PAP 6 1/2

di Anastasia123
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 9 mesi ***
Capitolo 2: *** Intermezzo ***
Capitolo 3: *** Incontri ***
Capitolo 4: *** Ninna nanna - parte 1 ***
Capitolo 5: *** Ninna nanna - parte 2 ***



Capitolo 1
*** 9 mesi ***


Capitolo 1: 9 mesi

Premessa
Emozionata come una ragazzina, pubblico il primo capitolo di questa fan fiction, la mia prima fan fiction in assoluto, che vuole essere il proseguimento della sesta serie. Nasce dall’esigenza che ho sentito forte di reagire non solo al finale che ha deluso molti ma anche allo stravolgimento dei caratteri dei personaggi. Ho visto che molte fan hanno reagito con la scrittura di tante nuove fan fiction che, onestamente, non ho ancora letto di proposito, per portare avanti la scrittura della mia (ma che leggerò con sommo piacere prossimamente!).
Tornando alla sesta serie, le ultime tre puntate sono state molto diverse rispetto alle prime cinque, i personaggi, com’è stato detto, si sono rivelati diversi da come li conoscevamo (i buoni non saranno più così buoni… Veronica si riferiva proprio a Camilla?), bipolari, contradditori, spiazzanti, e alcuni passaggi, a mio avviso fondamentali, non sono stati chiariti.
Parto quindi da questi personaggi come li abbiamo lasciati, con tutte le loro contraddizioni in essere. Per quanto possibile vorrei mantenere un tocco di leggerezza nella narrazione, nonostante la storia apparirà sicuramente più densa di dialoghi, introspettiva e, a volte, drammatica, rispetto a ciò che si è visto in tv.
La storia inizia ad un mese dal parto di Livietta e Carmen. Non essendoci stato un preciso riferimento temporale nella sesta serie (o se c’è stato era piuttosto confuso, vedi maturità in autunno/inverno) il capitolo si colloca nel mese di giugno, avendo ipotizzato i parti in maggio.
“Nove mesi” perché solitamente ci si accorge di uno stato di gravidanza in sesta settimana, quindi al secondo mese. Da qui ho conteggiato questi nove mesi dove tutte le vite dei protagonisti sono state stravolte, nel bene e nel male.
Questo primo capitolo sarà diviso in tre parti e sarà piuttosto introspettivo. Ho in mente anche un giallo che, spero, comparirà presto.
Devo dire che mi sono sentita spronata a scrivere anche perché ho ironicamente pensato: “se gli autori sono riusciti a capovolgere così tutto verso la fine e se i casi di puntata non mi sono sembrati così complicati – anzi – a volte piuttosto banali e scontati, perché non provare anch’io a cimentarmi nella stesura di una storia tutta mia, dato che amo e seguo questa fiction da tanto tempo?”
Bene, dopo il preambolo che è quasi più lungo del capitolo vi lascio alla storia.
Se avete voglia di lasciare un commento al termine della lettura ne sarei onorata!
Commenti, critiche, consigli e – anche – incoraggiamenti, sono tutti ben accetti!
Buona lettura!


9 mesi – Camilla

“Ahhh, che mal di testa” – Camilla si svegliò sentendo improvvisamente piangere la nipotina. Guardò la sveglia sul comodino: “Le sei in punto… tanto vale alzarsi” – pensò. La sveglia sarebbe comunque suonata alle sette come di consueto, e, anche se un’altra ora di riposo le avrebbe fatto sicuramente bene, sapeva che non sarebbe riuscita a dormire. E non solo per il pianto ad intermittenza di Camilla jr o Camillina com’era stata affettuosamente soprannominata. Ricordi e sensazioni strane e contradditorie la stavano tormentando. E più cercava di non pensarci e di buttarsi tutto alle spalle, più questi si riaffacciavano improvvisi e spiazzanti.

Potti si affacciò sull’uscio della sua camera e, vedendola seduta, le corse incontro saltando sul letto per andare a farsi coccolare. “Potti, amore della mamma! Ti sei svegliato anche tu, vero? La nostra nipotina reclama la sua pappa come un orologio svizzero!” E in effetti Camilla jr. sembrava impostata per mangiare ogni tre ore, per ora regolarmente anche di notte.
“Tutta questa puntualità di sicuro non l’ha presa dalla nonna!” osservò Camilla accarezzando vigorosamente Potti che, tutto contento, si era rifugiato tra le sue braccia.

Era passato un mese dal parto di Livietta e sì – pensò – anche da quello di Carmen.
Camilla e Lorenzo erano entrati nelle vite di tutti loro, indistintamente. Che cosa strana e meravigliosa la vita! Camilla ancora non si raccapezzava di come tutto era avvenuto così in fretta. Livietta, la sua bambina, o meglio, quella splendida ragazza che si era appena affacciata alla vita con una vacanza studio a Londra, d’un colpo era diventata moglie e mamma.
Avevano fatto bene lei e George a sposarsi così giovani? George sarebbe stato l’uomo giusto per lei, capace di condividere gioie e sofferenze di una vita a due? Erano gli stessi interrogativi che anche Renzo le aveva posto, ai quali nessuno avrebbe potuto dare una risposta se non il tempo. E guardando alla sua vita e a quella di Renzo, non riusciva ad essere del tutto ottimista. Aveva toccato con mano quante difficoltà poteva incontrare anche il più solido e radicato dei matrimoni, e la loro situazione attuale ne era purtroppo la triste conferma.
“Se non ci hanno preso due vecchie volpi del matrimonio come noi..” aveva detto ironicamente a Renzo, ma il risvolto era comunque amaro.
Anche ora, anche a distanza di mesi, nonostante avesse passato il periodo più duro, non riusciva a non guardare il piccolo Lorenzo senza provare una fitta nel petto. Una fitta che nascondeva bene, perché quel piccolino alla fin fine gli faceva una gran tenerezza, perchè, vedendolo quasi ogni giorno, non avrebbe potuto fare a meno di affezionarcisi, quasi quanto alla sua Camillina. Sì perché Camilla era la sua nipotina, ma con Lorenzo non aveva nessun legame. E allora ecco la fitta che riappariva, intensa e improvvisa, tanto più che il piccolino assomigliava tanto al papà, come la stessa Livietta. Era il rimpianto, il rimpianto di non essere stata lei a dare un altro figlio, per di più maschio, a Renzo, a quello che era ancora suo marito a tutti gli effetti.
La separazione, infatti, non era ancora stata formalizzata. Sembrava assurdo, prima Renzo che si presenta in ritardo a causa di un malore di Carmen, e poi lei che se ne dimentica e arriva troppo tardi all’appuntamento col giudice. Fatalità o destino? Ora non voleva pensarci. Lei, in fin dei conti, alle coincidenze non aveva mai creduto molto.
“Le sei e venti… Andiamo Potti!”

Si alzò di scatto e andò in cucina a preparare la colazione. Mentre versava i croccantini nella ciotola di Potti, Livietta entrò con la piccola Camilla in braccio che scrutava beatamente tutto ciò che la circondava.
“Bhè, la signorina ha già finito di mangiare?” esclamò sorpresa Camilla. “Sì mamma, lo sai che è una bimba vorace!” rispose Livietta con un sorriso “Direi che questo l’ha proprio preso dalla nonna!” aggiunse poi trattenendo a stento una risata a cui fece eco quella della madre.
Camilla jr cresceva bene e in fretta - pensò Camilla - Livietta l’allattava e l’accudiva con una tal naturalezza che l’aveva veramente sorpresa.
Nonostante le notti intervallate dai risvegli della piccola, Livietta, a poche settimane dal parto, appariva già in ottima forma e sembrava anche aver accettato bene l’andirivieni di George da Londra, cosa che “vivacizzava” – per così dire – ancor di più i loro ritmi.
Per ora vivevano da Camilla. Sarebbe stato impensabile provvedere per una casa tutta per loro, non solo per l’incertezza del lavoro e dei loro piani futuri, se trasferirsi a Londra o rimanere a Torino, ma anche perché Livietta aveva bisogno d’aiuto e di sostegno.

Camilla preparò la colazione per entrambe, poi andò a prepararsi. Doveva andare a scuola quella mattina. Aveva gli scrutini della sua quarta, e sarebbe stata una mattinata dura e difficile. Di tutti i suoi allievi, una sola rischiava di essere bocciata. E non poteva permettersi di perderla. Ambra non aveva raggiunto la sufficienza nella maggior parte delle materie ma, secondo Camilla, ciò che aveva vissuto in quell’anno, valeva più dei voti in pagella.
Era cresciuta e maturata, aveva ricucito il rapporto con sua madre e le aveva dimostrato, nell’ultimo periodo del quadrimestre, di aver davvero voglia di impegnarsi nello studio, per se stessa, per la sua famiglia, per il suo futuro. Ma non sarebbe stato per nulla facile con Pellegrini e gli altri professori che erano decisi a respingerla.

Andò in bagno a prepararsi e si guardò allo specchio. “Che occhiaie… Potti qui ci vorrebbe un mese in una beauty farm per rimettermi in sesto”. E a quel pensiero si ricordò di quel pomeriggio al bar con Gaetano che le aveva proposto di trascorrere con lui un week-end alle terme. Che poi non era una proposta, lui aveva prenotato e basta senza chiederle nulla e lei si era sentita improvvisamente soffocare, tanto da averlo piantato in asso. Com’era possibile che Gaetano non avesse capito ciò di cui lei aveva bisogno? La conosceva così bene, dopo dieci anni! Dieci anni… si bloccò… dieci anni di… in cui erano stati… cosa? Stavolta proprio lei, la prof. Camilla Baudino, colei che aveva sempre la parola giusta per tutti, studenti o implicati in omicidio che fossero, non aveva la parola giusta per definire il loro rapporto. E, quando quest’idea appariva più definita nella sua testa ancora tanto confusa, si sentiva così spaventata da ricacciarla subito indietro e da reagire con distacco.
Non voleva pensare che si trattasse di amore, quello completo e totalizzante, quello che aveva in parte vissuto con Renzo e che l’aveva fatta stare così male, che l’aveva fatta piangere così tanto, che le aveva provocato attacchi di panico e che ancora le faceva male. E sapeva che con Gaetano sarebbe stato ancora più forte e... nuovo... ed era questo, forse, a frenarla.
Forse era stato solo un intermezzo, dolce, appassionato, spaventosamente bello... Basta non voleva pensarci.

Si vestì in fretta, un paio di pantaloni larghi e freschi, una maxi t-shirt e uscì di casa.


9 mesi – Gaetano

“Sono le ore 6”, la voce meccanica della sveglia lo destò di colpo. E per fortuna. Era madido di sudore, sconvolto perché ancora una volta aveva sognato, l’aveva sognata.
Lui e Camilla in ospedale, nella sala d’aspetto di ostetricia. Lui seduto vicino a lei, ad aspettare la notizia del parto di Livietta, e, improvvisamente, nel suo voltarsi lei non c’è più… ma poi eccola, è dalla parte opposta della stanza, Gaetano si alza e le va incontro, ma non è più lei, c’è Renzo in quell’angolo… Renzo… poi la risata inconfondibile della sua Camilla, si gira ed eccola là più bella che mai… ma non è da sola… sta ridendo con qualcuno… c’è qualcuno che la tiene per la vita… è… Michele Carpi?! Ma poi lei sparisce di nuovo.. ma lui continua a sentire la sua risata… Camilla… Camilla dove sei… “Camilla! Camilla!” e poi finalmente la sveglia a riportarlo alla realtà.

Quest’incubo ormai lo tormentava da un mese, da quel giorno in ospedale. Non aveva mai creduto alle coincidenze, forse infatti era un segno del destino che Livietta e Carmen avessero partorito proprio lo stesso giorno, riempiendo di gioia tutte le loro vite, nonostante le contraddizioni e la famiglia per così dire “allargata”. Quello che non riusciva a spiegarsi era come avesse fatto Camilla a lasciarlo in quel modo qualche minuto prima. Davanti a una macchinetta del caffè, con Renzo a fianco di lui pure, con la stessa nonchalanche con la quale avrebbe potuto comunicare una notizia qualsiasi.
E tutto perché apparentemente lui e Renzo l’avevano assillata con la loro gelosia e le loro pressioni, secondo lei. D’ora in avanti avrebbe voluto fare la donna e la nonna single e indipendente aveva detto… ma allora quei quattro mesi cosa avevano significato per lei? Quei quattro mesi cos’erano stati loro due? “Non siamo una coppia ma non è detto che potremmo diventarlo…” gli aveva detto dopo quella notte a casa sua. “No Camilla, ti sbagli” - pensò Gaetano – “quello che abbiamo vissuto, anche se per poco, troppo poco, è stato il rapporto più intenso e sconvolgente che mai avevo provato…, la conferma che sei la donna della mia vita... per te non siamo stati una coppia? Siamo sempre stati molto più che una coppia…”.
Ma poi cosa gli aveva fatto dire quella frase, in quella stanza d’ospedale; ad un’infermiera un po’ impicciona si era definito un “amico adottato”… “Gaetano, Gaetano ma cosa ti è saltato in mente di dire?” aggiunse spazientito ad alta voce.

Si alzò di scatto e andò a prepararsi per la sua corsa quotidiana. Dedicava un’ora al mattino presto al jogging e ai pesi, attività che lo aiutavano a scaricare la tensione fisica e che gli svuotavano la mente e lo preparavano ad affrontare le lunghe giornate in commissariato.


9 mesi – Renzo

“Pro-pronto Carmen, sei tu? Cosa c’è? Ma che ore sono?” Renzo si era svegliato di soprassalto al suono del telefono. Cercandolo sul comodino aveva pure fatto cadere la boccetta di fiori di Bach, ormai sua compagna nelle lunghe notti nel tentativo di dormire un numero appena sufficiente di ore che gli consentissero di affrontare decentemente la giornata.
“Renzo, sono le 6 e Lorenzo dorme da più di tre ore! Non mi sembra normale, cosa faccio? Lo sveglio? Dovrebbe aver già mangiato a quest’ora!”. “Carmen, è assolutamente normale, si è svegliato quattro volte stanotte per mangiare, s-sarà pieno come un bisonte ora… lascialo tranquillo vedrai che fra poco si sveglierà.. ma tu poi, perché non ne approfitti per dormire un po’? Sei stata sveglia – anzi – siamo stati svegli gran parte della notte… riposati ne hai bisogno”. “Dici davvero? Sei sicuro? No perché ho letto…” “Carmen ascoltami. Ora ti fai un bagno rilassante e vedrai che poi Lorenzo si sveglierà e tu sarai pronta per affrontare la giornata. Dai passo fra un po’ e ti porto i cornetti caldi, quelli al cioccolato, va bene?” “Renzo… sì grazie, ti aspetto. Ciao”.
Renzo mise giù il telefono e sospirò pesantemente.
Le prime settimane per Carmen non erano state per niente semplici. Aveva fatto fatica a riprendersi dal parto, le analisi avevano riscontrato una forte anemia e questo, unito alle coliche di Lorenzo che erano arrivate praticamente subito, la stavano sfibrando. Probabilmente era anche insorta un po’ di depressione post partum, pensò Renzo, perché l’aveva trovata più di qualche volte in lacrime, con Lorenzo che piangeva e lei così spaventata e confusa. E allora le aveva offerto il suo aiuto. “Carmen, a qualsiasi ora chiamami se hai bisogno. Io sono il padre di Lorenzo e voglio esserci, voglio aiutarti anche se non stiamo assieme e non abitiamo assieme. In fondo non è un gran sacrificio salire le scale e venire da te”. Questo le aveva fatto promettere due settimane prima e da allora le sue notti erano state più che movimentate, tra chiamate notturne, passeggiate a casa di Carmen con Lorenzo in braccio per calmarlo e farlo addormentare e tentativi successivi per lui di strappare alla notte qualche ora di sonno. Perché poi la giornata non poteva dirsi più tranquilla.
Ormai Renzo aveva ripreso a lavorare a casa, non andava nemmeno più in studio, nonostante il poco spazio a disposizione, preferiva rimanere lì, nel monolocale che non appariva nemmeno più così tanto rosa tanto era tappezzato di progetti e mappe.

Non c’era solo il piccolo Lorenzo; voleva offrire anche lui il suo aiuto a Livietta, voleva esserci per la sua nipotina e non voleva lasciare tutto il peso a Camilla. Alla sua Camilla. Alla moglie che aveva tradito e ferito ancora una volta, e che stavolta non l’aveva perdonato. Avrebbe dato chissà cosa per potersela riprendere, per riconquistarla e non lasciarsela fuggire mai più e ce l’avrebbe potuta fare se… se il commissario non si fosse messo in mezzo. “E prima Gaetano – pensò ad alta voce, rivolgendosi al bisnonno Vincenzo - che poi posso anche capire, dopo tanti anni a girarle attorno, insistente e fastidioso come una mosca, che lei abbia pure ceduto – ma che dopo vent’anni potesse essere ancora attratta da quel Michele Carpi, un fantasma del passato, riapparso dal nulla, questo proprio mi fa andare il sangue al cervello, altro che cazzotto! U-un.. un… vabbè. E poi lei c-così… trasformata, così bella, attraente, sicura di sé, che ora vuol fare la single. Mah!”
Si alzò con una fitta alla schiena, indossò gli occhiali e andò a prepararsi il caffè.

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Capitolo 2
*** Intermezzo ***


Capitolo 2: Intermezzo
 
Note d’inizio capitolo: chiedo scusa per il ritardo con cui pubblico questo secondo capitolo. In realtà era già pronto da un pezzo, ma devo dire che fra i vari impegni lavorativi e non, e soprattutto la lettura di altre fanfiction, mi hanno tenuta lontana dalla mia storia.
Mi colpisce veramente tanto vedere quante storie sono state pubblicate e continuano ad essere pubblicate e aggiornate quotidianamente, segno sicuramente dell’affezione del pubblico a questa serie ma, a mio avviso, segno anche del livello di insoddisfazione che ha lasciato in molte persone e che le motiva a darsi un personale proseguimento.
Approfitto anche per dire che non ho ancora recensito nulla nonostante la mia volontà di farlo; ad essere sincera ne sto seguendo forse un po’ troppe tanto da confondermi a volte... bhè buon motivo per rileggerle!
Non mi dilungo oltre. E’ un capitolo piuttosto breve ma spero di pubblicare presto il terzo che ho già cominciato a scrivere e che entrerà nel vivo con un giallo.
Sto cercando di mantenere i tempi e i ritmi di una puntata della prof., non so se ci riuscirò comunque questo è il mio intento.
Ringrazio fin d’ora chi lo leggerà e chi avrà il desiderio di lasciare un commento alla fine.
 
 
Camilla uscì dall’Istituto Nelson Mandela all’una e mezza. Accaldata, stanca, con la testa che ancora le doleva, ma soddisfatta per avercela fatta. Era stata dura, aveva dovuto addirittura alzare la voce in un paio di momenti ma alla fine era riuscita a convincere i suoi colleghi. Ambra era salva, perlomeno avrebbe dovuto recuperare tre materie durante l’estate ma le era stata risparmiata la bocciatura. E Camilla sapeva che la sua alunna si sarebbe data da fare durante l’estate, gliel’aveva promesso.
Stava andando verso la macchina quando il cellulare cominciò a squillare. “Pronto… Francesca, che sorpresa!.. Sì, lo so, hai perfettamente ragione, avevo promesso che ci saremmo sentite… ma questi mesi sono stati… impegnativi.. sono successi parecchie cose… ma sarebbe troppo lungo parlartene ora per telefono. Cosa dici? Stasera a cena? … Una pizza? Mi piacerebbe ma non so, è da stamattina che ho mal di tes.. hai già prenotato? E va bene dai.. tanto con te è inutile.. alle otto, alla Capannina”.
Ricacciò in borsa il telefono e sorrise. Era impossibile dire di no a Francesca, la sua amica cardiologa che aveva rivisto alcuni mesi prima, subito dopo la confessione di Renzo ma prima dei fatti che le avrebbero stravolto ancora di più la vita, dalla gravidanza e matrimonio di Livietta, al suo rapporto con Gaetano.
Non si erano più sentite dopo la conclusione del caso che le aveva viste coinvolte, quando in quel periodo Francesca si era trasferita per un periodo da Camilla e le due amiche si erano supportate a vicenda, come ai vecchi tempi, anzi, forse di più data la serietà di un tradimento da un lato e di un’implicazione in omicidio dall’altro.
Ed era stata proprio Francesca ad aprirle gli occhi su Gaetano: “Mica male il tuo amico commissario. Sbrigati perché se non te lo prendi tu, ci pensa qualcun’altra”. Queste parole le risuonarono nella mente… questa volta con una lieve fitta nel petto… perché alla fin fine le aveva dato ascolto, fino ad un certo punto, ma ora, ora avrebbe potuto davvero succedere che qualcun’altra.. no meglio non pensare. Salì velocemente in macchina e si avviò verso casa.
 
“Dottò posso entrare?”. “Vieni Torre, entra!”. Gaetano era in piedi rivolto verso la finestra.
“Con il vostro permesso, vi avrei portato un piccolo spuntino: caponata napoletana fatta da me medesimo e dolce bonet torinese doc, quello che alla Lucianona riesce meglio!”
Gaetano si voltò e sorrise all’amico. “Grazie Torre, appoggia pure là, effettivamente un po’ di fame mi è venuta. Ora vai pure e se ci sono novità sul caso Petrich avvisami”. “Sicuro dottò! Ma voi mi raccomando… mangiate! Se posso permettermi in queste ultime settimane vi ho visto con l’aria triste e vi siete pure un poco dimagrito..” “Passerà Torre, sono solo un po’ stanco”. Torre uscì con un’aria poco convinta perché sapeva benissimo che non si trattava solo di stanchezza.
“Lucianona mia, quanto mi fa male vedere il dottore così… lui dice che è solo stanco ma la verità è che la prof. non doveva trattarlo così, non doveva lasciarlo…”.
 
“Livietta, Livietta, aspettami!”. “Papà!” Livietta si girò e vide il padre che spingeva la carrozzina correndo goffamente verso di lei”. Si mise a ridere e si fermò ad aspettarlo. Stava portando Camilla jr. a fare una passeggiata: erano le cinque del pomeriggio e l’aria era più fresca. “Vieni con me papà?” “S-sì certo amore. Carmen aveva bisogno di riposarsi un po’ e io per oggi ho finito di lavorare. Avevo bisogno anch’io di una boccata d’aria”.
Padre e figlia si avviarono verso il parco di quartiere. Era strano passeggiare padre e figlia con ciascuno il proprio bambino in carrozzina, pensò Livietta, ma se c’era un senso in tutto quello che era accaduto in quei mesi era che ora si ritrovava a sentirsi più che mai legata a suo padre, nonostante il “grande casino” che aveva combinato. E non riusciva a esser gelosa del piccolo Lorenzo, al contrario, sognava quando lui e la sua Camilla avrebbero giocato assieme come fratelli, pur essendo zio e nipote.
“Ma a Carmen… non farebbe bene uscire un po’? Non la incontro mai al parco.. non sta troppo in casa?” chiese Livietta improvvisamente “Sì Livietta, hai ragione. E’ che Carmen sta attraversando un periodo… difficile, lo sai, non è semplice con un bambino piccolo.. e poi lei non ha nessuno.. cioè ci sono io, ci siamo noi ma non siamo la sua famiglia… anzi, Livietta, a questo proposito vorrei chiederti una cosa… ma non so se faccio bene e soprattutto non so se la mamma potrebbe esser d’accordo…”. Livietta rispose con uno sguardo interrogativo. “Stavo pensando se non ti dispiacerebbe passare del tempo con Carmen, che ne so, prova a chiederle di uscire con te e i bambini… d’altronde avete condiviso il momento del parto… forse a lei farà piacere parlare un po’, uscire..” “Ma sì papà è un’ottima idea! E poi sai che con Carmen mi sono sempre trovata bene!” “Si amore, m-ma ho paura però che la mamma non possa essere contenta di questa cosa”. “Ma no papà, la mamma non ha nulla contro Carmen e meno che meno contro Lorenzo. E’con te papà che ancora le cose proprio non vanno…” aggiunse con tono malinconico. “Lo so tesoro, lo so”, sospirò Renzo.
 
“Ciao Camilla!”. Camilla si voltò e vide Gaetano entrare in cortile. “Gaetano.. ciao”. Le si avvicinò. “Senti…” proseguì Gaetano “volevo chiederti, se ti andava di venire a bere un aperitivo da me… non ci siamo più visti in queste settimane se non di sfuggita… avevo voglia di fare due chiacchiere, così… da amici..” “Gaetano.. sì mi piacerebbe ma stasera non posso, ho un altro appuntamento…” “Ah” rispose Gaetano rabbuiandosi in volto. “Con Francesca, ti ricordi? La dott.ssa Gariglio” “Sì si certo, e poi non serve che mi dici dove vai, ci mancherebbe. Sarà per un’altra volta… facciamo domani?”. Camilla stava per rispondere quando due voci all’unisono la chiamarono e, girandosi, vide arrivare Livietta e Renzo con le due carrozzine dalle quali uscivano delle urla a squarciagola. “Scusami Gaetano… devo andare”.
Gaetano continuò ad osservarla allontanarsi e unirsi a quel quadretto famigliare, con la figlia e il marito, sì marito perché “ex” non lo era ancora diventato e – avvertendo una dolorosa morsa allo stomaco – si chiese se mai lo sarebbe diventato.
 
Camilla uscì dalla camera  pronta per uscire. “Livietta, amore, stasera esco con Francesca per una pizza, per te va bene?” “Ma sì mamma, vai pure, se proprio avessi bisogno c’è papà. Sai che sta aiutando tanto anche Carmen, vero” “Eh sì, lo so, d’altronde di tuo padre posso dire di tutto ma non che non si farebbe in quattro per sua… per i suoi figli” ammise con un sospiro Camilla, e di nuovo quella fitta al petto si fece sentire.
 
Alle otto in punto Camilla si presentò all’appuntamento. Non ci credeva, era riuscita ad essere puntuale!
Francesca era già arrivata e la stava aspettando al tavolo. Si salutarono con un abbraccio, ordinarono e cominciarono a chiacchierare, come per recuperare quei mesi passati senza sentirsi.
“No, non ci posso credere! Ti sei lasciata scappare il commissario! Anzi, li hai piantati in asso entrambi, lui e Renzo assieme” Francesca scoppiò in una fragorosa risata. “Ma tu sei matta! Poi dici di me! E Michele?? No Camilla, non puoi aver fatto tutto questo, non tu! Ma ci pensi? La prof. Camilla Baudino corteggiata da tre uomini.. e li lascia tutti con un pugno di mosche!”. “E dai Francesca, non farmi sentire ancora peggio di come mi sono sentita in quel momento… e poi cos’altro dovevo fare? Quei due mi davano l’assillo! Dovevi vederli, addirittura alleati contro di me… e poi aver rivisto Michele, non so, mi ha riportata indietro a vent’anni fa, alla spensieratezza di quegli anni...” aggiunse, come se stesse confidando questi pensieri a se stessa per la prima volta.
“Vabbè Camilla, allora vorrà dire che, visto che hai deciso di fare la donna single, avremo una scusa per vederci più spesso! Anzi, domani sera sono stata invitata ad una festa al “Top Club” vieni con me vero?” “Ma dai Francesca, no, non fa per me, non mi va..” “Va bene, passi a prendermi alle nove, puntuale come sei stata stasera!”. “Puntuale” fece eco Camilla con un mezzo sorriso ormai rassegnata ad ubbidire alla sua amica, ma in fondo contenta di uscire un po’ e di scrollarsi di dosso i pensieri e i ricordi.

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Capitolo 3
*** Incontri ***


Capitolo 3: Incontri
 
Gaetano stava indagando sull’ennesimo caso di omicidio. Il cadavere di Anton Petrich, un trentenne, era stato rinvenuto in via Milano, seminascosto in mezzo ad alcuni cassonetti dell’immondizia. Non c’erano dubbi sul fatto che si trattasse di omicidio: una sola pallottola al cuore l’aveva freddato poche ore prima del ritrovamento. Ma attorno a lui nessuna traccia, a parte la fotocopia del permesso di soggiorno che teneva nella tasca dei pantaloni e che probabilmente era sfuggita al suo assassino. Per il resto niente cellulare, niente portamonete. Le indagini brancolavano nel buio.
Il vice questore aveva più che mai bisogno di tenere la mente occupata e questo nuovo caso di profilava decisamente complesso e, per una volta tanto, sembrava non aver nulla a che fare con studenti o amicizie vicine alla prof.
Quella mattina doveva andare a interrogare la sorella di Petrich di cui la Lucianona aveva rintracciato l’indirizzo e aveva provveduto a comunicare il decesso. Aveva deciso di andare da solo, ultimamente stava cercando di mantenere un certo distacco con i suoi uomini, soprattutto con Torre che lo conosceva così bene e con cui non sarebbe riuscito a nascondere la sua sofferenza.
Il navigatore lo condusse in una strada piuttosto periferica della città.
Scese dalla macchina e in pochi minuti trovò il campanello. Suonò un paio di volte e, proprio mentre se ne stava andando, vide una giovane donna uscire nel terrazzo del primo piano.
“Jolanda Petrich?” chiese Gaetano ad alta voce. La donna si ritrasse subito all’interno ma Gaetano continuò: “Signora Petrich, sono il vice questore Gaetano Berardi, sto indagando sulla morte di suo fratello, avrei bisogno di parlarle… è importante..”. Dopo qualche istante sentì l’apri porta scattare.
Salì l’unica rampa di scale e sull’uscio di casa apparve la giovane donna che teneva in braccio un neonato. “Avrà pressapoco un mese, al massimo due” pensò Gaetano “è come la piccola Camilla…”.
La donna in silenzio gli fece cenno di entrare. Gaetano si guardò attorno: l’appartamento era modesto ma ordinato.
“Signora.... so che è un momento difficile ma ho bisogno di farle qualche domanda.... non sappiamo praticamente nulla riguardo suo fratello... mi può dire quando risale l’ultima volta che l’ha visto?” le chiese interrompendo così il silenzio. La donna guardò Gaetano con due occhi impauriti; era una bella ragazza pensò Gaetano, invecchiata presto però.. il volto delicato ma scarno portava i segni di una vita difficile. Dopo qualche istante Jolanda cominciò a parlare: “Non vedevo Anton da mesi, non è venuto nemmeno a vedere mio bambino quando è nato… lui lavorava a Milano, poche volte veniva qui..”. “Lei sapeva che suo fratello era a Torino? Le aveva telefonato?”. “No, no, ma ora mi scusi mio figlio deve mangiare..”. Gaetano avrebbe voluto insistere con qualche altra domanda ma il bambino aveva cominciato a piangere affamato e preferì rispettare la privacy di quella giovane madre che doveva allattare il figlio. La salutò e si diresse verso la macchina.
Un buco nell’acqua. In quel momento suonò il cellulare: “Dottò, state venendo vero? C’è qui il pm che aspetta ragguagli sul caso…”. Ecco ci mancava pure il pm Bianchi ora – pensò tra sé – cosa gli vado a raccontare adesso… “Sì Torre ma.. avvisalo che prima di mezz’ora non riesco ad arrivare in commissariato, se ha altri impegni digli che posso chiamarlo io dopo” – “Non si preoccupi dottò, il pm ha detto che aspetta!”. Sbagliava o gli era sembrato che Torre avesse un tono quasi divertito? 
  
Con un sorriso soddisfatto Livietta guardò di sottecchi Carmen che camminava al suo fianco. Entrambe spingevano la propria carrozzina. Non era stato facile convincerla ma aveva fatto presa su quell’ascendente che sapeva di avere sull’ex compagna di suo padre, fin dai tempi di Barcellona.
Era salita da lei quella mattina con Camilla jr. in braccio e le aveva fatto compagnia per un paio d’ore, parlando come due vecchie amiche e condividendo l’intimità di allattare e prendersi cura dei loro bambini. Ed effettivamente a Carmen sembrava già di respirare aria nuova, nonostante l’iniziale titubanza nel farsi vedere non sempre a suo agio con il figlio e l’aspetto sicuramente sciatto e non curato.
Ma Livia, con l’esuberanza dei suoi diciotto anni, l’aveva fatta sorridere e rasserenare, e soprattutto Carmen cominciava a rendersi conto che timori, paure e stanchezza non appartenevano solo a lei. Si era sentita meno sola ed aveva suo malgrado accettato la proposta della ragazza di uscire quel pomeriggio per una passeggiata e un gelato, promettendole di abbandonare la maxi t-shirt e farsi carina anche se si trattava semplicemente di un’uscita fra neo-mamme.
E ora, nonostante gli indubbi segni di stanchezza sul volto, le due donne non passavano inosservate per la loro bellezza così diversa: giovane e fresca una, con i capelli lunghi e lisci e gli occhi come due fanali azzurri, dallo sguardo magnetico l’altra, che doveva al suo aspetto mediterraneo tutto il suo fascino.
Giunsero al parco dove di solito andava Livietta e, dopo aver preso un gelato, si sedettero su una panchina a chiacchierare.
Ben presto arrivarono anche altre mamme che Livia aveva conosciuto in quelle settimane e in quell’atmosfera un po’ confusionaria ma gioiosa trascorsero un’oretta, fino a quando arrivò l’ora di rincasare. Fu in quel momento che Carmen riprendendo a spingere la carrozzina, andò a tagliare maldestramente la strada a un giovane che stava facendo jogging. Il ragazzo, per cercare di non rovinare sopra la carrozzina, si buttò di lato e finì per terra. Carmen si chinò ad aiutarlo, rossa in volto per l’imbarazzo. “Mi scusi.. che sbadata.. come ho fatto a non vederla...”. “No per me nessun problema” rispose il giovane atleta, “...ma il tuo bambino? Si è svegliato, si sarà fatto male?” chiese apprensivo. “No, no guarda quando Lorenzo decide di dormire non lo sveglia proprio nessuno! Peccato che lo faccia quasi sempre di giorno!” aggiunse Carmen con un sorriso ironico sulle labbra. “Bene, allora... posso riprendere il mio allenamento... hasta la vista!” la salutò il giovane con un sorriso che andò ad illuminare il suo volto sudato ma decisamente attraente. Carmen si sorprese di quel saluto e pensò che doveva aver colto il suo accento spagnolo nelle poche parole che aveva pronunciato e… sorrise ancora.
“Carino l’atleta!” commentò Livietta ammiccando a Carmen. “Dai Livietta che dici... su torniamo a casa che è tardi”.  
 
Alle sei di sera Gaetano era ancora seduto dietro la sua scrivania e pensava a quanto accaduto. Non era possibile... lui continuava a non credere alle coincidenze e si stava domandando cosa significasse quel nuovo incontro.
Era rientrato in commissariato a mezzogiorno, aveva pure trovato un incidente per strada, insomma, sperava ormai che il pm se ne fosse andato per esasperazione e già si stava preparando mentalmente un discorso per affrontarlo nel pomeriggio.
Entrato in commissariato la Lucianona gli era andata incontro: “Dottore, finalmente è tornato! Il pm è nel suo ufficio che la aspetta”. Gaetano sospirò deluso e si preparò a sorbirsi la filippica del suo superiore. Bussò, aprì la porta senza neppure aspettare una risposta e... no, non poteva crederci... una donna in tailleur, con i lunghi capelli castani era rivolta verso la finestra. Avrebbe riconosciuto quella silhouette ovunque. “Ce ne hai messo di tempo Berardi ad arrivare!” si voltò guardandolo con un sorriso. Non era cambiata per nulla, forse un paio di chili in più che l’avrebbero resa ancora più intrigante al Gaetano di otto anni fa... “Sonia De Giorgis, che sorpresa! Ma.. mi spieghi che fine ha fatto Bianchi?”. “Non ti era arrivata la comunicazione? Bianchi ha dovuto prendersi un’aspettativa di tre mesi per seguire la moglie malata che ha bisogno di assistenza. Io mi ero stufata di Bologna, avevo bisogno di cambiare città ed ho accettato questo trasferimento! Non preoccuparti Berardi, non mi avrai tra i piedi a lungo, è solo finchè non torna Bianchi!”.
“Ma scherzi? Mi fa piacere rivederti... dopo così tanto..” “Ecco Gaetano, lasciamo l’amarcord per altri momenti e dimmi invece di questo caso. Dopotutto sono più di due ore che ti aspetto... devi avere grosse novità!”. “E se ti dicessi che invece non ho un solo elemento su cui lavorare?”.
“Nulla? Sul serio? No Gaetano così non ti riconosco più.. senti vedete di smuovere qualcosa tu e la tua squadra perchè entro due giorni voglio una pista, lo sai anche tu che le prime ore sono fondamentali per ricostruire gli ultimi movimenti della vittima. Datevi da fare!” incalzò con la sua solita attitudine da leader. “E... per farti perdonare il tuo ritardo, stasera mi porti a cena fuori...no no non pensare male Gaetano! Una cena fra due vecchi amici che si ritrovano e che hanno voglia di un po’ di spensieratezza!”
Gaetano avrebbe voluto inventarsi qualcosa per evitare quell’uscita ma era sicuro anche che Camilla avrebbe tirato fuori una nuova scusa per evitare l’aperitivo da lui.
 
Alle 20.30 Camilla era pronta per uscire. Si affacciò nella camera di Livietta e trovò madre e figlia entrambe addormentate sul lettone. Una gran tenerezza la invase, indugiò nell’osservarle, poi prese delicatamente la nipotina e la pose nella sua culla e tolse da sotto il braccio della figlia il libro che evidentemente le aveva conciliato il sonno così presto.
Baciò entrambe e si diresse verso l’uscita, non prima di essersi data un’ultima controllata allo specchio. Aveva forse esagerato con il trucco? Forse sì ma serviva sicuramente a mascherare quelle occhiaie e gli altri segni sul viso che tradivano la sua inquietudine interiore. Era anche dimagrita negli ultimi tempi, tant’è che quel semplice top nero e i pantaloni aderenti in vita e larghi sulla gamba la slanciavano ulteriormente. 
Uscì sul pianerottolo e proprio in quel momento uscì pure Gaetano.
Per un momento si fissarono ma poi Camilla prese la parola: “Mi stavi forse aspettando?”. Gaetano invece di rispondere alla domanda le chiese fissandola negli occhi: “Stavi venendo da me per l’aperitivo?”. “Aperitivo? Ah.. si certo no è che poi non ci eravamo più sentiti..” “Camilla non serve che ti inventi scuse, lo so che non saresti venuta comunque. Tant’è che ho preso un altro impegno. Ti lascio l’ascensore, guarda sta arrivando.” Detto questo Gaetano si avviò giù per le scale lasciando Camilla immobile… non si aspettava di incontrarlo ma soprattutto non si aspettava quell’insolita durezza nelle sue parole.
Le porte dell’ascensore nel frattempo si erano aperte e Renzo uscì sul pianerottolo.
“Ah, ciao Camilla, s-sto andando da Livietta, mi aveva detto che sarebbe stata sola stasera..” Renzo si fermò davanti a lei guardandola come se avesse avuto una visione.
“Renzo... si vai pure ma sappi che dormono entrambe, se vuoi entrare mi raccomando fa piano, soprattutto vedi che Potti non si metta ad abbaiare. Anzi, se puoi lo porteresti giù tu per favore? Io potrei fare un po’ tardi”. “Va bene ma.. dove stai andando?” Camilla lo gelò con lo sguardo”. “Ok, va bene, non sono affari miei, ma mi raccomando... sei sei talmente bella stasera... ti-ti porta a casa qualcuno vero?” aggiunse con un tono di preoccupazione. “Vado che faccio tardi”, tagliò corto Camilla.
 
“Camilla, è tutto il giorno che ci penso, sarò schietta: secondo me tu hai fatto una grandissima cazzata. Lasciatelo dire da me, che ti conosco e che anche se non c’ero nei mesi scorsi vedo le cose chiare come stanno!”. Erano quasi arrivate al locale e Francesca per tutto il tragitto non aveva fatto che parlare di lei e delle sue indecisioni. “Ma se ieri ti sei anche messa a ridere e sembravi divertita da quello che ho combinato?!”. “Ma sì Camilla perchè è surreale... cioè questi casini lasciali a chi davvero se li sa gestire, come la sottoscritta, ma tu no, perchè di fondo tu sei innamorata del commissario, ma allo stesso tempo vuoi ancora bene a Renzo e hai paura a lasciarlo andare e a lasciarti andare, capisci, HAI PAURA e la paura annebbia il cervello e spinge a dire cose che non si pensano veramente. Chiaro no?”.
Camilla frenò di colpo a quelle parole così vere e improvvise come il rosso del semaforo che aveva visto all’ultimo minuto.
“Comunque se vuoi fare la donna libera e single fai pure per un po’, svuotati la mente, ma poi per favore torna dal commissario prima che sia troppo tardi! E’ la seconda volta che te lo dico e non ho intenzione di ripetertelo ancora!”.
“Ma Francesca hai intenzione di farmi la ramanzina tutta la serata?” rispose Camilla un po’ indispettita. Voleva un gran bene a Francesca, ma sentirsi rinfacciare con tanta franchezza tutti quei pensieri, che lei continuava a voler tenere insabbiati, la faceva star male.
“No di certo! Stasera dobbiamo divertirci! Te l’ho detto solo per mettere in chiaro le cose, che poi non venga fuori che sono io che ti faccio conoscere posti nuovi e gente nuova e ti porto via da lui, chiaro?”
“Chiaro...” ripetè meccanicamente Camilla senza dar troppo peso a quest’ultima affermazione della sua amica.
 
“...e con questo ho finito il resoconto dei miei otto anni fra Palermo e Bologna. Forse è il mio destino continuare a incontrare uomini affascinanti e adulatori ma che non hanno nessuna intenzione di buttarsi in una storia seria. Ma se sono a Torino è perché credo che qualcosa di nuovo arriverà!”.
“Te lo auguro Sonia,... te lo meriti..” replicò Gaetano continuando a mangiare a fatica.
In realtà aveva ascoltato sì e no un terzo del racconto di Sonia, annuendo e fingendo interesse ma, in realtà, continuava ad avere l’immagine di Camilla sul pianerottolo di casa davanti ai suoi occhi.
Con quell’abbigliamento e quel trucco era straordinariamente sensuale, appariva ringiovanita ancora di più e il fatto di non sapere dov’era diretta e con chi, gli faceva pulsare il sangue nelle vene. Doveva trovare il modo per chiudere quella serata, aveva voglia di tornare a casa e sfogare il suo dolore in solitudine.
“...ehi commissario.. Gaetano ma mi stai ascoltando?”. “Eh, sì, scusa Sonia, non è stata una giornata semplice, anzi.. e poi con una certa pm che vuole assolutamente una pista…” aggiunse sforzandosi di sorridere.
“Sei sempre il solito! Esci con me e contemporaneamente pensi ad un’altra... senti ora usciamo da questo posto dove – per altro – non si mangia neppure bene e ce ne andiamo a bere qualcosa di decente... e tocca a te stavolta parlare!”.
Gaetano avrebbe voluto essere franco e farsi portare a casa, dato che Sonia aveva insistito per usare la sua auto. Invece, senza nemmeno rendersene conto, una volta saliti in macchina, cominciò a raccontare dei suoi otto lunghi anni, partendo da Tommy, passando per il suo rapporto burrascoso con Eva, per poi giungere a Camilla. Non avrebbe voluto parlargliene, ancora si vergognava per quel periodo in cui si erano frequentati mentre lui aveva per la testa sempre e solo lei e di come si era comportato nè più nè meno dei suoi tanti, troppi partner che l’avevano sedotta per poi lasciarla dopo poco. Ma ormai aveva cominciato e sentiva sempre più il bisogno di parlare con qualcuno, non importava chi. Con Torre aveva avuto modo di confidarsi una volta, quando si era pure commosso ma mai aveva messo a nudo la sua vita come in quel momento. Quella sera, dopo aver visto Camilla pronta per andare a divertirsi e lui lì, sempre disposto ad aspettarla... era stata l’ennesima delusione e l’ennesima prova che lei non fosse innamorata, almeno non quanto lui.
E lui non ce la faceva più. Doveva voltare pagina. E parlarne, prendere consapevolezza dei fatti, poteva essere il primo passo.
 
“Camilla lui è Vladimir, è un mio collega infermiere… è lui che mi ha detto della festa”. Francesca sembrava perfettamente a suo agio in quel locale dove tutti sembravano conoscersi. Continuava a salutare amici e conoscenti con entusiasmo ma in fondo lei era proprio fatta così: nonostante le batoste che aveva preso nella sua vita, si era sempre risollevata e aveva continuato il suo cammino a testa alta, fiduciosa del domani.
“Vladimir, lei è la mia amica Camilla, la prof. di lettere di cui ti ho parlato, quella che è diventata nonna da pochissimo!”. “Sì… ma non me l’aspettavo così giovane!?” replicò Vladimir squadrando Camilla da capo a piedi sorridendo. Per fortuna il locale era piuttosto illuminato da faretti colorati che mascheravano bene l’atmosfera, pensò Camilla, che era arrossita di fronte a quella presentazione. Continuava a sentirsi in imbarazzo ed era sempre più convinta che uscire quella sera fosse stato uno stupido errore e che se ne sarebbe pentita. “Eh sì prof ma non proprio così giovane,.. comunque sono felicemente nonna di una bellissima nipotina, nata un mese fa…” aveva aggiunto Camilla.
“Dai Camilla ora andiamo a ballare un po’, la pista si sta scaldando!” Camilla finì di bere il drink di benvenuto che le avevano offerto e, seppur ancora titubante, si lasciò trascinare dall’amica. Già un’altra volta era finita con Francesca in discoteca e ricordava quanto le avesse fatto bene scaricare la tensione nel ballo sfrenato e in quel momento aveva tutta l’intenzione di svuotare la mente nello stesso modo; soprattutto aveva voglia di togliersi dagli occhi lo sguardo deluso e duro di Gaetano sul pianerottolo di casa.
Ben presto alle due donne si unirono Vladimir e Marco, un altro collega di Francesca.
Durante una pausa Vladimir aveva iniziato a parlare con Camilla che avrebbe preferito starsene da sola. Ma, complice il fatto che lui lavorasse come infermiere nel reparto di ostetricia e ginecologia, aveva facilitato la conversazione. Camilla aveva pure finito per mostrargli con una punta d’orgoglio alcune foto della sua nipotina sul cellulare, proprio lei che aveva sempre odiato quei marchingegni tecnologici, aveva ceduto alla tentazione di fotografare più volte la sua piccola.
Sì era fatto tardi e le due donne decisero di rientrare. Francesca doveva lavorare il giorno dopo e Camilla cominciava a cedere per la stanchezza. Una volta riportata Francesca a casa, poco dopo Camilla parcheggiò in cortile.
Uscita dalla macchina si stava avviando verso il portone quando notò una Jaguar rossa ferma con due persone all’interno.
 
“Insomma Gaetano pensavo di meritarmi io il primo premio per la vita sentimentale più sfigata dell’universo.. ma qui ho trovato qualcuno che mi batte! Cioè solo per la tua costanza dovrebbero insignirti di un titolo d’onore… altro che medaglia al valore!” concluse Sonia cercando di sdrammatizzare e riportare ad un tono più leggero la conversazione, anzi il monologo di Gaetano che ora sembrava aver finito il suo sfogo. Aveva raccontato tutta la storia fra lui e Camilla, il loro incontro a Torino, la complicità nelle indagini, il tradimento di Renzo e l’idillio che avevano vissuto fino ai problemi, alla sua gelosia incontrollabile, alla stupida competizione con Renzo e infine alla scelta di Camilla di rimanere libera.
Si erano fatte le due, era ora di andare a dormire. A Gaetano aveva fatto un gran bene parlare con Sonia, le era grato, tant’è che, prima di uscire dalla macchina, la salutò con un lungo abbraccio.
 
Camilla era lì. Aveva riconosciuto Gaetano ma non aveva fatto in tempo a vedere il volto di quella donna dai capelli lunghi perché l’abbraccio di Gaetano l’aveva nascosta. Si era sentita gelare il sangue... e, per la seconda volta in pochi mesi, come la sera della confessione di Renzo, si era sentita mancare la terra sotto i piedi… “No, non era possibile…” – pensò “è già troppo tardi…” in quel momento sentì una lacrima scenderle sul viso. Francesca aveva avuto ragione.
 
Questa volta vi lascio due righe a fine capitolo. Spero innanzitutto che non l’abbiate trovato troppo lungo e noioso!
Sono stata anch’io troppo cattiva con Camilla? Con questa Camilla che continua a comportarsi come nelle ultime tre puntate della serie??
Nel prossimo capitolo il giallo prenderà più forma, mannaggia com’è difficile pianificare una storia gialla… spero di riuscirci… è molto più semplice descrivere sentimenti e sensazioni!
Mi auguro che vogliate continuare a leggermi e, se volete lasciare un commento – di qualsiasi genere – ne sarò felice!

 

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Capitolo 4
*** Ninna nanna - parte 1 ***


Capitolo 4: Ninna nanna – parte 1

Quella mattina Camilla uscì presto con la nipotina. Le piaceva approfittare dell’aria fresca per portarla al parco, prima che il sole di luglio cominciasse a scottare troppo.
Erano passate due settimane da quella sera in cui aveva visto Gaetano in macchina con un’altra donna. Si erano incrociati qualche volta sul pianerottolo di casa o in cortile ma entrambi non erano andati oltre un saluto frettoloso.
Camilla, pur controvoglia, aveva continuato ad uscire con Francesca e i suoi amici. Non che ci tenesse particolarmente, ma uscire la obbligava a non pensare a Gaetano e alla sua situazione. E poi Vladimir si stava rivelando una persona simpatica, le piaceva chiedergli consigli sulla nipotina, data la sua esperienza in campo medico.
Francesca inizialmente stentò a credere che Gaetano potesse avere un’altra, ma si era ricreduta quando l’aveva visto con i suoi occhi un pomeriggio mentre aspettava Camilla in cortile per uscire.
Era a braccetto con una bella donna dai lunghi capelli castani e stavano ridendo allegramente.

Gaetano aveva continuato ad uscire regolarmente con Sonia. Avevano stretto una sorta di patto: uscivano per parlare e distrarsi ma solo come amici. Anche se a Sonia non sarebbe dispiaciuto riallacciare un altro tipo di rapporto con l’affascinante commissario, sapeva fin troppo bene che nella sua vita non ci sarebbe mai stato spazio per lei e, anche se pensava che fosse ora e tempo che lui si togliesse dalla mente Camilla, avrebbe potuto farlo solo incontrando una nuova donna in grado di fargli perdere la testa.
Sul fronte delle indagini le cose non andavano meglio: nessuna novità rilevante sul conto di Anton Petrich se non un nuovo incontro con la sorella che aveva confermato alcune notizie già in loro possesso: i due fratelli erano cresciuti in un orfanotrofio alla periferia di Tirana ed erano riusciti ad emigrare in Italia quando avevano vent’anni circa grazie ad alcuni soldi racimolati con mille lavoretti. In Italia dopo un po’ si erano divisi: Anton aveva trovato lavoro a Milano, Jolanda si era trasferita a Torino con il compagno dal quale aveva avuto il bambino da due mesi.

C’era foschia al parco quella mattina, un’atmosfera velata che già preannunciava il caldo delle ore successive. Camilla stava spingendo la carrozzina lungo un viale alberato quando scorse su una panchina una giovane donna che singhiozzava. Nel pianto continuava a pronunciare un nome, come una cantilena.. Camilla si fermò a pochi passì e sentì chiaramente che invocava “Pietro”.
“Scusa se ti disturbo… non voglio sembrare inopportuna… ma hai bisogno d’aiuto? C’è qualcosa che posso fare?”. Solo in quel momento la donna alzò gli occhi e si accorse della sua presenza. “No.. no..” e di nuovo fu scossa da un singhiozzo. Camilla non potè fare a meno di andarsi a sedere al suo fianco e, d’impulso, le cinse le spalle con il suo abbraccio. La giovane donna si abbandonò a quell’abbraccio e liberò il suo dolore, scossa dai sussulti e dal pianto.
Dopo qualche minuto si calmò e Camilla provò a parlarle. “Come ti chiami? Hai voglia di raccontarmi cosa ti è successo?”. Dopo qualche minuto la donna sembrò trovare il coraggio. “Mi chiamo Jolanda, e..” in quel momento Camilla jr. cominciò a strillare e Camilla si alzò per prendere la nipotina. “Guarda Jolanda, ti presento la mia nipotina” Camilla si girò verso la donna che aveva ripreso a piangere. Camilla si accorse che cominciava ad avere la maglia bagnata.. “Ma tu stai perdendo.. latte? Hai anche tu un bambino?” “No, no, ora vado via, devo tornare a casa”. “Aspetta Jolanda ti prego lascia che ti aiuti”. Ma ormai la donna si era avviata lungo il viale. Camilla non se la sentì di inseguirla, anche se una parte di sé avrebbe voluto farlo.. “Povera ragazza, chissà cosa le è successo”. Posò nuovamente Camilla nella carrozzina e percorse di fretta la strada verso casa: la nipotina reclamava la sua colazione!

Alle cinque del pomeriggio Carmen era pronta per uscire. Aveva preso l’abitudine di andare al parco con Livietta ma quel giorno sarebbe uscita da sola dato che Livietta avrebbe ricevuto la visita di alcune ex compagne di scuola.
A Renzo non sembrava vero di vedere Carmen rifiorita in poco tempo. Certo non mancavano le crisi notturne, più sue che di Lorenzo, le ansie, i dubbi, ma perlomeno non l’aveva più trovata in lacrime e ogni giorno si stava facendo più bella e curata.
“Livietta hai fatto un miracolo con Carmen, davvero! Non so come ringraziarti” aveva detto un giorno a sua figlia, guardandola orgoglioso negli occhi. “Ma dai papà, non ho fatto nulla!”
Quando Carmen arrivò al parco, trovò una grande agitazione nel gruppetto di mamme che aveva conosciuto. Si avvicinò e chiese cosa fosse successo. “Hanno tentato di rapire Matteo, il figlio di Valeria” “Ma come, quando?” “Poco fa, Valeria si era allontanata un attimo per buttare dei fazzolettini nel bidone quando si è girata e ha visto un uomo che aveva già preso Matteo. Solo grazie alle sue urla l’ha posato ed è scappato. E’ stato impossibile inseguirlo per lei, e, nonostante le urla quel bastardo si è subito confuso in mezzo agli altri corridori.. era vestito come loro..”
“Ma avete chiamato la polizia? Se volete chiamo un mio amico commissario”. “Sì per piacere, noi da quando siamo arrivate abbiamo solo cercato di calmare Valeria che è sotto shock”.
Carmen non se lo fece ripetere due volte e chiamò Gaetano che poco dopo arrivò accompagnato da Torre. Non sarebbe stato proprio competenza sua, non c’erano di mezzo omicidi, ma non sapeva perché questo fatto lo inquietava più del dovuto.
Raccolse la testimonianza di Valeria e la invitò a seguirlo al commissariato per cercare di fare un identikit del presunto rapitore.

Quella sera cenarono tutti assieme, Carmen e Renzo con Camilla e Livietta. Carmen voleva mettere in guardia Livietta del pericolo e Camilla fu particolarmente scossa perché le venne subito in mente Jolanda, il terrore che aveva visto nei suoi occhi e il segno inequivocabile che si trattava di una giovane mamma che aveva partorito da poco, visto che era bastato un accenno pianto di Camilla, per perdere latte dal seno. Avrebbe voluto parlare con Gaetano, perché secondo lei gli episodi erano in qualche modo collegati, ma le faceva troppo male affrontarlo, dopo tutte quelle settimane passate ad evitarsi. Ma lo sguardo della donna continuava ad apparirgli davanti. Il giorno dopo sarebbe passata in commissariato; forse, in quell’ambiente più formale, sarebbe stato più semplice.

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Capitolo 5
*** Ninna nanna - parte 2 ***


Innanzitutto mi scuso per il ritardo con cui posto il capitolo ma ho avuto davvero poco tempo per scrivere. Aggiungete che è la prima volta che mi cimento in un giallo (oltre che in una fanfiction) e che mi piacerebbe fare le cose per benino, cioè forma, consecutio temporum, calibrazione delle parti dei personaggi… non so se e quanto ci sono riuscita finora… ribadisco però il fatto che ho riscoperto il piacere di scrivere per diletto!
Il capitolo è più lungo rispetto agli altri, spero non dispiaccia e che non vi annoi…
Vi ringrazio anticipatamente se vorrete leggerlo e sarei felice di ricevere un vostro commento (anche critica, eh! Tutto aiuta a migliorare…). Questa volta troverete due righe anche a fine capitolo! Buona lettura!

  
Capitolo 5: Ninna nanna – parte 2
 
Il carillon sulla carrozzina suonava e Lorenzo sembrava rapito dalla dolce musica che emetteva, lasciando libera Carmen di curiosare nel reparto neonati della Rinascente. Voleva acquistare qualcosa per Lorenzo e per Camilla e, chissà, forse anche per sé. Non sapeva il perché ma l’idea di fare shopping la faceva sentire meglio con sé stessa. Riprese a spingere la carrozzina continuando nel contempo a osservare la merce esposta quando urtò qualcosa.. o qualcuno. “Ma allora è un vizio il tuo!”. Sollevò gli occhi e si ritrovò di fronte il giovane corridore che già aveva investito al parco, solo che era in veste.. “lavorativa”. Indossava un completo giacca pantalone e portava un badge della Rinascente. “Oh.. scusami.. non mi sono accorta, stavo guardando quei completini..” rispose Carmen con un sorriso imbarazzato. “Non preoccuparti, l’importante è che il tuo bambino non si sia spaventato!”. “Comunque io sono Giulio e se hai bisogno di qualche informazione chiedi pure, sono il responsabile del reparto bambini”. “Davvero, tu lavori qui?” Rispose Carmen sgranando gli occhi. “Comunque io sono Carmen, e lui è Lorenzo!”. I due si strinsero la mano con un sorriso.
“Bene Carmen, io ora devo tornare al lavoro, ci vediamo, ciao!”. Carmen rispose al suo saluto e si fermò ad osservarlo mentre si dirigeva dalla parte opposta controllando dei fogli che una commessa gli aveva passato.
Era un bel giovane, alto e muscoloso, con due occhi verdi penetranti e un sorriso magnetico… si trovò a pensare Carmen seguendolo con lo sguardo… qualche attimo dopo si ridestò e, dopo aver finalmente scelto alcuni abitini, si recò alla cassa.
 
“Dottò posso?” “Sì Torre vieni pure, che c’è?” “C’è, che è arrivata la prof e chiede di voi..” “Che cosa?”. Gaetano si alzò di scatto dalla sedia. Cosa poteva aver portato Camilla in commissariato? Dopo quell’incontro glaciale sul pianerottolo non si erano più parlati e avevano continuato a comportarsi come due lontani conoscenti, anzi, quasi come due estranei.
Deve essere successo qualcosa… pensò Gaetano. “Torre, falla passare e chiudi la porta poi”. “Agli ordini, Dottò”. Dopo qualche istante Camilla entrò.
Non era stato facile per lei affrontare il percorso da casa al commissariato. Più volte aveva pensato di tornare indietro ma lo sguardo di Jolanda la tormentava e non poteva far finta di niente. Lo avrebbe affrontato.
“Ciao Gaetano” “Ciao Camilla… come mai sei venuta fin qui?”. “Ho, ho incontrato una ragazza ieri al parco. Piangeva e secondo me le è accaduto qualcosa di brutto. Si tratta di una giovane mamma, ma era sola, senza il suo bambino…”. “Sì e allora?” “E’ scappata via senza dirmi il motivo per cui piangeva. Gaetano, non sono sicura ma penso che possa avere a che fare con il tentativo di rapimento di quel bambino…”. “E allora? Non ti sembra un po’ poco? Cosa vuoi che faccia io?” “Non so, sei tu il poliziotto, cercala…” “Ah, cercala… così in mezzo a un milione di abitanti io dovrei cercare una donna di cui non si sa nulla…” Gaetano cominciava ad agitarsi, non tanto per la richiesta di Camilla, che era perfettamente pertinente al suo modo di essere, alla sua innata generosità nell’aiutare le persone, anche gli sconosciuti, ma si sentiva nervoso per la sua vicinanza. Dopo tutto quel tempo lontani, ora erano lì, uno di fronte all’altro. Gaetano provava delle sensazioni contrastanti: da un lato un desiderio irrefrenabile di baciarla, dall’altro la volontà di respingerla dalla sua vita.
“Ho capito, ho sbagliato a venire qua, d’altronde come darti torto, ce l’hai ancora con me per il modo in cui ci siamo lasciati” “In cui MI hai lasciato!” la corresse Gaetano istantaneamente alzando la voce. “Non preoccuparti, me la cerco io Jolanda!” Camilla rispose con lo stesso tono alterato usato da Gaetano e si diresse a passo deciso verso la porta del suo ufficio. Gaetano si bloccò nel sentire quel nome che collegò subito alla sorella di Petrich. Raggiunse Camilla “Come hai detto che si chiama? Aspetta…” le bloccò la mano che già stava aprendo la porta. Camilla si voltò e si ritrovarono a pochi centimetri di distanza… occhi negli occhi, ipnotizzati da un qualcosa più forte di loro… entrambi istintivamente stavano per annullare la distanza che separava le loro bocche quando la porta si aprì improvvisamente dall’esterno, urtandoli. Si voltarono e si ritrovarono di fronte Sonia de Giorgis.
 
“Livietta amore, che ne dici se porto io oggi Camilla al parco? Ho voglia di fare un po’ il nonno e ho bisogno di sgranchirmi le gambe dopo tutte le ore passate in studio”. “Va bene papà, così io preparo la cena… stasera finalmente arriva George!”.
A Renzo il nuovo ruolo di nonno piaceva tanto quanto quello di papà. Mai si sarebbe aspettato che da quel “gran casino” sarebbe scaturito così tanto amore per quei due frugoletti. E’ vero che spesso si sentiva solo, che il non condividere le sue emozioni con Camilla lo faceva ancora soffrire, ma in quel momento si sentiva comunque utile a sua figlia Livietta e soprattutto a Carmen. In fondo era sempre stato un bravo padre, pieno di attenzioni e questo nessuno in famiglia lo metteva in discussione ed era proprio questa fiducia che riponevano su di lui a gratificarlo.
Giunto al parco si sedette un po’ su una panchina a leggere il giornale, dato che Camilla dormiva beatamente.
Dopo poco fu scosso da un grido: “Eccolo, è lui, è l’uomo che ha cercato di rapire Marco!”. Renzo alzò gli occhi e vide la giovane mamma che aveva urlato indicare un corridore che passava di là. Renzo non se lo fece ripetere due volte e cercò di corrergli dietro. “Signora, mi dia un occhio alla bambina.. Ehi tu, fermati!”. L’uomo si voltò un attimo ma poi riprese a correre ancora più velocemente.
Dopo un paio di minuti Renzo si fermò ansimante.. “Non ce la faccio più.. accidenti all’età e ai chili di troppo… non sono più allenato..” Tornò da Camilla e dalla mamma che aveva urlato. Anche se era scappato, Renzo l’aveva visto in volto e decise di passare da Gaetano per rilasciare la sua testimonianza.
 
Camilla era uscita quasi di corsa dal commissariato, il cuore in tumulto, le lacrime che le annebbiavano la vista. Ecco chi era la donna che frequentava Gaetano.. non una nuova fiamma, non una ragazza ininfluente conosciuta per caso, ma proprio lei, la pm Sonia de Giorgis, l’unica donna che avrebbe potuto costituire una vera rivale per lei. Bella, intelligente, dotata di una sensualità naturale quanto il suo carattere forte e volitivo. E sapeva che Gaetano era sempre stato attratto da lei, che avevano vissuto una storia breve ma intensa, molto di più di tutte le altre storie a partire da Roberta per finire con Eva.
Non sapeva quando e perché fosse arrivata a Torino, capiva solo che quello che aveva intravisto quella notte non era un abbaglio ma la realtà... che ora le faceva ancora più male.
Aveva sbagliato tutto con Gaetano, l’aveva lasciato andare e, parafrasando le parole di Francesca, qualcuna se l’era accaparrato subito, qualcuna che aveva già intessuto dei legami con lui.
Nella corsa verso la macchina le suonò il cellulare. Rispose senza pensarci: “Ciao Camilla, sono Vladimir, ho appena finito il turno… se sei libera ti va di bere qualcosa?”
 
Renzo riportò Camilla a casa della figlia ma non volle raccontarle nulla per non turbarla ulteriormente. Aveva però deciso di passare in commissariato anche se non poteva dire di andarci volentieri.
Gaetano e Sonia erano seduti alla scrivania intenti a ragionare su alcuni nuovi elementi emersi in quei giorni. La testimonianza dei colleghi di lavoro di Anton, registrata dai colleghi di Milano, lo descrivevano come un uomo mite e buono, ultimamente in ansia per la sorella che aveva partorito. Non ne conoscevano il motivo ma improvvisamente era partito per andare a trovarla, nonostante il datore di lavoro non gli avesse nemmeno concesso le ferie.
E poi c’era la testimonianza della prof, che poteva non significare nulla, ma quel nome “Jolanda”… era davvero una coincidenza?
La Lucianona annunciò Renzo ai due. “Ma che è orario di visite? Hai tutta la famiglia allargata che viene qui a trovarti? Che ti hanno adottato?” Sonia fece questa battuta pensando di smorzare l’atmosfera tesa in cui aveva trovato Gaetano, ma si ritrovò a ricevere un’occhiata dura e sofferente, come se l’avesse ferito nel profondo.
Renzo entrò un po’ titubante. “Allora Renzo, cosa ti porta qui? Non nascondo che mi sorprende questa visita… anche perché invece di scomodarti avresti potuto passare per casa mia più tardi…” “Eh no, Gaetano, è che c’è di mezzo l’incolumità di tanti bambini… oggi ero al parco e mi sono imbattuto nel rapitore di quel bimbo…ho cercato di inseguirlo ma correva troppo veloce.. però l’ho visto in faccia!” “Signor Ferrero, come fa ad essere sicuro che si trattava proprio di lui?” lo interruppe Sonia “E’ stato riconosciuto anche da un’altra mamma che era lì anche il giorno del rapimento. Ha confermato pure che indossava gli stessi vestiti”.
 
“Che cosa mi stai chiedendo?! Camilla dovresti saperlo che c’è la legge sulla privacy!”. “Si lo so bene Vladimir, ma se te lo chiedo è per un motivo grave! Voglio ritrovare quella donna, forse è sola e ha bisogno di aiuto”. Camilla aveva appena chiesto all’amico infermiere di cercare i dati di Jolanda nel computer dell’ospedale e di farle sapere l’indirizzo di casa. Anche se la conosceva da poco, Vladimir aveva capito che era una donna caparbia, e forse per questo l’attraeva così tanto.
“E va bene, domani vedo cosa posso fare..” “No, non hai capito, domani potrebbe essere troppo tardi! Non puoi andare ora a controllare nell’archivio informatico…”. Vladimir le lanciò una strana occhiata. “E va bene, ma in cambio stasera esci a cena con me, noi due, senza la tua amica Francesca!”
Camilla sentiva che si stava mettendo una situazione difficile da gestire, ma ormai era troppo tardi e voleva ritrovare quella ragazza. “D’accordo” gli rispose “Naturalmente dopo che mi avrai accompagnato a casa sua!”.
 
Alle sei e mezza Gaetano stava correndo al parco. Preferiva di gran lunga farlo al mattino presto ma voleva vedere se avrebbe raccolto qualche indizio.
Dopo una decina di minuti gli sembrò di riconoscere Carmen che spingeva la carrozzina. Stava dirigendosi dalla sua parte, quando, da un viale laterale, spuntò un altro corridore che le si fermò a fianco. Sembravano conoscersi, tant’è che riusciva a vedere il profilo di Carmen sorridere.
“Avete fatto un bambino bellissimo tu e tuo marito!” stava dicendo il giovane a Carmen. “Veramente… io e il papà di Lorenzo non stiamo assieme… è una lunga storia..:”
“Ciao Carmen!” la salutò raggiungendoli. “Gaetano…ciao!” Anche il giovane si girò e Gaetano riconobbe nella sua fisionomia i tratti dell’identikit fornito da Renzo.
“Mi scusi… sono il vice questore Berardi… mi dispiace importunarla.. può fornirmi le sue generalità? Avrei bisogno di farle qualche domanda”. “…non capisco, che c’entra.. siamo in un parco pubblico… ho solo salutato un’amica.. che ho fatto di male?” “Nulla, ma è un semplice controllo”. “Gaetano, ma che succede?” Carmen guardò Gaetano allarmata. “Senti, diglielo anche tu al tuo amico che non è né il tempo né il luogo adatto per gli interrogatori!”. “Faccia meno il baldanzoso e mi dica il suo nome!” “Giulio Ardit”. “Bene signor Ardit, la aspetto domattina in commissariato per rispondere a qualche domanda. Ripeto: è solo un controllo. Mi raccomando venga alle 9, non mi costringa a farla cercare”.
Gaetano proseguì la sua corsa.
Giulio e Carmen si guardarono perplessi. “Qualsiasi cosa stia cercando, io non ho fatto nulla…” le disse guardandola intensamente negli occhi. Carmen abbassò lo sguardo e lui d’impulso le prese le mani. “Senti Carmen, so che ci conosciamo appena, ma c’è qualcosa in te che mi ha colpito fin dall’inizio… ora questo tuo amico che mi vuole interrogare… ma io vorrei che noi ci conoscessimo di più..” “Non lo so Giulio..” rispose Carmen turbata. “Ora devo andare a casa…”
 
Vladimir tornò in macchina dove l’aspettava Camilla. Aveva in mano un biglietto: “Jolanda Petrich, via Lamarmora, 15. Guarda Camilla che io non ti ho dato nulla... sto rischiando il licenziamento oltre ad una bella denuncia!” “Ma sì, ma sì nessun saprà mai nulla!”. Vladimir mise in moto la macchina e partirono.
Venti minuti dopo arrivarono all’indirizzo. “Vladimir, per favore, torna a casa. Chiamo un taxi per tornare. Ti ho già chiesto troppo oggi pomeriggio, non voglio che mi aspetti e preferisco andare da sola da questa ragazza”. “Camilla, sei sicura? Guarda che ti aspetto…e poi.. la nostra cena??” “Vai, ti chiamo dopo, promesso!”.
Vladimir ripartì lasciando Camilla di fronte ad un modesto condominio grigio.
 
Renzo non riusciva a concentrarsi sul progetto che aveva di fronte. Nelle ultime due ore aveva continuato a cancellare qualsiasi segno avesse provato ad aggiungere. Era preoccupato. Molto preoccupato. Gli episodi al parco gli avevano messo paura, per l’incolumità di Lorenzo e Camilla ma anche per quella delle loro madri.
Decise di salire da Carmen.
Una volta entrato si confidò con Carmen che, scossa da ciò che era accaduto, gli raccontò dell’incontro di quella mattina fra Gaetano e il corridore, omettendo però che si era fermata lei per prima a parlare con lui. Non voleva credere che potesse essere in qualche modo implicato nel tentato rapimento, ma, al contempo, voleva capire bene chi Renzo avesse visto. Si fece quindi nuovamente descrivere quel giovane che aveva tentato di inseguire e si rabbuiò constatando che, dalla descrizione, avrebbe potuto trattarsi di Giulio.
Ma voleva esserne sicura. Mentalmente decise che al più presto si sarebbe recata alla Rinascente.
 
Camilla suonò il campanello ma non ricevette risposta. Non volendo darsi per vinta, suonò a quello accanto e, con una scusa, riuscì ad entrare e a raggiungere il pianerottolo dell’appartamento di Jolanda. Suonò ripetutamente ma nessuno rispose. Camilla non voleva arrendersi: “Jolanda, se sei in casa ti prego apri! Sono Camilla, so che ci siamo conosciute solo ieri ma vorrei aiutarti, ti prego…”. Dopo qualche istante la porta si aprì.
La scena che si presentò davanti agli occhi di Camilla la raggelò: Jolanda aveva uno sguardo perso, gli occhi gonfi di chi da giorni non aveva fatto altro che piangere e, attorno a lei, l’appartamento era tutto in disordine, con vestitini da neonato un po’ ovunque ma anche oggetti sul pavimento come dopo un furto.
“Ma che è successo, che ti è successo e dov’è il tuo bambino?” le disse Camilla che non avrebbe mai voluto trovarla in quello stato ma che se la sentiva che le era successo qualcosa di grave. Jolanda lasciando andare un singhiozzo represso, istintivamente abbracciò Camilla e pianse disperata.
Camilla la condusse sul divano e sedettero strette per qualche minuto. Quando Jolanda sembrò riprendersi Camilla la guardò aspettando che parlasse ma senza più farle domande. “Hanno portato via mio bambino. Io non volevo, capisci.. ma Mirco aveva fatto tutto. Voleva i soldi lui, non gli importava nulla di me né di Pietro, nostro figlio…” la voce le si ruppe nuovamente per il pianto.
“Ma dov’è adesso tuo figlio?” “Non lo so, via, in altra città, venduto… e non lo vedrò mai più.. aveva solo due mesi, io non posso stare senza di lui” Camilla era inorridita. Era qualcosa di atroce, non poteva pensare che per soldi si potesse arrivare a tanto. Un bambino come la sua nipotina.. a quel pensiero sentì gli occhi inumidirsi. Con tutta la dolcezza di cui era capace le chiese: “Ma Mirco adesso dov’è?” “Non so, lui andato via… preso i soldi e non l’ho più visto.. e poi…” “E poi?” Jolanda riprese a piangere disperata. “Mio fratello Anton aveva capito che c’era qualcosa di sbagliato nel comportamento di Mirco. Era venuto a Torino per la nascita di Pietro e so che avevano litigato. Forse aveva scoperto tutto perché…. perchè è stato ucciso”. E riprese a piangere convulsamente.
Camilla continuò a tenerla stretta per un po’, piangendo con lei. Quando sembrò essersi nuovamente calmata le disse: “Ora vestiti, vieni con me alla polizia. Non c’è tempo da perdere se vogliamo ritrovare il tuo Pietro!”.
“Ma no polizia, no… Mirco dice che non credono a quelle come me, che mi mettono in prigione e che lui mi viene a cercare per uccidermi...” “Senti... e perché non dovrebbero crederti?” “Mirco.. Mirco ha sempre detto così…” Camilla guardò quella giovane donna così precocemente segnata dalla vita. “Non preoccuparti, ci sono io con te!”.
Dopo qualche minuto uscirono assieme dall’appartamento.
 
“Allora Dottò, io e la Lucianona siamo andati a interrogare i vicini di pianerottolo di Jolanda Petrich e la sig.ra Cerutti ha riferito che la ragazza da alcuni giorni non fa che piangere, la sente dal suo appartamento urlare e disperarsi… ma la cosa più strana è che non solo non ha più visto il di lei marito ma che soprattutto non sente più il bambino piangere..”.
Gaetano fu di nuovo pervaso da una sensazione di inquietudine: “E’ tutto troppo strano. Dobbiamo andare subito dalla Petrich. Abbiamo aspettato troppo!”
In quel momento bussò la Lucianona: “Dottò! E’ appena giunta una chiamata: ai grandi magazzini qualcuno ha tentato di rapire un bambino”. “Che cosa?? Andiamo Torre!”.
 
Ecco… ora non linciatemi ma anch’io entro a pieno titolo nelle “amanti dei cliff hanger”…  a dire il vero avevo deciso già dall’inizio di dividere il giallo in tre parti e nella terza ci sarà la risoluzione.
So che il capitolo è tutto incentrato su questo piuttosto che su Camilla e Gaetano, ma succederà presto qualcosa che li coinvolgerà molto…
Mi auguro che, nel frattempo, la linea gialla stia risultando credibile...
Vi ringrazio per avermi letto e spero di potervi postare presto il seguito!

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