If I'll be There di Kim WinterNight (/viewuser.php?uid=96904)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Sonne ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno: Bullet in the Head ***
Capitolo 3: *** Capitolo due: Travellin' Senses ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre: Black Diamond ***
Capitolo 1 *** Prologo: Sonne ***
Prologo:
Sonne
(
https://www.youtube.com/watch?v=-xmCb7wuaas
)
La mia vita non era più
la stessa da tempo, ma quando lo osservai partire mi resi conto che
sarebbe cambiata definitivamente.
Avevo perso Francesco,
poi Ambra e adesso anche mio fratello se ne stava andando. Chissà
quando l'avrei rivisto, non osavo neanche pensarci.
Avrei voluto andare con
lui, in modo da ritrovare tutte le persone che mi mancavano, ma
sapevo di non poterlo fare.
Tuttavia, i miei genitori
mi sorpresero come mai era successo prima d'allora.
Ormai Diego era partito
da qualche giorno e sapevo che si trovava bene a casa di Ambra, in
Sardegna. Io ero molto abbattuta, ma cercavo di farmi forza e di non
pensarci.
Mentre io e mia madre
finivamo di apparecchiare, rientrò anche mio padre e i due si
rivolsero uno sguardo complice. Non riuscii ad afferrarne il
significato e continuai ad arrampicarmi sul mobile fino a raggiungere
i bicchieri posti troppo in alto per la mia minuta statura.
Intanto, Whatsapp
scoppiava di messaggi nella tasca dei miei pantaloncini e io mi
domandai pigramente come avrei potuto leggerli tutti. I miei genitori
ormai non facevano più caso alle continue notifiche, pensando
che comunicassi molto con mio fratello e la sua ragazza.
Una volta seduti a
tavola, i miei si scambiarono un'altra occhiata, sorridendo in
maniera enigmatica.
«Che succede?»
chiesi, sorridendo di rimando. Sembravano contenti e mi sembrava il
minimo condividere quel sentimento.
«Abbiamo deciso di
farti un regalo» annunciò infine mio padre. Quando c'era
qualche sorpresa o segreto di mezzo, non riusciva mai a trattenersi
troppo. Il suo carattere aperto e sincero gli impediva di tenersi
sempre tutto dentro.
«Il solito
impaziente» lo rimproverò mamma, ridendo. Lei, invece,
era più discreta e capace di controllarsi. Lavorare a stretto
contatto con il pubblico, come faceva durante le sue estenuanti
giornate alle Poste, l'aveva resa meno impetuosa e impulsiva.
«Perché?»
sbottai.
Io ero un misto tra i
due: se da un lato ero curiosissima di sapere la novità,
dall'altro stentavo a crederci e tenevo i piedi ben piantati per
terra, senza farmi sopraffare da troppo entusiasmo.
«Sappiamo che
finirai per impazzire qui, per il resto dell'estate» disse
mamma, versandosi un po' di vino rosso.
«Perciò, ti
spediamo da tuo fratello in Germania!» esclamò papà,
sollevando una mano per invitarmi a battere il cinque.
Tuttavia, rimasi
impalata, spostando lo sguardo dall'uno all'altra, incapace di
assimilare subito quelle parole.
«Voi... cosa?»
«Hai capito bene.
Partirai tre due settimane, almeno lui e Ambra avranno il tempo di
sistemarsi e poi tu potrai raggiungerli.»
In quel momento, la prima
cosa che mi venne in mente fu che avrei volentieri strozzato mio
fratello e la sua ragazza. Perché non mi avevano avvertito?
Ma poi il mio cervello
cominciò a vagare e mi immaginai lì, in Germania,
felice, tra le braccia di Francesco...
Balzai in piedi e corsi
ad abbracciare prima mio padre, poi mia madre, avvertendo una gioia
indescrivibile invadermi il petto.
Non avrei mai pensato che
sarebbe successo davvero, mi sentivo elettrizzata e non vedevo l'ora
di raccontarlo alle mie amiche!
«Ah, Sonny... non
dire niente ad Ambra, Diego vuole farle una sorpresa» mi ammonì
mamma, strizzandomi l'occhio.
Annuii e mi sciolsi in un
sorriso, tornando a sedermi.
«Tuo fratello è
proprio innamorato» sospirò papà, con
un'espressione beata dipinta in viso.
Presi a mangiare con
appetito, mentre la mia mente vagava lontano.
Chissà se un
giorno i miei genitori sarebbero stati felici anche per me, come lo
erano per Diego.
Whatsapp era sommerso di
messaggi e io non sapevo da dove cominciare a leggerli.
Francesco ebbe la
priorità, perché mi raccontava di quanto fosse bello in
Germania e io gli comunicai la sorpresa che i miei genitori avevano
deciso di farmi.
Lui parve contento di
sapere che ci saremmo rivisti presto, ma io cercai di non farmi
illusioni. Ero da sempre stata una ragazza realista e un po' cinica,
anche se in amicizia donavo tutta me stessa. L'amore non l'avevo
ancora sperimentato, se si escludevano quelle poche uscite con
Francesco prima che lui partisse.
Avevo avuto qualche altro
appuntamento, ma niente di importante. Del resto, avevo soltanto
sedici anni, non avevo fretta di avere chissà quali esperienze
anche se mi piaceva divertirmi, uscire con le mie amiche e fare
shopping.
Lessi un sacco di altri
messaggi, mentre mi mettevo ad ascoltare un po' di musica dal mio
fedele lettore mp3.
Le mie amiche mi
proposero di uscire il giorno seguente, per andare tutte insieme in
piscina a divertirci.
Laura aveva creato
addirittura il “Gruppo della piscina”. Era lei l'esperta
di social network e chat, ne sapeva una più del diavolo e su
certi argomenti non la batteva nessuno.
Un messaggio all'interno
del gruppo mi colpì:
Viene anche
Marti! :)
Era stata Alice a
scriverlo e io mi sentii stranamente nervosa.
Martina era la cugina di
Alice e da qualche tempo aveva cominciato ad uscire con noi.
Non eravamo diventate
amiche, ci eravamo limitate a rivolgerci qualche saluto e niente di
più.
Quella ragazza mi
indisponeva e non sapevo perché.
Poi lessi un messaggio di
Diego che fece svanire ogni sensazione negativa:
Sorellina,
piaciuta la sorpresa? Non vedo l'ora di rivederti, nanerottola!
Chissà che faccia farà Abby ;) notte
Buonanotte
barbone ;)
E mentre immaginavo
quanto sarebbero state belle le mie vacanze, nelle mie orecchie si
espansero le prime note di 'Sonne' dei Rammstein, accompagnate dalla
voce del loro favoloso cantante.
Mentre la ascoltavo e
cantavo inventandomi il 95% delle parole, mi venne da ridere e mi
rotolai sul letto.
Chissà, magari tra
le strade di Berlino, durante una bella giornata all'insegna dello
shopping, avrei incontrato qualcuno di quei pazzi.
Sì, stavo
delirando, ma ero davvero felice.
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Capitolo 2 *** Capitolo uno: Bullet in the Head ***
Capitolo
uno: Bullet
in the Head
La
giornata in piscina si prospettava abbastanza tranquilla, anche se mi
sentivo leggermente in ansia. La pancia mi faceva un po' male, ma non
avrei rinunciato a quelle ore di relax. Prima di partire in Germania,
volevo uniformare la mia scarsa abbronzatura giusto per non
confondermi con la gente del luogo.
Con
la borsa arancione in spalla, salutai i miei genitori e mi precipitai
giù dalle scale, dove Laura già mi aspettava con un
sorriso a trentadue denti.
«Buongiorno
Lau, pronta per la piscina?»
«E
secondo te? Ci ho messo un secolo a convincervi tutte! Siete dei
bradipi...» borbottò, incamminandosi verso casa di
Alice.
«Senti
chi parla! Fino a prova contraria noi abbiamo proposto di vederci
alle otto e mezza, guarda che ore sono!»
«Io
sono una donna impegnata e stanca, cosa credi?!»
Le
lanciai un'occhiataccia, poi scoppiammo a ridere.
Adoravo
Laura, perché lei era leggermente meno tranquilla di me, ma
anche meno riflessiva e un po' più ingenua.
Una
volta sotto casa di Alice, attendemmo per qualche istante che lei e
sua cugina scendessero, così ne approfittai per raccontare a
Laura i dettagli sulla sorpresa che i miei mi avevano fatto.
«E
rivedi Francesco? Uh, sono sicura che tra voi succederà
qualcosa, poi sarete senza genitori e adulti tra le scatole... qui ci
scappa un pargoletto!»
«Ma
la pianti? Che cretina che sei! Sta' zitta!» risi, mollandole
una gomitata sulle costole.
«Ma
dai, Sonny, non vorrai farmi credere che non ti piacerebbe?»
«Cosa?»
chiesi stranita.
«Farlo
con lui...»
«Ma
questo cos'ha a che vedere con un pargoletto? Tu sei fuori!»
esclamai indignata.
«E
smettila di fare la santarellina...»
«Laura...»
«Ciao!»
ci interruppe la voce squillante di Alice, ponendo fine a quello
sproloquio controproducente.
«Ali!»
strillò Laura, saltandole letteralmente addosso. Tra quelle
due era sempre così, ma io avevo impedito ad entrambe di fare
lo stesso con me, perché proprio non lo sopportavo.
Dopo
che le due ragazze si separarono, Martina si fece avanti e ci salutò,
rivolgendomi un'occhiata complice mentre osservava le due pazze che
ancora strillavano come matte.
«Finitela
di dare spettacolo, sceme!» le rimproverò Martina
ridendo.
«Dai
andiamo» tagliai corto.
Una
volta giunte in piscina, Laura si lamentò per la mancanza di
Valeria, mentre io scuotevo il capo esasperata.
«Non
ti sta simpatica?» si informò Martina, sedendosi nel
lettino accanto al mio.
«Ha
trattato molto male la mia amica Ambra» spiegai senza entrare
nei dettagli.
«Ehi,
Sonny, non puoi prendertela solo con lei! Ambra ha combinato un sacco
di casini, ricordi come ha umiliato la povera Anna? Quella ragazza ha
problemi mentali e lei...»
«Ma
Laura, ha cercato di ucciderci!» sbottai, incredula. Come
poteva giustificare Anna in quel modo? Ancora tremavo al ricordo di
mia cugina che irrompeva in casa nostra e ci minacciava. Ambra in
quel momento era stata davvero forte, l'aveva colpita con una padella
facendole perdere i sensi e salvando la vita di mio fratello, oggetto
dei desideri più malati e perversi di nostra cugina.
«Non
è stabile, mentalmente parlando» precisò ancora
Laura, guardandomi con le sopracciglia aggrottate.
«Lau,
non dire stronzate. Per colpa di Anna loro hanno rischiato la vita»
commentò Alice, sbuffando.
«Okay,
forse è vero, ma questo non ha niente a che vedere con
Valeria!»
«Ambra
si è confidata con lei, Laura. È come se io andassi a
sputtanarti in giro dopo che tu mi dici i tuoi segreti... ti
piacerebbe?» la rimbeccò ancora Alice.
«Ma
lei ha tenuto nascosto a Sonia che le piaceva suo fratello, che razza
di amica è una così?!»
«Adesso
basta, mi hai stancato!» saltai su, stringendo i pugni. Con uno
scatto mi allontanai dagli ombrelloni che avevamo occupato, mi sfilai
il leggero vestito che indossavo e mi gettai in acqua senza neanche
pensarci.
Compresi
immediatamente che non era stata una buona idea, perché
l'impatto con l'acqua gelida mi fece sussultare e quasi gridai per la
sorpresa.
Anche
se erano quasi le undici, la piscina era ancora in ombra, perciò
l'acqua non aveva fatto in tempo a scaldarsi.
Cominciai
a nuotare per combattere il freddo e le parole piene di cattiveria di
Laura mi tornarono in mente, taglienti come se qualcuno mi avesse
sparato sulle tempie. Mi ricordai di quando Ambra mi aveva confidato,
un giorno, di avere avuto l'impressione che Laura non la sopportasse
più di tanto. In quel momento ne avevo avuto la conferma, la
mia amica non aveva esitato a sparlare di lei e questo mi mandava in
bestia. Prima di tutto, Laura non conosceva Ambra, non sapeva tutto
ciò che era successo tra lei e Diego, tutti i problemi che lei
aveva affrontato a causa di Anna e Valeria, della quale si era fidata
e che poi aveva scoperto, nel modo peggiore, essere una persona falsa
e insensibile.
Io
avevo perdonato Ambra da molto tempo e da quando era partita mi
mancava moltissimo, non sopportavo che qualcuno la ingiuriasse in
quel modo. Specialmente se quel qualcuno era una persona prevenuta
come Laura, la quale si affidava e basava fin troppo spesso sulle
apparenze.
Osservai
per un po' le altre persone presenti in piscina ma era come se non le
vedessi realmente, immersa com'ero nei miei pensieri.
Quando
Martina mi raggiunse in acqua, rimasi un po' sorpresa perché
speravo che sarebbe arrivata Laura e mi avrebbe chiesto scusa per il
suo comportamento disdicevole.
«Sei
arrabbiata?» mi domandò la cugina di Alice, nuotando
verso di me.
«Abbastanza.
Mi dispiace di essermene andata così, però Laura mi ha
fatto proprio incazzare. A volte è pesante e non si accorge
che esagera. Siamo amiche da un po', ho imparato a conoscerla, ma ci
sono dei momenti in cui vorrei strozzarla, sai com'è»
raccontai, sorridendo. Mi era venuto spontaneo, perché mentre
parlavo mi resi conto di star confidando quei pensieri ad una ragazza
che neanche conoscevo.
Mi
venne in mente Ambra e mi maledissi: era un grosso, grossissimo
errore.
Così
mi affrettai ad aggiungere: «Ma va sempre così tra noi,
risolveremo presto».
Io
e Martina rimanemmo in silenzio, poi lei annuì e si tuffò
immergendosi completamente in acqua. Quando riemerse, aveva i capelli
solitamente ricci e voluminosi schiacciati in testa e molto più
lunghi del normale.
Il
suo viso dai lineamenti marcati era abbronzato alla perfezione e per
un attimo desiderai essere come lei. A quel punto venni invasa da una
strana sensazione, come se qualcosa di ignoto si agitasse in me,
lanciandomi dei segnali che però non riuscivo a cogliere.
Lanciai
un'altra occhiata in direzione di Martina e notai che si passava le
mani sul viso per asciugarlo un po', mentre rimaneva faticosamente a
galla.
Istintivamente
allungai un braccio verso di lei, poi notai il suo sguardo farsi
sorpreso e dissi: «Se sei stanca, ci avviciniamo al bordo».
Lei
sorrise e ignorò la mia mano, immergendosi nuovamente. Nuotò
fino a bordo piscina e poi si voltò a guardarmi con aria
divertita.
«Ehi!
Io ti offro il mio aiuto e tu mi abbandoni qui?» protestai,
raggiungendola velocemente.
«Ammettilo,
Sonia... era solo un pretesto per toccarmi.»
Mi
bloccai con la mano a pochi centimetri dal bordo, mentre un'ondata di
imbarazzo mi investì con impeto, facendomi pulsare nuovamente
le tempie.
Non
capivo perché quel giorno tutto ciò che gli altri
dicevano aveva l'effetto di un proiettile nel mio cervello.
Perché
Martina se n'era uscita con certe basse insinuazioni? Che le era
saltato in mente? Quella battuta mi ricordava tanto le solite
cretinate che dicono i ragazzi quando vogliono cercare di abbordare
una ragazza che non se li fila di striscio.
Martina
non smise di sorridere con aria maliziosa e mi schizzò,
cercando di risvegliarmi da quella strana fase di trance.
«No,
che fai?! E poi io non sono lesbica!» gridai ridendo, con
l'intenzione di sdrammatizzare.
L'atmosfera
si era fatta fin troppo pesante e quella era la seconda volta che
succedeva durante la giornata in corso.
Nello
sguardo di Martina parve comparire fugacemente un'ombra, ma fu così
rapida a scomparire che alla fine mi convinsi di essermelo soltanto
immaginato.
«Questo
lo dici tu, Sonny!»
A
parlare era stata Alice, che intanto ci aveva raggiunto a bordo
piscina. Si sedette con i piedi nell'acqua e rabbrividì
visibilmente.
«Hai
forse dei dubbi?» ribattei, pronta a farle il bagno in caso
avesse risposto in maniera sbagliata.
«No,
no, okay! Tutto quello che vuoi ma non bagnarmi, ho freddo!»
boccheggiò, abbracciandosi il corpo con le braccia per tentare
di infondersi un po' di calore.
Poco
dopo notai Laura in piedi poco distante. Aveva un'espressione da cane
bastonato, segno che probabilmente si era pentita di ciò che
aveva detto o, almeno, del modo in cui si era espressa.
Le
feci cenno di avvicinarsi, dicendo: «Avvicinati, Lau, non
startene lì tutta sola».
Era
incredibile come avessi già accantonato la rabbia, ma forse
parlare con Martina e scherzare con lei mi aveva aiutato ad
assimilare la cosa e a non darle troppa importanza. Del resto, io
stessa avevo ammesso di sapere esattamente com'era fatta Laura,
perciò dovevo cercare di passare sopra a quelli che erano i
suoi difetti, come lei e tutte le altre facevano con me. Questa era
l'amicizia, dopotutto.
La
mia amica fece qualche passo avanti e io ne approfittai
immediatamente per schizzarla. Lei gridò, poi si gettò
in acqua e mi raggiunse di tutta fretta, in preda alla voglia di
vendicarsi per quel gesto villano.
«Ti
ammazzo Sonia! Tu non torni viva a casa tua, altro che Germania!»
gridò, facendo un casino bestiale per cercare di raggiungermi
e attirando così l'attenzione di tutti i presenti.
«Ma
era un segno di pace!» mi giustificai, scappando da una parte
all'altra.
Alla
fine Laura mi afferrò per una gamba e mi strattonò
verso di sé, intrappolandomi tra le sue braccia. Tentò
immediatamente di affogarmi e io mi dimenai, ridendo come una pazza e
strillando senza neanche rendermene conto.
Prima
di finire sott'acqua, arrivò il terzo proiettile della
giornata: lo sguardo triste e penetrante di Martina mi trafisse,
lasciandomi con un peso nel cuore che non seppi interpretare.
Il
tempo era trascorso così veloce che neanche ci avevo fatto
caso, impegnata com'ero nei preparativi per il viaggio. Mi sentivo
talmente elettrizzata che passavo il tempo ad ascoltare musica e
ballare, lasciando che quelle sensazioni rimanessero solo mie.
Avevo
evitato accuratamente di stressare Francesco, non sapendo esattamente
se anche lui provasse le mie stesse emozioni. Non riuscivo a capire
se lui era felice quanto me del fatto che stessimo per rivederci.
Diego
diceva che mancavo a tutti loro, ma non avevo idea se in
quell'insieme rientrasse anche Francesco. Mi sarebbe piaciuto tanto
saperlo, ma non potevo certo porre continuamente domande di questo
tipo.
Anche
se io e Francesco eravamo usciti prima che lui partisse, le cose non
erano affatto decollate come tutti pensavano. Forse lui non voleva
impegnarsi con me sapendo che sarebbe partito presto, eppure mi
sembrava che fosse interessato.
Ci
eravamo baciati e sussurrati parole dolci, ma tutto finiva lì.
Forse
Laura aveva ragione: il viaggio avrebbe sicuramente potuto aiutarci,
se le cose non fossero migliorate in Germania, avrei dovuto comiciare
a farmene una ragione. Lui mi piaceva molto, ma allo stesso tempo
avevo tante paure che mi attanagliavano. Non avevo mai avuto una
relazione seria prima d'allora, così mi ritrovavo per la prima
volta a ragionare sulle implicazioni di una tale scelta.
In
ogni caso, ero pronta ad affrontare tutto ciò che sarebbe
accaduto, non potevo scappare.
Quella
sera, l'ultima prima della partenza, ero molto agitata e chiesi alle
mie amiche di vederci, perché avevo bisogno di calmarmi e
distrarmi un po'.
Io,
Laura e Alice trascorremmo qualche ora insieme e ci divertimmo molto,
mentre loro non facevano altro che prendermi in giro asserendo che
sarei finita a letto con Francesco ancor prima di scendere
dall'aereo.
«Ma
per chi mi avete preso?!»
«Voi
due vi amate così tanto...» sospirò Alice.
«Già,
Ali... immagina che bei bambini nasceranno dalla loro unione...»
le fece eco Laura.
«Ma
piantatela, vi prendete sempre gioco di me e pensate che io sia una
sgualdrina come Fatima Azuni!» protestai.
«Noi
non abbiamo detto nulla di simile!» si difese Laura.
Ci
fissammo per un attimo, poi esclamammo in coro: «Bleah!».
Sì,
nonostante tutto, quelle due pazze mi sarebbero mancate
terribilmente.
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Capitolo 3 *** Capitolo due: Travellin' Senses ***
Capitolo
due: Travellin'
Senses
Mi
sedetti ad aspettare, in fibrillazione.
Sapevo
che sarebbero arrivati presto, però ero molto impaziente. Il
viaggio in aereo mi aveva scombussolato, desideravo soltanto vedere
Francesco e assicurarmi che tra noi non fosse cambiato nulla, avevo
l'impellente necessità di un po' di certezze. Tutto qui.
Chiedevo
troppo?
E
Ambra... quanto mi mancava Ambra!
Avevamo
trascorso dei bellissimi momenti insieme ed ero felice che mio
fratello si fosse innamorato di una ragazza come lei.
Li
aspettavo nella sala d'attesa dell'aeroporto e non ne potevo più.
Tutti parlavano in tedesco, io non ci capivo niente ma ero
elettrizzata all'idea che, il giorno che fossi ripartita, avrei di
sicuro portato con me qualche nozione di quella lingua complicata ma
affascinante.
Quando
notai la figura familiare di Francesco avanzare verso di me, balzai
dalla sedia di ferro battuto e mi precipitai nella sua direzione e mi
gettai letteralmente tra le sue braccia, stringendolo forte e
sentendo subito il suo delizioso odore. Solo allora mi accorsi di
quanto mi fosse mancato fino a quel momento, la sua presenza riusciva
a rendermi tranquilla.
Le
sue braccia mi strinsero forte, mentre io scoppiavo a piangere per la
gioia di averlo nuovamente con me.
«Sonny...
ehi, fatti guardare» disse, scostandomi da sé e
scrutandomi in viso.
Lui
non era cambiato affatto. Era bellissimo, con i capelli arruffati e i
lineamenti marcati del viso, gli occhi scuri e profondi fissi nei
miei e il sorriso più bello che avessi mai visto.
«Sei
sempre più bella» commentò, poi mi strizzò
l'occhio e si accostò a me per baciarmi sulla guancia.
Imbarazzata,
mi affrettai a domandare: «Gli altri dove sono?».
«In
macchina. Mi hanno spedito a prenderti, dicendo che ti avrebbe fatto
piacere» spiegò Francesco, adoperandosi per afferrare la
mia grande valigia.
Non
mi opposi, ero stanca e avevo già il trolley da trascinarmi
dietro. Mi pareva già abbastanza per i miei standard del
momento.
«Fra,
certo che mi fa piacere. Sono contenta di essere arrivata, sono
stanca ma contenta. E anche Ambra mi manca tanto...»
farneticai, seguendolo mentre si dirigeva all'uscita.
«Diego
no?»
«No,
il barbone non mi manca mai!»
Francesco
mi lanciò un altro sguardo divertito con tanto di occhiolino
integrato. Se continuava di questo passo, sarei stata costretta ad
impormi di controllare le mie reazioni. Mi era mancato davvero
troppo, per noi non c'era stato abbastanza tempo, non avevamo avuto
tante occasioni per stare un po' insieme e il fatto che comunque ci
fossimo baciati in passato, forse significava che tra noi c'era
qualcosa di speciale. O forse mi stavo semplicemente illudendo
troppo.
Decisi
di non pensarci e continuai a parlare con Francesco di come fosse
andato il viaggio, finché non raggiungemmo la sua macchina,
dove trovammo Ambra e Diego ad attenderci. Erano stretti in un
abbraccio, ma non appena Ambra mi vide, si divincolo dalla stretta di
mio fratello e mi stritolò in un abbraccio bellissimo.
«Sonny,
quanto mi sei mancata! Ancora non ci credo che sei qui con noi,
vorrei non te ne andassi più!»
Ricambiai
il suo gesto e in quel momento scoppiai a piangere, sfogando così
tutte le emozioni che provavo. Il fatto che quella sistemazione fosse
semplicemente temporanea mi dava una sensazione di profonda
tristezza, stavo già immaginando il giorno in cui saremmo
stati in quello stesso luogo e io avrei dovuto nuovamente salutare
tutti loro, per poi tornare alla mia vita monotona e senza emozioni.
Sì,
avevo le mie amiche, però Francesco era in Germania, Ambra e
mio fratello erano con lui, tutte le persone più importanti se
n'erano andate e io non le avrei potute raggiungere definitivamente
finché non si fossero conclusi i miei studi.
Ero
davvero giù di morale e Ambra se ne accorse subito.
«Che
succede? Non sei felice di essere qui?» mi domandò,
stringendomi la mano.
«Sì
che lo sono, ma penso già a quando me ne andrò e....»
Francesco
mi avvolse le spalle con un braccio, facendomi sobbalzare.
«Scema,
non pensare al futuro. Sei arrivata da cinque minuti e già ti
deprimi?»
Sorridendo,
gli circondai la vita a mia volta.
«Hai
ragione, sì, devo smetterla!» concordai.
Notai
che Diego e Ambra si scambiavano una furtiva occhiata complice e
rafforzai la stretta su Francesco. Volevo sentirlo accanto a me, non
ne potevo davvero più di fingere che non avessi bisogno di un
contatto con lui.
Ancora
non ero certa che lui volesse lo stesso, soprattutto non sapevo se
tra noi ci potesse essere qualcosa di importante o se per lui fosse
soltanto un'occasione di divertimento, un'avventura estiva con la
sorellina del suo amico e niente più.
Ma
in quell'esatto istante non me ne fregava niente, tutti i pensieri
negativi erano stati spazzati via dalla sua vicinanza. Come sempre,
era riuscito nell'intento di tranquillizzarmi.
«Sai,
Abby... Francesco mi piace davvero tanto» bisbigliai, per poi
scoppiare a ridere.
Io
e Ambra eravamo sdraiate sul letto matrimoniale che torreggiava in
camera mia. La loro era proprio una bella casa, c'erano tre stanze
matrimoniali, un bagno grande e luminoso, un salottino molto
accogliente e una bella cucina moderna e attrezzata. L'avevano presa
in affitto ad un prezzo molto conveniente, sicuramente in Sicilia non
avrebbero mai avuto una simile fortuna.
«Sei
sempre la solita, mi fai ridere!»
«Oh,
sì, lo so! E lo vorrei proprio qui su questo lettone...»
«Ehi!
Giù le mani, io non sono Francesco, sono già impegnata
e non sono lesbica!» esclamò la mia amica, mentre
allungavo una mano per accarezzarle un braccio. Ridendo, mi rotolai
sul materasso e finii supina ai piedi del letto.
«Cretina!
Lo vorrei davvero!» protestai.
«Te
lo chiamo?»
«No!»
E
scoppiai nuovamente a ridere.
Ad
un tratto sentii bussare alla porta e mi misi a sedere.
«Posso
rompere le scatole?» domandò una voce a me piacevolmente
familiare.
«Francesco,
vai via, questa è una riunione tra donne!» gridò
Ambra, mollandomi una cuscinata che mi buttò nuovamente con la
schiena contro il materasso.
«Ah,
scusate, eh!»
«Ehi,
non è vero!» farfugliai. Saltai addosso alla mia amica e
le mollai qualche leggero pugno sulle braccia, mentre lei si
dimenava.
«Ma
che riunione è? Chissà che state combinando voi due...»
«No,
niente! Entra pure, non ascoltare le cazzate di Abby!»
conclusi, saltando giù dal letto e cercando di darmi una
sistemata. Quella lotta mi aveva scompigliato e sembravo una pazza,
con i capelli arruffati e i vestiti spiegazzati.
Quando
Francesco aprì la porta, ci mancò poco che mi mancasse
il fiato. Indossava una t-shirt grigia e un paio di bermuda sbiaditi,
i capelli erano un po' spettinati e gli incorniciavano il viso in
maniera buffa, ma che a me dava più l'impressione di essere
irrimediabilmente sexy.
«Mi
rimarranno i lividi per una settimana per colpa tua...»
borbottò Ambra, esaminandosi teatralmente le braccia.
«Così
impari!»
«Su,
ragazze, perché litigate?» domandò Francesco, un
po' preoccupato.
Io
e la mia amica ci scambiammo un'occhiata, poi scoppiammo a ridere
come due matte.
Ambra
scese dal letto e venne ad abbracciarmi, poi esclamò: «Vado
a cercare il mio uomo, vi saluto!».
«Il
mio uomo...» ripetei, schifata.
Lei
ridacchiò e lasciò la stanza saltellando.
Da
quando si era trasferita in Germania, Ambra era diventata molto più
allegra e fuori di testa, si notava che era felice lì, insieme
a mio fratello.
Mi
ricordai di botto che io e Francesco eravamo soli quando la porta si
richiuse alle spalle della mia amica.
Guardai
il ragazzo di sfuggita, poi andai a sedermi sul letto e incrociai le
gambe, sorridendo.
«Che
c'è? Sono buffo?» chiese lui, facendo qualche passo
verso di me.
Il
cuore prese a martellarmi prepotentemente nel petto, ma cercai di non
dargli troppo ascolto, altrimenti non sarei stata in grado di
controllare me stessa e le emozioni avrebbero finito per sopraffarmi.
«Quello
sempre. Ma non è per questo che sorrido.»
«E
per cosa?»
Prima
di rispondere, battei una mano sul materasso, invitandolo a sedersi
accanto a me. Lui obbedì, ma si gettò pesantemente sul
materasso e finì sdraiato con lo sguardo puntato verso il
soffitto.
«Ambra
mi mette di buonumore. Sembra proprio felice qui con voi. Tu che ne
pensi?»
«Sì,
siamo tutti molto contenti di essere qui, in effetti le cose vanno
molto bene» concordò, stiracchiandosi un po'. Allungò
casualmente un braccio e mi sfiorò la coscia.
Mi
immobilizzai, irrigidendomi un po'.
Francesco
parve non accorgersene e proseguì: «Però ci
dispiace che anche tu non possa vivere qui con noi. Sei ancora una
bambina, Sonia».
Sbattei
più volte le palpebre, perplessa. Quelle parole mi avevano
colpito e non sapevo se in senso negativo o positivo. Le aveva dette
in un modo strano, non sembravano piene di cattiveria o superiorità,
piuttosto... c'era affetto in loro, come un sentimento di amore
fraterno.
La
cosa avrebbe dovuto farmi piacere, invece mi disturbò in
maniera non indifferente. Avevo già un fratello, non mi
interessava che Francesco tentasse di fare lo stesso o mi
considerasse in quel modo. Quella consapevolezza mi ferì e mi
scosse nel profondo, così piombai automaticamente nel silenzio
più assoluto, evitando accuratamente di rivolgergli un solo
sguardo.
Lo
sentii muoversi sul materasso, poi avvertii chiaramente la sua mano
posarsi sulla mia coscia per poi strizzarla leggermente, come se
volesse attirare la mia attenzione.
Voltai
il capo nella sua direzione e lo trovai sdraiato su un fianco che mi
osservava con fare pensieroso.
«Non
te la prendere, Sonny» disse infine.
«Figurati...»
«Su,
un po' ho imparato a conoscerti, quell'espressione non mi inganna»
affermò, carezzandomi leggermente la gamba.
«Quale
espressione?»
Ormai
ero sulla difensiva, tutta quella situazione mi stava mettendo
nettamente a disagio.
A
quel punto Francesco ridacchiò, poi mi afferrò per il
polso e mi trascinò verso sé, facendo sì che
anch'io finissi sdraiata bocconi al suo fianco.
«Ehi...»
farfugliai.
«Smettila
di mettermi il broncio, mmh? Sì, sei proprio una bambina»
ripeté, avvolgendomi in un abbraccio.
Mi
si mozzò il fiato e faticai a respirare regolarmente, non mi
aspettavo un tale slancio da parte sua. Il fatto di trovarmi su un
letto matrimoniale insieme a lui non era per la mia libido un fattore
trascurabile, infatti il mio corpo parlava per me e involontariamente
si spalmò su quello di Francesco, facendogli sicuramente
intendere cosa stavo provando in quel momento. Non avevo la certezza
che ci fosse qualcosa di male, perché comunque quando eravamo
ancora in Sicilia eravamo usciti insieme e ci eravamo baciati.
Già,
quei baci... li ricordavo con trasporto e in quel momento li
desiderai ancora, l'attrazione verso Francesco non era cambiata. Ma
non potevo sapere se da parte sua le cose erano rimaste invariate, il
suo poteva anche essere un semplice abbraccio amichevole o, peggio,
fraterno.
«Sei
la mia bambina» sussurrò al mio orecchio, stringendomi
più forte.
Boccheggiai
alla ricerca di una risposta convincente, ma cosa mai potevo dirgli?
Quella dichiarazione mi lasciò completamente spiazzata, non
riuscivo ad interpretarla e a trovarle un senso logico nella mia
mente piuttosto confusa.
«Sonny...
va tutto bene?»
Francesco
mi scostò da sé in modo da scrutarmi con attenzione.
In
quel momento mi resi conto che stavo ansimando e me ne vergognai
immensamente, avvampando violentemente. Mi ritrassi da quel contatto
e mi raggomitolai su me stessa, serrando gli occhi nel vano tentativo
di sottrarmi dal suo sguardo e dal suo esame accurato nei miei
confronti.
Per
lui ero appena stata un libro aperto, gli avevo fatto capire
esattamente cosa stavo desiderando e non avrei mai dovuto farlo. Mi
sentivo a disagio, tra noi le cose erano veramente complicate o forse
ero io a vederle da un'angolazione completamente diversa e distorta.
«Che
fai? Vieni qui, Sonny» mormorò lui, allungando una mano
per accarezzarmi i capelli.
«No.»
La
mia risposta arrivò sicura e ferma, come mai mi sarei
aspettata potesse accadere. Riaprii gli occhi e lo fissai, senza più
tradire alcuna emozione. Erano bastati pochi secondi per tornare
nella mia corazza, nel mio guscio. Quel chiudermi a riccio in maniera
fisica mi aveva catapultato nuovamente nel mio angolino protetto
dagli attacchi esterni. E dall'effetto che Francesco aveva su di me.
Ora non lo poteva più fare.
In
quel momento ripensai a come tutto si era svolto tra di noi, al fatto
che ci fossimo baciati, che fossimo usciti insieme e che poi lui
aveva voluto lasciare tutto in sospeso perché sarebbe partito
in Germania di lì a poco.
E
ora? Voleva riavvicinarsi a me come se niente fosse? Ero attratta da
quel ragazzo, ma non ero stupida né tanto meno ingenua al
punto da credere che per noi ci sarebbe stato un futuro.
Gli
voltai le spalle e smisi di badare a lui, alla sua presenza e a ciò
che poteva pensare o volere da me.
Rimanemmo
in silenzio, poi lui se ne andò e mi lasciò sola.
Sola
a pensare, sola a riflettere e a cercare un senso a tutte le cose che
erano successe.
Senza
riuscire a sfogarmi.
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Capitolo 4 *** Capitolo tre: Black Diamond ***
Capitolo
tre: Black
Diamond
«Sono
una stupida, soltanto una stupida!»
«Sonny,
smettila subito! Insomma, credi forse che convincendo te stessa di
queste stronzate riuscirai a cambiare qualcosa?» sbottò
Ambra, in preda all'esasperazione.
«Lui
ha provato... lui ha...» farfugliai.
«Il
fatto che lui ti sembri interessato, non significa che tu debba
starci per forza! Evidentemente non te la sei sentita, tutto qui»
intervenne Diego, per poi sbuffare.
Sapevo
che mio fratello non ne poteva più delle mie lamentele e, in
effetti, anche io ero stanca di lagnarmi come una bambina. Il
problema però sembrava non risolversi: Francesco aveva provato
ad avvicinarsi a me, sul letto della mia stanza, e io mi ero chiusa a
riccio come una perfetta idiota. Ripensandoci adesso, seduta in
quella gelateria stracolma di gente visto il cado che impestava la
città ad agosto inoltrato, mi sentivo gelare il sangue nelle
vene e avvertivo brividi di incredulità e paura invadermi il
corpo. La verità era lampante: mi sentivo in colpa per non
essermi gettata tra le braccia del ragazzo che amavo, ma allo stesso
tempo qualcosa in me non andava e riuscivo soltanto a pensare che
avevo preso la decisione giusta.
«Scusatemi.
Sono qui da ieri e già non mi sopportate più, del resto
anche io non saprei gestirmi se fossi in voi...» blaterai
mentre un cameriere alto e biondo posava sul tavolino inondato dal
sole le nostre ordinazioni.
«Adesso
mangia quel gelato e taci, donna!» ordinò mio fratello,
tuffandosi sulla sua coppa colma di deliziosi gusti colorati.
Seguii
il suo consiglio e mangiai in silenzio, mentre ascoltavo le
conversazioni incomprensibili di chi ci circondava.
E
la mia mente, intanto, vagava per i fatti suoi.
Mentre
ero intenta a catturare i residui di gelato al pistacchio dal fondo
del contenitore, il mio cellulare mi avvisò dell'arrivo di un
messaggio su WhatsApp.
Cercai
di non darlo a vedere, ma sapevo perfettamente che poteva essere
soltanto una persona.
Afferrai
l'apparecchio e controllai con riluttanza, scoprendo che avevo
azzeccato.
Il
messaggio era di Martina, la cugina di Alice. La mia nuova amica, se
così potevo definirla.
Ciao
bella, come va in Germania? Mi manchi... ripenso a quel giorno in
piscina e mi manchi...
Soffocai
un grido e il cellulare rischiò di scivolarmi dalle mani.
«Sonny,
che hai?» domandò Ambra preoccupata. Quando vide che non
mi decidevo a rispondere, afferrò il mio cellulare e io non
opposi resistenza. «Oh, merda... questo cosa significa?»
aggiunse poi, dopo aver letto il messaggio di Martina.
«Io...
io non lo so...» farfugliai.
Mi
preparavo per uscire e non riuscivo a stare tranquilla.
Non
potevo credere che Martina mi avesse scritto davvero quelle cose.
Dopo
aver parlato per un bel po' con Ambra e Diego, mi ero decisa a
risponderle e le cose erano andate di male in peggio.
Ciao...
qui tutto bene, grazie! Tu stai bene?
Non
starò bene finché non rientrerai a casa, Sonia...
Cosa?
Non scherzare dai, Marti!
Chi
scherza? Sono seria.
Punto.
Sono seria. Punto. Oh, cielo. Non ci stavo capendo niente. Ero andata
in Germania per stare con mio fratello e la mia migliore amica, ma
soprattutto per Francesco. Io amavo Francesco e volevo stare con lui,
prima che lui mi lasciasse per trasferirsi in Germania ne ero certa:
non l'avrei mai dimenticato perché rappresentava il grande
amore per me, colui che mi faceva battere il cuore e risvegliava in
me sensazioni sconosciute o sepolte da tempo immemore.
E
poi c'era Martina che mi inviava quei messaggi ambigui, messaggi che
non lasciavano intendere nulla di buono o comunque nulla che a me
importasse approfondire. Forse Martina era lesbica? O forse era
soltanto troppo apprensiva e ossessiva nei miei confronti?
Ci
conoscevamo appena, diamine, come poteva essersi attaccata così
tanto a me?
Adesso
devo uscire, ci sentiamo poi...
Esci
con l'amico di Diego, vero? Esci con Francesco...
Usciamo
tutti insieme
Perché
mi stavo giustificando? Avrei potuto anche dirle che avevo un
appuntamento romantico con Francesco, soltanto io e lui. Mi sarebbe
piaciuto tanto, ma mi ritrovai a pensare che ormai lo avevo
allontanato da me con il mio comportamento del giorno precedente.
Decisi
di mollare il telefono in camera e mi diressi in cucina a bere un po'
d'acqua: avevo la gola secca e non mi ero ancora truccata, ero
inguardabile e confusa come non mai. Proprio non capivo cosa stava
succedendo alla mia vita, cosa stava succedendo a me.
Nel
corridoio mi imbattei in Francesco, rischiando quasi di sbattergli
addosso. Era evidentemente uscito da poco dalla doccia e gironzolava
per casa con indosso soltanto un paio di boxer, i capelli umidi gli
incorniciavano il viso in maniera disordinata e io mi sentii
avvampare per l'imbarazzo. Stavo andando a fuoco dentro e fuori,
letteralmente.
«Andavo
in cucina a bere...» farfugliai facendo un passo indietro.
«Stai
bene?» domandò invece lui, ignorando il mio patetico e
inutile tentativo di giustificarmi. Ultimamente tentavo di
giustificare le mie azioni un po' troppo spesso, dovevo smetterla.
«Certo
che sì!» mi affrettai a ribattere.
«Sonia...»
Stavo
per oltrepassarlo e filare dritta in cucina, quando lui pronunciò
il mio nome e automaticamente mi fermai. Allungò una mano e mi
posò l'indice sotto il mento, costringendomi poi a guardarlo
negli occhi.
«Cosa
vuoi?» mi sentii dire. Ero stata troppo brusca, avevo usato
delle parole che non avrei voluto usare, avevo sbagliato tutto anche
questa volta e il pentimento si insinuò in me come uno spillo,
ferendomi e lasciandomi piena di vergogna e risentimento verso me
stessa.
«Voglio
sapere perché sei così distante» affermò
Francesco con sicurezza. Neanche il fatto che fosse di fronte a me a
petto nudo lo imbarazzava, era come se si sentisse a suo agio o la
cosa non gli importasse minimamente.
«Io
non... non sono distante.»
A
quel punto Francesco mi si avvicinò e mi attirò a sé.
Mi ritrovai con il viso premuto sulla sua pelle umida, incastrata tra
le sue braccia e l'incavo della sua spalla.
Mi
irrigidii completamente, spiazzata da quel contatto improvviso.
«Allora
perché fai così? Perché non ti lasci
abbracciare?» mormorò al mio orecchio.
Dovevo
smetterla subito. Sospirando, mi lasciai andare contro il suo corpo e
allora cominciai a percepire tutto il suo calore, il suo profumo, la
sensazione vellutata della sua pelle contro la mia. Mi lasciai
invadere da lui e mi ritrovai a stringerlo, accarezzandogli la
schiena e chiudendo gli occhi per avvertirlo meglio.
«Scusa»
sussurrai, non sapendo cos'altro dire.
«Averti
tra le braccia è la sensazione migliore del mondo, Sonia»
dichiarò, la voce inondata da un sorriso colmo di emozione.
Non
potevo credere che finalmente fossimo ancora una volta così,
insieme, stretti nella dolce morsa dei nostri sentimenti. Non potevo
credere che inizialmente l'avessi quasi respinto, mi fossi rifiutata
di vivere quei momenti belli e intensi da morire.
D'istinto,
lasciai un piccolo bacio sulla sua spalla e Francesco scoppiò
a ridere. Sentire il suo corpo vibrare contro il mio mi fece fremere.
Era indescrivibile.
Mi
allontanò da sé e mi guardò negli occhi per un
po', scrutandomi nel profondo. Poi mi lasciò un bacio a fior
di labbra e ridacchiò ancora, annullando definitivamente il
nostro contatto.
«Vado
a prepararmi, stasera ci divertiremo. Se continuo ad averti qui
intorno, perderò la concentrazione» spiegò, per
poi scomparire in camera sua.
Ridendo,
mi fiondai in cucina. Ora la mia gola era ancora più secca.
«Continua
a dirmi che le manco e che non riesce a darsi pace perché non
sa cosa faccio, con chi esco...» raccontai sull'orlo della
disperazione a Sonia, mentre aspettavo che uscisse dal bagno del pub
in cui ci eravamo accampati da più di un'ora.
«Oddio,
ho paura! Lo hai detto ad Alice?» gridò lei
scandalizzata, poi tirò lo sciacquone e mi raggiunse
nell'antibagno.
Ci
lavammo le mani in silenzio, poi risposi: «No, non posso. Non
vorrei creare casini, ingigantire questa cosa... Martina è sua
cugina, lei le vuole troppo bene! Però ne ho parlato con
Laura».
«Ecco,
hai fatto bene, lei saprà sicuramente cosa consigliarti!»
commentò Ambra, sistemandosi in fretta i capelli di fronte al
grande specchio non troppo pulito.
Ammiravo
come lei riuscisse a passare sopra a tutti i dissapori avuti con
Laura, alle occhiatacce e al fatto che la mia amica non l'avesse mai
sopportata. Ma per Ambra era acqua passata, per lei non era successo
niente. Del resto, Laura non aveva fatto qualcosa di veramente grave,
non si era comportata come Anna o Valeria. Semplicemente, Ambra non
le era mai piaciuta e si era limitata a non nasconderlo alla diretta
interessata.
«Lau
dice che Martina è lesbica» raccontai, porgendo la
matita per gli occhi alla mia amica. «Ma io non ci credo
tanto... Laura a volte è un po' pettegola, un po' maligna...»
«Però
si spiegherebbero i messaggi di Martina.»
Forse
aveva ragione, forse no. Ma perché dovevo pensarci? Non ne
potevo già più! Ero venuta in vacanza per svagarmi e
divertirmi, non per entrare in paranoia in ogni momento della
giornata.
Scossi
il capo e sorrisi.
«Io
e Francesco ci siamo abbracciati. Lui era mezzo nudo.»
Ambra
rischiò di cavarsi un occhio con la matita, così la
allontanò dal viso e mi guardò con aria sorpresa
attraverso lo specchio.
Ci
fu un istante in cui mi sentii un po' come Alice che vive la sua
avventura al di là dello specchio e crede che tutto sia reale,
che esista davvero quel mondo oltre la fredda parete di vetro in cui
si riflette la sua immagine. Un mondo di opposti, un mondo di fatti
inspiegabili, dominato da grandi mani invisibile che giocano a
scacchi con la sua vita.
Sbattei
le palpebre. Stavo diventando matta.
«Cosa
significa?» chiese Ambra.
Le
raccontai tutta la scena e lei cominciò a ridacchiare e
saltellare per tutta la stanza, finché non entrarono delle
altre ragazze e le lanciarono un'occhiataccia.
Raggiungemmo
nuovamente i ragazzi, continuando a ridere.
Una
cameriera sostava di fronte al nostro tavolo e sbatteva le sue tette
enormi in faccia a mio fratello. Sentii, ancora prima di vederla, la
rabbia invadere la mia migliore amica e trasfigurarle il viso.
Raggiunse
il suo ragazzo a passo di marcia e si sedette accanto a lui con foga,
attirando così l'attenzione di Diego e della tedesca in abiti
succinti.
«Abbiamo
già ordinato, grazie, puoi andare» ringhiò Ambra,
afferrando Diego per un braccio e stringendolo forte.
Lui
annuì, deglutendo a fatica per evitare di lamentarsi per il
dolore.
I
due, non appena la cameriera se ne fu andata, cominciarono a
battibeccare.
«Sembravi
un'esaltata! C'era bisogno di fare così?»
«Sì,
caro Diego! Dato che ti stavi godendo il panorama!»
«Ambra,
non essere ridicola! Quale panorama?»
«Devo
anche specificarlo? Andiamo!»
«Sei
gelosa? Insomma, è ridicolo!»
«Certo
che sono gelosa, è ovvio che lo sono!»
A
quel punto Francesco sospirò e si alzò, guardandomi con
aria complice.
«Mi
accompagni fuori? Qui dentro si muore dal caldo.»
Annuii
e afferrai la mano che mi tendeva.
Ci
allontanammo verso l'uscita, lasciando che i piccioncini litigassero
tra loro. Mi ero dovuta trattenere per non ridere durante la loro
discussione: erano veramente carini e dolci insieme, ne ero sempre
più convinta!
Io
e Francesco raggiungemmo la terrazza del pub, trovandola poco
popolata e illuminata da qualche lanterna dalla luce tenue che
conferiva al tutto un aspetto romantico, un'atmosfera gradevole e
calda.
Ci
appoggiammo con i gomiti sulla balaustra e osservammo il panorama
notturno, la città disseminata di miliardi di piccole luci che
ricordava molto un albero di Natale addobbato alla perfezione. Era
tutto magico quella notte, anche se non sapevo spiegarmi il perché.
Francesco
afferrò nuovamente la mia mano e intrecciò le sue dita
alle mie.
Mi
sentivo bene, in quel momento non avrei potuto desiderare di meglio.
Mi accostai un po' di più a lui e posai la testa sulla sua
spalla.
Lasciò
andare la mia mano e mi circondo la vita con le braccia. Mi ritrovai
con le spalle rivolte alla notte luminosa oltre il terrazzo, il suo
corpo premuto contro il mio e le sue labbra così vicine e
invitanti che i miei pensieri si concentrarono unicamente sul bacio
che volevo ricevere da esse.
«Se
ti bacio, mi prometti che non scappi?» mormorò con gli
occhi che sorridevano e brillavano, fissi sui miei.
«Baciami
e sta' zitto» conclusi.
E
allora ci fondemmo in un unico elemento, trovando subito un'intimità
che solo i baci più dolci e profondi possono trasmettere. Ci
abbandonammo a quel contatto magico, già vissuto ma in qualche
modo nuovo e inesplorato.
Fu
come se quel pub, lontano mille miglia dal nostro nido in Sicilia,
avesse sciolto le nostre emozioni, le inibizioni e i dubbi. Come se
quella notte, quel panorama, quelle luci lontane e quel luogo ci
avessero finalmente condotto l'uno tra le braccia dell'altra, cullati
da sentimenti inespressi e indescrivibili.
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