The Destiny of a Knight di GioTanner (/viewuser.php?uid=69071)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione « ***
Capitolo 2: *** -1 Capitolo Il Saint della Bussola ***
Capitolo 3: *** -2 Capitolo Partenze e Missioni ***
Capitolo 4: *** -3 Capitolo Lì dove batte il cuore ***
Capitolo 5: *** -4 Capitolo La lanterna della Speranza ***
Capitolo 6: *** -5 Capitolo Addio imposto ***
Capitolo 7: *** -6 Capitolo L'imminente Minaccia ***
Capitolo 8: *** -7 Capitolo I Cavalieri del Destino ***
Capitolo 9: *** -8 Capitolo L'inseguitore e la Preda ***
Capitolo 10: *** -9 Capitolo Aiuti e Premesse ***
Capitolo 11: *** -10 Capitolo Chiarimenti ***
Capitolo 12: *** -11 Capitolo Credere (Non) è Accettare ***
Capitolo 13: *** -12 Capitolo Il Profumo di un'Amicizia ***
Capitolo 14: *** -13 Capitolo Tornerai ***
Capitolo 15: *** -14 Capitolo Confidenze e Carattere ***
Capitolo 16: *** -15 Capitolo Dietro la Maschera ***
Capitolo 17: *** -16 Capitolo Se tu sei con me ***
Capitolo 18: *** -17 Capitolo Questa si chiama Esperienza! ***
Capitolo 19: *** -18 Capitolo Non è il momento di Fermarsi ***
Capitolo 20: *** -19 Capitolo Obbiettivi e Rancori ***
Capitolo 21: *** -20 Capitolo C'è chi Perde la Strada ***
Capitolo 22: *** -21 Capitolo A testa Alta ***
Capitolo 23: *** -22 Capitolo A Ferro e Fuoco ***
Capitolo 24: *** -23 Capitolo Baratro ***
Capitolo 25: *** -24 Capitolo Rosa dei Venti ***
Capitolo 1 *** Prefazione « ***
ciao
-Prefazione
Italia-
Luglio
“Non
voglio che tu vada Marie, non lasciare l'orfanotrofio...” Un
ragazzino biondo dagli occhi verde smeraldo tratteneva con forza il
braccio dell'amica. Anche per lei, d'altronde, era difficile
distaccarsi dal suo compagno di giochi.
“Non
voglio che te ne vada... non possono proprio farlo. -La
strattonò.-
Tu non puoi farmi questo! Con chi suonerò la mia vecchia
chitarra?” S'intestardì il bambino con quella punta
d'egoismo che hanno tutti alla loro età.
La
ragazzina rimase un attimo in silenzio, perché se avesse
parlato senza pensare a cosa dire in quel momento sarebbe scoppiata a
piangere. Poi guardò il biondino e con un bel respiro
cercò
le parole giuste per andarsene.
Tolse
con garbo il braccio del suo amico da sé:
“Cristian,
quando tornerò canterò di nuovo per
te.” Era una
proposta innocente e dolce e la marcò con un sorriso,
sperando
davvero che ricambiasse quel gesto.
Gli
tese la mano mentre baciava sulle guance gli altri bambini
dell'orfanotrofio.
“Ora
basta Marie, dobbiamo partire.” Enunciò il
cavaliere
che, appostato sulla porta con un piede appoggiato sul muro, guardava
rammaricato i due bambini che lui, pur non volendo, doveva separare.
Il
ragazzino sembrava imbronciato, mise su quel buffo muso che faceva
sempre ridere Marie; e Cristian lo sapeva.
“No.”
Dichiarò. “Quando tornerai comporremo insieme una
canzone e ti insegnerò a leggere il pentagramma!”
Concluse soddisfatto, arrendendosi all'evidenza di doverla lasciar
andare via.
Marie
per un primo momento sembrò turbarsi ma poi annuì
felice di poter lasciare il suo migliore amico e di partire col cuore
leggero. Ahi, non era mai riuscita a comprendere
più del
Sol, La e Do sullo spartito!
Niente
lacrime avrebbero solcato il suo volto, era una promessa. Una
promessa che a tempo debito lei avrebbe rispettato?
Si
abbracciarono. Qualche bimbo piangeva, e altri già
più
grandicelli captarono la partenza della ragazzina come una
opportunità che a lei era stata concessa per andarsene da
quel
posto.
Il
cavaliere del Capricorno uscì dal cancello mentre aspettava
la
sua nuova allieva.
Già
gli piaceva a pelle il caratterino di quella orfanella di cui
riconosceva sin da ora un gran valore: l'amicizia; quella sincera che la legava agli altri suoi coetanei. Uno
spirito votato alla Dea Atena e alla Giustizia, sì lui di
questo avrebbe fatto il carattere della ragazza.
Guardò
gli astri distesi nel cielo e si strinse nelle spalle: Era
decisamente una giornata fortunata quella.
Accennò
un sorriso beffardo e vide comparire davanti a lui la piccola figura
di Marie.
Lei
si mise su una maschera prima di guardare negli occhi quel ragazzo
che la stava aspettando fuori.
Una
maschera che da quel giorno in poi le avrebbe fatto compagnia tutta
una vita.
“Andiamo,
furfante.” Le disse e si avviarono a gran passi.
..................................................................................................................
Ohllalà
-
Ebbene
eccomi ♥
Non
ho nulla da dire. Sembra frettoloso come inizio, o forse un po uguale
a tutti gli altri, ma da qualcosa dovevo pur iniziare :3 ah emn, qua
non si capisce in che periodo siamo ma si comprenderà u.u ed
anche se c'è il carissimo cavalier d'oro del Capricorno...
insomma ci sarà un motivo*inalza bandiere: "Shura for
president!"*
Spero
di non fare Mary Sue *rabbrividisce* perchè no, Marie non
sarà
lei l'unica sfigatella a cui capiterà qualcosa, anzi con le
Moire non avrà più di tanto niente a che vedere
...uhm,
uhm ..vi sto dicendo troppo =ç=
D'accordo,
boiate a parte... questa è solo la prefazione! A presto,
Giò.
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Capitolo 2 *** -1 Capitolo Il Saint della Bussola ***
-1
Capitolo
Il
Saint della Bussola.
Grecia-
6 anni dopo
“Sei
pronta? Ricorda: impara a calmare il tuo spirito e combatti per
indole giusta. Solo così il tuo colpo sarà
efficace”
“Sì
maestro.” Annuì fiera e imperiosa l'allieva.
Avrebbe
cercato di prendere a qualunque costo l'armatura della Bussola e le
dispiaceva per
il suo sfidante se non avesse compreso la sua caparbietà.
Lei aveva tutte le motivazioni del mondo per vincere, così
come ogni buon cavaliere della Dea Atena dovrebbe avere.
Tutte...
più una personale: sarebbe tornata in Italia. E lei e
Cristian insieme
avrebbero mantenuto la promessa... una promessa infantile, un impegno
futile quanto per lei
importante per riallacciare un rapporto, per voler la vittoria
ancora di più o almeno avere un'altra buona ragione per non
arrendersi ai primi stenti.
Certo,
erano cambiate davvero tante cose da quel giorno lontano ma il cuore,
il cuore era sempre quello di una volta. I sentimenti, le emozioni
che provava... sempre gli stessi.
S'allacciò
il nastro alla vita con un nodo fatto alla buona.
“Ehi
mi stai ascoltando? Marie mi raccomando, non tradirmi e metti in atto
i miei ultimi insegnamenti e tutta la pratica che abbiamo fatto prima
della guerra.” Dette queste parole il cavaliere le
batté
una mano sulla spalla come incoraggiamento per poi allontanarsi
dall'area dell'incontro.
Si
era in Grecia poiché le armature, rimaste orfane dei
proprietari o senza mai averne avuti nell'ultimo periodo, erano state
portate tutte ad Atene sotto consiglio della venerabile Dea.
Strinse
i pugni. L'aria era piena di tensione quasi palpabile. Il mormorio
degli spettatori che credevano già a chi sarebbe andata la
vittoria la infastidiva.
Ma
forse ciò che la infastidiva di più era che le
dessero
un'unica opportunità di vincita solo perché
allieva di
un cavaliere d'Oro e non per proprio valore in realtà. Per
i meriti del suo maestro, le davano una possibilità, e non
per
il suo.
Ciò
la irrigidiva, ma non doveva trasmettere questa brutta sensazione
all'avversario. Era una delle regole che sin dall'inizio degli
allenamenti aveva appreso.
“Ehi
Marie, forse è meglio che ti ritiri, l'armatura
d'argento
non fa per te.” Provò a scaldarla il ragazzo che
le
era
davanti mentre si sistemava i polsini.
“Il
mio maestro non me lo permetterebbe.” Rispose a tono Marie,
preparandosi a sfidare quel tipo, allievo di un Silver Saint. Entrambi
lottavano per l'armatura d'argento della Bussola.
Un'armatura
prestigiosa poiché il suo valoroso predecessore* era morto
nella battaglia contro Hades a difesa del tempio mentre i Gold, e si
raccontava anche quattro cavalieri di Bronzo, erano andati nell'Ade.
All'Inferno.
Arretrò
di un passo per equilibrare il peso su due piedi e mantenere la sua
postazione lì sulla terra calda
di Atene.
“Certo,
il sommo Shura... e tu ragazzina?” Affermò
ridendo,
sicuro
era che non credeva nelle potenzialità della ragazza.
“Io?
Oh beh, io ho lo stesso pensiero del mio maestro.” E
azzittì il tipo e la sua maledetta chiacchiera.
Si
mise in posizione, guardandolo torvo da sotto la maschera e
avviò
il combattimento lanciandosi con un gancio destro.
Lo
scontro sembrava impari sia per massa fisica che per temperamento;
anche se Marie era furba a evitare i colpi, se voleva vincere sapeva
bene che doveva essere colpita per poi contrattaccare.
Difatti
un colpo, seppur molto forte, ripetuto più volte non
può mai valere come la prima volta che lo si scaglia.
Poiché
alla seconda possibilità se riesci a capire come colpisce
l'avversario, puoi riuscire nell'intento di superare l'attacco e,
potenzialmente, a fermarlo. Questo un altro insegnamento
datole dal Saint del
Capricorno.
Così
la ragazza non arretrava mai troppo ma neanche s'accostava troppo a
Sheliak: un moretto dal volto impavido e dalla lingua troppo
lunga, abitante della Grecia sin da prima dell'addestramento.
“Fatti
avanti, femmina!”
“Se
stai cercando di farmi saltare i nervi, sappi che con me...”
Si
strofinò la mano sinistra sul gomito destro, in cui aveva
alcuni graffi:
“...Non attacca”.
Poi
partì con una carica di pugni, ricevendone altrettanti:
“È
troppo importante per me quell'armatura! È la fine di tutto
questo
e...- Schivò un colpo dato di traverso alle
caviglie.
Sheliak
aveva un incredibile gioco di gambe, doveva ammetterlo.
-....l'inizio
della mia vecchia vita”
“Che
cos...?- Il ragazzo non seguiva il filo del discorso ma non
si
fece intimorire da parole che per lui non avevano alcun significato
e, acquistando terreno, le sferrò un colpo diretto al volto.
-Sei
pur sempre una donna, questo è il tuo punto
debole!” Sentenziò Sheliak lasciando da parte i
convenevoli.
“Ah
no amico, la maschera non me la toglierai, non sono così
stupida e indifesa come pensi”. Un
boato si alzò dagli spalti in cui gli spettatori osservavano
curiosi ed eccitati la battaglia.
La
maschera per una donna cavaliere era l'oggetto più prezioso
per preservare la sua incolumità e la sua stessa
appartenenza
alla Dea. Non
si poteva nemmeno quantificare quanto fosse importante per il proprio
valore e il proprio orgoglio personale. All'inizio
del suo percorso come apprendista cavaliere -ah, lo ricordava come
fosse ieri quei giorni difficili- non riusciva a afferrare appieno il
significato di quel
fastidioso arnese per una ragazza. Ma
poi col tempo lo aveva compreso e non si sarebbe
mai fatta strappare così facilmente quella parte che, se
tolta, la rendeva vulnerabile e non pari agli altri cavalieri
d'Atena.
Si
girò appena in tempo e gli artigli che aveva arpionato il
ragazzo si conficcarono nella spalla sinistra e su metà del
braccio. Lei
sussultò: gocce di sangue e sudore colarono sulla terra
arida
di quell'arena allestita appositamente per i combattimenti. Allestita
nella grande Atene non accessibile ai turisti.
Il
terreno polveroso bruciava gli occhi ma Marie non s' afflisse
più
del dovuto.
Shura
lanciò un'occhiata furtiva alla sua allieva. E la ragazza lo
vide, ma cercò di scacciare il pensiero che interpretava
quello sguardo come preoccupazione.
No,
lui non esternava mai i propri sentimenti, lo conosceva.
Marie
si alzò in piedi, dopo aver ceduto un poco sulle gambe, e
bruciò il suo cosmo: “Questo, non me lo
dovevi fare...” Digrignò i denti stringendo forte
il
braccio con la mano destra.
“
...proprio
ieri avevo tolto l'ultima fasciatura.” E con un colpo di
tacco
improvvisato fece indietreggiare il suo sfidante e metterlo sulla
difensiva.
“Mmh...
niente piagnistei? Vediamo quanto sai resistere, femmina!”
Insinuò ancora e a quelle parole seguitò un
secondo
attacco con quei portentosi artigli. Lesta
si scansò e il sorriso della ragazza, se possibile, si
irradiò ancor di più: aveva accettato la sfida.
Non la
si poteva provocare nell'orgoglio. Non sempre era così spavalda, ma aveva una gran dose di orgoglio,
doveva ammetterlo.
Non
aveva ripensamenti e non aveva mai sentito il suo cosmo elevarsi sino
a quella maniera. Lo sentii scorrere in lei come una ventata d'aria fresca: Un
cosmo cristallino e carico per la battaglia.
“Libera
la mente, solo così il tuo colpo sarà puro e
senza
esitazioni. Un colpo dato dal tuo spirito giusto.”
Sussurrò
la ragazza a se stessa, ricordandosi una delle frasi dettatole da
Capricorn.
Non
doveva dunque perdere la concentrazione, non doveva farsi
stuzzicare più del dovuto dall'avversario, ecco.
Fece
quindi un gran respiro guardando il ragazzo che continuava a colpirla, ma senza risvegliare ancora nessun cosmo, e
si
mise in una strana posizione.
Un
senso d'appagamento comparve negli occhi verdi del cavaliere
d'oro che osservava a braccia conserte, lontano dalla gradinata,
quella sfida giunta ormai al termine.
Sentii fremere il cosmo di Marie e non poté che essere compiaciuto della sua allieva e
del
fatto
che fosse lei ad avere in mano la vittoria e non il
suo avversario: aveva appreso lei per prima il primo sacro attacco
della Bussola.
Tanti
gli attacchi che poteva acquisire per poter vincere la Cloth di
Pyxis, ma forse quel colpo le era stato il più congeniale
per
il
semplice fatto che era il più vicino all'insegnamento datole
proprio da lui. Del
resto l'attacco che si apprestava a eseguire altri non era che l'ago
del Nord puntato verso il suo sfidante che affilava e colpiva come a
tranciare l'aria.
Quasi
una similitudine di quel magnifico attacco che il cavaliere del
Capricorno aveva con la sua spada. Excalibur:
la mitica lama che, per grazia d'Atena, dilaniava anche da lontano
tutto ciò che oscurava i sentieri della giustizia. Dilaniava
dunque, anche quello che sembrava impossibile da fendere.
No,
non aveva più nulla da fare in quell'arena. Con un cenno
salutò le due guardie che gli erano accanto -anche loro
giunte
per vedere gli incontri che si tenevano in quel periodo- e con un
volto sereno e soddisfatto percorse alcuni passi nel lato opposto
degli spalti.
Marie
si mise ritta su se stessa per poi innalzare il braccio destro
puntando verso il Nord.
Un
colore indaco-ceruleo avvolse la mano della ragazza che
scagliò
quel bagliore datole dal suo cosmo e che proiettò davanti a
sé
proprio come un ago di una bussola.
“Noth
cardinal...- Gridò lanciando l'attacco: era
chiaramente
un colpo di Pyxis. -...Point!” Il braccio che Marie aveva
portato di fronte a lei, come un fioretto
molto fine, recise l'aria e divise in due il terreno con una
precisazione davvero fortunata.
Un
polverone si alzò alto nel cielo di Grecia mentre il ragazzo
cadde a terra ferito con tagli di lieve entità ma comunque
ben
definiti e che dovevano essere medicati al più presto.
Marie
aveva dirottato appositamente il suo colpo, poiché
all'ultimo
aveva compreso l'entità dell'attacco che, se dato con tutta
la
sua massima potenza, poteva davvero recidere la vita di Sheliak.
E
ciò, se l'era promesso prima di battersi, non l'avrebbe mai
permesso: mai avrebbe sporcato le sue mani col sangue dei suoi
compagni. E se ci fossero state occasioni in cui avrebbe dovuto lottare
per imprese che lo avrebbero
richiesto poteva almeno limitarne i danni.
Prima
che i presenti potessero ancora concepire chi era il vincitore e
iniziare così uno scroscio di applausi, Marie si
sincerò
della condizione del ragazzo: era svenuto forse per l'impatto del
colpo, ma nulla di grave. Tirò
un sospiro di sollievo e alzò lo sguardo verso il Gran
Sacerdote che -lei non poteva saperlo poiché indossava
anch'egli una maschera- abbozzò un sorriso.
“Abbiamo
fra noi un nuovo cavaliere d'argento! Accogliamo come si deve l'erede
delle sacre vestigia della Bussola: Marie di Pyxis!”
Con
queste parole il Sacerdote dichiarò finito l'incontro e
all'apnea muta degli spettatori che, come risvegliatisi da un lungo
sonno, cominciarono a gridare e a lodare l'esordiente Silver Saint.
“Nobile
d'animo e priva di paura cavaliere, conferisco a te la mia
benedizione raccomandandoti di usare il tuo ruolo solo per Giustizia
e nel nome della nostra Dea.”
La
divina Atena, che era di fianco al Gran Sacerdote, guardò la
ragazza
dall'alto della gradinata con uno sguardo amabilmente apprensivo e
pieno di gratitudine. Il
Saint di Pyxis si chinò mentre le sue membra venivano
coperte
dall'armatura argentea. Rimase
rigida per qualche istante fino a notare, poi, quanto la Cloth
indossata fosse leggera su di lei.
Il
colore pregiato richiamava l'argento misto a degli splendidi
riflessi
color indaco.
Marie
volse lo sguardo verso il suo maestro, ancora imperlata di sudore e con
il cuore
che le batteva all'impazzata tanta era l'adrenalina, ma non lo vide.
Ben
sapeva però che il Saint del Capricorno aveva assistito
alla
sua vittoria e quindi poteva ritenersi più che appagata dal
suo trionfo.
Giusto
il tempo di riprendersi che incominciò a saltellare contenta
per l'arena mentre il chiassoso urlacchiare dei soldati e dei
cavalieri le faceva concepire che non era solo un sogno tutto quello.
Era
la fine! La
fine di tutto il suo cammino e di quei duri e lunghi anni pieni di
dolore ma anche di speranze. Alzò
un pugno in aria e anche il Sacerdote applaudì con placido
consenso di poter dar via alla festa mentre si congedava insieme a
Lady Saori. Era sempre meraviglioso quando un allievo diveniva
cavaliere.
Quanto
aveva aspettato quel momento, quanto! E
per lei la gioia non era la celebrazione in suo onore che si
conferiva ad ogni neoeletto Cavaliere d'Atena, no. La
sua felicità era dettata dal cuore... un cuore che ora era
libero di recarsi di nuovo in Italia non più solo con il
pensiero.
Non
più da solo.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
- - - - -
*Predecessore:
ebbene è inventata questa parte non esiste un
“eroico”
cavaliere LoL(ma dai!) però si dice che un vero cavaliere
della Bussola esista, o almeno si intende così. Anche se non
è
molto noto: Virnam (Spartan, episodi anime 27-28 se non sbaglio) che
è insieme a Shaina (Tisifone), egli ha poteri telecinetici
legati appunto al magnetismo -la bussola del resto è questo-
io ho voluto far diversamente il tutto.
Non
voletemene ma, sperando di non cadere nel banale *cough* ho voluto
dare un attacco -almeno il primo- che implicasse la forza di una
posizione che poteva apprendere da un maestro come Shura e che per
ragion di ciò gliel'avevano affidata a lui. Ora non so se
voglio anche darle poteri di magnetismo, si vedrà.
A
quanto so e l'ho scoperto pochi giorni fa, nell'anime di Lost Canvas
esiste un allievo di Pyxis che guarda guarda... ha proprio come
maestro El Cid -del Capricorno(!)- almeno a quanto mi sono
documentata.
*Sheliak:
nome che proviene da Beta della Lira (una stella variabile azzurra e
principale della costellazione- che personalmente adoro *w*)
Tarara-raaan
D: Rieccomi qui :3
IN
PRIMIS RINGRAZIO VOI TUTTI PER I COMMENTI * lacrimuccia *
Che
dire? Spero vi piaccia, anche se è il primo capitolo e
certamente la storia pian piano prenderà una piega e una
forma. Poi, uhm ...no, non aggiungo
altro...si vedrà. :'D
Aspetto
vostri commenti. Critiche costruttive o semplici pareri, davvero :')
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Capitolo 3 *** -2 Capitolo Partenze e Missioni ***
-2
Capitolo
Partenze
e missioni
Rumore
di tacchi si sentì riecheggiare nei corridoi
vuoti della XIII
casa.
Shura
fatti alcuni passi col suo portamento elegante e fiero s'inchinò, facendo adagiare il bianco mantello al pavimento: “Mi
ha fatto chiamare grande Sacerdote?- Poi
ancora con lo sguardo basso si rivolse in saluto, con profondo
rispetto, alla figura femminile: -Venerabile Dea Atena”.
“Sì
cavaliere, ho un compito d'affidarti assai arduo poiché la
zona che
dovrai sorvegliare è abbastanza vasta e la separa un mare
dalla
Grecia.” Disse atono il sacerdote guardando la Dea.
Proprio
colei poi, prese parola: “Se non fossi così
preoccupata di ciò
che sta succedendo in quei luoghi non vi manderei, ma non riesco
ancora a capacitarmi di cosa possano essere quelle tre ombre negative
che scorgo non molto lontano da quella terra”.
Era
spossata, anche se alla cerimonia del Cavaliere di Pyxis non lo aveva
dato a vedere. Il Saint del Capricorno alzò il volto per poi
intravedere una sopita sofferenza sul volto della sua Dea.
Ciò che
vide non gli piacque affatto.
“Ma
non preoccuparti cavaliere, in questa missione non sarai solo ma
accompagnato dal ravveduto Cancer.” Concluse il Sacerdote
alzando
il braccio in direzione della porta da cui poco prima era entrato
Shura.
“Come?”
chiese trafelato il Gold Saint.
Ecco,
-pensò Capricorn- già non gli andava a genio la
figura di quel
granchio*, ora se lo doveva pure portar appresso. Tante volte lo
avevano paragonato a lui per il pensiero che credevano molto vicino
alle parole di DeathMask. Ma il significato che da sempre lui
perseguiva era ben diverso da quello del Cancro!
Il
cavaliere del Capricorno altro non affermava che la giustizia doveva
venir preservata dalle continue e insistenti lotte dettate dai
prepotenti. E per far sì che ciò s'avverasse
bisognava aver una
maggior forza per contrastare il male. Insomma il confronto con quell'uomo più volte lo aveva turbato e, sebbene non lo odiasse, non voleva averci troppo a che fare.
Certo,
forse era cambiato ed aveva riconosciuto l'autorità della
Dea Atena e questo a lui tanto bastava,
ma di sicuro era lontano il giorno in cui l'insofferenza che nutriva
sarebbe del tutto scomparsa.
Un
nuovo rumore di passi distolse il cavaliere dai suoi non poco
rispettabili pensieri: “Ehilà Shura, qual buon
vento! Almeno far
finta di essere felice di vedermi non andrebbe male, visto che
dobbiamo passare un bel po di tempo assieme!- Sghignazzò
DeathMask e
poi s'inchinò al cospetto del Sacerdote e della Kido.
-Non
sei felice? E io che ero così contento di poter passare una
bella
vacanza dopo la morte!” Continuò stuzzicandolo per
poi alzarsi.
Non
c'era cosa peggiore che facesse imbestialire il Saint del Capricorno
più della totale arroganza e del tono irrispettoso con cui
sempre il
compagno si rivolgeva. Si
alzò in piedi e guardò crucciato il detentore
della quarta casa:
“Loquace come sempre tu, eh.”
“Già,-
Rispose beffardo. -E tu sempre il solito di poche parole, eh.”
“Già.”
Concluse Shura con uno sguardo degno della sua lama tagliente.
“Ma
torniamo a noi. -Dichiarò Death Mask guardando il Sacerdote.
-Per
quale questione m'avete fatto chiamare? Del resto siamo neo risorti,
qualche faccenda dobbiam pur sbrigare, no? Mica ci avete fatti
tornare in vita solo per stare qui a guardare le belle
statuine.” E
con una risatina di troppo si rivolse alla Dea Atena.
La
loro Dea che pur di dare nuova vita ai suoi cavalieri aveva dovuto
intercedere con l'Olimpo e, se certi l'avevano lodata per
l'altruismo, molte divinità l'avevan disprezzata per l'avere
pena di
poveri umani.
“Ma
con quale insolenza ti permetti di parlare in questo modo?
-Affermò
ormai al limite Capricorn. – Mi chiedo con quale
volontà t'ho
sopportato nella guerra contro Hades.” Borbottò a denti
stretti
abbassando di molto il tono di voce.
“Sarà
che ti sto simpatico!” Rispose ironico l'italiano.
Poi
con un gesto a dir poco teatrale scansò Shura e si rivolse
nuovamente al Sacerdote: “Allora? Vorrei proprio sapere dove
bisogna menar le mani.” Continuò pimpante il
cavaliere del Cancro
già pregustando l'avvento della lotta.
“Impetuoso
come sempre Death Mask di Cancer. -Disse il
Sacerdote che, un po' per prenderla con filosofia un po'
perché gli
ricordava un suo vecchio compagno nei momenti migliori, riusciva a comprendere quella
maschera di sfacciataggine che aveva il cavaliere nonostante fosse ormai redento. -Del resto il
carattere può cambiare ma gli ideali no... Che tu sia
l'opposto? Or
dunque, averti al nostro fianco è pur sempre un
bene”.
Un
stizzito suono uscì dalle labbra di Capricorn che senza
voltare le
spalle -e voleva farlo, ma non lo faceva solo per rispetto alle due
grandi autorità che aveva di fronte – ebbe come
espresso il suo
parere in merito.
Il
Saint del Cancro sembrò aver perso la pazienza -con tutti
quei giri
di parole che il vecchio aveva fatto- e sbuffando sonoramente si
rigirò fra le mani il mantello.
“Risponderò
pertanto alla tua domanda, cavaliere d'Atena, se prima ascolterai
ciò
che ha da dire la nostra Dea.” E con un cenno della mano
passò la
parola a Lady Saori.
Shura
fissò nelle iridi il cavaliere del Cancro e si
stupì quando vide
nei suoi occhi una sacrosanta sottomissione e devozione nei confronti
della loro Divinità. Abbassò anch'egli lo sguardo
e la pacata voce
di Saori fece largo nelle anime dei due Saints: “Dovrete
recarvi in
....-
✾
Il
sole inesorabilmente tramontava per donare ancora una volta una nuova
notte stellata anche ai templi di Atene.
“...Sicilia,
la mia terra... -Sospirò Marie. -Finalmente tornerò a casa.”
Dichiarò in un sussurro
rimirando il cielo dal colore del fuoco.
La
ragazza si era appoggiata sui gradini della prima Casa, forse
inconsciamente volendo trovare equilibrio e pace interiore
prima di andarsene. E quel luogo era il posto perfetto.
“E
così partirai alla volta del tuo paese natio?”
Chiese
pacatamente il Sommo Mu dell'Ariete fatti alcuni passi verso di lei.
“Proprio
così.- Rispose lei guardando il panorama circostante. -Ora
che sono
diventata un cavaliere ho intenzione di mantenere una promessa che ho
fatto al mio amico d'infanzia: comporre una canzone ...-Un sorriso le
apparve da sotto la maschera -...È una bella cosa in
fondo.”
Anche
il Cavaliere accennò un lieve sorriso. La
voce di Mu, però, per un attimo sembrò incrinarsi
debolmente: “E
tu sei originaria dell'Italia, non è
così?”
Ancora
assorta nel mirare quel paesaggio Marie rispose senza crucci:
“Sì,
era in Italia che volevo tornare non appena vinta la mia
carica di Cavaliere
qui in Grecia.”
“Capisco.”
Concluse il Saint dell'Ariete, che però non nascose un moto
di dispiacere nelle sue parole. Alzò
il volto e il silenzio calò, interrotto solo dal rumore
metallico
dell'armatura indossata da Mu, il quale si sistemò accanto a
lei
sulla scalinata.
“...Ma
non sarà più lo stesso.” Disse il
cavaliere.
“Crede
che non lo sappia? Tutti saranno cambiati, così come sono
cambiata
anche io, ma questo non è certo un pretesto per rinunciare a
tornare.”
Il
Saint annuì, comprendendo quale spirito l'animasse. Quella
ragazza
gli ricordava tanto qualcuno di cui ora gli sfuggiva il nome.
“Il
mio maestro è ancora alla tredicesima casa?”
Chiese con interesse. Del
resto voleva almeno salutare Shura prima di andarsene via e invece
lui era stato chiamato da Atena in persona.
Così
aveva deciso di aspettarlo. Non le piaceva ammetterlo, ma le
dispiaceva non vederlo ancora una volta.
Non
avrebbe infatti mai ammesso quanto le era mancato, -poiché Marie era
una
ragazza orgogliosa e questo atteggiamento forse lo aveva acquisito
proprio dal cavaliere del Capricorno- ma durante l'addestramento
quanto aveva sofferto per la morte del suo insegnante a opera di un
misero cavaliere di Bronzo!
Durante
la guerra contro Hades rivederselo di fronte a lei era stato proprio
un colpo all'anima. Senza
onore né valore e rivestito da una Surplice nera che non
rendeva
giustizia ai suoi occhi velati da lacrime di sangue. Mai,
neanche nei suoi incubi peggiori, avrebbe immaginato una cosa del
genere! Ed
era stata inerme a tutto ciò che in un frangente aveva
sconvolto la
vita del Santuario. Aveva
assistito, ma senza poter intervenire per ordine d' Atena stessa.
Quando
poi aveva saputo che era nuovamente morto, per permettere alla Dea di
trionfare su Hades, era stato per lei come un colpo al cuore. Come
se la ferita della sua scomparsa si aprisse e dilaniasse ancora e
ancora. In
un anno era successo tutto quel terribile pandemonio e, in un anno,
si era ritrovata sola.
Sola
davvero, sola come non mai.
Poteva
restarsene lì in Grecia sotto l'ala di qualche altro
Cavaliere, così
come decidere di ritornare nella sua terra d'appartenenza
poiché il
suo maestro e incaricato a portare avanti il suo addestramento era
deceduto.
Aveva
deciso di voler tornare in Italia... certo non era nei suoi progetti
ritornare nella sua patria con quel grande peso sul cuore. Oltretutto
non avrebbe mantenuto la promessa di ritornare dal suo Cristian solo
ad apprendistato finito e con il titolo in mano, pronta per imparare
lo studio del pentagramma! Insomma
quanto aveva desiderato in quei giorni prima della partenza riavere
indietro il Saint del Capricorno. Che,
nonostante gli allenamenti pesanti e gli sguardi di rimprovero, le
mancava come un fratello o come un padre. Mai
avrebbe potuto dimenticare il carattere di quel cavaliere che tanto
l'aveva forgiata* nel tempo. E
come una preghiera era stata ascoltata.
La
grande e misericordiosa Dea Atena aveva, per intercessione degli Dei,
potuto riportare in vita i suoi amati Saint defunti. Non
c'era stata gioia più grande nell'animo dell'allieva!
Ricordava
ancora il giorno in cui lo vide inanzi a lei: la guardava mentre un
crespo sorriso gli circondava le labbra. Aveva
lasciato, con sin troppa enfasi, tutti i suoi bagagli per terra e
aveva giurato a se stessa che sarebbe partita solo e dopo essere
diventata un cavaliere.
Aveva
una grande stima e un gran timore del sommo Shura e le ultime gesta
di Capricorn sembravano confermare l'eroe acclamato. D'altra
parte non era da tutti caricarsi di un peso come l'esser chiamati
traditori. Soprattutto
per un uomo leale, onesto e votato alla giustizia come lui. Ma
questo non glielo aveva mai riferito, no.
Scacciò
da sé quei pensieri e aspettò la risposta
guardando il pacifico
volto del Cavaliere di Aries.
“No,
hanno terminato”
“Questo
ve lo dice il vostro potere da Psicocineta o il vostro settimo
senso?”
“No,-
indicò una sagoma giungere dalla seconda casa. -Solo il
senso della
vista” Le sorrise e si alzò dalla gradinata.
“Marie,
allora ecco dove eri finita! Sapevo che volevi partire subito dopo
l'investitura e mi chiedevo se non fossi già andata via- Il
Gold
Saint salutò Mu, il quale ricambiò.
-Ed
invece ti ritrovo a bighellonare nella casa del tuo cavaliere
preferito, eh.”
Entrambi
accennarono un leggero sorriso mentre Marie abbandonò i
gradini e
mise sulle spalle la cassa contenente la Cloth della Bussola tanto
agognata.
“Stavo
aspettando lei maestro- disse decisa la ragazza guardandolo negli
occhi da sotto la maschera.-Volevo
ringraziarla per quello che sono diventata e per tutto ciò
che ha
fatto di me un cavaliere oggi.” Si chinò col capo
e poi gli strinse
la mano.
Shura
per un attimo rimase a quelle parole, non si aspettava certamente
quella dichiarazione pur essendo sua allieva. Non
che amasse le dimostrazioni d'affetto e poi quello era stato solo il
suo dovere, però si sentì in obbligo -anche sotto
lo sguardo
esortante di Mu- ad accarezzarle la testa con una grazia un po'
forzata.
“Addio.”
“Addio.”
Le disse il cavaliere dai lunghi capelli viola e dal volto gentile.
“Arrivederci.”
Le rispose in un sospiro Shura, apprestandosi invece a seguirla con
dietro di sé Death Mask.
Mu
guardò i due cavalieri e sembrò capire.
Augurandogli
buona fortuna fece ritorno nel suo tempio: non era stato solo
un
presentimento quello che aveva presagito.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
-
*granchio:
allora LoL, in primis da Shura la parola “granchio”
non può
che essere offensiva, ma ci tenevo a farglielo dire perché
io amo
questo termine D: *e fu
così che
mandai OOC il povero Shura ç__ç* poi, mi
domanderete, perchè
mettere tanto astio fra i due? Ehhhhh c'è UN GRAN, UN
GRANDISSIMO
motivo...che avanti e avanti e avanti sempre pian piano
maturerà.
Proprio il “maturare” dovete mettere a rapporto.
Difatti
un comportamento così, sembra sì fra due
“tizi che non si
sopportano” ma anche fra due uomini che facendosi beffe fra
loro
sono più umani -immaturi- che cavalieri. E dire che con la
lotta
contro Hades dovrebbero essere cresciuti anche interiormente. E
DIFATTI ! asd. Ma non voglio svelarvi il tutto nel secondo capitolo.
*anche perchè io adoro Death Mask
u.ù e mi piace un casino anche il cavaliere del Capricorno*.
Mh-mh... poi, se proprio vogliamo prenderlo alla lettera, anche nei
due segni zodiacali (Cancro e Capricorno) sono opposti, eh
ù_ù [sì,
m'informo sempre io LoL]
*forgiata:
ovviamente qui il termine sta a significare che il carattere deciso e
schietto di Shura l'aveva fatta diventare più forte, aveva
appunto
“forgiato” il suo carattere e il suo comportamento.
Però
l'ho usato anche perchè Shura è proprio il
detentore della sacra
spada Excalibur, e questo termine sta a pennello sia con il dire del
carattere che ha trasmesso a Marie, sia con la sua stessa natura
…
la spada, del resto, si forgia. C:
Salve
a tutti :D
Ed ecco qua che la storia inizia a spiegare un po' le
vele u.ù oddio, stiamo al secondo capitolo, ma è
importante sì.
Se
per voi è OOC qualche atteggiamento dei personaggi, vi prego
di
dirmelo :')
Grazie! =D
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Capitolo 4 *** -3 Capitolo Lì dove batte il cuore ***
jkl
3
Capitolo
Lì
dove batte il cuore
Il
cielo continuava ad oscurarsi come una macchia di petrolio che pian
piano andava estendosi, ma non promettendo pioggia per fortuna quella
notte sembrava più serena che mai.
I
tre cavalieri camminavano a passo di marcia e infine giunsero sin
alle coste della Grecia.
Lì
li attendeva una grossa imbarcazione* finanziata certamente dalla
miliardaria Saori Kido, o meglio la loro Dea protettrice.
Il
grigiore della metallica nave faceva un inverosimile contrasto con
quel cielo coperto e la sua luna pallida.
Marie
si accucciò sul pavimento freddo del ponte lontano dal suo
maestro e dal cavaliere del Cancro. Aveva lo sguardo vago e osservava
i due cavalieri che discutevano fra loro senza ascoltarli davvero.
Le
sembrava proprio strano che dovessero venire in Italia, per giunta
per conto di Atena, ma di certo non poteva immischiarsi in cose che
non la riguardavano. Appoggiò
accanto a lei la cassa e se la guardò con finto interesse:
Ora
ciò che più desiderava era rivedere i suoi amici
e
sperare che non l'avessero dimenticata.
Sospirò
per l'ennesima volta mentre le nuvole venivano spazzate via da un
vento che tirava verso Est.
Chiuse
gli occhi, ma il suo tentato riposo fu interrotto dai due Gold Saints
che avvicinandosi la destarono dal prendere sonno.
“Alzati
da qui Marie, o ti prenderai un malanno.” Era stata la voce
ferma di Shura a svegliarla completamente da quel torpore in cui si
trovava.
“Si
sta così bene qui.” Mugugnò la ragazza
raggomitolando di più le ginocchia al ventre.
Quella
tranquillità le aveva fatto in qualche modo pensare
all'infanzia, all'unica gita in barca che aveva realizzato con le
suore dell'Orfanotrofio.
Era
stato così piacevole assaporare con tutti i sensi il dolce
profumo del mare di Sicilia e l'ondeggiare ritmato della piccola
nave.
Per
non parlare delle risate che le aveva procurato la sua amichetta
Margherita, una bimba dai capelli color del grano con degli occhioni
azzurri come il cielo, che aveva provato un po' di paura quando le onde
rinfrescanti le avevano bagnato il vestito.
Marie
socchiuse un paio di volte le palpebre cercando di essere
più
lucida possibile.
Si
mise meglio a sedere con la schiena appoggiata alla parete e chiese
al suo maestro: “E così dovete venire in
Italia?”
“Sì.”
Assentì il cavaliere del Capricorno incrociando le braccia;
chiaro segno che ne aveva sin troppo parlato con Cancer.
“Non
mi dovete spiegazioni.- Continuò la ragazza, sperando che il
cavaliere non si chiudesse nuovamente nei suoi silenzi. -Se dovete
venire nel mio paese per ordine d' Atena non ho nulla da
obbiettare.”
“Ci
mancherebbe altro.- Infierì Death Mask inserendosi in mezzo
al
dialogo.- Non dobbiamo certo tener conto di una ragazzina.”
Concludendo con un cenno della mano.
Poi
il cavaliere fece due passi davanti a lei, mise i gomiti sul bordo
della nave e vide sotto di sè il mare scuro che piano si
schiariva per via dell'alba.
Il
Saint di Pyxis fremé a quella ingiusta e gratuita offesa ma
non si scompose più di tanto.
Del
resto era pur sempre il Gold Saint del Cancro e rivolgergli la parola
in modo scortese valeva a dire mancargli di rispetto e questa era
l'ultima cosa che voleva.
“Già.”
Si limitò ad annuire scrollando le spalle mentre Shura la
osservava.
Il
sole era appena sorto e Marie non aveva dormito affatto, rivangando
con la mente al periodo che aveva trascorso con i suoi compagni
d'orfanotrofio.
Death
Mask rimase un attimo, si aspettava che quella ragazzina lo
controbattesse o almeno che gli rispondesse a tono.
Invece
aveva stroncato sul nascere ogni modo di stuzzicarla.
Si
ritrovò a pensare quindi, che aveva preso proprio il
carattere
del suo maestro e che doveva trovarsi un altro tipo di svago
perché
con quella ragazza non ci sarebbe stato gusto a gonfiarsi il petto
per ricordarle chi comandava.
“Marie.-
Il suo maestro la chiamò chinandosi per prenderle una mano.
-Ascoltami: Non vogliamo ostacolare il tuo ritorno fra i tuoi amici,
la missione di cui ci ha incaricato il Sacerdote è
sorvegliare
il territorio che comprende anche il tuo paese, ma non ti saremo
d'intralcio.”
L'aiutò
ad alzarsi: Era mattino. Il vento freddo della notte aveva lasciato di
sé un venticello mite.
“Grazie.”
Rispose la ragazza.
E
quel grazie, lo sapevano entrambi... non era solo per averla alzata da
terra, ma per averla sollevata dandole fiducia e
spiegandosi con lei.
La
terra di Sicilia era sempre stata una zona della penisola italiana
molto calda e afosa, soprattutto d'estate, ma questo non l'aveva
infastidita né aveva intaccato la voglia di poter ritornare
finalmente fra i suoi amati coetanei. Fu
stancante camminare con quella cassa sulle spalle -contenente la
propria armatura- però questo non svilì
certamente i
cavalieri che continuarono il loro cammino, una volta approdati
sull'isola.
“Strano.-
Disse ad un tratto il Saint del Cancro guardandosi attorno. -Giurerei
di ricordare più frequentata la costa.” Fermandosi
poi a
mirare il panorama circostante. Avevano
percorso poco più di duecento metri dalla riva. Da
quanto tempo era che Cancer non faceva ritorno in quei luoghi? Forse
se l'erano dimenticati, ma quella era stata un tempo anche la sua
patria. Una
patria rinnegata o magari dispersa nei meandri oscuri della sua
memoria adolescenziale, ma pur sempre qualcosa lo legava
indissolubilmente a quella terra tanto bella.
“Sì
è vero.- Costatò Marie guardando prima lui poi la
costa. -Mi
ricordo i pescatori qui sulle rive del litorale, ma anche le barche a
vela, il custode del faro e...- Anche lei si fermò per
osservare il lido e
appoggiò la
cassa a terra. -...C'erano
dei pescherecci attraccati. -Indicò la spiaggia deserta. -Proprio
laggiù.” Come le piaceva ricordare, in
quell'istante si sentiva viva e felice.
Anche
Shura si fermò e guardando il suo compagno d'armi gli
chiese:
“Se
non sbaglio Cancer, sei stato addestrato in questa regione d'Italia,
tu.”
“Non
sbagli cavaliere. - Rispose Death Mask socchiudendo gli occhi
come al pensiero dei tempi passati. -Ma ho rimosso quegli
anni.”
C'era
una nota di rammarico in quelle parole, se ne accorse immediatamente
il Saint di Capricorn. Forse
era uno dei pochi cavalieri che poteva riconoscere quell'indole
lunatica e malinconica sotto la continua sprezzante e spregiudicata
maschera che portava il cavaliere del Cancro. Certo,
non gli andava a genio quel carattere così anticonformista e
spocchioso, ma aveva con il tempo imparato a tollerarlo... O almeno
fino ad un certo punto. Sicuramente
era davvero l'unico che aveva provato a scovare e a cercare il
carattere di Death Mask più in profondità di
quello che
esternava, solo per il semplice motivo di vedere che persona potesse
essere un uomo che amava sbeffeggiarsi della morte. Gli
faceva una rabbia! Ma erano così simili su
quell'atteggiamento
del tutto sbagliato, ma che ostentavano solo per protezione verso il
mondo.
Si
era chiesto più volte cosa avesse sopportato nella vita quel
ragazzo per essere sempre e totalmente disgustato dal mondo, dalla
vita, da tutto ciò che lo circondava e apprezzandone solo le
cose più infime e spietate. Magari
era stato il solo che si era interessato a comprendere quel cavaliere
dagli occhi di fuoco. A
chiedersi quale sofferenza taciturna provasse per odiare a tal modo e
per gioire nel vedere gli altri dannarsi e morire.
Shura
del resto era un cavaliere scaltro, leale, votato alla giustizia e
nel servire onorevoli ideali... Suo malgrado però si era
ritrovato più volte dalla parte sbagliata. E
quindi si era interrogato spesso su cosa ci facesse un ragazzo come
Death Mask nella schiera di Atena. Doveva
per forza aver avuto buoni motivi e intenzioni quando era entrato a
far parte dei dodici Gold Saints, altrimenti mai sarebbe potuto
diventare cavaliere di una Divinità votata al bene da
millenni! Lo
trovava rozzo e impertinente, spaccone più che altro e
l'insofferenza che provava nei suoi confronti era il chiaro segno dei
suoi principi così diversi. Però,
al contrario degli altri cavalieri, non lo disprezzava. E
probabilmente era stato per questo che il Saint di Cancer lo aveva
considerato nell'ultima guerra contro Hades.
Death Mask
si tolse dalle spalle lo scrigno che portava, quasi a voler
respirare: “Si soffoca, davvero. -E si portò una
mano
sugli occhi. -Ma non è questo che mi mette all'erta,
tutt'altro, questa presenza di fuliggine.”
“Non
siamo vicini all'Etna? Credo sia normale.” Tentò
in risposta
Shura.
“No,
non qui almeno, siamo comunque distanti dal ricevere polveri... Non
capisco.” Rispose stranita Marie.
La
ragazza infatti era rimasta alla mera scoperta che il cavaliere del
Cancro si era addestrato proprio nel suo territorio. Si
chiedeva come poteva aver rimosso dalla mente anni di allenamento, e
mille altre domande le premevano sulla lingua... Si
era incuriosita, era vero. La
realtà era che aveva
inconsciamente aperto gli occhi durante quello scambio di battute:
anche i cavalieri d'Oro, i guerrieri più dedichi alla
giustizia, alla nobiltà e alle buone arti erano... Uomini.
Umani.
Anche
loro erano cresciuti, con le loro forze erano divenuti gran cavalieri
al cospetto di Atena, anche loro avevano sofferto, riso, aver voluto
dimenticare e ricordare per sempre... Questa considerazione le aveva
fatto il cuore più caldo.
“Ma
non perdiamoci in chiacchiere, io direi di dividerci tanto la
ragazzina sa già dove andare” disse Death Mask.
Okay, le era crollato la poca buona considerazione che gli aveva
affibbiato negli ultimi
minuti. Disprezzava
a tal modo i Silver o aveva una predilezione per i novellini?
“Non
sarebbe meglio..?” Shura era il più previdente,
sicuramente, di quel trio. Pensava
che, se l'avessero mandato in missione con uno dei cavalieri
più
forti di Atena con tutte quelle raccomandazioni della Dea e del
Sacerdote, ci doveva essere davvero una minaccia... Quindi,
anche per correttezza, non se la sentiva di lasciare la sua allieva
da sola... Anche se oggettivamente conosceva più Marie
quella
zona che lui stesso.
“Facciamo
ancora qualche miglia insieme, ora che il sole sta iniziando a
calare... E poi appena non potrete più proseguire sulla mia
strada ci
divideremo,
non credete sia meglio? Nel giungere al mio paese ci manca ancora un
po' e comunque fa parte della zona che dovreste visitare,
quindi...” Cercò di spiegarsi la ragazza. Marie
in fondo, anche se all'inizio non era stata entusiasta della scelta
di essere accompagnata da due Gold, si era sentita meno timorosa
nell'affrontare il suo ritorno con loro accanto.
“Sì,
mi sembra un'ottima idea” Concluse il suo maestro.
“Non
vuoi proprio toglierti di mezzo.” Sorrise laconico Cancer.
Il
cavaliere d'argento alzò nuovamente le spalle e
preferì
non rispondere all'ennesima frecciatina. Non che fosse così
passiva, ma solo non voleva attaccar briga con un suo superiore.
Proseguirono
per altre due ore e mezzo, fermandosi di tanto in tanto per prendere
fiato, qualche sorso d'acqua e un po' di riposo. E
quasi giunti alla meta sempre più si accorsero di
ciò
che non andava.
Non
era proprio possibile.
Non
nelle città, non nei paesi, non nelle stradine sempre
trafficate e non nei luoghi più affollati...
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
*imbarcazione:
un normale lettore appassionato di Saint Seiya certamente si
domanderà: ma perchè cavolo prendono una nave
quando
sia Cancer che Capricorn possono benissimo, sfruttando le
qualità
della propria armatura, muoversi alla velocità della luce?
Ebbene, mica non c'avevo pensato... ma mi son detta: no, facciamo
sì che per una volta vadano in missione dichiarando COME
caspita CI arrivano D:
E poi mi piaceva il fatto che Atena non
abbandonasse ugualmente un Saint a lei devoto (e parlo di Marie)
visto che anche lei, pur non sapendo della missione affibbiata ai due
cavalieri -o sapendolo solo a grandi linee- è in sostanza...
in pericolo.
Non è tanto un comportamento da Lady Saori
(che, tengo a ricordarlo o a precisarlo ora avrà 14-15 anni
visto che è passato un po' di tempo da Hades e negli ultimi
mesi la stessa Marie si è ri-allenata con il suo maestro) ma
più che altro di Atena stessa.
Ehilà
gente! Buahahah l'incontro
è
vicino D:
….
emn...
Comunque
passando a cose serie *cough * che ne dite di questo spiazzo nel
parlare un po' di Death Mask? Io sono
dell'idea: conoscendoti ho provato a comprenderti.
Spero sia
una buona tattica, che metterò sempre in atto.
Eh sì,
cari, finalmente giunti in Sicilia -e dire che io non ci sono mai
stata ç__ç che tristezza!- ma... ma cosa
succederà?
Cosa centra il destino? -mai accennato prima d'ora ma ovviamente
è
quello che funge a TUUUUTTA la storia- ...Eh chissà... :D
RINGRAZIO chi
commenta, davvero!
|
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Capitolo 5 *** -4 Capitolo La lanterna della Speranza ***
4
Capitolo
La
lanterna della speranza
[La
speranza: essa è in verità il peggiore dei mali,
perché
prolunga le sofferenze degli uomini.]
Nietzsche
“È
completamente abbandonato qui.” Costatò Shura.
“C'è
una puzza di marcio più che altro...”
Continuò
Death Mask.
Marie
rimaneva silenziosa continuando a camminare fra quelle strade
bruciate e nere come la pece, in quello spettacolo raccapricciante
che le si presentava davanti agli occhi. Forse
voleva mettersi a piangere, ma il motivo per cui non riusciva a farlo
era il fatto che ancora non ci credesse...
Cosa
era rimasta di quella vegetazione rigogliosa? Degli alberi, delle
campagne verdi e soleggiate, dei fiori d'arancio e
delle pesche..? Dov'erano
gli abitanti? I pescatori, i bambini del quartiere, i
banchi dei gelatai e dei fruttivendoli...? E
le bancarelle, i mercati, quei grandi negozi dai vestiti costosi, il
cinema accanto alla parrocchia? Tremò
allo sguardo che le rivolse il suo maestro.
Era
pietà quella? Quella che intravedeva negli occhi sempre
fieri
e impassibili del Capricorno? Non
odiava la pietà*, molti al posto suo per superbia o
chissà
quale preconcetto avrebbero distolto lo sguardo. Ma
lei no, in fondo l'essere coccolata da quegli occhi le piaceva,
ciò
che celavano la distraeva dal confine del suo malessere.
Quel
malessere che prendeva decisamente sempre più forma nel suo
cuore. E
le scavava un buco, un buco profondo più si capacitava che
quello che vedeva era la realtà più tragica. La
poca gente che c'era, era riversa al suolo con gli occhi chiusi o
sbarrati dalla paura.
“È
stata un'epidemia, non c'è altra spiegazione”
Provò
a chiarire Shura.
“No,
credo sia stato il vulcano.- Precisò Death Mask
-C'è
anche odore di cenere... oltre la solita puzza di cadavere.”
Poi
concluse con un tono sprezzante: “Ma non sono morti da molto.
E
sicuramente per l'esalazione di questo odore che giorni fa doveva
essere stato insostenibile.”
Marie
era sconcertata: mille e mille ferite non avrebbero inflitto
più
del dolore che ora provava.
Con
quale coraggio potevano parlare a quel modo pacato i due cavalieri! Che
se lo fossero aspettati una tragedia simile venendo qui in missione?
Anzi, era proprio questa la missione affibbiatagli dal Sacerdote in
persona? Se
non altro si chiedeva quali assurde atrocità avessero visto
i
loro occhi per rimanere pressappoco impassibili a quel terribile
spettacolo... E
poi, quel nevrastenico sorrisetto del cavaliere del Cancro quasi la
innervosiva.
Quasi,
perché la maggior parte dei suoi sentimenti era conversa
verso
un'unica, disperata, emozione: paura.
Angoscia,
orrore, tormento...
Tutto
quel caldo buono e genuino che aveva sentito fino a poco tempo fa era
diventato un freddo brivido dietro la schiena. “Non
può essere successo... Io... no, è
assurdo” Parole contrastanti, così come la ragione
che le vacillava nel petto.
“Non
è vero... Cristian, Lucia, Margherita...” Con
fermezza
superò
i due cavalieri e le diverse persone ricoperte da quello strano
strato di fuliggine che li celava. A
passi decisi e senza rassegnazione, col solo desiderio di tener
accesa la fiamma della speranza, percorse i viottoli che la sua mente
mai aveva dimenticato. Verso
l'orfanotrofio.
Perché
era pur sempre una ragazza; un essere umano a cui emozioni cedeva,
vedendo l'unico suo ricordo d'infanzia bruciarsi e venir calpestato da
ciò che era davanti ai suoi occhi.
Forse
era egoista a voler correre verso i suoi cari, senza preoccuparsi
più
di tanto della situazione, forse non era tanto cavalleresco...
...Ma
era tanto umano! Quella sua folle corsa verso ciò che le
restava della sua infanzia così felice. Si
fermò un attimo, le mancava l'aria nei polmoni, gli occhi le
prudevano e l'odore era più denso.
Pensò:
“E se dovessi ritrovare anche loro
così?” come fantocci di pezza e cenere?
Non
aveva preso in considerazione questa eventualità e anzi
preferì scartarla finché non sarebbe arrivata...
Di
fronte a lei il cancello che sei anni fa aveva lasciato per
intraprendere una nuova vita: Anche quello eroso da quella polvere
nera che circondava l'intera zona. Con
una mano lo spalancò sentendo il ferro della cancellata
caldo
al suo contatto. La polvere grigiastra e secca le colorò le
dita.
Si
era sentita inaspettatamente leggera e non perché
stupidamente
aveva lasciato l'armatura della Bussola dai due cavalieri per poter
correre più velocemente verso l'orfanotrofio.
Non
certamente! Ma guardando quell'edificio che si stagliava a pochi
metri da sé il suo cuore era felice e allo stesso modo
ansimava e raggelava.
Stando al Santuario le notizie del mondo esterno circolavano poco o
niente. Non
aveva dunque la certezza di cosa potesse essere successo pochi giorni
prima, ma sicuramente un'idea se l'era fatta suo malgrado: Il vulcano
aveva eruttato.
Ma
quello non l'aveva mai minimamente preoccupata! Insomma loro e tutti
i paesi attorno erano ben lontani dall'Etna o almeno erano lontani
dalla lava che sarebbe scesa a valle!
Ed
invece l'eruzione doveva esser stata così forte non
solo da
spaventare
gli abitanti intorno al vulcano poche settimane prima, ma dall'uccidere
or
ora persone e persone di tutto il territorio là attorno con
quei mix di gas mortali, con quella cenere che aveva riempito l'aria
e aveva soppresso l'ossigeno...
Bruciando
le piantagioni di mezza provincia, infestando con quella nebbiolina
velenosa
tanta povera gente che non era riuscita ad evacuare.
Per
un attimo pensò al disastro di Pompei: sì, era
decisamente tutt'altra cosa eppure quella disgrazia le ricordava
talmente tanto ciò che era successo nel 79 d.c. in quella
città.
Si
sentì impotente, impazzì al pensiero che mille e
mille
anni dopo l'uomo fosse ancora straordinariamente sopraffatto dalla
natura e fallito miseramente davanti a stragi simili... Si
poteva prevenire un'eruzione? Si potevano non causare tante vittime?
Si poteva vincere contro una calamità? È
vero, l'umanità si era evoluta tanto nel tempo: Aveva
studiato, aveva costruito grandi grattacieli a prova di terremoti,
aveva pensato a come sconfiggere malattie incurabili... Ma non era
ancora riuscita a scappare dalle insidie della morte.
Tutti
da secoli dicevano di stare attenti ai vulcani, ma l'uomo, superbo,
pensava ormai di poterci abitare vicino perché in grado di
controllarlo.
Poi
bastava un'eruzione vulcanica senza precedenti, senza preavviso e...
Tutte queste fantasie arroganti svanivano... Lasciando disperazione e
terrore.
Giusto?
Marie
neanche ascoltava più i suoi sensati pensieri... A che cosa
la
portava farsi tante spiegazioni se tanto non poteva cambiare la
sorte? Non
voleva neanche pensare a quelle povere città accanto
all'Etna... Non
sapeva dire davvero se era meglio morire bruciati o morire
soffocati... Cosa c'era di peggio? Che cosa? E
perché mai si stava affliggendo tanta pena! Basta, doveva
solo
ritrovare i suoi amici. Sì,
loro erano un istituto di bambini, sicuramente uno dei primi ad
essere portati in salvo dai soccorritori giunti lì per
riuscire ad aiutare la maggior parte della popolazione... Certo,
era senz'altro così!
Scacciò
da sé quei mille tormenti che l'attanagliavano e si
avviò
dentro l'edificio
Quel
palazzo dal colore nerastro per colpa della fuliggine che ormai si
era posata. E
che, per merito dei giorni trascorsi, finalmente non era più
tossica. Ad
ogni passo il cuore le diventava più pesante. Da
sotto la maschera piccole gocce di sudore iniziarono a scenderle sulla
pelle ad ogni
bimbo che vedeva fra i corridoi. Sembravano
addormentati, altri invece avevano l'orrore sul volto. Mai in vita
sua avrebbe dimenticato quegli sguardi. Ma
non poteva arrendersi! Non prima d'aver avuto la certezza che nessuno
si fosse salvato...
La
sua delirante speranza finì... Quando lo riconobbe: Con il
cappello da baseball appena alzato, le corde di metallo e di nylon
della sua preziosa chitarra, niente sembrava fuori posto.
Cristian
era appoggiato al muro proprio come lo aveva sempre ricordato, forse
solo un po' più grande e incredibilmente più
bello. Le
mani, di un colore violaceo che non gli apparteneva, posavano sul suo
strumento di legno. Gli
occhi chiusi, la testa china e la finestra spalancata: Marie subito
capì come fosse morto.
Sperò
dal profondo che non avesse almeno sofferto. Ma era una speranza vana
anche quella... perché la bocca era digrignata in una
smorfia e una mano era ancora stretta alla gola, segno inequivocabile
che aveva sentito l'aria venirgli meno e si era accasciato, seduto, sul
pavimento.
Si
avvicinò carponi e abbracciò il suo amico. No,
non
aveva più il profumo di un essere vivo, gioviale come solo
un ragazzo della sua età poteva esserlo. Non aveva
più il profumo della vita che gli era stato sottratta, dei
sogni, delle aspirazioni...
Profumava
d'incenso, di cenere, di morte.
✾
Nel
mentre, Shura e Death Mask percorsero le stesse vie che pochi attimi
prima lo stesso cavaliere di Pyxis aveva attraversato con agitazione.
“Sai
cosa troverà laggiù, mi domando,
cavaliere?” Chiese il Saint del Cancro continuando a marciare.
“Sì.”
Rispose sicuro Shura, non senza però celare un senso
d'angoscia che lo opprimeva. Mentre
percorreva le tante stradine del paese, portava con sé oltre
alla sua armatura anche la cassa della sua allieva. Non l'avrebbe
richiamata né rimproverata. Non questa volta
almeno.
“E
allora perché non hai fatto nulla per fermarla?
Ciò che
vedrà sarà orribile.” Lo
ammonì Death Mask,
ormai giunti a destinazione. Il
cavaliere del Capricorno fu colpito da quella paternale, o
ciò
che sembrò essere.
“Non
fraintendermi, non provo pena per la tua discepola.- Chiarì
Cancer, varcando il cancello dell'orfanotrofio.
-Non
provo pena per chi si ostina a voler trovare la vita in un cimitero,
ma tu e i tuoi valori... -Si sfregò con una mano i capelli.
-...Sei il suo maestro, avresti dovuto impedirle di avere un
comportamento così impulsivo.” E con un gesto
della mano invogliò
il compagno a oltrepassare la cancellata.
“No,
trattenerla sarebbe stato molto peggio, credimi.” Disse Shura
che conosceva il carattere di Marie.
Era
una ragazza buona e orgogliosa, con un forte senso della giustizia e
del
dovere che molto probabilmente le aveva trasmesso addestrandola, ma era
anche una
persona attaccata ancora ai suoi cari... Istintiva,
emotiva e a tratti avventata se si trattava dei suoi amici.
Al
Saint non gli pareva vero di poter parlare così con Death
Mask. Gli
sembrava finalmente rinsavito o almeno cosciente di ciò che
diceva, non il solito presuntuoso di sempre.
“Proprio
perché sono il suo maestro ho voluto lasciarla
andare”
disse dopo un attimo di silenzio.
Abbassò
lo sguardo poi, quando vide un bambino di quell'orfanotrofio con la
paura scritta sul volto forse per aver compreso, e troppo tardi, che
quello sarebbe stato il suo ultimo respiro.
“Poveri
ragazzi.- Sussurrò.- Che riposino in pace da quella agonia
interminabile”
“Capisco.- Dichiarò
il cavaliere del Cancro destando il suo compagno da
quel malsano torpore. -E
poi c'è un altro motivo per cui dovevi
fermarla...” Sorrise mesto, quel guizzo di pazzia non avrebbe
mai lasciato i suoi
occhi.
Death
Mask percorreva quei corridoi senza indugi e senza mai soffermarsi a
guardare i defunti. Forse
ci era persino così abituato a quella allegra
compagnia
che quello che vedeva lo lasciava del tutto indifferente, o forse era
merito del suo passato... di quei trofei.
“...Io
odio il sentir piangere e questo è chiaramente un
lamento.” Concluse. Indicò
una stanza con la mano destra e alzò, sospirando, gli occhi
al
cielo.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
In
primis: Perché chiamare il titolo a quel modo? Ve lo spiego
subito: ho pensato alle lanterne, portatrici di luce. E la luce da
sempre è sinonimo di speranza (quel barlume di speranza,
quella luce in mezzo al buio più scuro, etc.) la lanterna
è
quindi luce. La luce della speranza.
Ma
perché allora LANTERNA e non LUCE? La luce è
qualcosa
di divino, quando pensiamo alla luce, pensiamo comunque alla luce del
sole, della luna pallida, delle stelle... almeno poeticamente
pensiamo a cose che fino ad ora NON si sono MAI spente.
La
lanterna invece è qualcosa di UMANO, anch'ella, qualunque
cerino o candela che abbia, a batteria o quello che volete... si
spegnerà.
*pietà:
Allora u.u SOLITAMENTE nelle storie romanzate la pietà
è
sinonimo di inferiorità, nel senso: mi guardi con
pietà?
-Io non ho bisogno della tua pietà!
QUESTO
è molto “eroico” (o da Mary Sue xD)
ma...
credetemi, e pensateci un po': è umano? Una persona che vede
una situazione del genere, qualunque aiuto possano dargli gli
altri...lo accetta. Almeno in quel momento che non si è
molto
lucidi!
Potete
dissentire con me, ma io ho voluto dare un certo lato umano anche ad
un neo cavaliere come Marie :)
Ebbene...trucidatemi
:3 ma questo è quello che avevo in mente per poi far venire
il
dopo *eh? XD * vabbè, serve per la storia ecco tutto u.u
*cioè, ho ucciso dei poveri innocenti per LA storia? *
...uhm,
sì D:
Mi
sono documentata su i vulcani, su i gas e sull'accaduto di Pompei
anche se diverso ma molto simile per catastrofe... insomma ho voluto
dare un tocco di realistico, ma non troppo realistico zanzan.
Vi
ringrazio *inchino solenne * come sempre per i bei commenti che mi
lasciate ogni volta, grazie, grazie e GRAZIE :'D
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Capitolo 6 *** -5 Capitolo Addio imposto ***
5
Capitolo
Addio
imposto
Era
un lamento sordo quello che si udiva provenire da una stanza
dell'orfanotrofio. Un
lamento flebile, forse l'unica testimonianza di vita lì
dentro.
“Ti
prego Cristian guardami.” Piagnucolava la ragazza. Era come
se un castello di carte fosse appena caduto... Non
le importava della sua carica, della sua promessa, dell'orgoglio o
chissà quale altro valore... Voleva
solo che il suo amico, il suo ricordo, la sua infanzia si svegliasse,
la guardasse e le
sorridesse di nuovo.
Una
volta, e ancora, ancora...
Non
era più il grande erede del Cavaliere di Pyxis in quel
momento. Come poteva esserlo? No, ora era
solamente una ragazza dal cuore in fiamme che voleva un attimo di
intimità con quel suo compagno d'infanzia.
“Sono
qui, non mi vedi?” Gli accarezzava piano le mani, il viso,
quasi in una supplica silenziosa che lui potesse tornare a vivere.
Aveva
infranto tutte le barriere che per molti anni si era costruita. Quel
contegno e atteggiamento che tanto si era imposta per sopportare
allenamenti senza fiato alcuno, per andare avanti e per non pensare a
cose tristi.
Ma
a cose le serviva in quel momento tutta quella condotta e quella
dignità? Non necessitava di farsi vedere composta e
valorosa... Tanto
valeva che disperdesse quelle poche emozioni che provava nel cuore e
che se non fosse stata da sola, mai avrebbe ammesso.
“Ho
mantenuto la promessa! Guarda!- Sorrise fra gli spasmi causati dal
pianto.- Sono tornata! Sono un cavaliere di Atena... ora potrai
insegnarmi a leggere le note! Sì, sul
pentagramma...” Un
nuovo sussulto le incrinò la voce per un istante.
“Perché?
Perché non vuoi mantenere il tuo giuramento? Cristian non
puoi
avermi abbandonato! Con quale cuore posso pensare che è
finita?” Sin dal primo giorno di allenamento si era attaccata
ai ricordi dei suoi amici, ai pochi istanti fra scherzi e preghiere,
litigi e sorrisi.
Le
serate a canticchiare con la chitarra del suo amico, mentre Suor
Alina e la Madre Superiore li intimavano di andare a dormire.... E
quando erano più piccoli, quando le stesse suore
raccontavano
a loro le storie prima della buonanotte ...Mai avrebbe potuto
dimenticare tutto ciò. Ci
era semplicemente affezionata, poiché della sua infanzia
aveva
avuto solo quello.
Marie
si guardò attorno: Se non fosse stato per il totale degrado
che sormontava la stanza, quel disordine artistico sembrava proprio
quello che ricordava della camera di Cristian e Antonio.
“Cristian...
Perché non ti hanno salvato?- Continuò
più
realista la ragazza. -Come non hanno potuto capire che sareste tutti
morti? Perché siete ancora qua? Dove sono i soccorritori?
Dove?” E poi si mise come il suo amico a spalle al muro,
accanto a lui. Voleva
asciugarsi le lacrime, ma come poteva farlo con quella maschera?
Ripensando
a quei giorni d'infanzia... per un poco, quell'arnese sul volto le
sembrò nuovamente un intralcio...
“È
questa?- Chiese. -Forse è per la maschera che non mi
riconosci?” Altre lacrime le solcarono il viso, non voleva
più
piangere... e non per dimostrarsi forte, ma solo perché ogni
lacrima le bruciava sin dentro l'anima. Si ricordava bene che prima
d'andarsene via dai suoi amici per partire con Capricorn si era
ripromessa di non piangere... ed era solo una bambina a quel tempo. E
ora... adesso piangeva invece, perché niente promesse
avrebbero potuto farla felice.
Si
tolse senza troppi ripensamenti quell'oggetto a lei tanto sacro e che
tanto raffigurava il suo onore di Sacerdotessa guerriera. Se
la rigirò tante volte fra le mani per poi appoggiare la
maschera a terra, alla sua destra.
“Cristian,
sono io...” Un singhiozzo le spezzò le parole in
bocca. Con
una mano si tolse i capelli dal volto che con le lacrime gli
infastidivano gli occhi grigiastri. Si
era, in qualche modo, arresa al fatto che lui era lì, ma non
veramente. Incosciente,
morto da pochi giorni, ma non ancora prosciugato dagli stenti della
morte. E
quella chitarra sulle gambe come se stesse riposando dopo l'ennesima
notte persa fra i testi scritti.
Si
era piegata all'evidenza e forse era stato proprio per questo che
aveva volutamente tolto la sua protezione, il suo valore contenuto in
quella maschera. Forse,
se il suo inconscio non le avesse detto che quel ragazzo ormai non
avrebbe più sorriso, mai avrebbe celato il suo volto; e con
esso il suo orgoglio e la sua devozione alla Grande Atena. Prese
un respiro: come le scottava quella triste verità...
Era finita.
Fine. Senza poter pretendere di ritrovare qualche traccia della
sua vita felice. L'angoscia
le rimaneva in gola... Mai aveva pensato di poter perdere la sua
famiglia. Sapeva
di correre il rischio ogni santo giorno di non trovare più
in
vita molti dei suoi compagni cavalieri. Loro
lottavano per Atena e per Atena sarebbero morti.
Era pronta all'evenienza, o
almeno lo credeva.
Ma
il suo amato Cristian! I bambini innocenti e le suore di un
orfanotrofio!
Guardò
le scarpe della piccola Margherita che ora doveva aver avuto
all'incirca
undici anni... le strinse al petto, bagnandole di lacrime.
I
ricordi le scoppiavano nella mente...
E
se una volta ricordava con piacere, aspettando il giorno in cui
avrebbe rincontrato le persone dei suoi dolci ricordi, ora le
rimanevano solo che quei frammenti di giornate felici...
Si
accoccolò sulla spalla del suo amico, preferendo chiudere
gli
occhi, mentre fuori il sole tardava a tramontare. Il
viso rivolto verso di lui e i capelli che prepotentemente le
intralciavano il contatto. La
stanza sempre più buia, l'odore sempre più acro e
il
dolore sempre più chiuso, più silenzioso... ma
così
aspro, forte da far male.
Fu
così che i cavalieri la ritrovarono: Appoggiata al muro di
fianco a un ragazzo dall'insolito color pallido, le gambe distese, la
maschera a terra e un gemito attutito.
✾
“Eccola
là: la coraggiosa e temeraria Saint della
Bussola.” Decretò con scherno il cavaliere del
Cancro rivolgendosi
direttamente all'interessata.
A
quelle accuse il cuore di Marie perse un colpo. Fortuna che aveva il
volto riversato sulla spalla del compagno!
Quando
diamine erano arrivati. -Pensò.- Era così
concentrata a
sfogare il suo dolore che distrattamente non li aveva sentiti
arrivare?
Si
erano messi l'armatura, quasi sicuramente, perché quello che
aveva sentito dopo aver affinato l'udito eran stati certamente il
rumore metallico e perfetto delle loro armature dorate.
Ma
non aveva osato alzare lo sguardo, neanche per girarsi. Se l'avesse
fatto,
un marginale errore le avrebbe macchiato la reputazione e l'onore a
vita. Se
l'avessero vista in viso, per fatal svista, il disonore l'avrebbe
tormentata infangando il suo giuramento alla Dea di cui tanto si
onorava d'esser cavaliere. Punta
sul vivo però accettò mal grado l'autoritaria
lavata di
capo del Gold Saint.
Egli
però voleva che la ragazzina, almeno una volta tanto gli
rivolgesse la parola, più per sentirsi lodare che era nel
giusto che per altro.
“Dico
solo che tu sapevi bene com'era anche qui.” E per vezzo,
nella
penombra del tramonto, si cimentò ad avanzare verso di lei.
Shura,
silenzioso, guardava quella pantomima che, a suo modesto parere, 'sta
volta avrebbe fatto del bene.
“Beh
no,- Disse il Silver, cercando di masticare bene le parole anche
senza farsi vedere in faccia. -La speranza è l'ultima a
morire!” Si sentì sciocca nel dirlo.
“Storie!
Bazzecole! Era già morta da un bel po'... Non penserai
d'incantarmi con queste stupide frasi da pivelli?!”
Ridacchiò
Cancer e s'inginocchiò accanto a lei.
Il
cavaliere del Capricorno intanto era entrato, cercando di essere il
più discreto possibile. Quella
ramanzina sarebbe stata la stessa che le avrebbe detto lui, forse
solo meno critico e sfrontato. E
magari l'avrebbe odiato poi, reputandolo un insensibile, ma negli
anni a venire avrebbe compreso la lezione.* Era
un maestro rigido e severo Shura, ma solo perché per la sua
allieva voleva il meglio. Voleva il suo bene.
Aveva
osservato con cautela i movimenti del suo compagno Death Mask e
quando aveva visto che il cavaliere aveva preso la maschera di Marie
per un attimo aveva avuto un brivido ritto sulla schiena.
Poi
però, il gesto che ne conseguì, se non fosse
stato per
i suoi modi rudi e villani, si poté dichiarare uno fra i
più
nobili: “Ed ora rimettiti questa stupida maschera prima che
mi
spazientisca e decida di guardare, ad onore del vero prima che il mio
carissimo amico non m'affetti con la sua Excalibur
per il
torto subito!” E sghignazzò allontanandosi di
spalle
dalla ragazza. In una situazione come quella aveva ancora voglia di
ridere...
Marie
acconsentì immediatamente a indossarla. Sapeva
riconoscere i suoi errori e sapeva di essere in torto.
Ora,
innanzitutto era un Saint e non una capricciosa e insolente bambina.
Quindi
chinò la testa e incassò il colpo. Prese dalle
mani del cavaliere la sua
maschera: la sua identità. La
sua vera, nuova, identità che esternava la sua nuova vita.
Nel
crepuscolo ormai tardo, il volto della giovane ragazza fu nuovamente
celato. Si
alzò, fece un segno della croce e uscì dalla
stanza
lasciando lì mezzo cuore. Non
tutto però, l'altro pezzo le serviva per vivere.
Lei
era viva. Ed
era stato da sciocchi abbandonarsi a quel modo. Da sciocchi,
sì,
ma la si poteva biasimare dopotutto.
“Scusate
maestro.- L'ultima lacrima scese giù dal viso sino a farsi
vedere sul collo scoperto -E scusate anche a voi, nobile Cavaliere
del Cancro.” I
due Saints erano già alla cancellata quando sentirono quelle
parole. Uno
rise ancora, scanzonato, mentre l'altro capì: la lezione la
stava comprendendo prima
del previsto.
Il
cuore di Pyxis scalpitava... Non poteva cancellare così a
breve
la sofferenza e quell'addio imprevisto ai suoi amici. Ma
la ragione, il senno, non doveva mai mancare ad un cavaliere d'Atena.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
*lezione:
-se non l'avesse fatto a “modo tutto suo”
Death-? Shura avrebbe voluto impartirle la lezione di non essere
così ingenua:
perché se è anche vero che la speranza
è
l'ultima morire, un cavaliere in primis deve essere obbiettivo per
poter affrontare al meglio una battaglia -e, la sua battaglia
personale-, mai troppo deve perdere la sua strada, la sua via per dei
sentimenti. Altrimenti questo può portare ad un cedimento e
al non riuscire più a vivere come Saint.
Mi
sembrava anche duro, forte da concepire, ma comunque un buon
insegnamento :)
Enjoy
:3 *io cambio saluto
ogni volta D:
* Innanzitutto sono
davvero felicissima delle stupende recensioni che mi lasciate,
davvero... e spero di non deludervi MAI.
Pensando ad altro: che
ne pensate di questo capitolo? Ah, e ricordatevi che... buahaha il
nemico è alle calcagna D: *così
sembra una scena delle Sailor Moon *
|
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Capitolo 7 *** -6 Capitolo L'imminente Minaccia ***
xicd cap
6
Capitolo
L'imminente
minaccia
Polvere.
Quel
paesino odorava di vecchio, di logoro senza più quegli odori
tipici di un piccolo paese italico.
Marie,
Shura e il sollazzato Death Mask camminavano da una mezz'oretta
nelle desolate strade che portavano ai confini del paesello, ma
sempre restando in zona.
Del
resto i due cavalieri erano lì per un compito ben preciso e
la
scelta di restare accanto al proprio maestro da parte del Saint di
Pyxis, era più che legittima. Era
forse l'unica persona in vita ancora rimastagli (!)
La
notte i
cavalieri decisero di seppellire quei pochi corpi che riversavano
nelle strade vicine all'Etna. Per
propria volontà di dargli una giusta sepoltura
più che altro, in fondo sapevano che
da lì a breve sarebbero intervenuti anche i soccorsi, i
volontari e avrebbero cercato di identificare i morti che si potevano
ancora riconoscere. Purtroppo
in ritardo e con qualche fossa da scavare in meno...
“Non
capisco tutto questo attaccamento nel ricordarli, erano solo
poveracci e paesani.” Cominciò il cinico cavaliere
del
Cancro. Era
il suo carattere in fondo e a quanto pareva il suo atteggiamento era
duro a cambiare... O semplicemente gli piaceva stuzzicare gli altri,
anche questo c'era da prendere in considerazione. S'appoggiò
su un masso vicino ad alcuni arbusti e con ancora la Cloth addosso
si rigirò il diadema fra le mani con falso interesse.
I
due provocati non reagirono, uno perché ormai conosceva quel
tremendo caratteraccio del compagno e l'altra forse perché
era ancora troppo scossa dall'accaduto per intervenire a difesa di
quella
gente e del loro riposo eterno.
Ma
Cancer era duro di comprendonio, lo sapevano bene entrambi e
difficilmente alle prime armi s'arrendeva: “Se fossero stati
vivi.- Fece un cenno con la mano sinistra, alzando il dito indice
-Puff! Direttamente nell'Ade, sai che meraviglia... Le loro anime
almeno sarebbero volate via e non ci sarebbero state tante fosse per
conservare il loro spirito o chissà quale altra futile
sciocchezza.” E accavallò le gambe guardandoli
annoiato.
Shura
si girò, pentendosi d' averlo creduto
“rinsavito”
solo poche ore prima: “Non stiamo scavando inutilmente Death
Mask! Scaviamo una tomba in memoria delle persone defunte*”
“Puah!
E quanti morti avete intenzione di sotterrare eh? Ma fammi il
piacere.” Commentò sarcastico l'interessato.
“Tutti
quelli che ormai non sono più riconoscibili dalla lava e che
riusciremo a portare questa notte. Poi domani, come per
ordine della Dea Atena, continueremo la nostra missione...- Fece una
pausa, il bianco e candido mantello di Capricorn impregnato di cenere
grigiastra. -Ma tu continua pure ad osservarci, noi ce la facciamo
anche senza il tuo consenso, davvero! Ma almeno abbi il rispetto di
tacere.” E detto questo si rimise a scavare.
Un
cavaliere d'Atena, votato al bene ed alla giustizia doveva portare il
rispetto che era giusto e onorifico nei confronti di quelle
disgrazie. Shura
la pensava in questo modo, ragion per cui non ammetteva repliche e
voleva contribuire anche se Cavaliere d'Oro in carica a omaggiare
quella gente marchiata da un destino assai crudele. Marie
in tutto ciò non aveva fiatato. E il suo maestro sapeva bene
che doveva solo passare il momento, soltanto superarlo. Aiutandola a
seppellire la sua gente era come se le infondesse un aiuto morale
più
che fisico.
Il
mattino dopo, i primi a svegliarsi furono proprio i due cavalieri che
avevano dormito in un piccolo territorio già evacuato e
quindi
disabitato. Ma
non si svegliarono perché il sole era alto nel cielo o per
l'odore di cenere che diminuiva fortunatamente. E
neppure per il venticello che portava via la fuliggine, no... Ma per
una forte presenza che i Gold Saints immediatamente percepirono.
Per
tutta la notte del resto erano rimasti quasi sempre svegli: chi per
dare giusta
sepoltura e chi per fissare le stelle tanto per fare qualcosa,
gironzolando avanti e indietro. Avevano
quindi riposato giusto poche ore e con ancora le armature d'Oro.
Marie
invece svegliatasi poco tempo dopo, avvertendo anche lei quel cosmo
ostile si era catapultata fuori dall'abitazione e prontamente aveva
indossato la sacra vestige della Bussola. Appena
la ragazza giunse dove il cosmo risultava incredibilmente
più
accentuato, si fermò: Erano le pendici dell'Etna. Il suo
maestro e il Saint del Cancro erano già
lì, che
guardavano con circospezione.
“L'avete
sentito anche voi?” Chiese con voce affannata il cavaliere di
Pyxis, cercando anche lei qualcosa che non vedeva. Non si trovava... Ma
c'era.
“Un
gelo... tremendo.” Dichiarò Shura socchiudendo un
attimo
gli occhi.
“È
quel tipo di gelo che sia io che tu, Shura, conosciamo bene...
-Cancer digrignò i denti -È il freddo gelido
della
morte...” Concluse.
Alla
ragazza mancò per un istante il respiro: Cos'era dunque quel
cosmo? Un emissario di Hades? No, impossibile! Una
nuova divinità legata al fatale giudizio divino? Marie
provò riluttanza a formare ipotesi. Dopo tutto
quello che già
sosteneva nella sua mente e che puntualmente le doleva il cuore! Cosa,
che cosa mai poteva essere? C'era, ma non si mostrava... Ma
soprattutto che ci faceva un cosmo così spaventoso nel suo
paese?
“Via
da qui, subito!” Enunciò perentorio Death Mask
prima che
una gran voragine si formasse sul terreno su cui pochi attimi prima
sostavano i tre cavalieri. Un
gran chiasso sì udì e un polverone si
alzò alto
nel cielo di Sicilia. Marie
chiuse gli occhi e strinse le mani sulle orecchie mentre il frastuono
rimbombò fino a far vibrare la terra circostante.
I
tre si guardarono esterrefatti attorno per poi scorgere in mezzo a
quella confusione delle figure che brillavano di luce propria.
“Ferma.” Disse in
fretta e con voce autoritaria Shura, riprendendo l'allieva.
“Maestro...” Se
non avesse portato quella maschera avrebbero riconosciuto in lei gli
occhi disorientati e sconcertati di una bambina. Quella
maschera in qualche modo le concedeva un contegno che ora non
possedeva.
Il
cavaliere si mise davanti a Marie e con un gesto sicuro
sguainò
un forte calore dalla mano destra: Excalibur, più splendente
che mai.
“Spostati
ragazzina.” Il Saint del Cancro si affiancò alle
spalle
di Shura con un sorriso stampato sul volto: Non chiedeva di meglio se
non il nemico. “Non
sai ancora destreggiare bene i tuoi colpi, ci saresti solo
d'intralcio, vattene!” E puntò bene lo sguardo
dinanzi a
sé, divertito. La
ragazza, dopo un attimo di smarrimento, captò le parole
ordinategli da Death Mask. Non
poteva però ubbidirgli! Ne valeva il suo valore da cavaliere
e
il fatto che la sua carica le era stata data purché
combattesse contro i nemici di Atena!
E
se loro, maestosi e grandi cavalieri d'Oro, s'apprestavano a cercare
lì la minaccia che tanto temeva la loro Dea, allora lei non
poteva svignarsela! E
poi, c'era anche un altro fattore determinante: Oltre al gran cosmo
che tutti avevano avvertito, se n'erano aggiunti cinque. Sì,
delle energie avverse che, detestava ammetterlo, erano quasi a pari
merito col cosmo degli stessi Gold Saints.
“Cosa?
No, non potete estraniarmi dalla vostra missione, dalla mia patria!
Sono un cavaliere d'Argento vi sarò...”
Reclamò
impulsiva il Saint di Pyxis.
“Non
contestare, va via, torna da Atena e riferiscigli ciò che
hai
visto, lei saprà sicuramente cosa fare.” Non
poteva
certo
contraddire parole dettate dal suo maestro e soprattutto si accorse
di essere nuovamente caduta nell'indisciplina. Doveva
sottostare agli ordini dei Cavalieri d'Oro. Erano un esempio da
seguire e a lei superiori per grado e armatura.
Mai
si era permessa tanto, ma si era sentita di obbiettare dopo aver
compreso che nonostante lei fosse un Saint... Loro non la
volevano nella battaglia imminente.
Non
poté però rifiutarsi alla richiesta esortante
-più
che ordine- del cavaliere di Capricorn.
Fu
quello che le disse Death Mask dopo che la tormentò:
“Non
l'hai forse capito che sei solo un peso per il tuo maestro? Se deve
proteggere pure una femmina come te!? Vuoi fare una cosa
intelligente? -Alzò il dito verso un punto preciso in cui
anche Marie sentì provenire un forte concentrato d'energia
maligna, in cielo -Vattene e avverti la Dea Atena. Vai.”
Shura
a quelle parole non fiatò. Forse avrebbe voluto farlo, ma in
quella situazione gli sembrò provvidenziale tacere
così
che la sua allieva scappasse e non corresse rischi. Quel
che percepiva era il cosmo di due, o addirittura tre
divinità
che seppur minori ad Hades erano comunque abbastanza forti da
spazzare in uno battito di ciglia un'inesperta ragazza come Marie. Era
sì un Silver, ma non aveva l'esperienza necessaria per
essere coinvolta in uno scontro dai poteri così devastanti.
Doveva allenarsi prima di apprendere al
meglio le tecniche della sua costellazione protettrice.
E non era certo il momento di far pratica, se
avesse
saputo cosa li attendeva le avrebbe ordinato di rimanere in Grecia.
Non sapere chi aveva di fronte lo innervosiva, ma ancor di
più
l'attesa di qualcuno che certo non era lì amichevolmente.
Marie
girò il volto e poi annuì: “Sì.” Disse
con tono inflessibile e si congedò con il cuore in
gola. Non
riusciva a crederci. Ma
forse quello che più la scoraggiava era non avere il solito
appoggio del suo maestro. Ingoiò
l'amara costatazione di essere di troppo e capì in cuor suo
che il solo modo per essere di aiuto ai Gold Saints era l'unico
comando che entrambi, in un modo o nell'altro, le avevano dettato:
Riferire quello che aveva visto, quello che aveva percepito alla Dea.
Si
rasserenò dopo un lasso di tempo in cui aveva appena
superato
correndo una cittadella: Le
avevano dato un incarico perché si fidavano.
Il
sommo Shura nel suo tacere... aveva creduto in lei, sì. E il
Saint di Cancer le aveva sputato in faccia solo la verità.
Doveva
solamente farsene una ragione che alla fine il compito a lei
assegnato era qualcosa di cui non avere vergogna.
Doveva
riferire tutto ad Atena e l'avrebbe fatto. Per amor del cielo,
niente l'avrebbe fermata da quell'occasione di far vedere che era
anche lei all'altezza di poter, nel suo piccolo, dimostrare d'esser
un degno cavaliere.
Non
era immatura, capiva di essere inferiore e fare l'eroina in
quell'occasione non solo avrebbe marchiato la sua
superficialità,
ma soprattutto tutti i principi insegnatigli dal suo maestro. Bisognava
agire nel modo più giusto. Si potevano aiutare in tanti modi
i
propri compagni e non era sempre restando al loro fianco il metodo
più efficace.
Però
le dispiaceva...
Questo
doveva ammetterlo.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
*defunte:
Allora, ovviamente non è che iniziano a scavar di polso con
la
pala -alias minatori incalliti in cerca di oro- ma solamente,
essendosi spostati più ai confini, sono vicini all'Etna...e
quindi a quelle persone che, essendo non riconoscibili, possono
essere seppellite e almeno avere una tomba da compiangere. Altrimenti
risultava anche un po' improbabile 'sta cosa anche se molto
cavalleresca. *saltella su un cavallo bianco delle
favole T_T
*
Okay,
mi sono accorta di non aver spiegato un dettaglio fondamentale:
Perché SEI anni dopo (dal
primo
capitolo) -e quindi si pensa sei anni di ADDESTRAMENTO-
quando per un SILVER SAINT ne servono TRE per addestrarsi e divenir
cavaliere ?
Oh giusto u.u ma c'è UN perché. Allora... in
teoria Marie aveva appena finito due anni-due anni e
mezzo d'allenamento...e dopo pochi mesi avrebbe dovuto prendere
l'armatura...
Però u.u scoppia quel putiferio al Grande
Tempio.
Poi Poseidone...ed infine la guerra contro Hades....
*ta-ra-raaan- *
Dopo tutto questo, allora Shura ha pensato bene di
far RI-allenare (ovviamente mica tutti e tre gli anni DI NUOVO xD) la
ragazza...per un anno e mezzo circa poiché dopo tutta quella
strage oltre che a livello fisico era provata, non si era
più
allenata -alias, voleva tornare in Italia, RICORDATE? u.u-
soprattutto era provata anche a livello mentale
ç_ç
*vedere quelle stragi! Anche se non erano dei familiari... erano pur
sempre i cavalieri che tanto stimava!- Mmmh... okay, era giusto per
chiarirlo perchè da copione mi servivano MOOOLTI anni e non
solo tre per Marie ecco - ora ANDATE in pace! :'3
Ovviamente
ringrazio voi tutti per le belle recensioni che mi lasciate, per i
pareri e per aver messo nelle seguite la mia storia, tengo a precisare
che ci tengo davvero tanto e mi sento appagata quando leggo i vostri
commenti ... :) Quindi, GRAZIE.
|
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Capitolo 8 *** -7 Capitolo I Cavalieri del Destino ***
7
Capitolo
I
cavalieri del Destino
Il
tacco dello stivale di Shura provocò un leggero tac
metallico
sul terreno: aveva avanzato di un passo. Si
respirava tensione, si respirava un'aspettativa che tardava ad
arrivare.
“Ci
osservano, lo sai questo vero?” Dichiarò
riluttante
Cancer.
“Credi
che non me ne sia accorto? Perciò ho accettato il fatto che
tu
l'abbia mandata via.” Rispose Capricorn con Excalibur pronta
a
recidere ogni minaccia che si sarebbe parata davanti.
“Ma
chi, la tua ragazzina?- Sghignazzò DeathMask facendo
vorticare un'energia attorno all'indice della sua mano. -Sai che ho
fatto bene.”
“Lo
so.” Rispose fermo il cavaliere e chiuse ermeticamente gli
occhi
per sentire meglio quella fonte di gelo così a contrasto con
la temperatura della regione italiana. Un
cosmo emanato da una o più divinità che provavano
una
chiara insofferenza nei loro confronti.
“Fatti
avanti, chiunque tu sia.” Intimò il cavaliere del
Cancro,
con una punta di cattiveria nella voce.
Proprio
non avevano in mente a quale Dio potesse appartenere quella grande
potenza che sprigionava... Sembrava un cosmo e allo stesso tempo se
ne percepivano tre. Era diffuso nel cielo e se ne percepiva la
grandezza. Era
incredibile e alquanto strano, di certo nulla che i due
cavalieri avessero mai sentito o fronteggiato prima d'ora.
“Con
questa aria arsa e torbida dobbiamo far attenzione ad incendi
improvvisi.” Pronunciò serio Shura, concludendo
che
con
tutta quella cenere procurata dal vulcano e quel caldo intenso e
fitto la sua osservazione era più che motivata.
Capricorn
e Death Mask non si mossero più di un centimetro, sembrava
quasi che non respirassero per non volersi perdere un solo istante di
quello che stava per accadere. Ed infine aspettavano che da quella
voragine uscissero fuori quelle cinque presenze dal cosmo, o quello
che comunque componeva la loro forza, quasi a pari del loro.
Dovevano
essere cavalieri. Di questo almeno ne erano più che sicuri.
Ma
a quale divinità erano devoti? Di quella che non avevano
identificato, ma che vagava minacciosa nel cielo di Sicilia? Avevano un
cosmo che derivava dalle costellazioni come quello dei Cavalieri di
Atena?
Quelle
domande fremevano sulle labbra serrate dei Saints in attesa del
nemico e della prima mossa. Erano
fianco a fianco l'uno che guardava le spalle dell'altro con snervante
agonia.
Finché
poi, da quel polverone riarso ne uscirono cinque
scintillanti figure: “E quindi sareste voi i protettori di
Atena? I grandi Cavalieri d'Oro a cui la vostra Dea ha donato nuova
vita? La schiera più fedele e più alta della
vostra
amata divinità?- C'era una punta di sarcasmo in quella voce
maschile. -Che offesa ai veri guerrieri, siete miserabili!”
Concluse con una risata cristallina il cavaliere
La
risata riecheggiò nell'aria mentre gli sguardi dei due
cavalieri si incentrarono su quegli individui dai tratti umani che
erano comparsi davanti ai loro occhi. Si
stagliavano di fronte a loro con volti impassibili e ghignanti, con
armature sgargianti e di un rubino sanguigno*.
“Io,
Shura del Capricorno, di Atena cavaliere!- Gridò con vigore
il
giovane. -Come osi insultarci a tal modo? Chi sei?” Si
rivolse
all'interlocutore.
Death Mask
invece sorpassò il compagno avanzando sul terreno:
“Pfui!
Si vede che non conosci la fama di Cancer, cavaliere d'Oro della quarta
casa! Nessuno
si è messo sulla mia strada senza pagarne le
conseguenze!” E fermandosi nuovamente si burlò di
coloro che aveva dinanzi
a
sé, come suo solito.
“Che
arroganza, che estro! Ma sarà poi così autentica
la
maestria di cui tanto ti vanti?” Rispose una voce di donna
anche lei comparsa da quella voragine vicino l'Etna e anch'ella con
un'armatura rossa cremisi.
“Ah! Ma
come siamo scortesi noi cavalieri... non dovremmo forse presentarci?
Loro lo hanno pur fatto, dovrebbero sapere
il nome di chi li metterà a tacere.” Disse un
terzo
allargando
le braccia con enfasi e sistemandosi poi sul capo il diadema che
lasciava adagiare i capelli nerastri sul busto
dell'armatura.
Il
cavaliere del Cancro fremette a quella insinuazione.
“Menas
del Destino affranto, delle Moire cavaliere” Si
presentò
l'ultimo con un inchino; il mantello del colore della notte si
piegò
in onde morbide e regolari distendendosi a terra con grazia.
I
suoi occhi erano color del ghiaccio, mentre la sua pelle era appena
più chiara del dovuto, i capelli neri con riflessi bluastri
si adagiavano
sulle spalle sino a toccare metà schiena.
Shura
non amava i convenevoli e il suo compagno meno di lui, quindi si
apprestò a chiedere: “Le divinità
di cui
vi ritenete cavalieri sono forse l'entità che s'erge nel
cielo e che ci è avversa senza neppur nasconderlo?”
“Perché
dovrebbero nascondere tutto il rammarico che hanno nei vostri
confronti?- Lo interpellò un quarto uomo. -Quello che
provano per
voi è astio e rancore, di aver giocato con il destino quando
neppure agli Dei è concesso.”
“Cosa vai
farneticando? Noi non abbiamo mai...- Stava per rispondere il
Saint del Capricorno.
“Taci,
cavaliere d'Atena. -Lo interruppe il quarto cavaliere dagli occhi
dell'insolito color della terra arida. -Il mio nome è
Therapon
del Destino distorto, pronto a servire le mie signore.”
Concluse
inchinandosi anche lui e reclinando il capo che versava in direzione
del cielo. Aveva
lunghi capelli verde smeraldo ed era il più alto del
gruppo.
Il
duo ci capiva sempre meno: Chi erano quelli a loro cospetto? A cosa
dovevano la visita dei cavalieri delle tre famose divinità
del
Destino? Perché proprio in Sicilia e soprattutto
perché
provavano una tale ostilità verso i Saints di Atena?
“Cercate
battaglia forse? Non chiedo di meglio” Provò
istigatore
DeathMask e si mise in posizione d'attacco.
Così
fece anche Shura.
“Non
vuoi neanche una spiegazione? Che villano che sei. -
Constatò con disappunto la ragazza- Come dice Menas, non
vorresti sapere il nome di
chi ti spedirà direttamente nell'Ade?”
“Dolcezza,
io ci gioco tutti i giorni fra vita e morte, forse questo ti
è
nuovo... Ma non per me!” Rispose sardonico il Cancro come se
quella fosse una divertente botta e risposta.
Al
contrario dell'amico il cavaliere di Cancer non aveva una morale
così cavalleresca dal voler chiedere spiegazioni di tutto
quell'odio: chi gli intralciava la strada la
pagava, punto e basta. Avanzò
alcuni passi verso la donna che si era avvicinata e gli camminava
incontro.
“Ma
come siamo audaci, Granchio.- Sorrise civettuola lei. -Mi
presento: sono Helene del Destino
irrisolto.” E lo schivò per andarsi a rifugiare
fra
i
suoi compagni continuando a stuzzicare DeathMask.
“Smettila
Helene, non siamo qui per una visita di cortesia.”
“Oh
Elikonis, il fatto è che sono così patetici...-
Sbuffò
lei canzonatoria. -Che mi è quasi naturale provocarli un
po'.
Non riescono a capire l'errore che sono.” Si
lamentò infine, quasi con amarezza.
“Già,
gonfi d'orgoglio e arroganti, che gran cavalieri quelli di cui si
circonda la Dea Atena! E si crogiolano in questa superbia solo
perché
sono tornati alla vita. Penosi.” Li
sbeffeggiò in
ultimo
proprio Elikonis, cavaliere del Destino luminoso.
“Vi
fate beffa di noi? Con quale diritto? Vi credete forse a noi
superiori? Sentiamo!” Rincarò il Saint del
Capricorno
che di certo non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno.
Però
almeno non raccoglieva la palla al balzo come l'impudente Cancer e
cercava di ragionare quanto più possibile su questi presunti
nemici senza ragioni alcune, almeno per quanto ne sapeva
ora.
La
lama di Excalibur scintillò e vibrò fendendo
l'aria.
“Piano,
piano con quell'arma Capricorn! Un'arma così bella e
preziosa
a stento credo che sia parte del tuo misero corpo morente!”
Affermò il primo dei cavalieri. Lui
al contrario degli altri portava un elmo che gli copriva fino alla
fronte finendo a punta nel mezzo delle sopracciglia. Gli
occhi erano color della pece, così come il suo mantello,
mentre i capelli, lunghi sino alle spalle e non di più,
erano
color dell'ambra.
Shura
sussultò, mai nessuno aveva pronunciato parole
così di
scherno verso di lui... O era incredibilmente forte o era
incredibilmente folle.
“Non
penarti, cavaliere del Capricorno, del resto così come eri
così tornerai per volere delle nostre Dee: morto.”
Shura
preferì non raccogliere l'affronto, ma continuò
volendo
risolvere i suoi dubbi: “Non comprendo il vostro ardire e il
motivo per cui siete giunti in Italia. Che dunque le vostre
divinità
abbiano recato offesa ad Atena?”
Elikonis
prese parola: “Giammai.” E scoppiò in
una sommessa
risata.
“Lasciali
stare Shura, non vedi che cercano la rissa? E ben mi sta.”
Sorrise derisorio Cancer cercando qualcuno che si facesse avanti per
battersi.
“No,- Lo richiamò il
compagno. -Dobbiamo capire perché
ci sono
avversi Death Mask, prima di scatenarci contro le ire di ben tre
divinità sorelle!”
“Mai
una volta che ci si possa divertire. Ma hai ragione...
tzè.”
Concluse
insoddisfatto il cavaliere tornando in retroguardia.
“E
il tuo piano quale sarebbe Granchio?
Far strage di chiunque ti sia d'intralcio?- Chiese Helene, cavaliere
dagli occhi color grano e dai capelli violacei e lisci
-Non pensi di essere un po' troppo debole per aizzare contro simili
sfide? In fondo sei morto ad opera di un semplice cavaliere di
bronzo, o non è così forse?” Lo
umiliò
pungente.
“Qual è
il motivo che vi ha portato qui cavalieri delle Moire? Siete forse
emissari di Hades?” Li interrogò Shura
cercando di
smorzare la situazione. Non
era sulle difensive il Saint del capricorno, soltanto voleva essere
più prudente del cavaliere della quarta casa. In
fondo aveva tutte le carte in regola per andargli contro, ma non le
cause giuste per farlo e quelle aspettava, per poi far mangiare la
polvere a quei dannati. (1)
“Siete
umani quanto noi, che cosa credete!” Sibilò
perfido
DeathMask, che solo aspettava la venuta di quell'emanazione cosmica
tanto potente in cielo quanto a loro ostile, per avere una valida
motivazione contro quegli inconcludenti e sfacciati cavalieri da
quattro soldi. Non
gli importava la ragione, ma certo gli avrebbe fatto pagare con il
resto ogni insolenza a lui rivolta. (2)
“Affatto,
noi abbiamo il fato dalla nostra parte. E il fato benevolo fa di un
uomo un re.” Replicò il
cavaliere dai capelli color miele.
Ci
furono interminabili attimi di silenzio: l'ultimo cavaliere,
anch'egli dall'armatura rosso sangue e dalla splendente chioma
azzurra, ancora non aveva svelato il suo nome e dalla sua bocca
nessun suono era emerso.
Era
stato in disparte sino ad allora, ma si era scomposto per mirare
oltre l'Etna. Lì la bocca del vulcano superava di
maestosità
il cielo nebbioso e che in un solo momento si oscurò per poi
irradiarsi di luce porpora nel bel mezzo.
Si
accorsero dunque i due Saints di Atena che il cosmo divino non
proveniva dal cielo bensì oltre il vulcano e che,
spaventosamente, si apprestava ad avvicinarsi.
Coloro
che si apprestavano ad arrivare altri non erano infatti che le tre
Moire. Forse
con corpi umani, ma tangibili e perfetti anche nella loro vecchiaia,
essendo invalicabili e protetti dal loro spirito divino.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
*rubino
sanguigno: Okay, uno si potrà domandare certamente
perché
le ARMATURE sono di questo colore?
E
quindi ora vi sciolgo i dubbi u.u Allora, si parla di destino, si
parla di un nemico, e si parla comunque della vita (perché
ovviamente nella vita esiste un destino, dopo la morte in teoria
già
c'è un destino assegnato e blabla) quindi.... ho deciso
volontariamente di donare delle armature del colore del sangue... il
sangue è sinonimo di morte, ma è anche sinonimo
di
vita... e del resto il destino è sempre in stallo fra queste
due grandi parole :)
A
quanto pare ne ho presentati quattro di cinque eh (sì, il
quinto, che poi sarebbe l'ultimo...non l'ho presentato apposta) u__u
ditemi cosa ne pensate di questi birbanti birbantelli u.u anche loro
avranno il loro momento di gloria...e dunque la vera minaccia sono
anche loro ù_ù però, ecco, le Moire
sono le
Moire eh.
Ah, e NON sono
cinque i cavalieri ma ben sette... non vi dico ovviamente dove sono
gli altri due.
Per ora sono molto 'frasi fatte/presentazioni fighe'. Ma li affronterò 'al meglio' e saranno mento tronfi e più 'umani'.
(1)e
(2): Allora, anche qui si vede come ragionano diversamente i due
compari ...ve li ho segnati apposta per farvi notare questo appunto e
ragionarci su ;)
Ah,
approposito, il prossimo capitolo è un po' stazionario
dunque se non vi piacerà (poichè parla di Marie
...-insomma è pur sempre un personaggio qualche capitolo a
sè stante glielo dovrò dedicare poichè
fa parte della storia che ho in mente, non perché si creda
tanto importante la cara Pyxis, ma serve ù___ù -)
posso comprenderlo ^O^
E, ultima cosa ma NON meno importante: VI RINGRAZIO DAVVERO
e spero
continuiate ad apprezzare la mia storia. =)
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Capitolo 9 *** -8 Capitolo L'inseguitore e la Preda ***
8
Capitolo
L'inseguitore
e la preda.
Marie
aveva corso a perdifiato verso le coste della Sicilia, salutando in
cuor suo con amarezza quelle terre che tanto aveva aspettato di poter
rivedere negli anni in Grecia.
Già,
anni e anni di duro addestramento per poi vedere con i propri occhi
infrangersi il sogno, la speranza, di tutta la sua vita.
Si
detestò per aver ammesso a se stessa quel banale desiderio,
ben più importanti faccende gravavano sulle sue spalle:
Doveva
marciare svelta verso Atena, il suo aiuto sarebbe stato
provvidenziale se non addirittura decisivo per la sorte dei due Gold
Saints.
Doveva
sbrigarsi e doveva farlo alla svelta, peccato non avere la
velocità
della luce di un cavaliere d'Oro, le avrebbe giovato sicuramente. Il
caldo certo non aiutava la sua folle corsa e più volte
dovette
riprendere fiato, almeno il minimo indispensabile. Si
spronava continuando a correre, avanzando intanto che anche il sole
cominciava a calare e a far scendere la temperatura. La
velocità che riusciva a compiere, fortunatamente superiore a
quella di un cavaliere di Bronzo le permise di arrivare al mare non
troppo affaticata.*
Giunta
al lido adocchiò prontamente la nave finanziata da Saori
Kido, un sorriso le spuntò sul viso: era vicina alla meta.
Il
crepuscolo era alle porte e quella imbarcazione delineata da un
elegante color grigio metallico sembrava risplendere del color
amaranto. Avanzando
sulla terra ferma fece un segno all'uomo, appostato nella cabina del
comandante, per farsi notare.
“Ehi
cavaliere, ma gli altri due?” Chiese poi il marinaio
guardandosi attorno in cerca degli altri Saints.
“È
proprio per questo che sono qui.- Sentenziò la ragazza
accettando la mano dell'uomo che l'aiutò a salire sulla
nave.
-Dobbiamo recarci immediatamente in Grecia ed avvisare Atena.”
L'uomo
annuì: “Sembri trafelata, è forse
successo
qualcosa?” La interrogò poi, procedendo verso la
sala
macchine per controllarne i motori prima di partire.
“Tante...
-Rispose rimuginando- ...Troppe, ma ora non c'è tempo,
davvero... devo avvertire Lady Saori.” E strinse forte la
mano
in un pugno pieno di rancore.
Proprio
mentre si apprestavano ad uscire dalla cabina pronti per la partenza
si sentì un gran boato. Marie di corsa aveva aperto la porta
del vano intercettando il disastro imminente, aveva spinto per le
spalle l'uomo e si erano buttati in acqua prima dell'impatto.
Un
istante dopo quel frastuono il battello era smantellato e andato a
pezzi in acqua. Della
nave non rimanevano altro che resti argenteei inutilizzabili.
Non
c'era stato neppure il tempo di capacitarsi di cosa fosse successo
che un secondo rombo*, forse anche più sordo dell'altro,
aveva
riecheggiato nell'aria disperdendo i resti della nave ovunque.
Tanto
che il Saint di Pyxis, per non ferirsi, aveva dovuto tenere ancora la
testa sott'acqua e così l'uomo, sperando che l'ossigeno non
gli mancasse. Riemerse
poi con il capo fuori dal mare salmastro, respirando subito a pieni
polmoni per prendere più aria possibile. Marie
emise qualche colpo di tosse di troppo mentre con la mano libera si
tirava via i capelli bagnati dal volto sempre coperto dalla sua
immancabile maschera d'argento. Con
l'altra mano cercava di trattenere l'uomo che arrancava in mezzo a
quella confusione improvvisa.
Cercò
di riordinar le idee: cosa diavolo era stato a tranciare
così
nettamente l'imbarcazione? Non c'era nulla di plausibile che le
veniva in mente... Ma
la risposta non tardò ad arrivare purtroppo...
“Ehi
sirenetta che ne dici di uscire dall'acqua, tu e il tuo
amico?” Un giovane ragazzo, non più di
venti-venticinque anni circa
l'aveva chiamata sorridendole sornione e guardandola mentre era
seduto sulla sabbia a gambe incrociate apparentemente tranquillo e
sereno.
Quello
che saltò all'occhio della ragazza però non fu la
beatitudine saccente del giovane, tipica di chi aveva tutto sotto
controllo, bensì l'armatura rossastra che egli portava.
Uscì
dall'acqua, infreddolita e un po' intorpidita per tutto quello che
era successo in così breve tempo e senza una spiegazione
apparente.
Il
marinaio invece, cercava di comprendere cosa gli era capitato e
soprattutto perché della sua bella nave non ne rimaneva
praticamente nulla se non rottami...
“Chi
sei ...- Gli chiese Marie puntandolo. -...Chi siete? Non vi ho notato
quando sono giunta qui ...” E sistemandosi il diadema della
sua
armatura si tenne una mano sul cuore.
Aveva
il sapore salato nella bocca che le pizzicava la gola e le infastidiva
il palato; il respiro ancora non del tutto regolare e il
cuore dal battito accelerato. Ma
non poteva fermarsi a chiacchierare, aveva una faccenda urgente da
sbrigare... Tuttavia aveva avuto come l'impressione che quel tipo
centrasse con l'insolita situazione che si era venuta a creare.
“Piuttosto perspicace, discepola
del cavaliere di Capricorn!- La beffeggiò
lui , alludendole di quanto poco fosse stata accorta.
“Ero
qui da molto, nell'aspettare la tanto fortunata allieva di
quell'inconsciente, eppur non mi hai notato tanta era la foga di
scappar dal campo di battaglia.” Concluse il ragazzo
accennando
un sorriso ambiguo.
Non
era stata tanto l'accusa immeritata che l'aveva spiazzata piuttosto a
far traboccare i margini della sua mente già stata messa a
dura prova era stato quel presentimento negativo che ne aveva
percepito sulla pelle. In
un lampo tutto le era stato sin troppo chiaro: il maestoso cosmo che
il cavaliere aveva mascherato sino ad allora, venne fuori in tutta la
sua potenza. Marie
dalla gelante sorpresa fece un passo indietro tentennando.
“Tu,- Sibilò
inquisitoria. – Tu chi sei?” Lo
interrogò
la ragazza di nuovo cambiando del tutto il tono della voce e
alterandola, per
la mera scoperta che quel tipo aveva un'energia straordinariamente
vicina a quella delle cinque figure comparse poco prima davanti ai
Saints d'Atena.
“Non
mi hai dunque riconosciuto? E dire che non pensavo fossi all'oscuro
di tutto nonostante la grave colpa di cui ti macchi.” Egli si
alzò dalla sabbia mentre il lungo mantello nero volteggiava
nell'aria torbida alle sue spalle.
“O
forse quegli sciagurati non mi hanno presentato? Oh che
figura.” Sorrise sommesso.
Aveva
lunghi capelli argentati e un volto dai tratti tipicamente inglesi,
era alto non più di un metro e ottanta e i suoi occhi erano
color dell'ametista. Uno strano elmo sempre del colore del papavero
contornava il capo del ragazzo. Il
suo cosmo si espandeva prepotentemente al contrario
dell'atteggiamento serafico e pacato del giovane; quell'energia che
scaturiva sembrava di egual misura a quella di un cavaliere d'Oro.
Dunque chi era?
Marie rimase vigile e squadrò l'individuo
mentre si strinse le gambe, ancora bagnate e dal vento irrigidite.
Era un vento strano -ora che ci pensava- sembrava iniziare da un
unico punto e convertire tutta quell'aria in un solo posto.
Sapeva
di non avere nessuna possibilità contro quel tipo e
francamente non riusciva a comprenderne il tanto odio che sprigionava
il suo cosmo. “Sono
uno dei sette cavalieri delle Moire, il mio nome è Jonah del
Destino implacabile, del vento portatore.- Un sereno sorriso
apparì
sul
volto del ragazzo.
“E
sono qui per recidere personalmente la tua vita. Hai giocato con la
sorte, ma la sorte prevale sempre su degli umani inetti.” La
sua voce risultò potente e con uno slancio si
scaraventò
su di lei. Il
Saint di Pyxis fu lesta nello scansarsi dalla mira, ma
ruzzolò
per terra, poco lontano dagli scogli. D'accordo, aveva compreso che
le intenzioni di quell'essere non erano pacifiche... Ma ancora non
aveva afferrato il perché!
Con
un cenno delle dita fece allontanare l'ignaro marinaio, che si
nascose senza indugi. Del resto le pareva che Jonah ce l'avesse con
lei, quindi le sembrò appropriato non mettere in mezzo chi
di
cosmo o cavalleria ne sapeva ben poco.
“Ma
che cosa vuoi insomma?- Chiese Marie con una punta di
ingenuità,
alzandosi dalla sabbia. -Non colgo la ragione del tuo rancore! Non ti
conosco e non ti ho fatto nulla eppure mi infami con calunnie
sull'onore e sul mio dovere di cavaliere... Non sono scappata, ho
eseguito degli ordini!” Forse era per il carattere appreso
dal
suo maestro, ma non permetteva che di lei si diffamasse su valori
come l'onore e il proprio orgoglio.
Rimessa
di nuovo in piedi si mise in posizione d'attacco.
“Non
è che mi cambi qualcosa a me, piccola. -Un grosso mulinello
si
frappose proprio fra i due, alzando sassi e granelli di sabbia.
-Sempre e comunque dovrò ucciderti poiché il fato
che
hai percorso è stato sin troppo clemente e non era quello a
te
destinato.” Il
cavaliere dalla capigliatura argentea con un solo dito fece ruotare
quel vento che vorticò ostile addosso alla ragazza.
Il
contraccolpo la prese alla sprovvista, era del tutto superiore a lei.
Un rivolo di sangue le uscì lungo il collo e sul braccio
sinistro. Sicuramente il taglio di qualche sassetto appuntito preso
via dal turbine di vento. Fosse stato quello poi il dolore! Si
sentiva disorientata dopo aver girato vorticosamente in balia di
quell'attacco. Solo
una cosa però la manteneva in equilibrio: poteva dunque
morire
solo perché egli era più forte?
Che
scusa maldestra sarebbe stata! Almeno cercare di contrattaccare alla
sorte che quello sconosciuto le stava infliggendo sarebbe stato un
valido motivo di vanto e dignità a se stessa: “North
cardinal point!” Urlò Marie mentre la breccia
proveniente dal suo braccio si scagliò sul turbine e lo
tagliò. Non lo eliminò, ma lo fece decisamente
più
debole. Il
cavaliere del destino era però rimasto a contemplare quelle
saette di luce senza nemmanco spostarsi dal centro della mira.
“Carino
l'attacco, cos'è ora dovrei desistere dal mio compito per la
tua bravura?- Si intenerì l'inglese. -Aspetta, o forse
dovevo
impressionarmi?” chiese con sincero dubbio.
“Non
ho molto da dire, solo una missione da svolgere e in più
fretta possibile.” Rispose lei.
Jonah
non stava usando neppure due terzi della sua forza e ciò
nonostante era chiaro quanto il distacco fra i due fosse grande.
Poi
alla ragazza le balenò una domanda nella mente:
“S-sei
tu dunque quello che ha causato il cedimento della nave, con il
potere del vento?” Chiese con voce stranita e piccata.
“E
se anche fosse?- Rispose lui mirando dietro di lei il tramonto ormai
al termine oltre il mare. -Ho solo fatto il mio dovere, non
permetterti di andartene dall'isola, pertanto...”
“Che
cosa?- Si scompose lei puntando bene i piedi al suolo.- Ci sono due
cavalieri d'Atena, due grandi cavalieri che rischiano la vita e tu mi
intralci la strada per l'unico aiuto che posso offrirgli? Chi diamine
sei, come puoi aver distrutto un battello e che cosa
vaneggi?” Disse a raffica con emozioni scalpitanti che le
aveva dettato il
cuore.
“Ma
come? Ti burli di me a tal punto? Possibile non conosci il motivo per
cui le mie Dee sono così infuriate con i cavalieri d'Oro?
È
sciocca a tal punto la vostra divinità da non avervi detto
il
pericolo imminente in cui vi ha cacciato per il proprio
volere?”
La
ragazza digrignò i denti: con quale diritto parlava male di
Atena? Stava
perdendo tempo inutilmente, però in qualche modo la sua
razionalità le imponeva di non rischiare troppo con quel
cavaliere a lei del tutto estraneo e di non farlo tacere...
Il
suo cuore le rimbombava pauroso nel petto: era da sola contro un
cavaliere, fedele alle tre antiche divinità del fato, che
aveva la briga di ucciderla...
Il
mare calmo adagiava le sue onde sulla riva, tanto da far contrasto a
quel cinetico scontro fra i due cavalieri.
“Parli
del destino, ma non ho la minima idea di cosa vai blaterando.”
Una
risatina la sorprese, voleva spiegazioni non insulse derisioni
dell'avversario: “E dire che se non fosse per quel povero
sciagurato del Capricorno tu giaceresti fra questi luoghi come i tuoi
poveri compagni.” Si riferiva per caso all'assurda tragedia
successa ai suoi amici? Lei doveva essere morta lì con loro?
Come si permetteva di dar dello sciagurato al sommo Shura? Ma
soprattutto cosa diavolo stava dicendo?!
Al
buio della sera, l'armatura color rubino del cavaliere delle Moire
pareva diventare ancor più sinistra ed una sorta di bagliore
sembrava stendersi sulla figura del ragazzo per volere della luna
crescente.
Ad
un tratto però una parte di cielo s'infiammò di
un
colore luminoso, proprio vicino all'Etna. Se
ne percepiva sempre quel cosmo potente, ma Marie aveva già i
suoi crucci per comprendere appieno l'estremo pericolo che si
avvicinava al suo maestro e al cavaliere del Cancro.
Contemplò
quella frazione di luce, anche se distante dalla costa, pregando la
Dea Atena.
Fino
a quando Jonah, alzando gli occhi al cielo, non prese nuovamente
parola: “Ti
vedo sconvolta, dunque quello che mi hai riferito è la
verità:
nulla sai del blando destino che a causa di quello sciocco tornato in
vita non si è avverato,- Prese una pausa avanzando
lentamente
verso la riva -Ma questo certo non ti fa meno indegna della vita di
cui ancora puoi vantarti.” E detto ciò un vortice
molto
più forte del precedente -anzi quel piccolo mulinello di
prima era stato solamente un assaggio- fece per scagliarsi e
imprigionare la ragazza.
Era drasticamente
spacciata. O pregava la sua Dea che la salvasse o imparava alla svelta
un contrattacco
assurdo... ma in così breve tempo non c'era scampo. Lo
sapeva.
“Non
volermene, avrei preferito battermi con uno del mio livello, ma gli
imprevisti come te vanno levati subito di mezzo: Relentless
whirlwin...*” Ma il cavaliere del destino implacabile non
finì
mai quel suo attacco.
Due
braccia forti la teletrasportarono poco più in
là, su
degli scogli rocciosi.
“Voi?”
- - - - - - - - - -
- - - - - - - - - - - - - - - - - -
Eccoci giunti a
fine Capitolo! Stavo pensando che Marie non è mai stata
descritta fisicamente (cioè, per esempio i capelli o
l'altezza... gli occhi invece sono grigi), ma per ora non ha fatto
nulla d'importante dunque non mi sembrava il caso di descriverla
troppo. Le informazioni fisiche arriveranno pian piano, non volevo
piazzarle così come una presentazione xD
*affaticata:
ebbene, a quanto ho letto e ne so, i cavalieri d'argento possono
raggiungere (quindi muoversi) alla velocità del suono o di
più
ma comunque mai quanto i cavalieri d'Oro. Per di più
dobbiamo
pensare che Marie è appena un cavaliere ed è davvero spossata, quindi includiamo
anche questo e capiremo che anche se tante miglia magari le avrebbe
potute fare in poco tempo, ci mette un po' di più (uhm,
spero
d'essermi spiegata! Per qualunque chiarimento ditemelo xD)
*rombo:
Il vento Crea un vero e proprio rombo sordo quando increspa le onde
del mare (quindi sì, è per merito di Jonah)
*Relentless
Whirlwind: letteralmente= mulinello d'aria/turbine implacabile. Tanto
perché si è in tema.
Non
si comprende il motivo VERO E PROPRIO perché il cavaliere
l'attacca? Ed anzi, sembra non
avercela con lei piuttosto della gran colpa di cui si è
macchiato Capricorn (?) o meglio i cavalieri d'Oro (ma quali? Eh.)
e la Dea Atena...
Uhm,
mi sono accorta che il capitolo è un po' stazionario -molto
fermo- però non vi preoccupate mi serviva uno stacco su dove
stesse Marie , il prossimo capitolo sarà invece dedicato a
quei
due ;) Vi ringrazio ancora e nuovamente per i bei commenti e spero di
non avervi annoiato -ciò è molto probabile, con
questo capitolo LoL-
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Capitolo 10 *** -9 Capitolo Aiuti e Premesse ***
9
Capitolo
Aiuti
e premesse.
Un
chiarore improvviso l'avvolse delicatamente. Si ritrovò suo
malgrado stretta per le spalle da due mani forti che la sostenevano.
“V-voi?” Chiese
meravigliata ritrovandosi su degli scogli poco lontani dalla
riva.
“Ogni
cavaliere d'Atena è importante ed il dono della vita, con
cui
ci ha ripagato la nostra Dea, in nessun modo deve essere negato da chi
del valore di essa si burla.” Sentenziò posato, ma
non
per questo meno convinto, il cavaliere di Aries dall'alto della
scogliera. Erano
parole di dissenso quelle, seppur miti e misurate, al gesto che il
cavaliere delle Moire stava compiendo.
“Mu,
dell'Ariete giusto?- Alzò la testa per osservarlo di bieco.
-Perché ti sei messo in mezzo? Non eri nei
piani...” Contestò rigido Jonah.
“No,
non era nei piani che un verme potesse attaccare una donna neocavaliere
piuttosto
che un suo pari!- Si infuriò il cavaliere accanto
al
Saint dell'Ariete. -Stai
bene? Dove sono il tuo maestro e il cavaliere di Cancer?”
Domandò sempre il Greco con un certo timore negli occhi per
via dei suoi compagni assenti.
La
ragazza, ancora tenuta per le spalle dal gentil cavaliere della prima
casa,
un po' frastornata rispose: “I- io... sono qui da sola, i due
cavalieri d'Oro sono nelle vicinanze dell'Etna, rispettabile
Aiolia.”
I
due Saints annuirono, poi Aries le lasciò le spalle libere:
“Come c'aveva detto la Dea Atena, siamo arrivati in tempo
dunque.”
“No, no, grande Mu!- Farneticò lei,
mentre il cavaliere aveva innalzato una barriera col suo potere -Sono
in pericolo! Loro sono in pericolo, ben più grande cosmo
deriva dal cielo! Accorrete dal mio maestro, vi supplico!”
Aiolia
la guardò, mentre un tiepido sorriso gli spuntava sul volto:
“Sei molto devota a Shura vedo, ma non ti preoccupare sono
pur
sempre due Gold Saints e venderanno a caro prezzo la loro
pelle.” E le si mise davanti.
“Cavaliere
non comprendete! C'è un gran cosmo che...”
Replicò
audace, ma sinceramente preoccupata Marie. Un
capogiro però la prese alla sprovvista e così si
ritrovò a farsi forza sulle gambe per issarsi e non crollare
miseramente.
Era
debole e stanca, forse non lo dava minimamente a vedere, ma in cuor
suo tutto ciò che era successo l'aveva completamente
stravolta. Tutti quegli eventi, uno dopo l'altro, l'avevano turbata
nel profondo... Mu
tuttavia se ne accorse e, abbassando la difensiva del suo muro di
Cristallo, si chinò sulla giovane: “Non
preoccuparti
Marie, Atena sa già della grave minaccia che
incombe.” Con molta grazia la prese sottobraccio mentre il
volto della
fanciulla celato dalla maschera andava a posarsi sul coprispalla
destro dell'armatura di Aries.
“Sai
quanto ha a cuore la sorte di ogni suo cavaliere e vuole che al
più
presto tu la raggiunga per darle chiarimenti su quello che hai
visto.” Resosi
conto poi, che così non avrebbe convinto lo spirito
irrequieto
della ragazza, aggiunse: “Non è forse quello che
vorrebbe il tuo maestro?” Lei tacque. Sì, aveva
ragione. Doveva raggiungere quanto prima la Grecia, quello solo
l'unico ordine intimatogli dal Capricorno. Assentì,
un brivido le corse lungo il braccio... Era paura quella. Mu rivolse
il capo al cavaliere del Leone che continuava con i suoi colpi a
recidere quel vento a loro ostile a opera dello strano individuo dai
lunghi capelli argentati.
“Occupatene
tu amico mio. -I due si guardarono per un attimo ed era come se fra
quegli sguardi si ricongiungesse una silenziosa promessa.* -Andiamo al
Grande tempio.” Detto questo scomparve in un gradevole
bagliore
di luce con il cavaliere di Pyxis.
Sugli
scogli in cui poco prima sostavano altri due cavalieri, l'unico rimasto
era il
Saint di Leo.
“E
quindi dovrò battermi con te?” Chiese con tono
fermo e pacato Jonah.
“A quanto pare.” Rispose Aiolia prima di
sferrare un secondo attacco.
“Dimmi
solo perché lo fai: la vita ti è così poco cara che t'armi in una battaglia che non t'appartiene?” Concluse mellifluo il
cavalier
dalla rossa armatura.
✾
Tre
donne dalla giovinezza ormai spenta, ma non per questo meno divina,
comparirono davanti agli occhi increduli e attoniti dei due
cavalieri d'Atena. Dalle
tre pareva uscire un cosmo mitico pur essendo in tutto e per tutto
umane sotto lo sguardo attento di chiunque. Dunque
si erano incarnate appositamente in delle donne dalle parvenze a lor
simili per decretare il loro destino. Si erano scomodate
così
tanto solo per conferire la morte di alcuni cavalieri? A tal punto
andava il capriccio di una divinità di voler appagare la
propria vendetta scendendo sulla terra?
Se
le prime due sembravano statue greche tanto era la
familiarità
nel loro spirito a qualcosa di perfetto ed etereo, l'ultima nel
grigiore pallido del suo viso sembrava una maschera ghignante
più
che una donna e s'apprestava a dar parola al pensiero di loro tutte:
“Atropo è il mio nome, colei che non si
può
evitare! Mio il compito di recidere la vita di gloriosi e insulsi umani
che han
finito il loro precario destino! E voi, cavalieri di Atena avete
varcato le porte di Ade per poi non farvi ritorno. Questo è
un
torto al fato e a noi che ne rappresentiamo il sacro ordine!”
I
cinque cavalieri del Destino erano ancora chinati quando le tre
divinità si frapposero fra loro e i due Gold Saints. Per
un attimo il gelo che infestò l'area circostante divenne
persino più forte del caldo afoso della regione italiana.
Era
sera e quella luna, specchio di una futura guerra, sembrava osservare
l'inizio di una nuova battaglia.
“Siete
stata voi a causare questo?” Chiese azzardando Shura, che
certo
non aveva dimenticato con l'arrivo dello sconosciuto nemico tutta la
catastrofe causata dall'Etna. Capricorn lo chiedeva poiché
la riteneva un'ipotesi possibile; in fondo erano le divinità
del Destino e in qualche modo il suo lato umano si rifiutava ancora
di credere che ciò che era avvenuto fosse opera della
natura. Che quella sofferenza che celava in cuor suo la sua allieva
fosse
solo la sventurata volontà di una natura vendicativa..?
La
sgraziata risata che riecheggiò solitaria, divenne la
risposta che
cercava: “Le nostre reincarnazioni hanno causato presagi e prodigi di vita e di morte, cavaliere. E quale miglior posto, se non dal ventre caldo dell'Etna, potevamo mai sorgere? La morte ci accompagna, sconquassa l'aria intorno a noi...- Inclinò leggermente il capo, mentre le mani si muovevano lente. -E un'eruzione è un pregio, miete il Destino al quale io ambisco. Porta al mio cospetto tante insulse anime da recidere.”
Dichiarò
sprezzante, ma
con determinazione Atropo.
“Però...- E in quel
momento sembrò calmarsi il vasto cosmo che
derivava
dalle tre divinità. – Voi, voi cavalieri redivivi mi siete d'intralcio. Io
stabilisco l'ordine delle cose, l'ordine del mondo attraverso il
destino inconfutabile e da quando siete tornati a nuova vita voi siete
solo un ostacolo all'adempimento del doveroso viaggio
umano... Siete una stravaganza. Un'insolente sporcizia.” Parole autoritarie e crude quelle che uscivano dalla
sorella
più
anziana.
“I
sentieri di una vita di un uomo sono quelli di nascere, di vivere ed
infine di morire per mano mia... Sono io, colei che recide ogni vita
giunta al termine! E voi avete infranto questa legge!”
“Siamo
tornati in vita grazie all'intercessione di Atena, vi brucia a tal
punto che abbiamo scampato la fossa?- Chiese spudoratamente DeathMask. -Del resto, siamo marciume... quindi qualche umano in
più, qualcun altro in meno... Cosa vi cambia? Cos'è tutto questo
interesse? Cos'è... temete noi cavalieri d'Atena?
Ridicolo!”
Shura
lo fulminò con gli occhi, non era certo l'ora di fare
l'arrogante!
“Affatto, cavaliere del Cancro.- Le rispose
sogghignando la donna. -Anche voi non siete altro che precari umani.
Ma il torto che ci ha fatto la vostra Dea non è cosa da
poco!
Il vostro tempo, a opera del Destino, da molto tempo è
segnato...” Un guizzo del cosmo delle tre potenti Dee del
Destino risaltò per tutto il territorio circostante;
esclamarono insieme: “Da tempo voi dovreste essere morti, le
vostre membra in mano agli avvoltoi, la vostra vita recisa!”
Un
brivido percorse la schiena del cavaliere di Capricorn. Non temeva la
morte. Era pur sempre un eroe, un Saint pronto a morire per Atena... Ma
quelle parole lo scossero e lo turbarono.
Death
Mask gli sussurrò derisorio: “Non mi alletta,
sinceramente, la richiesta di questa signorina.”
“Non
prendetela sul personale... è solo il mio dovere.”
infierì Atropo.
“Voi
dovete morire, voi cavalieri d'Oro e tutti quelli che a causa della
vostra inutile vita non sono morti.” Cancer non capiva a chi
mai si stesse riferendo, ne aveva ammazzati pure troppi lui.
Però rispose col suo solito
saccente
sarcasmo: “Ah no, di nuovo con un piede nella fossa, bella
merda!”
Mentre
a Shura mancò un battito... Con un piede indietro era
già
pronto ad allontanarsi. Aveva
sussultato a quella minaccia, a quelle frase colma d'odio... Aveva
pensato immediatamente a Marie. Non
che si arrendesse all'evidente morte a cui doveva soccombere, ma
mettere di mezzo lei... No, non se lo sarebbe perdonato un nuovo
errore seppur non voluto.
La
sua stessa vita causava la vita della sua allieva.* -Pensò.-
Del
resto la ragazza stava partendo per l'Italia se lui non fosse risorto
grazie alla benevolenza della Dea Atena... Sì, sarebbe
tornata in Sicilia e ...No, non voleva crederci! Stava
farneticando troppi pensieri nella sua mente! Sicuramente Atropo non
si riferiva al cavaliere di Pyxis!
Strinse
i pugni e serrò la mascella stretta.
“A-ah,
dove vai, Cavaliere?” Gli intimò la seconda
sorella:
Lachesi colei che svolgeva il destino degli uomini e che non aveva
fiatato fino a quel momento. La sua voce era soave rispetto ad Atropo e
sicuramente più docile. Sembrava persino rammaricata di
essere
lì.
“Ah
capisco, ovviamente vuoi andare a cercare la tua discepola, colei che
pur non sapendolo hai salvato dalla furia violenta del vulcano...
Sì
Capricorn, restando in Grecia tu le hai salvato la vita. Vita che
doveva invece spegnersi pochi giorni fa, ma che ora...” I
suoi
occhi erano colmi di compassione. Quelle
iridi chiare si riflettevano nella notte scura che inesorabilmente
scendeva: “Mi dispiace” Aggiunse, poi si nascose
nella
penombra.
Atropo,
che fra le tre sembrava quella adirata,* prese parola:
“L'abbraccio
della morte non risparmia nessuno, il Saint della Bussola sarebbe
dovuto morire, date le circostanze purtroppo ha vissuto più
del dovuto, ma ora finalmente il suo fato è
giunto.”
Shura
rimase a quell'affermazione, che Marie fosse..?
“Perciò,
non hai motivo alcuno d'affliggerti, il cavaliere che ho mandato a
prenderne la vita sarà presto qui, giusto il tempo di
mettervi
alla prova... La rivedrai molto presto non crucciarti. Ma non in questa
vita. ” Non
c'era stata ironia in quella dichiarazione, aveva pronunciato quella
frase con tono banalmente disinteressato.
Ma
Shura al contrario fremé, chinò la testa e
socchiuse gli occhi, cercando una calma interiore che non c'era. Per
vincere bisogna essere forti, ma con l'animo turbato... L'avversario
ha sempre qualche chance più di te. Questo
lo sapeva bene lui che lo ripeteva spesso durante gli allenamenti
a Marie.
Pensò:
“L'ho mandata incontro a morte sicura; è
appena
un
cavaliere, una ragazza...” Gli lacerava il cuore quel dannato
senso di colpa! Che fosse destino che prima di morire scoprisse
sempre cose spiacevoli per cui sentirsi miseramente colpevole? Che
destino
crudele
allora...
Ma
una voce lo riportò alla realtà:
“Shura!
Dannazione non farti plagiare il cervello da questa becchina! Se la
ragazzina è morta questo vuole dire che devi rassegnarti? Eh
diamine, forse ci rimetteremo la pelle, ma che sia mai che il destino
ci impedisca di vivere solo perché lo dice qualcun
altro!”
Quell'esortazione
lo colpì davvero: era vero... C'era da sempre chi diceva che
il destino era già scritto, ma lui preferiva credere a
quell'altra versione, quella in cui si spronava a costruirselo con le
proprie mani... Alzò
il capo e pregò: che Atena fosse con lui! Poi
annuì al
compagno.
“E
che sia chiaro, te lo dico solo perché mi servi qui, tu e la
tua maledetta spada.” Concluse Cancer con un sorriso folle,
come
solo Death Mask poteva permettersene, andando all'attacco...
Menas
s'era fatto avanti dopo che le divinità del destino si erano
momentaneamente congedate lanciando una limpida dichiarazione di
guerra contro i cavalieri e la stessa Atena. Ancora
una volta a quella Dea che si era schierata dalla parte degli uomini.
La grande Dea dall'animo misericordioso che doveva e voleva
fronteggiare il nemico dell'uomo. Anche
Therapon avanzò lungo il terreno, lo scontro sembrava poter
iniziare. Gli altri cavalieri del Destino invece erano spariti e con
essi i loro cosmi.
Shura
accennò un debole sorriso riconoscente al Saint del Cancro.
In
fondo, fino a che la situazione era in quello stallo, poteva pure
fidarsi di quel cavaliere... Sarebbe stato un valido alleato.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
L'espressione
un po' sopra le righe di DeathMask (sapete tutti a quale frase mi sto
rivolgendo u.ù) non è un cliché tanto
per. X°
Sarà che nelle bozze avevo scritto così e
ripensandoci solo al cavalier del Cancro potevo far pronunciare una
frase così...ve lo immaginate Shura? No, ecco, manco io O_o'
-okay , non ditemelo, così mi son mandata a puttane l'IC che
avevo su Death, eh? ç__ç- galanteria, amica mia,
perdonami... t'ho dovuto accantonare data la situazione, solo questo.
*promessa:
ovviamente si riferisce al fatto che Mu si preoccupa per Aiolia e che
spera ritorni, lo stesso equivale per il cavalier del Leone che con
la sua determinazione promette in quello sguardo che farà
ritorno in Grecia :)
*La
sua stessa vita causava la vita della sua allieva:
allora, io spero VIVAMENTE che si sia capita tutta questa parte, SE
così non fosse, ecco un breve coinciso riepilogo: Shura alle
parole di Atropo “ ...E tutti quelli che a CAUSA della
vostra
inutile vita NON sono morti” ha una specie di guizzo che gli
fa
pensare a Marie, siccome poco prima era stato LUI stesso a chiedere
se fossero state le tre Dee a combinare la catastrofe sorta in
Sicilia, allora a quella frase pensa nuovamente alla grave eruzione
vulcanica che ha causato tante vittime innocenti. Tra queste gli
amici di Marie. E del resto -come ho spiegato se non sbaglio nel
secondo capitolo- la ragazza voleva tornare in Italia visto che il
suo maestro era morto... con conseguente che, SE Shura non fosse
tornato in VITA, Marie sarebbe tornata in Sicilia e il suo destino
sarebbe stato QUELLO di morire con i suoi compagni.
*adirata:
che fosse solo a lei -Atropo- così scottante il torto
ricevuto poiché compito suo era di condurre l'uomo alla
morte?
ù__ù
Uhm... il marinaio che fine
avrà fatto? Andrà a 'chi l'ha visto'? No okay, se
ne sarà scappato e se ne sarà andato u.u tanto
perché lui non centra nulla, poverino *le piange il cuore* xD
Okay, okay, ne sto sparando di grosse... Eccomi qui D: sono contenta
che, dopotutto, il capitolo scorso sia quantomeno giustificato e non
tremendo x° ora le cose si smuovono un po'... anche se, visto
che una fan fiction, non scrivo tutto di corsa e vi lascio sempre nella
suspense -se la so creare questo ancora non lo so
ò__ò-
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Capitolo 11 *** -10 Capitolo Chiarimenti ***
10
Capitolo
Chiarimenti
“Lightning
Plasma!” Gridò Aiolia e una scarica di cento
milioni di
colpi lanciati alla velocità della luce
colpì
prima il gran mulinello che versava davanti a lui e poi lo stesso
Jonah.
Questi,
rimasto alla tale potenza del Leone subì i colpi, ma dopo
averne accusati abbastanza reagì contrattaccando con un
altro
turbine di vento. Questa volta dall'aria calda e torbida che
cominciò
a incatenarsi come tante spirali attorno al corpo del Saint.
“Non sono male i tuoi colpi, del
resto sei pur sempre un
cavaliere d'Oro e al contrario dei miei compagni so riconoscere il
valore di un cavaliere del tuo rango... Stiamo allo stesso livello,
vedremo chi fra di noi avrà la meglio.” E alzatosi
in
piedi dopo aver ricevuto l'attacco dell'avversario si godé
lo
spettacolo, osservando quanto avrebbe resistito il giovane.
“N-non...
riesco... a-a resp... respirare.” Pronunciò Aiolia
a
fatica, del resto i vorticosi anelli che gli giravano intorno tanto
procuravano vento caldo e riarso tanto d'ossigeno ne toglievano.
“Lo
so.” Rispose il cavaliere alzando le spalle e rimettendosi
l'elmo che era a sua volta caduto dopo il colpo inflittogli dal
Greco. L'armatura
color sangue del giovane invece era intatta e così aveva
anche attutito il Lightning Plasma. All'improvviso
un fascio luminoso illuminò l'interminabile notte scura.
Splendeva radioso sul corpo del Saint di Leo: era il vasto cosmo
della sua costellazione, il vasto cosmo di un potente cavaliere del
suo valore e che non si sarebbe certo arreso al primo ostacolo. Non
dopo tutte le battaglie che l'avevano maturato al non arrendersi.
Alzò
le mani gridando e le protese in avanti lanciando come prima dei
raggi luminosi per eliminare quel vento infuocato e tagliente che gli
aveva procurato non poche ferite. Una
serie di pugni che, anche se Jonah parve schivarli poiché
era
la seconda volta che li riceveva, non riuscì a non prenderne
almeno qualcuno tanto erano veloci e imprevedibili.
“Dimmi:
perché volevi la morte di quella ragazza?” Gli
chiese
irruento Aiolia mentre con una mano si puliva un rivolo di sangue
uscito da sotto l'occhio. Causato senz'altro dall'irruenza del vento
che, non potendo intagliare quella Cloth dorata con semplice aria e
granelli di sabbia, aveva intaccato le parti in cui non era coperto.
Il
cavaliere del Destino implacabile alzò un sopracciglio.
Malgrado tutto si era ripreso da quella sfilza di pugni, anche se non
senza averne avute delle conseguenze.
“Non
sfuggirà al suo destino!- Proclamò indignato
Jonah. -Sai qual era il suo posto, cavaliere? Doveva marcire qui... Fra
questi cumuli di cenere e lava.” Si fermò facendo
una
pausa giusto per imprimere meglio quelle parole che dichiarava con
vigore.
“Doveva
morire giorni fa, ma invece la comparsa improvvisa di voi cavalieri
d'Oro risorti... non solo ha cambiato la vostra sorte, ma anche quella
del cavaliere di Pyxis che se fosse tornato in Italia come previsto
sarebbe defunto da ormai quasi due settimane!”
Leo
rimase a quella dichiarazione, ma non restò con le mani in
mano, studiando l'avversario per poi attaccarlo nuovamente, disse:
“Non farmi ridere, quanti bambini scampano per loro fortuna a
disastri e disgrazie? Non vedo perché prendertela con una
donna che nulla ha fatto per meritarsi la sorte di un riposo
eterno!”
“Lei doveva morire, punto!” Urlò agitato
l'altro, intanto che anch'egli lanciava l'ennesimo Relentless
Whirlwind. “Ma
cosa puoi capirne tu, cavaliere d'Atena, di Destino e degli ordini
delle mie signore? Non sai certo -e te lo svelerò- che chi
scampa a quelle sciagure non è per caso o per miracolo, ma
perché la Venerabile Atropo ha deciso così il
fato di
quell'uomo...”
“Non...” Nuovamente Aiolia
rimase attonito a quella incontestabile quanto triste verità.
Tutto
era dunque segnato e nulla era una coincidenza? Tutto, o c'era un
limite al Destino?
I
capelli argentati brillavano alla luce di quella pallida luna ed un
sorriso appena accennato si manifestò sulle labbra del
Cavaliere:
“Non ci
credi?- Sibilò con astio. -Tutto è destino,
tutto!
E
questa legge è stata infranta dalla vostra sciocca Dea che
per
avervi al suo fianco ancora una volta ha sfidato il campo alle Moire
stabilito! Atena
è Dea della sapienza, delle arti, della guerra nel suo nobile
intento... Quello è affar suo! Non di certo mischiar le
carte
del destino!
Con
quelle assurde infamie, a parer di Aiolia, lo stava letteralmente
caricando di buoni propositi per spaccargli la faccia. Il
Saint di Leo del resto era tutto fuorché calmo e docile.
Come
un vero Leone, se istigato, era pronto a ruggire ed affilar le zanne
contro il proprio nemico... Nessun
vento e nessuna bufera, tormenta, vortice o tempesta l'avrebbe fatta
franca se si macchiava l'onore o il valore della sua Dea o non se ne
decantava il giusto merito.
“I
cavalieri che han oltrepassato l'Ade e non hanno fatto ritorno,
periranno così come è giusto che sia e quella
sventurata ragazzina, suo malgrado, si è ritrovata partecipe
della situazione.- Si riferiva al cavaliere di Pyxis. -E
morirà
anche lei.” Erano parole ferme quelle, parole che non
permettevano una replica, ma solo una rassegnazione.
“Noi
ci siamo recati nell'Ade per aiutare Atena, se dobbiamo morire solo
perché ci è stata concessa una seconda
opportunità
dalla nostra Dea protettrice invece che la morte allora non l'accetto!
Non accetto che dobbiamo
soccombere solo perché non siam stati vigliacchi nel tirarci
indietro, ma anzi abbiamo aiutato i cavalieri di Bronzo a salvare la
nostra Dea!” Ci credeva in ciò che diceva, tante
le
virtù di cui era in possesso il gran cavaliere della quinta
casa, fra queste il valore e il coraggio.
“Calunnie!
Tiri avanti nobili cause di cui le Moire sono a conoscenza e che non
centrano nulla con il torto subito! Sappiamo la gran lotta fra Hades
e Atena e vi fa onore e gloria l'aver voluto sino alla morte
proteggere la vostra divinità! Ciò di cui si
rammarica
Atropo è l'aver fatto tornare in vita coloro che erano
già
morti prima della grande guerra! Loro, loro dovevano rimanere
morti*... E anche il fato riservato a quella ragazza sarebbe stato
diverso...” Jonah di certo non era di meno però e
con
quanto fiato aveva in gola accusò nuovamente Lady Saori.
Il
cielo era tinto di nero, ma sicuramente sembrava essere più
sereno dei
due
cavalieri che con armi alla pari si combattevano. Il
fioco cosmo dei suoi compagni sentì Aiolia: erano lontani,
ma
quell'energia che legava entrambi i cavalieri ad Atena ne
colmò
il suo cuore pieno di tensione.
“Che..?” Era
più complicata del previsto la faccenda.
“Vuoi
che sia più diretto?- Domandò irritato il
cavalier del
Destino implacabile mentre entrambi continuavano a battersi ferendosi
ad ogni colpo dato con maggior forza. -E che sia! Se il cavaliere di
Capricorn fosse deceduto e mai più le sue membra ricomposte,
la sua allieva sarebbe giunta in Italia: avrebbe riso, sofferto,
pianto, così come tutti gli esseri umani... E per mano delle
ceneri di questo vulcano sarebbe deceduta... Ora ti è
chiaro?
Non sono state le Moire a procurarne l'eruzione, ma certo è
che
qui lei doveva morire! E sai cos'altro?...”
Contrastò
l'ennesimo attacco del Leone, il quale sembrava in
difficoltà
dopo l'ultima gran folata di vento freddo e ostile.
Difatti
per il gran vortice glaciale Aiolia si ritrovò a regredire
di
alcuni passi sul terreno, finendo quasi con metà del busto
dentro l'acqua del mare. Per
un istante però, sembrò fermarsi quella gran
tormenta
che il gelo nordico ricordava, forse solo perché Jonah si
era
rizzato su se stesso chiudendo gli occhi e mirando col capo verso
l'Etna.
“Ed
ora perché ti sei fermato? -Disse Aiolia strofinandosi gli
occhi che nel buio avevan lo splendido color pervinca. -Dimmi, ti sei
già
stancato di lottare? Sono qui io e ancora non ho utilizzato gran
parte dei miei colpi migliori!” Tuonò a gran voce
sincero il cavaliere, il
lungo mantello opaco pregno d'acqua salmastra.
Calò
il silenzio: secondi di pura agitazione pervasero l'animo del
cavaliere di Leo. L'altro
invece era rimasto immobile nella sua posizione senza battere ciglio:
era stato richiamato all'ordine telepaticamente dalle sue Dee.
Poi
mosse impercettibilmente gli occhi e con grazia decretò:
“E
allora, ragazzo di Atena Cavaliere, la prossima volta che ci
rincontreremo Tu mi dirai il tuo nome ed Io il mio. E se d'intralcio
alla mia missione mi sarai ti toglierò di mezzo”.
Aiolia
corrugò la fronte guardandolo: “Non vorrai
abbandonare
il duello ora?” Era più una supposizione che
altro, ma
era anche la risposta giusta.
“Ci
rivedremo, stanne certo...! Il tuo cuore è nobile e non ho
voglia di ucciderti solo per mio stupido e insolente capriccio. Devo
portare negli Inferi solo coloro che devono morire poiché a
quel
regno già appartengono, tu non centri.”
Fu
come una coltellata in pieno petto, il Greco pensò:
“Ma
mio fratello sì!” E nulla era più
importante e triste che
perdere ancora quel fratello che tanto aveva odiato in passato quanto
amato, venerato e poi piangendo voluto amaramente indietro.
Jonah
stava scomparendo in quel turbine d'aria quando Aiolia glielo disse,
perentorio: “Allora la prossima volta, quando le Moire ti
permetteranno di combattere, conta che dovrai passare sul mio
cadavere prima di portare a termine il tuo compito”.
Era
certo che un sorriso si fosse dipinto sul volto quieto del giovane
inglese, ma ben più importante incarico ora doveva assolvere
il cavaliere del Leone.
Cercò
alla ben meglio di medicarsi le ferite e corse verso i suoi compagni
che, ne era sicuro, non avrebbero mai ammesso di aver bisogno di lui,
ma a gran voce ne chiedevano l'intervento.
✾
Un
fascio di luce irradiò una parte della scalinata che portava
alla Prima casa del sacro Santuario di Atena. Marie
si guardò attorno: era davvero sulla grande gradinata che
portava al primo tempio dell'Ariete!
“Ora
dovremmo procedere a piedi, ma prima che ti consenta di attraversare
la mia casa e recarti dalla grande Atena permetti che Kiki possa
aiutarti a disinfettare quelle ferite.” E continuò
a
marciare lungo i gradini. Marie aveva parecchi tagli sul
corpo in cui non c'era la protezione della vestige della Bussola. Si guardò le mani e, provando a serrarle in dei pugni, provò una morsa di dolore. Ora
che l'adrenalina veniva meno anche il suo corpo stanco
sembrò suggerirle di fare come diceva il cavaliere.
“Non
hai perso molto sangue, sono solo di striscio... Del resto il vento
che padroneggiava quel giovane cavaliere altro danno non poteva farti
visto che siamo sopraggiunti noi”
La
ragazza annuì: “D'accordo.- Poi si
fermò un
istante sulle scale. -E grazie Grande Mu, davvero.” Il Saint
di Aries accennò un lieve sorriso per poi spostare lo
sguardo
verso il tredicesimo tempio.
Poche
ore più tardi, XIII casa.
“Le
Moire, Atena?” chiese colpita Marie dopo aver ricevuto la
certa
risposta di Saori al resoconto che la ragazza le aveva fatto di tutto
quello che era accaduto in terra di Sicilia.
“Le
Moire?- Aveva richiesto ancora esterrefatta lei, come a volersi
sincerare di non aver udito male. -Sì, ne aveva accennato il
cavaliere del Destino implacabile... Ma farneticava! Parlava di una
missione e, che voi Venerabile Dea Atena, non ci avevate messo al
corrente del gran risentimento, del gran torto che gli avete fatto...
Ciò non è possibile! Poiché voi avete
sempre agito
per
il bene dei cavalieri e dell'umanità tutta!”
Il
cavaliere della Bussola era ancora in ginocchio quando il Sacerdote
si chinò per parlare sottovoce alla destra della Kido
intimandole quindi di fare un Chrysos Synagein.
Poche
cose erano chiare alla mente di Marie di Pyxis quando uscì
dalla sala, l'unica però che i suoi sensi avvertivano era
l'emergenza e il pericolo che di pena e disgrazia profumavano
l'aria del Santuario. Una
minaccia che nuovamente incombeva. E se ne poteva dedurre dal fatto
che i Cavalieri d'Oro erano stati richiamati e urgentemente avevano
dovuto lasciare le loro case per riunirsi nella sacra sala
all'interno della Meridiana dello Zodiaco.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
*morti:
in teoria uno all'inizio, leggendo questo, può pensare
automaticamente: ma
non è stato Hades
a resuscitar Camus e company?
Sì, appunto. Ma io non parlo della guerra, come si dice...
no,
“nella guerra tutto è lecito”! E quindi
che
tornassero dalle ceneri -o quel che è- diciamo che le Moire
lo
accettano -e poi sono al servizio di Hades anche se indipendenti da
questi- però il fatto è che dopo... sono
“ri-morti”
no? Anzi, quelli erano già morti da un bel pezzo -parlo
sempre
di quelli che erano defunti già prima della guerra- e quindi
quello che non va giù a Atropo ...non è che
Atena ha
chiesto l'intercessione all'Olimpo per resuscitare i cavalieri che si
erano sacrificati per lei. Del resto quelli prima della guerra ERANO
VIVI, (che so...parlo di Mu, di Milo...) e quindi azzerando la guerra
contro Hades, possiamo fare due più due.
Spiego: nella
guerra tutto è concesso, quindi se Atena voleva portare in
vita grazie all'Olimpo i suoi cavalieri...le era legittimo farlo.
Quello
che per le Moire è un torto è il fatto stesso che
abbia
riportato in vita DOPO LA GUERRA (ecco,
ricordate dopo
la guerra)
cavalieri
che SIN da prima della guerra erano già morti -poi
resuscitati
da Hades ma nuovamente morti così come il DESTINO vuole-
(che
gioco di parole!) e che invece la Dea Atena ha riportato in vita
“ignorando” quest'ordine.
Spero
abbiate capito il concetto... ma vabbè, tanto si
comprenderà
anche con i capitoli avvenire... però giusto per darvi
un'idea
base.
Saaaalve
a tutti. Sì, ho farneticato molto sull'asterisco qui
presente.
Lo vedo. Però non riuscivo a spiegarvelo in due righe e
quindi...bah, il concetto è chiaro? *tutti muoiono prima di
leggerlo * oh, emn...okay °w°
Vi ringrazio nuovamente -e
ancora- per le belle recensioni che mi lasciate e spero che anche
questo vi piaccia xD Nel prossimo, beh, sarà tutto
un
po' legato ai cavalieri d'Oro. Spero di non deludervi,
>_<
enjoy!
|
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Capitolo 12 *** -11 Capitolo Credere (Non) è Accettare ***
11
Capitolo
Credere
(non) è Accettare
[La
vita e la morte confluiscono in uno e non c'è né
evoluzione né destino, soltanto essere.]
Albert Einstein
Uno
sguardo di preoccupazione percorse gli occhi di tutti e nove i
cavalieri d'Oro. Sapevano,
o forse temevano quella minaccia. Ne capivano le conseguenze, o forse
volevano essere ciechi, per il bene dei loro compagni, dei loro amici.
Entrarono
nella Sala del Chrysos Synagein insieme. Sì, insieme come
tutte le battaglie che avevano affrontato negli ultimi anni, insieme
come tutti gli
ostacoli che avevano superato. Magari solo per darsi coraggio, magari
solo per tenersi l'un l'altro. Erano
cavalieri, ma ragionavano anche come uomini. Erano eroi, ma nei loro
cuori un brivido si insinuava pericoloso, perché in fondo
erano umani e come tali avevano paura. E
non paura del nemico, ma paura di perdere nuovamente persone care,
solo questo. Il
rumore delle loro armature dorate colpì la sala: quel luogo
avvolto nel silenzio dove li attendevano il Gran Sacerdote e la loro
stessa Dea.
Atena
era veramente preoccupata. Sedeva sul trono con quel solito volto
impassibile e inflessibile da divinità guerriera qual era,
ma
stavolta delineato da un sottile sguardo umano sinceramente turbato.
Pareva quasi sottolineare quel grave pericolo
imminente di cui
doveva avvertire i suoi Saints. Pareva
quasi soffrire di aver sperato inutilmente un periodo di pace e che
l'animo stanco di quei valorosi cavalieri non s'affliggesse mai
più. Le
piangeva il cuore...
Il
Sacerdote la guardò da sotto la maschera: capiva bene quali
sentimenti celava la loro Dea e quali preoccupazioni le oscuravano il
viso. Lei
aveva donato nuova vita ai cavalieri strappandoli dalla sorte
malevola. Li aveva voluti con sé poiché
necessitava
ancora del loro aiuto... O
probabilmente solo perché li voleva al suo fianco, lei
divinità così cara agli umani e che tanto li
amava e
proteggeva! La sua unica pecca era stata l'aver voluto un nuovo
destino per quei combattenti defunti o vinti dalla morte*, ne aveva
avuto bisogno o solamente aveva voluto il loro supporto, il loro
grande spirito e valore accanto a sè. Un
divino capriccio malsano o forse l'ennesima dimostrazione d'amore
verso l'umanità.
Perché
lei era la Dea della guerra, ma anche quella dell'intelletto e da
sempre la giustizia percorreva i suoi passi: non poteva resuscitare i
morti, non poteva supplicare l'Olimpo di vincere i mali del mondo,
così come non poteva salvare i tanti innocenti vittime di
crudeli condanne, però... quegli uomini coraggiosi
che
tanto avevano rischiato per lei, che tanto avevano sofferto per
lei... Sì, mai aveva osato tanto in tutte le volte che era
stata sulla terra per vincere le Guerre contro Hades, ma...
nell'ultima guerra, quel sacrificio perenne di quegli uomini l'aveva
impietosita a tal punto da chiedere l'intercessione di Zeus suo padre
e dell'Olimpo. Creare un
raggio di sole e morire per far breccia nel
muro, morire per una speranza futura, senza vederne i frutti... morire
per permettere a chi, ancora vivo, avrebbe potuto continuare a vivere e
a servire la Dea Atena. Morire senza ripensamenti, insieme. La parte
umana della Dea, Saori Kido, nella sua caparbietà quasi
egoistica, -un'idulgente insolenza-
aveva voluto regalare ai suoi valenti uomini a loro un raggio di
luce... una nuova vita.
Aveva
fatto quel gesto in nome delle Virtù e della Giustizia di
cui tanto era portatrice
nei secoli. E
tanti l'avevano ammirata per quell'affetto verso i mortali,
così
come tanti le avevano puntato il dito contro beffeggiandola di quanto
sporco umano fosse diventato il suo indegno animo... E
fra quegli Dei però, delle Moire non c'era stata l'ombra...
E
mai si sarebbe aspettata un ulteriore pena. Mai avrebbe sospettato se
loro stesse non si fossero manifestate! Inizialmente
in Svizzera, per poi discendere in Italia ed infine aleggiare
diffidenti verso la Grecia incrociando nel loro cammino ben tre suoi
cavalieri . Quegli
oscuri e avversi cosmi che le si erano rivelati una notte e che aveva
stentato a riconoscere. Quei tre cosmi che si convergevano in uno e
che giorni dopo ne percepirono l'orribile negatività anche
il
Sacerdote, Virgo e persino il detentore della prima casa. Lady
Saori al che aveva mandato in missione Capricorn e Cancer di veglia
nel Sud dell'Italia e tutte le sue perplessità erano
purtroppo divenute allarmanti preoccupazioni dopo il resoconto del
Saint di Pyxis.
“Ci
ha chiamato?” Le giunse ferma, ma contratta la voce del
cavaliere di Tauros. Tutti gli occhi impensieriti dei nove cavalieri
scrutavano con silenzioso rispetto la figura aggraziata di Saori.
Lei
si scompose solo un istante: abbassò lo sguardo e diede un
ultimo sospiro prima di parlare con la schiera di cavalieri che le
sedeva di fianco e che aspettava una risposta per quella riunione
speciale. Furono
brevi e coincise le parole del Sacerdote: con calma apparente aveva
cercato di spiegare dettagliatamente cosa era accaduto in Italia e
perché aveva convenuto di dover fare un Chrysos Synagein.
Gli
occhi di Scorpio incontrarono quelli di Aiolos e Camus prima di
posarsi nuovamente sulla maschera del Sacerdote. E
fu proprio Milo, dell'ottava casa detentore, a interrompere quella
breve pausa di sguardi sdegnati e colpiti, se non addirittura
sconvolti: “E cosa ne pensa vostro padre, il sommo
Zeus?” Chiese con convinzione se non quasi con troppo impeto.
La Dea lo
guardò bene negli occhi azzurri e poi rispose al quesito
che
era in fondo quello di tutti i Saints: “Zeus, mio padre, non
può intervenire sul Destino*, le Moire sono l'inequivocabile
essenza della sorte e neanche le Divinità possono nulla
contro
il fato... certo, possono prevenirlo, ma MAI impedirlo.” Si
alzò in piedi brandendo l'imperioso scettro di Nike. Il suo
sguardo era corrucciato, ma lo stesso imponeva risolutezza.
“Quindi,
Atena, vuole forse dire che siamo condannati? Questa è la
nostra sorte? Vedere di nuovo i nostri compagni morire per colpa di
una ignota volontà nemica? Di un capriccio voluto
dall'avversario? Arrendersi?” Infierì Milo
serrando a
pugno la sua mano destra, ma desistendo dall'alzarsi anch'egli solo
per non peccare di presunzione.
Fremeva
adirato, ma alla fine quella sua collera repressa non era neanche poi
così lontana dai sentimenti comuni che aleggiavano scuri nei
cuori dei Cavalieri d'Oro!
Ognuno
con le proprie reazioni differenti certo, così come
differente
era il loro carattere: chi indugiava, chi mormorava e chi scalpitava
dondolando scomposto, chi meditava cercando un appiglio di quiete e chi
cercava invano una soluzione
anche se via di fuga non ne trovava. Ma
tutti avevano una trepidante emozione che li trapassava da parte a
parte: il Tormento. Un
tormento muto e sordo che lacerava l'anima. Finché uno non
azzardò: “Non si può far nulla se non
dichiarare
guerra?”
Era stato Aldebaran del Toro che a braccia
conserte, ma con sguardo vacillante, aveva chiesto prudente nei
confronti del Sacerdote.
Il Gran Sacerdote annuì, mentre
parecchi cavalieri reagivano negando col capo e la si poteva persino
compatire quella avversione alla guerra o almeno quel convinto
ripudio.
Erano
cavalieri, erano prodi combattenti sempre pronti a battersi sino a
dare la vita per Atena. Ma
erano anche stanchi esseri umani che, se vogliamo proprio dirlo per
scherzo del Destino, si ritrovavano nuovamente in guerra
quando
necessitavano ancora di tempo per rimarginare le ferite dell'ultima
battaglia contro Hades. E si parlava di guarire, chiudere e risanare
ferite che avevano non sul loro corpo, ma bensì dentro il
loro
spirito. Quelle più difficili da far scomparire.
Un
vociare distinto s'alzò nella stanza, che però
ben
presto fu interrotto dalla delicata, ma decisa voce della loro Dea:
“Non dichiarare guerra Aldebaran, Accettarla.
Poiché io
vi voglio al mio fianco.” E con questo annuncio tutti i
cavalieri si alzarono. Poi
un sorriso comparve sul viso vitreo della ragazza: “E voi,-
guardò uno per uno i nove guerrieri, come a voler
rassicurare
i loro cuori e le loro pene col suo cosmo soave e docile che piano
prese sempre più consistenza nella sala. -Voi, non volete
perdere i vostri amici, perdere gli affetti che padroneggiano il
vostro cuore e l'amicizia che scorre come un fiume nella vostra
anima...-
Sospirò,
stringendo forte il bastone e dichiarando finalmente la sua
decisione: -Quindi non vi lascerò soli cavalieri
d'Atena, poiché io non ammetto che vi causino ancora
angustia
e sofferenza e farò tutto ciò che è in
mio
possesso per evitare una sorte già segnata.”
Ciò
che diceva non era solo rivolto ai cavalieri morti prima della
Guerra, ma anche ai loro compagni, di cui percepiva il gran legame
d'amicizia che li spronava a non darla vinta a quel crudele Destino
che voleva abbattersi contro di loro.
Marie
era rimasta fuori dalla XIII casa invece, turbata nei suoi stessi
pensieri. Non
si era ancora decisa a scendere tutte quelle scalinate che
l'avrebbero portata all'Arena in cui aveva deciso di allenarsi
nuovamente. Alzò
le spalle e, con ancora l'armatura addosso, osservò vaga
l'orizzonte sperando che il suo maestro e il cavalier del Cancro
fossero sani e salvi. Che il suo pensiero li raggiungesse...
Poi,
a testa bassa, finalmente si decise a percorrere quei gradini che
separavano la tredicesima casa da quella dei Pesci. Le
scale, da sempre ricolme di quel lungo roseto pungente e velenoso,
erano spoglie poiché il suo padrone sapeva della presenza
della ragazza ore prima e anche perché si trovava nella sala
del Chrysos Synagein, luogo fuori dalle mura del suo tempio.
All'improvviso
però il manto di rose cominciò a ricomparirle
davanti agli occhi, segno che il guardiano di quel giardino era
tornato e
una piccola rosellina crescendo le solleticò la gamba:
“Ahi!”
Quella leggera esclamazione risvegliò Aphrodite da quel
torpore in cui era caduto venendo a conoscenza dell'imminente attacco
nemico. Alzò
leggermente il capo e la guardò per un momento districarsi
fra
quelle splendide rose rosse.
“Che
buffa.” Pensò, e un moto di ilarità lo
sorprese,
sempre con garbo e quella vezzosità di cui tanto era affine.
“Aspetta
aspetta, lascia che ti faccia passare.- Disse fra le risate.
-Pensavo te ne fossi andata da un po' cavaliere di Pyxis e invece ti
ritrovo ancora a varcare la mia casa”.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
*morte:
Mi riferisco ovviamente sia a quelli che sono morti a causa di altri
-tipo Shura per colpa di Shiryu- ma anche a quelli che son
“caduti”
nella morte tipo Saga, ecco.
*Destino:
Sì, in teoria nessun Dio può nulla contro le
Moire, se
non appunto affrontarle e fargli capire l'errore che stanno
ammettendo. Ci tenevo a precisarlo poiché,ad esempio vi
riporto una frase scritta sulle Moire: Esse
agivano spesso contro la volontà di Zeus. Ma tutti gli dei
erano tenuti all'obbedienza nei loro confronti, in quanto la loro
esistenza garantiva l'ordine dell'Universo, al quale anche gli dei
erano soggetti.
Vi
ricordate l'ordine/la legge di cui parlavano? Ecco, mi riferivo a
questo. Quindi i cavalieri moriranno? ù_______ù
chissà.
Sì,
è un capitolo un po' fiacco, me ne rendo conto... ma serve
per
dare un punto della situazione e far rapporto...(il prossimo anche se
di stallo, avrà due flashback e parlerà
d'Aphrodite, sì.) >.<
ringrazio
come sempre chi mi commenta o chi mi legge, davvero ^O^ (ho visto nelle
seguite e nei preferiti, GRAZIE MILLE =D)
|
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Capitolo 13 *** -12 Capitolo Il Profumo di un'Amicizia ***
12
Capitolo
Il
profumo di un'amicizia
Aphrodite
le aveva lasciato libero il passaggio però Marie, dopo
averlo
educatamente ringraziato, non se n'era andata. Piuttosto s'era
fermata a rimirare quelle delicate, e al tempo stesso venefiche, rose
scarlatte. O
forse neanche le ammirava davvero, persa com'era nei suoi pensieri:
quanto dolore le aveva offuscato la mente in quei giorni, quanta
amarezza aveva celato nell'animo e quanta sofferenza nascondeva
ancora in quella parte di cuore che aveva portato con sé?
Cosa
la manteneva ancora in vita e non sull'orlo della pazzia? L'esser
forse parte della grande armata di Atena? Volente
o no comunque, non riusciva a proseguire le scale se non prima
d'essersi tolta un dubbio.
Fish,
cavaliere dalla paradisiaca bellezza e dalla chiara capigliatura
azzurra, aveva iniziato intanto a contemplare le sue amate rose,
estraniandosi così da tutto ciò che gli era
attorno, ma
che non lo interessasse particolarmente. Quello
era il suo metodo per disinteressarsi alla cruda e dura
verità
che il Gran Sacerdote e la Dea Atena gli avevano rivelato solo poche
ore prima. Del
resto quale modo migliore di togliere quell'amaro pensiero se non
consolarsi fra quelle rose dal sublime splendore?
“Cosa
fai ancora qui, vai!” Le disse placidamente il giovane,
esaminando dei petali con cura, grazia e sin troppa brama.
Il
silenzio regnò incontrastato per alcuni istanti,
attraversando
il tempio senza che nulla lo interrompesse, se non la furtiva folata
di vento mentre il calar della sera avanzava.
“Non
vi turba neanche un po' che il Sommo Shura e il cavalier del Cancro
stiano combattendo mentre voi, cavaliere dei Pesci, siete qui a
presidiare la dodicesima casa?” Chiese tutto d'un fiato il
Saint di Pyxis, quasi in apnea. Sapeva
che il rispettabile Aphrodite era forse uno dei pochi che
più
conosceva il suo maestro. Quel
maestro che l'aveva cresciuta, le aveva insegnato ogni valore e che
l'aveva presa sotto la sua ala proprio come un padre.
Sì,
il padre che le era sempre mancato...
“Marie
cosa fai qui? Non t'avevo forse detto di allenarti
nell'arena?” La bimba alzò gli occhi e la maschera
argentata
brillò
di quel piccolo faro che era la luna. Sedeva
ranicchiata sulle gradinate dell'anfiteatro con la testa china e le
gambe chiuse. Era
stata una serata uggiosa, ma la pioggia era terminata ormai da un bel
po'.
Tutto però sembrava dormire e tacere nella quiete, solo il
fastidioso canto delle cicale le ricordava che era estate. Poco
più in là due soldati, dopo aver cenato, si
apprestavano a tornare al loro posto di guardia.
Il
cavaliere del Capricorno le si sedette accanto, sui quei gradini che
la notte avrebbe faticato ad asciugare, guardandola attentamente
quasi per voler leggere e comprendere l'animo della sua giovane
allieva. Poi
guardò la luna e le disse: “Non devi essere
triste,
qualunque cosa sia successa non farti mettere i piedi in testa,
capito?- Sospirò. -Hai un carattere forte, ma alle volte
capita
di sentirsi giù di morale.”
“Sono
belle parole maestro... Però io non sono triste, no io...
Pensavo solo che forse non riuscirò a divenire
cavaliere, magari sarebbe stato meglio che fossi rimasta in
orfanotrofio.” Marie
osservò il
cielo, una lacrima solitaria le solcò il viso per poi
scivolarle
sul collo.
Shura
la osservò un attimo, poi si rialzò in piedi
tendendole
la mano: “Non mentirmi, non devono esserci segreti fra
insegnante e allievo. Chi è che ti ha messo in testa queste
strane idee? Lasciali stare, ascolta me.”
Infine
con un tono pacato, ma che non ammetteva repliche, aggiunse
“Non permetterò che dei pensieri negativi solchino
ancora il
tuo spirito. Sii felice, guarda avanti.”.
Marie
prese la grande mano del ragazzo: aveva dieci anni e a
quell'età
tutto sembrava più grande e lontano. Il
sorriso le spuntò sul volto, in quel momento quelle parole
bastavano quanto tutti i baci di Suor Alina prima di andare a letto.
“Domani
mattina ricordami di farti allenare qui, per stasera posso anche
lasciar correre.” La tirò su e s'incamminarono
insieme
verso la decima casa. Fu
in quel frangente che Marie si accorse di quanto era rassicurante la
giovane figura del cavaliere di Capricorn. E
fu sempre in quella circostanza che, vedendo un barlume di buon cuore
negli occhi del suo maestro e una sfaccettatura diversa dal solito, la
ragazzina cominciò ad amarlo. Come
si ama un amico, come si ama un padre.
Perché
se è vero che un padre è colui che ti accoglie
sin
dalla nascita, è anche vero che un padre è colui
che ti
prende per mano e ti indica la giusta via da seguire.
Con
sguardo ferreo, pretenzioso e determinato, però in quello
sguardo troverai sempre chi, in una stretta forte e decisa, ti
rialzerà da terra per renderti una persona migliore.
Avrebbe
ricambiato il favore, un giorno. Che
non era neanche poi così lontano.
Il
Saint di Fish si destò da quella morsa di pensieri, cui
nuovamente era caduto vittima, e la osservò un poco prima di
risponderle disinvolto: “Cavaliere, non sai forse che questa
è
la dimora di cui io sono il custode?- Un sorrisetto mellifluo gli
incorniciò il volto diafano mentre reggeva una rosa fra le
mani. -Non devo preoccuparmi di nulla se non di presidiare questo
tempio.”
In
realtà le parole che aveva appena affermato il cavaliere dei
Pesci altro non erano state che una innocua provocazione, per vedere
la reazione della perfetta allieva di Shura, che non cadeva mai
nell'insubordinazione, che rinnegava ogni ingiustizia e che di valori
e e ideali si vestiva. Tentare era da sempre stato uno dei suoi
passatempi preferiti e quale migliore occasione se non quella di
testare personalmente il carattere tanto schivo di quella
sacerdotessa guerriero? Del resto, con quel suo sfizio, si accertava
della buona fede di quel Silver: se nel suo animo c'era del fegato e
sarebbe stata un aiuto nell'imminente battaglia o solo una
pusillanime di cui fare a meno e che quella fierezza con cui sembrava
accompagnarsi l'algida ragazza altro non era che ego. Ovviamente
Marie non sapeva di essere sotto quell'attenta osservazione, ma
comunque sviava quegli occhi che indiscreti la scrutavano:
“Dunque
non vi rammaricate di ciò che sta succedendo non poco
distante
da qui? Che dei vostri compagni d'armi stiano combattendo per Atena
mentre noi...”
Il
cavaliere dai capelli turchesi però la interruppe con
saccente
sarcasmo: “La verità, Pyxis, è che sei
ancora
provata da quello che è successo nella tua patria,
è
comprensibile ma non giustificabile per un cavaliere del tuo rango,
sappilo.” E si rigirò fra le mani noncurante un
piccolo
bocciolo di
rosa color porpora.
La
ragazza indugiò prima di voler controbattere. Le aveva
insegnato il tempo che mai ad un Gold Saint bisognava rispondere
d'istinto. Sicché in primo luogo non era rispettoso nei
confronti di un proprio superiore, ma soprattutto perché
l'esperienza di un cavaliere d'Oro parlava e non certo l'arroganza;
quindi si doveva prendere con i guanti ogni parola che affermavano.
“Maestro,
perché dovete andare in missione? Non voglio essere lasciata
nuovamente in balia di Catrin*, restate con me, mandateci un altro
cavaliere...”
L'inflessibile
Saint di Capricorn a quelle suppliche abbozzò un sorriso: la
sua allieva era più caparbia del suo stesso segno zodiacale;
ciò non avrebbe cambiato il suo intento, ma le faceva
tenerezza. La
lasciò cantilenare la stessa solfa per un manciata di
minuti
e quando ebbe finito di sistemarsi uscì fuori dalla decima
casa e scese i pochi gradini che lo separavano dalla sua ostinata
discepola. “Allora,
hai perso la chiacchiera, furfante?” La canzonò
perentorio lui, senza accennare a sorridere a quel buffo scatto che
aveva fatto la malcapitata vedendoselo arrivare davanti. E
quel dolce appellativo che le aveva affibbiato così tante
volte, or ora aveva il sapore amaro di un rimprovero di cui non si
spiegava la causa.
“Sommo
Shura, ci ho pensato su... non mi sembra di avervi mancato di
rispetto, davvero! Io... io.. voglio solo che non ve ne andiate...-
Sembrava voler trovare le parole, mentre le piccole mani si
affermavano gesticolando audaci. -...Per favore!”
A
quel punto il cavaliere si soffermò ad osservarla, vedendo
il
pentimento attraverso i suoi gesti e il capo chino come a volersi
scusare, perciò sopraggiunse pacato: “No Marie,
non è
il tuo capriccio che mi ha dato disturbo, -si chinò quel
poco
che bastava per farsi guardare attentamente negli occhi. -Ma devi
capire che come tu apprendi da me degli insegnamenti, anche io ricevo
ordini. E quanto vorrei sottrarmi alle volte! Alle guerre, alle
rappresaglie..! Ma vengo mandato in missione proprio per togliere di
mezzo quelle folli gesta che uomini pieni di rancore compiono.
Ciò
mi sprona a non indugiare e a persistere nella causa della
Giustizia.” Con passo deciso dunque la superò,
mentre il
bianco mantello gli copriva le spalle atletiche adagiandosi candido
sulla schiena: “Atena è sempre con noi,
ricordalo. Tornerò presto.”
E quel giorno la
ragazzina comprese un altro grande insegnamento: anche il suo
maestro, dal carattere così fermo e sicuro, soffriva. Anzi,
era stato proprio il dolore, le perdite e lo struggimento che avevano
plasmato l'insofferente e intransigente Cavaliere di Capricorn.
L'esperienza di un campo di battaglia a stringergli il cuore in una
morsa di ferro, le decisioni sofferte ad averlo indurito. Le
guerre che aveva affrontato, le battaglie che aveva dovuto combattere
nel nome della sua Dea, tutto ciò l'aveva reso
più
freddo e distaccato se non addirittura arrogante. Ma
era il suo modo di proteggersi: in fondo anche lui aveva i suoi
dubbi,* anch'egli alle volte inciampava nel suo cammino tortuoso...
però procedeva lo stesso ritto per la sua strada.
Comprendere
le scelte, quell'atteggiamento impavido e quel volto contratto era
davvero forse l'unica cosa buona da fare.
“Avete
ragione. Non so come siate venuto a conoscenza della catastrofe che
è
sorta in Italia, m'induce pensare che Atena l'abbia quindi raccontato
a voi Cavalieri d'oro. Poco importa, il dolore è mio e me lo
tengo, -parole chiare, coincise e amare. – Ma ciò
non
centra nulla con la mia carica di Cavaliere. Sarei preoccupata per il
mio maestro anche se non fosse accaduto nulla alla mia
gente.”
“Capisco. Dunque sei molto vulnerabile.”
“No
signore. I sentimenti non prevalgono sul mio spirito e non sono preda
delle emozioni, -si rizzò meglio in piedi cercando di dare
un
tono formale alla discussione. -Però non posso certo
dimenticare. E comunque non sempre esternare i propri pensieri
è
un male. Il mio maestro non lo fa, ma io non sono il Sommo
Shura.”
Il
sorriso dipinto sulle labbra del ragazzo si ampliò,
lasciò
la presa da quella profumata rosa dedicandole quel poco interesse che
in breve aveva ottenuto e, alzandosi in piedi, la squadrò
meravigliato: “Mi piace la tua filosofia. Non l'approvo
decisamente, però è una tua concezione di
pensiero e
dunque nulla posso disapprovarti. Alla prova volevo metterti, forse
per mio stupido capriccio in queste ore di noia che ben presto
rimpiangeremo, però mi hai dolcemente stupido ragazza. Shura
ha fatto un buon lavoro con te.”
Di quelle parole si sentì
particolarmente orgogliosa il Silver della Bussola. Però era
rimasta allo stesso tempo attonita e allibita nel costatare che non
solo un presentimento era stato, ma davvero qualcosa di negativo
aveva smosso l'aria.
“Vedo
lo smarrimento nel tuo comportamento tutto d'un tratto. Giusto, che
sbadato, sicuramente Atena non t'avrà ancora riferito nulla.
Meglio così. Quello che sta succedendo sulle rive della
Sicilia non è niente in confronto a ciò che
passeremo.
Ma vedrai che le rose di questo giardino faranno il loro
dovere.-
Marie lo guardò, per poi annuire incerta.
Aphrodite
le diede le spalle e concluse: -Ebbene cavaliere, non abbiamo
più nulla da dirci. Hai una buona linea di pensiero, fa
sì
che nessuno mai la calpesti poiché è una gran
dote. Ed
ora via, che devo occuparmi del mio roseto.”
Per
un attimo la ragazza si chiese se non fosse impazzito per liquidarla
via a quel modo, ma poi comprese: “I miei ossequi cavaliere
di
Pesci. Del resto anche
voi vi
preoccupate di qualcosa.” E detto questo si avviò
verso
le scale. Aphrodite
rise aggraziato. Aveva compreso quel fine doppio senso*: tutto
fuorché non umano era il bel cavaliere di Fish. Certo
perfetto, ma nella sua perfezione giungeva non poi così
lontano l'eco solitario di una pena. Provava
anch'egli sentimenti, tuttavia anche lui tendeva a racchiuderli nel
proprio animo per marcare ancor di più quell'immagine che di
sé donava al resto del mondo. Il
superficiale e narcisista Saint della dodicesima casa, quell'immagine
che bella gli somigliava, ma che mai l'avrebbe eguagliato.
Poiché
il suo spirito e la sua volontà non erano poi
così
precari! Un cavaliere così frivolo mai nella schiera dei
grandi cavalieri d'Oro poteva giungere. Dunque c'era di più
sotto quella maschera di vanità e superficiale bellezza. Di
tanti crimini si era macchiato in passato e la sua anima non
rispecchiava appieno il suo fascino esteriore, eppur la sua maestria
era stata quella di cancellare i tanti errori commessi nel passato
con un gesto eroico nell'ultima guerra. Forse per sfizio, forse
semplicemente per orgoglio. C'era
una sua logica dopotutto, bastava comprenderla. Era una figura
piuttosto contorta Aphrodite, proprio come le sue rose candide, ma
velenose.
Ora
però, il suo pensiero vagava lontano sino ad attraversarne i
mari. E giungendo in Italia si fermava lì, in quella terra,
sostenendo quei suoi sventurati compagni.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
*Catrin:
ovviamente è inventato, non so se si comprenda, ma del resto
se pensiamo ad una donna o pensiamo ad una ancella o ad una
sacerdotessa guerriero. In questo caso non si sa se è una
delle due opportunità.
*dubbi:
mi riferisco al fatto, non so se si possa capire, che Shura
era
ancora sotto il “governo” di Saga -alias grande
sacerdote- a quel tempo, e quindi l'uccisione di Aiolos pensava
d'averla fatto
per Atena -stando nel giusto-, o comunque le missioni che gli affidava
Saga (ma potevano far
sorgere dubbi nel cuor del cavaliere). Però ovviamente lui
pensava di servir la giustizia... spero vi sia chiaro.
*doppio
senso: Se un uomo fosse veramente
superficiale come sembra essere il cavaliere di Pesci, e soprattutto
dice che non si preoccupa per niente SE non di non far varcare la
soglia della sua casa, allora com'è che PENSA, e si
PREOCCUPA
per le sue ROSE? Ecco.
Sì
insomma, ho voluto dare una vena di carattere -interiore- a questo
personaggio di cui si vanta solo l'effeminatezza e la vanità.
Quello
scritto in corsivo come avrete potuto notare sono ricordi di Marie
durante l'addestramento in Grecia con Shura ...spero vi piacciano.
Sono ricordi, ma sono anche chicche
di
ciò che hanno fatto ...così, almeno, non ve lo
immaginate soltanto x'D
Saaalve
ù_ù allora, sì, questo per me
è un
capitolo “caramellato” oltre che anch'esso di
passaggio
-prima o poi mi odierete ...ma ve l'ho spiegato, mi servono capitoli
di “quiete prima della tempesta” *coff coff *- io
odio questo genere di capitoli (ma servono, sigh).. <_<
*chiede umilmente scusa*
RINGRAZIO
come sempre voi tutti che leggete e/o recensite... grazie davvero :)
P.S. per Clamaste:
ora strozzami per come io abbia rovinato Aphrodite, vai, vai pure u.u
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Capitolo 14 *** -13 Capitolo Tornerai ***
13
Capitolo
Tornerai
Aiolos
aveva appena finito di parlare con il cavaliere della seconda casa,
quando la vide, lì in mezzo all'arena: colpi veloci, agili
scatti e gesta determinate verso un unico obbiettivo.
Accelerò
il passo solo per osservarla meglio: era da tanto che non vedeva un
cavaliere allenarsi a tal modo. Ci metteva impegno, ma non lo
convinceva affatto. E
quel comportamento lui lo conosceva davvero. Lo conosceva
poiché
insegnante d'Aiolia, lo conosceva poiché suo fratello. E
in quella ragazza, pur non potendo coglierne lo sguardo, intravedeva
la stessa frustrante determinazione. Sorrise
e si mise su uno dei gradini, quasi in attesa che lei venisse a
destarlo.
✾
Era
una notte particolare quella: rare erano le volte in cui si vedevano
apprendisti o cavalieri allenarsi in piena notte nell'Arena del
Santuario. Tuttavia accadeva quando qualche giovane voleva essere
pronto per l'investitura del giorno dopo. Marie
ancora ricordava quella notte prima di divenir Saint di Pyxis: aveva
voluto allenarsi tutta la notte solo per concentrarsi meglio e al
suo maestro aveva riferito che comunque non sarebbe riuscita a
dormire quindi tanto valeva che si impegnasse nell'incontro che
avrebbe disputato alle prime luci dell'alba. Ed
ora era di nuovo su quel campo di battaglia, quel polveroso terreno
su cui aveva tanto faticato, sudato e infine vinto. Quel
suolo che l'aveva vista piangere se si sbucciava le ginocchia, ridere
quando si addestrava insieme ad altri ragazzini e poi trionfare
sotto lo sguardo attento del Rispettabile Shura.
Ma
ora, forse per la prima volta, l'avrebbe vista soffrire. Non
piangere, soffrire. Serrare
la mascella contratta, cercando di dare il meglio di sé in
quel suo unico colpo appreso riuscendo ad avere la meritata vestige
della Bussola. Un
dolore sordo che le dilaniava il petto. Un dolore freddo che non
permetteva a nessuno di far vedere. Il
tempo inesorabilmente passava, ma lento si soffermava sui luoghi e
veloce le andava contro. Aveva
l'irrefrenabile voglia di dimostrare che non era solo una mocciosa.
Un peso per il suo maestro- aveva detto Death Mask.
Certo,
era rincuorata dalle parole serafiche del cavaliere della dodicesima
casa, però sentiva di voler dare il meglio di sé,
soprattutto ora che aveva appreso dal Saint dei Pesci che qualcosa
era cambiato nell'aria. Era
una guerriera dopotutto!
Passarono alcuni minuti prima che Marie
si accorse di non essere sola nel cuore della notte: la scintillante
armatura del Sagittario era indossata dal legittimo proprietario* e
lo vide solo per puro caso. Beh,
forse non proprio per puro caso: Aiolos le aveva volontariamente
battuto le mani complimentandosi di quanto impegno mettesse nei suoi
colpi.
“Non
vi avevo visto, Nobile Aiolos.” affermò lei col
fiato corto, fermandosi per
guardarlo meglio nella penombra della poca luce che donava la luna, per
poi immatinamente inchinarsi in segno di rispetto.
Non
aveva percepito il gran calore del cosmo dorato del cavaliere: forse
perché molto concentrata, forse invece perché
egli non
voleva disturbarla, ma soltanto osservarla in silenzio. Un
altro sorriso comparve sul volto del giovane uomo, che per la ragazza
altri non era che la Leggenda, il Mito e l'Ideale più grande
fra i dodici cavalieri: “Lo
so. Eri molto assorta nel tuo attacco... e avresti continuato
così
se non t'avessi interrotto.” Rispose il cavaliere.
Poi,
ignaro della precedente conversazione fra il cavaliere di Pisces e la
ragazza -e dunque di ciò che era venuta parzialmente a
sapere
Marie-, domandò: “Mi chiedo però,
perché
tutto questo nervosismo convenga dal tuo cosmo. C'è forse un
motivo in più in questo tuo improvviso allenamento
notturno?”
Marie
lo guardò, seduto su quei gradini con quel viso pulito:
sembrava un normale ragazzo di una decina di anni in più di
lei... come era vero che le apparenze ingannavano!
Si morse le
labbra, per poi chinare il capo e dichiarare decisa, forse anche
troppo: “Non so cosa vi abbia comunicato la Venerabile Atena,
ma il Sommo Aphrodite mi ha accennato qualcosa... e non è
nulla di buono. Voglio dunque non essere impreparata per qualunque
evenienza. Ci tengo, anche se da poco cavaliere, a far risplendere al
meglio la mia costellazione e a migliorare la mia tecnica per quanto
si possa fare in pochi giorni...”
Aiolos
annuì costernato: “Capisco. Non c'è
forse
qualcos'altro, quindi?”
“No.”
Aveva concluso lei con sin troppa fermezza nella voce. Per poi
congedarsi cortesemente tornando al centro dell'Arena, continuando
così ad affinare i suoi attacchi.
Sagittarius
alzò il volto verso il cielo negando col capo, non era poi
così ingenuo* come molti credevano...
Appoggiò
l'elmo alla sua destra, un gradino più in basso, sospirando
con rammarico. Di
tanto in tanto posava il suo sguardo teso verso la meridiana: quasi
avesse timore che s'accendessero quei dodici fuochi.
Pregò
Atena che tutto andasse per il meglio, pregò Atena per i
suoi
compagni e per suo fratello, poi la pregò ancora una volta
perché in fondo poteva comprendere cosa agitava il giovane
cuore del cavaliere di Pyxis. Del
resto anche il gran Saint del Sagittario era un uomo e come tale si
affidava alla sua Dea che tanto amava e tanto aveva protetto in
passato...
Un
alito di vento scandì la mezzanotte.
✾
“Da
quant'è che sta lì fuori?” Chiese il
cavaliere
dalla grande mole, accingendosi a sedere su i gradini dove risiedeva
il suo compagno d'armi. Aiolos
alzò poco gli occhi, giusto un riflesso involontario, poi
tornò ad
osservare
l'aggraziata figura della ragazza: “Non
molto Tauros, ma come tu stesso puoi vedere non c'è verso di
smuoverla da lì. Mi ha riferito che vuole allenarsi per far
risplendere al meglio la sua costellazione e migliorare la sua
tecnica... però...” Sagitter si alzò in
piedi,
composto.
Aldebaran
lo vide dal basso verso l'alto, essendosi appena seduto sugli scalini
dell'arena: “Però...? Cos'è che non ti
convince?” Domandò quindi, cercando una risposta
ora nello sguardo del ragazzo,
ora negli attacchi del cavaliere d'Argento.
Il
Saint del Sagittario sviò l'espressione interrogativa del
compagno chiudendo gli occhi, per poi aggiungere: “Mi sembra
mio fratello quando anni fa non riusciva a fare qualcosa. Mio fratello
voleva sempre essere alla mia altezza e non c'era modo di spiegargli
che sarebbe divenuto un ottimo cavaliere d'oro. Ti
sto
parlando di ben quindici anni fa sia chiaro. -Sospirò,
quasi volesse rimembrare quei tempi andati. -Non è
allenamento
quello, è frustrazione. Cerca di sfogarsi e scatenare la sua
ira su qualcosa di cui ancora non è del tutto
padrona. ” Spiegò lui convinto, mentre assorto
Aldebaran l'ascoltava
non
capendo dove voleva arrivare con quella spiegazione.
“La
costellazione della Bussola le appartiene, questo è vero,
-continuò Aiolos aprendo nuovamente gli occhi e posando il
suo
sguardo verso la torre. -Ma vuole imparare a destreggiare meglio il
suo cosmo... e sai anche tu che per questo ci vuole non solo dedizione
e addestramento, ma l'esperienza.”
Il
buon brasiliano annuì incerto, certo era che ancora non
afferrava il perché di quell'improvvisa conversazione sulla
giovane allieva di Shura: “E... lei ti ricorda tuo
fratello?”
domandò tentennante.
Aiolos
sorrise per l'ennesima volta, guardando l'amico: “No,-
rispose
bonario per poi definitivamente lasciare l'arena e avviarsi verso la
nona casa. -Ma il suo impegno per impressionare qualcuno
sì.*”
Il
cavaliere del Toro rimase un attimo prima d'afferrare quelle parole e
l'approssimativo concetto e quando pensò d'averlo compreso
era sin troppo
tardi: Il Sagittario era ormai scomparso dalla sua visuale. Ma
provò ugualmente a chiamarlo, destando persino Marie dal suo
allenamento: “Impressionare? Che dici Aiolos, chi
dovrebbe...?
Aiolos?” Ma chiaramente nessuno rispose. Aldebaran
alzò lo sguardo verso i tredici templi, anche se non poteva
vederli tutti dalla posizione in cui era, riusciva a cogliere i cosmi
dei suoi proprietari. Per
un tempo imprecisato rimase fermo sulla gradinata dell'Arena,
finché
improvvisamente non percepì tre auree positive avanzare ed
entrare nella barriera del Santuario senza alcuna
difficoltà. Si
issò bruscamente in piedi, per poi comprendere che altri non
erano che i cosmi dorati dei suoi compagni.
Erano
tornati.
Fece
appena in tempo ad osservare il cavaliere di Pyxis prima che ella si
precipitasse verso di loro. “Maestro!”
l'aveva
sentita chiaramente urlare abbandonando lì lo scrigno
contenente l'armatura della Bussola. E
forse fu in quell'istante che Tauros cominciò a comprendere
a pieno il
significato delle parole di Aiolos. Poco
dopo anch'egli s'apprestò a risalire le scale per stabilirsi
così nella seconda casa. Stavolta però, con un
peso in
meno sul cuore... erano ancora vivi.
Proprio
come aveva rivelato la Dea Atena nel Chrysos Synagein, dichiarando
che la guerra si sarebbe consumata nelle loro case e non al di fuori
del Santuario.
Poteva
stare tranquillo, sì... ma per quanto?
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
*legittimo
proprietario: una volta tanto u.u Povero Aiolos!
*ingenuo:
no,
perchè ditemelo...chi è che non pensa Aiolos
ingenuo?
Ecco ç_ç un po' troppi... poverino! Diciamo una
specie
di riscatto? Mah, anche eh... però ho cercato di andare un
po'
più in profondo del carattere che superficialmente si abbina
al ragazzo buono e pronto a tutto per la Dea Atena.
(Spero non
me ne vogliate!) Insomma, lui comprende che Marie non si sta allenano
SOLO per essere pronta, ma anche per propria frustrazione personale.
*Qualcuno
sì: Come già insinuato prima, Aiolos
non è poi
così tonto e comprende quali sentimenti smuovono l'animo
della
ragazza. Ovviamente lei si allena anche per il nemico, ma anche per
non essere da meno... come se quasi si sentisse colpevole d'essere
debole poiché solo un neo cavaliere. Impressionare chi?
-direte. Bè, il suo maestro e magari anche il cavalier del
Cancro quando torneranno, far vedere che non è solo una
palla
al piede...Quel "NO" che dice Aiolos è che, in sostanza, io
non HO paragonato Aiolia a Marie -e ci mancherebbe altro- per di
più lei è nettamente inferiore a Leo, ma
solo che in quella determinazione il Sagittario ricorda suo fratello da
piccolo. Nulla di più e niente di meno. Quindi non
è poi così di tutta 'sta importanza.
Salve a tutti D: Lo
so, sono in immenso ritardo .__. ma io se non finivo il quattordicesimo
capitolo non aggiornavo u__ù e scrivere su Shura m'ha preso
un bel po' ♥ Ma bando alle ciance... Ora vi saluto ringraziandovi ancora per le
belle recensioni e sperando di non avervi deluso.
Enjoy!
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Capitolo 15 *** -14 Capitolo Confidenze e Carattere ***
14
Capitolo
Confidenze
e carattere
Non
era neanche l'alba quando vide i tre cavalieri avanzare verso di lei.
Verso le dodici case dello Zodiaco. Se
avesse dovuto descrivere la scena- si disse- avrebbe sicuramente
affermato che il primo particolare che le era saltato all'occhio era
stato quello sporco* sorriso che il cavaliere di
Cancer le
aveva inopportunamente regalato.
Marie
distolse immediatamente lo sguardo: non di certo temeva i suoi occhi,
per di più portava una maschera e dunque era impossibile
mirare al suo volto, ma come poter dimenticare che lui per primo se
avesse voluto... avrebbe potuto vedere il suo viso?
Aiolia
sosteneva per una spalla Capricorn, mentre il Saint del Cancro con la
sua solita aria da strafottente li seguiva, restando però
distanziato dai suoi compagni. La
ragazza osservò il suo maestro: aveva alcune ferite ove
mancava la protezione dell'armatura, ma quel che non si spiegava era
come potesse avere anche delle bruciature che, seppur lievi, erano
comunque causate da attacchi derivati dal fuoco. Cos'era
quindi successo nella sua terra, lì alle pendici dell'Etna?
Avevano lottato... E contro chi? C'erano stati per caso altri cavalieri
dello stesso calibro di
quel Jonah? Ora
che erano tornati in patria la ragazza si sentiva in qualche modo
più
al sicuro, però allo stesso tempo voleva comprendere chi o
cosa turbava la quiete del Santuario tanto da dover richiedere un
immediato Chrysos Synagein soltanto la sera prima.
In
pochi giorni infatti, sembrava essersi quasi annientata l'armonia e
la pace che i cavalieri d'Atena e la Dea stessa avevano faticosamente
guadagnato dopo la sconfitta di Hades. Però
non le era dato ancora di sapere, anche se lei stessa era stata
attaccata in
prima persona da uno dei cavalieri del Destino. Del resto di solito
in guerra chi veniva avvertito erano i Gold Saints, coloro che
dovevano poi dare disposizioni e ordini ai loro sottoposti solo in
caso d'imminente allarme. Non
che Marie si augurasse una guerra, era chiaro, però
ciò
che le aveva rivelato Jonah, cavaliere del Destino implacabile messo
assieme a quello che le aveva giusto accennato il Saint dei Pesci le
dava da pensare. Da
rabbrividire.
Passarono
attimi colmi di silenzi e domande non pronunciate prima che il
cavaliere del Capricorno, sostenuto dalla spalla di Aiolia, alzando
lo sguardo da terra rivide la sua allieva poco più
in
là
sulla terreno arido d'Atene. Gli
si leggeva in faccia il chiaro stupore, la sorpresa e quasi la
meraviglia di costatare che non era solo un abbaglio, una svista o un
semplice miraggio.
Marie
di Pyxis era a pochi passi da lui, priva dell'armatura,* ma viva.
Sicuramente,
in quel breve arco di tempo, il cavaliere di Leo non era riuscito a
rivelargli che la sua discepola era giunta in Grecia grazie all'aiuto
di Mu dell'Ariete. Provò
a parlare, ma prima di completare il nome della ragazza si
fermò:
non c'era bisogno di parole, non in quella circostanza almeno. Lui
che di parole era sempre stato avaro, poiché per Shura
ciò
che contava davvero erano i fatti; il restante gli era sempre
sembrato superfluo. Una
folata di vento s'alzò leggera sul silenzioso Santuario
d'Atene. DeathMask aveva intrapreso un altro sentiero lasciando i due
Saints percorrere il viale che li avrebbe portati alla volta del primo
tempio, sino ad arrivare alla tredicesima casa per chiedere udienza
al Sacerdote ed alla Divina Atena. Non
una parola aveva pronunciato l'inflessibile cavaliere della decima
costellazione dello zodiaco. Ma si sapeva: quel che la mente non
concedeva,
il cuore trasmetteva. E
fu forse per la prima volta, mentre il nobile Aiolia sorreggeva il
suo compagno, che Marie vide il suo maestro piangere..
Era
felice... che lei fosse sana e salva.
In quelle lacrime che gli solcavano il viso Marie potette intravedere tutto il bene che il Sommo Shura provava per lei.
Un bene mai detto nel tempo, -mai un abbraccio l'aveva consolata e mai un bacio l'aveva scaldata- ma che sin dal principio l'aveva legati.
Un legame profondo, quello fra maestro ed allievo, e che dunque non necessitava di conferme poiché già nell'animo si dimostrava.
Marie
rimase impassibile, non si girò neppure per guardare dietro
di
sé. Le erano passati accanto procedendo nella direzione
opposta, ma il taciturno sguardo di Shura l'aveva spronata a non
vacillare nelle sue emozioni. Se
fosse stata una bambina, senza obblighi né doveri, forse
avrebbe pianto anche lei, forse gli sarebbe corsa incontro
fiondandosi fra le braccia del suo maestro, forse l'avrebbe stretto
così forte solo per la contentezza... però Marie,
Silver Saint della Bussola, non era più quell'innocente e
indifesa ragazzina. Si premurò di ricordarselo.
L'orrore
della morte l'aveva segnata, tramortita e l'aveva persino vissuto
sulla propria pelle. Prima nella guerra contro Hades come
spettatrice e poi come vittima, pochi giorni addietro, uccidendole
ciò che le era più caro al mondo. Aveva
sofferto certo e soffriva tutt'ora, ma per la seconda volta si era
sorprendentemente
ritrovata a rialzarsi, maturando nello spirito e nella mente, cercando
una ragione
valida pur di non farsi sopraffare dallo sconforto, ma anzi
persistendo nella grande causa della Giustizia. Proprio come
il
Sommo Shura le aveva insegnato. Dopotutto lei era un
Cavaliere
votato al bene! E
forse, per l'ennesima volta, doveva ringraziare il suo maestro se non
aveva perso la speranza, la voglia di andare avanti e il suo
principale obbiettivo. Poiché lui era ancora lì a
infondergli silenziosamente prudenza e coraggio. Un
candido sorriso le incorniciò il volto celato dalla
maschera;
il sole ormai sorto risplendeva sui templi infondendo luce
là
dove la notte buia aveva oscurato.
Finalmente
almeno una parte del suo cuore era tornata a vivere.
✾
Erano
appena giunti alla quinta casa quando il cavaliere di Capricorn fu
richiamato mentalmente dal Grande Sacerdote. I
due cavalieri si guardarono a lungo e in quello sguardo si poteva
percepire
una carica di tensione quasi palpabile. Sapevano,
loro, che fra poche ore nulla sarebbe stato come prima. I dodici
fuochi della Meridiana ancora una volta si sarebbero accesi mietendo
vittime in battaglia. “Sicuro
di potercela fare da solo?- Chiese Aiolia bloccandolo per un braccio.
-È vero che ti ho guarito alcune ferite, ma quelle
bruciature sono
ancora ben evidenti...- Lo osservò con una certa
preoccupazione. -Ed evidentemente ti devono ancora far male.”
Concluse infine guardando la strana smorfia di dolore che cercava di
contenere il compagno.
Shura
si tolse l'elmo per poi tenerlo sotto braccio: “Non
preoccuparti, anzi hai già fatto molto e di ciò
ti sono
riconoscente. Ora resta qui a presidiare la tua casa, sai meglio di
me che in attacco nemico è meglio non far avanzare
l'avversario verso il tredicesimo tempio.” Leo
parve non comprendere dove voleva andar a parare con quel suo
discorso, così il Saint del Capricorno si fece
più
chiaro: “Non credi anche tu che sarebbe un errore lasciare la
quinta casa disabitata piuttosto che la decima?” Aiolia
annuì, per poi girare i tacchi verso l'interno del suo
tempio:
il lungo e svolazzante mantello ondeggiava leggiadro dietro la figura
del giovane. Lo
spagnolo rimase pochi istanti ad osservare l'amico sino a quando non
lo vide sparire nella penombra del tempio. Si
decise così ad avanzare convinto verso la sesta casa
presidiata da Shaka della Vergine. I
primi raggi del sole lo abbagliarono, ma non per questo si
fermò
a rimirarli... doveva sbrigarsi, l'attendeva Atena... E sapeva bene
che non c'era tempo da perdere. Le
Moire, gli stessi cavalieri del Destino erano vicini! E con loro la
minaccia di una deserta coltrice piena di morti... Lui
stesso doveva morire e questo non poteva senz'altro fargli piacere.
Sapere
di essere tornato in vita giusto il tempo di una farfalla per poi
morire nuovamente secondo un fato già scritto non era il
tipo
di vita che avrebbe voluto per sé, né per
chiunque
altro. Morire
per ordine di altri non era nei suoi piani, no di certo.
E
se da una parte era compensato dall'aver rivisto la sua allieva sana
e salva in terra di Grecia, dall'altra parte non poteva scordare come
Menas e Therapon si erano presi
gioco di loro,
cavalieri d'Atena, solo poco tempo prima.
Raggiunta
la tredicesima casa riprese fiato, arrancando su i gradini e dandosi
mentalmente un contegno prima di arrivare alla presenza di quelle due
importanti autorità che lo stavano attendendo. Era
trafelato, chiunque al suo posto lo sarebbe stato, ma non per questo
si fece scoraggiare ed entrato dentro la sala dove il Gran Sacerdote
lo attendeva si era prontamente inginocchiato. “Perdonate
il ritardo.” Affermò immediatamente il Saint di
Capricorn
dando una rapida occhiata alla Dea Atena per poi chinare anche il
capo in segno di profondo rispetto.
Il
Sacerdote fece un passo avanti, preoccupato. Non nascondeva di essere
turbato, se non addirittura sconvolto, dallo stato in cui riversava
il cavaliere del Capricorno: “Cavaliere!- Lo
chiamò. -Com'è possibile che un uomo del tuo
valore
sia ridotto a tal modo?”
Shura
s'alzò prontamente, cercando di non provare dolore per la
brusca mossa: “Therapon signore! Il cavaliere del Destino
distorto, nonché cavaliere che destreggia il Fuoco. -Prese
una pausa,
socchiudendo per un attimo gli occhi come a rimuginare sull'accaduto.
-Mi ha procurato non poche ferite con le sue fiamme, anche se non
è
riuscito a ferirmi gravemente.”
“Per fortuna,
cavalier di Capricorn.- Rispose con un pacato sorriso Saori, ma che
di rassicurante aveva ben poco. -Anche se, sai anche tu che t'avrebbe
finito se non fossero state le Moire stesse a fermarne l'attacco,
ordinando ai loro cavalieri solo di sondare i vostri attacchi e
mettervi alla prova, prima che la battaglia vera e propria si
consumasse... e qui, nel mio
Santuario.” Concluse la Dea
trattenendo con forza lo scettro di Nike. Il
Saint abbassò nuovamente la testa, annuendo:
“Già.
Volevano testarci o qualcosa di simile. -Il pugno gli fremeva
impercettibilmente. -Là in Sicilia prima c'erano cinque
cavalieri, o forse sei... visto che le Moire ne avevano mandato uno
per togliere di mezzo la mia allieva...- Cominciò
a
spiegare Shura.
-...Ed
a un certo punto, nell'infuriar della battaglia... anche gli ultimi
due si sono fermati, per non so quale ordine impartitogli dalle Dee del
Destino. Hanno smesso di scontrarsi con noi e c'hanno nuovamente
ricordato, prima di sparire dalla nostra vista, che sarebbero giunti
presto qui nel Santuario d'Atena per regolare i conti...” E
con
queste parole terminò il resoconto.
Saori
s'alzò dal trono e s'avvicinò al guerriero con
inadeguata dolcezza: “Vedo la paura nei tuoi occhi, cavaliere
d'Atena. Comprendo il tuo risentimento, comprendo il tuo dolore e mi
dispiace non poterti alleviare tutte quelle pene che tieni nel cuore.-
Toccandogli la fronte con il palmo della mano gli donò nuove
energia grazie al suo divino cosmo. -Ma non morirai. Non
morirà
nessuno di voi, non lo permetterò.”
Quel
buono e docile cosmo lo riempì sino all'anima dandogli per
un
attimo soltanto pace ai sensi: “Neanche Aiolos
perirà,
tranquillizzati.” Lo rassicurò la ragazza sapendo
quanto
Capricorn stimava e quanto ancora si sentiva responsabile verso il
grande cavaliere del Sagittario. Le
bruciature, che prima d'arrivare al tempio anche con l'aiuto di
Aiolia non era riuscito a guarire, divennero nulle... e si
sentì
quasi come se fosse rinato* una prima, una seconda, una terza volta
ancora. Si
guardò attorno spaesato: il cosmo d'Atena regnava
incontrastato in quell'alone di pura brezza benefica che quasi lo
intorpidiva. Sembrava di essere in uno stato di grazia perenne e
perfetto. Fu
il Sacerdote a spezzare, forse senza neppure volerlo, quel momento:
“Va cavaliere! Il nemico è ormai giunto ad Atene.
Si
consumerà presto una nuova Guerra e nulla potrà
fermare
questa sventurata battaglia, se non la convinzione di voi cavalieri di
poter battere le Moire e il loro giudizio definitivo!” A
quell'ordine Shura si congedò col cuore colmo di tenacia e
determinazione. Questa volta non c'era solo in palio la vita d'Atena,
ma anche la sua. Sì, stavolta avrebbe dovuto lottare anche
per
sé e non solo per il suo ideale. Mentre
scendeva gli ultimi gradini dell'undicesima casa però, una
voce nella sua mente gli intimò di non lasciare la decima
casa. “Shaka!-
lo riconobbe lui- Ma non posso! Death Mask è ancora fuori
dai
dodici templi e deve sapere ciò che mi ha riferito la Dea
Atena! Deve tornare presto alla quarta casa, devo avvert-
“Capricorn.
-Lo
ammonì lui con voce pacata.- È
troppo tardi. Il nemico è già qui... il tuo
compito è
quello di non permettere a nessuno di oltrepassare il tuo tempio, se
non lo farai, sai tu stesso che metterai a repentaglio non solo la
vita di Atena, ma anche quella di Aquarius e Fish. So che hai
compreso e dunque non mi resta che sperare nel tuo buon senso,
quello che ti ha sempre accompagnato. D'altronde Shura, non passerai
oltre la sesta casa.” Detto questo
scomparve dai suoi pensieri. L'aveva
chiamato per nome, non tante volte era successo in vita sua che il
cavalier della Vergine l'avesse chiamato col suo nome e non con il
nome della sua costellazione. E
tutte quelle volte in cui l'aveva fatto era perché, in un
modo
o nell'altro -e non sapeva neppure se era possibile- Virgo era
preoccupato. Se
lo immaginava ora, assumere nuovamente la posizione del Loto meditando
con assoluta pace, quasi non fosse accaduto nulla. Alzò
lo sguardo verso Oriente: in cielo ormai splendeva luminoso il sole,
anche se non sapeva dire per quanto sarebbe durata tutta quella falsa
quiete.
I
nemici erano arrivati? Ma in che senso arrivati? Shaka li aveva
già
sentiti arrivare? Erano sulle coste della Grecia o avevano
già
infranto la barriera del Santuario? E DeathMask! Doveva per caso
confidare nel Saint di Cancer? Contare sull'acume del compagno, nel
suo senso del dovere ad Atena e che quindi sarebbe rientrato presto
a sorvegliare la casa del Cancro?
L'italiano
non era certo il miglior cavaliere su cui poter fare affidamento per le
regole del Santuario.
-Pensò.- Però magari la redenzione gli
aveva fatto
comprendere qual era il suo posto. Sospirò:
in quei giorni troppe volte aveva perso quel sangue freddo che tanto
lo caratterizzava.
Si
lasciò alle spalle i dubbi e rimase in attesa del nemico.
Peraltro stavolta, nessun rimorso né rimpianto lo
attanagliava
e dunque era pronto per battersi. Per
Atena! Per gli altri e questa volta anche per la sua vita.
✾
“Atena,
l'abbiamo mandato a morire?” rifletté il Gran
Sacerdote
esponendo le sue perplessità. La
Dea lo scrutò affondo prima di rispondere: “No.
Fidatevi, non tutto è quel che sembra. Niente è
ancora
perduto. Atropo è sola e non vincerà.”
Con
parole ermetiche concluse la conversazione, per poi rifugiarsi in un
profondo silenzio.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
*sporco:
pensiamo comunque al sangue che aveva magari sul volto (toh, come se
in Saint Seiya non ci fosse mai sangue in grandi quantità,
LoL
xD), però mi riferisco soprattutto al significato di
“sporco”
nel senso di “cattivo, cinico”... insomma varie
interpretazioni in un'unica parola :) -non è un bel
sinonimo,
ma per me è molto azzeccato con la figura di DM, mia
opinione
ovvio xD-
*armatura:
se ricordate Marie ha lasciato l'armatura nell'Arena per correre dal
suo maestro -nel capitolo precedente-.
Tolgo immediatamente l'ancora e vi
RINGRAZIO ancora per le recensioni :)
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Capitolo 16 *** -15 Capitolo Dietro la Maschera ***
.15
Capitolo
Dietro
la maschera
I
primi raggi del sole riscaldarono le pietre infreddolite dalla notte
appena trascorsa, le gazanie tornarono a schiudersi incontrando la
limpida luce del mattino. La
fresca brezza che s'era alzata sulla terra di Grecia faceva oscillare
le tenere fronde degli alberi. Non
lontano dall'arena del Santuario procedendo verso ovest si poteva
trovare una vasta radura che iniziava proprio poco prima del campo
allenamenti riservato alle donne. E
fin lì il cavaliere del Cancro era giunto poiché
diversi dubbi lo assillavano. Cercava un posto dove poter restare da
solo e quello -si era detto- era il luogo adatto. Lui,
che di domande non se n'era mai poste tante in vita sua,
perché
preferiva agire d'istinto invece che rimuginarci sopra; altrimenti,
anche l'ultimo barlume della sua coscienza, l'avrebbe ripudiato e
condannato per ogni omicidio che aveva commesso.
Ciononostante
quella mattina fissava con sguardo vacuo e lontano, o forse neanche
osservava veramente i grandi alberi che gli si stagliavano di fronte,
cercando risposte a quei suoi dannati quesiti. Si
tolse con malagrazia l'elmo, lanciandolo poco più in
là
vicino ad un mezzo tronco, ed imprecando nella sua lingua madre si
sedette su un sasso liscio e piatto dal grigiore pallido.
Doveva
morire? Di
nuovo?
Ma che diavolo aveva fatto di male in questa sua seconda vita! Certo
non aveva aiutato le vecchiette ad attraversare la strada e nemmanco
era stato tanto garbato con chiunque gli stava attorno...
però,
insomma, se non meritava la morte prima... perché doverla
meritare proprio ora che in qualche modo aveva servito la strana
via del bene? La lunga e
tortuosa
strada che portava alla Giustizia... Non
che ci tenesse particolarmente alla sua vita... dopotutto era marcia
sin da quando era nato. Tuttavia l'orgoglio che ancora
possedeva gli dava da pensare: non voleva morire solo perché
era destino.
Gli
sembrava una scusa sciocca, -non era un modo come un altro per tirar
le cuoia- sembrava da codardi.
No, non
voleva morire così. Si
prese la testa fra le mani: Accidenti.- Pensò.
-Cos'è
rimasto del cinico e crudele Cavaliere del Cancro? Possibile io temi
l'annunciar della morte? No, non paura di morire! Ah merda, terrore
di sapere in anticipo che io debba perire... senza uno scopo, senza un
perché! Sì, terrore di morire come le mie
vittime...
Proprio
così. Forse uno dei punti deboli del Saint di Cancer era
proprio quello di veder che la sua fine fosse inutile tanto quanto
quella delle genti che uccideva. Se fosse morto non sarebbe mancato
ad anima viva!
Eppure
c'era stato un tempo in cui il cuore di quel ragazzo era stato
sgombro da ogni macchia d'odio e follia. Quel tempo che fugace gli
era passato accanto e che, insanguinandogli gli occhi, gli aveva
intimato di non avere più speranze nel genere umano. Quel
tempo, Death Mask, se l'era portato nell'oltretomba lo stesso giorno
in cui aveva relegato la sua anima. Che nera vagava senza meta,
perché meta non conosceva.
Alzò
il capo riducendo gli occhi in due fessure: Non era più
solo. Si
destò dai suoi pensieri e scovò così
dietro di
lui l'argenteo cosmo dell'allieva di Shura. Digrignò
i denti per poi serrare la mascella: “Cosa fai qui, siamo
alla
vigilia di una guerra e tu te ne vai per campi?”
Domandò
scaltro, ticchettando le dita sulla pietra per poi alzare il volto
verso il cielo.
Marie
sussultò, avrebbe riconosciuto quella voce arrogante e
tagliente fra mille : “V-voi?” Si sorprese a
chiedere. La guerra era alle porte, ormai era chiaro... ma non vi era
un vero e proprio posto per un cavaliere d'argento dove poter tornare.
Bastava restare all'erta e dentro il Santuario. E quello le era
sembrato un posto adeguato, dove poter trovare la pace e la quiete per
calmare il suo cosmo. Restare
lì ad ascoltare il canto degli uccelli e non gli echi
lontani
delle guerre e delle rappresaglie che le erano rimasti scolpiti nel
cuore e nella mente. Caricarsi di energia pacifica prima di una lotta.
Sorridere per il rientro del suo maestro in solitudine, raccogliendo la
positività e tutta la forza del suo spirito aggrovigliata
fra le matasse di quei giorni bui.
Avanzò
di un passo, scorgendo così la figura del bel giovane,
che non si era minimamente mosso da dove si trovava ed anzi le dava
le spalle. Si
fermò un istante per rimirare meglio il cavaliere e il buon
cosmo che trasmetteva: era caldo e avvolgente, forte da graffiarti ed
impetuoso come il suo padrone. Però,
al contrario di ciò che si poteva pensare, quella dorata
fonte
d'energia non era poi così maligna. Ora.
“Dovrei
essere io quello sorpreso mocciosa, non eri forse morta lì
in
Italia?” Chiese Death Mask percependo lo stupore della
ragazza.
“M-morta?- Rispose un po'
titubante lei, per poi comprendere a cosa si
riferisse: -Ah sì, sulle coste della Sicilia... mi dispiace
deludervi cavaliere, ma il Nobile Mu è venuto in mio
soccorso
e ho potuto così adempiere al mio compito.”
Concluse
risoluta, compiendo un altro passo verso il masso in cui risiedeva
Cancer.
Il
cavalier del Cancro annuì d'istinto per poi continuare ad
osservare il cielo senza apparente preoccupazione. Un alito di vento
ampliò il suo respiro. Marie
avanzò ancora togliendo l'ennesimo ramo che le intralciava
la
strada ed arrivò finalmente allo spiazzo in cui si
trovava
anch'egli. Quante
dicerie si sentivano sul suo conto, quante di queste erano veritiere? -Era stato il primo pensiero che
la guerriera aveva avuto standogli accanto- E benché lei non
lo conoscesse, quel cavaliere le sembrava solamente tanto abbandonato a
se
stesso.
Anzi,
a dir la verità, il Saint della Bussola poco conosceva i
cavalieri d'Oro. Del resto anche se allieva di uno di essi, non era
una loro pari grado e comunque non vi era mai stato motivo alcuno per
cui allacciare un'amicizia. Nel
frattempo la piccola conversazione fra i due sembrò perdersi
nel vento: per una manciata di minuti regnò incontrastato il silenzio, il quale permise ad entrambi di pensare su
quello che era accaduto o su quello che doveva ancora succedere. Silenzio
che veniva interrotto forse solo dal canto di qualche usignolo o di
qualche alberello di castagno che frusciava facendo ondeggiare le
proprie foglie. Sicché,
d'improvviso, il Saint di Cancer uscì dal suo insolito
mutismo
-strano, a prima vista lo aveva creduto un tipo così
loquace!-
e le espose il problema, sospirando nuovamente: “Sai che
siamo
sulla stessa barca? Ci aspetta la morte... o meglio, a me neanche
spetterebbe...- Dichiarò con un sorriso poco convincente sul
viso. -Dovrei essere morto qualche anno fa se non fossi stato
risvegliato da Atena.” Un sorriso che seppur
irrisorio e sfacciato trasmetteva tanta amarezza.
La
osservò, girandosi un attimo verso sinistra, cercando quasi
di
intravedere la sua reazione in quel volto di porcellana, ma la
maschera serviva anche a quello e dunque nulla esprimeva se non la
solita espressione. Lei
indugiò nel rispondere, tormentando i pochi fiori che la
circondavano da quando si era appollaiata sul terreno erboso:
“State
parlando delle Moire? Un tale Jonah, cavalier del vento mi ha
riferito che io sarei dovuta morire insieme ai miei compagni...
– Spiegò, ed anche se sembrava decisa
nell'affermare quanto riferitole con assoluto distacco non nascose un
leggero tremolio nella voce. -...Però
io non ho intenzione di lasciare questo mondo solo perché me
l'ha dichiarato qualcun altro. E voi, cavaliere del Cancro, non
dovreste beffarvi così di un dono che vi ha fatto
Atena...”
Quelle
parole intaccarono l'interesse dell'italiano, che si spostò
il
minimo indispensabile per poterla scrutare meglio: “Cosa
intendi ragazzina? Ah, tutti voi cavalieri fissati con l'eroismo e la
Giustizia! Ne ho piene le tasche di questa ipocrisia...”
Protestò esasperato agitando una mano come a voler cacciar
un
insetto fastidioso.
“Voi
non credete nella Giustizia?- Chiese così la ragazza
interpellandolo di nuovo, mentre nuvole biancastre oscuravano il
cielo cristallino. -Comunque non parlavo di eroismo... Non credo di
essere un'eroina solo perché non voglio morire, non credete?
O
forse voi siete disposti a farlo per la causa*?”
“No
affatto, non ci tengo a schiattare... Né tanto meno Atena
vorrebbe la mia morte... dopo che ha smosso perfino l'Olimpo per
farci ritornare qui fra i vivi.” Ridacchiò
divertito
Death Mask sdraiandosi con il busto sulla liscia pietra.
“...In
fondo una Dea generosa e buona come la Dea Atena non poteva far altro
che tentar il tutto per tutto per uomini di valore come i Cavalieri
d'Oro..” rifletté ad alta voce il Saint di Pyxis.
“Mi
stai mettendo nella lista?” La provocò lui, anche
se era
effettivamente curioso di sapere cosa pensasse di lui. Se era come il
suo maestro allora faceva bene a interessarsi: Shura non era
così
scontato come molti, non lo additava per ciò che aveva fatto
in passato. Non lo disprezzava ed era un silenzioso compagno di
battaglie pronto ad esserci se ne avevi necessità. Non lo
odiava come tanti facevano, senza neppure sapere perché
fosse
stato così terribilmente crudele con diverse persone. Dunque
ammirava quell'uomo perché non si faceva influenzare dalle
calunnie che vociferavano su di lui.
Marie
alzò lo sguardo, incrociando gli occhi del Saint intenti nel
guardarla: “Beh, cavaliere del Cancro, ovviamente nessuno mai
potrà dimenticare gli orrori o le misfatte che avete
compiuto.- Rispose prontamente lei, ragionandoci, mentre Death Mask
annuiva
stranamente attento. -Però, d'altra parte, nessuno
potrà
dimenticare che siete divenuto Cavaliere d'oro non a caso e di come
nell'ultima Guerra Santa vi siete legato alla
Giustizia, aiutando Atena e gli altri cavalieri a non far
trionfare Hades e il suo impero del male...- Si
bloccò,
un momento soltanto, per far comprendere appieno il significato di
quello che voleva intendere.
-...E
dunque sì, siete in lista” Concluse infine
stiracchiandosi. Non che avesse sonno, c'era abituata dopotutto,
però
d'altronde aveva passato l'intera notte fuori ad allenarsi.
Il
cavaliere di Cancer rimase a quella rivelazione. Un ghigno beffardo
gli incorniciò il volto: “Bene,
meglio così, non mi piace avere dei sottoposti contro di
me...
anche perché fanno tutti una brutta fine.”
Farneticò
alzando il braccio destro verso il cielo roteando l'indice.
Passò
così un altro quarto d'ora, lei intenta nell'osservare quel
prato che tutto un tratto le era divenuto particolarmente
interessante e lui assorto in chissà quale contorto
pensiero... o forse neanche pensava davvero, semplicemente non
disdegnava la compagnia di quella silenziosa ragazza. L'odore
dell'erba si sentiva nell'aria, per semplice merito del vento, e
qualche foglia verde vorticava giocosa cadendo poi miseramente a
terra.
“Sai,-
cominciò nuovamente l'italiano, che a quanto pareva non
riusciva a rimanere con la bocca chiusa dopo un certo periodo di
tempo. -Sei una ragazzina, ma mi piaci.” Le rivelò.
Strappò
un filo d'erba per poi metterselo meccanicamente in bocca:
“Nel
senso, -precisò sogghignando. – Assomiglieresti
alle
mie
amate maschere se non fosse per la tua, d'argento, che non ha
un'espressione poi così deplorevole...”
Continuò
come se per lui quello fosse un discorso normale, anzi persino un
complimento.
Marie
sapeva bene la storia delle maschere: volti umani che il cavaliere
del Cancro usava appendere come decorazioni della quarta casa.
Sguardi vuoti e pieni d'angoscia, bocche deformate dall'orrore e
dallo struggimento, rughe indelebili che solcavano le guance
accentuandone le caratteristiche drammatiche.
Così
reali da sembrare finte, false, dipinte da una mano esperta... I
trofei di un megalomane che esibiva nel suo tempio le facce degli
sconfitti per decantare la sua vittoria personale; i trofei di
Death Mask. Perché
l'aveva paragonata a quelle orribili maschere? Cautamente
cercò
lo sguardo di Cancer, poiché così anche se non
poteva
osservare la sua espressione si potesse percepire nei gesti la sua
perplessità. E
c'era da immaginarselo il cavaliere scoppiò in una fragorosa
risata, quasi ci godesse nel poter affermare che lei era una mocciosa
e no, non poteva capire. “E
sai un'altra cosa?- Le disse alzandosi a sedere. -Non credo che ce
l'avessi sfigurato neppure quando ti è morto quel tuo
amico...
Crist-…Cris.. sì, insomma quello lì,
quel
tuo
compagno d'infanzia...”
Il
cavaliere d'Argento tentò di concepire la logica in quelle
fuorvianti affermazioni, ma sinceramente non riusciva a trovarla: “C-che
cosa?” Domandò tentennante Marie sperando
affinché
si spiegasse meglio.
“Ma
come che cosa! Il tuo volto*, ovvio.” Rispose lui come se
fosse
scontato. A
quelle parole alla ragazza quasi mancò il respiro e lui se
ne
accorse: “Non che l'abbia visto, francamente ne faccio a meno
di uccidere un cavaliere d'Atena proprio ora che mi hanno redento.
-Non vorrei mica finire i miei giorni a Capo Sounion- E per di
più
sai che rottura aspettare tutti i giorni i colpi deboli di una
Sacerdotessa Guerriero che spera vivamente di ucciderti... No, no
preferisco raccogliere ortiche piuttosto.” Rise nuovamente
divertito, facendo poi spallucce come a voler giustificare quanto
detto poiché in fin dei conti era solo la sua linea di
pensiero.
E
difatti Marie, al contrario delle aspettative, non s'offese: In primo
luogo si tranquillizzò prendendo un gran bel respiro come se
avesse buttato via un pesante macigno e poi alzandosi da terra
annuì
spiegando che in fondo lui avesse pure ragione. 'Certamente una
Silver Saint nulla potrebbe mai contro la casta più
alta
dei cavalieri di Atena. Sarebbe stata solo una seccatura
poiché
le sorti sarebbero state, al contrario delle speranze della donna,
solo la morte di quest'ultima e un alone di disonore ancora
più
grande.' In sintesi ciò che gli aveva detto.
Death Mask
sputò il filo d'erba: era inconcepibile, come poteva essere
d'accordo con lui? Riusciva veramente a fargli saltare i nervi! Era
sempre pronta lì a spiegargli i suoi pensieri, che non si
sapeva come, non si potevano controbattere...
Dio,
quanto le odiava le persone così! Erano così...
saccenti. Dichiarava diretta la sua opinione che,
fosse
contraria o di comune accordo, era comunque e irrimediabilmente
perfetta da non poter essere in nessun modo ribattuta.
Lo
prendeva in giro, forse? Non poteva davvero pensarla
così! Poi
ci ragionò su... E sì, dovette ammetterlo, le
ricordava
proprio Shura. Lui che, in un modo o nell'altro, aveva sempre
ragione: e proprio su questa sua caratteristica si era costruita e
basata in fondo quella specie di alleanza silenziosa che entrambi
avevano, confidando l'uno nell'altro. Era
molto simile al suo maestro per comportamento e carattere..!
Però
c'era qualcosa dentro di lui che, non sapeva bene spiegarlo, gli
diceva che non doveva confondere la personalità del Saint di
Capricorn con quella della sua discepola. Erano differenti, molto
differenti.
Lei
era così naturale... con lui.
“Stavo
dicendo, – proseguì Cancer aggrottando le
sopracciglia,
trovando in quel momento il sasso in cui sedeva inspiegabilmente
scomodo. -Sì, tu sei riuscita ad avere un contegno persino
nella morte. Talvolta mi capitava di vedere i parenti delle persone
che uccidevo... Eh beh, se devo essere sincero, erano quasi
quasi più sfigurate dalla paura e dal terrore le facce di
quelli ancora vivi piuttosto che quelli che erano a terra
esamini.” Costatò rimembrando i familiari di
uomini, donne o bambini
che
ammazzava senza una spiegazione apparente.
Era
persino tranquillo mentre ricordava il suo passato, quasi come se
fosse stata cosa da tutti fare massacri di innocenti... O forse,
magari, credeva ciecamente di essere cambiato... dopo la redenzione,
dopo la morte e in una nuova vita ancora.
“Non
vi capisco Cavaliere, cosa state insinuando?” Si era fatta
improvvisamente più restia Pyxis, un piccolo brivido le
aveva
pervaso la spina dorsale.
Un
passo furtivo calpestò l'erba, pochi metri dietro di loro.
“Il
fatto ragazzina è che tu hai pianto, ti sei sfogata e hai
reagito. Hai perso tutto ciò a cui t'aggrappavi, e... Eppure
hai affrontato bene la morte dei tuoi compagni. No, -ammise dunque il
cavaliere d'Oro inchinandosi ad osservare alcuni fiori appassiti.- Non
avresti mai potuto stare fra le mie maschere... nè tanto
meno
fra quelle persone che, povere d'animo, si piangono ancora addosso.
Potrei giurarci, il tuo viso non avrà mai un'espressione
deplorevole.” E sembrava quasi essere rasserenato da
quell'affermazione.
“Vi
sbagliate.- Rispose con un minimo di sicurezza Marie -Sono fragile
tanto quanto quelle persone a cui avete strappato il motivo per cui
continuare a vivere...- Ed alzò la testa
perché
sapeva bene lei che, al solo pensare alla morte dei suoi amici,
pungenti lacrime le avrebbero solcato il viso per poi discendere
frettolose sul collo scoperto.
“Tsk,
vuoi metterti a paragone con quella stupida gentaglia? Erano solo
rozzi contadini in fondo, non conoscevano manco l'onore o il valore
di un uomo!” Decantò Cancer girandosi dalla parte
opposta a lei.
-...Ma
forse, proprio per questo, non mi abbatto.- Continuò
impavida
lei, ignorando bellamente quella provocazione. -Le emozioni stesse sono
la mia forza. Il mio maestro il Venerabile Shura crede siano
solo un peso. Io
la penso diversamente.
Le emozioni che riempiono un cuore umano fanno sì che ognuno
di noi possa passare avanti a quel dolore e continuare a vivere
cercando di trovare altrove qualcosa di buono per cui valga la pena
restare lucidi... Ognuno ha
il suo modo di superare le difficoltà e poi c'è
chi le difficoltà non le supera affatto.”
Un
altro passo smosse la rigogliosa vegetazione.
Death Mask
scosse il capo, rassegnato: aveva a che fare davvero con una bambina,
se credeva ancora che nel mondo ci potesse essere qualcosa di buono.
Shura
difficilmente sbagliava e anche lui era della sua stessa idea. Anzi,
credeva fermamente nella legge del più forte. Chi
diveniva il più forte e chi riusciva a sopprimere i suoi
presunti avversari era colui a cui spettava fama, gloria e potere. E
la sua propria Giustizia avrebbe avuto la meglio: altro che
sentimentalismi e sdolcinatezze. Non aveva proprio capito niente.
I
dodici fuochi della meridiana s'accesero.
Però,
inaspettatamente, quando quella ragazza sembrava non avesse
più
nulla da dirgli, se ne uscì fuori con una confessione che
catturò ancora una volta la sua attenzione: “In
verità,
vi dirò, è ben lontano dall'essere un nobile
valore il
motivo per cui sono ancora qua... Senza dannarmi l'anima. -Socchiuse
gli occhi e strinse forte le mani al petto, le costava davvero tanto
ammetterlo: -Vivere, capite? È vero, avete dannatamente
ragione
quando dite che c'è gente che non si rialza più
dopo la
perdita di qualcuno a lui caro. Ma Atena solo sa perché ci
siano anche persone che, pur di non cadere nel baratro, s'aggrappano
ai ricordi, ai momenti belli della loro vita... e cercano di vivere,
Vogliono vivere!
Sì, sì... di vivere anche per coloro che non
vivono
più, per la loro memoria, per poterli ricordare e per essere
grati di averli conosciuti!- La voce le si era
incredibilmente alzata.
“La
sopravvivenza stessa ne è la causa, ecco. C'è chi
muore
dentro e chi invece va avanti... Io, Cavaliere del Cancro, come vi ho
già detto Voglio vivere*.”
E
mai dichiarazione più sincera le era costata tanto. Lei non
era solo il gran Cavaliere della Bussola, armatura che le era costata
sogni e fatica... No, lei era anche una ragazza, un essere umano che
come tutti alle volte era semplicemente egoista... lei voleva
restare in vita. Lo spirito di sacrificio era pretenzioso e
si
sarebbe arresa solo ad Atena, poiché a lei sola aveva dato
i
suoi voti. A nessun altro.
E
fu in quell'istante che a Cancer cambiò qualcosa dentro, la
guardò con occhi diversi. Fu in quell'istante che rispose
persino ai suoi dubbi e fu sempre in quell'istante che si disse -che
sì- c'era qualcosa che gli piaceva di lei. Che
aveva ammesso le sue paure, ma era pronta a lottare per vivere. E non
era ipocrisia quella. Era testardaggine e mentalità:
carattere.
“Non
ti giudico per questo, credo sia un buon motivo per non cedere tra
l'altro.” Detto ciò si alzò e
andò a
riprendere l'elmo. Quella vicinanza lo scottava.
Doveva
rientrare presto nel suo tempio: c'era qualcosa di insolito che lo
turbava. Però allo stesso tempo aveva tardato il ritorno
proprio a causa di quella conversazione che l'aveva piacevolmente
distratto.
Non
fece neppure in tempo a tendere il braccio per raccogliere l'elmo che
una violenta scossa di luce elettrica lo colpì. Fortuna
volle
che egli non fosse uno sprovveduto, ma Saint di Cancer e dunque
poté
schivare il colpo abbastanza rapidamente, giusto il tempo di
captarlo, non subendolo almeno appieno.
Rimase
nonostante tutto ferito al braccio sinistro.
“Mai
abbassare la guardia, Cavaliere d'Oro del Cancro! Voi e le vostre
chiacchiere sprovvedute!” Dichiarò
con un sorrisetto Elikonis comparendo in un lampo di luce. Poi fece
un breve inchino: “Ci rincontriamo ancora Death Mask! E
questa
volta sarà anche l'ultima...- Disse buttandosi a capofitto
su
Cancer -Devo dire che mi hai reso la vita facile, non ho dovuto
neanche attraversare i templi del Santuario per trovarti, Atropo
sarà fiera di me.”
“Non
montarti la testa, pivello.- Rispose prontamente il Cavaliere, che il
vizio di attaccar briga con chiunque proprio non l'avrebbe mai perso.
-Non è facendo il gradasso con me che vincerai, stanne
certo” Schivò
l'attacco parandosi con le braccia per poi contrattaccare con un
sonoro calcio all'addome del ragazzo.
Marie
rimase esterrefatta: quel cosmo che ora sentiva pulsare negativo
l'aveva ampiamente percepito in terra di Sicilia! Era
dunque quello l'inizio della guerra? Così effimero e
solitario? Un giovane uomo che brandendo luce e un'armatura scarlatta
chiedeva sangue e morte? Non
se ne rese nemmanco conto che, stordita com'era da quell'attacco
improvviso, due fredde mani la bloccarono prendendola alla
sprovvista da dietro.
Era
stata così bene sino a poco tempo prima...
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
*causa:
ovviamente è un modo di dire, del tipo: “ci vai tu
per
primo?”, “fai da cavia per vedere se è
vero?”
e cose così.
*volto:
dunque quando diceva che non ce l'aveva, si riferiva al fatto che
l'espressione “orripilante, brutta, paurosa” come
quella
delle sue maschere, lei pareva non averla neppure nel momento del suo
pieno dolore -ossia in Sicilia, lì in orfanotrofio-. (e
dunque
per un attimo Marie pensa che l'abbia vista senza maschera)
Ovviamente ci sono dei motivi per cui tiene a dirlo, leggere
ù.ù
*vivere:
(lunga premessa) okay, chiacchiere, chiacchiere e ancora chiacchiere.
Se la prendete così la mia cara Marie può
sembrare una
pallosissima e noiosissima Mary Sue *muore * invece spero tanto
abbiate compreso il CONTROSENSO. Che fino ad un certo punto lei ha
voluto essere l'impeccabile Marie, allieva di Shura... esortando
parole che anche con Fish hanno funzionato -seppur ci creda, eh!
Okay? Non è che mente- ma che stufano di gran lunga
Death Mask
perché sono le parole trite e ritrite di quei cavalieri che
sono così "ciechi" dal vedere (cercare) SOLO il buono nel
mondo. Ed
invece, alla fine Marie scopre/svela anche un suo lato, un suo VERO
lato, che le costa fatica e vergogna... un MOTIVO per cui lei
è
ancora viva e non è così affranta come le
maschere -o
come i parenti di queste ultime- è il fatto stesso del
Sopravvivere. Lei vuole Vivere.
Non
è forse vero, pensandoci, e molto umano -ma forse meno
cavalleresco eh- che chi ha subito tragedie, ma anche una semplice
scomparsa di un parente... alle volte si allacci ai ricordi e al
voler vivere nel ricordare i momenti belli che le stanno nel cuore? A
me sembra molto umano, per di più è successo a
molte
persone, dunque non credo sia un comportamento così fuori
dalle righe. L'ho voluto mettere
poiché
voglio far vedere una sorta di maturazione interiore, e non solo di
lei, ma anche di Death Mask...poiché di lui, alla fine sul
suo
carattere se ne sa poco e nulla...e quello che si sa...non è
poi così “importante”. Dunque una sorta
di botta e
risposta maturando con ogni affermazione. Maturando lui da quando
è
da solo, ma che ora non disdegna la sua compagnia, maturando quando
si accorge che una personalità non è uguale
all'altra
(mentre prima, invece, quando uccideva le sue vittime magari le
pensava tutte miseramente uguali), maturando quando deve rivedere
ANCHE lui la sua linea di pensiero che fino ad allora l'ha portato
DOVE l'ha portato...
Okay, mi fermo qua, spero non
vi
annoi, ma sì... lo so che è SENTIMENTALE questa
fan
fiction PERO' io tendo sempre a dare una linea di fondo prima di
imbattermi nell'amore,
soprattutto quando è difficile parlare d'amore visto che
scrivo di un
personaggio come DM e di una serie come Saint Seiya... in cui son
più
cazzotti che dolci creme caramel
:)
Come ho detto in una risposta ad una recensione: far
ragionare e maturare una testa calda come Death Mask (senza
cadere nell'OOC) è
un'impresa titanica D: farlo più umano poi, è
un'impresa ancora più colossale.
Note:
Salve
a tutti u.u e insomma, ho fatto una luuunga premessa sull'ultimo
asterisco solo perché ritengo sia opportuna =.= e poi ho
anche
fatto un capitolo più lungo del solito D: e quindi sai che
barba x'D io spero vi sia piaciuto, ma posso comprendere se non
c'abbiate capito un'acca. -v'aspettavate subito qualcosa eh? Ed
invece LoL- Sono soddisfatta di questo capitolo quanto insoddisfatta.
Soddisfatta perché io quello che volevo scrivere credo di
essere riuscita a farlo, ma insoddisfatta perché NON so se
l'ho scritto bene e quindi se sia ...COMPRENSIBILE
ç_ç
Dunque vi ringrazio ancora una volta per le recensioni, che siano
positive o critiche. :)
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Capitolo 17 *** -16 Capitolo Se tu sei con me ***
16
Capitolo
Se
tu sei con me
“Non
toccarla!” Urlò perentorio Cancer, schivando
l'ennesimo
fascio di luce dell'avversario. Era stramazzato al suolo per un
istante: le gambe gli erano cedute per lo sforzo.
Elikonis
stava giocando al gatto col topo e sinceramente lui si stava
stancando di essere braccato da quel pazzo. Il cavaliere difatti gli
lanciava sfere d'energia elettrica ad una velocità
impressionante. Luce che gli impediva di veder il nemico e lasciava
solo un frangente di tempo per cercare di scappare al più
presto dall'obbiettivo. Se
fosse stato al suo posto si sarebbe divertito molto di più.-
Pensò. -Andare in giro ad uccidere la gente avendone persino
la
licenza!* Si
sentiva leggermente irritato, però osservando come aveva
raso
al suolo la vegetazione intorno a lui si rese conto di essere pure un
tantino fortunato. E
proprio cadendo sul terreno si accorse della ragazzina e di come
fosse abilmente stretta in vita da una morsa di ghiaccio. Marie
infatti stava pian piano congelando: cos'era quel freddo tepore che
la circondava? Le sembrava di essere in inverno, ma com'era possibile
questo se erano in piena primavera e le giornate divenivano ogni
giorno sempre più calde? Un
gelo tremendo che le pervadeva le membra e le si infiltrava sin
dentro le ossa. Il battito cardiaco le sembrava incredibilmente
più
fiacco. Cosa le stava accadendo? Come stava il Cavaliere del Cancro? Perché tutto d'un tratto le pesava
persino inghiottire la saliva? La
mente faticava anche solo a pensare, ma tuttavia questo non le
bastò
per non comprendere la verità: Assideramento. Stava perdendo
i
sensi per via di quel gelo che persino il sangue le ghiacciava! Ma...
perché?
Cancer
strinse un pugno a terra, afferrando forte due ciuffi d'erba, si
rialzò immediatamente per contrattaccare gli attacchi di
quella fastidiosa lucciola dalla batteria carica. L'avrebbe
scaricato, altroché. “Ehi
tu!- Lo chiamò. -Dì al tuo amico di farla finita,
perché
ne ho abbastanza sia di lui che dei suoi ghiaccioli. Se vuoi batterti
con me fai pure, ma quella mocciosa lasciala fuori dai
giochi...” Concluse allargando le braccia verso l'esterno e
guardandolo con stizza.
“Cos'é
ci stai dando ordini per caso?- Sorrise l'altro mentre teneva ancora
stretto fra le braccia la ragazza. -Mi dispiace deluderti, ma deve
morire anche lei... dunque secondo dopo, secondo prima... comunque vi
ritroverete all'Inferno.” Decretò con nonchalance
il
giovane, proprio perché la questione in sé non lo
interessava minimamente, compiva solo ed esclusivamente il suo dovere
di Cavaliere.
Egli
aveva lunghi capelli color dello zaffiro, raccolti in una morbida
coda ed occhi neri come il petrolio. Dall'accento che aveva poi si
potevano intuire le sue origini Statunitensi.
“Allora
proprio non ci tengo ad avere un viaggio di sola andata per l'Ade!-
Comunicò con falsa esasperazione Cancer, mettendosi
nuovamente
in posizione d'attacco. -Ma, toglimi una curiosità, tu...
chi
diavolo sei?” Ridacchiò.
I due cavalieri del Destino
si lanciarono uno sguardo perplesso prima di rispondere, sinceramente
stupiti dal comportamento del Cavaliere del Cancro. Non erano dunque
poi così infondate quelle dicerie sul suo conto: cinico e
spietatamente egoista. Con un ego smisurato per di più.
Non
gli importava forse nulla di quella Silver Saint?
“Seth
questo il mio nome, Cavaliere del Destino decretato. -Rispose quello
turbato lasciando la presa su Pyxis. -Possibile non t'interessi la
sorte di questa ragazza?” I
polsi e le gambe di Marie erano paralizzati dalla temperatura
glaciale che l'attanagliava, ma che per ora si stava fortunatamente
stabilizzando. DeathMask
digrignò i denti ancora una volta, mentre lottava corpo a
corpo con il Cavaliere dai biondi capelli. La scintillante Cloth
d'Oro si mischiava con quella rubino del suo avversario. Si
lanciò in picchiata su di lui, atterrandolo, per poi
continuare con una raffica di pugni ben assestati: ora lo doveva
stare a sentire. “Non
è che non me ne importa... Il fatto è che... -Lo
scaraventò lontano con un buon gioco di gambe che gli
permise
di far lui la prima mossa. -Anf... Non è con dei sporchi
trucchi come questi che mi annienterete. Siate più leali, la
slealtà sarà pur una cosa che m'appartiene no?
Fantasia, ingegno ragazzi!” E detto questo osservò
ancora una volta quel ghiaccio che intrepido si stava insinuando
sempre più sulla pelle di Pyxis.
Poi
un sorrisetto divertito gli dipinse le labbra: “Mocciosa, non
volevi forse vivere?- Le urlò con quanto fiato gli rimaneva.
-Cos'è il tuo tom tom* s'è perso? Guarda che
quella non
è la via giusta per restare in vita.” Non aveva
intenzione di preoccuparsi per quella ragazza, era un'allieva di
Shura dopotutto. Anzi,
quello che gli premeva adesso era il non rimetterci le penne: doveva
stare all'erta e non farsi prendere dalla foga, ma voleva anche
dargliene di santa ragione dopotutto. Perché unire l'utile
col dilettevole non era mica proibito e lui si era sempre divertito un
mondo a far guerriglia.
Alzò un attimo lo sguardo e percepì
forte e chiaro altri cinque cosmi che avevano infranto e oltrepassato
la
divina barriera posta sul Santuario.
Sette?
Sette dunque erano i Cavalieri del Destino?
Un
dolore acuto s'insidiò pericoloso sul corpo del Cancro
riportandolo alla realtà. Come un accecante raggio che gli
perforava e dilaniava la schiena sino alle spalle.
“Pensi
per caso che abbia un solo colpo in canna? Ti converrà usare
i
tuoi attacchi migliori, Cancer!”
“E
rovinarmi così tutto il divertimento? Aspetta, dai... Per
chi mi hai
preso? Sai da quant'era che non venivo più alle
mani!” Lo sbeffeggiò il diretto interessato
cercando di fermare
l'emorragia di sangue che aveva a causa del colpo subito.
Sputò
il sangue che gli colmava la gola, sino a far divenire scarlatte le
proprie labbra. Gli occhi gli brillavano, come se da anni non avesse
aspettato altro che il nemico perfetto.
“Ma
sì, fai pure come vuoi, tanto il tuo destino è di
marcire in questi luoghi.” Gli rispose Elikonis per poi
tornare
alla carica.
✾
Nel
frattempo, alle mura del primo tempio, si stava per consumare un altro
scontro di quella guerra che sembrava così
irrealistica dal potersi considerare ancora una bazzecola.
Mu,
cavaliere d'Oro dell'Ariete, osservò con attenzione la
scalinata davanti a sé, dalla quale sopraggiungevano cinque
ragazzi delle Moire cavalieri e di questo soltanto si stupì.
Difatti
due erano i cosmi che aveva percepito non molto lontano dalle dodici
case, cinque della stessa potente energia si apprestavano a
venirgli incontro. Se i calcoli non v'erano errati, i sensi non lo
avevano tratto in inganno e la vista neppure dunque sette erano i
Cavalieri fedeli alle Divinità del Destino. D'impareggiabile
qualità però, che potevano addirittura esser
comparati
ad un cavaliere d'Oro se non quasi ad un Giudice degli Inferi.
L'ordine
di Atena però era stato quello di pregare i suoi Saints
di non fare inutili spargimenti di sangue e che, soprattutto, qualunque
cavaliere del Destino che avesse aperto gli occhi o si fosse
arreso avrebbe avuto salva la vita. La
Dea Atena del resto non tollerava gli spargimenti di sangue, se non erano essi strettamente
necessari per intenzioni e fini devoti all'umanità.
Però,
come poteva lasciar sì che morissero per volontà
del
Fato uomini macchiati dell'unica colpa d'esser morti per lei? No, non
l'avrebbe permesso, dunque era pronta alla battaglia, seppur
a
malincuore. Sarebbe
stata una guerra rapida, dodici ore, come dodici i cavalieri dello
zodiaco. Dodici uomini che avrebbero combattuto per non far
soccombere loro o i propri compagni d'armi; i loro amici.
Sei
avrebbero combattuto per non morire, altri sei avrebbero
combattuto contro quel destino tiranno.
In
più, Lady Saori sapeva che quei poveri guerrieri erano stati
soggiogati dalla Divina Atropo, quindi non erano realmente sotto i
comandi delle tre Divinità sorelle come ben pensavano, ma al
contrario solo di quest'ultima. La faccenda era sin troppo
complicata e per ora l'unica cosa da fare era quella di sperare che
tutto andasse per il meglio e di richiedere un'intercessione proprio
con Cloto e Lachesi.
Sicuramente
se avessero ascoltato le sue parole, non avrebbero appoggiato la loro
sorella. Ma il tempo le era nemico e la fiammella della prima ora
stava or consumandosi per poi sparire allo scoccare della seconda.
Non
che fossero sordi i cuori delle due divinità della nascita e
dello scorrere della vita, però era cosciente che l'anziana
Atropo le aveva plasmate per averle al proprio fianco. Muovendosi
insieme e dichiarando guerra a nome del Destino infatti, poteva non
sembrare un suo interesse personale, ma un intenzione divina. Cosa
che non era e lo sapeva, Atena, molto bene.
Però
le sarebbe costato tempo e fatica, riuscir a far risplendere l'antica
fiamma della ragione nelle due sorelle e pregava affinché i
suoi cavalieri riuscissero prima in quel miracoloso intento. Del
resto il cuore umano così tante volte aveva paralizzato lo
spirito di un Dio, perché così ricco e colmo di
sentimenti e gesta.
Mu
li scrutò ancora: cinque ragazzi soggiogati dal volere di un
altro. Per un attimo gli sembrò di ritornare indietro nel
tempo e rivivere quasi in prima persona ciò che era successo
lì al Santuario con Arles. Sussultò quel poco,
per poi
soffermarsi a rimirare quelle sgargianti armature color cremisi.
Stavolta
però, non avrebbe ceduto il passo, né quelle
Cloth
avrebbero avuto un trattamento prima di poter proseguire. Avrebbe
lottato e, come detentore della prima casa, avrebbero dovuto batterlo
prima di passare oltre. Fece
due passi avanti, uscendo dall'ombra del suo tempio, per poi
indirizzare il suo sguardo su di loro: “Giungete sin qui pur
sapendo cosa vi aspetta cavalieri, venite qui per portare morte,
sangue e rancore. Chi vi dice che voi siate nel giusto?”
Comunicò con voce pacata, quasi con naturale franchezza.
“Sciocco.- Sibilò
Helene. – Il Destino non deve essere giusto
per
poter essere eseguito. Il destino è legge. Che sia una legge
di giustizia non l'ha mai detto nessuno.”
“Fa
silenzio Helene, dobbiamo proseguire senza creare ulteriori problemi.
Non farti nemico chi invece puoi risparmiare. Trattieni il fiato per
qualcosa di più utile.” Decretò Menas
alzando una
mano verso destra per far tacere la ragazza.
Rimasero
sull'attenti solo pochi istanti, per poi superare in corsa il Saint
dell'Ariete che era rimasto inerme sulla soglia della prima casa. Non
una smorfia sul viso diafano del ragazzo. Neppure un leggero sguardo.
Li fece passare senza battere ciglio. Una leggera brezza di vento gli
mosse piano i capelli violacei, poiché egli teneva l'elmo
nel
braccio sinistro.
“Superarlo
è stato proprio un gioco da ragaz- Non
completò
però quella frase, il cavaliere del Destino irrisolto,
poiché
finì per sbattere contro un qualcosa di invisibile.
Therapon
scattò di qualche passo indietro, Menas guardò
immediatamente l'artefice di quella parete trasparente.
“Non
vi ho concesso il passaggio, cavalieri delle Moire” Disse Mu in
un
flebile, quanto sicuro, sospiro socchiudendo leggermente gli
occhi. Poi
un fascio luminoso colpì i presenti: l'Ariete aveva
attaccato.
“Non
uno di voi passerà la mia dimora.- Dichiarò
perentorio.
-Starlight
Extiction!” E, enunciato il
colpo, li teletrasportò nuovamente di fronte a
lui, all'interno del tempio.
“E
soprattutto non così facilmente.”
I
cinque si guardarono in prodigioso silenzio, poi un sussurro:
“È
stato lui.”
“Siamo
di nuovo al punto di partenza." Mormorò un altro, a bassa
voce, stringendo i pugni. Il
quarto cavaliere invece sorrise saltando velocemente in alto:
“Ma
non per molto: Silvery Dust!” Restando
sospeso in alto, generò dalle sue mani una potente polvere
argentata, che al tatto sembravan come milioni e milioni di granelli
di sabbia, ma dall'insolito color dell'argento. Una
grande bufera si scatenò all'interno della prima casa,
indirizzata proprio contro il proprietario del tempio che si
parò
con l'ennesimo Crystal Wall.
Il
ragazzo dalla curiosa somiglianza con Mime di Asgard, ma dagli
splendidi occhi azzurri e dai capelli color della terra d'Oriente,
approfondì l'attacco mentre un sorrisetto di vittoria gli
incorniciò il bel volto. Appena
finito il polverone -che si era venuto a creare per il grande impatto
contro la parete invisibile- l'unico cavaliere che si
ritrovò
dinanzi a sé Aries, fu il cavaliere che aveva procurato
quella
gran tormenta.
I
due rimasero inermi l'uno a contemplare gli occhi dell'altro,
entrambi ancora con le mani protratte a formare il loro attacco*:“E
così hai fatto fuggire i tuoi compagni permettendo con
questo
tuo attacco che io non li raggiungessi.” Affermò
Mu con un tono
leggermente alto, comprendendo immediatamente la situazione.
Infatti
a causa del colpo inflittogli il cavaliere dell'Ariete aveva dovuto
innalzare la sua tipica difesa di Cristallo e lasciar così
privo di barriere il passaggio per uscire fuori dal suo tempio. Non
che fosse durato un'eternità quell'attacco, ma in quei pochi
istanti gli altri guerrieri delle Moire ne avevano approfittato per
aggiudicarsi l'uscita.
“L'acume non ti manca, vedo. Ma sii
onesto e combatti contro il tuo avversario. Non teletrasportarti
altrove per scappare.” Lo schernì quanto
raccomandò
il cavaliere dai capelli castani.
“Non lo farò. Ma
permettimi un'osservazione: prima di riuscir a superare la seconda
casa Tauros fermerà i tuoi compagni, stanne certo.”
Le
nuvole bianche in cielo divennero grigiastre, il sole
fortunatamente era sorto ormai da un bel po', altrimenti avrebbe
avuto l'amaro colore del sangue.*
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
*licenza:
sì, sì mi sono basata nel dire quella specie di
“battuta” sul fatto del film “007,
Licenza
d'uccidere” eh il caro James Bond ù_ù
*tom
tom: mia licenza poetica questa invece. Diciamo che ce lo vedevo
troppo DeathMask a urlarle contro ricordando tra l'altro che lei
è
il Cavaliere d'Argento della BUSSOLA. (Bussola=via= tom tom=
indicazioni insomma) ughh. Me la potevo risparmiare. Forse.
*attacco:
tipico, ma fa così tanto di scena LoL. Nel senso: Mu
è
ancora con le mani in avanti anche se ora non ha più la sua
difesa e il cavaliere che ha generato quella tormenta di polvere ha
ancora le mani a formare il suo attacco anche se finito.
*sangue: Io mi rifaccio ad una frase piuttosto nota, comunque è
abbastanza 'conosciuto' il fatto che si dica che quando l'alba è colore del
sangue è per i caduti che sono morti entro la notte. -o il
giorno prima-
Salve! Allora intanto qui si scoprono alcune cose ed altre le ci
accennano -ovviamente le mazzate continuano?-
PS:
Mu non è fesso. (Ma del resto fra cavaliere è usuale l'uno contro uno,
ecco).
Ultima
cosa, sicuramente sarà difficile ricordarvi il nome di un
cavaliere del Destino o anche di cosa ha (luce, ghiaccio, polvere
etc) o anche solo di quale destino è protettore, dunque dal
prossimo metterò una piccola scheda per ogni cavaliere,
spero
vi aiuti a capire meglio :)
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Capitolo 18 *** -17 Capitolo Questa si chiama Esperienza! ***
a fine
Capitolo la scheda*
17
Capitolo
Questa
si chiama Esperienza!
La
parità fra i due sfidanti non era poi così
scontata: Mu
poteva sì erigere difese e colpire il suo avversario con
l'energia del suo cosmo, però per quanto si sarebbe
prodigato
lo scontro? Riusciva a parare i suoi colpi così come ad
attaccarlo, ma in fondo questo valeva anche per il nemico che
prontamente riusciva a bloccare o, alzandosi in volo, evitare gli
attacchi di Aries. Non
aveva poi tutto questo tempo! Più che una battaglia gli
sembrava una dimostrazione di chi sarebbe riuscito a prevalere
sull'altro; e non era ciò che voleva. Sulla meridiana
infatti
la fiammella della prima ora stava venendo meno. Senz'altro
anche Aldebaran stava dando spettacolo dei suoi attacchi più
potenti; se tendeva l'orecchio poteva quasi percepire il grande
frastuono che riecheggiava nel secondo tempio.
“Qual
è il tuo nome, ragazzo?” Gli chiese Mu, mentre per
un
istante soltanto dilagava il silenzio dopo l'ondata d'urto
dell'ennesimo colpo infertogli dal cavaliere del Destino.
“Perché
t'importa? Non è sapendo il mio nome che
vincerai.” Inarcò un sopracciglio il giovane,
mentre lo guardava
dall'alto. Lunghe ali spiegate lo sostenevano, dallo stesso scarlatto
colore dell'armatura. Fluttuava nel centro della stanza mentre a
terra, poco più distante da lui, c'era l'elmo.
Più che
un elmo si poteva considerare un gran diadema che gli incorniciava
metà del capo per poi disporsi simmetricamente sino al
toccargli con gli spuntoni i lati del volto.
“Del
resto in battaglia non è poi così importante un
nome.
Non uno come il mio almeno.” E mostrò una strana
smorfia, quasi stesse cercando di cancellare qualcosa che gli era
passata per la mente. Lasciato alle spalle quell'attimo di esitazione
si buttò a capofitto sul cavaliere dell'Ariete cercando di
penetrare con i suoi colpi la potente barriera di Cristallo che
nuovamente egli aveva eretto.
“Pecchi
di presunzione se credi di riuscire ad infrangerla! Questa parete ha
sopportato ben più grandi attacchi e, se non il mio maestro,
mai nessuno è riuscito a romperla con tanta
facilità!” Commentò Mu fronteggiando
l'avversario.
“Ma
questo era solo un diversivo, infatti.- Rispose l'altro, corrucciando
lo sguardo. -Studiandoti un po' ho potuto costatare
quanto sia misero il tuo Crystal
Wall. Forte
certo, quasi indistruttibile, ma non c'è parete al mondo in
cui sottilissima
polvere
non possa passare...” Dichiarò rilassando i tratti
del
volto.
“Puoi
teletrasportarti dove vuoi, questo è vero, ma non potrai
scapparmi per sempre. La tua parete ha una falla: dura troppo poco*.
-Spiegò il cavaliere mentre schivava un colpo di Aries che
gli era arrivato da destra. -Certo, tu bilanci questa carenza con il
teletrasporto in modo impeccabile, in fondo sei un Cavaliere d'Oro...
Ma troverò il momento opportuno e ti
bloccherò.”
✾
Le
sarebbe venuta una crisi di nervi: mai in vita sua era stata
così
ferma. Neppure quando le era mancato il fiato dopo l'ennesimo
allenamento con Shura. Sì,
il Sommo Shura...
“Sei
pronta? Ricorda: impara a calmare il tuo spirito e combatti per
indole giusta. Solo così il tuo colpo sarà
efficace.”
“Sì
maestro.”
“Ehi
mi stai ascoltando? Marie mi raccomando, non tradirmi e metti in atto
i miei ultimi insegnamenti e tutta la pratica che abbiamo fatto prima
della guerra.”
Ricordi;
i ricordi erano l'unica cosa che non cessava di tenerla sveglia. Come
un marinaio che anche nel naufragar della sua nave pensa alla sua
famiglia, o alle pinte bevute insieme all'equipaggio. O spera solo,
pensando a cose future, che presto la tempesta se ne vada.
Una
lenta agonia. Non
riusciva a sopportarla! Non riusciva a sopportare di essere inutile
ancora una volta. Ma non perché era un'eroina e voleva
salvare
Cancer no, solo un po' di amor proprio... si stava stancando di
essere sempre, per un motivo o per un altro, l'assurda spettatrice di
un teatrino costantemente uguale. Sì,
e poi come le aveva ricordato il Saint del Cancro... lei
voleva
vivere.
Che
buffo, voleva vivere e ora si stava lentamente spegnendo fra i
ghiacci. Marie, così abituata al bel sole di Sicilia, al
gran
caldo di Grecia... Strinse
i denti, mordendosi le labbra: ecco, un poco di caldo le
colò
giù per la gola. Gli occhi vedevano appannato... non sentiva
più il tremolio che fino ad allora l'aveva accompagnata.
L'unica cosa che le bruciava ancora in corpo e sentiva sin troppo
chiaramente era il suo cosmo. Un cosmo color indaco che le dava
quell'ancora di salvataggio in cui dannatamente annaspava. Poi
lo vide: Uno dei due cavalieri del Destino si era abilmente
allontanato lasciando all'altro l'ingrato compito di uccidere
entrambi. Ma sì, ovvio, quello era sicuro che uno potesse
bastare... del resto, lei era fuorigioco e un Gold Saint sembrava
avere le stesse probabilità di vittoria quante quelle
dell'avversario. Si eguagliavano in forza...
...Ma
non sempre era la forza il punto principale per cui un Saint d'Atena
riusciva a vincere e lei questo lo sapeva, glielo avevano insegnato.
Era l'ideale
quello
che ti spingeva a fare atti al di fuori delle proprie
facoltà.
Più l'ideale era grande e ci si credeva, più le
speranze divenivano grossomodo realtà. Già,
proprio
come era successo a quel Cavaliere di Bronzo quando aveva affrontato
il suo maestro: lui aveva vinto poiché aveva avuto dalla sua
parte la Verità, la vera Atena. Quale miglior ideale per un
Cavaliere devoto alla divinità della Giustizia!
Atena...
aiutami, ti prego! Aveva
così disperatamente urlato nella sua mente.
Non
voglio morire...
DeathMask
balzò all'indietro, ritrovandosi ancora una volta faccia a
faccia con chi lo voleva morto: “E così siamo solo
noi
due, eh!- Rispose osservandolo con una punta di perversa malizia negli
occhi. -Vedo che alla fine, non sei poi così scorretto come
credevo... dunque potrò usare uno dei miei assi nella
manica.
Sì, del resto quello che ama fare piazza pulita sono
io..” Un sorriso laconico gli dipinse il volto. Un
sorriso da
DeathMask.
Elikonis
lo guardò allibito, sinceramente non aveva mai visto nulla
del
genere in vita sua: una coltre di nebbia lo avvolse. D'altronde
un conto era sapere i suoi attacchi, il carattere
del
cavaliere del Cancro o la sua mentalità, un altro conto era
ritrovarsi a conoscere tutto ciò.
“Cos'é
“Miss ti leggo la mano poiché so il tuo
destino”
non sapeva il fortunato colpo di cui tanto si vanta Cancer? Male
amico, molto male.” Solo
pochi istanti prima aveva alzato l'indice della mano destra, con un
solo movimento rotatorio del dito aveva fatto apparire una sorta di
nebbiolina grigiastra-violacea.
Però
non contemplò di finire l'attacco,- come inizialmente voleva
fare- perché qualcosa... un bagliore improvviso e che no,
non
proveniva dal Cavaliere del Destino Luminoso, lo distrasse: anche se
per pochi momenti, quella lucentezza che proveniva proprio dal Saint
di Pyxis l'aveva sorpreso.
Erano
le vestigia della Bussola! Il cosmo di Marie l'aveva forse richiamata
a sé? E si stavano per di più disponendo in una
strana
posizione: l'ago della Bussola, che una volta indossato era niente di
meno che il diadema della ragazza, stava pian piano bucando con il
calore del cosmo il ghiaccio che la immobilizzava.
“Dannazione!” Aveva
immediatamente esclamato Elikonis, scattando con una mossa
repentina in avanti, quasi lasciandosi alle spalle quel via vai di
nebbia che lo aveva avvolto sin quasi dentro l'anima.
“A-ah
fermo là!- Pronunciò in un ghigno il cavaliere
del
Cancro, alzando nuovamente il braccio. -Non vorrai abbandonare proprio
ora il duello! È stata sì un'imprudenza lasciare
quella ragazzina ancora in vita... ma che volete, l'arroganza alla fine
si
paga...” E sembrava quasi che stesse parlando di
sè.
“Certo
che se temete un cavaliere d'Argento...” Furono le ultime
parole, prima che entrambi i cavalieri scomparvero dalla visuale di
Pyxis. O meglio, entrambe le loro anime erano scomparse, ma il corpo
di Elikonis come morto era adagiato sulla terra spoglia.
Nel
frattempo la prima fiamma della meridiana si spense, mentre anche la
seconda iniziò la strada verso quello stesso declino. Marie
si accasciò faticosamente a terra: se già un
cavaliere
del Destino era riuscito a prenderla di sprovvista e a farle fare
quasi quella misera fine, doveva restare all'erta. Le
sue membra furono ricoperte nuovamente dall'armatura ottenuta solo
pochi giorni addietro e, anche se infreddolita, le forze
sembrò
non averle perse. Si
guardò attorno scrutando attentamente ogni minimo dettaglio:
no, erano davvero scomparsi i cosmi di DeathMask e Elikonis, non
c'era dubbio. Che davvero l'avesse portato alla bocca dell'Ade? Ormai
posto desolato e senza padrone?
Si
alzò in piedi, riprendendo pian piano contatto con il suolo:
non doveva essere passato molto da quando era stata ghiacciata da
Seth, eppure la vegetazione intorno a lei era del tutto distrutta...
forse il duello era stato più cruento di quello che aveva
intravisto. Sospirò:
non era il momento di farsi tante domande. Doveva rapidamente
seguire il Cavaliere che le era scappato. Sapeva dove stava andando,
sapeva che prima o poi l'avrebbe raggiunto.
Cos'era
quello strano ardore che sentiva nel petto? La
fiamma che si accende e arde nel preciso istante in cui un cavaliere
comprende il suo ruolo.
Gli
avrebbe detto il suo maestro.
“Perché?
Perché non esiste luce! Perché non posso
crearne!” Si stava dannando Elikonis, mentre colpiva sempre
con minor forza la
Cloth del Cancro.
Un
altro sorriso comparve sulla bocca scarlatta del ragazzo:
“Semplice
cavaliere, qui io gioco in casa... e tu non puoi vincere. È
stato
bello... - Sembrava quasi misurare le parole -...era da tanto che non
lottavo così.”
DeathMask
poteva infatti teletrasportarsi anima e corpo nello Yomotsu Hirasaka,
mentre Elikonis era solo una delle tante anime che fragili potevano
cadere nel baratro. La bocca per scendere negli Inferi non era cambiata
drasticamente. Le anime, solo, dopo la perdita del Dio dei morti si
ammucchiavano con maggior possenza senza poter cessare del tutto la
loro esistenza terrena, vagavano senza poter cadere. “Sai,
si dice che più potente sia l'ideale per cui si combatte e
più
l'avversario non possa vincere... -Avanzò verso il cavaliere
calpestando terra bruciata -...Però devi sapere che io non
ci
credo molto... Ho proprio tutt'altra filosofia. Secondo me vince chi
è più furbo... per capirci: chi è
più
forte. E qui sì, sono senz'altro io il più
forte.- Schioccò un sonoro verso con la bocca.
-Però...
sappi un'altra cosa: siccome non voglio ritrovarmi con un piede nella
fossa o senza armatura un'altra volta, non commetterò lo
stesso errore...- Si avvicinò al ragazzo e lo
scrutò:
-Arrenditi. Non devi morire solo perché non riesci a
battermi... So cos'è il valore della vita, l'ho provato
sulla
mia pelle. Dammi retta e arrenditi.” In tono brusco quanto
atono gli stava lanciando l'unica opportunità di far finire
quella sciocca disputa. Entrambi c'avrebbero guadagnato.
Elikonis
avrebbe avuto salva la vita, di questo Atena sarebbe stata
contenta, Cancer lo sapeva. E
lui, DeathMask, avrebbe avuto ancora la fedina pulita dall'ultima
volta che era tornato in vita. Era cattivo, mica scemo.
“Mai!
Atropo mi ucciderebbe piuttosto! Devo portare la tua testa, altro
che mettermi in accordo con te!”
“E
allora muori.” Pronunciò leggermente irritato il
Saint
del Cancro. Prese l'anima del nemico e si teletrasportò di
nuovo nella terra dei vivi. Gli
bruciava il fatto che per una volta sola in vita sua che aveva avuto
quasi pietà, o chissà cos'altro, quello
stupido non
aveva voluto ascoltarlo. Sapeva
il costo di una vita. Lui stesso era morto, forse solo per questo
adesso non voleva sprecare inutilmente quell'anima che oltre ad
essere un suo nemico... era solo un ragazzo, persino più
piccolo, ma decisamente più caparbio. DeathMask si riteneva
un
uomo senza morale alle volte, ora che ci pensava in quella
situazione sarebbe sicuramente passato dalla sua parte piuttosto che
morire a quel modo.
Era
stupido ed infantile Elikonis. O forse no, era persino più
maturo di lui...
“In
Ade non c'è Luce che tenga*, cavaliere del Destino Luminoso.
Nella morte non c'è mai Luce.”
Nella
morte non c'è mai luce.
✾
Fu
un rumore sordo, quello. Cadé all'indietro sentendo le forze
venirgli meno, non si sentiva più le mani... non si sentiva
più niente. Persino il desiderio di pensare gli era bloccato.
Rimasero
fermi entrambi, scrutandosi a vicenda. Poi una caduta libera... ed
un'altra ancora. Mu
era stato il primo a cadere. Ma lui era un cavaliere d'Oro e sino
all'ultimo istante si era meritato quel titolo.
“Sei
vivo Aries?” Chiese il Cavaliere in un affannoso respiro
spezzato. Non
si potevano osservare, come solo poco tempo prima avevano fatto. E
forse il tiepido calore che perveniva dal loro corpo era la sola
prova che entrambi erano vivi. A terra, ma vivi.
“Sì,-
rispose ansante il Gold Saint. -Ora mi dirai il tuo nome?”
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
*poco:
Mi sono rifatta alla descrizione del colpo “Crystal
Wall”,
dunque: ha
il difetto di non avere grande durata nel tempo e di poter essere
distrutto se il colpo è particolarmente forte.
*tenga:
ovviamente questo è un mio punto di vista. Mi sono
immaginata
che Elikonis, prendendo i suoi poteri dalla luce, in un regno dove
cala l'oscurità o comunque la morte -anche se senza Hades-
non
riuscisse a farsi prevalere. Sulla terra magari erano bilanciati, ma
invece lì senz'altro aveva più potere DeathMask
mentre
i poteri dell'avversario erano quasi nulli. Ho optato per questa
scelta, che sicuramente a molti di voi farà storcere il naso
-lo so, lo so- ma volevo inanzi tutto far comprendere altre cose:
ossia DeathMask che in fin dei conti non è così
spietato come una volta, certo magari lo fa per non morire di nuovo
-e ad opera di Atena stavolta xD- o perché non gli andava,
però... me lo sono immaginato come un simbolo del fatto che
“pensando, rimuginando, provando pietà o quello
che è”
sia maturato, che sapendo il valore della vita... anche con il suo
carattere cinico, non voglia uccidere così un valido nemico,
nonché ...uomo.
Dunque,
eccomi qua D: Sì, io concludo sempre molto male
>.< ma
mi piaceva far vedere che i nemici non devono per forza essere
“saccenti e stronzi” ma che possono anche essere
validi
avversari, seppur appunto con ideali diversi -che siano ideali grandi
o no-, e riconoscere la medesima cosa dell'altro. Nel senso... il
fatto che abbiano combattuto sino allo strenuo è indice
sì
di grande forza di entrambi ...ma che comunque non volevano uccidersi
a vicenda.
PS: Sull'entrata
agli inferi è una mia personale visione, giacché
è sì vero che anche senza Hades... l'Ade
continuava a sussistere, okay, ma dopo quest'ultima guerra santa...
uhm, le pover'anime non vanno proprio da nessuna parte (?)
RINGRAZIO
ANCORA VOI TUTTI CHE COMMENTATE, grazie davvero!
….AH-AH
D: Ora c'è una piccola scheda su UN personaggio D: (se
volete
leggerlo, ovviamente)! Colui che ha combattuto contro
DeathMask ♥
CAVALIERE
DEL DESTINO
LUMINOSO:
Nome:
Elikonis
Anni:
21
Nazionalità:
Greca (anche il suo nome ha origini Greche)
Luogo
d'addestramento: Grecia
Colore
occhi: neri
Colore
capelli: Biondi sino alle spalle
Carattere:
impulsivo, diretto, schietto, determinato.
Attacchi:
Light Ray (che appunto sarebbero i raggi di luce che
lanciava), Imperial Sun
Armatura:
Rossa Scarlatta. Poiché egli è uno dei sette
Cavalieri
devoti alle Moire, il sangue è il giuramento con cui legano
il
proprio Destino. Ha l'elmo che gli copre la fronte per poi finire a
punta nel mezzo degli occhi.
|
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Capitolo 19 *** -18 Capitolo Non è il momento di Fermarsi ***
a fine
capitolo la scheda*
18
Capitolo
Non
è il momento di fermarsi
Il
sole sembrava essere scomparso: al suo posto una coltre di nuvole
grigiastre continuava ad addensarsi repentinamente, ricoprendo quasi
del tutto quella volta celeste ormai priva di luce. Forse un brutto
presagio, forse solo brutto tempo.
Il
cavaliere della Bussola si fermò per un istante, incerta:
era
quasi giunta a destinazione -la prima casa dell'Ariete- quando aveva
chiaramente percepito il ritorno nei pressi del boschetto del vasto
cosmo del Saint di Cancer.
Dell'altro,
invece, non
ve
n'erano tracce. Strinse
i pugni, sino a che le nocche perdendo quasi il loro colorito
naturale non le fecero male. Adagiò lungo i fianchi le
braccia, chinò la testa. Boccheggiò come a
voler
sentire l'aria che, arsa, le riempiva i polmoni...
Elikonis
era un suo nemico, Elikonis era contro Atena, era contro i suoi
ideali... Ma allo stesso tempo era forse giusto uccidere un uomo solo
perché egli la pensava diversamente e serviva devoto il
Destino? Quanti
ne erano morti, quanti altri ancora ne avrebbe visti morire sul suo
cammino? Che non avrebbero avuto una tomba, una memoria e un fiore?
Perché
tutto questo? Perché nessuno poteva comprendere il grande
amore della Dea Atena?
Le
partì inavvertitamente un singhiozzo che, prontamente,
riuscì
a sopprimere: non doveva piangere, non doveva cedere e non doveva
farsi soggiogare dalla pietà. Era una donna, ma inanzi tutto
era un cavaliere. Più volte doveva farsi ammenda di questo
per
continuare a persistere nella sua causa. Un
ultimo sguardo alla Meridiana, che spenta la prima fiammella ora
segnava undici fuochi rimasti, poi salì i gradini.
Quando
era ormai arrivata all'entrata del primo tempio sentì
piacevolmente l'aura dorata del Cavaliere del Cancro affiancarla. Era
giunto anch'egli. Scrollò
le spalle e osservò la penombra della casa avanzando con
passo
felpato sino ad attraversarne la soglia e, come scortata, dietro di
lei vagava l'ombra di DeathMask. I
tacchi di Marie emettevano un rumore sordo e metallico sulla superficie
piana del
pavimento il quale, inaspettatamente, era ricoperto da una strana
polvere color dell'argento fine come la sabbia del mare.
Pyxis
la toccò e quella al contatto con le dita si
sbriciolò,
a tal punto che sparì in un brillio argenteo. Percorse
ancora
alcuni passi, il respiro calmo e profondo di Cancer che la seguiva,
poi lo vide...
Forse
le era persino mancato il respiro per un attimo, ma poi era
corsa senza esitazioni verso di lui: “Grande
Mu!- Urlò spaventata, con l'eco solitario della sua voce che
vagava nel tempio. -Grande Mu, vi prego destatevi!”
Sapeva
che non era morto, ne aveva la certezza sin dentro le ossa
percependone il dolce calore del suo cosmo dorato. Però
vederlo lì, atterrito, neanche in grado di alzarsi... Per un
istante pensò persino che la sua mente l'avesse tratta in
inganno, che avesse fatto cilecca, che quel cosmo che luccicava
come una chiara aureola attorno al corpo del Cavaliere fosse solo una
sua mera illusione nel volerlo vedere vivo. Ritrovare vivo.
Tuttavia
il Saint dell'Ariete era davvero in vita, non era una sua testarda e
voluta utopia(!) Si mosse un poco, mentre una ciocca violacea dei
suoi capelli era ancora ricoperta di polvere argentata.
“M-Marie...- La
chiamò lui, monocorde. -Presto... ar.. arriveranno i
Caval..ieri di Bronzo...” E le
sorrise, pacato e sin troppo calmo per quella situazione.
I
Cavalieri di Bronzo? Quali? Tutti? O quelli che avevano tentato -e
riuscito- la
scalinata alle dodici case? Quelli che avevano sconfitto il sopito
Dio Poseidone? Quelli che avevano combattuto e prevalso contro gli
Specter e il Dio dell'oltretomba Hades?
Perché
riponeva tanta fiducia in dei semplici cavalieri di casta inferiore a
lui? Era insensato...
Era
come sperare nell'ardire che il suo maestro facesse affidamento su di
lei, oltre che su se stesso!
Il
Saint del Cancro intanto, destando lo sguardo altrove aveva potuto
notare un paio di orme farsi strada sul pavimento, lucido, colmo
ancora di polvere. Un paio di orme* che non erano due come all'inizio
del percorso, ma quattro. Seppur due erano più ferme e
impresse in quel marginale strato di polvere mentre le altre
più
indecise e instabili. Guardò
l'uscita del tempio: proprio lì le orme conducevano.
Così
rivolse lo sguardo nuovamente sul Cavaliere ferito e, accorgendosi or
ora, poté costatare con i propri occhi un dettaglio che
prima
non aveva rilevato: una sagoma, sempre sul pavimento, ove non
riposava alcun granello di quella strana sabbia: “Il tuo
nemico... dov'è? - Gli chiese, scettico -Quello che ti ha
ridotto a questo mod- ...Seth l'ha portato via, vero Ariete?”
Lo interrogò con tono inquisitorio Cancer, senza provare
pietà
per le condizioni del compagno. Forse, la pietà, l'aveva
proprio persa pochi minuti prima.
Marie
si accigliò, guardandolo imperscrutabile mentre affaticato
Mu
gli rispose: “Sì. Se... ti riferisci ad un
cavaliere
dalla stessa armatura rossa. Sai DeathMask,- cercò di
mettersi
seduto e poggiando bene le mani al suolo riuscì
nell'intento.
-Loro non sono malvagi. Il loro cuore è puro e privo di
malignità... potrei quasi dire che troverei più
male in
te... che in loro... Purtroppo però non mi è...
no, non
mi è concessa la pietà ...davanti ad un nemico di
Atena...e...- Continuò con aria seriosa.
“Falla
finita.- Lo interruppe però l'Italiano. -Non mi interessa
cosa
ne pensi. Loro vogliono la mia morte e io non sono disposto a
regalargli la mia testa. Che ti siano più simpatici di me
questo a me non interessa.”
Marie
li guardò, torva: era insensata quella disputa. E forse per
la
prima volta, non sapeva davvero a chi dare ragione. Il
Sommo Mu, la ragazza, lo considerava uno fra i più grandi
Cavalieri che mai avesse conosciuto, amava di lui quella sua aria
pacifica, atona, tanto quanto decisa e letale contro i nemici. Come
dargli torto sul fatto che anche i Cavalieri del Destino potevano
essere dal cuore limpido! Lui sapeva leggere distintamente le menti,
saettare e trovarne le verità celate dentro. E
poi, anche lei poco prima mentre saliva le scale, aveva provato una
sorta di tristezza... pena, rammarico, per ciò che era
successo a quel ragazzo.
Ma
al contempo doveva dar ragione anche alle parole di DeathMask, non
che le desse gioia dargli manforte però era vero: loro erano
nemici. Loro volevano la morte dei Cavalieri di Atena, loro volevano
un Destino bellico e infelice. Loro...
sì, loro erano semplicemente dalla parte
sbagliata.
Si
scosse impercettibilmente, tutti quei pensieri la stavano soffocando.
Il
cavaliere dell'Ariete intanto scrollò evidente il volto:
“Non
è questione... di simpatia.- Proruppe con debole tono, ma
sicuro allo stesso tempo. -Penso che possano cambiare. Capire il
torto. Scoprire... che... no, non è il Destino a
dettar
loro l'ordine, ma solo Atropo.”
A
quelle parole Marie s'incuriosì, cercando invano di guardare
le iridi del Cavaliere che piano si stava issando su. Cancer
lo sorpassò, sorpassò entrambi con passo fiero e
guardingo, poi li osservò rompendo il silenzio con un suo
solito ghigno stampato sul bel volto: “Io vado.
Cercherò
di fare in fretta, di raggiungere presto il mio tempio. Sono certo
che Aldebaran ne avrà fermato almeno qualcuno e sicuramente
anche Gemini insieme a suo fratello. -Schioccò un verso con
la
bocca, poi fece una strana smorfia. -Forse ne fermerò
qualcuno
nella casa del Cancro. Se non riuscissi, sappilo Mu... andrò
avanti e li ucciderò.”
Mu annuì, cauto si
appoggiò al muro: “Buona fortuna allora.”
“Se
non ci rimetterò la pelle.- Rise lui, scomparendo alla vista
-Ma sì, mi terrò stretto il cuore
stavolta.” E si
batté un pugno sulla Cloth. Il
rumore metallico dell'armatura fu l'ultimo suono che si
sentì
nella penombra della casa. Poi tutto tacque, almeno per un po'. Era
sin troppo silenzio, quello, per un tempio che aveva appena ospitato
una dura lotta: “Si
chiamava Mel.” Disse ad un tratto Mu, pensieroso e distante
con
la mente, mentre i suoi occhi veloci rimiravano le colonne ben
scolpite del suo tempio.
Il
Saint della Bussola si girò, cercando di comprendere:
“Chi?”
“Il Cavaliere del Destino appagato. - Rispose lui, con vivida
amarezza. -Il detentore di questa polvere
argentata...” E ne toccò col palmo della mano un
po' di
quei granelli che ignari erano entrati sin dentro le crepe delle
colonne.
Marie
lo osservò: egli rimuginava. Forse era stato in procinto di
essere sconfitto proprio da quella sabbia così
insignificante
all'apparenza. La sfida, da quanto aveva capito, era finita pari.
Entrambi caduti sul crudo e freddo pavimento di quella casa. Poi
era venuto Seth, aveva recuperato il compagno d'armi...
seppur malconcio. O almeno
così doveva esserlo, del resto Aries era un gran Cavaliere
d'Oro, ma certo non poteva riuscire a bloccare due Cavalieri vista la
condizione in cui riversava.
Seth,
Cavaliere del Destino Decretato... si ricordava di lui. Sì,
solo poco tempo prima l'aveva quasi uccisa. Ma era il suo dovere,
ecco. Non
aveva infierito sul Cavaliere dell'Ariete e questo era certo un
punto a suo favore. Non erano malvagi.
“Ah.”
rispose, non sapendo davvero bene cosa dire o rispondere di fronte al
cavaliere.
“Non
c'è bisogno che sosti qui, Marie di Pyxis, vai... va ad
aiutare Cancer,- concluse lui, al posto suo, pur di togliere
quell'evidente imbarazzo dettato dalla più profonda quiete.
-Poiché avrà bisogno anche di te.”
Fu
pacato, ma gentile. E in quell'istante la ragazza aveva pensato
involontariamente al giorno stesso in cui era partita: Mu aveva avuto
quello stesso tono sereno, ma colmo di speranza.
Non
si fece certo pregare: dentro di sé tuttavia pensava che un
abile Cavaliere come DeathMask certo non bramava l'aiuto di una
ragazzetta. Ed era vero, lo sapeva... ma era pur sempre un Silver
Saint e il suo compito era quello di battersi per la Giustizia.
Quindi
doveva correre, doveva andare... non doveva fermarsi. Non voleva la
morte del Nobile Aiolos o il veder morire ancora una volta il Grande
Cavaliere dell'undicesima casa, il Venerabile Aphrodite o Saga, gran
guerriero anch'egli.
E
poi... No,
non voleva veder perire il Suo Maestro!
E,
in fondo, voleva anche rivedere quel ghigno saccente che piegava le
labbra di Cancer in uno strano sorriso laconico. Si
lasciò alle spalle il tempio presidiato dal Cavaliere
dell'Ariete e proseguì il cammino.
La
seconda fiammella della Meridiana si spense inevitabilmente, seppur
l'antica fiamma della vita in Tauros scorreva ancora veloce. La
strada era spianata, le scale ripide e gli attimi di esitazione fin
troppi, ma forse era proprio quella stramba fiamma* che infiammava il
cuore di entrambi i Cavalieri, di entrambe le parti, di entrambi gli
schieramenti...
✾
“Chi
di voi è Saga di Gemini, chi?” Un cavaliere
dall'armatura cremisi comparve sulla soglia della terza casa, mentre
gli altri Cavalieri delle Moire
continuavano la scalata. Ognuno
aveva un compito preciso. Ad ognuno la vita di coloro a cui il
Destino l'aveva tolta.
“Io.- Rispose una voce emergendo
dal buio del tempio. -Sono io Saga dei
Gemelli, della terza casa custode”. Una voce imperiosa, una
voce che attraversava persino il suo stesso labirinto.
Un
labirinto senza uscite...
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
*orme:
allora, considerate le tormente di sabbia che ha fatto il cavaliere
del Destino. E soprattutto la posizione in cui erano caduti entrambi
i cavalieri (sia Mu che appunto l'altro). Allora: se il pavimento era
colmo di questa sabbia/granelli di polvere argentata, se poi Seth
l'ha portato via appunto si vedranno le orme dei due che vanno verso
l'uscita...
*fiamma:
ovviamente mi riferisco alla fiamma della vita -l'ardore- e alle fiamme della Meridiana.
E
insomma eccomi qui.
Ebbene... Mi piace estendere la scrittura anche agli altri personaggi
perché
mi va di dare spazio anche agli altri...e perché mi ci
affeziono a dare loro anche una piccola parte… sigh.
Per esempio mi premurava nella mia
storia togliere dei punti che lasciavo in sospeso:
»Saga
e Kanon, sono vivi nella mia storia. Dunque: sono insieme?
Com'è
il loro rapporto -ancora scombussolato dagli eventi o pacifico come
due normali fratelli-? Se nell'ultima guerra era Kanon a prendere
l'armatura ora chi andrà contro il nemico? Etc...
»Stessa
cosa con Aiolia, poiché avevo dato un punto per lui -non
concluso appunto- che diceva a Jonah che “la prossima volta
prima di passare oltre avrebbe dovuto passare sul suo
cadavere”.
E... niente, spero di riuscire a scrivere ciò che ho in testa, perché mi piace l'idea di rimettere in gioco dei personaggi che ho accennato/di cui ho già parlato. ♪
In ultima cosa, ma
non per questo meno IMPORTANTE: grazie di cuore a tutti coloro che mi
recensiscono, hanno messo la storia fra preferite/seguite e che mi
leggono.
SCHEDA:
CAVALIERE
DEL DESTINO APPAGATO:
Nome:
Mel
Anni:
23
Nazionalità:
Europea (non pervenuta)
Luogo
d'Addestramento: Germania
Colore
occhi: azzurri
Colore
Capelli: biondo cenere/castano chiaro
Carattere:
riflessivo, tenace, dal passato controverso* (*= quando pensa al suo
nome, dice che è insignificante nella battaglia.)
Attacchi:
Silvery Dust (altri attacchi non pervenuti), vari colpi
provocati dalla polvere/sabbia di cui è detentore.
Armatura:
Rossa Scarlatta.
Poiché egli è uno dei sette Cavalieri devoti alle
Moire, il sangue è il giuramento con cui legano il proprio
Destino. Ha l'elmo che assomiglia vagamente più ad un
diadema, lunghe ali dello stesso colore lo sostengono.
|
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Capitolo 20 *** -19 Capitolo Obbiettivi e Rancori ***
A
fine capitolo la scheda°
19
Capitolo
Obbiettivi
e rancori
L'armatura
del Cancro si infrangeva di candido splendore pur non potendo
risplendere al meglio a causa di quelle lugubri nuvole che
ingombravano il cielo plumbeo. Il
gran fragore della Cloth che ad ogni passo tintinnava di freddo
metallo trasmetteva ancor di più il senso dell'euforica
corsa
che stava compiendo l'Italiano.
L'affanno
non lo colpiva minimamente, anche se aveva deciso di non ricorrere
alla velocità di cui tanto un Cavaliere d'Oro poteva
vantarsi
per il semplice motivo di poter riuscir a percepire meglio
ciò
che gli stava attorno.
Sì,
voleva sincerarsi di scrutare affondo ogni minimo particolare che
correndo alla velocità della luce non poteva cogliere.
Salendo
le scale infatti, DeathMask si era fatto decisamente più
schivo e più attento a qualunque movimento: aveva in qualche
modo giurato a quei due, e forse a se stesso, che non si sarebbe
fatto uccidere un'altra volta. Tanto
il nemico l'avrebbe preso, prima o poi. Non c'era motivo per cui
correre così tanto e far finire tutto così
presto.
...E
d'altro canto, il suo carattere colmo di superbia e arroganza, gli
innescava un solo pensiero: era dolce l'attesa prima di far calare e
giungere la morte contro i suoi avversari.
Si
voleva divertire.
Perché affrettarsi?
✾
Lo scontro
aveva avuto inizio: Il Cavaliere di Gemini combatteva faccia a faccia
con Menas, Cavaliere del Destino affranto. Gli altri cavalieri del
Destino invece, avevano continuato il cammino lasciandosi dietro di
loro lo scontro, non sapendo però che Gemini aveva in serbo
per loro il malevolo e intrigato labirinto della terza casa.
Le
pareti sussultarono, ci fu un boato, poi il nulla: sì,
sembrava non essere successo nulla.
L'azzurra
fiamma che scoccava la terza ora andava, anch'ella*, via via
scomparendo. Saga
continuava a rimanere in disparte, un livido sulla spalla ancora ben
pronunciato. A
testa bassa, con le spalle alla parete e le gambe distese sul
pavimento. Lo sguardo assente, o forse così intenso
nell'osservare la battaglia.
Ma
ciò che lo martellava non era certo quel pugno assestato con
forza, o il sangue che lascivo gli macchiava la guancia,
bensì
le parole che suo fratello gli aveva riservato solo pochi istanti
prima.
Non
c'è ragione per cui tu debba rischiare la vita.
Gli
aveva detto. Poi
lo aveva preso per le spalle, intimandogli di guardarlo dritto negli
occhi: Io, io posso essere il guardiano della
terza casa ora. Non mi strapperai
l'armatura di dosso, ma rimarrai a guardare.
Erano
state parole taglienti quelle, privi di qualsiasi tono confortevole:
fredde, colme di sicurezza e di quella determinazione che chiara
traspariva dagli occhi di Kanon. Ma
in quegli occhi, così simili ai suoi, Saga non aveva solo
letto fermezza e decisione. No, piuttosto era riuscito a scorgere al
di là di quelle iridi il tiepido invito a lasciarlo fare: A
lasciar sì che il neo
Gemini
ancora una volta adempiesse al suo ruolo di Cavaliere d'Atena e che,
implorando un po' di fiducia in lui, richiedeva disperatamente solo
una seconda, una terza opportunità per riscattarsi. Chiedeva
un po' di tempo.
In
quello stesso sguardo però s'intravedeva purtroppo anche il
rammarico celato di Kanon, quell'indomabile fuoco interiore che
piano lo bruciava dal rimorso. Dopo tutto ciò che era
successo
in fondo, fra quei due nulla ancora era stato dimenticato o
semplicemente passato. Si erano sacrificati per Atena nella guerra
contro Hades, ma fra loro il dolore e la vergogna circolava come un
veleno.
Si
era così accasciato al suolo, nella penombra della casa,
perché non valeva la pena inveire ancora contro l'animo
martoriato di suo fratello minore, e di certo non voleva scaturire
una dura lotta con lui.
Lo
aveva guardato, indossare fiero e imperioso l'armatura dei Gemelli
che tanto aveva brandito nell'ultima Guerra, si era rispecchiato in
quella sua stessa immagine e poi si era lasciato cullare dal silenzio
del terzo tempio...
...aspettando
inerme l'arrivo di quei Cavalieri scellerati. Aspettando che loro
facessero il madornale errore di combattere contro suo fratello.
Quello
che non si aspettava era però il fatto che Kanon, Kanon di
Gemini, Sea Dragon, Cavaliere di Poseidone e Cavaliere di Atena,
ancora una volta stava ingannando il suo nemico o chiunque
gli si
parasse di fronte. Egli, infatti, si era presentato
all'avversario a nome del fratello. A nome di Saga. Stesso
cosmo, stesse abilità. Questo si vociferava... ma Kanon non
era Saga, si illudeva solo di esserlo, ora più che mai. Ma
forse, in quell'illusione drastica e penosa il primo a sapere di non
essere suo fratello era proprio lui. Forse solamente
lui.
Magari per questo si era presentato a nome di colui che loro dovevano
uccidere... voleva salvarlo. Voleva combattere per Saga.
Magari
era così che pensava di togliere l'onta che infangava il
buon
nome dei Gemelli.
Con
la guerra aveva tolto l'infamia che aveva di dosso e Atena
così come
gli
altri Cavalieri ora fra timore ora fra devozione gli davano ormai il
meritato rispetto... allo stesso tempo però Saga non era
più
quello d'un tempo. E non perché il tempo l'avesse cambiato,
o
ne avesse indurito lo spirito... anzi! Solo, a dispetto di ciò che
egoisticamente sperava... egli non era riuscito a perdonarlo davvero.
Dopo
uno scontro durato quanto l'eclissarsi della bella fiamma bluastra
che decorava la terza ora della Meridiana, ciò che avvenne
si
descrisse come uno dei più ingegnosi attacchi dettati dalla
strategia celati dal gran cavaliere di Gemini.
Sì,
poiché egli in poco meno di un'ora aveva non solo creato
un'illusione provvisoria, teso l'inganno agli altri cavalieri
rendendo cieca l'uscita grazie al labirinto e rischiato la vita al
posto del fratello... Ma aveva persino vinto! Con fatica, ma aveva
vinto. Per un istante, egli aveva vinto.
Quel
sorriso spiritato e felice che gli si dipinse sul volto, guardando in
direzione di Saga fu
l'ultimo gesto che si permise di fare; prima di crollare
miseramente a terra, davanti agli occhi esterrefatti del maggiore.
Saga
si era alzato d'impeto ed aveva avanzato di un passo, allora. Aveva
avanzato un passo verso il perdono, un passo verso di lui. Un passo
fatto troppo tardi. Disteso
sul gelido pavimento della terza casa, ora non c'era solo un
piangente elmo.
Poco
più in là sul suolo sinistro della terza casa
Menas,
Cavaliere delle Moire e nobile guerriero dai neri capelli. Sconfitto
non da una lotta, ma da un'illusione; quale dolore e quale angoscia
per lui essere stato ucciso da una fervida allucinazione creata da...
Kanon! Sì, non c'era altra spiegazione... egli era Kanon.
Un
disonore che lo uccideva più dell'intensa battaglia, che
altri
non era che una mera chimera della mente*. Piegò il capo,
esalò un respiro, invocò la divina Lachesi e poi
spirò,
con ancora gli occhi aperti dal terrore e dalla vergogna. L'armatura
ancora intatta, il cuore invece no.
✾
Marie
aveva appena varcato la seconda casa quando avvertì
pesantemente l'assenza di due gran cosmi: uno era certamente quello
di qualche Cavaliere delle Moire, ma l'altro era... del Saint
di Gemini. Quelle
due potenti energie ruppero il confine del tempio e si dispersero
librando alti nel cielo. Ed entrambi, a quel momento, erano di un
aurea pura e limpida. Di un cosmo che in vita, sembrava quasi non
appartenergli.
Alzò
la testa, ad incontrare nel cielo grigiastro l'ultimo fatale
luccichio di quei due Cavalieri, poi continuò a salire le
scale. Tutto
le sembrava così distante e lontano: i giorni passati con i
suoi amici, l'addestramento con il Sommo Shura, i rimproveri, le
gratificazioni, la stessa nomina a Cavaliere d'Atena! Le sembravano
persino lontani i giorni trascorsi in Sicilia, così come le
sembrava lontano il dolore, la morte... quando bastava una scalinata
per rinfacciargliela contro, ancora... e ancora.
Ad
una scalinata più in alto intanto, gli stessi sentimenti, le
stesse reazioni sperdute e afflitte tormentavano gli animi dei
Cavalieri del Destino. Uomini in cui grande era il loro potere,
grande il loro titolo, ma sempre di umana specie era il loro spirito.
Sentendo
sparire definitivamente il Cavaliere del Destino Affranto, caro
compagno di armi dal potere legato all'Oscurità. Quella
stessa
Oscurità che ora l'aveva inghiottito nell'amaro prezzo della
morte.
“Andiamo,
non abbiamo tempo da perdere”
“Therapon...”
“Andiamo,
Menas avrebbe continuato questa guerra, lo stiamo facendo anche in
sua memoria... - Spronò i compagni il Cavaliere del Fuoco
-...
Andiamo...”
Si
poteva leggere bene nei lori cuori, quanto nei loro sguardi, quel
minimo d'incertezza che albergava insistentemente in ogni essere
umano. Quel minimo di inquietudine di fronte alla seconda morte di un
Cavaliere votato alle Moire.
Seth
teneva un braccio attorno alle spalle di Helene, dopo lo scontro
avvenuto contro il Cavaliere della Seconda casa, mentre Mel veniva
sostenuto ora dal Cavaliere del Destino Implacabile.
I
loro occhi erano come calamite che si rincorrevano veloci attraendosi a
vicenda. Si
osservarono e poi annuendo promisero ancora una volta alla Grande
Atropo che avrebbero compiuto il loro dovere... il loro compito,
nonostante tutto. Passarono
indenni la quarta casa, sapendo che la morte del Cavaliere di Cancer
e il pareggiar dei conti per l'uccisione di Elikonis erano solo che
rimandati. Salirono
così a gran passi la scalinata che li avrebbe condotti al
quinto tempio: quello del Leone.
Colui
che si fermò per battersi contro Aiolia altri non fu che
Jonah, cavaliere che sulle coste del Mar Ionio Leo aveva già
affrontato. Anche loro due infatti, avevano un conto in sospeso: si
erano lasciati con il giuramento che Aiolia, qualunque cosa fosse
successa, prima di lasciar passare oltre il suo tempio Jonah e
permettere così l'insensata uccisione di qualsivoglia
Cavaliere d'Oro avrebbe dovuto batterlo. Scontrarsi con il Saint di
Leo e passare sul suo cadavere.
Forse
avrebbe vinto l'audacia e la forza del feroce Leone, o forse,
sorridendo al Destino, chi avrebbe vinto sarebbe stata l'irruenza del
Vento.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
*anch'ella:
anche quella. Nel senso: anche quella fiamma andava meno come le
altre due fiamme prima -quelle di Ariete e Toro-.
*mente:
avete presente il grande boato che ho scritto all'inizio dello
scontro? Quello dove appunto SEMBRA non succedere nulla?
Ecco,
da lì invece partiva l'illusione che aveva creato Kanon. Da
lì
infatti lo scontro altri non era che un'illusione e la battaglia che
entrambi facevano, dunque anche Menas disperdendo energie e co. Era
solo una illusione.
PS:
uno si può domandare -giustamente!- ma Cancer non poteva
andare immediatamente alla terza casa? Così si scontravano
lì
e pace per tutti? - Bè, a parte il fatto che, se non ricordo
male fra le dodici case uno non può spostarsi con il
teletrasporto, ma poi diciamo è per questione di trama. Lo
scontro “decisivo” (tipo round finale, ya)
avverrà
più tardi, se brucio le tappe rovino il pezzo che ho in
mente.
Forse farà storcere un po' il naso, ma secondo me
è
anche plausibile, ragion per cui non ho cambiato ciò che
avevo
in mente ;)
PS2: Shura non è stato dimenticato, anzi!
-ricordo sempre le bandierine “Shura for president”
eh-
u_u
Salve
a tutti! Cavolo, vi ringrazio ancora una volta di tutte queste belle
recensioni che mi fate! 110 recensioni... wow, grazie... grazie
davvero!
Dunque, scusate se non aggiorno ogni giorno, ma la
scuola chiama...gli impegni, le uscite, la stanchezza, la pigrizia e
le tavole da finire °L° però ovviamente
siccome ho
tutto in testa, la storia la concluderò come da programma e
nel migliore dei modi io possa scriverla u.u Nel senso, la pigrizia
non mi abbatterà perché ho già in
mente ciò
che devo scrivere LoL (non ve ne frega nulla, ah vabbè). In
questo capitolo ho cercato di sistemare vari punti che avevo lasciato
in sospeso, proprio come da copione u.u L'ultimo proprio è
un
Aiolia vs Jonah … qualcuno sa già come
finirà,
ma non spoilero pure sotto il capitolo asd.
Grazie ancora a tutti
e vi lascio alla scheda ;)
SCHEDA:
CAVALIERE
DEL DESTINO AFFRANTO: (oscurità)
Nome:
Menas
Anni:
26
Nazionalità:
Portoghese/Greco
Luogo
d'Addestramento:
Grecia
Colore
occhi:
celeste chiaro/color ghiaccio
Colore
Capelli:
neri con riflessi bluastri, lunghi sino a metà schiena
Carattere:
Presuntuoso, precipitoso, provocatorio, canzonatorio,
devoto.
Attacchi:
(attacchi non pervenuti), tutti i colpi ovviamente hanno a che fare
con l'oscurità di cui è detentore.
Armatura:
Rossa
Scarlatta. Poiché egli è uno dei sette Cavalieri
devoti
alle Moire, il sangue è il giuramento con cui legano il
proprio Destino.
|
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Capitolo 21 *** -20 Capitolo C'è chi Perde la Strada ***
A
fine capitolo la scheda°
20
Capitolo
C'è
chi perde la strada
Calò
il silenzio e caddero le sacre spoglie del Cavaliere, lì
dove
sino a poco tempo prima fischiava inesorabile un vento avvezzo e si
manifestava uno scontro acceso.
“Hai
visto? Alla fine anche il Leone s'è piegato alla ferocia*
del
vento.” Gli disse, glielo dichiarò apertamente.
Come
se Aiolia potesse ascoltarlo, come se quelle parole dettate al vento
-lui
che di vento ne era portatore- potessero
infondergli il coraggio che ora gli mancava...
...Come
se quella frase, per assurdo, potesse biasimare il crimine che
realmente aveva commesso. Compiuto
per Atropo! Compiuto a opera della grande legge
che era il
Destino, la quale intransigente non tollerava coloro che ne deviavano
il percorso stabilito! Seppur
questo significava sacrificare vite umane, il cui unico sbaglio era
quello di protrarsi contro un Fato avverso, contro un Destino che gli
avrebbe reciso un compagno, un amico, un fratello...
Un
Destino che troppe volte era stato stretto all'umanità
intera.
Jonah
chiuse gli occhi cerulei del Saint, prostrandosi in avanti col busto
e calciandogli lontano l'elmo*. La
quinta fiamma proprio in quel momento venne meno al suo lucente
chiarore celestiale. Come fosse il rintocco di una campana che suonava
a
morte... per l'ennesima volta.
Il
Cavaliere delle Moire si voltò giusto in tempo per
osservarlo
un ultimo istante, sulla soglia della quinta casa, poi rizzò
il capo e continuò la scalinata. Aspettando
così la sua morte, sapendo in cuor suo che l'amore fraterno*
avrebbe abbattuto persino la sorte. Aveva
perso così un amico, per un grande legame fraterno, se lo
ricordava...
E
già lo sentiva, l'urlo di vendetta che gli si abbatteva
contro, l'urlo straziante del cosmo di Aiolos.
“Jeff, mi dispiace,
davvero...” Un ragazzino dagli indomabili
capelli color dell'argento e un tipico completo inglese così
si rivolse al suo migliore amico. S'inginocchiò
dinanzi ad una tomba in cui per iscritto vi era riportata la morte
della sorella di Jeffrey. Uno
strano vento circolava attorno a quei due bimbi, avvolgendoli in un
dolce calore.
“Oh Jonahtan, il Destino è così
crudele...”
“Non
potevi farci nulla Jeffrey, era un male incurabile.” Gli
poggiò
una mano sulla spalla, continuando a contemplare quelle incisioni
così finemente ricamate e che decantavano le lodi di una
giovane fanciulla.
“Sì
Jonah, lo stesso che ho anche io.”
E
difatti, due anni dopo, egli era morto; lasciando i tanti averi che
possedeva ad un cugino lontano dell'Irlanda del Nord. La sua candida
bara
era stata sistemata accanto a quella di Cherylin.
Ma
Jonah lo sapeva, sapeva che quella malattia non era stata l'unica
causa che l'aveva portato alla morte, bensì la voglia di
riabbracciare presto sua sorella e dunque di lasciarsi andare.
Se
li ricordava bene quei due: la timida ragazza dai bei boccoli biondi
e quel vispo ragazzino dai capelli del medesimo colore. In quel caso
il Destino avrebbe aspettato una decina d'anni, prima di
recidergli definitivamente la vita. Però Jeff era
impaziente,
non desiderava restare da solo con quell'immenso patrimonio. L'amore
fraterno aveva battuto persino quel fato che, giocondo e immorale,
gli avrebbe lasciato qualche anno in più di sofferenza.
Quel
lontano giorno Jonah sancì un patto col Destino, quello
stesso
giorno perse il suo compagno di giochi.
I passi incerti
sotto il cielo grigio d'Atene furono le ultime
gesta del Cavaliere del Destino implacabile, ma anche le prime gesta
del ragazzo che un tempo fu. Mille
domande gli annebbiavano la mente, lasciando così alle
spalle
l'insistente vociferìo della Dea Atropo e le sue frequenti
richieste di uccidere al più presto i traditori del Fato.
Era
sempre stato un ragazzo di attenta furbizia e di grande perseveranza
Jonah, quel suo accento inglese alle volte gli aveva donato un tono
austero e fiero, pieno di superbia e altezzosità.
Ma
egli era come il vento: vento che infastidisce e che ti ruba le
giornate di quiete, però che allo stesso tempo ti regala
refrigerio durante il caldo estivo nei giorni afosi.
Egli
era il vento: imprevedibile, variabile, volubile, alle volte
immutabile. Jonah
donava sicurezza al gruppo, poiché credeva fermamente nella
causa del Destino e da sempre agiva in prima linea. Quando
aveva saputo della missione affidatagli dalle Dee del Destino era
stato il primo a giurare nuovamente la sua eterna fedeltà.
Quando
in Sicilia aveva incontrato Marie non si era fatto certo scrupoli, ed
anzi l'aveva sbeffeggiata della sua inutilità e del fatto
che
lei era viva solo grazie all'intervento di Capricorn...
Eppure,
ora, percorrendo le scale come ci si incamminava verso un patibolo,
non poteva che ripensare a quanto l'esser sicuri di sé fosse
in realtà un immenso errore che non aveva mai contemplato.
Marie
di Pyxis, quella ragazza dallo spirito forte e dal viso mascherato,
-così come voleva la regola del Santuario d'Atena-
aveva suscitato in lui solo sdegno e pena: perché uccidere
una
pusillanime come quella, si era chiesto. Perché affidare a
lui
un tale incarico!? Ora
se ne vergognava terribilmente.
Accennò
un sorriso: Pyxis non era ancora morta. O i suoi compagni erano dei
completi imbecilli, oppure c'era davvero qualcosa in più in
ogni cavaliere d'Atena.
Shura
di Capricorn ad esempio, il maestro di quel cavaliere d'Argento,
aveva donato la vita per salvare Shiryu del Dragone, poi
ancora una
volta sempre per giusta causa d'Atena. L'avrebbe voluto incontrare,
pensò, però molto probabilmente non sarebbe mai
arrivato alla decima casa. Si sarebbe fermato prima.
Forse
per sua decisione, forse invece perché non sarebbe
sopravvissuto.
“Oh
Atena, Nobile Dea della Giustizia, ascoltami. È Jonah che vi
parla, guerriero dell'implacabile vento!- Pregò il cavaliere
cercando di trovare con la mente il tredicesimo tempio e il gran
cosmo che la Dea disponeva come barriera. -È una disfatta!
Ho
ucciso un vostro cavaliere dal benevolo animo e dal gran cuore, ah
quale sorte mi spetti non m'importa! Ma ora, a cuore aperto mi
domando: Perché tutto ciò? Io... io solo ora
comprendo
quanto i miei occhi siano stati pieni d'ombre... io, io sicuro del
mio temibile intento!” Urlò agitando le mani con
frenesia.
Poi
abbassò il tono, mentre chiudeva gli occhi per lasciar
fluire
lentamente l'aria nei polmoni: “E solo ora... Atena... solo
ora
mi rendo conto, guardando gli occhi di un uomo che muore,
quanto sia sbagliata la nostra battaglia! Che non porta una legge di
ordine, ma crea scompiglio...” Spalancò gli
occhi, poi la bocca, disponendo le braccia verso l'esterno con
fare
esasperato e disperato al tempo stesso.
L'armatura
scarlatta di cui tanto si faceva vanto si sciolse come sangue davanti
ai suoi occhi, colando e inspiegabilmente non impregnandogli l'abito.
Non
apparteneva più al sacro vincolo a cui lui stesso aveva
giurato, non apparteneva più a niente. O
così
sperava. Le
gambe gli cedettero, cascò sul trentatreesimo scalino a peso
morto. Invocando a voce bassa e contratta il perdono di tutti coloro
che aveva ucciso nel nome di quella Legge così meschina.
Perché
aprire gli occhi proprio a quel momento? Forse era stato il
mite
cosmo di Atena che gli aveva sancito incertezze e gli aveva immesso
dubbi e verità impreviste?
Magari,
invece, era solo stato il guardare con quale ardore Aiolia del Leone
si era battuto per un ideale che gli aveva innescato il pensiero e la
vera strada da seguire.
...Forse
ora aveva perso davvero la retta via, la sua almeno...
“Atropo
è la sola che vuole questa ingiusta guerra non capisci?
Perché
cavaliere ti ostini a farmi cedere il passo? Non lo
farò.- Gli aveva dichiarato come un ruggito il Cavaliere di
Leo. -Atena
è
buona e misericordiosa, ha riportato in vita coloro che si erano
sacrificati per lei! Ti è questo d'intralcio?
Perché
condannare un così grande gesto d'amore? Può il
destino
essere così infantile da voler recidere la vita di cavalieri
giusti e votati al bene?”
Ricordava
le parole di Aiolia, quelle che gli avevano fatto nascere da
lì
in poi il dubbio nel cuore.
Può
il destino... essere un male? Il Fato non dovrebbe essere qualcosa di
assolutamente neutro? E allora perché ora era
irrimediabilmente a favore della morte e non della vita?
“Ti
dirò Jonah, quando partii per la Sicilia, Atena si
raccomandò
bene di avvisarmi che non era il volere delle Dee del Destino a
manovrare questa insulsa e violenta rappresaglia... ma Atropo! Colei
che è più vicina all'Ade... e che dunque ha preso
la
risurrezione dei Cavalieri d'Oro come affronto personale, come un
torto subito... ti sembra questo il Destino?”
No,
questo non poteva essere il Destino in cui tanto ci si affidava.
Il
dubbio gli aveva lacerato il cuore. Tuttavia aveva dovuto ucciderlo
per poi costatare con i suoi occhi che quello non era e non poteva
essere, il Fato. Poiché la provvidenza era imparziale e
obiettiva, quindi non avrebbe mai permesso la morte a chi non
spettava. Questo però l'aveva compreso solo dopo l'ultimo
alito di vita del giovane Leone.
Tutt'un
tratto il suo corpo s'irrigidì, d'incanto, come avesse
ricevuto una coltellata in pieno addome. Un lampo di luce che nessun
altro poteva vedere gli perforò le membra insinuandosi sino
all'anima: “Hai smarrito la via, traditore, ma servi al
compimento del mio volere! Dunque ridestati: Cavaliere del Destino
Implacabile.- Gli disse una voce, la quale gli penetrò la
mente in modo assai violento. -Ucciderai Aiolos di Sagittarius, Shura di
Capricorn, mi porterai la testa del detentore dell'undicesima casa,
ed infine reciderai la vita del dodicesimo cavaliere che a me, con le
loro insulse vite, han recato offesa.” Atropo
si reincarnò col suo ingannevole spirito e il suo potente
cosmo nel cuore del guerriero. Lasciò
le sorelle e l'anziano corpo in cui risiedeva solo per non far
nascere e continuare altri indugi e dubbi in quel guerriero
sprovveduto.
Jonah
non percepiva più i suoi sensi, non recepiva più
nulla... se non quel comando. Che
a un cavaliere non fosse permesso il dono del pensiero e della
ragione, ma solo la strenua lotta per ordine dei suoi superiori?
Un
vero guerriero non può o non deve avere
dubbi capendo
di essere in torto?
✾
Il
Sacerdote chinò il capo: anche Aiolia era perito in
battaglia,
il suo cosmo dileguatosi dal suo corpo ormai senza vita. Fin
dentro le mura della Tredicesima e ultima casa si poteva percepire il
triste cosmo che emetteva il suo caro fratello: Triste e cupo, colmo
di un sentimento molto vicino al rancore*, ma allo stesso tempo
bellicoso più di prima. Poi,
pochi istanti dopo, la supplica agonizzante di uno dei nemici
riempì
la sala e le sue urla le menti delle due più importanti
cariche del Santuario.
Atena
a quelle angosciose suppliche, che erano continuate anche dopo che
Atropo aveva preso possesso del corpo del ragazzo, era divenuta -se
si poteva- ancor più convinta di quanto insulsa e miserabile
fosse quella battaglia. Di quanto potesse essere abbietta Atropo da
trasgredire persino la legge di cui era a capo. Così,
in religioso silenzio, continuò la sua difficoltosa quanto
grave ricerca della fievole ragione nascosta in Lachesi e Cloto: le
due sorelle che tessevano insieme ad Atropo l'intrigato manto della
vita. Lo
scettro di Nike in mano, con polso fermo e presa stretta. Il capo
leggermente inclinato all'indietro e gli occhi chiusi in totale
abbandono dei sensi. Pregava
Atena, pregava affinché entrambi gli schieramenti non si
uccidessero a vicenda e vite umane non fossero sprecate per una
divergenza fra divinità. Gli umani, da sempre, al centro fra
le
dispute divine.
Richiamò
a sé le due anime mitologiche del Destino e nell'arduo
intento
le stanche membra di Saori cadettero sul freddo pavimento del
tredicesimo tempio come morte: in stallo fra la realtà e il
brivido del limbo.
Una
sorta di contatto etereo e impalpabile fra la grande Dea della
Sapienza e le prime due Dee dell'umana sorte, quest'ultime poi le
prime a prendere parola:
“Atena!
Atena sei accorsa! Atropo, nostra sorella, non ha indugi neppure di
fronte alla morte dei nostri cavalieri...”
“Lei
ci ha ingannato!”
“Ciò che hai fatto rinnega la
nostra legge! Pensavamo, ignobili, che Atropo avesse il giusto dalla
sua parte, ma...”
“E
lo aveva, Cloto, ricordalo... !- Le comunicò Lachesi, per
poi
rivolgersi verso Atena. -Ma non è questo il Destino a cui
noi
diamo sostegno. Non è questo il Fato che nostra sorella
dovrebbe seguire. Non era questa la strada, ricolma di sangue, che ci
aveva indicato... colma di sangue dei nostri cavalieri, colma di
terrore e senza un libero arbitrio. Con Jonah, nostro amato
guerriero, lei ha sancito il distacco dal nostro pensiero... dalla
nostra legge.”
Ah,
la Dea della Sapienza sapeva bene quanto sciocche e futili potessero
essere i motivi che spingevano gli Dei a sacrificare i propri
Guerrieri solo per pretendere una marcante Vittoria. Quasi si
vergognava di questa ripugnante Viltà.
Ma
sapeva anche, che di regola, le tre Divinità del Destino
erano
corrette e propense verso il giusto equilibrio. Atropo, forse
accecata dal suo stesso potere e sentitasi oltraggiata dal gesto di
Atena però aveva smarrito questo ideale. Sospirò,
poi prese parola con un tono tanto determinato quanto pacato:
“Cloto,
Lachesi... permettetemi di esporre il mio pensiero...”
Dialogò
a lungo, senza mai arrendersi e cercando di tenere alto il nome dei
suoi cavalieri. Nike l'accompagnava senza mai lasciarla, seppur fosse
incorporeo sia lei che il posto in cui si trovavano.
“...Voi
potete dar la vita e condurla fino alla morte secondo un ordine
prestabilito dal tribunale
indetto da Eaco e, sebbene voi l'abbiate presa come mia pecca o
presunzione il riportare in vita uomini già ritenuti morti,
anche Atropo si sarebbe dovuta attenere a questa prassi.
Poiché
i miei cavalieri non erano ancora stati scritti*. Erano periti nello
scontro, ma non
secondo il Destino. Periti in una battaglia che non sarebbe dovuta
accadere. Non dovevano morire... non secondo il vostro
ordine.”
Cloto
tacque, così fece anche sua sorella: era vero. Loro
governavano il Destino, ne erano le signore indiscusse, eppure la
macchia dell'imprevedibilità mai si sarebbe del tutto
estinta
dal cammino che loro stesse perseguivano.
Il
Fato era giocondo, però più volte gli umani con
la loro
ostinazione, la loro ambizione e il loro grande orgoglio avevano
sconvolto piani, percorso e lottato contro le loro stesse
avversità. Poi
entrambe, forse pensando ai loro cavalieri, forse pensando alla
rovina della loro sorella, si dichiararono fuori.
Poiché
il Destino, almeno questo gli era concesso, ancora una volta sarebbe
stato al di sopra di qualunque parte.
“Atena.-
Confessò Lachesi un attimo prima che quest'ultima si
congedasse. -Ora comprendo quale volontà ti abbia animato.
Quale spirito e quale coraggio ti abbia spinto a tal punto da
metterti in gioco in prima persona. Gli esseri umani... sono davvero
ineguagliabili. Imperfetti, ma ineguagliabili.”
Travolgenti,
incontrollabili... pieni di quelle emozioni che permettono loro di fare
imprese straordinarie e imprevedibili.
E Atena sorrise,
prima di scomparire.
Lady
Saori riaprì gli occhi, ridestandosi:
“Atena...” Provò a chiamarla con
esitazione il Gran Sacerdote
aiutandola
a rialzarsi. La mano destra ancora ferma ad impugnare lo scettro.
Lo
sguardo invece rivolto verso le dodici case dello Zodiaco. Quelle
case luogo di scontri perenni, a cui ora stavano sopraggiungendo i
Bronze Saints.
Lei
credeva nei valorosi Cavalieri d'Oro. Lei credeva nei suoi
cavalieri.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
*ferocia:
bè, in teoria un aggettivo simile è molto usato
per
descrivere una forte bestia come il Leone, ragion per cui ho usato
questo termine come a dire che la “ferocia” del
vento ha
surclassato quella di un Leone. Ma ognuno può interpretare
come vuole.
*l'elmo:
avete presente L'Iliade? Ricordate Patroclo -tra l'altro il mio
preferito nell'opera-, ecco.
*fraterno:
ovviamente si riferisce al fatto che, avendo ucciso
Aiolia,
Aiolos oltre ad adempiere al suo dovere traboccherà di
rabbia
e di risentimento e Jonah ne è consapevole (che dunque non
la
passerà liscia, anche perché il fatto era che
Aiolia
non era da uccidere, poiché egli non era nelle mire del
Fato.), proprio perché in passato, ricordandolo, sapeva
quanto
l'amore fraterno era indissolubile e impiegabile anche di fronte al
Destino, ossia l'ideale in cui più credeva.
*rancore:
sì, forse ve ne sarete già accorti in qualche
capitolo,
ma tendo sempre a dare una piccola sfaccettatura a(l fratello di
Aiolia) Aiolos. Che sarà pure l'impeccabile cavaliere d'Oro
per eccellenza, ma secondo me è anche parecchio umano.
Dunque
prova un “sentimento vicino al rancore”. Non
è OOC
per me, se per voi lo è a tal punto...avvertitemi ;)
*scritti:
(importante) mmh,
c'è la nota
“what if?” apposta.
Però vorrei spiegare. A
quanto ricordo quando si è
morti
nell'Ade viene scritto il nome sul registro del tribunale. -Tipo, ricordo vagamente di Seiya CHE
essendo vivo quando entra all'Inferno non era scritto-. Dunque mia licenza poetica è
il
fatto che in TEORIA la battaglia alle 12 case NON era prevista. Non
era come la guerra contro Hades dunque prevista ogni tot. di anni.
Bensì siccome il destino è variabile questo non
lo si
poteva prevedere. L'ambizione di Arles ha fatto accadere la strage. L'ambizione di un UOMO e del suo triste passato.
C'è una
specie di “paletto” a cui Athena si appella:
Aphrodite,
DeathMask e 'compagnia morta'... è morta in una battaglia che
NON doveva esistere. A cui la mano del destino non c'era. Non erano
ancora stati scritti sul libro perché era stato qualcosa
d'improvviso e non di certo voluto dal Fato.
…
CHE CONTORTO RAGIONAMENTO; il
Destino è FATTO di contraddizioni viventi. Aiut-..!
Dio,
Dio che parto per fare questo capitolo O____O''
Non ci crederete
MA da settimane il primo pezzo era finito, mentre quello fra Atena e
le Moire, mio Dio...!
ps:
Ergo, spero bene d'aver fatto comprendere lo stato d'animo di Jonah
(che io personalmente amo u.u ...mi capita che mi
affezioni a tizi di cui scrivo/disegno) diciamo che all'inizio l'ho
descritto piuttosto antipatico, ma qui ci si può fare
un'idea
“completa” di come sia il carattere di Jonah
(Jonahtan,
ah sì questo sarebbe il nome completo... è carino
no?
Nel senso, fa tanto English School DD:). Dunque, spero si comprenda
il PENTIMENTO, che è quello alla base di tutto il capitolo,
e
il fatto che un uomo di intelligenza comunque le sue idee nella vita
le cambia. Si sa, solo chi non cambia mai idea -soprattutto se non
confrontata con gli altri e comunque in torto- è uno
stupido.
Ovviamente bisogna un po' intercalarsi nel personaggio altrimenti
credo che si cali un po' sul ridicolo. Pensate comunque alle parole
che gli disse Aiolia, eh beh, tutti qualche domandina e
scrupolo poi se lo fanno così.
SCHEDA:
CAVALIERE
DEL DESTINO IMPLACABILE:
Nome:
Jonahtan. Sceglie il nome Jonah appena divenuto cavaliere.
Anni:
24
Nazionalità:
Inglese
Luogo
d'Addestramento:
?
Colore
occhi:
viola/ametista
Colore
Capelli:
argentati
Carattere:
determinato, all'apparenza superbo e altezzoso. Di gran intelligenza,
gran pensatore.
Attacchi:
Detentore del Vento. Relentless Whirlwind: letteralmente= mulinello
d'aria/turbine implacabile. Vari attacchi tipici da chi ha in dono il
vento.
Armatura:
Rossa
Scarlatta. Poiché egli è uno dei sette Cavalieri
devoti
alle Moire, il sangue è il giuramento con cui legano il
proprio Destino.
Un
elmo color del papavero -più chiaro-.
|
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Capitolo 22 *** -21 Capitolo A testa Alta ***
k
21
Capitolo
A
testa alta
“Percorreremo
nuovamente le dodici case” affermò Hyoga, osservando il
cupo cielo d'Atene. “Già. Ma questa volta, almeno,
non saremmo contrastati.” “Questa volta, Shiryu, il
tempo ci è ancora più tiranno.”
✾
“...Fratello,
la tua ambizione era frenata dalla parte migliore di te. La mia non
lo sarà: non ho coscienza di cui rispondere. Così
dicesti. E la mia anima t'ascoltò amara di quella
constatazione.- Marie aveva appena varcato la soglia della terza casa,
quando ascoltò il triste monologo di Saga sussurrato nella
penombra del tempio. Non le era ben chiara la situazione, ma il certo
era che quel corpo giacente sul pavimento doveva essere in qualche
modo... Kanon. Colui che in realtà non doveva
morire. Ascoltò in silenzio, mentre un'amara malinconia le
oppresse il cuore: -Eppure Kanon, ora è stata proprio la TUA
parte migliore a non darti coscienza...- -...E a portarti alla
deriva.” Adagiò il suo mantello sul corpo del fratello,
mentre l'armatura piano si distaccava dalle membra di quest'ultimo, a
riformare la dorata immagine dei Gemelli. “Ti ho lasciato
fare. Tornato alla vita credevo che la Cloth sarebbe stata tua leale
compagna, anche se ella si fregia di portare anni e anni di sciagure.
Ti ho donato la nostra vestige, per concessione d'Atena... te l'ho
donata per farmi perdonare. Ma non l'avevi compreso questo dono,
bensì l'avevi accettato con rabbia... Pensavi che non t'avessi
perdonato, quando in realtà era me stesso che cercavo di
perdonare.” Strinse gli occhi, dei brividi improvvisi lo
scossero sin nel profondo. S'inginocchiò dinanzi al suo
gemello, quasi come fosse l'ultimo saluto che si sarebbe permesso,
poi si rialzò. Come nulla fosse successo. Come se
l'armatura fosse sempre appartenuta a sé. Di
nuovo. “Cavaliere...” Pyxis doveva pur far notare
la sua presenza se voleva passare oltre il terzo tempio, eppure si
sarebbe fermata anche solo per pietà. A stringere le mani di
Saga solo per dargli conforto... dopo averlo visto con occhi suoi,
forse per la prima volta, fragile. Instabile. Il Saint la
osservò sgusciare via dall'ombra e sviare lo sguardo
nonostante portasse la maschera e non potesse realmente guardarla
negli occhi. Un senso di inadeguatezza e soggezione riempì la
dimora di Gemini. E ancora sofferenza, dolore, angoscia mal
celata. “Cosa ci fa qui il Cavaliere della Bussola?
...Sarai forse la prima a portarmi le condoglianze?!” Chiese
Saga con insofferenza, cercando di dare il solito tono sprezzante e
distaccato anche in quell'occasione. Un tono profondo. Marie
aveva avanzato di qualche passo, mentre i suoi occhi ancora una volta
erano stati rapiti dalla figura di Kanon, ai piedi del fratello. Gli
occhi di Saga invece incatenati nell'osservare l'argentata maschera
dell'intrusa. “N-no...- Rispose forse sin troppo intimidita.
-Non credo che in questo momento li possiate accettare..” “Dici
bene. Dunque cosa ci fai qui? Non sai forse che siamo in guerra...
Dovresti farti da parte, va via.” Concluse sbrigativo egli,
cercando senza giri di parole un modo per restare solo, nel buio del
suo tempio in cui la poca luce che filtrava era quella dell'entrata.
Poiché l'uscita era ancora l'illusione lontana e profonda del
labirinto creato da Kanon. “Non posso, Nobile Saga. –
S'avvicinò ulteriormente la ragazza. Il cuore le martellava
incessante nel petto, eppure la determinazione era forte. -Devo e
voglio proseguire. Anche i Cavalieri di Bronzo stanno salendo la
lunga scalinata, ed io come cavaliere d'Argento, ma anche come
persona ho l'obbligo e la voglia di andare avanti per questa
direzione...” Spronata dalle parole di Mu forse, o magari
dai buoni insegnamenti del suo maestro Shura che nei momenti
opportuni le veniva sempre incontro, poté controbattere con
tono austero e fiero. Il cambiamento repentino di quella ragazzina
che da spaurita aveva dimostrato un carattere deciso e tenace, gli
fece increspare le labbra in un tiepido sorriso: “E allora vai,
passa pure, non ti trattengo.” Con un gesto della mano il
labirinto venne meno, l'oscura uscita divenne più chiara,
poiché il cielo anche se grigiastro sempre più chiaro
era di quel tempio. Gli altri cavalieri delle Moire avevano
trovato l'uscita dall'illusorio labirinto non appena Kanon era
morto, Saga solo pochi istanti dopo aveva ricomposto
l'illusione. Troppo tardi. Ma Gemini aveva fatto il suo dovere
e poteva ora piangere la morte del suo gemello. Si spostò
di lato, non tanto per farla passare -lo spazio lo permetteva-, ma
più che altro per far comprendere che poteva procedere senza
impedimenti. Il Cavaliere di Pyxis non se lo fece ripetere due
volte, ma poco prima di attraversare e oltrepassare la stanza
dichiarò con convinzione: “Pregherò Atena anche
per lui.” Poi scomparve dalla visuale
dell'uomo.
“Venerabile Aiolia... !” No. Non
voleva crederci, non voleva assolutamente. Magari stavolta era
davvero un'allucinazione*, magari era davvero in vita! Eppure il
polso non segnava nessun battito cardiaco, eppure sin da quando era
nel tempio dei Gemelli non percepiva più alcuna fonte del
Cosmo di Leo... Possibile che il Grande Leone Dorato fosse anch'egli
morto lottando contro i Cavalieri delle Moire? Colui che l'aveva
salvata da fine certa lì in Sicilia contro il Cavaliere del
Destino Implacabile e che ora, per mano dello stesso, era perito. La
fronte era divenuta fredda, gli occhi seppur chiusi se l'immaginava
di un pallido chiarore ceruleo. “Non dovevate neppure
morire... questo non è il comportamento che mi sarei aspettata
dai Cavalieri del Destino.” Affermò coprendo il volto
del giovane con il bianco mantello e stringendo i pugni in una
morsa. Arse il suo cosmo in tutta la sua potenza: mai... mai si
era sentita così piena di collera. Forse neppure quando aveva
visto il candido pallore di Cristian sulle sue gote sempre così
imporporate. Era un'ingiustizia. Una forte ingiustizia... perire
ad opera del Fato, quando il Fato stesso non doveva farti morire.
Tutta quell'ira che, incessante, si sovrapponeva ad altri sentimenti:
sofferenza, dolore, tristezza e senso di impotenza. Persino
Shura, tenendo all'erta i sensi, poté percepire quel cosmo che
con potenza si espandeva a vista d'occhio: un cosmo del colore del
cielo, del colore dell'aria, del colore delle viole. Il cosmo
della sua allieva che, come sbloccatosi, si era energicamente
svegliato quando l'animo di Marie aveva avuto così tante
emozioni che l'avevano sconvolta. Fu un dolore sordo, un dolore
intimo e un dolore che non si poteva quietare, poiché quel
medesimo sentimento rivangava su ferite ancora non
rimarginate. Cristian. I bambini dell'orfanotrofio. La sua
stessa famiglia. La morte, la paura. Un dolore che fece
sussultare il suo maestro, perché in fondo chi meglio di lui
poteva sapere cosa celava il cuore di quel neo cavaliere d'Argento. A
grandi passi il Saint di Pyxis superò anche la quinta casa e
proseguendo il cammino la sua fede divenne sempre più tenace e
accesa. Era un Saint di Atena, un Saint devoto alla Giustizia.
Nell'ultima Guerra Sacra e prima ancora nella lotta contro le Dodici
Case, nulla aveva potuto fare come apprendista, ma solo lasciare
invariato il corso della storia. Era stata potenzialmente inutile.
Ora, anche se ben piccola era rispetto all'intera forza dei
Cavalieri, lei avrebbe fatto la sua parte. Anche Saga l'aveva
lasciata libera di perseguire il suo cammino. Il suo destino Si
sentiva orgogliosa, sentiva il suo cosmo scoppiare le sue stesse
stelle protettrici; si sentiva semplicemente pronta per
combattere. Un po' come il suo maestro: avrebbe combattuto per se
stessa, per gli altri e per Atena.* Continuando con l'avanzata dei
Cavalieri delle Moire, Shaka aveva fermato ben tutti e cinque i
Guerrieri. Jonah, che possedeva in sé lo spirito della
divinità Atropo, raggiungendo non per suo volere i suoi
compagni aveva infatti assistito alla parziale disfatta di
quest'ultimi: Seth aveva perso il senso della vista, così come
Therapon e Mel l'uso del tatto e Helene, avendolo attaccato per
prima, il senso del gusto e quello dell'olfatto. I Cavalieri delle
Moire erano sì forti e quasi alla pari dei Gold Saints, ma la
Vergine si fregiava di essere l'uomo illuminato, una reincarnazione
del Buddha*, e per di più egli non era da uccidere. Indi per
cui loro cercavano altre possibilità per sfiancare
l'avversario e oltrepassare la soglia. Erano Cavalieri pronti a
tutto, promessi al Fato e a lui soltanto. Una privazione di qualche
senso certo non li avrebbe corrotti a lasciare la battaglia, questo
Shaka ben lo sapeva. Quando arrivò Marie però, lo
scontro era terminato tutto sommato con una somma parità:
Virgo aveva sconfitto Helene, Cavaliere dell'Acqua, ma grazie
all'intervento divino che albergava in Jonah gli altri avevano potuto
superare -anche se non indenni- il sesto tempio. Atropo era pur
sempre la divinità più temuta fra le tre sorelle del
Fato. Non era da sottovalutare e Shaka della Vergine con la sua più
spiccata percezione aveva compreso il cosmo sin da subito. I
Cavalieri erano ormai giunti all'ottavo tempio, di cui Milo di
Scorpio era detentore. Con un vago cenno del viso la invitò
a sorpassare anche la sesta casa, e lei -cercando di tenere alta la
testa dopo l'ennesima vittima di quella guerra- proseguì. Una
domanda sola la inchiodò alla soglia della sesta casa: sia
Saga dei Gemelli, sia Shaka della Vergine avevano un potere immenso.
E sebbene sapesse per il primo quanto valesse lo scontro uno contro
uno, non si spiegava il perché il Saint di Virgo non avesse
eliminato nella battaglia i cavalieri delle Moire rimasti. “Perché
li avete lasciati passare?” Chiese, seppur le parole che
pronunciò poco dopo Shaka non tolsero i suoi dubbi e non
risposero al suo quesito. “Cancer dista pochi metri dai
Cavalieri, impaziente com'è neppure avrà fiutato la
grande minaccia che incombe. Shura voleva avvertirlo e tu, sua
allieva, sembri avere lo stesso scopo*” forse era una domanda,
forse un'affermazione. Nel non poter costatare lo sguardo del Saint,
Marie non sapeva bene come rispondere. Provò: “Mia
intenzione principale è aiutare il mio maestro. Egli non deve
morire... non se lo merita.” “DeathMask se lo
merita?” “Nessuno merita la morte.” Alla fine
il Cavaliere del Cancro fu raggiunto da Pyxis solo alla nona casa.
Casa in cui unico cavaliere rimasto era il vittorioso Aiolos e lo
sconfitto Seth. Seth, quel guerriero che seguiva sin dall'inizio,
colui che non aveva infierito sul corpo di Mu. Se fosse stato per
Jonah, seppur egli non voleva neanche più combattere appreso
che non si stava battendo davvero per il Destino, il suo onore da
Cavaliere lo avrebbe condotto a restare lui come avversario del
Sagittario... avendo ucciso suo fratello. Invece Antropo proprio
perché sapeva l'indole dei suoi guerrieri, accecata dal voler
terminare la guerra con almeno la testa di qualche cavaliere o della
stessa Atena, fu la prima a lasciare la nona casa per continuare
verso la decima. Ovviamente sperava nella vincita dei suoi cavalieri,
coloro che si battevano per le Moire. E non per lei. “Marie,
cosa fai qui?” La fermò Sagittarius, una striscia di sangue
sulla fronte calcava quanto quello scontro fosse stato spietato.
Cancer invece era ormai giunto al decimo tempio -come d'accordo,
infatti, lui non si sarebbe fermato se non per uccidere quei
cavalieri-. Il fatto era che di pari passo loro, anche se
impegnati nelle battaglie, erano comunque in vantaggio di una
scalinata. Non s'affaticava a ricorrerli però, ne erano
rimasti solo tre e la spada di Shura già vibrava nell'attesa.
Non sarebbero andati oltre, sapeva. Credeva. La ragazza
appena si sentì chiamare rivolse i suoi occhi verso il
fratello di Aiolia e si fermò: “Dunque avete avuto la
vostra vendetta.” O almeno così vedeva lei la morte del
Cavaliere dei Ghiacci, quei ghiacci che l'avevano bloccata nella
radura fuori dalle dodici case. Quei stessi ghiacci feriti e
frantumati da frecce di luce. Aiolos chinò il capo e
dissentì: “No. Non dovrebbe mai prevalere la vendetta
sul campo di battaglia, accecato dall'odio non sarei sopravvissuto.”
Marie abbassò la testa per poi distrarsi nell'osservare
l'uscita, un vento rigido soffiava sin dentro le mura del tempio:
“Siete proprio un esempio da seguire, Nobile Aiolos...”
Rispose schiettamente. Lei non ce l'avrebbe fatta forse, lei avrebbe
combattuto per vendetta. Egli sorrise amaro, mentre piano le ali
del Sagittario si mossero: “Non venerarmi, cavaliere. Aiolia,
mio fratello, non me lo avrebbe permesso... lui è ancora qui
con me, -poggiò una mano sulla spalla.- Dal Muro del Pianto ci
siamo riuniti e neanche la morte ci ha mai separati.” Quante
lezioni stava apprendendo Marie proseguendo verso il suo cammino. E
come era vero ciò che gli diceva sempre il Venerabile Shura:
“Potrai divenire Cavaliere d'Argento, la stessa costellazione
t'appartiene. Ma quello che farà di te un buon cavaliere
fedele ad Atena sarà l'esperienza.” Esperienza. In quei
giorni anche soffrire era un insegnamento. Essere dei Saints
implicava proseguire nonostante tutto e in quel momento la mente di
Pyxis pensò immediatamente al suo maestro: “...anche
io ricevo ordini. E quanto vorrei sottrarmi alle volte! Alle guerre,
alle rappresaglie...! Ma vengo mandato in missione proprio per
togliere di mezzo quelle folli gesta che uomini pieni di
rancore compiono. Ciò mi sprona a non indugiare e a persistere
nella causa della Giustizia.” Le vennero in mente le parole
di Capricorn, ancora una volta. Quella confidenza stretta dettata
ad una bimba che, forse allora più di oggi, già sapeva
riconoscere il turbamento e la sofferenza nell'animo del suo mentore.
Si chiamava sintonia, e non aveva mai abbandonato né il
maestro, né la sua allieva. Almeno fino ad ora.
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
DA
QUANTO non aggiornavo? Vado a bastonarmi con una penna. Buona sera a
voi tutti! Chissà se fra voi c'è ancora qualcuno che si
ricorda questa mia storia! 3
*allucinazione:
ricordate nel capitolo in cui Marie ritrova Mu? Per un attimo pensa
che non sia vivo, anche se sente il COSMO del Cavaliere d'Oro si
ritrova persino a pensare che la sua percezione l'abbia tratta in
inganno. Invece, ovviamente, l'Ariete non è morto. ;) qua è
l'opposto. Aiolia è morto *Atena:
quando Shaka lo ferma, Shura resta nel suo tempio e promette questo.
Ora la stessa cosa la stava pensando la sua allieva, la quale stava
percorrendo la scalinata. *Buddha:
dunque, mi sono fatta un casino di problemi su questo. Shaka come
ricorderete tutti ha donato la vita al Muro del Pianto (Le Moire
-Atropo- vogliono morti solo quelli che erano già morti, indi
per cui NON lui... ma non è questo il problema), mi stavo
domandando se fosse ancora "l'illuminato". Nel senso, a mio
avviso di nuovo in vita ha nuovamente il suo 'essere il più
vicino agli Dei' (ho chiesto opinioni in merito) se voi foste
contrari esponetemi! Perché vorrei restare IC ç_ç *scopo:
lo scopo è ovviamente diverso: Shura voleva avvertire DM per
ciò che gli aveva detto Atena, Marie invece vuole raggiungerlo
anche per le parole di Mu. Però Shaka avendo fiutato che in
Jonah -più che altro sulla sua pelle l'avrà
sperimentato così come percepito- alberga Atropo comunque
osserva questa curiosa coincidenza: entrambi -allieva e maestro-
vogliono andare/avvertire Cancer.
Ho ripostato questo capitolo
perché l'ho riscritto da capo. Scusate per coloro che
l'avevano già letto -e sì, se l'avranno già
letto leggeranno alcune parti differenti-. {La targhetta ad inizio capitolo è una targhetta che feci nel 2012. Non so se pubblicarla ancora, ma era un legame col passato di questa fanfiction e quindi... ho voluto postarla ♥
Il
prossimo capitolo è incentrato su i miei amati. Finalmente
sono arrivata alla meta, yo oh!
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Capitolo 23 *** -22 Capitolo A Ferro e Fuoco ***
j
22
Capitolo
A
ferro e fuoco
[Il
destino assomiglia al vento],
alle fiamme,
ma non si perde
nella polvere.
Arthur Schopenhauer
Il
meriggio era ormai passato e, anche se la coltre di nuvole grigiastre
non permetteva una visuale del sole e del suo lento declino, si
poteva certamente affermare che era ormai giunto il crepuscolo. Un
sole al tramonto col colore del fuoco.
“Sii prudente,
cavaliere di Pyxis...- Furono le ultime parole di Aiolos.
-...Poiché
in ballo c'è più della tua stessa vita.”
Marie
non voleva morire, o meglio non voleva lasciar correre gli eventi; se
fosse morta combattendo, dunque lottando per la sua vita e contro un
destino avverso, allora non avrebbe avuto modo di rammaricarsi.
Sarebbe stata uno dei tanti guerrieri morti in battaglia e, sebbene
non fosse proprio quello il futuro che avrebbe voluto per
sé,
almeno per una volta il suo maestro avrebbe visto le sue
qualità
o per lo meno il suo valore. Sì, avrebbe fatto tutto
ciò
che le era possibile per stare finalmente spalla a spalla con gli
altri Cavalieri.
Magari sarebbe morta dopo un gran colpo e di
questo, perché no, poteva anche crogiolarsi. Poi i cavalieri
d'Oro avrebbero vinto -del resto erano la casta più alta- e
il
Sommo Shura si sarebbe per sempre ricordato di lei. Era una
possibilità.
Un sorriso amaro le contornò le labbra:
la costatazione chiara di essere codardi di fronte all'imponente
paura della morte. Abbassò il capo arrivata alla decima
casa:
se solo avesse sentito questi pensieri proprio Capricorn l'avrebbe
disconosciuta come sua allieva! Forse era davvero l'unica prospettiva
che non doveva neanche prendere in considerazione. Non era questo che
le aveva insegnato il suo maestro. Non era pensare al domani, ma
credere fermamente nel presente e agire! Agire: non porsi una fine o
un limite, ma superarlo o almeno provarci.
Si diede mentalmente
della sciocca: stava rischiando la vita contro il Destino e poi
così
decretava la sua fine? Negò con la testa e poi
entrò
con passo fermo dentro il decimo tempio. Quello stesso tempio che
conosceva meglio di qualunque altro, quel tempio dove la venerabile
statua d'Atena consegnava nelle mani del suo cavaliere la sacra spada
Excalibur. Spada forgiata per proteggere, arma concepita per
tagliare, braccio teso per fendere le ingiustizie del mondo. E Shura,
così come ogni cavaliere del Capricorno, ne era il legittimo
detentore. Un Saint leale, giusto e fiero pronto ad eguagliare le
abilità della sua spada con il suo forte spirito.
Tutto
quello che potesse mai immaginare il cavaliere della Bussola, una
volta attraversata la soglia però, non era certamente
neppure
una minima parte di quel che i suoi occhi, celati dall'argentata
maschera, videro esterrefatti. Lo scenario che le si
presentò
di fronte, difatti, fu lacerante persino anche solo da guardare;
qualcosa di orribilmente sorprendente e allucinante anche solo per la
vista. Marie ne era certa, l'immagine che chiara e devastante ora le
si scolpiva nella memoria mai l'avrebbe potuta dimenticare: Fiamme,
fiamme altissime alimentate da vento e polvere.
Fiamme, del
Cavaliere del Destino distorto, che infuocavano il tempio, che
opprimevano l'aria, che giravan vorticose in cerca di prede.
Polvere,
del Cavaliere del Destino appagato, che raschiava la pelle, che
emetteva tempeste argentee, che s'insinuava nelle crepe delle pareti
e le sgretolava.
E Vento, del Cavaliere del Destino
implacabile, che violento innalzava vortici, che impetuoso
creava
turbini e raffiche, che disarmante feriva con la sua forza
avventata.
Il Saint di Pyxis avanzò all'interno del tempio,
sebbene il suo cuore fosse in pieno tumulto. Intravide quasi
immediatamente i due cavalieri d'Oro: nel lato opposto al suo c'era
il suo maestro, mentre alla sua sinistra, meno distante, c'era
Cancer.
In alto, poi, tre lampi di cosmo in pieno splendore, come
rinvigoriti da una strana forza portante: I tre Cavalieri delle Moire
sopravvissuti. Li osservò, notando solo poco dopo che lo
scontro vero e proprio era ancora sul da farsi, poiché
entrambi gli schieramenti si stavan studiando prima dell'incalzar
della battaglia. Prima di sferrar l'attacco iniziale.
“Ebbene,
ecco arrivata anche l'allieva di Shura di Capricorn.- Disse il
guerriero dalle ali rossastre. -L'ultima pedina mancante di un gioco
che è durato sin troppo.”
Cancer a quelle parole
dettate con tale altezzosità non poté che
sbuffare per
l'ennesima volta seccato: “Bene, tutto perfetto. Ora,
perché
io sono ancora vivo e voi state cianciando tante chiacchiere
inutili?” Li stuzzicò a farsi avanti.
Marie si
domandò se non fosse completamente folle a chiedere di
aprire
le danze in quella situazione. Lo osservò di sottecchi, per
poi tornare ad osservare l'ardire dei tre guerrieri. La cenere riarsa
che contornava la casa sin dal pavimento e che densa s'aggirava per
tutto il perimetro faceva penetrare sempre meno aria nei polmoni. Con
uno slancio repentino senza indugiare né fiatare Shura
-così
come era nella natura del Saint di Capricorn- piegò alla
forza
della sua spada le fiamme tagliandole in due di netto. A quel gesto
Pyxis, come risvegliatasi, cercò d'avvicinarsi al suo
maestro.
Questi, al contrario, cercò di distanziarsi da lei,
recidendo
più e più volte il fuoco turbolento e vorticoso
che
circondava il trio. La mano scintillava come una lama di metallo
appena affilata, scintillava nel fuoco come a prendere vita. Persino
l'inconsistenza del vento implacabile sembrava venir meno e
dimezzarsi in due al taglio deciso dell'inflessibile spadaccino.
“Il
vostro piano era forse quello di riunirci?” Li
interrogò
lo spagnolo, lo sguardo fisso sugli avversari senza indietreggiare
neanche di un passo, seppur il fuoco fosse indomabile.
A
rispondere fu Therapon, la voce rotta dal rancore che portava:
“Riunirvi? Oh, perché no! Prendere tre
trasgressori del
Fato in un solo tempio, in un sol colpo! ...Ah, ci avete davvero
risparmiato fatica. -Ridacchiò tenendo l'elmo sottobraccio.
-In fondo chi più del Destino può burlarsi di
voi?
Proprio per via di quest'ultimo, una stupida ragazzina ha percorso i
templi per arrivare dal suo maestro; lo stesso ha fatto DeathMask di
Cancer, carogna che da sempre persegue i suoi intenti più
abietti. Ci hai seguiti perché non vedi l'ora di spargere
sangue e vittime, non è forse così?”
Poi, come
a dargli manforte, susseguì Jonah: “Sporchi
assassini
che ancor avete la presunzione di vivere... Morte è il
castigo
che v'attende. Come avete osato uccidere i fedeli servi delle
Moire?”
Servi?
A quella parole persino Therapon e Mel si voltarono verso il
loro
compagno. Da quando l'avevano rivisto, avevano riscontrato in lui
qualcosa di... qualcosa in più.
Osato?
Servi? Ma cosa andava mai vaneggiando, si chiese Marie
atterrita
e ancora notevolmente scossa. Con quale diritto parlavano con
arroganza di assassini e morte! Proprio loro, loro
che avevano
ucciso Aiolia del Leone! E dire che per un frangente c'aveva creduto.
Creduto alle parole dette dall'Ariete Dorato: “...loro
non
sono malvagi. Il loro cuore è puro e privo di
malignità...”
Che erano dalla parte sbagliata, che erano leali e giusti come i
Saints d'Atena nonostante fossero Cavalieri nemici. Che alla fine...
No! No, non era quella la verità. Non che volesse dubitare
delle parole di Mu, ma non riusciva -pur volendoci davvero-
più
a crederci.
Essi non solo avevano un'anima nera come a primo
impatto poteva sembrare, ma anche un cuore cinico e senza scrupoli
che di giustizia, parzialità e provvidenza non aveva
assolutamente nulla. Erano tali e quali all'oscura immagine
che il
Cavaliere del Cancro dava di sé.
Fece due passi
indietro, il fuoco fulgente ancora a brillarle negli occhi vividi. E
poi nonostante la tempra di cui andava fiera, il carattere calmo e
saldo consolidato negli anni d'allenamento, l'atteggiamento misurato
in cui tutti la riconoscevano, non poté più
nascondere
la sua ira: “Bugiardi... siete solo dei bugiardi! Vi fate
tanto
vanto di quanto siete superiori a noi, di come siate i Cavalieri del
Destino... di come noi siamo senza morale che sporchi e codardi
cerchiamo di vivere sebbene dovessimo essere morti... -
Crollò
Marie, il viso contratto in una smorfia celata, il capo chino e le
spalle leggermente incurvate in un tremolio debole, il tono di voce
basso, quasi un mormorio, ma udibile.
-Ma non siete nient'altro
che vigliacchi... Davvero. Il Destino di cui vi fate messaggeri
è
tale da infangare la vita di uomini di valore... come... come Aiolia
del Leone? Egli doveva forse morire? Non... non siete nel giusto
così
come tanto affermate...”
Il Cavaliere del Destino Appagato
ebbe un sussulto, quella Silver Saint cosa andava mai farneticando..?
Certo che erano nel giusto, il Cavaliere della quinta casa s'era solo
messo in mezzo al Destino e frapponendosi ne aveva pagate le
conseguenze. Sì, era così!
Con un cenno del volto
diede il segnale ai suoi compagni.
“Lodevole il modo in
cui sai rigirarti a tuo favore la posizione in cui ti trovi, questo
però non cambierà le carte in tavola,
disilluditi.”
Sbatté con prestanza le ali e terra cenerina e argentata si
mescolò con quella già circostante.
Un sorriso
sornione apparve sulle labbra di DeathMask che, alzando per
metà
il braccio, stava per caricare un pugno: “Smettila ragazza,
con
loro è davvero tutto fiato sprecato. Credi davvero che
abbiano
una morale? Credi davvero che me ne importi se ce l'abbiano? Il
loro ego è così alto, eppure io non li ho mai
sentiti
nominare, tsk!” Pronunciò infine chiudendo
così
ogni probabilità di risposta al Saint di Pyxis.
“Quel
che ciancia parole senza senso, Cancer, sembri essere tu.- Lo
provocò
Jonah, annuendo al segno del compagno. -Il Fato
è una
cerchia racchiusa e segreta di cui neanche chi ne fa parte deve
saperne l'avvenire. Cloto, Lachesi ed Atropo ne sono le
Divinità
e noi Cavalieri non usciamo mai allo scoperto, perché meno
sanno di noi, umanità e Dei, e meno essi si interporranno
verso le leggi delle Moire.”
Shura non mosse un muscolo,
rigido e diritto nella sua posa d'attacco, drizzò poi il
capo
senza guardare in faccia nessuno. Al contrario il corpo della sua
allieva trasmetteva da ogni poro instabilità. Eppure quante
volte le aveva insegnato a padroneggiare rabbia e sentimenti nocivi
allo scontro diretto? Un nemico non deve Mai sapere cosa pensi e cosa
ti freme. Mai. Non poteva fargliene un torto*, solo, in quelle
condizioni non l'avrebbe fatta combattere. Poco male, avrebbe
combattuto con DeathMask lasciandola in disparte. Avrebbe ferito
l'orgoglio della sua discepola, ma quantomeno sarebbe stato in grado
di combattere insieme ad un altro cavaliere d'Oro senza ulteriori
intralci. Avrebbe compreso. Sicuramente.
Marie non era tipo da
disobbedire ai suoi ordini, si fidava di lui. E in fondo lui lo
faceva anche per il suo bene... poiché anche se non era
più
sua allieva nella pratica, rimaneva ancora inesperta e solamente un
neo Cavaliere di casta inferiore. Per di più coinvolta in
qualcosa di molto più grande di lei.
Non avrebbe avuto
altri sensi di colpa, avrebbe eliminato quei boriosi guerrieri in
pochi fendenti. O almeno così pensava di procedere il
Capricorno, se non che...
Una nuova folata di vento alzò
drasticamente le fiamme intorno a sé. Si ritrovò
a fare
un salto più avanti per non rimanere carbonizzato. La
temperatura, se possibile, divenne ancora più calda.
“Ma
che..?-
Therapon maneggiò il suo elemento e il fuoco
cominciò prima a comprimersi, poi ad espandersi secondo una
struttura geometrica cubica: “Il nostro vero obbiettivo,
sappilo Cavaliere della decima casa, più che unirvi era di
dividervi... Cube Fire!*” Concluse
serafico,
socchiudendo gli occhi.
Le fiamme iniziarono a danzare prima
attorno al corpo di Shura, per poi stringerlo in una morsa e tutto
quel che videro DeathMask e Marie fu una prigione di fuoco, che piano
lo inghiottì rinchiudendolo all'interno.
Nessun grido, solo
un cozzar d'armatura col pavimento.
Ecco.
In quel momento Marie di Pyxis si sentì veramente morire.
Tutte le più vaste emozioni le passarono noncuranti davanti,
immagini e frasi le rimbombarono in mente ad un ritmo indefinito e
veloce. Si sentì male, si sentì impotente, si
sentì
sciocca, si sentì cedere, sentì freddo,
sentì il
cuore venirgli meno, non vide più. Ed era solo
l'inizio.
Un'altra manciata di polvere ferrosa e argentata
cominciò a vorticare attorno alla gabbia infuocata, non
permettendo così che nessuno potesse in qualche modo
entrarci
dentro. Una specie di scudo protettivo di sabbia che, unita alla
corrente del vento, raddoppiava la sua forza. Nessun colpo da fuori
avrebbe fatto effetto, sarebbe stato spazzato via.
“Maestro!-
Gridò in preda alla paura più cieca. -Maestro!
MAESTRO!
Rispondetemi, Rispondetemi! Maestro, vi prego... ri-rispondete...
non... Maestro...!” Saltò quei piccoli rimasugli
di
fiamma che ancora circondavano il tanto spazio vuoto del tempio di
Capricorn. Si avvicinò, corse, incespicò, non
seppe
neppure cosa fece davvero. Solo sapeva che non avrebbe resistito a
lungo. Se lei stessa, il suo cuore, o la sua mente, questo era ancora
da definirsi.
“No... n-no... Ma-e...stro... no...
ri-rispondete vi... vi supplico...” Singhiozzò.
Che
scena patetica, si sarebbe detta se l'avesse vista da spettatrice.
Non era forse lei una specie di pupilla del Cavaliere del Capricorno?
Non era forse lei che, nonostante la femminilità e la
giovane
età era riuscita grazie alla sua tenacia e al suo sangue
freddo, a ottenere la Cloth della Bussola e a meritare rispetto? Non
era stata lei che in qualche modo aveva reagito alla perdita di
Cristian e si era allenata a notte fonda? ...Stava davvero perdendo
tutta la sua razionalità solo perché per la prima
volta
si ritrovava faccia a faccia con la guerra, il dolore, e la morte?
Veder colpire il suo mentore, vederlo spegnersi fra i bagliori del
fuoco...
E perderlo per la terza volta... senza poter far
nulla.
Colpì più e più volte con il suo
attacco migliore, però quello che ne susseguì fu
solamente di graffiarsi le dita* contro quello strano scudo
circolare. Era completamente uscita di senno, sfinita più
dal
senso di oppressione che ora la dominava che per altro. Una mano la
bloccò, però. Non lo sentì nemmeno
arrivare:
“Finiscila.” Le ordinò perentorio il
Saint del
Cancro.
Lei si girò, replicando involontariamente
quell'ordine deciso: “Ma... c-come?! Il... mio m... maes...
tro
è...- Parlò col fiato spezzato dal terrore
più
vivo.
Un colpo diretto all'addome la piegò in due.
Inaspettato e frontale. Sputò un marginale rivolo di sangue,
cadendo poco più in là vicino alla parete.
“Cessa
di frignare come una femminuccia! E ricorda che non tollero chi mi
contesta.” Dichiarò bellicoso il Cavaliere. Si era
avvicinato giusto il tempo di rimetterla in piedi prendendola per il
collo, in poco meno di una frazione di secondo, andandole in contro
alla velocità della luce.
Ringhiò: “Continua
così e ti ci porterò io a morte certa.”
Già
la situazione era complicata, una ragazzetta piagnucolona non era
certamente d'aiuto. Ma anzi, un bell'ingombro.
Sospirò:
erano tutti uguali nel momento della morte a quanto pare. Neanche
quella femmina valeva poi molto, anche se allieva di Shura. Era
ancora a tenere con il braccio sinistro il collo della ragazza,
quando il medesimo attacco di Therapon imprigionò entrambi
senza che potesse accorgersene o perlomeno fuggire.
“Sbrigati
a finirli, abbiamo altri due da eliminare poi, fino ad arrivare alle stanze di Atena.” Disse conciso
Jonah del Vento, che non voleva perder tempo.
“Io direi di
infierire invece, hanno ucciso i nostri compagni...”
Incrociò
le mani al petto il detentore del Fuoco. -...Hanno tradito le leggi
di Atropo.”
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Piccola
premessa: era da tanto che volevo citare (solo quello in corsivo)
Schopenhauer nella mia ff, poiché proprio lui mi aveva dato
l'idea di Jonah e che cosa sarebbe stato lui nella guerra. Siccome
rappresenta il Vento, era perfetto nei panni poi di Atropo u.u
*torto:
è rigido e severo come maestro Shura -o così l'ho
descritto/pensato- però, comunque, comprende la situazione
morale/mentale di Marie. D'altronde inanzi tutto è priva
d'esperienza fondamentale allo scontro, una guerra è pur
sempre una guerra -e inaspettata!- per di più,
c'è lei
di mezzo, oltre agli altri, in prima persona a dover essere uccisa.
Quindi... beh, quantomeno turbata lo è. Poi tutto
ciò
che è successo e via dicendo...
*Cube
Fire: Letteralmente Cubo di Fuoco. Attacco che permette d'ingabbiare
l'avversario in una prigione -chiusa- di fuoco. Una specie di scatola
di fuoco.
*dita:
se fossero stati colpi fatti con le mani, si sarebbe ferita
più
seriamente, ma ricordiamoci che lei usa l'ago della bussola, per
tranciare il vento. (Al contrario però, i colpi di Marie non
sono certamente paragonabili all'Excalibur di Shura... non per questo
però son debolissimi, sia chiaro.)
►►Ringrazio
MUGHETTO NELLA NEVE e i Nove LIKE che ho ricevuto al mio scorso
capitolo! È stato fantastico vedere che c'è
ancora
qualcuno che legge questa storia ♥ Se
volete lasciare una recensione, è sempre
davvero
gradita. :3
|
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Capitolo 24 *** -23 Capitolo Baratro ***
23
Capitolo
Baratro
*fine
capitolo scheda
Ascoltando
quelle parole, uno strano sorriso contornò le labbra di
Jonah:
si tolse l'elmo color del papavero e approvò.
“Già,
hanno tradito le nostre leggi. Le mie
leggi.”
I suoi
occhi, così violacei, saettarono da una prigione di fuoco
all'altra. Godeva Atropo, nel vedere finalmente marcire quegli
stolti; il flusso del Fato avrebbe ripreso il suo corso e molte
divinità dell'Olimpo gliene avrebbero dato il giusto
merito.
Come poteva però contemplare al meglio la morte di
quegli sconfitti? A questo dubbio aveva già risposto
adeguatamente... Si sarebbe divertita.
Erano come burattini di
stoffa: ne avrebbe tirati i fili sino a spezzarli, così come
era suo compito nel Destino degli uomini.
✾
Nel
frattempo Shiryu, Hyoga e Shun giungevano alla quarta casa, tempio
che ormai non ospitava più tenebre e maschere, ma solo un
Cavaliere intollerante, arrogante e dai modi non troppo eleganti e
piacevoli. Ravveduto, ma non per questo mutato nel
carattere.
Cavaliere, che ora era assente: “Non
c'è.”
Dichiarò infatti il russo.
“È come ha detto
Aries, DeathMask è corso dietro ai Cavalieri delle
Moire.”
“Che avventato.”
“No, ha fatto
bene. Rimanere nel tempio del Cancro quando i soli nemici che ci sono
si possono raggiungere...- Affermò il Saint del Dragone.
-...
Non so se sia una vera e propria mancanza di regole, ma quel che ha
fatto non è un ragionamento inavveduto.”
Ripresero la
scalinata, colmi delle preghiere che Atena stava loro dicendo.
Sentivano quel cosmo buono avvolgere il Santuario mentre tre ombre
scure, una più delle altre, macchiavano inesorabilmente come
gocce di petrolio quella pace.
“Hanno già fatto due
vittime, non gli permetteremo di farne una terza.”
“Non
ne saranno in grado. Abbiamo sconfitto Marine e Specters, abbiamo
superato tutti gli ostacoli disseminati sul nostro cammino. Quanto a
tenacia non abbiamo rivali... Atena ci guiderà. Dobbiamo
solo
arrivare... quanto prima.” Concluse Hyoga rilegando la
fasciatura sul suo occhio.
✾
“Dannati...”
Si ritrovò a pensare il Cavaliere del Cancro che, seppur
imprigionato insieme a Marie, era riuscito a tenere a bada le fiamme
dal suo corpo e da quello della ragazza col potere del suo vasto
cosmo d'oro. Non troppo però e non troppo a lungo avrebbe
sopportato.
Si ritrovò poi a guardare il cavaliere di Pyxis
che arrancava a terra. Abbassò il capo nella sua direzione e
le gridò: “Vuoi fare qualcosa o
autocommiserarti?”
Marie
non rispose, le membra le bruciavano così tanto, per il
fuoco
che li aveva inghiottiti, da non riuscire neppur ad alzarsi dalla
posizione china in cui si trovava.
Non
riusciva neppure a ragionare e l'alta temperatura che le premeva sul
volto coperto dalla maschera di metallo era insopportabile.
L'armatura d'argento poteva sostenere quel calore, ma l'uomo no. Non
aveva ancora bruciature gravi solo grazie a DeathMask, ma sapeva che
quello stallo avrebbe retto ancora per poco.
Il
suo maestro era da solo... imprigionato in una gabbia di fuoco e
colto alla sprovvista l'ultima cosa che s'era sentita di lui era
stato il metallico suono dell'armatura che cozzava sul pavimento
della decima casa.
Avrebbe
continuato a piangere se non fosse che gli doleva così tanto
il viso e che le si erano seccate pure le lacrime per l'ingente
calore.
“Atena...”
Alzò il volto e guardò colui che aveva sussurrato
quella parola. Era strano sentir pronunciare il nome della venerabile
dea Atena da un uomo come DeathMask. Fu udibile poco o nulla in quel
mormorio diretto fra lui e la sua dea.
“Atena.”
Ripetette anche lei, come a darsi coraggio, invocandola. Non voleva
morire, non voleva morire, non voleva. Si aggrappò alla
caviglia del cavaliere per issarsi su e questi quasi
inciampò
per il peso che gli era piombato all'improvviso.
“Togliti
quella cazzo di maschera se vuoi vivere.” Le disse
ritrovandosi
Marie avvinghiata alla sua armatura che era tiepida e non bruciante,
grazie all'emanazione del cosmo di Cancer.
“No.”
“Non
respiri neanche il poco ossigeno che c'è. -La
spintonò
un passo più in là. -Questa è una
guerra e in
guerra c'è chi perde l'onore per vivere. Intesi?”
Esistevano
due grandi categorie di soldati: L'eroe morto in guerra e il
sopravvissuto.
L'eroe
morto in guerra era l'uomo da amare e venerare per eccellenza, l'uomo
a cui tutte le macchie della sua breve vita -semmai ne avesse avute-
venivano cancellate con la sua triste fine. E più era
cruento
il modo in cui fosse morto, più l'uomo sarebbe stato
ricordato
con affetto e dolcezza come un soldato da cui prendere esempio nei
secoli dei secoli, nella memoria di chi fosse stato ancora vivo per
raccontare le sue gesta.
Secondo
Pyxis, Shura di Capricorn incarnava appieno questa categoria.
Il
sopravvissuto, invece, era una categoria strana. Si era vivi, ma si
aveva perduto ogni cosa con la guerra. Anzi, alle volte si perdeva
così tanto che non ci si riconosceva neanche
più... si
perdeva se stessi. Gli ideali sembravano persi, effimeri... a cosa
mai erano serviti? Gli istanti di adrenalina lontani, i giorni
pesanti... a ciarlare come un vecchio pazzo raccontando le gesta
dell'eroe morto in guerra.
Il
sopravvissuto diveniva un relitto a guerra conclusa. Un qualcosa di
spezzato, ma rimasto per ostinazione o per mera fortuna.
Marie
provava vergogna per questa sua ostinazione, ma non voleva cedere.
Marie voleva vivere, questa era una certezza disarmante e senza lode.
Voleva continuare a vivere per ricordare come un vecchio pazzo tutto
ciò che per lei era stato importante. E ne era sicura. E non
aveva ripensamenti. Bisognava decidere se valeva il prezzo, ma il
prezzo della vita era sempre troppo alto.
Le
mani tremarono all'inizio, il caldo era soffocante.
Poi
all'ultimo istante il gesto fu repentino, quasi deciso, più
veloce che mai: la maschera fu tolta e Marie sospirò e
annaspò
nel suo respiro allo stesso tempo. L'aria era rarefatta e lei aveva
preso una boccata d'aria di troppo.
DeathMask
era in piedi, il volto concentrato sul non far bruciare entrambi, ma
le ginocchia avevano cominciato a piegarsi per lo sforzo. Le fiamme
di Therapon erano fiamme alimentate dal potere del suo creatore e
spingevano con violenza verso di loro ad un ritmo decisamente troppo
serrato.
Il
cavaliere della Bussola buttò a terra la sua maschera:
“Ho
gettato il mio onore e questo Shura non me lo perdonerà mai.
-Non lo chiamò maestro, non se la sentiva.- Ma ho
volontà
di vivere e non solo a parole.”
DeathMask
sorrise, ma non fu un sorriso sprezzante quello che gli uscì
fuori, bensì un sorriso di consenso. Non disse nulla
comunque
e non si girò neppure nella sua direzione,
continuò a
sorreggere col suo cosmo d'oro la gabbia di fuoco che cercava di
stringerli in una morsa infuocata e letale.
Non
c'era tempo per rimuginare, si disse Pyxis. Ed era così
terribile quello che aveva appena fatto a se stessa, solo per
salvarsi, che non vi erano più scuse per cercare di fermarsi
e
fare una morte degna d'esser raccontata.
Tutta
la sua vita era stata un turbinio di situazioni a cui lei aveva
dovuto cedere.
Dire
addio ai suoi amici di infanzia per seguire Capricorn “Non
voglio che tu vada Marie, non lasciare l'orfanotrofio...”
,
allenarsi
duramente per divenire cavaliere
“Ehi
mi stai ascoltando? Marie mi raccomando, non tradirmi e metti in atto
i miei ultimi insegnamenti e tutta la pratica che abbiamo fatto prima
della guerra.”,
arrendersi
alla morte di Shura per poi vederlo ritornare come traditore,
arrendersi nuovamente all'idea di non vederlo più tornare,
vedere sterminata l'ultima traccia del suo passato, compiangere e
vedere di non essere stata utile neppure questa volta al suo maestro
“No... n-no... Ma-e...stro... no... ri-rispondete
vi... vi
supplico...”*
Ma...
ma c'era stato qualcosa che si era spezzato dentro Marie proprio
quando per la prima volta era stata presa lei in causa: il destino la
voleva morta. E la passività austera, quella di non reagire
se
la guerra non era la tua, era venuta meno. Perché lei non
era
come Shura, lei non lo era anche se la sua personalità non
importava poi molto in un campo di battaglia.
Non
era mai uscita allo scoperto più di tanto, solo zampilli del
suo io avevano alle volte fronteggiato la sua apparente
formalità
inflessibile e rigorosa.
Marie
aveva sedici anni e il cuore le rimbombava nel petto che questa volta
voleva e doveva fare lei. Fare qualcosa. E togliersi quella maschera
era stato un gesto semplice, ma tachicardico.
Spostò
la frangia dai riflessi aranciati per asciugarsi il sudore dalla
fronte e digrignò i denti: “Spero che sia ancora
vivo,
anche se non vorrà più vedermi.”
Aveva
rotto la Sintonia? Quella che vi era fra allievo e
maestro e
che da tutta la vita l'aveva accompagnata?
Con
quale coraggio!
Quale
sciagura...
L'armatura
di Pyxis si inebriò del cosmo che la sua padrona ora,
lentamente, scaturiva. Marie era a poca distanza dal cavaliere del
Cancro e, sebbene la temperatura fosse asfissiante, ora doveva
provare il tutto per tutto. Cosa le restava in fondo? La maschera
l'aveva tolta e non poteva sprecare la ferita al suo orgoglio e alla
sua virtù di cavaliere con una vigliaccheria.
Respirò
affannosamente, ma non tentennò mai e si diresse senza
indugi
verso il fuoco.
Le
sue tre stelle guida le sentiva potenti e maestose. Tre stelle
meravigliosamente luminose, distanti l'una dall'altra quasi a
perdersi, eppur unite nel formare la splendida Bussola dei cieli.
Decise a risplendere, a vivere nonostante dalla terra si vedessero a
malapena.
Così
come un cavaliere d'argento si vedeva a malapena davanti
all'imponente schiera del Destino.
Si
posizionò di fronte ad una parete di fiamme e
parlò:
“Togli la tua protezione DeathMask.- I suoi occhi grigi non
erano mai stati così perentori. Il cavaliere si
ritrovò
a guardarla in volto senza neppure fiatare. -Permettimi di vivere e
togli il tuo cosmo dal fuoco.”
“Bruceremo.”
Rispose, più a se stesso che a lei. Eppure DeathMask lo
fece,
perché di stare immobile a vedere le sue forze sfiancarsi
proprio non n'era il tipo.
Il
baratro era così vicino da sentirne il vento fischiare da
dentro quella pozza senza fondo.
- - - - - - - - - - - - -
- - - - - - - - - - - - - - -
*=
le frasi in corsivo sono frasi che sono state pronunciate proprio in
quei momenti che ora Marie, cavaliere della Bussola, ricorda. (Se
andate indietro nei capitoli le ritroverete scritte infatti in dati
attimi della storia). :3
Dlin
dlon, annuncio: come avrete capito non prendo in considerazione il
Next Dimension, boh forse s'è capito, forse no. Anyway... i
bronzini che metto sono Shiryu, Hyoga e Shun. Non metto Seiya solo
perché a fine storia diciamo che è fuori dai
giochi.
-d'altronde lui serve per sconfiggere Hades dai tempi del mito, e
quindi se ora non c'è se la potranno pur cavar 'sti poveri
Bronze Saints che in fondo per le loro imprese son leggendari!- Ah,
altra cosa... ho pensato di rimettere la benda a Hyoga solo
perché
a mio pensiero personale fuori dall'Ade potrebbe averla ancora.
Sì,
nel ND so che non c'è, ma non prendendolo in
considerazione...
Liberi di contestare (:
Ps:
Marie è un continuo di contraddizioni, piccina. Ma ci sono
affezionata a come originariamente l'avevo in mente. Lei era un
tripudio di onore e valore perché così le era
stato
insegnato... di fronte alla morte la prontezza del suo spirito e del
suo istinto la mette a dura prova. Spero si comprenda e vi piaccia :3
Enjoy!
(Vi lascio alla scheda)↓
SCHEDA:
CAVALIERE
DEL DESTINO IRRISOLTO:
Nome:
Helene
Anni:
19
Nazionalità:
Greca
Luogo
d'Addestramento:
?
Colore
occhi:
color grano/marrone molto chiaro.
Colore
Capelli:
violacei e lisci.
Carattere:
Impertinente e sfrontata, devotissima alle Moire.
Attacchi:
Non pervenuti/ controlla le correnti marine.
Armatura:
Rossa Scarlatta. Poiché egli è uno dei sette
Cavalieri
devoti alle Moire, il sangue è il giuramento con cui legano
il
proprio Destino.
|
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Capitolo 25 *** -24 Capitolo Rosa dei Venti ***
24
Capitolo
Rosa
dei venti
“Bruceremo.”
Fu solo una costatazione e si spense velocemente sulle labbra di
Cancer. Il cosmo che li aveva protetti infatti, piano,
ritornò
al suo legittimo proprietario che l'aveva richiamato a sé.
Non
esitò, poiché un cavaliere d'oro aveva la
capacità
di sentire e riconoscere la potenza delle stelle come nessun'altro. E
quello che ora sentiva e riconosceva dinanzi a lui era la
costellazione della Bussola, dal chiaro e vorticoso potere. Senza
più
un legame che la potesse tenere a bada. Una bussola pronta ad
indicare il cammino, dritta verso la sua unica direzione.
L'energia
argentata e cerulea che proveniva dalla figura di Pyxis era un cosmo
potente e istintivo, una volontà che trascendeva dagli
insegnamenti e dalla teoria.
DeathMask
piegò il capo negando leggermente, ghignò appena,
fu
quasi felice. Sentiva il cosmo del cavaliere d'argento propagarsi
sulla gabbia infuocata e sperò, sperò davvero
funzionasse affidarsi per una volta alle sensazioni. Al fidarsi come
Atena* gli aveva detto poco prima, al fidarsi del cosmo di quella
ragazza che sentiva premere sempre di più: -Fa che sia vero
Marie. -Pronunciò il suo nome, lo disse mentre socchiudeva
gli
occhi. -Non tollero chi mi contesta, ma ancor di più odio
chi
è debole.”
In
un attimo ci fu solo vento.
Un
forte ed agitatissimo vento.
Un
vento che non proveniva da Jonah, ma da una delle due gabbie di fuoco
che Therapon aveva plasmato.
La
Dea Atropo, nel corpo di Jonah, si preoccupò osservando da
qualche metro di distanza ciò che sembrava manifestarsi come
una grande forza d'urto che stava per abbattersi: “Cosa sta
accadendo? Non dovevamo sentirli spegnersi lentamente in
agonia?”
Ma la sua domanda cadde nel silenzio. Anzi, nel vento vorticoso e
sfibrante, quasi un rombo di tuono, tanta l'irruenza.
Mel,
con la sua polvere argentata, provò ad avvicinarsi, ma fu
violentemente sbattuto lui e il suo attacco metri più in
là
sul pavimento del tempio. Scintillanti granelli ancora a volteggiare
nell'aria.
Il
cavaliere era ancora spossato dalla lotta contro l'Ariete dorato e,
certamente, non s'aspettava una respinta così forte
provenire
dall'interno della gabbia infuocata.
Le
fiamme non scomparvero, ma la gabbia di fuoco si divise prima a
metà,
poi in quattro, piegandosi alla volontà di un cosmo argenteo
e
sicuro: “Compass
rose!” Un attacco intuitivo e personale. Un attacco dettato
dalla volontà di resistere. Che non ricordava il passato: gli
insegnamenti con un maestro che sapeva governare Excalibur;
non
limitava il presente: “Noth
Cardinal Point!” Un attacco che le era stato congeniale,
dettato senz'altro dai metodi di apprendimento di Capricorn;
ma
che cercava, ostentava, non voleva nascondere la sua essenza: La Rosa
dei Venti, colei che conosceva ogni vento; colei che sapeva da dove
essi giungevano e germogliavano e da dove essi, inesorabilmente, si
sarebbero sfioriti, appassiti, indeboliti.
La
Rosa dei Venti, sfondo nella bussola celeste. La Rosa dei Venti,
sacro colpo del cavaliere d'argento di Pyxis.
“Non
voglio morire. Strisciando fra le fiamme di questo inferno. Non
voglio morire nel fuoco come Cristian..!- E quelle parole erano
dirette ai cavalieri del Destino. Che ora potevano vederla non solo
libera dal fuoco di Therapon, Cavaliere del destino Distorto, ma
anche scrutarne i tratti del suo viso. Un viso madido di sudore e
lacrime, con occhi che puntavano in alto e che non accennavano a
chiudersi alla volontà del fato.
-Non
calpesterete la mia vita, non così. Se dovrò
morire,
morirò nell'intento di vivere!”
Cancer
non perse tempo e, tenuti gli occhi bassi con le labbra piegate in un
sorriso, si diresse fuori dai rimasugli di fiamme che invadevano
ancora quel piccolo spazio in cui era stato imprigionato.
Pestò
le fiamme come fossero sterpaglia e alzò con calma il dito
indice in aria per attaccare.
“Cosa
vuoi fare? Attaccare tutti noi, da solo, mandandoci
all'Inferno?”
Gli rispose Therapon, con gli occhi sbarrati per aver visto reciso il
suo Cube
Fire.
“Sì,
dai, questo era quello che avevo in mente... -Lo sbeffeggiò
imprudente DeathMask allungando le parole poi, senza voltarsi, si
rivolse a Pyxis: -Marie, va dal tuo maestro. Corri.”
Il
cosmo color indaco di Marie si placò, riuscendo a contenere
il
potere che aveva appena espanso e con gli occhi sbarrati rispose:
“Che dovrei fare? È morto.”
“Non
è morto. Tiralo fuori da lì e poi vedi se
è
morto.” Detto questo il Cavaliere del Cancro si
buttò
nella mischia e attaccò Therapon, giusto perché
aveva
qualche bruciatura di troppo che voleva fargli pagare... Del resto da
qualche cavaliere avrebbe pur dovuto cominciare.
Atropo
rimase attonita, impigliata in un corpo che ora la detestava,
mortificata da quell'imprevisto che non doveva accadere e delusa dal
comportamento delle due sue sorelle che sentiva nelle ultime ore
vicino alla Dea Atena.
Proprio
in quell'istante il fuoco della decima ora si spense sulla meridiana,
mentre un altro fuoco, il fuoco di una vita in balia delle fiamme,
sopportava il dolore pur di vivere.
Pur
di vivere per Atena. E per se stesso, come si era promesso.
Marie
si diresse immediatamente verso la gabbia di fuoco dove era stato
rinchiuso il Cavaliere di Capricorn: il fuoco era ancora alto e
inespugnabile, seppur il suo cavaliere stesse iniziando a cedere
sotto i colpi irruenti di DeathMask, al contrario del potere di Mel
che s'era affievolito dopo che questi era stato sbattuto contro le
mura del tempio.
Per
un attimo Pyxis rimembrò il grande Mu quando le disse che
stavano giungendo in aiuto i cavalieri di Bronzo: lei era rimasta
sorpresa di vedere tutta quella fiducia nelle parole dell'Ariete
dorato, vedere come quei cavalieri fossero indice di sicurezza per
lui, come una garanzia.
E
aveva pensato che era una mezza follia, un po' come se il suo maestro
s'affidasse a lei, pur di vincere. Un cavaliere d'oro aiutato da un
cavaliere d'argento... insensato.
Eppure
era esattamente ciò che stava accadendo, suo malgrado.
Non
sentiva più il cosmo dorato di Capricorn, non sentiva
più
niente. Sperava non fosse morto... lo sperava davvero, ma doveva
anche farsene una ragione. Era stato preso alla sprovvista ed era
solo... non come lei e Cancer. E anche in due avevano sofferto molto
dentro quella gabbia fiammeggiante; ne erano usciti quasi illesi solo
grazie al cosmo protettivo di DeathMask e all'attacco che lei aveva
imparato a destreggiare per pura sopravvivenza.
“Shura,
-lo chiamò accostandosi al calore del fuoco a cui era
scampata
poco prima. -Io non so se siete vivo e se lo siete non mi perdonerete
mai. Ma vi tirerò fuori e vedrò con i miei occhi
se non
posso fare più niente per voi.”
L'irruenza
del vento di Jonah era immensa, vorticava all'esterno della gabbia
permettendo al fuoco di volteggiare e animarsi come una bestia
affamata, ma Marie era riuscita ad abbattere poc'anzi l'attacco di
quel mulinello infernale, così strinse i denti e fece leva
sul
suo cosmo, cercando di far fluire ancora una volta tutta la sua
potenza nel colpo più affine a bloccare il turbolento fuoco
e
a indirizzare il vento dove volesse lei.
Non
erano semplice né facile da piegare alla sua
volontà
l'attacco di Therapon, cavaliere del Destino Distorto. Attacco
combinato ad un vento furente e una polvere molesta, però se
una cosa era certa quella era che non avrebbe lasciato in balia del
Destino il detentore di Excalibur.
“Io
ce la metterò tutta, se mi sentite sappiatelo, io non vi
lascerò! -Gridò mentre le fiamme iniziarono a
bruciarle
le parti non coperte dall'armatura -Se siete vivo, vi prego...
aiutatemi a salvarvi! Per
tutto l'onore del mondo io non...-
“Marie...”
Il
cavaliere di Pyxis non stava piangendo, era talmente concentrata su
come tirare fuori da lì il Cavaliere di Capricorn, eppure
ebbe
un sussulto appena sentì la sua voce.
“Marie,
hai davvero poca fede in un Cavaliere d'Oro.” Shura
s'alzò
a fatica dal pavimento rovente e tossì un paio di volte, per
il fumo e il poco ossigeno all'interno della gabbia.
Le
bruciature sul corpo di Marie divennero più profonde,
cicatrici che le sarebbero rimaste per sempre; davanti al volto aveva
messo un braccio, proteggendosi così la vista grazie al
bracciale dell'armatura che le faceva da scudo fra lei e le fiamme.
“Non
ho poca fede in un Cavaliere d'Oro, ho poca fede nella speranza.
-Obiettò. -Se potete muovervi vi prego usate
Excalibur.”
Shura
sentì la voce della sua allieva: non imperiosa e razionale,
ma
non per questo meno giusta e determinata... non era più la
voce tremolante e fremente che aveva ascoltato solo poco tempo prima
inveire contro le Moire. Quella voce di una ragazza che non sapeva
ancora bene dov'era il suo posto e cosa esattamente dovesse fare...
in quello stato Marie sarebbe stato un bersaglio troppo semplice per
il nemico e Shura s'era allontanato da lei proprio per non farle
correre ulteriori rischi in quelle condizioni, combattendo lui al suo
posto.
Ora
invece aveva contestato le sue stesse parole e non s'era persa in
convenevoli, anzi. Il cavaliere socchiuse un attimo gli occhi, come
fosse quasi disturbato da questo cambiamento, sospirò e in
fine rispose: “Lo avrei anche fatto, ma mi è
impossibile
usare Excalibur senza essere travolto dalle fiamme.- Spiegò,
tossendo ogni tanto e cercando di prendere aria. -Quando Therapon mi
ha scaraventato dentro il Cube Fire, il mio cosmo
si è
messo in funzione latente, aiutandomi a sopravvivere mentre ero
incosciente. In funzione latente vuol dire che non è
possibile
percepirlo perché è una difesa estremamente
bassa,
istintiva. Ma non posso togliere la difesa per attaccare. Non
avrei... tempo.”
“Usate
Excalibur, -continuò lei. -Reciderò io il vento e
la
polvere argentea di Mel. Così che non possano aizzare le
fiamme contro di voi.”
Shura
tacque: avrebbe voluto dirle che azzardava troppo.
“Prenderò
il vostro silenzio come un consenso: Compass Rose!”
Urlò
e nuovamente l'attacco della bussola s'abbatte contro gli infiniti
granelli argentati e le impetuosi correnti d'aria.
Dall'interno
della gabbia Shura sentì un frastuono micidiale, ma non
perse
tempo perché tempo ne aveva assai poco. Tolse la sua difesa
e
quasi si aspettò d'esser bruciato vivo:
“Excalibur!”
La sua amata spada fendette il fuoco come fosse un drappo di velluto
rosso.
Excalibur,
la nobile spada donata al cavaliere Shiryu del Dragone per causa
giusta e fiera: lottare per la salvaguardia della Dea Atena.
Eppure,
una volta tornato alla vita, non solo aveva potuto continuare ad
essere il Santo del Capricorno e ad allenare la sua allieva, ma per
intercessione di Atena e sotto volontà dello stesso Shiryu
aveva potuto riprendersi ciò che era suo di nascita, che gli
spettava di diritto. Il dono più prezioso offerto sin
dall'alba dei tempi al Cavaliere della decima casa per la sua
fedeltà
alla venerabile Atena.
Capricorn
non bruciò, i suoi occhi non videro più il
fulgido
colore delle fiamme impetuose, bensì le austere quanto per
lui
rassicuranti mura del suo tempio. Marie era davvero riuscita ad
eliminare le protezioni attorno alla gabbia infuocata e questo aveva
permesso a Shura non solo di cambiare dalla difesa all'attacco,
bensì
di non perire nell'intento di tagliare la fiamma viva. Senza il suo
aiuto non sarebbe stato possibile: ne doveva dare atto e ne doveva
dare merito.
Cercò
con lo sguardo la sua allieva, appena la visuale gli fu libera, ma
immediatamente una figura gliene impedì la visione:
“Ehi,
ehi... non così in fretta, cavaliere!” DeathMask
aveva
improvvisamente abbandonato lo scontro con Therapon e, viaggiando
alla velocità della luce, si era frapposto repentinamente
fra
Marie e il Saint del Capricorno. Alcune bruciature e tagli erano ben
visibili sulla sua pelle ambrata, oltre al copioso sangue che
continuava a sgorgare da una ferita vicino l'occhio destro.
Marie
sussurrò qualcosa al Cavaliere della quarta casa ed egli si
distanziò un poco alzando però il braccio
sinistro a
nascondere il volto del cavaliere di Pyxis: “Tieni gli occhi
puntati sulla battaglia, che è meglio.”
Shura
inizialmente non comprese, eppure un leggero dubbio gli si
insinuò
nella testa come un tarlo maledetto. Dubbio che divenne certezza non
appena DeathMask, picchiettando un dito sulla faccia, aggiunse:
“Non
porta la maschera. Marie non porta la maschera.”
Al
che serrò i pugni e, quasi come se l'avesse potuta scorgere
attraverso il bracciale d'oro dell'armatura di Cancer,
istantaneamente chiuse gli occhi e si girò di lato. Non
voleva
scorgere nessuna sua fattezza, non voleva disonorarla in nessuna
maniera: “Chi è stato?”
Marie
chinò la testa: “Nessuno.”
“È
stato uno dei Cavalieri delle Moire? Devono umiliare l'avversario
prima di ucciderlo?” Fremeva di rabbia e aveva voglia di
fargliela pagare a quegli esseri tanto vili.
“No.
Non sono stati loro.” Lei non parlava debolmente come si
poteva
credere, ma Shura in quella situazione divenne sordo e cieco come
solo un uomo può esserlo quando non vuole accettare la
realtà
dei fatti. Gli era successo così anche quando Shiryu gli
aveva
svelato la verità su Atena e, in un primo momento, aveva
risposto al ragazzo che era solo un bugiardo e un traditore.
“Mi
dispiac-
Il
cavaliere del Capricorno non finì la sua frase,
poiché
Pyxis lo interruppe: “Non dispiacetevi e non compatitemi.
Sono
stata io a togliermi la maschera e non sono così stupida da
richiedere un perdono che non mi accordereste mai. Ma, per favore,
ora non offendetemi con i vostri occhi e combattiamo per vivere.
Perché solo pensando a questo sono arrivata a
tanto.”
Gli posò una mano sul coprispalla dorato e Shura dovette
farsi
forza per non girarsi e guardarla. Non perché fosse curioso
o
perché volesse rimproverarla, bensì
perché ciò
che gli aveva appena suggerito erano le parole sconfortanti e dure di
una ragazza che non riusciva a riconoscere.
Sentì
come se un legame silenzioso si fosse rotto. E non sapeva spiegarsi
oltre tutto il dolore fisico che aveva in corpo anche quella amarezza
nel cuore, un'altra.
“Hai
un nuovo attacco. -Sentenziò, osservando il Cavaliere dal
potere del vento far schiantare DeathMask sul pavimento di pietra.
-È
valido. Ricorda di non usarlo due volte sullo stesso nemico.”
“Lo
so.” Si aspettava un 'Sì, maestro'.
Chinò anche
lui il capo per un momento e si rese conto che no, non lo chiamava
più maestro da quando si erano rivisti.
✾
I
cavalieri di Bronzo smorzarono la situazione entrando a passo di
marcia nella decima casa. Ognuno, all'interno di quel tempio, ebbe
una reazione diversa nel vederseli piombare davanti con tale
irruenza: DeathMask, dal basso del pavimento dov'era stato
scaraventato, fece una smorfia prima di ricadere a terra con la
testa, Shura si ritrovò ad essere rinfrancato dal vedere che
Shiryu faceva parte del trio giunto sino al suo tempio e Marie li
guardò con la coda dell'occhio, da dietro l'imponente figura
del Capricorno.
Al
contrario i Cavalieri delle Moire, fra cui Atropo stessa, si
infuriarono ancora di più di quegli ospiti inattesi:
“Con
che diritto dei semplici cavalieri di Bronzo si mettono in mezzo alle
faccende degli Dei ancora una volta? Faccende che non vi
riguardano!”
“Il
diritto di riscattarsi da una fine avversa!” Rispose
prontamente Shiryu, sincerandosi che Capricorn stesse bene:
“Marie,
ci sei anche tu!” Esclamò poi, mentre la ragazza
andava
correndo incontro al Cavaliere di Cancer.
“Dovrebbero
avere anche il diritto di tacere.” Affermò
alzandosi in
piedi DeathMask e scrollandosi di dosso il braccio che Marie gli
aveva offerto.
“Vi
rubano la scena?” Domandò lei, guardando da lontano i tre ragazzi.
Per
un attimo Cancer si ritrovò ad osservare nuovamente i lineamenti del volto di Marie, fu solo un
infinitesimale
istante, ma bastò a farlo scattare inclinando immediatamente
il capo verso i cavalieri di bronzo: “Che
scena vuoi che mi rubino se sto facendo un figurone!- Un
ghignò
spuntò per l'ennesima volta sul volto tumefatto del giovane.
-C'è qualcosa che non va nel Cavaliere del Destino
Implacabile. I suoi colpi sono... non so, decisamente fuori
portata.”
Concluse facendosi serio, tutto d'un tratto. Abbassò il tono
di voce che divenne più roco e intimo. Poi si mise una mano
fra i capelli, spettinandoseli, come stesse sforzandosi di
comprendere qualcosa che ancora gli sfuggiva.
Il
Saint della Bussola stava per replicare, se non che, proprio quel
cavaliere di cui parlava DeathMask, urlò straziato di dolore accasciandosi a terra.
Therapon
e Mel, seppur quest'ultimo fosse abbastanza sofferente, si
protrassero davanti al corpo in preda alle convulsioni del loro
compagno: “Che ti accade Jonah?- Chiese allarmato il
Cavaliere
del destino Appagato -Che cosa è successo?”
Ma
dalla bocca di Jonah non uscì più solo la sua
voce
maschile, bensì un raccapricciante duo di voci: la sua e
quella della Dea Atropo.
Il
corpo divenne un fascio violento e accecante di luce viola e
azzurrina, così freddo da emanare gelo tutt'attorno. Il gelo
della morte, il gelo dei defunti, il gelo che la Divinità
che
recideva il filo della vita degli uomini ben amava esibire.
“Dovevate
portarmi dei morti. E io avrò dei morti.”
-
- - - - - - - - -
*Atena:
nel precedente capitolo DeathMask mormora delle parole e si comprende
che sta avendo un dialogo con Atena.
Vorrei
darvi una precisazione:
Marie spazza via UN colpo. Nel senso che gli altri due cavalieri
hanno messo a disposizione la polvere argentata e il vento, ma
è
il FUOCO (Cube Fire) l'unico attacco. -Di certo mortale se si
è
da soli e ci si deve proteggere, ma si vuole anche attaccare. (Shura
infatti se toglieva la difesa per attaccare... sarebbe schiattato.)
Invece siccome la difesa la costituiva DeathMask, l'attacco poteva
farlo Marie.
PS: Io penso che Excalibur,
la Sacra Spada, sia una e unica. La si possa donare così
come una Dea possa ridare il dono al suo leggittimo proprietario. Se no
nsiete d'accordo, ditemi pure, accetto pareri!
Il
riferimento a Mu e ai cavalieri di Bronzo in cui egli ripone fiducia
è nel capitolo 18
– “Non è il momento di
fermarsi”.
BUONASERA!
Siamo ARRIVATI ad un capitolo a cui tengo
terribilmente. Ho fangirlato scrivendo di DeathMask che 'pesta
il fuoco', Shura che ricorda Excalibur e poi che si ritrova vedere
'recisa' la sintonia fra allieva e maestro, Marie che a che fare con LA ROSA DEI VENTI ---vento? capite? awh, Atropo ha il corpo di Jonah, detentore del vento... e Marie governa la Rosa dei Venti! Aspettavo così tanto per mostrare tale attacco ♥
(La triade son questo, il prossimo e il prossimo ancora.
Perché
c'è tutta la battaglia e le frasi/situazioni che ho
più
ho a cuore per questa storia.) Sono contenta e spero che a qualcuno
di voi piaccia!
Se
vi fa piacere e volete, lasciatemi una recensione, ne sarei davvero
felice ♥
Enjoy,
Giò.
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