sfuggì al ragazzo, che le lanciò una lunga
occhiata: “Siamo nel posto giusto, vero?”
“Queste spighe sono
troppo alte, vedi una fattoria, per caso?”
Lui, che era più alto di
lei, cercò di aguzzare la vista per scrutare
l’orizzonte:
“Vedo del fumo e… sì mi sembra
proprio una fattoria!”
Lei si agitò subito
e, sgranando gli occhi, gli artigliò un braccio:
“Oh mio Dio, oh mio Dio!”
urlò, iniziando a correre e trascinandoselo
dietro.
“Che cosa sta
succedendo?!? Rimarremo per sempre bloccati nel passato, per
caso?”
“No! Siamo finiti nel
momento giusto, ma dovevamo arrivare qui diversi
minuti fa. E’ già iniziato!”
farneticò, lasciandolo ancora più confuso.
“Cosa è
iniziato?”
“Lo scontro tra i demoni
e le streghe, quello in cui la ragazza che ci
serve nel presente è morta. Dovevamo arrivare qui con molto
più anticipo!”
Finalmente, Dustin capì
la situazione e, d’impulso, la prese nuovamente in
braccio: “Così faremo prima, tieniti
forte!” le ordinò.
“Ehi, ci stai prendendo
gusto!” commentò lei, strappandogli una smorfia
disgustata.
“Nah, non sei il mio
tipo. Mi piacciono di più le ragazze more.”
Offesa, lei gli
tirò uno schiaffo sulla spalla: “Ma che
sgarbato che
sei! Beh, in ogni caso sono felicemente fidanzata con un ragazzo morto
in
questa vita, ma vivo in un altra, quindi non sei neanche il mio, di
tipo.”
Dustin le lanciò uno
sguardo strano, ma non disse nulla.
“Oh, lascia stare, lunga
storia!” gli disse, liquidando con un gesto
della mano la faccenda e così il discorso
finì lì.
In un secondo, i
due furono all’interno del granaio in fiamme e
subito
Jade scese a terra e, ignorando i rivoli di sudore che le scendevano
lungo la
fronte, iniziò a guardarsi intorno con attenzione.
“Accidenti, questo posto
è una fornace!” esclamò,
mentre anche il
ragazzo faceva la stessa cosa.
“Dove
sarà?” chiese, poco prima
che una trave cadesse
vicinissima a loro, sfiorandoli per poco.
Entrambi tirarono un
sospiro di sollievo, felici per essere riusciti a
scansarsi in tempo.
In quel momento,
però, a Jade parve di udire una
voce: “Ehi, mi è
sembrato di sentire qualcuno, più avanti!” e
insieme corsero a vedere, trovando
una ragazza, anche lei appena entrata nel granaio .
“Grace, sei qui? Presto,
dobbiamo andarcene! – chiamò, prima di
notare
la presenza dei due e bloccarsi, sorpresa - E voi chi
siete?” chiese, poco
prima che un’altra trave, proprio sopra di lei, cadesse.
Fortunatamente, Jade fu rapida a
reagire e, grazie alla telecinesi, riuscì
a spostarla, scaraventandola lontano. Subito, poi, corse a sincerarsi
delle sue
condizioni.
“Sophia, stai
bene?” chiese e quella si toccò
la testa,
frastornata.
“Potevi spostare via la
trave, non me! Era proprio necessario?”
L’altra
abbassò lo sguardo, mortificata: “Scusa,
è successo tutto così in
fretta!”
“Non dovresti lamentarti,
Miss non più morta grazie a noi !”
commentò
Dustin, gettandola ancora di più nella confusione.
“Di che cosa stai
parlando? E come fate a sapere come mi chiamo?”
Jade, allora, la aiutò a
rialzarsi, nel tentativo di prendere tempo: “Ok,
forse è meglio uscire prima che tutto questo soffitto di
fuoco ci crolli
addosso, ok?” e così fecero subito dopo.
Una volta fuori, Sophia
ripeté di nuovo la domanda.
“Come fate a sapere come
mi chiamo? Chi diavolo siete?”
Jade si morse le labbra, ma alla
fine rispose, sapendo di non avere altra
scelta: “Ehm, veniamo dal futuro e tu… beh, tu
saresti dovuta morire in questo
incendio...”
Sophia sgranò gli occhi
per la sorpresa: “COSA?!? Cioè,
sarò… SONO
morta? Non capisco…”
Stavolta fu Dustin,
però, a cercare di spiegarle la situazione:
“Sei
morta nel passato del nostro presente, quindi SEI morta, ma ora non lo
sarai
più tanto se ti riporteremo nel presente, che per
noi che siamo qui
sarebbe il futuro.”
Le due lo guardarono perplesse,
confuse da quel suo ragionamento
contorto.
“Non appena arriveremo
nel mio tempo, ti spiegheremo, d’accordo?” le
promise Jade, ma quella si staccò da loro e
iniziò a indietreggiare.
“Io non vengo proprio da
nessuna parte con voi! Ho la mia vita qui, il mio
ragazzo e poi devo aiutare le mie sorelle streghe a sfuggire al clan
che ci ha
attaccate. Ora che la seconda profezia si è
compiuta, stanno
cercando degli amuleti che possano permettere loro di sfuggire
ai
cacciatori e al Consiglio dei piani alti!”
“Sì, lo
so!” rispose la ragazza, mentre lui fu
più diretto.
“Bel ringraziamento, ti
abbiamo salvato la vita!” commentò.
“E allora? -
replicò quella - Per questo dovrei fare in cambio un
viaggio nel tempo? Un grazie non vi basta?”
“Io non l’ho
ancora sentito quel grazie, però!”
Improvvisamente, udirono un rumore
alle loro spalle: era un demone, Barnès,
con in mano una sfera di energia. Jade subito buttò Sophia
per terra:
“Attenta!” le
urlò, poco prima che la sfera la colpisse
a una
spalla.
“Jade, stai
bene?” le chiese Dustin, preoccupato e lei,
rialzandosi,
annuì, mentre lui rivolgeva uno sguardo poco
amichevole al demone.
“Te ne pentirai,
idiota!” urlò.
“Datemi gli amuleti che
voglio e vi lascerò in
pace!” ribatté l’uomo,
arrogante, ma Dustin, come una scia, corse
verso di lui,
facendolo cadere a terra.
Jade,
intanto, aiutò Sophia che,
però, poco gentilmente, la
rimproverò: “La smetti di buttarmi sempre a
terra?”
L’altra, premendo con una
mano sopra la ferita sulla spalla, si infuriò:
“Ok, adesso prentendo anche io quel grazie, brutta
ingrata! – urlò -
Sembravi molto più simpatica e gentile, dai suoi
racconti…”
Sophia si bloccò e la
guardò in modo strano: “Dai racconti di
chi?”
Ma la ragazza tacque, accorgendosi
di aver parlato troppo: “No,
niente. – minimizzò - Fingi che non abbia
detto niente…”
Intanto, Dustin aveva preso
Barnès per una gamba ed era sfrecciato via, per
poi tornare da loro un attimo dopo.
“Ehi, dove
l’hai portato?” chiese Jade, incuriosita.
“L’ho
abbandonato sul ciglio della strada!” rispose.
Improvvisamente, qualcuno
arrivò verso di loro, ma stavolta non era un
demone.
“Sophia!”
chiamò e, quando Jade si voltò per
osservarlo in viso, le si
illuminarono gli occhi, tanto che le due ragazze, pronunciarono il suo
nome
nello stesso momento.
“Rick!”
Subito Sophia, benché
perplessa per il fatto che anche l’altra sembrava
conoscerlo, corse ugualmente ad abbracciarlo e a baciarlo. Quello era
felice quanto lei di vederla sana e salva e
ricambiò la stretta.
“Pensavo di essere
arrivato troppo tardi, ma stai bene, fortunatamente!”
Dustin, nel frattempo, si era
avvicinato a Jade, rimasta ferma a guardarli,
non sapendo come intromettersi.
“Sarà un
impresa convincerla a venire con noi nel
presente!” le disse
e lei lo guardò, triste, perfettamente
d’accordo.
Casa
della confraternita, ex sede
delle streghe
Era notte, ormai, ed Heith e
Bastian erano tornati nella casa della
confraternita, con lei al settimo cielo, oltre che eccitata per la sua
prossima
opera. Il servitore, invece, era assai confuso sull’intera
faccenda.
“Vuoi spiegarmi
perché abbiamo perso tempo a chiudere quella strega nello
scettro?” chiese.
“Oh, –
replicò lei, voltandosi a guardarlo - ma questo è
molto più di
un semplice scettro, ora che vi ho rinchiuso dentro quella strega!
Grazie a
lei, infatti, avrò tutto il potere che desidero nel palmo
della mia mano.
Ancora non riesco a credere di avercela quasi
fatta…”
Bastian, però, era
impaziente: “Ma dove? Come? E poi, dov’è
finita Roma?
L’avevamo lasciata qui, ferita!”
Ma Heith, indifferente,
sembrò non fare caso alle sue preoccupazioni,
troppo occupata ad accarezzare la sfera di vetro
all’estremità dello scettro:
“Chi se ne importa, ora ho di meglio da fare che pensare a
quella traditrice!
Tanto, ovunque sia, farà parte dell’incubo che le
farò vivere non appena questo
scettro avrà toccato terra.”
E, pochi istanti dopo,
quello scettro toccò davvero terra, azionando
una specie di ondata celeste, che fuoriuscì dalla casa e
investì strade,
palazzi, case e, lentamente, si estese a tutta Morney Hill. Il suono
della
risata della strega, allora, sembrò rimbombare ovunque,
mentre i suoi piani
prendevano letteralmente vita davanti ai suoi occhi…
CONTINUA NEL VENTUNESIMO EPISODIO
Testo
a cura di Lady Vivivana.
ANGOLO AUTORE: E
questo era il penultimo appuntamento con Demon & Witch, non
perdetevi il finale di stagione, con doppio episodio,
Mercoledì 21 Ottobre. Buona settimana stregata!
|
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Capitolo 21 *** 3x21-I sogni di Harmony: L'inizio dell'incubo (Parte I) ***
CAPITOLO VENTUNO
"Harmony's
Dark Dreams:
The Beginning (Part I)"
Alkaban
Dana era pronta a condurre i
potenziali alla caverna
per il rito sacrificale che avrebbe neutralizzato i disordini per
sempre,
perciò, con fra le mani la lettera di istruzioni, in cui era
scritta probabilmente
l’ultima procedura da eseguire, fece ritorno nella Sala del
Consiglio, dove
tutti si erano raccolti intorno al tavolo assieme a Foxi, Zack e Nina,
alquanto
preoccupati. La donna, però, inizialmente non se ne accorse,
anzi, li richiamò
all’azione.
“Forza, ragazzi!
E’ora di muoversi!” li incitò e
quelli si voltarono a guardarla, i volti scuri, perciò Dana
non poté più
ignorare il problema.
“Che
cosa sta
succedendo?” chiese, preoccupata.
Fu il Consigliere a risponderle:
“Jackson ci ha appena
messo al corrente di una cosa…”
“Riguardo
a…?”
Stavolta, fu Jackson a chiarirle la
situazione: “Harmony!
– esclamò, tetro - Quando Heith ci ha attaccati,
ha distrutto il suo braccialetto…”
“Che
non è un
comune braccialetto, - spiegò Tamara – visto che
è stato creato apposta per
lei. Aveva la funzione di inibire il suo sonno e, come effetto
collaterale, anche
il suo potere. Comunque, ne valeva la pena!”
“Quindi
Heith
l’ha presa di mira?” chiese allora Dana, cui ancora
sfuggiva qualcosa.
L’altra, però,
scosse la testa: “No. L’ha rapita con
l’unico scopo di usarla. Contro di noi!”
A quel punto, l’anziana
strega era curiosa e
intimorita per quell’inattesa svolta: “Cosa succede
se Harmony non ha indosso
quel braccialetto?”
“Quando si addormenta,
cade preda di numerosi incubi
che le rendono impossibile risvegliarsi. E l’unico modo per
lei di uscirne, è
essere toccata da qualcuno. Quando succede, quello viene risucchiato
all’interno della sua mente e vive quegli incubi al posto
suo. Tutto ciò,
quindi, le permette di risvegliarsi, ma a spese di chi le sta attorno.
Le prime
vittime di questo suo potere, infatti, sono stati i suoi genitori e suo
fratello che, non vedendola risvegliarsi, provarono a
scuoterla…”
Con gli occhi lucidi, Jackson
abbassò lo sguardo: “Per
questo aveva sempre timore a parlarmene. Se ne vergognava, oltre al
fatto che
quel ricordo la faceva stare male...” mormorò.
“Si sente in colpa da
sempre per quello che ha fatto
ai suoi genitori e a tutte le persone che hanno tentato di
risvegliarla. Per
fortuna, alla fine ha incontrato la nostra congrega e fortunatamente
noi siamo
riuscite ad aiutarla, anche se questo ha significato condannarla a
restare
sveglia in eterno, affinché non possa più nuocere
a nessuno.”
Dana sospirò, indignata,
ma comprensiva: “Ma come ha
fatto Heith a scoprirlo?”
A quel punto, Klen, sempre con lo
sguardo basso, capì
che era arrivato il momento di intervenire: “Credo che sia
stata colpa mia… L’ho
raccontato a Roma e in questo momento lei è con Heith. Deve
averla torturata in
qualche modo e lei, magari per salvarsi, le ha rivelato questa
informazione.”
La donna evitò di
rimproverarla, pensando che
l’avessero già fatto le sue sorelle della congrega.
“Ok,
ma questo
è un potere di contatto, no? Dovremmo toccare Harmony per
finire nei suoi
incubi, perciò non vedo quale sia il problema. Iniziamo ad
avviarci, ok?”
esclamò, sicura.
Allora Nina, finora rimasta in
disparte, la mise a
parte anche dell’ultima scoperta: “Jackson, Noa e
Wes hanno aggiunto anche che
Harmony è stata rinchiusa in uno scettro,
perciò…”
Dana letteralmente
sbiancò: “Oh, beh, questo sì che
è
un problema! Ok, dobbiamo correre alla caverna, allora. ORA! Non
dobbiamo
perdere tempo! Ci isoleremo magicamente da qualunque cosa Heith ci stia
per
scagliare contro, chiaro?” e quelli, annuendo, si prepararono
immediatamente.
*
Intanto, Roma era magicamente
comparsa al centro di
una delle stanze e subito, dopo essersi guardata intorno preoccupata,
aveva
scorto il narratore che la osservava con un sorriso.
“Ehi, sei tu!
Rider!” lo salutò, sorridendo.
“Proprio
io!
Bentornata!”
Incredula, la ragazza si accorse di
non avere più il
marchio al polso: “Ma.. ma… che cosa significa? E
come sono arrivata qui?”
“Mi
basta
narrare per dare un lieto fine a qualcuno. Nel tuo caso, la
libertà!” rispose
lui, tranquillamente e gli occhi di lei si riempirono di lacrime,
mentre
correva ad abbracciarlo.
“Hai fatto sparire anche
le mie ferite. Grazie!” e
quello, spiazzato, rimase lì impalato per diversi secondi,
prima di ricambiare
la stretta, il volto rosso per l’emozione.
*
Poco lontana da loro, Brenda stava
cercando di
raggiungere Terence, quando se lo trovò di fronte
all’altra estremità di un
corridoio. I due, subito, si bloccarono, restando immobili a guardarsi
per
diversi secondi, mantenendo le distanza. Lui, infatti, non sapeva come
reagire,
non capiva perché ce l’avesse davanti,
perché fosse lì, quando lei,
improvvisamente, gli sorrise, spiazzandolo, per poi iniziare a correre
verso di
lui. Un attimo dopo, anche Terence stava facendo lo stesso,
benché ancora
confuso.
“Ma
che…?” chiese,
poco prima che Brenda gli saltasse addosso e lo baciasse con passione,
come
solo una persona innamorata può fare. Un lungo bacio, tenero
e vero.
Quando si staccarono, lui era
ancora più incredulo: “Brenda,
ma tu mi…” iniziò, ma lei
annuì e non lo lasciò finire.
“…
ami di
nuovo? Sì!”
Terence la strinse forte a
sé, gli occhi pieni di
lacrime: “Oh mio Dio, non immagini quanto mi sia pentito di
averti fatto una
cosa del genere e quanto mi senta sollevato nel sentirti dire questo...
Davvero,
non sai quanto. Ti amo come non ho mai amato nessuno in tutta la mia
lunga vita
da servitore del caos e ti prometto che non ti lascerò mai
più andare... Mai più!”
Lei sorrise, felice, ignorando le
lacrime che le
scendevano lungo le guance: “Già, non farlo mai
più, perché non mi sono mai
sentita così sola e vuota in tutta la mia vita come in
questi giorni e solo ora
capisco quanto tu abbia sofferto per quella tua
scelta…”
“E io solo ora capisco
che la mia vita non ha senso se
non ci sei tu a farne parte. Sei tutto il mio mondo, sei il mio cuore,
sei
tutto ciò che ho sempre voluto.. – le prese il
volto fra le mani – Guardo i
tuoi occhi e vedo la luce più luminosa che io abbia mai
visto. Potrei morire
per te... Anzi, morirò davvero, ma sono felice di andarmene
sapendo che tu
vivrai in un mondo migliore, senza il male che ha pervaso questa terra
per
secoli e secoli…”
Ma Brenda, in risposta, gli
sorrise: “Io non ne sarei
così sicuro, sai? Al narratore non ho chiesto un lieto fine
soltanto per noi.
Ho chiesto un lieto fine soprattutto per te, ovvero… - gli
prese il volto,
tenera – Terence, tu non morirai dopo la fine dei disordini.
Continuerai a
vivere e lo farai con me!”
Ridacchiò: “ E
poi, - aggiunse - come diavolo potrà essere
un mondo migliore per me se non ci sarai tu?”
Terence, senza parole, la
baciò ancora e ancora, più
innamorato che mai, mentre una strana ondata celeste li investiva,
senza che se
ne accorgessero. Un’ondata celeste che colpì
l’intera Alkaban e anche il resto
della città.
Otto mesi prima
Jade,
nel
frattempo, era ancora alle prese con Sophia, la ragazza che doveva
assolutamente portare con sé nel presente per compiere il
rito. Proprio in quel
momento Rick, tenendola fra le braccia, le aveva chiesto, sottovoce:
“Chi sono
queste persone?”
“Mi
hanno
salvato la vita, in un certo senso…”
“In
un certo
senso?” commentò Dustin, che non aveva potuto fare
a meno di ascoltare.
A quel
punto, l’uomo si avvicinò a loro e strinse la mano
ad entrambi, riconoscente:
“Grazie. Grazie davvero!” disse loro.
“Finalmente!
– esclamò il ragazzo,
soddisfatto, lasciando un’occhiataccia a Sophia –
Ecco qualcuno di educato!”
Jade,
intanto, stringeva ancora la mano di Rick nella sua, cercando di
controllare il
suo battito impazzito: “Ehm, non abbiamo fatto nulla di che,
figurati!” mormorò,
ricevendo subito un’occhiataccia, sempre da Dustin.
Intanto,
l’uomo aveva fatto ritornato dalla sua amata: “Beh,
dev’essere sempre un nulla
di che, per la prescelta, non è così?”
disse, tranquillo e Dustin, confuso, si
girò immediatamente verso la ragazza.
“Aspetta, ti
conosce?”
Ma
quella lo
ignorò, rivolgendosi direttamente a Rick: “Mi hai
vista ai piani alti, vero?” chiese,
tranquilla.
“Sì, mi
sembra di averti incrociata, una
volta. Congratulazioni per aver vinto la battaglia, a
proposito!”
A quel
punto
Dustin, notando che l’altra si era persa a guardare
l’uomo, le tirò una
gomitata per risvegliarla: “Allora?
– la
sollecitò - Ci sbrighiamo?”
All’altro,
però, non sfuggì il suo gesto: “Oh,
scusate, vi abbiamo trattenuti fin troppo,
immagino...”
Jade
rimase
in silenzio, così il ragazzo decise di prendere in mano la
situazione.
“In
verità, -
spiegò - siamo qui per Sophia. Non è un caso se
ci siamo trovati qui, proprio
nel momento in cui quella trave le stava per cadere addosso.
Uccidendola.”
“Non
capisco… di che cosa stai parlando?”
Fu
Sophia,
però, a spiegargli la situazione: “Dicono che devo
seguirli nel loro tempo. Cioè,
nel futuro.”
Rick,
allora, si voltò verso la prescelta: “E’
la verità?” chiese e l’altra
annuì.
“Perché
deve venire con voi, allora?”
continuò.
“Perché
abbiamo
bisogno del suo aiuto, visto che è una prescelta, come me.
Purtroppo, la
battaglia non è stata vinta come pensavamo e il sangue di
noi prescelte, ora, è
la chiave per neutralizzare i disordini una volta per tutte.”
La
diretta
interessata la guardò, perplessa: “Scusa,
perché proprio io? Ci sono molte
altre prescelte, o sbaglio?”
“Purtroppo,
dove ci troviamo al momento, non ci sono molte prescelte su cui
contare.”
I due
annuirono.
“Suppongo sia
stato il Consiglio a farvi il
suo nome, dal momento che sanno di me e lei…”
aggiunse Rick e Jade decise di
mentirgli.
“Ma certo! Io non
la conosco nemmeno, come
avrei potuto sapere dove trovarla…” si
affrettò a spiegare, per fortuna in modo
abbastanza convincente.
L’uomo,
allora, si voltò verso Sophia: “Puoi fidarti di
loro, amore mio. Io rimarrò qui
ad aspettarti, d’accordo?”
Lei,
allora,
annuì e lo guardò con tenerezza, prima di
accettare di seguirli e baciarlo con
passione. Poco lontano, Jade li osservava triste, perché
dentro di sé sapeva la
verità: quell’amore sarebbe finito lì,
per sempre, appena dopo quel bacio. Alla
fine, comunque, si staccarono e la ragazza poté avvicinarsi
ai due per partire.
Rick,
però,
aveva ancora un’ultima domanda: “Quando me la
riporterete?”
“Presto…
- gli rispose Jade, guardandolo a lungo,
malinconica – Mi dispiace...”
La sua
reazione lasciò l’altro perplesso, ma non ci fu
tempo di aggiungere altro
perché lei, con un cenno della mano, lo bloccò,
scatenando il disappunto di
Sophia.
“Ma
che cosa
stai facendo?!?” le chiese, indignata, mentre quella, con un
altro cenno, lo
faceva risplendere di un riflesso violaceo.
“Non
deve
avere memoria di questo incontro e nemmeno di questa
conversazione!” replicò,
decisa.
“Perché?”
insistette la ragazza.
Jade,
allora, si voltò lentamente verso di lei:
“Perché ci sono cose che non puoi
capire, Sophia. Sai perfettamente
che il
futuro non deve essere compromesso in nessun modo. E adesso
andiamo!” concluse
e quella non aggiunse altro, mentre si preparavano a tornare nel
presente.
Morney Hill
Heith uscì dalla casa
della confraternita e iniziò a
camminare lungo la strada con il suo scettro lucente fra le mani.
Rideva e
volteggiava come una matta, mentre Bastian cercava di correrle dietro e
di
raggiungerla.
“Ehi, aspetta! Vuoi
fermarti un secondo?” le gridò e
subito lei si bloccò, per voltarsi verso di lui, seccata.
“Cosa
c’è?”
“Ancora
non mi
hai detto che cosa sta succedendo… cos’hai fatto?
Pensavo fossimo in due in
questo piano di conquista del potere.”
L’altra roteò
gli occhi: “Ok, vuoi davvero sapere cosa
ho fatto? – sbottò, mostrandogli lo scettro
– Vedi questa palla di vetro?
Dentro ci sono tutti quanti! I disordini, Jade e i suoi amici. TUTTI!
Grazie ad
Harmony, ora ho nelle mie mani il potere di tutti loro, oltre al Male
primordiale.”
“Nelle NOSTRE mani,
vorrai dire.” puntualizzò lui.
La donna lo guardò con
un leggero ghigno dipinto sulle
labbra: “Ricordi quando eri una statua di pietra e io ti ho
detto che erano
stati Jade e gli altri a ridurti così? Beh, non era vero.
Dopo che ci hai
tirate fuori da quella gabbia, infatti, sono stata io a trasformarti in
una
statua di pietra perché io lavoro da sola.”
Ovviamente, all’altro non
sfuggì il suo cambio di
atteggiamento: “Allora come mai hai avuto bisogno di me,
dopo? Anzi, aspetta, lo
so io: perché tu non sei capace di arrivare ai tuoi scopi
senza l’aiuto di
altre persone! Mi rendo conto solo ora che sei soltanto una patetica
nullità…” concluse,
ma, con sua grande sorpresa, Heith nel sentire le sue parole sorrise.
“Hai
ragione,
sai? Io ho sempre bisogno di qualcuno per arrivare ai miei scopi, ma
non sono
una nullità. Perché, quando li raggiungo,
– e sollevò lo scettro, puntandolo
verso Bastian – non ho più bisogno
dell’aiuto di quelle persone. Mai più!”
concluse
e, pochi secondi dopo, quello bruciò fra le fiamme, mentre
lei si godeva le sue
urla, guardandolo sparire per sempre in una nuvola di fumo trasparente.
A quel punto, la strega sorrise, iniziando a girare
su se stessa:
“Sono l’unica rimasta dei cattivi! Uuuh, eccitante!
– esclamò, per poi tornare
in sé e riprendere a camminare, raggiante – Heith
ha vinto, mentre tutti gli
altri hanno perso. Sono la strega più potente adesso e
presto anche il resto
del mondo mi conoscerà! Sono stata umiliata per
così tanto tempo da quella
ochetta bionda di Jade, dai suoi odiosi amici e anche da John e Wolf,
ma, ora,
basta… Heith non verrà mai più presa
in giro da nessuno e, soprattutto, non si
prostrerà mai più a nessuno. Saranno gli altri a
inchinarsi a me. Lunga vita
alla regina del male, da qui
all’eternità!” e rise ancora di
più, malvagia,
mentre il suono di quella risata rimbombava ovunque nella cittadina
ormai deserta.
*
Intanto, non molto lontano dalla
strega, nel bel mezzo
di una stradina, si era aperto un varco da cui, subito dopo, uscirono
Dustin,
Jade e Sophia. Il ragazzo, guardandosi intorno, tirò un
sospiro di sollievo.
“Bene,
l’anello
ha funzionato come si deve. Suppongo che questo sia il nostro
tempo…”
Jade osservò per un
attimo la devastazione intorno a
sé in cerca di una conferma, prima di rispondere:
“Sì, siamo proprio tornati
nel periodo giusto. – poi guardò la data sul suo
telefono – Nello stesso giorno
in cui sono finita nel futuro, il 24 gennaio!”
Dustin la guardò,
perplesso: “Accidenti, il nostro
viaggio nel tempo è durato quasi una settimana!
Com’è possibile se siamo stati
nel passato al massimo un’ora?”
“C’è
un altro disordinato come te, nel mio gruppo. E’
un narratore e tutto ciò che dice si realizza magicamente.
L’unico effetto
collaterale è che i suoi poteri assorbono il tempo,
perciò suppongo li abbia
usati, mentre eravamo via.”
“Chissà
qual è
il mio effetto collaterale, allora. Ammesso che ne provochi uno,
ovviamente…”
In quel momento, la ragazza si
accorse che il luogo in
cui si trovavano le era famigliare.
“Siamo
nello
stesso quartiere in cui sono finita nel futuro…”
mormorò, per poi salire i
gradini di legno del portico più vicino in cerca di qualcosa.
“Strano…”
sussurrò,
attirando l’attenzione di Sophia.
“Cosa?”
chiese.
“Quando
ero nel
futuro, ho trovato un giornale qui, con la data di
oggi…”
Il ragazzo la osservò
nuovamente, sempre più confuso: “Un
giornale con la data di oggi? Strano, visto che la città
è deserta da un bel
po’ di tempo. Dubito che gli addetti alla consegna siano
sopravvissuti
all’oscura apocalisse!” commentò.
“Già,
hai
ragione. Ma allora da dove era spuntato fuori?”
Fu Sophia, però, ad aver
trovato una soluzione: “Beh,
potrebbe essere magicamente
spuntato
fuori…”
Subito, Jade ragionò
sulla sua ipotesi: “Ma certo! –
esclamò, dopo qualche secondo - Io avevo bisogno di scoprire
quella data,
altrimenti non saremmo giunti proprio in questo punto,
perciò... ho creato io
il giornale!”
Poi, stendendo le mani, chiuse gli
occhi e fece
comparire un vero e proprio giornale fra le sue mani. Infine, diede
istruzioni
a Dustin sulla mossa successiva.
“Ok,
io adesso
devo scrivere un biglietto alla me stessa del passato, che sicuramente
sta per
arrivare. Tu tieniti pronto ad aprirle il varco e farla tornare nel suo
tempo, d’accordo?”
e quello annui, mentre Sophia la fissava sconcertata e confusa.
“Wow,
dev’essere dura essere te!” commentò.
“Non
sai quanto!
Ma ti assicuro che questo è niente a confronto di quello che
ho già passato.
Una volta ho vissuto lo stesso giorno più di duecento volte,
quindi sono
abbastanza esperta su tutto ciò che riguarda il tempo.
Piuttosto, - aggiunse,
notando la borsetta che la ragazza portava a tracolla - hai carta e
penna con
te, per caso?”
“Oh, certo!”
rispose l’altra, consegnandoglieli.
Qualche manciata di secondi dopo,
una volta scritto il
messaggio e messo a posto il giornale, Jade le disse: “Bene,
andiamo a nasconderci
adesso, prima che io arrivi e ci veda!” e subito le due
sgattaiolarono via.
Al sicuro, lontano dal quartiere,
le due ragazze
decisero di fare una passeggiata in attesa di essere raggiunte da
Dustin. Fra
le due, però, calò ben presto un silenzio
imbarazzante, rotto solo parecchi
attimi dopo proprio da Sophia.
“Conosci
Rick,
vero?” le chiese, cogliendola di sorpresa.
“Ehm,
sì, cioè
no, cioè… di vista, ai piani alti, come ha detto
lui!” farneticò Jade, confusa
e, ovviamente, per nulla convincente.
“Non
sei
credibile, hai detto troppi cioè . E
poi, ti sei comportata in modo
strano quando eravamo davanti a quel granaio. Perciò:
dov’è lui, adesso?”
Con un sospiro, l’altra
capì di non poter fare altro
che arrendersi: “Lo conosco e siamo stati anche molto amici.
Contenta?”
Negli occhi della ragazza
passò un lampo di terrore
nel sentire le sue parole: “Stati? Jade,
dov’è ADESSO?”
Jade abbassò lo sguardo
e la sua voce, quando rispose,
fu poco più che un sussurro: “E’ stato
ucciso, Sophia. Mi dispiace… E quando
dico che mi dispiace, lo dico dal profondo del mio cuore,
perché era mio amico
e gli volevo molto bene. Ho sofferto tanto per la sua
perdita…”
Sophia scoppiò a
piangere: “Come? Chi è stato?” chiese,
in preda a una vera e propria isterica.
Ma l’altra non ebbe il
coraggio di dirle la verità e
le mentì: “E’ morto esattamente come sei
morta tu: tra le fiamme. Solo che tu
sei qui, adesso. E ad ucciderlo è stata una strega di nome
Heith.”
Quella si asciugò le
lacrime, poi, decisa, sentenziò:
“Voglio tornare da lui. Rispeditemi nel mio tempo!”
Jade, però, scosse la
testa, mortificata: “Non puoi,
Sophia. Ti ho mentito: tu non potrai più fare ritorno nel
tuo tempo, perché
morirai qui.”
Ovviamente, la sua rivelazione
lasciò Sophia sgomenta
e senza parole, tanto che iniziò a indietreggiare,
spaventata: “Di cosa diavolo
stai parlando…?”
“Non solo Rick non
ricorderà del nostro incontro nel
passato, ma, quando si sbloccherà, penserà di
averti persa in quell’incendio,
anche se non troverà mai il tuo corpo.”
La ragazza scoppiò
ancora una volta a piangere: “Perché
l’hai fatto? PERCHE’?” urlò.
“Perché
è così
che doveva andare, Sophia. Non sono tornata indietro per modificare gli
eventi
del futuro, ma per SALVARE il futuro dell’intera
umanità. Non puoi tornare da
lui…”
“E
io allora? –
ribatté quella, arrabbiata - Sono viva, non è un
cambiamento questo?”
“Ma
non lo
sarai ancora per molto. Sei il mezzo perfetto, dato che il tuo destino
non
cambierà e, quindi, la tua assenza dal passato non
modificherà il futuro. Sei
morta nel passato e morirai anche qui, con la sola differenza che ci
aiuterai a
salvare il mondo intero.”
“Quindi io sarei un
mezzo?” singhiozzò la ragazza,
cinica.
“NO! Hai avuto la
possibilità di dirgli addio, una
cosa che per la maggior parte di noi non è possibile e che a
te non è stata
concessa la prima volta. E poi, non potrei riportarti comunque
indietro, perché
tu appartieni ad un altro mondo ormai, dove hai potuto assaporare una
vita del
tutto nuova. Una vita da cui ti abbiamo strappata via e a cui potrai
tornare solo
dopo il sacrificio per il quale ci serve il tuo aiuto.”
Sophia si fermò e la
guardò, confusa: “Un altro mondo?
Un’altra vita? Cos’è, vuoi confondermi,
per caso? Mi stai mentendo ancora una
volta nel disperato
tentativo di avere
il mio aiuto?”
Ma l’altra scosse
la testa: “Tu non lo sai, ma i prescelti hanno una seconda
opportunità rispetto
a tutti gli altri. Gli anni passati a combattere battaglie e a
sacrificarsi per
il bene comune hanno una ricompensa. Infatti, quando essi muoiono,
finiscono in
un altro mondo, uno dove la magia non esiste e dove possono avere una
vita
normale. – sorrise leggermente –
C’è il mio ragazzo lì ed è
tutto vero perché
ci sono stata. Quando abbiamo fermato la tua morte, ti abbiamo fatta
automaticamente
sparire da quel mondo, ma lascia che ti ricordi la vita che avevi
lì, ok?”
Poi, si avvicinò ancora
di più e mise le mani sulle
sue tempie. Sophia, con sua grande sorpresa, si lasciò
toccare, chiudendo gli
occhi, pronta a ricevere quei ricordi. Dopo qualche secondo il suo viso
fu
solcato da un vortice di emozioni positive e le lacrime iniziano a
scorrerle
lungo le guance. Alla fine, dopo un tempo che parve lunghissimo,
riaprì gli
occhi e sorrise.
“Ho
una figlia!
– esclamò - Ricordo tutto quanto... ogni momento
della vita passata in quel
mondo. – poi tornò seria e sul suo volto si
dipinse la confusione – Com’è
possibile che io sia sparita da quel mondo, se in esso non vi
è magia, però?”
chiese.
“Ancora
non ho
capito come funziona, ma pare che il nostro mondo sia in grado di avere
potere
su quello, ma non viceversa.”
Soddisfatta, Sophia si
asciugò per l’ennesima volta le
lacrime: “Devo tornare al più presto da mia figlia
e da mio marito. E’ pazzesco!
Fino ad un attimo fa Rick era tutto il mio mondo e ora è
come se l’avessi
dimenticato da tempo e abbia accettato la mia morte in questo mondo e
l’aver
abbandonato le persone care che avevo qui. Come se fosse davvero
passato molto
tempo, mentre un attimo fa era semplicemente… un
attimo!”
Comprensiva, Jade le mise una mano
su un braccio:
“Riacquisire i tuoi ricordi, ti ha fatto fare una specie di
salto temporale.
Ora vedi tutto da un’altra prospettiva, perché
tecnicamente hai detto addio a
quelle persone parecchio tempo fa e poi ti sei fatta una vita nel luogo
in cui ti
sei ritrovata.”
“E
a cui devo
tornare. Dalla mia famiglia.”
Improvvisamente, come un fulmine,
sollevando un colpo
di vento, davanti alle due ragazze comparve Dustin.
“Missione compiuta! La
Jade del passato è tornata nel
suo tempo e ha letto il biglietto all’interno del giornale.
Tutto a posto!”
La strega annuì,
soddisfatta: “Bene, andiamo dai miei
amici a concludere questa storia una volta per tutte, allora!”
Ma una voce alle loro spalle li
bloccò prima che
potessero muoversi.
“Che mi venga un
colpo!” esclamò, facendoli voltare
immediatamente. Era Heith, ancora una volta.
“Come
diavolo
fai ad essere qui?” continuò, confusa, suscitando
una risata in Jade.
“Uno
scettro?
Ti credi una bambina di otto anni, adesso?”
La donna, allora, iniziò
a passarsi lo scettro da una
mano all’altra nel tentativo di calmarsi, osservandola come
se la stesse
analizzando. Alla fine, giunse a una conclusione.
“Non
eri a
Morney Hill. – sentenziò - Per questo non sei
nello scettro con gli altri.”
Ma l’altra la
ignorò, guardandola stranita: “Aspetta!
Di cosa diavolo stai blaterando? Che cosa hai fatto ai miei
amici?!?”
Heith gongolò:
“Oh, beh, sono in un posto letteralmente
da incubo. – poi colpì il vetro dello scettro con
un’unghia – Proprio qui dentro!
In verità, tutta la città è qui
dentro, non solo i tuoi amici, se devo essere
sincera…”
Furiosa, la ragazza
cercò di prendere lo scettro con
la telecinesi, ma quello scintillò, annullando il suo
potere. La donna scoppiò
a ridere, soddisfatta.
“Mi
dispiace,
ma non sei più la strega numero uno da queste parti. Certo,
mi hai rubato le
streghe, che per me erano fonte di potere, e sei decisamente andata in
vantaggio in quell’occasione, ma ora… beh,
potresti farti assumere in un circo
per quanto i tuoi poteri sono ridicoli, in confronto ai
miei!” esclamò, ma
l’altra non si fece intimidire e replicò,
altrettanto diretta e arrogante.
“Non sono un tipo da
circo, Heith. Lo sei più tu, che
non fai che renderti sempre più ridicola nella tua assurda
scalata verso il
potere destinata a diventare una discesa ancora più
umiliante della
precedente!”
Ormai, la donna era livida per la
rabbia e agitava
istericamente lo scettro contro la nemica: “TACI, MALEDETTA!
– le urlò – E goditi
il tuo soggiorno da incubo, mia cara, perché, credimi, lo
sarà! Eccome se lo
sarà!”
E, poco dopo, un’ondata
celeste investì i tre. Mentre
Dustin e Sophia si guardavano attorno terrorizzati, Jade rimase
impassibile.
“Lo sai che
troverò il modo di uscirne, vero? Come
sempre..” ribatté, beffarda, un sorriso di scherno
sulle labbra.
L’attimo seguente, era
scomparse all’interno dello
scettro ed Heith, piegata in due, cercava a fatica di calmarsi e di
riprendere
fiato.
“E
invece non
ne uscirai, te lo posso garantire! – mormorò,
alzando sempre di più la voce - RESTERAI
BLOCCATA QUI DENTRO, TE LO GIURO! MI HA SENTITO, MALEDETTAA? EH?!? MI
HA
SENTITO?”
Poi si ricompose, tornando calma e
sorridendo come
sempre.
“Ma certo che non puoi
sentirmi, come potresti,del
resto? L’inferno che c’è qui dentro
è troppo rumoroso. Comunque, ti auguro
tanta sofferenza, stupida puttana arrogante… Per me
è arrivato il momento di
andare a costruire il mio regno, di cui purtroppo non sentirete mai
parlare!” e
rise malvagiamente, saltellando felice, il suo scettro sempre fra le
mani.
Nella mente di Harmony,
all’interno dello scettro
Jade si risvegliò
all’interno di una cella e subito si
guardò intorno, stordita. Poi, strisciò fino alle
sbarre e si accorse di non
essere sola: nella fila di celle dall’altro lato, infatti,
notò qualcun altro
steso a terra. L’aria, inoltre, era piena di urla strazianti
provenienti da chissà
dove. La strega, allora, cercò immediatamente di svegliare
quella persona.
“Ehi! Ehi,
svegliati!” chiamò e quella iniziò a
sollevarsi,
rivelando la sua identità: era Brenda.
Non aveva lo stesso aspetto di come
l’aveva lasciata
prima del viaggio, ovviamente: i suoi vestiti e le sue mani erano
ricoperti di
sangue e inoltre sembrava alquanto terrorizzata e tremava. Quando vide
Jade,
quasi non credette ai suoi occhi.
“Oh Dio, Jade, sei
veramente tu?” mormorò, mentre
l’altra la osservava, troppo sconvolta dalle sue condizioni
per parlare.
“Certo
che sono
io, ma… ma cosa ti è successo?” chiese
e l’amica si guardò le mani a lungo
cercando di ignorare il loro tremolio, prima di rispondere.
“Ehm,
non lo
so, credo di aver dormito per giorni. L’ultima cosa che
ricordo è che mi
trovavo ad Alkaban e che io e Terence non riuscivamo a trovare
più gli altri.
Siamo andati nella Sala Grande e lui è scomparso
improvvisamente. Poi, davanti
a me, è comparsa una creatura mostruosa e ad un tratto avevo
la mia balestra in
mano, così l’ho uccisa, mi sono avvicinata e...
– scoppiò a piangere, sconvolta
– le mie mani erano cambiate, avevo degli artigli lunghissimi
al posto delle
unghie e la mia pelle sembrava putrefatta. E… e…
poi ho iniziato a sviscerare
quella creatura, dissanguandola completamente e a quel punto
lei… lei si è
trasformata in Terence e io… credo di averlo ucciso in preda
ad
un’allucinazione…”
Jade rimase letteralmente
agghiacciata dal suo racconto:
“Ok, tutto questo non è reale, Brenda. Tu non hai
ucciso Terence! E adesso siamo
in una sorta di realtà alternativa creata da Heith, come nel
libro del
narratore, credo. Dobbiamo solo trovare il modo di uscire,
d’accordo?
Piuttosto, hai visto gli altri in giro, per caso?”
Ma l’altra scosse la
testa: “No, non so nemmeno come
sono arrivata qui.”
A quel punto, allora, la strega
provò a mettersi in
piedi e a provare ad aprire la porta della cella con i suoi poteri, ma
fallì.
“Cosa
sta
succedendo ai miei poteri?” mormorò, confusa.
“Forse
qui non
funzionano…” sussurrò in risposta
l’amica quando, improvvisamente, le celle si
aprirono con forza, facendo un rumore terribile che spaventò
le due ragazze: Brenda
indietreggiò per la paura, sbattendo contro la parete alle
sue spalle. Jade, invece,
dopo essere rimasta per qualche secondo impalata senza sapere cosa
fare, non
esitò ad uscire, incitando l’amica
a
fare altrettanto.
“Non so chi abbia aperto
la cella, ma dobbiamo
andarcene e trovare gli altri. Forza!” la incitò,
senza successo.
“No!
Non voglio
venire, perché quello che c’è
là fuori mi terrorizza. Senti queste urla
strazianti? Non mi hanno fatto chiudere occhio per giorni, ma alla fine
la
stanchezza ha vinto. Non riesco nemmeno ad immaginare quello che
potrebbe
esserci oltre questo corridoio...”
L’altra la
guardò, perplessa: “Vi ho lasciati meno di
una settimana fa, come puoi pensare di essere qui da giorni?”
Le sue parole sconvolsero Brenda:
“Una sola settimana?
Jade, io non so cosa dirti, so solo che mi sembra di stare qui da molto
più
tempo. Ho completamente perso la cognizione del tempo e non faccio che
avere
paura in ogni momento, ogni volta che apro gli occhi. – le
lacrime tornarono a
solcare le sue guance – Sono così confusa.. non so
nemmeno se ho ucciso
veramente Terence… Questo posto è
l’inferno, credimi…”
Ma Jade non si lasciò
convincere, anzi, fece quei
pochi passi che le separavano e la prese per un braccio, aiutandola ad
alzarsi:
“Tu vieni con me, intesi? Non sei tu, questa,
perché io ti conosco meglio di
chiunque altro e so che non hai mai paura. Tu non hai paura di niente,
chiaro?”
Quella annuì,
continuando a tremare: “Sì-sì, non ho
paura.
Non ho paura.” ripeté, cercando di convincere se
stessa che fosse veramente
così.
L’amica annuì,
affrettandosi a rassicurarla: “Non
preoccuparti, troveremo gli altri e usciremo da qui, te lo prometto. Ne
abbiamo
passate di peggiori, questa è solo un’altra delle
tante prove!”
E, poco dopo, le due iniziarono a
vagare insieme in
quel posto tetro. Nel tentativo di ignorare le urla, Jade decise di
continuare
a parlare con l’amica.
“Sai
dove
siamo?” chiese.
“Sì,
credo di
essere già stata qui. Anzi, ne sono sicura. Siamo sotto la
città, dove tuo
nonno teneva imprigionati le streghe e i demoni.”
“Quindi siamo ancora a
Morney Hill, più o meno...”
Qualche altro passo e furono fuori
dalle prigioni, in
un lungo tunnel sul cui pavimento c’erano tracce di sangue,
oltre a segni che
indicavano che delle persone vi erano state trascinate, nonostante
opponessero
resistenza. La strega era sempre più sconvolta.
“Non-non riesco nemmeno
ad immaginare cosa sia
successo qui…” mormorò.
“Io,
invece, non
so se sarò in grado di fare un altro passo. Ero
più al sicuro in quella cella!”
esclamò l’altra, ma fu subito rimproverata.
“ Brenda, smettila, non
tornerai indietro! Non c’è un
posto più sicuro degli altri, qui!”
Improvvisamente, udirono delle urla
femminili che si
avvicinavano sempre di più e Brenda, spaventata, si nascose
dietro l’amica,
strattonandola per la maglietta.
“Andiamocene, ti
prego…” le sussurrò, ma quella non le
rispose, anzi, rimase immobile, i sensi perfettamente
all’erta, aspettando di
vedere chi stava arrivando. Finalmente, quella persona giunse davanti a
loro: era
Nina. Quando le vide, smise subito di correre e si precipitò
ad abbracciare
Jade.
“Oh
mio Dio,
sono così felice di vedervi…”
mormorò e l’altra, spiazzata, la sentì
tremare
tra le sue braccia.
“Nina, calmati. Sei con
noi! – le disse – Che cosa ti
è successo?”
Quella, allora, si
staccò da lei, cercando le parole
per spiegare loro la situazione: “Ero con Zack e Wes, stavamo
cercando gli altri
e perciò abbiamo lasciato Alkaban. Poi abbiamo visto delle
strane creature
dagli occhi rossi, sembravano licantropi. Abbiamo preso una strada
secondaria
per aggirarli, ma ne sono spuntati fuori altri proprio davanti a noi.
Mentre
scappavamo, delle catene sono scese dal cielo e hanno agganciato Wes e
Zack per
le caviglie. Se Zack non mi avesse spinta, avrebbero preso sicuramente
anche
me!”
L’altra, incredula, la
invitò a continuare: “E poi?”
Nina scoppiò a piangere:
“Mi hanno gridato di scappare
e così ho fatto, ma loro sono rimasti lì, appesi
a testa in giù con quei mostri
che tentavano di acciuffarli. Sono tantissimi, riuniti tutti sotto alle
loro
vittime.”
“Quindi hai visto altre
persone nelle stesse
condizioni?”
“Sì!”
Brenda, in pensiero, decise allora
di intromettersi: “Noa?”
chiese, la voce che
era poco più di un
sussurro, ma l’altra scosse la testa.
“Non
l’ho
visto, mi dispiace.”
A quel punto, Jade la
osservò meglio e notò che era
ferita: “Chi è stato a farti quei
tagli?” chiese, mentre quella, improvvisamente
infreddolita, si stringeva le braccia al corpo.
“Mentre
percorrevo i tunnel sono stata attaccata da uno sciame di insetti
volanti. Avevano
le ali che sembravano lame e non volevano lasciarmi in pace. Credo di
aver
corso per parecchio tempo, sembrano infiniti…”
L’altra annuì,
lo sguardo improvvisamente attirato da
una scala poco lontana da loro: “Dobbiamo uscire da
qui!” esclamò, ma subito
Nina cercò di fermarla.
“No, Jade, fuori
è pericoloso!”
“Sì,
Nina ha
ragione, - la appoggiò subito Brenda - dobbiamo restare
qui!”
Ormai la strega era quasi sul primo
gradino: “Ma siamo
in pericolo anche qui, tanto vale rischiare e andare fuori nel
tentativo di
trovare una via d’uscita, no?”
Nina scosse la testa:
“Qui è pericoloso, è vero, ma
fuori lo è ancora di più, credimi. Siamo qui da
molto più tempo di te, sappiamo
di cosa stiamo parlando!”
“Non capisco…
proprio perché siete qui da più tempo di
me, dovete trovare la forza di lasciare questo posto. Non potete vivere
nella
paura, no? Combattete! Voi non siete così arrendevoli nella
vita reale!”
Le altre due, nel sentire le sue
parole, abbassarono
immediatamente lo sguardo.
“Jade,
- iniziò
Nina, gentile - se ci fosse un modo per andarcene, credi che non avrei
combattuto per trovarlo? La verità è che non
c’è via d’uscita per noi e lo sanno
anche gli altri.”
Colpita, Jade si fermò e
tornò indietro verso di loro:
“Che cosa vorresti dire?”
“Siamo
dentro
gli incubi di Harmony, purtroppo. E chi entra nei suoi incubi, non
è più in
grado uscirne. Ce l’hanno detto le streghe: questo sarebbe il
suo fardello. Se
lo porta dietro da anni, ma ora Heith lo ha scoperto e lo sta usando
contro di
noi. Credimi, stavolta non c’è nulla da fare,
siamo tutti condannati qui!”
Ma l’altra scosse
energicamente la testa, incapace di
accettarlo: “No, mi rifiuto! Non sono arrivata fino a questo
punto per rimanere
bloccata in un incubo. Ho superato cose ben peggiori e combattuto
battaglie che
sembravano impossibili da vincere. Ho visto il futuro in quei dipinti
che mi
hai mostrato, Nina, e la fine non era questa!”
“Il
futuro può
sempre cambiare, Jade. Uno dei dipinti ci mostrava assieme a George
davanti
alla casa di riposo, ricordi? Il narratore non era presente in quel
dipinto,
eppure nella realtà era con noi quando l’abbiamo
incontrato.”
“No,
non voglio
ascoltarti! – ribatté Jade, sempre sicura,
tornando verso la scala - Io uscirò
da questo incubo!” e iniziò a salire, subito
richiamata dall’amica.
“Jade, aspetta, non
andare!” la chiamò, ma quella la
ignorò, sollevando la grata e sbirciando fuori. Quello che
vide, però, non fu
per niente rassicurante: file di persone penzolavano dal cielo
attaccate a delle
catene, cercando di non essere presi dai mostri che facevano a gara per
acciuffarli.
Quando notò che una di quelle creature stava annusando
l’aria, pronta a girarsi
verso di lei, chiuse immediatamente la grata e scese nuovamente dalle
sue
amiche.
“Ti
sei
convinta, ora?” le chiese Nina, ma la risposta
arrivò solo qualche attimo dopo,
perché Jade era troppo impegnata a riflettere su quello che
stava accadendo.
“Questo è un
incubo, giusto? Si tratta solo di un macabro
gioco, una tortura mentale, non fisica. Nessuno muore veramente, qui,
perché
stiamo parlando di incubi, sogni, cose che non sono reali. E’
solamente una
cosa mentale, che ci condiziona a tal punto da far sembrare tutto vero
e
autentico, anche se non lo è.”
Brenda la guardò, una
scintilla di speranza negli
occhi: “Quindi Terence non è morto per
davvero?”
Jade scosse la testa:
“Non credo, Brenda. Quello che
sto cercando di dirvi, infatti, è che siete talmente
impegnate ad avere paura,
che vi dimenticate che dagli incubi ci si può svegliare.
Quando la paura arriva
al culmine, la gente di solito si sveglia dai propri incubi,
no?”
“Credimi,
io
sono già arrivata a quel punto e ho desiderato con tutte le
mie forze di
svegliarmi, ma non ha funzionato.”
“Certo,
perché
questi sono gli incubi di Harmony, non i nostri. Non abbiamo alcun
controllo
qui ed è per questo che rimaniamo bloccati.”
“Allora cosa possiamo
fare?”
“Dobbiamo
trovare il meccanismo che ci permetterà di svegliarci
dall’ incubo, di
controllarlo e di abbandonarlo. E’ quasi un desiderio: la
nostra mente che
desidera con tutte le forze di tornare alla realtà,
perché sa benissimo di
trovarsi in un incubo. Ci serve qualcosa che inneschi i nostri
desideri, la
nostra voglia di volerci svegliare.”
Brenda sospirò:
“E dove possiamo trovare questa sorta
di innesco?”
In risposta, Jade sorrise:
“Beh, siamo fortunati ad
avere Morney Hill come scenario, perché si trova proprio a
casa di Rick.”
Le altre due la guardarono
perplesse: “Che cosa c’è a
casa di Rick?” chiesero.
“Quando ero sua amica, mi
ha mostrato un oggetto
magico chiamato sfera dell’immaginazione. Grazie
a quello, per quasi un
giorno intero siamo riusciti con la mente ad uscire da Morney
Hill… Ci è
bastato immaginare, volere, desiderare
di essere al mare per trovarci davvero lì. E quello
sarà il nostro innesco!”
Nina sentì crescere
dentro di sé la speranza e si
aggrappò a quelle parole: “Quindi se troviamo la
sfera a casa di questo Rick potremo
andarcene via da qui per davvero?”
L’altra annuì:
“E’ la nostra unica speranza, ragazze.
Siete con me?” e quelle, guardandosi, sfinite per tutto
quello che avevano
passato, finalmente annuirono, convinte.
Poco dopo, insieme, percorsero il
tunnel cercando di
avvicinarsi ad Alkaban, mentre Jade spiegava loro il suo piano.
Jade spiegò loro il
piano: “Più ci allontaneremo dalla
città, più saremo lontane da quei mostri. Abbiamo
bisogno di armi per
difenderci e arrivare sane e salve a casa di Rick e credo si trovino
nella
stanza della cassaforte.”
Ma Brenda si bloccò,
titubante, per poi esternare le
proprie paure: “E’ ad Alkaban che ho ucciso
Terence…” mormorò.
“Non
è morto! –
ribatté l’amica, decisa - E’ solo un
incubo, quello che accade qui non è reale.”
Improvvisamente,
si sentì un ronzio non molto lontano e le tre si fermarono.
Il volto di Nina,
in particolare, si trasformò in una maschera di puro
terrore, quando riconobbe
la nuova minaccia.
“Oh
no! No, no,
no, no, sono di nuovo quegli insetti! Non posso sopportare altri
tagli!”
E subito corsero via dalla parte
opposta, finchè non
accade qualcosa: iniziarono a sprofondare nel pavimento.
Spaventate, iniziarono a gridare.
“Che
cosa sta
succedendo?” chiese Brenda e Nina dovette urlare per farsi
sentire.
“Il
pavimento
ci sta inghiottendo come fossero sabbie mobili!”
Jade, invece, nonostante fosse
tesa, cercò di
rassicurarle: “State calme, non moriremo, ok? Più
vi agitate e più
sprofonderemo velocemente!”
Ma quelle non poterono seguire il
suo consiglio, perché
in quel momento furono investite dallo sciame di insetti, che le
attaccò,
facendole agitare e gridare ancora di più. Nel giro di pochi
istanti,
sprofondarono tutte completamente.
*
Intanto, in superficie, da qualche
altra parte in
città, Noa stava correndo con cautela di casa in casa,
guardandosi
costantemente intorno circospetto. Improvvisamente, andò a
sbattere contro una
persona sbucata improvvisamente da dietro una casa.
“Oh,
wow, una
persona!” esclamò: era una donna, che, quando lo
capì che era sporco di sangue,
iniziò a indietreggiare, spaventata.
“Oh,
no, non
fraintendermi! – le disse, gentile - Mi sono risvegliato in
una vasca di
cadaveri e ho anche vomitato, ma non sono pericoloso. Non sono un
assassino, ti
prego, non scappare. Sei la prima persona che incontro apparte quelli
che
penzolano dal cielo e sono disperato perché non riesco a
trovare i miei amici.
Ti prego, non scappare…”
Colpita dalle sue parole, quella
decise di fidarsi: “Per
caso tra i tuoi amici c’è anche una ragazza che si
chiama Jade?”
Lui annui:
“Sì, perché, l’hai
incontrata? – guardò
alle sue spalle – Dov’è?”
“No,
no, non è
con me. Cioè, era con me… sono Sophia, la ragazza
del passato.”
Nel sentire il nome, quello,
finalmente capì: “Ah... –
esclamò, per notare che era sporca di terra – Mi
dispiace per quello che stai
vivendo. Suppongo sarebbe stato meglio rimanere morti, anziché
affrontare un viaggio temporale per
finire in questo postaccio, vero?”
Gli occhi di lei si riempirono di
lacrime, mentre il
suo corpo iniziava a tremare senza che potesse controllarlo:
“Mi sono
risvegliata sottoterra, ho scavato e scavato per uscire da quella
stramaledetta
buca, ma non arrivavo mai in cima. C’erano vermi che mi
strisciavano addosso e
la terra era così fredda... Non so da quanto fossi sepolta
lì, esattamente.”
“Già,
sembra
anche a me di essere qui da mesi. Sai, la vasca piena di cose morte non
è
l’unica cosa che ho affrontato... – anche a lui
vennero gli occhi lucidi – Voglio
solo trovare i miei amici e andarmene da qui…”
“Sono
d’accordo, non voglio più rimanere qui. Comunque,
io stavo andando verso sud, perché pare che da quelle parti
non ci siano i
mostri. Inoltre, c’è la casa del mio ex-ragazzo,
che era un cacciatore. Avremo
bisogno di armi per proteggerci, dato che io non ho più i
miei poteri.”
“D’accordo,
fammi strada, allora!” replicò lui e insieme
proseguirono, attenti e vigili.
Nel mondo reale, fuori dalla mente
di Harmony
Heith, una volta arrivata nel
centro della città, si
fermò, guardando verso il cielo: il sole stava sorgendo e
lei aveva passato
tutta la notte a riflettere su come avrebbe gestito il suo nuovo potere
sul
mondo. Finalmente, però, aveva le idee chiare e niente e
nessuno l’avrebbe
fermata. Così sollevò lo scettro in alto e disse:
“E’ arrivato il momento di
lasciare questa città e di affrontare il mio nuovo destino
di regina del mondo.
Non mi sembra ancora vero… ho sconfitto tutti
quanti…. Non esiste più nessuno
capace di fermarmi. E ora… ora creerò il mio
impero del terrore, da oggi
comincia una nuova era: l’era della più grande e
più potente strega mai
esistita, la magnifica Heith! Che io possa regnare a lungo!”
e rise
malvagiamente, scagliando un potente raggio viola che colpì
l’intera cupola,
mandandola in frantumi.
Nel vederla crollare, sorrise,
soddisfatta: “E’ fatta!
– esclamò - Ora niente e nessuno mi separa dal
resto del mondo e dal mio
destino. Sto arrivando!” e rise ancora e ancora, pronta a
lasciare finalmente Morney
Hill…
CONTINUA NELL’ULTIMO
EPISODIO DELLA TERZA STAGIONE
Testo
a cura di Lady Viviana.
ANGOLO AUTORE:
Purtroppo oggi non saranno disponibili entrambi gli episodi, scusate il
disagio. Il capitolo finale della terza stagione vi aspetta domani
pomeriggio, non mancate.
|
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Capitolo 22 *** 3x22-I sogni di Harmony: La fine dell'incubo (Parte II) ***
CAPITOLO VENTIDUE
"Harmony's Dark Dreams: The End (Part II)"
Jade
si risvegliò e subito si toccò il viso e le
braccia. Poi, sorrise, rendendosi
conto di essere ancora viva.
“Avevo
ragione! – esclamò, sollevandosi e ritrovando le
amiche accanto a sé – Avevo
ragione, non siamo morte!”
Brenda,
con una mano sul petto, fece altrettanto: “Già,
però mi è sembrato di non
respirare più per davvero!”
“Di
MORIRE per davvero, più che altro…” la
corresse Nina.
“Hai
ragione. E’ stata un’esperienza
terrificante, non ho mai avuto così tanta paura in vita
mia!”
A
quel punto, Jade interruppe i loro discorsi, incitandole a rialzarsi: “Ragazze, ve
l’ho detto: questa è solo una
tortura mentale. E adesso dobbiamo trovare quella sfera e porre fine a
tutte le
sofferenze che i nostri amici stanno subendo là
fuori!”
Quelle,
allora, si alzarono, notando solo in quel momento che erano nello
stesso luogo
di prima, qualche metro più avanti.
“Ci
siamo spostate!” esclamò Nina ad alta
voce, mentre Jade si dirigeva verso la scala più vicina e
provava a salirvi.
“Forse
ci siamo avvicinate ad Alkaban!” e, quando arrivò
in cima, diede un’occhiata
fuori per poter poi riferire alle ragazze cosa vedeva.
“Ok,
siamo vicino alla collina, possiamo uscire!”
ordinò, per poi rimuovere la grata
e raggiungere la superficie.
Brenda,
però, era ancora titubante: “Sei davvero sicura
che non ci siano pericoli?”
In
risposta, ricevette un’occhiataccia: “Rivoglio la
vecchia Brenda, quella che
non ha mai paura di niente…” le disse
l’amica, non senza nascondere un sospiro.
“Mi
sembra un po’ difficile, dopo quello che
ho passato qui!” ribatté l’altra,
iniziando a salire.
“Confermo,
non ho mai vissuto un’esperienza
simile. – aggiunse Nina, seguendole - Se riusciremo ad uscire
da qui, non sarà
facile dimenticarlo..”
Finalmente,
pochi secondi dopo, furono tutte fuori.
“Non
demoralizzatevi, - le incitò Jade - ce la
faremo!” e insieme iniziarono a correre verso la collina,
mentre intorno a loro
non c’era nessuno. Poco dopo, iniziarono a scorgere le forme
famigliari di Alkaban
ed esultarono.
“Oh,
finalmente, sbrighiamoci!” esclamò Jade, ma,
mentre correvano, improvvisamente la
terra si squarciò in due, costringendole a fermarsi per non
cadervi dentro, gli
occhi sgranati per la sorpresa.
“E
adesso?” chiese Nina e l’altra, benché
spiazzata, decise comunque di non arrendersi.
“Possiamo
saltare, non è poi così largo!”
propose, ma subito Brenda le fece notare quanto fosse assurdo come
suggerimento.
“Ok,
Jade, ho capito che sei convita che non
moriremo per colpa di un salto sbagliato, ma sarebbe comunque una
caduta
dolorosa. Ossa che si rompono, lacerazioni e tanti altri dolori atroci
che
vorrei evitare…”
Ancora
una volta, Nina la sostenne: “Brenda ha ragione. Inoltre,
questa voragine
sembra essere parecchio profonda, se non addirittura
infinita.”
Mordendosi
le labbra, Jade alla fine si arrese: “Oh, al diavolo, andremo
a casa di Rick
disarmate, sperando di non incontrare quei mostri assetati di
sangue!” e a quel
punto non poterono fare altro che tornare indietro.
*
Da
un’altra parte, nascosti in un abitazione, Tamara osservava
Barnès cospargere
di sale lo stipite di tutte le porte e le finestre. I due si erano
incontrati
poco prima, per caso e, una volta che finì, la donna
riuscì a esternargli i
suoi dubbi.
“Funzionerà
davvero?” chiese, dubbiosa.
“Sì,
terrà lontani quei mostri. Uno di loro, qualche giorno fa,
mi ha inseguito e
attaccato all’interno di una di queste case. Mi trovavo in
una cucina e, come
ti sarai già accorta, qui non abbiamo poteri,
così gli ho lanciato addosso
tutto ciò che riuscivo a prendere con le mani,
finchè non ho scoperto che il
barattolo del sale risultava molto più efficace delle
forchette e dei coltelli.
Infatti, subito dopo il mostro è fuggito.”
“Sembra
che abbiano un punto debole, a quanto pare...”
Lui
annuì, sedendosi: “Non esattamente. Il sale ha
mandato via quel mostro, ma non
per sempre. Prima o poi tornerà.”
A
quel punto, sui due calò il silenzio, interrotto solo
qualche minuto dopo dalla
strega, che si sedette di fronte a lui.
“Sembravi
turbato…” mormorò e quello, in
risposta, accennò un sorriso.
“Beh,
questa realtà non è di certo un
resort!” esclamò.
“Non
intendevo qui, ma nella Sala del Consiglio,
prima di tutto questo.”
Lui,
però, continuava a non capirla: “E
allora?”
“Quando
il test è risultato negativo, sembravi
parecchio deluso. O meglio, lo sei stato quando hai scoperto quale
destino era
riservato a quelli a cui è risultato positivo e mi
è sembrato strano, dal
momento che sei un uomo di potere, a cui piace comandare e ottenere le
cose con
la violenza. Cosa avresti, perciò, in un mondo senza
magia?”
Barnès
abbassò lo sguardo: “Sì, hai ragione,
sono la persona che hai descritto. E, per
la cronaca, non otterrei nulla in un mondo senza magia,
perché questo
significherebbe per me ricominciare da zero. Non avere nulla, non
essere nulla,
ma…”
“Ma
eri deluso di non farne parte. – continuò lei -
Perché?”
Lui,
allora, alzò lo sguardo e lo posò su di lei,
imbarazzato come mai lo era stato
nella sua vita: “Hai presente quando scopri il significato di
un nuovo termine
e ti rendi conto che forse per tutta la vita hai vissuto
nell’ignoranza? Beh,
io ho conosciuto un sentimento che tutti definiscono amore,
anche se mi dà fastidio usare quella parola dal momento che
non sono un tipo sentimentale. Mi fa sentire patetico, farla uscire
dalla mia
bocca. Non pensavo l’avrei mai detta, perché, come
ti ho già detto, non
conoscevo quel termine prima d’ora. Sapevo che esisteva, ma
non avevo mai capito
cosa significasse davvero…”
Gli
occhi di lei, nel sentirlo, si illuminarono, ma riuscì a
mantenere il
controllo, almeno all’apparenza: “Che-che stai
cercando di dire?”
“Questa
oscurità, questo posto infernale… sono
sopravvissuto solo grazie al ricordo del
tuo viso. Al pensiero che ti avrei ritrovata, prima o poi.
Perchè mi sono reso
conto che, senza l’amore, io non sarei durato nemmeno un
secondo in un luogo
simile. Per quanto io sia forte, non lo sono davvero. Tu mi hai dato
questa
forza, Tamara.”
La
donna, allora, si allungò attraverso il tavolo, gli prese
una mano e la
strinse: “Penso proprio che sia la stessa forza che tu hai
dato a me ad
aiutarmi a sopportare tutte le torture che questo posto ci ha
riservato, ma...
– una lacrima le scese lungo il viso – Avrei
preferito che tacessi, perché, una
volta superata questa avversità, ci sarà una
distanza talmente enorme a
dividerci, che potrei non trovare la forza di ricominciare, pensando a
come
sarebbe stato se ci fossi stato anche tu al mio fianco.”
Quello
sorrise, cercando di nascondere il dolore: “Beh, troverai
sicuramente qualcuno
migliore di me nel nuovo mondo.”
Intuendo
il suo dolore, lei gli strinse ancora più forte la mano,
preoccupata: “E che ne
sarà di te qui?”
Barnès
scosse la testa: “Non ne ho idea. Davvero. Prima di arrivare
a Morney Hill
perseguitavo le streghe per evitare la cattura del mio clan da parte
dei
cacciatori. Facevo baldoria di città in città ed
ero talmente cinico, egoista,
senza cuore e arrogante da accettare alleanze persino con degli
assassini
assetati di sangue pur di raggiungere una posizione per cui essere
temuto. E il
potere… oh, quanto amavo il potere! Non per altro sono
diventato il capo di un
clan!”
“Usi
il passato, o sbaglio? Non sembri più volere quello che un
tempo bramavi. Sai,
vorrei che diventassi una nuova persona, Barnès. Come quella
che ho visto nelle
ultime settimane passate a Morney Hill.”
Ma
l’altro sembrò essere abbastanza titubante:
“Sai come i più famosi cattivi sono
arrivati a diventare tali? Perché a tutti loro mancava
qualcosa che non
potevano avere. Perciò, cosa ti fa credere che io possa
restare la stessa
persona che vedi senza di te?”
Tamara,
però, era più fiduciosa:
“Perché mi rispetti e mi ami e sai che, ovunque
sarò,
io non avrò alcun dubbio che la persona che ho lasciato,
resterà così per
sempre.”
Lui
le sorrise: “Beh, se la metti così,
allora…”
Anche
lei fece altrettanto: “Ho bisogno di chiederti una cosa,
però… voglio che tu ti
prenda cura delle mie streghe, quando me ne sarò andata.
Resteranno senza una
leader e si sentiranno perse, soprattutto Harmony, se mai si
risveglierà.
Voglio che tu dia loro protezione da qualunque altro clan di demoni
vorrà loro
fare del male. Se farai questo per me, te ne sarò
eternamente grata e vivrò
quella che sarà la mia nuova vita in totale
serenità, sapendo che sono con te.”
L’altro
annuì: “Avranno la mia protezione, te lo prometto.
Hai appena dato ad un uomo
una ragione per non diventare cattivo come tutti gli
altri…”
Allora,
la donna si alzò e si avvicinò verso di lui, poi
chiuse gli occhi e si protese
ancora di più: “E ora te ne sto dando
un’altra …” e i due si baciarono con
passione.
*
Noa,
guardandosi sempre intorno, continuò a seguire Sophia, che
si era fiondata fin
da subito verso una direzione ben precisa.
“Allora?
Siamo ancora lontani dalla casa del tuo ex? Potremmo avere compagnia da
un
momento all’altro!” le disse, senza fermarsi.
“Mancano
due isolati, ce la possiamo fare!” replicò lei.
Improvvisamente,
udirono le urla provenire da un punto poco più avanti.
“Sembra
una bambina!” esclamò Noa, ed effettivamente,
quando si avvicinarono, trovarono
una bambina stesa sulla strada con delle enormi liane attorcigliate
alle
caviglie, provenienti da una delle abitazioni circostanti, che
cercavano di
trascinarla dentro, nonostante cercasse di opporre resistenza. La
riconobbe
subito.
“Oh
mio Dio, Monaaa!” la chiamò, correndo subito verso
di lei per aiutarla. Sophia,
però, cercò immediatamente di fermarlo.
“Noa,
aspetta!”
Proprio
in quel momento, la bambina si accorse della loro presenza:
“Noa, ti prego... –
gridò, mentre scivolava via – Aiutoooo!”
e lui subito si buttò su di lei,
cercando di liberarla, ma le liane si avvolsero rapidamente anche
attorno ai
suoi polsi e alle sue gambe. Sophia, che si stava avvicinando, subito
si
bloccò, non sapendo cosa fare.
“Oh
no, cosa faccio adesso?” chiese, in panico.
“Hai
qualcosa per tagliare queste liane, per
caso?” le chiese lui e lei ci pensò su un attimo,
per poi ricordarsi del
contenuto della sua borsa.
“Un
pugnale. L’ho portato per difendermi dai
demoni, quando ero nel passato!” e subito lo tirò
fuori.
“Bene,
libera Mona, allora. E fa presto!”
Quella,
allora, si chinò, iniziando a tagliare finchè non
la libererò. Benché fosse
ancora sotto pressione, riuscì a sorridere.
“Ce
l’ho fatta! – esclamò, voltandosi poi
verso Noa – Ora tocca a te!”
Ma,
non appena si avvicinò a lui con il pugnale, questo le
scivolò via davanti agli
occhi, trascinato dalle liane all’interno
dell’abitazione. Sconvolta, la
ragazza si alzò in piedi.
“NOAAA!
NOO!” gridò.
Presto,
però, comprese che non c’era più nulla
da fare, così si voltò verso la bambina
e la prese in braccio: “Ti porto in salvo, ok?” le
disse e quella reagì a
malapena, troppo sconvolta da quanto era appena successo.
“Ma-ma
dov’è finito Noa?”
L’altra,
però, non sapeva cosa risponderle e distolse lo sguardo,
mortificata: “Non lo
so, piccola, ma noi dobbiamo raggiungere un posto sicuro al
più presto!” e
corse via, mantenendosi sempre vigile.
*
Due
isolati più avanti, Jade e le sue compagne era giunte nei
pressi del quartiere
di Rick e la strega ne fu felice.
“Bene,
ci siamo, ancora qualche passo. Forse, però, una di noi
dovrebbe rimanere di
guardia, mentre le altre due entrano, non credete?”
Subito,
Brenda si offrì volontaria: “Resterò
io, credo di avere più esperienza nel
combattere rispetto a Nina. Non per questo il mio ragazzo è
un esperto nelle
arti marziali!”
L’altra
approvò: “Bene! Non dobbiamo permettere a nessuno
di rubarci la sfera
dell’immaginazione, una volta trovata. E’
l’unica nostra chance di andarcene da
qui!”
Finalmente,
arrivarono davanti alla casa di Rick, pronte ad entrare, quando,
improvvisamente,
delle urla le fermarono.
“Jade!
JADEE!” la chiamò qualcuno e, quando la diretta
interessata si voltò, riconobbe
subito, benché fosse lontana, la persona che la stava
chiamando.
“Ma
quella è Sophia!” esclamò, per poi
correrle subito incontro, mentre Brenda si accertava di aver capito di
chi si
trattasse.
“Quella
è la ragazza di Rick? – chiese – Quella
che hai recuperato dal passato?”
“Sì!”
rispose l’amica, mentre si facevano
sempre più vicine.
“Sei
inseguita?” le chiesero subito, non
appena le separarono solo pochi passi.
“No,
- replicò quella, con ancora Mona fra le
braccia - ma in questo posto non si è mai al sicuro. Non per
molto, almeno.”
“Abbiamo
una via d’uscita, però…”
iniziò Jade,
ma non poté completare la frase, perché, in quel
momento, la strada si aprì in
due, impedendo alle ragazze di raggiungersi. Tutte si fermarono
immediatamente
e Jade, a quel punto, decise di prendere in mano la situazione.
“Ok,
Sophia, non ti muovere. Noi entriamo dentro la casa di Rick,
perché la sfera
dell’immaginazione, quella che gli hai regalato tu,
è la nostra via d’uscita.
Faremo in fretta, d’accordo?”
La
ragazza sorrise: “Ma certo, la sfera! –
esclamò - Dite che funzionerà davvero?”
“Lo
spero!” replicò l’altra, fiduciosa.
Improvvisamente,
però, Nina notò che stava arrivando qualcuno alle
spalle di Sophia e Mona, così
avvertì subito le altre.
“Ehi,
stanno arrivando quei mostri! Devono averla seguita!”
Sophia
si voltò a vedere e subito si fece prende dal panico:
“Oddio…. Ora cosa
faccio?”
Nervosa,
Jade distolse lo sguardo, mortificata: “Ehm… qui
non abbiamo poteri, perciò non
saprei come aiutarvi a sorvolare questa voragine…”
Brenda,
allora, provò a suggerirle qualcosa:
“L’unico modo per salvarle è
entrare
e prendere la sfera dell’immaginazione. ORA!”
Ma
Sophia mostrò fin da subito il suo disappunto:
“Cosa?! Non potete lasciarci
qui, ci tortureranno e poi non siamo nemmeno certe che quella sfera
funzionerà!”
“Non
preoccuparti, non morirete, perché questa realtà
è soltanto immaginaria.”
Anche
l’amica, però, si rivelò essere in
disaccordo con lei: “E’ vero, non moriranno,
ma sentiranno il dolore di quelle torture. Una bambina non
può sopportare tutto
questo! – replicò, per poi rivolgersi alle due,
decisa - Saltate! Presto!” ordinò
e l’altra sgranò gli occhi per quella richiesta.
“Ma-ma…
è troppo distante, non ce la farò mai
con lei in braccio!”
Jade,
allora, si avvicinò maggiormente all’orlo del
precipizio e tese le braccia: “Vi
prendiamo, non temere. Non è impossibile, devi solo prendere
una bella rincorsa,
d’accordo? Ti prego, Sophia, fa che quella bambina non abbia
ricordi peggiori
di quelli che ha già!”
Allora
quella, sentendosi sotto pressione e percependo chiaramente Mona che
tremava
fra le sue braccia, la testa affondata nel suo petto per la paura,
annuì senza
dire nulla, per poi iniziare a indietreggiare. Le tre si prepararono a
riceverle, mentre i mostri avanzavano sempre più vicini.
Poi, Sophia finalmente
iniziò a correre e, quando arrivò sul bordo,
saltò più in alto che poté,
tenendo stretta la bambina e arrivò più vicina a
loro di quanto credesse,
riuscendo a prendere per un pelo le mani di Brenda, che subito la
agguantò. La
ragazza, però, per via della bambina, era troppo pesante e
Brenda non riuscì a
tirarle dalla sua parte, anzi, andò lei verso di loro e
cadde. Fortunatamente,
Jade e Nina riuscirono ad afferrarla per le gambe, prima che potesse
scivolare
giù del tutto. Lei, intanto, teneva per le braccia Sophia,
che stringeva forte
a sé Mona. Erano appese nel vuoto e le due faticavano a
reggerle. Dopo poco,
Brenda sentì le forze venirle meno.
“Ragazze,
- le avvisò - ditemi che avete un piano per sollevarci su,
perché io sento che
sto letteralmente per spezzarmi in due!”
Jade
sbuffò, ma non lasciò la presa, mentre cercava di
pensare a una soluzione: “Ok,
Mona, prova ad arrampicarti su Sophia e Brenda per arrivare a
noi!” urlò alla
bambina, ormai appesa alla caviglia di Sophia.
“Non-non
riesco… - mormorò una vocina tremante
dal basso - Ho troppa paura di cadere!”
“Cadrai
lo stesso, se non ci provi. Forza!” la incitò, ma
Mona non si mosse di un
millimetro e scosse la testa.
“Non
riesco, mi dispiace…” piagnucolò.
In
quel momento Nina, che aveva rivolto lo sguardo verso il cielo, vide
che stava
arrivando qualcosa e avvertì subito l’amica:
“Jade, non si sta mettendo per
niente bene. Stanno scendendo dal cielo quelle strane
catene!” esclamò, mentre
l’altra alzava lo sguardo, incredula.
Poco
più sotto, Brenda le ascoltò incredula:
“Ho sentito bene? Stanno arrivando
quelle catene che ti afferrano e ti tengono appesa come carne da
macello sopra
le teste di quei mostri?”
Sentendo
le sue parole, Mona iniziò a gridare, facendo innervosire
Sophia.
“Hey,
c’era bisogno di essere così
dettagliata?” borbottò, infastidita.
Subito,
allora, Jade iniziò a tirare con tutte le sue forze, ma Nina
cercò rapidamente di
dissuaderla: “Jade, che cosa stai facendo?”
“Le
salvo, ecco cosa sto facendo! – replicò,
isterica - Aiutami!”
“Se
non ci allontaniamo in fretta, quelle catene prenderanno anche noi e
addio via
d’uscita! Nessuno di noi se ne andrà mai da
qui!”
La
ragazza era combattuta, quando anche Brenda la richiamò.
“Nina
ha ragione, Jade. Preferisco cadere nel
vuoto che essere il giocattolino di quelle creature in eterno.
Lasciateci
andare e correte a prendere quella dannata sfera, ok? ORA! –
tuttavia, la vide
ancora indecisa, ma soprattutto sofferente - JADE, MUOVITI!”
la incitò.
“Perdonatemi…”
mormorò allora la ragazza, la voce spezzata, prima di
lasciarle cadere.
Nel
giro di un attimo, le tre precipitarono nel vuoto e le loro urla
riempirono
l’aria.
Vedendola
inginocchiata a terra, sconvolta, Nina la tirò su per un
braccio: “Jade, non è
il momento di piangerti addosso, muoviti! Staranno bene quando
torneremo nel
mondo reale, fuori dalla testa di Harmony. Avanti!”
Quella,
allora, annuì ripetutamente, asciugandosi le lacrime e
iniziando a correre con
le catene alle calcagna. Fortunatamente, però, le due
riuscirono a raggiungere
immediatamente l’abitazione di Rick, chiudendo immediatamente
la porta alle
loro spalle. Finalmente, erano dentro e al sicuro.
Nel mondo
reale, fuori dalla mente di Harmony
Heith
aveva appena sorpassato i confini occupati precedentemente dalla cupola
ed era
finalmente fuori dalla città. Come aveva previsto, aveva
ritrovato il gruppo di
streghe che aveva portato dalla WitchHouse, che la aspettavano nello
stesso
punto in cui le aveva lasciate. Non sembravano felici di vederla, ma
lei
sorrise comunque, beffarda.
“Ma
come siete premurose, mi avete aspettata qui come farebbe un cane con
il suo
padrone… Meritate davvero un croccantino!”
“Abbiamo
finto di esserti leali davanti a quelle due streghe che sono venute a
cercarti
alla WitchHouse, potevamo raccontare loro tutto durante il tragitto, ma
non
l’abbiamo fatto. – replicò subito una di
loro - Qualunque cosa tu abbia fatto
qui, però, per favore, ora lasciaci andare!”
Heith
continuò a sorridere, ma per la sorpresa, stavolta: “Voi non stavate
fingendo, eravate obbligate!
– rispose, cinica - Non
cercate di farlo
passare come un gesto per cui debbo dare una ricompensa,
perché sapevate
benissimo che avrei tagliato la gola alla prima di voi che avesse
fiatato con
loro. Perciò, vi consiglio caldamente di contare fino a
duemila, prima di dar
fiato a quelle stupide bocche! Per quanto riguarda quello che ho
ottenuto qui,
– accarezzò lo scettro, riempiendole di
inquietudine –
beh, non è che voi mi serviate a molto, ora
come ora. Ma non voglio neanche uccidervi. Uccidere porta via tempo
prezioso e
io non ho un minuto da perdere. Devo costruire il mio regno, assoldare
un
esercito e diventare la leggenda di cui si parlerà per
secoli e secoli.
Potreste scrivere di me sui libri… qualcuna di voi sa
scrivere, per caso? Ok,
domanda stupida! Disegnare? Beh, questa non è
così banale, visto che non è una
dote molto comune. Mi serve una strega abile, però,
perché le illustrazioni sui
libri di storia siano completamente fedeli a me. Voglio solo il meglio
e voi
farete tutto quello che è necessario per accontentarmi. La
WitchHouse era solo
la punta dell’iceberg, un piccolo inizio verso un grande
futuro. Adesso
desidero qualcosa di più grande, un impero di streghe
guidato da me. Dovreste
ritenervi fortunate ad essere le prime a farne
parte…” e rise malvagiamente,
facendo rabbrividire tutte le presenti, incapaci di sottrarsi a quella
mente
malata e impotenti davanti al suo volere.
Dentro la
mente di Harmony
Jade
e Nina attraversarono la casa, arrivando fino all’ascensore e
quest’ultima ne
rimase abbastanza perplessa.
“Ok,
quello porta all’inferno o cosa?” chiese, mentre
l’altra premeva il pulsante di
chiamata.
“Porta
nel seminterrato, dove c’è la stanza
degli allenamenti di Rick e la sua collezione di armi. Oltre alla sfera
dell’immaginazione, ovviamente.”
Allora
Nina, senza fare altre domande, entrò
con lei attraverso le porte aperte.
Nella
discesa, però, la ragazza ruppe nuovamente il silenzio,
perché aveva qualcosa
da rivelarle.
“Credo
che tua nonna ti abbia mentito, sai?”
Quella
si voltò a guardarla, confusa: “Cosa? Di che cosa
stai parlando?”
“Il
tuo sangue non ha nulla che non va. Quando hai fatto il test, infatti,
mi è
sembrato di vederla fare un incantesimo contro di te per fare in modo
che
risultassi negativa.”
L’altra,
allora, abbassò lo sguardo, riflettendo sulle sue parole.
“Sappiamo
entrambe che ho ragione!” ribadì Nina, decisa.
“Ma
perché l’avrebbe fatto, se io potevo
benissimo essere la quinta strega? Perché farci perdere
tempo a cercarne
un’altra nel passato? A quest’ora potevamo aver
già neutralizzato i disordini,
invece di finire in questo incubo!”
Ma
Nina era perplessa quanto lei: “Non chiederlo a me!
Però sono sicura che ha avuto
una ragione per farlo.”
Subito
dopo, le porte si aprirono, rivelando la stanza sotterranea del
cacciatore.
Jade si mosse in fretta, dirigendosi sicura verso il cassetto in cui
sapeva
essere custodito l’oggetto che stava cercando. Come previsto,
lo trovò
all’interno di un piccolo scrigno, dentro un sacchetto e,
rapidamente, lo sfilò
fuori.
“Grazie
a Dio, ce l’abbiamo!” esclamò, tirando
un sospiro di sollievo.
“E
adesso?” le chiese Nina, vedendo che la prendeva fra le mani
e chiudeva gli
occhi.
“Adesso
devo solo desiderare di essere nella vera Morney
Hill…”
Qualche
istante dopo, però, quando la strega
vide che non era successo nulla, riaprì gli occhi, confusa.
“Cosa
diavolo sta succedendo? Perché non
funziona?”
Gli
occhi di Nina, allora, si riempirono di lacrime, perché
sentì di aver perso
anche l’ultima speranza che le rimaneva: “Non ce ne
andremo mai via da qui,
vero? E’ stato tutto inutile…”
L’altra,
però, riuscì a rimanere calma e determinata:
“NO! – esclamò, decisa - Mi
rifiuto di credere che sia stato tutto inutile! Non resteremo bloccati
qui, non
è il nostro il destino e lo sai anche tu!”
Quella
abbassò lo sguardo, scoraggiata: “Beh, se ti
riferisci a quello che hai visto
nei dipinti, il destino può sempre cambiare, te
l’ho detto…”
Ma
Jade si era ormai diretta verso l’ascensore e dovette
affrettarsi per riuscire
a raggiungerla.
“Ehi,
adesso dove vai?” le urlò dietro Nina,
ma quella non proferì parola.
Qualche
minuto dopo, le due erano in strada e Jade si stava dirigendo verso la
voragine
e Nina, alle sue spalle, cercò ancora una volta di capire
quale era il suo
piano.
“Che
cosa vorresti fare?” le chiese, urlando.
“Magari
se la butto nel vuoto…” spiegò quella,
decisa, allora la ragazza la prese
immediatamente per un braccio nel tentativo di fermarla.
“Se
la butti nel vuoto, rischiamo di perdere davvero quest’ultima
speranza. Se,
come dici tu, questo non è il nostro destino, allora ci
dev’essere un’altro
modo per attivare questa sfera e farci uscire da qui.”
Improvvisamente,
mentre parlavano, i mostri si avvicinarono e, addirittura, riuscirono
anche a
saltare la voragine. Arrivavano da entrambe le direzioni,
sfortunatamente,
perciò le due ragazze, in guardia, si misero schiena contro
schiena per
difendersi, nervose.
“Accidenti,
forse ci siamo distratte troppo a
parlare. – sussurrò Nina - Non li ho nemmeno visti
arrivare… Cosa facciamo,
adesso? Si avvicinano!”
Jade,
però, non sapeva cosa fare se non tenere la sfera stretta
fra le mani, così si
mise a riflettere ad alta voce, quasi come se stesse farneticando:
“Dagli
incubi ci si sveglia in modo brusco, no? Boom, uno spavento e sei di
nuovo alla
realtà. Un suono, quello della paura, oppure di qualcosa che
si rompe! – sgranò
gli occhi, colpita dalla sua stessa proposta – La dobbiamo
rompere!”
Nina,
che boccheggiava per la paura, la sentì a malapena:
“Che cosa stai dicendo,
Jade? Non ho capito…”
Ma
quella la ignorò e strinse la pietra, poi chiuse gli occhi e
iniziò a
bisbigliare, percependo i mostri sempre più vicini:
“Riportaci a Morney Hill,
la vera Morney Hill. Riportaci alla realtà, ti prego...
DESIDERO tornare alla
realtà!”
L’attimo
seguente alzò il bracciò e gettò la
sfera a terra, mandandola in frantumi. I
tanti, piccoli frammenti rimbalzarono sull’asfalto,
splendendo, fino a creare
un vero e proprio bagliore di luce bianca che accecò tutti,
mostri compresi.
Tutti furono costretti a coprirsi gli occhi e, pochi secondi, ci fu
solo il
nulla.
Mondo reale –
Morney Hill
Quando
Jade riaprì gli occhi, si ritrovò distesa sulla
stessa strada in cui era pochi
secondi prima, ma stavolta, era circondata da molte persone. Erano i
cittadini
di Morney Hill, che si guardavano intorno confusi e disorientati, ma,
soprattutto, spaventati.
Dopo
qualche secondo, finalmente riuscì ad alzarsi e subito
provò a cercare gli
altri, ma, prima che potesse fare qualunque cosa, qualcuno la sorprese
alle
spalle.
“Ehi,
ce l’hai fatta!” le disse, dandole una pacca sulla
spalla.
Era
Brenda e vederla la rese più felice che mai.
“Oh
mio Dio! – esclamò, abbracciandola –
Sono così contenta che stai bene e che
siamo fuori da quell’incubo…”
Ma
l’altra tornò subito seria e si staccò
da lei, indicandole con gli occhi
qualcosa nel cielo: “Non direi... Guarda!”
Quella
seguì il suo sguardo e vide, come tutti gli altri, qualcosa
che la riempì di
paura e sgomento: un’enorme nube nera di disordini stava
lasciando la città.
Risoluta,
scosse energicamente la testa, determinata a fare in modo che quella
non fosse
la vera fine: “No, - esclamò - non posso
permetterlo, non perderò questa
battaglia!” e subito iniziò a correre, incontrando
poco più avanti Nina.
“Ehi,
eccoti! Vieni, c’è tua Nonna, siamo pronti con i
contenitori!” le disse, per
poi farle subito strada e portarla nel punto in cui si erano
risvegliati gli
altri.
“Nonna,
ci siamo? – le chiese Jade, non appena la raggiunse - I
disordini stanno
lasciando la città! Pare che Heith, alla fine, sia riuscita
a rimuovere la
cupola.”
Dana
annuì: “Ho letto la lettera di istruzioni: il
prossimo passo è incidere con la
lama di un pugnale entrambi i polsi dei contenitori. Infatti, sono
stati creati
per contenere quel male e portarlo fin dentro la caverna, dove
compieremo il
sacrificio.”
A
un suo cenno, Nina, con il pugnale già pronto in mano, si
avvicinò ai tre,
ancora addormentati, e fece le incisioni, poi si voltò verso
le due streghe,
chiedendosi quale sarebbe stata la mossa successiva. Improvvisamente,
tutti
sentirono un suono assordante, che costrinse l’intera
cittadina a coprirsi le
orecchie: i disordini stavano tornando indietro, aspirati
all’interno delle
incisioni fatte sui polsi dei contenitori. Nel giro di pochi istanti,
furono assorbiti
completamente e il suono assordante svanì.
Proprio
in quell’istante, arrivarono Zack, Noa e Wes.
“Serve
un passaggio alla caverna, per caso?” chiese il demone con un
sorriso e subito
Jade corse ad abbracciarlo, felice di vederlo, sotto lo sguardo
apparentemente
geloso di Nina.
“Sono
così felice di vederti!” gli disse, il volto
affondato nella sua spalla.
Intanto,
Brenda cercava con lo sguardo il suo amato, senza però
riuscire a trovarlo. Improvvisamente,
quello, con sua grande sorpresa, le arrivò alle spalle,
prendendola per i
fianchi e sollevandola.
“Ehi,
stai bene, vedo…” le sussurrò,
mettendola di nuovo a terra.
Subito
lei si voltò, incredula, ma felice, e lo
abbracciò: “Non immagini che paura ho
avuto di non rivederti mai più… Pensavo di averti
ucciso!”
“No,
IO pensavo di averti ucciso!”
L’altra,
però, non parve troppo perplessa da quella risposta:
“Sai, credo che entrambi
abbiamo subito la stessa tortura: la consapevolezza di aver ucciso la
persona
amata…” disse, lo sguardo basso al ricordo del
trauma subito, mentre si
stringeva ancora una volta a lui.
“Non
ho mai vissuto incubo peggiore…”
mormorò Terence, ricambiando la stretta.
*
Intanto,
non molto lontano, Jackson aveva trovato Harmony distesa
sull’asfalto,
addormentata. Subito, si era avvicinato con l’intenzione di
toccarla, ma, dopo
pochi passi, era stato fermato da Tamara, che era proprio alle sue
spalle in
compagnia di Barnès.
“No,
non toccarla! – gli intimò - Ti ritroveresti
nuovamente all’interno dei suoi
incubi.”
Lui
si fermò bruscamente, sentendo gli occhi riempirsi di
lacrime: “Non si
sveglierà mai più, vero?”
La
donna, dispiaciuta, gli mise una mano sulla spalla: “Questa
è la sua maledizione, Jackson. Adesso
è lei a vivere nei suoi incubi. Sola.”
Il
ragazzo si sentiva impotente di fronte a quella situazione e
scoppiò a
piangere.
“Ma-ma…
non c’è niente che possiate fare per lei? Le
avevate costruito un braccialetto,
no?”
“Sì,
ma non è possibile farne uno nuovo. Alcune
componenti erano costituite da un tipo di legno molto raro, ormai
estinto.
Sasha possiede molte cose raccolte durante i suoi viaggi, ma quello lo
aveva
utilizzato tutto per costruire il braccialetto che Heith ha distrutto.
E poi,
non avremmo comunque tempo di aiutarla, perché stiamo per
andarcene. Mi
dispiace...”
Lui
non riuscì a far altro che fissare la ragazza, in silenzio,
distrutto: “Avrà
paura in quel luogo così orribile. E’ tutta sola e
lo sarà per molto tempo,
forse per sempre, finchè qualcuno non la
toccherà. Non le ho nemmeno detto
addio…”
Barnès,
intuendo la situazione, lo prese per le spalle e lo tirò
indietro: “So che vuoi
toccarla e prendere il suo posto affinché si svegli, ma hai
un tuo destino da
compiere e, se hai esitato fino a questo momento, significa che lo sai.
Non
pensare a lei, adesso. Starà bene, non preoccuparti,
perché ti prometto che me
ne prenderò cura io quando ve ne sarete andati.
Passerò i prossimi secondi,
minuti, ore, giorni, settimane, mesi e anni a cercare una soluzione
finchè non
porrò fine al suo sonno. Questo sarà lo scopo
della mia vita, d’ora in avanti, d’accordo?
Perciò vai avanti senza voltarti indietro…
E’ una promessa!”
Jackson
annuì e lo abbracciò:
“Grazie… - mormorò
- E dille che la amo e che sono contento che mi abbia importunato nella
cella
di quel sotterrano dove ci ha rinchiusi John e poi mi abbia
perseguitato ad
Alkaban fino alla nausea. Non avrei mai scoperto la bella persona che
è dentro.
E dille anche che mi mancherà molto…”
L’altro
gli fece cenno di aver capito e gli sorrise.
Intanto,
accanto a loro, Tamara aveva osservato l’intera scena,
commossa e allo stesso
tempo fiera del demone che amava e cui sapeva di dover dire addio.
Nel
frattempo, intorno a loro, la gente era in tumulto dopo aver visto la
nube
entrare nei contenitori, ma Dana decise subito di porre fine a quel
caos,
alzando le braccia al cielo e bloccando ogni abitante di Morney Hill
presente.
A quel punto, quelli che ancora si muovevano, cioè quelli
del suo gruppo, si
avvicinarono, ritrovandosi tutti insieme e lei, finalmente,
poté dare le ultime
istruzioni.
“Non
andremo tutti alla caverna. Solo i predestinati, me compresa, e i
contenitori.
Nessun altro, è chiaro?”
Ovviamente,
subito Jade intervenne: “Cosa? Intendi dire che io non posso
venire?”
Sorridendo,
la donna si avvicinò a lei: “Sai, su una cosa
avevi ragione, Jade: non sei più
la prescelta. Hai già fatto il tuo dovere più di
una volta, ma, nonostante
questo, hai continuato a lottare. Ed ora eccoci qui, per provare a
mettere
finalmente fine all’incubo che c’è in
questa realtà. Hai salvato molte vite,
oltre a quelle dei tuoi amici e Dio solo sa quanto tu ti sia
sacrificata in
questi anni, ma adesso è tempo che l’eroe sia
qualcun altro.”
Gli
occhi della ragazza si riempirono di lacrime, mentre cercava con fatica
di
trovare la forza di parlare: “Potevo ancora sacrificarmi,
vero? – le chiese,
determinata a non arrendersi - Perché?”
Tutti
i presenti lanciarono loro una strana occhiata perplessa, apparte Nina,
che
sapeva di cosa stavano parlando.
A
quel punto, Dana rise e abbracciò forte la nipote:
“Domande, domande. Sempre
domande, la mia Jade. – si staccò e le prese il
mento fra le mani, premurosa –
Hai davanti a te una lunga vita, tesoro. Sei adulta ormai, non ti serve
sapere
altro. Questo è il tuo posto, assieme alle persone che ti
amano, fino
all’ultimo giorno che la vita ti donerà. E ora
salutami, perché questo, invece,
è l’ultimo giorno che la vita ha donato a
me…” e le due si abbracciarono
nuovamente, tra le lacrime e i singhiozzi della ragazza.
“Addio,
Nonna…” sussurrò, prima di crollare fra
le sue braccia.
La
donna fece un cenno a Zack di prenderla e lui subito si
avvicinò ed eseguì.
“Cosa
è successo?” le chiese, preoccupato.
“Sappiamo
entrambi che non resterà qui, aspettando che la magia sia
portata a compimento.
Prenditi cura di lei, Zack. Non potrei lasciarla in mani migliori, sei
forte,
ormai, e sei cambiato. Me ne vado davvero serena, sapendola con
te… Anche tu,
Brenda. Siete le persone più importanti della sua
vita…”
Il
ragazzo accennò un sorriso, Jade incosciente stretta fra le
sue braccia: “Addio,
Signora Ferguson. – la salutò - E’ stato
un onore conoscerla…”
Poi
fu il turno della ragazza che si gettò in lacrime fra le
braccia della donna:
“Addio, mi mancherà molto…”
L’altra
rise, cercando di mantenersi in equilibrio: “Accidenti, sono
una donna anziana
io! – barcollò, per poi tornare subito seria
– Oh, dolce Brenda, ero davvero
scettica il giorno in cui hai deciso di unirti a Jade nel suo viaggio,
ma
adesso, vedendo quello che sei diventata, sono contenta che tu
l’abbia fatto.
Sei solo una ragazza umana, eppure sei riuscita a sopravvivere a mille
avversità. Sei forte, cara. Più forte di
qualsiasi magia esistente.”
E,
mentre la ragazza si staccava da lei e si asciugava le lacrime, fece un
occhiolino
a Terence.
“Non
abbiamo bisogno di dirci nulla noi due. - gli disse – Solo,
veglia su di loro.
Sono molto fiera del tuo percorso, ho sempre saputo chi eri.
Perciò… addio e
buona vita, te la meriti!”
In
risposta, l’uomo le fece un rispettoso cenno con la testa:
“E’ stato un piacere
conoscerla, Dana. Grazie di tutto.”
A
quel punto, fu il turno dei Consiglieri: “Signori…
spero abbiate imparato molto
a contatto con noi. Bisogna scendere dalle nuvole ogni tanto, non
trovate?”
Anche
loro risposero con un cenno del capo.
Alla
fine, la donna si avvicinò a Jackson: “Forza,
portaci tutti alla caverna e
finiamo questa storia!” e, dopo gli ultimi sguardi di addio,
tutti si
attaccarono a lui, svanendo subito dopo, sotto gli occhi dei rimasti.
Caverna Shomia
Il
gruppo di predestinati, capitanato da Dana, percorse un lungo corridoio
illuminato dalle torce. C’era un enorme ingresso davanti a
loro e, dopo qualche
attimo di esitazione da parte di tutti, vi entrarono.
Nell’enorme sala si ritrovarono
ai piedi di una gradinata non molto lunga, che portava ad una
piattaforma
piana. Al centro di questa vi era una voragine dalla circonferenza
enorme.
Davanti a loro, una passerella, che terminava con un trampolino di
pietra che
si protendeva sopra quel baratro buio e sconfinato. In aria erano
sospese tre
piattaforme di pietra che galleggiavano in senso circolare, come una
giostra, sopra
di essa.
I
presenti scrutarono quel luogo a bocca aperta, finchè,
improvvisamente, i
contenitori non si sollevarono dalle braccia dei demoni che li avevano
portati
fin lì. In alto, sempre più in alto,
finché non atterrarono sulle tre
piattaforme di pietra.
“E
adesso? Che cosa succederà?” chiese Tamara, in
piedi accanto a Dana, ma non
fece in tempo ad avere una risposta, che i disordini fuoriuscirono dai
polsi
dei tre contenitori e confluirono all’interno della voragine,
rimanendo
bloccati lì.
Quando
la donna si affacciò a guardare, si trovò davanti
un vortice oscuro e a quel
punto comprese qual’era l’ultima cosa da fare e si
voltò per dirlo agli altri.
“Dobbiamo
buttarci. – spiegò - Uno alla volta. Il nostro
sangue sarà come un proiettile.
Ogni sparo sarà più letale del precedente e i
disordini saranno neutralizzati solo
dopo che tutti e dieci ci saremo buttati. Non abbiate paura,
però, ok?”
Sophia,
che era la più determinata, fece un passo avanti:
“Io devo tornare dalla mia
famiglia. E se, per farlo, devo buttarmi in quel vortice, allora sono
pronta a
farlo!”
L’altra
annuì e si spostò, lasciandole la strada libera.
La ragazza, allora, camminò
lentamente lungo la passerella, poi si fermò e prese un bel
respiro. Infine, iniziò
a correre e, quando arrivò alla fine del trampolino, si
gettò a braccia aperte nel
vortice, come se si stesse tuffando.
L’anziana
strega, a quel punto, si voltò verso gli altri:
“Bene, chi vuole essere il
prossimo?”
Tamara
fece un passo avanti, mentre, dietro di lei, Sasha circondava con un
braccio le
spalle di Klen nel tentativo di rassicurarla.
“Stai
bene?” le chiese, gentile, sentendola
tremare sotto di lei.
“Voglio
solo andarmene da qui… - sussurrò quella, ancora
scossa per l’incubo appena
vissuto - Quando arriverò in questo mondo senza magia,
starò bene. Mi dispiace
solo per le altre nostre sorelle streghe che non hanno avuto la nostra
stessa
fortuna.”
“Già,
anche io non vedo l’ora di essere lì!”
replicò l’altra, fiduciosa.
Intanto,
la loro leader si era gettata.
Chi
sarebbe stato il successivo?
Casa Ferguson
Diversi
minuti dopo, Brenda e Zack portarono Jade a casa sua e la appoggiarono
su un
divano. Improvvisamente, dopo quasi mezz’ora di incoscienza,
la strega si
svegliò di colpo, respirando rumorosamente.
“Che
cosa è successo?” chiese, immediatamente.
Vedendo
che si era risvegliata, Brenda si sedette accanto a lei e le prese una
mano: “Un
ultimo regalo di tua nonna, a quanto pare!” rispose,
sarcastica.
La
ragazza si guardò intorno circospetta:
“Seriamente, Brenda. Che cosa ci faccio
a casa mia? Dove sono tutti?”
Vedendola
nervosa, Zack decise di intervenire: “Sono andati alla
caverna Shomia con tua
nonna. Ti ha addormentata perché non potessi seguirla e non
ha tutti i torti
dal momento che è una cosa loro, non tua. Perciò
ora goditi il ritorno alla
normalità come tutti noi, perché presto avremo un
nuovo inizio.”
Quella,
però, non li ascoltò, anzi, si alzò in
piedi di scatto, ancora più nervosa:
“No, voi non capite, devo parlare con lei! Mi ha fatto
qualcosa e devo capire
perché!”
Gli
altri due si lanciarono un’occhiata perplessa.
“Riguarda
quella cosa strana sul sacrificio che hai farneticato prima di cadere
tra le
braccia di Zack, vero?” le chiese l’amica, mettendo
il ragazzo in imbarazzo.
“Potrei
aver fatto un viaggio nel tempo a vuoto e voglio capire il
perché.”
L’altra
la guardò, confusa: “Aspetta un secondo, tu credi
di essere uno dei
predestinati al sacrificio? Ma è assurdo! Hai il complesso
dell’eroe, per
caso?”
“Già…
- aggiunse Zack, altrettanto perplesso - Brenda non ha tutti i torti,
che cosa ti
prende? Ci sono cinque streghe e cinque demoni per il sacrificio e tu
non sei
una di loro. Ora, so che sei in pena per tua nonna, ma sappiamo
perfettamente
che il suo reale destino non è morire. Starà
bene, nel nuovo mondo, e avrà la
sua vita normale, come noi qui.”
Ma
Jade, esasperata, insistette: “No, voi non capite! Mia nonna
mi ha fatto
qualcosa, perché il test doveva risultare positivo. Me
l’ha detto Nina!”
L’amico
parve alquanto infastidito dalle sue parole: “Stai per caso
usando la mia
ragazza per far credere ai tuoi amici che sei uno dei predestinati al
sacrificio, quando sappiamo perfettamente a cosa miri in
realtà?”
Brenda
sgranò gli occhi per la sorpresa: “Wow, vedo che
tu e Nina l’avete
ufficializzato senza perdere tempo! – esclamò, per
poi tornare subito seria,
intuendo che la situazione era seria - E comunque a che cosa mirerebbe,
scusa?”
“Beh,
lo sai… - e guardò Jade fisso negli occhi, mentre
lo diceva – Vuole morire per
raggiungere Samuel e sta facendo questa sceneggiata solo per avere un
pretesto
per farlo!”
La
ragazza, a quel punto, era semplicemente furiosa: “Non
è assolutamente vero! –
urlò - Per quanto io desideri stare con Samuel, non
è questa la ragione per cui
vi sto dicendo queste cose.”
Ormai,
fra i due, era scoppiata una vera e propria discussioni, dai toni
sempre più
accesi.
“E
invece sì! – replicò lui - Che razza di
egoista sei… siamo i tuoi migliori
amici! Siamo davvero così poco importanti per te? Ok,
vado a sacrificarmi
fingendo di non aver avuto altra scelta, ciao e addio! Davvero
vuoi
lasciarci così, abbandonando questa vita senza che sia
veramente la tua ora?
Jade, la morte è un gioco a cui perdi, solo lei ti prende di
mira. E questa non
è la tua ora!”
“E’
vero, hai ragione, ma non stavolta. C’è DAVVERO
qualcosa che non va, non sto
cercando una scusa per morire! Comunque, non intendo certo stare qui a
discuterne con voi, perché devo parlare con mia nonna prima
che sia troppo
tardi.”
Poi,
prese la giacca e andò via, sbattendo la porta dietro di
sé.
Quando
l’eco si spense, Brenda si voltò lentamente verso
Zack.
“Le
credi?” gli chiese.
Quello,
ancora arrabbiato, distolse lo sguardo, fissandolo sulla parete di
fronte a
lui: “Sappiamo quello che vuole veramente, Brenda. In passato
ha tentato di
suicidarsi e non ha esitato un secondo a correre verso il portale la
prima
volta che si è aperto. Tu le crederesti, dopo tutto
questo?”
“Se
c’è una lezione che ho imparato dal narratore,
è che solo lui conosce tutto, mentre noi non
possiamo essere certi di
niente. Non sappiamo nemmeno la metà delle cose che accadono
attorno a noi,
perciò non conta credere o meno a quello che ci ha detto.
E’ nostra amica,
perciò dobbiamo fidarci di quello che dice e vedere come
va.”
Le
sue parole sagge finirono per convincerlo.
“Va
bene. Allora andiamo con lei e scopriamo
cosa c’è dietro a quello che dice,
d’accordo?”
E,
pochi secondi dopo, la ragazza si attaccò a lui e, insieme,
svanirono.
Caverna Shomia
Jade
trovò aperto l’ingresso della caverna e non
esitò un secondo a entrarvi.
Subito,
percorse
il corridoio delle torce di fuoco, attirata dalle voci al di
là dell’enorme
ingresso. Facendo lo stesso percorso degli altri, presto si
ritrovò nel luogo
designato per il sacrificio: la prima cosa che vide, furono i
contenitori
sospesi in aria sulle piattaforme di pietra e Jackson a braccia aperte,
in
procinto di gettarsi nel vortice oscuro. Dietro di lui, Klen e Sasha.
Subito, la
strega fece un altro passo, che nonostante fosse leggero,
rivelò ugualmente la
sua presenza. I tre
si voltarono,
sorpresi di vederla.
“Jade,
cosa ci fai qui?” le chiese il ragazzo,
osservandola avvicinarsi sempre di più a loro.
“Cercavo
mia nonna, ma... – si guardò intorno,
vedendo solo loro – Siete solo voi tre?”
“Manchiamo
solo noi al sacrificio, tua nonna è
già andata…” le spiegò
Sasha, triste, e gli occhi dell’altra si riempirono di
lacrime, mentre si avvicinava al bordo del trampolino e guardava di
sotto, il
vento le scompigliava i capelli.
“Ecco
perché mi sono risvegliata. –
mormorò - Morta
la strega che ti ha lanciato
l’incantesimo…”
“…
l’incantesimo si spezza.” completò Klen,
accanto a lei.
Vedendola
triste, Jackson le
mise una mano sulla
spalla: “Mi dispiace, Jade. So che le volevi molto
bene…”
Lei
continuava a guardare come ipnotizzata il vortice oscuro, gli occhi
gonfi per
il pianto: “Arrivo sempre tardi, a quanto
pare…”
A
quel punto Sasha, che era proprio dietro di loro, capì di
dover intervenire,
anche se a malincuore.
“Non
per essere scortese, ma noi dobbiamo
proprio andare, Jade… Ne abbiamo passate già
abbastanza e francamente non vedo
l’ora di andarmene da qui.”
Tutti
e tre si voltarono verso di lei e Jade si asciugò le
lacrime, annuendo.
“Sì,
hai ragione, scusa.”
Improvvisamente,
in mezzo a loro comparve Heith, che subito tirò una
pugnalata nella pancia di
Sasha. La strega, colta di sorpresa, sgranò gli occhi e si
accasciò a terra
sotto gli occhi sconvolti dei presenti. Questi la fissarono
agghiacciati,
mentre quella si voltava verso di loro con un sorriso perfido e
beffardo.
“Sorpresa!
Non ve l’aspettavate, vero? – chiese, ironica, per
poi tornare cinica e
mostrare finalmente tutta la rabbia che aveva dentro - Beh, nemmeno io
mi
aspettavo che sareste usciti dall’incubo in cui vi ho
intrappolati, ma a quanto
pare con voi non funziona niente. Ho perso tutto il potere che avevo,
mentre
ero pronta a fare grandi progetti e conquistare il mondo. Avete mandato
all’aria ogni cosa, ma posso ancora strappare vite, come
potete vedere. La
vendetta è l’ultima cosa che mi rimane, a questo
punto… Povera streghetta, non
arriverà a destinazione a quanto pare, qualunque essa
fosse!” concluse,
osservando con una finta espressione di rammarico il corpo senza vita
ai suoi
piedi.
Allora
Jackson notò che la donna stava puntando con lo sguardo la
sua amica, perciò
corse da lei e la prese per un braccio: “Klen, forza,
andiamo!” le ordinò e,
poco dopo, si gettarono insieme.
Jade
li guardò precipitare sconvolta, mentre Heith rimase
indifferente.
“Siamo
rimaste sole, eh?” disse, subito dopo, e la ragazza si
voltò immediatamente
verso di lei, cinica.
“Sai,
mi hai davvero stancata, Heith. Non ti
rendi conto che, per quanto cercherai di sforzarti, non sarai mai
nessuno? Io
sarò ricordata in eterno, mentre tu rimarrai anonima come
sei sempre stata. Sei
malvagia, ma non al punto da essere ricordata come una minaccia. Mi hai
intrappolata in un libro, poi in un incubo e hai fatto carte false con
chiunque
per arrivare ai tuoi scopi, ma non ci sei riuscita. Queste ti sembrano
azioni
del calibro di Wolf o John? No, mia cara. Credimi, sei davvero molto
lontana dal
farti un nome in questo mondo!”
Il
volto della donna si deformò per la rabbia: “STA
ZITTA, stupida ragazzina!” urlò,
ma, in risposta, Jade sorrise.
“Beh,
intanto la stupida ragazzina ha
raggiunto più obiettivi di te. Sono stata la prescelta, ho
avuto degli amici
che mi hanno amata e che avrebbero dato la vita per me, ma, cosa
più importante
di tutte, ho trovato il vero amore. Tu, invece, hai perso tutto questo
per
stare dietro alla tua vendetta e alla tua invidia. Non hai ottenuto
niente,
Heith. E mai otterrai qualcosa, perché stavolta è
finita per davvero.”
Heith,
però, non la ascoltò, evocando una sfera rossa
fra le sue mani: “Beh, intanto i
disordini ci sono ancora, dal momento che ho ucciso una delle streghe
che
doveva partecipare al sacrificio. Perciò otterrò
nuovamente quel potere, in un
modo o nell’altro.”
Ma
Jade sembrava tranquilla: “Questo è ancora tutto
da vedere…” mormorò.
“Non
proprio, dal momento che godrò della tua
dipartita!” ribatté la donna, sempre
sicura di sé.
Stava
per lanciarle addosso la sfera, quando, improvvisamente, fu stroncata
da una
freccia che le colpì il petto. Heith sgranò gli
occhi, mentre la sfera svaniva
dalle sue mani e lentamente cadeva a terra, esalando pochi istanti dopo
il suo
ultimo respiro.
In
quel momento, Jade alzò lo sguardo e ritrovò i
suoi amici: Brenda aveva in mano
la sua balestra.
“Beh,
io sarò ricordata. – le disse, mettendola
giù - Ho ucciso la stronza, no?
MERITO di essere ricordata!”
L’amica
scoppiò a ridere, sollevata, poi corse ad abbracciarla:
“Certo che verrai
ricordata. Chi dimentica gli amici che hanno affiancato la
prescelta!”
Quando
si staccarono, però, i sorrisi erano spariti,
perché accanto a loro c’era pur
sempre il corpo senza vita di Sasha.
Dopo
un lungo momento di silenzio, Zack fece un passo avanti.
“Suppongo
che abbiamo fallito, o sbaglio?”
Jade,
però, scosse la testa, iniziando a indietreggiare:
“Non proprio…”
L’amica
la guardò con disappunto, confusa: “Che cosa
vorresti dire? Non c’è un’altra
strega compatibile per il sacrificio.”
“Non
è vero. Io lo sono. Mia nonna mi ha lanciato un incantesimo
per bloccare in
qualche modo la magia del mio sangue e e far si che l’esito
fosse negativo.
Ora, però, lei è morta e quindi si è
spezzato. Sono uno dei predestinati…”
Zack
scosse la testa, incapace di crederle: “Ma-ma…
come fai ad esserne così
sicura?”
“Perché
l’ho visto, Zack! – replicò lei -
C’è una cosa che non vi ho detto: quando sono
andata a casa di Nina e mi ha mostrato i dipinti profetici, ce
n’era uno che
raffigurava me mentre mi gettavo nel vortice oscuro. Inizialmente non
riuscivo
a crederci e per tutto questo tempo ho lottato con la consapevolezza
che queste
sarebbero state le mie ultime ore in questo mondo. Con voi. Poi, ho
capito di
essere la fine di tutto e, arrivata a questo punto, non ne sono affatto
meravigliata. – sorrise, mentre le lacrime iniziavano a
scorrerle lungo le
guance - Sono pronta a ricevere la mia ricompensa per tutto il lavoro
svolto…”
I
suoi amici, allora, capirono di doversi arrendere di fronte alla
realtà dei
fatti e anche i loro occhi divennero lucidi.
Zack
fu il primo a trovare la forza di parlare:
“Quindi alla fine otterrai quello che vuoi,
vivrai la tua vita accanto a
Samuel…” le disse, triste, ma senza ironia.
Jade
gli sorrise: “Non è vero, non ho ottenuto quello
che volevo! Nessuno ottiene
mai quello che vuole, non quando i tuoi amici e l’amore della
tua vita vivono
in mondi differenti…”
“Quindi
questo è un addio, giusto?” le chiese
l’amica, anche lei in lacrime e quella
annuì, incitandola a continuare.
“Significa
che non ti rivedrò mai più… Oddio, fa
uno strano effetto dirlo e vederlo
realizzato nello stesso momento. Non credo di essere pronta.
Cioè, non ti vedrò
mai più… Per sempre…”
“Nemmeno
io sono pronta, Brenda, ma è così che deve
andare, lo sai…”
Poi,
corsero l’una verso l’altra e si abbracciarono,
stringendosi forte.
“Non
avrò mai con nessun’altro lo stesso legame che ho
avuto con te. – le disse
Brenda, aggrappandosi a lei - Le migliori amiche sono come anime
gemelle:
quando le trovi, sai per certo che non ci sarà mai
nessun’altra.”
Parlare,
a quel punto, era diventato molto difficile per entrambe.
“Oh,
Brenda, non rendere tutto più difficile, ti
prego… Già fatico a realizzare che presto
non rivedrò mai più il tuo volto... Per quello
che vale, sappi che nemmeno io
troverò mai un’altra amica come te. – le
prese il volto fra le mani e incrociò
il suo sguardo – Sei unica e speciale e io mi sento
così fortunata ad essere
stata tua amica. Di una fortuna così rara, che stento a
credere di averla avuto
proprio io. Ti auguro una vita meravigliosa assieme a
Terence… Ti prego, non
dimenticarmi mai, perché io ti penserò in ogni
momento della mia...”
Quella
si staccò e annuì, devastata: “Saluta
Samuel e tua nonna da parte mia, quando arriverai, ok?”
A
quel punto, fu il turno di Zack di salutarla, anche se si era voltato
dall’altra parte per nascondere le lacrime.
Sorridendo,
la ragazza lo punzecchiò: “Oh, Zack, non dirmi che
stai piangendo!”
Quello
cercò di sembrare forte, come sempre: “Sta zitta,
non è vero!” replicò, mentre
lei correva ad abbracciarlo. Sorpreso, lui non ricambiò
subito la stretta, ma
Jade continuò a parlare comunque.
“Sei
stato con me fin dall’inizio e insieme ne abbiamo passate
più di chiunque altro.
Ora, invece, eccoci qui, pronti ad una nuova vita. E’ passato
tutto così in
fretta, che non mi sono nemmeno resa conto di quanto tu fossi
indispensabile
per me. Lascio in questo mondo una grossa parte del mio cuore,
davvero…”
Poi
si staccò, guardando a lungo entrambi: “Sono
pronta ad andare, anche se continuo a chiedermi come farò a
vivere senza di voi
per tutto il resto della mia vita. Siete le persone più
importanti per me… Non
dimenticatemi, d’accordo?” e, sorridendo fra le
lacrime, iniziò a
indietreggiare.
Brenda
la salutò con la mano, appoggiando la testa sulla spalla di
Zack. Sembravano
una fotografia e Jade sorrise loro un’ultima volta.
“Siete
meravigliosi. Vi amo immensamente…”
Poi
si voltò e iniziò a camminare, ma Zack aveva
ancora qualcosa da dirle.
“Finisci
la scuola, Jade! Realizza i tuoi sogni.”
Lei,
con un cenno, gli fece intendere che aveva capito e
proseguì. Finalmente,
arrivò sul bordo del trampolino e guardò verso il
basso. Non aveva paura,
nemmeno un po’. Scrutò
quell’oscurità, quel male, sapendo che avrebbe
decretato
la sua fine per sempre. Poi, lentamente, aprì le braccia e
chiuse gli occhi.
“Ho
fatto tutto, qui. – mormorò, fra sé e
sé - Sono stata amata e ho amato. Ho
perso molto, ma anche ricevuto altrettanto. Non ho paura di te,
oscurità. Non
ne ho mai avuta, fin dal primo giorno. Sono più forte, ora,
perché questa vita
mi ha resa così. Sei tu che devi avere paura di me. Sono la
tua fine e la tua
fine, sarà il mio nuovo inizio….” e si
lasciò andare, senza rimpianti, serena.
Brenda
girò la testa e la affondò nel petto di Zack,
incapace di guardare.
La
strega continuò a precipitare nel vuoto e le parve di cadere
per secoli. Come
dice la tradizione, in quell’attimo rivide tutta la sua vita.
Era stata
tutt’altro che perfetta, ma tuttavia ricca di momenti che per
lei erano stati
importanti. Davanti agli occhi, le passarono tutte le avventure
vissute, le
persone conosciute e le vite salvate. Le lacrime, le liti, le
battaglie, i
nemici, tutti quelli che amava. Tutto quello che aveva caratterizzato
una vita vissuta
veramente fino in fondo, che non sarebbe mai stata dimenticata.
E,
dopo pochi secondi, la vita di Jade nel mondo soprannaturale si
concluse. In un
attimo, il vortice oscuro si disintegrò e svanì
per sempre, lasciando al suo
posto solo un vuoto senza fine. Ma il vuoto più grande, in
quel momento, era
nei cuori di Brenda e Zack.
Era
finita. Per sempre, stavolta.
Una settimana
prima – Alkaban
Dana
girovagò per l’edificio
in cerca di Zeta, finchè non la trovò in una
stanza, in lacrime. La donna stava
ancora cercando, a fatica, di accettare la morte del collega, ma
trovò comunque
la forza di rispondere ai suoi dubbi, lasciandola entrare nella sua
mente.
Quella, allora, finalmente capì.
“Quindi
il sacrificio
pretende il sangue dei prescelti…”
“Sì,
quelli che
discendono dalla vostra stirpe, da quella delle streghe del circolo
divino e dei
demoni della triade oscura. Non siete molti, sparsi nel mondo, e alcuni
nemmeno
sanno di essere dei potenziali prescelti, perché, come ben
sai, viene scelta
solo una coppia fra tanti.”
Dana
abbassò lo
sguardo:“Quindi io e Jade siamo le candidate perfette per
questo sacrificio… Fortuna
che non moriremo davvero, o non le avrei mai permesso di sacrificarsi
nuovamente. Non se lo merita dopo tutto quello ha fatto e
perduto…”
“Sì,
lo siete, ma
purtroppo non è sicuro che finiate nel mondo destinato a voi
prescelti.”
“Che cosa intendi
dire?”
“Solo
quelli che sono
stati davvero prescelti, hanno il privilegio di finire lì,
anche se gli altri
hanno il vostro stesso sangue. Queste sono le regole stabilite
all’inizio dei
tempi.”
La donna
tacque per
diversi minuti, troppo dispiaciuta per parlare, ma alla fine
riuscì a trovare
la forza di farlo.
“Beh,
ti sembrerà
egoista da parte mia, ma farò di tutto affinché
questo sacrifico avvenga. Anche
mentire a quelle povere anime, se necessario… Che Dio mi
perdoni!” concluse,
per poi voltarsi e tornare nella Sala del Consiglio, dove erano in
corso i test.
Zeta,
però, la fermò, perché
aveva ancora un’ultima cosa da dirle: “Aspetta! Non
è comunque detto che tu e
Jade arriviate nel mondo a cui siete destinate. Quello che farete
è un
sacrificio di massa, Dana. La maggioranza di voi ha il sangue di un
potenziale,
quindi finirete tutti nello stesso luogo, qualunque esso sia. Magari mi
sbaglio, ma ai piani alti ho accesso a molti libri che qui sulla terra
non
esistono. Talmente tanti che probabilmente alcuni non sono mai stati
letti. Ed
essi parlano anche di questo: i sacrifici di massa hanno un inizio e
una
destinazione, ma sempre insieme. Perché tutte le anime che
vi partecipano sono
legate per l’eternità. Ma quale
eternità spetterà loro e, soprattutto, dove,
non ci è dato saperlo.”
Quella
rivelazione
sconvolse profondamente l’anziana strega, che non ebbe la
forza di voltarsi
verso la donna, limitandosi a salutarla dalla porta.
“Grazie
per il
consulto, Zeta. Ancora condoglianze per Xao e…
addio!” concluse, per poi
andarsene via, silenziosa e pensierosa, ma più che mai
sicura riguardo a cosa
doveva fare.
FINE
DELLA TERZA STAGIONE
~
INTRODUZIONE
ALLA QUARTA STAGIONE
Anno 1237 a.C.
Nella piazza
di un paesino era riunita una folla di persone, in attesa di godersi
l’esecuzione di due giovani, un ragazzo e una ragazza.
Entrambi erano legati ad
un palo di legno e, intorno a loro, cumuli di paglia pronti per essere
bruciati.
L’esecutore, con in mano la torcia di fuoco, si rivolse
un’ultima volta al
popolo prima di passare all’azione.
“Gli impostori
e gli assassini vanno puniti e quale punizione migliore, se non quella
di
togliere loro la vita? CHE BRUCINO TRA LE FIAMME!” concluse e
la folla esultò,
incitandolo a compiere quell’atrocità.
La ragazza, però,
spaventata quanto il compagno, parlò, sperando che avessero
pietà di loro: “No!
Vi prego… Abbiamo commesso un errore e ci dispiace, ma non
siamo assassini,
abbiate misericordia di noi. Vi scongiuriamo… –
poi si rivolse direttamente
all’uomo, sussurrando perché solo lui sentisse
– Lord Flammer, la prego, perché
ci sta facendo questo? Noi siamo innocenti, non abbiamo fatto
nulla… Ci
fidavamo di voi!” concluse, in lacrime.
Quello, però,
non si lasciò intenerire, anzi, le lanciò
un’occhiata ancora più cattiva di
prima: “Allora vi siete fidati della persona sbagliata, mia
cara e ingenua
Petra…”
Nel sentire le
sue parole, l’altro ragazzo gli sputò in faccia:
“Sei stato TU! Avremmo dovuto
immaginarlo…”
Ma ormai era
troppo tardi e l’uomo era pronto a eseguire la condanna.
“Che
le fiamme dell’inferno vi tormentino per
l’eternità!” esclamò, con
un’espressione di puro piacere sul volto e, subito
dopo, buttò la torcia sulla paglia, che prese fuoco
velocemente. In poco tempo,
le fiamme divennero alte e i due ragazzi gridarono di dolore, mentre
bruciavano
fra atroci tormenti, nelle loro orecchie le risate della folla intorno
a loro,
che esultava per la loro fine…
CONTINUA NELLA QUARTA E ULTIMA
STAGIONE DI DEMON & WITCH…
Testo
a cura di Lady Viviana.
ANGOLO AUTORE: Bene, questo
era l'ultimo capitolo di questa lunghissima terza stagione. E' sempre
una soddisfazione arrivare all'ultimo episodio di ogni stagione e ci si
guarda indietro sapendo di aver fatto un ottimo lavoro. Spero abbiate
gradito tutto e che anche questa storia vi abbia regalato grandi
emozioni, lasciate pure un commento se volete e fatemelo sapere. Come
avete letto a fine capitolo, la prossima stagione sarà
l'ultima. E' ora che D&W abbia una fine e vedrò di
darne una degna assieme ad una nuova trama interessante e coinvolgete.
A proposito della nuova stagione, ci sarà un'anteprima della
4x01 nel giorno di Halloween e il primo capitolo si
intitolerà "Five Years Later", perciò ci
sarà un grosso salto temporale e scoprirete cosa
è successo ai protagonisti e di quale nuova minaccia
tratterà quest'ultima stagione. Non mancate
all'appuntamento. La stagione completa partirà ufficialmente
dal 3 Dicembre con la 4x02. Grazie per avermi seguito, alla prossima!
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