DEMON & WITCH III

di SamuelRoth93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 3x01-Il secondo avvento ***
Capitolo 2: *** 3x02-Il dolore del suo cuore ***
Capitolo 3: *** 3x03-Lungo il cammino della morte ***
Capitolo 4: *** 3x04-Un posto dove sentirmi al sicuro ***
Capitolo 5: *** 3x05-Lei mi ha incastrata ***
Capitolo 6: *** 3x07-Non ho più paura di te ***
Capitolo 7: *** 3x06-Sulla strada del pericolo ***
Capitolo 8: *** 3x08-Quello che lei prova tutti i giorni ***
Capitolo 9: *** 3x09-Libero dal suo incubo ***
Capitolo 10: *** 3x10-Dio dei fantasmi ***
Capitolo 11: *** 3x11-L'alba di un nuovo mondo ***
Capitolo 12: *** 3x12-La scatola mistica ***
Capitolo 13: *** 3x13-Racchiuso al suo interno ***
Capitolo 14: *** 3x14-E rimase solo la speranza ***
Capitolo 15: *** 3x15-La notte della luna cattiva ***
Capitolo 16: *** 3x16-L'espiazione dell'anima ***
Capitolo 17: *** 3x17-Prigionieri del sottosuolo ***
Capitolo 18: *** 3x18-Le storie del narratore ***
Capitolo 19: *** 3x19-Riemerge l'oscurità ***
Capitolo 20: *** 3x20-Una corsa verso il passato ***
Capitolo 21: *** 3x21-I sogni di Harmony: L'inizio dell'incubo (Parte I) ***
Capitolo 22: *** 3x22-I sogni di Harmony: La fine dell'incubo (Parte II) ***



Capitolo 1
*** 3x01-Il secondo avvento ***


VOLUME TRE

“Equilibrio”

 

~

Capitolo Uno

"Starting Over"

 

 

 Due mesi dopo - Morney Hill, Maine

 

 

Era quasi mezzanotte nella tranquilla cittadina e, all’interno di un raffinato ristorante, c’era una giovane coppia che attendeva con ansia, da una vita, quel primo appuntamento. A lei, soprattutto, tutto sembrava quasi e solo un sogno, tanto che guardava il suo Samuel, seduto di fronte e impegnato a versarle da bere, come se ci fossero stati soltanto loro nel locale.

“Non posso credere che sia tutto finito e che siamo finalmente qui, insieme” gli disse lei, con dolcezza, ricevendo in risposta un sorriso.

“Sapevamo che prima o poi sarebbe arrivato questo momento. Io e te, qui a Morney Hill, a condurre una vita normale...”

“Niente cattivi, né buoni, niente magia… solo noi due e il futuro.”

“Allora facciamo un brindisi al nostro futuro – propose lui, alzando il calice e guardandola intensamente - Non ti ho mai amata tanto come ora, Jade...”

“Vorrei che questo momento non finisse mai…” gli rispose lei, facendo tintinnare i bicchieri uno contro l’altro.

“I momenti della vita sono come il flash di uno scatto, Jade: durano talmente poco e in un attimo è già tutto finito…”

 

E, infatti, l’attimo dopo finì tutto perché Jade aprì gli occhi e si rese conto che era stato soltanto un sogno: si era addormentata sulla tomba del suo amato. Gli aveva portato dei fiori ed era rimasta a parlare con quella lastra di pietra fredda con inciso sopra il suo nome per quasi tutto un giorno, prima di crollare, e ora sul cimitero era calata la notte, esattamente come nel suo sogno. Cadeva anche una pioggia leggera, creando un’atmosfera triste e inquieta, nella quale non stonava Jade, in lacrime e scossa dai singhiozzi, che avrebbe tanto voluto che quel sogno fosse reale, esattamente come aveva sperato per tutti gli altri fatti durante l’estate, appena conclusa.

Improvvisamente, dietro di lei arrivò qualcuno, che le mise una mano sulla sua spalla; lei si girò e, quando vide di chi si trattava, si alzò e la abbracciò.

“Nonna, mi manca così tanto... Non so come accettarlo, non riesco ad andare avanti. Io… io non respiro, non riesco a respirare…”

Dana strinse a sè la nipote, cercando di riparare entrambe sotto il suo ombrello: “Riuscirai ad andare avanti, devi solo avere pazienza, perchè, man mano che passeranno i giorni, sentirai sempre meno il dolore.”

“Mi sento così vuota, nonna. Non ero nemmeno con lui quando se n’è andato... E’ morto da solo, senza nessuno accanto. E’ orribile!”

L’anziana signora le accarezzò con dolcezza la testa, cercando di consolarla: “Sapeva di essere amato, Jade, per questo ha sacrificato la sua vita pur di salvarti. Eravamo tutti con lui, anche se non fisicamente. Ora andiamo a casa e domani… beh, sarà un altro giorno e tornerai a respirare, bambina mia. Ok?”

Jade si asciugò le lacrime, annuendo: “D’accordo…”

 

Intanto, la vita continuava e il giorno dopo, seduta in una caffetteria del centro, c’era invece una ragazza davvero felice, che aveva avuto la fortuna di non perdere colui che amava con tutta se stessa. L’estate era ormai alla fine e Brenda si preparava al college; peccato, però, che non sapesse dove andare. Sistemando i suoi opuscoletti sul tavolino, si rivolse a Terence, seduto di fronte a lei, in cerca di aiuto.

“Secondo te, dove dovrei andare?”

Lui rise: “E lo chiedi a me? Sto ancora cercando di abituarmi al fatto che ho un lavoro e vivo in un appartamento con un gatto che mi hai costretto TU a prendere!”

Esasperata, la ragazza sbuffò, sbattendo frustrata la testa sul tavolino: “Uffa, non so cosa scegliere! Il mio clone è stato accettato in ben nove college, ti rendi conto?!?”

“Vedi di non sceglierne uno lontano, perché è già dura per me vivere qui senza di te, ok?” replicò lui, triste.

“Beh, potresti trasferirti anche tu con me. Insomma, Morney Hill non è l’unico posto in cui puoi insegnare autodifesa, no?”

“Insegno arti marziali in una palestra, Brenda, non autodifesa” la corresse lui, provocando un altro sospiro da parte di lei.

“E’ uguale, c’è sempre qualcuno da prendere a calci. Il punto è che potresti insegnare anche da qualche altra parte e precisamente a – alzò uno degli opuscoletti – Boston, no? Cosa ne pensi?”

Terence sgranò gli occhi: “Boston? Un po’ lontano, non credi? Senti, sai che ti amo alla follia, ma… a malapena sono riuscito ad ambientarmi qui, figuriamoci se dovessi cambiare città di punto in bianco. Ci sono dei college anche qui a Morney Hill, sai?”

“Ma è da sfigati frequentare il college della propria città! Tutti non vediamo l’ora di finire il liceo proprio per fuggire ad almeno mille chilometri di distanza!”

“Hai ancora un po’ di tempo per decidere, ma sappi che comunque farò il sacrificio di seguirti ovunque tu decida di andare, okay? Però prima pensaci bene. A proposito, sai niente di Jade? Dove andrà?”

Brenda roteò gli occhi: “Jade? E chi è? – ma subito tornò seria e sulle labbra le si dipinse un sorriso triste – Sto scherzando, il fatto è che non mi parla più, o, meglio, non parla più con il resto del mondo. Si è completamente isolata e… non la biasimo per questo.”

“Perché non vai a trovarla? Se non ti parla, non vuol dire che non ti voglia vedere. Devi farle capire che tu ci sei ancora e che non la abbandonerai mai.”

La ragazza sospirò, lanciandogli un’occhiata: “Come invece hanno fatto Samuel e Zack, le due persone più importanti della sua vita? Non credo di essere all’altezza delle sue perdite, mi dispiace...”

Vedendola triste, lui le prese le mani fra le sue e la guardò negli occhi, prima di rispondere: “Hey, tu sei importante per lei almeno quanto loro. Sei la sua migliore amica e questo non cambierà mai. Lei sta soffrendo molto, in questo momento, perciò non può rendersi conto anche della tua, di sofferenza.”

Brenda, nel sentirlo, scoppiò in lacrime: “Terminata la battaglia, pensavo che sarebbe stato fantastico tornare a casa. Avrei ripreso la mia vita, le mie amicizie, la mia solita routine, ma mi è bastato un giorno per capire che tutto questo non c’era più, che il resto della gente, nel frattempo, era andata avanti con la propria vita. E ora sono sola, completamente sola... Samuel, Zack e Jade erano i miei amici, la mia famiglia e ora è tutto finito...”

“Hai ancora me; Brenda. So perfettamente che non potrò mai colmare il vuoto lasciato da loro, ma io ci sono e non ti lascerò mai sola…” e con queste parole riuscì almeno a strapparle un mezzo sorriso.

 

Nel frattempo, la città era in fermento per le elezioni del nuovo sindaco e tutti i cittadini si apprestavano a dirigersi davanti al Municipio per il primo discorso del neoeletto.

Anche la signora Ferguson si stava preparando per andare, mentre Jade giaceva sdraiata sul divano con il telecomando in mano, a passare continuamente da un canale all’altro. Mentre si metteva un foulard intorno al collo, la donna non riuscì a nascondere la sua irritazione per quel comportamento.

“Cosa stai aspettando a prepararti?”

“Non voglio andare da nessuna parte. – le rispose l’altra, totalmente indifferente - Sto bene dove sono.”

“Oggi è un giorno importante per la nostra città, c’è il discorso del nuovo sindaco.”

“Per me è una cosa banale, invece. E non ci verrò. Credi che farmi uscire mi farà stare bene? Sono adulta, ormai, e so io cosa è meglio per me!”

“Sai, Jade, – replicò Dana, severa, lanciandole un’occhiataccia - credo che ti farebbe proprio bene una boccata d’aria!”

E, improvvisamente, Jade iniziò a sentirsi soffocare e a toccarsi il collo, incapace di respirare, tant’è che corse subito verso la porta, buttandosi letteralmente fuori casa. Non appena mise piede fuori dalla porta, i polmoni ripresero a funzionare e come per magia si ritrovò vestita e pronta per uscire. Pochi secondi dopo, l’anziana signora la raggiunse, chiudendo la porta dietro di sè e proseguendo dritta verso il centro della cittadina.

“Visto? Te l’avevo detto che una boccata d’aria ti avrebbe fatto bene. Si rischia di soffocare, stando sempre dentro casa!” disse alla nipote, sorridendo.

Jade si limitò a guardarla male e a seguirla, senza dire nulla.

 

Arrivate in città, nel punto in cui tutti i cittadini si stavano radunando, Dana intravide Brenda e Terence in mezzo alla folla e decise subito di raggiungerli.

“Ma guarda chi si vede... Ciao, ragazzi!”

La ragazza l’abbracciò subito, felice di vederla: “Salve, signora Ferguson! Come sta?”

“Non mi lamento, cara. – si rivolse poi a Terence – Salve anche a te, giovanotto!”

“Non direi, signora, – le sorrise l’uomo - abbiamo quasi la stessa età!”

“E allora? – replicò lei - Sono giovane anche io!” ed entrambi scoppiarono a ridere.

“Jade è con lei?” le chiese poi Brenda, quando si calmarono.

“Sì, era dietro di me – si girò, la cercò con gli occhi e la individuò – Oh, eccola! E’ laggiù!” ma quella, benché poco distante da loro, finse di non vederli, rimanendo in disparte con le braccia conserte a guardare la folla.

Subito il sorriso di Brenda si spense: “Sì, ora la vedo. Sono contenta che sia riuscita a farla uscire di casa, visto che lo faceva solo per andare al cimitero.”

“Tesoro, – le rispose l’anziana signora, mettendole una mano sul braccio, comprensiva - dalle tempo. Vedrai che tornerete a parlarvi… E’ solo un momento passeggero, poi tutto tornerà come prima, o quasi.”

Terence, intanto, stava osservando con curiosità il movimento intorno al palco e ne approfittò per chiedere spiegazioni: “Chi è questo nuovo sindaco?”

“Bradley Scott. – rispose Dana, eccitata – E, per la cronaca, io ho votato per lui alle elezioni. E’ un tipo molto affascinante!”

La ragazza la guardò, in imbarazzo: “Signora Ferguson! – esclamò, sorpresa - Oddio, pensa ancora a certe cose?!”

“Non sono mica morta dentro! E poi senti chi parla: la vecchia Brenda avrebbe tifato per me!”

L’altra dovette ammettere che aveva ragione e scoppiò a ridere: “Vero!”

 

Improvvisamente, di fronte al microfono si presentò l’uomo che avrebbe governato la città da quel momento in poi. Tuttavia, non si trattava del sindaco appena eletto e Dana, Brenda, Terence e Jade, che lo avevano riconosciuto, non potevano credere ai loro occhi: si trattava di John. L’uomo, prima di parlare, guardò le sue vecchie conoscenze con un sorriso compiaciuto.

“Salve a tutti, cittadini di Morney Hill. Sono davvero molto contento che siate accorsi in così tanti oggi...”

L’anziana strega era semplicemente incredula: “John? Non può essere…”

Brenda lo era altrettanto: “Cos’è, uno scherzo?!? Perché nessuno contesta la sua presenza?”

“Controllo mentale? Persuasione?” propose Terence, facendola agitare.

“Ok, forse con voi non funziona perchè siete esseri soprannaturali, ma io sono umana!”

“Forse ne sei immune…”

In quell’istante, si avvicinò ai tre Jade, allarmata: “Nonna, cosa sta succedendo? Perché John è su quel palco?”

“Calmati tesoro, – le rispose Dana – prima stiamo a sentire cosa dice, ok? Sapevamo che non era morto, quindi ci saremmo dovute aspettare un suo ritorno...”

 

Intanto, l’uomo stava continuando il suo discorso: “Ringrazio tutti per avermi eletto come nuovo sindaco di Morney Hill – e fece una piccola risata – del resto non me l’aspettavo proprio... Farò in modo che la nostra città diventi sempre più sicura, la trasformerò in un modello da imitare e mi occuperò personalmente del benessere di ognuno di voi. Spero tanto di fare un buon lavoro e, quando avrò finito, – e lanciò uno sguardo al gruppetto – state pur certi che non vi scorderete di me tanto facilmente!”

Il pubblico accolse la fine del discorso con un lungo applauso, sempre più entusiasta.

 

Approfittando del rumore, Brenda sussurrò qualche parola all’orecchio di Dana, in piedi accanto a lei: “Senza offesa, ma dobbiamo trovare il modo di eliminare la sua vecchia fiamma!”

“Nessuna offesa, cara, – replicò quella, lo sguardo determinato fisso sull’uomo - lo voglio morto quanto te!”

 

 

Casa Ferguson

 

 

Avevano passato quasi tutto il resto della giornata a pensare ad un piano per liberarsi di John, ma l’impresa sembrava essere alquanto ardua e il gruppo si era rassegnato ormai a consultare alcuni libri di magia dell’anziana strega, sparpagliati per il soggiorno. Jade, però, era seduta in disparte, indifferente.

“Potremmo usare un incantesimo di prigionia. – propose Brenda a Dana – Che ne dice?”

“No, ci vuole molto potere per fare una cosa simile. Da sola non ce la farei.”

Terence, intanto, cercava di riflettere su quanto era accaduto: “Come può essere vivo? D’accordo, è un demone, ma ha vissuto abbastanza a lungo nel castello dei Servitori del Caos da diventarlo per metà, perciò avrebbe dovuto morire subito dopo la scomparsa dei disordini, no?”

“Mi sono posta la stessa domanda, – rispose l’anziana signora - tuttavia, come hai detto tu, è un servitore del Caos soltanto per metà. Probabilmente non gli resta molto tempo, anche se ha resistito finito ad oggi.”

Ma Brenda, nel sentire la sua ipotesi, scosse energicamente la testa: “Non aveva la faccia di uno che ha i giorni contati, però. Perciò, cosa sta succedendo? Magari ha trovato un modo per salvarsi, come abbiamo fatto noi per Terence.”

“E chi sarebbe stato disposto a collegare la propria vita con la sua? Tutti conoscono John, comprese le streghe, nessuno si sarebbe mai offerto di aiutarlo.”

“A meno che…” iniziò Terence e subito la ragazza colse al volo la sua allusione.

“Aspetta, credi che abbia trattenuto i disordini in qualche modo? Ma è impossibile!”

In quel momento, Jade, seccata, si intromise di colpo nella conversazione: “Non credo di aver capito bene, Terence. Mi stai dicendo che Samuel ha sacrificato la SUA VITA invano? E’ questo che vorresti dire?”

“Tesoro, sta calma!” provò a tranquillizzarla la donna, ma ottenne solo di farla gridare ancora di più.

“No, non sto calma per niente! Mi RIFIUTO di credere che quel viscido bastardo abbia trovato un modo per trattenere qui quel dannato Male che ci perseguita dall’inizio dei tempi! Sono STANCA... Non ho più forze, non posso affrontare di nuovo tutto quanto, non dopo aver perso Samuel. Vi prego, ditemi che non sta accadendo davvero....”

Dana, allora, decise di essere sincera con lei e dirle la verità: “Abbiamo perso il Libro del Bene e del Male nell’ultima battaglia e anche i tuoi poteri, visto che non sei più la prescelta. Una cosa, però, ce l’abbiamo ancora: la bussola dei disordini. Se si attiverà, beh… sapete cosa significa...”

“Allora vada a prenderla, così lo sapremo, no?” le chiese Terence, che non voleva perdere altro tempo.

Subito la donna lasciò la stanza e Brenda ne approfittò per parlare da sola con l’amica.

 

“Senti, Jade, ci tenevo a dirti che non sei sola in tutto questo e che io sono accanto a te…”

Ma l’altra non le lasciò nemmeno finire la frase: “Brenda, scusami, ma in questo momento non ho voglia di parlare con nessuno. Sto praticamente vivendo un incubo e ho la sensazione che le cose potranno solo peggiorare da ora in poi.”

Brenda abbassò lo sguardo e si fece da parte, delusa: “Ehm, va bene, come vuoi tu…” le sussurrò, mentre Dana tornava nella stanza con la bussola fra le mani.

Scambiò uno sguardo veloce con i presenti e poi la poggiò sul tavolo, aprendone lo sportello. Per qualche secondo, tutti rimasero a fissarla, in attesa, poi, improvvisamente, essa si illuminò di colpo e tutti sospirarono.

Brenda fu la prima a ritrovare la parola: “Allora è tutto vero! Non ci posso credere…”

“I disordini ci sono ancora!” aggiunse Terence, anche lui sotto shock.

L’anziana signora, invece, si mise subito a esaminare l’oggetto con aria critica: “Sì, ma c’è qualcosa di diverso: la luce è molto debole.”

Ma Jade, critica, intervenne subito: “E allora? Debole o non debole, i disordini ci sono! – poi si nascose il volto fra le mani, disperata – Oh mio Dio, non ci posso credere... Non finirà mai…”

Brenda le lanciò un’occhiata triste, ma non osò avvicinarsi ancora: “Cosa significa tutto questo? Forse i disordini ci sono, ma non sono abbastanza forti da riguadagnare terreno?” “Può essere… Se troviamo la fonte, magari riusciamo ad estirparli, prima che John faccia qualcosa di drastico.”

La giovane strega, sentendo quelle parole, alzò di nuovo la voce: “E come dovremmo fare, secondo te? Cerchiamo un altro amuleto? Un’altra spada? Nonna, le profezie sono finite!”

A quel punto, Terence capì di dover intervenire per allentare la tensione che si era creata fra le tre donne: “Sentite, prima pensiamo a trovare la fonte di questo nuovo disordine, poi penseremo a cosa fare per eliminarla, ok?”

Nel sentire quella proposta, gli occhi di Brenda subito si illuminarono e lo sguardo saettò sull’amica: “Andiamo noi, vero?”

Ma quella fu tutt’altro che amichevole: “Scordatelo! Ho chiuso con questa storia. John può fare quello che vuole, per me non cambia niente, ormai...”

“Non preoccuparti, – la rassicurò l’uomo, vedendo la sua espressione delusa - vengo io con te.”

Dana, però, frenò subito il suo entusiasmo: “No, mio caro, tu verrai con me. Ho sentito che questa sera ci sarà un raduno di streghe, perciò andremo a parlare con loro. Avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile e probabilmente presto ci contatterà anche il Consiglio.”

Sul volto della nipote, nel sentire le sue ultime parole, si dipinse un mezzo sorrisino: “Non aiuterò nemmeno loro, dal momento che avevano già deciso che Samuel doveva morire. Perciò sarà meglio per il consiglio non presentarsi alla nostra porta, o se ne pentiranno amaramente!”

“Tesoro, – la avvertì, però, la Nonna - ricordati che non possiedi più i poteri della prescelta. Non sei più invincibile.”

“Sì, ma mi hai anche detto che tutte le streghe hanno un potere dentro di loro, che, con la dovuta pratica, può emergere.”

“Ma tu non hai mai praticato, per questo ti sono stati donati quei poteri…”

“Ho tanta di quella rabbia dentro di me, che la pratica non sarà necessaria!”

Dana la guardò, ma non rispose nulla, anzi, si congedò da loro: “Beh, allora voi restate qui, io e Terence andiamo, ok?” e, poco dopo, i due lasciarono la casa alle ragazze.

 

Subito, Jade ricadde nella sua apatia e si perse a guardare fuori dalla finestra, mentre alle sue spalle Brenda prendeva in mano la bussola per osservarla meglio.

“Ho deciso di andare da sola…” disse, rigirandosela fra le mani.

L’altra non si voltò nemmeno: “Bene, salutami Samuel, quando verrai uccisa!”

L’amica si bloccò, incredula: “Non ci credo, davvero mi lasceresti andare da sola? So che stai soffrendo per la morte di Samuel, ma questo non ti da il diritto di tagliarmi fuori in questo modo! Ti rendi conto che c’è un muro fra di noi? NOI, che abbiamo giurato di restare migliori amiche per sempre! Io voglio starti accanto, consolarti nel momento più orribile della tua vita e dirti che andrà bene, anche se questo non è vero. Jade, forse tu non lo crederai mai, ma sono sola anche io. Tremendamente sola. Okay, c’è Terence con me, ma lui... non è te, non può rimpiazzarti. Tu hai perso Samuel e dentro di te ti senti devastata e vuota. Per me è la stessa cosa – sul suo volto iniziarono a scendere copiose le lacrime – è come se ti avessi persa, perciò immagina come mi sento: esattamente come te. E non è per niente bello.....”

Jade restò immobile, per non farle vedere che stava piangendo anche lei, così l’altra, esasperata, si arrese.

“D’accordo, va bene… Allora io vado, perché non ho altro da dirti, a questo punto” e si voltò verso la porta per uscire, ma, prima che potesse raggiungerla, fu fermata da Jade.

“Aspetta! Forse… forse dovrei accompagnarti. Ho appena realizzato che ho perso fin troppo per lasciare che mi portino via anche quel poco che mi rimane. E hai ragione, non è per niente bello sentirsi così...”

Brenda la guardò e accennò un piccolo sorriso: “Andrà tutto bene, anche se ti ho detto che non è vero, non preoccuparti” e, insieme, si avviarono.

 

 

Zona est della città, in un tunnel fognario nel sottosuolo 

 

 

John stava percorrendo i tunnel sotto alla città, ma non era solo, perchè un’altra persona stava camminando nell’ombra al suo fianco.

L’uomo, eccitato da ciò che aveva in mente, non riuscì a rimanere in silenzio: “Mi dispiace che Luis non ce l’abbia fatta a realizzare il suo piano. Ma, dopotutto, era il SUO piano, no? Fortunatamente, sono un uomo dalle mille risorse e ora che i Servitori del Caos sono spariti, il potere sarà soltanto mio. Perciò, considera questo giorno come l’inizio di una nuova era, anzi, come un secondo avvento. Il MIO avvento. Non hai niente da dire, mio caro Zack?”

“Congratulazioni! – rispose quello, facendo un passo avanti - Non saprei cos’altro aggiungere.”

“Oh, andiamo! Ancora con quel broncio? Sorridi, il tuo padrone sta per prendere il controllo di questo mondo e, stavolta, non ci sarà nessuna profezia a fermarlo!”

 

 

Circa due mesi prima, sulla spiaggia dell’isola sconosciuta

 

 

John, dopo essersi aggrappato a Terence durante il teletrasporto, si era ritrovato in mare. Alcune ore dopo, era riuscito a raggiungere di nuovo a nuoto l’isola e, con le ultime forze rimaste, si era disteso sulla spiaggia, quando, all’improvvisamente, qualcuno dietro di lui gli aveva parlato.

“Ma guarda un po’ chi è sopravvissuto... Non vedo l’ora di finire il lavoro che hanno cominciato i miei amici e ucciderti!”

John, benché debole, si alzò di scatto: “Aspetta!”

Ma Zack aveva già una sfera di energia fra le mani: “Non ti sembra vero, eh? Tu che hai paura di morire. Suppongo che per te sia una sensazione strana, ora che hai scambiato la tua esistenza con Luis e non puoi più andare nel nuovo mondo, dopo la morte. Sai, adoro essere colui che ti toglierà la vita....”

Prima che potesse fare qualsiasi cosa, però, l’altro scoppiò in una risata malvagia, quasi malata, lasciandolo perplesso.

“Cos’hai da ridere?”

“Credi davvero di avermi in pugno, solo perché i disordini non ci sono più e io sono debole? Sappi che posso ancora controllarti… Del resto, sono io che ti ho trasformato in demone con il graffio di Anvolea e, nel caso lo avessi dimenticato, colui che ti graffia, ti possiede. Perciò tu sei mio, in questo momento!”

Poi strinse il pugno e il ragazzo sentì un forte dolore nel petto, proprio dove c’era il marchio del demone. Straziato dal dolore, si inginocchiò a terra.

“Ti prego, basta! BASTA!”

“Accidenti, la tua soglia del dolore non è molto invidiabile... – gli disse l’altro, divertito, guardando la sua reazione - Tuttavia, ho intenzione di essere clemente con te, forse per il semplice motivo che non ho seguaci al momento, perciò sarebbe fantastico se tu collaborassi senza opporre resistenza. Sai, non ho nessuna voglia di uccidere il mio unico seguace...”

Subito il dolore cessò e Zack, ancora per terra, gli lanciò uno sguardo sprezzante, senza dire nulla.

Felice di capire che non si sarebbe opposto, John annuì soddisfatto: “Bene, hai fatto la scelta giusta. Adesso alzati, abbiamo molto lavoro da fare. Ho bisogno di una casa, tanto per cominciare: cosa ne pensi di trasferirci a Morney Hill?”

 

 

Presente – Morney Hill

 

 

Appena usciti di casa, Dana e Terence si erano diretti in uno dei parchi della città, dove era in corso una disputa tra un gruppo di streghe e di demoni, uno dei quali teneva in ostaggio una giovane ragazza. Appena giunti sul posto, la donna si fece subito sentire.

“Che cosa sta succedendo qui?”  chiese.

“Hanno rapito una strega della nostra congrega e ci hanno dato appuntamento qui” le rispose un’altra strega accanto a lei e, subito dopo, uno dei demoni si fece avanti.

“Vogliamo gli amuleti che abbiamo chiesto, altrimenti la ragazza muore!”

L’anziana strega, allora, decise di rivolgersi a quella che sembrava il capo: “Di quali amuleti sta parlando?”

Fu sempre lo stesso demone a rispondere: “La profezia si è compiuta e questo vuol dire che presto tutto tornerà come prima. Il Consiglio non ha mai avuto riguardo per noi demoni, ma prima non potevano farci nulla. Ora, però, niente impedirà loro di mandare i cacciatori a farci fuori. Gli amuleti ci servono per non farci localizzare e, se non gli avremo, sappiate che uccideremo ogni strega di ogni congrega, a partire da questa!” e scosse con violenza la ragazza tenuta in ostaggio.

A quel punto, Dana, affiancata da Terence, decise di prendere in mano la situazione: “Sentite, credo che questa non sia la giornata ideale per tornare ad essere nemici: la minaccia dei Servitori del Caos, infatti, non è stata del tutto sventata, perché i disordini fanno ancora parte di questo mondo. E anche John è vivo e sapete benissimo chi sia!”

Il capo dei demoni, però, la squadrò diffidente: “Stai mentendo, non c’è nessuna nuova profezia! Ora dateci gli amuleti, o uccidiamo la strega!”

Dopo di lui, però, prese la parola quello che sembrava il suo vice, che aveva passato tutto il tempo a scrutare con attenzione Terence: “Forse dicono il vero, l’uomo accanto alla donna è un Servitore del Caos e loro non possono sopravvivere, se i disordini non fanno parte di questo mondo.”

Terence si voltò verso di lui, perplesso: “Come fai a conoscermi?”

“Non ti conosco, in realtà, ma so che sei un Servitore del Caos. O, almeno, che lo eri.”

Dana, nel sentire le sue parole, annuì, soddisfatta della piega che stava prendendo la situazione: “Messo in chiaro che diciamo la verità, ho bisogno di tutto l’aiuto possibile da entrambe le parti. – poi si rivolse ai demoni – Lasciate andare la strega e aiutateci a liberarci di John, prima che sia troppo tardi. In cambio, avete la mia parola che parlerò al Consiglio del vostro clan e che sarete lasciati in pace, o che, in alternativa, vi procurerò io stessa quegli amuleti. D’accordo?”

Il capo dei demoni di fronte alla sua proposta si convinse, facendo subito in modo che rilasciassero subito la strega.

“Mi chiamo Barnès e questo è il mio clan, perciò si ricordi di fare il mio nome al Consiglio, quando avremo finito di aiutarvi con John.”

“Sarà fatto. Ora diamoci da fare!”

A quel punto, intervenne Tamara, la donna che guidava le streghe: “Almeno sappiamo dove si trova John?”

“E’ appena diventato sindaco di questa città, quindi suppongo che sia nel suo ufficio” le rispose Terence e l’intero gruppo decise immediatamente di dirigersi proprio lì.

 

Intanto, sotto la città, John, ignaro di ciò che stava accadendo in superficie, stava percorrendo insieme a Zack i tunnel, diretto verso un luogo ben preciso.

Mentre camminavano, però, l’uomo non riusciva a tacere: “Sai che voglio uccidere tutti, vero? Nessuno escluso. Anche se, magari, potrei risparmiare solo te, ok?”

“Puoi fare quello che vuoi…” rispose l’altro, infastidito, sentendosi impotente e ricevendo in cambio un sorriso.

“Su, non essere triste! Io ti considero quasi come un figlio, non come una marionetta che posso muovere a mio piacimento perché è stata così stupida da farsi trasformare in demone, ignorando che un marchio demoniaco ha sempre un padrone!”

Nel sentire quelle parole, però, il ragazzo si arrabbiò: “Non sono né tuo figlio, né la tua marionetta! Uccidimi se vuoi, a me non importa nulla, perchè preferisco morire piuttosto che stare al fianco di un lurido verme come te!”

“Santo cielo, non volevo ferire i tuoi sentimenti! Zack, io non ho intenzione di ucciderti. E come potrei, del resto? Samuel è morto da eroe, mentre tu lo faresti da vigliacco. Davvero credi che io possa farti fare una fine così poco dignitosa? No, non ci penso proprio: ho ancora molto lavoro in serbo per te.”

L’altro non rispose, limitandosi a guardarlo in modo truce per tutto il resto del viaggio.

 

A un certo punto, John si fermò davanti ad una parete: erano arrivati alla fine del tunnel.

“Dietro questa parete, risiede ormai il Male primordiale. Sono passati due mesi da quando abbiamo nascosto qui sotto il suo seme e ora è cresciuto ed è pronto ad uscire...”

 

 

Due mesi prima – Tempio del Cigno, sull’isola sconosciuta

 

 

Non avendo altra scelta, Zack era stato costretto a seguire John all’interno del Tempio, anche se non capiva cosa l’altro avesse in mente.

“Cosa ci facciamo di nuovo qui? Che cosa vuoi fare?”

L’uomo, intanto, stava osservando indifferente la spada conficcata nel Cigno e il corpo di Samuel, privo di vita, disteso sul pavimento poco lontano.

“Non è finita. Non finchè non lo dico io, perlomeno. Non finchè respiro” poi si avvicinò al corpo e vi mise sopra la mano, sotto lo sguardo confuso del ragazzo.

“Lascialo stare! E’ morto! Cos’altro vuoi ancora da lui?”

“Senza disordini, non posso sopravvivere , perchè per metà sono un servitore del Caos, perciò non mi resta molto tempo, ormai. Magari un po’ di più rispetto a Terence e a quelli come lui che lo sono interamente per natura, ma morirò comunque anche io, presto o tardi.”

“E che cosa vorresti fare, allora? Ormai è finita, accetta la sconfitta e lasciami andare!”

Ma John sorrise: “Nemmeno per sogno! Nessuno potrà mai sconfiggermi. I disordini sono passati attraverso Samuel, prima di scomparire per sempre. Ogni magia lascia i suoi residui e, se ti concentri su quelli, allora la magia rimane e puoi ridarle vita.”

In quel momento, il corpo di Samuel emise uno strano bagliore e una misteriosa energia passò nel palmo della mano di John, che si chiuse in un pugno.

Zack aveva assistito incredulo a tutto quel rapido susseguirsi di eventi: “Cos’era quello? Cos’hai fatto?”

Aprendo la mano, quello mostrò un seme scuro: “Ho appena estratto i residui di quello che rimane dei disordini. Metteremo questo seme in un posto sicuro, ma prima darò ad esso come nutrimento parte della mia magia. Sì, sarò debole per parecchie settimane dopo, ma non del tutto. E comunque, quando il seme si sarà nutrito, sarà pronto a germogliare nel Male più puro, permettendo quindi ai disordini di tornare. Solo che questa volta sarà diverso, perché, essendo rinati, saranno forti come la prima volta che sono stati scagliati su questa terra. E... indovina? Io ne sarò l’unico padrone.”

“Tu sei pazzo! – gli urlò contro il ragazzo, disgustato - Non hai limiti! Sei... sei ormai consumato dal potere, ne vuoi sempre di più... sei malato!”

L’uomo scoppiò in una grande risata: “Il potere non è una malattia, ma una forma di terrore che ti permette di avere il controllo su tutti e tutto. Chi diavolo non vorrebbe tutto questo, se potesse? Beh, io posso… e poi, adoro essere potente!”

In quel momento, notò qualcosa che brillava per terra alle spalle del ragazzo e si avvicinò per prenderlo.

“Ma tu guarda, ecco dov’era l’altro anello! Gli altri si sono stupidamente dimenticati di togliere anche il mio, oltre a quello di Luis.”

“Non servono più a nulla, ormai, hai cambiato la tua esistenza con quella di Luis, perciò non finirai in quel mondo senza magia, se morirai.”

Il demone sbuffò: “So perfettamente che quel piano è andato in fumo, genio! Ma lascia che ti insegni la regola numero uno del manuale di John: mai lasciare oggetti potenzialmente magici in giro. Prima o poi ti potrebbero tornare utili.”

“Utili per cosa?”

“E io che diavolo ne so! – rispose l’altro, seccato - Sei noioso, sai? Gli anelli ce li prendiamo e basta. Fine della conversazione!”

 

 

Presente – Morney Hill

 

 

Brenda e Jade stavano provando a seguire il segnale emanato dalla bussola dei disordini, benché debole, e questo le condusse proprio davanti ad uno degli ingressi alle fogne della città.

Brenda, allora, si voltò verso l’amica, angosciata: “No, ti prego, non dirmi che…?”

“Che dobbiamo scendere nelle fogne? Sì, la bussola ci ha portate qui.”

L’altra continuò, disgustata: “L’ultima volta che sono entrata nelle fogne, stavamo combattendo contro lo Shatux. Finirà mai tutto questo?”

“No, non finirà!” ribatté la strega, seria, per nulla in vena di scherzare e la ragazza capì di avere esagerato.

“Ehm, scusa, non volevo essere ironica. Comunque sia,  - si tolse lo zaino che aveva sulle spalle e lo appoggiò a terra – usiamo un piede di porco per forzare l’ingresso, o cosa?”

“Vedo che hai portato delle armi, tra cui la balestra, ovviamente” commentò Jade, sbirciando il contenuto della sacca.

“Sì, visto che al momento non hai poteri. Ho pensato che delle armi ci sarebbero state utili per difenderci. O per entrare nelle fogne, a seconda delle esigenze...”

“Senti, facciamo in fretta, ok?”

“D’accordo, sto zitta e mi metto al lavoro” rispose, dandosi subito da fare.

 

Poco minuti dopo, la porta davanti a loro era aperta e le due si prepararono a scendere lungo la stretta scala che si apriva subito dopo, malgrado l’odore maleodorante che proveniva dal sottosuolo.

“Fogna diversa, stesso odore, eh?” commentò subito Brenda.

Intanto, Jade, indifferente, tenendo ben stretta la torcia, aveva iniziato a camminare lungo il tunnel: “Ah sì? Io non sento niente!”

L’altra si tappò il naso, prima di seguirla: “Davvero? Sei raffreddata, per caso?” ma quella non rispose, continuando a puntare la luce verso la direzione in cui stavano camminando.

 

Diversi minuti dopo, Brenda, incapace di tacere, cercò ancora di avere un dialogo con l’amica.

“Sai, manca anche a me... – e sorrise – Ricordi che usciva sempre dal bagno con l’asciugamano intorno alla vita e tu lo sgridavi? E che io mettevo le mani davanti agli occhi, dopo le tue occhiatacce? Beh, sai, davo anche delle sbirciatine, ogni tanto...”

Ancora nessuna risposta, così proseguì.

“Una volta mi ha detto che ero una persona fantastica e che, se Terence mi avesse fatta soffrire, l’avrebbe pagata cara. E ricordo anche che è stato proprio in quel momento che ho iniziato a considerarlo un amico, perchè, fino ad allora, l’avevo sempre visto come il tuo fidanzato demone che ti affiancava nella lotta contro il Male. Consideravo addirittura Zack un amico, mentre con Samuel non riuscivo proprio a trovare un punto di incontro, qualcosa in comune…”

Ma non riuscì a dire altro perchè, irritata, Jade si girò verso di lei e iniziò a gridarle contro: “La vuoi smettere con queste storie su Samuel?!? Me ne stai parlando quasi come se non lo conoscessi, perciò smettila! Cosa stai cercando di fare? Farmi soffrire ancora di più?”

Colta di sorpresa, l’amica abbassò gli occhi e rispose, con un filo di voce: “No, non era mia intenzione. Scusami...”

“Allora sta zitta e non parlarmi più né di Samuel, né di Zack!”

 

Ma, non appena girarono l’angolo, si ritrovarono davanti a loro proprio quest’ultimo, in compagnia di John. Nell’istante di silenzio che seguì, la strega e il ragazzo si scambiarono un lungo sguardo, prima che il demone lo rompesse prendendo la parola.

“Ma guarda che sorpresa! La mia nipotina preferita e… la sua inseparabile amica amante del rischio...”

Jade gli rivolse un’occhiataccia, sentendo la rabbia montare dentro di sé: “Mi fai schifo, sei malato, un mostro senza coscienza. Giuro che ti pentirai amaramente di tutto ciò che hai fatto, non la passerai liscia!”

Brenda, invece, mantenne la calma e rispose, sprezzante: “Beh? Cosa sta succedendo? Sappiamo che i disordini sono ancora qui...”

John si voltò verso la nipote e sorrise: “Sembra quasi che non vogliano lasciarci, eh, Jade?”

“Lasciala stare, altrimenti…” lo minacciò Brenda, scatenandogli una risata.

“Altrimenti cosa? Mi lanci addosso il piede di porco che hai in mano? Perché non tornate a casa vostra e ci lasciate fare il nostro lavoro in pace, invece? Dubito che due mocciose senza alcun potere come voi possano fermarci.”

Ma la ragazza lo ignorò, perchè era concentrata su Zack: “Il nostro lavoro? – gli disse, guardandolo storto – Quindi adesso lavori con lui? Sbaglio, o dovresti essere tornato in te da quando il cigno è stato disattivato?”

“Io…” iniziò quello, ma John non gli diede possibilità la proseguire.

“Sì, ora è più lucido che mai e… a quanto pare ha scelto di nuovo me!”

 

In quell’istante, Jade guardò il ragazzo come mai prima, facendolo sentire una persona orribile e subito dopo la terra iniziò a tremare.

“Cosa diavolo sta succedendo?” gridò Brenda, spaventata.

John rise: “Sono pronti ad uscire, no?”

“Di che cosa stai parlando?” gli chiese allora Jade, confusa.

“I disordini, tesoro!”

La parete iniziò a riempirsi di crepe, finchè queste non si allargarono sempre di più e la distrussero, liberando un’ondata di fumo nero. Le ragazze si buttarono a terra appena in tempo, mentre i disordini passavano sopra di loro per evadere dal tunnel e uscire in superficie.

Non appena furono oltre, Brenda si rialzò, accorgendosi subito che erano sole.

“Forza, andiamo!” incitò l’amica, aiutandola a mettersi in piedi.

“Andare dove?”

“Dobbiamo correre da tua nonna e fermare tutto questo! Non possiamo permettere che i disordini si propaghino di nuovo. Se non facciamo qualcosa, i due anni passati a cacciare il Male non saranno serviti a nulla e Samuel sarà morto invano!”

L’altra annuì, prendendole la mano: “Allora facciamo presto, non può accadere!” e le due si misero a correre, per uscire dalle fogne e risalire in superficie.

 

Quando arrivarono all’aperto, i disordini si stavano muovendo verso l’alto, pronti a lasciare la città e a diffondersi nuovamente nel mondo.

In quell’esatto momento, però, successe qualcosa di inspiegabile: dal centro della città partirono dei misteriosi fasci di luce bianca e viola. Erano tre e salivano verso l’alto a spirale, come se fossero stati tre serpenti che strisciavano l’uno intorno all’altro.

Le due ragazze li notarono subito: “Cosa diavolo sono quelli?” chiese Brenda, confusa, ma l’altra lo era quanto lei.

“Non ne ho idea, forse sono le streghe, guidate da mia nonna…”

 

Dall’altra parte della città, però, anche il gruppo riunito al parco stava osservando stupito il fenomeno.

Terence, accanto a Dana, le chiese spiegazioni: “Cosa sono quelle luci?”

Ben presto, anche i demoni e le streghe fecero altrettanto, ma la donna non aveva risposte per nessuno e limitò a guardare il cielo, sempre più perplessa.

 

Una volta arrivati in alto, però, i tre fasci di luce si divisero in tanti filamenti luminosi, che avvolsero l’intera città, quasi come una cupola. La luce, in quel momento, era talmente forte da far sembrare il cielo bianco, ma, in pochi secondi, tutto finì.

 

Il gruppo, allora, cominciò ad agitarsi e a stento Dana riuscì di mantenere l’ordine.

“Fate silenzio! Non so ancora cosa sia successo, ma qualunque cosa sia, è nato tutto nel punto in cui sono partiti i fasci di luce. Perciò adesso seguitemi e andiamo a vedere di cosa si tratta, ok?” e così fecero.

 

Raggiunto il centro della città, si trovarono davanti tre uomini e, in quel momento, furono raggiunti Brenda e Jade.

Tutti erano confusi e Jade fu la prima a riuscire a parlare.

“Nonna, cosa sta succedendo?”

“Ora ce lo diranno loro!” le rispose lei, avanzando verso i tre.

Improvvisamente, però, uno dei demoni gridò, attirando l’attenzione di tutti: “Hey, ma quelli sono gli uomini del Consiglio!”

Ovviamente, anche l’anziana signora li aveva riconosciuti e per questo si affrettò subito a tranquillizzare il gruppo dietro di lei: “State tutti fermi, non c’è bisogno di allarmarsi. Se sono venuti fin qui, vuol dire che ci spiegheranno loro cosa è successo. D’accordo?”

Poi si rivolse a loro: “I fasci di luce sono opera vostra, vero? A cosa servivano?”

Uno dei tre, però, si fece avanti scuotendo la testa: “No, non sono opera nostra, qualcuno ci ha evocati poco prima che comparissero.”

Sentendo la sua voce, Jade lo riconobbe: “Alaris?”

Subito lui si voltò, sorridente: “Salve, Jade. E’ un piacere rivederti.”

Perplessa, Brenda si voltò subito verso l’amica: “Lo conosci?”

Fu l’uomo, però, a rispondere: “Sì, io e la prescelta ci siamo incontrati in occasione della prima profezia. A proposito, Jade, ne approfitto per portarti le mie umili condoglianze per Samuel...”

“Umili condoglianze? – replicò lei, alterandosi - Sapevate che sarebbe morto, perché non ci avete detto nulla?”

“Una persona non vale tutte quelle di questo mondo, Jade. Sapevamo che saresti stata la prima ad impedirlo, perciò abbiamo preferito non dirvelo.”

La ragazza scoppiò a piangere e fu solo grazie all’amica, che la trattenne con forza per un braccio, se non si scagliò contro di lui: “Siete degli egoisti, bastardi!”

 

Intanto, però, la discussione avevano attirato anche l’attenzione del vice di Barnès, che iniziò a osservare Jade con particolare riguardo, mentre il suo capo prendeva parola.

“Vogliamo delle risposte, adesso! Che cos’erano quei fasci di luce?”

“E’ una magia usata per intrappolare qualcosa o qualcuno, ma non è opera nostra!”

Allora fu Tamara, il capo della congrega di streghe, a farsi avanti ed esporre le sue perplessità: “Intendete dire che la magia scagliata ci tiene tutti prigionieri qui?”

“Tiene prigioniera tutta la città, in realtà.”

Le sue parole scatenerono il caos.

“Sono state le streghe!” iniziò a urlare un gruppo di demoni.

“Eravamo con voi, brutti idioti, come potevamo?” replicarono quelle, infuriate.

Jade, allora, si fece avanti, cinica come sempre da quando era finita la battaglia: “Mi sembra chiaro: sono quelli del Consiglio i responsabili. Stranamente erano qui e li abbiamo trovati esattamente nel punto in cui sono partiti i fasci. John ha da poco rilasciato i disordini e sono sicura che loro lo sanno, visto che, del resto, sanno sempre tutto. Ci hanno rinchiusi qui dentro semplicemente perché dovevano intrappolare i disordini affinché non si diffondessero. E’ nel loro interesse preservare l’umanità, no?”

La folla le diede subito ragione, trovando la sua spiegazione molto plausibile: “Ha ragione la prescelta!” urlarono, ma Alaris intervenne immediatamente.

“Non è assolutamente vero, non abbiamo lanciato noi l’incantesimo!”

Dana, invece, lanciò alla nipote una lunga occhiata, non nascondendo la sua delusione: “Jade!” la rimproverò e quella si avvicinò a lei con aria arrogante.

“Nonna, non difenderli. Sappiamo entrambe che sono colpevoli, perciò propongo di ucciderli tutti e tre!”

Tutti non poterono che essere d’accordo con lei, apparte Brenda, che si limitò a guardarla, incredula.

“Jade, non dirai sul serio....”

“Mai stata così seria!” rispose quella, con un sorriso compiaciuto.

 

In quel momento, però, Dana notò qualcosa che pose subito fine al tumulto.

“Fermi tutti! Qui c’è qualcosa!” e indicò una busta che c’era a terra.

Subito, si chinò per recuperarla, rinvenendo al suo interno una lettera e un cristallo bianco, che mostrò a tutti.

“E’ una lettera!”

Alaris, curioso, le si avvicinò: “Che cosa c’è scritto?”

Trovate i contenitori! ” lesse lei, ad alta voce e facendo in modo che potessero sentirla tutti.

Improvvisamente, Tamara si fece avanti con aria sorpresa e incuriosita al tempo stesso: “Aspettate, ma quella è la stessa carta da lettere che abbiamo noi!”

Poco dopo, Barnès fece la stessa cosa: “Anche noi!”

L’anziana signora guardò entrambi confusa: “Di che cosa state parlando?”

“Dovevamo incontrarci con i demoni per lo scambio della nostra sorella strega in cambio degli amuleti e loro ci hanno mandato una lettera con scritta l’ora e il luogo dell’incontro” spiegò la strega, subito smentita, però.

“Noi non vi abbiamo mandato nessuna lettera, siete state voi!”

“Quindi nessuno ha mandato alcuna lettera a nessuno? – cercò di riepilogare Dana, sempre più perplessa - Allora è stato qualcun altro!”

“Io avrei un’idea! – intervenne Brenda - Che ne dite di un certo John, alias il malvagio sindaco di Morney Hill?”

Alaris, però, scosse subito la testa: “Non avrebbe senso, lui vuole che i disordini si diffondano, non che restino bloccati qui!”

“Infatti! Gli unici a volere questo siete voi!” lo attaccò Barnès, ma l’anziana strega lo interruppe subito.

“Secondo me, non è stato nessuno dei presenti a lanciare l’incantesimo. Chi ha lasciato questa lettera qui è la stessa persona che ha scritto le vostre e che ha evocato il Consiglio.”

“Sì, ma perché?” le domandò Tamara, curiosa.

“Per attirarvi tutti qui, sotto la cupola magica, probabilmente. Perciò, finchè non scopriremo chi è l’artefice di tutto questo e non decifreremo il messaggio, nessuno ucciderà nessuno, siamo intesi?”

“E che cosa dovremmo fare, allora? – le chiesero i demoni, i più irrequieti di tutti - Quanto tempo resteremo bloccati qui?”

“Non lo so, datemi del tempo per organizzarmi. Intanto cercate di ambientarvi qui e collaborare, d’accordo?”

Tutti annuirono, all’apparenza d’accordo con lei, perciò, soddisfatta, la donna si voltò verso la nipote, ripetendole quanto appena detto.

“Hai capito anche tu?”

“Certo, nonna. Hai vinto!” rispose lei, ancora arrabbiata per la vendetta sfumata, per poi voltarsi e andarsene.

Brenda, intanto, si era avvicinata a Terence: “Con John cosa faremo, invece? Quando si renderà conto che i suoi disordini non andranno da nessuna parte, se la prenderà con tutti noi.”

“Per il momento dobbiamo tenere d’occhio il Clan, la Congrega e il Consiglio. Non si fidano l’uno dell’altro e potrebbero farsi la guerra usando la città come campo di battaglia e puoi solo immaginare il bagno di sangue che scatenerebbero!”

Lei sospirò, angosciata: “Ci mancava solo di rimanere intrappolati in città assieme a tutti loro. Addio, vita tranquilla!”

L’uomo, però, non le rispose, troppo impegnato a osservare pensieroso i presenti: “Mi chiedo quale sia il motivo per cui siamo stati rinchiusi tutti sotto questa cupola, però. Che scopo ha la persona che ha dato origine a tutto questo? Vorrei tanto saperlo...”

 

CONTINUA NEL SECONDO EPISODIO

 



Testo a cura di Lady Viviana.


ANGOLO AUTORE: Parte ufficialmente la terza stagione di Demon & Witch, che vi terrà compagnia ogni settimana con un nuovo episodio. Ricordate di lasciare un commento ai fini della continuazione della storia. Inoltre, vi faccio notare che è stata aggiornata la scheda dei personaggi, che si trova nel capitolo 1x00 della prima stagione, dove potrete vedere che volto hanno i personaggi. Non mi resta che darvi appuntamento al prossimo episodio, la 3x02 "Il dolore del suo cuore", online Venerdì prossimo. Buona settimana stregata!

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Capitolo 2
*** 3x02-Il dolore del suo cuore ***


CAPITOLO DUE

"The Sad Girl"

 

 

 

Presso la zona Est della cupola – Morney Hill

 

 

In quella domenica assolata prima dell’inizio della scuola, Brenda e Terence vollero concedersi un pic-nic sul prato vicino a casa.

L’uomo, steso accanto a lei, la osservava con attenzione: “Allora, alla fine frequenterai il college qui, eh?”

“Non ho altra scelta, – replicò lei, amareggiata – per colpa di questa cupola magica. Non è certo a Morney Hill che mi vedevo nel futuro, ma a quanto pare rimarrò incastrata qui ancora per molto tempo!”

Lui si alzò e la scrutò meglio, perplesso: “Davvero? Non mi sei mai sembrata una che pensa al futuro...”

“Prima, forse. Ma ora sono cambiata e sono abbastanza matura da volerci pensare. – il suo tono si fece triste – E’ stato bello seguire Jade nel suo viaggio, scoprire la magia, il mondo del sovrannaturale e affrontare mille avventure, ma… sinceramente pensavo fosse finita. Ora, però, mi sembra che tutto questo stia invadendo la mia vita e la cosa non mi sembra più così divertente, non quando la gente muore!”

Lui le accarezzò il viso, dolce: “Tranquilla, non mi perderai, se è questo che stai cercando di dirmi. Le nostre vite sono collegate, ormai, grazie alla soluzione trovata da Dana. Se tu vivi, vivrò anche io, ricordi?”

Brenda sorrise e subito cercò di cambiare discorso: “Come faremo con tutti quei demoni, quelle streghe e John, piuttosto? Per non parlare del mistero della cupola: la gente prima o poi se ne accorgerà, anzi, mi meraviglio che nessuno si sia accorto di non poter più lasciare la città!”

 

Improvvisamente, un bambino, che stava giocando con un pallone poco distante da loro, lo calciò molto lontano e subito si mise a correre per andare a riprenderlo. Terence, ovviamente, lo notò subito.

“Sbaglio o siamo accanto al punto in cui inizia la cupola?”

Lei, però, lo ascoltò a malapena, impegnata a dare un morso alla sua mela: “Nel nostro cestino c’è anche la cartina della città e la signora Ferguson ha disegnato un cerchio con un pennarello per delimitare la zona interna da quella esterna.”

L’uomo annuì, per poi prenderla e consultarla con attenzione, lanciando un’altra occhiata al bambino poco lontano: “Credo che quel bambino sia appena uscito dalla cupola...”

“Sul serio?!?” chiese la ragazza, girandosi a guardare.

“Secondo la delimitazione della signora Ferguson, il ragazzino è fuori. Per caso si è mai sbagliata?”

Brenda si mise a correre in quella direzione: “No, mai!”

Quando arrivò nel punto giusto, iniziò a gridare per la gioia: “Sono fuoriiii! Oh mio Dio, sono fuori!”

Terence, allora, le sorrise e si affrettò a raggiungerla, ma fu bloccato prima.

Notando che era in difficoltà, lei lo incalzò: “Allora? Vieni o no? Cosa sta succedendo?”

“Non posso, qualcosa mi ferma. La cupola, forse?”

Intanto il bambino era tornato indietro da sua madre, come se nulla fosse.

“Quel bambino, però, sembra essere entrato e uscito senza problemi.”

“Sembra quasi che questa cupola segua le stesse regole del pentagono: gli esseri soprannaturali non possono varcarne il confine.”

La ragazza, allora, provò a tornare indietro: “Sono rientrata senza essere respinta. Questa cupola non è uguale al pentagono, quindi, perchè qui gli umani possono entrare e uscire più volte.”

“A quanto pare puoi di nuovo pensare al tuo futuro!”

Ma lei, sorpresa, non badò alla battuta dell’uomo: “Non c’è tempo per parlare di questo, dobbiamo dirlo subito alla signora Ferguson!”

 

Intanto, a casa, Jade stava facendo un po’ di zapping in tv, mentre sua nonna era impegnata in cantina con Alaris, nel tentativo di decifrare il messaggio della misteriosa lettera. Qualcuno, nel frattempo, era appena entrato in casa e subito la ragazza se ne accorse e recuperò un coltello, proprio mentre alle sue spalle compariva un ragazzo, spaventandola.

“Oh mio Dio! – esclamò – Sei uno di quelli?”

“Dei demoni, dici? Sì!”

Lei, allora, rimise il coltello al suo posto: “Cosa vuoi?”

“Sono il secondino di Barnès, mi chiamo Jackson” si presentò, ma lei tornò subito sul divano, indifferente come sempre.

“Ah sì? E cosa sarebbe?”

“Un successore, no? Il capo di un clan ne nomina sempre uno, perchè prenda il suo posto quando… beh, hai capito!”

“Sì, okay, ma tu cosa vuoi?”

L’altro capì subito dal tono di essere di troppo, perciò si affrettò a rispondere: “Cercavo tua nonna, perchè Barnès vuole sapere a che punto è con la faccenda della cupola. Sai, vorremmo andarcene da Morney Hill e qualcosa mi dice che non siamo i benvenuti...”

“Ti riferisci a me, forse? Non sono stata ospitale, per caso? Beh, mi dispiace, ma non lo sono con nessuno, al momento!”

“Per via della morte di questo Samuel, per caso? Ti ho ascoltata ieri, quando parlavi di lui a quelli del Consiglio…”

Percependo la sua invadenza, Jade lo interruppe bruscamente, iniziando a gridare: “Senti, mia nonna è giù in cantina, perciò se devi andare a parlarle, vai, ok? Grazie!”

Il demone, vedendola troppo tesa e scontrosa, si congedò all’istante: “Va bene…” e cercò di trovare da solo la strada verso la cantina.

 

 

Ufficio del Sindaco – Municipio di Morney Hill

 

 

John era fermo davanti alla finestra, per nulla di buon umore, quando all’improvviso Zack entrò, portando delle notizie che annunciò con un sorriso compiaciuto.

“Il tuo piano è fallito, John, la cupola ha completamente chiuso la città e i disordini sono rimasti qui.”

L’uomo rimase pensiero per qualche istante, prima di rispondere: “Dev’essere stata Dana, nessuno è potente quanto lei in questa città, perciò, se sarà necessario, la ucciderò, pur di annullare questa maledetta cupola e diffondere i miei disordini!”

“Non è stata lei, perciò calma il tuo istinto omicida, Dexter Morgan!”

“E tu cosa ne sai? – si voltò l’uomo, curioso - Non vorrai mica proteggerla! Guarda che non ci casco, eh!”

“Li ho spiati ieri, proprio come mi avevi chiesto: c’era Dana con un gruppo di demoni e streghe e ti assicuro che non avevano la più pallida idea di quello che stava succedendo!”

“Allora devono essere state Jade e la sua amichetta con la balestra! Devo uccidere loro, forse?”

Ma Zack scosse nuovamente la testa: “No, neanche, perchè erano insieme agli altri.”

L’uomo, allora, sbatté con violenza le mani sulla scrivania, urlando ancora più forte: “Allora chi diavolo è stato ad intralciare i miei piani?!?”

“Non lo so, è quello che stanno cercando di capire tutti. Se vuoi, posso cercare di indagare, ma… devi promettermi di non torcere nemmeno un capello a Jade e agli altri.”

Più calmo, John si sedette al suo posto dietro la scrivania: “D’accordo, non farò loro del male, per ora. Tu, però, scopri chi è stato a dare origine a questa cupola e, se riesci, portamelo vivo.”

Il ragazzo annuì e se andò dall’ufficio.

 

 

Cantina di Casa Ferguson

 

 

Finalmente Jackson riuscì a trovare la cantina e, scendendo per le scricchiolanti assi di legno che costituivano la scala, attirò gli sguardi di coloro erano di sotto. Dei due, Dana fu la prima a rivolgersi a lui, distogliendosi dal tavolo carico di oggetti su cui stavano lavorando.

“Sei uno dei demoni di Barnès, giusto?”

“Vedo che lei e sua nipote avete un’ottima memoria!” replicò l’altro, sarcastico, e la donna fece un passo avanti, preoccupata.

“Cosa sta succedendo? Perché sei qui?”

“Barnès vuole sapere a che punto siete con il mistero della cupola. Dice che vuole lasciare Morney Hill al più presto con gli amuleti che ci avevi promesso.”

Fu, però, Alaris a rispondere: “Riferisci al tuo capo che, purtroppo, non lo farà tanto presto. Siamo stati rinchiusi tutti qui grazie ad una magia molto potente e antica per un motivo, a noi ancora sconosciuto.”

Jackson, incredulo, scoppiò a ridere, prima di replicare: “State dicendo sul serio? E quanto tempo ci vorrà? Barnès non ne sarà per niente felice!”

“Beh, dovrà adattarsi, – gli rispose Dana, sprezzante - perché al momento la situazione è questa. Siamo tutti intrappolati qui e sappiate che nemmeno noi stiamo facendo i salti di gioia!”

“D’accordo, ma una stima del tempo può farla? Insomma, due giorni, una settimana, quanto?”

Seccata, la donna scosse energicamente la testa: “No, non posso. E’ una cupola magica, non un forno a microonde con il timer! – poi sospirò – Senti, potrebbero volerci giorni, settimane, addirittura mesi per capire come tirarcene fuori, perciò per adesso sistematevi da qualche parte, ok? A proposito, dove eravate la scorsa notte?”

“Abbiamo trovato la casa di una confraternita abbandonata con parecchie stanze.”

“E le streghe? – chiese Alaris, preoccupato – Dove sono andate?”

“E io che diavolo ne so?!? Insomma, saranno affari loro! Noi demoni pensiamo solo al nostro clan, non ci importa degli altri.”

Dana, allora, vedendolo sempre più inquieto, si affrettò a tranquillizzare l’uomo: “Alaris, stai tranquillo, sono streghe. Sanno cavarsela da sole e, rispetto ai demoni, possiamo fidarci di loro: non saranno un problema.”

“Grazie per le belle parole!” commentò Jackson, sarcastico, ricevendo in cambio un’occhiataccia.

“Oh andiamo, sappiamo entrambi che voi demoni non siete dei santi! Guarda caso, uno di voi sta cercando di conquistare il mondo!”

“Ok, ha vinto, siamo dei mostri assetati di potere!”

 

Nel frattempo, al piano di sopra, Jade sentì la porta aprirsi nuovamente e, quando vide entrare Terence e Brenda di fretta, ne fu molto irritata.

“Accidenti, – esclamò, seccata - non c’è un attimo di pace in questa casa!”

Brenda ignorò le sue parole, arrivando subito al dunque: “Dov’è tua nonna? Dobbiamo parlare subito con lei!”

“Mia nonna? E’ nel suo antro oscuro… ehm, la cantina. Ora posso vedere in pace l’ultimo episodio di Pretty Little Liars?”

“Tesoro, – replicò l’amica, dolce - lascia perdere, è un telefilm tremendamente complicato per il tuo attuale stato mentale!”

In quel momento, la porta si aprì nuovamente e Jade, stanca del continuo via vai, si alzò, infuriata.

“Okay, adesso basta, questa casa non è Hogwarts!” gridò e, quando entrò nel corridoio che portava all’ingresso, si trovò davanti una persona che non avrebbe mai immaginato di vedere in casa sua: Zack.

La ragazza rimase pietrificata e altrettanto lui, che rimase impalato a guardarla, serio, senza saper cosa dire. Subito, però, furono raggiunti dagli altri due, che di parole, invece, ne avevano tante, soprattutto Brenda.

“Zack? Che cosa ci fai qui? Dovremmo prenderti a calci per quello che hai fatto con John, tradendoci!!”

Terence, invece, si mise subito davanti a Jade, scrutando il nuovo ospite con aria minacciosa: “Cosa sei venuto a fare qui?”

Il ragazzo sorrise arrogante, prima di rispondere: “La situazione si è ribaltata, vero Terence? Ora tu sei quello buono e io il cattivo!”

“Perché, non è la verità? – s’intromise Brenda - Guardiamo in faccia alla realtà: non sei né sotto l’incantesimo di Heith, né tantomeno sotto l’influsso del cigno. Sei passato dalla parte di John volontariamente!”

Ma lui non la ascoltò, anzi, la ignorò proprio: “Sto cercando Dana, devo parlare con lei a proposito della cupola...”

“Come, scusa? Okay, sappiamo che non siete stati voi per ovvi motivi, ma, se sei venuto qui per costringerci ad abbassare la cupola affinché i vostri amati disordini sguazzino di nuovo nel mondo, beh, sei fuori strada! Abbiamo fatto i salti mortali per farli scomparire per sempre, Samuel ha perso addirittura la vita, perciò, se pensi che lo faremo…”

Ma non riuscì a concludere, perché Jade le urlò contro: “Adesso smettila! – subito, però, tornò calma – Lasciatelo passare…” e, dopo aver scambiato un rapido sguardo con il ragazzo, si congedò, salendo al piano di sopra.

Agitata, corse su per le scale e, pochi secondi dopo, quelli rimasti di sotto udirono il rumore della porta della sua camera che si chiudeva con un tonfo. Zack tentennò, a quel suono, ma rimase composto rispetto agli altri due.

Brenda, infatti, era semplicemente furiosa e si voltò subito verso il ragazzo, lanciandogli un’occhiataccia: “L’hai sentita? Quella porta sbattuta è Jade che soffre per la morte di Samuel e per te che lavori con l’uomo che le ha distrutto la vita. Perché ci stai facendo questo? Perché LE STAI facendo questo?”

Zack, mantenendosi impassibile e limitandosi a guardarli freddamente, rispose, dopo alcuni secondi: “Non sono affari vostri quello che faccio e perché. Adesso lasciatemi passare, devo parlare con Dana” e gli altri due, senza dire altro, si scansarono, limitandosi a guardarlo male.

 

Naturalmente, Brenda non riuscì a non ignorare i pianti di Jade provenienti dal piano di sopra.

“Come può comportarsi così? – chiese a Terence, sconvolta - Lui e Jade avevano un rapporto speciale, forse più del mio con lei, perché le sta spezzando il cuore?”

“Magari ha il cuore spezzato anche lui…” rispose l’uomo.

 

Zack, intanto, era sceso in cantina e la donna fu molto sorpresa di vederlo.

“Zack, figliolo, che cosa ci fai qui?” chiese, gentile e l’altro fu subito molto schietto con lei e gli altri presenti nella stanza.

“Non vengo come nemico, ma nemmeno come amico. Mi manda John.”

Immediatamente Jackson, mettendosi sulla difensiva, evocò una sfera di energia tra le mani: “Allora tu lavori con John, dico bene?”

Dana, però, provò subito a calmarlo: “Fermo! Non fargli del male, era uno dei nostri! E ha detto di non essere venuto qui come nemico, perciò ascoltiamolo, ok?”

Il demone abbassò le mani e Zack si sentì libero di continuare a parlare.

“Sarò diretto: John vuole uccidervi tutti perché pensa siate stati voi a creare la cupola che tiene intrappolati qui i suoi disordini. Gli ho detto che vi ho spiati e che non c’entrate niente con tutto questo, ma lo farà comunque se non scoprirete chi è l’artefice. Perciò, avete già qualche idea, per caso,di chi sia stato?”

Fu Alaris a prendere la parola e rispondere: “Stiamo ancora cercando di capire, ma riferisci pure a John, da parte mia, che dovrà calmare la sua sete di sangue, perché, se ci uccide, rimarrà per sempre bloccato in questa città e… non puoi essere sovrano del mondo se rimani chiuso dentro una scatola, no?”

“Credo che questa minaccia potrebbe convincerlo...” commentò il ragazzo e si girò, pronto ad andarsene.

L’anziana signora, però, lo fermò: “Zack, come ti sta costringendo a stare al suo fianco? Perché mi rifiuto di credere che lo stai facendo volontariamente…”

Quando lui si voltò, però, il suo volto era una maschera di indifferenza: “Fate del vostro meglio per togliere questa cupola, perché non sarà divertente restare a Morney Hill nei prossimi tempi. I disordini sono rimasti bloccati in questa città, ma non si tratta di quelli vecchi, perchè John li ha fatti come… rinascere nella loro forma primordiale. Il mondo che c’è fuori è salvo, in questo momento, ma non qui dentro. Questa città è condannata a morte, se proprio devo essere realista...” e se ne andò, lasciando sotto shock tutti i presenti.

 

Poco dopo che lasciò la casa, Brenda e Terence, impazienti di conoscere la ragione della sua visita, si affacciarono in cantina.

“Allora, cosa era venuto a fare Zack?”

“A spaventarci, a quanto pare. – rispose Jackson, stranamente serio - Ma suppongo che si sia capito il doppio gioco, non so se mi spiego...”

“Quale doppio gioco?” chiese lei, confusa.

“Zack sarà anche dalla parte di John, al momento, ma ci ha fatto capire che la cupola non deve essere rimossa, anche se è questo che vuole il suo capo” le spiegò Dana, gentile come sempre, lasciandola, però, ancora più perplessa.

“Cosa significa?”

Fu Terence, però, a risponderle: “Che dovremo sacrificare Morney Hill per salvare il resto del pianeta, perchè i disordini sono una minaccia ben peggiore, stavolta.”

Poi Alaris aggiunse: “Ho sentito parlare dei disordini allo stato primordiale, quelli che sono stati scagliati sulla terra la prima volta. Erano un male inarrestabile. Con il tempo i disordini sono diventati sempre più innocui, per quanto minacciosi per l’umanità. Ma questo è tutta un’altra cosa e perciò noi non potremo abbassare la cupola. Chi l’ha messa, in realtà, sta salvando il mondo e noi non dovremo cercare di ostacolarlo.”

“Mi state dicendo che non faremo niente? – chiese Jackson, preoccupato - Che resteremo tutti bloccati qui con quel mostro e i suoi disordini? Sappiate che Barnès non ne sarà per niente contento e scatenerà una guerra pur di uscire da questa città!”

Dana, allora, si avvicinò a lui, guardandolo negli occhi mentre parlava: “Ed è per questo che non devono sapere nulla né lui, né la congrega delle streghe. Diremo che ci stiamo ancora lavorando, ma in realtà non la abbasseremo. Se i disordini dovessero lasciare questa città, infatti, non ci sarà nessuno a salvare il mondo, perché non ci sono più profezie. – poi lo sguardo si spostò su tutti gli altri – Sia chiaro che quello che ci siamo detti in questa cantina, dovrà rimanere un segreto, se non vogliamo che la situazione degeneri. Dobbiamo mantenere tutti la calma, sperando di trovare nel frattempo un modo per eliminare i disordini dall’interno.”

L’altro annuì, capendo la situazione: “D’accordo, manterrò il segreto, ma sappiamo tutti che questa commedia non reggerà a lungo...”

Fu allora che Brenda decise di rivelare loro il motivo per cui li aveva raggiunti lì sotto: “A proposito, io e Terence dobbiamo dirvi una cosa riguardo la cupola: gli esseri umani posso entrare e uscire liberamente dalla città, non sono reclusi qui. Gli unici intrappolati siete voi, gli esseri soprannaturali.”

L’anziana strega abbozzò un sorriso, soddisfatta: “Bene. E’ una buona notizia. Questo vuol dire che, se la situazione dovesse sfuggirci di mano, potremo mandare via tutti gli abitanti della città.”

Ma la ragazza non sembrava del tutto soddisfatta: “E cosa ne sarà di voi? Insomma, io faccio parte di quelli che non sono in trappola, ma non posso comunque abbandonarvi qui…”

“Tranquilla, non arriveremo a quel punto, se giocheremo bene le nostre carte. Ce la caveremo anche questa volta, ma ci serve tempo.”

“Beh, allora io torno dal mio clan per far sapere loro ciò che abbiamo concordato, ok?” si intromise Jackson, congedandosi.

Alaris, però, lo fermò per dirgli un’ultima cosa: “Fate arrivare l’informazione anche alle streghe, d’accordo? Non amano essere escluse, perciò non creiamo conflitti inutili.”

“Sarà fatto!” esclamò l’altro, uscendo e quelli rimasti poterono finalmente rimettersi al lavoro.

 

 

Qualche giorno dopo

 

 

Con il passare dei giorni, Jade continuava ad evitare tutti e a chiudersi sempre più in se stessa. Per quanto fosse impegnata con la faccenda della cupola, Dana continuava a preoccuparsi per la condizione di sua nipote, così decise di coinvolgerla in qualcosa che potesse distrarla e che le facesse ricordare la sua natura di strega: con l’aiuto di Brenda, la portò in un negozio di magia della città.

Dopo aver trovato il posto, nascosto da un incantesimo, le tre donne vi entrarono subito e Brenda, ovviamente, iniziò subito a commentare ciò che vedeva.

“Come mai tutti i negozi di stregoneria sono sempre protetti da un incantesimo? Le proprietarie temono che la polizia anti-streghe le arresti per traffico di magia illegale, per caso?”

La donna, nel sentire le sue parole, sorrise: “No, Brenda. Semplicemente, quello che contengono può diventare potenzialmente pericoloso, nelle mani sbagliate.”

 

Poco dopo, mentre Dana parlava con la commessa del negozio, la ragazza si avvicinò a Jade, che stava osservando dei fiori chiusi all’interno di una cornice.

“Ti stai appassionando di nuovo alla stregoneria?” le chiese e l’altra rispose con un sorriso triste.

“Quel fiore sulla destra, è il fiore dell’eternità. Cresce solo in un posto, un campo. Samuel mi portò lì quando non avevo i ricordi e me lo donò, ma devo averlo perso da qualche parte. – e scoppiò a piangere disperata, per poi arrabbiarsi – Che razza di imbecille perderebbe una cosa così importante?”

L’amica le lanciò una lunga occhiata e poi l’abbracciò stretta: “Tesoro, la cosa più importante che devi conservare di Samuel è il suo ricordo, non un fiore.”

“Sì, forse hai ragione. – le rispose l’altra, asciugandosi le lacrime e cambiando subito discorso, cercando di sorridere mentre lo faceva – Allora, sai già dove andrai al college? Ora che sappiamo che la cupola non tiene bloccati qui gli esseri umani, avrai grandi progetti. Io, a quanto pare, dovrò rimanere qui, invece, ma sono molto contenta per te!”

Brenda ricambiò il sorriso: “Gli unici grandi progetti che ho sono le persone che amo, Jade. Sono stata accettata in molti college, ma in realtà non ero io, perché non ero qui. Non prenderò i meriti guadagnati da una persona che fingeva di essere me, quando io ero altrove. Forse un tempo avrei fatto i salti di gioia, ma ora le cose voglio guadagnarmele con la MIA fatica e il MIO cervello, per questo ho deciso di restare qui e frequentare il college di Morney Hill.”

Jade rimase letteralmente a bocca aperta: “Ti prego, dimmi che non stai rinunciando a quello che c’è fuori per restare qui con me. Brenda, non posso farti questo, non posso permetterti di restare qui per farmi da supporto!”

L’amica scoppiò a ridere: “E chi ha detto che rimango qui solo per te? Guarda che ho anche un ragazzo da tenere d’occhio, con tutte quelle streghe sexy che girano per la città!”

“Tu sei pazza!”

“Beh, è l’unica qualità che non ho perso!”

Poi, però, tornarono entrambe serie: “Brenda... scusa se ti ho ignorata fino ad oggi, ma ti chiedo di avere pazienza. Sei una delle persone più importanti della mia vita, ma in questo orribile momento che sto passando, avrò più bisogno di restare da sola che in compagnia, perciò, se alcune volte ti ignorerò, non pensare che io non ti voglia bene, perchè non è così…”

“Tranquilla, hai tutto il tempo del mondo per tornare ad essere la mia amica a tempo pieno. Non ti preoccupare...”

In quel momento, Dana, che aveva concluso i suoi acquisti, le interruppe: “Ragazze, possiamo andare? Ho preso alcune cose interessanti che vi piaceranno!” e le due annuirono, incuriosite, seguendola fuori.

 

 

Ufficio del Sindaco – Municipio di Morney Hill

 

 

Quel pomeriggio, John era completamente solo nel suo ufficio. Seduto davanti alla scrivania, continuava a fissare la libreria sulla sua destra, finchè, ad un certo punto, si alzò e si avvicinò, per poi spostare indietro uno dei libri. Improvvisamente, si sentì un click, la libreria si mosse verso l’interno della parete e lui la spinse, aprendo un passaggio che, nel giro di pochi secondi, lo condusse in un sotterraneo.

Lì, vi erano due gabbie che ospitavano due persone: Xao e Zeta.

L’uomo prese una vecchia sedia e si sedette davanti a loro, che, naturalmente, lo guardavano storto. Subito dopo, iniziò a parlare.

“Cosa dovrei fare ora con voi, ragazzi?”

“Liberarci, magari.” rispose la donna, cinica, scatenando in lui una risatina.

“E perché mai dovrei? In questa città ho già fin troppi nemici. E poi, sappiamo benissimo tutti e tre del perché vi ho catturati. Voi siete dei guaritori, gli unici, ora che siamo isolati. Potete curare i prescelti, in questo caso solo mia nipote, è vero, ma, se il Consiglio lo consentisse, potreste farlo con chiunque. Se siete qui, in questa gabbia, è perché voglio uccidere tutti coloro che sono sotto questa cupola e non voglio che i vostri poteri salvino qualcuno...”

Ma Xao intervenne, sicuro: “Prima o poi ci troveranno!”

John scosse la testa, il suo solito sorriso sulle labbra: “Mi dispiace, ma hanno problemi più importanti a cui pensare, al momento, come ad esempio rintracciare la persona che ci ha rinchiusi qui, a Morney hill. Sapete, i vostri poteri non sono l’unica cosa per cui siete in questa gabbia anti-magia, visto che, casualmente, vi ho rapiti nell’esatto punto in cui sono partiti quei fasci di luce. Perciò, o siete stati voi a creare la cupola o avete visto chi è stato.”

I due, tuttavia, non lo temevano e replicarono, sicuri: “Anche se sapessimo qualcosa, non lo diremmo certo a te! Ma, soprattutto, sappi che non ti aiuterò, dopo quello che mi hai fatto con il cigno!”

John si alzò, congedandosi: “Troverò il modo di farvi parlare, non temete. Ho tutto il tempo del mondo...” e se ne andò, lasciandoli soli.

 

 

Sede dei demoni presso la confraternita abbandonata ΛΣΩ

 

 

Jackson era appena rientrato alla sede dei demoni, dove si stava tenendo una sorta di riunione cui erano presenti anche le streghe. Quando entrò, Barnès e Tamara, i due capi, erano circondati dal resto dei loro seguaci e il ragazzo rimase spiazzato nel vederli.

“Cosa sta succedendo?!?”

“Succede che – gli rispose il demone, per poi sorridere alla sua collega – avevo sottovalutato le nostre amiche streghe...”

“Non capisco.. Spiegati.”

“Grazie ad alcuni loro libri di stregoneria, le streghe hanno scoperto qualcosa sulla cupola. A quanto pare questa... cosa che ci tiene intrappolati, è una sorta di incantesimo chiamato Cupola sanguinea…”

“E chi lo avrebbe lanciato, una strega?”

“Forse, – gli rispose Tamara - ma non una di noi. Non potremmo neanche, viste le regole cui è sottoposto.”

“Quali sono?”

“Credo sia meglio che a rispondere sia la strega che ha scoperto tutto. Fatti avanti, Klen!” chiamò la donna e subito una ragazza si fece avanti e prese la parola.

“L’incantesimo può essere eseguito solo da fratelli o sorelle, tra persone che hanno un legame di sangue di questo tipo. E nella nostra congrega non ce ne sono.”

“Quindi questo significato che sappiamo con certezza che è stata più di una persona a fare questo, giusto?”

“Sì, anzi, dal numero di fasci visti partire dal centro della città, erano in tre. Ma non è questa la nostra maggior preoccupazione al momento, dato che nei libri che ho letto, libri davvero molto antichi, la cupola sanguinea  rappresenta una sorta di rito sacrificale…” ma si interruppe.

“Un rito per sacrificare cosa?” chiese Jackson, perplesso, e Barnès si affrettò subito a prendere la parola e spiegargli la situazione.

“Non cosa, chi! La strega, quella anziana, ha detto che le lettere spedite al nostro clan e alla congrega sono state usate per attirarci a Morney Hill, perciò… saremo noi ad essere sacrificati. E mi gioco tutto quello che volete che a volerci morti sono quelli del Consiglio! Ora che non esiste più una profezia che mette in riga sia i demoni che le streghe, sicuramente ci temono a tal punto da volerci eliminare. Probabilmente, la stessa cosa sta accadendo anche ad altri in altre città...non sappiamo se la stessa cosa stia succedendo anche fuori!”

“Aspettate un secondo! Ci sono solo tre membri del Consiglio, qui, e dubito che abbiano un legame di sangue…”

“Posso sempre aver incaricato qualcuno in grado di farlo, persone che hanno un legame di sangue.”

 

A quel punto, il demone decise che era arrivato il momento di riferire le informazioni avute a casa Ferguson.

“Sentite, io direi di non fare nulla, loro mi hanno detto che stanno lavorando su come fare per abbassare la cupola. Aspettiamo e non creiamo conflitti inutilmente, ok?”

Quando finì, Barnès si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla spalla: “Jackson, ti ho scelto come mio secondino. Non farmene pentire... Il Consiglio e quella strega stanno solo temporeggiando con noi. Probabilmente stanno, anzi, STANNO GIA’ attuando questo rito sacrificale, mentre parliamo, perciò ora il nostro clan e – guardò le streghe – la loro congrega uniranno le forze per uscire da questa dannata città. E chiunque oserà mettersi sulla nostra strada… beh, soccomberà, molto semplicemente…”

Subito, con un grido, ebbe l’appoggio di tutti i presenti e Jackson non poté opporsi.

 

Qualche metro più lontano, Brenda e Terence, che lo avevano seguito per assicurarsi che la situazione fosse stabile, osservavano la casa della confraternita nascosti dietro un albero.

La ragazza, con in mano il binocolo, sospirò, seccata: “Non posso credere che tu mi abbia aspettata fuori dalla casa di Jade per trascinarmi qui! E non posso credere nemmeno che la signora Ferguson abbia acconsentito. Avevamo appena comprato degli oggetti magici, volevo scartare i pacchi insieme a loro…”

Lui, seduto sulla panchina vicina, la osservò, perplesso: “Da quando non ti piacciono gli appostamenti? E per di più con me?”

“Da quando ho scoperto che la mia vita sociale è pari a quella di Lisa Simpson! L’estate sta per finire e io dovrei essere a qualche festa o, perlomeno, da qualche parte a mostrare al mondo che esisto. Di questo passo, quando inizierà il college, dovrò camminare per il campus con un post-it attaccato sulla faccia con su scritto il mio nome per essere riconosciuta!”

“Ma non hai detto che il tuo clone se la stava cavando meglio di te, al posto tuo?” le rispose lui, aprendosi una lattina di birra.

In cambio, però, ricevette solo un’occhiataccia: “Sì, fino ai primi di maggio forse, ma poi il consiglio l’ha fatta sparire, perché tutti sapevano che Jade era una criminale e molto probabilmente le avrebbero fatto un sacco di domande sulla sua amichetta fuorilegge. Perciò questo vuol dire che non esisto in questa città da ben sei mesi, apparte il giorno del diploma, dove le mie ex amiche del liceo a malapena mi hanno degnato di uno sguardo! Il mondo è andato avanti e anche gli altri non stavano di certo lì ad aspettare me. Una volta che sei fuori dal giro, sei fuori e basta!”

“Beh, al college ti farai dei nuovi amici, però…”

Stavolta lei lo guardò perplessa: “Aspetta, ma da quando ti sei messo a bere? Mi hanno per caso drogata e tenuta prigioniera da qualche parte, mentre prendevi questa abitudine?”

“E’ solo una birra, Brenda. – le rispose lui, tranquillo - E poi, a guardare bene, nemmeno la mia vita può definirsi strabiliante, al momento. Sono passato da braccio destro del male a insegnante di arti marziali per adolescenti con problemi di peso e figli di papà!”

Lei sollevò le sopracciglia: “Beh, almeno ti pagano bene!”

Terence la guardò storto da sopra la lattina: “Sì, ma resta il fatto che devo abituarmi alla mia nuova vita. E speravo lo notassi, sinceramente. Invece hai passato tutta l’estate a cercare l’attenzione della tua migliore amica, che ti ignorava, e a tornare alla tua cosiddetta vita sociale. Non ti sei certo preoccupata di chiedermi come stavo...”

Brenda, preoccupata, si sedette di fianco a lui: “Non pensavo avessimo dei problemi... Tu mi ami ancora, vero?”

“Certo che ti amo ancora! E’ solo che, da quando siamo venuti qui, non sempre le cose sono andate come mi aspettavo...”

“Hai ragione… e questa cosa mi fa paura, francamente. Insomma, io ti amo con tutta me stessa, ma… non è come prima, ora che me lo fai notare. E dobbiamo assolutamente recuperare, non voglio che tra noi finisca solo perché viviamo in un posto diverso.”

 

Improvvisamente, però, si udì il rumore di una porta che si apriva proveniente dalla casa della confraternita e subito Brenda si alzò in piedi.

“Riprenderemo il discorso più tardi, c’è movimento!” e i due si spostarono dietro un albero vicino per osservare ciò che stava accadendo.

Fecero appena in tempo a nascondersi, che i demoni e le streghe uscirono, lasciando i due confusi e perplessi.

“Cosa ci fanno le streghe con i demoni?” chiese Terence.

“Fantastico, ci mancavano solo le alleanze! E ora cosa facciamo?”

“Fare cosa? Non sappiamo nemmeno che intenzioni hanno!”

“Ti sei rammollito, per caso?”

La faccia offesa dell’altro, però, fece pentire la ragazza per quello che aveva appena detto: “Ehm, scusa, non volevo dirlo...”

Allora l’uomo, orgoglioso come sempre, decise di uscire allo scoperto per dimostrarle che aveva torto e subito lei cercò di fermarlo.

“Terence, aspetta! Cosa stai facendo?”

Lui, però, la ignorò, rivolgendosi direttamente ai due gruppi che stavano lasciando la casa della confraternita: “Ehi, voi!” urlò e, ovviamente, tutti si fermarono e si girarono. Barnès fu il primo a farsi avanti: “Qualche problema, servitore del caos?”

Ma non riuscì a intimidire Terence: “Sì, a dire il vero: dove state andando?”

Il demone scoppiò a ridere: “Dobbiamo davvero rendere conto a te di quello che facciamo?”

Irritata, Brenda si fece avanti, rivelando la sua presenza: “Nella scala sociale del Male, direi che sei decisamente sotto di molti gradini rispetto ad un servitore del caos, non credi?”

A quel punto, Tamara si intromise, mettendosi accanto a Barnès: “Sappiamo che sono stati Dana e il Consiglio a rinchiuderci qui dentro, ma non rimarremo fermi a guardare, mentre ci sacrificano tutti!”

“Sacrificarvi? – replicò la ragazza, perplessa – Di che cosa stai parlando? Siamo tutti nella stessa barca e ti assicuro che loro non hanno niente a che fare con la cupola!”

 

Improvvisamente, però, al centro della strada comparve John, lasciando tutti spiazzati: “Cucù, – esclamò - vi ho spaventati?”

 

 

Casa Ferguson

 

Dana scese in cantina con i suoi acquisti e Jade la seguì, curiosa.

“Cos’hai comprato esattamente, nonna?”

“Qualcosa che ci aiuterà a scoprire l’identità della persona che ha creato la cupola.”

L’altra le rivolse un’occhiata scettica: “Beh, ma anche se la troviamo, non credo sarà disposta a disfare questa trappola magica, no?”

L’anziana signora, però, le sorrise, mentre sistemava i suoi acquisti sul tavolo: “Sei troppo pessimista, mia cara.”

“Chissà come mai...”

Ovviamente, a Dana non sfuggì il suo umore grigio: “Tesoro, la morte di una persona a te cara non significa necessariamente che tutto continuerà ad andare male nella vita. Sì, adesso ci sono solo giorni brutti, perché si tratta di una cosa recente, ma… passerà, prima o poi, e avrai di nuovo giorni belli, come prima. La vita non finisce qui, Jade...”

L’altra cercò di farsi forza: “Non puoi sapere se quei giorni belli ci saranno o no. Non posso crederci…”

In silenzio, l’anziana strega tornò al tavolo e prese dal cassetto le lettere ricevute dai demoni e dalle streghe e quella trovata nel punto da cui erano partiti i fasci di luce.

Subito Jade, incuriosita, si avvicinò: “Cosa vorresti fare con quelle?”

“Cercare di capire se ho ragione.”

“Ragione su cosa?” chiese l’altra, perplessa.

“Sono convinta che ci sia un messaggio nascosto, oltre a quello che ci è stato lasciato.”

Poi, sistemò delle candele viola intorno alle tre lettere e iniziò ad accenderle una ad una usando i suoi poteri.

Dato che la nipote la stava osservando, decise di lasciare l’ultima a lei: “Vuoi finire tu?” In cambio, però, ricevette solo un’occhiataccia: “Non ho più alcun potere, da quando la profezia si è compiuta, te lo sei dimenticata?”

“Sei stata dotata di grandi poteri che ora non hai più, è vero, ma il potere fa comunque parte di noi streghe. Devi solo farlo maturare di nuovo, come ha fatto ogni altra.”

Allora Jade, concentrandosi sulla candela spenta, provò ad accenderla, ma ad un certo punto, sbuffando, ci rinunciò: “Senti, fallo tu, a me non interessa!” e si allontanò.

Dana, però, insistette: “Ascolta, Jade…”

Ma lei fu categorica: “No, nonna, ascolta TU: io non mi rimetterò a praticare magia ricominciando da zero. Non voglio! Non c’è motivo! Se vuoi fare le tue stregonerie, falle pure, ma non mi coinvolgere, ok? Ho chiuso con tutto questo!” e si andò a sedere, nervosa. La donna, invece, non aggiunse altro, andando ad accendere anche l’ultima candela.

Poi, da un sacchetto tirò fuori una polvere grigia e iniziò a spargerla sopra le tre lettere. Successivamente, fece altrettanto anche con il liquido nero contenuto in una boccetta. Infine, iniziò a recitare una formula: Mostrami ciò che è nascosto, il vero messaggio che vi risiede. L’inchiostro segue i passi della scrittura e ne rimuove la falsa copertura...”

Improvvisamente, le fiamme delle candele si fecero più alte e le tre lettere si fusero letteralmente tra di loro, diventando un unico foglio su cui, grazie al liquido nero che vi fluiva sopra, iniziò a scriversi il messaggio segreto.

A quel punto, le candele si spensero di colpo e, dopo uno sguardo veloce tra le due streghe, Dana lo sollevò, per vedere il risultato, ma, nonostante la grande curiosità della nipote, non lo lesse ad alta voce.

“Cosa c’è scritto? Cos’è?” la incalzò la ragazza.

“Sono istruzioni.”

“Istruzioni? Per cosa?”

“Per trovare qualcosa…”

 

 

Sede dei demoni, presso la confraternita abbandonata ΛΣΩ

 

 

Nella strada all’esterno della confraternita erano schierati i demoni e le streghe da un lato, Brenda e Terence dall’altro e, al centro, appena comparso con grande sorpresa di tutti, John.

La ragazza, disgustata, prese parola per prima: “Vedo che ha qualche capello bianco, signor sindaco. Per caso durante l’assenza dei disordini è invecchiato di qualche decennio?”

L’altro le sorrise, indifferente: “Beh, ti piacciono gli uomini maturi, viste le tue scelte, o sbaglio? – e puntò gli occhi su Terence - Chi lo sa, magari ora avrai un debole anche per me!”

Lei, ricambiando il sorriso, chiaramente beffardo, esclamò: “Preferirei bere dell’acido, che fare strani pensieri sullo psicopatico nonnetto della mia migliore amica!”

“Attenta a quello che dici, Brenda, certe cose potrebbero anche realizzarsi!”

Terence, allora, si intromise nella conversazione, guardandolo minaccioso: “Sta lontano da lei! Non devi torcerle nemmeno un capello, altrimenti...”

Seccato, John roteò gli occhi: “Sai, Terence, prenderei più sul serio le minacce di un gatto parlante, che le tue…” poi si voltò verso gli altri: “Ecco, voi, ad esempio, siete più minacciosi di lui. Ma che simpatico gruppetto... demoni e streghe che collaborano insieme anche dopo la profezia…”

Subito Barnès si fece avanti e disse: “Senti, noi non vogliamo problemi, vogliamo solo andarcene da questa città.”

“Tranquillo, nemmeno io ne voglio, anche se è stato un po’ codardo da parte tua dirlo, visto che sei il capo di un clan. Insomma, – scoppiò a ridere – abbi più spina dorsale!”

“Non è da codardi voler proteggere il mio clan! Soprattutto se mi trovo davanti ad uno come te. Insomma, non sei una persona qualunque, hai la tua reputazione…”

“Ma davvero? – replicò l’altro, quasi colpito – Sono così famoso? Beh, mi sento lusingato… Comunque sta tranquillo, ho un certo riguardo nei confronti dei miei simili, visto che anche io sono un demone per metà!”

In quel momento, alzò un braccio verso il gruppo delle streghe e una di loro venne letteralmente trascinata verso di lui da una forza sovrannaturale. Tamara, il capo della loro congrega, iniziò a gridare: “Noo, Klen! Lasciala stare!”

Ma John, con la fronte della ragazza incollata al palmo della sua mano, continuò: “Al contrario, non ho molto riguardo verso le streghe, ma cercherò comunque di essere gentile con loro. Ora, però, vediamo un po’ cosa sapete sulla cupola...” e chiuse gli occhi, come se si stesse concentrando per leggere nella sua mente ed estrapolarne informazioni.

Tutti, intanto, lo stavano osservando con il fiato sospeso.

Pochi secondi dopo, John riaprì nuovamente gli occhi, gettando a terra la ragazza che, terrorizzata, si allontanò gattonando per poi alzarsi e scappare accanto al suo gruppo. Intanto l’uomo, con lo sguardo perso nel vuoto, rifletteva: “Cupola sanguinea. Interessante…”

Brenda scambiò con Terence un’occhiata perplessa, chiedendosi di cosa parlasse, ma poi spostò subito di nuovo la sua attenzione sul demone, per non perdersi nemmeno una sua parola.

“Credo – continuò quello - che sia arrivato il momento di richiamare i disordini in città. A quanto pare, non riusciranno a trovare una via d’uscita.”

Poi, puntando gli occhi al cielo, aggiunse: “E’ arrivato il momento di combinare qualcosa di malvagio…”

A quel punto, anche gli altri alzarono gli occhi, domandandosi cosa stesse per succedere. L’aria si fece subito pesante e il cielo, che sembrava calmo, fu subito scosso: dal punto più alto della cupola, infatti, scese rapidamente verso di loro un’enorme nube nera. In poco tempo essa investì tutti i presenti, in particolare i demoni e le streghe.

Intuendo cosa stava per accadere, Terence abbracciò Brenda e le abbassò la testa, nel tentativo di proteggerla.

La ragazza, spaventata, iniziò a gridare: “Cosa sta succedendo?!?”

“Non lo so, – rispose lui - non vedo niente…”

Intanto, udirono intorno a loro le urla degli altri, colti dal panico. Subito dopo, però, queste cessarono di colpo e la nube cominciò a diradarsi.

Brenda, dopo aver alzato la testa dal petto del suo amato, riaprì gli occhi, rimanendo spiazzata da ciò che vide: “Ma… – chiese, confusa - dove sono finiti tutti?”

Anche l’uomo si guardò attorno: “John gli ha presi!”

Incredula, lei si mosse lungo la strada, spostando lo sguardo da ogni parte: “Come sarebbe a dire? Presi per cosa?”

“I demoni e le streghe devono aver scoperto qualcosa e ora anche John ne è a conoscenza.”

“Ha parlato di cupola sanguinea, l’hai sentito anche tu, vero? Sai di che cosa si tratta?”

Lui, però, scosse la testa: “No, ma Dana potrebbe saperlo. Dobbiamo dirglielo subito!”

“Sì, sono d’accordo. Facciamo in fretta!” e i due si affrettarono a raggiungere l’abitazione della donna.

 

 

Cimitero di Morney Hill

Jade era di nuovo lì, in piedi davanti alla lapide di Samuel, come tutte le notti, del resto. Le dava un po’ di pace parlare con lui, pur sapendo di non poter ricevere alcuna risposta. Farlo, però, non le impediva di non piangere ad ogni parola che tentava di pronunciare.

“Non è cambiato nulla, da quando non ci sei più. Siamo di nuovo al punto di partenza e tutti gli altri si stanno affannando nuovamente per cercare una soluzione ai nuovi problemi che tormentano le nostre vite. Io, però, sono così stanca, Samuel... Sono tanto, tanto stanca. E’ triste, perché non sei qui con me. Mi stai guardando? Riesci a vedere quanto sono distrutta? Se ci riesci, cerca di capirmi. Non sto gettando la spugna, voglio solo trovare la stessa pace che hai trovato tu, la voglio, disperatamente. Voglio TE, disperatamente.”

Improvvisamente, però, smise di parlare, perchè percepì una presenza alle sue spalle, pur decidendo di non girarsi. Infatti, sapeva perfettamente di chi si trattava.

“Sai, mi chiedevo se mai ti avrei visto qui. Forse Samuel aveva veramente ragione su di te…”

L’altro, uscendo dall’ombra, le si avvicinò ancora di più: era Zack.

“In realtà, sono stato parecchie volte, qui, ma, evidentemente, non nei tuoi stessi orari.”

La ragazza continuò a parlargli con tono rilassato e senza voltarsi: “Non mi hai domandato su cosa avesse ragione Samuel, però.”

“Dimmelo ora.”

“Quando sono tornata a Morney Hill, dopo che lui… insomma, dopo che la battaglia è finita, Terence mi ha dato una lettera scritta da lui, e alcune righe parlavano di te. Diceva che non dovevo odiarti per quello che hai fatto, perché alla fine… beh, tutti commettono degli errori. In più, ne avevi passate tante e in qualche modo volevi evadere dalla persona che eri. Diceva anche che dovevo perdonarti, perché è così che si fa con le persone più importanti della tua vita…”

Il ragazzo, nel sentire le sue parole, si commosse, ma cercò di non darlo a vedere: “Vuoi perdonarmi perché te lo scrive Samuel o perché lo vuoi tu? Per me è importante saperlo...”

“Se non avessi letto quella lettera, probabilmente ti avrei cacciato da casa mia, questo pomeriggio. Sarei stata arrabbiata con te, perché ci hai abbandonati nel momento in cui ci servivi di più, perché ti sei fatto sopraffare dalle tue emozioni, dalla tua gelosia per me. Tuttavia, penso ti avrei comunque perdonato, prima o poi, perché – e finalmente si voltò, in lacrime - sei una delle persone più importanti della mia vita, fin dal primo momento. Anche se non riesco ancora a capire perché non ci sei più, perché continui a stare con mio nonno. Non riesco a capire perché non eri qui ad abbracciarmi, mentre stavo morendo dentro… Perché, Zack?”

Il ragazzo, straziato, non rispose e lei si voltò nuovamente verso la lapide.

“D’accordo, non me lo vuoi dire, va bene. Non lo comprendo, ma va bene. Ma sappi che non avrai molto tempo per darmi una spiegazione…”

“Cosa vorresti dire?” le chiese lui, perplesso.

“Sto mollando, Zack. Ogni giorno che passa è un agonia e la situazione in cui ci troviamo, per me, è insostenibile. Sei la prima persona a cui lo dico e ti prego di non farne parola con nessuno. Non voglio che qualcuno mi salvi, stavolta, perché… ho deciso che voglio morire.”

Sotto shock, Zack sgranò gli occhi per la sorpresa: “Che cosa significa questo?”

“Significa che non voglio più lottare. Samuel è morto e, in qualunque posto sia, non deve più farlo. Io, invece, vorrei tanto smettere e ormai non manca molto. Ricordi quando sono morta in quel lago per salvare tutti dalla guardiana e mia nonna, poi, mi ha ceduto un anno della sua vita? Beh, tra due settimane finirà, ma lei, all’epoca, era tranquilla perché, allo scadere del tempo, Zeta sarebbe tornata ad essere il mio angelo-guida e mi avrebbe resuscitata…”

“Ma, sbaglio o Zeta non è a Morney Hill?”

“Esatto, non è qui. Ora ti starai chiedendo perché mia nonna non stia impazzendo e facendo i salti mortali per questo. Beh, tempo fa sono entrata nella sua cantina e ho rubato una boccetta da uno dei ripiani: si trattava di una pozione che fa dimenticare alle persone cose importanti a cui pensano continuamente. Ne ho versata un po’ nel suo caffè, una mattina, e, come pensavo, ha scordato il mio problema. Poi, ho fatto la stessa cosa con Brenda e Terence.”

Zack rimase ancora più sconvolto da quella rivelazione e, anzi, si arrabbiò molto: “Non puoi farle questo, non puoi essere così egoista da lasciare le persone che hanno tenuto a te, all’improvviso, mentre cercano di capirci qualcosa! Non puoi pensare che adesso non andrò a dire loro tutto per salvarti!”

Jade, però, si mostrò serena e, anzi, gli sorrise anche: “Sapevo che tenevi ancora a me. Tuttavia, è troppo tardi, ormai. Se c’era qualcosa da fare, andava fatto prima che calasse la cupola. Zeta non è qui, non c’è altro modo per evitare la mia morte e io non vedo l’ora di essere libera da questo incubo.”

“Tu sei pazza e anche Samuel te lo direbbe, se fosse qui!” poi si voltò, pronto ad andare da Dana per fermare quella follia, ma la ragazza riuscì a gridargli contro alcune parole, prima che si allontanasse.

“Sarò anche pazza, ma stare ancora al fianco di mio nonno, nonostante tutto, lo è altrettanto!”

“Tu non sai niente!”

“Allora dimmi perché continui a stare con lui! Come fa a tenerti in pugno?”

“Eravamo solo noi tre, all’inizio di quel viaggio per salvare il mondo. Alla fine, ho perso un amico e l’ho guardato negli occhi, mentre moriva. Non ripeterò la stessa esperienza anche con te, perché almeno uno tra noi merita di essere salvato…”

“Per me è troppo tardi, non c’è niente da fare, è inutile. E a me sta bene così, credimi. Ma non me andrò senza aver salvato prima te. Non ti abbandonerò, qualsiasi cosa ti stia facendo quel mostro.”

“SMETTILA! – scoppiò lui, in lacrime - Tu non puoi morire solo perché qualcuno che amavi non c’è più! Questa non è la soluzione e Samuel sarebbe d’accordo con me. Tu non ti rendi conto di quello che dici...”

“E invece sì! – replicò lei, distrutta - Questo mondo è talmente pieno di sofferenza… siamo circondati da persone, eppure in realtà siamo così tremendamente soli... Nessuno ti capisce e nessuno ha idea del tuo dolore. Chi vorrebbe vivere qui? Chi vorrebbe vivere la mia vita?”

Ma Zack, senza aggiungere altro, si voltò e se ne andò, mentre lo guardava allontanarsi, il cuore a pezzi.

 

 

Due settimane dopo – Morney Hill

 

 

L’anno scolastico era ufficialmente iniziato e il primo giorno di college si era appena concluso, ma, per due studentesse in particolare, pensare al proprio futuro non era così semplice. Soprattutto quando una di loro non intendeva giungervi.

Brenda stava attraversando il campus, con in mano i suoi libri e la borsa, quando alle sue spalle un ragazzo cercò di attirare la sua attenzione.

“Ehi, aspetta! Tu sei Brenda, giusto?”

“Sì. E tu devi essere?” rispose, voltandosi.

L’altro ridacchiò: “Mi chiamo Wesley, per gli amici Wes, sono seduto due file dietro di te. Purtroppo, però, ho iniziato il college con il piede sbagliato e non sono riuscito a prendere tutti gli appunti della lezione di oggi. Solo io ho notato che il professor Walsh parla più veloce della luce?”

“No, non credo, la ragazza vicino a me ha quasi fatto prendere fuoco alla sua penna cercando di stargli dietro!”

“Sì, l’ho vista, si chiama Corinne ed è una mia amica. Sfortunatamente non mi sono potuto sedere accanto a lei, perché ho fatto tardi e ho praticamente travolto metà del campus per arrivare in tempo. Comunque è stata lei a dirmi che i tuoi appunti sono praticamente scritti parola per parola. Come hai fatto?”

Lei sorrise: “Diciamo che sono diventata molto abile e attenta, dopo il liceo. Comunque, puoi passare da casa mia, se vuoi, te li darò volentieri. Ora, però, devo raggiungere la mia di amica, - la cercò con lo sguardo – che è seduta su quella panca laggiù!”

“Ah, intendi dire la ragazza triste?” chiese lui, guardando il punto che lei gli stava indicando.

“Ragazza triste?” chiese lei, perplessa.

“L’ho vista parecchie volte, oggi, e non fa altro che tenere in mano una lettera e avere il volto triste. Credo di averla vista anche piangere, sta bene?”

“Ha perso il suo ragazzo, circa tre mesi fa.”

“Accidenti, mi dispiace. Non volevo chiamarla ragazza triste, è solo che ho questo strano vizio di dare nomignoli alle persone...”

 

Improvvisamente, alle spalle della ragazza arrivò Terence, che la prese per un braccio. “Ehi, finalmente sei uscita, dobbiamo parlare…”

“Ehm, ciao… – lo salutò, colta di sorpresa, poi si rivolse a Wes – Lui, invece, è il mio ragazzo e ora devo proprio andare. Puoi passare da casa mia più tardi, per quegli appunti. Tieni, abito qui!” e gli porse il foglietto su cui aveva scarabocchiato in fretta l’indirizzo.

“Ok, grazie. – si rivolse poi a Terence – Piacere di averti conosciuto!” e se ne andò.

 

Brenda, allora, iniziò a camminare con lui verso Jade: “Non c’è mai un attimo di pace, eh? Per caso c’è qualche novità sui demoni e le streghe? Ormai sto per arrendermi, sono due settimane che sono scomparsi nel nulla e non abbiamo idea di dove siano finiti!”

“Purtroppo no, si tratta dei disordini. Hanno iniziato a colpire. Fino a quando cercavano una via d’uscita nella parte più alta della cupola, Morney Hill era al sicuro, ma ora aleggiano quaggiù e Alaris è preoccupato.”

“Se i disordini inizieranno a colpire i cittadini, come diavolo li salveremo?” chiese allora lei, perplessa.

“Non li salveremo: il Consiglio ha già un piano per coloro che saranno infettati.”

 

CONTINUA NEL TERZO EPISODIO

Testo a cura di Lady Viviana.

ANGOLO AUTORE: Come promesso, il secondo episodio della terza stagione. Non perdete il prossimo appuntamento per saperne di più sui misteri presenti a Morney hill, che sarà per Mercoledì 6 Maggio con la 3x03 "Lungo il cammino della morte", dove scoprirete se Jade deciderà di continuare a lottare per vivere. Buona settimana stregata!

 

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Capitolo 3
*** 3x03-Lungo il cammino della morte ***


CAPITOLO TRE

"You Only Live Once"

 

 

 

Due settimane prima – Casa Ferguson

 

 

Zack suonò incessantemente il campanello dell’abitazione, poi, non ricevendo risposta, iniziò a bussare ripetutamente. Finalmente, Dana gli aprì, sorpresa.

“Oh mio Dio, Zack!”

Il ragazzo, agitato e con il respiro affannato per la corsa, riuscì appena a sussurrare poche parole: “Stiamo per perderla, dobbiamo fare qualcosa!”

Lei lo guardò confusa: “Prima calmati! Di chi stai parlando? Chi stiamo perdendo?”

“Jade! Il suo tempo, l’anno che le ha ceduto quando è morta, sta per scadere e Zeta non è all’interno della cupola per resuscitarla. Deve trovare una soluzione!”

Nel sentire le sue parole, la donna, finalmente, ricordò: “Oh mio Dio… oh mio Dio, come ho potuto dimenticarlo, l’avevo perfino appuntato…”

“Jade non vuole essere salvata, perciò ha fatto bere a tutti voi una pozione che fa dimenticare le cose importanti.”

“Ora ho capito. Va bene, cercherò qualcosa, ma…”

“Ma cosa...?”

Dana rimase in silenzio per qualche secondo.

“Zack? – chiese poi – Cosa ci fai qui a quest’ora?”

Lui la guardò perplesso: “Co-cosa significa?”

Ma la donna era confusa quanto lui: “Figliolo, di che cosa stai parlando?”

Allora Zack, rendendosi conto che si era dimenticata tutto a causa della pozione di Jade, cercò di congedarsi: “Io-io devo andare adesso…” e, agitato, indietreggiò e se andò, lasciando alquanto perplessa la donna.

 

 

Casa di Brenda

 

 

Brenda uscì da casa con un borsone e una pala, salutando la madre dietro di lei.

“Mamma, io vado. A stasera!” ma dovette bloccarsi sulla soglia, perché davanti a lei trovò qualcuno che non vedeva da un po’ di tempo e, malgrado tutto, ne fu felice.

“Oh mio Dio, Noa! Cosa ci fai qui?” e, senza dargli tempo di rispondere, lo abbracciò.

Il ragazzo, altrettanto contento, ricambiò con piacere:  “Accidenti, – esclamò, con un sorriso - dove vai con quella pala?”

“Solita routine, non chiedere. Piuttosto, si può sapere cosa ci fai qui? Non che non sia felice di vederti, ma potevi almeno inviarmi un messaggio o chiamarmi prima…”

“Ho deciso di tagliare il cordone ombelicale con mio padre e frequentare un certo college qui, a Morney Hill, dove abita una mia cara amica di nome Brenda.”

Lei rimase molto sorpresa dalla notizia: “No, non ci credo, sul serio?!? Oddio, sono così contenta…”

Lui, però, notò comunque che era abbastanza demoralizzata: “Beh, ne sono felice. Direi che sono arrivato giusto in tempo, o sbaglio? Cosa sta succedendo di preciso? Monique mi ha detto che qualcosa non andava, qui.”

Brenda, roteò gli occhi: “Che cosa sta succedendo, dici? Faccio prima a dirti cosa NON sta succedendo. Se iniziassi a raccontare, resteremmo davanti a questa porta fino al prossimo inverno!”

Noa annuì, comprensivo, poi di nuovo spostò lo sguardo sugli oggetti che aveva in mano la ragazza: “Allora, a cosa serve la pala? E il borsone? C’è dentro la tua inseparabile balestra?”

“No, no, solo dei libri e un thermos di caffè. Passerò in biblioteca, dopo aver scavato nel bosco. La pala, invece, serve appunto a scavare nel terreno, perchè stiamo cercando una cosa…” poco lontano, intanto, stava arrivando Wes, che notò subito che aveva compagnia.

D’istinto, si fermò e indietreggiò, osservando i due.

Brenda, però, sembrò non averlo notato, poiché continuò a parlare con Noa: “Senti, vuoi venire con me? Tanto non ci vorrà molto, perchè tutti i giorni facciamo sempre un buco nell’acqua.”

“Ma sì, perché no? Insomma, tanto non ho bisogno di trovare un alloggio e sistemare le mie cose...” replicò l’altro, sarcastico e ricevendo in cambio un’occhiataccia.

“Puoi lasciare i tuoi bagagli qui a casa mia, se vuoi. E, come ti ho detto, non ci vorrà molto.”

Il ragazzo le sorrise: “Va bene” e, dopo aver portato le valigie dall’auto all’ingresso della casa, andò via con lei.

Intanto, Wes non aveva smesso nemmeno per un secondo di osservarli.

 

 

Casa Ferguson

 

 

Jade si era appena svegliata, perchè quella mattina non era andata in università. Era distesa sul letto con gli occhi sbarrati e fissi rivolti verso il soffitto: era il suo ultimo giorno sulla terra e nessuno lo sapevo, eccetto lei.

Alla fine, si alzò e scese al piano di sotto. La musica di una radio proveniva dal garage e la ragazza, a passi lenti, si diresse lì: c’era la macchina di Samuel e anche lui che, canticchiando, la stava lucidando, approfittando del momento libero per fare anche alcune riparazioni.

Sentendola arrivare, si girò e le sorrise: “Vedo che l’avete tenuta…”

Lei, ovviamente, sapeva che lui non era reale: “Certo che l’ho tenuta! E’ una delle poche cose che mi sono rimaste di te, non avrei mai potuto darla via.”

“Tenerla è un conto, prendersene cura è un altro. L’avete parecchio trascurata, sai?”

Sentendo le sue parole, gli occhi di Jade si riempirono di lacrime: “Come posso prendermi cura di un’auto, se non lo faccio più nemmeno di me stessa?”

L’altro si voltò e la scrutò con attenzione: “Tanto vale morire, giusto? Insomma, non curarsi più di se stessi equivale alla morte, no?”

La ragazza si sentì incompresa, non capita: “Tu non sai come ci si sente, non sai quello che sto passando. Voglio solo che tutto finisca…”

“E non pensi a come si sentiranno tua nonna, Brenda o Zack, quando non ci sarai più? Davvero vuoi essere così egoista, solo perché non riesci a vivere senza di me? Tu non hai bisogno di me per avere una ragione di vita. Hai bisogno di circondarti dell’amore delle persone che ti vogliono bene, di ricordarmi guardando quest’auto o qualche fotografia tratta da un giorno felice e, alla fine, andare avanti, come fa tutto il resto del mondo.”

“Io...io non ci riesco…” sussurrò la ragazza, scoppiando a piangere.

In cambio, però, ricevette soltanto uno sguardo deluso: “Non riesco a credere tu sia diventata così insensibile. Non puoi nemmeno immaginare la mia delusione, nel sapere che morirai senza che gli altri se ne rendano conto, o che lo capiscano prima che sia troppo tardi.”

Jade, però, si arrabbiò: “Perché? Non è forse quello che hai fatto tu? Sapevi che stavi morendo, eppure te ne sei andato in silenzio senza nemmeno dirmi addio!”

“Ti ho detto addio più volte di quanto immagini, minuto per minuto, ma c’era un mondo intero a distrarti!”

 

All’improvviso, la porta d’ingresso sbatté e Samuel di colpo scomparve: ovviamente, si trattava soltanto di un’allucinazione.

Poco dopo, sentì la voce di sua nonna chiamarla: “C’è qualcuno in casa?”

Subito si affacciò, rivelando la sua presenza: “Eccomi, ci sono io!”

Vedendola comparire, Dana la scrutò con attenzione: “Sei ancora a casa? Non dovresti essere al college? E poi… hai una faccia, tesoro, ti senti bene? Non hai un bell’aspetto…”

Jade sorrise a malapena: “Un po’ di influenza, tutto qui.”

L’anziana signora annuì, decidendo di non indagare oltre: “Ok, riposati allora. Io sono giù in cantina, tra poco arriverà Alaris, ok?”

“Qualche novità sui demoni e le streghe? O su quella lettera di istruzioni che hai rinchiuso in una cassaforte a prova di magia?”

“I seguaci di Alaris hanno perlustrato Morney Hill da capo a piedi, ma non sono riusciti a trovarli, purtroppo. John li sta nascondendo bene, a quanto pare. Terence e Brenda, invece, si stanno occupando di trovare una cosa che la lettera ha richiesto. Per quanto riguarda il resto del contenuto, è preferibile tenerla al sicuro, meglio non rischiare di farla finire nelle mani sbagliate. Non so se mi sono spiegata...”

“Sì, sì, ti sei spiegata perfettamente. – rispose la nipote, distratta e indifferente come sempre - Io torno a letto, allora.”

Dana non mancò di esternare la sua preoccupazione: “Tesoro, riposati, ma… vorrei tanto che ci aiutassi, non appena starai meglio. Servirà almeno a distrarti e ad alleviare il dolore.”

“Nonna, ti prego, ne abbiamo già parlato. – replicò, però, quella, seccata - Non voglio più avere niente a che fare con la magia e nemmeno con quello che sta succedendo. Lasciatemi vivere serenamente il resto della vita che mi rimane, ok?”

“D’accordo, rispetterò la tua scelta, ma sappi che non ci saranno più giorni sereni, se è questo che ti aspetti. Alaris sta venendo qui per discutere dei disordini, che ormai girano ovunque in città. Presto ci sarà un vero inferno, lì fuori, e ci saranno scelte molto difficili da prendere.”

La ragazza sfoggiò un sorriso sforzato: “Non credo che sarà un mio problema…” e si voltò per tornare in camera, ma la nonna la fermò prima che potesse farlo.

“Aspetta! Per caso ti ho chiesto di ricordarmi qualcosa per oggi?”

“No, non credo. Perchè?”

“Ho questa strana sensazione di aver dimenticato qualcosa, qualcosa che dovevo fare oggi. Ho controllato anche l’agenda, ma niente.”

“Rilassati, nonna, – provò a tranquillizzarla - è solo un giorno come tutti gli altri” e se ne andò, lasciando la donna perplessa, ma non abbastanza da ricordare che sua nipote sarebbe morta nel giro di poche ore.

 

 

Sotto la città, nel tunnel fognario presso la zona Est

 

 

John era seduto al centro di un corridoio, ai cui lati erano ospitate una serie di celle in cui erano rinchiusi i demoni e le streghe. Zack, invece, stava distribuendo ad ogni cella un vassoio con del cibo.

Barnès, debole e stanco, si lamentò con l’uomo: “Per quanto ancora ci terrai chiusi qui dentro?”

“Fino a quando non capirò a cosa servite esattamente. La cupola sanguinea può essere disfatta solo dopo aver compiuto un sacrificio e io voglio sapere a che cosa serve.”

“Cosa ti fa credere che siamo noi il sacrificio?”

“Andiamo, Barnès, non prendermi in giro! Ho letto la mente della vostra streghetta cervellona e so le stesse cose vostre, perciò non ci provare. Voi servite a qualcosa, altrimenti perché attirarvi qui a Morney Hill?”

Tamara, dalla sua cella, si intromise nella conversazione: “Lo sai che ci troveranno, vero?”

“E invece no, perché ho occultato personalmente questa zona. Inoltre, le celle sono ricoperte da polvere di Aramantio per indebolire i poteri delle streghe, mentre quelle dei demoni… beh, sono a prova di fuga. Rassegnatevi, siete miei, adesso, e nessuno verrà a salvarvi…”

Intanto, Zack stava passando proprio dalla cella in cui era rinchiuso Jackson, che gli disse a bassa voce: “Dovresti aiutarci, cosa ci fai qui? Devi avvertire Dana e il Consiglio e dire loro che siamo bloccati qui sotto!”

“Cosa ti fa credere che io sia dalla tua parte?” gli sussurrò l’altro, in risposta.

“Oh, andiamo, amico, il tuo capo vuole abbattere questa cupola, mentre tu sei venuto in quella cantina per dirci di fare l’esatto opposto, cioè di non trovare il modo di farla sparire. Sei decisamente dalla mia parte!”

Il tono del ragazzo, però, si fece ad un tratto minaccioso: “Senti, vuoi abbassare la voce? Al momento ho ben altro a cui pensare, perciò chiudi il becco! Se dovessi attirare l’attenzione di John, lui verrebbe qui a leggerti la mente e scoprirebbe della conversazione avvenuta in quella cantina.”

“Allora vuoi aiutarci, giusto?” continuò il demone, insistendo.

“Ho bisogno di tempo, devo risolvere una cosa, prima. Finchè John vi tiene in queste celle, siete al sicuro, perciò pazientate, ok?”

“D’accordo, amico!”

“Senti, piuttosto, per caso sai dove le streghe tengono i loro libri?”

“Credo che John se ne sia appropriato per provare ad annullare la cupola per conto suo. Aspetta, ma tu non sei sempre con lui? Non dovresti saperlo?”

“E’ molto scaltro e non si fida di nessuno. Io sono solo il suo burattino, che usa quando gli serve. Comunque, credo sia meglio che vada o si accorgerà che stiamo parlando. Tornerò a liberarvi in qualche modo, ma non fate passi falsi, intesi?”

Subito Jackson, tornò in un angolo della cella: “Va bene, ma non metterci troppo. John è imprevedibile.”

 

 

Foresta di Morney Hill, presso la zona Ovest della cupola

 

 

Brenda e Noa si trovavano nei pressi di una foresta, ignari di essere seguiti da Wes. Mentre camminavano, il ragazzo ne approfittava per farle qualche domanda.

“Quanto è grande questa cupola, esattamente? Insomma, siamo a mezzo chilometro dalla città, ormai.”

“Non abbastanza, tra qualche passo dovrebbe esserci la parete, ma noi possiamo uscire. Gli esseri umani non sono soggetti alla magia della cupola.”

“Ecco perché sono riuscito ad entrare a Morney Hill! Vedi? Sto già iniziando a fare ragionamenti soprannaturali!”

Brenda gli sorrise: “Meglio di no, o ti verrà il mal di testa!” poi tirò fuori un cristallo bianco dalla borsa, attirando la curiosità dell’amico.

“Cos’è?” chiese subito lui.

“Questo? Un cristallo. Dana l’ha trovato insieme ad una lettera, il giorno in cui è calata la cupola. Serve per trovare una cassa sepolta ai piedi di un albero.”

Noa la guardò, perplesso: “Sbaglio, o prima mi hai raccontato che sono due settimane che cercate di prendere questa cassa? Ne parlavi come se fosse potesse spostarsi! Ha le gambe per caso?”

Lei lo ascoltò distrattamente, impegnando a guardare l’orologio, come in attesa di qualcosa: “La cassa ha sopra un immagine con i tasselli scombinati. Ogni volta che la troviamo, abbiamo trenta secondi per metterli al posto giusto e completare l’immagine. Purtroppo, però, il tempo è troppo poco e non riusciamo mai a riordinarla, così la cassa svanisce per poi ricomparire sotto ad un altro albero, che dobbiamo rintracciare sempre con il cristallo. A proposito, ricompare solo dopo dodici ore, quindi, se adesso la perdiamo di nuovo, ricomparirà soltanto verso mezzanotte.”

L’amico rimase letteralmente senza parola: “Una missione complicata, eh? Fortuna che hai davanti a te un campione dei puzzle! Posso aiutarvi io, se vuoi.”

Lei, però, non era altrettanto speranzosa: “Sono solo trenta secondi, dubito tu possa farcela. Lascia fare me, visto che mi sono allenata parecchio nelle ultime due settimane!”

“Ma per favore, faccio puzzle da quando tu hai iniziato a buttare le barbie dal tetto della loro casetta delle bambole! Fidati, è un sacco di tempo per uno come me!”

“Va bene, ma io non giocavo con le Barbie, ero più una tipa da Bratz: molte più curve e labbra più grosse!” poi osservò l’orologio per un’ultima volta.

“Bene! E’ mezzogiorno, il cristallo si sta agitando!”

Noa vide il cristallo, appeso ad un filo, fluttuare verso una direzione precisa: “Cosa vorresti dire?”

“Come un cane che tira il guinzaglio, quando sente l’odore di un osso molto vicino” rispose lei, iniziando a camminare.

 

 

Casa Ferguson

 

 

Alaris e gli altri due membri del Consiglio che lo accompagnavano raggiunsero la cantina di Dana, che diede subito loro il benvenuto.

“Bene, finalmente siete qui. Abbiamo molto di cui parlare, immagino.”

A prendere la parola fu Marcus, uno dei fedeli di Alaris: “Stiamo tenendo sotto controllo la città, ma manca davvero poco. E’ pronta la pozione immunitaria?”

“Sì, basta solo aprirla e si disperderà nell’aria, così tutti potranno respirarla ed essere meno soggetti ai disordini. Questo diminuirà i problemi che ci aspettano, ma cosa faremo con tutta la gente che, invece, verrà infettata? Insomma, avete detto che non potranno tornare alla normalità nemmeno con un incatesimo, perciò cosa faremo? Avete un piano?”

“Certo che abbiamo un piano. – le spiegò Alaris – Innalzeremo un enorme edificio sulla collina, una sorta di prigione in cui portare i soggetti infetti e pericolosi. Diventerà ufficialmente la nostra sede e la gestiremo scrupolosamente.”

La donna, però, era riluttante: “Quindi quella povere persone verranno messe in gabbia come animali?”

“Non abbiamo altra scelta. – le rispose Foxi, il terzo uomo - E poi, meglio in una cella che qui fuori a seminare morte, non crede? Voi ci vedete sempre come i mostri della situazione, ma in realtà siamo solo quelli che cercano di preservare gli essere umani nel modo più giusto possibile.”

“E chi porterà gli infettati alle prigioni? Dubito che ci faranno il favore di rinchiudersi da soli.”

“Ci penseranno Terence, Brenda e Jade. Direi che sono perfettamente in grado di farlo e anche gli unici, fra l’altro!”

“Mi dispiace, ma non credo che mia nipote sia in vena di collaborare, al momento. Abbiate almeno la decenza di rispettare i suoi tempi, prima di buttarla di nuovo in questa follia!”

“Purtroppo Jade non ha tempo di piangere le sue perdite. Siamo in una situazione particolarmente delicata, Dana. Stanotte creeremo la sede e chiunque sarà infettato dai disordini finirà dietro le sbarre, come si fa con i criminali pericolosi. Questo è quanto.”

Non poté opporsi, l’anziana strega si limitò a ribattere con tono irritato: “D’accordo, andrò a preparare mia nipote, come volete voi.”

Intanto, indisturbata e senza fare rumore, Jade stava uscendo di casa. Sapeva che le restava poco tempo e non voleva essere trovata da nessuno.

 

 

Foresta di Morney Hill, presso la zona Ovest della cupola

 

 

Il cristallo smise di fluttuare non appena i ragazzi sorpassarono uno dei tanti alberi presenti nel bosco. Subito Brenda, appoggiando il borsone al suolo, prese la pala.

“Bene, l’abbiamo trovato. E’ qui sotto! Inizio a scavare, perciò tieniti pronto, Re dei puzzle, perché avrai solo trenta secondi di tempo non appena muoverai il primo tassello.”

Noa sbuffò,  roteando gli occhi: “Quanto la fai difficile, scava e basta che al resto ci penso io!”

 

Nel frattempo, non tanto distante, Wes osservava attentamente i due e, pur non riuscendo a capire nulla dei loro discorsi, sgranò gli occhi alla vista della pala. Improvvisamente, però, calpestò un ramoscello e il suono arrivò subito anche alle orecchie dei due ragazzi.

Noa, fu il primo a voltarsi, allarmato: “Hai sentito? Cos’era?”

Brenda smise di scavare e fece altrettanto: “Probabilmente è uno scoiattolo!”

Quando si voltarono di nuovo verso i piedi dell’albero, però, presero un tale spavento, che Noa cadde a terra seduto: si trattava di Terence, che suscitò subito la furia di Brenda.

“Sei impazzito?!? Stavo per smettere di respirare per sempre!”

Subito, Noa si riprese e lo scrutò attentamente: “Da dove sbuchi fuori?”

“Hai usato i tuoi poteri di Abracadabra, ora faccio prendere un colpo alla mia ragazza?”

Mortificato, l’uomo abbassò lo sguardo: “Non sono comparso all’improvviso con i miei poteri. Ho parcheggiato la macchina all’inizio della foresta e sono venuto a piedi fino a qui.”

“Passi silenziosi, eh? Potevi almeno camminare facendo rumore, così ti avremmo notato!” commentò Brenda, mentre il ragazzo lo osservava con gli occhi sgranati.

“Hai una macchina?”

“Se per questo, ha anche un lavoro, un appartamento… e un gatto!” rispose la sua ragazza per lui.

“Sai, mi tengo al passo con i tempi, ora che vivo in mezzo agli esseri umani! – poi si rivolse a Brenda, accorgendosi di punto in bianco dell’insolita presenza di Noa – A proposito, lui che cosa ci fa qui?”

“E’ arrivato stamattina, l’ho trovato davanti alla porta di casa. Frequenterà il college qui, a Morney Hill!” poi, senza aspettare una risposta, riprese a scavare.

 

Invece Terence, sempre sarcastico, si rivolse al ragazzo: “Certo che hai scelto un posto tranquillo, eh?”

“Non mi è mai piaciuta la vita noiosa!” rispose il giovane, sarcastico.

“Beh, qui non ti annoierai di sicuro!” aggiunse Brenda, prima di trovare finalmente la cassa.

 

Intanto, Wes, indietreggiando lentamente, fuggì via con mille strani pensieri per la testa.

 

Una volta ripulita la cassa dalla terra, divennero ben visibili i tasselli, inseriti nell’ordine sbagliato. Brenda, allora, si fece da parte, facendo un cenno all’amico.

“Bene, vediamo cosa sai fare, allora!”

Terence rimase spiazzato dai suoi gesti: “Aspetta, lo farà lui?”

Noa, sentendosi sottovalutato, replicò, secco: “Ma per favore, risparmiati quel tono! Cercate invano di risolvere un misero puzzle da dodici tessere da ben due settimane, lasciate fare a me, adesso!”

“Ma noi siamo più allenati, l’ultima volta ci eravamo vicini!”

Il ragazzo, però, non rispose, troppo impegnato a studiare l’immagine. A un certo punto, iniziò a spostare alcuni tasselli, mentre Brenda teneva per lui il conto del tempo.

“Hai trenta secondi da adesso.”

Concentrato, il ragazzo iniziò a spostare tessere a gran velocità, lasciando sbalorditi gli altri due.

Ad un certo punto, Brenda esclamò: “Oh mio Dio, l’immagine è quasi completa! – poi guardò l’orologio – Noa, mancano solo 11 secondi!”

“Mi bastano…”

Ma, quando mancavano poche mosse alla risoluzione dell’immagine, in tutto il bosco si udì un urlo che distrasse tutti i presenti.

“Cos’è stato?” chiese Noa, ma subito Terence lo sgridò.

“Non distrarti!”

Brenda, però, guardò con orrore la cassa: “Oh no! Sta svanendo, il tempo è scaduto!”

Allora il ragazzo, intuendo che non c’era più niente da fare, prese il telefono e scattò una foto all’immagine quasi completa.

“Le fai una foto?” gli chiese l’uomo, cinico.

“L’urlo mi ha distratto, ok? Non sarei riuscito a completarlo con i pochi secondi rimanenti e la foto mi servirà per memorizzare meglio l’immagine finale. – si rivolse poi a Brenda – A quando il prossimo tentativo?”

“La cassa ricomparirà sotto un altro albero tra dodici ore esatte, perciò a mezzanotte dobbiamo tornare nella foresta.”

Il ragazzo annuì e Terence, più calmo, si intromise subito: “Adesso andiamo a vedere chi è che ha urlato, però. Potrebbe essere qualcuno in pericolo!” e i tre iniziarono subito a correre verso la persona che, nel frattempo, aveva continuato ad urlare.

 

 

Sotto la città, nel tunnel fognario presso la zona Est

 

 

John continuava a fare la guardia alle celle, al centro fra la fila di destra e quella di sinistra, seduto davanti ad un tavolo a leggere. Ma non si trattava di libri qualunque, bensì di quelli di stregoneria sequestrati nella casa occupata dalle streghe. Cercava da solo una soluzione per abbattere la cupola.

Intanto, dalla cella in fondo, Jackson lo osservava, sperando che Zack li aiutasse al più presto. Ad un certo punto, però, la strega che era rinchiusa nella cella vicino alla sua iniziò a fissarlo e, notandola, iniziò ad irritarsi.

“Beh? Cos’hai da guardare?”

“Dato che mi annoio, stavo pensando che John ci ha distribuiti male: tu hai uno dei tuoi amici demoni sulla destra e una strega, me, sulla sinistra, mentre io mi trovo in mezzo a due demoni e non ho una strega con cui parlare per passare il tempo. Afferrato il punto?”

“Beh, non abbiamo nulla di cui parlare, ok? Non abbiamo praticamente nulla in comune!”

L’altra, però, continuò, avvicinandosi alle sbarre laterali della sua cella: “E invece sì: il tuo piccolo, sporco segreto! Comunque, piacere, io sono Harmony e tu ora parlerai con me, che tu lo voglia, o no. Non resisto più di due settimane senza parlare con qualcuno e l’altro mio vicino demone non mi parla più dal secondo giorno che siamo qui: dice che sono logorroica e insistente.”

Jackson le lanciò una strana occhiata: “E infatti lo sei! Poi, scusami, di quale sporco segreto stai parlando?”

La ragazza sorrise: “Parlo del fatto che la prescelta non ti conosce, non ancora ovviamente, ma tu conosci lei. Puoi anche smettere di fingere con me, ho il potere di vedere cose molto interessanti nella mia mente, magari ne so anche più di te!”

“Se vedi molte cose come dici,  perché non ci tiri fuori di qui, miss opportunista?” ribatté lui, innervosito.

Lei, muovendo una delle sbarre, evidentemente rotta, disse beffarda: “Ma guarda: qui ci sono delle sbarre un po’ troppo arrugginite!”

Jackson sgranò gli occhi sorpreso, avvicinandosi poi per guardare meglio: “Ehi, fai piano! John potrebbe sentire il rumore!”

Harmony sospirò seccata: “Rilassati, demone, è troppo impegnato a leggere i libri di quella cervellona di Klen per ascoltarlo! E poi, ci sarà il suono dei soffitti che gocciolano a coprire i rumori che faremo.”

L’altro rimase confuso e preoccupato di fronte all’avventatezza di lei: “Che faremo? E dove sarebbe la nostra via d’uscita? Se stacchi quelle sbarre poco stabili, puoi solo entrare nella mia cella, non uscire da questo maledetto posto!”

La strega lo guardò, allibita: “Hai appena confermato la mia teoria - finora mai dimostrata – secondo cui voi demoni siete tanto affascinanti, quanto inspiegabilmente stupidi. La mia cella è stata trattata con l’Amarantio, mentre la tua no, ergo lì posso usare certi miei poteri per chiedere aiuto e farci uscire di qui.”

Finalmente il demone comprese e, da quel momento, iniziò a guardare con occhi diversi la ragazza: “Ma tu sei un genio! Inizia a staccare quelle sbarre, intanto che io faccio qualche colpo di tosse, ok?”

“Io sarei un genio? – replicò lei, cinica - Vallo a dire alla mia Congrega, che considera Klen il genio del gruppo e la povera Harmony una pazza visionaria!”

“Ok ok, ora però vuoi darti una mossa? Ti lamenterai dopo del pessimo metodo di gestione della tua Congrega.”

Finalmente, la ragazza si zittì e cominciò a darsi da fare, mentre Jackson cercava di coprire il rumore.

 

 

Cimitero di Morney Hill

 

 

Per concludere la sua vita, Jade scelse l’unico luogo possibile: la lapide del suo amato Samuel.

Quando vi arrivò, si sdraiò accanto ad essa e, con le lacrime agli occhi, prese dalla borsa un foglio, una fiala e un ago. Poi iniziò a parlare, mentre Samuel sedeva dall’altro lato della lapide a guardarla in silenzio.

“Non guardarmi così, non dovresti giudicarmi. E’ colpa tua, del resto, no? Se sono arrivata a questo punto, è perchè non sono in grado di sopportare la tua assenza.”

Intinse l’ago nel liquido all’interno della fiala: “Non è umanamente possibile vivere con questo dolore nel cuore. – fece una pausa, quasi volesse rifletterci ancora - No, non ci riesco, non riesco a vivere così, lo devo fare. Mi dispiace, Samuel...”

Punse un punto qualsiasi del suo braccio con l’ago, per poi prendere il foglio e guardare di nuovo il ragazzo.

“Sai, prima che cancellassi questo evento importante dalla mente di mia nonna e degli altri, lei mi aveva detto che avrei provato le stesse sensazioni di quando sono morta l’ultima volta: soffocamento, paura, acqua nei polmoni. Una morte orribile, vero? Per questo preparò questo veleno, affinché avessi una morte meno dolorosa, fino al ritorno di Zeta, almeno. – sorrise, pensando a lei - Mia nonna pensa sempre a tutto, mi vuole davvero molto bene. Pensa sempre a come tenermi al sicuro o ad evitare che io soffra. Ma stavolta… no, stavolta non c’è rimedio per il mio dolore. Purtroppo, non può aiutarmi in questo caso.” e strinse ancora il foglio, prendendo tempo, per quanto convinta della sua decisione.

“Non capisco come faccia la gente a continuare a vivere quando una persona a loro cara muore. Insomma, come si può pensare di non rivedere mai più quella persona con cui una volta stavi tutti i giorni? Voglio dire, è finita. Inizi a dimenticare la sua voce, il suo viso, le sue abitudini e, dopo un po’ di tempo, si dimentica tutto e io non voglio farlo. Ho paura di dimenticare, non riuscire a sopportare tutto questo. Ci ho provato con i miei genitori, ma non ho la forza di ripetere di nuovo questa esperienza. Perciò sono pronta ad andarmene alle mie condizioni e spero che gli altri capiranno.”

Poi lesse quello che c’era scritto sul foglio: La mia anima è trasparente, come le lacrime versate. Che il mio corpo resti in questo posto, trascurato dagli occhi di chi vuole salvarmi ad ogni costo...

Quando finì, lo lasciò cadere con il volto sereno, guardando di nuovo il ragazzo.

“E’ fatta! – esclamò - Nessuno riuscirà a vedermi, adesso. Sto per raggiungerti, ovunque tu sia. E, nell’aldilà, staremo insieme per sempre…. – sorrise – Sembra tutto così romantico... Un amore oltre la morte.”

Samuel scomparve e Jade si sdraiò sull’erba accanto alla lapide, aspettando che finisse tutto. Non sapeva, però, che il veleno avrebbe fatto effetto abbastanza in fretta e infatti, dopo pochi minuti, morì.

Quasi subito, però, riaprì gli occhi, ritrovandosi nello stesso luogo. Era strano, però, perchè una fitta nebbia copriva tutto.

Improvvisamente, una sagoma si fece avanti e lei la scrutò con attenzione.

“Samuel?” chiamò, ma, quando si fece più vicina, vide se stessa con un lungo abito nero. Subito l’altra prese la parola: “Sono la Morte e ti terrò compagnia” e le porse la mano. Stranamente, Jade non sembrò avere paura e ricambiò immediatamente la stretta: “La Morte? Dove vuoi portarmi? Sono già morta?”

“Troppe domande, Jade. I morti non ne fanno.”

 

 

Foresta di Morney Hill, presso la zona Ovest della cupola

 

 

Brenda, Noa e Terence, dopo una lunga corsa, si trovarono davanti una ragazza alquanto agitata e spaventata.

Brenda fu la prima a parlarle: “Ehi, eri che tu che gridavi, poco fa?”

“Sì! – gridò quella – Dovete aiutarmi, la mia amica Megan…”

“Cosa è successo alla tua amica?” le chiese Terence.

“Non lo so, stavamo facendo campeggio e io ero entrata un attimo in tenda. Lei, invece, è rimasta fuori ad accendere il fornellino, quando una strana nebbia oscura ha invaso la nostra zona. Quando sono uscita dalla tenda, era immobile, poi si è voltata e aveva gli occhi completamente verdi. Sembrava un mostro, uno di quelli che si vedono in televisione, poi.. poi è fuggita e io ho fatto la stessa cosa e…”

Subito Brenda cercò di farla tranquillizzare: “Ok, smetti di parlare per un secondo e cerca di calmarti. Dicci da che parte è la vostra tenda e ce ne occuperemo noi, d’accordo?”

“Da quella parte, ma…” indicò quella, ma fu fermata prima che potesse aggiungere altro.

“Ok, quest’uomo qui – e spintonò Terence verso di lei – ti accompagnerà fuori dalla foresta, mentre noi cercheremo Megan-il mostro.”

L’uomo le lanciò una lunga occhiata perplessa: “Perché devo accompagnarla io fuori dalla foresta? C’è anche Noa, no?”

Ma la ragazza, nel sentire le sue parole, si infuriò: “Non mando una pecorella indifesa con un’altra pecorella indifesa! – poi guardò rapidamente Noa – Senza offesa, eh!”

“Nessuna offesa, tanto non riuscirei a difenderla!” replicò il ragazzo.

I loro discorsi lasciarono alquanto confusa la sconosciuta, che li osservò perplessa: “Difendermi? Da cosa?”

Brenda spintonò via bruscamente lei e Terence: “Ooook, è ora di andare, adesso!” e l’uomo, dopo mille occhiatacce, si allontanò con la ragazza.

 

Appena si allontanarono, Noa si rivolse subito a Brenda: “Cosa dobbiamo aspettarci da Megan-il mostro, allora?”

Ma, prima che l’altra potesse rispondere, una lunga radice si sollevò dal terreno la afferrò per una caviglia, trascinandola via. Preso dal panico, il ragazzo iniziò a gridare.

“BRENDAAAAAAA! Oh no, adesso che cosa faccio?!?”

Intanto Brenda stava cercando, inutilmente, di levarsi con le mani la radice dalla gamba.

“Accidenti, che cosa mi invento adesso?” esclamò, mentre la radice continuava a trascinarla per terra, per poi sollevarla sopra un albero. Ben presto, si ritrovò a testa in giù e intravide in cima all’albero, nascosta fra i rami, Megan, ma un’altra cosa la sconvolse ancora di più: la lunga radice era il suo braccio.

Noa la raggiunse, immediatamente, senza mai smettere di lanciarle occhiate preoccupate: “Brenda, stai bene?”

Ma lei non rispose, anzi, iniziò a gridare: “Vattene, Noa! Trova Terence e fallo tornare qui!”

Prima che il ragazzo potesse fare qualcosa, però, un’altra radice – cioè l’altro braccio di Megan – si avvolse intorno al busto del ragazzo e iniziò a stritolarlo, facendolo urlare per il dolore.

Brenda iniziò a preoccuparsi per la sua incolumità: “Noaaaa! – chiamò - Megan, ti prego, fermati!” ma quella era sorda alle sue suppliche, anzi, iniziò ad avvolgerla completamente con altre radici, per poi fare lo stesso con il ragazzo e presto i due furono completamente inglobati in un grande bozzolo.

 

 

Municipio di Morney Hill – Ufficio del sindaco

 

 

Zack aveva setacciato inutilmente ogni angolo della sede delle streghe, in cerca di un libro che lo aiutasse a salvare Jade dalla morte, visto che era l’unico a ricordare l’evento. Infatti, sfortunatamente, John sembrava averli presi e nascosti tutti da qualche parte, così pensò, come ultima risorsa, di provare a guardare nel suo ufficio. Iniziò ad aprire cassetti e a guardare sugli scaffali, ma non trovò nulla, poi notò qualcosa alle spalle della scrivania.

“Ma certo: la libreria!” e corse a guardare anche lì.

Tirò fuori tantissimi libri, ma non trovò nulla che riguardasse la stregoneria e, alla fine, si arrese, tirando un calcio contro il mobile, furioso.

“Maledizione!” e si chinò a terra con le mani tra i capelli, non sapendo cos’altro fare.

Nel silenzio, però, gli parve di sentire un rumore di catene provenire da dietro la parete. Si rialzò subito in piedi, iniziando ad estrarre libri e a buttarli a terra dietro di sé, finchè l’ultimo non azionò il meccanismo di apertura della porta.

“Un passaggio segreto…” esclamò, incredulo, prima di addentrarsi e scendere le scale al suo interno. Ma rimase ancora più sconvolto quando, sceso l’ultimo gradino, vide davanti a sé due gabbie con Xao e Zeta rinchiusi al loro interno.

“Ditemi che siete reali, vi prego…” esclamò.

“Zack!” lo chiamò l’uomo.

Mentre Zeta, felice di vederlo, esclamò: “Sì, siamo reali. Lo siamo.”

Subito, il ragazzo corse verso di loro: “Tranquilli, vi libero immediatamente!”

Ma, malgrado i suoi sforzi, non riuscì a fare nulla, perchè le serrature delle gabbie erano sigillate con dei lucchetti.

“Spostatevi indietro, le distruggo con delle sfere di energia, ok? Copritevi gli occhi!” e così fece, riuscendo nell’intento.

Disperato, li liberò immediatamente e la sua agitazione non sfuggì agli altri due.

“Zack, stai bene?” chiese Xao, ma fu Zeta, che aveva intuito cosa stava accadendo, a rispondere.

“Credo sia preoccupato per Jade, – poi si rivolse al ragazzo – Vero, Zack?”

Quello, preoccupato e quasi in lacrime, rispose: “Manca poco, Zeta. Io... io non so davvero a chi rivolgermi... Jade vuole morire e ha fatto in modo che tutti si dimenticassero di questo giorno. Lei... lei non vuole essere salvata.”

La donna annuì, comprensiva: “Allora dobbiamo trovarla immediatamente. L’anno di vita ceduto da Dana deve essersi ormai esaurito e io posso farla tornare di nuovo in vita. Tutto dipende dal tempo: più ne passa, più mi sarà difficile recuperarla.”

Xao, però, si intromise bruscamente nella conversazione, non dando tempo a Zack di replicare: “Come ci hai trovati?”

L’altro abbassò lo sguardo, quasi si vergognasse di se stesso: “Lavoro con John, ora, ma vi giuro che non sapevo vi tenesse rinchiusi qui sotto.”

L’uomo gli lanciò una lunga occhiata perplessa: “Strano, siamo qui dal giorno in cui è calata la cupola... Comunque, perché lavori con lui? Pensavamo fossi fuggito, dopo la morte di Samuel.”

Ma Zeta lo interruppe: “Xao, ora non è il momento, dobbiamo trovare subito Jade! – poi si rivolse a Zack – Hai idea di dove possa essere? Dubito che sia rimasta a casa sua, se vuole davvero farla finita.”

“Forse lo so…”

“Bene, allora fammi strada e andiamo a salvarla.” e se ne andarono, finalmente liberi.

 

 

Foresta di Morney Hill, presso la zona Ovest della cupola

 

 

Dopo aver messo in salvo la ragazza, Terence aveva pensato saggiamente di teletrasportarsi a casa Ferguson e tornare alla foresta con l’anziana strega. Una volta giunti lì, la donna si guardò subito intorno, cercandoli.

“Dove sono?” chiese, dubbiosa, mentre l’uomo iniziava a correre.

“Eccoli laggiù!”

Dana, più lentamente, lo raggiunse e, dopo aver osservato attentamente la scena, esclamò: “Santo cielo, hai fatto bene a chiamarmi come rinforzo!”

“Io salgo in cima all’albero a catturare quella ragazza, lei cerchi di liberare Brenda e il suo amico dalle radici, ok? Faccia presto, staranno soffocando!”

E, grazie ai suoi poteri da servitore del caos, riuscì a saltare agilmente di ramo in ramo, fino in cima.

Intanto, Dana cercò di fare qualcosa usando i suoi poteri: Sume ignesdisse e le radici presero subito fuoco, trasformandosi in cenere e liberando Brenda e Noa, che caddero subito al suolo. Dall’alto, invece, si udirono le grida strazianti della ragazza,  che era stata ferita dall’incantesimo.

Immediatamente la donna si avvicinò alla ragazza per controllare le sue condizioni: “Cara, stai bene?”

“Si, solo qualche livido. – rispose subito quella, cercando di alzarsi in piedi - Terence dov’è?”

“E’ salito in cima a quell’albero e sta combattendo contro la ragazza.”

 

In quel momento, un corpo cadde al suolo con un tonfo: era Megan. Subito Terence la seguì e, non appena i suoi piedi toccarono terra, legò le braccia-radici della ragazza dietro la schiena per tenerla bloccata.

Brenda andò immediatamente ad abbracciarlo: “Mi hai fatto spaventare! Megan-il mostro era un osso troppo duro per me.”

“Anche tu mi hai fatto preoccupare. Parecchio.”

Quando si staccarono, la ragazza notò dei lividi sul collo di lui e glieli indicò: “Ehi, hai dei lividi, qui, sul collo…”

“Gli stessi che hai tu, a quanto pare.”

Subito, si girarono entrambi verso Dana in cerca di spiegazioni: “Signora Ferguson, cosa significa?”

“Le vostre vite sono collegate e, ogni giorno che passa, lo sarete sempre di più. Se uno di voi si ferirà, anche l’altro subirà le stesse ferite e se…”

Brenda, angosciata, completò la frase per lei: “… se uno di noi due morirà, lo farà anche l’altro.”

Sul gruppo cadde il silenzio.

 

Improvvisamente, però, esso fu spezzato da qualcosa che accadde direttamente alla signora Ferguson: i suoi occhi si velarono di blu.

Terence fu il primo a notare il cambiamento: “Dana, tutto bene?”

Noa, alquanto impressionato, si rivolse, invece, a Brenda: “Cos’ha? Cosa sta succedendo adesso?”

“Sto vedendo attraverso gli occhi di qualcun altro” rispose l’anziana donna, con un filo di voce.

“Cosa vede?” le domandò Brenda.

“Un luogo buio. Questa persona sta guardando attraverso delle sbarre, è in una cella. Credo sia una delle streghe scomparse che cerca di chiederci aiuto…”

“Quindi le sta mostrando dove si trovano lei e gli altri?” le chiese Terence, ma gli occhi di lei erano già  tornati normali.

“La sua magia è molto debole, devono trovarsi sottoterra.”

In quel momento, Brenda ebbe un’illuminazione: “Ma certo, sotto la città! Nelle fogne! Forse so in che zona si trovano, potrebbero essere dove io e Jade abbiamo seguito John quando ha liberato i disordini!”

Ma la strega non fu altrettanto ottimista: “Non essere avventata, non andremo a liberarli subito. Ci serve prima un piano, dobbiamo essere pronti, perché John non ce li lascerà portare via così facilmente.”

Tutti annuirono e Terence spostò l’attenzione su Megan, priva di sensi qualche metro di fianco a loro. “E di lei cosa ne facciamo?” chiese.

“Portala a casa mia. – rispose Dana - Fortunatamente il Consiglio ha già un piano per quelli come lei.”

Gli altri la guardarono, perplessi: “Cioè?”

“Un edificio in cui rinchiuderli momentaneamente.”

“Una prigione, quindi” commentò Noa e la donna gli fece un cenno d’assenso.

“Esatto.”

 

Intanto, nelle celle sotterranee, Harmony e Jackson erano riusciti a scambiarsi di posto senza farsi scoprire da John. Dopo qualche minuto in cui la ragazza si era assentata mentalmente, il ragazzo, curioso, la incalzò.

“Allora? Ci sei riuscita?”

L’altra tornò in sé: “Fatto! Ho trasmesso quello che vedevo con i miei occhi alla vecchia.”

“La vecchia? – replicò lui, perplesso - Intendi la signora Ferguson?”

“Sì, la vecchia strega. Chi, altrimenti? Piuttosto, spero vivamente che ci trovi e che ci tiri fuori da queste stupide celle!”

 

 

Cimitero di Morney Hill

 

 

Zack aveva portato i due angeli nel cimitero della città. Aveva il volto pallido ed il fiato corto ed era particolarmente agitato, mentre osservava ogni centimetro del camposanto senza riuscire, tuttavia, a scorgere nessuno.

“Non è a casa sua, quindi dev’essere per forza venuta qui!”

“Sì, ma sembra non esserci” gli fece notare Zeta, gentilmente.

“Invece è QUI! – urlò il ragazzo, nervoso - Ne sono sicuro. Deve essere assolutamente qui… – poi si guardò attorno preoccupato –  Non saprei dove altro cercare…”

 

 

In un’altra dimensione...

 

 

La Morte e Jade stavano camminando lungo il corridoio di un ospedale: una donna, consolata dai suoi cari, piangeva seduta accanto al letto di una persona appena deceduta. Jade, confusa e straziata dalle sue lacrime, cercò di rimanere indifferente e di pensare ad altro.

“Possibile che ad ogni viaggio spirituale mi portiate sempre in un ospedale?”

L’altra, però, ignorò le sue parole, fermandosi davanti alla stanza del ragazzo appena morto: “15 Agosto 1985: Lincoln James, un giovane ragazzo di 23 anni esce a fare una banale passeggiata in bicicletta. Ma, subito dopo, viene investito da una macchina, riportando diverse ferite ed emorragie interne, che lo portano alla morte.”

Ma la ragazza la ignorò, guardando i famigliari del ragazzo piangere per lui, cercando di trattenere le lacrime e finendo per arrabbiarsi: “Perché mi stai facendo questo?!? Perché mi stai trattenendo? Sono morta, voglio andarmene in pace, basta sofferenze!”

La Morte, però, continuò a non badare a lei: “Lincoln è figlio unico, sua madre aveva solo lui, perchè il padre è morto tredici anni prima. Triste, vero? Nonostante il suo dolore, sua madre ha acconsentito all’espianto degli organi, che saranno dati ad altre persone che ne hanno urgente bisogno.”

Jade, ora, era semplicemente furiosa: “Basta, smettila! Lasciami andare via!”

“Il cuore: un organo vitale, considerato anche come la sede dei sentimenti, il punto da cui parte l’amore, il dolore e molto altro. Beh, sappi che non è così: è soltanto un organo. L’uomo ha voluto che sia quello dei sentimenti, perchè la verità è che noi soffriamo e proviamo amore e altre emozioni con la mente e con l’anima. Il cuore, quindi è soltanto un organo, uno che è stato vitale per Tom Shelby, un uomo di 41 anni…” e subito lo scenario cambiò di nuovo: stavolta si trattava di un tunnel autostradale. Poco più avanti di dove si trovavano loro, si era appena verificato un incidente.

Jade, asciugandosi le lacrime senza farsi vedere dalla Morte, chiese: “Dove siamo adesso?”

“22 Gennaio 1986, Oregon, un camion si ribalta in un tunnel autostradale: 11 morti e 24 feriti.”

“Cosa dovrei capire da tutto questo?” le chiese allora la ragazza, confusa.

“Aspetta…” le rispose la Morte, osservando un uomo fermo in coda con la propria macchina.

 

Improvvisamente, si sentirono le urla di una donna provenire dal luogo del disastro e l’uomo scese dall’auto, precipitandosi verso di lei.

Jade notò che la Morte non aveva mai smesso di osservarlo e si incuriosì: “Lui morirà?”

Quella si voltò e le sorrise, senza dire nulla, poi le fece cenno di avvicinarsi ai due.

 

“Sta bene? – stava chiedendo lui alla donna ferita - Perché  sta urlando?”

“Mia figlia è rimasta intrappolata nell’auto e non riesco a liberarla! I soccorsi non sono ancora arrivati, la prego mi aiuti... Sta uscendo della benzina e io ho paura che la macchina esploda. La prego!”

Senza pensarci due volte, l’uomo entrò nella vettura capovolta per cercare di liberare la bambina, intrappolata dalla cintura di sicurezza, sorridendole, mentre con un coltellino svizzero cercava di tagliarla.

“Andrà tutto bene, d’accordo? – le disse, gentile - Come ti chiami?”

“Mi.. mi chiamo Julie…” balbettò lei, spaventata.

“Bene, Julie, vieni che adesso ti porto dalla mamma, ok?” e, con un ultimo sforzo, l’uomo la prese in braccio e la portò in salvo, mentre alle loro spalle l’auto esplodeva.

 

Tra le lacrime di gioia della donna per aver potuto riabbracciare la sua bambina e il sorriso dell’uomo che l’aveva salvata, la Morte tornò a parlare a Jade, commossa dalla scena.

“Cinque mesi prima Tom Shelby aveva ricevuto il cuore di Lincoln James. Vive da solo: non ha genitori in vita, né fratelli, nessuno. E’ sempre stata una persona insicura e triste a causa dei suoi problemi di cuore e, nonostante ne avesse ricevuto finalmente uno buono, non riteneva per nulla importante la sua vita, per lui non aveva alcun senso. Fino ad oggi. Salvare quella bambina gli cambiò completamente la vita, dandogli una ragione per continuare a vivere senza disprezzare la vita. In seguito, ha sposato la madre di Julie, che anni dopo è diventata una splendida donna e una brillante e famosa ricercatrice in campo medico. Nel 2009, infatti, contribuì a creare un vaccino che ha salvato molte persone nelle zone più povere del mondo, mentre Tom, morto nel 2011 per un attacco di cuore, ha avuto i sedici anni migliori della sua vita, anni che il suo vecchio cuore non gli avrebbero mai regalato.”

Intanto, la ragazza notò che erano ritornate nel cimitero in cui si trovavano prima e in cui aveva incontrato la Morte.

“Perché mi hai mostrato tutto questo?” le chiese, ancora in lacrime per ciò a cui aveva appena assistito.

“Per farti capire che la morte ha un senso. Lincoln ha salvato Tom, che a sua volta ha salvato la vita di Julie, che ha salvato tante altre vite. La morte di Samuel per te è ingiusta, ma in realtà non lo è, Jade. Era destino che perdesse la vita in quella circostanza, perché così ha cambiato il destino di molti altri. Jade, devi accettare che tutti moriremo, un giorno, seguire il destino e accettare la scomparsa di Samuel una volta per tutte…”

“Non ci riesco, non riesco ad accettarlo.”

“Devi farcela, Jade. Io non ero tenuta a mostrarti tutto questo, ma l’ho fatto lo stesso, perchè volevo far capire almeno ad un essere umano di voi, che vedo arrabbiarsi tutti i giorni con me, che la morte è un inizio e non una fine. Io non posso cessare di esistere e continuerò a generare nuovi destini, perché senza di me la vita è solo un orologio fermo, che non va più avanti.”

Improvvisamente, un suono assordante fece chiudere per un attimo gli occhi di Jade, che, confusa, chiese: “Le mie orecchie, ma cos’è?”

Non ricevendo risposta, li riaprì, accorgendosi di essere sola e in quel momento fu colpita da una luce talmente forte che divenne tutto bianco.

 

Quando ritornò in sè, era distesa sull’asfalto. Vedeva il cielo sopra di lei e intorno sentiva dei suoni famigliari. Si alzò bruscamente, confusa: si trovava nel parcheggio di un supermercato e davanti a lei c’era una macchina con il bagagliaio aperto e delle buste piene a terra lì accanto. Attorno, un via vai di gente che faceva sembrare tutto normale, ma che, invece, la lasciò alquanto perplessa. In quel momento le si avvicinò un signore, che la guardò gentile.

“Signorina, le sono cadute le buste della spesa. Aspetti che la aiuto” e subito si mise a raccogliere i sacchetti da terra e a stivarli nel bagagliaio dell’auto.

“Ma... ma dove siamo?” chiese lei, sbigottita, mentre lui la aiutava a rialzarsi.

Lui rise: “Deve averla battuta proprio forte la testa, eh? Siamo a Brooklyn, davanti al supermercato.”

Ma, appena lo disse, la ragazza si allontanò bruscamente da lui e corse dentro il supermercato, dove c’era altra gente che faceva tranquillamente la spesa. Jade non capiva, le sembrava tutto così strano...

Improvvisamente, sentì nuovamente quello strano suono e fu investita dalla luce bianca di prima.

 

Si risvegliò ancora una volta, ma stavolta era distesa sull’erba del cimitero. Intorno a lei, Xao, Zeta e Zack. Li guardò stordita, cercando di capire qualcosa.

“Cosa sta succedendo?”

Il ragazzo, sollevato, la strinse forte a sé, mentre la donna le sorrideva, gentile.

“Ti ho appena riportata in vita, anche se ci è voluto un po’ di tempo. Per fortuna Zack ha insistito per cercarti qui ed è inciampato su di te, trovandoti, o sarebbe stato troppo tardi.”

Sconvolta, la strega si staccò bruscamente da lui: “No. No, no, no! Che cosa avete fatto?!? No, non doveva andare così, non dovevate salvarmi! Era giusto che io morissi e generassi un nuovo destino per tutti gli altri! – poi aggiunse sottovoce – Avete appena fermato l’orologio. Avete appena tolto un senso alla morte…”

 

CONTINUA NEL QUARTO EPISODIO

 

Testo a cura di Lady Viviana.

ANGOLO AUTORE:  Se questo episodio vi è piaciuto, fatemelo sapere con un commento: vi ricordo che è utile ai fini della continuazione della storia. Non perdete il prossimo appuntamento con la 3x04 "Un posto dove sentirmi al sicuro" Mercoledì 13 Maggio, in cui scoprirete come il gruppo cercherà di liberare i demoni e le streghe dalle mani di John e su come reagirà Jade sull'essere tornata in vita. Infine, passate dalla scheda personaggi, presente nella prima stagione, per vedere il volto di tutti i personaggi della serie. Buona settimana stregata!

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Capitolo 4
*** 3x04-Un posto dove sentirmi al sicuro ***


CAPITOLO QUATTRO
"Take Shelter"

 

Cimitero di Morney Hill

 

 

Jade indietreggiò, sconvolta, perché non voleva parlare, né essere toccata, ma Zack non mollava comunque, anzi cercava di calmarla.

“Jade, aspetta, lascia che ti riporti a casa!”

 “No, non voglio che mi porti a casa, né che qualcuno mi sfiori, anche solo con un dito. Voi non vi rendete conto di quello che avete fatto: io non volevo essere riportata in vita!”

Vedendo la situazione, anche Zeta si unì a lui:  “Jade, anche se non sei più la prescelta, io rimango comunque il tuo angelo-guida. Ero tenuta a salvarti!”

La ragazza la guardò storto: “Tenuta a salvarmi? E cosa farai, continuerai in eterno, ogni volta che morirò?”

“No, Jade, ci sono delle regole ovviamente. – si intromise Xao, finora rimasto in silenzio in disparte - Quando la carica di prescelto giunge al termine, non siamo più tenuti a resuscitarvi. Solamente a curarvi dalle ferite.”

Zack lo guardò, confuso: “Ma l’avete appena resuscitata o sbaglio?”

 “Jade è morta nel periodo in cui era ancora una prescelta, perciò ero tenuta a farlo. Tuttavia, le circostanze erano cambiate e non avevo potuto rimediarvi. Diciamo che, in poche parole, ho saldato quel conto rimasto in sospeso.”

 “Non avresti dovuto farlo, nessuno te lo aveva chiesto!” ribatté l’altra, furiosa, per poi iniziare a scappare.

Subito, l’amico si gettò preoccupato al suo inseguimento: “Jade, per favore, aspetta!”

Lei, arrabbiata, si voltò, continuando a correre: “Sta lontano da me, state TUTTI lontani da me!” e se ne andò, lasciando di stucco i tre, che smisero di inseguirla.

Zeta fu la prima di loro a ritrovare la parola: “Ha perso totalmente la ragione, è incontrollabile. Dovremmo avvertire Dana, prima che faccia qualcosa di stupido.”

 “E se qualcosa fosse andato storto? – pensò Zack ad alta voce - Mi sembrava alquanto sconvolta, come se avesse visto qualcosa. Insomma, cosa accade quando si muore? Io sono morto una volta, ma non ricordo di aver visto qualcosa.”

 “Per i prescelti funziona diversamente…” le rispose lei.

Il ragazzo li guardò entrambi: “Quindi sapete anche voi di… di quel mondo, giusto?” e i due rimasero in silenzio.

 “Quindi credete che Jade sia finita lì, quando…”

 “Non lo sappiamo con certezza, ma potrebbe esserci rimasta per poco, abbastanza da uscirne totalmente confusa.”

 


Sulla collina di Morney Hill che domina la città

 

 

Era notte, ormai, e Alaris e i suoi adepti avevano condotto Dana, Brenda, Terence e Noa sulla collina per un avvenimento importante: la creazione dell’edificio che avrebbe tenuto prigionieri gli infettati.
Brenda fu la prima a parlare, con il suo solito tono sarcastico: “Quindi è qui che avverrà la magia?” quelli del Consiglio, però, le lanciarono subito un’occhiataccia, mettendola in soggezione.

“Scusate…” sussurrò, mentre l’anziana strega faceva loro un cenno.

 “Procedete, allora.”

 Alaris la guardò sorpreso: “Vedo che non sei più così riluttante come questa mattina. Ci hai accusati di essere disumani nel mettere degli esseri umani nelle celle, come animali.”

“Invece ora penso sia la soluzione migliore. Oggi ho visto con i miei occhi quella povera ragazza, Megan, infettata dai disordini. Aveva perso completamente se stessa ed era diventata molto pericolosa. Fortunatamente abbiamo isolato il caso, perché ci trovavamo in una foresta, ma, fosse stata in città… Beh, non voglio neanche immaginarlo. Procedete!”

Senza indugiare oltre, i membri del Consiglio alzarono le braccia e dal terreno iniziò ad emergere un gigantesco edificio color grigio metallico. Ci vollero diversi minuti, perchè emergesse del tutto e, a operazione completata, erano tutti a bocca aperta, forse Noa più di tutti gli altri.

Brenda, non perse l’occasione di fare un commento: “Abbiamo un grosso elefante in salotto…” la reazione fu la medesima di qualche minuto prima, ma stavolta sostenne lo sguardo.

 “Cosa c’è? Pensate davvero che in città non noteranno la grande fortezza della solitudine?”

Foxi, allora, prese parola per tutti: “Non siamo degli sprovveduti, abbiamo pensato anche a questo: l’edificio sarà visibile solo ai nostri occhi, mentre per tutto il resto della città sarà la solita collina di sempre.”

 “E John? – chiese Terence - La vedrà?”

 “Ovviamente no” replicò Marcus, accanto a lui.

Noa, allora, si intromise, chiedendo innocentemente: “Ma questo posto non ha un nome?” e quelli del Consiglio lanciarono un’occhiataccia anche a lui.
“Che c’è? – aggiunse - Abbiamo pur bisogno di un punto di riferimento, no? Non vorrete mica chiamarlo edificio e basta!”

Foxi lo squadrò con attenzione: “Scusa, puoi ricordarmi chi sei? Non credo di averti mai visto.”

Il ragazzo sbuffò, irritato: “Sono il figlio del viaggiatore, quello che ha aiutato Brenda a trovare la spada e a portarla al prescelto per vincere la battaglia!” e il Consiglio, ammutolito, non aggiunse altro.

 “Visto quanto sono antipatici? – bisbigliò Brenda all’amico poco dopo – Lanciano occhiatacce perfino a me che ho recuperato la spada!”

Dana li ignorò, per poi rivolgersi direttamente a lui:  “Ha ragione Noa, questo posto ha bisogno di un nome…”

Tutti iniziarono a rifletterci, ma nessuno dei membri del Consiglio aveva idee valide.

Noa, allora, si intromise nuovamente: “Che ne dite di Azkaban? Insomma, è una prigione per esseri soprannaturali, no?”

 “Come in Harry Potter?” chiese Alaris, tranquillamente, scatenando un’altra delle frecciatine di Brenda.

“Mh, vedo che hanno il cinema ai piani alti!”

L’anziana strega scosse la testa, per poi rivolgersi a tutti gli altri: “Quindi siamo d’accordo per Azkaban? – rise – Oddio, non posso credere di averlo detto…”

 “Beh, - obiettò Brenda - alla fine gli infettati sono pur sempre essere umani, quindi io direi sia meglio Alcatraz, no?”

 “Allora, Azkaban o Alcatraz?” sbottò Alaris, infastidito dalla sua indecisione.

Brenda e Noa, allora, ebbero un’illuminazione e contemporaneamente esclamarono: “Alkaban!”

Dana rise, mentre Terence trattenne a stento la sua irritazione nel vederli così in sintonia.

 “Direi che Alkaban è aggiudicato, allora!” e, mentre i due se la ridevano ancora, l’uomo, con Megan svenuta sulla spalla, gridò: “Possiamo sbrigarci, adesso? Questa ragazza pesa!”

Alaris si fece subito avanti per aiutarlo: “Vieni, ti facciamo strada, così la rinchiudiamo.”

Dana, invece, si rivolse ai ragazzi: “Noi torniamo a casa, invece. A proposito, – si rivolse a Brenda – Noa ha una casa?”

La ragazza si voltò verso l’amico e girò la domanda.

 “Noa, ho una casa? – chiese lui, con voce buffa, per poi tornare subito serio – Francamente non ci ho pensato; da quando sono arrivato in città, Brenda mi ha trascinato praticamente ovunque. Credo sia un po’ tardi per andare in un motel per poi cercare domani una casa in affitto. Inoltre, le camere del campus sono tutte occupate, perché ho fatto loro una chiamata nel pomeriggio, prima di soffocare tra le braccia vegetali di Megan-il mostro…”

Brenda gli tirò affettuosamente una pacca sulla spalla: “Tranquillo, puoi trasferirti a casa mia!”
Intanto, dall’entrata di Alkaban, Terence aveva ascoltato la conversazione e, a quell’ultima affermazione, si era voltato a guardarli, quasi ingelosito dalla presenza del ragazzo.

 


Il giorno dopo

 

 

Dana aveva invitato tutto il gruppo a passare la notte a casa sua, visto che c’era ancora la questione della cassa in sospeso. Ormai era quasi l’alba e Brenda era in salotto, sdraiata sul divano davanti al camino con una copertina addosso. Un raggio di sole la svegliò e, quando si guardò attorno e non vide nessuno, subito si preoccupò.

 “Ma dove sono tutti?”

In quel momento, Dana scese di corsa le scale e si precipitò in salotto, agitata: “Jade non è in camera sua!”

La ragazza si alzò di scatto: “Come sarebbe a dire? Pensavo fosse lì, quando siamo rientrati a casa ieri.”

L’altro, però, scosse la testa: “Cuscino sotto la coperta.”

Improvvisamente, qualcuno bussò nervosamente alla porta e le due si guardarono allarmate, prima che la signora Ferguson andasse ad aprire. Era Zack.

Brenda era confusa: “Zack? Che cosa ci fai qui?”

Lui entrò, senza aspettare di essere invitato a farlo: “Devo parlare con voi. Di Jade.”

Dana lo guardò preoccupata, mentre chiudeva la porta dietro di lui: “Le è successo qualcosa?”

“No, ma dobbiamo andare subito nella sua cantina, signora Ferguson” e le due lo seguirono immediatamente.


Giunti in cantina, Zack iniziò a muoversi tra gli scaffali, come se fosse stato in cerca di
qualcosa e Brenda perse subito la pazienza.

“Si può sapere cosa devi dirci su Jade? Che cosa stai facendo?”

Ma quello la ignorò, rivolgendosi direttamente a Dana: “Signora Ferguson, c’è qualcosa che manca, qui? Una pozione, magari?”

L’altra si avvicinò agli scaffali, guardandoli tutti attentamente: “Non ho controllato di recente, ma…”

Il ragazzo, allora, le indicò alcuni punti vuoti nelle mensole di fronte a loro: “Qui mancano la pozione numero 42, 53 e 38, mentre qui sotto mancano la 21, la 19 e la 26.”

Da dietro, sentirono Brenda sbuffare: “Zack, puoi essere più specifico? Ne mancano parecchie, direi.”

 “Jade ne ha presa una e ve l’ha fatta bere. Si tratta di una pozione che fa dimenticare degli eventi importanti.”

 “Ah, quella, è la numero 62. Infatti manca!”

 “Grazie ad essa, vi ha fatto dimenticare un evento importante che la riguardava. Io, però, no, perché non mi ha preso in considerazione, visto che sto quasi sempre con John. Ho cercato in tutti i modi di avvertirvi, ma voi, sistematicamente, scordavate tutto quello che vi avevo detto dopo un minuto. In più, Brenda era diffidente nei miei confronti e quindi non sono riuscito a farmi aiutare da voi.”

Le due donne annuirono, poi Dana gli chiese: “Questo evento importante è già passato?”

 “Sì.”

 “Ok, se ce lo racconti adesso, noi non lo dimenticheremo, allora, dato che è già passato. Tuttavia, acquisiremo le informazioni come se le sentissimo per la prima volta, perciò, per ricordare veramente, dovremmo usare un antidoto – tutti spostarono lo sguardo sulla nicchia numero 62 – che Jade ha preso, a quanto pare, e mi serviranno trenta minuti per crearne un altro.”

A Zack, però, sembrò un’infinità, così nervoso, esclamò: “Io ve lo dico ugualmente, non posso aspettare così tanto, John mi sta addosso come un falco! In pratica, Jade l’anno scorso ha perso la vita, ma Zeta non ha potuto riportarla in vita, perché era diventata l’angelo-guida di Brenda. Così, - e guardò Dana – lei le ha donato un anno della sua vita, che è scaduto ieri, ovvero il giorno in cui Zeta è ritornata di Jade.”

Brenda si voltò incredula verso l’anziana strega: “Abbiamo davvero dimenticato una cosa del genere? Quindi ora Jade è morta? Zeta non è sotto la cupola!”
Zack continuò: “Jade voleva morire e sapeva che Zeta non era sotto la cupola, così vi ha fatto dimenticare in modo che non avreste trovato una soluzione per salvarla. Credetemi, mi sono dannato per settimane nel tentativo di trovare un modo per non perderla, ma niente. Fortunatamente ieri, mentre cercavo dei libri nell’ufficio di John, ho scoperto che Zeta e Xao li teneva prigionieri in una sorta di passaggio segreto dietro alla sua libreria.”

Gli occhi di Dana, nel sentire le sue ultime parole, si illuminarono: “Quindi Jade è salva? E’ viva?”

 “L’ho trovata appena in tempo e Zeta è riuscita a riportarla indietro, ma lei è fuggita. Era come impazzita!”

La signora Ferguson annuì, poi, stupendo tutti, si girò verso Brenda: “Cara, puoi andare di sopra e portarmi un po’ di acqua pura dal rubinetto? Mi serve per creare l’antidoto.”

 “Direi che a questo punto non serve. – obiettò, però, quella - Insomma, l’evento è passato e stavolta non dimenticheremo quello che ci ha riferito Zack.”

 “Brenda, per favore…” insistette e la ragazza, benché ancora perplessa, eseguì.

 “D’accordo.”

 

Rimasti da soli, Dana si avvicinò al ragazzo, bisbigliando per sicurezza.

“Lei l’ha scoperto?”

 “Parla di Jade?”

 “Sì, di lei. Ha scoperto di quel mondo?”

Il ragazzo la guardò, perplesso: “Pensavo che io e John fossimo gli unici a saperlo.”

 “Guarda che ero anche io una prescelta... E comunque anche Terence lo sa, ma gli ho detto di mantenere la bocca chiusa, soprattutto con Brenda.”

 “No, Jade non l’ha scoperto. Ma io, Xao e Zeta pensiamo che ci sia stata, quando è morta, anche se per poco tempo. Quando è tornata in sé, era parecchio confusa e spaventata, ma non penso abbia capito da sola di cosa si trattasse.”

Dana tirò un sospiro di sollievo: “Bene. Jade non deve assolutamente sapere del mondo senza magia dove si trova Samuel, perché sappiamo entrambi che scatenerebbe l’inferno pur di raggiungerlo o, peggio ancora, si toglierebbe la vita senza pensarci due volte. E invece lei deve continuare la sua vita qui fino a quando non arriverà il suo vero momento. Piuttosto, perché Xao e Zeta non sono con te?”

 “Ho dovuto rinchiuderli di nuovo, altrimenti John me l’avrebbe fatta pagare. Sono venuto qui, infatti, anche per chiederle un favore: non può creare dei cloni da mettere al loro posto, così da liberare gli originali senza che se ne accorga o qualcosa di simile? Loro si sono fidati di me e sono tornati nelle gabbie, perciò non posso deluderli. La prego...”

La donna sospirò: “Cercherò Jade, poi troverò una soluzione per salvare anche Xao e Zeta, ok?  Avvertili di tenere duro.”

Zack, allora, si preparò ad andarsene, ma fu fermata dalla donna, che voleva dirgli un’ultima cosa: “Ah, Zack, aspetta, un’ultima cosa… Ho notato che ti sei dato molto da fare per Jade, Xao e Zeta, tutte azioni che mi fanno convincere sempre di più che tu non sia malvagio come vuoi farci credere, perciò ti ripeterò la stessa domanda che ti ho fatto la scorsa volta: come ti tiene in pugno John?”

Lui evitò il suo sguardo, ma alla fine si arrese e si sbottonò la camicia, rivelando il marchio inciso sul suo petto. In quel momento, però, Brenda ritornò nella stanza, costringendolo a spiegare la situazione a entrambe.

 “Wow, quello cos’è?” esclamò la ragazza e allora Zack iniziò a raccontare.

“Fin dal primo momento, dopo che l’influsso del cigno è svanito da tutti noi, mi sono sentito una persona. Ho assistito alla morte di Samuel, al suo sacrificio. Ero con lui, nei suoi ultimi istanti e non potete nemmeno immaginare cosa stavo provando: lui stava salvando il mondo e io avevo fatto di tutto per ostacolarvi. Ho addirittura pensato che, se non avessi provato quelle emozioni che mi hanno portato sempre di più a favore del male, – le lacrime iniziarono a scendergli lungo le guance - forse le cose sarebbero andate diversamente…”

Ma Dana, che comprendeva il suo dolore, lo fermò subito: “Zack, non torturarti così, Samuel sarebbe morto comunque e tu… Beh, non è colpa tua se le cose sono andate così. Tutti nella vita abbiamo fatto qualcosa di cui non andiamo fieri.”

Anche se provato, il ragazzo continuò il suo racconto: “Dopo aver lasciato il Tempio, ho incontrato John sulla spiaggia dell’isola e lui mi ha subito fatto suo, non avevo scampo. Aveva usato il graffio di Anvolea per trasformarmi in un demone e subito dopo era comparso questo marchio. Quando ci ritrovammo, mi spiegò che grazie ad esso poteva controllarmi e che, se mi fossi opposto in qualche modo, avrebbe fatto del male a tutti voi. E io… io – ormai piangeva a dirotto – non volevo vi facesse del male. Pensavo che, stando con lui, vi avrei salvati e, d’altronde, era l’unico modo per riparare ai miei errori. Tutto qui.”

Commossa, la signora Ferguson si fece avanti e lo abbracciò, commossa, mentre Brenda, con una mano sulla bocca, sconvolta dal racconto era rimasta pietrificata.

“Oh mio Dio… mi dispiace così tanto, Zack.”

 “Non devi preoccuparti di niente, - lo rassicurò subito Dana - io ti aiuterò. Studierò il marchio e troverò una soluzione per non permettere più a John di controllarti, ok? A prima vista, sembra che sia stato modificato, ma ti prometto che farò tutto il possibile. Tieni duro.”

Zack si asciugò le lacrime e accenno un sorriso a entrambe: “D’accordo, io torno da John. Tiene ancora prigionieri i demoni e le streghe, perciò dovrete occuparvi anche di quel problema.”

 “Tranquillo, lo sappiamo. Una delle streghe è riuscita a mostrarci dove si trova grazie alla sua magia.”

“Sono nella zona est e l’ingresso Brenda lo conosce. Ora vado davvero, però, spero abbiate un piano…”

 “Ci stiamo lavorando con il Consiglio. Vai tranquillo!”

 “Va bene. Mi raccomando, trovate Jade, ok?”

Brenda, finora silenziosa, gli sorrise: “Contaci, Zack. Ma tu non mollare, resisti!”

E il ragazzo, risalendo lentamente le scale, si allontanò, mentre Dana, sconvolta, sussurrava: “Povero ragazzo…”

 “E io che l’ho trattato così male ingiustamente, mentre in realtà si stava lasciando schiavizzare da John per salvarci. Mi sento uno schifo…”

La donna, comprensiva, le posò una mano sulla spalla: “Tesoro, non potevi saperlo. Sei una ragazza istintiva e giudichi in base a ciò che vedi a primo impatto. Purtroppo, molte volte, la verità non si vede subito...”

 


College di Morney Hill

 

 

Nonostante nel campus ci fossero molti studenti, Wes era riuscito comunque a scorgere la sua amica Corinne che camminava e subito l’aveva raggiunta, facendola quasi spaventare, dato che le era arrivato alle spalle.

 “Ehi, non farlo mai più, non ho ancora preso la mia quadrupla dose di caffè. Potrei essere isterica nelle prossime otto ore!”

Lui, però, la ignorò, chiedendole subito, a bruciapelo: “Credi che Brenda Jenkins sia un assassina?”

Lei lo guardò, alquanto perplessa:  “Brenda-appunti-perfetti, intendi? Quella che si siede vicino a me al corso del professor Walsh?”

 “Sì, lei.”

La ragazza ci pensò su un attimo, prima di rispondere: “Credo che opterò per il caffè della macchinetta, sai?”

Wes sbuffò, non sentendosi preso sul serio: “Avanti, Corinne, è importante! Ieri sono andato a casa sua per prendere i suoi appunti, visto che mi aveva scritto il suo indirizzo, ma era in compagnia di un ragazzo, così mi sono detto Ok, passo più tardi, ma poi, però, ho intravisto una pala tra le sue mani, perciò l’ho seguita e… indovina dove è andata con il suo amico? In un bosco!”

“Accipicchia, qui si fa interessante…” commentò quella, sarcastica, guadagnandosi subito un’occhiataccia dall’amico.

 “Ok, puoi anche non credermi, ma stavano scavando davanti ad un albero, solo che ero troppo lontano per vedere bene. Poi è arrivata una terza persona…”

Corinne, però, rimase indifferente: “Magari seppellivano un gattino, come ho fatto io con mia zia Bridget l’estate scorsa. Si chiamava Kent. Come Clarke Kent, se non l’avevi capito. Era un gatto speciale, pace all’anima sua…”

Spazientito, Wes la prese per le spalle e la scosse: “Corinne, non stavano seppellendo un gattino di nome Kent, credimi.”

 “Beh, certo che no, Kent era il mio gatto!”

Lui scosse la testa, poi dalla tasca tirò fuori il telefono e le disse: “Ok, forse adesso mi crederai... – aprì la galleria, trovò le foto e gliele mostrò – Queste le ho scattate ieri. Allora?”

La ragazza le osservò per qualche istante, stringendo gli occhi per vedere meglio: “Beh, in effetti, sembra proprio una pala…”

 “Alleluia!” commentò l’amico, alzando gli occhi al cielo, ma l’altra ancora non era convinta.

 “Sì, ok, è una pala, ma questo non vuol dire che stavano seppellendo un cadavere, che, tra l’altro, non vedo steso accanto a loro in attesa della sepoltura.”

 “Magari lo stavano tirando fuori, invece…”

Corinne, vedendolo arrampicarsi sugli specchi, gli lanciò una lunga occhiata perplessa: “Davvero? Tirare fuori un cadavere? E per quale motivo, per trovargli una buca migliore? – sospirò – Senti, Wes, sono già in ritardo e oggi sono già abbastanza distratta di mio. Anche se questa fantomatica Brenda ha sepolto o riesumato un cadavere nel tempo libero, cosa assolutamente assurda, perché complicarci la vita, che lo è già abbastanza così? Insomma, i film non ti hanno insegnato nulla? Quelli che fanno i ficcanaso non fanno mai una bella fine, perciò… Ti saluto!” ma Wes non sembrò comunque intenzionato a mollare.


Intanto, in un’altra zona della città, Jade stava vagando solitaria per la strada di un normale quartiere. Si stringeva nella giacca, infreddolita, aveva con sé un borsone e continuava a guardarsi intorno, nella speranza di trovare un luogo in cui rifugiarsi, anche se ancora non sapeva bene dove stava andando. Improvvisamente, notò una vecchia casa, a prima vista abbandonata: il portico era sommerso da giornali non ritirati, dei corvi svolazzavano sul tetto e i vetri delle finestre erano opachi e pieni di polvere. Jade non ci pensò due volte, aprì il cancello e si diresse verso la porta d’ingresso. Provo a aprirla, ma ovviamente, era chiusa. Si stava quasi arrendendo, quando posò lo sguardo su una pietra poco lontano e subito capì che poteva usarla per rompere una delle finestre. Quando la prese tra le mani, pronta a lanciarla contro il vetro, però, una faccia apparve dall’altro lato della finestra e la ragazza si spaventò, cadendo all’indietro. Subito si rialzò e iniziò a indietreggiare, pronta a fuggire, ma, prima che potesse farlo, la porta si aprì e ne uscì un giovane uomo, che la squadrò.

“Che cosa stavi cercando di fare? Di entrare in casa mia, forse?”

Jade, ancora a terra, alzò lo sguardo, nervosa: “Ehm, mi scusi, pensavo fosse disabitata e…”

 “E cosa? Lo sai che è violazione di domicilio questa, vero?”

La ragazza si rimise in piedi e, a sguardo basso, gli voltò le spalle dirigendosi nuovamente verso il cancello: “Scusi tanto, me ne vado…”

Ma lui si mise in mezzo per fermarla: “Aspetta! Non sembri molto in forma. Stai tremando e i tuoi vestiti sono sporchi di terra.”

Lei, allora, alzò lo sguardo, ma, quando vide delle strani cicatrici ramificarsi lungo il lato destro del collo dell’uomo fino ad arrivare alla parte inferiore del viso, si spaventò.

“Sto bene, mi lasci andare, la prego.”

Quello, però, insistette: “Lascia che ti aiuti. Si vede chiaramente che sei in difficoltà. – poi assunse un tono gentile – Sai, dentro ho il camino e qualcosa da darti da mangiare, se vuoi. Resta solo un attimo per rifocillarti, poi ti lascerò libera di andare. Così, nello stato in cui ti trovi ora, non posso non offrirti il mio aiuto...”

Benché affamata e infreddolita, la ragazza non sapeva cosa fare e l’uomo, intuendo la sua indecisione, si avvicinò alla porta di casa, intimandole di seguirlo.

“Avanti, entra. Cosa stai aspettando?” e lei, convinta, lo seguì.


Dentro, l’atmosfera era ben diversa da quella che si poteva immaginare dall’esterno. Ad accoglierla, infatti, ci fu un grande camino, che scaldava l’intero salone, una sedia a dondolo di legno molto antica, teste di animali appese alle pareti e svariate armi. Tappeti e tende, invece, sembravano usciti direttamente dagli anni ‘50.
L’uomo inizio a versarsi dello scotch, mentre Jade lo fissava, ferma in piedi in mezzo alla stanza.

 “Tranquilla, - iniziò lui - questo è per me. Posso farti un toast – rise – visto che è veloce da preparare, poi, se vuoi fermarti di più, posso preparare…” ma Jade non gli diede il tempo di finire la frase.

 “Vada per il toast!”

Lui, allora, si alzò, diretto verso la cucina: “Ah, io mi chiamo Richard Weather, ma puoi chiamarmi Rick…”

 “Il mio nome è Jade, invece” rispose lei, ancora diffidente e l’altro, accennando un sorriso, finalmente se ne andò.

 


Ufficio del Sindaco – Municipio di Morney Hill

 

 

John era seduto dietro la sua scrivania, abbastanza indaffarato e seccato, quando nell’ufficio entrò Zack.

 “Ah, eccoti. – esclamò – Non ti vedo da un po’, che fine hai fatto?”

 “Ehm, niente, sorveglio costantemente la casa di Jade, come al solito. Poi questa mattina sono tornato alla celle. Tu, invece?”

L’uomo sbuffò: “Firmo carte, leggo carte… un sindaco deve fare davvero tutte queste cose? Tanto questa città cadrà presto nel caos, quindi cosa mi importa di – lesse uno dei fogli che aveva davanti – far costruire delle panchine nel parco?”

 “Non lo so, sei tu a comandare. Puoi fare quello che vuoi…”

 “Hai ragione – rise l’altro, buttando in aria i fogli che aveva in mano – comando io! A volte la mia stupida parte umana riemerge e divento un totale imbecille, non è vero, Zack?”

Lui, però, non la stava ascoltando, troppo impegnando a lanciare occhiate alla libreria: “Ehm, vero cosa?”

 “Che sono un imbecille, no? – poi tornò serio, notando il suo sguardo distratto – Per caso ti interessa leggere uno dei miei libri?”

Teso, Zack distolse rapidamente gli occhi dai volumi: “No no, assolutamente. E’ solo che ce ne è uno fuori posto e… insomma, salta all’occhio.”

 “Sì, da fastidio anche a me, ora che me lo fai notare. Sistemalo bene.” ordinò e subito l’altro eseguì.

 “Hai trovato con i libri delle streghe una soluzione per abbattere la cupola?” gli chiese poi, quando finì.

John alzò lo sguardo dai fogli che era tornato a sfogliare distrattamente: “No. In verità, non ho capito molto di quello che ho letto e poi sono troppi libri. Alla decima pagina mi ero già annoiato...”

Zack rimase perplesso di fronte all’indifferenza dell’uomo: “Quindi non farai niente? Ma così i tuoi disordini resteranno bloccati qui!”

“Esattamente: non farò assolutamente niente. Quando la situazione degenererà, perché accadrà sicuramente, Dana e il Consiglio saranno costretti a ricorrere a qualsiasi espediente per annullare quella cupola e non soccombere insieme a questa città, perciò io posso anche rilassarmi e godermi lo spettacolo.”

 “Bene, allora io torno a sorvegliare i demoni e le streghe, ok? Dana e il Consiglio potrebbero trovarli e liberarli.”

 “Trovarli? – John rise - Non ci sono riusciti in due settimane, perché dovrebbero farlo oggi? Prenditi una giornata libera, Zack, perché, quando lasceremo Morney Hill, avrai molto da fare, al mio fianco.”

Ma il ragazzo, perplesso, non si mosse: “Quindi sorveglierai tu le celle?”

 “No, perché dovrei? Loro non possono uscire e poi ho lanciato su quella zona una sorta di depistamento magico grazie ad una di quelle streghe. Klen, credo si chiami.”

 “In che cosa consiste?”

 “Il Consiglio e Dana hanno sicuramente setacciato l’intera città per trovare i demoni e le streghe. L’incantesimo di occultamento serve per non permettere loro di rintracciare la zona in cui si trovano con la loro stupida antennina soprannaturale. Per questo non li hanno ancora trovati. Inoltre, gli unici a sapere di quel posto, siamo io e te. E credo che nessuno dei due glielo andrà a spifferare, quindi siamo dentro una botte di ferro, non trovi?”

Zack accennò a un sorriso per compiacerlo: “Già… allora io vado, ok?”

 “Goditi la tua giornata libera, mi raccomando!”

 


Casa Ferguson

 

 

Brenda era rimasta da sola nella cantina e fissava la sua balestra, conservata dalla signora Ferguson in un angolo. Pensò che doveva riprenderne possesso al più presto, perché era l’unica cosa che poteva difendere lei e il suo uomo, ma fu dai passi frettolosi di Dana sulle scale che i suoi pensieri furono interrotti.
“Jade è passata qui a casa, ha lasciato un biglietto in cui dice di non voler essere trovata!”

La ragazza annuì, prendendo in mano l’arma: “E’ entrata in casa, mentre eravamo qui in cantina con Zack? Ne è sicura?”

 “Sì, ha preso alcune cose dalla sua camera, fra cui i libri di scuola.”

 “La cercherà?”

La donna ci rifletté su qualche istante, prima di rispondere: “Ha detto che non vuole essere trovata, perciò rispetteremo il suo volere. Del resto, dove potrebbe andare se è confinata qui in città come noi? Abbiamo cose più delicate di cui occuparci, al momento, e lei ha bisogno dei suoi spazi. Sta passando un momento difficile ed è confusa. Diamole tempo e tornerà da sola, d’accordo?”

Brenda accennò un sorriso triste:  “Beh, non è l’unica che sta passando un brutto momento, però. Dovevo stare attenta in quel bosco, per poco non morivo e trascinavo Terence con me. Ho voluto fingere di avere tutto sotto controllo, ma non sono mai stata una leader. Non come lo erano Jade e Samuel, perlomeno.”

Solo allora Dana notò cosa aveva in mano: “Per questo l’hai ripresa?”

 “Sono solo un umana, non ho dei poteri per difendermi come voi. Perciò, se voglio salvaguardare la mia vita e quella di Terence, che è collegata alla mia, devo essere più cauta e responsabile, ma, soprattutto, armata di qualcosa!”

L’altra le sorrise, sincera: “Non sarai come Jade e Samuel, ma ragioni senza dubbio come una vera leader, o, perlomeno, come una che è sulla buona strada per diventarlo. Non sottovalutarti, mia cara, mi raccomando...”

 

In quel momento, furono raggiunti da Noa e Terence, che avevano una cassa con loro. Quando scesero in cantina, suscitarono subito la furia di Brenda: “Era ora! Dove siete stati per tutto questo tempo? Non vi vedo dall’inaugurazione di Alkaban!”

I due, però, prima di rispondere appoggiarono la cassa sul tavolo al centro della stanza.

 “Siamo stati impegnati a trovare la cassa. – ripose Noa - Da mezzanotte in poi, ha continuato a spostarsi.”

 “Beh, sì, - commentò lei - di notte è sempre più sfuggevole. Io e Terence ne sappiamo qualcosa…”

Tutti intanto, si erano avvicinati per osservarla meglio, fra cui Dana, che commentò: “Avete risolto l’immagine…”

 “IO ho risolto l’immagine. – replicò il ragazzo, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Terence - Ve l’avevo detto che ero bravo!”

 “E’ una donna! – esclamò Brenda, per poi rivolgersi a Dana – Signora Ferguson, lei l’ha mai vista?”

“No, non credo…” rispose quella, perplessa, prima che Terence interrompesse i loro discorsi.

 “Non perdiamo tempo, vediamo cosa c’è dentro!” e subito scoperchiò la minuscola cassa. L’anziana strega, allora, vi mise dentro la mano ne tirò fuori uno strano oggetto.

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Brenda, la più impressionata, domandò: “Cosa diavolo è?”

Noa, invece, lo stava osservando a occhi sgranati, terrorizzato: “Quei grossi aghi non mi ispirano niente di buono. Io odio gli aghi!”

L’uomo, infatti, fu l’unico a notare che Dana non si era scomposta come loro e subito si affrettò a indagarne il motivo.

“Per caso – le chiese - questa sorta di arma è citata nel foglio di istruzioni che hai ricavato dalle lettere?”

 “Sì.”

 “E sa anche come usarla?” chiese, allora, il ragazzo.

 “Non sono ancora arrivata a quella parte, Noa.”

Brenda, intanto, stava osservando con curiosità la parte centrale dell’arma: “Datemi il cristallo che avete usato per trovare la cassa” chiese a Terence e l’uomo glielo passò senza fare domande. Lei, allora, lo incastrò nello spazio vuoto che c’era al centro dell’oggetto e vide che vi entrava perfettamente.

 “Guardate: il cristallo combacia con la fessura. Credo faccia parte di questo strumento, che ora è completo.”

Tutti annuirono, apparte Noa che aveva notato che la cassa non era vuota: “Ehi, - esclamò - ma qui c’è dell’altro!” e tirò fuori dei fogli: erano disegni.

Terence, dopo averli visti, ne rimase affascinato: “Accidenti, sono così… perfetti. Sembrano quasi dei dipinti.”

Improvvisamente, però, Brenda ne riconobbe uno e lo strappò letteralmente dalle mani dell’amico: “Ma questi sono Jade e Samuel!”

 “Davanti alla statua di Demois, dopo aver messo l’amuleto al suo collo. – aggiunge Terence - E’ la prima profezia!”
Dana, allora, ne prese in mano un altro: “Questo è Samuel che incastra la spada, invece.” Poi fu di nuovo il turno di Brenda: “Questo sembra ritrarre la notte della cupola. Ci sono tre sagome viste di spalle, mentre davanti a loro partono i fasci di luce. – poi assunse un’espressione confusa – Ma cosa significa? Che cosa rappresentano questi disegni?”

L’anziana strega provò a rispondere: “Credo che siano eventi del futuro.”

Gli altri, però, rimasero perplessi dalla sua risposta, soprattutto Terence: “Ma questi eventi sono già accaduti! Forse intendeva dire del passato.”

 “Non dal nostro punto di vista, Terence. I fogli sono rovinati dal tempo e i disegni sembrano assai vecchi.”

“Quindi, - concluse Noa per tutti - l’autore dei dipinti ha vissuto nel passato e queste sarebbero…”

 “Predizioni del futuro!” concluse la ragazza per lui, mentre Terence ne tirava fuori altri.

 “Questi non mi sembrano molto famigliari. Sono ritratti di persone prese nella quotidianità. Ecco, qui c’è una bambina che gioca nel suo giardino, poi c’è un uomo che lava i piatti in cucina e, infine, una donna, forse un medico, che visita un paziente in una stanza di ospedale.”

Il volto di Dana, nel sentire le sue parole, si illuminò: “Sono loro!” esclamò.

 “Loro chi?”

 “I contenitori!” rispose lei, eccitata.

“Cosa? – esclamò Terence, perplesso – I contenitori sono esseri umani?”

“Un secondo, - chiese Brenda, confusa - Ma che collegamento c’è tra i disegni, lo strumento, i contenitori, i demoni e le streghe e la cupola?”

“Fanno parte di un progetto che capiremo solo dopo aver liberato le streghe e i demoni e aver trovato le tre persone che ci sono nei dipinti.”

 


Casa di Rick Weather

 

 

Jade si era messa comoda, in mano il toast che le aveva preparato Rick. Lui, invece, era seduto sulla poltrona accanto al camino e sorseggiava il suo scotch molto lentamente, osservandola sorridendo. Ad un certo punto, la ragazza ruppe il silenzio, diventato quasi imbarazzante per lei.

“Hai molte armi, eh?”

Lui scoppiò a ridere: “Ok, non riesco a tenerlo segreto: so chi sei! O almeno, ho sentito parlare di te. Sei la prescelta, vero?”

Jade, colta di sorpresa, sgranò gli occhi: “E tu cosa ne sai?”

 “Sono un cacciatore di demoni. Credo di averti incrociata ai piani alti, una volta.”

Turbata dalle sue parole, la ragazza si alzò bruscamente e lui, d’impulso, fece altrettanto: “No, no, aspetta! Calmati!”

Ma lei sembrava determinata: “Mi stai prendendo in giro, per caso? Perché mi hai fatta entrare in casa tua?”

 “Perché sembravi completamente persa, lì fuori. Volevo solo darti una mano…”

 “Non ne ho bisogno, grazie. – replicò, seccata, mettendo giù con violenza il piatto che aveva in mano - Anzi, ora me ne vado!” e si voltò, ma quello che le disse l’uomo la fece fermare.

"Mi dispiace per la tua perdita…”

 “Cosa importa ad un cacciatore come te? Tu uccidi i demoni!”
“Non tutti, Jade. Non quelli come Samuel. Noi uccidiamo solo quelli come tutto nonno.”

 “Beh, grazie per le condoglianze, allora.”

 “Sai, ho perso anche io una persona cara diversi mesi fa…”

Finalmente, la ragazza si voltò, fissando i suoi occhi in quelli di lui: “Non cercare di
comprendere il mio dolore confrontandolo con il tuo.”

 “Beh, sono punti di vista. Per me condividere il proprio dolore con altre persone che hanno passato la stessa cosa, rimargina le ferite dell’anima. O alcune, almeno. Insomma, si sta leggermente meglio, dopo.”

Fu soltanto ascoltando quelle parole che Jade si rese conto che, nella casa, l’uomo era abbastanza solo:  “Beh, non mi sembra che tu stia meglio, però. Sei solo e abbandonato quanto me e il cumulo di giornali che non hai ritirato dal portico lo dimostra.”

Rick accennò un sorriso malinconico: “Mi sembra ovvio, non me la passo bene perché non ho trovato nessuno con cui condividere il mio dolore…”

 “Chi hai perso? Se posso chiedere.”

 “Probabilmente l’unica ragazza che io abbia mai amato davvero. Si chiamava Sophia ed era una strega. L’ho salvata dalla minaccia di un disordine, durante la seconda profezia. Lei era una delle tante prescelte nominate quell’anno.”

 “Sì, erano molte. Anche io ne ho conosciuta una che mi ha affiancata nella battaglia, ma… non ce l’ha fatta…”

Sentendosi debole, con gli occhi lucidi, l’uomo si risedette sulla poltrona: “Beh, voi streghe siete sempre state note per il vostro coraggio. Non vi fermate nemmeno davanti al peggior pericolo e quasi vi dimenticate che anche voi potete morire.”

Colpita, Jade si rimise seduta al posto di prima: “Credimi, molte volte proviamo più paura che coraggio, ma abbiamo imparato a nasconderlo bene. – poi iniziò a scrutare con attenzione l’uomo – Come ti sei fatto quelle cicatrici, piuttosto?”

 “Sono ustioni che mi sono procurato durante un incendio. – si sbottonò la camicia e le mostrò il petto – Le ho praticamente su tutta la metà destra del corpo. Ho cercato di salvare Sophia, ma non ci sono riuscito.”

Grosse lacrime iniziarono a cadere lungo il volto dell’uomo e anche la ragazza non poté non commuoversi a sua volta: “Mi dispiace così tanto... Io non ho avuto nemmeno la possibilità di salvare Samuel o di dirgli addio come avrei voluto. Tu sei riuscito a farlo?”

Negli occhi di Rick, per un attimo, passò un lampo di rabbia: “No, purtroppo no.”

Poi su di loro cadde il silenzio, rotto solo diversi minuti dopo da Jade.

 “Avevi ragione: condividere il proprio dolore lo rende meno… doloroso.”

“Visto? – le rispose lui, accennando un sorriso - Fa bene all’anima avere qualcuno con cui sfogarsi.”

 “Già!”

 


Casa Ferguson

 

 

Era ormai tramontato il sole su Morney Hill ed erano passate già diverse ore da quando Noa si recato a casa dell’amica per sistemare i suoi bagagli e poi al college per raccogliere le ultime informazioni che gli servivano. Brenda e Terence, invece, erano rimasti quasi tutto il giorno con Dana, a studiare un modo per liberare i demoni e le streghe.
In quel momento, la ragazza scese in cantina per l’ennesima volta, agitando un foglio: “Bene, ho scaricato una piantina della zona sotterranea a est.”

La donna annuì, impegnata a mettere al sicuro tutte le nuove scoperte: “Ok, appoggia il foglio sul tavolo, così la possiamo studiare. A proposito, Foxi e Marcus ci accompagneranno.”

 “Non immaginavo fossero dei tipi che partono all’azione!” commentò l’uomo, in piedi accanto a lei.

Brenda, però, era di tutt’altra idea: “Però sono carini. Insomma, ho sempre pensato che il Consiglio fosse un gruppo di vecchi con le tuniche! – poi fece una pausa – Tranne Alaris, ovviamente, che è più attraente per la signora Ferguson che per me.”

 “Beh, - commentò sarcasticamente la diretta interessata - non è niente male, ma dopo John ho deciso di rimanere single per sempre, mi dispiace. Lui mi ha già traumatizzata abbastanza!”

 “Sa, conosco un sito di incontri che…”

Ma Terence, irritato, mise fine alla conversazione: “Possiamo concentrarci sulla missione? Grazie!”

Sentendosi attacca, Brenda si zittì all’istante: “Ok, ok, non c’è bisogno di prendersela tanto! Volevo solo fare il cupido per gente di una certa età!”

“Anche fare commenti sui ragazzi carini nel Consiglio fa parte del pacchetto?” replicò lui, isterico.

 “No, tesoro. – chiarì lei, offesa – Dalle tue parti non so, ma questo a casa mia si chiama spettegolare!”

Dana capì che era arrivato il momento di intervenire e di chiudere la discussione: “Ooook, possiamo visionare la piantina, ora? Non è il momento per le crisi di coppia! – ottenuta la loro attenzione, proseguì – Allora, Brenda, sarai tu a guidarci, visto che ci sei già stata, ok?”

L’altra annuì,  muovendo il dito sul foglio perché capissero meglio: “Qui è dove siamo scese io e Jade, quindi useremo quest’ingresso per entrare. Abbiamo camminato per quasi trenta metri, quando, nel corridoio interno, abbiamo incrociato John e Zack. Subito dopo, la parete dietro di loro ha iniziato a cedere e da lì sono fuoriusciti i disordini.”

 “Quindi dobbiamo proseguire oltre quella parete, giusto?” chiese Terence, ma fu Dana a rispondere.

 “John deve aver fatto crescere i disordini oltre quel muro, perciò deve avere una sorta di posto segreto in cui ci sono anche le prigioni. – e improvvisamente alzò lo sguardo verso l’ingresso della cantina, allarmata – Stanno per suonare!” e i due la guardarono perplessi, finchè il campanello non suonò per davvero.

Brenda, ovviamente, non perse occasione e fece un commento: “Inquietante… chi può essere a quest’ora?”

“Magari il tuo nuovo amichetto!” commentò Terence, facendola sbuffare.

 “Rilassati, è gay!”

“E’ Zack. Andate ad aprire! Ma non fate parola con lui della cassa e tutto il resto, va bene?” prevedè ancora, Dana.

 “Se non si fida, perchè gli apriamo la porta e lo coinvolgiamo?” chiese l’uomo, perplesso.

“Io mi fido di Zack. – precisò Dana – Ma non di John, potrebbe leggergli la mente e scoprire quello che sappiamo.”

Poi Brenda tirò una pacca violenta sulla spalla di Terence, esclamando: “Zack è buono ed è dalla nostra parte, ok? Smettila di trattarlo come faceva con te in passato, perché stavolta è diverso!” e, in questo caso, Terence non ebbe la possibilità di replicare.


Dopo aver fatto entrare Zack, finalmente il gruppo riuscì a concentrarsi sulle informazioni che aveva.

“Ragazzi c’è qualcosa che non quadra…” disse il ragazzo a un certo punto.

 “Spiegati.”

 “John era troppo calmo, questa mattina, non sorveglia nemmeno le prigioni.”

“Beh, ha anche la sua carica di sindaco da ricorprire” commentò Brenda, sicura.

 “Mi ha dato una giornata libera! – esclamò l’altro, alzando leggermente la voce - Credetemi, sta tramando qualcosa. Probabilmente sa che libererete i demoni e le streghe.”

 “E adesso dov’è?” gli chiese allora Terence.

 “Non lo so! Sono ripassato in ufficio e non c’era, allora sono andato a dare un’occhiata alle prigioni, ma non era nemmeno lì.”

 “Qualsiasi cosa stia tramando, però, dobbiamo assolutamente liberare stasera i demoni e le streghe. – spiegò Dana, per poi rivolgersi direttamente al ragazzo - Sei con noi?”

L’altro abbassò lo sguardo: “No, mi dispiace, non posso rischiare di farmi vedere con voi.”

Ma Terence non era della stessa idea: “E’ estremamente subdolo e perspicace. Probabilmente ha già capito che stai facendo il doppio gioco, sai?”

 “Lo so, ma voglio dargli il beneficio del dubbio” poi tirò fuori un foglietto dalla tasca.

 “Brenda vi porterà fino al punto da cui sono usciti i disordini, poi da lì seguite queste indicazioni e raggiungerete le prigioni. Più di così non posso aiutarvi, mi dispiace.”

Dana, però, gli sorrise, comprensiva: “Hai fatto più di quanto dovevi, caro. Sappiamo di cosa è capace John e di come ti tiene in pugno, ma tu ci hai aiutati lo stesso. Ti prometto che non appena i demoni e le streghe saranno liberi, troverò il modo di raggirare il controllo del marchio.”

Lui annuì, fiducioso, ricambiando il sorriso: “Grazie, ma avete altre cose più importanti a cui pensare prima di me: Xao, Zeta e Jade.”

 


Ingresso delle fogne presso la zona Est della città

 

 

Qualche ora dopo, il gruppo era sul posto e a loro, all’ultimo istante, si era aggiunto anche Noa. Ovviamente, Brenda fu felice di quell’inattesa novità.

 “Ehi, ti ho lasciato un messaggio, ma non pensavo saresti venuto!”

Lui, affannato, a malapena si prese del tempo per respirare: “E perdermi la grande liberazione? No, di certo. E poi, mi sono già sistemato con la scuola e anche a casa tua. A proposito, tua madre è stata davvero gentilissima, mentre tuo padre è stato molto serio: ha capito che sono gay e che non ci proverò con te, o cosa? Ok, avrà decisamente tempo per capirlo, se non l’ha capito. Comunque, il punto è che ora posso essere finalmente dei vostri… – solo allora notò subito anche la presenza di Foxi e Marcus, intenti ad aprire la grata con l’aiuto di Terence – Vedo che siamo aumentati, qui!”

 “Si, Alaris ci ha mandato i suoi inseparabili amichetti. Molto carini, tra l’altro. Lo credevi possibile?”

“Quando mi raccontasti del fantomatico Consiglio, immaginai dei tipi abbastanza vecchi con indosso lunghe tuniche bianche e dorate. Felice di scoprire che non è così!”

 “Oh mio Dio, - esclamò lei, ridendo e spintonandolo scherzosamente - Anche io ho pensato la stessa cosa, quando me ne parlò Jade!”

In quel momento, Dana si voltò verso di loro, facendo dei cenni: “Forza ragazzi, dobbiamo andare!” mentre Terence, sentendosi ignorato, osservava seccato i due amici.

 

Pochi secondi dopo erano tutti nel tunnel: Brenda e Noa in testa, seguiti da Foxi e Marcus e più indietro Dana e Terence.
“Ok, tra qualche metro dobbiamo girare, quindi tenetevi pronti” disse loro la ragazza, che li guidava.

 “Vedo che hai ripreso la balestra!” commentò l’amico, che avanzava al suo fianco.

 “Già, a quanto pare non vuole separarsi da me.”

Poi si voltò indietro, rivolgendosi ai due del Consiglio: “A proposito, noi avremmo una curiosità: ai piani alti vestite sempre così casual o indossate delle tuniche, abitualmente?”

Foxi guardò spiazzato il suo collega accanto a lui, prima di rispondere: “Ehm, no, non indossiamo tuniche.”

 “Ah, ok” rispose lei, tornando a guardare davanti a sé, cercando, assieme a Noa, di trattenere le risate.

 

Più indietro, Dana notò lo sguardo irritato di Terence e cercò di tranquillizzarlo: “Rilassati, caro. Brenda sta solo ritrovando qualcosa che le è mancato per molto tempo, ultimamente: Un’amicizia. Credimi, anche se ora la senti distante, lei ti ama più di quanto immagini.”

Lui si voltò verso di lei e accennò un sorriso: “Forse ha ragione. E’ solo che non sono mai stato amato così a lungo da una persona e, se per un attimo non la sento vicina, mi sembra di averla persa.”

“Non preoccuparti, non succederà, perché nemmeno lei vuole perderti. Sai, Terence, ti confesso una cosa: Brenda non voleva riprendere in mano quella balestra, ma l’ha fatto per proteggerti. Perché sa che, se le dovesse accadere qualcosa, lo stesso accadrà a te e questo le fa molta, molta paura.”

Terence, allora, finalmente comprese e dal quel momento iniziò a guardare Brenda con occhi diversi.


Nel giro di qualche minuto, grazie alle indicazioni di Zack, il gruppo era riuscito a superare il muro distrutto ed ad entrare nel corridoio che conduceva alle prigioni. Intravedendo una luce, i ragazzi spensero le torce e scorsero distintamente le mani delle streghe e dei demoni uscire attraverso le sbarre.

Brenda sussurrò agli altri: “Ci siamo, eccoli!”

“Mi sembra che John non ci sia, perciò avviciniamoci con cautela e tenendo gli occhi aperti, ok?” raccomandò Foxi al gruppo e subito la ragazza puntò la balestra davanti a sé e, affiancata da Dana, si introdusse nel blocco, subito scorta dai prigionieri.

Jackson fu il primo a parlare: “Era ora! Ce ne avete messo di tempo!”

Ma Terence ignorò i suoi commenti, andando subito al punto:  “E John?”

A rispondere, però,  fu Barnès: “Non l’abbiamo visto. E ora liberateci!”

Subito Foxi e Marcus iniziarono ad aprire le prime celle, suscitando, però, la perplessità di Noa.

“Scusate, ma non è stato tutto troppo facile? Insomma, basta aprire le celle e sono tutti liberi?”

Dana si girò verso di lui e rispose: “Le celle sono state trattate con l’Amarantio, che indebolisce le streghe e i loro poteri. Per i demoni, invece, ha usato invece una magia che ritorce i poteri contro loro stessi. Se non fosse per questo, si sarebbero già liberati da soli.”

Sentendo le sue parole, il capo dei demoni commentò, arrogante: “Ci puoi giurare che avrei buttato giù queste sbarre, strega!”

E, nel giro di pochi minuti, senza perdere altro tempo, il gruppo iniziò ad aprire anche il resto delle celle.

 


Casa di Rick Weather

 

 

Jade aveva passato praticamente quasi tutta la giornata a casa di Rick. Nel frattempo, però, stranamente l’atmosfera era cambiata e la ragazza era ormai molto a suo agio: i due, infatti, stavano ridendo, ubriachi a causa dello scotch.
La ragazza, in particolare, era impegnata a raccontare un suo aneddoto del passato, bevendo e ridendo tra una frase e l’altra: “… E poi il letto iniziò a tremare e si distrusse completamente un secondo dopo. Samuel mi guardò allibito e io non potevo credere che la nostra prima volta avesse avuto un inizio così disastroso!”

“Quindi l’amuleto che ti ha regalato per il tuo compleanno era maledetto?” rispose lui, ridendo a crepapelle.

 “Sì, era un amuleto del karma che aveva comprato da uno stregone infettato da un disordine. Dopo il letto mi cadde addosso un lampadario, che per poco non mi schiacciò sopra quella orrenda moquette del motel!” e i due continuarono a ridere ancora per un bel po’ di tempo, finchè le risate non si tramutare in un sorriso.

Jade approfittò di quel momento di calma per esternare i suoi pensieri: “Sai, Rick, per la prima volta dopo tanto tempo, mi trovo in un posto dove mi sento finalmente al sicuro. Fuori da quella porta ho lasciato i problemi, i drammi e le persone che fanno e che hanno fatto parte della mia vita. Qui, invece, non ne ho più, non ho più nulla a cui pensare. Mi sento semplicemente una… ragazza. Una qualunque. Per quasi un giorno intero, non mi sono sentita come Jade ed è stato come respirare di nuovo dopo essere stata sott’acqua per un’eternità. E’ stato bello non essere me per un giorno...” concluse, guardando persa il fuoco nel camino.

L’uomo annuì, comprensivo: “Anche io, dopo tanto tempo, non mi sono sentito più come Rick. Sono solo un ragazzo, ora che ci sei tu.”

Lei alzò il bicchiere, per fare un brindisi: “A queste quattro mura, che ci separano dal resto del mondo!”

Rick li fece tintinnare: “Niente pensieri, niente preoccupazioni, niente dolore!”

 “Già!” sorrise lei.

 “E sappi, - aggiunse lui -  che, con me, puoi sentirti solo una ragazza per tutto il tempo che vorrai.”

 Jade, allettata dall’invito, si limitò solo a sorridere e ad annuire.

 


Sotto la città, presso la zona Est della città

 

 

Le prigioni erano state tutte svuotate, ormai, e i due del Consiglio erano pronti a scortare tutti fuori. Tamara, però, continuava a contare ripetutamente le sue streghe, perplessa.

 “Non possiamo andarcene, non siamo ventidue. Ne manca una!”

 “Chi manca di voi?” chiese Dana e l’altro osservò attentamente il suo gruppo, prima di rispondere.

 “Klen! Manca Klen! – poi si rivolse alle altre – Qualcuna di voi l’ha vista?” ma tutte scossero la testa.

Brenda, allora, intervenì: “Sentite, da quella parte ho visto un altro passaggio, magari Klen è lì. Vado a controllare, ok?”

Ma Dana la richiamò subito: “Brenda!”

 “Stia tranquilla, - la rassicurò lei - controllo e torno subito!”

 

La ragazza, allora, si addentrò dentro nella parte delle prigioni che non avevano controllato con la balestra pronta, quando sentì delle voci.
“Lasciami! Lasciami andare!” gridava qualcuno e ben presto scoprì che si trattava di Klen, stretta con violenza da John.

Subito, lo prese sotto tiro: “Lasciala andare!” urlò e l’uomo si voltò, sorridendole con arroganza.

“Ma tu guarda chi mi sta minacciando! Ben trovata, Brenda. E hai anche la tua balestra, vedo.”

Brenda, però, insistette: “HO DETTO: lasciala andare!”

John, allora, tornò serio e la lasciò andare: “Ok, tieniti pure questa stupida strega!”

Non appena la strega fu abbastanza lontana da lui, Brenda le gridò: “Klen, a TERRAAAAAAAA!” e subito scoccò una freccia verso il demone, causando un’esplosione e sollevando un enorme polverone.

Tossendo, Klen si avvicinò a lei, che le intimò: “Raggiungi le altre, arrivo subito!” e subito quella eseguì, mentre lei si assicurava che John fosse morto.

Improvvisamente, però, lui le comparve alle spalle, sorprendendola.

“Mi credevi realmente morto, forse?”

Brenda iniziò a indietreggiare, continuando a puntarlo con la balestra: “Meglio per te se ti togli dalla mia strada. – poi sorrise, sicura di sé - Sai, mi sto lentamente riabituando a fare centro al primo colpo e, credimi, non commetterò due volte lo stesso errore...”

Ma John, velocemente, gliela fece volare via con un gesto delle mani, lasciandola vulnerabile e spiazzata. Poi, la guardò dritta negli occhi.

“Non devi giocare con me, tesoro. Io sono pericoloso ed è arrivato il momento che tu te ne renda conto e smetta di prenderti gioco di me. Cosa avevi detto l’ultima volta? Oh, certo, ora ricordo… avevi detto, e cito testuali parole Preferirei bere dell’acido, che avere strani pensieri sullo psicopatico nonnetto della mia migliore amica. Ecco, sì, hai detto proprio così, vero Brenda?” e nei suoi occhi spuntò una strano luccichio malvagio.

Lei, allora, iniziò a stringersi la gola con le mani, provando una sensazione strana. John, intanto, le spiegò cosa stava accadendo, incurante del fatto che lei stesse tossendo, in cerca di aria, per poi accasciarsi al suolo.

 “Se ti stai chiedendo cosa sia quella sensazione di fuoco nella gola che si sta propagando velocemente anche nel resto del tuo corpo, beh, si tratta di acido. Insomma, avevi detto che lo avresti preferito a me, no? Parole tue!”

In uno stato pietoso, a terra, Brenda iniziò a tossire sangue.


Intanto, dall’altra parte, Klen era arrivata urlando dagli altri.

 “John è qui!”

Terence, preoccupato, le andò subito incontro: “E Brenda?”

 “E’ con lui!”

 Dana, vedendo che stava già partendo all’azione, si affrettò a rassicurarlo: “Sta attento, Terence!” ma, dopo pochi passi, lui iniziò ad avere una fitta al petto, facendola preoccupare subito.

 “Cosa ti sta succedendo?”

 “Una strana sensazione al petto. Un bruciore, ma non è niente, porta tutti fuori. Vado a prendere Brenda.” e andò.

Nello stesso momento, dall'altra parte, la ragazza era ai limiti della sopportazione, mentre John la guardava gongolando.
“Ok, può bastare” e, improvvisamente com’era finito, quell’atroce dolore ebbe fine. La ragazza, allora, riuscì a risollevarsi in piedi, mentre l’uomo la osservava soddisfatto.

“Spero che tu abbia imparato la lezione, Brenda. Con me non puoi scherzare.” e svanì, lasciandola ancora traumatizzata.

 

Subito dopo, arrivò Terence che, vedendo il sangue sulla bocca e sugli indumenti di lei, subito si preoccupò.

“Stai bene?” le chiese, mentre lei correva fra le sue braccia, quasi in lacrime.

 “Ti prego, andiamocene via di qui…” lui, pur sentendola tremare, cercò di mantenere di calma.
“D’accordo, ti porto fuori subito.”


Il gruppo aveva passato una notte abbastanza movimentata, ma intanto era riuscito a portare i demoni e le streghe in salvo, condotti ad Alkaban, dove quelli del Consiglio pensarono fosse più opportuno condurli per tenerli al sicuro da John. Alcune streghe, però, si erano fermate a casa di Dana, per guarire dalle ferite riportate durante la prigionia.
In particolare, nel salotto di casa Ferguson, Brenda e altre tre erano sedute sulle poltrone, avvolte in una copertina, mentre l’anziana strega, in cantina, aiutava le altre.
La ragazza, però, era talmente pensierosa, con lo sguardo perso nel vuoto, che Klen, di fronte a lei, si preoccupò.

“Stai bene?” le chiese.
Stordita, lei ritornò alla realtà con un sorriso forzato: “Ehm, sì, sto bene. Tu, invece?”

 “Anche io, grazie a te. Se non mi avessi trovata, chissà cosa mi avrebbe fatto John.”

 “A proposito, perché ti aveva presa?”

“Non lo so, è un folle, forse voleva farmi del male perché sono una strega abbastanza in gamba.”

Brenda le sorrise: “Già, ho sentito che sei molto intelligente.”

L’altra ricambiò, alzandosi in piedi: “Scusami, adesso devo andare un attimo in bagno. Potresti dirmi dov’è?”

“Certo, sali al piano di sopra, seconda porta a destra.”

Dopo averla ringraziata, Klen si spostò al piano di sopra. Chiusa in bagno, rimase ferma a fissarsi allo specchio con sguardo assente, finchè una voce, quella di John, non la chiamò.

“Klen, puoi sentirmi? Sono nella tua mente.”

“Si, la ascolto” rispose lei, in trance.

 “Bene, perché da questo momento farai tutto ciò che ti chiederò.”

Succube, lei iniziò a ripetere: “Tutto ciò che mi chiederai di fare. Tutto ciò che mi chiederai di fare. Tutto ciò che mi chiederai di fare…”

 


CONTINUA NEL QUINTO EPISODIO

Testo a cura di Lady Viviana

ANGOLO AUTORE: Scusate il ritardo, il capitolo doveva essere postato ieri. Anche questo capitolo ci lascia con un pizzico di suspence con John che sembra poter controllare Klen, una delle streghe. Inoltre è stato introdotto un nuovo personaggio, Rick: cosa accadrà tra lui e Jade? Cosa farà John, ora che ha infiltrato la sua spia nel gruppo? Scopritelo nel prossimo episodio, la 3x05 "Lei mi ha incastrata" Mercoledì 20 Maggio. Buona settimana stregata!

 

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Capitolo 5
*** 3x05-Lei mi ha incastrata ***


CAPITOLO CINQUE

"I'm Falling Ever Lower"


College di Morney Hill

 

 

Brenda e Noa erano appena usciti da un’estenuante lezione di storia americana e lei appariva particolarmente sovrappensiero, come negli ultimi giorni, del resto; tuttavia, l’amico non ci fece caso, impegnato com’era a frugare nella borsa che portava a tracolla.

 “Accidenti, credo di aver dimenticato un libro in aula! – esclamò – Ah, no, eccolo!”

Lei, distratta, si voltò verso di lui: “Hai detto qualcosa, per caso?”

 “Sì, pensavo di aver dimenticato un libro, ma invece mi sbagliavo. A proposito, ho passato tutta la lezione a chiedermi: ma, secondo te, la gente si accorgerà prima o poi delle sparizioni improvvise dei loro cari? Insomma, Megan è ad Alkaban da un bel po’, ormai. Nessuno si domanda dove sia? Non ci sono nemmeno quei volantini delle persone scomparse appese ai pali della luce, tipici dei film!”

 “Il Consiglio ha fatto uno dei suoi abracadabra, come sempre. Quelli che conoscono Megan ovviamente non si sono dimenticati di lei, semplicemente non trovano strana la sua assenza. Tutto regolare, insomma.”

 “Inquietante… voglio vedere cosa si inventeranno quando in città rimarremo quattro gatti! Se scompare il panettiere, faranno un incantesimo anche al pane per consegnarsi da solo e farlo sembrare normale al resto degli abitanti rimasti?”

“Probabilmente… - rispose l’amica, annoiata - purché loro continuino ad avere tutto sotto controllo…”

Fu allora che Noa si accorse del suo strano comportamento: “Ti vedo strana. Sei forse triste per aver perso la tua inseparabile balestra nelle fogne?”

Prima di rispondere, Brenda riprese a camminare, improvvisamente nervosa: “Può essere!”

Lui subito la inseguì: “Ok, mi sono perso qualcosa, forse?” chiese e improvvisamente, poco lontano da loro, videro Jade, che attraversava il campus diretta verso la strada.

Brenda si bloccò e rimase a fissarla, immobile.

 “Ehi, quella non è Jade?” chiese Noa, stupito.

 “Almeno frequenta ancora la scuola! Pensavo che l’avesse totalmente ignorata, come ha fatto con tutto il resto della sua vita.”

Nel frattempo una macchina aveva parcheggiato vicino al marciapiedi e la ragazza, sorridendo, vi era salita, lasciando i due spiazzati.

 “Ma quella è la macchina di Samuel!” esclamò Brenda.

 “E quello alla guida non sembra per niente Samuel…” commentò invece Noa, guadagnandosi un’occhiataccia.

 “Chissà chi diavolo è quel ragazzo…”

 “Voglio morire…” le disse l’amico, abbastanza serio, e lei lo guardò storto.

 “Che c’è? La morte sembra averla resa più felice, oltre al fatto che ora è in compagnia di un bel fusto come quello!” rispose lui.

Brenda scosse la testa, prima di mettersi in marcia, determinata a scoprire tutto: “Dobbiamo seguirli, prendi la macchina!”

Noa, però, la fermò, prendendola per un braccio: “Frena, frena, frena! – poi tirò fuori dalla tracolla i dipinti delle tre persone trovati nella cassa – Ti ricordo che la signora Ferguson ci ha dato il compito di trovare queste persone, che, molto probabilmente, vivono qui a Morney Hill.”

 “Sì, ma…” tentò di replicare l’amica.

 “Ma niente, Brenda! Jade ha detto molto chiaramente di non voler essere cercata da nessuno di voi. Inoltre sembra stare bene e sta anche frequentando il college. – le mise una mano sulla spalla – So che ti manca e che sei preoccupata per lei, ma ora Jade riesce a sentirsi meglio solo in questo modo e ha il diritto di avere i suoi spazi e di combattere a suo modo il dolore. Ha bisogno di respirare, di cambiare aria. E, cosa più importante, di non indossare per un altro fottutissimo giorno i panni di se stessa.”

Brenda rimase colpita dalle sue parole al punto che si arrese: “Hai ragione… Alla fine, era da molto tempo che non la vedevo sorridere come poco fa. E se la sua nuova vita e il suo nuovo amico le permettono di sorridere ancora e di dimenticarsi tutto quello che ha passato, allora la lascerò in pace, perché sono la sua migliore amica e le voglio bene.”

Noa annuì, sorridendole: “Forza, andiamo a svolgere il nostro compito pomeridiano di ricerca dei contenitori umani, anche se, detta così, è parecchio inquietante...”

Lei, sollevata, fece altrettanto: “Sì, ma per te tutto è inquietante. Comunque, vorrei prima passare dalla signora Ferguson per farle sapere che Jade sta bene, ok? Anche se ha deciso di rispettare il suo volere e di non cercarla, è comunque in pensiero.”

 


Casa Ferguson

 

 

Mentre tutti i demoni e le streghe erano tenuti al sicuro ad Alkaban, Tamara e Klen erano rimaste in città e, più precisamente, a casa di Dana, dove la stavano aiutando a risolvere il problema del marchio di Zack. Il ragazzo, ovviamente, era molto riconoscente nei loro confronti.

“Grazie per essere rimaste, non eravate tenute a farlo, visto che ora avete un posto sicuro ad Alkaban.”

 “Dana ci ha salvate da John, perciò le stiamo solo restituendo il favore” le rispose Tamara, voltandosi verso di lui. L’altra, invece, si muoveva per la cantina, guardando e toccando ogni cosa.

 “Lei ha una collezione di pozioni davvero molto interessante, signora Ferguson. Le ha create tutte lei?”

 “La maggior parte” rispose Dana.

 

Intanto, Tamara si era avvicinata a Zack e gli aveva messo due bulloni fra le mani.

 “A proposito, Klen ha fatto questi come richiesto. Serviranno a salvare i vostri Xao e Zeta.”

Lui la guardò perplesso: “Due bulloni?”

 “Sì, esattamente. Sono incantati, ovviamente. Dopo che avrai liberato i due angeli, buttali nella gabbia e loro simuleranno degli ologrammi intelligenti. John non si accorgerà nemmeno di parlare con dei falsi. A questo punto, però, un grazie sarebbe gradito...” gli rispose Klen.

 “Beh, grazie allora. – rispose il ragazzo, per poi voltarsi verso Dana – Chi l’avrebbe detto che la soluzione sarebbero stati due bulloni!”

 “Sapete, - confidò loro Tamara - è la mia strega migliore, riesce a fare gradi cose con poco. Per questo non sono andata ad Alkaban, perché devo proteggerla.”

 “Posso immaginare… - replicò l’anziana strega, per poi proseguire -  Bene, ora direi di passare alla faccenda del marchio, invece.”

Zack, allora, si spogliò per mostrarlo e subito la strega più giovane lo riconobbe.

 “Il marchio di Anvolea. Sei stato graffiato?”

 “Sì, ma la signora Ferguson dice che è stato modificato, perché un demone non può controllarne un altro con il marchio, come mi ha confermato anche Terence.”

 “Sì che può, in un certo senso. John ti ha graffiato con l’artiglio di Anvolea e tu ti sei trasformato in un demone, ma ha approfittato della tua ingenuità facendoti credere che così ti avrebbe controllato, affinché tu non potessi cercare una soluzione per liberartene. Posso sapere chi è la strega che ha evocato il l’artiglio, piuttosto?”

Fu Dana, però, a risponderle: “Una strega di nome Heith.”

 “Questa strega deve aver modificato l’artiglio sotto ordine di John. Ora dove si trova? Lei è l’unica che può annullare la modifica fatta, anche se comunque non potrà farlo tornare umano.”

“Sfortunatamente, non sappiamo più nulla di lei. – rispose il ragazzo, amareggiato - E’ fuggita dopo l’ultima profezia.”

 “E, anche se lo sapessimo, non potremmo nemmeno portarla qui per via della cupola, quindi…” aggiunge Dana, facendo arrabbiare Zack.

 “Quindi sono stato fregato da quel pazzo. Fantastico!”

Perfino Tamara parve dispiaciuta per lui.

 “Klen, non si può proprio fare nulla? Hai sempre trovato rimedio a tutto, da quando ti ho accolta nella mia congrega.”

 “Sì, effettivamente una soluzione c’è, o almeno credo: se Zack tornasse umano, il marchio scomparirebbe e, quindi, John non avrebbe più alcun controllo su di lui.”

 “Ma io non ho mai sentito di un demone tornato umano!” esclamò l’anziana strega.

 “Nemmeno io, infatti. Il punto è: chi diventa demone, ama rimanerlo, o invertire il processo è talmente tanto atroce e pericoloso da non tentare nemmeno?”

 “Quindi potrei tornare umano?” chiese il ragazzo, speranzoso.

 “Devo fare una ricerca più approfondita, non mi intendo molto di demonologia, se devo essere sincera. Ho fatto solo una supposizione in base alle mie conoscenze, tutto qui.”

 E Tamara aggiunse: “Sì, ma le serviranno alcuni dei nostri libri per farla e li ha John, al momento.”
Zack, però, era determinato: “Klen, quali libri ti servono? Fammi una lista e te li porterò, ok?”

Ma Dana, preoccupata, lo fermò mettendogli una mano sulla spalla: “Zack, potrebbe sorprenderti, mentre rubi quei libri. Per di più, non sappiamo nemmeno che tipo di controllo ha su di te, visto che per il momento sei sempre stato al suo fianco senza disubbidire mai ad un suo ordine. Potrebbe torturarti con uno schiocco di dita, per quanto ne sappiamo.”

Lui, però, scosse la testa, esasperato: “Correrò il rischio, non posso continuare a vivere così. Magari lui non sospetta ancora nulla, altrimenti me l’avrebbe già fatta pagare, non credete? E, se anche fosse, non ha nemmeno più alleati: chi potrebbe fare la spia su di me?”

Sul gruppo cadde il silenzio, rotto solo qualche secondo dopo da Klen.

“Nessuno. Tutti odiamo John.”

“Esatto! Quindi, se starò attento, non verrà a sapere che faccio il doppiogioco. Ora fate quella lista e io vi porterò i libri che servono.”

Le sue parole convinsero finalmente tutti e Tamara si spostò per prendere carta e penna, mentre Klen si avviava verso le scale.

 “Io vado un attimo in bagno, torno subito. – li avvisò – Tamara, inizia a fare la lista, più o meno sai quali mi serviranno.”

L’altra si fermò e la osservò, perplesso: “Vai un po’ troppo spesso in bagno, ultimamente, o sbaglio?”

La strega le sorrise: “Bevo molta acqua, ultimamente. Fortuna che non ho scelto la strada dell’alcolismo per dimenticarmi della prigionia!"

 “Ok, - la congedò - ma non metterci troppo. Non li conosco proprio tutti.”

 

Pochi secondi dopo, si chiuse in bagno e, sentendosi al sicuro, iniziò a parlare.

 “Ho alcuni aggiornamenti…”
“Finalmente, - rispose la voce di John nella sua mente - ero impaziente… Racconta!”


Intanto, Brenda e Noa erano giunti a casa Ferguson e subito si erano diretti in cantina, dove la ragazza era rimasta sorpresa di trovare Zack.

 “Ehi, sei qui!”

“Ciao, Brenda. Sì, sono qui per la storia del marchio.”

Lei annuì, per poi rivolgersi a Dana, accanto a lui: “Novità?” chiese.

 “Le streghe ci stanno lavorando, non è molto facile salvare il nostro ragazzo. Ma non ci daremo per vinte, non preoccuparti.”

Preoccupata, la ragazza disse alla strega-capo della Congrega: “Tamara, so che volete aiutarci e io sono la prima a ringraziarvi per questo, ma cercate di non fermarvi troppo qui, ok? Appena possibile, dovete raggiungere Alkaban, dove sarete al sicuro.”

Mentre parlava, Klen le raggiunse e subito si rivolse a lei con tono d’accusa: “E poi cosa succederà? Resteremo ad Alkaban per sempre? Noi abbiamo scoperto della cupola sanguinea e di un sacrificio che potrebbe riguardare la nostra congrega e il clan dei demoni, ma… non sappiamo cosa invece avete scoperto voi su questa faccenda, ora che ci penso...”

Brenda si bloccò, non sapendo cosa rispondere, ma per fortuna Dana prese la parola al posto suo: “Credimi, cara, ne sappiamo quanto voi, perciò seguite il suo consiglio. Appena ci avrete aiutate, correrete ad Alkaban, perché la priorità è tenervi al sicuro da John, adesso.”

Intanto, Brenda si era ripresa e, notando il suo sguardo cinico, non riuscì a nasconderlo: “Mi sembri un po’ troppo sospettosa verso le persone che ti hanno salvata da quel mostro… - le disse, irritata - Insomma, quando ti ho trovata avevi praticamente la sua mano sulla gola!”

Tamara, allora, capì di dover prendere da parte la giovane strega e mettere fine alle occhiatacce che si stavano scambiando le due.

 “Ehm, forse è meglio se ci spostiamo da un'altra parte per stilare quella lista… Perdonatela, quelle due settimane dentro una cella l’hanno stressata molto” e subito dopo le due si allontanarono.

 “Vado con loro, così appena finiscono corro a prendere quei libri dall’ufficio di John, ok?” disse Zack, salutandoli.

 

Quando rimasero in tre, Dana si avvicinò a Brenda e le accarezzò con dolcezza il braccio.

“Tesoro, cosa ti sta succedendo? Ti vedo tesa, ultimamente…”

Noa, avendo la stessa impressione, decise di intromettersi: “Già, te la sei quasi mangiata a colazione per delle perplessità, peraltro giuste, che chiunque avrebbe potuto avere. – poi abbassò il tono – Fra l’altro, non ha tutti i torti ad essere sospettosa, perché noi ne sappiamo davvero molto più di loro…”

 “Sì, ma loro non devono saperle. – replicò Dana, sempre sussurrando - Quello che scopriamo, deve rimanere solo tra noi e il Consiglio o rischieremo davvero di dare vita ad una guerra dentro la guerra.”

Sbuffando, la ragazza si convinse: “D’accordo. Cambiando discorso, questa mattina abbiamo visto Jade al college. Pare frequenti ancora le lezioni e sembra stare magnificamente…”

 “Già, - aggiunse Noa, notando la perplessità della donna – era sorridente come non mai e in compagnia di un ragazzo, che è venuto a prenderla in macchina.”

 “Con la macchina di Samuel, per la precisione! Piuttosto, non la tenevate in garage?”

Dana annuì: “Sì, sì, ma… siete sicuri di aver visto bene? E chi è questo ragazzo?”
“Sì, era lei. Comunque non sappiamo chi sia lui, non l’ho mai visto. Ad occhio e croce sembrava avere quasi una trentina di anni, forse un paio di meno, ma sicuramente molti più di lei.”

La preoccupazione sul volto della donna, ormai, era evidente e Noa, notandolo, si affrettò a tranquillizzarla.

 “Senta, come ho detto a Brenda, credo che Jade stia molto meglio, adesso, e che in qualche modo si stia distraendo. Il ragazzo mi sembrava un tipo apposto, oltre che carino, e poi lei è adulta, ormai, quindi lasciatela vivere come meglio desidera. Insomma, se avessi passato quello che ha passato lei, sarei stato disposto a dare l’anima al diavolo per non essere più la persona che ero!”

Brenda, però, rimase alquanto infastidita dalle sue parole: “Sì, ma prima o poi dovrà tornare a darci una mano, no? Questa è la sua vita e la sua natura, che le piaccia o no! Comprendo il suo dolore, ovviamente, sono la sua migliore amica, ma nemmeno noi ce la stiamo passando bene, visto che da quando sono tornata a Morney Hill non faccio che correre da una parte all’altra come una pazza, rischiando di morire. Lei questo lo sa, mentre si gode i suoi giorni da non sono Jade?”

Di fronte al suo sfogo inaspettato, i due rimasero pietrificati e per questo non fecero in tempo a dirle nulla, dato che qualcosa iniziò a brillare sopra una delle mensole: era la bussola dei disordini. Mentre Dana la andava a prendere, Brenda cercò di ricomporsi, osservata a vista da Noa.

 “A quanto pare, qualcuno è stato infettato. – commentò la donna –Doveste andare a controllare.”

Benché ancora provata, la ragazza prese in mano la bussola: “D’accordo.”

 “E la ricerca dei contenitori umani? – chiese Noa, perplesso, guadagnandosi una strana occhiata da parte della signora Ferguson che lo mise in imbarazzo – Beh, li chiamo così!”

“Rimandate la ricerca ad un altro giorno, tenere la città al sicuro è più importante, ora!” rispose lei, congedandoli.

Mentre stavano per andare via, però, Brenda, seccata, sussurrò tra sé e sé: “Sì, certo. Brenda è sempre pronta!”

Tuttavia, i suoi bisbigli non sfuggirono all’amico: “Parli da sola adesso?”

 “No, non ancora. – rispose lei, ironica - Sto aspettando di perdere totalmente il senno per farlo.”

 “Ooook, ora sbrighiamoci, però, amica che oggi ha deciso di fare l’attaccabrighe!”

 “Noa, - replicò lei, seria - non mi va di scherzare, oggi!”



Alkaban

 

I demoni e le streghe soggiornavano ormai da diversi giorni ad Alkaban e la loro permanenza, stranamente, sembrava procedere al meglio. Jackson stava uscendo dalla sua stanza, pronto a raggiungere Barnès e gli altri demoni nella sala di ritrovo a loro riservata dal Consiglio, quando, percorrendo un corridoio, sentì qualcuno camminargli dietro, finchè, seccato, non decise di fermarsi.

 “Hai intenzione di lasciarmi in pace, o no? Ora non siamo più dentro delle celle, quindi perché non vai dalle tue amichette streghe?”

Si trattava, infatti, di Harmony, che ironicamente rispose: “Volevo solo vedere quanto era grande questo posto…”

 “Beh, non abbastanza, a quanto pare…”

 “Non ti sembra buffo che da una gabbia piccola siamo passati ad una più grande? Io non amo restare chiusa nei posti, mi piace essere libera. Chissà per quanto tempo non assaporerò la mia libertà perduta…” concluse, melodrammatica.

 “Sei sempre così teatrale? E poi, non è vero, ora siamo semplicemente in un posto sicuro con grandi stanze e letti comodi. – rispose, seccato - Dio, quanto sono lunghi questi corridoi?”

La ragazza, però, sembrò determinata a non lasciarlo andare: “Sì, sono stanze grandi con letti comodi – che, detto tra noi, per voi demoni è il massimo del lusso – ma ben presto ti sembrerà solo una grande prigione da cui vorrai evadere!”

Irritato, Jackson si bloccò e si voltò verso di lei: “Senti, non ci casco, ok? Vuoi farmi credere che hai visto qualcosa nella tua folle testolina per dirmi queste cose, per caso? Va bene, grazie a te ci siamo tirati fuori da quel postaccio, ma adesso qui siamo protetti e quei cancelli tengono lontani quelli come John. Perciò, date le circostanze, sono contento di essere qui!”

 “Sei davvero convinto che quei cancelli ti proteggano da John… oppure da Jade?”

Jackson divenne improvvisamente teso: “Jade può entrare ad Alkaban quando le pare e piace e poi, perché dovrei avere paura di lei?”

 “Beh, non c’è alcun motivo per cui Jade dovrebbe venire qui, ma se ci fosse…”

Esasperato, il ragazzo le si avvicinò, minaccioso: “Senti, smettila di fare insinuazioni basate dal nulla, ok? Si può sapere cosa vuoi da me, poi?”

L’altra ridacchiò, divertita: “Insinuazioni basate dal nulla? Avanti, sappiamo entrambi che sono ben fondate, ma tranquillo... – si avvicinò al suo orecchio e continuò sussurrando – … so mantenere un segreto.” e poi indietreggiò per allontanarsi,
compiaciuta, ma lui la fermò subito.

 “Harmony, cosa vuoi? Mi stai ricattando, per caso?”

“Senti, quando mi annoio, mi piace giocare e tu e i tuoi amici demoni siete dei soggetti molto interessanti, per quanto ne so. In genere, però, sappi che sono più una spettatrice che una giocatrice, perché di solito mi diverto a provocare gli altri, in attesa di vedere come andrà a finire il gioco.”

 “Tu sei pazza!” gridò lui, per poi girarsi per andarsene.

 “Io voglio esserti solo amica, Jackson!”

Il ragazzo si bloccò, per poi voltarsi lentamente: “Mi prendi in giro, per caso? Mi hai appena paragonato ad un gioco con cui passare il tempo! Inoltre, cosa vuol dire che ti diverti a provocare? Per caso vuoi metterci la pulce nell’orecchio riguardo a Jade per poi metterla contro di noi?”

“Io non metto proprio nessuna pulce, Jackson. Le pulci hanno le zampe e ci arrivano benissimo da sole nell’orecchio delle gente. – improvvisamente, però, parve sentirsi in colpa  – Ok, forse ho esagerato… del resto, sbaglio sempre tutto, ecco perché nessuno mi sopporta e non ho amici. Tuttavia, sappi che hai un’amica con cui parlare. Sono convinta che tu, rispetto ai tuoi compagni, sia l’unico ad avere una coscienza e che ti dispiace per certi errori del passato...”

A quel punto Jackson capì di non poter più negare il suo segreto: “Grazie per la tua amicizia, allora. E per la cronaca, so perfettamente che Jade, prima o poi, scoprirà tutto. Nella notte della cupola era dalla nostra parte e voleva uccidere il Consiglio, ma, se si fosse resa conto di chi siamo veramente, avrebbe ammazzato noi. Ecco perché ho fatto di tutto per dare una mano a sua nonna e i suoi amici: volevo solo rimediare...”

“Lo so, Jackson. Spero solo che l’instabilità di quella ragazza non ci porti tutti alla rovina. Potrebbe diventare seriamente pericolosa...”

 “Per questo il mio clan è al sicuro qui dentro, più stiamo lontani da lei e meno si interesserà a noi.”

 “Sfortunatamente, però, questa città non è abbastanza grande per tenervi lontani…”


Nel frattempo, in un’altra zona di Morney Hill, Rick era alla guida dell’auto, accanto a una Jade molto più serena. Improvvisamente, parcheggiò all’interno di una stradina senza uscita e lei, perplessa, si voltò verso di lui.

“Perché ci hai portati qui? – sorrise – Guarda che ho molto da studiare, non possiamo passare tutti i giorni a divertirci! Anche se non ci vedo nulla di divertente in un vicolo cieco…”

Lui, però, continuò a fissarla, mettendola in imbarazzo: “Ti va di andare al mare, oggi?”

Lei rimase seria per un secondo, poi, alla fine, scoppiò a ridere: “Al mare? Sul serio?”

 “Credimi, mai stato serio come ora.”

“Avanti, Rick, lo sai che non possiamo lasciare la città!”

 “Ma non ho mai detto che lo faremo! Non fisicamente, almeno.”

Quelle parole incuriosirono molto la ragazza: “Cosa vorresti dire? Spiegati!”

L’uomo, allora, pescò dalla tasca una sfera colorata grande quanto un uovo e gliela mostrò: “Questa me l’ha regalata Sophia tanto tempo fa. E’ una sfera magica con una storia davvero meravigliosa dietro.”

 “Racconta…” rispose lei, interessata.

 “Quando Sophia era piccola, lei e la sua famiglia vivevano in una baita in montagna. Mi ha raccontato tante volte delle giornate passate con la sorella minore a giocare nei prati pieni di fiori ad inseguire farfalle colorate, o vicino al ruscello, dove l’acqua era limpida e le rane salvano sulle pietre. Insomma, un vero paradiso per due bambine. Un giorno, però, dovettero trasferirsi in città e, beh, capirono presto che non sarebbe stata la stessa cosa. Allora una loro cara zia, che le andava a trovare una volta al mese, portò loro in dono questa sfera, capace di portarti con la mente ovunque tu voglia. Naturalmente loro ne furono felici, perché grazie ad essa riuscirono a tornare alla loro montagna stando semplicemente sedute ad occhi chiusi nella loro stanza. Andavano lì con la mente, ma non con il corpo, però era un paradiso lo stesso.”

Jade sorrise: “E’ davvero una bellissima storia. Come si chiama questa sfera, piuttosto?”

 “La sfera dell’immaginazione! ” esclamò lui, ridendo.

 “Ok, allora dammela! Come funziona?”

Rick gliela passò, mettendola nel suo palmo aperto:  “Devi semplicemente chiudere gli occhi e immaginare il luogo in cui vorresti essere. Ehi, tieni conto del luogo che ho scelto, mi raccomando!”

Divertita, la ragazza chiuse gli occhi: “Si si, ora lasciami concentrare!”

Dopo pochi secondi, li aveva ancora chiusi e l’uomo la scosse.

 “Jade? – chiamò – Guarda che puoi aprirli, adesso!”

“Davvero posso? Ci sono già riuscita?”

E, quando lo fece, smise di parlare, rimanendo letteralmente senza fiato: l’auto si trovava in mezzo ad un autostrada, accanto a cui si stendeva il mare su cui il sole stava tramontando.

 “I miei complimenti… - commentò Rick, sorridendo - vedo che hai tenuto conto anche del mare…”

 “Wow, incredibile, ho semplicemente immaginato di voler sfrecciare su un’autostrada lunga e deserta accanto al mare, per poi mettermi in piedi e allargare le braccia, mentre il vento mi colpisce il viso!”

 “Beh, allora ti manca ancora qualcosa!” commentò lui, mettendo in moto.

Poco dopo, stavano sfrecciando lungo l’autostrada e Jade si sentì totalmente libera, mentre ad occhi chiusi e braccia spalancate, lasciava che il vento le scompigliasse i capelli. E un sorriso sereno le dipinse il viso, come non succedeva da tanto tempo.


Liceo di Morney Hill

 

 

Brenda e Noa erano alle prese con la ricerca del nuovo abitante della città infettato dai disordini e la bussola gli aveva portati verso il vecchio liceo della ragazza che, ovviamente, non fu per niente contenta.

 “Non ci credo...” esclamò.

 “Non credi a cosa?”

Lei osservò per qualche minuto delle ragazze poco lontane che le ricordavano come era stata un tempo: “Il mio vecchio liceo. Non pensavo che sarei tornata di nuovo qui, un giorno.”
Il ragazzo annuì, muovendo la bussola in tutte le direzioni per cercare il disordine: “Tranquilla, nemmeno a me manca la scuola, soprattutto le docce negli spogliatoi maschili, dove tutti mi evitavano come la peste. Tranne qualcuno, ovviamente.”

 “E’ incredibile che tutti sapessero che sei gay, tranne tuo padre, comunque.”

 “Beh, nemmeno tu l’avevi capito, all’inizio, se per questo!”

Brenda gli lanciò un’occhiataccia: “Non è colpa mia se sei troppo virile!”

Noa rise: “Ma per favore, smettetela di stereotiparci, paragonandoci al classico gay effeminato! Voi ragazze non avete ancora imparato nulla dopo Ricky Martin?”

 

Improvvisamente, però, alle loro spalle arrivò un urlo isterico: “Siete davanti allo sportello della mia macchina!”

Girandosi, videro a pochi passi da loro una ragazzina bionda e appariscente.

 “Oh, scusami tanto, - replicò Brenda, beffarda - la prossima volta mi farò crescere gli occhi dietro la testa, così, se dovessi passare di nuovo di qui e mettermi davanti allo sportello della tua auto, mi sposterò al volo vedendoti arrivare…”

L’altra la guardò in modo strano: “Ok, però sei ancora lì davanti.”

Intuendo che la situazione stava per precipitare, Noa prese l’amica, visibilmente alterata, e la trascinò via:  “Ooook, eccoti il campo libero!”

 “Grazie tante, era ora!” replicò la ragazza, salendo in macchina.

Vedendola andare via, Brenda sussurrò, isterica: “Se solo avessi una delle pozioni della signora Ferguson, le farei venire tanti di quei brufoli da farla rinchiudere in casa per sempre!”

 

Subito dopo, un’altra voce alle loro spalle interruppe i due amici: “Brenda?” chiamò qualcuno e velocemente Noa infilò la bussola in tasca, prima di voltarsi.

 “Wes? – esclamò lei sorpresa, per poi squadrarlo - Mi stai seguendo, per caso? Insomma, se è per gli appunti, sono qui nella borsa, non c’è bisogno di stalkerarmi!” e iniziò subito a frugarvi dentro per cercarli, ma lui la fermò prima.

 “No, non voglio i tuoi appunti, non più. Ho già risolto. Sono solo qui per prendere mia sorella a scuola, non ti sto stalkerando.”

Lei rimase spiazzata dalla risposta di lui:  “Ah. Capisco…”

 

In quel momento il ragazzo notò che la tasca di Noa si era illuminata.

 “Ehm, che cos’è quella luce?” chiese, indicandola.

 “La tecnologia dei nuovi telefoni, eh?” rispose Noa, preso alla sprovvista, con un sorrisino.

Wes, però, si limitò a lanciargli una strana occhiata, perché subito dopo fu richiamato da una ragazza che si trovava alle sue spalle.

 “Uffa, Wes, vogliamo andare? Se fossi andata con la macchina di Stacy e il suo fratello fico, sarei già arrivata a casa da un pezzo!”

 “D’accordo andiamo!” le rispose il fratello, lanciando uno strano sguardo ai due e allontanandosi.

 

Subito, Noa si voltò incuriosito verso l’amica.

 “Chi era quello?” chiese.

“Uno del mio corso a cui dovevo degli appunti, ma che non è più venuto a casa mia a prenderli. Non capisco perché si sia offeso tanto, visto che gli avevo scritto anche il mio indirizzo ed ero stata gentile…”

 “Credo si sia offeso per essere stato chiamato stalker. Oggi sei parecchio acida, sai?”

Ma Brenda non ebbe il tempo di replicare, perché la loro attenzione fu catturata da un incidente appena successo a pochi metri di distanza: un’auto era andata a sbattere contro un albero. Subito la folla di studenti si assiepò intorno e i due, facendosi largo attraverso essa, riuscirono ad arrivare in prima fila e ad osservare la scena più da vicino.

Il ragazzo fu il primo a parlare: “Toh, guarda, proprio la ragazza che volevi ricoprire di brufoli!”

Lei, però, non disse nulla, impegnata a osservare un’altra ragazza, in piedi, lontano dal gruppo: “Ehi, guarda quella! – la indicò - Sono tutti qui a guardare l’incidente, mentre lei… ok, aspetta, ora sta scappando via. Seguiamola!” e iniziò a correre, mentre Wes, poco lontano, li osservava, sempre più sospettoso.

 


Municipio – Ufficio del Sindaco

 

 

Dopo aver ricevuto la lista di libri dalle streghe, Zack era corso nell’ufficio di John e, fortunatamente, non aveva trovato nessuno, così era corso subito nel passaggio segreto per liberare i due angeli.

Una volta tirati i due fuori dalla gabbia, mise dentro al loro posto i bulloni incantati da Klen: “Ok, la ragazza ha detto che dovete battere le mani tre volte, perché proiettino i vostri ologrammi, ok?”

Xao, però, gli rivolse un’occhiata perplessa: “Sei sicuro che John non si accorgerà dell’inganno?”

 “Gli sembrerà di vedere voi, come se foste davvero dentro quella gabbia. Inoltre, sono ologrammi intelligenti, quindi, ogni volta che parlerà con loro, saranno in grado di rispondere e dialogare.”

Senza più dubbi, i due batterono le mani e i bulloni fecero il loro lavoro.

Zack, allora, decise che era arrivato il momento di occuparsi dei libri, così si rivolse a Zeta: “Avete visto dove ha messo i libri delle streghe, per caso? Dall’ufficio sono scomparsi, quindi devono essere senz’altro qui.”

La donna glieli indicò subito: “Sì, sono sotto quel lenzuolo bianco, dietro quelle cianfrusaglie.”

Lui eseguì, tirandoli fuori uno alla volta, per poi controllare la lista. Velocemente, mise quelli che gli servivano in un sacco, che poi diede in mano ai due angeli: “Bene, questi sono i libri che servono alle streghe. Teletrasportatevi a casa di Dana, poi correte ad Alkaban il più presto possibile, lei vi spiegherà meglio, ok? Sarete al sicuro in quel posto, nel caso John scoprisse l’inganno!” e i due, annuendo, svanirono.

 

Il ragazzo, allora, uscì dal passaggio segreto e, dopo aver richiuso la libreria, si ritrovò davanti proprio John.

 “Oh Dio, sei tu, - esclamò - mi hai fatto prendere un colpo!”

 “Non sei un vero demone, allora! – ribatté quello, sarcastico - Noi non proviamo paura, né tantomeno prendiamo colpi! Piuttosto, cosa ci fai nel mio ufficio?”

 “Ehm, ti stavo cercando! Dov’eri?”

“Ho incontrato un agente immobiliare e ho comprato una casa. Mi sembrava una cosa giusta da fare, – rise – quale sindaco non ne ha una? Insomma, non posso vivere nel mio ufficio o in quel posto sottoterra! Comunque, perché mi cercavi?”

 “Per conoscere la tua prossima mossa, no? Mi sembra che stai prendendo piuttosto alla leggera la fuga dei demoni e le streghe, o sbaglio?”

John lo fissò per qualche secondo, mettendolo quasi in soggezione, poi rispose: “Non l’ho presa tanto alla leggera, credimi, solo esteriormente non lo do a vedere. Tuttavia, non preoccuparti, non mi do per vinto e mi inventerò qualcosa, se ho tempo. A proposito, quando avrò finito di arredare casa, darò un piccola festa e inviterò alcuni miei dipendenti e altra gente. Vorrei che ci fossi anche tu. Verrai?”

Zack, benché perplesso dal suo comportamento apparentemente così calmo, annuì: “Ma certo, perché non dovrei esserci?”

L’uomo sorrise, compiaciuto ed entusiasta: “Bene. Ottimo. Ciao, allora.” ed entrò nel suo ufficio, lasciando il ragazzo in mezzo al corridoio in preda alla confusione.


Intanto, la ricerca di Brenda e Noa si era conclusa in un quartiere residenziale, davanti ad una abitazione come le altre. Per questo, il ragazzo aveva controllato per l’ennesima volta la bussola, che ancora lampeggiava con discreta intensità.

“Non c’è dubbio, quella ragazza che abbiamo visto fuggire è stata infettata. La bussola non ha mai smesso di lampeggiare da quando abbiamo iniziata a seguirla. Ora come ci comportiamo, però? Insomma, suoniamo alla sua porta e le diamo un colpo in testa, sperando che la madre non chiami la polizia, o cosa?”

L’amica scosse la testa: “Senti, avviciniamoci e teniamo d’occhio la situazione, ok? Dopo vedremo come comportarci” e così fecero.

Mentre si avvicinavano alla casa, però, Noa, sconvolto, sussurrò: “Dio, è solo un adolescente…”
“Un adolescente pericolosa, però, che, non so come, ha mandato fuori strada una sua coetanea!” replicò l’amica, subito interrotta da una voce alle loro spalle.
“Se fossi in voi, non lo farei!”

Noa sobbalzò all’istante, per poi girarsi, sotto shock: “Oddiooo! – poi si ricompose, vedendo che l’amica non aveva avuto la sua stessa reazione – Cioè, ragazzina, non lo sai che non si sorprendono i grandi alle spalle?”

Infatti si trattava di una normale ragazzina in bicicletta.

 “Scusami, cosa non dovremmo fare, esattamente?” le chiese Brenda.

 “Entrare in quella casa” rispose lei, suscitando la loro curiosità.

 “Come mai questo avvertimento? Conosci per caso la ragazza che ci vive?”

 “Sì, certo. Jenna è la mia migliore amica. O almeno, lo era...”

 “In che senso? Cosa è successo?”

 “Ha iniziato a diventare strana e a fare cose strane. Sapete, c’è un gruppetto di ragazze a scuola che ci tratta sempre da sfigate, ma noi ce ne siamo sempre fregate, sedendoci insieme in un angolo della mensa a parlare di loro e a prenderle in giro. Poi, però, le cose sono cambiate e Jenna ha iniziato a parlare di loro con odio, non più scherzosamente, come eravamo abituate a fare. Quella ragazza che oggi ha avuto l’incidente si chiama Beth. Lei faceva parte di quel gruppo e ha fatto la stessa fine di tutte le altre.”

Brenda la guardò, confusa, pensando di avere capito male: “Le altre? Vorresti dire che non è la prima?”

 “No, la cosa va avanti da settimane. Una di loro, Carol, si è buttata in piscina con addosso delle catene, martedì scorso. Un’altra, Melissa, si è addirittura messa una corda intorno al busto e l’ha fissata al retro dello scuolabus, poco prima che partisse. Insomma, a quel gruppo di ragazze sono successi numerosi incidenti. Jenna, quindi, ha ottenuto quello che voleva e vi posso assicurare che è stata lei a fare tutto questo!”
“Non preoccuparti, ti crediamo, ma a cosa ti riferivi quando hai detto che fa cose strane?”

 “Rubava loro delle cose, tipo capelli o pezzi di indumenti, ma non ho mai capito cosa ci facesse poi. Mi ha totalmente ignorata, dopo essere diventata strana e non sono mai più entrata in casa sua da allora.”

 “E i genitori di Jenna?”

 “Non lo so, non li vedo da giorni. Ma, scusate, chi siete voi, esattamente?”

Brenda le sorrise: “Senti, noi aiuteremo la tua amica. Siamo qui per lei, ok? Tu torna a casa e resta il più lontano possibile da qui. Se non ti ha ancora fatto del male, vuol dire che ti vuole ancora bene.”

L’altra, benché perplessa, annuì, girando la bici: “Sono certa che Jenna mi voglia ancora bene, anche se al momento non riesce a dimostrarmelo. Le amiche non posso ignorarti così, dal giorno alla notte, no?”

Brenda ci pensò su, poi annuì: “Faremo in modo che le cose tornino come prima, d’accordo? Ora vai!”


Subito dopo, i due tornarono a camminare verso la casa e Noa non resistette alla tentazione di commentare la storia: “Non so se stai pensando alla stessa cosa, ma io credo che Jenna abbia iniziato a sperimentare il voodoo.”

 “Beh, se lo sta praticando, faremo in modo che smetta! Ignorare la sua amica per degli stupidi problemi personali con delle oche ossigenate è inammissibile!” replicò l’amica, varcando il cancello.
“Quindi cosa facciamo adesso? Suoniamo il campanello e ci facciamo strappare via un capello per poi ritrovarci a camminare sul cornicione di un edificio? Magari su quello di John, mentre ci ride in faccia gridando: Avanti cadi, avanti cadi! Cosa stai aspettando a cadere?”

Brenda gli rispose con un’occhiataccia: “No, genio! Indaghiamo un po’ per capire meglio la situazione!”

 “Cosa c’è da capire? – chiese lui, avvicinandosi alla cassetta della posta - Un’adolescente sfigata vuole distruggere le sue compagne di scuola super popolari. La vendetta che ogni teenager vorrebbe, se sapesse che il soprannaturale esiste! Io qualche abra-voodoo a qualcuno l’avrei fatto molto volentieri, quando ero al liceo. Tu no?”

 “Io ero la super popolare, a dire il vero. Fortunatamente, nessuno mi odiava a quei tempi. – poi guardò perplessa l’amico, che stava cercando di forzare la cassetta delle lettere – Si può sapere cosa stai facendo? Con indagare, non intendevo frugare nella cassetta delle lettere! E poi a quattordici anni non ricevi posta!”

Noa, però, era di tutt’altra opinione:  “Bingo! Jenna ha ricevuto un catalogo chiamato… – lo girò per poter leggere – Dolls Magazine. Inquietante…”

 “Che fantasia! Beh, almeno abbiamo confermato la teoria del voodoo!”

 “Sai, Jenna sembra molto fissata con questa roba, questo è il numero 234 che riceve quest’anno.”

 “MOLTO fissata, considerando che potrebbe aver iniziato ad abbonarsi a questa roba da anni! Potrebbe avere milioni di Dolls Magazine nella sua camera.”

 “Se ne avesse davvero così tanti, sarebbe automaticamente un’accumulatrice compulsiva, tipo quelle che vedi in televisione e che riempiono la casa di gatti, mobili o scatole per cibi d’asporto usate!”

Brenda si fermò e lo guardò in modo strano: “Ehm, diventi un accumulatore compulsivo con qualsiasi cosa accumuli. Non solo gatti, mobili o scatole per cibi d’asporto, sai? E comunque, perché stiamo continuando a parlare di cose stupide? Torniamo a casa della signora Ferguson e vediamo come agire, no?”

Lui la squadrò, perplesso: “Tutto qui? L’indagine è già finita?”

 “Non possiamo fare nulla, per adesso. Non sappiamo di cosa sia capace e non possiamo usare le maniere forti, perché è pur sempre una ragazzina. La signora Ferguson, invece, ci darà una mano per portarla ad Alkaban senza che nessuno si faccia male.”

Capendo la situazione, Noa acconsentì, allontanandosi con lei. Sfortunatamente, però, Jenna gli aveva osservati per tutto il tempo da dietro la finestra della sua camera, ben nascosta dalle tende.

Casa Ferguson

 

 

Subito dopo aver lasciato il municipio, Zack era tornato da Dana portando con sé i libri per le streghe e la sua agitazione fu più che evidente all’anziana strega.

 “E’ stato davvero inquietante incrociare John.”

I due, nel frattempo, si erano spostati dalla cantina al soggiorno: “Almeno sei riuscito a recuperare i libri e a liberare Xao e Zeta.”

Il ragazzo, però, non parve tranquillizzato, anzi, iniziò a fare avanti e indietro, nervoso: “Sento che sa che sto mentendo e collaborando con voi. Inoltre, sembra essere totalmente tranquillo, nonostante abbia perso i suoi prigionieri. Sta tramando qualcosa e io ho paura ad essere ancora nelle sue mani…”

 “In effetti, salvare i demoni e le streghe è stato fin troppo facile, come se ce gli avesse serviti su un piatto d’argento, ma, sinceramente, non vedo cosa ci possa guadagnare da tutto questo…”

 “Inoltre, non mi coinvolge più in niente. Non mi consulta da parecchio tempo, ormai, e questo mi fa capire ancora di più che non si fida di me!”

La donna si avvicinò a lui e gli mise una mano sul braccio nel tentativo di tranquillizzarlo: “Zack, calmati! Ti libereremo da quel marchio, ok?”

 

Nello stesso momento, in cantina, le streghe stavano consultando i libri proprio per risolvere il problema di Zack. In particolare, Tamara continuava a girare le pagine in cerca di una soluzione, mentre Klen, alquanto distratta, girovagava per la stanza, finchè non fu richiamata dalla più anziana.

 “Klen, che cosa stai facendo? Non possiamo perdere tempo, dobbiamo aiutare Dana e poi raggiungere gli altri ad Alkaban. Non voglio essere di nuovo rapita da John, perciò sbrigati! Mi servi qui ora!”

L’altra, però, parve non ascoltarla, impegnata com’era a scrutare dei tappeti ammassati uno sopra l’altro in un angolo: “Qui sotto sembra esserci qualcosa…”

La donna sbuffò: “Klen, non toccare nulla!”

Ma l’altra disubbidì, scoprendo una piccola cassaforte. “Chissà cosa c’è dentro…” si chiese. Tamara controllò l’ingresso della cantina, per paura che Dana tornasse, poi si girò verso di lei: “Klen, rimetti giù quei tappeti e vieni qui! Sono cose che non ci riguardano!”

Ancora una volta la giovane strega la ignorò, toccando la cassaforte e ricevendo una piccola scossa, che la fece indietreggiare: “Accidenti, una protezione magica!”

 “Ben ti sta a ficcanasare!”

 “Chissà cosa c’è lì dentro da doverlo proteggere così. Magari informazioni sulla cupola, non credi?”

Per un attimo, l’altra parve cedere alla curiosità, ma poi, per fortuna, tornò in sé: “Klen, non sono affari nostri, qualsiasi cosa sia! Dana e i suoi compagni ci hanno salvati, perciò vieni subito qui a sederti e a consultare questi libri, ok? Sono il capo della tua congrega, non disubbidirmi!”

Le sue parole convinsero finalmente Klen che, sbuffando, la raggiunse al tavolo: “Va bene, va bene!”

Tuttavia, non riuscì a non continuare a lanciare, di tanto in tanto, qualche occhiata alla cassaforte.


Nel frattempo, Brenda e Noa erano rientrati a casa e subito Dana aveva voluto sapere com’era andata la ricerca: “Avete trovato il disordine?” chiese.
“Sì, sottoforma di una ragazzina di quattordici anni.”
Sentendo la risposta di Noa, Zack si intromise: “Qual è la frequenza dei disordini, nelle ultime settimane?”

“Due o tre a settimana. – rispose la ragazza - Per il momento la situazione è stabile, grazie alla pozione immunitaria che la signora Ferguson ha diffuso qualche settimana fa.”

La donna, però, non parve altrettanto fiduciosa: “Sì, ma l’effetto della pozione non farà la differenza. Presto o tardi, i disordini infetteranno sempre più persone: questa è soltanto la quiete prima della tempesta!”

“Confortante…” rispose il ragazzo.

L’amica, allora, decise di tornare a focalizzarsi sul loro problema: “Ok, comunque noi adesso abbiamo il problema della ragazzina infettata, perciò, come ci comportiamo? Non possiamo starle dietro tutto il giorno, vorrei anche studiare e riposare per almeno un’ora, se possibile.”

Dana,  percependo una nota isterica nella sua voce, si voltò immediatamente verso di lei: “Stai bene, cara?”

 “E’ così da tutto il giorno!” rispose Noa per l’amica, ricevendo in cambio un’occhiataccia.

 “Noa!”

“Davvero tesoro, qualcosa non va?”

 “Niente, va tutto a meraviglia, ora possiamo sbrigarci?”

Ma Zack, altrettanto preoccupato, insistette: “Brenda!”

 “Ok, volete sapere cosa mi prende? Sono stanca! Stanca di correre a liberare demoni e streghe, di salvaguardarli da chissà cosa, di cercare i disordini, di trovare persone disegnate in un foglio da qualcuno morto secoli fa e di non ricordare l’ultima volta che ho dormito per almeno due ore di fila! Voi ve ne state qui a consultare libri, Terence è ad Alkaban con il Consiglio a controllare gli altri e puntualmente siamo sempre io e Noa ad andare a destra e a manca a rischiare la vita. Per non parlare del fatto che lui è ancora inesperto, il che vuol dire che è come essere da sola. – poi parve accorgersi di cosa aveva detto e si voltò verso l’amico – Senza offesa, eh! E, in tutto questo, Jade frequenta regolarmente le lezioni e si fa venire a prendere da un ragazzo che non sappiamo nemmeno quando ha conosciuto, fregandosene totalmente di cosa stiamo passando noi!”

Zack, quando finì, la guardò piuttosto confuso: “Cercate persone disegnate in un foglio? E Jade ha conosciuto un ragazzo? – poi si infuriò – Sono l’ultima ruota del carro, forse? Perché io non sono a conoscenza di queste informazioni?”

A rispondergli fu Dana, che prima non risparmiò alla ragazza un’occhiata severa per ciò che si era lasciata sfuggire: “Abbiamo scoperto alcune cose, recentemente. Se non te le abbiamo dette, è solo perché sei ancora sotto il controllo di John e potrebbe leggerti la mente. Per quanto riguarda il ragazzo misterioso, Brenda me l’ha raccontato solo questa mattina.”

 “E chi è? Possiamo fidarci?” chiese subito, preoccupato, ma ricevendo in cambio solo una risposta scocciata da parte di Brenda.

 “Senti, Zack, lei sta bene. Sta più che bene. Preoccupiamoci di noi stessi, per adesso, ok?”

E subito la signora Ferguson ne approfittò per cambiare discorso: “Noa, cosa sapete dirmi di questa ragazza?”

 “Usa delle bambole per torturare le compagne di scuola. E’ fissata!”

 “Vorremmo portarla ad Alkaban senza doverle fare del male. – aggiunse Brenda – Anche perchè non potrei fargliene in ogni caso, visto che ho perso la mia balestra nelle fogne!”

L’anziana strega annuì leggermente, poi ci rifletté su per qualche secondo, prima di parlare: “Seguitemi, forse ho qualcosa che fa al caso nostro!” e, dopo essere saliti velocemente in soffitta, li portò davanti a qualcosa nascosto sotto ad un lenzuolo. Subito lo tolse, mostrando cosa c’era sotto.

Noa fu il primo a commentare, perplesso: “Una casa delle bambole? Ci… mettiamo a giocare anche noi, adesso?”

Dopo un’occhiataccia generale, Dana spiegò loro di cosa si trattava: “Ho regalato questa casa a mia figlia, quando era piccola. Ci ha giocato anche Jade, da bambina. Voi, invece, la userete per intrappolare la ragazzina. E’ un’appassionata di bambole, no? Sarà contenta di avere anche una casa tutta per loro!”

 “Farà un incantesimo alla casa?” le chiese Noa, curioso.

“C’è già. L’ho fatto molto tempo fa, quando John sparì dalle nostre vite per qualche tempo. Temevo che sarebbe tornato e che avrebbe fatto del male a noi, ma soprattutto alla sua piccola nipotina, così ho fatto in modo che, aprendo la finestrella della soffitta, si venga risucchiati all’interno della casa. Quando la porterete alla ragazzina, dovrete fare in modo che la finestrella sia aperta e che lei ci passi davanti, ok?”

 “D’accordo, ma come la portiamo in casa sua senza destare sospetti?”

“Sono sicura che vi verrà in mente qualcosa!”

Poi, prima che andassero via, diede loro un ultimo avvertimento: “Ah, dimenticavo, non aprite la finestrella mentre siete davanti alla casa, o verrete risucchiati anche voi!” e, dopo che i due annuirono, li lasciò andare via con la casetta.

 

Da un’altra parte, nella dimensione che Jade aveva creato grazie alla sfera dell’immaginazione, lei e Rick si stavano rilassando, seduti sulla spiaggia a guardare il mare.

Lei, in particolare, stava guardando con curiosità il sole: “Ma non tramonta mai? Siamo qui da molto, ormai…”

 “Hai immaginato una spiaggia con il tramonto e così resterà fino a quando non torneremo alla realtà.”

Jade annuì, sorridendo: “E’ come fermare il tempo, in un certo senso. Un sole che non tramonta mai. Incredibile!”

 “Già, - le rispose lui, sdraiandosi - sarebbe bello poter fermare il tempo per sempre, bloccare questi momenti, impedirgli di tornare a scorrere.”

Per qualche minuto, su di loro calò il silenzio, perché la ragazza era troppo impegnata a riflettere.

 “Rick, - esordì dopo un po’ - secondo te dove si va quando si muore?”

L’uomo rise:  “Non sono mai morto, non lo so. In paradiso, forse?”

 “No, seriamente. Non ho mai creduto a queste storie sul paradiso o l’inferno, quindi secondo te dove si va?”
“Spero in un bel posto, dove rivedi tutte le persone a te care…”

Lei rise, dandogli una forte pacca sulla spalla: “Stai descrivendo il paradiso, cretino! – poi tornò subito seria e riflessiva – E se la morte fosse l’inizio di una nuova vita? Morire e poi ricominciare a vivere altrove…”

Lui, incuriosito, si voltò a guardarlo: “Ne sembri così sicura…”

 “Prima di incontrarti, sono morta. Per davvero. Per questo mi hai trovata sconvolta quel giorno, davanti a casa tua. Ero stata resuscitata, strappata da quel luogo a cui ero destinata ad appartenere.”

 “Di che luogo si trattava?”

Jade chiuse gli occhi, cercando di ricordare ogni dettaglio: “Ti sembrerà assurdo, ma ero a Brooklyn. Sì, ero proprio lì. Ero nel parcheggio di un supermercato, stesa sull’asfalto con attorno delle buste della spesa e il bagagliaio della macchina aperto. Sembrava quasi che l’avessi fatta io e che la stessi sistemando in auto, come se mi fossi svegliata in una vita già in corso. Poi mi si avvicina questo signore che mi chiede se sto bene e io, confusa, mi guardo attorno e vedo anche altra gente.”

 “Quindi l’aldilà non esiste, semplicemente si muore e si finisce qualche chilometro più in là?”

 “Non lo so, sembrava un posto assai lontano… ma, probabilmente, non lo scoprirò tanto presto ora che sono di nuovo viva.”

E, senza aggiungere altro, i due continuarono a godersi la spiaggia.



Casa di Jenna – Morney Hill

 

 

Brenda e Noa stavano trasportando la casa delle bambole di fronte alla porta della casa della ragazza. Durante il tragitto Noa aveva pensato ad una strategia efficace, che continuò a ripetere all’infinito all’amica.

“… e, dopo essere entrati, tu la intrattieni, mentre io porto di sopra la casa delle bambole e apro la finestrella. Poi, la fai salire, le dai uno spintone e BOOM, risucchiata!”
Brenda, suonando il campanello, disse seccata: “Si si, ho capito” mormorò l’altra, seccata, suonando il campanello.

 “No, lo devi capire bene, invece, visto che a casa della signora Ferguson hai detto che sei praticamente sola nell’azione! Perciò voglio un grazie, quando Jenna sarà rinchiusa ad Alkaban!”

 “Bene, allora suoniamo. Ti chiedo scusa per quel commento...”

 “Tranquilla, accetto le scuse, anche se non mi sono offeso più di tanto. Del resto, non hai tutti i torti: con Megan-il mostro non sono riuscito ad aiutarti molto, stavamo quasi per soffocare…”

Con un accenno di sorriso sulle labbra, la ragazza attese con lui l’arriva di Jenna che non si fece aspettare, dato che li stava attendendo dietro la porta.

 “Sì?” chiese e Noa diede inizio alla recita.
“Salve, lei è Jenna… - si bloccò, ricordando di non sapere il cognome – quella abbonata alla nostra rivista Dolls Magazine?”

Mentre Brenda sudava freddo, la ragazza rispose, seccata: “Sì, allora?”

 “Complimenti, lei è stata selezionata tra tutti gli abbonati della rivista e ha vinto questa graziosa casetta delle bambole!” e gliela mostrò, non lasciandosi sfuggire la reazione entusiasta dell’altra.

 “Oh, ma davvero? Io non ho mai vinto niente!”

Il ragazzo le sorrise: “Bene, sono contento per te, allora. Puoi indicarmi la tua camera, così te la lascio? Mi sa che è troppo pesante per te…”

 “Ok, devi salire le scale, la terza stanza che incontri lungo il corridoio.”

Ma, prima che potesse seguirlo, Brenda le parlò, distraendola: “Allora, non ti sei persa nemmeno un numero di questa rivista, eh? Posso farti alcune domande, allora? Sai, in caso dovessimo fare altre estrazioni per regali-omaggio! – poi notò qualcosa nella sua tasca – Vedo che hai una delle tue bambole con te. Carina!”

 “Ha anche una pistola, come accessorio. Da grande vuole essere una poliziotta” rispose quella, una nota diabolica nella voce.


Noa, intanto, era entrato nella sua camera, una stanza del tutto normale, a prima vista. Poi, però, notò sulle mensole le sue bambole, insieme ad altri oggetti curiosi: una macchina giocattolo, uno scuolabus giocattolo assieme ad una corda e una finta mini-piscina assieme a delle mini-catene.

Subito  esclamò, sbalordito: “Pazzesco…e inquietante!” e, non perdendo altro tempo, posizionò la casa sul ripiano di un mobiletto, aprendo la finestrella della soffitta e tenendosi dietro ad essa per non finire risucchiato.

Improvvisamente, sotto i colpi delle due ragazze, la porta cadde a terra e le due finirono a terra, una sopra l’altra.

Brenda, cercando di tenere ferma Jenna, gli gridò: “Punta la casa verso di noi, non riuscirò a tenerla inchiodata al pavimento per molto!”

 “Ma… ma risucchierà anche te!” replicò lui, combattuto.

 “Portaci ad Alkaban, lì mi tireranno fuori! Muoviti!”

E lui fece come richiesto. Pochi secondi dopo, erano state entrambe letteralmente risucchiate al suo interno, lasciandolo letteralmente senza parole.

 “Wooow! – esclamò, per poi tornare subito serio – Ok, adesso devo portare la casa ad Alkaban, però!”

Tuttavia, non fece nemmeno in tempo a prenderla in mano, che sulla porta della stanza comparve una ragazza con la pistola: la migliore amica di Jenna.

Noa, immobile e teso, alzò le mani: “Tu sei la ragazza con cui abbiamo parlato prima, l’amica di Jenna!”

Quella iniziò ad avanzare all’interno: “Vi avevo detto di andarvene. – poi la sua voce iniziò a tremare – Non voglio spararti, ma lei mi sussurra delle cose…”

Il ragazzo non la perse di vista un istante, mentre cercava di avvicinarsi sempre di più all’uscita: “Ok, suppongo che la sentirai comunque anche se ti tappi le orecchie, vero?”

Quando lei sembrò in procinto di sparare, riuscì a gettarsi velocemente fuori, così, quando partì il colpo, il proiettile finì nella parete del corridoio. Tuttavia, si rialzò talmente in fretta che cadde nuovamente vicino alle scale, rotolando giù e perdendo i sensi.

Nel frattempo, all’interno della casa delle bambole

 

 

Qualche secondo dopo, Brenda si risvegliò. Era nel soggiorno e subito iniziò a guardarsi intorno, stupita.

“Accidenti, dentro è identica alla casa della signora Ferguson!”
Poi notò che Jenna non era nei paraggi, così decise di chiamarla: “Jenna? Dove sei? Lo so che sei qui da qualche parte, non puoi sfuggirmi!”

Non ricevendo risposta, si avvicinò alla finestra, cercando di guardare fuori: “Noaaaa?? Noa! Accidenti, dov’è?” gridò.

Improvvisamente, dei passi fecero tremare la casa e, davanti a sé, vide l’amica di Jenna che vi puntava contro la pistola.

Brenda, sgranò gli occhi, sotto shock: “Oh mio Dio…” e subito si buttò per terra, mentre i proiettili colpivano la casa.

Jenna, intanto, si era nascosta in una delle stanze, per parlare alla bambola con cui comandava la sua amica.


Alcune ore dopo, Brenda era ancora nascosta dietro ad uno dei divani del salotto e con cautela si stava trascinando verso le scale, perché aveva compreso che la finestrella della soffitta si era richiusa e che doveva salire al piano superiore ad aprirla per risucchiare dentro anche l’altra ragazza, in modo da non ferire nessuno.
Arrivata in soffitta e una volta aperta, notò preoccupata che fuori non c’era più nessuno.

 “Ma dove diavolo…”

In quel momento, si sentirono nuovamente dei passi all’esterno: qualcuno stava salendo le scale. Tuttavia, ad entrare in camera, qualche secondo dopo, fu Terence, che non vedendo nessuno, iniziò ad avanzare all’interno.

Brenda, naturalmente, cercò di gridare nel tentativo di farsi sentire: “Nooo, non entrare! Terence, non entrareee!”

Ma, inevitabilmente, fu risucchiato anche lui, mentre la ragazza, invano, cercava di richiudere la finestrella, che si era bloccata. Quando capì che era ormai troppo tardi, scese di corsa le scale, raggiungendo il suo amato al piano inferiore: Terence era in piedi nel soggiorno e, quando Brenda entrò nella stanza, vide attraverso la finestra che l’amica di Jenna era tornata, pronta a sparare nuovamente. Gridando, si buttò contro di lui, mentre i proiettili distruggevano tutto, sollevando polvere e schegge di legno ovunque.

Non appena i colpi cessarono, Terence riuscì a parlarle: “Stai bene? – poi notò del sangue sul braccio di lei – Brenda, ma tu sei ferita!”

Solo in quel momento lei se ne accorse: “Eh già! Sanguina anche un bel po’…”

Lui, allora, si risollevò e la prese in braccio: “Ok, ora ti porto in un’altra stanza e cerco di fermare il sangue.”


Qualche secondo dopo erano rinchiusi nel bagno del piano superiore. Terence aveva messo Brenda nella vasca, per poi iniziare ad aprire i cassetti in cerca di qualcosa che potesse essergli utile. Fortunatamente, riuscì a trovare delle bende, una boccetta di disinfettante e dei medicinali.

La ragazza, vedendo quelle cose in mano, ne rimase molto sorpresa: “Ci sono davvero? In una casa delle bambole?”

Lui si occupò della ferita, mentre le rispondeva: “La casa è stata fatta da Dana, cosa ti aspettavi? Che non avesse bende, disinfettanti e medicinali? Scommetto anche che scorrerebbe acqua dai rubinetti, se li aprissi!”

Brenda, allora, accennò un sorriso poco felice: “Come ci hai trovato, piuttosto?”

 “Dana si è preoccupata, visto che eravate spariti da ore, così mi ha chiamato. Avete lasciato la bussola, quindi l’ho usata per trovarvi. Anzi, per trovare il disordine, che poi mi ha portato da voi.”

Improvvisamente, Brenda iniziò ad agitarsi: “Oh mio Dio, Noa! Come sta? L’hai visto?”

“Stai tranquilla, era sulle scale, quando l’ho trovato. Deve essere caduto, ma non preoccuparti: respirava.”

Lei, più sollevata, iniziò a stringere i denti per il dolore, perché Terence le stava estraendo dalla spalla una scheggia di legno.

 “Sei stata fortunata” le disse, mentre disinfettava la ferita.

La ragazza scoppiò in una risata sarcastica: “Fortunata! Bella questa! Ho a malapena schivato un proiettile grande quanto un’auto e sarei fortunata!”

L’uomo la osservò a lungo, mentre le fasciava la spalla: “Dana mi ha raccontato del tuo strano comportamento. In effetti, sei intrattabile da giorni, sai?”

Brenda rivolse lo sguardo dall’altra parte, cinica: “E cosa ne sai tu? Tanto sei sempre ad Alkaban, o a fare altro!”

 “Beh, - replicò lui, togliendo un oggetto da dietro la schiena - oggi non sono stato tutto il giorno ad Alkaban. Sono anche tornato a cercare la tua balestra nei tunnel!” e gliela porse.

 “Puoi tenertela, non c’era bisogno di andare a prenderla!”

Stufo, Terence sbuffò: “Ok, si può sapere cosa ti prende?”

Finalmente, la ragazza si voltò e lo guardò negli occhi: “Mi prende che questa situazione rispecchia perfettamente quello che sto vivendo da quando siamo tornati a Morney Hill: mi sento intrappolata!”

 “Che cosa vorresti dire?”

 “Jade mi ha incastrata nella sua vecchia vita! Santo cielo, ho passato un’intera estate ad essere completamente ignorata da lei, poi torna a parlarmi, ma subito dopo sparisce dalle nostre vite come se nulla fosse. Un’amica non si comporta così! Ok, Samuel è morto, ma non possiede il monopolio del dolore. Anche noi soffriamo! – scoppiò a piangere – Quella notte, quando abbiamo salvato i demoni e le streghe, ho incontrato John: per circa cinque minuti mi ha fatto provare la sensazione di avere dell’acido a scorrermi nel corpo e mi sono sentita morire… Poi ho pensato: ho preso il suo posto. Ho preso il posto di Jade. Sto vivendo la sua vita, mentre lei è lontana da tutto questo. Capisci? Mi ha incastrata, Terence! Lei mi ha incastrata e non le importa niente di quello che mi sta succedendo, delle conseguenze del suo allontanamento. Questa è la sua vita, non la mia! Io sono solo l’amica che la affiancava, non la prescelta! Non ho nemmeno dei poteri con cui difendermi! Io… io sto crollando, giorno dopo giorno e lei non lo sa, non ne ha nemmeno idea e questo mi fa rabbia…”

Colpito dalle sue parole, Terence la abbracciò, asciugando le sue lacrime.

“Non voglio più avere paura… - continuò - temo per la mia vita ed anche per la tua. Jade non sa tutto questo, è solo un’egoista e io la odio per questo!”

 “Brenda, - iniziò lui, gentile, cercando di farla calmare - non sei sola in tutto questo. Hai me, hai Noa e anche la signora Ferguson. Io, poi, non permetterò che ti accada nulla, ok?”

Ma lei, poco fiduciosa, scosse la testa: “Non puoi saperlo… E poi, non so se voglio riprendere quella balestra in mano. Non sono più sicura di volermi mettere contro John, o di affrontarlo di nuovo. Credimi, è stato orribile!”

Lui, però, era determinato: “E invece la riprenderai, perché è l’unica cosa che può difenderti, chiaro? E di John non devi più avere paura, perché non gli permetterò di farti di nuovo del male. Adesso usciamo da qui, ok?” e la tirò su, prendendola per un braccio.

 “A proposito, sai come uscire da qui?” le chiese, mentre iniziavano a percorrere il corridoio.

 “Dana ha detto che l’uscita è nella stanza di Jade, dove non c’è magia sulle finestre.”


Poco dopo, i due giunsero nella camera e Terence, voltandosi verso Brenda, le porse la balestra, con un sorriso di incoraggiamento.

 “Forza, ce la puoi fare! Scocca una delle tue frecce e usciamo.”

Lei, però, parve ancora troppo intimorita.

 “Avanti, non avere paura… sei la ragazza più forte che abbia mai conosciuto. Non smontarmi questo mito, Brenda Jenkins! – e rise, per poi guardarla con tenerezza – Non sai quanto ti amo…”

Finalmente convinta, la ragazza prese in mano la balestra, ma, prima di scoccare la freccia, sentì di dovergli dire ancora una cosa: “E tu sei l’uomo più persuasivo che abbia mai conosciuto, sai?” poi, la fece partire e quella fece un buco nella parete, cui seguì subito dopo un’esplosione.

Terence le prese la mano, sorridendo: “Forza, andiamo!”

Lei ricambiò il sorriso, pronta a saltare fuori, quando, improvvisamente, fu presa alle spalle da Jenna. Le due caddero a terra, lottando e sbattendo ovunque, finchè Brenda non prese tra le mani una lampada e non gliela spaccò in testa, facendole perdere i sensi.

 “Accidenti, - esclamò l’uomo, stupito – che botta!”

 “Non l’ho uccisa, vero…?” chiese invece lei, quasi in colpa e subito Terence si affrettò a controllare.

 “No, respira, ma… a chi stavi pensando, mentre ti preparavi al lancio?”

 “A Jade e a suo nonno. Direi che mi sono sfogata, adesso. Possiamo tornare indietro.”

Lui, però, prima mise una mano nella tasca di Jenna, estraendone la bambola: “Prima prendo questa, però. Tanto per evitare che quell’altra ragazza fuori ci spari!”

 “Giusto!” rispose lei, annuendo e mano nella mano, finalmente uscirono, concludendo la loro lunga giornata.

Casa Ferguson

 

 

In casa Ferguson era ormai sera. Tamara si era presa una pausa dai libri e Dana le stava preparando un tè. Klen, invece, era rimasta da sola in cantina, a lavorare ancora sul marchio. Solo che non era particolarmente concentrata, perché continuava ad osservare la cassaforte, ora nascosta sotto il cumulo di tappeti.

Improvvisamente, iniziò a parlare: “Sono sicura che lì dentro c’è custodito qualcosa di molto importante e che Dana ci nasconde qualcosa…”

Nella sua mente, John rispose: “E tu troverai il modo di aprirla per scoprirlo…”


 

CONTINUA NEL SESTO EPISODIO

Testo a cura di Lady Viviana.

ANGOLO AUTORE: Non perdete l'appuntamento con il prossimo episodio, la 3x06 "Sulla via del pericolo", dove gli intrecci a Morney hill si faranno sempre più seri e pericolosi. Alcuni segreti saranno svelati, perciò non mancate per Mercoledì 27 Maggio. Ricordo a tutti, come sempre, di lasciare un commento ai fini delle continuazione della storia e di passare nella sezione "scheda personaggi" presente nella prima stagione al capitolo 1x00 per vedere il volto dei vostri personaggi preferiti. Buona settimana stregata!

 

 

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Capitolo 6
*** 3x07-Non ho più paura di te ***


CAPITOLO SETTE

"Goosebums Town"

                                                                             

 

 

Halloween’s Eve – Casa di John

 

 

John aveva il foglio di istruzioni tra le mani e stava facendo avanti e indietro per la stanza con i quattro ragazzi bloccati contro la parete a guardarlo. Terence fu il primo a parlare, senza timore: “Allora sei stato tu ad entrare nella cantina di Dana! Non ti hanno nemmeno visto arrivare: uno dei tuoi tanti poteri, suppongo. Quello dell’invisibilità, magari?”

“Sì, sì, uno dei tanti. Come quello di duplicare le cose, come puoi vedere” spiegò, mentendo, ma Zack intuì subito l’inganno.

“E c’era bisogno di rapire Klen e ferirla a morte? Oppure l’hai solo manipolata affinché prendesse quel foglio per poi ridurla in quello stato e farci credere che non c’entrasse nulla? Avanti, sappiamo entrambi che ti piace far fare il lavoro sporco agli altri, John!”

L’uomo lo guardò e sorrise: “Per questo sei qui stasera, Zack. Ho sempre saputo che eri dalla loro parte. Credevi forse che non lo sapessi?”

“E tu credevi che non lo sospettassi? Klen era sempre con noi e ti riferiva tutto quello che accadeva, non è così?”

Di fianco a lui, Wes, confuso e spaventato, continuava ad agitarsi: “Che cosa sta succedendo? Chi diavolo siete, in realtà? E di cosa state parlando?”

Noa, però, cercò subito di farlo calmare: “Zitto, non ti agitare!” gli bisbigliò, ma era troppo tardi: ormai avevano attirato l’attenzione di John.

“Ma non è amico vostro, questo?” chiese ai tre, indicandolo.

“No! – esclamò immediatamente Noa - E’ solo un ragazzo innocente che non ha nulla a che fare con tutto questo, perciò lascialo andare!”

“Sì... sì, ha ragione lui! – balbettò Wes, tremando - Io non c’entro nulla!”

“Sapete perché siete qui, vero? – continuò il demone, ignorandoli - Beh, se non lo sapete, ve lo dico io adesso: ci sono alcune cose che non sono riuscito a scoprire per conto mio e scommetto che voi ne sapete molto più di me su quello che sta accadendo. Seconda cosa, sono molto arrabbiato. Alcuni dei presenti mi hanno tradito, voltandomi le spalle, mentre alcuni dei vostri amici mi hanno profondamente umiliato, dimenticando chi sono!”

Terence, furibondo, non riuscì a stare zitto: “Se ti riferisci a Brenda, beh, direi che ti sei già vendicato abbastanza su di lei. L’hai spaventata a morte!”

“Quello era solo un gioco, Terence. Se avessi voluto, avrei fatto molto di peggio! Voi ancora non conoscete il significato di vendetta per John Rockwell. Ma lo saprete presto, perchè state pur certi che da questa casa almeno uno di voi non uscirà vivo!”

Sentendo le sue parole, Wes iniziò ad agitarsi ancora di più: “Voglio andarmene! Voglio andarmene! Aiutoooo, aiutatemi, sono quiii!”

John rise di gusto nel vederlo: “Non ti sentirà nessuno, risparmia il fiato. Non ti hanno detto che questa città è praticamente mia?”

Noa, allora, bisbigliò di nuovo al ragazzo: “Vuoi darti una calmata? Guarda che quello non scherza, perciò chiudi quella bocca se non vuoi fare una brutta fine!”

Sul gruppo cadde il silenzio e il demone poté tornare a studiare il foglio che aveva in mano.

“Domanda numero uno: a cosa servono questi contenitori? – li osservò per decidere chi doveva rispondere – Zack!”

“Non ne ho idea!” rispose quello e John scosse la testa, insoddisfatto.

“Risposta sbagliata!” e, stringendo il pugno, fece sorgere un dolore nel petto del ragazzo, esattamente dove si trovava il marchio, che sembrava quasi bruciare sotto la maglietta.

Zack, straziato dal dolore, con gli altri totalmente impotenti attorno a lui, iniziò a gridare: “Ho detto che non lo soooo! Non me l’avrebbero mai detto, ero un tuo seguace e avresti potuto leggermi nella mente!”

Il dolore cessò. “Quindi loro lo sanno? E’ questo che stai cercando di dirmi?”

Troppo tardi l’altro si rese conto di essersi tradito: “Io... io non intendevo questo…”

“E invece sì! – poi spostò lo sguardo su Terence – Tu saprai sicuramente qualcosa, sei praticamente parte del gruppo, ormai.”

Ma l’'uomo rimase impassibile: “Puoi torturarmi quanto vuoi, ma dalla mia bocca non uscirà niente.”

“Perché lui non sa DAVVERO niente! – aggiunse Zack - Insomma, nemmeno a noi è chiara questa storia della cupola, dei contenitori di cui parla quel foglio e di molto altro.”

Di fronte a lui, John scoppiò a ridere: “Ma a chi vuoi darla a bere? Ci sono diciannove streghe in questa città. Esclusa la mia cara nipotina, ovviamente, che, tra l’altro, ha avuto la geniale idea di farsi da parte. Davvero ammirevole da parte sua... Comunque, hanno sicuramente scoperto qualcosa e poi l’hanno condiviso con voi” poi dalle sue dita iniziarono a uscire piccole scariche, con cui giocherellò per un po’.

“1992: ho assorbito da uno stregone il potere di creare energia elettrica con il corpo. Sapete, non l’ho mai usato, a dir la verità, ma mi sono sempre chiesto a che temperatura carbonizzi la carne...”

Tutti lo fissarono con occhi sgranati, mentre si spostava davanti a Terence, che, nel frattempo, si rifiutava di reagire e di avere paura.

“Non rispondi? – attese ancora una manciata di secondi – Ok, come vuoi...”

Ma, poco prima che si scagliasse contro di lui, Noa, consapevole che anche Brenda ne avrebbe risentito, iniziò a gridare: “Fermoo, aspetta! Io so qualcosa, ok? Posso dirtelo, ma tu lascialo stare!”

Immediatamente, l’uomo spostò lo sguardo su di lui: “Interessante, non mi aspettavo che qualcuno tenesse a Terence a tal punto da prendere il suo posto... Spero che tu non mi abbia appena detto una bugia, perchè sarebbe stato davvero molto stupido da parte tua...”

“Chiedimi quello che vuoi!” replicò il ragazzo, convinto.

Terence, però, intervenne: “Sta zitto, non dire niente! – gli urlò, per poi rivolgersi direttamente a John – Sta mentendo, lui non sa nulla!”

“Sta zitto tu, faccio quello che voglio!” rispose il ragazzo, lasciando senza parole per lo stupore il demone.

“Accidenti, sono davvero impressionato... Mi piaci, sai? Userò solo scariche a basso voltaggio con te, ma devi dirmi cose che abbiano un senso se non vuoi farmi arrabbiare sul serio, perciò… rispondi alla domanda di Terence, tanto per cominciare.”

Per qualche istante ci fu soltanto silenzio, poi, finalmente, Noa iniziò a parlare.

“A cosa servono i contenitori? Beh, per contenere qualcosa, no? Ad esempio, le scatole contengono le scarpe, le provette il sangue, le Matrioske altre piccole matrioske e così via. Sono stato abbastanza esauriente? Avrei qualche altro esempio, se non ti bastano questi!”

John rimase esterrefatto dalla sua risposta: “E’ una specie di presa in giro, per caso?”

“Avevi detto che la risposta doveva avere un senso e la mia lo aveva. Insomma, le hai fatte tu le regole di questo gioco, ricordi?”

L’uomo rise: “Domanda numero due: chi sta per prendersi una scarica?”

L’altro, però, calmissimo e serio, lo guardò addirittura negli occhi: “Io, forse?”

“Sbagliato! In fondo, tu hai risposto bene, no?” e subito la lanciò su Wes, che gridò per il dolore, mentre tutti guardavano sconvolti.

Noa, però, si ribellò: “Smettila, lascialo stare!!! Dico a te, stronzoo! Sei solo un patetico vecchio e figlio di puttana e…” e, finalmente, riuscì ad attirare la sua attenzione, facendo cessare le scariche contro Wes che, nel frattempo, era svenuto.

“… e io sai cosa ti dico? – replicò - Che hai appena detto una cosa senza senso, perché io non sembro affatto vecchio!” e iniziò a colpire lui, mentre Zack e Terence gli urlavano di fermarsi.

Improvvisamente, però, un telefono iniziò a squillare: era quello di Terence, caduto sul pavimento quando era stato catapultato dentro. John allora si fermò e andò a recuperarlo.

Intanto Zack, che era accanto al ragazzo, lo chiamò, cercando di non farsi sentire: “Ehi, stai bene?”

“No, – rispose l’altro con un filo di voce - ma devo resistere. Per Brenda.”

Questo colpì molto Terence, che li stava ascoltando.

John, intanto, era tornato e stava fissando lo schermo del cellulare: “Ma guarda un pò: è Brenda! – poi si voltò verso Terence – Chissà, forse vuole sapere come stai. Ora facciamo un altro gioco divertente in cui le mando un messaggio, fingendomi te e dicendo che stai bene e che non deve preoccuparsi, che ne dici? Inviato!” poi sorrise, guardando tutti.

“Visto? Ho mandato un sms! Non sono poi così tanto vecchio, no? Ora, però, voglio un altro telefono con cui giocare, perché oltre a mandare messaggi so anche imitare le voci!”

I tre rimasero a guardarlo con il fiato sospeso. Nessuno di loro sapeva come liberarsi da quella situazione folle, ma una cosa era certa: il gioco era soltanto all’inizio.

 

 

Presente – Halloween

 

 

Era ormai Halloween a Morney Hill: la festa del brivido più attesa di tutto l’anno era arrivata. Brenda, rimasta a corto di compagni di ronda, fu affiancata da Marcus, uno dei fedeli di Alaris. Infatti, dopo essere stata ad Alkaban, la sera prima, i due avevano stretto amicizia e in quel momento stavano camminavano attraverso quartieri pieni di bambini e adolescenti mascherati.

“Grazie per avermi permesso di fare una visita alla stanza di Klen, ieri. – esordì lei - Certo, non era molto lucida per poter rispondere alle mie domande, ma ho apprezzato che tu abbia infranto una piccola regola per me. Sai, Alaris non voleva farmi entrare...”

“Sì, Alaris è molto categorico. Ci tiene davvero all’incolumità di coloro che sono dentro Alkaban. Potrai sicuramente tornare domani da Klen. Quando sarà sveglia e lucida, ovviamente!”

“Lo spero, devo assolutamente scoprire se è stata aggredita da John o da un disordinato, mentre il mio ragazzo e Noa tengono d’occhio il malvagio Re del male, tenendomi lontana!”

L’altro si fermò e la guardò, perplesso: “Non avevi detto che era scomparso?”

“Sì si, poi, però mi ha chiamata e mi ha detto che stava bene. Mi ha detto che dopo la festa alla confraternita, ha visto questo ragazzo, Wes, che a quanto pare era stato infettato. Noa l’ha inseguito, lasciando la sua auto e arrivando fino a casa di John, dove poi ha incontrato Terence e Zack. Ora tutti e tre stanno cercando di capire cosa sappia John e in più cercheranno di catturare quel ragazzo disordinato da portare ad Alkaban. Due piccioni con una fava, no?”

“Appostamento lungo, però, come mai ci stanno mettendo così tanto?”

A quel punto, anche la ragazza mostrò una certa perplessità: “Non lo so, ma… hanno detto di stare bene, quindi continuiamo il giro, sperando che sia una serata tranquilla, ok? – poi scoppiò a ridere – Forse sono troppo ottimista, non esistono giorni tranquilli a Morney Hill. Figuriamoci ad Halloween!”

 

Non molto lontano da loro, anche Jade e Rick passeggiavano in mezzo alla gente. Il rapporto, però, non era più quello dei primi giorni, dopo la loro chiacchierata in palestra. Tuttavia, l’uomo sembrava non essersi accorto del cambiamento.

“Hai di nuovo fatto degli incubi, stanotte?” le chiese e lei, confusa, si voltò verso di lui.

“Incubi? Di che cosa stai parlando?”

“Fai spesso degli incubi e ti sento anche parlare nel sonno. Ecco, usi spesso una frase, ora che ci faccio caso. Parli sempre di morte e di un orologio che è stato fermato…”

“Ah si? Beh, quando sono morta, la Morte mi è comparsa davanti e mi ha spiegato delle cose. Dei meccanismi. Mi ha detto che la morte senza la vita è come un orologio fermo che non va più avanti. Che la morte genera nuovi destini. Ma io non sono morta e la mia presenza qui potrebbe cambiare il destino di tutti voi. Sai, forse faccio questi incubi semplicemente perché quelle parole mi sono state impresse e ho paura.”

Rick le sorrise: “Di certo hai cambiato il mio destino e anche in positivo. Era da molto tempo che non uscivo a fare una passeggiata così lunga e in mezzo a tanta gente, di solito è solo per quei cinque minuti in cui vengo a prenderti con la macchina. Sono decisamente rinato e sono contento che tu non sia morta...”

Sul volto della ragazza si dipinse un sorriso sincero: “Ehi, ma… – infatti, aveva notato qualcosa sotto la sua giacca – hai portato la tua strana pistola da cacciatore?”

Lui gliela mostrò: “Sì, proprio quella! Ho pensato che nessuno l’avrebbe presa come una vera pistola, visto che è Halloween!”

Lei, però, non si sentiva a suo agio, ora che sapeva: “Sì, ma potrebbe essere pericolosa. Chi lo sa, magari un bambino potrebbe sfilartela dalla tasca o che so io…”

L’uomo la fissò per un attimo, poi scoppiò a ridere: “Un bambino potrebbe sfilarmela dalla tasca? Non sarai un po’ paranoica? Jade, non sono uno sprovveduto, non metto in pericolo nessuno portando questa pistola con me! E poi non capisco cosa ti prende da ieri, ti comporti in maniera strana…”

Dopo averci pensato su un attimo, Jade decise di essere sincera con lui: “E’ che mi spaventa quella faccenda del raptus. Insomma, non posso essere certa che tu stia veramente bene. E se un demone camminasse da queste parti, ad esempio? Potresti diventare incontrollabile e qui ci sono molti bambini, Rick.”

“Quindi è per questo che sei distante... Hai paura di me?”

“Ho paura per gli altri e per te. Potresti fare cose di cui potresti pentirti con quell’arma…”

“Ma non c’è pericolo! – minimizzò lui - Non c’è alcun demone nei dintorni e io sto bene, ora. Sono guarito!”

“D’accordo, ma potresti avere una ricaduta” replicò lei, cercando di calmarsi e lui, per convincerla, le consegnò la sua pistola.

“Ecco! Ora non potrò fare del male a nessuno, ok?”

“Non guardarmi in quel modo, sto solo cercando di essere previdente! Ci dev’essere un motivo se non sei uscito dalla tua casa per parecchio tempo, no? La verità è che avevi paura di te stesso, di quello che avresti potuto fare. Di ricascare in quel baratro.”

“Sì, hai ragione. Grazie…” e i due si guardarono, sorridendo e continuando il giro.

 

 

Alkaban

 

 

Qualcuno stava bussando incessantemente alla stanza di Jackson e il ragazzo, allarmato dal modo di bussare, corse subito a vedere chi era.

“Harmony? Perché bussavi in quel…” ma non riuscì a finire la frase, perche lei si catapultò nella stanza, chiudendo la porta dietro di sé.

“Ho avuto una strana sensazione, ieri, dopo che abbiamo portato Klen in infermeria.”

“Aspetta, cosa intendi? Dici che ci ha sentiti mentre parlavamo di Jade?”

“No, non intendevo quello e poi era svenuta, come avrebbe potuto? Volevo dire che, quando l’ho toccata, ho avuto come un brivido…”

“E...? Puoi essere più chiara?”

“Purtroppo, no. Ho solo la sensazione che Klen causerà qualcosa di brutto, stando ad Alkaban. Sento qualcosa di oscuro attorno a lei. Forse eravamo al sicuro quando lei non era qui, ma ora…”

“Aspetta, ma con il tuo potere hai fatto molto di più, hai intuito molte cose, tra cui che Samuel faceva parte del nostro clan, un tempo. Non puoi avere le stesse intuizioni anche con Klen e scoprire cosa nasconde?”

Per una volta la ragazza, mortificata, abbassò lo sguardo: “Non più, il mio potere è molto più limitato dal giorno della cupola. La verità è che ho un problema, qualcosa che mi perseguita da quando ero piccola…”

“Che cosa vuoi dire?” le chiese lui, curioso e perplesso e lei gli mostrò il polso destro.

“Vedi questo braccialetto? Tiene sotto controllo il mio problema, ma allo stesso tempo trattiene parte del mio potere. Quando siamo arrivate a Morney Hill, non ce l’avevo perché si era rotto, ma Sasha, la nostra creatrice di oggetti magici, me ne ha fatto subito un altro. Ecco perché al nostro primo incontro sono riuscita a raccogliere tutte quelle informazioni su di voi: potevo sfruttare il mio potere di preveggenza al massimo. Ora, però, ho di nuovo il bracciale e riesco solo a percepire sensazioni.”

“Allora togli il bracciale, no?” propose lui, tranquillo.

Ma la ragazza, con sua grande sorpresa, scosse energicamente la testa: “No, non posso! Possibile che tu non abbia capito niente di quello che ti ho appena detto?”

“Sì, che hai un problema, ma presto lo avremo tutti se non scopri cosa sta succedendo. O cosa potrebbe succedere.”

“Mi dispiace, ma non posso togliere il bracciale. E’ estremamente pericoloso.”

“Senti, ma di che problema si tratta? Cosa tieni sotto controllo?”

Stranamente, però, Harmony rimase vaga: “Preferisco non parlarne. Però sono contenta di portare questo braccialetto, perché, fino a prima di far parte di questa congrega, ho avuto molti problemi e vivevo continuamente nella paura. E’ qualcosa di cui non voglio parlare con nessuno, davvero, mi rievoca cose che sto cercando di dimenticare… –  e subito si precipitò alla porta – Scusa, ma ora devo andare!”

Jackson provò a rincorrerla, ma invano: “Harmony, aspetta!” la chiamò, ma era già scappata via, lasciandolo davvero perplesso.

 

 

Casa di John

 

 

Dopo le torture della notte, John era uscito per parecchie ore, ma i quattro ragazzi erano rimasti appesi alla parete, incapaci di liberarsi. Erano feriti e stremati, ma non perdevano le speranze. In particolare, Noa e Wes erano svenuti, mente Terence, quello più resistente, ideava piani e li condivideva con Zack, che riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti.

“Dobbiamo trovare il modo di arrivare al telefono che c’è su quel ripiano laggiù.”

“E come facciamo? – bisbigliò l’altro, con un filo di voce - Non possiamo nemmeno usare i nostri poteri per lasciare questa casa e io sono allo stremo delle forze.”

A quel punto, Terence capì di essere impotente e si infuriò, iniziando a gridare: “Accidenti, perché nessuno si accorge che c’è qualcosa che non quadra?!? Brenda, di solito, non si fa ingannare così facilmente!”

“Beh, usa pur sempre la tua voce. Anche io ci cascherei. Non temere, però, perché prima o poi Dana e Brenda capiranno che c’è qualcosa che non va. Insomma, non possono credere per sempre alle bugie di John!”

“Spero solo che facciano presto…”

“Aspetta! A meno che… tu non ti faccia torturare ancora di più. Voglio dire, grazie a Noa sei quello che ha subito meno degli altri. Ma, se tu facessi davvero arrabbiare John, lui ti ferirebbe di più…”

“O mi UCCIDEREBBE! Sei impazzito, per caso?!?”

“Quello che sto cercando di ricordati è che tu e Brenda siete collegati.”

“Sì, ma quel collegamento non è maturato a tal punto da provocare le stesse ferite nell’altro. Quando Brenda si è ferita nella casa delle bambole, a me è comparso solo un livido.”

“Per questo devi fare in modo che John ti provochi ferite più gravi. Quando Brenda inizierà a sentirlo, capirà che ti sta succedendo qualcosa e correrà a cercarti con la signora Ferguson. Dobbiamo tentare o questo incubo non finirà! – poi con cenno della testa gli indicò gli altri due – Guardali: non sopravvivranno ad altre torture!”

Combattuto, l’uomo si arrese: “D’accordo, hai ragione…”

In quel momento, sentirono la porta d’ingresso aprirsi.

“E’ arrivato, buona fortuna!” gli sussurrò Zack.

Pochi istanti dopo, John era nella stanza, che appoggiava in un angolo la sua ventiquattrore.

“Scusatemi, ho avuto del lavoro da fare. Sapete, torno proprio adesso dall’inaugurazione di un ristorante. Gli esseri umani si eccitano così tanto per un misero taglio del nastro! Ma eccomi di nuovo qui, vi sono mancato?”

Terence lo scrutò, arrogante: “Si, ci sei tanto mancato, faccia da culo!”

“Come scusa?” chiese l’uomo, confuso, mentre Zack si preparava al peggio.

“Ho detto FACCIA-DA-CULO!”

John, allora, prese l’accetta che c’era di fianco al camino e iniziò a scaldarla con la fiamma che gli spuntava dalle dita: “Sai, pensavo di farti qualche domanda, prima di torturarti. Ma vedo che vuoi passare subito alla parte dolorosa...”

“Esatto, John, – replicò l’uomo, con un sorriso beffardo sul volto - perché tanto non risponderei comunque a nessuna delle tue stupide domande.”

“Ooook, come vuoi!” replicò il demone, avvicinandosi con l’oggetto arroventato fra le mani.

 

Intanto, Brenda e Marcus stavano continuando la ronda, quando la ragazza notò una sua compagna di college, intenta ad attaccare ai pali, agli alberi e agli steccati dei piccoli manifesti.

“Hey, ma quella è Corinne!”

“Una tua amica?” le chiese lui, vedendo che stava iniziando a correre per raggiungerla.

“Non esattamente!”

“Corinne!” la chiamò, quando fu più vicina.

La ragazza si girò e la squadrò, soffermandosi in particolare sull’arma che aveva tra le mani: “Bella balestra!” commentò, per poi tornare ad attaccare i manifesti.

“Ah, questa? Beh, dovevo pur confondermi in questa macabra serata, no?”

Corinne si voltò, torva, cinica e di pessimo umore: “Non hai un costume, ma hai una balestra? Sei parecchio strana, sai?”

L’altra rise: “Beh, sì. Parecchio. Comunque, cosa.. cosa stai facendo?”

“Sto appendendo dei manifesti con la faccia di Wes, che è scomparso da ieri! Quegli idioti del distretto non muoveranno un dito per cercarlo, visto che devono passare almeno ventiquattro dannatissime ore prima di poter dichiarare la scomparsa. Chi può essere l’idiota che ha fissato questa regola? Comunque sia, io non resterò con le mani in mano e intendo tempestare i quartieri di manifesti, anche l’intera città, se necessario. Qualcuno deve averlo pur visto!”

“Mi dispiace, spero che non gli sia successo nulla di grave. Se vuoi, ti posso aiutare ad appendere gli altri.”

Stava per rispondergli, quando la ragazza notò Marcus poco lontano: “Un altro ragazzo, eh?”

“Come? Oh no, lui è solo un amico.”

“Certo, certo, – replicò l’altra, ironica - hai sempre tanti amici intorno, tu!”

Brenda si irritò, sentendosi presa in giro: “Corinne, c’è qualcosa che non va, per caso?”

“No, sto solo dicendo che attiri la gente come una calamita, finchè non scompare!”

“Senti, sei ubriaca o cosa? – rise - Credi forse che Wes sia scomparso a causa mia? Ma è un’idea completamente folle!”

“Anche il tuo amico Noa mi sembra scomparso, come Wes. E stranamente ti conoscevano entrambi! – poi si rivolse direttamente a Marcus – Fossi in te starei attento, potresti essere il prossimo!” e si fece strada tra i due, andandosene.

Prima che potesse farlo, però, l’altra la afferrò bruscamente per un braccio: “Non so che idea ti sei fatta di me, ma mi sembra che tu stia esagerando, ora!”

Corinne le lanciò un’occhiataccia, ritirando il braccio: “Wes era fissato con te, diceva che nascondevi qualcosa di strano e io lo prendevo in giro per questo. Ma forse sto iniziando a credergli, anche se è troppo tardi. E ora, se non ti dispiace, vorrei finire il giro!” e stavolta se ne andò davvero, lasciando l’altra ragazza senza parole.

 

“Non ci credo... è matta!” esclamò.

“Se il suo amico è stato veramente infettato, ci penseremo noi, non preoccuparti.”

Brenda annuì, poi sui due calò il silenzio, rotto proprio da lei una mancia di secondi dopo, il volto illuminato per l’idea che aveva avuto nel frattempo.

“I manifesti! Oh mio Dio, i manifesti!”

Marcus la guardò alquanto perplesso: “Non capisco... di che cosa stai parlando?”

“Potremmo trovare i contenitori, facendo dei manifesti con sopra le loro facce! – poi sorrise, sempre più euforica – Quella stronza mi ha appena dato un’idea facile e veloce!”

“Ehm, scusami, ma... noi del Consiglio non amiamo molto le parolacce...”

“Oh, scusa!” replicò lei, mortificata, abbassando lo sguardo.

Lui scoppiò a ridere: “Scherzo, ti stavo prendendo in giro!”

Brenda, in risposta, ridacchiò: “Che stronzo, ci sono cascata in pieno!”

 

Improvvisamente, delle urla riempirono l’aria, attirando la loro attenzione e, dopo essersi scambiati un breve sguardo, i due corsero a vedere. In un vicolo tra due abitazioni, una donna stava urlando, indicando per qualcosa nascosto dietro ai cassonetti.

“Signora, cosa sta succedendo? Sta bene?”

Quella, spaventata e tremante, appena li vide, iniziò a urlare: “C’è un corpo qui! Un uomo!”

Marcus, però, notò subito delle strisce di sangue sull’asfalto: “Non è stato ucciso qui, dev’essere stato trascinato. Ha visto qualcuno, per caso, aggirarsi intorno a casa sua?”

“Sì, ho visto una persona dalla mia cucina, ma non immaginavo stesse trascinando un corpo. Credo sia entrato dai miei vicini.”

“Va bene, signora. – la tranquillizzò la ragazza - Adesso lei torni in casa, che noi andiamo a controllare, ok?” e, senza aspettare una risposta, i due corsero verso l’abitazione vicina.

“Fortuna che ho portato la bussola dei disordini!” esclamò Brenda, salendo i gradini.

“La porta è aperta” le fece notare Marcus e lei rallentò.

“Facciamo attenzione, allora, anche se la bussola non rileva un disordine, qui dentro. Che strano...”

 

Entrarono. Le luci erano spente e sembrava non esserci nessuno, quando, improvvisamente, Marcus notò qualcuno nell’ombra, seduto su una poltrona.

“Credo sia il tizio. Guarda!” e glielo indicò, mentre lei alzava la balestra con una mano e accendeva la luce con l’altra.

“Non muoverti, ti abbiamo preso!”

Ma la sorpresa per entrambi fu grande quando si accorse che si trattava di un pupazzo.

“Slappy?” chiamò la ragazza, perplessa.

Marcus le lanciò una lunga occhiata: “Slappy? Chi è Slappy?”

Lei roteò gli occhi: “Davvero non sai chi è Slappy? Dai, quel pupazzo della serie horror Piccoli Brividi. Lo vedevo sempre quando ero piccola e…” ma fu il pupazzo a completare la frase per lei.

“… ti sono mancato?”

Brenda rimase pietrificata per qualche istante, poi iniziò a urlare e, spaventata, scoccò per sbaglio una freccia contro la poltrona, facendola esplodere e scaraventando entrambi a terra.

Quando si diradò il fumo, Marcus si tirò su e la aiutò a risollevarsi.

“Credo sia meglio uscire di qui, ora, Slappy è ormai in mille pezzi.”

“Volentieri! Posso sopportare tutto, ma non Slappy-il pupazzo. Mi terrorizzava!”

 

Quando furono fuori, però, notarono subito qualcosa di strano.

“Puoi sopportare altri tizi strambi, invece?” le chiese Marcus, perplesso. Lei, allora, seguì la direzione del suo sguardo e rimase letteralmente allibita da ciò che vide.

“Ti prego, dimmi che quell’uomo laggiù con la motosega ha soltanto un costume!”

Lui, però, scosse la testa: “Credo che qualcuno stia rievocando i personaggi dei film horror. Se troviamo questa persona, però, dovrebbero sparire tutti e nessuno si farà male.”

 

Poi, provarono a raggiungere  l’uomo con la motosega, ma un altro li precedette, buttandosi letteralmente contro di lui.

“Ma che diavolo?!?” gridò Brenda, facendo un salto indietro per la sorpresa.

Marcus, però, era ancora più sotto shock di lei: “Richard?” chiamò, scrutandone il volto e lasciandola perplessa.

“Lo conosci?” chiese.

Ma non ricevette mai risposta, perchè, improvvisamente, si udì uno sparo: la notte di Halloween si era ormai trasformata nel caos più assoluto, con gente che correva ovunque, spaventata. Sotto i loro occhi, l’uomo con la motosega, preso dalla pallottola, si sciolse letteralmente. Poco dopo, con in mano una pistola, li raggiunse Jade.

“Rick, stai bene? Dall’altra parte ce ne sono…” ma si bloccò non appena vide Brenda.

Marcus, invece, rialzò la testa, sorpreso: “Jade?”

“Ah, – replicò lei, indifferente - quindi ci siete anche voi... Avete già localizzato la fonte del disordine?”

La ragazza, però, era troppo impegnata a guardarla con aria truce, senza dire una parola, e non si accorse che la bussola stava lampeggiando.

“Pare che sia qui vicino” disse al ragazzo, ignorando completamente l’amica.

Intanto, l’altra stava aiutando l’uomo a rialzarsi, senza fare caso al fatto che quest’ultimo e Marcus si stavano scambiando sguardi  poco amichevoli.

Le urla di un gruppo di bambini, però, attirarono l’attenzione di Brenda, distogliendola dalle sue rimuginazioni: “Oh no, uno di quei mostri sta trascinando quei bambini dentro una delle case! – poi tirò subito fuori una freccia dall’astuccio che portava sulla schiena – Ci penso io! E’ ora di sperimentare i nuovi effetti delle mie frecce!” e corse verso uno che sembrava essere Freddie Kruger.

 

Intanto Marcus notò in mezzo alla strada un ragazzo con l’impermeabile nero che rideva, beandosi di tutto il caos che aveva intorno.

“E’ lui quello infettato!” esclamò.

Subito Rick non perse tempo e corse dritto verso di lui, sotto gli occhi preoccupati dell’amica.

“Rick, sta attento!” gli urlò lei.

 

Nel frattempo, Brenda era riuscita a scoccare una delle sue frecce contro Freddie Kruger e questi si era rivelata avere un effetto congelante, permettendo così alle vittime di fuggire.

“Bambini, scappate, tornate a casa!” urlò loro, per poi staccare la freccia dalla statua di ghiaccio e frantumarla con un calcio.

Voltandosi, vide Rick che, dopo aver sbattuto a terra il disordinato, lo prendeva ripetutamente a pugni e subito gli si avvicinò.

“Ehi, fermati, dobbiamo rinchiuderlo! Così lo ucciderai!” ma quello non si fermava: ormai era senza controllo.

Anche Jade e Marcus li raggiunsero e la ragazza provò a fermare l’uomo.

“Rick, fermati!” gli urlò, mentre il ragazzo cercava l’appoggio di Brenda.

“Dobbiamo fermarlo o lo ucciderà!”

Lei, allora, senza perdere tempo, gli puntò alla testa la balestra: “Ok, adesso fermati, altrimenti ti faccio fuori!”

Ma la strega non era d’accordo e cercò di fermarla: “Non farlo!” le gridò, prima di farle volare via la balestra dalle mani con i suoi poteri.

Brenda si bloccò, sorpresa: “Vedo che hai ripreso a praticare magia...”

“Non ti illudere troppo, non vuol dire niente!” ribatté l’altra, cinica.

“Tranquilla, non lo farò. La situazione mi è perfettamente chiara.”

A quel punto Marcus, persa ormai la pazienza, cercò prepotentemente di attirare nuovamente la loro attenzione: “Dobbiamo fermarloooo!”

Jade, allora, annuì e si avvicinò all’uomo: “Rick, fermati, altrimenti…” ma quello non la stava ascoltando. Lei, allora, con gli occhi improvvisamente accesi da una luce violacea, alzò un braccio e lo scaraventò a terra, lontano dal ragazzo. A quel punto, Rick parve tornare in sè, mentre l’amica completava l’opera, legando magicamente i polsi del disordinato. Ora non poteva più nuocere a nessuno.

“Portatelo dove dovete, noi ce ne andiamo!” esclamò, per poi aiutare l’amico, ancora stordito, a rialzarsi nuovamente e andandosene con lui.

Brenda e Marcus, però, rimasero immobili ad osservarli per qualche secondo, prima di portar via il ragazzo.

 

 

Alkaban

 

 

Jackson aveva raggiunto la Sala Comune, in cerca di Harmony. Voleva scoprire quale fosse il suo problema e convincerla a scoprire cosa nascondeva Klen di così tanto oscuro. Improvvisamente, però, incrociò una delle altre streghe della congrega, Sasha, e decise di avvicinarsi amichevolmente a lei.

“Ciao! Tu devi essere Sasha, giusto?”

“Ehm, sì, perché?” rispose lei, leggermente nervosa.

“So che ti occupi di costruire oggetti magici per la tua Congrega e vorrei farti delle domande riguardo Harmony.”

Sasha lo guardò perplessa per qualche istante, prima di rispondere: “Perché vuoi farmi delle domande su Harmony? Non dovresti farle direttamente a lei?”

Lui, però, ignorò le sue domande, continuando per la sua strada: “Riguarda il braccialetto che le hai progettato. Cosa tiene sotto controllo esattamente?”

“Mi dispiace, ma non sono tenuta a dirtelo. Riguarda soltanto la nostra Congrega e Tamara è molto severa su questo.”

“Sì, ma ora lei non è qui e io ti prometto che non ne farò parola con nessuno.”

“No, mi dispiace. Se Harmony vuole raccontartelo, ben venga, ma non sarò io a rispondere a queste domande. Noi streghe della Congrega di Tamara abbiamo un codice e dei segreti, che devono rimanere fra noi. Ora devo andare, ma, se fossi in te, non indagherei ulteriormente. Il suo problema è davvero complicato e non so cosa avrebbe potuto fare, se non avesse incontrato noi. L’abbiamo praticamente salvata da se stessa…”

Il ragazzo annuì: “D’accordo, grazie lo stesso.”

“So che qui dentro ci si annoia a tal punto da volersi interessare alle vite degli altri, ma è solo una soluzione temporanea. Prima o poi saremo fuori di qui, il più presto possibile, si spera. Comunque, piacere di averti conosciuto… come ti chiami, scusa?”

“Jackson! Mi chiamo Jackson!”

Sasha sorrise: “Ok, Jackson, ci vediamo in giro, allora!”

 

 

Casa di Rick Weather

 

 

Rick entrò nervosamente in casa, seguito da Jade che, nel farlo, sbatté la porta dietro di sé.

“Si può sapere cosa ti è preso?!?”

Lo seguì in cucina e lo vide prendere una borsa del ghiaccio dal freezer.

“Ho perso il controllo, ok?”

Lei non gli nascose la sua rabbia: “L’ho notato, infatti! Pensavo che certi scatti d’ira ti venissero solo in presenza di qualche demone, o sbaglio?”

L’uomo mise prima il ghiaccio sulla mano piena di lividi, prima di rispondere: “Quel ragazzo, quello che hanno chiamato disordinato, aveva un impermeabile simile a quello che aveva il demone di cui ti ho raccontato. Quello che ha ucciso la mia Sophia, incendiando il granaio...”

“E basta? Mi è sembrato che anche la presenza di Marcus ti infastidisse, poco prima che ti buttassi su un essere umano, Rick! Umano che stavi quasi per uccidere, fra l’altro...”

Per qualche secondo sui due cadde il silenzio.

“E’ stato lui a raccontare al Consiglio il mio problema, perciò è stato per colpa sua se sono stato estromesso dall’Ordine dei Cacciatori.”

Anche questa volta Jade non gli nascose la sua disapprovazione: “E lo biasimi per questo? Anche io ti avrei fatto estromettere. Sei... sei totalmente fuori controllo quando non te ne rendi conto! Avresti potuto ucciderlo!”

Vedendo la sua reazione, anche lui alzò la voce: “Ho sbagliato, ok? Non c’è bisogno di ricordarmelo!”

“Non avevi mai alzato la voce con me…” sussurrò lei, sbigottita, facendo un passo indietro.

“Scusa, scusa, non volevo. E’ che…  Anzi, sai cosa ti dico? Me ne vado nella mia stanza. Preferisco non parlarne più.”

Lei lo guardò andare via senza aggiungere altro, capendo che la situazione era troppo tesa per farlo.

 

Intanto, Marcus e Brenda si stavano recando ad Alkaban per rinchiudere il nuovo disordinato. Tuttavia, durante il tragitto, la ragazza non riuscì a non esternare alcune sue perplessità.

“Come facevi a conoscere il ragazzo che stava con Jade? Per caso la spiate, voi del Consiglio?”

Lui, intanto, stava spintonando davanti a sè il ragazzo disordinato, che canticchiava fra sé e sé: “E’ un cacciatori di demoni.”

“Cosa?!? Ma... ma come avrebbero fatto a conoscersi?”

“Non lo so, – le rispose il ragazzo, preoccupato - ma Richard è una persona pericolosa. Sia per se stesso che per lei.”

“Aspetta, cosa vorresti dire?” gli chiese lei, sempre più allarmata.

“Richard faceva parte del nostro Ordine dei Cacciatori, ma siamo stati costretti ad estrometterlo dopo alcune sue azioni. Purtroppo ha perso una persona a lui cara, tempo fa, e a causa di quel dolore ha perso il controllo a causa di un gene presente nei cacciatori.”

“Un gene di che tipo?”

“I cacciatori, un tempo, erano programmati per uccidere a sangue freddo ogni demone che incontravano sulla loro strada. Da quando il Consiglio li ha reclutati e messi sotto la sua ala, però, catturano ed eventualmente uccidono solo quelli che indichiamo loro. Tuttavia, possono sviluppare un odio profondo verso i demoni, un fenomeno chiamato raptus che rende un cacciatore totalmente incontrollabile. Un assassino a sangue freddo, insomma.”

“Fammi indovinare, ad uccidere la persona a lui cara è stato un demone?”

“Indovinato, ma non sappiamo chi, però. Non abbiamo avuto il tempo di farcelo dire da Richard, perchè se ne è semplicemente andato, dopo.”

“Non c’è un modo per prevenire tutto ciò, piuttosto? Insomma, Jade non è in pericolo con lui?”

“I cacciatori vengono muniti di uno speciale corno, che, se suonato simultaneamente da più cacciatori, inibisce il raptus in corso. In genere ne serve solo uno, ma, quando è a livelli altissimi, occorre l’intervento di più cacciatori.”

“Ma la città è PIENA di demoni, ora. Cosa succederà se…”

Ma Marcus finì la frase per lei: “Non credo che Jade gli abbia raccontato della presenza del Clan a Morney Hill. Infatti, se Richard ne fosse venuto a conoscenza, credimi, avremmo un problema, in questo momento. Spero almeno che Jade lo tenga sotto controllo, dato che sospetto conosca la sua situazione...”

“Ma non sappiamo per quanto ancora rimarremo bloccati qui! Come possiamo evitare che si incontrino, prima o poi?”

“I demoni rimarranno ad Alkaban fino all’ultimo giorno finché ci sarà la cupola. Tranquilla, non permetteremo che lascino prima la struttura.”

La ragazza, tuttavia, non era altrettanto fiduciosa: “Sono demoni, Marcus. Prima o poi si stancheranno di rimanere chiusi fra quattro mura.”

Prima che lui potesse ribattere, però, Brenda si piegò in due, in preda a un dolore terribile.

Subito il ragazzo si preoccupò: “Stai bene? Cos’hai?”

Lei, confusa, si alzò la maglietta, mostrando qualcosa che fece sgranare gli occhi ad entrambi: “Santo cielo, ma quella è una brutta ustione!” esclamò lui.

Intanto Brenda, straziata dal dolore e la fronte che grondava sudore, cercava di stringere i denti: “Dev’essere accaduto qualcosa a Terence. Forse John l’ha scoperto e l’ha catturato. – prese il telefono – Sì, dev’essere senz’altro così!”

Lui, intanto, non aveva mai smesso di tenere fermo il ragazzo disordinato: “Cosa stai facendo?” le chiese.

“Lo chiamo per controllare.”

 

In pochi secondi compose il numero e, dopo pochi squilli, l’uomo rispose.

“Sì?”

“Terence, sei tu?”

“Certo che sono io, qualcosa non va?”

Lei, però, decise di non far capire che era tramortita dal dolore: “No, ma mi stavo chiedendo dove fossi. Ormai tu e gli altri siete appostati davanti a casa di John da ore...”

Lui tentennò qualche secondo, prima di rispondere: “Ehm, stiamo ancora cercando di catturare quel Wes e di capire cosa sa John. Tesoro, non possiamo tornare senza aver scoperto nulla. E’ troppo importante!”

“D’accordo, ma sta attento, ok? Anche qui siamo parecchio incasinati, figurati che devo anche andare al campus a prendere la mia balestra dalla stanza di Noa!”

“Va bene, ma stai attenta anche tu!” la salutò lui, chiudendo in fretta la chiamata.

 

“Allora?” la incalzò subito Marcus, curioso.

“Non era lui. Era sicuramente John, ma con la sua voce.”

“Come hai fatto a capirlo?”

“Noa abita a casa mia, non al campus. E questo Terence lo sa perfettamente.”

“Capisco, ma... che intenzioni hai con quella brutta ustione? Devi assolutamente venire ad Alkaban a farti curare.”

“No, non posso. Devo correre a salvare Terence e gli altri, ma prima andrò dalla signora Ferguson per localizzare l’abitazione di John. Tu porta il disordinato ad Alkaban e cancella questa orribile serata dalla mente delle persone, ok?”

“Vuoi che faccia qualcosa anche con Corinne? Vuoi che le facciamo dimenticare?”

“No, per il momento no. Voglio prima accertarmi che Wes sia stato veramente infettato. In caso contrario, lo riporteremo qui e gli faremo mantenere il segreto. Va bene?”

“Ehm, d’accordo…” rispose lui, non troppo convinto e ancora preoccupatissimo per lei.

Soddisfatta, la ragazza si preparò allora ad andarsene.

“Stai attenta, per favore…” le sussurrò, strappandole un sorriso.

“Grazie, anche tu” e, da quel momento, le loro strade si divisero.

 

 

Alkaban

 

 

Klen riprese nuovamente conoscenza e Tamara, che si trovava accanto al suo letto, le rivolse un grosso sorriso.

“Ben tornata tra noi!”

“Cosa è successo?” chiese la ragazza, confusa, guardandosi intorno.

“Non affaticarti troppo. Sei stata gravemente ferita da John e ti hanno portata qui, poi ti sei alzata e sei svenuta. Ora ti senti meglio?”

“Mi gira la testa…”

“Vuoi che ti porti qualcosa? Un bicchiere d’acqua, magari?”

“Si, grazie.”

La donna si alzò: “Torno subito!” e lasciò la stanza.

 

Klen rimase a contemplare il soffitto della stanza con sguardo assente, quasi vuoto per qualche secondo, poi, all’improvviso, un sorriso malvagio le si dipinse sul volto.

“John, – chiamò - mi senti? Ho qualcosa di interessante per te…”

 

Dall’altra parte, però, l’uomo era impegnato a torturare Terence, che, benché avesse un’intera parte del corpo ustionata, cercava di resistere. Nel frattempo, Noa e Wes avevano ripreso conoscenza e John non perse l’occasione per prendersi gioco di loro.

“Guarda guarda: i due belli addormentati... Le favole sono decisamente cambiate!”

Ma riuscì ad aggiungere altro, perchè nella sua testa si fece largo la voce di Klen.

“John mi senti?”  la chiamò e lui, seccato, si interruppe per darle ascolto.

“Ah, sei tu! Cosa vuoi?”

Gli altri, intanto, lo guardavano straniti, non potendo sentire la voce della strega.

Sono nella struttura in cui sono tenuti i demoni e le streghe, quella di cui ti avevo parlato. Ho scoperto qualcosa di interessante...”

Indifferente, lui ne approfittò per aprire sul tavolo vicino il suo arsenale di strumenti di tortura: “Ah si? Beh, sbrigati a parlare perché ho molto da fare, qui!”

Ho scoperto una storia che riguarda Jade e il Clan dei demoni. Qualcosa che potrebbe far coincidere i tuoi interessi con i suoi…”

Lui, colpito, si bloccò: “Complimenti, hai appena attirato la mia attenzione. Racconta!”

Zack e Terence , nel frattempo, continuavano ad osservarlo, cercando di capire cosa stesse succedendo.

 

 

Casa Ferguson

 

Brenda iniziò a bussare come una matta alla porta di Dana, che corse subito ad aprire. Non appena si affacciò, la ragazza scivolò dentro, chiudendosi subito la porta alle spalle e affrettandosi a spiegarle la situazione.

“Ho bisogno di aiuto: Terence è in pericolo. Deve localizzarlo!”

L’anziana strega la seguì in cantina, confusa: “Cosa sta succedendo?”

In risposta lei alzò la maglietta, mostrandole e lasciandola sconvolta.

“Oh, santo cielo…”

“Credo che John lo stia torturando e che con lui ci siano anche Noa e Zack. Si trovano nella sua abitazione, ma... non so dove sia e ho paura per loro...”

“Tesoro, calmati. Ora dammi il braccio, ok?”

Brenda le lanciò un’occhiata perplessa: “Come? Il braccio?”

La donna annuì, prendendo dallo scaffale la cartina della città e un pugnale: “Mi serve il tuo sangue. Tu e Terence siete collegati, perciò esso segnerà il percorso sulla cartina, conducendoci da lui.”

Senza pensarci due volte, lei eseguì.

Dana le fece subito un piccolo taglio, facendo poi colare alcune gocce di sangue sulla cartina. Poi, la donna, pronunciò: “Sanguis sanguinem” e il sangue iniziò a muoversi come un piccolo verme lungo la carta. Poi, dopo pochi secondi, si fermò: l’incantesimo aveva funzionato.

“Non è molto lontano dal campus, possiamo arrivarci in fretta con la sua auto” commentò la ragazza, studiando attentamente il percorso.

“D’accordo, prendo le chiavi!” le rispose l’altra, avviandosi verso le scale.

 

 

Casa di John

 

 

John era ormai a conoscenza delle informazioni avute da Klen e l’ultima ottenuta sembrò divertirlo particolarmente, tanto che tornò dai quattro ragazzi ridendo.

“Che giornata piena di emozioni, non trovate?”

Zack lo guardò storto: “No!”

Sbuffando, l’uomo tornò serio, pur continuando ad avere un accenno di sorriso sulle labbra: “Ok, non avete risposto a nessuna delle mie domande. Anzi, per la maggior parte del tempo mi avete preso in giro e perciò io vi ho torturati a dovere. Tuttavia, siete più resistenti di quanto pensavo, soprattutto, il rammollito che non ho mai visto con voi. Ora, però, ho dell’altro da fare ed è quindi il momento che io onori la mia promessa: quella di uccidere uno di voi e, forse, di lasciare liberi gli altri.”

Poi, prese a fare avanti e indietro per la stanza con l’accetta fra le mani: “Adesso, però, devo decidere CHI uccidere di voi. Se scelgo il ricciolino, sarà come non aver ucciso nessuno, perché... beh – rise – lo è. Perciò dev’essere qualcuno che potrebbe intralciarmi nella mia prossima mossa. Terence cosa ne dici?” concluse, fermandosi davanti a lui.

L’altro, però, si limitò a guardarlo male, senza rispondere.

Fu Zack, invece, ad avere il coraggio di intromettersi: “Fai fuori me! – urlò - Anche io potrei intralciarti e stai pur certo che lo farò!”

John scoppiò in una risata beffarda: “Ucciderti? E perché? Per farti un favore? Ammettiamolo, sei disgustato da quello che sei ora e dalle azioni che hai compiuto, perché sai che gli altri ne sono a conoscenza. E sei solo a metà della sofferenza che ti spetta patire, per quanto mi riguarda. – poi spostò lo sguardo verso Terence – Lui, invece, ha qualcosa da perdere ed è fiero di se stesso, della persona che è diventato. Sarà una goduria per me strapparglielo via...”

Alzò il braccio che reggeva l’accetta, pronto a trafiggerlo sotto le urla degli altri e per Terence il tempo iniziò a scorrere al rallentatore. Quando, però, le speranze sembravano ormai perdute, una freccia passò attraverso la finestra, trapassando la mano di John e infilzandola al muro. L’uomo, fissando il sangue scorrere copioso dalla ferita, sgranò gli occhi, rimanendo bloccato per qualche secondo, per poi liberarsi in un grido furioso. L’effetto della forza sovrannaturale che manteneva i quattro incollati al muro si annullò, facendoli scivolare a terra. Allora da fuori si udì la voce di Brenda, maestosa e autoritaria.

“Uscite, presto!” gridò loro e quelli non persero tempo. Zack e Noa aiutarono Wes, sostenendolo, mentre Terence correva dalla sua ragazza. Arrivato davanti a lei, la baciò come se avesse appena sentito la vita scivolargli via.

“Grazie…” le sussurrò, quando si staccarono.

A quel punto, lei lo squadrò da capo a piedi, osservando ogni livido e ogni ferita, distrutta dentro per non aver capito prima che stava accadendo qualcosa di strano. Poi Dana, che stava aiutando gli altri ad entrare in macchina, lo chiamò.

“Vai!” lo incitò lei, lasciandolo perplesso.

“Come? Non vieni?”

“Vai!” insistette lei e lui si allontanò.

“Vieni, caro” lo invitò la signora Ferguson.

Intanto, Brenda stava osservando con sguardo cattivo l’abitazione di John, ora tranquilla e silenziosa.

“Vuoi che ti aiuti, cara?” le chiese.

Ma Brenda scosse la testa, senza nemmeno voltarsi: “No, grazie, me ne occupo da sola. - poi mormorò tra sé e sé – Avanti, verme. Devi solo sfilare via la freccia e…” Improvvisamente, all’interno dell’abitazione si udì un esplosione e il fumo iniziò a filtrare fuori attraverso le finestre. La ragazza, però, continuò a rimanere immobile davanti ad essa. Pochi istanti dopo, dalla porta d’ingresso uscì John: era ridotto male, sporco e con metà del braccio in meno. Zoppicando e tentennando, si avvicinò a lei, lanciandole occhiate di puro odio, quasi volesse strangolarla, lo sguardo da assassino e il respiro affannoso. Brenda, però, continuava a guardarlo beffarda, senza timore. Gli altri, invece, erano in piedi vicino alla macchina ad osservarli. Poi, improvvisamente, alzò la balestra e infilò una delle sue frecce nell’altro braccio di John, con precisione, facendolo gridare di dolore quando esplose.

“Piccola puttana stronzaaaaaa!”

Sul volto di lei comparve l’accenno di un sorriso, consapevole di aver avuto la sua vendetta: “Ma guardati: senza braccia e quell’aria di superiorità che ti porti sempre dietro. Non mi fai neanche pena, sai? Nulla. Hai la pelle d’oca, vero? Ti aspettavi che vivessi nella paura, che non avrei più avuto il coraggio di affrontarti? E invece no! Perché, più ti guardo e più mi rendo conto che non c’è niente di cui aver paura. Tu soccomberai, presto o tardi, perché è così che va a finire per quelli come voi: seminate un po’ di terrore, un po’ di morte, poi, alla fine… svanite, semplicemente. E così farai anche tu...”

Per tutto il tempo lui rimase a fissarla, quasi intimorito dalle sue parole, ma, alla fine, non poté aggiungere nulla, perché Brenda scoccò la sua ultima freccia, dritto nella sua fronte. Solo che quella non ebbe effetti, a parte trafiggerli il cranio. Subito l’uomo cadde a terra, mentre lei rimaneva impassibile.

A quel punto, tentennando, Terence le si avvicinò, quasi impressionato: “Stai bene?” le chiese, preoccupato.

“Mai stata meglio. Non avrò mai più paura di lui, ormai.”

Anche Dana la guardò impressionata, ma non disse nulla, preceduta da Noa: “Ma è morto?”  domandò il ragazzo, perplesso, attirando gli sguardi di tutti.

Fu allora che  Terence notò che le braccia di John stavano ricrescendo lentamente, strato dopo strato.

“Rigenerazione dei tessuti: dev’essere un altro dei suoi tanti altri poteri nascosti. – commentò - Presto potrà estrarsi quella freccia dal cranio e verrà a cercarci. Anzi, a cercarti...” e, nel dire l’ultima parola, si voltò verso Brenda, che, in risposta, scoppiò a ridere.

“Che venga, io non lo temo più!”

“No, tu non capisci. – insistette lui, preoccupato – Forse è per colpa dell’adrenalina, ma tu non ti rendi conto della situazione!” e la prese in braccio, scatenando una brusca reazione in lei.

“Cosa stai facendo?”

“Ti porto ad Alkaban. Hai appena aperto una guerra senza precedenti! – poi si rivolse alla signora Ferguson – Raggiungeteci lì. E porti anche il ragazzo!” poi si teletrasportò, lasciando Wes ancora più sbigottito.

“Ma chi diavolo siete?” chiese in sussurro subito dopo.

A quel punto Dana si ricordò della sua presenza e si avvicinò a lui: “Come ti chiami, caro?”

“Wes, perché?”

“Vedi, Wes, la tua vita ora è nelle mie mani. L’uomo che è steso laggiù sta per rimettersi in piedi e non sarà affatto piacevole. Quindi ora entra in macchina e sta zitto!” e quello, senza aggiungere altro, eseguì, mentre Noa sorrideva alla donna, guardandola ammirato.

Il gruppo, quindi, poté avviarsi, senza perdere altro tempo.

 

Qualche ora dopo, le braccia di John terminarono di rigenerarsi e diversi minuti dopo iniziarono a muoversi verso la testa, sfilando lentamente la freccia. Non molto dopo, anche la ferita alla testa si rimarginò e l’uomo si rimise in piedi. Subito si guardò attorno e, di punto in bianco, scoppiò a ridere come un pazzo.

“Che serata pazzesca! E che giorni infernali, attendono tutti voi. Non potete nemmeno immaginare... – poi si rivolse a Klen – Mi senti?” la chiamò, ricevendo subito una risposta.

“Sì, ti ascolto.”

“Sapresti indicarmi come arrivare a questo posto chiamato Alkaban?”

“Certo, ma ti avverto: l’edificio è invisibile all’esterno.”

Anche se lei non poteva vederlo, lui sorrise, compiaciuto: “Non sarà un problema per me. Sarò presto da te, allora. E da loro, ovviamente...”

 

CONTINUA NELL’OTTAVO EPISODIO

Testo a cura di Lady Viviana

ANGOLO AUTORE:  Siamo sempre più vicini al finale di metà stagione, a cui seguirà una pausa prima della seconda parte. Se questo episodio vi è piaciuto, non perdetevi il prossimo appuntamento con la 3x08 "Quello che le prova tutti i giorni", Giovedì 18 Giugno; sarà una puntata molto movimentata. Ricordate di lasciare un commento ai fini della continuazione della storia e di passare dalla scheda personaggi presente nella 1x00 della prima stagione, per osservare i volti dei vostri personaggi preferiti. Buona settimana stregata!

 

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Capitolo 7
*** 3x06-Sulla strada del pericolo ***


CAPITOLO SEI

"The Most Dangerous"

 

(Episodio 50)

 

 

 

Casa Ferguson

 

La sera era ormai calata su Morney Hill e Dana stava scendendo in cantina, perchè aveva sentito degli strani rumori provenire da lì. Guardandosi intorno, si chiese dove fossero finite le streghe, che aveva lasciato lì a lavorare sul marchio.

“Tamara? Klen? – chiamò - Siete qui?”

Poi fece caso a diversi oggetti rovesciati a terra e quando raggiunse il tavolo, intravide dietro anche un corpo disteso sul pavimento dietro di esso.

“Oh mio Dio, Tamara!”  esclamò e subito corse verso di lei, accorgendosi che la donna era chiaramente svenuta.

A quel punto, corse verso la cassaforte, nervosa, per controllare se era stato rubato qualcosa. Passò la mano su di essa, annullò la protezione magica e subito dopo inserì la combinazione. Dopo aver aperto lo sportello, ci guardò dentro, assicurandosi che ci fosse tutto e tirò un sospiro di sollievo, rendendosi conto che non era stato rubato nulla.

In quel momento, però, ricevette un forte colpo in testa e cadde a terra, svenuta. Nella stanza, però, sembrava non esserci nessuno, ma improvvisamente qualcuno, non visibile, parlò:Visibilium!” e comparve Klen.

Allora, nella sua mente, John tornò a parlare: “Bene, ottimo lavoro. La mia ex fiamma è sistemata! Ora guarda cosa nasconde.”

Avvicinandosi, la ragazza prese in mano un foglio, notando, nel contempo, che Tamara si stava per risvegliare. Subito, pose la mano su quel foglio, e disse: “Effigies”  e magicamente diventarono due, identici. Poi, rimise immediatamente il foglio originale nella cassaforte, dando anche una rapida occhiata alle altre cose che c’erano dentro e fuggì via.

 

 

Casa Jenkins

 

 

Intanto, a casa di Brenda, era in corso una cena tra lei, Terence e i suoi genitori e l’atmosfera, mentre mangiavano, era ovviamente carica di tensioni e silenzi imbarazzanti. L’uomo, allora, capì di dover essere lui a rompere il ghiaccio.

“Rose, è davvero buono questo polpettone!”

Lei accennò un sorriso, rimanendo però sempre diffidente: “Grazie, Terence.”

Poi, il padre lo guardò e gli chiese:  “Quindi fammi capire, non sei più un servitore del Caos?”

Ma Brenda, trovandolo fuori luogo, lo richiamò: “Papà!”

“Cosa c’è? Scusa se voglio capire cos’è, adesso, il tuo ragazzo, eh! – poi si voltò verso la moglie – Ancora non ci sto credo!”

Più calmo, Terence si voltò verso di lui per rispondergli: “Capisco le vostre perplessità, ma io amo vostra figlia e non sono più quello di una volta.”

“Già! Confermo!” aggiunse la diretta interessata.

Ma Jim non parve ascoltarlo, continuando a insistere sulla domanda precedente: “Quindi sei o non sei un servitore del Caos, adesso? Insomma, prima che John facesse tornare i disordini, come sei sopravvissuto?”

“La signora Ferguson ha trovato un modo…” rispose la figlia, vaga.

“Che tipo di modo? Di certo non può aver cambiato la sua natura!” ma Brenda non rispose. Ci fu, invece, uno scambio di sguardi tra i presenti, da cui l’uomo, però, fu escluso.

A quel punto, il padre di Brenda pretese una risposta immediata: “Si può sapere cosa sta succedendo? Brenda, rispondi alla mia domanda!”

Fu Terence, però, a rispondere: “Dana ha collegato la mia vita a quella di sua figlia. E’ in questo modo che sono sopravvissuto.”

“Ok, un tempo io e Rose eravamo una famiglia della Luce, ma questo non vuol dire che io capisca il vostro gergo soprannaturale, perciò... spiegati!”

Ma fu Rose, però, a prendere parola: “Significa che, se nostra figlia vive, vive anche lui. E se muore, muore anche lui…”

“Sì, ma questo vuol dire anche che, se lui vive, io vivo e che, se muore, io muoio con lui” chiarì meglio la ragazza e Jim sembrò rimanere piuttosto deluso dalle loro risposte.

“Tu lo sapevi?” chiese come prima cosa alla moglie, che lo guardò, mortificata.

“Ero a casa di Dana e lei mi ha chiesto il permesso. Non ho potuto dire di no, Brenda era in lacrime e ci avrebbe odiati, se le avessimo impedito di salvare la persona che ama. Nonostante io ancora non mi fidi di lui, ho creduto in nostra figlia.”

Costernato, l’uomo si alzò in piedi: “Io... non so cosa dire! – esclamò, per poi rivolgersi direttamente a Brenda – Sono molto deluso da te, come hai potuto tenermi all’oscuro di questa cosa ed essere stata così imprudente? Insomma, è la tua vita! Non te ne importa proprio nulla? Sei almeno consapevole di quello che hai fatto?”

Irritata, la figlia fece altrettanto: “Non sono una bambina, papà! – gli urlò, dall’altra parte del tavolo - Sono perfettamente consapevole di quello che ho scelto di fare e non sono pentita!”

Terence, allora, provò a intromettersi: “Signor Jenkins, io…” ma Jim non gli diede il tempo di finire.

“Stai zitto! E stai bene attento, perché se ti azzardi a morire e a trascinare mia figlia con te, stai pur certo che ti riporterò in vita solo per ucciderti di nuovo con le mie mani!”

La figlia rimase allibita di fronte alle sue parole: “Papà!” esclamò.

 

In quel momento, Noa fece rumore scendendo le scale e tutti si girarono, suscitando il suo imbarazzo: “Ehm, scusate, non volevo interrompere la vostra cena. Ho appena finito di aiutare Lizzie con i compiti e ora sto uscendo per… andare alla festa di una… confraternita. Scusate il disturbo...”

Brenda si voltò verso di lui, allontanandosi dal tavolo: “Tranquillo, non stai disturbando niente. La cena è finita.”

Subito Terence la raggiunse,  lasciando il ragazzo da solo con i signori Jenkins: “Ooook, io devo proprio andare. Ciao!” li salutò, per poi sgattaiolare via.

 

Intanto, Terence stava rincorrendo la sua ragazza, nervosa, lungo il vialetto, cercando di aiutarla: “Brenda, aspetta! Va tutto bene, la reazione di tuo padre è comprensibile!”

Lei si fermò, per poi voltarsi sbuffando: “No, non va bene per niente! Sta cadendo tutto a pezzi: la mia vita, il rapporto con i miei genitori e quello con Jade, anzi, a dire il vero quello è già caduto a pezzi da tempo... e io non voglio dover rinunciare anche a te. Sei l’unica persona che riesce ancora a farmi stare in piedi in questo grande casino!”

Lui, allora, capì e non aggiunse altro, limitandosi a guardarla teneramente e ad accarezzarle con dolcezza il viso, mentre lei chiudeva gli occhi.

Improvvisamente, però, le squillo il telefono: “E’ la signora Ferguson. Dio, non c’è un attimo di pace!” esclamò, guardando il display.

“Rispondi, vedi cosa vuole.” le disse lui e lei eseguì.

La ragazza ascoltò per un po’ il suo interlocutore, poi chiese: “E state bene?”

“D’accordo, arriviamo” aggiunse dopo qualche secondo e  poi chiuse la chiamata, mentre Terence la guardava curioso.

“Allora? Cosa è successo?”

“La signora Ferguson e Tamara sono state aggredite e Klen è sparita!” e i due, senza dirsi altro, corsero verso casa di Dana per saperne di più.

 

 

Casa di Rick Weather

 

 

Jade entrò in cucina, dove si trovava Rick, perchè aveva sentito un profumo invitante provenire da lì fin dalla sua camera. Non appena la vide, l’uomo le sorrise, sorpreso.

“Ehi, ma guarda chi è uscita dalla sua camera!”

Lei fece altrettanto, sedendosi su uno sgabello per vedere cosa stava cucinando: “Avevo molto da studiare, ma sapevo che prima o poi sarei uscita. A proposito, cos’è questo buon profumo?”

Lui, allora, tolse una teglia dal forno e la appoggiò delicatamente sul tavolo davanti a lei: “Pizza!”

La ragazza rise: “Devo aver proprio studiato troppo per non aver capito che si trattava di una pizza!”

“O magari non ne mangi una da talmente tanto tempo, che ti sei dimenticata che profumo abbia!”

“Beh, sai, di solito la mangi quando sei felice e hai una vita normale come tutto il resto del mondo. Nel mio caso, quindi, direi che sì, è passato un sacco di tempo...”

L’uomo, allora, annuì, porgendole una fetta ancora fumante: “Allora ecco a te la tua pizza fatta di felicità e normalità!”

Felice, Jade ne prese subito un morso: “E’ la pizza più felice e normale che abbia mai assaggiato. Ma, soprattutto, è buonissima!”

“Anche a Sophia piaceva molto...” poi, i due rimasero in silenzio, a sorridere e mangiare quel che restava della teglia.

Quando finirono, Rick ruppe all’improvviso il silenzio: “Non ti manca la tua vecchia vita? – chiese - I tuoi amici o tua nonna?”

Di colpo, la ragazza tornò seria: “Sì, mi mancano, ma… cerco di non pensarci. Insomma, se vuoi evadere dalla tua vecchia vita, non puoi portare via con te anche le fondamenta di essa. E andarmene è stata la scelta migliore. Sia per me, che per loro. ”

“Questo non puoi saperlo.”

Jade, nel sentire la sua risposta, si alterò leggermente: “Ognuno di loro mi ricordava il suo viso, mi ricordava chi sono e cosa avevo perso. Invece, separandomi da mia nonna, dai miei amici e dalla mia vita, lo ricordo solo rare volte. – improvvisamente si calmò –  Non è molto, ma… soffrire è meno doloroso di prima. Spero che capiscano.”

“Associ sempre tutto a Samuel, eh? Persino il modo in cui sei e vivi la tua vita. Io ho perso Sophia, ma… non ho dimenticato chi sono e in che mondo viviamo. Sono un cacciatore e vivo in un mondo soprannaturale, questa è la realtà. Tu ti sei allontanata dalla tua vita e dai tuoi amici, ma sei pur sempre una strega. Non puoi fingere di non esserlo e far finta che il mondo esterno sia normale. Una morte non può condizionarti fino a questo punto.”

“Se non fossi stata una strega, non avrei mai conosciuto Samuel e mi sarei risparmiata tutto questo dolore. Fingere di non esserlo è un po’ come non averlo mai conosciuto e questo mi aiuta ad andare avanti.”

“Beh, mi dispiace, ma io vedo le cose in un’altra prospettiva. Quella in cui c’è un guadagno e non una perdita. Se non fossi stato un cacciatore, non avrei mai conosciuto Sophia. E, se non l’avessi conosciuta, mi sarei perso un pezzo di vita a dir poco straordinario. Tu no?”

Jade sentì una lacrima scenderle lungo il viso: “Ogni giorno passato con Samuel è stato un pezzo di vita più che straordinario…” rispose, guardando nel vuoto.

In quel momento, Rick si accorse che i vetri delle finestre si erano tutti appannati, e lo fece notare anche a lei: “Complimenti, ti sei appena ricordata chi sei ed è l’unica cosa che devi sapere!”

“Già. Una strega che ha amato il suo demone…”

 

 

Casa Ferguson

 

 

Tamara stava tenendo una sacca del ghiaccio sul collo di Dana, mentre spiegava a Brenda e Terence, riuniti in soggiorno, cosa era successo: “Eravamo sole in cantina a lavorare sul marchio. Poi Klen è salita di sopra a prendere da bere e pochi minuti dopo qualcuno mi ha colpita alle spalle.”

“Poi, quando sono scesa e ho trovato Tamara distesa a terra, – aggiunse l’altra strega - qualcuno ha colpito anche me.”

Brenda le guardò entrambe, perplessa: “Quindi pensate che Klen sia stata rapita?”

Le due si scambiarono un’occhiata: “Mi sembra ovvio!”

La ragazza le osservò, poi si rivolse verso la più giovane: “Ascolta, Tamara, a questo punto credo che tu debba andare ad Alkaban. Non sei al sicuro, qui! – poi si voltò verso Terence – La accompagni tu?”

“Ma certo!” rispose lui, prima di essere fermato dalla diretta interessata.

“Aspetta, cosa facciamo con il marchio, allora? Non dobbiamo più aiutare il vostro amico?”

“Quante possibilità hai di venirne a capo senza l’aiuto di Klen?” le chiese Brenda, schietta.

“Ehm, beh… non molte, a dir la verità. Sono rimasta con lei solo per supervisionarla e per la parte pratica della magia, di cui mi intendo di più.”

“Allora l’operazione marchio è ufficialmente sospesa finchè non troviamo Klen. Fino a quel momento, resterai ad Alkaban!” replicò l’altra.

“E se l’ha presa John?” chiese la donna, preoccupata, e subito Dana cercò di tranquillizzarla.

“Vai, cara. Ci pensiamo noi, non preoccuparti, vedrai che sta bene!”

Convinta, Tamara andò via con Terence.

 

Appena rimasero sole, Brenda si avvicinò preoccupata a Dana per chiederle qualcosa di cui non potevano parlare davanti agli altri.

“Hanno rubato qualcosa dalla cassaforte, per caso?”

“Sono stata colpita subito dopo aver tolto la protezione e aperto lo sportello, ma a quanto pare no.”

“Non serve rubare, se puoi limitarti a leggere e rimettere apposto, però. Di Klen cosa mi dici, invece? L’hai vista al piano di sopra, quando è salita?”

“A dir la verità, no.”

La ragazza ci pensò su un attimo, prima di parlare nuovamente: “Sai, inizio a pensare che sia stata lei a colpirvi in testa, ma per quale motivo avrebbe dovuto farlo?”

“Forse è stata infettata da un disordine…”

“Sì, ma avevi detto che questi disordini non erano ancora abbastanza potenti da riuscire ad infettare anche gli esseri soprannaturali, ma solo gli umani perché sono più deboli e vulnerabili.”

“Lo so, ma direi che ora dobbiamo affrontare la realtà della situazione: i disordini si sono ormai stabilizzati in questa zona e più persone infettano, più si rafforzano.”

“Ok, allora – suggerì Brenda, preoccupata - propongo di preparare una pozione immunitaria speciale per i demoni, le streghe e qualunque altro essere soprannaturale sotto la cupola. Gli esseri umani infetti li possiamo gestire, ma loro…”

Mentre ascoltava la sua proposta, la donna annuì, soddisfatta: “Hai ragione. Mi metto subito al lavoro!”

“Bene, – replicò la ragazza, prendendo la balestra – allora io mi occupo di ritrovare Klen.”

Ma, poco prima che lasciasse la stanza, Dana si voltò verso di lei: “A proposito, cara, come è andata la cena?”

“Quella rovinata da mio padre intende? Una meraviglia!”

“E’ tuo padre, tesoro. E tu sei la sua bambina. Era ovvio che non l’avrebbe presa bene.”

“Ma io non sono più la sua bambina, non lo sono mai stata!” replicò la ragazza, uscendo dalla stanza.

 

 

Alkaban

 

 

Alcuni demoni, ormai ad Alkaban da diverse settimane, passavano alcune ore della sera nella loro sala di ritrovo, costantemente sorvegliata dal Consiglio. Jackson era appena entrato, quando notò che il suo gruppo si era ammassato in un angolo particolare, quasi stesse tramandando qualcosa.

Quando lo vide, subito Barnès lo chiamò: “Presto, vieni. Ti stavamo aspettando!”

“Aspettando?” chiese lui, perplesso, avvicinandosi.

“Per parlare della nostra evasione da questo posto, no?”

Il demone, allora, si bloccò, contrariato e confuso: “Cosa? Perché? Siamo al sicuro, qui!”

“Questo è quello che vogliono farci credere. La verità è che non eravamo sicuri né in quei tunnel, né ora qui!” gli altri, ovviamente, mostrarono subito la loro approvazione.

Jackson, però, cercò di frenarli: “Io, invece, credo che la cosa migliore sia restare ad Alkaban e non fare passi falsi. Insomma, avete visto che cosa abbiamo dovuto patire con John e, se usciamo di qui, verremo sicuramente catturati di nuovo.”

“Perché? Forse siamo importanti per qualcosa per entrambe le parti. Le streghe hanno parlato di un sacrificio, ma non mi sembrano più così tanto coinvolte nella faccenda, visto che due di loro collaborano con l’anziana strega e con il Consiglio. Perciò, rimaniamo solo noi e io non rimarrò certo qui a scoprire cosa ci accadrà. Devo difendere il mio clan!”

“E dove pensate di andare? Non c’è via d’uscita da questa città! Per non parlare di Alkaban, che è scrupolosamente controllata in ogni angolo!”

“Per ora. Comunque, una volta trovato il modo di uscire da qui – e, fidati, lo troveremo - andremo a cercare coloro che hanno creato la cupola. E poi, sappiamo per certo che sono state delle sorelle streghe. Quindi, trovate loro, avremo la nostra libertà!”

Poi uno dei demoni di fianco a lui si rivolse direttamente al ragazzo: “Allora? Sei dei nostri, Jackson?” ma quello lo guardò storto.

Allora, Barnès lo incalzò: “Jackson, rispondi alla domanda di Raul!”

L’altro, allora, cercò di respirare profondamente e di calmarsi, prima di rispondere: “Farò quello che deciderai di fare, Barnès.”

L’uomo sorrise, compiaciuto: “Bravo il mio ragazzo! Sai, ci sono molti altri demoni, come Raul ad esempio, che ambiscono ad essere il mio vice, perciò non vorrei cambiare idea su di te...”

Jackson annuì, lasciando la stanza: “D’accordo. Quando avrete un piano, allora, sarò felice di essere dei vostri.”

 

Intanto, fuori dai cancelli di Alkaban, Terence stava scortando Tamara all’interno dell’edificio, ma ad aspettarlo trovò Zack, intento a fare avanti e indietro lì davanti.

L’uomo lo osservò, perplesso: “Zack? Che cosa ci fai qui?”

“Ti stavo cercando. Arrivo da casa della signora Ferguson. Mi ha raccontato cosa è successo.”

E Tamara aggiunse, mortificata:  “Zack, mi dispiace tanto per il tuo marchio...”

“Tranquilla, – la rassicurò lui - sapevo che non sarebbe stato tanto facile liberarmene. Inoltre, senza Klen, c’è poco da fare, no?”

L’altra annui: “Già! E’ lei che se ne intende di incantesimi, maledizioni e tutto il resto. Spero tanto che la ritrovino...”

Gentilmente, Terence la richiamò alla realtà: “Tamara, vai pure. Davanti ai cancelli verrai riconosciuta e fatta entrare.”

Lei, allora, fece un passo avanti:  “Vi prego, trovatela!” disse, poco prima di andarsene.

“Faremo del nostro meglio, te lo prometto!” le disse Zack, guardandola sparire.

 

Quando rimasero soli, Terence non riuscì più a celare la sua curiosità.

“Come mai mi stavi cercando?” gli chiese subito, secco.

“Ho bisogno di un favore. Domani sera John darà una sorta di cena per inaugurare l’acquisto della sua nuova casa e ha richiesto la mia presenza. Ha detto che ci saranno anche alcune delle persone che lavorano in Comune e io temo che quell’inaugurazione possa trasformarsi in una pozza di sangue. Ho bisogno che tu ci tenga d’occhio. John è imprevedibile e strano e questo mi spaventa...”

“E cosa ti fa credere che accetterò di aiutarti?”

“Andiamo, amico, credo di aver già dimostrato di essere dalla vostra parte e che John mi detiene con il marchio!”

L’uomo sospirò: “D’accordo, ma venendo con te rischio la mia vita e anche quella di Brenda, perciò, se vuoi davvero un favore da me, dovrai ricambiare, ok?”

“Va bene, tutto quello che vuoi. Di che cosa si tratta?”

“Brenda sta passando un brutto periodo da quando Jade se n’è andata. Sta crollando e sente il peso di una responsabilità che non è sua, ma di Jade. L’ha anche accusata di essere un egoista e di averla incastrata nella sua vecchia vita.”

“E cosa dovrei dire a Jade? Dubito che voglia vedermi, figuriamoci parlarmi!”

“Non mi interessa, devi parlarle e farla tornare! Le abbiamo dato tutto il tempo che le serviva per metabolizzare la morte di Samuel, ma è arrivato il momento che torni ai suoi doveri di strega e alla sua vita. Brenda sta ricoprendo un ruolo che non è suo, per non parlare del fatto che rischia di morire ogni giorno, visto che è solo un essere umano con la balestra, perciò parlale, o non ti aiuterò!”

“D’accordo, ma non ti aspettare chissà cosa. Lei ora sta bene e dubito che muoia dalla voglia di tornare in questo inferno.”

“Questo è il SUO inferno, non quello di Brenda!” replicò Terence e se ne andò, lasciando Zack pensieroso in mezzo alla strada.

 

Intanto, Klen correva nervosa per le strade di Morney Hill con il foglio rubato tra le mani. Girando l’angolo, fu presa all’improvviso da John, che le tappò la bocca per non farla gridare.

“Sono io!” le sussurrò, per poi lasciarla andare.

“Mi hai fatto paura, – rispose lei - non dovevamo incontrarci nel tuo ufficio?”

Lui le lanciò una lunga occhiata perplessa: “Sei impazzita, per caso?!? Non devono capire che stai lavorando per me! Allora, hai preso quello che Dana custodiva?”

Lei gli consegnò il foglio: “Sì, ecco, tieni!”

L’uomo gettò su di esso una rapida occhiata: “Bene, c’era dell’altro?”

“Ehm, uno strano oggetto con due aghi alle estremità, un cristallo e dei disegni… di persone, credo. Senti, non ho potuto prendere tutto, perchè Tamara si stava risvegliando!” esclamò lei, agitata.

John, però, rimase impassibile: “D’accordo, non tremare, non sono arrabbiato. Credo che tu abbia preso il foglio giusto. Però…”

“Però cosa? Non vuoi uccidermi, vero?”

“Però non devono credere che tu c’entri qualcosa o che collabori con me. Per questo ti troveranno stesa in questo vicolo, piena di ferite e… sembrerà che tu sia stata rapita e abbia lottato per scappare.”

Spaventata, la strega iniziò a indietreggiare: “Ferite? In che senso? John, ti prego, non farmi del male...”

“Tranquilla, farò piano…” rispose lui, avanzando con un leggero ghigno sul volto.

Improvvisamente, si sentirono soltanto le urla di lei. Poi, solo il silenzio.

 

Nel frattempo, Noa era alla festa di una confraternita: musica soft e, intorno a lui, studenti impegnati a scambiarsi effusioni sui divani, che bevevano o fumavano. Mentre scendeva dalla scale, dopo essere stato in bagno, notò che qualcuno lo stava fissando e, quando se ne accorse, ricambiò con piacere. In quel momento, da un’altra stanza, molto annoiato, comparve Wes che, non appena lo vide, indietreggiò subito, nascondendosi dietro una colonna. L’altro, però, ovviamente, non lo notò, troppo impegnato ad avvicinarsi al ragazzo che lo aveva ammaliato. Improvvisamente, però, gli squillò il telefono e dovette fermarsi a rispondere, facendo cenno a quel ragazzo di aspettarlo.

“Sì, pronto?”

Dall’altra parte sentì la voce squillante di Brenda: “Muovi il tuo bel sederino e raggiungimi in centro, qualcuno ha aggredito Dana e Tamara, mentre Klen è sparita!”

Lui sbuffò: “Hai veramente bisogno di me? E’ mezzanotte passata!”

“Sì, davvero! – replicò lei, irritata - E poi, un’ora fa, non mi hai scritto dicendo che la festa era noiosa?”

Anche se sapeva che l’amica non poteva vederlo, Noa sorrise al ragazzo che lo stava aspettando: “Beh, un’ora fa! Sai quante cose posso cambiare in un’ora? Dai, lasciami libero, per stasera! E poi, non eri tu quella che diceva che andare in missione con me equivaleva ad essere soli? Ti do il permesso di essere sola, quindi. Non mi offenderò, stavolta, giuro!”

Per una manciata di secondi, dall’altra parte ci fu silenzio, poi la ragazza parlò di nuovo: “Sei a caccia, vero?? Noa, non dirmi che mi stai facendo un bidone per un ragazzo che probabilmente è a qualche passo da te!”

“Ehm sì, ti sto bidonando per un ragazzo carino che è ad un passo da me. Ti prego, me lo dovete un giorno di libertà dopo Megan-il mostro, Alkaban, John e la collezionista di bambole!”

Brenda ci penso su qualche istante, poi, sbuffando, acconsentì: “E va bene, goditi la tua seratina, che senz’altro sarà migliore della mia!”

All’amico, ovviamente, non sfuggì il tono stanco di lei: “Ehi, stai bene? Com’è andata a finire la cena?”

“Beh, eri presente al gran finale, no? Deducilo da solo! Comunque io vado, a domani!”

“Ok, a domani!” poi tornò a guardare verso il ragazzo di prima che, però, era sparito.

“Ma dove...?” si chiese, guardandosi intorno con attenzione, finchè, girandosi a guardare da un’altra parte, non lo ritrovò in compagnia di un altro.

“Accidenti, me lo sono perso! – sospirò – Bene, a questo punto non mi resta che trovare un modo alternativo per completare la serata. Andrò da Brenda!” e subito andò a prendere la sua macchina e lasciò la villa, immediatamente seguito da Wes che, nel frattempo, si chiese cosa nascondessero veramente lui e Brenda..

 

 

Qualche settimana prima

 

 

Wes e Corinne erano nel bosco e si stavano facendo luce con delle torce. La ragazza sembrava alquanto seccata e stanca ed era evidente che lo stava seguendo malvolentieri.

“Ricordami il motivo per cui ho deciso di seguirti a quest’ora della notte in un bosco buio e lugubre, per favore.”

L’altro le rispose senza mai distogliere lo sguardo dal sentiero che stavano percorrendo: “I biglietti per il concerto dei Maroon 5, a cui io non andrò perché avrò altro da fare, sfortunatamente.”

“Ah, già! Mi posso sacrificare, allora!”

“Bene. – replicò lui, fermandosi ai piedi di un albero - E’ qui! Vedrai che ho ragione!”

“Possibile che, quando ti metti in testa una cosa, nessuno possa smuoverti?”

“Brenda e quell’altro ragazzo nascondono qualcosa, probabilmente un omicidio. – le rispose, iniziando a scavare - Sarebbe un bel trampolino di lancio per me e la mia futura carriera da giornalista, scriverci su una storia per il giornale del college, non credi?”

“Sai, conosco un film in cui i veri assassini fotografavano le due persone che volevano incastrarli a tutti i costi proprio sulla scena del crimine. E , alla fine, questi ultimi finirono in carcere, anche se innocenti, mentre i veri assassini la fecero franca.”

Lui si fermò e si voltò a guardarla:  “Non ho mai visto un film del genere. Me lo sono perso, forse?”

“No, – ribatté lei, isterica - ma potrai farlo prossimamente dal cinema del carcere, quando ci chiederanno i diritti per il film!”

Wes, allora, la guardò storto, per poi riprendere a scavare: “Invece, ne usciremo da…”  ma si fermò a metà frase, lasciando l’amica terrorizzata.

“Che c’è? Hai trovato il corpo?”

“No no, anzi, qui non c’è niente! Insomma, non avevano scavato poi così tanto!”

Corinne, allora, sospirò di sollievo, tirandogli una forte pacca sulla spalla:  “Visto? E’ stata una perdita di tempo! Probabilmente hanno riesumato una di quelle scatole del tempo, dove metti tutti i tuoi giocattoli dell’infanzia, per poi riaprirle dieci anni dopo.”

Ma l’altro si alzò in piedi e rimase a fissare la buca con aria perplessa, scuotendo la testa: “Non è possibile, io li ho visti. Non avevano nulla in mano!”

“Senti, sono persone normali. Quelli non normali siamo noi, che alle tre del mattino vaghiamo nel bosco con una pala in mano, facendo buchi nel terreno. Andiamocene, forza!” lo incitò lei, stanca di quella situazione e così fecero, nonostante il ragazzo non riuscisse a capacitarsi del suo buco nell’acqua.

 

Presente

 

 

Wes tornò alla realtà, consapevole del fatto che non si sarebbe mai arreso e che avrebbe dimostrato a Corinne che aveva ragione, che quei ragazzi nascondevano davvero qualcosa, un segreto.

Improvvisamente, però, successe qualcosa di strano, che interruppe i suoi pensieri: vide una seconda ombra dentro l’auto di Noa, che iniziò bruscamente a scuotersi, come se all’interno stesse avvenendo una colluttazione. Subito, scese dalla sua per avvicinarsi a vedere meglio. L’altra macchina, però, tornò immobile poco dopo e Wes continuò ad avanzare lentamente, fino ad arrivare al finestrino, attraverso il quale vide Noa, svenuto. Lo guardò per quasi dieci secondi confuso e con gli occhi sgranati, prima di accorgersi del riflesso di qualcuno alle sue spalle.

Wes si girò, spaventato a morte: “Ma... ma da dove sei...?” e quello che si rivelò essere John, rispose:

“Spuntato fuori? Beh, è la mia specialità! – poi fece un cenno con la testa verso Noa – E’ amico tuo?”

“Ehm, diciamo, al college, ma…” rispose lui, con voce tremante, scatenando uno strano sorrisino nell’altro.

“Ma ti piace ficcanasare, eh?”

Wes, spaventato, iniziò a indietreggiare: “No, cioè… io... io devo proprio andare...”

“E lasciare qui questo povero ragazzo svenuto? Che razza di comportamento è mai questo?” rispose l’uomo, facendo altrettanto, per poi apparire alle sue spalle e prenderlo per il collo.

“Non sei molto coraggioso, sai?” e glielo strinse talmente forte, da fargli perdere i sensi.

Poi, John fissò i due corpi, uno sull’asfalto e l’altro nell’auto e disse: “Possibile che non ci sia qualcuno che sappia resistere più di un minuto, con me? Non è divertente, così!”

 

Intanto, dall’altra parte della città, Brenda aveva trovato il corpo di Klen con le braccia e le gambe insanguinate. Subito, aveva chiamato Terence per aiutarla e l’uomo l’aveva raggiunta immediatamente con la sua auto.

Quando scese, vide Brenda che cercava di tamponare le ferite con pezzi strappati dalla propria maglietta: “E’ viva?”

“Non mi metto di certo a bloccare il sangue ad un morto, certo che è viva! – replicò lei, instabile - Però ha il polso debole, dobbiamo portarla in ospedale!”

“No, – ribatté lui, prendendola in braccio - la porteremo ad Alkaban!”

Per un attimo la ragazza rimase bloccata, gli occhi sgranati, poi parve riprendersi e lo inseguì fino alla macchina: “Ad... ad Alkaban? Ma l’hai vista bene? La sua vita è appesa ad un filo e tu vuoi portarla ad Alkaban? Dubito che Alaris abbia studiato chirurgia, mentre Xao e Zeta curano solo i prescelti! Regola ridicola, tra l’altro!”

Ma Terence scosse la testa, mentre adagiava delicatamente Klen sul sedile posteriore: “Tu non sai com’è dentro. Fidati di me, potresti rimanere stupita!”

“Sì, certo! – replicò lei, sedendosi vicino a lui - Rimarrò molto stupita quando Alaris ci guarderà dicendo: ora del decesso… avete un orologio, per caso? ” ma Terence, senza rispondere, partì a tavoletta.

 

Arrivati ad Alkaban e oltrepassato il cancello, i due percorsero il corridoio d’entrata. Terence continuava a tenere in braccio Klen, mentre Brenda gli era accanto, a fare pressione sugli stracci che tappavano le ferite. L’atmosfera, però, costrinse la ragazza a parlare: “Non ero ancora mai entrata ad Alkaban… – era atterrita – Ma dove siamo, sul set di American Horror Story: Asylum?”

“Rilassati: l’altra ala dell’edificio è meno inquietante!”

In risposta, lei gli lanciò un’occhiataccia: “Ehi, guarda che sono calmissima!”

 

Finalmente, giunsero nella parte migliore della struttura, dove le luci erano più forti e l’ambiente pulito. Terence entrò subito in una sala, dove ad accoglierli c’erano un uomo e altre tre persone, tutti muniti di camici e mascherine con una barella pronta accanto a loro, sulla quale venne adagiata la ragazza. Brenda si guardò intorno piuttosto confusa: “Ma da dove...? Sono dottori?”

Quelli, però, la ignorarono, rivolgendosi direttamente a Terence: “Cosa è successo?” gli chiesero.

“La mia ragazza l’ha trovata piena di ferite, distesa sul marciapiede. Accanto mi sembra ci fosse un coltello da cucina.”

L’altro annuì, allontanandosi con il resto dell’équipe: “D’accordo, adesso ce ne occupiamo noi!”

 

Appena se ne andarono, Brenda guardò l’uomo piuttosto perplessa: “Terence? Mi puoi gentilmente spiegare cosa è appena successo?”

“Il Consiglio ha soggiogato alcuni cittadini di Morney Hill, affinché la struttura goda di ogni necessità: cuochi alle mense, dottori e addetti alle pulizie. Ci sono, inoltre, delle guardie, dei poliziotti per la precisione, che controllano costantemente l’esterno dell’edificio attraverso una stanza fornita di videocamere di sorveglianza. Insomma, hanno pensato proprio a tutto!”

“Wow! – esclamò lei - Sono senza parole. Letteralmente.”

Sul volto di Terence si dipinse un sorriso: “Benvenuta ad Alkaban!”

Lei rise: “Oh, tranquillo, non ci rimarrò a lungo. Me ne sto già andando. Chiamatemi quando Klen sarà fuori pericolo, così potrò farle delle domande su chi l’ha ridotta così, ok? Un coltello da cucina non è certo il modus operandi di John!” e se ne andò, continuando ad incantarsi ad ogni angolo mentre si incamminava verso l’uscita.

 

 

Il giorno dopo – Casa Jenkins

 

 

Brenda si era appena svegliata, dopo aver passato la notte a cercare Klen e poi a portarla ad Alkaban. Quando scese, sua madre era in cucina che preparava la colazione e lei si sedette a tavola, frastornata.

“Le mie aspirine sono finite, mamma, tu ne hai qualcuna nel tuo bagno?”

Rose la guardò preoccupata,  mentre le riempiva il piatto: “Ne prendi un po’ troppe, ultimamente. Non starai esagerando?”

In risposta, la figlia le lanciò un’occhiataccia: “Mamma, ma hai idea di che razza di vita faccio?!? Di giorno sono una studentessa strafatta di caffè e di notte…”

In quell’esatto istante, entrò sua sorella a prendere del cibo e concluse per lei, sarcastica: “… fai la spogliarellista in un locale? Lo sapevo!”

Se avesse potuto, Brenda l’avrebbe incenerita all’istante: “Lizzie, non hai il pullman dell’asilo da prendere?”

“Sono una studentessa liceale, ora. – replicò l’altra, offesa - Non montarti la testa, ora che vai al college e hai un ragazzo che a papino non piace! Tra l’altro, quanti anni ha più di te? E’ uno dei tuoi professori, per caso? Se sì, ci avrei giurato!”

“Maaaammaa! – urlò la ragazza, incredula - Vuoi farla smettere?”

Allora, gentilmente, Rose si voltò verso Lizzie: “Tesoro, credo sia meglio che tu vada, o perderai il pullman per davvero.”

“D’accordo vado, – replicò quella, avviandosi verso la porta - ma ricordate a Noa che domani ho il test di fisica e lui se ne intende di fisici, non so se mi spiego... Ciao!”

Mentre la porta si chiudeva alle spalle, la sorella sbuffò:  “Mamma, se fino a due anni fa ero una Lizzie 2.0, ti chiedo umilmente scusa. A volte non ti rendi conto di cosa sia l’adolescenza, finchè non sei abbastanza matura da vederla con i tuoi stessi occhi su tua sorella minore!”

Rose rise: “Altroché se lo eri, forse anche peggio! Per fortuna diventate grandi, prima o poi. – le accarezzò il mento – Come te, tesoro.”

“Che fai, indori la pillola e poi fai la carina? Non attacca! – e le sorrise - A proposito, Noa è già uscito, per caso?”

“A dir la verità, non è nemmeno rientrato. Festa lunga, eh!”

Ma Brenda non parve altrettanto tranquilla: “Strano, Noa non è un tipo da dodici birre di fila...”

“Perché, tu lo sei?”

La figlia, però, le rispose con un sorrisino: “Devo andare!” e nell’uscire dalla cucina, con il telefono in mano per contattare Noa, incrociò suo padre. Tra i due ci fu solo un breve sguardo e nessuna parola.

 

Quando l’uomo entrò in cucina, la moglie gli lanciò un’occhiata: “Andrà avanti per molto?” chiese.

“Andrà avanti finchè non capirà che le voglio troppo bene per perderla” rispose, pensando che la figlia fosse in uscita.

In realtà, però, Brenda era rimasta dietro la porta d’ingresso socchiusa ad ascoltare e sulle labbra si dipinse un leggero sorriso, quando comprese che suo padre voleva solo saperla viva e al sicuro. Poi, più tranquilla, se ne andò.

 

 

Casa Weather

 

 

In un’altra parte della città, nella dimora di Rick, anche Jade si era appena svegliata, però lei era rimasta distesa sul letto a fissare il soffitto, senza muoversi. I raggi di sole che entravano dalla finestra, il cinguettio degli uccellini e la quiete circostante la rilassarono a tal punto da non farle sentire il desiderio di alzarsi.

Improvvisamente, però, sentì bussare alla porta: “Avanti!”

Rick entrò, portando in mano un vassoio con sopra la colazione e il suo solito sorriso stampato sul volto: “Buongiorno, Jade.”

Lei lo guardò, sorpresa: “Ora mi stai decisamente viziando troppo!”

Lui, allora, appoggiò il vassoio sul comodino e si sedette sulla sedia accanto al letto: “Oggi è un giorno importante e hai bisogno di una super colazione per prepararti a ciò che ho in serbo per te.”

“Cosa? Di che cosa stai parlando? – poi notò che sul vassoio c’era anche una benda, che gli indicò – E questa?”

“Finisci la tua colazione e poi mettitela sugli occhi. Ieri ti sei ricordata di essere una strega, perciò oggi SARAI una strega! – le sorrise, mentre lei lo guardava perplessa – Forza, mangia, ora!” e subito lei eseguì.

 

Qualche minuto dopo, i due stavano scendendo le scale. Rick era dietro di lei, che la direzionava, dato che aveva gli occhi coperti dalla benda.

Jade non nascose la sua impazienza: “Allora? Siamo arrivati?”

Intanto, erano dentro un ascensore: “Ancora un attimo!” e, dopo aver premuto un bottone, quello iniziò a scendere, lasciandola perplessa.

“Ma… ma stiamo scendendo? – gli chiese, confusa - Non capisco, ci stiamo muovendo?”

“Non hai proprio pazienza, eh? Ancora qualche secondo!”

Finalmente, l’ascensore si fermò e Rick la aiutò ad avanzare. Poi, le tolse la benda, esclamando: “Eccoci arrivati!”

Jade, allora, iniziò sempre più stupita a guardarsi intorno, accorgendosi di trovarsi in una sorta di stanza per gli allenamenti molto ampia: c’erano armi di ogni tipo, fra cui alcune mai viste in vita sua. C’era anche un sacco da pugilato e alcuni attrezzi da palestra.

“Come puoi vedere, – le spiegò l’uomo - questa è una tipica stanza per l’allenamento dei cacciatori. Tutti ne abbiamo una così.”

“Siamo scesi con un ascensore, vero? – replicò, però, lei, voltandosi verso di lui - Non avevo notato l’entrata di un ascensore nella tua casa!”

Rick sorrise: “Davvero? Sei nel mio seminterrato da cacciatore e mi stai domandando dell’ascensore? – ma subito ricevette un’occhiataccia in risposta e tornò serio – Beh, era nascosto dietro ad una parete. Passaggio segreto, in un certo senso!”

Lei annuì, per poi iniziare a vagare per la stanza sfiorando ogni cosa con le dita: “Perché mi hai portata qui?”

“Mi hai raccontato che un tempo avevi grandi poteri per via del fatto che eri una prescelta. Ora non ci sono più, ma non vuol dire che tu non li abbia mai avuti dentro di te. Ti sono stati donati, perché non c’era tempo di far maturare quel potere che già possedevi inconsapevolmente. Beh, ora ce l’hai ed è arrivato il momento di tirarli fuori. Sei pronta?”

“Sì, sì… credo di esserlo. Sì, sono pronta!” esclamò la strega, in risposta.

“Non voglio forzarti, ma è per il tuo bene. Tuo nonno è di nuovo in città e potrebbe farti del male, perciò dovrai essere in grado di difenderti da sola.”

“Hai ragione. Cominciamo!”

“Bene, ma ti avverto: ci vogliono molta pazienza e forza di volontà”

Ma la ragazza ne era perfettamente consapevole e non voleva più perdere altro tempo, così i due cominciarono subito.

 

 

Alkaban

Durante la notte, i medici di Alkaban si erano occupati di Klen e la ragazza era ormai fuori pericolo, nonostante avesse perso molto sangue, e si trovava in una stanza privata con una flebo attaccata al braccio. Improvvisamente, aprì gli occhi e si guardò attorno, confusa e debole. Subito, staccò ciò che le avevano attaccato e, trascinandosi a stento, lasciò la stanza, percorrendo i corridoi dell’edificio.

 

Intanto, in un’altra ala, Jackson stava percorrendo molto di fretta un corridoio, quando alle sue spalle Harmony uscì da una stanza e lo vide.

“Jackson!” chiamò e lui si fermò e si voltò a guardarla.

“Che c’è?”

“Dove stai andando così nervoso?”

“Barnès e gli altri vogliono fuggire da Azkaban e io sto andando dal Consiglio per avvertirli.”

“Ma così tradisci il capo del tuo clan! – esclamò lei, preoccupata - Non avrai dei problemi, poi?”

“No, anzi, mi ringrazieranno, quando capiranno che il vero pericolo è fuori di qui”

“Beh, sembri averlo compreso solo tu però, no? Grazie alla paura che ti hanno messo le mie parole. Ma gli altri… beh, gli altri no, perché ancora non si rendono conto e seguono il loro capo, che è un incosciente! D’altronde, le vie sono pericolose soltanto quando ormai le si sta già percorrendo. Lascia che commettano questo errore, lascia che si pentano di non averti ascoltato! Se andrai a raccontare tutto al Consiglio, loro non lasceranno mai questo posto e tu sarai quello che gli ha traditi, senza sapere che in realtà li stavi salvando.”

Sul volto di Jackson era ben evidente il conflitto che gli stava agitando dentro: “Io... io non posso lasciarglielo fare! Sono pur sempre la mia famiglia, anche se non sempre si sono comportati bene. Se permetto che fuggano da qui, nessuno sopravvivrà alla furia di Jade, se dovesse scoprire che siamo il clan di cui Samuel faceva parte un tempo e che l’abbiamo dato a Wolf per non avere problemi. E’ colpa nostra, se Samuel ha dovuto subire l’esilio e convivere con quei sensi di colpa e quella strega non avrebbe nulla da perdere nel farci fuori tutti, perciò io devo impedire questo bagno di sangue!”

Quando finì di parlare, improvvisamente si sentì un rumore dietro l’angolo più vicino e i due si voltarono, spaventati.

“Hai sentito?” chiese la strega e subito il demone corse a vedere, rimanendo sorpreso da ciò che trovò.

“Ma è Klen!” esclamò.

La ragazza era distesa a terra, svenuta, con una delle ferite di nuovo aperta. I due allora la sollevarono, cercando di portarla via.

“Quando è arrivata ad Alkaban?” chiese lui.

“Probabilmente stanotte! Forza, perde sangue!” rispose lei, iniziando a correre.

 

 

College di Morney Hill

 

 

Brenda, camminando per il campus con il telefono attaccato all’orecchio, continuava a lasciare messaggi nella segreteria di Noa, sperando che il ragazzo le rispondesse.

“Ok, questa sarà la milionesima volta che ti chiamo da quando sono uscita di casa. Sono al campus, dove diavolo sei finito? Sono seriamente preoccupata, appena senti il messaggio richiamami!” e chiuse nuovamente la comunicazione, notando, poco lontano da lei, Corinne che litigava con un ragazzo. Si avvicinò, ascoltando ciò che, furiosa, gli stava urlando contro.

“Come sarebbe a dire che se n’è andato con la mia macchina?”

“Non ne ho idea, siamo andati alla festa insieme e poi è sparito con la macchina. L’ho aspettato un’ora e dopo mi sono fatto dare un passaggio.”

Brenda, allora, decise di intromettersi: “Scusami, Corinne, stai bene? Cosa è successo?”

“Succede che ho prestato la mia auto a Wes, perché la sua era a secco. E’ andato alla festa di una confraternita con questo imbecille e poi è andato via con la mia auto verso chissà dove!”

“Quindi Wes è scomparso?” le chiese allora la ragazza, perplessa, guadagnandosi un’occhiataccia.

“Sì, te l’ho appena detto!”

L’altra, allora, si rivolse direttamente al ragazzo: “Mi puoi dare l’indirizzo di questa confraternita, perfavore? Anche il mio amico Noa non è tornato.”

E, mentre quello iniziava a scriverglielo su un foglietto, Corinne la guardava perplessa.

“Noa era a quella festa? Ok, Wes è ufficialmente morto, la deve smettere con questa fissa!”

“Perché? Di che cosa stai parlando?”

Ma l’altra fu vaga: “Ehm, no, niente!”

Brenda, però, intuì che era il caso di insistere: “No, ora me lo devi dire!”

La ragazza sospirò, poi si decise finalmente a rispondere: “Ha questa assurda convinzione che tu e il tuo amico siate degli assassini. Un giorno è venuto a casa tua per quei famosi appunti, ma eri in compagnia di Noa, così vi ha seguiti nel bosco e vi ha guardati scavare.”

Brenda ascoltò impassibile: “Ah, capisco…” poi il ragazzo le porse il foglietto, mentre Corinne la guardava, in attesa di una risposta più soddisfacente.

“Insomma, non sei un’ assassina, vero?” chiese.

L’altra si voltò e le sorrise: “No! Ma adoro le frecce!” e se ne andò.

Appena si allontanò, il ragazzo si voltò verso l’amica: “E’ proprio carina, eh!”

Lei, in risposta, lo guardò disgustata: “Ti prego, sparisci!”

 

 

Casa di Rick Weather

 

 

Intanto, nel seminterrato di Rick, era in corso l’allenamento riservato a Jade per far maturare i suoi poteri. Per prima cosa, l’uomo la mise di fronte a delle mensole con sistemati sopra dei barattoli di vetro vuoti. La distanza era notevole e questo rese Jade ancora più perplessa.

“Forse dovrei avvicinarmi di più al bersaglio. Così è troppo lontano!”

Lui, però, tirò fuori una pistola particolare e sparò ad uno dei barattoli, centrandolo: “Come vedi, non è la distanza dal bersaglio il problema. Forza, concentrazione!”

Intanto, i frammenti di vetro si sciolsero sotto gli occhi attoniti della ragazza.

“Wow, che strano effetto! E che pistola… pittoresca!”

“E’ un’arma che abbiamo tutti noi cacciatori, ce ne sono molte e con effetti diversi. Ad esempio, i proiettili di questa vengono strofinati in delle magifoglie.

Jade ridacchiò: “E cosa sarebbero?”

Rick si voltò verso di lei e la guardò a bocca aperta, incredulo: “Santo cielo, farò finta di non aver sentito. Sei una strega, dovresti saperle certe cose!”

“Mi dispiace, ma sono più portata per l’azione che per i libri di stregoneria...”

L’uomo sospirò, poi rispose: “Le magifoglie sono foglie particolari che crescono nutrendosi di magia. Sono le streghe a crearle nelle loro serre. Hanno diversi effetti magici e, in particolare, strofinandole sui proiettili, si ha quell’effetto corrosivo. Se spari a un demone, invece, provoca un fastidioso fischio alle orecchie.”

“Atroce! – replicò lei, per poi tornare a concentrarsi sui barattoli – Ok, ora tocca a me, giusto? Devo solo concentrarmi…” e puntò il suo braccio verso di essi.

Passò qualche minuto, ma non accadde nulla.

Vedendola in difficoltà, Rick cercò di spronarla: “Jade, sono solo barattoli di vetro, non stai sollevando un auto a mani nude!”

In risposta, gli arrivò un’occhiataccia. “Non è così semplice, visto che non so nemmeno cosa devo fare di preciso per far funzionare questo potere che ho dentro. Comunque senti, lasciamo perdere, ok? A quanto pare non sono niente senza i poteri della prescelta!”

Ma l’uomo non si arrese, anzi, si avvicinò e la prese per le spalle: “Tu sei la prescelta anche senza quei superpoteri, chiaro? E’ come se prima avessi camminato grazie a qualcuno che ti teneva la mano. Ora, però, non c’è più e tu ti senti come se non riuscissi a camminare da sola, ma invece puoi! Ci devi credere di nuovo! Devi farcela da sola, stavolta, e ce la farai. E sarai più forte che mai!”

Jade, allora, tornò davanti al bersaglio e chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi.

Prima che iniziasse, però, Rick si abbassò e le sussurrò poche parole all’orecchio: “A volte c’è bisogno di un po’ di ispirazione, di una spinta. Pensa a quel barattolo come alla persona che odi di più al mondo, d’accordo?”

Pochi secondi dopo, sul volto della ragazza passarono rapidamente numerosi sentimenti: prima repulsione, poi rabbia, finchè uno dei barattoli non scoppiò in mille pezzi. Pochi secondi dopo, gli altri lo seguirono, fino all’ultimo.

Quando tornò il silenzio, Rick rise, sbalordito e lei lo seguì.

“Oh mio Dio, forse ha funzionato un po’ troppo!” esclamò, abbracciandolo.

Subito, però, si staccò per l’imbarazzo, cogliendolo di sorpresa: “Ehm, direi che ci possiamo lavorare con calma, non trovi? Piuttosto, ti va di fare un allenamento fisico, adesso? Bisogna sapersi difendere anche con il corpo, non solo con la magia!”

Lei annuì, sentendosi carica ed entusiasta: “Sono pronta a tutto, insegnami!” e l’uomo non poté non sorridere, vedendo che Jade aveva finalmente trovato se stessa.

 

Dall’altra parte della città, intanto, Brenda era in auto con Dana e Terence, che stava guidando, diretti verso la casa della confraternita. Ovviamente gli aveva subito messi al corrente della scomparsa di Noa e dell’altro ragazzo, Wes.

“Finchè non ho sentito quella Corinne dire a quel ragazzo che anche il suo amico era scomparso e che era stato anche lui alla stessa festa di Noa, non ero preoccupata, ma ora… Insomma, non può essere una coincidenza!”

Dana si voltò verso di lei e lanciò una breve occhiata: “Non lo è mai, a Morney Hill, Brenda. Sicuramente dev’essere successo qualcosa alla confraternita. Magari sono scomparsi anche altri ragazzi, ma ancora non lo sappiamo.”

Ma Terence scosse la testa: “Brenda ha detto che entrambi si sono allontanati dalla festa con le proprie auto, forse la cosa non riguarda anche altri. Magari sia Noa che questo Wes sono stati attaccati da qualcuno, più tardi. Ormai Morney Hill non è più sicura come all’inizio. Gli infettati stanno diventando sempre di più!”

“Possiamo smetterla di chiamarli infettati? – replicò la ragazza con una smorfia disgustata sul volto - Mi vengono i brividi, chiamiamoli… disordinati, no? Sì, persone disordinate!”

Gli altri due, però, la ignorarono.

“Piuttosto – rifletté l’anziana signora ad alta voce - come hanno fatto a trovarsi nello stesso posto questo Wes e Noa?”

“E’ un loro compagno di college” le rispose l’uomo accanto a lei, suscitando una risposta sarcastica da parte della sua fidanzata.

“E ci crede assassini perché ci ha visti scavare una buca!”

Dana sussultò leggermente a quelle parole, ma, quando parlò, sembrava la solita di sempre: “Non attirate l’attenzione, cara.”

“Non è mica colpa mia, pensavamo di essere soli, quel giorno!”

 

In quel momento, l’auto fu costretta a fermarsi  perché davanti a loro c’era un carro attrezzi che stava facendo manovra. Quando vide cosa stava prelevando, però, Brenda si lasciò scappare un urlo e sobbalzò sul sedile.

“Oh mio Dio, ma quella è la macchina di Noa!”

“Ne sei sicura?” le chiese la signora Ferguson con gentilezza.

“Sì, un pick-up grigio con un adesivo di Norman Redus attaccato sopra lo sportello del serbatoio!” replicò l’altra, saltando giù.

“Norman Redus?” la donna sembrava perplessa e Terence si affrettò a rispondere, prima di scendere giù dall’auto anche lui.

“Quell’attore di The Walking Dead che piace a tutti!”

“Ah…” replicò lei, ancora confusa, raggiungendoli.

 

Come un fulmine, Brenda corse verso l’uomo che stava lavorando presso il carro attrezzi.

“Ehi, mi scusi?!? – urlò, cercando di farsi sentire - Può fermarsi un attimo?”

Benché seccato, quello decise di darle attenzione: “Sì?”

“Perché sta prelevando quest’auto? Dov’è il suo proprietario?”

“E’ quello che vorrei sapere anch’io! Mi hanno chiamato questa mattina presto, segnalando due auto vuote in mezzo alla strada. Che imbecilli, eh?”

“Già!” esclamò lei, prima di tornare dagli altri, fermi lontano, per spiegare loro la situazione.

 

“A quanto pare hanno chiamato quel tizio dicendo che c’erano due auto vuote parcheggiate in mezzo alla strada. – la preoccupazione era ormai evidente sul suo volto – Vi giuro che non so cosa pensare...”

“Come io dell’aggressione di ieri sera... – replicò Dana, altrettanto confusa – Piuttosto, sapete se Klen si è già risvegliata? Dobbiamo interrogarla il prima possibile!”

Brenda, indispettita, le lanciò un’occhiataccia: “Francamente, sto pensando a Noa in questo momento!”

“Scusa, cara, non volevo far passare la sparizione del tuo amico in secondo piano, ma è anche importante sapere se John c’entra con tutto questo. Se avesse letto le istruzioni di quel foglio, avremmo sicuramente un problema!”

“Allora – concluse Terence - dobbiamo trovare subito quei contenitori, quelle persone nei dipinti. Insomma, dovremmo approfittarne visto che abbiamo i demoni e le streghe ad Alkaban e anche lo strumento nelle nostre mani. Servono tutti e tre gli elementi, no?”

“Sìsì, – rispose l’anziana strega - ognuno di questi rappresenta un pezzo del puzzle, ma…”

“Ma cosa?”

“La lettera di istruzioni è come una lista della spesa, solo in versione soprannaturale: compare un nuovo punto solo quando completi quello precedente. E, al momento, non è ancora del tutto completa.”

“Ed è una buona notizia, giusto? John non scoprirà più di quello che già sappiamo!”

“No, al contrario. Dopo le istruzioni riguardo al come trovare lo strumento, è comparsa quella del cercare i contenitori umani tramite i dipinti. Questo vuol dire che, se John ha visto i dipinti e trova i contenitori, sarà lui a scoprire quale sarà la prossima istruzione. E, quindi, a fare la prossima mossa!”

Brenda la guardò confusa: “Pensavo che sapesse perfettamente quello che dovevamo fare, invece brancoliamo nel buio…”

Fu allora che Terence propose una soluzione che potesse andare bene a tutti: “Ok, allora voi impegnatevi nella ricerca dei contenitori e lasciate perdere Klen. Io andrò con Zack da John. Ok?”

Ma la ragazza, sconvolta, sgranò gli occhi: “COSA?!? Cos’è questa storia? Hai deciso che dobbiamo morire, per caso? Perché ti ricordo che siamo insieme in questa cosa della vita e della morte!”

Lui, allora, provò a spiegarsi meglio:  “Zack ha chiesto il mio aiuto: pare che John stia organizzando una sorta di inaugurazione per la nuova casa che ha acquistato e ha invitato lui e alcuni funzionari del municipio. Zack, però, non si fida e pensa ci sia sotto qualcosa.”

Dana, nel sentire quella novità, non poté esimersi dal commentare sottovoce: “Diventa sindaco, compra case… Bastardo!”

Brenda, ovviamente, era ancora più furiosa: “Quindi? Che ruolo hai in tutto questo? Vuoi fare un remake del film Indovina chi viene a cena, per caso?  No, scordatelo, non ti lascio andare da solo!”

Terence, però, scosse energicamente la testa: “No, io rimarrò solo appostato fuori a controllare la situazione, mentre Zack tenterà di scoprire cosa sa esattamente John, o, meglio, cosa ha capito. E, sinceramente, spero vivamente abbia prestato più attenzione al foglio di istruzioni e allo strumento, che ai dipinti...”

Ma la signora Ferguson non era della stessa idea: “Quel figlio di puttana è furbo, dubito che li abbia ignorati, sai? Insomma, non li metti in una cassaforte se non sono importanti! Avrà fatto sicuramente questo ragionamento...”

“Lo sapremo questa sera!” concluse lui, ma la sua ragazza non resistette dal fargli un’ultima raccomandazione.

“Ti prego, stai attento! E, se si mette male, chiamaci! Intanto noi proveremo a cercare ancora Noa e ad occuparci dei contenitori, ok?”

Pochi secondi dopo si rimisero in macchina, consapevoli di cosa ognuno doveva fare.

 

 

Casa di Rick Weather

 

 

Jade si era appena buttata a terra, sudata, dopo aver dato qualche pugno e qualche calcio al sacco da box. Rick, altrettanto affaticato, era sdraiato al suo fianco.

“Giuro che non ho mai faticato così tanto in vita mia!” esclamò lei, cercando di riprendere fiato.

“E questo è niente, rispetto ai soliti allenamenti di un cacciatore! Noi dobbiamo tenerci in forma, sai?”

“Sai, anche mio nonno era un cacciatore. Anzi, il mio falso nonno. Si chiamava David.”

L’uomo la guardò perplesso: “Non sapevo esistessero anche i falsi nonni. Spiegati!”

Jade, allora, si mise più comoda e iniziò a raccontare: “E’ l’uomo con cui mia nonna ha rimpiazzato John nei miei ricordi e in quelli di mia madre. Quando si era rivoltato contro il Consiglio ed è passato dalla parte dei servitori del Caos, infatti, mia madre aveva poco più di dieci anni, così nella sua mente lo sostituì con David, fingendo che fosse tutto normale. Quando John riuscì poi ad evadere dalla cripta e si ripresentò davanti a lei, anni dopo, David perse la vita nel tentativo di catturarlo assieme agli altri cacciatori, mentre mia nonna aveva astutamente regalato a me e ai miei genitori una vacanza, in modo da tenerci il più lontano possibile da quel mostro. Non dimenticherò mai il giorno in cui mandò fuori strada la nostra auto... – le scese una lacrima solitaria, che le rigò la guancia – Utilizzò il volto di David, fingendosi lui, quando comparve  all’improvviso in mezzo alla strada. La cosa più triste è che io ora so la verità, mentre mia madre è morta pensando di essere stata uccisa dall’unico uomo che l’aveva amata davvero, trattandola come una figlia.”

“Quindi tua madre…?”

“No no, lei non era una strega. Non aveva idea del mondo che la circondava.”

Rick parve molto colpito dalle sue parole: “Sai, conoscevo la reputazione di John, ma non sapevo fosse così codardo da non usare il suo volto, mentre uccideva sua figlia.”

“E’ nel suo stile, a quanto pare. Alla fine, voleva solo vendicarsi di mia nonna, che aveva provato ad esiliarlo per sempre in quella cripta.”

L’uomo rimase pensieroso per qualche minuto, poi ruppe il silenzio che si era creato e iniziò a parlare: “Sophia si trovava in un granaio, quando è morta. E’ successo nel periodo della seconda profezia, ormai ce l’avevate quasi fatta e il mondo demoniaco era in allarme, perché sicuramente le cose sarebbero cambiate dato che, dopo, nulla avrebbe più impedito al Consiglio di dare la caccia ai demoni più irrequieti. C’era questo clan che aveva preso di mira la sua Congrega…”

Lei, però, parve ascoltarlo solo distrattamente, troppo impegnata a muoversi nella stanza e a toccare gli oggetti presenti, finchè non raggiunse una specie di corno: “Questo a cosa serve?”

“Ehm, non toccarlo, serve solo da richiamo. Se ci soffi dentro, i cacciatori più vicini accorreranno in tuo aiuto. Noi comunichiamo così!”

La ragazza annuì, rimettendosi a sedere vicino a lui: “Continua, cosa è successo poi?”

“Questo clan cercava degli amuleti per non permettere ai cacciatori e al Consiglio di localizzarli. Ovviamente fallirono nel loro intento, perché non li ottennero, e probabilmente dopo hanno tentato anche con altre congreghe, non lo so. Quel che importa è che, in quel granaio, ci fu uno scontro e tutto si incendiò. Quando arrivai sul posto, era troppo tardi: Sophia era rimasta intrappolata sotto una trave e... e io non potei fare nulla per salvarla dalle fiamme. Da allora sono stato consumato dalla rabbia e ho tentato invano di cercare quel clan per vendicarmi. Per colpa di questa dannata cupola, però, non sono più potuto ripartire, perciò... eccomi qui!”

“Scusa se te lo chiedo, ma come mai non sembri essere più in servizio? Insomma, dici di essere stato quasi sempre qui anche prima della cupola, in più il Consiglio ti avrebbe contattato, ora che sei bloccato qui, perché sicuramente avranno bisogno di tutto l’aiuto possibile per tenere sotto controllo il casino che c’è lì fuori, o sbaglio?”

“Ascolta, non voglio spaventarti, ma.... Premetto che, però, ora sto bene, eh!”

“Non preoccuparti. Vai avanti.”

“Il Consiglio mi ha... diciamo sospeso, a tempo indeterminato. Ho avuto quello che nel gergo dei cacciatori si chiama raptus...”

“Di che cosa si tratta?”

“Vedi, noi cacciatori esistiamo per uccidere i demoni e la sete di sangue ci alletta molto, ma comunque non ci lasciamo mai sopraffare da essa. Fortunatamente, infatti, il Raptus non è molto comune fra di noi, ma ci colpisce lo stesso quando proviamo un forte sentimento di odio profondo verso coloro che dobbiamo uccidere che supera perfino la sete di sangue.

“E... e in che cosa consiste?”

“Diventi totalmente incontrollabile, oltre ad avere un notevole aumento di forza nel corpo. Sei completamente assente, non ascolti niente e nessuno. Quando inizi ad odiare profondamente un demone, il tuo unico obbiettivo è ucciderlo. Non ti importa di altro, hai in mente solo quello. E chiunque osi mettersi tra te e la tua preda, beh... è morto.”

Jade non potè impedirsi di rabbrividire nell’ascoltare il racconto dell’uomo: “E come sei tornato normale? Come hai fatto a guarire?”

Sorprendendola, Rick le indicò proprio il corno che aveva preso in mano poco prima: “Grazie a quello! Il corno, infatti, è in grado di emettere due suoni: uno è il richiamo dei cacciatori, l’altro serve ad inibire il Raptus. Uno solo, però, può anche non bastare. Per tornare alla normalità, infatti, gli altri cacciatori hanno dovuto suonarlo in otto, perché ero completamente andato. Per questo cerco di non uscire spesso di casa, potrei incrociare qualche demone rimasto bloccato qui come noi, se c’è, e non vorrei avere una ricaduta se decide di farmi saltare i nervi.”

La ragazza, sapendo perfettamente che la città era piena di demoni, cercò di non farglielo capire, né di farsi prendere dal panico: “Sai per caso di che Clan si trattava? Quello che ha attaccato la congrega di Sophia, dico.”

“Non ne sono sicuro, ma tra le fiamme sentivo delle urla. Mi è parso di sentire il nome di un certo Barnès, ma, come ti ho detto, non ne sono sicuro. Alcuni volti, però, riesco ancora ricordarli!”

In quel momento, Jade lanciò un’occhiata all’orologio che portava al polso e si alzò di scatto: “Oh mio Dio, si sono fatte le quattro e io credo di avere una lezione fra poco!”

Lui la guardò perplesso:  “Davvero? Non mi hai detto niente!”

Ridacchiando nervosamente, la ragazza si avvicinò in fretta all’ascensore: “Sì, davvero. Mi hai talmente distratta con la tua cucina e questa stanza, che l’ho completamente dimenticato! Ci vediamo stasera, ok?” e le porte si chiusero davanti a lei, lasciando l’uomo a chiedersi cosa avesse detto di sbagliato per farla fuggire in quel modo.

 

In pochi minuti Jade risalì in casa e, dopo aver preso la sua borsa, corse fuori dall’abitazione, guardandosi continuamente indietro. Improvvisamente, andò a sbattere contro qualcuno e, girandosi, vide che era Zack.

“Oh mio Dio, – esclamò - che cosa ci fai qui?”

Lui le lanciò un’occhiata strana, prima di risponderle:  “Ero venuto a parlarti e comunque, perché stavi scappando in quel modo?”

Lei, agitata, si guardò intorno furtiva: “Senti non possiamo restare qui a parlare, TU non puoi restare qui! Se devi dirmi qualcosa, dimmela da un’altra parte, ok?”

Senza farsi problemi, il ragazzo la prese per un braccio e la teletrasportò in una strada poco affollata accanto alla biblioteca pubblica e Jade subito si tranquillizzò.

“Va bene, di cosa devi parlarmi? Sai perfettamente che non voglio più avvicinarmi a nessuno di voi!”

“Sono venuto a parlarti di Brenda per conto di Terence, ma al momento mi preoccupano di più il tuo comportamento e l’uomo con cui vivi adesso. Si può sapere chi diavolo è?”

Ma lei ignorò la sua domanda, preoccupata dalle sue parole: “Aspetta, hai detto Brenda? Le è successo qualcosa?”

“No, ma non sta passando un bel periodo. Sai, le cose si stanno mettendo male tra John, il Consiglio, Alkaban e tutto il resto...”

“Alkaban? – chiese Jade, perplessa - Cos’è?”

“E’ un edificio sulla collina in cui il Consiglio tiene i demoni e le streghe al sicuro da John. Pare che abbiano un ruolo fondamentale in qualcosa, ma tua nonna e gli altri continuano a tenermi all’oscuro, visto che potrebbe leggermi nella mente.”

“Quindi sei tornato dalla nost... cioè, dalla loro parte, eh?”

“Grazie alla lettera di Samuel non hai mai dubitato di me. Ma la verità che ti ho sempre tenuto nascosta è che John mi tiene in pugno grazie ad un marchio demoniaco che ho sul petto e che mi ha minacciato di farvi del male se non l’avessi aiutato. Ora lo sanno anche tutti gli altri. Jade... la situazione è molto critica, là fuori, Brenda sta crollando e, in questo momento, ha sulle sue spalle gran parte delle tue responsabilità. Ti ha accusata addirittura di… averla incastrata nella tua vita! Devi assolutamente tornare! Capisci?”

Ma la ragazza fece un passo indietro e scosse energicamente la testa: “No, non posso tornare! Non chiedermelo, ti prego!”

“Cos’è, per caso devi stare con il tuo nuovo amico? Jade, NOI siamo la tua famiglia, non puoi voltarci le spalle! Chi è questa persona, piuttosto?”

“Senti, tu pensa a tenere quei demoni al sicuro dove sono e non venire più a cercarmi in quella casa, ok? Non farlo mai più!” rispose lei, per poi iniziare ad allontanarsi.

Zack, però, subito le corse dietro: “Aspetta, Jade!” ma in quel momento gli squillò il telefono: era Terence. E, quando rialzò lo sguardo, la ragazza ormai se ne era andata.

 

Si era ormai fatta sera, a Morney Hill e Zack  e Terence erano appostati dietro ad un cespuglio davanti alla casa di John.

Prima di incamminarsi, il ragazzo controllò un’ultima volta la situazione.

“Luci accese, ma non vedo ombre dietro alle tende. Dici che ha davvero invitato qualcuno?”

L’altro scrutò per qualche secondo le finestre con il binocolo, prima di rispondere: “Qualcuna c’è, perciò credo ci sia gente dentro.”

“D’accordo, allora vado. Se succede qualcosa, salva più gente possibile, ok? Non deve morire più nessuno a causa di quel mostro” e iniziò ad incamminarsi verso la casa, ma fu fermato dopo pochi passi.

“Aspetta! Hai parlato con Jade?”

Mortificato, si girò e abbassò lo sguardo: “Sì, ma non ne vuole sapere niente. Non vuole nemmeno tornare, ma sembrava tesa quando l’ho incontrata.”

Per pochi secondi su di loro cadde il silenzio, poi Terence si decise a parlare: “Ehm, va bene, allora stai... stai attento e cerca di capire cosa ha scoperto John, ok?”

Zack parve imbarazzato nel vederlo preoccupato per lui: “Ehm, grazie, starò attento…” e si allontanò, attraversando la strada.

Nel frattempo, Terence lo seguì per tutto il tragitto con il binocolo, restando concentrato. Finalmente, il ragazzo giunse davanti alla porta e suonò. Subito, qualcuno dall’interno la aprì e lui potè entrare.

Per qualche minuto fu tutto tranquillo, poi, improvvisamente, qualcosa allarmò l’uomo: tutte le luci della casa, infatti, si spensero di colpo. Trovandolo strano, decise di avvicinarsi per scoprirne di più. Passo dopo passo, silenziosamente, riuscì ad arrivare fino a una delle finestre, ma, in quel momento, di colpo fu catapultato da una forza sovrannaturale nel giro di pochi istanti all’interno dell’abitazione, sfondando il vetro e atterrando violentemente sul pavimento. Dopo un battito di mani, le luci si riaccesero di colpo e John, davanti a lui, gli rivolse un caloroso benvenuto.

“Salve Terence, mancava giusto l’ospite d’onore. Pensavi forse che non ti avrei invitato alla mia festa?”

In quel momento, guardandosi attorno, Terence vide che la casa era vuota e senza mobili, ma, in realtà, fu un altro dettaglio assai peggiore a colpirlo profondamente: Zack, Noa e Wes erano attaccati alla parete con gambe e braccia divaricate, tenuti inchiodati ad essa dalla forza sovrannaturale esercitata da John.

“Come vedi, – aggiunse l’uomo, seguendo il suo sguardo - non ci sei solo tu. Abbiamo anche altri ospiti con cui divertirci!” e scoppiò nella sua malvagia risata, mentre i quattro lo guardavano intimoriti, ignari di cosa avesse in serbo per loro…

 

CONTINUA NEL SETTIMO EPISODIO

Testo a cura di Lady Viviana

ANGOLO AUTORE: Scusate per questa assenza di due settimane, vi prometto che non accadrà più fino al finale di metà stagione. Dopo il 50° episodio della mia storia, un traguardo molto importante per me, vi do appuntamento a Giovedì 11 Giugno con la 5x07 "Non ho più paura di te". Buona settimana!

 

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Capitolo 8
*** 3x08-Quello che lei prova tutti i giorni ***


CAPITOLO OTTO
"She's Crushed in the Deep"

Chiesa di St. Brigitte

 

 

Stava quasi per calare la notte su Morney Hill e, ovviamente, la cattedrale della città era completamente vuota e silenziosa, illuminata soltanto dalla luce della luna che filtrava attraverso le finestre. All’interno solo un uomo, inginocchiato a pregare: si trattava di padre Murray, il prete responsabile. Si sentiva in colpa, piangeva e implorava il perdono di Dio per qualcosa che aveva fatto.
Diverse ore prima, infatti, si trovava in ospedale, dove aveva fatto visita ad una ragazzina, Beth, che conosceva da quando aveva sette anni. Era una sua parrocchiana e teneva a lei come a una figlia. Purtroppo, però, un giorno, le è stato diagnosticata la nevralgia al trigemino, conosciuta anche come la malattia del suicidio. Ogni volta che andava a trovarla,  per lui era una sofferenza vederla in quel letto e guardarla provare un dolore che nessuno poteva immaginare. Ma quel giorno, si era trattato dell’ultima, perchè la ragazza, piangendo, gli aveva chiesto di aiutarla a morire, di porre fine al suo dolore. Non aveva avuto il coraggio di dire una cosa del genere davanti ai suoi genitori, che continuavano a perseguitare i dottori in cerca di una soluzione, perciò si era rivolta all’unico uomo di cui si fidava e che le voleva così bene, da aiutarla. E così era stato: fra le lacrime, Padre Murray le aveva adagiato un cuscino sopra la faccia, senza che nessuno potesse impedirglielo. Quando lo tolse, gli sembrò di scorgere un sorriso sul volto della ragazza, come se per lei fosse stato un sollievo. Al contrario, però, l’uomo si era sentito in colpa ed era fuggito dall’ospedale, rifugiandosi
nell’unico luogo in cui sapeva che sarebbe stato perdonato: la sua chiesa.


Era ormai sera e l’uomo continuava a pregare, fra le lacrime, sperando di ottenere il perdono che cercava. La sua anima doveva essere puruficata, ma dal Signore non gli era arrivata nessuna risposta.
Improvvisamente, alzò lo sguardo e smise di pregare. Sentiva la terra tremare e le immense porte della chiesa vibrare. Poi, quelle si spalancarono di colpo e una grossa nube nera entrò, allarmando Padre Murray e facendolo scappare urlando, nonostante non ci fosse una via d’uscita.



4 ore prima – Alkaban

 

 

Terence, con Brenda in braccio, si teletrasportò ad Alkaban e, non appena entrato, iniziò a sgridarla ferocemente, attirando l’attenzione di tutti.
“Sei impazzita, per caso?!? Hai idea di quello che John farà a tutti noi, quando si sarà rimesso in piedi?”

Lei abbassò lo sguardo: “Ho solo perso un pò il controllo, ok?”

“UN PO’? Questo non è uno show, Brenda, dove puoi fare quello che vuoi e pensare che non ci saranno delle conseguenze!”

“Oh mio Dio, sarebbe questo il ringraziamento per averti salvato la vita? O meglio, quella di entrambi?” replicò la ragazza, irritata.
“Eravamo fuori, Brenda! Non c’era bisogno di aspettare che uscisse per ferirlo in quella maniera. Non hai idea di come si vendicherà di noi tutti, adesso!”

In quel momento sopraggiunse Marcus, che si rivolse all’uomo in tono poco amichevole: “Ehi, cosa sta succedendo qui?”

“Tu non ti intromettere!” rispose l’altro.

“Mi intrometto eccome, dal momento che sei qui ad Alkaban, dove comandiamo io, Alaris e Foxi.”

Terence, allora, capì e si ricompose: “Dove tenete Klen?”

“In una stanza privata in infermeria. Perché?” ma non ricevette risposta, perché Terence si era già diretto lì.

A quel punto Marcus, scuotendo la testa, si avvicinò alla ragazza.

“Ma cosa sta succedendo?”

“Credo che John stia arrivando qui…” rispose lei, mortificata, scatenando il panico tra i presenti.
Il ragazzo, però, cercò di riportare l’ordine: “State tutti calmi, questo edificio ha difese potenti che nemmeno John può abbattere! Perciò siete pregati di ritornare nelle vostre stanze, fino a nuovo ordine.”

Un demone, però, si fece avanti per esprimere il suo dissenso: “Io non vado da nessuna parte, voglio sapere cosa succede con i miei occhi! Non restare chiuso in una stanza, mentre voi architettate chissà cosa!”

Anche altri demoni e streghe lo appoggiarono. “Sì, ha ragione!” urlarono.

“Vi assicuro che non stiamo architettando nulla. Voi siete qui per essere protetti, pensavo che questo punto fosse stato chiarito.”

 

Poco dopo, anche Dana e gli altri giunsero ad Alkaban. Noa e Zack portavano Wes sulle spalle e Brenda subito si avvicinò a loro.

“E’ infettato?” domandò, preoccupata.

“No, solo ferito” la rassicurò Noa.

“Presto, da questa parte! – si intromise Marcus, facendo loro cenno – Vi conduco verso l’infermeria!” e i due ragazzi lo seguirono subito.

 

La signora Feruson, invece, si fermò a parlare con Brenda.

“Tesoro, tu stai bene?” le chiese.

Lei abbassò lo sguardo, mostrando di essere pentita delle sue azioni: “No, ho creato un enorme casino...”

“Hai fatto bene a dare una lezione a quel mostro. L’avrei fatto anche io, al posto tuo. – la tranquillizzò la donna - Credimi se ti dico che ho visto un barlume di terrore nei suoi occhi, anche se per una frazione di secondo. Deve capire che non abbiamo paura di lui!”

Purtroppo, però, la ragazza non era convinta: “Sì, ma… adesso cosa accadrà? Sta arrivando qui per colpa mia, perchè mi sono fatta trascinare troppo dall’odio che provavo per lui.”

Dana le mise una mano sulla spalla, gentile: “Ci difenderemo, non preoccuparti. Ad Alkaban abbiamo demoni, streghe e tanti altri validi guerrieri come te. Non può buttarci giù tutti!”

“Forse. Ma può buttare giù alcuni di noi. Demoni e streghe che ci servono vivi, per esempio.”

“Non lo permetteremo!”

 

Intanto, Terence era giunto in infermeria, dove si trovavano già Klen e Tamara. L’uomo entrò di soppiatto, gridando alla ragazzina: “Alzati!”

La donna, accanto, lo guardò perplessa: “Cosa sta succedendo?”

Quello, però, la ignorò, ripetendo il suo comando.

La giovane strega, però, continuava a guardarli perplessa, finchè la sua leader non intervenne.

“Sei uscito fuori di senno, forse? – gridò, alzandosi in piedi - Non può alzarsi. E’ ancora debole!”

Lui, però, andò avanti, deciso, avvicinandosi al letto: “E’ debole? Allora la aiuterò io!” e la prese in braccio, suscitando la rabbia di Tamara.

“Rimettila subito a letto, o te ne pentirai” sibilò, proprio mentre arrivavano Marcus e gli altri e lei, subito, ne approfittò.

“Qualcuno può dire a quest’uomo di rimettere la mia strega a letto? – chiese, rivolgendosi direttamente al consigliere - Pensavo che fossimo le benvenute, qui!”

Marcus, allora, si girò furioso verso Terence: “Sei impazzito, per caso?!? Stai solo creando scompiglio, da quando sei arrivato qui!”

“E invece vi sto salvando! Klen è manovrata da John e io non lascerò che rimanga qui ad aiutarlo ad entrare per ucciderci tutti!”

Tamara lì guardo, confusa: “Di che cosa sta parlando?”

“E’ la verità!” rispose Zack, sicuro e Noa, che teneva ancora Wes, annuì.

“Confermo!”

Sentendosi accusata ingiustamente, Klen, fra le braccia di Terence, iniziò a agitarsi: “Non è vero, state mentendo! – poi si rivolse alla sua leader – Tamara, ti prego, aiutami!” ma lei non rispose, non sapendo cosa dire.

Marcus capì di dover intervenire al suo posto: “Se quello che dite è vero, Terence, non mi sembra una buona idea buttare Klen fuori da Alkaban. Aiuterebbe solo John ad arrivare qui.”

“Cosa ti fa credere che non l’abbia già fatto? – s’intromise Zack - Credimi, lui lo sa già, non ha bisogno che qualcuno gli indichi la strada. Alkaban può anche essere in grado di tenere fuori quel mostro, ma se qualcuno lo aiuta da dentro, allora le difese di questo edificio saranno inutili!”

L’altro si prese qualche secondo per riflettere, prima di prendere la sua decisione.

“Ok, portatela fuori. Io avverto Alaris e Foxi di tenersi pronti.”

Ma Tamara, contraria, si oppose: “Non potete farlo! E’ soltanto una ragazzina!”

“Mi dispiace, ma non possiamo rischiare.”

Klen, allora, peggiorò la situazione, iniziando a gridare: “Lasciami! Lasciatemiii! Tamara, aiutamiiii!” ma la donna non potè che restare a guardare, voltando loro le spalle e andandosene via indignata.



Chiesa di St. Brigette

 

 

Tornato a casa dopo la movimentata notte di Halloween, Rick volle prendersi un momento per sé, così uscì fuori per riflettere. Si diresse in chiesa, sperando che una preghiera e il silenzio lo aiutassero. Anche lui conosceva Padre Murray e sapeva che non l’avrebbe trovato lì a quell’ora. Tuttavia, quando vi giunse, scoprì che le porte erano spalancate e diversi oggetti, fra cui alcune sedie, erano caduti a terra.

Perplesso, iniziò subito a guardarsi intorno.

“Padre Murray? – chiamò - E’ qui?” e, non ricevendo risposta, si diresse in sacrestia.

Anche lì era aperto e, arrivato, la trovò vuota.

Non più dell’umore per rimanere solo a riflettere, Rick lasciò preoccupato la chiesa, con l’intenzione di dirigersi a casa di Padre Murray per accertarsi che fosse tutto a posto. Infatti, teneva molto a lui, fin da quando era ragazzo.
Mentre stava percorrendo un vicolo per cercare di fare la strada più breve, però, fu attirato da alcuni lamenti. Avvicinandosi sempre di più all’origine, entrò in un'altra stradina, dove notò due uomini stesi a terra che si dimenavano e deliravano, mormorando frasi senza senso. Subito andò da uno per soccorrerlo.

“Sta bene? – gli chiese - Che cosa le prende?”

“Lui – rispose quello, gli occhi sgranati, indicando l’altro uomo a terra – non merita una figlia così! Lui... lui l’ha tagliata fuori dalla sua vita. E’ un pessimo padre! Ma si sente tremendamente solo e pentito, nessuno gli è rimasto più accanto...” intanto, le lacrime avevano iniziato a solcargli le guance.

Rick, confuso, continuò a spostare rapidamente lo sguardo fra i due: “Mi scusi, ma non riesco a capire. Come posso aiutarla?”

Tuttavia fu l’altro a parlare, stavolta: “E’ una punizione, questa! L’uomo vestito da prete, mandato da Dio, ha voluto punirci per i peccati che abbiamo commesso. – si alzò in piedi, nonostante sembrasse straziato da un dolore che sembrava provenire direttamente dalla sua anima – E... e io non riesco più a sopportare tutto quello che sentooo!” e iniziò a correre via, arrivando fino alla strada.

Non appena uscì dal vicolo, però, una macchina lo investì. Rick, allora, si risollevò in piedi, sconcertato e iniziò a indietreggiare. L’uomo rimasto a terra, però, lo vide e, in lacrime, iniziò quasi a supplicarlo.

“Ti prego, non lasciarmi. Trova quell’uomo e digli di togliermi questo dolore che non riesco più a sopportare...”

Senza aggiungere altro, Rick scappò via, traumatizzato.



Casa di Rick Weather

 

 

Jade era rimasta sola in casa a riflettere sulla situazione in cui si trovava. Temeva di non poter più gestire Rick, se questo fosse venuto a sapere della presenza di Barnès e degli altri demoni a Morney Hill. Improvvisamente, però, i suoi pensieri si interruppero per la comparsa di John al centro del salotto. Subito, prese la pistola di Rick, puntandola contro di lui che, però, scoppiò subito in una risata incontrollata.

“Accidenti, non vorrai mica spararmi?”

”Non è una banale pistola. Può ferire anche quelli come te!”

“Ah si?” rispose e, con un gesto della mano, la avvicinò a sé.

“Beh, ora non più. E nemmeno tu!”

Ma Jade non parve per nulla intimorita: “Sono tornata a praticare la magia, perciò non sottovalutarmi!”

“Non preoccuparti, non sono venuto qui per combattere. Perché dovrei farlo contro mia nipote?”

La ragazza non nascose una smorfia disgustata: “Ah, adesso sarei tua nipote? Devo ricordarti tutti i mille modi in cui mi hai rovinato la vita, per caso?”

“Acqua passata, tesoro. – replicò lui, sedendosi comodamente su una delle poltrone - Se vuoi, posso rimediare...”

Poi si fermò ad osservare la pistola che aveva in mano: “Piuttosto, sbaglio, o è di un cacciatore, questa?”

“Senti, – lo interruppe lei, senza mezzi termini - noi due non abbiamo nulla da spartire. Perciò adesso alzati e vattene!”

John chiuse gli occhi e, stringendo l’arma, rimase così per qualche minuto. Poi, tornò in sé: “Sapevo che era l’arma di un cacciatore! Quindi vivi con uno di loro, adesso? Interessante... come anche la sua storia....”

Lei sbuffò, irritata e seccata: “Si può sapere che cosa vuoi? Che cosa sei venuto a fare qui?”

“Volevo fare una piccola tappa qui, prima di andare in quell’edificio creato dal Consiglio dove probabilmente sono scappati tutti a rifugiarsi.”

“Rifugiarsi? – Jade era confusa, ora - Perché?”

“Perché voglio ucciderli. Tutti. La tua amica Brenda mi ha fatto molto arrabbiare, sai?”

Preoccupata, la ragazza cercò di dissuaderlo: “Ucciderli? E poi? Rimarresti bloccato in questa città per sempre!”

John ci pensò su un attimo, poi accennò un sorriso: “Hai ragione, credo che tu mi abbia appena restituito il buon senso, sai? Tuttavia, possiamo sempre ucciderne qualcuno, non credi?”

Ora Jade era decisamente perplessa: “Possiamo? Al momento non sono dalla loro parte, è vero, ma nemmeno dalla tua.”

“Aspetta! Lascia prima che ti confessi un segreto, poi potrai anche decidere da che parte stare. D’accordo? Ultimamente, infatti, sono venuto a conoscenza di qualcosa che riguarda il clan di demoni di un tale chiamato Barnès... sapevi che è lo stesso di cui faceva parte Samuel? Quello che lo ha tradito e venduto a Wolf, voltandogli le spalle e facendogli vivere una vita piena di sensi di colpa e di esilio ingiusto?”

“Stai mentendo! – gli urlò lei, la voce tremante - Non è vero!”

“Se non ci credi, perché non vai a verificare tu stessa? Non hai nulla da perdere, no? Io, invece, prometto di restare qui buono buono...”

Jade esitò un attimo, poi decise di ascoltarlo e prese la sua giacca, pronta per uscire: “Hai vinto, andrò a controllare se quello che dici è vero. Ma tu non ti muoverai di qui e, soprattutto, non farai del male a nessuno, intesi?”

“Non vado da nessuna parte, promesso. Resterò qui a leggermi qualche rivista sportiva. – replicò lui, una finta aria da innocente - Spero tanto di riuscire a iscrivermi ad un corso di canottaggio, un giorno...”

La ragazza fece una faccia disgustata, ma non aggiunse altro, dirigendosi verso la porta.

“Ah, un’ultima cosa: stai attenta ai cacciatori, Jade! Stare accanto a loro, potrebbe influenzarti negativamente…”

Lei rispose con un’occhiataccia.

“Che c’è? Un nonno non può dare dei consigli a sua nipote?”

“Tu non sei mio nonno, sei il diavolo!” concluse, sbattendosi la porta alle spalle.

John, allora, tornò a leggere la rivista che aveva in mano: “Beh, lo prendo come un complimento...”



Alkaban

 

 

Terence aveva scortato Klen fuori, fino ai cancelli. Quando si aprirono, la accompagnò fuori, malgrado lei lo stesse guardando storto.

“Vai per la tua strada o come ti pare, ora. John non ti farà di certo del male, dal momento che sei diventata la sua tirapiedi” le disse lui.

“Non sono la sua tirapiedi, state commettendo un grosso errore!”

Ma l’uomo scosse la testa: “Il grosso errore è lasciarti dentro ad Alkaban insieme a noi. Non permetteremo a John un facile accesso tramite te. Mi dispiace...” tornò indietro e i cancelli si chiusero dietro di lui.

Klen lo guardò rientrare, poi si voltò e osservò ciò che la circondava, spaventata e sola.


All’interno, Brenda stava ancora discutendo con Dana.

“Signora Ferguson, si è ricordata della cassaforte mentre veniva qui, vero?”

“L’ho appena sistemata qui da qualche parte. Non appena abbiamo lasciato la casa di John, sono corsa a prenderla.”

La ragazza ne fu sollevata, ma subito il suo viso si oscurò, perchè notò della preoccupazione su quello della donna: “Lei... lei sta bene, invece?”

L’altra scosse la testa: “Sono preoccupata per Jade. Noi siamo tutti qui, mentre lei è fuori da sola con quel…”

“Rick! Si chiama Rick.”

“Forse dovremo farli venire qui…” propose la signora Ferguson.

“Non credo che verranno, sembrano abbastanza uniti e solitari. Si interessano solo di loro stessi, perciò ora pensiamo a noi. Perché siamo noi quelli in pericolo, adesso.”

 

Quella, però, non ebbe tempo di replicare, perchè subito dopo furono raggiunti da Alaris.

“Scusatemi, ero in archivio, questa settimana mi avete portato molti disordinati e stavo riguardando le disposizioni. Dovremo anche aprire un nuovo blocco per gli altri che arriveranno.”

Brenda si voltò verso di lui: “Credo che Marcus te ne abbia portato uno nuovo, direttamente dalla notte di Halloween.”

“Sì, l’abbiamo già rinchiuso. Piuttosto... cambiando argomento, ho saputo che John sta arrivando qui. E’ vero?”

Fu Dana, però, a rispondere, mortificata: “Sì, probabilmente sarà presto qui. Come ci comportiamo? Sei tu il padrone di questo posto, perciò avrai un piano, immagino...”

“Marcus mi ha detto di Klen…” mormorò l’altro, proprio mentre Terence si avvicinava a loro.

“L’ho portata fuori io, perciò non dobbiamo preoccuparcene.”
“Però fa comunque parte della Congrega di streghe che è stata attirata qui a Morney Hill. La ragazza è un pezzo importante del puzzle, perciò quando avremo superato il problema con John dovrà essere recuperata di nuovo e portata qui, ok?”

Tutti annuirono, poi, l’uomo si intromise nuovamente.

“Allora, qual è il piano?”

“Quando arriverà John, non ci servirà nessun piano, inizialmente. La recinzione che circonda Alkaban e il cancello principale sono dotati di un potente campo di forze. Superato quello, ne dovrà neutralizzare altri due.”

“E se dovesse superarli tutti e tre?” chiese Brenda.

“Darò il via al codice A: tutti verranno rinchiusi nelle rispettive stanze e isolati in un aerea dell’edificio, mentre John verrà condotto, tramite un’esca, nell’area zero.”

“Cos’è?” domandò Dana, curiosa, dando voce anche ai dubbi degli altri.

“Se devo essere sincero, avremmo potuto avere una serena permanenza qui a Morney Hill se avessimo condotto subito lì John, ma non volevo rischiare. Ora, però, potremmo non avere altra scelta che attuare quel piano: l’area zero, infatti, è una zona priva di magia di qualsiasi tipo. L’ho progettata affinchè chiunque venga rinchiuso lì dentro, diventi innocuo quanto qualunque altro essere umano. E questo vale anche per John.”

Terence parve subito eccitato all’idea: “Allora facciamolo entrare e attiriamolo lì, no?”

“No. Come ho già detto, non voglio rischiare. Abbiamo tre campi di forze molto potenti a proteggerci. Sarà usata solo come ultima spiaggia, intesi?”

Nel frattempo, però, Dana aveva notato che molti erano sopraggiunti per ascoltarli e capire cosa stesse succedendo.

“Scusami, ma bisogna aspettare il codice A per mandare tutti nelle proprie stanze?”

Alaris, allora, si girò verso i demoni e le streghe che occupavano i corridoi, severo: “Ordine! Vi prego di tornare nelle vostre stanze o nelle vostre sale di ritrovo. Qui siete al sicuro e non c’è nulla di cui allarmarsi!” quelli, senza obiettare, iniziarono ad andarsene.


Intanto, proprio in quei corridoi, Harmony aveva fermato Jackson, che le stava passando davanti.

“Ehi, hai sentito cosa sta succedendo?”

“Sì. Motivo per cui sto andando da Barnès per chiedergli di smettere di architettare la fuga. Sai, lui e alcuni dei miei compagni si sono appartati da qualche parte....”

“Klen è stata cacciata!” esclamò lei, incapace di trattenersi oltre e lasciandolo sconvolto.

“COSA? Perché?”

“Pare che comunicasse con John e facesse anche alcune cose per lui. Gli passava informazioni!”

“Quindi credi che ieri sera…” sussurò lui, preoccupato.

“… ci abbia sentiti parlare della prescelta e del vostro clan, prima di svenire? Potrebbe...”

“A John farebbe comodo un’informazione simile, perchè porterebbe Jade automaticamente dalla sua parte!”

La ragazza annuì, cercando di essere fiduciosa: “Magari il mio presentimento di ieri, quando ho toccato Klen, era riferito al fatto che è manipolata da lui…”

Lui, però, non era convinto: “O che, per colpa sua, Jade ha scoperto tutto e sta venendo qui assieme a John per farci a pezzi. Ora, però, devo assolutamente avvisare Barnès e gli altri, prima che trovino il modo di evadere da qui! Nessuno potrà proteggerli fuori!”

“Aspetta, vengo con te!” replicò lei, seguendolo.



Casa di Rick Weather

 

 

Rick era appena rientrato a casa, abbastanza teso, e aveva iniziato a parlare a Jade già dall’ingresso.

“Credo che il mio parroco, Padre Murray, sia stato infettato da uno di quei disordini. Dobbiamo trovarlo!”

Ma, entrando in soggiorno, ebbe la spiacevole sorpresa di trovare John seduto su una poltrona a leggere. L’uomo, ironicamente, subito lo accolse.

“Oh, Jade non è in casa, al momento. Ci sono io, però!”

Allora Rick, prese un’altra arma,  che teneva nascosta in un mobiletto, e, urlando, la puntò contro John: “Esci fuori da qui, o potrei seriamente uscire di testa!”

L’altro, però, era calmissimo e scoppiò addirittura a ridere, senza muoversi di un millimetro: “Rilassati, cacciatore. Sarò anche un demone, ma non quello che vorresti uccidere!”

“Che cosa vorresti dire?”

Lentamente, l’uomo prese tempo, poggiando la rivista sul tavolo di fronte a sé: “Diciamo che con i miei poteri sono riuscito a conoscere parte del tuo passato. Un passato in cui un gruppo di demoni, capitanato da un certo Barnès, ha ucciso la tua Sophia.”

“Non osare nominarla!” urò Rick, sempre più agitato, la mano che gli tremava.

“D’accordo, come desideri, non la nominerò più. Però posso dirti comunque una cosa senza ricevere una pallottola dritta in fronte?”

“Dipende…”

“Barnès e il suo Clan sono qui a Morney Hill. Sono nelle mani del Consiglio, in una sorta di enorme prigione sulla collina. Loro li proteggono, sai?”

“STAI MENTENDO! Perché dovrebbero essere qui?”

“Loro SONO qui, credimi. Ancora non so perché, ma il Consiglio protegge lui, il suo Clan e un gruppo di streghe. Jade è diretta proprio lì, perché non la raggiungi? So che voi due avete molte cose in comune, tra cui la vendetta....”

Sconvolto, l’altro iniziò a indietreggiare, senza mai smettere di fissarlo negli occhi: “Se quello che mi hai detto non è vero, io…”

John sorrise: “Oh, tu mi ringrazierai. Mi ringrazierai molto, quando avrai ucciso quel demone. E tutti i suoi seguaci...”

E, con queste ultime parole nelle orecchie, il cacciatore uscì, pronto a raggiungere la nuova sede del Consiglio.

Alkaban

 

 

Dopo essere stato medicato, Noa aveva scortato Wes in una delle stanze libere. Il ragazzo era ancora confuso per tutto quello cui aveva assistito, ma Noa era più impegnato a fare in modo che fosse al sicuro che a dargli risposte.

“Bene, resterai qui fino a quando la situazione non si risolverà, ok? Come puoi vedere, hai anche la tv. – gliela indicò - Wow, non pensavo nemmeno ci fosse!”

L’altro, però, lo fissò, perso: “Scusami, ma ancora non ho capito bene cosa sta succedendo. Puoi spiegarmi?”

Noa si voltò verso di lui, notando che la benda sulla gamba non era messa bene: “Oh, la benda! Lascia che te la sistemi!”

Ma quello lo respinse: “Non mi interessa della benda! Voglio sapere che cos’è questo posto, cosa ci faccio e cosa diavolo sta succedendo!”

“Ascolta, non c’è tempo per spiegarti, Wes. Sappi solo che a Morney Hill c’è un male oscuro, ci sono demoni e le streghe e che tutto questo mondo che non credevi esistesse, esiste.”

Sbalordito e senza parole, quello sussurrò: “E tu? Cosa sei?”

“Io sono come te. – sorrise - Un semplice e ordinario essere umano. Bella fregatura, considerando che valiamo meno di zero in questa realtà soprannaturale!”

Wes accennò anche lui un sorriso e, non aggiungendo altro, lasciò che gli aggiustasse la benda.


Intanto Brenda, aveva un nuovo problema: la bussola dei disordini, che ormai si portava sempre dietro, si era illuminata.

“Oh no!” esclamò, attirando l’attenzione di Terence.

“Cosa succede?”

“C’è un nuovo disordinato in città, anche se il segnale sembra essere molto forte. Potrebbe essere qui fuori, magari l’ha mandato John!” e si diresse verso l’ingresso, ma fu fermata prima.

“E quindi? Dove stai andando?”

“Esco a controllare, no?”

“Non ci credo! – esclamò, Terence, allibito - John sta venendo qui ad ucciderci tutti, con te in cima alla lista, e tu vuoi uscire da Alkaban a catturare un disordinato? Sei impazzita, per caso?!?”

“Sarò appena fuori dal cancello, non andrò lontano. Alkaban è invisibile agli occhi di John e la magia si estende ancora per qualche metro al di fuori. Non mi accadrà nulla!”

 

Purtroppo, però, proprio mentre si stava dirigendo a gran velocità verso l’ingresso con Terence alle calcagna, arrivò la signora Ferguson, molto agitata.

“Eccovi, c’è una cosa che dovete assolutamente vedere!”

Brenda si voltò subito verso di lei, preoccupata: “Sta bene?”

In risposta, quella sollevò la manica del maglione, mostrando qualcosa che aveva inciso sulla pelle: “E’ comparso mentre ero con Alaris!”
Terence lesse ad alta voce per tutti: “Trovate i contenitori, state perdendo troppo tempo.


“Ancora loro? – esclamò la ragazza, sbuffando - Non capisco perché continuino a nascondersi!”

“Probabilmente temono John quanto noi e si stanno rendendo conto che l’oscurità sta invadendo questa città. Chiunque abbia creato la cupola, ha ragione: con tutta questa storia, stiamo perdendo di vista l’obiettivo.”

“Però ora siamo bloccati qui, come topi!” commentò l’uomo.

Brenda, allora, si intromise: “Sentite, il foglio di istruzioni che aveva John, probabilmente è bruciato nell’esplosione della sua casa. Questo dovrebbe portarci in vantaggio, perché ora noi possediamo l’unica copia. Tuttavia, siamo anche bloccati qui, non possiamo procedere con la missione e trovare tutti e tre i contenitori, perciò.... qualcuno dovrà andare fuori e quel qualcuno sarò io!”

“No, non te lo permetterò!” urlò il suo amato, per nulla d’accordo.

“E’ colpa mia se siamo in questa situazione, dato che IO ho fatto arrabbiare John! E poi, non posso rimanere chiusa qui per sempre, sperando che tre campi di forze mi tengano al sicuro. Ho i miei genitori, mia sorella e la scuola, lì fuori!”

Allora Dana si intromise per sostenerla: “Ha ragione, qualcuno deve uscire e portare avanti la missione – e subito ricevette un’occhiataccia da parte di Terence – e io posso fare in modo che Brenda non rischi la sua vita.”

“Come?”

“Camuffandoti con un nuovo volto. Sarai sempre tu, agli occhi di tutti, ma, se dovesse incontrarti, a quelli di John sembrerai un’altra.”

Brenda sorrise, entuasiasta: “Davvero potrebbe farlo? Sarebbe fantastico!”

“Allora voglio un nuovo volto anche io, perchè non la lascerò andare da sola!” si intromise Terence, deciso.

“Fatemi parlare con una delle streghe, Sasha. Costruisce oggetti magici e potrebbe aiutarci a creare questa illusione. D’accordo?”

“D’accordo, la aspettiamo qui, signora Ferguson.”


Tamara, intanto, stava cercando tutte le sue streghe per riunirle e proteggerle: dopo Klen, non voleva perdere nessun’altra. Frugando ogni stanza, giunse fino a quella in cui si erano segretamente riuniti Barnès e alcuni dei suoi demoni. La donna tentennò, rimanendo impalata davanti alla porta per qualche secondo, prima di decidersi.

“Barnès? Cosa ci fate qui dentro?”

“Chiudi quella porta e vattene!” rispose lui, brusco, ma l’altra non lo ascoltò.

“Hanno cacciato via Klen, una delle mie streghe, perché comunicava con John. Ora lui sta arrivando qui e quelli del Consiglio sono in allarme.”

Compiaciuto, l’uomo si voltò verso il suo gruppo: “Bene, ecco il diversivo che ci serviva! Mentre quegli idioti sono impegnati con John, allora, noi evaderemo indisturbati.”

Ovviamente, lei aveva ascoltato tutto: “Evadere?” chiese, confusa, e subito l’altro la mise in guardia.

“Già! Ma guai a te se ne fai parola con qualcuno: sono un tipo vendicativo!”

Tamara annuì, avvicinandosi a loro: “Quindi andrete fuori, giusto? E avete già un piano?”

Quello annuì, indicandole uno dei demoni vicino a lui: “Dex è uno dei migliori. E’ molto intelligente e un ottimo stratega.”

Dex, allora, le mostrò la piantina dell’edificio, aperta davanti a lui: “Sono giorni che studio Alkaban in ogni minimo dettaglio. Ho un piano di fuga, ma…”

La donna, però, non gli lasciò il tempo di finire la frase: “Devo venire con voi!”

Barnès, contrario, scosse energicamente la testa: “Due leader scomparsi? Potrebbero scoprirci prima ancora di mettere piede fuori da qui e io non ho nessuna intenzione di rimanere un minuto di più in questo dannatissimo posto.”

“No, no, no. Io DEVO venire con voi. Devo trovare Klen e portarla al sicuro. Sono la loro leader e ho il compito di proteggerle tutte. E poi, non riuscireste nemmeno a mettere piede fuori da questa stanza, se io spifferassi tutto!”

L’uomo, allora, le si avvicinò ancora di più, minaccioso, finchè i loro volti non furono a pochi centrimetri l’uno dall’altro: “Tu non dirai proprio niente a nessuno, è chiaro? O potrei tagliarti la gola, qui e subito!”

A quel punto Dex, intuendo il pericolo, si intromise: “Però ci farebbe comodo, se venisse con noi. Abbiamo bisogno di una bomba per distruggere una parete e io con le bombe me la cavo, ma non sono abbastanza veloce. Una strega, invece, può progettarne una molto velocemente e silenziosa, per di più...”

“Cercherò Sasha, se volete, lei se ne intende di queste cose.” propose lei, ma ebbe soltanto l’effetto di irritare ancora di più il demone.

“Un’altra strega con noi? E’ una fuga o una gita scolastica, questa?”

“Rilassati, – replicò lei, tranquilla - lei non verrà. Le mie streghe non fanno domande, se chiedo loro di costruire una bomba, oltre al fatto che sanno mantenere un segreto. Loro si fidano di me ed è per questo che tengo ad ognuna di loro e che farei di tutto per proteggerle. Piuttosto, non si potrebbe dire lo stesso di te...”

“I miei uomini sanno perfettamente chi sono. E anche che metto sempre me stesso al primo posto, prima di tutti gli altri. Inoltre, non sto fuggendo da solo, ci saranno anche alcuni dei miei con me.”

Tamara sorrise, beffarda: “Alcuni dei tuoi… che ti servono, non che vuoi salvare!”

Sulla stanza cadde un silenzio glaciale, che fece provare vergogna a Barnès, al punto che non aggiunse altro.

“Bene. – aggiunse lei - Vado a cercare Sasha, allora, torno subito. Voi tenetevi pronti!” e lasciò la stanza, mentre i demoni tornavano ad esaminare il loro piano di fuga.


Jade, ormai, era arrivata sulla collina. Sfortunatamente, però, non poteva vedere Alkaban a causa dell’incantesimo, anche se era consapevole della sua presenza. Allora, alzò le braccia davanti a sé e i suoi occhi si illuminarono nuovamente di una luce violacea. Pochi secondi dopo, grazie ai suoi poteri, riuscì a renderlo visibile ai suoi occhi: Alkaban era enorme e maestoso, ma anche molto vicino. Jade avanzò ancora di più, determinata, arrivando davanti ai cancelli. Non appena cercò di toccarli, però, fu respinta al suolo.

“Ah, l’hanno protetta! Era ovvio!” esclamò, seccata, per poi risollevarsi, indietreggiando.

Allora, alzò nuovamente le braccia: “Vediamo quanto sono potente, adesso!”

Dalle mani emise delle potenti onde d’urto che colpirono i cancelli e, quindi, il primo campo di forze, che subito tentò di opporre resistenza. L’azione della strega, ovviamente, fece tremare Alakaban. Ovviamente, all’interno lo sentirono tutti e si allarmarono.

 

“Oh no, è arrivato!” esclamò Brenda, voltandosi terrorizzata verso Terence.

Subito sopraggiunsero anche Zack e alcuni dei demoni e delle streghe, che immediatamente si avvicinò a loro.

“Dov’è Dana? E quelli del Consiglio?”

Terence tentò di tranquillizzarlo: “Non perdiamo la calma, ci sono i campi di forze! Comunque Dana è andata a fare una cosa per noi...”

Improvvisamente, li raggiunse anche Alaris, gridando: “Tornate tutti nelle vostre stanze! Non sono stato abbastanza chiaro, prima?”

Poi si rivolse ai tre: “Non è John, ma Jade!”

“Jade?!? – esclamò Brenda, sorpresa - Non pensavo che i suoi poteri fossero così forti da far tremare un edificio!”

“Cosa vuole?” aggiunse Terence.

“Se non lo sapete voi…” rispose il consigliere, perplesso.
“Beh, allora io esco a vedere cosa vuole...” propose la ragazza e Zack la seguì.

“Vengo con te!”

Ma Terence la fermò: “Brenda, no!”

“Terence, non è John! – replicò lei, seccata - E’ Jade! Posso gestirla, non mi farà del male!” e se ne andò, seguita da entrambi.


Giunta accanto al cancello, Brenda fissò l’amica.

“Puoi anche smetterla, Jade. Ti abbiamo sentita!”

“Non c’era un campanello da suonare, perciò… l’ho fatto a modo mio!”

“Vedo che Rick ti ha aiutata a maturare i tuoi poteri... per poco non ci cadeva il soffitto in testa!”

Al quel punto Zack si intromise nella discussione, curiosa: “Piuttosto, Jade, che cosa ci fai qui?”

“Voglio parlare con Barnès e i suoi demoni. Ora. Potete farli uscire?”

L’altra la scrutò, confusa: “Perché? Cos’è, una specie di gioco? Non ti diverti più con il tuo cacciatore?”

“Non sono qui per discutere con te. Voglio soltanto parlare con loro. Tutto qui.”

Quando Brenda fece un passo avanti per aprire il cancello, pronta al faccia a faccia con l’amica, però, Terence la ammonì: “Brenda!”

“Restate qui! Non dobbiamo mica prenderci a capelli! Voglio solo capire cosa vuole esattamente...” e uscì, guardandola finalmente negli occhi dopo tanto tempo.

“Voglio solo parlare con loro…” chiarì la strega, ma l’altra fu categorica.

“Perché?”

“Non sono affari tuoi, Brenda.”

Brenda rise: “SONO affari miei, Jade! Non sei tu quella che si è sbattuta a destra e a manca per salvare i demoni e le streghe dalle prigioni sotterranee di tuo nonno. E sono sempre affari miei, perché sono IO che li ho portati in salvo qui e che nelle ultime settimane ha ripulito la città dai disordinati, mentre tu giocavi a Jade e il suo amico cacciatore nel paese delle meraviglie!

Jade sorrise: “Come se non ti piacesse stare sempre al centro dell’attenzione!”

Le sue parole lasciarono incredula la ragazza, che si bloccò, sconvolta: “Non posso credere alle mie orecchie! Sei diventata proprio una stronza!”

Le due, allora, iniziarono a urlarsi addosso, alzando sempre di più il tono di voce.

“Portami i demoni, o entrerò a prendermeli da sola!”

“Accomodati, Jade” replicò l’amica, alzando la balestra.

 


Da dietro il cancello Zack le osservava, preoccupato: “Ragazze, per favore, non c’è bisogno di arrivare a tanto!”

Immediatamente, Jade spostò lo sguardo su di lui: “Non arriveremo a tanto, se mi fate parlare con quei demoni!”

“Perché? Cosa vuoi da loro?” ribadì Terence.

“Non sono affari vostri!” urlò la strega.
“Allora i demoni restano dove sono. E anche io!” replicando Brenda, ma l’altra non la ascoltò, anzi, iniziò ad avanzare.

“Io no, però!”

La ragazza, allora, scoccò una freccia verso l’amica, che la fermò a mezz’aria, lasciandola poi cadere. Poi si mise davanti al cancello.

“La prossima volta sarò talmente veloce, che non potrai bloccarla!”

Jade, subito, alzò il braccio: “Non ci sarà una prossima volta!” e la fece volare lontano, buttandola per terra.

Rabbiosa, Brenda si voltò verso i suoi amici: “CHIUDETE!” urlò e subito quelli eseguirono.

“Non sarà un campo di forze a fermarmi!” ribadì Jade, decisa.

“Ma perché ti comporti così? – le chiese Zack, perplesso - Vuoi spiegarci? Siamo tuoi amici, accidenti!”

“Vuoi DAVVERO sapere perché mi comporto così? Perché lì dentro c’è il vecchio clan di Samuel, quelli che l’hanno venduto a Wolf!”

“E chi te lo ha messo in testa? Quel Rick, forse?”

“No! John!”

“E tu credi a quel folle? Magari l’ha detto solo per manovrarti e farti fare quello che vuole lui!”

“NO! Ho abbastanza elementi per credergli!”

Poi, Jade iniziò a scagliare onde d’urto contro il cancello, senza interruzioni, al punto che Zack e Terence fecero un passo indietro, preoccupati.


Alla fine, riuscì ad abbattere il primo campo di forze, spalancando completamente i cancelli e scatenando un grande boato. I tre erano completamente senza parole.

“Ci è riuscita... Come è possibile?” chiese Terence.

In quel momento Brenda, che era ancora a terra, alzò la balestra e scagliò una freccia verso l’amica. La mira, però, non fu molto precisa ed essa colpì il terreno, esplodendo e alzando un grande polverone. Jade si girò, furiosa, e la lanciò ancora più lontano.

“Jade, bastaa!” urlò l’uomo.

“NO! Non la smetterò finchè non farete uscire quei demoni a parlare con me!”

“Jade, – provò Zack, più gentilmente – sai perfettamente che non possiamo. Il Consiglio non ce lo permetterà mai!”

“Per questo sto entrando io!”

Poi, scagliò dalle mani un’altra onda d’urto contro il secondo campo di forze.


All’interno di Alkaban, intanto, regnava il panico, mentre Alaris cercava di chiudere tutti nelle proprie stanze. Tamara, intanto, aveva portato Sasha da Barnès per il passo successivo. Subito, la strega spiegò le caratteristiche della sua bomba.

“L’ho costruita circa sei mesi fa, ma l’ho sempre tenuta da parte senza usarla. Dentro ci ho messo un particolare liquido altamente esplosivo, che ha caratteristiche magiche. Più resta inutilizzata, più devastanti saranno i danni che produrrà.”

Uno dei demoni di Barnès, Raul, però, era dubbioso: “Sei mesi sono tanti, siamo sicuri che non farà crollare questo posto?”

Sasha lo squadrò, irritata: “Mi credi così folle da darvi in mano una bomba capace di far crollare tutto con me e le mie sorelle streghe dentro?”

Tamara, allora, intervenne, cercando di placarla: “Ok, adesso però spiegaci come la dobbiamo usare, ok?”

“Le pareti di questo posto sono davvero spesse, sinceramente non so se riuscirete a fare un buco abbastanza grande da poter vedere l’uscita. Comunque sia, non posizionate la bomba presso le colonne portanti. Suppongo sappiate cos’è un baricentro… – li vide confusi e riprovò – Ok, mettetela a terra accanto ad una parete, il più centrale possibile. Dopo di che, c’è un tasto rosso che dovete premere, per poi allontanarvi, dato che avrete circa venti secondi.”

“Tutto qui? C’è altro?” chiese Barnès.

“Sì, tutto qui. E’ una bomba, non il lancio di uno shattle nello spazio!” replicò lei, sarcastica.

 

Improvvisamente, si sentì qualcuno chiamarla dal corridoio e subito Raul si allarmò.
“Chi è? Avete sentito?”

“Sembra la voce della signora Ferguson, – rispose Tamara, per poi rivolgersi alla strega – Sta cercando te!”

“Restate qui, io esco fuori e cerco di allontanarla, ok? Tu, Tamara, sta attenta!”

“Ok, anche tu!”

 

Quando uscì, Tamara si rivolse agli altri demoni nella stanza.

“Aspettiamo un pò, fuori c’è il caos e probabilmente il Consiglio è troppo impegnato ad impedire che John entri qui dentro, perciò potremo approfittarne per fuggire senza che ci ostacolino.”

“Meglio non aspettare molto, però. – replicò Dex - C’è molta strada da fare, dobbiamo raggiungere l’altra ala dell’edificio.”

“Tranquillo, ce la faremo. – lo rassicurò Barnès – Sono molto fiducioso, quando si tratta di assaporare la libertà!”

 

Intanto, fuori da Alkaban, Jade aveva appena abbattuto anche il terzo e ultimo campo di forze. Era piegata in due per la fatica, perchè aveva usato più magia di quanta potesse sosterne, anche se l’edificio non aveva più difese, ormai.
In quel momento Zack e Terence erano a pochi metri da lei, ignari e preoccupati riguardo la sua mossa successiva. L’amico, naturalmente, era preoccupato per lei.

“Hey, Jade, stai bene? Ti cola del sangue dal naso…”

“Sto benissimo, – rispose lei - devo solo entrare.”

“Credimi, ci sono Alaris e gli altri, pronti a fermarti. Non entrare, lascia perdere!”

“Non mi interessa, ok? Io DEVO entrare!”

 

Improvvisamente, dal polverone che si era creato, spuntò fuori Brenda, che si buttò contro di lei, facendo finire entrambe a terra.

“Allora, Jade, vediamo quanto sei brava a combattere senza usare la magia!”

Ovviamente, subito l’altra provò a difendersi: “Sai, nelle ultime settimane non mi sono esercitata solo a recuperare i miei poteri... Sta a vedere, ora!” e salì sopra l’amica, mentre i due ragazzi le osservavano, disperati, non sapendo come intromettersi.

 

La lotta, però, fu fermata da un nuovo arrivo: Rick, che teneva davanti a sé Klen, tenendola per il collo.
Jade, subito, si voltò: “Rick?” chiamò, ignorando le grida di aiuto della ragazzina.

“Jade, non cercare di fermarmi, userò lei per entrare. Loro sono qui. LUI è qui!”

“Tranquillo, non lo farò, perchè anche io voglio entrare. Ho appena abbattuto i campi di forza!” e subitò spinse via Brenda.

A quel punto, Zack decise di evocare una sfera di energia: “Mi dispiace, ma da qui non passa nessuno. – poi si rivolse a Rick – E tu farai meglio a lasciare quella strega, o ti farai parecchio male!”

L’uomo sorrise, arrogante: “Un demone... Meglio che non mi stai intorno, dal momento che voglio uccidere soltanto uno di voi!”
“Senti, Rick, – si intromise Terence, più calmo - non possiamo provare a ragionare? Sai perfettamente che dentro c’è anche il Consiglio. Vuoi davvero entrare e farti ammazzare?”

“No, per questo ho portato come ostaggio una strega che, fra l’altro, ho incontrato mentre venivo qui. E ora fatevi da parte!”

“Bene, se hai deciso, allora, prova a passare!” replicò l’altro.

“Stai tranquillo che non me lo farò ripetere due volte!”

 

In quel momento, però, Jade notò qualcuno alle spalle di Rick.

“E quello chi è?” chiese.

Tutti, allora, seguirono il suo sguardo:  mentre avanzava nel polverone, la sagoma si fece sempre più visibile. Si trattava di un uomo, che sembrava stare farneticando qualcosa.

“Le vostre anime stanno soffrendo, sono sporche. Nessuno può capire...”

Rick lo guardò e sgranò gli occhi per la sorpresa:  “Padre Murray!” chiamò, ma quello non lo riconobbe e iniziò a fissare le due ragazze.
“Le vostre anime sono in pena e nessuno lo sa. Nessuno sa come ci si sente, vero?” e poi puntò le braccia verso di loro, i suoi occhi divennero neri come la pece e dai corpi delle due uscirono delle aure bianche e trasparenti, che si scambiarono: quella di Jade entrò in Brenda e viceversa.

Subito, le due ragazze iniziarono a sentirsi strane, percependo un dolore immenso al petto. Si misero anche a piangere, accasciandosi al suolo.
Terence, preoccupato, si precipitò immediatamente verso la sua ragazza: “Brenda, cosa ti sta succedendo?”

Straziata, lei iniziò a farneticare: “Aiutami, ti prego.... Non riesco a respire, non ce la faccio più… non... sopporto… questa... cosa… – scoppiò a piangere, disperata – Aiutami, ti prego....”

Sconcertato, l’uomo guardò Zack, che era andato da Jade: “Ma cosa ha fatto?”

“Non lo so, anche Jade sta delirando…”

In quel momento, Padre Murray iniziò a fissare loro: “Anche le vostre anime sono sporche…” sussurò, ma Zack, prima che potesse alzare le braccia e fare la stessa cosa a loro, evocò una sfera di energia e la lanciò contro di lui, prendendolo in pieno petto e facendolo accasciare al suolo.

Rick, sconvolto, lasciò la presa su Klen e corse verso il prete, gridando: “NOOOOO!”

Zack e Terence ne approfittarono per prendere in braccio le ragazze e rientrare in fretta ad Alkaban.

 

Rick guardò Padre Murray negli occhi, piangendo: “La prego, non muoia. Non lei…”

L’altro, con il poco fiato che gli rimaneva, mormorò: “Noi... noi siamo già il male… non c’è bisogno di crearne un altro... La mia anima ora è pronta per essere purificata da tutto il Male che l’ha sporcata... Anche la tua sarà ripulita, un giorno. A tutti noi, presto o tardi” e chiuse gli occhi.

“No, Padre Murray! Non muoia, la prego...”

In quel momento, Klen si avvicinò a loro: “E’... è morto?” chiese, ma l’uomo non rispose.

Improvvisamente, Rick alzò la testa dal petto di Padre Murray e si voltò: aveva gli occhi gialli e le vene ingrossate sul collo e sulle braccia. La strega si spaventò e iniziò ad urlare, per poi scappare via alla velocità della luce.

Il cacciatore, però, non era interessato a lei, bensì a Barnès e, ora, anche a Zack. Perciò, si diresse verso le enormi porte d’ingresso di Alkaban, iniziando a spingerle con forza.


Intanto, Zack e Terence stavano correndo attraverso i corridoi deserti con in braccio le due ragazze, ancora tormentate da qualcosa che le stava facendo impazzire. Ad un certo punto, incrociarono Dana, Alaris e Sasha e subito, nel vederli, l’anziana donna si allarmò.

“Ma che diavolo...? Jade!”

“E’ stato un disordinato a ridurle così. – spiegò il ragazzo – Ma non riesco a capire cosa le abbia fatto!”
La donna, allora, si avvicinò e toccò la fronte della nipote: “Tesoro, cos’hai?” chiese e quella, in preda ad una crisi di pianto, iniziò a gridare.

“Non riesco a parlare, non riesco a pensare. Toglietemelo, vi prego... Fa male, fa tanto male…”

“L’uomo che le ha attaccate, ha fatto fuoriuscire da loro delle strane aure bianche e le ha scambiate…” aggiunse Terence.

Improvvisamente, Brenda iniziò a ridere fino alle lacrime e Alaris, dopo averla guardata per qualche secondo, sentenziò: “Deve aver scambiato le loro anime. Credo che le due ragazze stiano sperimetando tutto quello che l’altra ha provato nella propria vita: gioie, dolori, perdite, azioni compiute…”
Intanto, la ragazza era tornata a piangere, straziata: “Sto provando quello che lei sente tutti i giorni…”

Allora Sasha si accorse che le pareti avevano iniziato a vibrare: “Avete sentito? Sembra provenire dall’ingresso…”

Zack, allora, si intromise: “A proposito, abbiamo un cacciatore di demoni, qui fuori, l’amico di Jade.”

“D’accordo. – gli rispose Alaris - Faremo in modo che non entri. Dev’essere in preda ad un raptus se si sta scatenando contro l’edificio. Ora chiudetevi in una stanza, non deve esserci nessuno nei corridoi, visto che Alkaban è senza difese esterne. Devo ripristinarle al più presto!”

Subito, Dana mostrò la via ai due ragazzi, mentre il Consigliere andava nella direzione opposta.


Sfortunatamente, Rick era riuscito a sfondare le porte con la sua forza sovraumana e Alaris fu proprio la prima persona che si trovò davanti.

“Salve, Alaris! – lo salutò - Suppongo si ricordi di me, il cacciatore che ha estromesso...”

“Che cosa vuoi Richard?” chiese quello, cauto.
L’altro sorrise: “Ho saputo che proteggete un demone che ha fatto del male ad una persona a me cara. Suppongo si ricordi anche di Sophia...”

“Certo! Era una così cara ragazza… Tuttavia, non posso permetterti di proseguire. Questi demoni e streghe che custodiamo, avranno un ruolo fondamentale in qualcosa che è ancora a noi sconosciuto.”

Rick, seccato, sbuffò, iniziando ad avanzare: “Credo di aver agito con le buone, fino ad ora. Non mi costringa a passare alle maniere forti…”

“D’accordo, d’accordo. Allora facciamo così: io ti porto dove teniamo i demoni e tu resti calmo, senza fare sciocchezze. Ok?”

Soddisfatto, il cacciatore annuì: “Portami da questi demoni e basta. Fammi strada!”

“Ci vorrà un pò per arrivare, si trovano nell’altra ala dell’edificio.”

“Ho pazientato per mesi, cosa sarà mai un’altra manciata di minuti? Finalmente avrò la mia vendetta....” e i due si allontanarono insieme lungo un corridoio.


Dall’altra parte dell’edificio, intanto, Barnès e gli altri erano giunti nel punto indicato da Dex: “Ok, dobbiamo entrare qui, adesso!”

“Come mai siamo dovuti arrivare fino a qui?” gli chiese Tamara, poco lontana.

“I corridoi di questo posto sono stati incantati, affinchè non potessimo fuggire.”

“Cosa vorresti dire?”

“Ah, non lo sapevi? Il Consiglio ha progettato questo posto prendendo delle precauzioni: se qualcuno di noi tenta la fuga, i corridoi tendono a riportarlo di nuovo al punto di partenza.”

“Tuttavia, ho studiato questi corridoi fin dal primo giorno e non tutti sono stati incantati. – aggiunse Dex – Perciò, sono riuscito a tracciare un percorso che non ci avrebbe portati indietro e ora eccoci qui!”

Raul, intanto, stava osservando la targhetta vicino a loro con il nome dell’ala nord del’edificio: “Area zero. Che cosa significa?”

“Non c’è tempo per le domande! – gli intimò il suo leader - Entriamo!” e i quattro lo seguirono.


Nello stesso momento, fuori da Alkaban, ormai scoperta da ogni protezione magica, non c’era più nessuno. Fino a quando, da lontano, non arrivò qualcun altro: John, che stava osservando il maestoso edificio con un sorriso compiaciuto.

“E così è questa Alkaban… Finalmente la vedo con i miei occhi... Ce lo fatta!” e, accarezzando il cancello aperto, si preparò ad oltrepassarlo.

“Adoro avere l’ingresso facile e libero, dove non sono invitato… – poi rise – Beh, sarà comunque divertente!” ed si avviò verso l’entrata, pronto a rendere le cose molto più movimentate…

CONTINUA NEL NONO EPISODIO

Testo a cura di Lady Viviana

ANGOLO AUTORE: Se siete rimasti affascinati e sconvolti da questo episodio, non perdetevi ciò che accadrà nel prossimo con la 3x09 "Libero dal suo incubo", Giovedì 25 Giugno. Mancano ormai due settimane al finale di metà stagione e molte cose inaspettate stanno per accadere. Ricordate di lasciare un commento ai fini della continuazione della storia e di visionare il volto dei vostri personaggi preferiti della scheda personaggi presente nella prima stagione alla 1x00. Buona settimana stregata!!!

 

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Capitolo 9
*** 3x09-Libero dal suo incubo ***


CAPITOLO NOVE
"You're an Evil Too Lucky"



Alkaban

 

 

Brenda e Jade erano in condizioni sempre più critiche: lo scambio di anime procurato da Padre Murray era, per loro, davvero insostenibile. In quel momento, si trovavano in una delle tante stanze dell’edificio, mentre Zack e Terence cercavano di tenerle ferme nei loro letti. Di fronte, la signora Ferguson dava loro istruzioni su cosa fare.

“Trovate qualcosa e legatele, non devono muoversi. Soprattutto Jade, potrebbe usare i suoi poteri!”

Ma le due, oltre ad agitarsi, urlavano, perciò aggiunse: “E cercate qualcosa per tappare loro la bocca, o John scoprirà che siamo qui!”

Subito, eseguirono.

“Bene! Tenetele bene ferme, adesso. Con la magia possiamo anche non essere in grado di aiutare i disordinati, ma possiamo riparare ai loro disastri.”

Fu allora, però, che Zack notò che le ragazze erano particolarmente sofferenti e subito le indicò all’anziana donna: “Come può uno scambio di anime provocare tutto questo?”

“Finchè combattiamo i nostri demoni interiori, riusciamo a tenerli sotto controllo e a conviverci, ma, quando hai dentro di te quelli di qualcun altro, allora è un inferno di dolore senza fine! – poi le guardò, in pena per loro – Provi talmente tante di quelle emozioni, tutte insieme, che... che quasi ti sembra di impazzire...”

Terence, a quel punto, era completamente in preda alla preoccupazione per la sua ragazza: “La prego, faccia qualcosa... Non lo sopporto perfino io!”

“Va bene. Tenetele, così posso pronunciare un incantesimo per riscambiare le loro anime. Vi avverto però, sarà doloroso!” e i ragazzi, pronti, eseguirono, mentre lei pronunciava l’incantesimo.

Virtus animae extra vade in loco

Poi, la ripeté numerose volte, mentre le ragazze urlavano, le fronti sudate, nonostante avessero le bocche chiuse. Le loro anime si stavano lentamente staccando dai loro corpi, benché sembrassero quasi incollate, sollevandosi dal loro addome. La donna insistette ancora e, finalmente, esse uscirono dai loro corpi e tornarono al loro posto.
Le due ragazze, però, nel frattempo erano svenute per la fatica e il dolore. I ragazzi, invece, erano pietrificati, sotto shock. Dopo qualche minuto, Zack fu il primo a parlare.

“Ma... ha funzionato, giusto?” chiese, esitante.

“Sì. – confermò Dana – Ora però lasciamole riposare, noi dobbiamo aiutare Alaris a portare nell’area zero chiunque sia entrato nell’edificio, ok?” e i due annuirono, seguendola.

 

Intanto, in un altro settore di Alkaban, Noa e Wes erano ancora nella stanza di quest’ultimo, quando il suono di un click, proveniente dalla porta, attirò l’attenzione del secondo.

“Cos’era? Hai sentito?” e si alzò, subito ammonito dall’altro.

“Ehi, devi stare seduto! Ti ho appena sistemato la benda sul ginocchio!”

Ma quello lo ignorò, affacciandosi e osservando dal vetro della porta il corridoio esterno, per poi tentare di uscire a vedere meglio.

“Non si apre!!!” esclamò, sentendo crescere l’inquietudine dentro di sé, ma Noa, più rilassato, si affrettò a tranquillizzarlo.

“Evidentemente il click che abbiamo sentito prima era la chiusura automatica delle porte. Torna a sedere!”

“Perché dovrebbero chiuderci qui dentro?”

“E’ solo una precauzione, Wes. Dev’esserci una situazione di emergenza, ma questo non ci riguarda. Siamo al sicuro, qui, perciò torna a sedere!”

Ancora una volta, però, Wes lo ignorò, affacciandosi di nuovo e intravedendo qualcuno.

“Oh mio Dio, c’è quell’uomo che ci ha torturati!” urlò, terrorizzato.

D’istinto, Noa si lanciò verso di lui, tirandolo a terra: “Giù! Sta giù!”

Erano così vicini che non potevano spostare lo sguardo da nessun’altra parte oltre la porta a pochi passi da loro. Erano fermi, che si guardavano negli occhi.

“Non fiatare…” bisbigliò Noa, mentre John attraversava il corridoio.

Pochi secondi dopo, scampato il pericolo, però, si sentirono talmente in imbarazzo, che subito si allontanarono l’uno dall’altro.

Alzatosi dal pavimento, Wes tornò subito a guardare fuori.

“Chissà dov’è andato!” mormorò, ma fu subito rimproverato.

“Non stare più vicino al vetro, o ti vedrà! Cerchiamo di restare vivi, ok?”

“Io voglio solo tornare a casa!”

“Ci tornerai presto, se non ti farai uccidere prima!” e, finalmente, l’altro seguì il suo consiglio, tornando a sedersi.


In un’altra stanza, più grande delle altre, Jackson, rimasto bloccato con Harmony, tentava invano di aprire la porta, mentre la ragazza cercò di calmarlo.

“E’ inutile: quelli del Consiglio hanno attivato la chiusura automatica!”

Quello, in risposta, tirò un calcio alla porta, arreso: “Accidenti, siamo entrati solo per un attimo!”

“Fortuna che non ho seguito il tuo consiglio di restare fuori… John dev’essere entrato, se sono ricorsi alla chiusura delle porte!”

Jackson sbuffò: “Se solo sapessimo cosa sta accadendo…”

“Guarda il lato positivo: forse il tuo capo non è riuscito a fuggire…”

A quell’insinuazione, il ragazzo si preoccupò ancora di più: “Magari non è riuscito a fuggire, magari è rimasto bloccato nel corridoio dov’è c’è John, che è pericoloso!”

“Spero che stiano tutti bene…” mormorò lei, pensierosa, e lui, sedendosi per terra, si aggregò.

“Già, speriamo!”

 

Nel frattempo, Alaris stava conducendo Rick nell’area zero, facendogli credere che là avrebbe trovato i demoni, ma l’altro, ormai alterato dal raptus, stava esaurendo la sua pazienza.

“Allora? Quanto ci vuole ancora?”

L’altro continuò a camminare davanti a lui: “Un po’ di pazienza, Richard, siamo quasi arrivati…” ma, dopo qualche altro passo, si fermò, lasciando l’uomo perplesso.

“Beh, perché ti sei fermato?”

L’uomo si voltò verso di lui, serio: “Mi è dispiaciuto molto per Sophia, davvero. E mi è dispiaciuto anche doverti estromettere dall’Ordine dei Cacciatori…”

“E questo cosa c’entra, adesso?”

“Niente. Volevo solo che lo sapessi…”

Rick lo guardò confuso per qualche secondo, poi, all’improvviso l’uomo batté le mani. Il suono rimbombò per tutto il corridoio e il pavimento sotto i piedi del cacciatore si spalancò, facendolo cadere nel vuoto. Mentre precipitava, continuò a urlare, poi più nulla e Alaris richiuse il pavimento con un secondo battito di mani. L’uomo, però, sapeva che non era finita e che Alkaban era ancora minacciata, così iniziò ad incamminarsi, ma, alle sue spalle, qualcuno iniziò ad applaudire: era John.

Alaris si voltò di colpo, trovandoselo proprio davanti. Era parecchio compiaciuto e sorrideva, sprezzante.

“Quanto tempo, Alaris... Un’eternità! Non sei più giovane come ricordavo, sai?”

“Beh, non sono un servitore del caos. Io invecchio.”

Poi il demone, dopo un ultimo sorriso, tornò serio e indicò il pavimento fra di loro: “Hai intenzione di fare la stessa cosa anche con me, per caso? Quell’abracadabra del pavimento che si spalanca sotto ai miei piedi? Effetto scenico molto carino, tra l’altro.”

L’altro sorrise, beffardo: “Sappiamo entrambi che questi giochetti non funzionano con te e che ci vuole ben altro, o sbaglio? Tu sei un manipolatore, uno che pensa sempre. Se non fosse così, non saresti qui dentro, del resto...”

“Grazie per i complimenti, Alaris. Mi hai descritto alla perfezione!”

“Sei anche scaltro! Non so come tu sia riuscito a farti strada qui tramite Jade e Richard, ma ce l’hai fatta! Senza il minimo sforzo, per altro…”

“Beh, lo ammetto – rispose John, lusingato – è stato merito anche di qualche segreto scoperto per caso. Sai, mio caro amico, i segreti sono molto importanti... sono in grado di farti manovrare chiunque. Sono anche più potenti della magia, a quanto pare...”

“Non ucciderai nessuno, qui dentro! – replicò Alaris, arrogante -  Non te lo permetterò! Non abbatterai la cupola, non diffonderai i tuoi disordini, non raggiungerai nessuno dei tuoi obbiettivi!”

In risposta, l’altro scoppiò a ridere: “Come sei sicuro di te, Alaris! Sembra quasi che tu abbia dimenticato chi hai di fronte. Io posso fare tutto quello che voglio, lo sai...” e, alzando un braccio, lo sollevò da terra, soffocandolo.


Improvvisamente, alle spalle di John arrivarono, Zack, Terence e Dana.
“Alaris!” gridò la donna e il demone si sorprese talmente tanto che si voltò e lasciò cadere l’uomo a terra.

“Bene! – poi guardò Zack e Terence – Due dei miei ex-prigionieri... Non è stato carino lasciare casa mia in quel modo, lo sapete?” e subito li sollevò, lanciandoli contro due pareti diverse.

Subito cercò di fare la stessa cosa con Dana, ma quella bloccò il suo potere semplicemente con un cenno della mano.

“Spiacente, John. Con me non funziona, lo sai!”

“Vero, sei sempre stata un osso duro...”

La donna lo guardò con disprezzo, prima di rispondere: “Già, parecchio…”

Poi chiuse gli occhi e pronunciò: Mutatio Orarume subito lei, John e Alaris si ritrovarono in un altro settore dell’edificio.
John si guardò attorno, perplesso: “Che cosa hai fatto? – le chiese immediatamente - Dove siamo?”

Intanto Alaris, dietro di lui, stava aprendo l’ingresso dell’area zero.

“Divertiti nell’area zero, – rispose lei, beffarda - sarà una nuova esperienza per te!”

L’uomo la guardò, confuso, notando poi l’ingresso aperto alle sue spalle: “Ma di che cosa state blaterando?” domandò, ma quella continuò a sorridere.

Zleziaemormorò e un vento fortissimo si scatenò dall’interno dell’area zero.

Subito John cercò di tenere i piedi incollati a terra, mentre il vortice aumentava sempre di più. Da un angolo, Alaris si accorse che non stava funzionando, così si gettò contro John, sbucando alle sue spalle. I due uomini ora erano a terra, avvinghiati e Dana iniziò a gridare.

“No, Alaris! Cosa stai cercando di fare?”

“Chiudi l’ingresso, quando saremo dentro! Aumenta il ventooo!”

Dopo aver scambiato con lui uno sguardo triste, a malincuore, eseguì e il vento risucchiò via i due uomini, trascinati dentro l’area zero. La donna, però, non perse tempo e subito la sigillò, richiudendo le porte.


Jade e Brenda, intanto, si erano risvegliate, ma erano rimaste stese sui loro letti a guardare il soffitto, esauste. Ad un certo punto, però, la strega decise di spezzare il silenzio.

“Ho sentito l’odio che hai provato verso di me, anche se è stato solo per un attimo.”

L’altra voltò la testa, dispiaciuta: “Se avessi sentito prima ciò stavi provando veramente, non ti avrei odiata nemmeno per un secondo. Ho sentito ogni tua emozione invadermi e… non riuscivo più a respirare…”

“Nemmeno io riuscivo a respirare, non pensavo che una persona sola potesse avere così tanta paura… Come ho potuto essere così egoista?”

“Stavi soffrendo in una maniera che non è umanamente sopportabile. E sono stata egoista anche io a non pensare a quanto stavi male realmente!”

Ma Jade non era d’accordo con lei: “Non è vero che sei stata egoista! Ti ho lasciata qui da sola ad affrontare tutto questo, mentre tu cercavi non solo di sopravvivere per te stessa, ma anche per Terence. Ti ho lasciata qui a subire le manie di grandezza di mio nonno e a trascurare la tua vita per far fronte a responsabilità che in realtà appartengono soltanto a me!”

In lacrime, Brenda, si sollevò lentamente e si andò a sedere vicino all’amica.

“Sono crollata per due sole settimane nei tuoi panni, mentre tu vivi questo inferno da molto più tempo. Hai perso la persona che più amavi e non la rivedrai mai più. Ma io non ho tenuto conto di tutto questo e mi sono lamentata e arrabbiata con te. Che razza di amica sono stata?!? Avrei dovuto capirti e capire quanto fossi confusa, terrorizzata e sola. Volevi solo respirare di nuovo…”

Piangendo, Jade la abbracciò: “Mi manca così tanto, Brenda...”

“Lo so, Jade. Non hai idea di quanto lo sappia. Ci siamo scambiate i corpi e ora anche le anime… nessuno può conoscere fino in fondo la propria migliore amica, meglio di noi due!”

L’altra si staccò e la osservò in silenzio per qualche secondo: “Sento così tanta rabbia dentro, tanta confusione. Vorrei solo urlare e piangere…”

“Lo so, lo so, ma lascia stare la vendetta, Jade. Ho sentito il tuo odio verso quei demoni, ma lascia stare. Ti prego...”

La strega si asciugò le lacrime, prima di rispondere: “Pensavo che la vendetta potesse distrarmi, alleviare il dolore, ma in realtà non cambierà niente. Nulla potrà riportare indietro Samuel ed è ora che cominci ad accettarlo…”

Allora, Brenda le accarezzò una spalla, mentre il suono di un click proveniva dalla porta. Subito Jade si alzò, andando verso di essa.

“Devono aver riaperto la porta…”

Ma l’altra la fermò: “Jade, aspetta! – era perplessa – Mentre avevo la tua anima dentro di me, ho provato confusione e smarrimento. Sono tutte sensazioni di quando sei morta, vero?”

“Sì, ma mi sono sentita anche strana. Pensa che sono morta e mi sono risvegliata a Brooklyn!”

“Brooklyn? Quindi fuori dalla cupola...?”

“Ero a Brooklyn, ma… non lo so, sembrava un posto molto più lontano. Non credo di essermi risvegliata fuori dalla cupola, però, perché ero morta e l’uomo con cui ho interagito non avrebbe potuto parlare con un fantasma. Ero sicuramente in un altro luogo.”

“Ne hai parlato con qualcuno?”

“Solo con Rick, una volta. Ero così…”

Ma fu l’amica a completare la frase per lei: “… in pace, vero? Sì, l’ho sentito. Come mai, però?”

Jade accennò un sorriso: “Beh, penso proprio che dovrei morire di nuovo per scoprirlo… Adesso andiamo, però!” e si diresse ancora una volta verso la porta, ma l’altra la fermò nuovamente.

“Jade, aspetta! Volevo dirti anche che… che mi dispiace di averti quasi colpita con la balestra...”

L’amica si girò e le sorrise: “E a me dispiace di averti buttata a terra.”

E le due, ora che avevano chiarito, finalmente poterono lasciare la stanza insieme.


Subito fuori, nel corridoio, incrociarono Jackson e Harmony, che stavano uscendo in quel momento dalla stanza in cui si trovavano. Jade guardò il demone in modo strano, ora che sapeva la verità su lui e il suo gruppo e l’altro rimase pietrificato nel vederla, intuendolo.
“Jade, io…”  iniziò, ma fu subito ammonito.

“Non voglio ascoltarti, non mi interessa quello che hai da dire. John mi ha raccontato tutto sul vostro clan, probabilmente con l’obbiettivo di trasformarmi in una furia cieca che si sarebbe abbattuta contro di voi. Fortunatamente, quella rabbia e quella voglia di vendetta sono sfumati. Ora l’unica cosa che vi chiedo è di starmi lontano, perchè quello che avete fatto nei confronti di Samuel è imperdonabile.”
Jackson, ammutolito, abbassò lo sguardo, mortificato. Harmony, però, lo conosceva e pensava che meritasse di essere ascoltato, così si rivolse decisa alla strega.

“Non puoi non ascoltare quello che ha da dire! Lui non è come tutti gli altri, credimi. E’ buono e merita una possibilità, ok?”

Voltandosi verso l’amica con un sorriso di ringraziamento, il demone si fece coraggio e si rivolse nuovamente alla prescelta con il cuore in gola: “Samuel era una persona meravigliosa. Non era solo un amico, per me, ma anche il fratello che non avevo mai avuto. Quando Wolf venne da noi, pretese di averlo a tutti i costi. Fu minaccioso e avrebbe ucciso fino all’ultimo di noi pur di catturarlo e usarlo per i suoi scopi, dato che era un prescelto. Nessuno avrebbe potuto opporsi al suo volere e Barnès non ebbe altra scelta che consegnarglielo. – le lacrime iniziarono a scendergli lungo il viso – Lo portò via svenuto e io, TUTTI guardammo la scena senza muovere un dito. Ricordo di aver pianto tutta la notte, perché mi sentii un codardo, ma non fui l’unico, perchè vidi anche Barnès farlo, in solitudine. Sai, lui non è cattivo e tiene a tutti noi. Per questo non ce l’ho avuta con lui: non aveva altra scelta, quando ha accettato di dar via Samuel. E’ stato lui ad accoglierci nel suo Clan e farci sentire parte di qualcosa. Non è un santo, ovviamente, e ha dei brutti trascorsi che l’hanno reso duro e avido, ma tiene ai suoi simili e teneva anche a Samuel.”

Jade, benché avesse ascoltato commossa le sue parole, rispose senza scomporsi minimamente: “D’accordo. Grazie per avermelo detto.”

“No, non ringraziarmi. – replicò lui, avvicinandosi a lei – In tutti questi anni sapevo che Samuel era con te. Avrei potuto incontrarlo e chiedergli perdono, perché, se fosse toccato a qualcun altro, lui si sarebbe opposto. Ora non c’è più, perciò… - si inginocchiò, le prese una mano e la poggiò sopra la sua fronte, piangendo – Ti prego, ho bisogno che mi perdoni. Che ci perdoni. Per favore, a nome di tutti, chiedo il tuo perdono…”

Spiazzata e commossa, come tutti i presenti, la ragazza rimase in silenzio per qualche attimo, poi disse: “Io… io ti perdono. VI perdono. Perché è quello che avrebbe detto Samuel, se avesse sentito le tue parole.”

“Grazie… Ti ringrazio” rispose lui, fra le lacrime, per poi tornare accanto ad Harmony, che gli accarezzò una spalla, comprensiva.

 

Improvvisamente, alle loro spalle arrivò Dana, trafelata.

“State tutti bene?” chiese.

Subito Jade si voltò: “Nonna!” esclamò e sul volto dell’altra si allargò un sorriso.

“Ti sei svegliata, vedo.”

Ma Brenda non diede loro il tempo di dirsi altro, intromettendosi subito: “Che cosa è successo? Dov’è Terence?”

“John è riuscito ad entrare ad Alkaban, ma fortunatamente non è più una minaccia, ormai.”

“L’avete... ucciso?” le chiese la nipote, confusa.

“E’ impossibile, – aggiunse Brenda, altrettanto perplessa - gli ho fatto praticamente fatto un buco in testa, ma non è morto!”

“Infatti non è morto, – chiarì Dana – l’abbiamo soltanto isolato nell’area zero. O meglio, Alaris l’ha isolato…”

“L’area zero? E che cos’è?” chiese Jade, ma fu l’amica a risponderle.

“E’ un settore dell’edificio privo di magia.”

“Esatto, – aggiunse la signora Ferguson - si trattava del piano B di Alaris, se John fosse riuscito ad abbattere i campi di forze all’esterno.”

Subito, la ragazza capì e si sentì in colpa: “Nonna, mi dispiace di averlo fatto entrare...”

“E’ tutto a posto, tesoro. Non preoccuparti.”

“Quindi John non ha più alcun potere, giusto? E’ completamente innocuo?” chiese allora Harmony, intromettendosi nella conversazione.

“Esatto! Completamente.”

“Non sarebbe meglio ucciderlo, ora che è vulnerabile? – propose Jackson - Insomma, sappiamo di cosa è capace…”

Ma la donna scosse la testa: “L’area zero è completamente sigillata, non potrà mai più uscire da lì.”

“Per ora... – replicò la strega - Vi ricordo che Klen potrebbe provare a liberarlo.”

“Sai, – le rispose Brenda, dopo averci riflettuto su qualche secondo - credo che Klen non sia più sotto l’influsso di John. Insomma, John non ha più il potere di controllarla, quindi è libera, no?”

“Sì, è libera!” confermò Dana.

 

In quel momento furono raggiunti anche da Zack e Terence e quest’ultimo corse subito a baciare la sua amata.
“Che bello vederti in piedi, era una tortura vederti soffrire in quel modo...”

Zack, invece, si rivolse subito alla signora Ferguson per avere gli ultimi aggiornamenti: “John?” chiese, semplicemente.

“Chiuso nell’area zero.”

 

Improvvisamente, però, il ragazzo sentì un bruciore al petto e subito tutti se ne accorsero, anche se quella che si allarmò di più fu Jade.

“Zack, cos’hai?” domandò, avvicinandosi a lui che, in risposta, si sbottonò la camicia.

“Il marchio. Sta succedendo qualcosa...”

Tutti lo videro cambiare colore e forma, ma solo l’anziana strega capì davvero cosa stava succedendo.

“Ora John non più controllarti e il marchio sta assumendo il suo reale aspetto, come quello che hanno tutti gli altri demoni.”

Ma Brenda era ancora perplessa: “Non capisco. Se è stata Heith a modificare l’artiglio di Anvolea affinché John potesse controllare Zack attraverso il nuovo marchio, perché questa si è annullata quando John è entrato nell’area zero? Pensavo che solo Heith potesse farlo, o sbaglio?”

“Sì, ma Heith ha anche fatto in modo che il marchio di Zack avesse un padrone, collegandolo a John. Ora, però, lui non è più un essere soprannaturale e tale rimarrà finchè sarà lì.”

“Fantastico! – esclamò Zack, seccato – Quindi, se John dovesse evadere da quel posto, avrebbe di nuovo il controllo su di me, giusto?”

“No, non è così. – lo rassicurò la signora Ferguson - Una volta separati marchio e padrone, non è più possibile ripetere il processo. Per farlo, dovresti tornare umano ed essere graffiato di nuovo. In più, ci vuole sempre l’aiuto di una strega e John non ne ha più sotto il suo controllo.”

E fu proprio allora che Zack divenne consapevole di essere finalmente libero per davvero e, dopo tanto tempo, riuscì a sorridere assieme ai suoi amici.

 

Poche manciate di secondi dopo, a raggiungere il gruppetto furono Foxi e Marcus e quest’ultimo rimase spaesato per qualche attimo nel vedere Brenda e Terence vicini, sentendo dentro di sé anche un pizzico di gelosia. Scrollando le spalle, la scacciò via, per poi esclamare, deciso: “Dobbiamo parlare!”

Dana capì che era il momento di aggiornare loro sulla situazione: “Aspettate! Prima dovete sapere una cosa... Alaris si è sacrificato e ha trascinato John con sé nell’area zero.”

Ma l’altro non parve stupito, anzi: “Lo sappiamo! – rispose - Per questo dobbiamo riunirci, per discutere su cosa fare adesso. John è stato neutralizzato, ma i disordini ci sono ancora e anche la cupola. Non è finita!”

In quel momento, Harmony ne approfittò per tirare, non vista, una piccola gomitata a Jackson, a cui bisbigliò: “Digli di…”, ma lui non la lasciò finire, facendosi avanti.

“Aspettate, devo dire una cosa! In verità avrei dovuto farvene parola prima, ma ormai è troppo tardi... Barnès aveva pianificato di fuggire con alcuni dei miei compagni. Ora, però, non so se ci siano riusciti, perciò...qualcuno li ha visti?”

“Abbiamo chiuso tutte le stanze dell’edificio. – rispose Foxi - Se non erano dentro, potrebbero essere scappati dall’ingresso. Controlleremo!”

“Adesso seguiteci!” aggiunse Marcus.



Area zero

John e Alaris erano entrambi a terra e, lentamente, stavano cercando di alzarsi, guardandosi intorno nel frattempo.

“Che razza di posto è mai questo?!? Perché mi sento strano?”

L’altro, sedendosi in un angolo, ridacchiò: “Benvenuto nell’area zero, John, dove gli esseri soprannaturali... non sono più esseri soprannaturali!”

Il demone si voltò verso di lui, fissandolo alquanto confuso: “Di che cosa stai parlando?”

“Non c’è magia, qui. Non hai più poteri, non hai niente. Una vera trappola, vero?”

L’altro, però, non gli credette e, anzi, provò ad usare uno dei suoi tanti poteri, fallendo. Fu allora che, letteralmente, impazzì.

“No, mi rifiuto. Non può essere!”

“E invece sì! Ho dovuto sacrificarmi anche io, ma ne è valsa la pena se significa vedere quella vena che hai in fronte, gonfiarsi a dismisura per la rabbia. Sei stato sconfitto, John! – poi rise ancora – Passeremo un bel po’ di tempo insieme, sai? Più o meno... l’eternità!”

Allora John, pallido e nervoso, scrutando ancora una volta la stanza, intravide un tubo metallico per terra, poco distante da Alaris. Subito, colmo di rabbia, corse verso quella direzione e, di scatto, lo prese, avvicinandosi all’uomo e trafiggendo il suo petto senza avergli dato nemmeno il tempo di reagire. Spingendolo sempre più in profondità, lo guardò agonizzare, gli occhi iniettati di sangue e un leggero rivolo di bava che gli colava dalla bocca.

“Io. Non. Perdo. MAAAAI!” urlò, tirando via il tubo insanguinato.

Poi, si sedette a terra, sudato e affannato, mentre Alaris si stendeva sul pavimento, vomitando sangue. John lo guardò, scoppiando in una risata malata.

“Pensavi davvero che avrei passato l’eternità con te? – si alzò in piedi, lo guardò con odio e poi gli sputò addosso – Hai fatto male i tuoi calcoli, Alaris!” e, con in mano il tubo insanguinato, si voltò e iniziò a camminare lungo il corridoio alle sue spalle.

“E adesso esploriamo questo posto!”

Intanto, Alaris, con gli occhi spalancati e immerso in una pozza di sangue, esalò l’ultimo respiro.


Qualche blocco più avanti, sempre nell’area zero, Barnès e il suo gruppo erano pronti a fuggire da Alkaban. Tamara, arrivati alla fine dell’edificio, esclamò: “Bene, l’area zero finisce qui, a quanto pare. Possiamo posizionare la bomba, allora.”

Intanto l’altro leader, abbastanza accaldato, si era sbottonato la camicia, lanciando uno sguardo beffardo alla strega: “Non ti dispiace, vero?”

“Ma per favore, i demoni non mi eccitano affatto. Specialmente tu!” poi guardò Dex posizionare l’ordigno.

Tuttavia, anche altri si erano accorti del cambio di temperatura e lo fecero notare.

“Perché fa così caldo qui?” chiese Raul alla donna.

“Credo che qui accanto ci sia una sala caldaie, non lamentatevi!”

L’altro, però, non la stava ascoltando, troppo impegnato a fissare il petto scoperto del suo capo, che non apprezzò le sue attenzione: “Cosa c’è? Perché mi guardi? Speravo di attirare le attenzioni di una strega, non di un demone!”

Disgustato, l’altro distolse lo sguardo: “Noooo! Cos’hai capito?!? Ti sto fissando perché non hai più il marchio! Dov’è finito?”

Abbassando lo sguardo, Barnès si rese conto che aveva ragione e si tolse completamente la camicia per controllare meglio: “Ma che diavolo...?” esclamò, mentre gli altri due facevano altrettanto.

“Nemmeno io ho più il marchio” rivelò Dex, subito seguito da Raul.

“Stessa cosa, ma cosa significa? Non siamo più demoni?”

Tamara, sentendosi anche lei strana, mormorò: “Non sento più la mia magia, credo che questo posto l’abbia... cancellata.”

“Area zero… – rifletté Dex ad alta voce - Dev’essere una zona priva di magia soprannaturale, che ci ha resi normali.”

“Allora usciamo in fretta da qui, prima che si accorgano che siamo scomparsi e ci riportino indietro! – replicò la donna, per poi voltarsi verso di lui – La bomba è in posizione?”

“Sì, ma prima dovrete allontanarvi parecchio…”



Stanza del Consiglio

 

 

Dopo aver controllato tutto l’edificio e conteggiato i presenti, Marcus e Foxi condussero il gruppo nella sala privata del Consiglio. Al centro della stanza si trovava un enorme tavolo, illuminato dalla luce lunare proveniente dal lucernario sopra di esso, mentre tutto il resto era immerso nell’oscurità. Appena entrò, Brenda non riuscì a trattenere uno dei suoi soliti commenti.

“Ehm… stanno per raggiungerci i cavalieri della tavola rotonda, per caso?”

Marcus, però, non era in vena di scherzare e le rispose con un’occhiataccia: “Decisamente no. Qui ci siederemo noi per discutere su cosa fare.”

“E noi cosa c’entriamo qui con voi?” chiese allora Jackson, che, confuso, si era rifugiato in un angolo insieme ad Harmony.

“Dal momento che Barnès e Tamara sono spariti, adesso voi siete i portavoce delle vostre fazioni. – spiegò Foxi, accanto a loro - E poi, Jackson, tu sai già gran parte di quello di cui abbiamo discusso nella cantina di Dana, nelle prime settimane della cupola.”

La giovane strega, a quel punto, parve ancora più perplessa: “Sai gran parte di cosa?” chiese all’amico, che si affrettò a spiegarle la situazione.

“Loro non rimuoveranno la cupola. A noi hanno detto che ci avrebbero lavorato, ma non è così. In realtà si stanno occupando soltanto di come neutralizzare i disordini, – poi guardò per un attimo Dana e i due Consiglieri – ma non so cosa abbiano concluso da allora, perché poi sono stato rapito assieme agli altri da John.”

Lei, però, non ebbe tempo di replicare nulla, perchè, proprio allora, entrarono nella stanza Terence e Zack, trasportando con loro la cassaforte di Dana. Subito, la appoggiarono sul tavolo, facendo poi cenno all’anziana donna di avvicinarsi.

“Adesso ti aggiorniamo: ora che John è rinchiuso nell’area zero, non può più controllare, né leggere la mente di nessuno, perciò non dovrò più tenere nessuno di voi allo scuro” spiegò lei.

Poi, tutti si sedettero intorno al tavolo, con la cassa aperta davanti a loro.
Foxi, il più anziano fra i due Consiglieri rimasti, si alzò in piedi e aprì la discussione, guardandoli negli occhi uno a uno: “Noi nove, da questa notte, formeremo il nuovo consiglio di Alkaban, ora che Alaris non è più al comando. Qui, in questa sala, discuteremo di tutti gli sviluppi della vicenda della cupola e niente di quello che diremo qui dentro dovrà essere riferito a tutti gli altri. – e il suo sguardo si soffermò a lungo su Jackson e Harmony – Intesi?”

Lei, però, gli rivolse un’occhiata alquanto perplessa: “Cosa c’è di così tanto misterioso da nascondere alle mie sorelle streghe?”

Fu però Dana a rispondere: “Vedi, Harmony, diverse settimane fa ho scoperto che le lettere ricevute dalla vostra Congrega e dal Can dei demoni formavano un messaggio segreto. Una lettera di istruzioni, per la precisione. Attraverso di essa, chi ha creato la cupola ci ha chiesto di fare delle cose. Come trovare questa, ad esempio. – prese l’oggetto con i due aghi alle estremità, trovato nella cassa tempo prima, lo mostrò e poi passò ai dipinti, che sparse sul tavolo fra di loro –  E questi. Tutti rappresentano pezzi del puzzle che dobbiamo comporre. Anche voi demoni e streghe siete dei pezzi, o non sareste stati attirati qui. Se Tamara e Barnès sono fuggiti, è perché hanno avuto paura di quello che già sospettavano da tempo e che hanno scoperto da soli, grazie alla vostra strega Klen.”

E, allora, finalmente Harmony ricordò: “La cupola sanguinea! Il sacrificio!”

“Esatto. Ora, se tutto quello che ci stanno chiedendo di fare, è abbattere la cupola, non avrebbe avuto senso crearla. Quindi, tutti i pezzi del puzzle che stiamo raccogliendo, devono servire senza dubbio a neutralizzare per sempre i disordini. Non c’è altra spiegazione...”

“Quindi… – si intromise Jackson, esitante - neutralizzare i disordini richiederà il sacrificio di tutti noi?”

“Purtroppo ancora non sappiamo in quali modalità avverrà tutto ciò, né sappiamo se sarete sacrificati tutti oppure no. Chiunque sia l’artefice della cupola, infatti, non ci sta dando le informazioni per intero, ma a piccole dosi. Ora, quello che dovete fare tu ed Harmony è tenere a bada le vostre fazioni, dicendo loro che qui saranno al sicuro, ora che John è fuori dalle nostre vite e che vi dovranno restare fino a che non avremo tolto la cupola.”

Ma la strega non era molto d’accordo con lei e subito glielo fece notare: “Quindi mi state dicendo che dobbiamo mentire? Avete appena detto che non toglierete la cupola, mentre noi dovremo dire agli altri il contrario, giusto?”

“Esatto, – confermò Marcus – dovrete fare proprio così. Sappiamo che non è giusto, ma è necessario.”

Harmony sentì l’irritazione dentro di sé crescere sempre di più: “E’ necessario  trattenere qui i nostri amici fino alla morte? Già, non è per niente giusto!”

Allora, Jade sentì il bisogno di intervenire e dire la sua: “Hai ragione, Harmony, non è giusto. Come non lo è il fatto che Samuel, il mio ragazzo, sia morto per salvare il mondo. Sapeva che sarebbe andata a finire così, eppure si è sacrificato lo stesso per l’intera umanità. Se oggi siete qui, a Morney Hill, è perché siete dei predestinati, per qualche misterioso e sconosciuto motivo, siete stati scelti. E, se c’è qualcosa che ho imparato a caro prezzo, è che i predestinati non hanno mai scelta. Se quei disordini usciranno da questa città, sarà la fine per tutti. Davvero volete tirarvi indietro così, sapendo che potreste impedire il diffondersi del male? Io non ci penserei due volte e non lo dico perché non ho nulla da perdere, ma perché ho un dovere morale a cui adempiere.”

Jackson annuì, comprensivo: “No, hai ragione. Anzi, io sono pronto a quello che verrà!”

La ragazza, però, non era altrettanto convinta: “Allora perché non possono esserlo anche gli altri? Perché dobbiamo nasconderglielo?”

“Perché non tutti sono disposti a sacrificarsi per un bene più grande, mia cara. – le spiegò Dana, gentilmente - Tu lo sei?”

Lei esitò qualche secondo, prima di rispondere: “No. Ma lo sarò!”

“D’accordo, tu sì, ma non puoi garantire che per gli altri sarà lo stesso. Fra un po’, magari, potremo raccontare tutto anche a loro e sperare che capiscano, ma adesso è ancora troppo presto per allarmarli, dato che non sappiamo cosa ci attende, ok?” ed entrambi i ragazzi annuirono.

 

A quel punto, Foxi si intromise, rivolgendosi direttamente all’anziana strega: “Allora, quale sarà prossima mossa?”

“Cercare i tre contenitori, grazie ai dipinti che abbiamo trovato nella cassa. Jade e Brenda torneranno in città per occuparsi di questa missione, mentre Zack, Terence e Jackson si preoccuperanno di catturare i disordinati e portarli ad Alkaban, mentre Harmony starà all’archivio. Io, Foxi e Marcus, invece, ripristineremo le difese di Alkaban e terremo l’edificio sotto controllo. La prossima riunione avverrà in occasione della comparsa del prossimo punto sulla lettera di istruzioni, cosa che avverrà quando avremo trovato tutti e tre i contenitori. Tutto chiaro?”

L’intero tavolo annuì, per poi alzarsi ed eseguire gli ordini ricevuti.



Area zero

 

 

Dopo aver ucciso Alaris, John aveva deciso di addentrarsi nell’area zero, in cerca di una via d’uscita. Cercava di restare calmo, ma in realtà era terrorizzato e temeva di aver realmente perso, a tal punto, da aver iniziato a parlare da solo.

“John Rockland, non può finire così. No, non può! Troverò il modo di uscire da questo incubo, anche senza i miei poteri. Non riusciranno a liberarsi di me e non resterò certo qui a vagare come un fantasma! – improvvisamente si buttò a terra, urlando – Non posso essere stato sconfitto! NOOOO! Voglio uscireeeeee!”

Poi la crisi isterica sfumò in un pianto quasi impercettibile e l’uomo si rannicchiò su quel pavimento freddo. Poco dopo, però, un rumore proveniente dal blocco successivo, che attirò la sua attenzione e subito lo rimise in piedi, cauto e con il tubo metallico tra le mani.
Lentamente, arrivò dove il rumore era sempre più forte e trovò altre stanze, anche se non riuscì a capire dove fosse esattamente la fonte. Entrato, trovò davanti a sé una serie di teche di vetro e, rinchiuso dentro ad una di esse, Rick, che batteva contro la spessa parete cercando di uscire.

“Ma guarda chi c’è! – mormorò - Rick! Allora è qui dentro che sei caduto, eh? Sei anche tornato normale: niente più muscoli super pompati, né occhi gialli, a quanto vedo.”

“Fammi uscire di qui!” gridò quello.

“Conoscendo Alaris, quel vetro sarà indistruttibile, ma posso provarci lo stesso. – poi iniziò a guardarsi intorno – Vediamo cosa posso usare…”

“Non puoi usare i tuoi poteri, scusa?” replicò l’altro, irritato, sentendosi preso in giro.

“Non qui, mio amico. Siamo in una zona priva di magia, qui siamo come normali esseri umani.”

Finalmente trovò qualcosa: un piede di porco. A quel punto, si mise davanti alla teca, tenendolo in mano come se fosse stata una mazza da golf.

“Ok, ora stai indietro, va bene? Provo a lanciarlo da qui, magari da questa distanza riuscirà a frantumare il vetro...”

Quando l’altro si preparò, circa tre secondi dopo, John fu pronto al lancio: il piede di porco, seguendo una traiettoria quasi perfetta, raggiunse la teca e riuscì a creparla, mandandola poi in frantumi. Rick, finalmente, riuscì a uscire e subito si avvicinò a John.

“Puoi stringermi la mano, se vuoi!” gli disse l’uomo, amichevole, ma l’altro, di scatto, gli mise una mano sul collo e lo sbatté contro il muro.

“Qui siamo ad armi pari, no? Potrei ammazzare te, prima di occuparmi del demone che ha ucciso la mia Sophia!”

L’uomo, che stava quasi soffocando, dovette sussurrare e la sua voce si sentì a malapena: “Perché dovresti farlo? E’ grazie a me se hai scoperto che lui era qui.”

Ma il cacciatore, sempre più aggressivo, non lasciò la presa: “Sì, ma sei comunque una minaccia e, nonostante voglia uccidere quel demone ad ogni costo, sono uno dei buoni. Inoltre, hai fatto del male a Jade, che è mia amica.”

“Se mi uccidi, non potrai mai entrare nell’edificio per vendicarti di lui. Quelli del Consiglio e Dana non te lo permetteranno! Fuori da questo posto, invece, io ho il potere, mentre tu sei solo un cacciatore con un po’ di forza nelle braccia!”

Rick ci pensò su un attimo, poi allentò gradualmente la presa: “Guai a te se fai qualche scherzo, fuori da qui! Le mie armi possono nuocerti, sai? Sei sempre un demone per metà!”

L’altro si prese qualche secondo per riprendere fiato, prima di rispondere: “Rilassati, tanto non usciremo da qui tanto presto...”

L’uomo gli lanciò una lunga occhiata perplessa: “Che cosa vorresti dire?”

“Questo posto è stato progettato per tipi irrequieti e pericolosi come noi, o non saremmo stati attirati qui. Non credo ci sia una via d’uscita, sai?”

“Tu pessimista? – ridacchiò - Sei davvero penoso in versione innocua... – poi si affacciò fuori dalla stanza, fin nel corridoio – C’è sempre una via d’uscita!” e, insieme, iniziarono a cercarla.


Intanto, Dana stava accompagnando le ragazze, pronte per tornare in città, fuori da Alkaban. Jade, improvvisamente, però, si ricordò di qualcosa, o, meglio, di qualcuno e si bloccò.

“Oh mio Dio!” esclamò, allarmando subito la donna.

“Cosa ti succede, tesoro?”

“Rick! Mi sono dimenticata di Rick, anche lui era qui!”

“Non preoccuparti, Alaris l’ha rinchiuso nell’area zero, perchè era diventato troppo pericoloso.”

Le sue parole, però, non fecero che aumentare la preoccupazione dell’altra: “Ma è con John!”

“Tesoro, John non può più nuocere a nessuno, ormai. Figuriamoci ad un cacciatore di demoni! – poi le accarezzò una spalla – So che è tuo amico, ma ricorda cosa c’è in ballo. Quando sarà tutto finito, forse potrai rivederlo…”

Lei abbassò lo sguardo, triste: “E’ una brava persona, anche se è consumato dalla vendetta. Non merita di rimanere imprigionato…”

Allora Brenda, che era accanto a lei, decise di intromettersi: “Lo sappiamo, ma la situazione è questa. Avrebbe potuto fare cose di cui poi si sarebbe pentito, per rincorrere la sua vendetta personale. Stando nell’area zero, invece, non farà del male a nessuno e noi non saremo costretti ad eliminarlo. Sai benissimo che il suo raptus lo rendere incontrollabile...”

Jade ci pensò su ancora qualche secondo, poi, lentamente, annuì: “Hai ragione, deve rimanere lì dentro, anche se non è una persona malvagia. So che è per il suo bene, ma... è come perdere di nuovo una persona speciale...”

“Puoi superare anche questa, tesoro. – le disse Dana, gentilmente – Ora, però, devo ripristinare i campi di forze intorno ad Alkaban, perciò è meglio se cominciate ad avviarvi. Buona fortuna con la ricerca dei contenitori, ragazze!” e se ne andò.


Subito dopo, arrivarono anche Terence e Zack, sorridenti, e Brenda corse immediatamente ad abbracciare il suo amato, mentre Zack si avvicinava a Jade.
“Non ho avuto occasione di dirtelo, ma… bentornata tra noi!” le disse, facendole spuntare un sorriso.

“Potrei dirti la stessa cosa, ora che non sei più controllato da John attraverso il marchio. Adesso è ufficiale, no?”

“A dir la verità, ero con voi già da molto tempo, anche se John avrebbe potuto farmela pagare in qualunque momento. Sai, essere diventato un demone, ha reso la mia pelle dura…”

“Ti manca l’essere umano?”

L’altro ci rifletté su un attimo, prima di rispondere ridendo: “Beh, non ero male nemmeno da essere umano...”

“Sì, direi di sì…” confermò lei e l’amico, nel vederla ridere, la osservò, sollevato.

“Non ti vedevo ridere da tanto tempo... Spero davvero che le cose migliorino per tutti noi e che questo incubo finisca una volta per tutte. Odio senza ombra di dubbio la mia vecchia vita, quella che avevo prima di tutto questo viaggio, ma, al tempo stesso, mi manca terribilmente. La voglio disperatamente.”

“Anche io. Poter di nuovo vivere in pace e non perdere più nessuna delle persone che amo...”

 

Improvvisamente, però, la conversazione fu interrotta dall’intromissione di Brenda, ancora attaccata al braccio di Terence.

“Allora, Jade, sei pronta a tornare a casa?”

“Prontissima!”

E, nello stesso istante, furono raggiunti da Noa, che stava aiutando Wes a rimanere in piedi.

“Ehi, – urlò loro - aspettate, ci siamo anche noi!”

Brenda si voltò subito, felice di vederlo: “Ecco il mio ragazzo preferito! Dov’eri finito?” e corse ad aiutarlo a sorreggere Wes.

“Rinchiuso in una delle stanze anti-panico, no?” rispose lui, sarcastico, prima che Terence si intromettesse.

“E’ ora che andiate, ragazzi, Dana sta per ripristinare i campi di forze.”

Così, il gruppo che doveva tornare in città salutò quello rimasto ad Alkaban, per poi uscire dai cancelli e allontanarsi sempre più.


Una parte dell’incubo sembrava essere finita, ma, nell’area zero, qualcuno stava per coronare il proprio piano di fuga. Tamara e gli altri, infatti, si erano messi al riparo, mentre Dex attivava la bomba.

“Ho schiacciato il pulsante, copritevi le orecchie!” gridò quest’ultimo, per poi correre subito a ripararsi con loro.

Venti secondi dopo, una gigantesca esplosione investì il settore dove si trovavano e tutti si ritrovarono sotto le macerie.
Barnès fu il primo a rialzarsi, incontrando subito dopo lo sguardo di Tamara e Dex: “Ma... ma... – sussurrò, sotto shock - non doveva essere una piccola esplosione?”

“Evidentemente Sasha si è sbagliata sulla sua potenza” replicò la donna, tranquilla.

“Potevamo morire!” urlò il demone, isterico.

Dietro di loro, Dex finalmente vide l’uscita e gliela indicò: “Ce l’abbiamo fatta! Forza, usciamo!”

Ma, mentre i due si avviavano in fretta e furia verso la voragine che si era aperta, Barnès si accorse che mancava qualcuno: “Aspettate, dov’è Raul?”

Tutti si fermarono, confusi, guardandosi intorno. Improvvisamente, sentirono dei colpi di tosse e, poco dopo, Tamara riuscì a individuarlo.

“Eccolo, l’ho trovato!” urlò, prima di tirarlo fuori dalle macerie, aiutata dagli altri. Era leggermente ferito e il suo leader si preoccupò immediatamente per lui.

“Stai bene, amico?”

“Sì, tranquillo, ma la gamba è ferita.”

“Dai, ti aiuto io! – rispose l’altro, sostenendolo, per poi rivolgersi agli altri due – Forza, usciamo!”

Poco dopo, mentre le prime luci dell’alba coloravano l’orizzonte, i quattro, finalmente riuscirono a uscire.


L’esplosione, ovviamente, fu avvertita anche da John e Rick, che erano lontani soltanto qualche metro da quel blocco. Il cacciatore, ovviamente, subito si allarmò.

“Ma... ma cosa è successo?”

“Ora lo scopriremo!” rispose l’altro, iniziando a camminare.

Dopo aver percorso il corridoio successivo, invaso dal fumo e dalla polvere, riuscirono ad aprire l’ingresso dell’altro blocco, trovandosi davanti cumuli di macerie e la grande voragine che si affacciava verso l’esterno. Mentre Rick osservava il sole a bocca aperta, John si metteva le mani in testa, scoppiando in una risata quasi liberatoria, se non addirittura vittoriosa.

“SAPEVO che non poteva finire così, che non mi avrebbero sconfitto così facilmente, che sarei uscito da quest’incubo!”

Il cacciatore gli lanciò una lunga occhiata: “Sei un malvagio fin troppo fortunato, John. Mi chiedo chi abbia fatto esplodere questo blocco, piuttosto...”

“Non mi interessa, so soltanto che ora sono libero dal mio incubo peggiore: un luogo in cui non ho poteri e sono rinchiuso senza via d’uscita” e uscì.

Stava finalmente respirando l’aria limpida del mondo esterno, quando l’altro gli arrivò alle spalle: “Ehi, – esordì - hai promesso di aiutarmi ad uccidere i demoni che hanno ucciso Sophia e Padre Murray, perciò ora mantieni la parola, invece di perdere tempo a respirare!”

“Sai, – iniziò il demone, voltandosi - ti confesso che ho avuto davvero paura, questa volta. Quella vera intendo, quella che provano tutti quando io sono davanti a loro. E non voglio succeda mai più! Per questo ho deciso di non sottovalutare più gli altri, credendomi onnipotente. A quanto pare, non sono solo i malvagi a spaventare e per questo respirerò quest’aria di libertà quanto mi pare, ok? Bisogna imparare dai propri errori!”

“Certo che sei un tipo strano!” replicò Rick, guardandolo in modo strano.

Finalmente, pochi secondi dopo, John si decise a muoversi.

“Bene, adesso ho respirato abbastanza. – poi gli mise una mano sulla spalla – E’ ora di contrattaccare!” e, insieme, si teletrasportarono via insieme.


Chi era all’interno di Alkaban, però, aveva avvertito l’esplosione in modo totalmente diverso: l’area zero, infatti, era talmente distante da loro, che sentirono solo un capogiro. Subito Dana raggiunse Terence e Zack in uno dei corridoi.

“Foxi e Marcus hanno appena ripristinato le difese! Nessuno potrà entrare o uscire, senza il loro permesso.”

Zack, leggermente stordito, però, la ascoltò a stento: “Avete sentito anche voi questa strana sensazione?”

“Sì, ma spiegati!” gli rispose Terence, accanto a lui e altrettanto confuso.

“Non lo so, è stato come… avete presente quando siete in ascensore e si blocca di colpo? Ecco, quella sensazione!”

“Non lo so, non ho mai usato ascensori…” rispose l’altro, guadagnandosi una strana occhiata da parte dei presenti.

 

Improvvisamente, però, Marcus li raggiunse, correndo e gridando.

“C’è stata un’esplosione nell’area zero!”

“COSA?!?” gridò Terence, mentre Dana, invece, era semplicemente incredula.

“No, mi rifiuto!” esclamò.

Zack, invece, spostò nervosamente lo sguardo da uno all’altro: “Aspettate, come si è creata questa esplosione? Insomma, è un’area priva di magia, come può John…?”

L’anziana strega, invece, fu più pratica e si rivolse direttamente al Consigliere: “Avete delle telecamere nell’area zero, per caso?”

“No, le abbiamo all’esterno dell’edificio. Possiamo vedere se è uscito.”

Subito i quattro corsero a controllare.



Casa Ferguson

 

 

Dopo essersi divise da Noa, che aveva il compito di riaccompagnare Wes a casa, le ragazze tornarono in quella della strega. Subito, Brenda poggiò in un angolo la sua balestra e lo zaino con dentro alcune cose messe da Dana, mentre Jade si sedeva sulla soffice poltrona di sua nonna, sospirando ad occhi chiusi: “Finalmente…” mormorò.

L’amica la guardò, felice di vederla rilassata e a suo agio: “E’ bello tornare a casa, vero?”

“Strano, più che altro, visto con quali brutti pensieri me ne sono andata...”

“Pensieri di morte?”

“Esatto! Poi, ho incontrato Rick e mi sono abituata alla sua casa e al suo clima tranquillo. Mi sentivo così al sicuro, così... bene, che quei pensieri sono semplicemente svaniti…”

“E ora sono tornati?”

Jade sospirò. “No, non credo. Una parte dell’incubo è finita, ora che mio nonno è rinchiuso ad Alkaban e adesso dobbiamo solo darci da fare per mandare via una volta per tutte la sua oscura creatura da questo mondo. Desidero quella vita normale ora più che mai e poi... in questo modo Samuel potrà riposare in pace, sapendoci al sicuro, mentre io potrò finalmente andare avanti, sperando di incontrarlo di nuovo, un giorno.”

Brenda annuì, poi si sedette di fronte a lei: “Sai, prima di scoprire tutto questo mondo, non ho mai creduto alla faccenda del poter rivedere le persone morte nell’aldilà. Adesso, però, sono sicura che possa accadere e che tu, un giorno, potrai riabbracciare di nuovo il tuo Samuel.”

L’amica le sorrise: “Forse adesso ci credo anche io...”

Per un attimo, rimasero entrambe tranquille, poi, Brenda tornò seria: “Piuttosto, credi davvero che riusciremo a neutralizzare per sempre i disordini?”
“Sì, ce la faremo. Per forza. Basta solo trovare quei tre contenitori. In fondo, quanto può essere grande Morney Hill?”



Morney Hill Hospital

 

 

Noa aveva accompagnato Wes in ospedale in modo che fosse curato meglio. In quel momento si trovavano al Pronto Soccorso ad aspettare il loro turno e Noa, ovviamente, ne stava approfittando per fargli le ultime, importanti raccomandazioni.

“Ricorda: non dovrai mai dire a nessuno quello che hai visto, ok? Nemmeno alla tua amica Corinne!”

“Ti pare?!? – replicò l’altro, ironico - Non saprei neanche da dove iniziare! Piuttosto, come spiegherò le ventiquattro ore in cui sono scomparso e le ferite?”

Il ragazzo, allora, tirò fuori dalla tasca una boccetta e gliela allungò: “Fa bere questa ai tuoi genitori e alla tua amica, così dimenticheranno della tua scomparsa e non faranno domande. Me l’ha data Dana, l’anziana donna che hai conosciuto. E’ una strega!”

“Accidenti, che mondo facile, il vostro! Bevi un intruglio magico e PUFF... tutto si risolve!”

“Beh, in realtà non è proprio così... Io non ne faccio parte quanto gli altri, ma ho visto abbastanza da rendermi conto che non lo è per niente...”

“Ehm, scusa, non volevo parlarne con così tanta leggerezza...”

Noa abbassò lo sguardo, triste: “Sì, ho quasi perso mio padre tempo fa. Era, diciamo, in collaborazione con i miei amici in un’altra battaglia e non vorrei rivivere quel momento per nulla al mondo! E’ stato orribile pensare di averlo perso, ma fortunatamente poi non è stato così...”

Wes si mise più comodo sulla sedia: “Aspetti qui con me?”

“Ma certo, ti ho portato al Pronto Soccorso e ci resterò finchè non ti avranno lasciato andare!”

“Oh, grazie…” replicò quello, colpito e, per diversi minuti, i due rimasero in silenzio a guardarsi intorno.

 

“E grazie per avermi difeso a casa di John, quando ha voluto farmi del male…” aggiunse Wes, dopo un po’.
“Non l’avrei potuto permettere. E’ per colpa mia che sei finito lì, visto che mi stavi seguendo con la macchina. Non ti avrebbe preso, se non fosse stato per me.”

“Beh, in realtà non è stata proprio colpa tua. Avrei dovuto farmi gli affari miei, invece di provare a scoprire cosa nascondevate tu e Brenda.”

“Vero anche questo!” e si sorrisero, per poi continuare ad aspettare in silenzio.

 

 

Cimitero di Morney Hill

 

 

John e Rick erano ricomparsi nel cimitero della città e il ragazzo, confuso, aveva iniziato subito a guardarsi intorno, perplesso.

“Ma... ma.... cosa diavolo ci facciamo qui?!? Dobbiamo tornare ad Alkaban e tu devi farmi entrare!” per un istante, i suoi occhi divennero gialli, mentre l’uomo scoppiava a ridere.

“Bene, vedo che stai tornando come prima. Spero non sia io la causa del tuo raptus, però. Sai, sono un demone anche io...”

Subito, il cacciatore perse la pazienza e iniziò a urlare ancora più forte: “Ho detto. Di. Riportarmi. Ad. Alkaban. Subito!”

L’altro alzò le mani e fece un passo indietro: “Calmo, calmo, ci ritornerai. Non avere fretta però... Non vorrai mica cadere nuovamente in una trappola!”

Rick, allora, si calmò: “Quindi?”

“Quindi… – replicò il demone, guardando il cielo - lascia fare a me!” e, in poco tempo, una nube di disordini li raggiunse e investì letteralmente Rick, che era rimasto fermo a lasciarsi avvolgere da quell’oscurità. Essa ruotò per un po’ attorno a lui come un turbine, poi si dissolse. Quando se ne andò, Rick era sempre lo stesso di sempre, con un’eccezione: la sua pelle era cambiata, diventando sporca e decomposta.
Subito il ragazzo se ne accorse e abbassò lo sguardo, inorridito: “Che... che cosa mi hai fatto?!? La mia pelle! Cos’ha la mia pelle?”

John lo squadrò, compiaciuto: “Tranquillo, te ne ho data una nuova. Per la precisione, quella dei morti, altrimenti perché ti avrei portato in un cimitero? Infatti, i miei disordini te l’hanno donata, affinché diventassi il Dio dei fantasmi!”

“COSA?!? – replicò l’altro, sconvolto - Voglio tornare come prima! Ora!”

“Ah, si? – rispose il demone, serio, voltandosi verso di lui – Grazie del ringraziamento! Sbaglio, o volevi che ti aiutassi ad entrare ad Alkaban e ad avere la tua vendetta?”

“Tu non mi hai aiutato, mi hai trasformato in un mostro!”

“Invece sì, ora puoi controllare i fantasmi e loro possono possedere i corpi: basterà solo farli entrare in quelli dei Consiglieri rimasti e saranno tuoi. Entrare ad Alkaban sarà un gioco da ragazzi, se saranno proprio i suoi padroni a farti entrare! E sai qual è la cosa più entusiasmante? Che nessuno potrà mai scacciare i tuoi fantasmi, se hai la loro pelle morta addosso.”

Quello lo fissò senza parlare, così il demone continuò a parlare.

“Avrai la tua vendetta, no? Ora puoi ringraziarmi!”

 

CONTINUA NEL DECIMO EPISODIO

 

Testo a cura di Lady Viviana.

ANGOLO AUTORE: Se siete rimasti con il fiato sospeso, non perdetevi l'ultimo appuntamento con la prima parte di stagione, Giovedì 2 Luglio con l'episodio 3x10 "Dio dei Fantasmi" e Venerdì 3 Luglio con l'episodio 3x11 "L'alba di un nuovo mondo". Dopo, seguirà una pausa di tre settimane e Demon & Witch riprenderà dal 23 Luglio con la seconda parte della terza stagione. Ricordate sempre di lasciare un commento ai fini della continuazione della storia e di visionare la scheda personaggi presente nella 1x00 della prima stagione per vedere i volti dei vostri personaggi preferiti. Buona settimana stregata!
 

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Capitolo 10
*** 3x10-Dio dei fantasmi ***


CAPITOLO DIECI

"God-Skinned Ghost

 

 

 

Casa Ferguson

 

 

Dopo aver riposato per qualche ora, le ragazze si erano ritrovate in cucina per la colazione e Brenda, chiaramente esausta, si era accasciata su una sedia ad osservare l’amica che trafficava con i fornelli.

“Ehm, stai preparando la colazione, per caso? E’ la prima volta che ti vedo farlo… – poi sgranò gli occhi, nel vedere Jade far saltare abilmente l’omelette dalla padella – Oh mio Dio, cos’hai appena fatto?!?”

“Un’omelette, del succo d’arancia, del…” rispose l’altra, riempiendole il piatto, ma fu subito interrotta.

“No, intendo quella cosa con la padella e... e tu che cucini!”

Jade si bloccò, alzò lo sguardo e le sorrise: “Beh, preparavo spesso la colazione insieme a Rick. Poi, non mi hai mai vista cucinare, perché è sempre stata mia nonna a farlo. E comunque, ho scoperto di essere anche abbastanza brava!”

Brenda sbuffò, prendendo il bicchiere di succo: “Non posso credere che abbiamo dormito solo due ore e che tra una dovremo essere a lezione!”

“Dobbiamo pur riprendere la nostra vecchia vita, no? – le rispose l’amica, sedendosi - Anche se non ce ne siamo allontanate per molto…”

“Sai, vorrei tanto che queste persone misteriose che hanno creato la cupola, spuntassero fuori e ci dicessero tutto quello che dobbiamo fare per porre fine a questa storia! Sono stanca di frequentare le lezioni di giorno e combattere il Male… beh, per tutto il resto della giornata! – sospirò – Insomma, ora che John è recluso, potrebbero anche degnarsi di venirci a parlare, no?”

“Magari lo faranno... Avranno senz’altro i loro motivi, non credi? Quello che dobbiamo fare noi, adesso, è andare in università e poi trovare i contenitori.”

“A proposito di questo, ho pensato che potremmo usare dei manifesti, come quelli delle persone scomparse: mettiamo la loro foto e aspettiamo che qualcuno ci chiami.”

L’altra, però, non sembrava molto d’accordo: “In realtà, avevo pensato ad un’altra tattica: la bambina e la dottoressa sono più facili da trovare, rispetto all’uomo che lava i piatti in casa sua. La prima, infatti, frequenta sicuramente le scuole elementari e a Morney Hill ce ne sono solo tre. Per quanto riguarda la donna, invece, ci sono cinque ospedali qui. Basterà portare con noi i dipinti e guardare un po’ in giro.”

“Ehm, sì, mi sembra una buona idea anche questa... – minimizzò Brenda, sentendosi a disagio – Io direi di sfruttarle entrambe, però, così avremo maggiori possibilità, no?”

“D’accordo!” acconsentì l’amica, strappandole un sorriso.

“Bene. Allora vado a farmi una doccia veloce e poi di corsa a lezione!” e uscì, mentre Jade finiva di fare colazione.

 

 

Alkaban 

 

 

Marcus e Foxi avevano appena condotto il resto del nuovo Consiglio, eccetto Jackson e Harmony, nella Sala di Controllo. Qui si trovavano una serie di schermi collegati alle telecamere di sorveglianza distribuite in tutto l’edificio. Il gruppo iniziò subito ad esaminarle con Marcus che rimandava indietro la sequenza, fino a fermarsi nel punto esatto.

“Ecco! – indicò – Queste sono le immagini dell’esplosione.”

“Bene, vediamo chi esce, allora…” replicò Zack, avvicinandosi.

 

Nel video si videro Tamara e gli altri uscire, con grande stupore di Terence.

“Cosa?!? – esclamò - Erano nell’area zero? Pensavo fossero scappati dall’ingresso principale o da un’altra via!”

Dana, accanto a lui, annuì: “Anche io lo pensavo… E questo è un bel problema. Suppongo non sapessero che John era lì con loro!”

Foxi, invece, era semplicemente allibito: “Come abbiamo fatto a non renderci conto di tutto questo? Avevano addirittura una bomba, lo stavano progettando da giorni, probabilmente!”

Tuttavia, nessuno rispose, perchè la loro attenzione richiamata da Zack, li invitò a tornare sullo schermo: “Ragazzi! Guardate chi è uscito dopo…”

E videro John emergere dalla voragine in compagnia di Rick, per poi teletrasportare via entrambi subito dopo.

 

Per qualche secondo sul gruppo cadde il silenzio, che solo Terence ebbe il coraggio di interrompere.

“A quanto pare non era finita come pensavamo… – poi, però, venne colto dal panico – Ora sarà in città, dove c’è Brenda, che vuole uccidere!”

“Sta calmo, – lo tranquillizzò Dana - le avvertiremo!”

Foxi, invece, era semplicemente furioso: “Basta, questa cosa si è spinta troppo oltre! La bomba deve averla costruita qualcuno che è ancora qui dentro e altri potrebbero seguire il loro esempio e tentare la fuga. Ma noi non possiamo permettere che la storia si ripeta e cadere nel baratro. Non dopo il sacrificio di Alaris!”

A quel punto la signora Ferguson intervenne nuovamente, indicando loro lo schermo: “A proposito, perché Alaris non esce? Dov’è?”

Tutti, allora, si guardarono, pensando probabilmente la stessa cosa. I colleghi dell’uomo, però, non volevano dare voce a quel pensiero, perciò Marcus decise di prendere in mano la situazione.

“Apriremo l’area zero e andremo a cercarlo. Voi dite a tutti di dirigersi nelle proprie stanze.”

Zack, però, gli lanciò un’occhiata perplessa: “Ma la minaccia è fuori, ormai. Per quale motivo dobbiamo perdere tempo a farli tornare nelle loro stanze?”

“Perché vanno rinchiusi! Dal primo giorno in cui hanno messo piede ad Alkaban, sono sempre stati diffidenti e hanno guardato questo posto come all’ennesima prigione, invece che ad un luogo sicuro. Bene, e prigione sia, allora!”

 

Intanto, Jackson e Harmony avevano riunito le loro fazioni nella Sala Grande, per riportare loro ciò che era stato detto durante la riunione.

In quel momento, era la ragazza a parlare: “… e John è stato rinchiuso nell’area zero, quindi possiamo stare qui tranquilli, mentre il resto del nuovo Consiglio cerca un modo per rimuovere la cupola.”

Ma uno demone, per nulla d’accordo, intervenì: “E’ sempre la stessa frase! Sto iniziando seriamente a pensare che ci stiano prendendo in giro...”

Una strega, altrettanto diffidente, si unì a lui: “Aspetta, quindi ora tu stai con loro? E ti stai spacciando per Tamara, la nostra leader?”

Irritata, Harmony sbottò: “Beh, sì, dal momento che la nostra leader è fuggita assieme al LORO leader! Un po’ egoista, non credete?”

Allora, Sasha, che aveva fino a quel momento seguito la discussione in disparte, intervenne in difesa della sua leader: “Io non credo! Tu cosa ne sai? Come ti permetti di infangarla dopo tutto quello che ha fatto per te?”

Jackson, allora, cercò di difendere l’amica: “Come mai pensi di sapere d’un tratto le ragione che ha portato la tua leader a scappare da qui? Ti ha consultata, forse? O magari l’hai aiutata!”

“Non ho detto questo! – replicò l’altra - Dico solo che conosco bene Tamara e non ci lascerebbe mai per fuggire con quelli come Loro!”

Sentendosi offesi, i demoni, iniziarono a gridare contro di lei, mentre Jackson, a sua volta, alzava la voce per cercare di calmare gli animi: “Ehi, adesso basta! I nostri capi sono fuggiti e noi dobbiamo farcene una ragione per continuare a convivere qui dentro civilmente! Almeno, finchè tutto questo non finirà!”

 

Le sue parole sembravano aver avuto effetto, quando Foxi fece il suo ingresso nella stanza.

“Scusate l’interruzione, ma dobbiamo pregarvi di tornare subito nelle vostre stanze. Dobbiamo fare… dei controlli.”

Subito tutti, senza obiettare, si incamminarono, mentre il consigliere prendeva da parte i due nuovi leader.

“E’ esplosa una bomba nell’area zero. – spiegò loro - John, il cacciatore e i vostri leader sono evasi.”

“Oh mio Dio, com’è potuto succedere?!?” esclamò il ragazzo, allarmato.

“Quindi John è fuggito?” chiese invece lei.

“Purtroppo sì! I vostri leader hanno avuto un pessimo tempismo. Evidentemente, non si sono accorti che John era nell’area zero con loro. Piuttosto, sapete se possedevano delle competenze su come costruire una bomba?”

“Sì, Dex, – rispose subito il demone – ma non l’ha costruita, sono sempre stato con loro e l’avrei sicuramente visto.”

Poi fu il turno della strega: “Tamara non ha quel tipo di competenze, ma Sasha sì! Potrebbe aver chiesto a lei, perché è quella nella nostra Congrega abile nel costruire praticamente tutto.”

“Bene, – concluse Foxi - allora dovremmo fare una chiacchierata con lei!”

La ragazza, però, lo fermò, perplessa: “Aspetta, non è nei guai, vero? Non vorrete mica farle qualcosa...”

“Se è stata lei a fornire quella bomba ai vostri leader, allora è pericolosa per Alkaban e dovremo isolarla. Nessuno dovrà più evadere da qui!” e i due annuirono, mentre lo seguivano fuori.

 

 

Qualche ora prima – Cimitero di Morney Hill

 

 

 

Grazie ai disordiniJohn aveva trasformato Rick in un Dio dei fantasmi perchè potesse

realizzare la sua opera di vendetta. L’uomo, però, non sembrava intenzionato ad andare con lui e si voltò, ma Rick gli impedì di muoversi.

“Dove stai andando?”

“Pensavo fosse chiaro: puoi possedere i corpi dei Consiglieri  con i tuoi fantasmi e così farti strada fino ad Alkaban. Ucciderai quei demoni, giusto? Tu avrai quello che vuoi e anche, o almeno spero. Qualunque cosa vogliano fare contro di me o i disordini, infatti, non potranno mai realizzarla senza di loro.”

“Quindi è come se ti stessi aiutando…”

“Sì, ma a te non importa nulla, no? Vuoi uccidere disperatamente quegli assassini e non ti interessa il fatto che, così facendo, aiuterai me.”

“Allora dove andrai?”

“A cercare la persona che ho usato prima di te, una strega di nome Klen. E poi… devo sbrigare alcune faccende...  Sono stanco di questa cupola!” concluse, prima che le loro strade si dividessero.

 

 

Foresta nella zona Est della città, presso la cupola

 

 

 

A qualche ora di distanza dalla fuga, alle prime luci dell’alba, il gruppo con cui era evasa

Tamara aveva svaligiato un piccolo negozietto, prima di rifugiarsi nella foresta. In particolare, avevano rubato alcune attrezzature da campeggio, fra cui delle tende in cui passare la notte.

Mentre Dex aveva aiutato il suo compagno ferito Raul a sistemarsi nella sua, Barnès si era seduto accanto a Tamara, sovrappensiero.

“Bene, resteremo accampati qui. Mi chiedevo, visto che sei una strega, se potessi fare un incantesimo di occultamento. Sai, in modo che non ci trovino...”

“Certo, nessun problema! – replicò lei, distaccata – Piuttosto, qual è la tua prossima mossa? Perché, dopo averti aiutato con questo incantesimo, ho intenzione di tornare in città per cercare Klen, visto che è il motivo per cui sono evasa da Alkaban insieme a voi. Devo proteggerla, non sono certo scappata per me stessa come hai fatto tu!”

L’altro, sentendosi giudicato, si irritò: “Beh, direi che ti sei fatta un’opinione completamente sbagliata di me! Non ho abbandonato il mio gruppo per pensare solo a me stesso, sai?”

La strega scoppiò a ridere: “Ah no? Sei come un assassino che dice di essere innocente quando lo trovano con l’arma del delitto in mano! Davvero, sei incredibile!”

“Non mi credi? Bene, non farlo! Ma sappi che sono evaso con l’intenzione di trovare una via d’uscita e, quando accadrà, tornerò a riprendere i miei compagni, dovessi buttare giù quel posto con le mie stesse mani!”

Lei scosse la testa, credendolo un illuso: “Cosa ti fa credere che tu possa farcela, quando Dana e il Consiglio ci sta provando da settimane?”

“E tu come fai a essere così sicura che ci stiano provando davvero? E’ da quanto è iniziato tutto questo che li sento dire che cercheranno di abbassare questa cupola, ma lo avranno fatto davvero? Ci hanno solo tenuto rinchiusi in quell’edificio, nascondendoci segreti e raccontandoci favole! Persino tu sei diffidente, lo vedo nei tuoi occhi!”

“D’accordo, lo ero, ma prima che venissimo rapiti da John. Poi siamo stati salvati e non ci ho pensato più, contenta che il mio gruppo fosse al sicuro. Dopo che Klen è stata buttata fuori, però, sono tornata ad essere nuovamente diffidente e ho iniziato a pensare che le cose non sarebbero mai cambiate. Loro ci nascondono qualcosa!”

“Già! Per questo dobbiamo unire le forze!. Siamo qui fuori, a pochi passi dal mondo esterno. Trovato il modo di uscire, torneremo a riprendere tutti gli altri e finalmente questo incubo finirà. Saremo fuori da questa prigione sovrannaturale...”

Alzandosi, Tamara annuì: “Bene, allora io vado a cercare Klen e, quando tornerò, uniremo le nostre forze per trovare il modo di lasciare questa città insieme a tutti gli altri, ok?”

Barnès sfoggiò un sorriso compiaciuto: “Ti aspetterò con ansia, allora. Non abbiamo un minuto da perdere!” e la ragazza andò, pronta a ritrovare la sua strega e portarla al sicuro con lei.

 

Intanto, Jade e Brenda, dopo aver trascorso la mattinata a lezione, erano pronte a cominciare la ricerca dei contenitori. Uscite dal campus, decisero di dividersi e Jade rimase sorpresa vedendo l’amica tirare fuori dalla borsa svariati volantini.

“Quante copie hai fatto?”

“Ehm… 150, credo... Ho intenzione di tempestare la città!”

Allungandosi, l’amica lesse, sempre più perplessa: “... Numero da contattare… Ma è quello di casa mia! E c’è anche il mio indirizzo!”

“Beh, dovranno pur venire da qualche parte a chiedere perché c’è un volantino con la loro faccia sopra, no? Anche se spero, però, che prima ci chiamino...”

“D’accordo, spero che funzionino, allora! Io, intanto, userò i dipinti originali per cercarli nei luoghi in cui potrebbero essere, ok? Google Maps dice che la prima scuola elementare è a dieci minuti da qui, perciò vado!”

“Okay, buona fortuna!”

“Anche a te!”

 

 

Ingresso del Municipio

 

 

John si era separato da Rick e aveva deciso di tornare in città. Passando dal municipio, dove lavorava come sindaco, notò che qualcosa non andava e rimase distante, senza avvicinarsi. All’ingresso, infatti, c’era la polizia, in compagnia di alcuni funzionari e dell’uomo che era stato realmente eletto come sindaco, Bradley Scott, prima che John modificasse tutto attraverso il controllo mentale. In quel momento, però, sembrava quasi che tutti si fossero svegliati di colpo, chiedendosi cosa fosse accaduto durante le ultime settimane.

John, osservando la scena e la furia del reale sindaco verso tutti quelli che lo circondavano, rimase piuttosto perplesso: “Ma che diavolo...? Cosa ci fa quell’uomo qui?” e, brevemente, si allontanò, pronto a cercare Klen nell’unico luogo in cui pensava di trovarla: la vecchia confraternita abbandonata.

 

Durante il tragitto, passò per un parco, ancora confuso per la scena a cui aveva assistito e, mentre di fianco a lui camminavano uomini che portavano a spasso i cane e donne che passeggiavano con le loro carrozzine, improvvisamente un pallone rotolò vicino ai suoi piedi. John si abbassò, prendendolo tra le mani e nel frattempo davanti a lui si presentò una piccola bambina bionda con dei meravigliosi occhi azzurri. Lei lo guardò, sorridendo innocentemente: “Potrei riaverlo?” chiese.

Lui la fissò per qualche secondo, poi, senza dire nulla, gliela mise tra le mani. Subito la bambina lo ringraziò e poco dopo una voce la richiamò: era suo nonno.

John rimase ad osservarla, mentre tornava dall’uomo poco lontano, tanto che gli sentì dire: “Forza, proviamo lo scivolo. Ti va?”

Lei rise, felice: “Sì, nonno. Voglio andarci! – e salì sugli scalini di plastica – Prendimi, okay? Non lasciarmi cadere!”

Pronto, il nonno si mise davanti allo scivolo, in vena di giochi: “No, piccola mia, non ti lascerò cadere! Non voglio che la mia nipotina preferita si faccia la bua, non lo permetterò!”

Sorridente, la bambina si lasciò scivolare, finendo tra le sua braccia e lui, ridendo, la sollevò in aria, facendola divertire ancora di più, per poi abbracciarla.

“Nonno, ti voglio bene!” sussurrò.

“Anche io te ne voglio, bambina mia!” rispose lui, sincero.

 

John era rimasto fermo a osservare l’intera scena, dimenticando addirittura dove si stava dirigendo. Rimase talmente colpito dal loro piccolo momento di felicità, che sul suo volto si dipinse un sorriso. Tuttavia, esso durò un attimo, il tempo di accorgersi di essere invidioso di quell’uomo e dell’affetto che sua nipote provava per lui: qualcosa che non aveva mai ricevuto da Jade e che non avrebbe mai avuto.

Allora, riprese a camminare e tornò quello di sempre, anche se ormai quell’immagine gli era rimasta impressa nella mente. Improvvisamente, si imbatté in Brenda, poco distante da lui e subito si nascose dietro ad un albero, osservandola mentre affiggeva dei volantini.

“Allora sono già usciti da Alkaban! Pensavano di essere al sicuro, dopo avermi chiuso nell’area zero. Bene, avranno una grossa sorpresa quando scopriranno che sono ancora qui!”

La ragazza, intanto, se ne era andata, ignara della sua presenza a pochi passi di distanza, e l’uomo poté uscire dal nascondiglio, decidendo di avvicinarsi a un volantino per vederlo meglio.

“E queste persone chi sono?” si chiese, poi, senza esitare, li strappò via, pronto a scoprirlo.

 

 

Alkaban

 

 

Nel frattempo, Rick si trovava proprio davanti ai cancelli di Alkaban. Il suo sguardo era freddo, colmo di vendetta e di rabbia. Durante il tragitto, infatti, aveva perso gran parte della sua personalità e umanità a causa del raptus e del disordine che lo infettavano. In quel momento, sopra la sua testa fluttuavano centinaia di scie trasparenti: i suoi fantasmi. Finalmente, dopo aver contemplato l’edificio per un po’, si mosse.

“Andate! – ordinò – Ma solo i demoni e i Consiglieri, mi raccomando! Alle streghe non torcete un capello, a meno che non vi intralcino!” e subito quelle si fiondarono dentro, mentre a Rick non rimaneva che attendere che facessero il loro lavoro.

 

All’interno, ignari del pericolo imminente, Marcus e Dana avevano aperto l’area zero e trascinato fuori il corpo ormai senza vita di Alaris. L’uomo scuoteva il capo, triste per quello che era accaduto al suo superiore, mentre la donna era completamente sconvolta, incapace di fare altro apparte tenere una mano davanti alla bocca.

“Povero Alaris… non meritava questa fine...” sussurrò.

“Si è sacrificato invano. – replicò l’altro, un pizzico di rabbia nella voce - Quel mostro è di nuovo fuori e lui si è sacrificato invano!”

“Ti prometto che la pagherà cara, Marcus. Questa sarà la sua ultima vittima, non permetterò più che faccia del male a qualcuno! Adesso basta!” aggiunse lei, decisa.

“Cosa vorresti fare?”

“Imprigionarlo per sempre, no? Stavolta, però, senza via d’uscita!”

 

Intanto, in un’altra stanza, Sasha veniva interrogata da Foxi alla presenza di Harmony, Jackson, Zack e Terence. L’uomo le stava facendo numerose domande, comportandosi abbastanza severamente nei confronti della ragazza, mentre gli altri si mantenevano in disparte e in silenzio.

“Allora, sei stata tu a costruire la bomba per Tamara e Barnès? Sì o no?”

L’altra, con braccia incrociate, continuò a tenere lo sguardo fisso sul tavolo, facendo alzare ancora di più la voce del Consigliere: “RISPONDI!” urlò, prima che Harmony intervenisse.

“Aspetta, forse è meglio andarci piano: non è una criminale!”

Dalla strega, però, le arrivò in risposta un’occhiataccia: “Sei stata tu a spifferare tutto a loro, vero? A dire che io sono quella che costruisce oggetti magici per la Congrega e che quindi potrebbe aver fornito loro la bomba. – poi la guardò disgustata – Mi fai schifo, sei una di noi, non una di loro! Cosa direbbe Tamara di te, se fosse qui?”

Mortificata e ferita, l’altra abbassò lo sguardo: “Io... io cerco solo di aiutare…”

In quel momento, Foxi si intromise fra loro, continuando l’interrogatorio: “Allora, sei stata tu, o no?”

La strega lo guardò negli occhi, prima di rispondere, cinica: “Avevano ragione i nostri capi ad essere diffidenti nei vostri confronti e a fuggire! Più passa il tempo, più vi mostrate per quello che siete in realtà: dei dittatori, non persone che vogliono tenerci veramente al sicuro. Arriverà il giorno in cui ci userete tutti per i vostri scopi, qualunque essi siano, e non vi farete alcuno scrupolo a farlo. Per quanto mi riguarda, non dirò una parola! Non ho paura di voi, perché so che non mi farete nulla, dal momento che vi servo!”

L’altro non tollerò la sua arroganza e le rispose col medesimo tono: “Non ti faremo del male, ma ti metterò in un posto dove potrai riflettere un po’ su quello che mi risponderai tra quattro ore!” e la prese per un braccio, mentre lei lo guardava perplessa.

“Aspetta, dove vuoi portarmi?”

Vedendo che la situazione era a una svolta, Harmony si intromise nuovamente: “Già, dove la vuoi portare?”

“In isolamento!” replicò lui, ma la strega si ribellò, cercando di sfuggirgli.

“Aspetta, non potete farlo!”

Quello, però, subito le mise le braccia dietro le spalle, facendo comparire magicamente ai suoi polsi dei cerchi luminosi simili a manette.

La nuova leader, però, mentre i ragazzi non muovevano dito, continuò ad intromettersi: “Ma è necessario?”

“E’ giusto che capisca la gravità dei danni che ha causato quella bomba! Avevamo John in pugno, un‘occasione irripetibile, e ora lui è di nuovo libero!”

Nel sentire le sue parole, Sasha sgranò gli occhi, sorpresa: “Cosa?!? La bomba è esplosa nel settore in cui si trovava John?”

“Esatto! Ora capisci perché dobbiamo impedire che accadano altri incidenti simili?” e la portò via, mentre quella, dentro di sé, iniziava a essere profondamente in pensiero per Tamara.

 

Gli altri, però, erano rimasti nella stanza e subito Jackson, vedendo la sua amica in preda ai sensi di colpa, le si avvicinò, portandola lontano dagli altri due.

“Non preoccuparti, hai fatto la cosa giusta, anche se ora ti odia. Potrebbe utilizzare altre bombe e questo posto potrebbe non essere più sicuro!”

“Lo sarà ancora, però? Io non sono più sicura di niente e le mie sorelle streghe ora mi odiano!”

 

In quel momento, però, la bussola dei disordini iniziò a brillare nella tasca di Terence e subito Zack glielo fece notare.

“Ehi, la tua tasca!” indicò e quello subito la tirò fuori.

“Me l’ha lasciata Brenda per aiutarci a svolgere il nostro compito di acchiappa-disordini” esclamò l’uomo, entusiasta, ma il demone non pareva esserlo altrettanto.

“Il lavoro chiama, a quanto pare!” mormorò.

Allora, Jackson, che aveva ascoltato tutto, si intromise: “Devo venire con voi, giusto?”

“Beh, secondo gli ordini della signora Ferguson, sì, perciò muoviamoci! – rispose Terence, prima di rivolgersi soltanto a Zack – E dobbiamo anche avvertire le ragazze della fuga di John!”

“Sperando che siano ancora vive!” replicò l’altro, prima che lasciassero la stanza.

“Tornerò presto, ok?” disse il ragazzo all’amica, vedendola preoccupata.

“Fantastico, adesso sono rimasta qui da sola!”

“Dai, ce la puoi fare! Si sistemerà tutto, vedrai!” concluse lui, prima di andarsene e lei rispose semplicemente con un sospiro.

 

I fantasmi di Rick, nel frattempo, iniziarono a girovagare per l’edificio, finchè non trovarono finalmente un corpo-ospite: uno penetrò nel corpo di Marcus, che era con Dana, e un altro in quello di Foxi, che stava scortando Sasha nella stanza di isolamento.

I cambiamenti furono subito evidenti nei due Consiglieri, al punto che Marcus si alzò di colpo, pronto ad incamminarsi, se non fosse che Dana, perplessa dal suo fulmineo comportamento, lo fermò.

“Marcus, dove stai andando?” gli chiese, ma l’altro si comportò in modo strano, voltandosi verso di lei e ridendole in faccia.

Lei rimase semplicemente di ghiaccio, mentre lui, alzando una mano, la fece sollevare da terra, strangolandola a distanza e lasciandola senza parole. Poi, mentre con un braccio la teneva sospesa, con l’altro recuperò un oggetto contundente trovato vicino all’ingresso dell’area zero, poi si avvicinò a lei e la colpì in testa, facendola cadere a terra svenuta.

Ormai posseduto dal fantasma, rise diabolicamente: “Sogni d’oro!” esclamò, per poi incamminarsi per completare l’opera ordinata da Rick, il suo padrone.

 

Da un’altra parte, Foxi stava strangolando Sasha, che, per via dei polsi bloccati, non poteva reagire.

“Non sono tenuto a farti del male, ma tanto il mio padrone non lo verrà mai a sapere. Sai, sento un discreto odio verso di te, in questo corpo....”

Cercando di liberarsi, l’altra iniziò a dimenarsi con le gambe: “Ma… ma... di cosa… stai parlando? Lasciamiii! Aiutoooo!”

“Taci, strega!” le urlò lui, le mani sul collo.

 

Fortunatamente, Harmony udì le urla di Sasha e subito corse in suo aiuto, buttandosi sulle spalle di Foxi.

“Ehi, ma cosa ti prende?!? Lasciala stare!” gridò e lui, stranamente, lo fece, cercando poi di staccarsela di dosso.

“Scendi, dannata strega! Lasciami!”

In quel momento, Sasha notò qualcosa di strano negli occhi del Consigliere e lo fece subito notare all’altra: “Aspetta, credo sia posseduto!” ma quella ormai era a terra e Foxi stava scappando via.

 

Subito le si avvicinò per sincerarsi delle sue condizioni: “Stai bene?” chiese.

L’altra, benché stordita, annuì: “Sì, più o meno. Tu?”

“Viva, grazie a te!”

Harmony abbassò lo sguardo, profondamente in colpa: “No, non è vero. Se non avessi detto di te al Consiglio, non ti saresti trovata qui con Foxi nel corridoio. Avrebbe potuto ucciderti...”

“Ma non è successo! – la tranquillizzò l’altra, per poi mostrarle le manette luminose – Ora levami questi così e cerchiamo gli altri, ok? Sta succedendo qualcosa!”

La ragazza, allora, ci provò, ma, dopo diversi tentativi, fu costretta a cedere.

“Ma come si fa? Non ci riesco!”

“Allora aiutami ad alzarmi, non mi servono le braccia per correre!”

Harmony annuì, sollevandola: “Sbrighiamoci, prima che torni!” poi le due iniziarono a correre lungo il corridoio, dalla parte opposta rispetto a Foxi.

 

 

Confraternita abbandonata delle streghe

 

 

Dopo essere stata esclusa da Alkaban ed essere fuggita, Klen, si era rifugiata nell’unico luogo in cui era stata con la sua congrega: la confraternita abbandonata. Sola, si era seduta alla grande tavola, mangiando con un piatto accanto al libro. Improvvisamente, alzò lo sguardo e davanti a sé vide John, in piedi all’altro capo del tavolo che le sorrideva.

Colta di sorpresa, si sollevò dalla sedia, spaventata e quasi cadde a terra: “T-tu... che cosa ci fai qui?”

“Non riuscivo a contattarti, così ho pensato al luogo in cui sei stata l’ultima volta, dove ci siamo incontrati la prima volta, fra l’altro.”

Lei iniziò a indietreggiare: “Sta lontano da me! – gridò - Ricordo tutto quello che mi hai fatto fare, OGNI COSA! Mi hai manovrata come un burattino!”

Perplesso, lui si bloccò, lanciandole una lunga occhiata: “Strano, il mio controllo mentale su di te sembra non funzionare più...  Cos’hai fatto?”

Klen si spaventò ancora di più, vedendolo innervosirsi: “Io non ho fatto proprio niente! Lasciami stare, vattene!”

Ma lui non la ascoltò, anzi, le comparve davanti, prendendola per il collo e sbattendola contro il muro: “Sono sicuro che non è vero, perché c’è qualcosa che non va con i miei poteri, ma ora non importa. – poi tirò fuori dalla tasca della giacca i volantini presi dal parco e glieli mostrò – Vedi questi volti? Dal momento che ricordi tutto quello che ti ho chiesto di fare, ricorderai anche cosa c’era nella cassaforte! Hai detto di aver visto dei disegni, di sfuggita, con raffigurate delle persone. Riconosci uno di loro?” e glieli mise davanti agli occhi.

La strega li guardò a malapena, iniziando a piagnucolare e scatenò la furia del demone:  “Rispondi!” le intimò lui.

Lei, terrorizzata e quasi senza respiro per la presa intorno al collo, si decise a parlare: “Va bene, va bene, ma così mi fai male! Credo di... di riconoscere la bambina! Sì, sì, la bambina era in uno dei disegni che c’erano nella cassaforte!”

“Quindi Brenda stava cercando quella bambina. Forse è uno dei contenitori di cui parlava quella strana lettera…”

Klen, però, lo richiamò alla realtà pochi secondi dopo: “Ora sai tutto quello che so, quindi lasciami stare!” gli intimò, ma lui, in risposta, la fissò negli occhi, perfido.

“Non ho più alcun controllo su di te e tu sei una delle streghe che loro proteggono. Sei sicuramente utile per qualcosa, ma non per me.” e iniziò a stringere il suo collo ancora più forte, tanto che quasi la ragazza non riusciva più a parlare.

Lei, però, sprecò il poco fiato che le rimaneva per pronunciare qualcosa: “Cutem ardens! ” e John, sentendo le sue mani scottare, le tolse velocemente dal suo collo, sentendo dolore.

“Ma che diavolo...?” e la strega ne approfittò per scappare via, mentre lui sentiva ancora le mani bruciare dal dolore, come se avesse toccato un ferro rovente.

 

Arrivata fuori, iniziò a correre senza sosta, guardandosi continuamente indietro. Improvvisamente, andò a sbattere contro qualcuno e pensando si trattasse di John, iniziò a gridare.

“Ti prego, non uccidermi!” ma, per sua fortuna, si trattava di Tamara.

“Sta calma, sono io! – la tranquillizzò con un sorriso – Ti ho trovata, finalmente! Sapevo che ti avrei trovata qui.”

Klen, felice di vederla, la abbracciò forte, quasi in lacrime: “Oddio, sono così contenta di vederti...”

“Anche io, ma… è vero che sei controllata da John?”

“Sì, lo ero, ma adesso non più. Aveva una sorta di controllo mentale su di me. Ora, però, sembra abbia perso il suo potere, era abbastanza perplesso.”

“Era con te?” chiese la strega più anziana, con gli occhi sgranati.

“E’ dentro la confraternita. Ha cercato di uccidermi!”

Quando si voltò, la leader lo vide uscire, perciò prese la giovane per un braccio ed entrambe si nascosero dietro ad un albero. Mentre lo osservavano guardarsi intorno, Tamara bisbigliò a Klen: “Dentro ci sono ancora alcuni dei nostri libri?”

“Sì, perché?”

“Ci servono! Appena John se ne va, entriamo a prenderli, ok?”

Ma l’altra, terrorizzata, scosse energicamente la testa: “Ha tentato di uccidermi, non posso tornare lì!”

“No. Lui sa perfettamente che non ci ritorneresti. Ecco perché non lo farà nemmeno lui. Ascolta, sono accampata nel bosco con Barnès e alcuni dei suoi demoni, ci serve una soluzione per uscire da questa città e quei libri possono esserci utili.”

La ragazza osservò per qualche minuto in silenzio l’edificio vuoto, poi si decise a parlare: “Okay, John se ne sta andando. Aspettiamo ancora qualche minuto e andiamo, va bene?”

“Bene. Sono stanca di Morney Hill, perciò vi porterò tutte in salvo il prima possibile. Te lo prometto!”

 

 

Alkaban

 

 

Terence, Zack e Jackson stavano uscendo da Alkaban per occuparsi del nuovo disordinato, quando davanti ai cancelli si accorsero della presenza di Rick, chiaramente cambiato dall’ultima volta che l’avevano visto. Come sempre, l’uomo fu il primo a farsi avanti.

“Rick? Non eri fuggito con John...?”

Zack, alle sue spalle, gli bisbigliò: “Sembra diverso…”

Ma l’altro non gli rispose, perchè il cacciatore lo precedette: “Ho dei conti in sospeso qui.”

“Vattene! – gli urlò Jackson, spavaldo - Ormai non puoi più entrare qui, le difese dell’edificio sono state ripristinate!”

Ma l’altro reagì sorridendo compiaciuto: “Io non ne sarei così tanto sicuro, sai?”

 

All’improvviso, accadde qualcosa di strano: i campi di forze iniziarono ad annullarsi, uno dopo l’altro. Terence osservò, spiazzato come i suoi compagni, la scena: “Non può essere!” esclamò.

“Ma come....?” aggiunse Jackson, altrettanto incredulo.

Alkaban era ormai nuovamente senza più difese e perciò, pochi secondi dopo, Rick riuscì ad aprire il cancello senza essere respinto.

“A quanto pare, il vostro Consiglio mi ha permesso di entrare...”

Subito, allora, i due demoni evocarono delle sfere di energia, decisi a non rimanere fermi di fronte alla situazione.

“Beh, noi non te lo permetteremo, invece!”

“E invece no! – replicò il cacciatore, per poi rivolgersi ai fantasmi, che fluttuavano alle sue spalle – Prendete anche loro!” quelli si diressero immediatamente verso i tre.

“Cosa sono quelli?” gridò Jackson, ma non ebbe il tempo di ricevere una risposta, che essi entrarono nei loro corpi.

 

Qualche secondo dopo, però, sembrava non essere cambiato nulla e Zack guardò i suoi compagni, confusi quanto lui.

“Cosa ci ha fatto? Non sento niente!”

Improvvisamente, le loro gambe iniziarono a muoversi da sole e a fare marcia indietro verso l’interno dell’edificio.

“Ragazzi, il mio corpo si è mosso da solo!” commentò Jackson, fra il divertito e il preoccupato.

“Anche il mio. – aggiunse Terence - Non riesco più a controllarlo!”

“Idem!” confermò il terzo e subito Rick spiegò loro cosa stava succedendo, avvicinandosi a loro.

“Adesso sono i miei fantasmi a controllarvi e vi porteranno ovunque io voglia. Alcuni di voi, però, hanno un conto in sospeso con me ed è ora di sistemare la questione una volta per tutte!” poi iniziò a camminare verso l’ingresso di Alkaban con loro che lo seguivano come burattini, agghiacciati e impotenti, ignari del loro destino.

 

All’interno, Harmony e Sasha percorsero, correndo, i corridoi, fino a quando non si imbatterono in Dana. Dopo un piccolo grido di spavento, riuscirono a riprendere fiato e a parlare.

“Oh mio Dio, signora Ferguson, è lei!”

Quella la guardò,  toccandosi la testa a causa del dolore per il colpo ricevuto poco prima: “State bene?”

“No! – urlò Sasha, alquanto provata - Foxi ha tentato di uccidermi, era come se fosse…”

“…posseduto? – completò l’anziana strega per lei - Beh, lo è anche Marcus, dato che mi ha colpita in testa e se ne è andato lasciandomi qui.”

Harmony si mise una mano davanti alla bocca, spaventata: “Ma cosa sta succedendo...?”

“Dev’essere John che si sta vendicando di noi per averlo rinchiuso. Dovevamo aspettarcelo…  – rispose, per poi affacciarsi in un altro corridoio per controllare la situazione – State dietro di me, Alkaban ormai non è più un posto sicuro e dobbiamo portare tutti fuori, ok?”

Ma Harmony le fermò prima che potessero muoversi: “Aspettate, sento dei passi. Sta arrivando qualcuno!”

Le tre, allora, si nascosero dietro un angolo e da lì videro passare i demoni, in fila indiana e con lo sguardo stranamente assente. Sasha, però, non si accorse del cambiamento e per poco non si fece scoprire.

“Sono gli altri, avvertiamoli!” sussurrò, ma subito Dana la bloccò prendendola per un braccio.

“Non credo sia una buona idea. C’è qualcosa di strano in loro, probabilmente sono posseduti.”

“Stanno andando verso la Sala Grande, per caso?” chiese l’altra, di fianco a lei.

“Sì, ma noi adesso ci occuperemo delle altre streghe. Se John è entrato nuovamente nell’edificio, significa che le difese sono state annullate, perciò dobbiamo uscire tutte il prima possibile.”

“E i demoni?”

“Me ne occuperò dopo, prima voi!” e le due ragazze, finalmente convinte, la seguirono, passando in punta di piedi al corridoio successivo.

 

 

Scuola elementare St. Adams, Morney Hill

 

 

Jade stava portando avanti le sue ricerche ed arrivata ormai alla terza scuola elementare della lista. Girando l’angolo, si imbatté in Brenda e Noa, sorprendendo l’amica.

“Ehi, Jade! Quant’è piccolo il mondo, eh? – disse quella, ironica, per poi tornare seria un attimo dopo – Come va con la ricerca dei contenitori?”

“Sono alla terza scuola e non c’è traccia di questa bambina.”

Poi sul gruppo cadde il silenzio e subito Brenda ne approfittò per fare, finalmente, le presentazioni.

“Ehm, a proposito, lui è Noa. Noa, lei è Jade! L’ho chiamato per farmi aiutare con i milioni di volantini che ho stampato.”

“Già! – rispose l’altro, ironico - Il mio numero è attivo 24 su 24 da quando ho conosciuto Brenda e poi mi sono trasferito in questa città infernale!”

Jade, intanto, lo stava scrutando alquanto perplessa: “Scusami, ma non ci conosciamo già noi due, per caso?”

“Sì, ma l’ultima volta che ci siamo visti non eri molto in te per via di quel parassita che divorava i tuoi ricordi. Quindi non abbiamo mai avuto occasione di conoscerci come si deve...”

La strega gli sorrise: “Beh, ne avremo modo in futuro, spero. Mi hanno raccontato di come ci hai aiutati con la seconda profezia e non te l’ho mai detto, ma... grazie!”

Improvvisamente, però, il suono della campanella proveniente dalla scuola elementare interruppe la conversazione.

“I bambini stanno uscendo in cortile a fare ginnastica. Io mi avvicino per vedere se la bambina è in mezzo a loro” disse la ragazza agli altri due.

“Oh, d’accordo. Noi andiamo ad appendere altri volantini, ci rivediamo qui!” e si separarono.

 

Brenda, allora, si avvicinò ad un albero lì vicino, pronta ad attaccare l’ennesimo volantino e Noa le disse, sarcastico: “Non ne hai attaccati abbastanza per la città? Mentre ti raggiungevo, ne avrò visti almeno quattrocento lungo il tragitto!”

“Beh, no, non sono abbastanza!” replicò lei, decisa, senza voltarsi.

“Non sarai mica in competizione con Jade! Ammetto che la sua idea di esplorare i luoghi dove potrebbero essere i contenitori è geniale, ma anche quella dei volantini non è male!”

Brenda sospirò: “Lo so, ma non è una mia idea! L’ho copiata da Corinne, durante la notte di Halloween, quando cercava il suo amico scomparso.”

“E allora? Ti sei lamentata fino a ieri di quanto fosse irresponsabile Jade e adesso che è tornata ti metti in competizione con lei? Sai, chi ti capisce, è bravo!”

In risposta, l’amica gli lanciò un’occhiataccia: “Beh, forse mi stavo quasi abituando ad essere una leader, anche se lei è decisamente molto più brava... E adesso sbrigati e vieni qui ad aiutarmi! Tieni il volantino, mentre taglio il nastro adesivo, ok?”

Sbuffando, Noa si avvicinò: “Agli ordini, vostra maestà!”

Mentre erano impegnati, però, il ragazzo si accorse della pozzanghera di fango che avevano sotto ai piedi.

“Ma che....? – esclamò - Da dove arriva tutto questo fango? Prima non c’era…”

Ma Brenda, distratta da ciò che stava facendo, a stento lo ascoltò: “Che c’è?”

In risposta, lui indicò verso il basso: “Il fango. Guarda! Ci hai fatti sporcare!”

Perplessa, la ragazza iniziò a guardarsi intorno: “Ma non ha piovuto… e poi, dove sono le altre? Perché ci sono solo qui?”

“Non ti sei resa conto che fino a poco fa non c’era? Da dove spunterà fuori? – poi provò ad alzare un piede, ma era come incollato – Ma che diavolo?!? Non riesco a muovere i piedi!”

Anche l’amica tentò, ma invano: “Nemmeno io, ma che cavolo è?!?”

Poi, all’improvviso, sprofondarono fino alle ginocchia e, quando se ne resero conto, iniziarono ad urlare. “Okay, – disse Noa, completamente nel panico - se questo è fango, perché riesce a farci sprofondare come se fossero sabbie mobili? Insomma, c’era solo erba e terra fino a cinque minuti fa. E’ assurdo!”

“Non è assurdo, siamo a Morney Hill! E io sto sprofondando ancora di più!” replicò lei.

“Anche io! Cosa facciamo, adesso? Brenda, cosa facciamo?!?”

L’altra riuscì solo a lanciare un’occhiata verso la scuola poco lontana: “Spero che Jade si sbrighi a tornare o…”

“No, non dirlo nemmeno!” la fermò lui, terrorizzato.

 

Intanto l’amica, ormai dentro la scuola, si era subito imbattuto in una collaboratrice scolastica, cui pensò di chiedere informazioni.

“Mi, scusi! – le chiese, avvicinandosi a lei - Ehm, le sembrerà strano, ma stavo cercando una bambina che…”

Ma, improvvisamente, attraverso il vetro che c’era dietro la signora, vide meglio i bambini nel cortile e si accorse che una di loro era incredibilmente somigliante a quella del dipinto, perciò si avvicinò meglio per sincerarsene, dimenticandosi della presenza dell’altra.

“Sì, signorina? Cosa doveva dirmi?”

Jade, però, si limitò ad accennare un sorriso: “E’lei! L’ho trovata!”

“Ha detto qualcosa? – continuò quella - Mi scusi, ma chi è lei?”

Allora, la ragazza si voltò e la guardò per la prima volta: “Ehm... mi scusi, mia sorella mi ha detto che sarei dovuta venire a prendere mia nipote, perché la sua classe usciva adesso. Stranamente, però, non c’è alcuna classe che sta uscendo adesso, giusto? Quindi si sarà sbagliata, perciò tornerò dopo! Arrivederci!” e se ne andò alla velocità della luce, lasciando la donna inebetita a guardarla allontanarsi.

 

 

Alkaban

 

 

Con l’aiuto di Harmony e Sasha, Dana era finalmente riuscita a recuperare tutte le streghe e le tre, insieme, le scortarono poi fuori da Alkaban, verso i cancelli. L’anziana signora non aveva mai smesso di incoraggiarle.

“Forza, – gridò loro - siamo quasi fuori!” e quelle, spaventate, la seguirono senza fiatare.

Nel momento in cui la donna mise le mani sul cancello, però, quello la respinse.

“Accidenti, le difese dell’edificio sono state annullate, ma non il campo di forze sul cancello!”

Harmony, allora, le si avvicinò, manifestando sul volto la stessa preoccupazione delle altre: “Cosa facciamo adesso?”

Dana ci pensò su un attimo, combattuta: “Avevo in mente di portarvi fuori e tornare qui a salvare gli altri, ma…”

“Allora vada, non si preoccupi per noi. E’ chiaro che Rick ce l’ha solo con i demoni, perciò non ci farà del male.”

“Per ora, ma non sappiamo se è ancora in sé.”

“Ci penseremo noi a proteggere il gruppo. Vada! Non si preoccupi per noi” aggiunse Sasha per tranquillizzarla.

“D’accordo, state qui e non muovetevi, okay?” e le due annuirono.

 

Non appena si allontanò, Sasha si rivolse al gruppo intorno a lei.

“Bene, ragazze, statemi a sentire: possiamo andarcene per conto nostro, adesso! C’è solo un campo di forze, quello del cancello, ed è sicuramente più debole dopo che la prescelta l’ha abbattuto la prima volta. Se uniamo le nostre energie, possiamo annullarlo e uscire da questo posto infernale, ok?” e tutte le altre, tranne Harmony, annuirono. Proprio quest’ultima protestò per la decisione.

“Aspetta, la signora Ferguson ha detto che dobbiamo stare qui!”

“Quel Rick è un folle e probabilmente non la farà tornare da noi. E poi, sono problemi loro, non nostri. Ora, invece, noi possiamo finalmente fuggire e raggiungere Tamara e Klen. Non avremo mai più un’occasione simile!”

“E’ pericoloso fuori, credimi!”

“Anche qui lo è, per questo io scelgo di uscire!”

Allora, Harmony si avvicinò a lei, perchè le altre non sentissero: “Sai perfettamente che c’è John. E loro no!”

“Noi usciremo da qui! Fine della storia! – replicò l’altra, decisa, per poi spintonarla via - E adesso togliti di mezzo! Forza, ragazze, uniamo le mani e concentriamoci, così la nostra energia psichica colpirà il cancello fino ad abbatterlo. Forza!” e tutte si presero per mano.

Harmony, allora, si rialzò velocemente e iniziò a gridare: “Fuori c’è John! Se usciamo senza Dana, moriremo!” e quella frase bastò a fermare tutti.

Sasha, allora, cercò subito di riconquistare la loro attenzione: “Sta mentendo, sbrighiamoci!”

“Il cacciatore era con John nell’area zero, ma c’è stata un esplosione, causata dalla fuga di Tamara e Barnès, ed è riuscito ad uscire. Credetemi, vi prego!”

Vide che le altre tentennavano, lasciandosi le mani, perciò continuò: “Tamara ci avrebbe portate con sé, se fuori fosse stato sicuro, perciò fermatevi e aspettiamo la signora Ferguson… Non prendiamo decisione avventate senza un leader che possa difenderci!”

Ormai aveva completamente catturato la loro attenzione e Sasha dovette ammettere di aver perso.

 

Dentro, Rick aveva riunito Terence, Zack, Jackson e gli altri demoni, tutti posseduti dai fantasmi, nella Sala Grande. Erano in piedi contro il muro, mentre l’uomo faceva avanti e indietro e riempiendo il tavolo al centro di oggetti, tra cui coltelli e attrezzi, recuperati in giro per l’edificio.

“Ora sono curioso: chi di voi si chiama Barnès?” ma nessuno rispose.

“Ragazzi, i miei fantasmi inibiscono i movimenti del vostro corpo, ma siete totalmente liberi di parlare. Avanti, chi è Barnès?”

Finalmente, qualcuno parlò: era Zack. “Non c’è! E’ evaso da qui ieri notte!”

Il cacciatore scoppiò a ridere: “Stai mentendo, i demoni mentono sempre!”

“Sto mentendo? Allora come sei uscito dall’area zero, se l’esplosione l’ha causata lui per scappare?”

Allora Rick, con il volto livido dalla rabbia, iniziò a gridare: “Stai dicendo che è scappato? Che è fuori da qui?”

“Si!” replicò, per nulla intimorito.

L’altro, allora, si avvicinò al tavolo, prese uno dei coltelli e poi tornò verso di lui e gli sussurrò nell’orecchio: “Allora inizierò con il divertirmi con te! Hai commesso un grosso sbaglio ad uccidere Padre Murray, sai? Non ti aveva fatto nulla, era un uomo buono e innocente!”

“Stava per fare del male alle persone che amo, fra cui Jade. E’ anche tua amica, no?”

“Credi di impietosirmi, così, per caso? – parve aspettare qualche attimo una risposta, poi lo pugnalò alla pancia – Perché hai fallito miseramente!”

Intanto, per tutto il tempo, Terence e gli altri non avevano potuto fare altro che osservare la scena, impotenti.

 

Dana stava raggiungendo la Sala Grande, quando incrociò Xao e Zeta e perciò si fermò per chiedere loro informazioni.

“Sono andati verso la Sala Grande, vero? I demoni, dico.”

“Sì, li abbiamo visti dalle nostre stanze e siamo venuti subito a cercarti” rispose l’uomo.

“Zack e Terence erano con loro e sembrava che non potessero opporsi. – aggiunse la donna – Cosa sta succedendo?”

“Rick è rientrato e sembra essere stato infettato, oltre che in preda al raptus. E’ pericoloso e devo fermarlo!”

In quel momento Xao fu colto da una strana sensazione: “Sta succedendo qualcosa… riesco a sentirlo, visto che sono rimasto il suo angelo-guida dopo la morte di Samuel...”

Dana lo guardò preoccupata: “Allora andiamo, prima che faccia una strage!” e i tre corsero via come fulmini.

 

 

Nei pressi della scuola elementare

 

 

Jade era tornata dove aveva lasciato i ragazzi, ma non riusciva a trovarli. Fu in quel momento che notò i volantini sparsi sull’erba e una pozzanghera di fango che sembrava muoversi poco lontano. Quando si avvicinò per osservare meglio, però, il fango cominciò a sollevarsi come una montagna, fino ad assumere una forma umana, più precisamente quella di un ragazzo, così iniziò a indietreggiare, spaventata.

“Ma... ma come...? Dove sono i miei amici?”

Quello, però, si limitò a guardarla in modo malvagio e, dopo qualche secondo, finalmente lei capì.

“Sono dentro di te, vero? Li hai assorbiti!”

Allora, concentrandosi, poco prima che la attaccasse, alzò un braccio e gridò: “Esplodi!

E quello esplose in una pioggia di fango e a terra caddero anche Brenda e Noa, completamente sporchi. Subito si avvicinò a loro e li aiutò a rialzarsi.

“State bene?”

“Ho respirato del fango! Come dovrei stare secondo te, prescelta?” replicò Noa, sarcastico e isterico.

Percependo il suo disagio, l’amica si affrettò a intervenire: “Prende confidenza facilmente con le persone, quindi immagina come sgrida me!”

“E’ tutta colpa tua! – replicò lui - Continui ad attaccare volantini ovunque! Non credi che siano abbastanza? Se continuerai così, presto rinomineranno Morney Hill come La città dei volantini di carta! 

Jade, però, stranamente la difese: “Ehi, non accanirti così contro di lei! E, per la cronaca, prendo confidenza facilmente anche io, caro figlio del Viaggiatore....”

“Che onore, sai chi sono.... Pensavo che ancora non l’avessi capito, sai?”

“Non ho più il parassita mangia ricordi, o l’hai dimenticato?”

Brenda, allora, sbuffando, si intromise fra i due: “Scusate, invece di stare qui a fare amicizia attraverso le frecciatine, perché non torniamo a casa? Ho bisogno di almeno quattordici docce per togliermi questo schifo di dosso!  – aggiunse, disgustata, per poi ricordarsi improvvisamente di qualcosa e infuriarsi –  Piuttosto, dove sono Terence e Zack? Non dovevano occuparsi loro dei disordinati?”

“Già! – confermò Noa, d’accordo con lei - Spero non abbiano bisogno di un Bat-segnale per correre qui!”

In quel momento, però, Jade si ricordò della sua scoperta e decise di comunicargli immediatamente le novità: “Niente casa e niente docce, ragazzi, ho trovato la bambina ed è dentro questa scuola!”

I due la guardarono, sorpresi e felici.

“Davvero?!? Ma è fantastico, uno su tre!”

“Sì, ma dobbiamo rapirla. Cioè... portarla amichevolmente con noi a casa nostra. Dite che il trucchetto delle caramelle date da uno sconosciuto funziona ancora...?”

L’amica scosse la testa: “No, le madri ti mettono in guardia fin da piccoli. Pensa che la mia disse a Lizzie che quelle caramelle sono veleno e lei urlò per quasi quattro ore quando un uomo cercò di offrirgliele. Alla fine, poi, però, si rivelò essere un nostro zio, ma noi eravamo state adottate da poco e non lo conoscevamo.”

L’altra sospirò, esasperata: “Beh, allora dovremo inventarci qualcosa, perché stanno per uscire!”

E in quel momento sentirono la campanella suonare poco lontano.

“TU dovrai inventarti qualcosa! – le disse Noa, deciso - Ma ci hai visti? Quella bambina inizierà ad urlare, non appena ci vedrà, altro che caramelle! – poi prese Brenda per un braccio – Ti aspettiamo in macchina!” e i due corsero via.

“Grazie tante, eh!” replicò lei, seccata, anche se non potevano più sentirla.

Fu allora che, abbassando lo sguardo, vide che a terra i pezzi di fango si stavano ricomponendo, anche se lentamente e questo la indispettì ancora di più.

“Odio i disordinati! E odio anche rapire i bambini! – esclamò, per poi farsi subito coraggio – Forza, Jade!” e si incamminò verso l’ingresso della scuola, ad aspettare la bambina.

 

 

Nella foresta

 

 

 

Tamara e Klen erano dirette all’accampamento con in mano alcuni libri di stregoneria, recuperati nella confraternita abbandonata e, durante il tragitto, ne approfittarono per parlare. Klen rimase molto sorpresa quello che le raccontò la sua leader.

“Quindi sei evasa solo per trovarmi e proteggermi?”

“Non avrei mai permesso che ti accadesse qualcosa e stavo letteralmente impazzendo al pensiero che tu fossi qui fuori da sola. Tengo ad ognuna di voi, Klen. Sacrificherei me stessa pur di salvarvi.”

La più giovane sorrise, riconoscente: “Grazie, Tamara. Grazie per essere evasa, nonostante sapessi che ero manovrata da John.”

“Sai, quello mi ha incentivata ancora di più a venirti a cercare. Come avrei potuto dormire serena sapendo che eri nelle mani di quel mostro? IO, la leader!”

“Quindi quale sarà la prossima mossa, ora che mi hai salvata? Vuoi davvero collaborare con Barnès?”

“Anche lui tiene ai suoi demoni. Abbiamo molti obbiettivi in comune e primo fra tutti quello di uscire da questa maledetta cupola che ci tiene intrappolati. Quando avremo trovato il modo, poi, ci servirà anche il loro aiuto per tornare a prendere gli altri.”

“Perciò ora abbiamo un’alleanza?”

E l’altra, in risposta, annuì.

 

Pochi minuti dopo, arrivarono all’accampamento e Barnès le accolse con un sorriso.

“Bene, ce l’hai fatta, Tamara!”

L’altra leader gli sorrise, porgendogli i libri: “Sì, ce l’ho fatta! E ho anche portato qualcosa per aiutarci!”

“Ottimo! – replicò lui, soddisfatto – Iniziamo subito a lavorare sulla nostra libertà, allora!”

 

 

Alkaban

 

 

Dana, seguita da Xao e Zeta, fece irruzione nella Sala Grande, trovandosi davanti ad uno scenario sconcertante: una chiazza di sangue ai piedi del povero Zack, ferito. Ovviamente, intervenne immediatamente appena si rese conto della situazione.

“Fermati, – urlò - SUBITO!”

Lentamente, Rick si voltò verso di lei: “Non voglio farle del male, ma se sarò costretto…”

Prima che potesse finire la frase, però, lei, seria, alzò un braccio e lo buttò a terra: “Beh, pensala come vuoi, ma non ti permetterò di uccidere nessuno!”

Subito, l’uomo si rialzò, furibondo: “Aspetto da tanto tempo questo giorno, quello in cui mi sarei vendicato. Purtroppo, l’uomo che cerco non è qui, ma almeno avrò una parte della mia vendetta con alcuni dei demoni che invece sono qui e non permetterò certo ad una vecchia strega di impedirmi di averla!”

Stranamente, Dana gli lanciò un’occhiata dispiaciuta: “Cosa ti ha fatto quel mostro? Cosa ti ha fatto diventare?”

“Ero così ancora prima di conoscerlo! – replicò lui -  Solo che ora l’'ho accettato e la vendetta è più forte della mia umanità!” e le mandò contro alcuni dei suoi fantasmi, ma quella subito si difese.

Trapassa! ” esclamò, rimandandoli al mittente. Sfortunatamente, però, non era quello il suo obiettivo.

“Volevo scacciare i tuoi fantasmi, ma li ho solo respinti. Suppongo che la tua pelle sia costituita da quella dei morti, perciò è impossibile farli trapassare!” commentò, scatenando nell’altro una risata.

“Già! Questo è il piccolo vantaggio che offrono i disordini di John!”

In risposta ricevette soltanto un’occhiata.

“Mi dispiace dover arrivare a tanto, ma... sono costretta... La tua pelle dovrà bruciare, ragazzo!”

“Non sarà necessario. – replicò lui con un sorriso - Tu hai potuto respingere i fantasmi, ma i tuoi amici alle tue spalle, no!”

Allora, Dana si voltò e con orrore si accorse che anche Xao e Zeta erano posseduti. Tuttavia, non fece in tempo a reagire, perchè fu pugnalata da uno di loro e cadde al suolo sotto gli occhi atterriti di Terence.

 

Con l’anziana strega fuori dai giochi, Rick poté tornare finalmente da Zack.

“Bene, dove eravamo rimasti?” iniziò, ma subito Terence si intromise per cercare di farlo ragionare.

“Ti prego, fermati! Non vedi che stai perdendo di vista te stesso? Volevi vendicarti solo dei demoni, ma hai appena fatto pugnalare una strega che non c’entrava nulla. Sei sicuro di essere tu questa persona? Tu non sei malvagio, sei solo condizionato! Puoi combattere quello che hai dentro!”

Per un attimo, ascoltando quelle parole, Rick tentennò, ma poi si riprese: “Non mi interessa più chi sono. Non ho più nulla da perdere e nulla per cui vivere. – rispose, prima che i suoi occhi diventassero quelli di un folle  – Io devo uccidere chi mi ha portato fino a questo punto, capisci? Io DEVO!” concluse, per poi pugnalare ancora Zack che, straziato dal dolore e sotto gli occhi increduli di tutti, continuava a urlare.

 

 

Nei pressi della scuola elementare

 

 

Nel frattempo, Jade era davanti all’uscita della scuola circondata da uno sciame di bambini. Tra la folla, riconobbe nuovamente la bambina e subito le si avvicinò con cautela e gentilezza.

“Scusami, piccola!” la chiamò, facendola voltare.

“Sì?”

“Sono venuta a prenderti. Mi ha detto tua madre di venire. Lei... – improvvisò - lei mi ha assunta come babysitter e mi ha mandato qui a prenderti… Mona!” fortunatamente riuscì a leggere il suo nome dalla collana che portava al collo.

L’altra, però, era diffidente e continuava a scrutare la folla in cerca della madre: “Non è vero, viene sempre mia madre a prendermi!”

In difficoltà, la strega decise di provare tirando fuori il dipinto: “Ehi, aspetta, guarda! – glielo mostrò – Io disegno molto nel tempo libero e, quando sono stata a casa tua a parlare con tua madre, ho fatto questo dipinto su di te, ispirandomi alle foto che c’erano in giro. Se non fosse vero, come avrei potuto ritrarti senza conoscere il tuo volto?”

Mona prese in mano il foglio e, dopo averlo guardato attentamente per qualche secondo, esclamò, affascinata: “Woow! Ma è identico a me!”

Jade le sorrise: “Ora mi credi?” le chiese e lei annui.

“D’accordo, andiamo. Lo farò vedere a mio padre, sei davvero brava!”

La ragazza, allora, la prese per mano e insieme iniziarono ad allontanarsi.

“Certamente! A proposito, io mi chiamo Jade...”

“Piacere di conoscerti, Jade!”

 

Velocemente, la condusse verso la macchina, dove c’erano Noa e Brenda ad aspettarla.

“Chi sono?” le chiese la bambina quando li vide e subito la ragazza la tranquillizzò.

“Sono miei amici. Ci daranno un passaggio. – le sorrise – Se ti stai chiedendo perché sono conciati così, è perché sono caduti nel fango.”

“Siete buffi!” commentò Mona, accomodandosi di fianco a Brenda sul sedile posteriore.

“Già!” commentò seccata quella e, un attimo dopo, Noa mise in moto.

 

Alcuni minuti dopo, i tre arrivarono a casa di Jade e, una volta accomodatasi in salotto su una poltrona, Mona si guardò intorno, perplessa.

“Perché non mi avete riportata a casa mia?” chiese.

Brenda e Noa fissarono entrambi Jade, in cerca di una risposta.

“Già, Jade: perché non l’abbiamo portata a casa sua?”

“Ehm… – improvvisò quella -  tua madre mi ha chiamato poco fa, ha molto lavoro da fare e anche tuo padre suppongo, perciò... resterai un po’ qui a casa mia, d’accordo?”

Mona, improvvisamente triste, abbassò lo sguardo: “Già, lavorano sempre e perciò mi lasciano dai nonni!”

Jade, nervosa, ridacchiò: “Ecco perché hanno assunto me!”

Incredulo, Noa, senza farsi sentire, le sussurrò: “Complimenti, hai appena vinto il premio di chiaroveggente dell’anno!”

Brenda, stanca della sporcizia che aveva addosso, ne approfittò per dileguarsi: “Beh, io vado a farmi una doccia, allora, prima che questo fango rimanga attaccato alla mia pelle per sempre!” e salì al piano di sopra, lasciandoli soli.

 

Jade e Noa si spostarono verso la porta, tendendo però sempre d’occhio la bambina.

“Come diavolo hai fatto a inventarti quella storia assurda? – le bisbigliò lui - Insomma, poteva avere i genitori divorziati o un genitore morto, oppure sua madre poteva essere una casalinga e non lavorare!”

Lei, però, era incredula quanto lui: “Credimi, ho sudato ad ogni minima cosa che è uscita dalla mia bocca. Non pensavo che avrei azzeccato questi piccoli dettagli. In pratica, è solo la classica bambina trascurata dai genitori, perché lavorano troppo. A quanto pare esistono ancora!”

“Ora cosa faremo, però?”

In quel momento, si guardarono entrambi.

“C’è uno dei contenitori nel tuo salotto!” esclamò lui per entrambi e Jade rimase incantata a guardare la bambina.

“Sembra una bambina così normale, eppure serve ad uno scopo ben preciso…”

“Bisogna solo capire quale. E come spiegarle che non potrà tornare a casa tanto presto!”

“Già, non ricordarmelo…” commentò lei, sospirando pensierosa.

 

Brenda, intanto, era sotto la doccia. L’acqua le scorreva addosso e, finalmente, era completamente rilassata. Quando finì, si girò per uscire e si avvolse nell’asciugamano, ma, quando si voltò verso il muro, fece una scoperta così raccapricciante, che iniziò a gridare. Subito i suoi amici salirono a controllare e a Jade, che fu la prima ad entrare, indicò terrorizzata la parete di fronte a lei.

“Brenda, cosa sta succedendo? Stai bene?” chiese, prima di voltarsi.

C’era una scritta con il sangue: Sono ancora qui!

 

Nel frattempo, però, Noa era fuori dal bagno con la bambina, ma Jade gli negò l’entrata: “Tieni fuori Mona, portala di sotto!” e quello eseguì, mentre la bambina gli chiedeva cosa stesse succedendo.

Brenda, una volta scesi i due, riuscì di nuovo a parlare.

“Chi diavolo può averlo fatto? Ho i peli delle braccia dritti come aghi!”

“Magari è un disordinato!” commentò l’amica, cercando di nascondere la preoccupazione.

“Non mi sembra il loro modus operandi, sai?”

“C’è solo una persona che potrebbe trarre vantaggio nel farci sapere che è ancora qui, allora. Qualcuno che magari è stato rinchiuso....”

“John! – esclamò Brenda, allibita – No, non può essere! E’ impossibile! Non c’è magia nell’area zero, come avrebbe fatto?”

“Non lo so, per questo andrò subito ad Alkaban per scoprirlo!” esclamò Jade, sicura.

 

Intanto, fuori dall’abitazione, nascosto dall’altro lato della strada, John osservava la casa, per poi concentrarsi su due anelli che aveva deciso di recuperare e che in quel momento aveva al dito: gli anelli della congiunzione dimensionale.

“Sapevo che prima o poi mi sareste tornati utili… – mormorò, contemplandoli – Per questo vi ho tenuti da parte….” e se ne andò, pronto per compiere qualcosa di veramente importante.

 

 

Alkaban

 

 

Per andare in fondo alla questione, Jade fu costretta a dirigersi nuovamente ad Alkaban. Da sola. Quando fu nei pressi del cancello, però, non poté non notare le streghe sedute a terra dall’altra parte. Altrettanto rapidamente, Harmony la riconobbe e, ovviamente, subito le si avvicinò.

“Jade!” la chiamò, ma l’altra non perse tempo a salutarla.

“Cosa sta succedendo? Cosa ci fate fuori?”

“John e Rick sono riusciti a fuggire dall’area zero e quel cacciatore ora è ritornato. Sembra essere stato infettato e ha usato dei fantasmi per possedere tutti e prendere il controllo dell’edificio. Ha portato anche i demoni da qualche parte, forse per ucciderli!”

“Lui VUOLE ucciderli! – replicò la strega, angosciata - Accidenti! E mia nonna? Dov’è?”

“Ha cercato di farci uscire, ma il campo di forze sul cancello è ancora attivo, così è tornata dentro.”

Jade, allora, indietreggiò leggermente: “Okay, fatevi indietro, allora! – poi sollevò le braccia contro il cancello – Ho già abbattuto il campo di forze una volta, ce la posso fare di nuovo…”

Le onde d’urto che scatenò furono così potenti, che crearono anche delle scintille. Tuttavia, ci vollero diversi minuti perchè riuscisse finalmente a farlo cedere, mentre per tutto il tempo le altre streghe la incitavano.

Non appena lo fece cadere, però, si piegò in due, esausta, mentre Harmony la raggiungeva, preoccupata: “Stai bene? – le chiese - Lascia che ti aiuti!”

Allora, Jade, sostenuta dalla strega, entrò dentro: “L’hanno reso più forte, o sbaglio? – commentò, affannata – Mi sento morire…”

“Qualcuna mi aiuti!” urlò Harmony alle altre, vedendola in difficoltà, ma Jade si staccò da lei barcollando.

“Sto... sto bene!”

“Sicura? – replicò l’altra, preoccupata - Ce la fai?”

“Sì, ho detto di sì. – confermò, subito interrotta da due colpi di tosse – Voi restate qui, io vado dentro! Mi raccomando, non far uscire nessuna da qui a meno che non siate in pericolo, okay?” e Harmony annuì.

 

Jade, allora, corse dentro Alkaban, cercando di raggiungere tutti gli altri il più in fretta possibile. Nonostante si sentisse sfinita, non si fermò, finchè, improvvisamente, non sentì delle voci: era vicina. Poco dopo, giunse finalmente nella Sala Grande e le prime cose che videro furono sua nonna, stesa a terra in un lago di sangue, Zack ferito gravemente e Rick che teneva un coltello alla gola di un demone, irriconoscibile e totalmente fuori controllo. Gli occhi le si riempirono in fretta di lacrime, sconvolta dalla scena che aveva di fronte. Subito, corse verso sua nonna, buttandosi a terra accanto a lei.

“Nonna? – la chiamò - Nonna, NO!” e la scosse, accorgendosi che respirava a fatica.

Ovviamente Rick, notando la sua presenza, distolse l’attenzione dalla sua vittima e Jade, sofferente, alzò finalmente lo sguardo su di lui.

“Perché? Rick, perché mi stai facendo questo? Loro sono le persone che amo, le uniche che mi sono rimaste!”

Quello, però, la scrutò, cinico: “Uno ha ucciso un uomo innocente e l’altra ha cercato di fermarmi dal compiere la mia vendetta, cioè uccidere tutti questi demoni!”

“Uno è il mio migliore amico, l’altra è mia nonna! – ribatté lei - Invece tu… tu... non so più chi sei! Sei completamente diverso dalla persona che ho conosciuto e mi si spezza il cuore nel vedere come la vendetta ti abbia ridotto... Io, invece, l’ho abbandonata, perchè ho capito che è inutile: non riporterà in vita Samuel e nemmeno Sophia! E sono state le persone che sono ancora qui a farmelo capire, a farmi comprendere che ci ameranno a tal punto da alleviare quel dolore che abbiamo dentro ogni giorno, impetuoso ed incessante…”

Ma il cacciatore non parve per nulla scalfito da quelle parole, per quanto sentite: “Io non ho più nessuno che mi ami a tal punto da farmi rinunciare…”

“Non è vero! Ci sono io, Rick. Abbandona questa persona orribile che non ti appartiene e torna come eri prima. Io... io...  ti prego! Non posso perdere ancora qualcuno… Torna come eri…” lo supplicò lei, in un ultimo tentativo.

 

Flashback

 

Erano i primi giorni che Jade passava con Rick e lui l’aveva portata a fare un giro in macchina per insegnarle a guidare. Lei, seduta sul sedile del guidatore con l’amico accanto continuava a ridere, lasciandolo sempre più perplesso.

“Che c’è? Perché ridi?”

“Perché è assurdo! Uno che ho appena conosciuto mi vuole insegnare a guidare la macchina del mio ragazzo morto!”

Rick, allora, capì e le sorrise: “Oh, beh, almeno ti ho fatto ridere!”

Subito la ragazza tornò seria, anche se sulle labbra rimase l’accenno di un sorriso: “Sai... mi manca la normalità, avere qualcuno che ti fa ridere, fare cose ordinarie. E’ qualcosa che ho perso molto tempo fa, ma tu in pochi giorni sei riuscito a restituirmele...”

“Sono contento di aver fatto qualcosa di buono per qualcun’altro. Non accadeva da tempo, sai? Da quando mi sono chiuso in me stesso in quella grande casa triste e vuota. Sapere che ti ho fatta sentire bene, fa stare meglio anche me. E’ una bella sensazione!”

“Sei un uomo buono, Rick. Non cambiare mai, perché le persone tristi avranno sempre bisogno di qualcuno come te che le faccia sentire bene. E sai perché lo sei? Perché, nonostante anche tu sia triste, riesci comunque a far sorridere una come me, una persona a pezzi che , fino a qualche giorno fa, voleva solo morire. Perciò ti prego, non cambiare mai…”  concluse con un sorriso.

“Non lo farò, te lo prometto. E, se accadrà, vorrà dire che per me non c’è più niente per cui valga la pena vivere. Se dovesse arrivare quel momento, però, penso che preferirei morire, piuttosto che essere diverso da ciò sono…”

 

Finalmente, Rick rispose alle suppliche di Jade, cinico più che mai: “Io non ho mai avuto nessuno, in verità. Ho perso la persona che ero molto tempo fa e quella che hai conosciuto era soltanto una maschera! I disordini però, l’hanno fatta cadere ed ecco chi sono in realtà: un egoista assetato di vendetta, che si è abbandonato a questi sentimenti alla prima occasione utile. Solo questo.” e tornò dai suoi demoni.

Prima, però, ordinò ai due angeli: “Tenetela ferma, non la voglio tra i piedi!” e, ovviamente, quelli obbedirono subito.

Jade, intanto, sembrava essersi arresa dopo aver capito che razza di mostro era diventato il suo amico. Intanto, sua nonna, ancora stesa sul pavimento, le mormorò qualcosa con voce così flebile, che quasi non la udì.

“Il fuoco… la sua pelle… deve bruciare…”

Ascoltando quei piccoli gemiti, la ragazza smise di piangere e guardò Rick, seria, un’ultima volta: “Extermino! ” esclamò.

L’uomo, improvvisamente, prese fuoco davanti a tutti, gridando e inginocchiandosi davanti a lei per il dolore. Grosse lacrime solcavano il viso di lei, mentre il suo sguardo rimaneva fisso negli occhi di lui. Poi, man mano che la pelle bruciava, i fantasmi abbandonarono i corpi che avevano posseduto. Quando vide che stava per cadere, Jade disse addio al suo amico.

“Mi dispiace…” sussurrò, addolorata, pochi secondi prima che Rick cadesse al suolo carbonizzato, ormai libero da quella vendetta che l’aveva consumato per tantissimo tempo. La ragazza, invece, poté soltanto rimanere ferma in piedi a guardare l’ennesima vita che si spezzava davanti ai suoi occhi. Un’altra vita che per lei contava qualcosa. Di nuovo…

 

 

CONTINUA NELL’UNDICESIMO EPISODIO


Testo a cura di Lady Viviana

ANGOLO AUTORE: Siamo arrivati al penultimo episodio, prima della pausa di tre settimane. Domani, non mancate all'appuntamento con la 3x11 "L'alba di un nuovo mondo", il finale di metà stagione, dove non mancheranno i colpi di scena. Vi ricordo di lasciare un commento ai fini della continuazione della storia e di visionare la scheda personaggi presente nella 1x00 della prima stagione per vedere il volto dei vostri personaggi preferiti. Buona giornata stregata!



 

 

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Capitolo 11
*** 3x11-L'alba di un nuovo mondo ***


CAPITOLO UNDICI

"Do You Believe in Magic?"

 

 

 

Alkaban

 

 

Jade non riusciva a smettere di fissare il corpo carbonizzato e senza vita di Rick. Non poteva credere di averlo ucciso e il senso di colpa la stava schiacciando. Zeta, allora, le si avvicinò lentamente per consolarla, mettendole una mano sulla spalla.

“Stai bene, Jade?”

L’altra all’inizio non rispose, spostando lo sguardo prima su Zack e poi su sua nonna, entrambi in gravi condizioni, poi, fra le lacrime, sussurrò: “Ditemi che potete fare qualcosa, vi prego. Non posso perdere anche loro....”

“Sono rimasto l’angelo-guida di Zack, dopo che Samuel è morto, – spiegò Xao - quindi posso curare le sue ferite” e si affrettò a raggiungerlo.

“E mia nonna?” chiese allora la strega alla donna e l’altra tentennò per qualche secondo, prima di parlare.

“Fa parte della tua discendenza, quindi in teoria dovrei poterla curare. Non mi è mai capitata una situazione simile, ma... – e mise le sue mani sopra il corpo di Dana – ci provo!”

Dopo pochi istanti, i suoi occhi divennero rossi. “Okay, sta funzionando, ma ci vorrà un pò di tempo!” Rincuorata, Jade si alzò, asciugandosi le lacrime: “D’accordo, quindi poi staranno bene?”

“Sì, ma ora scusami, non posso parlare con te, se voglio guarirla completamente.”

L’altra parve disorientata dalla sua risposta, ma poi, lentamente, annuì: “Okay, io però devo andarmene da qui. Non voglio rimanere dentro questo posto un minuto di più!” e si apprestò a lasciare la Sala Grande.

 

Intanto, però, arrivarono Foxi e Marcus, che rimasero molto sorpresi dalla situazione che si trovarono davanti.

“Cosa è successo?” le chiese Marcus, non notando che era di fretta.

“Sentite, chiedete agli altri, ok? Io me ne sto andando, perciò fatemi passare!”

In quel momento, furono raggiunti da Harmony, che apparve piuttosto agitata: “Le streghe sono fuggite! – esclamò e tutti i Consiglieri si voltarono a fissarla, sgranando gli occhi – Ho provato a fermarle, ma non ce l’ho fatta!”

Poi, mentre Marcus e Foxi metabolizzavano la notizia, Jade si fece strada fra loro e se ne andò, lasciando che si occupassero da soli di quel nuovo problema. Non riusciva più a stare in quell’edificio e al solo pensarci, stava male.

 

 

Accampamenti nella Foresta – Zona Est

 

 

Klen era appena uscita dalla tenda dove si trovava Raul, che aveva appena cercato di curare con uno dei suoi rimedi. Subito, si avvicinò agli altri, che intanto discutevano su come uscire dalla cupola.

Appena la vide, Barnès, seccato, la chiamò: “Strega cervellona, vuoi darti una mossa? Ti sono grato per aver aiutato uno dei miei uomini, ma, se sapevo che ci avresti messo così tanto per disinfettare delle ferite, avrei svaligiato una farmacia!”

La strega gli rispose con un’occhiataccia: “Era messo male e comunque smettila di chiamarmi strega cervellona, ho semplicemente una grande conoscenza della stregoneria!”

“Allora usala per farci uscire da questa palla di vetro!”

A quel punto Tamara, più gentile del suo collega, la mise al corrente dei loro discorsi: “Stavamo pensando alla proiezione astrale… cioè, io ci stavo pensando, ma loro sono abbastanza diffidenti....”

“Perché la proiezione, che io sappia, – spiegò Dex - è uno spostamento soprannaturale del proprio corpo astrale. E quindi non passerà mai attraverso la cupola.”

Klen roteò gli occhi, sospirando: “Fino a spostamento del proprio corpo astrale, sono d’accordo con te, la definizione è più o meno quella. Tuttavia, potrebbe funzionare e vi spiego subito perché: il nostro corpo, non quello fisico, ma quello astratto, si materializza prima nel piano astrale e infine nel luogo in cui decidi di volerlo spedire, senza dover attraversare alcuna cupola magica. Ergo, svanirà prima da qui e quindi le leggi della cupola non varranno.”

“D’accordo, ma… le proiezioni? Che fuga sarebbe? Il nostro corpo fisico rimarrebbe sempre qui e comunque non durano molto a lungo, per quello che ne so...” continuò il demone, trovando subito l’appoggio del suo leader.

Tamara sospirò per i loro commenti stupidi e decise di intervenire: “Non siamo delle sprovvedute, sappiamo che le proiezioni svaniscono in fretta e che non sono una via d’uscita! Quello che stavo cercando di dirvi prima, però, è che possiamo fare diverse cose con una proiezione, per esempio provare a concretizzarla e restare più a lungo all’esterno.”

Barnès, però, continuava a essere perplesso: “E a fare cosa? – chiese, sarcastico - Un viaggio spirituale? Voglio uscire da qui con tutto il mio corpo, astratto e fisico, se permetti!”

Klen, allora, si affrettò a spiegare meglio la loro idea: “Se concretizziamo il nostro corpo, avremo modo di restare più a lungo fuori. Questo vuol dire che avremo più tempo per trovare una soluzione. All’esterno ci sono altre streghe e libri molto più approfonditi sulla magia antica che possono aiutarci ad annullare la cupola. Quando si tratta di incantesimi di imprigionamento, infatti, annullare qualcosa dal solo interno non basta. Bisogna agire da entrambe le parti: noi qui e qualcuno che dall’esterno ci aiuti.”

“Tipo un rito?” chiese Dex.

“Si, ma non ne sono sicura. Ripeto, la cupola sanguinea è una magia davvero antica. Io posso solo fare ipotesi e provare a rimuoverla facendo dei tentativi in base alle mie conoscenze sugli imprigionamenti magici.”

Di fronte a quelle nuove informazioni, Barnès finalmente cedette e acconsentì: “Bene, iniziamo subito, allora!” e i quattro si misero immediatamente in moto.

 

 

“The Golden Bridge” – Morney Hill

 

 

Si era ormai fatta sera, perciò Jade, che aveva camminato per ore, decise di entrare in un locale e sedersi al bar. Subito le si avvicinò il barman per prendere l’ordinazione.

“Un gin-tonic!” chiese, triste.

“Può mostrarmi un documento, per favore?”

Lei sbuffò, sapendo di non avere ventun’anni e, quindi, di non poter ordinare alcolici. Improvvisamente, però, alle sue spalle una voce esclamò: “Ce ne porti due! Non credo che ci sarà bisogno del documento con me, però...”

Voltandosi, la ragazza vide che si trattava di suo nonno e subito si alzò, ma John la ammonì con un braccio, invitandola a rimettersi al suo posto: “Seduta, seduta! Non vorrai fare qualcosa di avventato in un locale pieno di gente, vero?”

In risposta, lei si limitò a guardarlo male: “Cosa vuoi? Non mi hai già rovinato abbastanza la vita? Rick non meritava quella fine, ma io l’ho dovuto uccidere, perchè TU l’avevi reso un mostro!”

L’uomo la guardò e sorrise: “Mostri non si diventa, tesoro. Lo siamo già, tutti quanti. Anche tu lo sei, sai? Hai sicuramente fatto cose di cui non vai fiera…”

“Ti sbagli, io non sono come te! Se siamo entrambi dei mostri, tu sei di gran lunga peggio!”

Lui, allora, prese tempo, accomodandosi sullo sgabello di fianco a lei, prima di parlare nuovamente: “Noto dell’ostilità da parte tua, ma non ti biasimo per questo. Del resto, non merito di certo il premio come miglior nonno dell’anno, ma ti assicuro che stavolta non sono qui per rovinarti la vita, cara nipotina. Anzi, sono qui per farti un regalo…”

La ragazza lo guardò, perplessa: “Di cosa stai parlando?”

“Voglio permetterti di rivedere Samuel.”

John fece appena in tempo a finire la frase, che Jade scoppiò a ridere, divertita dalla proposta assurda, poi tornò seria e lo squadrò severamente.

“Okay, non è divertente, perchè Samuel è morto, perciò non osare mai più prenderti gioco di me!”

In quel momento il barman portò le ordinazioni e l’uomo ne approfittò per bere un sorso dal suo bicchiere: “Da come hai reagito, deduco che tua nonna non ti abbia raccontato nulla. Prevedibile, la mia Dana!”

“Che c’entra mia nonna? – gli chiese Jade, sempre più confusa - Cosa non mi avrebbe detto?”

“Che Samuel è vivo e si trova in un mondo opposto al nostro a godersi la sua pensione da prescelto.”

La ragazza provò a rimanere indifferente, ma le tremò comunque la voce quando parlò di nuovo: “Non osare prenderti gioco di me, illudendomi in questo modo!”

“Ma è la verità! Ora ti spiego: il fatto che è voi prescelti ricevete una ricompensa, quando morite. Siete destinati ad una vita di battaglie e qualcuno ha ben pensato dopo di spedirvi in un mondo dove godervi la vita che non avete potuto avere qui. Suppongo Samuel non sapesse di questo piccolo segreto, mentre stava per morire. Non riesco nemmeno ad immaginare la sua sorpresa, quando si è risvegliato in quel bizzarro mondo.”

Comunque, nonostante le spiegazioni, la nipote non gli credette, anzi, si alzò dal suo sgabello, minacciosa, e si mise proprio di fronte a lui: “Questa è solo un’altra invenzione della tua mente malata! Giuro su Dio che, se non esci subito da questo locale e mi lasci in pace, me ne fregherò altamente della gente che c’è qui dentro!”

L’altro, però, rimase immobile, incurante delle sue minacce: “Se non mi credi, perché non chiedi a tua nonna? Non mi sarei di certo disturbato così tanto a venire qui a dirtelo, se non fosse vero, non credi?”

Jade sorrise, cinica: “Ma certo! Ora ho capito tutto: sei venuto qui a raccontarmi che Samuel è vivo per devastarmi ancora di più, non è vero? Saperlo morto è struggente e con il tempo passa, ma saperlo vivo e irraggiungibile da qualche parte è una sofferenza incessante e tu vuoi procurarmi questo, perchè speri io soffra o magari mi suicidi per poterti liberare di me!”

L’uomo, però, scosse la testa: “No, Jade, non è assolutamente vero. Se solo mi avessi lasciato finire...”

Benché ancora diffidente, la ragazza decise di sedersi nuovamente e ascoltarlo: “Bene, sentiamo, allora!”

Quello gli mostrò un anello che aveva al dito, con cui giocò per tutta la conversazione: “Questo è un anello della congiunzione dimensionale. Faceva parte del vecchio piano di Luis per rendere permanenti i disordini in questo mondo. Piani che tu non puoi conoscere, visto che tua nonna ti ha sicuramente fatto il lavaggio del cervello pur di non accennarti di questo mondo in cui si trova Samuel. Ce ne sono due e servono per congiungere questo mondo a quello. Uno ce l’ho io, mentre l’altro… beh, credo che farò prima a mostrartelo!” e, dopo averle preso un braccio, entrambi svanirono, senza che nessuno se ne accorgesse. Anzi, quando il barman tornò da loro, non poté fare altro che guardarsi intorno perplesso.

 

Pochi secondi dopo i due riapparvero in una sorta di sotterraneo poco illuminato e umido. Subito, Jade iniziò a guardarsi intorno, sospettosa.

“Dove mi hai portata?”

“E’ il vecchio sotterraneo di una tenuta qui vicino. Abbandonata, ovviamente!”

Allora lei, notando poco lontano una teca di vetro con dentro qualcosa, si avvicinò per osservare meglio il contenuto: “Cos’è questo?”

All’interno, infatti, si trovava uno scheletro.

“E’ Samuel! – rispose John, tranquillo - Ho passato metà pomeriggio, oggi, per riesumarlo e portarlo qui. – poi le si avvicinò alle spalle – Come avrai notato, il secondo anello è al suo dito.”

Jade annuì, guardando nostalgica ciò che c’era al di là del vetro: “Davvero puoi farmi andare da lui?”

“L’anello che ho messo al dito del suo scheletro è collegato al suo spirito, che si trova in quel mondo. Se l’altro lo indosserai tu, si formerà un collegamento abbastanza solido fra questo mondo e il suo, perciò basterà pronunciare l’incantesimo inciso sulla sua superficie per aprire un varco che ti conduca in quel mondo.”

La nipote, allora, lasciò andare la mano che toccava la teca e si voltò lentamente verso di lui: “Cosa ci guadagni tu? Non fai mai qualcosa senza ricevere altro in cambio.”

L’altro giocò con il suo per qualche secondo, come se stesse riflettendo, prima di rispondere: “Hai ragione, ho una richiesta in cambio: devi portare con te la bambina.”

Jade si finse perplessa: “Di quale bambina stai parlando?”

Ovviamente, però, non funzionò: “Oh, andiamo, sai perfettamente chi è! Quella che avete preso a scuola e portato a casa tua. Il contenitore, insomma.”

“Cosa ne sai tu?” replicò lei, nascondendo la curiosità.

“Erano citati in quella lettera di istruzioni che ho perso grazie alla tua amica Brenda, poi, però, sempre grazie a lei, ho notato tutti quei volantini in giro con la sua foto e ho semplicemente fatto due più due.”

“Accidenti, non ti smentisci mai, eh? E io che per un secondo pensavo volessi farmi un favore!”

“Tu mi odi più di ogni altra cosa, non ti aspetti nulla da parte mia e devo ammettere che questo mi dispiace. Mi dispiace che il nostro rapporto sia così, sai… ? – per un attimo sembrò triste, ma subito tornò serio – Tuttavia, l’artefice della cupola è contro di me, perciò quella bambina è una minaccia ai miei piani. Con questo accordo, tu riabbraccerai il tuo Samuel e io salverò i miei disordini.”

“E cosa ti fa credere che accetterò? Voglio cancellare i tuoi disordini dalla faccia di questa terra più di chiunque altro!” chiese lei, sempre cinica, ma questo non scalfì la sicurezza di suo nonno riguardo la riuscita del suo piano.

“Oh, ma tu accetterai eccome! Ti conosco abbastanza bene, tutto sommato, e so che sei talmente disperata che lo farai. Anzi, non vedi l’ora e in questo momento riesci soltanto ad immaginare di essere con lui!”

Jade, nervosa, distolse lo sguardo: “Beh, non cantare vittoria. Devo ancora verificare la tua storia, perciò ora rimandami subito dov’ero prima!”

“Fai pure con comodo, mi troverai al parco fra… – consultò un attimo l’orologio - diciamo un’oretta. Mi sembra un tempo sufficiente. Io porterò l’anello e tu non dimenticare la bambina!”

Poi la toccò e svanirono insieme. Poco dopo, Jade si ritrovò all’ingresso del locale.

 

 

Sala del Consiglio – Alkaban

 

 

Alcuni membri del Nuovo Consiglio - Foxi, Marcus, Dana, Terence e Zack - si riunirono per la seconda volta, dopo la terribile vicenda di Rick. Quello più fuori di sé era Foxi: “Abbiamo completamente perso le redini di questo posto, dopo la morte di Alaris. Troppi errori e decisamente troppe intrusioni. Le streghe sono tutte fuggite e sicuramente i demoni non vorranno più stare qui, quando lo scopriranno, perciò noi ci ritroveremo a gestire l’ennesimo tumulto!”

Allora Dana, ormai completamente guarita, decise di prendere la parola: “Non dovranno necessariamente saperlo. Potremmo dire che, per questioni di sicurezza, abbiamo spedito le streghe in un altro settore dell’edificio, preferendo dividerli in quanto insieme erano un bersaglio troppo facile e la presenza di Harmony reggerà la nostra bugia.”

Tutti annuirono, ma Marcus sollevò un altro problema.

“Bene, abbiamo risolto i problemi dentro Alkaban, ma fuori? Le streghe sono senza una protezione e John circola libero in città. Inoltre, mancano all’appello altri tre demoni, oltre a Tamara e Klen. Come facciamo?”

Ancora una volta fu l’anziana strega a proporre una soluzione: “In realtà il problema è solo uno: John. Tolto di mezzo lui, poco importa se i demoni e le streghe sono fuori o dentro questo edificio. Noi, infatti, li teniamo solo per proteggerli da lui, finchè non ne sapremo di più sui piani di coloro che hanno creato la cupola.”

“A proposito, – continuò l’uomo – prima che arrivasse Rick, Dana mi aveva accennato al fatto di poter imprigionare John per sempre…”

“Cioè?” le chiese Foxi, che non era al corrente della discussione.

“Rinchiuderlo nella mia mente! – rispose lei, sicura, facendo calare il silenzio sul gruppo - L’area zero sembrava un posto senza via d’uscita, avremmo dovuto aspettarci una conclusione simile, visto che ogni luogo ne ha una. Apparte la mente, da lì nessuno può evadere. E’ una prigione infinita, dove le vie d’uscita non esistono, se tu non permetti loro di farlo.”

Terence e Zack erano sicuramente i più spiazzati e fu l’uomo a parlare per primo, esprimendo i dubbi di entrambi.

“Dana, non vorrà farlo veramente.... Potrebbe impazzire! John sarà sempre con lei, ovunque andrà.”

“Già, le procurerà solo una tortura mentale!” aggiunse il ragazzo, altrettanto preoccupato.

Ma la donna sembrava sicura della sua scelta: “Ne sono consapevole, ma è necessario. Comunque lo terrò bloccato nella mia mente solo finché non avremo portato a termine tutte le istruzioni sul come neutralizzare i disordini.”

“Ha già una formula per realizzare questa prigionia temporanea?” le chiese allora Foxi.

“Sì, era da un po’ che stavo prendendo in considerazione questa opzione. Ormai, però, la situazione è diventata insostenibile, perciò non abbiamo altra scelta.”

Zack, però, non era ancora sicuro della buona riuscita del suo piano e lo disse anche agli altri: “Okay, lei ha deciso, ma come attireremo John nella trappola? Dubito che dopo l’area zero ci verrà incontro!”

Capendo tutti che aveva ragione, sul gruppo calò il silenzio, mentre ognuno rifletteva su una possibile soluzione.

Alla fine, Marcus dovette interromperli, perchè aveva una novità da comunicare loro: “C’è qualcuno al cancello... E’ Jade!”

“Fatela entrare, spero abbia buone notizie sui contenitori...” ordinò subito Dana.

 

Intanto, Harmony era tornata nel corridoio in cui aveva lottato con Foxi per salvare Sasha. Era parecchio agitata e perciò aveva anche chiesto l’aiuto del suo amico Jackson.

“Devo averlo perso qui, quando Foxi mi ha buttata a terra...” gli stava dicendo, ma l’altro appariva alquanto perplesso.

“Il braccialetto, intendi? Quello che ti ha costruito Sasha per tenere sotto controllo quella cosa brutta di cui non mi hai voluto parlare?”

“Sì, mi sembra di avertelo detto poco fa!” rispose lei, isterica, mentre ispezionava ogni centimetro del pavimento.

“No, a dire il vero mi hai detto solo l’ho perso, aiutami a cercarlo! E io ti ho seguito come un imbecille senza sapere di cosa stessi parlando!”

“Ah, okay. Beh, aiutami a trovarlo, allora! E guarda bene ovunque!”

Il ragazzo, allora, si mise a cercare, lo sguardo ben fisso a terra.

“Visto che siamo in argomento… – esordì dopo pochi secondi - ora mi puoi dire qual è il tuo problema? Insomma, cosa succederà se non troviamo quel braccialetto?”

Lei, però, si limitò ad alzare la testa e lanciargli uno sguardo serio: “Dovrò andarmene parecchio lontano da voi.”

Il ragazzo, allora, si infuriò: “Si può sapere di cosa si tratta? – urlò - Perché non vuoi dirmelo?”

“Perché è spaventoso, credimi. Se ne parlo, potrei agitarmi e non voglio che accada. Quello che devi sapere è che non è una cosa piacevole e che non la controllo, perciò ora aiutami a trovare quel dannato bracciale!”

Allora Jackson, seriamente spaventato da quelle parole, si limitò ad annuire: “D’accordo, cerchiamolo…” e i due si misero a scrutare scrupolosamente tutto intorno.

 

Jade, nel frattempo, era entrata ad Alkaban e con lei anche Noa, Brenda e la bambina. Durante il tragitto, aveva messo i due al corrente di ciò che aveva scoperto, lasciandoli senza parole.

“Quindi, – esordì l’amica, accanto a lei - mi stai dicendo che Samuel è davvero vivo e si trova in questo fantomatico mondo?”

“A quanto pare, sì!” rispose lei, camminando velocemente verso la Sala del Consiglio.

“Oh mio Dio… è... è assurdo, completamente assurdo! Ma.. ma... tu come diavolo stai?”

“Felice, confusa, arrabbiata, nervosa… Insomma, tante cose!”

“E tua nonna lo sa, invece?”

“A quanto pare sì, John ha detto che è un segreto che solo i prescelti conoscono, o almeno credo. Lei, però, non ha voluto dirmelo e puoi ben immaginare il perché!”

“Beh, suppongo ti abbia immaginata con un cappio al collo, mentre rotei gli occhi, seccata, perché non stai soffocando abbastanza velocemente!” replicò l’altra, sarcastica, ma in risposta ricevette soltanto un’occhiataccia indignata.

 

Intanto, Mona, accanto a loro, si guardava intorno confusa, piena di domande.

“Ma... ma... dove siamo?”

A risponderle fu Noa, che si stava occupando di lei come una sorta di babysitter: “Ehm… hai presente il castello di Biancaneve e il principe azzurro?”

La bambina lo fissò, seria e interessata: “Sì, allora?”

Il ragazzo, però, si accorse subito di quanto era sciocco ciò che aveva appena detto e se ne pentì: “Okay, non c’entra niente. Siamo... siamo... in una specie di Hogwarts! Solo che qui ci sono delle streghe al posto dei maghi!”

Mona spalancò la bocca, sorpresa: “Davvero?”

Brenda, che aveva sentito tutto il discorso, si girò e lo guardò male, senza farsi scorgere da lei: “Noa!” esclamò.

“Che c’è? Come diavolo dovevo fare?” rispose lui, guardandola perplesso.

Jade, allora, decise di intromettersi per calmare l’amica: “Lascialo stare, tanto dopo incontreremo John e sarà molto più bizzarro di una Hogwarts piena di streghe… Ah, già, scusa, dimenticavo: le streghe non ci sono più, sono fuggite!”

“COSA?!?” gridò l’altra, sconvolta, ma era troppo tardi per le spiegazioni perchè erano arrivati davanti alla Sala del Consiglio e Foxi stava aprendo loro la porta.

Prima di entrare, però, la strega si girò verso Noa: “Resta qui con la bambina, ci aggiorniamo dopo, ok?” e le due entrarono, senza aspettare una risposta.

 

“Fantastico, faccio il babysitter ad un contenitore, mentre dentro a quella sala c’è la vera azione! Si sono forse dimenticati che ho contribuito a salvare il mondo la scorsa volta?” mormorò lui alla porta chiusa, ma non abbastanza piano da non farsi udire dalla bambina.

“Hai salvato il mondo? Da cosa? E le streghe dove sono?” chiese lei, impaziente, tirandolo per mano.

“Okay, – le rispose il ragazzo, alquanto seccato – adesso ti va di sederti e di non fare domande?”

“No, voglio che mi rispondi. Subito!” ribatté la bambina, capricciosa, e allora lui la fece accomodare poco lontano.

“D’accordo, ti racconterò alcune cose, ma prima prometti di non farne parola con nessuno? E’ un segreto segretissimo che solo in pochi hanno la fortuna di sapere!”

Mona annuì, curiosa, mettendosi comoda: “Non lo dico a nessuno, prometto!”

“Tanto per cominciare, la magia esiste!”

La bambina, però, gli lanciò subito un’occhiataccia di rimprovero: “Non è un segreto segretissimo questo! Se esistono le streghe, esiste anche la magia, idiota!”

“Accidenti, non ti fai scrupoli ad insultare uno più grande di te, eh? Beh, so anche altre cose, quindi adesso chiudi il tuo piccolo becco e ascolta!” ordinò lui in risposta.

 

Intanto, nella sala, Jade stava spiegando agli altri il perchè della sua presenza.

“Ho incontrato John, in un locale…”

Dana, perplessa, la fermò subito: “Cosa ci facevi in un locale?”

“Ho dato fuoco ad una persona a cui tenevo molto, Nonna! Scusa tanto se volevo bere un bicchierino per dimenticare!” replicò la nipote, sarcastica.

“Ma non hai 21 anni!” intervenne Zack, ricevendo un’occhiataccia dalle due ragazze presenti.

“Beh, non c’è stato bisogno di averli, visto che ha ordinato John!”

Allora, Foxi, impaziente, cercò di tornare al discorso precedente: “Cosa voleva da te?”

Ma quella lo ignorò, voltandosi verso sua nonna: “E’ vero che Samuel è vivo in un altro mondo?” le chiese, schietta.

Il volto di Dana si deformò per la rabbia, mentre si alzava talmente in fretta, da far traballare il tavolo: “Quel bastardo! Sapevo che avrebbe usato quella carta prima o poi!”

Non avendo più dubbi, la ragazza si voltò verso i suoi amici, ma si accorse immediatamente che la loro reazione alla notizia era stata alquanto strana.

“Non sembrate sorpresi… – Terence e Zack abbassarono subito lo sguardo – Lo sapevate?”

Zack, mortificato, non osò guardarla, mentre rispondeva: “Io l’ho scoperto perché ero con John e Luis ed essendo sotto il loro controllo… beh, conoscevo tutti i loro piani! Jade, mi dispiace avertelo tenuto nascosto...”

Brenda, però, si accorse che anche Terence sembrava mortificato: “Oddio, anche tu lo sapevi?” gli chiese, sorpresa.

“Avevo scoperto i piani di mio padre e di John attraverso la magia di due pietre che una mia amica strega mi aveva fornito e ovviamente ne parlai con Samuel subito dopo. – vide lo sguardo deluso della sua ragazza – Brenda, lo sai che non potevo dirtelo, sei la migliore amica di Jade e non volevo fossi costretta a mentirle. Ti avrebbe fatta soffrire!”

Ma Jade sorprese ancora una volta tutti con un’altra domanda schietta: “Samuel lo sapeva, quindi? Prima di morire in questo mondo?”

“Sì, lo sapeva perfettamente!” confermò l’uomo e allora Dana si avvicinò a lei e la abbracciò.

“Jade, mi dispiace avertelo tenuto nascosto, ma sai già perché l’ho fatto...”

Sul volto della ragazza scivolò una lacrima, mentre la stringeva a sua volta: “Non essere dispiaciuta, nessuno di voi deve esserlo. Avete fatto bene, perché, nello stato in cui mi ritrovavo fino a diverse settimane fa, mi sarei buttata sotto ad un autobus, sapendo di potermi risvegliare accanto a lui in quel mondo.”

 

Pochi secondi dopo, Zack non riuscì più a nascondere la sua irritazione per la faccenda e lo fece notare anche gli altri: “Cosa spera di ottenere John dopo averti rivelato tutto questo? Di portarti dalla sua parte? O di toglierti di mezzo?”

Jade, allora, si staccò da sua nonna e gli spiegò le novità: “Abbiamo trovato uno dei contenitori, la bambina. John, però, in un modo o nell’altro, ha capito cos’è e che è una minaccia per i suoi disordini. Conserva certi anelli chiamati…”

Ma l’amico non la lasciò finire la frase, completandola per lei: “Anelli della congiunzione dimensionale! Quando eravamo sull’isola, gli ha recuperati e ha detto che gli sarebbero tornati utili, prima o poi.”

“Beh, sì, utili per farmi andare in quel mondo assieme alla bambina. Infatti, mi concederà di rivedere Samuel solo a patto che la porti con me. Ha anche riesumato il suo corpo e messo uno dei due al suo dito, in modo da creare un collegamento non appena io indosserò l’altro, che mi darà fra un’ora al parco, quando mi presenterò davanti a lui con la bambina.”

Marcus lanciò un’occhiata a Dana, prima di parlare: “Potremo approfittare di questo incontro per creare la trappola a cui stavamo pensando. E’ perfetto, direi!”

Le sue ragazze, ovviamente, non capirono e subito Brenda parlò per entrambe: “Di che trappola state parlando?”

Tuttavia, fu Terence a rispondere: “Dana vuole fare un incantesimo per imprigionare John nella sua mente.”

Contrariata, Jade si voltò di scatto verso la donna: “Nonna, no! Non puoi farlo, ti distruggerà psicologicamente pur di vendicarsi di te!”

“Tesoro, non abbiamo altra scelta. – replicò l’altra, decisa - Devo farlo!”

“Ci dev’essere un altro modo!”

“No, non c’è e comunque non abbiamo tempo per trovarlo.”

E, di fronte a queste ultime parole, la giovane strega si arrese.

 

“Quindi in cosa consiste la trappola? Come ci muoveremo?” indagò ancora una volta Brenda e la signora Ferguson, allora, spiegò loro il piano.

“Jade andrà all’appuntamento con la bambina, fingendo di stare al gioco per distrarlo. Prenderà l’anello e aprirà il varco, poi, a quel punto, sbucheremo alle spalle di quel bastardo e io userò la mia formula contro di lui. Tutto chiaro? – poi si rivolse a Terence, Brenda e Zack – Voi verrete insieme a me, in caso qualcosa andasse storto. Quando John sarà finalmente intrappolato, potremo continuare la ricerca degli altri contenitori e sperare di concludere questa storia una volta per tutte. Va bene?”

Tutti annuirono alle sue indicazioni, apparte Jade, che si era girata verso il muro, attirando subito le preoccupazioni di sua nonna.

“Cara, cosa c’è?” le chiese la donna, gentile, e l’altra si voltò e la guardò, triste.

“Per me sarà dura essere a pochi metri dal varco che collega il nostro mondo a quello di Samuel senza buttarmici dentro con tutte le scarpe...”

Comprensiva, Dana le accarezzò dolcemente una spalla: “Lo so, tesoro, ma non devi entrarci. Quello non è il tuo posto. Il tuo posto è qui, finchè vivrai quanto devi vivere. Okay?”

L’altra accennò un sorriso: “Okay! Ora andiamo a fare questa cosa e chiudiamola una volta per tutte!”

Foxi e Marcus, allora, chiusero l’incontro e congedarono tutti.

“Buona fortuna! E speriamo anche noi di riuscire a rintracciare le streghe!”

 

Uscita dalla sala, Jade si diresse subito verso la bambina e, quando la raggiunse, si inginocchiò davanti a lei.

“Ehi, ti va di venire con me in un posto?”

Quella la guardò sorridendo: “Noa mi ha detto che sei una strega. Una molto potente, la più potente di tutte, che riesce sempre a salvare il mondo… E’ la verità?”

La ragazza, non volendo lanciare un’occhiataccia a Noa davanti a lei, si limitò ad uno sguardo, per poi girarsi nuovamente verso la bambina: “Sì, sono io! E sono chiamata di nuovo a salvare il mondo, Mona. Da un uomo molto cattivo. Ti va di aiutarmi?”

“SI’! – strillò quella, eccitata - Mi piacerebbe tanto essere un’eroina come te!”

“E lo sarai!” e, prendendola per mano, la fece alzare, pronta a lasciare Alkaban per raggiungere il luogo dell’incontro.

 

 

Parco Comunale di Morney Hill

 

 

John stava consultando per l’ennesima volta il suo orologio da polso, quando finalmente vide arrivare Jade e la bambina e subito le accolse con un sorriso compiaciuto sulle labbra.

“Puntuale, eh?”

“Non voglio perdere altro tempo qui a Morney Hill. – rispose la nipote, fredda – Dov’è l’anello?”

“Calma, non avere fretta! – e subito spostò lo sguardo sulla bambina – Così sarebbe lei il contenitore… mi chiedo cos’abbia di tanto speciale da costituire una minaccia per me...”

La ragazza, però, lo ignorò, spazientita, incalzandolo nuovamente: “Dov’è l’anello?”

Lui sbuffò, estraendolo dalla tasca: “Eccolo! Contenta? Mi chiedo come farai a convincerla a buttarsi in un varco, piuttosto....”

e Jade ripeté: “Tu pensa a darmi l’anello che del resto me ne occupo io!”

“Già, – confermò Mona, guardandolo storto - ci pensa lei!”

Tuttavia, la reazione della piccola scatenò nel demone soltanto una risata: “Che caratterino questa bambina! – poi si abbassò per parlare con lei – Lo sai che dovrai fare presto un viaggetto, vero?”

L’altra parve intimorita dal tono che aveva usato: “Un viaggetto dove?” chiese.

“Molto molto lontano da qui. Hai paura, vero? Beh, non devi, perché nel luogo in cui andrai ci saranno anche i tuoi genitori...”

La bambina sgranò gli occhi per la sorpresa, mentre Jade, rendendosi conto che la situazione le stava sfuggendo di mano.

“Stai dicendo davvero?” domandò.

“Ma certo, piccolina! – replicò l’uomo, teatrale – Li ho appena salutati e mandati lì, così potrete stare sempre insieme. Non è vero, Mona? Loro lavorano tanto tanto e non hanno mai tempo per te. Che cosa triste....”

La nipote, a quel punto, fu certa che suo nonno stesse confondendo di proposito la bambina, perciò, nervosa, decise di interromperlo.

“Okay, adesso dammi quel dannato anello così ce ne andiamo! Avevamo un accordo e io l’ho rispettato.”

John annuì, per poi alzarsi e consegnarglielo: “Quante storie.... Tieni! Ora devi leggere l’incisione che c’è sopra e BOOM... Bon voyage!”

Disgustata, Jade se lo mise al dito e lesse la scritta che le aveva indicato: “Dimensiva nexu, transitus futuri saeculi...

Subito, a pochi passi da loro, si aprì un varco color azzurro intenso che girava come un vortice. Incantata, la ragazza non riusciva a smettere di fissarlo, dimenticandosi di tutto il resto, come se volesse solo correrci dentro senza pensare più a niente. L’attimo seguente, però, tornò in sé, girandosi subito verso Mona e prendendola per mano.

“Resta accanto a me, okay? - poi si rivolse a John – Noi andiamo, allora. Ti auguro di godertela!”

Lui sorrise, beffardo: “Oooh, me la godrò senz’altro!”

Le due, allora, iniziarono ad avanzare lentamente, in attesa. Improvvisamente, infatti, alle spalle di John spuntò Dana che non perse tempo e pronunciò subito la formula che aveva preparato.

Nella mia mente ti libero un posto – John si voltò verso di lei, confuso – per farti entrare ad ogni costo. Che di bello tu nulla possa trovare, in questa prigione in cui devi restare...

Ma cosa diavolo significa?!?” riuscì soltanto a dire l’uomo, prima di venire risucchiato nella mente della donna, aspirato come un fumo sottile.

Per la bambina, però, tutto quello a cui stava assistendo, era decisamente troppo e in quel momento desiderò soltanto tornare dai suoi genitori, perciò, spaventata, sfuggì dalle mani di Jade e corse verso il varco ancora aperto.

“No, Mona, fermati!” urlò la strega, correndole dietro. Troppo tardi, però: davanti ai suoi occhi la bambina si era appena buttata nel vortice.

Sconvolta, la ragazza si girò verso sua nonna e i suoi amici con uno sguardo inequivocabile: l’avrebbe raggiunta. Intuendo le sue intenzioni, Zack provò a fermarla.

“No, Jade, non farlo!”

“Jade, No!” aggiunse Dana, ma fu tutto invano.

“Mi dispiace, ma devo farlo...” disse loro dispiaciuta e arresa, prima di buttarsi.

Subito, Zack e Brenda corsero per raggiungerla, ma il varco si richiuse non appena si avvicinarono: “Oddio, si è richiuso!” esclamò lei, affannata, cercando di riprendere fiato.

L’amico, al suo fianco, era sconvolto quanto lei: “Questa è una catastrofe! – esclamò, per poi voltarsi subito verso la signora Ferguson - L’abbiamo persa, vero?”

Ma la donna era senza parole, incapace di parlare, perciò non rispose, sotto shock quanto loro per come erano andate le cose.

Improvvisamente, una voce alle spalle interruppe i suoi pensieri: era quella di John, che si stava guardando attorno perplesso.

“Ma sono ancora qui! Non è successo niente!”

Lei lo guardò, fredda, con un leggero sorrisino sulle labbra: “Ti sbagli!” esclamò, suscitando un’occhiata perplessa da parte di Brenda.

“Con chi sta parlando?” le chiese, infatti, la ragazza poco dopo.

“Con John, no?” suggerì Zack e l’uomo li ascoltò sempre più confuso.

“Cosa significa con chi sta parlando?”

“Non hai ancora capito? – gli chiese l’anziana strega, sorpresa - Non ti vede più nessuno, a parte la sottoscritta. Sei imprigionato nella mia mente. Sei come un fantasma, ora. E lo sarai per sempre!”

Nel sentire le sue parole, John scosse la testa, incapace di crederle: “No. No no no – gridò, la voce sempre più alta man mano che la rabbia dentro di lui cresceva - NOOOOOOOO!”

Dana accennò un sorriso: “E invece sì, mio caro!”

In quel momento gli altri due, che ovviamente non percepivano più il demone, riportarono l’attenzione della donna sul loro problema: Jade.

“Adesso cosa facciamo? Come riportiamo qui Jade?”

“Non possiamo. Io... io non so davvero come risolvere questo problema. Mi dispiace...”

Allora i due ragazzi si guardarono, increduli e sconvolti, realizzando di aver perso la loro amica.

 

 

Nel mondo senza magia

 

 

Pochi secondi dopo esservi entrata, Jade venne espulsa dal varco e finalmente arrivò nel nuovo mondo di Samuel. Subito dopo la sua chiusura, si guardò attorno, riconoscendo il posto in cui si trovava.

“Ma questo è il parcheggio dove sono finita quando sono morta! – esclamò - Sono a Brooklyn!”

Tuttavia, si accorse immediatamente di avere un problema più urgente: la bambina non era lì con lei, così subito iniziò a chiamarla.

“Mona! Mona dove sei?” e corse a cercarla, mentre la sera calava sulla città.

 

Qualche ora dopo, la ragazza stava ancora vagando per le strade di Brooklyn, arresa: Mona sembrava sparita e in giro non trovò nemmeno tracce di lei. Tuttavia, benché in pensiero, si lasciò subito distrarre dalle bellezze della città di notte, che pian piano riuscirono a distrarla. Mentre passeggiava tra la gente, un volantino le volò addosso. Subito lo raccolse e lo lesse: parlava di un locale chiamato Rouge e di una splendida serata in compagnia di un duo musicale che aveva il compito di intrattenere i clienti.

Subito si sentì attratta da quel posto e, quando alzò lo sguardo, si accorse sorpresa, che si trovava proprio dall’altra parte della strada. Attraversò, avvicinandosi curiosa, attratta da una voce melodiosa che si udiva fin dal marciapiede. Quando entrò, un’atmosfera calda e piacevole la accolse. Sembrava di essere in un vecchio cabaret: gente elegante seduta ai tavoli e, in fondo alla sala, un palco su cui c’era una giovane cantante, illuminata da un unico riflettore e accompagnata da un chitarrista che si nascondeva nell’ombra alle sue spalle.

Affascinata dalla sua voce, si sedette ad un tavolo vuoto in un angolo della stanza. In quel momento, nell’aria risuonavano le note di “Brooklyn baby” di Lana del Rey e tutte le coppie del locale si stavano guardando negli occhi, innamorati, le mani che si sfioravano attraverso il tavolo. Jade fissò quelle coppie con tenerezza e una punta di invidia, perché avrebbe tanto voluto essere al loro posto. Improvvisamente, il chitarrista si fece avanti, fin sotto il riflettore. Nello stesso momento, la ragazza si voltò finalmente verso il palco, rimanendo letteralmente a bocca aperta per ciò che vide: il chitarrista era Samuel.

Lui, però, non si era accorto di lei, che non riusciva a smettere di guardarlo, emozionata e con gli occhi pieni di lacrime, incredula. Stava ancora suonando, quando finalmente incrociò lo sguardo dell’unica ragazza sola del locale, seduta a un tavolo nell’ultima fila e la sua reazione fu molto simile: incredulità, sorpresa, felicità. Tuttavia, continuò a suonare, pietrificato, vedendola sorridergli dal suo tavolo. Poi, ad un certo punto, si riscosse e ricambiò il sorriso.

Poco dopo, lo spettacolo si concluse con l’inchino dei due artisti e l’applauso di tutto il pubblico. Prima che chiudessero il sipario, però, Samuel fece cenno a Jade di uscire fuori dal locale. Sperando di non aver frainteso, la ragazza eseguì, rimanendo qualche minuto ad aspettare fuori dalla porta, senza mai smettere di guardarsi intorno.

Improvvisamente, alle sue spalle, qualcuno la chiamò: “Jade?”

Lei si voltò subito, emozionata: “Io… io… – rise, imbarazzata – Santo cielo, non riesco nemmeno a trovare le parole…”

Lui, invece, non aveva mai smesso di guardarla: “Sei davvero tu? Sei reale?”

“Non sono mai stata così reale…” sussurrò Jade, prima di correre verso di lui e abbracciarlo.

Anche Samuel la strinse forte, commosso: “Io... io sono senza parole. Come...?”

Dopo diversi secondi, finalmente i due di staccarono e poterono guardarsi negli occhi, toccandosi la faccia per essere sicuri di non stare sognando, senza sapere se ridere o piangere.

“Credi nella magia? Perché è quella che mi ha portato qui da te. Che mi ha permesso di trovarti, come la prima volta. Non mi sembra vero…”

Lui le sorrise, comprensivo: “Sì, adesso ci credo. Di nuovo. E nemmeno a me sembra vero, mi sembra un sogno... Pensavo che non ti avrei mai più rivista, perché qui non esiste magia e… – poi sembrò ricordarsi di qualcosa e divenne immediatamente serio, bloccandosi – Aspetta, ma... sei morta?”

Con suo grande sollievo, la ragazza scosse la testa: “No, non lo sono. Sono arrivata qui attraverso un varco, aperto da anelli magici” spiegò, per poi mostrargli quello che aveva al dito.

Ovviamente, Samuel lo riconobbe subito: “Conosco quell’anello: ce l’avevano John e Luis! Come fai ad averlo tu?”

“Me l’ha dato John. Lunga storia...”

Lui capì e rimase in silenzio, continuando a guardarla con un sorriso sulle labbra e facendola arrossire.

“Cosa c’è?” chiese lei, preoccupata.

“Non ti ho mai vista così bella in tutta la mia… Beh, – rise - in tutte le vite che ho vissuto...”

Sulle guance di lei iniziarono a scorrere le lacrime: “Posso fare una cosa che non pensavo avrei mai più fatto?” chiese.

“Cosa?” ma lei, invece di rispondere, gli saltò al collo e lo baciò con passione.

Il mondo intorno a loro svanì completamente: in quel momento c’erano soltanto loro e nessun’altro.

 

Improvvisamente, però, una voce femminile proveniente dal retro del locale li interruppe.

“Derek? – chiamava - Derek sei qui fuori?”

Samuel, allora, si staccò da Jade, la prese per mano e la portò dietro l’angolo da dove era arrivato lui poco prima. La ragazza era parecchio perplessa, mentre lui rispondeva alla donna che, scoprì presto, altri non era che la cantante.

“Eccomi, – le stava dicendo - scusa se mi sono allontanato!”

L’altra, intanto, chiuse la porta da dove era uscita, per poi voltarsi di nuovo verso di lui: “Siamo già in ritardo, Derek. Dio, ci ho messo venti minuti a sfilarmi quel vestito anni cinquanta!”

“Lo so che siamo in ritardo, ma… – e finalmente le indicò Jade – Vedi, mia cugina è venuta a trovarmi dall’Oregon all’improvviso e…”

“… e non puoi venire. Ho capito! – la donna sospirò - Vorrà dire che prenderò un taxi, visto che dovevamo andare con la tua moto.”

Samuel parve sinceramente mortificato, mentre lei gli passava a fianco per andarsene: “Scusami, Kat…”

“Tranquillo… – poi sorrise a Jade – Piacere di averti conosciuta!”

 

Jade le diede appena il tempo di allontanarsi, prima di riempire il ragazzo di domande.

“Una tua cugina dall’Oregon? Derek? Una moto?”

Samuel, allora, le prese nuovamente la mano e, ridendo, la portò accanto alla fantomatica moto: “Beh, ci sono stati molti cambiamenti da quando ho iniziato questa nuova vita... Ma, prima di raccontarti tutto, voglio che mi dici TU cosa sta succedendo nella tua!” e le porse un casco, facendole cenno di infilarlo.

“Spero che casa tua non sia molto vicina, perché sono tante le cose di cui devo parlarti...”

Dopo essere saliti, partirono e Jade ebbe tutto il tragitto per raccontargli ogni cosa.

 

 

Appartamento di Samuel

 

 

Durante la lunga corsa Samuel scoprì quasi tutto e rimase fortemente colpito dalla forza di Jade e da tutto quello che aveva passato negli ultimi mesi. Quando arrivarono al palazzo, presero l’ascensore, e si diressero verso la porta dell’appartamento di lui continuando a parlare.

“E ora dov’è questa bambina che vi serve?”

“E’ entrata nel varco prima di me, ma, quando sono arrivata qui, non c’era. Completamente svanita!”

“Beh, tu sei arrivata dopo. Sicuramente si è spaventata ed è scappata da qualche altra parte. Posso aiutarti a cercarla, se vuoi...”

“Oppure è finita in qualche altra dimensione! Non sarebbe la prima volta che John manipola le cose, come ha fatto con il marchio di Zack. Accidenti, mi ha imbrogliata di nuovo...” concluse, sentendosi in colpa.

“Non preoccuparti, ti prometto che la troveremo. Non credo sia in un’altra dimensione. Nel bene e nel male abbiamo sempre portato a termine le nostre missioni, no? Sì, c’è sempre stato qualche ostacolo, ma ce l’abbiamo sempre fatta, alla fine. E così sarà anche questa volta!” la incitò lui, più ottimista.

La ragazza, però, sospirò, stanca: “Non so nemmeno come ritornare nel mio mondo… o se voglio veramente ritornarci...”

“Non puoi restare qui, Jade! – esclamò lui, una punta di irritazione nella voce - Non metterti in testa queste cose. Tu hai un compito da portare a termine!”

“L’ho pensato soltanto per un secondo.... so perfettamente che devo tornare in quell’inferno!”

“Non pensare che io non ti voglia qui, perchè, credimi, desidero stare con te per sempre più di ogni altra cosa. Quando ti ho vista nel locale, giuro che stavo per gettarmi giù dal palco. Ho pensato che fosse un’allucinazione, che il mio continuo pensarti ti avesse resa reale per poi svanire e lasciarmi un vuoto ancora più grande. Dirti che non puoi restare, mi fa male da morire, ma, dopo quello che mi hai raccontato su ciò che state passando, non posso essere così egoista da volerti tenere qui. Capisci, vero?”

Gli occhi di lei si riempirono di lacrime nel sentire quelle parole: “Sì, hai ragione. Scusami.... – poi si asciugò gli occhi, guardandosi intorno stupita – Wow, questo appartamento è bellissimo!”

“Beh, un piccolo regalo di questo bizzarro mondo!”

Allora Jade, curiosa, si sedette sul suo letto e si mise comoda: “Io ho detto qualcosa sul mio mondo. Raccontami del tuo, adesso.”

“Non c’è molto da raccontare, a dire il vero. Dopo che sono morto, mi sono risvegliato proprio in quel letto e… beh, sapevo che sarei finito qui, ma una cosa è saperlo e un’altra è viverlo. Ho fatto un giro della casa e c’erano delle mie fotografie, poi sono uscito nel pianerottolo e la mia vicina mi ha salutato chiamandomi Derek e ho realizzato che ora mi chiamavo così...”

“Quindi ti sei appropriato della vita di qualcun’altro?”

“Non credo. Penso, invece, che questo Derek abbia iniziato ad esistere quando sono arrivato qui, anche se non so come funziona esattamente. So soltanto che dopo, confuso, sono rientrato nel mio appartamento e ho scoperto un diario che raccontava pagina dopo pagina la mia vita: come avevo conosciuto la mia vicina, come avevo trasformato la mia passione per la chitarra in una professione e tutta la vita che avevo vissuto prima. Sono praticamente piombato in una vita già in corso e ne ho preso possesso...”

La ragazza, fino a quel momento seria, improvvisamente scoppiò a ridere: “Scusami, ma non riesco a credere tu sia diventato una sorta di chitarrista!”

Subito lui si unì a lei: “Io SONO un chitarrista. Ed anche molto bravo!”

“Quindi Kat è la tua partner nel lavoro e basta, giusto?” chiese allora lei, maliziosa, guadagnandosi un’occhiataccia in risposta.

“Non c’è niente tra me e lei, smettila di guardarmi così!”

“E allora la tua cara cuginetta dall’Oregon, quale vostro impegno ha mandato in fumo esattamente?”

“Dopo la serata al locale avevamo in programma di andare fuori a cena con alcuni amici. Tutto qui.”

Per qualche secondo, dopo la sua risposta, cadde il silenzio, poi Jade riprese a fare domande.

“E’ stato difficile ambientarsi qui?”

Lui sospirò, triste, sedendosi accanto a lei sul letto: “Come puoi farmi questa domanda? Certo che è stato difficile! Molto. Dopo aver salvato il vostro mondo, o almeno dopo aver pensato di averlo salvato, sono stato catapultato in questa realtà dove non conoscevo nessuno, ma tutti sapevano chi ero. La prima notte è stata la più dura: ero solo e lontano da tutti voi, da tutto ciò che era fino a quel momento la mia vita. Lontano da te, soprattutto. Mi sembrava di essere finito in una grande prigione, non in un altro mondo. Avevo il terrore di dimenticare le vostre voci e i vostri volti. E’ stato orribile, ma il passare del tempo ha alleviato il mio dolore e questa vita mi ha tenuto distratto, tutto sommato. Non è male, alla fin fine...”

Ancora una volta, la ragazza si commosse ascoltando la sua storia: “Mi dispiace, non immaginavo di essere quella più fortunata. Di essere quella che ha perso la persona che amava, ma che ha ancora i suoi amici e la sua vita. – poi gli accarezzò dolcemente il volto con una mano – Mi far star male sapere che eri qui tutto solo, mentre ti credevo morto. Ma, d’altra parte, se l’avessi saputo prima, non l’avrei sopportato e avrei fatto di tutto per venire qui da te.”

“Quindi te l’hanno tenuto nascosto, ma John ora te l’ha spifferato, non è vero?”

“Esatto! Per un attimo ho pensato che volesse riparare a tutti i suoi errori, invece mi ha solo usata. – a quel punto la voce iniziò a tremarle e le lacrime a rigarle le guance – La cosa più brutta è che io avevo promesso a mia nonna e a tutti gli altri di attenermi al piano e non entrare nel varco. Poi, però, la bambina è scappata e io ho sperato che entrasse nel varco con tutte le mie forze, così avrei avuto un pretesto per andarle dietro. Volevo solo rivederti e non pensavo ad altro. Ero talmente sollevata e per un breve istante sono stata grata a John, perché, se non l’avesse fatto.... beh, io non sarei qui a parlare con te, adesso...”

Lui, allora, le prese la mano e la baciò: “Anche io sono grato a quel bastardo, ma le nostre vite non seguono più lo stesso cammino. Non siamo più destinati a stare insieme, eppure... eccoci qua a guardarci negli occhi e parlare. Nessuno avrà mai questa fortuna. Tuttavia, non può durare e possiamo solo ringraziare gli eventi per aver avuto l’opportunità di avere il nostro vero addio…”

“Ma io non voglio dirti addio…”

“Nemmeno io, ma tu hai un destino da seguire e io anche. Sfortunatamente, però, in due mondi diversi. Vorrei tanto poter cambiare le cose, ma non ho il potere di farlo. Di stare con la persona che amo…”

Triste, lei voltò il viso dall’altra parte: “Non sono più una persona, non mi ritengo più tale... Ho fatto cose di cui non vado fiera. Dopo la tua morte, ho completamente tagliato fuori tutti. Mi sono isolata, poi sono scappata e sono arrivata ad aggredire i miei amici. Ero fuori controllo e ho ucciso una persona che ormai lo era più di me…”

Samuel, allora, le mise una mano sul braccio per consolarla: “Mi hai detto che era stato infettato dai disordini e che stava facendo del male a Zack e a quei demoni che stavate proteggendo...”

“Sì, ma era mio AMICO! Non lo avrei mai ucciso, se non fossi diventata così fredda. Non avrei mai aggredito Brenda, ignorandola completamente, mentre stava passando l’inferno. E la verità è che la tua morte mi ha resa un mostro insensibile e cieco!”

Comprensivo, lui la abbracciò: “Sei sempre la mia Jade, io non ti vedrò mai come un mostro. MAI! Se la situazione fosse stata all’opposto, non so davvero cosa avrei fatto senza di te, perciò non sei un mostro. I veri mostri non ammettono mai di esserlo e non hanno rimorsi.”

L’altra lo guardò per qualche secondo in silenzio, poi gli accarezzò ancora una volta il volto con dolcezza: “Grazie di farmi sentire bene, ne avevo bisogno. La tua assenza nella mia vita è devastante…”

Vedendo la tristezza nei suoi occhi, il ragazzo la bacio e continuò a farlo a lungo. Poi, lentamente, si sdraiarono e, spiati soltanto dalla luna che filtrava attraverso le tende, passarono una magica notte insieme.

 

Alle prime luci dell’alba, quando Jade si svegliò, Samuel non era più nel letto e, quando si sollevò, coprendosi con le lenzuola, lo vide fuori sul balcone. Era a torso nudo e osservava l’alba, quando gli arrivò alle spalle, abbracciandolo da dietro e appoggiando le mani sul suo petto.

“Ti piace l’alba, qui?” le chiese.

“Sì, se ci sei tu a guardarla con me. Le altre che ho visto sono tutte insignificanti, anche se meravigliose e non credo che capiterà ancora…”

“E invece dovresti guardarle tutte così! Sarà il nostro modo per ricordarci. Quando guarderai l’alba, infatti, saprai che, da qualche altra parte, lo starò facendo anche io…”

“Questa è l’alba di un nuovo mondo, non del mio. Non potranno mai essere identiche, né potrà mai farmi sentire bene come ora, però... almeno saprò che sei vivo e che pensi a me in questo momento della giornata. E mi basterà.”

“Basterà anche a me…” aggiunse lui e i due rimasero in silenzio a guardare quell’alba, forse l’ultima assieme.

 

Quando il sole fu abbastanza alto, la ragazza parlò di nuovo: “Facciamo colazione? Voglio preparartela io!”

Lui si voltò a guardarla, incredulo: “Che razza di stregoneria è mai questa?!? TU sai cucinare?”

“Qui non c’è magia, ricordi?” replicò lei, correndo via divertita, ma subito Samuel la inseguì.

“Ora ti prendo e mi spieghi chi diavolo ha avuta la pazienza di insegnarti!”

E i due continuarono a stuzzicarsi, preparando la colazione tra risate, sorrisi e spensieratezza.

 

Più tardi, quando erano ormai vestiti e sazi, qualcuno suonò alla porta.

“Chissà chi è! – chiese lei, sarcastica - Forse la vicina innamorata del ragazzo della porta accanto?”

“Ci hai preso, sai? – rispose lui, andando ad aprire - Credo sia veramente innamorata di me e il numero di torte che mi ha portato finora lo dimostra...”

Lei lo guardò, improvvisamente seria: “Quante torte?”

Ma ormai era tardi e lui aveva già aperto la porta: era Kat, la sua collega.

Subito la donna notò che era ancora in compagnia: “Oh, – esclamò, entrando - avevo dimenticato che c’era la cugina dall’Oregon! Non volevo piombare così presto, ma… Samuel, ho le bozze di qualche canzone per le prossime esibizioni. Sono stanca di travestirmi da cantanti celebri e fare cover, voglio essere me stessa e magari avere successo!”

“Giusto! – commentò Jade, alzandosi e avvicinandosi a lei – Comunque, io sono… Avril! E tu devi essere Kat... Ieri non ci siamo presentate, andavi abbastanza di fretta, o sbaglio?”

Il ragazzo le lanciò un’occhiataccia, sentendo il nome, ma non fiatò.

“Sì, scusami, – rispose la donna - ma ero già in ritardo. Spero che la tua permanenza a Brooklyn sia gradevole, ma ti avverto: questo tizio qui – e indicò Samuel – parla continuamente della sua precedente ragazza. Ho praticamente rivalutato l’utilità dei tappi per le orecchie!”

Jade rimase colpita da quella rivelazione, ma cercò di rimanere indifferente e continuò a parlare: “Oh, ma certo... QUELLA ragazza! Sì sì, Samuel ne parla sempre anche a me! – subito si rese conto dell’errore e cercò di ignorare l’occhiata perplessa di Kat – Cioè... Derek! Samuel è il mio ragazzo. Anche lui ascolta sempre i suoi racconti.”

“Già, racconta di lei a tutti. Mi ha riempito la testa a tal punto da raccontarlo anche al mio gatto! Insomma, cosa vuoi che interessi ad un animale? – scoppiò a ridere - Vedi? Mi fa sentire una stupida, così!”

Jade si unì a lei: “No, tranquilla!”

Kat, allora, tornò verso la porta: “Avril, è stato un piacere conoscerti e parlare con te, ma ora devo andare ad uno dei miei tre lavori e nella classifica dei lavori umilianti di Kat Gordon è quello che odio di più! – poi puntò un dito verso Samuel – Tu non dimenticarti di guardare quelle bozze, chiaro?”

Lui annuì, intimorito, mentre la ragazza la salutava.

“Ciao, anche per me è stato un piacere!” e, con un sorriso, Kat si congedò.

 

Appena la porta si chiuse alle sue spalle, Samuel si girò verso Jade e la guardò in modo strano, in attesa di spiegazioni.

“Avril?”

“Che c’è? Tu ti chiami Derek, qui, perciò anche io volevo un nuovo nome. Devo pur attenermi alle regole di questo nuovo mondo, no?”

Lui sbuffò, roteando gli occhi e prendendo i caschi: “Allora andiamo a cercare la bambina, Avril!”

E uscirono.

“Comunque, – aggiunse lei, mentre chiudevano la porta - la tua amica mi piace, mi sembra una tipa forte!”

“Lo è! Mi ricorda un po’ Brenda!”

“A proposito, non mi hai detto quante torte ti ha fatto quella!”

“19 in un mese è il suo record!”

“Okay, è sicuro: è ossessionata da te!”

 

Pochi minuti dopo, i due erano in moto e stavano girando la città.

“Dove potremmo cercarla?” chiese la ragazza.

“Non lo so, non la conosco così bene da poter capire dove possa essere andata...”

“Nemmeno io, l’ho rapita ieri pomeriggio da scuola!”

“Guarda che Brooklyn è grande, perciò pensaci bene!”

“Mmmmh… – rifletté attentamente lei - Mona voleva solo stare con i suoi genitori e John le ha detto che erano dall’altra parte del varco. Se è ricomparsa come me in quel parcheggio, forse ha cercato… un parco, simile a quello dove ci trovavamo prima di arrivare qui!”

“Allora dimmi dov’è questo parcheggio così rintracciamo il parco più vicino!” esclamò lui, accelerando e allora lei, tramite gesti, gli indicò passo passo la strada.

 

Dopo qualche minuto, finalmente giunsero al parco e poterono iniziare a cercare Mona.

Jade era molto preoccupata: “Se non la troviamo qui, non saprei dove altro cercarla...”

“Non è detta l’ultima parola, dai!” provò a tranquillizzarla lui, ricevendo in cambio un sospiro.

Intanto, la ragazza aveva iniziato a guardarsi intorno ammirata, catturata dalla bellezza del parco e delle sue piante, che iniziò a sfiorare con le dita.

“Certo che questo mondo è davvero simile al nostro, ora che ci faccio caso, sai?”

“Ma questo mondo E’ simile al nostro, anzi identico! Non siamo su Second life, Jade: i fiori profumano, le foglie sono vere e l’acqua è fredda se la tocchi. L’unica differenza è che non esiste la magia, né i demoni, le streghe e qualunque altra creatura soprannaturale. Io, infatti, sono semplicemente un essere umano e in parte è meraviglioso, perché la mia natura demoniaca è completamente svanita e anche la sua tragica storia, in un certo senso.”

Lei, però, rimase molto perplessa ascoltando le sue parole: “Se questo mondo è identico al nostro, significa che ci sono anche io? Insomma, non riesco a capire!”

“Circa due settimane dopo il mio arrivo qui, sono partito per cercarti. Sono andato a Morney Hill con la speranza di ritrovarti in qualche modo. Purtroppo, però, non è andata come speravo: la tua casa non esisteva e nemmeno tu o tua nonna. Credo che chi sia sovrannaturale nel nostro mondo, qui non esista, perchè Brenda, invece, c’era...”

Negli occhi della ragazza si dipinsero sorpresa e incredulità: “Cosa?!? Davvero?”

“Sì, davvero. Peccato, però, che non avesse la minima idea di chi diavolo fossi, così me ne sono andato. Era totalmente diversa dalla Brenda che ho conosciuto.”

Jade, alquanto dubbiosa, rifletté in silenzio per qualche secondo, prima di parlare nuovamente.

“E’ come se il mondo autentico fosse questo, mentre quello dove ci siamo tutti noi ne fosse la brutta copia. Forse questo mondo rispecchia tutto ciò che doveva essere fin dall’inizio: un mondo normale!”

“Non lo so... Credimi, Jade, questo mondo sarà anche normale e privo di magia, ma nasconde tantissimi misteri che ancora non riesco a comprendere.”

“Sai, mi fa sentire come se non fossi reale, dall’altra parte. Come se fosse tutto un mondo inventato, mentre questa è la realtà.”

“In effetti, vivere nel nostro mondo e poi venire qui ti fa davvero riflettere. E se fosse realmente così che doveva andare? E se fosse proprio il mondo soprannaturale che in principio non doveva esistere? Insomma, mi sono posto parecchie domande da quando sono qui...”

“Suppongo che non sapremo mai la verità su questi mondi…” commentò lei, sospirando.

“Suppongo proprio di no... – disse lui, d’accordo con lei, per poi ridacchiare – a malapena sappiamo chi siamo…”

“Quello che non capisco, però, è: perché Brooklyn? Cosa c’è di particolare qui?”

Samuel accennò un sorriso: “Me lo sono chiesto anche io, poi mi sono ricordato che la risposta è abbastanza ovvia: qui è dove ho incontrato per la prima volta un mio caro amico. Si chiamava Jackson – Jade sgranò gli occhi nel riconoscere il nome, ma tacque – ed era un demone come me. Facemmo amicizia e legammo a tal punto da considerarci fratelli. Fummo accolti insieme nel Clan di un certo Barnès e poi… beh, la storia la conosci, no?”

“Certo! Quindi Brooklyn è un simbolo, ma cosa c’entra io? Perché sono finita qui e non in un luogo che simboleggiasse qualcosa per me?”

“Credo che il tuo amore sia stato più forte dei simboli. Volevi disperatamente rivedermi e perciò sei piombata qui, perché IO sono qui!”

“Forse... o forse c’è un’altra spiegazione…”

Lui continuò a sorridere: “Piuttosto... – esordì dopo qualche secondo di silenzio - ma la mia macchina? Ti prego, dimmi che non l’hai regalata a Terence o Zack!”

“Beh, l’ho guidata io, o almeno ci ho provato. L’ho sempre tenuta con me da quando non ci sei più, nel garage di casa mia” gli spiegò, mentre si lanciavano uno sguardo romantico.

 

In quel momento, Samuel si accorse subito di una bambina sdraiata su una panchina poco lontano e subito avvertì Jade.

“Guarda! Forse l’abbiamo trovata!”

Subito l’altra si girò a vedere, per poi esultare, incredula: “Oh mio Dio, è lei!” esclamò, prima di correre verso di lei.

“Monaa!” e, una volta vicino a lei, cercò di scuoterla per svegliarla, ma Samuel la fermò subito.

“No, no, lasciala dormire. Poverina... dev’essere stanca e impaurita, non la convincerai mai a tornare con te in queste condizioni.” e, delicatamente, la prese in braccio.

“E’ arrivato il momento per voi di ritornare a casa. – aggiunse - Per ogni minuto che resti qui, non sai quanto tempo passa nel vostro mondo e stiamo parliamo di viaggi dimensionali, durante i quali c’è sempre una variazione del tempo...”

Lei, preoccupata, iniziò subito ad agitarsi: “Aspetta, tu da quanto tempo sei qui?”

“Un anno, ormai.”

“COSA?!? Non è possibile, da noi sono passati a malapena cinque mesi!”

“Stai calma, sei in questo mondo solo da poche ore, quindi stiamo parlando di qualche giorno nel tuo, massimo due settimane.”

Jade sospirò, per nulla tranquilla: “Non mi sembra tanto…”

“Sì, ma se continui a rimanere qui ne passerà sempre di più, quindi dovete andarvene subito!”

“Torniamo in quel parcheggio, allora!” esclamò lei dopo un po’, per nulla contenta di tornare indietro.

 

 

Parcheggio del supermercato, Brooklyn

 

 

Il momento era ormai giunto: Jade e Samuel dovevano dirsi addio per sempre, stavolta, consapevoli che le loro strade si sarebbero divise e mai più incrociate. Benché riluttante, la ragazza tentò di riaprire il varco leggendo l’incisione sul suo anello, mentre Samuel teneva in braccio la bambina.

Dimensiva nexu, transitus futuri saeculi...

Entrambi rimasero in attesa, ma invano: non accade nulla.

“Allora? Niente?” chiese lui, vedendola perplessa.

“Non lo so, non funziona. Forse dipende dal mondo in cui mi trovo, qui la magia non…”

Improvvisamente, mentre parlava, il varco si aprì, generando un lieve venticello.

Il ragazzo la guardò, non sapendo cosa fare: “Ehm… credo sia arrivato il momento, sai?”

Lei gli si avvicinò, triste: “Già!”

Lui, allora, era pronto a passarle la bambina, ma fu fermato prima che potesse farlo: “No, aspetta, Samuel! Non posso andarmene senza averti raccontato tutta la verità!”

“La verità su cosa?”

L’altra si tormentò le mani, nervosa: “Sul perché sono cambiata e sono arrivata ad aggredire i miei amici. Sul perché ho ucciso Rick, la persona con cui ho condiviso una fantastica amicizia, anche se breve.”

“Ti ascolto…”

“Prima mi hai parlato di Jackson. Ecco… io... non ti ho detto di averlo conosciuto. – Samuel sgranò gli occhi – I demoni che il Consiglio protegge, sono quelli del Clan di Barnès.”

Lui abbassando lo sguardo, incredulo e senza parole: “Santo cielo…”

Lei, però, non gli lasciò il tempo di dire altro e continuò: “Sapevo come ti avevano trattato e, quando ho scoperto chi erano, non ci ho visto più. Solo che... a dirmelo è stato John e io ho fatto esattamente quello che voleva lui: farmi consumare dalla vendetta. Subito dopo è stato coinvolto anche Rick, che aveva dei conti in sospeso con questo Barnès: il demone, infatti, ha ucciso una persona a lui molto cara. – ricordando tutta la storia, la ragazza scoppiò a piangere – Anche lui si è fatto prendere dalla vendetta e si è trasformato in un mostro che non riusciva a combattere. Fortunatamente, io ne sono uscita, abbandonando quel desiderio di vendetta grazie a Brenda e… Jackson. Quando mi ha vista, si è praticamente buttato in ginocchio per supplicare il mio perdono, pentito di non aver fatto nulla per te e di essere stato fermo a guardare mentre Wolf ti portava via…”

Nel sentire la sua confessione, anche le guance di Samuel si rigarono di lacrime: “Ti prego, – sussurrò - fagli sapere che lo perdono per tutto e che sarà sempre nei miei pensieri e nel mio cuore, che rimarrà sempre il fratello che non ho mai avuto...”

Jade annuì: “Lo farò, ma vorrei tanto aver salvato Rick. Non sono riuscita a placare la sua vendetta, come è successo a me. Mi sento responsabile della sua morte e non riuscirò mai a togliermi questo peso dalla coscienza...”

“Ma non è colpa tua, Jade! Sono le circostanze a determinare il nostro destino, non le persone! Se non l’avessi conosciuto, lui avrebbe scoperto comunque della presenza di Barnès a Morney Hill. L’unica differenza è che l’avresti ucciso senza conoscere la sua storia e la persona che era. Capito? – lei annuì – Ora, però, devi andare!”

“Ma... ma... io non voglio andarmene!” urlò lei, in preda a una crisi di pianto.

“E invece devi!” continuò a insistere lui, passandole la bambina.

“D’accordo, ma non dimenticarmi, ti prego!”

Lui sorrise fra le lacrime: “Porterò questa tua ultima visita nel cuore, sperando che la tua vita sia lunga e felice… – improvvisamente prese il telefono – Ah, aspetta!”

“Cosa stai facendo?”

“Ti scatto una foto, no? Sai, io non ne ho di tue, qui, mentre tu ne hai molte di me a casa tua e voglio conservare questo ricordo.”

Commossa, Jade si avvicinò e, dopo essergli saltata al collo, gli stampò sulle labbra un bacio con tutto l’amore che provava per lui. Poi, senza aggiungere altro, si incamminò verso il varco con la bambina in braccio, in lacrime.

“Devi essere forte, Jade! – le urlò lui - Devi amare le persone che ti circondano e apprezzare la vita in tutto e per tutto, anche se ti ha portato via qualcosa a cui tenevi profondamente. Devi combattere, essere la ragazza determinata che ho conosciuto. Sono sicuro che porterai a termine la tua ultima battaglia, salvando tutti! Perciò non deludermi, ok? E saluta tutti da parte mia!”

A quel punto, lei arrivò davanti al portale e, dopo essersi voltata verso di lui soltanto per un attimo per vederlo salutarla con la mano, in lacrime, sussurrò: “Ti amerò per sempre…”

Lui le sorrise: “Ti amerò per sempre anche io. Addio, Jade!”

“Non smettere mai di credere nella magia, Samuel. Chissà, magari questo non è un vero un addio, magari ci rivedremo ancora…”

“Lo spero… Io non smetterò mai di crederci, te lo prometto!”

Poi, finalmente Jade entrò nel varco, lasciandolo nuovamente solo.

 

 

Mondo soprannaturale – Morney Hill

 

 

Jade venne espulsa nuovamente dal varco e si ritrovò a Morney Hill. Mona dormiva ancora, placidamente addormentata tra le sue braccia e la ragazza la osservò per assicurarsi che stesse bene. Distogliendo lo sguardo da lei, però, si accorse dello scenario che aveva davanti: la città sembrava deserta e completamente devastata. Si trovava in un quartiere residenziale e intorno a lei le macchine erano in fiamme e le case distrutte da atti vandalici.

Mentre camminava per quelle strade, si guardò intorno sconcertata, incapace di capire cosa era successo e dove erano finiti tutti. Improvvisamente, decise di avvicinarsi ad una delle abitazioni per cercare qualche sopravvissuto. Entrò nella veranda di quella più vicina e adagiò Mona sulla panchina di legno che c’era accanto alla porta. Poi, bussò.

“C’è qualcuno? – chiamò - Se c’è qualcuno, mi apra, per favore! Mi sentite?”

Ma non ricevette risposta e dovette fare i conti con il fatto che l’abitazione era vuota, come il resto della città. In quel momento, il giornale sul portico attirò la sua attenzione e perciò subito lo raccolse, curiosa.

Data odierna: 24 Gennaio 2016? Ma è tra circa tre mesi! Sono finita nel futuro, come può essere...?”

Con la consapevolezza, ora, di essere tornata nel posto giusto, ma nel momento sbagliato, Jade si chiese cosa mai potesse essere accaduto in quei tre mesi per arrivare a tanta distruzione. Ma, soprattutto, si chiese come avrebbe fatto a tornare indietro per porvi rimedio.

Inspiegabilmente, però, non ebbe il tempo di chiedersi altro, perché all’interno del giornale c’era anche qualcos’altro: un biglietto con su scritto“Per Jade, se vuoi tornare a casa.“

Dopo averlo letto la ragazza rimase perplessa e subito si guardò attorno, preoccupata. Qualcuno le aveva lasciato quel biglietto, come se avesse saputo della sua presenza, come se avesse saputo che sarebbe stata lì in quell’esatto istante. Poi, dopo un’ultima occhiata, aprì il biglietto per conoscerne il misterioso contenuto…

 

 

(Fine della prima parte di stagione)

CONTINUA NEL DODICESIMO EPISODIO

Testo a cura di Lady Viviana.

ANGOLO AUTORE: La prima parte della terza stagione si è ufficialmente conclusa e con questo finale di metà stagione ci lascia con un grande mistero: Cosa sarà successo a Morney hill nel futuro? Jade riuscirà mai a tornare indietro? E cosa conterà il misterioso messaggio? Demon & Witch andrà in pausa per tre settimane e tornerà Giovedì 23 Luglio con il primo episodio della seconda parte di stagione, dove finalmente potrete scoprire come continua la storia e avviarvi verso la trama finale. ATTENZIONE: SABATO 18 LUGLIO, VERRA' PUBBLICATA UNA ONE-SHORT DEDICATA A SAMUEL E AL SUO ARRIVO NEL MONDO SENZA MAGIA. Non farà parte dei capitoli della terza stagione, ma verrà pubblicato come una storia a parte, perciò dovrete entrare nel mio profilo e trovarla in elenco. La one-short si intitolerà "Samuel in the Land Without Magic" e sarà disponibile in quella data. Detto questo, ricordate di lasciare un commento se questo episodio vi è piaciuto, ci rivediamo qui tra tre settimane esatte, non mancate. Buon mese stregato!

 

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Capitolo 12
*** 3x12-La scatola mistica ***


CAPITOLO DODICI
"What's in the Box Instill Mysticism?"




Morney Hill - 24 gennaio 2016

 

 

Dopo aver abbandonato il mondo senza magia, Jade si era ritrovata nel futuro in uno scenario apocalittico, con Morney Hill devastata e in fiamme. Perplessa, si era subito guardata attorno attentamente, scoprendo che qualcuno le aveva lasciato quel biglietto, quasi avesse saputo della sua presenza lì in quel preciso istante. Ovviamente, lo aveva aperto subito per conoscere il suo misterioso contenuto.


“Non restare qui un minuto di più, rischi di modificare il corso degli eventi. Non appena vedrai una scia alle tue spalle, prendi Mona e corri verso il nuovo varco che si aprirà. Tornerai nel presente, esattamente nel punto in cui ti trovavi prima di andare nel mondo senza magia. Fidati di me.”


Jade era sempre più confusa e rimase a lungo, immobile, con il biglietto fra le mani. Poi, ad un certo punto, si alzò una potente brezza, che fece voltare la ragazza verso la strada: una scia velocissima e luminosa come un fulmine passò attraverso il quartiere, talmente veloce da rompere la barriera del suono e aprire un varco. Jade non sprecò neanche un secondo a chiedersi cosa o chi fosse: subito prese Mona in braccio e corse verso il varco, abbandonando finalmente la Morney Hill del futuro.

 

Morney Hill – Presente

 

 

Jade fu nuovamente espulsa dal varco un attimo prima che si richiudesse, ritrovandosi nel parco in cui aveva incontrato John. Era notte e, stranamente, non c’era nessuno nei dintorni. Dov’erano finiti i suoi amici?

Non conoscendo la risposta, subito si voltò per andarsene, quando notò che dietro di sé, a terra, c’era una scatola di legno dipinto molto antica. Perplessa, si guardò intorno, non capendo da dove provenisse: c’era anche prima del suo arrivo? Nel dubbio, la prese e corse via, diretta verso casa sua. Durante il tragitto, notò, con sollievo, che la città era tornata normale.

Finalmente, qualche minuto, arrivò davanti al suo cancello e, dopo essere rimasta in piedi a fissarla per qualche attimo, si era diretta verso la porta. Quando bussò, però, non le rispose nessuno. Allora, posò la bambina e la scatole su una delle sedie in veranda e poi provò nuovamente.

“C’è nessuno? – chiamò - Nonna? Brenda?”

Improvvisamente, alle sue spalle, qualcuno esclamò: “Jade!”

Voltandosi, vide che si trattava di Zack e, dopo aver scambiato con lui un lungo sguardo, gli corse incontro, abbracciandolo emozionata.

“L’ho visto! – urlò - L’ho visto, Zack! Ho incontrato Samuel e sta bene!”

Lui la strinse forte a sé: “Sono felice che tu sia qui… Pensavo che non saresti più ritornata e ho fatto di tutto perchè tu potessi farlo...”

Sentendo quelle parole, Jade si staccò, perplessa: “Cosa vorresti dire?”

“Ho trovato il sotterraneo in cui John teneva le ossa di Samuel e, dato che so come funziona la procedura degli anelli, ho recitato la formula incisa su quello che aveva al dito.”

Lei lo guardò, sempre più confusa: “Aspetta, quindi hai aperto tu il varco che mi ha riportata indietro? Pensavo di essere stata io, anche se non è successo subito dopo che ho pronunciato la formula.”

“No, eri in un mondo privo di magia, non avrebbe mai potuto funzionare.”

Jade annuì, capendo finalmente come era andata, poi si guardò intorno ancora una volta.

“Quanto sono stata via?” chiese.

“Una settimana circa.”

“Sono rimasta soltanto poche ore in quel mondo! Cos’è successo qui nel frattempo?”

Per qualche secondo, sui due cadde il silenzio, mentre il volto del ragazzo si incupiva.

“Jade, purtroppo non ci sono buone notizie... Mentre eri via, io ho passato tutto il tempo a cercare il luogo in cui John aveva portato le ossa di Samuel. Ero a conoscenza di alcuni luoghi frequentati da lui, ma non erano lì; poi, mi sono ricordato della tenuta. Brenda, Terence e Noa, invece, hanno cercato le streghe scomparse... le hanno trovate, ma hanno avuto una specie di scontro con loro nella foresta e quelle sono riuscite a fuggire, perchè hanno usato la magia contro di loro.”

La ragazza si mise le mani davanti alla bocca, preoccupata e sotto shock: “Oh Dio, stanno bene?”

“Non preoccuparti. Brenda ha una piccola parte del braccio ustionato, ma non è nulla di grave.”

“E mia nonna? Hai saltato mia nonna: dov’è? Pensavo fosse a casa, devo parlarvi di un sacco di cose!”

A quel punto, a lui mancarono le parole per proseguire: “Ehm, Jade, non so come dirtelo, ma... tua nonna non... non sta molto bene...”

“Perché? Cosa le è successo?” chiese subito lei, allarmata.

“Sembra che la faccenda di John rinchiuso nella sua mente, le sia sfuggita di mano, perlomeno le sue conseguenze...”

“Cioè?”

“La sta facendo impazzire, Jade. Non so che percezione abbia lei di tutto questo, ma in pratica lui c’è sempre, anche se per noi è semplicemente svanito. Non dev’essere divertente avere una voce nella tua testa che non smette mai di parlare... Soprattutto se quella voce è John Rockland!”

“Oh, mio Dio.... Voglio vederla, portami subito da lei! Dov’è adesso?”

“Ad Alkaban, ma ha chiesto di farsi isolare in una stanza per non fare del male a nessuno. Sai, a volte non capisce quale è la realtà e quale no...”

Lei annuì, tornando in veranda: “Okay, allora prendo la bambina e andiamo!”

Subito, lui la seguì: “Dalla a me, la tengo in braccio io. D’accordo?” e prese la bambina in braccio, lasciando che la ragazza si allungasse per recuperare la scatola.

Ovviamente, Zack lo notò immediatamente: “E quella cos’è?” le chiese.

“Un souvenir del viaggio! – rispose sarcastica, per poi tornare subito seria – In realtà, non ne ho idea, l’ho trovata per terra accanto a me quando sono uscita dal varco.”

“L’hai aperta?”

“No, non mi sono neanche azzardata. Francamente non mi ispira molto, anzi, mi mette angoscia, perciò preferisco sentire l’opinione di Marcus e Foxi, prima di fare qualcosa.”

“D’accordo. Dai, attaccati a me, allora, così ci teletrasportiamo ad Alkaban!” e, pochi secondi dopo, i tre svanirono.



Fast food “Astroburger”

 

 

Noa era al bancone, pronto a pagare il cibo che aveva preso, mentre la cameriera metteva tutto quello che aveva ordinato in una busta.

“Sono 14 dollari e 99 centesimi.”

Lui tirò fuori due banconote dal portafoglio: “Accidenti, ho preso troppa roba per una persona sola. – commentò, sorridendole - Tenga il resto!” e si voltò per andarsene.

Quando si girò, però, con sua grande sorpresa si imbatté in Wes.

“Ehi, – esclamò il ragazzo, notandolo - com’è piccolo il mondo! Guarda chi si rivede...”

Noa sorrise: “Ehi, ciao! E io che pensavo di essere l’unico studente a mangiare all’Astroburger! Sai, vanno tutti al FastBurger visto che… – e conclusero insieme la frase – ... dopo il secondo hamburger, la bibita è gratis!”

“.... dopo il secondo hamburger, la bibita è gratis!”
I due scoppiarono a ridere.

“Sei da solo?” gli chiese poi Wes.

“A dir la verità, sì. Sono entrato solo per comprare due cosette da mangiare in auto, visto che mi sentirei ridicolo a sedermi ad un tavolo da solo!”

“Beh, – commentò l’altro, avvicinandosi al bancone – se vuoi prenderne uno, ti faccio compagnia io. In due non è più così tanto ridicolo, giusto?”

“Suppongo di no!” replicò Noa, sorridendo.


Qualche minuto più tardi, erano finalmente seduti a un tavolo a mangiare, aggiornandosi sulle ultime novità fra un boccone e l’altro.

“Come mai non sei con la tua amica Brenda, stasera? – chiese Wes ad un certo punto - Pensavo foste sempre insieme, visto che saltate anche le stesse lezioni!”

“Siamo stati impegnati a combattere con un gruppo di streghe ribelli. Per poco non mi ustionavano la pelle con un getto di calore, perchè sono parecchio pericolose, quando ci si mettono. Brenda, però, non è stata altrettanto fortunata, perchè l’hanno presa ad un braccio, anche se non è niente di grave. Adesso, infatti, è già in appostamento con il suo ragazzo nel bosco a cercarle.”

“La solita routine, insomma” commentò Wes, comprendendo la situazione, ma l’altro sospirò, esausto.

“Non direi, sono successe molte cose e ogni giorno è sempre più dura, perchè c’è sempre qualche nuovo problema. Non è come quando sono arrivato…”

“Mi dispiace... Dev’essere una bella fregatura non poter lasciare la città, eh?”

“Parli di me, per caso? Oh, no, no, io non sono bloccato qui! Solo gli esseri soprannaturali non posso lasciare la città e io non lo sono.”

L’altro, nel sentire le sue parole, rimase ancora più perplesso: “E perché continui a rimanere, allora? Sei costantemente in pericolo, qui! E poi, se fossi stato in te, dopo quello che abbiamo passato con quel folle che ci ha rapiti, sarei scappato subito da qui a gambe levate!”

“Sai, Wes, non sono uno che scappa... Forse ho ereditato il gene del rischio da mio padre, ma non sono uno che scappa. Potrei farlo, certo, ma come mi sentirei dopo aver abbandonato la mia amica e tutti gli altri? Anche Brenda è umana, eppure non si tira indietro davanti a nulla. Io non sono fatto per stare dietro le quinte e tu non hai alcun impegno rispetto a me: puoi andartene, finchè sei in tempo, visto che sei l’unico a sapere che questa città non è sicura.”

“Non lo so, non sento il bisogno di voler andarmene da qui, anche se adesso so che è pericolosa...”

Noa sorrise, sentendosi molto stupido: “Francamente, pensavo che essere rapito e torturato ti avrebbe traumatizzato. Invece, sembri stare meglio di quanto pensassi!”

L’altro gli lanciò un’occhiata strana: “Chissà... magari c’è qualcosa che riesce a distrarmi da quell’esperienza… qualcosa di affascinante, che non ho mai visto prima. Qualcosa di ignoto...”

Il ragazzo, confuso e a disagio, distolse lo sguardo: “Già, scoprire che esiste un mondo soprannaturale può affascinare parecchio...”

“Ehm... non mi riferivo a quello, a dire il vero… Comunque, anche la magia mi affascina! Quando mi avete salvato e sono tornato in città, i miei genitori e Corinne erano preoccupatissimi per la mia scomparsa. Poi, però, quando ho dato loro quella pozione, sono cambiati: non ricordavano più nulla, come se non fossi mai andato via. E’ stato indescrivibile!”

Noa non poté non notare la passione e l’entusiasmo con il quale il ragazzo aveva detto quelle ultime parole: “Non vorrai mica interessarti alla magia!” esclamò.

“Perché no? Gli apprendisti esistono per imparare e qui ci sono parecchie persone che posso insegnarci. Saresti più d’aiuto, se imparassi qualcosa, non credi?”

“Io sono più per l’azione che per la teoria, a dire il vero” replicò l’altro.

“Ma la teoria è azione, quando la metti in pratica. Ed è molto più pericolosa!”

I due, allora, si scambiarono un sorriso e, insieme, continuarono a mangiare.



Foresta presso la Zona Est della cupola

 

 

Terence e Brenda stavano facendo un giro notturno in cerca delle streghe, anche se la ragazza accusava un dolore al braccio e continuava a toccarsi il punto in cui era coperto dal bendaggio. Vedendo i suoi gesti, l’uomo si preoccupò subito per lei.

“Ti fa male?”

“E’ solo un po’ di fastidio, fortunatamente non mi hanno ustionato tutto il braccio. Il tuo, invece, come sta?”

Lui tirò su la manica e glielo mostrò: “Ho sopportato di peggio!” rispose, ma la preoccupazione negli occhi di lei c’era ancora.

“La nostra connessione è sempre più forte... La tua ferita non sarà grave quanto la mia, ma ci è vicina...”

“Non preoccuparti, la prossima volta staremo più attenti, ok?”

“Se rivedo la stronza che ci ha fatto questo, giuro che la trascino ad Alkaban per i capelli!” replicò lei, ancora furiosa per quanto successo.

L’altro cercò di cambiare discorsi, guardandosi intorno attentamente: “Si saranno accampate qui da qualche parte, quindi teniamo gli occhi aperti!”

Brenda sbuffò: “Spero che Zack sia riuscito a far tornare Jade, almeno potrà aiutarci. Non voglio rimanere sfigurata o correre come una pazza con i capelli in fiamme!”

“Già, ci farebbero comodo i suoi mostruosi poteri!” concordò lui, per poi continuare la ronda.

 

Intanto, poco lontano da loro, nell’accampamento di Barnès era in corso un esperimento. Tamara, Barnès, Raul e Dex, infatti, erano accanto al corpo disteso al suolo di Klen.

Poco fiducioso, il capo dei demoni si rivolse alla sua collega: “Siamo sicuri che questa cosa funzionerà?”

“DEVE funzionare! E poi, io mi fido di Klen.”

Improvvisamente, Klen li chiamò: era finalmente al di fuori della cupola grazie alla proiezione astrale. Subito, spiegò loro cosa dovevano fare.

“Ora dovete concretizzare la mia proiezione, affinché possa restare da questa parte più a lungo. Procedete come vi ho chiesto di fare, ok?”

Allora, Tamara prese fra le mani un foglio, pronta a recitare una formula, mentre il demone metteva le mani sul corpo della ragazza: con una le tappo il naso, con l’altra la bocca. Dex, invece, si avvicinò, prendendole il polso per monitorare i battiti.
“Non appena sarò vicina alla morte, leggi l’incantesimo, Tamara!”

Pochi secondi dopo, Dex li avvisò: “Okay, sta morendo! Il suo cuore sta per fermarsi.”

La strega lesse immediatamente l’incantesimo: Nel momento della morte, io blocco la tua sorte. Tenuta in sospeso nella trappola astrale, rendo il tuo corpo concreto e reale...
Nello stesso momento, fuori dalla cupola, Klen passò da un corpo che sembrava essere astratto e trasparente ad uno concreto, lasciando il gruppo sotto di lei incredulo e sconvolto.

“Ha funzionato!” esclamò Dex e tutti corsero verso la parete della cupola a parlare con lei.

Barnès fu il primo ad arrivare: “E adesso? – le chiese - Cosa farai?”
“Ora che posso restare qui fuori più a lungo, andrò a consultare altre streghe e altri libri per trovare una soluzione per annullare la cupola sanguinea. Tenete al sicuro il mio corpo, nel frattempo, d’accordo?”

“Non lo chiedere neanche, sta tranquilla!” le rispose Tamara.

Klen sospirò: “Bene! Allora vado, auguratemi buona fortuna!” e se ne andò, scomparendo tra le piante.

Gli altri all’interno, allora, tornarono subito verso le tende.

“Spero non ci metta troppo!” commentò il demone.

“Ci metterà il tempo che ci vuole!” replicò la strega, accanto a lui.



Alkaban

 

 

Quando Jade e Zack entrarono nella sala del Consiglio, erano presenti soltanto i due consiglieri e Marcus fu il primo ad alzare lo sguardo sulla ragazza, sorridendole.

“Bentornata!” esclamò.

“Grazie, – rispose lei, sbrigativa - ma non c’è tempo per i convenevoli. Dobbiamo parlare!”

Ovviamente, Foxi pensò di capire a cosa si riferiva e provò a fermarla: “Jade, se sei qui per tua nonna, ti avverto subito che è stata lei a voler…”

Ma lei non lo lasciò nemmeno finire la frase: “Lo so, infatti non è di questo che sono venuta a parlarvi. Sono stata nel mondo senza magia e per fortuna sono riuscita a ritrovare Mona e a riportarla qui. Purtroppo, durante il viaggio di ritorno, qualcosa è andato storto e sono finita qui, ma nel periodo sbagliato!”

“Cosa vorresti dire?”

“Sono finita nel futuro. Più precisamente nel gennaio del 2016.”

Zack la guardò a bocca aperta, perplesso: “Non mi avevi detto che eri finita nel futuro!” esclamò.

“Beh, non volevo allarmarti!” rispose lei, angosciata.

Subito, però, Marcus riprese il discorso precedente: “Che cos’hai visto?”

“Devastazione, fiamme… Insomma, nulla di buono! Forse non ce l’abbiamo fatta, non tutti, almeno...”

“Hai incontrato me, o qualcun altro di noi, per caso?” le chiese Zack, interrompendola nuovamente.

“No, nessuno. La città era completamente deserta, però qualcuno c’era sicuramente...”

“Chi?”

In risposta, la ragazza appoggiò sul tavolo il biglietto che aveva ricevuto: “Qualcuno sapeva che sarei arrivata in quel preciso istante e mi ha aiutata a tornare. Il problema è che... sono io! La scrittura è la mia, non c’è dubbio! Tuttavia, credo di essere stata aiutata non solo da me stessa, ma anche da qualcun altro: un tizio che correva talmente veloce da sembrare una scia.”

“Un disordinato, forse?” propose Marcus, confuso, ma la ragazza lo era quanto lei.

“Forse, sinceramente non ne ho idea. So solo che tra tre mesi qui succederà qualcosa di brutto. Vi giuro, avevo i brividi...”

Nel sentire le sue parole rimasero tutti senza parole.

“Quindi non ce l’abbiamo fatta a neutralizzare i disordini? Ma com’è possibile, se John non è più una minaccia?”

“Possono succedere tantissime cose da qui a tre mesi! – gli rispose Jade, angosciata – Magari i disordini si erano rafforzati, mentre noi combattevamo contro il tempo per recuperare gli altri contenitori...”

Subito, Marcus cercò di mantenere la calma e di tranquillizzare gli altri.

“Okay, – esclamò - per adesso abbiamo uno dei contenitori, la lettera, lo strumento e i disegni. I demoni, invece, sono sotto controllo, mentre Brenda,Terence e Noa si stanno occupando di cercare le streghe fuggite. Abbiamo ancora tre mesi, prima che avvenga ciò che è accaduto. Possiamo ribaltare la situazione!”

Jade annuì, comprensiva, poi decise che era il momento di mostrare loro la misteriosa scatola.

“Ah, dimenticavo, c’è anche questa!” disse, mentre la posava sul tavolo, suscitando la perplessità di Foxi.

“Cos’è?” chiese l’uomo, lasciandola delusa, dato che la ragazza sperava in una spiegazione.

“Bene, fantastico, io pensavo che me l’avreste detto voi! Comunque, l’ho trovata per terra dopo che sono uscita dal varco. Francamente non so se c’era già o se è arrivata con me.”

“Adesso, però, il dubbio è: la apriamo o no?” chiese loro Zack, indeciso.

“Probabilmente arriva da un’altra dimensione. – spiegò Marcus - Quando si fanno viaggi di questo tipo attraverso i mondi, non sai mai cosa puoi portarti dietro...”

Lei annuì: “Deduco che la scatola non si aprirà, allora! – commentò - E io che pensavo fosse un paio di scarpe!”

 

Dopo qualche secondo di silenzio, Foxi si alzò, rivolgendosi direttamente a Zack, poco lontano.

“Bene, allora tu prendi la bambina e seguimi!”

Jade, però, lo fermò subito: “Aspetta, cosa ne sarà di Mona, adesso? Dove la volete portare?”

“La isoleremo, come abbiamo fatto con tua nonna” le spiegò Marcus, ma lei si oppose.

“E’ soltanto una bambina, non può rimanere chiusa fra quattro mura!” protestò.

Foxi, allora, cercò subito di tranquillizzarla: “Non preoccuparti, Jade, la terremo addormentata fino al momento in cui servirà al suo scopo.”

“D’accordo. – annuì lei, più calma – Adesso però voglio vedere mia nonna, dov’è esattamente?”

“Ti accompagno io!” le disse Marcus e i quattro finalmente lasciarono la sala.



Foresta presso la zona Est della cupola

 

 

Brenda e Terence stavano continuando il giro nel bosco, quando qualcosa attirò l’attenzione della ragazza.

“Ehi, guarda qui! – indicò il terreno, per poi abbassarsi per vedere meglio - E’ sangue!”

“Di chi sarà?”

“Ho ferito una delle streghe, ricordi? Magari, se seguiamo la scia…”

Terence annuì, iniziando a camminare nella direzione indicata: “Guarda, la traccia non è molto estesa!” e, poco dopo, i due si trovarono nei pressi di una radura.

Subito, Brenda notò qualcosa nascosto dietro ad una parete di piante e foglie e subito corse a spostarle.

“Qui dietro c’è qualcosa, aiutami!”

Dietro, i due trovarono una parete rocciosa rettangolare con inciso sopra un simbolo. “Sembra un ingresso!” esclamò lui, notando la sua occhiata perplessa.

“Ho già visto quel simbolo, da qualche parte… – poi ebbe un’illuminazione e, dopo aver frugato qualche secondo nella borsa, tirò fuori i dipinti – Ma certo! Nei dipinti!” e glieli mostrò.

“Guarda, – gli spiegò - il simbolo sulla parete rocciosa è identico alla firma che c’è sui disegni!”

L’altro annuì, confuso: “D’accordo, ma... cosa vorrà dire?”

“E se avessimo trovato il covo di chi ha creato la cupola? Magari le streghe sono qui dietro!” Allora, Terence cercò di forzare la parete, spingendola, ma invano.

“Sì, ma come entriamo per controllare? Non si apre!”

A quel punto, anche lei iniziò a toccarla, decisa: “Dev’esserci una sorta di meccanismo per aprirla o qualcosa, aiutami a trovarlo!”

Insieme, misero le mani ovunque, setacciando ogni centimetro, finchè la ragazza non trovò una fessura. Premendola, la parete rocciosa iniziò a sollevarsi, scoprendo l’ingresso. Per qualche secondo rimase fermi immobile a guardare quell’interno buio e oscuro, come sotto shock, poi, finalmente Terence decise di rompere il silenzio.

“Allora, cosa facciamo? – chiese - Entriamo o no? Se sono veramente qui dietro, potremmo rimanere intrappolati come loro!”

Brenda rifletté qualche secondo, tenendo sempre gli occhi fissi sull’antro, prima di rispondere: “Allora entrerà soltanto uno di noi e, se rimarrà intrappolato, l’altro lo libererà. 
Dobbiamo assolutamente entrare a vedere!”

“Bene, – replicò lui, facendosi avanti - se c’è qualcuno che entrerà qui dentro, sono io! Tu resta qui, ok?”

Ma la ragazza non era d’accordo: “Non essere precipitoso! Io, invece, pensavo che potremmo trovare un sistema imparziale per decidere chi deve andare, tipo sasso, carta, forbice...”

“Non c’è tempo per fare un gioco e poi io sono un essere soprannaturale, perciò posso difendermi!” ribatté lui, serio e deciso, ricevendo in cambio un’occhiataccia.

“E io sono un essere umano con una balestra molto pericolosa e una mira fatale, invece!”

“Dubito che tu abbia la vista ad infrarossi, però!”

“E io dubito che tu possa prendere a calci qualcuno muovendoti come un cieco!”

Con un sorriso beffardo, l’uomo la guardò e tirò fuori un accendino dalla tasca: “Fortuna che ho ripreso a fumare! Ora vado, non muoverti, ok?” e iniziò ad addentrarsi nel buio.

Brenda, alle sue spalle, lo guardò irritata, le braccia incrociate: “Hai preso parecchi vizi da quando siamo a Morney Hill, o sbaglio? Come le manie di protagonismo, ad esempio!”

“Non ti sento piùùùùùùù, la tua voce è debole!” rispose lui, sarcastico.
“Ah, si? E ADESSOO?!? – replicò lei, per poi sussurrare l’ultima parola – Idiota!”

Improvvisamente, la parete rocciosa venne giù e la caverna si richiuse. Brenda, colta dal panico, iniziò a bussare contro la porta.

“Terence? – chiamò - Terence, mi senti? Terence?!? – non ricevendo risposta, iniziò a scrutare ogni centimetro della porta - Okay, dov’era la fessura?”

Qualche secondo dopo, finalmente la trovò, ma, dopo averla toccata, non successe niente.

“Ma che…? Era qui!” e continuò a tastare ovunque.

Intanto, all’interno, anche Terence stava gridando, la fiamma dell’accendino che illuminava debolmente l’ambiente.

“Brenda?!? Brenda, mi senti?” ma non ricevette risposta.

“Okay, adesso non la sento più per davvero!” sussurrò per sdrammatizzare, per poi voltarsi e continuare a camminare.

 


Alkaban

 

 

In una stanza isolata dell’edificio era rinchiusa Dana, seduta su un letto con lo sguardo fisso verso la porta: aveva un aspetto trascurato, con i capelli arruffati, il viso stanco e gli occhi gonfi per la stanchezza, come i pazienti di un manicomio. Davanti a lei, appoggiato alla porta, John continuava a canticchiare.

I go out walking after midnight, out in the moonlight just like we used to do...

La donna, stremata e con lo sguardo basso, sussurrava, alzando sempre di più il volume: “Basta, smettila! Basta, smettila! Basta, chiudi la bocca! BASTA, SMETTILAAAA!”

Ma quello, divertito, continuò ridendo: “I’m always walking after midnight searching for you…

 

Improvvisamente, si aprì la porta e Jade entrò per la prima volta nella stanza.

“Nonna…” sussurrò la ragazza, ma non fece in tempo a continuare che uno dei bicchieri che Dana aveva accanto a sé volò verso di lei attraverso la stanza, rompendosi contro la parete di fronte.

John, ovviamente, rise, ma nessuno poteva vederlo o sentirlo oltre Dana.

Vedendo lo sconcerto di Jade nel vedere sua nonna in quello stato, Marcus, alle sue spalle, le sussurrò: “Te l’avevamo detto che non sta bene...”

Quella, però, scosse la testa, avvicinandosi lentamente all’anziana signora: “Sta calma, sono io, sono Jade... Sono tornata, okay?”

L’altra, con lo sguardo in basso e il corpo tremante, mormorò: “Chiudi la bocca, smettila! Taci, per favore!”

Perplessa, la ragazza si voltò verso Marcus: “Non si riferisce a me, vero?”

L’uomo scosse la testa.

Intanto, Jade si guardò intorno, per poi parlare rivolgendosi in ogni punto della stanza: “Ti pentirai di quello che stai facendo a mia nonna, è chiaro? Il tuo piano è fallito, sono di nuovo qui e anche Mona! Te la farò pagare e troverò una prigione da cui non potrai nuocere più a nessuno. E’ una promessa! – poi si voltò verso sua nonna, più tenera – Tu resisti, invece, non permetterò che ti faccia arrivare all’autodistruzione, ok?” e l’altra, sorprendentemente, annuì, benché provata.

La ragazza, allora, tornò accanto a Marcus, continuando a scrutare la stanza: “Andiamo!” e i due uscirono, chiudendo la porta dietro di loro.

 

John, allora, tornò a parlare, per niente intimidito: “Bene! Sapevo che farti impazzire li avrebbe portati a trovare una soluzione per salvarti da me e farmi uscire dalla tua testa. E, ovviamente, io ne approfitterò per trovare il modo di tornare ad avere un corpo, stanne certa!” La donna rimase in silenzio a guardarlo con ripugnanza.


Jackson e Harmony, intanto, stavano percorrendo uno dei corridoi, diretti verso la Sala del Consiglio. Dopo la settimana passata insieme, la ragazza era assai riconoscente nei confronti dell’altro.

“Ancora non ti ho ringraziato per avermi aiutata a ritrovare quel braccialetto, non sai quanto mi senta sollevata!”

“Di nulla, anche se non mi hai ancora detto cosa ti succede se non lo indossi...”

L’altra sospirò: “Non ne voglio parlare, te l’ho detto!”

“D’accordo, non insisto più. Comunque, se un giorno vorrai dirmelo di tua spontanea volontà, io sono qui!”

“Grazie…” sussurrò lei, intenerita, poi insieme entrarono nella Sala.

Una volta dentro, però, scoprirono con sorpresa che era vuota.

“Che strano, non c’è nessuno... Di solito Marcus e Foxi sono sempre qui...” disse lui, lo stesso sguardo preoccupato di lei sul volto.

“Dici che è successo qualcosa? Magari hanno avuto problemi con la signora Ferguson...” ipotizzò la ragazza.

Fu allora che Jackson notò una strana scatola sul tavolo e subito si avvicinò per osservarla meglio.

“Ehi, qui hanno lasciato qualcosa!”

In un attimo, Harmony gli fu accanto:  “Cos’è?” chiese

“Non lo so, è una scatola!” rispose lui, allungando una mano per aprirla.

Lei, però, era più diffidente e lo fermò: “Aspetta! Forse non dovremmo aprirla, magari non vogliono...”

“E’ solo una scatola, non ci metteranno di certo al rogo! E poi, facciamo parte del Consiglio anche noi, adesso, perciò…” e lentamente scoperchiò la scatola, rivelandone il contenuto.
Quello che videro non li lasciò indifferenti, confondendoli più di quanto non fossero già prima.

“Ma non c’è niente!” esclamò la strega, mentre lui metteva dentro la testa per esaminarla meglio.

“E’ una scatola senza fondo! – disse Jackson, incredulo – Si vede solo oscurità!”

Preoccupata, Harmony lo tirò accanto a sè: “Richiudiamola, non mi piace!”

Ma Jackson parve non sentirla e continuò ad osservare l’interno della scatola, assente, rapito da quell’oscurità. Allora, lei lo scosse, sperando in una reazione.

“Jackson? Jackson!” chiamò.

Poi, inevitabilmente, spostò anche lei per un secondo lo sguardo verso la scatola ed entrambi rimasero fermi in piedi a contemplare il fondo, fatto di un’oscurità che ipnotizzava.


Improvvisamente, nella stanza fecero ritorno Jade e Marcus e, non appena la ragazza si trovò davanti alla scena e notò la scatola aperta sul tavolo e lo strano comportamento dei due, li spinse via, richiudendola immediatamente.

“Ehi, state bene?” gridò ai due.

Loro, allora, dopo aver sbattuto gli occhi per qualche secondo, finalmente tornarono coscienti.

“Ma cosa è successo?” chiese Harmony, confusa.

Fu Marcus a rispondere: “Succede che avete toccato una scatola che noi avevamo deciso di non aprire!”

I due abbassarono lo sguardo, mentre Jackson faceva caso alla presenza di Jade.

“Ohh, la prescelta è tornata!” esclamò.

“Sì, sono tornata, – rispose lei - ma voi state più attenti! Mai aprire qualcosa di potenzialmente misterioso, ok?”

L’altra ragazza annuì: “Già, sembrava parecchio misteriosa, quella scatola...”

Intanto, Marcus li scrutò, preoccupato: “Sicuri di stare bene?” chiese.

“Sì sì, – rispose il ragazzo - ci siamo solo incantati.”

Jade, curiosa, si intromise: “Incantati in che senso?”

“Incantati come… come quando guardi dei fuochi d’artificio molto intensamente” rispose Harmony per entrambi.

“E cosa c’era nella scatola?”

“Niente, fondamentalmente. Solo oscurità, tanta oscurità senza fine.”

A sentire quelle ultime parole, Jade e Marcus si scambiarono un’occhiata.

“Beh, almeno non è successo nulla di strano... Comunque, Marcus, propongo di mettere questa scatola assieme alla cassaforte di mia nonna, in modo che nessuno sia tentato ad aprirla nuovamente.”

L’uomo annuì, prendendola per portarla via: “Sì, sono d’accordo. Sembra innocua, ma meglio non rischiare...” e uscì.

 

Jade, allora, restò nella sala, fermando il demone prima che uscisse.

“Jackson, – lo chiamò - puoi rimanere un attimo? Devo parlarti! – si rivolse poi ad Harmony e Marcus, che erano sulla porta – Vi raggiungiamo subito!”

“Certo!” rispose lui, non capendo cosa volesse.

La ragazza, allora, si sedette, facendogli cenno di fare altrettanto.

“Non so se gli altri ti hanno detto dove sono stata,  ma suppongo di sì…”

Il demone sembrava confuso: “Me l’hanno accennato, ma non sono sicuro di aver capito bene. Ho sentito che ne discutevano, però…”

Jade, allora, decise di essere sincera e di raccontargli la verità: “Sono stata in un mondo senza magia, dove finiscono i prescelti quando muoiono in questo. Si tratta di una sorta di ricompensa finale per il lavoro svolto qui, una nuova vita senza battaglie, né pensieri, né morti sulla coscienza. Insomma, una vita vera!”

Lentamente, Jackson iniziò finalmente a capire: “Aspetta, ma, se è un mondo destinato ai prescelti, questo vuol dire che…”

La ragazza annuì, sorridendo: “Sì, ho incontrato Samuel. In carne ed ossa.”

Emozionato, il ragazzo ricambiò il suo sorriso: “Santo cielo... – sussurrò - Come sta?”
“Sta bene, ha una vita meravigliosa e non è più un demone, ovviamente. Pensa che suona la chitarra in un duo, ha degli amici e anche una moto!”

Risero entrambi.

“Sono contento per lui, merita una vita vera più di chiunque altro” le disse lui, quando si calmò.

Poi, Jade tornò seria: “Senti, non ti ho fermato soltanto per raccontarti di come Samuel sta vivendo la sua nuova vita. Infatti, c’è una cosa che mi ha chiesto di dirti...”

L’altro parve sorprese:  “Davvero? Non pensavo mi avrebbe mai più nominato!”
“Lui vive a Brooklyn, adesso. Pare che, in questa nuova vita, ci si ritrovi in un posto che abbia avuto un significato importante nella propria vita passata.”

Gli occhi di Jackson si riempirono di lacrime nel sentire le sue parole: “E’ la città in cui ci siamo incontrati per la prima volta. Non ci posso credere...”

“Abbiamo parlato parecchio della situazione qui a Morney Hill. Gli ho anche raccontato di averti incontrato e di cosa ho quasi fatto contro il vostro clan per quello che è successo. Gli ho raccontato anche di come hai supplicato il mio perdono e di quanto fossi dispiaciuto per non aver fatto nulla per aiutarlo, all’epoca.”

“Ed è ancora arrabbiato con me?” chiese il ragazzo, triste, perchè quei ricordi erano ancora troppo dolorosi per lui.

Con suo grande sollievo, però, lei scosse la testa: “No, Jackson. Anzi, forse non lo è mai stato. Mi ha detto di dirti che ti perdona, che sarai per sempre il fratello che non ha mai avuto e che rimarrai per sempre nel suo cuore e nei suoi pensieri. Non devi più sentirti in colpa, il passato è passato!”

Ormai il demone stava praticamente piangendo, sollevato: “Mi ha perdonato davvero?”

Jade gli prese una mano, affettuosa: “Sì, Jackson, ti ha perdonato davvero.”

D’impeto, lui la abbracciò, riconoscente: “Grazie! Ti ringrazio per avermelo fatto sapere...”


Intanto, Brenda era entrata ad Alkaban, gridando in cerca di aiuto. Fortunatamente, subito, in un corridoio incontrò Zack e gli altri e, ancora agitata, si rivolse a loro.

“Menomale che vi ho trovati, ho bisogno del vostro aiuto!”

“Cosa ti è successo? – le chiese il ragazzo, preoccupato – Dov’è Terence?”

“E’ per lui che sono qui! Eravamo a fare un giro di perlustrazione nella zona est della cupola per cercare le streghe, quando ci siamo imbattuti in una sorta di caverna. Credo appartenga a chi ha creato la cupola!”

“Come fai ad esserne così sicura?” domandò Foxi, curioso, accanto a lei.

“Il simbolo che c’è sui dipinti, è identico a quello che c’era sull’ingresso.”

“D’accordo, ma cosa è successo a Terence?”

“E’ entrato in questo posto, ma poi l’ingresso si è richiuso. Inizialmente c’era una fessura nella parete e, toccandola, ho aperto il passaggio: dopo che si è richiusa con dentro Terence, però, è sparita e io non sono riuscita a liberarlo.”

“Tranquilla, lo salveremo!” la rassicurò subito Marcus.


Improvvisamente, a loro si unirono Jade e Jackson, attirati dalle loro voci, che si udivano fin dentro la Sala del Consiglio.

“Cosa sta succedendo qui?” chiese la ragazza, confusa.

Non appena Brenda la vide, la fissò incredula, per poi correre ad abbracciarla.

“Oh, mio Dio! Sei tornata!” urlò, mentre l’altra ricambiava la stretta.

“Sì, grazie a Zack!”

“Già, – replicò la ragazza, ridacchiando per la gioia - quel testone non ha mai perso le speranze! Pensavamo di averti persa...”

“Non succederà mai, non mi perderete mai più!” promise Jade, staccandosi dall’amica.

Quella, a quel punto, si ricordò perchè era lì e si fece nuovamente prendere dalla paura: “Jade, devi aiutarmi con Terence, ho paura per lui!”

“Cosa è successo? Tranquilla, me ne occupo io!”

Ma Brenda, proprio mentre stava per spiegarle la situazione, fu vittima di uno strano fenomeno: improvvisamente, il suo corpo si trasformò in pietra, sotto gli occhi atterriti dei presenti.


Jade, spiazzata e con gli occhi sgranati per la sorpresa, si voltò subito verso gli altri: “Ma... ma... cosa diavolo è successo?!?”

“Io credo che a Terence sia successo qualcosa” suggerì Zack, accanto a lei.

“Dove si trova adesso?”

“Ha detto che si trovava nella zona est della cupola. Terence è entrato in una caverna nella foresta” le rispose Harmony.

La ragazza, allora, iniziò ad agitarsi, nervosa: “Ma la foresta è enorme, non la troveremo mai!”

“Ehm… – si intromise allora Jackson - potrebbe aiutarvi Harmony! Lei ha delle sensazioni...”

“Non so cosa voglia dire, ma, se ci aiuta, va bene!” rispose l’altra, non notando l’occhiataccia che, nel frattempo, l’altra strega aveva lanciato all’amico.

“Beh, – disse Harmony, rivolgendosi direttamente alla prescelta - non so se riuscirò ad essere d’aiuto, i miei poteri sono molto limitati, al momento...”

“Non importa, poco è sempre meglio di niente! Vieni con me, ok?”

Zack si fece avanti e si unì a loro:  “Vengo anche io!”

“Bene! – replicò l’amica, per poi rivolgersi ai Consiglieri – State attenti alla statua di Brenda, mi raccomando!”

Ma Jackson, invece, corse veloce verso di loro: “Aspettate, vengo con voi! Potrebbe servirvi una mano in più!” e, insieme, il gruppo uscì dalla stanza.

 


Foresta nella zona Est della cupola

 

 

Barnès e Tamara avevano appena lasciato il loro accampamento, diretti in città e la strega gli stava illustrando cosa avrebbero dovuto fare.

“Ci servono proteine e carboidrati. E acqua, molta acqua. Ma non romperemo nessuna vetrina per procurarceli, non siamo dei selvaggi. Dentro e fuori in poco tempo, perchè non possiamo rischiare di essere localizzati e catturati, okay?”

L’altro, annoiato, le diede a malapena ascolto: “Sì sì, come vuoi! – poi mormorò fra sé e sé - Voglio proprio vedere come entreremo in un negozio senza rompere niente!”

All’altra, però, non sfuggirono i suoi bisbigli: “Hai detto qualcosa?” chiese.

“No, no, niente! Pensavo solo a quanto non vedo l’ora di andarmene da questa odiosa città piena di odiose personcine!” rispose lui, cinico e sarcastico come sempre.

Ovviamente, la replica fu di toni altrettanto fintamente amichevoli: “Spero che tu non ti stia riferendo a me...”

“No, certo che no! Non sia mai!”


Improvvisamente, udirono delle voci provenire da un punto non molto lontano.


“Non capisco cosa le sia successo... Stava bene e poi è diventata di colpo una statua di pietra. E’ assurdo!” sentirono dire a Jade.
“Troviamo Terence e scopriamo cosa è successo, no?” le aveva risposto Zack poco dopo.

 

Barnès, ovviamente, le riconobbe subito: “Sono la prescelta e i suoi amici!”
Tamara, allarmandosi, esclamò: “Oh no! Se trovano il nostro accampamento…”

Ma lui non le lasciò nemmeno finire la frase: “Non accadrà!” chiuse, secco, per poi afferrarla per i fianchi e trascinarla dietro un albero.

“Shhhh, – le sussurrò - non aprire bocca, ok?” e lei, un po’ imbarazzata, annuì.

 

Intanto, gli altri stavano passando proprio a pochi passi da loro.
“Da che parte dobbiamo andare adesso?” stava chiedendo Jade.
“Credo… okay, andiamo da questa parte!” le rispose dopo pochi secondi Harmony.


Il gruppo, allora, si allontanò e, pochi secondi dopo, Barnès e Tamara uscirono fuori. La strega era incredula: “Harmony? Cosa ci fa con loro?”

“C’era anche uno dei miei con loro. Pensavo che i demoni e le streghe non potessero lasciare Alkaban...”

“Già, anche io! – rispose lei, perplessa quanto lui – Comunque, senti, forse è meglio tornare indietro, per stanotte lasciamo perdere. Klen è fuori dalla cupola e io non voglio rischiare che qualcosa vada storto, se ci scoprono.”

Ma lui non era della stessa idea e la prese per un braccio per fermarla: “E invece no! Andremo in città e prenderemo quello che ci serve per sopravvivere nella foresta. Hai appena detto che abbiamo bisogno di proteine, carboidrati e acqua, no? Beh, prenderemo quelle dannate cose stanotte!”

L’altra rimase qualche secondo spiazzata e leggermente imbarazzata per l’insolito contatto fisico, prima di rispondere: “Ehm, d’accordo! Sai... sai essere molto convincente quando usi il tono determinato e non quello malvagio, sai?”

Adesso, dopo quelle parole, anche Barnès era in imbarazzo: “Ah, sì? Beh, grazie! Ora andiamo, però!” e i due, cauti, sgattaiolarono via.


Intanto gli altri, grazie alla guida di Harmony, erano riusciti a raggiungere la fantomatica caverna segnalata da Brenda.

Perplessa, Jade chiese conferma agli altri: “Siamo sicuri che sia questo il posto?”

Zack, allora, si avvicinò per osservare meglio: “Ci sono delle piante a coprire l’ingresso e il simbolo sembra identico a quello che c’è sui dipinti. Siamo decisamente nel posto giusto!”

“Come ci entriamo, però? chiese Jackson, guardandosi intorno - Non c’è di certo una maniglia!”

La ragazza, allora, iniziò a toccare la parete rocciosa, esaminandone ogni centimetro: “No, ma Brenda ha parlato di una fessura che funge da apri-porta.”

Subito l’amico si unì a lei nella ricerca: “Sì, ma ha anche detto che, quando ha riprovato a premerla, non c’era più.”

Sbuffando, l’altra si arrese, indietreggiando: “Okay, mi sono scocciata, adesso provo ad aprire questo ingresso a modo mio!”

“Aspetta, aspetta! – la fermò lui - Non vorrai mica farlo esplodere...”

“No, tranquillo, voglio solo provare ad aprirla con la forza della mente.”

Più sereno, Zack fece un passo indietro, lasciando che si concentrasse. Jade, allora, chiuse gli occhi e, sollevando le braccia in direzione della caverna, provò ad aprirla. Qualche minuto dopo, ancora non aveva ottenuto risultati e delle gocce di sangue iniziarono a colare dal suo naso, facendo preoccupare l’amico.

“Jade, forse dovresti fermarti. E’ troppo faticoso per te!” ma l’altra non rispose, troppo concentrata.

Finalmente, dopo diverse manciate di secondi, accade qualcosa: la parete iniziò a sollevarsi lentamente.
Harmony se ne accorse per prima: “Ce la sta facendo!” esclamò, mentre il passaggio si apriva del tutto.

A quel punto, Zack non volle perdere altro tempo: “Forza Jade, entriamo!” la incitò, ma lei si rifiutò, scuotendo la testa.

“Non posso, sento che il passaggio è pronto a richiudersi, se smetto di esercitare la mia influenza psichica. Non possiamo rimanere bloccati lì dentro anche noi, perciò andate e trovate Terence! – si fermò, affaticata - Resisterò il più a lungo che posso, ok?”

Il ragazzo, preoccupato, le lanciò una lunga occhiata: “Sei sicura?”

“Muoviti, Zack!” gli urlò lei, in risposta, mentre Jackson lo spintonava all’interno.

“Forza, amico, entriamo!” disse, mentre Harmony li seguiva in silenzio.


Una volta dentro, il passaggio era completamente buio.

“Non si vede niente, qui dentro!” si lamentò subito Zack.

In quel momento, la strega richiamò la loro attenzione: “Ho trovato una sorta di torcia da parete!” esclamò.

Il ragazzo, allora, evocò una sfera di energia, che diffuse un debole chiarore.

“Okay, alzala e allontanala il più possibile dalla tua faccia. – le ordinò - Provo ad incendiarla!”

Quando l’altra chiuse gli altri, allora, lanciò la sfera verso la torcia e questa prese subito fuoco, rivelando che si trovavano in uno stretto corridoio.

Harmony, riaprendo gli occhi, sollevata: “Evviva, sono tutta intera! Mi sono sentita come l’assistente di un prestigiatore, quando inizia a lanciarle i coltelli addosso!”

“Ho una buona mira, come vedi. – replicò l’altro, deciso – E adesso sbrighiamoci!” e tutti insieme si avviarono.


Non appena girarono l’angolo, però, fecero subito una scioccante scoperta: il corridoio era pieno di statue di pietra.

Harmony era la più sconvolta del gruppo: “Oh, mio Dio! – esclamò - Sono le mie sorelle streghe!”

“Ecco Terence! – indicò, invece, Jackson, avanzando - Prendiamolo e andiamocene!”

Ma Zack subito lo fermò: “Aspetta!”

“Cosa c’è?”

“Questa è una trappola, se chiunque è passato per questo corridoio, è diventato di pietra!”
“Ha ragione, – esclamò Harmony, indicando un disegno sul muro – guardate lì!”
Jackson, allora, si avvicinò per vedere meglio: “Cos’è?” domandò, mentre Zack recuperava dalla tasca il cellulare.

“Non lo so, ma è meglio fotografarlo!”

“E con Terence come facciamo?” chiese allora il demone.

L’altro, allora, scattò la fotografia, poi scrutò con attenzione la scena, prima di rispondere: “Sono stati tutti pietrificati non appena oltrepassato questo disegno sul muro. Dobbiamo tirare la statua di Terence più indietro, in modo da non rischiare di cadere nella trappola anche noi.”

“Ehi, qui c’è una corda! – fece notare loro la ragazza - Può andare bene?”

“Passamela!” le ordinò, annuendo.


Dopo aver fatto un cappio con la corda, Zack la gettò sulla statua di Terence, facendola scivolare fino al collo.

“Dobbiamo farla cadere fino alla vita, – gli consigliò Jackson - non possiamo trascinarlo per il collo, rischiamo di farlo cadere!”

L’altro sbuffò: “E’ quello che sto cercando di fare, ma non è facile!”

Finalmente, dopo diversi tentativi, riuscì nell’intento.

“Bene, adesso aiutatemi a tirare, ma facendo piano, ok?” e subito i due lo aiutarono.
Lentamente, riuscirono finalmente a recuperare la statua di Terence senza romperla.

Zack, allora, poté dare loro altre istruzioni: “Harmony, tu rimani davanti a noi con la torcia per fare luce, mentre Jackson mi aiuterà a trasportarla, ok?” e i due, in risposta, annuirono.

 

Quando uscirono, Jade era ancora lì fuori che manteneva il passaggio aperto, allo stremo delle forze.

“Finalmente, – esclamò, vedendoli - non ce la facevo più!” e smise di esercitare la sua influenza psichica, lasciandolo richiudersi.

Allora Zack, senza perdere altro tempo, esclamò: “Attaccatevi a me, vi teletrasporto ad Alkaban, ok?”

Ma, a quel punto, Harmony, che si era persa a fissare un punto nel bosco, si intromise: “Aspettate, c’è qualcuno che ci spia!” e tutti si voltarono a guardare, accorgendosi che aveva ragione.

“Chi è?” domandò Jackson.

Zack, allora, decise di intervenire: “Tieni la statua!” ordinò all’altro ragazzo e subito corse
verso quella persona, pensando di coglierla di sorpresa. Chi spiava il gruppo, però, vedendolo arrivare, scappò, ma Zack riuscì a raggiungerlo e gli saltò letteralmente addosso. Quando guardò meglio, però, rimase spiazzato.

“Ma sei una ragazza!” esclamò, mentre l’altra si dimenava sotto di lui.

“Levati di dosso, lasciami!” gridò e lui, confuso, subito si spostò.

“Chi diavolo sei e perché ci stavi spiando?”

Ma quella, dopo averlo fissato per un attimo, scappò di nuovo.

Improvvisamente, però, davanti a lei comparve Jade: “Vai da qualche parte?” le chiese.

“Io... io non voglio avere niente a che fare con voi, ok? Lasciatemi andare!” urlò la ragazza, capendo di essere accerchiata.

La strega, però, era risoluta: “Perché stavi spiando la caverna? – chiese - Hai per caso creato tu questa cupola che ci imprigiona?”

“Ho contribuito a crearla, ma non vi devo alcune spiegazione. Vi abbiamo dato tutte le indicazioni che servivano, sono affari vostri, adesso!”

“Come ti chiami?” le chiese Zack, gentilmente.

“Mi chiamo Nina.”

“Bene, Nina, – disse allora Jade - ora verrai con noi!”

Ma quella si rifiutò ancora una volta: “Ho detto che non voglio avere nulla a che fare con voi!”

“Sfortunatamente, – replicò l’altra, meno amichevole -  non hai molta scelta, perciò verrai con noi con le buone… o con le cattive. E’ chiaro?” e Nina rimase a guardarla, senza riuscire ad aggiungere altro.



Alkaban

 

 

Qualche ora dopo, Nina si trovava nella stanza degli interrogatori, dove era stata portata Sasha qualche giorno prima. Erano presenti sia i Consiglieri, che quelli che l’avevano trovata, esclusa Harmony.

La strega, desiderosa di risposte più di tutti gli altri, era disposta a tutto pur di ottenerle e non si fece scrupoli nel rivolgersi minacciosa alla ragazza.

“Cos’è quella caverna? – chiese, ancora una volta - Perché avete trasformato le streghe in pietra?”

L’altra, seria e imbronciata, alzò lo sguardo su di lei: “Almeno noi siamo riuscite a tenerle ferme in un posto, al contrario di voi!” esclamò.

“Beh, avremmo di sicuro velocizzato i tempi, se voi non foste state così criptiche, invece di venire qui e spiegarci di persona cosa dovevamo fare esattamente!”
“Avevate solo un compito: recuperare i contenitori! Non ci vedo nulla di complicato, vi abbiamo fornito ogni aiuto possibile!”

Man mano che la conversazione proseguiva, i toni si fecero sempre più alti.

“Beh, abbiamo avuto parecchie complicazioni!”

“Non sei molto amichevole, anche se noi vi abbiamo offerto una soluzione per porre fine a tutto questo, sai?”

Zack, allora, decise di intromettersi: “In quante siete, esattamente? Ma, soprattutto, CHI siete?” e la ragazza si voltò verso di lui, pronta a rispondere.


Harmony, nel frattempo, li stava raggiungendo, quando un alito di vento la fece rabbrividire. Improvvisamente, un sussurro lieve arrivò al suo orecchio e la ragazza sembrò cadere in una sorta di trance, lo sguardo fisso nel vuoto. Camminando, arrivò davanti ad una porta, che trovò aperta. Una volta entrata, trovò le statue di Brenda e Terence, la cassaforte e la misteriosa scatola. Subito, si avvicinò a quest’ultima e delle voci, dei lamenti, le riempirono la testa. Ormai succube, la ragazza non esitò a scoperchiarla nuovamente, tornando a fissare l’oscurità senza fine che c’era sul fondo.  Un’oscurità molto misteriosa…

CONTINUA NEL TREDICESIMO EPISODIO

Testo a cura di Lady Viviana

ANGOLO AUTORE: La seconda parte della terza stagione, riparte ufficialmente da oggi con un episodio a settimana fino al finale di stagione, scusate il ritardo. Non perdete il prossimo appuntamento con la 3x13 "Racchiuso al suo interno" Lunedì 31 Agosto. Buona settimana stregata!

 

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Capitolo 13
*** 3x13-Racchiuso al suo interno ***


CAPITOLO TREDICI

"Something Bad in Town"

 

 

 

Milwaukee, Wisconsin (Fuori dalla cupola)

 

 

Klen era fuori dalla cupola ormai da diverse ore, ma solo durante la notte era riuscita a trovare un passaggio e a raggiungere la cittadina più vicina. Allora, si mise a girare per Milwaukee, stringendo tra le mani una cartina, quando, improvvisamente, si fermò e si sedette su una panchina. Appoggiò la mappa accanto a sé e tirò fuori un pennarello nero, segnando delle linee e pensando ad alta voce.

“Allora… – mormorò fra sé e sé - i quattro elementi: acqua, il lago Michigan. Fuoco, la fabbrica e Aria, ehm… l’aeroporto. Terra, invece, la montagna. – alla fine, si formò la figura di un rombo – Bene, se esce un rombo, è giusto! Ora, devo segnare il centro e contare quaranta passi verso la direzione del sole o della luna. Beh, è giorno, quindi in direzione del sole!” e si alzò con la cartina in mano.

 

Seguite le istruzioni, si ritrovò all’ingresso di un vicolo, per poi entrarvi e camminare ancora per un tratto, finchè, magicamente, non si ritrovò all’interno di una bottega. C’era una donna dietro il bancone, che subito le rivolse un sorriso gentile.

“Salve, – la salutò - cosa posso fare per te?”

“Ero proprio in cerca di una strega, perchè ho bisogno di aiuto!” le rispose la ragazza.

“Di che cos’hai bisogno?”

“Mi servirebbero alcuni volumi riguardanti le maledizioni e le trappole magiche. In verità, cerco qualcosa a proposito della cupola sanguinea...”

Nel sentire di cosa si trattava esattamente, la donna sobbalzò: “Oh, quelli di Morney Hill!”

La ragazza la squadrò, alquanto perplessa: “Sapete della cupola?”

“Beh, noi streghe delle città circostanti lo sappiamo, le altre non lo so. Tu da dove vieni, piuttosto? Per caso una persona a te cara è rimasta bloccata sotto la cupola?”

“In verità, provengo proprio da lì! Sono rimasta lì insieme alla mia congrega.”

L’altra rimase impressionata da quella rivelazione: “Proiezione astrale concretizzata, giusto?”

“Esatto! Con la semplice proiezione astrale, non sarei mai arrivata fino a qui.”

Quella, in risposta, annuì, per poi avvicinarsi ad alcuni scaffali pieni di libri alle sue spalle: “Sono colpita: sei davvero in gamba e coraggiosa. Sai, si può morire nel tentativo di concretizzare la propria proiezione... Per quanto riguarda i libri sulle maledizioni e le trappole magiche che mi hai chiesto, avevo il primo volume di Magie del mondo antico e il quarto de L’arte Shomia, ma non credo qui in bottega ci sia qualcosa che possa aiutarti. Suppongo tu sappia che la magia della cupola sanguinea è davvero molto antica ed è difficile trovare libri che ne parlino ancora e spieghino come scioglierla.”

Klen sospirò, delusa: “Sì, lo immaginavo. Anche se il termine Shomia mi è nuovo...”

“Beh, le streghe della tua generazione non possono di certo conoscere quest’arte, perché risale a secoli fa. Sono in pochi a praticarla ancora, ma in principio erano solo una famiglia e i suoi discendenti. Più avanti, si è diffusa, ma non tutti la capivano e si sentivano realmente potenti come molti avidi avrebbero voluto, perciò lentamente si è estinta quasi ovunque.”

“E in che cosa consiste, esattamente?”

“Beh, noi comuni streghe utilizziamo incantesimi, maturando interiormente i nostri poteri e rafforzandoci. L’arte Shomia, invece, va contro tutto questo e viene praticata soltanto da donne che fanno uso della magia attraverso disegni di simboli e altri mezzi simili. Chi segue l’arte Shomia, infatti, è convinto che la magia sia oscura, tossica e pericolosa se si insidia dentro di noi, quindi la creano in altri modi, andando contro natura.”

“Quindi non stiamo parlando di streghe?”

“Non esattamente: stiamo parlando di streghe che hanno rifiutato la loro natura e utilizzano la magia soltanto in caso di necessità e in stile Shomia.”

“Cosa c’è nei libri Shomia, invece?”

“Numerosi simboli che, disegnati su una qualsiasi superficie, danno origine ad un incantesimo diverso ogni volta. Oltre ai simboli, esistono anche altre tecniche per creare magia senza passare da se stessi e queste donne, nel corso dei secoli, si sono mantenute pure, usando la magia solo in caso di necessità, senza inquinare il proprio essere.”

“Quando hai capito della cupola, hai subito cercato un volume su quest’arte. Vuol dire che la cupola sanguinea è una magia Shomia, di quelle praticate da queste donne?”

“Esatto.”

La ragazza roteò gli occhi, demoralizzata: “Questo vuol dire che non ho possibilità di salvare la mia congrega. Da quello che mi hai raccontato, infatti, quest’arte è molto antica e dubito che ci siano ancora molti libri in circolazione su di essa...”

La donna rimase per qualche attimo in silenzio, improvvisamente triste per la ragazza, per poi convincersi ad aiutarla.

“Senti, forse questa magia può essere aggirata in un altro modo. Conosco un posto dove possono aiutarti. Dove c’è una strega che può aiutarti.”

Klen rialzò lo sguardo: “Di quale posto stai parlando?”

“Si trova in Georgia ed è la sede di una congrega nata di recente che, però, si è presto fatta conoscere per la strega che ne è a capo. Si chiama WitchHouse.”

L’altra sorrise, più speranzosa: “Come ti chiami?” chiese alla donna.

“Mi chiamo Roma.”

“Bene, Roma, allora portami subito alla WitchHouse!”

 

 

Alkaban

 

 

Jade e Zack si trovavano fuori dalla stanza degli interrogatori e la ragazza, nervosa, continuava a camminare avanti e indietro, sotto lo sguardo preoccupato dell’amico.

“Jade? – chiamò, senza ricevere risposta – JADE!”

Dopo diverse volte, finalmente lei si fermò, voltandosi a guardarlo perplessa: “Cosa c’è?”

“La smetti di fare avanti e indietro? Così farai innervosire anche me! E poi, si può sapere cosa ti è preso? Sei stata troppo severa con quella ragazza!”

L’altra gli lanciò un’occhiataccia, irritata: “E cosa avrei dovuto fare, trattarla con i guanti? Finalmente incontriamo uno di quelli che hanno creato la cupola e lei come ci aiuta? Dicendoci di cavarcela da soli, perchè abbiamo tutti i mezzi necessari per compiere non-sappiamo-nemmeno-cosa!”

Zack, più calmo, si avvicinò a lei: “Almeno sappiamo che, qualsiasi cosa faremo, sarà per neutralizzare i disordini, dato che Nina ce l’ha confermato.”

“Ah, – esclamò lei, cinica - Adesso la chiami anche per nome? Perchè non uscite anche a prendere un caffè insieme, già che ci sei?”

“Okay, – replicò lui, irritato - prima di tutto si chiama così e, poi, calmati! Lo so che sei preoccupata per tua nonna e per Brenda e che il tempo stringe, come so che avresti tanto voluto rimanere con Samuel in quel mondo e non tornare mai più in questo postaccio pieno di problemi e di decisioni da prendere. Credimi, so perfettamente cosa stai passando e che guerra alberga nella tua mente, ma ora devi calmarti, o non otterrai nulla da quella ragazza. OK?”

Jade, allora, si convinse e si fermò, prendendo un respiro profondo: “Va bene, hai ragione, ma forse è meglio se entri tu a parlare con quella ragazza. Io non ho ottenuto niente, due ore fa e dubito che, cambiando atteggiamento, andrà diversamente, perchè ormai si è fatta una certa idea di me. Tu, invece, sei uno che ispira fiducia, perciò potrebbe fidarsi e dirti quello che vogliamo sapere.”

Lui rimase in silenzio a pensarci per qualche secondo, poi annuì: “D’accordo, parlerò con lei e farò del mio meglio!” ed entrò.

 

Zack, sotto gli occhi increduli di Nina, prese una sedia e la mise di fronte a lei, per poi sedersi poco dopo.

Prima di parlare, però, la guardò negli occhi per qualche secondo: “A quanto pare, ora è il mio turno. La mia amica, infatti, mi considera il poliziotto buono, anche se di buono in me non è rimasto molto, visto che diverso tempo fa ho fatto cose di cui non vado fiero. Spero comunque di riuscire a conquistare la tua fiducia, per sapere quello che ci serve per neutralizzare i disordini e lasciarti quindi tornare a casa senza nemmeno un graffio. In ogni caso, hai la mia parola che nessuno, in nessun caso, ti torcerà un capello, anche se deciderai di non parlare. D’accordo?”

Quella lo fissò in silenzio per lunghi attimi, fissandolo senza rivelare i suoi pensieri, decidendo alla fine di parlare: “Anche se la tua amica mi ha minacciato, so perfettamente che non mi farete mai del male. Comunque, non serve tenermi qui, perché quello che dovete sapere è nella lettera di istruzioni.”

“Ma non è completa!” esclamò il ragazzo.

“Lo sarà man mano che porterete a termine tutti i punti della lista. Trovati i contenitori, saprete cosa dovrete fare dopo. Abbiamo pensato a tutto pur di aiutarvi, non potete chiederci di più!”

“Ma... potremmo non avere abbastanza tempo, perciò sapere in anticipo quello che dovremmo fare, ci farebbe stare più tranquilli.”

La ragazza, però, non rispose e, dopo qualche minuto, sul suo volto si dipinse una maschera di sofferenza: “Ti prego, lasciami andare via. Non voglio rimanere qui...”

L’altro la guardò perplesso: “Perchè fai così? Sembra che tu abbia paura di noi... Ma non devi farlo...”

“Non ho paura di voi, infatti. Ho paura di quello che c’è DENTRO di voi!”

Zack parve confuso da quella risposta: “Dentro di noi? A cosa ti riferisci, esattamente?”

“All’oscurità che risiede in voi e che corrompe il vostro essere. La magia che scorre in ogni fibra del vostro corpo, infatti, è impura e io non voglio averci a che fare, non voglio macchiarmi della vostra scelta di accettarla.”

Il ragazzo rimase molto colpito dal suo racconto: “Suppongo tu non sia una strega, se pensi questo, quindi… sei un essere umano?”

“Non esattamente.... Diciamo che, semplicemente, non sono macchiata da quell’oscurità come voi.”

“Parli della magia come di un male che sta consumando tutti noi esseri soprannaturali…” commentò lui.

“Ed è così!” replicò lei, secca, facendogli sfuggire un sospiro.

“Sai, io ero un essere umano, prima di diventare un demone e… hai perfettamente ragione! La magia è un male oscuro che ci consuma e rovina le nostre vite per sempre, ma… almeno ci dà una ragione di vita e un senso. In poche parole, mi ha dato quello che mi ha tolto e mai desidererò tornare alla persona che ero all’inizio.”

Nina ci pensò su un po’ e, finalmente, parve iniziare lentamente a fidarsi: “Perché, com’eri all’inizio?” chiese.

Ricordare dipinse sulle labbra di Zack un sorriso: “Ero un ragazzo che amava l’informatica e passava ore davanti allo schermo di un computer. Un solitario, insomma, anche un po’ sfigato. Un puntino nel mondo che non aveva un senso e che esisteva perché tanto non faceva differenza se c’era o meno. Non ero nessuno e non facevo nulla per cambiare la situazione, nonostante avessi dei sogni. E, in un mondo come questo, questo equivale a non esistere.”

“E adesso chi sei, invece?”

Finalmente, lui alzò lo sguardo, notando che c’era anche pietà negli occhi di lei: “La persona che volevo essere in realtà, ma che detesto per come è arrivata ad essere come desiderava. Non immaginavo, infatti, che bisognasse attraversare un abisso di dolore… – all’improvviso, però, parve accorgersi della reazione della ragazza e tornò subito serio e meno vulnerabile – Piuttosto, quel disegno che c’era nella caverna è opera tua?”

“Sì, ho disegnato io quel simbolo. Si tratta di un incantesimo chiamato La traversata di Medusa.”

“E basta sorpassare il simbolo perchè si attivi, giusto? Nel nostro caso, ha pietrificato tutti coloro che sono passati per quel corridoio. – dalla sua voce si capiva che era curioso e affascinato allo stesso tempo – Piuttosto, non ho mai sentito nulla a proposito di incantesimi fatti con i simboli, di che cosa si tratta?”

“Di Arte Shomia!” esclamò lei, decisa, in risposta.

 

Qualche ora dopo, quando ormai il sole era sorto, Jade aveva deciso di prendersi un bicchiere d’acqua e riposarsi qualche minuto appoggiata alla parete. Tuttavia, quasi subito incrociò Jackson, alquanto preoccupato.

“Hai visto Harmony?” le chiese lui senza nemmeno salutarla.

Stanca, la ragazza staccò la testa dal muro e lentamente alzando lo sguardo: “No, per tutto il tempo sono stata davanti alla stanza degli interrogatori, apparte qualche minuto in cui sono andata a prendere un po’ d’acqua. Perché?”

“Non la vedo da parecchie ore e sento che c’è qualcosa che non va!” rispose lui in preda all’agitazione.

Come previsto, Jade rimase colpita dalle sue parole e subito si alzò dal pavimento: “Okay, allora ti aiuto a cercarla!” esclamò, quando da un corridoio vicino arrivò un grido di Marcus.

“L’ho trovata!” urlò.

Subito, il demone si affrettò a spiegarle la situazione: “Anche Marcus mi ha aiutato a cercarla.”

L’altra annuì, perplessa: “Ma ci chiama dal corridoio, dove c’è la stanza in cui… – disse, confusa, per poi capire - Oh, mio Dio!” riuscì a dire, prima che entrambi corressero a vedere.

 

Jade si precipitò nella stanza preoccupata e agitata, andando subito verso Marcus.

“Ti prego, dimmi che non è scomparso nulla e che le statue…” iniziò, prima di venire interrotta dall’uomo.

“No, dalla cassaforte non manca nulla e sia Brenda e che Terence stanno bene, ma…”

Tuttavia, non finì la frase, preferendo che capissero da soli la situazione. Infatti, si spostò e mostrò loro cosa era nascosto alle sue spalle: Harmony, distesa per terra addormentata.

 

Subito, Jackson corse a tastarle il collo per sincerarsi delle sue condizioni: “E’ viva!” esclamò, sotto lo sguardo perplesso del consigliere.

“Ehm… – esordì l’altro, spostando lo sguardo - sì, l’avevamo capito perchè sta russando, anche se non rumorosamente…”

Imbarazzato, il ragazzo si tirò su: “Scusate, volevo solo esserne sicuro...”

Tutti i presenti annuirono, comprensivi.

“Piuttosto, – si intromise Jade qualche secondo dopo - cosa le è successo? Perché si è addormentata proprio qui?”

Il demone, confuso quanto lei, non rispose, mentre Marcus si guardava intorno con attenzione.

“Aspettate un secondo…” mormorò, inquieto.

“Cosa c’è? Hai detto che non mancava nulla!” gli disse la ragazza, guardandolo perplessa.

“La scatola! – rispose lui - L’avevo messa in questa stanza e ora non c’è più!”

La strega sbuffò, esasperata: “Okay, svegliatela, dobbiamo scoprire dov’è finita! – ordinò, decisa - Non sappiamo ancora che mistero nasconda al suo interno e non abbiamo bisogno di nuovi problemi, al momento!”

Jackson, allora, si chinò e iniziò a scuoterla, senza successo. Nel far ciò, però, notò qualcosa di strano che subito condivise con gli altri.

“Guardate qui, – indicò - ha le mani sporche di terra!”

Jade, confusa, si voltò verso Marcus in cerca di spiegazioni: “L’ha sepolta? Perché avrebbe dovuto farlo?”

Tuttavia non ricevette risposta, perchè, nel frattempo, il ragazzo era riuscito a svegliarla. Sollevandosi lentamente, Harmony osservò stordita i presenti: “Co-cosa sta succedendo? Che cosa ci facciamo qui?”

La strega, però, non le lasciò il tempo di riprendersi, sommergendola di domande: “Hai preso tu la scatola? Dove l’hai messa?”

L’altra, però, parve ancora più confusa: “Di che cosa stai parlando...? Io non ho preso niente!”

“Che cosa ci fai qui, allora? – si intromise Jackson - E perché hai le mani sporche di terra?”

“Io-io non mi ricordo... – rispose l’amica, guardandosi sconvolta le mani – Ma come....? Che cosa è successo?”

Anche Marcus, come gli altri, era senza parole: “Non ti ricordi proprio nulla? – le chiese - Nemmeno di come sei arrivata qui? Sei sparita per ore!”

In preda all’ansia, Harmony iniziò a respirare male, riuscendo solo dopo diversi secondi a prendere abbastanza fiato per parlare: “Io.... io ricordo solo che vi stavo raggiungendo nella stanza degli interrogatori, dove stavate parlando con quella ragazza. Ad un certo punto, ho sentito freddo e una strana sensazione e poi… niente, non ricordo più niente. Davvero!”

Jackson annuì, per poi voltarsi verso gli altri due, in piedi alle sue spalle: “Io le credo, sta senz’altro dicendo la verità!” esclamò.

“Allora accompagnala nella sua stanza e resta con lei, mentre noi cercheremo di capire cosa è successo” gli ordinò Marcus e subito lui eseguì.

 

Intanto, Jade e Marcus si chiusero nella stanza per discutere.

La ragazza era alquanto seccata dalla situazione: “Questa porta non avrebbe dovuto essere chiusa ermeticamente con almeno cento serrature?”

“Ti assicuro che lo era, me ne sono occupato personalmente. Non avremmo mai lasciato cose così importanti incustodite in una stanza con la porta aperta!”

“Okay, – replicò lei innervosita – intanto, però, la scatola è sparita e Harmony ha un bel buco di parecchie ore. Se non ricorda davvero come dice, resta però una domanda: che cosa ha fatto in quel tempo? Le mani sporche di terra dimostrano che ha preso sicuramente lei la scatola e che l’ha sepolta da qualche parte.”

Intanto, mentre parlavano, erano usciti dalla stanza, diretti verso la Sala del Consiglio.

“Magari è la scatola ad averla attirata. – ipotizzò l’uomo - Ricordi quando abbiamo trovato lei e Jackson che guardavano l’interno, come in trance?”

“Mi stai dicendo che la scatola le è entrata in testa e le ha ordinato di cercarla in quella stanza e seppellirla da qualche parte come se fosse un burattino? E’ talmente assurdo che… che potrebbe essere vero, in effetti...”

“Conserviamo ancora qualche libro, lasciato dalle streghe nella loro sala di ritrovo. Magari troviamo qualcosa!” propose lui, incontrando subito la sua approvazione.

“Va bene, avverti Foxi e diamo un’occhiata a qualche illustrazione che parli di strane scatole che danno ordini, mentre io vado a vedere cosa ha concluso Zack con quella ragazza, ok?”

Lui annuì. “D’accordo, ci vediamo tra poco!” e si divisero.

 

 

Morney Hill College

 

 

Qualche ora più tardi, le lezioni stavano ormai per cominciare e Noa stava attraversando il campus con il telefono in mano in attesa di un messaggio da parte di Brenda. Era in pensiero, deciso a chiamarla per sincerarsi fosse tutto a posto, quando alle sue spalle arrivò Wes a distrarlo.

“Hey, Noa!” lo chiamò, facendolo voltare.

“Ciao!”  rispose lui, rallentando il passo per aspettarlo.

“Vedo che sei riuscito a svegliarti... Ieri abbiamo davvero fatto tardi, eh? E’ incredibile come vola il tempo tra due chiacchiere e un hamburger!”

Noa gli sorrise, felice di vederlo: “Concordo, il tempo è davvero volato! Abbiamo continuato a parlare anche mentre sollevavano le sedie sui tavoli perché era ora di chiusura. Credo che, se fossimo rimasti un minuto di più, ci avrebbero cacciati fuori a calci, ma, per quanto mi riguarda, io sono stato davvero bene con te...”

“Rifacciamolo, allora!” esclamò Wes, deciso, ricevendo in risposta un’occhiata perplessa.

“Mangiare hamburger?”

“No, uscire e parlare come abbiamo fatto ieri. Anche io sono stato bene e.. e sai, non mi succedeva da tanto tempo di passare una serata così piacevole con qualcuno…”

“Ti capisco… Comunque, per me non ci sono problemi, possiamo vederci tutte le volte che vuoi, ma… c’è una cosa che devi sapere prima, ovvero che.. che... io sono gay...”

Contrariamente a quanto si aspettava, però, l’altro non parve affatto sorpreso da quella rivelazione: “Ti passo a prendere alle nove, okay? – Noa annuì, confuso, mentre si voltava per entrare nell’edificio alle sue spalle – Okay, a stasera, allora! Ah! Comunque, l’avevo capito...”

Il ragazzo, ora, era decisamente spiazzato e rimase pietrificato in mezzo alla strada, incapace di fare qualunque cosa. Poi, qualche manciata di secondi dopo, alzò la mano e guardò il telefono, accorgendosi con sorpresa di non avere ancora ricevuto nulla. A quel punto, decise di andare a lezione e di lasciar perdere per quella mattina.

 

 

Alkaban

 

 

Jade aveva raggiunto la sala degli interrogatori, ma, con sua grande sorpresa, non aveva trovato nessuno al suo interno. Preoccupata, si era messa a cercare Zack e la ragazza, invano. Quando giunse davanti alle porte d’ingresso di Alkaban, però, vide l’amico rientrare nell’edificio e subito gli corse incontro, confusa.

“Come mai sei uscito? – gli chiese – Dov’è la ragazza?”

L’altro continuò a camminare spedito, lasciando che lei lo rincorresse: “L’ho lasciata andare.”

Allibita, la ragazza lo afferrò per un braccio per farlo fermare: “COSA?!?” riuscì a urlare, prima che lui si divincolasse.

“Sì, hai capito bene: l’ho lasciata andare!”

“Perchè lo hai fatto? Lei ci serve, sa parecchie cose!”

“Perchè voglio guadagnarmi la sua piena fiducia. Abbiamo parlato di molte cose e, da quello che ho capito, Nina e le sue sorelle non vogliono avere niente a che fare con noi perché siamo esseri soprannaturali corrotti dalla magia.”

Jade lo guardò, perplessa: “Corrotti dalla magia?”

“Pensano che la magia sia un male da cui bisogna stare alla larga. E, in effetti, non hanno tutti i torti! Guarda solo quante cose succedono per via di essa...”

“Ma non ha senso! Insomma, hanno creato la cupola con la magia e messo quella trappola pietrificante nella caverna... Che fine hanno fatto i loro principi in quelle occasioni?”

“Loro non usano la magia come fate voi altre streghe. La creano in un altro modo, che non implichi passare attraverso se stesse. Infatti, usano simboli, pozioni e tutto quello che non permette alla magia di intaccarle, in nessun modo.”

“Razzismo magico, insomma! Piuttosto, Brenda e Terence? L’hai davvero lasciata andare via senza chiederle come possiamo farli tornare normali?”

Lanciandole un’occhiataccia, Zack tirò fuori un foglietto dalla tasca: “Mi credi così stupido? Anzi, no, non rispondere nemmeno che è meglio... Comunque, questo me lo ha dato lei, dopo che le ho parlato di loro.”

Stringendole fra le mani, Jade osservò i disegni che c’erano sopra: “Che diavolo è questa roba?!? – esclamò - Non ho mai visto nulla del genere…”

“Si tratta di Arte Shomia, quella che praticano Nina e le sue sorelle. Ha detto che dobbiamo disegnare quei simboli sulle statue di Brenda e Terence per annullare il maleficio.”

“Ha delle sorelle?” chiese allora la ragazza, alzando lo sguardo sorpresa.

“Si, due. Ma non ha aggiunto altro.”

“E le streghe nella caverna? Cos’hanno intenzione di fare con loro?”

“Ha detto che devono rimanere dove sono e che non annulleranno il maleficio fino a quando non saremo pronti.”

“Pronti per cosa?”

In risposta, lui scosse la testa: “Non lo so. Non fa che ripetere che ci arriveremo. Comunque, non ha tutti i torti, forse è meglio lasciarle lì. Dopo quello che è successo due settimane fa con le fughe e le ribellioni, non abbiamo tempo di fare anche gli acchiappa-streghe!”

La ragazza annuì, allungando il passo: “Okay, allora riferiamo ai consiglieri quello che Nina ti ha detto e…” iniziò, prima di essere interrotta dall’amico.

“Jade, aspetta! Prima c’è una cosa che devi sapere su tuo nonno... Da quando Dana l’ha intrappolato nella sua mente, il potere di persuasione che gli ha permesso di far credere ai cittadini di Morney Hill di essere il sindaco, si è annullato. La gente ora è confusa, perchè il vero sindaco si è subito presentato in municipio per prendere il suo posto. Noi abbiamo pensato che fosse cessato tutto nel momento in cui è stato intrappolato, ma, dopo aver chiacchierato con Nina, ho scoperto che la sua persuasione è svanita prima ancora di finire nella mente di tua nonna...”

“E come fa lei ad esserne così sicura?”

“Perché l’ha visto in città e sapeva cosa stava succedendo in municipio.”

“Quindi dici che…” esordì lei, senza tuttavia avere il coraggio di continuare e lasciando che fosse lui a farlo.

“Sì, credo che John abbia perso i suoi poteri dopo essere stato nell’area zero. Pensaci, ha perfettamente senso: lui è un emulatore permanente e ha raccolto un’infinità di poteri nel corso degli anni. Entrando nell’area zero, li ha sicuramente persi tutti, perciò, quando è uscito, la sua entità soprannaturale dev’essersi ritrovata completamente azzerata. Probabilmente non se n’è nemmeno accorto e non ha avuto il tempo di raccogliere altri poteri da noi o da i demoni e le streghe, quindi…”

“…è quasi innocuo!”

“Beh, hai detto bene: quasi. Ha ancora dalla sua parte i disordini che controlla, ma, per il resto, non è più tanto potente come prima, perciò possiamo tirarlo fuori dalla mente di tua nonna prima che la distrugga completamente.”

Tuttavia, nonostante le sue rassicurazioni, l’amica aveva ancora qualche perplessità: “Si, ma, se lo tiriamo fuori dalla mente di mia nonna, dobbiamo avere un altro posto in cui intrappolarlo per sempre, no? E... e non mi viene in mente praticamente nulla, al momento!”

“Beh, io un’idea ce l’avrei! – ammise lui, tirando fuori il telefono e mostrandole una foto – L’ho scattata nella caverna... Vedi quel simbolo sulla parete? E’ un incatesimo chiamato  La traversata di Medusa grazie al quale le streghe sono state pietrificate.”

“Come funziona?”

“Viene disegnato su una parete e, se qualcuno lo oltrepassa, diventa di pietra.”

Jade rimase senza parole: “Tutto qui? – chiese, dubbiosa – Credi davvero possa funzionare con John?”

Zack sfoggiò un sorriso, sicuro: “Certo! Basterà riprodurre lo stesso simbolo nella stanza in cui si trova Dana e, quando avremo liberato John dalla sua mente, farlo avanzare verso di noi affinché lo oltrepassi.”

La ragazza ancora non era sicura fosse la scelta giusta, ma decise di prendere tempo: “Okay, ma dovremmo parlarne prima con Marcus e Foxi. Dobbiamo metterti al corrente di cosa è successo questa notte: la scatola è scomparsa!”

L’amico si bloccò e sgranò gli occhi per la sorpresa. Tuttavia, non disse nulla, dirigendosi con lei verso la Sala del Consiglio.

 

 

Stazione della metropolitana di Milwaukee, Wisconsin

 

 

Il viaggio di Klen era appena cominciato, ma, fortunatamente, Roma, la strega appena conosciuta, la stava accompagnando. In quel momento, le due si trovavano in una stazione della metropolitana della città, deserta a quell’ora. La giovane ragazza era perplessa.

“Perché siamo qui? La metropolitana non ci porterà mai fino in Georgia, pensavo avremmo usato un’auto o preso un treno!”

Ma l’altra continuò a camminare: “Fai sempre così tante domande quando qualcosa non ti sembra logico? Fidati di me, arriveremo in Georgia in uno schiocco di dita!”

Poco dopo, si fermò davanti ad un muretto, illuminato scarsamente da qualche lampione. Klen continuava a guardarla senza capire, ma, stavolta, non disse nulla. Improvvisamente, Roma fece un passo e lo attraversò, scomparendo nel nulla sotto gli occhi sconvolti della sua compagna di viaggio.

“Ma dove diavolo è andata?” mormorò la ragazza e subito sentì la voce della donna provenire dall’altra parte.

“Dai, vieni!” la chiamò.

Benché diffidente, la ragazza decise di attraversare. Quando la raggiunse, vide davanti a sé un lungo corridoio illuminato di bianco da una luce proveniente da sotto il pavimento. Ai lati non c’erano pareti, solo il buio, talmente nero da perdercisi dentro. Roma, qualche metro più avanti, le fece cenno di avanzare.

“Forza, andiamo!”

Quando la raggiunse, vide che alla fine del corridoio c’era una specie di sportello, simile a quello di una banca o di una edicola di strada, con una donna affacciata alla finestrella. Nonostante fosse molto confusa, Klen non fece domande, guardando Roma rivolgersi tranquillamente a lei.

“Due biglietti per Brunswick. Grazie!”

Annoiata, l’altra glieli allungò guardandola a malapena: “State andando alla WitchHouse, per caso?” chiese.

 “Esatto! – rispose Roma, tirando fuori alcuni articoli magici dalla borsa e passando tutto sotto il vetro – Ecco, a te!”

Poi, si girò verso destra, proprio dove c’era il buio assoluto. Nel frattempo, Klen la seguì in ogni mossa, non capendo nulla di quanto stava accadendo. Qualche secondo dopo, la donna dietro allo sportello premette un tasto e, improvvisamente, davanti alle due streghe si aprì un varco al cui interno si trovava un vortice impetuoso, pronto ad accoglierle. Roma, senza perdere altro tempo, prese la mano della ragazza.

“Avanti, andiamo!” esclamò, trascinandola dentro senza nemmeno darle il tempo di reagire.

 

Subito dopo, le due piombarono fuori dal muretto di un’altra stazione della metropolitana.

“Cosa diavolo è successo?!?” gridò Klen.

“Ci siamo teletrasportate, no?” rispose l’altra, ricomponendosi e confondendola ancora di più.

“Sbaglio, o hai pagato quella donna in talismani e fialette di pozioni?”

“Oh, ma che stupida! – esclamò, ridendo - Per te è tutto nuovo, scusami, dimentico sempre che provieni dalla cupola. Diciamo che quello a cui hai appena assistito è un nuovo tipo di business creato per permettere alle streghe di spostarsi più velocemente. E’ davvero ingegnoso e ti dirò: questa novità proviene proprio dalla WitchHouse!”

La ragazza annuì, guardandosi attorno: “Quindi siamo davvero in Georgia?”

“Proprio così! Siamo a Brunswick, la sede della WitchHouse.”

“Non vedo l’ora di conoscere questa strega, allora, perciò portamici subito!”

“Anche io sono impaziente di conoscerla e di visitare la fantomatica WitchHouse... Sai, parte della ragione per cui ti ho accompagnata, è perchè ero curiosa!” poi, senza aggiungere altro, le due risalirono la metropolitana.

 

 

Alkaban

 

 

Jade e Zack entrarono nella Sala del Consiglio, trovando Marcus che consultava dei libri. Subito, l’uomo alzò lo sguardo su di loro.

“Bene, meno male che siete qui! – esclamò - Ci sono diversi libri da consultare, perciò prendetene uno e datevi da fare, ok?”

I due, però, non si mossero.

“Devo dirti una cosa.... – iniziò Zack - Ho lasciato andare Nina!”

L’uomo, per la sorpresa, si alzò di scatto: “COSA?!?”

Jade, allora, decise di intromettersi: “E’ solo una strategia, perchè la ragazza non si sentiva a suo agio, qui. Zack, però, è riuscito a conquistare parte della sua fiducia, perciò continuerà ad incontrarla fuori da qui.”

L’altro annuì: “Almeno siete riusciti a chiederle qualcosa sulla cupola o su chi è lei in realtà?”

“Discende dalle streghe, ma non lo è, in un certo senso. Pratica l’Arte Shomia, non so se ne hai sentito parlare…” spiegò il ragazzo, facendosi avanti.

“Sì, la conosco, ma ero convinto si fosse estinta. Non immaginavo si praticasse ancora. Ora, però, capisco il disagio della ragazza nello stare qui con noi e nel rimare in disparte fino ad oggi. Tuttavia, non dobbiamo comunque perderla di vista. D’accordo?”

“Tranquillo, mi occuperò io di lei. Non la perderò d’occhio!”

 

Improvvisamente, furono raggiunti da Foxi, che entrò nella stanza con un libro in mano. “Ho trovato quello che cercavamo! – esclamò, posandolo sul tavolo e aspettando che tutti si avvicinassero per guardare – Si chiama La scatola delle tentazioni.”

“Già, – commentò Zack - dall’immagine sembrerebbe proprio la stessa!”

“Di che cosa si tratta esattamente?” chiese Jade, curiosa.

L’uomo, che aveva letto tutto poco prima, si affrettò a spiegare cosa aveva scoperto: “La scatola delle tentazioni è un oggetto mistico che viaggia nel Domus…

“Aspetta! – lo bloccò la strega – Cosa diavolo sarebbe?”

“E’ il luogo da cui passi prima di finire in un’altra dimensione. E’ una sorta di corridoio con tante porte: il Domus è rappresentato dal corridoio, mentre le dimensioni dalle porte.”

“Quindi, prima di arrivare nel mondo in cui si trova Samuel, sono passata dal Domus?”

“Esatto! E questo spiega anche come la scatola sia riuscita ad arrivare nel nostro mondo con te: i viaggi dimensionali sono rari, ma, grazie a te, ha trovato il modo di abbandonare il Domus in cui era stata confinata.”

“Allora che cos’è questa scatola delle tentazioni in realtà?” chiese Zack, impaziente.

“La scatola racchiude al suo interno tutte le cose che vengono scartate dagli altri mondi. Se, ad esempio, decidessimo di spedire un sasso in un’altra dimensione, potrebbe arrivarci, ma, se prima incontra questa scatola nel Domus, viene risucchiato automaticamente al suo interno.”

“Questo però non spiega come Harmony sia riuscita a dimenticare una notte intera, però...”

“Il libro dice anche che questa non è la prima volta che la scatola lascia il Domus. Essa, infatti, viene soprannominata delle tentazioni, perché suscita talmente tanta curiosità da indurre quasi tutti a volerla aprire. Una volta aperta, però, chi ne osserva il fondo viene connesso ad essa al punto che prende possesso della tua mente ed è in grado di farti fare qualsiasi cosa, senza che tu te accorga.”

“In questo caso, Harmony!” aggiunse Marcus, concludendo la spiegazione.

“Sbaglio o mi avete detto che c’era anche Jackson? Lui, però, non l’abbiamo trovato svenuto assieme a lei...”

Fu Jade, stranamente, a proporre una soluzione: “Credo di averlo distratto in qualche modo, raccontandogli di Samuel. Magari ho liberato la sua mente dalla connessione con la scatola...”

Zack annuì: “D’accordo, ma rimane comunque una domanda importante: cosa ha fatto fare ad Harmony?”

“Non è difficile arrivarci, se ci fate caso…” replicò Foxi, vago.

“Ha liberato qualcosa che era racchiuso al suo interno, uno scarto!” propose la ragazza, facendo sospirare l’amico.

“Fantastico, altri problemi da altre dimensioni!” esclamò quest’ultimo.

Subito, però, Foxi lo corresse: “Non esattamente. In realtà, infatti, la scatola ci restituisce soltanto qualcosa che è stato escluso dalla nostra dimensione, non dalle altre.”

Jade annuì: “Bene, sapete di che cosa si tratta esattamente, allora?”

I due consiglieri si scambiarono una lunga occhiata, poi Marcus prese la parola.

“Parliamo di un tempo lungo secoli, sono molte le cose che potrebbero essere state escluse da questo mondo...”

“Okay, ma... – provò allora il ragazzo, preoccupato - se si arriva ad escludere qualcosa da un mondo, significa che è pericolosa, no? Perciò, qual è la cosa più pericolosa che sia mai esistita in questo mondo?”

“Davvero non saprei. Sono troppe le possibilità. Fossimo stati ai piani alti, avremmo potuto consultare gli archivi, ma da qui… beh, c’è poco da fare!” replicò Foxi, deciso.

“Allora che cosa facciamo, aspettiamo che qualcosa o qualcuno di potenzialmente pericoloso uscito da una scatola ci attacchi? – sbottò la ragazza, esausta - Dio, non abbiamo davvero un attimo di tregua...”

“Per questo dovete uscire a controllare!”

Lei sbuffò, seccata: “Suppongo sia fuori luogo parlare di John, a questo punto...”

“Di John? A proposito di cosa, scusa?”

Ma fu Zack a rispondere per lei: “Vuole liberarlo dalla mente di Dana per intrappolarlo nella pietra.”

I due sgranarono gli occhi per la sorpresa.

“COSA?!? – urlò Marcus - E’ pericoloso, potrebbe fuggire! Siamo già stati fortunati la prima volta...”

Anche Jade, allora, alzò la voce: “Ma lei sta soffrendo! John la sta torturando e io non posso permettere che la distrugga completamente!”

Ancora una volta, l’amico la sostenne, spiegando meglio agli altri la situazione: “Si tratta di un incantesimo Shomia che ho fotografato nella caverna. Dobbiamo solo disegnare il simbolo sulla parete e, appena John farà un passo, si pietrificherà come è accaduto con le streghe. Potremo liberarci di lui per sempre, per non parlare del fatto che ho scoperto anche che ha perso tutti i suoi poteri dopo l’area zero...”

Foxi sospirò: “Lo sappiamo già, ma rimane comunque una minaccia. E’ lui che ha creato i nuovi disordini e che li controlla, non dimenticatelo!”

“Ne sono consapevole più di chiunque altro, ma vi prego, fate qualcosa...” la ragazza continuava a insistere, nella speranza di convincerli.

I due consiglieri, allora, rimase in silenzio qualche manciata di secondi, lo sguardo basso in segno di riflessione. Alla fine, fu Foxi a parlare per entrambi.

“Ne riparleremo dopo il vostro giro di perlustrazione, ok?”

Scuotendo la testa indignata, la ragazza si diresse verso la porta, ma, prima di varcarla, volle dire ancora qualcosa.

“Lei è l’unica che mi è rimasta. Tenete conto almeno di questo, quando ne riparleremo...” e uscì.

 

Zack si preparò a raggiungerla, ma prima consegnò ai due consiglieri un foglietto e una fiala di inchiostro blu.

“Ah, dimenticavo! – esclamò – Nina mi ha dato questi! Servono per annullare il maleficio su Terence e Brenda. Usate questo inchiostro per disegnare sulle loro statue il simbolo che c’è sul foglio e torneranno normali.”

Marcus li prese dalle sue mani: “D’accordo. Adesso andate, ci penserò io personalmente!”

“D’accordo, grazie!” rispose il ragazzo, prima di raggiungere l’amica fuori dalla stanza.

 

 

Foresta presso la zona Est della cupola

 

 

Diverse ore dopo, la giornata era ormai trascorsa e su Morney Hill era calata la notte. Tamara e Barnès stavano tornando al loro accampamento e tra le mani stringevano delle buste di carta con dentro del cibo. Sembravano alquanto divertiti dall’esperienza in città, al punto che risero per tutto il tragitto.

“Sai.... – esordì lei - è stato eccitante rubare da un supermercato senza usare la magia per entrare...”

“Perché usare la magia, quando puoi spaccare il vetro della porta sul retro con una pietra?”

“Già! Fortuna che era piccolo e siamo riusciti a uscire prima dell’arrivo della polizia!”

A quel punto, però, l’uomo notò qualcosa muoversi nella foresta poco lontano da loro, perciò prese Tamara per i fianchi e la trascinò dietro un albero.

Lei, confusa, iniziò a gridare: “Cosa diavolo ti prende?!?” ma subito lui le tappò la bocca con una mano.

“Shhhhhh! – le sussurrò – Guarda laggiù!”

Quando spostò lo sguardo, la strega vide quattro loschi tizi vestiti completamente di nero che camminavano tra gli alberi e si spaventò.

“E quelli chi sono?” mormorò, prima che se andassero.

“Non lo so, – le rispose l’altro - ma non sembravano far parte del gruppo della prescelta...”

Tamara, allora, iniziò ad agitarsi: “Senti, forse dovremmo spostare il nostro accampamento... Chiunque siano, non voglio che si avvicinino a noi!”

Barnès, vigile, annuì: “Sì, sono d’accordo. Da queste parti c’è troppo movimento, ultimamente... – poi iniziò a camminare – Muoviamoci!” e lei lo seguì, in allerta.

 

 

Ristorante “Pleasure” – Morney Hill

 

 

Noa era appena sceso dall’auto di Wes e stava osservando, senza parole, il posto in cui l’aveva portato.

“Davvero?”

In quel momento, l’altro lo raggiunse per avviarsi insieme verso l’entrata: “Davvero cosa?”

“Davvero questo! Un ristorante? Non passeremo inosservati… Insomma, hai mai visto due della nostra età fare una cena a lume di candela in un posto del genere?”

Wes, però, era calmissimo: “E chi ha detto che ci saranno delle candele? E’ solo una cena, Noa! E poi, tu sei dichiaratamente gay, quindi cosa ti importa se la gente pensa qualcosa di strano?”

“Beh, a me nulla, ma non so te... Quando cercavo a tutti i costi di nascondermi, finire a cena con un ragazzo in un ristorante del genere era l’ultimo posto in cui sarei voluto andare!”

L’altro sospirò: “Senti, per quanto mi riguarda, siamo solo due amici che condividono una cena, okay?” e accelerò il passo, lasciandolo dietro.

Noa rimase confuso dalla sua reazione: “Ecco, ora non ti seguo più!”

 

Poco dopo, i due presero posto al tavolo che avevano prenotato e iniziarono a consultare il menù. O meglio, Wes consultò il menù, dato che Noa passò tutto il tempo a sbirciarlo da dietro il suo, per poi arrendersi e gettarlo sul tavolo con decisione.

“Okay, non riesco a capirti! Prima sei lì che flirti con me e dopo siamo solo due amici che condividono una cena? Insomma, giochiamo nella stessa squadra o stai davvero cercando di fare amicizia con me?”

Sospirando, anche Wes lasciò perdere il suo: “E va bene, se vuoi farmi quella domanda, falla. Ma cerca di non gridarla, va bene?”

Noa, allora, si guardò intorno, per poi allungare il collo verso di lui in modo da poter sussurrare: “Lo sei? Gay, intendo…”

Titubante, il ragazzo si ritratte leggermente: “No, non credo. Oppure, forse. Cioè... non... non ho mai provato attrazione verso un ragazzo, prima di te...”

L’altro era perplesso: “Intendi dire che… che ti ho fatto diventare gay o qualcosa del genere?”

Wes roteò gli occhi: “Beh, non esageriamo, anche le ragazze mi piacciono, ma… non nello stesso modo in cui mi piaci tu, ora...”

Sentendosi sollevato, Noa finalmente si rilassò, appoggiandosi con la schiena alla sedia e mettendosi più comodo.

“Caspita, mi sento come Jack Harkness in Torchwood! “ esclamò, stupendosi quando l’altro non lo capì.

“Aspetta, non hai mai visto Torchwood?!?” chiese, sbigottito.

“E’ una... cosa gay?” chiese quello, insicuro.

“Una cosa gay, dici? Beh, no… Anzi, forse... In verità, tutti i personaggi sembrano tendere alla bisessualità, ma non è questo il punto! La serie parla di quest’uomo affascinante - gay, ovviamente - a capo di una squadra che combatte le minacce aliene. Nel corso degli episodi intraprende una sorta di relazione con Ianto Jones, una specie di assistente tuttofare della loro base segreta e più avanti si scopre che, per lui, Jack era l’unico uomo da cui si sentisse attratto, anche se non capiva perchè.”

Wes parve sbalordito dalla sua situazione: “Wow! Ricordami di vedere questa serie, un giorno. Anche se, a differenza di Ianto Jones, io so perfettamente perché sono attratto da te!”

Imbarazzato, Noa quasi non riusciva più a stare seduto bene sulla sedia: “Ah, sì...?” riuscì a dire, mentre il cameriere portava sul tavolo le loro ordinazioni.

“Sì. Tu mi piaci perché in quella casa, mentre quel mostro stava per farmi del male, hai voluto prendere il mio posto. Hai tirato fuori il coraggio e hai rischiato la tua vita per salvare un estraneo. Cosa c’è di più attraente di questo?” concluse, guardandolo negli occhi.

“Forse tu mi vedi come una specie di eroe e non come…” iniziò l’altro, ma subito Wes si arrabbiò e lo interruppe.

“Ma per favore, non essere ridicolo! Tu mi piaci e basta, gli eroi non c’entrano nulla! Piuttosto... tu provi lo stesso per me?”

Noa, colto di sorpresa e senza parole, provò a prendere tempo giocando con la forchetta che aveva nel piatto: “Ehm… io penso che… come posso spiegartelo? Tu sei un bravo ragazzo e il fatto è che…”

Deluso, Wes girò la testa verso la finestra, immaginando cosa stava per dire.

Improvvisamente, però, fu attirato da un uomo che, in piedi nell’ombra dall’altra parte della strada, fissava il ristorante. Strizzò gli occhi, cercando di vedere meglio e dimenticandosi totalmente del ragazzo dall’altra parte del tavolo.

“Ma che diavolo…?” esclamò, attirando l’attenzione dell’amico, che smise immediatamente di parlare.

“Che c’è? Che cosa stai guardando?”

Ma non fecero in tempo a dirsi altro, che un forte bagliore di luce investì il ristorante dall’esterno: un enorme furgone attraversò la vetrina e finì all’interno, ribaltandosi più volte. Poi, si udirono solo le urla della gente ferita all’interno del ristorante, che era in condizioni disastrose: la facciata era distrutta, i tavoli e le sedie per terra assieme ai piatti rotti, alle posate e ai frammenti di vetro delle finestre. Ovunque, regnava il caos.

Pochi secondi dopo, Wes si rialzò tossendo, un rivolo di sangue che gli colava dalla fronte, chiamando il nome dell’amico: “Noa? Noa, stai bene?”

Quello, però, non rispose, steso a terra privo di coscienza dall’altra parte del tavolo, la faccia piena di sangue. Subito, allarmato, si avvicinò a lui e iniziò a scuoterlo.

“Noa? Noa, ti prego! Svegliati!” chiamò.

Poi, tra le grida della gente che cercava di soccorrere i propri cari e capire cosa fosse successo, buttò di nuovo uno sguardo fuori, attraverso la voragine creata dal furgone, cercando di scorgere nuovamente l’uomo che aveva visto pochi attimi prima. Sfortunatamente, però, sembrava sparito, perciò Wes tornò a rivolgere la sua attenzione all’amico e a cercare aiuto.

 

 

Nei pressi di Alkaban

 

 

Jade e Zack avevano passato l’intera giornata a controllare Morney Hill, ma tutto sembrava essere normale, eccetto la solita presenza dei disordini. Essendosi ormai fatta notte, pensarono di tornare ad Alkaban per riferire che nulla di malvagio aveva lasciato l’edificio. Nel tragitto, continuarono a chiacchierare.

“Non posso ancora credere che ci siamo davvero fermati a casa tua a mangiare un boccone cucinato da te!” esclamò Zack, sorpreso.

“Beh, perchè no? Avevo una gran fame e abbiamo passato l’intero pomeriggio a passeggiare come dei barboncini in cerca di un osso che non c’era. E poi… – gli sorrise – è stato bello poter mangiare qualcosa assieme al mio migliore amico. Un quarto d’ora di normalità! Davvero, quand’è stata l’ultima volta che abbiamo fatto una cosa del genere?”

“Ehm… mai?” rispose lui, ironico, scatenando in entrambi una risata.

“Già, non l’abbiamo mai fatto, in effetti!”

“Pensavo che Samuel ti avesse rimpinzato per bene, prima di farti tornare qui da noi. Invece stavi letteralmente per mangiare il piatto!”

“Sai, credo che viaggiare attraverso il Domus abbia bruciato le calorie che avevo accumulato...”

E i due continuarono a ridere ancora per un po’. Alla fine, comunque, la risata si spense e tornarono seri.

“Non mi hai ancora raccontato com’è. Essere stata lì, dico” continuò Zack, curioso.

Jade sospirò, ricordando: “E’ identico a qui, anche se non esattamente. Cioè... non saprei come spiegarlo, ma… provi quella sensazione come se nulla potesse farti del male, come se non dovessi preoccuparti più di nulla e di nessuno. C’era... pace, tanta pace. Una vera pace, non quella che sembra ci sia adesso mentre camminiamo. Pace, capisci? Di quella che ti dice che non accadranno più cose brutte e che non dovrai mai più vivere ogni giorno con la paura di perdere le persone a te care tanto presto o di correre contro il tempo nel tentativo di fermare qualcosa…”

Un accenno di sorriso si formò sulle labbra di Zack: “Sarebbe bello poter provare quello che hai descritto, sai? Scoprire un mondo che non sapevi esistesse ed esserne affascinato. Combattere contro il male non è più divertente come una volta... – poi vennero la tristezza e i rimpianti – Non dopo quello che abbiamo passato…”

L’amica era altrettanto demoralizzata: “Purtroppo finchè vivremo in questo mondo, non credo avremo mai un lieto fine...”

Sospirando, l’altro continuò a camminare con lei, finchè, improvvisamente, notò uno strano oggetto per terra, vicino ad un albero. Subito scosse il braccio dell’amica, indicandoglielo.

“Guarda, c’è qualcosa laggiù! Lo vedi?” e si avvicinò velocemente per osservarlo meglio.

“Che cos’è?”

“Sembra un vaso...”

La ragazza si guardò intorno circospetta: “Dov’è il coperchio?”

Subito, lui fece altrettanto: “Non lo so, non lo vedo in giro...”

Lei, allora, lo prese in mano e vi guardò dentro, sgranando poi gli occhi per la sorpresa: “Accidenti, questo vaso non ha il fondo! Come la scatola!”

Subito, Zack si allarmò: “Forse è meglio non guardarci dentro molto a lungo, allora. Ricordi cosa è successo ad Harmony e Jackson?”

“Aspetta! E se Harmony avesse tirato fuori questo vaso dalla scatola?”

L’amico parve confuso da quella strana ipotesi: “Sì, ma cosa c’era dentro?”

Jade, allora, guardò dentro ancora una volta, notando qualcos’altro: “Sembra che, qualunque cosa ci fosse, sia uscito, ma… è rimasto qualcosa, una piccola luce che brilla nell’oscurità...”

Trovando l’oggetto pericoloso, Zack glielo tolse immediatamente di mano: “Credo sia meglio portarlo ad Alkaban e non guardarci più dentro, ok?” e si tolse anche la giacca per avvolgerlo dentro.

“Ecco, così dovrebbe andare. – esclamò, soddisfatto – Adesso portiamolo ai consiglieri e speriamo non si tratti di qualcosa di malvagio!”

La ragazza, allora, si guardò ancora intorno, circospetta:“Sai, ho la sensazione che qualcosa stia arrivando, anzi… che sia già arrivato, per colpa mia...”

“Aspettiamo prima di sapere cos’è, d’accordo?” e, insieme, i due corsero via più veloci della luce, ignari di cosa avevano tra le mani.

 

 

CONTINUA NEL QUATTORDICESIMO CAPITOLO

Testo a cura di Lady Viviana.

ANGOLO AUTORE: Se il capitolo vi è piaciuto, ricordate di lasciare un commento ai fini della continuazione della storia. Non perdetevi il prossimo appuntamento con la 3x14 "E rimase solo la speranza" Lunedì 7 Settembre. Buona settimana stregata!

 

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Capitolo 14
*** 3x14-E rimase solo la speranza ***


CAPITOLO QUATTORDICI

"Everybody Wants to Rule the World"

 

 

 

Alkaban

 

 

Come gli aveva suggerito Zack, Marcus aveva disegnato i simboli Shomia sulle statue di Brenda e Terence, seguendo esattamente le sue istruzioni. Completata l’operazione, indietreggiò, aspettandone gli effetti e, pochi secondi dopo, notò che la pietra stava iniziando a svanire, liberando lentamente i due intrappolati. Brenda fu la prima a tornare normale, ma per qualche istante rimase comunque bloccata nella posizione in cui era, per via del troppo tempo passato nella pietra; alla fine, comunque, si riscosse, toccandosi le braccia e il volto, per poi sorridere, abbracciando il suo salvatore.

“Oh, santo cielo, ti ringrazio! Non ne potevo più di stare richiusa lì dentro!”

Colto di sorpresa, l’uomo arrossì, imbarazzato: “Ma figurati, non ho fatto nulla!” rispose con un sussurro.

Intanto, anche Terence era tornato normale e aveva assistito, alquanto infastidito, alla scena; tuttavia, non reagì, limitandosi solo a lanciargli un’occhiataccia.

Mentre si staccava da Marcus, subito Brenda lo sommerse di domande: “Per quanto tempo sono rimasta pietrificata?”

“Da ieri notte, perciò quasi un giorno.”

A quel punto, Terence tossì, deciso a rivelarle la sua presenza.

“Oh, mio Dio! – esclamò lei, vedendolo - Terence, ci sei anche tu!” e corse ad abbracciarlo.

Marcus, tuttavia, dovette interrompere quel momento: “Ehm... ora dovreste venire con me, però, perchè dovrei aggiornarvi su quello che è successo...”

La ragazza si voltò di scatto verso di lui, allarmata: “Ah sì? Quante cose sono successe esattamente mentre non c’eravamo?”

“E’ tornata Jade, tanto per cominciare!” e sul volto dell’altra si dipinse un sorriso di gioia, mentre tutti insieme lasciavano la stanza.

 

Appena fuori, nel corridoio, incrociarono Jade e Zack, appena tornati. Tra le due amiche, sorprese di vedersi, ci fu un lungo sguardo, seguito da un sorriso e un lungo abbraccio stritolante, come quelli tra due vere amiche.

Quando si staccarono, Brenda fu la prima a ritrovare l’uso della parola: “Stai bene? – chiese - L’hai visto?”

L’altra, con gli occhi lucidi, si limitò ad annuire: “Sì, l’ho visto e sta bene, ma… – si girò verso tutti gli altri, immobili a guardarle – Ne parleremo in un altro momento, d’accordo?”

 

A quel punto, Zack, il vaso ancora avvolto nella giacca, si fece avanti, avvicinandosi a Marcus: “Abbiamo trovato una cosa, mentre rientravamo dal giro in città…” iniziò.

“Raggiungiamo la sala, così puoi mostrarcela, ok?” gli rispose quello, avviandosi.

Intanto, Brenda aveva osservato perplessa il dialogo fra i due:  “Cosa mi sono persa, esattamente?” domandò, confusa.

Subito, Jade si affrettò a rassicurarla: “Tranquilla, ti aggiorno mentre ci dirigiamo in sala!”

“Caspita, tu finisci in un altro mondo per quasi una settimana e sono io quella a dover essere aggiornata!” replicò, sarcastica, strappando all’amica un sorriso.

“Guarda che sono tornata da un giorno, eh!”

Il gruppo, allora, si mosse lentamente verso la Sala del Consiglio.

 

 

Trauma Center – Morney Hill Hospital

 

 

Dopo che le ambulanze erano giunte al Pleasure, tutti i feriti e le vittime più gravi erano state trasportate con urgenza al Morney Hill Hospital. Wes, che era entrato nella stessa ambulanza di Noa, l’aveva inseguito fin dentro l’ospedale, mentre i medici lo trasportavano velocemente in sala operatoria.

Percorrendo il corridoio, la dottoressa descrisse il paziente ai colleghi: “Uomo bianco, 20 anni, ferita alla testa, possibile trauma cranico, pressione 70/80. Prenotate una sala, ORA! – poi si girò verso due dei suoi specializzandi – Aiutatemi a metterlo sull’altra barella, forza!” e insieme lo sollevarono.

Intanto, Wes, dietro di loro, assisteva sotto shock alla scena, trovando appena le parole per chiedere alla donna notizie sull’amico.

“Mi scusi, ma... non sta morendo, vero? Starà bene, giusto?”

“Dobbiamo operarlo e le sue condizioni sono critiche, al momento. Aspetti qui in sala e… – a quel punto si accorse che anche lui era ferito  – Un momento! Anche lei era nel ristorante, perciò deve farsi vedere da qualcuno! SUBITO!” e poi corse via con la barella, lasciando Wes, preoccupato per Noa, da solo in mezzo alla confusione.

 

 

Alkaban

 

 

Dopo essere stati raggiunti anche da Harmony e Jackson, finalmente si riunirono intorno al tavolo. Brenda era stata aggiornata, come anche Terence, ed era rimasta sbigottita dal racconto di ciò che le era accaduto.

“Sapevo che un giorno mi avrebbero fatto una statua, ma... – commentò, ironica - così hanno decisamente esagerato!” e tutti la guardarono con un accenno di sorriso, per poi tornare subito seri.

Zack, infatti, non aveva perso tempo e aveva tirato fuori il vaso dalla sua giacca, per poi guardarvi dentro: “Qualsiasi cosa ci fosse all’interno, ora non c’è più. Quando io e Jade l’abbiamo trovata non molto lontano da qui, però, c’era una piccola luce sul fondo...” e lo appoggiò al centro del tavolo, mentre tutti si stupivano per la tranquillità con cui i Consiglieri avevano accolto la notizia.

“Avete idea di cosa sia?” chiese Jade a nome di tutti.

Foxi sospirò: “Sì, si tratta del Vaso di Pandora...”

Zack, incredulo, scoppiò a ridere: “Quello che racchiude tutti i mali, per caso?”

Brenda, cercando di sembrare colta quanto l’amico, ripeté la domanda: “Già, quello che racchiude i mali...?”

“Dai, Brenda, non fingere di non saperlo! – esclamò l’amica, voltandosi e lanciandole un’occhiataccia - L’abbiamo studiato in terza liceo!”

“Sinceramente, non ricordo nemmeno dov’ero una settimana fa! Cosa ne dite, concludiamo questa scena pietosa e andiamo avanti?”

A Marcus, con grande disappunto di Terence, sfuggì una risatina.

Ignorando quella scenetta, Foxi si affrettò a dare una spiegazione esauriente: “Alcune volte i miti raccontati sui libri non rispecchiano la verità. In questo caso, infatti, la vera storia è un po’ diversa da quella che alcuni di voi conoscono: gli Dei riuscirono a progettare questa sorta di vaso che liberasse la terra dal male più grande che potesse minacciarlo. Essendo Dei, lo affidarono ad una giovane ragazza mortale di nome Pandora e…”

Ma Zack, pignolo, si intromise: “Quindi Pandora non era la figlia di Zeus e... – ma non riuscì ad aggiungere altro, perchè Brenda gli lanciò un’occhiataccia – Cosa c’è?” le chiese.

“Foxi ha appena detto che quella storia è inventata, perciò non fare il saputello con delle dicerie!”

L’uomo, però, si intromise per correggerla: “A dire il vero, Brenda, non ho detto questo: semplicemente, alcune cose sono vere, altre no. Con il passare dei secoli, la storia è stata modificata più volte, ma qualcosa di veritiero rimane sempre.”

Il ragazzo fece una smorfia, ma non disse nulla, così l’altro poté proseguire con la spiegazione.

“Come stavo dicendo, gli Dei affidarono a Pandora il compito di salvare la terra e garantire la serenità. Fu così che il vaso fu tramandato di madre in figlia con l’obiettivo di custodirlo e usarlo solo quando se ne fosse presentata l’occasione.”

“Capisco, ma... quale male è stato rinchiuso per ultimo?” chiese Jade, quando finì.

“A dire il vero, non lo sappiamo. – ammise Marcus - L’ultima informazione che abbiamo sul vaso è che, parecchi anni fa, è stato rubato e da allora nessuno ne ha mai più sentito parlare. Ora sappiamo che si trovava all’interno della scatola, ma… non vedo il coperchio!”

“Non c’era, abbiamo trovato il vaso così e della scatola neanche l’ombra. – spiegò Zack - Anzi, siamo proprio sicuri che il vaso sia uscito da lì?”

Terence, allora, si intromise: “Aspettate! L’avete trovato poco lontano da Alkaban, no? E avete detto che Harmony ha lasciato Alkaban con la scatola ed è tornata senza. Quella strada io l’ho fatta parecchie volte e non ho mai visto un vaso per terra, perciò direi che proviene sicuramente da lì.”

Tutti annuirono, convinti.

 

Brenda, allora, decise di rivolgersi direttamente ad Harmony: “Tu non ricordi davvero niente? Dico, niente niente niente?”

Irritata, l’altra sbuffò: “Niente! Altrimenti ve l’avrei detto, non credi?”

“Ok, era solo una domanda!”

 

“Se il coperchio non c’era, significa che Harmony l’ha nascosto, oppure che l’ha preso chi è uscito dal vaso per non esservi intrappolato di nuovo...” propose allora Jackson.

“Quindi pensi che sia una persona?” gli chiese Zack curioso.

Tuttavia, la conversazione finì lì, perchè, improvvisamente, il vaso iniziò a tremare e subito dopo si rovesciò su un lato, iniziando a volteggiare su se stesso, mentre tutti facevano un balzo all’indietro, preoccupati.

“Che cavolo sta succedendo?!?” esclamò Brenda, preoccupata, ma non ricevette risposta perché il vaso si bloccò di colpo in direzione della porta. In quell’istante, tutti si guardarono l’un l’altro, mentre una luce abbagliante usciva fuori da esso; i presenti fecero appena in tempo a coprirsi gli occhi e fu talmente intensa che li riaprirono soltanto quando cessò. Quando guardarono nuovamente verso il punto in cui puntava il vaso poco prima, videro qualcuno in piedi di spalle: una giovane ragazzina dai capelli lunghi e biondi, vestita di bianco come una dea e ricoperta di ricami dorati ed accessori, tra cui una collana, un anello e un fermacapelli di colore verde.

Restando ognuno al proprio posto, in guardia, la osservarono voltarsi e sorridere loro, apparentemente innocua.

“Mi chiamo Elpìn e… e ho bisogno del vostro aiuto...”

Il gruppo si lanciò una lunga occhiata perplessa.

 

 

Brunswick, Georgia

 

 

Klen e Roma si trovavano all’interno di un negozio di stregoneria, gestito da una strega della città, che avevano trovato proprio nello stesso modo in cui la giovane aveva conosciuto Roma. Non appena entrate, non avevano tempo, chiedendo subito indicazioni.

“Salve, veniamo da lontano e vorremmo sapere come raggiungere la WitchHouse.”

“Posso chiedervi il motivo?” chiese l’altra, cordiale.

“Per un aiuto magico” le spiegò Klen e quella subito prese una scatola da sotto il bancone.

“La WitchHouse si sposta continuamente intorno alla città per non essere localizzata. La strega leader non vuole che nessuno tenti di violare la sua casa, ma in questo caso voi vi siete annunciate, perciò… – e tirò fuori un nastro viola – Ecco, prendete questo piccolo souvenir della WitchHouse! Una di voi deve legarlo al polso e, quando sarete fuori dal mio negozio, soffiarci sopra, d’accordo?”

La ragazza lo prese subito e seguì le sue istruzioni, perplessa: “Tutto qui? – chiese - E poi?”

Ma la donna rispose soltanto con un sorriso enigmatico: “E poi nulla, verrà tutto da sé! Grazie di essere venute!” le congedò e le due, anche se poco convinte, si girarono per uscire.

Tuttavia, la simpatica strega riuscì a dare anche un particolare consiglio a Klen: “Cerca di non urlare troppo, mi raccomando!”

Un attimo e le due si ritrovarono magicamente di nuovo in strada.

 

“Cosa avrà voluto dire?” chiese Klen a Roma, ma l’altra, che ne sapeva quanto lei, scosse la testa.

“Non ne ho idea, perciò fa come ti ha detto, ok?”

La giovane strega, allora, annuì, per poi soffiare sul nastro che aveva al polso. Pochi secondi dopo, esso si tramutò in un serpente, che la fece urlare e agitare il braccio nel tentativo di scacciarlo.

Mentre l’animale scivolava per terra, per nulla intenzionato a farle del male, Roma scoppiò in una risata incontrollata. Non appena smise di ridere, si preoccupò nuovamente della sua nuova amica.

“Stai bene?” le chiese, ricevendo in cambio un’occhiataccia.

“NO, per niente! Io ODIO i serpenti, di tutti i tipi!”

“Ma non voleva farti del male... – mormorò l’altra, osservandolo – Piuttosto, pare che dobbiamo seguirlo...”

“Già, ma almeno poteva avvertirci, quella strega, così lo mettevi TU al polso! Se questo è un souvenir della WitchHouse, chissà che razza di strega vi sarà mai a capo...” commentò la ragazza, mentre si avviavano.

Roma rise: “Beh, una a cui piace spaventare la gente con i serpenti, immagino!”

“Spero non dovremo avere a che fare con altri serpenti, allora…”

E, insieme, continuarono a seguirlo, in attesa di trovare la fantomatica WitchHouse.

 

 

Alkaban

 

 

Erano rimasti tutti immobili, in piedi, mentre la giovane ragazza apparsa davanti a loro chiedeva aiuto. Pochi secondi dopo, però, Foxi, meno perplesso degli altri, fece un passo avanti verso di lei: “Elpìn, hai detto? – quella annuì – Quindi tu saresti…”

“… la speranza!” completò Zack, incredulo.

Brenda guardò entrambi, confusa: “Che vuol dire?” e ricevette in cambio l’ennesima occhiataccia da parte di Jade.

“Sul serio non lo sai?!? Eravamo vicine di banco ed eri attentissima, me lo ricordo!” esclamò, sorpresa quella.

Sembravo attenta. In realtà ero da tutt’altra parte. Mai sentito parlare di sogni ad occhi aperti?”

Roteando gli occhi, Zack si intromise per dare una spiegazione: “Secondo il mito, o almeno quello che conosco io, Elpìn in greco vuol dire speranza. E, sempre secondo il mito, si dice che, quando Pandora liberò per sbaglio tutti i mali custoditi all’interno del vaso, rimase sul fondo soltanto la speranza. – poi guardò i Consiglieri in cerca di conferma – Dico bene?”

Tuttavia, fu proprio la ragazza in questione a rispondere: “Esatto! Ma nei libri non viene raccontato che ruolo ha di preciso la speranza, all’interno del vaso. Questo perché le storie vengono cambiate di continuo, dall’inizio dei tempi, dato che i mortali non possono capire certi meccanismi. Infatti, vengo dipinta in modo astratto, quando in realtà sono più che reale.”

Stavolta fu il turno di Jade di farsi avanti: “E quale sarebbe il tuo ruolo, allora?”

“Ogni Pandora ha il compito di custodire il vaso e rinchiudervi dentro un male da lei ritenuto pericoloso. Il mio, invece, è trattenere quel male all’interno, quando il coperchio lo tiene chiuso, per impedirgli di uscire. Ma, se il vaso viene aperto, non sono più in grado di farlo ed esso riesce ad uscire.”

Jackson parve perplesso dalla sua spiegazione: “Cosa cambierebbe se non ci fossi tu?”

“Il male potrebbe uscire anche se il vaso è chiuso. La sua potenza, infatti, sarebbe in grado di spingere via il coperchio ed uscire, ma io, con la mia presenza, sono capace impedirlo.”

 

Tutti, a quel punto, avevano in mente la stessa domanda, ma fu Marcus a condividerla per primo.

“Cosa era custodito esattamente nel vaso?”

“All’interno del vaso erano custoditi un gruppo di servitori del caos...”

I presenti rimasero letteralmente senza parole.

 

Qualche secondo dopo, Harmony si riscosse e si voltò verso Terence poco lontano.

“Aspetta, ma tu non sei un servitore del caos?”

Brenda si aggiunse a lei, perplessa: “Già, tu ne sapevi nulla?”

Jade, invece, iniziò a ragionare a voce alta: “Aspetta! Ora che ci penso, abbiamo sempre sentito parlare di un gruppo numeroso di servitori del caos nel vostro famoso castello, ma… non ne abbiamo incontrati molti, eccetto Wolf, Luis e te, ovviamente....”

L’uomo, intanto, aveva abbassato lo sguardo, imbarazzato, riportando alla mente ricordi dimenticati: “Io… io credo di aver intrappolato i servitori del caos, quando ero piccolo...”

“Cosa?!? – esclamò Brenda - Come sarebbe che credi?”

“Era il 1982 e io avevo all’incirca dodici o tredici anni. Tutti credevano morto mio padre ormai da due anni e John era svanito subito dopo, dato che, all’epoca, come già sapete, erano uno nascosto all’interno del cigno e l’altro sull’isola…”

Zack, confuso, non lo lasciò nemmeno finire: “Perché non ce l’hai detto subito, quando abbiamo tirato fuori il vaso?” chiese.

“Perché non aveva quell’aspetto, quando l’ho usato! – rispose l’altro, esasperato - E poi ero piccolo, come potevo sapere che si trattava del vaso di Pandora?”

“Ok, ma come è successo? – riprovò Jade, più calma dell’amico - Perché hai intrappolato i servitori del caos al suo interno?”

Terence non parlò per diversi secondi, oppresso da tutte quelle domande e sulla stanza cadde il silenzio.

“Non volevo intrappolarli... – riprese - Ve l’ho appena detto: non sapevo fosse il vaso di Pandora! Comunque, una sera Wolf aveva dato una festa nella sala grande del castello, quella in cui si riunivano tutti i servitori del caos. Mentre li stavo raggiungendo, però, nel corridoio trovai una sorta di pacco regalo sul pavimento che, quando raggiunsi gli altri, poggiai su un tavolo. Mentre loro erano impegnati a godersi la festa e a intrattenersi con combattimenti magici, io ero sempre più incuriosito da quel pacco, così mi misi in un angolo e, da solo, lo aprii. Improvvisamente, però, accadde qualcosa che non mi sarei mai aspettato: tutti furono risucchiati al suo interno. Rimasi solo io. Anzi, pensavo di essere rimasto solo io, finchè non arrivò Wolf, dicendomi che si era dovuto assentare e che era stato fortunato a non trovarsi in sala con tutti gli altri. Poi, mi prese la scatola dalle mani e mi disse che era stato un incidente e che non era colpa mia, ma…” e si bloccò.

Tuttavia, Zack completò la frase per lui: “… ora non sei più convinto che lo fosse, vero?”

“Già! Non conoscevo la storia del vaso di Pandora e, fino a che non sono diventato adulto, non mi sono mai più posto domande su quell’evento del passato…”

“Beh, – commentò Jade, acida - non c’è da meravigliarsi se Wolf voleva a tutti i costi governare il mondo, allora! Con Luis fuori dai piedi, non avrebbe mai raggiunto la vetta con gli altri servitori del caos intorno a lui. Tutto ci riporta sempre a quel viscido, a quanto pare...”

Brenda fu d’accordo con lei: “E’ vero, esce molto spesso nei nostri discorsi!”

“Quindi – riassunse Marcus per tutti - è stato Wolf a rubare il vaso di Pandora dato che stava progettando di rinchiudervi i suoi simili…”

Foxi sospirò: “E noi non ne sapevamo niente... Avrà fatto tutto in gran segreto, all’epoca. Magari l’avrà fatto rubare a qualcun altro per suo conto!”

Harmony, però, era perplessa e si girò subito verso i due consiglieri per dirglielo: “Come avete fatto a non accorgervi della scomparsa di tutti quei servitori del caos, piuttosto?”

“Non eravamo grandi amici e di certo non andavano nel loro castello per controllare cosa facevano. – rispose Marcus per entrambi - Non sapevamo nemmeno della loro scomparsa, perchè Wolf ha sempre coperto bene le tracce stando a capo di tutto e continuando a diffondere disordini, come se fosse l’intero gruppo a farlo. Non ce ne saremmo mai accorti, se, due anni fa, Dana non fosse stata liberata da Jade e Samuel...”

“E da me!” si intromise Zack, indignato per quella dimenticanza.

Senza commentare, l’uomo continuò: “… insomma, grazie a voi abbiamo scoperto poi che nel castello erano presenti solo Terence e Wolf. A quel punto, abbiamo pensato che fosse successo qualcosa nel corso degli anni, ma non sapevamo esattamente cosa. Ovviamente, però, non ci siamo posti il problema, visto che parte di quel male che combattevamo da secoli era svanito nel nulla...”

A quel punto Elpìn, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, ricordò loro la sua presenza: “Per questo dovete aiutarmi a rimettere quel male nel vaso. Ormai i servitori del caos sono di sua proprietà, perciò devono tornare al suo interno.”

I presenti reagirono in modo diverso: chi con dei grossi sospiri, chi mettendosi le mani nei capelli, ma tutti disperati di fronte a quello che li aspettava.

La prima a riscuotersi fu Brenda.

“Quanti sono, esattamente?” chiese a Terence.

“Più di una dozzina.”

“Fantastico! – esclamò Jade, demoralizzata e furiosa - E adesso cosa facciamo? Se si sono appropriati del coperchio, significa che non hanno nessuna intenzione di tornare nell’oblio e che sanno che, senza quello, non potranno mai farlo...”

“Già! – confermò Zack – E, se sono furbi, si saranno anche sparpagliati per la città!”

 

Improvvisamente, un allarme ruppe il silenzio, facendoli sobbalzare.

“Che cosa sta succedendo?” chiese Jade, allarmata, guardando i due Consiglieri.

“C’è qualcuno all’ingresso di Alkaban!” spiegò Marcus, attivando la schermata virtuale al centro del tavolo.

Brenda riconobbe subito la persona che mostrò loro: “E’ mio padre!” esclamò e l’amica si voltò verso di lei, confusa.

“Tuo padre sa come si arriva qui?”

L’altra sbuffò: “E’ venuto qui mentre non c’eri. Devi vedere com’è diventato iperprotettivo dopo aver scoperto la bruciatura che ho sul braccio!” e iniziò a raccogliere le sue cose, sotto lo sguardo perplesso di Terence.

“Quindi te ne vai?” le chiese lui.

“Non ho altra scelta... Non se ne andrà via dal cancello finchè non sarò uscita e poi… domani devo andare a lezione. Sono assente da così tanto tempo che non ricordo nemmeno più la faccia dei miei professori!”

Jade sospirò, comprensiva: “Già, non sei l’unica.... Io credo di essere stata anche più assente di te. Comunque io non posso tornare, per adesso, ma tu vai pure. Almeno una di noi deve frequentare, no?” e quella annuì, dispiaciuta.

 

Improvvisamente, si sentì un urlo e il padre di Brenda scomparve dalla visuale della telecamera. Subito, la ragazza si allarmò.

“Ehi, cosa è successo?!?”

Marcus, che aveva visto tutto, si affrettò a spiegarle la situazione: “Tuo padre è stato trascinato via da qualcosa e non riesco più a vederlo…”

“Cos’è quella fitta nebbia?” indicò Jackson.

“Sembra appena spuntata fuori!” commentò Zack, accanto a lui.

Harmony, intanto, iniziò a rabbrividire: “Ho una brutta sensazione...” mormorò e Jackson si voltò verso gli altri.

“Se lo dice lei, è vero!” esclamò e Brenda subito prese la sua balestra.

“Vero o no, io esco fuori a cercare mio padre!” e si incamminò, senza aspettare nessuno.

Terence la rincorse immediatamente, mentre Jade metteva in guardia Zack e Jackson.

“Andiamo con loro, ma tenete gli occhi aperti, ok?” e i due annuirono, mentre Harmony si avvicinava ad Elpìn.

“Tu resta qui con me e i Consiglieri e noi faremo in modo di aiutarti. Va bene?”

Con la testa, quella fece cenno di aver capito, mentre gli altri, in corridoio, si preparavano ad uscire a vedere cosa stava accadendo.

 

 

Brunswick, Georgia

 

 

Era passata ormai più di un’ora, ma il serpente continuava a strisciare davanti a loro. Le due, intanto, continuarono a parlare, finchè quello non scomparve nel nulla.

A quel punto Klen passò davanti alla donna, scrutando meglio il terreno su cui stavano camminando: “Ehi, hai visto? – esclamò – Era davanti a noi fino a due secondi fa!”

“Certo che qui non c’è proprio nulla... – commentò Roma, accanto a lei - E’ solo un campo d’erba!”

La ragazza si voltò verso di lei: “Beh, siamo in periferia… Comunque, credo ci sia una sorta di velo invisibile, qui davanti a noi...”

L’altra rise, le braccia incrociate davanti a sé: “Ci sei arrivata, eh? Pensavo non l’avessi capito!” esclamò, ricevendo in cambio un’occhiata perplessa.

“Pensavo che TU non l’avessi capito!”

“Sono più anziana di te, perché toglierti il privilegio di arrivarci da sola? Io ho già fatto le mie esperienze, perciò ora vediamo se riesci a riconoscere il tipo di velo che è stato usato!”

Klen annuì. Poi, dopo aver preso un sasso da terra, lo lanciò davanti a sé e quello passò oltre. Ne prese un secondo e lo lanciò molto a destra, ma fallì. Infine, ne raccolse un terzo, lo lanciò molto a sinistra e fallì nuovamente. A quel punto, tornò accanto a Roma.

“Il velo deve avere il diametro di due porte messe insieme, quindi si tratta di un velo mobile a tempo determinato.”

L’altra rispose con un piccolo applauso“Sei davvero in gamba, Klen. Tuttavia, questo tipo di velo ha una durata di sessanta minuti e dopo si sposta. Chissà da quanto tempo è qui...”

“Allora facciamo presto a passare, non possiamo rischiare di farcelo scappare!” esclamò allora la ragazza, prendendola per un braccio e, insieme, passarono.

 

Dall’altra parte, le due si trovarono davanti ad una piattaforma di pietra sospesa sopra una cascata, che si distendeva come un ponte fin dentro di essa. Roma, a disagio e intimorita, indietreggiò, ma l’altra subito la fermò.

”Ehi, cosa stai facendo? Dove stai andando?” chiese, guardando il suo sguardo terrorizzato.

“Io.. io ho paura delle altezze, perciò non attraverserò mai questo pezzo di pietra...”

Klen era incredula: “Dai, Roma, non puoi abbandonarmi proprio adesso! – la pregò - Non cadremo, te lo prometto!”

Ma quella scosse la testa, per nulla convinta: “Non... non c’è nemmeno un appoggio! E se una folata di vento ci spingesse giù? No, mi dispiace, non posso...”

“Non c’è alcun vento e poi staremo insieme. Dobbiamo solo fare un passo dopo l’altro, lentamente, d’accordo?” e le tese la mano.

Allora la donna, finalmente convinta, la prese.

“Sì, ma non cammineremo lentamente. Non riuscirei a resistere così a lungo. Meglio una cosa veloce, così ci togliamo il pensiero, ok?”

“D’accordo, l’importante è che arriviamo.”

E, insieme, iniziarono la traversata.

 

Arrivate oltre la metà, però, Roma spostò lo sguardo verso il basso per un secondo ed ebbe le vertigini, mentre Klen, al suo fianco, la teneva stretta.

“Non guardare giù, ok? – le intimò - Siamo quasi arrivate.”

Quella allora annuì, tornando a guardare davanti a sé.

 

Finalmente, giunsero all’altro capo della piattaforma e attraversarono l’acqua che sgorgava dall’alto. Dall’altra parte, trovarono una caverna, dove si trovava un enorme portone: ormai dovevano essere vicine.

“Bene, dev’essere questa l’entrata della WitchHouse...” disse la ragazza, indicandola.

A quel punto si avvicinarono e bussarono alle enormi porte. Improvvisamente, esse si aprirono di colpo verso l’interno e le due indietreggiarono, udendo uno strano rumore come di ingranaggi in funzione. Quando il meccanismo si bloccò, le porte erano completamente spalancate e loro poterono finalmente avanzare. L’ingresso era enorme e c’erano una maestosa scalinata e numerosi corridoi sia a destra che a sinistra. Tuttavia, un rumore di passi interruppe la loro esplorazione, attirando subito la loro attenzione; poco dopo, una ragazza entrò nella sala.

“Benvenute alla WitchHouse! – le salutò, cordiale – Stendete i polsi, prego.”

Klen, perplessa, si voltò verso Roma in cerca di spiegazioni.

“Facciamo come dice!” le disse quella e subito entrambe eseguirono quanto era stato chiesto: la ragazza ci passò sopra una mano e immediatamente su di essi comparve il tatuaggio di un occhio dentro ad un cerchio.

“Bene, – disse quella, una volta finito - ora seguitemi. Siete venute per conoscere la nostra leader, giusto?”

Roma si limitò ad annuire, ma Klen, più curiosa, non si trattenne dal fare domande: “Sì, ma… cosa ci hai fatto? – chiese - Perché questo tatuaggio?”

L’altra rispose senza nemmeno smettere di camminare davanti a loro: “E’ una precauzione adottata dalla WitchHouse: se assumerete all’interno di questa struttura un comportamento violento, sarete immediatamente catapultate fuori in un battito di ciglia.”

Ma la giovane strega, non soddisfatta, continuò a parlare: “Ho bisogno dell’aiuto della strega che è a capo di questo posto. Devo salvare le mie sorelle streghe da Morney Hill, una città del Wisconsin!” spiegò, ma quella parve indifferente alla sua richiesta.

“Non è a me che devi dire queste cose. Quando ti avrò condotto da lei, potrai spiegarle i tuoi problemi.”

Quell’ultima frase fece ammutolire Klen, che si limitò a scambiare uno sguardo con Roma e sul gruppo cadde il silenzio.

 

Durante il tragitto, però, le due streghe poterono scrutare all’interno di alcune stanze aperte: in una vi erano delle streghe che combattevano tra loro usando i loro poteri, in altre meditavano, seguivano delle lezioni o creavano pozioni. Impressionata, Klen riuscì più a tacere.

“Ma che posto è esattamente questo?”

“Un rifugio per streghe, dove poter imparare tutto ed essere tutto. Una vera e propria accademia, creata dalla più potente strega rimasta in circolazione.”

Sentendo le sue parole, le due furono ancora più impazienti di conoscerla.

 

 

All’esterno di Alkaban

 

 

Il gruppo era uscito fuori e Jade stava mettendo in guardia Zack e Jackson, in piedi accanto a lei.

“Ok, c’è una nebbia fittissima. Da dentro sembrava meno fitta, perciò io guardo avanti e voi ai lati, ok? Non perdiamoci di vista!”

Jackson scrutò nella nebbia davanti a sé: “E Terence e Brenda?”

“Sono più avanti, devono essere arrivati al cancello!” spiegò Zack, mentre l’amica sospirava.

“Sono insieme, perciò non allarmiamoci!”

 

Più avanti, infatti, Brenda stava aprendo il cancello per uscire fuori, mentre Terence, con una piccola corsa, la raggiungeva.

“Ehi, vuoi rallentare? Non ti hanno mai detto che correre in mezzo ad una nebbia fitta non è una buona idea?”

Ma quella non rispose, aprendo il cancello e fiondandosi fuori senza paura di essere seguita.

“Te lo sei inventato, non ho mai sentito una cosa del genere!” gli urlò, prima che la fermasse prendendola per un braccio.

“Brenda, ti prego... Lo so che sei preoccupata per tuo padre, ma non lo salveremo agendo impulsivamente e senza pensare!”

Con un sospiro, finalmente la ragazza si lasciò andare, rivelando il terrore che aveva dentro: “Ok, hai ragione, – esclamò - sto impazzendo! Ho paura che gli sia successo qualcosa e questo mi sta facendo impazzire! Oddio, mi stanno passando per la mente pensieri spaventosi...”

Allora lui la prese per le spalle e la scosse energicamente: “Calmati, adesso! Lo troveremo, ok?”

Ma lei scosse la testa, facendogli cenno di guardare intorno a loro: “E dove? Qui non si vede niente!”

 

Tuttavia, non riuscirono a dirsi altro perchè, in quell’istante, furono raggiunti dagli altri e subito Jade si preoccupò per lei.

“Ehi, state bene?” chiese, notando quanto era tesa.

“Sì, ma… Jade, non c’è modo di togliere questa maledetta nebbia di torno?”

Mentre quella rifletteva sulla sua richiesta, Jackson spostò allarmato gli occhi intorno a sé.

“Ragazzi, qualcosa si muove intorno a noi…” mormorò e Terence, avvertendo la stessa sensazione, annuì, comprensivo.

“Già, ho sentito…” ma non finì la frase e Brenda, nervosa, perse la pazienza.

“Cosa? Cosa avete sentito?” domandò, agitata e subito l’amica provò a spiegarle la situazione.

“I demoni hanno i riflessi più sviluppati dei nostri, ma riesco a percepire anche io delle presenze intorno a noi...”

“Se solo potessimo mandar via questa nebbia... - disse ancora una volta la ragazza -  Davvero non puoi fare qualcosa?”

“La nebbia è soltanto una massa di goccioline d’acqua e cristalli sospesi in aria. – commentò Zack - Basterebbe un forte vento per farla spostare.”

Jade si voltò verso di lui e gli lanciò una lunga occhiata perplessa: “Non crederai mica che io possa creare una folata di vento, spero. E’ ridicolo!”

Ma Brenda non era d’accordo con lei: “Hai creato delle onde d’urto per abbattere dei potenti campi di forza. Non dovrebbe essere più facile per una strega creare un po’ di vento?”

“Ero arrabbiata, non controllavo quello che mi usciva dalle mani!” replicò lei, sentendosi sotto pressione.

“Beh, – insistette l’altra - quella arrabbiata sarò io se succede qualcosa a mio padre, perciò fa del tuo meglio!”

Allora, Jade si convinse e, mentre tutti rimanevano di guardia intorno a lei, chiuse gli occhi e si concentrò. Brenda, però, guardava, bisbigliando a bassa voce: “Dai, ce puoi fare…”

Improvvisamente, si alzò una brezza gelida, che divenne sempre più forte.

“Forza, Jade, ce la stai facendo!” la incitò Zack e, poco a poco, la nebbia cominciò a diradarsi fino a sparire.

Allora, la strega riaprì gli occhi, affannata e quasi perse l’equilibrio, se Terence non l’avesse afferrata in tempo.

“Tutto bene?” le chiese.

“Prova tu ad evocare il vento…” ribatté lei, rialzandosi.

Intanto, Brenda alzò in alto la sua balestra e i due demoni evocarono una sfera di energia nel palmo della loro mano, in guardia, ma sembrava non esserci nessuno nei dintorni.

Terence, però, avvertì gli altri: “La nebbia non si è creata qui per caso, si tratta di un potere. Loro sono qui!” esclamò.

“Loro? – chiese Jackson, voltandosi verso di lui - Cioè… i servitori del caos usciti dal vaso di Pandora?” e quello annuì, serio.

 

Improvvisamente, l’uomo riuscì anche a scorgere qualcosa sopra uno degli alberi vicini.

“C’è qualcuno l’ha sopra!” esclamò.

Poi, grazie ai suoi poteri, fece un salto balzò verso l’alto, scomparendo tra le foglie.

Jackson rimase letteralmente a bocca aperta: “Non avevo mai visto nulla del genere!” esclamò.

“Ora sai qual è il potere da servitore del caos di Terence!” replicò Zack, mentre Brenda, avendo visto l’albero tremare, li zittiva.

“Zitti, sta succedendo qualcosa!”

Improvvisamente, Terence tornò giù insieme a uno dei fantomatici servitori del caos usciti dal vaso, che teneva il padre di Brenda, Jim, in ostaggio.

Subito, la ragazza alzò la balestra, pronta a sparare: “Lascialo andare subito o te ne pentirai!” gridò.

Ma il padre intervenì: “Brenda, non ti preoccupare per me. Andate via!” le ordinò, prima che il suo rapitore lo scuotesse con violenza.

“Sta zitto, stupido umano!” gli intimò, rude.

“Giuro che se non lo lasci…” lo minacciò Brenda, ma quello non si mosse di un millimetro.

“Non fate un altro passo o sarete voi a pentirvene. Dove ci troviamo?”

Zack, allora, si fece avanti, cercando di essere gentile: “Siamo a Morney Hill, una cittadina nel Wisconsin.”

“Perché non posso lasciare la città?”

“Una magia tiene bloccati qui gli esseri soprannaturali. Una cupola, per la precisione. – spiegò Jade -  Ora, però, lascia andare quell’uomo, ok?”

Ma quello scosse la testa, per nulla intenzionato a collaborare: “Come annullo questa magia?”

“Non-non si può, al momento...”

 

Improvvisamente, però, si udì il rumore di un ramoscello spezzarsi.

“Dietro di voi!” urlò Terence agli amici e, quando questi si voltarono, videro altri cinque servitori del caos usciti da dietro gli alberi. Subito Brenda scoccò una freccia contro di loro, ma questa e la balestra furono immediatamente deviata con un semplice cenno. Zack e Jackson, invece, erano pronti a lanciare una sfera di energia, quando un altro le annullò, mentre un terzo creava sotto i piedi di Zack una pozzanghera di melma nera in cui iniziò presto a sprofondare. Jackson provò subito ad aiutarlo, ma l’ennesimo servitore del caos con una mano riuscì a trattenere il suo respiro e a farlo soffocare a distanza. Jade, vedendo i suoi amici in difficoltà, tentò allora di lanciare un incantesimo contro di loro: “Molto resistente, rotonda e trasparente. Imprigiona questo male, finchè le mie parole non li lasceranno andare...” e subito una bolla si creò intorno al gruppo di servitori del caos, mentre lei esultava, vittoriosa.

“Ancora non sapete con chi avete a che fare!” esclamò, mentre quelli prendevano una scossa nel tentativo di liberarsi.

Intanto, però, le magie su Zack e Jackson si erano annullate, mentre Terence faceva un passo avanti verso il servitore che teneva ancora in ostaggio Jim.

“Dacci indietro l’uomo e lasceremo andare i tuoi amici!” intimò, ma quello parve essere troppo impegnato a fissarlo.

“Quegli occhi, io li conosco…” mormorò, facendo rabbrividire Terence, che iniziò a sudare freddo.

“Forza, lascia andare l’uomo!”

“Io ti conosco, vero? Sembri uno di noi, lo percepisco…”

In quel momento, però, approfittando della sua distrazione, Jim gli diede una gomitata nello stomaco e si liberò, tentando di scappare e, non appena Jade vide che il servitore stava per riacchiapparlo, con la telecinesi lo respinse, buttandolo a terra. Dall’abito del malvagio, allora, cadde qualcosa, che rotolò non molto lontano da Terence: il coperchio del vaso di Pandora.

Brenda glielo indicò subito: “Terence, prendilo!” urlò e quello, rapido, eseguì.

Risollevatosi proprio in quel momento, il servitore del caos lo fissò, incredulo: “Terence?” sussurrò e l’altro, dopo aver recuperato il coperchio, lo guardò negli occhi senza proferire parola.

I due si guardarono ancora per qualche istante, poi il servitore svanì in una nuvola di fumo.

Capendo di essere salvi, Brenda, tirando un sospiro di sollievo, corse a riabbracciare il padre: “Sono felice che tu stia bene! Mi sono spaventata talmente tanto... – ancora tremante, quasi scoppiò a piangere – Non so cosa farei se ti accadesse qualcosa...”

Jim la strinse, per poi staccarla gentilmente da sé: “Io sto bene, non mi è successo niente, ok? Ma…” e non finì la frase, facendo spaventare nuovamente la figlia.

“Ma cosa? Perché quella faccia seria?”

“Ho provato a chiamarti diverse volte, ma il tuo cellulare non prendeva, così sono dovuto venire fin qui… Noa ha avuto un incidente e in questo momento è al Morney Hill Hospital...”

Sconvolta, la ragazza si voltò verso gli altri, indecisa su cosa fare: “Io... io devo andare da lui, ha bisogno di me... – mormorò, con la voce che le tremava e gli occhi lucidi – Qualcuno mi porti da lui, io devo…”

Ma non riuscì a finire la frase, perchè subito Zack le si avvicinò e le circondò le spalle con un braccio: “Stai calma, rimani calma. Ti porto io, ok?” e in un attimo i due svanirono.

 

A quel punto, Terence si avvicinò al padre di Brenda: “Jim, lasci che la accompagni a casa sua...” gli propose gentile, ma l’altro, restio,  si scansò leggermente.

“Forse non è il caso che…”

“Invece sì! Non ha visto cosa è appena successo? Cosa LE è appena successo? Per un essere umano non è sicuro rimanere qui, perciò si farà accompagnare da me. Brenda ha già abbastanza preoccupazioni, non trova?”

Jim, ammutolito, non aggiunse altro, perciò Terence poté rivolgersi di nuovo agli altri.

“Ce la fai con loro? – chiese a Jade, riferendosi ai servitori intrappolati nella bolla – O ti serve una mano?”

“Riaccompagna pure il signor Jenkins, qui me la caverò perfettamente. E poi, c’è Jackson con me, perciò vai senza problemi. Torna presto, però, perchè avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile per risolvere questa storia, d’accordo?”

L’altro annuì, lanciandole il coperchio. Poi, rivolse di nuovo lo sguardo verso Jim.

“Appoggi la sua mano sulla mia spalla o sul braccio, ok?”

Quello gli lanciò un’occhiataccia: “So come funziona!” esclamò, prima che, insieme, svanissero in una nuvola di fumo nero.

 

Una volta rimasti soli, Jade e Jackson si voltarono verso la bolla, dalla quale i servitori del caos li scrutavano, truci. Il demone fu il primo dei due a parlare.

“Come portiamo questi tizi dentro Alkaban?” chiese.

“Con un incantesimo! – replicò lei, sospirando – E, se non funziona, ci faremo aiutare da Foxi e Marcus. Tu rimani in guardia, perchè il loro capo, o quello che è potrebbe tornare, ok?” e quello eseguì, guardandosi intorno, mentre lei tentava di fare quanto detto.

 

 

WitchHouse - Brunswick, Georgia

 

 

La strega che stava conducendo Klen e Roma dalla leader dell’accademia, finalmente si fermò davanti a due grandi porte.

“Siamo arrivate, ricordate di comportarvi bene!” esclamò e Klen roteò gli occhi, richiamata subito sottovoce dall’amica.

“Klen!”

“Ok ok, scusa!” e la strega finalmente aprì le porte, facendosi poi da parte.

Le due entrarono in un enorme stanza con un grande scrivania, scaffali pieni di libri, un camino acceso e un piccolo salottino lussuoso con una possente clessidra riempita con piccoli granelli di sabbia o cenere gialla, non si capiva bene cosa fosse. Distratte da ciò che vedevano, non si accorsero subito che la strega che le aveva accompagnate aveva chiuso la porta dietro di loro.

“Beh? Dov’è?” chiese Roma a un certo punto, scrutando attentamente la stanza.

“Forse dobbiamo aspettarla...” suggerì Klen e le due si sedettero, distraendosi con due chiacchiere.

Poco dopo, improvvisamente, sentirono dei rumori nella stanza e Roma si chiese se fosse l’unica a sentirli.

“Hai... hai…” iniziò, senza nemmeno riuscire a finire.

“Sentito? Ehm, sì, sono qui con te! – e le fece cenno verso una porta vicino agli scaffali – Proviene da lì dietro!”

Sentendo dei passi, le due rimasero con il fiato sospeso. Poi, cessarono e la maniglia iniziò a girarsi. Qualche secondo dopo, però, la porta non si aprì e le due streghe si guardarono confuse, quando una voce alle loro spalle le salutò.

“Salve, benvenute nella WitchHouse! – esclamò, facendole sussultare per lo spavento - Mi chiamo Heith e, se cercavate la strega a capo di questa accademia, beh... sono io!”

Klen si voltò lentamente, la mano ancora sul petto per il grosso spavento: “Bene, sono contenta di incontrarti!”

“Non si direbbe dal tuo colorito...” replicò quella, ironica.

“Beh, – mormorò Roma, ad alta voce - ci sei spuntata alle spalle come un serial killer!”

“Oh, mi dispiace, non volevo farvi paura... – si scusò subito Heith - E’ solo una mia tecnica preventiva che uso quando un estraneo entra alla WitchHouse. La forza dell’abitudine, eh?”

“In che senso, tecnica preventiva, scusa?” le chiese allora Klen, curiosa come sempre.

“Faccio credere agli estranei di uscire da quella porta e invece spunto loro alle spalle e spezzo loro il collo.”

Le due si impietrirono, agghiacciate, mentre la donna scoppiava a ridere.

“Scherzavo, non sono un’assassina!” e quelle risero assieme a lei.

Dopo, Heith si diresse alla sua scrivania: “Sedetevi, così parliamo!” le invitò, curiosa di conoscere il motivo della loro visita.

“Allora, cosa vi porta qui alla WitchHouse?” chiese e subito Klen decise di essere diretta con lei.

“Provengo da Morney Hill, dove le streghe della mia congrega sono bloccate da una cupola magica. Purtroppo, però, in quella città è ora in corso una lotta fra bene e male e noi streghe rischiamo di essere sacrificate.”

“Presumo che quella davanti a me allora sia solo la tua proiezione astrale concretizzata… Davvero affascinante, devi essere una molto brava! E’ di persone come te che è costituita l’accademia, sai?”

La ragazza, destabilizzata da quel commento, cercò di non distrarsi e tornare al suo problema: “La ringrazio molto, ma, come stavo dicendo…”

“Sì, sì, ho capito e non preoccuparti: avrai l’aiuto che stavi cercando.”

“Davvero?” rispose l’altra, sorpresa e gioiosa per avercela fatta così in fretta.

“Sì, davvero. E aggiungo anche che sei molto fortunata, perché io sono già stata a Morney Hill. Si parla di parecchio tempo fa, ovviamente, ma conosco la città e, soprattutto, chi ci vive...”

“Bene, quindi come ci muoviamo?”

“Hai detto che c’è una cupola che intrappola chiunque sia all’interno della città, giusto?”

“Sì, nessuno di noi è in grado di uscire da quella città infernale e nessuno ci ha voluti aiutare. Ci vogliono usare!”

“Chi?”

“La prescelta! La famosa prescelta assieme al suo gruppo. Ci hanno tenuti rinchiusi in una sorta di prigione e raccontato favole su come ci avrebbero restituito la nostra  libertà, ma noi, però, abbiamo scoperto della cupola sanguinea e sappiamo che viene usata per contenere un sacrificio, che siamo io e le mie sorelle streghe, insieme ad un gruppo di demoni. Anzi, forse sono stati proprio loro ad averci attirato a Morney Hill, prima che tutto questo accadesse!”

Heith annuì, comprensiva, avvicinandosi a uno scaffale alle sue spalle: “La prescelta… Sì, ne ho sentito parlare, ma pensavo fosse buona...”

“Lo è, ma non quando si tratta di scegliere chi salvare. E, a quanto pare, vengono prima tutti i suoi affetti e poi tutti gli altri…”

La donna, che stava dando loro le spalle, sorrise: “Che egoista! – esclamò, prima di girarsi con un libro aperto in mano – Fortuna allora che io sono una strega altruista e che aiuto il prossimo, perché ho deciso di volervi salvare e so come tirarvi fuori da quella città!”

Klen sorrise, osservando il nome sulla targhetta posta sulla scrivania, entusiasta: “Grazie, Heith, non so davvero come ringraziarti!”

“Sono potente, dirigo questo grande posto e sono abbastanza conosciuta e temuta. Potrei governare il mondo come farebbe chiunque altro al mio posto, ma ho deciso di voler aiutare il prossimo e di non essere egoista, come la prescelta che dici di aver conosciuto. Perciò, aiuterò tutte voi come lei non ha saputo fare!”

“E questo ti fa onore, Heith!”

Heith annuì ancora una volta: “Bene, ora, seguitemi. E’ arrivato il momento di spiegarvi come agiremo!” e le due streghe, decise, la seguirono, pronte ad ascoltare il suo piano.

 

 

Trauma Center – Morney Hill Hospital

 

 

Zack e Brenda arrivarono in pochi secondi in ospedale e subito la ragazza si diresse al banco informazioni, in ansia per l’amico.

“Mi scusi, avete ricoverato qui un ragazzo di nome Noa Quill, per caso?”

La donna di fronte a lei digitò per qualche secondo qualcosa sul computer, prima di risponderle: “Sì, un Noa Quill è arrivato qui circa tre ore fa e ha subito un intervento. Ora è nella stanza 207, corridoio B, quarto piano.”

“Grazie!” esclamò la ragazza di sfuggita, prima di precipitarsi con l’amico verso le scale.

 

Quando giunsero al quarto piano, iniziarono a scrutare i numeri delle stanze per trovare quella corretta, ma rinunciò subito perchè riconobbe il ragazzo fermo in mezzo al corridoio.

“Wes?” chiamò e quello, che era impegnato a fare una chiamata, mise giù immediatamente il telefono e le andò incontro.

“Ho cercato in tutti i modi di contattarti…”

Lei vide subito quanto era distrutto e provato e si preoccupò: “Noa?” chiese, agitata.

“E’ uscito da poco dalla sala operatoria. Hanno detto che l’intervento è andato bene, ma la dottoressa non ha aggiunto altro.”

Brenda rimase letteralmente sotto shock, perciò fu Zack a chiedere informazioni per entrambi.

“Ma... cosa è successo?”

Wes, leggermente imbarazzato, distolse lo sguardo: “Ehm… noi siamo usciti insieme... Credetemi, non mi sarei mai immaginato che potesse accadere una cosa del genere, ma… un furgone è letteralmente piombato dentro al ristorante in cui eravamo. Mi sono sollevato dal pavimento ed di fronte a me avevo una scena assurda.. Insomma questo cose succedono solo nei film!”

“Wow!” esclamò la ragazza, allibita, ma l’amico era ancora perplesso.

“Ed è successo così? Senza un motivo? Che fine a fatto il conducente del furgone, invece?”

Brenda, spazientita, incrociò le braccia, tesa perchè la stanza di Noa era chiusa e non poteva entrare: “Le cose brutte accadono, Zack, senza motivo! E non sempre derivano dal mondo soprannaturale!”

“Aspetta, però! – esclamò Wes, ricordandosi improvvisamente di una cosa e attirando subito la loro attenzione - Una cosa strana c’è stata, in effetti... Prima che il furgone si schiantasse contro il ristorante, mi è sembra di vedere, anzi, HO VISTO un tizio vestito di nero dall’altra parte della strada che guardava fisso verso di noi. Era nell’ombra e sembrava così… oscuro, che quasi avevo i brividi. Pochi secondi dopo, è successo tutto...”

Brenda e Zack si lanciarono una lunga occhiata.

“Credi sia…” sussurrò la ragazza all’amico.

“Uno dei servitori del caos? Sì!”

“Sono proprio ovunque e questo potrebbe non essere l’ultimo incidente in città!”

Wes, allora, sentendosi escluso, si intromise tra di loro: “Servitori di cosa? – chiese, confuso - Di che cosa state parlando?”

“E’ una lunga storia.. Ti dico solo che è sicuramente stato quell’uomo a provocare l’incidente che ha ferito Noa e le altre persone.”

L’altro, allora, annuì e per qualche secondo sul gruppo cadde il silenzio.

 

Tuttavia, poco dopo, Brenda, irritata, non riuscì più a tacere.

“Ma perché la porta è ancora chiusa? – esclamò, spazientita - Voglio vedere Noa, accidenti!”

“E’ l’ora del giro delle visite e solo i dottori posso stare dentro. E’ la prassi. – le spiegò Wes, calmo - Noa non è solo nella stanza, ci sono altri due pazienti assieme a lui.”

In quel momento, finalmente la porta si aprì e tutti, dottori e infermieri, uscirono. Immediatamente, Brenda si fiondò nella stanza e per un attimo si bloccò poco dopo la soglia, quando vide Noa steso sul letto con dei tubi attaccati al corpo e una grossa benda intorno alla testa. Resistendo all’impulso di andarsene, prese una sedia e si sedette accanto a lui, prendendogli la mano.

“Co-come ti sei ridotto, eh? – sussurrò, indecisa se ridere o piangere – Ti lascio da solo per qualche ora e guarda dove ti trovo…”

Vedendola tremare, Zack si avvicinò a lei: “Brenda, stai bene?” le chiese.

Quella gli rispose senza nemmeno voltarsi, la voce rotta e il volto ricoperto di lacrime: “Ehm, puoi andare a casa mia e prendermi alcune cose? Ho intenzione di restare qui finchè non si sveglia. Ti prego, avverti anche mio padre e, soprattutto, gli altri, chiedendo loro scusa da parte mia. Ora non posso pensare alla faccenda dei servitori del caos, non ci riuscirei…”

Quello, comprensivo, annuì: “Ma certo, tutto quello che vuoi. Ti farò avere qualsiasi cosa ti serva e ci occuperemo noi di tutto il resto, va bene?”

“Va bene.”

 

Mentre se ne andava, però, Zack fu affiancato da Wes.

“Ehm, potresti accompagnarmi? – gli chiese quest’ultimo, ancora imbarazzato - La mia macchina è ancora parcheggiata vicino al ristorante e ho anche io intenzione di passare da casa per prendere alcune cose e poi tornare qui ad aspettare che Noa si svegli.”

“D’accordo, ma c’è già Brenda, perché non torni domani? Devi riposarti!”

Ma l’altro, ancora provato, scosse la testa: “Credimi, non riuscirei a dormire dopo quello che abbiamo appena passato. E’ stato un incubo: l’incidente, il tragitto fino a qui, vedere Noa in quello stato… e soprattutto il sangue, tutto quel sangue...”

Zack gli mise una mano sulla spalla, gentile: “Va bene, stai calmo. Vieni con me, ok?” e insieme se ne andarono.

 

Brenda stringeva ancora la mano dell’amico, fissandolo come se si aspettasse che potesse aprire gli occhi da un momento all’altro, quando improvvisamente sentì una voce femminile alle sue spalle: era la dottoressa.

“Oh, c’è qualcun altro per questo ragazzo, allora!” esclamò, entrando nella stanza.

Quando la ragazza si voltò, però, non riuscì a vederla bene, perchè era immersa nella cartella clinica di Noa.

“Allora, non so chi sia lei, ma, se è qui ,vuol dire che è una parente. Anche se non lo è, comunque, va bene lo stesso. Innanzitutto, l’intervento è andato bene e siamo riusciti a stabilizzarlo, ma ne dovrà subire presto un altro. Le prossime ventiquattrore saranno critiche. Ora, comunque, per sicurezza lo teniamo in coma farmacologico.”

La ragazza annuì leggermente, senza mai distogliere lo sguardo dal corpo inerme dell’amico: “Grazie per le notizie. Comunque… sono un’amica. – poi scoppiò nuovamente a piangere – E... e... la prego... non lo lasci morire...” e si girò verso di lei, guardandola negli occhi.

La donna rimase commossa dalla sua reazione: “Sono sicura che ce la farà, ci vuole solo un pizzico di speranza. Alla fine, è quella che ci rimane assieme alle preghiere, no?”

Ma Brenda non rispose, troppo incredula per quello che aveva di fronte.

“Lei è l’altro contenitore, quella nel dipinto...” sussurrò, ma non abbastanza piano da non essere udita.

“Scusa, cos’hai detto? – chiese la dottoressa, mentre lei la fissava senza parlare - Stai bene?”

“Voglio provare ad avere speranza, come dice lei. E starò bene solo quando vedrò che anche Noa starà bene...”

La donna le sorrise, tranquillizzandola: “Lui starà bene, te lo prometto. La speranza è l’ultima a morire, no? Perciò facciamo in modo che non sia così!” esclamò, guardando la ragazza osservarla fiduciosa.

Brenda seppe, dentro di lei, che quella dottoressa era più speciale di quanto non pensasse o immaginasse…

 

CONTINUA NEL QUINDICESIMO EPISODIO

Testo a cura di Lady Viviana.

ANGOLO AUTORE: Scusate per il ritardo del capitolo, non mi è stato possibile postarlo Lunedì, come di solito. Non perdete il prossimo appuntamento con la 3x15 "La notte della luna cattiva" Lunedì 14 Settembre. Buona settimana stregata!

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Capitolo 15
*** 3x15-La notte della luna cattiva ***



 CAPITOLO QUINDICI

"Dangerous Wicca's Night"

 

 

 

Morney Hill Hospital

 

 

Brenda era scesa al primo piano per prendere un caffè, ma soprattutto per chiamare l’amica e metterla al corrente di ciò che aveva appena scoperto.

Soltanto dopo diversi squilli, però, Jade finalmente rispose: “Pronto? Brenda?”

L’altra iniziò a parlare a raffica, senza fare pause: “Ho trovato il secondo contenitore, la dottoressa, e il suo nome è Anne Marie Straus. E’ lei, è identica al dipinto e ha operato Noa, ci credi?”

“Ok, adesso fai un respiro profondo e raccontami! Per prima cosa, come sta lui?”

Brenda sospirò, stanca e tesa: “Per il momento è stabile, ma deve fare un secondo intervento domani pomeriggio e dopo sapranno se si riprenderà o meno.”

“Va bene, allora faccio sapere ai Consiglieri che abbiamo trovato anche il secondo contenitore, se hai bisogno di qualcosa, chiamami, ok?” e si preparò a chiudere la chiamata.

“No, aspetta!” urlò per fermarla.

“Sì?”

“Puoi non dire niente? – la supplicò Brenda - Se glielo dici, pretenderanno che la portiate lì come Mona. Lei, però, si sta ancora occupando di Noa, perciò voglio rimanga qui finchè lui non sarà fuori pericolo, ok? Ti prego...”

Jade fu subito comprensiva: “Certo, hai ragione. Non dirò niente, ma avvertimi se ci sono novità, ok? E’ importante che riuniamo quei contenitori al più presto!”

“Ah, già! E con i servitori del caos?”

“Ora che abbiamo il coperchio, possiamo rinchiudere nel vaso quelli che abbiamo catturato, poi ci occuperemo di quelli ancora in giro. E’ tutto sotto controllo, non preoccuparti, tu pensa a Noa, ok?”

“Ehm, d’accordo, grazie…” rispose Brenda, triste, prima che chiudessero la chiamata.

 

 

Casa Jenkins

 

 

Terence ricomparve davanti a casa Jenkins con Jim, come promesso. Subito, l’uomo si allontanò da lui.

“Grazie per il passaggio, ora vado a preparare la borsa di Brenda. Sicuramente vorrà restare in ospedale con Noa” lo ringraziò, gentilmente.

“Se vuole, entro con lei. Così mi da la borsa e gliela porto io!” propose Terence, gentile come sempre, ma l’altro fu categorico.

“Non devi più fare niente, da qui in poi me ne posso occupare io. Voi avrete sicuramente altro a cui pensare e, rendendoti utile tu ai Consiglieri, mia figlia potrà restarne fuori almeno per una volta e riposare un po’!”

L’astio nella sua voce era palese.

“Senta, Signor Jenkins io…” iniziò Terence, ma fu subito interrotto.

“So cosa vuoi dirmi e non lo accetterò mai! Non accetterò mai che mia figlia rischi doppiamente la sua vita per salvare la tua e, francamente, non capisco… Se i disordini dilagano in questa città, a cosa ti serve lei? I disordini permettono ai servitori del caos di sopravvivere e qui ce ne sono in abbondanza, perciò non capisco davvero il motivo della vostra connessione!”

“Ha ragione, non ci avevo mai pensato... Ci siamo connessi prima del ritorno dei disordini, ma sono successe talmente tante cose, nel frattempo, che non ci ho più pensato. Comunque, le prometto che troverò il modo di annullare questa connessione, così non dovrà più preoccuparsi per Brenda.... D’accordo?”

Jim annuì, soddisfatto: “Bene, sono contento che tu abbia preso questa decisione. Sono sicuro che, se la ami veramente, la porterai fino in fondo!” e, senza aggiungere altro, entrò in casa, lasciando solo Terence a riflettere su quelle parole.

 

*

 

Intanto, nel bosco, i servitori del Caos si erano riuniti per discutere sul luogo in cui si trovavano, dopo aver perlustrato attentamente la zona. Il più anziano, che sembrava anche quello che comandava, parlò per primo.

“Hanno catturato quattro dei nostri.”

“Chi?” chiese una voce.

“Erano una strega, due demoni e una ragazza con le frecce, ma… non erano soli, perché con loro c’era Terence!”

Un altro servitore si fece avanti: “Aspetta un secondo, Lance, intendi il piccolo Terence? Il figlio di Luis?”

“Sì, ma ora è molto più grande rispetto a come lo ricordavamo. Non so esattamente quanto tempo siamo rimasti intrappolati, ma di certo non è poco!”

“Io ho fatto un giro della città – venne avanti uno - e ho scoperto che l’anno corrente è il 2015!”

Lance sgranò gli occhi per la sorpresa: “Quindi sono passati 33 anni!”

Il giovane servitore più vicino a lui mormorò: “Dobbiamo lasciare questa città! Sono riusciti a rubarci il coperchio di quel vaso e io non ho intenzione di ritornarci dentro per sempre! Tuttavia… c’è anche questa cupola che non ci permette di andarcene!”

“No! – replicò un ragazzo - Non ce ne andremo senza aver preso a calci quel piccolo verme!”

Subito, però, il capo intervenì: “Bastian, placa la tua rabbia, perchè non possiamo permetterci la vendetta, loro voglio farci sparire e hanno anche i mezzi per farlo!”

“Ma noi abbiamo i disordini e anche molto forti, qui!”

“Già , me ne sono accorto... Sono diversi e anche più potenti e ci serviranno per abbattere tutti insieme questa cupola e uscire.”

Gli altri sembrarono essere d’accordo con lui, ma Bastian non demorse.

“Oppure per farla pagare a quel traditore e prendere il controllo di questa città!”

“No! – esclamò Lance, irremovibile – Non ti permetterò di comportarti in modo irresponsabile e immaturo! E poi, quale vendetta vuoi avere da qualcuno che era poco più di un bambino? Probabilmente è stato manovrato da qualcuno che si è approfittato della sua ingenuità!”

“Chi è stato, allora? Magari suo padre che ha finto la sua morte? – poi si rivolse al gruppo – Ricordate quanto era distaccato Luis, prima di scomparire? Poi abbiamo scoperto che aveva dei loschi progetti in cantiere e magari quei piani erano ancora in corso e non comprendevano noi tutti!”

A quel punto, stranamente, gli altri iniziarono a dargli ragione.

“Per quanto ne sappiamo, solo Terence sembra essere sopravvissuto tra noi servitori...” fece notare loro Lance, lasciandoli perplessi.

“E, secondo voi, da solo sarebbe riuscito a rendere così forti i disordini? Sappiamo perfettamente che il loro potere aumenta in base al numero di creature soprannaturali che infettiamo e ai disordini che diffondiamo, perciò una persona sola non può aver fatto tutto questo!”

“I disordini sono molto diversi da quelli con cui avevamo a che fare noi. Inoltre, Terence sembra essere dalla parte dei buoni, adesso, perciò deve sicuramente essere stato qualcun altro… - si rivolse poi ad un altro servitore di fiducia, che si trovava in mezzo al gruppo – Quanti di noi mancano ancora all’appello, piuttosto?”

“Kent, Jasper e Wolf. – rispose quello - Eccetto quelli catturati dalla strega e i demoni di cui avete parlato, ovviamente.”

Lance, allora, prese una decisione: “Troviamo quelli che mancano, dopo di che proveremo ad andarcene, ok?” e convinse tutti, apparte Bastian.

“Ma…” iniziò quello, ma fu subito interrotto.

“Ma niente! I miei ordini non si discutono, sono il più anziano e la mia parola è legge. Non è cambiato nulla da che eravamo nel nostro castello, perciò riabituati in fretta e obbedisci!”

L’altro tacque e, con il volto deformato dalla rabbia, si allontanò, mentre il gruppo eseguiva ciò che era stato stabilito.

 

 

Alkaban

 

 

Jade stava uscendo da una delle stanze, quando incrociò Zack nel corridoio.

“Ah, eccoti! – esclamò - Ci hai messo tanto a tornare!”

“Sono passato a casa di Brenda, perchè mi ha chiesto di prenderle un cambio di abiti per poter restare in ospedale con Noa, ma suo padre mi ha detto che se ne sarebbe occupato lui. Qui, invece?”

“Abbiamo isolato i servitori del caos nella stanza da cui sono appena uscita e Jackson sta facendo loro la guardia. Adesso, invece, sto andando nella Sala del Consiglio, così potremo chiedere ad Elpìn come intrappolarli di nuovo nel vaso, ora che abbiamo il coperchio.”

Zack le lanciò un’occhiata perplessa: “Perchè, non basta puntarlo verso di loro per intrappolarli? Ci sono delle istruzioni anche per i vasi, adesso?”

Sulle labbra dell’amica si dipinse un sorriso: “Già, inizio a stancarmi anche io, ma è pur sempre un oggetto mistico e sai meglio di me che non può essere così facile!”

“E con gli altri, invece? Cosa facciamo?”

Jade sospirò: “Non me ne parlare! Ne abbiamo catturati soltanto quattro, mentre tu sprofondavi in una pozzanghera e Jackson veniva strangolato a distanza. Per ora, quindi, proviamo il vaso su questi, poi escogiteremo un piano per prendere anche gli altri rimasti.” e aprì la porta della Sala.

 

Non volendo perdere tempo prezioso, la ragazza si rivolse subito ad Elpìn, che era ancora lì in compagnia dei Consiglieri.

“Abbiamo il coperchio del vaso, – e lo poggiò sul tavolo – perciò ora spiegaci come usarlo e noi ti aiuteremo ad intrappolare nuovamente il male che conteneva, visto che è quello che vogliamo anche noi. Abbiamo già abbastanza problemi senza di loro!”

Quella annuì: “La leggenda dice che il vaso può essere usato solo dai discendenti di Pandora, ma, quando esso è stato rubato, la catena si è interrotta.”

“Mentre eravate fuori, – aggiunse Marcus - abbiamo scoperto che l’ultima donna che ha custodito il vaso è morta e così la sua erede. Erano madre e figlia e sono state assassinate insieme!”

“Beh, – commentò Jade, seccata - Wolf non faceva mai le cose a metà!”

Foxi, come tutti i presenti, concordò con lei: “E’ stata una mossa astuta da parte sua, evidentemente sapeva di interrompere la catena e che quindi nessuno l’avrebbe più cercato per riprendersi il vaso.”

“Il punto è... – si intromise Elpìn, cercando di ritornare al discorso – che, una volta interrotta la dinastia, ne va creata un’altra per restituire al vaso il potere di intrappolare i mali.”

“D’accordo, creiamo una nuova dinastia, allora. Cosa dobbiamo fare?” chiese Zack, pratico e deciso come sempre.

“Beh, le regole sono sempre le stesse: se gli Dei hanno affidato il vaso ad un mortale, esso dovrà essere custodito sempre da un altro mortale.”

Il ragazzo roteò gli occhi, sospirando: “Fantastico, io sono un demone!”

Jade, poco lontano, scosse la testa: “Sai, credo che debba essere donna, la nuova mortale, non un uomo. Giusto, Elpìn?”

“In verità no, Pandora fu scelta a caso. Pare che uno degli Dei la prese in considerazione perché invaghito di lei e per questo la presentò agli altri suoi pari come la candidata perfetta a cui consegnare il vaso. L’unica regola è che il o la custode del vaso sia un mortale.”

La ragazza, a quel punto, era combattuta: “Dunque... Noa non mi sembra nelle condizioni di intrappolare un male e Brenda… beh, non mi sembra proprio il caso di chiederglielo. Forse dovremmo scegliere una persona a caso fra gli abitanti di Morney Hll....”

Zack la fissò a bocca aperta: “Avanti, Jade, non dirai sul serio! Vuoi davvero mettere il vaso nelle mani di una sconosciuta e credere che ci aiuterà a rinchiudere i servitori del caos senza impazzire nel giro di un secondo?”

Subito, Foxi lo appoggiò: “Ha ragione lui: ci serve una persona che conosca già la situazione e gli unici sono Brenda e Noa.”

Jade stava quasi per arrendersi, quando le venne improvvisamente un’idea: “Aspettate! – esclamò - C’è Wes! Possiamo chiederlo a lui, no? E’ un mortale e sa cosa sta accadendo.”

L’amico, però, era perplesso: “Il vaso di Wes? Non suona molto bene, sai?”

“Forse suona meglio il vaso di Wesley, visto che Wes è solo un diminutivo....”

L’altro rispose con una smorfia di disgusto: “Come distruggere un mito conosciuto da secoli con un nome!”

Capendo la situazione, Marcus, convinto, si intromise fra loro: “D’accordo, allora portate qui Wes, così possiamo provare il vaso con i servitori del Caos che avete catturato, ok?” e i due annuirono, pronti ad eseguire gli ordini.

 

 

Sull’Autostrada Est, a diversi chilometri da Morney Hill

 

 

Diverse ore dopo, in pieno giorno, un gruppo numeroso di streghe comparve dal nulla nel bel mezzo dell’autostrada, che, per fortuna, era deserta. Era capitanato da Heith, che aveva abbandonato la WitchHouse per aiutare Klen, accanto a lei insieme all’inseparabile Roma.

“Uscendo dall’autostrada, dobbiamo proseguire nel bosco in direzione est. La mia leader è accampata proprio al confine della cupola all’interno del bosco” spiegò la ragazza ed Heith annuì, iniziando a marciare.

“Bene, non perdiamo altro tempo. Forza ragazze, andiamo!” ordinò e subito quelle eseguirono.

 

Dopo alcuni minuti, Klen e Roma, che camminavano proprio dietro Heith, si staccarono da tutti e iniziarono a chiacchierare.

“Ehi, hai notato anche tu?” chiese la più anziana delle due, sussurrando, ma l’altra non capì la sua allusione.

“Notato cosa?”

“Anche le altre streghe hanno lo stesso timbro sul polso che ci è stato fatto all’entrata della WitchHouse.”

“E...?”

“Non era solo una misura preventiva per gli estranei che si presentano al loro cospetto?”

Klen non parve, però, condividere le sue preoccupazioni: “Beh, ci sono parecchie streghe che non amano rispettare le regole. A volte le misure preventive non servono solo per chi arriva da fuori, ma anche per chi si trova dentro. Credo che Heith non voglia problemi all’interno della sua struttura e così può tenere la situazione sottocontrollo...”

Roma, però, non si convinse, anzi: “Sarà, ma io lo trovo strano...”

Improvvisamente, Heith le chiamò: “Avanti, ragazze, perché non venite qui accanto a me così parliamo?” e le due, dopo essersi lanciate un’occhiata, la raggiunsero.

 

Appena la affiancarono, la donna iniziò a parlare.

“Mentre camminiamo, credo sia meglio iniziare a discutere del piano. Immagino vi starete chiedendo quale sia da quando abbiamo lasciato il mio ufficio...”

“Sì, in verità, me lo stavo chiedendo. – le rispose Klen - Come faremo a rimuovere la cupola?”

Heith scoppiò a ridere: “Rimuoverla? Solo coloro che l’hanno creata, possono farlo!”

Roma era perplessa: “Allora come aiuterai quelle streghe?”

“Annullandola temporaneamente, quanto basta per farci entrare e farle uscire, no?”

“Ma come? Nessuna di noi ci è riuscita da quando siamo a Morney Hill!”

“Non ci siete riuscite perché non sapete molte cose. Non fraintendermi, non sto dicendo che siete streghe ignoranti, perchè fino a poco tempo fa ero come voi. Ora, invece, so molte più cose e sono capace di fare molte più cose…”

“Ti ascoltiamo, allora!”

“Compieremo un rito da entrambe le parti. Le mie streghe con le vostre. – poi alzò gli occhi al cielo – Bene, l’eclissi lunare sembra imminente!”

“Eclissi lunare?”

“Esatto! Lasciate che vi spieghi: l’eclissi lunare che tutti conoscono è anche chiamata Ascesa della luna cattiva e ogni cinque anni un energia oscura domina questo fenomeno. La leggenda dice che questa misteriosa energia sia costituita dalle cattive azioni commesse dalle streghe sulla terra. Ogni cinque anni, quindi, quella accumulata negli anni raggiunge il culmine e si impossessa della luna quando è in eclissi, facendola apparire rossa. Noi, stanotte, prenderemo quell’energia, così saremo in grado di annullare la cupola per cento minuti, ovvero l’intera durata dell’eclissi.”

Le altre due streghe, sbalordite, si guardarono.

Roma, però, non capiva ancora una cosa: “Come mai non ho mai sentito parlare di questa leggenda?”

“Già, nemmeno io! – aggiunse Klen, d’accordo con lei - Eppure leggo molti libri…”

Ma l’altra sorrise loro: “Perché certe cose non sono scritte in tutti i libri che conoscete, ma solo in pochi, o forse in uno solo, speciale e unico.”

Le due la fissarono, confuse, limitandosi a continuare a camminare.

 

 

Morney Hill College

 

 

La ricerca di Wes si era spinta fino al campus, dove Zack e Jade si arresero, facendo una rapida telefonata a Brenda, che era ancora in ospedale.

“Dice di non sapere dove abita, ma non è sicuramente qui come pensavamo!” riferì il ragazzo.

“Quindi abita a Morney Hill? Pensavo provenisse da un’altra città e avesse preso una stanza come tutti quelli che vengono da fuori. Comunque cos’altro ti ha detto Brenda?”

“Che possiamo chiedere a Corinne, una sua amica. Dice che anche tu la conosci...”

Ma Jade era confusa: “Ah sì? Sono stata praticamente la ragazza più asociale del campus e dovrei conoscerla?”

“Avanti, fai uno sforzo! Dubito che tu non abbia mai incrociato Wes con un’altra ragazza, almeno una volta, quando ancora frequentavi le lezioni...”

L’amica gli lanciò un’occhiataccia: “Non ne parlare come se non andassi a scuola da un secolo! Sono solo due settimane!” esclamò.

“Due lunghe settimane, considerando che sei andata in un altro mondo, nel futuro e poi di nuovo qui!”

“Beh, peccato che in un curriculum non si possa inserire la voce ho attraversato un portale dimensionale per farsi assumere più velocemente da chiunque lo trovi sbalorditivo!”

“Hai davvero detto curriculum? Stai pensando di cercarti un lavoro, per caso?”

“Sai, credo sia evidente che la scuola non fa per me... Guardiamo in faccia la realtà: mi sono diplomata solo grazie ad un aiuto dai piani alti!”

“Guarda che tu e il tuo clone eravate collegati e ciò che imparava lei, imparavi anche tu. Avevate praticamente le stesse conoscenze, con la sola differenza che era lei a presentarsi a tutti i test e a rispondere alle domande. Domande a cui avresti sicuramente risposto correttamente anche tu!”

Finalmente, sentendo le parole dell’amico, sulle labbra di lei si dipinse un sorriso: “Ah, cosa farei senza di te, Zack Hunter! – sospirò, per poi tornare seria – Bene, ora smettila e aiutami a cercare questa Corinne!”

Subito, Zack iniziò a guardarsi in giro: “Ma se nemmeno la conosco!”

 

Improvvisamente, una voce maschile alle loro spalle, la chiamò.

“Signorina Alison, eccola, finalmente!” esclamò, facendo girare entrambi.

Si trattava di un uomo vestito elegantemente in giacca e cravatta e Jade, colta alla sprovvista, tentennò.

“Oh, mio Dio, professor… – iniziò, nervosa – Professore!”

Quello le lanciò un’occhiataccia, indignato: “Sono più di due settimane che aspetto la sua relazione. Si può sapere quanto ancora dovrò aspettare?”

La ragazza rise istericamente: “Ah, quella! Lo so, mi scusi, ma mia nonna non è stata tanto bene e io sono nipote unica... – fece una pausa, imbarazzata, rendendosi conto di aver detto una sciocchezza – Insomma, non ha nessun altro oltre a me. Comunque, oggi sono tornata e la avrà dopo in classe, ok?”

“Sarà meglio per lei!” replicò l’uomo, poco convinto, prima di andarsene.

 

Quando fu lontano, finalmente Jade, con un sospiro, si riprese: “E’ ufficiale, non mi rivedrà mai più al suo corso!”

“Oh, andiamo, che esagerata che sei! Te la scrivo io, quella stupida relazione! Tu non smetterai di frequentare il college solo per questo!”

L’amica gli diede una pacca sulla spalla: “E’ una relazione sull’amore non corrisposto. Sei sicuro di volermi ancora aiutare?” e iniziò a camminare, lasciandolo indietro.

Subito lui la raggiunse, offeso: “Ehi, non vale usare il nostro passato per non farti i compiti!”

Ma quella non gli rispose, bloccandosi di colpo in mezzo alla strada e facendolo quasi inciampare.

“Oh, mio Dio quella è Corinne! – esclamò - La mia memoria si è risvegliata non appena l’ho vista!”

“Beh, cosa facciamo, adesso? Restiamo qui a vederla bere un caffè, mentre svanisce all’interno dell’edificio o cosa?”

“Sì, hai ragione, muoviamoci!”

 

In pochi secondi i due la raggiunsero, bloccandole la strada. L’altra, perplessa, smise di bere il caffè, tenendo ancora il bicchiere sulle labbra e li guardò perplessa.

“Sì?”

“Ehm, sei un’amica di Wes, vero?” chiese Jade e quella annuì.

“Non c’è un documento ufficiale che lo dimostri, ma sì. Perché?”

“Ci chiedevamo se sapessi dove abita. – le spiegò Zack - Un nostro amico è con lui e non abbiamo sue notizie da un po’, magari si è fermato proprio da Wes!”

Subito, l’altra prese carta e penna: “Non c’è problema, anche io sono sparita a casa sua una volta, ma solo perché ero talmente ubriaca che sarei tornata a casa mia guidando con le gambe!” replicò, ironica, per poi passare loro un biglietto.

Jade lo prese e sorrise: “Grazie… E grazie anche per aver condiviso con noi la tua storia da Notte brava a casa di Wes!”

“Di nulla, anzi, ditegli anche di portare il suo culo qui a scuola assieme ai miei appunti, quando lo vedete!” I due annuirono, dirigendosi verso l’uscita.

“Wow, dopo Il vaso di Wesley, non pensavo saremmo arrivati a cambiare anche i titoli dei film!” esclamò Zack, prima che corressero a cercare Wes a casa sua.

 

 

Foresta nella zona Est all’interno della cupola

 

 

Tamara aveva deciso di farsi un bagno nel fiume da sola, con addosso solo la biancheria intima. Non sapeva, però, che Barnès era dietro un albero che la spiava con occhi rapiti.

Per molto tempo continuò a muoversi candida tra le acque, con il sole che faceva risplendere le goccioline d’acqua sulla sua pelle. Improvvisamente, si avvicinò ad una sponda del fiume, pronta ad uscirne, quando notò qualcosa incastrato tra dei rami secchi. Subito, gettò un urlo.

“Oh mio Dio!”

Senza pensarci due volte, il demone uscì immediatamente allo scoperto: “Tamara? – chiamò – Cosa sta succedendo? Perché hai urlato?” e si gettò nel fiume per raggiungerla.

Lei, vedendolo, gli fece cenno di raggiungerla in fretta.

“Allora?” le chiese appena la raggiunse e, in risposta, quella allungò la mano in cui aveva stretto ciò che aveva trovato.

“Guarda cosa ho trovato!”

Barnès rimase perplesso da ciò che vide: “Un fermacapelli? Hai urlato per un fermacapelli?”

Lei gli lanciò un’occhiataccia di rimprovero: “Appartiene ad una delle mie streghe, lo riconoscerei tra mille!”

“Ne sei sicura?” le chiese lui, poco convinto, ma l’altra fu irremovibile.

“Sicurissima, non ho alcun dubbio!”

“Com’è possibile se le tue streghe sono bloccate ad Alkaban?”

“Forse non lo sono più, forse sono riuscite a fuggire come abbiamo fatto noi e sono passate di qui...”

Finalmente, Barnès si convinse: “Ma certo, hai ragione! Ricordi quando abbiamo visto la prescelta e i suoi amici passare da queste parti? Probabilmente stavano cercando le streghe!”

“Harmony, però, era con loro. Chissà come mai...” gli fece notare la donna, pensierosa.

e Barnès, uscendo dall’acqua e aiutando anche lei, disse: “Beh, – propose allora il demone, uscendo dall’acqua e aiutando lei a fare altrettanto - torniamo all’accampamento e iniziamo a perlustrare la zona, no? Magari anche i miei demoni sono in giro, così, appena tornerà Klen, potremo andarcene tutti!” e i due, fiduciosi, corsero subito via.

 

 

Casa di Wes

 

 

Jade e Zack raggiunsero l’indirizzo indicato loro da Corinne e, fortunatamente, incontrarono proprio Wes che stava uscendo dalla casa. Aveva in mano un borsone e sembrava essere abbastanza di fretta. I due, allora, corsero verso di lui, spuntandogli proprio davanti.

“Cosa ci fate qui?” chiese loro appena li vide.

“Ti stavamo cercando, devi venire subito con noi!” gli disse Jade, concitata e l’altro si spaventò.

“E’ successo qualcosa a Noa, per caso?”

“No no! Lui è ancora in ospedale!” lo tranquillizzò lei, allora lui si fece strada in mezzo a loro.

“Bene, allora devo andare!”

Zack, però, lo fermò prima che potesse allontanarsi: “Wes, aspetta!”

Wes si voltò, seccato: “Si può sapere cosa volete?”

“Siamo qui perché ci serve il tuo aiuto!” gli spiegò la ragazza e sul volto di lui si dipinse la confusione.

“Il mio aiuto? Per cosa?”

“Ci serve un essere umano per far funzionare un oggetto soprannaturale. Credimi, avremmo chiesto a Noa o Brenda, ma, come ben sai, non sono molto disponibili, al momento…”

“Lo credo bene, dato che continuate a trascinarli nei vostri casini! – replicò quello, poco amichevole – Sapete, trovo molto egoista da parte di un demone e una strega mettere a rischio la vita dei loro amici umani... Avreste dovuto proteggerli meglio dal male che vi circonda, invece di coinvolgerli nelle vostre battaglie!”

La ragazza non sapeva cosa dire, ma Zack, invece, si sentì attaccato ingiustamente e non riuscì a tacere: “Sì, hai ragione. Peccato, però, che abbiano scelto di loro spontanea volontà di far parte di questa battaglia. Noi non costringiamo nessuno!”

“Ah no? Allora cosa ci fate qui?”

Jade, più gentile dell’amico, cercò di sistemare la situazione: “In questo caso non abbiamo altra scelta, Wes. Abbiamo bisogno del tuo aiuto! Ti prego...”

Ma Wes scosse la testa: “Mi dispiace, ma l’unico a cui voglio dare aiuto è Noa. Devo stargli vicino, adesso!” e si voltò, andandosene.

La ragazza, però, non si arrese: “Sappiamo chi è il responsabile dell’incidente di Noa!” urlò, facendolo fermare, permettendole di continuare.

“Si tratta di un servitore del Caos, un essere malvagio e senza scrupoli. Ce ne sono molti adesso in città che potrebbero fare del male a persone come la tua amica Corinne o i tuoi genitori o chiunque incrocino lungo la loro strada. Tuttavia, noi abbiamo un oggetto, un vaso, con cui possiamo intrappolarli per sempre, ma solo un essere umano può usarlo. Davvero vuoi tirarti indietro e permettere che altre persone vengano ferite o addirittura uccise?”

Lentamente, il ragazzo si voltò: “Accetto, ma sia chiaro che non lo faccio per voi! Le persone che vi sono accanto corrono un enorme rischio e spero ve lo ricorderete, quando le riavrete di nuovo accanto...”

“Finchè loro vorranno starci accanto, noi non le manderemo via. – spiegò Zack, sempre risoluto - Sanno di correre un rischio, ma ci aiutano lo stesso. Questi si chiamano eroi e gli eroi restano sul campo di battaglia! Che siano demoni, streghe o esseri umani.”

A quel punto Wes, meno diffidente, decise di fidarsi di loro e seguirli.

 

 

Da qualche parte nel bosco

 

 

Terence stava vagando disorientato per il bosco, assillato da un debole suono simile ad un fischio o un sibilo che, però, si trovava solo all’interno della sua mente. Improvvisamente, esso cessò e l’uomo poté finalmente fermarsi a riposare. Sfortunatamente, però, non era solo, perché da uno degli alberi spuntò fuori uno dei servitori del Caos. Sentendo la sua presenza, sollevò il capo e lo riconobbe.

“Lance!” lo chiamò e quello gli fece cenno, pulendo con un dito la pietra dell’anello che portava.

“Ben trovato, Terence. Sei diventato grande, vedo... Ti ho riconosciuto a stento, sai? Ma quegli occhi sono inconfondibili!”

L’altro, irritato, si sforzò di mantenere un tono educato: “Non perseguitarmi, Lance. Non sono più uno di voi, perdi tempo!”

“Mi dispiace aver usato l’anello dei servitori, ma non sapevo come contattarti. Certo, ho intensificato il suo richiamo affinché tu non lo ignorassi, ma era solo per essere sicuro che venissi. E, per la cronaca, lo so che non sei più uno di noi, me ne sono fatto una ragione dal primo istante che ti ho visto!”

“Allora cosa vuoi?”

“Chiarimenti, no? Su cosa è successo in realtà 33 anni fa al castello. Sai, alcuni di noi non ti vedono di buon occhio, al momento. Ti odiano e ritengono te e tuo padre responsabili della loro prigionia…”

“Ero solo un bambino, come possono ritenermi responsabile?” si difese subito Terence.

“E’ quello che ho detto loro anche io. So che non sei stato tu, ma allora chi altro è stato? Voglio solo sapere la verità!”

Con un sospiro, Terence iniziò a raccontare: “Io l’ho scoperto solo da poco: la vostra prigionia è stata tutta opera di Wolf, che, dopo la scomparsa di mio padre, voleva prendere il controllo del castello. Ha architettato tutto nei minimi dettagli, rubando un oggetto che viene chiamato Vaso di Pandora. Astutamente, me l’ha fatto trovare in uno dei corridoi del castello sotto un’altra forma, ovvero quella di una semplice scatola. Io, ingenuamente, l’ho portata alla festa organizzata da lui e poi… beh, sai cosa è successo dopo. Poi, fino a qualche anno fa, sono rimasto al suo fianco, convinto che fosse stato tutto uno spiacevole incidente causato da me.”

“E tuo padre? Era morto, quindi?”

“No, era più che vivo. Si è nascosto nel castello per parecchi anni all’interno di un cigno mistico. Il suo unico scopo, infatti, era di conquistare il mondo e rendere i disordini permanenti, ma ha fallito e io stesso l’ho ucciso, rendendo il suo fallimento ancora più abissale. Lui e Wolf, infatti, erano uguali: non amavano certo far parte di un gruppo. Volevano regnare da soli, incontrastati. In eterno.”

“E ora sei rimasto solo tu?”

Terence sogghignò: “No, non avrei mai permesso che i disordini rimassero ancora qui. Anche a costo della vita, ho fatto di tutto per poterli distruggere, aiutando chi ne aveva il potere. Purtroppo, però, c’è ancora John, uno dei prescelti accolti da mio padre all’interno del castello. Suppongo te lo ricordi…”

Lance annuì: “Certo, ero ancora al castello, quando John è arrivato. Non pensavo che alla fine sarebbe diventato un servitore del Caos anche lui, però...”

“Beh, questo è tutto, comunque. Al momento, abbiamo recluso John, ma i disordini che ha scatenato sono ancora qui e noi faremo di tutto per neutralizzarli, perciò ti chiedo… quali intenzioni avete?”

L’altro lo guardò in silenzio per qualche secondo, prima di parlare di nuovo: “Andarcene e continuare quello che abbiamo sempre fatto. Il tempo non ha cambiato la nostra natura, perciò continueremo a seminare disordini e rafforzarci. Troveremo una nuova sede e magari… ci rincontreremo un giorno in una nuova battaglia!”

“Lance, sarò sincero... tu eri la persona a cui tenevo di più, dopo mio padre. Quando è morto, tu sei stato l’unico che si è preso cura di me, perciò voglio ripagarti. Voglio ripagarti per tutto: non lasciare questa città e non provare a farlo! Lascia che ti offra un’altra opzione...”

Le sue parole, ovviamente, incuriosirono l’uomo: “E quale sarebbe?” chiese, attento.

Terence, allora, si accorse di aver parlato troppo, perciò, titubante, dovette spiegargli la situazione senza rivelargli tutto: “Sono quasi certo che, se sarete d’accordo, troveremo il modo di potervi mandare in un’altra terra, un’altra dimensione. Devo discuterne con gli altri, però. Comunque, qui per voi non ci sarà niente quando avremo neutralizzato i disordini e stessa cosa quando uscirete da questa città.”

L’altro, però, scosse la testa: “Mi dispiace, ma non possiamo accettare. Ti ringrazio, ma… non voglio rimanere bloccato in un altro luogo ignoto. Resteremo qui, nella terra dove siamo nati e – chi lo sa? – forse, alla fine, non riuscirete mai a neutralizzare i disordini e noi vinceremo. In ogni caso, se devo morire, sarà sicuramente in questo mondo!”

Terence non riuscì a nascondere il suo dispiacere per quella scelta: “D’accordo, ma, se dovessi ripensarci, sai come contattarmi. Credimi, la mia via d’uscita è migliore della tua!”

“Beh, direi che le nostre strade si divideranno, a questo punto. Buona vita, Terence. Te la auguro sinceramente!”

L’altro abbassò lo sguardo, sentendo l’amaro in bocca: “Addio!” e se ne andò anche lui, ignaro che un altro servitore del caos, Bastian, aveva ascoltato tutte la conversazione avuta con Lance.

 

 

Alkaban

 

 

Intanto, nella stanza in cui erano reclusi i servitori del Caos catturati, era in atto la prova del vaso. I Consiglieri, però, rimasero in disparte accanto alla porta come semplici osservatori. Elpìn, invece, era al centro della stanza e stava dando istruzioni a Wes su come procedere, mentre Jade e Zack aspettavano, in piedi al suo fianco.

Tutto era pronto: il ragazzo aveva in mano il vaso, puntato verso i servitori del Caos.

“Bene, adesso che l’hai puntato verso di loro, sfiora la superficie del vaso con l’indice, seguendo tutta la sua circonferenza.”

Benché scettico, quello eseguì, poi attese altre istruzioni.

“E ora?” chiese, quando, improvvisamente, la superficie che aveva appena toccato, si illuminò leggermente.

“Ora il vaso ha un proprietario e potrai controllarlo per potervi rinchiudere qualunque male. – spiegò la ragazza - L’hai appena resettato, in un certo senso.”

Tutti i presenti rimasero profondamente impressionati.

“Cosa devo fare adesso per rinchiudere quelli – e indicò i servitori con gli occhi – all’interno?”

“Ripeti quello che hai fatto prima e poi dì: Olympus!

E l’altro si posizionò, pronto ad eseguire. Uno dei servitori, però, cercò di intimidirlo con una minaccia.

“Se fallisci, spera di non trovarti sulla mia strada, dopo…” sibilò, prima che Jade gli lanciasse un’occhiataccia.

“Non lo troverai mai sulla tua strada, idiota! Sei in una bolla, dentro un edificio. Completamente in trappola. Al massimo, sei tu che sei sulla sua strada! – a quel punto, quello tacque, limitandosi a guardarla storto – Forza, Wes, continua. Ricorda che è per colpa loro se Noa si trova in ospedale!”

Istigato dalle parole di lei, il ragazzo si sentì più determinato che mai a infliggere loro quella prigionia eterna.

Dopo aver eseguito quanto gli era stato chiesto, esclamò: “Olympus!

 

Improvvisamente, i suoi occhi si colorarono di giallo. Elpìn, sapendo che era arrivata la sua ora di tornare nel vaso, salutò i ragazzi con un sorriso, poi si tramutò in una immensa luce verde, mentre i servitori del caos diventavano una nube oscura. Tutti, però, si sollevarono, trasformandosi in serpentelli di luce che si fusero tra loro per poi convogliare all’interno del vaso. Una volta entrati al suo interno, Wes puntò il braccio verso il coperchio, che si trovava poggiato su un ripiano poco lontano, e lo sollevò in aria, per poi attirarlo a sé e chiudere il vaso. Non sembrava nemmeno lui, in quel momento e i presenti ne rimasero semplicemente sbalorditi.

Quando la luce nei suoi occhi svanì, Wes si girò verso Jade e Zack, frastornato: “Ce l’ho fatta?” chiese, strappando loro un sorriso.

“Cavoli, sì! Ce l’hai proprio fatta, ha funzionato!” esclamò lei, felice.

 

Pochi minuti dopo, Jade, Zack e Marcus uscirono in corridoio e iniziarono a discutere sulla mossa successiva. Per la strega, in particolare, non c’erano dubbi.

“Bene, ora che abbiamo testato il vaso e funziona, non ci resta che localizzare la posizione dei servitori. Loro si muovono in gruppo, giusto? Non sarà difficile prenderli tutti in un colpo solo!”

Il Consigliere, però, non era altrettanto ottimista: “Dubito che si lasceranno catturare senza reagire, sai? Avete visto con i vostri occhi i poteri che possiedono e i disordini di John li stanno rendendo ancora più forti!”

“E se li facessimo cadere in una trappola? – propose allora Zack - Una capace di tenerli bloccati abbastanza perchè Wes rinchiuda tutti loro per sempre?”

“Stai pensando alla trappola nella caverna, per caso? – gli chiese la ragazza, cercando di capire le sue intenzioni – Quella dove sono le streghe ora?”

“Qualcosa del genere, purché non richieda una formula che ci faccia attaccare da loro, prima poterla completare. Qualcosa di subdolo e nascosto, insomma!”

“La magia Shomia! – esclamò Marcus - Non si accorgerebbero mai di una trappola magica costituita da simboli nascosti...”

“Ma questo vuol dire che dovremmo ritrovare Nina!” fece notare lei, preoccupata, ma subito Zack la tranquillizzò.

“Non preoccuparti: quando è rimasta con me nella sala interrogatori, mi ha spiegato come ricontattarla. Credo si sia fidata di me, dopo che abbiamo parlato quel giorno.”

Jade annuì, più calma: “Allora trovala e fai in modo che ci aiuti con questa trappola Shomia o come cavolo si chiama, ok? Intanto io e Marcus ci occuperemo di localizzare i servitori del caos. Qualcosa mi dice che non passeranno inosservati!”

Tutti e tre furono d’accordo, così Zack si preparò a lasciare Alkaban.

 

 

Foresta presso la zona Est all’esterno della cupola

 

 

Klen vedeva ormai a pochi passi da lei l’accampamento che aveva abbandonato qualche giorno per partire. Scrutando la sua leader da lontano, le si illuminarono gli occhi e sul suo volto si dipinse un sorriso. Corse immediatamente verso di lei, urlando il suo nome per annunciarle il suo ritorno.

“Tamara! Tamaraaa!”

“Deduco che siamo arrivate!” disse a quel punto Heith, fredda, voltandosi indifferente verso Roma.

Intanto Tamara, che si era accorta di lei, aveva raggiunto la parete e le due si ritrovarono a pochi centimetri l’una d’altra, divise solo da quella cupola invisibile.

Finalmente, la leader, felice di rivederla, le parlò: “Sei tornata, finalmente!”

“Sì, sono tornata. Per liberarvi!”

Quell’ultima esclamazione attirò l’attenzione di Barnès, che subito si avvicinò: “Dici sul serio?”

L’altra annuì: “Sì, dico sul serio. La strega che vi ho portato è molto esperta e potente e dice che riuscirà a farlo!”

Nel sentire la notizia, tutti esultarono.

“E’ ufficiale: adoro le streghe! – esclamò il demone - Credo che, quando sarò libero, smetterò di darvi la caccia e importunarvi!”

“Disgustoso... – commentò Heith, che nel frattempo si era avvicinata col suo gruppo di streghe - ma almeno sei affascinante!”

“Suppongo sia tu la strega che ci salverà. – replicò quello, scrutando anche le altre donne alle sue spalle – Bel gruppetto, comunque!”

La strega sorrise, cinica: “Oh, siamo molto di più di un semplice gruppetto, sai...? Comunque, io sono Heith, la strega più potente che voi possiate mai avere, perciò non perdiamo tempo e diamo vita alla vostra libertà, ok?”

Allora Tamara, ansiosa di sapere cosa aveva in mente, palesò la sua presenza: “Come hai intenzione di rimuovere la cupola?”

In risposta, l’altra rise: “Calma, non così in fretta! Dovremo aspettare la notte per quello. Piuttosto, Klen mi aveva detto che eravate molto più numerose rispetto a quelle qui presenti. Dove si trova esattamente questa Alkaban, di cui mi ha parlato?”

Tamara distolse lo sguardo, preoccupata: “Ci sono delle novità recenti, purtroppo: noi crediamo che le streghe siano riuscite a fuggire da Alkaban, ma non sappiamo dove si trovino attualmente…”

“D’accordo, – rispose Heith, tranquillamente, questo significa che me ne dovrò occupare io. – poi si rivolse a Klen – Avanti, torna nel tuo corpo, ora!”

Quella, fidandosi ciecamente di lei, annuì: “Annullate l’incantesimo che avete fatto sul mio corpo!” ordinò alla sua leader e quella si avvicinò ad esso ed eseguì.

Giovane strega, torna al punto in cui ti ho presa. La tua sorte non è più mia, perciò dalla trappola astrale vieni via...

Subito, Klen svanì dall’esterno della cupola per poi, dopo pochi secondi, risvegliarsi nel suo corpo a colpi di tosse, con il respiro strozzato.

“Accidenti, mi avete proprio soffocata per bene!” esclamò.

“Abbiamo solo eseguito le tue istruzioni!” si difese Dex, accanto a lei. Heith, intanto, sbadigliava e Roma continuava ad osservarla, trovandola bizzarra.

Intanto, la giovane ragazza venne aiutata a rimettersi in piedi e subito tornò a rivolgersi alla strega dall’altra parte: “Heith, ci siamo, sono di nuovo qui…” le disse e quella accennò un sorriso.

“Bene, sono contenta…”

Improvvisamente, i suoi occhi si chiusero di colpo, come se si fosse addormentata in piedi e tutti la osservarono, straniti.

“Che cosa le prende?” esclamò Barnès, confuso, senza accorgersi che qualcosa si era impossessato di Klen, colorandole gli occhi di un azzurro intenso.

Poco dopo, però, la ragazza si voltò verso di lui, spaventandolo, e iniziò a parlare: “Lo sapevo, sei più carino dal vivo. Fuori sembrava di vederti attraverso lo schermo di una televisione, anche se tecnicamente questa cupola è trasparente come l’acqua! – rise – Insomma, hai capito cosa intendo...”

“Non tanto... E comunque, chi diavolo sei?” chiese e Klen scosse la testa, sbuffando.

“Sono Heith, idiota!” esclamò.

Accanto a lei, Tamara era sbalordita: “Sei riuscita ad entrare nel corpo di Klen da fuori? Com’è possibile?!?”

“Oh cara, credo che tu non abbia ancora compreso quanto io sia potente... Ora sono dentro il corpo di Klen per aiutarvi a rintracciare le streghe e… – per un attimo si bloccò, sentendo una strana sensazione – Accidenti!”

“Cosa sta succedendo?” chiese l’altra, osservandola preoccupata.

“Voi streghe siete molto più connesse di quanto pensiate, non me l’aspettavo!”

“Non capisco... cosa vorresti dire?”

“Lascia perdere! – poi si avvicinò alla parete della cupola, rivolgendosi alle sue streghe – Voi restate qui e non perdete di vista il mio corpo, ok? Tornerò presto a riprendermelo!” poi voltò loro le spalle, fiondandosi in una direzione ben precisa.

“Voi, – si rivolse a Tamara, Barnès e compagnia – state dietro di me! Le care streghe smarrite non sono molto lontane da qui…” tutti, allora, si incamminarono, mentre il gruppo era ancora frastornato da quel bizzarro personaggio che era Heith.

 

 

Nei pressi della caverna

 

 

Zack, nel frattempo, era tornato nel luogo in cui aveva incontrato Nina per la prima volta, ovvero la caverna in cui erano intrappolate le streghe. Una volta arrivato, aveva disegnato una sorta di simbolo sulla parete rocciosa con il magico inchiostro che lei gli aveva lasciato. Poi, aveva aspettato seduto su un sasso per diversi minuti e, finalmente, la sua attesa era finita, perché Nina gli arrivò alle spalle.

“Ehi!”

Sentendo la sua voce, quello si spaventò, alzandosi di scatto: “Oh, eccoti! Wow, non sono uno che si spaventa facilmente, ma tu sei davvero… silenziosa nel camminare!”

Sul volto di lei si dipinse un piccolissimo accenno di sorriso: “Come mai mi hai chiamata? Va bene che ti avevo detto che potevi contattarmi, ma… così presto?”

“Lo so, ma è solo un piccolo favore. Non dovrai seguirmi da nessuna parte, tranquilla. Un piccolissimo e misero favore...”

Quella annuì: “D’accordo, dimmi pure, ma sappi che sto rischiando grosso a stare qui. Le mie sorelle non sono state molto contente di sapere che ho avuto contatti con voi…”

Però Zack, perplesso, la distratte con un’altra domanda: “Come hai fatto a ricevere la mia chiamata, piuttosto? Ho solo disegnato quel simbolo che mi avevi mostrato ad Alkaban e... BOOM... sei spuntata qui dopo pochi minuti!”

“Dopo che hai disegnato quel simbolo, la parola caverna ha iniziato a comparire ovunque mi girassi. La sentivo nominare in televisione, la vedevo ripetutamente scritta sul libro che stavo leggendo. Insomma, quel simbolo è una sorta di incantesimo di richiamo ossessivo e, notandolo, ho capito che mi stavi chiamando per incontrarci proprio qui, davanti a questa caverna.”

Quello, affascinato, rimase letteralmente a bocca aperta: “Ingegnosa questa magia Shomia!” esclamò, per poi essere subito corretto da lei.

“Arte, non magia!”

Lui annuì, per poi tornare al discorso principale: “Ehm… ti ho chiamata perché mi serve un simbolo Shomia per creare una trappola.”

“Tutto qui?”

“Sì, tutto qui. Ci serve per il semplice motivo che un simbolo passa meno inosservato di un incantesimo gridato ad alta voce. E poi, non se lo aspetta nessuno, perché non sono in molti a conoscere questa mag-… cioè, arte!”

“Beh, non avete tutti i torti. – confermò Nina - L’arte Shomia non delude mai e io ho qualcosa che fa proprio al caso vostro! Solo che… ho bisogno di sapere quante persone volete intrappolare. Il simbolismo cambia a seconda del numero, nel caso tu stessi per chiedermelo…”

Zack sorrise: “Sì, stavo per chiedertelo, infatti!”

Allora, la ragazza tirò fuori carta e penna dalla borsetta e iniziò a spiegarli che tipo di simbolo doveva utilizzare e come innescare la trappola.

 

Diversi minuti dopo, Zack sapeva finalmente come agire e la ringraziò, prima che sparisse.

“Grazie per aver reso semplice la spiegazione sul come disporre i simboli.”

Lei sorrise e abbassò lo sguardo, modesta:  “Figurati, non è poi così difficile. Non ho fatto nulla di speciale!”

“Suppongo tornerai dalle tue sorelle, ora...”

“E io suppongo tu tornerai dal tuo gruppo, ora... – scoppiarono a ridere entrambi – Comunque, sì. Tornerò a casa, nella speranza che il mio aiuto vi sia stato utile...”

“Lo sarà! – replicò lui, deciso - Ti ringrazio per essere venuta, non eri tenuta a rispondere alla mia chiamata soprannaturale.”

“Scherzi?!? Quell’incatesimo mi avrebbe ossessionata per giorni, o non si chiamerebbe così!”

Entrambi risero nuovamente, quasi arrossendo per via dei continui sguardi che si lanciavano.

 

Improvvisamente, però, volarono entrambi per terra, investiti da una forza soprannaturale. Frastornati, si sollevarono un poco, scrutando alle loro spalle chi gli aveva attaccati: si trattava di Heith, sempre nel corpo di Klen, in compagnia di Tamara e dei demoni.

La donna, seccata, esclamò riferendosi ai due per terra: “Che noia!”

Zack, risollevandosi e riconoscendoli, si infuriò: “Dico, sei impazzita?!? – poi notò anche gli altri – E’ nel bosco che cercavate di nascondervi?”

“Peccato che tu non possa accorgerti di chi hai di fronte in realtà... Non so se rideresti per lo shock o per la paura!” replicò l’altra, mentre lui, tenendo Nina alle sue spalle, la guardava perplesso.

“Ma di che cosa stai parlando? E cos’hanno i tuoi occhi?” chiese.

“Tranquillo, non è nuova moda! Ora, Zack, se vuoi gentilmente sposarti, noi avremmo delle streghe da salvare!”

Ma subito Nina intervenne: “Non potete prenderle!” esclamò.

Sentendola, Heith con disappunto si girò verso di lei: “E tu chi diavolo saresti? Un nuovo membro del Jade Club?

A quel punto, finalmente Zack capì.

“Ma tu non sei Klen!” esclamò e quella, in risposta, fece un piccolo applauso.

“Come sei perspicace, Zack! Vedo che ora sei diventato un demone buono e libero dal controllo di certe personcine cattive che un tempo ti manipolavano a loro piacimento. Ma tranquillo, anche io sto cercando di riprendermi da quell’esperienza... Tu lo hai fatto, Zack?”

Il ragazzo la fissò in modo strano, sempre più perplesso: “Chi diavolo sei?!? E come sai queste cose?”

“Dai, non è difficile! Ci puoi benissimo arrivare con quel tuo cervellino da nerd. Anche se, a quanto vedo, di nerd sembra che tu non abbia più nulla. Del resto, quel Zack appartiene al passato, no?”

A quel punto Tamara non riuscì a stare in silenzio e intervenne: “Li conosci, per caso?” chiese alla strega.

“Certo che li conosco! E anche molto bene! Loro sono alcune delle tante persone che hanno reso la mia vita un incubo. Per la precisione, Jade ha reso la mia vita un incubo, non permettendomi mai di arrivare in cima. E’ bastato che qualcuno la rinchiudesse sotto questa cupola per sei mesi ed eccomi più forte che mai e realizzata in tutto e per tutto. – rise, senza più rabbia nella voce – Non crederà ai suoi occhi, quando mi vedrà!”

Zack, sconvolto, non ebbe più dubbi sulla sua vera identità: “Heith!” esclamò e sulle labbra dell’altra si dipinse un sorriso compiaciuto.

“Mi piacerebbe poterti dire anche che sono io in carne ed ossa, ma sì. L’unica e sola!”

Di fianco a lei, si udì un sospirò di Barnès, stanco di quelle conversazioni futili: “Ok, vi conoscete, – le disse, deciso - ora possiamo salvare le streghe e andarcene per sempre da qui?”

Il ragazzo, poco distante, non poté fare a meno di ascoltare: “Andarcene? Andarcene da dove? Di che cosa state parlando?”

Nina, alle sue spalle, gli sussurrò: “Vogliono prendere le streghe, dobbiamo impedirglielo!”

Heith, poco dopo, si fece avanti per spiegargli la situazione: “Non ho tempo per tirare fuori una lavagna da scuola elementare e farti una lezione suoi nostri piani. Presto o tardi, vedrai tutto con i tuoi occhi!”

Allora quello evocò una sfera di energia, allarmando i demoni, che fecero immediatamente altrettanto.

“Mi dispiace, ma non aspetterò così a lungo!”

Ma la donna, stanca, fece un cenno con la mano ed esclamò: “Rampicanti !

Subito dal terreno sbucarono dozzine di radici che si avvinghiarono alle braccia e alle gambe di Zack e Nina, bloccandoli completamente. A quel punto, Heith poté avanzare liberamente verso la caverna, ma non prima di avergli lanciato un ultimo avvertimento.

“Non ti sforzare a teletrasportati, Zack. – gli disse, vedendo che stava cercando di liberarsi - Queste radici inibiranno i tuoi poteri finchè non avremo fatto ciò che dobbiamo fare!” e con un’altra cenno delle mani, fece sollevare con facilità la parete rocciosa che teneva chiusa la caverna, mentre Nina, non potendo fare altro, iniziava a gridare.

“Non osare entrare, lurida strega!”

Irritata, la donna, si voltò e le tirò uno schiaffo a distanza con un movimento brusco del braccio, facendola cadere a terra.

“Nina! – la chiamò Zack, preoccupato - Stai bene?”

“Così impari a chiamarmi lurida strega!” si sfogò intanto Heith, prima di voltarsi ed entrare finalmente nella caverna, seguita dai suoi nuovi alleati. Tamara sembrava essere spaventata dalle sua manie di grandezza, mentre Barnès era di tutt’altro avviso.

“Io AMO questa strega!” esclamò, sorridendo, seguendola.

 

Dopo che anche l’ultimo sparì all’interno, Nina si riprese dal colpo.

“Quindi conosci quella stronza?” chiese all’altro, secca.

“Purtroppo, sì. – rispose lui, amareggiato, abbassando lo sguardo - Abbiamo avuto a che fare con lei per anni, ma non siamo mai riusciti a liberarcene. Pensavamo che non l’avremmo mai più rivista dopo l’ultima battaglia e invece eccola di nuovo qui nelle nostre vite. Mi chiedo che intenzioni abbia...”

“Non ti è ovvio? Aiutare le streghe a fuggire!”

Ma Zack non era così convinto: “Heith che compie gesti di altruismo? Non è da lei, c’è sotto qualcosa! Credimi, l’unico scopo nella sua vita è distruggere Jade ed è tornata per questo!”

 

 

Foresta presso la zona Ovest della cupola

 

 

Il gruppo dei servitori del caos era di nuovo riunito e Lance era ritornato nel luogo in cui avevano programmato di tornare verso sera. Subito, l’uomo si avvicinò ad uno dei suoi fedeli.

“Ci siamo tutti? – chiese - Quelli che mancavano all’appello sono stati recuperati?”

“Sì, signore. Manca solo Wolf.”

“Beh, su questo non avevo dubbi. Lui non è mai stato con noi, in realtà!” commentò allora Lance, attirando su di sé l’attenzione di tutti gli altri.

“E’ stato Wolf a intrappolarci, approfittandosi dell’ingenuità di un bambino come Terence! – gridò - Come qualunque grande malvagio ambizioso, ha voluto liberarsi di noi per poter governare solo e incontrastato. Ma tranquilli... perché ha fallito miseramente ed è morto!”

Tutti accolsero con felicità la notizia e l’uomo poté continuare.

“Ora, da quello che ci siamo detti con Terence qualche ora fa, ho intuito che il suo gruppo vuole liberarsi di noi, mandandoci probabilmente in qualche altra dimensione, ma noi non lo permetteremo. Noi torneremo liberi, come un tempo! E nessuno ci fermerà dall’abbandonare questa prigione immonda!”

Gli altri esultarono ancora una volta, preparandosi a ricevere le istruzioni finali.

“Bene, miei cari, mettiamoci in cerchio e distruggiamo questa cupola una volta per tutte, ok?” e così fecero, dopo aver esultato ancora una volta.

Una volta per mano e in cerchio, chiusero gli occhi e abbassarono la testa, iniziando a pronunciare qualcosa sottovoce in una lingua incomprensibile. Nel giro di pochi minuti, però, quelle parole generarono all’interno del cerchio una nube di oscurità, che, ruotando su se stessa, si trasformò in un turbine che cresceva sempre più man mano che andava verso l’alto.

 

 

Caverna Shomia all’interno della Foresta nella zona Est della cupola

 

 

Zack e Nina erano ancora immobilizzati dalle radici, quando uscirono le streghe dalla caverna. Si sentivano tutte strane e frastornate, come se avessero dormito per secoli. Dopo di loro, videro Heith. “Bene, – disse subito la donna, rivolgendosi beffarda a Nina – è stato un gioco da ragazzi liberarmi di quel trucchetto Shomia che spacciate per magia potente! Non vale più di un soldo bucato, ora che ci sono io!”

Il ragazzo, curioso e sfacciato, non riuscì a non intervenire: “Complimenti, Heith! Quale sarà la tua prossima mossa? Salvare le streghe? Che storia a dir poco inverosimile, perfino per te!”

Tranquilla, la donna si avvicinò a lui e gli diede due pacche su una spalla: “Ti ringrazio per l’analisi, Zack. Spero ti sarà utile per affrontare una fredda notte qui nel bosco!” e se ne andò, seguita da tutti gli altri e, infine, da Barnès, che non perse l’occasione di prendersi gioco del demone.

“Tanti saluti!” esclamò, prima di voltargli le spalle.

 

 

Alkaban

 

 

Jade stava raggiungendo la sala del Consiglio per sapere se erano riusciti a localizzare i servitori del caos, quando nei corridoi incrociò un preoccupatissimo Xao.

“Oh, Jade, finalmente ti ho trovata!” esclamò l’uomo, agitato.

“Ehi, Xao, cosa sta succedendo?”

“Ho la sensazione che Zack sia in pericolo… Sono il suo angelo-guida, ricordi?”

Lei, rapida, lo prese per un braccio e lo trascinò nella sala del Consiglio.

“Zack ha bisogno di me, – esordì - devo andare! Avete la posizione dei…” ma non riuscì a finire la frase perchè notò, sul tavolo,  la bussola dei disordini ruotare su se stessa, come impazzita.

Marcus, allora, ne approfittò per parlare: “C’è una grossa interferenza, perciò non siamo riusciti a localizzarli. Nemmeno con la bussola.”

“Ok, ci arrangeremo. – poi si rivolse a Wes – TU vieni con me! Ho bisogno anche di Terence, dov’è?” chiese, agitata, parlando in fretta e senza fare pause.

“Non è ancora rientrato!” le spiegò Foxi, tranquillo.

“E Jackson?”

“E’ andato…” iniziò a dire Marcus, prima di essere interrotto dall’arrivo nella stanza del ragazzo in questione.

“Mi cercavate? Ero andato da Harmony.”

Jade annuì: “Devi venire con me, ho bisogno dell’appoggio di qualcuno nel caso si mettesse male con i servitori, se li troviamo. – poi si rivolse nuovamente ai Consiglieri – Appena vedete Terence, mandatelo da me tramite Zeta, che saprà dove sono, ok?”

Poi, avendo ricevuto un cenno di assenso dagli altri, si girò nuovamente verso Xao: “Bene, portaci da Zack, adesso!” ordinò e subito quello li teletrasportò via.

 

 

Accampamento nella Foresta presso la zona Est della cupola

 

 

Heith era appena tornata nel suo corpo all’esterno della cupola e Klen si era risvegliata frastornata.

“Cos’è successo?” chiese subito alla sua leader, in piedi accanto a lei.

“Heith ti ha posseduta per un po’ di tempo e così siamo riuscite a liberare le altre streghe.”

Felice, la ragazza si guardò intorno, salutando con entusiasmo le sue compagne: “Ciao, Sasha. E’ bello rivederti!”

“Anche per me è lo stesso!” replicò quella.

Poco dopo, Heith, non volendo perdere altro tempo, le richiamò: “La luna è alta ed è notte fonda. Non esiste momento migliore per agire e rimuovere temporaneamente la cupola!” esclamò, ma Tamara aveva ancora delle perplessità.

“Un secondo, però! Non faremo uscire i disordini in questo lasso di tempo? Insomma, voglio riassaporare la libertà, ma non diffondendo di nuovo questo male!” spiegò, calma.

“Rilassati cara, John non vedrà mai realizzare i suoi sogni di gloria! Nei cento minuti di annullamento, farò in modo che i disordini non si accorgano nemmeno della temporanea via di fuga.”

“Come?” domandò Klen, curiosa come sempre.

“Un incantesimo illusorio. Farò semplicemente credere loro che la cupola è ancora presente.”

A quel punto, nessuno aveva più dubbi e poterono andare avanti.

“Procediamo!” esclamò Tamara alla strega dall’altra parte, che subito iniziò a dare loro istruzioni.

“Sollevate le mani verso la cupola e pronunciate con me: Energia della luna cattiva, impossessati di noi streghe e donaci il tuo potere!

E così fecero, più e più volte.

Improvvisamente, intorno alle loro mani iniziò a fluttuare una strana luce rossa e anche i loro occhi diventarono di questo colore. Quando l’energia era ormai arrivata al culmine, Heith parlò di nuovo, gridando per farsi sentire.

“Ora colpite la cupola!”

Allora, dalle mani di tutte le streghe partirono potenti fasci di luce rossa che investirono la cupola, sia all’esterno che all’interno. Sentendosi attaccata, essa iniziò a emettere dei bagliori ad intermittenza.

 

Intanto, Xao aveva teletrasportato Jade e gli altri dove si trovava Zack, che fu felice di vederli.

Quest’ultimo, nel vederli, esultò: “Finalmente! Pensavo che saremmo rimasti bloccati qui!” esclamò, mentre l’amica si avvicinava sconvolta.

“Ma cosa ti è successo?” chiese, con un sussurro, mentre Xao e Jackson liberavano lui e Nina.

“E’ stata Heith!” spiegò, ricevendo in cambio uno sguardo confuso.

“Heith?! Ma di che cosa stai parlando?”

“Sì, lei! E’ tornata ed è nel corpo di Klen. Ha liberato le streghe dalla caverna e dice che vuole aiutarle a fuggire!”

L’altra era sempre più incredula: “Ok, ammesso che sia davvero lei, non può rimuovere la cupola. E’ impossibile! – poi si rivolse a Nina in cerca di conferma – Giusto?”

Ma quella non rispose, troppo distratta da qualcosa che stava succedendo alle sue spalle.

“O forse sì!” esclamò, facendoli voltare tutti.

Di fronte a loro, la cupola stava illuminandosi a intermittenza.

 

Improvvisamente, Jade ricevette una chiamata sul telefono: era Brenda.

Ovviamente, rispose immediatamente: “Ehi, tutto bene? – chiese - Qui è un gran casino!”

“Immaginavo l’avessi notato!”

“I bagliori della cupola? Come non notarli!”

“No, non mi riferivo a quello, ma al tornado oscuro che vedo dalla stanza di Noa qui in ospedale!”

Jade, confusa, rimase un attimo in silenzio senza parole: “Di cosa stai parlando?”

“Te l’ho appena detto, c’è un tornado di dimensioni apocalittiche non molto lontano da dove mi trovo. Credo siano i disordini!” le spiegò l’altra.

“I servitori del caos!” rispose Jade, ma l’amica non capì.

“I servitori del caos? Non capisco...”

Purtroppo, però, la strega doveva chiudere e non aveva tempo per le spiegazioni: “Lunga storia... Resta accanto a Noa e non preoccuparti di niente, ok? Ce ne stiamo occupando!” e, dopo essersi salutate, terminarono la chiamata.

 

A quel punto, Jade si girò verso i suoi compagni per aggiornarli sulle ultime novità.

“La buona notizia è che non ci servirà una trappola per i servitori del caos, sono già tutti insieme e abbastanza indaffarati!”

“E la cattiva?” chiese Nina.

“Sono parecchie: la presenza di Heith e il tornado oscuro che Brenda ha visto dalla stanza d’ospedale di Noa, per esempio.”

Zack la guardò confuso per qualche istante prima di prendere la parola: “Un tornado oscuro?” le domandò.

“Sì, probabilmente stanno tentando di abbattere la cupola nella parte superiore e questo spiegherebbe i bagliori.”

Jackson, però, non era sicuro: “Ma siamo sicuri che sia opera dei servitori? Poco fa avete detto che questa Heith vuole liberare le streghe e credo significhi che vuole far lasciare loro la città...”

“Quindi… o sono i servitori, o è Heith!”

Jade sospirò, tesa: “Ok, abbiamo solo un vaso e la nostra priorità ora è rinchiuderci dentro i servitori del caos il prima possibile. A quella pazza ci penseremo più tardi, ok?”

Tutti annuirono.

“Hai ancora l’inchiostro che ti ho dato?” chiese allora Nina a Zack e quello glielo allungò immediatamente.

La ragazza corse subito verso la parete rocciosa, iniziando a scarabocchiare qualcosa e suscitando l’isteria di Jade.

“Ti sembra il momento di metterti a disegnare?” le gridò e quella, lanciandole un’occhiataccia, tornò a finire quello che aveva iniziato.

Un minuto dopo aver finito il simbolo, improvvisamente dal terreno emerse un sacchetto. Subito Nina lo prese, sotto lo sguardo perplesso dei presenti.

“Bene, ora possiamo andare!”

Ma Zack, curioso, riuscì a trattenersi: “Cos’è quel sacchetto?” le chiese.

“Dadi magici, evocati dal cassetto nella mia camera. Fidati, ci serviranno!”

Allora Jade, non volendo perdere altro tempo, li richiamò: “Ok, attacchiamoci a Xao e sbrighiamoci, ok?”

 

Poco lontano da loro, l’impossibile si era finalmente realizzato: Heith e le altre streghe erano riuscite a far sparire la cupola. Tuttavia, queste avevano ancora gli occhi rossi, sotto l’influsso della luna cattiva.

Barnès, non curandosi di questo dettaglio, sorrise, trionfante: “Per tutti i demoni di questo mondo, ce l’avete fatta!” esclamò, mentre Heith avanzava compiaciuta senza incontrare alcun ostacolo.

“Avevi qualche dubbio, forse?”

Poi, si avvicinò a Tamara, prendendole il polso e facendolo combaciare con il suo, mentre Dex la osservava perplesso.

“Cosa stai facendo?” le domandò, ma quella si limitò a sorridergli.

Entro pochi secondi, sul polso di Tamara comparve lo stesso tatuaggio che avevano le streghe di Heith e che anche Klen e Roma si erano fatte fare alla WitchHouse.

A quel punto, Barnès voleva una spiegazione: “Cosa significa quel tatuaggio? E perchè Tamara e le altre non sono ancora tornate normali?”

L’altra si voltò verso di lui, beffarda: “Pensavi davvero che vi avrei aiutati a lasciare la città? Che fossi venuta fino a qui per compiere un atto di generosità e altruismo? Zack aveva ragione: è una storia a dir poco inverosimile perfino per me!” spiegò, con uno strano ghigno sul volto.

Raul fu il più veloce a reagire: “Scappiamo!” urlò, ma quella, non appena si mossero, con un cenno della mano li pietrificò all’istante.

Poi, Heith li guardò con aria annoiata: “Non so a cosa servano i demoni alla Storia. Diventano importanti solo accanto a noi streghe, ma da soli... sono più inutili di uno scarafaggio schiacciato sotto ai piedi! – poi finalmente, si rivolse alle sue streghe, influenzate dalla luna cattiva e inconsapevoli delle loro azioni – Bene, adesso ho cento minuti prima che torniate a ragionare con i vostri cervellini da strega. Ho voglia di divertirmi, ma prima… facciamo un incantesimo ai disordini. Ci manca solo che faccio un favore a John, lasciandoli fuggire da questa città! Lui è la seconda persona, assieme a Jade, di cui voglio vendicarmi atrocemente!” e iniziò ad incamminarsi, seguita da tutte quante.

“Forza ragazze, abbiamo del lavoro da fare!” le chiamò.

 

 

Foresta presso la zona Ovest della cupola

 

 

Xao fece riapparire tutti quanti nei pressi del tornado. Il vento investì subito il gruppo con una potenza talmente forte, che a stento riuscirono a reggersi in piedi. Jade dovette urlare per farsi sentire quando si rivolse a Wes.

“Sono tutti per mano e in cerchio. Sono distratti, perciò, forza, usa il vaso!” ordinò.

Improvvisamente, l’ultimo bagliore della cupola rimase permanente per qualche secondo, per poi svanire di colpo, facendo capire a tutti che era stata annullata. In poco tempo, anche il tornado svanì di colpo.

“Ce l’abbiamo fatta, andiamocene!” urlò Lance, ma la strega non si diede per vinta.

Non così in fretta, ragazzi!” esclamò e quelli, voltandosi, si accorsero di lei e iniziarono subito a correre via.

“Forza aprì!” gridò allora la ragazza a Wes e quello eseguì, ma non successe nulla.

“Credo siano troppo lontani, dobbiamo rincorrerli!” spiegò lei, ma, prima che potessero muoversi, Zack li fermò.

“Aspettate un secondo!”

L’amica si voltò verso di lui, furiosa: “Cosa?!? Perché? Stanno scappando!”

“Appunto! Stanno scappando fuori!” le spiegò, confondendola.

“Zack non ti capisco e loro si stanno allontanando sempre di più!”

A quel punto intervenne Nina che, più calma, cercò di spiegarle cosa aveva intuito: “Credo che Zack voglia dire che fuori non c’è vita per loro, perché i disordini sono qui dentro.”

“Già, loro non sopravvivono senza disordini!”

Avendo intuito di essere stato capito, il ragazzo sorrise: “E quando si saranno allontanati abbastanza dalla città e si accorgeranno della morte imminente, non riusciranno mai a tornare indietro in tempo.”

Jackson, però, era ancora perplesso: “Ma se la cupola è stata rimossa, in teoria i disordini non dovrebbero diffondersi?”

Una voce alle loro spalle rispose a quella domanda per gli altri: “In teoria!” esclamò e, quando tutti si voltarono, si ritrovarono davanti Heith e alle sua spalle un enorme gruppo di streghe ai suoi ordini.

Jade non riuscì a nascondere il suo disgusto nel rivederla, mentre l’altra continuava a spiegare.

“Ho bloccato i disordini in questa città con un incantesimo, dal momento che sono stata io a rimuovere la cupola. Tranquilli, però, non fraintendermi… è per una questione di principio: mai aiutare qualcuno che ti ha usata. Perché dovrei fare un favore a John? A proposito, dov’è? Non vedo l’ora di scambiare due chiacchiere poco tranquille con lui!”

Allora, la ragazza prese finalmente parola, rispondendo cinica: “Arrivi troppo tardi: l’abbiamo già sistemato!”

Ma quella parve serena: “Ah si? – replicò, beffarda - Ma che bravi, sono impressionata! Vorrà dire che avrò meno da fare qui, visto che mi rimane solo una persona di cui occuparmi... – in quel momento guardò in particolare Jade – Suppongo riusciate ad immaginare a chi mi riferisca…”

Jade, però, non era per niente intimidita da lei: “Oh, Heith, puoi anche dire ad alta voce il mio nome. Non sono mica Voldemort!”

“Sei anche peggio di Voldemort!”

Sospirando, la ragazza scosse la testa: “Per quanto ancora andrà avanti questa tua ossessione? Sai, inizio ad essere stanca di te che spunti fuori nel momento in cui sono piena di problemi. Non sono più la prescelta, le profezie sono finite. Ora sono una strega come tutte le altre, perciò vattene per la tua strada, oppure stavolta ti ucciderò per davvero e mi assicurerò che non esista alcuna formula magica che possa riportarti in vita per rendere le nostre vite una fogna putrida senza via d’uscita!”

“Le profezie saranno anche finite, ma la storia rimane. E sai cosa non mi va giù? Che la storia non mi piace per niente... E’ ora di renderla più mia!”

Jade, però, era combattiva e per niente intimidita: “Anche a me non piace questa parte della storia, perciò non vedo l’ora di eliminarla una volta per tutte e scrivere un degno finale!”

Mentre parlavano lanciandosi sguardi fulminei, Nina aveva estratto indisturbata dalla tasca il sacchetto recuperato poco prima, pronta a fare qualcosa di avventato e inaspettato…

 

CONTINUA NEL SEDICESIMO EPISODIO

 

Testo a cura di Lady Viviana.

ANGOLO AUTORE: Se il capitolo vi è piaciuto, non dimenticate di lasciare un commento ai fini della continuazione della storia. Non perdetevi il prossimo appuntamento con la 3x16 "L'espiazione dell'anima" Lunedì 21 Settembre. Buona settimana stregata!

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Capitolo 16
*** 3x16-L'espiazione dell'anima ***


CAPITOLO SEDICI

"Get Lonely With Me"

 

 

 

Le due streghe erano l’una di fronte all’altra con accanto i rispettivi gruppi. Continuavano a guardarsi con aria di sfida e nessuno sapeva cosa aspettarsi.

Alla fine, Jade, determinata, decise di fare un passo avanti: “Ascolta, Heith, ci tengo a dirti che non sono più la strega di un tempo. Ora sono molto più potente e sono riuscita a sviluppare i miei poteri senza l’aiuto di alcuna profezia.”

L’altra, però, rimase impassibile: “Allora siamo in due, Jade. Credimi, la Heith che conoscevi non ha nulla a che vedere con quella che hai davanti. Sono un vero mostro, adesso!” e, per dimostrarglielo, alzò un braccio ed evocò sul palmo della mano una sfera rossa di energia, pronta ad essere scagliata.

Jade rimase ferma al suo posto: “Allora vediamo cosa sai fare, mostro!”

Quella, senza farselo chiedere due volte, gliela lanciò contro, mentre la giovane strega evocava in risposta uno scudo dai toni celesti. Questo riuscì a trattenerla per qualche secondo, prima di deviarla verso il cielo. Benché affaticata pur avendo fatto poco, Jade cercò di non darlo a vedere: “E’ tutto qui quello che sai fare?” si vantò, strappando un sorriso alla sua avversaria.

“Preparati a nascondere le gocce di sudore che ti scenderanno dalla fronte, Jade!” ed evocò una serie di sfere rosse a mezz’aria, che stavolta non lasciarono Jade indifferente. Tuttavia, la ragazza non si mosse, pronta a difendersi.

 

Nel frattempo, Zack vide Nina estrarre dalla tasca il sacchetto.

“Cosa stai facendo?” chiese.

“Salvo la vita a noi e alla tua amica” rispose, rivolgendosi poi a Jade.

“Abbassati!” urlò alla ragazzina, che subito eseguì, mentre le pietre con sopra le incisioni volavano addosso a Heith e al suo gruppo.

A quel punto, le sfere rosse svanirono, dato che Heith era stata distratta dal grido. Quando la donna guardò a terra, però, non riuscì a non ridere: “Cosa sono questi sassolini? Siete ridicoli!”

“No, tu sei ridicola! – urlò Nina, sicura di sé - E senza via d’uscita, aggiungerei!”

Subito, le pietre iniziarono a muoversi, come formiche in marcia. Velocemente, si disposero intorno al gruppo di streghe, formando un cerchio che iniziò a dare scintille dalle quali partirono poi fasci di luce dorata. Ben presto, diedero origina a una gabbia con le sbarre dorate.

Allora Heith, che ancora si illudeva di poter togliere di mezzo anche questa magia, si rese conto che non era così facile e si infuriò.

“Non pensate di averla fatta franca. Uscirò molto presto da questa trappola e vi pentirete di avermici messa dentro!” urlò, mentre Nina intimava agli altri di andare via.

“Beh, goditi comunque il tuo soggiorno!” le suggerì.

“Forza, andiamo!” incitò Zack, rivolgendosi a Jade e poi tutti si attaccarono a Xao, per poi svanire sotto gli occhi furiosi della strega.

 

 

Lungo l’autostrada fuori da Morney Hill

I servitori del caos avevano lasciato la città ormai da diversi minuti e stavano percorrendo l’autostrada verso quella successiva. Stranamente, all’improvviso tutti iniziarono a sentirsi esausti, senza comprenderne il motivo. Lance, però, non ci fece caso e continuò a portare avanti il gruppo, fino a che uno di loro non cadde a terra. A quel punto, l’uomo fu costretto a fermarsi e a correre a soccorrerlo.

“Lark, cosa ti sta succedendo?” ma quello non rispose.

Allora, mentre gli altri erano piegati in due, un altro servitore si avvicinò a lui: “Che cosa sta succedendo, mio signore? Mi sento privo di forze...”

Ma anche il leader era confuso: “Forse… forse dovremmo tornare a Morney Hill. E’ come se qui fuori non ci fossero disordini!”

Improvvisamente, iniziarono a cadere tutti al suolo, lasciandolo da solo in piedi. Sconvolto, l’uomo si guardò attorno, sudato e con le ginocchia tremolanti; in quel momento, comprese che per lui e tutti i suoi fedeli era arrivata la fine e che era stato troppo precipitoso nel rifiutare la proposta di Terence. L’aveva avvertito.

E, con quest’ultimo pensiero, anche Lance si accasciò a terra vicino ai suoi compagni, esalando il suo ultimo respiro.

 

 

Casa Ferguson

 

 

Terence, nel frattempo, si era intrufolato nella cantina di Dana in cerca di qualcosa per porre fine al legame con Brenda. Le parole del signor Jenkins erano state cruciali per lui ed era arrivato il momento di fare ciò che era giusto.

 

Sei mesi prima

 

 

Terence era in cantina insieme alla signora Ferguson, che aveva appena collegato lui e Brenda, in modo da poterlo tenere in vita dopo la sparizione dei disordini. Mentre la donna rimetteva a posto le sue cose, l’uomo ne approfittò per porle delle domande.

“Una magia fatta con il nostro sangue e basta? E’ stato facile!”  esclamò, strappandole un sorriso.

“Sei ancora qui? – gli disse, voltandosi verso di lui - Non dovresti uscire fuori a goderti il sole, l’aria pura e la tua nuova vita con la persona che ami?”

Terence, però, abbassò lo sguardo, triste: “La persona che amo è con i suoi genitori, adesso, che mi odieranno per quello che ho fatto alla loro figlia per sopravvivere, quando lo verranno a sapere.”

“Ma è stata Brenda a volerlo, dimentichi? Lei ti ama.”

“Sì, ma i suoi genitori non mi accetteranno mai, soprattutto suo padre. I padri sono sempre iperprotettivi con le proprie figlie, quando ci sono di mezzo dei ragazzacci.”

L’anziana donna rise: “Ma tu non sei più un ragazzaccio e per adesso hai qualche speranza con suo padre, dal momento che Rose ha promesso di mantenere il vostro segreto. Non lo verrà mai a sapere e tu avrai modo di farti accettare. Brenda farà in modo di farti accettare, perché quello che tu non sai, è che i padri sanno anche arrendersi davanti agli occhi innamorati di una figlia. Non c’è scampo: l’amore trionfa sempre e chi si oppone ad esso è destinato alla resa, che gli piaccia o no.”

“Quindi la chiave è l’amore?”  chiese lui, più sollevato.

“L’amore è la chiave di tutto, Terence. Apre ogni porta ed è anche la chiave della vostra unione. Perciò, se te lo stai chiedendo… è l’amore che ti sta tenendo in vita.”

Poi, la donna mise a posto su un ripiano basso il libro che avevano usato poco prima e si preparò ad andarsene: “Adesso vado di sopra, perchè Jade ha bisogno di me, d’accordo? Purtroppo lei in amore non è stata fortunata come voi, ma spero un giorno riesca ad avere di nuovo quello che avete tu e Brenda. Perciò, ora tu corri e vivi quello che metà del mondo desidererebbe tanto avere, d’accordo?” e salì al piano di sopra, lasciando Terence a riflettere sulle sue parole. Per lui era l’inizio di un nuovo capitolo della sua vita.

 

Tornato alla realtà, Terence si ricordò dove Dana aveva messo il libro che gli serviva e fu proprio lì che lo ritrovò.

Velocemente, ne sfogliò le pagine fino a quella evidenziata con un segnalibro. Leggendo, trovò quello che cercava.

“… pozione numero 87!” esclamò, passando poi in rassegna i ripiani fino a trovare la boccetta giusta.

Poi, tornò sulle pagine del libro, leggendo ad alta voce.

Una volta bevuta l’antica pozione della strega Lilian, la persona da voi amata perderà completamente la capacità di amarvi e ogni suo sentimento d’amore svanirà come se non fosse mai esistito. Una vera e propria maledizione.”

“Perciò,rifletté poi ad alta voce –  mi basterà berla perchè Brenda smetta di amarmi. Così il nostro legame si spezzerà e lei finalmente non dovrà più rischiare la vita se dovesse succedermi qualcosa…”

Tuttavia, era titubante nel portare la pozione alla bocca: sapeva che così avrebbe perso Brenda per sempre e aveva gli occhi lucidi per questo. Ma lui l’amava a tal punto e, perciò, anche se a malincuore, bevve.

 

Nello stesso tempo, in ospedale, Brenda rientrò nella stanza di Noa, quando, all’improvviso, sentì una sorta di fitta al cuore. Un attimo dopo, però, passò e lei si toccò il petto, inquieta. Immobile, fissò il vuoto per qualche secondo, poi avanzò nuovamente verso il letto dell’amico, mettendo da parte la strana sensazione appena provata.

 

 

Alkaban

 

 

Il gruppo, insieme a Nina, aveva fatto ritorno ad Alkaban e Jade, a dir poco fuori di sé, mentre percorrevano il corridoio d’ingresso, addirittura gridava.

“Non posso crederci! Da dove è spuntata fuori quella stronza? Come diavolo ha fatto ad arrivare a Morney Hill? Come abbiamo potuto non accorgercene? COME?!?”

Zack, accanto a lei, cercò di calmarla: “Jade, calmati adesso. Stiamo parlando di Heith, lo sai: spunta sempre fuori all’improvviso come quelle talpe che devi colpire con il martello di gomma nelle sale giochi!”

Allora la ragazza, più tranquilla, prese un respiro profondo: “Almeno non ha permesso che i disordini si diffondessero!” commentò.

“Sai com’è: il nemico del mio nemico è anche mio nemico!” esclamò lui, sarcastico.

“Accidenti, detta così è davvero deprimente!”

A quel punto, Nina intervenne: “Direi che avete parecchi nemici, ma almeno non sono alleati contro di voi...”

Intanto, Wes camminava dietro di loro con ancora in mano il vaso: “E io cosa faccio? Non vi servo più, giusto?”

“Sbagliato! – rispose Jade - Potresti servirci per rinchiudere Heith e spedirla nel Domus all’interno di quella dannatissima scatola delle tentazioni. Scatola che, per di più, non sappiamo nemmeno dove sia, anche se sono sicura che la troveremo.”

Jackson, confuso, si intromise: “Scusate, quando avremmo deciso questa cosa? Credo di essermi perso...”

“Non ti sei perso, – gli spiegò la ragazza - l’ho deciso adesso. Heith è malvagia, no? Il vaso di Pandora rinchiude i mali ed Heith è il male. Insomma, ora che i servitori hanno lasciato Morney Hill, dovremmo pur rinchiudere qualcun altro, no?”

Nina, però, non sembrò essere d’accordo: “Io non credo sia una buona idea. Non avete notato che le altre streghe avevano tutte il suo stesso marchio sul polso? Potrebbero essere collegate ad Heith e finire nel vaso con lei. E vi servono qui, ricordate?”

“E’ ufficiale, – esclamò Jade, allibita, in risposta - la odio! Riesce sempre a farla franca! Piuttosto, Nina, ne sei davvero sicura?”

“Dovrei poterlo studiare più attentamente, ma al 90% sì.”

Zack la guardò affascinato: “Ti intendi anche di marchi?”

L’altra sorrise: “So tante cose, se per questo. Sono la più secchiona tra le mie sorelle, in fatto di magia, perchè loro non se ne interessano quanto me.”

In quel momento, Jade li guardò con una faccia sconvolta e disgustata: “Oook, – esclamò - siamo arrivati alla Sala del Consiglio e io non so da dove cominciare. Nina, quanto dura esattamente il tuo incantesimo con quelle pietre?”

“Non molto, solo qualche ora. Sempre che questa Heith non sia così potente da evadere prima, ovviamente.”

 

Pochi passi dopo, erano nella sala, dove si trovavano Foxi, Marcus e Harmony. I due erano intorno a lei, come se la stessero esaminando. Subito, Jackson si preoccupò per l’amica.

“Ehi, cosa sta succedendo?”

Lei, allora, si voltò e gli mostrò il polso: “Mi è comparso questo, dal nulla! Credo di aver avuto un altro blackout, ma non ne sono sicura…”

Era agitata e Jade cercò subito di tranquillizzarla: “Non preoccuparti, non è un altro blackout, non te lo sei fatto da sola quel marchio. – poi si voltò verso i consiglieri – Heith è in città, controlla le streghe e ha annullato la cupola, così i servitori del caos sono fuggiti!”

Nel sentire le sue parole, Foxi si allarmò: “La cupola è stata rimossa?!? Questo vuol dire che…”

Ma Zack lo precedette: “No, no, i disordini sono ancora qui, perchè Heith li ha bloccati. Non vuole dare soddisfazioni a John, e, allo stesso tempo, vuole ucciderci.”

“Quindi i servitori sono morti, se hanno lasciato Morney Hill…” commentò Marcus.

“Sì, ma Heith è qui. Comunque, grazie a Nina siamo riusciti a intrappolarla, anche se presto sarà di nuovo libera.”

L’altro scosse la testa: “Questo è un problema...”

“Sì, lo so. Per me è come una spina nel fianco da quando ho scoperto di essere una strega!”

“No, non mi riferivo ad Heith, ma ai servitori del caos. Elpìs ci ha raccontato che dentro al vaso dovrà essere rinchiuso un male grande quanto quello precedente. Perciò, solo quando li avremo rinchiusi tutti, avremo pareggiato i conti.”

Zack lo fissò, perplesso: “Ci abbiamo rinchiuso quattro servitori alquanto malvagi, non è abbastanza?”

Prima che i consiglieri potessero rispondere, però, Jade volle esprimere il suo parere: “Se la matematica non è un opinione, quattro servitori non sono in grado di riempire più di una dozzina di stampini per cupcakes. Perciò noi abbiamo bisogno di più impasto! – tutti la fissarono perplessi – Oh, avanti, con stampini intendevo il vaso, non era chiara la metafora?”

Foxi, però, fu l’unico a pronunciarsi: “Jade non ha tutti i torti, però: abbiamo bisogno di più malvagità per compensare i servitori che non siamo riusciti a rimettere nel vaso, o Elpìs non avrà abbastanza potere per trattenere quelli che abbiamo già rinchiuso e ci troveremo nuovamente al punto di partenza!”

“Heith non possiamo rinchiuderla, però, – fece notare loro Jackson  - i miei compagni demoni nemmeno, i disordinati neanche perché sono esseri umani infettati e quindi persone innocenti… Perciò, dove diavolo troviamo un male più grande dei servitori del caos? Ammesso che esista, ovviamente.”

I presenti si scambiarono sguardi titubanti, privi di idee. Finchè, finalmente, Jade sembrò averne una.

“John!” esclamò, catturando la loro attenzione.

“E’ la persona più malvagia che conosciamo, no? Ha posseduto numerosi poteri nel corso degli anni, è stato un prescelto, ma ha affiancato anche i servitori del caos, oltre ad aver compiuto azioni crudeli per tutta la sua vita. Insomma, lui è il male di cui ha bisogno il vaso di Pandora!”

A quel punto, gli altri sembravano ormai convinti, tranne i consiglieri, che avevano ancora qualche perplessità.

“Sì, è vero, ma John non possiede più alcun potere dopo l’area zero. E’ fin troppo innocuo per il vaso di Pandora, adesso.”

Stavolta, Nina si sentì in dovere di intervenire: “Non avrà alcun potere in questo momento, ma comunque ha ricreato i disordini dal nulla ed è l’unico capace di controllarli. Insomma, detiene tra le sue mani uno dei mali più pericolosi al mondo. Credetemi, Jade ha ragione, il vaso di Pandora sarà ben felice di contenerlo per sempre!”

Felice di avere il suo appoggio, la ragazza le sorrise, per poi voltarsi verso i due consiglieri per ascoltare il loro verdetto. Dei due, fu Foxi a parlare.

“E, se una volta tirato fuori dalla mente di Dana, lui riuscisse a fuggire? Non possiamo competere con lui ed Heith insieme!”

Zack, allora, cercò di difendere le due ragazze: “Grazie ai simboli Shomia di Nina, faremo in modo che John non evada dalla stanza in cui si trova con Dana. Sarà facile e, non appena Jade lo tirerà fuori dalla mente di sua nonna con un incantesimo, Wes sarà lì, pronto a rinchiuderlo nel vaso, mentre io e Jackson staremo fuori dalla porta in caso qualcosa andasse storto.”

I due ragazzi annuirono e l’entusiasmo generale sembrò coinvolgere anche i consiglieri, finalmente convinti.

“Va bene, – accettò Marcus - ma studiate il piano in ogni minimo dettaglio, perchè non dovranno esserci errori. Non DOVRETE permettervi errori. E’ chiaro?”

Decisa, Jade si alzò: “Non ci saranno errori: John finirà in quel vaso e mia nonna sarà salva. E, dopo, ci occuperemo di cosa rimane da fare per porre fine a tutto questo.”

 

A quel punto, Zack si voltò verso Nina.

“Cosa ti serve per esaminare il marchio di Harmony? Vuoi spostarti in un’altra stanza per stare più tranquilla?”

“Ehm, in verità, quello che mi serve non è qui, ma in un rifugio che si trova vicino alla caverna. Le mie sorelle non ne vogliono sapere di magia, di qualunque tipo, e non vogliono nulla in giro per casa, così ho trasferito tutto lì e ogni tanto ci faccio un salto.”

“Allora vi accompagno subito lì!”

Ma la ragazza non era d’accordo: “No, tu devi stare a guardia della porta, in caso andasse qualcosa storto con John, ricordi?”

“Ma fuori c’è Heith, che probabilmente è già libera dalla prigione in cui l’hai intrappolata! Conoscendola, ti starà già cercando per vendicarsi!” rispose lui e Jade subito dopo si intromise per sostenerlo.

“Credo che Jackson sia più che sufficiente. Zack può venire con te. L’unico aiuto che mi serve, prima che andiate, sono le precauzioni garantite dai simboli Shomia da disegnare sulle pareti della stanza affinché John non scappi, quando Wes lo rinchiuderà nel vaso.”

Nina annuì, convinta: “D’accordo, andiamoci subito, allora.”

E i tre, oltre a Wes e ai consiglieri, lasciarono la stanza.

 

A quel punto Jackson si avvicinò ad Harmony, che era stata in disparte per tutta la conversazione.

“Ehi, tutto bene?” chiese, notando quanto era demoralizzata.

“Non proprio. Sembra che sia impossibile avere un po’ di pace nella mia vita, al punto che ora mi ritrovo a fare da cavia magica per scoprire che cos’è un marchio strano comparso sul mio polso. Per non parlare dei blackout, della fiducia persa delle mie sorelle streghe e di questo… – guardò il suo braccialetto, per poi voltarsi dall’altra parte – Vabbè, lasciamo perdere!”

Preoccupato, il demone abbassò lo sguardo: “Riuscirai mai a confidarti con me? Non ti ho già dimostrato abbastanza che sono tuo amico? Parlami della tua vita: cos’è che ti spaventa tanto? Continui ad evitare le mie domande su quel braccialetto… Che cosa tiene sottocontrollo esattamente? Di quale problema soffri?”

Ma quella non ebbe il tempo di rispondere, perché Nina e Zack tornarono dalla stanza di Dana.

Dalla porta, Zack la chiamò: “Harmony, dobbiamo andare!”

Allora lei, senza guardare in faccia Jackson, chiaramente deluso per non aver ricevuto risposta, si diresse verso i due, pronta ad andare, mentre Zack si rivolgeva a lui.

“Jade ti sta aspettando, – gli disse - Nina ha disegnato i simboli sulle pareti della stanza, perciò John non avrà modo di scappare quando verrà liberato. Tu resta comunque di guardia fuori e tieni gli occhi aperti, ok? Sta attento!”

Quello annui, lasciandoli finalmente andare.

 

 

Nella foresta presso la zona Ovest della cupola

 

 

Le streghe, ancora sotto l’influsso della luna cattiva, tentarono per diversi minuti di abbattere la prigione magica creata da Nina, finchè ad un certo punto Heith, seccata, ordinò loro di smettere di usare i loro poteri contro le sbarre di energia.

“Ferme, smettetela! Mi sta venendo il mal di testa. Maledetta magia Shomia e maledetti Jade e i suoi amici!” e si mise a braccia conserte, livida in volto dalla rabbia.

Pochi secondi dopo, però, un rumore proveniente dai cespugli attirò la sua attenzione: “Che nessuna faccia un fiato! – esclamò, stringendo gli occhi per guardare meglio – Non siamo sole, a quanto pare!”

Improvvisamente, spuntò fuori un ragazzo e subito la donna percepì la sua vera natura: “Un servitore del caos, eh? – gli chiese - Vedo che non siete stati tutti così stupidi da lasciare la città!”

Subito, quello si avvicinò, curioso: “E tu chi sei?” le domandò.

“Mi chiamo Heith e sono una strega cattiva, MOLTO cattiva e molto potente che desidera tanto vendicarsi delle persone che l’hanno rinchiusa qui, soprattutto di quella che rende la sua esistenza poco piacevole. E qualcosa mi dice che sono le stesse con cui avete avuto a che fare anche voi, anche se ora sei rimasto soltanto tu...”

Quello non nascose quanto era alterato per la perdita dei suoi compagni: “Non sono solo, c’è ancora un altro servitore del caos in circolazione. Un traditore, per la precisione! Per colpa sua, siamo rimasti intrappolati per molto tempo per poi finire qui a morire in maniera poco dignitosa. Si chiama Terence, lo conosci, per caso?”

L’altra sorrise, malvagia: "Ma tu guarda... fa proprio parte del gruppo che voglio togliere di mezzo! Ora, però, mi piacerebbe sapere come ti chiami tu...”

“Bastian. Io mi chiamo Bastian.”

“Bene, Bastian, ti va di allearci e togliere di mezzo i nostri nemici?” chiese lei, ma quello non si lasciò convincere così facilmente.

“Non mi sembri tanto potente, dal momento che sei in una gabbia, però!”

Heith non apprezzò affatto il commento, ma non lo diede a vedere, continuando a sorridere come se niente fosse: “Anche i più potenti hanno i loro alti e bassi. Credimi, quando sarò uscita da qui, ci saranno solo alti per noi due. E ora sposta quelle pietre!” ordinò, indicandogliele.

Allora, finalmente il ragazzo si convinse, leggermente ammaliato da lei e fece quanto gli era stato ordinato, annullando così la gabbia magica. La strega tirò subito un sospiro di sollievo.

“Non so davvero come ringraziarti, ma nel dubbio… – e sollevò un bracciò, pietrificandolo all’istante – ti trasformo in una statua di pietra! Se c’è una cosa che ho imparato dal mio passato, è che non bisogna mai stringere alleanze con un altro malvagio!” esclamò, per poi voltarsi verso le altre streghe, ancora sotto l’influsso della luna cattiva.

“Bene, ragazze, adesso voglio divertirmi un po’ prima di spargere del sangue o che svanisca l’effetto della luna cattiva e voi torniate delle streghe noiose, perciò... ANDIAMO!” e sollevò un pugno verso l’altro, esultante, e le altre la seguirono ridendo e saltellando, pronte anche loro a fare baldoria.

 

 

Rifugio Shomia nella foresta presso la zona Est della cupola

 

 

Nina aveva condotto Zack e Harmony nel suo rifugio, per esaminare il marchio della giovane strega grazie all’arte Shomia. Lì dentro, in una grotta poco illuminata, trovarono davvero di tutto: dai libri alle pozioni, ai sacchietti, fino ad armi, polveri, artefatti e altri oggetti sconosciuti. Zack non poté non osservare tutto quanto, in silenzio. Ciò che lo colpì maggiormente, però, furono le pozioni.

“Ci sono simboli anche sulle pozioni?” chiese, curioso.

Nina fece sedere Harmony e gli rispose: “Sì, non le prepariamo noi. Non saremmo mai in grado di procurarci da sole un Jexo, ad esempio, perciò disegniamo un simbolo ben preciso sopra la fiala e la pozione si crea da sola con tutti gli ingredienti che servono.”

Lui la guardò perplesso: “Un Jexo? E cosa sarebbe?”

In risposta, lei prese quello che le serviva da uno scaffale: “E’ una parte del corpo di un pesce che vive in una caverna sottomarina nel nord America. Si dice che solo le sirene siano in grado di vederli, perché sono invisibili grazie alle loro branchie, che vengono chiamate, appunto, Jexo. E, grazie ai simboli Shomia, non abbiamo bisogno di trattenere il respiro per recuperarne uno!”

Finalmente, il ragazzo capì: “Straordinario!” esclamò, sorridendo.

 

Intanto, poco lontano, Harmony si massaggiava le tempie, il volto stranamente pallido.

“E’ normale che la testa mi faccia così male? – chiese - Mi sembra di ballare, ma in realtà sono seduta!”

Nina appoggiò sul tavolo un astuccio con dentro ciò che le serviva: “Ora vediamo, Harmony. Lascia che ti esamini il marchio e ne sapremo di più, d’accordo?” e tirò fuori un bastoncino di legno color verdastro.

Zack si materializzò immediatamente al suo fianco: “Cos’è quello?”

Vide l’altra strofinarlo sul polso della ragazza: “E’ uno CherryTrue, un tipo di legno magico che rivela il significato delle cose che non sappiamo. Come questo marchio.”

Arrotolò un foglio di carta attorno al bastoncino, in seguito, aspettò qualche secondo e poi lo scartò, sotto lo sguardo curioso e affascinato dell’amico: sul foglio era comparso il significato del marchio, che lasciò Harmony perplessa.

“Un altro marchio?” domandò, perplessa.

Il ragazzo, però, lo era ancora di più: “Io l’ho già visto da qualche parte, però…”

Nina, allora, si affrettò a spiegare la situazione: “Quando compare un disegno e non una scritta, lo CherryTrue vuole farci capire che ciò che gli abbiamo fatto esaminare è stato falsificato e quello che vediamo ora è il marchio autentico, che Heith ha camuffato. Hai idea del perchè ha voluto farlo, Zack?”

Lui annuì: “Sì, questo marchio proviene da un incantesimo presente nel Libro del Bene e del Male.”

“Quello dei prescelti? Dovrebbe essersi diviso dopo la profezia e i due libri essere conservati a casa di Jade, giusto?”

“A dire il vero no, sono scomparsi dopo la seconda profezia. Deve averli presi lei!”

“Questo spiega come abbia fatto a diventare così potente. Ci sono cose scritte soltanto lì!”

Zack, però, non era d’accordo con lei: “Sì, questo è vero, ma, quando il Libro si divide, non ha nulla di speciale rispetto agli altri e lei non può averli uniti nuovamente. E’ impossibile!”

 

In quel momento Harmony, che durante la loro conversazione era rimasta in silenzio, ebbe una visione. Nina, voltandosi verso di lei e notando i suoi occhi, se ne rese subito conto.

“Harmony, stai bene?” le chiese, scuotendola e riuscendo, finalmente, a farla tornare in sé.

“Io… io ho visto delle cose su questa Heith e su come Klen l’ha raggiunta e portata qui, ma non so come ho fatto... – agitata, indicò il braccialetto che portava ancora al polso – Questo braccialetto limita i miei poteri, non posso aver avuto tutte queste visioni insieme, non capisco…”

“Da quello che ricordo di aver letto su questo marchio, – spiegò Zack - pare che chi utilizzi questo incantesimo, sfrutti il potere della collettività. Questo vuol dire che più streghe hanno quel marchio, più Heith diventa potente senza che le altre collegate a lei possano opporsi.”

Ma Nina era ancora dubbiosa: “Perché camuffare il marchio, allora? Perché nasconderlo?”

“Perché Heith è orgogliosa e non vuole che Jade pensi che sia così potente solo per via di un incantesimo.”

Harmony, però, ne sapeva più di loro: “Aspettate! Io ho visto questa Heith assorbire il libro di cui parlate. L’ha ridotto in cenere e una parte poi l’ha versata all’interno di una pozione che ha bevuto.”

“E il resto che fine ha fatto?”

“L’ha rinchiusa in una specie di clessidra, che tiene in piedi la sua dimora. Credo sia una sorta di accademia dove ci sono tante altre streghe. Lei non controlla solo le mie sorelle, infatti, ma anche altre che si trovano fuori da Morney Hill.”

Nel sentire le sue parole, Zack si preoccupò: “Se tutto questo è vero, significa che è molto più potente di quanto pensassimo…”

“E’ stata molto furba – ammise Nina - e solo adesso ho capito cosa ha fatto: ora che ha il potere del Libro dentro di sé, le serve qualcuno per alimentarlo e fortificarsi, come facevano Jade e Samuel con il libro affinché non dividesse. Il processo è lo stesso.”

“Perciò, come faremo a renderla innocua?”

“Quando muore un prescelto, il Libro non è più alimentato e si divide, no? Perciò dobbiamo eliminare ciò che nutre Heith, cioè le streghe!”

Harmony, però, era contraria: “NO! Non starete dicendo sul serio!”

Nina, allora, si affrettò a tranquillizzarla: “No, certo che no. Intendevo solo dire che dobbiamo scollegare le streghe da Heith, creando tramite te un virus.”

“Lei?!” esclamò Zack, a bocca aperta e l’altra sorrise, eccitata per il suo piano.

“Sì, lei. Heith non sa della sua esistenza, o sarebbe già con loro. Inoltre, Harmony riesce a sfruttare parte del grande potere di Heith e questo significa che anche le altre streghe possono farlo, se fosse permesso loro.”

Harmony, a quel punto, si intromise: “Cosa volete farmi?”

“Non preoccuparti, non ti accadrà nulla, te lo prometto. Né a te, né alle tue sorelle streghe. Voglio solo sfruttare il tuo collegamento con Heith per infettarla e annullare questo marchio che vi collega a lei, d’accordo?”

“Puoi riuscirci davvero?” le chiese Zack, sorpreso.

“Puoi giurarci!” esclamò lei e Harmony, pur di salvare le sue sorelle streghe, non poté che accettare.

“D’accordo, facciamolo. Siamo nelle tue mani, Nina!” e quella si mise subito all’opera.

 

 

Alkaban

 

 

Jade e Wes stavano entrando nella stanza di Dana e Jackson si preparò a chiudere la porta e rimanere di guardia fuori.

“Sta attenta, se hai bisogno sono qui fuori, ok?” raccomandò alla ragazza e quella gli sorrise, nonostante la tensione.

“D’accordo, grazie.” ed entrò.

 

Quando entrò, Wes, guardando la signora Ferguson immersa in una sorta di stato catatonico, si impressionò molto.

“E’ normale che stia così?” chiese a Jade.

“E’ bloccata nella sua mente, in modo da tenere bloccato lì anche lui. E’ troppo forte per lei o non sarebbe in questo stato…” abbassò lo sguardo, triste.

“La salveremo, non preoccuparti...” provò a rassicurarla Wes, mettendole una mano sul braccio e ricevendo in cambio un altro sorriso.

“Grazie per essere rimasto. So che vorresti essere accanto a Noa in questo momento.”

Lui ricambiò il sorriso: “Beh, non ho altra scelta, giusto? Sono il proprietario del vaso, ora. Perciò rinchiudiamo tuo nonno il prima possibile e facciamola finita, ok? Sei pronta?”

Jade sospirò: “Prontissima!” esclamando, iniziando a pronunciare l’incantesimo.

Nella sua mente possiedi un posto, in cui lei ti ha intrappolato ad ogni costo. Che la strada della libertà tu possa ritrovare, ma quella prigionia dovrai prima abbandonare...

Improvvisamente, un fumo sottile iniziò a uscire fuori dalla mente di Dana e subito la ragazza si affrettò a mettere in guardia Wes da ciò che stava per accadere.

“Tieniti pronto, è un uomo subdolo e dalle mille risorse. Appena comparirà davanti a te, apri il vaso e non perdere tempo, ok?”

Ma l’altro era già in posizione, serio e concentrato: “Ricevuto!” esclamò e i due si misero ad aspettare quei pochi secondi che mancavano affinché fosse libero del tutto.

 

Poco dopo, John era davanti a loro, in carne ed ossa, che si guardava intorno con aria confusa.

“Mi vedete, vero? Sbaglio, o mi avete appena liberato?”

“Non ti illudere, – replicò la nipote, cinica - stai per finire in una prigione senza fine e ci resterai per sempre! Avanti, Wes!”

L’uomo sgranò gli occhi, allarmato, ma un rumore proveniente dall’esterno della stanza, distrasse il ragazzo.

“Cosa è stato?” chiese Wes, mentre Jade, vedendo John fare un passo avanti, alzò una mano, pronta a sferrare contro di lui il suo potere.

“Non ci provare, – esclamò - non c’è via d’uscita! Avanti, Wes!”

Da fuori, però, arrivarono dei rumori di lotta, oltre a delle voci.

“Prendetelo!”

“E’ andato da quella parte, non lasciatelo scappare!” dicevano.

 

Improvvisamente, la stanza iniziò a distorcersi, simulando delle onde e Wes si allarmò, dimenticando cosa doveva fare.

“Cosa sta succedendo?” chiese, spaventato.

Jade furiosa, si girò invece verso John: “Lo stai facendo tu?” domandò, ma quello si limitò a sorridere. Quando la ragazza si voltò nuovamente verso l’amico, notò che stava scomparendo insieme a sua nonna. La stanza, allora, tornò alla normalità, ma sembrava diversa: cupa e grigia, quasi triste. E, soprattutto, c’erano solo Jade e suo nonno.

La ragazza, nervosa, si guardò intorno, prendendosela con John: “Dove sono finiti Wes e mia nonna? Dove gli hai fatti sparire?” chiese, ma quello rimase calmo, un’espressione beffarda sul volto.

“Non ne ho idea, io non ho fatto proprio nulla. Non ho più alcun potere, ricordi?”

Ma lei non gli credette e affacciandosi fuori dalla stanza, in corridoio, non trovò nessuno: “Jackson? – chiamò - Dove sei? C’è nessuno?” ma non ebbe risposta e fu costretta a tornare dentro.

“Sembra che siamo rimasti soli. Io e te” le disse l’uomo, ricevendo in cambio un’occhiata carica di rabbia.

“Se questo è un altro dei tuoi piani per…” ma non le diede nemmeno il tempo di finire la frase.

“Io non lo chiamerei piano, ma opportunità!”

Jade si fermò, perplessa: “Opportunità per cosa?”

“Per parlare. Per conoscerci veramente in un contesto in cui non siamo più la prescelta e il malvagio John, ma solo…  – sorrise –  nonno e nipote.”

Lei, però, non era d’accordo e non smise nemmeno per un secondo di guardarlo male: “Tu sei malato, non sai quello che dici! Io non parlerò MAI con te, né reciterò la parte della nipote affettuosa dopo quello che hai fatto a me, ai miei amici e alla mia famiglia! – i suoi occhi si riempirono di lacrime – Io ti odio e non proverò mai amore verso uno come te! MAI!” e lasciò la stanza, sbattendo la porta.

Nell’uscire, però, non si accorse che anche John aveva gli occhi lucidi, come se quelle parole lo avessero ferito profondamente.

 

 

“The Golden Bridge”

 

 

Intanto, Heith, approfittando dell’eccitazione e della foga che dilagava tra le sue streghe, ancora sotto l’influsso della luna cattiva, decise di portarle tutte a bere in uno dei locali più frequentati della città, dove il gruppetto conobbe anche alcuni motociclisti. Dopo un po’ di tempo, alcune erano sedute con loro, completamente ubriache. Altre, invece, stavano giocando a biliardo o ballavano sul bancone per eccitarli. Heith, seduta su uno sgabello, le ammirava divertita, assaporando il suo scotch ghiacciato, pensando a come si sarebbe vendicata di Jade e di tutti coloro che l’avevano umiliata negli anni precedenti. A quel punto, però, il desiderio divenne troppo forte e la donna si alzò, capendo che quel divertimento era stato più che sufficiente e che era arrivato il momento di agire. Subito, richiamò le sue streghe.

“Ragazze, forza, è ora di andare!”

Quelle, benché costrette, non nascosero il loro malcontento all’idea di andarsene. In quel momento, un uomo, uno dei motociclisti, arrivò alle spalle di Heith, sorprendendola.

“Ti stai annoiando, forse? – chiese – Non hai un uomo con cui divertiti?”

Voltandosi, Heith diede un’intensa occhiata al bel fusto che si ritrovò di fronte: “Mi stavo annoiando, ma qualcosa mi dice che la mia serata sta per cambiare…” sussurrò.

Lui, allora, sorrise, la prese per i fianchi e la baciò, mormorandole all’orecchio: “Non avevo mai incontrato una donna così bella…”

Heith era lusingata: “Oh, ma io sono molto più di questo…” e i due continuarono a baciarsi.

 

Diversi minuti dopo, i motociclisti si rimisero sulla strada, le streghe sedute dietro di loro. Gridavano, alzavano le braccia e ridevano, mentre il vento colpiva i loro visi. Anche Heith si divertiva, abbracciata all’uomo che aveva appena conosciuto.

 

 

Morney Hill Hospital

 

 

Terence stava percorrendo i corridoi dell’ospedale in cerca della stanza in cui si trovava Brenda. Quando la trovò, la vide di spalle, seduta accanto al letto di Noa. Poco dopo, bussò lievemente alla porta, rivelando la sua presenza e la ragazza si voltò, alzandosi e correndo verso di lui. Lo abbracciò, per qualche secondo. Tuttavia, fu strano, tanto che, quando si staccò da lui, Brenda si sentì a disagio e Terence lo percepì, pur cercando di ignorarlo.

“Allora, come sta Noa?” chiese lui.

“La dottoressa dice bene. L’intervento è andato bene, perciò dobbiamo solo aspettare che si svegli.”

Terence annuì: “Fantastico, sono contento…”

 

A quel punto cadde il silenzio e i due iniziarono a guardare da altre parti, non sapendo più cosa dirsi, finchè l’uomo non spezzò per primo quell’imbarazzante silenzio.

“Vuoi che ti faccia compagnia?” le chiese, gentile.

“No, meglio di no. Cioè, non che non voglia la tua compagnia, ma… gli altri avranno sicuramente bisogno di te e io qui me la cavo anche da sola.”

“Sì, hai ragione. Gli altri hanno sicuramente bisogno di me. Chiamaci appena ci sono novità, ok?”

Brenda annuì: “Sicuro!” e tornò accanto a Noa, lasciandolo solo davanti alla porta.

A quel punto, Terence si voltò e se ne andò, convinto che la pozione aveva funzionato e che Brenda non lo amava più come prima. Il legame si era ormai spezzato e anche il suo cuore, mentre si lasciava alle spalle l’ospedale.

 

 

Rifugio Shomia nella foresta presso la zona Ovest della cupola

 

 

Nina aveva appena terminato di creare il virus e lo aveva riposto in una provetta. Harmony, invece, continuava ad alternare stati di lucidità ad altri di incoscienza, colta da continue visioni. Zack, che le era accanto, era molto preoccupato per lei.

“Hai visto qualcos’altro?” le chiese, cercando di catturare il suo sguardo confuso.

“So dove ho messo la scatola delle tentazioni! Essere collegata ad Heith mi sta fornendo talmente tanto potere da vedere ciò che la scatola ha rimosso dai miei ricordi.”

“E dov’è?”

“L’ho seppellita nel giardino della confraternita, la sede in cui ci siamo sistemate io e le altre, quando siamo arrivate a Morney Hill.”

“Ottimo! Così quando Jade e Wes rinchiuderanno John nel vaso, noi potremo gettarlo nella scatola e spedirlo a vagare per sempre nel Domus.”

 

In quel momento, Nina con un siringa prelevò un liquido nero dalla provetta e si avvicinò a loro.

“Prima dobbiamo occuparci di Heith, però. Ormai dovrebbe essere già libera!”

Harmony, vedendo il grosso ago, le lanciò un’occhiata terrorizzata: “Vuoi davvero pungermi con quello?”

“Ehm, sì, ma non preoccuparti: non fa male come quelli veri. C’è una magia Shomia anche qui che non permette di sentire il dolore della puntura.”

L’altra annuì, convinta, e, fidandosi, le allungò il polso, sotto lo sguardo perplesso di Zack.

“Dici sul serio?” le sussurrò e l’altra, senza farsi vedere dalla ragazza, chiuse gli occhi e scosse leggermente la testa.

“No!” e lo affondò nel braccio della strega.

Non appena fu punta, quella iniziò a urlare: “Stronza, mi ha mentito!”

Nina spalancò gli occhi, ma continuò a spingere lo stantuffo: “Ok, accetto volentieri questi insulti: me li merito!”

 

Presto, il marchio sul polso di Harmony divenne color nero, perciò, dopo aver rimosso l’ago, Nina poté spiegare il passaggio successivo.

“Ora sei portatrice di un virus, che va diffuso. Ti basterà toccare la tua leader per passarlo alle altre e scollegarvi immediatamente tutte da lei, ok?”

Harmony, però, non rispose, pallida in volto.

Subito, Zack si preoccupò per lei: “Hai un’altra visione, per caso? Che cos’hai?”

Quella, allora, aprì gli occhi, diventati stranamente rossi, allarmandolo ancora di più: “Fa parte della procedura, giusto?” chiese, ma Nina era confusa quanto lui.

“Non proprio!” esclamò, prima che Harmony si alzasse e, come indemoniata, rovesciasse il tavolo contro di loro, fuggendo via.

 

Immediatamente, Zack si avvicinò a Nina, aiutandola ad alzarsi: “Stai bene?” le chiese, ma quella, che non voleva perdere tempo prezioso, era già in piedi.

“Sta fuggendo, dobbiamo inseguirla e fare in modo che inneschi il virus!” e insieme corsero fuori, bloccati subito da altre due presenze: le sorelle di Nina.

La maggiore, Laurel, la richiamò subito a sé: “Nina! Sapevamo di trovarti qui, cosa stai combinando?”

Ma la ragazza si infastidì: “Niente, andate via!” le cacciò, senza tuttavia ottenere risultati.

Allora si intromise quella di mezzo, Caroline: “Stiamo lasciando la città, per questo siamo venute a cercarti.”

Nina sgranò gli occhi per la sorpresa: “Cosa?!? Perché?”

“La cupola è temporaneamente scomparsa e questa è l’unica occasione che abbiamo per tirarcene fuori. Abbiamo scoperto che una strega, per mezzo dell’ascesa della luna cattiva, è riuscita a rimuoverla, anche se non completamente. Tra qualche minuto, perciò, quando l’eclissi terminerà, resteremo bloccate in questo casino.”

Ma l’altra parve irremovibile: “NO! – esclamò - Non verrò con voi: ho deciso di restare!”

Laurel le lanciò una lunga occhiata: “Credimi, non vorrai essere qui quando le cose si faranno più serie. Devi venire con noi!”

Invece Caroline, meno impulsiva, cercò di pregarla: “Ti prego, Nina, ascoltala... Questa è la loro battaglia, non la nostra. Noi abbiamo già fatto il nostro dovere, creando la cupola come da istruzioni e lasciando loro quella lettera con tutte le indicazioni.”

Zack, cinico, non riuscì a non intervenire: “Lettera incompleta, però!”

Ma la maggiore delle sorelle replicò quasi subito, altrettanto decisa: “Incompleta o no, sapete benissimo cosa dovete fare. Piuttosto, avete trovato tutti i contenitori? O state continuando a perdere tempo?”

“Ci stiamo lavorando, non è facile come sembra!” rispose lui, sostenendo il suo sguardo.

La donna, allora, si avvicinò, finchè non fu a pochi passi da lui, e lo guardò negli occhi: “Beh, non coinvolgerete mia sorella per rendere il vostro compito più facile. Non siamo come voi!” esclamò, prendendo Nina per un braccio, pronta a trascinarla via.

Quella, però, si oppose, liberandosi con ferocia dalla sua stretta: “Non verrò, smettila di costringermi!” gridò, irritandola ancora di più.

“Ah, è così? – disse l’altra, con gli occhi sbarrati - Hai deciso di correre dei rischi? Di morire, forse? Beh, io sono la sorella maggiore e ho il compito di proteggervi qualsiasi cosa accada, ma questo va ben oltre le mie possibilità. Ricordati che da fuori non potrò fare nulla, perché è sicuro che NOI ce ne andiamo!”

“Se mi accadrà qualcosa, non sarà di certo colpa tua, tranquilla.”

“D’accordo. Prenditi cura di te, allora. Spero di rivederti…” concluse Laurel, per poi andarsene, senza voltarsi nemmeno una volta. Orgogliosa.

Allora, Caroline abbracciò Nina, tentando un’ultima volta di convincerla: “Sei proprio sicura di quello che stai facendo?” le chiese e l’altra annuì.

“Andate e non preoccupatevi. Io sento che il mio posto è qui, adesso. Ad aiutarli. Voi andate e non pensate a me, starò bene. Ci vedremo quando sarà tutto finito!”

La sorella le sorrise, stringendole forte la mano: “Sei sempre stata coraggiosa e testarda… Stai attenta, mi raccomando!” e la salutò di nuovo, per poi andarsene.

 

Vedendole allontanarsi, Zack non riuscì a trovare parole per descrivere la dura scelta che aveva preso la sua amica.

“Non so come ringraziarti per essere rimasta. – le disse – Potevi andartene, eppure sei ancora qui. Sei molto coraggiosa, sai?”

Lei si voltò verso di lui, ancora scossa per la discussione appena avuta, e gli lanciò una lunga occhiata: “Se pensi che sia rimasta solo per aiutarvi, allora non hai capito tutto…” sussurrò, per poi avvicinarsi a lui e baciarlo.

Quando si staccò da lui, aggiunse: “Non sono coraggiosa, sono solo innamorata! Ora, forza, andiamo a cercare Harmony e assicuriamoci che il piano funzioni, ok?”

Zack, sorpreso, rimase fermo, pietrificato, a cercare di capire cosa era appena successo; dopo qualche secondo, finalmente si riscosse e la seguì, senza proferire parola, dato che ne era stato completamente privato, con quel bacio.

 

 

Alkaban

 

 

Jade piombò nella sala del Consiglio dopo aver cercato ovunque i suoi amici. Non c’era anima viva da nessuna parte, ma lei continuava a gridare nella speranza di trovarli.

“C’è qualcuno qui? Dove siete finiti?”

Ma fu suo nonno, in piedi alle sue spalle, a risponderle: “Siamo soli, Jade. Pensavo che ormai l’avessi capito!”

La ragazza si voltò, allibita: “Aspetta un secondo, tu non puoi lasciare la stanza! Abbiamo messo dei simboli Shomia affinché tu non potessi fuggire! Com’è possibile?”

Quello camminò tutto intorno al tavolo, prendendo tempo: “Hai pensato che forse non siamo più ad Alkaban?”

Lei, allora, fece un passo indietro, per mantenere la distanza: “E allora dove siamo?”

“Ho percepito fuori della stanza in cui ci trovavamo che è stato un disordine a portarci qui: quelli ad essere scomparsi da Alkaban non sono i tuoi amici, ma noi!”

“HO DETTO: dove siamo?”

John sorrise: “Nel Purgatorio, direi. L’atmosfera è quella giusta, no?”

Ma Jade rispose con una risata cinica: “Vuoi espiare i tuoi peccati per essere più vicino a Dio, per caso?”

“Perché no? – replicò lui, sedendosi - Ormai è evidente che sono stato sconfitto e forse non ne sono tanto dispiaciuto, sai?”

“Non ti crederò mai! Probabilmente stai già progettando come tornare in cima, quando ci avranno tirati fuori da questo posto.”

Con sua grande sorpresa, però, l’uomo si arrabbiò, sbattendo le mani sul tavolo: “SMETTILA! – urlò - Perché per te è così impossibile credere che io voglia davvero arrendermi e redimermi, prima di sparire per sempre all’interno di un vaso?”

La ragazza rimase colpita da quella reazione violenta e replicò praticamente in lacrime: “E te lo chiedi pure?!? Hai dimenticato tutto quello che hai fatto in questi anni contro mia nonna, i miei amici, contro di me? Contro i miei genitori, tua figlia? Hai già dimenticato tutto questo?”

Suo nonno abbassò lo sguardo, come se si vergognasse, gli occhi lucidi: “Mi dispiace…” sussurrò, lasciando la nipote senza parole per la sorpresa.

“Come...? Ti dispiace? Mi sembra un po’ troppo tardi, non credi?”

“Sì, hai ragione. Per questo voglio che tu sappia anche altre cose. Non voglio lasciarti un brutto ricordo di me, perciò ascoltami, ti prego...”

“La maggior parte saranno brutti ricordi, non puoi cambiarli.”

“Lo so, lo so. Ma voglio ugualmente che mi ascolti, visto che non lo farà più nessuno. Per favore...”

Anche se titubante, Jade si decise finalmente a sedersi: “Non significa niente, non farti illusioni, ok?”

Nonostante le sue parole, John si sentì più sollevato: “Non me ne faccio, ma grazie per esserti seduta. – sospirò, prima di parlare – Comunque, quello che voglio dirti è che sei tu la chiave di questo mio cambiamento, arrivato proprio all’ultimo. Infatti, quando mi sono reso conto che essere quello che ero, non corrispondeva a quello che avevo sempre voluto, ho capito di aver sprecato metà della mia vita ad seguire la strada sbagliata. Non so perché nella nostra testa esista quella vocina che ci porta a fare errori e a scendere sempre più giù senza poter risalire, ma quello che conta è che c’è. Per me, era fatta di poteri illimitati, cattive amicizie e pregiudizi, insomma tutto ciò che mi ha portato ad essere quello che sono diventato.” ma non riuscì ad andare avanti, perchè Jade lo fermò prima.

“Samuel per il Consiglio era un assassino di cui non ci si poteva fidare e per anni ha sofferto per questo, oltre a subire una punizione che non gli spettava, ma comunque non ha mai ceduto al male e non si è mai vendicato di nessuno.”

“Tutti possono cedere al male, quando sembra che non vi sia altra soluzione. La differenza tra me e Samuel è che lui è stato più forte di me nel resistere a tale tentazione. Vorrei tanto essere stato forte come lui, ma la maggior parte dei demoni purtroppo non ci riesce. Il tuo Samuel è speciale, sai?”

Lei annuì, gli occhi pieni di lacrime: “Lo era, prima di morire e finire lontano anni luce da me…”

“Sai qual è il momento esatto in cui sono cambiato? In cui sono tornato quello che ero, prima di diventare malvagio e cinico? E’ stato dopo che sono evaso dall’area zero: mi sono ritrovato in un parco, a pianificare come mi sarei vendicato di voi. Poi, un pallone mi è rotolato tra le gambe e una bambina che ti assomigliava in una maniera impressionante mi chiese di riaverlo. In quell’istante, dimenticai completamente ciò a cui stavo pensando e glielo restituii. A quel punto, la bambina venne chiamata da un uomo, suo nonno, che la abbracciò, la sollevò in aria e poi la fece scendere sullo scivolo aspettandola alla fine e promettendole che non l’avrebbe mai fatta cadere. Lei si fidava completamente di lui, lo amava ed è stato lì che mi sono reso conto di ciò che avevo perso. Di ciò che non avevo e non avrei mai avuto…”

L’altra non riuscì a nascondere la sua commozione: “Avrei tanto voluto avere io quello che ha la bambina del tuo racconto. E hai ragione quando dici che non potrai mai avere quello che hanno loro. Nessuno di noi due avrà mai quello che hanno loro...”

“Sai, dopo aver assistito a quella scena, sono tornato a pensare ai miei piani di vendetta, ma in cuor mio sapevo di non essere più lo stesso. Scoperto che avevo perso anche tutti i miei poteri, iniziai ad arrendermi lentamente, ma quella parte malvagia dentro di me continuò a lottare. C’è una guerra in corso nella mia anima, che forse non vedrà mai alcun vincitore. Per questo accetterò la mia fine, qualunque essa sia. L’importante è averti fatto conoscere quella parte di me che valeva la pena mostrarti, ora che ne ho la possibilità. Ora che sono più vulnerabile che mai.”

Lei continuò a piangere: “Vorrei poterti perdonare, davvero, ma hai ucciso i miei genitori. Tua figlia. Questo non potrò mai accettarlo, mi dispiace...”

Anche il volto di John era rigato dalle lacrime, ormai: “Ora provo soltanto il dolore per la perdita che ho provocato con le mie stesse mani. Sono pronto ad avere quello che mi merito per questo, ma ciò che più conta è che non farò mai più del male a nessuno…”

Jade abbassò lo sguardo: “Perché solo noi due, qui, piuttosto? Non credo sia una coincidenza…”

“Beh, si dice che in Purgatorio finiscano coloro che sono in punto di morte, le anime bisognose di espiare i loro peccati. E io ne ho parecchi. I tuoi, però, forse sono più sensi di colpa, o sbaglio?”

“Non riuscirò mai ad accettare di essere stata la causa della morte di Rick, ma non potevo fare altro. E poi, noi non siamo morti, giusto?”

“Perché, tu ti senti viva?” chiese lui, guardandola.

Quella scosse la testa, triste: “Per niente. Forse sto solo fingendo di essere viva e non lo sono più da molto tempo...”

John, allora, iniziò a camminare per la stanza: “Questo posto riflette esattamente l’aspetto della nostra anima: grigia e triste. Non siamo morti fisicamente: è la nostra anima ad esserlo!”

“Spero che troverai la pace, dopo che ti avremo rinchiuso nel vaso di Pandora. Probabilmente, questo viaggio mi è servito più di quanto pensassi…”

Lui si voltò immediatamente, quasi felice di sentirlo: “Posso chiederti una cosa? – chiese, gentile – E, ti prego, per una volta accontentami. Diciamo che è una sorta di mio ultimo desiderio...”

Jade si limitò ad annuire.

“Posso abbracciarti? Solo per un secondo.”

Colta di sorpresa, la ragazza inizialmente si mostrò restia, ma poi si avvicinò a lui, aspettando che facesse qualcosa. John, vedendo che aveva il suo permesso, tese le braccia intorno a lei e la strinse lentamente a sé. Lei lo lasciò stringere, senza però ricambiare. Commossa e con gli occhi chiusi, come anche lui, anche lei alla fine si arrese e lo strinse forte. Improvvisamente, la stanza iniziò a distorcersi, riportandoli nella vera Alkaban. Intorno a loro, ricomparvero tutti e, non appena lo notarono, i due si staccarono all’istante.

 

Immediatamente, Jackson la tirò via.

“Jade, spostati!” le intimò.

Poco dopo, Dana, che era accanto ai consiglieri, si girò verso Wes: “Forza, apri il vaso di Pandora!” gli ordinò.

John, allora, sorrise un ultima volta a Jade, chiuse gli occhi e aprì le braccia, attendendo il suo destino. La nipote, in piedi dietro a Jackson, lo osservava in lacrime, quasi dispiaciuta per lui. Poi, Wes rimosse il coperchio e, senza perdere altro tempo, vi risucchiò John all’interno.

Ancora qualche istante ed era finito tutto. Per molti di loro, l’incubo era finito.

 

Jade, distrutta, si ritrovò subito tra le braccia di sua nonna, che si affrettò a consolarla.

“E’ finita, tesoro. E’ finita…” le sussurrò, dolce.

“Cosa è successo?” le chiese la ragazza, quando si staccarono, ma fu Marcus a rispondere.

“Uno dei disordinati che avevate catturato, è stato liberato dai demoni di Barnès, che iniziano ad essere irrequieti e a non credere più alle nostre storie.”

“Comunque, – aggiunse l’anziana signora - li ho sistemati io e non ci daranno problemi fino a che ci serviranno.”

Jade annuì: “John mi ha detto che eravamo nel Purgatorio, è vero?”

Questa volta, però, fu il turno di Foxi: “Casualmente, il disordinato è un professore di letteratura. Spesso i disordini si associano ad alcuni aspetti della vita della persona che infettano, quindi potrebbe essere. In ogni caso, vi trovavate in un altro luogo.”

Senza aggiungere altro, la ragazza lasciò la sala, in cerca di qualche momento di pace.

 

 

All’ingresso di Morney Hill

 

 

Le streghe e i motociclisti continuavano ancora a correre divertirti lungo la strada, quando

Heith si rese conto che si stavano allontanando troppo dalla città. Subito, tornò seria e chiese al suo uomo di fermarsi.

“Devo scendere, accosta. E dillo anche agli altri!” ordinò e subito quello si fermò, facendo bloccare anche i suoi compagni.

Dopo essersi tolto il casco e averla fatta scendere, la guardò confuso: “Che c’è? Pensavo ci stessimo divertendo!”

Intanto gli altri, insistenti, invitarono le ragazze a risalire sulle loro moto e, improvvisamente, le streghe sembrarono tornare in sé e l’effetto della luna cattiva svanire. Subito si guardarono intorno, confuse, ma fu Klen a parlare per tutte.

“TU! Tu mi hai mentito, dicendoci che ci avresti salvate!”

Heith si voltò sbuffando: “Bene, sembra che la festa sia finita!”

Poi, si girò verso il suo motociclista e, con un cenno della mano, gli spezzò il collo, per poi passare agli altri, sotto lo sguardo terrorizzato delle altre streghe.

Fu Tamara, la leader del suo gruppo e la più coraggiosa, a farsi avanti: “Cosa diavolo hai fatto?!? Erano delle persone innocenti!”

Ma l’altra continuò ad avere il suo solito sorriso sulle labbra: “Sì, innocenti che volevano entrare nelle tue mutandine!”

“E meritavano di morire per questo?” aggiunse Roma.

“No, certo che no. Quello era solo un avvertimento perchè capiate che nessuna può opporsi a me, qualunque atrocità io compia. Chissà, magari, se ne ho voglia, posso farne commettere qualcuna anche a voi. Grazie al marchio che avete sul polso, siete mie, ormai. Perciò iniziate a farci l’abitudine, perché resteremo insieme per molto tempo!” e rise malvagiamente, facendo venire i brividi ad ogni strega presente.

 

L’attimo seguente, una scossa di terremoto investì la città. La sentirono Zack e Nina nel bosco. Brenda in ospedale, Jade e tutti gli altri ad Alkaban. E anche le streghe insieme ad Heith. Durò davvero pochissimi minuti, ma furono sufficienti.

Quando finì, la malvagia strega si voltò verso le altre, terrorizzate: “Sembra che qualcosa sia cambiato!” esclamò, senza sapere esattamente quanto aveva ragione... 

 

CONTINUA NEL DICIASETTESIMO EPISODIO

Testo a cura di Lady Viviana.

ANGOLO AUTORE: Da oggi, manca ufficialmente un mese al finale della terza stagione, dove ci sarà la chiusura definitiva di un grosso capitolo. Subito dopo, seguirà una quarta e ultima stagione. Non mancante al prossimo appuntamento con la 3x17 "Prigionieri del sottosuolo" Lunedì 28 Settembre. Buona settimana stregata!

 

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Capitolo 17
*** 3x17-Prigionieri del sottosuolo ***


CAPITOLO DICIASETTE

"People Calls From the Underworld"

 

 

 

Morney Hill Hospital

 

 

La mattina seguente Jade si presentò davanti alla stanza di Noa. La porta era aperta, ma bussò lo stesso, rivelando la sua presenza a chi era all’interno.

“Si può?” chiese, infilando dentro la testa.

Nel sentire la sua voce, Brenda, svegliatasi da poco, si voltò e le sorrise, sorpresa: “Jade! Ma certo, entra!”

Felice, l’altra varcò la soglia della stanza e corse subito ad abbracciarla: “Sembra che non ci vediamo da un’eternità!”

“Già, sono successe parecchie cose, nel frattempo.”

Quando si staccarono, lo sguardo della nuova arrivata si spostò sul ragazzo steso nel letto di fianco a loro: “Allora? Come sta?”

Brenda spostò lo sguardo sull’amico, preoccupata: “Continuano a dirmi che le sue condizioni sono stabili, ma allora perché non si è ancora svegliato?”

“Devi avere pazienza, – le rispose Jade, gentile, mettendole una mano sulla spalla - vedrai che si sveglierà da un momento all’altro!”

L’altra si limitò ad accennare un sorriso, per poi invitarla ad accomodarsi: “Avanti, siediti, noi due abbiamo molte cose da dirci, o sbaglio?”

“Parecchie!”

“Ancora non so nulla del tuo viaggio da Samuel! Sono così contenta che tu l’abbia rivisto...”

“Grazie, mi fa piacere, però, prima di parlare di Samuel, devi sapere che Heith è qui. Non so come abbia fatto, ma è riuscita a tornare più potente di prima e tiene tutte le nostre streghe in pugno.”

Brenda la guardò, confusa: “Tralasciando il fatto che sto ancora cercando di metabolizzare che Heith è tornata per la milionesima volta nelle nostre vite, non è un essere soprannaturale? Come ha fatto ad aggirare la cupola?”

“Beh, ha trovato il modo, no? E’ di Heith che stiamo parlando! – sospirò – Comunque sia, almeno non ha permesso che i disordini si diffondessero. Mio nonno è riuscito a farsi nemici anche i suoi stessi alleati!”

“Ah, ora è tuo nonno? Da quando? L’hai sempre chiamato John!”

Jade abbassò lo sguardo, triste: “Lui non c’è più, ormai…”

La sua reazione, però, lasciò l’amica ancora più perplessa: “Cosa mi sono persa? E chi non c’è più?”

“John! L’abbiamo rinchiuso nel vaso di Pandora. Solo che, poco prima di attuare il piano, un disordinato è fuggito da una delle celle e ha spedito me e lui in un altro luogo, in cui siamo rimasti soli per un po’ e abbiamo usato il tempo per parlare.”

“E cosa vi siete detti?”

“Per lo più ha parlato lui, a dire il vero. Mi ha spiegato quanto fosse pentito e quanto si fosse reso conto delle cose che si è perso inseguendo la strada che ha intrapreso. Insomma, alla fine l’ho visto sotto una luce diversa e forse dispiace anche a me di non aver potuto avere un rapporto amichevole con lui. Di non averne avuto la possibilità. – a quel punto, scoppiò a piangere – E, quando stava per essere risucchiato all’interno del vaso, ho desiderato tanto salvarlo, nonostante tutto il male che mi ha fatto.”

Comprensiva, Brenda le mise una mano su un braccio: “Mi dispiace tanto, Jade. Però è giusto che sia andata così, che paghi per tutto quello che ha fatto. Riconoscere le sue colpe è stato già un primo passo, ma non abbastanza dopo anni e anni di malvagità. E’ ora di andare avanti e di lasciarti questa storia alle spalle, conservando questo ultimo ricordo di lui. Va bene?”

La ragazza annuì, asciugandosi le lacrime: “Hai ragione…”

 

Per qualche secondo, sulla stanza cadde il silenzio, poi Brenda tornò a fare domande all’amica.

“E con Samuel?” chiese, strappandole finalmente un sorriso.

“E’ stato indescrivibile incontrarlo, non puoi neanche immaginare… Anzi, no, puoi farlo benissimo! Immagina se Terence vivesse ad anni luce di distanza da te e tu lo rivedessi per la prima volta dopo tanto tempo. Ecco, io ho provato qualcosa di simile!”

L’altra provò a immaginare quanto le aveva detto, ma non sentì nulla, così decise di rimanere in silenzio. La sua reazione, però, non sfuggì all’amica, che tuttavia decise di andare avanti.

“Ci siamo incontrarti in un locale notturno stile anni 50’. – rise, prima di continuare – Non ci crederai mai, ma fa parte di un duo musicale e suona la chitarra. Ha anche una moto e un appartamento enorme, tipo un loft di quelli che vedi nei telefilm. Insomma, una vita vera!”

Brenda, a disagio, la interruppe bruscamente: “Io non sento nulla!” esclamò, lasciando Jade senza parole.

“Come? Che cosa intendi?”

“Mi hai chiesto cosa avessi provato nel rivedere Terence dopo tanto tempo, se fosse stato lui al posto di Samuel, ma… io non ho sentito nulla, non ho provato nulla…” continuò l’altra, concitata.

Jade, preoccupata, si avvicinò subito a lei: “Sicura di stare bene? Magari il terremoto di ieri era un disordine che ti ha infettata in qualche modo...”

Ma l’amica scosse la testa, nervosa: “No, non c’entra niente il terremoto. Terence è venuto a trovarmi ieri, molto prima che succedesse. Abbiamo parlato e io l’ho salutato, come sempre, ma non ho sentito nulla. Era... era come se fossimo due estranei e io non riesco a spiegarmi come sia potuto succedere. Mi sono sentita strana, come mai prima d’ora.”

Jade, nel sentire le sue parole, rimase semplicemente a bocca aperta: “E’ impossibile, tu lo ami! Forse sei solo stanca e te lo sei immaginato…”

Negli occhi dell’altra, però, comparve un lampo di terrore: “E se non ne fossi più innamorata? Insomma, abbiamo avuto degli alti e bassi da quando è venuto qui a Morney Hill, ma ho sempre continuato ad amarlo. Dev’essere cambiato qualcosa... Magari è così che finisce l’amore: all’improvviso, quando meno te lo aspetti, senza una ragione.”

L’amica, per nulla d’accordo, scosse energicamente la testa: “Non essere sciocca, non smetti di amare la tua anima gemella dal giorno alla notte! Forse ti è successo qualcosa, perchè mi rifiuto di credere che non lo ami più. Conosco la vostra storia e so per certo che tu non smetteresti mai di amarlo, quanto è vero che il sole risorgerà anche domani.”

“Ho paura. Ho tanta paura, Jade. – le sussurrò Brenda, in lacrime, abbracciandola - Provo questo senso di inquietudine nel cuore e non riesco a capire da dove provenga…”

“Non preoccuparti, me ne occuperò io, d’accordo? Conoscendo Heith, magari ti ha fatto qualcosa per ferirmi...”

 

 

 Confraternita, ex sede delle streghe

 

 

Dopo la notte di follie passata in giro per Morney Hill, Heith pensò di cercare una dimora adatta a lei e alle sue seguaci. Una di loro, allora, le consigliò la casa della confraternita in cui avevano alloggiato i primi tempi dopo il loro arrivo in città.

A tavola, mentre facevano colazione, Heith fu l’unica a parlare: “Questa marmellata ai mirtilli è una delizia su questo caldo pane tostato, non trovate?” commentò, ma le altre, poco affamate, la osservarono intimidite e taciturne. Solo la loro leader, Tamara, ebbe il coraggio di rivolgerle la parola.

“Hai detto che volevi vendicarti della prescelta e dei suoi amici. Hai cambiato idea, forse? O stai solo giocando con noi?”

Heith scoppiò a ridere: “Cambiato idea? Non dire sciocchezze, tesoro! La vendetta è come un incisione sulla pietra: non svanisce mai. Se non mi sono ancora mossa, è perché volevo prima una dimora in cui tornare dopo la vittoria. Anche se questo posto avrebbe bisogno di qualche ristrutturazione…”

 

Intanto, poco lontano, Nina e Zack erano rientrati in città e con una magia Shomia stavano cercando di rintracciare Harmony, inseguendo una libellula che avrebbe mostrato loro la strada. Zack, stanco e stressato, era impaziente di trovare la ragazza.

“Forse non funziona, ormai è tutta la notte che la cerchiamo…”

Ma l’altra lo ignorò, continuando a guardarsi intorno: “Eccola, in quel giardino!” indicò, per poi mettersi a correre.

Subito, lui la seguì e poco dopo i due trovarono la ragazza svenuta su un prato, con le mani sporche di terra. Nina iniziò immediatamente a scuoterla.

“Stava scavando, forse è qui che ha sotterrato la scatola delle tentazioni!”

“Beh, a quanto pare, però, si è addormentata prima di riesumarla.”

A quel punto, Zack alzò lo sguardo sulla casa poco lontano: “Aspetta! Ma questa è la confraternita abbandonata in cui alloggiavano le streghe! Dovevamo immaginarlo che l’avrebbe nascosta qui...”

In quel momento, Harmony finalmente si svegliò, osservandoli subito con aria confusa: “Che cosa sta succedendo? - chiese - Dove sono?”

Fu Nina a risponderle: “Sotto l’influsso della luna cattiva, sei scappata dal mio rifugio e sei venuta qui a cercare la scatola delle tentazioni.”

Lentamente, la ragazza provò a risollevarsi: “Ah, già! Ho una tale confusione in testa... Visioni, voci, per non parlare di questo collegamento con Heith che mi sta mandando al manicomio!”

Zack la guardò perplesso: “Voci?” domandò, dubbioso.

“Sì, delle voci che invocano aiuto. Sono tante e dicono di essere intrappolate. Ho iniziato a sentirle stanotte, poi, però, non sono più riuscita a distinguere le mie visioni dalla realtà e sono crollata.”

 

Improvvisamente, la porta della casa si aprì.

“Sorpresa, sorpresa!” esclamò una voce conosciuta: si trattava di Heith.

Non appena la videro, i tre iniziarono a indietreggiare.

“Ma guarda un po’ chi abbiamo qui! – continuò la donna - L’amichetto del cuore di Jade, la stronza che mi ha intrappolata con dei sassolini per ore e… chi diavolo è quest’altra pazza?”

Zack fu il primo a ritrovare la parola: “Vedo che ti sei stabilita qui. Lo sai che questo sarà un alloggio permanente, dal momento che Morney Hill è tornata sotto la cupola, vero?”

L’altra, in risposta, scoppiò a ridere: “Per favore, posso andarmene da qui quando voglio. Non sarà di certo una cupola ad ostacolarmi e ve l’ho già dimostrato, dal momento che sono riuscita ad entrare in città senza problemi!”

“Dove hai messo le tue streghe? – le chiese Nina, per poi sussurrare ad Harmony – Tieniti pronta a diffondere il virus…”

Heith sbuffò, infastidita: “Sono stanca di rispondere alle vostre domande. Credo sia arrivato il momento di scatenare la tempesta, dal momento che da ieri vi ho concesso un po’ di pace. Ma la quiete non dura mai, perciò…” ed evocò tre proiettili, che iniziarono a fluttuare per aria sopra alla sua mano.

“Ora… Chi togliere di mezzo per primo? La new entry del gruppo che ha osato intrappolarmi e umiliarmi davanti a quella nullità di Jade o il suo amichetto inseparabile? – sogghignò, indecisa – Ma certo! Cosa ferirebbe di più quella stronza, se non la perdita del suo più fedele amico?” e con un cenno delle dita, i proiettili penetrarono in un istante dentro Zack. Avvenne tutto così velocemente, che il ragazzo non ebbe nemmeno il tempo di spostarsi. Intanto, in un istante, Nina aveva tirato a terra Harmony, spostando poi lo sguardo su Zack, che giaceva a terra ferito a poco distanza.

“NOO!” urlò, avvicinandosi subito a lui e premendo tremante una mano sulle ferite per fermare l’emorragia.

Heith, invece, si godeva la scena, compiaciuta.

Intanto, l’altra, in lacrime, continuava a cercare di bloccare il sangue: “Ti prego, resisti... – gridava - Cosa devo fare?”

“Guardalo morire, cara!” le sussurrò la donna, ridendo malvagiamente, mentre arrivavano anche le altre streghe, attirate dalle urla, che subito notarono la presenza di Harmony.

Improvvisamente, dal nulla comparve Xao, che aveva percepito da Alkaban cosa era accaduto a Zack. Subito, si avvicinò a lui, sotto lo sguardo di una incredula Heith.

“Aspettate un secondo, pensate davvero di guarirlo davanti ai miei occhi? – esclamò, incredula - Credete davvero che ve lo permetterò?” e con un cenno della mano, disintegrò Xao in tanti frammenti di luce, lasciando i presenti senza parole.

A quel punto Nina, furiosa, si alzò e i suoi occhi divennero gialli come quelli di una tigre.

Edes venosa in vises...pronunciò e il volto di Heith divenne rosso, mentre la donna si piegava in due, straziata dal dolore.

“Che cosa mi hai fatto, brutta stronza!” le urlò, ma l’altra la ignorò, avvicinandosi invece ad Harmony.

“Presto, vai dalla tua leader e toccala!” le gridò e subito quella si voltò verso la porta.

“Tamara, esci fuori!” le ordinò, ma la donna, in piedi sulla soglia, scosse la testa.

“Non posso, se lei non mi da il permesso!”

Allora, la giovane iniziò a correre verso di lei, ma Heith, che stava iniziando a riprendersi, la fece volare a terra.

“Dove credi di andare, tu?” le intimò, infuriata, prima che Nina intervenisse nuovamente.

Radiuses encombe trapes!” e dal terreno spuntarono fuori dozzine di radici che si ramificarono intorno ai polsi e alle caviglie della strega, fino ad inglobarla completamente.

La donna provò subito, a fatica, a liberarsi:“Ora. Mi. Sta. Stancando!” urlò, mentre Nina ancora una volta spronava Harmony a muoversi.

“Fa presto, prima che si liberi!” le gridò e subito quella corse fino alla porta, verso la sua leader.

“Dammi il polso, fidati di me!” ordinò a Tamara e subito quella eseguì. Poi, fecero combaciare i loro marchi e così il virus riuscì a trasferirsi dall’una all’altra.

Poi, Harmony si voltò verso Nina, sorridendo: “E’ fatta!” esclamò e l’altra annuì, sollevata, proprio mentre Heith faceva esplodere l’involucro di radici che la conteneva.

Furiosa, togliendosi i residui rimasti addosso, si rivolse direttamente a Nina: “Non hai idea di quello che sto per farti…” sibilò.

Anche Zack, morente, avvertì che le cose si stavano mettendo male, così, dopo aver preso Nina per la caviglia, la teletrasportò via.

Heith, nel vedere la scena, si infuriò ancora di più: “ACCIDENTI!” urlò, per poi voltarsi verso il gruppo di streghe e soprattutto sulla povera Harmony.

 

 

Morney Hill Hospital

 

 

Jade e Brenda chiacchierarono a lungo, una poggiata accanto alla finestra, l’altra seduta come sempre accanto a Noa.

Jade, però, continuava a guardare periodicamente la porta: “La dottoressa è ancora in ospedale?” chiese.

“Non se ne è mai andata da quando Noa è arrivato qui. Non va neanche in bagno, ci credi? Piuttosto, non hai detto a quelli del Consiglio che lei è uno dei contenitori, vero? Ho bisogno che stia qui, finchè Noa non sarà fuori pericolo.”

“No no, non ho detto nulla, figurati. – rassicurò l’amica, senza tuttavia nascondere la sua preoccupazione – Ma il tempo stringe e con Heith in città abbiamo ancora meno tempo. Siamo sempre più vicini al giorno in cui sono stata quando ho viaggiato nel futuro e noi non abbiamo ancora la più pallida idea di cosa dobbiamo fare, a parte riunire questi contenitori.”

Brenda sospirò: “Lo so. Dovete torchiare quella Nina! Le nostre vite sono imprevedibili, potremmo riunire tutti i contenitori e perdere improvvisamente la lettera di istruzioni, nel momento stesso.  E noi dobbiamo essere preparati anche a questo!”

L’altra annuì, comprensiva: “Sì, hai ragione. Comunque, ora lei è con Zack nel suo rifugio e stanno cercando di capire il marchio sui polsi delle streghe. Dovrà dirci tutto, al diavolo la faccenda che lei e le sue sorelle non vogliono essere coinvolte!” esclamò, decisa, subito appoggiata dall’amica, che non riuscì a nascondere la sua vena sarcastica.

“Già, al diavolo con questo razzismo magico!” urlò.

 

Per qualche secondo, ci fu solo silenzio, poi Jade parlò di nuovo, non nascondendo di essere felice di aver ritrovato la vecchia Brenda.

“Mi fa piacere che riesci ancora a farmi sorridere, nonostante i tuoi problemi, lo sai?”

In quell’istante, nella stanza si sentì anche una terza voce, benché molto debole: “Chi è che ha un problema?” chiese, piano.

Era Noa, che aveva appena aperto gli occhi.

Entrambe le ragazze furono felici di sentirlo, soprattutto Brenda.

“Ehi, bentornato tra noi!” lo salutò, osservandolo guardarsi intorno confuso.

“Wow, ditemi che siamo delle comparse in Grey’s Anatomy, altrimenti non voglio sapere perché sono qui!” esclamò, scatenando nelle altre una risata.

“Non siamo comparse, – gli spiegò l’amica - anche se non mi dispiacerebbe affatto, visto che i dottori di questo ospedale lasciano un po’ a desiderare quanto a fascino!”

“Già! L’unico ragazzo carino che ho visto è stato il paramedico che ti ha soccorso... Hai avuto un incidente, ricordi?”

Noa sgranò gli occhi, sorpreso: “Oh mio Dio, Wes! – esclamò - Era con me, dov’è ora?”

“Non preoccuparti, sta bene. E’ un ragazzo d’acciaio, oltre che incredibilmente coraggioso. Si è dato molto da fare per farti giustizia e sono sicura che verrà più tardi a trovarti, d’accordo? – poi si voltò verso l’amica e le lanciò un’occhiataccia - Così ti darà il cambio, visto che sei qui dentro dall’anno zero! E poi, ci servi ad Alkaban, dopo che ti sarai fatta una bella doccia e una dormita.”

L’altra roteò gli occhi: “Sì, capo, ai suoi ordini!”

“Già, meglio per te non disubbidire! – le rispose Jade con un sorriso, per poi dirigersi verso la porta – Adesso però torno ad Alkaban: Zack e Nina dovrebbero essere tornati, ormai!” e se ne andò.

 

Brenda, invece, si alzò, ma non per andarsene.

“Esco a fare una telefonata, ma non me ne andrò via, ok? – spiegò - Non finchè non avrò trovato la dottoressa per dirle che ti sei svegliato, o arriverà Wes. Quando saprai che cosa ha fatto nelle ultime quarant’otto ore, te ne innamorerai perdutamente, credimi!” concluse, facendogli l’occhiolino.

 

Uscita fuori in corridoio, attese che qualcuno si accorgesse di lei, troppo impegnata per accorgersi che intorno sembrava esserci parecchia confusione, quel giorno.

“Non trovo il dottor Evan, l’avete visto?”

“Il paziente della stanza 236 è sparito, qualcuno sa dove sia?”

“Qualcuno chiami l’infermiera! Dov’è finita?”

 

 

Casa Jenkins

 

 

Dopo una notte di tormento interiore, Terence decise di fare una breve visita al signor Jenkins, incontrandolo proprio mentre usciva a ritirare la posta. L’uomo non lo vide arrivare, dal momento che era di spalle, perciò Terence rivelò la sua presenza solo dopo qualche secondo.

“Ci sono riuscito!” esclamò, facendolo voltare sorpreso.

“Terence! Che cosa ci fai qui?” esclamò Jim.

“Ci sono riuscito!”

Ma l’altro continuava a essere molto confuso: “Riuscito a fare cosa?”

Terence era pallido, stanco e sudato, ma l’uomo parve non accorgersene: “Sua figlia è libera, non dovrà più preoccuparsi per lei. Non è più legata a me e non lo sarà mai più.”

In quel momento, Jim notò il suo aspetto: “Che cos’hai? – gli domandò - Non sembri in gran forma!”

“Beh, non ho passato una gran nottata…” rispose l’altro, con una risatina nervosa.

L’uomo annuì, avvicinandosi sempre più verso casa sua: “D’accordo. Grazie per avermi fatto sapere che non sei più collegato a mia figlia, comunque. Sei stato di parola!”

Terence barcollò per qualche secondo, come ubriaco, prima di rispondere, sarcastico: “Spero che il prossimo pretendente di sua figlia sia meglio del sottoscritto!”

Jim, fissandolo con soggezione, rientrò in casa senza aggiungere altro. Allora, Terence, in piedi in mezzo al vialetto, continuò a parlare da solo, sfogando la frustrazione e la rabbia che aveva dentro.

“Sì, entra pure in casa. Stronzo!” gli gridò dietro.

 

 

Alkaban

 

 

Nella Sala del Consiglio, Dana era finalmente tornata al comando e insieme a Marcus e Foxi, che non le nascose la sua preoccupazione, discuteva degli ultimi eventi.

“Ora che John non c’è più e non hanno una guida, i disordini sono completamente fuori controllo. Cosa dobbiamo aspettarci, adesso?”

In quell’esatto istante, però, entrò Jackson, trafelato: “Wes è appena andato via e abbiamo riposto il vaso di Pandora nella stanza della cassaforte finchè la scatola delle tentazioni non verrà ritrovata. – disse, per poi fermarsi a riprendere fiato e notare le loro facce scure – Comunque, qualcuno può spiegarmi cosa è successo ieri? Cos’era quella scossa di terremoto?”

“Erano i disordini. – gli spiegò l’anziana strega - Prima era John a tenerli sottocontrollo, ma adesso non hanno più un padrone.”

“Quindi, se ieri c’è stato un terremoto, vuol dire che i disordini sono… sottoterra?”

L’altra annuì: “Sotto l’intera città, per l’esattezza. La bussola dei disordini impazzisce ogni volta che viene appoggiata al suolo. In questo momento, sono proprio sotto di noi, mentre parliamo.”

Jackson rimase letteralmente a bocca aperta: “Cosa dobbiamo aspettarci, ora che i disordini sono completamente liberi di fare quello che vogliono?” chiese, spaventato.

“Non ne ho la più pallida idea, Jackson. So solo che dobbiamo batterli sul tempo, prima che agiscano.”

 

Intanto, poco lontano, all’interno dello stesso edificio, in uno dei corridoi, ricomparvero Zack e Nina. Lui era molto debole e giaceva sdraiato sul pavimento con lei inginocchiata accanto a sé.

“Hai usato la magia, non va contro tutto quello in cui credi? – le chiese, ridendo, per poi tossire, piegato in due - Ma che lingua era quella?!?”

Gli occhi di lei, nel vederlo, erano pieni di lacrime: “Ogni strega Shomia possiede una magia latente dentro di sé. Siamo noi a decidere di non farla emergere, ma oggi io ho dovuto e mi sono macchiata. Quella che ho usato, comunque, è un’antica lingua Shomia, sfruttata dalle streghe che come me l’hanno fatta riemergere. – poi si voltò, iniziando a gridare - AIUTO! AIUTATEMI, VI PREGO!”

Zack mugolò, sempre più debole: “Così mi sfonderai i timpani…” sussurrò e lei, dispiaciuta, gli accarezzò la testa.

“Mi dispiace... se non fosse stato per il mio piano di usare Harmony come virus, non saremmo mai arrivati davanti a quella casa… - le lacrime iniziarono a scorrere a fiumi – Non so che cosa fare…”

Ma lui le sorrise, cercando di consolarla: “Non è colpa tua, non dirlo nemmeno per scherzo, ok?  – era stremato, ma continuava comunque a premere sulla ferita – Ti prego, fa sapere agli altri che…”

Nina, furiosa, lo fermò prima che potesse continuare: “NO! – urlò - Non riferirò nulla perché tu non morirai, mi hai capito? Troveremo un modo! Se solo qualcuno si decidesse a venire qui ad aiutarci, DANNAZIONE!”

 

Proprio in quel momento, Jade prese quello stesso corridoio per rientrare dalla Sala del Consiglio. Ovviamente, non poté ignorare le voci dei due e soprattutto Zack, steso a terra davanti a lei. Subito, la ragazza corse gridando verso di loro.

“Oh mio Dio, cosa è successo?!? – urlò, per poi scivolare a terra accanto all’amico – Zack!” gridò e lui, benché in fin di vita, trovò la forza di sorriderle.

“Ehi, guarda chi c’è!” esclamò e subito Nina si affrettò a spiegare la situazione.

“Abbiamo scoperto che il marchio collega le streghe ad Heith e che, più ne ha, più è potente. A quel punto abbiamo creato un virus tramite Harmony per scollegarle, ma…”

Jade, furiosa e in lacrime e furiosa, non la lasciò nemmeno finire: “Non mi interessa! Che cosa è successo a LUI?”

“E’ stata Heith! Ora alloggia nella vecchia confraternita delle streghe.”

“Giuro che stavolta la faccio a pezzi… – sibilò l’altra, guardando l’amico, per poi iniziare ad accarezzargli la testa, premurosa – Ti prego, non mi lasciare, Zack... Non puoi lasciarmi anche tu, hai capito? Non posso lasciarti andare...  – alzò gli occhi al soffitto – XAO! Vieni subito qui, fa presto!”

Nina, però, le mise una mano sulla spalla, dispiaciuta: “Non può rispondere alla tua chiamata. Heith l’ha disintegrato in mille pezzi.”

Quella rivelazione lasciò la ragazza completamente sotto shock. Poco dopo, si alzò in piedi, puntando le mani sul ragazzo.

“Spostati!” ordinò all’altra, che, però, la guardò perplessa.

“Che cosa vorresti fare?”

“SPOSTATI, ho detto!” e questa volta quella eseguì senza discutere.

 

Nel frattempo, li raggiunsero anche gli altri.

 

Concentrandosi, Jade circondò Zack con un blocco di ghiaccio, mentre Dana la osservava sconvolta.

“Ma che cosa è successo?” chiese, vedendola devastata.

“Che nessuno lo faccia cadere! – ordinò, ignorando la domanda – Portatelo nella stanza dove c’è Mona. Io, intanto, vado ad uccidere Heith!”

Ma Nina la fermò: “Aspetta, vengo con te!” e corsero via insieme.

“Jade, aspetta! – la richiamò Dana - Non andare!”

Ma era troppo tardi: le due erano già lontane.

 

 

Confraternita, ex sede delle streghe

 

 

Appena tornarono dentro, Heith esaminò Harmony, che scoprì possedere lo stesso marchio di tutte le altre.

“Devi far parte di questo gruppo, se hai anche tu il marchio. – spiegò, guardando storto le altre streghe per averle mentito - Strano che non mi sia accorta prima di te… Ora, però, spiegami: perché il tuo marchio è nero?”

“Il tuo marchio ti permette di controllare le nostre azioni, non la nostra bocca. Perciò non lo so, scoprilo da sola, no?” ribatté l’altra, arrogante, scatenando in lei una risata.

“Piccola e ingenua streghetta... non posso farti dire la verità, è vero, ma posso farti ingoiare delle lamette affilate pur di obbligarti a farlo!”

“Mmmmh, ottima idea!”

Allora, Heith si infuriò e prese Harmony per i capelli: “Pensi di poterti prendere gioco di me, ochetta bionda?!?”

Improvvisamente, tutte le vetrate della casa scoppiarono in mille pezzi in un sol boato e, quando le streghe si rimisero in piedi, una voce dall’esterno della casa, si rivolse direttamente a loro.

“Heith, avanti, esci fuori! Ti sto aspettando!” chiamò.

Ovviamente, la donna riconobbe subito la voce: “Jade?”

Poi, si affacciò alla finestra e vide che era proprio lei, insieme a Nina: “Vedo che qualcuno ha portato i rinforzi. Peccato che…” ma fu interrotta all’istante da Jade, che, con la mano puntata verso di lei, la stava strangolando, per poi farla uscire dalla finestra e lasciarla soffocare a mezz’aria.

“Sono stanca delle tue battute arroganti! – esclamò - D’ora in poi dovrai parlare più in fretta, perché non ti darò nemmeno il tempo di finire. Sempre se ci sarà una prossima volta per te, ovviamente..” poi la lasciò andare e la donna cadde al suolo.

Quando si rimise in piedi, dolorante, era cieca per la rabbia: “Giuro che ti ammazzerò e godrò UN MONDO nel vederti morire lentamente!” urlò e allora fu il suo turno di strangolare e sollevare l’altra in aria.

Nina subito volle intromettersi, ma con l’altro braccio Heith la buttò contro uno steccato. Allora Jade, ci riprovò e la lotta continuò: nessuna delle due sembrava voler lasciare l’altra. Alla fine, le due si arresero insieme dopo diversi minuti e caddero subito al suolo. Quando si ripresero, nonostante il respiro affannato, Jade trovò la forza di parlare.

“Sappi che, quando ti avrò fatta sparire per sempre, farò in modo di cancellare la tua storia dalla faccia della terra! Chi vorrebbe ricordare una pazza invidiosa come te che per anni ha cercato di arrivare più in cima della prescelta senza mai riuscirci?”

Allora Heith, colma di rabbia, scagliò contro di lei una potente onda d’urto. L’altra, però, aveva i riflessi altrettanto pronti e fu ugualmente rapida nel scagliarne un’altra per contrattaccare. Nessuna riusciva a superare l’altra in quello scontro senza precedenti ed entrambe continuavano a rafforzare la propria onda d’urto.

Improvvisamente, però, le streghe, che stavano osservando la scena con il fiato sospeso, iniziarono ad accorgersi di non essere più collegate alla donna. Tamara, guardando il suo polso, fu la prima ad accorgersene.

“Il marchio sta scomparendo!” urlò, attirando l’attenzione delle altre.

A quel punto, Harmony spiegò loro la situazione: “Il virus che ho trasmesso a Tamara si è trasmesso anche a voi e ora siamo libere. Perciò presto, usciamo da questa casa, ok?”

Allora, tutte insieme corsero fuori, tranne una: Roma. Subito, ovviamente, la sua amica Klen se ne accorse.

“Ehi, cosa stai aspettando? Usciamo!”

“Il mio marchio c’è ancora. – spiegò quella, amareggiata - Io non faccio parte della vostra congrega!”

Klen la guardò, sconvolta, ma Tamara la tirò via poco dopo: “Andiamo, torneremo a salvarla!”

Sentendo le parole della leader, Roma si tranquillizzò leggermente, o, almeno, questo fece intuire a Klen.

“Andate, non mi succederà niente. Trovate un modo e tornate a salvarmi. Adesso vai, Klen! Forza!” e quella, benché triste per l’amica, si lasciò trascinare fuori.

 

Nel frattempo, il numero di streghe non più collegate ad Heith fece la differenza nello scontro in corso. Jade, infatti, stava guadagnando terreno ed Heith non riusciva più a reggere; alla fine, l’onda d’urto della ragazza ebbe la meglio e la donna fu letteralmente spazzata contro l’immensa abitazione, il cui tetto venne completamente distrutto.

Jade, non ancora soddisfatta, con il sangue che le colava dal naso, iniziò a gridare: “Vieni fuori, Heith! Ti stai nascondendo tra le macerie, per caso? Non ho ancora finito con te!”

Qualche minuto dopo, la strega uscì fuori, ferita e malconcia. Allora Nina, tornata al fianco di Jade, pronunciò uno dei suoi incantesimi.

Radiuses encombe trapes!” e dal terreno spuntarono fuori delle radici che bloccarono i polsi e le caviglie di Heith.

La donna, nonostante le condizioni in cui versava, scoppiò a ridere: “Di nuovo questa magia? Come sei noiosa! Ti piace forse il sadomaso?”

L’altra le sorrise, arrogante: “Sì, se si gioca a torturare te!” esclamò.

Intanto, Jade con il pensiero era riuscita a staccare delle assi appuntite dallo steccato, facendone poi fluttuare una davanti ad Heith.

“Potrei decapitarti, ma purtroppo non va più di moda da qualche secolo... Una pugnalata, invece, va sempre bene e tu sei un’esperta nel tirarne. O preferisci i proiettili, come quelli con cui hai colpito il mio amico? Insomma, qual è il tuo ultimo desiderio, stronza?!?”

Per qualche secondo, quella riuscì solo a sputare sangue, poi alzò lo sguardo e sorrise, per nulla intimidita: “Ma guardati, Jade: sei diventata un’assassina a sangue freddo anche quando è morto il tuo Samuel, oppure Zack ha scatenato in te molto di più? E’ parecchio cambiato rispetto allo sgorbio nerd che era un tempo. Ora è di gran lunga molto più affascinante, non trovi? – poi il suo sguardo si spostò rapidamente su Nina – Peccato, però, che ci sia un’altra donna di mezzo, adesso. Sempre che lui viva abbastanza per vedere voi stronzette prendervi a capelli per aggiudicarselo, ovviamente...”

La strega, ormai, era letteralmente fuori di sé: “Adesso, BASTAA!” urlò, per poi trafiggerla a morte con l’asse.

Poco lontano, le streghe la guardarono agghiacciate, prima che si voltasse verso di loro e i loro sguardi si riempissero di terrore puro.

“E voi venite con me adesso. Siamo stanchi di rincorrervi ovunque, intesi?”

Nessuna proferì parola. Jade era pronta per riportarle ad Alkaban, finalmente.

 

 

Morney Hill Hospital

 

 

Brenda, nel frattempo, era ancora in ospedale a far compagnia a Noa, che stava mangiando un budino al cioccolato, cercando di convincerla ad andarsene.

“Brenda, ora ho proprio bisogno che tu te ne vada. Sei stata qui per giorni…”

“A dire il vero sono soltanto due!” precisò lei, facendolo sbuffare.

“Ok, due, tre, quelli che sono! A me sono parsi mesi. Davvero, mi sento come Biancaneve, con la sola differenza che lei si è risvegliata con un bacio e in una teca di vetro!”

La ragazza scoppiò a ridere: “Biancaneve ha mangiato una mela avvelenata, non ha avuto un incidente. E poi, Wes non è ancora arrivato per darmi il cambio e nemmeno la Dottoressa è ancora arrivata…” continuò sbirciando il corridoio.

Noa, in risposta, roteò gli occhi: “Sta tranquilla, non mi succederà nulla. Sono in un ospedale, non in Hunger games! Sopravvivrò fino all’arrivo di Wes. Tu vai a casa, fatti una doccia - perché è disgustoso che una ragazza puzzi in questo modo - e recupera un pò di studio, ok?”

L’altra lo guardò, fingendosi confusa: “Studio...? Cos’è?”

“Già, non dirlo a me. In che semestre siamo, a proposito?”

Brenda sospirò: “Ok, ok, adesso, me ne vado. Il telefono è sul comodino, perciò chiamami se hai bisogno, d’accordo?”

Noa annuì, per poi sporgersi a scrutare il corridoio: “Va bene. Piuttosto, come mai è così tranquillo là fuori?”

“Beh, è ora di pranzo! Staranno sicuramente tutti mangiando, anche se di solito c’è ugualmente baccano.”

Sentendo le sue parole, lui tornò a rilassarsi: “Ok, io finisco il mio disgustoso budino al cioccolato, allora. Ciao!”

“Ciao, stupido!” lo salutò lei, dandogli un bacio sulla guancia.

Poi, uscì fuori e subito si accorse che il corridoio era davvero silenzioso. Non del tutto, ma sicuramente più del solito.

 

Scendendo le scale, però, incrociò la Dottoressa, alquanto agitata.

“Eccola, finalmente! – esclamò, vedendola - Ma dov’era finita? Il mio amico si è svegliato da ore!”

Lei, però, ignorò le sue domande. “Sta succedendo qualcosa di strano. La gente sta scomparendo!” spiegò, lasciando la ragazza perplessa.

“Di che diavolo sta parlando?”

Quella si guardò attorno, l’aria confusa: “Non ne ho idea, non so cosa stia accadendo, ma in ospedale non è rimasto quasi più nessuno!”

Brenda, allora, capì finalmente a cosa era dovuto tanto silenzio.

“Ok, adesso dobbiamo tornare subito a prendere il mio amico e dopo dovrà venire in un posto con me, d’accordo?”

“Quale posto?” chiese la donna, ma non ricevette risposta, perchè la ragazza la prese per un braccio, risalendo verso il piano di Noa.

“Non c’è tempo, le spiegherò strada facendo!”

 

Intanto, il ragazzo si era alzato dal letto e, trascinandosi dietro la flebo, era uscito in corridoio, rimanendo stupito di fronte alle stanze deserte.

“Heilà? C’è nessuno? – chiamò, trovando il tutto sempre più strano - Ma che diavolo...?”

In quel momento alle sue spalle arrivarono correndo Brenda e la Dottoressa, e l’amica fu felice di rivederlo sano e salvo.

“Grazie al cielo sei ancora qui!” esclamò, facendolo voltare.

“Cosa sta succedendo? Dove sono tutti quanti?”

“Non c’è tempo da perdere, dobbiamo andare subito ad Alkaban e portare con noi la Dottoressa!” spiegò Brenda, concitata, lasciandolo ancora più confuso.

“Portarla con noi ad Alkaban? Perchè?”

“Ah, già, non te l’ho detto: lei è un contenitore!” spiegò e Noa spostò incredulo lo sguardo sulla donna.

“Cosa?!?”

Quella più perplessa, però, era proprio la diretta interessata: “Sarei cosa? Di che cosa state parlando?” chiese, ma anche stavolta Brenda la prese subito per un braccio e la tirò via.

“Ooook, le spiegherò strada facendo!” le disse, iniziando a correre.

Ma quella, seccata, ribatté: “E’ la seconda volta che me lo dici!”

“Beh, probabilmente ci sarà anche una terza e una quarta volta, ma le assicuro che affronteremo l’argomento con calma.”

 

Improvvisamente, da un altro reparto spuntò fuori un uomo in vestaglia, che la Dottoressa riconobbe immediatamente.

“Signor Mahoney! – lo chiamò, per poi voltarsi verso gli altri due – E’ uno dei miei pazienti!” spiegò.

L’altro, a pochi passi da loro, si girò, spaventato: “Qualcosa di oscuro ha preso le persone che erano in stanza con me. – urlò - Ha preso le infermiere, TUTTI!”

Subito, la donna cercò di tranquillizzarlo: “Signor Mahoney, stia calmo! Non fa bene al suo cuore, agitarsi. Dovrebbe essere a letto, lo sa.”

In quel momento, una nube oscura spuntò sotto ai piedi dell’uomo e lo inglobò dentro di sé, mentre questi urlava terrorizzato, per poi tirarlo verso il basso e scomparire nel nulla. L’attimo dopo calò il silenzio e i tre, agghiacciati, si lanciarono sguardi a vicenda.

La Dottoressa era sicuramente quella messa peggio: “Ma cosa… cosa è successo? Cos’era quella cosa?” chiese, mentre Brenda cercava di far finta di nulla, come una svampita.

“Cos’è cosa?”

Noa le lanciò immediatamente un’occhiataccia, facendola tornare i sè: “Seriamente?”

“Ok, niente di buono. Dobbiamo andarcene da qui, prima che prenda anche noi!” spiegò e quella, senza fare domande, annuì, presa dal panico.

Allora i tre, insieme, iniziarono a correre per cercare di abbandonare l’ospedale.

 

 

Alkaban

 

 

Jade era riuscita a riportare sane e salve le streghe ad Alkaban e in quel momento stavano percorrendo i corridoi dell’edificio: loro tutte in gruppo, dietro, lei e Nina, invece, avanti. Le due camminavano di pari passo, serie e in silenzio, finchè Nina, quella che Heith aveva messo maggiormente a disagio, non si decise di parlare.

“E’ vero quello che ha detto Heith?” chiese e Jade, che dentro ribolliva ancora di rabbia, non capì cosa volesse dire.

“Su cosa?”

“Su Zack. Sul fatto che provi qualcosa per lui.”

“Heith direbbe qualunque cosa pur di farmi saltare i nervi. Ho da poco perso l’amore della mia vita, non avrebbe mai dovuto osare scherzarci sopra. E comunque non provo nulla per Zack.”

“Ah, bene, perché io l’ho baciato!” rivelò Nina a bruciapelo e Jade, dopo un attimo di sorpresa, tornò a riprendere le parole: “Non mi interessa! Ci conosciamo appena, non c’è bisogno che ti confidi con me.”

“Non mi sto confidando, voglio solo che tu lo sappia e basta!” ribatté l’altra, facendola fermare infastidita.

“Non mi sono spiegata, forse?”

Ma non ottenne risposta, perchè in quel momento incontrarono Dana e gli altri, che provenivano dalla direzione opposta.

“Jade!” chiamò la donna, attirando subito la sua attenzione.

“Avete trovato il modo di salvare Zack?” le chiese subito, ma quella abbassò lo sguardo, triste.

“Mi dispiace tesoro, ma non c’è molto da fare, se Xao non può guarirlo. Ibernandolo, hai fermato il suo destino, ma sappiamo entrambe che non può durare a lungo...”

Jade prese un respiro profondo, cercando di mandare giù quella terribile notizia. Quando si sentì più calma, si girò verso Nina.

“TU! – ordinò, arrogante - Adesso vieni con me nella stanza degli interrogatori e mi spieghi per filo e per segno tutta la storia, ok? Prima mandiamo via i disordini da questa fogna di città, prima potremo rivolgerci a qualcuno al di fuori di questa fottuta cupola per salvare il ragazzo di cui ti sei innamorata!”

Dana, poco lontana, rimase però colpita dal tono e dall’atteggiamento scontroso di sua nipote: “Jade? Che cosa ti prende?” le chiese.

“Mi prende che sono stanca, nonna! – ribatté l’altra, esausta e molto, molto suscettibile - Sono davvero, davvero stanca. E seccata. Sono stanca e seccata di condurre sempre il gioco senza mai arrivare ad una fine. Sono stanca di essere umiliata, di soffrire, di lottare, di tutto. Sono stanca di vedere i miei sogni distruggersi in mille pezzi, stanca di non avere una vita normale e di non aver dato nemmeno un inizio alla mia cavolo di esistenza, stanca di perdere ancora e ancora e di non poter essere amata, perché la persona che amo si trova in un mondo che non ho la possibilità di raggiungere nemmeno quando poso la testa sul cuscino, immaginando come sarebbe bello se bastasse chiudere gli occhi per essere lì. Voglio solo che tutto questo finisca e LEI – puntò il dito contro Nina - mi dirà come fare!”

La donna, commossa per il suo sfogo, non proferì parola. Poco dopo, furono raggiunti dai Consiglieri e da Jackson, che si affrettò a riabbracciare la sua amica.

“Sono contento di rivederti!” le disse, stringendola a sé.

“Anche io! Ho avuto tanta paura, stavolta…”

 

Intanto Jade si affrettò ad aggiornare gli altri due.

“Heith è morta, l’ho uccisa io. Ora, mentre io vado a parlare con Nina, voi vi assicurerete che le streghe non lascino questo posto nemmeno con l’immaginazione, è chiaro?”

“Non c’è neanche bisogno di dirlo, me ne occupo io! – la tranquillizzò Foxi, per poi rivolgersi al gruppo - Forza, seguitemi tutte quante!” ordinò ed Harmony fece un cenno alla sua leader, facendole capire che nessuno avrebbe fatto loro del male e che erano al sicuro.

Prima, però, c’era un’ultima cosa che Tamara doveva far sapere ai Consiglieri: “Nel bosco, ci sono ancora Barnès e i suoi demoni. – spiegò - Heith gli ha pietrificati, perciò, se qualcuno di voi sarebbe così gentile da recuperarli...”

Marcus annuì: “Certo, ci penserò io. Grazie per avercelo detto!” e tutti si misero in moto.

 

A quel punto, Jade fece segno a Nina: “Seguimi!” e quella eseguì subito, accomodandosi con lei alla stanza degli interrogatori.

Quando furono finalmente faccia a faccia, la strega parlò di nuovo: “Sono pronta ad ascoltarti. Non tralasciare nemmeno il più piccolo dettaglio, mi raccomando!”

 

Nel frattempo, a pochi chilometri di distanza, Brenda e Noa erano nella macchina della Dottoressa, in direzione di Alkaban e la ragazza continuava a guardarsi intorno, assai preoccupata.

“Ma dov’è finita la gente? – chiese - Non c’è anima viva in città! Cosa mi sono persa?!?”

L’amico, dal sedile posteriore, la sgridò: “Io ti avevo detto di andare a casa, ma tu sei voluta rimanere a tutti i costi a puzzare accanto a me!”

Subito, lei si voltò e gli lanciò un’occhiataccia: “Ok, basta con questa storia, adesso. Mi sono spruzzata un chilo di deodorante, prima di salire in macchina!”

Di fianco a loro, la Dottoressa, nervosa, cercava di concentrarsi sulla guida: “Dove devo andare adesso?” chiese.

“Ehm, giri a destra e continui finchè non vede un grosso edificio” rispose Noa, ma fu subito interrotto da Brenda.

“Lei non può vederlo!” gli ricordò e la donna, confusa, si intromise.

“Che cosa vuol dire che voi potete vederlo e io no?”

La ragazza si morse il labbro: “Ehm… glielo spiego strada facendo?” replicò, sarcastica.

“Seriamente, Brenda? Ancora? – commentò l’amico – E poi, perché tu hai avuto il tempo di spruzzarti del deodorante, ma io non mi sono potuto cambiare? Conciato così, sembro fuggito da un manicomio!”

“Perché spruzzarsi il deodorante richiede solo pochi secondi!”

“Infatti il suo effetto dura quanto il tempo che hai impiegato a spruzzartelo!”

Per gli altri due, fu abbastanza e la Dottoressa, esasperata, arrivò a fermare bruscamente la macchina.

“Adesso basta! – gridò - Mi volete dire che cavolo sta succedendo, invece di comportarvi come due adolescenti?”

In quel momento, però, la macchina iniziò ad arretrare, con le gomme che sgommavano sull’asfalto. Subito, i tre si voltarono e intravidero una persona che con un braccio teso la stava attirando a sé.

Ma Brenda, ancora una volta, prese in mano la situazione: “Scendete, presto!” ordinò e subito gli altri eseguirono.

“Alkaban è vicina, faremo la strada a piedi!” spiegò, iniziando a tirare via la Dottoressa.

La donna, però, continuava a voltarsi indietro: “Ma chi diavolo è quello?!? Giurerei di aver visto degli occhi completamente neri e poi sta trascinando via la mia auto!”

La ragazza, allora, capì che era arrivato il momento di iniziare a confessare la verità: “Quello è un disordinato, ovvero un essere umano posseduto da un potente male oscuro che sta gironzolando per la città” spiegò, lasciandola però ancora più confusa.

 

Tuttavia, non ebbero il tempo di dirsi altro, perchè arrivarono ad Alkaban e i cancelli si aprirono davanti a loro. Ad accoglierli trovarono Marcus, che stava lasciando l’edificio e Brenda pensò di avvertirlo immediatamente di cosa stava accadendo.

“Oh, Marcus, grazie al cielo ci hai aperto! Non hai idea di cosa sta accadendo! La gente sta scomparendo da Morney Hill: in ospedale un uomo è stato afferrato da un disordine, credo, ed è stato trascinato verso il basso. Letteralmente.”

“Verso il basso, hai detto? Perchè noi abbiamo riscontrato che i disordini, dopo la dipartita di John, si sono insediati nel sottosuolo e ora sono completamente fuori controllo.”

In quel momento, la ragazza si ricordò dei suoi genitori: “Oh mio Dio, la mia famiglia! – esclamò, agitata - Devo tornare in città e portarli qui!”

“Non preoccuparti, ti accompagno io. Hai dato loro la pozione immunitaria di Dana tempo fa, no? Vedrai che l’oscurità non li ha ancora presi.”

Lei annuì, per poi voltarsi verso Noa: “Porta la Dottoressa da Jade e dagli altri e spiega loro cosa sta accadendo in città, ok?” e subito quello eseguì, sotto lo sguardo confuso della donna.

Poco dopo, anche Brenda e Marcus si avviarono.

 

Nel frattempo, all’interno di Alkaban, Harmony non si sentiva di nuovo bene e ancora una volta stava iniziando a sudare freddo. Si trovava nella Sala del Consiglio insieme a Jackson, che notò subito che qualcosa non andava.

“Ehi, stai bene? Non hai un bell’aspetto!” le chiese, guardandola preoccupato mentre si massaggiava le tempie.

“Sento di nuovo quelle voci…” sussurrò.

“Quali voci?”

“Non lo so, quelle che chiedono aiuto. Continuamente. Sento che la testa potrebbe scoppiarmi da un momento all’altro...”

 

In quel momento, arrivò Noa e la situazione fu a tutti più chiara, perchè il ragazzo spiegò subito loro cosa stava accadendo.

Ebbe appena il tempo di finire, però, che Harmony si intromise nella conversazione: “Hai detto che la gente sta scomparendo, giusto? Che hai visto un uomo essere risucchiato dal sottosuolo?”

Quello annuì, così lei andò avanti: “Da ieri continuo a sentire delle voci di gente che soffre e chiede aiuto. Devono essere gli abitanti di Morney Hill che sono prigionieri del sottosuolo...”

“Che cosa sta succedendo? – chiese a quel punto il ragazzo, preoccupato - Perché i disordini li hanno presi?”

Fu Foxi a rispondere: “Forse si stanno preparando ad abbandonare la città e hanno bisogno di più potere per abbattere la cupola e diffondersi. – poi notò finalmente la presenza della donna, in piedi in un angolo della stanza – Lei, comunque, chi sarebbe?”

“E’ uno dei contenitori. Ora ce ne manca soltanto uno!”

 

 

Foresta, presso la zona Ovest della cupola

 

 

Roma vagava per la foresta, spostando le piante che trovava davanti a sé per cercare di aprirsi una strada. Non era sola, però.

“Non farò la differenza, lasciami andare. Per favore!” supplicò.

Davanti a lei c’era Heith, in carne e ossa.

“Meglio una strega in più che una in meno. Sei rimasta fregata, mi dispiace… – rispose la donna, concentrata sulla strada che stavano percorrendo – Ora che Jade e gli altri mi credono morta, avrò il tempo per riorganizzarmi. Per fortuna avevo deciso di sdoppiare il mio corpo, mentre ero sotto le macerie. Quella stronza mi ha uccisa davvero!”

L’altra, esausta, tacque per qualche secondo: “Dove stiamo andando?” chiese, cercando di riprendere fiato, notando che stava scrutando qualcosa in lontananza.

“Eccolo!” esclamò Heith, per poi avvicinarsi a qualcuno.

Si trattava di Bastian, il servitore del caos che aveva liberato Heith e le altre streghe dalla trappola Shomia e che subito dopo lei aveva pietrificato.

“Che cosa vorresti fare?” le chiese Roma, perplessa.

“Beh, le mie streghe della WitchHouse sono rimaste fuori dalla cupola e io sono alquanto disperata, al momento, perciò…” con un gesto della mano lo fece ritornare normale.

 

Poco dopo il ragazzo, ancora rigido a causa del maleficio subito, iniziò a guardarsi intorno, confuso.

“Cosa è successo? – chiese - Dove sono le altre streghe che erano qui con te fino a poco fa?”

“Beh, sono successe molte cose, mentre eri assente...”

“Assente?”

“Sei stato pietrificato da una strega che era con Terence. Sono spuntati fuori alle tue spalle. E, oltre a trasformarti in un blocco di pietra, hanno anche rubato le mie streghe.”

In disparte, Roma, che conosceva la verità, osservò Bastian grattarsi il capo, perplesso, ma non intervenì.

Finalmente, dopo attimi che parvero interminabili, il ragazzo si decise a parlare: “Non ricordo molto di quello che è accaduto, dev’essere successo tutto molto in fretta. Grazie per avermi salvato e stai pur certa che quei farabutti me la pagheranno!”

“CE la pagheranno! – lo corresse la donna – Solo se tu lo vorrai, ovviamente. A quanto pare, i nostri nemici, fanno parte dello stesso gruppo!”

“Mi stai proponendo un’alleanza, per caso?”

“Perché no? Immagina cosa potrebbero fare una strega potente come me e un servitore del caos come te, insieme. Terence e quella stronzetta avrebbero i minuti contati...”

Il ragazzo, all’idea, sorrise, tendendole la mano: “Che alleanza sia, allora!”

Heith, ricambiando il sorriso, gliela strinse: i due erano pronti ad ottenere la loro vendetta.

 

 

Casa Jenkins

 

 

Brenda irruppe in casa sua, preoccupata per i suoi genitori. Entrando in ogni stanza, gridava i loro nomi, invano.

“Mamma? Papà? Lizzie? Dove siete?” chiamò, ma nessuno le rispose: la casa sembrava vuota.

 

Improvvisamente, dal salotto udì Marcus fare il suo nome, così la raggiunse immediatamente.

“Che cosa sta succedendo?”

In risposta,  lui le mostrò un bicchiere rotto a terra e la tv accesa in un angolo.

“No, non può essere…” mormorò Brenda, in preda allo shock, incapace di credere a ciò che vedeva.

Subito, l’uomo si avvicinò a lei e la abbracciò, nel tentativo di consolarla: “Non li hai persi del tutto, ok? L’oscurità li ha presi, ma sono ancora vivi ed è questo che ti serve sapere. Jade dovrà solo vincere questa battaglia e poi finalmente torneranno tutti, compresi i tuoi genitori.”

La ragazza annuì, staccandosi poi da lui: “Grazie…” sussurrò.

I due continuarono a guardarsi, finchè lui non si avvicinò alla bocca di lei e la baciò, ricambiato. Quando si divisero nuovamente, si sentirono strani e a disagio e su di loro cadde per qualche secondo il silenzio.

“Devo compiere una missione, prima di fare ritorno ad Alkaban. Ti va di accompagnarmi?” propose Marcus, dopo un po’.

Brenda accennò un sorriso: “Volentieri…” e insieme lasciarono la casa.

 

 

Alkaban

 

 

Nina, intanto, si era decisa, finalmente, a raccontare a Jade tutto quello che c’era bisogno di sapere per risolvere una volta per tutte il loro problema e l’altra la ascoltava in silenzio, attenta, senza perdersi nemmeno una parola.

“La cassa che Brenda, Noa e Terence hanno ritrovato tempo fa rappresenta il fulcro della storia. Hanno dovuto risolvere un’immagine, che alla fine si è rivelata essere una donna. Quella donna si chiamava Arianrhod Brigid ed è morta nell’anno 1000 dopo aver dato alla luce tre bambini. Grazie a loro, salverete il mondo dai disordini una volta per tutte.”

Perplessa, la ragazza si sollevò leggermente dalla sedia, avvicinando il volto a lei: “Hai detto anno 1000? E’ lo stesso in cui è nato Deimos, il signore del caos, l’ho letto sul libro del Bene e del Male tempo fa. Quindi i figli di Arianrhod sono nati nel suo stesso periodo?”

“Certo! E’ tutto connesso: la soluzione ha viaggiato per secoli attraverso la mia stirpe, affinché arrivasse nelle mie mani e in quelle delle mie sorelle e fosse consegnata a voi per porre finalmente fine a tutto questo, una volta per tutte.”

 

CONTINUA NEL DICIOTTESIMO EPISODIO

Testo a cura di Lady Viviana.

ANGOLO AUTORE: Scusate per l'immenso ritardo. Se non trovate l'episodio di Lunedì, lo trovere sicuramente il giorno dopo o al massimo di Mercoledì. Non perdete il prossimo appuntamento con la 3x18 "Le storie del narratore" Lunedì 5 Ottobre. Manca sempre meno alla fine della terza stagione, che ricordo, terminerà il 19 Ottobre. Buona settimana stregata!

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Capitolo 18
*** 3x18-Le storie del narratore ***


CAPITOLO DICIOTTO

"Laughing Out Loud"

 

 

 

Nina continuò la sua storia e Jade andò avanti ad ascoltarla, perchè era davvero interessante.

“All’epoca, l’anno 1000 era temuto da tutti, come raccontano i diari delle tre streghe levatrici che aiutarono Arianrhod a partorire e che sono stati tramandati fino a noi di generazione in generazione. Nessuno sapeva cosa sarebbe successo e tutti pensarono che la fine del mondo fosse ormai prossima. Ma la verità era ben diversa: non sarebbe stata la fine, ma L’INIZIO della fine. Arianrhod, infatti, diede alla luce i suoi tre figli, un secondo dopo la mezzanotte del 1° Gennaio dell’anno 1000.”

“E’ la stessa data di nascita di Deimos, secondo il Libro! – commentò Jade, sorpresa - Quindi sono nati tutti e quattro nello stesso giorno!”

L’altra annuì: “Per la precisione, è nato colui che avrebbe determinato la fine e coloro che avrebbero determinato la SUA fine. Per questo si dice che, per ogni male, c’è sempre un rimedio.”

“Ma cosa avevano di speciale questi bambini?”

“Avevano la capacità di guardare nel futuro e di rappresentare tutto ciò che vedevano su un foglio bianco. I dipinti che avete ricevuto all’interno della cassa sono stati fatti proprio da loro, solo che non sono stati inseriti tutti, altrimenti avreste rischiato di alterare il corso degli eventi. Erano sufficienti, infatti, solo quelli che riguardavano le due precedenti profezie compiute da voi e il volto dei tre contenitori, affinché la vostra missione potesse iniziare e voi poteste credere in essa.”

“Perché farci cercare la cassa in un bosco, però? Non potevate lasciarcela davanti alla porta di casa? I miei amici hanno quasi rischiato la vita poco dopo averla recuperata!”

“Perchè non sapevamo nemmeno noi dov’era. E’ stata seppellita qui a Morney Hill secoli fa dalle sorelle levatrici, dopo che avevano compreso che le predizioni era vere e che vi sarebbero servite. Io e le mie sorelle, perciò, ci siamo limitate a fornirvi il cristallo che serviva per ritrovarla.”

Ma l’altra era scettica e faticava a crederle: “Come potevano dei bambini fare dei disegni così perfetti?”

“Non erano dei bambini comuni, bensì dei profeti che hanno predetto il più grande evento di tutti i tempi.”

“Quindi cosa dobbiamo fare esattamente dopo aver trovato tutti i contenitori?”

Nina, mortificata, distolse lo sguardo: “Purtroppo solo Laurel, mia sorella maggiore, conosce l’intero contenuto della lettera di istruzioni, che è stata incantata, affinché non avesse tutte le rispose in caso fosse finita nelle mani sbagliate. L’intero contenuto, però, può essere visto una sola volta, nel momento in cui tutto il materiale viene passato al trio di streghe successivo. Laurel, perciò, ha potuto vederlo quando nostra madre gliela ha consegnata. Successivamente, il contenuto è svanito, pronto a ricomparire man mano che vengono risolti i punti sulla lista.”

Jade sospirò, seccata: “E lei non vi ha accennato nulla su ciò che ha letto? Ma soprattutto dov’è, ora?”

“Mi dispiace, ma ha lasciato la città assieme all’altra mia sorella, dopo che la cupola è stata temporaneamente rimossa da Heith. Io purtroppo conosco solo la storia, non ciò che dovete fare...”

L’altra si alzò, furiosa per quello che le era appena stato rivelato: “Allora perché hai lasciato che ti portassi qui?!? Certo, è stata una storia interessante, ma questo come ci aiuta a procedere più velocemente?”

“Beh, so dove Laurel tiene il resto dei dipinti disegnati dai bambini.  Credimi, è come avere in mano un fumetto in cui la storia viene raccontata illustrazione dopo illustrazione. Piuttosto, sei sicura di voler vedere cosa accadrà da questo momento in poi? Alcune cose potrebbero spaventarti e cambiare le tue azioni future.”

“Sì, sono sicura! – rispose la ragazza, determinata - Non modificherò ciò che è già scritto, anche se dovesse spaventarmi.”

A quel punto, Nina si alzò, si avvicinò alla parete alle sue spalle e dalla borsa tirò fuori una boccetta di inchiostro. Vi intinse un dito e iniziò a disegnare: prima un simbolo Shomia, poi, intorno ad esso, un rettangolo. Come per magia, quel pezzo di parete si trasformò in una porta. Allora, la ragazza si voltò.

“Seguimi…” disse a Jade, per poi entrare, lasciandola indietro.

L’altra, sbalordita e allo stesso tempo curiosa, camminò lentamente fino alla porta e, sempre vigile, vi entrò anche lei. In un solo istante, lo scenario cambiò e si ritrovò in una soffitta illuminata dal sole calante, i cui raggi morenti passavano attraverso i vetri colorati delle finestre, illuminandola. Dopo qualche secondo, scorse Nina, in piedi davanti ad un quadro, che le sorrideva.

“Benvenuta a casa mia!”

Ma Jade era impaziente e non voleva perdere altro tempo prezioso: “Dove sono i dipinti?” chiese, dura.

“Eri molto più simpatica all’inizio, sai?” rispose l’altra, di nuovo seria.

“Il mio umore è parecchio altalenante. Abituati!”

Nina sbuffò, poi, senza aggiungere altro, rimosse un quadro dalla parete, rivelando una cassaforte nascosta e lasciando la strega letteralmente senza parole.

“Seriamente? Li ha messi in una cassaforte normale?!?”

“Voi esseri soprannaturali pensate sempre che le cose debbano essere messe in chissà quale nascondiglio super-magicamente-inviolabile. Ma a volte quelli più banali sono i migliori. Tu avresti mai pensato ad una cassaforte nel cercare dei dipinti secolari e profetici in cui sono raffigurate le sorti del mondo?”

Quella alzò gli occhi al soffitto e ci pensò su qualche istante: “In effetti, no! – esclamò, mentre quella digitava la combinazione sulla tastiera - Spero almeno che tua sorella non abbia modificato la password di recente con una complicatissima serie di cifre e lettere messe a casaccio!”

“Oh, andiamo, – replicò l’altra, senza nemmeno voltarsi - potresti staccare lo sportello di questa cassaforte con un semplice cenno della mano, se volessi! – poi si sentì un click e lo sportello si aprì – E comunque non l’ha cambiata: è sempre Desperate Housewives, la sua serie tv preferita.”

Jade, sotto shock, scosse la testa.

“Forza, passami quei dipinti! – le intimò, dopo essersi ripresa - Non posso credere che la riservatezza di tutto ciò dipendesse da una serie televisiva... Chi diavolo vi ha messo in mano il destino del mondo?”

“Abbiamo fatto sicuramente un lavoro migliore del vostro. Guarda quante cose sono successe mentre dovevate soltanto rintracciare i contenitori!” rispose quella, passandole i fogli.

La ragazza iniziò a sfogliargli subito con attenzione: “Touchè! – esclamò – Comunque, queste sono immagini di Deimos che dà origine al suo esercito di servitori del caos e inizia la sua opera di diffusione del male nel mondo.”

“Le sorelle levatrici rimasero impressionate dai disegni così perfetti fatti da quei tre bambini, ma non prestarono attenzione al contenuto. Solo diversi anni dopo, durante i quali fortunatamente avevano conservato tutto, si accorsero che si trattava di un’anticipazione del futuro. Più precisamente, accadde quando nacque l’impero di Deimos e le streghe del circolo divino e i demoni della triade oscura unirono le forze e crearono l’amuleto per consegnarlo alla prima generazione formata da un demone e una strega, affinché lo tramandassero fino a te per impedire il suo ritorno, dopo che Annabelle lo trasformò in una statua di pietra.”

Sempre più sbalordita, l’altra si rese conto, passando da un foglio all’altro, che le parole di Nina sembravano descrivere le immagini che aveva davanti.

“Oh mio Dio, avevi ragione: è come un fumetto! La consegna dell’amuleto ad Annabelle, Deimos che viene trasformato in pietra… qui ci sono praticamente secoli e secoli di storia. Della Storia!”

Nina annuì, per poi prendere un altro fascio di dipinti dalla cassaforte: “Lo so, ma non è il passato che ci interessa, adesso. Bensì il futuro, ciò che dobbiamo ancora vivere…” e glieli passò, con il fiato sospeso.

 

*

 

Nel frattempo, in città, Heith e il suo nuovo alleato, seguiti dalla succube Roma, stavano camminando per le strade, sorpresi dal silenzio assoluto che li circondava.

Bastian, incuriosito, cercò nell’altra una spiegazione: “Che cosa è successo? Perché non c’è più nessuno?”

“Quegli idioti devono aver fatto fuori John da quello che mi ha fatto intendere Jade e quel bastardo era l’unico a poterli controllare. Peggio per loro! Guarda quali sono le conseguenze.... Immagino che Jade si starà strappando i capelli, nel tentativo di capire come fermare anche questo disastro, oltre che un modo per tenere in vita il suo amico che... Diamine, che cosa sto dicendo? A quest’ora sarà già morto!” e scoppiò a ridere.

 

In quel momento, il ragazzo si bloccò, notando la presenza di un uomo che attraversava deciso la strada.

“Ehi, lì c’è qualcuno!” esclamò, indicandolo e quello, sentendolo, si voltò verso di loro con aria minacciosa.

Heith lo scrutò con attenzione, prima di parlare nuovamente: “I suoi occhi sono neri, perciò deduco sia uno dei cittadini infettato dai disordini. Dato che quelli sono rimasti, suppongo che l’oscurità si sia presa coloro che non sono stati ancora infettati.”

Quello, intanto, si stava avvicinando a loro con una palla di fuoco tra le mani. La donna, però, era troppo eccitata per prestargli attenzione.

“Oh mio Dio, – esclamò - mi è venuta un idea!”

Roma, però, non era altrettanto tranquilla: “Sta per lanciarcela!” urlò e l’altra, seccata, schioccò le dita, sempre indifferente.

Brucia!”  e subito quello prese fuoco e cadde al suolo.

“Stavo pensando: perché non controllarle noi, queste persone infettate? – continuò - Ognuno di loro ha un particolare potere, sai quante cose potremmo far fare loro contro le persone che tanto detestiamo?”

Bastian, però, era perplesso: “Ma hai detto che solo John può controllarle... Quello che hai appena infuocato stava quasi per aggredirci, perciò come pretendi di poterli controllare?”

“John ha fatto rinascere i disordini sotto una nuova forma, affinché potesse controllarli solo lui, ma ha pur sempre usato i residui dei vecchi disordini per farlo e quelli erano controllati dai servitori del caos, giusto?”

Quello annuì: “Quindi?”

“Posso fare un incantesimo che ci permetterà di controllare i cittadini rimasti, ma mi serve il tuo sangue.”

Il ragazzo, però, era ancora scettico: “Ok, ma non so quanto questa cosa possa funzionare, però...”

La donna, allora, tirò fuori una lama e gli fece un taglio sul palmo della mano.

“E’ evidente che non mi conosci abbastanza, o sapresti che con me tutto funziona! Piuttosto, ora mi serve un oggetto da unire al tuo sangue... – si guardò intorno e vide il pendente che Roma portava al collo – Quello può andar bene!” ma, quando provò a prenderlo, l’altra oppose resistenza.

“No, per favore... è un regalo che mi è stato fatto, ha un valore per me!”

Ma Heith, sempre indifferente, roteò gli occhi e agitò la mano: “Quante storie! Dammela subito! TE LO ORDINO!”

Quella, benché riluttante, se la tolse e gliela consegnò.

“Evviva, finalmente!” esultò la donna, per poi intingere il pendente nel sangue di Bastian e pronunciare finalmente la formula.

In assenza del padrone che le leggi ha modificato, tornino quelle che Deimos in principio ha creato. Che il sangue del caos riversato su questo pendente, possa controllare l’oscurità qui presente...

Improvvisamente, il pendente si illuminò di una luce bianca e intensissima, agitandosi tra le mani della strega e creando un sottile suono così acuto da costringere tutti a coprirsi le orecchie con le mani. Quando finì, Heith mise il pendente al collo di Bastian.

“Ora puoi controllare chi è stato infettato dai disordini e fargli fare tutto quello che vuoi. E ricordati: quando un disordine si lega ad una persona, i poteri che ne derivano sono sempre connessi al suo stile di vita. Vediamo chi riusciamo a trovare di interessante!” e i due, sorridendo malvagiamente, si rimisero in cammino, con la povera Roma dietro di loro.

 

 

Nei pressi dell’accampamento nella foresta presso la zona Est della cupola

 

 

Brenda e Marcus, giunti nella foresta, si tolsero le mani dalle orecchie in seguito ad un suono assordante, chiedendosi cosa stesse succedendo.

“Cosa diavolo è stato?!? Cos’era quel suono?” chiese lei.

“Non ne ho la minima idea... Troviamo le statue di pietra di Barnès e degli altri demoni e torniamo immediatamente ad Alkaban, ok? Soprattutto tu: devi bere il prima possibile la pozione immunitaria che ha preparato Dana. Ne abbiamo già dato una dose a tutti, prima che arrivassi da noi.”

Lei, però, si affrettò a tranquillizzarlo: “Non devi preoccuparti per me... se sono ancora qui, significa che sono troppo forte per l’oscurità che giace sotto ai nostri piedi.”

Lui le sorrise: “Già, sei molto forte!”

 

All’improvviso, alle loro spalle qualcuno applaudì e, quando si voltarono, videro che si trattava di Terence.

“Ci puoi scommettere che la mia Brenda è forte!” commentò e la ragazza notò le rughe oscure sul suo volto, la sua pessima cera e gli occhi vispi.

“Terence che cosa ci fai qui? – chiese, spaventata - E cosa ti è successo?”

Ma l’altro la guardava sorridendo, senza rispondere, così fu Marcus a farlo.

“Credo che i disordini lo stiano condizionando.”

“Pensavo che potessero impossessarsi solo degli esseri umani...” mormorò lei, sconvolta.

“Beh, sembra che qualcosa sia cambiato!”

A quel punto, l’uomo si decise a parlare: “Perché parlate tra di voi come se non ci fossi? Non sono una dannata opera d’arte!”

“Forse è meglio se torni ad Alkaban, Terence. Dana ha preparato un’altra pozione immunitaria e tu ne hai urgente bisogno…”

Improvvisamente, gli occhi dell’altro si riempirono di lacrime: “La mia vecchia Brenda non si comporterebbe così con me. In modo freddo e distaccato e con il terrore negli occhi. Ti ho davvero persa, allora...” mormorò.

Lei, però, lo guardò senza capire: “Ma di che cosa stai parlando? Stai delirando!”

Quello, però, continuò, la stessa espressione malata negli occhi: “L’hai baciato, vero? Vi ho visti, a casa tua…”

Brenda abbassò lo sguardo, mortificata: “Terence, io…”

L’uomo, però, spostò lo sguardo su Marcus, aggressivo: “Le hai messo gli occhi addosso dal primo momento. – urlò - Te ne pentirai!” e corse contro di lui, dando inizio ad una vera e propria lotta.

I due, infatti, rotolarono a terra, tirandosi pugni e calci e cercando addirittura di strangolarsi a vicenda.

Poco lontano, Brenda assisteva incredula alla scena: “Vi prego, basta! – gridava - Terence, fermati, lascialo stare! BASTA!”

Poi si avvicinò nel tentativo di separarli, ma venne spinta via, inciampò e sbatté la testa su una grossa pietra. A quel punto, i due si fermarono e la osservarono distesa a terra, immobile, con il sangue che fuoriusciva copioso dalla ferita. Marcus, però, fu l’unico ad avvicinarsi, mentre Terence riusciva soltanto a guardarla impietrito.

Sconvolto, l’uomo si accorse di non sentire il battito: “CHE COSA HAI FATTO? Che cosa hai fatto?!? E’ morta! – scoppiò a piangere, disperato – E’ morta!”

Proprio in quel momento, l’altro lo raggiunse, inginocchiandosi a terra: “No. No no no, non può essere… Brenda, no, ti prego... NOOOO!”

 

 

Casa di Nina, Caroline e Laurel

 

 

Jade continuò ad analizzare i dipinti finchè non ne trovò uno che raffigurava uno strano e oscuro posto.

“Cos’è questo? – chiese - Ci sono alcuni di noi in questo luogo fra cui mia nonna, oltre alle streghe e ai demoni.”

“Dev’essere quello in cui si compierà tutto. Si trova all’interno della caverna, ma io non sono mai arrivata fin lì, perchè Laurel non ci ha mai fatte entrare. Tramite i racconti trovati nei diari, infatti, ho scoperto che è stato progettato dalle sorelle levatrici dopo aver visto loro stesse farlo nei dipinti.”

La ragazza, allora, andrò avanti a scorrere i dipinti, finché non ne trovò uno che la lasciò totalmente senza parole. Nina capì e si avvicinò a lei, mettendole una mano sulla spalla.

“Stai bene?” chiese con un sussurro, notando i suoi occhi riempirsi di lacrime.

“Allora è così che finirà?”

“A quanto pare sì.”

Jade continuò a guardare quel dipinto, ma non lo commentò, limitandosi a fissarlo a lungo e lasciar andare la mente: raffigurava un momento drastico e cruciale, di cui forse non avrebbe fatto parola con nessuno fino alla fine della battaglia. Per questo, lo riconsegnò subito alla sua proprietaria.

“Rimettilo pure al suo posto, sotto ho trovato quello che ci serviva.”

“Quale?”

“Il terzo contenitore! – esclamò l’altra, sollevandolo – Ci siamo noi che lo incontriamo e so anche dov’è questo posto!”

Improvvisamente, i dipinti iniziarono a diventare tutti bianchi, allarmando Nina.

“Oh no, Laurel deve aver… – iniziò, per poi girare quello in cima alla pila e notare disegnato dietro un simbolo Shomia – Ha fatto un incatesimo! Mi sembrava strano che fosse così facile....”

Ma Jade la tranquillizzò subito: “Va bene così, l’importante è aver scoperto dov’è il terzo contenitore, no? La lettera di istruzioni ci porterà avanti e poi… forse è meglio così: vedere troppo il futuro potrebbe condizionarci.”

 

Poco dopo, Nina ripose tutti i dipinti, ormai bianchi, nella cassaforte. A quel punto, erano entrambe pronte per andare in cerca dell’ultimo contenitore.

“Sei sicura di stare bene? – chiese ancora una volta Nina a Jade - Io sarei devastata dopo aver visto una cosa del genere, perciò…”

Ma quella si sforzò di fare un sorriso: “Sto bene, non preoccuparti. Sto ancora cercando di capire cosa ho visto in quel disegno e cosa stesse accadendo e preferisco non pensarci finchè quel momento non arriverà, ok?”

L’altra annuì e insieme scesero le scale, lasciando l’abitazione.

 

*

 

Intanto, Heith e il suo nuovo alleato erano entrati in una caffetteria, al cui interno c’era solo un uomo, seduto al bancone e impegnato a scrivere sul suo portatile. Subito, la strega si avvicinò a lui e batté le mani, facendolo tornare bruscamente alla realtà. Quello, confuso, si voltò, per poi iniziare a guardarsi intorno.

“Ma-ma chi siete voi? E dove sono tutti quanti?” chiese, mentre la donna gli controllava gli occhi.

“Bene, niente occhi neri. – mormorò quella, rivolta a Bastian – Il mio incantesimo ha funzionato: ora puoi controllarli a tuo piacimento.”

In allarme, l’uomo si alzò di scatto: “Di che cosa state parlando?” domandò.

Ancora una volta, però, Heith eluse la sua domanda: “Sei uno scrittore, vero?”

L’altro annuì, facendola esultare.

“SI’, LO SAPEVO! C’è sempre uno scrittore, negli internet caffè. Sono come alveari, per voi!”

Proprio in quel momento, Bastian avanzò, mettendosi accanto a lei: “Qual è la prossima mossa?”

La donna sorrise, malvagia, quasi delusa da quella domanda: “Davvero? Seriamente non hai idea di cosa possiamo fare con uno scrittore posseduto dai disordini? Immagina i suoi poteri… Potremmo scrivere una fantastica storia da best-seller!”

Finalmente, il ragazzo capì, ricambiando il sorriso e lei poté evocare tra le mani un libro argenteo, che poi consegnò nelle mani dell’uomo. Quello lo guardò perplesso.

Le storie del narratore? Che cos’è? – lo aprì, incuriosito – Ma le pagine sono tutte bianche!”

“Certo, stiamo per scrivere insieme una storia! Ti va... – lesse il nome sull’etichetta della tracolla vicino alla sedia – ... Rider?”

Ma l’altro indietreggiò, spaventato: “Statemi lontano, – urlò - voi siete pazzi!”

Allora, Bastian toccò nuovamente il suo pendente, creando quel tipico stridio che, però, stavolta udì solo l’uomo: “Ma che diavolo...? Fatelo smettere!”

Heith, accanto a lui, ghignò: “Visto cosa succede se non collabori? Evidentemente non ti rendi ancora conto dei poteri che possiedi, dal momento che i disordini annebbiavano totalmente la tua mente. Grazie a noi, però, sei diventato più… cosciente! – poi il suo tono si fece crudele – Adesso siediti e apri quel libro!” ordinò e quello, senza discutere, eseguì.

Poi, Heith si avvicinò alle sue spalle e mise le mani sulle sue tempie, mostrando all’ uomo delle visioni.

“Queste sono le persone che saranno presenti nel libro – spiegò – e, dal momento che lo scrittore è onnisciente, tu ci dirai tutte le cose che non sappiamo su di loro, affinché ci venga in mente una trama assai avvincente, è chiaro?”

Quando tolse le mani, l’uomo sapeva ormai tutto sulle persone che aveva visto. Bastian, però, era impaziente.

“Parlami di Terence e dei suoi segreti. Per lui voglio creare una storia piena di dolore e sofferenza!” gli intimò, fra le risate della donna e lui iniziò subito a raccontare.

 

 

Alkaban

 

 

Dopo aver consegnato la Dottoressa, Noa si era avvicinato a Jackson.

“Scusa, per caso hai visto Wes? – gli chiese - Brenda mi aveva detto che era qui, ma mi avrebbe raggiunto in ospedale.”

“E’ andato via dopo che abbiamo sistemato il vaso di Pandora in un posto sicuro.”

Il ragazzo iniziò a preoccuparsi: “Sai dirmi da quanto tempo, per caso?”

“Da parecchie ore, a dire il vero.”

“Quindi era città…” mormorò Noa, sgranando gli occhi, proprio mentre li raggiungeva Dana con in mano delle fiale.

“Ragazzi, – disse loro, appena li vide -  sto distribuendo una versione più forte della pozione immunitaria. Bevetela, in modo che i disordini non prendano nessuno di noi, ok?”

Jackson la guardò perplesso: “Pensavo che i disordini catturassero solo gli esseri umani…”

“E’ una precauzione, Jackson. Se i disordini hanno svuotato Morney Hill, probabilmente passeranno a noi se gli esseri umani non basteranno a placare la loro sete di potere.”

I due annuirono e presero una fiala ciascuno, pronti a berla.

 

*

 

Nel frattempo, all’interno della caffetteria, il piano dei due malvagi stava per avere inizio. Heith, per una volta, era soddisfatta delle informazioni avute.

“Quante ne hanno passate i nostri cari amici... Mai quante ne passeranno ora nella loro nuova vita all’interno della nostra storia, però. Vero, Bastian?”

L’altro sorrise malvagiamente: “Ho grandi progetti per Terence…”

Lei annuì, per poi rivolgersi severa all’uomo: “Forza! Inizia a narrare!” gli ordinò e lui, non avendo altra scelta, sotto gli occhi impotenti di Roma, abbassò la testa su quell’enorme libro dalle pagine bianche.

 

«E coloro che rimasero in superficie, nella ormai deserta Morney Hll, eccetto quelli qui presenti, caddero in un improvviso sonno profondo…»

 

Mentre le parole uscivano dalla sua bocca, comparivano in tempo reale sulla prima pagina del libro, come scritte da una penna invisibile. L’uomo era sbalordito.

“Wow!” esclamò.

Al suo fianco, invece, Heith, vedendo con piacere che il loro piano aveva avuto finalmente inizio, evocò una sfera di cristallo, dirigendosi verso uno dei tavoli in fondo al locale. Subito, Bastian, a cui non era sfuggito il suo gesto, la seguì.

“Ehi, cosa vuoi fare con quella palla di vetro?”

“Vedere come si sviluppa la storia che stiamo creando, no?”

Lui sorrise, sedendosi di fronte a lei pronto per lo spettacolo.

 

*

 

Nello stesso momento, Jade e Nina stavano camminando lungo una strada, osservando attorno a loro i negozi deserti. Quest’ultima, però, era troppo impaziente e non riusciva a stare zitta.

“E’ ancora molto lontano, questo posto? Non sono mai venuta in questa zona della città.”

“No, siamo quasi arrivate.”

Improvvisamente, Nina si fermò, scrutando qualcuno all’interno di un locale: “Ehi, – esclamò, indicandolo – in quella caffetteria ci sono delle persone!”

A quel punto, anche Jade si fermò per vedere meglio: “Hai ragione! Pensavo fossero tutti spariti…”

In quel momento, una di loro, una donna, si voltò verso di loro, guardandole attraversò la vetrina e agitando la mano per salutarle. La ragazza aguzzò la vista e rimase letteralmente senza parole.

“Non è possibile, è Heith!”

“Ma l’abbiamo uccisa, l’hai trafitta con un’asse di legno!”

La strega lanciò alla donna uno sguardo di pura rabbia: “Deve averla scampata in qualche modo. Forse si trattava di un clone, non sarebbe la prima volta.”

“E cosa facciamo adesso, allora?”

Ma l’altra non rispose, perchè aveva appena notato la persona accanto a lei: “E quello chi è?” chiese.

Improvvisamente, però, Nina cadde al suolo, priva di sensi, allarmandola.

“Oh mio Dio, Nina! – si chinò e provò a scuoterla – Cosa ti prende?” ma non ebbe il tempo di dire altro che iniziò a vacillare come l’amica, fino a crollare accanto a lei.

Lentamente, l’effetto si diffuse nella città come un domino: nel bosco, anche Marcus e Terence si addormentarono, accanto al corpo senza vita della loro amata Brenda. Subito dopo, fu il turno di Alkaban, dove tutti si addormentarono uno dietro l’altro.

 

«Jade Alison, una giovane studentessa di 17 anni, si stava preparando come tutte le mattine per andare a scuola, ma quel giorno, mentre mangiava in fretta i suoi pancake, sua Nonna le consegnò un amuleto da mettere al collo. Dopo la morte dei suoi genitori, era andata a vivere con lei, Dana Ferguson, che, senza problemi, le aveva rivelato di essere una strega, ma Jade non aveva mai creduto a tutto questo e quella mattina fece altrettanto, mentre usciva di casa per prendere l’autobus. Non avrebbe mai immaginato cosa la attendeva, quel giorno. O meglio, chi. Un incontro che le avrebbe cambiato la vita per sempre…»

 

Erano le 17.23 alla Morney Hill High School e Jade era stata messa in punizione dal preside fino al tardo pomeriggio. Nella scuola c’era un tale silenzio, che si sentiva solo il rumore dei rubinetti che gocciolavano, rimbombando nella sua testa. Poi, si alzò, perché aveva sentito il cigolio di una porta poco lontano. Quando arrivò davanti allo sgabuzzino, non le sfuggì la chiazza di sangue che fuoriusciva da sotto, così la aprì, ignorando le mani che le tremavano: dentro c’era il corpo di un uomo, il professor Gregory.

La ragazza chiuse la porta e scappò, gridando, ma, mentre lasciava la scuola, si scontrò con un ragazzo.

“Sei tu!” le disse lui, spaventandola a morte.

Nonostante fosse un perfetto estraneo, però, lei decise di spiegargli cosa le era appena successo.

“Aiutami, ti prego, qualcuno ha assassinato il mio professore e oggi… oggi è stata una giornata davvero pazzesca. Nessuno si ricordava del professor Gregory tranne me, poi c’è mia nonna che dice di essere una strega e che l’amuleto che porto al collo è capace di proteggermi e…”

Ma l’altro la fermò prima che potesse proseguire: “Forse ti ha davvero protetta, visto che sei l’unica che non si è dimenticata del professor Gregory. Il male non è riuscito a corromperti.”

Le sue parole lasciarono Jade spiazzata e confusa: “Davvero? Non mi credi pazza, allora? Ma... ma chi sei?”

“Mi chiamo Zack Hunter e sono un demone, mandato qui da due angeli per cercarti e aiutarti a trovare la verità. Solo così potrò trovare anche la mia. Però, tu devi fidarti di me, adesso. Loro dicono che dobbiamo andare dove le lapidi sono più calde, hai idea di che cosa significhi?”

Jade trovò assurda ogni parola che pronunciò, ma poi l’ultima frase la convinse: “Hai detto dove le lapidi sono più calde? So dove andare!”

 

«Fu così che, dopo un violento scontro con il male, Jade e Zack raggiunsero il cimitero di Morney Hill, dove era sepolta la madre della ragazza. Lì, scoprirono l’esistenza del Libro del Bene e del Male e anche del loro destino: unire le forze per sconfiggere i malvagi servitori del caos.»

 

“Sconfiggere i malvagi servitori del caos? Seriamente?” chiese Bastian ad Heith, guardando la storia svolgersi all’interno della palla di vetro.

La donna roteò gli occhi: “Puoi non intrometterti nella mia trama? Non sono una tipa creativa, ok? Ho solo ripreso la storia originale e cambiato il protagonista maschile!”

Lui, stranito, le lanciò una lunga occhiata: “E questa ti sembra una vendetta? Jade e il suo demone che sconfiggono la mia specie? Stai dando un lieto fine alle persone sbagliate, nel caso non te ne rendessi conto!”

Lei sbuffò, seccata: “Senti, tu eri rinchiuso in un vaso, d’accordo? Non sai la storia di quella ragazza, ma, se la conoscessi, sapresti che le sto facendo qualcosa di estremamente crudele: cancellare per sempre il suo primo amore dalla sua storia e dai suoi ricordi. Come ti sentiresti tu, se qualcuno eliminasse dalla tua vita la persona a cui tieni di più al mondo?”

Finalmente, Bastian capì e i suoi occhi si illuminarono: “Davvero crudele…” mormorò.

Heith gli sorrise, eccitata: “Quando avrò finito con lei, desidererà non essere mai venuta al mondo. Il suo cuore patirà di una sofferenza eterna, impossibile da placare…”

Lui guardò la sfera di cristallo, ispirato dalla sua crudeltà: “Ora tocca a me far patire quella sofferenza eterna a Terence, però...”

 

«Lei aveva scoperto tutto su come aveva costretto il suo cuore a non provare più nulla per lui. Brenda non poteva più amarlo e questo distrusse il povero Terence, che stava solo cercando di proteggerla. Non sapeva, però, che aveva commesso un terribile errore: non solo la sua amata non lo amava più, ma voleva anche ucciderlo, spinta dalle parole persuasive di Marcus, l’uomo che ora le stava accanto. Per lui, infatti, Terence era una minaccia e temeva che potesse trovare un modo per riconquistarla.»

 

Brenda e Marcus, con addosso degli impermeabili neri, il tipico abito dei cacciatori di taglie, entrarono all’interno di una vecchia fabbrica abbandonata, dove Terence spesso trovava rifugio. Con in mano la sua inseparabile balestra, spostandosi di tanto in tanto un ciuffo viola dagli occhi, la ragazza teneva sott’occhio ogni angolo della struttura, in attesa di un movimento.

L’altro, però, non era altrettanto sicuro di trovarlo: “Sa che lo stiamo cercando, non tornerà mai qui. Perchè non consultiamo una strega per rintracciarlo, invece?”

Ma quella gli lanciò un’occhiataccia: “Ti riferisci a quella stronza di Jade, per caso? No, grazie. Preferisco trovarlo da sola, tesoro...” e concluse lanciandogli uno sguardo pieno di desiderio.

 

Heith commentò in tempo reale ciò che vedeva, ridendo di gusto.

Quella stronza di Jade. Bella questa! Quindi, nella tua realtà, Brenda e quella sciocca si odiano? – gli sorrise, quasi tenera – Non potevi farmi omaggio migliore...”

Lui ricambiò, iniziando per la prima volta a provare attrazione per lei e rimanendo fermo a fissarla mentre guardava eccitata la sua palla di vetro.

 

Marcus le sorrise: “Puoi farmi gli occhi dolci quanto vuoi, ma i servitori del Caos si infurieranno con noi, se non porteremo la testa di quel traditore al cospetto del grande Bastian, lo sai.”

 

Al cospetto del grande Bastian? Quindi i membri dei piani alti adesso lavorano per te assieme all’amica di Jade? Ti sei creato un bel lieto fine, vedo...” commentò Heith, interrompendolo.

“E’ la mia storia, no? Il mio nemico soffre e io vinco!”

“A me basta solo che Jade abbia quello che si merita. Non mi interessa essere la protagonista. Ho sempre puntato al suo ruolo per tutto questo tempo e ne sono stata invidiosa, ma mi ha portata soltanto a morire più di due volte e ad essere usata più e più volte da chiunque. Perciò, ora voglio solo vederla colare a picco, seduta tra il pubblico. E’ più divertente!”

 

Brenda, sicura di sé, ribadì: “Ti dico che è nascosto qui, nel suo rifugio, nella sua casa di ferraglia arrugginita e polvere. Se io fossi una fuggiasca, mi nasconderei a casa mia. E’ l’unico luogo dove tutti pensano che non tornerai mai, perché è il primo posto in cui ti cercherebbero. Perciò Terence, convinto che lo cercheremo altrove, si è rifugiato qui.”

Marcus la guardò incantato, follemente innamorato di lei: “Astuta, la mia Brenda!” esclamò, quando, improvvisamente, udirono un rumore.

Brenda vide muoversi qualcosa dietro ad un cumulo di scatole e scoccò una delle sue frecce, andando a segno. Poi, i due corsero subito a vedere cosa avevano catturato e, con loro grande soddisfazione, si accorsero che si trattava di Terence, la cui giacca era stata infilzata dalla freccia e appesa alla parete. Lei lo scrutò, cinica:“Finalmente ti abbiamo preso, sporco traditore!”

Sentendo la sua voce, Terence si voltò verso di lei, stupito di vederla: “Sei viva! – esclamò, guardandola confuso - Però... cosa ti è successo?”

Brenda rise: “Viva? Perché, dovrei essere morta, forse? Mi avrai anche tolto la capacità di amarti, ma non soffrirò mai fino a morirne solo perché ho un vuoto nel cuore che per me non ha alcun significato. – poi sorrise per un attimo a Marcus, concentrandosi su di lui – E comunque, ora ho lui a riempire quel vuoto!” concluse, lasciandolo spiazzato e senza parole.

“C’è qualcosa che non va... tu non mi parleresti mai così. Tu non sei così, VOI non siete così! E poi…  – si guardò attorno, perplesso – Eravamo nel bosco fino a poco fa e tu eri morta!”

Brenda e Marcus si lanciarono un lungo sguardo confuso: non avevano idea di cosa stesse dicendo.”

 

Heith, osservando quest’ultima scena, si rivolse urlando all’uomo a pochi tavoli di distanza.

“Ehi, come mai Terence si ricorda tutto? Mi sembrava ti avessimo spiegato chiaramente che nessuno doveva ricordare.”

Rider si voltò terrorizzato e abbassò lo sguardo: “Le chiedo scusa, è stata soltanto una svista. Sto manovrando due realtà e mi è difficile ricordare tutte le vostre richieste.”

Anche Bastian cercò di calmarla: “Dai, che ti importa? Io VOGLIO che Terence si ricordi tutto. Così è più divertente, no?”

“Divertente un corno. – replicò però lei, seccata - Se scoprono di essere intrappolati in una realtà che abbiamo creato noi, cercheranno di uscirne!”

 

Intanto, Roma, seduta accanto all’uomo, cercò di comunicare con lui senza farsi notare dai due, sussurrandogli poche parole direttamente nell’orecchio.

“Puoi fare delle modifiche, allora?”

Ma quello, che era timido e per nulla coraggioso, cercò di far finta di nulla: “Cosa? Dici a me?” chiese, senza staccare gli occhi dal foglio.

“Sì, dico a te, ma non farti notare mentre parli con me. – ribatté lei, decisa – Comunque, loro non hanno alcuna voce in capitolo sul libro, giusto? Ti stanno solo costringendo a scrivere ciò che vogliono.”

“Sì ed è quello che farò, o mi tortureranno con quello strano oggetto che ha il ragazzo al collo. Non hai idea di come ti entri in testa quel suono assordante!”

“Allora fai in modo che non lo faccia più, no? Sei tu il narratore, non puoi disarmarli o farli entrare nel libro?”

“Prima, quando quella donna mi ha mostrato tramite una visione tutte le persone che dovevo mettere nel libro, deve avermi fatto qualcosa. Deve aver preso qualche precauzione, perchè ho provato a scrivere qualcosa su di loro o a farli entrare nel libro, ma non ci sono riuscito.”

Roma sospirò, abbassando lo sguardo: “E immagino che non ti permetterà nemmeno di farli USCIRE dal libro, vero?”

Lui scosse la testa: “No, ci ho provato prima, credimi, ma non ha funzionato.”

 

La donna, però, non si arrese e si mise a riflettere in cerca di un’altra soluzione.

“Però non ti ha vietato di interagire con i personaggi della storia, no? Hai dimenticato di cancellare la memoria di Terence, quindi vuol dire che hai un certo potere su di loro. Certo, non puoi farli uscire dal libro, ma puoi fare in modo che vi escano da soli con un piccolo aiutino da parte tua, o sbaglio?”

Anche se, stranamente, a malincuore, l’altro era pronto a bocciare anche questa sua idea, rispose: “Se ne accorgerebbero... Quello che scrivo qui, loro lo vedono subito attraverso quella palla di vetro, perciò verrebbero qui immediatamente a torturarmi.”

“Non se i personaggi continuano questa recita. Cerchiamo di buttare qualche indizio qua e là, in modo da aiutarli ad uscire e a salvarci da quei due folli.”

L’uomo, però, era ancora titubante: “Ma come?”

“Sei tu lo scrittore, no? Vediamo quanto sei bravo a dare a questa storia il vero lieto fine che merita!”

Lui, allora, diede una rapida occhiata ai due malvagi, presi dalla palla di vetro, poi, con un ultimo sospiro, si convinse e si chinò concentrato sul libro. Era il turno della realtà in cui si trovava Jade, stavolta.

 

«Era arrivato il momento fatidico, quello in cui, attraverso il bacio della neutralità, stava finalmente per compiersi una profezia rivelata secoli prima, che avrebbe fermato per sempre il ritorno di Deimos. La giovane Jade Alison e il suo demone, Zack Hunter, erano pronti a porre finalmente fine a quella piaga durata ormai troppo tempo…»

 

Jade si era mossa e, finalmente, era riuscita a toccare la statua, resa invisibile per  ordine di Wolf.

“Eccola! – gridò, ridendo per la gioia - L'ho trovata, riesco a sentirla!”

“Bene! Posiziona l'amuleto, allora. Svelta!” la incitò Zack.

Ma Wolf, ripresosi dalla discussione, iniziò ad avanzare verso di lei, intenzionato a fare di tutto per fermarli: “Non ve lo permetterò!” urlò.

Non riuscì a fare neanche un passo, però, perchè Jackson, un valoroso guerriero che la coppia aveva reclutato nel corso del loro viaggio ed ex-fiamma di una famosa e bellissima attrice di Hollywood di nome Heith, si mise di fronte a lui, sbarrandogli la strada: “Prima di andare da loro, dovrai passare su di me!”

 

“Seriamente?”

Bastian non poteva credere alle proprie orecchie.

La donna, però, lo guardò storto: “Che c’è? Terence è nella tua storia, dovevo pur sostituirlo con qualcuno, dato che nella storia originale è lui a mettersi tra Wolf e quella ochetta bionda, no? E poi, fare l’attrice è sempre stato il mio sogno, perché non realizzarlo in una realtà alternativa?”

 

Infine, si voltò verso i ragazzi: “Presto! Fate quello che dovete fare!” gridò loro.

Mentre il malvagio servitore del caos e Jackson si scontravano, decisi a non lasciar vincere l’altro, Jade posizionò l’amuleto al collo della statua, per poi, sorridendo, avvicinarsi a Zack.

“Bene! Eccoci qua!”

Anche lui iniziò a ridacchiare come uno stupido a causa del nervosismo: “Eh, già! Non so tu, ma io ho aspettato questo momento, questo bacio, per tanto, troppo tempo...”

Lei lo guardò intensamente per qualche secondo, per poi appoggiare le mani sul petto di lui:  “All'inizio ti ho odiato, ma credimi, se ti dico che ora non posso stare più senza di te. Io ti amo, Zack Hunter...”

Lui le lanciò uno sguardo intenso, carico di tutti sentimenti che provava per lei, poi, finalmente, riuscì a pronunciare le parole che non aveva mai avuto il coraggio di dire.

“Anche io, ti amo, Jade Alison...”

E, mentre l’orologio del castello batteva dodici rintocchi, i due, finalmente, si baciarono.

 

Fu in quel punto, che Roma suggerì a Rider di fare delle modifiche.

“Fai in modo che quel bacio serva a riacquisire i ricordi e dopo passa nella realtà di Terence. Loro hanno una sola palla di vetro, perciò non possono tenerle d’occhio entrambe le dimensioni.” gli sussurrò e subito il narratore eseguì, con cautela.

 

«Quel bacio, però, aveva fatto molto di più che avverare una profezia. Aveva reso consapevoli i due del fatto che il loro amore non era vero e che ciò che stavano vivendo era tutta una messa in scena pianificata da Heith e da uno dei servitori del caos, sopravvissuto perchè rimasto a Morney Hill. Finalmente avevano recuperato tutti i loro ricordi, compresi quelli su Samuel, che Heith aveva cercato di sostituire...»

 

Quando i due si staccarono, trovarono strano quello che stava accadendo e Jade fu felice di avere il suo amico davanti a sé.

“Oh mio Dio, Zack, sei vivo!” esclamò e lo abbracciò, mentre lui si toccava il petto.

“Niente ferite da proiettile!”

In quel momento Jackson si avvicinò ai due: “Ma dove siamo?” le chiese.

“E’ il castello dei servitori del caos. – poi allungò lo sguardo sul corpo di Wolf, privo di vita – E quello è Wolf! Ok, è tutta opera di Heith e di un servitore del caos rimasto a Morney Hill!” concluse e Zack fece una faccia stranita.

“Sì, lo so, ma come facciamo a saperlo?”

“Non lo so, – rispose la ragazza, confusa – però lo sappiamo. Heith ha cercato di cancellare i miei momenti con Samuel, rimpiazzandolo con te!”

I due si guardarono, a disagio, per qualche secondo, finché Jackson non ruppe il silenzio.

“D’accordo, allora questa è una sorta di realtà alternativa creata da Heith per vendicarsi di te, giusto? Come ne usciamo, però?” chiese, ma gli altri continuarono a guardarsi con disappunto.

In quel momento, un foglio comparve tra le mani della strega, attirando la loro attenzione.

“Cos’è?” chiese Zack, vedendola leggerlo.

Jade, allora, spiegò loro la situazione, mentre le parole si scrivevano da sole sul foglio, come scritte da una mano invisibile.

“Ok, Heith e quell’altro tizio hanno usato un disordinato per spedirci qui, sfruttando la sua capacità di creare storie. E’ lui che mi sta scrivendo in questo momento ed è con Roma, una strega che Heith tiene ancora in pugno.”

“Come fanno a comunicare con noi, se Bonnie e Clayde sono con loro, però?” le chiese l’altro, perplesso.

“Dice che sono impegnati a guardare le nostre realtà in una sfera di cristallo come se fossero un film. Caspita, spero di vincere un Oscar, a questo punto! Dio, mi sembra di sentirli ridere ad alta voce di tutti noi, in questo momento...”

“Già, anche io. Comunque, davvero ci sono altre realtà oltre alla nostra?”

“A quanto pare, sì. Scrive che ce ne è una dedicata a me e una a Terence, perchè è noi due che odiano: Heith  per… beh, lo sai! E l’altro perché Terence da bambino l’ha rinchiuso assieme a tutti gli altri nel vaso di Pandora e bla bla bla...”

“Ha davvero scritto bla bla bla ?”

“Certo che no! Quello l’ho aggiunto io! Comunque, sta scrivendo ancora. Dice che, quando torneranno a guardare nella mia realtà, dovremo fingere di non aver scoperto nulla e comportarci come prima. – a quel punto sollevò il capo verso l’alto - Non puoi farci passare alla prossima scena? A casa mia, con la presenza di mia Nonna, magari?” gridò, senza tuttavia ricevere risposta.

Dopo pochi secondi, Zack si avvicinò a lei e richiamò la sua attenzione: “Jade, perché gridi al soffitto? Non stai mica parlando con Dio!”

“Beh, devi sapere che siano in un libro e sopra c’è la testa del narratore. Perciò, dove altro dovrei guardare se non in alto?”

“Non ha tutti i torti!” commentò Jackson, mentre sul foglio comparivano altre parole.

“Ok, ora Dice che, se ci fa passare alla prossima scena, Heith non dovrebbe accorgersene, perché, del resto, dopo aver compiuto la profezia è a casa di mia Nonna che sono andata.”

“Ma come fa a sapere tutte queste cose sul tuo passato?” le chiese l’altro, confuso, e lei e Zack, stavolta, risposero nello stesso istante.

“I narratori sono onniscienti!”  esclamarono, per poi guardarsi e sorridersi, imbarazzati.

Poi, di colpo si cambiò scenario e Jade si ritrovò all’interno di casa sua, da sola.

Intanto, Heith e Bastian erano ancora impegnati a guardare nella realtà di Terence, dove per lui le cose si stavano mettendo male.

 

“Come ha detto che glielo dobbiamo portare, il grande Bastian? Vivo o morto?” chiese Brenda a Marcus, mentre premeva con aggressività la freccia che aveva appena conficcato nell’addome di Terence. L’uomo era a terra, sudato e straziato dal dolore.

“Brenda, perché mi stai facendo questo?” le chiese, sussurrando.

“Perché sono gli ordini, tesoro!” gli rispose lei, tranquilla, continuando a premere e facendolo urlare per il dolore.

 

Subito dopo, i due lo condussero al castello, dove lo rinchiusero nelle segrete assieme ad altri poveri prigionieri, intenzionati a lasciarlo lì a marcire, ferito. In fin di vita, stremato, riuscì tuttavia a notare che nelle celle di fianco alla sua vi erano alcune presenze famigliari: Harmony, Foxi, e Zeta.

“Ah, siete voi... – sorrise - Dobbiamo trovare il modo di andarcene da qui!”

La giovane strega lo guardò come se fosse impazzito: “Stai scherzando?!? Nessuno evade dal castello del grande Bastian, è impossibile! Comunque, tu chi sei? Spero almeno tu sia più socievole degli altri. – tutti quelli nelle altre celle la guardarono storto – Non mi parlano e se ne stanno sempre sulle loro con quei musi lunghi.”

Terence, però, non riusciva a credere a ciò che gli stava accadendo: “Ma che diavolo sta succedendo?!? Cosa vi sta prendendo? Noi ci conosciamo!”

“Di che stai parlando? Ok, forse quella ferita è più seria di quanto credessi, visto che sta vaneggiando...”

Allora l’uomo chinò la testa e si arrese, rimanendo accasciato a terra a guardare il soffitto sopra di sé.

“E’ un incubo… – mormorò, chiudendo gli occhi – Ti, prego, svegliati. Svegliati, Terence, svegliati…”

 

Heith sbuffò, seccata: “Ok, mi sto annoiando, possiamo tornare a guardare cosa sta facendo Jade?”

Bastian, però, non era d’accordo: “Ma no, proprio sul più bello? Stiamo per passare alla scena in cui verrà giustiziato per il suo tradimento!”

Intanto, Roma, che stava ascoltando la conversazione fra i due, si girò allarmata verso il narratore: “Oh no, stanno per tornare a guardare Jade. Devi avvertirla, o Heith si accorgerà che hanno recuperato la memoria!” e quello annuì, tornando a concentrarsi sul libro.

 

Jade, nel frattempo, girovagava per casa sua, in cerca di aiuto.

“Nonna? – chiamava - Sei qui? Nonna?” e, finalmente, la vide scendere dal piano di sopra.

Subito le corse incontro e la abbracciò: “Oh, Nonna, sono così felice di vederti... – mormorò, staccandosi da lei - Ricordi tutto, vero?”

L’altra annuì: “Si, mi ricordo.”

“Ok, perchè ero con Zack e Jackson e abbiamo scoperto di…”

Ma sua nonna non la lasciò continuare: “... Heith! Sì, lo so. Cioè, non so come, ma lo so!”

“Lo sai grazie al narratore, un disordinato che ha il potere di creare realtà alternative e che al momento è manovrato da Heith e da un servitore del caos sopravvissuto. E’ stato lui a metterti queste informazioni nella testa.”

La donna annuì, convinta: “Dove sono ora Jackson e Zack?”

“Beh, Zack in questa realtà ha preso il posto di Samuel, quindi deduco che sia ai piani alti, pronto per essere giudicato dal Consiglio. Mentre Jackson, che ha preso il posto di Terence, dovrebbe essere sull’isola per incontrare John e consegnarli il cigno d’argento.”

“Quindi ci troviamo nel periodo che viene dopo la prima profezia, giusto?”

“Esatto! E non dobbiamo perdere altro tempo, perchè potrei saltare alla prossima scena da un momento all’altro. Il narratore sta facendo tutto il possibile per darci un minimo di vantaggio, ma prima o poi succederà. Piuttosto, tu hai qualche idea su come uscire da qui?”

Dana sospirò, riflettendoci su con attenzione: “Allora, vediamo… Heith deve aver usato una magia molto potente per non permettere a questo narratore di farci uscire da qui, perciò, se tentassimo un incantesimo, dovremmo essere almeno tre streghe a pronunciarlo...”

Mentre parlavano, però, il foglio con cui il narratore comunicava con Jade scomparve e la ragazza intuì subito che erano nuovamente sorvegliati, così continuò con la recita di poco prima, abbracciando sua nonna.

“Nonna, mi manca così tanto! – finse di piangere – Cosa gli faranno?”

Quella, ovviamente, capì immediatamente e stette al gioco: “Non lo so, bambina, mia. Non lo so...” e la accarezzò, quando, all’improvviso, lo scenario cambiò di nuovo.

 

Poco dopo, Jade si ritrovò distesa sulla passerella di un molo, con lo sguardo rivolto verso il cielo stellato. Il foglio le comparve nuovamente fra le mani, facendole capire che non era più osservata. Subito, si sollevò, ritrovando alle sue spalle Jackson, Nina e Noa.Li fissò per qualche secondo, prima di parlare.

“Ok, in questa realtà Jackson sostituisce Terence, Nina sostituisce Faith e Noa, presumo, Brenda.”

La ragazza la guardò, confusa: “Chi è questa Faith?” chiese.

“Una strega che era con me su questo molo insieme a Brenda e Terence nella storia originale. Io ero in una sorta di stato catatonico per via del parassita e Samuel era andato sull’isola per compiere la profezia.”

“Quindi Zack è su quest’isola?” domandò Jackson, ma non ricevette risposta, perchè improvvisamente la ragazza ricevette dal narratore un messaggio che non la lasciò indifferente.

“Oh mio Dio!” esclamò, attirando la loro attenzione.

“Che c’è?”

“Il narratore mi ha appena scritto che chi muore nel libro, lo resterà anche quando usciremo da qui!”

“E chi sta morendo di noi?”

“Zack! In questo momento sta per incastrare la spada nel cigno, esattamente come fece Samuel. A quanto pare Heith non solo vuole cancellare Samuel dai miei ricordi, ma vuole anche farmi soffrire nuovamente per un amore irreale.”

Nel sentire le sue parole, Nina si agitò, preoccupata: “Oh mio Dio, allora è vivo! Dobbiamo salvarlo. Subito! Ma come...?”

A quel punto, Jade iniziò a sentirsi sotto pressione: “Accidenti, ero con mia Nonna poco fa, ma quella stronza deve aver detto al narratore di farci andare più avanti con la storia!”

“Quindi?”

“Prima di arrivare qui, mia nonna mi stava dicendo che dobbiamo essere almeno tre streghe per tentare un incantesimo di fuga. In questo momento, lei dovrebbe essere sull’isola, perciò, se la raggiungiamo…”

L’altra la guardò, confusa: “Aspetta, stai includendo anche me nel gruppo, per caso?”

“Mi dispiace... So perfettamente che tu e le tue sorelle fate uso di un altro tipo di magia, ma…”

Ma Nina, decisa, non la lasciò nemmeno finire: “Sì, d’accordo! – esclamò - Facciamolo!”

La sua reazione lasciò la strega molto sorpresa: “Sicura?”

“Mi sono già macchiata dopo che Heith ha sparato a Zack. La mia magia latente, quella che io e le mie sorelle abbiamo sepolto dentro di noi e giurato di non usare mai, perché così avevano fatto tutte le nostre antenate, è venuta fuori, perciò… d’accordo, sarò io la terza strega che pronuncerà con voi quell’incantesimo!”

“Ok, allora prendiamo una di queste barche e facciamo in fretta. Non vedo disordini in cielo a circondare l’isola, perciò Zack non ha ancora incastrato la spada.”

E subito i tre corsero verso una delle barche, pronti a raggiungere la fatidica isola in una vera e propria corsa contro il tempo.

 

Intanto, Zack era arrivato alle porte del santuario e vi era entrato, scorgendo il cigno su un piedistallo di pietra. Poi, era rimasto lì impalato per qualche secondo, spostando infine lo sguardo sulla lama della spada che aveva in mano. Subito, sentì che doveva farlo, doveva incastrarla nel cigno. Era una forza che non riusciva a contrastare, forse perché in quella realtà era destino che dovesse morire. Un destino che Heith aveva deciso per lui.

 

*

 

Contemporaneamente, nell’altra realtà, Terence si trovava nella Sala Grande del castello dei servitori del Caos sopra il patibolo che era stato allestito appositamente per lui e, accanto, il boia, pronto a decapitarlo. La stanza era piena di servitori e altri fedeli, entusiasti ed eccitati all’idea di assistere alla sua fine. Brenda e Marcus erano fra loro, in piedi in prima fila, sorridenti e cinici. Piuttosto che guardarli un secondo di più, Terence decise di chiudere gli occhi e aspettare così la sua fine. Era la scelta migliore dal momento che aveva perso per sempre la sua amata…

 

 

CONTINUA NEL DICIANNOVESIMO EPISODIO

Testo a cura di Lady Viviana.

ANGOLO AUTORE: Questo era il terzultimo appuntamento con la terza stagione, sempre più vicina alla fine. La prossima settimana ci sarà un doppio appuntamento con la 3x19 "Riemerge l'oscurità" Lunedì  12 ottobre e la 3x20 Martedì 13 Ottobre. Buona settimana stregata!

 

 

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Capitolo 19
*** 3x19-Riemerge l'oscurità ***


CAPITOLO DICIANNOVE

"The Darkest Hour"

 

 

 

Jade e i suoi compagni erano appena approdati sull’isola e la strega continuava ad alzare gli occhi al cielo, sapendo di essere ancora in tempo.

“I disordini non sono ancora arrivati, forse ce la possiamo fare!” esclamò, mentre spostavano le piante per farsi strada nella foresta.

“Nessun forse, ce la faremo a salvarlo!” replicò Nina.

Intanto, Jackson pensò: “Probabilmente anche Terence è in pericolo, nella sua realtà...”

Fortunatamente, riuscirono ad avanzare abbastanza rapidamente.

“Quando avremo trovato mia nonna e pronunciato l’incantesimo, sarà salvo anche lui. Tutti saremo salvi!” commentò Jade, poco prima di scorgere l’ingresso del santuario.

Noa rimase senza parole di fronte alla quantità di gradini che lo separavano dalla vetta: “Sono l’unico a pensare che non arriveremo mai in tempo?” chiese, ma non ricevette risposta, perché le due ragazze stavano già scalandoli a gran velocità.

 

Heith, però, si stava annoiando, così decise di vedere come proseguiva la sua storia.

“Ok, adesso tocca a me. Zack sta per morire e io non voglio perdermi la devastazione negli occhi di Jade!” Bastian, al suo fianco, sbuffò, impegnato com’era a guardare nella palla di vetro l’esecuzione di Terence: “Adesso? – chiese - Proprio sul più bello?”

“Il boia farà rotolare la testa di quell’idiota nella cesta. Dove sarebbe il colpo di scena?”

Lui si limitò a sfoderare il suo solito ghigno: “Non ne sarei così sicuro... Sta a vedere!”

 

«Il boia aveva ormai sollevato l’ascia, pronto a dare all’uomo il colpo di grazia, quando venne fermato…»

 

“No, aspetta, fermati!” lo ammonì qualcuno: era Brenda, che poi si mosse per raggiungere l’uomo sul patibolo.

Nel vederla, Terence riaprì gli occhi, sorpreso.

“Non devi ucciderlo. – disse la ragazza, prendendo l’ascia fra le mani – Lo farò io!” e la folla esultò, sostenendola nel suo gesto.

Per Terence non c’erano più speranze, ormai, così l’uomo si rassegnò a quel crudele destino. Perché essere uccisi dalla propria amata ERA un crudele destino. Così richiuse gli occhi, declamando le sue ultime volontà.

“Fai in fretta, ti prego...” chiese.

Quella rispose, fra le urla dei presenti: “Ci metterò lo stesso tempo che hai impiegato tu per spezzarmi il cuore: un attimo!” ribatté.

“Non so che cosa ti sia accaduto o dove diavolo siamo finiti, ma io volevo soltanto proteggerti, non certo spezzarti il cuore. Credi forse che mi faccia piacere vederti tra le sue braccia?”

Brenda, però, rispose alle sue parole cinica e piena di rabbia: “Non mi interessa più quello che credi!” e alzò l’ascia, pronta a lasciarla andar via.

“Ti amo…” sussurrò lui.

 

“Ammettiamolo, la mia storia è migliore della tua!” esclamò Bastian, eccitato per l’epilogo, ma l’altra,nel sentirlo, sbuffò, seccata.

“A dir la verità non mi interessa, voglio soltanto vedere il mio, di epilogo. Spero che quella stronzetta di Brenda faccia in fretta, perchè la sta tirando troppo per le lunghe e io vorrei cambiare canale!”

 

Nel frattempo, Jade e il suo gruppo arrivarono in cima e subito trovarono, nei pressi dell’entrata del santuario, la signora Ferguson. Ovviamente, la ragazza fu felice di vederla.

“Oh mio Dio, Nonna, che bello rivederti! – esclamò - Sono contenta che questo punto della storia sia rimasto uguale…”

Noa, poco lontano, la guardò confuso: “Che cosa vorresti dire?”

“Terence, cioè Jackson, in questa realtà, si sarebbe dovuto trovare dentro il santuario per porre fine alla vita di suo padre.”

Il diretto interessato era sempre più perplesso: “Ma io sono qui, però!” ribatté, spostando lo sguardo fra i presenti.

“Evidentemente Heith non ricorda tutti i particolari di quella notte e ha saltato qualcosa. Per fortuna, però, mia Nonna è qui, esattamente dove doveva essere.”

 

Intanto, mentre parlavano, Nina si era avvicinata silenziosamente alle porte del santuario e aveva provato ad aprirle.

“Accidenti, sono chiuse!” esclamò, attirando l’attenzione del gruppo.

Jade, allora, si avvicinò e cercò di forzarle insieme a lei. Poi, decise di rivolgersi direttamente a Zack, che immaginava fosse all’interno.

“Zack, non incastrare la spada, aspetta!” gli ordinò.

Poco dopo, Dana le raggiunse: “Dobbiamo fare l’incantesimo. – spiegò – E’ inutile fermarlo, perchè non può. Le porte chiuse sono segno che la storia deve compiersi con il suo sacrificio.”

La ragazza, allora, si girò verso Nina: “Sei pronta?” le chiese, decisa.

“Sì, sono pronta, ma useremo un mio incantesimo. Quando la magia latente di una strega Shomia viene risvegliata, inizialmente è molto potente.”

Le altre due annuirono.

“D’accordo, ci serve tutto il potere possibile per uscire da qui!” disse l’anziana donna.

 

Improvvisamente, sentirono dei tuoni e, alzando gli occhi al cielo, videro che l’arrivo dei disordini era imminente. Subito, Jade si allarmò.

“Oh no, Zack deve aver incastrato la spada. Quando i disordini lo attraverseranno, sarà la fine per lui!” spiegò, concitata.

Nina si unì a lei in quella corsa contro il tempo: “Presto, le mani!” ordinò loro e subito quelle eseguirono.

“Ora ripetete insieme a me per tre volte:“Uscites das nuestra realtea tanas liberos tuae quelle ripeterono, ancora e ancora, mentre Zack, dal lucernario, osservava i disordini volteggiare sopra il santuario, pronti a scendere verso di lui. Brenda, invece, stava per decapitare il povero Terence.

Finalmente, dopo aver ripetuto la formula per l’ultima volta, tutto divenne bianco.

 

Heith si sollevò dallo schienale della sedia, osservando meglio la sua palla di vetro, che non mostrava più nulla.

“Ma che diavolo è successo?” chiese, ma l’altro era perplesso quanto lei.

“Che cosa hai fatto?” le domandò lui, in risposta.

“Niente, non ho fatto niente! – rispose, per poi voltarsi verso il narratore e Roma e chiamarli – VOI! Che cosa avete combinato?” e si alzò furiosa.

“Noi non abbiamo fatto proprio niente!” replicò Roma, mentre nel narratore si faceva largo il terrore puro.

“Già, niente!” confermò lui, mentre la strega avanzava a passi lenti attraverso la stanza, cinica e arrogante come sempre, evocando una sfera di fuoco fra le mani.

“Pensate che sia stupida, o cosa?” sibilò, facendoli indietreggiare lentamente per la paura.

In quel momento, però, una moto piombò nel locale rompendo la vetrina, ma fermando la sua avanzata. Quando la donna guardò fuori, vide Jade che la salutava dalla strada.

“Ti è piaciuto il finale? – le chiese la ragazza - Fortuna che non ho una buona mira con le moto, anche se è stato abbastanza per attirare la tua attenzione.”

L’altra sorrise, cinica: “Bene, Jade, vedo che alla fine te la sei cavata anche in questa situazione. Peccato che io, invece, non mi arrenderò mai e stai pur certa che, se sei sopravvissuta a questo, non è detto che sarà così anche con quello che ho ancora in serbo per te!”

Ma la ragazza non parve per nulla intimidita dalle sue parole: “E’ tutto inutile, lo sai, vero? Non mi batterai mai, soprattutto ora che hai perso tutte le streghe che controllavi qui a Morney Hill e che ti rendevano più forte, anzi… come me!”

Heith divenne rossa per la rabbia: “Ti pentirai di aver detto queste parole!” urlò, ritirandosi proprio nel momento in cui il narratore usciva dal locale.

Solo che quando si accorse di non avere Roma alle spalle, però, si voltò: “Tu non vieni?” le chiese, ma quella scosse la testa, dispiaciuta.

“Non posso…” mormorò.

“Tu vieni con noi. ADESSO! Pagherai per aver rovinato la mia storia!”

Poi, con Roma e Bastian svanì in una nube bianca, davanti agli occhi attoniti del narratore. Quello, triste per la sua amica, lasciò il locale, trovandosi subito faccia a faccia con Jade.

“Tu devi essere il narratore!” lo chiamò e lui rispose con un sorriso.

“E tu devi essere Jade… Scusa ancora per quello che ti ho fatto.”

“Perché dovresti scusarti? Mi hai aiutata! E poi, eri manovrato da quei due, non avevi scelta.”

“Aspettate un secondo! – li interruppe Nina, alquanto perplessa - I disordinati non sono in balia dei disordini? Com’è che tu sembri normale?”

“Già, ottima domanda!” confermò Jade, guardandolo in attesa di una risposta.

“Roma mi ha spiegato che il servitore del caos porta al collo un pendente che gli permette di controllare quelli come me. Glielo ha fatto quella donna, Heith.”

“E quello serve a rendervi innocui, mantenendo ugualmente le vostre abilità, giusto?”

“Fantastico, ci aizzato contro un narratore, cosa sarà il prossimo?” commentò Nina, cinica.

“Non c’è tempo per pensare ai casting soprannaturali di Heith con i disordinati rimasti in città, dobbiamo cercare l’ultimo contenit…” disse Jade, prima di bloccarsi, vedendo una scia luminosa attraversare l’incrocio a poca distanza.

“Oh mio Dio, quello l’ho già visto!” esclamò, attirando l’attenzione degli altri due. Quando quelli si voltarono, però, non videro nulla.

“Visto cosa?” chiesero, ma la ragazza si era già messa a correre.

“Una scia, come di qualcuno in grado correre molto, molto veloce. Mi ha aiutata a tornare nel presente, quando sono finita nel futuro.”

I due cercarono subito di raggiungerla.

“Ma dobbiamo trovare l’ultimo contenitore!” le urlò Nina, faticando a starla dietro.

“Forse sarà quella scia a portarci da lui, seguiamolo!” replicò l’altra e così fecero, senza obiettare.

 

 

Nei pressi dell’accampamento nella foresta, nella zona Est della cupola

 

 

Brenda si risvegliò miracolosamente, suscitando sollievo nei due uomini che si erano alzati prima di lei. Marcus non poté contenere la sua gioia, esattamente come Terence, ma, a differenza di quest’ultimo, riuscì anche a parlare.

“Brenda, sei viva! – esclamò - Non sai quanto ne sono felice!”

Ma lei, che non era altrettanto entusiasta, non sollevò lo sguardo, alzandosi da terra. Poi, finalmente riuscì ad alzarlo, guardando Terence negli occhi.

“Come hai potuto farmi una cosa del genere? – gli chiese - Sentivo che qualcosa non andava, in me, ma pensavo fosse stata Heith a procurarmi quel vuoto nel cuore che non riuscivo a spiegarmi e che mi faceva stare male. Invece… invece sei stato tu! Hai bevuto una pozione in modo che io non potessi più amarti e spezzare il tuo legame con me, vero?”

Lui distolse lo sguardo, mortificato: “Cercavo solo di proteggerti. Non volevo che ti accadesse qualcosa per colpa mia…”

Brenda rimase sconcertata da quella rivelazione: “Accidenti, che uomo maturo che sei, Terence! Soprattutto per aver fatto tutto questo alle mie spalle. Cosa credi, che non sapessi a cosa andavo incontro quando la signora Ferguson ci ha collegati? Sapevo perfettamente quali erano le condizioni e MAI mi sarei tirata indietro, qualunque cosa fosse accaduta. – poi scosse la testa, delusa e amareggiata – Terence, non sono più una ragazzina a cui sta bene tutto quello che gli altri scelgono per lei. Sono un adulta che fa delle scelte in cui crede veramente e, soprattutto, che non si tira indietro di fronte alle conseguenze. Io ti amo, anzi... ti amavo! Ora, però, non crollare pentito per quello che hai scelto per entrambi, perché ormai non puoi più tornare indietro e riparare a quello che hai distrutto per sempre...” concluse, pronta ad andarsene.

A quel punto Marcus, rimasto in silenzio, si avvicinò a lei: “Ti accompagno ad Alkaban” le propose, ma quella si scansò.

“Se non ti dispiace, preferisco andarci da sola. Cosa vuoi che mi accada in una città deserta?” replicò, per poi andarsene, lasciando i due uomini da soli.

Terence, in particolare, rimase seduto con la schiena contro un albero, in collera con se stesso per aver sbagliato tutto.

 

 

Alkaban

 

Anche ad Alkaban tutti si erano risvegliati ed erano finalmente usciti da quella realtà. Subito, Noa decise di voler abbandonare l’edificio per andare in cerca di Wes, ma Dana provò altrettanto rapidamente a impedirglielo.

“Ehi, dove credi di andare?” gli urlò, ma quello continuò ad allontanarsi, rispondendole senza nemmeno voltarsi.

“Vado a cercare Wes!” le spiegò.

“Sei appena uscito dal coma dopo due giorni. Non è prudente!”

“Beh, in The Walking Dead Rick Grimes ha affrontato un esercito di zombie, dopo essersi risvegliato dal coma, perciò sopravvivrò!”

 

In quel momento furono raggiunti anche da Jackson ed Harmony.

“Bene, siamo tornati tutti!” esclamò, ma Dana gli lasciò a malapena il tempo di finire la frase.

“Fermalo!” gli ordinò, indicando il ragazzo.

Il demone, però, la guardò confuso: “Perché, Signora Ferguson?” le chiese, mentre eseguiva l’ordine.

“Vuole andare a cercare Wes!” spiegò la donna, osservando Noa cercando invano di divincolarsi.

Jackson, intanto, guardava perplesso il ragazzo, trattenendolo a stento: “Ehi, amico, sei impazzito? – gli chiese - Fuori è pericoloso!”

“Non mi interessa, io non abbandono Wes! Probabilmente è intrappolato da qualche parte e non può raggiungerci...”

“Intrappolato nel sottosuolo, vorresti dire...” commentò Dana, ma quello si rifiutò di crederle.

“Ha bevuto parecchia pozione immunitaria prima di andarsene da qui. Me l’avete detto voi! Se Brenda, che è un essere umano, è sopravvissuta, allora anche Wes, no?”

Con un sospiro, la donna si arrese di fronte alla sua ostinazione e si voltò verso Jackson: “Accompagnalo, con te avrà più possibilità di tornare qui vivo.”

Quello ebbe appena il tempo di annuire, che Harmony si intromise fra loro: “Vado anche io con loro!” esclamò, attirando l’attenzione dell’amico.

“Sei sicura? – chiese - Heith potrebbe catturarti di nuovo.”

“Sono sicura, – replicò quella, decisa - quella stronza non riuscirà a prendermi di nuovo! E poi, se Noa non abbandona Wes, allora io non abbandonerò te!”

Allora, finalmente tutti d’accordo, i tre lasciarono l’edificio.

 

 

Casa di riposo St. Montgomery House

 

 

Jade, Nina e Rider arrivarono correndo nei pressi di una casa di riposo e la strega non poté credere ai suoi occhi, perchè la conosceva.

“Non ricordo mai qual è la strada per arrivare qui. Questa zona di Morney Hill ha un intreccio di strade che sembra un labirinto…”

“Ma dov’è finita quella scia? – chiese Nina, affannata - E’ velocissima!”

L’altra le sorrise, osservando l’edificio di fronte a lei: “Ovunque sia, ci ha fatto arrivare qui. A farmi ricordare la strada giusta.”

“Questo posto ha un significato particolare per te?” le domandò Raider, incuriosito.

La ragazza annuì, lo sguardo perso e gli occhi lucidi: “Quando sono andata a vivere con mia nonna, lei mi ha fatto fare praticamente un tour della città. Ma non dei posti più esclusivi, solo di quelli che raccontavano la storia dei miei genitori. In particolare, qui è dove lavorava mia madre. Era talmente premurosa, disponibile e solare che, quando è morta, questo posto ha preso il suo cognome. Nessuno si occupava di quelle persone come lei. Era speciale per tutti coloro che l’hanno conosciuta...”

A quel punto, Nina lo osservò meglio, rimanendo letteralmente senza parole: “Oh mio Dio, Jade, è lo stesso posto in cui siamo raffigurate nel dipinto! Quello in cui incontravamo il terzo contenitore.”

“Già, le coincidenze non finiscono mai” confermò l’altra, aguzzando la vista.

 

Improvvisamente, un uomo uscì dalla casa di riposo e, quando vide i tre fuori dal cancello, quasi inciampò per la sorpresa.

“Allora c’è ancora qualcuno!” esclamò, correndo verso di loro.

“Vi prego, dovete aiutarmi, non riesco a trovare mia moglie e mio figlio! – continuò – Sono appena tornato da un viaggio di lavoro e non erano a casa, così sono venuto qui perché solitamente vengono a trovare mia madre, ma non c’erano. Non c’è nessuno. Che cosa diavolo sta succedendo?!?”

Dopo essersi scambiata un’occhiata con gli altri, Jade decise di prendere la parola: “Ok, si calmi adesso, d’accordo? Prima di tutto, come si chiama?”

Quello, benché ancora molto nervoso, cercò di tranquillizzarsi: “Mi chiamo George. George Wilson.”

“D’accordo George, mi stia bene a sentire, allora, ok? So che le sembrerà strano, ma in questo momento la sua famiglia, come l’intera città, ha bisogno di aiuto. Un aiuto che... – poi si ricordò improvvisamente di una cosa che lui aveva detto poco prima – Aspetti, ha detto di aver fatto un viaggio di lavoro? Fuori da Morney Hill?”

“Evidentemente i contenitori non sono soggetti alla magia, Jade. – le suggerì Nina, accanto a lei - Mi sembra di averlo letto nei diari delle sorelle levatrici.”

L’uomo le guardò, confuso: “Sì, sono partito il 23 novembre e sono rientrato oggi. Comunque, di che diavolo state parlando? Contenitori, magia… non riesco a seguirvi!”

Ma la strega era perplessa quanto lui: “23 novembre? Non può essere partito il 23 novembre, se oggi è il 18. Forse si sta confondendo...?”

“Oggi è il 18 gennaio. Siete per caso evasi da un manicomio?” ribatté George, guardandole stranita.

A quel punto, Jade prese il telefono e guardò la data sullo schermo, rimanendo letteralmente sotto shock: “Ok, da dove cavolo è saltato fuori questo salto temporale di tre mesi?” chiese, più a se stessa che agli altri.

Nina, invece, cercò subito di trovare una spiegazione: “E se dipendesse dal fatto che siamo finiti tutti in una realtà alternativa? Magari qui il tempo è andato avanti, mentre noi eravamo rinchiusi lì.”

“Non mi è parso sia passato tutto questo tempo e io non ero nel libro, perciò posso confermarlo.” si intromise Raider.

“Ok, i disordini hanno sempre degli effetti collaterali, magari creare una realtà alternativa ha assorbito il tempo qui a Morney Hill... – provò ancora Jade, attirando le occhiate confuse di tutte - Non so se mi sono spiegata bene...”

Improvvisamente, però, l’uomo perse la pazienza e uscì dal cancello, diretto verso la sua macchina: “Voi siete pazzi e io devo trovare la mia famiglia!” esclamò, subito inseguito dal gruppo.

“So che sembra tutto così assurdo, ma deve fidarsi di me e seguirmi. La prego... – lo supplicò la ragazza, invano, prima di decidere di giocare la sua ultima carta -  So dov’è la sua famiglia!” urlò, facendolo finalmente fermare accanto alla portiera aperta, con uno sguardo poco amichevole.

“Non prendermi in giro, ragazzina! Non sulla mia famiglia.”

“La prego, mi segua e le spiegherò ogni cosa. Le giuro che non è uno scherzo. Per favore...”

Lui, però, non ebbe il tempo di rispondere, perchè una scossa di terremoto investì la città. Fu così forte che a stento riuscirono a mantenere l’equilibrio.

George era semplicemente sconvolto: “Che diavolo sta succedendo?!?” urlò, prima che cessasse tutto. A quel punto, calò uno strano silenzio, finché, in lontananza, non videro qualcosa avvicinarsi sempre di più. Rider fu il primo a prendere la parola, mentre tutti gli altri cercavano di aguzzare la vista per capire di cosa si trattava.

“Sbaglio, o quelle sono persone?” chiese, in cerca di una conferma.

“Un esercito di persone” aggiunse Nina, ma Jade fu più precisa.

“Un esercito di disordinati!”

Mentre quelli occupavano tutta la strada, la strega non perse tempo: “Presto, dentro la casa di riposo. FORZA!” ordinò al gruppo, ma, se Nina e Rider obbedirono subito, George rimase fermo in mezzo alla strada a fissare la scena. La ragazza, allora, lo prese per un braccio.

“La prego, signor Wilson, venga con noi, se vuole rivedere la sua famiglia. Qui fuori è pericoloso, mi creda!” e quello, senza parole per ciò che stava accadendo, la seguì senza obiettare.

 

 

Nei pressi della casa di Wes

 

 

Noa camminava davanti ai suoi compagni attraverso il quartiere in cui abitava Wes. Era deciso a ritrovarlo.

“Ok, abita qui” disse, indicando una casa precisa.

Intanto, Harmony si guardò intorno, chiudendo il giaccone per la sensazione di freddo che aveva addosso: “Questo scenario mi mette i brividi...” sussurrò pochi attimi che la scossa di terremoto investisse anche loro.

 

Quando finì, Jackson si guardò attorno, vigile.

“Cosa è stato?” chiese.

Noa si voltò verso di lui: “Hanno detto che sotto di noi ci sono i disordini, no? Forse sono irrequie… – ma si bloccò prima di finire, vedendo una folla di persone all’ingresso del quartiere  – Oh mio Dio!” esclamò, attirando l’attenzione degli altri.

“Cosa? Che c’è?” chiesero, per poi seguire il suo sguardo e capire.

Harmony subito si spaventò: “Ma... ma sono i cittadini di Morney Hill?!?”

Il demone, più pronto, li spinse immediatamente verso la casa: “Sì, ma hanno qualcosa di strano... Avete notato il fumo nero ai loro piedi?”

Stranamente, Noa, trovò la porta aperta: “Come non notarla, si muove assieme a loro... Presto, entrate!” esclamò, chiudendo immediatamente la porta dietro di loro.

Jackson, però, non si sentiva ancora tranquillo: “Credo che chiudere la porta non sarà sufficiente. – disse loro, guardandosi intorno, per poi chiedere l’aiuto del ragazzo – Presto, aiutami a trascinare qui quel mobile, ok? Dobbiamo bloccare la porta!”

Harmony, invece, era sempre più nervosa: “Ok, ora mi sto seriamente spaventando...” sussurrò.

 

*

 

Intanto, Brenda, camminava per le strade della città deserta, diretta ad Alkaban. Quando avvertì la scossa di terremoto, si fermò, con il fiato sospeso. Poi guardò davanti a sé e rimase letteralmente senza parole per ciò che aveva di fronte.

“Oh mio Dio…” mormorò, per poi iniziare a correre verso la direzione da cui era arrivata, cercando di non essere raggiunta dai disordinati riemersi dal sottosuolo.

 

Improvvisamente, una scia luminosa le venne incontro, fermandosi proprio a pochi passi da lei: si trattava di un ragazzo, che guardò sorpreso la folla.

“Accidenti, sono ovunque!” esclamò, mentre la ragazza lo guardava spiazzata.

“Ehm… ciao?”

In quel momento, lui si accorse di lei e le rivolse un ampio sorriso: “Oh, ciao! Scusa, ma sei decisamente passata in secondo piano con quella folla laggiù che avanza minacciosa verso di noi...”

In risposta, la ragazza gli lanciò un’occhiata confusa: “Ma chi diavolo sei?” chiese.

“Sono Dustin Laughlin. E tu?”

“Brenda Jenkins. Comunque, non capisco... cosa saresti tu esattamente?”

“Non ne ho la più pallida idea, corro solo molto veloce!” replicò il ragazzo con disappunto, mentre la folla si avvicinava sempre di più.

“Dobbiamo andare!” le intimò, prendendola per un braccio, senza darle nemmeno il tempo di reagire, e correndo via come un fulmine.

 

 

Casa della Confraternita, ex sede delle streghe

 

 

Heith e Bastian erano davanti alla casa della confraternita e osservavano dubbiosi i disordinati avvicinarsi sempre di più a loro. Bastian aveva in mano il pendente e sembrava alquanto preoccupato.

“Sei sicura che riuscirò a controllare anche tutti loro?” chiese.

“Provaci, l’ho incantato a questo scopo!” ribatté lei.

Lui, allora, non perse altro tempo e lo fece vibrare. Il pendente subito si illuminò di una luce bianca, creando di nuovo quel suono assordante che solo i disordinati potevano udire. Stranamente, però, la folla non ne risentì, anzi, respinse immediatamente quel potere che cercava di controllarli e Bastian fu letteralmente scagliato a terra assieme al pendente. Heith si avvicinò subito a lui per aiutarlo a risollevarsi.

“A quanto pare i nostri amici sembrano più forti di quanto pensassi...” commentò.

“Ma cosa è successo? – le chiese l’altro, spiazzato, alzandosi da terra - Perché non riesco a controllarli come con il narratore?”

“Evidentemente, quella che abbiamo davanti è oscurità pura, una tale concentrazione di potere che nemmeno il pendente che ho incantato può scalfire.”

“Allora come rimontiamo in sella? Voglio vendicarmi di Terence!” ribatté lui, determinato.

Heith ci pensò su qualche secondo, prima di rispondere: “Aspiri solo alla vendetta? Andiamo, ancora non ti sei reso conto che quegli idioti la faranno sempre franca, qualunque cosa noi facciamo?”

“Eri così anche tu fino a mezz’ora fa, o sbaglio?”

“Beh, ci ho riflettuto e ho scoperto che la vendetta non è poi così gratificante, dal momento che non sono mai riuscita a metterla in pratica nemmeno una volta in tutta la mia penosa vita. Perciò, perché aspirare alla vendetta, quando puoi ambire al potere? Sono stata dietro a quella stronza per anni e per cosa? Per morire due volte, cercando di vendicarmi di lei? NO! Adesso basta! Che sia lei a venirmi dietro per fermarmi!” concluse.

“Cos’hai in mente?”

“Mesi fa ho assorbito il potere di un potente libro che apparteneva ai prescelti. E’ così che ho potuto controllare tutte quelle streghe e sviluppare grandi poteri. In realtà, però, si è trattato soltanto di una parte di esso e quel che rimane ora è chiuso all’interno di una clessidra nel mio ufficio a Brunswick, dove si trova la sede della mia accademia.”

Bastian sbuffò, seccato: “Sei davvero un genio, allora. Peccato che Brunswick si trovi fuori dalla cupola! E poi, a che ti servirebbe quel potere?”

“A rendere più potente il pendente e controllare totalmente i disordini, no?”

“Niente male come piano, ma, come ti ho già ricordato, Brunswick si trova fuori dalla cupola.”

La donna gli sorrise, un leggero ghigno dipinto sulle labbra: “Come si vede che mi conosci poco, Bastian... Io sono strega dalle mille risorse, sai?” e rientrò nella casa, lasciandolo a crogiolarsi nel mistero.

Poco dopo, però, il ragazzo la inseguì dentro, raggiungendola proprio mentre entrava nell’enorme soggiorno, il capo rivolto verso il soffitto: vi era attaccata la povera Roma, con braccia e gambe divaricate e numerose ferite dalle quali colava sul pavimento del sangue.

Heith la guardò ancora per qualche secondo, prima di parlare con il suo consueto tono arrogante: “Beh, direi che la mia punizione può bastare, anche se avrei dovuto ucciderti per aver aiutato il narratore ad annullare la mia realtà alternativa, facendomi umiliare nuovamente da quella stronzetta.”

Poi, con la forza della mente la fece lentamente scendere, mettendola in piedi davanti a sé e sorriderle.

“In questo momento, però, mi sento magnanime... – scoppiò a ridere – Ma chi voglio prendere in giro? Tu mi servi per ottenere quello che voglio! Heith non risparmia la vita a nessuno, se non le serve qualcosa...” e le mise le mani sulle tempie, facendola agitare e urlare.

“Ti prego, lasciami stare... – la supplicò - Che cosa vorresti farmi?”

Anche Bastian, appoggiato allo stipite della porta, non riuscì a nascondere la sua curiosità e si intromise: “Già, che cosa vorresti fare?”

“Fare un giro nella sua testa, no? Più precisamente, in un suo ricordo: quello di quando si trovava nel mio ufficio a Brunswick. Mi infiltrerò in quel ricordo e assorbirò tutto il potere che ho conservato nella clessidra. – poi si rivolse nuovamente a Roma, cinica – Sarà molto reale, tesoro, perciò farà parecchio male...”

Il secondo seguente era già dentro la sua testa, mentre la strega gridava per il dolore.

 

 

Casa di riposo St. Montgomery House

 

 

Alla casa di riposo, Jade e gli altri avevano sbarrato la porta d’ingresso, ma sembrò non essere sufficiente perchè improvvisamente le finestre esplosero e le mani dei disordinati cercarono subito di penetrare all’interno. Nina, spaventata, iniziò a gridare.

“Che cosa facciamo adesso? Stanno entrando!”

Jade, allora, decise di prendere in mano la situazione: “Presto, saliamo al piano di sopra, forse ho un piano!” ordinò loro.

In quel momento, però, due disordinati riuscirono ad entrare dalla finestra. I loro occhi erano neri, con ramificazioni oscure lungo il viso.

“Ma cosa diavolo sono?” urlò George, in presa al terrore.

La strega, allora, riuscì a buttarne fuori uno con la telecinesi, ma, quando tentò di fare lo stesso con l’altro, il suo potere parve indebolito e quello riuscì a resistere, spiazzandola.

“Ok, piano B! – prese una sedia a rotelle che si trovava accanto a loro e la tirò verso il disordinato – Saliamo, correte!” e gli altri tre non se lo fecero ripete due volte e la seguirono immediatamente.

Arrivati al primo piano, spostarono ogni mobile che trovavano verso l’ingresso delle scale, ma Nina era perplessa, così come Rider.

“Sarebbe questo il piano B? Una sedia a rotelle buttata contro il nemico e noi che ci barrichiamo con qualche mobile messo uno sopra l’altro?”

“No. Il piano B sei tu! Puoi portarci ad Alkaban con uno dei tuoi simboli Shomia? Insomma, ci hai portate a casa tua da lì, puoi fare anche il contrario, no?”

L’altra aprì la borsetta e controllò qualcosa, prima di rispondere: “Beh, ho ancora un po’ di inchiostro, quindi sì!”

“Bene, allora fa presto prima che quei mostri ci raggiungano, ok? Il contenitore deve arrivare sano e salvo ad Alkaban.”

Nina, allora, annuì, facendo cenno a Rider di avvicinarsi insieme a lei a una parete. Intanto, mentre teneva d’occhio l’ingresso, Jade vide George seduto a terra con le mani tra i capelli e volle andare da lui per dirgli qualche parola.

“Ascolta, George, so che tutto questo ti sembrerà assurdo e surreale, ma sta accadendo veramente e devi fidarti di me. Ti spiegherò ogni cosa e ti prometto che presto riabbraccerai la tua famiglia, d’accordo?”

Lui alzò la testa, serio: “Me lo sentivo che sarebbe accaduto qualcosa di brutto. L’ho sentito dentro di me…” mormorò, colpendo profondamente l’altra con le sue parole.

 

 

Nella foresta

 

 

Marcus e Terence stavano camminando lungo lo stesso sentiero, ma su lati opposti, distanti e taciturni. Il consigliere, però, ad un certo punto, decise di rivolgergli la parola.

“Grazie per avermi accompagnato a recuperare le statue dei demoni... – gli disse, stringendo forte le piccole statuette che aveva fra le mani - Fortuna che Dana mi ha dato questa pozione per rimpicciolirle, o non sarei mai riuscito a portarle tutte e tre da solo...”

“Volevo solo assicurarmi che non le rompessi, visto che servono per dare a Brenda e gli altri la possibilità di una vita senza disordini.”

Marcus annuì, distratto da qualcos’altro.

“Strano, non riesco a teletrasportarmi... – mormorò, perplesso - E’ come se i miei poteri si fossero indeboliti…”

Terence, non notando alcun cambiamento in se stesso, lo guardò altrettanto confuso: “I miei poteri sono a posto.”

“Beh, forse perché il tuo essere è collegato ai disordini. Qualcosa mi dice che sono diventati talmente forti da interferire con i miei poteri... – a quel punto, però, notò che l’uomo non lo stava nemmeno ascoltando – Senti, non è che per caso potresti portarmi ad Alkaban, dato che i tuoi funzionano ancora?”

Quello si voltò, cinico, lanciandogli un’occhiataccia: “Non ti porto proprio da nessuna parte, non ho tempo da perdere per farti da autista! E poi, io devo trovare Brenda, prima che incontri Heith e si cacci nei guai.”

“Beh, allora queste statue, che servono a dare un lieto fine alla tua Brenda, potrebbero non arrivare sane e salve, se dovesse succedermi qualcosa…”

Sbuffando, Terence si fermò, allunga la mano verso di lui: “Ok, dalle a me! – ordinò - Le porto ad Alkaban e poi vado a cercare a Brenda, ma, come ti ho detto, non farò il tuo autista!”

Poi i due rimasero a guardarsi con espressione seria, finchè un rumore non attirò la loro attenzione: una serie di alberi stava cadendo al suolo e in lontananza si scorgevano degli esseri, accompagnati da un fumo nero che aleggiava ad un palmo dal suolo. Marcus, perspicace, capì subito di cosa si trattava.

“I disordinati! E sono tanti!!”

Più istintivo, l’uomo si guardò intorno circospetto: “C’è un capanno da quella parte, muoviti!” gli intimò e subito quello lo seguì, in fretta e furia. Una volta dentro, Marcus non perse occasione per commentare le armi e le teste di animali appese alle pareti.

“Dev’essere il capanno di un cacciatore!” commentò, mentre l’altro scrutava all’esterno attraverso una fessura.

“Non mi interessa!” esclamò, continuando a guardare.

“Cosa succede fuori?” gli chiese allora Marcus, avvicinandosi.

“C’è una forte oscurità qui fuori, riesco a percepirla con ogni fibra del mio corpo. Credo che i disordini si siano completamente impossessati di questa città e ora siano più potenti che mai. E’ difficile per me resistere, dal momento che il mio cuore è spezzato. L’oscurità potrebbe benissimo impossessarsi di me da un momento all’altro...” poi si voltò e l’altro, scrutandolo, capì.

“In effetti, non hai un bell’aspetto. L’oscurità si sta allargando sul tuo volto, ma credo che non si impossesserà mai di te, sai?”

L’uomo rise per l’assurdità di quell’affermazione: “Sei troppo ottimista, per i miei gusti. – commentò, prima di tornare arrogante e scontroso – E comunque non mi interessa cosa credi tu.”

Marcus, però, rimase pacifico come sempre: “Ok, ce l’hai con me per aver baciato Brenda e lo capisco, ma sei tu ad aver deciso di lasciarla andare. Cosa credevi, che non avrebbe trovato un nuovo amore? Che non sarebbe andata avanti con la sua vita? Che sarebbe rimasta sola come te?”

“No, certo che no! Ma è davvero seccante se si rifà una vita proprio con l’uomo con cui vedo tutti i giorni! E poi, lo so che le avevi messo gli occhi addosso già da molto prima!”

“E’ vero, ma non ho fatto nulla, perché sono un uomo d’onore. E’ stata lei a baciarmi e tra di voi era completamente finita fin da quando hai pronunciato quell’incantesimo. Io non ho alcuna colpa, perciò assumiti la responsabilità delle tue azioni e non giudicare quelle degli altri.”

Terence tacque, così l’altro proseguì.

“Sai, non siamo tanto diversi... Quelli come noi non hanno molte occasioni per scoprire cosa sia l’amore. Tu eri un servitore del caos e dovevi dare più attenzione alla tua missione e io, ai piani alti, dovevo stare attento alla mia. Non avevo mai provato quel sentimento di totale travolgimento che si legge nei libri, dove si parla dei grandi amori che lottano per sopravvivere e trovare il loro lieto fine. Poi ho conosciuto Brenda e ho dovuto lottare contro me stesso perché sapevo che stava con te e che era sbagliato provare quei sentimenti, ma ad un certo punto ho smesso di farlo e sapevo di non stare facendo nulla di sbagliato, perché, quando scopri l’amore, capisci che nulla ha più importanza, nemmeno l’onore. Alla fine, però, il sogno svanisce, anche solo per uno sguardo, e ti rendi conto che, nonostante quella ragazza sia stata privata della capacità di amare, quella continui a farlo, ad amare te. Solo… non completamente.”

Ancora una volta l’uomo non aprì bocca, lasciando che Marcus concludesse il suo discorso.

“Lei non ama me, Terence. Mi sono soltanto illuso che mi amasse. Se pensi che io sia una minaccia, ti sbagli di grosso: Brenda ti ama ancora, nonostante la magia glielo stia impedendo con tutte le sue forze. C’è qualcosa che ancora non le permette di dimenticarti e di darle sollievo ed è sbalorditivo... Come posso competere io con tutto questo?”

Il volto di Terence, a quel punto, era tornato normale, senza traccia di arroganza o cinismo, tanto che si avvicinò al consigliere, allungandogli una mano.

“Vieni, ti porto ad Alkaban!” gli disse.

Marcus gli sorrise: “C’è ancora speranza per te. Devi solo capire come rientrare di nuovo nel suo cuore…” e quello annui, speranzoso, teletrasportandoli via.

 

 

Casa di risposo St. Montgomery House

 

 

Mentre Nina era impegnata a disegnare il simbolo necessario per tornare ad Alkaban, Jade non riusciva a nascondere la sua impazienza, tanto da chiederle numerose volte a che punto era.

“Allora? – riprovò per la terza volta - I disordinati potrebbero piombare qui dentro da un momento all’altro e farci a pezzi!”

“Ho quasi finito, devo solo disegnare la porta!”

In quel momento, il telefono della strega iniziò a squillare e lei, ovviamente, lo afferrò subito per rispondere alla chiamata: “Oh mio Dio, Brenda! – esclamò - Stai bene? Fuori c’è l’inferno, dove sei?”

La linea, però, era disturbata, quindi riuscì solo a capire qualche parola qua e là: “Sto ben… bloccat… conosciuto un certo Dustin Laug… mi sta portando ad Alk… tanti di quei disor… che stan… bloccando la strada...”

“Brenda, non ho capito niente, ma tu devi subito nasconderti da qualche parte, hai capito? Non tornare ad Alkaban da sola!” dall’altro lato, però, non arrivò nessuna risposta.

“Pronto? Brenda?” chiamò, poco prima che la linea cadesse.

 

A quel punto, Jade non ne poteva più e si avvicinò a Nina più determinata che mai.

“Forza, Nina, ci siamo?” la incitò, ma quella, in piedi davanti alla parete, guardava il muro con aria perplessa.

“Non-non funziona!” mormorò.

“Come sarebbe a dire che non funziona?”

“Non funziona, ma non so perchè!”

Nina era ormai sull’orlo delle lacrime, così Jade si morse le labbra per non parlare. Solo dopo diversi secondi si sentì abbastanza sicura da prendere la parola.

“Probabilmente sono i disordini, visto che prima hanno interferito con i miei poteri... – poi guardò i quattro angoli della stanza e alzò le mani – Ok, provo ad isolare la stanza, in modo che nulla possa interferire.”

Ma l’altra non era d’accordo e si preoccupò per lei: “Jade, è pericoloso! Stai mettendo una sorta di muro tra i disordini e questa stanza, non è una cosa da niente!”

“Ci basteranno solo pochi secondi. Posso farcela!” replicò la strega, poi si concentrò, innalzando una specie di rete invisibile lungo le pareti che man mano si alzò fino a includere anche il soffitto, isolando completamente la stanza. Nonostante lo sforzo disumano, riuscì a mantenerla e, per fortuna, lo stratagemma sembrò funzionare.

“Si è aperta! – le gridò Nina, prima di voltarsi verso Rider e George – Presto, entrate!” ordinò loro e subito quelli eseguirono. A quel punto anche lei si avvicino alla porta.

“Forza, andiamo!” gridò alla strega e quella, indietreggiando per poter tenere la rete di divisione attiva, finalmente arrivò alla soglia e abbassò le mani, annullando l’isolamento. Infatti, in pochi secondi, i disordinati penetrarono all’interno, abbattendo tutto ciò che il gruppo aveva usato per bloccare il passaggio. Jade, però, ormai era andata via e la porta magica si era richiusa.

Erano salvi.

 

 

Scuola elementare di Morney Hill

 

 

Brenda e il suo nuovo amico era riusciti a nascondersi all’interno della scuola elementare. La ragazza aveva ancora il telefono in mano e tentava di richiamare la sua amica, ma invano.

“Accidenti, la linea è disturbata, non riesco a contattare nessuno!” esclamò, irritata, mentre lei e Dustin percorrevano un lungo corridoio.

 “Magari è per via di quella mandria di persone che c’è fuori.”

Ma lei non apprezzò la metafora e gli lanciò un’occhiataccia: “Sono esseri umani, non animali! E anche tu sei come loro, anche se non ho ben capito perché tu sia… sobrio.”

 “Sobrio?” chiese allora quello, più divertito che confuso.

 “Beh, non mi vengono in mente altri termini, ma vuol dire che tu sei l’unico che non è stato toccato dall’oscurità. Loro sembrano degli zombie, mentre tu hai un aspetto normale.”

Lui ci rifletté su qualche istante, prima di rispondere: “Sai, credo di essere stato uno di loro, fino a poco tempo fa. E’ come se avessi dormito per parecchio tempo e ad un certo punto mi fossi svegliato, scoprendo di essere diventato super veloce.”

“Sei super veloce solo grazie al disordine che hai dentro, perciò non eccitarti troppo!”

Dustin ignorò il suo commento, lo sguardo perso, tipico di chi è immerso nei ricordi: “Correre più veloce del vento è sempre stato il mio sogno. Faccio gare di motocross nel tempo libero e mi piace l’ebbrezza dell’alta velocità, ma questa… questa cosa che mi è accaduta va ben oltre. E’ come se entrasse in simbiosi con il mio essere, con i miei sogni e che in qualche modo li amplificasse, trasformandoli in realtà. Ed è… è strepitoso!”

“Ma quello che hai dentro è pur sempre un male, Dustin.” gli ricordò Brenda.

Lui, rattristato da quella affermazione, non si accorse che davanti a loro stavano sbucando dei disordinati, ma l’altra per fortuna lo avvisò in tempo, indicandoglieli.

“Oh mio Dio, Dustin!”

Il ragazzo, allora, la spinse via: “Presto, torniamo indietro!” le urlò, ma anche dall’altro corridoio stavano arrivando e i due si ritrovarono così esattamente al centro della mischia, fermi in mezzo al corridoio senza sapere cosa fare. A quel punto, però, Dustin si avvicinò ad una porta vicino a loro e, dopo averla presa per un braccio, la tirò all’interno, chiudendola dietro di sé e bloccandola con tutto quello che trovavano. Si trattava di uno sgabuzzino, perciò Brenda decise subito di rendersi utile.

“Aiutami a spostare questo scaffale!” gli ordinò e, insieme, lo misero davanti alla porta.

Solo pochi minuti dopo, però, i disordinati stavano già cercando di buttarla giù e i due ragazzi erano nel panico, fermi in piedi a fissare la porta.

 “Lo sai che non reggerà, vero?” le chiese Dustin, sempre più in ansia.

Lei annuì. “Sì, lo so.”

Ad un certo punto, però, Brenda notò qualcosa in alto, che prima era nascosto dallo scaffale e glielo indicò: “Un condotto di aerazione!”

Dustin si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo: “Ottimo!” esclamò e subito dopo, usando le mani, fece da scaletta a Brenda, che rimosse la grata e vi entrò. Poi, lei gli tese la mano, facendolo arrampicare vicino a sé. Quando ormai erano dentro, muovendosi a fatica, a gattoni, udirono la porta cedere: avevano fatto appena in tempo.

 

 

Casa di Wes

 

 

Il gruppo era seduto sul pavimento, in attesa che fuori si calmasse tutto. Harmony, in particolare, guardava i disordinati distruggere tutto fuori dalla finestra, al punto che Jackson la richiamò.

 “Harmony, togliti dalla finestra, o ci vedranno!” le intimò e quella sbuffò, seccata.

 “Per quanto tempo dovremo rimanere qui? I tuoi poteri non sembrano funzionare, perciò, se dovessero attaccarci, non potremo nemmeno difenderci.”

Nel sentire le sue parole, Noa si sentì in colpa: “Scusate… E’ colpa mia, volevo a tutti i costi venire a cercare Wes  e invece qui non c’è proprio nessuno. Probabilmente è in mezzo a quella folla, con l’oscurità dentro…” mormorò, lo sguardo basso.

La strega era triste per lui: “Mi dispiace, Noa…” gli sussurrò.

“Eppure ha bevuto la pozione immunitaria, avrebbe dovuto salvarlo… - continuò quello - E poi, lui è un tipo forte, l’oscurità non sarebbe mai riuscita a prenderlo…”

Improvvisamente, si udì un rumore provenire dal piano di sopra e i tre si allarmarono, ma rimasero in silenzio. Dopo pochi secondi, però, Jackson si alzò lentamente, prese in mano un coltello che si era procurato poco prima in cucina e bisbigliò agli altri due: “State dietro di me, ok?” e quelli annuirono, facendo le scale dietro di lui con estrema cautela. Tutte le stanze erano aperte, tranne una e Noa chiarì subito di quale si trattava.

“E’ la stanza di Wes!” spiegò loro.

Il demone, allora, continuò a camminare, finchè non arrivò davanti alla porta, mettendo una mano sulla maniglia. Poi, dopo aver preso un bel respirò, iniziò a contare.

“Tre… due… uno…” e, dopo l’ultimo numero, con un gesto rapido la aprì.

A quel punto, tutti tirarono un sospiro di sollievo, ma soprattutto la persona spaventata che si ritrovarono davanti con una mazza da baseball in mano: Wes. Sorridendo di gioia, Noa corse ad abbracciarlo.

“Sei salvo!” esclamò, ignorando le occhiate incredule dell’altro.

 “E tu sei qui in piedi davanti a me, quando io ti credevo in ospedale!” replicò Wes, mentre si staccavano.

“Come puoi ben vedere dalla finestra, Morney Hill non è più un luogo sicuro, perciò, non appena sono arrivato ad Alkaban e non ti ho trovato, sono corso a cercarti. – sorrise – Non sai quanto sono contento di vederti…”

I due continuarono a scambiarsi sorrisi.

“Mi hai ritrovato, Jack Harkness!”

“Noi due ci ritroveremo sempre, Ianto Jones!”

A quel punto, Harmony non riuscì a tacere oltre e si intromise fra loro: “Oh, che carini! – sussurrò, per poi tirare una gomitata a Jackson, mentre quei due si abbracciavano ancora – Non trovi?”

 “Certo, ora mi unisco anche a loro!” commentò quello, sarcastico, guadagnandosi un’occhiataccia.

“Mi dispiace, ma di Jack e Ianto ce ne sono solo due.”

Scuotendo la testa, Jackson decise di rivolgersi direttamente a Wes per avere delle spiegazioni: “Da quanto tempo sei qui?” gli chiese e quello si staccò da Noa per rispondergli.

 “Da quando ho lasciato Alkaban. Sono venuto qui per farmi una doccia e andare in ospedale da Noa, quando ho scoperto che la mia famiglia era sparita, così come tutto il vicinato. Poi mi è sembrato di vedere uno dei disordinati girare da queste parti, così mi sono rifugiato in casa con questa mazza, nel tentativo di mettermi al sicuro. Ho provato a contattarvi, ma i telefoni non funzionano e la corrente è andata via.”

“Già, - commentò Noa - sta accadendo il finimondo a Morney Hill! L’oscurità è praticamente ovunque, ormai!”

Il volto del ragazzo si incupì per la preoccupazione: “La mia famiglia e la mia amica Corinne non sono in pericolo di vita, vero?”

“No no, certo che no. – lo tranquillizzò il ragazzo - Quando Jade neutralizzerà i disordini, loro torneranno normali.”

A quel punto, Harmony si avvicinò ancora una volta alla finestra: “Dobbiamo trovare il modo di tornare ad Alkaban. Presto i disordinati si accorgeranno che siamo qui! E’ come se noi fossimo la luce che tiene ancora in piedi questa città… E l’oscurità ANNIENTA la luce!”

Jackson, allora, la raggiunse, mettendole una mano su una spalla: “Aspettiamo che diminuiscano, poi vedremo come andarcene da qui, d’accordo?”

Così i quattro non poterono far altro che aspettare che la situazione diventasse favorevole per la fuga.

 

 

Alkaban

 

 

Jade era tornata da diversi minuti all’interno dell’edificio e con sua nonna si trovava nella stanza in cui custodivano la cassaforte. La strega aveva in mano la lettera di istruzioni, che finalmente aveva rivelato loro il punto successivo.

“Purtroppo non abbiamo avuto modo di vedere tutti i dipinti, perché Laurel ci ha posto sopra un incantesimo, perciò ci atterremo alla lettera e a quello che ci chiede di fare adesso.”

Dana annuì, tirando fuori l’arma con i due aghi alle estremità, dalla cassa: “Facciamoli entrare uno alla volta nella sala del Consiglio, d’accordo? Purtroppo, però, c’è un problema: mancano Harmony e Jackson, che sono andati con Noa in città a cercare Wes. Devono fare il test anche loro!”

La ragazza sospirò: “Ascolta, nonna, prima di fare questo test che la lettera di istruzioni ci chiede, vorrei parlare in privato con i contenitori. E’ giusto che sappiano cosa stia accadendo. Non possiamo usarli e spaventarli solo perché dobbiamo portare a termine a tutti i costi la missione. E’ giusto che sappiano perché sono qui. Capisci, vero?”

L’altra le sorrise, comprensiva, mettendole una mano sulla spalla: “Hai perfettamente ragione, vuoi che li faccia condurre subito nella sala del Consiglio?”

Lei annui: “Sì, tranne Mona. E’ solo una bambina e non capirebbe. George e la Dottoressa, invece, devono sapere.” e quella eseguì, lasciando la stanza, lasciandola sola un attimo insieme ai suoi pensieri.

 

 

Casa della confraternita, ex sede delle streghe

 

 

Heith era nella mente di Roma e, più precisamente, all’interno dei suoi ricordi, quasi come se fosse una proiezione. Si trovava nel suo ufficio alla WitchHouse, Roma e Klen erano sedute davanti alla sua scrivania e attendevano il suo arrivo. Heith, però, ignorò i loro discorsi e si diresse subito verso la clessidra, pronta ad assorbire i poteri che vi aveva riposto dentro per tenere in piedi la sua magica accademia. Si trattava di quelli presi dal Libro del Bene e del Male, un immenso potere che le sarebbe stato sufficiente per controllare i disordini attraverso Bastian e il pendente. Improvvisamente, però, si fermò, interessandosi a quello che Klen stava dicendo a Roma.

 

“Quindi Harmony è un po’ la cocca della vostra leader, non è così?” chiese Roma.

“Tamara non ha una sua preferita, siamo tutte importanti per lei. Diciamo solo che Harmony è sempre stata quella solitaria, quella non molto unita al gruppo, ma almeno con noi ha avuto una famiglia su cui contare che le ha permesso di non cadere nel baratro. Tamara, infatti, l’ha salvata. A dire il vero, tutte noi abbiamo un passato da cui ci ha risollevate, ma credo che Harmony ne abbia passate più di tutte noi messe assieme.”

“Che cosa le è successo?” le domandò allora l’altra, curiosa.

“Non parliamo mai dei nostri segreti con gli estranei, ma… mi fido di te, perciò… Devi sapere che lei ha un problema che purtroppo non riesce a controllare, legato al sonno, che noi teniamo sotto controllo con un braccialetto. Questo le impedisce di addormentarsi e, quando sembra farlo, in realtà sta solo chiudendo gli occhi e fingendo.”

L’atra era ormai rapita dalla storia: “E cosa accadrebbe se non avesse quel braccialetto addosso? Cosa accadrebbe se si addormentasse?”

Klen, dopo qualche secondo di silenzio, alla fine si decise a rivelarglielo.

 

Heith uscì sbalordita dalla mente di Roma e subito Bastian se ne accorse.

“Hai assorbito il potere dalla clessidra, vero? – le chiese - Dalla tua faccia sembrerebbe di si!”

La sua eccitazione, infatti, era palese:“No. No, no, non ho assorbito alcun potere, non mi serve. Ho qualcosa di gran lunga migliore di quello! – poi la prese e la scosse - Ti sei appena resa utile, mia cara. Non hai nemmeno la più vaga idea di quello che hai appena fatto!” le disse, per poi smettere di controllarla e lasciarla cadere a terra ferita, a tossire e cercare di riprendersi.

Bastian la guardò, ancora confuso: “Si può sapere cosa è successo? Come ti avrebbe aiutata questa strega?”

Sulle labbra di Heith si dipinse un sorriso malvagio: “Te lo spiego mentre andiamo a catturare una certa Harmony, ok? E’ una delle streghe della congrega che Jade e la sua nuova amica mi hanno portato via. Non immagini neanche cosa ho scoperto su di lei…” e continuò a ridere di gioia, come se sentisse di avere la vittoria in pugno, mentre lasciavano insieme l’abitazione…

 

CONTINUA NEL VENTESIMO EPISODIO

Testo a cura di Lady Viviana.

ANGOLO AUTORE:  Domani verrà pubblicato anche il capitolo 3x20 "Una corsa contro il tempo", mentre il finale di stagione vi aspetta Mercoledì 21 Ottobre con doppio episodio. Buona settimana stregata!

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Capitolo 20
*** 3x20-Una corsa verso il passato ***


CAPITOLO VENTI

"It's a Race Against Time"

 

 

 

Alkaban

 

Jade era seduta davanti al grande tavolo nella Sala del Consiglio, quando George e la Dottoressa entrarono. Erano silenziosi, mentre si guardavano attorno con attenzione, ma la ragazza sorrise loro, tranquilla.

“Accomodatevi!” e quelli eseguirono subito, seppur riluttanti.

La donna, la più coraggiosa dei due, fu la prima a prendere parola: “Perché mi hanno rinchiusa in una stanza non appena sono arrivata in questo edificio? Cosa sta succedendo là fuori? Stiamo vivendo una sorta di attacco terroristico, per caso? Magari qualcosa architettato dal governo?”

Jade scosse la testa: “No, niente di tutto questo e lei lo sa perfettamente. Ha visto un uomo venire risucchiato letteralmente dal pavimento, come ha ripetuto in continuazione da quando è arrivata qui. Perciò no, il governo non c’entra assolutamente niente.”

“Allora cos’è? – si intromise allora George - E dov’è la mia famiglia?”

La ragazza, allora, decise di essere diretta con loro: “Ascoltate, il mondo che credevate di conoscere è del tutto diverso da com’è in realtà. Fino a poco tempo fa, per voi si trattava di qualcosa di normale ed ordinario. Beh, non è così, perché esiste molto di più. Come la magia.”

All’uomo le sue parole parvero così assurde che scoppiò a ridere, ricevendo in risposta un’occhiataccia. “Non sto raccontando una barzelletta! – replicò lei – E comunque, ha visto con i suoi stessi occhi quello che io e l’altra ragazza abbiamo fatto alla casa di riposo. Se ve lo state chiedendo, sì, io sono una vera strega, con veri poteri e là fuori esistono demoni, altre streghe e centinaia di creature sovrannaturali che lottano, chi per il Bene, chi per il Male. Noi, IO rappresento il Bene e sto lottando con tutte le mie forze per vincere questa battaglia che ormai è arrivata al culmine. Lottare da sola, però, non è sufficiente ed è per questo che voi siete qui.”

“E cosa potremmo mai fare noi, se quello che dici è vero? – le chiese allora la Dottoressa, perplessa - Ma, soprattutto, perché noi? Cos’abbiamo di speciale?”

Jade, però, non rispose, limitandosi ad appoggiare sul tavolo alcuni dipinti, affinché loro potessero vederli. Ovviamente, entrambi sgranarono subito gli occhi per la sorpresa.

“Questi dipinti sono stati realizzati da tre bambini intorno all’anno 1000, quindi molto, molto tempo fa. Si tratta di dipinti profetici che riguardano il futuro e mostrano voi e una terza persona, una bambina di nome Mona. Tutti e tre servite ad uno scopo ben preciso che ci porterà probabilmente alla fine di questo incubo che ha portato l’apocalisse a Morney Hill e che potrebbe estendersi al mondo intero, se non ci aiutate.”

I due erano letteralmente senza parole, mentre sfioravano delicatamente i fogli che avevano davanti. Improvvisamente, George sembrò riconoscere la scena che lo riguardava.

“Io mi ricordo questo momento!” esclamò, scatenando la curiosità di Jade.

“Cosa è successo?”

“Stavo lavando i piatti e mia moglie continuava a chiamarmi dalla stanza di mio figlio, perché non si sarebbe mai addormentato senza la mia favola della buonanotte. Ad un certo punto, mentre la avvisavo che stavo salendo, mi sono tagliato e, come è giusto che sia, del sangue è fuoriuscito, ma all’improvviso…” ma non riuscì a finire la frase, perchè la Dottoressa, impressionata, la completò per lui.

“E’ ritornato dentro la ferita!”

A quel punto, gli sguardi si concentrarono sulla donna: “Quindi è successo anche a te?” le domandò Jade, sempre più incuriosita.

“Sì e non riuscivo a spiegarmelo. Continuavo a ferirmi, ma il sangue tornava sempre indietro. Feci anche degli esami, ma tutti mi dichiararono perfettamente sana, perciò non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo. Non riuscivo a capire cos’ero!”

La ragazza le sorrise, comprensiva: “Non c’è niente da capire, voi due siete speciali, ecco perchè.”

George, a quel punto, sembrava essersi convinto e questo lo spinse a farsi coraggio: “Moriremo?” chiese, a bruciapelo, e l’altra abbassò lo sguardo.

“Non lo so, George. So solo che salveremo questa città e il mondo intero, ma voi dovrete essere con noi. E’ l’unico modo per salvare la tua famiglia dall’oscurità che li ha catturati. – a quel punto si rivolse anche alla Dottoressa – E’ l’unico modo per salvare i vostri amici e le persone a voi care, ma soprattutto delle vite, come fai ogni giorno...”

Quella, però, parve persa nei propri pensieri: “Le mie amiche e il mio fidanzato…” mormorò.

“Esatto! Se deciderete di aiutarci, lo farete per le persone che amate. Per salvarle.”

George non ebbe più dubbi: “Ci sto, voglio farlo!” esclamò e subito dopo la donna si unì a lui.

“Anche io. Che cosa dobbiamo fare?”

Jade fu felice di sentire quelle parole. Poco dopo, Dana bussò alla porta, per poi affacciarsi all’interno.

“Siamo pronti?” chiese.

La nipote annuì, pur avendo ancora un’ultima richiesta da farle: “Prima però devo parlare con Tamara e Barnès in privato. Poi siamo pronti. D’accordo?”

“Ok, te li faccio chiamare!” replicò subito quella.

 

Intanto, Nina corse a riabbracciare Zack e, non appena lo incontrò in un corridoio, gli saltò letteralmente addosso, baciandolo a lungo e non dandogli nemmeno il tempo di reagire. Non appena si staccarono, lui, stordito, le lanciò una lunga occhiata.

“E questo per che cos’era?” chiese, con un sorriso.

“Perché sei vivo!” replicò lei.

“Beh, ammetto che anche io sono contento di essere vivo. Ed è solo grazie al narratore se sono resuscitato, anche se tecnicamente non ero ancora morto.”

“Lo saresti, se Jade non ti avesse ibernato.” gli ricordò e sulle sue labbra si dipinse un sorriso.

“Già, è sempre grazie a quella ragazza che sono ancora vivo!” commentò.

Lei, allora, gli prese una mano: “Vieni, dobbiamo tenere d’occhio i demoni e le streghe. E’ l’ora dello show!” e insieme si diressero nella Sala Grande, dove erano riuniti tutti.

 

 

Casa di Wes

 

 

Jackson era ancora di guardia alla finestra quando notò finalmente un cambiamento all’esterno dell’abitazione.

“Sembra che siano andati tutti da un’altra parte, non c’è più nessuno…” commentò e subito Harmony si avvicinò a lui per guardare fuori.

“Ne sei sicuro?” gli chiese.

 

All’improvviso, però, Wes ebbe un cedimento, che attirò l’attenzione di tutti e in particolar modo di Noa, che lo strinse a sé per non farlo cadere.

“Ehi, stai bene?” gli chiese, preoccupato, ma quello cercò di farsi forte e di minimizzare.

“Sì, sì, è stato solo un attimo. Non preoccuparti...”

In quel momento, Jackson si girò e si accorse di loro: “Che cosa sta succedendo?” chiese.

“Sono i disordini, ha bisogno di una nuova dose di pozione immunitaria. – spiegò Noa – Anche per me è così. Inizio a sentire la testa pesante e il corpo debole, perciò dobbiamo correre ad Alkaban al più presto, o ci uniremo anche noi al gruppo di zombie oscuri là fuori!”

“Io sto bene, credo.” commentò la strega, poco convinta, ma l’altro non parve colpito dalle sue parole.

“Fino a prova contraria, tu sei un essere soprannaturale, quindi molto più resistente rispetto a noi due, che siamo esseri umani.”

 

A quel punto, Jackson aprì la porta della camera e fece loro un cenno.

“State tutti dietro di me e non fate rumore, mi raccomando. Ok?”

Lentamente, scesero tutti al piano di sotto, che parve loro abbastanza tranquillo, poi uscirono dall’abitazione e arrivarono in strada. Allora Jackson scrutò a destra e sinistra, finchè non fu sicuro che ci fosse campo libero: “Ok, ora correremo il più velocemente e silenziosamente possibile. Se vedete qualc…” ma non riuscì a finire, perchè fu interrotto dall’apparizione di fronte a loro di una nube viola.

Tutti iniziarono ad indietreggiare spaventati e, pochi secondi dopo, si rivelò essere Bastian ed Heith. La donna, con sorriso beffardo, iniziò subito ad avanzare lentamente.

“Oh, ma guarda, Bastian, c’è qualche superstite, a quanto pare...” mormorò.

Subito, Harmony cercò di avvertire il gruppo: “State attenti, è la strega pazza di cui vi ho parlato, quella che ha piegato me e le mie sorelle streghe al suo volere!” esclamò, in ansia.

Noa, però, non parve per niente intimidito dalle sue parole, anzi, non perse nemmeno il suo consueto sarcasmo: “Ah, sì, mi ricordo di lei. Il guanto usa e getta dei malvagi… – la donna cambiò espressione, cercando di non dare a vedere quanto fosse infastidita – Sai, questo è soltanto uno dei tanti nomignoli che Jade e Brenda ti hanno dato...”

“E tu devi essere il figlio del viaggiatore, che in una scala di importanza conta meno di zero, dal momento che è stato tuo padre l’eroe della seconda profezia...”

“Sarò comunque citato nei libri di storia accanto a lui e avrò molta più importanza di te. Dopotutto, chi diavolo metterebbe il tuo nome e la tua penosa storia da invidiosa in un libro? – poi fece un secondo di pausa, soddisfatto di averla umiliata – Visto? Sono appena tornato in cima alla scala, mentre tu… beh, non ci sei neanche salita!”

La donna, a quel punto, parve quasi ringhiare dalla rabbia e sembrava non vedere l’ora di fargliela pagare, ma Bastian fermò prima quello che riteneva un patetico teatrino: “Ferma! Sbaglio, o siamo venuti qui per la ragazza? Smettila di litigare con quel moccioso e sbrighiamoci!” le ordinò e subito lei si calmò, ritornando in breve al suo solito ghigno cinico.

“Hai ragione, non cadrò mai più così in basso! – commentò, per poi spostare lo sguardo su Harmony - Ciao, bellezza, non ci siamo già incontrate noi due? Ah già, sei quell’odioso cavallo di troia che Jade e la sua amica hanno mandato per rubarmi le streghe!”

Protetta da Jackson, la ragazza iniziò a indietreggiare in preda a una strana inquietudine: “Che cosa vuoi da me?”

Ma quella, con un cenno della mano, le strappò il braccialetto e lo ruppe in mille pezzi, bruciandoli uno ad uno, dal momento che era fatto di legno: “Un dono che mi tornerà molto utile, tesoro...”

Disperata, Harmony si inginocchiò a terra, disperata, con in mano le ceneri di ciò che rimaneva.

“NOO! – gridò - No no no, tu non hai idea di quello che hai fatto!”

“E invece lo so perfettamente!” replicò Heith, con un sorriso compiaciuto, mentre Jackson la aiutava a rialzarsi.

“Harmony, lascia perdere, ormai il braccialetto è andato” le sussurrò.

Noa, intanto, osservava confuso la scena: “Ma che cosa sta succedendo? - chiese, confuso, ad un certo punto - A che cosa serviva quel braccialetto?” ma non ebbe risposta, perché il demone era troppo impegnato a evocare una sfera di energia.

“Bene, un po’ di potere mi è tornato! Giusto in tempo per darti una lezione!” disse, prima di lanciarla verso Heith. La donna, però, la rimandò indietro, buttandolo a terra. Fortunatamente, il ragazzo non si fece nulla e si rimise subito in piedi, ma subito dopo quella con un cenno della mano lanciò contro di loro una potente onda d’urto, che spinse i tre ragazzi assieme ad alcune macchine parcheggiate là vicino contro l’abitazione di Wes, lasciando illesa Harmony. Ogni vetro di ogni finestra esplose in mille pezzi, mentre nell’aria si diffondeva l’eco di un boato assordante.

 

Diversi secondi dopo, Harmony, inginocchiata a terra con le mani sulle orecchie e gli occhi appena aperti, si rimise in piedi a fatica, guardando la devastazione alle sue spalle, ma Heith catturò nuovamente la sua attenzione.

“Se fossi in te, – le disse la donna - inizierei a preoccuparmi seriamente di me stessa, dal momento che i tuoi amici probabilmente non ce l’hanno fatta...” poi evocò uno scettro con all’estremità una piccola palla di vetro e la ragazza indietreggiò ancora una volta, spaventata.

“Che cos’è quello?” chiese, osservandola avanzare sempre più minacciosa, puntando lo strano oggetto contro di lei.

“La tua nuova casa!” esclamò e in un attimo la povera strega venne letteralmente risucchiata all’interno dello scettro, che si illuminò per un attimo.

 

A quel punto Bastian, impaziente, la sollecitò: “Bene, ora possiamo andare?” domandò.

Heith appariva compiaciuta e soddisfatta: “Assolutamente sì!” gli rispose e in un attimo svanirono entrambi in una nube viola.

Intanto, Noa e Wes erano stesi nel soggiorno di quest’ultimo, dov’erano stati catapultati, ricoperti di vetri e graffi insanguinati, mentre Jackson, nelle stesse condizioni, era finito in giardino.

Alkaban

 

 

Barnès e Tamara giunsero nella Sala del Consiglio, ma Jade parlò con loro appena fuori dalla porta, visto che all’interno si trovavano i due contenitori. I due, però, le parvero insolitamente silenziosi.

“So che non vorreste essere qui, che avete tentato in tutti i modi di fuggire da Alkaban e dalla città e salvare i vostri gruppi, ma è arrivato il momento di arrendersi alla realtà dei fatti: siete qui e dovete aiutarci. Sarò sincera: non avete altra scelta. Per voi, là fuori, non c’è scampo! I disordini sono più potenti che mai e adesso sono in grado di infettare anche le creature sovrannaturali. L’unica cosa che potete fare, perciò, è restare con noi e contribuire a porre fine a tutto questo.”

La donna parve persuasa dalla sua parola, ma l’altro era ancora molto scettico: “Il nostro contributo sarebbe la morte? Perché è di un sacrificio che si è parlato fin dall’inizio e ci ha portato a tentare in tutti i modi di fuggire.”

“Sei un predestinato, Barnès. – ribadì Jade, sicura - Credi che il mio ragazzo si sia tirato indietro quando ha scoperto di dover morire per salvare il mondo intero? NO, non l’ha fatto! Perciò, per una volta nella tua vita, cerca di fare la cosa giusta! Diventa un eroe!”

A quel punto, Tamara gli prese la mano, cercando di convincerlo: “Facciamolo, Barnès... E’ la cosa giusta, basta fuggire dal nostro destino!”

Lui la guardò e si arrese, per poi girarsi verso la ragazza e farle un cenno d’assenso: “Va bene. Che cosa dobbiamo fare?”

“Un test!” replicò quella, suscitando la loro curiosità.

“Che tipo di test?”

“Pare che non tutti prenderete parte a questo sacrificio... Non tutti sarete degli eroi…”

Dopo quelle parole, i due si fissarono preoccupati, ignari del loro destino, ma decisi ad andare avanti.

 

Diversi minuti dopo, era tutto pronto per eseguire il test. Nella Sala del Consiglio, ormai piena, erano ora presenti Foxi, Dana, Nina, Jade, Zack e, naturalmente, i contenitori. A quel punto, due a volte, entrarono i demoni e le streghe. Allora, con in mano l’arma con i due aghi alle estremità, Jade si avvicinò ai tre, seduti l’uno accanto all’altro, in particolar modo a Mona.

“Ehi piccola, adesso dobbiamo fare una cosa, ma mi devi promettere che non ti agiterai e che farai la brava, ok? – le disse, gentile - Ricordi che io e te dobbiamo salvare il mondo insieme, vero?”

Quella le sorrise: “Certo, Jade. Sarò bravissima!”

La ragazza ricambiò il sorriso, tornando al suo strumento, mentre Nina, con in mano il foglio delle istruzioni, si avvicinava a lei per procedere.

“Allora, sotto allo strumento ci dovrebbe essere un tasto, che…” e lo cercò. Una volta trovato, lo premette e l’ago all’estremità destra sparì, mentre altri tre comparivano al suo posto. Tutti fissarono quella scena con il fiato sospeso e, da parte dei contenitori, un pizzico di tensione, mentre la ragazza manteneva la calma.

“Quindi i tre aghi sono per i contenitori, mentre l’unico rimasto è per il demone o la strega che devono eseguire il test…”

Nina annuì, continuando a leggere: “Adesso i contenitori devono stendere il braccio, avvicinarsi  allo strumento e…”

Improvvisamente, però, gli aghi fuoriuscirono dalla punta conica, a cui erano attaccati da un filo, e si conficcarono all’interno della vena dei contenitori, senza preavviso. A quel punto, cercando di nascondere la sorpresa, Jade guardò i primi candidati al test, Dex e Klen.

“Forza, Klen, vieni tu! – la chiamò - Stendi il braccio accanto allo strumento e lui farà tutto da solo.”

Quella, benché intimorita, fece ugualmente un passo avanti e l’ago si sparò all’interno della sua vena. Una volta collegati tutti e quattro allo strumento, erano pronti per il passo successivo.

“E adesso che cosa succede?” chiese la ragazza.

“C’è il test vero e proprio: il loro sangue lentamente fluirà verso il cristallo al centro dello strumento. Se questo si colorerà di verde, vorrà dire che Klen è compatibile, ma se diventa rosso… beh, avanti il prossimo!”

Tutti, allora, si misero ad aspettare con ansia il risultato. Qualche minuto dopo, il cristallo emise il suo verdetto: verde. Era compatibile.

Klen sgranò gli occhi per la sorpresa: “Oh mio Dio…” mormorò, sconvolta, mentre Jade si avvicinava a lei e le metteva una mano sulla spalla, comprensiva.

“Vieni, siediti… Ora tocca alle altre!”

Quella, benché ancora stordita, annuì, prendendo atto del suo destino.

Dana, intanto, si era affacciata alla porta per chiamare altri due candidati: “Sasha, Dex, entrate! E’ il vostro turno!” e quelli eseguirono subito, pronti al test.

 

Intanto, nella zona di Alkaban in cui erano reclusi i disordinati catturati nel corso dell’anno, Marcus e Terence avevano appena fatto un sopralluogo e stavano commentando la situazione.

“Sono sempre più irrequieti e vogliono unirsi al resto degli altri in città. Credo che dovremmo rimanere qui, sai?”

“Ma Brenda non è ancora rientrata, non posso restare qui!” replicò Terence, in preda all’agitazione.

“Lo so, ma Jade si è sentita telefonicamente con lei, che le ha detto che sta bene e che non è sola, ma, soprattutto, che sta arrivando ad Alkaban. Tu adesso mi servi qui, anche perchè tanto non riusciresti mai a raggiungerla. Perciò la miglior cosa da fare è aspettare”

Benché ancora combattuto, l’uomo comprese di non avere altra scelta: “Spero che riesca a tornare, allora...” mormorò.

Marcus gli sorrise, comprensivo: “Tornerà, vedrai. E’ sempre stata una ragazza in gamba!”

 

 

Intanto, in città

 

 

Una scia correva per le strade di Morney Hill nel tentativo di seminare i disordini: era Dustin Laughlin, il ragazzo super veloce appena conosciuto da Brenda che la stava aiutando a raggiungere Alkaban per la strada più facile possibile. Ad un certo punto, però, la ragazza gli chiese di fermarsi.

“Smetti di correre, smetti di correre!” urlò e subito quello eseguì, seppur confuso dalla richiesta.

“Che c’è?”

Lei scese a terra e gli indicò un’abitazione proprio accanto a loro: “Prima cosa: sono senza fiato. E secondo, laggiù c’è qualcuno. Ed è ferito!” e corse in quella direzione, mentre Dustin cercava di fermarla.

“Aspetta, potrebbe essere uno di quegli esseri!” le urlò lui, invano.

Quando gli fu vicina, Brenda si accorse che si trattava di qualcuno di conosciuto: “Oh mio Dio, è Jackson!” esclamò, inginocchiandosi accanto a lui e scuotendolo nel tentativo di svegliarlo.

“Jackson? Jackson, mi senti?!” chiamò.

Intanto, il ragazzo si era avvicinato alla casa, con l’intenzione di entrare attraverso una delle tante finestre rotte: “Ehi, ma qui dentro ci sono altre persone!” disse, attirando subito l’attenzione di Brenda, che si precipitò a vedere, rimanendo sconvolta nel constatare che si trattava dei suoi amici.

“Noa! Oh mio Dio... – si fiondò immediatamente dentro incurante dei vetri per tentare di scuotere anche loro - Noa, svegliati! Wes, anche tu! Svegliatevi!” chiamò e quelli, lentamente, aprirono gli occhi, facendole tirare un sospiro di sollievo.  Dustin, da fuori, avvertì la ragazza.

“Anche l’altro ragazzo si sta svegliando!” esclamò, facendola voltare verso di lui.

“Aiutalo ed entrate!” gli ordinò.

 

Intanto, Noa aveva ritrovato finalmente l’uso della parola: “La mia testa...” mormorò, subito seguito da Wes.

“A chi lo dici, abbiamo fatto un bel volo!” commentò.

La ragazza, incuriosita, non aspettò oltre per interrogarli: “Cosa vi è successo, ragazzi? Sembra che siate stati investiti da un uragano!”

L’amico ridacchiò: “L’uragano Heith!” disse e Brenda scosse la testa, seccata.

“Sempre quella stronza! Dobbiamo trovare il modo per toglierla di mezzo, perchè io non la sopporto più! – poi gli accarezzò la testa, sorridendogli – Soprattutto se fa del male ai miei amici...”

 

In quel momento, zoppicando Jackson li raggiunse, mentre Dustin lo seguiva subito dopo.

“State tutti bene?” chiese e gli altri annuirono, per poi fare una faccia stranita per la presenza del nuovo arrivato.

Naturalmente, fu Noa a parlare per tutti: “E lui chi è?” chiese, lanciando all’amica una lunga occhiata.

“Dustin, ti presento Noa, Wes e Jackson. Ragazzi, lui è Dustin!”

Quelli fecero un cenno con la testa, ma per il ragazzo non era abbastanza: “Ok, grazie per le presentazioni, ma con chi è?  non intendevo il nome, Brenda!”

Ma fu Dustin persona a chiarire tutti i suoi dubbi: “Lei dice che sono un disordinato. Solo che, rispetto agli altri, riesco a controllare me stesso, cioè… sono normale, insomma. Normale, ma con dei poteri maligni!”

“Già, dei poteri molto fichi, aggiungerei... – commentò lei con un sorrisino - Lui è super veloce!”

“Come Barry Allen!” commentò Wes, sorridendo.

“Sì, – proseguì allora Noa, ancora diffidente, cercando di risollevarsi dal pavimento - ma qui siamo a Morney Hill, non a Central City! E Barry Allen non ha dentro di sé poteri maligni!”

Dustin lo guardò con disappunto: “Stai per caso dicendo che non ti fidi di me?”

Brenda, allora, proruppe in una risatina isterica, cercando di intromettersi nella conversazione e risolvere così la situazione: “Non essere ridicolo, certo che ci fidiamo di te, mi hai salvata! – poi si rivolse a Noa e gli lanciò un’occhiataccia – Vero che ci fidiamo...?”

Quello ricambiò lo sguardo: “No, che non mi fido! – replicò, deciso - Potrebbe essere controllato da Heith!”

La ragazza, però, non ebbe tempo di replicare, perchè Jackson fu più veloce di loro: “Scusate, ragazzi, odio dovervi interrompere, ma dobbiamo andarcene da qui. ORA! Dobbiamo assolutamente farci aiutare per riprendere Harmony, perciò non c’è tempo da perdere!” esclamò e subito gli altri furono d’accordo con lui.

“Si, ha ragione, è meglio sgombrare. – commentò Wes - Non voglio fare un altro volo ad alta velocità. Sarei andato a Disneyland, se avessi voluto questo genere di brivido!”

 

In poco tempo furono tutti di nuovo in piedi, anche se con qualche difficoltà. Jackson, in particolare, fu il primo.

“Prima sono riuscito ad evocare una sfera di energia, quindi suppongo che i miei poteri siano meno deboli dal momento che i disordinati si sono spostati da questa zona. Posso teletrasportarci. Dai, attaccatevi a me che proviamo!”

Ma, nel sentirlo, Dustin fece un passo indietro e questo non sfuggì a Brenda: “Dai, Dustin, non essere ridicolo, vieni con noi!”

“Il tuo amico è stato chiaro!” ribatté quello e Noa, sentendosi chiamato in causa, rimarcò la sua opinione.

“Molto chiaro!”

Quando la ragazza si voltò verso di lui, era semplicemente furiosa: “Il coma ti ha dato alla testa, per caso? Perchè, se Dustin non viene, allora non lo farò nemmeno io. Lui mi ha salvata!”

In risposta, l’amico le lanciò un’occhiata: “Vuoi davvero portare un disordinato ad Alkaban?”

“Alkaban è pieno di disordinati e poi lui non ci darà problemi come gli altri.”

“Oh, ma certo, lui è solo super veloce, no? – replicò Noa, sarcastico, per poi tornare serio subito dopo -  Hai idea di cosa succederebbe se il tuo amico Dustin diventasse come loro? No? Beh, te lo dico io: aprirebbe tutte le celle in un flash e noi ci troveremmo con l’acqua alla gola, dopo tutta la fatica che abbiamo fatto per rinchiuderli. Anzi, che TU hai fatto per rinchiuderli…”

Brenda rimase in silenzio e questo portò Dustin a prendere la sua decisione.

“Ha ragione, è meglio togliermi dai piedi…” mormorò, per poi svanire in una scia, senza dare a nessuno il tempo di reagire.

“NO, Dustin! – urlò la ragazza, per poi tornare a posare lo sguardo sull’amico, arrabbiata – Perché hai detto quelle cose?”

“Guarda che a farlo scappare via non sono state le mie parole, ma il tuo silenzio. E, credimi, è meglio così. Andiamo, ora!”

Lei sospirò e poi, benché ancora in collera, si attaccò a Jackson e il gruppo si teletrasportò.

 

 

Alkaban

 

 

Barnès era l’ultimo a dover essere esaminato e, quando entrò, la bambina non nascose la sua insofferenza.

“Un’altra volta? Vi prego, non ce la faccio più...” li pregò e Jade si avvicinò a lei, gentile.

“Mona, solo un ultimo sforzo, ok? Fallo per me!” e quella, benché esausta, annui.

A quel punto gli aghi penetrarono ancora una volta nelle vene di ciascuno di loro. Barnès chiuse gli occhi, la testa piena di pensieri e, quando li riaprì, non seppe se essere sollevato o meno: non era compatibile. Non appena alzò lo sguardo dal cristallo, guardò Tamara che, al contrario, poco prima aveva ricevuto l’esito opposto. Forse i due non erano ancora pronti a dirsi addio, dopo tutto quello che avevano passato e condiviso insieme da quando si erano conosciuti e lo sguardo che si lanciarono fu colmo di malinconia.

 

Nina, intanto, controllò ancora una volta il foglio di istruzioni, accorgendosi di alcuni errori.

“Ok, c’è qualcosa che non va... Le streghe compatibili dovrebbero essere cinque e stessa cosa i demoni.”

Jade la guardò, perplessa: “Non pensavo ci fosse un numero ben preciso per il sacrificio…”

“Se quello che dici è vero, allora ci mancano due streghe e un demone, giusto?” chiese Foxi, pratico come sempre.

“Ma il test l’hanno fatto tutti, compreso io!” esclamò Zack, ma fu Sasha, una delle streghe compatibili, a svelare loro il mistero.

“Harmony non ha ancora fatto il test.” ricordò loro, subito seguita da Dex, uno dei demoni compatibili.

“Nemmeno Jackson!”

 

Proprio in quell’esatto istante, nella stanza si materializzarono Brenda e tutti gli altri e Jade fu molto felice di rivederli, anche se per prima cosa corse ad abbracciare forte l’amica.

“Per fortuna stai bene...” le sussurrò.

Intanto, Jackson si guardava intorno stranito: “Ehi, che cosa sta succedendo qui?” chiese e subito la strega gli spiegò la situazione.

“Non c’è tempo per le spiegazioni, devi sottoporti subito ad un test! Chi è compatibile fra voi, prenderà parte al sacrificio.”

Quello sgranò gli occhi, mentre la ragazza lo accompagnava di fronte allo strumento: “Wow, che bella accoglienza!” commentò, poco prima che l’ago si infilasse dentro il suo braccio.

“Ahi!” si lamentò.

Pochi secondi dopo, il cristallo divenne verde.

“Sei compatibile!” annunciò Jade, ma lui parve indifferente a quella rivelazione.

“La mia solita fortuna! – esclamò, per poi ricordarsi del motivo per cui era lì - Oh, quasi dimenticavo... Heith ha rapito Harmony! Come possiamo salvarla?”

 

Ma, prima che chiunque potesse rispondergli, ci fu una nuova, violenta scossa di terremoto in tutta la città, che quasi fece cadere tutti a terra.

Jade, allarmata, iniziò a gridare: “Cosa diavolo sta succedendo, adesso?!?”

Subito, con un cenno della mano, Foxi attivò un ologramma al centro del tavolo che mostrava delle immagini proveniente dal confine. Tutti rimasero letteralmente a bocca aperta per ciò che videro e solo Nina, dopo diversi secondi, trovò il coraggio per commentare.

“I disordinati stanno abbattendo la cupola per uscire!”

“E con il potere che hanno, potrebbero anche farcela… – aggiunse Jade - Il mondo è spacciato!”

 

Proprio in quel momento, Dana, che si era assentata per un po’, fece irruzione nella stanza: “Avete finito?” chiese e la nipote, mortificata e senza più idee, abbassò lo sguardo.

“Nonna, mancano ancora due streghe e l’unica ad essere rimasta per il test è Harmony, ma l’ha presa Heith e noi non abbiamo più tempo… Ed, in ogni caso, ne mancherebbe comunque una.”

A quel punto, Nina decise di farsi avanti: “Ci provo io!” propose, ma subito la signora Ferguson la fermò.

“Non servirebbe a nulla, cara, perchè non discendi dalla stirpe di Annabelle. – poi guardò Jade – Non discendi dalla nostra stirpe.”

La ragazza la guardò, confusa: “Nonna, di che cosa stai parlando?”

“Quando abbiamo iniziato i test, mi sono chiesta perché quella strega sì e quella no, cos’hanno di così tanto diverso nel loro sangue da poter neutralizzare i disordini? Poi ho consultato Zeta entrando nei suoi ricordi per dare un’occhiata alla pietra delle profezie e ai nomi di tutti i prescelti incisi sopra durante la seconda.”

Non ebbe bisogno di dire altro, perchè Jade ci arrivò da sola: “I potenziali prescelti dell’anno scorso! – esclamò - Non sono dei prescelti veri e propri, ma discendono comunque dalla nostra stirpe e hanno il nostro stesso sangue.”

Dana annui: “Esatto! Quando ho osservato la pietra delle profezie, c’erano i nomi di Klen, Sasha, Tamara e Dex, Raul, Jackson, Zane e Kyle.”

A quel punto la ragazza si voltò verso lo strumento, decisa: “Perciò la quinta strega sono io!”

La donna e Zack si mossero per fermarla, ma era troppo tardi: l’ago era già in vena. Con grande sorpresa di tutti, però, il cristallo divenne rosso.

“Ma-ma... non è possibile! – commentò lei, perplessa - Se è compatibile un potenziale, io dovrei esserlo per forza! So di esserlo…”

La signora Ferguson, allora, cercò di spiegare la situazione: “Forse il tuo sangue non è più puro come in principio, Jade. Sei morta più di una volta, dopotutto...”

Quella abbassò lo sguardo: “E allora cosa facciamo? E’ finita, non si può compiere il sacrificio se mancano due streghe!”

Ma l’altra non la ascoltò, anzi, si fece avanti: “Manca solo una strega in realtà, perché…” ma non finì la frase, perchè il cristallo aveva già dato il suo responso: positivo.

“Sono compatibile” esclamò.

Jade, però, reagì con indifferenza, gli occhi ormai pieni di lacrime: “Manca comunque una strega e non è detto che sia Harmony. Forse questa è davvero la fine...”

All’improvviso, però, le ritornò alla mente come un flash una sua vecchia conversazione con Rick, avvenuta durante il loro primo incontro.

 

“Sai, ho perso anche io una persona cara, diversi mesi fa…”

Finalmente, la ragazza si voltò, fissando i suoi occhi in quelli di lui: “Non cercare di comprendere il mio dolore confrontandolo con il tuo!”

“Beh, sono punti di vista. Per me condividere il proprio dolore con altre persone che hanno passato la stessa cosa, rimargina le ferite dell’anima. O alcune, almeno. Insomma, si sta leggermente meglio, dopo.”

Fu soltanto ascoltando quelle parole che Jade si rese conto che, in quella casa, l’uomo era abbastanza solo:  “Non mi sembra che tu stia meglio, però. Sei solo e abbandonato quanto me e il cumulo di giornali che non hai ritirato dal portico lo dimostra.”

Rick accennò un sorriso malinconico: “Mi sembra ovvio: non me la passo bene perché non ho trovato nessuno con cui condividere il mio dolore…”

“Chi hai perso? Se posso chiedere.”

“Probabilmente l’unica ragazza che io abbia mai amato davvero. Si chiamava Sophia ed era una strega. L’ho salvata dalla minaccia di un disordine, durante la seconda profezia. Lei era una delle tante prescelte nominate quell’anno.”

“Sì, erano molte. Anche io ne ho conosciuta una che mi ha affiancata nella battaglia, ma… non ce l’ha fatta…”

 

“Sophia!” esclamò, tornando in sé

Tutti i presenti la guardarono perplessi, Dana per prima: “Di che cosa stai parlando, tesoro?” le chiese, gentile, ma con una punta di preoccupazione nella voce.

“Sophia, la ragazza di Rick, quella morta nell’incendio del granaio!”

Foxi, finalmente, capì cosa voleva dire: “Sì, era una prescelta, ma è morta!” le spiegò, ma quella insistette.

“Questo lo so, ma potremmo portarla qui dal passato. Ho già viaggiato nel tempo, no?”

Ma la donna scosse energicamente la testa: “Serve molto potere per viaggiare nel tempo, potere che noi in questo momento non abbiamo a causa dell’interferenza dell’oscurità.”

Jade, nel sentire le sue parole, si infuriò: “Accidenti, eppure nel futuro avevo incontrato qualcuno capace di aprire dei varchi temporali. A quest’ora dovrei già averlo incontrato…” mormorò e Brenda, non appena la sentì, si avvicinò a lei.

“Aspetta, ti riferisci alla scia di cui mi hai raccontato, per caso? Quella che ti ha permesso di tornare nel presente?”

Quella annuì e la ragazza e Noa si lanciarono un’occhiata.

“Beh, noi l’abbiamo conosciuto! Si chiama Dustin Laughlin ed è un disordinato.”

L’amica rimase letteralmente a bocca aperta per la sorpresa: “Non mi stai prendendo in giro, vero?” chiese, diffidente.

“No, assolutamente no, ma Noa non si è fidato di lui e così non l’abbiamo portato con noi.”

Jade sbuffò: “Noa!” lo sgridò, subito seguita da Brenda.

“Già, Noa!”

Quello, in risposta, roteò gli occhi: “Oh, avanti, è sempre colpa mia!” esclamò, seccato.

La strega, che non aveva tempo da perdere, lo ignorò, concentrandosi per cercare di elaborare un piano d’azione: “Ok, non è un problema, esco a cercarlo. Di certo non è con gli altri al confine, quindi mi sarà facile trovare la scia.”

Zack la guardò, alquanto preoccupato: “Stiamo parlando di un viaggio nel tempo, sei sicura che funzionerà? E poi, sei sicura che riuscirai a tornare?”

“Penso di sì, o non avrei scritto un messaggio a me stessa nel futuro.”

Il ragazzo parve finalmente convinto della sua idea, ma Dana aveva ancora qualche ultima raccomandazione.

“D’accordo, ma, prima di andare, dobbiamo prendere qualche precauzione, affinché finiate nel posto giusto e possiate ritornare nel posto giusto.”

A quel punto, Sasha si intromise: “Io ho quello che fa al caso vostro, nella mia stanza. Sono la strega che costruisce oggetti magici, ricordate? Ho proprio un anello che potrebbe essere utile a questo viaggio.”

L’altra, allora, le fece cenno di accompagnarla a prenderlo.

 

Intanto, Foxi, ancora titubante, si rivolse a Jade per esternarle i suoi dubbi.

“Lo sai che è come farla tornare in vita, vero? Strapparla dal suo mondo normale.”

“Morirà comunque in questa circostanza, il suo destino non cambia. E poi tornerà nel suo mondo normale, con la sola differenza che ci avrà aiutati a fermare un apocalisse qui.”

Anche le streghe e i demoni presenti era confusi per la situazione che si era creata e Tamara decise di prendere la parola anche a nome loro.

“Che cosa vorresti dire con tornerà al suo mondo normale?”

La ragazza si voltò verso di loro: “Ah già, voi non conoscete questa faccenda...– commentò, per poi sorridere loro – Francamente, mi sento così sollevata ad aver scoperto che siete dei potenziali. Dovete sapere, infatti, che quelli come noi, quelli con il nostro sangue, finiscono in un altro mondo. In un mondo normale, senza magia ed è la verità perché io ci sono stata ed è così. Questa non è la fine per voi, ma un nuovo inizio da eroi e là avrete finalmente una vita vera, non terribilmente assurda e pericolosa come questa.”

Quelli, nel sentire le sue parole, si guardarono, sorridendo e Barnès sembrò quasi triste di non essere uno di loro. Quando lo notò, Tamara smise di sorridere, triste per lui. Jackson, invece, era più in pensiero per l’amica che felice del suo nuovo destino.

“E di Harmony, invece, cosa ne sarà?”

“Ti prometto che la salveremo, ma per il momento uccidiamo un drago alla volta, ok?”

Lui parve stare per aggiungere qualcosa, ma l’arrivo di Dana e Sasha lo fermò. Avevano l’anello, così Jade lasciò la Sala del Consiglio, diretta verso l’uscita di Alkaban, accompagnata da sua nonna, Zack, Brenda e Nina. Davanti alla porta, la strega diede le ultime istruzioni al gruppo.

“Ora che i disordinati sono ai confini della cupola, sarà più facile arrivare alla caverna senza essere attaccati. Perciò portate i potenziali nel luogo che Nina mi ha mostrato nei dipinti e aspettatemi lì, ok? Gli esseri umani, invece, rimarranno qui. – gettò uno sguardo a Brenda – Mi sono spiegata?”

L’altra le si avvicinò: “Perché io non posso andare?” chiese.

“Perché sei a rischio, là fuori. Più ti avvicinerai ai disordinati, più ti sentirai la testa pesante e il corpo debole, fino a diventare come loro. Per quanta pozione immunitaria tu abbia bevuto, l’oscurità si sta rafforzando, perciò tu, Noa e Wes non vi muoverete da qui. Chiaro?”

Zack, allora, fece un passo avanti: “E con Heith che cosa facciamo?” domandò.

“Niente, Zack. Siate solo discreti nel portare i potenziali alla caverna, perché lei è ancora in giro. Meglio se ci andiate in pochi, magari solo tu e Terence, per assicurarvi che mia nonna e gli altri arrivino sani e salvi in quel luogo, ok? – sospirò – Bene, questo è tutto, auguratemi buona fortuna. Cercherò di fare il più in fretta possibile!” e se ne andò, correndo fuori.

Prima che le porte si chiudessero, però, Brenda le urlò un ultima cosa: “Si chiama Dustin Laughlin, non dimenticartelo!” e quella, facendo solo un cenno con il braccio per farle capire che aveva recepito il messaggio, si allontanò.

 

Il gruppo poté finalmente iniziare a muoversi, ma Brenda aveva ancora un ultimo dubbio e si avvicinò a Dana per chiarirlo.

“Dov’è il narratore?” le chiese.

“Marcus gli ha indicato una stanza poco dopo il suo arrivo. E’ una di quelle in cui alloggiavano le streghe nei primi tempi.”

Dopo un attimo, la ragazza annuì: “Oh, certo, ho capito, grazie!” e iniziò a correre, suscitando la curiosità della donna.

“Come mai lo volevi sapere?” le urlò dietro.

“Devo aggiustare una cosa!” rispose, per poi dileguarsi, lasciando tutti confusi per quel suo gesto improvviso.

 

 

Intanto, in città...

 

 

Dopo una lunga corsa, Jade arrivò in città e iniziò a camminare per le strade deserte, devastate dal passaggio dei disordinati. Nell’osservare tale scenario, non poté non commentare quello che aveva davanti.

“Allora è questo che ho visto nel futuro…” mormorò, prima di iniziare a cercare il ragazzo conosciuto da Brenda.

“DUSTIIIIN? – chiamò - DUSTIN LAUGHLIN, SEI DA QUESTE PARTI? DUSTIN!” ma non ricevette risposta, perciò, sbuffando seccata, riprese a camminare.

 

Improvvisamente, alle sue spalle, apparve qualcuno.

“E tu chi diavolo saresti?” chiese, facendola girare spaventata.

“Oh mio Dio, non ti ho sentito neanche arrivare!” esclamò Jade, mettendosi una mano sul petto.

“Beh, sì, ho un passo assai silenzioso, comunque chi sei? – domandò lui, perplesso - E come sai il mio nome?”

Con un sorriso, la ragazza allungò la mano: “Mi chiamo Jade Alison, sono un’amica di Brenda”

Subito lui gliela strinse e il nome gli parve famigliare: “Ah, certo, Brenda! Perchè mi stavi cercando?”

“Brenda mi ha detto che sei super veloce, è vero?”

“Sì, lo sono. Allora?”

“Ok, non so cosa lei ti abbia spiegato di questa faccenda, ma ci serve il tuo aiuto per una cosa…” spiegò, suscitando la sua curiosità.

“Di che tipo?”

“Un viaggio nel tempo!”

Dustin scoppiò a ridere: “Un CHE?!? Spiacente, sono solo un velocista, non una macchina del tempo umana. Sono sicuro che tra gli altri disordinati che ci sono in giro, ne troverai uno che fa al caso vostro!” concluse, per poi voltarsi e andarsene.

La ragazza, però, lo inseguì, tenendo ben alto in mano un anello dalla pietra blu: “No, aspetta! Lo vedi questo?”

Il ragazzo gli lanciò una rapida occhiata: “Sì, quindi?”

“Questo anello è in grado di quadruplicare il tuo potere, rendendo la tua velocità… beh, una mai raggiunta da niente e nessuno al mondo!”

Ma quello, diffidente, si scansò, scuotendo la testa: “No, grazie. Non aiuto chi non si fida di me, come i tuoi amici.”

“Ma Brenda si fida e anche io! – replicò lei, continuando a seguirlo – L’hai salvata, ricordi? Ti prego, sei la nostra ultima speranza... C’è qualcosa di molto importante nel passato, una persona, che ci serve per vincere questa battaglia. Dustin, fermati, ti prego… sono sicura che non eri un solitario prima di tutto questo e che in mezzo a quella folla da cui sei fuggito, ci sono delle persone a te care...”

Colpito dalle sue parole, Dustin si fermò e, quando si voltò, il suo volto era solcato dalla tristezza: “C’è mia sorella. Lei è l’unica che mi è rimasta al mondo… L’ho cercata ovunque!”

Jade era ovviamente dispiaciuta per lui: “Sai perfettamente dov’è, Dustin. E l’unico modo per salvarla è aiutarmi perché io ho i mezzi per far tornare tutto alla normalità.”

“E se non ne fossi in grado? Non ho mai concluso nulla di buono nella mia vita…”

“Di questo non devi preoccuparti. L’anello ci porterà dove io voglio. Tu devi solo correre, niente di più. Ok?”

Alla fine, il ragazzo, fiducioso delle proprie capacità, si convinse: “Dammi quell’anello!” ordinò, allungando la mano e lei, sorridendo, non se lo fece chiedere due volte.

Quando se lo infilò, però, non accade nulla.

“Beh, non succede nulla?”

Jade rise: “Non è così che funziona! Dai, prendimi in braccio!” ordinò lei, sempre con il sorriso sulle labbra, ma quella richiesta mise il ragazzo in profondo imbarazzo.

“C-cosa?”

“In braccio. Devi prendermi in braccio. Non vorrai mica lasciarmi qui!”

“No, certo che no! – replicò lui, facendo quanto gli era stato chiesto – E adesso?”

La ragazza, allora, mise la mano sopra la sua, dove c’era l’anello: “Adesso devo solo pensare al preciso momento del passato in cui vorrei giungere… – poi toccò la pietra blu, che recepì il suo volere – Fatto, ora tocca a te. Vediamo quanto sai correre!”

Dustin, facendole l’occhiolino, si mise in posizione: “Tieniti forte, ragazza!” esclamò e, pochi secondi dopo, il ragazzo iniziò a sfrecciare velocissimo. Talmente veloce che la sua scia cambiava tonalità, dal rosso al blu, ed era piena di piccole saette. Una volta abbattuta la barriera del suono, di fronte a loro si aprì un varco temporale, nel quale i due ragazzi scomparvero immediatamente.

 

 

Alkaban

 

 

Brenda bussò alla stanza del narratore, chiedendo il permesso per entrare.

“Scusi, posso entrare?” chiese, gentile, scrutando l’uomo seduto sul letto a contemplare il soffitto.

“Certo, entra pure. Sei una delle persone che ho intrappolato nel libro, vero? Brenda, giusto...?”

Quella annuì: “Sì, sono proprio io.”

“Come mai sei qui? Per caso vi servo per qualcosa?”

“Veramente no, sono qui per chiederle un favore per me.”

Incuriosito, l’altro la incitò a continuare: “Ah sì? E di che cosa si tratta?” chiese.

Quando rispose, nella voce c’era una nota di tristezza: “Ehm, ecco, sarò breve… Mi è stata privata la capacità di amare una persona che un tempo amavo in una maniera che non credevo possibile, ma non posso porvi rimedio. Perciò mi rivolgo a lei... la prego, può fare in modo che io torni ad amare nuovamente questa persona?”

Lui rimase molto colpito dalla sua richiesta e acconsentì: “Ehm, ok, ma avrei bisogno di qualcosa su cui scrivere. Qualcosa di bianco, di nullo, di neutro, insomma.”

Brenda abbassò lo sguardo: “Mi dispiace, ma qui non ci sono libri con le pagine bianche, ma... – tese il suo braccio – potrebbe scrivere sulla mia pelle. Può andare bene lo stesso?”

L’altro rimase perplesso dalla sua reazione, ma scrollò le spalle, cercando di non pensarci: “Posso provarci, perché no? Cosa vuoi che scriva esattamente?”

La ragazza chiuse gli occhi: “Che Brenda Jenkins possa di nuovo tornare ad amare Terence, il servitore del caos di cui si è perdutamente innamorata tempo fa…”

Pochi secondi dopo, quello eseguì, ripetendo quella frase nella sua mente. Subito, le parole iniziarono ad incidersi sul braccio della ragazza, scomparendo poi lettera dopo lettera, man mano che la frase si completava. Quella magia, però, sarebbe rimasta impressa dentro di lei per sempre, assieme alla sua capacità di poter amare di nuovo. Di poter amare la persona di cui si era innamorata: Terence.

Quando terminò di scrivere, Brenda riaprì gli occhi: “Ha funzionato?”

L’uomo le sorrise, comprensivo: “Beh, stai sorridendo, perciò... credo proprio di sì!”

Sorpresa, si voltò verso lo specchio appeso alla parete di fianco a lei e vide quello che c’era sul suo volto: un sorriso felice. Improvvisamente, si toccò il petto, sorridendo e ridendo allo stesso tempo, il respiro affannoso per via delle emozioni che stava recuperando poco alla volta. Era di nuovo innamorata del suo uomo e non poté non ringraziare il narratore con un abbraccio per quello che aveva fatto per lei.

“Grazie! Grazie davvero!” mormorò, mentre quello ricambiava la stretta, felice di averla aiutata.

“Non perdere tempo a ringraziarmi e corri subito da lui!”

“Corro!” replicò quella, accettando subito il consiglio.

“Per me, invece, è arrivato il momento di aiutare un’altra persona in difficoltà, ancora intrappolata tra le grinfie di quella malvagia strega.”

Brenda intuì immediatamente di chi stava parlando: “Sì, Roma, me l’hanno detto… Buona fortuna, allora!”

“Buona fortuna anche a te!” e i due si separarono, perchè era tempo per il narratore di dare anche a Roma il lieto fine che meritava.

 

 

Otto mesi prima

 

 

In mezzo a un campo di grano si aprì un varco, da cui, poco dopo, uscì Dustin, che proseguì per diversi metri fino a frenare. Il vento che aveva creato muoveva le spighe e Jade si sistemò i capelli finiti fuori posto, prima di scendere a terra e scrutare dubbiosa il paesaggio circostante.

Ovviamente questa reazione non sfuggì al ragazzo, che le lanciò una lunga occhiata: “Siamo nel posto giusto, vero?”

“Queste spighe sono troppo alte, vedi una fattoria, per caso?”

Lui, che era più alto di lei, cercò di aguzzare la vista per scrutare l’orizzonte: “Vedo del fumo e… sì mi sembra proprio una fattoria!” 

Lei si agitò subito e, sgranando gli occhi, gli artigliò un braccio: “Oh mio Dio, oh mio Dio!”  urlò, iniziando a correre e trascinandoselo dietro.

“Che cosa sta succedendo?!? Rimarremo per sempre bloccati nel passato, per caso?”

“No! Siamo finiti nel momento giusto, ma dovevamo arrivare qui diversi minuti fa. E’ già iniziato!” farneticò, lasciandolo ancora più confuso.

“Cosa è iniziato?”

“Lo scontro tra i demoni e le streghe, quello in cui la ragazza che ci serve nel presente è morta. Dovevamo arrivare qui con molto più anticipo!”

Finalmente, Dustin capì la situazione e, d’impulso, la prese nuovamente in braccio: “Così faremo prima, tieniti forte!” le ordinò.

“Ehi, ci stai prendendo gusto!” commentò lei, strappandogli una smorfia disgustata.

“Nah, non sei il mio tipo. Mi piacciono di più le ragazze more.”

Offesa, lei gli tirò uno schiaffo sulla spalla: “Ma che sgarbato che sei! Beh, in ogni caso sono felicemente fidanzata con un ragazzo morto in questa vita, ma vivo in un altra, quindi non sei neanche il mio, di tipo.”

Dustin le lanciò uno sguardo strano, ma non disse nulla.

“Oh, lascia stare, lunga storia!”  gli disse, liquidando con un gesto della mano la faccenda e così il discorso finì lì.

 

In un secondo, i due furono all’interno del granaio in fiamme e subito Jade scese a terra e, ignorando i rivoli di sudore che le scendevano lungo la fronte, iniziò a guardarsi intorno con attenzione.

“Accidenti, questo posto è una fornace!” esclamò, mentre anche il ragazzo faceva la stessa cosa.

 “Dove sarà?” chiese, poco prima che una trave cadesse vicinissima a loro, sfiorandoli per poco.

Entrambi tirarono un sospiro di sollievo, felici per essere riusciti a scansarsi in tempo.

In quel momento, però, a Jade parve di udire una voce: “Ehi, mi è sembrato di sentire qualcuno, più avanti!” e insieme corsero a vedere, trovando una ragazza, anche lei appena entrata nel granaio .

“Grace, sei qui? Presto, dobbiamo andarcene! – chiamò, prima di notare la presenza dei due e bloccarsi, sorpresa - E voi chi siete?” chiese, poco prima che un’altra trave, proprio sopra di lei, cadesse.

Fortunatamente, Jade fu rapida a reagire e, grazie alla telecinesi, riuscì a spostarla, scaraventandola lontano. Subito, poi, corse a sincerarsi delle sue condizioni.

“Sophia, stai bene?” chiese e quella si toccò la testa, frastornata.

“Potevi spostare via la trave, non me! Era proprio necessario?”

L’altra abbassò lo sguardo, mortificata: “Scusa, è successo tutto così in fretta!”

“Non dovresti lamentarti, Miss non più morta grazie a noi !” commentò Dustin, gettandola ancora di più nella confusione.

“Di che cosa stai parlando? E come fate a sapere come mi chiamo?”

Jade, allora, la aiutò a rialzarsi, nel tentativo di prendere tempo: “Ok, forse è meglio uscire prima che tutto questo soffitto di fuoco ci crolli addosso, ok?” e così fecero subito dopo.

 

Una volta fuori, Sophia ripeté di nuovo la domanda.

“Come fate a sapere come mi chiamo? Chi diavolo siete?”

Jade si morse le labbra, ma alla fine rispose, sapendo di non avere altra scelta: “Ehm, veniamo dal futuro e tu… beh, tu saresti dovuta morire in questo incendio...”

Sophia sgranò gli occhi per la sorpresa: “COSA?!? Cioè, sarò… SONO morta? Non capisco…”

Stavolta fu Dustin, però, a cercare di spiegarle la situazione:  “Sei morta nel passato del nostro presente, quindi SEI morta, ma ora non lo sarai più tanto se ti riporteremo nel presente, che per noi che siamo qui sarebbe il futuro.”

Le due lo guardarono perplesse, confuse da quel suo ragionamento contorto.

“Non appena arriveremo nel mio tempo, ti spiegheremo, d’accordo?” le promise Jade, ma quella si staccò da loro e iniziò a indietreggiare.

“Io non vengo proprio da nessuna parte con voi! Ho la mia vita qui, il mio ragazzo e poi devo aiutare le mie sorelle streghe a sfuggire al clan che ci ha attaccate. Ora che la seconda profezia si è compiuta, stanno cercando degli amuleti che possano permettere loro di sfuggire ai cacciatori e al Consiglio dei piani alti!”

“Sì, lo so!” rispose la ragazza, mentre lui fu più diretto.

“Bel ringraziamento, ti abbiamo salvato la vita!” commentò.

“E allora?  - replicò quella - Per questo dovrei fare in cambio un viaggio nel tempo? Un grazie non vi basta?”

“Io non l’ho ancora sentito quel grazie, però!”

 

Improvvisamente, udirono un rumore alle loro spalle: era un demone, Barnès, con in mano una sfera di energia. Jade subito buttò Sophia per terra: “Attenta!”  le urlò, poco prima che la sfera la colpisse a una spalla.

“Jade, stai bene?” le chiese Dustin, preoccupato e lei, rialzandosi, annuì, mentre lui rivolgeva uno sguardo poco amichevole al demone.

“Te ne pentirai, idiota!” urlò.

“Datemi gli amuleti che voglio e vi lascerò in pace!” ribatté l’uomo, arrogante, ma Dustin, come una scia, corse verso di lui, facendolo cadere a terra.

Jade, intanto, aiutò Sophia che, però, poco gentilmente, la rimproverò: “La smetti di buttarmi sempre a terra?”

L’altra, premendo con una mano sopra la ferita sulla spalla, si infuriò: “Ok, adesso prentendo anche io quel grazie, brutta ingrata! – urlò - Sembravi molto più simpatica e gentile, dai suoi racconti…”

Sophia si bloccò e la guardò in modo strano: “Dai racconti di chi?”

Ma la ragazza tacque, accorgendosi di aver parlato troppo: “No, niente. – minimizzò - Fingi che non abbia detto niente…”

 

Intanto, Dustin aveva preso Barnès per una gamba ed era sfrecciato via, per poi tornare da loro un attimo dopo.

“Ehi, dove l’hai portato?” chiese Jade, incuriosita.

“L’ho abbandonato sul ciglio della strada!” rispose.

 

Improvvisamente, qualcuno arrivò verso di loro, ma stavolta non era un demone.

“Sophia!” chiamò e, quando Jade si voltò per osservarlo in viso, le si illuminarono gli occhi, tanto che le due ragazze, pronunciarono il suo nome nello stesso momento.

“Rick!”

Subito Sophia, benché perplessa per il fatto che anche l’altra sembrava conoscerlo, corse ugualmente ad abbracciarlo e a baciarlo. Quello era felice quanto lei di vederla sana e salva e ricambiò la stretta.

“Pensavo di essere arrivato troppo tardi, ma stai bene, fortunatamente!”

Dustin, nel frattempo, si era avvicinato a Jade, rimasta ferma a guardarli, non sapendo come intromettersi.

“Sarà un impresa convincerla a venire con noi nel presente!” le disse e lei lo guardò, triste, perfettamente d’accordo.

 

 

Casa della confraternita, ex sede delle streghe  

 

 

Era notte, ormai, ed Heith e Bastian erano tornati nella casa della confraternita, con lei al settimo cielo, oltre che eccitata per la sua prossima opera. Il servitore, invece, era assai confuso sull’intera faccenda.

“Vuoi spiegarmi perché abbiamo perso tempo a chiudere quella strega nello scettro?” chiese.

“Oh, – replicò lei, voltandosi a guardarlo - ma questo è molto più di un semplice scettro, ora che vi ho rinchiuso dentro quella strega! Grazie a lei, infatti, avrò tutto il potere che desidero nel palmo della mia mano. Ancora non riesco a credere di avercela quasi fatta…”

Bastian, però, era impaziente: “Ma dove? Come? E poi, dov’è finita Roma? L’avevamo lasciata qui, ferita!”

Ma Heith, indifferente, sembrò non fare caso alle sue preoccupazioni, troppo occupata ad accarezzare la sfera di vetro all’estremità dello scettro: “Chi se ne importa, ora ho di meglio da fare che pensare a quella traditrice! Tanto, ovunque sia, farà parte dell’incubo che le farò vivere non appena questo scettro avrà toccato terra.”

E, pochi istanti dopo, quello scettro toccò davvero terra, azionando una specie di ondata celeste, che fuoriuscì dalla casa e investì strade, palazzi, case e, lentamente, si estese a tutta Morney Hill. Il suono della risata della strega, allora, sembrò rimbombare ovunque, mentre i suoi piani prendevano letteralmente vita davanti ai suoi occhi…

 

CONTINUA NEL VENTUNESIMO EPISODIO

Testo a cura di Lady Vivivana.

ANGOLO AUTORE: E questo era il penultimo appuntamento con Demon & Witch, non perdetevi il finale di stagione, con doppio episodio, Mercoledì 21 Ottobre. Buona settimana stregata!

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Capitolo 21
*** 3x21-I sogni di Harmony: L'inizio dell'incubo (Parte I) ***


CAPITOLO VENTUNO

"Harmony's Dark Dreams: The Beginning (Part I)"

 

 

 

Alkaban

 

 

Dana era pronta a condurre i potenziali alla caverna per il rito sacrificale che avrebbe neutralizzato i disordini per sempre, perciò, con fra le mani la lettera di istruzioni, in cui era scritta probabilmente l’ultima procedura da eseguire, fece ritorno nella Sala del Consiglio, dove tutti si erano raccolti intorno al tavolo assieme a Foxi, Zack e Nina, alquanto preoccupati. La donna, però, inizialmente non se ne accorse, anzi, li richiamò all’azione.

“Forza, ragazzi! E’ora di muoversi!” li incitò e quelli si voltarono a guardarla, i volti scuri, perciò Dana non poté più ignorare il problema.

 “Che cosa sta succedendo?” chiese, preoccupata.

Fu il Consigliere a risponderle: “Jackson ci ha appena messo al corrente di una cosa…”

 “Riguardo a…?”

Stavolta, fu Jackson a chiarirle la situazione: “Harmony! – esclamò, tetro - Quando Heith ci ha attaccati, ha distrutto il suo braccialetto…”

 “Che non è un comune braccialetto, - spiegò Tamara – visto che è stato creato apposta per lei. Aveva la funzione di inibire il suo sonno e, come effetto collaterale, anche il suo potere. Comunque, ne valeva la pena!”

 “Quindi Heith l’ha presa di mira?” chiese allora Dana, cui ancora sfuggiva qualcosa.

L’altra, però, scosse la testa: “No. L’ha rapita con l’unico scopo di usarla. Contro di noi!”

A quel punto, l’anziana strega era curiosa e intimorita per quell’inattesa svolta: “Cosa succede se Harmony non ha indosso quel braccialetto?”

“Quando si addormenta, cade preda di numerosi incubi che le rendono impossibile risvegliarsi. E l’unico modo per lei di uscirne, è essere toccata da qualcuno. Quando succede, quello viene risucchiato all’interno della sua mente e vive quegli incubi al posto suo. Tutto ciò, quindi, le permette di risvegliarsi, ma a spese di chi le sta attorno. Le prime vittime di questo suo potere, infatti, sono stati i suoi genitori e suo fratello che, non vedendola risvegliarsi, provarono a scuoterla…”

Con gli occhi lucidi, Jackson abbassò lo sguardo: “Per questo aveva sempre timore a parlarmene. Se ne vergognava, oltre al fatto che quel ricordo la faceva stare male...” mormorò.

“Si sente in colpa da sempre per quello che ha fatto ai suoi genitori e a tutte le persone che hanno tentato di risvegliarla. Per fortuna, alla fine ha incontrato la nostra congrega e fortunatamente noi siamo riuscite ad aiutarla, anche se questo ha significato condannarla a restare sveglia in eterno, affinché non possa più nuocere a nessuno.”

Dana sospirò, indignata, ma comprensiva: “Ma come ha fatto Heith a scoprirlo?”

A quel punto, Klen, sempre con lo sguardo basso, capì che era arrivato il momento di intervenire: “Credo che sia stata colpa mia… L’ho raccontato a Roma e in questo momento lei è con Heith. Deve averla torturata in qualche modo e lei, magari per salvarsi, le ha rivelato questa informazione.”

La donna evitò di rimproverarla, pensando che l’avessero già fatto le sue sorelle della congrega.

 “Ok, ma questo è un potere di contatto, no? Dovremmo toccare Harmony per finire nei suoi incubi, perciò non vedo quale sia il problema. Iniziamo ad avviarci, ok?” esclamò, sicura.

Allora Nina, finora rimasta in disparte, la mise a parte anche dell’ultima scoperta: “Jackson, Noa e Wes hanno aggiunto anche che Harmony è stata rinchiusa in uno scettro, perciò…”

Dana letteralmente sbiancò: “Oh, beh, questo sì che è un problema! Ok, dobbiamo correre alla caverna, allora. ORA! Non dobbiamo perdere tempo! Ci isoleremo magicamente da qualunque cosa Heith ci stia per scagliare contro, chiaro?” e quelli, annuendo, si prepararono immediatamente.

 

*

 

Intanto, Roma era magicamente comparsa al centro di una delle stanze e subito, dopo essersi guardata intorno preoccupata, aveva scorto il narratore che la osservava con un sorriso.

“Ehi, sei tu! Rider!” lo salutò, sorridendo.

 “Proprio io! Bentornata!”

Incredula, la ragazza si accorse di non avere più il marchio al polso: “Ma.. ma… che cosa significa? E come sono arrivata qui?”

 “Mi basta narrare per dare un lieto fine a qualcuno. Nel tuo caso, la libertà!” rispose lui, tranquillamente e gli occhi di lei si riempirono di lacrime, mentre correva ad abbracciarlo.

“Hai fatto sparire anche le mie ferite. Grazie!” e quello, spiazzato, rimase lì impalato per diversi secondi, prima di ricambiare la stretta, il volto rosso per l’emozione.

 

*

Poco lontana da loro, Brenda stava cercando di raggiungere Terence, quando se lo trovò di fronte all’altra estremità di un corridoio. I due, subito, si bloccarono, restando immobili a guardarsi per diversi secondi, mantenendo le distanza. Lui, infatti, non sapeva come reagire, non capiva perché ce l’avesse davanti, perché fosse lì, quando lei, improvvisamente, gli sorrise, spiazzandolo, per poi iniziare a correre verso di lui. Un attimo dopo, anche Terence stava facendo lo stesso, benché ancora confuso.

 “Ma che…?” chiese, poco prima che Brenda gli saltasse addosso e lo baciasse con passione, come solo una persona innamorata può fare. Un lungo bacio, tenero e vero.

Quando si staccarono, lui era ancora più incredulo: “Brenda, ma tu mi…” iniziò, ma lei annuì e non lo lasciò finire.

 “… ami di nuovo? Sì!”

Terence la strinse forte a sé, gli occhi pieni di lacrime: “Oh mio Dio, non immagini quanto mi sia pentito di averti fatto una cosa del genere e quanto mi senta sollevato nel sentirti dire questo... Davvero, non sai quanto. Ti amo come non ho mai amato nessuno in tutta la mia lunga vita da servitore del caos e ti prometto che non ti lascerò mai più andare... Mai più!”

Lei sorrise, felice, ignorando le lacrime che le scendevano lungo le guance: “Già, non farlo mai più, perché non mi sono mai sentita così sola e vuota in tutta la mia vita come in questi giorni e solo ora capisco quanto tu abbia sofferto per quella tua scelta…”

“E io solo ora capisco che la mia vita non ha senso se non ci sei tu a farne parte. Sei tutto il mio mondo, sei il mio cuore, sei tutto ciò che ho sempre voluto.. – le prese il volto fra le mani – Guardo i tuoi occhi e vedo la luce più luminosa che io abbia mai visto. Potrei morire per te... Anzi, morirò davvero, ma sono felice di andarmene sapendo che tu vivrai in un mondo migliore, senza il male che ha pervaso questa terra per secoli e secoli…”

Ma Brenda, in risposta, gli sorrise: “Io non ne sarei così sicuro, sai? Al narratore non ho chiesto un lieto fine soltanto per noi. Ho chiesto un lieto fine soprattutto per te, ovvero… - gli prese il volto, tenera – Terence, tu non morirai dopo la fine dei disordini. Continuerai a vivere e lo farai con me!”

Ridacchiò: “ E poi, - aggiunse - come diavolo potrà essere un mondo migliore per me se non ci sarai tu?”

Terence, senza parole, la baciò ancora e ancora, più innamorato che mai, mentre una strana ondata celeste li investiva, senza che se ne accorgessero. Un’ondata celeste che colpì l’intera Alkaban e anche il resto della città.

 

Otto mesi prima

 

 

Jade, nel frattempo, era ancora alle prese con Sophia, la ragazza che doveva assolutamente portare con sé nel presente per compiere il rito. Proprio in quel momento Rick, tenendola fra le braccia, le aveva chiesto, sottovoce: “Chi sono queste persone?”

“Mi hanno salvato la vita, in un certo senso…”

“In un certo senso?” commentò Dustin, che non aveva potuto fare a meno di ascoltare.

A quel punto, l’uomo si avvicinò a loro e strinse la mano ad entrambi, riconoscente: “Grazie. Grazie davvero!” disse loro.

 “Finalmente! – esclamò il ragazzo, soddisfatto, lasciando un’occhiataccia a Sophia – Ecco qualcuno di educato!”

Jade, intanto, stringeva ancora la mano di Rick nella sua, cercando di controllare il suo battito impazzito: “Ehm, non abbiamo fatto nulla di che, figurati!” mormorò, ricevendo subito un’occhiataccia, sempre da Dustin.

Intanto, l’uomo aveva fatto ritornato dalla sua amata: “Beh, dev’essere sempre un nulla di che, per la prescelta, non è così?” disse, tranquillo e Dustin, confuso, si girò immediatamente verso la ragazza.

 “Aspetta, ti conosce?”

Ma quella lo ignorò, rivolgendosi direttamente a Rick: “Mi hai vista ai piani alti, vero?” chiese, tranquilla.

 “Sì, mi sembra di averti incrociata, una volta. Congratulazioni per aver vinto la battaglia, a proposito!”

A quel punto Dustin, notando che l’altra si era persa a guardare l’uomo, le tirò una gomitata per risvegliarla:  “Allora? – la sollecitò - Ci sbrighiamo?”

All’altro, però, non sfuggì il suo gesto: “Oh, scusate, vi abbiamo trattenuti fin troppo, immagino...”

Jade rimase in silenzio, così il ragazzo decise di prendere in mano la situazione.

“In verità, - spiegò - siamo qui per Sophia. Non è un caso se ci siamo trovati qui, proprio nel momento in cui quella trave le stava per cadere addosso. Uccidendola.”

 “Non capisco… di che cosa stai parlando?”

Fu Sophia, però, a spiegargli la situazione: “Dicono che devo seguirli nel loro tempo. Cioè, nel futuro.”

Rick, allora, si voltò verso la prescelta: “E’ la verità?” chiese e l’altra annuì.

 “Perché deve venire con voi, allora?” continuò.

“Perché abbiamo bisogno del suo aiuto, visto che è una prescelta, come me. Purtroppo, la battaglia non è stata vinta come pensavamo e il sangue di noi prescelte, ora, è la chiave per neutralizzare i disordini una volta per tutte.”

La diretta interessata la guardò, perplessa: “Scusa, perché proprio io? Ci sono molte altre prescelte, o sbaglio?”

“Purtroppo, dove ci troviamo al momento, non ci sono molte prescelte su cui contare.”

I due annuirono.

 “Suppongo sia stato il Consiglio a farvi il suo nome, dal momento che sanno di me e lei…” aggiunse Rick e Jade decise di mentirgli.

 “Ma certo! Io non la conosco nemmeno, come avrei potuto sapere dove trovarla…” si affrettò a spiegare, per fortuna in modo abbastanza convincente.

L’uomo, allora, si voltò verso Sophia: “Puoi fidarti di loro, amore mio. Io rimarrò qui ad aspettarti, d’accordo?”

Lei, allora, annuì e lo guardò con tenerezza, prima di accettare di seguirli e baciarlo con passione. Poco lontano, Jade li osservava triste, perché dentro di sé sapeva la verità: quell’amore sarebbe finito lì, per sempre, appena dopo quel bacio. Alla fine, comunque, si staccarono e la ragazza poté avvicinarsi ai due per partire.

Rick, però, aveva ancora un’ultima domanda: “Quando me la riporterete?”

 “Presto… - gli rispose Jade, guardandolo a lungo, malinconica – Mi dispiace...”

La sua reazione lasciò l’altro perplesso, ma non ci fu tempo di aggiungere altro perché lei, con un cenno della mano, lo bloccò, scatenando il disappunto di Sophia.

“Ma che cosa stai facendo?!?” le chiese, indignata, mentre quella, con un altro cenno, lo faceva risplendere di un riflesso violaceo.

“Non deve avere memoria di questo incontro e nemmeno di questa conversazione!” replicò, decisa.

 “Perché?” insistette la ragazza.

Jade, allora, si voltò lentamente verso di lei: “Perché ci sono cose che non puoi capire, Sophia. Sai  perfettamente che il futuro non deve essere compromesso in nessun modo. E adesso andiamo!” concluse e quella non aggiunse altro, mentre si preparavano a tornare nel presente.

 

 

Morney Hill

 

 

Heith uscì dalla casa della confraternita e iniziò a camminare lungo la strada con il suo scettro lucente fra le mani. Rideva e volteggiava come una matta, mentre Bastian cercava di correrle dietro e di raggiungerla.

“Ehi, aspetta! Vuoi fermarti un secondo?” le gridò e subito lei si bloccò, per voltarsi verso di lui, seccata.

 “Cosa c’è?”

 “Ancora non mi hai detto che cosa sta succedendo… cos’hai fatto? Pensavo fossimo in due in questo piano di conquista del potere.”

L’altra roteò gli occhi: “Ok, vuoi davvero sapere cosa ho fatto? – sbottò, mostrandogli lo scettro – Vedi questa palla di vetro? Dentro ci sono tutti quanti! I disordini, Jade e i suoi amici. TUTTI! Grazie ad Harmony, ora ho nelle mie mani il potere di tutti loro, oltre al Male primordiale.”

“Nelle NOSTRE mani, vorrai dire.” puntualizzò lui.

La donna lo guardò con un leggero ghigno dipinto sulle labbra: “Ricordi quando eri una statua di pietra e io ti ho detto che erano stati Jade e gli altri a ridurti così? Beh, non era vero. Dopo che ci hai tirate fuori da quella gabbia, infatti, sono stata io a trasformarti in una statua di pietra perché io lavoro da sola.”

Ovviamente, all’altro non sfuggì il suo cambio di atteggiamento: “Allora come mai hai avuto bisogno di me, dopo? Anzi, aspetta, lo so io: perché tu non sei capace di arrivare ai tuoi scopi senza l’aiuto di altre persone! Mi rendo conto solo ora che sei soltanto una patetica nullità…” concluse, ma, con sua grande sorpresa, Heith nel sentire le sue parole sorrise.

 “Hai ragione, sai? Io ho sempre bisogno di qualcuno per arrivare ai miei scopi, ma non sono una nullità. Perché, quando li raggiungo, – e sollevò lo scettro, puntandolo verso Bastian – non ho più bisogno dell’aiuto di quelle persone. Mai più!” concluse e, pochi secondi dopo, quello bruciò fra le fiamme, mentre lei si godeva le sue urla, guardandolo sparire per sempre in una nuvola di fumo trasparente.

A quel punto, la strega  sorrise, iniziando a girare su se stessa: “Sono l’unica rimasta dei cattivi! Uuuh, eccitante! – esclamò, per poi tornare in sé e riprendere a camminare, raggiante – Heith ha vinto, mentre tutti gli altri hanno perso. Sono la strega più potente adesso e presto anche il resto del mondo mi conoscerà! Sono stata umiliata per così tanto tempo da quella ochetta bionda di Jade, dai suoi odiosi amici e anche da John e Wolf, ma, ora, basta… Heith non verrà mai più presa in giro da nessuno e, soprattutto, non si prostrerà mai più a nessuno. Saranno gli altri a inchinarsi a me. Lunga vita alla regina del male, da qui all’eternità!” e rise ancora di più, malvagia, mentre il suono di quella risata rimbombava ovunque nella cittadina ormai deserta.

 

*

 

Intanto, non molto lontano dalla strega, nel bel mezzo di una stradina, si era aperto un varco da cui, subito dopo, uscirono Dustin, Jade e Sophia. Il ragazzo, guardandosi intorno, tirò un sospiro di sollievo.

 “Bene, l’anello ha funzionato come si deve. Suppongo che questo sia il nostro tempo…”

Jade osservò per un attimo la devastazione intorno a sé in cerca di una conferma, prima di rispondere: “Sì, siamo proprio tornati nel periodo giusto. – poi guardò la data sul suo telefono – Nello stesso giorno in cui sono finita nel futuro, il 24 gennaio!”

Dustin la guardò, perplesso: “Accidenti, il nostro viaggio nel tempo è durato quasi una settimana! Com’è possibile se siamo stati nel passato al massimo un’ora?”

“C’è un altro disordinato come te, nel mio gruppo. E’ un narratore e tutto ciò che dice si realizza magicamente. L’unico effetto collaterale è che i suoi poteri assorbono il tempo, perciò suppongo li abbia usati, mentre eravamo via.”

 “Chissà qual è il mio effetto collaterale, allora. Ammesso che ne provochi uno, ovviamente…”

 

In quel momento, la ragazza si accorse che il luogo in cui si trovavano le era famigliare.

 “Siamo nello stesso quartiere in cui sono finita nel futuro…” mormorò, per poi salire i gradini di legno del portico più vicino in cerca di qualcosa.

 “Strano…” sussurrò, attirando l’attenzione di Sophia.

 “Cosa?” chiese.

 “Quando ero nel futuro, ho trovato un giornale qui, con la data di oggi…”

Il ragazzo la osservò nuovamente, sempre più confuso: “Un giornale con la data di oggi? Strano, visto che la città è deserta da un bel po’ di tempo. Dubito che gli addetti alla consegna siano sopravvissuti all’oscura apocalisse!” commentò.

 “Già, hai ragione. Ma allora da dove era spuntato fuori?”

Fu Sophia, però, ad aver trovato una soluzione: “Beh, potrebbe essere magicamente spuntato fuori…”

Subito, Jade ragionò sulla sua ipotesi: “Ma certo! – esclamò, dopo qualche secondo - Io avevo bisogno di scoprire quella data, altrimenti non saremmo giunti proprio in questo punto, perciò... ho creato io il giornale!”

Poi, stendendo le mani, chiuse gli occhi e fece comparire un vero e proprio giornale fra le sue mani. Infine, diede istruzioni a Dustin sulla mossa successiva.

 “Ok, io adesso devo scrivere un biglietto alla me stessa del passato, che sicuramente sta per arrivare. Tu tieniti pronto ad aprirle il varco e farla tornare nel suo tempo, d’accordo?” e quello annui, mentre Sophia la fissava sconcertata e confusa.

 “Wow, dev’essere dura essere te!” commentò.

 “Non sai quanto! Ma ti assicuro che questo è niente a confronto di quello che ho già passato. Una volta ho vissuto lo stesso giorno più di duecento volte, quindi sono abbastanza esperta su tutto ciò che riguarda il tempo. Piuttosto, - aggiunse, notando la borsetta che la ragazza portava a tracolla - hai carta e penna con te, per caso?”

“Oh, certo!” rispose l’altra, consegnandoglieli.

Qualche manciata di secondi dopo, una volta scritto il messaggio e messo a posto il giornale, Jade le disse: “Bene, andiamo a nasconderci adesso, prima che io arrivi e ci veda!” e subito le due sgattaiolarono via.

Al sicuro, lontano dal quartiere, le due ragazze decisero di fare una passeggiata in attesa di essere raggiunte da Dustin. Fra le due, però, calò ben presto un silenzio imbarazzante, rotto solo parecchi attimi dopo proprio da Sophia.

 “Conosci Rick, vero?” le chiese, cogliendola di sorpresa.

 “Ehm, sì, cioè no, cioè… di vista, ai piani alti, come ha detto lui!” farneticò Jade, confusa e, ovviamente, per nulla convincente.

 “Non sei credibile, hai detto troppi cioè . E poi, ti sei comportata in modo strano quando eravamo davanti a quel granaio. Perciò: dov’è lui, adesso?”

Con un sospiro, l’altra capì di non poter fare altro che arrendersi: “Lo conosco e siamo stati anche molto amici. Contenta?”

Negli occhi della ragazza passò un lampo di terrore nel sentire le sue parole: “Stati? Jade, dov’è ADESSO?”

Jade abbassò lo sguardo e la sua voce, quando rispose, fu poco più che un sussurro: “E’ stato ucciso, Sophia. Mi dispiace… E quando dico che mi dispiace, lo dico dal profondo del mio cuore, perché era mio amico e gli volevo molto bene. Ho sofferto tanto per la sua perdita…”

Sophia scoppiò a piangere: “Come? Chi è stato?” chiese, in preda a una vera e propria isterica.

Ma l’altra non ebbe il coraggio di dirle la verità e le mentì: “E’ morto esattamente come sei morta tu: tra le fiamme. Solo che tu sei qui, adesso. E ad ucciderlo è stata una strega di nome Heith.”

Quella si asciugò le lacrime, poi, decisa, sentenziò: “Voglio tornare da lui. Rispeditemi nel mio tempo!”

Jade, però, scosse la testa, mortificata: “Non puoi, Sophia. Ti ho mentito: tu non potrai più fare ritorno nel tuo tempo, perché morirai qui.”

Ovviamente, la sua rivelazione lasciò Sophia sgomenta e senza parole, tanto che iniziò a indietreggiare, spaventata: “Di cosa diavolo stai parlando…?”

“Non solo Rick non ricorderà del nostro incontro nel passato, ma, quando si sbloccherà, penserà di averti persa in quell’incendio, anche se non troverà mai il tuo corpo.”

La ragazza scoppiò ancora una volta a piangere: “Perché l’hai fatto? PERCHE’?”  urlò.

 “Perché è così che doveva andare, Sophia. Non sono tornata indietro per modificare gli eventi del futuro, ma per SALVARE il futuro dell’intera umanità. Non puoi tornare da lui…”

 “E io allora? – ribatté quella, arrabbiata - Sono viva, non è un cambiamento questo?”

 “Ma non lo sarai ancora per molto. Sei il mezzo perfetto, dato che il tuo destino non cambierà e, quindi, la tua assenza dal passato non modificherà il futuro. Sei morta nel passato e morirai anche qui, con la sola differenza che ci aiuterai a salvare il mondo intero.”

“Quindi io sarei un mezzo?” singhiozzò la ragazza, cinica.

“NO! Hai avuto la possibilità di dirgli addio, una cosa che per la maggior parte di noi non è possibile e che a te non è stata concessa la prima volta. E poi, non potrei riportarti comunque indietro, perché tu appartieni ad un altro mondo ormai, dove hai potuto assaporare una vita del tutto nuova. Una vita da cui ti abbiamo strappata via e a cui potrai tornare solo dopo il sacrificio per il quale ci serve il tuo aiuto.”

Sophia si fermò e la guardò, confusa: “Un altro mondo? Un’altra vita? Cos’è, vuoi confondermi, per caso? Mi stai mentendo ancora una volta  nel disperato tentativo di avere il mio aiuto?”

Ma l’altra  scosse la testa: “Tu non lo sai, ma i prescelti hanno una seconda opportunità rispetto a tutti gli altri. Gli anni passati a combattere battaglie e a sacrificarsi per il bene comune hanno una ricompensa. Infatti, quando essi muoiono, finiscono in un altro mondo, uno dove la magia non esiste e dove possono avere una vita normale. – sorrise leggermente – C’è il mio ragazzo lì ed è tutto vero perché ci sono stata. Quando abbiamo fermato la tua morte, ti abbiamo fatta automaticamente sparire da quel mondo, ma lascia che ti ricordi la vita che avevi lì, ok?”

Poi, si avvicinò ancora di più e mise le mani sulle sue tempie. Sophia, con sua grande sorpresa, si lasciò toccare, chiudendo gli occhi, pronta a ricevere quei ricordi. Dopo qualche secondo il suo viso fu solcato da un vortice di emozioni positive e le lacrime iniziano a scorrerle lungo le guance. Alla fine, dopo un tempo che parve lunghissimo, riaprì gli occhi e sorrise.

 “Ho una figlia! – esclamò - Ricordo tutto quanto... ogni momento della vita passata in quel mondo. – poi tornò seria e sul suo volto si dipinse la confusione – Com’è possibile che io sia sparita da quel mondo, se in esso non vi è magia, però?” chiese.

 “Ancora non ho capito come funziona, ma pare che il nostro mondo sia in grado di avere potere su quello, ma non viceversa.”

Soddisfatta, Sophia si asciugò per l’ennesima volta le lacrime: “Devo tornare al più presto da mia figlia e da mio marito. E’ pazzesco! Fino ad un attimo fa Rick era tutto il mio mondo e ora è come se l’avessi dimenticato da tempo e abbia accettato la mia morte in questo mondo e l’aver abbandonato le persone care che avevo qui. Come se fosse davvero passato molto tempo, mentre un attimo fa era semplicemente… un attimo!”

Comprensiva, Jade le mise una mano su un braccio: “Riacquisire i tuoi ricordi, ti ha fatto fare una specie di salto temporale. Ora vedi tutto da un’altra prospettiva, perché tecnicamente hai detto addio a quelle persone parecchio tempo fa e poi ti sei fatta una vita nel luogo in cui ti sei ritrovata.”

 “E a cui devo tornare. Dalla mia famiglia.”

 

Improvvisamente, come un fulmine, sollevando un colpo di vento, davanti alle due ragazze comparve Dustin.

“Missione compiuta! La Jade del passato è tornata nel suo tempo e ha letto il biglietto all’interno del giornale. Tutto a posto!”

La strega annuì, soddisfatta: “Bene, andiamo dai miei amici a concludere questa storia una volta per tutte, allora!”

 

Ma una voce alle loro spalle li bloccò prima che potessero muoversi.

“Che mi venga un colpo!” esclamò, facendoli voltare immediatamente. Era Heith, ancora una volta.

 “Come diavolo fai ad essere qui?” continuò, confusa, suscitando una risata in Jade.

 “Uno scettro? Ti credi una bambina di otto anni, adesso?”

La donna, allora, iniziò a passarsi lo scettro da una mano all’altra nel tentativo di calmarsi, osservandola come se la stesse analizzando. Alla fine, giunse a una conclusione.

 “Non eri a Morney Hill. – sentenziò - Per questo non sei nello scettro con gli altri.”

Ma l’altra la ignorò, guardandola stranita: “Aspetta! Di cosa diavolo stai blaterando? Che cosa hai fatto ai miei amici?!?”

Heith gongolò: “Oh, beh, sono in un posto letteralmente da incubo. – poi colpì il vetro dello scettro con un’unghia – Proprio qui dentro! In verità, tutta la città è qui dentro, non solo i tuoi amici, se devo essere sincera…”

Furiosa, la ragazza cercò di prendere lo scettro con la telecinesi, ma quello scintillò, annullando il suo potere. La donna scoppiò a ridere, soddisfatta.

 “Mi dispiace, ma non sei più la strega numero uno da queste parti. Certo, mi hai rubato le streghe, che per me erano fonte di potere, e sei decisamente andata in vantaggio in quell’occasione, ma ora… beh, potresti farti assumere in un circo per quanto i tuoi poteri sono ridicoli, in confronto ai miei!” esclamò, ma l’altra non si fece intimidire e replicò, altrettanto diretta e arrogante.

“Non sono un tipo da circo, Heith. Lo sei più tu, che non fai che renderti sempre più ridicola nella tua assurda scalata verso il potere destinata a diventare una discesa ancora più umiliante della precedente!”

Ormai, la donna era livida per la rabbia e agitava istericamente lo scettro contro la nemica: “TACI, MALEDETTA! – le urlò – E goditi il tuo soggiorno da incubo, mia cara, perché, credimi, lo sarà! Eccome se lo sarà!”

E, poco dopo, un’ondata celeste investì i tre. Mentre Dustin e Sophia si guardavano attorno terrorizzati, Jade rimase impassibile.

“Lo sai che troverò il modo di uscirne, vero? Come sempre..” ribatté, beffarda, un sorriso di scherno sulle labbra.

L’attimo seguente, era scomparse all’interno dello scettro ed Heith, piegata in due, cercava a fatica di calmarsi e di riprendere fiato.

 “E invece non ne uscirai, te lo posso garantire! – mormorò, alzando sempre di più la voce - RESTERAI BLOCCATA QUI DENTRO, TE LO GIURO! MI HA SENTITO, MALEDETTAA? EH?!? MI HA SENTITO?”

Poi si ricompose, tornando calma e sorridendo come sempre.

“Ma certo che non puoi sentirmi, come potresti,del resto? L’inferno che c’è qui dentro è troppo rumoroso. Comunque, ti auguro tanta sofferenza, stupida puttana arrogante… Per me è arrivato il momento di andare a costruire il mio regno, di cui purtroppo non sentirete mai parlare!” e rise malvagiamente, saltellando felice, il suo scettro sempre fra le mani.

 

 

Nella mente di Harmony, all’interno dello scettro 

 

 

Jade si risvegliò all’interno di una cella e subito si guardò intorno, stordita. Poi, strisciò fino alle sbarre e si accorse di non essere sola: nella fila di celle dall’altro lato, infatti, notò qualcun altro steso a terra. L’aria, inoltre, era piena di urla strazianti provenienti da chissà dove. La strega, allora, cercò immediatamente di svegliare quella persona.

“Ehi! Ehi, svegliati!” chiamò e quella iniziò a sollevarsi, rivelando la sua identità: era Brenda.

Non aveva lo stesso aspetto di come l’aveva lasciata prima del viaggio, ovviamente: i suoi vestiti e le sue mani erano ricoperti di sangue e inoltre sembrava alquanto terrorizzata e tremava. Quando vide Jade, quasi non credette ai suoi occhi.

“Oh Dio, Jade, sei veramente tu?” mormorò, mentre l’altra la osservava, troppo sconvolta dalle sue condizioni per parlare.

 “Certo che sono io, ma… ma cosa ti è successo?” chiese e l’amica si guardò le mani a lungo cercando di ignorare il loro tremolio, prima di rispondere.

 “Ehm, non lo so, credo di aver dormito per giorni. L’ultima cosa che ricordo è che mi trovavo ad Alkaban e che io e Terence non riuscivamo a trovare più gli altri. Siamo andati nella Sala Grande e lui è scomparso improvvisamente. Poi, davanti a me, è comparsa una creatura mostruosa e ad un tratto avevo la mia balestra in mano, così l’ho uccisa, mi sono avvicinata e... – scoppiò a piangere, sconvolta – le mie mani erano cambiate, avevo degli artigli lunghissimi al posto delle unghie e la mia pelle sembrava putrefatta. E… e… poi ho iniziato a sviscerare quella creatura, dissanguandola completamente e a quel punto lei… lei si è trasformata in Terence e io… credo di averlo ucciso in preda ad un’allucinazione…”

Jade rimase letteralmente agghiacciata dal suo racconto: “Ok, tutto questo non è reale, Brenda. Tu non hai ucciso Terence! E adesso siamo in una sorta di realtà alternativa creata da Heith, come nel libro del narratore, credo. Dobbiamo solo trovare il modo di uscire, d’accordo? Piuttosto, hai visto gli altri in giro, per caso?”

Ma l’altra scosse la testa: “No, non so nemmeno come sono arrivata qui.”

 

A quel punto, allora, la strega provò a mettersi in piedi e a provare ad aprire la porta della cella con i suoi poteri, ma fallì.

 “Cosa sta succedendo ai miei poteri?” mormorò, confusa.

 “Forse qui non funzionano…” sussurrò in risposta l’amica quando, improvvisamente, le celle si aprirono con forza, facendo un rumore terribile che spaventò le due ragazze: Brenda indietreggiò per la paura, sbattendo contro la parete alle sue spalle. Jade, invece, dopo essere rimasta per qualche secondo impalata senza sapere cosa fare, non esitò ad uscire, incitando  l’amica a fare altrettanto.

“Non so chi abbia aperto la cella, ma dobbiamo andarcene e trovare gli altri. Forza!” la incitò, senza successo.

 “No! Non voglio venire, perché quello che c’è là fuori mi terrorizza. Senti queste urla strazianti? Non mi hanno fatto chiudere occhio per giorni, ma alla fine la stanchezza ha vinto. Non riesco nemmeno ad immaginare quello che potrebbe esserci oltre questo corridoio...”

L’altra la guardò, perplessa: “Vi ho lasciati meno di una settimana fa, come puoi pensare di essere qui da giorni?”

Le sue parole sconvolsero Brenda: “Una sola settimana? Jade, io non so cosa dirti, so solo che mi sembra di stare qui da molto più tempo. Ho completamente perso la cognizione del tempo e non faccio che avere paura in ogni momento, ogni volta che apro gli occhi. – le lacrime tornarono a solcare le sue guance – Sono così confusa.. non so nemmeno se ho ucciso veramente Terence… Questo posto è l’inferno, credimi…”

Ma Jade non si lasciò convincere, anzi, fece quei pochi passi che le separavano e la prese per un braccio, aiutandola ad alzarsi: “Tu vieni con me, intesi? Non sei tu, questa, perché io ti conosco meglio di chiunque altro e so che non hai mai paura. Tu non hai paura di niente, chiaro?”

Quella annuì, continuando a tremare: “Sì-sì, non ho paura. Non ho paura.” ripeté, cercando di convincere se stessa che fosse veramente così.

L’amica annuì, affrettandosi a rassicurarla: “Non preoccuparti, troveremo gli altri e usciremo da qui, te lo prometto. Ne abbiamo passate di peggiori, questa è solo un’altra delle tante prove!”

 

E, poco dopo, le due iniziarono a vagare insieme in quel posto tetro. Nel tentativo di ignorare le urla, Jade decise di continuare a parlare con l’amica.

 “Sai dove siamo?” chiese.

 “Sì, credo di essere già stata qui. Anzi, ne sono sicura. Siamo sotto la città, dove tuo nonno teneva imprigionati le streghe e i demoni.”

“Quindi siamo ancora a Morney Hill, più o meno...”

 

Qualche altro passo e furono fuori dalle prigioni, in un lungo tunnel sul cui pavimento c’erano tracce di sangue, oltre a segni che indicavano che delle persone vi erano state trascinate, nonostante opponessero resistenza. La strega era sempre più sconvolta.

“Non-non riesco nemmeno ad immaginare cosa sia successo qui…” mormorò.

 “Io, invece, non so se sarò in grado di fare un altro passo. Ero più al sicuro in quella cella!” esclamò l’altra, ma fu subito rimproverata.

“ Brenda, smettila, non tornerai indietro! Non c’è un posto più sicuro degli altri, qui!”

 

Improvvisamente, udirono delle urla femminili che si avvicinavano sempre di più e Brenda, spaventata, si nascose dietro l’amica, strattonandola per la maglietta.

“Andiamocene, ti prego…” le sussurrò, ma quella non le rispose, anzi, rimase immobile, i sensi perfettamente all’erta, aspettando di vedere chi stava arrivando. Finalmente, quella persona giunse davanti a loro: era Nina. Quando le vide, smise subito di correre e si precipitò ad abbracciare Jade.

 “Oh mio Dio, sono così felice di vedervi…” mormorò e l’altra, spiazzata, la sentì tremare tra le sue braccia.

“Nina, calmati. Sei con noi! – le disse – Che cosa ti è successo?”

Quella, allora, si staccò da lei, cercando le parole per spiegare loro la situazione: “Ero con Zack e Wes, stavamo cercando gli altri e perciò abbiamo lasciato Alkaban. Poi abbiamo visto delle strane creature dagli occhi rossi, sembravano licantropi. Abbiamo preso una strada secondaria per aggirarli, ma ne sono spuntati fuori altri proprio davanti a noi. Mentre scappavamo, delle catene sono scese dal cielo e hanno agganciato Wes e Zack per le caviglie. Se Zack non mi avesse spinta, avrebbero preso sicuramente anche me!”

L’altra, incredula, la invitò a continuare: “E poi?”

Nina scoppiò a piangere: “Mi hanno gridato di scappare e così ho fatto, ma loro sono rimasti lì, appesi a testa in giù con quei mostri che tentavano di acciuffarli. Sono tantissimi, riuniti tutti sotto alle loro vittime.”

“Quindi hai visto altre persone nelle stesse condizioni?”

 “Sì!”

Brenda, in pensiero, decise allora di intromettersi: “Noa?”  chiese, la voce che era poco più di un sussurro, ma l’altra scosse la testa.

 “Non l’ho visto, mi dispiace.”

A quel punto, Jade la osservò meglio e notò che era ferita: “Chi è stato a farti quei tagli?” chiese, mentre quella, improvvisamente infreddolita, si stringeva le braccia al corpo.

 “Mentre percorrevo i tunnel sono stata attaccata da uno sciame di insetti volanti. Avevano le ali che sembravano lame e non volevano lasciarmi in pace. Credo di aver corso per parecchio tempo, sembrano infiniti…”

L’altra annuì, lo sguardo improvvisamente attirato da una scala poco lontana da loro: “Dobbiamo uscire da qui!” esclamò, ma subito Nina cercò di fermarla.

“No, Jade, fuori è pericoloso!”

 “Sì, Nina ha ragione, - la appoggiò subito Brenda - dobbiamo restare qui!”

Ormai la strega era quasi sul primo gradino: “Ma siamo in pericolo anche qui, tanto vale rischiare e andare fuori nel tentativo di trovare una via d’uscita, no?”

Nina scosse la testa: “Qui è pericoloso, è vero, ma fuori lo è ancora di più, credimi. Siamo qui da molto più tempo di te, sappiamo di cosa stiamo parlando!”

“Non capisco… proprio perché siete qui da più tempo di me, dovete trovare la forza di lasciare questo posto. Non potete vivere nella paura, no? Combattete! Voi non siete così arrendevoli nella vita reale!”

Le altre due, nel sentire le sue parole, abbassarono immediatamente lo sguardo.

 “Jade, - iniziò Nina, gentile - se ci fosse un modo per andarcene, credi che non avrei combattuto per trovarlo? La verità è che non c’è via d’uscita per noi e lo sanno anche gli altri.”

Colpita, Jade si fermò e tornò indietro verso di loro: “Che cosa vorresti dire?”

 “Siamo dentro gli incubi di Harmony, purtroppo. E chi entra nei suoi incubi, non è più in grado uscirne. Ce l’hanno detto le streghe: questo sarebbe il suo fardello. Se lo porta dietro da anni, ma ora Heith lo ha scoperto e lo sta usando contro di noi. Credimi, stavolta non c’è nulla da fare, siamo tutti condannati qui!”

Ma l’altra scosse energicamente la testa, incapace di accettarlo: “No, mi rifiuto! Non sono arrivata fino a questo punto per rimanere bloccata in un incubo. Ho superato cose ben peggiori e combattuto battaglie che sembravano impossibili da vincere. Ho visto il futuro in quei dipinti che mi hai mostrato, Nina, e la fine non era questa!”

 “Il futuro può sempre cambiare, Jade. Uno dei dipinti ci mostrava assieme a George davanti alla casa di riposo, ricordi? Il narratore non era presente in quel dipinto, eppure nella realtà era con noi quando l’abbiamo incontrato.”

 “No, non voglio ascoltarti! – ribatté Jade, sempre sicura, tornando verso la scala - Io uscirò da questo incubo!” e iniziò a salire, subito richiamata dall’amica.

“Jade, aspetta, non andare!” la chiamò, ma quella la ignorò, sollevando la grata e sbirciando fuori. Quello che vide, però, non fu per niente rassicurante: file di persone penzolavano dal cielo attaccate a delle catene, cercando di non essere presi dai mostri che facevano a gara per acciuffarli. Quando notò che una di quelle creature stava annusando l’aria, pronta a girarsi verso di lei, chiuse immediatamente la grata e scese nuovamente dalle sue amiche.

 “Ti sei convinta, ora?” le chiese Nina, ma la risposta arrivò solo qualche attimo dopo, perché Jade era troppo impegnata a riflettere su quello che stava accadendo.

“Questo è un incubo, giusto? Si tratta solo di un macabro gioco, una tortura mentale, non fisica. Nessuno muore veramente, qui, perché stiamo parlando di incubi, sogni, cose che non sono reali. E’ solamente una cosa mentale, che ci condiziona a tal punto da far sembrare tutto vero e autentico, anche se non lo è.”

Brenda la guardò, una scintilla di speranza negli occhi: “Quindi Terence non è morto per davvero?”

Jade scosse la testa: “Non credo, Brenda. Quello che sto cercando di dirvi, infatti, è che siete talmente impegnate ad avere paura, che vi dimenticate che dagli incubi ci si può svegliare. Quando la paura arriva al culmine, la gente di solito si sveglia dai propri incubi, no?”

 “Credimi, io sono già arrivata a quel punto e ho desiderato con tutte le mie forze di svegliarmi, ma non ha funzionato.”

 “Certo, perché questi sono gli incubi di Harmony, non i nostri. Non abbiamo alcun controllo qui ed è per questo che rimaniamo bloccati.”

“Allora cosa possiamo fare?”

 “Dobbiamo trovare il meccanismo che ci permetterà di svegliarci dall’ incubo, di controllarlo e di abbandonarlo. E’ quasi un desiderio: la nostra mente che desidera con tutte le forze di tornare alla realtà, perché sa benissimo di trovarsi in un incubo. Ci serve qualcosa che inneschi i nostri desideri, la nostra voglia di volerci svegliare.”

Brenda sospirò: “E dove possiamo trovare questa sorta di innesco?”

In risposta, Jade sorrise: “Beh, siamo fortunati ad avere Morney Hill come scenario, perché si trova proprio a casa di Rick.”

Le altre due la guardarono perplesse: “Che cosa c’è a casa di Rick?” chiesero.

“Quando ero sua amica, mi ha mostrato un oggetto magico chiamato sfera dell’immaginazione. Grazie a quello, per quasi un giorno intero siamo riusciti con la mente ad uscire da Morney Hill… Ci è bastato immaginare, volere, desiderare di essere al mare per trovarci davvero lì. E quello sarà il nostro innesco!”

Nina sentì crescere dentro di sé la speranza e si aggrappò a quelle parole: “Quindi se troviamo la sfera a casa di questo Rick  potremo andarcene via da qui per davvero?”

L’altra annuì: “E’ la nostra unica speranza, ragazze. Siete con me?” e quelle, guardandosi, sfinite per tutto quello che avevano passato, finalmente annuirono, convinte.

Poco dopo, insieme, percorsero il tunnel cercando di avvicinarsi ad Alkaban, mentre Jade spiegava loro il suo piano.

Jade spiegò loro il piano: “Più ci allontaneremo dalla città, più saremo lontane da quei mostri. Abbiamo bisogno di armi per difenderci e arrivare sane e salve a casa di Rick e credo si trovino nella stanza della cassaforte.”

Ma Brenda si bloccò, titubante, per poi esternare le proprie paure: “E’ ad Alkaban che ho ucciso Terence…” mormorò.

 “Non è morto! – ribatté l’amica, decisa - E’ solo un incubo, quello che accade qui non è reale.”

 

 Improvvisamente, si sentì un ronzio non molto lontano e le tre si fermarono. Il volto di Nina, in particolare, si trasformò in una maschera di puro terrore, quando riconobbe la nuova minaccia.

 “Oh no! No, no, no, no, sono di nuovo quegli insetti! Non posso sopportare altri tagli!”

E subito corsero via dalla parte opposta, finchè non accade qualcosa: iniziarono a sprofondare nel pavimento.

Spaventate, iniziarono a gridare.

 “Che cosa sta succedendo?” chiese Brenda e Nina dovette urlare per farsi sentire.

 “Il pavimento ci sta inghiottendo come fossero sabbie mobili!”

Jade, invece, nonostante fosse tesa, cercò di rassicurarle: “State calme, non moriremo, ok? Più vi agitate e più sprofonderemo velocemente!”

Ma quelle non poterono seguire il suo consiglio, perché in quel momento furono investite dallo sciame di insetti, che le attaccò, facendole agitare e gridare ancora di più. Nel giro di pochi istanti, sprofondarono tutte completamente.

 

*

 

Intanto, in superficie, da qualche altra parte in città, Noa stava correndo con cautela di casa in casa, guardandosi costantemente intorno circospetto. Improvvisamente, andò a sbattere contro una persona sbucata improvvisamente da dietro una casa.

 “Oh, wow, una persona!” esclamò: era una donna, che, quando lo capì che era sporco di sangue, iniziò a indietreggiare, spaventata.

 “Oh, no, non fraintendermi! – le disse, gentile - Mi sono risvegliato in una vasca di cadaveri e ho anche vomitato, ma non sono pericoloso. Non sono un assassino, ti prego, non scappare. Sei la prima persona che incontro apparte quelli che penzolano dal cielo e sono disperato perché non riesco a trovare i miei amici. Ti prego, non scappare…”

Colpita dalle sue parole, quella decise di fidarsi: “Per caso tra i tuoi amici c’è anche una ragazza che si chiama Jade?”

Lui annui: “Sì, perché, l’hai incontrata? – guardò alle sue spalle – Dov’è?”

 “No, no, non è con me. Cioè, era con me… sono Sophia, la ragazza del passato.”

Nel sentire il nome, quello, finalmente capì: “Ah... – esclamò, per notare che era sporca di terra – Mi dispiace per quello che stai vivendo. Suppongo sarebbe stato meglio rimanere morti,  anziché affrontare un viaggio temporale per finire in questo postaccio, vero?”

Gli occhi di lei si riempirono di lacrime, mentre il suo corpo iniziava a tremare senza che potesse controllarlo: “Mi sono risvegliata sottoterra, ho scavato e scavato per uscire da quella stramaledetta buca, ma non arrivavo mai in cima. C’erano vermi che mi strisciavano addosso e la terra era così fredda... Non so da quanto fossi sepolta lì, esattamente.”

 “Già, sembra anche a me di essere qui da mesi. Sai, la vasca piena di cose morte non è l’unica cosa che ho affrontato... – anche a lui vennero gli occhi lucidi – Voglio solo trovare i miei amici e andarmene da qui…”

“Sono d’accordo, non voglio più rimanere qui. Comunque, io stavo andando verso sud, perché pare che da quelle parti non ci siano i mostri. Inoltre, c’è la casa del mio ex-ragazzo, che era un cacciatore. Avremo bisogno di armi per proteggerci, dato che io non ho più i miei poteri.”

 “D’accordo, fammi strada, allora!” replicò lui e insieme proseguirono, attenti e vigili.

 

 

Nel mondo reale, fuori dalla mente di Harmony

 

 

Heith, una volta arrivata nel centro della città, si fermò, guardando verso il cielo: il sole stava sorgendo e lei aveva passato tutta la notte a riflettere su come avrebbe gestito il suo nuovo potere sul mondo. Finalmente, però, aveva le idee chiare e niente e nessuno l’avrebbe fermata. Così sollevò lo scettro in alto e disse: “E’ arrivato il momento di lasciare questa città e di affrontare il mio nuovo destino di regina del mondo. Non mi sembra ancora vero… ho sconfitto tutti quanti…. Non esiste più nessuno capace di fermarmi. E ora… ora creerò il mio impero del terrore, da oggi comincia una nuova era: l’era della più grande e più potente strega mai esistita, la magnifica Heith! Che io possa regnare a lungo!” e rise malvagiamente, scagliando un potente raggio viola che colpì l’intera cupola, mandandola in frantumi.

Nel vederla crollare, sorrise, soddisfatta: “E’ fatta! – esclamò - Ora niente e nessuno mi separa dal resto del mondo e dal mio destino. Sto arrivando!” e rise ancora e ancora, pronta a lasciare finalmente Morney Hill…

 

CONTINUA NELL’ULTIMO EPISODIO DELLA TERZA STAGIONE

Testo a cura di Lady Viviana.

ANGOLO AUTORE: Purtroppo oggi non saranno disponibili entrambi gli episodi, scusate il disagio. Il capitolo finale della terza stagione vi aspetta domani pomeriggio, non mancate.

 

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Capitolo 22
*** 3x22-I sogni di Harmony: La fine dell'incubo (Parte II) ***


CAPITOLO VENTIDUE

"Harmony's Dark Dreams: The End (Part II)"

 

 

 

Jade si risvegliò e subito si toccò il viso e le braccia. Poi, sorrise, rendendosi conto di essere ancora viva.

“Avevo ragione! – esclamò, sollevandosi e ritrovando le amiche accanto a sé – Avevo ragione, non siamo morte!”

Brenda, con una mano sul petto, fece altrettanto: “Già, però mi è sembrato di non respirare più per davvero!”

“Di MORIRE per davvero, più che altro…” la corresse Nina.

 “Hai ragione. E’ stata un’esperienza terrificante, non ho mai avuto così tanta paura in vita mia!”

A quel punto, Jade interruppe i loro discorsi, incitandole a rialzarsi:  “Ragazze, ve l’ho detto: questa è solo una tortura mentale. E adesso dobbiamo trovare quella sfera e porre fine a tutte le sofferenze che i nostri amici stanno subendo là fuori!”

Quelle, allora, si alzarono, notando solo in quel momento che erano nello stesso luogo di prima, qualche metro più avanti.

 “Ci siamo spostate!” esclamò Nina ad alta voce, mentre Jade si dirigeva verso la scala più vicina e provava a salirvi.

“Forse ci siamo avvicinate ad Alkaban!” e, quando arrivò in cima, diede un’occhiata fuori per poter poi riferire alle ragazze cosa vedeva.

“Ok, siamo vicino alla collina, possiamo uscire!” ordinò, per poi rimuovere la grata e raggiungere la superficie.

Brenda, però, era ancora titubante: “Sei davvero sicura che non ci siano pericoli?”

In risposta, ricevette un’occhiataccia: “Rivoglio la vecchia Brenda, quella che non ha mai paura di niente…” le disse l’amica, non senza nascondere un sospiro.

 “Mi sembra un po’ difficile, dopo quello che ho passato qui!” ribatté l’altra, iniziando a salire.

 “Confermo, non ho mai vissuto un’esperienza simile. – aggiunse Nina, seguendole - Se riusciremo ad uscire da qui, non sarà facile dimenticarlo..”

 

Finalmente, pochi secondi dopo, furono tutte fuori.

 “Non demoralizzatevi, - le incitò Jade - ce la faremo!” e insieme iniziarono a correre verso la collina, mentre intorno a loro non c’era nessuno. Poco dopo, iniziarono a scorgere le forme famigliari di Alkaban ed esultarono.

“Oh, finalmente, sbrighiamoci!” esclamò Jade, ma, mentre correvano, improvvisamente la terra si squarciò in due, costringendole a fermarsi per non cadervi dentro, gli occhi sgranati per la sorpresa.

 “E adesso?” chiese Nina e l’altra, benché spiazzata, decise comunque di non arrendersi.

 “Possiamo saltare, non è poi così largo!” propose, ma subito Brenda le fece notare quanto fosse assurdo come suggerimento.

 “Ok, Jade, ho capito che sei convita che non moriremo per colpa di un salto sbagliato, ma sarebbe comunque una caduta dolorosa. Ossa che si rompono, lacerazioni e tanti altri dolori atroci che vorrei evitare…”

Ancora una volta, Nina la sostenne: “Brenda ha ragione. Inoltre, questa voragine sembra essere parecchio profonda, se non addirittura infinita.”

Mordendosi le labbra, Jade alla fine si arrese: “Oh, al diavolo, andremo a casa di Rick disarmate, sperando di non incontrare quei mostri assetati di sangue!” e a quel punto non poterono fare altro che tornare indietro.

*

Da un’altra parte, nascosti in un abitazione, Tamara osservava Barnès cospargere di sale lo stipite di tutte le porte e le finestre. I due si erano incontrati poco prima, per caso e, una volta che finì, la donna riuscì a esternargli i suoi dubbi.

“Funzionerà davvero?” chiese, dubbiosa.

“Sì, terrà lontani quei mostri. Uno di loro, qualche giorno fa, mi ha inseguito e attaccato all’interno di una di queste case. Mi trovavo in una cucina e, come ti sarai già accorta, qui non abbiamo poteri, così gli ho lanciato addosso tutto ciò che riuscivo a prendere con le mani, finchè non ho scoperto che il barattolo del sale risultava molto più efficace delle forchette e dei coltelli. Infatti, subito dopo il mostro è fuggito.”

“Sembra che abbiano un punto debole, a quanto pare...”

Lui annuì, sedendosi: “Non esattamente. Il sale ha mandato via quel mostro, ma non per sempre. Prima o poi tornerà.”

 

A quel punto, sui due calò il silenzio, interrotto solo qualche minuto dopo dalla strega, che si sedette di fronte a lui.

 “Sembravi turbato…” mormorò e quello, in risposta, accennò un sorriso.

“Beh, questa realtà non è di certo un resort!” esclamò.

 “Non intendevo qui, ma nella Sala del Consiglio, prima di tutto questo.”

Lui, però, continuava a non capirla: “E allora?”

 “Quando il test è risultato negativo, sembravi parecchio deluso. O meglio, lo sei stato quando hai scoperto quale destino era riservato a quelli a cui è risultato positivo e mi è sembrato strano, dal momento che sei un uomo di potere, a cui piace comandare e ottenere le cose con la violenza. Cosa avresti, perciò, in un mondo senza magia?”

Barnès abbassò lo sguardo: “Sì, hai ragione, sono la persona che hai descritto. E, per la cronaca, non otterrei nulla in un mondo senza magia, perché questo significherebbe per me ricominciare da zero. Non avere nulla, non essere nulla, ma…”

“Ma eri deluso di non farne parte. – continuò lei - Perché?”

Lui, allora, alzò lo sguardo e lo posò su di lei, imbarazzato come mai lo era stato nella sua vita: “Hai presente quando scopri il significato di un nuovo termine e ti rendi conto che forse per tutta la vita hai vissuto nell’ignoranza? Beh, io ho conosciuto un sentimento che tutti definiscono amore, anche se mi dà fastidio usare quella parola dal momento che non sono un tipo sentimentale. Mi fa sentire patetico, farla uscire dalla mia bocca. Non pensavo l’avrei mai detta, perché, come ti ho già detto, non conoscevo quel termine prima d’ora. Sapevo che esisteva, ma non avevo mai capito cosa significasse davvero…”

Gli occhi di lei, nel sentirlo, si illuminarono, ma riuscì a mantenere il controllo, almeno all’apparenza: “Che-che stai cercando di dire?”

“Questa oscurità, questo posto infernale… sono sopravvissuto solo grazie al ricordo del tuo viso. Al pensiero che ti avrei ritrovata, prima o poi. Perchè mi sono reso conto che, senza l’amore, io non sarei durato nemmeno un secondo in un luogo simile. Per quanto io sia forte, non lo sono davvero. Tu mi hai dato questa forza, Tamara.”

La donna, allora, si allungò attraverso il tavolo, gli prese una mano e la strinse: “Penso proprio che sia la stessa forza che tu hai dato a me ad aiutarmi a sopportare tutte le torture che questo posto ci ha riservato, ma... – una lacrima le scese lungo il viso – Avrei preferito che tacessi, perché, una volta superata questa avversità, ci sarà una distanza talmente enorme a dividerci, che potrei non trovare la forza di ricominciare, pensando a come sarebbe stato se ci fossi stato anche tu al mio fianco.”

Quello sorrise, cercando di nascondere il dolore: “Beh, troverai sicuramente qualcuno migliore di me nel nuovo mondo.”

Intuendo il suo dolore, lei gli strinse ancora più forte la mano, preoccupata: “E che ne sarà di te qui?”

Barnès scosse la testa: “Non ne ho idea. Davvero. Prima di arrivare a Morney Hill perseguitavo le streghe per evitare la cattura del mio clan da parte dei cacciatori. Facevo baldoria di città in città ed ero talmente cinico, egoista, senza cuore e arrogante da accettare alleanze persino con degli assassini assetati di sangue pur di raggiungere una posizione per cui essere temuto. E il potere… oh, quanto amavo il potere! Non per altro sono diventato il capo di un clan!”

“Usi il passato, o sbaglio? Non sembri più volere quello che un tempo bramavi. Sai, vorrei che diventassi una nuova persona, Barnès. Come quella che ho visto nelle ultime settimane passate a Morney Hill.”

Ma l’altro sembrò essere abbastanza titubante: “Sai come i più famosi cattivi sono arrivati a diventare tali? Perché a tutti loro mancava qualcosa che non potevano avere. Perciò, cosa ti fa credere che io possa restare la stessa persona che vedi senza di te?”

Tamara, però, era più fiduciosa: “Perché mi rispetti e mi ami e sai che, ovunque sarò, io non avrò alcun dubbio che la persona che ho lasciato, resterà così per sempre.”

Lui le sorrise: “Beh, se la metti così, allora…”

Anche lei fece altrettanto: “Ho bisogno di chiederti una cosa, però… voglio che tu ti prenda cura delle mie streghe, quando me ne sarò andata. Resteranno senza una leader e si sentiranno perse, soprattutto Harmony, se mai si risveglierà. Voglio che tu dia loro protezione da qualunque altro clan di demoni vorrà loro fare del male. Se farai questo per me, te ne sarò eternamente grata e vivrò quella che sarà la mia nuova vita in totale serenità, sapendo che sono con te.”

L’altro annuì: “Avranno la mia protezione, te lo prometto. Hai appena dato ad un uomo una ragione per non diventare cattivo come tutti gli altri…”

Allora, la donna si alzò e si avvicinò verso di lui, poi chiuse gli occhi e si protese ancora di più: “E ora te ne sto dando un’altra …” e i due si baciarono con passione.

*

Noa, guardandosi sempre intorno, continuò a seguire Sophia, che si era fiondata fin da subito verso una direzione ben precisa.

“Allora? Siamo ancora lontani dalla casa del tuo ex? Potremmo avere compagnia da un momento all’altro!” le disse, senza fermarsi.

“Mancano due isolati, ce la possiamo fare!” replicò lei.

 

Improvvisamente, udirono le urla provenire da un punto poco più avanti.

“Sembra una bambina!” esclamò Noa, ed effettivamente, quando si avvicinarono, trovarono una bambina stesa sulla strada con delle enormi liane attorcigliate alle caviglie, provenienti da una delle abitazioni circostanti, che cercavano di trascinarla dentro, nonostante cercasse di opporre resistenza. La riconobbe subito.

“Oh mio Dio, Monaaa!” la chiamò, correndo subito verso di lei per aiutarla. Sophia, però, cercò immediatamente di fermarlo.

“Noa, aspetta!”

Proprio in quel momento, la bambina si accorse della loro presenza: “Noa, ti prego... – gridò, mentre scivolava via – Aiutoooo!” e lui subito si buttò su di lei, cercando di liberarla, ma le liane si avvolsero rapidamente anche attorno ai suoi polsi e alle sue gambe. Sophia, che si stava avvicinando, subito si bloccò, non sapendo cosa fare.

“Oh no, cosa faccio adesso?” chiese, in panico.

 “Hai qualcosa per tagliare queste liane, per caso?” le chiese lui e lei ci pensò su un attimo, per poi ricordarsi del contenuto della sua borsa.

 “Un pugnale. L’ho portato per difendermi dai demoni, quando ero nel passato!” e subito lo tirò fuori.

“Bene, libera Mona, allora. E fa presto!”

Quella, allora, si chinò, iniziando a tagliare finchè non la libererò. Benché fosse ancora sotto pressione, riuscì a sorridere.

 “Ce l’ho fatta! – esclamò, voltandosi poi verso Noa – Ora tocca a te!”

Ma, non appena si avvicinò a lui con il pugnale, questo le scivolò via davanti agli occhi, trascinato dalle liane all’interno dell’abitazione. Sconvolta, la ragazza si alzò in piedi.

 “NOAAA! NOO!” gridò.

Presto, però, comprese che non c’era più nulla da fare, così si voltò verso la bambina e la prese in braccio: “Ti porto in salvo, ok?” le disse e quella reagì a malapena, troppo sconvolta da quanto era appena successo.

 “Ma-ma dov’è finito Noa?”

L’altra, però, non sapeva cosa risponderle e distolse lo sguardo, mortificata: “Non lo so, piccola, ma noi dobbiamo raggiungere un posto sicuro al più presto!” e corse via, mantenendosi sempre vigile.

 

*

 

Due isolati più avanti, Jade e le sue compagne era giunte nei pressi del quartiere di Rick e la strega ne fu felice.

“Bene, ci siamo, ancora qualche passo. Forse, però, una di noi dovrebbe rimanere di guardia, mentre le altre due entrano, non credete?”

Subito, Brenda si offrì volontaria: “Resterò io, credo di avere più esperienza nel combattere rispetto a Nina. Non per questo il mio ragazzo è un esperto nelle arti marziali!”

L’altra approvò: “Bene! Non dobbiamo permettere a nessuno di rubarci la sfera dell’immaginazione, una volta trovata. E’ l’unica nostra chance di andarcene da qui!”

Finalmente, arrivarono davanti alla casa di Rick, pronte ad entrare, quando, improvvisamente, delle urla le fermarono.

“Jade! JADEE!” la chiamò qualcuno e, quando la diretta interessata si voltò, riconobbe subito, benché fosse lontana, la persona che la stava chiamando.

 “Ma quella è Sophia!” esclamò, per poi correrle subito incontro, mentre Brenda si accertava di aver capito di chi si trattasse.

“Quella è la ragazza di Rick? – chiese – Quella che hai recuperato dal passato?”

 “Sì!” rispose l’amica, mentre si facevano sempre più vicine.

 

 “Sei inseguita?” le chiesero subito, non appena le separarono solo pochi passi.

 “No, - replicò quella, con ancora Mona fra le braccia - ma in questo posto non si è mai al sicuro. Non per molto, almeno.”

 “Abbiamo una via d’uscita, però…” iniziò Jade, ma non poté completare la frase, perché, in quel momento, la strada si aprì in due, impedendo alle ragazze di raggiungersi. Tutte si fermarono immediatamente e Jade, a quel punto, decise di prendere in mano la situazione.

“Ok, Sophia, non ti muovere. Noi entriamo dentro la casa di Rick, perché la sfera dell’immaginazione, quella che gli hai regalato tu, è la nostra via d’uscita. Faremo in fretta, d’accordo?”

La ragazza sorrise: “Ma certo, la sfera! – esclamò - Dite che funzionerà davvero?”

“Lo spero!” replicò l’altra, fiduciosa.

 

Improvvisamente, però, Nina notò che stava arrivando qualcuno alle spalle di Sophia e Mona, così avvertì subito le altre.

“Ehi, stanno arrivando quei mostri! Devono averla seguita!”

Sophia si voltò a vedere e subito si fece prende dal panico: “Oddio…. Ora cosa faccio?”

Nervosa, Jade distolse lo sguardo, mortificata: “Ehm… qui non abbiamo poteri, perciò non saprei come aiutarvi a sorvolare questa voragine…”

Brenda, allora, provò a suggerirle qualcosa: “L’unico modo per salvarle è entrare  e prendere la sfera dell’immaginazione. ORA!”

Ma Sophia mostrò fin da subito il suo disappunto: “Cosa?! Non potete lasciarci qui, ci tortureranno e poi non siamo nemmeno certe che quella sfera funzionerà!”

“Non preoccuparti, non morirete, perché questa realtà è soltanto immaginaria.”

Anche l’amica, però, si rivelò essere in disaccordo con lei: “E’ vero, non moriranno, ma sentiranno il dolore di quelle torture. Una bambina non può sopportare tutto questo! – replicò, per poi rivolgersi alle due, decisa - Saltate! Presto!” ordinò e l’altra sgranò gli occhi per quella richiesta.

 “Ma-ma… è troppo distante, non ce la farò mai con lei in braccio!”

Jade, allora, si avvicinò maggiormente all’orlo del precipizio e tese le braccia: “Vi prendiamo, non temere. Non è impossibile, devi solo prendere una bella rincorsa, d’accordo? Ti prego, Sophia, fa che quella bambina non abbia ricordi peggiori di quelli che ha già!”

Allora quella, sentendosi sotto pressione e percependo chiaramente Mona che tremava fra le sue braccia, la testa affondata nel suo petto per la paura, annuì senza dire nulla, per poi iniziare a indietreggiare. Le tre si prepararono a riceverle, mentre i mostri avanzavano sempre più vicini. Poi, Sophia finalmente iniziò a correre e, quando arrivò sul bordo, saltò più in alto che poté, tenendo stretta la bambina e arrivò più vicina a loro di quanto credesse, riuscendo a prendere per un pelo le mani di Brenda, che subito la agguantò. La ragazza, però, per via della bambina, era troppo pesante e Brenda non riuscì a tirarle dalla sua parte, anzi, andò lei verso di loro e cadde. Fortunatamente, Jade e Nina riuscirono ad afferrarla per le gambe, prima che potesse scivolare giù del tutto. Lei, intanto, teneva per le braccia Sophia, che stringeva forte a sé Mona. Erano appese nel vuoto e le due faticavano a reggerle. Dopo poco, Brenda sentì le forze venirle meno.

“Ragazze, - le avvisò - ditemi che avete un piano per sollevarci su, perché io sento che sto letteralmente per spezzarmi in due!”

Jade sbuffò, ma non lasciò la presa, mentre cercava di pensare a una soluzione: “Ok, Mona, prova ad arrampicarti su Sophia e Brenda per arrivare a noi!” urlò alla bambina, ormai appesa alla caviglia di Sophia.

 “Non-non riesco… - mormorò una vocina tremante dal basso - Ho troppa paura di cadere!”

“Cadrai lo stesso, se non ci provi. Forza!” la incitò, ma Mona non si mosse di un millimetro e scosse la testa.

 “Non riesco, mi dispiace…” piagnucolò.

 

In quel momento Nina, che aveva rivolto lo sguardo verso il cielo, vide che stava arrivando qualcosa e avvertì subito l’amica: “Jade, non si sta mettendo per niente bene. Stanno scendendo dal cielo quelle strane catene!” esclamò, mentre l’altra alzava lo sguardo, incredula.

Poco più sotto, Brenda le ascoltò incredula: “Ho sentito bene? Stanno arrivando quelle catene che ti afferrano e ti tengono appesa come carne da macello sopra le teste di quei mostri?”

Sentendo le sue parole, Mona iniziò a gridare, facendo innervosire Sophia.

“Hey, c’era bisogno di essere così dettagliata?” borbottò, infastidita.

Subito, allora, Jade iniziò a tirare con tutte le sue forze, ma Nina cercò rapidamente di dissuaderla: “Jade, che cosa stai facendo?”

 “Le salvo, ecco cosa sto facendo! – replicò, isterica - Aiutami!”

“Se non ci allontaniamo in fretta, quelle catene prenderanno anche noi e addio via d’uscita! Nessuno di noi se ne andrà mai da qui!”

La ragazza era combattuta, quando anche Brenda la richiamò.

 “Nina ha ragione, Jade. Preferisco cadere nel vuoto che essere il giocattolino di quelle creature in eterno. Lasciateci andare e correte a prendere quella dannata sfera, ok? ORA! – tuttavia, la vide ancora indecisa, ma soprattutto sofferente - JADE, MUOVITI!” la incitò.

“Perdonatemi…” mormorò allora la ragazza, la voce spezzata, prima di lasciarle cadere.

Nel giro di un attimo, le tre precipitarono nel vuoto e le loro urla riempirono l’aria.

Vedendola inginocchiata a terra, sconvolta, Nina la tirò su per un braccio: “Jade, non è il momento di piangerti addosso, muoviti! Staranno bene quando torneremo nel mondo reale, fuori dalla testa di Harmony. Avanti!”

Quella, allora, annuì ripetutamente, asciugandosi le lacrime e iniziando a correre con le catene alle calcagna. Fortunatamente, però, le due riuscirono a raggiungere immediatamente l’abitazione di Rick, chiudendo immediatamente la porta alle loro spalle. Finalmente, erano dentro e al sicuro.

 

 

Nel mondo reale, fuori dalla mente di Harmony

 

 

Heith aveva appena sorpassato i confini occupati precedentemente dalla cupola ed era finalmente fuori dalla città. Come aveva previsto, aveva ritrovato il gruppo di streghe che aveva portato dalla WitchHouse, che la aspettavano nello stesso punto in cui le aveva lasciate. Non sembravano felici di vederla, ma lei sorrise comunque, beffarda.

“Ma come siete premurose, mi avete aspettata qui come farebbe un cane con il suo padrone… Meritate davvero un croccantino!”

“Abbiamo finto di esserti leali davanti a quelle due streghe che sono venute a cercarti alla WitchHouse, potevamo raccontare loro tutto durante il tragitto, ma non l’abbiamo fatto. – replicò subito una di loro - Qualunque cosa tu abbia fatto qui, però, per favore, ora lasciaci andare!”

Heith continuò a sorridere, ma per la sorpresa, stavolta:  “Voi non stavate fingendo, eravate obbligate! – rispose, cinica -  Non cercate di farlo passare come un gesto per cui debbo dare una ricompensa, perché sapevate benissimo che avrei tagliato la gola alla prima di voi che avesse fiatato con loro. Perciò, vi consiglio caldamente di contare fino a duemila, prima di dar fiato a quelle stupide bocche! Per quanto riguarda quello che ho ottenuto qui, – accarezzò lo scettro, riempiendole di inquietudine  – beh, non è che voi mi serviate a molto, ora come ora. Ma non voglio neanche uccidervi. Uccidere porta via tempo prezioso e io non ho un minuto da perdere. Devo costruire il mio regno, assoldare un esercito e diventare la leggenda di cui si parlerà per secoli e secoli. Potreste scrivere di me sui libri… qualcuna di voi sa scrivere, per caso? Ok, domanda stupida! Disegnare? Beh, questa non è così banale, visto che non è una dote molto comune. Mi serve una strega abile, però, perché le illustrazioni sui libri di storia siano completamente fedeli a me. Voglio solo il meglio e voi farete tutto quello che è necessario per accontentarmi. La WitchHouse era solo la punta dell’iceberg, un piccolo inizio verso un grande futuro. Adesso desidero qualcosa di più grande, un impero di streghe guidato da me. Dovreste ritenervi fortunate ad essere le prime a farne parte…” e rise malvagiamente, facendo rabbrividire tutte le presenti, incapaci di sottrarsi a quella mente malata e impotenti davanti al suo volere.

 

Dentro la mente di Harmony 

 

 

Jade e Nina attraversarono la casa, arrivando fino all’ascensore e quest’ultima ne rimase abbastanza perplessa.

“Ok, quello porta all’inferno o cosa?” chiese, mentre l’altra premeva il pulsante di chiamata.

 “Porta nel seminterrato, dove c’è la stanza degli allenamenti di Rick e la sua collezione di armi. Oltre alla sfera dell’immaginazione, ovviamente.”

 Allora Nina, senza fare altre domande, entrò con lei attraverso le porte aperte.

Nella discesa, però, la ragazza ruppe nuovamente il silenzio, perché aveva qualcosa da rivelarle.

 “Credo che tua nonna ti abbia mentito, sai?”

Quella si voltò a guardarla, confusa: “Cosa? Di che cosa stai parlando?”

“Il tuo sangue non ha nulla che non va. Quando hai fatto il test, infatti, mi è sembrato di vederla fare un incantesimo contro di te per fare in modo che risultassi negativa.”

L’altra, allora, abbassò lo sguardo, riflettendo sulle sue parole.

“Sappiamo entrambe che ho ragione!” ribadì Nina, decisa.

 “Ma perché l’avrebbe fatto, se io potevo benissimo essere la quinta strega? Perché farci perdere tempo a cercarne un’altra nel passato? A quest’ora potevamo aver già neutralizzato i disordini, invece di finire in questo incubo!”

Ma Nina era perplessa quanto lei: “Non chiederlo a me! Però sono sicura che ha avuto una ragione per farlo.”

 

Subito dopo, le porte si aprirono, rivelando la stanza sotterranea del cacciatore. Jade si mosse in fretta, dirigendosi sicura verso il cassetto in cui sapeva essere custodito l’oggetto che stava cercando. Come previsto, lo trovò all’interno di un piccolo scrigno, dentro un sacchetto e, rapidamente, lo sfilò fuori.

“Grazie a Dio, ce l’abbiamo!” esclamò, tirando un sospiro di sollievo.

“E adesso?” le chiese Nina, vedendo che la prendeva fra le mani e chiudeva gli occhi.

“Adesso devo solo desiderare di essere nella vera Morney Hill…”

 

 Qualche istante dopo, però, quando la strega vide che non era successo nulla, riaprì gli occhi, confusa.

 “Cosa diavolo sta succedendo? Perché non funziona?”

Gli occhi di Nina, allora, si riempirono di lacrime, perché sentì di aver perso anche l’ultima speranza che le rimaneva: “Non ce ne andremo mai via da qui, vero? E’ stato tutto inutile…”

L’altra, però, riuscì a rimanere calma e determinata: “NO! – esclamò, decisa - Mi rifiuto di credere che sia stato tutto inutile! Non resteremo bloccati qui, non è il nostro il destino e lo sai anche tu!”

Quella abbassò lo sguardo, scoraggiata: “Beh, se ti riferisci a quello che hai visto nei dipinti, il destino può sempre cambiare, te l’ho detto…”

Ma Jade si era ormai diretta verso l’ascensore e dovette affrettarsi per riuscire a raggiungerla.

 “Ehi, adesso dove vai?” le urlò dietro Nina, ma quella non proferì parola.

Qualche minuto dopo, le due erano in strada e Jade si stava dirigendo verso la voragine e Nina, alle sue spalle, cercò ancora una volta di capire quale era il suo piano.

“Che cosa vorresti fare?” le chiese, urlando.

“Magari se la butto nel vuoto…” spiegò quella, decisa, allora la ragazza la prese immediatamente per un braccio nel tentativo di fermarla.

“Se la butti nel vuoto, rischiamo di perdere davvero quest’ultima speranza. Se, come dici tu, questo non è il nostro destino, allora ci dev’essere un’altro modo per attivare questa sfera e farci uscire da qui.”

 

Improvvisamente, mentre parlavano, i mostri si avvicinarono e, addirittura, riuscirono anche a saltare la voragine. Arrivavano da entrambe le direzioni, sfortunatamente, perciò le due ragazze, in guardia, si misero schiena contro schiena per difendersi, nervose.

 “Accidenti, forse ci siamo distratte troppo a parlare. – sussurrò Nina - Non li ho nemmeno visti arrivare… Cosa facciamo, adesso? Si avvicinano!”

Jade, però, non sapeva cosa fare se non tenere la sfera stretta fra le mani, così si mise a riflettere ad alta voce, quasi come se stesse farneticando: “Dagli incubi ci si sveglia in modo brusco, no? Boom, uno spavento e sei di nuovo alla realtà. Un suono, quello della paura, oppure di qualcosa che si rompe! – sgranò gli occhi, colpita dalla sua stessa proposta – La dobbiamo rompere!”

Nina, che boccheggiava per la paura, la sentì a malapena: “Che cosa stai dicendo, Jade? Non ho capito…”

Ma quella la ignorò e strinse la pietra, poi chiuse gli occhi e iniziò a bisbigliare, percependo i mostri sempre più vicini: “Riportaci a Morney Hill, la vera Morney Hill. Riportaci alla realtà, ti prego... DESIDERO tornare alla realtà!”

L’attimo seguente alzò il bracciò e gettò la sfera a terra, mandandola in frantumi. I tanti, piccoli frammenti rimbalzarono sull’asfalto, splendendo, fino a creare un vero e proprio bagliore di luce bianca che accecò tutti, mostri compresi. Tutti furono costretti a coprirsi gli occhi e, pochi secondi, ci fu solo il nulla.

 

Mondo reale – Morney Hill 

 

 

Quando Jade riaprì gli occhi, si ritrovò distesa sulla stessa strada in cui era pochi secondi prima, ma stavolta, era circondata da molte persone. Erano i cittadini di Morney Hill, che si guardavano intorno confusi e disorientati, ma, soprattutto, spaventati.

Dopo qualche secondo, finalmente riuscì ad alzarsi e subito provò a cercare gli altri, ma, prima che potesse fare qualunque cosa, qualcuno la sorprese alle spalle.

“Ehi, ce l’hai fatta!” le disse, dandole una pacca sulla spalla.

Era Brenda e vederla la rese più felice che mai.

“Oh mio Dio! – esclamò, abbracciandola – Sono così contenta che stai bene e che siamo fuori da quell’incubo…”

Ma l’altra tornò subito seria e si staccò da lei, indicandole con gli occhi qualcosa nel cielo: “Non direi... Guarda!”

Quella seguì il suo sguardo e vide, come tutti gli altri, qualcosa che la riempì di paura e sgomento: un’enorme nube nera di disordini stava lasciando la città.

Risoluta, scosse energicamente la testa, determinata a fare in modo che quella non fosse la vera fine: “No, - esclamò - non posso permetterlo, non perderò questa battaglia!” e subito iniziò a correre, incontrando poco più avanti Nina.

“Ehi, eccoti! Vieni, c’è tua Nonna, siamo pronti con i contenitori!” le disse, per poi farle subito strada e portarla nel punto in cui si erano risvegliati gli altri.

 

“Nonna, ci siamo? – le chiese Jade, non appena la raggiunse - I disordini stanno lasciando la città! Pare che Heith, alla fine, sia riuscita a rimuovere la cupola.”

Dana annuì: “Ho letto la lettera di istruzioni: il prossimo passo è incidere con la lama di un pugnale entrambi i polsi dei contenitori. Infatti, sono stati creati per contenere quel male e portarlo fin dentro la caverna, dove compieremo il sacrificio.”

A un suo cenno, Nina, con il pugnale già pronto in mano, si avvicinò ai tre, ancora addormentati, e fece le incisioni, poi si voltò verso le due streghe, chiedendosi quale sarebbe stata la mossa successiva. Improvvisamente, tutti sentirono un suono assordante, che costrinse l’intera cittadina a coprirsi le orecchie: i disordini stavano tornando indietro, aspirati all’interno delle incisioni fatte sui polsi dei contenitori. Nel giro di pochi istanti, furono assorbiti completamente e il suono assordante svanì.

Proprio in quell’istante, arrivarono Zack, Noa e Wes.

“Serve un passaggio alla caverna, per caso?” chiese il demone con un sorriso e subito Jade corse ad abbracciarlo, felice di vederlo, sotto lo sguardo apparentemente geloso di Nina.

“Sono così felice di vederti!” gli disse, il volto affondato nella sua spalla.

 

Intanto, Brenda cercava con lo sguardo il suo amato, senza però riuscire a trovarlo. Improvvisamente, quello, con sua grande sorpresa, le arrivò alle spalle, prendendola per i fianchi e sollevandola.

“Ehi, stai bene, vedo…” le sussurrò, mettendola di nuovo a terra.

Subito lei si voltò, incredula, ma felice, e lo abbracciò: “Non immagini che paura ho avuto di non rivederti mai più… Pensavo di averti ucciso!”

“No, IO pensavo di averti ucciso!”

L’altra, però, non parve troppo perplessa da quella risposta: “Sai, credo che entrambi abbiamo subito la stessa tortura: la consapevolezza di aver ucciso la persona amata…” disse, lo sguardo basso al ricordo del trauma subito, mentre si stringeva ancora una volta a lui.

“Non ho mai vissuto incubo peggiore…” mormorò Terence, ricambiando la stretta.

 

*

 

Intanto, non molto lontano, Jackson aveva trovato Harmony distesa sull’asfalto, addormentata. Subito, si era avvicinato con l’intenzione di toccarla, ma, dopo pochi passi, era stato fermato da Tamara, che era proprio alle sue spalle in compagnia di Barnès.

“No, non toccarla! – gli intimò - Ti ritroveresti nuovamente all’interno dei suoi incubi.”

Lui si fermò bruscamente, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime: “Non si sveglierà mai più, vero?”

La donna, dispiaciuta, gli mise una mano sulla spalla:  “Questa è la sua maledizione, Jackson. Adesso è lei a vivere nei suoi incubi. Sola.”

Il ragazzo si sentiva impotente di fronte a quella situazione e scoppiò a piangere.

“Ma-ma… non c’è niente che possiate fare per lei? Le avevate costruito un braccialetto, no?”

 “Sì, ma non è possibile farne uno nuovo. Alcune componenti erano costituite da un tipo di legno molto raro, ormai estinto. Sasha possiede molte cose raccolte durante i suoi viaggi, ma quello lo aveva utilizzato tutto per costruire il braccialetto che Heith ha distrutto. E poi, non avremmo comunque tempo di aiutarla, perché stiamo per andarcene. Mi dispiace...”

Lui non riuscì a far altro che fissare la ragazza, in silenzio, distrutto: “Avrà paura in quel luogo così orribile. E’ tutta sola e lo sarà per molto tempo, forse per sempre, finchè qualcuno non la toccherà. Non le ho nemmeno detto addio…”

Barnès, intuendo la situazione, lo prese per le spalle e lo tirò indietro: “So che vuoi toccarla e prendere il suo posto affinché si svegli, ma hai un tuo destino da compiere e, se hai esitato fino a questo momento, significa che lo sai. Non pensare a lei, adesso. Starà bene, non preoccuparti, perché ti prometto che me ne prenderò cura io quando ve ne sarete andati. Passerò i prossimi secondi, minuti, ore, giorni, settimane, mesi e anni a cercare una soluzione finchè non porrò fine al suo sonno. Questo sarà lo scopo della mia vita, d’ora in avanti, d’accordo? Perciò vai avanti senza voltarti indietro… E’ una promessa!”

Jackson annuì e lo abbracciò:  “Grazie… - mormorò - E dille che la amo e che sono contento che mi abbia importunato nella cella di quel sotterrano dove ci ha rinchiusi John e poi mi abbia perseguitato ad Alkaban fino alla nausea. Non avrei mai scoperto la bella persona che è dentro. E dille anche che mi mancherà molto…”

L’altro gli fece cenno di aver capito e gli sorrise.

Intanto, accanto a loro, Tamara aveva osservato l’intera scena, commossa e allo stesso tempo fiera del demone che amava e cui sapeva di dover dire addio.

 

Nel frattempo, intorno a loro, la gente era in tumulto dopo aver visto la nube entrare nei contenitori, ma Dana decise subito di porre fine a quel caos, alzando le braccia al cielo e bloccando ogni abitante di Morney Hill presente. A quel punto, quelli che ancora si muovevano, cioè quelli del suo gruppo, si avvicinarono, ritrovandosi tutti insieme e lei, finalmente, poté dare le ultime istruzioni.

“Non andremo tutti alla caverna. Solo i predestinati, me compresa, e i contenitori. Nessun altro, è chiaro?”

Ovviamente, subito Jade intervenne: “Cosa? Intendi dire che io non posso venire?”

Sorridendo, la donna si avvicinò a lei: “Sai, su una cosa avevi ragione, Jade: non sei più la prescelta. Hai già fatto il tuo dovere più di una volta, ma, nonostante questo, hai continuato a lottare. Ed ora eccoci qui, per provare a mettere finalmente fine all’incubo che c’è in questa realtà. Hai salvato molte vite, oltre a quelle dei tuoi amici e Dio solo sa quanto tu ti sia sacrificata in questi anni, ma adesso è tempo che l’eroe sia qualcun altro.”

Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime, mentre cercava con fatica di trovare la forza di parlare: “Potevo ancora sacrificarmi, vero? – le chiese, determinata a non arrendersi - Perché?”

Tutti i presenti lanciarono loro una strana occhiata perplessa, apparte Nina, che sapeva di cosa stavano parlando.

A quel punto, Dana rise e abbracciò forte la nipote: “Domande, domande. Sempre domande, la mia Jade. – si staccò e le prese il mento fra le mani, premurosa – Hai davanti a te una lunga vita, tesoro. Sei adulta ormai, non ti serve sapere altro. Questo è il tuo posto, assieme alle persone che ti amano, fino all’ultimo giorno che la vita ti donerà. E ora salutami, perché questo, invece, è l’ultimo giorno che la vita ha donato a me…” e le due si abbracciarono nuovamente, tra le lacrime e i singhiozzi della ragazza.

“Addio, Nonna…” sussurrò, prima di crollare fra le sue braccia.

La donna fece un cenno a Zack di prenderla e lui subito si avvicinò ed eseguì.

“Cosa è successo?” le chiese, preoccupato.

“Sappiamo entrambi che non resterà qui, aspettando che la magia sia portata a compimento. Prenditi cura di lei, Zack. Non potrei lasciarla in mani migliori, sei forte, ormai, e sei cambiato. Me ne vado davvero serena, sapendola con te… Anche tu, Brenda. Siete le persone più importanti della sua vita…”

Il ragazzo accennò un sorriso, Jade incosciente stretta fra le sue braccia: “Addio, Signora Ferguson. – la salutò - E’ stato un onore conoscerla…”

Poi fu il turno della ragazza che si gettò in lacrime fra le braccia della donna: “Addio, mi mancherà molto…”

L’altra rise, cercando di mantenersi in equilibrio: “Accidenti, sono una donna anziana io! – barcollò, per poi tornare subito seria – Oh, dolce Brenda, ero davvero scettica il giorno in cui hai deciso di unirti a Jade nel suo viaggio, ma adesso, vedendo quello che sei diventata, sono contenta che tu l’abbia fatto. Sei solo una ragazza umana, eppure sei riuscita a sopravvivere a mille avversità. Sei forte, cara. Più forte di qualsiasi magia esistente.”

E, mentre la ragazza si staccava da lei e si asciugava le lacrime, fece un occhiolino a Terence.

“Non abbiamo bisogno di dirci nulla noi due. - gli disse – Solo, veglia su di loro. Sono molto fiera del tuo percorso, ho sempre saputo chi eri. Perciò… addio e buona vita, te la meriti!”

In risposta, l’uomo le fece un rispettoso cenno con la testa: “E’ stato un piacere conoscerla, Dana. Grazie di tutto.”

A quel punto, fu il turno dei Consiglieri: “Signori… spero abbiate imparato molto a contatto con noi. Bisogna scendere dalle nuvole ogni tanto, non trovate?”

Anche loro risposero con un cenno del capo.

Alla fine, la donna si avvicinò a Jackson: “Forza, portaci tutti alla caverna e finiamo questa storia!” e, dopo gli ultimi sguardi di addio, tutti si attaccarono a lui, svanendo subito dopo, sotto gli occhi dei rimasti.

 

 

Caverna Shomia

 

 

Il gruppo di predestinati, capitanato da Dana, percorse un lungo corridoio illuminato dalle torce. C’era un enorme ingresso davanti a loro e, dopo qualche attimo di esitazione da parte di tutti, vi entrarono. Nell’enorme sala si ritrovarono ai piedi di una gradinata non molto lunga, che portava ad una piattaforma piana. Al centro di questa vi era una voragine dalla circonferenza enorme. Davanti a loro, una passerella, che terminava con un trampolino di pietra che si protendeva sopra quel baratro buio e sconfinato. In aria erano sospese tre piattaforme di pietra che galleggiavano in senso circolare, come una giostra, sopra di essa.

I presenti scrutarono quel luogo a bocca aperta, finchè, improvvisamente, i contenitori non si sollevarono dalle braccia dei demoni che li avevano portati fin lì. In alto, sempre più in alto, finché non atterrarono sulle tre piattaforme di pietra.

“E adesso? Che cosa succederà?” chiese Tamara, in piedi accanto a Dana, ma non fece in tempo ad avere una risposta, che i disordini fuoriuscirono dai polsi dei tre contenitori e confluirono all’interno della voragine, rimanendo bloccati lì.

Quando la donna si affacciò a guardare, si trovò davanti un vortice oscuro e a quel punto comprese qual’era l’ultima cosa da fare e si voltò per dirlo agli altri.

“Dobbiamo buttarci. – spiegò - Uno alla volta. Il nostro sangue sarà come un proiettile. Ogni sparo sarà più letale del precedente e i disordini saranno neutralizzati solo dopo che tutti e dieci ci saremo buttati. Non abbiate paura, però, ok?”

Sophia, che era la più determinata, fece un passo avanti: “Io devo tornare dalla mia famiglia. E se, per farlo, devo buttarmi in quel vortice, allora sono pronta a farlo!”

L’altra annuì e si spostò, lasciandole la strada libera. La ragazza, allora, camminò lentamente lungo la passerella, poi si fermò e prese un bel respiro. Infine, iniziò a correre e, quando arrivò alla fine del trampolino, si gettò a braccia aperte nel vortice, come se si stesse tuffando.

L’anziana strega, a quel punto, si voltò verso gli altri: “Bene, chi vuole essere il prossimo?”

Tamara fece un passo avanti, mentre, dietro di lei, Sasha circondava con un braccio le spalle di Klen nel tentativo di rassicurarla.

 “Stai bene?” le chiese, gentile, sentendola tremare sotto di lei.

“Voglio solo andarmene da qui… - sussurrò quella, ancora scossa per l’incubo appena vissuto - Quando arriverò in questo mondo senza magia, starò bene. Mi dispiace solo per le altre nostre sorelle streghe che non hanno avuto la nostra stessa fortuna.”

 “Già, anche io non vedo l’ora di essere lì!” replicò l’altra, fiduciosa.

Intanto, la loro leader si era gettata.

Chi sarebbe stato il successivo?

 

Casa Ferguson

 

 

Diversi minuti dopo, Brenda e Zack portarono Jade a casa sua e la appoggiarono su un divano. Improvvisamente, dopo quasi mezz’ora di incoscienza, la strega si svegliò di colpo, respirando rumorosamente.

“Che cosa è successo?” chiese, immediatamente.

Vedendo che si era risvegliata, Brenda si sedette accanto a lei e le prese una mano: “Un ultimo regalo di tua nonna, a quanto pare!” rispose, sarcastica.

La ragazza si guardò intorno circospetta: “Seriamente, Brenda. Che cosa ci faccio a casa mia? Dove sono tutti?”

Vedendola nervosa, Zack decise di intervenire: “Sono andati alla caverna Shomia con tua nonna. Ti ha addormentata perché non potessi seguirla e non ha tutti i torti dal momento che è una cosa loro, non tua. Perciò ora goditi il ritorno alla normalità come tutti noi, perché presto avremo un nuovo inizio.”

Quella, però, non li ascoltò, anzi, si alzò in piedi di scatto, ancora più nervosa: “No, voi non capite, devo parlare con lei! Mi ha fatto qualcosa e devo capire perché!”

Gli altri due si lanciarono un’occhiata perplessa.

“Riguarda quella cosa strana sul sacrificio che hai farneticato prima di cadere tra le braccia di Zack, vero?” le chiese l’amica, mettendo il ragazzo in imbarazzo.

“Potrei aver fatto un viaggio nel tempo a vuoto e voglio capire il perché.”

L’altra la guardò, confusa: “Aspetta un secondo, tu credi di essere uno dei predestinati al sacrificio? Ma è assurdo! Hai il complesso dell’eroe, per caso?”

“Già… - aggiunse Zack, altrettanto perplesso - Brenda non ha tutti i torti, che cosa ti prende? Ci sono cinque streghe e cinque demoni per il sacrificio e tu non sei una di loro. Ora, so che sei in pena per tua nonna, ma sappiamo perfettamente che il suo reale destino non è morire. Starà bene, nel nuovo mondo, e avrà la sua vita normale, come noi qui.”

Ma Jade, esasperata, insistette: “No, voi non capite! Mia nonna mi ha fatto qualcosa, perché il test doveva risultare positivo. Me l’ha detto Nina!”

L’amico parve alquanto infastidito dalle sue parole: “Stai per caso usando la mia ragazza per far credere ai tuoi amici che sei uno dei predestinati al sacrificio, quando sappiamo perfettamente a cosa miri in realtà?”

Brenda sgranò gli occhi per la sorpresa: “Wow, vedo che tu e Nina l’avete ufficializzato senza perdere tempo! – esclamò, per poi tornare subito seria, intuendo che la situazione era seria - E comunque a che cosa mirerebbe, scusa?”

“Beh, lo sai… - e guardò Jade fisso negli occhi, mentre lo diceva – Vuole morire per raggiungere Samuel e sta facendo questa sceneggiata solo per avere un pretesto per farlo!”

La ragazza, a quel punto, era semplicemente furiosa: “Non è assolutamente vero! – urlò - Per quanto io desideri stare con Samuel, non è questa la ragione per cui vi sto dicendo queste cose.”

Ormai, fra i due, era scoppiata una vera e propria discussioni, dai toni sempre più accesi.

“E invece sì! – replicò lui - Che razza di egoista sei… siamo i tuoi migliori amici! Siamo davvero così poco importanti per te? Ok, vado a sacrificarmi fingendo di non aver avuto altra scelta, ciao e addio! Davvero vuoi lasciarci così, abbandonando questa vita senza che sia veramente la tua ora? Jade, la morte è un gioco a cui perdi, solo lei ti prende di mira. E questa non è la tua ora!”

“E’ vero, hai ragione, ma non stavolta. C’è DAVVERO qualcosa che non va, non sto cercando una scusa per morire! Comunque, non intendo certo stare qui a discuterne con voi, perché devo parlare con mia nonna prima che sia troppo tardi.”

Poi, prese la giacca e andò via, sbattendo la porta dietro di sé.

Quando l’eco si spense, Brenda si voltò lentamente verso Zack.

 “Le credi?” gli chiese.

Quello, ancora arrabbiato, distolse lo sguardo, fissandolo sulla parete di fronte a lui: “Sappiamo quello che vuole veramente, Brenda. In passato ha tentato di suicidarsi e non ha esitato un secondo a correre verso il portale la prima volta che si è aperto. Tu le crederesti, dopo tutto questo?”

“Se c’è una lezione che ho imparato dal narratore,  è che solo lui conosce tutto, mentre noi non possiamo essere certi di niente. Non sappiamo nemmeno la metà delle cose che accadono attorno a noi, perciò non conta credere o meno a quello che ci ha detto. E’ nostra amica, perciò dobbiamo fidarci di quello che dice e vedere come va.”

Le sue parole sagge finirono per convincerlo.

 “Va bene. Allora andiamo con lei e scopriamo cosa c’è dietro a quello che dice, d’accordo?”

E, pochi secondi dopo, la ragazza si attaccò a lui e, insieme, svanirono.

 

Caverna Shomia

 

 

Jade trovò aperto l’ingresso della caverna e non esitò un secondo a entrarvi. Subito,

percorse il corridoio delle torce di fuoco, attirata dalle voci al di là dell’enorme ingresso. Facendo lo stesso percorso degli altri, presto si ritrovò nel luogo designato per il sacrificio: la prima cosa che vide, furono i contenitori sospesi in aria sulle piattaforme di pietra e Jackson a braccia aperte, in procinto di gettarsi nel vortice oscuro. Dietro di lui, Klen e Sasha. Subito, la strega fece un altro passo, che nonostante fosse leggero, rivelò ugualmente la sua presenza.  I tre si voltarono, sorpresi di vederla.

 “Jade, cosa ci fai qui?” le chiese il ragazzo, osservandola avvicinarsi sempre di più a loro.

 “Cercavo mia nonna, ma... – si guardò intorno, vedendo solo loro – Siete solo voi tre?”

 “Manchiamo solo noi al sacrificio, tua nonna è già andata…” le spiegò Sasha, triste, e gli occhi dell’altra si riempirono di lacrime, mentre si avvicinava al bordo del trampolino e guardava di sotto, il vento le scompigliava i capelli.

“Ecco perché mi sono risvegliata.  – mormorò - Morta la strega che ti ha lanciato l’incantesimo…”

“… l’incantesimo si spezza.” completò Klen, accanto a lei.

Vedendola triste,  Jackson le mise una mano sulla spalla: “Mi dispiace, Jade. So che le volevi molto bene…”

Lei continuava a guardare come ipnotizzata il vortice oscuro, gli occhi gonfi per il pianto: “Arrivo sempre tardi, a quanto pare…”

 

A quel punto Sasha, che era proprio dietro di loro, capì di dover intervenire, anche se a malincuore.

 “Non per essere scortese, ma noi dobbiamo proprio andare, Jade… Ne abbiamo passate già abbastanza e francamente non vedo l’ora di andarmene da qui.”

Tutti e tre si voltarono verso di lei e Jade si asciugò le lacrime, annuendo.

“Sì, hai ragione, scusa.”

 

Improvvisamente, in mezzo a loro comparve Heith, che subito tirò una pugnalata nella pancia di Sasha. La strega, colta di sorpresa, sgranò gli occhi e si accasciò a terra sotto gli occhi sconvolti dei presenti. Questi la fissarono agghiacciati, mentre quella si voltava verso di loro con un sorriso perfido e beffardo.

“Sorpresa! Non ve l’aspettavate, vero? – chiese, ironica, per poi tornare cinica e mostrare finalmente tutta la rabbia che aveva dentro - Beh, nemmeno io mi aspettavo che sareste usciti dall’incubo in cui vi ho intrappolati, ma a quanto pare con voi non funziona niente. Ho perso tutto il potere che avevo, mentre ero pronta a fare grandi progetti e conquistare il mondo. Avete mandato all’aria ogni cosa, ma posso ancora strappare vite, come potete vedere. La vendetta è l’ultima cosa che mi rimane, a questo punto… Povera streghetta, non arriverà a destinazione a quanto pare, qualunque essa fosse!” concluse, osservando con una finta espressione di rammarico il corpo senza vita ai suoi piedi.

Allora Jackson notò che la donna stava puntando con lo sguardo la sua amica, perciò corse da lei e la prese per un braccio: “Klen, forza, andiamo!” le ordinò e, poco dopo, si gettarono insieme.

Jade li guardò precipitare sconvolta, mentre Heith rimase indifferente.

“Siamo rimaste sole, eh?” disse, subito dopo, e la ragazza si voltò immediatamente verso di lei, cinica.

 “Sai, mi hai davvero stancata, Heith. Non ti rendi conto che, per quanto cercherai di sforzarti, non sarai mai nessuno? Io sarò ricordata in eterno, mentre tu rimarrai anonima come sei sempre stata. Sei malvagia, ma non al punto da essere ricordata come una minaccia. Mi hai intrappolata in un libro, poi in un incubo e hai fatto carte false con chiunque per arrivare ai tuoi scopi, ma non ci sei riuscita. Queste ti sembrano azioni del calibro di Wolf o John? No, mia cara. Credimi, sei davvero molto lontana dal farti un nome in questo mondo!”

Il volto della donna si deformò per la rabbia: “STA ZITTA, stupida ragazzina!” urlò, ma, in risposta, Jade sorrise.

 “Beh, intanto la stupida ragazzina ha raggiunto più obiettivi di te. Sono stata la prescelta, ho avuto degli amici che mi hanno amata e che avrebbero dato la vita per me, ma, cosa più importante di tutte, ho trovato il vero amore. Tu, invece, hai perso tutto questo per stare dietro alla tua vendetta e alla tua invidia. Non hai ottenuto niente, Heith. E mai otterrai qualcosa, perché stavolta è finita per davvero.”

Heith, però, non la ascoltò, evocando una sfera rossa fra le sue mani: “Beh, intanto i disordini ci sono ancora, dal momento che ho ucciso una delle streghe che doveva partecipare al sacrificio. Perciò otterrò nuovamente quel potere, in un modo o nell’altro.”

Ma Jade sembrava tranquilla: “Questo è ancora tutto da vedere…” mormorò.

“Non proprio, dal momento che godrò della tua dipartita!” ribatté la donna, sempre sicura di sé.

Stava per lanciarle addosso la sfera, quando, improvvisamente, fu stroncata da una freccia che le colpì il petto. Heith sgranò gli occhi, mentre la sfera svaniva dalle sue mani e lentamente cadeva a terra, esalando pochi istanti dopo il suo ultimo respiro.

In quel momento, Jade alzò lo sguardo e ritrovò i suoi amici: Brenda aveva in mano la sua balestra.

“Beh, io sarò ricordata. – le disse, mettendola giù - Ho ucciso la stronza, no? MERITO di essere ricordata!”

L’amica scoppiò a ridere, sollevata, poi corse ad abbracciarla: “Certo che verrai ricordata. Chi dimentica gli amici che hanno affiancato la prescelta!”

 

Quando si staccarono, però, i sorrisi erano spariti, perché accanto a loro c’era pur sempre il corpo senza vita di Sasha.

Dopo un lungo momento di silenzio, Zack fece un passo avanti.

“Suppongo che abbiamo fallito, o sbaglio?”

Jade, però, scosse la testa, iniziando a indietreggiare: “Non proprio…”

L’amica la guardò con disappunto, confusa: “Che cosa vorresti dire? Non c’è un’altra strega compatibile per il sacrificio.”

“Non è vero. Io lo sono. Mia nonna mi ha lanciato un incantesimo per bloccare in qualche modo la magia del mio sangue e e far si che l’esito fosse negativo. Ora, però, lei è morta e quindi si è spezzato. Sono uno dei predestinati…”

Zack scosse la testa, incapace di crederle: “Ma-ma… come fai ad esserne così sicura?”

“Perché l’ho visto, Zack! – replicò lei - C’è una cosa che non vi ho detto: quando sono andata a casa di Nina e mi ha mostrato i dipinti profetici, ce n’era uno che raffigurava me mentre mi gettavo nel vortice oscuro. Inizialmente non riuscivo a crederci e per tutto questo tempo ho lottato con la consapevolezza che queste sarebbero state le mie ultime ore in questo mondo. Con voi. Poi, ho capito di essere la fine di tutto e, arrivata a questo punto, non ne sono affatto meravigliata. – sorrise, mentre le lacrime iniziavano a scorrerle lungo le guance - Sono pronta a ricevere la mia ricompensa per tutto il lavoro svolto…”

I suoi amici, allora, capirono di doversi arrendere di fronte alla realtà dei fatti e anche i loro occhi divennero lucidi.

Zack fu il primo a trovare la forza di parlare:  “Quindi alla fine otterrai quello che vuoi, vivrai la tua vita accanto a Samuel…” le disse, triste, ma senza ironia.

Jade gli sorrise: “Non è vero, non ho ottenuto quello che volevo! Nessuno ottiene mai quello che vuole, non quando i tuoi amici e l’amore della tua vita vivono in mondi differenti…”

“Quindi questo è un addio, giusto?” le chiese l’amica, anche lei in lacrime e quella annuì, incitandola a continuare.

“Significa che non ti rivedrò mai più… Oddio, fa uno strano effetto dirlo e vederlo realizzato nello stesso momento. Non credo di essere pronta. Cioè, non ti vedrò mai più… Per sempre…”

“Nemmeno io sono pronta, Brenda, ma è così che deve andare, lo sai…”

Poi, corsero l’una verso l’altra e si abbracciarono, stringendosi forte.

“Non avrò mai con nessun’altro lo stesso legame che ho avuto con te. – le disse Brenda, aggrappandosi a lei - Le migliori amiche sono come anime gemelle: quando le trovi, sai per certo che non ci sarà mai nessun’altra.”

Parlare, a quel punto, era diventato molto difficile per entrambe.

“Oh, Brenda, non rendere tutto più difficile, ti prego… Già fatico a realizzare che presto non rivedrò mai più il tuo volto... Per quello che vale, sappi che nemmeno io troverò mai un’altra amica come te. – le prese il volto fra le mani e incrociò il suo sguardo – Sei unica e speciale e io mi sento così fortunata ad essere stata tua amica. Di una fortuna così rara, che stento a credere di averla avuto proprio io. Ti auguro una vita meravigliosa assieme a Terence… Ti prego, non dimenticarmi mai, perché io ti penserò in ogni momento della mia...”

Quella si staccò e annuì, devastata:  “Saluta Samuel e tua nonna da parte mia, quando arriverai, ok?”

 

A quel punto, fu il turno di Zack di salutarla, anche se si era voltato dall’altra parte per nascondere le lacrime.

Sorridendo, la ragazza lo punzecchiò: “Oh, Zack, non dirmi che stai piangendo!”

Quello cercò di sembrare forte, come sempre: “Sta zitta, non è vero!” replicò, mentre lei correva ad abbracciarlo. Sorpreso, lui non ricambiò subito la stretta, ma Jade continuò a parlare comunque.

“Sei stato con me fin dall’inizio e insieme ne abbiamo passate più di chiunque altro. Ora, invece, eccoci qui, pronti ad una nuova vita. E’ passato tutto così in fretta, che non mi sono nemmeno resa conto di quanto tu fossi indispensabile per me. Lascio in questo mondo una grossa parte del mio cuore, davvero…”

Poi si staccò, guardando a lungo entrambi:  “Sono pronta ad andare, anche se continuo a chiedermi come farò a vivere senza di voi per tutto il resto della mia vita. Siete le persone più importanti per me… Non dimenticatemi, d’accordo?” e, sorridendo fra le lacrime, iniziò a indietreggiare.

Brenda la salutò con la mano, appoggiando la testa sulla spalla di Zack. Sembravano una fotografia e Jade sorrise loro un’ultima volta.

“Siete meravigliosi. Vi amo immensamente…”

Poi si voltò e iniziò a camminare, ma Zack aveva ancora qualcosa da dirle.

“Finisci la scuola, Jade! Realizza i tuoi sogni.”

Lei, con un cenno, gli fece intendere che aveva capito e proseguì. Finalmente, arrivò sul bordo del trampolino e guardò verso il basso. Non aveva paura, nemmeno un po’. Scrutò quell’oscurità, quel male, sapendo che avrebbe decretato la sua fine per sempre. Poi, lentamente, aprì le braccia e chiuse gli occhi.

“Ho fatto tutto, qui. – mormorò, fra sé e sé - Sono stata amata e ho amato. Ho perso molto, ma anche ricevuto altrettanto. Non ho paura di te, oscurità. Non ne ho mai avuta, fin dal primo giorno. Sono più forte, ora, perché questa vita mi ha resa così. Sei tu che devi avere paura di me. Sono la tua fine e la tua fine, sarà il mio nuovo inizio….” e si lasciò andare, senza rimpianti, serena.

Brenda girò la testa e la affondò nel petto di Zack, incapace di guardare.

La strega continuò a precipitare nel vuoto e le parve di cadere per secoli. Come dice la tradizione, in quell’attimo rivide tutta la sua vita. Era stata tutt’altro che perfetta, ma tuttavia ricca di momenti che per lei erano stati importanti. Davanti agli occhi, le passarono tutte le avventure vissute, le persone conosciute e le vite salvate. Le lacrime, le liti, le battaglie, i nemici, tutti quelli che amava. Tutto quello che aveva caratterizzato una vita vissuta veramente fino in fondo, che non sarebbe mai stata dimenticata.

E, dopo pochi secondi, la vita di Jade nel mondo soprannaturale si concluse. In un attimo, il vortice oscuro si disintegrò e svanì per sempre, lasciando al suo posto solo un vuoto senza fine. Ma il vuoto più grande, in quel momento, era nei cuori di Brenda e Zack.

Era finita. Per sempre, stavolta.

 

Una settimana prima – Alkaban

 

 

Dana girovagò per l’edificio in cerca di Zeta, finchè non la trovò in una stanza, in lacrime. La donna stava ancora cercando, a fatica, di accettare la morte del collega, ma trovò comunque la forza di rispondere ai suoi dubbi, lasciandola entrare nella sua mente. Quella, allora, finalmente capì.

“Quindi il sacrificio pretende il sangue dei prescelti…”

“Sì, quelli che discendono dalla vostra stirpe, da quella delle streghe del circolo divino e dei demoni della triade oscura. Non siete molti, sparsi nel mondo, e alcuni nemmeno sanno di essere dei potenziali prescelti, perché, come ben sai, viene scelta solo una coppia fra tanti.”

Dana abbassò lo sguardo:“Quindi io e Jade siamo le candidate perfette per questo sacrificio… Fortuna che non moriremo davvero, o non le avrei mai permesso di sacrificarsi nuovamente. Non se lo merita dopo tutto quello ha fatto e perduto…”

“Sì, lo siete, ma purtroppo non è sicuro che finiate nel mondo destinato a voi prescelti.”

 “Che cosa intendi dire?”

“Solo quelli che sono stati davvero prescelti, hanno il privilegio di finire lì, anche se gli altri hanno il vostro stesso sangue. Queste sono le regole stabilite all’inizio dei tempi.”

La donna tacque per diversi minuti, troppo dispiaciuta per parlare, ma alla fine riuscì a trovare la forza di farlo.

“Beh, ti sembrerà egoista da parte mia, ma farò di tutto affinché questo sacrifico avvenga. Anche mentire a quelle povere anime, se necessario… Che Dio mi perdoni!” concluse, per poi voltarsi e tornare nella Sala del Consiglio, dove erano in corso i test.

Zeta, però, la fermò, perché aveva ancora un’ultima cosa da dirle: “Aspetta! Non è comunque detto che tu e Jade arriviate nel mondo a cui siete destinate. Quello che farete è un sacrificio di massa, Dana. La maggioranza di voi ha il sangue di un potenziale, quindi finirete tutti nello stesso luogo, qualunque esso sia. Magari mi sbaglio, ma ai piani alti ho accesso a molti libri che qui sulla terra non esistono. Talmente tanti che probabilmente alcuni non sono mai stati letti. Ed essi parlano anche di questo: i sacrifici di massa hanno un inizio e una destinazione, ma sempre insieme. Perché tutte le anime che vi partecipano sono legate per l’eternità. Ma quale eternità spetterà loro e, soprattutto, dove, non ci è dato saperlo.”

Quella rivelazione sconvolse profondamente l’anziana strega, che non ebbe la forza di voltarsi verso la donna, limitandosi a salutarla dalla porta.

“Grazie per il consulto, Zeta. Ancora condoglianze per Xao e… addio!” concluse, per poi andarsene via, silenziosa e pensierosa, ma più che mai sicura riguardo a cosa doveva fare.

 

 

FINE DELLA TERZA STAGIONE

~

INTRODUZIONE ALLA QUARTA STAGIONE

 

 

Anno 1237 a.C.

 

Nella piazza di un paesino era riunita una folla di persone, in attesa di godersi l’esecuzione di due giovani, un ragazzo e una ragazza. Entrambi erano legati ad un palo di legno e, intorno a loro, cumuli di paglia pronti per essere bruciati. L’esecutore, con in mano la torcia di fuoco, si rivolse un’ultima volta al popolo prima di passare all’azione.

“Gli impostori e gli assassini vanno puniti e quale punizione migliore, se non quella di togliere loro la vita? CHE BRUCINO TRA LE FIAMME!” concluse e la folla esultò, incitandolo a compiere quell’atrocità.

La ragazza, però, spaventata quanto il compagno, parlò, sperando che avessero pietà di loro: “No! Vi prego… Abbiamo commesso un errore e ci dispiace, ma non siamo assassini, abbiate misericordia di noi. Vi scongiuriamo… – poi si rivolse direttamente all’uomo, sussurrando perché solo lui sentisse – Lord Flammer, la prego, perché ci sta facendo questo? Noi siamo innocenti, non abbiamo fatto nulla… Ci fidavamo di voi!” concluse, in lacrime.

Quello, però, non si lasciò intenerire, anzi, le lanciò un’occhiata ancora più cattiva di prima: “Allora vi siete fidati della persona sbagliata, mia cara e ingenua Petra…”

Nel sentire le sue parole, l’altro ragazzo gli sputò in faccia: “Sei stato TU! Avremmo dovuto immaginarlo…”

Ma ormai era troppo tardi e l’uomo era pronto a eseguire la condanna.

 “Che le fiamme dell’inferno vi tormentino per l’eternità!” esclamò, con un’espressione di puro piacere sul volto e, subito dopo, buttò la torcia sulla paglia, che prese fuoco velocemente. In poco tempo, le fiamme divennero alte e i due ragazzi gridarono di dolore, mentre bruciavano fra atroci tormenti, nelle loro orecchie le risate della folla intorno a loro, che esultava per la loro fine…

 

 

CONTINUA NELLA QUARTA E ULTIMA STAGIONE DI DEMON & WITCH…

Testo a cura di Lady Viviana.

ANGOLO AUTORE: Bene, questo era l'ultimo capitolo di questa lunghissima terza stagione. E' sempre una soddisfazione arrivare all'ultimo episodio di ogni stagione e ci si guarda indietro sapendo di aver fatto un ottimo lavoro. Spero abbiate gradito tutto e che anche questa storia vi abbia regalato grandi emozioni, lasciate pure un commento se volete e fatemelo sapere. Come avete letto a fine capitolo, la prossima stagione sarà l'ultima. E' ora che D&W abbia una fine e vedrò di darne una degna assieme ad una nuova trama interessante e coinvolgete. A proposito della nuova stagione, ci sarà un'anteprima della 4x01 nel giorno di Halloween e il primo capitolo si intitolerà "Five Years Later", perciò ci sarà un grosso salto temporale e scoprirete cosa è successo ai protagonisti e di quale nuova minaccia tratterà quest'ultima stagione. Non mancate all'appuntamento. La stagione completa partirà ufficialmente dal 3 Dicembre con la 4x02. Grazie per avermi seguito, alla prossima!

 

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