My strange mixed family

di Anmami
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ***
Capitolo 3: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Parte 1 ***


Ciao a tutti! Ok, ok... so di avere una long in ballo e non ho nessuna intenzione di abbandonarla, ma stanotte ho scritto questa... "cosa" e non potevo lasciarla lì abbandonata a se stessa. 
Volevo pubblicarla tutta in una volta come un'unica one shot, ma poi mi sono decisa a dividerla in tre parti. 
Prima di leggerla devo avvisarvi, lasciate perdere buona parte della serie tv e concentratevi sui personaggi. Ho stravolto alcune cose e ne ho ignorate altre (Beth è viva ad esempio).
Se non vi piacciono le cose da occhietti a cuoricino, non penso che questa storia faccia per voi, mentre per gli animi romantici come me... Vive l'amour!!!
Aspetto di sapere cosa ne pensate!!!
 
My strange mixed family.

Parte 1

All'età di quattordici anni, Judith Grimes non poteva davvero essere definita una bambina, anzi si poteva quasi affermare che la sua infanzia non l'avesse mai davvero vissuta.
Aveva dei vaghi ricordi di com'era il mondo prima, della fame, della paura, ma tutto era ormai sbiadito e rintanato in un piccolo angolino della sua memoria.
Suo fratello le aveva raccontato a grandi linee cos'era successo e sapeva di aver vissuto le sue stesse esperienze, ma lei non riusciva a collegare i suoi racconti a delle immagini.
Quando le cose iniziarono a girare nel verso giusto aveva circa quattro anni.
Piano piano il mondo aveva cominciato una lenta ripresa, i morti avevano smesso di andarsene a spasso ed i vivi si erano lentamente riappropriati del loro posto. 
Ancora nessuno, a distanza di dieci anni, era riuscito a spiegarsi cosa fosse davvero successo, ma quella piaga era sparita così come era arrivata.
In tutto il mondo sorsero vari insediamenti che si trasformarono, nel corso degli anni, in vere e proprie città.
Era un nuovo inizio, una nuova era per il genere umano.
La sua strana e numerosa famiglia si era insediata nella cittadina di New Hope. Erano stati tra i primi ad arrivare e suo padre, lo sceriffo Rick Grimes aveva contribuito alla costruzione delle prime case.
Le persone ci misero un po' ad arrivare, tutti dovettero fare un grande sforzo per combattere la paura e la diffidenza nei confronti del prossimo, ma con calma le situazione si normalizzò.
Ci fu la rinascita di un esercito, a poco a poco di un governo e la vita prese a scorrere quasi come prima che tutto fosse spazzato via.
Nessuno avrebbe mai dimenticato, ovviamente, ma la gente faceva di tutto per andare avanti, per non commettere gli errori del passato.
Ognuno portava sulle spalle un grosso fardello, un bagaglio di rimpianti e di colpe, ma cercavano tutti di guardare al futuro con positività.
Judith andava a scuola, aveva un ragazzo, Caleb, che i suoi “uomini” non approvavano e cresceva potendo soltanto immaginare cosa fosse il mondo prima.
Viveva con suo padre e Carl in una casa a due piani, tutta bianca e con il tetto grigio. Erano tutte uguali le case del quartiere e le tre villette che circondavano la sua erano abitate dal resto della famiglia. 
Zia Beth, Maggie, Glenn e la piccola Annette, la loro bambina, vivevano nell'abitazione di fronte alla sua, Carol e Michonne, accoppiata decisamente strana, avevano deciso di vivere nella stessa casa, che si trovava sul lato destro, mentre a sinistra risiedeva il grande amico di papà, l'uomo più forte del mondo, Daryl.
Judith aveva un legame speciale con lui, non l'aveva mai trattata come una bambina, le parlava come avrebbe fatto con un'adulta e riempiva i suoi discorsi di parolacce facendola ridere.
Aveva un carattere piuttosto particolare e non facile da gestire ed all'inizio Carol abitava insieme a lui, ma prima che arrivassero ad uccidersi a vicenda, lei aveva deciso di trasferirsi lasciandolo alla sua tanto agognata pace.
La ragazzina sapeva che tra quei due non ci fosse nulla se non un bel rapporto di amicizia, anche perché lì in città anche i muri sapevano che Daryl e zia Beth non facevano altro che rincorrersi da sempre.
Judith era piccola, ma non cieca, sebbene tutti se ne fossero accorti evidentemente tranne i diretti interessati, nessuno dei due pareva voler muovere un passo verso la direzione dell'altro.
Judith amava la sua famiglia, i suoi “uomini”: suo padre, Carl, Glenn, Daryl, erano tutti un po' suoi papà.
Ognuno di loro le aveva insegnato qualcosa ed era certa che il suo amore fosse pienamente ricambiato.
Suo padre le parlava spesso di sua madre, le raccontava di lei e del sacrificio che aveva fatto per metterla al mondo, ma non era mai riuscita a piangere. Non che non si sentisse triste all'idea di non avere una mamma, ma non aveva davvero nulla di cui lamentarsi. 
Una mamma lei l'aveva avuta, zia Beth. Le stava accanto sempre, era sua amica, la sua spalla su cui piangere, il suo sostegno nei momenti tristi, la sua complice sempre pronta a difenderla ed a coprirle le spalle.
Judith non sapeva di preciso in cosa consistesse il rapporto tra mamma e figlia, ma era certa che fosse qualcosa di molto simile a quello che avevano loro due.

Nel pomeriggio, dopo la scuola era solita passeggiare nel parco con Caleb e magari cercare un angolino discreto dove avere un po' di privacy. 
Il ragazzo, di tre anni più grande, era il più fico della scuola ed il fatto che stesse con lei aveva provocato molta invidia nelle sue compagne.
Judith camminava mano nella mano con lui con un certo orgoglio, anche se non era del tutto certa che quel rapporto la rendesse felice.
Caleb non era esattamente un genio, anzi era piuttosto idiota.
Come in tutti gli altri pomeriggi, anche in quel giorno di marzo stava sdraiata sotto ad un albero con la testa appoggiata sulla spalla del suo ragazzo e fissava la forma delle nuvole trovandoci gli oggetti più strani.
Un gatto, un coniglio, una balestra, uno scarafaggio, la fantasia di Judith era davvero sconfinata. Caleb, al contrario, pareva avere in mente una cosa soltanto e guardando il cielo vedeva: due tette, un sedere, due tette più grandi. 
Non voleva davvero lasciarlo, tutto sommato non era male, ma oltre al suo bel faccino non c'era poi molto.
Probabilmente tutti i diciassettenni del mondo avevano una sola cosa in testa proprio come lui, quindi perché fargliene una colpa?
Si baciavano, tanto, davvero davvero tanto, ma lui non le aveva mai fatto alcuna pressione per andare oltre, forse perché essendo lei la figlia dello sceriffo era una specie di intoccabile, ma secondo Judith, il motivo era un altro. Il ragazzo sapeva di quanto Daryl le fosse legato e, se non lo si conosceva, Mr. Balestra poteva fare davvero paura.
Quel pomeriggio, appunto, se ne stavano lì come al solito, ma dopo l'ennesima chiacchiera senza senso di Cal, l'atmosfera tra di loro cambiò.
Senza che quasi se ne accorgesse, la ragazza si ritrovò sdraiata sull'erba sotto di lui che aveva preso a baciarla con un'irruenza tale da farle mancare il respiro. Non che le dispiacesse essere baciata, ma in quei baci c'era qualcosa di strano, qualcosa di diverso, qualcosa che non le piaceva.
Provò a fermarlo con gentilezza, poi a scrollarselo di dosso, a divincolarsi, ma lui era più forte.
Per un attimo ebbe paura, ma prima ancora che potesse reagire come Daryl le aveva insegnato, vide Caleb a terra con il naso sanguinante.
Non appena si mise a sedere, riconobbe subito il suo salvatore.
Chi poteva essere se non lui? Daryl.
Svettava sopra il ragazzo con aria minacciosa e ancora non l'aveva degnata di uno sguardo. Sapeva che avrebbe dovuto essergli grata, ma la sua mente di adolescente la spingeva a voler essere lasciata libera di difendersi da sola, libera di prendere le sue decisioni. 
Come avesse fatto a passare dall'essergli grata all'essere in collera con lui non le era del tutto chiaro, ma si scaglio contro di lui con rabbia spingendolo via ed urlandogli contro.

-Ma cosa ti dice il cervello?-

-Si meriterebbe molto di più di un pugno in faccia, questo era solo un avvertimento piccolo bastardo!- disse Daryl puntando il dito verso Caleb.

-Ma la vuoi piantare? Con che diritto vieni qui a prendere a pugni il mio ragazzo? Non sei mio padre!- sputò Judith arrabbiata.

-Certo che no, mai pensato di esserlo, ma sono comunque uno che spaccherà la faccia a lui e poi prenderà a calci il tuo culo ossuto se non fili subito a casa!- fece Daryl con un tono autoritario.

-Ma…- tentò lei, mentre Caleb sgattaiolava via.

- Judith adesso!- tuonò l'uomo.

La ragazza sapeva che quando Mr. Balestra la chiamava con il suo nome doveva essere davvero arrabbiato con lei.
Sbuffando si avviò verso il piccolo sentiero di mattoni, tenendo la testa bassa. Non si voltò indietro ma era certa che lui la stesse seguendo.
Arrivata a metà strada incontrò zia Beth che, vedendola a dir poco furiosa e notando la presenza di Daryl capì immediatamente che fosse successo qualcosa.

-Che ha combinato questa volta?- chiese la donna schierandosi immediatamente dalla parte di Judith.

-E' un cogli…- si azzardò la ragazzina.

-Sono proprio dietro di te, avanti continua. Ti ricordo che l'opzione “calci in culo” è ancora valida e sono certo che tuo padre non avrebbe nulla da rimproverarmi una volta spiegato il motivo, ora… vuoi davvero andare avanti su questa linea?- disse lui, tranquillo ma velatamente minaccioso.

-Oh andiamo, cosa avrà mai fatto di così grave? Coraggio, spiegatemi!- domandò Beth avvicinandosi di qualche passo all'uomo.

Daryl non disse altro, era strano come quella donna dagli occhi chiari gli mandasse in corto il cervello. A Judith faceva sempre ridere vedere la sua trasformazione da leone a gattino ogni volta che zia Beth era nelle vicinanze. 

-I bambini non lo sanno che non si scrive sulla faccia della maestra?- chiese lui allungando una mano e sfregando il pollice sulla guancia della donna.

Zia Beth era diventata una maestra, la seconda elementare, la sua classe, era formata da bambini a dir poco impossibili e non era strano vederla uscire da scuola con segni di penna, macchie di pittura e altre cose non ben precisate sul viso o sui vestiti.

-Oh no… ancora?- fece lei ridacchiando imbarazzata per quel gesto.

Judith era sempre più divertita da quei due. E se avesse voluto avrebbe tranquillamente potuto filarsela senza dare minimamente nell'occhio, ma starli a guardare era davvero uno spasso.
Parevano essersi dimenticati che lei fosse lì e per attirare l'attenzione si schiarì la voce e si posizionò tra i due.

-Pronto? Io sono ancora qui.- disse sventolando le mani davanti alla faccia della zia.

-Beh, penso che possa accompagnarti lei a casa, sono stufo di fare da balia ad una ragazzina.- affermò l'uomo voltando le spalle alle due ed allontanandosi.

-Per inciso… nessuno te l'ha chiesto!- brontolò Judith incrociando le braccia al petto.

Daryl non le rispose, continuò per la sua strada facendole però un eloquente gesto con la mano.
Tra loro funzionava così. Lui l'amava come se fosse sangue del suo sangue e per lei era lo stesso, ma caratteri simili portavano spesso allo scontro.
La ragazza riportò l'attenzione su Beth, ma lo sguardo della donna sembrava assente.

-Allora… fatto progressi con Mr. Simpatia?- domandò allungando il collo verso la figura dell'uomo sempre più lontana.

-Judy ma che dici? Sai che io e Daryl siamo solo…-

-Sì, sì solo amici lo so, bla bla bla. Continua a ripeterlo, prima o poi finirò per crederci.- rispose la ragazzina con una linguaccia.

Tornarono a casa insieme, passeggiando nel parco e parlando fitto fitto come solo due vere amiche avrebbero fatto.
Judith sapeva di aver colto nel segno, ma non voleva insistere. Certo le sarebbe piaciuto vedere quei due felici e contenti, le sarebbe piaciuto che Daryl avesse una donna accanto che si occupasse di lui e rendesse umana quella specie di rifugio che lui chiamava casa, ma in dieci anni e forse anche più, non ne era del tutto certa, non erano mai riusciti a farsi avanti.
C'era differenza di età tra i due, ne era consapevole e forse ciò rappresentava un ostacolo, ma nel suo animo romantico di quattordicenne, sperava ancora che potesse esserci un lieto fine per loro.

Quella sera, quando Carl e suo padre tornarono dalla centrale, la ragazzina non era sicura di come comportarsi. Probabilmente Daryl aveva spifferato tutto e la aspettava una bella ramanzina, quindi la scelta migliore le era sembrata quella di comportarsi da “brava donnina di casa”.
Aveva finito i suoi compiti, sistemato casa, rassettato la cucina e perfino preparato la cena, ottenendo però l'effetto contrario: mille domande e sospetti. Abitare con due sbirri non era mai facile per lei.

Il giorno dopo a scuola era previsto il controllo annuale del sangue.
Ovviamente, dopo essere sopravvissuti ad una piaga che aveva spazzato via la maggior parte della popolazione mondiale, le persone erano diventate più attente alla salute.
Prima di uscire, suo padre aveva compilato il solito foglio indicando il suo gruppo sanguigno e quello di sua madre dando l'autorizzazione ad effettuare il prelievo, poi l'aveva salutata ed era andato a lavoro.
Judith, ringraziando mentalmente Daryl per aver tenuto la bocca chiusa e sperando che continuasse a farlo, uscì di casa per andare a scuola.

Era la numero ventisette e si sedette sul pavimento del corridoio ad aspettare pazientemente il suo turno.
Cercò accuratamente di evitare Caleb, ma pareva che anche lui non fosse particolarmente entusiasta di vederla. Mr Balestra doveva averlo davvero terrorizzato. Non le era passata la rabbia, ma forse doveva ammettere di essere stata un po' troppo dura con lui, stava solo cercando di proteggerla… come sempre del resto.

Dopo il prelievo di sangue e la visita medica, Judith proseguì con la sua giornata scolastica normale, sempre stando lontana dal suo ormai ex ragazzo ed alla fine delle lezioni passò in segreteria a ritirare i risultati.
Non leggeva mai quei fogli, portava la busta chiusa a suo padre che, dopo una rapida occhiata agli esiti, riponeva tutto nel primo cassetto del suo comodino.
Tuttavia, arrivata a quattordici anni, sentiva di doversi e potersi occupare da sola di se stessa, quindi contrariamente al solito aprì la busta ed il mondo le crollò addosso.

Madre: Lori Grimes, AB POSITIVO
Padre: Rick Grimes, 0 POSITIVO

Judith Grimes.
Esito: negativo per malattie infettive.
Gruppo sanguigno: 0 NEGATIVO


Judith non era un'esperta, ma le sembrava parecchio strano. Aveva bisogno di una spiegazione e la voleva al più presto.

Quando avvisò tutta la sua “famiglia” di voler organizzare una cena a casa sua per quella sera, tutti furono piuttosto sorpresi, ma nessuno di loro rifiutò l'invito.
Passò anche dalla centrale e comunicò la sua idea a “suo padre” e suo “fratello”.
Poi tornò a casa e si mise ai fornelli.
Zia Beth le aveva insegnato a cucinare e le riusciva piuttosto bene, ma per tutto il tempo la sua mente rimuginò sopra quello strano risultato.
Il foglio, appeso al frigo con una calamita a forma di coccinella, stava lì a fissarla mettendole in testa mille dubbi.
Lei era Judith Grimes, le piaceva essere Judith Grimes, voleva essere Judith Grimes.

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Capitolo 2
*** Parte 2 ***


Eccomi qua con la seconda parte. A quanto pare la storia non vi è piaciuta molto, ma tant'è che ormai l'ho pubblicata e quindi vi toccherà sopportarla.
:-) L'epilogo arriverà tra domani e mercoledì nel caso a qualcuno interessasse! Beh ora vi lascio alla lettura nella speranza che questa seconda parte vi piaccia più della prima! A presto! 
Parte 2
 
Si era data un gran da fare per tutto il pomeriggio, cercando di pensare positivo, di trovare una spiegazione logica a quegli strani risultati, ma non sembrava ce ne fossero.
Com'era possibile che non avesse ereditato il gruppo sanguigno di nessuno dei suoi genitori?
Prese in considerazione anomalie genetiche, i suoi nonni, dei quali non sapeva assolutamente nulla, per tentare di darsi conforto. Non poteva davvero credere di aver vissuto per quattordici anni in una bugia.
Era davvero inconcepibile per lei che le persone che dicevano di amarla le avessero potuto mentire su una cosa tanto importante. Zia Beth e Daryl, più degli altri, erano sempre stati sinceri con lei ed avevano preteso sempre la stessa sincerità, possibile che fosse tutto una colossale balla?
Si concentrò sul suo purè di patate evitando, per quanto possibile, di pensare, ma quel foglio non le rendeva il compito per niente semplice. In un gesto di rabbia lo staccò dal frigo, facendo cadere la calamita e se lo infilò in tasca.

Quando i due sbirri rincasarono, Judith li accolse con un sorriso, o meglio si sforzò di sorridere, ma in realtà avrebbe soltanto voluto urlare.
Dopo essersi congratulati con lei per l'idea di quella cena in famiglia, l'aiutarono con gli ultimi preparativi e restarono in attesa dell'arrivo degli altri.
Judith si era impegnata molto, la tavola era apparecchiata con le stoviglie più belle di casa Grimes ed al centro un bel vaso di fiori, direttamente dal loro giardino, dava la nota di colore che mancava.
Arrivarono praticamente tutti insieme, l'ultimo fu Daryl che, senza curarsi del ritardo come al solito, si accomodò in sala da pranzo e diede un morso ad un panino.
Si accomodarono tutti al loro posto e Judith aiutata da Carol andò in cucina per prendere il suo pasticcio di tonno.

La serata passò tranquilla, tra risate, ricordi e brindisi e nessuno sospettava minimamente che di lì a poco tutto sarebbe cambiato.
La ragazzina, seduta a capotavola, afferrò il suo bicchiere e si alzò in piedi, imitando ciò che aveva fatto suo padre poco prima.

-Vorrei fare un brindisi!- affermò allegra.

-… disse la ragazzina con il latte nel bicchiere.- la prese in giro Daryl.

Solitamente Judith avrebbe risposto a tono, o si sarebbe messa a ridere, ma quella volta la battuta dell'uomo non sortì alcun effetto.
Lei restò immobile con il bicchiere alzato e dopo un attimo di esitazione si decise a parlare.

-Dicevo… vorrei fare un brindisi a noi! Vi voglio bene e voi siete la prova che non bisogna avere sangue in comune per essere una famiglia… vero papà?- fece la ragazza voltandosi verso lo sceriffo e accentuando molto l'ultima parola.

-Oh beh naturalmente!- rispose lui, con una strana incrinatura nella voce.

A Daryl più che a tutti i presenti non era sfuggito il modo in cui Judith aveva pronunciato quel discorso, la conosceva bene, era sveglia e sicura di sé niente a che fare con le altre ragazzine della sua età.
Le lanciò un'occhiata interrogativa e aspettò che lei continuasse il suo discorso per avere un'idea più chiara della situazione.

-Sai papà oggi abbiamo fatto gli esami del sangue a scuola e mi è successa una cosa veramente strana, tu sapresti spiegarmela?- domandò la ragazzina sempre con lo stesso tono.

-Cosa tesoro?- chiese Rick sorridendole.

Lo sceriffo Grimes non era un idiota sprovveduto. 
Quando erano cominciati i controlli medici a scuola, circa sette anni prima, aveva avuto la conferma di ciò che sospettava da tempo, ma aveva davvero sperato di riuscire a tenerlo nascosto a sua figlia, voleva che lei non se ne preoccupasse, Judith era sua figlia, il suo gioiello e quello stupido pezzo di carta non avrebbe cambiato un bel niente, tuttavia era anche ben consapevole che la verità sarebbe potuta venire a galla da un momento all'altro. 
Ogni anno durante quel particolare giorno, Rick si convinceva che fosse arrivato il momento di parlare con lei di Shane e di tutto quanto, ma il tempo passava ed il coraggio mancava.

-Ne sai qualcosa tu… papà? O forse non dovrei nemmeno chiamarti così…- disse Judith poggiando sul tavolo il foglio con i risultati.

Il gelo calò nella stanza. Nessuno osò dire più una parola.
Le espressioni dei presenti passarono dal divertito al colpevole e la ragazza si rese conto di quanto fosse stata grande quella bugia. Lo sapevano tutti, tutti quanti e nessuno aveva pensato fosse opportuno informarla.

-Te l'avrei detto…- sussurrò lo sceriffo abbassando gli occhi.

-Riccioli d'oro non farla tanto lunga, non cambia nulla.- minimizzò Daryl.

-Oh fatela finita tutti quanti! Mi avete detto sempre un sacco di balle. Mi avete insegnato ad essere sincera ed a non aver paura di nulla, ma voi siete soltanto un ammasso di bugiardi cacasotto!-

-Modera il linguaggio signorina!- intervenne Beth rimproverandola come raramente faceva.

-La verità fa male ecco tutto! Non siete stati in grado di mettere in pratica i vostri stessi insegnamenti!- disse la ragazza gesticolando.

-Judith ti prego… questo non cambia niente.- si intromise Carl parlando con calma.

-Basta, non voglio sentire una sola parola da nessuno di voi!- tuonò la ragazzina battendo i pugni sul tavolo.
-Siete tutti dei codardi… talmente codardi che… porca miseria! Tu sei innamorata di lui e lui lo è di te, lo sanno tutti quanti ma voi due fate finta di niente! E poi la bambina sarei io!- aggiunse, indicando Beth e poi Daryl, prima di uscire di casa sbattendo la porta.

Nessuno disse nient'altro. Restarono lì a fissarsi senza trovare le parole adatte per esprimere i loro pensieri. 
Rick si alzò dalla sedia in contemporanea con Daryl, ma Beth appoggio una mano sul braccio dello sceriffo per impedirgli di seguire sua figlia.
Conosceva bene la ragazza e sapeva che quello non era il momento giusto per parlarle, non avrebbe capito, non l'avrebbe ascoltato, mentre l'arciere, beh lui comunicava con quella piccola peste in un modo incomprensibile a tutti loro.

Quando l'uomo uscì di casa non dovette fare poi molta strada per trovare Judith.
Se ne stava seduta sulle scale di casa sua fissando un punto non ben definito davanti a sé e fumando una sigaretta che doveva avergli fregato in qualche occasione.
Non era certo di cosa fosse più giusto dirle o di quale fosse il modo corretto per consolarla, ma sapeva bene quanto lui e la ragazzina fossero simili. Erano due teste calde, ma si sa che il cane che abbaia difficilmente morde. 

-Ami tua zia Beth? E questa la prendo io.- disse togliendo la sigaretta dalle mani della ragazza.

-Che domanda del cazzo!- affermò la ragazza seccata.

-Beh rispondi ragazzina.- fece lui dopo un tiro.

-Ovviamente sì, anche se mi ha detto un sacco di cazzate.- rispose lei sbuffando.

-E dimmi… quanto sangue hai in comune con lei?- domandò ancora l'uomo.

-Questo non c'entra.- mormorò Judith facendo spallucce.

-No bambina, c'entra eccome. Stammi a sentire e vedi di aprire bene quelle dannate orecchie. Il sangue non conta un cazzo. Questa, che ti piaccia o no, è la tua famiglia e non te la sei scelta, ti è capitata e basta. Sei una ragazza intelligente, o almeno io ho sempre pensato che lo fossi…-

-Conoscevi mio padre?- chiese lei dopo un attimo di silenzio.

-Io conosco tuo padre. Per la puttana! Tuo padre è quello là dentro e farai bene ad andare a scusarti con lui a dirgli che gli vuoi bene e tutte quelle stronzate sentimentali che si dicono di solito in questi casi se non vuoi che ti prenda sul serio a calci in culo.-

Judith non avrebbe voluto ridere, il suo orgoglio voleva davvero che lei stesse seria e continuasse a tenere il muso, ma con Daryl non riusciva mai a spuntarla.
Sapeva di aver decisamente esagerato, certo una notizia del genere non sarebbe stata facile da digerire, ma aveva ragione, nessuno di loro era unito da legami di sangue, eppure erano comunque una famiglia.
Aveva solo quattordici anni, ma era in grado di riconoscere una famiglia quando ne vedeva una.

-Quel Caleb è un coglione.- affermò l'uomo dopo l'ultimo tiro alla sua sigaretta.

-Oh lo so bene.- fece lei alzando gli occhi al cielo.

-Come sarebbe “lo so bene”? Piccola stronza! Ieri mi hai fatto una scenata.- 

-Volevo soltanto avere la possibilità di decidere con la mia testa.- spiegò lei tranquilla.

Daryl grugnì qualcosa di incomprensibile e scosse la testa. Non riusciva mai ad averla vinta con lei.

-Quindi noi siamo… ehm… apposto?- domandò imbarazzata.

L'uomo annuì e prese a guardare il cielo.

Judith lo imitò e nel voltarsi si accorse di una presenza a pochi passi da loro.
Zia Beth li stava osservando probabilmente per capire quanto fosse arrabbiata con lei. Non era una ragazzina stupida, era piuttosto scossa, ma l'affetto non poteva essere cancellato così facilmente.
Certo, nessuno le impediva di vendicarsi un po' e di mettere quei due in condizione di parlare di loro.
Dando una gomitata all'uomo che le stava seduto di fianco, gli indicò un cespuglio lì vicino facendogli notare che ci fosse nascosto dietro qualcuno.

-Zia Beth?- chiamò la ragazza con aria innocente.

A quel punto la donna non poté davvero far finta di non esserci, con un sorriso forzato uscì dal suo nascondiglio e si avvicinò ai due, cosa che fece immediatamente irrigidire l'uomo e sorridere Judith.

-Beh penso di dover parlare con mio padre. A domani.- disse alzandosi e lasciandoli soli.

Quella era la serata della sincerità e voleva che per tutti loro segnasse un nuovo inizio e se ci fosse voluta una piccola spinta, lei non si sarebbe certo tirata indietro, le avevano sempre insegnato ad essere coraggiosa dopotutto.

-Piccola stronza…- disse Daryl tra i denti, avendo intuito perfettamente con quali intenzioni li avesse lasciati soli.

-Tutto ok tra voi?- domandò Beth dopo essersi schiarita la voce.

-Come sempre.- rispose lui cercando di non fissarla.

-E tra noi? Sai… non so bene come dirlo, ma ha ragione… su tutto. Almeno da parte mia.- sussurrò lei imbarazzata.

-Ce l'ha… su tutto.- fece l'uomo alzando lo sguardo e puntando gli occhi in quelli di lei.

-E adesso che si fa?- domandò la donna passandosi nervosamente una mano tra i capelli.

-Si smette di mentire.- rispose Daryl.

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Capitolo 3
*** Epilogo ***


Pensavo di non riuscire ad aggiornare entrambe le storie oggi, ma eccomi qui! Vi stuferete di me sicuramente prima o poi! Comunque, epilogo di questa one shot mascherata da mini long.
Ricordatevi che... Love is in the air!!!!
Ciao e alla prossima!
 
Epilogo

Era una fredda ma soleggiata mattina di dicembre.
Tutto era stato organizzato nei minimi dettagli, il delicato vestito di raso bianco faceva bella mostra di sé appeso ad una delle ante dell'armadio ed erano tutti in fermento.
Judith indossava un abito rosso con delle bordature bianche ed essendo in quel particolare mese, non poteva fare a meno di sentirsi una sorta di Mamma Natale.
Non avrebbe mai scelto di vestirsi in quel modo, ma quello non era il suo giorno, quello era il giorno speciale della sua Mamma-Zia.
Dopo la brutta litigata con la sua famiglia aveva passato una nottata intera a parlare con suo padre, le aveva raccontato di Shane, il suo padre biologico, della loro amicizia, della sua morte. Dopo aver ascoltato con attenzione tutta la storia, si era resa conto di quanto fosse stata sciocca, lo sceriffo Grimes era suo padre e lei non avrebbe potuto desiderare di meglio. Prendere quello stupido foglio e farne coriandoli era stato il passo successivo.

Beth in quella fredda mattinata di dicembre era a dir poco raggiante ed era tutto merito della linguaccia lunga di Judith, quindi da quella litigata era venuto fuori qualcosa di buono.
Quando Maggie e Carol aiutarono zia Beth ad indossare il suo vestito, la ragazzina dovette sforzarsi per non piangere.
E dovette sforzarsi anche quando la donna si avviò, al braccio dello sceriffo Grimes, verso l'uomo che la stava aspettando all'altare vestito da pinguino.
Non lo aveva mai visto così e sembrava davvero non essere a suo agio, ma la ragazza si concentrò sulla sua espressione che cambiò improvvisamente appena vide la sposa avanzare verso di lui.

C'era amore in quegli occhi e la ragazza giurò di averli visti, per una frazione di secondo, velarsi di lacrime.
Si era ricomposto subito, ovviamente, ma chi conosceva bene quel testone burbero, sapeva quanto in realtà fosse un cuore tenero.

Sebbene Judith non fosse mai stata ad un matrimonio, era certa di poter affermare che non ce ne fosse stato un altro più bello in tutta la storia del mondo.
Beth era riuscita perfino a convincere il neo-sposo ad aprire le danze con lei, chiaro segno di quanto l'amasse.
Dopo un pranzo piuttosto abbondante, discorsi, balli e quant'altro, la festa proseguì, per pochi intimi, nel salotto della dimora Dixon, accuratamente agghindata per l'occasione dalla nuova padrona di casa.
Naturalmente la ragazza e tutto il resto della famiglia erano da contare tra quei pochi intimi e tra un bicchiere ed una tartina si continuò a festeggiare la coppia ad oltranza.

Non era mai stata troppo socievole, in questo era davvero simile a Mr. Balestra, ma quel giorno decise di fare uno sforzo e di provare a divertirsi.
Zia Beth aveva selezionato accuratamente dei brani musicali per la serata, canzoni che andavano dal melenso al rockeggiante e tutti parevano aver apprezzato le sue scelte.
In casa c'erano circa quindici persone e tutte ballavano, tutte tranne tre.
Lei, suo padre e Michonne.
Con Michonne non aveva mai avuto un gran rapporto, non che non le volesse bene, ma non si erano mai avvicinate molto, non di certo come lei e suo fratello. Carl nutriva una vera adorazione per quella donna.
Judith era sempre stata un po' intimorita da lei, ma quella sera con il vestito rosso simile al suo, faceva decisamente meno paura.
Osservando i frutti della sua ultima operazione da cupido, le venne in mente un'idea, un po' sciocca magari, ma pensò di fare un tentativo.

-Papà… dovresti invitare Michonne a ballare.- affermò convinta.

-Come dici? Michonne non balla.- rispose il padre.

-Beh ovviamente no visto che non ha un cavaliere. Forza sceriffo!- disse dandogli una pacca sulla spalla.

Rick sembrò indeciso per qualche secondo, ma dopo un'occhiata complice a sua figlia, si convinse a fare come gli era stato consigliato… o meglio ordinato.

La donna, come aveva previsto Judith, accettò subito il braccio dello sceriffo e raggiunsero insieme il centro del salotto iniziando a muoversi sulle note di una vecchia canzone di Frank Sinatra.
Erano impacciati, come due ragazzini e la ragazza si ritrovò a guardare quella sua nuova opera con un certo compiacimento.
Michonne sorrideva a suo padre e suo padre sorrideva a lei, forse prendendosi un po' in giro per la sua incapacità come ballerino.
Continuò a guardarli appoggiata allo stipite della porta immaginando quella pelle d'ebano fasciata in un lungo abito bianco come quello che stava indossando Beth. Un matrimonio in primavera sarebbe stato davvero magnifico.


Ballavano tutti, perfino la piccola Annette poggiando i piedini sulle scarpe di Carl.
Restò in disparte ad osservare quella scena e capì di essere fortunata. Era un momento da immortalare, ma non avendo una macchina fotografica, decise di stare a guardarli ancora un po' per poter fissare bene quel ricordo.
Non li aveva mai visti così felici e spensierati, nessuno di loro e la notizia del secondo figlio in arrivo per Maggie e Glenn, fu un ulteriore motivo di felicità.
Suo padre aveva continuato a ballare con Michonne per il resto della serata e stavano ancora ballando quando Judith decise di aver bisogno di un momento da sola dopo una giornata del genere.

Uscì da casa Dixon dirigendosi verso il suo portico e si sedette sulle scale di mattoni, con il naso rivolto verso le stelle.
Il suo giacchetto leggero non era propriamente adatto alle temperature di dicembre, ma cercò di ignorare i brividi che le correvano lungo la schiena. 
Le piaceva stare fuori casa di notte, le piaceva guardare il cielo, studiare le galassie, provare ad unire i puntini luminosi con linee immaginare per creare i contorni di figure fantasiose. Draghi, principesse, automobili, animali.
Ad un tratto si rese conto della presenza di qualcun altro ed un inaspettato calore le avvolse le spalle.
Si ritrovò addosso una giacca da uomo decisamente troppo grande per lei ed alzando il naso si rese conto di chi ne fosse il proprietario.

-Sembri Babbo Natale vestita così, sei ridicola.- disse Daryl sedendosi accanto a lei.

-Beth ha insistito.- fece lei con un'alzata di spalle.

L'uomo scosse la testa ridacchiando e prese anche lui a fissare le stelle.

-Comunque tu sembri un fottuto pinguino!- affermò Judith.

-Sei vestita da ragazza ma dentro sei comunque come il peggiore degli stronzi.- la prese in giro lui.

-Può darsi, ma tu resti comunque un fottuto pinguino.- 

-Beth ha insistito.- spiegò lui.

Da quando aveva preso a pugni Caleb, l'uomo aveva smesso di starle addosso e di seguirla come un'ombra, forse resosi conto di non avere più a che fare con una bambina, ma Judith doveva essere onesta con se stessa ed ammettere che le attenzioni che lui, che tutti loro, le riservavano le facevano un gran piacere, la facevano sentire amata e protetta.

-Daryl?- mormorò la ragazza cercando di attirare la sua attenzione.

Lui rispose con un grugnito, come per chiederle cosa volesse dirgli e darle il permesso di continuare.

-Sai… penso di doverti delle scuse. Quel giorno in cui tu hai preso a pugni l'idiota, ecco… quella frase non la pensavo davvero. Uno stronzo una volta mi ha fatto capire che il sangue non conta un cazzo. Quel giorno ho detto che non sei mio padre, ma non avrei dovuto dirlo perché insomma tu…-

-Lo so Piccola Spaccaculi, lo so.- disse lui scompigliandole i capelli.

Dentro casa l'assenza dei due, come prevedibile, non era passata inosservata e Beth sapeva esattamente dove trovarli.
Si affacciò dalla finestra, mentre anche Rick era intento a cercare sua figlia e li vide.
Seduti sulle scale come al solito, a parlottare tra loro e prendersi in giro.
Quella immagine le scaldava sempre il cuore e più volte si era fermata a fissarli, anche prima che lei e Daryl trovassero finalmente il coraggio per stare insieme. Merito suo.
Restò qualche secondo a guardarli e poi informò lo sceriffo di aver trovato i due fuggitivi.

-Rick, sono sotto al portico.- disse la donna indicando fuori dalla finestra.

L'uomo si avvicinò a lei e diresse lo sguardo verso il punto indicatogli e non poté fare a meno di sorridere.
Amava quei due, lui era il fratello che non aveva mai avuto, lei era la sua bambina. Ripensando al Daryl di un tempo faticava davvero a rivederlo nell'uomo che era diventato e probabilmente quel cambiamento in meglio era da attribuire a quella che lui aveva soprannominato Piccola Spaccaculi.

-Credo che ne avessero abbastanza di tutti questi festeggiamenti.- constatò Rick con un sorriso.

-Oh sì! Hanno resistito fin troppo.- affermò Beth.

-Sono terribilmente simili quei due, testardi, solitari e scontrosi.- disse lo sceriffo.

-Decisamente… sai, qualche mese fa Daryl ha preso a pugni Caleb.- raccontò lei.

-Perché mai l'avrebbe fatto?- chiese lui preoccupato.

-Non si tocca la sua bambina.- spiegò Beth con un sorriso ed un occhiolino.

 
§§§

Quella mattina di agosto tutto era pronto. Il bel vestito di raso bianco era appeso nella stanza da letto e tutta la famiglia era in fermento.
La piccola Judith, diventata ormai una donna, indossò quella vaporosa e soffice nuvola di stoffa e si preparò per il suo giorno. 
Davanti alla porta della chiesa i suoi due papà la aspettavano per condurla all'altare e consegnarla all'uomo con il quale avrebbe passato il resto della vita, uomo che loro avevano imparato ad apprezzare.

-Sembri ancora un fottuto pinguino.- sussurrò la ragazza all'orecchio dell'uomo alla sua sinistra.

 
FINE.

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