Know the blood’s thicker but water is sweet

di ValorosaViperaGentile
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricordatelo, bambini. Ricordate che per metà siete acqua ***
Capitolo 2: *** Il sangue non è acqua ***



Capitolo 1
*** Ricordatelo, bambini. Ricordate che per metà siete acqua ***


 
Capitolo I

Ricordatelo, bambini. Ricordate che per metà siete acqua
[1]
 
 
 



 
 
Due gocce d'acqua. 

Una è appesa al naso, e trema ad ogni respiro – quando si stacca, e cade sul petto nudo di Jonah, si frantuma in mille e più schegge liquide.

L'altra rincorre subito la sua gemella, scivolando veloce sullo stesso pendio – Elias la ruba all'amico, la raccoglie con la punta dell'indice e la beve, ma in cambio gli dona un sorriso.

Luccicano al sole, tempestati di goccioline.

Sono chiari come cristalli di rocca, sono come il primo cielo di una pallida primavera, ancora ricamato di stelle. 

Socchiudono gli occhi, abbagliati da tutto quel bianco, tanto brillante che pare neve fattasi carne. 

Ansimano.

Ciechi e felici.

Perché stare vicini è la cosa più bella del mondo. E giocano insieme, sognano gli stessi sogni, anche da svegli. È come se fossero un solo e unico bambino. 

Nuotare, uno accanto all'altro, però è ciò che amano di più – mano nella mano, nel fiume fra le rugose Gole[2], nascosti da quei duri e neri drappi, che si riflettono sull'acqua cristallina. 

Un tempo, così raccontano, lì abitava uno straordinario animale, un drago marino. Ma del mostro, che è morto molti anni prima, così raccontano, non è rimasto nemmeno lo scheletro.

Lo hanno cercato a lungo, senza paura. Hanno esplorato le grotte più segrete, fianco a fianco, fendendo il buio e lo stridio dei pipistrelli; hanno dragato il fondale sabbioso, a tastoni, coi visi concentrati, le palpebre strizzate – e hanno scoperto che l'acqua non brucia gli occhi: ci vedono bene, lì sotto, meglio dei pesci.

Non sanno perché amano quel posto.

Ma si sentono bene quando scompaiono nell'acqua, felici dentro tutto quel blu. E quando se ne vanno, portano con loro frammenti di quelle profondità spettacolari, negli occhi.

A volte restano a galla sulla superfice, invece. Braccia e gambe allargate, l'acqua che limpida fluisce tra l'intreccio delle loro dita.

Due stelle albine, sul pelo di un cielo sottosopra.

Guardano in alto, allora, e sorridono.

Sembra di tornare all'inizio di tutto. Di essere una cosa sola con l'acqua – e una cosa sola sono i loro corpi e le loro menti.

Tornano insieme, protetti da fluide carezze, in quell'unico ventre che li ha generati.

 



Note:

[1] Citazione, appena modificata per adattarsi ai due protagonisti, da Il canto di Penelope. Il mito del ritorno di Odisseo, di Margaret Atwood.

[2] Le Gole dell'Alcantara, che, fra le molte altre location, hanno fanno da set nell'opera di Matteo Garrone. Siccome nel film non viene dato un nome al luogo, ho pensato di mantenere invariato parte di quello originale.

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Capitolo 2
*** Il sangue non è acqua ***


 
Capitolo II

Il sangue non è acqua
[1]
 
 
 



 
 
«Elias, tu sei un principe. E non puoi essere amico del figlio di una serva.»

È dura, sua madre. Pronuncia parole di pietra.

Ma loro due sono come acqua – l'acqua scava pure le montagne, goccia dopo goccia; l'acqua non può essere divisa a metà.

Elias le risponde che con lui sta bene, che è come un fratello. Che lo vedrà – balbetta un poco, mentre sfida la Regina – tutte le volte che desidera.

«Un fratello?» chiede incredula lei, sdegnata, perché Elias è sangue del suo sangue. L'ha portato nel ventre, anche se per una notte sola, l'ha partorito fra il dolore del corpo e la gioia dell'anima. E nelle vene le scorre la più blu delle discendenze[1], non la lavatura di piatti che riempie una ragazza delle cucine[2].

Nata sopra gli altri, non vede due metà divise: solo un principe ed un servo.

Diversi.

Anche se sono uguali, se non ci sono differenze: nessuno dei due riesce a trovare pezzi discordanti sui loro corpi identici – né dentro. Sono gocce d'acqua, l'una gemella all'altra. In ogni luogo lo sussurra il popolo e pure la corte, quando la regina è abbastanza lontana.

Solo lei è cieca, a Selvaoscura: non vede che hanno entrambi capelli di nuvole e ciglia trasparenti, la pelle di luce, che sono così bianchi, anche se la madre di uno è scura come la terra e l'altra è tutta rossa, bruciata dalla troppa fatica; non vede che hanno gli stessi piccoli occhi – uno marrone e l'altro blu –, identiche facce lunghe, con labbra ben disegnate e nasi grandi.

È come un gioco di specchi, fra Elias e Jonah. Ma sono ben più l'uno il riflesso dell'altro.

«Il solo e unico legame di sangue che hai è con me, tua madre. È a me che tu devi rispetto e obbedienza! Io sono la tua regina, non devi mai dimenticarlo.»

La madre è ferita, ma reagisce la sovrana. Comanda scuse, e le riceve – mani scure posate sul grembo ricoperto di porpora, lo sguardo ferito, la posa nobile. Poi chiama a sé il figlio e gli sorride. Prima rincuorata, ma poi sempre più mesta.

Elias le vuol bene: il sangue è denso, lo sa, però l'acqua è ben più dolce.

«Figlio mio...» sussurra lei e china il busto, per baciargli il palmo. Come fosse una santa reliquia. «Se ti vedo con lui un'altra volta, lo rimpiangerete entrambi.»

Elias guarda gli occhi scuri di sua madre, umide pozze nere.

Poi annuisce appena, lieve.

Giusto quel che serve per confortarla – giusto il tempo di illuderla.

L'acqua è furba.

Se non può affrontarlo, allora aggira l'ostacolo che la intralcia. Trova sempre una nuova via.

L'acqua non può essere divisa a metà, pensa.

 



Note:

[1] Modo di dire, che di norma sta a indicare che i legami di sangue, quindi di famiglia, sono molto più forti degli altri. Ma esiste anche un'altra interpretazione, quella degli autori Albert Jack e R. Richard Pustelniak, ovvero che i sodalizi fatti con un patto di sangue, sono più forti dei legami nati in senso alla famiglia.

[2] Per chi non avesse visto il fim o non ricordasse: la madre biologica di Jonah è una servetta delle cucine reali.

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