If I'll be There

di Kim WinterNight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Sonne ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno: Bullet in the Head ***
Capitolo 3: *** Capitolo due: Travellin' Senses ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre: Black Diamond ***



Capitolo 1
*** Prologo: Sonne ***


Prologo: Sonne

( https://www.youtube.com/watch?v=-xmCb7wuaas )





La mia vita non era più la stessa da tempo, ma quando lo osservai partire mi resi conto che sarebbe cambiata definitivamente.

Avevo perso Francesco, poi Ambra e adesso anche mio fratello se ne stava andando. Chissà quando l'avrei rivisto, non osavo neanche pensarci.

Avrei voluto andare con lui, in modo da ritrovare tutte le persone che mi mancavano, ma sapevo di non poterlo fare.

Tuttavia, i miei genitori mi sorpresero come mai era successo prima d'allora.

Ormai Diego era partito da qualche giorno e sapevo che si trovava bene a casa di Ambra, in Sardegna. Io ero molto abbattuta, ma cercavo di farmi forza e di non pensarci.

Mentre io e mia madre finivamo di apparecchiare, rientrò anche mio padre e i due si rivolsero uno sguardo complice. Non riuscii ad afferrarne il significato e continuai ad arrampicarmi sul mobile fino a raggiungere i bicchieri posti troppo in alto per la mia minuta statura.

Intanto, Whatsapp scoppiava di messaggi nella tasca dei miei pantaloncini e io mi domandai pigramente come avrei potuto leggerli tutti. I miei genitori ormai non facevano più caso alle continue notifiche, pensando che comunicassi molto con mio fratello e la sua ragazza.

Una volta seduti a tavola, i miei si scambiarono un'altra occhiata, sorridendo in maniera enigmatica.

«Che succede?» chiesi, sorridendo di rimando. Sembravano contenti e mi sembrava il minimo condividere quel sentimento.

«Abbiamo deciso di farti un regalo» annunciò infine mio padre. Quando c'era qualche sorpresa o segreto di mezzo, non riusciva mai a trattenersi troppo. Il suo carattere aperto e sincero gli impediva di tenersi sempre tutto dentro.

«Il solito impaziente» lo rimproverò mamma, ridendo. Lei, invece, era più discreta e capace di controllarsi. Lavorare a stretto contatto con il pubblico, come faceva durante le sue estenuanti giornate alle Poste, l'aveva resa meno impetuosa e impulsiva.

«Perché?» sbottai.

Io ero un misto tra i due: se da un lato ero curiosissima di sapere la novità, dall'altro stentavo a crederci e tenevo i piedi ben piantati per terra, senza farmi sopraffare da troppo entusiasmo.

«Sappiamo che finirai per impazzire qui, per il resto dell'estate» disse mamma, versandosi un po' di vino rosso.

«Perciò, ti spediamo da tuo fratello in Germania!» esclamò papà, sollevando una mano per invitarmi a battere il cinque.

Tuttavia, rimasi impalata, spostando lo sguardo dall'uno all'altra, incapace di assimilare subito quelle parole.

«Voi... cosa?»

«Hai capito bene. Partirai tre due settimane, almeno lui e Ambra avranno il tempo di sistemarsi e poi tu potrai raggiungerli.»

In quel momento, la prima cosa che mi venne in mente fu che avrei volentieri strozzato mio fratello e la sua ragazza. Perché non mi avevano avvertito?

Ma poi il mio cervello cominciò a vagare e mi immaginai lì, in Germania, felice, tra le braccia di Francesco...

Balzai in piedi e corsi ad abbracciare prima mio padre, poi mia madre, avvertendo una gioia indescrivibile invadermi il petto.

Non avrei mai pensato che sarebbe successo davvero, mi sentivo elettrizzata e non vedevo l'ora di raccontarlo alle mie amiche!

«Ah, Sonny... non dire niente ad Ambra, Diego vuole farle una sorpresa» mi ammonì mamma, strizzandomi l'occhio.

Annuii e mi sciolsi in un sorriso, tornando a sedermi.

«Tuo fratello è proprio innamorato» sospirò papà, con un'espressione beata dipinta in viso.

Presi a mangiare con appetito, mentre la mia mente vagava lontano.

Chissà se un giorno i miei genitori sarebbero stati felici anche per me, come lo erano per Diego.



Whatsapp era sommerso di messaggi e io non sapevo da dove cominciare a leggerli.

Francesco ebbe la priorità, perché mi raccontava di quanto fosse bello in Germania e io gli comunicai la sorpresa che i miei genitori avevano deciso di farmi.

Lui parve contento di sapere che ci saremmo rivisti presto, ma io cercai di non farmi illusioni. Ero da sempre stata una ragazza realista e un po' cinica, anche se in amicizia donavo tutta me stessa. L'amore non l'avevo ancora sperimentato, se si escludevano quelle poche uscite con Francesco prima che lui partisse.

Avevo avuto qualche altro appuntamento, ma niente di importante. Del resto, avevo soltanto sedici anni, non avevo fretta di avere chissà quali esperienze anche se mi piaceva divertirmi, uscire con le mie amiche e fare shopping.

Lessi un sacco di altri messaggi, mentre mi mettevo ad ascoltare un po' di musica dal mio fedele lettore mp3.

Le mie amiche mi proposero di uscire il giorno seguente, per andare tutte insieme in piscina a divertirci.

Laura aveva creato addirittura il “Gruppo della piscina”. Era lei l'esperta di social network e chat, ne sapeva una più del diavolo e su certi argomenti non la batteva nessuno.

Un messaggio all'interno del gruppo mi colpì:


Viene anche Marti! :)


Era stata Alice a scriverlo e io mi sentii stranamente nervosa.

Martina era la cugina di Alice e da qualche tempo aveva cominciato ad uscire con noi.

Non eravamo diventate amiche, ci eravamo limitate a rivolgerci qualche saluto e niente di più.

Quella ragazza mi indisponeva e non sapevo perché.

Poi lessi un messaggio di Diego che fece svanire ogni sensazione negativa:


Sorellina, piaciuta la sorpresa? Non vedo l'ora di rivederti, nanerottola! Chissà che faccia farà Abby ;) notte


Buonanotte barbone ;)


E mentre immaginavo quanto sarebbero state belle le mie vacanze, nelle mie orecchie si espansero le prime note di 'Sonne' dei Rammstein, accompagnate dalla voce del loro favoloso cantante.

Mentre la ascoltavo e cantavo inventandomi il 95% delle parole, mi venne da ridere e mi rotolai sul letto.

Chissà, magari tra le strade di Berlino, durante una bella giornata all'insegna dello shopping, avrei incontrato qualcuno di quei pazzi.

Sì, stavo delirando, ma ero davvero felice.

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Capitolo 2
*** Capitolo uno: Bullet in the Head ***


Capitolo uno: Bullet in the Head







La giornata in piscina si prospettava abbastanza tranquilla, anche se mi sentivo leggermente in ansia. La pancia mi faceva un po' male, ma non avrei rinunciato a quelle ore di relax. Prima di partire in Germania, volevo uniformare la mia scarsa abbronzatura giusto per non confondermi con la gente del luogo.

Con la borsa arancione in spalla, salutai i miei genitori e mi precipitai giù dalle scale, dove Laura già mi aspettava con un sorriso a trentadue denti.

«Buongiorno Lau, pronta per la piscina?»

«E secondo te? Ci ho messo un secolo a convincervi tutte! Siete dei bradipi...» borbottò, incamminandosi verso casa di Alice.

«Senti chi parla! Fino a prova contraria noi abbiamo proposto di vederci alle otto e mezza, guarda che ore sono!»

«Io sono una donna impegnata e stanca, cosa credi?!»

Le lanciai un'occhiataccia, poi scoppiammo a ridere.

Adoravo Laura, perché lei era leggermente meno tranquilla di me, ma anche meno riflessiva e un po' più ingenua.

Una volta sotto casa di Alice, attendemmo per qualche istante che lei e sua cugina scendessero, così ne approfittai per raccontare a Laura i dettagli sulla sorpresa che i miei mi avevano fatto.

«E rivedi Francesco? Uh, sono sicura che tra voi succederà qualcosa, poi sarete senza genitori e adulti tra le scatole... qui ci scappa un pargoletto!»

«Ma la pianti? Che cretina che sei! Sta' zitta!» risi, mollandole una gomitata sulle costole.

«Ma dai, Sonny, non vorrai farmi credere che non ti piacerebbe?»

«Cosa?» chiesi stranita.

«Farlo con lui...»

«Ma questo cos'ha a che vedere con un pargoletto? Tu sei fuori!» esclamai indignata.

«E smettila di fare la santarellina...»

«Laura...»

«Ciao!» ci interruppe la voce squillante di Alice, ponendo fine a quello sproloquio controproducente.

«Ali!» strillò Laura, saltandole letteralmente addosso. Tra quelle due era sempre così, ma io avevo impedito ad entrambe di fare lo stesso con me, perché proprio non lo sopportavo.

Dopo che le due ragazze si separarono, Martina si fece avanti e ci salutò, rivolgendomi un'occhiata complice mentre osservava le due pazze che ancora strillavano come matte.

«Finitela di dare spettacolo, sceme!» le rimproverò Martina ridendo.

«Dai andiamo» tagliai corto.

Una volta giunte in piscina, Laura si lamentò per la mancanza di Valeria, mentre io scuotevo il capo esasperata.

«Non ti sta simpatica?» si informò Martina, sedendosi nel lettino accanto al mio.

«Ha trattato molto male la mia amica Ambra» spiegai senza entrare nei dettagli.

«Ehi, Sonny, non puoi prendertela solo con lei! Ambra ha combinato un sacco di casini, ricordi come ha umiliato la povera Anna? Quella ragazza ha problemi mentali e lei...»

«Ma Laura, ha cercato di ucciderci!» sbottai, incredula. Come poteva giustificare Anna in quel modo? Ancora tremavo al ricordo di mia cugina che irrompeva in casa nostra e ci minacciava. Ambra in quel momento era stata davvero forte, l'aveva colpita con una padella facendole perdere i sensi e salvando la vita di mio fratello, oggetto dei desideri più malati e perversi di nostra cugina.

«Non è stabile, mentalmente parlando» precisò ancora Laura, guardandomi con le sopracciglia aggrottate.

«Lau, non dire stronzate. Per colpa di Anna loro hanno rischiato la vita» commentò Alice, sbuffando.

«Okay, forse è vero, ma questo non ha niente a che vedere con Valeria!»

«Ambra si è confidata con lei, Laura. È come se io andassi a sputtanarti in giro dopo che tu mi dici i tuoi segreti... ti piacerebbe?» la rimbeccò ancora Alice.

«Ma lei ha tenuto nascosto a Sonia che le piaceva suo fratello, che razza di amica è una così?!»

«Adesso basta, mi hai stancato!» saltai su, stringendo i pugni. Con uno scatto mi allontanai dagli ombrelloni che avevamo occupato, mi sfilai il leggero vestito che indossavo e mi gettai in acqua senza neanche pensarci.

Compresi immediatamente che non era stata una buona idea, perché l'impatto con l'acqua gelida mi fece sussultare e quasi gridai per la sorpresa.

Anche se erano quasi le undici, la piscina era ancora in ombra, perciò l'acqua non aveva fatto in tempo a scaldarsi.

Cominciai a nuotare per combattere il freddo e le parole piene di cattiveria di Laura mi tornarono in mente, taglienti come se qualcuno mi avesse sparato sulle tempie. Mi ricordai di quando Ambra mi aveva confidato, un giorno, di avere avuto l'impressione che Laura non la sopportasse più di tanto. In quel momento ne avevo avuto la conferma, la mia amica non aveva esitato a sparlare di lei e questo mi mandava in bestia. Prima di tutto, Laura non conosceva Ambra, non sapeva tutto ciò che era successo tra lei e Diego, tutti i problemi che lei aveva affrontato a causa di Anna e Valeria, della quale si era fidata e che poi aveva scoperto, nel modo peggiore, essere una persona falsa e insensibile.

Io avevo perdonato Ambra da molto tempo e da quando era partita mi mancava moltissimo, non sopportavo che qualcuno la ingiuriasse in quel modo. Specialmente se quel qualcuno era una persona prevenuta come Laura, la quale si affidava e basava fin troppo spesso sulle apparenze.

Osservai per un po' le altre persone presenti in piscina ma era come se non le vedessi realmente, immersa com'ero nei miei pensieri.

Quando Martina mi raggiunse in acqua, rimasi un po' sorpresa perché speravo che sarebbe arrivata Laura e mi avrebbe chiesto scusa per il suo comportamento disdicevole.

«Sei arrabbiata?» mi domandò la cugina di Alice, nuotando verso di me.

«Abbastanza. Mi dispiace di essermene andata così, però Laura mi ha fatto proprio incazzare. A volte è pesante e non si accorge che esagera. Siamo amiche da un po', ho imparato a conoscerla, ma ci sono dei momenti in cui vorrei strozzarla, sai com'è» raccontai, sorridendo. Mi era venuto spontaneo, perché mentre parlavo mi resi conto di star confidando quei pensieri ad una ragazza che neanche conoscevo.

Mi venne in mente Ambra e mi maledissi: era un grosso, grossissimo errore.

Così mi affrettai ad aggiungere: «Ma va sempre così tra noi, risolveremo presto».

Io e Martina rimanemmo in silenzio, poi lei annuì e si tuffò immergendosi completamente in acqua. Quando riemerse, aveva i capelli solitamente ricci e voluminosi schiacciati in testa e molto più lunghi del normale.

Il suo viso dai lineamenti marcati era abbronzato alla perfezione e per un attimo desiderai essere come lei. A quel punto venni invasa da una strana sensazione, come se qualcosa di ignoto si agitasse in me, lanciandomi dei segnali che però non riuscivo a cogliere.

Lanciai un'altra occhiata in direzione di Martina e notai che si passava le mani sul viso per asciugarlo un po', mentre rimaneva faticosamente a galla.

Istintivamente allungai un braccio verso di lei, poi notai il suo sguardo farsi sorpreso e dissi: «Se sei stanca, ci avviciniamo al bordo».

Lei sorrise e ignorò la mia mano, immergendosi nuovamente. Nuotò fino a bordo piscina e poi si voltò a guardarmi con aria divertita.

«Ehi! Io ti offro il mio aiuto e tu mi abbandoni qui?» protestai, raggiungendola velocemente.

«Ammettilo, Sonia... era solo un pretesto per toccarmi.»

Mi bloccai con la mano a pochi centimetri dal bordo, mentre un'ondata di imbarazzo mi investì con impeto, facendomi pulsare nuovamente le tempie.

Non capivo perché quel giorno tutto ciò che gli altri dicevano aveva l'effetto di un proiettile nel mio cervello.

Perché Martina se n'era uscita con certe basse insinuazioni? Che le era saltato in mente? Quella battuta mi ricordava tanto le solite cretinate che dicono i ragazzi quando vogliono cercare di abbordare una ragazza che non se li fila di striscio.

Martina non smise di sorridere con aria maliziosa e mi schizzò, cercando di risvegliarmi da quella strana fase di trance.

«No, che fai?! E poi io non sono lesbica!» gridai ridendo, con l'intenzione di sdrammatizzare.

L'atmosfera si era fatta fin troppo pesante e quella era la seconda volta che succedeva durante la giornata in corso.

Nello sguardo di Martina parve comparire fugacemente un'ombra, ma fu così rapida a scomparire che alla fine mi convinsi di essermelo soltanto immaginato.

«Questo lo dici tu, Sonny!»

A parlare era stata Alice, che intanto ci aveva raggiunto a bordo piscina. Si sedette con i piedi nell'acqua e rabbrividì visibilmente.

«Hai forse dei dubbi?» ribattei, pronta a farle il bagno in caso avesse risposto in maniera sbagliata.

«No, no, okay! Tutto quello che vuoi ma non bagnarmi, ho freddo!» boccheggiò, abbracciandosi il corpo con le braccia per tentare di infondersi un po' di calore.

Poco dopo notai Laura in piedi poco distante. Aveva un'espressione da cane bastonato, segno che probabilmente si era pentita di ciò che aveva detto o, almeno, del modo in cui si era espressa.

Le feci cenno di avvicinarsi, dicendo: «Avvicinati, Lau, non startene lì tutta sola».

Era incredibile come avessi già accantonato la rabbia, ma forse parlare con Martina e scherzare con lei mi aveva aiutato ad assimilare la cosa e a non darle troppa importanza. Del resto, io stessa avevo ammesso di sapere esattamente com'era fatta Laura, perciò dovevo cercare di passare sopra a quelli che erano i suoi difetti, come lei e tutte le altre facevano con me. Questa era l'amicizia, dopotutto.

La mia amica fece qualche passo avanti e io ne approfittai immediatamente per schizzarla. Lei gridò, poi si gettò in acqua e mi raggiunse di tutta fretta, in preda alla voglia di vendicarsi per quel gesto villano.

«Ti ammazzo Sonia! Tu non torni viva a casa tua, altro che Germania!» gridò, facendo un casino bestiale per cercare di raggiungermi e attirando così l'attenzione di tutti i presenti.

«Ma era un segno di pace!» mi giustificai, scappando da una parte all'altra.

Alla fine Laura mi afferrò per una gamba e mi strattonò verso di sé, intrappolandomi tra le sue braccia. Tentò immediatamente di affogarmi e io mi dimenai, ridendo come una pazza e strillando senza neanche rendermene conto.

Prima di finire sott'acqua, arrivò il terzo proiettile della giornata: lo sguardo triste e penetrante di Martina mi trafisse, lasciandomi con un peso nel cuore che non seppi interpretare.



Il tempo era trascorso così veloce che neanche ci avevo fatto caso, impegnata com'ero nei preparativi per il viaggio. Mi sentivo talmente elettrizzata che passavo il tempo ad ascoltare musica e ballare, lasciando che quelle sensazioni rimanessero solo mie.

Avevo evitato accuratamente di stressare Francesco, non sapendo esattamente se anche lui provasse le mie stesse emozioni. Non riuscivo a capire se lui era felice quanto me del fatto che stessimo per rivederci.

Diego diceva che mancavo a tutti loro, ma non avevo idea se in quell'insieme rientrasse anche Francesco. Mi sarebbe piaciuto tanto saperlo, ma non potevo certo porre continuamente domande di questo tipo.

Anche se io e Francesco eravamo usciti prima che lui partisse, le cose non erano affatto decollate come tutti pensavano. Forse lui non voleva impegnarsi con me sapendo che sarebbe partito presto, eppure mi sembrava che fosse interessato.

Ci eravamo baciati e sussurrati parole dolci, ma tutto finiva lì.

Forse Laura aveva ragione: il viaggio avrebbe sicuramente potuto aiutarci, se le cose non fossero migliorate in Germania, avrei dovuto comiciare a farmene una ragione. Lui mi piaceva molto, ma allo stesso tempo avevo tante paure che mi attanagliavano. Non avevo mai avuto una relazione seria prima d'allora, così mi ritrovavo per la prima volta a ragionare sulle implicazioni di una tale scelta.

In ogni caso, ero pronta ad affrontare tutto ciò che sarebbe accaduto, non potevo scappare.

Quella sera, l'ultima prima della partenza, ero molto agitata e chiesi alle mie amiche di vederci, perché avevo bisogno di calmarmi e distrarmi un po'.

Io, Laura e Alice trascorremmo qualche ora insieme e ci divertimmo molto, mentre loro non facevano altro che prendermi in giro asserendo che sarei finita a letto con Francesco ancor prima di scendere dall'aereo.

«Ma per chi mi avete preso?!»

«Voi due vi amate così tanto...» sospirò Alice.

«Già, Ali... immagina che bei bambini nasceranno dalla loro unione...» le fece eco Laura.

«Ma piantatela, vi prendete sempre gioco di me e pensate che io sia una sgualdrina come Fatima Azuni!» protestai.

«Noi non abbiamo detto nulla di simile!» si difese Laura.

Ci fissammo per un attimo, poi esclamammo in coro: «Bleah!».

Sì, nonostante tutto, quelle due pazze mi sarebbero mancate terribilmente.


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Capitolo 3
*** Capitolo due: Travellin' Senses ***


Capitolo due: Travellin' Senses









Mi sedetti ad aspettare, in fibrillazione.

Sapevo che sarebbero arrivati presto, però ero molto impaziente. Il viaggio in aereo mi aveva scombussolato, desideravo soltanto vedere Francesco e assicurarmi che tra noi non fosse cambiato nulla, avevo l'impellente necessità di un po' di certezze. Tutto qui.

Chiedevo troppo?

E Ambra... quanto mi mancava Ambra!

Avevamo trascorso dei bellissimi momenti insieme ed ero felice che mio fratello si fosse innamorato di una ragazza come lei.

Li aspettavo nella sala d'attesa dell'aeroporto e non ne potevo più. Tutti parlavano in tedesco, io non ci capivo niente ma ero elettrizzata all'idea che, il giorno che fossi ripartita, avrei di sicuro portato con me qualche nozione di quella lingua complicata ma affascinante.

Quando notai la figura familiare di Francesco avanzare verso di me, balzai dalla sedia di ferro battuto e mi precipitai nella sua direzione e mi gettai letteralmente tra le sue braccia, stringendolo forte e sentendo subito il suo delizioso odore. Solo allora mi accorsi di quanto mi fosse mancato fino a quel momento, la sua presenza riusciva a rendermi tranquilla.

Le sue braccia mi strinsero forte, mentre io scoppiavo a piangere per la gioia di averlo nuovamente con me.

«Sonny... ehi, fatti guardare» disse, scostandomi da sé e scrutandomi in viso.

Lui non era cambiato affatto. Era bellissimo, con i capelli arruffati e i lineamenti marcati del viso, gli occhi scuri e profondi fissi nei miei e il sorriso più bello che avessi mai visto.

«Sei sempre più bella» commentò, poi mi strizzò l'occhio e si accostò a me per baciarmi sulla guancia.

Imbarazzata, mi affrettai a domandare: «Gli altri dove sono?».

«In macchina. Mi hanno spedito a prenderti, dicendo che ti avrebbe fatto piacere» spiegò Francesco, adoperandosi per afferrare la mia grande valigia.

Non mi opposi, ero stanca e avevo già il trolley da trascinarmi dietro. Mi pareva già abbastanza per i miei standard del momento.

«Fra, certo che mi fa piacere. Sono contenta di essere arrivata, sono stanca ma contenta. E anche Ambra mi manca tanto...» farneticai, seguendolo mentre si dirigeva all'uscita.

«Diego no?»

«No, il barbone non mi manca mai!»

Francesco mi lanciò un altro sguardo divertito con tanto di occhiolino integrato. Se continuava di questo passo, sarei stata costretta ad impormi di controllare le mie reazioni. Mi era mancato davvero troppo, per noi non c'era stato abbastanza tempo, non avevamo avuto tante occasioni per stare un po' insieme e il fatto che comunque ci fossimo baciati in passato, forse significava che tra noi c'era qualcosa di speciale. O forse mi stavo semplicemente illudendo troppo.

Decisi di non pensarci e continuai a parlare con Francesco di come fosse andato il viaggio, finché non raggiungemmo la sua macchina, dove trovammo Ambra e Diego ad attenderci. Erano stretti in un abbraccio, ma non appena Ambra mi vide, si divincolo dalla stretta di mio fratello e mi stritolò in un abbraccio bellissimo.

«Sonny, quanto mi sei mancata! Ancora non ci credo che sei qui con noi, vorrei non te ne andassi più!»

Ricambiai il suo gesto e in quel momento scoppiai a piangere, sfogando così tutte le emozioni che provavo. Il fatto che quella sistemazione fosse semplicemente temporanea mi dava una sensazione di profonda tristezza, stavo già immaginando il giorno in cui saremmo stati in quello stesso luogo e io avrei dovuto nuovamente salutare tutti loro, per poi tornare alla mia vita monotona e senza emozioni.

Sì, avevo le mie amiche, però Francesco era in Germania, Ambra e mio fratello erano con lui, tutte le persone più importanti se n'erano andate e io non le avrei potute raggiungere definitivamente finché non si fossero conclusi i miei studi.

Ero davvero giù di morale e Ambra se ne accorse subito.

«Che succede? Non sei felice di essere qui?» mi domandò, stringendomi la mano.

«Sì che lo sono, ma penso già a quando me ne andrò e....»

Francesco mi avvolse le spalle con un braccio, facendomi sobbalzare.

«Scema, non pensare al futuro. Sei arrivata da cinque minuti e già ti deprimi?»

Sorridendo, gli circondai la vita a mia volta.

«Hai ragione, sì, devo smetterla!» concordai.

Notai che Diego e Ambra si scambiavano una furtiva occhiata complice e rafforzai la stretta su Francesco. Volevo sentirlo accanto a me, non ne potevo davvero più di fingere che non avessi bisogno di un contatto con lui.

Ancora non ero certa che lui volesse lo stesso, soprattutto non sapevo se tra noi ci potesse essere qualcosa di importante o se per lui fosse soltanto un'occasione di divertimento, un'avventura estiva con la sorellina del suo amico e niente più.

Ma in quell'esatto istante non me ne fregava niente, tutti i pensieri negativi erano stati spazzati via dalla sua vicinanza. Come sempre, era riuscito nell'intento di tranquillizzarmi.


«Sai, Abby... Francesco mi piace davvero tanto» bisbigliai, per poi scoppiare a ridere.

Io e Ambra eravamo sdraiate sul letto matrimoniale che torreggiava in camera mia. La loro era proprio una bella casa, c'erano tre stanze matrimoniali, un bagno grande e luminoso, un salottino molto accogliente e una bella cucina moderna e attrezzata. L'avevano presa in affitto ad un prezzo molto conveniente, sicuramente in Sicilia non avrebbero mai avuto una simile fortuna.

«Sei sempre la solita, mi fai ridere!»

«Oh, sì, lo so! E lo vorrei proprio qui su questo lettone...»

«Ehi! Giù le mani, io non sono Francesco, sono già impegnata e non sono lesbica!» esclamò la mia amica, mentre allungavo una mano per accarezzarle un braccio. Ridendo, mi rotolai sul materasso e finii supina ai piedi del letto.

«Cretina! Lo vorrei davvero!» protestai.

«Te lo chiamo?»

«No!»

E scoppiai nuovamente a ridere.

Ad un tratto sentii bussare alla porta e mi misi a sedere.

«Posso rompere le scatole?» domandò una voce a me piacevolmente familiare.

«Francesco, vai via, questa è una riunione tra donne!» gridò Ambra, mollandomi una cuscinata che mi buttò nuovamente con la schiena contro il materasso.

«Ah, scusate, eh!»

«Ehi, non è vero!» farfugliai. Saltai addosso alla mia amica e le mollai qualche leggero pugno sulle braccia, mentre lei si dimenava.

«Ma che riunione è? Chissà che state combinando voi due...»

«No, niente! Entra pure, non ascoltare le cazzate di Abby!» conclusi, saltando giù dal letto e cercando di darmi una sistemata. Quella lotta mi aveva scompigliato e sembravo una pazza, con i capelli arruffati e i vestiti spiegazzati.

Quando Francesco aprì la porta, ci mancò poco che mi mancasse il fiato. Indossava una t-shirt grigia e un paio di bermuda sbiaditi, i capelli erano un po' spettinati e gli incorniciavano il viso in maniera buffa, ma che a me dava più l'impressione di essere irrimediabilmente sexy.

«Mi rimarranno i lividi per una settimana per colpa tua...» borbottò Ambra, esaminandosi teatralmente le braccia.

«Così impari!»

«Su, ragazze, perché litigate?» domandò Francesco, un po' preoccupato.

Io e la mia amica ci scambiammo un'occhiata, poi scoppiammo a ridere come due matte.

Ambra scese dal letto e venne ad abbracciarmi, poi esclamò: «Vado a cercare il mio uomo, vi saluto!».

«Il mio uomo...» ripetei, schifata.

Lei ridacchiò e lasciò la stanza saltellando.

Da quando si era trasferita in Germania, Ambra era diventata molto più allegra e fuori di testa, si notava che era felice lì, insieme a mio fratello.

Mi ricordai di botto che io e Francesco eravamo soli quando la porta si richiuse alle spalle della mia amica.

Guardai il ragazzo di sfuggita, poi andai a sedermi sul letto e incrociai le gambe, sorridendo.

«Che c'è? Sono buffo?» chiese lui, facendo qualche passo verso di me.

Il cuore prese a martellarmi prepotentemente nel petto, ma cercai di non dargli troppo ascolto, altrimenti non sarei stata in grado di controllare me stessa e le emozioni avrebbero finito per sopraffarmi.

«Quello sempre. Ma non è per questo che sorrido.»

«E per cosa?»

Prima di rispondere, battei una mano sul materasso, invitandolo a sedersi accanto a me. Lui obbedì, ma si gettò pesantemente sul materasso e finì sdraiato con lo sguardo puntato verso il soffitto.

«Ambra mi mette di buonumore. Sembra proprio felice qui con voi. Tu che ne pensi?»

«Sì, siamo tutti molto contenti di essere qui, in effetti le cose vanno molto bene» concordò, stiracchiandosi un po'. Allungò casualmente un braccio e mi sfiorò la coscia.

Mi immobilizzai, irrigidendomi un po'.

Francesco parve non accorgersene e proseguì: «Però ci dispiace che anche tu non possa vivere qui con noi. Sei ancora una bambina, Sonia».

Sbattei più volte le palpebre, perplessa. Quelle parole mi avevano colpito e non sapevo se in senso negativo o positivo. Le aveva dette in un modo strano, non sembravano piene di cattiveria o superiorità, piuttosto... c'era affetto in loro, come un sentimento di amore fraterno.

La cosa avrebbe dovuto farmi piacere, invece mi disturbò in maniera non indifferente. Avevo già un fratello, non mi interessava che Francesco tentasse di fare lo stesso o mi considerasse in quel modo. Quella consapevolezza mi ferì e mi scosse nel profondo, così piombai automaticamente nel silenzio più assoluto, evitando accuratamente di rivolgergli un solo sguardo.

Lo sentii muoversi sul materasso, poi avvertii chiaramente la sua mano posarsi sulla mia coscia per poi strizzarla leggermente, come se volesse attirare la mia attenzione.

Voltai il capo nella sua direzione e lo trovai sdraiato su un fianco che mi osservava con fare pensieroso.

«Non te la prendere, Sonny» disse infine.

«Figurati...»

«Su, un po' ho imparato a conoscerti, quell'espressione non mi inganna» affermò, carezzandomi leggermente la gamba.

«Quale espressione?»

Ormai ero sulla difensiva, tutta quella situazione mi stava mettendo nettamente a disagio.

A quel punto Francesco ridacchiò, poi mi afferrò per il polso e mi trascinò verso sé, facendo sì che anch'io finissi sdraiata bocconi al suo fianco.

«Ehi...» farfugliai.

«Smettila di mettermi il broncio, mmh? Sì, sei proprio una bambina» ripeté, avvolgendomi in un abbraccio.

Mi si mozzò il fiato e faticai a respirare regolarmente, non mi aspettavo un tale slancio da parte sua. Il fatto di trovarmi su un letto matrimoniale insieme a lui non era per la mia libido un fattore trascurabile, infatti il mio corpo parlava per me e involontariamente si spalmò su quello di Francesco, facendogli sicuramente intendere cosa stavo provando in quel momento. Non avevo la certezza che ci fosse qualcosa di male, perché comunque quando eravamo ancora in Sicilia eravamo usciti insieme e ci eravamo baciati.

Già, quei baci... li ricordavo con trasporto e in quel momento li desiderai ancora, l'attrazione verso Francesco non era cambiata. Ma non potevo sapere se da parte sua le cose erano rimaste invariate, il suo poteva anche essere un semplice abbraccio amichevole o, peggio, fraterno.

«Sei la mia bambina» sussurrò al mio orecchio, stringendomi più forte.

Boccheggiai alla ricerca di una risposta convincente, ma cosa mai potevo dirgli? Quella dichiarazione mi lasciò completamente spiazzata, non riuscivo ad interpretarla e a trovarle un senso logico nella mia mente piuttosto confusa.

«Sonny... va tutto bene?»

Francesco mi scostò da sé in modo da scrutarmi con attenzione.

In quel momento mi resi conto che stavo ansimando e me ne vergognai immensamente, avvampando violentemente. Mi ritrassi da quel contatto e mi raggomitolai su me stessa, serrando gli occhi nel vano tentativo di sottrarmi dal suo sguardo e dal suo esame accurato nei miei confronti.

Per lui ero appena stata un libro aperto, gli avevo fatto capire esattamente cosa stavo desiderando e non avrei mai dovuto farlo. Mi sentivo a disagio, tra noi le cose erano veramente complicate o forse ero io a vederle da un'angolazione completamente diversa e distorta.

«Che fai? Vieni qui, Sonny» mormorò lui, allungando una mano per accarezzarmi i capelli.

«No.»

La mia risposta arrivò sicura e ferma, come mai mi sarei aspettata potesse accadere. Riaprii gli occhi e lo fissai, senza più tradire alcuna emozione. Erano bastati pochi secondi per tornare nella mia corazza, nel mio guscio. Quel chiudermi a riccio in maniera fisica mi aveva catapultato nuovamente nel mio angolino protetto dagli attacchi esterni. E dall'effetto che Francesco aveva su di me. Ora non lo poteva più fare.

In quel momento ripensai a come tutto si era svolto tra di noi, al fatto che ci fossimo baciati, che fossimo usciti insieme e che poi lui aveva voluto lasciare tutto in sospeso perché sarebbe partito in Germania di lì a poco.

E ora? Voleva riavvicinarsi a me come se niente fosse? Ero attratta da quel ragazzo, ma non ero stupida né tanto meno ingenua al punto da credere che per noi ci sarebbe stato un futuro.

Gli voltai le spalle e smisi di badare a lui, alla sua presenza e a ciò che poteva pensare o volere da me.

Rimanemmo in silenzio, poi lui se ne andò e mi lasciò sola.

Sola a pensare, sola a riflettere e a cercare un senso a tutte le cose che erano successe.

Senza riuscire a sfogarmi.

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Capitolo 4
*** Capitolo tre: Black Diamond ***


Capitolo tre: Black Diamond








«Sono una stupida, soltanto una stupida!»

«Sonny, smettila subito! Insomma, credi forse che convincendo te stessa di queste stronzate riuscirai a cambiare qualcosa?» sbottò Ambra, in preda all'esasperazione.

«Lui ha provato... lui ha...» farfugliai.

«Il fatto che lui ti sembri interessato, non significa che tu debba starci per forza! Evidentemente non te la sei sentita, tutto qui» intervenne Diego, per poi sbuffare.

Sapevo che mio fratello non ne poteva più delle mie lamentele e, in effetti, anche io ero stanca di lagnarmi come una bambina. Il problema però sembrava non risolversi: Francesco aveva provato ad avvicinarsi a me, sul letto della mia stanza, e io mi ero chiusa a riccio come una perfetta idiota. Ripensandoci adesso, seduta in quella gelateria stracolma di gente visto il cado che impestava la città ad agosto inoltrato, mi sentivo gelare il sangue nelle vene e avvertivo brividi di incredulità e paura invadermi il corpo. La verità era lampante: mi sentivo in colpa per non essermi gettata tra le braccia del ragazzo che amavo, ma allo stesso tempo qualcosa in me non andava e riuscivo soltanto a pensare che avevo preso la decisione giusta.

«Scusatemi. Sono qui da ieri e già non mi sopportate più, del resto anche io non saprei gestirmi se fossi in voi...» blaterai mentre un cameriere alto e biondo posava sul tavolino inondato dal sole le nostre ordinazioni.

«Adesso mangia quel gelato e taci, donna!» ordinò mio fratello, tuffandosi sulla sua coppa colma di deliziosi gusti colorati.

Seguii il suo consiglio e mangiai in silenzio, mentre ascoltavo le conversazioni incomprensibili di chi ci circondava.

E la mia mente, intanto, vagava per i fatti suoi.

Mentre ero intenta a catturare i residui di gelato al pistacchio dal fondo del contenitore, il mio cellulare mi avvisò dell'arrivo di un messaggio su WhatsApp.

Cercai di non darlo a vedere, ma sapevo perfettamente che poteva essere soltanto una persona.

Afferrai l'apparecchio e controllai con riluttanza, scoprendo che avevo azzeccato.

Il messaggio era di Martina, la cugina di Alice. La mia nuova amica, se così potevo definirla.


Ciao bella, come va in Germania? Mi manchi... ripenso a quel giorno in piscina e mi manchi...


Soffocai un grido e il cellulare rischiò di scivolarmi dalle mani.

«Sonny, che hai?» domandò Ambra preoccupata. Quando vide che non mi decidevo a rispondere, afferrò il mio cellulare e io non opposi resistenza. «Oh, merda... questo cosa significa?» aggiunse poi, dopo aver letto il messaggio di Martina.

«Io... io non lo so...» farfugliai.



Mi preparavo per uscire e non riuscivo a stare tranquilla.

Non potevo credere che Martina mi avesse scritto davvero quelle cose.

Dopo aver parlato per un bel po' con Ambra e Diego, mi ero decisa a risponderle e le cose erano andate di male in peggio.


Ciao... qui tutto bene, grazie! Tu stai bene?


Non starò bene finché non rientrerai a casa, Sonia...


Cosa? Non scherzare dai, Marti!


Chi scherza? Sono seria.


Punto. Sono seria. Punto. Oh, cielo. Non ci stavo capendo niente. Ero andata in Germania per stare con mio fratello e la mia migliore amica, ma soprattutto per Francesco. Io amavo Francesco e volevo stare con lui, prima che lui mi lasciasse per trasferirsi in Germania ne ero certa: non l'avrei mai dimenticato perché rappresentava il grande amore per me, colui che mi faceva battere il cuore e risvegliava in me sensazioni sconosciute o sepolte da tempo immemore.

E poi c'era Martina che mi inviava quei messaggi ambigui, messaggi che non lasciavano intendere nulla di buono o comunque nulla che a me importasse approfondire. Forse Martina era lesbica? O forse era soltanto troppo apprensiva e ossessiva nei miei confronti?

Ci conoscevamo appena, diamine, come poteva essersi attaccata così tanto a me?


Adesso devo uscire, ci sentiamo poi...


Esci con l'amico di Diego, vero? Esci con Francesco...


Usciamo tutti insieme


Perché mi stavo giustificando? Avrei potuto anche dirle che avevo un appuntamento romantico con Francesco, soltanto io e lui. Mi sarebbe piaciuto tanto, ma mi ritrovai a pensare che ormai lo avevo allontanato da me con il mio comportamento del giorno precedente.

Decisi di mollare il telefono in camera e mi diressi in cucina a bere un po' d'acqua: avevo la gola secca e non mi ero ancora truccata, ero inguardabile e confusa come non mai. Proprio non capivo cosa stava succedendo alla mia vita, cosa stava succedendo a me.

Nel corridoio mi imbattei in Francesco, rischiando quasi di sbattergli addosso. Era evidentemente uscito da poco dalla doccia e gironzolava per casa con indosso soltanto un paio di boxer, i capelli umidi gli incorniciavano il viso in maniera disordinata e io mi sentii avvampare per l'imbarazzo. Stavo andando a fuoco dentro e fuori, letteralmente.

«Andavo in cucina a bere...» farfugliai facendo un passo indietro.

«Stai bene?» domandò invece lui, ignorando il mio patetico e inutile tentativo di giustificarmi. Ultimamente tentavo di giustificare le mie azioni un po' troppo spesso, dovevo smetterla.

«Certo che sì!» mi affrettai a ribattere.

«Sonia...»

Stavo per oltrepassarlo e filare dritta in cucina, quando lui pronunciò il mio nome e automaticamente mi fermai. Allungò una mano e mi posò l'indice sotto il mento, costringendomi poi a guardarlo negli occhi.

«Cosa vuoi?» mi sentii dire. Ero stata troppo brusca, avevo usato delle parole che non avrei voluto usare, avevo sbagliato tutto anche questa volta e il pentimento si insinuò in me come uno spillo, ferendomi e lasciandomi piena di vergogna e risentimento verso me stessa.

«Voglio sapere perché sei così distante» affermò Francesco con sicurezza. Neanche il fatto che fosse di fronte a me a petto nudo lo imbarazzava, era come se si sentisse a suo agio o la cosa non gli importasse minimamente.

«Io non... non sono distante.»

A quel punto Francesco mi si avvicinò e mi attirò a sé. Mi ritrovai con il viso premuto sulla sua pelle umida, incastrata tra le sue braccia e l'incavo della sua spalla.

Mi irrigidii completamente, spiazzata da quel contatto improvviso.

«Allora perché fai così? Perché non ti lasci abbracciare?» mormorò al mio orecchio.

Dovevo smetterla subito. Sospirando, mi lasciai andare contro il suo corpo e allora cominciai a percepire tutto il suo calore, il suo profumo, la sensazione vellutata della sua pelle contro la mia. Mi lasciai invadere da lui e mi ritrovai a stringerlo, accarezzandogli la schiena e chiudendo gli occhi per avvertirlo meglio.

«Scusa» sussurrai, non sapendo cos'altro dire.

«Averti tra le braccia è la sensazione migliore del mondo, Sonia» dichiarò, la voce inondata da un sorriso colmo di emozione.

Non potevo credere che finalmente fossimo ancora una volta così, insieme, stretti nella dolce morsa dei nostri sentimenti. Non potevo credere che inizialmente l'avessi quasi respinto, mi fossi rifiutata di vivere quei momenti belli e intensi da morire.

D'istinto, lasciai un piccolo bacio sulla sua spalla e Francesco scoppiò a ridere. Sentire il suo corpo vibrare contro il mio mi fece fremere. Era indescrivibile.

Mi allontanò da sé e mi guardò negli occhi per un po', scrutandomi nel profondo. Poi mi lasciò un bacio a fior di labbra e ridacchiò ancora, annullando definitivamente il nostro contatto.

«Vado a prepararmi, stasera ci divertiremo. Se continuo ad averti qui intorno, perderò la concentrazione» spiegò, per poi scomparire in camera sua.

Ridendo, mi fiondai in cucina. Ora la mia gola era ancora più secca.



«Continua a dirmi che le manco e che non riesce a darsi pace perché non sa cosa faccio, con chi esco...» raccontai sull'orlo della disperazione a Sonia, mentre aspettavo che uscisse dal bagno del pub in cui ci eravamo accampati da più di un'ora.

«Oddio, ho paura! Lo hai detto ad Alice?» gridò lei scandalizzata, poi tirò lo sciacquone e mi raggiunse nell'antibagno.

Ci lavammo le mani in silenzio, poi risposi: «No, non posso. Non vorrei creare casini, ingigantire questa cosa... Martina è sua cugina, lei le vuole troppo bene! Però ne ho parlato con Laura».

«Ecco, hai fatto bene, lei saprà sicuramente cosa consigliarti!» commentò Ambra, sistemandosi in fretta i capelli di fronte al grande specchio non troppo pulito.

Ammiravo come lei riuscisse a passare sopra a tutti i dissapori avuti con Laura, alle occhiatacce e al fatto che la mia amica non l'avesse mai sopportata. Ma per Ambra era acqua passata, per lei non era successo niente. Del resto, Laura non aveva fatto qualcosa di veramente grave, non si era comportata come Anna o Valeria. Semplicemente, Ambra non le era mai piaciuta e si era limitata a non nasconderlo alla diretta interessata.

«Lau dice che Martina è lesbica» raccontai, porgendo la matita per gli occhi alla mia amica. «Ma io non ci credo tanto... Laura a volte è un po' pettegola, un po' maligna...»

«Però si spiegherebbero i messaggi di Martina.»

Forse aveva ragione, forse no. Ma perché dovevo pensarci? Non ne potevo già più! Ero venuta in vacanza per svagarmi e divertirmi, non per entrare in paranoia in ogni momento della giornata.

Scossi il capo e sorrisi.

«Io e Francesco ci siamo abbracciati. Lui era mezzo nudo.»

Ambra rischiò di cavarsi un occhio con la matita, così la allontanò dal viso e mi guardò con aria sorpresa attraverso lo specchio.

Ci fu un istante in cui mi sentii un po' come Alice che vive la sua avventura al di là dello specchio e crede che tutto sia reale, che esista davvero quel mondo oltre la fredda parete di vetro in cui si riflette la sua immagine. Un mondo di opposti, un mondo di fatti inspiegabili, dominato da grandi mani invisibile che giocano a scacchi con la sua vita.

Sbattei le palpebre. Stavo diventando matta.

«Cosa significa?» chiese Ambra.

Le raccontai tutta la scena e lei cominciò a ridacchiare e saltellare per tutta la stanza, finché non entrarono delle altre ragazze e le lanciarono un'occhiataccia.

Raggiungemmo nuovamente i ragazzi, continuando a ridere.

Una cameriera sostava di fronte al nostro tavolo e sbatteva le sue tette enormi in faccia a mio fratello. Sentii, ancora prima di vederla, la rabbia invadere la mia migliore amica e trasfigurarle il viso.

Raggiunse il suo ragazzo a passo di marcia e si sedette accanto a lui con foga, attirando così l'attenzione di Diego e della tedesca in abiti succinti.

«Abbiamo già ordinato, grazie, puoi andare» ringhiò Ambra, afferrando Diego per un braccio e stringendolo forte.

Lui annuì, deglutendo a fatica per evitare di lamentarsi per il dolore.

I due, non appena la cameriera se ne fu andata, cominciarono a battibeccare.

«Sembravi un'esaltata! C'era bisogno di fare così?»

«Sì, caro Diego! Dato che ti stavi godendo il panorama!»

«Ambra, non essere ridicola! Quale panorama?»

«Devo anche specificarlo? Andiamo!»

«Sei gelosa? Insomma, è ridicolo!»

«Certo che sono gelosa, è ovvio che lo sono!»

A quel punto Francesco sospirò e si alzò, guardandomi con aria complice.

«Mi accompagni fuori? Qui dentro si muore dal caldo.»

Annuii e afferrai la mano che mi tendeva.

Ci allontanammo verso l'uscita, lasciando che i piccioncini litigassero tra loro. Mi ero dovuta trattenere per non ridere durante la loro discussione: erano veramente carini e dolci insieme, ne ero sempre più convinta!

Io e Francesco raggiungemmo la terrazza del pub, trovandola poco popolata e illuminata da qualche lanterna dalla luce tenue che conferiva al tutto un aspetto romantico, un'atmosfera gradevole e calda.

Ci appoggiammo con i gomiti sulla balaustra e osservammo il panorama notturno, la città disseminata di miliardi di piccole luci che ricordava molto un albero di Natale addobbato alla perfezione. Era tutto magico quella notte, anche se non sapevo spiegarmi il perché.

Francesco afferrò nuovamente la mia mano e intrecciò le sue dita alle mie.

Mi sentivo bene, in quel momento non avrei potuto desiderare di meglio. Mi accostai un po' di più a lui e posai la testa sulla sua spalla.

Lasciò andare la mia mano e mi circondo la vita con le braccia. Mi ritrovai con le spalle rivolte alla notte luminosa oltre il terrazzo, il suo corpo premuto contro il mio e le sue labbra così vicine e invitanti che i miei pensieri si concentrarono unicamente sul bacio che volevo ricevere da esse.

«Se ti bacio, mi prometti che non scappi?» mormorò con gli occhi che sorridevano e brillavano, fissi sui miei.

«Baciami e sta' zitto» conclusi.

E allora ci fondemmo in un unico elemento, trovando subito un'intimità che solo i baci più dolci e profondi possono trasmettere. Ci abbandonammo a quel contatto magico, già vissuto ma in qualche modo nuovo e inesplorato.

Fu come se quel pub, lontano mille miglia dal nostro nido in Sicilia, avesse sciolto le nostre emozioni, le inibizioni e i dubbi. Come se quella notte, quel panorama, quelle luci lontane e quel luogo ci avessero finalmente condotto l'uno tra le braccia dell'altra, cullati da sentimenti inespressi e indescrivibili.

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