Black sky turned t e c h n i c o l o r.

di FOXDIE
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Chapter: 1 ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


And you hypnotize me like no other
Mesmerize my mind in o s
So let the night bring us together again


"Sì, l'unica cosa che manca è il televisore, il resto è tutto dove dovrebbe essere. Zio John mi ha assicurato che la consegna non tarderà ad un arrivare, quindi confido in lui. Non credevo fosse così faticoso traslocare, sai?"
Avevo trascorso l'intera mattinata ad aiutare la ditta di traslochi che avevo incaricato per il mio trasferimento da Manhattan a Los Angeles e nel momento in cui potei finalmente testare la comodità del nuovo divano fui assalita da un senso di stanchezza mai provato prima; avevo persino saltato il pranzo per sbrigare al più presto tutto il lavoro che la nuova casa reclamava e che il mio lato perfezionista assecondava, il che mi sorprendeva soltanto in parte — d'altronde era una caratteristica con la quale avevo imparato a convivere nel corso degli anni.
Avevo avuto parecchie difficoltà durante il liceo, quando i professori non volevano saperne di concedere dilazioni di consegna per i diversi saggi assegnati, quindi non era raro che occupassi gran parte del mio tempo per riscrivere un testo decine di volte e decretare poi quale fosse la versione migliore o comunque la più accettabile. E gran parte delle volte il duro lavoro veniva ripagato, altre veniva sminuito, ma l'unico parere di cui mi importasse veramente era il mio ed accettavo senza proteste il voto ricevuto per poi dimenticarlo pochi secondi dopo.
"Posso soltanto immaginare e conoscendoti non sarai stata ferma neppure un secondo." la voce di James dall'altro capo del telefono mi distolse dai pensieri che stavo riesumando e presi a picchiettare le dita sullo schienale del divano.
"Dovevo pur velocizzare i tempi." mi giustificai.
"Oppure avresti potuto lasciare che la ditta traslochi facesse il suo lavoro e riposare, dal momento che hai anche affrontato un viaggio di quante ore... ? Sette?"
"Sei e mezzo."
"Hon, sei pessima."
"Mi ami così come sono."
"E tu ami me. Ma nulla mi impedisce di costringerti a riposare per almeno otto ore."
"Solo perché sei il mio inquilino non significa che devi impartire ordini."
"Lo faccio eccome. Devo anche farmi perdonare per non esserci stato per aiutare."
"Sei un idiota."
"Lo so."
"Adesso riaggancio però, credo di dover pranzare. Il mio stomaco comincia ad essere fastidioso."
"..."
"JJ?"
"Sono le cinque e venti del pomeriggio e tu non hai ancora mangiato nulla?"
"..."
"Cazzo, Hon, non puoi trascurarti sempre."
"Adesso mangio qualcosa, va bene?"
"Farai meglio ad ordinare un metro di pizza e mangiarlo tutto."
"Non tentarmi."
"Ci vediamo tra poco. Verso le sette e quaranta dovrei essere in aeroporto, aggiungi il percorso in taxi ed il possibile traffico."
"Ti aspetto per le otto."
"Andata. Mangia."
 
 
E così riattaccai, senza dare ulteriori risposte e calcolando una seconda volta il tempo che avrebbe effettivamente impiegato James per arrivare a casa mia — o meglio, nostra. Era da tempo che fantasticavamo su cosa avremmo fatto al termine degli studi e dove ci saremmo poi stabiliti per trovare lavoro, dal momento che Manhattan non riservava posto a due neo laureati come noi, per cui essere finalmente riusciti a trovare un posto dove trasferirci era un gran bel passo in avanti; James poté mettere in pratica le sue conoscenze nell'ambito musicale firmando un contratto a tempo indeterminato con il proprietario di un negozio di dischi, mentre io mi accontentai di poter pubblicare i miei racconti sul Quotidiano locale per richiamare un po' lo stile dei miei due autori preferiti. Di certo avrei cercato di meglio nei mesi a venire, vista la mia laurea in informatica, ma ora come ora potevo ritenermi contenta dell'attuale impiego.

[ ‣ ᴍᴇssᴀɢᴇ ᴛᴏ﹕ ᴊᴊ ]
So cosa faremo domani.

[ ‣ ᴍᴇssᴀɢᴇ ᴛᴏ﹕ ʜᴏɴ ]
Siamo in una puntata di Phineas e Ferb?

[ ‣ ᴍᴇssᴀɢᴇ ᴛᴏ﹕ ᴊᴊ ]
Meglio.

[ ‣ ᴍᴇssᴀɢᴇ ᴛᴏ﹕ ʜᴏɴ ]
Spiegati.
Anzi, aspetta. Hai mangiato?


[ ‣ ᴍᴇssᴀɢᴇ ᴛᴏ﹕ ᴊᴊ ]
Lo sto facendo.
Ricordi quando mi hai detto di voler andare a Las Vegas?


[ ‣ ᴍᴇssᴀɢᴇ ᴛᴏ﹕ ʜᴏɴ ]
Ti amo. Sposami.

[ ‣ ᴍᴇssᴀɢᴇ ᴛᴏ﹕ ᴊᴊ ]
Assicurati di avere un completo all'altezza del luogo.

[ ‣ ᴍᴇssᴀɢᴇ ᴛᴏ﹕ ʜᴏɴ ]
Ne ho portato uno proprio per quello.


Nel pomeriggio avevo provveduto a soddisfare il mio appetito ordinando un panino – siccome non avevo ancora avuto modo di passare al supermercato – e mentre cercavo di prestare attenzione al libro di cucina che mia madre aveva insistito affinché leggessi, cominciai a pensare quanto fosse inaccettabile vivere senza televisore; non c’era alcuna serie che potesse interessarmi e non riuscivo mai a beccare un film che non fosse cominciato da almeno quaranta minuti, ma essere priva di utilizzare la Playstation mi destabilizzava.
Erano all’incirca le otto e dieci quando /finalmente/ sentii dei colpetti sulla porta che annunciavano, con un po’ di fortuna, l’arrivo di James e non la visita dell’intero vicinato con tanto di dolci fatti in casa a portata di mano; mi avviai all’ingresso ed aprii.
Le braccia di James mi attirarono a lui ancor prima che potessi aprire bocca, ma con altrettanta prontezza gli gettai le braccia al collo e lo strinsi in un abbraccio, sinceramente felice di vederlo; non avevamo bisogno di dire nulla in quel momento, erano passati mesi dall’ultima volta che avevamo passato del tempo insieme a causa della sua partenza per Londra – dove risiedeva tutta la sua famiglia, motivo per il quale il nostro abbraccio durò un po’ troppo e forse nemmeno abbastanza.

Negherò di averlo ammesso con tanta facilità, ma Dio se mi sei mancata.
Allentai la stretta al suo collo e feci qualche passo indietro per guardarlo da capo a piedi col sorriso stampato sulle labbra.
Io invece ho vissuto meglio in tua assenza, forse dovrei comprare una casa tutta per me. scherzai togliendogli il peso della chitarra che portava sulle spalle e lasciandogli spazio per trascinarsi dietro i bagagli che ero sicura avrebbe disfatto soltanto all’occorrenza.
Raccontala a qualcun altro, Hon. lo osservai lasciare le sue cose accanto al divano e ci si sdraiò su un attimo dopo.
Stanco? domandai poggiando la chitarra sul tavolo in cucina e facendogli segno di lasciarmi spazio accanto a lui non appena tornai nel salotto, dunque obbedì e poggiò la testa sulle mie gambe.
Decisamente. Ho preso tanti aerei in vita mia ma sono ogni volta più sfinito, non mi ci abituerò mai. sospirò e serrò le palpebre per qualche secondo quando cominciai ad accarezzargli i capelli tinti di lilla.
Sei sempre convinto di voler andare a Las Vegas?
Ovvio che sì. Ci raggiungerà anche Elizabeth che domattina torna in città ed immagino tu voglia abbracciare anche lei. il massimo sforzo che James si preoccupò di fare fu quello di aprire un occhio solo ed inarcare un sopracciglio per scrutare la mia reazione alle sue parole, mentre io annuii semplicemente guardandolo di sottecchi.
Sì, ma vale la pena noleggiare un auto per andarci?
Preferisci prendere l’autobus e metterci il doppio del tempo?
Preferirei potermici teletrasportare a Las Vegas, JJ.
Calma, Goku. un risolino seguì le sue parole ed io feci una smorfia nel tentativo di nascondere il ghigno dalle mie labbra.
Kamehameha. recitai entrando nei panni del personaggio al quale ero stata paragonata e poi scoppiai in una fragorosa risata, seguita prontamente da quella di James.
Spesso e volentieri il nostro rapporto veniva confuso con quello di due fidanzati; venivamo scambiati per una coppia metà del tempo e probabilmente uno dei motivi principali era che non ci costava ammettere che dormivamo insieme per questioni d’abitudine, ma d’altro canto quegli equivoci non infastidivano nessuno dei due e lasciavamo che gli altri credessero quello che ritenessero più giusto.
Quella sera, comunque, decidemmo di ordinare una pizza e discutere del più e del meno fin quando uno dei due non sarebbe crollato dal sonno ed effettivamente ci limitammo a quello, troppo sfiniti per organizzare l’itinerario per il giorno seguente e/o affrontare discorsi di un certo spessore.
 

Hello there!
Non ho particolari considerazioni o premesse sulla storia,
ma volevo comunque chiarire le idee su quello che è l'aspetto
esteriore di ciascun personaggio - già citato o meno. E colgo
l'occasione per incitarvi a lasciarmi recensioni nel caso in cui
vi interessi questo breve prologo.
Pidge Aldaya:                              Theo Hutchcraft:                             James Adam Roth:                         Elizabeth Anne:
 

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Capitolo 2
*** Chapter: 1 ***


Uno dei miei /tanti/ desideri nascosti era quello di rientrare nella fascia di ragazze che al mattino ricevono la colazione a letto, servita su un vassoio d’argento e con tanto di rosa rigorosamente blu accanto al fazzoletto di seta, ma essendo a conoscenza delle abitudini del mio inquilino potevo soltanto continuare a fantasticare.
Fantasie a parte, però – nonostante avessi voglia di andare in letargo per il resto della mia vita – mi svegliai di buonora poiché avevo completamente dimenticato di disattivare la sveglia prima di andare a letto, ma non appena feci per alzarmi le braccia di James mi circondarono i fianchi e mi avvicinarono al suo petto costringendomi così a restare accanto a lui.

“Ho giurato che avresti riposato per otto ore. Sei crollata alle due e, se non ricordo male, la tua sveglia è sempre impostata per le sei: sono appena cinque ore di sonno.” la sua voce impastata di sonno non ammetteva repliche, per cui lasciai che mi stringesse a sé assicurandosi che non andassi da nessuna parte e sospirai, accettando – seppur per poco – la sua volontà.
“Tesoro bello, tuttalpiù resto qui per un’ora al massimo.” poggiai una mano sulla sua e mi sistemai meglio contro il suo petto.
“Perché dobbiamo sempre trovare compromessi?” continuò James tenendo le palpebre ben serrate.
“Perché dubito che qualcuno l’avra mai vinta con me.” scrollai le spalle e richiusi gli occhi.
“Ti odio.”
“Mi ami.”
“Non farmene una colpa.”
Sorrisi quindi e cercai di riconciliare il sonno per almeno un’oretta e con l’intento di accumulare abbastanza energia per affrontare il viaggio in auto e la notte a Las Vegas – dove temevo sarei svenuta se avessi continuato a fare storie e a non soddisfare il mio appetito.

Al mio risveglio, cinquantaquattro minuti dopo orologio alla mano, rammentai gli impegni che mi aspettavano dall’esatto momento in cui avrei poggiato i piedi scalzi sul pavimento fresco di quella che era camera di James; casa nostra comprendeva diverse stanze – indispensabili per il quieto vivere di una coppia di amici – a partire dal salotto spazioso e la cucina ben rifornita, fino ad arrivare alle due camere da letto che avremmo utilizzato a turno ed i due bagni, per finire con la camera insonorizzata dove James dava libero sfogo alla sua vena artistica ed il mio studio, dove mi dedicavo alla scrittura ed eventualmente alla programmazione di un qualche nuovo software che sarebbe potuto tornarmi utile.
Filai in bagno alle sette in punto, lanciai una rapida occhiata alla mia immagine riflessa nello specchio e poi indossai la mia tenuta da corsa, premurandomi di lasciare un bigliettino sul bancone della colazione giù in cucina, certa che sarebbe stata quella la prima tappa di James dopo la doccia rinvigorente: “Sono stata rapita ed il riscatto è di due milioni e mezzo di dollari. Hai tempo fino all’alba — o perlomeno fin quando non tornerò di mia spontanea volontà.
Ripiegai con cura il foglio in modo tale che si reggesse in piedi ed uscii dalla porta di casa facendo attenzione a non chiuderla troppo rumorosamente; alternai la corsa con qualche esercizio di poco conto per quaranta minuti, facendo avanti ed indietro tra il parco e Starbucks, che con l’odore di caffè fresco di macina mi tentava più di quanto lo facessero le panchine sparse un po’ ovunque. Ero sì stanca, però cominciare la giornata facendo attività fisica mi aiutava a tenermi in forma ed in più mi piaceva.

Quando tornai a casa ritrovai James stravaccato sul divano con tanto di chitarra al suo fianco, dunque mi richiusi la porta alle spalle e gli lanciai la brioche al cioccolato che avevo comprato prima di far ritorno.

“Hon?” lo sentii parlare, dunque mi fermai sul secondo gradino per ascoltarlo.
“Mh?”
“Non mi piacciono i matrimoni ma potrei seriamente considerare l’idea per te.” fece scartando la sua colazione e osservando il contenuto del sacchetto chiaro.
Io, dall’altra parte, raggiunsi il bagno al piano superiore per fare una doccia ed uno shampoo, in modo tale da essere pronta per passare al supermercato e poi partire per Las Vegas.

Non impiegammo molto ad acquistare tutto quello che ci sarebbe servito per pranzare e cenare nei giorni a venire, dunque ebbi tempo a sufficienza per tornare a casa e cambiarmi d’abito e trucco — il tutto dopo aver preparato da mangiare ed aver ripulito con l’aiuto di James.
La comodità dei due bagni sembrò essere più palese che mai nel momento in cui il mio compagno di avventure dovette fare la seconda doccia della giornata ed io dovetti fare magie col trucco.
Per quell’occasione preferii tenere gli occhi parecchio naturali, con soltanto qualche sfumatura di marsala e oro, in modo tale da poter puntare tutto sulle labbra con un rossetto rosso/bordeaux parecchio vistoso e successivamente scolpire il viso per emulare alla meglio l’abitudine preferita delle Kardashian.
Indossai un abito non particolarmente corto né troppo lungo, ma premurandomi di richiamare il colore delle labbra e vagamente quello degli occhi, visti i piccoli dettagli dorati sparsi qua e là.
Avendo dedicato però al trucco più tempo del previsto, incaricai James di occuparsi del noleggio dell’auto — siccome non avevamo ancora avuto modo di acquistarne una a causa del recente trasloco — e quando finalmente potei reputarmi libera da ogni impegno, raggiunsi James e la BMW che aveva scelto.

“Poco bella.” esordii non appena squadrai meglio l’auto.
“A questo punto non so se tenere d’occhio te o la BMW, però.” scrollò le spalle ed aprì la portiera per accomodarsi e prepararsi alla partenza.
“Simpatico.” feci imitandolo.
“Mica scherzo.”
E, per l’ennesima volta, preferii non fare storie sui complimenti a mio dire non meritati per non dare inizio all’usuale dibattito che ne derivava.
Il tragitto in macchina non fu particolarmente stancante; James aveva un’ottima guida ed aveva tutta la mia fiducia, motivo per il quale mi concessi il lusso di distrarmi dieci minuti ogni ora per poter portare a termine il terzo capitolo di “Lux Æterna” — una storia che avevo ideato mesi fa e che avrei dovuto consegnare al Quotidiano entro Lunedì. Ma arrivati a Las Vegas non potei far a meno di riporre carta e penna nel cruscotto della BMW nuova di zecca ed osservare con stupore la miriade di luci e strutture che ci circondavano.

“Credevo vi foste persi!” squittì Elizabeth non appena raggiungemmo l’entrata del locale scelto per quella sera e subito dopo ci strinse entrambi in uno scomodo abbraccio.
“Per un attimo l’ho creduto anch’io, ma poi Pid ha messo da parte il suo lavoro ed ho capito che non potevamo che essere giunti a destinazione.”
“Siamo qui, El. Tieni a freno l’entusiasmo.” intervenni lanciando un’occhiata ai miei due accompagnatori: El in abito blu e James con indosso una tenuta insolitamente elegante “Dovreste partecipare ad America’s Next Top Model.”
“ Purtroppo non credo accettino uomini nel programma, Pid.” Elizabeth fece un cenno verso James e mi avvicinai a lui, in modo tale da poter poggiare un braccio sulla sua spalla.
“Non ci saranno problemi con lui.” addolcii l’ironia della mia risposta posando subito dopo un bacio sulla guancia di colui che era spesso oggetto delle nostre conversazioni più divertenti, guadagnandomi così un’occhiata da parte dell’interessato.
“Simpatiche.” James fece una smorfia e si tradì mostrando un sorrisetto intenerito a causa del mio gesto, quindi si fece da parte ed indicò l’entrata del Marquee — un rinomato Nightclub & Dayclub del luogo “Andiamo?”

Se l’esterno del Marquee mi lasciò di stucco, l’interno mi tolse il fiato per qualche secondo; la struttura era immensa e le luci soffuse rosse — e gialle in determinati spazi, come ad esempio il lato bar e casinò — proiettavano ombre a destra e a manca con l’aiuto di diversi faretti incastonati nel soffitto e sembravano richiamare un po’ quello che era il mio outfit e trucco, quindi sorrisi impercettibilmente quando notai quel particolare.
“Allora Pid, un parere a caldo?” cominciò Elizabeth una volta superato il controllo del bodyguard appostato all’entrata e l’infinita sfilza di persone concentrate nei pressi dei primi divani in pelle della sala principale.
Prima di poter esprimere il mio parere, comunque, diedi una seconda e più attenta occhiata in giro.
Una delle prime cose che saltavano all’occhio erano la serie di lampadari che decoravano il soffitto e le due rampe di scale bianche che portavano al lato superiore del locale.
“Perlomeno l’hotel è qui accanto e non c’è bisogno di cercarne altri.” minimizzai il mio stupore cancellando ogni traccia di apprezzamento dal tono della mia voce e scrollai le spalle.
“Cosa ti aspettavi, El? È pur sempre Pid, non è mai troppo entusiasta se non si tratta di pizza o videogiochi.” mi giustificò James.
Di lì a poco la conversazione terminò e cominciammo ad amalgamarci con la folla, un po’ perché James aveva cominciato a bere ed un po’ perché Elizabeth mi trascinò sulla pista da ballo, dunque l’assecondai fin quando non riuscì a trovarsi un ballerino decisamente più in gamba di me.
Abbandonai dunque la calca di persone per raggiungere il bancone del bar, dove James beveva una birra dopo l’altra come se da quelle dipendesse la sua vita.


“Hai mai pensato di bere qualcosa di diverso, JJ?” mi accomodai sullo sgabello libero alla sua sinistra e mi voltai completamente verso di lui, in modo tale da poter poggiare un braccio sul vetro nero e lucido che caratterizzava l’area alcolici.
“In verità sì, è un’idea che mi ha sfiorato diverse volte ma ho l’imbarazzo della scelta.” ammise con un’alzata di spalle ed indicando poi le numerose bottiglie alle spalle del barista.
“Potresti chiedere consiglio a chi se ne intende.” Suggerii spostando lo sguardo sul ragazzo biondo che dall’altro lato del bancone si dava da fare per servire tutti i clienti bisognosi di alcol.
Di sottecchi notai un terzo ragazzo prendere posto sullo sgabbello accanto al mio e sporgersi verso di noi.
“Gin.” una voce calda anticipò quella di James e immobilizzò entrambi per un attimo “Aspetta… James, Pidge?” stavolta ci voltammo con incredibile sincronia per identificare la fonte da cui proveniva quella voce ed uno dei due trovò persino le parole necessarie a mettere insieme una frase di senso compiuto, ma non prima che il terzo incomodo potesse ordinare per noi.



Idk, mi sentivo in dovere di darvi perlomeno il primo capitolo
prima di aspettarmi recensioni o cose del genere.
E niente, spero vi interessi?? Sì, immagino di sì.
Datemi modo di capire se siete interessati a sapere il 
continuo, così evito di pubblicare una storia con l'unico
scopo di farla marcire su un sito.
Bye!

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