Till the night ends

di _IcePotter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo- Challenge Accepted ***
Capitolo 2: *** Monday ***
Capitolo 3: *** There's a million voices screaming that this love's a dead-end road ***
Capitolo 4: *** Like a cannonball ***



Capitolo 1
*** Prologo- Challenge Accepted ***


Till the night ends
Prologo- Challange Accepted
Su Kendall Schmidt si sarebbero potute dire moltissime cose. Apparentemente era un ragazzo come tanti altri: abbastanza alto per la sua età, con una fitta zattera di capelli biondi perennemente spettinati e vispi occhi verdi. Aveva un carattere difficile da comprendere per la maggior parte delle persone. Se si escludevano la sua famiglia e James e Carlos, i suoi due migliori amici da praticamente tutta la vita, tutte le persone che si erano vantate di “conoscerlo” si rendevano conto abbastanza presto che la loro non era altro che un’illusione. Kendall era come la nebbia, apparentemente impenetrabile. Per la sua famiglia era un ragazzo meraviglioso e i suoi amici potevano confermare che lo fosse quasi sotto ogni punto di vista. Era difficile anche per loro doverlo ammettere, ma c’erano alcuni lati del suo carattere che non andavano molto a genio a nessuno dei due.
Appena un anno prima infatti, Kendall aveva fatto coming-out. La sua famiglia, superato lo smarrimento iniziale, l’aveva presa bene. O meglio, quasi tutti. Sua madre, che insegnava nello stesso liceo frequentato dal figlio, lo aveva abbracciato e gli aveva detto che il suo orientamento sessuale non avrebbe cambiato l’affetto che provava nei suoi confronti. A distanza di mesi di tanto in tanto si arrischiava addirittura a fargli qualche domanda sui ragazzi con i quali lo vedeva chiacchierare fuori dalla scuola. Lui puntualmente scoppiava a ridere e negava e il discorso cadeva poco dopo. I suoi fratelli si erano limitati a dargli una pacca sulla spalla e a dire che anche per loro era okay. Sua sorella Ciara invece gli aveva sorriso, affermando con aria saccente che lei lo aveva sempre saputo. Il fratello a quelle parole gli aveva sorriso scompigliandogli i capelli.
L’osso duro della famiglia era suo padre. L’uomo ricopriva un importante incarico per un’azienda. Era un posto molto ben retribuito, ma che lo costringeva a passare diverso tempo fuori casa per viaggi in tutto il mondo. In quel momento si trovava in Spagna per concludere un’importante affare che probabilmente gli avrebbe fruttato un mucchio di soldi. Era tornato a casa soltanto  dopo due settimane, quando ormai tutti avevano digerito la bomba e avevano smesso di parlarne. Aveva colto per caso un frammento di conversazione dei due figli maggiori, dove accennavano appunto a un presunto ragazzo di Kendall. Subito era corso a chiedere spiegazioni alla moglie, indignato da ciò che le sue orecchie avevano sentito. Lei gli aveva subito spiegato la situazione, ma il marito aveva reagito in maniera brusca. L’aveva interrotta ed era corso nella stanza del figlio senza neppure bussare. Lo aveva guardato con sdegno, chiedendogli se quello che gli aveva detto la moglie era vero. Il biondo, lievemente sbalordito, glielo aveva confermato, cercando però di fargli capire che in realtà non aveva nulla di diverso da tutti gli altri figli. Lui però non lo aveva ascoltato ed era uscito da casa con l’intento di sfogarsi un po’.
Anche Kendall era uscito, dirigendosi in un posto che ben conosceva. Lo Scandals era il locale gay più conosciuto della città. Lui lo conosceva perché spesso c’era entrato, da solo o con i suoi amici, ma sempre per passare qualche ora a ballare senza sentirsi diverso da tutti gli altri. Quella sera però ci era andato con un’idea ben diversa. Si era fermato a ballare soltanto un paio di canzoni, utilizzando appositamente alcune mosse un po’ azzardate. Prevedibilmente, dopo un po’ un ragazzo gli si era avvicinato, piazzandogli in mano un drink non meglio identificato, che lui aveva mandato giù senza neppure sentirne il gusto. Quel drink era stato il primo di molti, ma neppure gli importava. Voleva soltanto dimenticare lo sguardo deluso e altero che suo padre gli aveva rivolto a casa. Durante tutta la sua vita, si era sempre impegnato a non deluderlo, cercando la sua approvazione per qualunque cosa. Non sapeva spiegare perché ci teneva così tanto, era così e basta. Non gli importava del resto, quando lo vedeva sorridergli orgoglioso. Non avrebbe mai voluto che venisse a scoprirlo in quel modo, non era affatto la situazione che si era immaginato. Prima ancora che riuscisse a rendersene conto, le labbra dello sconosciuto erano sulle sue e si muovevano con una violenza inaudita. Aveva ricambiato il bacio con altrettante violenza, ignorando quella parte del suo cervello che gli stava dicendo che stava sbagliando a reagire in quella maniera. Aveva svuotato del tuo la mente, imponendosi di non reagire quando lo sconosciuto lo aveva trascinato verso la porta del bagno tirandolo per la maglietta. Non aveva reagito neanche quando era stato sbattuto contro una parete lercia e aveva sentito il rumore di una porta chiudersi. Aveva evitato di muoversi, lasciando che il ragazzo davanti a lui facesse tutto al posto suo. Non lo avrebbe mai ammesso, ma sapeva che stava facendo qualcosa di sbagliato. Una parte di lui voleva correre lontano e piangere, ma in pochi minuti l’opinione che aveva di suo padre era crollata. Non voleva essere un codardo, non voleva essere come lui. Non sarebbe fuggito come aveva fatto lui quel pomeriggio, avrebbe lasciato il suo corpo e la sua mente libere di sperimentare qualcosa di nuovo, fregandosene delle conseguenze e di tutto ciò che di bello aveva pensato sull’amore e sui sentimenti fino a qualche ora prima. Si era fatto scivolare addosso quelle mani che lo facevano sentire sporco, sbagliato. Il ragazzo era sceso a mordergli il collo, marchiandoglielo.  Le mani intanto erano scese, febbrili, a slacciargli i pantaloni e a calargli i boxer. Dopo qualche minuto si era ritrovato soltanto a dover trattenere le lacrime di disperazione che minacciavano di rigargli le guance, perché quella volta, se c’era qualcuno che aveva deluso, era se stesso.
Era mentre pensava a queste cose che si dirigeva verso la casa del suo migliore amico, Carlos. Lui, Kendall e James si erano conosciuti da piccoli ed erano subito andati d’accordo. Alle superiori poi, il latino aveva conosciuto Logan e aveva deciso di presentarlo agli amici. Logan gli piaceva. Non era alto come lui –anzi, era piuttosto basso- ma comunque muscoloso. Aveva i capelli e gli occhi scuri e il viso veniva contornato da un sorriso bellissimo che gli faceva spuntare due adorabili fossette agli angoli della bocca. Non che il moro nella sua testa dovesse apparire adorabile. Semmai, doveva apparire scopabile, che era ben diverso. Caratterialmente era una persona davvero dolce e gentile con chiunque, un po’ il suo opposto. Lavorava in una libreria e contemporaneamente cercava, attraverso una misera borsa di studio, di coltivare la sua passione più grande: la letteratura. Spesso e volentieri, per arrotondare suonava la chitarra e cantava in qualche locale. Aveva anche una bella voce, anche se gli costava un po’ ammetterlo.
 Comunque sia, dato che poi tanto scemo non era, aveva capito che il suo interesse era ricambiato. Allora aveva fatto il grande passo. Aveva invitato Logan a casa sua ed erano presto finiti a rotolarsi tra le lenzuola. Non sapeva bene cosa si aspettasse il moro da lui il giorno successivo, ma ci aveva tenuto a mettere subito in chiaro le cose. Lui non cercava un fidanzato, niente affatto. Voleva soltanto qualcuno a sua disposizione, con il quale poter fare qualcosa ogni volta che gli pareva. Il più basso lo aveva guardato ghignando, prima di baciarlo e spingerlo di nuovo tra quelle lenzuola ancora impregnate del loro profumo.
Era proprio a causa di quel dannato nano texano che in quel momento aveva bisogno di parlare con Carlos. Negli ultimi giorni la sua immagine sorridente non lo aveva lasciato in pace nemmeno un minuto, comparendogli davanti agli occhi nelle situazioni meno opportune. Si era detto che era a causa del fatto che non si vedevano da qualche giorno e che i suoi ormoni stavano decisamente schizzando alle stelle. Quando poi la sera prima era successo quello –gli venivano i brividi soltanto a pensarci- e si era reso conto che probabilmente non era quello il motivo. Quindi, si ritrovava a doverne parlare con il latino, perché quando aveva provato a chiamare James non gli aveva risposto –mai una volta che avesse il cellulare acceso, quel maledetto ragazzo-.
Lo metteva a disagio mettere qualcuno al corrente di una cosa così privata, ma del resto si trattava dei uno dei suoi migliori amici. O a lui, o a nessun altro.
Per strada si era ritrovato a maledire più volte il momento in cui aveva incontrato quel dannato ragazzo, che sembrava aver portato nella sua vita più guai di quanto già non ce ne fossero. Non che effettivamente l’altro gli avesse imposto la sua presenza, ma si era insinuato nella sua vita rendendosi indispensabile quasi quanto l’ossigeno. E adesso, per colpa sua, si ritrovava con quegli strani sintomi che non sarebbe stato in grado di spiegare, ma che lo facevano sentire un completo idiota. Era qualcosa di strano, stupido e quasi fastidioso quel ronzio costante che sentiva nello stomaco e nel petto ogni volta che era con lui o ogni volta che solo lo pensava. Okay, se voleva mantenere un briciolo di dignità quello era meglio tenerlo per se.
Dignità, non che gliene fosse rimasta a ben pensarci.
Bene, adesso iniziava anche a sminuirsi da solo. Le cose non sarebbero potute andare peggio.
C’è un detto, che dice che quando sei convinto che le cose non possano peggiorare, ecco che improvvisamente lo fanno. Forse se avesse tenuto conto di quella sottigliezza, avrebbe potuto evitare che le cose precipitassero in maniera così catastrofica. Ma lui non era mai stato uno troppo attento ai dettagli. O, se anche li notava, preferiva non farci caso, troppo preso da tutto il resto.
E ciò che gli stava per succedere ne era l’evidente dimostrazione.

***


Carlos Pena era un ragazzo relativamente tranquillo, ma non per questo meno furbo o intelligente. Questo era quello che insegnati dicevano a sua madre ad ogni ricevimento dei genitori. Ormai aveva diciannove anni ed era sicuro delle sue potenzialità. Sembrava possedere l’abilità (o maledizione) di riuscire a comprendere ogni singolo problema di chi lo circondava, anche quando le persone intono a lui negavano o non vedevano i proprio problemi.
Era per questo motivo Logan Henderson si fidava incondizionatamente di lui e del suo parametro di giudizio. Erano amici solo da pochi anni, ma si erano trovati subito d’accordo. Spesso, quando gli telefonava con il solo scopo di chiedergli come stava o se ci fossero novità, finivano poi a parlare dei suoi problemi, che magari prima della telefonata era riuscito a mettere da parte. Nella maggior parte dei casi riusciva a trovare delle soluzioni alle quali lui da solo non sarebbe mai giunto. Per questo, quando quel pomeriggio Logan lo aveva chiamato al termine dell’ennesima sveltina con Kendall, Carlos aveva capito che c’era qualcosa che non andava già dal momento in cui l’amico lo aveva salutato. Da buon amico, si era fatto raccontare per filo e per segno cosa era successo, quale era più o meno il problema –ignorando volutamente che lo sapeva già, dato che il problema del moro era sempre lo stello- e aveva cercato di consolarlo come meglio poteva. Quando Logan aveva dovuto riappendere, inventandosi un impegno che molto probabilmente non aveva –sapeva che era solo una scusa per non scoppiare piangere mentre parlava al telefono, glielo aveva confermato il moro una sera in cui era particolarmente alticcio ed in vena di confidenze-, Carlos si era reso conto che quella situazione andava risolta al più presto possibile. Se quei due sarebbero andati avanti ancora un po’, uno dei due –molto probabilmente Logan- sarebbe finito con l’esplodere. E sinceramente non augurava a nessuno dei due un trauma cranico, nonostante spesso avesse avuto l’istinto di tirargli qualche oggetto pesante sulla testa.
Era in momenti come quello che gli sarebbe piaciuto non aver mai fatto conoscere Kendall e Logan. Certo, non era colpa sua se Kendall cercava qualcuno da usare quando ne aveva voglia e Logan era così innamorato che dopo qualche mese avrebbe finito per prestarsi a qualunque cosa, lui si sentiva comunque in gran parte responsabile della sofferenza di quest’ultimo, ma non aveva il cuore di dire al biondo che si stava comportando da vero e proprio stronzo. In fin dei conti era pur sempre il suo migliore amico. Il suo migliore amico tardo e spesso tanto scemo, ma comunque il suo migliore amico.
Sospirando, aveva sbloccato il cellulare per mandare un messaggio alla sua ragazza, Alexa, confermandole che quella sera avrebbero cenato insieme. Stavano insieme ormai da ben tre anni e la amava con tutto il cuore. Credeva di aver trovato la persona della sua vita, l’anima gemella. Avevano un sacco di cose in comune e ogni giorno passato insieme scoprivano di averne una in più. Quello che li univa era un legame speciale. Con lei si sentiva libero di essere se stesso, senza freni o altro. Era una sensazione fantastica, che lo faceva sentire bene. Gli piaceva passare il suo tempo con lei, facendo cose normali come bere una cioccolata calda o guardare un bel film al cinema. Erano azioni apparentemente senza nessuna importanza, ma che non facevano altro che accrescere il legame di amore sincero e profondo che c’era tra di loro.
Gli sarebbe piaciuto che Kendall potesse fare la stessa con Logan, stare insieme a lui come una persona normale e non preoccuparsi così tanto di negare i suoi sentimenti finendo con il credere di non provarli affatto. Secondo Carlos, il fatto che fosse cotto a puntino era così evidente che prima o poi gli sarebbe spuntato un neon lampeggiante sulla fronte: innamorato di Logan Henderson. Si chiedeva come facesse ad essere così cieco. E così stupido, soprattutto. Stava provocando a Logan un male che non si meritava, trattandolo come se di lui non gliene importasse nulla, quando in realtà non era affatto così. Lo aveva praticamente ammesso lui stesso, durante una conversazione che avevano fatto pochi giorni prima. Carlos gli aveva chiesto come mai fosse così agitato e lui si era messo a straparlare prima di riuscire a formulare una risposta decente. Alla fine era riuscito a tirargli fuori soltanto qualche frase incoerente, ma era comunque riuscito a capire che il problema era Logan. Dopo aver inutilmente cercato di calmarlo per diversi minuti si era rassegnato ad ascoltarlo, fino a quando l’amico non gli aveva rivelato qual era il vero problema. Gli aveva spiegato che sentiva qualcosa di strano proprio nel petto, dove stava il cuore. Carlos era stato tentato di scoppiare a ridergli in faccia, ma si era subito reso conto che di certo non lo avrebbe aiutato comportandosi in quel modo. Insomma, Kendall era probabilmente l’unica persona che sarebbe stata più propensa ad ammettere di avere un problema cardiaco piuttosto che ammettere di essersi innamorato di qualcuno. Inoltre, aveva aggiunto il biondo con il tono esasperato di chi è sul punto di gettarsi dal cornicione di una finestra, sentiva l’orribile desiderio di conoscere meglio Logan.
-E perché mai orribile?- gli aveva chiesto il latino.
-Ma come? Fino a due giorni fa a stento ci parlavamo se si esclude tra le coperte e adesso ho voglia di sapere cosa fa, con chi sta, che cosa gli piace e cosa no. Non è una cosa normale, è una tragedia!
-Ma dai, non esagerare! Vedrai che riuscirai a capire cosa c’è che non va, anche se ti ripeto che secondo me è tremendamente ovvio.
-Ancora con questa storia? Non sono innamorato, in quale lingua vuoi che te lo dica?- Carlos aveva alzato gli occhi al cielo, al che l’altro ragazzo gli aveva fatto una linguaccia.
-La negazione è la prima fase, ricorda. Ora vado, ho lezione. Ciao biondo!- lo aveva salutato, scompigliandogli affettuosamente i capelli. Dopo quel giorno non avevano più ripreso la conversazione e il biondo faceva il più possibile per evitare di toccare l’argomento Logan. E lui, aveva pensato sospirando in maniera decisamente melodrammatica, non aveva mai fatto nulla per cercare di fargli capire che si sbagliava.
Improvvisamente il display del suo cellulare si era illuminato.
Nuovo messaggio da: Kendizzle :)
Devo parlarti. È urgente. Molto urgente. Sto venendo a casa tua, okay? A dopo.
Prima che potesse iniziare a chiedersi come mai improvvisamente era diventato lo psicologo di turno di tutti i suoi amici –quando avevano deciso quella cosa, a nessuno era venuto in mente di avvisarlo?- un’idea strana e per certi versi perversa aveva preso forma nella sua mente. Probabilmente, se gliel’avesse detto un’altra volta, Kendall avrebbe pensato che le sue erano strane idee dovute al fatto che stava con Alexa, ma se fosse arrivato al punto di rendersi conto dei suoi sentimenti in un altro modo, non avrebbe più avuto la possibilità di negare a se stesso la realtà. Era un piano idiota. Doveva decisamente metterlo in atto.
Sorridendo in maniera inquietante, aveva digitato un breve “Okay” in risposta a Kendall, mentre l’idea che gli era appena venuta non voleva saperne di andarsene dalla sua testa. Aveva velocemente composto un numero che ormai sapeva a memoria e, dopo appena pochi squilli, una voce assonnata quanto familiare, gli aveva risposto.
-Los, amico. Tutto bene?- gli aveva chiesto James, con il tono di chi è ancora tra le braccia di Morfeo e non ha la più pallida idea di cosa stia succedendo. Cosa che non era poi tanto distante dalla realtà, in fin dei conti. Spesso e volentieri si chiedeva come facesse quel ragazzo a dormire a qualsiasi ora del giorno e della notte, era incredibile. Non gli passava mai per la testa di fare, non so, qualcosa di produttivo? Scuotendo la testa, aveva deciso di mettere l’amico al corrente delle sue macchinazioni.
-James, ho appena avuto l’idea del secolo. Si tratta di Kendall e Logan.- sapeva che quelle erano le parole magiche che, con tutte le probabilità, avrebbero fatto crescere l’interesse dell’amico nei confronti di quella conversazione.
-Sono tutt’orecchie. Spara.
Come volevasi dimostrare.
Carlos aveva sorriso.
Operazione “Punto tutto su di te” iniziata. Inizio immediato della fase uno.
Kendall Schmidt, aveva pensato mentre assumeva una posa simile a quella che aveva visto fare ad un tipo nel film “Il padrino”, inizia pure a tremare.

***


James Maslow aveva vent’anni. Ciara Schmidt soltanto quindici. Era strano, per loro, come l’amore potesse crescerti dentro, fino a farti finire con il vivere di bugie e il cibarsi di pochi momenti rubati al mondo. Era quello che era successo a loro, quasi per caso. Si erano incontrati a casa di Kendall, quando James per sbaglio era entrato nella sua stanza anziché in quella del fratello.  Superato l’imbarazzo iniziale, erano rimasti a parlare per diverso tempo, scoprendo di avere, nonostante la differenza d’età, molte cose in comune. Si erano scambiati i numeri e dopo qualche giorno Ciara lo aveva chiamato per chiedergli di vedersi. Erano andati a prendere un caffè e si erano ritrovati ancora una volta a chiacchierare degli argomenti più disparati. Le cose tra di loro si erano evolute poi in maniera abbastanza rapida, fino a quando non si erano ritrovati a baciarsi romanticamente sotto la pioggia, mentre cercavano di ripararsi sotto la giacca di James. Stavano insieme ormai da cinque mesi ed era stato con un certo imbarazzo che si erano confessati reciprocamente di voler tenere segreta la cosa almeno per un po’. Quel giorno avevano deciso di trovarsi in un bar un po’ isolato, per passare un po’ di tempo da soli.
-Mi sei mancata- aveva esalato James non appena l’aveva vista correre nella sua direzione. L’aveva stretta tra le sue braccia, godendosi il contatto tra il suo corpo e quello minuto della ragazza.
-Anche tu- aveva risposto Ciara, sollevandosi sulle punte e baciandolo con trasporto. Si erano staccati quando il fiato iniziava a scarseggiare e si erano accomodati ad un tavolo, uno di fronte all’altra. Il ragazzo si era beato della bellezza di lei: indossava un vestito a fiori e degli stivaletti e non si era truccata, perché lui gli diceva che la trovava bellissima in quel modo.
Si erano sorrisi e avevano intrecciato le loro mani. James spesso si rifiutava di credere alla fortuna sfacciata che aveva avuto nell’incontrare una persona meravigliosa come lei e si chiedeva cosa aveva fatto per meritarsela.
-Uhm, Jay, pensavo di parlare con mio fratello. Voglio smetterla di nascondermi come se stessi facendo qualcosa di sbagliato. Sono innamorata di te, e quindi? Non m’importa che tu sia più grande, io sento di amarti e voglio che tutto il mondo sappia quanto perfetti siamo insieme.
-Ecco- aveva risposto James, grattandosi la nuca a disagio –anche per me sarebbe meraviglioso poter finalmente dire tutto, perché sei la cosa migliore che mi sia mai successa. Solo, ho paura di rovinare tutto. Non voglio perdere Kendall, è il mio migliore amico. Allo stesso tempo però non posso perdere te. È tutto un gran casino e io- oddio, mi dispiace. Sono un disastro, lo so. Il punto è che dovremmo aspettare almeno un altro po’, almeno finché Logan non chiarisce le cose con tuo fratello- le aveva detto, senza avere il coraggio di guardarla negli occhi e fissando quindi un punto definito di quel tavolo orrendamente grigio e triste.
-Hai ragione, scusami. Non voglio sembrarti egoista, soltanto non ho più voglia di nascondermi.
-Non devi scusarti, hai ragione. Non sei affatto egoista, credimi. Ti giuro che dovremmo resistere ancora per poco, te lo giuro. Te lo giuro- aveva detto con convinzione, accarezzandole la mano. La ragazza aveva annuito. James non riusciva a fare a meno di stupirsi della sua forza d’animo e della sua tenacia. Era probabilmente la persona più forte che conoscesse.
-A proposito di mio fratello- aveva detto Ciara, improvvisamente desiderosa di cambiare argomento –si può sapere che diamine combina in questi giorni? È diventato improvvisamente silenzioso e evita qualunque domanda o contatto con noi. Sai per caso cosa gli succede?
-Secondo Carlos, e io sono profondamente convinto che abbia ragione, ha a che fare con Logan. Quei due hanno un rapporto strano, morboso quasi. Lui è innamorato, ce ne siamo accorti tutti. Eppure per mesi si è fatto usare senza dire nulla, ha lasciato che tuo fratello usasse il suo corpo come se fosse una bambola, facendogli quello che gli pareva ogni volta che gli andava. Io spero che Kendall si renda conto che sta sbagliando, perché sono convinto che sotto sotto anche lui sia innamorato. Non so, spero che le cose tra di loro si chiariscano il più in fretta possibile, nessuno si merita di star male quanto Logan in questo momento. È diventato fragile in maniera impressionante, credimi… e voglio bene a tuo fratello, ma dovrebbe smettere di comportarsi in questo modo. Non è colpa di Logan se Kendall ha un trascorso difficile, no?
-No, certo che no. Mio fratello è tardo, ma non così tanto. Vedrai che si renderà conto del casino che sta facendo, anche perché sotto sotto anche io sono convinta che provi qualcosa per Logan. Solo che, dopo tutto quello che ha dovuto passare con mio padre, credo che sia quasi giustificabile il suo comportamento, no? Le cose andranno per il meglio, vedrai. Sai cosa? C’è una frase che mi ricorda tanto noi due, ma anche loro. Ciò che amore vuole, amore lo tenta sempre. Vedrai che anche loro avranno una possibilità, dovranno soltanto stare attenti a non sprecarla- aveva concluso pacatamente. James aveva annuito con forza.
Sperava disperatamente che avesse ragione. E, dopo aver ascoltato Ciara e essersi fatto raccontare vagamente il piano di Carlos –quel ragazzo era decisamente un genio del male, doveva riconoscerlo-, era certo di una cosa: se l’amore da solo non riusciva a combinare nulla di buono, toccava a loro dargli una mano.

***


Quando Kendall era arrivato a casa di Carlos era piuttosto agitato. Era turbato da quello che gli stava succedendo negli ultimi giorni e sapeva che il latino era la persona giusta con la quale parlare. Lo adorava in particolar modo per il fatto che, a differenza di James, non giudicava nulla di ciò che l’altro diceva o faceva. Fin da piccolo era sempre stato quello più calmo e riflessivo dei tre ed era anche per questo motivo che, quando Logan si era aggiunto al trio, aveva immediatamente legato con lui. Non che Kendall fosse troppo felice di quella cosa, ma gli toccava far buon viso a cattivo gioco se non voleva evitare che Carlos continuasse con quella assurda idea del fatto che fosse innamorato. Innamorato, lui? In quale universo?
Arrivato davanti alla familiare villetta a due piani, munita di piscina nel giardino sul retro, aveva suonato e la calda voce della signora Pena gli aveva detto di salire, che il figlio lo aspettava in camera. Era entrato prima nella cucina, per salutare quella donna che ormai considerava come una seconda madre. Lei gli aveva sorriso, baciandogli le guance e chiedendogli come andavano le cose in quel periodo. Lui aveva risposto che andava tutto bene e ci aveva messo poco a liberarsi dalla sua presa e a salire le scale che lo avrebbero finalmente condotto da Carlos. Non appena arrivato davanti alla porta della stanza dell’amico, aveva bussato, ricevendo in risposta un “Avanti” soffocato. La stanza del latino era grande e accogliente. Era arredata con colori neutri, che formavano un insieme armonioso e gradevole alla vista. Nel complesso, quella stanza gli trasmetteva tranquillità.
-Hey Los!- aveva esclamato alla vista del suo migliore amico che scribacchiava fitto fitto su un block-notes dall’aria rovinata. Il latino aveva fatto appena in tempo ad alzare lo sguardo su di lui e ad affrettarsi a far sparire il block-notes dentro uno dei cassetti della scrivania, che il biondo si era gettato a peso morto sul letto, prendendosi la testa tra le mani. Cercando di non mettersi a ridere –aveva appena finito di definire tutti i dettagli della sua geniale idea- si era avvicinato all’amico.
-Ken, che succede?- gli aveva chiesto, con tono appena preoccupato. Carlos aveva iniziato a chiamarlo in quel modo quando erano piccoli e Ciara guardava ancora i cartoni animati come Barbie. Gli era piaciuta fin da subito l’idea che il suo amico diventasse la versione moderna del Principe Azzurro delle fiabe, e alla fine il soprannome gli era rimasto. Non che poteva dire che si adattasse troppo bene alla sua personalità, ma gli piaceva quel pensiero.
-Nnlsh.
-Ken, se non ti togli le mani dalla faccia non ti capisco- lo aveva rimproverato bonariamente, come si fa con i bambini piccoli. Il biondo si era tolto le mani dal viso, rifiutandosi comunque di guardare l’amico.
-Non lo so. Non so cosa mi succede, e la cosa mi da altamente su i nervi. Posso accendermi una sigaretta?- gli aveva domandato, portando una mano sulla tasca dei pantaloni.
-No, intanto perché mi impuzzolentisci la stanza e poi perché dovresti toglierti questa pessima abitudine.
Kendall aveva sbuffato, socchiudendo gli occhi.
-Sei noioso. Capito, Los? N-o-i-o-s-o. Quando fai così mi ricordi tanto L…- la sua voce si era man mano affievolita e aveva finito con il non concludere la frase, optando per un dignitoso silenzio.
-Okay, ho colto l’antifona. Che è successo con Logan? Avete litigato un’altra volta?
-No. È questo il punto- gli aveva detto, soffocando una smorfia –non abbiamo litigato, non è successo niente. È questo il problema, che non è successo niente.
-Eh? Kendall, non ti capisco se mi parli così- lo aveva ripreso stancamente. Odiava quando si comportava in quel modo perché i nervi in quel modo saltavano unicamente a lui.
-Ieri l’ho chiamato per dirgli di vederci a casa sua, è stata una giornata del cazzo e io avevo bisogno di sfogarmi, sai com’è- Carlos aveva annuito, anche se per via degli occhi chiusi l’altro non poteva vederlo- Beh, mi ha detto che per lui non c’erano problemi e io sono andato a casa sua. Solo che quando sono arrivato mi ha aperto ed è tornato in soggiorno, buttandosi sul divano. Anche per lui era stata una giornataccia. Poi si è alzato e mi ha fatto segno di seguirlo in camera da letto. Io pensavo che le cose sarebbero andate come al solito e poi me ne sarei tornata a casa, ma mi sbagliavo. Siamo arrivati e lui si è sdraiato, ma non ha fatto nulla di ciò che farebbe normalmente in una situazione del genere. Voglio dire, baciarmi, trascinarmi giù con lui, questo genere di cose, sai? Ecco, io gli ho chiesto che cosa c’era che non andava e lui si è messo a raccontarmi del fatto che aveva avuto dei problemi in libreria e io non me la sono sentita di fare nulla. Voglio dire, mi sono sdraiato accanto a lui e abbiamo dormito. Solo dormito, ma ti rendi conto? Devo avere qualcosa che non va, decisamente. Credi che mi sia preso qualcosa? Non so, l’influenza, la febbre?- Carlos si era appena trattenuto dallo scoppiargli a ridere in faccia. Lo so io cosa ti è preso mio caro, aveva pensato ghignando, sei innamorato.
-Uhm, beh, non credi che ci sia un modo semplice per capire cosa stia cambiando nel vostro rapporto. Perché devi ammettere anche tu che qualcosa sta cambiando, lo hai ammesso anche tu appena qualche giorno fa. Siete sempre più amici, lo vedi da te, no? Non credi che sia il caso di porsi qualche domanda?
-Di che parli?
-Facciamo una scommessa, ti va?
Kendall aveva sollevato appena il viso per guardare l’amico. I suoi occhi verdi guizzavano di curiosità e l’esasperazione che l’aveva colto fino a qualche secondo prima sembrava essere totalmente sparito.
-Spara.
-Avrai una settimana per fare tutto quello che vuoi con Logan -qualunque cosa, davvero- a patto che non andiate a letto insieme. Potrete andare al cinema, al mare, in montagna, sulla luna, a Hollywood, purché non andiate a letto insieme. Se alla fine capirai di non provare nulla per Logan, come io invece cerco di dirti da giorni, allora avrai vinto- aveva concluso Carlos, sorridendo largamente.
-D’accordo- gli aveva risposto il biondo, un po’ scettico. Davvero Carlos era convinto di poter vincere? Improvvisamente aveva sorriso, come se un’idea fulminea lo avesse colto –Beh, cosa succede se vinco?
-Se vinci, dovrò correre per il campus in mutande. Se vinco io, sarai tu a farlo.
Kendall lo aveva guardato con aria di sfida.
-D’accordo. Sfida accettata.


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Capitolo 2
*** Monday ***


Till the night ends
Monday

Quel lunedì era iniziato come tanti altri. Fuori il sole era già alto nel cielo e c’era una terribile afa. I vestiti si appiccicavano addosso agli abitanti di Minneapolis, che cercavano refrigerio con aria condizionata e ventilatori. Tutto quel caldo sembrava quasi surreale se si considerava che era soltanto il mese di maggio, continuavano a ripetersi. La vita scorreva frenetica come al solito: per le strade si vedevano composti uomini in pausa pranzo, donne che camminavano sorridenti spingendo i loro passeggini, bambini che si ricorrevano ridendo per le strade.
Logan osservava tutto ciò dalla finestra della sua stanza, con aria quasi malinconica. La sua mente stava lavorando febbrile da diversi minuti e lui sentiva la testa esplodere. Aveva il viso rigato dai rimasugli di alcune lacrime che gli avevano rigato il viso poco prima. Aveva telefonato a Carlos per l’ennesima volta soltanto una mezz’oretta addietro e il suo amico gli aveva assicurato con una sicurezza disarmante che le cose si sarebbero sistemate il più in fretta possibile. Era felice che il latino fosse convinto di quella cosa, perché lui non lo era affatto. Anzi, se possibile pensava che la situazione sarebbe ulteriormente peggiorata.
Quasi come attirato dai suoi pensieri nefasti, il suo cellulare, che aveva gettato sul letto poco prima, aveva vibrato e le note di “She Looks so Perfect” dei 5 Seconds of Summer si erano rapidamente diffuse per la stanza. Chiedendosi chi diamine fosse stato a cambiare la sua suoneria, aveva sbloccato il suo cellulare.

Kindle- Chiamata Persa
Kindle- Nuovo Messaggio

Logan, ti va di vederci questa sera? Mi piacerebbe cenare con te, ho bisogno di dirti una cosa abbastanza importante e poi, beh, mi farebbe piacere :) Allora, ci stai?
Eccola, di nuovo all’attacco. Quella sua speranza del cazzo. Quella che lo illudeva e puntualmente infrangeva i suoi sogni e le sue speranze, lasciandolo solo con il suo cuore infranto.
Certo, perché no? A che ora? (:
Non illuderti, non illuderti, non illuderti, non illuderti, non farlo. Era stato troppo tardi quando la vibrazione successiva gli era giunta alle orecchie. Si era già illuso, per l’ennesima volta.

***


-Sei proprio sicura di star bene?- le aveva chiesto James per l’ennesima volta. Quel giorno l’aveva invitata a casa sua, dato che lui viveva da solo. Per mantenersi lavorava in una palestra e faceva anche da personal trainer ad alcune simpatiche signore sulla quarantina. Spesso Ciara gli metteva il broncio quando se ne ricordava e lui le metteva il bacio, dicendole che per lui contava soltanto lei.
-Sì, scusami, sono soltanto un po’ distratta. Cosa stavi dicendo?- aveva risposto in fretta la quindicenne, facendo guizzare i suoi occhi per tutta la stanza, senza guardare mai verso di lui. Si vedeva che era nervoso, se n’era reso conto dal modo in cui le sue mani non avevano smesso per un secondo di torturare l’orlo del vestito arancione che indossava quel giorno o dal modo in cui, anche se erano seduti sullo stesso divano di pelle nera, cercava in ogni modo di evitare il contatto fisico con lui.
-Che ho capito che c’è qualcosa che non va. Dobbiamo girarci intorno ancora per molto oppure ti va di dirmi cosa succede?- gli aveva chiesto con un tono intriso di dolcezza che usava soltanto con lui. In risposta aveva ricevuto soltanto un singhiozzo soffocato. Preoccupato, aveva sollevato un braccio in direzione del suo viso, che era stato coperto dalle mani. –Hey- le aveva detto avvicinandosi- è tutto okay, non fa nulla se non ti va di dirmi cosa c’è che non va, davvero.
A quelle parole Ciara aveva sollevato la testa di scatto. Per James era bellissima anche in quel modo, con i capelli scomposti che fino a pochi minuti prima erano stati legati in un’elaborata acconciatura e i residui di ombretto e mascara sulle guance.
-N-no, io ho voglia di dirtelo. In realtà è una cosa stupida, lo so. Quando mi hai invitata qui da una parte ero felice, perché sai che amo passare ogni minuto con te e mi entusiasmava il pensiero che avrei potuto baciarti senza avere il pensiero che qualcuno ci vedesse. D’altro canto però, avevo paura che tu ti rendessi conto che io non sono abbastanza per te –i suoi occhi si erano riempiti nuovamente di lacrime a quelle parole e una era scesa traditrice lungo la sua guancia destra, ribellandosi- I-io non mi sento pronta per… q-quello, insomma. Ma se tu ci tieni, e giuro che posso capirti!, ti giuro che cercherò di esserlo il prima possibile. S-sono una stupida, non è vero?- gli occhi di James si erano spalancati a quelle affermazioni.
-Ci-ci, tu non sei affatto stupida. Sei bellissima, meravigliosa e non poteva capitarmi nulla di migliore di te nella vita, chiaro? E, per quanto riguarda quello, ne abbiamo di tempo davanti. Non ti ho invitato qui per forzarti a fare qualcosa che non vuoi fare. Sei la cosa migliore che mi sia mai successa, non lascerò che una cosa del genere si ponga tra noi due. Non m’importa di nulla, aspetterò anche tutta la vita se necessario. Non sono mai stato bravo con le parole, quindi ho voglia di dimostrartelo in un altro modo, se tu sei d’accordo. Aspettami, ci metto un attimo, okay?- era sparito per qualche minuto, tornando con una chitarra in mano e un dolce sorriso sulle labbra. Labbra che dopo pochi secondi erano finite su quelle della ragazza, per lasciarle un veloce e casto bacio.
-I used to wanna be  living like there's only me and now I spend my time thinking 'bout a way to get you off my mind
I used to be so tough never really gave enough  and then you caught my eye giving me the feeling of a lightning strike
Look at me now, I'm falling. I can't even talk, still stuttering. This ground of mine keeps shaking                  Oh oh oh, now!
All I wanna be, yeah all I ever wanna be, yeah, yeah
Is somebody to you
All I wanna be, yeah all I ever wanna be, yeah, yeah
Is somebody to you-
Era riuscito a malapena a finire il ritornello, perché Ciara gli aveva gettato le braccia al collo baciandolo. James aveva poggiato la chitarra a terra, ricambiando il bacio. Si erano staccati soltanto quando la necessità di prendere fiato era diventata troppo impellente. Si erano sorrisi, complici, abbracciandosi.
-Ti amo- gli aveva sussurrato la quindicenne all’orecchio. Di riflesso il castano aveva sorriso, intenerito.
-Anche io- le aveva risposto, alzandosi. –Vado a prendere qualcosa da mangiare di là, okay?- la ragazza aveva annuito, poggiandosi meglio sul divano. Lo aveva osservato mentre si alzava pensando che sì, James era davvero la cosa migliore che le fosse mai capitata.

***


Carlos stava iniziando a pensare che la sua camere stesse diventando una specie di covo segreto per super-cattivi. Non sarebbe riuscito a spiegarsi altrimenti, tutti gli appunti che aveva preso per riuscire a far capitolare Kendall ai piedi di Logan, o quelli per dare una mano a James e Ciara. Nel complesso erano un bel mucchio di fogli, che in quel momento si trovavano sparpagliati un po’ ovunque nella sua stanza. Addirittura ce n’era uno sul lampadario –come ci fosse arrivato lì, era qualcosa che non riusciva a spiegarsi-. Circa una decina di minuti prima infatti, in preda ad un’evidente crisi isterica, aveva lanciato tutti i suoi appunti per aria insieme ad un urletto molto poco virile. Ringraziava il fatto che sua madre non fosse in casa, avrebbe trovato un po’ difficile spiegarle l’intera situazione.
Si era chinato a raccogliere un foglio che era scivolato sotto il letto, sospirando. Magari avrebbe potuto dirle che aveva quattro amici musoni e un po’ tardi, che non riuscivano ad essere felici se prima non si facevano soffrire un po’ a vicenda o non facevano venire una bella emicrania a lui. Amici meravigliosi, davvero.
Okay Carlos, si era detto, niente panico. Vedrai che adesso resterai tranquillo per una buona mezz’oretta e riuscirai a rimettere tutto apposto, dopo di che uscirai con Alexa e ti dimenticherai di tutti almeno per qualche ora.
Nemmeno a dirlo, il suo cellulare aveva scelto proprio quel momento per iniziare a suonare. Alzando gli occhi al cielo e mormorando qualcosa di simile ad un “Perché a me? Perché tutte a me?” si era affrettato a mettere a tacere le note della sua suoneria, portandosi il cellulare all’orecchio senza degnarsi neppure di leggere il nome del mittente.
-Pronto?- aveva chiesto, cercando di tirar fuori un tono più naturale possibile.
-Los, ti disturbo?- gli aveva chiesto di rimando la voce piatta e al tempo stesso un po’ agitata di Logan. Il latino aveva sospirato, capendo quale sarebbe stato il probabile argomento di conversazione. Kendall era già passato all’azione?
-No, figurati. Dimmi pure- gli aveva detto in tono cordiale.
-Uhm, beh, Kendall mi ha invitato a cena. – a Carlos era scappato un sorriso spontaneo a quelle parole. Se solo Logan avesse saputo…
-Grande! E cosa c’è che non va?
-Beh- il moro suonava tremendamente imbarazzato e il latino poteva giurare che molto probabilmente, in quel momento le sue guance stavano andando a fuoco e si stava spettinando il ciuffo con una mano. Lo faceva sempre, quando era nervoso. –il punto è che non so che mettermi, insomma, so che probabilmente non ci resterò per tanto tempo con quelli addosso, ma ci tenevo comunque a vestirmi bene, ecco…
Carlos aveva sorriso di nuovo. Quello era uno dei motivi per i quali era convinto che Logan meritasse qualcuno che lo trattasse bene e che lo apprezzasse come meritava: era una delle persone più dolci e tenere al mondo.
-Per quanto riguarda il fatto del tenerti i vestiti addosso, io non ne sarei poi così sicuro. Comunque sia, che ne dici dei jeans che hai comprato l’altro giorno, hai presente quelli chiari? E poi, uhm, una camicia?
-Okay, grazie mille! Dici che non ci sarà bisogno di portargli qualcosa di particolare?- gli aveva chiesto ancora agitato.
-Logan, la tua sola presenza basterà, credimi. Non credo che a Kendall possa interessare nulla che non sia tu, specialmente stasera.
-Sai qualcosa che io non so, per caso?- gli aveva chiesto il moro.
-No, assolutamente. Comunque, sarai perfetto, sarà tutto perfetto. Credimi.
-Hai ragione, grazie. Ora scappo, sono in ritardo!
-A dopo! Poi voglio il resoconto completo di tutto ciò che è successo!- aveva esclamato, con voce allegra.
-Carlitos, sei peggio di una vecchia comare!- lo aveva rimproverato ironicamente l’amico.
Entrambi avevano riso, divertiti. Era questo il bello della loro amicizia. Spesso e volentieri si capivano anche in quel modo.

***


Kendall si muoveva agitato per la sua stanza, rischiando di farsi venire il mal di mare. Non avrebbe mai pensato che lui potesse essere agitato per qualcosa che sembrava simile ad un appuntamento. Si era messo in tiro e aveva cercato di sistemare come meglio poteva il tavolo per a cena. Era stato complicato –perlopiù per il fatto che gli tremavano le mani e non riusciva a smettere di deglutire-, ma alla fine pensava di aver ottenuto un risultato quantomeno passabile.
In quel momento non riusciva a smettere di guardare l’orologio, terribilmente agitato. Aveva cercato di asciugarsi i palmi sudati sui jeans, per poi rinunciarci quando si era reso conto che il campanello stava suonando. Rischiando di inciampare sui suoi stessi passi, era andato ad aprire la porta. La visione che aveva trovato al di là di essa era semplicemente… non riusciva neppure a trovare le parole per descriverlo. Logan lo fissava sorridendo, mentre si agitava, spostando una rosa bianca da una mano all’altra. Indossava un paio di pantaloni chiari che gli fasciavano alle perfezione le gambe e una camicia chiara per metà aperta sul petto.
-Q-questa è per te- aveva detto il moro, porgendogli la rosa. Kendall l’aveva accettata con un sorriso sincero, invitandolo ad entrare con un cenno della mano. Aveva poggiato la rosa su un tavolinetto in legno lì vicino. Improvvisamente però, una parte del vecchio lui era riemersa in superficie. Ma che diamine stava facendo? Da quando in qua lui era quel tipo di persona che si comportava gentilmente, che invitava le persone a cena come se fosse un moderno esemplare del principe azzurro?
Si era voltato verso Logan, che in quel momento aveva un’aria timida e tranquilla, mentre spostava il peso da un piede all’altro. Ci aveva messo solo pochi secondi a raggiungerlo e a baciarlo, sbattendolo contro la porta. Il moro si era fatto scappare un lieve gemito di dolore, mentre si apprestava a ricambiare il bacio. Le loro labbra si muovevano veloci le une sulle alle altre, le une contro le altre, con violenza. Il biondo aveva infilato una mano tra i capelli dell’altro, tirandoli con prepotenza. Si erano staccati, totalmente a corto di fiato, dopo diversi minuti.
-Non abbiamo nemmeno iniziato a cenare e tu vuoi già prendere il dolce?- gli aveva chiesto il più basso, ridendo contro le sue labbra appena gonfie. Kendall aveva cercato a sua volta di trattenere una risata, con scarso successo. La sua mente ci aveva messo solo pochi secondi però, ad elaborare quanto era successo. Stava per infrangere la promessa con Carlos senza neppure aver provato a vincerla. E poi, adesso che ci pensava, la visione di Logan con le sopracciglia appena schiuse e le labbra aperte, poteva averla ogni volta che voleva, mentre quella del vero Logan, che magari gli sorrideva e faceva qualche battutina ironica delle sue, era una cosa rara per lui. Quindi no, decisamente non era il caso di lasciarsi sfuggire quella situazione come se si trattasse di un pugno di mosche. Se la sarebbe goduta e avrebbe dimostrato anche a se stesso e a Carlos che non provava assolutamente nulla per quel moretto impertinente che sembrava divertirsi a confondergli le idee.
Si era alzato, porgendo la mano all’altro che, sebbene inizialmente esitante, l’aveva afferrata.
-Tutto bene?- gli aveva chiesto, sollevando un sopracciglio. Non era decisamente da lui comportarsi in quel modo.
-Uhm, hai presente quella cosa di cui dovevo parlarti? Ecco, credo sia arrivato il momento di farlo. So che probabilmente ti sembrerà strano ciò che sto per dirti, ma ti assicuro che non appena potrò ti spiegherò tutto.
-Kindle, mi spaventi- gli aveva detto il moro. A Kendall era venuto spontaneo sorridere per quel soprannome, dato che l’altro era l’unico a chiamarlo in quel modo. Gli piaceva, il fatto che fosse una cosa unicamente tra loro due. Gli dava un’idea di appartenenza, era qualcosa che gli piaceva particolarmente.
-Ma dai, figurati! Non posso spiegarti il perché, ma per una settimana non potremo andare a letto insieme. So che è strano, ma è così. Possiamo fare qualunque altra cosa che non abbia a che fare con quello, si tratta soltanto di una settimana. Potresti farlo per me?- gli aveva chiesto con un tono che somigliava all’implorante.
-C-certo, non c’è problema. Sei proprio sicuro che non ci sia niente che non vada? Sai che in quel caso potresti parlarmene, noi in un certo senso siamo amici, no?- il biondo aveva annuito, sorridendogli.
-Tranquillo, dico davvero. È tutto okay! Adesso, milord, le va di seguirmi?- Logan era scoppiato a ridere, ma aveva comunque accettato il braccio che l’altro gli stava porgendo, mentre le guance gli si tingevano di rosso per l’imbarazzo.
Forse alla fin fine, c’era davvero la speranza che le cose cambiassero.

***


Smorzato l’imbarazzo iniziale –insomma, non era mai stato a cena con un ragazzo, come diavolo avrebbe dovuto comportarsi?- le cose, secondo Kendall, stavano procedendo piuttosto bene. Aveva scoperto che lui e Logan avevano più cose in comune di quanto pensasse, in particolar modo l’interesse per i libri e per le serie tv. Era proprio di quest’ultimo argomento che stavano discutendo in quel momento.
-Vuoi dire che preferisci Blaine e Sebastian a Blaine e Kurt?- stava chiedendo incredulo il biondo.
-Certo!- aveva esclamato Logan agitando per aria la forchetta con ancora un pezzo di carne incastrato –Pensaci: tra di loro c’è molta più tensione sessuale, in più hanno questo rapporto da amici/nemici, non si può non amarli insieme!
-Se non fossi tu credo che smetterei di rivolgerti la parola. Blaine e Sebastian, Sebastian e Blaine! Roba da matti!- aveva risposto Kendall, alzandosi per riempirsi nuovamente il piatto. Quel pomeriggio aveva chiamato sua sorella per farsi dare una mano a cucinare e doveva ammettere che Ciara aveva fatto un lavoro eccezionale: oltre agli antipasti di pesce e alle lasagne, lo aveva aiutato a preparare un polpettone con contorno di piselli e carote e aveva addirittura preparato una torta al cioccolato per dessert. Il biondo si era dimostrato stupito di tutta quella gentilezza, ma lei si era limitata a scrollare le spalle, dicendo che lo faceva per il bene suo e di Logan. Come avesse fatto ad indovinare che doveva cenare con lui, restava ancora un mistero.
Il sorriso del moro si era come congelato sul suo volto.
Se non fossi tu.
Se non fossi.
Tu.
Ma che cazzo aveva appena detto?

***


Dopo quel piccolo “incidente” Kendall aveva parlato cercando di tenere attivo il filtro bocca-cervello. Nel compenso i risultati non si potevano dire poi così catastrofici. Dopo la cena si erano spostati in salotto, sul divano. Avevano deciso di guardare un film e, in quel momento, il biondo era piegato davanti alla tv, in cerca di un film adatto a quel momento.
-Uhm, Harry Potter? Li ho tutti nell’edizione speciale con le interviste ai personaggi e all’autrice!
-Adoro quei film,  ma li ho guardati così tante volte che ormai li so tutti a memoria- aveva risposto Logan, da un punto indefinito sul divano. Kendall gli aveva detto di mettersi comodo e lui era finito con lo sdraiarsi e mettersi un cuscino dietro la testa. I suoi occhi non avevano abbandonato il corpo dell’altro nemmeno per un minuto. Ai suoi occhi era perfetto: il modo in cui si muoveva e si voltava a guardarlo proponendogli l’ennesimo titolo, con una piccola ruga che gli increspava la fronte e un minuscolo sorriso che faceva spesso senza neppure rendersene conto.
-Hunger Games?
-No, ti prego- aveva risposto Logan agitando le mani in avanti –soffro ogni volta che lo vedo. Sì, specialmente il terzo, smetti di sventolarmelo davanti.
Il biondo aveva soffocato una risatina mettendosi una mano davanti la bocca. Aveva sfogliato ancora qualche altro DVD, soffermandosi su uno in particolare. Lo aveva preso tra le mani, con un sorriso che man mano si andava allargando sul suo viso. Si era voltato trionfante, sapendo di essere finalmente riuscito a trovare il film.
-Noi siamo infinito?- aveva chiesto, soltanto per conferma. Sapeva che era il suo film preferito, glielo aveva confessato lui stesso durante una serata in cui erano stati particolarmente intimi.
-Sì!- aveva esclamato il moro, facendo un salto sul divano bianco e rischiando di capovolgerlo. Kendall lo aveva guardato per qualche secondo e non si era trattenuto dallo scoppiare a ridergli in faccia. Aveva un’espressione buffissima, a metà tra il divertito e l’imbarazzato.
Ancora ridacchiando, aveva fatto partire il film e si era accomodato sul divano accanto al più basso, che nel frattempo si era messo seduto per lasciargli un po’ di spazio.
Mentre le prime scene iniziavano a scorrere veloci sullo schermo, a Kendall era sembrato stranamente naturale avvicinarsi all’altro, fino a quando una delle sue mani era scivolata fino a cingergli la vita. Se Logan era rimasto sorpreso da quell’iniziativa non l’aveva dato a vedere, al contrario. Si era limitato a poggiare la testa sulla spalla dell’altro senza dire nulla, perché probabilmente le parole non sarebbero riuscite a spiegare ciò che sentiva senza confondersi o fare un discorso privo di senso.
Il biondo aveva cercato di concentrarsi sul film, ma era difficile farlo quando la porzione di pelle sotto l’orecchio del moro era così invitante. Gli sarebbe piaciuto abbassarsi e sfiorarlo con la lingua, per poi scendere con i denti sempre più giù, deliziandosi dei suoi che sarebbero usciti dalla bocca dell’altro.
Normalmente lo avrebbe fatto, ma quella volta c’era qualcosa che lo frenava. Qualcosa che andava ben oltre la scommessa che aveva fatto con Carlos. Voleva dimostrare  a se stesso di essere in grado di vincere quella scommessa e al tempo stesso aveva paura che avrebbe finito con il perdere miseramente. Non sapeva come mai aveva questo pensiero, ma era qualcosa che lo spaventava e lo eccitava al tempo stesso. Gli erano sempre piaciute le sfide e quella era l’occasione perfetta per confrontarsi sia con Carlos e la sua stupida mania di fare da Cupido, sia con se stesso e quelle strane cose che sentiva. Alla fine, si era detto, avrebbe vinto. Ma, mentre continuava a guardare Logan che estasiato fissava l’evolversi del personaggio di Charlie, si era detto che alla fin fine avrebbe anche potuto aspettare fino al giorno dopo per darsi da fare e vincere. In quel momento poteva godersi l’attimo e basta, lasciarsi sfiorare dall’idea che quella sera sarebbe durata per sempre e quel piccolo sorriso che increspava le labbra di Logan sarebbe rimasto lì per sempre. Le illusioni erano una cosa alla quale si aggrappava spesso, per dimenticare o anche solo per darsi speranza. Era stupido pensare che il mondo sarebbe rimasto fermo a quel momento perfetto ed idilliaco, in cui le sue preoccupazioni sembravano essere sparite per un attimo. Era stupido sì, ma lui ci sperava comunque. Dopo i problemi con suo padre non erano state molte le possibilità che aveva avuto per godersi la compagnia di qualcuno senza pensare che quello che faceva fosse sbagliato. Probabilmente era per questo che aveva cercato una relazione che non coinvolgesse i sentimenti, nella speranza di riuscire a cambiare ciò che sentiva. Voleva svegliarsi un giorno e capire che magari si era trattato soltanto di un momento di debolezza. Magari sarebbe tornato ad essere il figlio che suo padre aveva sempre lodato, quello che non sbagliava mai e per il quale il genitore aveva sempre un occhio di riguardo. Probabilmente non avrebbe dovuto interessarsi così tanto a qualcuno che ci aveva messo così poco a cambiare opinione su di lui, ma non riusciva a non farlo. Suo padre era come un tarlo nella sua mente, un rumore costante che, sebbene in diversi occasioni si affievoliva, non se ne andava mai del tutto.
Una risata proveniente dal ragazzo al suo fianco lo aveva riscosso da quei pensieri. Erano arrivati alla scena del Babbo Natale segreto e lui ricordava vagamente qualche battuta del film. Era strano, ma Logan che rideva, mostrando i denti dell’arcata superiore e facendo fare capolino ad una fossetta nascosta, era la visione migliore del mondo. E in quel momento lui non aveva voglia di rovinarsi la serata con pensieri tristi. Voleva distrarsi e pensare al meraviglioso ragazzo di fianco a lui, che aveva la testa ancora poggiata sulla sua spalla e sorrideva come un bambino in direzione dello schermo. E chissà, magari con il tempo le cose sarebbero cambiate. Lui non sarebbe mai diventato il principe azzurro, ma capiva dagli occhi di Logan che a lui andava bene così.

***


James guardava Ciara, addormentata angelicamente sul suo letto. Avevano parlato per tutto il pomeriggio e dopo aver mangiato una pizza, si erano spostati sul letto. E tra chiacchiere e abbracci avevano finito per passare la serata in quel modo.
Era la cosa più eterea che esistesse al mondo. Sorridendo, aveva steso una coperta sul corpo della quindicenne, sospirando stancamente. Aveva afferrato il cellulare, cercando di trovare il coraggio di chiamare Kendall e dirgli finalmente come stavano le cose.
Non sapeva spiegarsi il perché, ma sembrava che tutto gli remasse contro. Sapeva che sarebbe passato lui per il pervertito di turno, se qualcuno avesse saputo di tutta quella storia. Come avrebbe fatto a spiegare a Kendall che lui amava sua sorella più di ogni altra cosa al mondo? Come sarebbe riuscito a spiegargli tutte le sue emozioni? Non avrebbe potuto farlo. Era uno stereotipo, uno stereotipo del cazzo: lui avrebbe fatto la figura del maniaco che vuole farsi una ragazzina, lei la suddetta ragazzina che ci casca con tutte le scarpe, innamorandosi.
In tutta quella storia invece, l’unico che c’era cascato con tutte le scarpe era lui. Si era innamorato senza neppure rendersene conto, prima lentamente e poi tutto insieme. Se avesse avuto la possibilità di tornare indietro però, avrebbe fatto tutto di nuovo. Nonostante tutto, quella ragazzina bellissima e impertinente era la cosa migliore che gli fosse capitata, l’avrebbe ripetuto all’infinito.
Mentre poggiava il cellulare sul comodino e si preparava a dormire sul divano, pensava che prima o poi il coraggio sarebbe arrivato. E pensava anche che quando sarebbe successo, l’avrebbe resa la persona più felice al mondo. Perché la felicità era la cosa che meritava di più e lui avrebbe fatto qualunque cosa pur di garantirgliela.

***


Alla fine del film, né Kendall né Logan avevano avuto il coraggio di muoversi. Erano rimasti fermi a guardare i titoli di coda che scorrevano veloci, senza il coraggio di muoversi per paura di interrompere quel momento. Dopo un paio di minuti durante i quali lo schermo era diventato nero, il moro si era girato nella sua direzione, sorridendo come un bambino davanti ad un pacco di caramelle.
-Grazie, grazie, grazie!- aveva esclamato, stringendolo appena in un abbraccio veloce. Kendall era arrossito ad una velocità che non credeva neppure possibile, sorridendo per tutta risposta.
-Figurati, anche io adoro quel film e poi, beh, mi sono divertito!
-Già!- aveva confermato Logan- sei un cuoco eccezionale, non lo avrei mai detto. Il dolce era semplicemente perfetto, sei stato insuperabile!
-Ma come?- gli aveva chiesto il biondo, fintamente offeso- dubiti delle mie abilità culinarie? Dovrei offendermi, sai?- il moro era scoppiato a ridere a quelle parole e lui lo aveva seguito a ruota. Senza che nessuno dei due se ne rendesse conto, si erano diretti all’ingresso e ormai erano arrivati davanti la porta.
-Beh, allora… ci vediamo, no?- aveva chiesto Logan, nuovamente incerto riguardo ciò che stava succedendo.
-C-certo! Ti chiamo io domani, okay?- il moro aveva annuito, apparentemente tentennante. Lo aveva guardato per qualche secondo, prima di avvicinarsi. Kendall aveva istintivamente chiuso gli occhi, lasciandosi trasportare ciò che stava succedendo. Il più basso aveva avvicinato le labbra alle sue, come tante volte era accaduto in passato. Il biondo sapeva cosa stava per succedere. Lo sapeva, perché era già successo e sarebbe successo ancora. All’ultimo momento però, la traiettoria era cambiata. Le labbra si erano attaccate alla guancia destra del biondo per un solo, lunghissimo istante. Poi si era staccato, sussurrandogli un appena udibile –Buonanotte Kindle- prima di sparire oltre la soglia della porta.
Dopo averla richiusa alle sue spalle, il biondo si era lasciato scivolare contro essa, con il cuore in gola. Era stato un momento assurdo. Meraviglioso, magico, ma assurdo. Era la prima volta che qualcuno rifiutava di baciarlo, la prima volta che qualcuno giocava con lui in quel modo. La prima volta che lo sfiorava il pensiero che una cosa simile potesse anche solo lontanamente piacergli.
E, a luci spente e con il cuore colmo di dubbi, si era addormentato lì sul pavimento, con il ricordo di quella serata impresso a fuoco nel cuore.
 
N.d.A. (Non datele ascolto!)
Ciao ragazzi! :D
Sono in ritardo, sono in ritardo, sono in ritardo! *schiva pomodori*
Davvero, avrei voluto postare prima, ma dato che tra un po’ devo partire per le vacanze sto cercando di portarmi avanti con gli altri capitoli, dimenticandomi totalmente che dovevo finire questo. È sicuramente il capitolo più corto di tutta la storia, ma vi giuro che non ero ispirata. Prometto che la prossima volta sarò sia più veloce che con un capitolo migliore. Detto questo, passiamo alla storia.
Kendall è uno scemo, niente di più, niente di meno. Sembra però che abbia iniziato a prendere consapevolezza dei suoi sentimenti che, come vedrete nei prossimi capitoli, non è cosa da poco. Logan mi fa una tenerezza assurda, a voi? Boh, ho sempre immaginato che quel ragazzo vivesse di film romantici e cioccolatini, non ci posso fare niente xD Il personaggio che invece ha avuto più successo è stato proprio il nostro Evil! Carlos che, personalmente, anche io adoro. E credo seriamente di aver iniziato a shippare in maniera alquanto malsana James e Ciara. Vi prego, quale altro ragazzo si metterebbe a cantarvi “Somebody to you” dei The Vamps in una simile occasione? Direi nessuno se non lui ahaha Ringrazio le sette (SETTE, S-E-T-T-E) persone che hanno recensito il prologo. Non vi ho ancora risposto (ma quanto sono prevedibile?), ma giuro che vi adoro! Per cui, grazie a: mirva, truzzi chan, Artemide BlueMoon, Hoon (che ringrazio doppiamente, dato che mi ha dovuta sopportare per non so quanto tempo), Arcadia, DarkDream (vale lo stesso per loro due) e alesonohrina. Ringrazio anche tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate. All the love! Ora scappo, mia sorella sta minacciando di picchiarmi e ci tengo alla mia vita! A prestissimo! -Ice <3 PS: Con questo mio scritto non intendo dare una rappresentazione veritiera dei personaggi, i BTR appartengono unicamente a loro stessi e probabilmente non passano tutto il loro tempo a rotolarsi tra le lenzuola e il mio conto in banca mi dice che non ci guadagno nulla a scrivere queste cose. Enjoy!


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Capitolo 3
*** There's a million voices screaming that this love's a dead-end road ***


Till the night ends

There's a million voices screaming that this love's a dead-end road
L’indomani, quando Kendall si era svegliato sentiva le tempie che pulsavano e i muscoli indolenziti. Il biondo aveva sbattuto più volte le palpebre, cercando di riprendere la cognizione del tempo e dello spazio. Alla fine si era addormentato profondamente, probabilmente per diverse ore. Il sole era ormai alto nel cielo e il suo cellulare gli aveva confermato che era da poco passato mezzogiorno.
Aveva sbloccato il cellulare con una mano mentre si stropicciava gli occhi con l’altra. Aveva visto diversi messaggi da parte di Carlos, di sua madre e di alcuni dei suoi amici, tra i quali James. Adesso che ci pensava era da un pezzo che lui e il suo amico non si vedevano. Lui era stato troppo impegnato con tutta quella storia della scommessa e il castano era sparito dalla circolazione da un po’.
Non era riuscito ad impedirsi di pensare al modo in cui si svegliava quando era vicino a Logan. Ad esempio, sapeva stava iniziando a svegliarsi, lo capiva dal modo in  cui si stava lentamente agitando, partendo dalla testa e finendo con il coinvolgere tutto il busto. Lo aveva visto comportarsi in quel modo tante volte, mentre era a casa sua o casa dell’altro, che ormai conosceva alla perfezione i suoi rituali mattutini. Era strano, rendersi conto di conoscerlo così bene senza averci mai fatto caso prima. Si chiedeva quante persone oltre a lui sapessero che non usciva mai di casa senza quello stupido pupazzetto a forma di aereoplanino in pezza che il padre gli aveva regalato da piccolo. Era un suo piccolo rituale, diceva che non si sentiva al sicuro senza quello. Un sorriso spontaneo aveva fatto capolino sul volto del ragazzo dagli occhi verdi. La sua mente gli aveva mandato una chiara immagine di Logan che sorrideva. Era.. bello. Non bello nel senso classico del termine. Era bello bello. Una di quelle bellezze che non ti saresti stancato mai di ammirare, che avresti fatto di tutto per tenerti strette.
Aveva scosso rapidamente la testa. Non era da lui pensare quelle cose, affatto. Nella sua testa, Logan avrebbe dovuto essere scopabile, non adorabile. Diamine, era soltanto quella vicinanza a dargli dei problemi. Aveva bisogno di staccare un po’ da tutto, di avere del tempo da trascorrere con un amico, soltanto per distrarsi un po’. Aveva bisogno di smettere di pensare a Logan, al piacere a Logan, all’essere geloso di Logan. Aveva bisogno di una pausa. Stop. Era come se avesse guardato senza mai fermarsi tre stagioni di seguito di Teen Wolf e non riuscisse più a smettere. Doveva staccare il computer e riposarsi gli occhi.
Okay, era un paragone decisamente pessimo. Eppure in quel momento aveva davvero bisogno di una pausa, in tutti i sensi del termine. Si era alzato, spolverandosi i pantaloni con le mani. Aveva scritto un messaggio a James e si era alzato, lanciando un’ultima occhiata alla casa che aveva fatto da spettatrice silenziosa a una delle notti più belle della sua vita.
***
James dormiva beato, con il petto nudo poggiato contro la schiena di Ciara. Anche la ragazza stava dormendo, con un dolce sorriso sul volto. Le mani del suo ragazzo le cingevano delicatamente la vita e entrambi avevano sul viso un’espressione radiosa in volto. Era la prima volta che dormivano nello stesso letto e la sensazione piacevole che provavano era nuova per entrambi. Era un calore strano, che partiva dal centro del petto e si diffondeva lungo la spina dorsale e poi lungo tutte le terminazioni nervose dei loro corpi. Si erano coricati a tarda ora, dato che erano rimasti a parlare fino a tarda ora. Era incredibile, ma ogni giorno scoprivano un nuovo lato dell’altro ed era qualcosa che non riusciva mai a smettere di sorprenderli.
Improvvisamente, una vibrazione proveniente dal cellulare del ragazzo, abbandonato sul comodino, aveva fatto si che l’oggetto precipitasse sul pavimento.
Kendall :)- Nuovo Messaggio
Sto arrivando a casa tua, super maratona di partite a FIFA oggi!
Il destino, il karma, il caso o come lo si voglia chiamare, è un gran bastardo. Se fosse stata un’altra occasione, un messaggio non letto non avrebbe cambiato la vita di nessuno. In quel momento specifico però, la vita che stava per cambiare era quella di ben cinque persone. E, per la regola pronunciata sopra, era difficile dire chi sarebbe uscito vincitore oppure se la storia si sarebbe chiusa in una tregua.
***
Quel giorno anche Carlos aveva avuto un risveglio abbastanza traumatico. Si era alzato con un urlo, risvegliato da un incubo che lo aveva fatto scivolare giù dal letto e gli aveva fatto sbattere la testa contro lo spigolo del comodino. Insultando mentalmente gli Dei dell’Olimpo e Percy Jackson, si era rialzato, cercando di riordinare le idee. Aveva il vago sentore di aver sognato qualcosa che aveva a che fare con Kendall, Ciara e James, ma probabilmente era soltanto colpa dell’amico che in quei giorni lo stava stressando troppo. Lo chiamava circa dieci volte al giorno per dirgli quanto era fantastica la sua relazione con Ciara, per parlargli di quanto la amava e quanto si sentiva fortunato ad essere ricambiato. Per carità, Carlos era sempre stato innamorato dell’amore nelle sua mille forme e aveva sempre avuto una paurosa tendenza a comportarsi da Cupido dei poveri, ma era davvero esausto. La prossima volta che l’amico l’avesse chiamato per parlare di Ciara avrebbe decisamente dato di matto. E si sarebbe messo a strillare come una ragazzina isterica in fase mestruale.
Aveva bisogno di prendersi una pausa dai guai dei suoi migliori amici o avrebbe finito con l’ammalarsi. Sbuffando, aveva chiamato Alexa. Mentre la ragazza al telefono gli diceva frasi dolce e gli prometteva che sarebbe arrivata il più in fretta possibile a casa sua, aveva cercato di ricordarsi qualcosa del suo sogno.
Quando la sua ragazza aveva riattaccato, aveva una visione del sogno abbastanza chiara. Aveva sognato che Kendall scopriva della relazione clandestina tra sua sorella e quello che considerava uno dei suoi migliori amici e si era messo a dare di matto. Non lo sapeva ancora, ma il suo sogno non era poi tanto diverso da ciò che stava per accadere. Cercando di convincersi che erano quei quattro cretini a farlo uscire fuori di testa, si era buttato sul letto e aveva affondato la testa nel cuscino, sperando che la mancanza d’aria fosse sufficiente a farlo morire soffocato. Non appena si era reso conto che le sue speranze erano vane, si era tirato le coperte fin sopra la testa e, sospirando sommessamente, si era girato nel letto per diversi minuti, fino a quando non era stato accolto nuovamente tra le braccia di Morfeo.
***
Strada facendo Kendall si era messo a ripensare a tutto quello che gli era successo pochi giorni prima. Probabilmente, era stata la stanchezza a farlo reagire in quel modo assurdo. Non sarebbe riuscito a spiegarsi altrimenti il modo in cui aveva reagito quando aveva visto Logan insieme a quel tipo, Brian. Effettivamente era stato molto preso dallo studio e da tutta quella storia della scommessa, era più che logico che fosse bastata una cosa così stupida a farlo andare fuori di testa. No? No, okay, era stupido pensare una cosa del genere. Semplicemente gli dava fastidio vedere che Logan passava quel tempo con qualcuno che non era lui. Era normale, no? In un certo senso, dopo tutti quei mesi passati ad avere il monopolio sul suo corpo ogni volta che gli andava, era strano per lui pensare che qualcun altro potesse avere accesso a quella che considerava una sua esclusiva proprietà. Okay, proprietà non era il termine più corretto da utilizzare, ma era così che lui lo vedeva. Logan era qualcosa di suo e basta, il fatto che avessero una relazione incentrata sul sesso non voleva dire che non ci tenesse a lui o, peggio, che volesse che qualcun altro lo facesse soffrire come aveva fatto lui. Era un grandissimo controsenso, se ne rendeva conto. Voleva che nessuno gli facesse male, ma lui era il primo a farlo soffrire. Se ne era reso conto. Nei mesi precedenti era riuscito ad ignorare la leggera stretta allo stomaco che lo colpiva quando vedeva gli occhi di Logan lucidi di lacrime che davanti a lui non avrebbe mai pianto. Sapeva di essere la causa di quelle lacrime, ma non aveva mai fatto nulla per cercare di fermarle. Non sapeva cosa fosse a frenarlo, ma era rimasto fermo, lasciando che fosse Carlos a consolarlo e a dirgli quelle parole gentili che avrebbe voluto dirgli lui. Aveva paura di sbagliare tutto con Logan. Sapeva che lui era una di quelle persone che si meritavano tutto l’affetto del mondo. Qualcuno che lo amasse e che gli ripetesse ogni giorno quanto si sentiva fortunato ad averlo accanto. Come avrebbe fatto lui, che non riusciva ad andar bene neppure a se stesso, a ricoprire quel ruolo così importante nella vita dell’altro? Non ci sarebbe mai riuscito, ne era certo. Quindi aveva deciso di non provarci neppure, per la troppa paura di restare scottato. Una delle poche cose che l’esperienza con il padre gli aveva insegnato era che lui riusciva soltanto a deludere le persone che si fidavano di lui. Lo aveva fatto prima con suo padre, che forse si meritava di soffrire, e poi lo aveva fatto con Logan, che al contrario si meritava tutto l’amore possibile. Tutto quello che lui non sarebbe ma riuscito a dargli. Tutto ciò che poteva offrirgli era un abbraccio e il loro modo personale di dimenticare come era andata la giornata che si apprestavano a lasciarsi alle spalle. Logan meritava qualcuno alla sua altezza e lui non lo era. Semplice. Due più due uguale quattro, lui e Logan non erano sulla stessa lunghezza d’onda. A questo punto restava soltanto da chiedersi se c’era una formula matematica che spiegava quel dolore sordo che provava petto al pensiero che tra lui e il moro non ci sarebbe mai stato nulla oltre quel malsano rapporto fisico che li legava da mesi.
***
Senza rendersene conto, si era ritrovato davanti al palazzo a più piani in cui viveva James. Aveva affittato un appartamento al quinto piano subito dopo aver compiuto diciotto anni, con il desiderio di rendersi indipendente il più preso possibile. Aveva una casa davvero graziosa, nonostante non fosse poi chissà quanto grande. Con stupore si era reso conto che, da quello che poteva vedere, tutte le finestre della facciata principale erano chiuse. Possibile che quello scemo stesse ancora dormendo? Alzando le spalle, Kendall aveva salito i gradini che lo separavano dall’ingresso e aveva aperto l’ascensore che lo aveva portato fino al quinto piano. Aveva provato a bussare gentilmente contro la spessa porta in legno, sperando che James avesse mantenuto la sua pessima abitudine di addormentarsi sul divano e che quindi lo avesse sentito e si fosse svegliato. A quanto pare l’amico non aveva intenzione di svegliarsi. Sbuffando, si era abbassato e aveva sollevato il tappetino con la scritta WELCOME che si trovava ai suoi piedi. Come si immaginava infatti, sul pavimento c’era una copia delle chiavi d’ingresso. Borbottando tra i denti –come si faceva ad essere così scemi da lasciare le chiavi in un posto così dannatamente ovvio?- aveva infilato le chiavi nella serratura e l’aveva fatta scattare. Cercando di non fare rumore, aveva buttato le chiavi su uno dei divani e si era spostato in corridoio. Fischiettando a bassa voce, aveva continuato a camminare fino alla camera da letto, che aveva la porta lievemente socchiusa. Per un secondo l’aveva sfiorato il pensiero che il suo amico potesse essere in compagnia di una ragazza, ma lo aveva scacciato immediatamente. Insomma, l’ultima ragazza di James era Lauren, una stronza di prima categoria che dopo tre anni di relazione aveva deciso di lasciarlo per scappare in Corsica con un cinquantenne pieno di soldi. Il castano era rimasto parecchio scottato da quella storia e, fatta esclusione per qualche fiamma occasionale, non ricordava di averlo mai sentito parlare di ragazze. Aveva aperto al porta con tranquillità, soltanto per poi bloccarsi sulla soglia. Effettivamente James dormiva. Con una ragazza, proprio come aveva pensato. Fin lì nulla di male, se non fosse stato che si trattava di sua sorella.
***
A ripensarci in quel momento, era uno dei più grandi cliché della storia. Ma faceva male comunque. Quello che aveva sempre considerato come uno dei suoi migliori amici, gli era stato vicino con il solo scopo di portarsi a letto sua sorella. Sua sorella. Che aveva quindici anni. Era ancora una bambina e quel, quel, non riusciva neppure trovare un modo per definirlo, si era approfittato di lei. Di quel piccolo angelo dagli occhi e i capelli scuri, che già a sette anni riusciva a batterlo a tutti i giochi da tavolo che conosceva e che riusciva a farlo cascare nell’ennesimo scherzo che architettava insieme a Carlos. Ci aveva messo soltanto pochi istanti a lasciare che la rabbia prendesse controllo del suo corpo. Aveva sentito qualcosa stringergli convulsamente le viscere e ogni pensiero era sparito, sostituito dal violento impulso di trasformare James in un prosciutto. Aveva assottigliato gli occhi, squadrando i due addormentati, ignari della situazione.
La rabbia lo aveva gito prima che riuscisse a fermarsi. Istintivamente aveva chiuso la mano a pugno e aveva colpito la parete, sperando che il colpo lo aiutasse a cancellare quella visione. Purtroppo quando aveva riaperto gli occhi sua sorella e quell’essere erano ancora davanti a lui. Kendall aveva stretto i denti, sperando che il macigno che sentiva sul petto si facesse più leggero. Sentiva una morsa allo stomaco che non accennava affatto a diminuire e gli faceva venir voglia di urlare. Nuovamente guidato dall’istinto, aveva scaraventato sul pavimento una fotografia attaccata al muro, il cui vetro si era presto infranto. Il rumore aveva avuto l’effetto di far ridestare i due ragazzi ancora sul letto. Nell’arco di pochi secondi entrambi si erano alzati di scatto e avevano iniziato a guardarlo con gli occhi spalancati. James aveva aperto la bocca per dire qualcosa, ma lui non gliene aveva dato il tempo.
-Non-non- aveva detto con voce tremante a causa della rabbia- non ti azzardare. Non azzardarti ad aprire bocca. Cristo, ma ti ha completamente dato di volta il cervello? Mia sorella, mia sorella, cazzo! Vai a letto con le bambine adesso? Si può sapere che cosa sei diventato? Mi fai schifo cazzo! Per tutto questo tempo in cui io non ho fatto altro che starti accanto ogni qualvolta ne avevi bisogno, tu andavi a letto con lei! Non ti senti uno stronzo?- le parole avevano lasciato le sue labbra rapidamente, tanta era la furia e il disgusto che in quel momento avevano preso possesso del corpo del biondo. Si sentiva confuso ed oltraggiato, ma la rabbia aveva avuto il sopravvento il su tutto. Poteva anche non avere un rapporto felice con parte della sua famiglia, ma non avrebbe permesso che qualcuno toccasse in quel modo sua sorella. Soprattutto non uno dei suoi amici. Una di quelle persone che considerava praticamente come un fratello.
James aveva fatto un passo avanti, scostando il corpo esile di Ciara dietro il proprio decisamente più imponente.
-Ti assicuro che non è assolutamente come pensi- aveva esordito con gli occhi lucidi e la voce insicura. Ad osservarlo bene, il suo corpo era scosso da tremiti e sembrava in preda ad un grave conflitto interiore- Sai benissimo che non mi permetterei mai di mettere le mani addosso a nessuno che non lo voglia e comunque io e Ciara non-
A quelle parole la ragazza si era fatta avanti e aveva preso la parola sotto la sorpresa degli altri due.
-No, James, non devi giustificarti con lui. Kendall, mi dispiace dirtelo perché sei mio fratello e sai che ti voglio bene, ma certe volte dovresti proprio aprire gli occhi. Innanzitutto non credo proprio che con chi esco e che cosa ci faccio siano affari tuoi. A che scopo venire qui e fare tutta questa scenata? Sai perché io e James abbiamo deciso di non dirti niente? Perché sapevamo che avresti reagito in questa maniera e te la saresti presa senza un valido motivo. So che il concetto di amore per te è una cosa molto astratta, ma ti risulta così difficile renderti conto delle cose più ovvie? Sì, amo James. E sì, ci sono sette cazzo di anni di differenza tra di noi, e quindi? Tu e papà non avete un bel rapporto perché lui non riesce a capire l’amore che provi tu, giusto? E trovi corretto venire qui e comportarti esattamente nello stesso modo in cui lui si è comportato con te? Perché è questo che stai facendo. Sei venuto qui pretendendo di decidere a priori cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato per me, ma ti sei chiesto cosa penso io? Cosa provo io? Prima di metterti ad urlare cose senza senso –perché se tu conoscessi bene tanto come affermi sapresti che non mi avrebbe mai torto neppure un capello- hai mai pensato che forse sono qui perché lo voglio? Perché è questa la verità, Kendall. E tu devi accettarlo. Io sono innamorata di James e lui è innamorato di me e non permetterò che tu me lo rovini, chiaro?
Ho passato un periodo di merda quando tu te ne sei andato di casa. Noi due abbiamo sempre avuto un rapporto speciale e senza di te mi sentivo persa. Ma a te fregava solo di te in quel periodo e non hai fatto altro che respingermi ogni volta che ho provato ad avvicinarti. Sai cosa? Dopo un po’ ho smesso di starci male. Ho capito che tu avevi bisogno del tuo spazio e io del mio. Non siamo più due bambini Kendall. Sono passati anni dal periodo in cui tu mi davi ordini e io ubbidivo senza mai obbiettare. Ho fatto la mia scelta, ma non sta a te giudicarmi. Siamo responsabili delle nostre conseguenze. E ora, se non hai più nulla da dire, vorrei chiederti gentilmente di andartene. Dubito che tu abbia qualche alta cosa da fare qui.
Aveva parlato con una calma allarmante, ma nonostante ciò il suo tono era rimasto sempre fermo e duro. Il suo volto non faceva trapelare nessuna emozione, era una bizzarra maschera di freddezza e di compostezza.
Gli faceva male sentire quelle parole da sua sorella, era come avere dieci coltelli piantati insieme nel petto. Ogni volta che cercava di toglierne uno, ecco che tutti gli altri si muovevano lasciandolo ferito e sanguinante. Aveva aperto la bocca, cercando di dire qualcosa, ma le parole gli erano rimaste incastrate in gola. Si era messo a correre, spintonando qualche povero passante e beccandosi anche qualche imprecazione. Il suo cervello però era altrove. Sua sorella. Sua sorella. Non ci poteva credere. Sentiva uno strano peso all’altezza del petto, come di qualcosa che si era inevitabilmente spezzato. Non lo avrebbe mai ammesso, ma era abbastanza sicuro di sapere di che cosa si trattava.
***
James si era seduto di nuovo sul letto e sentiva un enorme macigno gravargli sui polmoni, impedendogli di respirare. Le parole di Kendall avevano accesso in lui qualcosa che non sarebbe riuscito a spiegare a parole. Il biondo aveva forse ragione? Era davvero un mostro, un approfittatore? Davvero Ciara stava con lui perché, in qualche strano modo, lui l’aveva spaventata e lei si era sentita “costretta”? Erano queste le domande che si ricorrevano senza sosta nella sua testa, non dandogli pace.
All’improvviso una mano piccola e calda si era poggiata sulla sua spalla. Il castano aveva sollevato la testa e si era ritrovato a fissare gli occhi lucidi di Ciara. Si vedeva che anche lei non era poi così calma e tranquilla come aveva cercato di apparire davanti al fratello. Con James però si sentiva al sicuro, tranquilla. Sapeva che il ragazzo non si sarebbe mai permesso di giudicarla e che non era di certo la prima volta che si mostrava vulnerabile ai suoi occhi.
-Capirà- aveva detto lei, dopo qualche istante –Ha solo bisogno di un po’ di tempo per digerire la cosa, ma vedrai che non avrà problemi alla fine.
Il castano aveva sentito un nodo allo stomaco e, suo malgrado, si era trovato a dover distogliere lo sguardo da quello di lei. Si era costretto a non crollare, a resistere ancora per un po’. Poi, sperando di non scoppiare a piangere in quel preciso istante, aveva sollevato lo sguardo verso Ciara. Sapeva che poteva essere una delle ultime volte che la vedeva, quindi voleva prendersi un attimo per osservarla bene.
-Non- non- la sua voce era spezzata e aveva iniziato a picchiettare a terra con il piede, a disagio –Non sarà necessario.
La ragazza lo aveva osservato con aria interrogativa, mentre lui si costringeva a dire le due parole più dure che avesse mai pronunciato.
-È finita.
Ciara aveva spalancato la bocca, mentre dai suoi occhi finalmente fuoriuscivano tutte quelle lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento. Un singhiozzo aveva lasciato involontariamente la sua gola e lo stomaco di James si era contratto in un altro doloroso spasmo. Nonostante avesse avuto tutti i buoni motivi per obbiettare però, la castana non si era mossa. Il ragazzo sperava con tutto il cuore che decidesse di andarsene, perché era certo che non sarebbe riuscito a sopportare di averla vicina. Non con quello che sentiva, non dopo tutto quello che era successo.
Come se qualcuno dall’alto avesse deciso di accontentarlo Ciara si era mossa repentinamente per la stanza e aveva recuperato i suoi vestiti. Si era poi spostata in soggiorno e velocemente si era lasciata la casa alle spalle.
Soltanto dopo aver sentito il tonfo sordo della porta che si chiudeva, James aveva lasciato libero sfogo alle sue lacrime. Aveva stretto tra le braccia il cuscino, mentre il dolore che sentiva al petto non accennava a sparire. Non avrebbe mai immaginato che qualcuno sarebbe riuscito a spezzargli il cuore, non di nuovo.
Ma del resto, avrebbe dovuto rassegnarsi all’idea che Ciara era semplicemente diversa. E lui l’aveva semplicemente persa.

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Capitolo 4
*** Like a cannonball ***


Till the night ends

Like a Cannonball
Kendall si era passato una mano sugli occhi, sospirando stancamente. Era in palestra da almeno due ore, durante le quali non aveva fatto altro che prendere a pugni un sacco da boxe per cercare di sfogare la sua rabbia. Non aveva risolto poi tanto, dato che la sua rabbia era ancora tutta là, con l’aggiunta della patina di sudore che rivestiva la sa pelle aumentando la sua irritazione. La sua mente era offuscata e i suoi pensieri si rincorrevano senza sosta e senza seguire alcun filo logico.
-Fanculo- aveva detto, tirando l’ennesimo punto con la mano destra, coperta da uno spesso guantone nero. Nella sua testa si stava ripetendo per l’ennesima volta la litigata avuta con James e Ciara, seguita da un sacco di insulti coloriti rivolti a qualcuno di non ben definito.
-Bevi, ne hai bisogno- aveva detto una voce alle sue spalle. Si era voltato giusto in tempo per vedere Logan incespicare verso di lui, con le gambe strette in un paio di jeans chiari e una felpa con il cappuccio alzato che gli copriva gli occhi. Kendall lo aveva guardato per un attimo, mentre la sua testa pensava a quanto cavolo gli donassero quei pantaloni, prima di ricordarsi della scommessa con Carlos. Il pensiero di quella scommessa non faceva altro che andarsi a sommare a tutte le altre preoccupazioni che avevano fatto sì che passasse le ore precedenti alla palestra a rigirarsi nel letto, senza riuscire a trovare pace.
L’altro ragazzo lo aveva osservato per un lungo istante –occhi marroni contro occhi verdi e un milione di brividi nella pancia di Kendall che lo facevano sentire tremendamente a disagio- prima di lanciargli qualcosa di non ben definito che fino a quel momento aveva tenuto nelle tasche della felpa. Colto alla sprovvista, il biondo aveva cercato malamente di afferrare l’oggetto, che era scivolato lungo il pavimento per poi tornare ai piedi del moro.
Il più alto a quel punto si era passato stancamente un guanto sugli occhi, con fare sconsolato. Si era poi poggiato malamente contro il muro, senza preoccuparsi che qualcuno potesse vederlo in quelle condizioni. Era tardi e per di più la palestra era vuota, fatta eccezione per loro due. Normalmente la cosa non gli sarebbe dispiaciuta affatto, ma in quel momento avrebbe soltanto voluto restare da solo, in un posto dove né Logan né i suoi pensieri potessero raggiungerlo. Si era sfilato con poca grazia i guantoni, mentre l’altro prendeva posto vicino a lui. Kendall percepiva distintamente il sudore che si cristallizzava sulla sua pelle ed era certo di avere un aspetto orribile in quel momento. Senza contare che beh, il suo odore probabilmente sarebbe stato sufficiente a stendere una massa di orsi.
Logan lo aveva guardato e con il suo solito modo di fare –tranquillo, sempre così dannatamente rilassato e da Logan- che lui gli invidiava maledettamente, gli aveva passato di nuovo la bottiglietta. Il biondo l’aveva afferrata avidamente e con voracità ne aveva trangugiato metà del contenuto in pochi secondi. Quando aveva staccato le labbra dal collo della bottiglia, aveva il fiato corto.
-Come facevi a sapere che ero qui?- aveva chiesto poi al ragazzo al suo fianco.
-Non lo sapevo. O almeno, non con certezza. Semplicemente mi sono ricordato che una volta mi avevi detto che venivi qui già da piccolo, quando sentivi il bisogno di sfogarti. Hai il fisico troppo allenato per essere uno che passa le giornate sul divano come vuol farmi credere, quindi ho pensato che ti fossi limitato a mantenere le vecchie abitudini.
Il moro gli aveva rivolto un sorriso sghembo e un’occhiata furba. Davvero gli aveva raccontato di quella cosa? Doveva essere particolarmente stanco, perché non se ne ricordava. E di nuovo nell’arco di poco tempo lo aveva sfiorato il pensiero che lui e Logan fossero semplicemente troppo. Non era normale sapere così tante cose di una persona, non era normale cercarla alle undici di sera perché non la si è vista in giro per un solo giorno, non era normale ricordarsi un dettaglio così stupido tra dettagli e parole stupide che scorrono veloci le une sulle altre, cancellando ciò che è stato detto prima.
-Mh- gli aveva risposto, giusto per dire qualcosa. Si era poi spostato un po’, giusto per mettersi sdraiato sul pavimento. Improvvisamente la stanchezza lo aveva colpito e per un attimo era stato sfiorato dal pensiero di sdraiarsi su quel pavimento e di dormire per una settimana. Purtroppo la sua schiena non era della sua stessa opinione.
L’unico rumore che giungeva alle sue orecchie era quello del ticchettare dei tasti del computer di Lucy, la ragazza che stava al bancone e di una lampadina che probabilmente era sul punto di fulminarsi. Per un attimo, Kendall era stato sfiorato dal pensiero che Logan se ne fosse andato. Quindi era stato colto di sorpresa quando il ragazzo gli aveva sfiorato il braccio con la mano, alzandosi.
-Dai, ti accompagno a casa- gli aveva detto, facendogli un cenno con il capo anche se lui non poteva vederlo.
-Non ho bisogno della balia- aveva risposto con tono acido il biondo.
-Non ho mai detto questo. Ma hai bisogno di dormire, a giudicare dalle tue occhiaie. E hai anche bisogno di mangiare, quindi muovi il culo e alzati dal pavimento.
-Tu pensi che io sia una persona orribile? Che io sia come mio padre?- gli aveva chiesto, ignorando le precedenti parole del moro.
-Cosa? No, perché mai dovrei pensare una cosa del genere?- aveva domandato Logan con tono sconvolto. Dopo appena qualche secondo aveva sentito un tonfo leggero, segno che il ragazzo si era di nuovo accomodato al suo fianco.
-Beh, sai per la storia di James e Ciara- aveva sussurrato con tono vago, sollevando il capo quel tanto che bastava per fare un cenno con la testa verso il vuoto davanti a se. Logan gli aveva rivolto uno sguardo rapido, che però non era il tipo di sguardo che Kendall si sarebbe aspettato da lui in quella situazione. Non c’era pietà nel suo sguardo, né compassione per il povero ragazzo che si sente in colpa. C’era tranquillità e soprattutto tanto affetto –era affetto, solo affetto; e anche se fosse stato altro, i nomi servono soltanto a complicare le cose- e qualcos’altro che non riusciva bene ad identificare.
-Non sei come tuo padre Kendall. Non sei un mostro, se è questo ciò che pensi. So di essere di parte, ma posso dire con certezza che sei una persona stupenda. Magari non con tutti e magari non lo dimostri sempre, ma io so che lo sei. Vuoi bene a tua sorella e vuoi bene James. La tua reazione è stata dettata dalla sorpresa e dalla rabbia, nulla di più. Loro non ce l’hanno con te, né pensano che tu sia colpevole di qualcosa. Essere stati vittime di qualcosa di sbagliato non ci rende sbagliati. E tu non lo sei. Guardami- aveva detto, sollevandogli il viso con delicatezza fino a far incontrare i loro occhi- Non sei come tuo padre. Non commetteresti i suoi stessi errori, d’accordo?
Kendall lo aveva guardato e qualcosa all’interno della sua testa e del suo cuore era irrimediabilmente cambiato. In quel momento non vedeva più soltanto Logan, il ragazzo con cui faceva sesso e che con il tempo era diventato la cosa più simile ad un fidanzato che lui avesse mai avuto, no. Vedeva solo Logan e vedere solo Logan per lui era la cosa migliore al mondo. Improvvisamente aveva sentito i suoi occhi diventare lucidi e, prima che potesse far qualcosa, le prime lacrime avevano cominciato a rigargli le guance. Il moro lo aveva guardato con tenerezza, come si fa con un bambino, prima di chinarsi e baciargli via ciascuna lacrima.
-Va tutto bene- gli aveva sussurrato piano, accarezzandogli le guance- va tutto bene, Kendall. Va tutto bene.
E nonostante stesse cercando con tutto sé stesso di trattenersi, il biondo non era riuscito ad impedirsi di baciarlo piano, con dolcezza e con disperazione al tempo stesso. Si era poi lasciato andare contro il suo petto e Logan aveva semplicemente deciso di stargli accanto in silenzio. Ogni tanto continuava a sussurrargli qualche frase contro l’orecchio, con tono lento e dolce, ma per lo più si limitava ad accarezzargli la schiena con affetto, come a ricordargli che lui era lì e che sarebbe rimasto fino a quando sarebbe stato Kendall a volerlo.
Il biondo non aveva un bel rapporto con la notte. La trovava troppo buia e fredda, troppo in contrasto con la sua personalità allegra e frizzante. Non riusciva mai ad addormentarsi prima delle due, anche se magari il giorno dopo aveva una lezione o un esame importante. Stranamente però, le braccia di Logan sapevano di casa. Erano calde e lui avrebbe passato tutta la vita a farsi accarezzare in quel modo, senza mai avere bisogno di altro.
Aveva chiuso delicatamente le palpebre, permettendo al suo corpo di rilassarsi ancora di più contro quello dell’altro.
-Va tutto bene Kendall. Va tutto bene- aveva sentito sussurrare, prima di addormentarsi profondamente senza che strani incubi venissero a fargli visita per ricordargli del suo passato o degli errori che aveva commesso.
***

Logan aveva sorriso, mentre osservava Kendall che dormiva con espressione tranquilla. Alla fine, dopo che l’altro era praticamente crollato fra le sue braccia, se lo era caricato in spalla e lo aveva riportato nel suo appartamento, dove in quel momento stava dormendo. Aveva una strana espressione, a metà tra il sorridente e l’imbronciato, che secondo lui lo faceva sembrare buffissimo. Continuando a sorridere, si era chiuso la porta della camera da letto alle spalle, mentre con passo felpato si avviava verso la cucina.
Gli faceva male vederlo in quelle condizioni, nonostante tutto. Capiva perfettamente che per lui il padre era un’ombra presente nella sua vita in maniera costante, ma gli sarebbe piaciuto che riuscisse a vivere senza l’assillante pensiero di paragonarsi a lui di continuo. Logan non conosceva suo padre per conoscenza diretta, ma ne aveva sentito parlare e poteva affermare con certezza che lui e il figlio fossero persone completamente differenti. Nonostante spesso Kendall decideva di non dimostrarlo, lui era una persona sensibile. E che aveva decisamente sofferto troppo. Era premuroso, si preoccupava sempre dei suoi familiari e di tutti i suoi amici. Certo, non era esattamente un mago in campo sentimentale e più in generale nel controllare le emozioni, ma alla fine a quello ci si abituava. E in ogni caso, Logan sapeva che la sua era soltanto una difesa. Feriva per non essere ferito e non era poi così sbagliato come modo di pensare.
Era un mondo troppo crudele per persone come lui, si era detto, accendendo l’interruttore della luce e versandosi un bicchiere d’acqua.
Nonostante tutto, non riusciva a fare a meno di sentirsi un po’ ridicolo. Non importava come, quando o dove, ma ormai era chiaro a tutto il mondo che, se mai Kendall avesse avuto bisogno di lui, Logan sarebbe corso a cercarlo anche in capo al mondo. E non sapeva se a fargli male era l’idea che l’altro non avrebbe mai fatto lo stesso per lui o che magari l’avrebbe fatto continuando a negare i reali motivi che quel gesto avrebbe comportato.
Forse aveva ragione Carlos, quando i primi tempi della loro “relazione” –se così la si potrebbe chiamare- a dirgli che uno di loro due sarebbe rimasto irrimediabilmente scottato. Logan aveva spento la luce e a tentoni si era poggiato su una delle sedie posizionate attorno al tavolo che si trovava al centro della stanza. L’orologio digitale del forno si era illuminato, segnando la mezzanotte.
Kendall non lo avrebbe mai saputo, ma era stato esattamente un anno prima che la sua rovina aveva avuto inizio. Ricordava fin troppo bene quella notte. Non era riuscito a dormire per niente, fino a quando verso le tre aveva preso il telefono e aveva chiamato Carlos. Non appena l’amico aveva risposto –probabilmente pronto a lanciargli qualche insulto o maledizione in chissà quale lingua- Logan lo aveva bloccato con quelle parole che avrebbero condizionato il suo modo di agire per molto tempo.
-Carlos, mi sono innamorato- aveva detto al vuoto, proprio come aveva fatto un anno prima. Aveva lasciato che una singola lacrima gli scorresse lungo la guancia, prima di asciugarla con grinta e di dirigersi verso il divano.
“E tanti auguri a me” si era detto, prima di crollare in un sonno agitato.
***

Nemmeno Ciara quella notte era riuscita a dormire. Quando era tornata a casa aveva finto che andasse tutto bene, aveva cenato e poi si era chiusa in camera sua. Soltanto dopo essersi accertata che tutti dormissero, aveva scavalcato la finestra per andare nell’unico posto al mondo dove si sentisse davvero tranquilla: la casetta sull’albero che aveva costruito da bambina. Si era arrampicata con facilità lungo la scaletta di corda ormai semi-distrutta che portava alla costruzione e grazie alle sue gambe snelle dopo pochi minuti si era ritrovata seduta sulle assi di legno che avevano caratterizzato la sua infanzia.
Per essere soltanto una casetta di legno, Ciara ne andava terribilmente orgogliosa. Era piena di ricordi suoi e di suoi fratello, come loro foto da bambini o alcuni disegni ormai ingialliti che risalivano a molto tempo prima. La ragazza li aveva osservati alla luce della luna, con aria nostalgica. La casetta non era composta che da una stanza, con una porta e due finestre. Non era molto grande, né particolarmente alta, ma lei riusciva ancora a starci senza urtare nulla. Al centro della stanza c’era un piccolo tavolino con due sedie, sotto le quali vi era scritto il nome suo e quello del fratello con i pennarelli indelebili. Oltre a questo, c’era una vecchia borsa che Ciara teneva lì per tutte quelle volte in cui sentiva il bisogno di restare da sola e che conteneva semplicemente un paio di auricolari, qualche schifezza da mangiare e da bere e un album da disegno insieme ad alcune matite.
Il disegno era una delle sue tante passioni e da piccola diceva sempre che sarebbe diventata una grande artista e che avrebbe girato il mondo alla ricerca di ispirazione. Aveva sorriso malinconicamente, mentre apriva l’album e iniziava a sfogliarlo. C’erano in tutto una decina di disegni, fatti in occasioni diverse, ma collegati più meno ad una sola persona. Si era messa gli auricolari e aveva fatto partire la riproduzione casuale, mentre sfogliava i vari disegni. La prima canzone che le sue orecchie avevano sentito era stata “Give Your Heart a Break”. Aveva sorriso amaramente, mentre con la punta delle dita accarezzava il primo disegno dell’album. Rappresentava un cappuccino e una ciambella, con uno sfondo grigio come i tavoli della caffetteria della loro città. Sotto al disegno, a piè di pagina c’era un piccolo appunto: la sua firma e la data del disegno accompagnati da una J e da un piccolo cuoricino. Ricordava bene quando, pochi mesi addietro, era corsa con entusiasmo in quello stesso posto, mentre i momenti del suo primo appuntamento con James non facevano che ripetersi senza sosta nella sua testa. Aveva disegnato quasi senza rendersene conto, con la mano che si muoveva sul foglio rapida quanto il flusso dei suoi pensieri. Quando aveva finito aveva osservato il suo lavoro con un sorriso, dicendo che lo avrebbe conservato per sempre e che magari un giorno lo avrebbe mostrato ai suoi figli per fargli capire che tipo di adolescente era stata oppure le emozioni che aveva provato e che erano semplicemente troppo grandi per essere espresse per mezzo delle parole.
Era andata avanti, trattenendo a stento le lacrime. Il secondo disegno rappresentava due mani che si stringevano su un prato. Lo aveva fatto non appena tornata dal loro secondo appuntamento, dove lui le aveva preso la mano e le aveva detto che pensava fosse bellissima. Anche lì c’erano degli appunti oltre a nome, firma e data. Questa volta aveva disegnato una farfalla, perché fin da piccola aveva sentito parlare delle farfalle nello stomaco ed era certa che si trattasse della stessa sensazione che aveva provato lei durante quell’uscita.
Era andata avanti ancora per un po’, mentre la luna cominciava a scendere e la canzoni nelle sue orecchie cambiavano rapidamente. Arrivata all’ultimo disegno si era fermata. Aveva gettato uno sguardo all’orologio, che le diceva che erano già le quattro del mattino. Aveva sospirato stancamente, stranamente per nulla assonnata, lei che fin da piccola dormiva non appena se ne presentava l’occasione.
Aveva iniziato a fare quel disegno appena due giorni prima, quando si era ritrovata a non far nulla e a lasciare che i suoi pensieri vagassero liberi in tutte le direzioni possibili. Aveva preso l’album e in fretta e furia si era messa a lavorare. Dopo appena una mezz’ora però, la madre l’aveva richiamata dicendole che la cena era pronta e lei si era ritrovata a dover interrompere il suo lavoro. Il disegno avrebbe dovuto rappresentare due giovani che si scambiavano un bacio tenero, ma appassionato. Ciara aveva scosso la testa candidamente, mentre un singhiozzo le sfuggiva dalla gola e riecheggiava nella notte. Aveva poggiato la testa contro il muro, mentre lasciava che tutte le lacrime che non aveva pianto sulla strada di casa potessero uscire in quel momento. Quando si era sfogata abbastanza, si era asciugata i residui di lacrime con il dorso della mano e aveva preso in mano la matita che aveva usato per quel disegno. Nonostante il pianto aveva ancora la mano piuttosto ferma, quindi aveva preso a tracciare linee sempre più nitide che si univano e si snodavano in mille modi diversi. Soltanto dopo alcune ore, quando il sole stava timidamente iniziando a spuntare nel cielo, si era concessa di fermarsi. Alla fine, il disegno completo aveva tutta un’altra sfumatura. Lui era fatto con colori chiari e sembrava un candido angelo, mentre lei era disegnata di scuro, con un’unica, bianca lacrima che le scendeva lungo la guancia. Sopra aveva aggiunto la parola “Promise”, scritta però con mano incerta e tremolante. Quella parola stonava però con il disegno, come una nota in più in una tranquilla canzone di musica classica.
Ciara aveva lasciato andare la matita, mentre lasciava che il dolore e la stanchezza avessero la meglio su di lei e crollava in un sonno profondo e senza sogni.
***

Carlos invece, era l’unico che stava dormendo tranquillamente. Quella sera si era fermato a casa di Alexa e in quel momento entrambi stavano sonnecchiando sul letto della ragazza. Il latino non avrebbe saputo spiegare quanto fosse cambiata la sua vita da quando stava con lei, né in che modo. L’unica cosa che sapeva era che quella ragazza meravigliosa gli aveva sconvolto la vita e ancora oggi non faceva che chiedersi cosa avesse fatto per meritarsi una creatura così meravigliosa al suo fianco. Non solo Alexa riusciva a capirlo come nessuno altro al mondo, ma erano anche due anime affini, due sognatori che volevano cambiare il mondo con la forza dell’amore. Insieme era come se fossero invincibili, niente poteva abbatterli.
In quel momento, Carlos aveva la testa poggiata sullo stomaco di lei, perché mentre parlavano di qualcosa di stupido entrambi erano crollati senza neppure cambiarsi o mettersi in una posizione più comoda. Per la prima volta, il ragazzo aveva raccontato a qualcuno della situazione di Logan e Kendall e di quella di James e Ciara. Non solo Alexa non aveva fatto domande e non l’aveva preso per pazzo, mi si era offerta di dargli una mano a far aprire gli occhi a quei quattro, aggiungendo che non doveva aver paura di parlare con lei, perché sarebbe rimasta dalla sua parte sempre e comunque. Carlos aveva sorriso, chinandosi a baciarle le labbra.
-Comunque- aveva detto la biondina –secondo me James si è soltanto spaventato. Immagina il tuo migliore amico che ti salta al collo dicendoti un sacco di cose che magari non pensa, ma che sa che ti faranno sentire uno schifo. Secondo me avrà pensato di essere un mostro e di non meritarsi una persona come lei, che ai suoi occhi deve essere tremendamente bella e innocente. Ha avuto paura di aver obbligato Ciara a fare qualcosa, che lei si sia messa insieme a lui per paura o perché era convinta di dovergli qualcosa, mentre in realtà lei lo ama.
-Ti amo- aveva detto Carlos, all’improvviso. Lei si era girata, sorridendogli.
-Anche io- gli aveva risposto candidamente –Ma questo cosa c’entra con James e Ciara?- aveva chiesto con una risatina. Il latino aveva alzato le spalle, prima di attirarla in un abbraccio.
-Che ne pensi di Kendall e Logan, invece?- le aveva chiesto, posandole un leggero bacio sulla spalla prima di posizionarsi nuovamente sullo stomaco della ragazza.
-Trovo che anche Kendall sia –passami il termine- un idiota. Con tutto quello che ha passato è più che normale avere paura, ma non per questo può impedirsi di vivere la più bella esperienza della sua vita. Se non si da una svegliata lo rimpiangerà per sempre, secondo me. Alla fin fine Logan non resterà ad aspettarlo per tutta la vita. Si farà una ragione di tutta la storia e andrà avanti. E soltanto vedendolo felice con qualcun altro Kendall capirà ciò che ha perso per paura di tentare- aveva esalato con un sospiro, mentre Carlos chiudeva gli occhi per cercare di auto-convincersi che quella non fosse la verità.
***

James invece non aveva dormito affatto. Le occhiaie sulla sua faccia erano testimoni del fatto che non era riuscito a metabolizzare del tutto ciò che era successo.
L’aveva lasciata.
Lo aveva fatto per davvero.
Che cazzo aveva che non andava in quel momento?
Niente, si era detto con forza. Aveva soltanto fatto la cosa giusta per lei, che era ancora una ragazza giovane e che aveva tutta la vita davanti. E lui allora? Lei forse sarebbe andata avanti, trovandosi un altro ragazzo, magari della sua età e alla sua altezza, ma lui? Come avrebbe fatto ad andare avanti senza di lei? A chi avrebbe cantato canzoni stupide nel bel mezzo della notte, nonostante sapeva che il girono dopo si sarebbe beccato le occhiatacce dei vicini? Chi gli avrebbe sorriso non appena lo vedeva, come se fosse la cosa più bella del mondo? Faceva male pensarlo, ma Ciara era l’unica persona in grado di fare tutte quelle cose nel modo giusto. E sì, forse si sarebbe innamorato di nuovo, forse di qualcuno di più adatto, ma non di qualcuno di più giusto. Perché l’unica cosa giusta che c’era nella sua vita l’aveva persa e la colpa era soltanto sua.
Ciara sarebbe rimasta. Per lui. Sarebbe andata contro suo fratello, contro la sua famiglia, contro tutto il mondo. Solo per lui. Aveva trattenuto la voglia di prendere a testate il muro e si era limitato a prendere la sua chitarra e a suonare malinconicamente le note di “We’ve Got Tonight” mentre lasciava che le lacrime si impossessassero del suo corpo, cercando di far uscire quel senso di colpa dilaniante che non lasciava in pace da quando Ciara era uscita da quella casa, lasciandoselo alle spalle.
Si era fermato soltanto quando i singhiozzi si erano fatti troppo forti e le mani avevano iniziato a tremargli così tanto che non sarebbe mai riuscito ad azzeccare due note consecutive. Si era accasciato stancamente sul letto, lasciando che anche le ultime lacrime gli colassero sul collo e sparissero sotto la maglietta rovinata che si era messo soltanto perché aveva addosso l’odore dolce di Ciara.
Patetico, gli aveva detto una voce che somigliava tremendamente a quella di Kendall. Kendall, santo cielo. Non sarebbe mai più riuscito a guardarlo in faccia senza ricordarsi di tutta quella storia. Ma che cazzo aveva combinato? Per un attimo si era chiesto che cosa lo avesse spinto a comportarsi in quel modo. La risposta lo aveva colpito immediatamente. Non era una semplice cotta, probabilmente non lo era mai stato. Era amore, che cazzo.
James aveva tirato un pugno contro la parete, sentendo immediatamente un familiare dolore alle nocche. Aveva soffocato un urlo contro il cuscino, mentre il dolore diventava semplicemente troppo per essere affrontato. Un altro singhiozzo aveva scosso il suo corpo, ma era un pianto diverso da quelli degli ultimi mesi. Era un pianto triste. Un pianto solo. Un pianto fatto da solo. Come probabilmente sarebbe stato da quel momento in poi.
Aveva sentito qualcosa nel suo petto spezzarsi inesorabilmente. Poi, l’oscurità lo aveva avvolto, strappandolo con violenza da quella realtà fin troppo orrida per i suoi gusti.

 
 
N.d.A. (Non datele ascolto!)
Okay, non faccio delle Note Autrice dalla notte dei tempi, quindi penso sia arrivato il momento di aggiornarvi su un paio di cose.
Inizialmente la fanfiction doveva avere massimo sette/otto capitoli, ma mi sono resa conto che potrebbe anche averne qualcuno in più. Ora, chi ha letto lo scorso capitolo ha visto che aveva scritto nel titolo 'Parte 1', ma mentre scrivevo mi sono effettivamente resa conto che questo era un capitolo a sé, pieno quasi esclusivamente di riflessioni tra l'altro. Inoltre, nello scorso capitolo avrete notato che ho inserito alcuni nomi e alcuni eventi che non ho effettivamente scritto o spiegato, lo so. Ma praticamente il prossimo capitolo sarà costituito da vari flashback e riflessioni, quindi tutte queste cose verranno spiegate. Mi scuso per aver fatto sembrare di aver abbandonato la storia, ma davvero ho avuto dei problemi personali e l'ispirazione era totalmente sparita.
Che altro dire? Ringrazio le sei -SEI!- persone che hanno recensito lo scorso capitolo e che mi hanno aiutata ad andare avanti e a scrivere questo. Ringrazio Hoon, che si meriterebbe una medaglia o qualcosa del genere, perché mi supporta e mi sopporta ogni giorno. Infine ringrazio C, per essere l'amica migliore che si possa desiderare al mondo. Uh, per quanto riguarda il fatto che dovrei correggere alcuni errori e altri dettagli che non quadrano molto nella ff, vi giuro che sto iniziando a lavorarci, quindi se notate qualche incongruenza cercherò di aggiustarla il prima possibile.
Vi ringrazio per essere arrivati fino a qui, siete meravigliosi.
Un bacio,
-Ice <3
PS: Passate a dare un'occhiata alla mia ultima OS sui Kogan? Mi farebbe davvero tanto piacere!
PPS: Qualcuna di voi andrà a vedere Kendall a Palermo? Ditemi che non sono l'unica, vi prego! 

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