The Time Has No Time

di voidsiilviasw
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. The Permanent Nightmare ***
Capitolo 2: *** 2. The Imaginary Reality ***
Capitolo 3: *** 3. The Deep Words. ***
Capitolo 4: *** 4. The Mad People ***
Capitolo 5: *** 5. The Revelation ***
Capitolo 6: *** 6. The Past's Departure ***
Capitolo 7: *** 7. EPILOGO (The End) ***



Capitolo 1
*** 1. The Permanent Nightmare ***


Erano passati cinque lunghi anni dalla distruzione della W.I.C.K.E.D e dal passaggio dei sopravvissuti attraverso il pas verticale.
Thomas idealizzava il mondo al di fuori del paradiso come un deserto pieno di disperazione e desolazione, immaginava fosse andato quasi tutto in rovina, i muni  rimasti nelle città uccisi dagli spaccati per pura invidia, questi sempre più folli e logorati dall'eruzione, l'Uomo Ratto ormai deceduto o impazzito in qualche posto chi sa dove, Ava Paige uccisa da qualche matto per non aver trovato una cura o per non aver portato a buon fine le prove. 
“Tutto lavoro sprecato” si ripeteva Thomas mentre dava una mano a Brenda con il legname.
Il luogo nel quale li avevano mandati per sopravvive o comunque portare avanti la specie era ormai diventato un piccolo villaggio. I vecchi, ormai ex radurai, si erano dati parecchio da fare costruendo con il legname delle piccole casette e delle armi per cacciare; dentro ad un baule, evidentemente lasciato lì per ogni evenienza dalla W.I.C.K.E.D, avevano trovato una marea di cose, tra queste c'erano oggetti di ogni tipo tra questi anche generi alimentari e vari semi di diversi tipi di piante di conseguenza avevano anche cominciato a coltivare qualcosa.
Mentre Thomas era lì che trafficava con i bastoncini arrivò Minho tutto bello allegro.
“Hey pive, Frypan sta cucinando.” disse.
“Sicuramente sarà di nuovo cervo, ormai è diventato il piatto fisso nel menù. Io odio mangiare cervo, a pranzo cervo e a cena pure. Stufato di cervo, bollito di cervo, affettato di cervo, secondo me arriveremo pure alla frittata di cervo. ”
“Testa di caspio, grazie ancora che troviamo degli animali nel bosco.”
“Già, scusa.” rispose Thomas guardando quasi con ammirazione un punto fisso nel suolo per evitare lo sguardo del suo amico.
“Ci pensi mai?” disse Minho fissando l'orizzonte e cambiando discorso.
“A cosa?”
“Al mondo, ad Alby, Newt, Chuck, e beh anche a Teresa; a tutto ciò che abbiamo passato. Ci pensi mai? Io quasi non riesco a credere che siano passati cinque anni.”

Quei nomi, quelle persone, quell'Alby, quel Chuck, quella Teresa, ma soprattutto quel Newt.
Era riuscito a non fare più incubi riguardo a loro ma ultimamente, non si sa come, erano tornati a tormentarlo. Riaffioravano ogni notte puntuali come orologi svizzeri, entravano nella sua mente, insidiandosi e nascondendosi dentro il più piccolo anfratto.
Il ricordo di  Alby  preso dal dolente, Chuck  morente, gli occhi di Teresa ormai quasi spenti e soprattutto le ultime parole pronunciate da Newt: 'Per favore, Tommy. Per favore.' 
'Newt.' Quel nome picchiettava la mente di Thomas come un martello pneumatico batte sul suolo. Come promesso in passato, in quei cinque anni non aveva mai rivelato a nessuno ciò che aveva fatto, aveva tenuto per sé tutto il dolore e l'angoscia che puntualmente venivano a fargli visita ogni sera nei suoi incubi più profondi. Lo sguardo di Newt fisso nei suoi occhi, il cambiamento di umore nel pronunciare quelle parole, il rimbombo del corpo inerme che cadeva sull'asfalto sterile e sopratutto il fallimento per non averlo salvato.
Non aveva mai rivelato a Newt i sentimenti che provava nei suoi confronti. Non erano gli stessi che provava per Teresa, erano diversi e sinceri. In fondo Newt c'era sempre stato, lo aveva supportato e incoraggiato, aiutato e anche se indirettamente, lui aveva sempre supervisionato e protetto gli altri.

'”l mio cosa dice?”
“Tu sei il soggetto A5 e ti hanno chiamato il Collante.”
“Il Collante?”
“Già. Probabilmente perchè sei una specie di collante che ci tiene uniti. Non lo so.[...]”


"Eh già, razza di pive ci avevano proprio preso." Ripetè Thomas nella sua mente.
Newt era stato il collante per tutti, colui che aveva tenuto unito il gruppo ma che non aveva tenuto in piedi se stesso e i suoi pezzi all'interno del suo cervello. L'oscurità se lo era preso e divorato, ma aveva permesso al ragazzo di esprime l'ultimo desiderio prima di sprofondare in quella buia pace senza ritorno.

“Hey testa di caspio, ma ti sei incantato?” disse Minho interrompendo quello stato di trance che si era creato dentro la mente di Thomas.
“Si si, scusami stavo solo pensando. Comunque si ci penso ogni tanto, nemmeno io riesco a credermi ma adesso siamo qui. Siamo sani e salvi.”
“Bene così, e tu Brenda?” Minho si rivolse alla ragazza con uno sguardo di adorazione.
“Preferisco non pensarci.” rispose in modo schietto quasi come se le desse fastidio parlare di quell'argomento.
“Giusto, meglio non pensarci. Io vado a vedere che sta cucinando quel pive per cena. Venite con me?”
“Vorrei ma devo aiutare Brenda con la legna, ci vediamo nella sala maggiore.” ribattè Thomas.
“Io due minuti e arrivo.” disse la ragazza.
“Va bene.” concluse l'asiatico.
Minho prese a correre in direzione della cucina e Thomas trovò divertente questa reazione. Spesso il ragazzo coglieva ogni buon motivo per farsi una bella corsetta, amava correre e si vedeva, sembrava quasi che gli mancasse vivere una vita combattendo e correndo ogni giorno come una dannato per sopravvivere anche solo mezzo secondo, ma infondo era Minho, era un ex velocista, cosa poteva fare se non correre?
“Thomas io ho finito con la legna, sono esausta e ho fame. Vado da Frypan, tu che hai intenzione di fare?” disse Brenda.
“Tu vai, io ti raggiungo. Devo finire un paio di cose.”
“Bene così.” tagliò corto e si apprestò a camminare in direzione della mensa.
Thomas adorava guardare il tramonto da solo e osservare come il cielo si tingeva di varie tonalità del rosso sfumandosi poi all'arancione misto giallo. Quando il sole stava ormai per scomparire all'orizzonte, tutto si colorava di rosa e viola, l'atmosfera si oscurava e la luna dava il cambio alla gigantesca palla incandescente portando sul pianeta un lieve velo di tristezza e solitudine. Il piccolo corpo celeste risplendeva riflettendosi sul mare mentre tutto intorno miliardi di puntini prendevano vita, erano le stelle. Queste spuntavano come funghi brillavanti, oh si, luccicavano come diamanti.
'Guarda che bella la natura' diceva Thomas a se stesso anche se sapeva che a breve sarebbe andato a dormire e che gli incubi sarebbero tornati.
Sotto un certo aspetto sperava che questi prima o poi sparissero, era crudele pensare di voler dimenticare i suoi amici, ma rivedere i volti sofferenti e morenti lo faceva star male e lui non voleva provare di nuovo questo dolore, lui voleva ricominciare da capo una nuova vita lontano dai ricordi passato.
Thomas decise che prima di andare a mangiare avrebbe raggiunto il suo rifugio e che vi si sarebbe nascosto a pensare per un po' di tempo.
Raggiunse a fatica la grotta che si trovata in cima alla collina, era nascosta da due alberi ed era difficile da notare, solo un occhio attento sarebbe riuscito ad individuare l'apertura della grotta in tutto il suo splendore.
Si addormentò scrutando l'orizzonte ormai completamente blu scuro, la notte calava, il freddo stava avanzando e il suo cuore perdeva un altro pezzo a causa della malinconia che affliggeva Thomas.

*

Si alzò a fatica, barcollando, il cervello fece il solito scherzo bastardo smettendo di funzionare e così per qualche secondo, Thomas, non vide più nulla.
'Merda ci risiamo, dai oh basta fare scherzi cervello del caspio. Mi sono alzato troppo velocemente ma ciò non significa che devi farmi questi ciocchi.' iniziò a dire credendo forse di riuscire a parlare alla sua mente.
Quando poco dopo si riprese percepì un forte mal di testa dovuto a non si sa che cosa, sentiva una forte pressione e dei rumori fastidiosi rimbombargli nella mente, era come se qualcuno stesse bussando ripetutamente da dietro una porta.
Non capiva che cosa gli stesse succedendo, provava dolore ovunque ma non ci diede peso. Con un po' di nervoso in corpo dovuto a questo malessere si diresse alla sala maggiore nel quale Minho e tutti gli altri lo stavano aspettando, beh tutti a parte Brenda.
“Dove caspio è Brenda?” chiese Thomas sorpreso di non trovarla al tavolo.
“E' andata a verificare una cosa, tornerà subito.” rispose Minho un po' spaventato.
“Che cosa precisamente? Sembra che tu abbia visto un fantasma, perchè sussurri?”
“Più o meno è così.”
“Minho, dov'è Brenda?”
“Io..”
“Dov'è Brenda?” Thomas si alzò dal tavolo urlando in faccia all'amico, non poteva perdere anche lei, aveva già lasciato andare troppe persone, non voleva trovarsi nella condizione di dover cercare la sua migliore amica come un disperato nel pieno della notte in mezzo al bosco.
“Thomas, calmati.”
“Dimmi dove caspio è Brenda o giuro che ti scaravento giù dalla scogliera.”
“Va bene, ma per favore siediti.”
Raccogliendo tutta la calma rimasta che aveva in corpo, il ragazzo si sedette e prestò attenzione a Minho.
“Girava una voce, era dà un po' che ne sentivamo parlare. Nessuno ci credeva, nessuno voleva crederci. Brenda si è offerta di andare a verificare di persona. Forse...Forse hanno trovato Newt.”
Thomas sgranò gli occhi, non poteva essere vivo, come faceva ad essere vivo se lui lo aveva ucciso? Era impossibile.
'Sicuramente avevano visto male, dovevano per forza aver visto male.' Si ripeteva Thomas cercando di non impazzire sul momento.
“Impossibile, hai visto come era ridotto. Non prendermi in giro, Minho.”
“No no, ti giuro. Dicono di averlo avvistato, era vivo, con una cicatrice in testa ma vivo. Qualcuno deve avergli sparato in piena fronte e quella pallottola ha magicamente arrestato l'Eruzione. Brenda è andata a cercarlo per portarlo qui. Volevamo dirtelo a cosa fatta ma oggi non ti ho visto messo bene anzi sembravi molto sconvolto perciò te lo ho detto stasera.”
"Beh...Grazie." In quel momento un rumore assordante gli perforò i timpani, si accasciò a terra urlando come un matto. Il suono era dentro la sua testa, ne era sicuro. Una calca di gente si riunì intorno a lui, anche se non voleva aprire gli occhi sentiva che la presenza delle persone, la mano di Minho che lo scrollava ma lui non voleva guardare, non sarebbe rimasto con gli altri nemmeno un secondo di più.
Thomas si alzò di scatto tenedosi le mani intorno al ventre e tentando di trattenere le lacrime per la notizia, il mal di testa era forte ma ciò non gli impedì di correre fuori dalla sala. Uscì dalla porta e una volta fuori corse più veloce che potè per raggiungere il rifugio segreto.
Nessuno sapeva dove fosse e di conseguenza se si fosse nascosto nessuno lo avrebbe trovato.
Voleva urlare, sfogare la rabbia in qualche modo e piangere. Fece tutte queste tre cose.
Era combattuto con se stesso, desiderava rivedere Newt più di ogni altra cosa al mondo ma l'idea che l'amico si ricordasse qualcosa lo terrorizzava, lo spaventava a morte.

Newt era la prima persona in cui Thomas aveva riposto la sua fiducia mentre lui era l'ultima persona del quale Newt si fosse mai fidato; ma Thomas questo lo sapeva, lo sapeva perfettamente e mentre osservava una coccinella camminare sul muschio, si addormentò di nuovo desiderando di non svegliarsi mai più.






Spero sia di vostro gradimento, è la prima fan fiction che scrivo sui Newtmas. Accetto volentieri le critiche e i commenti di ogni tipo. Ringrazio Susanna ed Eleonora per avermi incoraggiato a scrivere. Un abbraccio, Silvia :)

 

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Capitolo 2
*** 2. The Imaginary Reality ***


Thomas si svegliò di soprassalto quasi fosse stato in apnea per ore, il cuore batteva a mille allora e tremava per il freddo, lui odiava il freddo, lo detestava da maledetti perchè tutto il corpo si intorpidiva e si addormentava producendo un formicolio un po' fastidioso.
Notò subito che i suoi vestiti erano strappati e lacerati, era quasi a petto nudo e in mutande, i suoi pantaloni erano pieni di tagli in diversi punti e la sua maglia completamente fatta a brandelli. Si chiedeva come cavolo non fosse morto assiderato, lì le temperature scendevano vertiginosamente.
Mentre tentava di alzarsi sentì un dolore lancinante alle mani, le guardò e inorridito vide che erano sporche di sangue, tutti gli abiti erano ricoperti di chiazze ormai secche. Aveva escoriazioni quasi su tutto il corpo, non capiva perché fosse ridotto così e il fatto di non capire lo irritava. Guardandosi attorno notò di essere nella sua grotta e questo lo rassicurò, tuttavia scoprì una cosa molto inquietante: parte del muro della grotta era anch'esso ricoperto di sangue e qua e là poteva benissimo distinguere pezzi di stoffa provenienti dai suoi abiti. Era scioccato e sconvolto allo stesso tempo, aveva sfogato la rabbia contro la parete della grotta o forse...forse stava sognando la scena del giorno precedente credendo fosse vera? 
'Che ho fatto?'  Continuava a sussurrare al vuoto e a se stesso. Si era addormentato come una pera cotta e chi sa da quanto.
'Erano passate due ore? Dodici ore? O forse un giorno? Quanto tempo sono rimasto in quel rifugio sicuro? ' Queste domande sembravano non aver risposta nella mente di Thomas, guardando fuori un bagliore molto debole gli illuminò il viso, l'aria fresca gli entrava in ogni poro della pelle e un brivido gelido gli percorse il corpo facendogli venire la pelle d'oca.
'Sicuramente saranno circa le sei del mattino e quel luccichio scolorito forse è l'alba, gli altri pive mi staranno cercando.'  Si disse Thomas.
Non gli piaceva l'idea di esser cercato. Molto spesso si faceva i suoi giretti in avanscoperta di nuovi posti e ogni volta che tornava, Brenda e Minho, lo assalivano con le domande, preoccupati come se fosse stato via dei giorni quando invece era andato via nemmeno per due ore.
Aveva sempre il forte mal di testa, era più intenso di prima e la sensazione di spossatezza che lo affliggeva era strana ma bene o male riusciva ad assecondare ogni cosa perché ora il suo chiodo fisso era il ritorno di Newt, o meglio, era Newt.
Avrebbe rivisto il suo amico, si con una cicatrice in fronte, ma almeno era vivo e questo era ciò che contava davvero. Giurò a se stesso che se Brenda fosse tornata con Newt, Thomas avrebbe confessato ogni sentimento, idea ed emozione a quel ragazzo. Non lo avrebbe mai più lasciato andare e tanto meno ucciso di nuovo.
'Thomas, perchè ti stai facendo questi castelli mentali?' Disse a se stesso ironicamente.
Non vedeva l'ora di riabbracciarlo o per lo meno stringergli la mano.
Era felice, davvero felice di quel ritorno inaspettato anche se la presenza costante della paura lo avvolgeva sempre e comunque.

*

“Hai mandato tutto come ti ho detto di fare?”
“Si si, non sono mica una testa di caspio, almeno ora non più. Spero abbia ricevuto tutto quanto. Ho paura di pensare che non verrà mai a cercarci.”
“Io non perdo la speranza e questo lo sai bene.”
“Già. Mi manca sai?”
“Anche a me, anche a me.”

*


Decise di mettersi addosso la coperta che lasciava sempre nel suo rifugio sicuro. Questa era calda e molto grande, aveva un motivo scozzese davvero delizioso che andava sulle tonalità del verde. Con essa si fece un vestito precario, voleva terminare l'abbigliamento di fortuna con la sciarpa di Newt*, ma come poteva? Decise di lasciarla all'interno della grotta e qualora l'amico fosse tornato e avesse chiesto indietro la sciarpa, Thomas  l'avrebbe restituita senza mai pensarci due volte, d'altronde non era sua ma di un suo amico morto e magicamente tornato in vita.
Guardandosi intorno l'ultima volta uscì dalla grotta dirigendosi verso il piccolo ruscello che scorreva non tanto distante da dov'era.
Prima di andare da Minho si sarebbe levato il sangue di dosso, chi sa se no che cosa sarebbe andato a pensare l'amico, forse sarebbe impazzito per la preoccupazione o magari sarebbe stato zitto. Thomas sperava accadesse l'ultima cosa perché non aveva granché voglia di spiegare qualcosa che nemmeno lui sapeva spiegare a se stesso. Dopo che erano scappati dall'inferno e che la W.I.C.K.E.D era stata distrutta definitivamente, Minho era diventato molto ansioso e rompeva spesso le palle a Thomas facendo domande sul suo stato d'amino, se aveva bisogno di parlare o semplicemente fare una corsetta, ma ogni volta Thomas rifiutava l'offerta, era come se quella troppa preoccupazione gli desse molto fastidio. Non sapeva perchè, ma a volte preferiva stare con Gally, magari quest'ultimo lo aveva stupido o forse solo perchè il 90% delle volte che si vedevano restavano zitti a guardare il mare.

Raggiunto il fiumiciattolo Thomas si lavò il sangue dal corpo e soprattutto dalle mani, aveva delle tracce anche sul viso e di conseguenza lavò anche quelle in modo molto frenetico come se avesse paura che un mostro potesse prendendo il controllo del suo corpo. Poco dopo si denudò completamente e si immerse in un punto del ruscello abbastanza profondo, si inabissò completamente ad ascoltare la natura circostante impedendo ai suoi pensieri di invaderlo. Udiva cinguetti lontani provenire da molte parti, l'acqua era piuttosto fredda ma stando un po' di tempo immerso tutto passava. Si stava avvicinando l'autunno, lo si poteva notare dalle foglie arancioni e dalle ventate gelide che ogni tanto passavano tra le frasche degli alberi producendo un suono piacevolissimo per Thomas, era rilassato e voleva godersi quel momento.

*
“Ultimamente non sembra dare cenni di vita.”
“Inserisci questo nel database. Lui ce la farà, ne sono sicura.. Basta dargli un incipit.”
“Non pensavo fossi così positiva.”
“E io non pensavo fossi così negativo.”
“Penso che potremmo cominciare ad andare d'accordo.”
“Penso anche io.”

*

Qualche minuto dopo un uccellino di un azzurro brillante si posò su una roccia a prendere il sole beato, quel piumaggio così accesso fece riaffiorare un ricordo nella mente di Thomas, Teresa. Lei, i suoi capelli neri, la carnagione chiara ma soprattutto i suoi bellissimi occhi azzurro acceso, come poteva scordarseli? Nessuno sarebbe mai stato capace di dimenticare un volto così angelico da sembrar quasi divino, nessuno, nemmeno Thomas che tanto si ostinava a dimenticare ma che alla fine falliva sempre. Lei era morta per lui, si era sacrificata e questo andava ad aggiungersi alle mille colpe che il ragazzo provava.
'Tom, W.I.C.K.E.D è buono.'
Ogni tanto credeva di sentire ancora la ragazza nella sua mente pronunciare quelle parole, sembrava davvero che qualcuno stesse parlando col suo subconscio. Ricordava ancora quelle volte nel quale parlava con lei tramite telepatia, era stato inquietante ma stupendo al tempo stesso.
'Tom, W.I.C.K.E.D è buono'  disse di nuovo la voce nella sua testa, era davvero strano. Lei era morta, la società crollata come poteva sentire ancora quelle parole?
'Sarà solo un vecchio suono, non può essere lei. Sei proprio un pive Thomas.'  Si ripeteva il ragazzo.
Lei era stato con lui un attimo prima della cancellazione della sua memoria e anche l'ultimo momento prima di entrare nel pas verticale. Nonostante i comportamenti lunatici di Teresa nella zona bruciata, lei c'era sempre stata ma lui, lui l'aveva persa per sempre.
'Non era una traditrice, era solo un po' cosi, solo un po' Teresa.' Pensava Thomas sorridendoci sopra.
Molti erano morti per proteggerlo e forse era per questo che non riusciva a mettersi l'anima in pace. Avrebbe preferito morire lui al posto di chiunque altro, al posto di Chuck, di Teresa e beh...soprattutto al posto di Newt.
Ed eccolo qui, nemmeno beato tra le frasche e immerso nell'acqua riusciva a pensare ad altro, erano incubi permanenti, erano i suoi strozzini che venivano a riscattare la paga giornaliera e in fin dei conti sapeva di meritarselo, era una giusta punizione per ciò che aveva fatto.

*
“Dici che è arrivato?”
“Si, se non ha perso la sua caspio di testa sicuramente qualcosa nella sua mente è riaffiorato.”
“Speriamo di aver fatto la cosa giusta.”
“Già, speriamo.”

*

Uscì dall'acqua e si rivesti con la coperta in modo molto goffo poi prese a camminare in direzione del villaggio, aveva ancora mal di testa e questo lo spaventò un po'. Il dolore aumentava di giorno in giorno e non capiva perchè.
“Testa di caspio che non sei altro, dove diamine eri finito? Ti abbiamo cercato anche su Marte, sei mezzo nudo e avvolto da una coperta. Si può sapere dove sei stato?” Gli urlò Minho correndogli incontro.
“Avevo bisogno di tempo per pensare.” Ribattè Thomas.
“Ma sai quanto sei stato via?”
“No, quanto?”
“Sei proprio un pive, hai perso pure la cognizione del tempo? Sei stato lontano da casa tre giorni interi, oggi è il quarto! Io e altri siamo andati ovunque e abbiamo corso per chilometri pur di trovarti, pensavo fossi morto Thomas, avevo paura.” Minho di interruppe riprendendo fiato.
“Non fare più questi scherzi con me, pive.” concluse.
“Mi dispiace.”
“Su, andiamo a vestirti.”
I due si incamminarono verso il casolare dei vestiti e durante il tragitto molte persone fecero domande bisbigliando su dove fosse finito Thomas, ma lui non li ascoltava nemmeno, erano voci fantasma, l'unica cosa che importava era in primis mangiare perchè stava morendo di fame e poi avrebbe sicuramente domandato a Minho dove fosse Brenda e poi avrebbe chiesto di Newt.
“Che caspio ti sei fatto alle braccia e alla schiena, Thomas?” chiese l'asiatico con uno stupore che sembrò quasi strano alle orecchie del ragazzo.
“Cosa?”
“Guardati sei pieno di graffiature e escoriazioni. Hai fatto a botte con qualcuno?”
“No, ma che e poi con chi scusa? Non c'è nessuno nel raggio di cento chilometri se va bene. Forse mi sono rotolato su qualcosa di pungente mentre dormivo, non so.”
“Ultimamente sei strano.” Minho fissò l'amico con uno sguardo secco e sospettoso.
“Mi dispic...Ahi, che male!” iniziò ad urlare Thomas.
“Oh ma che caspio stia dicendo?”
“Mi fa male, ti prego smettila. Basta.”
“Thomas che sta succedendo?”
“Minho sento qualcosa, mi fa male la testa da maledetti. Sono giorni ormai che sento un tintinnio continuo. Gli incubi su Chuck e Teresa sono tornati. Ahi, di nuovo.” Thomas iniziò a tremare, sembrava spaventato a morte. Non menzionò Newt, oh certo che non lo fece, quello era il suo piccolo segreto, il suo fardello.
“Caspio, perchè non me ne hai parlato? Vieni a sdraiarti, riposati.”
Thomas si coricò sul letto e socchiuse gli occhi per un attimo, tutto diventò buio, la voce dell'amico si allontanò e lui crollò avvolto dalle tenebre.

*

Si svegliò urlando e subito Minho corse da lui, ma le prime parole di Thomas non furono ciò che l'amico si aspettava.
“Dov'è Brenda, dov'è?”
“Non ti interessa di te stesso? No, suppongo. Brenda non è ancora tornata, ma ben presto tornerà. Mi son scordato di dirti che ho mandato Jorge con lei..”
“Bene così, dove sono andati? In che direzione? Sai già qualcosa? Dimmi tutto.” domandò Thomas tra un affanno e l'altro, si soprese con quanta velocità iniziò a chiedere le domande.
“Hey calma calma, nemmeno due minuti e già tutte queste domande. Mi ricordi il primo giorno che sei arrivato nel labirinto. Prima andiamo a mangiare che sicuramente stai morendo dalla voglia di addentare un bel panino e poi potremmo parlare.” taglio corto l'asiatico. Raggiunsero la sala mensa ancora vuota perchè non ancora ora di pranzo.
Sulla soglia della cucina trovarono Frypan con in mano due bei panini, borracce d'acqua e due zainetti che sembravano essere pieni di provviste.
“Che sta storia è questa?” Chiese Thomas.
“Tu e l'altro pive andrete a fare una bella gita, mi sono incaricato io stesso di preparare tutto quanto.” Rispose Frypan.
“Minho, vuoi spiegare?”
“Si Thomas, visto che ultimamente sei più fuori di testa del solito volevo farti questa sorpresa. Andiamo a fare una gita io e te soltanto. Un paio di orette a correre o camminare, come vuoi, in onore dei vecchi tempi.” Disse l'asiatico.
“Bene così, allora andiamo che stiamo aspettando?” Thomas cercò di essere il più allegro possibile, non né aveva voglia ma non voleva deludere il suo amico.
Usciti dalla pota principale della mensa, salutarono Frypan e iniziarono a correre in direzione del sentiero che portava alla scogliera. Forse erano le dieci del mattino o magari mezzogiorno, ma Thomas non voleva saperlo perché a lui questo, come la magior parte delle cose, non interessava più.
“Pronto pive? PIù tardi dovrebbe tornare Brenda! E' il quinto giorno da quando è partita.” Chiese Minho facendo un occhiolino.
“Oddio che bella notizia! Comunque io sono nato pronto. Andiamo, andiamo!” Rispose Thomas.
I ragazzi presero a correre in modo moderato, sembrava fossero di nuovo nel labirinto tuttavia intorno a loro non c'erano muri, né piante rampicanti che pendevano, né la paura di trovare un dolente dietro l'angolo; c'erano semplicemente distese immense di alberi e in lontananza si poteva osservare le montagne. Sentiva il vento infilarsi tra i suoi capelli, il cuore battere a mille, il respiro aumentava, i muscoli lavoravano e lui si sentiva bene nonostante tutto. Gli serviva proprio una bella corsa. Guardava Minho correre davanti a lui e col pensiero lo ringraziò, lo ringraziò davvero.
Avrebbe rivisto Brenda, avrebbe riabbracciato Newt.
Tutto filava liscio, forse anche troppo liscio.

*
“Che facciamo ora?”
“Aspettiamo qualche ora, se insistiamo troppo danneggiamo lui e il suo sistema.”
“Io vorrei trovarlo il prima possibile.”
“Anche io, ma lo vorrei trovare vivo e non mezzo moribondo. Sai com'è no.”
“Ah giusto, prima proteggiamo il benessere e poi realiziamo i desideri.”
“Ci avevano proprio azzeccato quelli della W.I.C.K.E.D.”

*







*Il fatto della sciarpa di Newt è tratto dal film The Scorch Trials, mi sembrava carino mettere questo dettaglio.

Nota Autrice:
Ringrazio tutti coloro che seguono questa fan fiction, spero sia di vostro gradimento! Un grazie speciale a Eleonora e Susanna che come sempre mi incoraggiano a scrivere. Un enorme abbraccio a Volk che sicuramente alla fine di questa storia verrà con i forconi sotto casa mia.
Grazie mille a voi lettori, un bacione da Silvia. :)












 

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Capitolo 3
*** 3. The Deep Words. ***


*

“Ehi, ma cosa ci fai ancora sveglio? E' tardissimo, sai che devi dormire. Non stai bene per niente, hai dei solchi al posto delle occhiaie e sono preoccupata.”
“Tu preoccupata? E da quando?”
“Sono passati cinque anni e se pensi che io non mi sia affezionata a te beh.. sei proprio un idiota.”
“Ah già, quasi dimenticavo.”
“Mi dici a che cosa stavi pensando?”
“Perchè ti interessa tanto?”
“Beh sai, siamo rintanati qua da molto tempo, l'unica persona che ha un briciolo di cervello sei tu e di conseguenza sei anche la mia unica fonte di dialogo.”
“Stavo dimenticando anche questo.”
“Ottimo, per evitare di dimenticare tutto, ti va di raccontarmi?”
“Somma, non stavo proprio pensando, avevo ed ho una sensazione strana e costante. Cinque anni fa stavo male, come già sai..”
“Si, continua”
“Ero disteso a terra, ero davvero terrorizzato. E' stato orribile sapere di non ricordare nulla, sentivo solo il sangue sgorgarmi copioso dalla fronte. Ricordo che quando mi alzai credevo di essere morto, tutto sembrava andare a rallentatore, vedevo sfocato e non sentivo assolutamente un caspio da entrambe le orecchie. Avevo un mal di testa lancinante, così forte e incisivo che sembrava quasi surreale. Se avessi avuto la possibilità, mi sarei strappato la testa di dosso, giuro.
MI faceva un male cane, hai presente il rumore della scatola?”
“Si vagamente.”
“Ecco, amplificalo dieci volte e capisci più o meno ciò che provavo in quel momento. Ero pieno di tagli su tutto il corpo, gli occhi mi bruciavano da maledetti e sicuramente erano rossi e infiammati. Senza manco aver chiesto il permesso, le lacrime mi scesero a fiumi dagli occhi, non capivo se era dovuto al forte fastidio o a ciò che era successo prima che cadessi a terra come un morto. Non ricordo granché di prima, è orribile.”
“Non ti fermare, continua. Ti ascolto.”
“Okay, stavo dicendo.. Ah si. Allora dopo essermi messo a piangere come un pive ho sentito un vuoto nel petto, una cosa che non avevo mai provato se devo essere sincero. Mi mancava qualcosa e non sapere che cosa mi innervosiva tantissimo. Avevo le mani interamente screpolare, la pelle si staccava come fosse pelle di serpente, le mie unghie erano quasi tutte rotte e nere. Le mie vene, beh ancora ora si possono notare lievemente, erano di un violaceo intenso e marcato. Era davvero disgustoso. Non lo auguro a nessuno questo.
I miei vestiti erano sporchi, rotti e lacerati in gran parte. Provavo molto freddo, ma davvero tanto freddo eppure c'era il sole.”
“Avevi l'eruzione, non c'è da meravigliarsi. Continua.”
“Grazie di ricordarmelo ogni caspio di giorno, davvero simpatica.”
“Continua.”
“Dicevo..Mh, va bene. Poco dopo essermi ripreso sentì un rombo di motore assordante in fondo alla strada, si vedeva a malapena ma si riusciva comunque a distinguere un furgone bianco. Quest'ultimo sfrecciava a gran velocità sul rettilineo, doveva aver una gran fretta..”
Per qualche istante l'amico non rispose e rimase ipnotizzato dal bicchiere di caffè che teneva in mano.
“Ti sei incantato?”
“No, è difficile spiegare ciò che avvenne dopo. Provai un'attrazione strana per quel veicolo. Non so perchè ma dovevo seguirlo, nemmeno fosse stata questione di vita o di morte, io dovevo assolutamente seguirlo.”
“Perchè?”
“Non lo so! Ti ho detto che non lo so, se lo sapessi non starei qui a farfugliare parole con te.”
“Va bene, continua. Stai calmo.”
“Non fare la mamma e non credere di potermi comandare.”
“Sono tua amica, perchè pensi queste cose? Ti sto ascoltando ed aiutando, smettila di fare la persona arrogante. Parla o me ne vado di là e allora racconterai al muro.”
“Ma dove credi di andare che sei in carrozzella.”
“Farò finta di non aver sentito, vai avanti.”
“Che palle che sei. Presi a correre a perdi fiato e nonostante i dolori lancinanti ai muscoli, le mie gambe si muovevano perfettamente, così bene che quasi non zoppicavo più. Mi faceva sempre male la testa ovvio e il sangue continuava a uscire dalla ferita sulla fronte ma non mi curai di questo, l'obbiettivo era seguire il furgone. Era più forte di me, mi guidò l'istinto. Poi beh il resto lo sai, te lo ho raccontato l'altro giorno.”
“Tre anni fa.”
“Vabbè, per me l'altro giorno può significare ieri o appunto, tre anni fa.”
“Bene, io ora vado di là a dormire. Vedi di riposare anche tu.”
“Bene così. Ah, scusami. Non volevo offenderti, quando ricordo questo punto particolare della mia vita vado su tutte le furie.”
“Non ti preoccupare, va bene così. Ormai ci si abitua a tutto.”
“Ti accompagno, aspetta.”
“Che uomo gentile.”
“Ho anche lati buoni in quest'oscurità.”

*


Minho e Thomas tornarono al campo base dopo la bella giornata passata insieme.
Non avevano parlato molto dei fatti personali, l'asiatico aveva tentato di fare domande sugli incubi riaffiorati ma Thomas era stato zitto come una tomba. Gli unici veri discorsi che si erano scambiati vertevano su battute squallide o osservazioni strane riguardo agli altri compagni. Solite cose, prese in giro a vicenda e qualche sorriso qua e là.
Era stato bene Thomas. Tutto stava andando beatamente e fluentemente bene, niente intoppi o brutti episodi, quasi sembrava troppo bello per essere vero.
Era il quinto giorno, Brenda sarebbe dovuta tornare con Newt e Jorge, tutto sarebbe andato a posto, felici e contenti come non lo erano mai stati.
“Pive, oggi torna Brenda!” Disse Thomas rivolgendosi a Minho mentre si dirigevano verso la cucina per andare a fare colazione.
“Eh già, speriamo si sbrighi non sto più nella pelle!”
“Ti piace eh.”
“A me? Ma che caspio dici.” Rispose Minho con un certo imbarazzo.
“Sono anni che ci conosciamo figurati se non me ne sono accorto. Sei sempre preoccupato e super attento quando si tratta di lei.”
“Sei geloso?”
“No fa pure.”
I due amici si lanciarono uno sguardo d'intesa e poi entrarono nella sala maggiore.
Doveva essere circa mezzogiorno perchè molti erano in coda per prendere il proprio meritato pasto dopo una lunga giornata di lavoro a tagliare legna, cacciare e costruire casolari. Frypan come sempre era in cucina a trafficare tra i fornelli con Aris; erano un bel duo e facevano funzionare alla perfezione tutto quanto, erano molto organizzati di conseguenza le code defluivano molto velocemente.
Thomas aveva una gran fame e l'idea di mangiare per l'ennesima volta cervo lo disgustava, ma non aveva altra scelta.
“Anche oggi cervo, mai stato così felice.”
“Ancora con questa storia del cibo?” Disse Minho un po' scocciato.
“Ma secondo me pure tu sei stufo di mangiare cervo continuamente.”
“Si però dobbiamo abituarci.”
Come se fosse stato chiamato in causa, si presentò Frypan.
“Sono stanco di sentire le vostre lamentele per questo splendido cervo, ma per vostra fortuna siamo riusciti a cacciare altra selvaggina.”
Lo sguardo di Thomas si illuminò di gioia.
“Che cosa avete preso?”
Un ghignò sarcastico apparì sul volto di Frypan.
“Cerva.”
“Sei proprio un pive.” Rispose Minho.
“Speravo in qualcosa di diverso.” Ribattè Thomas con lo sguardo deluso.
L'amico cuoco iniziò a ridere facendo dietro front verso la cucina ed una volta dentro alla sua risata si unì anche quella di Aris. I loro schiamazzi si sentivano anche a porte chiuse. “Proprio tutti simpatici sono diventati” pensò Thomas.
Thomas mise in coda con Minho e dopo aver ricevuto la solita dose di cervo mattutina andò a sedersi in un tavolo vuoto mentre l'amico prendeva posto con altre persone. Aveva di nuovo mal di testa e non aveva granchè voglia di sedersi al tavolo con gente che urlava, parlava e rideva a scuarcia gola brindando per cose senza senso.
In certi momenti Thomas si sentiva fuori luogo, esterno ad ogni conversazione, come se fosse dentro una bacheca di vetro e gli altri stessero parlando da fuori. Le conversazioni erano attutite, sembravano quasi lontane ed irraggiungibili, se qualcuno gli avesse rivolto la parola sicuramente non avrebbe risposto, era troppo incantato a osservare il piatto dal quale stava mangiando per prestare attenzione ai suoi amici.
Una mano possente, pesante e grande si posò sulla sua spalla e Thomas subito nemmeno ci fece caso, troppo attento a guardare i pezzettini di cervo posati senza un ordine logico nel piatto. Voleva voltarsi e vedere a chi appartenesse quella mano, ma sembrava ipnotizzato dal vassoio con le cibarie. Non poteva essere Minho, questo aveva le mani più piccole, chi altro poteva essere?
“Ciao Thomas.” Una voce profonda ed indecifrabile parlò sopra di lui, l'aveva già sentita ma non ricordava da chi.
“Thomas?” Sempre lo stesso suono ma più amichevole rispetto a prima. Thomas tornò alla realtà disinteressandosi del piatto e associò quella voce così calma da mettergli i brividi.
“Ciao Gally.”
I due amici si guadarono per un istante, per poco Thomas si sentì piuttosto imbarazzato, non credeva che una persona come Gally fosse diventato suo amico visto e considerato che qualche anno prima, nel labirinto, voleva solo farlo fuori. “Che strano” pensò.
Gally prese posto proprio di fronte a Thomas e subito non parlò, si limitò a mangiare il cibo che aveva nel piatto. Quei lunghi silenzi erano piacevoli, spesso accadeva questo nelle loro conversazioni, stavano zitti a mangiare o a guardare qualcosa, c'era intesa.
Poco dopo la voce dell'amico interruppe la magica quiete che si era creata.
“Come stai, Thomas?”
“Boh, bene perchè?”
“Non sembra. Secondo me nascondi qualcosa, anche durante i tuoi silenzi si notano cenni di crollo psicologico. E' come se la tua mente si spegnesse quando vuoi raccontare qualcosa di passato, vorresti parlare ma sai che non puoi farlo.”
“Ah, bello. Tu invece come stai?” Thomas tentò di sviare il discorso, sapeva che se avesse continuato sulla linea di Gally avrebbe sicuramente parlato e lui non voleva confessare, non ora che era riuscito a mantenere tutto all'oscuro per anni.
“Non cercare di cambiare discorso con me. Se non ne vuoi parlare basta dirlo, ma non mentirmi, sai che detesto chi racconta palle.”
“Si, va bene. Dovrei forse svuotarmi ma non posso. E' una promessa che ho fatto e poi c'è tanta gente, sai com'è. No, non mi va. Tu come stai?”
“Bene così, ora ragioniamo. Dai io ho finito di mangiare, andiamo a fare due passi?”
“Perchè non mi risponde?” si domandò Thomas. “Perchè caspio non risponde alla mia domanda? E' strano pure lui eh.” Continuava a dirsi nella mente. Il suo piatto era ancora mezzo pieno ma non aveva più voglia di stare nella mensa a sentire gente borbottare e ridere senza ritegno.
“Ci vediamo fra dieci minuti sulla scogliera.” Disse Gally facendo un sorriso a Thomas, poi sparì dietro le porte dell'ingresso.
Thomas fece un cenno di assenso ma sicuramente l'amico non lo aveva visto.
Portò il vassoio nelle cucine e si mise a lavare i piatti in fretta e furia.

*
“Dobbiamo mandare altri messaggi?”
“So che è pesante e doloroso. Il suo stato mentale è messo a dura prova perchè quando mandiamo i messaggi la sua mente inizia a bruciare. I ricordi tornano. So che è fastidioso, ma dobbiamo.”
“Mi sento davvero impotente, non sappiamo nemmeno dov'è. Il gps è andato, che caspio.”
“Lui troverà noi.”
“Come fai ad esserne sicura?”
“Lo so e basta.”

*

Thomas era alla scogliera già da dieci minuti buoni e cominciava ad essere parecchio nervoso, Gally non arrivava. Si guardò intorno, l'aria era gelida ed un brivido glaciale gli percorse il corpo facendogli venire la pelle d'oca. Mentre guardava in giro cercando qualcosa di ignoto venne attirato da uno strano sassolino. Quest'ultimo aveva una forma ambigua, era bianco all'esterno, sembrava un uovo dalla superficie perfettamente levigata, ogni tanto c'erano striature bluastre e grigiastre qua e là, decise di tenerlo. Gli piaceva.
Passò mezz'ora circa dall'appuntamento e Thomas cominciò ad essere davvero irritato, ma per fortuna poco dopo vide una sagoma in lontananza con in mano qualcosa: era Gally, forse aveva un sacchetto ma non si distingueva bene, era troppo distante.
L'amico si avvicinò sempre più velocemente, il suo passo era deciso e ampio.
“Thomas, scusa se ci ho messo tanto ma Frypan aveva bruciato la torta.”
“Quale torta?” Domandò Thomas sbigottito.
“Ma si dai, oggi è l'anniversario dalla distruzione della W.I.C.K.E.D. Non te lo ricordi?”
“Ehm, a dire il vero no.”
“Vabbè, io ho delle fette di torta comunque.”
“Meglio così.”
“Andiamo, ti vorrei parlare.”
I due amici presero a camminare in direzione del belvedere vicino alla scogliera. Era un bel posto, si affacciava sul mare e dietro si apriva su tutta la vallata, potevi godere di una vista a 360 gradi. Spesso lui e Gally andavano lì a tacere, non servivano quasi mai le parole tranne che in quel caso.
“Sai molto spesso penso a Chuck.” Gally parlò dal nulla spiccicando quelle parole, quel nome. I ricordi tornarono.
“Dove vuoi andare a parare Gally?” Pensò Thomas.
“Mi ricordo di tutto ed è una sensazione orribile. Vorrei non avere più memoria di questo, sai com'è ho ucciso un mio amico, un tuo amico.”
Thomas percepiva una brutta sensazione, era come se un mostro gli stesse divorando le viscere, ma continuò ad ascoltare Gally.
“Spesso faccio incubi, non riesco a togliermi dalla mente quell'episodio. Venderei l'anima pur di perdere questi ricordi. Potevo evitarlo, potevo risparmiare una vita eppure ancora una volta la W.I.C.K.E.D ha fatto le sue merdate. So che non sono il tuo amico più fidato, ma sappi che di me ti puoi fidare, Thomas. So che nascondi qualcosa e io lo scoprirò, se sono incubi sappi che ti capirò.”
Thomas era indeciso se confessare o meno, voleva ma non voleva. Sapeva che Gally era affidabile, gli aveva sempre dimostrato di essere coerente e di mantenere le promesse, ma perchè raccontare di qualcosa di così vecchio? Tanto Newt sarebbe ritornato vivo e vegeto.
“Mi dispiace Gally.” Fu tutto quello che riuscì a dire.
“Sei proprio un tipo che non demorde, Thomas. Sei sempre stato così fin dall'inizio. So che c'entra qualcuno. Fammi indovinare..”
“Prova tanto non ho intenzione di dirti nulla.”
“Brenda?”
“Ma che dici.” Thomas fece una breve risata.
“Minho?”
“Sei fuori strada, Gally.”
“Ho capito allora chi. Che scemo che sono stato. So chi centra.”
“Chi?” Domandò Thomas ormai convinto fino al midollo.
“L'unico che non ho più rivisto dopo il labirinto, l'unico del quale nessuno ha mai menzionato il nome, del quale tu non hai mai parlato. Che cieco, è Newt.” Gally concluse il discorso facendo un breve sorrisetto soddisfatto.
Thomas spalancò gli occhi e iniziò a fissare il vuoto. Aveva indovinato il fatidico nome, Gally lo aveva scoperto e messo con le spalle al muro ancora una volta.
“Che pive” pensò Thomas, ora aveva due opzioni: dire la verità o fingere.
“Nessuno mi ha veramente detto che fine a fatto quel biondino. Minho mi ha detto che lo avete lasciato al palazzo degli spaccati, poi più visto. Tu che versione hai dei fatti?”
“Io..Io..Non posso, proprio non posso.” Thomas iniziò a farfugliare qualche parola incomprensibile, si stava mangiando le unghie con frenesia, tremava e Gally se ne accorse subito.
“Thomas.” Gally guardò dritto negli occhi l'amico sotto shock.
Non sembrava arrabbiato e deluso, era impassibile. Due occhi enormi lo fissavano, era una tensione opprimente ma rassicurante.
“Ho capito, Thomas. Ho capito perchè non puoi dirlo. Vagamente, ma ho capito. Il tuo segreto è con me. So cosa vuol dire, so cosa stai provando, ho capito.”
“Io non.. non volevo davvero. Non..” Thomas iniziò a girare su se stesso, la testa sembrava pesare chili tutto un tratto. Iniziò a tremare ed a barcollare, a spiccicare solo un nome: “Newt”. Detestava farsi vedere durante una crisi ma non poteva fare altrimenti. Doveva calmarsi.
Con uno uno strattone improvviso, si ritrovò nelle braccia di Gally a piangere come non aveva mai fatto prima. Non si vergognò delle lacrime, delle urla che uscivano dalla sua bocca, il ricordo di Newt era un incubo senza fine ed essere insieme ad un suo amico lo faceva rassicurare, lo riportò alla realtà. Stava per avere una crisi di nervi, ma la presenza di Gally lo aiutò a calmarsi.
“Thomas calmati. Calmati. Conta con me. Uno..”
“Due..”
“Bene così..Tre!”
“Quattro..”
“Cinque..”
“Soggetto A5, Il collante.”
“Che..?”
“Newt era il collante. Era il tatuaggio che aveva dietro la schiena, tutti noi ne avevamo uno.”
“Ti vedo più calmo. Respira. Gli incubi sono solo frutto del tuo subconscio.”
Newt era il collante che tenne tutti noi uniti ma non se stesso. Mi manca, Gally.”
“Calma e nervi saldi. Non perdere le staffe come poco fa.”
"Newt tornerà con Brenda."
"Cosa stai dicendo? E' resuscitato per miracolo?"
"No, dico sul serio. Lui è vivo."
"Come è possibile?" Disse Gally scoppiando a ridere.
"Non lo so, ma è una sensazione. Lui è vivo, lo sento, lo so."
Thomas era seduto per terra, i suoi respiri erano affannati. Respirava ed inspirava, le lacrime continuavano a scendere ma il suo animo tormentato iniziò pian piano a calmarsi.
“Perchè mi aiuti? Non ti sono mai stato simpatico, Gally.”
“So cosa significa vedere un proprio amico morire, so cosa significa uccidere qualcuno senza volerlo veramente. So cosa stai passando e so che hai bisogno di aiuto per non perdere la testa. Sei messo peggio di quanto pensassi.”
“Rassicurante.” Sorrise malamente Thomas.
“Stai meglio?”
“Si, provo ad alzarmi.”
“Dammi il braccio.”
“Non sono privo di gambe, so stare in piedi.”
“No infatti, sei privo di cervello. Forza dammi il braccio”
Gally aiutò Thomas ad alzarsi, lo accompagnò per un paio di minuti mentre camminavano in direzione del campo base..
Thomas sembrava distrutto nonostante non avesse fatto gran cose.

*

“Chi è quel pive che ci corre in contro sbracciandosi come un dannato?” Domandò allarmato Gally mentre accompagnava Thomas nella mensa.
“Sembra..sembra Minho!”
“Ma perchè si sbraccia come un pazzo?”
“Non lo so.”
Minho corse verso i due a perdi fiato, sembrava che avesse corso per chilometri, era tutto sudato e lercio, vestiti sporchi e rotti in vari punti. Non sembrava spaventato anzi pareva eccitato.
“Che caspio è successo? Sembri uscito da un pozzo”
“E'..è..”
“Prendi fiato, non vorremmo mai portarti in infermeria perchè stai morendo.” Disse Gally con un mezzo sorrisetto sul volto.
Minho rivolse lo sguardo altrove, stava sorridendo e questo fece preoccupare Thomas. “Che caspio succede ora?” pensò.
“Brenda è tornata!” Disse Minho tutto d'un fiato.











Mi scuso per la lunga attesa, dovevo valutare e riordinare le idee.
Il quinto capitolo penso sarà l'ultimo, massimo sei. Premetto che saranno un bordello.
Vorrei ringraziare Eleonora per avermi aiutato durante le correzioni e Dalia per seguire con molto interessa questa mia prima fanfiction!
Un saluto a Volk, Susanna e a tutte le CuloPesche!
A breve il prossimo capitolo, mi odierete moltissimo.
-Silvia

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Capitolo 4
*** 4. The Mad People ***


 

“Il coso rileva un'ansia ed un'agitazione più elevata del solito.”
“Coso?”
“Si vabbè il computer, hai capito! Guarda!”
“Oh merda, dovunque sia Thomas sta succedendo qualcosa. Non va bene.”
“La tua intelligenza mi sorprende, sei davvero intuitiva! Wow.”
“Fa poco lo spiritoso, biondino zoppo.”
“Mi è piaciuta questa battuta! Stai migliorando col sarcasmo.”
“Dopo che ho avuto a che fare con te per cinque anni ci ho preso la mano sai com'è! “
“Eh beh. Posso chiederti una cosa?”
“Dimmi.”
“Perchè non lo chiami più con il nomignolo?”
“Mancanza di abitudine, suppongo.”
“Mah, sei cambiata.”
“Sono stanca Newt.”
“Lo so. Vorrei solo che stessi meglio.”
“Non preoccuparti, concentriamoci su Thomas.”
“Cosa possiamo fare? Se peggiora si frigge il cervello e tutto va beatamente in merda.”
“Non ha ancora raggiunto la soglia massima, se vediamo che aumenta vertiginosamente facciamo qualcosa altrimenti..”
“Altrimenti lo lasciamo morire? Bell'idea del caspio! Davvero!”
“Non so cos'altro fare, ti ricordo che non sono più esperta come prima in questo campo.”
“Va al diavolo guarda.”
“Newt.”
“Se muore per colpa tua, per colpa nostra, ti ammazzo. Non mi interessa se sei mia amica o se stai male, io ti ammazzo con le mie mani. Thomas non deve morire per un nostro errore.”
“Newt, lui non morirà.”
“Se continua così ci credo poco. Come fai a stare così calma?”
“Si chiama autocontrollo, mai sentita questa parola?
“Mi dai sui nervi.”
“Fidati di me. Comunque va bene, messaggio ricevuto forte e chiaro.”
“Umh, bene così. Vado di là a prendere del cibo. Vuoi qualcosa?”

*

“Brenda è tornata.” Disse Minho tutto d'un fiato.
Gally rivolse lo sguardo subito a Thomas sperando non si stesse sentendo male, visto la mezza crisi di prima temeva il peggio. L'amico aveva la bocca spalancata e tremava, sembrava che volesse dire qualcosa ma che allo stesso tempo non trovasse le parole.
Thomas sentì una scarica di eccitazione lungo la schiena, un brivido di piacere, gioia e nervosismo gli percorse il cuore. Brenda era tornata, Jorge era tornato, ma soprattutto Newt era tornato. A stento ci credeva, voleva correre incontro all'amico ed abbracciarlo forte. Dicono che la gente prova le cosiddette 'farfalle nello stomaco' ogni volta che vede qualcuno di estremamente bello o prova qualcosa; quello che percepiva Thomas non erano quattro semplici farfalle, era un esercito enorme di farfalle. Non stava più nelle pelle, aveva ansia ovunque, forse anche la sua ansia aveva ansia a sua volta.

*

“Eh senti, abbiamo un problema grosso. Guarda i livelli!”
“Merda, che cavolo sta succedendo a quel ragazzo? Perchè è così agitato, se non si calma andrà a farsi fottere lui, il suo cervello e tutto il lavoro che abbiamo fatto per risistemare quest'arnese maledetto!”
“Non ti ho mai vista così incazzata.”
“Se muore per colpa mia non potrei mai sopportarlo. Ho già fatto abbastanza casini in passato.”
“Oh chi è che non aveva autocontrollo? Tra me e te non so chi sia messo peggio con la testa.”
“Che situazione veramente orrenda. La prossima volta lasciami morire.”
“Perchè dici questo?”
“Perchè sarebbe stato meglio così.”
“Ehy, su dai. Non sarei qui se tu non ci fossi, forse sarei a zonzo per la terra a morire di fame insieme alla gente che muore come le mosche.”
“Non sei messo meglio con me.”
“Abbiamo quasi trovato una caspio di cura! La W.I.C.K.E.D non c'era riuscita mentre tu..”
“Mentre io?”
“Tu hai fatto miracoli con poco. E' vero che sei intuitiva anche se ogni tanto fai delle considerazioni senza senso.”
“Sei molto gentile, Newt.”
“Dico solo la verità, ora al lavoro!”
“Giusto pensiamo a Thomas. Dobbiamo calmarlo.”
“Come?”
“Manda questo messaggio, dovrebbe funzionare. Eri la prima persona del quale lui si fosse mai veramente fidato. Thomas ha fatto tante cose brutte ma altrettante belle, posso assicurarti che ho ragione quando dico che a te ci tiene.”
A quelle parole Newt sorrise come non faceva da anni, credeva a quelle parole, lui credeva in lei.
“Mi ricordo ancora di te e Thomas da bambini, sai che ci facevano fare dei test al computer e via dicendo no? Eravate sempre vicini, ridevate e questi ricordi sono sepolti nella mente di Thomas.”
“Nah, mandiamo una cosa migliore.”
“Cioè?”
“Ho una mia idea!”

“Bene così, Newt.”
“Però vorrei sapere..”
“Cosa?”
“Vorrei sapere la parte oscura di Tommy, vorrei che mi dicessi ciò che lui non è mai stato capace di dirmi, sai no...la memoria persa.”
“Va bene.” tagliò lei il discorso mettendosi subito a lavorare.

*

“Minho, dov'è Brenda? Ho bisogno di parlarle.” disse Thomas molto nervosamente, stava urlando.
“Stai calmo, vi sono corso incontro come un pazzo; dammi cinque minuti razza di pive.” rispose Minho con una smorfia.
Thomas iniziò a fare avanti e indietro vicino all'amico, continuava a passarsi le mani tra i capelli e sul naso in modo molto frenetico quasi ossessivo, era nervoso e non vedeva l'ora di ricevere delle risposte. Gally sedeva su una roccia non molto distante e osservava. Thomas si sentiva quello sguardo addosso, era un po' fastidiosa la sensazione di essere al centro dell'attenzione di qualcuno, sopratutto se quel qualcuno era Gally.
Si passò le mani in tasca tentando di cercare l'impossibile quando ritrovò il sassolino bianco che aveva attirato la sua attenzione poche ore prima.
Mentre aspettava che Minho si riprendesse dalla corsa frenetica, iniziò a guardare con più attenzione lo strano pezzetto di roccia.
Anche se si era quasi dimenticato di averlo raccolto, la superficie era tale e quale a come la ricordava; non sapeva perchè ma quell'insignificante sasso aveva acquisito un valore particolare. Era bianco all'esterno e sicuramente se lo avesse spaccato dentro avrebbe visto delle colorazioni più cupe e scure perchè si potevano intravede a malapena. In parte questo sassolino gli ricordava Teresa, candida ed indifesa proprio come l'esterno ma con all'interno un animo forte e misterioso da risultare indecifrabile.
“Perchè pensi a Teresa? Fra poco vedi Newt, ci manca solo ravvivare altri fantasmi del passato.” si disse Thomas.
Nonostante il sasso gli ricordasse lei decise di tenerlo, non si sa mai.
Lo ripose nella tasca e tornò a concentrarsi su Minho.
“Mi dici dove caspio è Brenda?”
“Oh ma stai calmo?” rispose l'asiatico con un tono piuttosto irritato.
“Dimmi solo dov'è.”
“E' nella mensa a mangiare, è stato un viaggio lungo. C'è anche Jorge.”
“Dov'è Newt?” penso Thomas. Non fece domande, non voleva aspettare un minuto di più, doveva trovarli assolutamente. Basta aspettare, doveva agire.
Si incamminò verso le cucine con Gally, quest'ultimo era tornato silenzioso proprio come prima, si limitava semplicemente a camminare e a tacere. “Non dev'essere stato facile” pensò Thomas ricordando la confessione dell'amico avvenuta poco tempo prima.
Il cielo stava cambiando, era sempre più cupo e tenebroso, il sole calava e il cielo si tingeva di vari colori rosati. Ventate di freddo provenienti dal mare animavano le frasche degli alberi circostanti l'accampamento, sembrava che la natura stesse parlando quando d'un tratto un fischio assordante rimbombò in tutta la valle: La voce del vento aveva attutito ogni altro rumore. Pace, quiete e silenzio ora regnavano come sovrani indiscussi.
Thomas spalancò le porte della mensa con rabbia e sempre con rabbia si diresse verso Brenda la quale era seduta ad un tavolo ridendo e mangiando con altre persone.
“Brenda. Dove sei stata?” Domandò Gally precedendo Thomas sul tempo.
“Sono andata con Jorge in quel posto, Minho dovrebbe avertelo detto.”
“Ah si, com'è andata? Avete trovato qualcosa?”
“Si, sembra che tutto si stia riprendendo e che l'eruzione abbia trovato un valido nemico. La gente comincia a guarire, non del tutto, ma si riprende. Certo quelli andati sono irrecuperabili, ma quelli messi meglio guariscono.”
“Perchè non sono stato informato di queste cose?” Si intromise Thomas ancora più rabbioso di prima.
“Tu eri sparito. Ti vai sempre a rintanare nella tua grotta, ti nascondi nelle tue paure. Non vuoi farti trovar e noi non ti cerchiamo.” disse Aris.
Avrebbe voluto tirare un bel cazzotto a quel ragazzo dal visino così innocente, se prima gli stava simpatico ora non lo trovava per niente divertente.
“Si ma almeno dopo che son tornato potevate avvertirmi.”
“Ma testa di caspio, ti ho avvertito!” Disse Minho che ormai li aveva raggiungi dentro al casolare.
“Quando?”
“L'altro giorno poco prima che ti venisse un attacco isterico e che scappassi nel bosco.”
“Scherzi?” domandò Thomas spalancando gli occhi. Aveva un'espressione strana e piena di rabbia, voleva capire dove fosse Newt. Nella mensa non c'era e questo lo irritò il doppio.
“No amico.” disse Minho.
Proprio in quel momento, in quell'istante accadde l'inaspettato.
“Tommy, sono Newt. Vieni a cercarmi.” Una voce parlò nella mente del ragazzo, una voce familiarissima, gli mancava sentire quel tono così calmo e tranquillo.
“Ma che...Che sta succedendo. Dove sei? Chi sei? Newt.” Gridò Thomas davanti a tutti i presenti.
“Che cosa stai dicendo?” Domandarono stupiti Minho e Brenda.
“Sta solo perdendo le staffe, guardatelo. Ormai è mezzo pazzo.” Disse Aris tra un boccone di cervo e l'altro.
“Non sono pazzo, pive che non sei altro!”
“Tommy. Ho bisogno che mi ascolti. Devi calmarti.” La voce continuò a parlare nella mente del ragazzo, sembrava così reale ma altrettanto distante.
Forse davvero stava impazzendo.
“Io e...no niente. Io sono vivo. Cercami. Tommy, ti sto aspettando. Ti prego, cercami.” concluse la voce ambigua.
Thomas si accasciò al suolo gemendo, le lacrime iniziarono a cadere senza fine, tremava più di prima, doveva contare per calmarsi ma stavolta non riuscì a mantenere i nervi saldi.
Guardò malamente i suoi amici che ormai si erano riuniti intorno a lui e stavano farfugliando parole lontane, una mano si allungò per aiutare Thomas ad alzarsi ma lui la respinse quasi fosse un serpente velenoso. Si alzò di scatto, non vedeva nulla, aveva gli occhi gonfi e respirava a fatica, doveva prendere assolutamente aria o gli sarebbe di nuovo venuto un attacco. Si aprì un varco tra la folla e corse fuori, poi una volta fuori si lasciò cadere al suolo urlando come un matto. Non gli importava delle cose che avrebbero detto gli altri, non gli interessava più niente delle amicizie costruite in quei cinque anni di sopravvivenza, gli interessava solo di Newt e di quella voce nella sua testa.
Con rabbia iniziò a strappare l'erba, a divincolarsi gridando il nome di Newt, sentiva i passi degli amici avvicinarsi a gran velocità.
Tra le voci che parlavano distinse chiaramente quella di Gally che stava tentando di allontanare la folla e quella di Minho che imprecava contro ogni cosa possibile.
“Tommy, ti devi calmare o finirai per morire.” parlò di nuovo la voce famigliare.
“Tu non sei reale. Esci dalla mia mente.” continuò ad urlare Thomas mentre piangeva inginocchiato sulla nuda terra con lo sguardo rivolto verso il basso.
“E' finto solo se pensi che lo sia. Ascoltami Tommy.”
“Smettila di chiamarmi Tommy. Chi sei tu. Chi sei. Esci dalla mia testa. Tu non sei lui, tu non sei Newt.”
“Che dice adesso e soprattutto con chi parla?” Domandò Aris.
“Sono proprio Newt invece. Sono vivo e devi venirmi a cercare, non so dove sei. Ho bisogno di te.” disse la voce prima di sparire nuovamente.
Da quando era uscito dalla mensa fino a quel momento Thomas aveva sempre tenuto gli occhi chiusi ed ora li aveva aperti. Il primo viso nitido che vide fu quello di Gally, questo stava parlando ma le parole erano attutite e sembravano rumori di sottofondo, Minho stava scuotendo Thomas dalle gambe e urlando qualcosa, sembrava molto preoccupato ma allo stesso tempo nevrotico.
Con molta calma Thomas si alzò aiutato da i due amici che precedentemente lo avevano scosso ripetutamente per riportarlo alla realtà.
“Thomas perché hai nominato Newt? Non lo menzionavi da anni.” Disse Brenda rompendo il ghiaccio e la tensione che si era formata.
“Io..Io l'ho fatto?” rispose Thomas stordito.
“Si testa di caspio, hai nominato Newt. Perchè!” Urlò Minho, sembrava nervoso anzi era davvero nervoso.
“Ehy amico non c'è bisogno di alterarsi tanto!” Alla conversazione si aggiunse Frypan.
Doveva tornare..Doveva essere con te Brenda! Minho mi aveva detto questo!”
“Ma che diavolo stai dicendo Thomas?” L'asiatico squadrò l'amico con aria interrogativa. Thomas stava davvero impazzendo.
“Ma si, hai detto che Brenda sarebbe andata a cercare Newt perchè era ancora vivo!”
“Che io ricordi lui è rimasto nel palazzo degli spaccati. Che intendi con 'ancora vivo'?” domandò Minho.
“Niente, niente. Lui doveva tornare, tutto sarebbe andato a posto.” Doveva restare calmo, cinque anni a mantenere il segreto e ora stava sputtanando tutto ai quattro venti. La conversazione stava prendendo una piega inaspettata, se fosse continuata sarebbe finita molto male, ma ovviamente niente va mai per il verso giusto.
“No ora me lo dici, Thomas. Basta giochetti con me.”
“Direi che possiamo concluderla qui.” Disse Gally senza nemmeno pensarci due volte, forse sperava di riaggiustare le cose, ma tutto fu vano. La tensione era troppa ed il discorso già avviato.
“Thomas, Thomas puoi parlarmi? Sai Newt era mio amico, vorrei sapere che caspio stai dicendo.” La voce di Minho si fece sempre più tagliente, suonava quasi male, sembrava la voce di un pazzo.
“Non posso..Ho fatto una promessa!”
“A chi?” chiese Frypan intromettendosi ancora una volta.
“Per dio, a Newt!” Thomas stava camminando avanti e indietro con la testa fra le mani, a stento riusciva a controllare il dolore che lo divorava dentro. Voleva urlare ma come poteva con tutta quella gente vicina?
Minho si avvicinò all'amico, si abbasso tanto da essere vicino all'orecchio dell'amico per parlargli a bassa voce. L'asiatico non aveva una bella faccia, aveva le vene del collo in rilievo e uno sguardo da pazzo. Da lì a breve avrebbe perso completamente la testa, detestava non sapere le cose.
“Tommy. Oh Tommy, dimmi che caspio hai fatto.” disse Minho con una voce strana, non aveva mai parlato così, c'era un lieve accenno di risata ma anche di rabbia.
Lo sguardo di Thomas si riempì di paura, le sue pupille si dilatarono, il cuore iniziò a battere a mille allora. Poteva sentire le vene pulsare e la gola bruciargli.
'Tommy, Tommy, Tommy.' quel nome risuonò nella sua mente come una voce che si ripete in un canyon. Una forza sovrumana, mai provata prima, si impossessò del suo corpo, sentiva l'adrenalina salire, la rabbia aumentare e come se avesse avuto la potenza di duecento carri armati Thomas sferrò un pugno in piena faccia a Minho.










Vorrei ringraziare tutte le persone che seguono questa mia prima fan fiction. Spero sia di vostro gradimento!
Un abbraccio special a Eleonora, Volk, Dalia e Susanna che mi sostengono sempre. Un bacio a TUTTE le CuloPesche! Siete le migliori.
Il prossimo capitolo penso sarà l'ultimo.
Ho già in mente di scrivere una prossima ff sempre sui newtmas.
Non disperate per questo finale. Il peggio deve ancora venire.
Un bacio,
Silvia.
 

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Capitolo 5
*** 5. The Revelation ***


Ho deciso di scrivere un sesto capitolo di conseguenza è questo il penultimo. Le note infondo! Buona lettura. :)









*

“Merda, merda e ancora merda. Guarda!”
“Che...Oh merda seriamente. Che diavolo sta combinando quel ragazzo?”
“Non lo so, non lo so...Non lo so! Ti prego fa qualcosa, potrei impazzire. Ti prego.”
“Calmati.”
“No! Non mi calmo! Guarda i livelli! Ora muore e sarà tutta colpa mia.”
“Newt, che cosa stai dicendo?”
“Si, non dovevo tornare, non dovevo salvarmi. Io...Io dovevo restare morto.”
“Stai zitto! E' un miracolo che tu sia vivo e vegeto, un po' andato ma non si può essere perfetti. Dico bene?”
“Dovevo morire e basta.”
“Dico BENE!?”
“Ma guardalo come posso non darmi la colpa. Guarda quei caspio di livelli.”
“LI vedo, non sono cieca. Non alteriamoci, mantieni la calma che poi ritorni spaccato come allora.”
“Forse sarebbe meglio.”
“Sei scemo o cos'altro?”
“Sono Newt un fottuto spaccato resuscitato.”
“Sei un idiota, ecco cosa sei, un idiota.”
“Non hai tutti i torti eh.”
“Ora se continui me ne vado e lascio a te il computer e Thomas.”
“No, no, no sta ferma! Facciamo così, tu ti tieni il computer e a me dai Tommy. Equo dai.”
“Solito idiota che sei.”
Lei fece una breve risata nonostante la brutta situazione.
“Va bene Newt. Tom tutto tuo.”
“Così si ragiona! Va che lo chiami di nuovo Tom. Migliori.”
“Vorrei migliorare.”
“Ci servirebbero cure mediche, sai che io non sono un genio in ste cose. Faccio quello che posso.”
“Non preoccuparti per me, preoccupati di Thomas invece.”

*

 

Thomas sferrò un pugno in faccia a Minho, questo cadde a terra come un peso morto. L'asiatico era stordito e subito non capì che cosa stesse succedendo.
Gli altri dell'accampamento base si erano spaventati per l'eccessiva reazione di Thomas a quel nomigliono, “Tommy”. Molti non sapevano perchè gli desse così fastidio, altri invece non volevano nemmeno sapere, si limitavano a guardare la scena inorriditi.
Forse dovevano lasciarli sfogare o magari no, nessuno avrebbe potuto immaginare ciò che accadde dopo.
Thomas era fermo immobile in piedi e fissava l'amico sdraiato al suolo, perdeva sangue dal naso ma questo a lui non importava molto. La rabbia era tanta e questo gli fece quasi paura, l'adrenalina si diffondeva nel corpo come fosse una tossina, i muscoli bruciavano come legna sul fuoco che arde mentre il cuore pompava schizzando sangue nelle vene; gli faceva male la mano e soprattutto le nocche ma l'eccitazione era troppa per preoccuparsene.
“Brutto bastardo, perchè mi hai tirato un pugno?” Disse Minho ancora steso a terra.
“Non capisci, tu non capisci mai, vero? Mai. Non sei arrivato alla conclusione del labirinto, non hai protetto chi andava protetto nella zona bruciata e a Denver sei stato un idiota!”
“Thomas, mi stai dando del pive senza cervello?”
“Si, proprio così Minho.”
“Potrei ucciderti.” Disse l'asiatico guardando l'amico dal basso verso l'altro. Era ancora per terra a pulirsi il naso sporco di sangue con la maglietta.
“Potrei ucciderti” queste parole suonavano famigliari a Thomas, un vago e lontano ricordo di Newt riemerse.
“Fallo. Uccidimi! Sono stanco di tenermi tutto dentro, di guardarvi vivere una vita apparentemente felice. Sono stanco!”
“Thomas?” Chiese Brenda che stava aiutando Minho ad alzarsi.
“Si Brenda, sono proprio stanco di tutti e soprattutto del cervo per colazione, pranzo e cena!”
“Oh non insultare il mio cervo!” Frypan si aggiunse alla conversazione.
“Sei un pive.”
“La domanda mi sorge spontanea: Perchè te l'ha sei presa così tanto se ti ho chiamo Tommy? Uno non mi tira un pugno per questo, non ti azzardare mai più.” Minho rivolse uno sguardo all'amico, non sembrava più pazzo schizzato come poco fa. Strano, davvero strano.
“Sono fatti miei, ora vattene prima che ti tiri un altro pugno.” Disse Thomas con lo sguardo fisso sulla nuda terra.
“No, no. Cosa hai promesso a Newt?” La voce dell'asiatico cambiò di nuovo, sembrava stesse sussurrando da dietro una porta, era inquietante.
“Si infatti! Cosa gli hai promesso? Non sentivo pronunciare quel nome dalla tua bocca da parecchio tempo.” Obbiettò Aris.
“Tu marmocchio stanne fuori o sarai il primo a ricevere botte.” Thomas squadrò Aris con uno sguardo assassino, doveva averlo visto proprio male perchè l'amico indietreggiò.
“Vediamo di non scaldarci tanto hermano!” Jorge tentò inutilmente di calmare un mare ormai già in tempesta.
“Thomas, te lo ripeto un'ultima volta: Che cosa hai promesso a Newt?” Disse Minho ormai con la voce totalmente bassa, cupa e roca.
“Non posso dirtelo.” Thomas aveva la testa fra le mani sporche di sangue.
In quel preciso istante Minho si attivò, era stato a terra tentando di capire la situazione dopo il pugno ricevuto, si era alzato con l'aiuto di Brenda e fissando Thomas negli occhi aveva capito che c'era sotto qualcosa, Newt era un suo amico e lui doveva sapeva, voleva conoscere i fatti ad ogni costo pure se quel costo significava fare del male a qualcuno.
“Thomas, Tom, Tommy o come caspio ti chiami o me lo dici o mi vedrai seriamente arrabbiato.”
“No, Minho.”
Thomas era davanti all'asiatico, pensava e ripensava, cinque miseri anni di apparente benessere e poi, poi per una maledetta voce nella mente tutto è andato in merda. Cercò lo sguardo di Gally ma quest'ultimo era sparito dalla folla.
“Dimmelo!”
“Non posso!” Urlò Thomas. Stava quasi per piangere, lo sapeva, sentiva gli occhi gonfiarsi di lacrime e il respiro farsi più affannato.
“Dimmelo o ti spacco la faccia! Dimmelo!”
I presenti avevano le bocche spalancate, la tensione cresceva, l'ansia aveva preso il controllo sulla maggior parte delle cose, tutti si aspettavano il meglio quando successe il peggio.
“Dimmelo Thomas!” Minho si era avvicinato vertiginosamente al corpo disperato dell'amico, voleva picchiarlo? Voleva capirlo? Chi lo sa.
Tutto era appeso ad un filo quando una voce, il solito timbro vocale parlò di nuovo nella mente di Thomas.
“Tommy per favore, qualunque cosa tu stia facendo calmati.”
“Cosa. Cosa vuoi da me! Esci dalla mia testa, vattene.” Disse il ragazzo ad alta voce.
“Per favore, Tommy, fai ciò che dico.” continuò la voce della mente.
“Tu dovevi tornare, dovevi ma ora sei solo un fantasma nella mia testa! Vattene! Tu eri morto! Io ti ho ucciso, i morti non tornano!” Urlò Thomas davanti a tutti ormai sbigottiti per ciò che stava accadendo.
“Ucciso chi?” Il volto di Brenda assunse un'espressione interrogativa.
“Già ucciso chi, T O M M Y.” Disse Minho.
“Tu eri morto...Io ti ho..ti ho ucciso! Solo lui poteva.” continuava a ripete Thomas ormai in lacrime disperato come pochi, ma solo come tanti.
“Poteva fare cosa? Chi?”
“Solo lui poteva chiamarmi Tommy, Minho capisci? Io lo ho ucciso!” Si era arreso, era crollato come un castello di vetro, tutto il mondo costruito in quei cinque anni stava cadendo a pezzi proprio come la W.I.C.K.E.D. Questa era caduta affondo disgregandosi completamente così stava facendo anche Thomas, stava seguendo nell'abisso tutti gli orrori passati.
“Di chi parli?” Chiese Aris con voce allarmante.
Minho stava guardando Brenda, non sapeva che cosa fare e che cosa dire. Non aveva ancora bene afferrato chi fosse il morto o forse lo aveva capito, ma voleva esserne sicuro. Voleva fosse chiaro a tutti.
“Thomas, chi hai ucciso?”
“Per dio, ho ucciso Newt! Gli ho sparato dritto in fronte! Ti è chiaro?!”
Minho lo fissava con occhi sgranati e rosso fuoco.
“Gli ho sparato! Lo ho ammazzato. Io ho ucciso il mio migliore amico. Io... Io l'ho davvero ucciso guardandolo negli occhi.”
Thomas cadde in ginocchio davanti a tutti, singhiozzava e respirava a fatica. Il suo sguardo era pieno di orrore e tristezza, stava ricordando quel momento, tutto stava riaffiorando. Sembrava reale tanto quanto l'esperienza di cinque anni fa.
Minho era davanti a lui, il suo respiro invece era aumentato, si sentiva l'aria che entrava e usciva dalla sua bocca, si percepiva la rabbia, questa era quasi palpabile da tanta che era e come un fulmine, l'asiatico si scaraventò su Thomas ormai debole mentalmente.
Lo immobilizzò e poi iniziò a picchiarlo a sangue urlando come un dannato cose senza senso, Brenda e Jorge tentarono di fermare subito la rissa ma ricevettero solo delle gran spinte e urla in faccia, Aris provò a sua volta ma Minho gli tirò per sbaglio una gomitata in pieno volto facendolo sbattere per terra come un sacco di patate.
Thomas era sotto l'asiatico, sentiva il gusto rame del sangue in bocca, doveva avere un aspetto orribile. Minho era nettamente più forte di lui, era massiccio e muscoloso, ogni colpo che tirava nel ventre di Thomas era ben assestato, sapeva dove colpire.
Se non si fosse liberato subito forse sarebbe morto come un cane, sentiva rumori ambigui e poi, poi sentì un rumore secco e un dolore lancinante gli percorse l'addome.
Si era rotta una costola.
Il male che provava era imparagonabile, era un fastidio che cresceva ed aumentava, il dolore non era solo nella parte alta del tronco bensì si espanse in ogni parte remota del corpo inerme. Se Minho non avesse smesso, se lui non fosse stato salvato o se non si fosse messo in salvo dalle grinfie dell'amico sarebbe decisamente morto e forse sperava nell'ultima opzione, forse desiderava davvero morire dopo ciò che aveva fatto.
Thomas guardava già il cielo come se fosse per l'ultima volta, l'ultimo istante da vivo poi li richiuse, aspettava solo lei, una certezza per tutti: aspettava la morte.
“Me lo merito” si disse, il dolore era così forte che quasi non lo sentiva più. Si dice che quando le persone soffrono molto arrivano ad un certo punto in cui il male che provano è così alto da risultare nullo, inesistente, impercettibile.
Questo stava provando Thomas, steso a terra a desiderare di essere morto.
Tutto stava andando per il verso sbagliato, la fine sembrava ormai giunta quando una mano, la stessa mano che voleva aiutarlo prima ricomparse, grande e consumata, la persona era in carne, ma Thomas non la vedeva bene perchè aveva gli occhi gonfi e viola per le botte. Sentì varie grida e urla e poi capì che si stava muovendo, qualcuno lo stava trascinando via dalle mani di Minho.
Non curante di chi fosse quella persona, fregandosene dei presenti, Thomas iniziò a piangere come non aveva mai fatto in vita sua, pianse fino a sentir male agli occhi, pianse con i singhiozzi e il dolore al petto, pianse e non se ne vergognò.


*

“Sembra si sia calmato. Come è possibile? Poco fa i livelli schizzavano su e giù.”
“Qualcosa di brutto è capitato ed evidentemente ora è passato.”
“Quel ragazzo è la mia disperazione.”
“Direi più la tua ancora di salvezza, Newt.”
“Molto accurata come frase.”
“Ehh, ormai sono esperta.”
“Tu piuttosto come stai?”
“Ho sempre male alla schiena, continuo a dimagrire. Ee..sai come sta andando la situazione: Una merda.”
“Se ti perdo non so più da che parte girarmi, dove guardare e che cosa fare.”
“Oh ma che carino, il bello è che poco fa volevi uccidermi.”
“Non potrei mai, lo sai.”
“Non mi fido di un vecchio spaccato zoppo e biondiccio.”
“Ah tu non ti fidi di uno zoppo e mezzo andato, ma io dovrei fidarmi di una in sedia a rotelle? Si si, tutto comprensibile.”
“Io sono una donna, io ho sempre ragione. Zucca vuota!”
“Sei una lumaca!” Newt fece una risata, una vera risata dopo ore ed ore di stress.
“Ah si? Questo lo dici tu!”
“Che pivellaaa!”
“Facciamo una gara nel corridoio, ci stai?”
“Una gara? Di corsa? Lo zoppo contro la sedia a rotelle? Oh cazzo! Si, per favore.”
“Tanto vinco io, zoppetto.”
Newt prese la sedia a rotelle della ragazza e l'accompagnò nel grande corridoio fuori dalla stanza, posizionò la sedia e poi fece qualche salto per riscaldarsi i muscoli.
“Guarda che io ero un velocista!” Newt fece l'occhiolino all'amica.
“Eh già, ma qua non sei nel labirinto quindi fa poco il gradasso.”
“Ti batto, oh si, ti batto.”
“Pronto?”
“Sono nato pronto! Al mio tre!”
“Vai!”
“Tre...”
“Tre? E gli altri numeri?”
“Ah giusto!”
“Newt! Ma sai contare? Devi fare un conto alla rovescia ben fatto. Che idiota.” La ragazza iniziò a ridere come non faceva da tanto tempo.
“Oh merda, hai ragione. Riproviamo!”
“Non sbagliare!”
“Uno...Due....Tre...ANDIAMO!”
“Bene così!”
I due amici presero a 'correre' nel corridoio, Newt zoppicava molto più di quanto si ricordasse mentre la ragazza si dava da fare con la sedia a rotelle, spingeva e spingeva anche se sembrava non avere la meglio nella sfida. Il corridoio era lunghissimo, circa duecento metri, sembrava infinito, se fosse andata avanti così lei avrebbe perso ma la sorte le rivolse il favore dandole un vantaggio infatti poco dopo Newt inciampò in un cavo, posato per terra, e cadde con la faccia rivolta in avanti. Imprecò in una lingua strana e questo la fece ridere moltissimo.
“Che pive che sei, Newt!”
“Ora mi rialzo e ti riprendo, non vai da nessuna parte.” Ma per quando Newt cercasse di sbrogliarsi finiva sempre per peggiorare la situazione. La ragazza era tornata indietro per aiutarlo, non le importava molto di vincere, voleva solo riprovare la brezza del divertirsi.
“Perchè torni indietro? Devi tagliare il traguardo.”
“Ma va, prima aiuto chi ne ha bisogno ovvero gli zoppi come te, poi forse corro infondo e vinco.”
Lei aiutò Newt a liberarsi dalla morsa del cavo, aveva le mani minute e sapeva come sbrogliare i nodi di conseguenza impiegò poco tempo.
“Ah ora vinco io!” Disse Newt alzandosi di scatto, stava per correre in direzione della meta quando fece dietro front.
“Chi è che voleva vincere scusa?”
“Ho cambiato idea, ti spingo così corriamo insieme. Usciamo vincitori entrambe.”
“Che gentleman.”
Newt iniziò a spingere la sedia a rotelle con molta forza, ritrovò la potenza che credeva di aver perso, corse nonostante la caviglia mezza andata e come predetto, raggiunsero insieme il traguardo.
“Visto? Siamo una squadra.”
“Grande Newt!” La ragazza applaudì contenta e bella sorridente.
“Mi sono divertito. Dovremmo farlo più spesso finchè puoi ancora.”
“Ci sto, pivello.”
“Che pive che sei.”

*

Thomas era afflitto, arreso e pronto a morire. La mano che precedentemente lo aveva salvato era rimasta a supportarlo con lievi colpetti sulla schiena. Non aveva ancora capito a chi appartenesse, ma in fondo gli faceva piacere avere qualcuno a dargli conforto nel momento del bisogno.
Non era del tutto solo in fin dei conti.
Non aveva ancora smesso di piangere, era rimasto con lo sguardo fisso per terra e aveva versato tante di quelle lacrime che ormai aveva già perso il conto, gli occhi gli bruciavano, il fiato era affannato e a stento riusciva a respirare, i singhiozzi impedivano all'aria di entrare nei polmoni. Il naso gocciolava e aveva ancora la faccia sporca di sangue, le tempie gli pulsavano e poteva sentire il suo cuore battere all'impazzata.
Si sentiva il viso gonfio e il dolore al petto riprese subito dopo che l'adrenalina sparì dal suo corpo. Era proprio rotta e più toccava il torace e più sentiva male, doveva fasciarsi subito.
Thomas aprì finalmente gli occhi dopo essersi controllato per bene, non voleva guardare le sue condizioni. Minho era seduto e legato ad un tronco di un albero proprio alla sua sinistra e gli occhi dell'amico erano fissi nei suoi, si poteva percepire odio e rabbia provenire da quello sguardo. Thomas si sentiva parecchio in colpa per ciò che aveva fatto, voleva soffrire soltanto lui ma l'esasperazione ha fatto si che lui confessasse tutto quanto. Brenda stava tornando dall'infermeria con bende e acqua calda mentre Jorge tentava di parlare a Minho.
La famosa mano salvatrice venne associata ad una persona, questa era seduta proprio di fianco a Thomas mentre intagliava un pezzo di legno con un coltellino. Era Gally.
Quest'ultimo aveva macchie di sangue qua e là ma nulla in confronto a Thomas, sicuramente era stato lui a salvarlo dalle grinfie di Minho.
“Oh vedo che ti stai riprendendo, Thomas.”
“Gally? Ma io ti ho visto andare..”
“Si, andare via, lo so. Dovevo fare una cosa ma poi son tornato prima che Minho di spaccasse del tutto la faccia.”
“Dovevi lasciarmi lì a morire.”
“Perchè scusa?” Disse Gally con voce interrogativa.
“Me lo merito, mi merito tutto questo odio. Ho fatto cose brutte nella mia vita, ho ucciso persone, ho visto morire gente, ma soprattutto ho lasciato che dei miei amici morissero per me. E' tutta colpa mia.”
“Thomas, Thomas. Che pive che sei. Pensi che sia solo colpa tua, ma andiamo! Guardati intorno! Hai ucciso perchè dovevi, hai visto morire gente perchè non c'era una cura e i tuoi amici sono morti per te perchè ti hanno protetto, chi sacrificandosi per te e chi da se stesso. Non penso sia tutta colpa tua, è stata la W.I.C.K.E.D ha dare il via a queste cose quindi.”
“E io ho aiutato a far si che accadessero...”
“Eri solo un bambino, Thomas. Non puoi farne un dramma!”
“Potevo scegliere.”
“Si okay, la prossima volta non lascio il divertimento a Minho, ti prendo a pugni io. Continua a dire queste cose e quel momento arriverà.” Concluse Gally, questo infine si alzo e si diresse verso il casolare principale, ma fece solo due passi e poi si voltò verso Thomas.
Newt non era un idiota, se si è fidato sempre di te c'era un motivo. Rifletti pivello.” Poi prese a camminare a passo veloce lasciando Thomas da solo di nuovo.

*

“Finalmente questo pivello si è calmato.” Disse Newt spezzando il silenzio nella sala.
“E' tutto molto strano, troppo strano direi.”
“Perchè?”
“Beh fino a pochi minuti fa rischiava di morire e ora è tranquillo come fosse sedato. Mah.”
“Dici che...”
“No no, non penso sia sotto effetto di qualcosa. Però è strano questo cambio così veloce di livelli.”
“Si ma ora sta bene no? Quindi a posto.”
“Giaà.”
“Tu piuttosto come stai?”
“Il mal di schiena aumenta e bom, ogni giorno che passa sono sempre più stanca.”
“Posso fare qualcosa per farti star meglio?”
“Stammi vicino, ma soprattutto stai vicino a Tom.”
“Sarà fatto!”
“Bene così, Newt.”
“Posso chiederti una cosa?”
“So già la tua domanda, sempre la stessa da cinque anni a questa parte.”
“Non hai ancora risposto però.”
La ragazza guardò un punto nel vuoto, stava riflettendo e poi fisso Newt dritto negli occhi.
“Va bene Newt, ti racconterò chi era Thomas. Mettiti comodo.”

*










Il sesto capitolo è già pronto solo che vorrei far crescere la suspence.
Ringrazio tutti coloro che stanno seguendo la mia prima fan fiction. Siete mitici.
Ringrazio le culopesche e soprattuto Eleonora, Volk e Dalia.
Dalia please niente polli di gomma, okkè? E Vlok: Non uccidermi dopo questo capitolo.
Spero sia di vostro gradimento, è sempre un piacere notare le visite che aumentano!
Un bacio, a breve il sesto!
Silvia
 

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Capitolo 6
*** 6. The Past's Departure ***


(La parte in neretto è un ricordo)
Buona lettura!









 

Era buio e faceva freddo, tirava un vento gelido nell'accampamento. La luna splendeva sulla valle e sul mare, si rifletteva nell'enorme specchio cristallino illuminandolo completamente. Era un'atmosfera magica, la superficie dell'acqua sembrava argentea, le onde del mare si infrangevano contro i fiordi producendo un rumore paradisiaco e dannatamente rilassante. L'odore di salino andava via via dissolvendosi nell'aria profumando l'ambiente circostante.
Gli animi si erano calmati, molti erano già andati a dormire dopo la rissa tra i due.
Minho era ancora legato all'albero e stava già dormendo, aveva una posizione strana ma per fortuna ero completamente immerso nel sonno, nei suoi sogni e pensieri più profondi.
Dopo il breve discorso con Gally, Thomas era andato in infermeria accompagnato da Brenda, questa aveva lavato il sangue dall'addome del ragazzo, lo aveva aiutato a cambiarsi e si era assicurata di bendare per bene il punto critico nel quale la costola si era rotta. Thomas non aveva detto una parola, era stato in silenzio tutto il tempo, l'aveva lasciata fare senza obbiettare od opporre resistenza. Ogni tanto percepiva del dolore fisico, ma era normale, tuttavia quello che gli faceva più male non era tanto il petto ma la testa. Il dolore mentale è il peggiore da togliere e alleviare, è come avere un parassita nel cervello; è dentro di te e ti divora le interiora, non lo vedi eppure c'è, lo senti ma non lo puoi eliminare. Quello stava provando Thomas, provava un tale odio verso se stesso, si detestava per tutto, l'unica persona che riteneva fosse suo amico dopo cinque anni l'aveva persa e lui invece che agire lo aveva lasciato fare, si era preso le botte che meritava.
Non sapeva se in futuro avrebbe mai riallacciato i rapporti con Minho, ci sperava ma come poteva l'amico perdonarlo?
Thomas era ancora nell'infermeria, Brenda gli aveva messo delle strane pomate a base di erbe sulla maggior parte della schiena, aveva ancora ferite che risalivano ai giorni precedenti, a quello strano e inquietante episodio accaduto nel posto segreto, nella sua grotta. Non aveva ancora dato un motivo a quel folle gesto, forse non voleva nemmeno sapere perchè si fosse picchiato da solo e strusciato sulla nuda roccia tagliente come rasoi, non voleva proprio scoprire la verità.
Era molto stanco e a stento riusciva a reggersi in piedi. Con l'aiuto di Jorge raggiunse il suo letto, guardò per pochi istanti il soffitto. Tutto parve nitido ma subito dopo iniziò a essere sempre più sfocato, sgranato, fino a diventare buio totale. Thomas si addormentò lasciandosi cullare dall'oscurità e dal silenzio.


°
Era seduto sulla poltrona principale, era davanti ai monitor e di fianco a lui c'era Teresa. Si conoscevano da qualche anno ma subito erano diventati amici. Stavano osservando delle schede personali su dei ragazzi, uno di questi incuriosì Thomas tanto da segnare il suo nome su un pezzo di carta. Qualora lo avesse rivisto gli avrebbe sicuramente parlato.
Dovevano progettare un test chiamato 'labirinto', il nome sembrava buffo e l'idea ancor di più. Il test o il cosiddetto 'labirinto' era un'idea molto intricata, bisognava costruire una serie di strade che si intersecavano tra di loro, canali e vicoli ciechi, viuzze e scorciatoie, punti vuoti e vari tasselli, vari piani, varie sezioni. Al centro di questa ramificazione enorme vi era una radura. Questa non doveva essere molto grande ma nemmeno troppo piccola, doveva contenere all'incirca una settantina di ragazzi, in più doveva esserci posto per la fauna e per la flora, una grandezza media che permettesse ogni comodità riguardo allo spazio vitale necessario per ogni individuo.
Alcuni dottori avevano incaricato lui e Teresa di ideare delle variabili.
Subito non afferrarono il concetto ma poi la ragazza capì al volo, doveva creare degli ibridi o qualcosa del genere, tipo dei mostri protettori del labirinto.
Thomas non sapeva nemmeno da che parte girarsi mentre Teresa si, sapeva perfettamente che cosa fare. Lei aveva raccontato a Thomas le sue disavventure passate, che cosa le era toccato vivere prima di giungere al riparo tra i muri della W.I.C.K.E.D, lei sapeva come creare dei mostri perchè gli aveva visti con i propri occhi.
Orrore, morte e sofferenze, lei le aveva vissute tutte quante di conseguenza era esperta in materia.
I due si misero a schizzare forme strane di animali a loro volta inquietanti mentre chiacchieravano allegramente.
“Tom, ti ricordi tua madre?”
“Si, sono passati pochi anni ma si, me la ricordo. Perchè?”
“Anche io me la ricordo, è orribile. Voglio trovare una cura al più presto.”
“Mi spiace e si, anche io voglio arrivare ad un antidoto al più presto.”
“Tu lo fai per te stesso, Tom. Sei orgoglioso di essere immune e vuoi ricevere successo e ammirazione per questo, non lo fai per i tuoi o per la gente, lo fai perchè brami le lodi.”
“Ma cosa stai dicendo? Non sono così egocentrico.”
“Oh si che lo sei.”
“Forse un po' dai.”
Teresa non rispose nemmeno, si rimise subito a disegnare. Scarabocchiava forme e idealizzava mostri che davano i brividi quando ad un certo punto un lampo di terrore le illuminò gli occhi, iniziò ad agitare la graffite disegnando linee informi sul foglio, sembrava incantata. Thomas si spaventò, tentò inutilmente di fermala. Lei continuava a scarabocchiare e a scrivere parole. Sembrava una macchina in panne, era quasi in uno stato di trance.
“Teresa, fermati! Che stai facendo?”
“Tu non capisci, Tom.” Disse lei con gli occhi fissi sul foglio e la voce sussurrante.
“Cosa c'è da capire?”
“Perchè stiamo facendo questo. E' necessario.” Il timbro vocale era diventato tagliente ed inquietante.
“Lo so. Ora smettila.”
“No, tu non lo sai. Tu non vedevi l'ora di andare via dalla tua famiglia mentre io, io volevo rimanerci. Tu non capisci.”
“E di nuovo. Cosa c'è da capire?”
“Tom, W.I.C.K.E.D è buono.”
Teresa smise di scatto di scrivere, sembrava riemergere da un apnea di due minuti. Aveva gli occhi sgranati e il fiatone. Quando rilesse il foglio inorridì per ciò che aveva scritto.
'W.I.C.K.E.D è buono.”

Pochi mesi dopo quest'episodio molto strano arrivarono i nuovi soggetti, gruppetti da quattro misti tra ragazze e ragazzi della stessa età di Thomas e Teresa. Dovevano fare dei piccoli test ai computer, superare degli esami, nulla di che.
Erano di tutte le etnie, stature e fisionomie. C'è chi era più massiccio e chi invece più magro e minuto.
“Proprio dei bei soggetti, Tom. Ci sarà da lavorare, dobbiamo insegnarli parecchie cose.”
“Si, Teresa. Mi sta chiamando la cancelliera, vado a vedere che vuole e poi sono subito da te.”
Thomas si diresse verso la dottoressa che lo stava aspettando con ansia nel suo ufficio. Le pareti della stanza erano di vetro e si poteva benissimo guardare la sala principale con i computer e i nuovi individui da testare.
Teresa agitava le mani a destra e a manca per far sedere i nuovi soggetti, tutti sembravano adorarla, nonostante avesse la loro stessa età lei aveva assunto un'aria autoritaria, pareva fosse la mamma della situazione. 'E' adorabile' pensò Thomas.
Il ragazzo stava ascoltando la cancelliera quando ad un tratto entrarono altri nuovi ragazzi nella sala, erano tutti maschi belli robusti tranne uno. Quest'ultimo era alto e magrolino, biondo con un ciuffetto ribelle che gli scendeva sul viso, sembrava un tipetto tosto nonostante l'apparenza. Fu in quel preciso istante che Thomas lo vide dal vivo per la prima volta. Si era incantato per pochi secondi, lo aveva scrutato con occhio attento. Era proprio lui, doveva essere lui il soggetto misterioso che voleva conoscere, era identico alla foto della scheda.
Con uno sguardo di gioia misto a sorpresa guardò Teresa che stava già ricambiando l'occhiata. Thomas parlò velocemente con la dottoressa e poi uscì dalla stanza senza voltarsi e Teresa aveva capito
, aveva capito che tutto sarebbe cambiato di lì a breve.

°

*
“Sei pronto per sentire la storia? Ti sei messo comodo?”
“Bando alle ciance, comincia.”
“Thomas era un ragazzo molto particolare, andammo d'accordo fin da subito e credo fosse ancora più preso di me nel cercare una cura all'eruzione, sembrava una persona apatica ma altruista. E' difficile spiegare. Lo avevo incontrato la primo volta nel quartier generale della W.I.C.K.E.D, mi tenevano da circa due anni. Mi ricordo quel momento come fosse ieri e Tom non sembrava spaventato anzi.”
“Come sembrava?”
“Felice ed eccitato, non vedeva l'ora di cominciare.”
“Felice? Tommy felice? Questa non me la sarei perso per nulla al mondo, vorrei proprio vederla come scena.”
“Era felice di essere immune. Nei primi discorsi che ci scambiammo mi disse che era davvero sollevato di essere immune all'eruzione, i suoi genitori erano stati contagiati e stavano soffrendo eppure lui non provava nessuna pena. Certo gli mancava la madre e le voleva bene, ma non provava assolutamente nessuna pietà. Era contento di essere andato via e di averli abbandonati al proprio destino. Era molto egocentrico ma altruista. Mi dirai: uno che pensa solo a se stesso come fa a preoccuparsi per gli altri, giusto?”
“Eh beh giusto.”
“Ma all'altruismo poi ci arriveremo. Mm, dicevo...Ah si..Tom voleva aiutare a tutti i costi per trovare una cura tuttavia era davvero molto felice di non morire per colpa del virus. Era molto orgoglioso del suo scudo naturale a quel battere, credo volesse trovare un antidoto non tanto per gli altri ma quanto per ricevere lodi. Ogni tanto si sentiva superiore agli altri, persino ai dottori. Molti di questi non erano immuni e lui si divertiva a stuzzicarli. Un tipetto strano.”
“A stento riesco a crederci. Nel labirinto non sembrava nemmeno lui.”
“Lo so, Newt. Io e lui abbiamo aiutato la W.I.C.K.E.D a costruire il labirinto, abbiamo progettato tutto quanto insieme a delle persone chiamate 'architetti'. Non so perchè ma eravamo privilegiati e piuttosto viziati. Venivamo trattati alla pari degli adulti anzi oserei dire ancora meglio, ci chiedevano sempre consigli, ci interpellavano e chiamavano alle assemblee generali, eppure eravamo solo dei bambinetti. Una dottoressa della quale non ricordo il nome però, credo iniziasse per L; ci disse che il nostro intelletto era piuttosto elevato ed oserei dire al di sopra della norma. Ci disse inoltre che eravamo piccoli geni e che dovevamo aiutarli in alcune faccende quali test e variabili. Ho mal di testa, Newt. Devo continuare?”
“Che pivelli....Continua ti prego, so che fai fatica ma per favore. Devo sapere.”
“Solo perchè sei tu. Io e Tom eravamo stati i primi immuni ad incontrarci faccia a faccia, avevamo legato subito ed entrambe eravamo pro ai test della W.IC.K.E.D. Poco tempo dopo sono arrivati altri, sei arrivato anche tu.”
“Io quello non immune, vabbè. Continua.”
“Subito io e Tom eravamo molto distaccati da voi perchè ci sentiva superiori. Se ci penso adesso mi sento così idiota e stupida. Vado avanti okay, allora...Mh..Eravamo ai computer e molto spesso aiutavamo qualcuno di voi, spiegavamo, progettavamo, eravamo un po' il gatto e la volpe della situazione. Conoscevamo l'intero edificio, ogni anfratto e stanza, ogni comando e password, eravamo ovunque e tutte le notizie passavano da noi. Facevamo il nostro lavoro. I medici ci avevano messo nella stessa camera, all'inizio era stato imbarazzante: io ero una ragazza e beh, lui un ragazzo ma poi ci abbiamo fatto l'abitudine dandoci dei turni in modo tale da non beccarci insieme sotto la doccia. Che roba. Ci confidavamo sempre tutto di notte, eravamo migliori amici.”
“Ah-ha-ha. E poi?” Disse Newt facendo una mezza risata per la faccenda delle docce.
“Ah, ah. Poi. Ben detto: poi.”
“Cos'è successo Deedee?”
“Nessuno mi chiamava così da tanto tempo, quasi avevo scordato fosse il mio vero nome.”
“Se vuoi continuo a chiamarti Teresa.”
“Non ti preoccupare, va bene così.”
“Ottimo, che è successo dopo?”
“Poi Thomas ha incontrato te, ecco perchè l'altruismo.”
“Me? Spiegati.” Newt iniziò a essere molto agitato, si passava le mani tra i capelli e sudava freddo. Voleva sapere.
“Era una giornata fredda al quartier generale, molto strana direi. C'era molta agitazione, il labirinto era quasi finito e pronto, mancavano solo alcuni aggiustamenti e variabili. Io ero già al computer mentre Tom stava farfugliando qualcosa con dei tizi importanti.”
“E poi? Poi?”
“Poi sei entrato tu e altri. Tom si è girato verso di te, ti ha osservato per un bel minuto intero poi si è voltato verso di me fissandomi negli occhi, infine è uscito dalla stanza quasi correndo. Dopo quello sguardo avevo capito, avevo già capito tutto.”
“Cosa? Cosa?”
“Che sarebbe cambiato tutto. Tom mi aveva detto che c'era un ragazzo della combriccola di nuovi pivelli che voleva conoscere, gli ispirava ma non avevo ancora afferrato chi fosse e poi, dopo avervi visto tutti quanti, ho capito chi era.”
“Chi?”
“Idiota che non sei altro, eri tu Newt.”
“Continuo a non capire.”
“Non te lo ricordi evidentemente, ma io si. Tu e Thomas siete stati amici quasi fin da subito. All'inizio lui ti metteva spesso in secondo piano evitandoti ma osservandoti, ti temeva perchè aveva paura di affezionarsi troppo a qualcuno. Ne parlò con me e io gli dissi che era da stupidi farsi queste paranoie così qualche giorno dopo iniziò a parlarti.”
“Vorrei tanto ricordarmi questi momenti.”
“Giocavate sempre insieme nelle ore di pausa, mangiavate vicini e spesso vi sedevate uno di fianco all'altro dai monitor. Io ero sempre con voi, eravamo un bel trio che poi divenne un quartetto perchè si aggiunse Alby. Te lo ricordi?”
“Alby...Alby...Caspio se me lo ricordo!”
“Bene così. Poi si sono aggiunti gli altri, Minho e via dicendo. Che bello ricordare queste persone.”
“Oh si, ma continua.”
“Eravamo tutti lì, gruppo A e B. Io e Tom eravamo sempre più uniti e non avevamo segreti nonostante ci avessero cambiato stanza per l'età, sai com'è. Mi parlava spesso di te anzi continuamente parlava di te! Era davvero logorroico e stava cambiando, era meno egocentrico. Ero ben felice di ascoltarlo solo che ...”
“Piccolo Tommy che evolve, wow! Solo che?”
“A me iniziò a piacere di conseguenza diventai gelosa. Molto gelosa. Ad un certo punto i dottori diedero dei turni e Io, Tom, Aris e Rachel non dovevamo interagire molto con voi, non so ancora  perchè, forse per le variabili nel labirinto. Boh. Ciò nonostante Tom cercava sempre ogni momento buono per vederti anzi a volte violava regole, coprifuochi e divieti solo per parlarti anche dieci minuti. Io ero davvero invidiosa. Sono stata accecata dall'odio, Newt. Ti chiedo scusa.”
“Che pive ribelle Tommy! Questo è il mio ragazzo!”
“Già”
“Ma perchè ti scusi?”
“Perchè sono stata io a mettere il tuo nome nella lista dei primi soggetti da mandare nella radura. Volevo toglierti di mezzo e avere Thomas tutto per me. Scusami davvero.”
“Ah. E' passato, non ti preoccupare.”
“No, Newt. Mi sento una merda davvero. Non capisci o forse non ricordi, lui ti voleva bene. Non ho mai visto una persona così legata a qualcuno e anzi, lui ti amava.”
“Mi amava? Tommy mi amava?” Il volto di Newt si illuminò come fosse stato colpito da un raggio di sole. Non poteva vedersi, ma se si fosse visto in volto avrebbe visto un viso rosso pomodoro.
“Si proprio lui. Tom ti amava, Newt.”
“Come fai a saperlo?”
“Beh mi diceva tutto, vi eravate anche baciati.”
“Te lo stai inventando dai, mi lo ricorderei una cosa così importante.”
“No no, dico sul serio. Ero gelosa e per questo quando ti ho cancellato la memoria mi son preoccupata di sotterrare per bene tutto.” Teresa fece una breve pausa e poi riprese.
“Me lo aveva raccontato una notte, era tutto eccitato e felice mentre io morivo nell'odio. Così il giorno dopo mi sono fatta dare la lista con i nomi ed ho modificato mettendoti tra i cinque prescelti. Se ci penso mi sento una stronza anzi io sono una stronza, saresti potuto andare nella radura dopo invece per colpa mia sei stato uno dei primi. Tom quando lo ha scoperto mi ha odiato, mi ha detestato a morte e ha iniziato a non parlarmi più. Mi sentivo morire senza il mio migliore amico, senza lui.”
“Non so bene cosa dire..”
“Non servono parole per descrivere l'orrore che ho fatto. Sono una persona egoista.”
“Non mi pare adesso.”
“A me si. Avevo perso la mia famiglia, le persone che si erano sacrificate per me pur di portarmi in un porto sicuro, avevo perso ogni cosa e l'idea di essere dimenticata da Thomas mi uccideva. Avevo deciso di non dirgli il giorno del quale ti avrebbero cancellato la memoria, non volevo dire quand'è che saresti andato nella radura. Non volevo.” Lo sguardo di Teresa si posò per terra, era vuoto e spento, stava per piangere.
“Cosa è successo dopo, Deedee? Dimmelo.”
“Non ce la faccio, Newt. Ti prego.” La ragazza iniziò a versare delle timide lacrime, si sentiva in colpa e si vedeva. Le sue mani erano ghiacciate e pallide, il suo volto chiaro  era come una perla e rigato dal pianto. Sudava freddo, la febbre non stava diminuendo.
“Tom ha letto i dati nel server del mio computer.”
“Eh cosa è successo dopo?” Newt era davanti al viso di Teresa, le stava asciugando le guance bagnate con un dito. Pensò che la pelle dell'amica era davvero morbida eppure stava male. Proprio una ragazza tosta pensò.
“Mi ha quasi ucciso. Mi ha messo le mani al collo, voleva strozzarmi.”
“Perchè? Tommy? Ma cos..”
“Perchè il giorno era quello, lo aveva scoperto troppo tardi e mi odiava per questo. Quello sarebbe stato l'ultimo giorno per te prima della radura, prima dell'inferno.”
“E dopo?”
“I dottori hanno sedato Thomas e lo hanno chiuso in una cella per un'oretta. Quando è uscito è venuto a cercarmi, mi è corso incontro e subito credevo volesse uccidermi ma poi mi ha semplicemente abbracciato e ha iniziato a piangere come non faceva da tempo. Era in lacrime tra le mie braccia e urlava il tuo nome come un ossesso chiedendo scusa. Ricordo ancora di aver provato una fitta al petto enorme, potevo percepire il mio cuore spaccarsi in due e cadere a pezzi. Tom continuava a singhiozzare ed è lì che ho capito.”
“Cosa hai capito?” Chiese Newt guardando dritto negli occhi gonfi di Teresa.
“Che mi voleva bene. Io ero gelosa perchè avevo paura di perderlo, ma dopo quell'episodio ho compreso che era tutta un'ansia inutile. Ero ancora la sua migliore amica. Non potevo rimediare a ciò che avevo fatto, le pratiche erano già avviate tuttavia lo aiutai a vederti per l'ultima volta.”
“Racconta ti prego, io non me lo ricordo. Ho bisogno di sapere.”
“Eri in una cella totalmente bianca rannicchiato in un angolo remoto della stanza chiuso in te stesso. Io avevo preso per mano Tom.. Che belle mani che aveva, grandi e morbide..Non perdiamoci in altri discorsi..Dicevo..Ah si..Eri una persona gentile ma fragile come una lastra di vetro. Penso tu lo sia ancora.”
“Io sono duro come la roccia.”
“Non prendiamoci in giro, Newt.
Continuavi a parlare da solo, ogni tanto si sentiva il nome di 'Thomas' anzi 'Tommy' provenire dalla tua bocca. Lo stavi cercando e io te lo ho portato. Con la mia chiave magnetica ho aperto la porta e quando ci hai visto ti sei ripreso subito, il tuo volto aveva acquistato un'aria solare e radiosa. Ti sei alzato di scatto e Tom è corso verso di te. Tu hai pianto sulle sue spalle mentre Tom mi fissava, con un cenno di assenso da parte mia me ne sono andata richiudendo la porta alle mie spalle lasciandovi completamente soli.”
“E poi? Poi? Perchè non me le ricordo ste cose, potrei impazzire. Raccontami ti prego.” Newt faceva avanti ed indietro davanti all'amica, non stava più nella pelle, voleva sapere a tutti i costi.
“Poi quando Thomas è tornato nella sala dei monitor mi preso da parte e raccontato tutto.”
“Tutto cosa?”
Avete fatto l'amore, Newt.
A quelle parole il ragazzo si bloccò, smise di camminare e andò davanti alla finestra senza panorama. Iniziò a guardare il muro, non c'era alcun paesaggio poetico fuori, solo cemento e terra. Gli mancava il respiro, forse lo trattenne per un tempo indeterminato pari all'eternità. Si portò una mano alla bocca e soffocò un verso di dolore e la malinconia lo catturò del tutto. Si morse prima le labbra e poi il pugno mentre continuava a fissare il nulla, il vuoto più totale proprio come la sua mente in quel momento. I suoi occhi si gonfiarono di tristezza, il suo animo e la sua umanità scomparvero del tutto. Era rimasto solo Newt e iil suo corpo vuoto. Si era incantato cercando di riaggrapparsi a quei ricordi, voleva riavere indietro quelle memorie solo che non ci riusciva. Maledisse la W.I.C.K.E.D per la millesima volta, la maledisse per avergli strappato momenti così importanti, così intimi, così magici.
Provò un odio ribollirgli nel petto.
Si girò nuovamente verso Teresa, non le servì nemmeno una risposta. Gli occhi di Newt parlavano da soli, lei continuò a raccontare.
“Sapeva che ti saresti scordato di lui così voleva unirsi a te prima di vederti andare nel labirinto. La sensazione di famigliarità sarebbe rimasta ma non come prima. Tom mi raccontò quasi tutti i dettagli. Siete rimasti abbracciati per molto tempo, tanto tempo, quasi un'eternità. Ti amava davvero.”
Newt aveva gli occhi rossi e pieni di lacrime ma ancora queste non si erano decise a scendere. Dovevano aspettare, doveva resistere fino alla fine del racconto. Lui non disse niente e Teresa andò avanti.
“Sai, mi ricordo ancora l'attimo prima che ti mettessero nella scatola. Ti stavano portando nella stanza pre radura, Tom ti ha accompagnato. Lui ti teneva per mano, stavate parlando e io non capivo una parola, ma andava bene cosi perchè non dovevo capire.
Nella sala della cancellazione della memoria dovevamo entrare sia io che Tom, tu eri steso nudo sul lettino ricoperto delle tue paure.”
“Ero nudo? Cosa?” Newt stava tremando, forse ricordava qualcosa.
“”Beh in mutande suvvia. Guardavi Thomas dritto negli occhi, non lo mollavi un istante. Avevi le lacrime agli occhi, sapevi a che cosa stavi andando incontro. Io armeggiavo di fianco con i macchinari assieme ai medici e tu continuavi a cercare lo sguardo di Tom. Poco prima che iniziassi a fare il procedimento chiesi se qualcuno avesse qualcosa da dire e lui iniziò a parlarti. Ricordo ancora chiaramente quel discorso, quelle parole. Tom disse 'Newt, ti ho amato e ti amo tutt'ora, ma ti p...”
“Ma ti perderò per sempre.” Disse Newt guardando un punto fermo nel pavimento grigio.
“Ah, ma te lo ricordi.”
“No, ma certi pezzi, alcune frasi stranamente le so. Vai avanti.”
“Tu avevi detto: Ricordati di me finchè avrai memoria. Devo andare. Ci vediamo dall'altra parte fra qualche mese o anno.' E Tom aveva risposto: Per favore, Newt, per favore non lasciarmi e tu avevi concluso dicendo: T...”
“Tommy.” Disse Newt quasi di botto, la sua voce rispecchiava il suo animo: era agitato, aveva lo sguardo ormai prossimo alle lacrime.
“Poi calò il silenzio. Tom era uscito di corsa mentre io con cura ti innestavo il cip. Poco dopo trovai Tom incollato al pc, aspettava il tuo arrivo nella radura. Quando siete giunti nella nuova 'casa' lui era davvero agitato, ti vedeva spaesato. Difatti eri perso, solo con il tuo nome e nessuna memoria. Lui passava intere giornate davanti ai monitor, ormai viveva in studio. Poi un giorno..”
“Cosa ho fatto...” Newt sapeva, ricordava vagamente. Voleva avere le testimonianze da Teresa.
“Eri molto stanco, eri sciupato. I dottori erano preoccupati e agitati, stavi correndo nel labirinto e ti eri fermato in un corridoio. Mancavano poco più di mezz'ora alla chiusura delle porte e nello studio tutti erano in ansia, dovevi salvarti, potevi salvarti. Eri tosto.”
“Continua...” Newt aveva ripreso a camminare avanti e indietro, solo che ora si stava rimordendo la mano o meglio, il pugno.
“Hai guardato il cielo, hai salutato senza un apparente motivo poi hai fatto un gesto strano, un movimento che faceva sempre Tom.”
“Quale gesto? Non ero senza memoria?”
“Si ma la famigliarità rimane comunque, una striscia di memorie resta. Ricordi?”
“Ah si, vai avanti.” Newt stava balbettando, era in preda all'ansia. Stava ricordando ciò che aveva rimosso da anni.
“Ti eri battuto il cinque e poi ti eri stretto le mani da solo. Questo gesto Tom lo faceva sempre quando stava pensando e io sapevo che cosa avevi intenzione di fare, forse lui non aveva ancora afferrato, ma io avevo capito e stavo tremando. Ero spaventata.”
“Tu capisci sempre al volo, ti prego non ti fermare.” Newt era diventato nervoso ed ora si stava mangiando le unghie.
“Hai mollato lo zainetto dei velocisti da parte, ti sei seduto un attimo giocherellando con i tuoi ciuffetti biondi per qualche istante per poi rialzarti ed arrampicarti sull'edera del muro. Non avevi paura e non eri nemmeno spaventato, stavi piangendo ma sembravi più in preda alla disperazione che spaventato. Tom era davanti al monitor che osservava zitto in silenzio, aveva le lacrime, forse aveva capito. I medici correvano a destra e a manca ritardando ogni chiusa e disabilitando i dolenti nei dintorni, speravano scendessi invece...”
Teresa prese un lungo respiro e poi continuò.
“Continuavi a salire sempre più in alto, fin dove l'edera c'era tu ti arrampicavi, finchè...”
Newt si girò di scatto verso quello che restava di Teresa, il suo viso era diventato di porcellana, fragile e pallido. Soffriva a raccontare quelle cose, ricordare le faceva male. Stavano entrambe soffrendo e condividendo un dolore sotterrato per anni.
“Newt...tu...tu ti sei buttato giù a peso morto, sei atterrato con i piedi sul cemento spoglio del labirinto. Un agghiacciante rumore di ossa che si rompono è rimbombato tra i muri del labirinto. Hai puntato lo sguardo fisso sul cielo e poi ti sei spento, hai chiuso gli occhi e hai urlato.
Ricordo la reazione di Tom, ricordo quelle grida e quei lamenti provenire dalla sua gola. E' stato straziante per la mia persona.”
“Com'è stata, Deedee.” Chiese Newt con le lacrime che iniziavano a scendergli dal viso. 
“Si è alzato tendosi la testa fra le mani, non riusciva a respirare e poi d'un tratto è crollato a terra inerme. Poco dopo ha iniziato a dimenarsi, sembrava avesse gli spasmi. Iniziò ad strillare ed un grido gelido e strozzato risuonò nell'ufficio e poi... poi come se avesse un leone dentro il petto, Tom urlò il tuo nome. Urlò fino a esaurire la voce, gridava 'Newt' come fosse posseduto dal demonio. Dopo essersi sfogato per terra si alzò in piedi, mi guardò con occhi distrutti, si diresse verso i monitor, prese dei tablet e li lanciò per terra. Scaraventò fogli e progetti sul pavimento, strappò delle liste; buttò, con una bracciata furente, delle provette al suolo mandandole in frantumi. Il suono del vetro che si infrange riecheggiò per lo studio. Stava ancora urlando il tuo nome mentre i medici facevano il possibile per calmarlo, lo legarono ad una sedia.” Teresa si fermò un secondo a riprendere fiato, aveva parlato non stop per tutto il tempo, aveva bisogno di respirare ossigeno. Aveva bisogno di un altro po' di vita.
“Alby evidentemente aveva capito che qualcosa non andava così è venuto a cercarti violando ogni regola della radura. Ti trovò ed è grazie a lui se ora sei vivo. La W.IC.K.E.D ha mandato subito bende e cure attraverso la scatola. W.I.C.K.E.D è buono o meglio, era buono. Sono stata io a far mandare quegli oggetti per salvarti, per salvare Tom dall'agonia. Lui era riuscito a liberarsi dalla morsa della corda, aveva pestato un paio di guardie armate, era davvero furente. Era pronto per l'isolamento.
Alcuni gli spararono una siringa dritta nel collo, doveva essere un calmante, e lui si accasciò al suolo apparentemente privo di vita. Stava dormendo. Era completamente sedato, venne messo in solitudine e io non lo vidi per due mesi. Lo tennero nella cella bianca per molto tempo e poi lo portarono nella stanza pre radura anche lui. Nei giorni successivi sarebbe toccato anche a me, solo che non mi misero nella cella come avevano fatto con tutti voi. Questo non mi è ancora ben chiaro perchè.
Dopo esser uscito dall'isolamento ed avermi visto, Tom mi abbracciò subito, scusandosi per tutto. Io avevo ricambiato l'abbraccio e accompagnato verso la camera preparatoria. I medici non mi lasciarono fare l'intervento come mi era solito fare. Dopo una buona mezz'ora in sala ad aspettare mi chiamarono. Ricordo anche quest'ultimo discorso:
Ero di fianco al suo lettino e mi guardava con aria curiosa. Ovviamente non aveva più un gran ricordo di me, di noi; tutto doveva essere vagamente famigliare ma altrettanto sconosciuto. Ciò nonostante sembrava fidarsi ancora di me. Io pronunciai le fatidiche tre parole: W.I.C.K.E.D è buono e poi lui crollò nel sonno sussurrando il tuo nome come fosse un ultimo desiderio.”
Newt si sedette per terra, non capiva molto. L'idea di non ricordare i ¾ della storia lo irritava, voleva riassaporare quei momenti ma non poteva. Aveva lo sguardo perso e vuoto, era afflitto. Teresa aveva ragione, lui era una persona fragile.
Decise che era il momento di abbandonarsi, lasciò che le lacrime cadessero copiose sul suo volto; gli stavano letteralmente rigando le guance, alcune raggiungevano il naso, altre il collo, alcune invece la bocca. Erano lacrime prive di gusto, non lievemente salate come uno si aspetta. Teresa era pericolosamente vicino al suo viso e con una rapidità allucinante lei lo abbracciò cadendo dalla sedia a rotelle. Newt la prese in braccio e la lasciò fare. Pianse sulle spalle di Teresa proprio come aveva fatto Thomas tanto tempo prima, pianse e urlò con tutta la disperazione che riuscì a trovare in corpo.
Il nome Tommy rimbombò per tutto l'edificio disperdendosi come un vecchio ricordo tra le pareti spoglie.


*


Thomas si svegliò normalmente e non più di soprassalto come gli era solito fare.
Era nel suo letto avvolto da un paio di coperte belle spesse e calde. Si sentiva protetto in quell'involucro morbido e candido. Una delle due era sempre la stessa, quella col motivo verde tirolese mentre l'altra era tinta unità bordeaux; senza un apparente motivo gli piaceva moltissimo l'ultimo colore.
Con tutta la calma del mondo, Thomas si alzò dal letto. Aveva un lieve mal di testa ma nulla di grave mentre il dolore all'addome era costante e sembrava non volesse andarsene. Era seduto su un fianco del materasso ripensando alla notte precedente, quella folle serata fatta di urla, sangue e dolore, tanto dolore. Ripensava a Minho e a quanto l'amico stesse male per quella notizia, non provava rancore per lui, era umano arrabbiarsi così tanto. Tutto era comprensibile.
Tastando la tasca tirò di nuovo fuori il sassolino bianco, il timido oggetto che da un momento all'altro aveva preso valore, lo riosservò per la millesima volta. Sempre uguale, non era cambiato per niente, era solo sporco di sangue ma questo poco importava. Gli vennero in mente le parole di Gally: “Newt non era un idiota, se si è fidato di te un motivo c'era. Rifletti pivello.”
“Un motivo c'era” Quell'insignificante frase si ripeteva all'infinito nella mente di Thomas, quale motivo poteva esserci? Quale se non...No..Non era possibile. Non voleva crederci. Dopo tutto quel tempo, dopo tutti quegli anni Gally si ricordava ancora tutto? Come aveva fatto, come. Doveva parargli al più presto, doveva ricordare anche lui.
Si alzò del tutto sollevandosi a gran fatica dal letto, il dolore della costola persisteva ma questo non lo fermò. La branda di Minho era piena, il suo amico dormiva come un bambino, non sembrava più il mostro della sera precedente. Gli fece tristezza, molta tristezza a Thomas.
Quest'ultimo si vestì in fretta e furia e poi corse fuori cercando Gally.
Cercò per una buona mezz'ora per poi trovarlo sempre nello stesso posto: seduto vicino alla scogliera mentre intagliava un altro ramoscello con un coltello.
“Ti stavo aspettando, Thomas.”
“Dimmi che cosa intendevi ieri notte, come fai a ricordarti certe cose. Gally, parla.”
“Quanta fretta, sono solo le otto del mattino e il sole splende. Ammira tale bellezza.”
“Non fare l'idiota, parla.”
“Se proprio devo.” L'amico fece una lunga pausa prima di iniziare parlare.
“Tu e Newt eravate molto amici, ricordo queste cose come fossero ieri. C'ero anche io, Thomas, anche io ero con voi nella sala computer. Mi ricordavo di te che progettavi e creavi variabili, eri una macchina letale. Eri arrogante e orgoglioso di te stesso, di essere immune, ma poi...poi quando hai conosciuto Newt sei cambiato radicalmente. Eri una persona nuova, hai iniziato a collaborare anche con noi, a diventare nostro amico. Io lo avevo capito, sai?”
“Che cosa?” Disse Thomas con un'espressione preoccupata in viso.
“Che sarebbe cambiato tutto.” Gally lanciò in mare il legnetto intagliato e poi tornò a dedicarsi all'amico.
“Sai, non mi sei mai piaciuto fin dal principio, ma ora che ti conosco mi stai simpatico perciò ti dirò il breve che mi ricordo.
Ricordo che parlavi spesso di Newt, forse non te ne rendevi conto ma ne parlavi continuamente. Quando lui portava a termine una prova al computer con successo tu festeggiavi sempre, a volte eri anche esagerato. Lo riempivi di lodi, lo aiutavi...Eri diventato molto altruista, avevi messo da parte l'orgoglio e l'arroganza e ti eri concentrato sugli aspetti positivi della vita e dell'amicizia. La W.I.C.K.E.D? Ormai messa in secondo piano anche lei. Sapevi che cosa ci aspettava e penso sia per questo che una volta ci dissi: 'Non pemetterò mai che vi venga fatto del male.'” Gally guardò dritto negli occhi Thomas, questo aveva lo sguardo assente, tremava ed era senza parole.
“Newt ti sta aspettando.”
“C-cosa?” Disse Thomas balbettando.
“Lui ti sta aspettando. Non è un caso se senti quelle voci, se urlì il suo nome. Le persone morte non tornano, ma evidentemente in questo caso si.”
“Come fai ad esserne così sicuro?”
“Ieri mentre mi sono assentato per qualche istante dalla rissa fra te e quel pive di Minho, sono andato al centro comunicazioni. Ho intercettato una frequenza radio non distante da qui. Un uomo stava parlando e dicendo cose apparentemente senza senso, tra queste frasi messe a caso ho potuto trarre una sola frase 'Hanno trovato una cura, sia benedetto il rinato dal virus.' Una sola persona può essere il rinato, una soltanto: Newt.
Penso sia vivo, credo a quello che dici. Ti incoraggio ad andarlo a cercare.”
“Vado a cercare dei fantasmi, Gally.”
“Fidati di me, Thomas. Fidati di me.” Disse l'amico strappando dei fili d'erba e poi si alzò.
“Newt è vivo e ti sta aspettando da cinque lunghi anni. Ti ho già preparato lo zaino con le provviste e tutto il resto. Va e trovalo! Rimedia, cancella i tuoi incubi una volta e per sempre!” Concluse Gally incamminandosi verso il bosco fitto e lasciando Thomas ancora una volta senza parole.

-

Era pronto, era straordinariamente pronto a partire. Aveva lo zaino in spalle, i vestiti erano puliti e non vedeva l'ora di iniziare quella folle avventura. Gally non sarebbe venuto con lui, 'Se lo trovi non voglio fare il terzo incomodo' gli aveva detto.
Si scrocchiò il collo e si incamminò a salutare tutti gli altri.
Forse non gli avrebbe mai più rivisti, forse era meglio così o forse no.
Salutò Jorge e Frypan, stuzzicò ancora un paio di volte quest'ultimo per il suo cervo e poi toccò ad Aris, questo gli era indifferente ma lo salutò comunque, cercò Minho ma non lo trovò.
Prima di abbandonare il campo base decise di fare un'ultima tappa alla grotta, giusto per catturare l'immagine di quel luogo magico prima di andare via.
Si arrampicò su per il sentiero fino a raggiungere l'imboccatura della caverna quando lo trovò lì bello seduto in lacrime. Era Minho.
“Thomas...” Esordì lui.
“Minho, ma che ci fai q..”
“Thomas, ascoltami. Io..io non volevo picchiarti ieri notte. Non so cosa mi sia preso, sono una testa di caspio e lo sai. Sono impulsivo e testardo ma io ti voglio bene e credimi, non volevo ucciderti.” Disse l'amico in lacrime, si teneva la testa fra le mani e i singhiozzi erano forti e chiari. Si sentiva in colpa.
“Minho, non ti preoccupare. Va tutto bene.” Disse Thomas davvero molto sorpreso da quel comportamento.
“No, ora tu partirai per una missione suicida e io non saprò più che fare.”
“Tornerò, te lo prometto. Io tornerò.”
“Non ti credo per niente piccolo pivello.”
“Non mi credere, scusa ma ora devo andare. Sono venuto a riprendere la sciarpa..”
“Di Newt.” Disse Minho con gli occhi ormai asciutti e senza più lacrime.
“Si proprio quella. Dov'è?”
“Tieni.” L'asiatico la porse gentilmente a Thomas, gli tremavano le mani.
“Grazie.” Fece per girarsi quando Minho lo afferrò per un braccio e se lo porto al petto abbracciandolo forte.
“Ti prego torna e non fare cazzate. Io non posso venire perchè qua c'è bisogno di me, ma ti prego: Thomas, torna a casa.”
“Sarà fatto, fagio.”
“Da quanto non sentivo quel nomignolo..” Disse Minho ridendo.
“Eh, il mio primo soprannome. Che burloni che eravate.”
“Su, ora vai. Avremo tempo per ricordare il passato quando tornerai.”
“Si ma prima vorrei che tenessi questo per me.” Thomas estrasse dalla tasca il famoso sassolino bianco e lo porse all'asiatico.
“Cos'è?”
“Un ricordo di me. E' una garanzia del mio ritorno. Me lo ridarai quando ci rivedremo.”
“Bene così, lo curerò come un figlio.”
Thomas fece per andarsene quando l'amico lo chiamò un'ultima volta.
“Hey, per me rimani il pive più avventato e curioso che io abbia mai conosciuto.”
“E tu il leader più destardo.”
Concluse.
Thomas scese velocemente dal pendio, sapeva dove doveva andare o meglio, il suo subconscio conosceva le coordinate.
Mentre camminava sentiva l'aria entrargli nei polmoni, ad ogni respiro la costola gli faceva male ma questo ormai era un pensiero superfluo.
Camminava, a volte correva, ma sempre in piedi restava. Era già distante dall'accampamento, non si poteva tornare indietro bensì solo avanti.
Newt era una calamita per Thomas, lo attraeva e guidava in mezzo ai boschi.
Il sole era spaccato a mezzogiorno, batteva sulle cime dei pini mentre un lieve venticello attraversava le frasche.
Thomas respirò a fondo, liberò la mente e iniziò a correre di nuovo.












E siamo giunti QUASI alla conclusione. Adesso metto l'epilogo.
Ringrazio tutti coloro che stanno seguendo questa mia prima fan ficion con entusiasmo. Non so voi ma io ho pianto come una disperata mentre scrivevo.
Un saluto alle CuloPesche, siete mitiche oltre ogni limite!
Un bacio, leggete l'epilogo eh ;)
Silvia

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Capitolo 7
*** 7. EPILOGO (The End) ***


Note infondo! Buona lettura.
(Scusate, ho dovuto riscrivere delle parti mancavano delle cose fondamentali per me, cose tipo l'ansia e l'angoscia.)

 

 

 

                                                                                        EPILOGO

 

 

“Newt, faccio io il rapporto finale? Non sto granchè bene, lo sai.”
 “Si si, io devo preparare delle cose. Arrivo e ti do subito il cambio.”
Teresa nonostante i dolori, prese carta e penna ed iniziò a scrivere.
 -
Comunicazione d'ufficio – NEWT E TERESA, SUPERSTITI. -
Data: giorno 1960 dalla caduta della W.I.C.K.E.D
 Mese: novembre (credo)
 Anno: non lo ricordo, sinceramente.
 Destinatario: Nessuno in particolare
 Mittente: Teresa & Newt ex soggetti gruppo A
 OGGETTO: Resoconto ultimi mesi.
 Secondo tutti i calcoli fatti da me e il mio socio, posso affermare con certezza che Thomas ha risposto bene agli impulsi spediti settimane fa.
 Sta venendo a cercarci, ne sono sicura. Io credo in lui.
 Per quanto riguarda la cura siamo giunti ad una conclusione: il metallo.
 Questo tiene a bada l'eruzione se innestato nel cervello, ho una prova vivente quale Newt, mio compare.
 Abbiamo innestato vari campioni in individui consenzienti al test, rispondono con gran successo. In cinque anni siamo riusciti a vincere là dove una società come la W.I.C.K.E.D aveva fallito. Sono contenta che il mio amico stia bene e si sia ripreso quasi del tutto dal virus, ogni tanto ha dà segni di follia ma ci può stare.

 -

Teresa si bloccò di colpo, non riusciva più a muovere la mano.
“Newt, Newt, ti prego aiutami.”
Il ragazzo accorse in fretta e furia, prese per un soffio Teresa prima che questa potesse cadere sul suolo. La tenne tra le braccia e la portò nel letto di fianco alla scrivania. Era diventata fredda come il marmo, aveva i brividi, era bianca come la neve e più pallida del solito. I suoi occhi color blu acceso erano sempre più spenti e il suo animo sempre più stanco.
“Newt, ti prego. Devi continuare tu il rapporto. Io...Io...Non sono in grado di intendere e di volere.”
 “Certo, ora continuo Deedee. Tu non mi abbandonare.”
-

Scrive Newt, socio e amico di Teresa.
 Come ha detto lei in precedenza, abbiamo trovato finalmente una pseudo cura.
 Io sono vivo e vegeto, calmo e tranquillo.
 Mi ha raccontato di me prima del labirinto, mi ha detto di Thomas e delle cose che sono successe. Non potevo quasi crederci, io e Tommy. Che goduria, un sogno oserei dire.
 Fin dal primo giorno della radura sentivo che mi mancava qualcosa e colmavo questa mancanza facendo il velocista, ero curioso e sapevo che in mezzo a quei muri avrei trovato ciò che cercavo, solo che un giorno preso dalla disperazione ho tentato di uccidermi. Mi mancava davvero qualcosa di vitale importanza, non capivo cosa e questo mi logorava dentro.
 Quando mi sono risvegliato ero ancora vivo.
 Ora comincio a ricordare varie cose.
 Ricordo di aver desiderato di essere morto di nuovo, ero steso nella branda con Alby al mio fianco. Volevo bene a quel ragazzo, era un fratello per me o forse anche di più.
 Quando mi ha raggiunto Tommy la mancanza che provavo era svanita, sapevo che lui centrava con questo e decisi di fidarmi.
 Fidarmi di un nome così famigliare, di un volto già visto. Ora se ci penso rido, ho fatto proprio bene a fidarmi di quel pivello.

-

“Newt, ma stai scrivendo un poema?” Chiese Teresa timidamente.
“Ehm.. più o meno.”
 “Stai raccontando di Tom, va bene fa pure.” Sorrise lei riappogiando la testa sul cuscino.

-
Ricordo anche l'attimo prima della mia morte, quando gli ho detto 'Per favore, Tommy. Per favore.' evidentemente il mio subconscio parlò per me, i miei pensieri più profondi, i miei ricordi. Era come se fossi tornato nel labirinto e fossi di nuovo in cima alle mura, Tommy era le mia salvezza, il mio pavimento. Mi avrebbe preso se io fossi caduto e così mi lasciai andare. Mi gettai nelle sue mani, lasciai che mi uccidesse ancora una volta.
 Mi sento un egoista a pensarla così, lui ha vissuto a lungo con quelle colpe eppure so che sta venendo a cercarmi. Lo so. Lo percepisco, io farò lo stesso con lui. Gli andrò incontro. E' stata la prima persona nel quale ho riposto la mia fiducia è l'ultima del quale io mi sia mai davvero fidato.
 Sono contento per questo anche se....Anche se Teresa non migliora. L'ho estratta da sotto alla roccia quel lontano giorno quando la W.I.C.K.E.D stava crollando, era paralizzata dal bacino in giù. Con uno sforzo sovrumano l'ho messa sulla mia schiena e l'ho portata fuori da quell'inferno, non potevo lasciarla morire come un cane, da sola e senza nessuno. Così l'ho portata con me, le ho trovato una sedia a rotelle e l'ho curata più che potevo ma ogni cosa sembra vana. Il suo sistema immunitario è debole, lei è priva di anticorpi, ha la febbre e non voglio che muoia.
 Non voglio davvero, lei merita di meglio dopo ciò che ha passato.

-

“Newt, ti prego vieni qui.” Disse Teresa sussurrando.
“Eccomi, sono qui Deedee.”
 “Promettimi una cosa..”
 “Sh..shh..Non sprecare energie per parlare.”
 “No, ti prego Newt ascoltami.” Teresa si tirò su molto lentamente, giusto per guardare Newt dritto negli occhi.
“Io...Io ti ringrazio.”
 “Per cosa?”
 “Per essere stato mio amico nonostante tutte le cose brutte che ho fatto. Io ti ringrazio, Newt.”
 “Teresa, non è un addio questo. Io ti salverò.”
 “Mi hai già salvata, mi hai dato speranza e ancora una volta mi hai fatto credere in Tom. Mi hai fatto divertire e sentire a casa, veramente a casa.”
 “Teresa..”
 “Newt, cerca Tom. Cercalo, fallo per me. Cercalo.”
 “Non ti posso lasciare qui, moriresti.”
 “Sto già morendo.”
 “Non posso!”
 “Newt.” Guardò l'amico dritto negli occhi, era seria mentre lui piangeva.
“Hey, non piangere.”
 “Teresa...Ti prego.”
 “Mi piace come alterni i miei nomi, sei un pive fantastico.”
 “Deedee..conserva l'energie.”
 “Newt. Newt, digli...Dì a Tom che...”
 “Cosa, Cosa?
“L'ho amato.”
Teresa chiuse gli occhi per l'ultima volta. Newt la scosse ma lei continuava a tenerli chiusi.
 Ora era diventata fredda come una calotta polare, come l'acqua d'inverno, questa stagione le si addiceva.
Si era spenta proprio come la luce del sole diventa fioca tra le nuvole e come una foglia d'autunno, lei si staccò dal ramo dell'albero madre andandosi a depositare sul suolo nudo della terra. Fu così che il suo ciclo vitale volse al termine.

-


 Dopo aver passato un paio di settimane a decidere che cosa fare, come muoversi e dove andare; Newt concluse che Teresa doveva avere una degna fine. Faceva molto freddo dov'erano loro e per questo il corpo inanime della ragazza era rimasto conservato.
 L'amica era andata via, era riusciva a mettersi l'anima in pace una volta e per sempre.
 Le sue guance erano bianco latte ed erano fredde, molto fredde. La pelle era diventata di un color blu biancastro, il corpo immobile ma il suo animo ancora intrappolato dentro quella fragilità candida. Ciò che era stata era un lontano ricordo intrappolato nel tempo e nelle memorie.
Newt decise che era il momento di farlo, di farlo come ultimo gesto per lei, per Teresa.
 Non voleva seppellirla e nemmeno lasciarla lì in incubazione. C'era solo una cosa da fare: Cremarla.
 Per quanto fosse difficile e facesse male, lui lo fece.

Newt guardava il fuoco ardere e mangiarsi senza ritegno il corpo di Teresa, era una scena raccapricciante ma necessaria. Fissava il bracere, le fiamme sembravano danzare di gioia eppure di felicità proprio nemmeno l'ombra. I lapilli volavano per la stanza, gli abiti bruciavano e con loro anche il corpo, la pelle e le ossa. Newt era fermo immobile davanti a quell'orrore, provò un brivido gelido percorrergli la schiena; era paura, ansia o cos'altro? Anche se non aveva ucciso lui Teresa bensì la febbre alta, si sentiva comunque in colpa. In quei cinque lunghi anni si erano sopportati, lei lo aveva aiutato quanto più poteva, in fin dei conti Teresa era una persona buona. Mentre continuava a guardare il fuoco gli venne in mente la zona bruciata, quando la ragazza aveva avuto quel raptus di follia contro Thomas, la W.I.C.K.E.D era riuscita a distruggere l'umanità rimasta in lei in meno di un giorno. Teresa aveva raccontato a Newt quell'episodio e tutto ciò che aveva fatto nei minimi dettagli e particolari. Si era aperta completamente e lui era rimasto ad ascoltarla nonostante lei continuasse a ripete le stesse cose, con la febbre alta dimenticava spesso cosa aveva detto o commesso. 
"Eri una tipa tosta, Deedee." Disse Newt continuando a fissare il fuoco.
Aveva ragione, era proprio tenace. Aveva superato ogni ostacolo, aveva rischiato di morire da bambina eppure aveva resistito, aveva combattuto.
Alla W.I.C.K.E.D aveva trovato riparo e pane per i suoi denti, supportava quella società solo perchè non voleva vedere altre persone ridotte come sua madre o come i suoi amici passati quali Mark e Trina*. Non era una fanatica dottoressa in cerca di una cura, era soltanto una bambina con uno scopo: Aiutare a salvare le persone non immuni.
 Newt non poteva darle una degna sepoltura, ma almeno così sarebbe vissuta altre mille vite e avrebbe viaggiato per il mondo sotto forma di particelle.
 Le fiamme erano alte, il calore all'interno della stanza aumentava. Newt guardava il bagliore con occhi vuoti, aveva lo sguardo perso e non pensava assolutamente a nulla. Un bagliore di tristezza gli passo per la mente e le lacrime iniziarono a cadere senza fine.
Pianse guardando le fiamme danzare, pianse da solo senza nessuna spalla a supportarlo, pianse fino a sentir male al petto.
 Quando il fuoco si spense da solo poichè privo di brace, raccolse le ceneri e le mise in un urna, prese in spalla lo zaino ed uscì, per la prima volta dopo cinque anni, da quel palazzo. Sentì una vampata di aria fresca e pulida entrargli dentro ai polmoni dandogli una botta di vitalità.
 Una volta fuori, dopo aver preso un paio di boccate d'aria, raggiunse un punto nel quale il vento era più forte e violento; c'era tantissima aria ma questo non lo fermò anche se a stento riusciva a rimanere in piedi. Era dimagrito molto ma in quegli anni si era tenuto in forma correndo per i lunghi corridoi.
 Nella via non c'era anima viva, silenzio più totale, quell'assenza di rumorì era inquietante e raggelava le vene, ma Newt non si preoccupò più di tanto.
Estrasse l'urna dallo zaino e delicatamente la svuotò.
"La pive più tosta." Disse Newt quasi come se lei potesse ancora sentirlo parlare.
Vide ciò che restava di Teresa dissolversi, ora lei era ovunque e in tutto.
 Meritava una pace simile, meritava di guardare il resto del mondo, di provare la brezza di volare.
 Meritava di più di quello che aveva passato e questo Newt lo sapeva.

-

Erano passate circa un paio di settimane da quando Thomas aveva lasciato l'accampamento base una volta e per tutte alla ricerca del suo amico, della sua speranza, del suo forse incerto. Aveva esplorato ettari ed ettari di bosco senza trovare segni di civiltà, a lui andava bene così solo che l'ansia di non rivedere più Newt cresceva e con questa anche la paura, se non l'avesse trovato avrebbe passato la vita a vagare senza una meta.
Camminava, si fermava e dormiva per poi ripartire dopo poche ore. Ripeteva questi procedimenti giorno dopo giorno sapendo esattamente dove andare. Era pazzesco, Thomas sapeva esattamente in che luogo dirigersi, nemmeno una volta aveva messo in dubbio ciò che l'instinto gli 'diceva'.
Stava camminando già da un paio d'ore quando in fondo, sulla linea d'orizzonte, vide una luce accecante; doveva essere uno spiazzo o una radura.
"Finalemente" Pensò e subito prese a correre con le ultime forse rimaste. La stanchezza era molta e aveva bisogno di riposare ma l'attrazione verso quell'enorme bagliore era tanta ed indescrivibile. Lui doveva uscire dal bosco.
Quando raggiunse la fine della foresta davanti a lui si aprì un'enorme vallata apparentemente deserta. Si potevano distinguere in lontananza soltanto varie rovine di città o campi semi abbandonati. Senza pensarci due volte si avviò verso il primo insieme di grattacieli, era più vicino e sembrava messo meglio degli altri ex centri abitati..

I palazzi non erano come sembravano da lontano anzi erano peggio di come se lo aspettasse. Molti erano fatiscenti, crollavano e niente sembrava avere una base solida, non erano affidabili come riparo. Da alcune faciate potevi vedere chiaramente le barre di ferro della struttura portante, in altri mancavano delle finestre altri invece erano impolverati con i portoni totalemente bloccati. Qualcosa gli suggeriva di indagare e non di essere indifferente a quel caos vecchio di anni ed anni. Sentiva il bisogno di innoltrarsi di più tra quegli scheletri di cemento.
Mentre camminava nel cuore della vecchia città notò come questa stava tornando alle origini primordiali, la natura aveva già preso possesso delle macerie, l'edera e l'erbacce crescevano rigogliose sui cigli delle strade e dentro agli edifici. Uccelli di vario tipo entravano ed uscivano dai cespugli o nidi, animali mai visti prima scorrazzavano lieti per le strade ormai piene d'erba. Cercò di immaginarsi quella città anni ed anni prima: Macchine di ogni colore che sfrecciavano veloci sull'asfalto, persone che correvano a destra e a manca per inseguire gli autobus o soltanto per non fare tardi al lavoro, negozi aperti e tanta felicità, o forse no; forse era tutto polvere negli occhi. Ripensò alle eruzioni solari e come un incubo scacciò via l'idea perfetta che si era fatto sul passato di quella città.
Tutto sembrava uguale come al solito tranne una collina buffa al centro della strada, sembrava stabile anche se era formata interamente da detriti. Era un ammasso informe di blocchi, arrivati lì Dio solo sa come. Sembrava invitante e per questo vi si arrampicò sopra con le ultime forze rimaste.
Sentiva il sole freddo, spento e triste, non faceva caldissimo anzi meno male che aveva la sciarpa di Newt con sé. Mise ques'ultima intorno al suo collo, scrutò un'ultima volta i paraggi e poi iniziò a mangiare divorando un panino in meno di cinque minuti.

Era lì a godersi l'arietta fresca da circa un quarto d'ora quando dei rumori all'armanti, rami che si spezzavano, un ticchettio di uno strano bastone e una voce che parlava da sola ad alto volume, catturarono la sua attenzione. Non consoceva il posto e rimembrando vecchie vicende, non aveva alcuna intenzione di incontrare persone pazze o con istinti omicidi. Scese di corsa dalla collina con lo zaino ancora aperto, si gettò in un anfratto tra un cubo di cemento e l'altro e vi nascose per bene tentando di camuffarsi al meglio. 
Teneva gli occhi fissi sul punto dal quale proveniva la strana volte, aveva la mano sul coltello pronto ad estrarla qualora ce ne fosse voluto bisogno per autodifesa tuttavia il chiacchiericcio acquistò una forma: Era un ragazzo o meglio, doveva essere un ragazzo e sembrava pure biondo.
“Non è possibile” Disse Thomas sussurrando a se stesso. Era in un ostato d'ansia e angoscia, l'adrenalina iniziò a diffondersi come una tossina per tutto il corpo, avrebbe voluto correre incontro a quella persona solo che non bisogneva affrettare le cose, prima la prudenza. Si alzò e senza farsi notare, il più sileziosamente possibile, lo seguì.
 Voleva esserne certo, certo che non fosse una visione o strana allucinazione della sua mente, certo che fosse tutto vero. Poteva essere Newt? Mah, chi lo sa.
 Il ragazzo misterioso continuava a camminare, aveva anch'esso uno zaino in spalle. Aveva le gambe magre ed era piuttosto alto, non sembrava molto forte dalla statuta. Ogni tanto tirava calci a dei sassi che trovata sul tragitto, parlava da solo e farfugliava cose incomprensibili da tale distanza; ma Thomas voleva di più, voleva capire, era troppo curioso. Il ragazzo sembrava stesse andando alla ricerca di qualcosa ma che gli mancasse l'incipit per partire, il tasto invio, una spinta di incoraggiamento. Pareva privo di motivazioni.
Thomas quatto quatto continuò a stare dietro al biondino, si sentiva come fosse una seconda ombra o una spia. Il suo cuore batteva a mille all'ora, percepiva l'adrenalina e la tensione crescere dentro di lui. Un fuoco di eccitazione si era acceso nel profondo del suo torace, la costola non gli faceva più male, era proprio una sensazione di agitazione continua a controllarlo.
Passo dopo passo seguiva il sospettato, si nascondeva dietro le colonne o a quelle che una volta erano macchine per evitare di essere visto. Sentiva il suo fiatone aumentare e il battito cardiaco aumentare di volta in volta. Non stava più nella pelle, gli mancava pochissimo per scoprire l'identità del ragazzo. Era quasi riuscito a raggiungere il biondino quando, a causa della sua maldestria, la situazione si ribaltò.
Thomas continuava a guardare avanti e mai dove metteva i piedi così ad un certo punto inciampò come un idiota in un tubo di metallo che si trova per terra senza un apparente motivo.
"Merda." Disse sussurrando. "Merda, Merda."
Il rumore metallico risuonò per tutta la strada rimbombando tra i palazzi e la lunga via. Thomas trattenne il respiro come se stesse sott'acqua, era agitato, il cuore pompava sangue a un ritmo non controllabile, le tempie pulsavano e l'ansia aumentava insieme alla paura.
Si alzò di scatto rimettendosi velocemente in sesto, sperava non lo avesse sentito e invece..
Il biondino si girò spaventato ed allarmato, aveva tirato fuori una pistola dalla mano e stava per puntargliela contro quando si fermo improvvisamente. 
 Thomas spalancò gli occhi e la bocca, il suo viso sembrava incantato ma allo stesso tempo stupito. Non trovata parole per quella situazione, era davvero come lo ricordava, certo con qualche anno in più ma ci stava, era sempre bellissimo. Sentiva il cuore esplodergli, gli organi implodere dentro di lui, l'eccitazione era tale che il caldo dentro il suo corpo diventò così forte che lo fece sudare.
Si fissarono per un buon minuto intero, sembrava un'eternità, forse entrambe pensavano fosse un sogno, ma poi Thomas ruppe il ghiaccio.
“Newt.” Disse con una voce strozzata da risultare imbarazzante. Non riusciva più a contenere l'ansia, gli occhi gli si confiarono e le lacrime iniziarono a cadere, tutta l'agitazione e la frustrazione stava scivolando via in quel momento. A stento riusciva a contenersi, il suo stato mentale era messo a dura prova.
Il biondo gettò l'arma a terra, aprì le braccia e rispose quasi urlando a squarcia gola: “Tommy!”

 

 

 

The End.

 

 

 


 

  *Mark e Trina sono due personaggi fondamentali nel quarto volume di James Dashner: The Kill Order/The Maze Runner - La rivelazione. (Chi ha letto il libro capirà) La fan fiction è giunta al termine! Sono piuttosto soddisfatta, spero vi sia piaciuta. Ci ho messo anima, corpo e tempo per scriverla.
 Ringrazio Eleonora per avermi aiutato in alcuni capitoli per le correzioni, un saluto a Dalia e Volk.
 Un ultimo saluto a tutte le CuloPesche e ovviamente ai lettori della mia fan fiction.
 Sto lavorando ad un prossimo progetto, ad una prossima fan fiction intitolata "HUMANDROID". Spero la troverete appassionante.
 Un abbraccio grandissimo,
 Silvia.

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