Ghost

di saitou catcher
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo- 15 aprile ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1- 14 aprile ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2-15 aprile ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3-17 aprile ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4-28 giugno ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5-29 giugno ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6-3 luglio ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7-5 luglio ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8-6 luglio ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9-7 luglio ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10-8 luglio ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11-8 luglio ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12-9 luglio ***
Capitolo 14: *** Epilogo-10 agosto ***



Capitolo 1
*** Prologo- 15 aprile ***


Allora, buongiorno a tutti, o folle popolo di EFP!
Direi che innanzitutto è il caso di presentarci: noi siamo Saitou Catcher, due sorelle gemelle che condividono molte passioni e un'account su EFP, che hanno deciso di usare per infestare il web con i loro deliri inconsulti senza capo ne coda. Ora dovete sapere che quando Catcher (che sarei io) è fissata con una cosa, tende a infilarla in ogni singola cosa che vede, legge o mangia. Nello specifico, abbiamo commesso l'errore di vedere Ghost qualche mese dopo aver visto l'ultimo film della trilogia dello Hobbit, e a quel punto, si salvi chi può.  Dunque Catcher ha pensato che la trama di Ghost ( se la conoscete bene, sennò cosa ci state a fare qui, banda di capre ignoranti? Andate immediatamente a farvi una cultura cinematografica!) sarebbe potuta essere un'ottimo spunto per una storia Bagginshield, anche se ne io ne Saitou shippiamo questa coppia. Ovviamente, seguiamo il film nelle linee generali, ma la maggior parte della trama è opera della mente bacata di Saitou...
Abbiamo penato molto per decidere chi far morire, e alla fine abbiamo optato per Bilbo, per ragioni che sicuramente comprenderete leggendo. Hope you enjoy!

Saitou Catcher

Prologo

15 aprile, ore 00:21

A rigor di logica, Bilbo Baggins avrebbe dovuto essere morto.

Quando l'uomo aveva sparato, aveva avvvertito distintamente il proiettile attraversargli lo stomaco; aveva avvertito il dolore esplodere all'altezza del ventre in una macchia infuocata, e l'odore umido di pioggia e cemento, gli aveva riempito le narici, assieme a quell'unico, assillante pensiero:

Mi ha sparato. Mi ha sparato, maledizione.

Invece era lì, in piedi, e attorno a lui non c'era traccia di sangue; abbassando lo sguardo sul proprio stomaco, non l'aveva visto attraversato da alcuna ferita, e non avvertiva nemmeno alcun dolore alle ginocchia che si era sicuramente sbucciato cadendo, nemmeno una macchia di sporco sui pantaloni. Ma tutto questo non trovò spazio nella mente di Bilbo, di fronte alla constatazione del fatto che avrebbe dovuto essere morto, e non lo era.

Un rumore di passi attirò la sua attenzione, e Bilbo alzò la testa, in tempo per vedere l'uomo che gli aveva sparato sfrecciare in un vicolo laterale, in mano la pistola ancora fumante. Non aveva avuto modo di vederlo in faccia, riuscì a pensare, ma questo non aveva nessuna importanza adesso.

-BILBO!

La voce di Thorin lo riscosse dal suo incanto, e Bilbo si sentì colmare di sollievo; Thorin era salvo, lui era salvo, e sarebbe andato tutto bene.

-Sono qui, Thorin- si voltò per rispondere al richiamo, ma poi vide Thorin alzarsi dal marciapiede su cui si trovava carponi fino ad un momento prima, e corrergli accanto, superandolo come se non lo vedesse.

Confuso, Bilbo si girò a guardarlo. Thorin era di nuovo in ginocchio, pochi metri davanti a lui, ma non fu quello a fermargli il respiro in gola. Fu la macchia di sangue che vide spiccare nitidamente sull'asfalto, scintillante e macabra sotto la luce dei lampioni; fu il rantolo d'orrore che uscì dalla bocca di Thorin, nel momento in cui prese fra le braccia il corpo disteso di fronte a lui, e Bilbo realizzò, nello spazio di un secondo, che stava osservando il suo cadavere.

No, non può essere, non può...

-Thorin- tentò di chiamare, ma la voce gli uscì strozzata.

-Bilbo- la voce di Thorin invece era spezzata, mentre se lo sistemava sulle ginocchia, e con orrore Bilbo vide il sangue spargersi sulla sua maglietta, macchiargli la mano che Thorin aveva posato sulla ferita, come in un maldestro tentativo di porvi rimedio- Bilbo, no, no, no, non ci provare...

-Thorin, sono qui!

Ma Thorin non lo sentì. E Bilbo continuò a chiamarlo, mentre, con quella stessa voce spezzata dal dolore e dal panico, il suo compagno riusciva a contattare un' ambulanza, anche se ormai era evidente che non c'era più nulla da fare. Continuò a chiamarlo, anche quando l'ambulanza arrivò, e ci vollero tre infermieri per strappare il suo corpo dalle braccia di Thorin. Ma poi le porte del mezzo si chiusero, e lui lo osservò allontanarsi, fino a che non divenne una macchia indistinta sotto la luce dei lampioni.

Fu in quel momento che Bilbo Baggins realizzò di essere morto.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1- 14 aprile ***


Capitolo 1

14 aprile, ore 08:00

-Oh, merda.

Dwalin si fermò esattamente di fronte alla saracinesca della gioielleria di famiglia dei Durin... saracinesca che, a rigor di logica, non avrebbe dovuto essere sollevata, a mostrare al di sotto la vetrina sfasciata e la porta divelta.

-Oh, merda, merda, merda- ripeté, con foga sempre crescente, nel momento in cui Thorin e Fili uscivano dalla macchina alle sue spalle, e gli si affiancavano, osservando con sguardo stralunato la devastazione che avevano di fronte.

-Per la miseria...-sussurrò Fili.

La porta era stata sfondata con talmente tanta violenza da finire quasi sradicata dai cardini, e ciò permetteva ai tre Durin di contemplare l'entità del disatro: il contenuto di tutti i cassetti era finito ad ingombrare il pavimento, in un accumulo in cui di tanto in tanto occhieggiava il bagliore dei gioielli che fino a poco prima erano in esposizione. Nulla era stato risparmiato, nemmeno la teca di vetro che ornava il bancone, adesso sparsa per terra in frammenti minuscoli. Come se non bastasse, la saracinesca adesso era ornata da una serie di scritte oscene.

-Questa non ci voleva- Dwalin si chinò per passare sotto la serranda sollevata a metà e fece cautamente il suo ingresso, aggirandosi con lentezza tra quanto restava delle merci e i cocci di vetro. -Li abbiamo davvero fatti arrabbiare, Thorin.

Dietro di lui, il volto di Thorin si era trasformato in una maschera di ferocia. Più passava lo sguardo sulla distruzione che lo attorniava, più i suoi occhi si accendevano di un bagliore minaccioso.

-Loro stanno facendo arrabbiare me- ringhiò piano.

-Thorin- gli rispose Dwalin in tono pressante, mentre anche Fili si decideva ad entrare nel negozio.-Ne abbiamo già parlato, e so come la pensi in proprosito, ma credo che sarebbe davvero il caso di fare una denuncia alla polizia.

-Per ottenere cosa, Dwalin? Non siamo i primi, e non saremo gli ultimi, a subire una cosa del genere in questo quartiere.

-E questo che significa?- la voce dell'altro era secca- Io non ho nessuna intenzione di lasciare che Azhog e i suoi continuino a minacciarci. Questo è il terzo “avvertimento” che riceviamo in un mese. Ormai la faccenda comincia a farsi seria. E siamo arrivati ad un punto tale che, o la smettiamo di opporci, e gli paghiamo quanto chiedono, oppure ci rivolgiamo alla polizia e la risolviamo una volta per tutte.

Né Fili né Thorin risposero, e del resto sarebbe stato inutile. Sapevano perfettamente che , se davvero avessero deciso di sporgere denuncia, non sarebbe cambiato niente. L'attrito fra Azhog e la famiglia Durin risaliva a più tempo di quanto tutti riuscissero a ricordare, quando la gioielleria di famiglia era ancora gestita da Thror, il nonno di Thorin. Ed era da più tempo di quanto riuscissero a ricordare che subivano minacce più o meno velate, in risposta al loro rifiuto di sottometersi alla criminalità che ormai dominava il quartiere.

Ma era solo da un paio di mesi che le velate minacce si erano trasformate in vere e proprie aggressioni, che solo per una questione di pura fortuna non avevano ancora danneggiato nessuno della famiglia. E di questo, tutti erano perfettamente consapevoli.

-Thorin-insistette Dwalin- che cosa facciamo?

Gli rispose un lungo silenzio, rotto solo dal rumore della porta del magazzino che Fili aveva aperto per cercare una scopa e una paletta per raccogliere i cocci di vetro.

-Risistemiamo questo disastro- rispose alla fine Thorin-Non ho nessuna intenzione di darla vinta a quei bastardi.

 

Il rumore di ruote di gomma che stridevano sull'asfalto in una brusca frenata fece alzare la testa a tutti e tre,mentre erano intenti a fare le pulizie. Nel momento in cui scorsero chi si trovava all'esterno, Thorin si alzò da dietro il bancone immediatamente, le mani strette a pugno e il viso irrigidito dall'ira, senza cogliere il rapido sguardo che Fili e Dwalin si erano scambiati dietro la sua schiena prima di alzarsi a loro volta.

Lentamente, la porta si aprì, e l'aria si riempì del tintinnio dei campanelli appesi al soffito, e poi l'ambiente ristretto del negozio venne colmato dal nauseante miscuglio di tabacco e alcool, emanato dalla figura imponente che aveva di colpo riempito il vano della porta.

Bolg, il figlio di Azhog, era esattamente come il suo aspetto lasciava suppore: lento, cattivo e stupido. Ma questo non sminuiva l'effetto intimidatorio della sua figura massiccia, di cui ampie porzioni erano ricoperte da tatuaggi, o il terrore che sapevano incutere i suoi occhi cerchiati quando incrociavano quelli di qualche sfortunato passante

in un vicolo buio, insieme alle sue mani enormi e letali; e se a qualcuno fosse venuto in mente di prenderlo in giro, o di sottovalutarlo, per il suo giacchetto di pelle sdrucito, per i disegni sulla testa rasata, o per la fila di orecchini che gli costellavano l'orecchio sinistro, ci avrebbero pensato il coltello a serramanico e la pistola ben visibili sulla sua cintura a fargli cambiare idea.

-Buongiorno- esclamò. Persino la sua voce era lenta e viscida, carica di un inconfondibile nota di derisione. Gli occhi piccoli scivolarono lentamente sul disastro che lo attorniava, quasi assaporando ogni dettaglio di quella devastazione. -Ma cosa è successo qui? È forse passato un uragano?

-Che cosa vuoi?- Thorin non tentò nemmeno di nascondere l'odio nella sua voce.

Bolg sorrise, e avanzò fino a trovarsi all'altro lato del bancone, a pochi centimetri dal suo avversario. -Ci sarebbe un modo molto semplice di evitare questi... incidenti- rispose, con un tono che avrebbe dovuto suonare insinuante, e che invece rese solo più evidente il fatto che avesse iniziato a bere sin dal mattino.

-Sappiamo cavarcela da soli anche senza consigli- la mano di Thorin si era serrata con tanta forza attorno a un coccio di vetro da conficcarlo nel palmo.

Un repentino mutamento scivolò sul viso di Bolg, rendendolo tutto d'un tratto duro, inquietante, minaccioso. Lentamente, calcando ogni movimento, l'uomo appoggiò il gomito a ciò che restava del bancone, e si sporse in avanti, fino a che non ci furono che pochi millimetri di distanza tra il suo viso e quello di Thorin.

Alle spalle dello zio, gli occhi di Fili scintillarono, e il ragazzo avanzò di un passo. Accanto a lui, Dwalin s'irriggidì, lo sguardo che saettava dall'uno all'altro.

Thorin non si mosse. Solo le sue labbra accennarono una smorfia di disgusto.

-Mio padre sta cominciando a perdere la pazienza- Bolg parlò ad un volume quasi inudibile- e sappiamo entrambi che non ne ha molta.

-Nemmeno io- ringhiò Thorin.

La mascella del boss si serrò leggermente. -È da quando vi siete stabiliti in questo quartiere che voi Durin ci mettete i bastoni tra le ruote. E finora abbiamo chiuso un occhio, perché ci piace dare alle persone una seconda possibilità.- Bolg sorrise: era uno spettacolo terribile a vedersi- Quindi siamo stati così gentili da darvi un... avvertimento. Consideratelo un atto di gentilezza. Avete ancora una possibilità di fare marcia indietro, se avete abbastanza buonsenso.

Tacque, attendendo una risposta che non venne. Alle spalle di Thorin, Dwalin e Fili stavano andando in iperventilazione, indecisi se intervenire o meno.

-Allora?- sussurrò Bolg- Qual'è la tua risposta?

Il rumore di un'altra macchina che parcheggiava davanti al negozio ruppe improvvisamente il silenzio, e gli occhi di Thorin scivolarono oltre la spalla di Bolg, riconoscendo con una scintilla d'ansia il veicolo appena arrivato.

-A quanto pare, noi Durin non siamo persone di buon senso- sibilò, riportando gli occhi sull'altro- E ora sparisci.

Con un movimento rapido, gli occhiali da sole di Bolg scivolarono a coprire il lampo che gli aveva attraversato lo sguardo. -Molto bene- disse. Si raddrizzò, passandosi il dorso della mano sul giubbotto per ripulirlo dalla polvere- Ci si becca in giro, allora.

-Speriamo mai- probabilmente Bolg nemmeno sentì la risposta di Thorin, dato che si era persa in un ringhio.

Indirizzando un ghigno di denti marci a Fili e Dwalin, a cui i due risposero irrigidendo i volti in un'espressione torva, Bolg uscì dal negozio e, rimontato sulla moto, la fece ripartire , proprio nel momento in cui una figura minuta faceva il suo ingresso, parlando a voce alta per superare il rumore stridente dei freni sull'asfalto.

-Thorin, la prossima volta che ti scordi il pranzo a casa, scordati che mi faccio in quattro per riportartelo,e comunque devo proprio scappare,Lobelia mi aspetta per quella faccenda dell'eredità, e penso proprio che...-Bilbo Baggins s'interruppe a metà del suo monologo, poggiando sul bancone un sacchetto di carta rigonfio, nel momento in cui notò le espressioni dei Durin e il caos che regnava nel negozio.-Ehi, che diamine è successo qui dentro?

Per qualche istante nessuno gli rispose, Thorin con gli occhi ancora fissi sul punto lasciato vuoto dal veicolo di Bolg, e Fili e Dwalin che ancora si scrutavano, incerti su cosa dire.

-Thorin?- ripeté Bilbo, e allungò una mano per toccarlo con fare incerto.

Al movimento, Thorin parve riscuotersi.- Ordinaria amministrazione- borbottò, e aggirò il bancone, afferrando il sacchetto con un gesto sbrigativo-Non dovevi disturbarti, comunque.

Bilbo lo fissò per qualche altro istante, quindi gli arrivò davanti, alzando la testa per guardarlo meglio negli occhi.

-Va tutto bene?- la sua voce era bassa e intensa.

Invece di rispondere, Thorin gli circondò la vita con un braccio, e quando il Bilbo gli si strinse contro tutto il suo corpo si rilassò quasi impercettibilmente, tremando appena, come in reazione ad un pericolo appena corso. Bilbo non domandò nulla, ma osservò attentamente il viso del suo compagno, mentre questi chiudeva gli occhi e si lasciava sfuggire un lungo, vibrante sospiro, per poi alzarsi sulle punte dei piedi e appoggiare il mento sulla spalla dell'altro, sillabando senza parlare a Fili “Che cosa è successo?”.

Fili mimò a sua volta “Te lo spiego dopo”, e poi si guardò intorno con un'occhiata eloquente.

-Vi aiuto a sistemare-disse poi Bilbo, sciogliendo l'abbraccio.

Thorin lo fissò, inarcando un sopracciglio-Non dovevi andare da Lobelia?

-Meno la vedo, meglio mi sento-fu la risposta-Inoltre aspetta solo che arrivi in litardo per potersene lamentare alla prossima cena di famiglia, quindi perché toglierle questa soddisfazione?

 

Ore 00:00

-Non ditelo a Kili- disse Thorin quando furono usciti- Non voglio rovinargli la vacanza.

Fili annuì, e Dwalin grugnì un assenso, appallottolando in una mano la carta untuosa della pizza per poi ficcarsela distrattamente nella tasca posteriore dei jeans (cosa che gli guadagnò un soffocato sospiro di ribrezzo da parte di Bilbo). Alla fine, rimettere in sesto il negozio aveva richiesto così tanto tempo da ridurre i Durin a cenare al negozio, immersi in cupo silenzio.

La porta del garage adiacente al negozio si aprì con uno stridio, e Fili portò fuori la macchina. Dwalin vi si diresse a passo svelto, quindi si voltò verso Thorin:- Voi tornate con noi, Thorin?

-No, andate pure- gli rispose il cugino- Devo ancora finire di sistemare un paio di cose. Bilbo, se vuoi, vai pure.

-No, rimango con te, non preoccuparti- Bilbo mosse la mano in segno di noncuranza, cercando di soffocare uno sbadiglio. -Posso aspettarti, tanto domani non ho niente da fare.

Thorin inarcò lievemente un sopracciglio,ma invece di replicare, fece il giro dell'auto e picchiettò sul vetro del finestrino, inducendo Fili ad abbassarlo per ascoltarlo-Non dire niente nemmeno a tua madre- sussurrò Thorin, a voce bassa per non farsi sentire da Dwalin- E' inutile farla preoccupare più del necessario.

Fili inarcò a sua volta un sopracciglio, imitando l'espressione dello zio pochi momenti prima.-Sai che lei vorrebbe saperlo.

-Tu non dirglielo lo stesso.

Suo nipote scosse la testa, sbuffando lievemente, ma non disse nulla, e poco dopo la macchina si allontanò nell'oscurità dei vicoli, resa appena meno fonda dalla luce dei lampioni.

Bilbo e Thorin rimasero al negozio per circa un altro quarto d'ora, immersi nel silenzio, Bilbo che sgranocchiava biscotti, e Thorin che cercava di mettere in ordine delle ricevute. Quando ebbe finito, i suoi occhi erano circondati da pesanti aloni scuri. -Adesso possiamo andare- disse.

-Ti va di andare a piedi?- chiese Bilbo. -Casa nostra non è lontana, e la macchina non scappa. E poi, è da un sacco di tempo che non ci facciamo due passi, solo io e te.

Thorin gli sorrise, un sorriso stanco e tremante, quindi entrambi uscirono nell'aria fredda della sera, i passi che risuonavano insolitamente forti sull'asfalto umido di pioggia. Un po' esitante, Bilbo allacciò le dita del compagno e questi per tutta risposta lo attirò contro di sè, passandogli un braccio attorno alla spalle e premendolo contro il suo fianco. Camminarono per un po' in silenzio, il respiro che formava nuvolette luminose nell'aria bagnata.

Dopo un po', Bilbo disse- Non vuoi dirmi che cosa è successo?

Thorin sussultò appena, un residuo d'ira gli contrasse per un istante lo sguardo, e poi replicò, evitando gli occhi dell'altro:-Ordinaria amministrazione.

-Ritrovarsi col negozio sottosopra a opera di una banda di criminali, tu lo chiami ordinaria amministrazione?

-Se sai che cosa è successo, perché me lo chiedi?

-Perché una volta tanto sarebbe il caso che tu parlassi dei tuoi problemi, invece di chiaccherarti addosso quando non serve. E, Thorin...

Fu solo una sensazione, un lieve pizzico alla nuca. Ma bastò perchè lo sguardo di Bilbo registrasse l'uomo che camminava pochi passi dietro di loro, rasente il muro. Era lì anche prima, realizzò improvvisamente.

-... quell'uomo ci sta seguendo- sussurrò, con voce bassa e concitata.

Il braccio di Thorin s'irrigidì lievemente attorno alle sue spalle. -Quale?

-L'unico altro uomo in questa strada oltre a noi- Bilbo cominciava a sentire una sottile punta di gelo scavargli lo stomaco. -È ancora lì?

Thorin voltò lievemente la testa, un movimento appena percettibile, e riportò lo sguardo di fronte a sé. La sua mascella si era serrata. -L'ho visto.

-Cosa facciamo?

-Per il momento niente. Siamo quasi arrivati a casa.

La punta di gelo parve espandersi,contraendogli per un attimo il cuore in una stretta dolorosa, e un movimento ai limiti del suo campo visivo lo indusse a voltarsi, anche se il braccio di Thorin glielo rendeva difficile:con la coda dell'occhio, colse il movimento dell'uomo alle loro spalle, proprio nel momento in cui questi scivolava fuori dal suo cono d'ombra, sbarrando loro la strada.

Gli occhi di Bilbo ebbero appena il tempo di registrare qualche particolare del volto: gli occhi azzuri e sbarrati, animati da un luccichio folle, le labbra che scoprivano i denti ingialliti, i capelli neri che gli ricadevano come due unte tendine ai lati del volto. Come al rallentatore, vide la mano dell'uomo alzarsi, e la luce della luna scivolare sul suo braccio, illuminando una pistola.

Poi, accadde tutto molto velocemente.

L'uomo sparò.

Bilbo a malapena udì quello che Thorin gridò, nel momento in cui lo spinse via; avvertì soltanto il rumore secco della detonazione e un fiore bruciante di dolore gli sbocciò nel vetro, risucchiando i contorni intorno a lui in un'unica macchia distinta; avvertì una fitta di dolore alle ginocchia nel momento in cui impattarono l'asfalto, e fu acceccato dalla luce dei lampioni.

Poi, fu tutto buio.
 

Di norma, non aggiorniamo così di fretta, ma avevamo i primi tre capitoli pronti, e here we are. In teoria avremo dovuto aspettare di averne sei, ma fa niente...
Dato che scriviamo a quattro mani, speriamo che lo stile sia abbastanza omogeneo. Beh, che ne pensate? Io sinceramente mi sono divertita a scrivere questo capitolo... e qualunque incoerenza ci possa essere, siete pregati di farcela notare;)
Ciancio alle bande, e via al prossimo!
Saitou Catche

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Capitolo 3
*** Capitolo 2-15 aprile ***


Capitolo 2

15 aprile, ore 01:55

 

La luce era decisamente troppo forte, pensò Bilbo; non era un pensiero molto coerente, ora come ora, e non avrebbe dovuto nemmeno essere in cima alla lista delle sue priorità, ma non riusciva a toglierselo dalla testa, nell'osservare come la cruda luce del neon si rifletteva sulle pareti di un bianco asettico.

Si passò stancamente la mano sugli occhi, sentendosi le gambe intorpidite (le sedie, sono scomode persino le sedie, maledizione!), e non poté non sentirsi in qualche modo destabilizzato dall'acutezza delle sue percezioni fisiche, adesso che era, e non riusciva a smettere di ripeterselo, morto.

-Sono morto- ripeté nuovamente ad alta voce, anche se non c'era nessuno ad ascoltarlo e le parole non rendevano il fatto più reale.-Sono morto.

Abbassò lo sguardo sullo proprie mani, sentendo il costante brusio dell'ospedale scivolargli addosso, quasi provenisse da un altro mondo: la luce del neon si rifletteva sulla pelle delle sue mani esattamente come avrebbe fatto se fosse stato vivo, e, a pensarci bene, non vedeva alcuna ragione per cui non avrebbe dovuto non esserlo, visto che era lì, abbandonato su una scomoda sedia in un corridoio d'ospedale, circondato dall'incessante flusso di malati e morenti, con la testa che gli pulsava. Non c'era nulla, intorno a lui, che avrebbe potuto convincerlo del fatto di essere appena morto...

A parte, forse, il corpo insaguinato che da chissà quanti minuti ormai era rinchiuso nella stanza di fronte, circondato dai ferri dei dottori.

A parte, forse, lo sguardo disperato del suo fidanzato che sedeva accanto a quella porta, semi accasciato contro il muro, e con una tazza di caffé ancora intatto che qualche dottore gli aveva infilato tra la mani ancora insaguinate, mormorando stupide parole di conforto.

Bilbo avvertì un senso di nausea chiudergli prepotentemente lo stomaco, e sarebbe scappato di lì all'istante, se non ci fosse stato Thorin; Thorin, che continuava a chiamare incessantemente, Thorin che non lo sentiva, eppure doveva sentirlo.

E' solo un sogno, provò a dirsi, sfregando le dita le une contro le altre, per sentirne la consistenza fatta di pelle e ossa. E' solo un incubo, ti sveglierai e tornerà tutto come prima.

Aveva appena concluso il pensiero (ma i morti pensano?) che la porta della sala operatoria si spalancò, e Bilbo alzò lo sguardo quasi contemporaneamente a Thorin. Non c'era alcuna traccia di vera speranza negli occhi del suo compagno, mentre si rialzava piano, quasi si reggesse a stento sulle gambe; l'angoscia gli aveva deformato il volto, e con quello sguardo negli occhi, Thorin sarebbe potuto sembrare indifferentemente vecchio quanto Gandalf o giovane quanto Kili.

Una dottoressa varcò la soglia, alta e bionda, un'espressione grave dipinta sul volto. Si fermò di fronte a Thorin, e un velo di compassione scese sui lineamenti algidi, rendendoli più morbidi.

-Sono la dottoressa Galadriel- sussurrò, tendendo una mano verso Thorin. La sua voce era morbida, e gentile.

Thorin ignorò la mano. Nemmenò parlò. Nel suo sguardo c'era una supplica muta.

-Vorrei poter dire di aver fatto tutto il possibile- continuò la donna, una tristezza indicibile ad appesantirle la voce- Ma sarebbe una menzogna. Quando il suo compagno è arrivato qui era già morto. Non c'era più niente da fare.

S'interruppe. Bilbo vide la disperazione cristallizarsi negli occhi del suo uomo, e per un attimo sembrò che Thorin non riuscisse a respirare.

No, pensò, no, non può essere vero, non può...

-Mi dispiace tanto- sussurrò Galadriel.

Thorin indietreggiò di un passo. Poi di un altro. La sua schiena urtò contro il muro, e lui vi si lasciò scivolare, accasciandosi sulla sedia come se non avesse più forze. Le labbra gli si spalancarono, ma non ne uscì alcun suono.

No, si disse Bilbo, gli incubi non hanno il diritto di essere così maledettamente realistici!

-Signor Durin- mormorò nuovamente Galadriel, e il suo bel volto era triste, profondamente triste.-Non dovrebbe restare qui da solo. Ha già chiamato qualcuno?

-I miei fratelli- replicò Thorin, afono, e senza nemmeno guardarla in faccia. Il suo sguardo si era di colpo svuotato, e questo lo rendeva ancora più difficile da sopportare dell'angoscia di poco prima. Bilbo non ce la fece più a sopportarlo, e istintivamente si mosse verso Thorin, le mani tese, quasi a caricarsi del suo dolore come aveva fatto altre volte.

-Thorin.-lo chiamò a voce bassa e disperata. Dannazione, era morto, e allora com'era possibile che sentisse il sapore delle lacrime in gola?-Thorin, sono qui. Ti prego! Guardami!

-Abbiamo già chiamato la polizia- stava dicendo Galadriel. Non sembrava che Thorin stesse ascoltando.- Saranno qui a breve per farle qualche domanda, se se la sente di rispondere.

-Ti prego.-rantolò Bilbo.-Guardami.

Al colmo della frustrazione, si tese e cercò di afferare la spalla di Thorin, ma le sue dita non fecero presa, e con orrore, Bilbo le vide letteralmente attraversare, senza riuscire a toccare nulla.

No, tutto questo era troppo. Era davvero troppo. Non era in grado di sopportarlo.

In quel momento, una porta si spalancò, e Dìs e Frerin irruppero all'interno della corsia, entrambi pallidi e sconvolti. Thorin si alzò, e allora la sorella gli volò addosso, stringendolo con tutta la forza che aveva.

Frerin si fermò alle spalle della sorella, i lineamenti contratti. -Thorin...- sussurrò- È...?

Thorin annuì, le braccia convulsamente strette attorno a Dìs, e allora suo fratello lo raggiunse e si unì all'abbraccio, per minuti che parvero ore.

Poi, Dìs si sciolse dall'abbraccio, e la sua bocca si spalancò in un'espressione di orrore. -Cos'è quello?

Thorin abbassò la testa, seguendo il suo sguardo, e parve accorgersi solo in quel momento della macchia di sangue all'altezza dello stomaco, lì dove aveva stretto Bilbo in attesa dell'ambulanza. I suoi occhi si dilatarono leggermente.

-Non è mio- replicò, la voce piatta. Si fissò la mano, insaguinata anch'essa.-Non è mio-ripeté, gli occhi di colpo svuotati.

-Thorin, credo che dovresti sederti-s'intromise Frerin con fermezza, e l'altro si lasciò guidare, accasciandosi sulla sedia, senza dare l'impressione di sapere realmente dove fosse e perché. Dis si sedette accanto a Thorin, stringendogli la mano, e Bilbo seguì con lo sguardo Frerin, che era andato a parlare con la dottoressa che lo aveva operato.

Bilbo decise di osservare Frerin, perché era molto più facile che osservare suo fratello. Di tanto in tanto, Dìs si lasciava sfuggire un singhiozzo, la sua mano che stringeva quella di Thorin con tanta forza da far impallidire le nocche.

-È colpa mia.

Il suo compagno aveva parlato in tono quasi inudibile, ma Bilbo riportò immediatamente lo sguardo su di lui, sentendosi come se quel cuore che non aveva più gli si fosse improvvisato contratto nel petto.

-Cosa?- replicò Dìs.

-È colpa mia se tutto questo è successo- continuò lui- Lui... sarebbe dovuto ritornare con Fili e Dwalin, ma non ha voluto. Avrei dovuto insistere. E poi, quando ha proposto di andare a piedi, avrei dovuto dire di no, avrei dovuto...

-Thorin, smettila immediatamente!- sbottò sua sorella con estrema durezza-Non è. Colpa.Tua. Mi hai sentito? Non lo è. Non potevi sapere che sarebbe successo, non potevi prevederlo...-Thorin alzò di scatto la testa, un accenno d'ira negli occhi azzurri annebbiati dal dolore, ma Dis non lo lasciò parlare, e continuò- Non puoi flagellarti, pensando che avresti dovuto e non avresti dovuto, non puoi. Non serve a niente, e non cambierà niente. Mi capisci?

-Si è messo davanti alla pistola!

-Tu avresti fatto lo stesso per lui, e non gli avresti dato la colpa!

-Ma non l'ho fatto- rispose Thorin, la voce roca.

-Oh, finiscila!- esplose Bilbo- Non hai il permesso autoflagellarti nel mio nome, mi hai sentito, Thorin Durin?

Ma ovviamente Thorin non poteva sentirlo. Bilbo avrebbe tanto voluto piangere, ma chissà perché, era quasi certo che ai fantasmi non fosse concesso questo lusso.

Fantasmi. Che brutta, orribile parola. Evoca cose decisamente sconvenienti, come andare in giro con un lenzuolo bucato sulla faccia, e sbattacchiare catene. Che brutta, orribile parola.

Una risata isterica gli eruppe dalle labbra, e Bilbo le lasciò libero sfogo. Tanto, ormai, era assodato che nessuno potesse sentirlo..

-Signor Durin...- Galadriel era ricomparsa al fianco di Thorin- È arrivata la polizia.

Dìs deglutì, e strinse il braccio di suo fratello con quella che avrebbe voluto essere un'espressione d'incoraggiamento. Lui non sembrò nemmeno aver sentito.

-Forza, Thorin- mormorò, e poi si alzò, per fronteggiare un uomo in uniforme che veniva verso di loro a passi lenti e stanchi.

Quasi contemporaneamente, Frerin ricomparve alle spalle di Galadriel, un'espressione torva sul viso, e il cellullare stretto convulsamente nella mano destra. Bilbo si chiese chi avesse chiamato, senza soffermarsi eccessivamente sul pensiero.

-Signor Durin, il commissario Theoden-disse Galadriel, e Thorin finalmente alzò lo sguardo, per incontrare quello dell'uomo accanto a lui. Il commissario dava le spalle a Bilbo, e quest'ultimo gli girò incontro per osservarlo: quello che vide fu un uomo alto e dalla corporatura robusta, capelli e baffi biondi che cominciavano a virare verso il grigio, e un'aria stanca ma indomita, come di chi non ha rinuciato a lottare contro la vita, pur non credendo più nella lotta.

-Signor Durin, dovrei farle qualche domanda- il suo sguardo si soffermò sulla macchia di sangue che impregnava la maglia e la mano di Thorin, ma non disse nulla.

-È proprio necessario?- intervenne Dìs, la voce tremante. -Mio fratello non riesce nemmeno a reggersi in piedi. Non potremmo...

-Mi dispiace, signora- Theoden le rivolse un rapido sguardo, e in quell'istante Bilbo comprese che quel “mi dispiace” non era solo una formula di convenzione: Theoden comprendeva davvero il dolore di Thorin, e soffriva a doverlo forzare in quel modo. Questa constatazione lo fece sentire un po' meglio. -Ma prima ci liberiamo di quest'incombenza, meglio sarà per tutti. Signor Durin, se vuole seguirmi...

Frerin si piazzò improvvisamente davanti a suo fratello, e il suo volto aveva perso la solita nota beffarda che lo contraddistingueva: aveva un'espressione dura, minacciosa e fiera, incredibilmente simile a quella di Thorin.

-Non è necessario farlo adesso- scandì le parole una per una, gelido.

-Frerin- il tono di Thorin, invece, era incredibilmente stanco-Posso farlo.

Il fratello gli lanciò un'occhiataccia, ma Thorin lo ignorò, superandolo per portarsi di fronte a Theoden. Questi abbozzò un cenno di ringraziamento col capo, e lo condusse rapidamente in un'altra stanza, lontano dagli sguardi dei curiosi. Bilbo lo seguì quasi senza pensare, sentendo la stanchezza (come diavolo faccio a essere stanco, non ho più nemmeno un corpo, maledizione!) appesantirgli le membra a ogni passo, e gli occhi bruciare per la voglia di piangere.

Theoden rivolse poche, secche domande, alle quali Thorin rispose con tono quasi assente. Quando ebbero finito, sul volto di Theoden c'era un'espressione concentrata.

-C'erano dei testimoni, sul luogo del delitto- disse infine- Nessuno di loro ha avuto la chiara visione di quello che è accaduto, ma dai loro racconti siamo riusciti a ricavare un identikit abbastanza preciso del colpevole.

Così dicendo, sfilò un foglio dalla tasca dell'impermeabile e lo porse a Thorin. Questi si piegò in avanti e lo prese, rigirandolo poi per guardarlo nel verso giusto, e il suo sguardo si fece improvvisamente limpido, deciso e concentrato.

Bilbo si sporse a guardare da sopra la sua spalla, e i suoi occhi esaminarono un volto scavato, pallido, circondato da due unte tendine di capelli neri e flosci. Gli occhi erano semicoperti dalle palpebre spesse, e la sua bocca era molle e larga, contorta in una smorfia che avrebbe potuto essere di dolore come di piacere.

È lui. Bilbo sentì l'orrore bloccargli la gola.

-Risalire alla sua identità non è stato difficile- stava dicendo Theoden. -È una faccia nota, alla centrale. Si chiama Sméagol... anche se in altri ambienti è meglio conosciuto come Gollum. Un ladruncolo di mezza tacca che per la maggior parte del tempo vive di piccoli furti, in attesa di accaparrarsi la prossima dose. Anche se, stando alle nostre ultime informazioni, sembra che si sia infilato in un giro più grosso di lui.

Thorin non aveva smesso nemmeno un istante di fissare il disegno. Sulle ultime parole di Theoden, le sue dita si contrassero improvvisamente, e per un attimo Bilbo pensò che volesse accartocciare il foglio.

-Lo conosce?- chiese l'ispettore.

Thorin scosse appena la testa.

-Allora io ho finito con le domande- Theoden si alzò e si avviò verso la porta. Sulla soglia, si fermò e si voltò a guardare l'altro uomo. -Ho chiesto ai suoi fratelli di provvedere alla pratica del riconoscimento- disse- Non era davvero necessario... ma le procedure vanno osservate.

Avreste potuto chiederlo a me, pensò Bilbo, in un guizzo di amara ironia, di certo, sarei un testimone piuttosto attendibile.

Un silenzio imbarazzante era calato improvvisamente fra Theoden e Thorin, e Bilbo si scoprì incapace di sopportarlo. Diede le spalle al suo uomo, e senza pensare, si lanciò contro la porta, proprio nel momento in cui Theoden se la chiudeva alle spalle.

Nel momento in cui venne a contatto con essa, il suo corpo vi sprofondò, diventando tutt'uno con esso; avvertì distintimente la consistenza del legno e del metallo nella pelle, poté percepire ogni singolo dettaglio, e fu una sensazione orribile, troppo per essere descritta adeguatamente. Bilbo boccheggiò, e senza riflettere, cercò di spingersi in avanti, e cadde di faccia, ritrovandosi bocconi. Trasse un paio di respiri tremanti, ma con sgomento si rese conto che non avvertiva il sapore dell'aria entrare nei polmoni; era solo un'azione che il suo corpo (o meglio, ciò che era stato il suo corpo) eseguiva automaticamente, senza averne alcun bisogno.

Si tirò in piedi e si appoggiò alla parete, pur sapendo che non ne avrebbe tratto alcun sollievo: il mondo intorno a lui sembrava roteare a una velocità vorticosa, la stessa alla quale si erano succeduti gli eventi.

Okay. Ragiona e metti in ordine gli eventi. Primo fatto importante della giornata: sei morto. E su questo non ci piove. Secondo...

Thorin uscì nel corridoio, e fu immediatamente raggiunto dai suo fratelli. Bilbo li seguì automaticamente fuori dall'ospedale, nel parcheggio, notando come il corpo di Thorin sussultasse per quel freddo che lui non poteva sentire.

... sei stato ucciso. E su questo anche mi sembra ci siano pochi dubbi. E da un miserabile ladruncolo di mezza tacca, per giunta. Decisamente poco Baggins.

-Per stasera dormirai da me- stava dicendo Dìs- Non ci penso nemmeno a lasciarti da solo.

-Vengo anch'io- intervenne Frerin- La mia vecchia camera è ancora libera?

Dìs rise, un suono innaturale, strozzato. -È diventata lo sgabuzzino. Dovrete stringervi sul divano, temo.

-Non fa nulla- Frerin mise una mano sulla spalla di Thorin e lo spinse delicatamente all'interno della macchina, scivolando poi accanto a lui. Chiuse la portiera, e il suo braccio circondò le spalle di Thorin, serrandole con forza.

-Va tutto bene-Bilbo lo sentì mormorare nell'oscurità della macchina-Va tutto bene.

Bilbo avrebbe voluto mettersi a urlare con tutto il fiato che non aveva in gola. Punto terzo: sono un fantasma. Per qualche motivo, non sono andato in Paradiso o qualunque altra cosa ci sia dopo la morte. Non posso toccare le cose, passo attraverso i muri, e se parlo, nessuno può sentirmi. Fantastico.

Rimase in piedi, immobile, le mani affondate nelle tasche e gli occhi fissi sui fari della macchina che si allontavano fino a diventare poco più che vaghi accenni di luce nell'oscurità. Quando il veicolo sparì definitivamente dalla sua vista, il dolore lo colse, un dolore cento volte più atroce di quello che aveva patito nel momento in cui il proiettile lo aveva attraversato, un dolore che gli dava l'impressione di poterlo spaccare in due da un momento all'altro, un dolore che non si poteva più cancellare, perché lui era morto, morto,morto.

Ricapitolando: sono morto, sono stato ucciso, sono un fantasma... e ho lasciato solo Thorin.

 

Per un attimo, abbiamo pensato di aver cancellato il documento...mai più sti colpi.
Torniamo a ripetere: scordatevi che l'aggiornamento sia sempre così veloce. Ci teniamo davvero a questa storia, e quindi cercheremo di essere il più regolari possibile, ma non garantiamo niente. Siamo sicure che comprenderete.
Allora, in questo capitolo abbiamo tirato fuori tutto il nostro sadismo narrativo, che non è poco, e abbiamo un cammeo di Galadriel e sopratutto di Theoden, che apparirà anche più avanti, anche se per la maggior parte in personaggi della storia provengono dai film (e sottolineiamo, film) dello Hobbit. Beh, che dire, speriamo che leggere questa sciocchezzuola vi stia appassionando almeno quanto ci appassiona a noi scriverla...
Commenti e critiche sono sempre ben accetti!
Saitou Catcher

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3-17 aprile ***


Capitolo 3

17 aprile, ore 12:00

Prima di essere ucciso, Bilbo Baggins aveva in mente molti progetti per il prossimo futuro, ma assistere al proprio funerale non era decisamente incluso nell'elenco.

Era stata l'esperienza più surreale di tutta la sua vita- per quanto una simile espressione fosse assai inappropriata, ora come ora. Nei due giorni trascorsi dalla sua morte aveva osservato Dìs e Frerin che si affacendavano per il funerale, provvedendo allo stesso tempo che Thorin non venisse mai lasciato solo, neppure per un istante (e in circostanze normali, la cosa avrebbe infastidito a morte Thorin, ma il suo uomo sembrava a malapena rendersi conto di dove fosse e perché). Ma la cosa peggiore era stata vedere la notizia girare fra i suoi vari amici e conoscenti: Bilbo aveva quasi rischiato il collasso nel vedere Fili scoppiare a piangere come un bambino e Dwalin incapace di spiccicare parola, le mani strette a pugno e il volto di un colore cianotico.

E adesso erano tutti lì, ammassati davanti all'entrata della chiesa, stretti in piccoli gruppi animati da sussurri concitati; le parole ucciso, rapina e polizia erano quelle che si udivano più spesso, ma lo scrosciare della pioggia rendeva impossibile seguire qualsiasi conversazione.

Piove,c'era un'amara ironia nell'osservazione di Bilbo, E ti pareva. Non riesco a non rispettare le convenzioni nemmeno al mio funerale.

Fece scorrere lo sguardo sulla piccola folla, assiepata a gruppetti sotto gli ombrelli neri, e quello che vide gli strinse il cuore: ovunque posasse gli occhi, tutto quello che vedeva erano volti rigati da lacrime miste alle gocce di pioggia, labbra strette nello sforzo di trattenere i singhiozzi, e non c'era nulla di confortante ne' di lusinghiero in tutto il dolore che la sua scomparsa aveva causato. Tutto quello che Bilbo avvertiva, nella sua nuova, assurda realtà di fantasma, era freddo (perché mai dovrei avere freddo, quando non ho più nemmeno un corpo) e tristezza, e sopratutto, soverchiante su ogni altra cosa, senso di colpa.

Il volto senza emozioni di Thorin era troppo difficile da osservare, quindi si concentrò sugli altri membri della famiglia Durin, compatti come sempre: individuò Bofur, a testa nuda sotto la pioggia scrosciante, le mani che tormentavano convulse il suo malconcio cappello (gliene regalerò uno nuovo al prossimo compleanno-ah, giusto, io non ci sarò al suo prossimo compleanno), Balin appoggiato alla spalla del fratello, senza trattenere le lacrime che si perdevano nella barba bianca, e poi Kili,il volto bianco come gesso, contratto nello sforzo di non piangere,in piedi tra Fili e Tauriel, aggrappato alle loro mani come a un'ancora di salvezza.

Tauriel stringeva delicatamente la mano del giovane, e di tanto in tanto lo abbracciava, sussurrando quelle che Bilbo immaginava essere parole di conforto, ma anche lei piangeva, quando credeva che nessuno potesse vederla, piccoli, silenziosi singhiozzi che le scuotevano il petto e le spalle. Forse ricordava, esattamente come lui, tutti i pomeriggi passati a spettegolare davanti al camino di casa Baggins, le innumerevoli partite a scacchi, e le infinite volte- e se anche Bilbo avesse potuto contarle, non sarebbero mai state abbastanza- in cui si erano impuntati sulla soluzione di un cruciverba, e quel pomeriggio disastroso in cui lei aveva tentato di insegnargli qualche rudimento di autodifesa, e lui i principi basilari del ricamo, ed entrambi erano quasi soffocati dalle risate, sotto gli sguardi perplessi dei loro fidanzati.

No, non posso farcela, si ritrovò a pensare, quando finalmente tornò a posare lo sguardo sul volto di Thorin e lo vide vuoto e cereo come una maschera. Perchè proprio in quel momento Fili si era allontanato dalla folla per rispondere al telefono, e a giudicare dall'espressione del suo volto, all'altro capo della linea c'era Sigrid, la ragazza con cui era fidanzato da circa un mese... o forse da due, Bilbo non ne aveva assolutamente idea.

Non è giusto, si disse, Kili ha Tauriel, e Fili ha Sigrid... ma Thorin non ha nessuno.

Thorin non sembrava nemmeno presente a se stesso, quando la cerimonia ebbe inizio. Di tanto in tanto, i suoi occhi scivolavano sulla piccola bara di legno, ma subito se ne distoglievano, e il suo viso si contraeva, cercando disperatamente di non lasciar trapelare nessuna emozione. A Bilbo faceva più male che se fosse scoppiato a piangere davanti a tutti.

Non c'è Gandalf, si rese conto all'improvviso. Qualcuno avrà pensato ad avvisare quel vecchio seccatore della mia... dipartita?

Stranamente, questo fatto gli dispiaceva più di quanto pensasse. Partecipare al suo stesso funerale era come un modo per passare in rassegna tutto ciò che la sua esistenza era stata... e Gandalf, per quanto a volte gli fosse seccato ammetterlo, ne era stato una parte importante.

A metà della funzione, Frodo, che aveva solo sette anni, scoppiò a piangere, e si alzò di scatto dal suo posto, dirigendosi verso l'uscita in un disperato tentativo di fuga. Bilbo lo seguì con lo sguardo, avvertendo per l'ennesima volta qualcosa spezzarsi dentro di lui, più in profondità di quanto un proiettile sarebbe mai potuto arrivare. Non avrebbe più risposto alle domande di cui il piccolo cugino lo inondava, gli occhi blu spalancati e luminosi, come se con la semplice forza delle sue risposte Bilbo potesse trasportarlo in un altro mondo.

Per l'ennesima volta distolse lo sguardo, vagando alla ricerca di qualcosa che alleviasse almeno un po' il dolore, e con sua grande sorpresa trovò Lobelia. Dietro il fazzoletto convulsamente stretto nella mano guantata, il volto di sua cugina era più pallido di quanto lui avrebbe mai creduto possibile.

Povera Lobelia, pensò, in fondo, non era poi così male. L'avessi saputo prima, avrei provveduto a lasciarle i miei cucchiani.

I partecipanti uscirono finalmente dalla chiesa, e con la coda dell'occhio, Bilbo colse la chioma bionda di Legolas avvicinarsi a Tauriel. Non si era aspettato di trovarlo lì, e quindi si avvicinò per ascoltare la conversazione (gli era stato ripetuto mille volte che origliare era una cosa spregevole, ma tanto ormai era morto, quindi non avrebbe potuto riferire niente a nessuno, neanche volendo).

-Legolas-mormorò Tauriel, stringendolo in un rapido abbraccio. Il giovane si separò da lei, e fu strano vederlo sostare di fronte a Kili senza che tra i due avvenisse il solito scambio di sguardi truci.

-Non mi aspettavo di vederti qui- continuò Tauriel.

-Mio padre sarebbe voluto venire- disse lui- ma ha pensato che non fosse il caso.

Dal suo angolo, Bilbo non poté fare altro che annuire. Nonostante Thranduil avesse sempre nutrito una sorta di strana ammirazione nei suoi confronti, la sua presenza al funerale non avrebbe fatto altro che appesantire ulteriormente l'atmosfera.

-Tauriel, andiamo- mormorò Kili in tono stanco, e i due si unirono alla piccola folla assiepata intorno alla fossa scavata di fresco. Nel momento in cui intuì cosa stava per accadere, lo stomaco di Bilbo si serrò in una morsa gelida.

Thud!

Il rumore della palata di terra sul legno della bara gli riempì la testa, più nauseante di qualunque altra cosa avesse mai sentito, e Bilbo fu tentato di scappare, ma non lo fece. Rimase, immobile sul limitare della sua stessa fossa, ad osservare la terra che lentamente scendeva a ricoprire ciò che un tempo era stato, accompagnata dalla voce monotona e salmodiante del prete.

Thud, thud, thud. Lo sguardo di Bilbo si distolse automaticamente dalla procedura dopo qualche minuto, e solo allora l'uomo notò il dettaglio stridente nella scena che lo circondava. Attraverso il tonfo sordo della terra che cadeva, poteva sentire i singhiozzi di Balin, spezzati, convulsi, soffocati dal petto del fratello. Vedeva Bofur piangere a sua volta, stringendo il cappello fino a farsi impallidire le nocche, e ovunque posasse lo sguardo, vedeva solo lacrime, e volti contratti dal dolore. Gli ci volle qualche secondo per rendersi conto di ciò che non andava.

Tutti stavano piangendo.

Tutti, ma non Thorin.

Thud!

Un'altra palata, e lo sguardo di Thorin scattò, distogliendosi dalla fossa ai suoi piedi , fisso su un punto impreciso.

Thud!

-Thorin- mormorò sua sorella, e gli strinse il braccio.-Thorin, guarda.

Thud!

-Guarda-le fece eco Bilbo.

Thud.

Ma lui non lo fece.


 

***

-IDIOTA!

Il rumore dello schiaffo parve rieccheggiare come un colpo di cannone, nello spazio angusto in cui si trovavano, e Sméagol cadde faccia avanti, senza riuscire a ripararsi il viso, prima d'impattare violentemente col pavimento. Si udì uno schiocco sinistro, e un fiotto di sangue caldo gli bagnò il mento, sgorgando dalle narici.

-SCHIFOSO, INUTILE VERME!

La mano di Bolg gli calò addosso con violenza, afferandogli i capelli unti in una morsa, e Sméagol gemette e si contorse, la faccia ancora premuta contro il pavimento, e un ginocchio del boss sulla schiena.

-Sméagol ha fatto quello che gli era stato chiesto!- gocce di sangue e saliva costellarono il suolo, sputate insieme alle parole-A Sméagol era stato detto di uccidere, e Sméagol ha ucciso, sì, sì, Sméagol ha ucciso...Gollum! Gollum!- le ultime parole emersero dalla sua bocca miste ad un rantolo, e tutto il suo corpo sembrò contrarsi intorno a quell'unico suono.

-Di cosa ti eri fatto stavolta, si può sapere?- ruggì Bolg, e un fremito di sadico piacere balenò attraverso la sua rabbia. Sollevò di poco la testa di Sméagol, sempre tenendola per i capelli, e poi la sbatté di nuovo a terra, ignorando il grido di dolore emesso dall'uomo ai suoi piedi.-Cosa ci vuole a uccidere un uomo che hai seguito per settimane? Era Thorin Durin che dovevi toglierci dai piedi, non il suo animaletto da compagnia!- Il suo viso scuro si contorse per il disgusto, e poi Bolg si rialzò lentamente, reggendo saldamente Sméagol per i capelli. Il piccolo ladro si contorse e si dibatté nella sua stretta, gli enormi occhi vitrei che roteavano follemente nel viso flaccido.

-E adesso dimmi...- continuò Bolg, scrollandolo come un giocattolo-... dopo questo circo che hai messo in piedi, dovrei anche pagarti?

Aprì le dita, e Sméagol atterrò sulle mani e sulle ginocchia, piegato su stesso, il corpo scosso da tremiti. Senza distogliere gli occhi dal boss, arretrò fino a trovarsi con la schiena al muro. -Sméagol ha fatto quello che gli avete chiesto!- ripeté- Voi avevate promesso...- con una rapidità sconcertante, il suo viso mutò espressione, contorcendosi in un ringhio intriso di malignità- Oh, sssììì, voi avevate promessso, e noi avremo quello che meritiamo... Gollum! Gollum!- di nuovo si piegò su se stesso, sputando ed emettendo suoni raschianti, come un gatto che abbia ingoiato una palla di pelo.

-Oh, ci risiamo- la voce di Bolg tremò per il disgusto. Rapido, si frugò nelle tasche e tirò fuori una bustina dal contenuto bianco. Il volto dell'altro si accese di un'avidità malata, e Sméagol si protese in avanti, prima d'indietreggiare bruscamente, con le labbra ritratte sui denti-La vogliamo!- gemette, lamentoso, e si afferrò i capelli con violenza, dondolandosi su se stesso.-La vogliamo!

-E perché dovrei dartela?- replicò Bolg, spietato.

Sméagol alzò di scatto la testa, e di nuovo assunse quell'espressione feroce, prima di scattare:-DACCELA, GOLLUM!

Bolg lo colpì sul volto come avrebbe fatto con un bambino e Sméagol si riaccasciò nuovamente, emettendo un mugolio pietoso. Il boss lo fissò per qualche altro istante, quindi scosse la testa e con un calcio gli passò la bustina. Le mani dell'altro scattarno attorno ad essa con una velocità spasmodica, e Smèagol fu subito in piedi, sul volto un'espressione di ebete piacere.

-Sparisci- gli ordinò Bolg, quasi sputando le parole- E vai in chiesa ad accendere un cero perché ti ho permesso di allontanarti sulle tue gambe.

Sméagol non se lo fece ripetere due volte: rivolse un solo, rapido sguardo a Bolg, quindi scivolò oltre la soglia.

La porta si chiuse dietro di lui, e poi una nuvola di fumo si allargò dall'angolo alle spalle di Bolg, espandendosi attorno all'ampio volto albino di Azhog il Profanatore.

-Quel morto di sonno lo avevi proposto tu- disse, prendendo una nuova boccata.

-Non pensavo che sarebbe stato così idiota- ribatté il figlio in tono petulante- Ad ogni modo, al prossimo incarico che manda a monte, ce lo togliamo di mezzo. Ne ho abbastanza di lui e dei suoi deliri da tossico.

Azhog non rispose, limitandosi a soffiare un'altra nuvola di fumo.

-Comunque, il problema rimane- continuò Bolg- Quel cane di un Durin è ancora in circolazione, e il peggio è che non possiamo nemmeno ucciderlo subito. Theoden collegherebbe immediatamente i due fatti. Non che avrebbe prove a sufficienza, nel caso, ma non ci conviene svegliare il can che dorme. Senza contare- aggiunse con una smorfia di disprezzo- che dopo questo, la sua famiglia gli starà più addosso che mai.

-Dovrà pure staccarsi da quella mandria, ogni tanto- fu la risposta di Azhog- Bisogna avere pazienza con i Durin, figliolo. Anche suo nonno ci ha fatto sputare sangue, e alla fine è finito a farsi fuori da solo in un ospedale psichiatrico.

Un sorriso di soddisfazione piegò le labbra di Bolg al ricordo.

-Ad ogni modo- riprese Azhog- Thorin non è l'unica spina nel fianco che abbiamo. Ci sono altri seccatori di cui preoccuparci... e il signor Durin potrà aspettare finché non ci saremo occupati di loro. -Stavolta fu lui a sorridere, e fu uno spettacolo molto più terribile di quanto si sarebbe potuto supporre- E se conosco bene quel figlio di un cane, prima o poi sarà lui stesso a servirci la vendetta su un piatto d'argento.


 

Buonasera a tutti!

Allora, che dire, innanzitutto, ci scusiamo per la lunga attesa, che tra l'altro vi ha procurato un capitolo decisamente deprimente... ma comprenderete, la scuola sta finendo, ed è un miracolo essere riuscite a trovare questo momento per mettersi insieme a scrivere.

La seconda parte del capitolo, a nostro parere, è la migliore... con Azhog che parla in penombra perché lui è il cattivooo(cit. Yotobi).

Speriamo che il capitolo sia stato di vostro gradimento! Non lesinate sulle recensioni!

Saitou Catcher
 


 


 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4-28 giugno ***


Capitolo 4

28 giugno, ore 09:30

-Ci siamo tutti?- fu la prima cosa che chiese Dwalin, nel momento in cui Dìs gli aprì la porta e si fece di lato per lasciarlo passare. La donna annuì, e Dwalin emise quello che sembrava un grugnito d'approvazione in risposta agli svogliati saluti degli altri presenti., quindi prese una sedia e vi si accomodò a cavalcioni, le braccia incrociate sullo schienale. Accanto a lui, Balin era sprofondato in una poltrona, il volto serio e grave, come quelli di Fili e Kili, seduti invece ai lati opposti del tavolo. Alle loro spalle, Dìs chiuse la porta e poi attraversò il salotto, accomodandosi sul divano accanto a Frerin.

Per alcuni istanti, nel soggiorno regnò il silenzio più assoluto, rotto soltanto dagli sporadici colpi di tosse di Dwalin.Poi Dì s emise un profondo respiro, e si sporse leggermente in avanti, le mani intrecciate e un'aria stanca che non le era abituale ad appesantirle il volto.-Bene- disse la minore dei tre fratelli Durin, facendo scorrere lo sguardo in modo da poter guardare negli occhi tutti i presenti.-Immagino che tutti sappiamo perché siamo qui.

-Thorin- grugnì semplicemente Dwalin.

Dìs annuì, e si appoggiò allo schienale, passandosi nervosamente le dita tra i capelli. -Lui non è.. se stesso- disse- Intendiamoci, nessuno pretende che stia bene... sono passati solo due mesi, dopotutto... è solo che... che...

-Che Thorin si sta lasciando vincere dal dolore- le venne in aiuto Balin, il volto profondamente triste- Ce ne siamo accorti tutti. E questo non è da lui.

Dìs annuì- Vi ho chiesto di venire qui e parlarne, perché volevo essere sicura che non fosse solo una mia impressione. Ultimamente, Thorin mi...-esitò per qualche istante alla ricerca della parola giusta, poi abbassò lo sguardo sulle proprie mani intrecciate, per nascondere lo scintillio improvviso delle lacrime.-Mi evita.

-Evita tutti-rispose Frerin in tono piatto.

-Ma così non ci permette di aiutarlo!- sbottò Kili, e fissò il fratello come in cerca di conferma.

-Ultimamente, Thorin evita di vivere- ribatté Dwalin- Oh, certo, viene al lavoro tutti i giorni e se gli si fa una domanda risponde, se lo chiami mostra di starti a sentire. Mangia e beve quel tanto che gli serve per sopravvivere, e a malapena dorme. Per il resto...- anche Dwalin s'interruppe, le labbra ridotte ad una linea sottile- Niente. Nessun segno di vita. Uscito dal lavoro, arriva a casa e nessuno lo vede più uscire. Se lasciato a se stesso, può rimanere in silenzio per ore. Non chiama mai, se non per questione relative al lavoro, e se qualcuno tenta di coinvolgerlo in qualcosa, trova sempre il modo di svicolare.

-È sempre stato chiuso in se stesso- mormorò Frerin.

-Frerin, questo non è essere chiusi in se stessi, questo è seppellirsi vivo, cazzo. Ma lo hai mai guardato negli occhi? Un morto sarebbe più espressivo.

-Qualcuno ha provato a sentire Dain?-chiese Dìs.-Se c'è qualcuno che può capire cosa passa per la testa di Thorin, è lui.

-L'ho fatto io-disse Frerin.-Ci ho parlato l'altra settimana. Mi ha detto che la maggior parte delle volte non risponde al telefono, e che le poche volte che lo ha fatto ha riattaccato subito. Dain deve restare in America per lavoro per altre due settimane, se no gli avrebbe già fatto il culo, parole testuali.

Accanto a lui, Dìs sembrò quasi afflosciarsi. -Dain e Thorin si sono sempre detti tutto. Tutto, letteralmente, da che avevano due anni. Se non vuole parlare nemmeno con lui, la situazione è grave.

-Ma dai?- disse Dwalin, velenoso- E io che non l'avevo ancora capito.

Per qualche istante, sembrò che nessuno avesse nulla da dire. Poi Dìs si rivolse ai suoi figli.-Fili, Kili, voi cosa ne pensate?

-Non ce lo faccio, mamma- le rispose Kili, con la voce rotta e gli occhi lucidi.-Non ce la faccio a vederlo così. E' orribile.

-E' come ha detto Dwalin-intervenne Fili- Sembra di avere a che fare con un automa.

Dìs deglutì- Forse è troppo presto per disperare. E' passato pochissimo tempo, e questo...è un dolore difficile da affrontare.-Il ricordo dei primi tempi dopo la morte di suo marito le velò improvvisamente lo sguardo.- Io.. mi ricordo quando è morto Vili. Mi sembrava di affondare, di essere finita in un labirinto da cui non c'era uscita, e odiavo tutti... tutti. Perché loro erano vivi e lui no.

-Sì, ma tu hai reagito, in qualche modo- le rispose Balin- Urlavi, piangevi, rompevi tutto quello che avevi a portata di mano. Mi ricordo una volta che ho tentato di consolarti e tu mi hai aggredito con tale violenza che i bambini si spaventarono, e dovemmo tenerli lontani da te tutto il giorno. Ma con Thorin non è la stessa cosa. Lui non sta reagendo. Si sta solo chiudendo nel suo dolore.

-Ad ogni modo-s'inserì Frerin-il punto non è questo. Tutti conosciamo Thorin, lo sappiamo che non è il tipo che si batte il petto e si strappa i capelli quando è addolorato per qualcosa. Ha sempre affrontato il dolore cercando di reprimerlo, ma mai così. Quando è morto nonno Thror, ha pianto. Quando sono morti i nostri genitori, ha pianto. Quando è morto Vili ha pianto, e l'ultima volta che si erano visti erano quasi venuti alle mani! E per Bilbo Baggins, che era tutta la sua vita, non ha versato una lacrima, una sola, da quando è morto fino a oggi. Capisci cosa intendo, quando dico che non è normale?

-Il punto è- intervenne Balin- Che tutte le altre volte che un lutto ha colpito la nostra famiglia, c'era sempre qualcosa da fare, qualcuno di cui occuparsi, qualcuno per cui essere forte. Quando vostro nonno è morto, Thorin ha dovuto impedire che l'azienda fallisse; quando sono morti i vostri genitori ha dovuto prendersi cura di te e di vostra sorella; quando è morto Vili doveva consolare Dìs e badare ai bambini. Ma in questo caso...- Balin scosse la testa, lentamente, e i suoi occhi si fecero lucidi- ...di chi altro deve occuparsi, se non di se stesso?

-E tutti sappiamo quanto Thorin sia bravo a occuparsi di se stesso- ringhiò Dwalin.

Dìs si passò la mano fra i capelli, appoggiando la schiena al divano.-E' normale che non abbia accettato quello che è successo, ma...

-Non si tratta di accettare, Dìs!-la interruppe Frerin, rabbioso.-Il problema non è che Thorin non accetta quanto è successo, nessuno se lo aspetta, dopo solo due mesi. Il problema è che sta tentando di cancellare tutto quello che è avvenuto prima. Sta cercando di far finta che una persona di nome Bilbo Baggins non sia mai esistita, in modo da non dover soffrire per la sua assenza.

-E' diventato impossibile anche solo nominare Bilbo, ormai-gli fece eco Fili.-Qualche giorno fa, Kili lo ha fatto per sbaglio, non mi ricordo perché, e zio Thorin...per un attimo è sembrato quasi che stesse per picchiarlo, poi gli è tornato quello sguardo inquietante da morto, e ha ripreso a parlare di lavoro come se niente fosse.

-Ma non è giusto!- esplose Kili.-Lui non è il solo che ha perso qualcosa! Bilbo era anche mio amico, e non voglio smettere di parlare di lui solo perché è morto! Non è giusto!

La sua voce si ruppe, e le lacrime scesero a rigargli le guance. Dall'altro lato del tavolo, Fili allungò una mano e strinse saldamente quella del fratello. Di nuovò, il silenzio calò come una cappa sul piccolo gruppo.

-Bene, abbiamo esaminato il problema- esordì Balin dopo alcuni minuti- Adesso, come lo risolviamo?

-Vuoi proprio che ti risponda, Balin?- ribattè Dìs in tono sconsolato- Non ne ho la più pallida idea. Potrei provare a parlarci... io sono l'unica che può capire davvero quello che sta passando.

-Dìs, non c'è nessun in questa stanza che non abbia provato a parlargli almeno una volta- rispose Frerin, cupo.

-Io l'avrei fatto, ma Thorin è talmente deciso a evitare ramanzine che scappa appena mi vede-disse Balin, in un tono che avrebbe voluto essere scherzoso, e che rivelava solo quanto gli pesasse la situazione.

-Stiamogli vicini, e aspettiamo che torni Dain, allora-propose Dìs- Forse lui riuscirà a farlo ragionare.

-Se Thorin non fa cazzate prima- fu l'acido contributo di Dwalin.


 

Bilbo non aveva bisogno di assistere alla riunione dei Durin per sapere che la situazione stava degenerando. Nel corso dei due mesi trascorsi dalla sua morte (per quanto a volte gli risultasse ancora difficile afferrare appieno la verità di quanto era successo) aveva seguito le vite di tutti coloro che conosceva, osservandoli piangere, rassegnarsi, e infine ritornare alle loro routine. E tutti, chi in poco tempo, chi più lentamente l'avevano fatto.

Tutti tranne Thorin.

Dal giorno in cui era morto, Bilbo non aveva più sentito il suo fidanzato pronunciare il suo nome. L'aveva visto trascinarsi nell'esistenza un giorno dopo l'altro, ogni giorno più cupo, più distante. Thorin vagava da un luogo all'altro come non rendendosi conto di dove fosse, ma comunque sempre estremamente attento ad evitare tutto ciò che avrebbe potuto riportare a galla i ricordi.

E questo faceva male, oh, se faceva male.

Anche quella sera, come tutte le altre, Bilbo era in piedi presso la finestra del soggiorno che dava sulla strada, gli occhi fissi sulla schiena di Thorin seduto al tavolo. Le mani del suo uomo vagavano sulla carte tracciando schizzi e abbozzi con cura e precisione, ma senza alcun interesse, come se quello fosse un gesto che ormai le sue mani ripetevano in automatico.

-Dovresti mangiare qualcosa-disse Bilbo, per rompere il silenzio che lo assordava.-Non puoi andare avanti solo a gallette, sai.

Anche quella sera, come tutte le altre, Thorin non rispose. Bilbo sfuffò frustrato, e distolse lo sguardo, tornando a guardare la strada. Sapeva benissimo che Thorin non poteva sentirlo, ma ciò non significava che la cosa fosse meno penosa.

Sotto la luce della luna la strada era deserta, sporcata dalle macchie di luce dei pochi lampioni, ma Bilbo lo considerava comunque uno spettacolo migliore del viso immobile di Thorin o delle pareti che li circondavano, ormai spoglie delle fotografie che le avevano ornate per anni. Bilbo non aveva idea di dove Thorin avesse messo tutte le foto che lo contenevano- quando le aveva tolte dalle cornici non aveva avuto il coraggio di guardare.

Sbadigliò, più per riflesso che per reale necessità, e poi i suoi occhi colsero un dettaglio che lo congelò sul posto, incapace di credere realmente a quello che stava vedendo, ma impossibilitato a negarlo.

Appostato sotto un lampione, gli occhi fissi alla porta di casa e il cellulare attaccato all'orecchio, c'era Sméagol.

Bilbo non lo aveva più visto dal giorno del suo omicidio, ma l'avrebbe riconosciuto ovunque. Quegli occhi azzurri e allucinati, quelle guance cascanti, quei capelli neri-gli sarebbero rimasti impressi per tutta la vita, o meglio, per quello che era venuto dopo.

Un senso di panico lo assalì, e istintivamente si voltò verso Thorin, prima di ricordarsi che lui non poteva sentirlo.

Riportò lo sguardo su Sméagol, avvertendo una penetrante ed assurda sensazione di gelo artigliargli lo stomaco. Da sotto il lampione, il piccolo ladro continuava a dondolarsi sul posto, la testa che a tratti si voltava nervosamente in direzione della finestra. Sembrava più magro dall'ultima volta che Bilbo lo aveva visto, con la pelle delle guance insanamente afflosciata sulle ossa del viso e gli occhi segnati da solchi neri. Ad un tratto annuì, la testa che andava su e giù come quella di una bambola rotta, e chiuse il cellulare, voltandosi poi per avviarsi nell'oscurità.

Bilbo lo seguì.

Lo fece senza nemmeno pensarci. La sua mente aveva appena formulato il pensiero che il suo corpo già scivolava all'interno della parete, di nuovo pervaso dall'inquietante percezione di ogni dettaglio della struttura. In un attimo si ritrovò fuori.


 

Seguì Sméagol senza quasi rendersi conto di dove lo stesse portando, concentrato solo sulla necessità di non perderlo di vista. Il ladro fece un giro parecchio tortuoso, infilandosi spesso in vicoli poco visibili ed evitando le strade affollate, fino a quando non sbucarono in quella che Bilbo riconobbe essere la fermata della stazione vicino casa sua.

Sméagol appariva più nervoso che mai, i suoi occhi saltarono da un vagone all'altro fino a trovare quello più occupato. Vi si infilò, calando il cappuccio della felpa fin quasi sugli occhi, e Bilbo lo seguì, notando come il suo corpo non avvertisse minimamente la pressione degli altri passeggeri, malgrado fossero tutti schiacciati come sardine.

Un uomo che era entrato insieme a Sméagol emise un gemito di lieve disgusto, nel constatare la ressa intorno, poi tirò un fazzoletto fuori dalla tasca e lo usò per appendersi a uno dei pali senza toccarlo. Nel vedere quel gesto, un ricordo riempì la mente di Bilbo, un ricordo talmente intenso da cancellare il rumore sferragliante del treno, l'odore pesante della folla assiepata, e gli inquietanti occhi di Sméagol, brillanti di fronte a lui.


 

Il treno ha uno scossone e Bilbo viene proiettato in avanti con tanta forza che cadrebbe, se non ci fosse il petto di Thorin davanti a lui. La mano del suo fidanzato gli stringe saldamente il braccio.

-Perché non ti aggrappi al palo?- Thorin ha uno scintillio divertito negli occhi. -Capisco che quelli del soffitto sono troppo in alto per te, ma ne hai uno proprio accanto.

Bilbo gli rivolge uno sguardo distratto, e scuote la testa, prima di perdere di nuovo l'equilibrio.

-Ho dimenticato il fazzoletto- risponde.

Le sopracciglia di Thorin si alzano fin quasi all'attaccatura dei capelli. -Il fazzoletto?

-Precisamente.

È evidente che l'altro cerca disperatamente di non ridere. -Perdonami, ma non vedo il nesso.

Bilbo annuisce, con il naso arriciato all'indirizzo del palo.-Hai idea di quanta gente ci mette la mani, su questi cosi? Potrei prendermi tutti i germi del mondo.

-Non ne dubito-la nota di divertimento nella voce di Thorin è talmente evidente da guadagnarli un'occhiataccia dell'altro.-Se posso saperlo, come hai intenzione di fare, per non finire a terra prima della prossima fermata?

Bilbo si appoggia a Thorin e lo circonda con le braccia, reggendosi saldamente a lui.-Così.

-Molto ingegnoso, signor Baggins.-Thorin usa la mano con cui non si sta aggrappando per circondare la vita di Bilbo.-Puoi addormentarti qui, se vuoi. Non ti sveglierò per la nostra fermata.

-Spiritoso-brontola Bilbo, e affonda la faccia nella giacca di Thorin, per non fargli vedere che sta sorridendo.


 

Il rumore delle porte che si aprivano riscosse Bilbo. Per un istante rimase immobile, incorpero nel flusso di gente che abbandonava il vagone, prima di accorgersi che era sceso anche Sméagol. Scattò immediatamente sulla banchina e gli venne dietro, aguzzando gli occhi per scorgerlo nella folla.

Fuori dalla stazione, la luce della luna illuminava un agglomerato di case fatiscenti, strette attorno a vicoli piccoli e sporchi, quasi ostruiti da enormi accumuli di spazzatura. Sméagol si mosse a passo sicuro, scivolando con la disinvoltura dell'abitudine tra i gruppi di ratti accalcati attorni ai cassonetti divelti. Gli enormi occhi azzurri scattavano in continuazione da una parte all'altra, e di tanto in tanto la sua mano affondava nella tasca, a rigirare nervosamente tra le dita qualcosa che Bilbo non poteva vedere.

La marcia del ladro si concluse di fronte a un palazzo immerso nel buio, privo persino del portone. Sméagol s'infilò in un atrio malamente illuminato da una lampada circondata dalle mosche, e poi risalì una scala dai gradini sconnessi. Per una volta, Bilbo fu grato di essere un fantasma, visto che ciò rendeva estremamente improbabile l'ipotesi che si spezzasse l'osso del collo su uno di quegli scalini marciti.

Arrivati al terzo piano, Sméagol aprì una porta, e gli occhi di Bilbo colsero uno stanzino asfittico, che dava mostra di non essere abitato per la maggior parte del tempo. L'intonaco era scrostato in vari punti e cadeva a pezzi sul pavimento, una pentola sporca coi bordi orlati di muffa-o perlomeno, Bilbo sperava ardentemente che fosse solo muffa- faceva bella mostra di sè in un angolo, e un materasso coperto da un plaid sudicio era piazzato sotto una malandata finestra, che dava sul cortile interno del palazzo. Il buio era così totale che Bilbo si chiese come facesse Sméagol a vederci.

Un singulto attrasse la sua attenzione, e vide le mani del ladro affondare nuovamente nelle tasche ed estrarne qualcosa, scosse da un tremito così convulso che sulle prime Bilbo non si accorse che si trattava di una bustina. Inorridito, osservò Smeéagol aprirla e depositare una striscia di polvere bianca su un tavolinetto scassato posto accanto al materasso. Gli occhi del suo omicida brillavano come quelli di un bambino nel giorno di Natale.

No, questa non la voglio vedere, decise Bilbo.

Era sul punto di girare i tacchi, ma non ce ne fu bisogno: in quell'esatto momento, il telefono di Sméagol cominciò a squillare. Il ladro lo estrasse e se lo portò all'orecchio con malagrazia, sul volto un'espressione di odio puro.

-Che c'è?- quello che gli uscì dalle labbra fu un ringhio ben diverso dalla cantilena stridula e dissonante che Bilbo aveva immaginato per quella faccia pallida.

-Vedi di non rivolgerti a me con quel tono- a rispondergli fu un altro ringhio, più cupo e animalesco- altrimenti la prossima volta che vieni, dalla mia porta ci esci in posizione orizzontale e dentro una cassa da morto.

Sméagol si dondolò nervosamente su sè stesso, e i suoi polpastrelli si sporcarono di polvere bianca.-Sméagol non ha visto niente-disse poi con un tono di voce completamente opposto a quello di prima, querulo e servile.

-Lo so che “Sméagol non ha visto niente”, razza di mentecatto. Ero al telefono con te, ricordi?- la voce all'altro capo si abbassò improvvisamente, perdendo quel tono di minaccia e diventando sbrigativa.-Comunque, ho un incarico per te. Se riesci, questa volta potresti avere il doppio del solito, altrimenti è la volta buona che ti mando a far compagnia ai pesci.

Sméagol si raddrizzò di scatto, e dal suo angolo, Bilbo sentì l'ansia chiudergli la gola.-Cosa deve fare Sméagol?-chiese, e il desiderio malato nella sua voce era così violento da far venire a Bilbo la nausea.

-Per il momento, smetti di sorvegliare Durin- l'interlocutore di Sméagol stava continuando a parlare- Finora, quel figlio di una cagna non si è mosso, e la polizia non ha motivo di sospettare un collegamento tra l'omicidio del suo fidanzatino e i nostri... avvertimenti- di nuovo, la voce si abbassò, trasformandosi questa volta in un mormorio carico di sinistri sottintesi- Il che significa che possiamo dedicarci ad altri seccatori.

Bilbo aveva l'impressione di essere diventato di ghiaccio, come se il proiettile che aveva posto fine alla sua vita fosse tornato in superficie, troncandogli brutalmente il respiro. Adesso, tutto acquistava un senso. Non era lui che avevano voluto uccidere; era Thorin. Thorin, che non si sarebbe mai piegato e per questo rappresentava una seria minaccia per Bolg e Azog. Tutto tornava al suo posto, tutte le tessere si ricomponevano, formando finalmente il puzzle, un puzzle agghiacciante, ma terribilmente sensato.

Volevano uccidere Thorin. Non è stata una rapina finita male. Hanno mandato Sméagol a... e io mi sono messo in mezzo. E quando le acque si saranno calmata abbastanza ci riproveranno.

Di colpo cadde, e desiderò con tutte le proprie forze di essere vivo, per poter sentire la durezza confortante del legno sotto i palmi, per poter fare qualunque cosa che non fosse stare lì a guardare.

No! gridò dentro la sua mente. Non posso permetterlo! Non Thorin!

Per un istante, il terrore dentro di lui fu troppo fitto per permettergli di formulare un ragionamento coerente, mentre la voce all'altro capo del telefono continuava a borbottare parole intellegibili. Un lampo rischiarò la sua mente, e Bilbo comprese che doveva ascoltare- perché qualsiasi cosa sarebbe stata detta in quel momento, forse avrebbe potuto aiutarlo a salvare il suo uomo.


 

-È apparso un altro seccatore, negli ultimi tempi- stava dicendo l'uomo (Bilbo non aveva idea di chi potesse essere tra Bolg e Azog)- Lavora al mercato coperto, a due isolati dalla gioielleria Durin. Si chiama Bard. Di lavoro fa le consegne, ma ultimamente tutto quello che consegna sono rotture di scatole. Alla gente del mercato piace, quindi mio padre non vuole che questo gli metta in testa strane idee. Mi sono spiegato?

Sméagol borbottò qualcosa d'inintellegibile, prima di replicare in tono forzatamente zelante- E che cosa volete che faccia Sméagol?

-Ma non sei proprio capace a parlare come una persona normale? Tutte le schifezze di cui ti fai devono averti fritto il cervello, ammesso che tu ne abbia uno.-Si udì uno sbuffare seccato, poi la voce riprese:-Comunque. Per il momento si è limitato a parlare e basta, quindi noi saremo gentili e ci limiteremo ad avvertirlo, con discrezione. Segnati l'indirizzo.

Sméagol annuì freneticamente e si chinòa frugare tra il mucchio di ciarpame che gl'ingombrava il pavimento, fino a tirarne fuori un moncone di matita e un foglietto stropicciato. -Sméagol è pronto, sì, sì!

All'altro capo del telefono, Bolg (doveva essere lui), abbassò improvvisamente la voce, per cui Bilbo dovette alzarsi e sporgersi oltre la spalla di Sméagol, osservando la mano che schizzava sul fogno, tracciando linee sottili e incoerenti.

Bard, n. 12 Sesam Street.

Tienilo a mente, pensò con freddezza, è importante.

-Avvertirlo-ripeté Sméagol.-In che modo?

-Come ti pare, basta che si chiaro e lampante che non deve più romperci le scatole. Un'altra cosa- la voce all'altro capo del telefono crepitò, nel pronunciare parole cariche di una fredda minaccia.-Vedi di non rovinare anche questo lavoro, Sméagol. Non avrai altre possibilità.

-Sméagol non ha mai rovinato niente!- stridette il ladro, gli occhi roteanti e folli, e una malvagità agghiacciante gli macchiò il volto, facendolo apparire più un animale che un uomo.-E' stato quell'idiota che si è messo in mezzo, e noi... gollum! Gollum!

Gelato, Bilbo si ritrasse istintivamente, nel vedere l'uomo di fronte a lui contorcersi come in preda alle convulsioni, emettendo suoni secchi e rasposi.

-Fallo un'altra volta, e ti spacco il cranio- replicò Bolg, quando Sméagol tacque, e il tono della sua voce fece capire a Bilbo che l'avrebbe fatto davvero.

Per qualche istante, il silenzio fu rotto solo dal respiro spezzato del ladro, dai mugoli che di tanto gli trapelvano dalle labbra serrate. Bilbo quasi non lo udì, quando con voce sottile rispose:- Sméagol farà quello che gli viene detto.

-Sméagol farà meglio a farlo bene, se non vuole finire sotto tre palate di terra- disse Bolg, quindi chiuse la conversazione.

Bilbo aveva sentito abbastanza.

Fu per pura abitudine che si prese la briga di scendere le scale, nonostante avrebbe potuto benissimo passare attraverso la parete. Pochi minuti dopo era fuori, nella luce spietata e fredda della luna, avviluppato da una cappa di sconforto che sembrava soffocarlo.

Vogliono uccidere Thorin, queste parole non smettevano di riecheggiare dentro di lui. E ci riusciranno. Presto o tardi, ma ci riusciranno. E io non posso fare niente.

I suoi occhi scorsero impotenti sull'umida stradina attorno a lui, registrando distrattamente la presenza di vari negozi fiocamente illuminati, nonostante l'ora tarda. Per qualche istante, tutto quello che Bilbo riuscì a fare fu osservarli, attanagliato da una devastante sensazione d'impotenza.

Poi, come attratti da una calamita, i suoi occhi ripercorsero di scatto tutto il vicolo, fermandosi sulle lettere intrecciate di un'insegna verde fluorescente. Bilbo sentì la sua mascella calare fino ai piedi.

Se avesse avuto un cuore, in quel momento lo avrebbe avvertito mancare un colpo.

Non può essere.

Rilesse la scritta altre due volte, e in quell'istante si sentì assurdamente, disperatamente felice.

-Oh, sì- disse Bilbo, ridendo.

L'insegna davanti a lui recitava RADAGAST: ERBORISTA E CHIROMANTE.


Spero che non voi non pensaste che non saremmo state abbastanza sadiche da mettere un flashback a caso tra Thorin e Bilbo solo per gettarvi ancora più a fondo nell'abisso della vostra depressione, vero? Lo spero per voi, perché noi siamo capaci di tutto *risata malvagia*
Il capitolo è più lungo degli altri, ma credo vi siate accorti che è un punto cruciale della trama, e beh, speriamo vi sia piaciuto! Sotto con le recensioni!
Un bacio a tutti,
Saitou Catcher

 


 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5-29 giugno ***


Capitolo 5

28 giugno, ore 22:30

L'euforia di Bilbo iniziò a scemare nel momento stesso in cui mise piede nel negozio.A pensarci bene, non era affatto detto che il proprietario di quel posto fosse a tutti gli effetti un chiromante, e non un qualunque cialtrone che si dedicava a imbrogliare gli ingenui per arrotondare le sue misere entrate. E anche ammesso che lo fosse stato, cosa garantiva che sarebbe stato disposto ad aiutare un perfetto sconosciuto (e per giunta, un perfetto sconosciuto morto) quando il rischio era quello di pestare i piedi a Bolg e ad Azog?

Bilbo esitò per un attimo, in piedi di fronte alla porta, le mani affondate nelle tasche, e dondolandosi nervosamente sui piedi, come aveva fatto tanto volte da vivo. (“Vedi di piantarla” gli aveva sbottato una volta Thorin, quando non erano ancora nemmeno amici. “Mi fai venire il mal di mare”) . Ma la sua incertezza non durò che un istante. Sapeva bene che in vita avrebbe sostenuto di non voler mettere piede in un posto del genere “neanche morto”, ma negli ultimi mesi aveva imparato che essere effettivamente defunto tendeva a dare un'aggiustatina alla lista delle tue priorità. Per cui prese un profondo quanto inutile respiro e si decise a varcare la soglia.

Passare attraverso il vetro era più sgradevole che passare attraverso il legno, ma strinse i denti e quando si ritrovò all'interno, gettò attorno a sè una lunga occhiata inquisitoria.

L'interno del locale era avvolto nell'oscurità, ma nel momento in cui i suoi occhi si abituarono alla penombra, Bilbo ringraziò di non avere più un olfatto. Poteva soltanto immaginare quanto l'aria risultasse pesante, considerate le volute di (probabilmente finto) incenso che si allargavano fluide tra gli scaffali che ornavano le pareti, carichi di bottiglie, barattoli e ampolle dalle forme più svariate, contenenti erbe di cui Bilbo nemmeno aveva immaginato l'esistenza. Il pavimento era ingombro era di quelli che sembravano petali essicati, e in un angolo era stato posizionato un logoro divanetto in pelle, che dava l'idea di essere stato troppo usato.

Davanti a lui, una tenda copriva l'ingresso di un'altra stanza da cui proveniva un cupo salmodiare pronunciato da una profonda voce impastata in una lingua che Bilbo dubitava esistesse. Nel momento in cui fece il suo ingresso, decine di candele profumate lo avvolsero con la loro luce morbida, permettendogli di cogliere l'intera scena: cinque persone riunite attorno ad uno sgangherato tavolo di forma circolare, coperto di carte da gioco decorate con forme inquietante e occupato da quella che aveva tutta l'aria di essere una tavoletta Ouija.

Quattro delle persone sedute al tavolo gli davano le spalle, e lo sguardo di Bilbo scivolò immediatamente sull'unica che poteva osservare in faccia, le linee del volto malamente tracciata dalla luce smorta delle candele; un'ometto dall'eta indefinibile, che anche da seduto dava l'idea di essere piuttosto basso (più di Bilbo, che non era mai andato oltre un dignitosissimo metro e cinquantasette), rovesciato all'indietro, con gli occhi chiusi e le mani frementi. Da sotto un cappello sbrindellato calcato fin quasi sugli occhi, faceva capolino una massa arruffata di capelli grigiastri, la barba mal tagliata gli copriva completamente le guance scendendo a toccargli il petto, e le mani poggiata sul tavolo erano piccole e tozze, con le unghie corte e ingiallite. Bilbo si sentì prendere dallo sconforto, a quella vista.

Sembra perfino più disgraziato di quanto mi aspettassi-e, oh Santo Dio, è uno scoiattolo quello? Si tiene gli animali in negozio?

Sotto la barba, le labbra del chiromante continuavano a muoversi, producendo un cupo borbottio, mentre le mani si muovevano con lentezza sopra le carte, tracciando forme inesistenti. Le dita sfiorarono una carta, e Radagast inspirò bruscamente, mentre i suoi occhi cominciavano a roteare, fino a lasciar intravedere la cornea.

-Allora?- una voce stridula e acida si fece improvvisamente sentire, e Bilbo intravide un viso bianco di cipra, e ed eccessivamente truccato, tendersi sul tavolo, rivelando una nuvola di capelli rossi che oh, bontà divina, si vede lontano un miglio che sono tinti. Sulle prime, il tono di voce gli aveva riportato alla mente Lobelia, ma bisognava ammettere che sua cugina aveva sempre avuto la decenza di non andare in giro conciata in quel modo... e Bilbo sperava proprio che quella pelliccia che aveva buttata sulle spalle fosse di una volpe, perché altrimenti non aveva proprio idea di che razza di bestia potesse essere.-Riesce a sentirlo?- cinque dita grassocce ricoperte di anelli strinsero spasmodicamente il muso della volpe- o quello che era. -Riesce a sentire il mio Alfred?

-Avverto una vibrazione- borbottò il chiromante- avverto una presenza in avvicinamento...

-Quella di Scotland Yard quando scoveranno questo tugurio- bofonchiò Bilbo, aggirando il tavolo per posizionarsi al fianco del chiromante.

-Il velo fra i mondi si sta assottigliando...AH!-Radagast trasalì di colpo sulla sedia, spalancando gli occhi in un'espressione allucinata, e le quattro persone di fronte a lui sussultarono a loro volta. La tizia grassoccia si piantò le unghie violacee nelle guance.-Qualcuno è qui!

-Alfred!- strillò la tipa in pelliccia.-Alfred è qui!

-No, non ancora Alfred...ma presto...-il chiromante si accasciò sullo schienale emmettendo versi inconsulti, e facendo roteare gli occhi.

-Oh, ma per piacere!- sbottò Bilbo, per il quale la situazione stava cominciando a oltrepassare i limiti del grottesco.

Gli occhi di Radagast si spalancarono di scatto, e il suo sguardo saettò verso Bilbo... e lì si fermò. L'uomo vide chiaramente il colore lasciare il volto del chiromante, e le sue dita scattare verso il bordo del tavolo, stringendolo con tanta forza da far impallidire le nocche.

Mi vede, realizzò Bilbo in quell'istante, e la gioia che lo colmò era qualcosa che non aveva più provato dall'istante in cui era morto. Il cielo sia ringraziato, lui mi vede!

Sì, Radagast lo vedeva, e stava anche continuando a fissarlo, il petto che si alzava e abbassava affannosamente.

-Che cosa...- gorgogliò.

-Salve- disse Bilbo col suo tono più amabile- Spiacente di interrompere la vostra piccola riunione.

Radagast laciò cadere le braccia, e sbattè le palpebre una o più volte. -Sei Alfred?--Alfred!- la tizia impellicciata si alzò con tale impeto da rischiare di rovesciare il tavolo- Amore mio, sei qui?

-No, fortunamente non sono Alfred- ribatté Bilbo, lanciandole uno sguardo disgustato- Posso aver compiuto delle azioni discutibili, in vita, ma di certo non sarei mai arrivato a sposarmi una che va in giro con una pelliccia di sa solo Dio che cosa addosso.

-Come... come è possibile?

-Non chiederlo a me, sei tu il chiromante- Bilbo si chinò verso di lui, e Radagast scattò all'indietro, addossandosi allo schienale della sedia. - Stammi a sentire. Ho bisogno di aiuto, e tu sei l'unico che può...

-Alfred, se ci sei rispondimi!

-Le dici di stare zitta, per piacere?- sibilò improvvisamente Bilbo.

Radagast gli lanciò un'occhiata obliqua, poi si afflosciò su sè stesso.-Andato-biascicò.

-Cosa?-La donna in pelliccia gli lanciò un'occhiata feroce, perdendo di colpo qualunque credibilità come moglie addolorata.-Che cosa ha detto?

-Andato-esalò di nuovo Radagast, gli occhi ancora fissi al soffitto, e Bilbo non poté fare a meno di ammirare la sua capacità d'improvvisazione.-Gli spiriti vanno e vengono. Talvolta si riesce a convincerli a parlarci. Talvolta...

-Ne ho abbastanza di queste scempiaggini!- ruggì un uomo che fino a quel momento Bilbo nemmeno aveva notato, alzandosi da accanto alla donna.-Andiamocene!

Strattonò ruvidamente la donna, tirandola per un polso, e la comitiva uscì alla spicciolata,sbattendosi la porta alle spalle in una maniera che Bilbo trovò decisamente melodrammatica.

Calò il silenzio per qualche istante, rotto solo dal respiro affannato di Radagast, poi il chiromante si alzò di colpo, portandosi al lato opposto di Bilbo.-Tu non sei reale.

-Per fortuna o purtroppo, lo sono eccome.-ribatté l'uomo.-Adesso, se vuoi starmi a sentire...

-Non sei reale-ripeté Radagast, troncandogli le parole in bocca, e poi annuì, quasi a convincere sè stesso.-Carenza di sonno. Eccesso di esposizione alle erbe. Sì, dev'essere sicuramente quello...

-Mi vuoi stare a sentire!- ruggì Bilbo. Uno scatto simile non era da lui, ma Thorin era in pericolo, e al diavolo la buona educazione. -Sono un fantasma, sono reale, e purtroppo per me sono nei casini. O meglio, non io, ma qualcuno che conosco. Devi darmi una mano.

-È un incubo- sussurrò Radagast, gli occhi che roteavano nello spasmodico tentativo di non fermarsi sulla figura di Bilbo. -Soltanto un incubo. Tra poco mi sveglierò, aprirò gli occhi, e sarà tutto finito...

-No, non sarà tutto finito. Non per me, almeno.-Bilbo mosse un passo in direzione dell'altro uomo.-Se solo mi ascoltassi...

Aveva fatto il giro del tavolo in modo da trovarglisi davanti, e senza esitare, gli affondò una mano dentro all'altezza dello stomaco; Radagats emise un verso di risucchio strozzato e si ritrasse con veemenza, aggrappandosi a una sedia per non cadere, gli occhi sbarrati e impietriti, il volto cianotico. Il corpo di Bilbo fu scosso da un'ondata di nausea, e desiderò di potersi appoggiare anche lui a qualcosa di solido.

-Mi credi, adesso?- sussurrò con voce spezzata.

Radagast inspirò violentemente e si abbatté sulla sedia, le mani all'altezza dello stomaco, e Bilbo pensò a quanto fosse stato disgustoso percepire ogni singola fibra del suo corpo. Non avrebbe voluto farlo.

-Che cosa vuoi da me?-biascicò Radagast. Sembrava in procinto di vomitare da un momento all'altro.

-Aiuto.- Pronunciò quella parola con voce spenta.

-Non so come...

-Io sono stato ucciso.- Lo interruppe Bilbo. Si accovacciò in modo da poter fissare Radagast negli occhi.-Due mesi fa, mentre tornavo a casa, un ladro di nome Sméagol mi ha sparato e mi ha ucciso. Sono un fantasma sin da allora.

Gli occhi di Radagast si allargarono leggermente, e in essi Bilbo poté leggere una sincera compassione, malgrado la paura.-Ma perché...

-Non era me che volevano- Le parole erano pesanti e amare nella bocca di Bilbo.-L'uomo con cui stavo...Thorin Durin, era lui il loro obiettivo. Di Azog e Bolg. Era una spina nel fianco, e per eliminarlo hanno mandato Sméagol...ma lui ha ucciso me invece che Thorin.- Strinse i pugni- Ci riproveranno. Non subito. Tra un mese, tra due, tra un anno... ma non ha importanza. Ci riproveranno. E io devo avvertirlo. Tu sei l'unico che sia mai riuscito a vedermi in due mesi. Non ho nessun altro a cui chiedere. Per favore, Radagast. Per favore.

Qualcosa d'indefinibile alterò per un attimo i lineamenti del chiromante...poi Radagast si alzò bruscamente.-Non posso.

-Perché no?- Bilbo si alzò a sua volta, sentendo la speranza farsi a pezzi dentro di lui e le schegge traffiggergli il cuore. Non aveva realmente sperato in ciò che stava facendo, ma la delusione era comunque atroce.

-Cosa vorresti che facessi? Che andassi da un uomo che nemmeno conosco, a dirgli che il fantasma del suo compagno mi ha chiesto di avvertirlo contro una minaccia che non è nemmeno detto che si avveri?- Radagast scosse la testa.-Mi farebbe internare, o peggio.

-Almeno provaci!-esclamò Bilbo, disperato.-Ti prego. Non devi per forza dirgli che ti mando io. Ma avvertilo!

-Su che basi?

-Non lo so!- sbottò Bilbo. La disperazione gli ribolliva sotto la pelle in ondate roventi che minacciavano di travolgerlo. - Non lo so. Ma non puoi dirmi di no. Non puoi abbandonarmi così.

-Io e te nemmeno ci conosciamo!

-È vero, e io ti sto chiedendo qualcosa di potenzialmente letale. Ma sono disperato. Credi davvero che ti metterei in mezzo, se potessi sistemare le cose da solo?- Bilbo fece un passo avanti, e per l'ennesima volta desiderò di essere solido, in modo da poter toccare Radagast e trasmettergli tutta la sua urgenza. - Ti prego, Radagast. Ti prego.

Radagast rimase a fissarlo per quello che a Bilbo parve un tempo lunghissimo. E poi scosse la testa, accennando un movimento verso la porta. -No, davvero non posso.

-Radagast...

-Ascoltami- il chiromante si voltò a fissarlo, con la mano sulla maniglia della porta.-Ti aiuterei, se potessi. Dico davvero. Ma quello che vuoi non è fattibile.- Il suo tono di voce si addolcì, nel vedere l'espressione sul volto di Bilbo.-Non è nemmeno detto che alla fine gli facciano niente...tante minacce che fanno non le portano mai a termine.

-Questa è un'idiozia.

Radagast esitò per un istante. Poi abbassò la maniglia.-Mi dispiace.

Bilbo a malapena sentì il rumore della porta che si chiudeva alle spalle dell'altro. Rimase immobile in mezzo alla piccola stanza, senza la forza di muoversi, ne' di pensare. Aveva avuto una possibilità, una possibilità di salvare Thorin... e se l'era vista scivolare dalle dita.

No. Qualcosa, dentro di lui, s'irrigidì improvvisamente, duro e scintillante come acciaio. Non finisce così. Se quella specie di fattucchiere da strapazzo pensa che gli permetterò di uscire di scena, beh, si sbaglia di grosso!

In quel momento, Bilbo seppe quello che doveva fare.

E in un attimo fu fuori dalla porta, nella fredda strada nascosta, al fianco di Radagast che chiudeva la porta.

-Molto bene- disse.

Radagast si voltò di scatto verso di lui, i suoi occhi si spalancarono. -Che... che cosa vuoi ancora?

-Oh, nulla d'impossibile- rispose Bilbo- Semplicemente, mi limiterò a starti dietro fino a quando non avrai accettato di aiutarmi.

Il volto del chiromante fu invaso dal'orrore. -Tu... non puoi...

-Non posso?- la sua voce suonò perfida alle sue stesse orecchie. -È la vita del mio uomo ad essere in gioco. Se pensi che per quella ci sia qualcosa che non farei, beh... allora non hai decisamente idea di che razza di persona fosse Bilbo Baggins.


 

29 giugno, ore 00:23

-Ma che carina, la carta da parati! Anch'io volevo farmela di un colore simile, sai? Solo che il mio fidanzato diceva che il rosa pesca e il caffé insieme erano un colore da bordello, quindi ho dovuto lasciar perdere...ah, ma questa cassettiera è un amore! L'hai comprata in offerta?


 

Ore 01:54

-Non fraintendermi, sai, io voglio bene a Otho... eravamo anche piuttosto amici, prima che lui si sposasse con quella megera cleptomane. La cosa bella è che è stata colpa mia se si sono sposati, visto che lui l'ha conosciuta alla mia festa di laurea... cosa ci facesse Lobelia alla mia festa di laurea Dio solo lo sa, visto che all'epoca non la conoscevo, e, conoscendola, non l'avrei invitata.

-Vuoi stare zitto?

-Ah, e non ti ho ancora raccontato di quella volta in cui mia cugina Daysy scandalizzò tutti abbandonando all'altare il suo fidanzato!


 

Ore 03:00

-E' un mondo piccolo...

-Non hai veramente niente di meglio da fare? Che so, qualche casa da infestare, qualcun'altro da perseguitare...

...ho tante noci di cocco, splendide, splendide, tutte in fila per tre, per tre, per tre!

-Il cielo mi salvi...

-Graandi...grooosse...anche più grandi di TE!

-BASTA!- Radagast si sollevò di scatto dal letto, e uno dei cuscini percorse in volo la stanza, attraversando con grazia la sagoma di Bilbo. - BASTA, ho detto!

Bilbo sentì le proprie labbra piegarsi in un sorriso sadico. -Ci sarebbe un modo molto semplice di mettermi a tacere...

- Oh, che il cielo mi salvi, e va bene!

Bilbo si bloccò improvvisamente, e fissò il chiromante, troppo scioccato per parlare. -Ti... ti dispiacerebbe ripetere?

-Faccio quello che vuoi, basta solo che ti stai zitto!

Bilbo provò l'impulso di abbracciare l'ometto sporco di fronte a lui.-Grazie-disse invece.-Davvero.

-Non ringraziarmi-replicò Radagast, cupo.-Ho come la sensazione che me ne pentirò.

Ore 08:27

-Dimmi una cosa-Radagast si fermò a pochi passi dalla porta della gioielleria, scrutando nervosamente il proprio riflesso nella vetrina.-Che tipo è? Il tuo fidanzato, intendo.

Coraggioso,pensò Bilbo. Ostinato. Fedele. Leale.Prottettivo. Inarrestabile. Ma nessuno di questi aggettivi poteva preparare Radagast a quello che lo aspettava, perciò quello che disse fu:-Irascibile.

-Ah-mormorò Radagast. -Bene.- Si passò più volte la mano sul volto, rendendo ancora più evidenti le occhiaie scure. -Immagino che non mi lasceresti in pace se mi tirassi indietro adesso, vero?

-No- ribatté Bilbo in tono noncurante.

Radagast gli lanciò un lungo sguardo in tralice, quindi inspirò e raddrizzò la schiena, serrando la mascella in un'espressione cupa. -Allora immagino che prima concludiamo, meglio è.

Appoggiò la mano sulla porta ed entrò. Bilbo gli fu subito dietro, e provò una fitta al cuore, nel momento in cui individuò Thorin dietro al bancone, le spalle curve e la mano intenta a tracciare distrattamente schizzi incoerenti su un foglio di carta.

Radagast si fermò,e l'altro uomo vide chiaramente la paura sul suo volto.-E' lui?- sussurrò a mezza bocca.

Bilbo annuì.

Radagast bofonchiò qualcosa d'incomprensibile, poi prese un profondo respiro, e finalmente si rivolse a Thorin.-Salve-mormorò esitante.

Thorin non ricambio il saluto. Semplicemente, alzò lo sguardo e scrutò l'uomo davanti senza alcun particolare interesse. Bilbo aveva l'impressione che la tensione gli avesse scaricato un mucchio di pietre nello stomaco.

-Che le serve?

Radagast deglutì, e per un istante sembrò sul punto di darsela a gambe. Bilbo non poteva biasimarlo. Per molto tempo, prima d'innamorarsene, anche lui aveva avuto paura di Thorin, e sapeva quanto potesse risultare minaccioso, quando sfoggiava quell'espressione che lo faceva sembrare scolpito nel granito. Gli fece un cenno d'incoraggiamento.-Vai.

-Vengo...vengo da parte di una persona.- Bilbo vide il chiromante passarsi la lingua sulle labbra per inumidirle, gli occhi che vagavano come quelli di un animale in trappola.

Thorin si limitò a inarcare un sopracciglio.

-Si tratta di...- Radagast quasi gemette. -Bilbo Baggins.

Fu un attimo. Bilbo poté quasi percepire il gelo che calò nel locale.

Thorin si raddrizzò. Lentamente, molto lentamente. I suoi occhi avevano assunto una sfumatura metallica. Senza distogliere lo sguardo da Radagast, iniziò ad aggirare il bancone.

- E' morto- fu tutto quello che disse. Non vi fu alcuna inflessione particolare nel suo tono, come se stesse parlando del gatto della vicina.

-Lo so- disse Radagast, in fretta. -È complicato da spiegare, e lei non mi crederà. Ma ho un messaggio da parte sua.

Thorin si bloccò di colpo. E poi, Bilbo la vide. La furia, gelida e inarrestabile, che riempiva ogni linea del suo volto.

-Radagast- sussurrò- Radagast, tieniti pronto a correre.

-Che cosa...-Radagast distolse lo sguardo da Thorin per fissare interrogativamente il fantasma al suo fianco.

Fu un errore.

In meno due passi, Thorin colmò la distanza che li separava, e poi le sue mani furono attorno al collo di Radagast, e il chiromante si ritrovò premuto contro la parete. Terrorizzato, abbrancò le braccia dell'altro, cercando di scioglierne la presa, ma non poteva nulla contro la forza di Thorin.

-Tu...- ringhiava intanto quello tra i denti, e il suo volto era contorto in una smorfia di odio animale- Tu, miserabile, piccolo...- Non finì nemmeno la frase. Agghiacciato, Bilbo lo vide serrare ancora di più la presa, trascinando Radagast lontano dalla parete e scuotendolo come se non pesasse niente. Il volto del chiromante era bianco per il terrore...ma le labbra stavano diventando blu.

-La prego...-Bilbo lo sentì biascicare. Thorin non sembrò nemmeno sentirlo, lo scosse ancora più forte, troppo forte, e Bilbo sentì la propria voce esplodergli in gola in un rigurgito di rabbia e paura, e gridò- THORIN, LASCIALO IMMEDIATAMENTE!

Thorin si fermò.

Che cosa ho fatto, il pensiero colpì la mente di Bilbo con la forza di un pugnale. Che cosa ha fatto.

Il suo fidanzato rimase immobile per qualche altro istante, gli occhi fissi su qualcosa che solo lui poteva vedere. Poi, lentamente, le sue dita sciolsero la presa dal collo di Radagast, e lui crollò, emettendo ansiti strozzati per recuperare aria. Si rialzò, barcollando, le mani salite a proteggergli la gola, e Bilbo notò con orrore i segni delle dita.

Thorin ritornò a fissarlo, di nuovo gelido. -Fuori di qui.

A onore di Radagast, va detto che fece un ultimo tentativo. -Signor Durin, lei deve ascoltarmi...

-Fuori. Di. Qui.

Questa volta, Radagast obbedì.


 

-Ma si può sapere con chi ti eri messo?!- Radagast lanciò a Bilbo un lungo sguardo accusatorio dalla panchina su cui si era accasciato. A Bilbo non importava.

-Te lo avevo detto che era irascibile.-si limitò a mormorare con voce stanca.

-Fra irascibile e pazzo omicida c'è un mondo di differenza!- La rabbia scivolò via dal volto di Radagast. Fissò Bilbo con qualcosa di simile al rimpianto.-Mi dispiace.

-Non scusarti, dispiace a me sia andata così. Ti ringrazio.-Bilbo rivolse uno sguardo alla gioielleria alle loro spalle. Colse con la coda dell'occhio Dwalin che entrava, seguito da Fili e Kili.- Radagast... lui non è così.

Radagast inarcò un sopracciglio in un'espressione scettica, ma non fece obbiezioni.

Una volta di più, Bilbo provò il desiderio di mettersi a piangere. Era morto, e quella realtà non gli aveva mai fatto tanto male come adesso. Era morto, e gli avrebbero strappato Thorin da sotto gli occhi, senza che lui potesse fare niente per impedirlo.

A meno che...

Il pensiero gli attraversò la mente di colpo, e Bilbo vi si aggrappò con tutte le proprie forze.

-C'è un'altra cosa che dovresti fare per me-disse.

-Neanche morto!

Bilbo ignorò il commento.-Per favore. Stavolta non ti succederà niente, te lo garantisco. Non dovrai nemmeno avvicinarti a Thorin.

Radagast rimase a fissarlo con lo sguardo più accusatore del suo repertorio, prima di incrociare le braccia. -Sarebbe?

-Devi scrivere su un biglietto quello che ti dirò, e poi lasciarlo sulla porta di casa mia. Non preoccuparti, a quest'ora non troverari nessuno.

Radagast sospirò. Poi ficcò la mano in tasca e ne tirò fuori un moncone di matita insieme a un foglietto giallo stropicciato.-Che devo scrivere?

-Bard-rispose Bilbo.-N. 12, Sesam Street.


 

Ore 19:15

-Frerin-nella voce di Thorin c'era solo un'eco di vaga sorpresa nel momento in cui, sceso dalla macchina, trovò fuori dalla porta di casa il fratello.-Che fai qui?

-Aspettavo te.-Frerin si alzò dal gradino con grazia, spazzolandosi via la polvere dal retro dei jeans. -Come mai ci hai messo così tanto a tornare?

-Le solite grane al negozio-Thorin infilò la chiave nella toppa, e la girò.

-Ti è caduto questo, comunque-Frerin si chinò e porse a Thorin il foglietto stropicciato che Radagast aveva deposto sullo zerbino quella mattina. Bilbo vide gli occhi di Thorin accendersi di una luce perplessa, nel momento in cui Frerin glielo depose sul palmo, e poi le sue dita contrarsi come se fosse sul punto di accartocciarlo.

-Oh, no, non provarci nemmeno-ringhiò Bilbo.

Tirò un sospiro di sollievo quando vide Thorin scuotere la testa e abbandonare il biglietto su un comodino. Seguì i due fratelli in cucina, osservando Thorin che apriva il frigo in cerca della cena e Frerin che si chinava ad aprire lo sportello sotto il lavandino, cercando la pattumiera...e si bloccava, con un misto d'incredulità e di furia negli occhi.

-Thorin- sibilò- Cosa. Significa. Questo.

Il fratello nemmeno si voltò. -Che cosa?

Frerin si sollevò lentamente, e con suo sommo orrore, Bilbo vide che stringeva tra le dita un mucchio di foto. Un mucchio di sue foto, realizzò. Ecco dove erano andate a finire.

-Thorin- ripeté Frerin, e per la prima volta sembrò non sapere cosa dire. Il che spaventò Bilbo, perché Frerin Durin non era mai a corto di parole.

Il fratello si voltò, e subito gli volse di nuovo le spalle, trafficando un po' troppo rumorosamente con bicchiere e posate.-Rimettile dove le hai trovate-disse con voce incolore.

-Thorin, che cazzo!-Urlò Frerin. Raggiunse Thorin e lo afferrò per la spalla, costringendolo a voltarsi per guardarlo negli occhi.-Non è normale. Te ne rendi conto? Non è. Normale. Cosa farai la prossima volta? Abbatterai anche questa casa, pur di far finta che due mesi fa non sia successo niente?

-Non ho intenzione di fare niente.-Thorin si scrollò la mano di Frerin dalla spalla.-Sto bene.

-Non è vero!- il grido di Frerin fu così violento che sia Bilbo che Thorin sussultarono. -Non è vero, come fai a non rendertene conto? Non stai bene, e nessuno lo pretende. Lo sappiamo che soffri. Come potrebbe essere altrimenti? Sono solo due mesi che Bilbo è morto...

Thorin s'irriggidì. -Non...

-Cosa, non pronunciare il suo nome? Se non lo faccio, la sua morte diventerà meno reale?-Frerin mosse un passo in direzione di Thorin.-E' morto, Thorin. Questo non puoi cambiarlo. Ma non puoi fingere che non sia mai stato vivo.

-Io non sto fingendo niente-la voce di Thorin fu attraversata da un fremito di furia fredda.

-E questo allora come lo chiami?- Frerin sbatté le foto sul tavolo. -Thorin, non lo vedi cosa stai diventando? Non parli più. Non soffri più. A volte, sembra quasi che tu non viva più...

-Cosa vorreste?-la voce di Thorin adesso grondava veleno, e Bilbo provò il desiderio di tapparsi le orecchie per non sentire.-Che piangessi tutto il giorno, con voi che mi battete pacche sulla spalla e mi passate i fazzoletti?

-Almeno faresti qualcosa!

Per un istante, negli occhi di Thorin brillò qualcosa, se dolore, o frustrazione o rabbia, Bilbo non lo avrebbe saputo dire, ma era comunque un'emozione, e per un attimo osò sperare di assistere a una reazione. Ma il lampo passò rapido come se n'era arrivato, e di nuovo il volto di Thorin non fu altro che una maschera inerte.

-Non c'è bisogno che vi preoccupiate- vuota, la sua voce era vuota- Sto bene.

Frerin lo fissò, e poi il suo volto si distorse in una smorfia di rabbia. -Al diavolo- ringhiò, prima di avviarsi verso la soglia e uscire, sbattendosi con violenza la porta alle spalle.

-Molto maturi tutti e due-disse Bilbo con voce smorta.-Ma prendersela con i miei mobili non cambierà la situazione.

Volse lo sguardo verso Thorin. L'uomo era in piedi di fronte alla finestra, il volto riflesso nel vetro. Bilbo non avrebbe saputo dire cosa ci fosse in quell'espressione.

-Sto bene.-quello di Thorin fu a malapena un sussurro, rivolto alla propria immagine.-Sto bene.

Bilbo s'irrigidì.-Thorin...

E poi Thorin gridò, un grido di dolore che lacerò il cuore di Bilbo più di quanto non avesse fatto il proiettile, e diede un pugno al vetro. Una ragnatela di crepe vi si disegnò sopra, e poi Thorin lo colpì di nuovo, con più violenza, con più rabbia, finché il vetro non gli si sfasciò intorno, in una pioggia di schegge, e cadde in ginocchio, incurante dei frammenti che lo attorniavano.

Il silenzio calò su di loro come una cappa, e Bilbo si chiese che cosa avrebbe fatto se fosse stato vivo e presente, se avesse potuto abbracciare l'uomo che amava, e consolarlo.

In quel momento, Thorin scoppiò a piangere.

E se in quel momento Azog e Bolg avessero fatto irruzione, cimentandosi in contempo in giochi di prestigio con delle torte al limone, Bilbo non avrebbe potuto esserne più scioccato. In sei anni che lo conosceva, che lo amava, non aveva mai sentito Thorin piangere. Mai. Aveva vissuto con lui, mangiato con lui, dormito con lui, fatto l'amore con lui... e non l'aveva mai visto piangere.

Credeva di aver raggiunto e oltrepassato la soglia di tutto il dolore che poteva sopportare, il giorno in cui aveva visto Thorin assistere al suo funerale senza versare nemmeno una lacrima, ma quel dolore non era stato niente in confronto a questo. Non era stato niente in confronto al desiderio lancinante che provava di essere vivo, di essere solido, di poter distruggere, e parlare e piangere, di poter fare qualsiasi cosa che non fosse stare lì a guardare.

Cadde in ginocchio, accanto alla figura di Thorin scosso dai singhiozzi, e, per un istinto automatico tese la mano verso di lui, anche se non poteva toccarlo. E allora Bilbo fu certo che questa era la fine, perché, spettro o no, era impossibile sopportare tutto quel dolore e non esserne annullati.


 

Uhm. Ok. Questo capitolo è bello lunghetto, e pure pesante, ma vi accadono delle cose importanti, e non aveva troppo senso spezzarlo, quindi...

Comunque, vi promettiamo che l'atmosfera si allegerirà un po' nei prossimi capitoli(bugia).

La scena di Radagast e Thorin abbiamo sperato fino all'ultimo che si scrivesse da sola... è stata un parto di quelli rari.

E niente, speriamo che anche questo capitolo abbia incontrato il vostro gradimento. Fateci sapere che ne avete pensato!

Saitou Catcher

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Capitolo 7
*** Capitolo 6-3 luglio ***


Capitolo 6

3 luglio, ore 08:10

-Cosa?- Fìli trasalì al telefono, e aggrottò la fronte, staccandosi dal bancone del negozio.-Quand'è successo?

Tre paia d'occhi si alzarono con aria interrogativa, ma Fìli fece segno di non domandare e si ritirò nell'angolo più appartato del negozio, premendosi una mano sull'orecchio per ascoltare meglio. Rimase in ascolto per qualche istante, annuendo di tanto in tanto e parlando con voce bassa e rassicurante.

-Questa notte, hai detto? Sì, sì, capisco... no, nessun problema, tesoro, figurati. Sto arrivando.

Dopo qualche altro minuto di ascolto, Fìli annuì, borbottò qualche saluto, quindi chiuse il cellulare e si rivolse a Thorin:- Zio, mi servirebbe la macchina.

L'altro inarcò un sopracciglio. -E perché?

Fìli sospirò, strofinando le punte delle dita contro le tempie. -Questa notte hanno bruciato il camion del padre di Sigrid.

Gli rispose il silenzio.

-Sigrid. La mia ragazza.

-Giusto. Sigrid. E che c'entra la macchina?

-Devo andare da lei. Il padre lavora al mercato coperto, a due isolati da qui, ma dalla gioielleria a casa sua ci vuole mezz'ora, quindi con la macchina farei più in fretta. Abita in Sesam Street, non so se hai presente.

Thorin aggrottò le sopracciglia, senza alzare lo sguardo dai conti che stava svolgendo.-Vagamente.

Perché il nome continuava a rigirarglisi in testa, come cercando di stimolare qualche ricordo sepolto in profondità? Era abbastanza sicuro di non essere mai passato da quelle parti, eppure quelle parole lampeggiavano fastidiosamente nel suo cervello.

Aspetta.

Thorin alzò di scatto la testa. -Hai detto Sesam Street?

Fìli aggrottò le sopracciglia. -Sì, perché?

-A che numero, precisamente?

-Il 12, ma cosa c'entra questo? Posso prendere la macchina o no?

-Ti accompagno-Thorin si alzò, spingendo via con un gesto il libro delle ricevute.

-Kìli, Dwalin, badate voi al negozio.

Non si accorse dello sguardo perplesso che i tre si erano scambiati alle sue spalle. Era troppo intento a rievocare l'immagine di un foglietto stropicciato che giaceva abbandonato nel suo salotto, coperto da una calligrafia sottile e spigolosa.

Bard, n. 12 Sesam Street.

Poteva essere davvero una coincidenza? E se non lo era, chi c'era dietro a quel biglietto?

-Andiamo- si affiancò a suo nipote, frugandosi nelle tasche alla ricerca delle chiavi. -Comunque, come si chiama il padre?

Fìli lo osservò di nuovo, sempre più perplesso. -Il padre?

-Della tua ragazza. Sigrid?

-Sigrid, sì. Si chiama Bard. Ma perché t'interessa?

Prima quella sottospecie di fattuchiere, e adesso questa coincidenza che di casuale non aveva nulla. Decisamente, pensò Thorin, gli ultimi giorni avevano preso una piega strana.

A questo punto, tanto vale andare e togliersi il dubbio, pensò.

-Andiamo-disse invece a Fìli, senza rispondere alla sua domanda.


 

Nel momento in cui arrivarono, Fìli si slanciò immediatamente fuori dalla macchina per andare incontro a una ragazza bionda dal viso sconsolato, gli occhi fissi sui resti fumanti di quello che un tempo doveva essere stato un camion. L'odore di plastica fusa e metallo bruciato saturava l'aria, e nello scendere dalla macchina, Thorin riconobbe la figura robusta del commissario Théoden, attorniato da un via vai di poliziotti, che cercavano di sgomberare la piccola folla di curiosi che attorniava il relitto del camion, gli occhi vigili e spaventati nonostante le tracce recenti di sonno.

Thorin rimase in piedi accanto alla macchina per qualche istante, soppesando quello che avrebbe dovuto fare. Qualcuno gli aveva consegnato l'indirizzo di Bard per uno scopo, e questo era evidente. Ma quale scopo? Non riusciva a immaginarlo, e la cosa lo irritava, anche attraverso lo spesso velo di nebbia che aveva interposto fra sè e il mondo negli ultimi mesi.

Si appoggiò alla macchina e lasciò scorrere lo sguardo sullo spettacolo devastante del camion ridotto ad un ammasso di lamiere contorte, circondato da un anello di poliziotti dai volti preoccupati, e poi, attraverso il velo di fumo che si levava dalla carcassa incendiata, i suoi occhi registrarono una figura che aveva un che di familare. Thorin aguzzò lo sguardo, cercando di riconoscerne i dettagli, nonostante l'uomo si tenesse lontano dalla folla, acquattato in un vicolo laterale. C'era qualcosa, nella posa quasi raggomitolata, che gli destava la stessa vaga agitazione che aveva accompagnato l'indirizzo di Bard.

Poi capì. E il suo cuore mancò un colpo.

La luce distorta dei lampioni, e un ghigno da folle, accompagnato dallo scintillio di due malefici occhi azzurri, il colpo di pistola e il sangue che spicca sull'asfalto e gli bagna le mani.


 

No. Non è possibile.

Thorin sentì chiaramente le sue ginocchia che cedevano, ma in qualche modo riuscì a tenersi in piedi, percependo un'estraniante senso di vuoto alla bocca dello stomaco. Chiuse gli occhi e li riaprì, come cercando di cancellare quell'immagine dallo sfondo nero delle sue palpebre, ma il ladro era sempre lì, immobile contro il muro di una stradina.

Sméagol. Il suo nome è Sméagol.

Thorin si voltò, osservò il camion bruciato, la figura curva di Théoden. Poteva essere un'altra coincidenza, che quel viscido avanzo di galera si ritrovasse nelle vicinanze di un disastro a solo due mesi da- no, non si sarebbe concesso di pensare a quello.

Gli occhi di Thorin scattarono verso l'uomo che in quel momento veniva interrogato da Théoden. Un uomo non più giovane e non ancora vecchio, con i capelli neri e incolti striati di grigio sulle tempie, e una scintilla di furore represso nello sguardo assente con cui rispondeva alle domande del comissario.

Io e lui dobbiamo parlare.


 

Bilbo lanciò un'occhiata fugace a Thorin, ancora fermo vicino alla portiera aperta della macchina, e poi rivolse la sua attenzione a Fìli e Sigrid, intenti a parlottare a poca distanza da Théoden e dall'uomo che Bilbo riteneva potesse essere solo Bard.

-E' successo stamattina presto- stava dicendo Sigrid a voce bassa, continuando a passarsi le mani sugli occhi, come per reprimere l'impulso di piangere. -Uno dei nostri vicini di casa ha sentito l'odore di bruciato e ha svegliato papà... non ci sono molte altre macchine nel garage, oltre al camion, quindi ha pensato...hanno provato a spegnere il fuoco, ma non c'è stato niente da fare. E' bruciato completamente.

La ragazza abbassò lo sguardo e tacque, sfregandosi nervosamente le mani sul grembiule, e Fìli le strinse le braccia, con fare comprensivo.

-Non so come faremo, Fìli- Sigrid alzò su di lui uno sguardo smarrito, e gli occhi le brillavano di tutte le lacrime che stava cercando di trattenere.-Papà ci lavora con quel camion. E adesso? Ho iniziato a fare qualcosa anch'io, per aiutare, ma non basterà mai...e papà insiste che non devo trascurare gli studi per lavorare. Non so proprio come...

Tacque, mordendosi con forza il labbro inferiore, per impedirgli di tremare ulteriormente, e Fìli, dopo aver lanciato uno sguardo circospetto a Bard, la trasse un po' più lontano, mettendole una mano sotto il mento per farsi guardare negli occhi.

-Quando ho compiuto diciotto anni mia madre e i miei zii hanno aperto un conto in banca a mio nome- cominciò in tono esitante.- Ci ho messo tutto quello che ho guadagnato in questi anni, e non ho mai speso moltissimo. Penso che potrebbe bastare per...

-No!-Sigrid sbarrò gli occhi, indignata, e tentò d'indietreggiare, anche se c'erano le mani di Fìli a trattenerla.-Fìli, non vogliamo debiti!

-Ma non sarebbe un debito!-protestò Fìli.-Sarebbe...sarebbe come se li prestassi a mio fratello.

Sigrid scosse la testa con decisione.-No, Fìli, non se ne parla. Sei molto dolce a farmi questa offerta, e ti ringrazio davvero molto, ma non posso accettare. Non sarei mai in grado di restituirteli- aggiunse, abbassando la voce.

-Ma non me li dovresti restituire!- sbottò Fìli.-Sigrid, per l'amor del cielo, non è il momento del falso orgoglio. Voi avete bisogno di quel camion per vivere, non avete il denaro per ripararlo, e io ce l'ho. Perché non dovrei darvelo? Non è una colpa essere ricchi. E' un modo come un altro per aiutare gli altri.-Fìli abbassò a sua volta la voce, prendendo il viso della ragazza tra le mani.-Se non altro, pensa ai tuoi fratelli. Sarebbe così brutto accettare il mio denaro per aiutare loro?

Sigrid strinse le labbra, evitando lo sguardo dell'altro, ma si vedeva che non era convinta.-Ne parlo con mio padre- mormorò.

-No, Sigrid, tu non ne parli con tuo padre-Fìli le strinse il braccio, quasi a dare maggiore validità alle proprie parole.-Lo so già cosa mi risponderebbe, mi manderebbe a quel paese, e mi direbbe che non vuole debiti, o qualche altra idiozia del genere. Per cui io ti farò avere i soldi, tu li prenderai e non diremo niente a tuo padre.

-No, Fìli, non posso...

-Invece sì che puoi!

-Non ti ho chiamato per questo!- sbottò la ragazza, inferocita, spingendosi via le mani di lui dal volto.

-E infatti è stata un'idea mia!- Fìli le prese la mani tra le proprie, bloccandole, e poi la sua voce si addolcì, mentre sfregava per scaldargliele.-Che ci sto a fare, se non mi permetti di aiutarti?

Sigrid sorrise lievemente a quelle parole, e poi lo sguardo le cadde sull'orologio che portava al polso. -Oh, cielo! Devo preparare la colazione a Tilda e Bain, o faranno tardi a scuola...anche se non so come farò a spiegargli quello che è successo.-Si alzò sulle punte dei piedi per posare sulla bocca di Fìli un lieve bacio.-Grazie per essere venuto.

-Di niente.Lo sai che quando serve, ci sono sempre...-sulle ultime parole, il sorriso dolce di Fìli si tramutò in un ghigno sfacciato- Anche quando non serve, se ti fa piacere.

Sigrid gli diede una pacca leggera sulla spalla, prima d'avviarsi verso il portone.-Spiritoso.

-Comunque-disse Fìli, trattenendo la mano della ragazza tra le sue- domani passo in banca per sapere quanto ho, e ti faccio sapere.

-Fìli- protestò lei, cercando di fermarlo mentre lui le voltava le spalle e si allontanava- ti ho detto di no!

-Mi dispiace, amore, non ti sento!

Bilbo lo osservò allontanarsi con le mani platealmente premute sulle orecchie, e un sorriso gli spuntò sul volto. Finalmente un po' di leggerezza, pensò, Era proprio quello che mi ci voleva, dopo due mesi di angosce.


 

-Lo troveremo, Bard- udì Theoden dire, mentre si avvicinava cautamente ai due. -Te lo prometto.

Bard non rispose, e Theoden si voltò per andarsene, fermandosi solo per lanciare una breve occhiata sorpresa a Thorin. Questi gli rivolse un brusco cenno del capo, e il commissario ricambiò il saluto, per poi allontanarsi insieme al resto dei suoi uomini.

Thorin aspettò che fosse scomparso, quindi si avvicinò a Bard, ancora immobile accanto a quel che restava del suo camion. Il volto era segnato da profonde occhiaie scure.

-Sei tu Bard?- gli disse.

-A quanto pare, sono diventato una personalità pubblica- commentò l'uomo con voce stanca, massaggiandosi la radice del naso. -Comunque sì.

-Io sono Thorin Durin- rispose l'altro. -Lo zio di Fili.

Bard aggrottò le sopracciglia. -Il ragazzo di Sigrid.

-Sì.

A quel punto, l'uomo gli lanciò un'occhiata di sbieco, la fronte corrugata. -La gioielleria vicino al mercato.

-Esatto.

-Tanto piacere- ribatté Bard, con un tono che era un evidente invito a concludere la conversazione.

Thorin non si lasciò impressionare. -Io e te dobbiamo parlare- disse seccamente.

-Per piacere e se non ti dispiace, Thorin!- esclamò Bilbo dal suo angolo. -Non è difficile, e ti assicuro che non ti strozzi.

-Scusami, ma adesso non è davvero il momento. Sopratutto se si tratta di tuo nipote- Bard lanciò una rapida occhiata alle sue spalle. -A proposito, se ne sta andando.

-Zio!- gridò infatti Fili dalla macchina. -Io torno al negozio. Vieni con me?

-No, vai, torno dopo a piedi- gridò Thorin di rimando. Negli occhi di Bard passò un evidente lampo di disappunto.

-Ti ripeto che non è il momento- disse.

-Non si tratta di mio nipote- ribatté Thorin, voltandosi verso di lui. -Si tratta di quello- indicò il camion con un cenno del mento.

Bard seguì il suo sguardo e si accigliò. -Che vuoi dire?

-So chi è stato.

-Non è difficile da indovinare- rispose Bard, senza nemmeno preoccuparsi di celare l'irritazione. Bilbo vide la mascella di Thorin serrarsi pericolosamente.

-Ne possiamo parlare?- disse, cercando di mantenere calma la voce. E fallendo miseramente.

-Perché t'interessa?

-Perché l'uomo che ti ha bruciato il camion è lo stesso che tre mesi fa ha tentato di uccidermi.

Bard lo fissò per un lungo, lunghissimo momento. Poi disse:- Sali.


 

La casa di Bard era una di quelle che assomigliano al loro proprietario:trasandata ma decorosa. Nell'entrare, Thorin udì un mormorio di voci infantili che provenivano dalla cucina e gli arrivò l'odore del latte che qualcuno aveva messo a bollire. Bard gli fece strada nello stretto corridoio, zigzagando con abilità consumata fra scatoloni e ceste di panni, e si affacciò sulla soglia della cucina, con Thorin alle spalle. Nel momento in cui entrò, parte dell'angoscia che gli appesantiva il volto sembrò scivolargli via dalle spalle, e un accenno di sorriso sollevò gli angoli delle labbra contratte.

La ragazza di Fili- Sigrid, se non ricordava male- era in piedi di fronte ai fornelli con le spalle rivolte alla porta, intenta a versare della cioccolata calda in due tazze

scheggiate. Al tavolo sedevano due ragazzini, un maschio e una femmina, intenti a litigare con voce stridula sulla quantità dei biscotti. Il ragazzo doveva avere tredici anni o giù di lì, giudicò Thorin, mentre la bambina non poteva averne più di dieci.

-Pa'!- gridò immediatamente la bambina, alzandosi di scatto- Bain mi ruba i biscotti!

-Ma non è vero! Maledetta strega!

-Bain, non rivolgerti a tua sorella in quel modo- Bard prese posto su una delle sedie, e subito si ritrovò con la figlia più piccola arrampicata sulle ginocchia.-Ragazzi, adesso Pa' ha da fare. Perché non andate a fare colazione in soggiorno?

-Posso vedere la Sirenetta?- domandò subito la bimba, illuminandosi in volto.

-No, che cavolo, Pa', la Sirenetta l'abbiamo visto cento volte!- protestò Bain.

Il padre gli rivolse un'occhiata stanca. -Per questa volta accontentala, Bain.

-Ma se si vede sempre solo quello che vuole Tilda!

-Bain- nel tono di Bard c'era una supplica e un avvertimento. -Oggi non è la giornata giusta. La prossima settimana si vede tutto quello che vuoi tu.

Tilda fece per protestare, ma una rapida occhiata del padre l'azzittì. Rapida, scivolò dalle sue ginocchia e si diresse con il fratello in soggiorno, raccogliendo le tazze e i piatti.

-Sigrid- disse Bard- Va' con loro.

-Pa', io la Sirenetta l'ho vista duecento volte...

-Ho detto va'.

La ragazza sembrò sul punto di protestare, ma poi decise che era evidemente più saggio tenere la bocca chiusa. Versò il latte in una brocca e si diresse verso il soggiorno, fermandosi di fronte a Thorin per rivolgergli un'occhiata perplessa e un rapido-Buongiorno.

Thorin la squadrò dalla testa ai piedi, ricordandosi in quell'istante di avere di fronte la fidanzata di suo nipote. Nel momento in cui la ragazza lo superò per unirsi ai fratelli, entrò nella cucina e afferrò lo schienale di una sedia per sedersi.

-Non quella-lo fermò Bard.-E' rotta.

Thorin si limitò a rimanere in piedi senza dire nulla. Bard gli voltò le spalle e dopo aver trafficato un po' nell'armadietto alle sue spalle, si voltò con in una mano una logora macchinetta del caffé.-Vuoi?

Ricevette un brusco cenno d'assenso.

-Sì, grazie- sibilò Bilbo alle sue spalle.

Rimasero in silenzio per un po', unico suono quello del caffé che bolliva nella macchinetta, e quando Bard si apprestò a versarlo in due tazze, Thorin parlò:-Perché ti hanno bruciato il camion?-domandò senza preamboli.

Bard inarcò un sopracciglio, sedendosi.-E perché hanno tentato di ucciderti?

-Ho chiesto io per primo.

-Molto bene- Bard buttò giù un lungo sorso prima di rispondere. -Io lavoro al mercato, consegno la merce col camion... ma credo che questo tu lo sappia già. Ho semplicemente convinto alcuni a non pagare quello che chiedeva Azog... e ho rotto il naso a uno che aveva mandato a batter cassa. -Scrollò le spalle e si appoggiò allo schienale della sedia. -La gente del mercato mi ascolta, quindi immagino che abbiano paura che possa aizzarglieli contro, o qualcosa del genere- mosse la tazzina in direzione di Thorin. -Tu, invece?

-Rifiutavo di pagare. Solo che nel mio caso i...contrasti andavano avanti da più tempo. Molto più tempo-Thorin girò il cucchiaino e parlò in fretta, per impedire a ricordi che non voleva esaminare di emergere in superficie.-Ho detto di no una volta di troppo. Hanno mandato un uomo a uccidermi.-Un sorriso senza alcuna allegria aleggiò per un attimo sul suo volto.-Non ci è riuscito.

-Continuo a non capire perché hai insistito per parlarmi.

Thorin alzò lo sguardo sull'altro uomo. -A bruciarti il camion è stato lo stesso tizio che ha tentato di fare fuori me.

Di colpo, lo sguardo di Bard si fece concentrato. Si sporse verso Thorin, stringendo la tazzina. -Ne sei sicuro?

-L'ho visto in faccia. Tutt'e due le volte.

Per qualche istante, nella piccola cucina regnò il silenzio.

-Cosa vuoi, esattamente?- domandò infine Bard.

Thrin tirò fuori le chiavi e le rigirò tra le dita alcuni minuti, prima di rispondere:-Che tu mi aiuti a fermarli.

-Ho già sporto denuncia alla polizia.-Bard parlò in tono cauto, ma Thorin era sicuro che sapesse dove voleva andare a parare.

-Oh, anch'io l'ho fatto. Molte volte. Questo non ha impedito...-Non ha impedito a quel proiettile di colpire o al sangue di scorrere sull'asfalto-non ha impedito niente. Azog va tolto di mezzo, e in fretta.- Guardò Bard dritto negli occhi.-Hai detto che la gente del mercato ti ascolta. Bene. Il potere che ha Azog sulla gente viene dalla paura che hanno di lui. Tolto quello, nè lui nè Bolg sono niente.

-Fermati qui e vediamo se ti seguo.-Bard poggiò i palmi sul tavolo e si alzò. I suoi occhi fissarono Thorin, duri e senza alcuna traccia di simpatia.-Mi stai dicendo che vuoi buttarti in una guerra privata contro un criminale che tiene in pugno questo quartiere da prima che nascessimo entrambi... e vuoi farlo senza l'aiuto della polizia, ma tirando in mezzo anche me.

-Sì.

-Non c'è che dire- replicò Bilbo.-Non sono due che si perdono in chiacchere.

-Se sono arrivati a questo punto, vuol dire che Azog e Bolg hanno paura di te- Thorin si alzò a sua volta e fece il giro del tavolo. -Da solo non posso fare niente. Ma in due...

-Ma in due otterremmo solo di finire sottoterra in compagnia- lo interruppe l'altro. Scosse la testa. -Azog e Bolg sono delle belve, e vanno fermati. Su questo sono d'accordo. Ma affrontarli nel modo che dici tu ci porterebbe solo al loro stesso livello.

-C'è chi direbbe che il fine giustifica il mezzo.

-Non io. E in ogni modo, credi veramente che porterebbe a qualcosa? Io ne so quanto te su quello che fanno, e so anche che c'è stato chi ha provato a combatterli con le loro stesse armi. Il risultato è stato che ne sono usciti più forti di prima.

-Basta poco per farti tirare indietro, a quanto vedo-sibilò Thorin, un accenno di rabbia che cominciava a sorgere tra gli strati della sua indifferenza.-Erano solo parole, le tue, allora?

Gli occhi di Bard fiammeggiarono. -Mentre tu invece non ti tiri indietro di fronte a nulla, vero? Forse parleresti in modo diverso, se avessi una famiglia cui badare.

-Ce l'ho.- La voce di Thorin rimbombò nello spazio della piccola cucina, fredda e tagliente come un coltello.

-Allora puoi capirmi, se ti dico che non posso espormi in quel modo.- Bard fece un passo indietro.-Hai altro da dire?

Thorin si limitò a perforarlo con un'occhiata e a uscire.


 

L'aria sapeva ancora di benzina bruciata e plastica fusa, quando Thorin si ritrovò fuori. Sentiva i pugni nelle tasche serrarsi e rilasciarsi ritmicamente. La frustazione lo scuoteva a ondate sotto la pelle.

Si fermò un istante a prendere un profondo respiro, e il suo sguardo guizzò automaticamente verso il vicolo che aveva attirato la sua attenzione poco prima. Avvertì il suo cuore mancare un colpo.

Sméagol era ancora là.

Perché diavolo gira ancora da queste parti?

A giudicare dal modo in cui il suo corpo era semi-accasciato contro il muro, Sméagol non doveva essere nelle condizioni migliori. Le parole di Theoden gli riecheggiarono nella mente.

Un ladruncolo di mezza tacca che per la maggior parte del tempo vive di piccoli furti, in attesa di accaparrarsi la prossima dose.

Le sue gambe si mossero quasi senza che lui se ne accorgesse.

Sméagol si accorse troppo tardi dell'uomo che si dirigeva a passo svelto nella sua direzione. Nel momento in cui alzò lo sguardo, Thorin era già sopra di lui, il volto serrato in un'espressione di gelida furia.

Si rizzò in piedi con uno squittio, tentando di scappare, ma la mano di Thorin gli calò tra i capelli e lo tirò indietro con uno strattone, sbattendolo al muro.

-Guarda chi si rivede...-sibilò Thorin.-A quanto pare, hai la passione di seguire la gente nei vicoli.

Sméagol si mosse più rapido di quanto si fosse aspettato,sgusciandogli via dalle dita e un coltello gli lampeggiò in mano.- Vattene, o questo Sméagol te lo ficca in pancia!

-Pensavo che fosse la pistola la tua arma.-Ringhiò Thorin, e lampi gli passarono davanti agli occhi, e il passato per un attimo offuscò il presente.-Spero ti abbiano ricompensato adeguatamente per il tuo lavoretto.

Si scagliò contro il ladro e gli torse il polso, facendogli cadere il coltello di mano. Sméagol aveva i riflessi allentati e tentò di scattare indietro troppo tardi. Con un calcio, Thorin spinse via il coltello e strinse le dita attorno al bavero del ladro, strattonandolo.-Cosa ti hanno mandato a fare, stavolta? Chi seguivi?

-Sméagol non seguiva nessuno.

-Bugiardo.-Thorin si stupì di quanto suonasse calma la sua voce, a paragone della furia che gli montava dentro. Si chinò lentamente, senza allentare la presa sul ladro, serrò le dita attorno al manico del coltello, e poi si risollevò, stringendolo saldamente.

-Mettilo via!- gli occhi di Sméagol sembrarono schizzare fuori dalle orbite. -Mettilo via, Sméagol non ti stava seguendo, Sméagol non stava seguendo nessuno, Sméagol ha solo fatto quello che gli era stato chiesto, sì...

-No che non l'ha fatto.- Ogni sillaba risuonò come una minaccia di morte, e il volto infuriato di Thorin si rifletté nelle iridi acquose del ladro.-Era me che ti avevano chiesto di uccidere.

Sméagol sbarrò gli occhi a quelle parole e tentò nuovamente di scappare, ma Thorin strinse la presa senza pietà.

-Che ti avevano mandato a fare?

-Io non...

-Lascialo!

La voce li fece voltare entrambi e poi Sméagol era schizzato via dalla presa di Thorin. Si voltò di scatto per inseguirlo, ma il ladro era già scomparso nelle ombre mutevoli del vicolo.

Thorin girò su se stesso, il coltello ancora in mano, e il suo sguardo carico di furia registrò la figura di Bard, in piedi al centro del vicolo.

-Metti via quel coltello-sibilò Bard.-Mettilo via!

-Complimenti!-Thorin lo scagliò a terra con violenza, e il metallo tintinnò, colpendo l'asfalto.-Adesso è scappato.

-Bene.

-Bene?

-Scusa se non te l'ho tenuto fermo mentre lo minacciavi.

-Se non vuoi aiutare, perlomeno non intralciare!-ringhiò Thorin.-E comunque, perché diamine mi sei venuto dietro?

Bard inarcò un sopracciglio, e sollevò una mano, facendo sventolare un mazzo di chiavi davanti agli occhi di Thorin.-Suppongo che queste ti servano.

L'altro gliele strappò di mano, e se le mise in tasca con malagrazia.

-Ad ogni modo- replicò Bard-era esattamente questo il motivo per cui non volevo aiutarti.

-Fà quello che vuoi- fu la risposta che Thorin gli sputò addosso, prima di voltargli le spalle e incamminarsi.


 

Ore 23:35

L'auto si fermò bruscamente, le gomme stridettero sull'asfalto e Bolg uscì fuori dalla macchina a larghi passi, trascinando un ammasso di arti che a malapena poteva ancora definirsi una sagoma umana.

-Tu sei fatto fino al cervello!- urlò, fermandosi bruscamente sulla riva del fiume. Sotto di loro, l'acqua scorreva vorticosamente, nera e argentata alla luce della luna.

Tra le mani del boss Sméagol si contorse debolmente, una goccia di muco che pendeva dalla punta del naso. Aprì la bocca, ma tutto quello che ne uscì fu un grumo di sangue.

Bolg gli lanciò uno sguardo disgustato, quindi lo scagliò con violenza al suolo. Sméagol rotolò scompostamente, fermandosi a pochi passi dal bordo della banchina. Tentò di alzarsi, appoggiandosi sulle mani, e ricadde a terra. Una scia di sangue scintillava sul lato destro del volto.

-Soltanto un idiota si sarebbe fatto vedere sulla scena del delitto dopo tre ore!- ruggì Bolg. Si udì il rumore di un calcio che veniva sferrato, costole incrinate.-Che cosa hai detto a quel cane di Durin? Che cosa gli hai detto?

-Sméagol non ha...non ha...

-Parla in maniera normale, o sulla testa di mia madre, ti faccio saltare le cervella!

Sméagol blaterò qualcosa d'indistinto. Si mise a sedere, lacrime e sangue che gli si mescolavano sul volto. -Sméagol ha visto Durin parlare con quell'altro.

-Quell'altro?- il volto di Bolg s'indurì. -Quale altro?

-Quello del camion.

-Vuoi dire che Durin ha parlato con Bard?- Bolg si chinò fino a portare il suo viso a livello di quello di Sméagol. -Stai scherzando, spero.

-No! Sméagol ha visto... Sméagol ha visto...

-Sei sicuro?

-Sì!

Il volto di Bolg s'irrigidì, e l'uomo allentò la presa sui capelli di Sméagol, rimanendo però in ginocchio accanto a lui. Il respiro del ladro si regolarizzò.

-Quindi, Bard e Durin hanno parlato. Hai sentito cosa si sono detti?

-No...-Sméagol si contrasse e deglutì, come fosse stato sul punto di vomitare.-Voglio...voglio...

-So cosa vuoi, mentecatto.-Bolg accompagnò queste parole con uno sputo.-Questa volta, se la vuoi, te la procuri da solo.

-DACCELA!- Sméagol fu di colpo in piedi gli occhi accesi e folli, e un coltello lampeggiò nella sua mano chiusa a pugno, aprendo un solco rosso sulla guancia del boss.-Gollum! Gollum!

CRACK!

Bolg aprì le dita e Sméagol gli crollò ai piedi, il collo piegato di lato in un'angolazione innaturale. La luce smorta dei lampioni si rifletté negli occhi senza vita.

-Te l'avevo detto che l'avrei fatto- mormorò.

Il boss si alzò lentamente e a un suo cenno, un uomo scivolò silenziosamente fuori dalla macchina, portandoglisi al fianco, in attesa di ordini.

-Occupati di questo schifo-disse Bolg.-E fallo con discrezione.

L'uomo annuì, e raccolse il corpo senza vita. Poco dopo, si udì il tonfo di qualcosa che cadeva in acqua.

Bolg si diresse verso la macchina, aprì la portiera posteriore e scivolò all'interno del veicolo. Un raggio di luna scivolò nell'abitacolo, illuminando il volto impassibile di Azog.

-Risolto?- chiese.

-Puoi stare tranquillo- Bolg si chinò e raccolse da sotto il sedile anteriore un sacchetto di patatine, quindi lo squarciò, spargendone una decina sul sedile e vi affondò una mano, per poi ficcarsi in bocca una grossa manciata.

-Bolg-risuonò la voce irritata di suo padre.-Non spargere briciole in macchina.

-Ammazzare qualcuno mi fa sempre venire fame, Pa'- replicò Bolg, tra una masticata e l'altra.-Ad ogni modo, sono contento che ce ne siamo liberati, di quello schifoso. Cominciavo ad averne abbastanza dei suoi attacchi di narcolessia...

-Schizofrenia, Bolg.

-Quello che è. Comunque, abbiamo un problema.

Azog voltò lentamente la testa, i lineamenti seminascosti dalla perenne nuvola di fumo che gli ombreggiava la faccia.-Quale?

-Sembra che Bard e Durin abbiano deciso di fare comunella. Sméagol dice di averli visti parlare.

Azog rimase in silenzio per qualche istante, apparentemente intento ad accendersi un altro sigaro. Aspirò una lunga boccata, poi un'altra, quindi commentò:- Questa non ci voleva. Già quei due separati sono una seccatura, ma cosa potrebbero fare insieme?

-L'hai detto- Bolg si grattò via dai denti una scheggia di patatine- Cosa si sono messi in testa di fare, Robin Hood e Tom Sawyer?

-Quello era Little John, Bolg.

-È uguale, pa'- suo figlio sbuffò sonoramente e si riempì di nuovo la bocca. Il silenzio regnò per qualche istante nell'abitacolo.

Poi, improvvisamente, Azog sorrise, e a quella vista perfino Bolg, che rischiava di finire accolltellato una sera sì e una no da che aveva tredici anni e che aveva iniziato a scuotere il pizzo per conto del padre a quindici, si sentì un brivido correre la schiena. Perché quando Azog il Profanatore sorrideva, questo non poteva significare niente di buono.

-Forse non è una notizia così brutta come pensavamo-disse Azog.

-No?- chiese Bolg senza capire.

Azog sparse la cenere del sigaro fuori dal finestrino.-Pensaci bene, figliolo. Eliminarli entrambi separatamente avrebbe richiesto tempo e pazienza. Invece, se conosco Thorin Durin, potrebbe appena averci servito l'occasione di prendere due piccioni con una fava su un piatto d'argento.-La luce della luna illuminò il suo volto pallido come teschio, facendo scintillare il suo ghigno da predatore.-E io intendo coglierla, quest'occasione.


 

Buongiorno a tutti, o delirante popolo di EFP!

Allora, innanzitutto ci scusiamo per l'attesa, ma abbiamo entrambe avuto impegni improrogabili che ci hanno impedito un aggiornamento più celere. Ciò detto, passiamo alle comunicazioni di servizio:

1)Non potremo riprendere ad aggiornare che dall'11 agosto in poi, perché da martedì saremo assenti entrambe.Abbiamo fatto i nostri calcoli, e abbiamo concluso che questa storia non sarà lunga, tredici capitoli al massimo, più o meno. Abbiamo pensato fosse il caso informarvi.

2)Come credo avrete notato tutti, questo è il capitolo in cui la trama inizia a divergere in maniera notevole da quella del film.

  1. Scrivere di Bolg è sempre troppo divertente. Un sentito compianto per il nostro povero Sméagol, che ha passato buona parte di questa storia a essere malamente pestato e maltrattato...non ci mancherai, Sméagol, ma grazie della collaborazione alla storia.

  2. A questo punto, avendo messo la scena tenera tra Fili e Sigrid, possiamo ammettere senza rimpianti che la loro coppia è stata inserita perché funzionale alla trama...leggete, non ci è venuto in mente un altro modo coerente e sensato di far incrociare Thorin e Bard.

  3. Uno va in vacanza in Val d'Aosta e viene a sapere che esiste il musical di Ghost... mah. Non si finisce mai d'imparare;)

  4. Speriamo ardentemente di non essere scadute nell'OOC, in caso contrario, siete pregate di farcelo notare.

Attendiamo con ansia i vostri commenti, e alla prossima!

Saitou Catcher

 


 


 


 


 


 


 


 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7-5 luglio ***


Capitolo 7

5 luglio, ore 08:50

-Pa'! Bain si è finito di nuovo i biscotti!

-La vuoi smettere? Te l'ho già detto, non sono stato io!

-Ragazzi, potreste non urlare tanto, per favore?- Bard si abbandonò contro lo schienale del divano, passandosi una mano sul viso, mentre dalla cucina sua figlia faceva irruzione in soggiorno.

-Papà, digli qualcosa!- Tilda si precipitò immediatamente sulle sue ginocchia, con gli occhi scintillanti d'indignazione- È la seconda volta che non trovo i biscotti a colazione! Se li mangia sempre lui!

-Te lo dico per l'ultima volta, a me fanno schifo i tuoi dannati biscotti!- urlò Bain irrompendo nel salone.

-Sto cercando di sentire-borbottò Bard, più per abitudine che per reale speranza. Rassegnato, si sistemò Tilda sulle ginocchia e alzò il volume, nell'inutile tentativo di coprire le voci dei suoi figli.

-Se non la pianti...

-Fate silenzio?- sibilò Sigrid, entrando in quel momento col cellullare premuto sull'orecchio. Una voce maschile bofonchiò qualcosa d'incomprensibile all'altro capo, e Sigrid rispose con uno sbuffo irritato, prima di ritirarsi nell'angolo più lontano del salone, una mano premuta sull'orecchio libero.

In quel momento, Tilda interruppe a metà la discussione, e fissò suo padre con sguardo perplesso.-Pa', non dovresti essere a lavoro? Che ci fai ancora qui?

-Non può andarci, stupida!- s'intromise Bain.-Ti ricordi che ci hanno...

Lo squillo del campanello e l'occhiataccia di suo padre interruppero sul nascere qualunque cosa Bain stesse per dire. Per qualche istante rimasero tutti in silenzio, e poi di nuovo il suono del campanello risuonò nel soggiorno.

-Sigrid, la porta- disse Bard, armeggiando con il telecomando.

-Un attimo!- la ragazza alzò gli occhi al cielo e si diresse sbuffando verso l'ingresso, borbottando furiosamente. -Uno di questi giorni li ammazzo, Fìli, ti giuro che li ammazzo tutti e tre.

-Beh, male che vada potrei sempre pagarti la cauzione- rilevò Fìli in tono diplomatico.

Sigrid roteò di nuovo gli occhi mentre armeggiava per inserire le chiavi nella serratura. -Amore, piantala con i giochetti. Ne abbiamo già discusso e ti ho già detto che di prendere i tuoi soldi non se ne parla...

-La linea dev'essere disturbata, tesoro, perché non ti sento.

Il lieve sorriso che quelle parole avevano fatto nascere sulle labbra di Sigrid morì nell'istante in cui la ragazza aprì la porta, ritrovandosi davanti il volto cupo di Thorin.

-C'è Bard?- chiese.

-Sì, ma...

-Dov'è?

-In soggiorno-replicò Sigrid, sconcertata.-Ma cosa...

Senza darle nemmeno il tempo di finire la frase, Thorin la superò, dirigendosi verso il soggiorno. Poi si fermò in mezzo al corridoio, e si voltò, lanciando a Sigrid uno sguardo che le fece venire voglia di finire sottoterra. Thorin aveva gli stessi occhi di suo nipote, ma quelli di Fili non le erano mai apparsi così vuoti e gelidi.

-Se è mio nipote al telefono- sibilò Thorin-digli che vada a lavorare.

Sigrid aprì la bocca per replicare, le guance improvvisamente roventi, ma prima che potesse formulare una qualsiasi risposta, l'uomo le aveva voltato le spalle, dirigendosi a grandi passi verso il soggiorno.

Dal divano, Bard alzò la testa, e improvvisamente il suo volto perse ogni traccia di cordialità, mentre Thorin si fermava sulla soglia della stanza. -Che cosa vuoi?- chiese con voce secca.

Thorin lo fissò per un momento, quindi mosse il capo in direzione di Tilda. -Mandali via.

Bard lo fissò per qualche momento, incerto sul da farsi, e qualcosa nello sguardo dell'altro sembrò convincerlo. Delicatamente, fece scendere la figlia dalle ginocchia e la spinse in cucina, incitando Bain a raggiungerla.

Quando entrambi i ragazzi se ne furono andati, si voltò verso Thorin e rimase stupefatto nel vedere che questi si era accomodato sul divano e si era impossessato del telecomando, sintonizzandosi sul telegiornale.

-Ecco- disse Thorin, quando ebbe raggiunto il canale giusto.

Appoggiò la schiena al divano, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo fisso sulle immagini che si agitavano sullo schermo. Non sembrava particolarmente turbato all'idea di avergli praticamente fatto irruzione in casa. Ma qualunque cosa Bard stesse per dire, arrivò la voce asciutta della speaker a bloccargli le parole in gola.

-Il corpo è stato ritrovato da degli agenti di pattuglia verso le tre di questa mattina, ancora in balia della corrente del fiume. L'ipotesi più accreditata sembra essere quella dell'incidente, ma al momento la polizia si rifiuta di rilasciare dichiarazioni. La vittima, trentadue anni, si chiamava Sméagol, ed era un volto noto alla centrale a causa dei molteplici arresti per possesso di stupefacenti...

Lentamente, molto lentamente, Bard si voltò verso Thorin, registrando con la coda dell'occhio il volto di Sméagol che veniva proiettato sullo schermo. L'altro uomo rimase immobile, il viso una maschera vuota, lo sguardo fisso sui lineamenti del ladro. I pugni erano stretti con tale forza da mettere in evidenza le vene.

La voce del giornalista lentamente si affievolì, e nella stanza calò il silenzio. Bard rimase immobile a fissare Thorin, ma questi non ricambiò il suo sguardo.

-Mi ha telefonato Theoden stamattina- disse infine, con tono piatto.

-E...?

L'altro uomo voltò finalmente la testa per guardarlo.-E non è stato un incidente.

Questo, Bard l'aveva immaginato. -Theoden ne è sicuro?

-Ha il collo spezzato.- Thorin serrò il telecomando con tale forza da farlo scricchiolare. - Azog e Bolg sono arrivati prima di noi.

-Di te, semmai- replicò Bard in tono asciutto. -Perché sei venuto?

-Perché se sono arrivati a questo punto, vuol dire che hanno paura-replicò Thorin, calmo.-Se Sméagol fosse stato preso e avesse parlato, sarebbe venuto fuori che l'attentato nei miei confronti e l'incendio nel tuo camion sono opera della stessa mano, non episodi isolati. A quel punto, Theoden avrebbe avuto il pretesto per muoversi.-Allentò lievemente la presa sul telecomando, senza distogliere lo sguardo da Bard.-Se mai c'è stato un momento propizio per colpirli, è adesso.

Bard sbuffò.-Continuo a non vedere perché ti sia così necessario il mio aiuto.

-Perché ormai ci sei dentro fino al collo, tanto quanto me. Sanno che abbiamo parlato, Sméagol glielo deve aver riferito. Qualunque cosa tu faccia, ti verranno a cercare comunque, e a quel punto non sarai solo tu ad andarci di mezzo.

La voce di Thorin ebbe un leggero tremito sulle ultime parole e l'uomo distolse lo sguardo, ma Bard non vi fece attenzione. Dietro il cipiglio corruciato, la sua mente stava lavorando a mille, valutando quanto Thorin aveva appena detto.

Non mi piace quello che mi chiede di fare, ma mi piace ancora di meno l'idea di non fare niente e lasciare che venga coinvolta la mia famiglia. Tra due mali, tanto vale scegliere il minore.

-Va bene.-Disse alla fine.-Ti aiuterò. Ma a una condizione.

Gli occhi di Thorin si assottigliarono-Cioè?

-Sincerità assoluta-rispose Bard- Visto che, come dici tu, ci siamo entrambi dentro fine al collo, allora dobbiamo agire di comune accordo.

Thorin rimase qualche attimo in silenzio, tutto il suo corpo rigido, e infine lasciò andare un lungo, vibrante sospiro. -D'accordo, allora.

-Bene- Bard si allungò a prendere il telecomando e spense il televisore- Allora dimmi: perché hanno tentato di ucciderti? Perché sei praticamente entrato in guerra con loro?

A quelle parole, lo sguardo di Thorin divenne perso e distante, come se stesse valutando la risposta migliore da dargli. Bard vide un'ombra oscurargli lo sguardo nel momento in cui si voltò verso di lui, e con voce tanto bassa da essere quasi inudibile, Thorin sussurrò- Hanno ucciso mio nonno.


 

-Cioè? Credevo si fosse...insomma...

Thorin solleva gli angoli della bocca in una smorfia sarcastica.-Buttato dalla finestra di un manicomio?

Bilbo sbuffa, rannicchiandosi per poggiargli la testa in grembo.-Beh, l'ultima volta che ne ho sentito parlare, la storia era più o meno quella, sì.

-E' così che è andata, infatti. Ma è stata colpa di Azog e Bolg se è finito in quel posto.

C'è odio nella voce di Thorin, un tremito sommesso, che però fa correre un brivido lungo la schiena di Bilbo. Solleva appena la testa per incontrare lo sguardo di Thorin, ma tutto quel che riesce a scorgere è il profilo irrigidito della sua mascella.

-Hanno cominciato non appena mio nonno ha aperto l'attività- Thorin riprende a parlare da solo, lo sguardo rivolto verso il soffitto, le parole che escono nette e crudeli dalla sua gola- Quando lui si è rifiutato di pagare, Azog ha deciso che lo avrebbe spezzato. E così è iniziata la persecuzione. Il negozio finiva all'aria un giorno sì e l'altro no, c'era sempre qualcuno che ci seguiva, sempre qualcuno pronto a sussurrare minacce nel buio. Mio nonno resistette, all'inizio. Ma poi...- stringe il pugno fino a che le nocche non diventano bianche- Ma poi cominciò a vedere pericoli ovunque. Ognuno di noi, persino tra i parenti più stretti, poteva essere un traditore. Aveva degli accessi di furia spaventosi, era sempre terrorizzato, e si isolò da tutto e da tutti, fino a che la sua attività non divenne un ossessione. Era l'unica cosa di cui gli importasse. Doveva proteggerla, proteggerla da qualsiasi cosa, con qualsiasi mezzo.- Lentamente, la sua mano scivola su quella di Bilbo, e la stringe, come a voler cercare stabilità. -Alla fine, quando la situazione ormai si era fatta insostenibile, non ci restò altra scelta che farlo ricoverare. Aveva smesso di mangiare, di dormire, non si rendeva quasi conto di dove fosse. Quando lo andavamo a trovare, non riconosceva più nessuno...

Abbassa lo sguardo, e i suoi occhi si sono fatti più scuri, di un qualcosa che sembra un miscuglio tra paura, rabbia e dolore.

-Tranne me- dice con tono piatto- Mi riconosceva sempre. E ogni volta mi diceva che dovevo prendere il suo posto, che dovevo proteggere il negozio, perché io ero come lui, e dovevo seguire le sue orme. Me lo disse anche quel giorno, poche ore prima di suicidarsi.

-Quanti anni avevi, allora?-La voce di Bilbo si è trasformata in un filo sottile per l'orrore. Intreccia le dita con quelle di Thorin, e le stringe, per trasmettervi il suo esiguo calore.

-Quattordici quando lo ricoverarono, diciassette quando è morto.-Un ragazzino, pensa Bilbo, e già allora, lo caricavano di pesi non suoi da portare.-La cosa peggiore, però, non è stata tanto quella. E' stata che anche altri mi dicessero che ero come lui, che gli somigliavo.

-E tu non vuoi somigliargli- quella di Bilbo non è una domanda.

-No che non voglio- ringhia Thorin-A te piacerebbe sentirti dire che assomigli a una persona del genere?

No, pensa Bilbo, ma quel che gli blocca le parole in gola e gli stringe un nodo in fondo allo stomaco è la consapevolezza che c'è della verità in quelle parole. Thorin ha davvero qualcosa di oscuro, forse quel suo orgoglio incrollabile o forse quella cupa determinazione che può trasformarsi in ossessione. Ma anche se Bilbo queste cose le sa, non le può dire.

Perciò si alza e si sistema sulle ginocchia di Thorin, in modo da portare i loro visi allo stesso livello, e gentilmente gli volta la mascella, costringendolo ad affrontare il suo sguardo. -Tu non sei come lui- sussurra semplicemente.

Sotto di lui, Thorin ha un tremito. -Davvero?

-Davvero- Bilbo scuote la testa e serra appena la presa- E in ogni caso, credi davvero che ti permetterei di fare una fine del genere?

Thorin inarca un sopracciglio. -Dovrei essere io a proteggere te, non il contrario.

-Che razza di idiozia è, solo perché sei quello più prestante fisicamente allora sono io ad aver bisogno di protezione?

-Quindi devo dedurne che ci sei tu tra me e i mali del mondo?- il suo uomo si concede una bassa risata di gola- Adesso sì che mi sento rassicurato.

-Thorin- sussurra Bilbo con voce talmente seria da indurre l'altro a osservarlo. -Mettiamo subito una cosa in chiaro: non m'importa quello che dovrò fare per ottenerlo, ma io non permetterò a niente e nessuno di farti del male. Chiunque voglia provarci dovrà passare per me. Intesi?

Per qualche istante, tutto quello che l'altro può fare è fissarlo, talmente stupito da non avere parole, poi il braccio di Thorin scivola attorno alla vita di Bilbo e lo attira contro il suo torace, per un abbraccio che dura molti, molti minuti.

-Intesi- sussurra poi Thorin tra i suoi capelli.- E vale anche per me.

Poi, Bilbo sente la sua bocca sollevarsi in un sorriso. -Ma vedi di non diventare troppo sdolcinato, Signor Baggins... potrei arrossire.

-Oh, perché devi sempre rovinare tutto!- strilla Bilbo, rimettendosi a sedere, ma poi Thorin lo abbraccia di nuovo, e lui sta già ridendo.


 

Quando Bilbo si liberò dal suo ricordo, Thorin e Bard erano ancora seduti l'uno accanto all'altro sul divano. Alla fine, fu quest'ultimo a riscuotersi per primo e a parlare:-Mi dispiace.

Thorin scrollò le spalle.-E' successo molto tempo fa. Ma loro hanno continuato.

-Capisco.-Bard si alzò e si diresse verso la cucina. Dopo qualche istante, Thorin lo imitò. -Toglimi una curiosità: hai già un piano?

-A dire il vero, no. È anche per quello che mi serviva il tuo aiuto.

Bard sospirò, passandosi una mano sul volto. -Fantastico. Intanto ci facciamo un altro caffé, che ne dici? Così iniziamo a far lavorare il cervello.

Thorin annuì, quindi l'altro si diresse verso il lavandino e iniziò a lavare la macchinetta. In piedi sulla soglia della cucina, Bilbo li osservava, chiedendosi dove li avrebbero portati i pensieri che si leggevano su quei volti ugualmente cupi.

-Ci serve un alleato- disse infine Bard mettendo il caffé a bollire. Quando Thorin inarcò un sopracciglio, interessato, spiegò:- Nessuno di noi due ha la benché minima possibilità di avvicinare Azog e Bolg. Ci farebbero fuori all'istante.

A quelle parole, il corpo di Thorin s'irriggidì, e uno strano lampo attraversò il suo sguardo.

Dio santo, ma esiste un modo giusto di prenderlo, quest'uomo?, pensò Bard, esasperato.

Perciò- continuò con un sospiro-abbiamo bisogno di qualcuno che li attiri allo scoperto, in modo da poter preparare una trappola.

-Sono d'accordo. Qualcuno che non abbia avuto attriti con loro in precedenza, anche. Altrimenti, risulterebbe troppo ovvio che è una trappola...- Thorin aggrottò le sopracciglia, concentrato- Hai in mente qualcuno?

Le labbra dell'altro si sollevarono in un sorriso tirato. -A dire il vero, no. Non mi viene in mente nessuno di così influente che potrebbe proporre un accordo in grado di far gola a quei due.

Thorin rimase in silenzio per qualche istante, tambullerando con le dita sul ripiano della cucina. Poi alzò gli occhi a incontrare quelli di Bard.-Forse conosco chi ci può aiutare.

-Davvero?-Bard si illuminò, sentendo una scintilla di speranza accendersi in lui per la prima volta, da quando quella storia era iniziata.-Fantastico!

-No-ringhiò Thorin, cupo.-Per niente.


 

-Fatemi capire-Thranduil si appoggiò lentamente allo schienale della sedia e accavallò le gambe, le punte delle lunghe dita che si toccavano-In pratica, voi mi state chiedendo di mettermi in contatto con un noto criminale e di proporgli un accordo, allo scopo di aiutare voi due ad attirarlo in una trappola?

-Sì-rispose Bard senza mezzi termini.

Dal suo angolo, Bilbo sbuffò. Non sapeva cosa avesse avuto in mente di preciso quando aveva deciso di mettere in contatto Bard e Thorin, ma di sicuro non era questo.

Da dietro la scrivania, i gelidi occhi azzurri di Thranduil soppesarono per qualche istante i due uomini seduti di fronte a lui, prima di posarsi su Bard.-Lo chiedo a te che sembri una persona di buon senso-e a queste parole, Thorin si lasciò sfuggire un basso ringhio, che Thranduil ignorò palesemente-cosa vi fa pensare che questo piano avrà successo?

Bard scrollò le spalle.-La disperazione, immagino.

Schietto, forse troppo, pensò Bilbo. Non è detto che sia l'atteggiamento giusto, con uno come Thranduil.

Anche se, a dire la verità, tutta quella faccenda sembrava essere partita con il piede sbagliato nel momento stesso in cui Thorin aveva chiamato Thranduil per chiedergli un incontro. Bilbo poteva solo immaginare quanto gli fosse costato farlo. Nessuno dei due faceva mistero del disprezzo reciproco, nato all'epoca in cui Thròr era stato ricoverato e l'attività dei Durin era stata sul punto di collassare. Bilbo non sapeva con precisione cosa Thranduil avesse fatto o meno in quell'occasione, ma di qualunque cosa si trattasse, Thorin non gliel'aveva mai perdonata.

-Quindi?- sbottò il suo fidanzato- Qual'è la tua risposta?

Thranduil non lo guardò nemmeno, prima di rispondere:- Non se ne parla. E mi stupisce che abbiate anche solo pensato di chiedermelo.

Thorin emise un basso verso, metà di scherno e metà di rabbia, prima di rivolgersi a Bard.-Te l'avevo detto che da lui non avremo ottenuto niente.-Fece per alzarsi, ma prima che potesse farlo, Bard gli aveva afferato il braccio, rispingendolo a sedere. A giudicare dall'occhiata con cui lo fulminò Thorin, Bard doveva ritenersi grato di avere ancora la mano.

Bard sospirò, prima di rivolgersi a Thranduil, sul viso un'espressione seria e intensa. -So che ti stiamo chiedendo molto. Ma finché non gli porteremo delle prove concrete, Theoden avrà le mani legate. Tu sei l'unico che possa aiutarci. Almeno pensaci.

-Conosco Azog da prima di entrambi voi. Lo sottovalutate, se credete che si farà ingannare da quella che è evidentemente una trappola-ribatté Thranduil, calmo.

Thorin sbuffò.-Non interessa a nessuno che ci creda o no. L'importante è che si trovi al posto giusto nel momento giusto. E' a questo che ci servi tu.

-Non credo di sbagliarmi, se dico che Azog deve averti già contattato in passato-aggiunse Bard.-L'ha fatto?

Gli occhi di Thranduil si ridussero a due linee sottili.-Lo ha fatto.

-E tu che cosa gli hai risposto?

-In termini educati ma chiari, che non ero interessato.-mentre parlava, l'uomo i sporse verso il piano della scrivania, apparentemente intento ad esaminare qualcosa sul computer. -Non credo che sarebbe molto convinto da un mio improvviso cambio di rotta.

Da parte di Thorin arrivò una risatina sprezzante. -Non credo che troverà tanto difficile credere che tu sia un voltagabbana.

-Diplomazia, il tuo nome è Thorin- sibilò Bilbo, in piedi all'angolo della scrivania. Quell'incontro sarebbe durato ancora per molto, se lo sentiva.

Dal computer, gli occhi di Thranduil scattarono verso Thorin, le iridi chiare scintillanti di un bagliore assassino. -Considerato quanto in basso ti stai spingendo, non sei nella posizione di potermi fare la predica, Thorin Durin.

Il volto contorto in una smorfia rabbiosa, Thorin fece per alzarsi, ma la mano di Bard gli agguantò di nuovo il gomito e lo spinse sulla sedia, trattenendolo nella sua presa ferrea. Senza smettere di stringere l'uomo accanto a lui, Bard si rivolse a Thranduil, la mascella serrata. -Se magari la smetteste di insultarvi ogni tre parole, forse riusciremmo a concludere qualcosa!

Bilbo non poté che provare ammirazione per Bard nel momento in cui lo vide rimanere dritto al suo posto, nonostante si trovasse sotto il fuoco incrociato degli sguardi di Thorin e Thranduil.

-Molto bene- sospirò quest'ultimo- ascolterò quello che avevi da dire.

-Azog e Bolg non sono due che mollano la presa- disse Bard- Non l'hanno fatto con me, non lo hanno fatto con Thorin. Cosa ti fa credere che per te non sarà lo stesso?

-Apprezzo la tua preoccupazione, ma sono in grado di difendermi.

-Non che a qualcuno dispiacerebbe...- qualsiasi cosa Thorin stesse ringhiando, venne stroncata da una decisa gomitata nelle costole. Bilbo ridacchiò, nel vedere il suo uomo sussultare e girarsi verso l'altro con uno sguardo assassino.

-Tu ti stai prendendo decisamente troppa confidenza- sibilò.

-E tu sembri incapace di condurre una conversazione normale!- sbottò Bard di rimando- L'idea è stata tua, perché continui a fare di tutto per mandarla in malora?

-Questo piano sembra sempre più avviato sulla strada della buona riuscita- commentò Thranduil in tono assente, l'occhio fisso su una serie di cifre che scorrevano sullo schermo del computer.

-Ascolta.-insistette Bard.-Tutto quello che ti chiediamo è una telefonata. Poi non dovrai più saperne niente.

-Cosa mi garantisce...

-Nulla-lo interruppe Thorin.-Noi due non possiamo garantirti nulla, tranne che questo: se non ci aiuterai, Azog e Bolg ti lasceranno in pace...per un po'. Poi continueranno a farsi avanti e tormentarti, fino a quando non ti sarà rimasta altra scelta che sottometerti o pagare le conseguenze del tuo rifiuto.-Thranduil fissò l'uomo all'altro lato della scrivania con intensità, mentre Thorin continuava a parlare, la voce secca e crudele.-E a quel punto, quanto credi che ci vorrà, prima che ci vada di mezzo qualcun altro per colpa tua? Magari tuo figlio?

Se gli sguardi potessero uccidere, in quel momento di Thorin non sarebbe rimasto che un mucchio di cenere. -Questo è un colpo estremamente basso persino per te- gli sibilò Thranduil, sputando le parole come se sapessero di veleno.

Nella risposta che ricevette non vi fu alcuna emozione. -Sai che ho ragione.

A quelle parole, Bilbo sentì lo stomaco contrarsi. Malgrado lo sforzo che faceva per ricacciarle indietro, la disperazione e la rabbia erano scolpite in ogni linea del viso di Thorin. Ma non si sarebbe mai aspettato di vederlo puntare sull'amore paterno di Thranduil per portarlo dalla loro parte. Bard, da parte sua, sembrava perplesso, ma non fece alcun commento.

Infine, Thranduil fece ruotare la sedia girevole, riportandosi di fronte ai due uomini con un'espressione di gelido sdegno a irrigidirgli il viso.-Non riesco a credere che mi sto prestando a questa cosa-sibilò, e l'espressione che comparve sui volti di Thorin e Bard nel momento in cui lo videro allungarsi a prendere il telefono fu qualcosa di esilarante. Le dita di Thranduil si mossero veloci sulla tastiera, e poi l'uomo si mise in ascolto, il capo leggermente reclinato verso la spalla sinistra. Dopo qualche istante, si udì un crepitare e una voce dall'altra parte della linea rispose-Pronto?

Nel momento in cui la voce di Azog risuonò nell'ufficio, ogni emozione si dileguò dal volto di Thorin, per lasciar posto soltanto a una cupa furia che aveva qualcosa di animale. Thorin intrecciò le dita tra loro, facendo sbiancare le nocche, e fissò il telefono appoggiato all'orecchio di Thranduil come se sperasse di poter arrivare al suo interlocutore e ucciderlo.

Questo è l'uomo che ci ha portati tutti qui, pensò Bilbo, dal suo angolo. Quanto avrebbe voluto potersi appoggiare alla scrivania, poter prendere le mani di Thorin tra le sue e sciogliere la stretta assassina delle sue dita. Sméagol può aver impugnato la pistola, ma è stato lui a mettergliela in mano. Se non fosse per lui, non sarei qui.

Lentamente, Thranduil mise il vivavoce e appoggiò l'apparecchio sulla scrivania, mantendendo lo sguardo sui due uomini di fronte a lui, prima di dire:- Ho chiamato per rendere noto che avevo riconsiderato la proposta di un... accordo fra noi due.

Dall'altro capo del telefono risuonò una risata arrochita dal fumo. -Finalmente qualcuno in questa città che dimostra un po' di buon senso! Ultimamente qui abbiamo avuto a che fare solo con dei piantagrane.

-Immagino- ribatté Thranduil, impassibile.

-Molto bene, allora. Vogliamo discutere le condizioni?

-Preferirei farlo di persona, se non ti dispiace. Quando si parla al telefono non si sa mai chi potrebbe essere in ascolto.

-Giusto, giusto- il ghigno di condiscendenza nella voce di Azog era talmente evidente che Thranduil s'irriggidì, gli occhi scintillanti di furia. - Bene, allora, faccia a faccia, solo io e te. Io scelgo il luogo, tu la data.

-Mi sembra ragionevole. Dove?

-Ci serve un luogo tranquillo, discreto. Fuori mano, ma raggiungibile. Suggerirei il porto.

-Il porto?- Thranduil arricciò il naso in un'espressione di disgusto. -Zona pericolosa, mi dicono.

-Hai paura?-Azog sembrava trovare divertente quella conversazione.

-No.-Bilbo gli credette. Thranduil poteva essere molte cose, ma non un uomo che fosse facile intimorire.- E porto sia, allora. Quando?

-Quello lo lascio decidere a te-Azog aveva assunto un tono amabile, quasi stessero progettando un'allegra scampagnata nei boschi.-Non sono un uomo particolarmente impegnato.

Prima che Thranduil potesse rispondere, Thorin si sporse verso la scrivania e afferrò il piccolo calendario poggiato accanto al computer. Rapidamente lo voltò verso Thranduil, il dito puntato su una data che Bilbo non riuscì a vedere.

-L'8?- Thranduil si allungò a leggere e inarcò un sopracciglio, lanciando uno sguardo a Thorin per chiedere conferma. Al suo cenno d'assenso, rivolse di nuovo la sua attenzione al telefono, il volto impassibile.

-E l'8 sia, allora- Azog sembrava già aver perso interesse nella conversazione- C'è altro che devi dirmi?

-Al momento, nulla che non possa aspettare.

-Perfetto. Allora non chiamarmi. Mi rifarò vivo io per farti sapere come raggiungere il posto.- i tre nello studio poterono quasi udire il ghigno sadico del boss. -Complimenti, Thranduil. Hai fatto la scelta giusta.

Le labbra di Thranduil si ridussero a una fessura, ma non disse nulla prima che Azog concludesse la conversazione. Si udì il rumore secco della linea che cadeva, e poi Thranduil guardò i due uomini all'altro lato della scrivania.-Come sono andato?

-Da Oscar-replicò Thorin,sarcastico.

-Credete che l'abbia bevuta?- s'intromise Bard, passando lo sguardo dall'uno all'altro.

-Impossibile dirlo-Thranduil alzò le spalle- Ad ogni modo, ha accettato. Credo possa bastare.- incrociò le braccia e di colpo la sua espressione si fece seria.-Voglio una garanzia da tutto questo.

-E ti pareva-bofonchiò Thorin.

-Non parlo di soldi, non sono così venale- ritorse Thranduil- Quello che voglio, è la certezza che questa faccenda si trovi nei limiti della legalità e che Theoden ne venga informato.

-Hai la mia parola- assicurò Bard. Thorin rimase in silenzio.

-La tua, sì. Thorin?

Ci fu un lungo, lungo istante, in cui Thorin non disse nulla. Poi il suo uomo alzò lo sguardo.-Hai la mia parola-disse secco.

A quel punto, Bilbo si sentì sollevato. Thorin non era tipo da dare la sua parola, se non aveva intenzione di mantenerla. Thranduil non sembrava altrettanto convinto, ma non commentò.-Chi vuole occuparsene?

-Io- disse immediatamente Thorin. Due uomini e un fantasma portarono gli occhi su di lui.-Tu non puoi farlo, dopo questo. Azog non è stupido, ti terrà d'occhio per assicurarsi che tu non gli faccia scherzi. Bard è ancora nel loro mirino, se si facesse vedere a gironzolare dalle parti di Theoden, si troverebbe la casa bruciata, oltre che il camion.

Bard strinse il bracciolo della poltrona. Quando lasciò la presa, aveva lasciato i segni delle unghie sul cuoio brillante.-Tu non ci sei, invece?

-Dopo Sméagol, mi hanno lasciato in pace. Ad ogni modo, sono quello che ha meno da perdere.-Thorin aveva assunto un'espressione indifferente, ma Bilbo si rendeva conto che stava studiando i suoi due interlocutori, in attesa della loro reazione.-Penserò io ad avvisare Theoden.

-Toglimi una curiosità-la dolcezza nella voce di Thranduil diede a Bilbo e Bard l'idea di un serpente acquattato nell'erba, pronto ad attaccare.-I Durin e Azog sono in guerra da quando tu eri ancora un ragazzino. Cosa ti ha spinto a muoverti proprio adesso, per eliminarlo?

Ci fu un istante in cui la tensione nella stanza fu tanto pesante da poterla quasi toccare, mentre i due uomini si fronteggiavano silenziosamente ai due lati della scrivania, gli occhi freddi e decisi. Poi, lentamente, il pugno che Thorin aveva serrato si aprì, e i segni delle unghie risaltarono brillanti contro la pelle del palmo. -Questa volta hanno passato il segno.

-Immagino- Bard rivolse uno sguardo perplesso ai due uomini, cercando di intuire cosa ci fosse dietro le loro parole.

-Per quello che mi riguarda, qui abbiamo finito- Thorin si alzò, voltandosi verso Bard. -Se hai bisogno di un passaggio, io me ne sto andando.- disse, prima di avviarsi verso la porta.

-Thorin- lo chiamò Thranduil, quando fu quasi sulla soglia.

Thorin si fermò.

-So che non vuoi consigli da me, ma te ne darò uno lo stesso- gli occhi di Thranduil non si staccarono un attimo dalla sua figura. -Non passerà, se continui a negare che sia mai accaduto.

Per un attimo, Bilbo pensò che il suo uomo non avesse sentito, perché non si mosse. Ma poi Thorin si voltò, e Bilbo si meravigliò che Thranduil non indietreggiasse, di fronte allo sguardo da cui fu bersagliato.

-Hai ragione- mormorò Thorin.- Non mi servono consigli da te.

Senza rivolgergli un altro sguardo, uscì, chiudendosi la porta alle spalle. Bilbo si mosse istintivamente per andargli dietro, salvo fermarsi nel momento in cui si accorse che Bard era rimasto. Una smorfia perplessa aleggiava sul volto dell'uomo, in piedi immobile al centro della stanza, lo sguardo che andava da Thranduil alla soglia.

-Cosa... volevi dire?- chiese, infine.

L'altro uomo alzò lentamente lo sguardo su di lui. -Non te l'ha detto- commentò. -Lo immaginavo.

-Non mi ha detto cosa?- ribatté Bard, una nota d'irritazione nella voce.

Invece di rispondere, Thranduil si alzò lentamente, armeggiando per risistemare i documenti sulla scrivania. -Thorin ti ha detto come mai odia così tanto Azog e i suoi?

-Mi ha detto che Azog perseguita la sua famiglia da quando lui era appena nato- Bard rispose in tono esitante, come se percepisse che mancava qualcosa in quello che stava per dire, ma allo stesso tempo non volesse conoscere le risposte. -Che hanno fatto impazzire, e infine spinto al suicidio suo nonno. E che tre mesi fa hanno mandato un sicario ad ucciderlo.

-Vero- Thranduil riportò lo sguardo su di lui- E ti ha anche detto che in quell'agguato non fu lui a perdere la vita, ma il suo fidanzato?

Oh, no. Bilbo sentì il proprio stomaco distendersi e poi contrarsi, formando un unico ammasso pietroso. Il respiro, il respiro che non aveva più, gli si era bloccato in mezzo ai denti. Oh, giorni celesti, che brutta situazione.

-Si chiamava Bilbo Baggins- continuò Thranduil, impassibile.

Guardò Bard. C'era stupore, sul suo volto,stupore oltre ogni dire... e rabbia.

-No-rantolò Bard dopo qualche istante, quando fu nuovamente in grado di formare parole.-Non ne avevo idea.

-Ne ero sicuro.

-Ma perché?- Sbottò Bard. Si appoggiò allo schienale della sedia, con l'aria di voler prendere a pugni qualcuno.-Perché nascondermi una cosa del genere?

-Perché Thorin Durin è bravo a ignorare l'esistenza di ciò che non gli piace-rispose Thranduil in tono assente. Avesse avuto ancora un corpo, Bilbo l'avrebbe volentieri preso a schiaffi.

-Bene- ringhiò Bard, infine, la rabbia che lentamente gli induriva il volto. -Bene.- Si voltò e si diresse a passo svelto verso la porta, aprendola con tale violenza da rischiare di divergere i cardini. Poco oltre la soglia, si voltò a guardare Thranduil. -Grazie per avermelo detto.

Thranduil non rispose nulla, e del resto Bard non lo avrebbe sentito mentre si precipitava fuori dal suo ufficio, divorando il pavimento con grandi falcate, il volto contratto in una gelida espressione di furia. Bilbo gli tenne dietro a fatica, penosamente consapevole del fatto che di lì a poco sarebbero state dette cose che lui non voleva sentire.

Quando Bard infine si trovò in strada, Thorin era lì ad aspettarlo, indolentemente appoggiato alla macchina.

-Thranduil ti stava dando l'indirizzo del suo parrucchiere?- commentò, mentre l'altro gli si avvicinava.

Bard si fermò a pochi passi da lui, stringendo e rilasciando ritmicamente i pugni.

-Perché non me lo hai detto?- ringhiò infine.

Thorin inarcò un sopracciglio. -Cosa?

Bard lo fissò. -Di Bilbo Baggins.

Ogni emozione scivolò via dal viso di Thorin, e per un istante sembrò troppo scioccato per parlare. Fissò Bard come se lo vedesse per la prima volta, lo sguardo vitreo e sconvolto.

-Allora?

-Thranduil- sputò infine Thorin-Avrei dovuto immaginarlo.

-Avresti dovuto dirmelo!- esplose l'altro- Come hai potuto nascondere una cosa del genere?

-Che cosa avrebbe cambiato saperlo?

-Avrebbe cambiato tutto!- sbottò Bard- Avrebbe dimostrato che avevo ragione a non volerti aiutare! A te non interessa che Azog e Bolg abbiano quello che meritano. Tu vuoi solo la tua vendetta. E per questo hai trascinato me, te, e Thranduil, e di conseguenza tutte le nostre famiglie, in un pericolo mortale!

-Finché il risultato è lo stesso, cosa te ne importa dei motivi?- ribatté Thorin, freddo.

-Ma ti rendi conto di quello che dici?- Bard lo fissò come se non credesse ai propri occhi. -Questo non è un gioco. Tutti noi rischiamo la vita. E per cosa? Il tuo fidanzato è morto, Thorin. E non ritornerà. Uccidere chi gli ha sparato non servirà a riportarlo indietro. E comunque, io non lo conoscevo, ma dubito che avrebbe voluto vederti gettare via la tua vita in questo modo.

-Ben detto- esclamò Bilbo.

-Non venire tu a dire a me cosa lui avrebbe o non avrebbe voluto- ringhiò invece Thorin, masticando ogni parola. I suoi occhi scintillavano pericolosamente.

-Thorin- Bard s'interruppe e prese un respiro profondo, passandosi le mani tra i capelli. -Thorin, ascoltami. Io capisco quello che provi, dico davvero. Ma tutto questo non serve a niente. Non è così che supererai il dolore. Non puoi farlo adesso, lo so, è troppo presto, ma devi accettare quello che è successo, anche se...

-Sta' ZITTO!- ruggì improvvisamente Thorin con così tanta violenza che Bard indietreggiò, e Bilbo si sentì gelare, convinto che quei due sarebbero finalmente arrivati allo scontro.

Ma invece Thorin rimase al suo posto, gli occhi improvvisamenti umidi fissi su Bard, il petto che si alzava e si abbassava al ritmo del suo respiro affannato, e quando parlò, la sua voce era bassa e spezzata.

-Anche tu come tutti gli altri- sussurrò- Tutti a ripetere le stesse, inutili, stupide consolazioni! “Devi accettare quello che è successo, Thorin, devi andare avanti...”; ma io non voglio accettarlo. Io non voglio andare avanti. Io voglio Bilbo. Voglio Bilbo, voglio sentire la sua voce, voglio scompigliargli i capelli e sentirlo che ride. Voglio che mi prenda in giro perché sono troppo stupido e pomposo, voglio che canti nelle mie orecchie e che mi dica che va tutto bene. Voglio che vada in giro a disporre i suoi centrini, che arricci il naso quando qualcosa lo preoccupa, e che mi saluti quando torno a casa. Voglio che si faccia male diecimila volte mentre cucina, voglio sentirmi urlare contro come se fossi un criminale solo perché sono uscito di casa senza la camicia stirata, voglio che mi dica che non ce l'ha con me perché ho lasciato che tutto questo accadesse. Voglio che sia qui, voglio che sia con me, voglio che niente di questa storia sia mai accaduto, voglio dirgli che lo amo perché non gliel'ho mai detto abbastanza, voglio...- la sua voce si ruppe, e improvvisamente Thorin sembrò solo e perso, troppo fragile per l'immensità del suo dolore. -Voglio.

Tutte le altre volte in cui aveva visto qualcuno soffrire e piangere per lui, Bilbo Baggins aveva provato il violento desiderio di essere di nuovo, di poter distruggere, e piangere, e urlare. Ma questa volta non provava nulla. Nulla se non un vuoto immenso in cui le parole sembravano riecheggiare come rintocchi di una campana. Per la prima volta da che era morto, aveva sentito Thorin pronunciare il suo nome, e non provava nulla. Solo un'immensa, infinita tristezza.

-Thorin...- sussurrò Bard.

Thorin si voltò e risalì in macchina, senza nemmeno guardarlo, e Bard rimase immobile, in piedi sul ciglio del marciapiede a guardare l'automobile che si allontanava, sentendosi infinitamente più pesante.

Per tutto il tragitto verso casa Thorin non parlò, e Bilbo, seduto sul sedile del passeggero non poté fare altro che osservarlo. Ma poi, quando lo vide rientrare in una casa troppo grande e troppo vuota, gli occhi gelidi e asciutti quando prima avevano brillato di lacrime e rabbia, qualcosa dentro di lui si ruppe, e la sua mano si allungò verso il viso di Thorin in un impossibile ricerca di conforto.

-Anch'io voglio, amore mio- e se in quel momento avesse potuto piangere, Bilbo Baggins lo avrebbe fatto- Voglio così tante cose, e non le avremo mai.


 


 

Bene, bene, bene. Con questo capitolo, si entra davvero nel vivo della trama (mi sa che ormai lo stiamo dicendo a ogni capitolo, vero?). Ad ogni modo... rullo di tamburi per l'apparizione di Sua Favolosità, Barbie il Re degli Elfi! Pensavate che Thorin e Bard fossero una combinazione letale? Aggiungiamoci anche Thranduil e vi assicuro che ne vedrete delle belle!

Thorin è finalmente riuscito a parlare di Bilbo. Meglio tardi che mai...

Vabbé, bubbole a parte, questo capitolo è uno dei nostri preferiti, e speriamo che vi sia piaciuto. Non lesinate sulle recensioni!

Saitou Catcher

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Capitolo 9
*** Capitolo 8-6 luglio ***


Capitolo 8

6 luglio, ore 09:15

-Pa'? Pa', svegliati!

Bard bofonchiò qualcosa d'inintellegibile, e si rigirò sul fianco destro, dando le spalle alla figlia.

-Pa'!-Sigrid afferrò un cuscino, e glielo calò con forza sulle spalle, facendolo sussultare.-Pa', ti vuoi muovere?

-Per una volta che riuscivo a dormire più di cinque ore a notte...-Bard riuscì in qualche modo a buttare i piedi fuori dal letto, e si mise in posizione seduta, passandosi le mani sul volto per nascondere uno sbadiglio.-Si può sapere che c'è?

-Una persona al telefono.Per te.

A quelle parole, Bard trasalì e fu subito in piedi. Ora come ora, non poteva essere niente di buono.-Chi è?

-Non me lo ha detto. Ha detto solo che doveva parlarti, e con urgenza. -Sigrid gli passò il telefono, e Bard se lo portò all'orecchio, mentre si allungava a prendere un paio di pantaloni poggiati sulla sedia.-Pronto?

-Disturbo?

Mancò poco che gli cascasse il telefono di mano, nel momento in cui la voce di Thranduil risuonò all'altro capo- -Ehm, sì...cioè, volevo dire, no, non preoccuparti.-Bard piegò la testa sulla spalla, sostenendo il telefono alla meno peggio, mentre saltellava su una gamba sola nel tentativo di infilarsi i calzoni. Un pensiero inquietante lo attraversò di colpo.-Aspetta, come hai avuto il mio numero?

-Potrei dirti che ho i miei mezzi, ma la verità è che sei molto banalmente sull'elenco telefonico.-Il sorriso ironico di Thranduil era percebile anche dall'altra parte della linea.

Male, pensò Bard, molto male. Con un certo sforzo, riuscì a infilare anche la gamba destra nei pantaloni, e si diresse verso il balcone. Dal salotto, stranamente, non gli arrivava nessun rumore. -Che volevi dirmi?

-Volevo semplicemente chiederti se sai se Thorin è andato a parlare con Theoden.

-A me non ha detto niente- Bard storse la bocca- E credo che non vorrà dirmi niente per molto tempo.

-Giusto- c'era una nota di beffardo divertimento nella voce di Thranduil- Stavo dimenticandomi il vostro piccolo... diverbio.

-Tu come fai a saperlo?

-Vi si sentiva dalla finestra.

La soddisfazione che quel ricordo sembrava suscitare in Thranduil inferse un duro colpo a qualsiasi simpatia Bard avesse per lui. -Perché mi hai chiamato?

-Semplicemente perché volevo chiederti di fare attenzione- fu la risposta-Le persone disperate tendono a fare pazzie... e Thorin Durin non è un individuo ragionevole nemmeno in condizioni normali. Forse non è stata una brutta idea cercare il tuo aiuto. Se c'è qualcuno che può impedire a Thorin di commettere idiozie quello sei tu... anche se sarebbe come chiedergli di non respirare.

Bard aggrottò le sopracciglia. Dalla strada gli arrivavano, deboli ma chiare, i rumori di saracinesche che si aprivano, di macchine che uscivano dai garage, di persone che si recavano al lavoro.-Non mi era parso che tenessi in modo particolare a Thorin. Perché mi stai chiedendo questo?

Ci fu un lungo silenzio dall'altra parte, tanto che Bard pensò che l'altro avesse riattaccato.

-Io detesto Thorin Durin-disse infine Thranduil, cogliendolo di sorpresa, e il tono con cui pronunciò quelle parole non lasciava spazio a fraintendimenti: Bard dubitava di aver mai sentito tanta avversione e tanto disprezzo nella voce di una persona sola.-E' l'essere più odioso, arrogante, presuntuoso e irascibile che abbia mai avuto la sventura di incontrare, ma questo non significa che lo voglia sulla coscienza. Inoltre, anche se odierà sentirselo dire, so esattamente cosa sta provando. Ci sono passato anch'io, tempo fa.

Eh no, pensò Bard, il club dei vedovi proprio no. Ma la notizia lo sorprese. Per quel poco che aveva potuto vedere di lui, Thranduil non gli era sembrato un tipo portato all'altruismo ne alla comprensione.Serrò la mano sulla ringhiera del balcone.-Capisco.

-Ne sono lieto. Ora, potresti accertarti che mantenga la sua parola, e contatti veramente la polizia? Lo farei io, ma penso che si farebbe prendere da una crisi idrofoba, se lo contattassi in questo momento.

-Non ti fidi di lui?-Era più un'affermazione che una domanda.

-No,affatto.-rispose Thranduil, freddo.-E non dovresti farlo nemmeno tu.


 

Ore 18:41

I campanelli appesi al soffitto tintinnarono quando la porta si aprì, e Fili alzò lo sguardo, rischiando di morire d'infarto nel momento in cui gli occhi di Bard incrociarono i suoi. Per alcuni istanti rimasero a fissarsi, l'uno a disagio e l'altro d'un tratto consapevole di avere davanti il fidanzato della figlia.

-C'è Thorin?- Bard alla fine ruppe il silenzio, senza tuttavia abbandonare il suo sguardo inquisitore.

Fili batté le palpebre, sorpreso. -Thorin? Ehm, sì, è in laboratorio con Dwalin, credo... vado a chiamarlo.

Sparì rapidamente oltre una porta dietro il bancone e ne uscì dopo pochi minuti, sul volto un'espressione costernata.

-Mi ha detto... mi ha detto che non intende parlarti- disse, spiando ansiosamente il viso di Bard per coglierne le reazioni. -Parole testuali.

-Perfetto.-Con noncuranza, Bard incrociò le braccia e si appoggiò allo stipite della porta.-Digli che aspetterò, tanto non ho fretta. Ma gli devo parlare.

-Riferirò-replicò Fili, decisamente sconcertato, prima di eclissarsi nuovamente.

Dopo qualche istante, la porta dietro il bancone si aprì, e Thorin ne emerse, fulminando Bard con lo sguardo più gelido del suo repertorio.

-Che vuoi?- la domanda gli uscì quasi in un ringhio. Bard aveva sempre pensato di essere una persona difficile con cui avere a che fare...questo finché non aveva conosciuto Thorin Durin.

Sospirò profondamente, quindi si portò davanti al bancone lì rimase, guardandosi intorno come se cercasse le parole giuste da dire. Quando infine riportò lo sguardo su Thorin, sembrava incredibilmente stanco.

-Sono venuto per chiederti scusa- disse infine.

Thorin non batté ciglio.

-Non fraintendermi, pensavo davvero tutto quello che ho detto- aggiunse subito Bard- e sono davvero convinto che non avessi motivo di nascondermi una cosa del genere, ma ho sbagliato a dirtelo in quel modo. Non avrei dovuto aggredirti.- Tacque e prese un respiro profondo. -Mia moglie è morta di cancro dieci anni fa. Per cui, so come ci si sente e so anche che il primo periodo è quello peggiore. E io ho avuto il mio tempo per accettare l'idea, per affrontare la cosa. Tu no. Quindi, è perfettamente normale che tu non abbia ancora accettato quello che è successo, e non è stato corretto da parte mia parlarti come se volessi insegnarti qualcosa. Quindi...- Bard scosse la testa e guardò Thorin negli occhi. -Quindi niente, volevo chiederti scusa.

Per tutta la durata del discorso, Thorin era rimasto immobile, le braccia incrociate sul petto, senza togliere gli occhi di dosso a Bard. Alla fine, quando questi ebbe finito, replicò-Come torni a casa?

Bard inarcò un sopracciglio, sorpreso dall'improvviso cambio di argomento.-A piedi, suppongo. Sono senza camion, e non ho i soldi per il biglietto dell'autobus. Ma perché...

-Io finisco il turno tra dieci minuti. Se puoi aspettare, ti accompagno io.-Thorin gli voltò le spalle e si diresse nuovamente verso il laboratorio. Bard fissò la sua schiena, esterefatto.

- E' il tuo modo di dire “scuse accettate” o hai intenzione di strangolarmi quando saremo in macchina?

-Non tentarmi- fu la risposta ringhiata. Da dentro il Laboratorio, qualcuno rise.

-Oh, lascia perdere, questo è il massimo che otterai mai da lui-gli rispose Bilbo Baggins, anche se Bard non poteva sentirlo. Poi Bilbo tornò a fissare Thorin.-Non male-mormorò con un tono tra l'affettuoso e il soddisfatto.-Possiamo ancora lavorarci, ma non male.


 

Dieci minuti dopo, i due uomini erano in macchina, seduti l'uno accanto all'altro, e intenti a evitare di guardarsi. Bilbo invece era seduto alle loro spalle sul sedile del passeggero, passando alternativamente lo sguardo dall'uno all'altro. Il silenzio nell'abitacolo era quasi assordante, ma Thorin non sembrava intenzionato a fare nulla per riempirlo. Dal canto suo, Bard sembrava a disagio, ma evidentemente non aveva la più pallida idea di cosa dire.

Nell'esplorare l'interno dell'auto, i suoi occhi si soffermarono su un piccolo cartoncino a forma di albero che penzolava dallo specchietto retrovisore. Bard inarcò un sopracciglio, allungando una mano a sfiorarlo. -Non mi sembravi il tipo da profuma ambienti nella macchina- commentò in tono casuale.

-Non lo sono infatti- Thorin lanciò una breve occhiata nella sua direzione, e poi riportò lo sguardo sulla strada, ignorando l'espressione interrogativa sul volto di Bard. Per i successivi dieci minuti, il silenzio che li aveva avvolti sembrò ancora più pesante, prima che Thorin, inaspettatamente, lo rompesse per primo.

-È stata un'idea di Bilbo- disse.

Bard e Bilbo trasalirono praticamente all'unisono, e Bilbo fissò il suo uomo, senza riuscire a credere a quanto aveva appena sentito. Thorin guardava dritto davanti a sè, e Bilbo tese istintivamente la mano per spianare le rughe che gli si erano formate sulla fronte, prima di ricordarsi di essere incorpereo, e lasciar ricadere la mano lungo il fianco, con un sospiro frustrato.

-Continuava a dire che la mia macchina puzzava come una discarica a cielo aperto.-Thorin pronunciò queste parole in tono assente, continuando a guidare.-Così ha insistito per comprare uno di questi cosi. Ci abbiamo messo un pomeriggio intero per trovarne uno che gli piacesse.

-Esagerato, non sarà stata nemmeno un'ora!-soffiò Bilbo, e incrociò le braccia sul petto, sbuffando con vigore.

-Alla fine, ha optato per questo.-Una smorfia apparve sul viso di Thorin.-Non ho mai avuto il coraggio di dirgli che mi faceva schifo.

-Cos...? Brutto ipocrita!- Bilbo scosse la testa, ma poteva percepire un sorriso formarsi sulle sue labbra. Perché anche se in quel momento lo sguardo di Thorin era perso e distante, come se lui fosse stato mille miglia lontano, aveva di nuovo pronunciato il suo nome, e questo era più di quanto Bilbo avesse mai osato sperare.

Per un po', calò nuovamente il silenzio nella macchina.

-Cazzo!- esclamò Thorin di colpo.

Bard lo guardò, perplesso.-E' successo qualcosa?

-Devo dare una cosa a mia sorella prima delle otto, ma l'ho lasciata a casa. Adesso mi tocca tornare indietro.-Sbuffando, Thorin fece marcia indietro.

Bard scrollò le spalle e si appoggiò allo schienale del sedile.-Fa pure, io non fretta. Al massimo, chiederò a Sigrid di preparare la cena più tardi.

Poi si rizzò di colpo, e guardò Thorin come se un'idea improvvisa gli avesse appena attraversato la testa.-A proposito, tu sai niente di un versamento fatto sul mio conto in banca da un anonimo?

- Io? E perchè dovrei saperne qualcosa io?-replicò Thorin, genuinamente sorpreso.-Non ho l'abitudine di spargere i miei averi a destra e a manca.

-Chi?- sbuffò Bilbo, sarcastico-Quel tirchiaccio lurido? Ma se conta i centesimi in tasca perfino ai suoi fratelli!

Evidentemente anche Bard lo aveva intuito, perché rimase in silenzio.


 

La prima cosa che Bard notò nel momento in cui Thorin parcheggiò la macchina fu il giardino estremamente curato. Persino attraverso lo strato di erbacce che aveva iniziato ad insinuarsi insiodiosamente tra i cespugli accuratamente potati era facile distinguere il tocco di una mano amorevole e attenta che aveva guidato ogni singola pianta di quel giardino con cura e attenzione. Bard si guardò intorno, ammirato, mentre Thorin lo conduceva lungo il vialetto e poi gli apriva la porta rotonda-Bard non avrebbe mai creduto che una cosa del genere potesse esistere- e si faceva da parte per lasciarlo entrare, avendo cura di richiudersi la porta alle spalle.

L'interno lo sorprese non meno dell'esterno. Bard avanzò fino al centro del soggiorno con estrema cautela, come se temesse di rompere qualcosa, mentre osservava i mobili di noce accuratamente disposti, il camino apparentemente in disuso, le poltrone ricoperte di cuscini.

Guardandosi intorno, Bard pensò che, se anche non lo avesse saputo prima, avrebbe intuito in quel momento che quella casa Thorin la divideva con qualcun'altro- o almeno così era stato fino a poco tempo prima. D'accordo che non poteva dire di conoscere davvero Thorin, e che le persone fanno cose insospettabili nell'intimità (Bard sperava ardentemente che nessuno si fosse mai accorto che era lui ad alzarsi di notte per finire i biscotti della colazione), ma non ce lo vedeva a disporre i centrini sotto i vasi con quella cura maniacale. Tutto intorno a lui, dai mobili alle pareti, parlava di una persona ben diversa da quella che aveva di fronte.

-Bella casa-non poté trattenersi dal dire.

-Grazie-gli rispose immediatamente Bilbo, lusingato...prima di ricordarsi che Bard non lo poteva sentire. In certi casi, era proprio una seccatura, essere un fantasma.

Thorin non diede segno di aver udito, e subito si diresse verso una cassettiera poggiata contro il muro, cominciando a frugare nei cassetti con aria corrucciata. Bilbo vide gli occhi di Bard fissarsi sulle pareti, dove spiccavano i riquadri più chiari lasciati dalle cornici rimosse, ma l'uomo non fece commenti.

-Ma dove diavolo l'avrò...-imprecò Thorin, e poi si bloccò. Tastando nel cassetto, la sua mano aveva incontrato qualcosa, qualcosa che Bilbo non riuscì a vedere, dato che si trovava dietro alle spalle di Bard. Thorin si rizzò lentamente, il palmo chiuso intorno all'oggetto, e lo allungò a Bard senza nemmeno guardarlo.-Buttalo via.

Bard batté le palpebre, stupito, e allungò cautamente la mano verso quella di Thorin. A scivolargli sul palmo fu una scatolina nera di forma quadrata, non diversa da quelle che Bilbo aveva visto spesso in esposizione nelle vetrine del negozio. Lentamente, cautamente, Bard alzò il coperchio, e la sua espressione cambiò.

-Non penso tu lo voglia davvero- disse, alzando lo sguardo e tendendo la scatolina verso Thorin.

E a quel punto, anche Bilbo ne vide il contenuto: un anello, una piccola, scintillante vera d'oro, decorata all'interno da una serie di caratteri sinuosi che da quella distanza non riusciva a decifrare. Un sospetto lo agguantò alla gola, un orrendo, terribile sospetto, ma Bilbo si rifiutò di lasciare che gli invadesse la mente, perché non poteva essere vero, perché sarebbe stato troppo ingiusto se fosse stato vero...

-Thorin-mormorò, la voce sottile e spezzata.-Ti prego, Thorin, dimmi che non è quello che penso io.

-Non lo voglio. Non mi serve- ringhiò Thorin, e voltate le spalle a Bard, riprese a frugare ostentatamente nel cassetto. Dopo qualche istante, si fermò, le mani contratte a pugno, la schiena rigida, e anche se non poteva vederla, Bilbo immaginava esattamente che espressione avesse la sua faccia in quell'istante.

-Sei anni...-mormorò Thorin, e sembrò quasi che parlasse a sè stesso.-Sei anni che non riuscivo a decidermi, e quando finalmente ce l'ho fatta, me lo hanno portato via.

-Dovresti tenerlo-disse Bard, con gentilezza. Mosse un passo verso Thorin.-E' un bel ricordo.

Thorin latrò una breve, amara risata.-Di cosa? Non ho fatto in tempo a finirlo, che già era diventato inutile.-Si raddrizzò, e chiuse il cassetto con forza. Bilbo vedeva le lacrime che non poteva versare riflesse negli occhi del suo uomo.

Quando infine Thorin si voltò, le lacrime erano scomparse dal suo volto, ma non c'era modo di cancellare il dolore. Ma nello sguardo che alzò su Bard sembrava esserci qualcosa di diverso, come una disperata richiesta di aiuto.

-Hai detto di avere perso tua moglie- mormorò. Le parole sembrarono rotolare con difficoltà dalla sua lingua.

Bard esitò un istante, prima di rispondere. -Sì- disse infine.

Per qualche minuto, Thorin sembrò lottare contro se stesso, come se non riuscisse a formulare il pensiero che lo opprimeva, e quella che alla fine gli sfuggì dalle labbra fu un'unica, brevissima parola, che però diceva tutto.

-Passa?

La mano di Bard si chiuse intorno all'anello, i suoi occhi divennero remoti, lontani...e quando li riportò su Thorin, sembrò di colpo più vecchio, e stanco.- Sì-disse.-Ma ci vorrà tempo. Adesso non lo vedi, e non ti sembra possibile... e forse non passerà mai del tutto. Ma dopo un po'...-Sorrise, un piccolo sorriso di rassegnazione.-Dopo un po', la ferita smette di sanguinare. Smetti di pensarci ogni giorno, di scoppiare a piangere quando senti solo il suo nome. E passato un po' di tempo, riesci ad alzarti dal letto, e ad affrontare l'idea di vivere un nuovo giorno. Scopri che riesci a sorridere, e un giorno, senza nemmeno accorgertene, riderai. E dopo un po', di tutti i ricordi resta solo il bello, e tornandoli a guardare pensi che dopotutto ne è valsa la pena. -Sospirò, abbassando lo sguardo per nascondere le sue lacrime. -Non è facile. Non è veloce. E ci saranno sempre le notti in cui ti sveglierai soffrendo come se fosse il primo giorno, o in cui desidererai di spaccare tutto quello che hai sotto mano, e magari lo farai anche.

Rialzò gli occhi, e poi mosse un passo verso Thorin, appoggiandogli delicatamente la scatolina sul palmo.

-E' per questo che dovresti tenerlo. Per ricordare anche tutto il bello che c'è stato prima, e non solo il momento in cui Azog e Bolg hanno distrutto tutto.

Le dita di Thorin si chiusero attorno alla scatola. Non sembrava in grado di parlare.

-Oh, Thorin...-gemette Bilbo dal suo angolo, e poi scoprì di non sapere cosa dire. Perché che senso aveva parlare quando nessuno poteva sentirti, quando non si era altro che l'impronta di un amore inestinguibile e di una vita troncata a metà?

-E poi- sussurrò Bard gentilmente- ho scoperto che parlarne aiuta.

Thorin levò su di lui uno sguardo ardente di lacrime. -Parlare di cosa?- la sua voce era roca.

Bard scrollò le spalle. -Di quello che vuoi. Di come vi siete conosciuti, per esempio, o uno qualsiasi dei momenti migliori. Sono quelle le cose che continuano a vivere.

Bilbo deglutì. Fissò Thorin in ansia, aspettandosi di vederlo chiudersi nuovamente a riccio dietro il muro di gelo e negazione che aveva eretto tra sè e il mondo nei tre mesi precedenti.

E invece, Thorin parlò.

-Vuoi sapere come ci siamo conosciuti? E' stata la dimostrazione che la prima impressione è sempre sbagliata.-Estrasse l'anello dalla scatole e ne percorse il contorno con il pollice, lo sguardo perso.-Avevo bisogno di un segretario per il negozio... e il legale di famiglia mi mandò un suo amico in cerca di un lavoro.-Sbuffò.- Non penso di aver mai odiato tanto una persona a pelle in vita mia... a parte forse Thranduil, ma su di lui non ho cambiato opinione. Appena l'ho visto, l'ho giudicato la persona più inutile, inetta e piagnucolosa con cui avessi mai avuto a che fare.

-Ti farà piacere sapere che invece tu mi hai colpito al primo istante!- sibilò Bilbo, incrociando le braccia e sentendo un sorriso formarglisi suo malgrado sulle labbra.

Ricordava bene quel giorno, lo ricordava in ogni singolo particolare. E così, questo è il signor Baggins, aveva detto Thorin piantandoglisi davanti, rivolgendogli il suo famoso sguardo gelido e un sorriso sprezzante.

-E poi?- chiese Bard.

-Beh, non ho cambiato opinione per parecchio tempo, a dire il vero- ribatté Thorin con un sorrisetto sarcastico. -Volevo che se ne andasse, e gli ho reso la vita impossibile. Ma lui è rimasto. Fino al giorno in cui ha perso la pazienza e mi ha risposto per le rime.

A quel ricordo, lo stesso sorriso piegò le labbra dell'uomo e del fantasma.

-Non credo di essere mai stato così sconvolto- riprese Thorin- Quella fu la prima volta in cui mi resi conto che forse avevo sbagliato a giudicarlo dalla prima impressione. Così, ripartimmo da zero. Avevamo faticato a diventare amici, quindi ci volle un po' perché mi rendessi conto di provare per lui qualcosa di più. Ma non avrei mosso un passo, se un giorno mio cugino non fosse venuto da me e non mi avesse rivelato che era da quando mi aveva conosciuto che Bilbo mi “moriva dietro”.

-Dwalin ha fatto che COSA?!?- strillò Bilbo, e poi s'infilò le mani nei capelli, senza riuscire a credere a quello che aveva appena sentito.

Bene. Molto bene. Appena questa storia sarò finita, andrò a fare visita a Dwalin alle due di notte e non credo che gli verrà più in mente di andare in giro a spifferare particolari delle vite sentimentali altrui.

Bard represse un sorriso.- Che successe, allora?

-Puoi immaginarlo.-Thorin scrollò le spalle. -Riuscii finalmente ad invitarlo ad uscire... e ok, lo ammetto, approffittai un po' del mio vantaggio. In effetti mi chiedo come non avessi fatto a non accorgermene prima, era abbastanza evidente, a ripensarci.

-Non lo era affatto- replicò Bilbo con ogni grammo di dignità che possedeva.

Poi calò il silenzio, e per qualche istante Thorin rimase perso nei suoi ricordi, rigirandosi l'anello tra le dita... e quando riprese a parlare, sembrava quasi che si fosse scordato della presenza di Bard nella stanza.

-Nessuno che ci conoscesse avrebbe mai scommesso un soldo su di noi. Non avevamo niente in comune.Lui è... era una persona migliore di me, in tutti i sensi.-Strinse gli occhi, e deglutì. Bilbo avrebbe dato il mondo intero per coprire la distanza che li separava, e prendersi sulle spalle il dolore del suo amato.-Era più coraggioso, più forte, più intelligente. Ed era paziente, cosa che io non sono mai stato. A volte, però, perdeva le staffe, e allora litigavamo e ci rovesciavamo addosso tanto di quel veleno... ma alla fine, tornavo sempre da lui. Sempre. Non potevo farne a meno. E non c'è stata una volta, una sola, in questi sei anni, in cui l'abbia guardato senza chiedermi cosa ci trovasse in me, perché, perché mi amasse al punto di mettersi davanti a quella dannata pistola!

Perché sei tu, gli avrebbe risposto Bilbo, se quella domanda gli fosse stata posta quando ancora poteva rispondere. Perché sei coraggioso, e leale, e testardo, e prottetivo. Perché non ti fermi davanti a niente per proteggere coloro che ami, perché hai sempre messo gli altri davanti a te stesso. Perché mi amavi, e avevi bisogno di me, anche se non lo ammettevi mai.Perché dovevi sempre essere forte per gli altri, ma avevi bisogno di qualcuno che fosse forte per te.

Ma lui non poteva essere forte per Thorin, non è vero? Aveva promesso che lo avrebbe protetto da qualsiasi cosa, e invece adesso era lì, incapace di aiutarlo nel momento in cui ne aveva più bisogno, strappato a lui nel momento in cui finalmente aveva deciso di dire per sempre, e di dargli tutto quello che Bilbo aveva sempre chiesto. E non era stato il destino, non era stato un fato crudele a spezzare la sua vita nel momento in cui avrebbe potuto diventare perfetta, no, era stato lo stupido capriccio di un uomo che aveva preso tra le mani la sua esistenza e l'aveva stritolata come se non valesse niente!

La rabbia lo invase, calda e impetuosa e viva, e il pugno di Bilbo si chiuse e si abbatté su un vaso, quasi senza che lui se ne rendesse conto, mentre un grido di frustrazione fuoriusciva dalle sue labbra...

CRASH!

Tre paia di occhi si rivolsero di scatto verso il punto del pavimento dove si ammucchiavano i cocci di quello che poco prima era stato un vaso.

Bilbo ebbe l'impressione di essere appena diventato un blocco di ghiaccio.

Cosa diavolo...?

Non poteva essere vero. Eppure era successo. Aveva sentito contro le nocche la durezza della ceramica, e il vaso era caduto, e ora giaceva sul pavimento ridotto in mille pezzi.

Macchie nere gli appannarono la vista, un pallido riflesso di ciò che il suo corpo vivo aveva provato in stato di shock, e lentamente, molto lentamente, Bilbo si chinò, e tentò di afferrare uno dei cocci. Non ci riuscì. La sua mano si chiuse sul niente, e le dita scivolarono attraverso la ceramica, senza riuscire a fare presa.

Come diamine ci sono riuscito?

Alzò lo sguardo su Thorin e Bard. I due uomini sembravano altrettanto perplessi, anche se per motivi diversi dai suoi.

-Sei stato tu a far cadere quel vaso?- domandò Thorin.

-Io?- replicò Bard.-E come avrei fatto? Ero dall'altra parte della stanza!

Thorin fissò i cocci, perplesso, e poi scrollò le spalle.-Sarà stato un colpo di vento.

-La finestra era chiusa-gli fece notare Bard.

-Fa niente, tanto nemmeno mi piaceva quel vaso-tagliò corto Thorin, dirigendosi verso la posta. La scatola contenente l'anello gli scivolò dentro la tasca.

-C'è qualcosa scelto da me che ti piacesse?- mormorò Bilbo con un filo di voce, gli occhi ancora fissi sui cocci del vaso. Con la testa ancora leggera, seguì i due uomini fuori dal'ingresso, percependo un sottile filo di speranza ispessirsi dentro di lui.

Se ci sono riuscito una volta... allora forse...

-Buonasera, Thorin.

Bilbo alzò la testa, e vide Thorin fermarsi sulla porta e il suo sguardo registrare la figura alta e allampanata di un vecchio dai brillanti occhi azzurri fermo in mezzo al vialetto, con le mani indolentemente affondate in tasca. Bard si fermò a sua volta e lo fissò, sorpreso, mentre alle sue spalle Bilbo spalancava la bocca per lo stupore.

-Gandalf-sibilò Thorin.

-E' un po' che non ci si vede, Thorin Durin-replicò questo con disinvoltura, avanzando verso i due uomini. Quando fu a pochi passi da loro, il suo viso gioviale divenne di colpo serio.-Ho saputo di Bilbo. Le mie condoglianze. Mi dispiace di non essere stato presente, al funerale.

Thorin bersagliò il vecchio con lo sguardo più omicida del suo repertorio, ma alle sue spalle, Bilbo aveva voglia di ridere, di cantare, di fiondarsi giù per il vialetto e stringere quel dannato seccatore fino a fargli scricchiolare le costole. L'ultima volta che lui e Gandalf si erano parlati, era stato prima che lui morisse, e gli era mancato, oh, quanto gli era mancato.

-Che ci fai qui?-domandò Thorin senza mezzi termini.

-C'erano alcuni documenti importanti che io e Bilbo stavamo esaminando prima della sua dipartita. Vorrei finire di dargli un'occhiata, se non ti dispiace.-Gandalf sembrò ignorare volutamente il modo in cui le mani di Thorin si chiusero a pugno, facendo sbiancare le nocche, a quelle parole. -Non hai sentito il messaggio che ti ho lasciato sulla segreteria telefonica?

-Non ascolto la segreteria telefonica- borbottò Thorin.

-Pessima abitudine. Si perdono un sacco di notizie interessanti- Gandalf inarcò un sopracciglio. -Ad ogni modo, torno in un altro momento?

-Posso sapere come pensi di entrare?

Il sopracciglio di Gandalf salì ancora più in alto, e poi il vecchio estrasse un mazzo di chiavi dalla tasca e lo tenne sollevato davanti al volto, con uno scintillio divertito negli occhi. -Con queste- sollevò anche l'altro sopracciglio- Ma naturalmente, non entrerei mai senza il tuo permesso.

Thorin fissava il mazzo di chiavi come se sperasse di incenerirlo con lo sguardo. -Fingiamo che io ti creda- mormorò, sarcastico, prima di voltarsi verso Bard. -Andiamo, qui abbiamo finito.

-Quindi, ho il tuo permesso per entrare?- chiese innocentemente Gandalf.

-Per quel che vale- bofonchiò Thorin, superandolo. Bard lo seguì a ruota, rivolgendo al vecchio un perplesso cenno di saluto.

-Chi era quello?- domandò, accingendosi ad entrare in macchina.

-Il legale di famiglia-replicò Thorin, acido, e poi sbuffò.- Ogni volta che ci parlo, ho la costante sensazione di essere manipolato. In qualche modo, finisce sempre che faccio come vuole lui, anche se ero partito con l'idea contraria, e non so nemmeno come ci sono arrivato.

Bilbo si mosse automaticamente per seguirlo...e poi si fermò. Aveva seguito Thorin senza interruzione per quasi tre mesi, ma adesso Gandalf era là a pochi passi, e Bilbo non poteva negare il desiderio che provava di vedere come quel vecchio seccatore avesse preso la notizia della sua “dipartita”.

Perciò rimase immobile, ad osservare l'auto che si allontava, e poi si volse per rientrare in casa. Gandalf l'aveva già preceduto, e Bilbo si fermò alle sue spalle, fissando con affetto i capelli bianchi e lucidi e la schiena ancora dritta nonostante l'età.

-E' davvero scortese da parte tua non salutarmi dopo tre mesi che non ci vediamo, non trovi, Bilbo?

Se gli avesse dato un pugno nello stomaco, Bilbo Baggins non avrebbe potuto essere più sorpreso. Indietreggiò, sentendo le gambe liquefarsi sotto il peso del suo stupore, e poco mancò che cadesse a terra, la bocca che si apriva e chiudeva, emettendo suoni inconsulti.

-Tu mi vedi...-fu tutto quello che riuscì a dire, quando le prime, rantolanti sillabe riuscirono a farsi strada nella sua gola bloccata.- Santo cielo, tu mi vedi!

-O quello, oppure sono appena sprofondato nell'oscuro baratro della demenza senile-rispose Gandalf, perfettamente calmo, e poi si voltò a guardarlo. I suoi penetranti occhi azzurri scrutarono Bilbo come avevano fatto tante volte, quand'era in vita. Bilbo aveva quasi dimenticato cosa significasse guardare qualcuno e sapere di essere visto.

-Come...

-Un passo alla volta, Bilbo, ti dispiace? Prima rimetto a posto questo disastro.-Con un sospiro, Gandalf si tolse la giacca dalle spalle, e la poggiò sul bracciolo del divano.-Dove si trovano paletta e secchiello?

-Nel vano sotto il lavandino, a meno che Thorin non le abbia spostate-rispose Bilbo, quasi in automatico. Il suo sguardo allucinato seguì Gandalf che si dirigeva in cucina e poi tornava in soggiorno e s'inginocchiava, il tutto fischiettando tranquillamente.

Dopo aver raccolto i cocci, Gandalf si mise in piedi e si stirò con un mugolio soddisfatto, prima di voltarsi verso Bilbo con sguardo divertito. -Ho come l'impressione che io e te abbiamo molte cose di cui parlare, mio caro amico. Nel frattempo, posso offrirmi una tazza di the?

-Come se fossi a casa tua- sussurrò Bilbo, completamente disorientato.


 

-Mi è dispiaciuto davvero non poterci essere, al tuo funerale- Gandalf mischiò il te, facendo tintinnare il metallo contro la ceramica della tazzina.-La tua morte...è stata un brutto colpo per me, Bilbo.

-Lo immagino-replicò Bilbo. Era seduto sulla sua poltrona preferita, mentre Gandalf aveva preso possesso del divano.

Dopo qualche istante, Bilbo alzò lo sguardo.-Perché riesci a vedermi?- domandò senza preamboli.

-Ah, questa è una storia buffa-Gandalf mandò giù un lungo sorso di the, prima di rispondere-Circa dieci anni fa, andai in settimana bianca con un mio vecchio amico e stimato collega, l'avvocato Saruman. Avemmo una discussione piuttosto accesa su un certo processo che Saruman stava seguendo... e quando osai insinuare che Saruman avesse falsificato le prove per ottenere l'assoluzione del suo cliente, dietro una lauta ricompensa, il mio...amico-a questa parola, la bocca del vecchio si storse in una smorfia- pensò bene di buttarmi giù dalla cima di un dirupo, mentre stavamo sciando insieme, e di farlo passare per un incidente.

-Non ne sapevo nulla...-mormorò Bilbo, scioccato.

Gandalf scrollò le spalle.-Non morii-riprese.-Ma finii in coma per diversi mesi, durante i quali ebbi quella che si può definire un'interessante esperienza di pre-morte. Quando alla fine mi risvegliai, contro ogni previsione dei medici, avevo sviluppato la capacità di vedere i fantasmi.

-Tu vedi i fantastmi?- ripeté Bilbo, assolutamente stupito.

Gandalf scosse la testa. -Sarebbe più corretto dire che li percepisco. La maggior parte delle volte non sono che voci nella mia testa e ombre percepibili con la coda dell'occhio, ma in generale riesco a capire se un individuo è vivo o no. Tu sei il primo che riesco a vedere con tanta chiarezza, Bilbo, e credo che questo dipenda dal profondo legame che abbiamo condiviso in vita.

Bevve un lungo sorso di the, mentre Bilbo assimilava queste informazioni in silenzio.

-Per cui, vedi- disse Gandal quando ebbe finito- col passare degli anni ho acquisito una certa esperienza in merito. È anche per questo che sono piuttosto sorpreso di vederti qui.

Bilbo inarcò un sopracciglio. -In che senso?

Gandalf si appoggiò allo schienale del divano, sul volto un'espressione pensierosa. -Conoscendoti, ero convinto saresti andato “avanti”.

Bilbo scosse la testa, confuso.-Avanti...dove?

-Quella di fantasma è una condizione innaturale-spiegò Gandalf-E' tipica di persone che hanno lasciato nella loro vita qualcosa di sospeso, o che non riescono ad accettare l'idea di essere morte. Una volte che l'anima ha lasciato il corpo, di solito, ci si dirige verso ciò che viene dopo la vita...che non ho idea di cosa sia, ad essere sinceri.

Bilbo rimase in silenzio. E così, c'era un avanti dove andare, un posto che la sua anima avrebbe raggiunto, se non fosse stata ancorata alla terra dall'amore per Thorin e dal desiderio di proteggerlo. Non sapeva se la cosa lo facesse sentire meglio o peggio.

-Se pensavi che sarei andato avanti, allora come mai ti trovi qui?-chiese infine.-Perché tu sapevi che mi avresti trovato, dico bene?

Gli occhi di Gandalf scintillarono. -Ah, Bilbo, quanto mi sei mancato- bevve l'ultimo sorso di the e accavvallò le gambe. -Comunque sì, sapevo che ti avrei trovato.

Bilbo aggrottò la fronte. -Allora come facevi a saperlo?

Gandalf distolse lo sguardo, e per un attimo sembrò troppo intento a scegliere un biscotto dal vassoio posato sul tavolo lì di fronte. Quando infine ne ebbe selezionato uno, se lo portò alla bocca e lo masticò a lungo prima di rispondere:- Circa una settiman fa, ho ricevuto un'interessante telefonata da parte di un mio vecchio amico, il quale mi ha raccontato quello sembrava a tutti gli effetti un incontro con l'aldilà. A sentir lui, un fantasma era venuto a fargli visita per chiedergli aiuto per salvare il suo fidanzato.

Ci volle qualche istante perché il cervello di Bilbo connettese tutte le informazioni. -Aspetta... tu conosci Radagast?

-Oh, altroché- ribatté Gandalf.-Sono anni che trascorriamo i sabato sera vagando per malfamati pub irlandesi...tocca sempre a me offrire, tra parentesi. Ad ogni modo, non ero molto incline a credergli, data la sua propensione per il consumo di erbe allucinogene, ma poi lui ha fatto il nome del fantasma, e dell'uomo che gli aveva chiesto di avvertire, e non ho più potuto dubitare.-Gli occhi di Gandalf scintillarono, nel posarsi sulla figura evanescente di Bilbo.-A quel punto, sono tornato a cercarti. Non è stato difficile.Sapevo che sarebbe bastato girare nelle vicinanze di Thorin per trovarti.

Bilbo si piegò in avanti, e si afferrò la testa tra le mani. Aveva l'impressione che gli potesse scoppiare, per tutto quello che gli era stato detto.

-Bilbo-la voce di Gandalf lo indusse ad alzare di nuovo lo sguardo.-Bilbo, perché sei ancora qui?

E a quel punto fu troppo. Bilbo si ritrovò a parlare, prima ancora di aver capito come, e raccontò tutto: Sméagol, Bolg, le loro minacce, Bard e Thranduil, e il dolore di Thorin e la sua sete di vendetta, e il pericolo che gli incombeva sul capo e che lui non sapeva come fermare.

Quando ebbe finito, il volto di Gandalf aveva assunto un'espressione grave.-Immaginavo che sarebbe successo qualcosa del genere.- Schioccò le labbra.-E adesso, dimmi, cos'hai intenzione di fare?

Bilbo lo fissò, estereffatto.- Cos'ho intenzione di fare?- Si alzò, e fronteggiò Gandalf, sentendo la rabbia tornare a pulsargli nelle tempie.-Cos'ho intenzione di fare?- La voce gli diventò di colpo più acuta, quasi stridula.-Non c'è niente che possa fare, Gandalf! Io sono morto, ricordi? Morto! Non posso respirare, non posso piangere, se parlo nessuno mi sente, e nessuno mi vede, non posso fare niente!- Cominciò ad agitare la mano dentro e fuori la spalle di Gandalf.-Non riesco nemmeno a toccare le cose, vedi? Ci passo attraverso!

-Potresti smetterla, per cortesia? E' una sensazione piuttosto sgradevole-replicò Gandalf, tirandosi bruscamente indietro.

Bilbo ritirò la mano, il respiro pesante, e alzò lo sguardo verso il soffitto, cercando di recuperare il controllo. -Scusa- mormorò. -È solo che... lui rischia la vita, Gandalf! E non c'è niente che io possa fare... niente!

-Niente?- replicò Gandalf tranquillamente. -Ma hai appena rotto un vaso, o mi sbaglio?

L'altro riportò bruscamente il suo sguardo su di lui. -Che vuoi dire?

Il sorriso apparso sul volto di Gandal era lo stesso che il vecchio esibiva dopo aver appena vinto una partita a poker. -Hai mai sentito parlare di poltergeist, Bilbo?

Bilbo corrugò la fronte. -Sì, ma che...

-I fantasmi possono toccare le cose, Bilbo. L'ho visto succedere. E credo sia proprio quello che ti serve in questo momento.

-Aspetta un attimo-lo interruppe Bilbo bruscamente.-Stai dicendo che dovrei trovarmi un fantasma che sappia muovere gli oggetti... e farmi insegnare da lui?

-Sì.

-Come?-replicò Bilbo, disperato.

-Lo so io, come. Ho già qualcuno in mente.-Gandalf si alzò dal divano e raccolse la giacca.- Fidati di me, Bilbo, lo troverò. Mi serve solo un po' di tempo.

-Il tempo- replicò Bilbo, cupo-è l'unica cosa che non ho.


 

Saitou: Io te lo dico, Catcher: avremo qualcuno sulla coscienza prima che questa storia sia finita.

Ehm, ok. I capitoli si stanno decisamente allungando... e perdipiù, questo è praticamente solo dialoghi, ma dati gli importanti risvolti della trama credo possiate perdonarcelo.

Allora, Thorin è finalmente riuscito a sbloccarsi e parlare di Bilbo! Meglio tardi che mai...ma non illudetevi, la situazione è tutt'altro che risolta.

Immagino che vi aspettaste tutte una ricomparsa di Radagast...ma credo capirete perché è apparso il nostro adorato Gandalf*^*.

E niente, dato l'infausto orario di pubblicazione, ci riserviamo di rispondere in un secondo momento alle recensioni dello scorso capitolo...sappiate solo che il vostro sostegno ci scalda il cuore, ragazze!

Saitou Catcher


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9-7 luglio ***


 

Capitolo 9

7 luglio, ore 09:15

Thorin era uscito presto, quella mattina, in seguito a una telefonata di sua sorella, per un impegno che probabilmente gli avrebbe portato via tutta la giornata, ma Bilbo rimase, in attesa che Gandalf gli comunicasse l'esito della sua missione. Dopo un'attesa che parve infinita, Bilbo udì il rumore di una macchina che si fermava davanti al cancello, poi quello delle chiavi che giravano nella toppa, e infine la porta si aprì, rivelando l'alta figura allampanata di Gandalf.

-L'ho trovato, Bilbo-disse quest'ultimo, gli occhi azzurri scintillanti di soddisfazione.

-Davvero?- Bilbo si alzò dalla poltrona, avvertendo lo stomaco saltellare per l'eccitazione. -Di chi si tratta?

-Se te lo dicessi, dove starebbe il divertimento?- Gandalf si abbandonò sul divano e prese un lungo sorso d'acqua dal bicchiere che aveva raccolto in cucina. -Non è stato facile- disse con una smorfia- Ho dovuto svegliare il povero Radagast alle tre di notte per compiere quella che è stata, a tutti gli effetti, una violazione di domicilio.

-Gandalf!- sbottò Bilbo, scioccato.

-Ma era tutto a fin di bene, Bilbo caro. Ma penso che adesso sia il momento che tu ringrazil il nostro amico- volgendosi verso la porta, Gandalf gridò- Puoi venire, Radagast, ti assicuro che non c'è nessuno!

Bilbo alzò lo sguardo, sorpreso, e la figura familiare di Radagast fece il suo ingresso, avanzando con cautela nel soggiorno. Il chiromante si guardò intorno, preoccupato, e poi riportò lo sguardo sul fantasma, in piedi di fronte a lui con un caloroso sorriso.

-È bello rivederti, Radagast- lo salutò Bilbo, e non scherzava. Era così bello, dopo quasi tre mesi, parlare con due persone e sapere di essere visto. -Mi dispiace ancora per quello che è successo- aggiunse.

-Tranquillo, è acqua passata- Radagast agitò una mano al suo indirizzo. -Solo... mi garantisci che questa volta nessuno tenterà di strangolarmi?

-Sei tra amici qui, Radagast- Gandalf gli batté una pacca rassicurante sulla spalla.-Anche se in effetti è stato molto scortese da parte tua gettarlo in pasto a Thorin senza preavviso.

-Ero disperato-replicò Bilbo sulla difensiva.

-Beh, quel che è stato è stato. Esauriti i necessari convenevoli, che ne direste di cominciare ad avviarci? Bilbo potrà avere a disposizione tutta la giornata, ma si da il caso che io abbia del lavoro da sbrigare.

 

Durante il tragitto in macchina, Bilbo quasi non parlò, limitandosi a ascoltare Gandalf e Radagast che chiaccheravano, sentendo l'agitazione nel suo stomaco farsi sempre più pressante ed oppressiva. Alla fine, quando non ce la fece più, chiese:-Dove stiamo andando?

-Te l'ho detto, Bilbo, non voglio rovinarti la sorpresa. Tanto siamo quasi arrivati.

Bilbo sbuffò sonoramente, per fa sentire tutta la propria disapprovazione.-A proposito di lavoro...quella dei documenti era solo una scusa per convincere Thorin a farti entrare?

-No,solo una sgradevole incombenza che rimanderò fino a quando non sarà più evitabile-ribatté Gandalf, lanciandogli un lungo sguardo penetrante dallo specchietto retrovisore.-Tu eri un'ottima persona, signor Baggins, ed un carissimo amico, ma eri anche l'incubo di qualunque legale. C'è un tale caos tra le tue carte che temo non riuscirò a districarmene prima della prossima decade.

-Non c'è nessun caos tra le mie carte!-ritorse Bilbo, indignato.-Io so perfettamente dove sta cosa!

-Allora ti dispiacerebbe spiegarlo anche a me,quando questa storia sarà finita? Così potrò impiegare le mie giornate in modo più proficuo.

Bilbo emise uno sbuffo di disapprovazione e si lasciò andare contro il sedile. -Almeno vuoi raccontarmi come lo hai trovato?

Vide il riflesso di Gandalf aggrottare le sopracciglia. -Devo ammettere che, quando sono andato a cercare un fantasma che potesse aiutarti, non ho trovato quello che pensavo. Evidentemente, il defunto su cui avevo fatto affidamento era passato oltre, ma al suo posto ho trovato un'altro fantasma... una svolta inaspettata, ma non sgradita. Non è stato facile convincerlo ad uscire allo scoperto. C'è voluto tutto il talento di Radagast e la mia capacità di persuasione, ma, una volta che siamo riusciti ad avvicinarlo si è dimostrato subito disponibile a darti una mano.

-Ah, beh-disse Bilbo, colpito-questa è una buona notizia.

-Lo è davvero. Ecco, siamo arrivati.

Gandalf parcheggiò, accostando la macchina al marciapiede, e poi spense il veicolo, aprendo la portiera per scendere. Nel momento in cui fece il giro della macchina per fare lo stesso dal lato di Bilbo, quest'ultimo alzò lo sguardo, e quasi gli cadde la mascella, quando vide dove si trovavano.

-Ma, Gandalf...questa è casa di Dìs!

-Sì, non abbiamo molto tempo-rispose il vecchio. Si avviò immediatamente verso il portone con Radagast, e Bilbo venne loro dietro, troppo scioccato per riuscire a parlare.

Con la mascella ancora penzoloni, seguì l'avvocato e il chiromante oltre il portone, sulle scale, e infine di fronte a quella porta per lui tanto familiare. Per un istante si chiese come avrebbero fatto ad entrare, ma prima che potesse porsi seriamente la domanda, Gandalf estrasse dalla tasca un mazzo di chiavi e le infilò nella toppa.

-Gandalf?- disse, mentre il vecchio apriva la porta- Dìs lo sa che hai una copia delle sue chiavi di casa?

-Quello che Dìs non sa non può farle male, non trovi?- Gandalf aprì la porta e Bilbo entrò nell'appartamento, aspettando di sentire la familare ondata di ricordi sommergerlo e soffocarlo. Ma questa volta, tutto quello che avvertì fu il bruciante desiderio di chiudere quella storia una volta per tutte.

-Ora che ci penso- disse, voltandosi verso Gandalf- come ma tu hai anche le mie chiavi di casa?

-Ne ho una copia da che Belladonna Tuc mi nominò per la prima volta suo legale-replicò Gandalf con nonchalance. Poi i suoi occhi azzurri si strinsero a fessura, perlustrando l'ambiente attorno, e quando Bilbo capì cosa stava cercando, sentì contrarsi lo stomaco.Poi Gandalf lo guardò.

-Lui è qui-disse solo.

Per la prima si sarebbe trovato faccia a faccia con un suo simile, e non aveva idea di che cosa aspettarsi.L'ansia lo assalì.

-Mi stai dicendo che ho perso il primato di fantasma di famiglia?- chiese, in un debole tentativo di fare dell'umorismo.

-Non l'hai mai avuto.

Bilbo trasalì, e si voltò.

Un uomo ricambiò il suo sguardo, appoggiato alla parete, le braccia incrociate sul petto, sul volto un'espressione tra il curioso e il beffardo, e senza sapere come, Bilbo seppe,sentì, che colui che aveva di fronte era morto da molto tempo. L'uomo si staccò lentamente dalla parete e si avvicinò , dandogli così agio di osservarlo. Era di media statura, più alto di Bilbo, ma meno di Thorin e Frerin, e robusto. La linea netta della mascella dava un che di deciso al suo volto gioviale, e ciuffi di capelli biondo scuro gli ricadevano sulla fronte ampia. Indossava un'uniforme militare, ma non fu quel dettaglio a colpire Bilbo. Furono gli occhi, occhi scuri e brillanti, occhi da ragazzo,e la netta sensazione di aver già visto quel volto e quegli occhi.

L'altro fantasma lo fissò per qualche lungo istante, e poi piegò leggermente la testa, sollevando un sopracciglio. -Tu devi essere Bilbo Baggins- fu la prima cosa che disse. Poi sorrise, un sorriso leggermente sghembo, carico di fanciullesca ironia, e Bilbo fu sicuro di averlo già visto da qualche parte, anche se non riusciva a ricordare dove.- È un piacere poter fare finalmente la tua conoscenza.

-Ah. Ehm... salve- Bilbo scosse la testa. -Non vorrei sembrare scortese, ma... ci conosciamo?

Il fantasma scrollò le spalle. -Sì e no. Diciamo che io ti conosco, e tu hai sicuramente sentito parlare di me, ma in vita non ci siamo mai incontrati.

Bilbo aggrottò le sopracciglia, perplesso, e l'uomo mosse il capo per indicare qualcosa alle sue spalle. Bilbo si voltò... e rischiò di cadere, nel momento in cui lo sguardo del fantasma dietro di lui ricambiò la sua occhiata dall'interno di una cornice d'argento posta sul comodino, accanto ad una raggiante Dìs in abito da sposa.

Bilbo spalancò la bocca, e poi si voltò di scatto. -Tu sei Vili- esalò- Il marito di Dìs, il padre di Fili e Kili!

Vili sogghignò, e di nuovo, davanti agli occhi questa volta consapevoli di Bilbo, il sorriso di Kili danzò sul volto di Fili. -Al tuo servizio, Signor Baggins- s'inchinò leggermente, e quando si rialzò, Bilbo ebbe modo di osservarlo più attentamente. Ora che sapeva la verità, era fin troppo facile vedere Kili negli occhi scuri e nel sorriso beffardo di chi sta per combinarti qualche tiro mancino, ma, se si eccettuavano questi dettagli, Fili si rivelava una copia ringiovanita del padre.

-Noi vi lasciamo, Bilbo-giunse la voce di Gandalf alle sue spalle. Si voltò e lo vide sulla soglia con Radagast. Si sentì travolgere da un'improvvisa ondata d'affetto per quel vecchio, impagabile seccatore, e lo scalcagnato chiromante che per primo l'aveva aiutato.

-Grazie-disse a entrambi.-Per tutto.

Gandalf annuì, lo sguardo carico d'affetto. -Avrete a disposizione la casa per praticamente tutto il giorno. Proprio ieri sera ho convinto Dìs della sua impellente necessità di un armadio nuovo, e le ho anche detto che a Thorin avrebbe fatto bene passare una giornata con i suoi fratelli. Quindi avrete tutto il tempo di esercitarvi come si deve.

Sia Bilbo che Vili annuirono. Gandalf sorrise ad entrambi. -Buona fortuna, allora- quindi oltrepassò la porta.

Sulla soglia, Radagast si voltò. -Buona fortuna, Bilbo.

-Grazie, Radagast.

Il chiromante gli rivolse un brusco cenno d'assenso, e poi, dopo che la porta si fu chiusa alle sue spalle, i due fantasmi furono soli.

-Molto bene- disse Vili, quando Bilbo si fu di nuovo girato verso di lui. -Direi che possiamo incominciare.

-Direi di sì- rispose Bilbo- Toglimi una curiosità, prima: come mai non ti ho mai incontrato in questi tre mesi?

Vili scrollò le spalle.-Per un motivo molto semplice: tu stai sempre insieme a Thorin, suppongo, e io sto sempre insieme a Dìs. E da che sei morto, Thorin ha evitato praticamente tutta la sua famiglia.-Bilbo non poté fare a meno di notare l'inflessione di rimprovero nella voce di Vili.

-Comunque sia-disse l'altro uomo, portandosi di fronte a lui-Gandalf mi ha detto che ti serve aiuto.

-Sì-disse Bilbo. -Quindi tu sei in grado di muovere gli oggetti?

Vili sorrise, quindi con assoluta noncuranza si chinò e raccolse un portachiavi posato sulla poltrona, rigirandolo indolentemente tra le dita. Bilbo lo fissò, scioccato dalla naturalezza del gesto.-Quanto ci hai messo ad imparare?

-Quattro o cinque anni, più o meno.

-Anni?-Bilbo sentì la gola seccarsi. Era difficile non farsi prendere dallo sconforto, a quel punto.-E se ti dicessi che io ho soltanto un giorno?

-Allora imparerai in un giorno.-Vili lanciò in aria il portachiavi, e poi lo riprese al volo, lanciando a Bilbo uno sguardo beffardo.-Ci sono persone che imparano meglio, sotto stress. Forse tu sei una di quelle.

Aggirò Bilbo per andare a sedersi sul divano, e quest'ultimo rimase sconvolto, nel momento in cui lo vide piegarsi leggermente sotto il suo peso. -Allora. Prima di passare alla parte pratica, lasciami chiarire un concetto: tu sei morto.

-Grazie tante, non ci ero arrivato- ribatté Bilbo, secco.

Vili ridacchiò. -Quello che sto cercando di dirti, è che ogni dettaglio della situazione in cui ci troviamo è frutto di una pura illusione. Tanto per fare un esempio, tu credi veramente di essere in piedi su questo pavimento?

-Beh, sì...-replicò Bilbo, abbastanza sconcertato.

-Sbagliato-rispose immediatamente Vili.-Tu non sei in piedi su questo pavimento, io non sono seduto su questo divano, e non indossiamo realmente questi vestiti. Non abbiamo più un corpo su cui fare affidamento, e quindi dobbiamo affidarci alla mente. Per cui, se vuoi imparare a muovere gli oggetti, è con la mente che devi farlo.

-Ma come?

-Hai mai mosso qualcosa prima d'ora?-chiese Vili.

-Ieri sera ho rotto un vaso-rispose Bilbo, esitante.

-E quando è successo, cos'hai provato?

Bilbo si prese qualche istante per rievocare il momento.-Dolore. Rabbia. Frustrazione.

-Bene-disse Vili-La rabbia è un aiuto per queste situazioni. Quelli che devi fare è raccogliere tutte le tue emozioni, e concentrarle qui, in fondo allo stomaco- dicendo questo, serrò il pugno e lo portò all'altezza del ventre- Devi lasciare che ti dominino completamente, fino a diventare quasi una cosa concreta, e a quel punto, bam!, lasciarle andare- la sua mano si aprì improvvisamente. Raccolse il portachiavi e lo gettò ai piedi di Bilbo. -Forza, raccoglilo.

Bilbo gli lanciò uno sguardo dubbioso e si accovacciò lentamente. Esitante, allungò una mano verso il portachiavi e chiuse gli occhi, chiamando a raccolta tutta la rabbia, e il dolore e la frustrazione, tutto il miscuglio di emozioni che aveva sperimentato solo il giorno prima. Con decisione, serrò le dita attraverso le chiavi... e strinse il vuoto.

Riprovò un altro paio di volte, sentendo montare la frustrazione ad ogni tentativo fallito.

-Niente da fare- ringhiò, alzando lo sguardo- Non ci riesco.

Vili appoggiò i gomiti sulle ginocchia e gli rivolse un sorriso d'incoraggiamento. -Hai solo bisogno di un po' di esercizio. E noi abbiamo tutto il tempo che ci serve.- Improvvisamente, fece una smorfia e accennò col mento al portachiavi. -Ricordamioci di metterlo a posto, dopo. Dìs si irrita mortalmente quando le spostano le cose.

 

Ore 16:34

-Ce l'ho fatta!

Bilbo si alzò in piedi, un sorriso trionfante sul volto... e subito il portachiavi gli scivolò nuovamente di mano, andando a cadere con un sonoro tintinnio sulle mattonelle.

-Maledizione!-urlò Bilbo esasperato.

Vili rise. Lo faceva spesso, notò Bilbo, e la sua era una bella risata. Si chiese perché in famiglia gli avessero parlato così poco di lui.-Non abbatterti, nessuno va bene al primo tentativo.

Bilbo si chinò nuovamente, i denti serrati in un ghigno carico di determinazione e minaccia, e tese nuovamente la mano verso il portachiavi. Chiamò nuovamente a raccolta le proprio emozioni, le sentì ammassarsi in un groppo infuocato tra stomaco e polmoni...e poi la sua mano si chiuse sulla consistenza fredda del metallo.

Bilbo si alzò senza dire niente, le mani ben strette intorno all'oggetto, e un sorriso trionfante che gli si andava allargando irresistibilmente sulle labbra. Toccare le cose da fantasma era diverso da com'era stato toccarle quand'era vivo; era come se la sua mano ricordasse l'atto dell'afferrare e stringere oggetti, più che compierlo realmente.

-Ce l'ho fatta-ripeté, questa volta quasi a sè stesso.

Vili si alzò dal divano, e il sorriso sulle sue labbra era di ammirazione.-Niente male come risultato di un giorno di lavoro.

-E adesso?-domandò Bilbo. Gli sembrava impossibile che finisse lì.

-E adesso fai pratica- Vili si alzò e si portò dietro lo schienale del divano- lancia!

Con incredibile disinvoltura, Bilbo gli passò il portachiavi e l'altro fantasma lo afferrò al volo, rilanciandoglielo con altrettanta prontezza. Questa volta, Bilbo, non riuscì ad afferrarlo al volo.

-Bella presa- ghignò Vili.

-Mai stato bravo nelle faccende sportive- ribatté Bilbo, con tutta la dignità che possedeva- E comunque, tu hai avuto anni per imparare, quindi piantala di sfottere.

-Thorin aveva ragione quando diceva che non sai stare agli scherzi.

-Thorin dice un sacco di cose, e la maggior parte serve solo a riempirgli la bocca.

Scoppiarono a ridere insieme, non per la prima volta in quel pomeriggio. Da tutta la figura di Vili emanava un calore e un entusiasmo che risultavano stranamente confortanti dopo tutte le pressioni emotive a cui Bilbo era stato sottoposto negli ultimi mesi. Il cognato di Thorin non aveva solo il sorriso facile e la battuta pronta,ma era anche l'insegnante perfetto, paziente, comprensivo, incoraggiante. Più lo conosceva, più Bilbo non faticava ad accostare, nella sua mente, il carattere riservato, determinato e a tratti scontroso di Dìs con quello aperto e solare del marito.

-Beh, direi che possiamo anche prenderci una pausa, non trovi?-disse Vili, afferrando al volo il portachiavi e si sedette sul divano, invitando Bilbo accanto a sè con un cenno.Bilbo lo imitò, e una scarica di soddisfazione lo attraversò nel momento in cui vide la lieve depressione causata dal suo peso.

Adesso ho un modo per salvare Thorin. Adesso, ho un modo per fare la differenza.

-Mi è venuta in mente una cosa- disse improvvisamente. -Poco prima di entrare, Gandalf ha detto che, quando si è introdotto in casa di Dìs, in realtà si aspettava di trovare qualcun altro. Quindi c'era un altro fantasma qui?

-Oh-disse Vili, cupo.-Quello.

-Quello chi?

Vili gli lanciò un'occhiata indagatrice.-Immagino che Thorin ti abbia parlato di Thror.

Ci volle qualche secondo, perché Bilbo afferrasse appieno il significato di quelle parole.- Aspetta...mi stai dicendo che il nonno di Thorin è un fantasma?

-Era- precisò Vili.-E' passato oltre circa due anni fa, se ben ricordo. Non capitava spesso da queste parti...preferiva starsene nel luogo dov'era morto. Mi sono sempre chiesto se non si fosse accorto della mia presenza o se mi stesse ignorando volutamente.

Bilbo inarcò le sopracciglia.-Come avrebbe fatto a non accorgersene?

C'era un che di macabro nel sorriso che piegò le labbra di Vili.-Non tutti i fantasmi sono come me e te. Ce ne sono alcuni...rabbiosi, tormentati, talmente presi dal loro dolore da non rendersi conto di ciò che hanno intorno. Quelli che sono stati trattenuti sulla terra dal senso di colpa, dal rancore per un torto subito, dal dolore per una fine che ritengono ingiusta. Per quello che ho potuto capire, Thror non si perdonava di aver ceduto alla persecuzione di Azog, e sopratutto, di aver influenzato Thorin come ha fatto.

Mi riconosceva sempre. La voce di Thorin risuonò cupa nella mente di Bilbo.E ogni volta mi diceva che dovevo prendere il suo posto, che dovevo proteggere il negozio, perché io ero come lui, e dovevo seguire le sue orme. Me lo disse anche quel giorno, poche ore prima di suicidarsi.

-Quindi- stava continuando Vili- il suo tormento peggiore, quello che lo teneva ancorato alla terra, era l'idea che Thorin potesse diventare quello in cui si era trasformato lui. Era disposto a tutto, perché questo non si verificasse.

-E cosa l'ha convinto ad andare via?

L'altro girò la testa verso di lui con un sorriso. -Sai, ho sempre pensato che la causa fossi tu.

Bilbo sbatté le palpebre. -Io?

-Tu-ripeté Vili.- Tu eri esattamente quello di cui Thorin aveva bisogno per non prendere quella strada. Thror l'ha capito, e questo lo ha aiutato a liberarsi dal senso di colpa. Non poteva riparare del tutto quel che aveva fatto, ma sapeva di lasciarlo a qualcuno che l'avrebbe difeso da tutto e tutti, anche da sè stesso, se necessario.

Ma non l'ho fatto, non poté fare a meno di pensare Bilbo. E non potrò farlo mai più, ormai. Scosse la testa, cercando di liberarsi da quei pensieri. -È strano- rifletté ancora- Sei il marito di Dìs e il padre dei nipoti di Thorin... eppure io ho sentito parlare pochissimo di te.

Vili inclinò il capo verso la spalla. -Le ragioni sono diverse- rispose infine- In un certo senso, credo che Dìs abbia sempre cercato di “tenermi” per sé, di conservare quel legame esclusivo che avevamo non parlando di me a nessuno, se non ai bambini. Quanto a Frerin...- un sorriso amaro gli piegò le labbra- Frerin non ha semplicemente accettato la cosa, e dentro di me sono convinto che non lo farà mai. Quanto a Thorin, credo si possa parlare, molto banalmente, di senso di colpa.

-Chissà perché, non sono sorpreso- borbottò Bilbo. -Cosa ha fatto questa volta?

Vili rimase in silenzio, quasi stesse riflettendo sulla questione. Poi disse:-Thorin ti hai mai raccontato come ci siamo conosciuti io e Dìs?

Bilbo scosse la testa.

-E' stato merito di Frerin, in un certo senso.-Iniziò Vili.- A ventun anni, non sapeva che fare della propria vita... così decise di buttarsi nella carriera militare, e s'iscrisse all'accademia. Non ci era affatto portato, e si vedeva...forse fu per questo che iniziai a parlare con lui. Avevamo pochi amici, e Frerin aveva una famiglia numerosa, mentre io ero il figlio unico di genitori divorziati, quindi lo invidiavo un po'. Per farla breve, diventammo amici, una via di mezzo tra Fili e Kili e Thorin e Dwalin per intenderci.-Vili sorrise al ricordo.-Casualmente, la nostra prima licenza cadeva il diciottesimo compleanno di sua sorella, così Frerin m'invitò a stare da loro. Fu la prima volta che vidi Dìs.-Gli occhi di Vili si accesero di una luce di rimpianto e tenerezza, quasi difficile da sopportare. -Era un maschiaccio, all'epoca, ma comunque bellissima. In seguito, Frerin lasciò l'Accademia, e io rimasi, ma continuai a frequentare Dìs e alla fine riuscì a conquistarla, anche se lei si fece parecchio pregare. Un anno da allora, eravamo già sposati e in attesa di Fili.

-E' una bella storia-disse Bilbo.-Ma perché Thorin dovrebbe sentirsi in colpa nei tuoi confronti?

-Perché io volevo bene a Thorin, e so che lui ne voleva a me, ma non andavamo d'accordo nemmeno sulla quantità di zucchero da mettere nel caffé- replicò Vili, secco.- A Thorin non piaceva la mia scelta di vita, e a me non piaceva il suo ficcare il naso negli affari della mia famiglia.

-Non è ficcare il naso!- saltò immediatamente su Bilbo, indignato.-Lo fa perché si preoccupa!

-Fermo, non partire lancia in resta- Vili alzò le mani in un gesto di difesa-So com'è fatto Thorin, lo conosco da più vent'anni. So che praticamente da quando è entrato nell'età adulta, tutti lo vedono come una guida e un punto di riferimento, perché Thorin è fatto per comandare, e perciò tutti, lui per primo, sono convinti che non possa commettere errori. Non faccio una colpa a Thorin di aver voluto continuare a proteggere e ad avere il controllo su sua sorella, persino dopo il suo matrimonio, è stato abituato a ritenere che tutto quello che succede ai suoi parenti è respnsabilità sua. Ma tutto questo lo so adesso. All'epoca in cui morii, non vedevo tutto questo, e perciò pensavo che Thorin lo facesse semplicemente per poter fare come voleva lui.

Bilbo annuì con un cenno del capo.-E poi?-lo incalzò.-Che successe?

Vili abbassò lo sguardo.-L'ultima volta che fui chiamato al fronte, Kili aveva appena due mesi. Thorin mi disse che ero un pazzo irresponsabile a lasciare la mia famiglia così, e io gli risposi che mia moglie e i miei figli non erano affar suo... e queste furono le cose più gentili che ci dicemmo. Il giorno dopo, al momento di partire, non andai nemmeno a salutarlo, ma non ero particolarmente preoccupato per questo. Io e Thorin litigavamo sempre prima di una mia partenza, e di solito, facevamo pace quando ritornavo.-Vili chiuse gli occhi, e non c'era alcun traccia di sorriso sul suo volto: soltanto un dolore ormai vecchio, eppure ardente come il primo giorno.-Solo che quella volta non tornai.

Non c'era da stupirsi, pensò Bilbo, che Thorin non ne avesse mai parlato.

-Beh- Vili prese un respiro profondo e gettò la testa all'indietro, lasciando vagare gli occhi sul soffitto. -E poi Thorin ha fatto più di quanto avrei mai osato chiedergli, prendendosi cura dei miei figli come se fossero suoi. È per questo che mi sentirò sempre in debito nei suoi confronti, ed è per questo che aiutare il suo fidanzato a salvargli la vita mi sembra il minimo che possa fare.- Girò la testa verso Bilbo, rivolgendogli un sorriso affettuoso. -E comunque mi sei sempre piaciuto, Signor Baggins. Eri proprio la persona giusta per Thorin. Non sai quanto risate mi sono fatto, alle tue spalle.

-E ti pareva- borbottò Bilbo- Non bastavano i vivi, adesso ci si mettono anche i morti.

La risata che avevano incominciato venne interrotta dal suono di chiavi che giravano la toppa. Entrambi alzarono lo sguardo e Dìs Durin entrò in casa, scostandosi con uno sbuffo una ciocca di capelli dalla fronte.

-Ciao, amore- il sussurro colpì lieve l'orecchio di Bilbo, quasi inudibile, e quando si voltò, quello che vide fu il volto di Vili, illuminato da una tale tenerezza da risultare quasi insostenibile. Guardandolo, Bilbo si chiese se quella era la stessa espressione che il suo volto assumeva quando osservava Thorin.

-No, tu sei peggio-rispose Vili, senza distogliere gli occhi da Dìs.

-Cos...?-Bilbo fissò l'altro fantasma, estereffatto.-Leggi anche nel pensiero, adesso?

-No, ma dopo vent'anni che non faccio altro, sono semplicemente diventato bravo ad osservare.-In quell'istante, Frerin fece il proprio ingresso dietro alla sorella, e all'espressione adorante sul volto di Vili si sostituì qualcosa a metà tra l'esasperazione e l'affetto.-Ed eccolo qua- mormorò-Il mio idiota preferito.

Nel sentirlo, Bilbo si sentì quasi in colpa. Per motivi che non avrebbe saputo spiegare nemmeno a sè stesso, non era mai riuscito ad affezionarsi a Frerin come agli altri membri della famiglia Durin.

-Mi spiegate com'è possibile che un armadio sia più introvabile del Sacro Graal?- si stava lamentando il secondo dei Durin in quel momento- Insomma, non l'abbiamo mica chiesto in legno di baobab o cavolate simili! Dovrebbe essere una richiesta semplice da accontentare!

-Non dirlo a me, Frerin- Dìs sbuffò sonoramente e si chinò a poggiare la borsa sulla poltrona, fermandosi poi con le sopracciglia aggrottate. -Chi ha spostato il portachiavi?

-Ops- disse Vili- Ti avevo detto di ricordarmelo, Bilbo.

-Scusa se avevo altro per la testa.

-Ogni giorno è sempre la stessa storia- borbottò Dìs, rimettendo a posto il portachiavi- Torno a casa e trovo qualcosa fuori posto. Tra un po' comincerò a sospettare che qui dentro ci siano i fantasmi.

Alle sue spalle, Bilbo e Vili quasi si strozzarono.

-Evidentemente è una cosa di famiglia- Thorin entrò in quel momento, andando ad accasciarsi sul divano accanto a Frerin. -Ieri sera uno dei vasi si è suicidato.

Nel guardare Thorin sedersi , negli occhi lo sguardo assente che tanto spesso esibiva in quegli ultimi mesi, Bilbo fu attraversato da un pensiero, un pensiero che fino al giorno prima sarebbe stato follia, e che invece adesso avrebbe potuto assumere i contorni della realtà. -Vili-disse, esitante.

L'uomo si voltò verso di lui.-Dimmi.

-Se posso...-Bilbo faceva fatica a parlare. Sarebbe stato troppo orribile, concedersi di sperare, e poi scoprire che non era possibile.-Se posso toccare gli oggetti...allora, potrei anche...?

Lo sguardo di Vili lo salvò dall'imbarazzo di finire la frase.-Sì-disse semplicemente il fantasma, e la sua voce era piena di comprensione.

Bilbo gli lanciò uno sguardo esitante, quindi avanzò con lentezza verso il centro del soggiorno fino a trovarsi di fronte a Thorin. Si sedette di fronte a lui con estrema cautela, come se temesse che da un momento all'altro un suo movimento potesse spezzare l'incantesimo.

Thorin era proprio davanti a lui, così vicino che Bilbo avrebbe potuto sentire il suo calore, se ancora avesse avuto un corpo per sentirlo. Con gli occhi seguì i suoi lineamenti, contò le piccole rughe che lo solcavano, e si chiese quali pensieri turbinassero dietro la barriera degli occhi azzurri, se Thorin aveva in mente lui, o Azog, o quello che sarebbe successo l'indomani.

La sua mano attraversò la barriera d'aria che li separava con estrema lentezza, e poi si fermò a pochi millimetri dalla guancia di Thorin, così vicino eppure così incredibilmente lontano. Nella sua mente risuonò la voce di Thorin, bassa e spezzata, voglio, voglio, voglio, e qualcosa dentro di lui si contrasse.

Bilbo allungò la mano e toccò la guancia di Thorin.

Fu un tocco breve, fugace, eppure in quel momento gli parve che tutto il suo corpo ricevesse una scossa, nel momento in cui la realtà del gesto si trasmetteva alla sua mano: avvertì, distintamente come aveva fatto tante volte da vivo, la consistenza liscia della pelle di Thorin, la carezza ruvida della barba, il calore del respiro che lo colpiva ad intervalli regolari.

Ma durò solo un istante. Thorin sussultò, sorpreso, e Bilbo ritrasse di scatto la mano, avvertendo la delusione dentro di lui aggrovigliargli la gola.

-Perché mi hai toccato?-chiese Thorin, rivolgendosi al fratello.

Frerin lo fissò perplesso.-Io non ti ho toccato.

-Magari la prossima volta fallo quand'è da solo, così è più facile che lo scambi per un soffio di vento-Vili afferrò Bilbo per una spalla e lo tirò indietro, lanciandogli un'occhiata a metà tra il divertito e il rimprovero.-E togliti quell'espressione dalla faccia, non significa che tu possa passare al dunque. Ricordati che lui non ti vede.

-Cos...-Se fosse stato possibile, Bilbo Baggins sarebbe diventato rosso come un peperone.-Ma come ti viene in mente di dire certe cose!

Vili scrollò le spalle, con un'espressione niente affatto contrita.-Dopo vent'anni passati a poter dire quel che mi pare, ho perso un po' il controllo della lingua. E poi, come credi che abbia attaccato bottone con Frerin, parlando di fiori?

Risero entrambi, e poi uno strano silenzio calò tra loro, mentre il volto di Vili si riempiva di malinconia. -Sai, a volte Dìs mi parla- disse.

Bilbo gli lanciò un'occhiata perplessa. -Intendi dire che ti vede?

-No, nulla del genere. Semplicemente, a volte, dopo cena, si siede sul letto e comincia a parlarmi. Lei crede che non la senta nessuno, ma io sento tutto. È stato così che sono venuto a sapere di te- gli sorrise- Ti adorava, sai.

-Lo so- sussurrò Bilbo.

Vili tornò a guardare sua moglie.-Quand'era più piccolo, anche Fili lo faceva, ma crescendo ha smesso, così come ha smesso di andare in giro chiamando 'papà', nella convinzione che un giorno l'altro sarei spuntato fuori. Kili, invece...Kili era troppo piccolo per ricordare, e quand'è cresciuto abbastanza per capire, aveva già trovato un padre, quindi non aveva bisogno di me.

Quelle parole colpirono Bilbo come un'accusa, anche se sapeva che non intendevano esserlo.-Ma Thorin non ha tentato di sostituirsi a te.-Disse.-Gli ha parlato spesso di te, a tutti e due.

-Ma quando Kili cadeva e si faceva male, c'era Thorin a prenderlo in braccio, e io no-ribatté Vili, calmo.-Agli occhi di un bambino, è questo a fare la differenza.

Di nuovo calò il silenzio, punteggiato dal chiacchiericcio distratto di Dìs e Frerin, interrotto di tanto in tanto dai commenti di Thorin. Fu solo dopo diversi minuti che Bilbo si decise finalmente a porre quella domanda che gli premeva sulla lingua da molto tempo.

-Vili- disse- Perché siamo qui?

Vili non distolse lo sguardo da sua moglie. -Immagino perché non abbiamo capito di essere morti.

Bilbo sbuffò sonoramente. -Non so te, ma io l'ho capito piuttosto bene di essere morto.

-L'abbiamo capito, ma non l'abbiamo accettato- si corresse Vili. -In un certo senso, comprendiamo di essere morti, ma non accettiamo che la morte sia la fine. Entrambi siamo rimasti a metà strada tra questo mondo e qualsiasi cosa ci sia oltre, convinti di non aver portato a termine il nostro compito, di non aver completato il nostro cammino.

Mentre parlava, Bilbo non distolse un attimo lo sguardo dal suo viso. Per la prima volta, la nota beffarda era scomparsa dalla voce di Vili.

-Avevo promesso a Dìs che non l'avrei mai lasciata sola- sussurrò quasi a se stesso- Non potevo sopportare il pensiero di aver infranto la più importante delle mie promesse. E non potevo andarmene prima di aver visto i miei figli crescere e diventare i due splendidi uomini che sono ora.- rise, una risata che sapeva di lacrime. -E poi c'era Frerin. Ha decisamente bisogno di qualcuno che lo tenga d'occhio. Per certi versi è ancora più sbandato di Thorin, se questo è possibile- Gli rivolse uno sguardo ardente, rabbioso, e Bilbo ebbe l'impressione che stesse cercando più di convincere se stesso che lui- Io non potevo abbandonarli, capisci? Non potevo. E non posso neanche adesso. Dìs...

-Vili- lo interruppe Bilbo gentilmente- Dìs non ti vorrebbe qui.

Le sue parole sembrarono avere l'effetto di uno schiaffo. Vili barcollò, colto di sorpresa, e gli lanciò uno sguardo sconvolto. -Cosa intendi dire?

-Una volta, Gandalf mi ha detto che la condizione di fantasma è innaturale- rispose Bilbo- Che oltre il velo che chiude il mondo dei vivi c'è un altro luogo, un luogo dove vanno tutte le anime. È lì che dovremmo essere, Vili. È così che dovrebbero andare le cose.

-Quindi, tu lo faresti?- domandò Vili- Se avessi la certezza che lui è al sicuro, e felice, lo lasceresti?

Bilbo non si era mai posto la domanda, ma in quel momento seppe la risposta.

-Sì- disse.

-Perché?

Lo sguardo di Bilbo scivolò su Thorin.

-Perché la vita va avanti per tutti, anche per i fantasmi- rispose- E non si può restare a rimpiangere ciò che avrebbe potuto essere, e non sarà mai. Perché lui è vivo, e io sono morto, ed è giusto che la sua vita continui comunque, anche senza di me. Perché, se fosse stato lui a morire, io avrei trovato un modo di andare avanti e di conservare tutto quello che c'era stato, anche se solo nel mio cuore.

Accanto a lui, Vili era immobile, lo sguardo fisso su Dìs, e se in quel momento avesse potuto piangere, lo avrebbe fatto.

-Li ho già abbandonati una volta, quando più avevano bisogno di me- sussurrò. -Non posso farlo anche adesso.

-Tu non li hai mai abbandonati, Vili- Bilbo scosse la testa con decisione- Tu non li hai mai abbandonati. Tu li amavi, li amavi tutti, e loro questo lo hanno sempre saputo. Hai fatto quello che potevi, e non devi avere rimpianti.- Gli si avvicinò. -Dìs è forte. È sopravvissuta a questo, è sopravvisuta a tutto, e non ce l'ha con te per essertene andato. E Fili e Kili sono cresciuti, ormai. Possono cavarsela senza padre. E dovresti essere fiero di loro. Hanno ereditato da te il modo di amare- la mano di Bilbo sfiorò la spalla di Vili. La strinse. -Vai avanti, Vili. Vai avanti, come ha fatto lei.

Vili si girò lentamente.-E tu?-mormorò.-Tu che farai?

-Salverò Thorin-rispose Bilbo.-E quando sarà il momento, ti raggiungerò. Non essere triste, Vili. Hai fatto più di quanto avrebbero fatto altri nella tua situazione, e l'hai fatto bene.

Vili rimase in silenzio a lungo, il petto che si alzava e abbassava, poi si scostò dalla mano di Bilbo e s'inginocchiò di fronte a Dìs. La fissò a lungo, come se avesse voluto imprimersi nella mente l'immagine di lei per l'eternità.

-Ti amerò per sempre-le disse, a voce talmente bassa che nemmeno Bilbo lo udì.

Poi si sporse, e delicatamente, posò un bacio sulla tempia di Dìs. Lei trasalì e si portò la mano al punto in cui le labbra di lui l'avevano sfiorata...e qualcosa si agitò nei suoi occhi, come se una parte di lei sapesse cos'era successo e perché.

Vili si alzò e si portò davanti a Frerin.-Stammi bene, idiota.-sussurrò.-Non fare casini, senza me a tenerti d'occhio.

Poi i suoi occhi si posarono su Thorin. A lui disse solo poche parole, ma erano tutte quelle che non gli aveva mai detto in vita.

-Grazie, Thorin. Per tutto.

Un bagliore attrasse l'attenzione di Bilbo, e poi un raggio di luce scese apparentemente dal nulla, calando lentamente ad avvolgere la figura di Vili.

-Addio, Vili- sussurrò. -Mi mancherai.

Attraverso la luce, vide Vili voltarsi, e l'ultimo ghigno beffardo lampeggiargli sul viso.

-Anche tu mi mancherai, Signor Baggins- rispose- Mi andavi a genio.

L'ultima immagine che Bilbo vide, fu Vili che sollevava il pollice in segno di saluto, e il suo eterno sorriso.

Poi Vili si voltò e svanì nella luce.


 

Ok, signore e signori. Se a qualcuno venisse in mente di chiedere perché pubblichiamo sempre a questi orari così infausti, sappia che in questo caso è stata colpa di Saitou, che ha pensato bene di cancellare diciassette pagine di capitolo in punto di pubblicazione, e quindi abbiamo dovuto rifarlo da capo in una serata sola, dopo averci lavorato per tre giorni... ma forse non tutto il male vien per nuocere, dato che la prima versione era, a ben ripensarci, una schifezza. Il latte col cacao alle undici di sera aiuta...

Voi non avete IDEA di che parto sia stato trovare un personaggio a cui assegnare il ruolo del fantasma della metro. Ci eravamo già quasi ridotte a voler usare Gandalf, finché, durante una lezione di latino, Saitou non è saltata su urlando “Ho la soluzione ai nostri problemi!”.

C'è stato un momento in cui Vili se l'è battuta con Thror, ma abbiamo pensato che il caro nonnetto avrebbe appesantito troppo l'atmosfera. Anyway, speriamo che il capitolo vi sia piaciuto (noi ci siamo commosse a scrivere il finale). Sappiate questo, signore e signori: questo è il respiro profondo prima del balzo. Abbiamo voluto darvi un momento di pausa prima del gran finale...

Recensite numerose, mi raccomando!

Saitou Catcher

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10-8 luglio ***


Capitolo 10

8 luglio, ore 07:50

-THORIN! Vieni immediatamente qui!

Quando il grido terrorizzato di Bilbo risuona dal bagno, Thorin si alza e si precipita immediatamente su per le scale, percorrendo poi di corsa il corridoio.

-Che succede?- domanda, fermandosi quasi in scivolata sulla soglia.

Bilbo si volta, e subito corre a nascondersi dietro di lui, aggrappandosi alle sue spalle con la tenacia di un koala. -Toglilo! Fallo sparire di lì, immediatamente!

Thorin si guarda intorno, perplesso, ma nessun maniaco omicida sembra annidarsi negli angoli del bagno. -Ma cosa?

-Come cosa?- strilla Bilbo, allungando un braccio davanti a lui- Quel mostro sullo specchio! È enorme, come fai a non vederlo?

Thorin segue la direzione che Bilbo gli indica e intravede in quell'istante la creatura incriminata che si arrampica sul vetro. Lentamente, molto lentamente si volta e fissa Bilbo, inarcando un sopracciglio.

-Tutto questo casino per un ragnetto?-domanda, enfatizzando più che può l'ultima parola.

-Mi fa schifo!- strilla Bilbo, con tale foga che Thorin balza all'indietro, chiedendosi se il suo timpano sia ancora tutto intero.-Toglilo!

Thorin gli lancia il suo miglior sguardo beffardo poi, con estrema lentezza, strappa un pezzo di carta igienica, lo avvolge attorno al ragno e lo allunga verso la finestra.

-Non lì!- scatta subito Bilbo- Buttalo nel water! Non lo voglio sulle mie piante!

Thorin rotea gli occhi, quindi butta l'insetto e tira l'acqua.

-Ecco fatto, mia dama- si volta e accenna un inchino- Il vostro valoroso cavaliere ha sconfitto il mostro, e adesso potrete dedicarvi di nuovo alle vostre canzoni e alle ghirlande di fiori.

-Non ti consiglio di assaggiare lo stufato stasera-gli sibila Bilbo in risposta-Chissà, potrebbe essermi presa una nuova ispirazione culinaria!

Si volta, raccogliendo tutta la propria dignità offesa, e fa per andarsene, ma Thorin lo afferra prima che abbia varcato la porta del bagno e lo spinge contro il muro, bloccando le sue proteste con un bacio.

-Magari io non avevo voglia di cenare- sussurra tra i suoi capelli.

-Beh, caschi male, allora, perché io ce l'avevo eccome!- Bilbo preme le mani contro il petto del compagno e tenta di liberarsi, ma le braccia di Thorin vincono i suoi sforzi senza difficoltà. Quando lo solleva dal pavimento, Bilbo emette uno squittio oltraggiato, che però muore presto in un altro bacio, mentre gli stringe le braccia al collo per sostenersi.

-Thorin-bofonchia, quando quest'ultimo lo posa nuovamente a terra.-Thorin, scherzi a parte, devo andare davvero a preparare la cena.

Thorin lo fissa con la sua migliore espressione preoccupata.-Sei sicuro di voler andare in cucina da solo? Non vorrei ci fosse qualche zanzara...

-Idiota!-strilla Bilbo, indignato, e poi si lascia baciare di nuovo, per non fare vedere che sta ridendo.

 

Quando si svegliò, Thorin aveva in bocca il sapore delle lacrime.

Rimase a giacere sul letto per quello che gli parve un tempo infinito, aspettando che il suo respiro si riassestasse, di sentir scemare, almeno un po', la sensazione di una mano enorme che gli stesse comprimendo i polmoni.

Con quello che gli parve uno sforzo enorme, buttò le gambe fuori dal letto, e si diresse verso la cucina, un movimento automatico che ormai compiva senza prestarvi più alcuna attenzione. Nel momento in si allungava a prendere la maniglia del frigo, il telefono che aveva lasciato sul tavolo squillò.

Thorin si chinò a prenderla con una smorfia, che si tramutò in uno sguardo assassino nel momento in cui riconobbe il numero che lampeggiava sullo schermo. Premette seccamente il tasto di risposta e si portò il cellullare all'orecchio.

-Che vuoi?

-Buongiorno anche a te- rispose la voce vellutata di Thranduil. -Disturbo?

-Devi dirmi qualcosa di utile?

Udì uno sbuffo irritato. -Ho chiamato per comunicarti che Azog mi ha telefonato ad un orario assai incivile del mattino per comunicarmi il luogo e l'orario dell'appuntamento.

Immediatamente, Thorin raddrizzò la schiena, la mente all'improvviso lucida e fredda. -Ti ascolto.

-Vuole che ci vediamo al cantiere abbandonato all'inizio del porto, alle sette e mezzo di stasera.

-Ho capito- Thorin annuì e uscì dalla cucina, dirigendosi verso un comodino accanto alla soglia. -Alle sette e mezzo, hai detto?

-Precisamente.

-Allora ci vediamo alle sette al mio negozio. Avverti Bard.

Si aspettava che Thranduil riattaccasse, ma invece ci fu un attimo di silenzio, e poi Thranduil disse, con un tono completamente diverso da quello leggermente insultante che di norma usava con Thorin:-Sei ancora in tempo per ritirarti, se vuoi.

Thorin si lasciò sfuggire un verso di scherno.-Chissà perché, non mi sorprende che sia tu a dirmelo.

-Prenditi pure gioco di me, se questo ti fa sentire meglio, ma sai che ho ragione. Quel che vuoi fare non porterà a niente.

-Porterà Azog e Bolg a marcire in galera. Non mi sembra niente.

-Tu non vuoi che Azog e Bolg finiscano in galera, tu vuoi vederli marcire in una tomba- la voce all'altro capo del telefono era puro gelo- Se questo contribuirà davvero a farti sentire meglio, allora provo pena per te.

-Tientela per te, la tua pena-sibilò Thorin, il respiro gelido e gli occhi attraversati da lampi di furia.-Io non me ne faccio niente.

-Thorin...

-Basta-non fu un suono umano quello che uscì dalle labbra serrate di Thorin; fu il ringhio di un animale braccato. -Piantatela di dirmi tutti cosa devo fare! Voi non potete dirmi niente, perché non sapete niente!

-Davvero?- ribatté Thranduil, la voce che trasudava sarcasmo- Tu continui a nutrire la presunzione che nessuno possa dirti cosa fare perché nessuno ha vissuto angosce come le tue. Beh, lasciami dire che ti sbagli, e nemmeno di poco, su questo.

-Oh, giochi anche tu la carta della moglie morta?- Thorin ridacchiò velenosamente- Molto astuto, ma Bard ci ha provato prima di te. Credete davvero che questo cambi qualcosa? Che possa farmi sentire meglio, o convincermi che voi sapete quello che è meglio per me? Almeno su una cosa hai ragione, Thranduil: nessuno di voi ha passato quello che ho passato io. Quindi non sapete cosa significa. Non lo sa Bard, non lo sai tu, non lo sa nessuno di quelli che negli ultimi mesi hanno cercato di aiutarmi, perché nessuno di loro ha visto la persona che amava uccisa davanti ai suoi occhi!

-Forse lo so meglio di quanto tu creda- e Thorin non avrebbe mai creduto che una persona tanto fredda, tanto compassata come Thranduil potesse parlare con una tale rabbia nella voce-anche se, nel mio caso, è stata lei stessa a farlo, non qualcun altro.

Ci volle qualche istante perché la mente di Thorin afferrasse appieno il significato di quelle parole.

-Non lo sapevo-riuscì a dire, seccamente.

-Ci sono molte cose che non sai, Thorin Durin.-Thranduil aveva recuperato il proprio autocontrollo, anche se la voce gli tremava ancora leggermente.-Vedila così: Bilbo Baggins ti amava abbastanza da sacrificare la sua vita per te, e mia moglie non mi amava abbastanza da restare, nemmeno per nostro figlio.Questo aiuta, in qualche modo?

No, pensò Thorin, non avrebbe provato pena per Thranduil. Non lo avrebbe fatto e basta.

-No.

-Ne ero sicuro- fu la risposta- Ora, tornando a questioni più prosaiche, hai avvertito Theoden?

-Sì- la risposta scivolò immediatamente dalla sua lingua.

-Ma davvero. E cosa ha detto?

-Che interverrà. Non si è sbilanciato più di tanto.

-Capisco. Alle sette, allora.

Thorin non si sprecò a rispondere.

Sentì il rumore della linea che cadeva, e poi si voltò. D'improvviso, l'enormità di quello che stava per fare gli appariva davanti con chiarezza, ma Thranduil aveva torto. Era troppo tardi per tirarsi indietro.

Si chinò, aprì lentamente il cassetto e la sua mente fu invasa da un ricordo, uno dei tanti che ormai sembravano appartenere a un'altra vita, a un altro lui.

 

-Thorin.

Quando si sente chiamare, l'uomo alza lo sguardo dai suoi disegni, sorpreso. Prima di allora, non ha mai sentito la voce di Bilbo pronunciare il suo nome con tanta freddezza.

-Sì?

Quando il suo compagno arriva verso di lui, tenendo in mano un cassetto, quasi si spaventa. Il volto di Bilbo è mortalmente serio, anzi, si corregge Thorin nella sua mente, arrabbiato, ma non di quella rabbia leggera e un po' buffa che lo coglie a volte; no, questa è rabbia vera, fredda e distante.

Bilbo appoggia il cassetto sul tavolo con un tonfo sordo, e Thorin sussulta.

-Cosa- sibila il suo compagno- È. Questa.

Tutta quella situazione è surreale. Thorin allunga il collo, e poi lancia uno sguardo perplesso al suo compagno. -Una pistola?

-È una pistola, sì- Bilbo quasi sputa la parola- E sai spiegarmi cosa ci fa in casa mia?

Thorin scrolla le spalle. -Nonno l'aveva comprata poco prima di venire ricoverato. Diceva che, con i tempi che correvano, sarebbe sempre potuta servire- la sua attenzione ritorna ai disegni- Nemmeno mi ricordavo di averla.

Bilbo batte la mano sul tavolo con tanta forza da farlo vibrare. Thorin alza lo sguardo e la rabbia che scorge in quegli occhi è qualcosa che non aveva mai visto prima in lui.

-Deve sparire-sibila Bilbo, scandendo con forza ogni sillaba.-Non m'interessa cosa ne fai, se la butti in mare, la ingoi o la spedisci in discarica, ma io non la voglio più vedere. Intesi?

-Intesi.-Thorin si alza, impressionato. Bilbo non si arrabbia spesso in maniera seria, ma quando decide di farlo, la sua collera non ha nulla da invidiare a quella di un Durin.-Non immaginavo ti turbasse tanto.

-Mi turba eccome, invece. Non la voglio mai più vedere, mi hai capito.

-D'accordo, d'accordo, la farò sparire- Thorin scuote la testa- Se non altro, per impedire che ti spari su un piede.

Bilbo non ride. -Thorin, me lo hai promesso.

-Te lo prometto.-Thorin gli bacia la fronte.-Non la vedrai più.

 

Molto tempo dopo quel giorno, Thorin sorrise, un sorriso che sapeva di rabbia e amarezza, e prese la pistola. Era fredda e pesante nella sua mano, esattamente come quel giorno in cui Thror gliel'aveva premuta sul palmo, osservandolo con quei suoi occhi vuoti e fissi, ripetendogli quanto fossero simili.

La sua mano si serrò con più decisione sull'arma e Thorin la tirò fuori dal cassetto, frugando poi lì dove sapeva esserci un caricatore. Un sorriso sarcastico gli piegò le labbra nel momento in cui lo udì scivolare al suo posto con uno scatto secco.

Non la voglio mai più vedere.

-Beh- sussurrò Thorin. -Non l'hai fatto. Ho mantenuto la promessa.

No, non l'hai fatto, pensò con dolore il fantasma dietro di lui.

 

Ore 18:45

-Sai niente di Thranduil?-fu la prima cosa che Thorin chiese a Bard, nel momento in cui lo vide comparire sulla soglia del negozio. L'ex camionista scrollò le spalle.

-A dire il vero, pensavo di trovarlo già qui. Tu lo hai sentito?

-Mi ha chiamato stamattina- Thorin scosse la testa, borbottando tra sé- Spero che non ritardi troppo. Senza di lui, l'intero piano va in fumo.

Bard annuì e si accomodò su uno sgabello vicino al bancone. A pochi passi da lui, Fili si alzò improvvisamente dalla scrivania, osservando la figura dell'uomo con disagio crescente.

Proprio in quel momento la porta del negozio si aprì con un tintinnio di campanellini. Thorin e Bard alzarono lo sguardo nello stesso momento, ma entrambi quasi si sgonfiarono per la delusione nel momento in cui Tauriel e Kili fecero il loro ingresso.

-Ciao, zio!- Kili alzò la mano in segno di saluto e lanciò uno sguardo perplesso a Bard, il quale stava cercando con tutte le sue forze di trattenere un fischio d'ammirazione all'indirizzo di Tauriel. -Siamo venuti a prendere Fili, appena stacca andiamo a cena fuori. Ti va di venire con noi?

-No, ho da fare-rispose Thorin, forse troppo bruscamente. Un sorriso stentato si disegnò sul volto di Kili e Bard lo vide lottare per non mostrare la propria delusione. -Ah. Fa niente.

Thorin alzò lo sguardo, fissò il nipote e poi fece il giro del bancone, portandoglisi di fronte. Con delicatezza, gli spinse via un ciuffo di capelli dall'occhio.-Mi dispiace, Kili.-Sorrise, e nel vedere quel sorriso, Bard capì per la prima volta la ragione del carisma che Thorin esercitava su chiunque lo circondava, malgrado i suoi modi bruschi e la sua totale mancanza di flessibilità.-Sarà per un'altra volta.

Kili annuì, gli occhi bassi. Thorin lo fissò per un altro istante, quindi si voltò verso il fratello. -Vi lascio il negozio- disse, poi rivolse a Bard un cenno del capo. -Io e te andiamo ad aspettare in garage.

Bard annuì ed entrambi si diressero verso il garage accanto alla gioielleria, ignari della presenza di un fantasma che trotterellava alle loro spalle, sentendo lo stomaco stringersi in un nodo sempre più stretto per la tensione. Una volta entrati, Thorin lanciò un'occhiata all'orologio e sbuffò, stringendo nervosamente i pugni. Accanto a lui, Bard sospirò e si appoggiò alla macchina, cercando senza riuscirvi di non calcolare con attenzione ossessiva lo scorrere del tempo.

-Dove diavolo si è cacciato?- sbottò infine Thorin dopo che furono trascorso circa cinque minuti- Se arriviamo in ritardo per colpa di quella sottospecie di manichino effemminato...

-Eccolo che arriva- disse Bard con tono noncurante.

Thranduil attraversò il marciapiede come se avesse tutto il tempo del mondo, guadagnandosi le occhiate irritate dei due uomini quando alla fine entrò nel garage.

-Alla buon'ora-sibilò Thorin.

-Avevamo detto alle sette, e alle sette sono venuto-replicò Thranduil, prima di girare uno sguardo attorno a sè.-Per curiosità, da quant'è che non pulite qui dentro?

-A differenza di qualcuno che conosco, io ho di meglio da fare che scegliere le cravatte da abbinare al completo-gli ringhiò Thorin in risposta,armeggiando nella tasca alla ricerca delle chiavi.

Gli occhi di Thranduil si ridussero a due fessure.-Fingerò di non aver colto la niente affatto sottile allusione.

-E io fingerò di non aver sentito due uomini adulti litigare come ragazzine!-ruggì improvvisamente Bard, voltandosi e bersagliandoli entrambi col suo sguardo più truce.-Ho capito che vi detestate, ho afferrato il concetto. Adesso, la smettete di berciare e iniziate a comportarvi da uomini adulti, o avete intenzione di stordire Azog a forza di chiacchere?

L'identica espressione di orgoglio offeso e furia omicida sui volti di Thorin e Thranduil era quasi comica, ma ne' Bilbo ne' Bard accennarono a ridere.

-Qualunque cosa ci sia dall'altra parte, ci metterò una buona parola per te- sussurrò il fantasma.

Bard si raddrizzò con tutta la sua dignità e volse lo sguardo all'uno e all'altro dei suoi compagni, apparentemente indifferente al loro sguardo. -Se non vi spiace, io mi avvierei, a meno che non vogliate squadrarmi male per tutta la serata, nel qual caso sprechereste il vostro tempo.

-Oh, quest'uomo mi piace sempre di più!- esclamò Bilbo.

Thorin fu il primo a riscuotersi. -Hai ragione, è tardi- borbottò, frugando nelle tasche alla ricerca delle chiavi e del telecomando per chiudere il garage- Salite in macchina. Bard, tu stai davanti.

-Un momento- li gelò la voce di Thranduil.

Bard quasi si accasciò sul tetto della macchina. -Qualsiasi cosa sia, sono sicuro che può aspettare- mormorò con tono quasi supplichevole.

-Fidati, Bard, alla fine mi ringrazierai- Thranduil si portò al suo fianco e poi si voltò a fronteggiare Thorin, immobile di fronte a loro, senza quasi un'idea di quanto fosse appena successo.

Bard passò rapido lo sguardo dall'uno all'altro, allarmato.-Che intendi dire?

-Che il nostro signor Durin ci ha mentito per tutto il tempo-Thranduil parlò lentamente e con chiarezza, quasi a dare modo a quelle parole d'imprimersi meglio nella mente di Bard.-Non ha chiamato la polizia, ne ha mai pensato di farlo. Dico bene, Thorin?

Thorin lo fissò dritto negli occhi, freddo, e quello sguardo fu più eloquente di qualunque risposta.

-No...-boccheggiò Bard-Dimmi che non l'hai fatto davvero.

-E' bastata fare una semplice telefonata in commissariato-aggiunse Thranduil. -Theoden è letteralmente cascato dalle nuvole, quando gli ho chiesto se fossi passato in centrale, o se lo avessi anche solo contattato in questi ultimi due giorni.

Oh, Thorin, perché, fu sul punto di domandare Bilbo, ma non era una vera domanda. La sapeva già la risposta.

-Tu... tu...- Bard sembrava aver perso perfino la capacità di parlare. Indietreggiò, scuotendo la testa. -Tu ci hai usati!

-Non avreste collaborato, altrimenti- la voce di Thorin era dura e piatta, ma i suoi occhi non incontrarono mai quelli di Bard.

-E non lo faremo adesso- Thranduil si raddrizzò, gli occhi improvvisamente lampeggianti d'ira. -Per quel che mi riguarda, io non muoverò un passo fuori da questo garage, e nemmeno Bard, finché non avremo la certezza che questa faccenda si sta svolgendo nei limiti consentiti dalla legge.

Inaspettatamente, Thorin sorrise...e Bilbo indietreggiò, perché quel sorriso era più terribile di tutta la rabbia che aveva mai visto sul suo volto.

-Almeno una volta siamo d'accordo- mormorò- Voi due non muoverete un passo fuori di qui.

Sulle prime, dalla posizione in cui si trovava, Bilbo non capì perché Bard fosse sbiancato, ne' perché gli occhi di Thranduil si fossero dilatati, ma gli bastò spostarsi di qualche passo per vedere chiaramente la pistola nella mano di Thorin.

-No...-rantolò, terrorrizzato, anche se era l'unico a non correre alcun pericolo.-No!

-Thorin-disse Bard.-Thorin, non fare l'idiota. Metti via quella pistola.

-Sai, Thranduil, c'era una frase che hai detto stamattina, che mi ha fatto riflettere- Thorin parlò senza mai smettere di tenerli sotto tiro- “Non è troppo tardi per tirarsi indietro”. Per un attimo ho quasi pensato che avessi ragione. Ma non è vero. È troppo tardi- il suo volto si contorse appena. -Lo è stato dal momento in cui il proiettile ha colpito lui e non me.

-Adesso basta con questa follia!- esplose Bard- Quante volte te lo dobbiamo ripetere? Tutto questo non servirà a nulla!

-È ora che ritorni nel mondo reale, Thorin- la voce di Thranduil suonò, incredibilmente, ancora più fredda, in contrasto con quelle degli altri due. -Bilbo Baggins è morto. E uccidere chi te lo ha portato via non lo farà ritornare indietro.

-No- fu la risposta- Ma almeno avrò pareggiato il conto.

-Ma credi davvero a quello che dici?- disse Bard. -Se davvero valeva così tanto per te, la vita di un verme come Azog non pareggerà mai il conto!

-E quindi io non dovrei fare niente?- la mano della pistola tremò appena, mentre il volto di Thorin si contorceva in una smorfia omicida. -Lui è morto, io non lo vedrò mai più, non sentirò mai più la sua voce, dovrò convivere con l'idea di averlo lasciato morire mentre Azog va avanti a fare i suoi comodi e a distruggere tutto quello che amo? Dovrei perdonare e dimenticare? No, Bard. Scordatelo. Io non perdono. E non dimentico.-Thorin cominciò a indietreggiare senza allontanare da loro la pistola.-A conti fatti, forse è meglio così. Ci andrò di mezzo solo io.

-Thorin...-tentò Bard, disperato.

In pochi passi, Thorin si trovò fuori dal garage. Alzò la mano con cui impugnava il telecomando della saracinesca, premette il pulsante e sotto gli occhi attoniti di Bilbo, Thranduil e Bard la porta iniziò a calare con un lento cigolio fino a richiudersi del tutto. Bard tentò un passo avanti, ma Thranduil lo trattenne.-Lascialo andare. Sparerà.

-Ma che cosa ha intenzione di fare?- Bard si voltò verso di lui, negli occhi una luce di ribellione impotente.-Così si farà solo ammazzare!

-Non capisci?-rispose Thranduil, cupo.-E' quello che spera.

 

Bilbo si precipitò fuori, attraversando il metallo della saracinesca prima ancora che questa si fosse abbassata del tutto. Corse dietro a Thorin, faticando, anche da morto, a tenere il ritmo delle sue vigorose falcate.

-Thorin!- Sapeva, lo sapeva dannatamente bene che l'altro non poteva sentirlo, ma non poteva impedirsi di gridare lo stesso.-Thorin! Hanno ragione loro, non lo capisci? Non servirà a niente, non cambierà niente!- Si fermò, barcollando sulle gambe che non aveva più. -Thorin, dannazione!- urlò. -Fermati!

Thorin si fermò di scatto e si voltò. Per un istante, i suoi occhi perlustrarono la zona di fronte a lui.

Bilbo si raddrizzò. -Thorin?

Ma era stato solo un attimo. Thorin scosse la testa e si avviò di nuovo, sparendo in fretta dalla sua vista.

Bilbo si accasciò su sè stesso, la disperazione, la paura e la rabbia annodati in un unico gomitolo nel suo stomaco. Era finita. Aveva lottato con tutte le forze, aveva combattuto fino allo stremo per salvare Thorin, ed era stato proprio quest'ultimo a mandare i suoi sforzi in fumo. Il pensiero gli suscitò una risata isterica.

Hai perso, signor Baggins, ti tocca rassegnarti. Sta andando incontro al suo destino, e non c'è nulla che tu possa fare per salvarlo.

No! Il suo intero essere si ribellò a quelle parole. No, non lo permetterò. Non qui, non adesso, non così!

Alzò lo sguardo, e si rimise in piedi. I suoi occhi scrutarono con disperazione ogni cosa attorno a lui, fino a fermarsi sulla porta semiaperta del negozio.

E gli venne un'idea.

 

-Fili!- Kili roteò su se stesso con un grido isterico. -Ti vuoi sbrigare?

-Un attimo!- Fili fece capolino dalla porta del laboratorio con il panico totale negli occhi. -Non trovo la mia copia delle chiavi!

Kili lo guardò come se si fosse appena tramutato in un marziano. -Cosa stai dicendo? Ce le hai in mano, le tue chiavi!

-Non quelle della macchina, stupido! Quelle del negozio!- Fili scrollò la testa, disperato.-Non riesco a ricordarmi dove le ho messe!

Kili roteò gli occhi-La tua scrivania?

-Non ci stanno!

-Il laboratorio?

-Nemmeno!

-In bagno?

-Perché mai dovrebbero essere in bagno?

-Non lo so, tu controlla!- sbottò, Kili, esasperato. -Ad ogni modo, cosa te ne fai delle chiavi della macchina? Credevo la prendesse zio.

-È uscito a piedi, non l'hai visto? È passato qui davanti poco fa- al ricordo, la fronte di Fili si aggrottò. -Aveva un'aria molto strana.

Kili scosse la testa, come per scacciare quei pensieri molesti, e poi raggiunse il fratello, cominciando a sospingerlo verso la porta. -Vengo in bagno anch'io, magari in due combiniamo qualcosa. Uno di questi giorni ti perderai anche la testa.

-Ma senti chi parla!

Dal bancone su cui era seduta, Tauriel sorrise. Era lieta che almeno Fili e Kili non si fossero lasciati abbattere dagli eventi che si erano abbattuti sulla famiglia negli ultimi mesi. Ma del resto, era tipico di Kili, sorridere anche di fronte a ciò che lo faceva soffrire, ed era anche per questo che si era innamorata di lui.

Sospirò bonariamente, nel sentire gli insulti piuttosto coloriti che provenivano dal bagno, e poi lo sguardo le cadde casualmente sullo schermo del computer poggiato sul bancone. Si accigliò. Non le era parso che fosse acceso, quand'era entrata, e sopratutto non le era parso che fosse aperto su una pagina bianca di Word.

Perplessa, allungò una mano per spegnerlo, quando udì l'inconfondibile rumore di dita che ticchettavano sulla tastiera e un'unica parola si formò sullo schermo.

Ascoltatemi.

Tauriel era tutto meno che paurosa, eppure balzò all'indietro, schiacciandosi una mano sulla bocca per trattenere un urlo. Avrebbe voluto persuadersi che era stata solo un'allucinazione, ma la parola lampeggiava ancora sullo schermo, quasi a smentirla.

-Non è possibile...-mormorò con un filo di voce.

-Trovate!- Kili sopraggiunse in quel momento alle sue spalle, apparentemente senza accorgersi del tremito che la scuoteva. -Stavano nel cassetto del bagno. Ma quale razza di decerebrato mette le chiavi nel cassetto del bagno?- improvvisamente si fermò, e guardò Tauriel, aggrottando la fronte. -Amore, stai bene?

Senza rispondere, la ragazza allungò un dito verso lo schermo.

Kili seguì il suo sguardo, e la confusione nei suoi occhi si fece ancora più evidente, nel momento in cui vide la causa dello sgomento di Tauriel. -Perché diavolo hai scritto “Ascoltatemi”?

Tauriel scosse appena la testa, gli occhi fissi sui caratteri che lampeggiavano nitidi sullo schermo bianco. -Kili... non l'ho scritta io- riuscì a mormorare.

Lui aggrottò la fronte.-Che stai...

Ma prima che potesse completare la frase, si udì nuovamente il rumore di dita che battevano sui tasti, e una nuova frase spiccò sul foglio bianco.

Mi serve aiuto, e non ho molto tempo.

-Fili!-chiamò Kili con voce strozzata.-Fee, vieni qua!

Il fratello maggiore stava uscendo in quel momento dal bagno, e nel momento in cui si sentì chiamare, corse dietro al bancone. Guardò Kili senza comprendere.-Kee,che diamine stai facendo?

-Io non sto facendo niente! E' questo il punto...si è...si è...-Ci volle un supremo sforzo perché Kili riuscisse a completare la frase. - Si è scritta da sola!

-Ma che state dicendo?- Fili scosse la testa- Ragazzi, se questo è uno dei vostri scherzi, vi avviso che non è diverten...

La mano del fratello gli serrò il braccio in una morsa d'acciaio, troncandogli le parole in gola. Improvvisamente contagiato dal terrore che sentiva emanare da Kili a ondate, Fili puntò gli occhi sullo schermo del computer e vide nitidamente le sagome nere delle lettere lampeggiare davanti ai suoi occhi, andando a formare una frase.

-Che cosa...- non riuscì a terminare.

-La tastiera- disse Tauriel con un filo di voce.

Gli occhi degli altri due si abbassarono a contemplare quello a cui stava assistendo lei: una mano invisibile sembrava percorrere la tastiera, abbassando ora questo, ora quel tasto, con un'inconfondibile ticchettio.

Aiutate Thorin, stava scrivendo la presenza che non riuscivano a vedere. Sta andando ad affrontare Azog,al cantiere abbandonato all'inizio del porto. Avvertite Theoden, il commissario Theoden di intervenire, e poi andate in garage.

I tre si guardarono e ciascuno scorse riflessi negli occhi dell'altro la propria paura e la propria incredulità.

-E' un'allucinazione-balbettò Fili.- Deve essere un'allucinazione.

Kili gli tirò uno schiaffo.

-Ahia! Ma che ti è preso?

-Ha fatto male?-chiese Kili, gli occhi sbarrati, sulle guance due chiazze rosse.

-Certo che ha fatto male, razza d'idiota, ma che diamine c'entra con...

-Allora non è un'allucinazione-lo interruppe Kili-Non possiamo aver avuto in tre la stessa allucinazione.

Sbrigatevi, lampeggiò sulla pagina. Non avete molto tempo.

Fili deglutì.-Noi...lo faremo-. Poi una domanda lo colse. Si guardò intorno, cercando di scorgere qualcuno oltre a suo fratello e Tauriel.-Ma tu...tu chi sei?

I secondi che scorsero tra la domanda e la risposta parvero interminabili. Poi, il familiare ticchettio riprese, e un'unica parola lampeggiò sullo schermo bianco.

Bilbo.

 

Thud!

Il corpo di Bard impattò con violenza contro la saracinesca del garage, e poi l'uomo indietreggiò barcollando, massaggiandosi la spalla con una smorfia di dolore.

-Ti lusserai solo una spalla così-lo informò Thranduil in tono piatto. Passò il fazzoletto su una vecchia sedia che qualcuno aveva lasciato in garage, e poi vi si sedette, accavvallando le gambe.

Bard lo perforò con lo sguardo.-Potresti anche aiutare!

-Sono già stato abbastanza coinvolto in questa storia senza dovermi rovinare anche il vestito, grazie. E ad ogni modo, non credo che in due otterremmo grandi risultati.

Bard gli lanciò uno sguardo esasperato, quindi scosse la testa, mentre estraeva il cellulare e gettava un'occhiata allo schermo. Il suo volto si contorse per la frustrazione. -Il tuo cellulare prende?

-Sarei ancora qui, se così fosse?

Bard dovette trattenere l'impulso di serrargli le mani intorno alla gola, e stringere, fino a quando non gli avesse fatto passare quell'espressione imperturbabile. Le pareti del garage sembravano d'un tratto essersi serrate attorno a loro come le sbarre di una gigantesca gabbia. Non c'era modo di aprire la porta, e nessuno di loro aveva modo di comunicare con l'esterno. Thorin aveva organizzato tutto alla perfezione.

Eppure ci dev'essere qualcosa che possiamo fare!

Esplorando l'ambiente alla ricerca di una via di fuga, i suoi occhi trovarono qualcosa che attrasse la sua attenzione. Senza dire una parola, Bard si portò accanto alla macchina di Thorin, e con un pugno deciso sfasciò il finestrino, allungando poi la mano all'interno per aprire la sicura.

Dalla sedia su cui si era accomodato, Thranduil gli lanciò uno sguardo perplesso. -Comprendo che sfasciargli la macchina sia un gesto altamente liberatorio, ma a che pro?

Bard sbuffò nell'introdursi all'interno del veicolo.-Immagino che tu non sappia far partire una macchina senza le chiavi.

-Per chi mi hai preso? Io nemmeno guido-sbottò Thranduil, modificando leggermente la sua posizione. Mentre osservava Bard che, chino sotto il volante, armeggiava con i cavi, un sopracciglio elegantemente disegnato si sollevò fino all'attaccatura dei capelli. -Posso sapere, una volta accesa la macchina, come hai intenzione di fare per lasciare il garage?

-Un problema alla volta, se non ti dispiace!- gli rispose la voce irritata di Bard dall'interno del veicolo.

Ecco, quasi...

In quel momento, sentì Thranduil chiamarlo.-Bard...

-Un attimo!

-Lungi da me metterti fretta-ribatté Thranduil-ma la porta del garage si sta aprendo.

Bard, estereffatto, alzò la testa da sotto il volante, e in quel momento scorse il movimento della saracinesca che si alzava da terra, e tre figure che si precipitavano all'interno. Erano i due nipoti di Thorin, e la ragazza che era con loro.

-Dobbiamo fare presto, Theoden non...-La ragazza era stata la prima a entrare, ma si bloccò sul posto, sul viso un'espressione sconvolta.-Thranduil?

-Tauriel?-Thranduil non sembrava meno sorpreso di lei, mentre si alzava e le andava incontro.

-Cos...?-Il più giovane dei due ragazzi, quello che a Bard pareva di ricordare si chiamasse Kili, si fermò a bocca aperta, passando lo sguardo dall'una all'altra.- Che ci fai tu qui?

-Sentite, non abbiamo tempo-s'intromise il ragazzo biondo-il fidanzato di Sigrid, ricordò Bard con un sussulto.-Thorin sta andando contro Azog, ed è da solo, e ...

-Lo sappiamo-risposero Bard e Thranduil in perfetto sincrono.

Il ragazzo li fissò con la meraviglia negli occhi.-Come fate a...

-E' la stessa domanda che potremo fare a voi, ma temo che non abbiamo il tempo-replicò Bard, uscendo dal veicolo.-Piuttosto, qualcuno ha la chiavi di questo trabiccolo?

-Ce le abbiamo noi-uno sguardo corse tra i tre, e Tauriel annuì con un movimento secco, afferrando al volo le chiavi che Fili le aveva lanciato e corse verso la macchina. Kili le tenne indietro, fermandosi con un singulto strozzato quando si accorse del finestrino sfasciato. -Che avete fatto alla macchina?- gridò, con le mani nei capelli.

-Pagherò i danni- ribatté sbrigativo Bard, mentre, senza tanti complimenti, afferrava Thranduil per un braccio e lo spingeva verso il veicolo.

-Un momento- l'uomo puntò improvvisamente i piedi- Qualcuno, almeno, ha avvertito la polizia?

-Lo abbiamo fatto noi- Fili si gettò rapidamente sul sedile posteriore, mentre davanti a lui Kili si accomodava accanto a Tauriel al posto di guida. -Muoviamoci, presto!

Bard e Thranduil si scambiarono uno sguardo, e poi quest'ultimo si trovò buttato al posto centrale accanto a Fili, mentre, senza eccessiva delicatezza, Bard entrava a sua volta e chiudeva lo sportello.

-Non abbiamo tanto tempo- disse. -Sapete dove dobbiamo andare?

-Al cantiere all'inizio del porto- Tauriel mise in moto, e partì.

 

-In sostanza-chiese Bard, quando ebbero finalmente imboccato la via per il porto-qual'è il piano?

Nell'abitacolo, calò per qualche secondo un silenzio imbarazzato.Poi Kili disse:-Arriviamo, vediamo che sta succedendo e ci regoliamo di conseguenza?

-Che splendido piano-sibilò Thranduil, sarcastico.-Mi domando come mai non mi sia venuto in mente-Si rivolse a Bard.-Ti dispiace spostarti, Bard? Non sento più le gambe dalle ginocchia in giù.*

Bard lo ignorò, e si sporse verso Fili, appoggiandosi sulla spalla di Thranduil-Che armi abbiamo?

Gli occhi del ragazzo si dilatarono. -Un piede di porco nel bagagliaio...?- rispose con un filo di voce. -Credo?

L'uomo li fissò come se non credesse ai propri occhi. -Mi state veramente dicendo che stiamo andando ad infilarci in un covo di criminali senza nemmeno un'arma a disposizione?

-Logica Durin, Bard- ribatté Thranduil- Non sforzarti di capirla.

-Cosa vorresti dire?!- insorse Kili da davanti a lui.

-Ah, no, non cominciate!- lo fulminò Bard.-Non c'è vostro zio, vi ci mettete voi?

Kili sembrò sul punto di ribattere, ma poi si limitò a incenerire Thranduil con lo sguardo.

La ragazza al volante, decise Bard, era l'unica con un po' di buonsenso. Lei, almeno, guidava e stava zitta.

-Gradirei poter fare un'osservazione-intervenne la voce di Thranduil.

Bard si voltò di scatto verso di lui e sbottò:- Non sei l'unico incastrato nel sedile, ok?!

-L'osservazione non era questa.

Bard lo fissò, inarcando un sopracciglio, e Thranduil accennò con un cenno del capo a qualcosa alle sue spalle.-Quella macchina ci sta seguendo.

-Cos...-Bard si voltò a sua volta.

Thranduil aveva ragione. Una macchina nera li stava seguendo da vicino,e Bard aveva la più che netta sensazione di aver visto il viso sfregiato del guidatore nei dintorni del mercato, alcuni giorni prima che gli bruciassero il camion.

-Porca miseria!-sbottò. Si rivolse alla ragazza alla guida.-Tu...

-Tauriel-gli suggerì Thranduil.

-Tauriel- ripeté- pensi di riuscire a seminarli?

La ragazza si gettò un breve sguardo alle spalle, e poi riportò lo sguardo sulla strada, fredda e concentrata.-Sì.-Bard la vide staccare la mano dalla leva del cambio e portarla sul volante.

-Amore, che stai...-iniziò Kili.

Prima che potesse terminare la frase, Tauriel premette con forza il piede sull'accelleratore.

La macchina schizzò in avanti con forza improvvisa, schiacciandoli tutti contro lo schienale del sedile, e con suo sommo orrore Bard vide il loro veicolo guizzare con agilità tra tutti gli altri, lasciandosi dietro una scia di clacson e voci irate. Senza avvertirli Tauriel sterzò bruscamente in un vicolo angusto e si udì chiaramente il rumore della macchina che sfregava il muro, creando scintille di attrito. Improvvisamente, uno degli specchietti retrovisori si staccò dal sostegno e cadde a terra con un tintinnio.

-E' ancora là dietro?-domandò Tauriel.

Bard si gettò un'occhiata veloce alle spalle.-No, o perlomeno io non la...

BANG!

La macchina urtò con forza contro il muro adiacente, e Bard venne scagliato bruscamente in avanti, sbattendo la testa contro il sedile anteriore. Rimase ad occhi chiusi per qualche istante, aspettando lo scemare del dolore alla testa,e quando riaprì lentamente gli occhi, mormorò:-Credo di essermi appena beccato il colpo di frusta...

-State tutti bene?-Kili si sporse ansiosamente dal sedile anteriore, dopo essersi liberato dalla cintura.-Tauriel? Fee?

Entrambi annuirono, con smorfie di dolore dipinte sul volto, poi Fili aprì la portiera dalla sua parte.-Credo sia meglio farsela a piedi, da qui. Il porto non è lontano.

Bard annuì, massaggiandosi la nuca e scivolò fuori dalla macchina, seguito da Thranduil, apparentemente illeso.

-State bene anche voi?- al cenno d'assenso di entrambi, Fili rispose con un secco movimento del capo e li superò di corsa, oltrepassando la macchina distrutta.

-Fili- lo richiamò la voce quieta di Bard.

Il ragazzo si fermò in scivolata e si voltò verso di lui, sul volto un'espressione confusa. -Sì?

-Il piede di porco- rispose Bard col suo tono più amabile- Credo che potrebbe rivelarsi una buona idea.

Fili lo osservo, confuso, per qualche istante, quindi si riscosse. -Ah. Sì. Giusto.

-Guarda che cosa hai fatto alla macchina!- gemette Kili mentre il fratello apriva il bagagliaio. -Thorin ci ammazzerà quando lo scoprirà!

-Se Azog non uccide lui prima- intervenne cupamente Thranduil.

 

La sagoma del cantiere abbandonato si presentò a loro come l'immenso volto di uno spettro, i buchi quadrati delle finestre che si aprivano sulla facciata come occhi vuoti. Bard frenò l'impeto della sua corsa e si piegò in due, il respiro affannoso e le mani che stringevano le ginocchia.

-Un attimo...- ansimò. -Non ho più l'età per queste cose.

-Secondo voi è già lì dentro?- Kili lanciò un'occhiata ansiosa all'edificio. -Se sì, cosa facciamo?

-Troviamo un modo di fermarlo, non vedo molte alternative- Thranduil si fermò accanto a Bard. Nonostante avesse corso esattamente per lo stesso tempo, non aveva neppure un capello fuori posto. -Avete idea di quando si farà vivo Theoden?

-Non presto, temo.-Fili strinse le mani sull'impugnatura del piede di porco, e si diresse risolutamente verso la porta. Uno sguardo cupo corse tra lui e Bard nel momento in cui scorsero sul pavimento il catenaccio che doveva averla bloccata prima del loro arrivo.

-Entriamo-disse Bard, secco.

Spinse la porta, e ai loro occhi si presentò un'enorme stanzone vuoto, che un tempo doveva essere stato un magazzino, a giudicare dalle assi di legno ormai marcito che giacevano accatastate in un angolo. Bard fece risalire gli occhi lungo tutto l'edificio, soffermandosi sulla scala che portava al piano di sopra.

-Non mi piace-disse Thranduil arrivandogli accanto.

-Cosa?

-Avevamo previsto un incontro-replicò Thranduil-eppure non c'è nessuna guardia, nemmeno uno degli uomini di Azog a controllare che arrivi da solo o disarmato. Non ti sembra strano?

-E ti lamenti? Io la chiamo fortuna!-si fece sentire Kili.

-No-rispose Thranduil gelido.-Io la chiamo trappola.

-E hai perfettamente ragione- disse una voce, poi una mano spuntò dal buio e afferrò Tauriel per la gola.

 

Ragazze, potremmo piangere.

Quando pubblicammo il primo capitolo di questa storia, quindi verso Maggio, già solo arrivare al capitolo di Radagast ci sembrava la scalata dell'Everest. Non avete idea di quanto tempo è che abbiamo in mente la scena del garage, che venne fissata per la prima volta a Marzo, durante il camposcuola, su un pulman che da Atene ci portava a Micene (in realtà su quel pulman abbiamo proprio scritto tutta la trama, ma shh), quindi, beh, questo è un momento molto emozionante.

Senza farvi spoiler, possiamo dirvi che, se questo capitolo vi è sembrato denso, ricredetevi: non è niente in confronto a quello che deve arrivare!

Piccolo appunto*: il dialogo tra Thranduil e Bard sul sedile è preso da uno dei libri della saga di Evernight.

Altra cosa: per chi di voi non l'avesse capito, abbiamo immaginato che la moglie di Thranduil si fosse suicidata, giusto perché l'angst non è mai troppo, e perché io e Catcher non abbiamo niente di meglio da fare che inventare disgrazie. La colpa comunque è di Leila91 che ci ha spinto a pensarci :p

E niente, se non voglio fare un angolo d'autore lungo quanto il capitolo è meglio che mi fermi qui.

Speriamo abbiate gradito!

Un bacio a tutti,

Saitou Catcher

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11-8 luglio ***


Capitolo 11

8 luglio, ore 20:00

La prima cosa che Thorin notò fu il silenzio.

Un brivido gli corse lungo la schiena nel momento in cui mise piede oltre la soglia del cantiere e il suo sguardo registrò solo l'oscurità che lo avvolgeva da ogni parte come un mantello. L'unico rumore chiaramente udibile era quello regolare dei suoi passi mentre avanzava cautamente verso la scala che si delineava davanti a lui. Dovunque volgesse lo sguardo non vedeva che ombre nere e pastose, eppure la sensazione di essere osservato gli sfiorava la schiena con l'intensità di una percezione fisica.

Poi i suoi occhi notarono la porta in cima alle scale, e la mano gli si strinse quasi automaticamente sull'impugnatura della pistola, mentre la estraeva dalla tasca e faceva scattare il caricatore con un secco click.

Lui è lì.

Prese a salire i gradini, continuando a guardarsi intorno, ma nessuno emerse dall'ombra, nessuna voce infranse il silenzio per fermarlo. Da una parte la cosa lo inquietava, dall'altra ne era lieto. Nessun impedimento sarebbe venuto a frapporsi fra lui e il suo obiettivo.

Quando ebbe superato l'ultimo gradino, si trovò davanti la porta, e, per la prima volta, la gelida e autodistruttiva determinazione che aveva guidato ogni sua azione negli ultimi tre mesi vacillò. Non dubitava che sarebbe stato in grado di uccidere Azog nel momento in cui se lo fosse trovato davanti. Ma dopo?

Bilbo Baggins è morto. E uccidere chi te lo ha portato via non lo farà ritornare indietro.

Se davvero valeva così tanto per te, la vita di un verme come Azog non pareggerà mai il conto!

Per la prima volta da quasi tre mesi, Thorin si concesse di chiedersi che cosa avrebbe pensato Bilbo. Che cosa avrebbe pensato di ciò che stava per fare, di tutto ciò che aveva fatto fino ad allora.

Chissà perché, aveva la sensazione di conoscere la risposta.

Dietro di lui, il fantasma dell'uomo che aveva amato vide l'ombra dell'odio abbandonare per un attimo il suo sguardo, e un lampo di qualcosa che sembrava esitazione scivolare sui suoi lineamenti. Per la prima volta, Bilbo osò sperare.

-Non farlo, Thorin- sussurrò- Sei ancora in tempo.

Poi Thorin spinse la porta ed entrò.

 

All'inizio, non vide nulla. Si trovava in una stanza rettangolare, completamente vuota per quanto riusciva a vedere, le finestre che davano sull'esterno coperte da spesse tende nere. Thorin girò su se stesso, la pistola puntata, ogni senso all'erta, quando una zaffata di fumo gli raggiunse le narici, e allora si bloccò. Lentamente si voltò, portando entrambi le mani sull'impugnatura della pistola, e la puntò dritto davanti a sè.

Alla luce incerta emanata dal sigaro, Azog il Profanatore sorrise.

-Thorin Durin- disse, con lo stesso tono che avrebbe riservato a un vecchio amico ritrovato dopo molto tempo.-Ti stavo aspettando.

-Immagino- fu la risposta. -Non sei affatto originale.

Le pallide labbra di Azog si storsero in quello che avrebbe potuto essere un sorriso. -E questo cosa sarebbe? L'ultima battuta di un condannato a morte?

Thorin inarcò un sopracciglio. -Condannato a morte?- ripeté, aggiustando la presa sulla pistola. -Non sono io quello che sta per morire.- il suo dito si piegò sul grilletto.

-Io non lo farei, se fossi in te-Azog alzò lentamente la mano, e Thorin si bloccò.-Ho detto ai miei ragazzi di non intervenire, ma potrebbero decidere di contravvenire agli ordini, se sentono uno sparo. Bolg è un figlio molto devoto, si preoccupa per suo padre.

Thorin si lasciò sfuggire un verso di disgusto. -Che cosa speri di fare? Di rimandare il momento in cui ti ucciderò?

-No, solo di farti capire quanto sei stato ingenuo a credere che un simile piano potesse funzionare- Azog si spostò lentamente lungo la stanza, apparentemente incurante dell'arma di Thorin che seguiva i suoi movimenti. -Se Thranduil decidesse di abbandonare il mondo degli affari, potrebbe fare l'attore. Quando mi ha telefonato ci sono quasi cascato... quasi. Poi ho pensato che tra quel suo improvviso cambio di direzione e l'amicizia sorta tra te e quel Bard ci fosse un parallelismo quanto mai inopportuno... e i fatti mi hanno dato ragione- Si fermò- Dimmi, che fine hai fatto fare ai tuoi amici?

-Non ha importanza.

Azog ridacchiò...un suono basso, eppure carico di minaccia.-No, immagino che non ne abbia. Prima o poi sarebbe dovuto accadere comunque, non è vero? Hai giurato vendetta nel momento stesso in cui è morto tuo nonno... e l'incidente di tre mesi fa dev'essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. -Scrollò le spalle con apparente indifferenza.-Sai, al giorno d'oggi è difficile trovare manodopera qualificata.

-Incidente?-ripeté Thorin, piano, e la rabbia cominciò a premere dentro di lui, forzando la diga che aveva eretto per non soccombere al dolore. Mosse un passo in avanti.-Incidente?

-Thorin...-mormorò Bilbo alle sue spalle, terrorrizato.-Thorin, cosa vuoi...

-Esatto- Azog non sembrava essersi accorto del lampo omicida apparso negli occhi di Thorin- Non ho l'abitudine di uccidere gente che non può crearmi danno, e a dire il vero l'obbiettivo eri tu, non il tuo fidanzato. Un vero peccato. Dovrò rimediare personalmente, a quanto sembra.

Thorin si fermò come se avesse ricevuto un colpo in pieno petto, gli occhi spalancati e vitrei come se osservassero l'uomo davanti a lui per la prima volta. Bilbo sentì lentamente il respiro dell'altro che accellerava mentre tutto il colore gli defluiva dal volto, e un'ombra calava sugli occhi di Thorin, caricandoli di un odio che avrebbe potuto ridurre Azog in cenere, se solo fosse stato liberato.

-Tu...- la parola gli uscì in un sibilo strozzato- Tu parli della sua vita come non contasse niente... della sua morte come se fosse solo un piccolo, banale incidente...- avanzò di un altro passo, ma adesso la mano della pistola tremava.

-Commovente- il tono di Azog trasudava disprezzo- ma sai, da quel che mi ricordo io , la persona di cui stiamo parlando non era altro che un piccolo, inutile esserino che non aveva altra funzione che quella di girarti intorno.

Nel momento stesso in cui ebbe finito la frase, Thorin ruggì.

Bilbo lo vide scattare verso Azog, aggraziato e letale come una pantera, e poi la canna della pistola colpì il gangster in pieno volto, con tale violenza da scagliarlo sul pavimento. Intontito, Azog puntò il gomito a terra, e tentò di rialzarsi, ma il calcio di Thorin lo raggiunse in mezzo agli occhi, e Bilbo udì il rompersi secco del setto nasale, prima che da questo iniziasse a eruttare sangue come una fontana. Il boss si contorse nuovamente, allungando la mano alla ricerca della pistola che era caduta sul pavimento, ma Thorin la spinse via con un calcio, e poi si chinò su Azog, schiacciandogli un ginocchio sul petto e premendo con tutto il proprio peso.

-Ripetilo.

La parola risuonò nello spazio fra loro, appena sussurrata. Azog aprì la bocca, ma tutto quello che ne uscì fu un suono strozzato, mentre Thorin lentamente scivolava in ginocchio e con la mano gli serrava la gola, stringendola nello stesso modo in cui aveva afferrato quella di Radagast.

Con uno strattone, Thorin sollevò l'altro uomo dal pavimento, portando i loro volti a pochi millimetri di distanza. -Non osare- ringhiò,e la sua voce era percorsa da un fremito d'odio, ma erano lacrime quelle che gli bagnavano le guance- non osare parlare di Bilbo come se non valesse niente!-La mano si chiuse a pugno, e poi la testa del boss scattò, spinta all'indietro dalla violenza del colpo.- Io lo amavo, Azog.-Un colpo.- Lo sai cosa significa?-Un altro colpo.-Lo sai cosa significa?-Un altro colpo, poi un altro, e un altro ancora, e la mano di Thorin non accennava a fermarsi benché le nocche fossero ormai rosse di sangue.Thorin continuò a colpire, i lineamenti dell'uomo sotto di lui distorti dalle lacrime in un'unica macchia confusa, e non era più la volontà di uccidere ad animarlo: era rabbia, rabbia pura e cruda, e ogni colpo era accompagnata da una parola, pronunciata da una voce che non aveva più nulla di umano.

-E tu... me lo hai... portato... via...- colpi su colpi, accompagnati dallo scricchiolio delle ossa.

Bilbo indietreggiò, inorridito, e voltò la testa per non vedere, per non subire lo scempio dell'uomo che amava, tramutato dal dolore in un animale. Basta, ti prego,basta!

Forse Thorin lo aveva udito, perché si fermò. Abbassò lo sguardo sull'uomo che stringeva fra le mani. Il volto del boss era ridotto a una maschera tumefatta, il sangue sprizzato dal naso e dalla bocca gli aveva ridotto la faccia a una smorfia grottesca. Ansimava, il respiro che gli fuoriusciva dal naso in un sibilo quasi inudibile.

Lentamente, Thorin abbassò lo sguardo sulle proprie mani, e le vide rosse, rosse di sangue, e un'immagine gli balenò nella mente, sovrapponendosi alla realtà: la sua mano, rossa esattamente com'era adesso, ma quella volta il sangue che la ricopriva era di Bilbo.

La nausea salì a chiudergli la gola, e d'un tratto avvertì violento l'impulso di allontanarsi da quel luogo,il desiderio di cancellare ciò che aveva appena fatto. A fatica, con il corpo scosso da tremiti, cominciò ad allontanarsi da Azog, le gambe troppo instabili perché potesse alzarsi in piedi, lo stomaco che dentro di lui si serrava in un nodo sempre più stretto.

Poi, da dove era rimasto accasciato, vide la testa del suo nemico voltarsi verso di lui, e i suoi occhi incontrarono il suo sguardo, accesi da una scintilla sinistra.

Incredibilmente, attraverso le ossa tumefatte e i denti rotti, Azog sorrise.

-Sei uno stupido, Thorin Durin- fu quello che disse.

Poi scattò in avanti, e Thorin si accorse troppo tardi del coltello che brillava nella sua mano sinistra.

 

-Tauriel!-urlò Kili, e poi scattò in avanti.

Bolg circondò Tauriel con un braccio, e con uno strattone la attirò contro di sè, strappandole un gemito.-Attento, marmocchio-sibilò. La lama di un coltello a serramanico premette improvvisamente contro la gola di Tauriel, e la ragazza cessò di dibattersi.-Non vorrai che la tua pollastrella si faccia male.

Kili si bloccò sul posto, il volto deformato dall'angoscia, e alle sue spalle Bard e Thranduil si scambiarono uno sguardo.

Da dietro il volto esangue di Tauriel, Bolg fissò i quattro uomini di fronte a lui con estrema attenzione, lasciando alternativamente scivolare lo sguardo dall'uno all'altro. -Devo ammettere che mi avete colto di sorpresa- osservò. -Non vi aspettavamo così numerosi.

Un fruscio riempì l'aria intorno a loro, e d'un tratto una decina di uomini emerse dall'oscurità del cantiere, le armi puntate contro il gruppetto al centro della stanza. Fili s'irrigidì, e la sua mano si serrò sull'avambraccio di Kili, cercando di tirarlo dietro le sue spalle.

-Lascia andare la ragazza-intervenne Thranduil, facendo un passo avanti.-Abbiamo avvertito la polizia. Saranno qui a momenti.

Bolg emise una risata sguaiata.-Molto astuto, ma non vi credo nemmeno per un secondo... e se anche fosse, ho ben cinque ostaggi.-Fissò Thranduil con qualcosa di simile alla delusione.-Sai, Thranduil, ero davvero convinto che avessi messo la testa a posto...ma mio padre dice che non saresti mai sceso a compromessi con gente come noi.

-Fa piacere sapere che c'è almeno qualcuno che ha una buona opinione di me-sibilò Thranduil, sarcastico.

Gli occhi di Bolg si serrarrono nell'incontrare quelli di Bard.-E tu sei come una muffa. Più uno cerca di estirparti, più ti appiccichi.

-Si fa quel si può-Bard scrollò le spalle con simulata indifferenza. La sua mente stava lavorando frenetica alla ricerca di una via d'uscita...che al momento sembrava non esserci.

-Beh, spero che non vi dispiaccia se per il momento mi occupo io della vostra accoglienza. A mio padre piacerebbe, ma è impegnato a intrattenere l'ospite d'onore- a quelle parole, gli occhi di Fili e Kili scattarono verso la scala alle sue spalle, e Bolg sogghignò, notando il panico nei loro volti. La lama del coltello affondò leggermente nella pelle di Tauriel, disegnando una linea rossa sul bianco della gola. -Non vi consiglio mosse avventate. La signorina qui è davvero notevole, e sarebbe un peccato rovinarle il suo bel faccino, non trovate?

-Lasciala- ringhiò Kili, il volto esangue per la rabbia- Lasciala, animale, altrimenti...

Bolg scoppiò a ridere. -Altrimenti cosa? Mi balbetti addosso?

Aveva appena finito di parlare che la testa di Tauriel scattò all'indietro, colpendolo sui denti. Per quanto colto di sorpresa, Bolg riuscì a non allentare la stretta, fino a quando i denti della ragazza non gli affondarono con ferocia nel braccio, strappandogli un urlo acuto. Tauriel si divincolò, sfuggendo alla presa del boss, e gli appioppò una gomitata nello stomaco, prima di roteare su se stessa, affibbiandogli un calcio in piena faccia.

-Maledetta...-Bolg barcollò come un ubriaco, le mani premute sulla bocca.-Maledetta sgualdrina!

-Giù!-gridò Bard in quel momento.

Si buttò su Thranduil, spingendolo a terra, e Fili fece lo stesso con Kili, mentre i proiettili fioccavano sopra le loro teste. Il primo ad alzarsi fu Fili. Si gettò in mezzo agli uomini di Bolg con un urlo belluino, roteando il piede di porco attorno alla sua testa, per poi abbatterlo sulla tempia del primo che gli capitò a tiro. Dietro di lui, Kili si alzò e sferrò un pugno in pieno volto ad un altro scagnozzo, mandandolo a sbattere contro l'uomo alle sue spalle.

A pochi passi da loro, il coltello mandò un lampo sinistro nella mano di Bolg, e l'uomo avanzò di un passo, le labbra tese all'indietro a scoprire i denti marci. Vibrò un fendente, e Tauriel si abbassò appena in tempo per evitarlo, indietreggiando allo stesso tempo per portarsi a distanza di sicurezza. Con un ruggito, Bolg si scagliò verso la ragazza, il pugnale teso di fronte a lui, e la mano di Tauriel gli calò di taglio sul polso, allentando la sua presa sul coltello.

Bolg non fece in tempo a recuperarlo: rapida come una biscia, Tauriel glielo sottrasse di mano e lo colpì alla spalla. Bolg cadde in ginocchio, il sangue che sgorgava a fiotti dalla ferita, e Tauriel lo colpì con il manico sulla tempia, mandandolo a terra.

Nel frattempo, Bard si era alzato, e aveva evitato per un pelo un proiettile, conficcato a pochi centimetri dove prima si trovava la sua testa. Strisciando all'indietro, la sua mano si chiuse su qualcosa di duro e rettangolare, forse un mattone che qualcuno aveva lasciato là, quando il cantiere era stato abbandonato: senza esitare Bard lo lanciò contro il suo aggressore, puntando alla testa. Aveva sempre avuto un'ottima mira, e non fallì nemmeno questa volta. L'uomo crollò a terra, e Bard ne approffittò per rimettersi in piedi.

-Bard!-gli gridò in quel momento Thranduil-Bard, abbassati!

Istintivamente, Bard obbedì, e Thranduil compì un mezzo giro su se stesso, mandando lungo disteso l'uomo che aveva tentato di colpire Bard alle spalle. L'uomo si rimise in piedi, alzando un sopracciglio nel momento in cui vide cosa l'altro aveva usato come arma.-Un estintore?

-Non il massimo della raffinatezza, ne convengo, ma qualcosa dovevo usare-senza troppa grazia, Thranduil gli sbatté l'estintore sul petto, prima di abbassarsi, e recuperare la pistola che giaceva ai piedi di Bard. Sotto lo sguardo stupefatto dell'altro, si sollevò e colpì alla gamba uno degli uomini che in quel momento si stava precipitando verso di loro, mandandolo a terra con un gemito.

Bard lo fissò, impressionato dalla luce fredda e metallica che splendeva negli occhi di Thranduil. -Non mi sembravi uno che sapesse sparare.

-Io non sembro molte cose, Bard- senza nemmeno guardarlo, Thranduil si diresse verso la scala che conduceva al piano di sopra, mentre, dietro di loro, Fili, Kili e Tauriel affrontavano gli ultimi scagnozzi rimasti.

Nel momento in cui anche l'ultimo rovinò a terra, Kili si passò una mano sul volto, lanciando uno sguardo perplesso alla sua fidanzata. -Dove hai imparato tutto quelle cose?

-Corsi di autodifesa- rispose Tauriel, ansimando. I suoi occhi si alzarono. -Ma dove...

Quasi a risponderle, la porta in cima alle scale vibrò, come se qualcosa vi fosse stato scagliato contro, e dietro di essa, risuonò un grido di dolore.

-Zio!-gridò Kili, e si slanciò immediatamente su per i gradini.

Fili e Tauriel sbiancarono nello stesso istante. -Fermo, idiota!- Fili scattò dietro al fratello, il volto bianco di terrore. -Fermati!

-Kili!- Tauriel si slanciò dietro di loro, sparendo in un attimo in cima alle scale.

 

Quando Thorin si alzò, non seppe dire nemmeno lui come avesse fatto. Le orecchie gli fischiavano tremendamente, oscurando qualunque altro suono, e le forme davanti ai suoi occhi continuavano a ondeggiare e confondersi. Si allontanò barcollando.

-Bastardo...

Azog rise, e si rimise in piedi a sua volta, un sorriso terribile quanto il coltello scintillante nella sua mano. Si slanciò in avanti, calando la lama dall'alto verso il basso, e Thorin riuscì a schivarla per un pelo, finendo addosso al muro.

Pensare...devo pensare...che fine ha fatto la pistola?

Non ebbe il tempo di darsi una risposta, perché la lama saettò nuovamente, aprendogli un taglio sul volto, e Thorin urlò. Scattò di lato, metà del viso che pulsava e bruciava, e sferrò un pugno, ma la sua mano sfiorò la guancia di Azog senza colpirla. Gli occhi del boss erano uno spettacolo terribile da vedere, enormi e fissi nel viso ricoperto di sangue, animati da uno scintillio di folle esaltazione.

-Era ora che questo giorno arrivasse, Thorin Durin...- sussurrò, e questa volta fu il suo pugno a scattare, fu il capo di Thorin a piegarsi all'indietro, accompagnato dal secco scricchiolio delle ossa rotte. Il mondo attorno a lui ondeggiò e si sciolse, e un altro colpo di Azog lo ridusse in ginocchio. -Prima ho ucciso tuo nonno, e adesso ucciderò anche te.

Devo fare qualcosa! Questo era l'unico pensiero che riusciva a formulare la mente di Bilbo. Devo fare qualcosa, adesso, altrimenti Thorin è spacciato!

I suoi occhi percorsero freneticamente il locale, alla ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa che potesse risultargli utile come arma, e il suo sguardo si appuntò sulla sbarra di ferro che sorreggeva le tende.

Questa volta non ebbe nemmeno bisogno di concentrarsi: la sua mano si serrò sul tessuto, e poi, con un deciso strattone, Bilbo tirò la tenda, con tale forza da sradicare la sbarra del muro.

Sotto di essa, i due uomini alzarono lo sguardo nello stesso momento. Thorin riuscì ad allontanarsi, Azog no.

L'asta di metallo calò con forza sulla sua spalla, e un urlo strozzato fuoriuscì dalla gola dell'uomo. Barcollando, Azog si allontanò, le dita serrate intorno alla parte ferita.

Via, Thorin, pensò Bilbo Vattene, adesso!

Ma Thorin non le fece. Si drizzò nuovamente, fluido, come se sentisse più alcun dolore, e si diresse verso Azog. Il sangue che gli colava dal volto gli formò dietro una scia di piccoli medaglioni rossi.

-No-disse Thorin, tranquillo.-Non ucciderai anche me, a quanto sembra.

Afferrò la sbarra e fece per sollevarla, ma Azog l'aveva afferrata a sua volta. Il boss si rimise lentamente in piedi, sputando sangue.-Questo è quel che vedremo.

Con uno scatto secco, strappò l'arma dalla presa di Thorin e poi la fece roteare. Bilbo vide Thorin saltare indietro per evitare il colpo, ma non abbastanza in fretta: l'asta lo colpì dritto nel fianco, e Thorin sbiancò, le sue labbra si dischiusero in un urlo senza suono.

-Uno a zero per me-sogghignò Azog.

Alzò la sbarra sopra la testa, e fece per colpire, ma Thorin si abbassò, si raddrizzò, si gettò in avanti, e quando fu di nuovo ribalzato indietro, un coltello era stretto nella sua mano e sangue colava lungo la coscia del boss.

-Parità-ringhiò Thorin.

Rimasero per qualche istante in piedi l'uno di fronte all'altro, i respiri ansimanti e l'umido rumore del sangue a riempire il silenzio, poi Thorin scattò. Ignorando le fitte di dolore che gli azzannavano il cervello, si scagliò in avanti, mirando al cuore, e si udì lo stridio del metallo contro metallo, quando Azog parò il colpo usando la sbarra.

-Tutto questo è davvero ridicolo- sussurrò Azog- Sarebbe bastato così poco per evitarlo...

Si gettò con tutto il suo peso contro l'avversario e Thorin non riuscì a reggere l'impeto: il suo corpo impattò contro la porta con un tonfo sordo, e un grido vi fece immediatamente seguito.

Ringhiando, Thorin lo spinse indietro e scivolò di lato, ansimando: non c'era colore sul suo volto, vide Bilbo, mentre lo guardava portarsi una mano al fianco.

Azog avanzò di qualche passo, sul volto un sorriso perverso, la sbarra di ferro sempre stretta tra le mani. Alzò le braccia, con l'evidente intenzione di caricare un colpo... e poi l'asta di ferro si mosse tra le sue mani, colpendolo al viso con forza inaudita.

-Cos...?- Thorin fissò il suo nemico con gli occhi sbarrati, mentre lo vedeva indietreggiare barcollando, con la sbarra che gli si agitava tra le mani come se avesse assunto una volontà propria.

-Che diavolo...?- ringhiò Azog, il volto imperlato di sudore, cercando di ristabilire la presa.

Davanti a lui, invisibile, con le mani serrate con forza attorno al metallo, Bilbo lottava per strappargli l'asta dalle mani, il volto serrato in un ringhio: al contrario di Azog, lui non percepiva la fatica, ma la sua forza fisica rispecchiava esattamente quella che avrebbe avuto in vita, e sapeva che non sarebbe riuscito a reggere ancora per molto.

 

Bard soffocò un'imprecazione, lanciandosi in avanti per seguire i tre ragazzi...e poi si fermò ai piedi delle scale, il volto una maschera di puro orrore.-Attenti!

Non ebbe il tempo di fare nulla: il pugno lo centrò in piena faccia, facendolo cadere addosso a Thranduil, e poi si udì un urlo, nel momento in cui la mano di Bolg, slanciatosi sulle scale, si chiuse con forza attorno ai capelli di Tauriel, fermandola a metà della scala.

-Te la farò pagare, maledetta sgualdrina!-un pugno la colpì al ventre, facendola piegare in due.-Ti riduco le ossa in briciole, e ti faccio pentire di essere nata!

Sulla sommità delle scale, Kili si voltò di scatto, e il suo volto perse ogni traccia di colore. -Tauriel!- gridò con voce strozzata. Fece per slanciarsi giù, ma Fili lo afferrò per un braccio e lo tirò indietro, spingendolo contro il muro.

-Lasciala andare!- Kili urlava come un pazzo, dibattendosi nella stretta del fratello. -Lasciala andare, subito!

Capì di aver fatto un errore nel momento in cui Bolg sorrise.

-Come vuoi.

Sollevò Tauriel, tramortita dal colpo, sopra la testa, come se non pesasse nulla, e poi i quattro uomini la videro rotolare lungo i gradini di ferro, in un turbine di capelli rossi. Quando atterrò in fondo alle scale, non si mosse.

Per qualche istante, tutti rimasero immobili, come se il tempo si fosse fermato, poi scattarono tutti insieme: Bard e Thranduil corsero in direzione di Tauriel, Bolg avanzò con un sorriso animale sul volto, e Fili e Kili si slanciarono giù per le scale, gli occhi scintillanti di furia.

Bolg non fece in tempo ad evitarli: i due ragazzi gli arrivarono addosso contemporaneamente, urtando il muro in un unico groviglio di corpi. Una manata spinse Fili lontano dalla mischia, ma Kili aumentò la forza dei colpi, serrando le mani attorno al collo di Bolg in una stretta feroce.

Con un ringhio, il boss si staccò dal muro e si scagliò in avanti, con l'evidente intento di schiacciare il giovane contro la ringhiera. All'ultimo momento, Kili scivolò via dal suo avversario e gli fu alle spalle, circondandogli le spalle con entrambe le braccia. Bolg si dibatté ferocemente nella sua presa, schiumante di rabbia, ma Kili gli rimase avvinghiato, il volto contorto in una smorfia di feroce concentrazione.

-Fili!-gridò.-Fee, aiutami!

In un attimo, Fili gli fu accanto, lo sguardo limpido e determinato, e afferrò Bolg a sua volta. Per qualche istante, non si riuscì a vedere altro che l'intrico di corpi che si dibatteva sulla scala.

-Fa qualcosa!-urlò Bard a Thranduil.

-E cosa?-sibilò quest'ultimo.-Non posso sparare, finirei sicuramente per colpire uno di loro! E...

Non finì mai la frase. Si udì un urlo, un tonfo, e poi il corpo di Bolg superò la ringhiera, precipitando al suolo con un disgustoso rumore di ossa infrante. Bard distolse lo sguardo.

Sopra di loro, Fili si accasciò sui gradini, ansimante, ma Kili si slanciò immediatamente verso il basso, buttandosi in ginocchio accanto a Tauriel. Gettò a Thranduil uno sguardo pieno di terrore e di supplica.-E'...

-E' viva-disse Thranduil, brusco.-Ma a occhio e croce, ha il braccio rotto, e forse anche qualche costola.

-Amore...-Kili posò una mano sulla spalla di Tauriel, quasi temesse di romperla.-Tauriel...mi senti?

Dopo qualche istante, lei aprì gli occhi, e sbatté le palpebre.-Kili...?

-Oh, sia ringraziato il cielo-mormorò Kili e le sorrise, cercando di celare le lacrime che gli imperlavano gli occhi.-Fatta un pisolino, amore?

-Kili...-Tauriel tentò di alzare una mano, ma la lasciò ricadere lungo il fianco con una smorfia di dolore.-Tu...tu stai bene?

Per qualche istante, il giovane sembrò troppo sconvolto perfino per parlare.Poi levò gli occhi sui suoi compagni-Sto bene?-ripeté.-Ma è incredibile! E' appena stata pestata a sangue, e chiede a me se sto bene! Io non ho parole!

Fili aprì la bocca per rispondergli qualcosa, ma un rumore proveniente dall'esterno lo interruppe. Kili sbiancò.-Cos'è quello?

-Sono sirene-rispose Thranduil. Per la prima volta dall'inizio di quella giornata, sembrava soddisfatto.-E' arrivata la polizia.

 

I quattro si guardarono negli occhi per qualche secondo, il sollievo nei loro occhi che si scontrava con la consapevolezza che non era ancora finita. Alla fine, fu Fili a rompere il silenzio, dando voce ai pensieri di tutti.

-E Thorin...?

-Lassù, suppongo.-Bard alzò lo sguardo verso la porta in cima alle scale, poi si alzò. -Fili, Kili, voi restate con lei. Thranduil, vieni con me.

Thranduil annuì con un secco cenno del capo, e si rimise in piedi a sua volta, subito imitato da Fili. Gli occhi del giovane Durin erano freddi, adesso, e carichi di determinazione.

-Io vengo con voi-disse semplicemente.

Bard scosse la testa.-No, è troppo...

-Vengo con voi-era un ordine, compresero entrambi, non una richiesta.-Kili, rimani con Tauriel, e informate Theoden quando arriverà.

Il ragazzo annuì, le mani saldamente intrecciate a quelle di Tauriel, ma i suoi occhi si appuntarono sul fratello, colmi di un silenzioso timore.

-Andrà tutto bene, Kili- Fili pronunciò quelle parole con voce bassa e decisa, ma non sembrava crederci davvero.

Gli ultimi gradini furono percorsi in un silenzio quasi religioso, ogni senso all'erta per captare la presenza di eventuali difensori. La porta si parò davanti a loro, grigia, metallica e all'apparenza impenetrabile, ma al di là si potevano udire chiaramente i rumori soffocati della lotta.

Un solo sguardo corse tra i tre uomini, e poi Bard si fece avanti, l'estintore saldamente stretto tra le mani.

-Fermo- sussurrò Thranduil.

Fili gli lanciò uno sguardo esasperato, serrando e aprendo spasmodicamente i pugni. -C'è mio zio, dietro a quella porta. Non possiamo aspettare!

-C'è Azog dietro a quella porta- gli occhi di Thranduil non si separarono un attimo da quelli di Bard- Cosa vogliamo fare al riguardo?

Bard li fissò entrambi con un'espressione perplessa.-Usiamo l'estintore?-suggerì poi, sollevandolo.

-Mi domando perché abbiate tutti piani così geniali da queste parti-borbottò Thranduil, e poi si ritrasse, nel momento in cui vide l'estintore alzarsi e poi calare sulla maniglia, con un suono secco.

La porta si aprì, e Fili si precipitò immediatamente dentro, bloccandosi quando i suoi occhi colsero la scena nella sua interezza: Thorin inginocchiato a terra, una mano premuta sul fianco, e sul volto una smorfia di dolore, e Azog che incombeva su di lui, il volto sporco di sangue e una mano stretta su una lunga asta di ferro.

Non ci fu nemmeno bisogno di guardarsi, prima di intervenire: Fili si gettò verso lo zio, sul viso un'espressione di gelida furia, e Bard e Thranduil oltrepassarono la soglia, quest'ultimo con la pistola puntata di fronte a sé, lo sguardo freddo e determinato.

-Fermo dove sei- fu tutto quello che disse.

La sorpresa fece quasi scivolare la sbarra dalle mani di Azog, mentre Thorin si voltava e spalancava gli occhi, scioccato, il volto che sotto lo strato di sangue perdeva ogni residuò di colore. -Fili?- sussurrò, la voce ridotta ad un suono strozzato. I suoi occhi si alzarono, fino a catturare le figure di Bard e Thranduil. -Cosa ci fate voi due qui?

-Siamo venuti a salvarti la vita- ribatté Thranduil, senza distogliere la mira da Azog- Non preoccuparti, nessun disturbo.

Fili si portò subito al fianco di Thorin, prendendogli un braccio per aiutarlo a rialzarsi.-Zio, stai bene?

-Tu cosa diamine ci fai qui?-sibilò Thorin, strappandosi alla sua presa e lanciandogli un'occhiata che lo fece tremare come un bambino sorpreso a rubare la marmellata.

-Siamo...beh, siamo venuti ad aiutarti-balbettò Fili, indietreggiando.-Ma stiamo tutti bene...voglio dire, anche Kili...

-Hai portato qui tuo fratello?

-Fossi in te, non gli urlerei addosso, visto che la colpa di tutto questo è tua-ritorse Bard.

-Molto commovente- Azog pronunciò queste parole con voce arrogante, nonostante un lampo di paura si fosse acceso in fondo al suo sguardo. Si mosse cautamente attraverso la stanza, gli occhi fissi sul volto impassibile di Thranduil. -Devo dire che mi hai sopreso, Durin. Non mi aspettavo i rinforzi.

-Nemmeno lui, se è per questo- rispose Thranduil- Ti consiglio vivamente di lasciare quella sbarra, Azog. I tuoi uomini sono stati messi fuori gioco, e la polizia è in arrivo. Arrenditi, se vuoi avere una possibilità.

-Una possibilità di cosa?- la voce di Azog grondava disprezzo. -Non mi freghi nemmeno per un secondo, Thranduil. E Bolg non vi permetterà niente del genere.

-Tuo figlio è morto- intervenne Bard.

Due paia d'occhi scattarono verso di lui, accesi da una selvaggia soddisfazione quelli di Thorin, vitrei e fissi quelli di Azog. Per un istante, il Profanatore sembrò a corto di parole, e poi il suo viso si accartocciò in un'espressione di furia selvaggia. -Pareggeremo anche questo, Thranduil.

-Senz'altro- l'altro uomo non sembrava particolarmente impressionato- ma, dato che al momento sono io ad avere una pistola in mano, lascerei la vita di mio figlio da parte, se volessi arrivare in galera tutto intero.

-Uhh, che paura- fu la risposta- E adesso vi dispiacerebbe spiegarmi cosa avete intenzione di fare? Trattenermi fino all'arrivo della cavalleria?

-La cavalleria è già arrivata, figlio di puttana!

Al suono di quella voce, tutti e cinque gli uomini si girarono verso la porta con un'identica espressione di stupore; poi una decina di poliziotti sciamarono all'interna della stanza, chiudendo Azog in un anello di pistole, e Theoden si fece avanti, l'arma puntata, e gli occhi in tempesta.

-Metti immediatamente giù quell'arma, Azog-ordinò con voce stentorea-e metti le mani sopra la testa.

Azog rimase in silenzio, simile a una grossa belva in procinto di attaccare, gli occhi ferocemente fissi su Thorin. Poi aprì le dita, e l'asta gli cadde ai piedi con un tintinnio sonoro.

-Mettetegli le manette e portatelo via-disse Theoden.

Azog il Profanatore non disse una parola, uando gli anelli d'acciaio gli serrarono i polsi. Un solo, lungo sguardo passò tra lui e Thorin mentre veniva trascinato via, e poi l'uomo scomparve oltre la soglia.

La porta alle loro spalle si chiuse con un tonfo, e poi Theoden si voltò lentamente verso di loro, il petto che si alzava a prendere un lungo, pesante respiro.

-Voi tre- disse, e il suo sguardo si abbatté su di loro con la violenza di un'incudine- Datemi una sola, valida ragione per cui non dovrei sbattervi in galera e buttare via la chiave.

Thranduil rimase impassibile, e Thorin fece una smorfia. Solo Bard ebbe la decenza di apparire un minimo contrito.

E fu proprio a lui che Theoden si rivolse, non avendo ricevuto risposta.-Tu!-Gli abbaiò, con tanta violenza che Bard trasalì.-Io mi fidavo di te! Ti credevo una persona di buon senso!

-Lo credevo anch'io-mormorò Bard, evitando accuratamente lo sguardo del commissario.

-Hai tre figli a cui badare!

-Lo so.

-E lei!-Theoden rivolse un'occhiata feroce a Thranduil.-Come ha potuto farsi coinvolgere in un'idiozia del genere?

-Me lo domando anch'io-sibilò Thranduil, gettando uno sguardo velenoso in direzione di Thorin.

-Quanto a lei, signor Durin...-iniziò lentamente Theoden, e poi si bloccò. I suoi occhi si appuntarono sul fianco di Thorin,e nel seguire la direzione del suo sguardo, anche Fili si avvide di ciò che prima gli era sfuggito: una macchia di sangue che si allargava gradualmente sul tessuto della camicia, là dove il coltello di Azog l'aveva raggiunto.

-Zio...-chiese esitante.

-Signor Durin?-intervenne Theoden, allarmato.

Thorin scosse appena la testa.-Non...

Poi le ginocchia gli cedettero, e sarebbe caduto, se le braccia di Fili non fossero intervenute a sorreggerlo. Thorin scivolò a terra, e Fili fissò il sangue che gli sfuggiva dalle dita contratte con uno sguardo di puro terrore.-Zio!

-Mandate a chiamare l'ambulanza, subito!-la voce di Theoden si infranse contro le orecchie di Thorin come se venisse da molto lontano, poi avvertì la durezza del pavimento sotto la testa, e il mondo intorno a lui era diventato improvvisamente un'unica bolla dai contorni confusi, in cui tutte le voci ondeggiavano e si confendevano.

-Zio! Zio, oh, no, oh, no, non provarci nemmeno...aiutatemi!

-Tienilo fermo- questa era la voce di Thranduil- Bard, passami la giacca.

Qualcosa premette con forza sul punto ferito, e Thorin ebbe una vaga percezione di dolore trovarsi il fianco. Altre voci si sommarono a quella di Thranduil, cariche di panico, di concitazione, di paura, e Thorin chiuse gli occhi, infastidito dalla barriera di rumore pulsante che gli premeva contro le orecchie.

-Thorin- la voce di Bard sembrava lontanissima, profonda ed echeggiante come il rintocco di una campana- Thorin, mi senti? Resta sveglio! Non puoi addormentarti! Concentrati sulla mia voce, concentrati su qualsiasi altra cosa, ma resta sveglio!

E poi una voce si sovrappose alle altre, una voce più alta e squillante, e qualcosa dentro di Thorin si fermò. Perché quella era la voce che aveva anelato di udire per tutti quei lunghissimi interminabili mesi, la voce che aveva sepolto in fondo al cuore perché non potesse più tormentarlo con la sua assenza, la voce che era sempre stata con lui, e che lui non aveva mai dimenticato.

No, pensò, non è possibile.

-Se ti azzardi a morire, Thorin tre volte stramaledetto Durin, non te lo perdonerò mai e poi mai! Mi senti?Non dopo tutto quello che ho fatto per salvarti! Non azzardarti a morire, Thorin, non m'interessa cosa fai, ma non azzardarti a morire adesso!

-Non c'è bisogno di urlare-replicò Thorin, avvertendo gli occhi bruciare dietro le palpebre chiuse. -Ti sento benissimo.

Accanto a lui calò il silenzio, e per un attimo la paura di aver allontanato Bilbo da lui, come troppe volte era successo nella realtà, gli fermò il cuore. E poi la voce riprese, questa volta molto, molto bassa, come se chi parlava non fosse in grado di credere alle sue stesse parole.

-Thorin- sussurrò. -Apri gli occhi.

Thorin scosse appena la testa. Non voleva aprire gli occhi, non voleva rendersi conto che era tutto un'illusione, che Bilbo era ancora morto, ancora lontano da lui.-No.

-Thorin-ripeté la voce, questa volta più dolce, ma anche più pressante.-Thorin, ti prego, fallo.

E poi Thorin aprì gli occhi e lo vide.

 

-Si riprenderà?- chiese Fili, ansiosamente. Stava cercando di mascherare quanto fosse nel panico, e stava miseramente fallendo.-Voglio dire, la ferita non è grave, vero?

-Non saprei dire-replicò Thranduil, secco.-Non sono un'esperto di questo genere di ferite, e non ho idea se il coltello abbia leso o meno organi vitali. Quello che so è che sta perdendo troppo sangue, e la cosa non mi piace affatto.

Fili deglutì, lacrime iniziarono a formarsi nei suoi occhi,e poi afferrò la mano di suo zio, cercando di ignorare quanto fosse fredda.-Non morire, zio-sussurrò-Non è il momento di andartene ora.

 

Forse il cuore di Thorin si fermò in quel momento, o forse in realtà quello che sentì fu il primo battito dopo molto tempo. Forse, quello che provò nel momento in cui aprì gli occhi fu solo quel che si prova quando tutto gli ingranaggi tornano al loro posto, e si capisce per la prima volta cosa significhi davvero essere a casa.

Perché quello che provò Thorin nell'istante in cui i suoi occhi si aprirono e il suo sguardo si posò per la prima volta su Bilbo non fu dolore, ne' stupore, ne' nessuna emozione chiaramente definibile. Sentì solo che era giusto che fosse così, che forse, alla fine, tutto quel dolore e quel vagare non erano stati privi di senso, se Bilbo era di nuovo lì, e nulla contava più, ne' le ferite, ne' il dolore, ne' Azog, ne' tutto quello che era appena accaduto, perché adesso Bilbo era lì, e tutto tornava al suo posto.

Erano lì. Erano insieme. Erano loro.

-Bilbo.

Bilbo sorrise, e sentì sciogliersi qualcosa dentro di lui, qualcosa che era commozione, gioia, amore, e ringraziò silenziosamente dentro di sè chiunque avesse concesso loro questo, quest'ultimo momento insieme.

-Ciao, amore-sussurrò, inginocchiandosi accanto a lui.-Mi sei mancato.

Thorin lo fissò, e poi avvertì i propri occhi riempirsi di lacrime. Fu una cosa strana, sentire il dolore tornare a farsi realtà nei suoi occhi.

-Sei qui- fu tutto quello che riuscì a dire. -Sei qui.

-Ci sono sempre stato- le palpebre di Bilbo si mossero appena, come se anche lui dovesse scacciare delle lacrime- Ci sarò sempre.

La mano di Thorin si mosse, lieve, tremante, verso la sua guancia, e qualcosa dentro di lui si contrasse dolorosamente.

-Thorin, no- si tirò appena indietro- Non puoi...

Nel momento in cui Thorin lo toccò, la voce gli morì in gola.

Non fu come quando aveva sperimentato il movimento degli oggetti insieme a Vili; una semplice, vaga reminescenza di ciò che in vita era stato il senso del tatto. Questo era reale. Era reale, ed era più di quanto Bilbo avesse mai sperato, e sognato, e sopraffatto, portò la propria mano a coprire quella di Thorin, premendole entrambe sulla propria guancia.

Per un istante rimasero entrambi immobili, scioccati, assaporando ogni stilla di quel contatto insperato; e poi, Thorin si levò di scatto a sedere, e Bilbo fu tra le sue braccia, premuto contro il suo petto, le sue mani strette alle spalle di Thorin con la disperazione di un naufrago, e sulle guance il calore amaro delle lacrime.

-Oh, Bilbo mi dispiace- singhiozzò- Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace. Io non volevo che tu morissi. Io volevo sposarti, restare con te per sempre. Bilbo, perdonami, è andato tutto nel modo sbagliato...

-Lo so- rispose Bilbo, immobile nell'abbraccio di Thorin, com'era sempre stato e come avrebbe dovuto essere sempre. -Credimi, lo so.

-E' stata colpa mia...

-No-Bilbo allontanò Thorin quel tanto che bastava per prendergli il viso tra le mani e fissarlo negli occhi. Come aveva fatto a resistere senza questo per tanto tempo?-Non è stata colpa tua. Non c'è niente da perdonare tra me e te, e non c'è mai stato.- Asciugò le lacrime che continuavano a scorrere sulle guance di Thorin.-Lo so che mi ami. Lo so che ti saresti sacrificato per me, se avessi potuto. Ma è andata così, e non c'è ragione che tu rinunci a vivere per questo. Io non ne valgo la pena.

Thorin avrebbe voluto rispondere qualcosa, qualsiasi cosa, ma Bilbo si rifugiò di nuovo contro di lui, e allora lo strinse, lasciando che la sensazione dei loro corpi uniti lo colmasse, che placasse quel lacerante, intollerabile senso di vuoto, e per un po' non ci fu che il calore del loro abbraccio e il sapore delle lacrime.

-Thorin- la voce di Bilbo arrivò ovattata da qualche parte sotto di lui- Morirai se resti ancora qui, lo sai?

Thorin capì istantaneamente dove quel discorso sarebbe andato a parare, e strinse le dita tra i capelli di Bilbo, imprigionandolo contro di sè, come aveva fatto centinaia di volte prima, quando tra loro non c'era l'abisso del dolore e della morte.

-Allora dimmi che posso restare.

Sulle labbra di Bilbo si disegnò un sorriso triste.-No, non puoi. Non è questo il tuo posto.

-Lo è-disse invece Thorin. Da qualche parte, avvertiva ancora vagamente che il sangue stava scorrendo, che la carne stava bruciando, ma non aveva importanza. Non qui. Non ora. -Lo è se ci sei anche tu.

Ma Bilbo stava già scuotendo la testa, lo sguardo carico di tutta la tenerezza del mondo. -Tutto quello che ho fatto, l'ho fatto per salvarti- gli sfiorò appena la guancia, come tante volte in passato, e la mano di Thorin avvolse la sua, portandola contro le labbra. - Volevo che fossi al sicuro. Volevo che fossi felice.

-Senza di te- la bocca di Thorin si sollevò in un ghigno amaro- Mi conosci, Signor Baggins. Sai che non posso.

-Puoi, invece- c'era decisione, nella voce di Bilbo- E lo farai. Sei forte, e un giorno scoprirai che sei sopravissuto anche a questo. E non sei solo. Hai la tua famiglia. I tuoi amici. Hai la forza per andare avanti.-Premette le loro fronti insieme, le loro mani intrecciate sul cuore di Thorin.-E avrai me, anche se non nel modo in cui mi hai avuto finora. Ci sono ancora tante cose che puoi fare, tante persone che puoi incontrare. E non voglio essere io a privarti di tutto questo.

Thorin scoprì che non aveva la forza per parlare. Aveva solo la forza per stringerlo ancora di più e pregare che rimanesse.

-Promettimelo, Thorin- lo sentì dire. -Promettimi che lo farai.

-No-riuscì ad articolare Thorin.-Non posso. Non chiedermelo.

-Te lo chiedo, invece- Bilbo alzò la testa e i loro sguardi s'incontrarono. -Se mi ami, se mai mi hai amato davvero, allora promettimi che lo farai. Promettimi che andrai avanti, e che ricorderai, e io sarò con te, lì dove sono sempre stato, e non ti lascerò mai davvero.

Sei qui con me adesso, pensò Thorin, senza riuscire a dirlo. Se te ne vai di nuovo, che senso avrà avuto tutto questo?

Poi Bilbo si girò, e Thorin seguì il suo sguardo. Fu la luce ad attirarlo, una luce bianca e pura, che sembrava provenire da un punto imprecisato dall'alto, e che non gli feriva gli occhi, per quanto fosse abbagliante. E in mezzo a quella luce, col suo eterno sorriso e gli occhi splendenti di tenerezza e anticipazione, si stagliava Vili. Thorin non lo vide, ma Bilbo sì.

Vili sorrise, sereno come mai Bilbo lo aveva visto, e gli tese una mano, lo sguardo scintillante di chi prevede una grande avventura. -È ora di andare, Signor Baggins- disse. -Ti stanno aspettando.

-Arrivo- fu la risposta.

Credeva che quel momento non sarebbe mai arrivato, ma infine era giunto, e lui era pronto. Dolore e frustrazione erano scomparsi per lasciare posto ad un infinito senso di pace.

-Io devo andare- disse, girandosi verso Thorin.

La mano di Thorin si serrò attorno al suo braccio.-Resta.

Sai che non posso, avrebbe voluto rispondergli Bilbo. Sai che non ha importanza. Perché io ti ho amato e ti amo e ti amerò. Ti ho amato quando ancora non sapevo chi fossi, perché in fondo al cuore sapevo che prima o poi ti avrei trovato. Ti ho amato ogni istante, anche quelli in cui credevo di odiarti. Ti ho amato perché non siamo mai stati soltanto tu, o soltanto io, ma sempre noi.

Ma non c'era modo che riuscisse a dirgli tutto questo solo con le parole, per cui lo baciò.

Non fu come il primo che si erano scambiati, imbarazzato e incerto di tutto ciò che avrebbe potuto portare l'avvenire; non fu come l'ultimo che c'era stato, distratto e ignaro di tutto quel che sarebbe arrivato; non fu come tutti quelli che si erano succeduti nel corso degli anni, sicuri che il per sempre per loro esisteva, e che nulla glielo avrebbe mai portato via; fu il più bello che si fossero mai dati, perché era l'ultimo, e in esso passarono tutto il dolore, e l'amore, i sogni infranti e le promesse mai mantenute, i ricordi di un tempo troppo breve, e la promessa che un giorno per sempre sarebbe arrivato, e l'oscurità sarebbe stata un ricordo.

-Ti amo-mormorò Thorin, quando si staccarono. Lacrime scintillavano ancora nei suoi occhi, ma erano lacrime diverse. Le lacrime di chi ha compreso, e accettato.

-Anch'io ti amo-ripeté Bilbo.-L'ho sempre fatto. Lo farò sempre.

Si alzò, lentamente, stringendo ancora nella sua la mano di Thorin e quando i loro occhi s'incrociarono Bilbo vi lesse dentro tutto l'amore del mondo. Ed ebbe la certezza che ce l'avrebbe fatta, anche senza di lui. Indietreggiò, e Thorin tenne la sua mano, fino a quando la distanza non li costrinse a allentare gradualmente la presa.

Strinse la punta delle dita, un'ultima carezza.

-Va', e vivi anche per me.

Poi sorrise, e si voltò verso la luce.

 

Ehm.

Okay.

Riprendiamoci.

Sono le due di notte, e noi siamo in lacrime davanti allo schermo del computer.

QUESTA è la scena che abbiamo agognato sin dal primo capitolo di questa storia. Non credevamo l'avremmo mai scritta. Non ci crediamo tuttora. Penso non ci crederemo nemmeno quando il capitolo sarà pubblicato.

Ora, noi sappiamo che la scena finale di Ghost è famosa anche e sopratutto per il bacio molto platonico tra Sam e Molly, ma, sinceramente, dopo 12 capitoli di sofferenza volevamo almeno un bacio come si deve.

E... niente. Non saprei che dire.

Ah, sì: un minuto di silenzio per Bolg, che con il suo linguaggio da gangster di B- movie ha fatto metà di questa fanfiction.

Ok, passato il momento idiota, vogliamo dirvi solo questo: alla fine mancano ancora due capitoli, quindi restate sintonizzati sul nostro canale (scusate, ma dopo tutta l'angoscia devo fare la cretina e riprendermi). Faremo gli opportuni ringraziamenti a tempo debito, ma sappiate solo questo: senza di voi, non saremmo qui adesso.

Questa qui, invece, è la colonna sonora da noi usata per l'ultima parte del capitolo (quella smielata, non quella dove si pestano come zampogne), che consigliamo vivamente a chiunque voglia scrivere scene romantico-deprimenti:

1-I Will Always Love You

2-My Heart Will Go On

3-Feast of Starlight

4-Now We Are Free

Ah, e ragazzi, siamo persone serie: per QUESTO capitolo non si accettano recensioni inferiori alle 20 righe ;)

Sayonara!

Saitou Catcher

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12-9 luglio ***


Capitolo 12

8 giugno, ore 22:25

Dìs Durin irruppe nella corsia d'ospedale come una furia, i lunghi capelli neri che le svolazzavano sulle spalle e gli occhi scintillanti. Dietro di lei, Frerin, Balin e Dwalin arrancarono per tenere il passo, i volti distorti dalla preoccupazione.

-Dov'è?- Dìs si fermò di scatto di fronte al bancone della reception, e l'infermiera al di là istintivamente arretrò, spaventata dallo sguardo assassino della donna. -Dov'è quell'immenso idiota di mio fratello?

-Ehm... signora?- pigolò la ragazza, praticamente addossata al muro. -Non saprei risponderle, a meno che lei non mi dica...

-No, non mi dica niente, facciamo così! È decisamente meglio! Così non potrò essere accusata di averlo ucciso appena uscito dalla sala operatoria!

-Dìs...- Balin le mise le mani sulle spalle, cercando di farla indietreggiare- Dìs, calmati, siamo in un ospedale...

quello il problema!- ruggì lei, voltandosi di scatto- Non dovremmo essere in un ospedale!

-Stiamo cercando Thorin Durin-s'intromise Frerin, rivolgendosi all'infermiera con aria rassegnata.-Ci è stato detto che era qui.

Sorrise alla ragazza ancora evidentemente traumatizzata, per tranquilizzarla, e quella si riscosse, volgendosi verso lo schermo del computer.-Durin, mi dice...ah, sì- gettò uno sguardo in tralice in direzione di Dìs, forse temendo un'altra sfuriata.-Al momento è ancora in sala operatoria, al terzo piano.

-Dica pure ai dottori che non si disturbino a salvargli la vita- s'intromise Dwalin con aria truce- Tanto non appena lo avremo tra le mani, io lo terrò fermo, e lei lo farà fuori.

Quando finalmente irruppero nella sala d'attesa del terzo piano, ad aspettarli sulle sedie di plastica disposte lungo la parete trovarono Fili, Kili e Tauriel, quest'ultima con il braccio destro ingessato e un fazzoletto premuto contro il naso, da cui continuava a fuoriuscire sangue. Thranduil e Bard, intenti a parlottare in un angolo, s'interruppero nel momento stesso in cui videro il quartetto fare il suo ingresso.

Nel momento in cui vide i suoi figli, lo sguardo truce scomparve dal volto di Dìs, e senza dire una parola, la donna si slanciò verso Fili, afferrandolo per le braccia.-Stai bene?-gli tastò ansiosamente le spalle, risalendo verso i capelli.-Ti sei fatto male?

-Non preoccuparti, mamma, sto benissimo-Fili riuscì a sorriderle, anche se aveva un'espressione esausta.-L'unica che si è fatta male è Tauriel.

Dìs voltò lo sguardo e parve accorgersi della ragazza solo in quel momento. Si staccò da Fili, chinandosi premurosamente verso di lei.-Che hai combinato, tesoro?

-Non si preoccupi, signora, le ho restituite tutte-le rispose Tauriel con voce impastata da dietro il fazzoletto, e Kili le diede un bacio in testa, lanciando uno sguardo rassicurante a sua madre, intenta a scrutarlo come se potesse rompersi da un momento all'altro.

Dìs si volse verso il figlio minore, e gli lanciò un sorriso tremante, mentre allungava la mano ad accarezzargli la guancia. Poi, lentamente, l'espressione di materno sollievo sul suo viso lasciò il posto a una furia tempestosa, mentre alzava il capo e i suoi occhi si posavano sulle figure di Bard e Thranduil.

Senza una parola, scattò verso di loro a passo deciso, il viso che d'un tratto sembrava scolpito nel granito, e nel vederla avanzare senza esitazione verso di lui, con quegli occhi azzurri che mandavano lampi, Bard, che aveva avuto ragione degli scagnozzi di Azog, e che aveva affrontato l'ira di Thranduil e Thorin senza tremare, istintivamente indietreggiò di un passo, lanciando uno sguardo spaventato al suo compagno, rimasto invece impassibile.

-Voi due-scandì lentamente Dìs, staccando le parole, quasi sperasse di potergliele lanciare adosso.-Spiegatemi cos'è successo, e vedete di essere molto convincenti.

Bard e Thranduil si alternarono a raccontarle la vicenda per sommi capi, e per tutta la durata del racconto, Dìs rimase impassibile. Quando ebbero finito, si voltò verso Fili.-Fili, che cosa dicono i medici di tuo zio?

Fili la fissò, perplesso.-Le sue condizioni erano gravi, quand'è venuto qui, ma i medici dicono che non è in pericolo di vita...

-Oh, i medici si sbagliano, Fili- replicò Dìs, la voce morbida come il velluto.-Tuo zio sarà in pericolo di vita, una volta che gli avrò messo le mani addosso.

Bard la fissò impressionato, mentre lei gli voltava le spalle, sbattendogli i capelli in faccia, e marciando a grandi passi verso l'unica sedia vuota del corridoio.-E io e lei dovremo essere consuoceri?

-Tanti auguri-replicò Thranduil, sardonico.

 

Dopo un tempo che parve a tutti infinito, la porta si aprì, e ne emerse Galadriel, con indosso il camice azzuro macchiato di sangue, un'espressione d'infinita stanchezza sul volto.

I Durin scattarono per chiuderlesi intorno, i volti pallidi e deformati dalla preoccupazione. Galadriel passò lentamente lo sguardo su ognuno di loro, quindi con un profondo sospiro si sfilò la cuffietta, lasciando che i lunghi capelli biondi le ricadessero attorno al viso sudato.

-Allora, dottore?- Dìs pronunciò quella domanda con voce sottilissima.

Galadriel la fissò ancora per un attimo, e poi sorrise, un sorriso lento e carico di sollievo. -L'operazione è perfettamente riuscita, signora- rispose- Suo fratello si riprenderà.

-Quale gioia- borbottò Thranduil. Bard gli tirò una gomitata.

-In sostanza- continuò Galadriel, lanciandogli un'occhiataccia- al momento le sue condizioni non possono definirsi rosee, ma il signor Durin è forte. Guarirà in fretta, e dubito che la ferita lascerà complicazioni.

Dìs chiuse gli occhi, e con un lungo, vibrante sospiro, tutta la tensione sembrò abbandonare il suo corpo; si appoggiò a Balin, gli occhi chiusi, e il vecchio la strinse, cercando di celare le lacrime che gli riempivano gli occhi.

-Ad ogni modo-aggiunse Galadriel, rivolgendosi a Bard e Thranduil-il commissario Theoden è ancora giù ad aspettarvi. Ha informato i vostri parenti dell'accaduto-Bard emise un lieve gemito a queste parole-e ha chiesto di raggiungerlo, una volta che vi foste accertati delle condizioni del signor Durin...

-Immagino che non possiamo fingere di essere noi stessi orribilmente feriti, vero?- bofonchiò Bard con tono rassegnato.

Galadriel si lasciò sfuggire una risata. -Ve lo sconsiglio vivamente. Il commissario non sembra in una buona disposizione d'animo... e nemmeno quella fanciulla che sta arrivando, oserei dire- aggiunse con un'occhiata ironica.

Bard seguì il suo sguardo, e improvvisamente si trovò davanti Sigrid, i capelli biondi che le ricadevano in una massa arruffata sulle spalle, gli occhi rossi e spalancati nel viso pallidissimo.

-Pa'!- con un grido, Sigrid gli si gettò addosso e gli strinse le braccia al collo. Bard barcollò sotto il suo impeto, mentre lei scoppiava praticamente a piangergli sulla spalla. -Oddio, è stato orribile, Theoden mi ha chiamato e mi ha detto che sei stato coinvolto in una sparatoria, e io per un attimo ho creduto che...

-Shh, shh... va tutto bene, tesoro, va tutto bene- Bard la afferrò per le spalle e la fece indietreggiare, scostandole con gentilezza i capelli dal volto bagnato. -Non mi sono fatto niente. È tutto a posto. Tilda e Bain...?

-Dalla vicina- Sigrid si passò una mano sul volto con un gesto frettoloso- Ma si può sapere che cosa è successo?

-È complicato da spiegare. Posso solo dirti che, a parte Thorin, nessuno di noi si è fatto niente. Anche il tuo ragazzo sta bene.

-Fili?- sotto le sue mani, Sigrid s'irriggidì improvvisamente, e i suoi occhi mandarono un lampo. -C'era anche Fili con voi?

-Ehm... sì?- in quel momento, Bard comprese di aver appena commesso un errore madornale- Theoden non te l'ha detto?

-No- sibilò Sigrid, prima di voltarsi e setacciare con lo sguardo la stanza, alla ricerca del suo fidanzato.

-Sigrid- Bard l'afferrò per un braccio, cercando di trattenerla- Tesoro, è molto sconvolto, suo zio ha appena subito una ferita molto grave, e lui stesso ha corso un grosso rischio...

Senza ascoltarlo, sua figlia si liberò dalla sua presa e marciò a grandi passi in direzione del ragazzo, in piedi in un angolo accanto a Kili e Tauriel.

Nel vederla arrivare, un sorriso illuminò il volto di Fili, e subito diminuì, nel momento in cui scorse l'espressione omicida sul volto della ragazza.-Tesoro...

-Tesoro un accidente!-Sigrid urlò talmente forte che tutti i presenti si voltarono a guardarla, e Bard si coprì gli occhi con una mano.-Si può sapere cosa diavolo ti è saltato in mente?

-Amore...Sigrid...-Fili indietreggiò di qualche passo, le mani alzate in segno di difesa, anche se lei non gli si era avvicinata di un passo.-Cerca di capire...mio zio era in pericolo, dovevo...

-Dovevi cosa? Andare a fare l'eroe e rischiare di farti ammazzare anche tu? Magari insieme a mio padre?- Gli occhi azzurri di Sigrid brillavano sotto le luci del neon, non si poteva dire se per la rabbia o per le lacrime.-Se ti avessero fatto qualcosa, qualunque cosa, io che cosa facevo? Me lo dici?

Fili rimase in silenzio, e allora lei gli diede le spalle, e si andò a mettere in un angolo, la schiena ostentamente voltata, e le braccia incrociate sul petto. Fili si guardò attorno, come alla ricerca d'aiuto, finché i suoi occhi non incrociarono quelli del fratello.

-Vai!- gli sibilò quest'ultimo.

Il ragazzo gli lanciò uno sguardo incerto, quindi si diresse verso Sigrid, fermandosi alle sue spalle. Lentamente, allungò le mani e la attirò contro il proprio petto, circondandola con le braccia perché non scappasse. Sigrid si abbandonò contro di lui per un istante, il corpo scosso dai singhiozzi, e poi si voltò di scatto nella sua stretta e gli gettò le braccia al collo, stringendolo con tanta forza da togliergli il respiro.

-Non farmi mai più una cosa del genere- sussurrò- Mai più.

-Credimi, non è nelle mie intenzioni- Fili ricambiò l'abbraccio e affondò il viso nei suoi capelli, rilasciando un sospiro di sollievo.

Alle sue spalle, Bard fece lo stesso.

-Ti è andata bene- commentò Thranduil,e per una volta sul suo viso c'era un'espressione genuinamente divertita.

Bard stava per contraccambiare con una battuta acida, ma una voce si levò improvvisamente nella sala operatoria, facendo trasalire entrambi.

-Papà!

Bard alzò lo sguardo, e i suoi occhi inquadrarono la figura di un giovane alto e biondo, che poteva essere solo il figlio di Thranduil. All'udire quella voce, Thranduil chiuse gli occhi, esalando un sospiro, e lentamente si voltò-Theoden ha proprio chiamato adunata-sibilò, acido.

Il giovane corse verso di loro, e afferrò il padre per le spalle, attirandolo in un abbraccio. A giudicare dall'espressione assolutamente sconvolta di Thranduil, e dal modo goffo in cui ricambiò il gesto, non doveva essere una cosa abituale.

-Legolas-bofonchiò.-Legolas, contegno.

Il giovane si staccò,sempre tenendolo per le spalle.-Ma si può sapere che diamine è successo? Theoden mi ha chiamato, ma non ci ho capito niente... come diamine ci sei finito in una sparatoria?

-Credimi, Legolas-ribatté Thranduil, rigido-lo vorrei tanto sapere.

-Ma ti sei fatto male da qualche parte?

-A parte l'orgoglio, intendi?

Legolas roteò gli occhi al cielo, e nel farlo si accorse di Tauriel che gli stava venendo incontro, seguita a ruota da Kili, che non distoglieva lo sguardo nemmeno per un secondo. Un'espressione di assoluto sconcerto apparve sul viso del giovane, che scattò immediatamente verso l'amica per poi fermarsi a pochi passi da lei, negli occhi uno sguardo di totale perplessità. -Sono felice di vedere che tutti i corsi di autodifesa a cui ti ho portato sono serviti a qualcosa...- disse.

-Per tua informazione, ne ho date tante quante ne ho prese- ribatté Tauriel, piccata.

-Allora come mai non hai riempito l'ospedale?

-Oh, lasciala stare!- intervenne subito Kili. Si rivolse a Tauriel, sul volto un sorriso orgoglioso. -Non dargli retta, amore, sei stata fantastica.

Legolas sbuffò, e poi tornò a rivolgersi al padre. -Theoden mi ha detto di dirti che se sia tu che il tuo amico state bene, allora potete recarvi da lui per rispondere ad alcune domande.

Bard chiuse gli occhi, si lasciò sfuggire un lungo, lunghissimo sospiro.Poi si rivolse a Thranduil:-Immagino sarebbe troppo sperare che spunti qualche altro boss da eliminare sul momento, vero?

-Non ci confiderei troppo se fossi in te-replicò Thranduil, con una smorfia dipinta sul viso.

 

9 giugno, ore 09:55

La prima cosa che Thorin avvertì nell'istante in cui aprì gli occhi, fu il dolore al fianco.

Non seppe per quanto tempo fosse rimasto immobile, sospeso in una sorta di bianca incoscienza che lo avviluppava come un mantello, soffocando ogni sua percezione, eccettuando il bruciore delle ferite. Voci perlopiù sconosciute andavano e venivano nella nebbia scesa a circondargli il cervello, e Thorin non riusciva a cogliere che poche, confuse parole che nella sua mente andavano a incastrarsi e mescolarsi senza alcun senso logico. Lentamente, ma non avrebbe spauto dire quanto tempo ci fosse voluto, avvertì la sua coscienza scivolare fuori dall'oscurità, e la realtà del suo corpo torno ad opprimerlo con tutto il suo peso.

Poi si svegliò.

I suoi occhi si aprirono, e subito si richiusero, abbagliati dall'intensità della luce; quando tornò a guardarsi intorno, il suo sguardo inquadrò i particolari di quella che era, indubbiamente, una camera d'ospedale,e i ricordi lampeggiarono nella sua mente, brevi, sconnessi e dolorosi.

Cosa diamine ho combinato...

-Andate a dire ai suoi familiari che si è svegliato.

La voce di donna s'infranse contro il suo orecchio, e sbattendo le palpebre, Thorin mise a fuoco il volto di una donna bionda che gli parve stranamente familiare. Dopo qualche istante, riuscì a ricordarsi dove l'avesse già visto.

-Dottoressa-salutò con voce roca.

Lei gli sorrise.-Non si sforzi di parlare, signor Durin.-Accennò alla porta con un movimento del capo.-La sua famiglia è lì fuori, ad aspettarla. Credo vogliano parlarle-aggiunse, forse notando il modo in cui Thorin si era irrigidito alle sue ultime parole.

L'ultima cosa che desiderava in quell'istante era parlare con la propria famiglia, ma Thorin non era mai stato un codardo, nè un uomo che fugge dalle proprie responsabilità. Per cui prese un profondo respiro e sbatté le palpebre, cercando d'ignorare il dolore pulsante al fianco destro. -Li faccia entrare.

La donna annuì, rivolgendogli un ultimo sorriso, e poi scomparve dietro la porta. Dopo qualche secondo Dìs Durin fece la sua irruzione e si fermò a pochi passi dal letto. Sotto le luci al neon, gli occhi azzurri erano lucidi di lacrime, e il senso di colpa salì a stringere lo stomaco di Thorin.

-Tu...- gorgogliò sua sorella, ma non riuscì a finire. Dietro di lei, Frerin entrò e le mise una mano sulla spalla, lanciando nello stesso tempo al fratello maggiore lo sguardo più gelido che Thorin gli avesse mai visto.

Poi, toccò a Balin e Dwalin entrare, e nel momento in cui vide l'espressione dipinta sul volto del suo migliore amico, Thorin desiderò ardentemente che la terra si spalancasse e lo inghiottisse seduta stante.

Dwalin lo guardò a lungo, prese un respiro profondo e poi si rivolse al fratello.-Tu che sei tanto intelligente, dammi una valida ragione per cui non dovrei cambiargli i connotati qui ed ora.

Balin sospirò.-Perché è indifeso e convalescente in un letto d'ospedale?-tentò, con aria poca convinta.

Dwalin sembrò rifletterci per qualche secondo, poi scrollò la testa.-Nah. Riprova.

-Perché è tuo cugino?

-Questa, semmai, è una ragione a favore-ringhiò Dwalin.

-Dwalin...- mormorò cautamente Thorin.

-Zitto- l'amico gli puntò contro l'indice e avanzò verso il letto, sul volto un'espressione cupa e minacciosa- Non ti conviene parlare, perché altrimenti mi dimenticherò che non ti sto spaccando la faccia solo perché sto aspettando che lo faccia lei.

Come se con quelle parole avesse dato un segnale, Dìs si girò di scatto verso il fratello, il viso congelato in una smorfia di rabbia pura. -Come hai osato- strillò, o meglio ruggì, quasi scagliandosi verso il letto di Thorin. -Come hai anche solo potuto pensare di farci una cosa del genere! Non hai pensato a noi, a nessuno di noi, nemmeno per un istante! Saresti potuto morire, ma a te non importava, vero? Oh, no, il signor Thorin Durin doveva avere la sua vendetta, non è così?

-Dìs...

-No, non parlare! Non dire nemmeno una parola, Thorin, non provare nemmeno a giustificarti, perché altrimenti giuro che potrei ucciderti! Hai rischiato la vita, e quel è che peggio, hai messo a rischio la vita dei miei figli! Hai...hai...

E a queste parole, Dìs scoppiò a piangere.

Il cuore di Thorin si fermò, nel vedere i singhiozzi disperati che scuotevano il corpo di sua sorella, e Fili e Kili si scambiarono uno sguardo terrorrizzato, di fronte a quello spettacolo a cui non avevano mai assistito. In tutta la sua vita, Dìs Durin non aveva pianto che alla morte di suo marito.

Senza dire una parola, Frerin afferrò la sorella minore per le braccia, e la attirò a sè, premendosi la testa di lei contro il petto, e Dìs gli si aggrappò, mentre al di sopra della sua testa Frerin lanciava a Thorin uno sguardo gelido e affilato come acciaio.

-Non te la faremo passare tanto facilmente, questa-disse in tono cupo.

-Oh, ci puoi contare-ringhiò Dwalin dal suo angolo.

Per qualche istante restarono tutti in silenzio, rotto soltanto dal ritmico singhiozzare di Dìs. Poi Thorin prese un profondo respiro e alzò la testa, lasciando vagare lo sguardo su tutti i presenti.

-Mi dispiace per quello che è successo- disse infine.

Gli occhi di tutti si appuntarono su di lui, e Thorin li fronteggiò con calma, nonostante dentro sentisse il suo stomaco stretto in nodi sempre più serrati.

-Avete ragione, non ho pensato a voi- continuò- Per tutto questo tempo ho visto soltanto il mio dolore, e così facendo sono caduto in un abisso in cui ho rischiato di trascinare anche voi. E mi dispiace, non avete idea di quanto. Non so se riuscirete mai a perdonarmi, ma non avete idea di quello che farei pur di poter tornare indietro.

-Oh, piantala con le scene drammatiche- sbottò Frerin- È ovvio che ti perdoneremo... prima o poi. La questione non è se noi ti perdoneremo o no, è se tu ti rendi veramente conto di quello che hai fatto.

A quello, Thorin non trovò niente da rispondere. Si rivolse a Fili e Kili.-Mi dispiace che ci siate andate di mezzo voi.

-Oh, non fa niente-replicò Kili con un tono forzatamente allegro, ancora leggermente sconvolto dall'esplosione materna.-Voglio dire, in un certo senso, il fatto che tu abbia qualcosa da farti perdonare è positivo, perché così non potrai dirci niente per come abbiamo ridotto la macchina...

-Io non ho nulla da...aspettate, che è successo alla macchina?

-Se ti azzardi a rimproverarli...-Dìs non riuscì a finire la frase nemmeno questa volta, perché Frerin le strinse gentilmente le spalle, impedendole di continuare.

-Dìs, credo che sia il caso che noi due andiamo a farci un giro-le disse Frerin.-Ti porto a bere qualcosa.

-Caffé-bofonchiò lei, lanciando al fratello l'ennesimo sguardo omicida.

-No, niente eccitanti-replicò Frerin con fermezza, nel condurla fuori dalla stanza.

Thorin aspettò che fossero usciti, per rivolgersi ai nipoti.-Cos'è è successo alla macchina?-chiese, cercando di non dare alla propria voce un tono inquisitorio.

Fili e Kili si scambiarono uno sguardo imbarazzato.-Beh...-rispose Kili, con un filo di voce-Potrebbe necessitare di qualche riparazione...

-E' da rottamare-lo interruppe Fili, senza mezzi termini.

Thorin li fissò, sbattendo le palpebre. -Ah- disse. -Ah.

-Eh, già- Kili gli lanciò uno sguardo imbarazzato. -Però immagino che tu non possa dirci niente, vero?

-Non ho intenzione di dirvi nulla- ribatté Thorin più serio- Se non che sono fiero di come vi siete comportati.

A quelle parole, i suoi nipoti s'illuminarono e gli rivolsero un sorriso, che lui ricam biò al meglio delle sue forze, prima che i due lasciassero la stanza.

Ad attenderli oltre la soglia trovarono Tauriel, sul volto un'espressione concentrata.

-Dite che dovremo dirglielo?- gli chiese.

I due fratelli si fermarono e si scambiarono uno sguardo.

-Dirgli cosa?- ribatté Kili- Che un entità misteriosa che probabilmente era il fantasma di Bilbo ci ha indicato dove trovarlo?

-Ma poi- aggiunse Fili, pensieroso- Siamo davvero sicuri che non si sia trattato di un'allucinazione?

-E da quando in qua le allucinazioni danno gli indirizzi giusti?- ribatté il fratello in tono acido-Inoltre, ci ha detto di andare in garage, dove abbiamo trovato Thranduil e Bard. Non so cosa sia successo, ieri, ma di sicuro non è stato un'allucinazione.

-Ad ogni modo, il problema non è questo- Tauriel s'inserì nella discussione- Credete che dovremmo parlarne a qualcuno?

Il silenzio calò su di loro, e i tre lanciarono uno sguardo oltre la finestra della stanza d'ospedale: Dwalin stava dicendo qualcosa che loro non potevano udire, ma a giudicare dall'espressione sul suo viso, e dai sussulti che di tanto in tanto scuotevano il corpo di Thorin, forse era meglio così.

-No- decise Fili, riportando lo sguardo sugli altri due.-Forse, un giorno, glielo racconteremo...ma di sicuro non adesso.

 

Ore 10:35

-Allora-Gli occhi di Daìn avevano un'espressione mezzo divertita e mezzo arrabbiata, mentre capovolgeva la sedia accanto al letto, per poi sedervisi a cavalcioni-non posso staccare gli occhi da te per un attimo, che subito mi combini casini? E dire che dovresti essere tu il cugino grande!

Dal letto, Thorin gli sorrise, un sorriso che si trasformò quasi subito in una smorfia di dolore, al sopraggiungere dell'ennesima fitta al fianco.-Vedo che hanno già provveduto ad informarti.

-Oh, altroché-replicò Daìn, ridacchiando-E' stata Dìs,a raccontarmi tutto, e credo di non averla mai sentita imprecare tanto in vita mia...e non è che sia mai stata una raffinata donzella. Certi termini erano talmente oscuri che sono dovuto ricorrere al vocabolario, per starle dietro.- il sorriso sparì quasi immeditamente dal suo volto, sostituito da uno sguardo penetrante. -Allora, Thorin, vuoi spiegarmi cosa diavolo è successo?

L'altro prese un profondo respiro, e poi si appoggiò ai cuscino, abbandonando il capo all'indietro per seguire le linee del soffitto. Passò alcuni minuti in quella posizione, prima di riportare lentamente lo sguardo su Daìn, gli occhi lucidi, ma senza lacrime.

-Ero disperato-disse, semplicemente.

Daìn si esibì in una risata poco convinta.-Dovevi esserlo davvero, per cercare aiuto da quello scopettone effeminato di Thranduil.

-Non ridere, non sono fiero di quel che gli ho fatto- ribatté immediatamente Thorin. -Ma dal momento in cui Bilbo è morto, tutto quello a cui sono riuscito a pensare è stata la vendetta. Non mi importava cosa avrei dovuto fare, o chi avrei dovuto trascinare nell'abisso con me, per questo... e Fili e Kili hanno rischiato di pagarne le conseguenze.-Chiuse gli occhi, per trattenere le lacrime, e prese un profondo respiro. Non era questo il momento di piangere. Doveva affrontare quello che aveva fatto. -O forse, semplicemente tutto quello che volevo era sparire. Che la sofferenza cessasse, in un modo o nell'altro. Voi credete che ci sia voluto chissà che coraggio, chissà che disperata determinazione per arrivare fino ad Azog. Non è vero. È stata la paura a portarmi fino a quel punto. Perché ogni volta che realizzo davvero che Bilbo è morto, e che io non lo rivedrò mai più, io non ce la faccio. -Riaprì gli occhi. -Non ce la faccio, Daìn.

Daìn non disse nulla. La sua mano strinse silenziosamente la spalla di Thorin. Per qualche istante, tra i due non ci fu che silenzio.

-Non mi sono mai considerato un filosofo-disse improvvisamente Daìn, con voce roca.-Non ho mai avuto la pretesa di aver capito il senso della vita, o altre cavolate simili...ma una cosa la so, Thorin.-I suoi occhi si velarono, e la mano che stringeva la spalla di Thorin scese a sfiorare la protesi metallica che sostituiva la sua gamba destra.-So che vivere è come correre, senza sapere dove si arriverà, e a volte certe cose rimangono indietro... e tu puoi passare tutto il tempo che vuoi, a desiderare che le cose siano diverse, ma non cambia nulla. L'unica cosa che puoi fare è continuare a correre.

-Come?-mormorò Thorin, quasi a sè stesso, e poi i suoi pugni si chiusero rabbiosamente sulle lenzuola.-Come?

-Non lo so-Daìn scrollò le spalle, stancamente-Non sto dicendo che sbagli a soffrire, non sto dicendo che dovrai riniziare a essere felice oggi, o domani, o anche tra un mese o un anno. Non ti sto dicendo cosa devi fare, perché non lo so. Ma ricordati che non sei solo.

Si alzò, si sporse verso il letto, e il suo braccio avvolse le spalle di Thorin e le strinse. Thorin non pianse. Ma quando Daìn ebbe lasciato la stanza, dopo avergli promesso che sarebbe ritornato l'indomani, il suo cuore era un po' più leggero.

 

Quando per l'ennesima volta nel corso della giornata, la porta della sua stanza si aprì, Thorin non riuscì a trattenere un moto di sorpresa nel veder entrare la figura di Bard.

-Salve- l'uomo gli sorrise, avvicinando una sedia per sedervisi a cavalcioni, esattamente come aveva fatto Daìn. -Sono contento di vederti in salute.

-Non mi aspettavo di vederti qui- replicò Thorin, cautamente.

Bard scrollò le spalle. -Questa stamattina, Fili ha chiamato Sigrid per dirle che ti eri svegliato, e così abbiamo pensato di passare a vedere come stavi.

Thorin inarcò un sopracciglio. -Abbiamo?

-Se pensi che, anche solo per un secondo, mi scorderò quello che mi hai fatto passare- la voce velenosa di Thranduil risuonò qualche secondo prima che lui facesse il suo ingresso, il volto una maschera omicida- allora vorrà dire che tu non hai davvero capito nulla di me, Thorin Durin.

-Thranduil-lo salutò Thorin in modo piatto.

L'uomo lo folgorò con un'occhiata lampeggiante, e poi si mise in piedi dietro alle spalle di Bard, le braccia incrociate sul petto e sul viso un'espressione di orgoglio oltraggiato.

-Tutto considerato, forse sei stato fortunato a essere finito in ospedale-gli disse Bard, quando Thorin si fu messo in posizione seduta.-Theoden ci ha levato la pelle a forza di urla. Non fosse stato per il tuo legale, credo che a quest'ora i nostri parenti dovrebbero portarci le arance in galera.

-Ti farò scontare questa umiliazione, Thorin-sibilò Thranduil-Credimi, dopo che avrò finito, ti pentirai dell'istante in cui hai pensato di coinvolgermi in questa follia.

-Sai, Thranduil, non avrei mai pensato che sarebbe arrivato un giorno in cui sarei stato lieto di vederti al mio capezzale-replicò Thorin, sarcastico.-Sono costretto a ricredermi.

-Il piacere non è ricambiato.

-Oh, ma voi due non la finite mai?- sbottò Bard, passando lo sguardo dall'uno all'altro.-Se non altro, abbiate pietà delle mie orecchie.

-Hai ragione, Bard- disse Thranduil- Allora credo che vorrai perdonarmi se, per amor tuo, abbandonerò questa inutile quanto sgradevole inizativa.

-Un momento- intervenne Thorin- Devo dirvi una cosa.

Due paia d'occhi lo fissarono interrogativi.

Thorin prese un profondo respiro, quindi si raddrizzò e affrontò con tutta la dignità possibile i loro sguardi indagatori.

-Vi chiedo scusa. A tutti e due.

Se si fosse trasformato in un marziano davanti ai loro occhi, Bard e Thranduil avrebbero avuto un'aria meno sorpresa. Per un attimo, si guardarono, come se fossero incerti sul da farsi, e poi Thranduil replicò:-Prego?

-Vi chiedo scusa-replicò nuovamente Thorin, scandendo le parole.-Vi ho mentito. Vi ho usato. Ho messo a rischio la vostra vita, per ottenere la mia vendetta. E di questo, vi chiedo scusa.

Bard lo fissò per un'altro istante, con espressione scioccata, poi scrollò le spalle.-Acqua passata.

-Parla per te-sibilò Thranduil- Io non me lo dimenticherò tanto facilmente.

Thorin gli scoccò un'occhiataccia. -Questo, naturalmente, non cambia in alcun modo le cose fra di noi.

-Oh, tranquillo, da parte mia non c'è pericolo- Thranduil si raddrizzò, quindi girò sui tacchi con eleganza e si avviò a grandi falcate verso la porta. Arrivato sull'ingresso, si fermò per lanciargli uno sguardo gelido da sopra la spalla. -Ti auguro una pronta guarigione- gli disse, con il tono con cui avrebbe potuto augurargli di finire sotto un TIR, quindi voltò di nuovo la testa per marciare a grandi passi fuori dalla stanza.

Bard lo seguì con lo sguardo, poi scosse la testa e tornò a guardare Thorin con un sorriso .-Non so cosa lo abbia offeso di più: se l'essere stato coinvolto in un'operazione illegale, l'aver ricevuto una lavata di capo davanti a un intero commissariato, o l'essere stato rinchiuso in un garage.

Thorin gli lanciò uno sguardo obliquo. -Non mi starete mica diventando amici, voi due?

Bard scrollò le spalle. -Lui è come te. Non è così male, una volta che sai come prenderlo.

L'altro inarcò un sopracciglio, ma non fece commenti.

Dopo un po', Bard sospirò, quindi si rimise in piede, mollandogli una pacca sulla spalla. -Adesso ti lascio riposare.

-Ti chiedo di nuovo scusa- sussurrò Thorin.

L'uomo scosse la testa. -Te l'ho già detto, è acqua passata. Comprendo quello che hai fatto, davvero- gli sorrise, cominciando a indietreggiare verso la porta. - Ti auguro di riprenderti...sul serio, intendo.

-Ti ringrazio.

Giunto sulla soglia, Bard afferrò la maniglia, e poi si fermò, voltandosi verso Thorin. -Credo che questo ti appartenga-disse semplicemente. Avanzò verso il letto, e depose qualcosa di metallico nel palmo della mano tesa di Thorin. -Ti era caduto durante lo scontro con Azog.

Thorin abbassò gli occhi, e il suo cuore diede un balzo nel momento in cui riconobbe cos'era. Strinse le dita attorno all'anello che aveva realizzato per Bilbo, l'anello che adesso Bilbo non avrebbe mai indossato.

-Grazie-fu tutto quello che riuscì a dire.

Bard sorrise di nuovo, e poi uscì, chiudendosi la porta alle spalle.

 

L'ultimo visitatore della giornata fu Gandalf.

-Thorin- esordì chiudendo la porta dietro di sé.

-Gandalf- fu un rassegnato sospiro- Immaginavo che saresti venuto.

-Considerando la fatica che sto facendo per trattenere Theoden dallo gettartisi addosso come un avvoltoio sulla carcassa di un bisonte, gradirei sentire un po' più di entusiasmo nel tuo tono- replicò Gandalf, accomodandosi accanto al letto- Ad ogni modo tranquillizati, non sono venuto a farti la predica. Penso che tua sorella sia bastata per tutto l'ospedale.

-Dì pure per il mondo intero- borbottò Thorin.

Gandalf si lasciò sfuggire una risatina. -Sì, probabilmente hai ragione.Comunque, sono solo passato a vedere come stavi, e anche perché io e te dovremo parlare a lungo- il vecchio inclinò la testa, piantandogli in faccia i suoi occhi azzurri.

Thorin s'irrigidì.-Parlare di cosa?

-Tutto a suo tempo, Thorin, tutto a suo tempo.-Gandalf fece un gesto distratto con la mano.- Ad ogni modo, come ti senti in questo momento?

-Come vuoi che mi senta?

-Forse come qualcuno che è appena scampato alla morte- fu la risposta. -Ma in realtà non volevo parlare nemmeno di questo. E, a dirla tutta, non è nemmeno con me che dovresti parlare. Conosco una persona che è molto ansiosa di udire le tue scuse.

Thorin gli lanciò uno sguardo perplesso. -Di chi stai parlando?

-Oh, di nulla. Mi domandavo semplicemente se il nome Radagast ti dicesse qualcosa.

Thorin stava per rispondere di no...e poi la figura cenciosa di un vecchio chiromante terrorrizzato lampeggiò nella sua mente, e frammenti sconessi che non aveva ancora collegato tornarono di colpo al loro posto, e per la prima volta, il puzzle assunse un senso.

Ho un messaggio da parte di Bilbo Baggins...

Bard, numero 12, Sesam Street.

Sei stato tu a far cadere quel vaso?

Ci sono sempre stato. Ci sarò sempre.

Boccheggiando, Thorin alzò lo sguardo per incontrare quello di Gandalf, e in essi lesse qualcosa che trasformò il suo sospetto in lucida certezza.-Tu sapevi.

-Io so molte cose, Thorin Durin- ribatté Gandalf, imperturbabile- ma non so nello specifico a cosa tu ti riferisca.

Si alzò lentamente, mentre davanti a lui Thorin collegava i frammenti del mosaico, e si avvicinò al letto per posargli una mano sulla spalla. -Quando vorrai parlare, di qualsiasi cosa, io sarò qui. Non siamo mai stati amici, Thorin, ma troverai sempre la porta aperta, se vorrai il mio aiuto.

Thorin quasi non lo ascoltò, mentre cdentro di sé rigirava e rigirava quell'ipotesi assurda, e che pure sembrava acquistare sempre più un senso, mano a mano che la valutava. Avvertì la mano di Gandalf scivolargli via dalla spalla, e quando alzò lo sguardo, il vecchio era già sulla porta.

-E per amor del cielo, contatta Hamfast, se proprio non ce la fai a stare dietro a quel giardino- stava ciarlando allegramente, con la mano sulla maniglia.

Thorin alzò la testa di scatto, battendo furiosamente le palpebre per scacciare le lacrime che minacciavano di sconvolgerlo.

-Gandalf- chiamò.

Il vecchio si fermò.

-Dov'è Bilbo ora?

Gandalf si fermò sulla soglia, con un'espressione pensierosa. Poi inaspettatamente, sorrise.

-Non ne ho proprio idea, Thorin. Ma credo sia più divertente scoprirlo quando saremo non morti, non credi?

 

E finalmente ce l'abbiamo fatta. Abbiamo partorito questo bimbo.

Ora, lo so che tra questo aggiornamento e l'ultimo è passato un sacco di tempo, ma la scuola ci ha inghiottite nel suo turbine, e trovare i momenti per scrivere è stato un miracolo...quindi ringraziate che siamo arrivate fin qui, e godetevi il capitolo, anche se è solo dialoghi.

Anyway, per incredibile che sia, ci manca solo l'epilogo, che speriamo di farvi arrivare in tempi umani. Restate sintonizzati sul nostro canale!

A proposito, piccolo, malvagio quesito: dato che i nostri genitori sono banali, e ci hanno dato i classici nomi da gemelle, tra Saitou e Catcher, chi è Laura e chi è Silvia?
Chi indovina vincerà... un bel niente, perchè siamo due disgraziate povere in canna, che spendono tutti i loro miseri risparmi in dissolutezze XD
Un bacio a tutti,

Saitou Catcher

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Epilogo-10 agosto ***


Epilogo

10 agosto, ore 19:45

 

-E con questo abbiamo finito-fece Dìs, ponendo l'ultimo borsone in macchina.

-Meno male, cominciavo a pensare che saremo rimasti qui fino al giorno del giudizio-bofonchiò Frerin, e poi si voltò verso il fratello, immobile a pochi passi dal veicolo, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo perso nel vuoto.-Andiamo?

Al suono della sua voce, Thorin si riscosse dai propri pensieri, e annuì.--Andiamo-rispose con aria distratta, e poi s'infilò sul sedile del passeggero, esibendo una smorfia di dolore nel momento in cui sentì tirare la cicatrice al fianco. Dìs e Frerin non apparvero minimamente impietositi.

-Quindi, cosa si fa stasera?- chiese Frerin, dal sedile posteriore, mentre la macchina veniva messa in moto.

-Cenetta romantica al cinese, solo noi tre- rispose allegramente Dìs- Era da tanto che non lo facevamo.

-Sì- mormorò Thorin.

Per qualche istante, il silenzio regnò nell'abitacolo, poi Frerin si allungò verso il sedile del passeggero, posando il mento sulla spalla del fratello. -E immagino che dopo seguirà inevitabilmente un'ingozzata di pop-corn a casa di Dìs con annesso film trash e birra come se non ci fosse un domani.

-Esattamente- ribatté la sorella- Ma non illudetevi, questa volta il film lo scelgo io.

-L'ultima volta che abbiamo lasciato scegliere il film a te-ritorse Frerin-avevi dodici anni, e ti sei traumatizzata da sola.

-E' colpa mia se tu eri venuto a raccontarmi che l'Esorcista era un cartone animato?

-Non pensavo mi avresti preso sul serio!

-Preparati, Frerin- borbottò Thorin- Scommetto che stasera si vedrà A piedi nudi nel parco, o qualcosa del genere.

-A dire il vero, avevo pensato a Rain Man, ma anche questa è una valida scelta- ripose allegramente Dìs. Si voltò verso il fratello maggiore, il volto di colpo più serio. -C'è qualcosa che devi passare a prendere, prima di venire a casa mia?

-Per la centesima volta, Dìs, non c'è bisogno che mi trasferisca momentaneamente a casa tua. Ti giuro che non ho intenzione di...

-Non ti ho chiesto un'opinione, Thorin, volevo solo sapere se c'era qualcosa che ti piacerebbe prendere.

-No-disse Thorin.-Ma c'è una persona che devo andare a trovare.

 

La luce del tramonto aveva fatto assumere al cielo una tinta aranciata, e quando Thorin mise piede fuori dalla macchina, la brezza gli portò l'odore di fiori, terra, e pietra bagnata. Camminò a passo lento,lo sguardo che scivolava sulle scritte incise sulle tombe fino a trovare quella che cercava.

Non c'era stato il tempo di prendersene cura come si sarebbe dovuto, e gli effetti di quell'incuria balzarono agli occhi di Thorin come un dito accusatore. I fiori contenuti nel vaso si erano ormai disseccati, e le erbacce che nessuno si era occupato di potare cominciavano a tendere le loro dita insidiose verso il marmo della lapide.

Si fermò di fronte alla tomba con un sospiro, il piede che tracciava lentamente ghirigori inesistenti sul terreno. Dal giorno in cui Bilbo era stato sepolto, ormai quasi quattro mesi prima, questa era la prima volta che lo andava a visitare, ed essere lì, in quel momento, agitava in lui una strana sensazione di malinconia che tuttavia si portava dietro anche una bizzarra sorta di pace. In qualche modo, era giusto che lui fosse lì, in quell'istante, che il ciclo si chiudesse in quel modo.

-Ciao, amore-mormorò, inginocchiandosi.-Temo di essermi fatto un po' attendere.

Il sorriso congelato di Bilbo gli rispose dalla cornice della foto, e nel pensare che quel volto era ormai polvere e terra sotto di lui, che non l'avrebbe più visto muoversi nel calore di un sorriso o non l'avrebbe più accarezzato, il dolore gli risalì come un'ondata lungo lo sterno, impedendogli di respirare, e tutto quello che provò fu l'impulso di scappare. Ma rimase. Era scappato per troppo tempo di fronte al suo dolore e alle sue conseguenze.

Allungò la mano, e con le dita sfiorò i fiori secchi, i petali che lentamente gli si sbriciolavano tra le dita. Un soffio di vento corse tra le lapidi, e i frammenti volarono sul viso di Thorin, sfiorandogli il volto come una carezza.

-Sì, sì, lo so cosa stai pensando- disse, guardandosi intorno- Rimetterò a posto questo disastro, lo giuro.

Con delicatezza sfilò i fiori secchi dal vaso e lo svuotò dell'acqua ormai torbida, iniziando poi con decisione a strappare le erbacce. Di tanto in tanto, le sue dita indugiavano sulle lettere incise nel marmo e vi indugiavano, tracciando i contorni come se li sapesse a memoria.

Quando ebbe finito, il volto di Bilbo incastonato nella cornice era ormai completamente visibile. Thorin sospirò, ripulendo dalle iscrizioni il terriccio che vi era rimasto.

-Ero indeciso su quali fiori portare, quindi non ho comprato nulla- continuò- Non penso mi perdoneresti mai, se sbagliassi i fiori da mettere sulla tua tomba.

Sulla tua tomba. Fu sorpreso di essere riuscito a pronunciare quelle parole senza alcuna esitazione, malgrado la tristezza. E fu ancora più sorpreso quando vide i contorni appannarsi e sentì negli occhi il calore estraneo delle lacrime. Fu sul punto di trattenerle, invece le lasciò cadere. Le lacrime sono salutari, gli aveva detto una volta Bilbo, mille vite prima. Liberano dal veleno, liberano dal dolore. Piangi, piangi quanto vuoi, gli diceva sempre, nei momenti in cui lo vedeva svuotato, in crisi, ormai prossimo a cedere. Nessuno ti giudicherà, e alla fine starai meglio.

-Alla fine starai meglio- sussurrò appena Thorin- Lo dicevi sempre, qualsiasi cosa fosse successa. Non c'è dolore che non si può superare, mi hai detto una volta.- Sospirò, lasciando vagare lo sguardo sul cielo ormai scuro. -Io non so se riuscirò mai a superare davvero questo dolore, non so se riuscirò mai a lasciarmi tutto davvero alle spalle. Ma prometto che ci proverò. -Deglutì, e una lacrima cadde sulla tomba, scintillando contro la pietra.-Tu ci saresti riuscito, ad andare avanti senza di me. Avresti pianto, e poi avresti ripreso a vivere. Avresti ricordato, ma ti saresti tenuto impegnato con qualcos'altro...i tuoi fiori, o le tue poesie...sì, le leggevo quando non c'eri-aggiunse, con un lieve sorriso di scusa.-Avresti continuato a resistere finché i ricordi non fossero diventati un tesoro, e non un fardello. Io non sono come te. Non so se posso andare avanti da solo. Ma tu dici che posso farcela, quindi mi fiderò di te.-Sbuffò lievemente.-E' stata la storia della nostra vita, che tu fossi sicuro e io no.

Sospirò, e poi si rimise lentamente in piedi, le mani affondate nelle tasche, e un sorriso tremante dietro le lacrime.

-Ti amerò per sempre- disse, chiaro e forte e orgoglioso, questa volta senza nessuna esitazione- E voglio che tu sappia che se potessi scegliere di tornare indietro, e di rivivere tutto quello che c'è stato, sapendo come sarebbe andato a finire... io lo rifarei. Oggi, domani, ogni giorno della mia vita. Perché non c'è una sola cosa che tu mi abbia dato, non una, Bilbo Baggins, che non valga tutto quello che poi è arrivato.

Infilò la mano in tasca, e le sue dite seguirono il contorno del piccolo anello che ormai portava sempre con sè.

-Non so se ci sarà mai nessun altro-disse alla lapide.-Non credo. Ma so che un giorno ci rivedremo. E fino a quel giorno, io vivrò anche per te.

Voltò le spalle alla tomba e riprese a camminare, gli occhi senza più lacrime e il cuore un po' più leggero.

 

 

E infine...

Eccoci qua.

Stiamo faticando noi stesse a renderci davvero conto di essere arrivate all'epilogo. Il primo capitolo di questa storia venne pubblicato il 2 maggio del 2015, un tempo che ormai ci sembra troppo lontano e allo stesso tempo troppo vicino. Sopratutto considerando che, in fondo, non eravamo veramente convinte che ci saremmo arrivate all'epilogo.

In molti sensi, si può dire che questa storia è stata un parto. Il primo tentativo di una long a quattro mani, nata da un'idea balorda di Catcher, che ha faticato prima di vedere la luce, complice la grande mole di studio, le difficoltà di progettazione, la mancanza di tempo... e perché no, anche i piccoli dissidi tra me e Catcher. Molte volte abbiamo creduto che non ce l'avremmo fatta. E invece, eccoci qui, per la prima volta veramente soddisfatte del nostro lavoro, e anche un po' malinconiche...e stordite, a dire la verità ;)

Ma siccome rischiamo di sbrodolarci troppo addosso, passiamo alla parte più importante di questo capitolo: i ringraziamenti.

 

-A J.R.R. Tolkien per aver scritto lo Hobbit e Il Signore degli Anelli;

-A Peter Jackson per averci fatto amare e shippare Bilbo e Thorin;

-A nostra nonna, che ci ha fatto vedere Ghost;

-A Catcher che ha avuto l'idea e a Saitou che l'ha sviluppata;

-A tutti coloro che hanno messo la storia fra le seguite: Aelian, Bambolina BlackMeta l94, Betely, didi_95, EdenAfterAll, Elanor Hermione, HunterMars, leila91, little_GirlMoon005, Mikki2100, Selvy, Sylvie91, Yaoi96;

-Tra le ricordate: Nictofobica;

-Tra le preferite:Amestris, innamoratahobbit96, Kurosmind, Lady Oakenshield, salierix, _scream;

-A tutti coloro che hanno recensito: innamoratahobbit96, leila91, Lady Oakenshield, didi_95, Sylvie91. Senza il vostro sostegno non ce l'avremmo fatta, ragazze. Le vostre recensionie e il vostro entusiasmo sono la vera ragione di vita di questa storia.

 

E per concludere, vogliamo lasciarvi un piccolo regalino: una canzone dal musical If/Then che grida Bagginshield da ogni poro, sia che vogliate applicarla al canon, sia che pensiate a questa storia in particolare: https://youtu.be/kACInkDrnQI. Speriamo vi piaccia quanto a noi!

E beh, la nostra piccola avventura con Ghost finisce qui, ragazze. Ma non disperate. Potremo tornare su questi lidi quando meno ve lo aspettate...

We remain, gentlemen, your obedient servants,

Saitou Catcher

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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