Metapoieo!

di Antonio Militari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo compagno di classe ***
Capitolo 2: *** Dati, Svolgimento e Soluzioni ***
Capitolo 3: *** Perché dici "quella cosa" in corsivo? ***
Capitolo 4: *** Paradossalità, Temporalità e Ciccia ***
Capitolo 5: *** La chiave di volta ***
Capitolo 6: *** Questo qui, a me, non piace ***
Capitolo 7: *** Prima lezione sul campo ***
Capitolo 8: *** cicatrici di guerra ***
Capitolo 9: *** Nuovi compagni, troppi ormoni ***
Capitolo 10: *** Missione di salvataggio ***
Capitolo 11: *** Chiarimenti e decisioni ***
Capitolo 12: *** Un passo indietro ***
Capitolo 13: *** Il Capitolo 11, nel mentre... ***
Capitolo 14: *** Toccata e fuga in Re minore ***
Capitolo 15: *** Missione compiuta ***



Capitolo 1
*** Un nuovo compagno di classe ***


1
“Ti ho detto di lasciarmi in pace!”
“Tanto non me ne vado”
“Se non la pianti ti faccio sparire”
“Vorrei proprio vedere come farai” Se qualcuno avesse potuto vedere la scena, si sarebbe probabilmente messo a ridere, o forse avrebbe richiesto l'aiuto di un bravo psicologo. Nella piccola stanza, che a malapena conteneva il letto, l'armadio e la piccola scrivania sotto la finestra, stavano due ragazzi. Uno sdraiato sul letto, intento a giocare ad un cellulare, e uno seduto alla scrivania, evidentemente esasperato e con la testa tra le mani.
“Te ne devi andare!”
“È inutile: non mi schiodi”
“Mi stai facendo impazzire!”
“È impossibile far impazzire un pazzo” La discussione andava avanti da qualche minuto, senza che nessuno dei due si muovesse di un centimetro dalla propria posizione, fisica e mentale.
“Ti giuro che non ti sopporto più”
“Il sentimento è reciproco”
“E allora perché non te ne vai”
“No. Comunque bel tentativo” Il ragazzo sdraiato sul letto, ovviamente, era quello che non aveva nessuna intenzione di andarsene. Completamente vestito di nero, dalla punta delle scarpe alla tinta dei capelli, non alzava la testa dal telefono mentre discuteva pigramente con l'altro.
“Ma perché mi devi stare attaccato come una piattola?!” L'altro era l'esatto contrario. Partendo dal fatto che era di un biondo naturale che sfiorava il bianco, indossava pantaloni blu scuro e maglietta di un rosso brillante con su scritto “I want your death”, citazione di un famoso gruppo musicale. Sembrava portato alla disperazione dalla presenza del darkettone sul letto.
“Perché non te ne fai una ragione e ti abitui alla mia fantastica presenza?”
“Piuttosto mi getto dalla finestra!”
“Liberissimo di farlo”
L'altro fece un'enorme sforzo per trattenere un urlo e ripiombò con la testa tra le mani.

2
Ma come ci siamo arrivati in questa stanza? Beh, tutto inizia qualche giorno prima, quando Alessandro, per gli amici Alex (come il leone del film), passeggiava tranquillamente per la strada. Fino a quel giorno era andato tutto bene. Tutti lo adoravano: a scuola, in famiglia, tra gli amici. Tutti gli volevano bene. Non c'era nessun problema con le ragazze (non era ignorato né stolkerato) e non aveva mai dovuto affrontare particolari difficoltà. E comunque sapeva come comportarsi.
L'unica cosa che un po' gli pesava era non poter dire a nessuno di “quella cosa”, cosa che invece avrebbe voluto gridare a tutto il mondo. Sapeva benissimo, però, che non avrebbe potuto farlo. Alex stava pensando a queste cose quando, per strada, un ragazzo gli si accostò, camminandogli accanto. Era un ragazzo strano, vestito interamente di nero, con un paio di occhi scuri, uno zaino nero e capelli dello stesso identico colore. Non era certo il tipo di persone con cui Alex amava camminare.
“Ciao”
“Ciao”
“Vai anche tu alla scuola?” Beh, ho uno zaino in spalla, e in paese c'è una scuola sola.
“Si”
“Io sono Martin, tu?” Ad Alex scappò un sorriso
“Martin?”
“Beh, in realtà sarebbe Martino, ma non mi sembra molto fico: mi viene in mente solo un frate che suona le campane” Beh, bisogna ammettere che è simpatico.
“Io sono Alex”
“Mi stai prendendo in giro?”
“Ti giuro di no! È una sorprendente coincidenza anche per me”
“Possiamo fare la strada insieme?”
“Assolutamente si! Anche perché se no come facciamo? Uno cammina avanti e uno dietro?”
Avevano passato tutta la strada chiacchierando. Nonostante l'aspetto scuro, Martin si era rivelato una persona solare e intelligente, sempre pronta alla battuta e, nel complesso, molto simpatica. Ma Alex avvertiva qualcosa di strano in lui: era come se Martin sapesse di “quella cosa”, e stesse cercando di avvicinarlo per saperne di più. Ovviamente era impossibile, perché nessuno poteva anche solo sospettare di “quella cosa”, ma l'impressione rimaneva, e Alex non riusciva a togliersela dalla testa.

3
A scuola la classe accettò Martin molto bene. Nonostante un attimo di indecisione dovute all'aspetto del ragazzo, vederlo arrivare al fianco di Alex gli fece guadagnare punti; poche parole scambiate durante gli intervalli e Martin si era guadagnato il rispetto e l'amicizia di tutti i compagni. Alex non ne era geloso, anzi: era orgoglioso di essere tanto importante da poter influire sull'accettazione di un nuovo ragazzo nella classe, e poi Martin gli stava simpatico, tranne quella strana sensazione.
Ma alla pausa pranzo successe qualcosa di strano.
Alex stava seduto sulla panchina del giardino con i suoi due panini sulle ginocchia, quando un ragazzino del primo anno, passandogli davanti alla distanza di qualche metro, inciampò in una radice, andando a finire con la faccia dritta su una cacca di cane (che ci fa una cosa del genere nel cortile di una scuola?). Il ragazzo si alzò tra le lacrime, correndo al bagno per lavarsi il volto, mentre tutta la scuola rideva per l'accaduto. Tutti tranne Martin che, dall'altra parte del giardino, appoggiato alla parete, fissava Alex dritto negli occhi, fino a quando la ragazza con cui stava parlando, ne raccolse nuovamente l'attenzione. Lui sa. Pensò Alex, e un brivido gli percorse la schiena.

4
“Alex, facciamo la strada insieme?”
“Si, vieni, mi fa piacere” E Alex gli si mise al fianco.
“Come è andato il primo giorno nella scuola nuova?”
“Benissimo, è stato tutto molto divertente. Hai sentito di quello che è successo a Gabriele?”
Alex fece il vago “Cosa, quello che è successo in giardino? Si, è stato divertente”
“Molto divertente” Ma il tono con cui lo disse gelò il sangue di Alex nelle vene.
“Dai, si è trattato di un incidente: è stato divertente, come i programmi scemi che fanno in tv dove la gente si fa male per soldi!”
“Non guardo la tv”
Alex ne fu sinceramente impressionato “Non guardi la tv?”
“Non ho nemmeno il computer. I miei dicono che queste cose cucinano il cervello, ma io dico: ehi! Bisogna averlo un cervello, no?” Era tornato il ragazzo solare e vivace, ma mentre rideva nervosamente, Alex ebbe una certezza. Lui sa che io possiedo quella cosa.
Risultarono essere vicini di casa, con somma gioia di entrambi, e si salutarono promettendo di rifare la strada insieme anche il giorno dopo, ma quando Alex, salutati i genitori, si rinchiuse in camera, si ritrovò, sdraiato sul letto, Martin.
 
Angolo dell'autore: Grazie mille per aver letto tutto quanto. Questa storia sarà aggiornata regolarmente perché è già tutta quanta scritta! Spero tanto che vi piaccia e che possa tenervi attaccati allo schermo.
P.s.: se volete correggere errori, o se volete scrivere commenti, critiche o consigli per modificare la trama, potete lasciare una recensione. Ve ne sarò gratissimo!

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Capitolo 2
*** Dati, Svolgimento e Soluzioni ***


1
“Ciao, ma... Come hai fatto ad entrare qui?”
“Prova a indovinare” Martin era steso sul letto, vestito nella stessa identica maniera di quando lo aveva lasciato alla porta, con la promessa di vedersi il giorno dopo. Aveva il cellulare in mano, e sembrava che stesse giocando a qualcosa
“Indovinare?” Provò a pensarci “Sei un esperto scalatore entrato dalla finestra?”
“La finestra è chiusa dall'interno” Rispose senza alzare gli occhi dal telefono.
Alex tentò di cambiare discorso “Ma non hai detto che i tuoi non ti lasciano avere la tv e il computer? Che ci fai con un telefono?”
Martin sventolò il cellulare d'ultima generazione “Questo? Me lo lasciano tenere: dicono che può essere utile per molte cose. Paradossale, vero?” rispose, sottolineando la parola 'paradossale'.
“Senti, io dovrei studiare, potresti uscire dalla camera? Magari passa a salutare i miei, mentre scendi” E si sedette alla scrivania, gettando lo zaino lontano.
“Io so” Disse semplicemente Martin, senza alzare gli occhi dall'oggetto che teneva in mano, evidentemente preso in qualche azione di guida spericolata. Alex rimase in silenzio, seduto sulla sedia, mentre cercava di passare mentalmente tutte le possibili maniere con cui qualcuno poteva scoprire quella cosa, contemporaneamente a tutte le cose che Martin poteva sapere e che non fossero, necessariamente, quella cosa.
-Magari mi faccio mille pippe mentali io- Pensò, quindi chiese “E che cosa sapresti, di grazia?”
“Quella cosa che tu non vuoi che si sappia e che continui a chiamare: Quella cosa
Merda.

2

“Ti ho detto di lasciarmi in pace!”
“Tanto non me ne vado”
“Se non la pianti ti faccio sparire”
La discussione tra i due era sfociata in questa sequenza di battute, continue, senza sosta, senza che i due si alterassero abbastanza per poter allarmare i genitori di Alex al piano di sotto.
“Perché non te ne fai una ragione e ti abitui alla mia fantastica presenza?”
“Piuttosto mi getto dalla finestra!”
“Liberissimo di farlo”
L'altro fece un'enorme sforzo per trattenere un urlo e ripiombò con la testa tra le mani.
“Almeno puoi dirmi come hai fatto ad accorgertene?”
“Non è il momento, e comunque non credo che capiresti”
“E quindi cosa hai intenzione di fare? Denunciarmi? E credi che qualcuno possa crederti?”
“Io penso che, volendo, ci possa riuscire”
Alex ridacchiò “Non credo proprio”.
Martin, mise via il telefono e si alzò a sedere: “Ok: ora ti faccio vedere” e si diresse all'armadio, aprì l'anta e vi entrò dentro. Alex lo guardò interrogativo, poi un piccolo urlo di sua madre lo spinse ad alzarsi e a fiondarsi al piano di sotto.

3

“Scusa mamma, è un mio amico, mi sono dimenticato di avvisarti”
“Mi spiace signora, non volevo spaventarla”
La donna corpulenta stava ancora appoggiata sul tavolo della cucina con il fiatone, e una mano premuta teatralmente contro il petto “Ma no caro, non mi hai spaventato” Mentì spudoratamente il donnone “Mi hai solo sorpresa” Quindi si rivolse, più dura, al figlio “Devi avvisarmi quando inviti gente a casa. Guardati attorno, è tutto un disastro!” E indicò la cucina intorno a se, perfettamente tenuta, pulita e ordinata. “Quando abbiamo ospiti devi darmi il tempo di ordinare, hai capito?”
“Si mamma” Rispose obbediente Alex, guardando di sottecchi Martin, che iniziava decisamente a spaventarlo.
“Va bene. In fondo non è successo nulla. Volete che vi preparo qualcosa per merenda? Ho appena comprato una crema di nocciola che è identica a quella marca che TUO PADRE NON VUOLE CHE SI NOMINI IN QUESTA CASA!” alzò la voce la donna, il che provocò un borbottio rumoroso nella stanza accanto.
“Grazie mamma, possiamo accendere la tele?”
“Chiedi a tuo padre” Gli rispose il donnone, tornando a sistemare gli ingredienti per la cena.

4

Se la mamma di Alex era bassa, grossa e nonostante ciò imponente, il padre era tutto il contrario: alto, magro come un fuscello e dall'aspetto decisamente fragile, in contrasto, però ad un carattere duro e autoritario, che tendeva ad addolcirsi solo con il figlio. Al momento era seduto a capotavola, su una sedia nel salone, seminascosto dall'enorme giornale che stava leggendo.
“Scusa papà, possiamo accendere la televisione?”
L'uomo si alzò e rispose senza abbassare il giornale “Fate pure, ragazzi, ma tenete il volume basso, io vado a dormire” Sulla soglia, senza girarsi, commentò a voce alta, palesemente rispondendo alla moglie “E ricorda figliolo, che le grandi marche multinazionali, STANNO DISTRUGGENDO IL MONDO” Per tutta risposta la moglie, dalla cucina, emise un borbottio rumoroso.
Alex accese la televisione su un canale di telefilm a caso “Come diavolo hai fatto!” Chiese senza aspettare un secondo.
Martin gli tolse gentilmente il telecomando dalla mano e iniziò a fare zapping “Fatto che cosa?”
“Insomma... Quello che hai fatto!”
“Io ho solo aperto la porta e sono sceso” Rispose pacatamente Martin.
“Si, questo l'ho visto, ma... Come?”
Martin sorrise sfottendolo “Hanno inventato una cosa chiamata 'maniglia'”
“Ma io... tu... quella cosa!” esclamò il ragazzo, come se quella espressione potesse chiarire tutto ciò che aveva in mente.
“Ragazzi, è prono il pane! Ve lo porto di là?”
“Si, mamma! Possiamo mangiare sul tappeto?”
Il donnone entro con quattro fette abbondanti di pane con su due etti almeno di crema alla nocciola “Basta che non sporcate!”

5

Sdraiati sul tappeto i due osservavano pigramente un telefilm giallo, dove una vecchia signora indagava sull'ennesimo omicidio (Alex aveva sentito in giro che molti pensavano a lei come la donna porta-sfiga. Lui invece pensava che fosse proprio lei ad essere perseguitata dalla sfiga), mentre Alex cercava di fare mente locale su quanto stava accadendo in quel momento.
Ormai non aveva bisogno di altre conferme per poter dire che Martin conoscesse quella cosa, ma come si sarebbe dovuto comportare? E come aveva fatto il ragazzo a scendere le scale? La testa aveva iniziato a girargli, ma nonostante tutto sorrise al nuovo amico, cercando un argomento normale di cui parlare “Allora, ti piace questa serie?”
“Non me ne perdo una puntata” Rispose impassibile l'altro, senza staccare gli occhi dallo schermo.
“Wow” esclamò Alex, ma poi si corresse “Aspetta un momento! Ma avevi detto che non avevi la televisione!”
“Efatto: infaffi non fe l'ho” Rispose Martin, con un pezzo di pane in bocca “E allora come fai a seguirlo”
L'altro sembrò pensarci un attimo “No-o fo. L'ho feguo e bafta!” quindi mando giù il boccone. “Non mi pongo tutte queste domande” e riprese a guardare il film come se niente fosse.
Alex lo guardò perplesso, ma poi decise che era meglio lasciar perdere. Se aveva scoperto quella cosa, era evidente che avrebbe posseduto anche lui una qualche stranezza.

6

“Alex, perché tu e il tuo amico non vi mettete a fare i compiti?” Alex si alzò dal tappeto, portò il piatto sporco nella cucina, afferrò lo zaino che aveva lasciato apposta vicino alla porta e quindi si sedette al tavolo della sala da pranzo.
Aprì il libro di Geometria e iniziò a leggere il problema. Ad un certo punto, già stanco del lavoro che stava cercando di svolgere, scrisse la risposta sul quaderno, controllando poi che fosse giusta. Martin gli comparve alle spalle “Che stai facendo” e ad Alex gli prese un infarto.
“Svolgo un problema di geometria” e gli mostrò il quaderno, con il problema svolto in maniera confusionale scarabocchiato sopra.
“Non puoi svolgere un problema in questa maniera” gli rimbrottò l'amico.
“Che stai dicendo? Ho solo fatto un poco di casino nello scrivere”
“Si, e così facendo hai sbagliato anche un paio di passaggi: il risultato è sbagliato”
Alex sorrise, facendo il sapientone “Guarda meglio, mi sa che quello che sbaglia sei tu”
Ma Martin rispose semplicemente: “Hai scritto 12 cm, qui sul libro c'è scritto 14”
E ad Alex venne un secondo colpo “Ma che dici!” e tuffò letteralmente il naso nel libro. Dopo qualche secondo alzò lo sguardo, perplesso. Quattordici? Eppure era sicurissimo di aver usato quella cosa... Perché c'era scritto quattordici? Si voltò istintivamente verso Martin.
“Non guardare me. Sei tu quello che cerca di imbrogliare. Non puoi usare... quella cosa o come diavolo la chiami ogni volta che ne hai bisogno. Devi essere più responsabile”
Alex strinse le dita della mano destra chiedendosi che cosa lo trattenesse da sferrare un pugno dritto sul naso del ragazzo che aveva davanti: fino ad adesso le cose erano andate alla perfezione, perché adesso si trovava in questa situazione?
“Un problema si risolve in maniera precisa: Dati, Svolgimento, Soluzione. Forza: iniziamo da capo”
Alex ci pensò un attimo:
Problema=Martin
Svolgimento=Strangolamento
Soluzione=Ad Alex, piace.



Angolo dell'autore: Ecco il secondo capitolo della storia... Chi di voi ha gia capito che tipo di potere è "Quella cosa"? Grazie a tutti quelli che hanno letto il primo capitolo e a tutti quelli che stanno leggendo questo. Recensite?

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Capitolo 3
*** Perché dici "quella cosa" in corsivo? ***


1
Dopo una lunghissima ora e mezza di lavoro Alex ebbe il permesso di andare in camera per riposare, nonostante la madre si fosse lamentata del fatto che normalmente ci metteva dieci minuti e ora che aveva amici ci aveva messo di più, segno che normalmente non studiava, ma faceva finta.
Arrivato in camera si gettò sul letto, solo per urtare con la schiena contro le ginocchia di Martin.
“Ahia! Mi hai spezzato la schiena!”
“Sei tu che ti sei buttato”
“Ma un momento fa tu non c'eri!”
“Io sono sempre stato qua”
“Non è vero! Ti dico che tre secondi fa questo letto era libero”
“Secondo me ti sbagli”
“Basta! Ci rinuncio!”
E si rimise seduto alla scrivania, come si trovava all'inizio di questo racconto.
“Perché dici 'quella cosa' in corsivo?”
“Come scusa?” chiese Alex.
“Dico, quando ne parli o ci pensi, dici 'quella cosa', come se fosse scritta in corsivo”
“In corsivo?”
“Oh, insomma, se trovi in un testo una riga in corsivo, la leggi in maniera diversa, no? Con un'intonazione particolare, no? Come se dicessi... Conosci Jack? Quale Jack: quel Jack?”
Martin aveva trovato il modo per infastidire il proprio sgradevole coinquilino “Non conosco nessun Jack”
“Oh, andiamo. Mi hai capito benissimo”
“Ma riguardo a cosa?”

2
Dopo neanche cinque minuti di discussione Martin aveva lasciato il campo libero. -vittoria per scacco matto!- Pensò Alex, finalmente sdraiato sul proprio letto, mentre rifletteva su tutto quello che era accaduto.
“Perché dici 'quella cosa' in corsivo?” Alex fece un salto che quasi toccò il soffitto, si tirò leggermente a sedere sul letto e osservò Martin, impassibile, seduto alla sua scrivania. No, non avete capito: alla sua sua. In corsivo: quella di Martin!
“Come ci sono finito qui?” Chiese Alex stranito, osservandosi attorno. La stanza di Martin era molto semplice, ma tutto sommato carina. Un letto azzurro, un mobile pieno di vestiti neri, una scrivania quasi spoglia, una libreria ricca di libri senza titolo sul dorso. In contrasto alla semplicità del mobilio, le pareti erano tappezzate di poster di gruppi musicali, principalmente Dark e Metal, alcuni dei quali piacevano anche ad Alex.
“Ci sei sempre stato, non ricordi? Siamo venuti qui per studiare, hai mangiato una fetta di pane e nocciola, hai guardato un film...”
“Ma se voi non avete la televisione!”
“E poi abbiamo iniziato a discutere su quella cosa
Alex si ritrovò a pensare: giusto, quella cosa, Martin la conosceva. E se la possedesse anche lui? Non era poi così assurdo: avrebbe spiegato tante cose.
“Anche tu la possiedi?”
L'altro sembrò sinceramente stupito “Cosa?”
Quella cosa
“Visto? L'hai fatto di nuovo: l'hai detta in corsivo! Perché la dici in corsivo?”
“Ma non si dice così! Uno non può parlare in corsivo!”
Il cellulare di Alex iniziò a vibrare: era la madre.
Quando torni passa dall'alimentari e comprami un po' di pane. Cerca di non fare tardi.
Cosa stava succedendo? La madre sapeva che stava lì? Possibile che Martin avesse usato Quella cosa? Ma se fosse stato così allora come è possibile che lui avesse un perfetto ricordo di quello che era successo quel pomeriggio?
“Ti fai troppe domande: come fai a vivere così?”
“Io mi faccio troppe domande?” Chiese con finto stupore.
“Oh, insomma. Come funziona questo? Perché succede quello? Cos'è quest'altro? Basta... Se devi fare una cosa falla e basta, non ti preoccupare di dettagli inutili”
“Dettagli inutili? Per te è un dettaglio inutile il fatto che mi sono teletrasportato qui?”
“Ora sei qui?”
Alex non capì “Si”
“E allora non ti preoccupare di come è successo. Sei qui, punto”

3
Tutto questo non ha minimamente senso, ma in fondo tutto perdeva senso quando si parlava di Quella cosa, no? D'accordo, avrebbe provato a fidarsi.
“La dico in corsivo perché non è una cosa normale”
L'altro piegò la testa e lo guardò curioso “Non è una cosa normale?”
“Ovvio che non lo è”
“E tu come fai a saperlo?”
Alex rimase un attimo senza risposta. E io come faccio a saperlo? Nessuno sapeva che Alex possedeva quella cosa, e se qualcun altro fosse stato come lui? E se tutti fossero stati come lui? Nessuno lo avrebbe mai scoperto...
“E io come faccio a saperlo?” Chiese nuovamente ad alta voce, più a se stesso che all'amico.
“Non te lo chiedere. Ma ti prego, smettila di chiamarla quella cosa, perché inizia a darmi sui nervi” Poi aggiunse, sovrappensiero “Ed è un problema anche per copiare e incollare il testo”
“Scusa?”
“Niente, parlavo tra me e me” Rispose evasivo Martin “Comunque non dovresti usarla tutte le volte che ti passa per la testa”
“Non credo che tu sia in grado di dirmi che cosa è giusto e che cosa è sbagliato, dal momento che anche tu la usi a tuo piacere”
“Ma io non la possiedo. Il mio potere è ben diverso”
“Scusa?”
“Beh, ammetto che si assomigliano, ma la tua è una paradossalità attiva, la mia è una paradossalità passiva: per questo sono riuscito a trovarti subito”

Angolo dell'autore: Ed eccoci al terzo capitolo, dove si da, finalmente, un nome a quella cosa. Come sta andando la storia? Vi piace? Perché non mi lasciate una piccola recensione per farmi sapere cosa ne pensate? Grazie per aver letto fino a qui!

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Capitolo 4
*** Paradossalità, Temporalità e Ciccia ***


1
“Paradossalità?” Chiese Alex, con la testa che gli girava leggermente.
“D'accordo, è arrivato il momento di iniziare un piccolo discorsetto su quella che tu chiami quella cosa, anche perché, dopo quattro...”
“Scusami? Non ho capito l'ultima parte”
“Non importa, adesso siediti e ascolta” Beh, era già seduto sul letto, quindi si spostò un poco più vicino al bordo e ascoltò con attenzione “Il tuo potere è uno dei tre poteri di distorsione spaziotemporale che un uomo può possedere, o meglio, che tutti gli uomini possiedono”
“Tutti?”
“Tutti quanti, senza eccezione. Il primo potere è la paradossalità, che si può dividere in attiva e passiva. La prima è quella che possiedi tu: la capacità di modificare la materia senza che nessuno se ne accorga. Se tu dicessi che due più due fa cinque tutto il mondo cambierebbe, perché tutto il mondo, in tutta la storia, penserà che due più due fa cinque. È un potere enorme che non dovrebbe essere usato per risolvere problemi di geometria o umiliare gente antipatica” Alex si sentì un poco in colpa “La paradossalità attiva, comunque, è molto rara, e sicuramente è molto più rara della paradossalità passiva. Questo potere permette, a chi lo usa, di convivere con dei paradossi che vengono accettati anche dalle persone che lo circondano. Così io posso vedere film senza televisione. Questo potere, inoltre, serve a contrastare quello attivo, così sono riuscito a uscire dalla stanza quando tu hai trasformato la porta in un armadio”
E Alex si sentì un poco più in colpa “Si chiama passiva perché non decidiamo noi quando usarla, ma si attiva automaticamente in presenza di un paradosso. Si può imparare a controllarla, però, se ci si abitua a non farsi domande: voglio vedere un film? Lo vedo: è inutile chiedersi come”
Ok, questo sembrava complicato “Il secondo potere è la Temporalità, che permette di influire sul tempo, piuttosto che sullo spazio. Chi possiede la Temporalità attiva riesce, sostanzialmente, a viaggiare nel tempo, e ad influire sullo stesso, ma solo a condizione di non generare paradossi, perché creatosi un paradosso la persona sparirebbe. Ovviamente esistono tipi di paradosso molto leggeri che la linea temporale può sopportare senza far sparire il soggetto, ma questo è un discorso un po' troppo complicato per te”
Ok, ora si sentiva anche ignorante “La Temporalità passiva si chiama così anche se non è correttissimo, infatti chi la usa lo fa attivamente, ma bisognava distinguerla in qualche maniera dalla Temporalità attiva. Chi la usa può viaggiare nel tempo, ma solo lungo la propria linea temporale, così facendo può cambiare il futuro senza generare alcun tipo di paradosso. Questo potere serve inoltre a contrastare quello attivo, perché quando un attivo usa il proprio potere, la persona con il potere passivo più vicino viene portata automaticamente ad un tempo consono per raggiungerlo”
Ma chi lo rimanda? E come è possibile? Perché bisogna contrastare il potere? “Comunque anche questi due poteri sono alquanto rari. Il più frequente è il terzo”
“E come si chiama?”
“Ciccia”.

2
“Ciccia?”
“Si, si chiama così perché è un potere inutile, ma lo possiede più del novantacinque per cento della popolazione terrestre”
“Ma che potere è?”
“Sostanzialmente, preso dal punto di vista puramente teorico, è più potente degli altri due, dal momento che è l'unione della Paradossalità e della Temporalità, sia attive che passive”
Che cosa? Sua madre possedeva un potere del genere? “Tuttavia, questo potere è debolissimo, e si concentra solo nella mente di colui che applica questo potere, per cui... ciccia!”
“Che cosa stai dicendo?”
“Ti è mai capitato di essere convintissimo che il Pi greco sia 2,14. Ma proprio prorio convinto, tanto da poterci mettere la mano sul fuoco?”
“No”
“Ovviamente, perché non possiedi Ciccia. Chi possiede questo potere lo usa, il più delle volte, passivamente, e modifica materia e tempo, ma solo nella memoria di chi lo usa”
“D'accordo, quindi, escludendo Ciccia i poteri in realtà sono quattro”
“Non dovresti escludere Ciccia, dal momento che io sono qui proprio per questo”

3
“Scusa?”
“Non dovresti interrompere la gente prima che finisca di parlare, quindi adesso zitto e ascolta”
Ok, ora iniziava a sentirsi proprio uno scolaretto “Dal momento che voi che possedete i poteri attivi, normalmente, fate sempre casini, noi passivi abbiamo fondato un organizzazione: la Pa.Te.T.I.C.A.”
“Patetica?”
“Paradossalità e Temporalità: Tutori Internazionali del Controllo degli Attivi”
“Sarà, ma il nome è al quanto ridicolo”
“Comunque, la Patetica fa un lavoro enorme nell'addestramento dei Passivi, al fine di poter aiutare, controllare e se necessario, contrastare eventuali Attivi che perdono il controllo o usano senza misura il proprio potere, dal momento che un uso sconsiderato può recare molti danni al pianeta Terra e all'universo intero, senza contare danni alle culture e al progresso scientifico”
“Comincio a capire qualcosa”
“La forza di Patetica è stata, fino a questo momento, il fatto che gli attivi male intenzionati si ritrovavano da soli ad affrontarci, ma ultimamente si sono riuniti in un piccolo gruppo che, per un nostro errore strategico, è cresciuto sempre di più. La lo agenzia si chiama Pa.Te.N.Ta.T.A.”
“Patentata?”
“Paradossalità e Temporalità: Nuova Tavola della Tirannia Attiva”
“Certo che con i nomi non avete proprio un buon rapporto, eh?”
“La Patentata gira per il mondo reclutando nuovi attivi e cercando di eliminare i passivi, per poter governare il mondo nel segreto, cosa che stanno riuscendo a fare, anche se molto lentamente, noi della Patetica cerchiamo di rallentare questo processo, e mentre prendiamo tempo contattiamo gli attivi per cercare di portargli dalla nostra parte”
“E se non accettano?”
Martin fece una faccia triste “Non possiamo costringere nessuno ad abbracciare la nostra causa”
Non ha risposto.
“Comunque, il problema, adesso, è proprio Ciccia”

4
“Penso che tu abbia capito quanto è potenzialmente potente Ciccia, anche se a tutti gli effetti è inutile. Il problema è che da due anni la Patentata ha smesso di cercare gli attivi, concentrandosi su uno studio segreto che in ogni caso siamo riusciti a scoprire: stanno cercando di potenziare l'area d'influenza di Ciccia, rendendo il potere più debole e inutile di tutti in quello più distruttivo e potente. Sono convinti, in questa maniera che il mondo si libererà della piaga dei Passivi, e che tutto il mondo sarà popolati di Attivi, che potranno usare il proprio potere quando lo desiderano. Ma i nostri paradossologi hanno sottolineato due problemi: il primo, immediato, è che è impossibile allargare la gittata di Ciccia oltre l'atmosfera terrestre, mentre i nostri poteri hanno gittata infinita, la terra inizierà quindi a separarsi dal resto dell'universo, fino a quando il gap non sarà più raggiungibile, e quindi la terra imploderà e sarà eliminata dal continium spazio-temporale. L'altro, più sottile, è il fatto che se tutti potessero usare Ciccia liberamente, lo farebbero nelle situazioni più disparate, ma si troverebbero in disaccordo tra di loro: io voglio essere il presidente dell'America, ma anche tu lo vuoi. Iniziamo ad usare i nostri poteri in maniera convulsa, fino a generare un paradosso tanto grande da far implodere la terra e farla sparire dal continium spazio-temporale. Capito tutto?”
La testa gli girava “non ne sono totalmente sicuro...”
“Adesso non importa, ma tu sei la chiave di volta in tutto questo problema”.


Angolo dell'autore: Iniziano le spiegazioni. Vi sta piacendo? Se si ditemelo con una recensione, se no... idem. Ringrazio tutti quelli che mi hanno sopportato fino a qui... Grazie!

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Capitolo 5
*** La chiave di volta ***


1
“Quello che dici non è possibile!” Alex era a dir poco sconvolto “Io sarei la chiave di volta della situazione? Come se fossi il protagonista di un racconto?”
“Che paragone azzeccato” Mormorò Martin
“Non c'è modo che io possa essere quello che dici. Non posso proprio crederci!”
“So che è difficile pensare ad una cosa tanto strana, ma è semplicemente la verità”
“No, ti devi essere sbagliato con qualcun altro”
“E non pensi che quel qualcun altro direbbe la stessa cosa?”
“Tutto questo non ha senso”
“E per tutto il resto, c'è il Masterclass”
“Masterclass?”
“Si, era un libro che.... Lasciamo perdere!”
“Non poso essere io l'eletto”
“Sentiti: parli come Matrix! Non ho mai detto che sei l'eletto, ma che sei la chiave di volta, prego”
“Non è la stessa cosa?”
“No: L'eletto sostiene su di se il peso della missione, mentre la chiave di volta ha il solo scopo di far si che due gruppi convivano, perché il peso si scarica in ogni caso sulle colonne”
“Dettagli”
“Direi proprio di no. In questo lavoro non sarai da solo, ma ti accompagneremo tutti, avrai l'intera squadra al tuo fianco, ma tu sei necessario”
“E che dovrei fare?”
“Il tuo potere di Paradossalità attiva è il più potente che si sia mai registrato”
“Come?”
“Diciamo che possiedi una leggerissima nota di passività che ti rende capace di sfruttare al massimo l'attività del tuo potere”
“Credo di non capire”
“Non ti preoccupare, per il momento. Vieni semplicemente con me alla sede della Patetica, lì capirai meglio quello che ti sta succedendo”
In fondo non si dice che tentar non nuoce? “Che sia una cosa rapida però”

2
La sede distaccata della Patetica per quello stato si trovava poco distante dalla città dove si trovavano: era un palazzone enorme in mezzo al nulla, dalle pareti perfettamente bianche nonostante la polvere del luogo. L'interno era ancora più sorprendente, pieno di gente che correva da un luogo all'altro, chi con dei fogli o delle cartellette in mano, chi urlando ad altra gente, chi portando pesanti macchinari da una stanza all'altra.
Martin si muoveva per il grande salone con una calma impressionante, come se si trovasse a casa, mentre Alex era leggermente a disagio, pensando che tutta quella gente conoscesse e usasse quel potere che, fino a poco tempo prima, chiamava con soggezione quella cosa. Si accorse poi, con un poco di soggezione che, quando la gente passava accanto a loro, cedeva il passo, salutando Martin con rispetto sbaglio o quel ragazzo lo ha appena chiamato Capitano? Camminarono in silenzio fino a raggiungere una stanza con la porta bianca scorrevole, su cui era affissa una targhetta nera: Laboratorio A.
“Questo è il laboratorio Alpha, è uno dei più riservati laboratori del centro, quindi, ti prego, non toccare nulla!” Alex annuì leggermente, quindi entrarono nel grosso salone.
Bianco come l'esterno, questo locale era diviso virtualmente in quattro da tre grossi tavoli, e la divisione era evidente. Più a sinistra c'era gente vestita con camici bianchi, con tanto di guanti, occhialoni e cuffia per capelli, che armeggiavano con provette e siringhe varie. Di fronte a loro, sullo stesso tavolo e su quello accanto, gli uomini erano vestiti alla stessa maniera, ma di colore verde, e qualcuno portava gli occhialoni di protezione sopra la testa, e non indosso; loro lavoravano su provette uguali alle precedenti, ma Alex si rese conto subito che queste provette venivano passate dal gruppo precedente. Il terzo settore era popolato da uomini con il camice bianco e con i guanti, ma senza nessun'altra protezione, che camminavano nella stanza con più tranquillità, analizzando delle ampolle strane e leggendo risultati di macchine dalla forma troppo particolare per capire cosa fossero. Ma la cosa strana era l'ultimo gruppo: erano vestiti in giacca e cravatta, completamente uguali, come se fosse una divisa, stavano seduti alla loro parte del tavolo immobili, chiacchierando pigramente tra di loro.
Quando i presenti si accorsero che Martin era entrato nella stanza tutti si fermarono salutandolo con profondo rispetto, tutti tranne l'ultimo gruppo, che gli rivolse solo un occhiata pigra “Tu aspettami qui, io faccio una cosa e torno”

3
Ok, forse non dovrei farlo, si disse Alex, passeggiando nel corridoio del primo gruppo. Si era presto reso conto che, essendo arrivato assieme a Martin, godeva di qualche privilegio particolare, che gli permetteva di girare indisturbato. Anzi, quando si era avvicinato subito una donna, senza dire niente, aveva portato un camice azzurro, che evidentemente identificava gli ospiti, con tutte le dovute protezioni, e lo aveva aiutato a vestirsi. Quelle cose lo affascinavano. Era appassionato di chimica, e si trovava a proprio agio in quel luogo, come un bambino in un negozio di carammelle.
Riconobbe un cromatografo, un miscelatore magnetico, un estrattore Soxhlet... e quello nell'angolo era un apparecchio di Kjeldahl! Tutti questi strumenti erano il suo sogno. Erano strumenti base per un laboratorio che si rispetti, ma non sapeva a che cosa stessero lavorando. Con una mano afferrò una provetta, agitandola lentamente, prima che una mano lo schiaffeggiasse prepotentemente, facendogli cadere la provetta di mano.

4
Nella saletta non c'era più nulla. Era totalmente vuota ad eccezione delle persone vestite ancora con i camici da laboratorio. Dall'altro lato della stanza, Martin lo guardava adirato, mentre l'uomo accanto a lui, con cui evidentemente stava parlando prima dell'incidente, si trovava in uno stato di evidente imbarazzo, come del resto tutti gli altri uomini in giacca e cravatta, che si guardavano attorno inorriditi e spaventati.
“Cosa ti risulta difficile capire della frase: tu aspettami qui?” Ottimo, mentre si muoveva a passi rapidi verso di lui Martin sembrava cambiato. Sembrava decisamente più grande, e più autoritario. Inoltre sembrava come se da un momento all'altro potesse colpirlo, ed era più che sicuro che nessuno, nella stanza, lo avrebbe impedito, anzi, forse lo avrebbero anche aiutato. “Io, non volevo, mi dispiace” Perfetto, ora sembrava sicuramente patetico.
“Ti dispiace? Hai la minima idea del disastro che hai combinato?”
Alex si guardò attorno: possibile che tutto fosse sparito solo per causa sua? “Io non capisco”
“Bene, allora ti spiego” Il tono era fintamente paziente “Grazie alla tua benedetta curiosità, tutto il lavoro di circa quattro anni del più importante laboratorio segreto della Patetica è sparito, volatilizzato: semplicemente non è mai esistito!”
“Ma come...”
“Come è possibile? Tutto quello che c'era qui era materiale paradossale, che non doveva esistere! Era presente solo grazie a questi passivi, che TU hai distratto! Non dovevi toccare nulla in questo luogo! Non ti sembrava abbastanza ovvio?”
Alex si sentì improvvisamente in pericolo: aveva distrutto il lavoro di quattro anni di almeno una cinquantina di persone, che ora lo fissavano con fare ostile. Se fosse successo a lui come si sarebbe comportato? Io ucciderei chiunque abbia compiuto la catastrofe, nel modo più doloroso possibile. Si accorse che a salvarlo era il fatto di essere insieme a Martin, che evidentemente ricopriva una carica importante.
“Non so proprio che cosa dire”
Martin si prese la fronte con la mano “non dire niente... Io me ne vado” e uscì dalla stanza. Un paio di scienziati lo osservarono sorridendo sadici, un terzo si massaggiava le mani, una donna, poco dietro scrocchiò rumorosamente le dita. In preda al panico Alex si diresse alla porta “Non mi lasciare qui, ti prego”

5
Erano arrivati nello studio di Martin, dove Alex aveva scoperto che l'amico era niente di meno che il Capitano della sottosezione Ricerca e Studio degli Attivi, o Ri.S.A., che praticamente era la sottosezione più importante della base. Per dirla in parole povere, era il secondo della sede, sottoposto solo al Colonnello della zona. Ora, nell'ufficio, Martin e Alex erano seduti l'uno di fronte all'altro, ma Martin, dietro la scrivania, sembrava molto più anziano.
“Mi spiace davvero”
“Tranquillo” sospirò “Non è poi così grave” ma mentre lo diceva gemette leggermente, pensando a tutti i danni a cui dovevano rimediare, e a tutti i documenti che avrebbe dovuto compilare.
“Posso fare qualcosa per aiutare”
“Credo che tu abbia già fatto abbastanza”
“Già, forse è vero”
Rimasero per un attimo così, in un silenzioso imbarazzo.
“Ma non c'è nessuno con il potere della Temporalità attiva qui dentro?”
L'altro scosse la testa, triste “No, l'ultima è morta il mese scorso durante una missione, e comunque sarebbe troppo complicato, bisognerebbe mettere su un paradosso mica male, e non abbiamo abbastanza passivi della Temporalità per sostenerlo senza effetti collaterali.
“Quindi?”
“Smettiamola di pensarci, bisognerà cominciare tutto da capo, ma non è questo il punto” Si alzò dalla poltrona e si avviò verso l'uscita “Questa volta, per l'amor di Dio, riuscirai a startene qui buono senza toccare niente?”
Alex annuì, schiacciato dai sensi di colpa, mentre Martin uscì nuovamente dall'ufficio.


Angolo dell'autore: Eccovi l'ennesimo capitolo. Vi sta piacendo? Fra poco arrivano le vere spiegazioni, così cominciamo davvero a capirci qualcosa. Grazie di aver letto fino a qui!

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Capitolo 6
*** Questo qui, a me, non piace ***


1

Dopo qualche minuto in cui si sforzò sinceramente di rimanere seduto sulla sedia, senza muoversi, Alex non resistette più. “Che danno posso fare in uno studio?” disse ad alta voce, per darsi coraggio, ed iniziò a girare per la stanza, curiosando in giro. Guardando ansiosamente verso la porta aprì i cassetti della scrivania, sfogliando i fogli trovati all'interno: c'era qualche documento segreto riguardo il trattamento degli Attivi. Li sfogliò curioso, ma non c'era nulla di interessante: erano solo risultati di laboratorio troppo complicati per lui.
Il secondo cassetto era ancora più noioso, dato che conteneva solo promemoria circa lo spostamento di risorse umane da una sede all'altra. Il terzo ed ultimo, invece, conteneva una rivista del sudoku e un altra rivista, poco adeguata ad un Capitano di un organizzazione privata. Ridendo sotto i baffi la sfogliò rapidamente, ma poi la mise a posto, perché non avrebbe sopportato a lungo certe immagini senza eccitarsi troppo.
Si dedicò alla libreria, dove i libri erano, come a casa di Martin, senza titolo sulla copertina: ne aprì uno, trovandolo stampato da dilettanti: era un romanzo, dal titolo interessante: La Tela di Babele. Ne aprì un altro: La spiga del grano, era una raccolta di racconti. Ma la cosa che lo colpì fu l'autore: Martino Francescano.
La prima cosa che lo colpì fu che Martin avesse scritto così tanti libri, la seconda fu il cognome, perché se uno si chiama Francescano, come un frate, non gli puoi dare per nome Martino.
Ridacchiando rimise i libri al proprio posto, quindi si accorse di un foglietto, lasciato cadere per terra distrattamente. Sopra erano segnate delle lettere, senza senso:
ileiliieieliilfifillieieilieiieliliellleiliiellleiiielllf
iilelilielilieiieliieieilieif


Sembrava un qualche tipo di codice, e Alex era appassionato anche alla crittografia. Fuori la stanza si sentì un rumore di passi, Alex si fiondò sulla sedia, facendo finta di non essersi mai alzato. Istintivamente, aveva messo in tasca il foglietto.

2

Martin entrò nella stanza insieme ad uno degli uomini in giacca e cravatta che aveva visto nel laboratorio. Si portarono tutti e due dietro la scrivania, dove Martin si sedette e l'altro si mise invece di fronte ad una finestra, nel più puro stile di film americano.
Martin si guardò intorno per un momento, quindi aprì il terzo cassetto (Martin non poté fare a meno di sorridere) e tirò fuori il sudoku, iniziando a scarabocchiarci sopra con una matita perfettamente temperata. “Alex, questo alle mie spalle è Fabio, ma puoi chiamarlo anche Roberto”
Roberto? E da dove salta fuori Roberto se si chiama Fabio?
“Credo che abbiate tante cose da dirvi, quindi vi lascio da soli” Alex si ricordò della scena del laboratorio “Sicuro?”
“Sicurissimo” Rimise a posto il sudoku, ma nel farlo, lasciò per caso che Alex vedesse la prima pagina, che era vergata delle stesse lettere senza senso del foglietto che aveva trovato. Questo si faceva interessante.
“Io devo scappare” Ed uscì (troppo) rapidamente dalla stanza.

3

“Piacere, io sono Roberto” Questo tipo, a me, non piace si disse Alex, stringendogli la mano.
“Piacere: Alex”
“Bene Alex, io sono un Passivo della Paradossalità, e sono qui per aiutarti a capire meglio il tuo potere e per usarlo al meglio: ti va di lavorare con me?”
Come se avessi altre possibilità “Va bene”
“Ottimo. Allora: Martin mi ha detto che ti ha già spiegato le basi dei tre poteri, vero?”
“Si, qualcosa del genere”
“Ottimo. Questo ci semplificherà le cose. Allora entriamo nello specifico della Paradossalità attiva. Per iniziare vediamo le caratteristiche di combattimento, dal momento che siamo un organizzazione paramilitare. La paradossalità attiva è, fondamentalmente, un'abilità d'attacco, dal momento che permette di modificare la materia a proprio vantaggio, ma ovviamente ha anche una forte componente di difesa. Per attaccare devi semplicemente fare quello che fai normalmente, solo che pensando a ferire l'avversario: come avrai già notato, inoltre, non puoi modificare direttamente altre persone. Questa è un'abilità passiva che possediamo tutti, e che ci rende direttamente immuni dagli attacchi altrui, ma non indirettamente.
“Normalmente, data la difficoltà di usare il tuo potere rapidamente, si tende a scegliere un tipo di arma offensiva e a dedicarsi solo a quella, per far si che il corpo si abitui ad usare il potere istintivamente, e questo sarà una parte importante nel nostro allenamento. Devi tenere a mente che i Paradossali passivi possono facilmente distruggere le tue modifiche, per questo devono essere semplici, e devono essere qualcosa di cui hai molta famigliarità, per far si che la tua voglia di creare sia più forte della loro voglia di distruggere.
“I Temporali attivi, coloro che usano la Temporalità, non sono una particolare minaccia in combattimento, dato che le loro abilità sono maggiormente ad uso di spia, ma stai comunque attento. I più pericolosi, per il tuo potere, sono i Temporali passivi; normalmente è difficile che un passivo riesca a controllare bene il proprio potere ma, soprattutto negli ultimi tempi, ci sono sempre più casi, come il Capitano Martin, che ci riescono e, statisticamente, è molto più facile che succeda ad un Temporale che ad un Paradossale.
“I Temporali passivi che imparano a controllare il proprio potere sono i più pericolosi, perché spostandosi nella linea temporale possono prevedere le tue mosse, ma ti accorgerai che per loro è molto difficile controllare il potere: contro di loro non pensare alla difesa, perché è inutile, pensa invece ad attacchi rapidi e continui, in modo da forzarli ad usare la Temporalità il più possibile, fino a quando non avranno più forze. Fino a qui mi segui?”
Alex non era sicuro di voler combattere, tuttavia annuì. L'altro continuò
“Per difenderti non è troppo difficile, dal momento che tutti gli altri poteri sono costretti ad attaccarti fisicamente, per te basterà creare barriere fisiche. Diversamente se combatti contro un altro Paradossale attivo, in quel caso dovrai stare più attento: ti insegnerò a modificare ciò che è modificato, cioè a rendere inutile il potere che normalmente utilizzi, ma ci arriveremo con calma. Adesso seguimi”
Ma ad Alex, quel tizio, continuava a non piacere.

4
La palestra era bella spaziosa e accogliente. Non c'era nessun attrezzo, al centro della sala, ma i muri erano pieni di oggetti per migliorare il tono muscolare, l'elasticità dei tendini e quant'altro. Il centro, invece, si presentava come un enorme dojo di sumo.
“Con il tuo potere puoi fare qualsiasi cosa” disse l'altro camminando “senza nessun limite che non sia il potere dell'avversario”
Alex rimase a bocca aperta “Ma stai camminando sulla parete!”
Roberto alzò le spalle “E allora?”
“Ma la legge di gravità!”
Altra scrollata di spalle “Non l'ho mai capita bene, ad essere sincero”
non mi faccio tutte queste domande tornò in mente ad Alex.
“D'accordo, quindi, se io voglio” e sollevò un grosso lanciafiamme, puntandolo contro l'altro, che sorrise, come se spiegasse un'ovvietà ad un bambino
“Il tuo potere è l'inverso del mio: non puoi creare qualcosa che non conosci alla perfezione. Quella cosa che hai in mano non riuscirà mai a sparare. Devi pensare a qualcosa che conosci bene, che sia pericolosa, e rivestirla di qualche potere da supereroe”
Alex chiuse gli occhi, pensando. Qualcosa di pericoloso? Gli tornarono in mente le lezioni di Karate, e il maestro che agitava in aria i Sai, antiche armi giapponesi. Ne era rimasto tanto affascinato da aver fatto intere ricerche sulle tecniche di costruzione e d'utilizzo. E quale potere si sarebbe sposato meglio con quell'arma? Pensò ai supereroi dei fumetti che usavano i Sai... C'era Elektra, che usava.... Elektra? Ma certo, l'elettricità! Era uno degli argomenti che più lo appassionavano a scuola, ne era abbastanza informato.
Alex mosse le mani, ancora con gli occhi chiusi, sentì gli tsuba contro il pollice, e il tirapugni premuto contro l'avambraccio, con un movimento leggero invertì l'impugnatura, e sulla pelle avvertì il freddo della lama appuntita.
Aprì gli occhi e si mise in posizione di attacco, mentre dalla punta dei due Sai si sprigionò qualche scintilla, minacciosa “Bene, ottimo lavoro, adesso devi imparare a concentrarti sulla loro esistenza” Disse Roberto, che nel frattempo aveva iniziato a camminare sul soffitto “Perché combattere a mani nude non ti aiuterà”
Ed effettivamente Alex, in una posizione marzialmente impeccabile, stringeva convulsamente solo l'aria.
 

Angolo dell'autore: Ecco il nuovo capitolo. Adesso inizierà una nuova parte del racconto, incentrata sugli allenamenti di Alex e sulla sua nuova vita. Vi sta piacendo? Fatemelo sapere con una recensione. Oggi devo ringraziare in maniera particolare MaggiePaper, che ha recensito i primi due capitoli della storia... è l'ha anche messa tra le storie seguite! Grazie! Un grazie anche ai lettori silenziosi che hanno avuto la pazienza e il coraggio di sopportarmi fino a qua. Grazie a tutti.

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Capitolo 7
*** Prima lezione sul campo ***


1
Era passato ormai un mese da quando Alex aveva distrutto quattro anni di ricerche di vitale importanza alla sede distaccata della Patetica, ma ormai quel fatto era quasi dimenticato. Tutti trovavano Alex simpatico, alla base, con il risultato che nessuno lo incolpava più dell'incidente, se non in maniera paternale, ammonendolo di non commettere più errori del genere: la rabbia omicida che Alex aveva visto negli occhi degli scienziati era sparita, anche perché, grazie alla documentazione tenuta in posto sicuro, il lavoro perso si poteva circoscrivere all'ultimo anno, e non a tutti e quattro. Ad ogni modo Alex veniva invitato gentilmente ad allontanarsi ogni volta che si avvicinava, o anche solo guardava, la porta di un laboratorio.
Continuava a vivere a casa, ovviamente, ma la porta del suo armadio era stata collegata, grazie ad un complicato trucco dei Paradossali, alla base, cosicché ogni giorno potesse andare ad allenarsi. Aveva imparato a mantenere i Sai per più di mezzora, nonostante Roberto avesse un potere non debole, e riusciva anche a combattere restando concentrato, ma non riusciva ancora a liberare l'elettricità senza calare d'attenzione, e senza, quindi, che i Sai gli sparissero di mano.
Si vedeva spesso anche con Martin, che lo aggiornava in continuazione della situazione attuale della ricerca su Ciccia della Patentata: sembrava che gli sviluppi fossero fermi, ma che già riuscissero ad estendere Ciccia al livello della parte superiore del viso, e che quindi determinati soggetti potessero cambiare, almeno parzialmente, aspetto.
Comunque questo, a lui, ancora non interessava, dal momento che doveva ancora imparare a governare il proprio potere. Almeno questo era quello che pensava quando...

2
“Mettiti la tuta, più in fretta che puoi” gli disse Roberto con fare serio, appena entrò nella palestra. Alex corse nello spogliatoio e si infilò la tuta in pochi secondi. La tuta della Patetica era fatta per essere comoda e utile: era quindi composta di un paio di pantaloni abbastanza attillati e una maglia dello stesso genere, di color grigio chiaro con cuciture nere, ed il logo della Patetica ricamato in oro sul petto. Non c'era spazio per tenere armi, ma una cintura con diverse apparecchiature elettroniche si. Uscì dallo spogliatoio dopo essersi infilato i pesanti stivali neri.
Nella palestra c'era diversa gente davanti alla porta, con due Paradossali passivi in giacca e cravatta che, evidentemente, stavano lì per trasformare la porta in un teletrasporto. La squadra presente era composta da Martin, la cui tuta si distingueva per il colore totalmente nero, due Passivi che Alex aveva conosciuto e Roberto. Si rese conto, con stupore, di essere l'unico attivo della squadra.
“Oggi vediamo come sta andando il tuo addestramento” gli sorrise Martin, e tutti entrarono, uno dopo l'altro, nella porta.

3
La prima cosa che notò, della stanza circolare bianca, fu che era uguale alla palestra, ad eccezione della mancanza di strumenti per allenarsi e dei segni neri che delineavano il grande dojo. A ripensarci, effettivamente la palestra non era circolare, ma il primo impatto fu quello. La seconda cosa che vide era il gruppo che stava entrando da una porta esattamente di fronte a loro.
Roberto gli aveva insegnato ad usare il proprio potere per capire quello degli altri, quindi riconobbe nel gruppo cinque attivi, e nessun attivo. Le tute che portavano erano uguali a quelle della Patetica, ma di colore rosso, tranne una persona, evidentemente il capitano, che usava una tuta bianca, con cuciture nere. Il logo dorato che brillava sul petto del gruppo era quello della Patentata.
Martin fu il primo a parlare “Come da patti abbiamo portato la nostra recluta, la vostra?”
L'uomo in bianco indicò un ragazzo della stessa età di Alex “Eccola”
Roberto gli si avvicinò sussurrando “Questo è un allenamento particolare: è un patto che la Patetica ha fatto con la Patentata un paio di anni fa. Per imparare a combattere devi combattere veramente”
Alex deglutì rumorosamente. “Allora possono iniziare: nessun intervento, nessun intromissione. Ma nessuno dei due deve morire”
L'uomo in bianco sorrise, cattivo “Ovviamente”.
Alex e l'altro ragazzo si portarono al centro del circolo, insieme ai rispettivi allenatori, che rivolsero agli allievi le ultime raccomandazioni “Tieni la guardia alta, non cedere il fianco, attento a quando cambi impugnatura e buona fortuna”
Mentre Roberto si allontanava dal centro, Alex iniziò a sudare freddo.

4
L'avversario era un attivo, non un passivo, quindi poteva usare tranquillamente l'elettricità senza la paura che i Sai sparissero, ma non poteva attaccare troppo direttamente, perché questo, invece, avrebbe messo a repentaglio le armi. Squadrò il ragazzo, che era evidentemente un Paradossale, e l'altro fece lo stesso. Silenziosamente si scambiarono gli auguri reciproci con lo sguardo, quindi Martin urlò “Sfoderate le armi” e in mano ad Alex apparvero i due Sai, che fece roteare mentre sprizzavano scintille, per intimorire l'avversario. Il ragazzo, dal canto suo, mostrò, come se niente fosse, una pistola, con un sorriso sadico sul volto.
“Pronti!” Esclamò l'uomo in bianco.
Il piombo è magnetico? Si chiese in preda all'ansia. Martin avrebbe detto che era inutile porsi certe domande, ma lui era un attivo, non un passivo: aveva bisogno di sapere. È magnetico o no? “Via!” Gridarono i due Capitani contemporaneamente.
Non avendo modo di controllare se il piombo fosse o meno magnetico, Alex optò per un'altra strategia, quando il ragazzo gli sparò contro Alex incrociò le armi di fronte a se e il proiettile semplicemente sparì.
L'altro lo guardò contrariato, ma non aveva tempo per provare un altro colpo, dal momento che Alex gli stava correndo incontro: portò la mano dietro la schiena e, invece della pistola, riportò davanti una lunga katana. Perfetto. Al pari dei Sai, lui conosceva perfettamente le Katane. Si scontrarono rumorosamente, ma Alex incastrò la lama avversaria con gli tsuba di un Sai, e con l'altro, dalla parte del tirapugni, colpì il ragazzo allo stomaco, che grugnì ma non si lasciò scoraggiare, allontanandosi rapidamente dallo scontro; Quindi gli si avventò nuovamente contro per colpire, però, soltanto l'aria.

5
Tra i trucchi che Roberto gli aveva insegnato, ce ne stava uno molto simpatico, che comportava il librarsi in aria per qualche lungo secondo, modificando la densità dell'aria intorno a se, e così, al colpo del giovane, Alex aveva risposto saltando, quasi al rallentatore, rimanendo sospeso a tre metri d'altezza per circa due secondi, prima di atterrargli alle spalle. Con un movimento rapido passò la punta del Sai sulla schiena dell'avversario, lacerando la tuta e segnando di un leggero rosso le spalle del ragazzo.
Il tipo si voltò a fissarlo, furioso, ma ormai ad Alex quella cosa piaceva, e nessuno sarebbe riuscito a mettergli tanta paura da arrendersi. Si scontrarono ancora con qualche colpo veloce che meritò, al giovane in tuta rossa, un altro segno, stavolta sulla gamba destra, poco sopra la rotula.
Gli sorrise sadico “Hai intenzione di arrenderti o no?”
L'altro tornò a fulminarlo con lo sguardo “Decisamente no, stronzo!”
Nonostante il tono duro Alex ritrovò in quella voce la voce di una persona simpatica, e si chiese in quale modo potesse essere stato reclutato dai malvagi della Patentata. Ma adesso non aveva più importanza: simpatico o antipatico, buono o cattivo, ora che aveva assaporato l'odore del sangue e del potere, Alex provava solo il desiderio di umiliare quel ragazzo, con una voglia tanto crudele, da sorprendere addirittura se stesso.
Si scontarono per la terza volta, e per la terza volta Alex ebbe la meglio, questa volta riuscì a superare le difese dell'altro e a colpirgli il sedere, aprendo un leggerissimo taglio orizzontale sulle natiche. Se lo sguardo avesse il potere di uccidere, Alex sarebbe crollato morto sul colpo, dopo l'ennesima occhiata che l'altro gli inviò.
Alex degustò quel momento con gioia cattiva, mentre il ragazzo si preparò per un altro attacco, arrivandogli addosso frontalmente. Questa volta fu però diverso: nel momento dell'impatto i Sai si piegarono su se stessi, senza offrire alcuna resistenza alla pesante katana, che passò sul sopracciglio di Alex, spaccandolo. Se non avesse portato la schiena indietro, inoltre, gli avrebbe probabilmente aperto la testa in due.
Portatosi a distanza Alex guardò i Sai, ormai inutilizzabili, mentre il sangue iniziò a raggiungergli l'occhio sinistro, bruciando al contatto e annebbiandogli la vista. “Adesso non fai più lo sborone, idiota?” Chiese l'altro, con un sorriso sadico sul volto. Modificare ciò che è modificato si ricordò Alex, iniziando a pentirsi di essere stato così sicuro di se. Fece sparire i Sai e si mise in posizione di combattimento, a mani nude “Ora ti apro il culo” mormorò a denti stretti.

Angolo dell'autore: Eccoci qui al nuovo capitolo. Vorrei rispondere a MaggiePaper, a cui risponderò anche nelle recensioni. Nella versione originale salvata sul computer, andavo a capo sempre ogni dialogo, e ogni paragrafo era diviso in periodi, segnati, appunto, con degli a capo. Ma non so perché ogni tanto l'editor HTML impazzisce, e non mi impagina correttamente i capitoli.
Adesso, dopo la tua segnalazione, mi sto mettendo a scrivere il codice da solo. Mi rendo conto che è una pazzia, ma vedrai che in pochi giorni avrò ricaricato tutti i capitoli passati con l'impaginazione corretta. Grazie mille!

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Capitolo 8
*** cicatrici di guerra ***


1
Il desiderio di umiliare l'avversario non era sparito dopo il fatto dei Sai, anzi, era addirittura aumentato. Alex si spostò in circolo, cercando di ignorare l'occhio che era costretto a tenere chiuso, dato il dolore che gli inviava. Con un occhio solo non c'è profondità, e questo non era un punto a suo favore, e con i suoi attacchi cattivi aveva fatto leggermente incazzare l'avversario, senza per altro avergli procurato nessun danno fisico rivelante, mentre quel singolo colpo al sopracciglio lo aveva segnato per tutto il combattimento. Doveva reagire.
L'altro gli venne incontro a rapida velocità, ma Alex non si mosse, aspettando con calma il fendente, quindi si spostò di lato, accompagnando la lama, come aveva visto fare al proprio maestro, quindi la risalì fino ad incontrare la guardia, la afferrò saldamente e con l'altra mano colpì il polso sinistro del ragazzo, che si aprì d'istinto, lasciando la presa alla sola mano destra, che non resistette alla forza di Alex, cedendo, quindi un nuovo Sai gli apparve in mano, con cui aprì un altro taglio, stavolta un poco più profondo, in corrispondenza dello stomaco.
Procedettero così per un po' di tempo, Alex scoccando tagli netti e precisi, l'altro distribuendo colpi pesanti e profondi, entrambi facendo apparire e sparire Sai e Katane. Dopo qualche minuto, Alex si ritrovava, oltre al taglio sul sopracciglio, che continuava a perdere sangue, un colpo di pistola di striscio alla spalla, un taglio sulla guancia, un graffio bello profondo sul palmo della mano sinistra e uno all'interno coscia che, Alex lo aveva capito in tempo, era diretto in un altra direzione.
L'avversario, di contro, era coperto da ben più tagli, ma tutti di natura ben più inferiore, dato il tipo di arma. Ora si osservavano entrambi con rabbia, senza muoversi, cercando di capire quale fosse la mossa migliore per sconfiggere, una volta per tutte, l'altro.

2
Una cosa era certa: uno dei due avrebbe perso al prossimo colpo, perché nessuno dei due aveva più la forza di combattere. Utilizzare un potere è, per un attivo, relativamente facile, ma farlo in combattimento richiede una buona dose di concentrazione, che unita all'esercizio fisico a cui erano sottoposti era alquanto sfiancante.
Poi Alex si lanciò contro l'avversario e tutto avvenne rapidamente: le armi si scontrarono, e sotto la forza del colpo le gambe gli cedettero, ovviamente l'altro colse l'occasione al volo e, afferratolo per il braccio, lo gettò faccia a terra, posandogli la punta della katana al centro della schiena. “Bene bene, chi era che doveva aprire il culo a chi?” Alex si sentì riempire il cuore d'odio, quando avvertì la pressione del piede del ragazzo sulla testa “Direi che ti conviene arrenderti, coglione”.
No, questa soddisfazione non gliela avrebbe data. Stranamente ad intervenire fu l'uomo vestito di bianco della Patentata “Ok, basta così, direi che può andare, vieni qui Silvio” Con un leggero aumento di pressione con il piede, Silvio si allontanò da Alex, lasciandolo a terra, con una lacrima pronta a scendere dall'occhio ormai pieno di sangue.

3
Erano tornati nella palestra, dove ora Alex era seduto, mentre Roberto gli passava un disinfettante sul taglio del sopracciglio, che non voleva saperne di smettere di sanguinare. Roberto gli sistemò una specie di grosso cerotto fatto con ovatta e nastro adesivo, che gli dava fastidio alla palpebra, ma Alex stava pensando ad altro, per rendersene conto. Solo quando Roberto ebbe finito tutte le operazioni Martin, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, parlò “Hai fatto veramente schifo”
Alex abbassò lo sguardo “Mi hanno ceduto le gambe”
“Non me ne frega niente di quello. Hai un potere che ti permette di modificare la realtà, potevi generare una tempesta di fulmini, volare a mezz'aria, creare una prigione intorno al suo avversario, qualsiasi cosa! Ti sei limitato ad usarlo per sostenere il corpo a corpo”
Era vero. Alex ci aveva pensato all'inizio del combattimento, ma poi non l'aveva messo in pratica, abituato a combattere contro Roberto, che era un passivo. “Mi spiace”
“Non sai dire altro?! Qualsiasi cosa succeda, a te dispiace! Non hai altro da dire?”
Alex abbassò nuovamente lo sguardo, senza sapere cosa rispondere.

4
Il giorno dopo, andando a scuola, erano rimasti totalmente in silenzio, senza dire una parola: Martin perché non aveva la voglia di fingere di essere il solito ragazzino allegro, e Alex perché aveva deluso l'amico, e non era in vena di parlare. La cosa fu notata dalla classe che, non conoscendo la situazione, si limitarono a lasciarli in pace per tutte le lezioni almeno finché, all'intervallo, una delle ragazze, Gloria, si avvicinò ad Alex.
“Scusami Alex, ma che hai fatto all'occhio?”
Il grosso cerotto era stato sostituito da un più pratico cerottino per sopracciglia, che però, insieme a quello sulla guancia, dava l'impressione di aver partecipato ad una rissa da stadio “Niente, sono caduto dalle scale” Ottimo: la scusa più abusata della storia.
Nel farlo, però, aveva agitato pigramente la mano sinistra, rivelando il terzo cerotto, al centro del palmo “Sicuro che va tutto bene?”
“Sicurissimo, non è successo niente”
Lo lasciarono in pace, e lui si avviò verso il giardino. Non conosceva tutti gli studenti della scuola, ma credeva di possedere una vasta rete di amici, e anche degli altri bene o male sapeva anche il nome, solo una piccola fetta degli studenti continuavano a sorprenderlo, come se fossero studenti nuovi venuti da chissà dove, ma ora, di fronte ad un viso particolare, era rimasto decisamente di sasso.

5
“Che cazzo ci fai tu qui?” Non si prese la briga neanche di abbassare la voce. In fondo era sconvolto e l'ultima cosa che voleva in quel momento era controllarsi.
Durante il combattimento non era mai riuscito a colpire Silvio in faccia, ma ora presentava un labbro gonfio e spaccato, segno che, come Martin, neanche l'uomo in bianco della Patentata aveva gradito il combattimento.
“Ci vengo da quattro anni, idiota” Non sembrava tanto sorpreso, probabilmente perché sapeva già che frequentavano lo stesso edificio. Avevano seguito entrambi le lezioni sul pericolo di usare il potere per combattere in pubblico, cosicché dovettero sforzarsi non poco per sopprimere gli istinti omicidi che facevano attivare il potere senza controllo. Rimasero a fissarsi per qualche istante con odio, sotto gli occhi spaventati del resto della scuola. Poi Silvio sorrise, stuzzicandolo.
“Ti è piaciuto il combattimento di ieri?”
“Avrò la mia rivincita” mormorò Alex, respingendo la piacevole sensazione degli tsuba tra i pollici.
“Si, si, basta che ci credi tu”
“Qualche problema ragazzi?” Martin arrivò portando il braccio intorno alle spalle di Alex, apparentemente come segno di amicizia, in realtà andando a premere con forza la ferita ancora aperta. Nel frattempo tenne lo sguardo fisso su Silvio.
La presenza del passivo sciolse un poco la tensione, primo perché i due avevano un aiuto per non utilizzare il potere, secondo perché la sua presenza era fonte di soggezione per entrambi.
“Nessuno, stavamo solo chiacchierando” disse Alex in tono cupo.
“Dovresti tenere al guinzaglio il tuo cagnolino” replicò Silvio, con un tono, però, poco convinto.
“Non credo siano problemi di cui tu debba preoccuparti. No, recluta?” Sottolineò l'ultima parola, per far pesare, indirettamente, il proprio grado militare.
Silvio, con una smorfia, se ne andò via. Martin aumentò la pressione sulla ferita “Che cazzo avevi intenzione di fare?” Gli sussurrò all'orecchio.
Alex si sforzò di non fare espressioni dolorose, che avrebbero suscitato le attenzioni degli studenti attorno “Non sapevo neanche frequentasse questa scuola: l'ho incontrato per caso” disse con la voce rotta.
“Le vibrazioni del potere si sentivano fin dalla classe”
“Ti giuro che stavamo facendo di tutto per controllarci”
“Appena lo hai visto avresti dovuto andartene”
“Scusami, lo terrò a mente, ma ti prego lasciami la spalla”
Martin lo lasciò andare con rabbia.


Angolo dell'autore: Eccoci ad un altro capitolo, con il finale del combattimento e, in realtà, poco altro. Ma vi giuro che presto la storia subirà una leggera accellerazione. Inoltre devo annunciarvi che non sono soddisfatto dell'attuale finale, e quindi lo sto modificando. Per adesso non ci saranno ripercussioni, perché manca ancora un po' prima di raggiungerlo, ma vi avviso subito che gli ultimi capitoli potrebbero subirre leggeri ritardi, causa modifiche. Ma per adesso... Grazie a tutti quelli che hanno avuto il coraggio di leggere fino a questo punto!

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Capitolo 9
*** Nuovi compagni, troppi ormoni ***


1
Il potere di rigenerare le cellule per guarire, scoprì Alex, è legato al potere dello spazio-tempo. E se quello di Ciccia era abbastanza lento, quello che caratterizzava la Temporalità e la Paradossalità era molto più veloce. In pochi giorni erano sparite addirittura le cicatrici, e Alex dovette disegnarle, letteralmente, per evitare sorprese con i compagni di classe. Comunque le cose andavano molto bene. Ormai si incontrava quotidianamente con Silvio e, approfittando del fatto che, per motivi di sicurezza, non si poteva contrastare alle modifiche di qualcun altro se non in combattimento, si scambiavano dispetti degni di bambini delle elementari, ma che davano tante soddisfazioni al bullo di turno.
Negli allenamenti con Silvio aveva iniziato ad usare il potere per sperimentare nuove tecniche di combattimento, riuscendo a far resistere le proprie creazioni anche per interi minuti, nonostante il forte potere del passivo. Con Martin i rapporti erano tornati normali, dato che il capitano darkettone non riusciva a tenere il muso per troppo tempo, specialmente con Alex.
La vita era tornata alla normalità, per quanto possibile, e Alex era totalmente contento di ciò. Non gli piacevano troppo i cambiamenti, e li accettava solo dopo che anche questi erano diventati normali. Riguardando indietro pensò a quando usava la Paradossalità per qualsiasi cosa gli venisse in mente. In effetti, molte delle leggi geometriche esistevano perché lui le aveva volute. Ripensò a quando, estenuato dopo che un esercizio non gli veniva dopo quattro o cinque volte, aveva deciso per la prima volta che il pi greco fosse un numero irrazionale. Era stata la volta che aveva scoperto di possedere ciò che chiamava, con riverenza, quella cosa.
Il suo potere era più forte del normale. Era difficile che qualcuno potesse cambiare una legge matematica con tutte le conseguenze senza che nessuno ricordasse le regole passate, o senza che si generasse qualche assurdo paradosso: l'unica cosa che era cambiata, pensò Alex sorridendo, è che tutti ora si scervellano sul problema della quadratura del cerchio, quel problema che lo aveva tenuto impegnato alle elementari e che ora era definitivamente impossibile.

2
Stava cercando di mantenere uno scudo di fulmini contro il potere di Roberto quando nella sala entrò qualcuno, mandando all'aria la sua concentrazione e di conseguenza tutte le saette che dovevano proteggerlo. Si voltò verso la fonte del rumore rimanendo immediatamente abbagliato.
Dalla porta stava entrando la creatura più bella che ci fosse: era avvolta dalla tuta aderente della Patetica, che evidenziava un corpo a cui un'attrice di Hollywood avrebbe fatto un baffo, dato che si trattava di roba totalmente naturale. Aveva delle gambe perfettamente affusolate, che finivano in un sedere rotondo e pronunciato al punto giusto, con i fianchi sottili che ondeggiavano ad ogni passo; sopra, un seno prominente, ma non esagerato, il collo liscio e alto, un capo perfetto dai lunghi capelli castani. Il volto poi, era quello di una statua greca.
Dietro la ragazza, Martin entrò nella stanza, vestito anche lui con la tuta, che si caratterizzava per il differente colore nero. Quando la ragazza si avvinò, Alex fece molta fatica a tenere la bocca chiusa e a trattenere la saliva. Fu Martin a fare le dovute presentazioni.
“Michelle, questo è Alex, il ragazzo di cui ti ho parlato; Alex, questa è Michelle, ti aiuterà nell'allenamento” Cosa? Ci dovrei combattere contro?
“Piacere, sono il tenente Michelle, spero di esserti utile in qualche maniera”
Tenente? Alex non poté fare a meno di immaginarsela nel ruolo di dominatrice. Scacciò via quel pensiero poco gentile e gli porse una mano sudata “Sono sicuro che potrò imparare molte cose da lei”
Lei sorrise stringendogli la mano, evidentemente immaginando le reazioni che stava suscitando in lui. Martin osservò l'orologio per un momento “Ok ragazzi, io vi devo lasciare. Roberto, tu vieni con me, hai fatto un ottimo lavoro, ma adesso ci sono altri servizi che ti attendono”
 
3
Alex si chiuse in bagno con il fiatone. Michelle era una Temporale passiva, che quindi poteva prevedere le tecniche di Alex, rendendo vani tutti i suoi attacchi, ma questo in fondo non aveva importanza. Il problema era che Michelle era smaliziata e cattiva, sfruttando ogni occasione per mostrare le proprie curve o strusciarsi sul corpo del giovane. Dopo pochi minuti non era più riuscito a nascondere l'erezione nella stretta tuta.
Aveva resistito fino alla fine della lezione, ed era stata quella la vera lotta tra Alex e Michelle: se avesse chiesto di andare in bagno durante l'allenamento, lo scopo sarebbe stato palese. Alex era troppo orgoglioso per darla vinta ad una ragazza come lei. Soddisfatto, rimise tutto a posto e uscì dal bagno, tornando nella sua stanza. Si sdraiò sul letto osservando il soffitto.
Roberto, nonostante le sue gentilezze, non gli era mai piaciuto come persona, e lo aveva sempre giudicato viscido e finto. Michelle, invece, non aveva niente di finto: era viscida, si, anche crudele e profittatrice, ma non si vergognava di mostrarlo, il che eccitava Alex ancora di più. Avrebbe dovuto ingaggiare quel combattimento psicologico ogni volta che l'avrebbe dovuta incontrare?
Alex si massaggiò a disagio pensando alla difficoltà della cosa.

4
Dopo qualche giorno fu ufficiale: Martin si fidava di lui, e aveva visto importanti miglioramenti. Era stata creata, infatti, la nuova squadra sul campo. Alex osservò il foglio, contento: Martin figurava come caposquadra temporaneo, per poter guidare i novelli combattenti fino a quando non si fossero abituati all'azione pratica; Alex era al secondo posto, e figurava come Attivo d'ordinanza, ossia l'unico attivo che componeva ogni squadra; Anche Michelle era stata inserita, come esperta di combattimento, mentre l'ultimo posto era occupato, sorprendentemente, da Fabio, detto Roberto, come Passivo esperto, cioè colui che avrebbe dovuto annullare il potere attivo degli avversari.
La squadra era effettivamente bilanciata: Per Alex il pericolo maggiore erano i passivi della Temporalità, che Martin e Michelle potevano tranquillamente tenere a bada. Con Roberto poi, risultava avvantaggiato anche contro i Paradossali attivi. La qualità dei membri poi, assicurava una forza incredibile.
L'unica cosa che gli fece storcere un poco la bocca era la presenza di Michelle. Da quando la conosceva i testicoli, per quanto la cosa fosse brutta da rivelare, gli facevano male continuamente, aveva smesso di dormire bene, dato che i sogni su di lei si susseguivano vorticosamente, e gli allenamenti si traducevano in una lotta incessante contro i continui impulsi. Certo non poteva parlarne con Martin, ma stava cercando una scusa per cambiare maestro, e ora... Se la ritrovava anche come compagna di squadra.
Si appoggiò al muro, felice e sconsolato al tempo stesso. In quel momento passò Martin, e Alex lo salutò con un cenno del capo. Poi ad Alex tornò in mente la rivista che aveva trovato nel cassetto del capitano. Di che mi vergogno? In fondo è un ragazzo anche lui.
La discussione che si tenne nell'ufficio di Martin fu tipo la cosa più imbarazzante che Alex si trovò ad affrontare. Entrambi rossi in viso, cercando di non guardarsi negli occhi, parlarono di quanto Michelle fosse indispensabile alla squadra, nonostante le difficoltà che questo comportava. Alex si vide costretto a descrivere alcune scene che avrebbe preferito tenere nascoste e Martin si prese l'impegno di parlare con la diretta interessata, per cercare di mettere un freno a certe cose. Alex sperò con tutto il cuore che non stesse mentendo, ma accettò la decisione, uscendo dall'ufficio.

5
Girato il corridoio, Alex si trovò di fronte proprio a Michelle, che con mosse da vera gatta lo spinse al muro per poi schiacciargli il petto con il proprio seno “Ciao Alex, come va la vita?”
Alex, pieno di vergogna, sentì il corpo reagire immediatamente “Bene, Michelle, te?”
“Hai visto la bacheca?” e il ginocchio si insinuò languido tra le gambe, accarezzandolo dolcemente.
“Si, gli ho dato un'occhiata, stiamo in squadra insieme” Dopo tutti quei giorni di lavoro Alex era diventato ipersensibile, e stava lottando per trattenersi.
“Dal momento che stiamo insieme devo farti una piccola confessione: sono innamorata di te”
Alex strinse i denti e la respinse più dolcemente che poteva, per evitare il disastro “Michelle scusami, ma anche io devo parlare chiaro, mi dispiace ma devo farlo: con questo tuo comportamento mi stai uccidendo. Questo è imbarazzante ma... Io non riesco più a dormire, non riesco più a concentrarmi, io... mi fa male tutto!” aggiunse in tono patetico.
Michelle sorrise “sono contento che pensi a me continuamente, ma devo metterti in guardia: questo è il mio modo di fare. Mi sono innamorata di te proprio per la tua ingenuità e per la tua impossibilità d metterti una maschera di indifferenza. Credo proprio che questi giorni insieme saranno molto, molto divertenti” si allontano ondeggiando sinuosamente, aumentando il dolore che Alex sentiva aumentare nel basso ventre.

Angolo dell'autore: Ed eccoci ad un nuovo capitolo con un nuovo personaggio, e qualche crisi adolescenziale... Che ne pensate della storia? come al solito, vi invito a farmelo sapere attraverso una piccola recensione qui sotto. Grazie...

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Capitolo 10
*** Missione di salvataggio ***


1
Due giorni dopo la dichiarazione di amore/guerra di Michelle, la squadra fu inviata sul campo per la prima missione affidatagli; si trattava di una missione abbastanza semplice. Capitava spesso che la Patetica e la Patentata si scambiassero sabotaggi che avevano più l'aria di dispetti o atti di vandalismo, che atti di terrorismo.
Questo era uno di quei casi: un gruppo indipendente della Patentata (l'agenzia degli attivi non aveva un'organizzazione perfetta come quella dei passivi) aveva rapito un ragazzino appena entrato nell'organizzazione, tenendolo in ostaggio in un capannone fuori città, prendendosi poi il disturbo di avvisare la base per inviare la migliore squadra che avessero. La patetica aveva risposto con la nuova squadra, per testarne l'efficacia sul campo.
Per prima cosa si erano mossi grazie al potere di Alex, a cui era stato insegnato a creare quelle porte che normalmente aprivano i passivi, e si erano ritrovati direttamente nel capannone: era un luogo buio e abbandonato, degno dell'ambientazione di un film horror, pieno di polvere e ragnatele, con i vetri delle finestre rotti e filtranti poca luce, con le lampade sfondate e con il pavimento dalle assi mancanti.
Alex sembrava l'unico impressionato, mentre gli altri, nelle loro tute aderenti, si mossero subito verso la fonte di un rumore che, in quel momento, era quanto di più fastidioso ci fosse: risate.

2
La scena fece montare la rabbia di Alex, che dovette sopprimere la sensazione degli tsuba sui pollici, che ormai conosceva fin troppo bene. Erano quattro ragazzi, nelle loro tute rosse sgargianti, seduti su delle casse da imballaggio, probabilmente vuote; al centro del gruppo stava una gabbia abbastanza grande, con dentro un ragazzino, sicuramente più giovane di Alex, nudo con un collare al collo, pieno di graffi e lividi, costretto a comportarsi da cane.
Martin senza scomporsi minimamente (almeno in apparenza), prese la parola in quanto caposquadra, sicuro che la sua tuta nera gli conferisse una certa autorità anche tra gli appartenenti all'altra agenzia.
“Bene ragazzi, lo scherzo è finito, liberate il nostro collega e la cosa finisce qui”
“Sta zitto idiota, se lo vuoi devi venire a prendertelo tu” Risate e mormorii di assenso.
“Ragazzi, siete solo quattro attivi, mentre noi siamo quattro passivi e un attivo: riuscirete a sconfiggere un attivo senza i vostri poteri?”
“Uhhhh... Che paura. Peccato che voi siete solo tre passivi”
Il sorriso di Martin mise paura ad Alex stesso “Io mi sono contato due volte”
“Ora basta, se lo volete dovete combattere”
Martin alzò le spalle “D'accordo Alex, dovrai pensarci tu questa volta” I quattro vestiti di rosso si misero in posizione da combattimento, mentre Martin e gli altri si sedettero in circolo, parlando del più e del meno. Alex aveva imparato tante cose in quel periodo, tipo che per concentrarsi al meglio un passivo ha bisogno di chiacchierare, che potevano concentrare il proprio potere su un bersaglio singolo, che quei tre erano abbastanza forti per neutralizzare totalmente o quasi il potere di quattro reclute e che una gabbia di metallo funge da gabbia di Faraday; Doveva solo trattenersi per non ucciderli. Le scintille iniziarono a fluire dalle punte dei Sai.

3
“Tuttavia qualcosa non mi torna”, disse Martin con tono scettico, muovendo con il piede il corpo svenuto di uno dei quattro giovani, ancora fumante per il fulmine ricevuto in pieno petto.
“Che cos'è che non ti torna?” Alex aveva il fiatone, non tanto per la lotta, evidentemente impari, ma più per lo sforzo che aveva dovuto praticare per far sparire i lampi e non uccidere nessuno, dato che la rabbia che sentiva dentro alimentava la modifica della realtà senza che lui facesse nulla.
“È stata una mossa senza senso, era ovvio che lo avremmo liberato senza problemi” Il ragazzo catturato era ora libero; ancora nudo, era abbracciato a Michelle, che lo consolava mentre questo piangeva.
“Era solo un gruppo di quattro coglioni che pensava di essere il più forte di tutti” Osservò Roberto, assicurandosi che un altro dei ragazzi fosse ancora vivo dopo l'attacco ricevuto.
“Sarà così, ma per me non ha assolutamente senso, Tony avrebbe dovuto impedirglielo” Tony, come aveva scoperto Alex, era il capo della sezione distaccata della Patentata lì in città, ed era l'uomo vestito di bianco presente all'allenamento incrociato di Alex con Silvio.
“Non mi stupirebbe se Tony non ne sapesse niente”
“No, c'è qualcosa che non mi torna” Martin controllò le condizioni dell'ultimo del gruppo, ancora una volta senza chinarsi o usare le mani, ma spostando il corpo con il piede.
“Ti stai agitando troppo, abbiamo portato la missione a termine, no?”
“No, Martin ha ragione” Michelle aveva la paura stampata negli occhi.

4
“Puoi spiegarmi un'altra volta che cosa diavolo sta succedendo?” Alex, mentre correva cercava di stare al passo con Michelle, per sentire quello che diceva.
“Era un diversivo, questa volta siamo di fronte a qualcosa di serio!” Disse quella senza smettere di correre. Avevano lasciato il ragazzo alla base, attraverso il passaggio della porta, subito dopo che aveva sussurrato quelle cose all'orecchio di Michelle, che cercava di tranquillizzarlo. Dopo di che avevano iniziato a correre.
“Lo dicevo che qualcosa non mi tornava!” Martin era il primo del gruppo, correndo più forte che poteva. Giunsero al palazzo in pochissimo tempo, una squadra della Patetica era già arrivata, senza però la tuta. Alex, guardandosi, scoprì con non troppa sorpresa che anche la sua tuta era sparita, come quella di Martin, Michelle e Roberto. Ora si trovavano in abiti civili.
“Dettagli?” Nonostante l'abito e l'agitazione, Martin rimaneva freddo e calmo, come il suo grado di Capitano lo obbligava ad essere.
“Terzo piano, cinque persone, Attivi Paradossali, un ostaggio solamente, Ciccia” Alex aveva già visto il tenente Marcetti, che anche all'interno della base indossava la tuta grigio scuro con cuciture azzurre, che indicava il grado dell'ufficiale, e anche ora, sotto il vestito perfettamente tenuto da banchiere, Alex era sicuro ci fosse la solita tuta.
“Hanno fatto qualche dichiarazione?”
“Vogliono vedere lei e il Soggetto” Marcetti era l'unico che dava del lei a Martin ed era anche l'unico che chiamava Alex soggetto, come se fosse un esperimento di laboratorio; quando gli aveva chiesto perché lo chiamava così aveva risposto freddamente con un “informazione riservata”.
“D'accordo, allora non abbiamo scelta. Alex, preparati ad entrare” Alex respirò lentamente. Marcetti aveva detto che l'ostaggio era un Ciccia, quindi non potevano usare il potere come volevano, dovevano stare il più attenti possibile. Fece apparire quasi istintivamente i Sai, li fece roteare un momento e poi si osservò le mani vuote. Ok, riesco a controllarlo. “Va bene: entriamo”

5
A differenza del capannone di prima, questo palazzo, ai confini della città, era la redazione di un giornale, di quattro piani, ma adesso solo l'ultimo piano era occupato dai giornalisti, mentre gli altri erano abbandonati, ma non dimessi. Erano anzi perfettamente tenuti e puliti, ammobiliati per uffici, anche se spogli di tutti quei piccoli oggetti che danno vita ad uno spazio altrimenti morto. Se il capannone fosse stato un cadavere in decomposizione, questo sarebbe stato un uomo appena infilato nella bara.
Dove avrebbe dovuto esserci l'ufficio del caposala la porta era aperta. Martin passò per primo, spingendo la porta per aprirla del tutto, ed entrando nel locale. Questo luogo, era più spoglio del resto: vi era solo una scrivania con poltrona girevole, due sedie e una libreria vuota. Dietro la sedia, una finestra murata, evidentemente usando la Paradossalità.
Alex osservò guardingo le cinque persone presenti: uno era l'ostaggio, senza alcun potere oltre a Ciccia, tre erano Paradossali Attivi, e uno, sorprendentemente, era un passivo della Temporalità: il più pericoloso, per Alex. Di questi, Alex ne conosceva tre. Uno era l'uomo di bianco alla scrivania, che era evidentemente Tony, l'altro era Silvio, subito dietro di lui, con la tuta rosa a cuciture rosse, che era evidentemente il simbolo degli ufficiali. Il terzo era l'ostaggio, che nell'angolo, teneva teatralmente la mano sul petto voluminoso, respirando affannosamente. Mamma.
“Alex” Sospirò il donnone, guardando con terrore il figlio.
Angolo dell'autore: Ed eccoci ad una svolta importante del racconto. Cosa succederà adesso? Nel prossimo capitolo avremo qualche spiegazione sui punti oscuri di questa trama... Voi ci avete capito qualcosa? Avete avuto qualche intuizione geniale? Lasciate una recensione e farete contento un autore!

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Capitolo 11
*** Chiarimenti e decisioni ***


1
“Come prima cosa voglio dirti che tua madre è tenuta qui con il potere della Paradossalità, e che qualsiasi cosa accada a me farà si che il leggero strappo spazio-temporale che la tiene qui si spezzi, con il risultato di ucciderla, separando il suo corpo dall'anima. Mi hai capito bene?”
Alex era talmente stordito da non avere neanche la forza di provare odio per l'uomo che parlava, ma annuì leggermente, cercando di capire che cosa stesse succedendo. Poi qualcosa gli scattò nella testa e tirò fuori la mano dalla tasca, portandosi dietro un biglietto scarabocchiato con una matita è un codice Morse!
“Mi dispiace, Alex, non volevo che lo trovassi” Disse Martin, osservando il biglietto che Alex teneva in mano convulsamente.
“Hai organizzato tu tutto questo?” Alex non poteva crederci.
“In realtà abbiamo organizzato le cose in due” A parlare era stato Tony, dalla poltrona “Ma devo ammettere che il grosso del piano è suo”
“Come hai potuto?” Alex non sapeva se gli faceva più male il fatto di essere stato tradito o il fatto di non essersene accorto fino a quel momento.
Martin, invece, sembrava calmo come al solito “Hai letto il biglietto, no? Sei pericoloso. Non avevamo scelta”
“Ma perché io!” Alex sentiva le lacrime agli occhi
“Non lo hai capito Alex?! Non te ne rendi ancora conto?!” Alex osservò per la prima volta un nuovo Martin, furioso e fuori di se, più di quella volta che aveva combattuto contro Silvio “Io non esisto! Noi non esistiamo! Esisti solo tu! Tu sei il centro della Patetica! Se la Patentata esiste è perché esisti tu!”
“Non capisco”
Intervenne Tony “È molto semplice Alex: tu, e solamente tu, possiedi un potere, quello di modificare la realtà ma, come hai capito fin da bambino, non puoi rivelarlo a nessuno. Questo ti ha fatto soffrire molto, vero?”
Alex annuì, iniziando a capire.
“Avevi bisogno di qualcuno con cui parlare e qualcuno con cui condividere un tale potere e, soprattutto, un motivo per usarlo correttamente”
“Alleati e nemici” sussurrò Martin tra i denti.
“Io vi avrei creati?” si sorprese a dire Alex.
“Tu ci hai creati, e ci hai dato uno scopo di vita, uno scopo però, che noi non volevamo avere, un'esistenza che, però, non volevamo vivere” L'uomo in bianco sembrava tranquillo come non mai.
“Ma poi, col tempo, tutto è cambiato: seguendo le tue regole abbiamo fondato la Patetica e la Patentata, e la cosa ci è piaciuta. Molti di noi hanno dimenticato la loro origine, ma io e Martin, insieme ad altri pochi, abbiamo mantenuto i nostri ricordi. Poi i nostri laboratori hanno fatto due scoperte interessanti: la prima è che noi siamo eterni, immortali, perché non apparteniamo a questo mondo. La seconda è che se tu morissi, noi smetteremmo di esistere, a meno che...”
“A meno che?”
“A meno che tu non usi il tuo potere per modificare la realtà e sparire dalla faccia della terra” sputò fuori con rabbia Martin.

2
Ora capiva la presenza di sua madre. Se avesse cercato di fare qualcosa o si fosse rifiutato di collaborare lei sarebbe morta e, come aveva provato in occasione della morte del nonno, il suo potere non l'avrebbe riportata in vita. Doveva suicidarsi, per salvarla, anche se così non avrebbe avuto modo di sapere se si sarebbe salvata. Certo non avrebbero avuto più motivo di ucciderla, a meno che non volessero eliminarla come testimone, o sfogare la rabbia che provavano contro di lui si di lei. Alex, in ogni caso, avrebbe perso.
Si era chiarito tutto ora. Martin che lo avvicinava, il suo ingresso nella squadra, Michelle che lo estenuava per non fargli pensare ai piccolissimi segni che mostravano le vere intenzioni di Martin, il diversivo e il perché Marcetti lo chiamasse il soggetto.
Ora dovevano essere prese delle decisioni.
Spostò lo sguardo su tutti i presenti: gli uomini che non conosceva evitarono di guardarlo, Silvio sorrideva compiaciuto, Tony aveva l'espressione di chi aveva appena vinto una partita a scacchi, Martin lo fissava duro e la madre, con il volto rigato dalle lacrime, scuoteva la testa violentemente, articolando senza parlare “Ti prego non salvarmi”.
Non aveva più tempo, doveva scegliere.

3
Sorrise. Aveva preso una decisione. Allargò le braccia, e si sollevò in aria, improvvisamente accendendosi di luce. Chiuse gli occhi, per non guardare la madre. Ci pensò un attimo: anche lei, in ogni caso ci avrebbe perso, perdendo la vita o il figlio. Qualunque fosse stata la sua scelta, tutti ci avrebbero perso. Non ci sarebbero state vittorie. Alex sorrise nuovamente, nell'alto della sua posizione. Sentì il potere fluire, mentre operava la sua scelta, verso l'esterno, avvolgendo tutto quello che lo circondava. Dopo qualche istante, Alex aprì gli occhi, ora senza pupilla, e il potere si attivò.
Angolo dell'autore: Ed ecco che ci avviciniamo al finale. In effetti, questo doveva essere, con qualche modifica, il capitolo finale, ma dal momento che non ero soddisfatto, avendo lasciato troppi rami narrativi in sospeso, ho deciso di continuare. Giuro che appena finisco mi rileggo tutto per correggere gli errori! Ringrazio tutti i lettori e ne approfitto per comunicare che domani non carico, perché starò fuori casa tutto il giorno. Ci risentiamo direttamente lunedì. Statemi bene!

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Capitolo 12
*** Un passo indietro ***


1
Martin si mise in posizione di combattimento, guardandosi attorno. La porta dell'ufficio si era rivelata un portale selettivo: solo lui era passato, mentre Alex entrava normalmente nel locale. Le persone fuori avrebbero dovuto accorgersene, ma Alex non lo avrebbe notato. Davanti a se, nel capannone abbandonato che avevano appena lasciato, un uomo lo guardava. Il potere di Martin lo identificò come Ciccia, ma il viso era uguale a quello del capitano.
“Chi sei?”
“Sono te”
“Non dire stronzate”
L'altro rise “Fra poco lo sarò, almeno per qualcuno”
“Il vostro obiettivo è Alex?”
“Si, il soggetto
Marcetti ci ha tradito. Pensò istintivamente Martin.
“Che volete fare?”
“Perché non gli hai detto la verità?”
“Riguardo a cosa?”
“Ciccia”
Martin lo guardò, senza capire
“Perché non gli hai detto la verità riguardo al tuo scopo di vita”
Martin si sentì fremere di spavento “Che cosa avete intenzione di fare”
“Dirgli la verità”
Martin abbassò la guardia, iniziando ad urlare “Ma siete deficienti? Avete idea di cosa scatenerebbe se sapesse? Alex è pericoloso...” Si fermò, colpito da un deja vù.
“Alex è pericoloso, uccidere” Completò l'uomo, iniziando a camminare per la stanza “Parole tue, scritte da te su un piccolo foglio di carta”
“Come fai tu...”
“Sono un esperimento. Non sono mai nato. Sono un cadavere riportato alla vita artificialmente. Ero un Temporale, mi è stata infusa Ciccia insieme alla vita. Quindi”
“Possiedi un potere ibrido...” Martin non sapeva se restare affascinato in quanto scienziato o terrorizzato in quanto militare.
“Un potere ibrido, bene. Ma dimmi, pensi che a Ciccia serva un potere ibrido?”
Martin ci pensò un momento: Ciccia era la fusione della paradossalità e della temporalità, effettivamente non poteva esistere un potere che potesse unirsi a Ciccia “Sei sveglio...” Ci arrivò subito dopo. L'altro ammiccò.
“Non è possibile” Martin sentì le gambe farsi molle.
“Effettivamente la mia area di modifica è alquanto ristretta, ma io ho una sola missione”
Martin lo guardò interrogativo mentre l'altro continuò “Uccidere Alex”
“Stai scherzando spero” Martin non aveva più la forza di urlare.
“Alex è pericoloso! Lo hai detto anche tu!”
“Alex è solo un ragazzo. Imparerà a controllarsi”
“Alex non può controllare il suo potere. Alex finirà con distruggere il mondo. Deve sparire, e con lui tutti i paradossali e i temporali!”
“Questa è follia”
“Lui ci ha generati! Lui ci ha dato uno scopo! Uno scopo che non ha senso! Uno scopo pensato appositamente per lui!”
Questa volta Martin tornò ad alzare la voce “Alex non ci ha dato nessuno scopo! Siamo noi a decidere!”
“Menti! Menti a te stesso! Guarda in faccia la realtà! Tutta la tua vita gira intorno ad Alex! Tutto ciò che hai fatto lo hai fatto in relazione a lui!”
“No!” Esclamò con forza “No! Il mio lavoro è per lui, lo ammetto, ma il lavoro non è la mia vita”
“Ora basta. Non voglio più ascoltarti. Ho una missione da compiere”
“Bastardo” sussurrò Martin, contro l'aria vuota del capannone.

2
“Non era Martin quello!” Urlò Michelle in preda al panico.
“Stai tranquilla, il soggetto saprà cavarsela” Marcetti cercava di calmarla, trattenendola.
“Smettila di chiamarlo soggetto, è un ragazzo!” il mio ragazzo.
“Se entri lì dentro sparirai come è sparito Martin. Chissà dove apparirai”
Michelle lo guardò con rabbia “Vaffanculo” e attraversò la porta.

3
“Non ti muovere, non parlare e non gli succederà niente. Capito?” Avevano bisogno di tempo per aprire un portale capace di separare il corpo della donna dall'anima, e non potevano farlo se lei continuava ad opporre resistenza. La madre del soggetto guardò il marito, steso a terra, con il sangue che sgorgava dal capo e un coltello puntato alla gola. Pensò a tutte le litigate che facevano ogni giorno, pensò a tutti i difetti dell'uomo li steso e pensò al fatto che non lo sopportava più. Perché doveva rinunciare alla legittima difesa per un uomo come quello?
“D'accordo, non mi muoverò, ma giuratemi che non farete nulla all'uomo che amo” Disse con un coraggio tale da sorprendere se stessa.

4
L'uomo guardò il ragazzo al centro della stanza. “Sei sicuro di quello che mi stai dicendo?” Nel buio, non si distingueva il volto di nessuno dei due, e la cosa era voluta, per mantenere il rispettivo anonimato, almeno ufficialmente, dato che in realtà, ognuno aveva fatto ricerche sull'altro.
“Sicuro. È ormai giunto il momento, quindi sorgerà di nuovo”
Nell'ombra, una bocca sorrise, soddisfatta “dovremo preparare il rituale, allora”

Angolo dell'autore: Ecco un altro capitolo, e ci avviciniamo pericolosamente alla fine. Da ora in poi non potrò più pubblicare ogni giorno, altrimenti rischio di raggiungere il punto che sto modificando e diventano guai. Ma non vi preoccupate, penso di poter pubblicare, proprio proprio come massimo, ogni settimana. Grazie per chi è riuscito a leggere fino a questo punto!!

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Capitolo 13
*** Il Capitolo 11, nel mentre... ***


1
“Come prima cosa voglio dirti che tua madre è tenuta qui con il potere della Paradossalità, e che qualsiasi cosa accada a me farà si che il leggero strappo spazio-temporale che la tiene qui si spezzi, con il risultato di ucciderla, separando il suo corpo dall'anima. Mi hai capito bene?”
Michelle trattenne il fiato dietro la porta, cercando di capire che cosa stesse succedendo all'interno, vide il gruppo di persone e vide anche Martin, ma era sicura al cento per cento che non si trattava del capitano. Ascoltò le frasi in silenzio, cercando di capire come poter intervenire senza rischiare una catastrofe.
La soluzione più semplice era forze quella di usare il potere e tornare indietro al momento in cui Alex e Martin entravano nel palazzo, ma era una Passiva da combattimento, nel senso che aveva imparato a controllare il potere solo per quei secondi necessari a schivare un attacco, ma i salti di qualche minuto avvenivano spontaneamente, e non riusciva a controllarli. Si maledisse per questo.
“A meno che tu non usi il tuo potere per modificare la realtà e sparire dalla faccia della terra” sputò fuori con rabbia Martin.

2
Possibile che fossero arrivati a questo? Volevano uccidere Alex e salvare il resto degli Attivi? Possibile che non sapessero la realtà sul potere di Alex? La sapevano? E allora che senso aveva quello che stava succedendo nella stanza? Se ci fosse stato Martin, il vero Martin... Che fine aveva fatto? Era vivo? Certo che era vivo, stavamo parlando di Martin, mica del primo venuto. Cosa doveva fare? Se Alex avesse accettato sarebbe stata una catastrofe. Dovevano intervenire, ma cosa poteva fare lei?
Si sporse un poco a guardare nella stanza. Alex era in piedi, al centro della stanza, mentre gli altri presentavano diverse forme di attesa.
Uno di loro si girò per caso verso di lei, e lei si sentì morire, l'aveva vista e avrebbe dato l'allarme agli altri: non poteva usare il potere, perché gli avrebbe allertati comunque. Il ragazzo, comunque, la sorprese: invece di avvisare qualcuno la guardò e iniziò a muovere un sopracciglio.
Michelle dovette pensarci un attimo prima di capire che quello era uno dei codici di Martin, appassionato di Morse. Mettendosi un poco più al riparo dietro la porta, osservò affascinata il sopracciglio che si muoveva su e giù, come un tic. Punto, linea, Punto, linea... C. Punto, punto... I. Michelle decifrò così, lettera a lettera, il messaggio del ragazzo e gli fece segno di aver capito.
Nella sua tuta rosa, il ragazzo sorrideva compiaciuto.

3
Sorrise. Aveva preso una decisione. Allargò le braccia, e si sollevò in aria, improvvisamente accendendosi di luce. Chiuse gli occhi, per non guardare la madre. Ci pensò un attimo: anche lei, in ogni caso ci avrebbe perso, perdendo la vita o il figlio. Qualunque fosse stata la sua scelta, tutti ci avrebbero perso. Non ci sarebbero state vittorie. Alex sorrise nuovamente, nell'alto della sua posizione. Sentì il potere fluire, mentre operava la sua scelta, verso l'esterno, avvolgendo tutto quello che lo circondava. Dopo qualche istante, Alex aprì gli occhi, ora senza pupilla, e il potere si attivò.

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Capitolo 14
*** Toccata e fuga in Re minore ***


1
Non ci capirete niente, ma io ve lo descrivo lo stesso:
Martin entrò nella stanza mentre la donna più che robusta ne spariva, Silvio colpì con violenza se stesso mentre Michelle si mise a correre verso l'esterno, Alex cascò a terra come morto e fu raccolto al volo dalla stessa Michelle. Pochi secondi dopo, nella stanza non c'era più nessuno.

2
D'accordo, ve lo spiego un poco meglio:
Partiamo dalla figura di Martin, che avevamo lasciato solo in un capannone abbandonato. Senza aspettare un momento si diresse subito alla prima porta del locale che stesse in piedi, ma questa non si apriva. Tutte le altre porte erano state distrutte. Aveva bisogno di una porta, una porta qualsiasi. Si osservò in torno e vide una finestra, a quattro metri circa d'altezza. Poteva andare bene.
Camminò in fretta fino a raggiungere quella che adesso era una botola, l'aprì, ma vi trovò dietro solo l'esterno del capannone. Come fanno ad aprire i portali? Martin non ne aveva mai aperto uno. Non te lo chiedere, aprilo e basta. Ovviamente. Ma come si faceva?
Martin si tenne la testa fra le mani. Non doveva farsi domande, o non sarebbe riuscito a fare niente. Il suo potere funzionava così. Ma perché funziona?
La botta sulla schiena, dopo una caduta da quattro metri di altezza, lo riportò alla realtà. Stava entrando nel panico. Lui, il più freddo della base, il più giovane capitano della storia, colui che le voci di corridoio indicavano come una leggenda, e che alcuni sospettavano non essere umano, si stava facendo vincere dal panico.
Si sedette a gambe incrociate, al centro della sala. Un passivo si concentra meglio se chiacchiera, in modo da non soffermarsi sulle domande che potrebbero distruggere il potere. Ma adesso non aveva nessuno con cui chiacchierare. Sapeva, però, come fare. Senza aprire gli occhi, iniziò a parlare ad alta voce:
“Avete mai avuto l’impressione di essere spiati? Quando siete soli, magari in una stanza buia o per una strada solitaria nel pieno della notte? Quella strana sensazione per cui vi sembra di sentirvi due occhi puntati esattamente contro la nuca? Ecco, quella sensazione Eric se la portava dietro da quella stessa mattina.”
Si, come inizio poteva andare bene. Anche l'idea, che gli era balenata in mente, era perfetta: un personaggio che sa di essere il personaggio di un libro. Prometteva bene.
Alzò le mani sull'aria vuota, sentendo le dita battere sulla tastiera di una vecchia macchina da scrivere, quella che usava sempre, ma che non esisteva, quella con cui aveva scritto tanti racconti quando si sentiva solo e la sua vita perdeva di senso.
Quell'uomo aveva torto. Alex non era il centro della sua vita, ma non poteva lasciarlo morire.

3
La madre di Martin, invece, fu tutto un altro paio di maniche. A controllare il paradosso che la teneva bloccata in due posti contemporaneamente c'erano i due scagnozzi che non ho presentato per il semplice fatto che si tratta di personaggi inutili. Quando Martin, superato il blocco del Paradossale, riuscì a teletrasportarsi nella stanza i due, sconvolti, persero la concentrazione, facendo tornare automaticamente la donna a casa, e perdendo quindi quel poco di utilità che questo compito gli dava ai fini della trama. Quindi li lasceremo da parte.
Silvio cercò di colpire con violenza Tony, che però possedeva un potere niente male, con il risultato che riuscì a sostituirsi al ragazzo mentre questo lo colpiva, facendo si che il pugno colpisse il volto di chi lo aveva lanciato. Se vi state chiedendo come ciò sia possibile, o se state cercando di immaginarvi la scena, non ci avete capito niente sulla Paradossalità.
Michelle si mise a correre sotto consiglio di Silvio, di cui si fidava a causa del codice che usava normalmente Martin, e questo causò una lotta tra la mente e i sentimenti, che attivò automaticamente il suo potere con una potenza da sorprendere anche se stessa. Si formò una frattura paradossale, nella quale tutti si ritrovarono per un momento nella stanza, prendendo al volo Alex sotto l'impulso di salvargli la vita, poi la frattura si sanò e Michelle viaggiò nel tempo.

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Capitolo 15
*** Missione compiuta ***


1
“Dettagli?” Nonostante l'abito e l'agitazione, Martin rimaneva freddo e calmo, come il suo grado di Capitano lo obbligava ad essere.
“Terzo piano, cinque persone, Attivi Paradossali, un ostaggio solamente, Ciccia” Alex aveva già visto il tenente Marcetti, che anche all'interno della base indossava la tuta grigio scuro con cuciture azzurre, che indicava il grado dell'ufficiale, e anche ora, sotto il vestito perfettamente tenuto da banchiere, Alex era sicuro ci fosse la solita tuta.
“Hanno fatto qualche dichiarazione?”
“Vogliono vedere lei e il Soggetto” Marcetti era l'unico che dava del lei a Martin ed era anche l'unico che chiamava Alex soggetto, come se fosse un esperimento di laboratorio; quando gli aveva chiesto perché lo chiamava così aveva risposto freddamente con un “informazione riservata”.
“D'accordo, allora non abbiamo scelta. Alex, preparati ad entrare” Alex respirò lentamente. Marcetti aveva detto che l'ostaggio era un Ciccia, quindi non potevano usare il potere come volevano, dovevano stare il più attenti possibile. Fece apparire quasi istintivamente i Sai, li fece roteare un momento e poi si osservò le mani vuote. Ok, riesco a controllarlo. “Va bene: entriamo”

2
“Noo!!!” Michelle afferrò il braccio di Martin stringendolo convulsamente.
“Che stai... Lasciami, mi fai male!”
“Non potete andare, Capitano”
“Che stai dicendo?” Chiese Martin, a metà tra lo stizzito e il preoccupato
“Vi devo parlare, ma non qui”
I due si allontanarono, e Michelle gli spiegò tutto quello che stava succedendo all'interno dell'edificio.
Martin fece segno ad Alex di avvicinarsi, quindi iniziò a parlare, provocando ad Alex un mal di testa di proporzioni cosmiche “Ci troviamo di fronte ad una frattura paradossale dello spazio-tempo. Questo deve aver lasciato delle tracce dentro tutti noi. In Michelle la traccia è palese, dal momento che ricorda tutto quello che è successo, ma questo è normale, avendo usato lei il potere. La domanda è: su di me e su di te, questo trauma, che effetto ha avuto?”
Alex alzò un sopracciglio “Di che stiamo parlando?”
Martin lo ignorò, e iniziò a ragionare “Secondo quanto ha detto Michelle, quando si è formata la frattura io ero appena entrato nella stanza, quindi cosa potrei aver subito? Probabilmente nulla di visibile, forse qualche cambiamento nella psiche...” Probabilmente gli era tornato in mente qualcosa “Ora non è importante. Tu e Michelle vi siete abbracciati, allora è possibile che...” Martin si girò di scatto, e un sonoro schiocco si udì nell'aria. Tutti gli uomini della Patetica presenti osservarono da lontano Michelle, che si teneva la guancia, cercando di rimettersi in piedi... “Scusa” si limitò a dire, girandosi poi a colpire Alex, che lo schivò per un centimetro.
“Merda” sussurrò a denti stretti Martin.

3
“Non può essere” Aggiunse Michelle in preda al panico, massaggiandosi la guancia.
“Che succede?” Chiese Alex, osservando con la coda dell'occhio il pugno vicino alla guancia “Ho fatto qualcosa che non va?” Chiese verso Martin, che lo fissava con gli occhi spalancati e il fiatone.
“Come hai fatto a schivarlo?”
Alex ci pensò su un attimo “Aspetta, vuoi dire che...”
“Come hai fatto a schivarlo?!” Chiese Michelle con più forza. Alex ci pensò ancora un attimo, cogliendo tutta la gravità di quello che stava succedendo.
“Lo sapevo già...”
“Merda” sussurrò nuovamente Martin.
“Non può essere” ripete Michelle.
“Non può essere” Gli fece eco Alex.
Il primo a riprendere un contegno fu, ovviamente, Martin “È probabile che si tratti solo di una temporanea, che sia un effetto secondario della Frattura, ma adesso mi chiedo una cosa Michelle, se ti chiedessi di far comparire qualcosa che conosci veramente bene...”
“Vuoi dire che?!” Alex era più che sconvolto.
Michelle, dopo un attimo di incomprensione, sollevò la mano fasciata da un pesante tirapugni. Alex quasi svenne, mentre Martin si concesse solo una piccola smorfia.
“Bene, possiamo solo sperare che questa frattura sia il più breve possibile, perché vi manca evidentemente l'esperienza per combattere”.
Angolo dell'autore: Scusatemi il ritardo! Sono mortificato, non volevo, davvero! Ho avuto problemi con la connessione e non sapevo come caricare... Comunque ora è tutto a posto e il nuovo capitolo sta dove doveva stare... Se non fosse che...
Vi sarete accorti, cari lettori che si avvicina il Natale e io, non linciatemi, mi prendo una vacanza!
Ci leggiamo a Gennaio! Ciao ciao a tutti!

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